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Sono entrambe pubblicazioni di un solo capitolo e sono relativamente
corte, ma vi servono assolutamente per poter capire che cosa è successo ai nostri amati personaggi sei
mesi prima...
Invischiati per le feste
.
.
1. Sei mesi dopo
La
Punto blu entrò nel vialetto, urtando, come al solito, lo gnomo
da giardino. Quindi si sentì il rumore di un freno a mano tirato
bruscamente e la porta del conducente si aprì per far uscire una
ragazza e una soffocata imprecazione.
Serena
fece il giro per davanti alla macchina, asciugandosi gli occhi
offuscati dalle lacrime, quindi raggiunse lo gnomo e gli diede una
controllata come se avesse steso un cerbiatto. No, non è che
fosse preoccupata di avergli fatto del male, ma se l'avesse rotto
avrebbe dovuto ripagarlo e quello sì che avrebbe fatto male,
specialmente al suo portafogli. Fortunatamente, a parte lo smacco sulla
punta del piede risalente ancora all'ultima volta, era tutto a posto,
per cui lo risistemò in posizione eretta e tornò alla
guida della Punto.
Percorse
tutto il vialetto fino ad entrare nel patio e lì si
fermò, indugiando nell'abitacolo con il motore acceso per
qualche secondo. Guardava il volante con la vista sempre più
appannata, una mano sulla chiave e una appena sotto agli occhi, pronta
ad asciugare qualche lacrima sfuggevole.
Alla
fine decise che era inutile fingere di stare bene, quindi spense il
motore e scese dalla macchina. Nemmeno a dirlo, qualcuno si era
già accorto del suo arrivo e le aveva aperto la porta.
"Serena?"
La
ragazza faticò a trattenere un singhiozzo; essere lì,
sentire certe voci e vedere certi volti le faceva così male che
l'immagine del cerbiatto investito di poco prima non era nulla a
confronto. Si avvicinò alla porta, senza nemmeno tentare di
nascondere il suo malessere.
"Sei solo tu?" domandò alla ragazza sullo stipite e lei, dopo un'occhiata guardinga alla nuova arrivata, annuì.
"Che è successo?"
Serena
si limitò a scuotere la testa, gesto che la padrona di casa
interpretò correttamente decidendo di farla accomodare: "Entra,
dai."
La
casa era quella dei Lucich, famiglia rispettata della città,
nucleo di quattro elementi che in un modo o nell'altro avevano sempre
fatto parte della vita di Serena. C'era Antonio Lucich, il capostipite,
rinomato allenatore di rugby all'italiana, ossia il rugby che predicava
il fair play, ma la cui struttura intestina era peggio della mafia.
Antonio era sempre stato, per usare una metafora, il padrino della
società; stimatissimo e temutissimo anche a livello regionale, e
a tempo perso, pure avvocato. L'avvocato che aveva seguito il divorzio
dei genitori di Serena. Francesca Lucich era la moglie perfetta di
Antonio; gran cervello, gran carisma e anche gran fondo schiena. Era la
dirigente scolastica dell'istituto che aveva frequentato anche Serena e
che tutt'oggi continuava a ricevere premi per mille motivi: Francesca
era davvero impeccabile, non solo nel lavoro, ma anche nella vita
privata, che affrontava mania dopo mania. Tipo girava la voce che
avesse una domestica a cui faceva pulire il divano almeno tre volte al
giorno, peròshh, nessuno doveva saperlo.
Antonio
e Francesca avevano due figli: Sandro e Nicole. Su Sandro, Serena
preferiva non dire nulla, addirittura non pensare a nulla, mentre per
Nicole era tutta un'altra storia. Nicole aveva ereditato l'intelligenza
della madre e la furbizia del padre, ma era anche molto giovane, quindi
non incuteva per niente terrore, al contrario dei genitori. Era
simpatica; lei e Serena si erano prese a cuore a vicenda, come due
amiche e non solo come cognate.
Serena
aveva sette anni in più di Nicole, ma non aveva faticato a
costruire un legame con lei: aveva una singolare simpatia e una
sensibilità che spingeva a dare fiducia. Erano le qualità
che l'avevano fatta correre da lei, quel giorno, prima che da chiunque
altro, nonostante fosse il suo stesso fratello maggiore la causa di
ogni male.
"Siediti,
dai, ti porto un bicchiere d'acqua." le disse la ragazza, indicando a
Serena il famoso divano delle manie di Francesca.
Erano
stati Antonio e Francesca a presentare a Serena il loro scapestrato
primogenito, non meno di ben sei anni prima, dopo che i suoi genitori
si erano separati e lei aveva confessato all'avvocato di sentirsi molto
sola. Così Antonio ne aveva parlato a Francesca e Francesca, che
aveva un fiuto naturale per le ragazze a modo e dalle alte performance
scolastiche, era stata più che felice di accoglierla in famiglia
per alzare il livello di miserabilità della sua prole.
Non
che i Lucich odiassero i loro figli, ma non si erano mai nemmeno
dimostrati troppo orgogliosi di loro. A volte sembrava quasi che
scegliessero dei sostituti perché né Nicole né
Sandro avevano mai primeggiato in qualcosa. E i Lucich, si sa, dovevano
sempre primeggiare in qualcosa.
"No, grazie, sono a posto così." Serena declinò gentilmente e si mise a sedere dove le era stato suggerito.
Così,
Nicole si soffermò a osservare la fragile figura della sua
quasi-cognata (grazie a Dio, Sandro non le aveva ancora chiesto di
sposarsi): nonostante fosse una giovane donna alta e ben messa, quel
giorno sembrava un piccolo scricciolo, tutta rannicchiata all'angolo
del divano, gli occhi rossi e le spalle tremanti. Nell'ultimo periodo
l'aveva vista fin troppo spesso in quelle condizioni e per quanto le
dispiacesse, stava iniziando a stancarsi.
Scosse la testa, arrabbiata e amareggiata: "Sere, non posso accettare che vada avanti così."
Ma Serena alzò una mano, come ad interromperla: "Ho solo bisogno di sfogarmi. Ti prego."
Allora
Nicole tirò un sospiro e si sedette accanto a lei, ormai avvezza
a questo tipo di sedute in cui si improvvisava consolatrice. Dopotutto,
che altro avrebbe potuto fare? Come se fosse sua sorella e non la
sorella di Sandro, la abbracciò forte e mentre singhiozzava le
sussurrò: "È proprio uno stronzo."
Fissò
le palline dell'albero di Natale nell'angolo del salotto e le
contò come se fossero le quelle di un abaco, per enumerare le
volte in cui Sandro aveva fatto soffrire qualcuno. Purtroppo anche lui,
da bravo Lucich, aveva ereditato una scaltrezza fuori dal normale, ma
la utilizzava a scapito degli altri, unendo ad essa una noncuranza
innata, che lo faceva assomigliare molto ai loro genitori.
Sandro
non era nemmeno chissà quale bellezza; a ventisette anni girava
ancora con la barba incolta di giorni e non si tagliava i capelli
perché non gli andava di spendere soldi dal barbiere. Aveva
l'animo capriccioso di un bambinetto, ma tutta la cattiveria di un
giovane farfallone a cui non dispiaceva andare di fiore in fiore senza
badare ai cuori spezzati.
Serena
era stata l'eccezione alla regola; i suoi l'avevano selezionata bene
per uno come Sandro e pure in un periodo in cui le debolezze di lei e
la forza di lui si sarebbero sposati perfettamente. Chiunque altra
sarebbe scappata a gambe levate da quella situazione, ma lei era
rimasta, aveva creduto che tra loro avrebbe potuto esserci qualcosa di
forte, di vero.
Ma,
sinceramente, aveva sbagliato alla grande. Aveva scoperto del primo
tradimento quell'estate, a luglio, dopo sei anni in cui probabilmente
la fedeltà non era mai stata troppo di casa. Serena se n'era
finalmente resa conto quand'erano andati a convivere e lui, nel giro di
qualche settimana, aveva fatto conoscenza ravvicinata con svariate
condomine. Sembrava che Serena l'avesse lasciato e cacciato per questo,
ma qualche giorno dopo aveva deciso di parlare con lui e discutere
della loro situazione. Sorprendentemente per tutti, in casa Lucich,
l'aveva perdonato ed erano tornati a fare la vita di coppia...
perché Serena era una grandissima debole.
Infatti,
ora era quasi Natale e quei due si trovavano di nuovo punto e a capo.
Il problema, pensò Nicole, era che in circa sei mesi aveva
assistito a quella scena almeno altre due volte. Perché Serena
era così ostinata? Amava a tal punto suo fratello o amava
solamente farsi del male?
La
serratura della porta scattò e fece alzare gli occhi di Nicole
sull'entrata. Mentre ancora stringeva Serena, la osservò aprirsi
e lasciar entrare l'ultima persona che avrebbe voluto vedere in quel
momento.
No, non Sandro.
Giulio.
"Woah,
dimostrazioni saffiche di affetto, sono arrivato giusto in tempo."
salutò lui, con la sua classica, perenne, aria di
superiorità.
"Oddio." si lamentò Nicole, sciogliendo l'abbraccio. "La puoi smettere di entrare in casa miaadcazzum?
È come se fosse una tua proprietà, ma, tieniti forte per
la rivelazione, non lo è. Si deve bussare, o suonare il
campanello. E capisco che tu sia abituato al ponte levatoio della tua
reggia, o principe, ma qui esistono solo dispositivi plebei."
"Dunque
perché sprecarsi in tali pagane tradizioni, quando hai
direttamente le chiavi?" rimbeccò lui, agitando fieramente il
mazzo tra le dita.
Nicole
roteò gli occhi: gliele aveva date suo padre, ne era certa.
Antonio Lucich adorava Giulio; era come la sua spalla destra, il suo
scagnozzo, il figlio che non aveva mai avuto. O meglio, come il figlio
che avrebbe voluto al posto di quello stronzo di Sandro. Ed era tutto
dire, pensò Nicole, perché Giulio era ancora più
stronzo.
Serena
si vergognò immensamente: non sapeva che in casa Lucich
sarebbero arrivati ospiti, perciò girò il volto tentando
di nasconderlo alla bell'e meglio. Ma i due ragazzi non sembravano
preoccuparsi troppo di lei; erano immersi in una discussione da cui non
sarebbero usciti entrambi vivi.
"Non capisco perché debba dare le chiavi a te!A te!"
si animò Nicole. "Che cosa ti ha mandato a fare stavolta? Una
nuotatina in piscina? Un pisolino sul suo materasso Memory Foam?"
Giulio
buttò lì una risatina, mentre si ambientò senza il
minimo imbarazzo nella casa, togliendosi il giaccone e lanciandolo sul
tavolo. Aprì il frigo, prese il Gatorade preparato apposta per
lui e lo stappò, bevendone due grossi sorsi: "Mi ha mandato per
controllare che non stessi distruggendo la casa, Nic."
"Giuro che ti uccido."
Giulio
bevve di nuovo, dando finalmente l'impressione di un ragazzo
affaticato, infreddolito e assetato che ha bisogno di energie, cosa che
era ma che si sforzava di non dare a vedere: "Mi ha mandato a prendere
la registrazione dell'ultima partita. Abbiamo appena finito
l'allenamento e voleva discutere con la squadra dell'ultima
performance, ma aveva dimenticato il video a casa."
"Ti ha anche fatto guidare la sua macchina, magari." commentò Nicole, invidiosa.
Sia
lei che Giulio, in quanto coetanei, avevano preso la patente da poco.
Ma se a Nicole Antonio non osava nemmeno far provare la sua Audi A4, a
Giulio mancava poco che la regalasse, anche se tecnicamente non avrebbe
potuto guidarla da neopatentato. Come già osservato, quell'uomo
amava Giulio Pizzi. Lo amava più della legge e quasi più
dei suoi stessi figli, altro buon motivo per detestarlo profondamente.
"No,
stavolta ho dovuto usare la Cinquecento di mia madre." rispose il
ragazzo, posando finalmente la bevanda con un sospiro. Come per ogni
disagio, Giulio tentava di dissimulare, ma la verità era che, a
volte, essere il protetto di Lucich era una vera palla. Per
carità, fama e invidia ovunque, ma i mille favori e l'ansia di
essere sempre al top facevano sentire il loro peso anche su una divina
entità come lui.
"Ah,
e tra l'altro." aggiunse assumendo uno sguardo leggermente colpevole.
"Ho ammaccato il piede dello gnomo da giardino sul vialetto. Ma diremo
che è stata colpa tua, ok?"
Nicole
esplose in un fiume di rabbia: "Come no, Pizzi! Diciamo sempre che
è colpa mia! Ormai qui dentro sei il cocco di casa; anche se la
facessi in cenere con le tue stesse mani, sarebbe comunque colpa mia!
Vedi festa di quest'estate!"
Serena
non capiva di cosa stessero parlando, ma si sentì troppo in
colpa, specialmente vedendo la reazione di Giulio alle accuse,
così decise di intervenire: "Sono stata io ad ammaccarlo."
Nicole
e Giulio si voltarono verso di lei. La sua vocina da agnellino aveva
dissipato ogni sfumatura di rabbia negli occhi della ragazza: "Oh, non
ti preoccupare, Sere, dirò che è stata colpa mia."
"Ma come?!" sbottò Giulio.
Dopo
aver doverosamente espresso il suo disappunto nei confronti dei
favoreggiamenti di Nicole, il biondo sembrò accorgersi di Serena
per la prima volta e si avvicinò a lei assumendo uno sguardo
preoccupato.
"Ehi, tu, va tutto bene? Che cosa ti prende?"
Serena
arrossì e distolse lo sguardo, mentre Nicole si lanciò
davanti a lei per cercare di proteggerla da giudizi indesiderati:
"Lasciala stare, ok? Un coglione l'ha fatta stare male. Un coglione
proprio come te."
"Grazie
per i complimenti." Giulio non si fece scalfire e si sporse un altro
po', per osservare meglio l'ospite. "Ma lei non è la ragazza di
tuo fratello?"
Il pianto di Serena si fece più intenso e Nicole fulminò Giulio: "Vedi perché sei un coglione?"
Giulio
pareva perplesso e si grattò la testa, mentre si spostò
per mettersi di fronte alle due ragazze: "Scusa, ma pensavo che per una
volta tuo fratello si fosse rimesso in carreggiata."
Con
gran sorpresa di Nicole, Giulio si piegò sulle ginocchia e si
avvicinò al volto di Serena per poterla guardare negli occhi.
Con una dolcezza inedita, le sposto le mani da davanti alla faccia e le
parlò a voce sommessa, tutt'altra cosa rispetto al suo solito
tono da re del mondo: "Sandro è un rifiuto umano, non devi
buttarti giù per lui."
Nicole
tossicchiò: non che non fosse d'accordo, ma Giulio si prendeva
sempre troppe libertà, anche di parola. Stava parlando male di
un Lucich in casa Lucich e di fronte a un altro Lucich, dopotutto.
Ma
lui non le diede retta, sembrava davvero dispiaciuto per la povera
Serena e si era sentito in dovere di intervenire: "Dovresti mandarlo a
quel paese definitivamente, trovarti uno con le palle e soprattutto con
dei capelli che non assomiglino a uno spolverino Swiffer."
Nicole
era oltraggiata e voleva dare una botta in testa a Giulio, però
qualcosa la stava trattenendo. Qualcosa di strano, estremamente strano.
Sentire Giulio parlare con quel tono e quella premura, anche se stava
facendo un discorso suicida, le aveva fatto scattare qualcosa a livello
cerebrale.
Seriamente:
il suo cervello aveva come preso una scossa, aveva ricevuto un flash.
Quel modo di fare, lei... se lo ricordava. Quando l'aveva già
sentito? Lei e Giulio si conoscevano sin da bambini, sin da quando lui
aveva iniziato a fare rugby, ma non aveva memorie consistenti di lui in
versione ragazzo normale, premuroso e sensibile. Ma soprattutto normale.
La
reazione di Serena la distrasse dai pensieri: la sua faccia era
completamente cambiata di fronte a Giulio. Era impallidita a tal punto
da farle pensare che avesse visto un fantasma.
"È lui..." soffiò, fissando Giulio in modo inquietante.
Giulio e Nicole si scambiarono un'occhiata.
"È lui." ripeté Serena, indietreggiando con il busto, a mo' di film dell'orrore. "Oh mio Dio."
"Nic, sicura che questa sia a posto?" mormorò Giulio, stavolta sì, guadagnandosi uno scappellotto.
"Sere, che stai dicendo?"
Ma
Serena si era alzata in piedi sulla scia della scena horror, e si era
rintanata nell'angolo della stanza, giusto per non farsi mancare nulla.
Incredula, si sfregò le mani sul viso, poi guardò di
nuovo il ragazzo e la situazione non si risolse.
Sembrava
davvero che Giulio fosse il frutto di una sua folle visione, a tal
punto che decise di voltarsi, piantando le mani ai lati del lavabo e
fissando lo scarico con fare da pazza. Nicole aveva visto quella scena
una sola volta nella vita: in Harry Potter, quando la professoressa
Cooman aveva visto il Gramo nella tazzina di Harry.
"Serena?"
Nicole osservava a tratti lei, a tratti Giulio, guardinga, non sapendo
se aspettarsi che il cervello di Serena esplodesse o che Giulio si
trasformasse in un mostro mangia bambini.
Il ragazzo estrasse il cellulare: "Posso sentire che dice il 118."
"No,
no." Serena recuperò tempestivamente la ragione, obbligandosi a
darsi una ripigliata. "Scusate, è solo che..."
Si schiarì la voce, stropicciandosi gli occhi rossi, poi sospirò: "Nicole, avresti ancora quel bicchiere d'acqua?"
Nicole
fornì i liquidi richiesti a sua cognata, sperando che potessero
reidratarle la corteccia cerebrale, e lei finalmente si decise a dare
una spiegazione: "Ti ricordi che ti avevo parlato di quel ragazzo,
quest'estate? Quello... quello dell'autostop?"
"Ah sì, quello con cui ti shippavo un sacco. Alessandro... Alberto..."
"Andrea."
"Giusto."
Giulio si inorridì: "Io non voglio ascoltare queste cose."
"Ecco,
quel ragazzo... era identico a lui!" sbottò Serena indicando
Giulio. Sembrava davvero pazza, ma la sorgente di tutto quel trambusto
era euforia, euforia pura, che Nicole ricordava di aver sentito nella
sua voce solo quando aveva condiviso con lei quella sua piccola
avventura.
"Che delusione." sbeffeggiò lei. "Mi ero immaginata un gran figo."
"Ah-ha." grugnì Giulio.
"Ci
assomiglia davvero tantissimo... se solo avesse sei o sette anni in
più..." gongolò, invece, Serena, persa nella fantasia.
Nicole
non aveva mai avuto modo di finire quel il discorso. Sere le aveva
raccontato dell'autostop, della strana chiacchierata e della fidanzata
del tipo che si slinguazzava un altro per dispetto, ma non aveva mai
saputo com'era andata a finire, dopo che quei due si erano allontanati.
Nicole aveva il sospetto che si fossero imboscati per fare cose e
Serena non gliel'avesse detto per rispetto di suo fratello. Anche se si
erano lasciati, in quel periodo, non era bello che lei sbandierasse di
aver trovato con chi consolarsi, anche se, tutto sommato, a Nicole non
sarebbe affatto dispiaciuto.
Aveva
idealizzato Andrea come il ragazzo perfetto, secondo i racconti di
Serena, e aveva sempre avuto il desiderio di chiederle di più su
di lui: come faceva di cognome, dove abitava, se si fosse innamorata e
perché non si erano più sentiti. Ma ogni volta che aveva
incontrato Serena, dopo quel giorno, non avevano parlato d'altro che di
Sandro. Dapprima di come poter ricominciare a fidarsi di lui e in
seguito di come sopportare le continue scappatelle e l'idea che forse
lui non l'avesse mai veramente amata.
"Mi
spiace sembrare così isterica." Serena sospirò, scuotendo
la testa e avvicinandosi timidamente a Giulio. Teneva le mani unite in
grembo, agitata, e lo scrutava attentamente. "Ma tu somigli tantissimo
a una persona."
"Questo
l'avevo capito. Se solitamente è una persona che sta crocefissa,
ci sono abituato. La gente mi scambia spesso per Gesù."
Nicole si teneva la testa con la mano: "Quanto sei blasfemo."
E
per la seconda volta nel giro di pochi secondi ebbe la sensazione di
avere qualche ricordo represso nella testa. Forse vedere davanti a
sé Serena in fase epifania la stava influenzando troppo.
Serena
sorrise alla battuta su Gesù, trovandola per nulla irritante, ma
addirittura simpatica. Simpatica come quelle che faceva Andrea. E
l'aveva conosciuto per poche ore, ma ricordava tutto, tutto, davvero
tutto su di lui. Il fatto che Giulio gli somigliasse così tanto
rendeva la memoria un fatto del presente, come se Andrea si trovasse
ancora lì, di fronte a lei.
Ma
Andrea era diventato veramente solo uno spettro per Serena. Uno spettro
che l'aveva accompagnata negli ultimi sei mesi, specialmente nei
momenti di sconforto. Un desiderio inesaudito, un rimorso e un
rimpianto. Da quel giorno non aveva più rivisto Andrea; lui non
l'aveva cercata e lei, pur conoscendo il suo indirizzo, non aveva osato
ripresentarsi davanti a casa sua.
Certo,
non aveva fatto altro che sforzarsi di scacciare il pensiero di lui,
perché sì, perché doveva essere solo un'enorme
sbandata capitata con un pessimo tempismo. Ma non era servito a nulla:
lui tornava sempre, ad assillarla quando piangeva per Sandro e quando
vedeva qualcuno aspettare ai lati di una strada. Per questo sentiva i
morsi del rimpianto: perché non era stata più coraggiosa,
perché non aveva afferrato al volo quell'occasione,
perché si era fatta sfuggire Andrea dalle mani e Andrea non era
più tornato.
Non
sapeva il motivo per cui fosse sparito e di certo non sarebbe andata a
casa sua per chiederglielo. Serena ormai era sicura che per lui si
fosse trattato solo un flirt casuale, ma opportuno. Sì, un bel
quarto d'ora, per sfuggire allo schifo delle loro relazioni, ma che si
fosse addirittura innamorato di lei era proprio una barzelletta. Lei,
che non aveva mai ricevuto l'amore vero di nessuno. Lei che era un asso
ad innamorarsi e sognare in grande. Lei, sì, lei che era
così, ma... gli altri? Gli altri non si innamoravano di certo in
un solo quarto d'ora.
Ma
forse perché a lei era successo, aveva deciso di impegnarsi con
Sandro, di nuovo. Come se fosse stato... un tributo. Un tributo ad
Andrea e a quello che, in pochissime ore, le aveva insegnato.
Cioè a lottare, per tutto, sempre.
Era così che si sarebbe mantenuta la felicità, giusto?
E allora perché lei non era felice?
"Scusa."
ripeté nuovamente, sorridendo a Giulio. "Sono solo i
vaneggiamenti di una povera frustrata. Chiedo scusa per il disturbo,
Nicole, ora è meglio che vada."
Serena raccolse la sua borsa e le chiavi della Punto.
"Aspetta, Sere!" la fermò la ragazza. "Che è successo con mio fratello? Che ha combinato stavolta?"
Serena
si chiuse nelle spalle: "È solo che ho trovato dei messaggi
strani e prima ho risposto al suo telefono, alla una chiamata di una...
beh, sono le solite cose." tagliò corto con un sorriso forzato.
"Dovresti veramente chiudere." propose Nicole, suonando, per suo dispiacere, concorde con le parole di Giulio.
Serena sospirò, mentre afferrava la maniglia della porta: "Lo so... Forse, un giorno. Quando avrò delle certezze."
E
non si capì bene di quali certezze parlasse Serena: certezze
rispetto al fatto che Sandro la stesse tradendo di sicuro o certezze
che le impedissero di perdere totalmente fiducia nell'amore?
Serena
salutò Nicole e Giulio e uscì di casa, lasciando entrare
una folata di freddo che fece rabbrividire entrambi. Era la mattina del
22 dicembre, primo giorno di vacanze natalizie e primo giorno di freddo
vero e proprio in quell'inverno che era stato fino a quel momento
piuttosto mite.
Per qualche istante la casa rimase silenziosa, poi ci pensò Nicole a cambiare atmosfera: "Beh?"
Si
voltò verso Giulio, incrociando le braccia al petto sia per
mostrare disapprovazione che per proteggersi dal freddo improvviso: "Ti
accampi qui, adesso? Dovresti prendere il buon esempio di Serena e
andartene. Magari anche per sempre, così mi faresti un bel
regalo di Natale."
"Nicole."
La
serietà di Giulio fece trasalire Nicole, che tutto si aspettava,
tranne che Giulio la prendesse per le spalle e la trascinasse verso il
divano.
Quel divano...
Di nuovo, un altro flash, ma che le prendeva?
"Che
cosa vuoi?" sbotto in faccia a Giulio, che l'aveva fatta sedere per
piazzarsi accanto a lei e continuare a fissarla con fare inquietante.
"Ascoltami."
disse, apparendo fin troppo vicino con quel suo naso perfetto e la
pelle sempre ambrata, anche d'inverno. "Quella ragazza, Serena, ha
detto di aver conosciuto un tizio che mi assomiglia."
"Bravo. Hai capito quello che è successo negli ultimi quindici minuti. E sai anche fare i riassunti!"
"Nicole!"
Giulio sembrava serio. Perché Giulio, che era sempre cretino, ora sembrava serio?
"Ha detto che quel ragazzo si chiama Andrea."
Nicole corrugò le sopracciglia: "Arriva al punto, Pizzi."
"Beh-"
La
suoneria di Giulio interruppe l'intensità del momento e fece
sbuffare il ragazzo. Estrasse il telefono dai pantaloni e
mormorò: "Tuo padre..."
Ripose
e assicurò all'uomo che stava per tornare con le registrazioni,
ma fu in quel momento che per la prima volta nella storia, Nicole si
accorse di quanto Giulio fosse ansioso. Giulio temeva suo padre come
lei, come tutti, e forse più di tutti. Magari quella volta della
festa aveva lasciato che lei si prendesse tutte le colpe proprio per
quel motivo, proprio perché, altrimenti, suo padre sarebbe stato
triplamente cattivo con lui.
Oh, quella festa...
Nicole
aveva sempre maltollerato Pizzi, perché aveva un caratteraccio e
perché era invidiosa della relazione che aveva con suo padre. Ma
dalla festa che avevano fatto a casa sua, in estate, per il
diciottesimo della sua migliore amica, lo odiava ufficialmente. Dato
che era così popolare e festaiolo, gli aveva chiesto aiuto con
l'organizzazione e lui aveva creato un casino con i fiocchi: orge,
intossicazioni alimentari e pure water otturati. Uno sballo, dal suo
punto di vista, una condanna a morte, dal punto di vista di Nicole.
Ma
il problema non fu solo quello. La festa degenerò in tutto e per
tutto, e, mentre ciò accadeva, Nicole era ubriachissima. Colpa
di Giulio, ovviamente, che con ogni probabilità aveva tentato di
offuscare il suo senso della ragione di fronte allo sfacelo. Difatti
lei non ricordava assolutamente nulla, da un certo momento in poi; per
l'esattezza, da quando stava quasi per perdere la verginità con
Luca, il bel fusto e poco cervello Lucaddominali, perché Giulio
le aveva detto di divertirsi. Quindi non sapeva spiegarsi
perché, al suo risveglio, la casa era completamente distrutta.
Sorvolando
sul fatto che si era ritrovata nuda sullo stesso divano dove ora stava
seduta, la responsabilità dei danni andò direttamente a
lei, senza nemmeno passare per colui che tutto aveva reso possibile. Si
era divertito a danni degli altri, si era salvato la faccia e agli
occhi di Antonio, era rimasto sempre il solito, santo subito, Giulio
Pizzi, capitano della squadra, re del mondo, dio.
E
quindi era ancora più arrabbiata per quello che stava provando
in quel momento: aveva passato mesi ad odiarlo e ora lo giustificava?
Per Dio, quella che aveva dovuto subire una punizione interminabile era
lei! Non Pizzi!
Eppure,
aveva appena osservato che essere il protetto di casa poteva avere
tanti pro quanti contro. Nicole si domandava, osservandolo, se fosse
stato proprio lui a scegliere di diventare il pupillo di suo
padre o se suo padre l'avesse deciso per lui. Era un ruolo che aveva
cercato o che gli era, semplicemente, stato assegnato?
In
effetti, ora che ci pensava seriamente, Antonio aveva sempre storto il
naso per le malefatte di Sandro e aveva visto in Giulio l'ideale di
figlio perfetto, prendendolo fin da bambino sotto la sua ala, ma
caricandolo di responsabilità che non gli spettavano. E Giulio
era diventato un invasato re dell'universo per questo. Perfetto.
"Cosa
mi stavi dicendo di Andrea?" gli domandò, cercando di sorvolare
sugli studi psicologici che avevano luogo nella sua mente.
Giulio
infilò il telefono nuovamente in tasca: "Che, appunto, si chiama
Andrea e mi somiglia molto ed ha circa sei o sette anni più di
me. Fai due più due, Lucich."
E Nicole fece due più due, ma avrebbe dovuto farlo molto molto prima.
Le
mani corsero a coprirle bocca, mentre l'intuizione si disegnava sul suo
volto nelle mille espressioni: prima lo stupore, poi il rimprovero per
non averlo previamente capito, poi l'entusiasmo di poterlo dire a
Serena, ma anche la fretta di doverlo dire a Serena, e la realizzazione
di aver corso troppo con la fantasia senza tener conto che...
"Pizzi, dici che stiamo davvero parlando di tuo fratello? Perché se è tuo fratello, allora..."
Giulio
strinse le spalle: "Demente com'è, non mi ha mai detto che
aveva-" fece il segno delle virgolette con le dita. "Conosciuto una, ma
di sicuro quando è stato mollato da Lucia sembrava molto
più felice del dovuto. Per poco... poi è tornato
depresso."
Lucia!
Sì, Serena aveva parlato di una Lucia! Allora Andrea era
veramente quell'Andrea: Andrea Pizzi, il fratello maggiore di Giulio,
il ragazzo più bello che Nicole avesse mai visto e che,
purtroppo, era stato allievo di suo padre solo per un anno,
perché poi aveva preferito l'hockey al rugby.
Nicole fu per un attimo euforica: aveva trovato qualcosa di bellissimo da dire a Serena!
Ma ancora una volta c'era un ma e Nicole lo vedeva disegnato anche sulla faccia di Giulio.
Infatti,
i due si guardarono. Nessuno lo disse, ma lo pensarono entrambi: quello
che era successo recentemente ad Andrea non faceva altro che complicare
ancora di più tutta la questione.
Il telefono di Giulio suonò di nuovo.
"Oddio!"
si lasciò sfuggire quest'ultimo, prima di rispondere e
recuperare il tono soave con cui disse ad Antonio che aveva trovato le
registrazioni e che stava ripartendo.
Giulio
si affrettò a recuperare tutto e si buttò il giaccone
sopra le spalle, correndo verso la porta. Ma esitò un secondo e
si fermò con la mano sulla maniglia: "Ci vediamo domani?"
Giulio
e Nicole si vedevano quasi ogni giorno a scuola, perché
frequentavano entrambi il quinto anno nello stesso istituto, ma non
avrebbero avuto motivo di vedersi ora che la scuola era chiusa per le
vacanze di Natale.
"Purtroppo sì." rispose Nicole, che, anche nei giorni di vacanza, non era stata graziata da suo padre.
A
pomeriggi alterni era attesa al campo da rugby per manutenzione e
pulizie, e anche senza fiatare! Questa era la punizione che doveva
ancora terminare e che per colpa di Giulio suo padre le aveva
affibbiato senza esitazione.
"Ok."
"Comunque ti odio, Pizzi."
Lui fece un sorrisetto: "Altrettanto."
E se ne andò.
***
ANGOLO AUTRICE
Buongiorno a tutti :)
Per chi non mi conoscesse, io sono Yellow Daffodil, comunemente chiamata Daffy. Il mio vero nome è Micol,
sono italiana e ho 23 anni. Ora che ci siamo presentati, possiamo
passare alla storia.
Come qualcuno di voi già saprà (non è che abbia
fatto pubblicità aggressiva nell'ultima settimana sui social, nooooo...),
Invischiati per le feste nasce dalle svariate richieste dei lettori che
volevano un seguito sia per la mia OS Una notte da dimenticare
(pubblicata nel lontano 2012), sia per la OS pubblicata nell'estate
2017, Autostop. Quando scrissi queste due perle, non avevo intenzione
di farle diventare delle long; semplicemente, sono nate da momentanee
esigenze e sono rimaste online per anni e anni.
Ora che non sono più impegnata con la mia opera
maestra, di cui non farò pubblicità aggressiva giusto per non
essere molesta (si chiamaIo e te è grammaticalmente scorretto,
è un romanzo edito da Centauria che si può acquistare
online e nelle librerie e che ha due seguiti gratuiti presenti sia su
Wattpad che su EFP, nelle mie rispettive pagine), ho deciso di darmi
alla scrittura di cose nuove. E giusto per inaugurare quest'aria di
novità, ho ripreso in mano le due OS. Molto innovativo, vero?
Fonderle insieme, in realtà, è un'idea che risale a
Natale 2017 quando già avevo scritto questo primo capitolo che
poi è andato dimenticato tra le varie bozze. A gennaio 2019,
tuttavia, mi sono data da fare ed ora sono qui con questo esperimento pazzo dove l'universo di Autostop è in realtà lo stesso di Una notte, e i personaggi, come avete capito, sono addirittura parenti!
Credo, anzi, lo so per certo, che ne vedremo di belle e interessanti.
La storia è già scritta: è composta di 8 capitoli
circa della lunghezza di questo (dalle 4.5 alle 6 mila parole), che
verranno pubblicati secondo questo calendario:
Cap 1 - 21/01
Cap 2 - 25/01
Cap 3 - 28/01
Cap 4 - 31/01
Cap 5 - 04/02
Cap 6 - 08/02
Cap 7 - 12/02
Cap 8 - 14/02
Segnatevi bene queste date, ma badate che potrebbero subire piccole
variazioni di 1/2 giorni, causa imminente ondata di esami che mi
travolgerà da oggi e fino al 31 gennaio, facendo possibilmente
coincidere degli orali con le date dei capitoli. In ogni caso, per una
volta nella mia vita, ho già tutto in cantiere, quindi don't worry :)
Se vi sono piaciuti Serena, Giulio e Nicole in questo capitolo,
lasciate un commentino o una recensione. Se volete tentare di
indovinare che cosa è capitato ad Andrea, sarò felice di
leggere le vostre ipotesi e, niente... se siete intrigati da questa
trama, restate sintonizzati per sviluppi decisamente... esplosivi
<_<
Allora, vi ho convinti?
Grazie per aver letto e alla prossima <3
Daffy
P.S. Un grazie doverosissimo a mayura.art,
ossia Nicole (trovatela su Instagram!), che ha creato per noi la
stupenda copertina della storia. Ditemi, non sono dei fighi pazzeschi?
Giulio
si stava allacciando le scarpe, quando sentì il rombante grido
di Nicole schiaffeggiargli i timpani. Era piegato su se stesso, piede
sulla panchina e sguardo fisso sui lacci fosforescenti. Si costrinse a
fissare quelli, nonostante la loro saturazione facesse quasi male, pur
di non dover prestare attenzione alla pazza.
"Pizzi, sintonizzati sulla stazione dei plebei!" lo richiamò. "Sono qui. Alla tua destra. Ti sto parlando."
"Buongiorno."
"Ciao."
"Mi sto allenando, ci sentiamo dopo." Giulio le diede una pacca sulla spalla e se ne corse verso il campo.
"Giulio!"
A
Nicole, ovviamente, non piacque per niente essere ignorata, così
prese a correre a sua volta e raggiunse il gruppo di atleti. Stavano
facendo passaggi e calci, metà di loro raggruppati verso la
linea di meta e un'altra metà sparpagliata su un lato del campo.
Non si vergognò, Nicole, a piantonarsi in mezzo al ballo, con
scopa e paletta in mano e addosso un fantastico pile a fantasia di
cuccioli di labrador, che aveva comprato in prima media.
"Pizzi, puoi darmi retta, solo un secondo?"
"Ehi, ciao, Nicole." Luca le sorrise. "Bella maglietta."
Nicole dimenticò lo stupido Pizzi e arrossì di colpo.
Uno,
non aveva la più pallida idea che Luca, Lucaddominali, si
ricordasse di lei (considerato che prima di quell'estate l'aveva sempre
chiamata 'ragazza', nonostante l'avesse vista al campo mille volte e
fosse la figlia del suo allenatore) e, due, non riusciva a non
associare il suo sorrisetto malizioso alla famosa festa. L'ultima cosa
che ricordava di quell'occasione era trovarsi letteralmente spalmata
addosso a Luca con la sua lingua infilata in trachea. Aveva il remoto
sospetto che avessero rischiato di fare altro, ma, non sapeva come, non
ci erano riusciti: lei era rimasta vergine e lui bello e muscoloso come
un Mastrolindo.
Sì, Nicole aveva da sempre un debole per Luca.
Quindi,
c'era anche un punto tre per cui, forse, si stava pentendo di aver
scelto il pile con i labrador. Ma erano carinissimi, non poteva
lasciarli nell'armadio!
"Cia-cia-ciao, Lu-lu-lu..."
Quasi
per dispetto, Giulio afferrò a due mani il carrello a cui Nicole
si era appoggiata e lo tirò verso di sé, facendola
barcollare: "Senti, Nic, noi non abbiamo tempo da perdere. Fra quindici
giorni c'è la partita e facciamo tutti pena tranne io, quindi,
se vuoi scusarci, avremo di meglio da fare che ascoltare i tuoi vagiti
da neonato e commentare la tua scarsa competenza nella moda. A dopo."
"...ca."
Nicole stroncò il balbettio e si risvegliò dalla trance.
"Due
minuti." lo implorò, allora, inarrestabile, fingendo di non
subire così palesemente il fascino di Lucaddominali e
sforzandosi di concentrarsi sul principino vilipeso. "Solo due minuti."
Giulio
afferrò un pallone dal carrello, sospirando. Con una mano sola
lo avvolse quasi per intero e Nicole era fissa su quell'immagine,
quando arrivò l'impertinente risposta: "Va bene, dai. Ti concedo
due minuti. Facciamo fra un'ora, ok?"
La faccia della ragazza si contrasse in un'espressione oltraggiata.
Mentre
Giulio correva all'indietro con un sorrisetto tutto compiaciuto, Luca
aveva radunato qualche loro compagno di squadra per assistere alla
scena. Non era per niente insolito che Nicole Lucich e Giulio Pizzi si
scambiassero amorevoli frecciatine per qualsiasi cosa, eppure ogni
volta era un vero spettacolo.
La
squadra ormai conosceva bene Nicole: il campo di rugby e gli spogliatoi
costituivano per lei una sorta di prigione in cui veniva rinchiusa da
suo padre in persona quando combinava qualche marachella. Beh, da
piccola poteva anche parlare di marachelle, certo, e il massimo a cui
veniva obbligata era restare con le chiappette ben ancorate alle
panchine e osservare le partite. Da adolescente quale era ora, invece,
le punizioni per le sue ragazzate spaziavano dalla manutenzione del
campo alla pulizia degli spogliatoi, indipendentemente dal fatto che
fossero frequentati da uomini e quindi perennemente sporchi come stalle.
Antonio Lucich non era un uomo dolce e buono; al contrario, sembrava sempre molto più un allenatore che un papà.
Quel
giorno, infatti, Nicole stava scontando la parte finale della sua
punizione iniziata ancora durante l'estate. L'entità della pena
era direttamente proporzionale a quella del danno da lei causato (da
lei, o da Giulio, si specifichi), che aveva portato al quasi
annientamento della rispettabile dimora Lucich. Per tutto quello che
aveva combinato durante la festa dei diciotto anni della sua migliore
amica Maria, Nicole sarebbe rimasta in castigo fino al nuovo anno.
In
estate aveva aiutato personalmente gli addetti a rimettere in sesto le
parti di casa che erano state colpite dall'uragano della festa, in
autunno aveva dovuto lavorare per pagarsi da sola la patente, dato che
i suoi, per punizione, gliel'avevano negata, e ora che l'aveva
ottenuta, in pieno inverno, doveva fare, allo stadio dove allenava il
padre, tutto ciò che sarebbe spettato al custode, ora bellamente
in vacanza alle Hawaii.
Ma
ormai la folla si era radunata a ridere e scherzare, trascinata dalla
pigrizia di Luca e non, come si dovrebbe, dalla serietà del
capitano Pizzi. Giulio era l'unico della squadra ad aver cercato di
evitare lo svacco durante quei giorni di dura preparazione, eppure, non
appena arrivò, Antonio vide lui e sua figlia nell'arco degli
stessi cinque metri e tuonò: "Lucich! Pizzi!" come se fossero i
soli responsabili dell'agitazione popolare.
I due trasalirono, voltandosi verso l'uomo con aria colpevole.
"Che
cosa fate? Mi distraete la squadra? E voialtri, mezze seghe, prendete
in mano quei palloni e tirate, per la miseria! La vogliamo regalare
agli avversari questa vittoria?"
Tutti
scattarono manco avesse sparato dei proiettili ai loro piedi;
afferrarono un pallone a coppia e iniziarono un impeccabile allenamento.
"Voi due." li indicò Antonio, avvicinandosi con aria truce. "Passaggi. Subito."
Giulio
roteò gli occhi di nascosto, ma allo stesso tempo eseguì
senza un fiato, gettando il pallone che aveva tra le mani e
scegliendone uno leggermente più gonfio per poter fare gli
annunciati passaggi.
"Ma papà..." protesto invece Nicole.
"Un
cavolo, Lucich." la zittì l'uomo. "Non mi sembrava che avessi
finito di pulire il mio ufficio, quando sono uscito. E dopo cinque
minuti ritorno e ti trovo qui in mezzo a cazzeggiare."
"Non stavo cazzeggiando, papà."
"Non
ribattere." a quel punto si voltò verso Giulio. "E tu, Pizzi,
vuoi fare il capitano o prendere una meta avversaria dopo l'altra
direttamente nel culo?"
Giulio non rispose.
Nicole lo fece per lui.
"Non stava perdendo tempo. Sono io che l'ho distratto e poi tutti gli altri-"
"Non
mi interessa. Imparate che cosa sono le responsabilità, quelle
vere." tuonò, accennando verso la vastità del campo. "Ora
passaggi. Fatemi tutto il campo andata e ritorno, distanza reciproca
tre metri, alla fine raccogliete tutte le altre palle, poi, Nicole, ti
aspetto in ufficio. Sempre se posso fidarmi a lasciare in gestione
l'allenamento a Pizzi, finché sono in ufficio."
La
ragazza sospirò e suo padre si voltò per tornare a
parlare con qualche suo socio a bordo campo. Il pallone che le
arrivò direttamente nello stomaco fu il grazie che Giulio le
aveva amorevolmente riservato.
"Riflessi, Lucich." la ammonì, pure.
Nicole
iniziò a correre più veloce per distanziarsi da lui e poi
passargli il pallone all'indietro, come si usa fare nel rugby. Poi
Giulio l'avrebbe preso e fatto lo stesso e poi di nuovo il suo turno, e
avanti così per tutti i cento, interminabili, metri di verde.
Che due grandissime palle, pensò Nicole, per restare in tema.
"Se
mi avessi lasciato parlare solo un minuto-" cercò di discolparsi
lei, mentre eseguiva l'esercizio che ormai, negli anni di punizioni,
aveva imparato ad affinare piuttosto bene.
"Non erano due i minuti?"
"Uno o due, sarei stata breve. Volevo solamente parlarti di un'idea che ho avuto."
"Questo l'avevo capito."
Nicole
aveva già fatto questo tipo di allenamento sia con Giulio che
con altri ragazzi della squadra. Le era capitato per la prima volta
anni fa, con il più scarso di allora; suo padre aveva fatto una
sfuriata e l'aveva chiamata dalle panchine per dimostrare che anche una
femminuccia avrebbe fatto meglio. Da allora il coach Lucich, fiero del
talento congenito della figlia, la usava ogni tanto per sistemare le
disparità: era già capitata in coppia con svariata gente,
tra cui Angelico, il migliore amico di Giulio, che la trattava sempre
gentilmente e che quindi le piaceva. Purtroppo, non l'aveva mai provato
con Lucaddominali, anche se le sarebbe piaciuto un sacco. Il punto era,
comunque, che fino a quel momento Giulio era stato l'unico ad
impressionarla.
Eseguiva
lanci perfetti, regolando la forza affinché la palla finisse
dritta sui polpastrelli di Nicole, sena avvilupparsi, senza vibrare,
secca, come fosse stata perfettamente calibrata in precedenza
attraverso studi di trigonometria. Adorava fare questo esercizio con
Giulio: anche se ai cinquanta metri rischiava l'infarto, si sentiva
montare dentro un'adrenalina assurda, perché non sbagliava mai,
perché la palla arrivava così perfetta che solo un cieco
avrebbe potuto lasciarsela scappare.
Giulio
non era né grosso né muscoloso come gli altri compagni di
squadra, ma era senza ombra di dubbio il migliore, perché la sua
forza stava nel cervello.
Difficile a credere; aggiunse mentalmente Nicole.
"Ho
pensato alla situazione di Serena." lo aggiornò, decidendo se
non altro di approfittare di quell'occasione per prendersi i suoi
agognati due minuti. "Mi dispiace troppo per lei e sono certa che se
non farà qualcosa, Sandro la ferirà così a fondo
che potremmo non recuperarla mai più."
"Non capisco perché parli al plurale."
"Perché mi serve il tuo aiuto."
I
ragazzi misero piede sulla linea di fondo campo, così si
girarono e ripeterono lo schema al rovescio, per tornare indietro.
Nicole lanciò la palla a Giulio: "Dobbiamo organizzare una festa."
"Assolutamente no."
"Aspetta,
non hai sentito nemmeno tutto quanto!" Nicole faticava a concentrasi
sulle parole, sulla palla da prendere e anche sul non cadere come un
pero, però cercò di destreggiarsi. "Per fine anno,
papà e mamma passano due giorni in montagna, quindi la casa
sarebbe libera per un potenziale party di Capodanno. Potremmo fare
qualcosa nel mio stile, stavolta: cibo raffinato, musica classica, luci
soffuse e dell'ottimo champagne. Una cosa di classe, che ne dici?"
"Sì e a mezzanotte potremmo addirittura far scoppiare un palloncino."
"Non sei divertente."
"Nemmeno
tu, per niente." Giulio si allungò per prendere il lancio troppo
sporco di Nicole. Se la cavava, ok, ma si vedeva che non era affatto
una professionista. Per fortuna lui avrebbe preso in tempo anche un
meteorite che si abbatte a random sulla Terra. "Penso che si
divertirà di più mio nonno Arturo alla tombolata over
ottanta, nella sala comune dell'ospizio di paese."
"Allora non venire; l'importante è che mi aiuti."
"A
che cosa ti serve il mio aiuto?" si perplesse il ragazzo. "L'ultima
volta che l'hai voluto, poi quasi non ti mettevi a piangere. Io non so
gestire le noie mortali, men che meno te quando vai nel panico per una
tartina storta. Quest'estate mi è bastata."
"E
a me non è bastata?" il tiro di Nicole non arrivò sulle
mani di Giulio, ma al suo stomaco: un altro affettuoso modo di dire
grazie altrettanto.
Sul
viso di Giulio spuntò un sorrisetto: "Che cosa dovrei fare?
Procurarti le forbici dalla punta arrotondata per ritagliare i
segnaposto, onde evitare che gli ospiti si siedano sulla sedia
sbagliata?"
"No,
devi invitare gente." lo smentì lei, la gabbia toracica che
iniziava a farle male e quei cinquanta metri rimasti che parevano
più che altro un viaggio della speranza. "I ragazzi della
squadra, altri tuoi amici, insomma... gente. Tanto tu ne conosci."
"E tu no?"
"Chi invito, Alessio e Maria?"
"E Serena e Sandro. Sai che sballo?"
"Certo che invito Serena e Sandro. Ma è per questo che devono esserci anche un casino di altre persone."
"Non
mi dirai che i tuoi amici sono noiosi. Alessio cucca addirittura
più di te e Maria ha una terza di seno: non c'è niente di
meglio. Per non parlare di quell'animale da festa di tuo fratello,
più animale che da festa, se posso permettermi."
"Smettila di sfottere!" questo sforzo costò caro a Nicole, che si fermò, senza fiato, a venti metri dal traguardo.
Si
abbassò, stringendosi le ginocchia con le mani, palla in mezzo
alla cosce e petto fremente di fatica e adrenalina. Le piaceva fare
sport e anche organizzare cose per far felici le persone. Basta, questo
era ciò che voleva, anche se la gente di cui era accerchiata non
sempre era riconoscente o comprensiva.
Tipo Giulio.
"Voglio solo trovare il modo di far incontrare di nuovo Serena e tuo fratello, ok?"
Giulio
si sbatté una mano sulla fronte, consapevole che da lì a
qualche secondo si sarebbe sentito richiamare dal coach, ma troppo
sconvolto da quanto appena ascoltato.
"Stai ancora pensando a quella storia dell'autostop?"
"Sì!"
esalò malamente Nicole. "Da quel giorno è come se Serena
convivesse con uno spettro! È il rimorso per non aver inseguito
quell'istinto, per non aver fermato tuo fratello ed essere stata onesta
con lui, e in primis con se stessa! Lei si è innamorata di
Andrea, innamorata pazza, ma qualche fottuto neurone del suo cervello
è ancora incollato al culo peloso di Sandro e alla sua
stronzaggine perché crede di non meritarsi qualcosa di meglio."
Giulio la fissò: "Si vede che non fai un cazzo durante il giorno."
"Giu,
sono seria! Se porterai anche Andrea alla festa, avranno l'occasione di
rivedersi. Ed è la pensata più geniale che mi sia mai
venuta: casa mia sarà piena di belle ragazze al punto che
Sandro, prostituto com'è, ne intratterrà alcune per
mostrare la sua vecchia camera piena di pupazzi di Star Wars, sperando
che una di loro ne vada pazza e lo assalga tra le lenzuola per
riattivare quel suo pene morto da secoli."
"Wow."
"A quel punto, faremo incontrare Andrea e Serena."
"E se uno dei due non vorrà venire?"
"Serena
va dove va Sandro e Sandro va dove c'è materia prima." con le
mani Nicole sagomò una donna immaginaria. "Andrea, invece, va
dovetulo convinci di andare."
"Questa sarà la parte difficile. Andrea non esce da quando-"
"Appunto."
annuì Nicole. "Se tu lo convinci ad accompagnarti a questa
festa, mettendogli in testa che deve ributtarsi nella mischia, che ha
tutta una vita di esperienza davanti, eccetera eccetera, vedrai che
verrà. E allorabum; faremo nascere un amore. O rinascere, se preferisci."
Giulio parve incerto, dubbioso.
"Una
volta l'avresti fatto senza problemi." insistette Nicole. "Qualsiasi
cosa pur di divertirti, rimorchiare o quanto meno fare il figo in giro."
"Al di là del fatto che non mi sembra una proposta divertente, comunque hai ragione. Una volta l'avrei fatto senza problemi."
"E
adesso che c'è? Ti senti arrivato all'apice della scala della
popolarità? Non vuoi sprecare energie prima di gennaio
perché ti servono per fare l'eroe alla partita?"
"Non sei molto brava a chiedere aiuto."
"Fallo
per Andrea." Nicole incrociò le braccia, sapendo di aver colpito
nel punto giusto. "E per Serena; ho visto che ieri, sotto sotto, ti
dispiaceva."
"LUCICH!
PIZZI! MUOVETE QUEL CULO!" il prevedibile richiamo della giungla di
Antonio giunse alle orecchie di Nicole e Giulio, schiaffeggiandole con
vigore, in pieno stile Lucich.
Nicole
riprese immediatamente il pallone e lo gettò goffamente verso
Giulio, ingranando la sua corsa per gli ultimi metri.
"D'accordo,
facciamolo." approvò il biondo, alla fine. "Ma niente rivalse
nei miei confronti se poi non va come avresti voluto."
"Ti ricordo che mi sono beccata sei mesi di punizione senza fare il tuo nome, nemmeno una volta."
Giulio mostrò il suo classico sorrisetto di scherno: "Lo so."
"E tu invece muto come un pesce, contento alla mie spalle. Ti meriteresti di essere al mio posto."
"E perché non ci sono?"
"Perché... perché..."
Eh, perché?, si chiese Nicole.
Perché
lei era troppo fessa e prevedibile. Perché dai, non l'avrebbe
mai fatto, mettere nei guai altri... mica si chiamava Giulio Pizzi, lei!
Giulio toccò la linea di fondo campo, si girò appena e le lanciò il pallone. Lei non lo prese.
"Grazie, ok?" disse Giulio, a mezza voce. "Per non avermi messo in mezzo."
"Prego." ribatté lei, presa alla sprovvista, recuperando il pallone e rilanciandolo al mittente.
"Ma non mi sono pentito. Per me è stata una bella festa. Rifarei quasi tutto."
"Beh,
vedi di non rifare quasi tutto anche a Capodanno. Porta gente normale,
più tuo fratello che in quanto tuo consanguineo non rientra
nella categoria. Per il resto, niente alcol e niente fustigatrici
sadomaso: abbiamo una missione, dobbiamo restare lucidi."
Giulio
sorrise, gettò il pallone nel carrello e corse via a raccogliere
il resto, avvolto dal mistero e dal completo rispetto degli ordini dei
Lucich.
*
Due
giorni dopo, Andrea era in sala da pranzo. Aveva appena posato l'ultima
forchetta e alzato velocemente la mano dal tavolo, per evitare il
rischio di rovinare quell'opera maestra. Lo guardò nella sua
interezza: era semplicemente perfetto.
"Oh
no, Andrea!" il profumo di ragù arrivò appena prima della
paffuta figura di sua madre: "Quante volte ti ho detto che il
tovagliolo va a sinistra?"
Il biondo si girò, sconvolto: "A sinistra? Ma non me l'hai mai detto!"
"Sì,
invece, e lo dice anche Csaba Dalla Zorza!" la donna, come un uragano
che sa di ragù, si abbatté sulla tavola e spostò
ogni tovagliolo prima che Andrea potesse anche solo protestare. Poi,
mentre lui prendeva fiato per lamentarsi della sua opera rovinata, lei
aggiunse. "È possibile che non presti mai attenzione aCortesie per gli ospiti? E sì che lo guardiamo praticamente ogni giorno; ma dove hai la testa?"
Agitò
le mani con espressione sconsolata e poi, ripulendosele sul grembiule
da cucina, tornò nel suo habitat naturale.
Andrea trovò finalmente il tempo di sospirare.
Sua
mamma era davvero assurda, se lo ripeteva ogni volta. Negli ultimi
mesi, poi, aveva condiviso con lei molti più momenti di quanti
ne avesse avuti a disposizione da bambino e si era reso conto, data
anche la sua età ormai adulta, che lei era una donna
indescrivibile, speciale. Adorava sua madre, anche se era più un
cataclisma che un essere umano. Nessun'altra persona avrebbe potuto
stargli accanto nel modo in cui faceva lei, indipendentemente dalla
situazione in cui si trovasse.
"Allora, è pronto o no?"
E
poi c'era suo padre, che avrebbe spesso e volentieri preferito
scaraventare fuori dalla finestra, ma quello era un altro discorso.
Non
si sarebbe detto di primo impatto, ma i Pizzi erano una famiglia
abbastanza unita. C'era mamma Roberta, che da brava donna di servizio
svolgeva tutte le faccende di casa propria e altrui in maniera
impeccabile, senza togliere tempo ai figli, a costo di stramazzare a
terra per la stanchezza. Poi c'era papà Claudio, che, per
fortuna, se ne stava più tempo in giro che a casa. Non che fosse
una cattiva presenza, eh, ma nemmeno una buona presenza, ecco. Claudio
faceva il camionista da ancora prima di prendere la patente e, forse
per il mestiere solitario e logorante, era un uomo piuttosto
arrogantuccio e pretenzioso. Quando tornava a casa, nemmeno si poneva
il problema che le cose fossero già pronte e a posto per lui:
mamma Roberta gli doveva fare la cena e i suoi figli dovevano aver
svolto tutte le mansioni da uomo che lui, in quanto impegnato, non
poteva assolvere.
Per
carità, con un'educazione del genere la prole Pizzi aveva
imparato a cavarsela, ad essere servizievole e gestire bene la propria
vita. Ma le sere in cui Claudio tornava, Andrea sperava sempre in un
abbraccio, un piccolo sorriso, anche solo una parola d'incoraggiamento.
In venticinque anni non ne aveva ricevuto mezzo, a malapena l'uomo si
interessava riguardo ciò che avessero fatto i suoi familiari.
Almeno però, non si poteva dire che non facesse il possibile per
dare alla sua famiglia le entrate necessarie ad avere una vita degna.
La casa, lo sport e la macchina erano tutto frutto dei sacrifici dei
loro genitori.
"Fra
poco, Claudio, non rompere, ok?" fu il tuono di Roberta direttamente
dalla cucina. "Intanto tu e Andrea preparatevi a ricevere gli ospiti e
fa in modo che appena arrivo in soggiorno, non ti veda addosso quella
barba da uomo delle caverne, ok? Se non te la sei ancora fatta, corri a
porvi rimedio immediatamente!"
Andrea
e Claudio si scambiarono uno sguardo. Andrea accennò alla barba
di suo padre e poi alle scale, suggerendogli tacitamente di dare
ascolto alla mamma. L'uomo sbuffò e tornò di sopra.
Meglio così.
La
porta d'entrata si aprì con uno scatto di chiavi, facendo
trasalire Andrea e spaventare a morte Roberta: "Sono già
arrivati?! Andrea, sono già arrivati??"
"No,
ma', è solo Giulio!" sbraitò quest'ultimo. "Ciao, Giu.
Puttana, sempre per il rotto della cuffia!" fece, controllando
l'orologio.
Suo
fratello Giulio era il quarto e ultimo membro della famiglia. Come
aspetto assomigliavano entrambi alla versione giovane e meno sciatta
del padre: zazzera color biondo miele, più chiara quella di
Giulio, più scura quella di Andrea, occhi color nocciola,
più chiari quelli di Andrea, più scuri quelli di Giulio e
una bella pelle dorata; dello stesso colore. Se solo il loro
papà non si fosse completamente abbandonato al caso, sarebbe
ancora un bell'uomo, ma non gliene fregava nulla e a portare alto il
marchio di fabbrica Pizzi ci pensava Giulio. Caratterialmente, infatti,
i due fratelli erano piuttosto diversi: Andrea aveva preso tutta la
dolcezza e la bontà della mamma, assieme alla sua distintiva
pazzia e la totale non conformità alla massa - per quanto
entrambi ci provassero, ad essere un po' normali. Giulio, invece, se la
credeva molto di più: era arrogante e fissato con il dover
piacere a tutti, aveva preso da Claudio quell'indolenza alla vita che
lo faceva sembrare il più figo del mondo e, soprattutto, un
antipatico coi fiocchi. Dalla mamma, però, avevano tutti e due
ereditato quella rara fregatura di non sapersi mai veramente mettere al
primo posto: Giulio non lo dava a vedere, ma erano entrambi sempre,
perennemente pronti a far qualcosa per qualcuno che ne avesse bisogno.
Sarà perché lo avevano sempre fatto con la loro mamma,
quando papà non poteva darle una mano a casa?
Dato
che sapeva com'era davvero Giulio, Andrea non voleva scaraventarlo
dalla finestra come invece avrebbe fatto con suo padre. Anche se, ad
essere sinceri, qualche volta la tentazione c'era.
"Avevo
allenamento. È pronto oppure no?" Giulio si fiondò nel
soggiorno gettando la sua giacca sul divano. Era tremendamente
infreddolito, lo si notava dal naso arrossato e i capelli umidi.
"Giulio,
per l'amor di Dio!" Roberta si manifestò a un metro da loro con
un mattarello sporco fra le mani. "È il giorno di Natale e tu ti
presenti tutto sudato a meno di dieci minuti dall'arrivo degli ospiti?"
"Ma', ti ho detto che avevo allenamento."
"Tu
hai sempre allenamento. Da tre giorni a questa parte, non ti ho mai
visto in casa." gli puntò addosso il mattarello. "Ma oggi
è Natale, quindi vatti a lavare e vedi di impedire a
quell'aguzzino del tuo allenatore di rovinare il miopranzo di Natale! Non ce l'ha mica una famiglia, quella bestia?"
"Ce l'ha, ce l'ha... eccome se ce l'ha..." borbottò Giulio, mentre con la stessa aria stizzita del padre saliva le scale.
Il
pranzo procedette per fortuna in modo regolare. Arrivarono gli ospiti
di Roberta: amici, parenti e vicini di casa. Portarono i panettoni, le
ceste e tanto vino e tutti passarono un classico, tradizionale, Natale,
come ogni anno. Solo che quell'anno, mancava una persona.
Andrea
stava sciacquando distrattamente un piatto, quando si ritrovò a
pensare a Lucia. Sarebbero stati cinque Natali insieme, quel giorno, ma
lei non c'era ed era sicuro che in quell'esatto momento si trovasse tra
le braccia di un altro e precisamente sulle labbra di un altro. E che
contrariamente a lui, non stesse minimamente pensando alla loro ex
relazione.
"Che cazzo lavi i piatti se abbiamo una lavastoviglie?"
Lo distrasse romanticamente suo fratello.
"Ah, è vero." si riscosse Andrea, chiudendo il rubinetto.
"Andre,
sempre quella cazzo di testa fra le nuvole." Giulio posò una
pila di piatti sporchi sul ripiano e poi afferrò un canovaccio
per pulirsi le mani. "Dai, scommetto che stavi pensando alla stronza."
"Sì, perché mi fa strano che non sia al pranzo di Natale con noi."
Giulio
sospirò: Andrea era sempre così sincero, non poteva
almeno tentare di negare per salvaguardare quel poco orgoglio che gli
era rimasto?
"Ma
meglio che non ci sia!" sbottò allora. "Che cosa ti manca di
lei? Sentire la sua vocetta stridula che commenta l'abbinamento di
coloritroppo datatotra la carta dei regali e il fiocchettino? Cucinare un menùlow carb, gluten free, vegane
'sti cazzi solo per lei? Vederla fare pubbliche relazioni con il vicino
senza che cagasse te nemmeno un secondo? Basta compiangerti per lei,
stai molto meglio senza!"
Sì sì, questo Andrea lo sapeva.
E ne era anche convintissimo.
Infatti,
non sapeva più come spiegare ai suoi che la sua recente
depressione non era dovuta a Lucia, ma ad altre circostanze. L'essere
stato investito, per esempio. Aver passato un mese in ospedale, per
esempio. Aver perso il lavoro, per esempio. Non essersi ancora
abbastanza ripreso per ricominciare hockey, per esempio.
Erano
tutti esempi e lui li faceva alla gente che gli chiedeva del
perché fosse così giù di corda. Ma lui era sempre
stato uno talmente aperto che ora tutti credevano di saperlo
interpretare.
Ah, quei sospiri nascondono anche dell'altro, sono sospiri d'amore!,gli dicevano.
E
allora si attribuiva tutta la colpa del suo malessere al fatto che, un
giorno prima di questa serie di sfighe, fosse stato malamente scaricato
da Lucia.
In
realtà, se c'erano pene d'amore in tutta quella situazione,
erano quelle che lui aveva sofferto per non aver avuto nessuno al suo
fianco. Ok, la famiglia c'era, quella era scontata nel suo caso, ma
avrebbe sperato che anche qualcun altro si facesse vivo.
Forse
pure Lucia, sì, perché in fondo erano fidanzati fino al
giorno prima e lei se n'era strafregata se l'avevano stirato lungo una
strada. Ma in tutta onestà, gli importava relativamente di
Lucia; era un'altra la donna che sognava al suo capezzale, e si
chiamava Serena.
Serena
che quel giorno l'aveva raccolto dal margine di una strada con le
ginocchia sbucciate, Serena che l'aveva accompagnato senza chiedere
nulla in cambio, Serena che l'aveva consolato e che poi l'aveva baciato
un po' scioccamente, ma che, porca miseria, l'aveva fatto
irrimediabilmente innamorare.
Andrea era un pazzo, sapeva di esserlo.
Ed era anche un maledetto sognatore.
Quando
Serena se n'era andata dal vialetto di casa sua, lui si era tirato
giù la sua targa, l'aveva cercata e l'aveva anche trovata.
L'indomani si era svegliato carico di buoni propositi, era tornato nel
luogo in cui si era ruzzolato il giorno prima e aveva sistemato la sua
bicicletta. Tornato in sella, aveva puntato l'indirizzo di casa di
Serena, pedalando per raggiungerla e farle una bellissima sorpresa. Ma
evidentemente la sfortuna se l'era presa con lui: fu investito e lo
ricoverarono per un bel pezzo in ospedale.
Mentre
scontava i suoi giorni tra quelle mura, fissava costantemente la porta
della stanza, convinto che anche lei l'avrebbe cercato e sarebbe venuta
a sapere dell'incidente, per poi correre a trovarlo con fiori e
cioccolatini.
Ma non la vide mai.
Sapeva solo il suo nome e l'indirizzo.
Lei
sembrava non essere nemmeno sui social, era impossibile beccarla. Gli
aveva detto che non amava essere a portata di pollice e, così,
dopo svariati tentativi invano, si era convinto che non l'avrebbe
semplicemente trovata digitando i suoi dati anagrafici. Doveva avere
qualche nome inventato, ma anche quella si rivelò un'ipotesi
senza riscontro.
Aspettò
un mese, Andrea. Appena si riprese, un giorno andò direttamente
sotto casa dei genitori di Serena, per dare un taglio alle sue pene. Ma
apprese ben presto che era, appunto, solo casadei genitoridi
Serena, anzi, per la precisione, solo del padre. Non voleva fare brutte
figure; al citofono disse che era un amico di Serena e che la stava
cercando. Lui gli rispose che si era trasferita con il fidanzato.
Andrea
passò notti insonni, giorni nei quali ricevette le più
brutte notizie. A causa della sua assenza prolungata, aveva perso il
lavoro. E in squadra non ci poteva tornare: si era rotto un femore e
due costole, la riabilitazione era ancora molto lunga!
Non
riusciva a darsi pace. Si ricordò che lei gli aveva detto che il
suo palazzo stava in via dei Palladini, così una sera, da vero
stalker, si fece accompagnare lì da un amico e aspettò
sul ciglio della strada finché non vide Serena e il suo
fedifrago (e orrendo) fidanzato scendere assieme.
Non
volle nemmeno sapere chi fosse lui; si fece riaccompagnare a casa e da
quel giorno, non uscì più. Il trauma era cominciato
così.
Ovviamente
non ne parlò con i suoi, perché lo sapeva benissimo di
essere solo un maledetto sognatore. Piuttosto preferiva che pensassero
che si struggesse per quella sciaquetta di Lucia... almeno aveva un
minimo di senso in più.
"Oh!" Giulio gli schioccò le dita davanti alla faccia. "Ma ti droghi?"
"Puttana, Giu!" si lamentò Andrea, spostandosi da davanti al lavabo e iniziando a caricare la lavastoviglie.
"Senti, dato che sei uno zombie, ho deciso che ti porto fuori per Capodanno." sganciò allora il fratello minore, con unanonchalanceinaudita.
"Eh?" si perplesse Andrea.
"Andiamo a una festa."
"Teci vai, alle tue feste da rimorchio."
"Tu
vieni con me." quello di Giulio, soffiato con autorità, era un
chiaro ordine. "E comunque non è una festa da rimorchio;
è una serata raffinata a casa di una mia amica ricca. Dai, mi
costringe ad andarci e io non ho voglia di passare la sera a rompermi
le palle con tartine di salmone affumicato della Norvegia e sottofondo
di Mozart."
"Ah, quindi verrei a reggerti il moccolo."
"Certo."
sorrise Giulio, provocatorio. "E poi, se ti va, ci facciamo un drink e
ti re-inseriamo in società dopo il tuo isolamento eremita degli
ultimi sei mesi."
"No." fece lui, bello come il sole. "Io e mamma abbiamo la maratona dei cinepanettoni con De Sica."
"Fanculo i cinepanettoni."
"E la mamma?"
"La
mamma sarebbe la prima a sfanculare sia te che i cinepanettoni! Eddai,
Andrea, e ripigliati un po'! Hai venticinque anni, non settanta!"
"E
tu solo diciotto, quindi niente prediche, moccioso." Andrea spinse
indietro la fronte di Giulio con le due dita, come faceva sempre,
irritandolo ancora di più. "Non ci vengo, grazie lo stesso
dell'invito."
"Fanculo,
allora." Giulio, nervoso come poche volte Andrea l'aveva visto,
gettò il canovaccio contro la parete e lo spinse di lato per
andarsene dalla cucina.
Andrea
si affacciò e lo vide salire rumorosamente al piano di sopra,
mentre gli ospiti facevano le faccette curiose ma non troppo
anziché allacciarsi i cappotti per andarsene.
"Andrea?" domandò la mamma, leggermente isterica.
Andrea si chiuse nelle spalle e sorrise a tutti: "Scusatelo, ha le sue cose."
***
ANGOLO AUTRICE
Dinamiche interessanti, queste descritte nel capitolo 2!
Che ne pensate?
Ammetto che mi sono divertita molto a scriverlo. Trovo che, seppur non
premeditato, l'abbinamento tra le due OS sia proprio funzionale. I
fratelli Pizzi mi piacciono tantissimo, mi piace soprattutto che i loro
ruoli familiari siano abbastanza confusi e che si supportino a vicenda
in modo stravagante, come vedrete anche nei prossimi capitoli. Ma voi
comunque chi preferite: Giulio o Andrea? Ditemelo adesso, così
poi a fine storia vedremo se sarete rimasti di quest'idea, oppure se
l'avrete cambiata.
Invece, che idea vi siete fatti sul piano di Nicole? Certamente la
ragazza è mossa da nobili cause, ma forse non sa che si sta
tirando una martellata sui piedi. Diciamo che è un difetto dei
Lucich, non imparare assolutamente un cavolo dai propri errori (ma poi
anche un difetto di tutti, eh XD).
Io come
al solito spero di rispondere a tanti vostri commenti e vi aspetto per
la prossima pubblicazione, che sarà nientemeno che fra tre
giorni, il 28 gennaio.
Ci sono ancora segreti da scoprire e poi vedremo come Nicole
prenderà il rifiuto di Andrea. Credo che assisterete a scene
interessanti.
Alla prossima, Daffy P.S. Se volete aver modo di seguire la storia (o in generale le mie storie) anche altrove, iscrivetevi al gruppo Facebook Grammaticalmente Scorretti
(link sotto), per poter avere notizie e aggiornamenti, rispondere a
depistanti sondaggi, discutere delle vostre ipotesi e condividere i
vostri pareri. Se invece avete voglia di chiacchierare di qualsiasi
cosa in qualsiasi momento con un gruppo di pazzoidi personcine,
sappiate che esiste anche un gruppo Telegram e che potete chiedermi di inserirvi, dandomi il vostro nickname dell'applicazione.
Santo Stefano: altro pranzo, altri chili guadagnati.
"Ciao,
Nicole, tanti auguri!" Serena si abbassò per abbracciare Nicole
e indugiò qualche secondo per stringerla più forte. Solo
loro due sapevano il perché di quell'attimo; anche se avrebbero
fatto finta di nulla, non avevano dimenticato l'incontro di qualche
giorno prima.
Sere
si era ripresa egregiamente; era venuta per l'occasione vestita di
tutto punto, naturalmente per non deludere le alte aspettative dei
Lucich, e aveva addirittura portato a Nicole un regalo firmato da lei e
Sandro. Un'enorme sciarpa caldissima che sicuramente avrebbe usato
nelle fredde mattine di manutenzione del campo di rugby.
Mentre
Serena baciava educatamente Antonio e Francesca, Sandro si
avvicinò alla sorella e le tese una mano: "Buon Natale, Niky."
"Anche a te."
I
fratelli Lucich non avevano mai avuto chissà quale affiatamento:
Sandro non era il classico fratellone protettivo, né il modello
di uomo che Nicole avrebbe voluto trovare nei suoi futuri legami
affettivi. Al contrario, Sandro era sciatto e menefreghista. Faceva
sempre ciò che voleva all'insegna dell'egoismo e presenziava a
queste grandi riunioni di famiglia solo perché mamma e
papà lo pretendevano.
Ma
in realtà era una delle poche cose che pretendevano da lui: in
ventotto anni avevano capito che non c'era molto da fare. Quel figlio
era un figlio 'uscito male', per citare Antonio. Sandro non era mai
stato succube dell'autorità dei Lucich, e questo Nicole un po'
glielo invidiava, ma allo stesso tempo non ammirava la vita che si era
scelto: sempre lasciato al caso, sempre alle dipendenze di qualcuno di
più buono, tipo Serena, sempre a fare la sanguisuga che detta
legge. Serena non parlava mai, non si incazzava mai, rimaneva chiusa in
quella stupida gabbia di devozione che Sandro aveva inconsapevolmente
forgiato per lei.
Ah, quanto avrebbe voluto dirle che era una sciocca! Ma non poteva e comunque lei non l'avrebbe ascoltata.
Serena
si era resa conto di essere una debole, di avere validi ideali ma zero
palle, di criticare agli altri i suoi stessi errori. Sì, lo
sapeva benissimo, solo che per il momento avrebbe lasciato tutto
così. Perché aveva il terrore di rimanere sola e di
rimpiangere le sue azioni e di far star male qualcuno e di deludere
aspettative altrui e che nessuno l'avrebbe mai più voluta.
L'unica
volta che aveva preso il coraggio a due mani, di fronte all'evidenza di
un tradimento in piena regola, se n'era pentita. Sandro le aveva
suonato quattro paroline dolci e lei era ritornata sui suoi passi.
Serena non aveva molta fiducia in se stessa, purtroppo, e anche
pochissimo orgoglio.
I
Lucich avevano fatto preparare il pranzo alla loro domestica storica,
Ramona. Non è che fossero i ricconi della città,
però se la cavavano bene. Vivevano in una villetta grande, con
un giardino curato e una piscina sul retro, avevano lavori remunerativi
e anche una certa influenza nel campo sociale. Nicole non era una
ragazza viziata, nonostante le premesse. La mamma e il papà non
le avevano mai reso la vita facile e Sandro, che se n'era andato di
casa appena aveva potuto, non era mai stato tanto interessato ai soldi
quanto alle donne.
Insomma,
gli unici a tirarsela davvero erano Antonio Lucich e sua moglie, ma a
volte essere abbienti aveva pure i suoi vantaggi: Nicole avrebbe
organizzato la più bella festa di Capodanno della storia. Si
sarebbe riscattata da quell'estate e almeno per una volta si sarebbe
divertita.
Ovviamente i suoi genitori non avrebbero saputo nulla di nulla.
"Sai
che mamma e papà partono per la montagna, il 30?" buttò
lì, mentre lei, Sandro e Serena erano usciti sul terrazzo per
giocare con il gatto che, a detta di Francesca, non poteva
assolutamente entrare in casa dopo che Ramona aveva fatto le pulizie.
In realtà, Nicole se lo portava sempre in camera, ma nemmeno questo, i Lucich, avrebbero mai dovuto saperlo.
"Ah sì? Forte."
Sandro
se ne strafregava sempre di tutto, aveva davvero il cervello offuscato
da quei suoi capelli incolti che gli avvolgevano la testa in modo del
tutto anti-estetico. Come aveva fatto Serena a innamorarsi di uno
così? Per lo meno, Andrea Pizzi ce l'aveva sul serio una chioma
da figo, non come Sandro che invece credeva di averla. Anche se non si
pettinava troppo, anche se lasciava quella zazzera posare a caso,
Andrea aveva capelli bellissimi.
Un po' come quelli di Giulio, che, durante le partite, riflettevano sempre il sole come un irritante specchietto per allodole.
E perché mai Nicole stava pensando ai capelli di Giulio? Che c'entrava Giulio?
Fissò
quelli dritti e non troppo puliti del fratello: "Sì, infatti
volevo organizzare una festa qui. Musica carina, cibo preparato dalle
magiche mani di Ramona e pure qualche fuoco d'artificio allo scoccare
della mezzanotte, tanto sono abbastanza silenziosi e non ci sono
animali in giro, eccetto Puffoletta, che rimarrà al sicuro in
camera mia." assicurò al gattino accarezzandole il musetto, poi
si voltò verso i presenti. "Ci sarete, vero?"
Serena guardò subito Sandro, lasciando come sempre a lui il vantaggio decisionale, ma sperando quasi quasi in un no.
"Boh... ok." fece lui, alzando le spalle e rigorosamente senza consultare la sua compagna. "Chi viene?"
"Qualche
mio amico, compagni di scuola... dai, sarà una serata diversa!"
lo disse più che altro per Serena, che sembrava poco convinta,
ma che era il vero fulcro di tutto quel trambusto.
La ragazza le sorrise educatamente: "Va bene."
"Fantastico! Ah e mi raccomando, non una parola a mamma e papà!"
A
fine pranzo, tutti si salutarono come si conviene e poi Nicole dovette
ascoltare le critiche dei genitori su quanto Sandro fosse sempre
più la pecora nera della famiglia e Serena, invece, l'unica cosa
giusta che quell'ingrato di figlio avesse mai fatto. Se avessero saputo
cosa Sandro combinava nei confronti di Serena, l'avrebbero preso a
randellate...
Ma lei era ovviamente troppo corretta per lasciar trapelare le sue malefatte.
Ops, magari Nicole e Sere avevano qualcosa in comune.
Nicole
si rimproverò ancora per il continuo pensare a Giulio: e che
cavolo, adesso quello pseudo-dio comandava pure il reame della sua
mente?
Gli mandò un messaggio, così, tanto per aggiornarsi:Come procede la situazione invitati?
Lui rispose poco dopo:Domani sei al campo? Dobbiamo parlare.
Nicole sbuffò roteando gli occhi, anche se lui non poteva vederla:Stavolta non temi che io rubi preziosi minuti al tuo allenamento?
Giulio inviò una gif: era un rugbista che correva verso la meta e poi la realizzava con un'epica esultanza dello stadio.
E scrisse:Ormai è sicuro che lo farai, quanto è sicuro che io farò almeno una meta a ogni partita.
Megalomane, rispose Nicole, e tornò ad organizzare la festa con un sorrisetto sul viso.
In
macchina, intanto, Serena stava guidando verso la sua casa in via
Palladini e Sandro, al suo fianco, aveva fatto partire una canzone di
Ligabue, che Sere non sopportava. A lei piacevano i Coldplay,
maledizione, e quella era la sua macchina! Possibile che Sandro dovesse
sempre invadere qualsiasi suo spazio, radendo al suolo quel che
già c'era?
Togliere e togliere, senza mai restituire?
Serena
si sforzò di non pensare: da quando si era sfogata con Nicole e
aveva conosciuto il suo amico Giulio, i ricordi di quell'estate
l'avevano travolta come una valanga. Non che li avesse mai del tutto
domati, ma almeno un po' l'immagine di quell'Andrea si era sfocata,
confusa come il riflesso sullo specchio umido appena dopo una doccia.
Invece ora ricordava benissimo com'era fatto, come fosse bello, come l'avessero incendiata i suoi baci...
"Ti
spiace se alla festa di Capodanno andiamo con la tua macchina?" la
riscosse la voce di Sandro. "Io non vorrei lasciare la mia nel
vialetto, perché magari i botti me la rovinano, o si ghiaccia il
parabrezza."
"Ok, non c'è problema."
"Ok."
Serena
si irritò per non aver nemmeno ricevuto un grazie e quindi
allungò la mano per cambiare la musica: fece partireFix youdei Colplay e zittì di brutto Liga senza fargli finire il ritornello.
"Che hai?" chiese Sandro in un raro moto di interessamento, più in forma d'abbaio che di domanda.
"È
che speravo che questo Capodanno ce ne stessimo da soli in casa."
rivelò Serena. "Sarebbe il primo nel nuovo appartamento e avevo
pensato che ci si poteva vedere un bel film, poi brindare e magari..."
"Sì,
è una bella idea, Sere." sospirò Sandro, mettendosi le
mani dietro la testa. "Però, boh, non è che poi ci
annoiamo tutta la sera?"
"Non lo so, di solito ti annoi con me, ogni sera?"
Sandrò
tossicchiò: "Non intendevo questo, dai, perché te la devi
prendere? È che mia sorella ormai è rinomata per le sue
feste da sballo e non vorrei perdermela, stavolta. Sai che ha combinato
quest'estate, no? Per me ci sarà da divertirsi. Papà non
ha ancora smesso di tenerla in punizione, figurati."
Serena scosse la testa, ma disse: "Va bene."
"Vedrai che ti diverti, ok? Promesso." Sandro si sporse in avanti e mise di nuovo la canzone di Ligabue.
*
"Allora, Pizzi, che cosa mi dovevi dire?"
Giulio
era piegato su se stesso, piede sulla panchina e dita intrecciate
attorno ai lacci fosforescenti delle sue scarpe da rugby.
Nicole si fermò a guardarlo e cinguettò: "Hai raccolto i capelli, wow!"
Era
il ventisette dicembre duemiladiciotto, forse il primo giorno in cui
Nicole aveva visto Giulio con una fascetta nera attorno alla testa che
gli tenesse i ciuffi ribelli lontano dal viso. Stava benissimo
così: aveva un viso che pareva essere stato scolpito da
Policleto in persona nel 400 avanti Cristo. Però, accidenti,
quel 'wow' se lo poteva proprio risparmiare!
"Mio
fratello non viene alla festa." il volto doriforico si girò
verso di lei il tempo sufficiente per darle la notizia, poi
tornò ai lacci e concluse il nodo, freddo come solo un vero
marmo può essere. Non aveva nemmeno fatto battutine su quel
'wow'.
"Che cosa?"
Giulio
aveva già iniziato a correre verso centro campo, la condensa di
respiro che usciva dalle sue labbra altrettanto perfette e il naso
arrossato per le basse temperature mattutine.
"Giulio!"
Nicole l'aveva seguito, come al solito stra-vestita di maglie della
salute, pile con cagnolini e sciarpone natalizio che l'avvolgeva fino
alle orecchie.
"Hai capito; Andrea non viene, la festa è saltata, mi dispiace tanto."
Non era vero, Nicole glielo lesse negli occhi. Non era vero che gli dispiaceva.
"Ehi!" lo prese per la manica della sua divisa termica e lo face voltare verso di lei. "Stai scherzando, spero, Andreadevevenire!
Ho già invitato Serena, Sandro non sospetta nulla, Alessio mi ha
pure procurato i fuochi d'artificio da far esplodere mentre quei due si
baceranno in terrazza!"
"Ridimensionati, Niky, per favore. Non è che una stupida festa."
"A
te non importa niente della mia festa, vero?" sbottò allora,
lei. "Guardati, sei sollevato che Andrea non venga, così nemmeno
tu devi venire e manco devi preoccuparti di trovarmi degli invitati!"
"Nicole."
si allungò per raggiungere il fondo del carrello e prendere il
pallone che più gli ispirava. "Io voglio solo allenarmi."
La
ragazza rimase davvero a bocca asciutta, assistendo con rabbia al tiro
perfetto che lui fece subito dopo, mirando alla porta di fine campo e
facendo passare la palla elegantemente sopra l'asta che regala punti.
Così, come se fosse un gioco da ragazzi.
"Sei
proprio uno stronzo." sussurrò allora. "Scommetto che nemmeno ci
hai provato a convincerlo, e forse manco ci hai parlato. Non sia mai
che ti impegni per qualcosa che non sia a tuo unico vantaggio."
Allora Andrea strinse più forte la palla ovale e la fissò dritta negli occhi.
Uuuh,
quello sguardo metteva paura, pensò lei, combattendo la
sensazione di averlo già avuto a così pochi centimetri di
distanza.
Nicole
non capiva perché, ultimamente, il suo cervello e la sua memoria
le giocassero brutti scherzi. Forse avrebbe fatto meglio a farsi
visitare da qualcuno?
A
Giulio, in realtà, dispiaceva davvero per l'occasione che suo
fratello si stava facendo sfuggire e per gli sforzi di Nicole, ma
sì... in fondo era contento che non si facesse nulla. Quella in
estate era stata l'ultima festa a cui aveva deciso di partecipare
assieme a Nicole. Lei non ricordava nulla, perché si era presa
una sbronza stratosferica che l'aveva quasi portata a darla via come
briciole ai piccioni e a imbrattarsi di vomito, ma lui aveva bene in
testa ogni singolo istante.
Ricordava
le parole che si erano scambiati, ricordava di essere rimasto
volutamente sobrio per evitare che Antonio Lucich ammazzasse anche lui
e si ricordava pure che, sebbene sobrio, aveva baciato Nicole. Di sua
spontanea volontà.
E si ricordava nettamente anche tutto quello che era successo dopo.
Era
per quel motivo che si sentiva sollevato per la festa di Capodanno. Non
avrebbe voluto ripetere il delirio di quell'estate; aveva fatto
qualcosa che non aveva previsto, il suo stesso comportamento l'aveva
spiazzato e il fatto che fosse finita in quel modo l'aveva addirittura
fatto... rimanere male?
Non
è affatto quel che si addice alla grandiosità di Giulio,
il princeps invincibile, Pizzi. Era meglio per tutti che quella
rimanesse una parentesi chiusa, cementata, gettata nel fondo di un
oceano e dimenticata dall'umanità.
"Ehi,
ragazzi! Come butta?" Luca spuntò alle spalle di Nicole con il
solito aplombe da ippopotamo. Marmoreo come una scultura, ma ugualmente
pesante e indelicato. Giulio lo pensò specialmente quando
ricevette una pacca sulla spalla che un medico chiamerebbe più
opportunamente lussazione.
"Ciao, Ciambelli."
"Ehi, ciao, Lu-Lu-Lu..." il muso lungo di Nicole tramutò immediatamente in una faccetta da peluche cuccioloso.
"Nicole,
come sei carina oggi." le disse lui, non pensandolo nemmeno per
scherzo. A lui le donne piacevano in modo indirettamente proporzionale
alla quantità di vestiti da cui erano coperte. È che si
ricordava quando lei, quell'estate, era avvolta solo da un vestitino
con le spalline che cadevano mentre se la limonava di gusto e allora
sì, gli dispiaceva di non essere riuscito ad approfittarne.
"Gra-gra-gra..."
"Che ci fai qui, Luca? Non dovevamo vederci tra mezz'ora?" sibilò Giulio.
"Lo
so, ma anche Angelico arriva in anticipo, capitano, oh mio capitano,
così che ne dici di provare la nuova formazione?"
"Sì." rispose freddamente Giulio. "Speriamo funzioni a non farmi fare tutto da solo come al solito."
"Uff, sei proprio uguale al coach Lucich, Pizzi!" Luca si riprese subito. "Con tutto il rispetto, eh, Niky."
"Non-non-non..."
"Senti,
Lucich, levati dai piedi, dai." la ammonì Giulio, infastidito da
chissà che cosa, facendosi largo sul campo. "Non ci serve la tua
lingua a intermittenza, non vorrei che succedesse come l'altra volta e
ci facessi perdere altro tempo."
Nicole
si offese profondamente. L'aveva detto in modo molto più cattivo
di quel messaggio con la gif che l'aveva fatta sorridere. Forse a volte
si illudeva su Pizzi, doveva assolutamente smetterla!
"D'accordo."
fece allora, facendo in modo che solo lui la sentisse e anche che
vedesse per bene la sua faccia minacciosa sopra il pile a labrador. "Ma
sappi che se non porti tuo fratello e almeno altre venti raccomandabili
persone alla mia festa di Capodanno, racconterò tutto a mio
padre. Di quest'estate, della tua quantità di colpe e del fatto
che finora sei stato un grandissimo falso."
Giulio si arrabbiò: "Tuo padre mi ucciderà!"
"Lo so." sorrise allora lei, malvagia. "Ci tieni a sopravvivere?"
*
Andrea era stravaccato sul suo letto a una piazza.
Camera
sua era sempre stata molto stravagante; piena di poster, scritte, mazze
da hockey, pupazzetti, strumenti che aveva iniziato a suonare,
videogiochi mai completati, un canestro, una gigantografia di Emma
Bunton, delle Spice Girls. Lui aveva amato Baby Spice; sarebbe per
sempre stata la donna più bella del mondo dopo sua madre.
La
sua cameretta era così negli anni Novanta e ci era rimasta fino
al duemiladiciotto, quasi diciannove. Non aveva cambiato nulla, solo
aggiunto cose, rendendola in pratica una stratificazione di reliquie su
cui Real Time avrebbe tranquillamente potuto dedicare una serie. Ed era
tutta un'altra cosa rispetto a quella di Giulio.
Sembrava
che Giulio fosse il venticinquenne e Andrea il diciottenne. Da Andrea
manco si distingueva più la forma delle pareti da quanto fossero
invase da cose, mentre quella di Giulio era un perfetto quadrato
asettico; letto matrimoniale al centro, sempre fatto e dalle lenzuola
neutre. Bianco, nero, grigio, marrone... l'unico elemento un po'
divertente nella sua stanza era la scatola di preservativi che Andrea
sapeva fosse collocata sotto il letto. Per il resto, tutto un mortorio.
Gli
unici soprammobili che aveva erano un pallone da rugby firmato e la
bomboniera del suo battesimo, poi sue foto da supermodello in bianco e
nero alle pareti (mamma da piccolo lo aveva fatto posare per la Foot
Locker per rimpolpare le entrate di casa) e le scarpe a lato della
porta. Porta che, per la maggior parte del tempo, rimaneva chiusa a
chiave.
Quella di Andrea era invece spalancata, sempre.
E
fu per questo che vide Giulio salire sul pianerottolo, gettare il
borsone con cattiveria ed entrare in bagno sbattendo tutto ciò
che si può sbattere (lo sentì pure spostare il rubinetto
della doccia da freddo a caldo, lo aveva di sicuro distrutto).
Così Andrea si alzò e si infilò le babbucce di Homer Simpson per trascinarsi cautamente verso il bagno.
"Giu? Tutto ok?"
Il fratello non rispose, sentiva l'acqua scrosciare e il telefono che sparava a tutto volume una musica rock.
Così
si appoggiò alla parete esterna e continuò a cincischiare
con il telefono. Aprì il calendario, tornò indietro a
luglio 2018 e lesse le note del giorno 19: Non farti trattare di merda - meriti di più :)
Non
l'aveva scritto lui, era sicuro. Non l'aveva scritto nemmeno la sua ex,
Lucia. L'aveva scritto Serena mentre lui, in preda alla rabbia, era
uscito dall'abitacolo per fumarsi una sigaretta che non era nemmeno
riuscito ad accendersi. Sicuramente era andata così.
Quella
screanzata aveva cancellato le sue note e scritto una frase tumblr
mezza motivazionale e mezza patetica, e lui scemo che andava pure a
rileggersela ogni giorno, solo per provare ancora più rabbia.
L'aveva
scritto proprio lei, eh... pluri-cornificata, ferita con doppia arma da
fuoco, ma splendidamente ritornata al mittente da brava mogliettina
seria.
Per fortuna l'acqua finì di far rumore, così Andrea intuì che Giulio aveva finito.
"Ohi, fratello, sei ancora vivo o hai fatto a botte con il soffione della doccia?"
"Mi stavo facendo una sega."
"Dai, so che non è vero."
Andrea
aprì tranquillamente la porta ed entrò in bagno. Giulio,
che si stava avvolgendo un asciugamano alle spalle, cambiò
repentinamente idea e lo legò in vita per coprire i gioielli.
"Che cazzo fai?"
"Entro in bagno, te?"
"Mi asciugo dopo la doccia." Giulio aprì le braccia, evidenziando l'ovvio.
"Sei
arrivato tutto incazzato, è successo qualcosa?" Andrea
avviò una partita di Ruzzle, mentre si sedeva sul water chiuso e
fingeva di non essere lì per fare lo psicologo.
"No." rispose Giulio, guardando allo specchio i contorni del suo viso, sfocati dall'umidità. "Sono solo stanco."
"Non ti staranno facendo allenare troppo?"
"Geloso?"
"No,
sono serio." Andrea posò il cellulare sul water e si
avvicinò al lavandino. Allungò una mano per stoppare la
musica da quello di Giulio e lo fissò per un po'. "Hai le
occhiaie, tu non hai mai le occhiaie, perché devi essere figo
sempre. Arrivi a pelo per i pasti, rimani congelato per ore - non dire
che non è vero perché ti sgamo appiccicato al termosifone
- e soprattutto sei sempre più nervoso."
Giulio sembrò per un secondo più piccolo: "Cosa fai, il terapeuta, il medico sportivo o il fratello maggiore?"
"Tutto."
Andrea allargò gli occhi, pronunciando solennemente e a mezza
voce quella parola. "Faccio anche la mamma, se vuoi."
"Tu mi inquieti."
Giulio
se ne uscì dal bagno e, ancora mezzo bagnato, si diresse in
camera sua. Lasciò il telefono sul lavandino e Andrea lesse
l'anteprima del messaggio appena arrivato:Allora, hai cambiato idea o credi ancora sia meglio non venire alla mia festa? <3
Il
mittente era Nicole Lucich, cioè la figlia del suo allenatore;
Andrea lo conosceva, ci aveva fatto rugby per un anno, poi quel tizio
gli aveva messo troppa ansia e si era dato all'hockey. Avrebbe iniziato
pure danza classica per sfuggire a quella belva.
"Di', Giu, si chiama Nicole la tua amica della festa di Capodanno?"
"Stai spiando i miei messaggi, coglione?"
"No."
I
due si incontrarono a metà nel corridoio, Giulio uscito per
paura di quel che Andrea avrebbe potuto leggere, Andrea per rendere a
Giulio la sua proprietà.
"Tieni."
Giulio
ritirò malamente il telefono e incrociò le sopracciglia:
"Hai ragione. Mi alleno troppo. E sono stanco morto."
"E lei che c'entra?" accennò maliziosamente Andrea.
"Lei rompe il cazzo. Come se già suo padre non bastasse. Ora, se mi vuoi scusare..."
Giulio
si chiuse nella sua stanza e iniziò a vestirsi: no, non avrebbe
ceduto ai ricatti di Nicole. Non avrebbe costretto Andrea ad andare.
Lui stesso non ci sarebbe voluto andare. Era meglio così, e
Nicole era troppo fessa per intendere davvero quello che aveva detto.
Non avrebbe fatto la spia.
Nicole gli piaceva anche perché era fastidiosamente buona.
Anche?si domandò inorridito.
"Va
bene, vengo con te." la voce di Andrea giunse alle sue orecchie
dall'esterno e filtrata dal legno. Si stava infilando i pantaloni, ma
si bloccò. Sicuramente aveva capito male.
"Che cosa?"
"Ho detto che ci vengo."
Giulio si diresse verso la porta e la spalancò. Fissò suo fratello.
"Vieni alla festa?"
"Sì."
Giulio
si ritrovò a fissare il nulla, immobile, mentre Andrea si era
intromesso nella sua stanza e gettato a volo di rondine sul letto:
"Papà mi detesta. La mia perenne presenza in casa lo urta ancora
di più delle ramanzine di mamma, in più so cosa pensa:puttana,
hai venticinque anni e non hai ancora concluso un cazzo, sei stato
scaricato dalla tua donna e ti sei fatto demotivare da un paio di
ossicini rotti. Lui è un eroe, eh. Dovremmo tutti fare come lui."
Giulio
alzò le sopracciglia: non che il loro papà fosse un
orsetto gommoso, ma Andrea aveva chiari problemi ad accettare la sua
figura in casa.
"Mamma
è come dici te. Adora il fatto che io sia qui con lei, mi
rimpinza di cibo e ci guardiamo Real Time tutto il tempo, ma in
realtà mi manderebbe via a calci in culo, se sapesse che ho
intenzione di ripigliarmi ed essere felice in autonomia."
"Mamma è sempre stata bipolare, come te."
"E
poi ci sei te." Andrea afferrò il pallone di rugby dal comodino
e lo puntò verso Giulio. "Che hai sette anni meno di me, ma sei
molto più saggio, molto più maturo e anche molto
più fortunato. Non so che abbiamo fatto per farti diventare il
migliore della famiglia, ma forse è che tu sei sempre stato un
po' il migliore in generale e, beh... a volte dovrei prenderti come
esempio. Anche se c'hai le palle stracciate, te non ti lamenti, vai per
la tua strada, non fai stupidi errori... sei felice."
"Ma ne ho fatti, e non ne sono felice."
"Ma
non si vede." disse Andrea, mettendosi seduto con il pallone tra le
gambe. "Ti voglio imitare. Verrò alla festa e fingerò di
non essere un rottame di uomo senza prospettive né gioie."
Andrea
sorrise, Giulio si incupì: "Non è vero che lo sei, ne sei
solo convinto perché sei sfortunato. E comunque, non è
così che si fa."
"Beh, mi metterò in tiro, ovviamente."
"E
poi giuri che la pianterai di restare chiuso qui? Che non sarà
l'unica occasione per uscire? Che ti rifarai una vita post-Lucia,
post-incidente, post-qualsiasi para mentale tu abbia?"
Andrea si alzò, raggiunse il fratello e spinse delicatamente la sua fronte: "Giulio, piccolo moccioso... lo giuro."
Giulio
cacciò via Andrea con un violento calcio nel sedere, poi chiuse
la porta della sua stanza, girando la chiave. Recuperò il
cellulare dalla scrivania e lesse il messaggio di Nicole, che era
proprio una gran spina nel fianco.
Sì, verrò alla tua stupida festa, Lucich. Ma porto tre ettolitri di vodka.
Nicole rispose quasi subito:E tuo fratello lo porti?
Naturalmente.
Bravo! Vedi che so come convincerti?inviò allora lei, subito prima di un altro messaggio.Se ce la fai, chiedi anche a Luca Ciambelli e ti permetterò i tre ettolitri di vodka.
Giulio era profondamente infastidito, come quella mattina al campo. Talmente tanto che produsse una risposta un po' cattiva:Seh, a quel punto dovremo darli a lui per dimenticare di averlo fatto con te.
Nicole non si lasciò demoralizzare:Ma va, chi vorrebbe mai dimenticare di averlo fatto con una professionista come me? ;)
Professionista???digitò Giulio, il sopracciglio inarcato.Megalomane.
Bloccò lo schermo del cellulare e si mise a mandare gli inviti per la festa con il morale sotto le scarpe.
Già, Nicole... chi avrebbe mai voluto dimenticarlo?
***
ANGOLO AUTRICE
Uh-uh la questione inizia a farsi sempre più interessante...
Io non ho mai detto nulla di esplicito, Giulio nemmeno, ma voi avete
capito che diavolo è successo a quella benedetta festa???
Nel prossimo capitolo vedremo i ragazzi fare un po' di pianificazioni,
assieme a personaggi che fin qui avete marginalmente conosciuto, ma che
avranno modo di presentarsi un po' meglio. Poi qualcuno darà un
passaggio ai fratelli Pizzi e via! Finalmente avrà inizio questa
sudata festa di Capodanno. Sicuramente il futuro riserva grandi
sorprese per tutti i nostri amati protagonisti.
Noi ci vediamo dunque sia qui che su Wattpad il 31 gennaio: dal
prossimo capitolo inizierò a parlarvi anche di altre
sorprendenti pubblicazioni che ci attendono a febbraio e spero che ci
sarete per continuare a seguirmi: i vostri commenti e le vostre
recensioni sono come sempre un'inestimabile fonte di motivazione. Ci
tengo a precisare anche che questo capitolo di IPLF che avete appena
letto è in assoluto il più corto di tutti, mentre dal
prossimo il numero di parole aumenterà dalle 5 mila alle 6 mila.
Grazie per aver letto fino a qui e buoni esami per chi come me si sta ammazzando in piena sessione!
Alla prossima, Daffy
P.S. la gara tra Giulio e
Andrea, per decidere chi di loro è il più amato dal
pubblico, per ora è in una situazione di parità.
Generalmente, vi ho sentiti molto indecisi, ancora bisognosi di farvi
idee più precise su ciascuno dei due Pizzi. Quindi continuiamo a
leggere di loro e poi ci sarà un sondaggio ufficiale sui miei
social per decidere chi si merita la corona. Stay tuned!
"Oh
no, non ci credo." Giulio aprì la porta di casa Lucich con il
suo paio di chiavi personalizzate, ma appena vide chi altri Nicole
aveva invitato al comitato organizzativo per la grande festa,
girò i tacchi e fece per andarsene di nuovo.
"Altolà,
sua magnificenza, questa non è la tua reggia." Nicole lo
bloccò subito, girando il chiavistello con autorità.
"Intanto hai veramente stancato con questa storia che tu mi entri in
casa senza nemmeno avere la decenza di suonare, e poi non decidi da
solo come organizzare l'evento. Avevamo già chiarito questo
punto."
Giulio le fece una smorfia regale, mentre lei agitò la mano per sospingerlo a sedersi.
Attorno
alla tavola rotonda comparivano, belli come il sole, Maria, Alessio e
la fidanzata di quest'ultimo. Giulio poteva giurare di averci
già parlato alla festa di quell'estate, ma non ricordava affatto
come si chiamasse.
"Piacere,
sono Valentina." disse tutta emozionata, alzandosi in piedi come un
soldatino. "Ma in realtà già mi conosci, ci siamo visti-"
"Qui...
mi ricordo." le sorrise gentilmente, ma in modo molto più
disinteressato di quanto lei sperasse. Poi i suoi occhi nocciola
finirono su Alessio: "Vedo che non ti sei mai ripresa da quel giorno."
Il
ragazzo alzò una mano: "Princeps!" lo salutò, senza
nemmeno essersi reso conto della velata presa in giro. Ad Alessio
Giulio piaceva: era tutto quello che lui, nerd impacciato e impopolare,
sognava di poter essere. Ma poi si ricordava che da sei mesi stava con
Valentina e pensava che Giulio, invece, non aveva una fidanzata
così... nemmeno una fidanzata, se era per questo, e si sentiva
subito un po' meglio.
"Vergine
Maria..." disse poi Giulio in un melenso sorriso alla migliore amica di
Nicole. Tutti la chiamavano vergine per scherzo: Maria era di tutto,
fuorché vergine.
"Ciao, Giu." lei gli dedicò un occhiolino allegro.
Anche
a lei Giulio piaceva: se lo era spesso ritrovato tra i piedi quando i
suoi la portavano a giocare da Nicole, nei pomeriggi di elementari.
Solitamente arrivava assieme ad Antonio Lucich dopo qualche
allenamento, perché già ai tempi lui si era accorto che
quello fosse il più talentuoso tra i suoi pulcini, e si era
dedicato a trasformarlo nel fiero gallo da combattimento che era ora.
Gli dava un passaggio prima o dopo gli allenamenti, gliene faceva di
personalizzati per affinare la sua tecnica e tra l'una e l'altra
occupazione, gli concedeva pure di assaggiare qualche biscotto di
Ramona e giocare con la figlia e le sue amiche a casa Lucich.
Ricordava
che Nicole non poteva sopportarlo: era come un infiltrato indesiderato
nella sua vita. Poteva mangiare più biscotti di lei, guardare la
tv più a lungo di lei e persino fare il bagno in piscina quando
a lei era stato vietato per punizione. Quel che era peggio, è
che godeva addirittura di molte più attenzioni di lei. Suo padre
si era affezionato tanto a quel bambino, aveva deciso di renderlo un
mini lui, come non aveva mai potuto fare con Sandro, perché era
un caso umano, e successivamente con Nicole, perché era troppo
diversa dalle sue aspettative.
Ma
nonostante tutto, a Maria piaceva. Era un compagno di giochi simpatico.
Un po' troppo figo, ma simpatico. E poi era palese quanto Nicole
subisse il suo fascino, anche se non aveva mai smesso di odiarlo dalla
terza elementare in poi.
"Sono
felice di notare che il gruppo sfigati anonimi è al completo.
Quando si inizia, capo?" Giulio si rivolse, saccente, a Nicole, e lei
gli fece il verso.
"Noi
abbiamo già iniziato." cinguettò, porgendogli dei fogli
pieni di appunti e altro pattume vario. "Abbiamo deciso che
Alessio si occuperà di far esplodere i fuochi, Maria di creare
la playlist e Valentina di aiutarmi con le decorazioni. Abbiamo anche
già pensato al tema, che sarà bianco e oro, abbiamo detto
a Ramona che cosa preparare e abbiamo architettato come distrarre mio
fratello per poter attuare il piano madre."
"Cioè?"
"So che lui ha sempre avuto una deviazione per le tette di Maria."
Giulio
trasalì per lo schifo (non in quanto alle tette di Maria, che
non erano male, ma quanto più nell'immaginare un Sandro
adolescente che si trastulla guardando il seno dell'amichetta di sua
sorella... aveva sempre detestato quell'uomo!).
"Quindi
Mary si butterà una bella scollatura e, mentre io starò
chiacchierando con Serena, chiederà a Sandro se per caso ha mai
visto Star Wars." continuò a spiegare Nicole. "A quel punto lui
si gonfierà il petto esultando perchésì, oh mio Dio,lui è il fan numero uno di Star Wars, e le proporrà di salire in camera sua a vedere la collezione."
Giulio si voltò verso Maria: "Sei sicura che vuoi sacrificarti così?"
"Non
lo farei neanche per soldi." alzò le mani. "Ma abbiamo pensato
che, una volta in camera, Sandro e io verremo 'sorpresi'-"
virgolettò quel participio passato. "Dalla presenza di due che
ci danno dentro nel suo letto."
Quindi
Maria puntò il dito verso Alessio e Valentina, che sarebbero
stati gli 'intrusi' nella stanza: lui si esibì con un'orgogliosa
dab e lei, invece, arrossì d'imbarazzo.
Giulio era perplesso: "Nic, dici di me, ma voi siete profondamente disturbati."
"Dovresti
solo ringraziarci, Pizzi, abbiamo messo in piedi un piano infallibile.
Sandro si incazzerà da morire, prenderà a litigare con
Alessio e Valentina e nel frattempo, Maria si farà venire una
crisi di pianto così da trattenere tutti lì,
finché noi non avremo finito le nostre cose."
"Beh, se avete già ideato tutto, allora che ci faccio qui?"
"Sei venuto per risolvere il problema più grosso. Come invischiamo Serena e Andrea?"
Giulio schioccò la lingua, come se gli fosse stato chiesto come si gioca a rugby: "Li chiudiamo in bagno, no?"
"E
se poi non va a finire bene come vogliamo? Se litigano o... che so, non
si vogliono più vedere per qualcosa che è successo? Se
non ci vogliono stare in bagno insieme?"
"Beh,
non credo che butterebbero giù la porta. È più
probabile che Andrea si faccia del male provandoci o che muoia
dissanguato nella vasca per esserci caduto per errore."
"Ok,
ma a noi non basta che sopravvivano. Noi vogliamo che arrivino a
ricongiungersi." illustrò Nicole, unendo con le dita due punti
immaginari. "Come facciamo?"
"Non puoi farlo." dichiarò Giulio, elementare.
Allora
Nicole alzò un sopracciglio: "Lo possiamo fare, lo sappiamo fare
e lo dobbiamo fare. Per il bene di tuo fratello e mia cognata."
"Che non sarà più tua cognata, se si mette con mio fratello."
"Oddio, non ci avevo pensato!" realizzò all'improvviso Nicole, sbattendosi una mano sulla fronte.Nooo, quello era un vero peccato! Però, meglio non avere legami, se questi dovevano coinvolgere quell'ingrato di Sandro.
Sì, era giusto così, si disse, dispiaciuta, Nicole, prendendo atto che avrebbe perso la cognata più dolce del mondo.
"Non potete semplicemente dir loro di parlarsi?" osservò Valentina.
"No!" esclamarono Nicole e Giulio contemporaneamente.
"Perché no?"
Nicole
incrociò le braccia con ovvietà: "Serena capirebbe che
è una trappola e si rifiuterebbe, sapendo che Sandro è
nei paraggi. E comunque, non ne avrebbe per niente il coraggio: ci si
deve trovare completamente invischiata, per l'appunto, immersa fino al
collo nella situazione. Come quel giorno dell'autostop."
"Andrea
invece è un po' cazzaro." Giulio delineò la situazione
con semplicità. "Non puoi dirgli una cosa del genere con
preavviso, perché avrà tempo di organizzarsi e quindi
farà saltare tutto. È una sua dote innata."
"Allora
inventate qualcosa di più elaborato. Tipo che non possono uscire
dal bagno finché non si baciano." propose Alessio, quello
più deviato di tutti.
"Quella è coercizione, genio." evidenziò Giulio.
"Ho un'idea!" saltò su Maria, ma poi ci ripensò. "No, no... avete detto niente alcol, quindi no."
"No." confermarono Giulio e Nicole, di nuovo in coro.
"Senti,
tu sei quello che sa sempre come ci si diverte." Nicole passò
all'attacco, indicando Giulio con stizza. "Non puoi inventare qualcosa?
Qualche ballo caraibico per coppie? Qualche gioco svergognato tipico
delle tue feste da rimorchio?"
Perché
tutti etichettavano gli eventi a cui partecipava come 'da rimorchio'?
Va bene, era sempre stato il re delle feste, con la maggior parte della
presenza femminile ai suoi piedi, senza nemmeno dover fare tutti gli
sforzi di Luca Ciambelli. Però, al contrario di quest'ultimo,
non passava mai il suo tempo in una stanza con la fila fuori; si
divertiva quando si doveva divertire, sennò gli piaceva pure
ballare, chiacchierare, mangiare...
Lo
dipingevano davvero molto più stronzo di quanto fosse e lui
aveva il leggero sospetto che fosse in parte colpa sua e in parte, alla
lontana, del mitico coach Lucich.
Giulio
si grattò la testa, sempre più stanco e sempre meno
convinto di tutta quella storia: "Non posso, se vuoi mantenere il
livello della serata a pari con la tombolata di nonno Arturo in
ospizio. Ma è Capodanno, giusto? Piazza del vischio in giro,
così se proprio va male li possiamoinvischiarenel vero senso del termine."
Nicole fissò per un attimo Giulio, tutti gli altri si erano zittiti.
Sembrava una stupidaggine, ma non era poi così scontata.
"Ok." decretò infine. "Mi piace. Sarà il nostro piano B, nel caso il bagno non sortisca effetti positivi."
"Perfetto." Giulio si alzò dalla tavola e imbracciò il suo borsone di rugby. "Me ne posso andare, ora?"
"Aspetta..."
lo fermò Nicole, raccogliendo un vassoio mezzo vuoto alle sue
spalle. "Lo vuoi un biscotto? L'ha fatto Ramona, te l'abbiamo tenuto."
Giulio
si sorprese dell'offerta. Rimase per qualche secondo rapito dal
biscotto, poi alzò gli occhi su Nicole e non riuscì a
trattenere un sorriso spontaneo.
"Grazie." prese il biscotto e se ne andò.
Ma quando sorpassò Nicole, portando con sé un po' del suo familiare odore, lei ebbe come undéjà-vue
arrossì di colpo. Non aveva mai capito che ci stesse facendo, la
mattina dopo la festa di quell'estate, distesa accanto a lui con la sua
camicia indosso, ma ricordava che sapeva di quel profumo.
Giulio
le aveva detto che era rovinata su di lui in condizioni pietose e che
si era trovato costretto a coprirla con ciò che aveva per non
dover guardare le sue deformi nudità. Nicole era morta di
imbarazzo e in quel momento le stava ricapitando, perché non
aveva mai ammesso a se stessa che risvegliarsi così, sotto
sotto, non le era per niente dispiaciuto.
"E quello cos'era?" ocheggiò Maria, non appena la porta di chiuse alle spalle di Giulio.
"Quello cosa?"
"Il biscotto? Il mini-infarto? Il sospiro?" proseguì Maria animandosi tutta. "Sei innamorata di Giulio Pizzi?"
"Che cosa?? No! Che schifo!"
"Ècertamenteinnamorata di Giulio." confermò Valentina.
"Io l'ho sempre pensato." fu il colpo di grazia di Alessio.
Ramona sbucò dalla cucina: "Anch'io."
E
Nicole non poté che mandare tutti al diavolo, compresa quella
maledetta notte d'estate, che per fortuna aveva mezzo dimenticato.
*
Serena
si passò attentamente il rossetto sul labbro superiore, poi
serrò la bocca e premette per farlo aderire anche sotto.
Ripassò il tutto con meticolosità, usando il mignolo solo
per correggere l'angolo destro, poi poté finalmente ritenersi
soddisfatta.
Si staccò dallo specchio con circospezione e aria critica.
Non
si truccava spesso, quindi si sorprendeva sempre del risultato, quelle
poche volte in cui si vedeva diversa. Ma per lo stesso motivo, sapeva
di non essere pratica e temeva di aver esagerato o di aver sbagliato
qualche proporzione.
Continuò per un po' a fare avanti e indietro allo specchio, poi si mise di profilo e controllò anche l'abito.
Nicole
le aveva detto che il tema era bianco e oro, ma lei aveva solo due
vestiti: uno verde, al ginocchio, e uno violetto, lungo. Provandosi
quello al ginocchio, si era accorta di come evidenziasse le sue gambe
grosse e storte, quindi alla fine la scelta era ricaduta sul viola.
Era
un abito molto umile, a tinta unita e con le coppe a goccia che un po'
le ravvivavano la piattezza del seno. Aveva qualche filo di paillettes
viola scuro che piovevano dalla vita verso il basso e poi finiva in
un'orlatura morbida, che le permetteva di essere comoda e di non dover
indossare scarpe troppo vistose, ché tanto sarebbero rimaste
nascoste.
Non sarebbe stata la punta di diamante delle invitate, però si piaceva.
Abituata com'era ai maglioni a collo alto, o le t-shirt monocolore con l'ormai antica scrittaUnited Colors of Benetton,
quello era quasi uno shock per i suoi standard. E poi ci aveva
ragionato bene: aveva abbinato al look un copri spalle bianco (almeno
poco poco si sarebbe avvicinata al tema della serata) e un rossetto
tenue. Si era tinta le unghie mangiucchiate per farle sembrare
più in ordine e aveva curato i capelli affinché potessero
restarsene sciolti senza sembrare paglia bruciata.
Ecco, ci era voluto un po' di lavoro, ma in quelle tre orette prese per sé, si era sentita davvero benissimo.
E
ora, anche se sapeva di non essere una make-up artist né di aver
scelto un outfit superbo, si poteva dire contenta del riflesso che le
rimandava il suo specchio.
Un colpo di tosse alle sue spalle la fece trasalire.
Lei si voltò emozionata verso Sandro e gli sorrise: "Allora?"
"Hai idea di dove siano finiti i miei boxer rossi?"
Tutta la spuma che si era creata attorno a Serena si smontò come albumi mescolati male.
"...no." biascicò. "Non ricordo di averli buttati in lavatrice."
"Ah."
Sandro
sparì di nuovo dietro alla porta e Serena ributtò
l'occhio su se stessa, stavolta con gli angoli della bocca rivolti
all'ingiù. Ecco, non si piaceva più.
Non
ci sarebbe voluto praticamente nulla per farla sentire apprezzata,
eppure era bastato un nulla per distruggere un altro pezzettino del suo
cuore.
E aveva sbavato pure l'angolo sinistro di rossetto.
*
Quando
la portiera dell'auto si aprì, entrò prima il
rispettabile freddo del 31 dicembre, e solo poi fu il turno dei
fratelli Pizzi.
"Oh, dai che si gela!" si lamentò il passeggero del sedile anteriore.
"Puttana,
Giu, muoviti!" Andrea spinse Giulio per velocizzare il processo della
salita, ma la macchina era piena di cianfrusaglie e quindi i due si
ritrovarono praticamente abbracciati quando chiusero la porta.
"Che macchina di merda, Luca." osservò Giulio, divincolandosi dai capelli di Andrea sul suo naso.
"Comunque grazie del passaggio." rimediò Andrea, che almeno un po' di cortesia da sua madre l'aveva imparata.
"Angelico,
tu lo conosci già fin troppo bene, mentre Luca, ti presento mio
fratello Andrea." Giulio fece gli onori di casa, mentre Luca si ruotava
indietro dal posto del conducente e Andrea allungava un pugno dal suo
angolino del sedile dietro: "Ciao, bomber."
Giulio sospirò: "Andre, facciamo rugby, non calcio."
"E che devo dire: ciao, pilone? Ciao, mediano? Ciao, seconda linea?"
"Tallonatore."
lo indottrinò Luca, con un sorriso da falso modesto, come se
avesse appena detto: brutta capra, io sono praticamente quello che
insegue il boccino d'oro, non lo sai?
Infatti,
come Giulio aveva previsto nella sua testa, il loro cocchiere
attaccò a spiegare tronfiamente: "Il tallonatore, nel rugby,
è quel giocatore che, tra le altre cose, ha la
responsabilità di calciare la palla nel canale quando ci sono le
touch. Robe da niente, eh, solo il compito cruciale quando sta per
finire tutto a puttane." se la rise con compiacenza, ignorando che
persino il custode del campo fosse più bravo di lui in quel
ruolo.
Andrea
lo fissava con sguardo vago, annuendo lentamente: non aveva capito una
singola parola, o meglio, non gli interessava. Giulio dovette soffocare
una risata: suo fratello stava sicuramente pensando a Baby Spice che
sculetta o a come aggiustare quella sua vecchia fisarmonica che teneva
sotto il cuscino perché un indiano della fiera d'ottobre gli
aveva detto che portava fortuna.
"A te, Ange, come ti devo chiamare?" Andrea si sporse verso il sedile del passeggero e sbatté il pugno con Angelico.
Lui
e Angelico si conoscevano da una vita. Qualche volta avevano fatto
partite di calciorugbyhockeybandierina a casa loro, perché lui e
Giulio erano migliori amici e quindi si condivideva tutto. Casa, sport,
palloni... tutto, senza troppi problemi, quando si poteva.
"Ange va bene." rise il ragazzo, che era tanto grosso quanto Luca, ma almeno non completamente vuoto nell'area cerebrale.
"Si parte?" fece Luca, mettendo in moto la Golf.
A
Giulio urtava tantissimo che anche lui venisse alla festa, ma l'invito
gliel'aveva mandato personalmente, quindi di che si lamentava?
Almeno
aveva accettato di dare un passaggio ai Pizzi. A casa loro c'era solo
un'automobile, la Cinquecento di mamma Roberta, e non sempre era
disponibile all'uso.
Comunque
Giulio non aveva ancora ben capito perché ultimamente gli stesse
così sulle palle Ciambelli: erano compagni di squadra, e se un
messaggio ben chiaro gli era sempre arrivato dall'allenatore Lucich,
era che si doveva andar d'accordo tra compagni di squadra. In
più lui era capitano (per quanto Luca ritenesse che il ruolo di
capitano non fosse comunque tanto importante come quello del
tallonatore), ragion per cuidoveva, più di chiunque altro, avere una buona considerazione del suo team.
Con
Lucich ci lavoravano spesso a questo concetto: dirsi le cose, elaborare
i problemi... e che cosa avrebbe dovuto dirgli, allora? Che Luca gli
sembrava solo un pompato tutto fumo e niente arrosto? Che non sapeva
giocare a rugby come si vantava di fare solo per piacere alle ragazze?
Che gli stava sul cazzo che avesse trattato Nicole come un pezzo di
carne, all'ultima festa a cui avevano partecipato?
Ah, era questo, allora.
Era questo che Giulio non voleva ammettere con se stesso.
Beh, in qualsiasi caso, non avrebbe nemmeno dovuto pensarlo, dato che Nicole era la fottuta figlia di Lucich.
Che
poi, Lucich era sempre più preso dai suoi colloqui con soci e
allenatori vari, nella speranza di salire nelle classifiche facendo
pubblici lecchinaggi, quindi manco c'era nei paraggi, per ricoprire
veramente il suo ruolo di guida tecnica e spirituale dei ragazzi. I
suoi compagni, dunque, erano sempre più rincretiniti dal sogno
di essere i migliori, e lui sempre più oberato di incarichi.
Lucich
gli aveva affidato la squadra, gli allenamenti, la
responsabilità di vincere la partita, praticamente ogni
pressione che potesse esserci su questa finale di campionato, da cui
dipendeva il loro avanzamento come divisone oppure un altro anno di
arrancata. Lucich aveva sempre fatto così e per un po' Giulio
aveva creduto che fosse la cosa più figa del mondo, che lo
rendesse la persona più figa del mondo! Si sentiva potente,
protetto... suo padre era orgoglioso per questo, sua madre era fiera
che lui avesse trovato tale vocazione, i suoi amici lo rispettavano e
lo stimavano e lui, per tanti anni, aveva vaneggiato in preda ai fiumi
dell'euforia.
Poi, dall'oggi al domani, si era accorto di essere molto stanco.
Quando
era successo quel casino con Nicole - e Dio doveva essere lodato per
aver fatto sì che lei non lo ricordasse - agli occhi di Giulio
si era mostrata una rivelazione. Lui non poteva fare niente senza che
gli si ritorcesse contro da parte di Lucich, lui non poteva aver colpi
di testa come tutti, senza che Antonio gliela facesse pagare cara, lui
non poteva cadere in umani scivoloni senza deludere aspettative e
subire ramanzine.
Lui non era perfetto... ma doveva esserlo. Sempre.
Amava
essere capitano, sul serio. Ma adesso forse non si sentiva più
all'altezza, perché si stava accorgendo che pure lui aveva delle
debolezze... per quanto fosse davvero difficile da credere.
"Ohi, ma quindi ci sarà o no?"
Non si era reso conto di come, ma erano quasi arrivati a casa di Nicole e stavano pure parlando con lui.
"Ci sarà chi?"
Andrea si voltò a guardarlo, accorgendosi subito della sua insolita aria cogitabonda.
"La vergine Maria!" rispose Luca, ovvio. "Di chi stiamo parlando sennò, da dieci minuti buoni?"
"Ah, sì, ci sarà, ma credo avrà abbastanza da fare."
"Con chi?" si allarmò Angelico.
"Storia lunga." tossicchiò Giulio.
"Beh, peccato." fu il commento di Luca. "Quest'estate me l'ero passata, ma non come avrei voluto. Mi sonofatto-fattosolo
Caterina e Teresa, invece Maria è stata tutto il tempo insieme
ad altri; abbiamo semplicemente limonato e a un certo punto, non so
quando, le ho palpato le tette. Belle tette, comunque."
"Ma altri chi, scusa?" domandò Angelico, sorprendentemente più interessato a quel dettaglio che alle tette.
"Beh,
non tu, dato che eri così fatto che ti sei passato metà
serata appeso al lampadario." Luca lo squadrò dall'alto in
basso. "Ci si deve mettere d'impegno alle feste, sennò quando
cucchi? Dovresti imparare dal maestro. Pensa che l'avevo quasi fatta
pure con Nicole Lucich, che sfortuna che non siamo arrivati fino in
fondo..."
Giulio
sentì arrivare una botta di rabbia dritta nello stomaco e stava
per sporgesi in avanti in preda a strani istinti, quando la botta
arrivò davvero, da suo fratello.
"Frena!"
Chiaramente
l'ordine verbale era rivolto a Luca, ma tutta l'ingombrante stazza di
Andrea si era imposta sull'abitacolo per sporgersi verso qualcosa che
aveva attirato la sua attenzione fuori dal finestrino.
Ok, casa Lucich era una signora casa, ma Giulio non ci trovava nulla di valido uno schizzo di pazzia.
Luca
inchiodò con mille bestemmie e Angelico iniziò ad
ansiarsi: "Che hai visto? Che c'è? Abbiamo tirato sotto
qualcuno?"
Giulio
seguì la traiettoria dello sguardo di Andrea e capì a
cosa stava puntando. Tra le varie auto parcheggiate fuori di casa,
l'aveva fatto ammattire la punto blu mezza ammaccata che se ne stava
nel vialetto, accanto alla salma di uno gnometto da giardino.
"Puttana..." sfiatò Andre, con gli occhi enormi. "Ho bisogno di una paglia."
Senza
troppi complimenti, smontò dalla Golf di Luca e si sbatté
la portiera alle spalle, inciampando subito poi e urlando "Ma che
cazzo!".
Le sue gesta da squilibrato generarono ulteriore scompiglio: "Che minchia ha tuo fratello?"
Giulio sospirò: "Parcheggiate ed entrate pure. Noi vi raggiungiamo fra poco."
Scese
a sua volta e aspettò che la Golf si allontanasse. Poi
attraversò la strada e raggiunse il fratello che in tutto quel
tempo non era nemmeno riuscito a far girare la rotella dell'accendino.
Andrea era un fumatore da nervosismo, ma ogni volta che era nervoso non
riusciva ad accendere dal nervoso, quindi Giulio si chiedeva se avesse
mai veramente fumato.
"Hai le tue cose, Andre?"
Ovviamente
Giulio aveva già fatto due più due: aveva visto quella
stessa auto qualche giorno prima andando a prendere le registrazioni a
casa Lucich, ed era stata l'occasione in cui Nicole gli aveva
presentato Serena. Ovviamente, per non far saltare la copertura, Giulio
finse di non sapere nulla, ma mandò a Nicole un messaggio di
nascosto:Magari far venire Serena con una macchina diversa, genio?
Cazzo non ci avevo pensato!fu l'immediata risposta.Siete già qui? Siete fuori?
"No, è che ho visto l'auto di una persona." fece Andrea, imbronciato e sulle spine.
"Di chi?"
"Di
una che non vorrei che ci fosse. Puttana, questo accendino di merda..."
Andrea più che girare la rotellina, la stava estraendo con
un'incisione a losanga.
"Dai
qua, o ci fai esplodere." Giulio si appropriò del corredo
necessario ed accese la sigaretta per lui. "Toh, e ripigliati, magari."
"Grazie, vuoi una anche te?"
Giulio
si mise le mani in tasca, sentendo il cellulare vibrare nervosamente ad
altri messaggi di Nicole e ponderando per qualche secondo: "Ma
sì, va."
"Ma se non fumi."
"Beh, stasera sì."
"Il tuo allenatore ti ammazza, se sa che fumi."
"E allora che cazzo me la offri? Dammi 'sta sigaretta, dai, non mi rompere le palle."
Ancora
una volta, Giulio strappò l'accendino e le sigarette di mano ad
Andrea e, guardandolo male, se ne accese una: "Chi è la tipa che
non vuoi vedere?"
"Si
chiama Serena, l'ho incontrata il giorno prima dell'incidente, prima di
essere scaricato da Lucia. Lì per lì ho pensato che fosse
stato il colpo di fulmine della mia vita, sai tipo il classico miracolo
che pone fine a tutte le sofferenze, eccetera eccetera, poi col tempo,
ho capito che invece quella donna non è altro che l'origine del
male."
"Puoi parlare in italiano, per favore?"
"Ci
siamo baciati, solo baciati." disse allora Andrea, scrollando la cenere
sul marciapiedi, con i nervi a fior di pelle. "E, tra parentesi, il
bomber di prima fa proprio cagare come persona." aggiunse, tirando il
collo verso la Golf di Luca ormai parcheggiata.
"Concordo."
Giulio fece un tiro e tossì immediatamente. Non era per niente
abituato al fumo, ma approfittò del suo stesso trambusto per
leggere l'ansia di Nicole:Ha cambiato idea? Siete tornati a casa? Giulio dimmi qualcosa! L'hai convinto a restare comunque????
Ci sto provando.digitò con occhi e schermo anche troppo appannati.
E poi gli diceva pure che non si impegnava... tss.
"Ma
il fatto è che mi è piaciuta sin da subito un casino."
sospirò Andrea. "Ci si può innamorare in un quarto d'ora?"
"Andre,
non sono io che mi guardo l'intera programmazione di Real Time in
divano con la mamma. Chiedile a lei 'ste cose, no? O al massimo
acculturati con quelle cagate."
"Ma te non sei mai stato innamorato?"
Giulio
guardò Andrea tra i vortici grigi con finto sdegno:
perché era fuori come una mina? Perché parlava di grandi
concetti così a caso? Perché faceva sempre le domande
sbagliate?
"Boh."
"Beh,
credo che a me sia successo, perché nel giro di sei mesi mi
è crollato il mondo addosso. E no, non solo perché, di
fatto, mi è venuta addosso un'auto rompendomi le ossa, ma
perché ho perso le mie convinzioni, il mio buon umore, il senso
di sicurezza, sai... tutti capisaldi che fino a quel momento c'erano.
Lei mi ha cambiato. E ci siamo solo baciati, figurati se avessimo fatto
l'amore lì nel retro, come avrei voluto." indicò la Punto
blu con la sigaretta e a Giulio venne un conato di vomito.
No, suo fratello in atti osceni proprio no, eh.
Ti prego Giulio, ti prego, salva la situazione!vibrò ancora il suo telefono.
"Senti,
non voglio nemmeno sapere perché poi è finito tutto in
svacco, dato che prenderesti a commiserarti per la tua inqualificabile
sfortuna e mi romperesti le palle con frasi filosofiche a caso." disse
Giulio, intento a propinare a suo fratello un discorso motivazionale
coi fiocchi.
Ma
Andrea lo spiazzò comunque, con un elementare riassunto non
richiesto: "Lei è tornata con il suo spauracchio di fidanzato e
non è venuta a cercare me."
"Bene."
riprese, allora, Giulio. "Scommetto che in realtà non voleva,
che quello è un viscido e che se non è venuta a cercare
te, è ancora sana di mente."
"Grazie."
"Quindi
avrà avuto un buon motivo, Andre." lo incoraggiò Giulio,
buttando a terra il mozzicone ancora a metà e pestandolo con un
leggero senso di colpa per aver fatto male ai suoi polmoni d'atleta (il
senso di colpa... suo grandissimo amico, ormai). "Stasera la cerchi, te
lo fai spiegare e poi ve ne andate nella Punto a finire quanto iniziato
in estate. Solo che a me non devi raccontare nessun dettaglio, capito?
Nessun - dettaglio."
Giulio
sapeva che gliel'avrebbe raccontato comunque e, in ogni caso, se
proprio Andrea se la fosse fatta sotto senza ascoltare un minimo di
consiglio - cosa che sarebbe accaduta, ormai lo conosceva - lui e
Nicole avevano il piano. E lei lo avrebbero messo in atto cascasse il mondo, perché conosceva anche la cocciutaggine di Nicole.
"Non sono sicuro di volerlo fare; l'ultima volta che mi sono dato per una relazione morente ci sono quasi morto io."
"Beh, ma almeno goditi la festa!" ovviò il piccolo Pizzi. "Vuoi davvero tornare da mamma senza nulla da raccontarle?"
Andrea sorrise, buttò la sigaretta e imboccarono il vialetto.
*
Quando suonò il campanello, Nicole si fiondò alla porta, quasi spiaccicandocisi contro.
Sinceratasi
di chi vi fosse al di là, non solo la aprì, ma la
spalancò con l'enfasi di un bambino che spacchetta il regalo
richiesto per Natale.
"Giulio! Sei qui!"
Non era mai stata così felice di vederlo.
Lo
era talmente tanto, in quel momento, che senza soffermarsi a far
battute sul suo ego smisurato, prese la rincorsa e lo abbracciò
come fosse un mega peluche.
Il
freddo e il suo odore le entrarono nelle narici, di botto, e diedero al
suo cervello una scossa così dolorosa che si pentì
immediatamente di essersi lasciata andare a un'effusione così
atipica della loro relazione.
Fu
come qualche giorno prima: si sentiva fuori dal binario della sua vita
e accadeva sempre più spesso, quando si trovava con Giulio.
C'era qualcosa che non tornava... era forse quella cotta di cui parlava Maria?
Una cotta per Giulio?
Sul serio?
"Nicole."
annunciò lui, togliendosela diplomaticamente di dosso. "Mi sono
permesso di portare anche mio fratello, spero che non ti dispiaccia."
Lei fece un sorriso diabolico, stando alla farsa concordata: "Assolutamente."
"Vi sarete visti un milione di volte, ma forse non vi ho mai presentati. Nicole, Andrea, Andrea, Nicole, la padrona di casa."
Andrea
le sorrise in quella calorosità pizziana che le era concesso
vedere così poco e lei immediatamente capì come aveva
fatto Serena ad innamorarsi in un solo quarto d'ora.
"Che piacere, Andrea." cinguettò Nicole, eccitatissima per le prospettive di quella serata.
Lui le porse il pugno: "Ciao, bomber."
***
ANGOLO AUTRICE
Ciao bombers! Come state?
Mi sto stupendo un sacco della regolarità delle mie
pubblicazioni. Finora direi che sono riuscita seguire il calendario con
successo e chi mi conosce sa che per me è davvero insolito XD
Coooomunque, per questo cap non ho molte dichiarazioni da rilasciare;
diciamo che è stato molto simpatico da scrivere, specialmente
nella parte finale. Andrea è davvero folgorato, ma... non vi
ricorda un po' Nelli? XD
Le sbavature nel piano alla fine non sono state così disastrose,
ma ho una brutta notizia: non sono finite qui. Nel prossimo capitolo
entreremo, come si suol dire, nel vivo della festa, con una Nicole
molto ansiosa e un Andrea ancora più ansioso! Come vi aspettate
che andrà il mitico piano Pizzi-Lucich? Serena e Andrea si
ricongiungeranno finalmente? Che succederà in un ipotetico
incontro trai due?
Prima di salutarvi voglio far tesoro di questo spazietto per fare un ANNUNCIO IMPORTANTE:
Come ho detto anche sui miei social, gennaio è ormai finito e
con l'arrivo di febbraio nuove bellissime sorprese ci attendono: il 6
febbraio inizierà (sia qui su EFP che sul mio profilo Wattpad)
una nuova storia, che è in realtà una cosiddetta storia a quattro mani,
ovvero... una collaborazione!!! Per ora l'autore che sta collaborando
con me è segreto, ma se mi seguirete sui vari social, in questi
giorni avrete un indizio quotidiano per sapere di più sia su di
l*i che sulla storia stessa.
Finora posso solo dirvi che: - la storia sarà composta di capitoli che alternano due punti di vista differenti; - il capitolo che uscirà il 6, cioè il prologo, è opera dell'autore segreto di cui sopra; - due elementi caratterizzanti della storia sono: la lettera H e i cuoricini viola di Whatsapp.
Allora, che ne pensate? Siete curiosi?
Vi aspetto dunque lunedì 4 febbraio per l'aggiornamento di IPLF e conseguente fiestaaaa!
Mi raccomando, segnatevele tutte queste date, e non dimenticate di
lasciarmi un commentino o una recensione con i vostri pareri <3
"È
un disastro!" Nicole si infilò entrambe le mani nell'elaborato
chignon, spettinandosi e sembrando addirittura più carina.
Alla
faccia del pile con i labrador, quel vestito le donava ancora di
più di quello che aveva indossato al diciottesimo di Maria. Era
dorato, terminava poco più su delle ginocchia con una gonna di
raso e poi aveva un piccolo corpetto in tulle e brillantini che
contrastava con le ciocche castane appena cadute dalla pettinatura.
No,
non era solo carina; era bellissima, pensò Giulio, e come in
risposta, lei gli schioccò le dita a due centimetri dalla faccia.
"Oh, ti stai mettendo in posa per il tuo prossimo calendario porno o mi stai ascoltando?"
Sapeva
che non sarebbe mai dovuto andare a quella festa. Nicole non era
bellissima, era solo mostro. Un mostro di ansia e logorrea che gli
stava corrodendo il fegato da venti minuti buoni.
"Basta."
sospirò, stanco, coprendole la bocca con una mano e sbavandole
così il rossetto color sangue di Giuda su cui lei aveva speso un
patrimonio.
"Non
mi rovinare il trucco o ti rovino io quella faccia da Luigi
Quattordicesimo che ti ritrovi! E sai che non ho problemi a usare il
mestolo, specialmente quando sono agitata!"
"Non è - successo - niente!" sfiatò Giulio, molto meno composto del solito.
"Come
no? Valentina, Maria, ripetetegli cosa è successo, visto che
forse ha le orecchie foderate da quei capelli d'angelo troppo nobili
per essere fatti accorciare da un comune parrucchiere plebeo."
Maria
sbuffò, senza dare troppa rilevanza ai loro ripetitivi
battibecchi, mentre Valentina eseguì meccanicamente: "Il water
ha preso a spruzzare, nessuno ci ha avvisato, il bagno si è
allagato."
"E quindi?" la incoraggiò Nicole.
"Quindi non possiamo chiudere Serena e Andrea nel bagno finché non sarà sistemato e asciugato."
"Poi..." incalzò la padrona di casa.
"Poi
c'è Alessio che si è già annaffiato di champagne e
che quindi non può partecipare alla scenetta del litigio con
Sandro senza rischiare che finisca veramente in rissa."
"Va
beh, facciamo a meno di quella." ovviò Giulio. "Avete attaccato
rami di vischio su ogni due metri di soffitto, fateci finire entrambi
sotto e fate dire al dj che è ora di baciarsi, o il
duemiladiciannove sarà un anno di sfiga nera. Andre lo
farà sicuramente."
"Andre
è chiuso fuori in terrazzo da quando è arrivato."
ringhiò Nicole, a cui mancava solo la bava da volpe
rabbiosa.
E
così Valentina decantò la chiosa di quella cronaca nera:
"In terrazzo ci è sfuggito di appendere il vischio, dato che non
c'è un soffitto, e tutto il piano era stato ambientato
all'interno della casa, nella convinzione che tuo fratello non fosse..."
Maria,
che se n'era stata per tutto il tempo seduta a braccia incrociate con
il balconcino bene in vista, decise di finire la frase per lei: "Un
cacasotto."
"Succede
sempre tutto nei momenti peggiori, eh?" abbozzò Giulio,
divertito nel sentirsi spiegare questi cataclismi con tale piattezza,
come se veramente l'unica a vedere sempre il dramma nel mondo fosse
Nicole.
Ma
lei era davvero fuori di sé, non voleva sentire ragioni:
contemplava quel che rimaneva del suo grande piano andare sempre
più allo sfacelo e allo stesso tempo sentiva qualcosa di
pressante montarle nel petto nei confronti di Giulio. Avevano lavorato
un sacco per quella serata e adesso che era rovinata, lui se ne stava
lì, inarrivabile e statuario come al solito, senza preoccuparsi?
Era così indolente da farle venire voglia di mollargli una sberla in pieno volto.
Giulio
era sempre, sempre così. Qualsiasi cosa accadesse, lui era
calmo, quasi annoiato, insomma, superiore agli eventi e le persone.
Rideva solo per situazioni da lui stesso selezionate, non si lasciava
sorprendere né coinvolgere, aveva il pieno controllo su tutto,
nonostante fosse palesemente la fine del mondo.
Il padre di Nicole amava questo pregio, lei, invece, lo riteneva nient'altro che un difetto.
E
poi, si era fatta bellissima quella sera: lui l'aveva vista e nemmeno
aveva battuto ciglio. Non che ci tenesse, eh, però lei, al
contrario, aveva fatto mezzo infarto solamente osservando come quella
stupidissima camicia bianca gli cadesse bene sui fianchi ed
evidenziasse il suo petto allenato e mediamente virile, come piaceva a
lei.
Avrebbe
decisamente fatto meglio a darsi una calmata prima che le venisse
l'istinto di saltargli addosso. Non si sa per cosa, ma comunque il
concetto era nei pressi.
"Sento
che questa serata sarà uno schifo." capitolò, allora, e
Giulio rivisse per un istante la festa di quell'estate. Capiva Nicole:
suo padre le aveva insegnato a puntare sempre al meglio, ma aspettarsi
sempre il peggio. E lo sapeva perché l'aveva insegnato pure a
lui.
"Senti,
facciamo così." intervenne, prendendo le redini e anche le
spalle di Nicole piuttosto saldamente. "Tu che conosci a fondo quel
perdente di tuo fratello, ora pensi a un piano alternativo e lo
trattieni di sopra con o senza la sbronza di Alessio e le tette di
Maria. Sabrina qui sistema la situazione in bagno e io-"
"Sono Valentina." azzardò la moretta. "Valentina, non Sabrina."
"Scusa,
me lo dimentico sempre, ti offrirò una cena per rimediare." le
disse, mandandola in brodo di giuggiole, poi tornò a fissare
Nicole. "Io penso ad Andrea e Serena, così quando scendi
finalmente si sarà completata la tua personale missione di vita
e potrai smetterla di rovinarmi di nuovo la festa, eh?"
"Di nuovo?" fu l'innocente domanda di Nicole.
Giulio
le piazzò un sorrisetto mezzo figo e mezzo piscopatico in faccia
e lei comprese che forse era semplicemente meglio sorvolare.
"Va bene, se pensi di essere in grado, allora..."
"Nicole."
respirò un'alitata divina che mosse i suoi ciuffi e la fece
trapassare all'aldilà. "Io sono sempre in grado."
*
Serena
vide il didietro di Sandro sparire sopra le scale assieme allo
sgambettio di Nicole e, per la prima volta, si rilassò.
Sentì
i muscoli della pancia ritornare al loro posto e per la gioia, decise
di afferrare e addentare una tartina al salmone norvegese che la cuoca
Ramona aveva sfilettato a regola d'arte. Per fortuna Nicole aveva
rapito Sandro per portarlo in lande lontane, perché lei,
davvero, non ce la faceva più.
Appena
arrivati, il suo compagno l'aveva subito trascinata davanti al camino a
conoscere varie amiche di Nicole che, di riflesso, guarda caso, erano
pure amiche sue. Quand'era adolescente, Sandro si piazzava sempre in
salotto durante i pigiama party della sorella sperando di far colpo su
qualche ragazzina. Purtroppo, lui era sempre stato troppo bruttino e
sfigato per piacere davvero - questo Serena non gliel'avrebbe detto, ma
lo aveva letto in ogni sorriso di cortesia che queste 'amiche' gli
avevano rivolto.
Se
non altro, era contenta che ora lui fosse impegnato altrove. Anche se
erano tutte giovani abbastanza tranquille, lei si era sentita a disagio
nel vedere come lui ancora, a distanza di anni, facesse il galletto e,
come ad ogni evento pubblico con ragazze carine, la mettesse da parte
ignorandola di brutto.
Sospirò
e si disse che aveva troppe paranoie. Sandro l'aveva tradita solo una
volta, tutto il resto erano sue supposizioni. Aveva semplicemente
qualche difficoltà a superare il trauma di quell'estate, ecco
tutto.
L'aveva tradita solo una volta.
"Ops, scusa!"
Qualcuno
le era piombato addosso e lei si era appena voltata per incontrare una
chioma bionda e due paia di occhi nocciola mozzafiato. Rimase per
qualche secondo a fissare il ragazzo con il cuore in extrasistole, poi
fu sicura di essere morta.
"Serena!"
lo straniero si aprì in un sorriso, circondandole la vita con un
braccio e baciandole entrambe le guance. "Non pensavo di vederti qui,
che piacere! Come stai?"
"Oh,
G-Giulio..." Serena si riprese un po' a rilento, perché, come
nella precedente occasione, ci mise almeno mezzo minuto a convincersi
che quello non era Andrea, il suo Andrea, ma un altro tizio che gli
somigliava dolorosamente troppo. E quindi si ricordò di Giulio e
tutto il loro pregresso scambio di equivoci. "Il piacere è mio,
veramente. Sto bene, e tu come stai?"
"Non
ci si lamenta. Mi piace bazzicare qui a casa di Nicole, un po'
perché è davvero una signora casa e un po' perché
ciò dà fastidio alla padroncina isterica; non so se hai
potuto notare la scorsa volta..." il giovane ammiccò nella
direzione verso cui era convenientemente sparita tale 'padroncina
isterica'.
Serena
rise all'occhiolino beffardo di Giulio e si rese conto che qualche
giorno prima era stata troppo sconvolta per notare quella strana
relazione tra sua cognata e il ragazzo che aveva di fronte. Ma era
veramente strana, ne prese atto: troppo bellicosa per non nascondere
dei retroscena scandalosamente interessanti.
"Sei qui da sola? Posso offriti qualcosa da bere?"
"Oh, no, sono qui con..." guardò verso le scale, poi si spense e si vergognò pure della risposta. "Con Sandro."
Giulio finse di sorprendersi poi si esibì in un'espressione grave: "Ti offro qualcosa da bere."
Afferrò
due calici di prosecco millesimato spillato direttamente dalle riserve
della Valdobbiadene in cui Antonio e Francesca Lucich facevano
rifornimento e si avviò, con Serena, verso il terrazzo esterno.
Giulio
aveva già capito perché Andrea si fosse piazzato
lì fuori dal loro arrivo fino a quel momento: sapeva che avrebbe
visto Serena, quindi aveva trovato un luogo per nascondersi da Serena,
e nel frattempo si era giocato entrambi i polmoni a suon di sigarette
da nervoso pensando insistentemente a Serena. Che fratello maggiore
esemplare.
"Sai,
speravo che fossi anche tu alla festa, perché volevo presentarti
una persona." se ne uscì, mentre con la mano spingeva la schiena
della ragazza, alta quasi quanto lui e irrigidita dalla situazione.
"Oh, davvero? Magari avviso Sandro che..."
"Ma
va, che c'entra Sandro?" rise Giulio, fermandosi davanti alle porte del
terrazzo e socchiudendone appena una, giusto per spiare ed accertare le
ipotesi. "È solo mio fratello, sono sicuro che a Sandro non
dispiacerà se ti presento mio fratello."
In
men che non si dica, spalancò del tutto la porta, ci spinse
attraverso Serena, e poi la chiuse rimanendosene in casa. Nel tempo in
cui la ragazza e Andrea si voltarono verso l'interno per capire che
diavolo stesse succedendo, Giulio aveva estratto la sua personale copia
di chiavi e aveva chiuso i polli di fuori.
Voilà, un gioco da ragazzi. Nicole doveva solamente inchinarsi al suo cospetto.
"Giu,
ma che cazzo fai?" si era alterato Andrea, bussando sulla vetrata e
indicando Serena al suo fianco, ancora prima di averla salutata. "Non
vedi che è senza giacca? Vuoi farla morire di freddo?"
Giulio
ci rifletté un secondo: andò nella cabina armadio,
rubò un cappotto Armani qualsiasi tra la collezione di Francesca
e poi riaprì le porte giusto il tempo di gettare il capo in
terrazzo a quei due. Richiuse e si sfregò le mani con somma
soddisfazione.
"Quindi
è questo il piano?" sbuffò Andrea dall'altra parte della
porta. "Chiudermi qui fuori con lei per obbligarmi a parlarci?"
"Voi
due siete fratelli?" si era connessa Serena, nel frattempo, troppo
bloccata dal freddo e dalla sorpresa per fare qualsiasi cosa che non
fosse rimanere impalata dove Giulio l'aveva spinta.
"Scusa, Andre." il piccolo Pizzi alzò le spalle. "Sto solamente eseguendo ordini superiori."
"Dai, non fare lo stronzo, aprici!"
"Ne
parlo con Nicole, poi vi faccio sapere." sorrise, malevolo, soffiando
un bacio verso di loro. "Copritevi, mi raccomando... e non fatemi
diventare zio!"
Giulio
se ne tornò tra la folla degli invitati, mentre Andrea rimase
giusto qualche secondo a bussare alle vetrate come un gorilla, prima di
rendersi conto che Giulio aveva il suo stesso DNA, quindi la stronzata
l'avrebbe portata a termine fino in fondo.
Si
voltò finalmente verso la sua compagna di sventura e
trovò davanti a sé uno sguardo traumatizzato come se se
ne stesse di fronte allo spettro della gioventù.
"Puttana, se sei figa." gorgogliò, leggiadro, squadrandola dall'alto al basso. "Ti ricordavo più... vestita."
Serena
si riscosse anche per le lame ghiacciate che iniziavano a infilarsi
nella sua scollatura, così prese due piccioni con una fava e
coprì le sue grazie con il cappotto Armani che Giulio aveva
gentilmente fornito.
Se
non ci aveva già pensato il gelo dicembrino, avere Andrea
dell'autostop esattamente di fronte al viso le aveva definitivamente
lobotomizzato il cervello. E poi, le aveva pure detto che era figa. Con
unaplombeottocentesco
che avrebbe fatto rizzare la pelle persino a Jane Austen, ma era in
tutto e per tutto un complimento. Quello che aveva disperatamente
sperato di strappare a Sandro qualche ora prima con molta, molta
più fatica. E senza risultati.
"Ciao, Andrea." produsse in un soffio. "Ti ricordi di me?"
"Certo, sei l'origine di ogni mio male." rivelò lui, senza vergogna. "Come stai?"
"Male. Anche tu, mi sembra."
"Sì,
anche io, grazie." diede una scossa a quei suoi capelli libertini poi
accennò all'interno della casa. "Quello era mio fratello Giulio.
Minore e anche minorato. Immagino non sia un caso che mi abbia
implorato di venire esattamente a questa festa ideando un piano omicida
per farmi avvicinare a te, ma tranquilla, lo soffocherò nel
letto questa notte, sempre se ci arriva a casa. Te?"
"Io... cosa?" fece Serena, ancora troppo tramortita. "A me piace tuo fratello; è molto gentile."
"Oh,
bene, non oso nemmeno pensare a come tu abbia potuto conoscerlo. Ha
rubato le mie ricerche su di te ed è venuto personalmente a
stalkerarti sotto casa? Ti ha fatto leggere la canzone su base armonica
a bocca che ti ho scritto? Perché quella era in preda a un
delirio post-intervento al femore, quindi è del tutto
giustificata."
Serena
rise, perché Andrea aveva un modo di parlare sempre così
rapido e incomprensibile, ma dannatamente divertente: "No, no, niente
di tutto ciò. In realtà, ho scoperto solo adesso che
siete parenti."
"Perfetto."
Andrea rovistò macchinosamente nelle ampie tasche del suo
Napapijri arancione, facendole credere che ci nascondesse viveri per
una stagione intera. "Ti spiace se mi fumo una paglia?"
"No,
no..." biascicò Serena, ancora incapace di chiudere la bocca di
fronte a quel suo sfrontato fascino, accentuato dalle lucine di Natale
che i Lucich avevano attorcigliato a ogni centimetro di ringhiera.
Mentre
lui lottava contro l'accendino delle Spice Girls dicendo una parolaccia
al secondo, però, lei si diede uno schiaffo immaginario per
rinsavire dal torpore. Doveva prenderne atto: Andrea dell'autostop era
assieme a lei, chiuso sul balcone della casa del suo ragazzo, e le
aveva appena detto che era figa e che le aveva scritto una canzone.
Dopo sei mesi in cui non si erano mai più visti, nemmeno per
caso.
Anziché gridare aiuto a pieni polmoni, tossicchiò: "In realtà sì, mi dispiace."
"Cosa?" fece lui, troppo concentrato su come distruggere l'ordigno con il solo utilizzo del pollice.
"Mi dispiace se fumi. Se fossi la tua ragazza, ti pregherei di smettere."
Andrea sorrise con la sigaretta intatta tra le labbra: "Stavo giusto cercando una buona ragione per farlo."
Finalmente la fiamma si liberò.
"Ma non sei la mia ragazza, quindi..."
Accese la sigaretta e ripose i resti dell'accendino nella tasca da marsupiale che si ritrovava.
"Vuoi un tiro?" le propose allungando l'arma del male.
Serena
ci rifletté per qualche secondo: tutta quella situazione era
assurda, c'era un freddo assassino e lei doveva dire a Sandro dov'era o
quello l'avrebbe cercata chissà... Nah, non l'avrebbe cercata
manco se fosse sparita per sempre in circostanze sospette con tutta la
sua collezione di pupazzetti di Star Wars.
E
su quella sigaretta che le era stata porta si erano adagiate per
qualche secondo le perfette, sinuose labbra di Andrea dell'autostop,
che l'avevano fatta innamorare in poco più di un quarto d'ora.
"Sì, grazie."
"Ah, ma quindi fumi?"
"No, ma potrei provare."
"Ma
che cavolo dici?" Andrea si mise a ridere, dando luogo al fenomeno
naturale delle sue tre rughette che si increspavano a lato degli occhi
esattamente come s'increspava la tartina al salmone nello stomaco di
Sere. "Non ti ha insegnato la mamma che non si accettano cose dagli
sconosciuti?"
"Tipo i passaggi?"
"O
le caramelle." Andrea la guardò con tonnellate di malizia.
"Peggio ancora le sigarette, ché poi ti assuefai alla nicotina e
anziché andare in giro in macchina quando sei nervosa, te ne
resti in terrazzo a fumare."
"Allora perché offri, Andrea?"
"Perché
mi piace tentare. Comunque, ho cambiato idea." spense la sigaretta
contro il bancone fregandosene di lasciare sul bianco del cemento un
antiestetico punto di carbone. "In realtà fumo solo
perché sono nervoso."
"Ah,
davvero?" Serena incrociò le braccia, affidandosi al suo
infallibile sarcasmo per sopravvivere alla disarmante semplicità
di Andrea. "C'è qualcosa che ti rende agitato?"
"Devo
veramente spiegartelo?" lui alzò le sopracciglia, in uno spunto
litigioso che Serena recepì come sexy. Scemo era bello; serio,
semplicemente da svenimento.
E
lei aveva riflettuto anche troppo su quanta roba si fosse persa,
letteralmente e moralmente parlando. Quindi capì il suo fastidio
e addirittura lo precedette: "Perché non mi hai mai cercata?"
"Oh,ionon ti ho cercato..." Andrea roteò gli occhi. "Mi serve una paglia."
"Sembravi
preso dalla testa ai piedi, avevi implorato di avere il mio cognome, il
mio numero, qualsiasi cosa... pensavo avessi colto il riferimento della
targa; ti avevo visto annotarla dallo specchietto mentre me ne andavo e
quindi ero quasi certa che avessi fatto in modo di risalire a me." si
stupì pure della sua inedita scontrosità; apparentemente
usciva solo in presenza di quel biondastro. "Forse non ci sei
riuscito...?" propose, cercando di moderare i toni.
Andrea
si era visibilmente infastidito: "Se speravi così tanto che ti
cercassi, allora perché non mi hai dato direttamente il tuo
numero?"
"Te l'ho spiegato."
"Fai
un po' troppo la preziosa per poi venirti a lamentare, micio miao."
Andrea lampeggiò verso la mano di Serena posata sulla ringhiera,
da cui brillava lo stesso anellino che lui aveva notato il giorno
dell'autostop.
Così, lei la ritirò con grande imbarazzo: "Dev'essere successo qualcosa nel frattempo, di cui non vuoi parlare."
"Tipo un birillone con uno scopino da cesso pubblico al posto dei capelli."
"Che
stronzo!" si lasciò sfuggire Serena, sorpresa dalle mille e uno
sfumature del carattere di Andrea. Aveva appena offeso il suo ragazzo,
ma soprattutto il suo gusto in fatto di ragazzi, con non più di
undici parole. "Intendevo che per non avermi più voluto cercare,
dev'essere successo qualcosa a te, tipo che ti sei accorto che non te
ne importava nulla."
Andrea
schioccò la lingua con immenso fastidio: "Sì, hai
ragione. Ci ero riuscito a rintracciarti dalla targa, cara Serena
Migliorini, ex residente in via Monte Grappa, ora stabilmente
trasferita al civico 45 barra E di via Palladini con l'ex-ex fidanzato
e le duecentoventi corna che ti ha messo in testa." berciò lui,
piacevole come un cactus nelle mutande. "Ma ho potuto renderle
graditamente visita solo dopo un mese dal nostro lieto incontro
perché una gentile Subaru Crosstrek mi ha sfracellato lungo
l'asfalto assieme alla mia bicicletta di merda, che ha fatto sì
che in ventiquattrore perdessi la fidanzata, l'amante e pure
l'integrità di alcuni punti cruciali del mio scheletro."
Quando Andrea riprese finalmente fiato, Serena si ritrovò senza.
"Sei stato..."
"Spappolato. Steso. Spiaccicato."
"Ma ti sei fatto..."
"Un
mese. Dentro all'ospedale. Per poi uscire e venire sotto casa di tuo
padre con le costole ancora rotte e sapere che tanto ti era bastato a
dimenticarti di me. Ok che sono stato io quello a fare la fan sfegatata
del nostro breve incontro ravvicinato, credendo di aver conosciuto la
mia personale Cenerentola, ma te non sei affatto Cenerentola, te sei
quella stronza ingannatrice di Malefica e io mi sono lasciato fregare
dalla tua mela avvelenata." Andrea prese una sigaretta. "Merda! Sapevo
che non dovevo ascoltare quel moccioso menomato e le sue feste da
rientro in società!"
Serena
si riprese con un inudibile colpetto di tosse: "Senti, hai... hai...
mescolato le storie. Malefica è la cattiva de 'La bella
addormentata nel bosco', mentre quella di 'Cenerentola' è-"
"Serena." disse Andrea fissandola con la sigaretta di nuovo tra le labbra. "Chi cacchio se ne infischia?"
"Ascolta, io questo non potevo minimamente immaginarlo-"
"Certo,
perché piuttosto di darmi il numero come fanno tutte, hai dovuto
comunicarmi una sciarada egizia in codice morse, tramite segnali di
fumo comprensibili solo da un indigeno Cherokee!"
"Ho
avuto paura di essermi innamorata!" sciorinò allora, lei,
emettendo una nuvoletta di condensa molto consistente, dovuta
all'abbondate dose di fiato e coraggio che aveva messo in
quell'ammissione. "Anzi, ero terrorizzata perché avevo provato
qualcosa di completamente nuovo e diverso dal solito."
"Ma
vedo che sei una conservatrice." la smontò, implicando di nuovo
il suo anello di fidanzamento. "A quanto pare quando mi hai scritto che
merito di più, stavi dando a me il consiglio che serviva a te,
ma che hai palesemente ignorato."
Serena
era atterrita, completamente divisa tra l'abbandono totale all'istinto
o la confortante fedeltà all'abitudine. Che cosa doveva fare?
Che cosa doveva dire?
"Tu che cosa vuoi, Serena?" le chiese, allora, Andrea, spiazzandola del tutto.
Non era che cosa doveva, ma che cosa voleva.
In cuor suo sapeva molto bene che cosa voleva.
E ce l'aveva a solo un passo di distanza.
*
"Oh,
eccoti, vieni!" Giulio avvistò Nicole scendere finalmente dal
piano superiore e le fece cenno verso il posto in prima fila sulla
porta del terrazzo. Dai costosi inserti in vetro si scorgevano molto
bene Serena e Andrea, attualmente intenti a discutere con enfasi.
"Ci sei riuscito!" esclamò la ragazza, incastrandosi accanto a lui. "Levati, fammi vedere. Come hai fatto?"
"Puoi annotarlo tra la lista dei miei miracoli. A quanto siamo, adesso? Duecento? Trecento?"
Nicole
roteò gli occhi: "Non mi sembra una soluzione molto romantica,
Messia. Stanno congelando e se non sbaglio, stanno pure litigando."
"Beh,
c'era anche la possibilità che Andrea si gettasse di sotto, ma
è ancora lì, quindi sta andando alla grande. Te lo
assicuro."
Nicole fissò Giulio con occhi grandi e inquietati.
"La scoria radioattiva dove l'hai lasciata?" le chiese senza neanche il bisogno di specificare che si stesse riferendo a Sandro.
"Beh,
ho deciso di mantenere le basi del piano originale con un po' di
modifiche." sussurrò lei, come se parlando troppo forte i due di
fuori potessero sentirla. "Abbiamo piazzato Alessio ubriaco in camera
di mio fratello e con un po' di ipnosi l'abbiamo convinto di essere
Luke Skywalker e che Sandro fosse in realtà Dark Fener."
Giulio
increspò le labbra in un sorriso e Nicole, che gli era
così terribilmente vicino, non poté fare a meno di
ricordare quanto fossero morbide e baciabili.
Il
problema era... perché lo stava ricordando? Aveva forse
recentemente fatto qualche sogno erotico su di lui? Doveva
assolutamente parlare con Maria.
"E
poi?" la riscosse Giulio, che con le orecchie stava sul racconto di
Nicole, mentre con gli occhi sulle mosse da
innamorato-offeso-deficiente-codardo-sociopatico di suo fratello.
"Poi
sono venuta a dire a Sandro che c'era Alessio ubriaco in camera sua,
che stava parlando al pupazzo di Master Yoda affinché gli
insegnasse a combattere e che di lì a poco avrebbe maneggiato
incautamente la sua spada laser comprata al Lucca Comics al costo di
tre stipendi. Ovviamente Sandro si è precipitato di sopra e
quando ha aperto la porta, gli ho messo la torcia del telefono alle
spalle e Alessio ha creduto di avere una visione. Si è buttato a
terra gridando:noooooo, tu non sei mio padre, tu non sei mio padre!"
Giulio
aveva staccato gli occhi da davanti a sé, per posarli con
interesse su Nicole e scoppiare in una bellissima, gorgogliante risata:
"Non ci credo..."
"Sì,
sì! E poi è arrivata Valentina che ha chiesto scusa a
Sandro, ma Alessio si è mezzo ricordato del piano, credendo che
avessimo invertito i ruoli tra lei e Maria ed è partito con
un'imbarazzante scenata di gelosia, brandendo sul serio la spada laser.
Prima che mio fratello lo spaccasse in due, è intervenuta la
vergine Maria con il corsetto dapole dancerper placare gli animi e distrarre lo scimmione."
"Quindi ora è ancora di sopra con Sandro? Da sola?"
"No,
è arrivato Angelico, un po' brillo, ha fatto a sua volta una
scenata a mio fratello, ma ora hanno scoperto di essere entrambi fan di
Star Wars, così hanno avviato l'episodio a tema dei Simpson e se
lo stanno guardando tutti e cinque in camera. Credo che Ange ne
approfitterà per sbaciucchiarsi Maria."
Giulio
guardò Nicole, scuotendo la testa: "Con i piani che ti inventi,
sei tu che staresti davvero bene con quello svalvolato di mio fratello,
non Serena..."
"...facciamo scambio?"
Giulio
evitò di rispondere, piazzando il solito sorrisetto tattico. Ma
Nicole era arrossita dalle orecchie ingiù perché si era
resa conto che Giulio aveva riso come un bambino al suo racconto, e che
non si era pronunciato sullo scambio di cui sopra, e che era solare e
rilassato come poche volte l'aveva visto. Quindi non era vero che tutto
lo scocciava, o che lei lo scocciava...
Ed
erano ancora troppo maledettamente vicini perché non sentisse
quell'assurdo mancamento all'altezza dello stomaco che si sente,
generalmente, quando si è innamorati persi.
*
"Senti,
Serena, mi dispiace." sbottò Andrea, abbandonando la schiena
sulla ringhiera e lanciando la sigaretta ancora intatta alle sue
spalle, nel vuoto.
Lei
lo guardò al limite dell'indecisione: aveva davanti la
felicità e le stava sfuggendo dalle dita. Stava spostando da
sola la lancetta che scandiva il conto alla rovescia verso la monotonia
della sua vita infelice.
"Continuo
ancora a ragionare come se fosse quest'estate e tu fossi a tutti gli
effetti single." si spiegò il biondo, incupito e di colpo
piatto. "Invece sei fidanzata e io non ho nessun diritto di mettermi in
mezzo. Non dovrei, e Giulio e Nicole non avrebbero dovuto progettare
tutto questo casino a monte. Sono stati molto irrispettosi di entrambi,
ma d'altra parte sono piccoli e dementi."
"Nicole
è la sorella di Sandro." si sentì di condividere Serena,
ora che avevano ufficialmente capito di essere stati invischiati da due
diciottenni in un'opera di ricongiungimento astrale, come se davvero si
trovassero in uno di quei film delle gemelle Olsen.
Andrea
allargò gli occhi: "Lei è la sorella del tuo fidanzato?
Wow, crudele contro il suo stesso sangue! Ora capisco perché
piace a Giulio."
"Anch'io,
poco fa, ho avuto l'impressione che si piacessero." disse Serena,
incrociando le braccia e accomodandosi nella stessa posizione di
Andrea, poco distante da lui. Le lucine di Natale impazzavano alle loro
spalle e presto anche la notte si sarebbe accesa dei botti di
Capodanno.
"Se
Lucia fosse tornata da te, qualche giorno dopo la vostra rottura, tu
che avresti fatto?" domandò Serena ad Andrea, quasi banalmente.
Lui si prese il tempo giusto per riflettere, poi fornì una prevedibile risposta sincera: "L'avrei perdonata."
"Perché?"
"Perché avrei voluto un sacco la mia ragazza accanto, mentre me ne stavo rinchiuso in ospedale con mille rimpianti."
"E ti saresti rimesso assieme a lei, quindi? Nonostante il tradimento comprovato?"
Gli occhi nocciola di Andrea saettarono per l'ambiente circostante, dapprima indecisi, ma poi risoluti: "Sì."
"Perché? Perché sei un fesso? Uno stupido? Un conservatore?"
L'angolo
destro della bocca del ragazzo si alzò in mezzo sorriso:
"Sì, specialmente le prime due. Ma non solo. Perché ci
tenevo al nostro rapporto, l'avevo coltivato con molti sforzi e, come
già avevo avuto l'onore di spiegarti, non avrei voluto mandarlo
al vento così."
"In tutto ciò che hai elencato manca la voce 'perché la amavo'."
"Ma la amavo."
"L'avresti
amata, anche se fosse tornata da te quel giorno? Dopo le emoticon del
medio con cui aveva commentato la tua caduta in bicicletta e il bacio
pubblico ad effetto sorpresa nelle braccia di uno sconosciuto, sul
luogo del vostro appuntamento?"
Andrea fece una smorfia: "Ti piace rigirare il dito nella piaga?"
"Rispondimi, dai."
Il ragazzo sospirò a fondo, turbato come un artista e privo di quella sua caratterizzante scintilla vitale.
"Beh, no." partorì, infine. "Cioè sì, ma in realtà no. È complicato."
Serena
annuì con aria saggia: "Esatto. È quello che è
successo a me con Sandro ed è complicato. Molto complicato."
Andrea rimase stranamente in silenzio, pensando a quelMeriti di meglio :)che
lei gli aveva lasciato nel telefono. Così, approfittando del
momento proficuo, Serena completò il quadro che aveva tentato di
disegnare: "Per tutto quel tempo ho creduto che tu avessi dimenticato
me. Non avevo idea di quello che ti era successo, né che fossi
così incazzato."
"Sapevi il mio indirizzo, avresti potuto..."
"Ero
convinta che non te ne fregasse nulla. Dai, guardami." sospirò.
"Non sono una modella. Non ho mai avuto avventure amorose e nemmeno
scappatelle adolescenziali. Ho avuto Sandro, sempre e solo Sandro. La
mia unica sicurezza nella vita, quel che mi spingeva a convincermi che
qualcuno a cui piaccio, su questa Terra, esiste."
"Più di qualcuno." la corresse lui.
"Ma
per me non è così facile da credere." insistette. "Per te
sì, perché sei così bello, così vivace,
così piacevole in ogni aspetto, ma io sono una Serena a caso che
passava per di lì in macchina e che era lontana anni luce dal
culo a mandolino di Lucia e dal sesso in auto che per te sembrava
così logico. Pensavo che quel passaggio avesse contato
così tanto per me come non aveva contato niente per te." per un
attimo Serena ebbe paura di quelle parole, si sentì in colpa di
pronunciarle, soprattutto con Sandro così prossimo a lei,
così vicino...
Ma poi.
Poi
guardò le mani calde e grandi di Andrea, con le vene in evidenza
che lo rendevano un po' più vecchio di quanto in realtà
fosse, perfette per lei e su di lei, e tutta la paura le passò,
perché era vero. Non era più la finzione di ogni giorno,
quella delle cene dai Lucich, o delle serate-film con Sandro e dei
messaggini ambigui che si doveva convincere fossero solo sue sbagliate
interpretazioni. Era vero quel che stava dicendo: lo sentiva muoversi
nelle viscere dai ricordi di quel giorno d'estate.
"Sono
stata così male per questo pensiero." concluse. "Mi sono
sforzata di soffocarlo tra i mille impegni quotidiani e ho fatto di
tutto per dimenticarti. Sandro si è manifestato giusto nel
momento in cui mi era crollato il mondo addosso, e allora ho avuto
così paura di quella sensazione che ho deciso di tornare
indietro a quando tutto era più grigio, ma più concreto.
Ed è davvero stupido, perché non ci siamo nemmeno
veramente conosciuti, eppure mi è sembrato di dover smaltire una
relazione di anni."
Ad Andrea tutta quella riflessione piacque molto. Tanto che sorrise, anche se era triste.
"Ti
capisco, mi è successo pressappoco lo stesso, peccato non avessi
una Sandra con i capelli da scopino del water per poter affogare le mie
pene d'amore. Il mio Walter ha sofferto come un cane in questi sei
mesi."
Anche
Serena si lasciò rallegrare dalla battuta, ma dentro la tasca si
rigirava attorno all'anulare quel regalo di Sandro di ancora cinque o
sei anni prima. Una promessa era una promessa... lei non sarebbe stata
Serena Migliorni, se l'avesse disonorata, anche se i motivi per poterlo
fare in tranquillità c'erano tutti.
"Scommetto
che quei due non ci lasceranno uscire finché non vedranno i
fuochi d'artificio." sbuffò Andrea, infreddolito e sconfitto
nell'anima. "E non intendo propriamente quelli di mezzanotte."
Serena
si trovò d'accordo con l'affermazione, perciò si rimise
in piedi e si fermò di fronte al ragazzo, che era bellissimo
come nessuno, e alto pressappoco come lei: "Non posso farlo, Andrea."
rivelò, con qualcosa di scintillante negli occhi.
Lui
non seppe se interpretarle come lacrime oppure altro, ma di sicuro lo
colpirono profondamente: rendevano Serena ancora più fragile,
ancora più profonda di come già, in pochi minuti, l'aveva
conosciuta.
"Che cosa non puoi fare?"
"Questi
fuochi d'artificio di cui parli e che Nicole e Giulio vorrebbero, io...
non posso farlo per un sacco di motivi, nessuno valido quanto il bacio
che vorrei ci scambiassimo qui e ora, ma comunque favoriti per
maggioranza numerica. Tu sei un ragazzo che ha dei principi
meravigliosi, deve ringraziare i tuoi genitori da parte mia, davvero,
ringraziali. Però ne ho pure io e li devo ascoltare,
sennò farei del male a troppe persone."
Andrea
sorrise rapito, ma a sua volta leggermente attanagliato da un nodo alla
gola: "Non si capisce un cazzo di quello che dici."
"Dico che se ci baciassimo, non mi fermerei più come l'ultima volta. Quindi mi fermo prima." lo deluse del tutto.
Andrea
afferrò pienamente il punto del discorso. E lo odiò a
morte, eh, ma ormai aveva capito l'antifona. Dio l'aveva dotato di una
bellezza inumana, ma ci aveva pensato la sua cara mammina a rimpinzarlo
di umanità e comprensione.Puah, a volte avrebbe voluto semplicemente essere Giulio.
Serena
cercava una reazione qualsiasi da Andrea, anche solo uno schiaffo o una
parolaccia. Invece la stupì con un sorriso e un amichevole: "Ok."
La ragazza capì immediatamente che quello era l'uomo della sua vita.
L'aveva
ascoltata, l'aveva compresa, aveva messo da parte la rabbia, l'orgoglio
e persino i suoi stessi desideri, perché rispettava lei e le sue
ragioni. Serena un uomo così l'avrebbe sposato in quell'esatto
istante, ad occhi chiusi, senza ripensamenti.
Così
si sporse verso il suo orecchio coperto da ciuffi biondi e
sussurrò: "Però questa volta lasciami il tuo numero. Per
favore."
Andrea
la fissò intensamente per un tempo imprecisato, nel quale
all'interno del suo cervello gli indigeni Cherokee che usava per
decifrare i messaggi delle donne si misero a ballare una danza
propiziatoria suonando i bonghi di pelle di gnu. Nel frattempo, nella
realtà, i suoi occhi si spostavano instancabili sul viso morbido
di Serena, su quelle labbra tenui, sulle guance colorate dall'aria,
rendendola trepidante come se stesse attendendo un giudizio universale.
"Sai dove abito." le disse, infine, semplice e criptico come a volte sapeva sorprendere.
"E se non ti trovo? Se qualcuno ti investe, o Lucia ritorna, o gli alieni ti rapiscono, o..."
"Ok, ok. Allora meglio se te lo segni: 338 4952..."
Serena
estrasse il suo telefono dalla pochette, euforica al punto di tremare
tutta e sbagliare quel numero mille volte. Alla fine lo salvò
come Andrea Autostop e gli fece uno squillo giusto per sincerarsi di
non aver dato luogo all'ennesimo equivoco.
"Posso anche salvarti con il tuo vero cognome. Come ti chiami?"
"Oh, tu vuoi sapere troppo, adesso, micio mia-"
"PIZZI!"
gridò Nicole spalancando la porta del terrazzo e facendosi
sentire dall'intero vicinato. "P - i - doppia zeta - i! Gira con la
Cinquecento rossa di sua madre e ha un fratello degenere che puoi
trovare persino nelle fanpage di Instagram!"
"Adesso
basta, Nicole, sei molesta." Giulio tirò la ragazza per la gonna
e la fece sparire all'interno, lasciando la porta aperta in un palese:missione (parzialmente) compiuta, ora siete liberi.
Andrea e Serena risero e quest'ultima salvò il numero nel telefono comeAndrea Pizzi Autostop Cinquecento Rossa.
Va
bene, non c'erano stati i fuochi d'artificio - non ancora - ma dopo una
rapida consultazione segreta dietro la porta, Nicole e Giulio avevano
convenuto che per il momento questo passo avanti sarebbe stato
più che sufficiente per entrambi. L'anno nuovo stava per
arrivare: Nicole avrebbe fatto inserire tra i buoni propositi di Serena
lasciare Sandro e gettarsi tra le braccia di Andrea per porre fine alle
sofferenze del suo Walter. Giulio invece avrebbe spiegato ad Andrea
come fare complimenti alle ragazze senza sembrare un sopravvissuto a
vent'anni di naufragio su un'isola deserta.
E
ora, si sarebbero fatti bastare lo spettacolo pirotecnico che di
lì a poco avrebbe illuminato casa Lucich. Beh... casa Lucich, e
non solo.
***
ANGOLO AUTRICE
Ho amato questo capitolo.
Non so voi, ma io l'ho amato, soprattutto perché - e finalmente
posso dirlo - io ho una cotta strabiliante per Andrea. Non
fraintendetemi, Giulio ha fascino e tutto, ma Andre è
così 'cazzaro' (per citare Giu) che mi ispira una dolcezza e una
tenerezza infinite. E' decisamente un esemplare raro, che vorrei avere
tutto per me, ma adesso è ora di finirla con gli auto-elogi e
passare alle cose serie.
Che ve ne pare di questo capitolo? Com'è andato finora il piano di Nicole e Giulio? A me sembra abbastanza bene, no?
Nonostante le iniziali difficoltà, i ragazzi sono stati davvero
bravi. Non credete anche voi che se si unissero seriamente,
porterebbero a termine molte missioni? Giulio è risoluto e
pragmatico, Nicole spumeggiante e creativa. Insieme, sono una bomba. Ma
restando in tema di bombe e altre cose che esplodono, io starei
davvero, davvero attenta al prossimo capitolo e ai fuochi d'artificio
di cui si è tanto parlato. Non tanto perché sono
potenzialmente pericolosi - sono certa che i ragazzi sapranno
maneggiarli a dovere - ma quanto più perché hanno il
potere di illuminare. Sapete, sono tante le cose che si possono
illuminare, come ad esempio il cielo, una stanza, uno schermo, la
memoria...
Io vi aspetto dunque nei prossimi giorni con una cascata di
appuntamenti, qui specificati cosicché possiate prenderne nota: - 06/02: Cap 1 della nuova storia a quattro mani (titolo e cover saranno rivelati DOMANI sui miei social) - 07/02: Cap 2 della nuova storia a quattro mani
- 08/02: Cap 6 di Invischiati per le feste, il cui titolo, ovviamente, sarà "Fuochi d'artificio - parte 2"
Ci vediamo e grazie, grazie, grazie per tutto il supporto che mi state
dando! Sinceramente, non vedo l'ora di sapere se vi è piaciuto
questo fatidico riavvicinamento tra Serena e Andrea e cosa vi aspettate
per loro e per i piccoli di casa nei prossimi capitoli!
Le
fontane di scintille dorate partirono in sequenza, illuminando la
faccia e il giardino di Nicole, che seguì lo spettacolo con la
meraviglia di un bambino.
"Buon anno, gente!" ululò Maria al microfono, dopo aver preso il controllo delle casse, improvvisandosi dj.
I
fuochi erano stati affidati a qualcuno di più sobrio di Alessio,
soprattutto dato che lui e Valentina erano immersi in un bacio durato
praticamente dal 2018 al 2019. C'era tanto freddo, ma della buona
musica e una serie di calici già pieni di champagne che la cuoca
Ramona aveva fatto portare all'esterno.
Tutto
perfetto, si compiacque Nicole, mentre un altro fuoco d'artificio si
dissolveva in cielo per poi riflettere i suoi morenti bagliori sulla
superficie congelata della piscina.
Era mezzanotte e qualche minuto, e lei si sentiva troppo felice per la riuscita della sua festa.
Anche
se non aveva fatto le cose in grande, gli invitati sembravano aver
apprezzato quella breve successione di botti e ora avrebbero avuto
tutto il tempo di ammirare quelli ufficiali, tutti colorati, che
spuntavano dal centro del paese illuminando a giorno la volta celeste.
Mentre
lampi rossi, verdi e azzurri si alternavano intorno, Serena si trovava
nei paraggi di Sandro. Non erano vicini, perché tanto si
erano già fatti gli auguri e ora lui aveva trovato una sua
vecchia amica con cui conversare, però Sere si era piazzata in
un punto non troppo distante, così da illudere Sandro di
volergli stare accanto, riuscendo contemporaneamente a scambiare un
significativo sguardo con Andrea.
Lui,
una mano nel suo marsupio da canguro e l'altra impegnata a reggere lo
champagne, alzò il calice nella sua direzione e, da lontano, le
sorrise.
Per
fortuna Giulio era riuscito a immortalare questi preziosi istanti con
il telefono. Aveva puntato la sua attenzione sul fratello e filmato le
sue mosse, così da farne una gif e mandarla orgogliosamente a
sua madre, assieme al messaggio:L'aquilareale sta per spiccare il volo. Ripeto:l'aquilareale sta per spiccare il volo.
Giulio
era così euforico per lo scioglimento dei ghiacciai cerebrali di
suo fratello che cercò Nicole tra la folla e la tirò
letteralmente verso lo schermo del suo telefono per mostrarle quella
gif: "Guarda!" gridò, sopra il trambusto dei fuochi. "Sembra
addirittura più fatto del solito!"
Nicole
sorrise di cuore all'immagine di Andrea che sollevava il calice in loop
e poi alzò gli occhi sul volto illuminato di Giulio: "Sei stato
un fenomeno!"
"Ci sono nato fenomeno, ma questo giro lo sei stata anche tu! Complimenti e buon anno!" le disse, allungando una mano.
Nicole
la strinse, ma era tutta una scusa di Giulio per trascinarla a ballare
in mezzo al gruppetto che si era radunato ai bordi della piscina.
"Che fai, sei matto?!"
"Dai, puoi goderti la festa, ora!"
Nicole gli diede una rapida occhiata e si rese conto che era ubriaco: "Quanti bicchieri hai bevuto?"
"Ancora troppo pochi!" rise lui. "Perché?"
La
ragazza fece per rispondere, ma dalla sua nuova postazione, Maria
alzò il volume della musica e fece partire una canzone davvero a
tema, che attirò l'attenzione di tutti... specialmente la sua.
Do you ever fell like a plastic bag, drifting through the wind, wanting to start again?
"Katy Perry..." mormorò, a denti stretti.
L'ultima
volta che avevano scelto quell'artista per la colonna sonora di una
festa, si era risvegliata mezza nuda su Giulio, con una casa a
soqquadro e una punizione di sei mesi che le pendeva come una lama sul
capo.
Niente da dire sulla bravura della Perry, ma forse le portava un po' troppa sfortuna.
"Nicole,
come sei rigida!" la richiamò Giulio, prendendole le mani e
posandosele sulle spalle, perché sì, aveva preso un paio
di bicchieri di troppo, convinto di doverli portare ad Andrea, ma
scolandoseli da solo appena aveva visto come lui fosse autonomamente
felice anche senza alcol.
You just gotta ignite the light and let it shine, just own the night, like the fourth of July....
Francamente,
in quel momento, aveva invidiato suo fratello e aveva ceduto alla
tentazione di diventare pure lui un essere non-pensante, libero di fare
esattamente il cavolo che voleva. Bere, ballare e fare lo scemo, senza
che nessuno lo accusasse di non impegnarsi abbastanza. Si era
già abbondantemente adoperato per il quieto vivere dei Lucich:
del coach Antonio durante gli allenamenti, e di Nicole, Serena e suo
fratello per quella festa.
Ora toccava anche lui divertirsi un po', no?
'Cause babyyou'reafirework, come on,letyourcolorsburst...
"Sembra
tutto perfetto stasera!" gridò Nicole, avvicinandosi
all'orecchio di Giulio per farsi sentire nella confusione. "Forse so
organizzare le feste meglio di te!"
"Io non ci giurerei, è ancora un vero mortorio!"
"Perché? C'è la musica, c'è da bere, c'è tutto!"
Giulio
si mise a ridere di gusto: "Sì, ma tu non hai bevuto un goccio!
Non c'è gusto se non sei ubriaca e non ti dimeni come una
piovra, facendo voltare tutti e scappando a vomitare poco prima di
baciarmi."
"Poco prima di cosa?!"
Make 'em go oh, oh, oh, as you shoot across the sky-y-y...
Nicole
era sconvolta, ma Giulio non l'ascoltò e se la prese per la
schiena, tirandola completamente addosso a sé, facendo aderire i
loro corpi e continuando a muoversi sulla canzone di Katy.
A
Nicole si spezzò il respiro in gola; era così vicina a
Giulio, al suo naso dritto come una pista da sci, alla sua pelle dorata
e il suo profumo di famiglia che di nuovo le prese un capogiro da
montagna russa, senza che nemmeno ne sapesse il motivo.
Lei
non aveva bevuto neanche un goccio, era vero. Ma era come se fosse
ubriaca fradicia e stesse per dare di stomaco di lì a poco,
rovinando tra le braccia del ragazzo.
...di nuovo?
Il
fruscio della camicia bianca di Giulio contro il suo vestito non era
nulla in confronto ai salti che stava compiendo il suo cervello,
sballottato da un ricordo all'altro e disorientato dai movimenti e
dalle luci di quel ballo. Per non parlare del suo cuore, che stava
cercando di liberarsi dalla gabbia toracica per scappare in
Mozambico.
Giulio
lasciò indugiare gli occhi su di lei ed esibì
un'espressione lasciva che lo fece sembrare allo stesso tempo stanco e
sexy, al punto che Nicole dovette costringersi a non guardarlo.
Deglutì strizzando le palpebre, per liberarsi da
quell'intorpidimento che le offuscava la ragione e la stava
rovinosamente spingendo verso un luogo che non avrebbe nemmeno dovuto
sfiorare con la fantasia.
Perché in un momento del genere riusciva solamente a pensare di voler baciare Giulio?
"La
verità è che né tu né io sappiamo
divertirci, Lucich..." pronunciò allora lui, uccidendo
definitivamente ogni suo neurone e attirandola come un magnete verso le
sue labbra.
Ma proprio mentre lei stava per chiudergli quella boccaccia con la propria, vinta dal desiderio, accadde qualcosa.
Fu
forse per effetto della canzone di Katy, o delle luci dei fuochi,
verde, rosso, blu, giallo, verde, rosso... blu, giallo, nocciola...
Nocciola?
Nicole ebbe un flash di ricordi e corse in bagno, spaventata, lasciando Giulio lì in mezzo da solo.
*
Ora era ufficiale che il suo cervello stesse cercando di comunicarle qualcosa.
Nicole
lo interiorizzò, mentre si asciugava il viso ricoperto di gelide
goccioline, sbuffando addosso al proprio riflesso.
Poco
prima aveva ricevuto una scossa direttamente nella corteccia cerebrale,
che le aveva fatto rivivere quegli imbarazzanti minuti della festa per
Maria, in cui, ubriaca fino all'osso, si era improvvisatapoledanceraddosso a Giulio, prima di prenderlo quasi in pieno con il vomito.
Grazie
a Dio, il filmino si era bruscamente arrestato in quel punto, ma tanto
le era bastato per ricordarsi quanto fritto fosse il suo organo
pensante in quel momento, e quanto grandiosamente si fosse invaghita
del suddetto ragazzo.
Ecco
che cosa aveva spontaneamente rimosso in tutto quel tempo, che la
faceva sentire a disagio in presenza del biondo, nonché nella
sua stessa casa in tutti i luoghi che aveva condiviso con lui durante
quella maledetta notte da dimenticare: Nicole si era irrimediabilmente,
perdutamente, profondamente innamorata di Giulio Pizzi.
E
per quanto la sua memoria si fosse sforzata di nasconderglielo, Maria
se n'era accorta e ora anche lei ricordava ogni singolo istinto
sessuale che l'aveva avvicinata a lui da quel giorno in avanti.
Quello era un enorme problema.
Sfortunatamente,
si era ricordata anche degli antecedenti, che avevano disegnato per lei
l'immagine completa di un Giulio sia stronzo che protettivo. Aveva
quasi regalato la sua verginità a Luca Ciambelli, ma per quanto
l'idea l'allettasse da sobria, era super sollevata che Giulio
gliel'avesse impedito da ubriaca.
Esatto, era stato lui, era merito di Giulio.
Non
ricordava perché alla fine non fosse andata a letto con Luca e
ora sapeva che era stato proprio lui a salvarle l'imene, nonché
la vita intera, perché se suo padre avesse scoperto che qualcuno
l'aveva pure deflorata durante la festa, l'avrebbe uccisa. Ma
soprattutto, Giulio aveva evitato che lei consumasse la sua prima volta
con qualcuno senza poi neanche ricordarselo... pareva che Pizzi non
fosse solo un borioso nobilotto qualunque... era veramente nobile,
nell'anima. Apprezzava moltissimo quello che aveva fatto per lei.
Così uscì in salotto, mentre la festa si era nuovamente spostata all'interno e lei manco si era tolta la giacca.
Giulio
si era accomodato sul divano a messaggiare con chissà chi, le
gambe nobilmente accavallate e quel naso principesco all'insù,
che lei aveva sfiorato solo qualche minuto prima rischiando il decesso.
Sì, insomma, Nicole era praticamente passata al mondo dei morti,
per ritornare più tardi con profondi traumi esistenziali,
Giulio, invece, se ne stava bello come il sole, tranquillo come un mare
piatto, felice come una Pasqua, a svaccarsi come se niente fosse sul
divano.
Nicole inspirò, raccolse due calici da un vassoio e poi si avvicinò a lui.
"Ah,
sei ancora viva, peccato." le fece, senza neanche staccarsi dallo
schermo del telefono. "Sei scappata con la morte in faccia, pensavo
fossi andata a spegnerti silenziosamente in un angolino del bagno."
"Non sei divertente. A chi scrivi?"
Giulio fece scivolare le sue noccioline sconquassanti verso Nicole: "Alla mamma. Sei gelosa?"
Nicole non rispose, ma in uno sbuffo diffidente, lanciò un'occhiata spiona alla conversazione.
Oh,Giu, sono così fiera del mioAndreeeeee, finalmente grazie a te lo vedo felice ❤ Bravissimo, ti voglio bene, voglio bene a tutti e due 💕
Grazie, 'ma, però devi ammettere che io sono riuscito enormemente meglio di lui.
Sì, quello è ovvio, piccolo Pizzi, ma non dirlo ad Andrea 💋😜🤷️
Nicole
trattenne un sorriso divertito. Adorava la mamma di Giulio; era di lei
che avrebbe dovuto vantarsi il principino, non della sua oggettivamente
bellissima faccia o del suo oggettivamente bellissimo deretano.
"Allora, che ti era preso prima?" fece lui, nascondendo il telefono dietro la schiena. "Uno spasmo?"
"Beh..."
Nicole gli passò un bicchiere e poi si concentrò sulle
bollicine del suo. Doveva dirglielo? Avrebbe fatto meglio a chiedergli
scusa per quella sera e specificare che non c'erano state intenzioni
romantiche se non quelle dettate dall'alcol?
Oppure
doveva rivelargli che, in fondo in fondo in fondo in fondo, lui le
piaceva e collaborando per quella festa prima e questa festa dopo, si
era resa conto che ci fossero in lui delle insospettabili
qualità?
Forse doveva solo ringraziarlo per averla fatta rimanere vergine.
Giulio
la osservò nella sua immotivata indecisione e, visto
l'abbassamento di ebbrezza dovuto al suo maledetto metabolismo veloce,
decise di bere copiosamente il bicchiere che lei gli aveva offerto.
Non
poteva continuare a trovarsela così vicino. Non poteva nemmeno
continuare a distrarsi con l'alcol. La sua caduta era prossima, poteva
annusarla nell'aria e nel profumo della sua personale rovina, che
portava il nome di Nicole Lucich.
"Se mi fossi ricordata che mi piaci?"
Nicole
scelse infine queste parole, proprio nel momento in cui Maria raccolse
il microfono e si mise a salutare la folla con rinnovata vocazione da
pr: "Invitati! Come andiamo? Dalla regia mi dicono che i festeggiamenti
non sono ancora finiti! Concludiamo questa festa, oppure diamole inizio
con un gioco offerto per voi dal connubio geniale di Lucich e Pizzi!"
Maria indicò verso di loro con una mano e tutti applaudirono.
Nicole era bordeaux per altri motivi precisi, Giulio spaventato da quanto appena uscito dalla bocca di Maria.
"Allora,
è davvero molto facile." proseguì la ragazza, facendosi
ascoltare da tutti. "Al mio via, tutte le coppie che si trovano sotto
un ramo di vischio, devono baciarsi, altrimenti il loro 2019
sarà un anno di sfiga apocalittica! Siete pronti?Unoduetrevia!"
Maria
fu così veloce che Nicole e Giulio ebbero appena il tempo di
controllare sopra le loro teste e ricordare che sì... Giulio
avevadavverodato a quei pazzi l'idea del vischio e sì, Nicole lo avevadavverofatto
attaccare a ogni due metri di soffitto, compreso lì sopra.
Capito quello, non c'era più nemmeno un secondo per scappare
dall'altra parte della stanza e fingere che tutti non avessero puntato
i loro sguardi assatanati su di loro.
"Uh-uuuuh,
la coppia dell'anno!" gioì quella faina della vergine Maria,
spalleggiata da Angelico, Alessio, Valentina, Andrea e Serena, che
avevano sicuramente pensato a tutto ciò con arguzia e spirito
vendicativo. "Coraggio, Nicole e Giulio! Bacio, bacio, bacio...!"
Tutti
i presenti iniziarono a seguire Maria con il suggerito coro da stadio,
mentre Nicole e Giulio erano rimasti ad agonizzare nelle proprie
malefatte.
Alla
fine Nicole prese coraggio e si voltò verso di lui: "Ok, non ci
sarei arrivata subito, ma era così che speravo di finire il mio
discorso sul fatto che mi sono ricordata che mi piaci."
Giulio si ritrasse: "Che cosa intendi dire?"
"Baciandoti."
"No, che intendi dire per 'mi sono ricordatache mi piaci'?"
"Che
mi è tornato in testa tutto, della festa di quest'estate, del
tuo aiuto ad arginare il disastro, dell'impegno che ci hai messo a
farmi divertire almeno un po' e del salvataggio in corner della mia
preziosa verginità che stavo per servire su un piatto d'argento
a Lucaddominali. Ora ricordo tutto, Giulio."
Il ragazzo la fissò con puro terrore: "...tutto?"
"Sì."
Nicole si sporse in avanti e afferrò un lembo della sua camicia
per baciarlo, regalando alla folla esattamente quel che desideravano
vedere.
"No..."
soffiò Giulio, a fior di labbra, non appena si scontrarono con
quelle dolci e fruttate di Nicole. Cercò di opporvi futile
resistenza, ma ormai erano incastrate tra loro, complementari come una
partita vincente di Tetris e irresistibili come quella maledetta
occasione che Giulio non avrebbe mai, mai dovuto cogliere.
Infatti,
vide gli occhi di Nicole sbarrarsi e farsi assenti, mentre tutto il suo
corpo si faceva pietra sotto la sua bocca. Stava avendo un altro flash
come quello di prima.
Ora, precisò mentalmente Giulio,si era ricordata tutto.
Mente
gli invitati ancora applaudivano ingenuamente tra i coriandoli dorati e
le canzoni di Maria, Nicole si staccò da Giulio, come se fosse
diventato fuoco, e gli stampò un plateale, sonora, magistrale
sberla in pieno volto, strafregandosene se così facendo avrebbe
deturpato qualche patrimonio dell'UNESCO.
"Brutto
stronzo!" gridò a così tanti decibel d'intensità
che persino le lacrime affacciate ai suoi occhi tremarono e scesero
rompendo gli argini.
La festa ammutolì.
Nicole
si alzò rumorosamente dal divano, dando una brusca tirata al
fagotto in cui si era trasformata la sua gonna e chiudendosi il
cappotto in vita con una mano, accogliendo l'idea che piuttosto di
stare lì, sarebbe corsa immediatamente a ibernarsi di fuori.
Infatti,
uscì in giardino sbattendo rumorosamente la porta e, quando
Andrea fece un passo in avanti, offrendosi di intervenire, Giulio lo
bloccò, alzando semplicemente una mano: "Tranquilli, l'ho
meritata. Vado io."
Seguì
Nicole all'esterno e lasciò tutti perplessi, a chiedersi che
diavolo fosse appena preso all'indifferente princeps Pizzi e alla
festiva padroncina di casa Lucich.
*
"Nicole."
"Sei
uno sporco bugiardo traditore!" lo apostrofò lei, con gli occhi
colmi di lacrime, reggendosi la giacca come se non ci fossero stati ben
cinque grossi bottoni cuciti lì apposta. Ma era la sua unica
presa salda sopra il burrone dell'oblio, era comprensibile.
"Mi dispiace, io..."
"Mi
fai schifo, lo sai?" gridò, sentendo la gola che si riempiva di
gelo e le guance che si bagnavano di caldo. "Ti avrei attribuito di
tutto, ma non la faccia tosta di approfittare della mia sbronza per
scoparmi in salotto e poi startene zitto nella speranza che non l'avrei
mai ricordato!"
"Nicole..."
"Fino ad ora credevo di essere vergine!"
Dalla
rabbia, Nicole afferrò uno dei bicchieri rimasti dalle
preparazioni di Ramona e lo gettò ai piedi di Giulio. Gli
sporcò solamente le scarpe di champagne; il bicchiere era in
plastica e il gesto puramente simbolico.
"Senti, io te l'avrei sicuramente detto."
"Certo,
se per caso mi avessi anche lasciata incinta, allora magari l'avresti
fatto presente. Oppure mi avresti abbindolato con il racconto di Luca
che mi prende contro la mia volontà e tu, da buon samaritano,
ricopri le mie nudità a danno fatto, ricordandomi quali sono
davvero i giusti ideali?"
"Ti
chiedo scusa. E non avrei mai fatto una cosa del genere, quel rapporto
è avvenuto in maniera più che protetta."
"Peccato
che tu abbia protetto solo il rapporto e non me!" guaì Nicole,
disperata per la vergogna e per la profonda, scottante delusione che le
aveva appena aperto il petto.
Lei aveva perso la verginità. Con Giulio. Sei mesi prima.
E l'aveva saputo solo in quel momento.
Baciando
lo stronzo, le erano riaffiorati alla memoria tutta una serie di
sconcertanti flash, che, uno dopo l'altro, erano andati a completare il
ricordo monco che l'alcol aveva compromesso.
Riassaporare
le dolorose labbra di Giulio, proprio su quel divano, l'aveva fatta
sentire come allora, e la potenza dei sentimenti era andata a
risvegliare il drago dormiente. Non lo ricordava nel dettaglio, no...
in tutta quell'assurda storia, non le era dato nemmeno di sapere
com'era stata la sua prima volta, però aveva visto degli attimi
in successione e aveva ricostruito le ore prima di quel misterioso
risveglio.
Giulio
si era sincerato che lei fosse abbastanza ubriaca, poi l'aveva baciata,
il bacio si era trasformato in qualcosa di molto più
coinvolgente ed erano finiti a spogliarsi a vicenda sul divano bianco
del salotto, che Francesca faceva costantemente tirare a lucido da
Ramona.
Si
erano incastrati dentro i rispettivi corpi in silenzio, mentre la casa
era fortunatamente spopolata perché fuori la musica non era
ancora stata spenta e la gente non si era stancata di ballare.
Avevano
condiviso sospiri, carezze, baci un po' ovunque sulla pelle dell'uno e
dell'altra. A pensarci, Nicole voleva solamente piangere: le era
rimasta un'emozione capace di rivoltarle lo stomaco come un calzino, ma
nessun ricordo. Nessunissima traccia di che cosa avesse pensato una
volta finito, se le avesse fatto male, se Giulio fosse stato il
romantico partner che per anni aveva sognato.
Niente.
Solo la proiezione di lui che si muoveva sinuosamente come un mare in
tempesta, approfittando della sua assenza di lucidità per
toglierle ancora una volta qualcosa che non avrebbe mai più
riavuto.
"Ti
odio..." pianse accoratamente, indietreggiando su quei tacchi
traballanti. "Ti odio da quando sei arrivato nella mia vita, Giulio, e
vorrei solo che te ne andassi per restituirmela."
Giulio
non poté nascondere una smorfia di dolore per quelle parole.
Erano tutte cose che sapeva e che aveva previsto di sentirsi dire, un
giorno o l'altro. Però fuori dalla sua testa, nella
realtà, suonavano ancora più inaffrontabili.
Stava ricevendo indietro i colpi che aveva inflitto, niente di più, niente di meno.
"Scusami..."
biascicò il princeps, derubato della solita parlantina
diplomatica e il sorriso da dio. "Ho commesso un errore enorme e non
sai cosa darei per tornare indietro."
Ecco, forse il peggio era proprio quello, pensò Nicole.
Cioè
che dopo averla usata, dopo aver preservato la sua verginità da
Luca solo per prenderla personalmente, dopo aver scombussolato ogni
tipo di rapporto esistente fra loro, Giulio Pizzi se n'era fregato
talmente tanto da decidere di non dirle assolutamente nulla.
Perché quello era stato un errore. Quello era stato ilquasinel suo 'Rifarei quasi tutto' di qualche giorno prima.
Giulio
aveva anteposto la paura di suo padre a lei, la sua fama sociale a lei,
la sua immagine di snob selettivo a lei. Si era vergognato di averlo
fatto con lei e non solo si era premurato che la notizia non trapelasse
in giro, ma aveva addirittura mentito alla diretta interessata per
tutelarsi in tutto e per tutto dall'abbassamento di grado da dio a
umano. Un umano che aveva avuto una notte da dimenticare con quella
nullità di Nicole Lucich e che per questo avrebbe rischiato
l'ira funesta di suo padre.
Fecero entrambi qualche passo per avvicinarsi.
"L'ho
fatto perché anche tu mi piaci." riversò lui, affaticato
e incapace di gestire quella situazione, esplosa malamente contro il
suo volere. "E in quel momento era così facile dirtelo senza che
ci fossero ripercussioni, che io..."
Patetico. Banale.
Giulio
si sentiva davvero rimpicciolito di fronte a quel gigante guaio: troppi
sentimenti erano stati coinvolti, troppe spiegazioni che non era
riuscito a dare nemmeno a se stesso. Ma soprattutto, un profondo
dispiacere per aver fatto del male a Nicole ed essere costretto,
finalmente, a doverlo riconoscere.
"Nessuna
ripercussione allora." sibilò lei. "Ma adesso non voglio averti
mai più fra i piedi, Giulio. Lascia la mia vita a me, d'accordo?
Ti sei già preso abbastanza."
"Non mi credi?" sfiatò lui, inutilmente, dato che sapeva benissimo la risposta.
"Perché
dovrei? Così ti salveresti il culo davanti a mio padre,
spacciando il tutto come un mio ennesimo, incosciente, colpo di testa,
per cui verrò esclusivamente punita?"
Nicole
fissava sprezzante gli occhi di Giulio, due cerchi dorati falsi come
monete contraffatte. Certo, il danno l'avevano davvero fatto in due, ma
in quanto solo superstite con memoria, spettava a Giulio agire per
tempo e cercare di rimediare, se avesse avuto anche solo un minimo di
considerazione per lei e i suoi malandati sentimenti. Dato che non
l'aveva fatto, Nicole non avrebbe creduto più a nulla che fosse
uscito dalla sua bocca.
Stava
per dirglielo, quando le iridi zecchine che stava fissando
improvvisamente diventarono lava, riflettendo lingue di fuoco che
sembravano contemporaneamente vere ed immaginarie.
"Giulio?"
Lui
aveva sbarrato gli occhi e non guardava più davanti a sé,
ma oltre, all'altezza del giardino dove poco prima avevano assistito ai
fuochi d'artificio.
Così,
anche Nicole decise di girarsi verso quella direzione e scoprì
che comunque, sicuramente, anche quella volta suo padre avrebbe trovato
un validissimo motivo per punirla, almeno fino a gennaio dell'anno
successivo.
*
Serena
tirò la cerniera con forza e anche l'ultima valigia, finalmente,
si chiuse. Guardò compiaciuta la montagnola che si era preparata
sul pianerottolo e fece un gran respiro per darsi coraggio nell'opera
di carico-scarico della mitica Punto blu.
Stava definitivamente svuotando l'appartamento dalle sue cose.
Alla
fine, fece da sola per metà, mentre per il resto intervenne
Sandro a darle una mano, poi si ritrovarono entrambi sulla soglia con
l'ultimo, determinate beauty-case da rimuovere dalla circolazione.
"La
scorsa volta, quando mi avevi lasciato, non avevi portato nulla con
te." osservò Sandro, standosene malinconicamente appoggiato con
un lato del corpo al muro dentro casa.
Serena,
da fuori, gli fece un sorriso cortese: "Lo so, avevo lasciato tutto al
suo posto perché non ero davvero convinta di andarmene."
"Stavolta sì? Ne sei sicura?"
"Sandro..." soffiò, dispiaciuta ma non troppo. "Ne abbiamo già discusso a sufficienza."
Era il quattro gennaio e Serena aveva lasciato il suo storico fidanzato dopo sei lunghi anni di relazione, stavolta per davvero.
Tutta
la sera prima aveva cercato di fargli capire i motivi, premurandosi di
imbastire un discorso maturo e carino, anche se lui, semplicemente, non
era riuscito a crederle. Non la prendeva sul serio, come mai l'aveva
presa sul serio, e ora che aveva le prove esattamente sotto al naso,
cominciava per la prima volta a vedere la realtà.
Non
gli andava molto a genio, chiaramente, ma se ne stava lì,
passivo, più incline all'accettazione, che alla ribellione.
Serena gli aveva parlato per ore; non era sicuro di aver seguito
nemmeno tutto il discorso, però gli aveva nominato
infelicità, trascuratezza, freddezza, tradimento e pure un certo
Andrea.
Lì
per lì si era sentito un po' geloso, perché Serena gli
aveva raccontato di un autostop e un bacio risalenti a sei mesi prima,
ma poi lei aveva ribattuto con almeno dieci suoi sospetti, di cui due
confermati, e aveva vinto la difesa. Non c'erano modi in cui potesse
ribattere alle accuse: aveva incassato con vaga delusione, ma poi si
era detto che, comunque, non le sarebbe mancata poi così tanto.
Certo,
sei anni erano tanti, quello che avrebbe fatto più male sarebbe
stato staccarsi dalle abitudini e dalla comodità che qualcuno
facesse il pranzo e la lavatrice, però era d'accordo sul fatto
che il loro rapporto non fosse più un granché da molto,
forse addirittura tutto, il tempo.
"Quindi
ora vai a vivere dai tuoi o da questo Andrea?" le domandò, con
una caratteristica indifferenza di base, mentre lei temporeggiava
imbarazzata per non dovergli chiudere la porta in faccia.
"Quindi
non mi hai ascoltato ieri sera." esalò, sconfitta. "Ti ho detto
che Andrea non sa nemmeno che ci stiamo lasciando. Il suo ruolo nella
mia decisione è molto più marginale di quanto tu creda, o
abbia interpretato nella tua testa."
Dovresti invece ben ringraziare tua sorella!voleva
aggiungere, ma non avrebbe mai e poi mai messo in mezzo l'adorata
Nicole. Se era arrivata a tanto, era soprattutto merito suo, del piano
che aveva architettato, certo, ma maggiormente dell'affetto e gli
instancabili consigli che le aveva dato, anche contro la sua stessa
famiglia.
"Torno
a stare dai miei per un po'." si rabbonì poi, sentendo in
realtà vera empatia verso Sandro. Lei non era così
cattiva: ci aveva tenuto e ci teneva ancora a lui, solo che per il
momento aveva bisogno di tenere ancora di più a se stessa, per
una volta.
Un
po' impacciata, si rigirò l'anello attorno al dito, poi lo
sfilò via e lo riporse gentilmente al suo ex: "Grazie comunque
per questi sei anni."
Il
passaggio dal 2018 al 2019 aveva portato tante sorprese, rimarcato
consapevolezze e regalato la botta di coraggio di cui aveva bisogno.
Sì, era ora di cambiare.
"Possiamo
almeno rimanere amici?" buttò lì Sandro, arreso alla
vita, osservando quel gioiello senza nemmeno ricordare quando e dove
l'avesse comprato.
"Certo,
mi farebbe piacere." annuì lei. "Verrò volentieri alle
cene dai Lucich, se sarò ancora la benvenuta."
Sandro
ci rifletté, rendendosi conto di quanto si sarebbero abbattuti i
suoi per la sua capacità di farsi scappare l'unica cosa giusta
che avesse mai fatto.
"Credo
di sì." confermò allora, con un abbozzo di espressione
rattristita. "Ovviamente solo quando avranno finito di ristrutturare la
parte di casa che è andata a fuoco a Capodanno."
***
ANGOLO AUTRICE
Salve
salvino, sono felicissima di ringraziare chi di voi è arrivato
fin qui perché... questa è la mia parte preferita!
Da
questo capitolo in poi, ho davvero adorato alla follia scrivere
"Invischiati". Sapete, le idee nella mia testa c'erano, ma fino alla
stesura di questa parte temevo non fossero adatte o che comunque non
sarebbero filate troppo bene.
Invece,
mi sono divertita così tanto che mi sono convinta 👍 Se una
storia non mi emoziona, non ce n'è, non la scrivo più e
basta, difatti nella mia cartella sul pc c'è un intero cimitero
di bozze, però stavolta Giulio e Nicole mi hanno davvero tanto
emozionato, quindi niente... avevo bisogno di vantarmi un po'
sennò non sarei io ahaha 😂
Voi
che ne pensate, vi sono piaciuti? Cioè, lo so che si sono solo
azzannati con odio, ma almeno ora è più chiara la
posizione del misterioso Pizzi. A chi la va a raccontare, se poi si
lascia vincere dal desiderio e se ne approfitta delle sbronze altrui?
E
comunque, qual è la vostra opinione riguardo al fattaccio?
Giulio è stato solamente uno stronzo senza rispetto o in qualche
modo riuscite a giustificarlo? Lui sostiene che ci siano dei sentimenti
in gioco, Nicole non gli crede. Chi ha ragione?
Poi,
va beh, chi mi conosce sa che non sono contenta se nelle mie storie non
va a fuoco qualcosa (*coff coff, Davide Argenti, coff coff*), ma
sì, lo confermo pure qui: i fuochi d'artificio hanno incendiato
il giardino. Poi nel prossimo capitolo vedremo anche come è
stato possibile e quale punizione spetterà a Nicole.
Intanto,
vi stra-ringrazio per il grandissimo sostegno che state dando a IPLF e
per tutte le recensioni e i commenti. Ora che Serena ha lasciato Sandro
e Nicole ha allontanato Giulio, vedremo come evolveranno le cose e se,
negli ultimi due capitoli della storia, ci sarà ancora modo di
invischiare qualcuno. Io credo di sì.
Ci vediamo nelle seguenti date!
💜10/02:Una ragazza come te - cap 3
🌿12/02:Invischiati per le feste - cap 7
💜13/02:Una ragazza come te - cap 4
🌿14/02:Invischiati per le feste - cap 8
Esatto,
avete capito, il 14 per festeggiare San Valentino, ci sarà il
finale di questa storia. Un po' mi dispiace che sia già
finita, un po' sono contenta perché l'ho trovata davvero carina
e spero che lascerà dei bei ricordi pure a voi.
Ora,
prima di salutarci, mi prendo qualche riga per parlarvi di quei
cuoricini viola che avete visto, cioè della nuova storia che sto
(stiamo) pubblicando!
💜Una ragazza come teè una storia a 4 mani, cioè vuol dire che è scritta da due persone, una sono io e l'altra è@cioccolatomalik,
che potete seguire su Wattpad. Abbiamo deciso di buttarci in questo
progetto e per questo saremmo felicissime se poteste darci il vostro
supporto: sarà una storia ricca di risate, malintesi e inganni,
proprio come piace a noi U.U
La
trama vede come protagoniste due gemelle, Hera ed Hestia (mi
raccomando, con la H, sennò si arrabbiano!). Hera, quella tutta
unicorni e arcobaleni è raccontata da cioccolatomalik, mentre
Hestia, quella dark e arrabbiata col mondo, sono io. Vedete, noi siamo
uguali, ma profondamente diverse e il nostro divario accresce quando
nella nostra vita entra lui: Tommaso D'angelo.
Lui,
che è innamorato perso di Hera. Lui, per cui Hestia ha una cotta
secolare. Lui che farà ideare alle gemelle un piano diabolico e
provocherà così un casino epocale dopo l'altro.
Allora, che dite, venite a leggere?
Link della storia su Wattpad: https://www.wattpad.com/676544863-una-ragazza-come-te-1-prologo
E link su EFP: https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3821001&i=1
Nicole
si alzò dal terreno, mirò un po' alla cieca quell'asta di
fronte a lei e poi tirò un calcio così potente che il
pallone finì verso la seconda stella a destra, addosso a una
sediolina degli spalti, rimbalzando sulla plastica con un rumore secco
che riecheggiò per tutto il campo.
C'erano
solo lei e la nebbia, ma si immaginò che la curva si alzasse ed
esultasse per il suo colpo facendo partire bombolette di fumo rosse e
cori animaleschi. Cosa che non sarebbe mai successa, perché con
tutte le volte in cui aveva provato, non era ancora riuscita a portare
a casa un punto oltre la maledetta asta.
E sì che Giulio Pizzi la faceva sembrare così facile.
"Lucich!"
Accidenti!
Balzò, recuperando il pallone sperduto e voltandosi con quello
stretto fra le braccia come se fosse un bambino che avrebbe dovuto
accudire.
Si
accorse che a parlare era stato suo padre, così si
rilassò quanto bastava per riconoscere il grado di parentela, ma
riprese rigidamente a riordinare gli oggetti sparsi in giro, per non
doversi sorbire un richiamo ufficiale alla santa sede del Vaticano.
"Scusa, stavo solo controllando che fosse gonfio."
L'uomo,
dapprima impettito e burrascoso, lasciò andare qualche punto di
camicia e si avvicinò alla figlia: "Hai eseguito malissimo,
Lucich. Rimettiti in posizione che rifacciamo come si deve."
"Papà..." sbuffò lei, mentre piegava casacche e raccoglieva ginocchiere pur di non dovergli dare retta.
"Lucich." ripeté lui, in tono autoritario.
Così
lei capì che avrebbe dovuto dargli retta. Antonio non l'avrebbe
lasciata in pace finché lei non avesse rifatto l'esercizio, ogni
supplica sarebbe stata inutile, e dato che ormai lo sapeva bene,
semplicemente si arrese agli ordini. Mollò la sua roba, si
piantonò sul cerchietto bianco e affrontò a muscolatura
molle la preparazione al calcio da tallonatore di touch.
"No,
non così." osservò suo padre, prendendola delicatamente
per le spalle e ruotandola verso sinistra di qualche grado. "Sei
mancina, te lo devi ricordare, Nicole."
Sbuffò.
La
ragazza pareva oltremodo scoraggiata: non avrebbe mai beccato il
canale, così, o avrebbe finito per far orbitare il pallone verso
Urano, come poco prima.
Antonio
si posizionò dietro di lei, corresse l'impostazione delle
spalle, della schiena e delle gambe, poi allungò un braccio a
pochissimi millimetri dal suo viso: "Vedi? È lì che devi
mirare, non in un punto a casaccio del cielo. Dosa la forza, pensa di
far passare la palla un po' sotto e vedrai che invece arriverà
giusta giusta a qualche centimetro sopra."
"Tanto non mi è mai venuto. Lo sai."
"Perché non ci credi abbastanza."
Quella
frase tumblr detta da niente meno che il coach Lucich, in un raro
quanto improbabile sprizzo di umanità, rimescolò lo
stomaco già abbastanza malandato di Nicole e la convinse a
riprovare. Così, girò la testa verso la traiettoria che
Antonio le aveva mostrato e prese un profondo respiro che le
riempì il polmoni di nuova adrenalina.
Caricò,
lasciò e il lato del suo piede accompagnò la palla ovale
in un perfetto arco che finì la sua corsa appena due centimetri
sopra il canale di fondo campo.
"Punto." decretò suo padre, e su entrambi i loro volti si disegnarono due identici sorrisi soddisfatti.
"Sei
veramente infallibile come dicono." insinuò Nicole, lusingata
dalla sua stessa performance, ma impegnata a non darlo a vedere.
"Certo, ma bisogna dire che è merito della propensione al successo firmata Lucich."
"Io sono un fallimento, papà."
"Ma sei bravissima a rugby."
Nicole
scosse la testa, finendo di riempire il carrello di palloni e poi
spingendolo verso il magazzino: anche se il custode era tornato dalle
Hawaii, ormai lei gli aveva soffiato il posto. Aveva veramente ricevuto
una punizione che partiva dall'1 gennaio 2019 e finiva l'1 gennaio 2020.
"Nicole,
ti vedo molto pensierosa in questi giorni." si lasciò sfuggire
il ferreo coach Lucich, rimanendo a distanza, ma incrociando le braccia
al petto con cipiglio... paterno?
Nicole
arrestò la sua corsa, tremendamente spaventata da quell'inizio
di dialogo praticamente mai avuto con suo padre in anni di ovvia
convivenza.
"Sono
solo presa tra compiti delle vacanze e il lavoro qui al campo. Sai
com'è, gli impegni di una liceale di quinta sono difficilmente
conciliabili con le punizioni da lagher polacco gentilmente ideate
dall'amorevole papà SS."
Antonio non si lasciò abbindolare e fece un sorrisetto: "Dovevi pensarci prima di mandare casa nostra al rogo, tesoro."
Non
era stata colpa sua. Lei l'aveva delimitata molto bene l'area fuochi
d'artificio, e poi erano sì e no una decina, tutti di piccola
taglia. L'incendio era divampato perché qualche stronzo dei suoi
invitati aveva lasciato una sigaretta intatta in mezzo al prato e
quella, accesa da una scintilla dei botti, aveva dato il via al grande
incendio di Roma del 64 d.C.
Ovviamente
aveva provato a spiegare al padre che si era trattato tutto di un
enorme incidente, ma le sue arringhe erano come aria al vento. Lei
aveva dato la festa alle loro spalle, lei avrebbe dovuto rispondere dei
danni della sua idea.
"E comunque, non è per la punizione che sei così." aggiunse Antonio, saggio.
"E
allora per cos'è?" lo provocò Nicole, allargando le
braccia, avvolte dallo spesso pile e dalla sciarpona regalata da Serena
che penzolava animatamente.
"Mi spiace, ma non sono tua madre. Non ci arrivo fino a lì, anche se so per certo che c'è qualcosa che non va."
Nicole
dissimulò, chiudendosi nelle spalle e spingendo il carrello
ancora più in là. Non avrebbe di certo detto a suo
papà che soffriva come un cane per aver perso la
verginità con Giulio Pizzi, che le piaceva da morire, ma che
contemporaneamente odiava con tutto il cuore, senza in realtà
ricordare nulla di tutto ciò.
"Scommetto che c'entra Pizzi, non è vero?"
Nicole si bloccò di nuovo, ma non si voltò.
"Anche
lui era strano dopo quella festa in cui l'hai invischiato. Cupo,
silenzioso. Ha iniziato a fare assenze agli allenamenti, cosa
assolutamente non da lui. Ora è dal cinque gennaio che non si
vede in giro; il sedici abbiamo la partita più importante della
nostra inesistente carriera e il mio miglior uomo è scomparso
nel nulla."
"Lo punirai?" s'informò istintivamente Nicole, le mani aggrappate con preoccupazione al freddo metallo del carrello.
"No."
rispose sinceramente Antonio. "Se non vuole più giocare,
è una sua scelta, e non posso farci niente. Ma la squadra ha
bisogno di un capitano... se Pizzi non si presenta alla partita,
darò ufficialmente il suo ruolo a Luca Ciambelli. E la
prenderemo ampiamente nel culo, dato che è una mezza sega, ma
è comunque una decisione di Giulio... in qualità di suo
allenatore, la rispetto."
Nicole guardò a terra.
Che
cacchio stava combinando quel deficiente di Giulio? Il rugby era la sua
vita! Quella partita era la sua vita! Si era allenato come un mulo, ci
aveva perso ore, giorni, anni! E adesso si lasciava scappare tutto
così? Tutto, compresa l'adorazione di suo padre che nemmeno lei
stessa, ufficiale discendente biologica, era mai riuscita ad ottenere?
Beh, al diavolo! si disse, duramente, la ferita nel petto che ancora bruciava furiosa per la festa di dieci giorni prima.
Se
il principino voleva fare il prezioso e mandare all'aria tutti i suoi
sforzi, non era di certo un problema suo. Anzi, che si beccasse pure
l'espulsione dalla squadra, se la meritava tutta! Luca sarebbe stato un
capitano da rodare, certo, ma avrebbe lo stesso fatto la sua porca
figura con le scarpe fosforescenti e la fascetta nera fra i capelli.
Che
poi, non prendiamoci in giro, Nicole era certa che quella fosse solo
una sua tattica da nobilotto per farsi attendere e desiderare ancora di
più. Si sarebbe palesato il giorno stesso della partita,
degnando tutti della sua immagine da Cristo risorto venuto in salvezza
dei mortali, per lasciare Luca a bocca asciutta con le sue illusioni
nel taschino, suo padre tronfio e traboccante di rinnovata speranza e
lo stadio intero frastornato d'idillio verso la sua compassionevole
figura. Sì, era sicura che avrebbe fatto così, non c'era
altra prassi per Giulio, il dio rubacuori e verginità, Pizzi.
"Se
hai bisogno di parlare, Nicole..." fece Antonio, rivelandole per un
secondo, solo un secondo, il papà che si nascondeva dietro
all'allenatore. "Io sono qui, ok?"
Nicole
fissò gli occhi di suo padre, molto simili ai suoi, e si
lasciò sorprendere e intenerire. Poi, solo perché era
fatta della stessa pasta, gli diede le spalle, tornando al lavoro:
"Grazie per la dritta sul calcio da tallonatore. Ci vediamo a casa."
E sparì all'interno degli spogliatoi.
*
Andrea aveva sviluppato due fisse, da dieci giorni.
La
prima era quella per lo schermo del suo cellulare. Da quando si era
scambiato il numero con Serena, appunto duecentodiciannove ore virgola
tredici minuti prima, non aveva fatto altro che fissarlo in attesa di
un segno di vita di lei. Una chiamata, un messaggio, un poke...
qualsiasi cosa, che non era ancora arrivata nonostante i controlli
maniacali sulla sim, la batteria e persino la linea ADSL di casa, che
aveva fatto cambiare con la fibra, giusto per precauzione.
Ma
il conto ore aumentava sempre di più e Andrea non riceveva
notizie dall'aldilà. Aveva cominciato a pensare che quella di
Serena fosse stata una grassa presa in giro o il secondo monumentale
tributo alla sua sfiga (magari era in atto un incidente mortale in cui
la giovane era stata a sua insaputa coinvolta). Avrebbe anche potuto
scriverle lui, dato che si era premurato di salvare il suo numero dopo
lo squillo, ma gli era sembrato che Serena fosse stata molto chiara
sulla questione fidanzamento. Lei stava ancora con Sandro e Andrea non
si sarebbe messo in mezzo.
Sere
non lo voleva e lui nemmeno, perché aveva sempre cercato di
rispettare i valori insegnati da mamma. Se Serena aveva piacere di
sentirlo, sarebbe stata unicamente una sua scelta. E tutto ciò
gli aveva fatto sviluppare un tic ossessivo-compulsivo secondo il quale
controllava il suo schermo a secondi alterni: uno sì, uno no,
uno sì, uno no...
Nei
secondi no, Andrea si occupava della sua seconda fissazione: la porta
della camera di Giulio. La porta della camera di Giulio si era aperta
con frequenza sempre più bassa negli ultimi dieci giorni, fino a
rimanere ufficialmente sigillata da quarantotto ore virgola sei minuti
a quella parte.
Andrea,
dalla sua posizione stravaccata sul letto singolo della sua stanza anni
Novanta, poteva comodamente rimanere a fissare il legno inospitale di
fronte. Giulio si era convertito a vecchio dell'Alpe subito dopo quella
nefasta e a dir poco focosa serata a cui lui stesso l'aveva invitato.
Aveva testimoniato con i propri occhi allo schiaffo pubblico di Nicole
e successivamente alle ripercussioni che quello morale stava ancora
avendo. Ma il fratellino sembrava irraggiungibile: tutte le volte in
cui mamma Roberta e lui avevano provato a parlargli, lui si era
rintanato nell'antro, chiudendo i battenti a doppia mandata e foderando
la fessura della porta, giusto perché non gli si potessero
mandare messaggi subliminali da lì sotto.
Non che Andrea ci avesse provato.
Quindi
sì, Andrea Pizzi passava i suoi giorni così: stravaccato
sul letto, non curante della biancheria da piegare e i curriculum da
inviare, controllando un secondo la porta chiusa di Giulio e un secondo
lo schermo spento del suo cellulare.
A un certo punto, la porta di Giulio si aprì e contemporaneamente lo schermo si illuminò.
"Puttana!" esclamò il ragazzo, nella mistica consapevolezza di essere davvero irrimediabilmente sfigato.
Per
un breve istante meditò se scegliere o lanciarsi direttamente
dalla finestra, ma alla fine scelse di non scegliere, non lanciarsi, e
cercare di prendere tutte e due le occasioni al volo.
"Ciao!" esclamò, correndo verso Giulio che usciva in corridoio e portandosi il ricevitore all'orecchio.
"Ciao, Andrea!" ricambiò festosamente Serena, dal telefono. "Ti disturbo?"
"Hai
qualche problema mentale?" rispose, invece, Giulio, accogliendo
negativamente il suo marcamento del tutto incurante delle famose
distanze interpersonali.
"No." fece il biondo, sorridendo da psicopatico. "Nessun disturbo."
"Ah, non si direbbe." buttò lì suo fratello, levandosi dal suo campo visivo, per sparire in bagno.
"Ok, perché speravo proprio di trovarti, dato che non mi sono ancora fatta sentire." giustificò Serena.
"Ehm...
come stai?" chiese Andrea, affacciandosi alla porta del bagno mentre
Giulio faceva pipì e sperando che Serena non si accorgesse che
stava parlando contemporaneamente con due persone.
"Dileguati, maniaco." berciò Giulio, coprendosi il pube con una mano e facendogli il medio con l'altra.
"Bene, grazie, e tu?" ricambiò Serena.
"Ehm...
secondo me potrebbe andare molto meglio di così, ma sai,
continuando a non sfogare i problemi con nessuno, si rischia di
rimanere chiusi nel proprio mondo fino a inabissarsi e perdere la
cognizione di sé."
"Quali problemi?" chiesero Serena e Giulio contemporaneamente.
Andrea proclamò un postulato polivalente: "Per me c'è bisogno di uscire."
"Infatti.
Quella è la porta e questo è uno che vorrebbe solamente
pisciare in pace senza che suo fratello mentalmente disturbato gli
fissi il pisello." Giulio indicò ripetutamente l'uscita, sempre
cercando di non far mostra delle sue grazie ad Andrea.
"Vuoi uscire?" gorgogliò Serena, divertita.
"No." rispose a Giulio. "Cioè, sì." ritrattò con Serena.
"Ma
ti sei fatto in vena, per caso?" suo fratello si lavò le mani e
poi, finalmente, si avviò di nuovo verso camera sua, luogo in
cui non sarebbe stato spiato da nessun famigliare incestuoso.
"Aspetta!" lo fermò Andrea, e anche Serena rimase in attesa, interdetta, dall'altra parte della cornetta.
Giulio si voltò con impazienza e sguardo omicida.
"Perché
non vuoi parlare con me e dirmi che ti sta succedendo?" Andrea
osservò con fare premuroso i lineamenti stanchi del suo
consanguineo. Era sempre stato il vero grande di casa: Andrea odiava
quando non gli lasciava fare il fratello maggiore nemmeno in situazioni
che lo richiedevano.
"Ma io sto parlando con te, e chiamavo proprio per spiegarti che cosa mi sta succedendo." si difese, intanto, la confusa Serena.
Già...
peccato per Serena, ma Andrea aveva deciso che avrebbe tentato di
salvare quel moccioso prima che rischiasse di fare la sua stessa fine:
"Perché non vai più agli allenamenti? Perché ti
richiudi in camera? Che cosa è successo con Nicole Lucich a
quella festa di Capodanno?"
"Niente
che ti riguardi." per tutta risposta, Giulio gli diede una spinta
all'indietro premendo solo un paio di dita sulla sua fronte, poi
rientrò in camera sbattendo la porta.
Il Pizzi maggiore rilasciò un lamento esasperato che parve più che altro l'ululato di un cane.
"Guai
in paradiso, Andrea?" dell'altra parte della cornetta giunse un tono
comprensivo, quasi materno, che gli ricordò che, quanto meno, il
suo doppio esperimento era appena finito male solo per metà.
Sperò
di salvare la telefonata con Serena: "Sì." ammise sconfitto.
"Mio fratello è diventato un ectoplasma e non so come
rianimarlo, ma questo è un discorso a parte. In realtà,
io sto bene, sono contento che tu mi abbia chiamato. Molto, molto
contento, per la precisione. Te?"
"Io... cosa?" rise Serena, suonando ancora più melodiosa che dal vivo. "In realtà, ho chiamato anche per questo."
"Questo
cosa?" si concentrò il ragazzo, fluttuando in camera sua per la
felicità, ma allo stesso tempo piombando pesantemente sul letto
con insoddisfazione. Serena l'aveva finalmente contattato! Ma Giulio
stava male... aveva qualcosa che non andava...
"Per
tuo fratello." spiegò lei. "Vedi, ho lasciato correre un po' di
giorni perché ho dovuto occuparmi di faccende fondamentali, ma
adesso credo sia ora che ci facciamo carico della situazione
Pizzi-Lucich."
"Facciamo?" Andrea si era illuminato a quel plurale.
Serena rise: "Senti, hai da fare oggi pomeriggio?"
"Oggi?"
ripeté Andrea, voltandosi verso l'Empire State di vestiti e
bozze di curriculum. "No, affatto. Vuoi che faccia un salto da te? Ma
devi dirmi dove andare; via Monte Grappa o via Palladini?"
"Molto
scaltro, Andrea." si complimentò la ragazza, senza aggiungere
altro. "Senti, hai presente la strada lunga prima delle due rotonde e
il palazzo di cristallo?"
"Intendi quella dove ci siamo incontrati quest'estate grazie al mio pollice sexy?"
"Sì,
esattamente quel punto." confermò. "Non so se lo sai, ma in
inverno ci piazzano un chiosco di piade romagnole, pensavo di fare
merenda insieme e approfittarne per fare due parole."
Piade a merenda? Basta, Andrea aveva trovato la sua anima gemella.
"Ma certo, micio miao! Ci troviamo lì davanti alle cinque?"
Serena espresse disaccordo: "Veramente, pensavo che sarebbe meglio se ti venissi a prendere io."
"Ok. Ti ricordi il mio indirizzo?"
"P. Sherman, 42, Wallabe Way, Sidney?"
Ti amo.avrebbe voluto rispondere Andrea.
"Sì, proprio quello. Ci vediamo alle quattro!"
"Avevi detto cinque."
"Ho già un buco nello stomaco."
Precisamente, quello che gli avevano creato le farfalle con tutti i loro innamorati sfarfallii.
*
BREAK
Siiii,
i break sono tornati! Chi mi conosce sa che sono una mia fissa,
però no, in realtà non sono tornati, perché alla
fine i capitoli di questa storia non sono così lunghi da
necessitare dei break. Tuttavia stavolta ho per voi qualcosa che doveva
assolutamente far parte della storia. Il disegno infatti è della
nostra grafica Angelica e vi rivela finalmente i volti delle due
donzelle nelle loro tenute casual <3
*
Era
stato un appuntamento molto meno romantico di quel che avrebbe voluto,
pensò Serena parcheggiando in garage e sfilando le chiavi dal
cruscotto. Non si erano baciati, non si erano toccati, non si erano
nemmeno solamente sfiorati.
Ma
era giusto così, dopotutto. Serena aveva fatto in modo che fosse
un momento amichevole, tranquillo, un po' perché era appena
uscita dalla sua unica, eterna relazione amorosa (come aveva lietamente
annunciato ad Andrea) e un po' perché non voleva sbagliare.
Aveva cercato di conoscerlo un po' meglio, prima di fare passi falsi, e
la diagnosi alla fine di quella giornata era che: sì, Andrea
Pizzi era veramente il ragazzo perfetto e sì, valeva la pena di
ributtarsi a capofitto in una cosa folle come una storia appena dopo
una storia, con annessi tutti i rischi del caso. Solo... non quel
giorno.
Ah,
lui la faceva proprio impazzire, doveva ammetterlo! Non avevano fatto
altro che conversare per tutto il pomeriggio con una piada bollente tra
le mani e solo così, già si era sognata matrimonio, cani,
figli, mutuo e pensione assieme a lui. Era simpatico, era coinvolgente
nella sua spiccata follia ed era pure bello da morire. Serena, che non
aveva nessuna di quelle qualità, si chiedeva come potesse essere
talmente interessato a lei da guardarla con occhi sognanti per tutto il
tempo, e contemporaneamente, però, non fare nessuna mossa
furbetta. Andrea la rispettava profondamente, e lei l'aveva percepito
in ogni singolo atteggiamento che aveva osservato, con i suoi stessi
occhi sognanti, quel pomeriggio.
Le
sembrava quasi una fantasia. Non vedeva l'ora di incontrare di nuovo
Andrea, lasciarsi andare alle nuove convinzioni e dargli finalmente
quel bacio che aveva agognato per tutta l'estate, l'autunno e
l'inverno. Ma prima avevano una missione da compiere.
Mi raccomando, Andrea.gli scrisse, digitando il messaggio con dita tremanti dall'euforia.Non lasciarti sfuggire nessun dettaglio del piano.
E lui rispose:Nessuno, oh mia eroina. 🤞 Non rischierei di rovinare l'unica chance difartornare
sul trono il principino di casa. Siamo tutti troppo smorti senza di lui
che passa per la sala offendendo i programmi di Real Time che mi guardo
con la mamma.
Logorroico e imbarazzante anche nei messaggi, Serena doveva aspettarselo.
Sei stato bene comunque, oggi?inviò,
tutta agitata, non scendendo nemmeno dalla Punto in un atto di
improvvisata scaramanzia. Insomma, quella era l'auto dell'autostop! Se
non portava fortuna lei...
Starò bene solo quando mi lascerai finalmente baciarti, micio miao.😎replicò
lui, facendola trasecolare a ridosso del volante, tanto che le
partì per sbaglio il clacson, che fece abbaiare i suoi cani e
spaventare i suoi genitori.
Che casino che c'era... in tutta la casa e specialmente nel suo cuore.
...il tuo Walter può attendere ancora fino alla partita del 16?gli domandò, imbarazzata, ma anche molto, molto eccitata.
Andrea mandò la gif di un pollice che sbandierava un autostop:Attenderebbeanche anni lungo una tangenziale, finché araccattarlonon si fermasse una Punto blu con su sopra la tua targa. 👍
Ti amo!digitò
istintivamente Serena, sentendo il battito cardiaco persino nelle
orecchie, ma poi si ravvide e cancellò la frase in blocco,
rimediando con un più contenuto e sfiduciato:Pensa bene alle tue scelte, forse meriti di più...
Andrea
ci mise un po' a rispondere, ma mentre lei era salita in cucina e si
era messa ad asciugare ansiosamente il ripiano, il messaggio
arrivò illuminando il suo schermo:Usi
sempre questa frase completamente a sproposito, Serena. Ci vediamo alla
partita. Brinderemo alla nostra vittoria prendendoci quello che
entrambi abbiamo sempre meritato 💋🥂
Aggiunse
la gif di lui che alzava il calice nella sua direzione alla festa di
Nicole e lei non ebbe alcun nessunissimo dubbio sul fatto che lasciare
Sandro fosse stata la scelta più giusta e opportuna di tutta la
sua vita.
*
Erano
le dodici del sedici gennaio e Giulio non si spiego perché
qualcuno aveva appena lanciato un sasso contro la sua finestra, creando
un bel buco al centro del vetro, sotto la piena luce del sole.
"Andrea, ma che cazzo fai?" urlò al fratello, fuori sulla strada, a pochi metri sotto di lui.
Andre nascose la mano dietro la schiena: "Cazzo."
"Mi hai rotto la finestra!" abbaiò, sconvolto. "Hai bucato il vetro!"
"Scusa,
non pensavo di avere così tanta forza. Ad hockey non ci
insegnano a dosare il lanci di mano." si giustificò Andrea,
mimando un tiro della palla ovale alla Giulio Pizzi e poi la sua
mossetta vincente a mazza bassa dell'hockey, per illustrare
ulteriormente al fratello la differenza tra le due discipline. Come se
fosse una giustificazione anche solo pertinente.
"Ora
te la vedi tu con papà!" si irritò Giulio, allergico alle
seccature. "Sentiamo cosa ne pensa lui dei tuoi metodi da serenata in
pieno giorno, contrapposta al classico, razionale bussare alla porta,
come persone normali."
"Mi avresti risposto, se avessi bussato?"
Giulio si mise sulla difensiva: "Che cosa vuoi?"
"Mamma ci ha lasciato la Cinquecento. Vestiti che usciamo a pranzo."
"Non ho fame."
"Giulio
non farmi lapidare la finestra, ok?" minacciò Andrea con un
altro paio di sassi nella mano. "Mi hai fatto promettere di
ricominciare ad avere contatti con il mondo esterno, quindi adesso
muovi il culo e mi accompagni a pranzo, perché non ho la minima
intenzione di sembrare lo sfigato single che mangia da solo in un
angolino!"
"Single?"
si corrucciò per un attimo Giulio, attirato dal discorso. "Non
sono giorni che ti senti con Serena? Non le hai ancora chiesto di
sposarti?"
Andrea
fece un sorriso beffardo: "Anche se fosse, non ti parlerei di questi
argomenti sensibili urlando romanticamente al tuo balcone, Giulietto."
Giulio roteò gli occhi alla - doveva ammetterlo - simpatia del fratello.
"Allora, scendi o no, Capuleti?"
Il
biondino guardò l'orario: la partita del secolo sarebbe iniziata
tra nemmeno un'ora, i compagni di squadra si stavano sicuramente
già riscaldando, per cui... no, era definitivamente troppo in
ritardo per i ripensamenti e i sensi di colpa dell'ultimo secondo.
Ovviamente stava morendo dentro per quella partita, ma non ci sarebbe
andato, punto. Non sarebbe mai più andato a nemmeno un
allenamento di rugby con la sua squadra.
Molto meglio un pranzo con quell'esaltato lanciasassi di Andrea.
"Arrivo,
Andreo Montecchi." gli rispose dunque, felice che almeno, grazie a
quella distrazione, non avrebbe passato le successive tre ore a
rovinarsi il fegato e lambiccarsi il cervello nell'ansia della partita.
Scese
al piano di sotto e poi in strada, con un abbigliamento molto casual e
la zazzera spettinata che lo faceva sembrare super figo nonostante
fosse recluso in casa da metà mese: "Dove andiamo?"
domandò sentendo lo stomaco brontolare.
"Oh,
Serena mi ha fatto scoprire un fantastico chiosco di piade sulla strada
lunga delle due rotatorie." informò circumnavigando la macchina.
"Guido
io?" si offrì Giulio, sapendo che suo fratello era un tipo molto
più da bici, per questioni ecologiche e anche di effettiva
incapacità a vivere. Già su due ruote era un macello,
figuriamoci su quattro.
"No,
no!" lo stupì Andrea, saltando allegramente sul posto del
conducente, come se non stesse per mettersi alla guida di una falce a
motore per pedoni. "Ti ci porto io, oggi sono in vena."
Certo, era in gran vena di inganni, ma questo ovviamente non lo fece presente.
*
Erano
le dodici e mezzo e Nicole era in super ritardo. Non trovava le chiavi
di casa, della macchina, del magazzino, di nulla, come al solito sempre
nei momenti migliori!
Con
quegli stupidi lavori per ristrutturare la villa, tutte le sue cose
venivano quotidianamente spostate senza una logica e se lei non fosse
arrivata allo stadio in tempo, con tutte le divise previamente
recuperate al magazzino, suo padre le avrebbe dato un'altra più
che logica punizione.
"Sandro, hai visto le mie chiavi?" gridò alla tromba delle scale.
"No!" rispose il fratello. "Ma ieri avevano appeso le mie al collo del cigno di ceramica in entrata!"
Nicole sbuffò: i suoi erano proprio fissati con le ceramiche.
Grazie
proprio alla sua amorevole famiglia ceramofita, si trovava impegnata
pure quel giorno a scontare le sue pene, e anche più gravemente
del solito. La gran partita sarebbe cominciata in meno di un'ora e a
lei spettava il compito di portare il corredo da campioni ai ragazzi e
rimanere accanto a suo padre, con la scusa di doverlo aiutare coi
cambi, ma in realtà per reggerlo quando sarebbe ceduto in preda
allo sconforto della sconfitta.
Era
sicuro che avrebbero perso. Gli ultimi allenamenti erano andati uno
schifo; Angelico si era fatto male a una caviglia, Luca non riusciva
né a tenere i ragazzi, né a calciare dignitosamente, la
squadra aveva pure litigato un paio di volte. Era incredibile come in
una decina di giorni senza Giulio, il lavoro di un anno si fosse
letteralmente sfaldato.
Nicole
era davvero preoccupata per suo padre e ancora di più,
segretamente, per la fine che aveva fatto Pizzi. Non era più
così sicura che si sarebbe palesato inmedias resa mo' di Cristo redentore.
Comunque,
aveva trovato le chiavi appese al maledetto cigno. Quindi montò
sull'Audi A4 che il padre le aveva miracolosamente prestato,
uscì dal vialetto stendendo lo gnometto ormai mutilato e diede
gas verso il magazzino del campo da rugby, per prelevare la merce.
Sandro, a quel punto, prese il telefono e scrisse a Serena come concordato:Partita.
La
collaborazione di Sandro era stata un'idea di Andrea. Serviva qualcuno
che garantisse la salvaguardia della parte B del piano e così si
era pensato di coinvolgere il birillone con i capelli da Swiffer.
Costui, proprio negli ultimi giorni, si era fatto qualche esametto di
coscienza e aveva preferito tornare a stare dai genitori cattivi che
rimanere in quell'appartamento allo stesso tempo vuoto e pieno di
malinconia.
Con
Serena stavano davvero cercando di mantenere buoni rapporti e lui
sembrava aver imparato qualcosa dalla lezione. Anche se, ormai si
sapeva, se lo sarebbe dimenticato alla prima bella mora di passaggio...
perché Sandro era sempre Sandro, purtroppo.
Il
telefono di Nicole ruggì svariate volte mentre finiva di
caricare le tonnellate di divise, ginocchiere, dentiere e che
più ne ha più ne metta sull'Audi.
"Pronto?"
rispose, affannata, rimontando in macchina e accorgendosi con
sottofondo musicale funebre che la partita sarebbe iniziata in soli
venti minuti.
Temeva
di sentirsi trapanare il cervello dal grido di battaglia di Antonio,
invece ciò che arrivò flebilmente fu la vocina tenue di
Serena: "Nicole? Ti disturbo?"
"Serena! Ma no, stavo giusto andando allo stadio per la partita di papà. Tutto bene?"
"No..."
soffiò questa, subdola. "Purtroppo no, Nicole. Odio disturbarti,
davvero, ma sono appena rimasta a piedi con la macchina lungo la strada
e avrei un disperato bisogno di qualcuno che mi desse un passaggio."
Oh, quella voce le stringeva ogni volta il cuore!
"Ma
certo, Sere, passo io. Ti raccatto e ti porto alla partita con me, ci
stai?" propose, guardando di nuovo l'orologio e dicendosi che se avesse
sempre mantenuto la velocità di costante di centotrenta
chilometri orari, ce l'avrebbe fatta. "Dimmi dove ti trovi."
In
fondo, non le importava del ritardo. Non poteva certo lasciare Serena
lungo la carreggiata, sola e infreddolita... persino suo padre
l'avrebbe capita e sostenuta in quella scelta. E poi, al massimo
avrebbero ritardato di un po' il fischio iniziale; era sicura che
nessuno ci tenesse a veder scendere in campo i giocatori nudi.
Per un attimo, pensò a Luca Ciambelli e ritrattò.
"Sono sulla strada lunga delle due rotatorie."
"Ok."
"Mi sono fermata davanti al chioschetto delle piade, hai presente?"
"Sì sì, arrivo subito!"
"Grazie,
Nicole, sei davvero un tesoro!" Serena chiuse la telefonata con un
sorriso diabolico e poi, mentre si alzava dagli spalti per avvisare
Antonio Lucich che le divise sarebbero arrivate leggermente in ritardo,
scrisse ad Andrea il messaggio concordato:Partita.
E lui seppe benissimo cosa fare.
*
Quando
la Cinquecento inchiodò sul ciglio della strada, Giulio si
tastò il corpo e si chiese se fosse maleducato gettarsi fuori
baciando l'asfalto con riconoscenza.
"Arrivati!" chiocciò Andrea, leccandosi i baffi alla vista del chioschetto. "Ops, scusa un secondo, mi chiamano."
Non
era vero, ma Andrea si portò comunque il telefono all'orecchio e
fece finta di parlare con un qualche direttore d'azienda che aveva
letto il suo curriculum -magari!dato
che ne aveva spediti in lungo e in largo negli ultimi giorni con scarsi
risultati. Giulio rimase per un po' ad ascoltare spazientito, poi i
pensieri fluttuarono su altro e passò qualche minuto, prima che
Andrea lo riscuotesse con un pugno sul braccio.
"Penso
ci vorrà un po', questo vuole farmi un colloquio telefonico e
non posso proprio rimandare." sussurrò al fratello, coprendo il
ricevitore. "Ti spiace scendere a comprare le piadine?"
"No,
certo che no, basta che questa non sia la solita scusa per non pagare
la tua parte, brutto tirchio squattrinato." lo apostrofò
gentilmente Giulio.
Il biondino afferrò il portafogli e uscì all'aria aperta, prendendone un sospiro intriso di fritto e rimpianti.
"Porchetta
e cipolla per me." lo istruì Andrea, abbassando il finestrino e
continuando a fingere di star interrompendo il suo colloquio telefonico
per amor del cibo. "Con qualche peperone, se ce l'hanno, e ketchup e
maionese. E i cetrioli."
"Ci vuoi anche diabete, colesterolo alto e ipertensione, se ce li hanno?"
"No, ma va bene la senape." annuì Andrea, prima di tornare a discutere animatamente per telefono.
Giulio
scosse la testa e si diresse al bancone. Di fila ce n'era praticamente
zero, ma ci mise un po' per elencare tutti gli ingredienti della piada
di Andrea e nel frattempo, aveva udito uno strano cigolio di frizione
pressata a caso alle sue spalle. Tipica delle partenze suicide di
Andrea e della loro rottamata Cinquecento.
Si
girò, proprio mentre il piadinaio gli sbatteva sotto il naso
quell'agglomerato di calorie che aveva ordinato, e vide la Cinquecento
partire in quarta, strisciando le gomme sull'asfalto e fiondandosi a
velocità sostenuta verso l'infinito e oltre.
"Ehi!"
esclamò lasciando la piadina sospesa nell'aria e correndo verso
il ciglio della strada. "Ehi, Andrea!" gridò al gelo
dell'inverno. "Dove cazzo stai andando?"
Ma
la targa della Cinquecento già non si distingueva più,
mentre la zazzera bionda di Andrea era appena sparita al primo
incrocio.
"Coglione!"
gridò Giulio, contento anche solo di far sapere al pulviscolo
atmosferico quel che pensava di suo fratello. "Si può sapere che
cazzo ha quel coglione nel cervello!?"
"Oh,
le tue piade." ringhiò il piadinaio, uscito dalla baracca solo
per dare a Cesare quel che era di Cesare (in questo caso Giulio Cesare)
e prendersi i guadagnati dieci euro. Giulio gli strappò dalle
mani quelle ormai raffreddate prelibatezze e ricambiò con la
grana, poi restò impalato a fissare la strada, chiedendosi cosa
fosse andato storto quel giorno del parto di Andrea e perché sua
madre non l'avesse semplicemente venduto a un'asta di rottamazione per
bambini usciti male prendendosi in cambio un fratello normale.
E
mentre il miscuglio di ketchup, maionese e senape iniziava a colargli
sulla mano, i fanali di un Audi A4 si piantarono su di lui, per poi
frenargli bruscamente a due centimetri di distanza, nell'indecisione se
farlo secco o fermarsi per lo stupore.
***
ANGOLO AUTRICE
Sembra
impossibile, eppure siamo praticamente alla fine. Il prossimo
sarà l'ultimo capitolo e io sono davvero soddisfatta. Ho scritto
questa storia in modo molto spontaneo e, vorrei dire, anche veloce per
i miei standard XD
Certo,
non è la stessa cosa di scrivere e pubblicare un capitolo alla
volta, con tanto di attese apocalittiche, quello... quello è un
modo doloroso, ma più coinvolgente di vivere la pubblicazione di
una storia, ve lo garantisco, però sono contenta lo stesso.
In
poco tempo, mi sono affezionata molto a questi personaggi, specialmente
a Giulio e Andrea. Dallo scorso capitolo, come vi avevo predetto
all'inizio, le vostre opinioni potrebbero essere cambiate. Sicuramente
il personaggio di Giulio ha perso qualche punto, però c'è
ancora un capitolo bello lungo in cui potrebbe riscattarsi.
Il
giorno di San Valentino, infatti, pubblicherò il finale e anche
un mini sondaggio sui vari social dove potrete votare per la sfida
definitiva tra i Pizzi. Sarà una battaglia difficile.
Per
ora vi ringrazio di tutto e spero di leggere nei commenti e nelle
recensioni tutti i vostri pareri riguardo questo capitolo. Vi è
piaciuto? Che ne pensate del piano; funzionerà? Che cosa si
diranno Nicole e Giulio? Serena e Andrea riusciranno a... ehm...
concludere?
"Oh,
è il mio giorno fortunato, allora! Perché nessuno me
l'aveva detto?" il ragazzo pareva leggermente isterico. "Piadinaio,
perché nessuno me l'aveva detto?"
L'uomo da dietro il bancone alzò le voluminose spalle.
"Giulio, che cosa ci fai qui?" domandò Nicole, scendendo dalla macchina e guardandosi intorno con smarrimento.
"Mah, portavo a spasso le piadine." sbeffeggiò.
"Dov'è Serena?"
"Chi?"
"Serena! Ha detto di aver... ha detto che era..."
Giulio
seguiva i vagabondaggi mentali di Nicole con le pupille allargate dallo
sgomento, mentre lei dapprima non si dava pace nel non vedere alcuna
Punto blu e poi si lamentava come presa da una spiacevole intuizione e
si chiudeva di nuovo dentro la macchina, però senza partire.
Giulio la raggiunse a lato del finestrino: "Ti chiamo un medico? Hai forato il cervello?"
"Non ho forato proprio niente."
Giulio
l'aveva capito, ma aveva solamente tentato di sdrammatizzare: "Fammi
indovinare, Serena ti ha fatto venire qui con una scusa."
"E
Andrea ha fatto venire te qui con una scusa." realizzò lei,
fissando quelle invitanti piadine e poi qualcos'altro di invitante tipo
le sopracciglia teneramente corrugate del princeps.
"Ci hanno invischiati. Che stronzi."
Nicole
rimase imbronciata a braccia conserte dietro il volante: "Già.
Io rischio il castigo a vita e loro si mettono a giocare a Cupido,
davvero maturo per due che, come età, hanno già superato
il quarto di secolo!"
"Beh,
vai." le suggerì, ovvio, indicando l'asfalto alle sue spalle.
"Fai finta che non sia successo nulla e continua per la tua
strada."
Nicole
fermò gli occhi su di lui e, contrariamente a quello che le
ordinava il cervello, lasciò che lo passassero per bene in
rassegna. Divino, come sempre. Ma anche dall'aria maledettamente
sofferente e trascurata che le faceva un pochino ballare le gambe: "Tu
perché sei qui e non alla partita?"
Giulio
schioccò la lingua e, deciso che non ne voleva parlare,
passò entrambe le piadine attraverso il finestrino, mollandole
in grembo a Nicole: "Queste sono per il viaggio. Buon
proseguimento."
Le voltò le spalle e prese a camminare speditamente in direzione opposta.
Ma Nicole, accidenti, era stata ormai invischiata a tutti gli effetti.
Scese dal veicolo e seguì Giulio di corsa: "La squadra è praticamente caduta in rovina, senza di te!"
"Strano."
"Mio
padre è sull'orlo della crisi identitaria!" gli comunicò
senza scalfirlo di una virgola. "Hanno fatto capitano Luca Ciambelli e
lui sicuramente lo farà perdere. Cifarà perdere!"
"Però è un gran figo." ribatté lui, con un occhiolino insolente.
"Dai,
Giulio!" guaì Nicole. "Non posso credere che tu, proprio tu,
eroe della massa e re dei campi da rugby, stia rinunciando al tuo
quarto d'ora di gloria!"
"Non gioco a rugby per la gloria."
"E per che cosa, allora?"
"Perché
mi piace." sviscerò Giulio, le mani in tasca e le noccioline
congelate attorno alle pupille. "Non devi sempre per forza scambiare il
piacere per la gloria, quando si parla di me, Lucich. Non sono
realmente montato e megalomane come pensi."
"Sì che lo sei."
"Va bene, lo sono, ma ci sono cose che amo davvero. Tipo il rugby." precisò a scanso di equivoci.
"E allora perché sei ancora qui?"
Giulio
sbuffò, il ritorno di Andrea ormai ipotesi scartata e la tenacia
di Nicole sempre più stretta attorno al suo collo:
"Perché ero stanco. Perché sentivo troppo il peso di fare
da capitano, allenatore, pilone, tallonatore, ala e pure arbitro, fra
poco! Ho bisogno di una pausa."
"Non è vero."
"Sì che è vero!"
Nicole
lo guardò bene bene in viso. Sì, era vero. Era vero che
era stanco morto, e stressato, e oppresso. Ma no, non era vero. Non era
vero che voleva sul serio mandare tutto a rotoli, che non voleva
partecipare alla partita, che non voleva tentare di vincere quel
titolo. C'era più di quello nel suo sguardo.
"Anche
se fosse, non è abbastanza intelligente da farti saltare
novantanove cancelli e fermarti davanti all'ultimo. Ti conosco, Giulio,
se proprio avessi voluto ritirarti, l'avresti fatto con il cervello,
non con il culo."
"Allora mi sa che non mi conosci."
"Hai voglia, mi hai invaso casa fin da quando non sapevamo ancora l'alfabeto. Dimmi la verità."
"L'ho detta."
"No."
"Sì."
"Giulio,
non farmi incazzare!" tuonò Nicole. "E non propinarmi altre
stronzate, perché giuro che ne ho abbastanza! Dimmi
perché dal primo dell'anno hai abbandonato il trono;
perché non ti sei più fatto vivo?"
Alla fine, Giulio decise di arrendersi: "Perché mi avevi chiesto di sparire dalla tua vita e io lo sto facendo."
La
ragazza si lasciò piacevolemente sorprendere dalle sue parole.
Non intendeva esattamente quello, cioè che Giulio dovesse
rinunciare al suo posto nella squadra... lei intendeva in generale, che
sparisse dalla sua vita... anche se sì, effettivamente la sua
vita era molto legata al mondo del rugby in cui era anche Giulio.
Già, era esattamente
ciò che si sarebbe evinto dalle frasi di qualche sera prima.
Come faceva a non dover più incontrare qualcuno con cui
condivideva, praticamente, ogni spazio? Quella di Giulio era stata una
deduzione puramente logica.
E
pareva che l'avesse rispettata a tal punto da seguirla diligentemente,
in tutto e per tutto. Giulio stava... mettendo da parte se stesso?
Mettendo da parte la sua passione, nonché il suo enorme,
smisurato ego?
Per lei?
Si
riscosse e pensò che, comunque, adesso la priorità era la
partita. Perché sotto sotto pure lei voleva che vincessero
quella partita. Un Antonio Lucich incazzato per casa non piaceva a
nessuno.
"Andiamo." gli disse, convinta di rimandare a più tardi le elucubrazioni e cercare almeno di salvare il salvabile.
"No."
"Andiamo, Giulio, non farti pregare!" strillò, strattonandogli il braccio.
"Nicole, no, sarebbe solo una mossa ancora più ridicola." la contradisse lui.
"Perché?
Sono certa che mio padre stia pregando in una tua comparsa a sorpresa,
che i tuoi compagni non aspettino altro, che gli avversari se la stiano
facendo in mano nel timore di vederti sbucare all'ultimo."
Giulio
fissò quelle monetine iridescenti sulla faccia arrossata di
Nicole: "Cosa sarebbe, un complimento sulla mia bravura?"
Pomposo fino alla fine, Nicole era incredula.
"Ti
prego!" sbuffò allora, e Giulio si ricordò della prima
volta in cui lei gli aveva chiesto di organizzare una festa, per i
diciotto anni della sua amica Maria, mentre lui stava solo cercando di
racimolare qualche soldo nel bar sotto casa e non pensava minimamente
che si sarebbe cacciato in quella situazione. Non pensava che si
sarebbe fatto prendere da certi impulsi, finendo per fare un'enorme
sciocchezza e che sarebbe rimasto male di fronte alla reazione di lei
al non ricordare e, addirittura, aberrare l'ipotesi che fosse successo
proprio con lui. Perché lui, in realtà, aveva provato
qualcosa mentre erano nudi su quel divano, ma lei sembrava tutt'altro
che della stessa opinione. Perché lei non l'aveva mai voluto tra
i piedi e mai apprezzato, sin da quando erano bambini. E in quella
notte in cui lui aveva capito di essersi innamorato, come avrebbe fatto
a dirle 'Ehm, no, scusa, ieri sera ho approfittato della tua
ubriacatura per fare l'amore così non mi avresti respinto come
al solito?'. Quella mattina, davanti alla delusione, gli era mancato il
coraggio e più il tempo passava, più esso veniva meno.
Così il guaio era diventato gigante e lui ancora non era
riuscito a fare nulla che potesse rimediare... nemmeno cercare di
esaudire la sua richiesta di starle lontano. Giulio sapeva di essere
stato stupido, codardo e ingiustificabile. Ma non sapeva come gestire
quella situazione, non l'aveva mai saputo e adesso, di fronte a lei,
non gli veniva nemmeno uno stupido 'scusa'.
Se
fosse stato suo fratello, avrebbe sicuramente fatto la cosa giusta. Ma
Giulio non era Andrea... Giulio aveva sempre e solo sperato, un giorno,
di diventare come Andrea.
"Non ho nemmeno la divisa..." tentò debolmente di protestare, ma lei alzò le spalle.
"Ne ho un baule pieno."
"Che dirò a tuo padre?"
"Ci pensiamo in macchina."
"Non so..."
"E
allora, Pizzi, la vuoi finire di comportarti da mezza pippa?!"
sbottò lei, ravvivando il tutto con un destro niente male sulla
sua spalla. "Sei o non sei Giulio, il principe di 'sto cavolo, Pizzi,
esecutore di mete e governatore dell'universo? Li vogliamo stendere o
no questi quattro dilettanti pappamolli ed entrare finalmente nella
storia? Pizzi, che cazzo!"
Giulio
si incagliò sulla sua espressione terribilmente ridicola
accompagnata dal rossore da sforzo, e finalmente le regalò uno
struggente sorriso: "Siete davvero insopportabilmente uguali, voi
Lucich. Vi odio."
"Beh, altrettanto!"
*
Nicole
frenò a pochissimi metri dall'entrata dello stadio da rugby: non
era un grandissimo edificio, ma abbastanza da avere una cancellata
solenne spalancata sul brillante verde del campo, che avrebbe invitato
chiunque a lasciarsi accogliere al suo interno.
Giulio, però, non si sentiva troppo il benvenuto.
"Non ti punirà." lo rincuorò Nicole, riferendosi chiaramente a suo padre.
"Sappiamo entrambi che non è vero."
"No,
questa volta non lo farà, sono sicura." si voltò verso di
lui per apprezzare come il sole alle sue spalle gli contornasse di
santità quella criniera d'oro. Lei l'aveva detto che lui si
sarebbe palesato come un Cristo onnipotente provvisto di aureola per
salvare i culi e, infatti, eccolo lì.
Peccato che in realtà fosse satana, ma lo sapeva solo lei.
"Come fai ad esserne così sicura?"
Nicole
si sforzò di spostare la sua attenzione su altro, tipo il
volante, che accarezzò con entrambe le mani nella proiezione di
quella nottata che ancora non era riuscita a togliersi dalla testa: "Ho
parlato con lui qualche giorno fa... ci tiene veramente tanto a te,
Giulio, da sempre. Nonostante il suo carattere di merda e la tendenza
ad abusare dispoticamente della patria potestà, lui ci vuole
bene. E a te in un modo davvero singolare, tanto che, come al solito,
ti riserverà un trattamento speciale anti-castigo."
"Non gli hai detto niente, vero?"
La ragazza si ritrovò senza fiato: "Riguardo che cosa?"
"L'elefante in questa macchina." rispose, ovvio, Giulio.
Lei
negò, riservandosi semplicemente di scuotere la testa e poi
guardare l'orario: "Faresti meglio ad andare, la partita è
praticamente iniziata."
"Va bene."
Giulio
non disse nient'altro e scese dall'auto con aria né felice
né triste. L'elefante che avevano lasciato in macchina era
niente meno del loro recente epico litigio sul fatto che avessero fatto
sesso e che ne fossero seguiti dibattiti di memoria ed omertà.
"Giulio?"
Angelico era a bordo campo, intento a riscaldarsi, e fu uno dei primi a
vedere Giulio e Nicole arrivare portando una montagna di divise a
testa. "Giulio!"
Contento
come una pasqua, mollò lì la corsa sul posto e fece uno
scatto felino verso l'amico, tramortendolo e travolgendolo con tutto il
suo peso. Le divise caddero e si sparsero sul prato, mentre Angelico
strozzava Giulio in un autentico abbraccio di sollievo.
"Non sono mica resuscitato dai morti, Ange. Anche se mi si dipingerebbe bene addosso come cosa."
"Oh, regà, regà!" sbraitò quello, ormai fuori dalla gioia. "C'è il capitano!"
Gli
altri membri furono attirati dal trambusto e non appena verificarono
con i loro occhi che Angelico non stesse sparando cavolate, accolsero
il princeps davvero come una folla di sudditi acclamanti. Solo Luca, in
un primo momento, se ne restò in disparte con il muso lungo, poi
pensò che almeno si sarebbe salvato da eventuali e probabili
figuracce e si unì all'esultanza, per somma inquietudine
degli avversari, il cui incubo si stava avverando.
"Pizzi!"
Ed
ecco il prevedibile rombante richiamo, sparato a secco da una voce
burbera che accompagnava il corpo dell'allenatore più temuto
della città. Giulio e Antonio si guardarono negli occhi per
qualche trepidante, storico attimo di tensione, poi quest'ultimo si
aprì in un sorriso: "Stavo davvero cominciando a pensare di aver
allenato per anni una mezza sega."
"Nossignore." dissentì il ragazzo. "Anzi, se me lo permette, vorrei giocare questa partita. Come capitano."
"Concesso, Pizzi." accettò l'uomo, senza troppi rimpianti.
Giulio
lo fermò, mettendo le mani avanti: "Però c'è una
cosa che devo dirle, prima di cominciare." rivelò, catturando
l'attenzione dei suoi compagni e di Nicole qualche passo dietro di lui.
Antonio
incrociò le braccia, un po' scettico e un po' preoccupato, la
cartellina con le tattiche che premeva contro i suoi muscoli nervosi:
"Sentiamo, Pizzi."
"Ho fatto sesso con sua figlia."
Dai ragazzi della squadra si levò unoohdi tutto rispetto. Nicole mollò a terra le divise. Antonio Lucich diventò bianco come un lenzuolo.
Ma
Giulio non aveva finito: "Sono in parte responsabile della distruzione
di casa sua, durante la festa che ho aiutato ad organizzare
quest'estate."
Un altrooohe un'altra sfumatura in meno sul volto di Lucich.
"Ho
aiutato ad organizzare anche quella di Capodanno e sono certo che
l'incendio sia colpa di mio fratello. Era sua la sigaretta intatta che
ha dato origine alle fiamme."
Uuuuh.
Ci mancava poco che si mettessero ad ascoltarli pure dagli spalti e che la gente facesse la ola ad ogni malefatta di Giulio.
"E
infine, sempre durante l'ultima festa a casa sua, signor Lucich, ho
baciato sua figlia. Perché è irritante quanto lei, ma mi
sono ricordato che mi piace. Tanto. Forse troppo."
Nicole
aveva gli occhi sgranati sulla figura biblica di Giulio e tutte le
membra immobilizzate come se avesse avuto un incontro ravvicinato con
un basilisco. Giulio Pizzi aveva appena detto a suo padreche cosa? Era impazzito totalmente?
Giulio
non osò spezzare lo scambio di sguardi tra lui e Antonio e
infatti fu quest'ultimo, infine, a rompere il contatto: "Vai a
cambiarti, Pizzi." disse solamente, a mezza voce, mentre tutti
palpitavano di fronte alla scena al cardiopalma e la
possibilità, cinquanta cinquanta, di vincere o rimanere
per sempre senza un capitano.
"Poi
buttati là in mezzo e vedi di farci entrare nella classifica."
completò Lucich, scatenando un collettivo sospiro di sollievo.
"A fine partita, cento flessioni e riordini tutto il campo. Questo da
oggi fino a gennaio 2020 anche per quanto riguarda i nostri
allenamenti. Sono stato chiaro? E niente più Audi."
Giulio
annuì e, senza proferire verbo, sotto le occhiate ammirate e
divertite dei compagni di squadra, scappò verso gli spogliatoi
per infilarsi scarpe fosforescenti e fascetta nei capelli.
"Quanto
a te." grugnì Antonio voltandosi verso la figlia ancora immobile
al centro di un'esplosione di casacche. "Sei salva solo perché
l'hai fatto con Giulio e non con qualsiasi altra persona."
Nicole deglutì e lanciò un timidissimo sguardo verso Lucaddominali.
"Ma sappi che da oggi in poi vi starò con il fiato sul collo come un segugio."
Nicole
vide, in fondo agli occhi oltraggiati di suo padre, un lampo divertito.
Capì che non era affatto una vera minaccia e che l'avrebbe
perdonata... magari nel giro di un annetto o due, ma l'avrebbe
perdonata.
Apprezzò comunque lo sforzo e sorrise timidamente: "Ti voglio bene, papà."
"Fila a prendere il resto delle divise! Subito!"
La
voce grossa di Antonio rimbombò per tutto lo stadio e lei
eseguì all'istante quell'ordine, senza pensarci due volte.
*
"Il
pulcino è tornato al nido. Ripeto: il pulcino è tornato
al nido." Andrea raggiunse Serena sugli spalti, accomodandosi accanto a
lei, proprio mentre l'arbitro soffiava il fischio di inizio.
"Uuh,
sono così emozionata!" decretò lei, accompagnandosi con
un piccolo applauso. "Avevo paura che si sarebbero accoltellati prima
ancora di arrivare allo stadio."
Ma Andrea aveva la garanzia delle garanzie: "Avevo chiesto al piadinaio di tenerli d'occhio."
"Aaaah." Serena, intenerita, si sciolse tutta, guardando il suo complice con la testa piegata di lato. "Sei stato un fenomeno."
Lui
si passò una mano nei capelli, inumidendosi le labbra e
tirandosela tutta: bello, certo, ma decisamente ridicolo:
"Grazie, micio miao. Modestamente, è una caratteristica comune
di noi Pizzi."
"Lo
vedo." fece lei accennando al Pizzi numero due, che era appena sceso in
campo provocando un sollevamento popolare degno del derby di San Siro.
Erano tutti felicissimi del suo ritorno, specialmente Nicole che lo
guardava da bordo campo con le gote surriscaldate.
Serena ora si sentiva completa. Aveva invischiato i suoi invischiatori. Amen.
"Allora...
" si schiarì la voce e passò a concentrarsi sulle cose
serie, mentre in campo si dava il via a un duello già deciso in
partenza. "Che hai fatto di bello dall'ultima volta che ci siamo visti,
a parte organizzare la trappola per tuo fratello e la mia ex cognata?"
Andrea
finse di essere interessato alla partita per non dover vedere
l'espressione delusa di Serena nel raccontarle ciò che
seguì: "Mhm... inviato curriculum senza mai ricevere una
risposta."
"E basta?"
Perché,
c'era qualcos'altro che contava, quand'eri un ragazzo di venticinque
anni senza nessuna prospettiva da offrire alla donna che avresti voluto
al tuo fianco? Almeno Sandro un appartamento sapeva gestirlo,
economicamente parlando.
"Riordinato vestiti, fatto una partita a hockey contro il muro e imparato la coreografia diWannabedelle Spice Girls. Te?"
Serena
non riuscì proprio a trattenersi, e rise di gusto, cercando di
seguire il suo inesistente filo logico: "Riassaporato i vantaggi di
essere single."
"Sono più o meno quelli di essere fidanzata?"
"Dipende con chi sei fidanzata."
"Ti
vedo molto più radiosa rispetto ai nostri brevi incontri
precedenti, Serena. Molto più... serena." osservò, suo
malgrado, Andrea, preoccupato che si potesse trattare dei benefici
effetti della sua annunciata riscoperta.
"È
perché hai avuto occasione di vedermi in periodi un po' bui
della mia vita. Beh, non che tu te la sia mai spassata meglio, eppure
sembri sempre alla grande. Sempre molto... Andrea."
A Serena parve di vederlo arrossire.
"Grazie.
Ma per curiosità, te lo vorresti uno disoccupato e troppo
storpio per giocare a hockey?" le chiese totalmente a caso, in una gran
botta di autostima.
Una
delle due squadre - Serena e Andrea non capirono quale perché
non stavano realmente seguendo - fece meta e tutti si alzarono in
piedi, chi per protestare, chi per esultare.
"Mi
stai chiedendo se mi faccio problemi con te perché non hai
ancora un lavoro?" si informò la ragazza, appena la folla si fu
ammansita.
"E perché non mi rivogliono in squadra, a hockey."
Serena divenne un po' maliziosa: "Ma tu l'hai mai veramente superato il trauma di Lucia?"
"Sì, perché? Hai paura che sia ancora innamorato di lei?"
"No,
ma si vede che credi ancora che tutti siano autorizzati a trattarti
come ti trattava lei, cioè pretendendo la totale devozione a
ciò che si pensa debba essere la tua vita."
"Oh,
ma senti da che pulpito, micio miao!" il ragazzo si sbatté una
mano sulla coscia, felice che Serena si fosse dichiarata più
comprensiva della sua ex-fidanzata strega (anche se ci voleva poco), ma
perplesso dall'accusa.
"Perché dici 'da che pulpito'?"
"Perché anche tu credi ancora che tutti siano noiosi come Sandro."
"Noioso? Non penso mica che tu sia noioso!"
"Però
sei convinta che non ti prenderò e bacerò in mezzo a
tutta questa gente fra esattamente... adesso." Andrea compì le
sue stesse premonizioni: allungò la mano dietro la schiena di
Sere, la spinse verso di sé e le avvolse le labbra con un bacio
francese a tradimento.
Manco a farlo apposta, chi era lì sul serio per amore del rugby, si alzò in unastanding ovationper la contestuale seconda meta, ancora una volta di provenienza sconosciuta da ciascuno dei due piccioncini.
Quando si staccarono, Serena era stupefatta: "E questo che significa?"
"Scusa, non riuscivo più a trattenermi. Ho anche scritto canzoni nell'attesa di questo bacio."
Serena
si asciugò le labbra inumidite con il cuore che ronzava nelle
orecchie e un vago senso di vuoto sotto i piedi. Ma cercò di non
dare a vedere quanto fosse innamorata persa di lui e di quella sua
dannatissima lingua sempre in moto: "Mi ero fatta un sacco di castelli
in aria su quanto fossi rispettoso ed educato."
"Mica ti ho stuprato, micio."
"Intendevo nel senso che non avresti corso troppo."
"Senti,
dignitoso sì, ma fesso proprio no." dichiarò lui. "Se
cerchi un uomo che giri con il paraocchi senza accorgersi di avere la
donna perfetta a fianco, allora torna pure dallo Swiffer Duster formato
birillo umano che ti ha tradito con mezza città. Io mi prendo
quello che voglio, Serena, e visto che già una volta la sfiga
è arrivata prima di me, penso sia seriamente ora di mettere dei
paletti."
"Fa moltoBuffy l'Ammazza Vampiriquesta frase."
"Io adoroBuffy l'Ammazza Vampiri."
"Io
non ho problemi se stai troppo male per giocare a hockey." ci tenne a
fargli sapere, sempre un po' a random com'erano state finora tutte le
loro conversazioni. "E se quando starai meglio, vorrai riprovarci e
rientrare in squadra, non avrò problemi ugualmente. Anzi, ti
starò accanto, in qualsiasi tua scelta, come lo farò per
cercare un lavoro che ti stimoli, dovessero volerci anche altre cento
coreografie delle Spice Girls."
Andrea
la fissò in modo penetrante e dunque anche inquietante: "Come
sono contento di essermi mezzo ammazzato in bici, quel giorno lungo la
strada."
"Come
sono contenta di aver scoperto che Sandro mi tradiva, quel giorno che
me ne sono andata in giro in macchina lungo la strada."
"Vuoi essere la mia fidanzata?"
"Sempre molto diretto, tu."
"Puttana." fu il suo modo di dire 'già'.
Serena
voleva dire di sì, voleva tantissimo dire di sì, ma prima
c'era un'altra cosa che voleva ancora di più: "Senti, la mia
macchina è parcheggiata proprio qui fuori..." gli
sussurrò direttamente in un orecchio, più che altro
urlando per farsi capire sopra il caos della tifoseria. "Ti va di farmi
conoscere il tuo Walter?"
Andrea sorrise sornione, poi le agitò il pollice davanti alla faccia: "Se mi dai un passaggio..."
Si alzarono entrambi, decidendo che, più tardi, si sarebbero fatti fare un riassunto del primo tempo della partita.
*
Coriandoli
colorati volavano ovunque per la premiazione. Dagli altoparlanti era
stata fatta partire la solita canzone dei Queen e una bella ragazza
aveva addirittura consegnato delle medaglie ai giocatori: era una
cerimonia esageratissima per delle classifiche prettamente
territoriali, però persino l'integerrimo coach Lucich si era
lasciato andare alla doccia di champagne.
Avevano
vinto, anche se non c'era stato nessun dubbio dal momento in cui un
certo Giulio Pizzi aveva messo piede in campo. Sette delle undici mete
portate a casa erano sue... e li avevano fatti vincere.
"Hurrà!
Vittoriaaaaa!" ululò Angelico, fiondandosi a bordo campo e
placcando Maria con la sua stazza da mediano di mischia.
Spiaccicò il suo seno abbondante contro la maglia impregnata di
vino e poi la baciò in mezzo a tutti.
Valentina
trovò quella manifestazione d'affetto così carina che
decise di voltarsi verso Alessio e replicare il gesto per par condicio.
Nicole si ritrovò accerchiata da gente che si baciava e un po' le venne il vomito.
"Ehi,
Niky!" la chiamò Luca, lo statuario Lucaddominali, trottando
allegramente verso di lei. "Un cinque alla miglior ragazza pon pon che
potessimo avere dalle elementari in poi! Questa vittoria è anche
merito tuo!"
Nicole batté il cinque fratturandosi il polso e ricambiando i complimenti: "Siete stati grandi."
"Anche
tu e Giulio che siete comparsi all'ultimo per salvare il Natale. A
proposito, carina la dichiarazione pre-partita del capitano."
La ragazza arrossì come un'aragosta bollita: "Decente, sì."
"Non
l'avrei mai sospettato, se devo essere sincero. Lui sembra sempre
così immune a tutto e tutti... comunque, dato che intuisco che a
te i suoi tentativi non attizzino più di tanto, data la tua
maggiore propensione verso i ragazzi calorosi e, sai... che vanno
subito al sodo, ecco; volevo chiederti... ti va di festeggiare la
vittoria di questa partita insieme?"
Nicole
lo guardava ma non stava realmente ascoltando, né tanto meno
capendo. Si era persa a ripensare a tale 'decente' dichiarazione di
poco prima e poi non si era capacitata del fatto che, anche con una
palese presa di posizione di Giulio nei suoi confronti, Luca ci stesse
comunque provando con lei. Aveva veramente una montagna segatura in
testa o era solo stronzo?
"Ti
potrei portare a cena e poi ho casa libera." chiuse il ragazzo, con un
gran occhiolino ficcato lì in sostituzione del 'così
finalmente possiamo spogliarci e bada-bim-badabum copulare
selvaggiamente'.
Nicole
si lasciò scappare un gutturale lamento per il ben di Dio
immaginato senza vestiti, ma poi fece un rapido bilancio su altri corpi
celestiali che le orbitavano intorno, e decise di declinare.
"Grazie, ma devo rimanere a sistemare il campo e poi riportare tutto al magazzino."
"Dopo, allora?" non demordette il bacato.
"No,
Luca, grazie lo stesso." glissò gentilmente Nicole. "Sarà
per un'altra volta magari, o potresti chiederlo alla ragazza che vi ha
appena consegnato le medaglie."
Luca
si voltò ad osservare l'obiettivo, controllò il lato b, e
ponderò con una faccia da: beh, niente male come alternativa.
I
festeggiamenti durarono ancora per un bel pezzo. I parenti e gli amici
dei giocatori si erano dati alle foto-ricordo. C'erano persino i Pizzi,
in tutta la loro eterogeneità, che si fecero immortalare con la
new-entry Serena in una festosa istantanea genealogica. Nicole la
squadrò da distante con occhio critico, mentre si metteva in
posa tra Giulio e Andrea: aveva le pupille dilatate e la maglietta al
contrario.
Era meglio non sapere, si disse Nicole. Era veramente meglio non sapere.
Piano
piano tutta l'euforia scemò e gli spalti si svuotarono. Senza
che i presenti se ne accorsero, diventò sera, e non fu che
all'accensione delle luci di bordo campo, che anche l'ultimo tifoso se
ne fu andato. Restavano solamente Giulio e Nicole.
*
"Allora..."
la ragazza tossicchiò e Giulio sussultò leggermente,
realizzando solo in quel momento di non essere solo.
"Ehi, chi si vede." la salutò, dall'alto della sua contentezza post-successo, ma con piglio meno brillante del solito.
"Questo
campo è un vero macello, ci metteremo anni a pulirlo." fece
notare Nicole, raccogliendo, ponderante, un pallone dal suolo.
"Sono
obbligato solo io." la rassicurò. "Tu hai i feriali e gli
spogliatoi femminili, ma sei stata risparmiata dai festivi e dal casino
delle partite, quindi puoi pure tornare a casa. Sempre che tu debba
andare a casa e non da qualche altra parte."
"In che senso?" si corrucciò Nicole.
Giulio
sollevò una casacca sudata e la gettò in un sacco con
aria rivoltata: "Dal secondo tempo in poi, Luca si è sentito un
eroe con la vittoria già in tasca e andava blaterando che ti
avrebbe invitata ad uscire per festeggiare."
"Aaah, certo. Me l'ha chiesto, ma ho rifiutato."
"Perché mai?"
"Perché sono qui." incrociò le braccia con ovvietà.
"Qui
a perdere l'occasione della tua vita?" la provocò lui,
malizioso. "Con Lu-Lu-Lu-Lucaddominali e contestuale corredo di
fasciatura muscolare da toro del Milagro?"
"Sei geloso di Luca?"
"Lo
sono stato da quando ha cercato di portarti in caverna per farti
conoscere la sua clava. Ma capirai che è più una
questione darwiniana che altro; mi infastidiscono i primati scampati
all'evoluzione del mondo civilizzato."
"Che metafore d'urto."
"Si addicono a Luca."
"Lo tollererai di più, se ti dico che non mi piace poi così tanto?"
"Sì."
ammise il biondino, calciando da parte una borraccia mezza vuota.
"Sì, lo tollererei decisamente di più."
"Bene,
perché in realtà siete uguali." una palla ovale non
propriamente morbida arrivò addosso al petto di Giulio senza la
minima leggiadria. "Facciamo qualche passaggio." gli ordinò
Nicole, sbuffando nello stesso modo in cui avrebbe fatto Antonio.
Giulio
si sentì subito motivato da quella richiesta e lasciò gli
utensili da impresa di pulizie per stare al gioco. Corse in avanti per
superare la ragazza, poi si girò all'indietro ed effettuò
un impeccabile passaggio a iperbole. Lui amava davvero il rugby. Ma
davvero davvero.
"Dimmi com'è stato." disse lei, raccogliendo le energie e dando il via al concatenamento di lanci.
"Com'è stato cosa?"
"L'elefante in questo campo."
Giulio prese il lancio traballante di Nicole e sorrise: "Bello."
"Eh
certo che è bello fare sesso." replicò lei, riferendosi
chiaramente all'argomento principale che ancora non avevano affrontato
dall'ultima festa. "Ma intendo com'è stato nel dettaglio, con
me. Come sono andata, se ti sono sembrata soddisfatta o meno, se mi
è piaciuto."
Gli
lanciò il pallone e lui lo ricevette con un suono secco delle
dita contro il cuoio: "Perché non lo scopri da sola?"
"Conosci
qualche tecnica di ipnosi per rivivere il passato?" ansimò,
mentre si avvicinavano alla linea di metà campo.
"No, ma chi ha parlato di rivivere il passato?"
"Spiegati,
Pizzi." ringhiò, mentre, per l'agitazione, stava quasi per
lasciarsi scivolare il pallone a una decina di metri dalla meta.
"Se te lo sei dimenticato-" esordì, allora, il ragazzo. "È come se nemmeno l'avessi fatto."
Ancora
due passaggi e intanto l'apparato respiratorio di Nicole iniziava a
pentirsi dell'idea di aver fatto rugby alle nove di sera.
"Lascia
che rimanga un non-ricordo." proseguì Giulio, serio. "Continua a
vivere come se non fosse successo e datti l'opportunità di farlo
con qualcun altro, come se fosse la prima volta. So di essere stato uno
stronzo e non c'è giustificazione a quello che ho fatto,
né mi aspetto che mi perdonerai mai. Ma per fortuna ti sei
dimenticata tutto; può essere un'opportunità di rifare da
zero, con una persona mille volte meglio e in un momento mille volte
più adatto." Giulio le lanciò il pallone fermandosi
esattamente sulla linea bianca di fondo campo. "Per quanto non lo
sopporti, a questo punto credo che persino Luca Ciambelli possa essere
meglio."
Lei
fermò la palla con entrambe le mani, pensosa, e iniziò a
rallentare la sua corsa per poi raggiungerlo in qualche ansimante
passo: "E se io non volessi rifarlo con qualcun altro?"
Il
biondino, affannato come lei, ma non propriamente per la corsa, le si
avvicinò con la maglietta ancora un po' umida di champagne e i
ciuffi che luccicavano come specchietti per allodole: "Che cosa intendi
dire? Non comprendo la tua lingua volgare."
"Che
potrei accogliere il suo regale consiglio, oh maestà, ma
metterlo in pratica con la stessa persona che mi ha rovinato la prima
volta, così, per puro autolesionismo."
"Siete sempre così prevedibili, voi popolani."
Nicole
si chiuse nella spalle e Giulio la osservò. Un momento, era
seria? Stava davvero facendo quella richiesta? Pensava stesse
scherzando, poco prima.
"Ma quindi il soggetto in questione sarei io?" si stupì. "Veramente, Nicole?"
"A meno che tu non mi abbia nascosto altri osceni dettagli che includono Alessio e le sue perversioni..."
Giulio si esibì in una smorfia schifata: "Organizzo feste da sballo, non orge dell'orrore."
"Allora,
che ne pensi?" chiese, fremente, Nicole, sentendo di morire d'imbarazzo
sotto il suo sguardo sicuro e inarrivabile, ma avvertendo una sorta di
connessione con il suo recondito lato umano, che avevano avuto in
realtà un po' da sempre.
"Non sono bravo come mio fratello. Se mi proponi veramente una cosa del genere, io la accetto."
"Te la sto proponendo veramente."
"Perché?" le domandò, semplicemente.
Lei
si morse un labbro, lasciandosi spingere dall'attrazione verso di lui,
come la notte di Capodanno, come quella notte che aveva - quasi -
dimenticato: "Perché poco fa mi hai dimostrato che sotto la
supersonica montagna di spocchia, c'è in realtà un Giulio
Pizzi rammollito almeno quanto me."
"Perché, tu ti ritieni una rammollita, oh piccola, dispotica, erede di Lucich?"
"Sì, dal momento in cui mi sono lasciata conquistare da un principino del cazzo."
"Mi avevi garantito che fosse colpa dell'alcol."
"Beh, un po' anch'io avevo mentito."
"Quindi
ti scusi per la tua parte di coinvolgimento in tutta la faccenda?"
propose lui, malizioso come al solito, ora avvicinandosi al naso di
Nicole, ora distanziandosi, per provocarla. "Dalla regia mi dicono che,
comunque, per ottenere un rapporto sessuale sul divano durante una
festa ci vogliono due persone, se la matematica e la
consensualità non sono un'opinione."
"È stata tutta colpa dell'alcol." tagliò corto.
"Dici che il coach Lucich sarebbe deluso dalla nostra scarsa performance d'odio?"
"Oh,
assolutamente..." asserì lei, in un soffio, mentre, impaziente,
inclinava la testa e si alzava sulle punte, stavolta ubriaca solo di
sobri sentimenti.
"Beh,
magari capirà le nostre motivazioni." suggerì Giulio.
"Non capita ogni giorno di poter modificare la memoria, no? Sei davvero
fortunata..."
"Giu, basta. Chiudi quella cavolo di bocca e fammi ricordare."
Nicole non diede a Giulio il tempo di rispondere e lo baciò.
*
"Oddio."
soffiò Nicole, rossa e spettinata, letteralmente buttandosi
addosso lo schienale di pelle dell'Audi A4. "Non ci credo che l'abbiamo
fatto nell'auto di mio padre."
La
testa bionda di Giulio spuntò dai suoi pressi e si
accomodò ugualmente sul sedile, prendendo lentamente ossigeno:
"Io invece non ci credo che l'abbiamo fatto. Beh... rifatto. E
comunque, il campo era troppo freddo e gli spogliatoi troppo sporchi."
"E la tua Cinquecento?"
"Troppo
plebea. E poi non è mia, ma di mia madre, che come vedi ha
provveduto a farla sparire dal parcheggio, molto probabilmente nella
speranza che tu avresti portato a casa me, e Serena mio fratello."
"Ti ho già detto che adoro tua madre?"
"Solo
un milione di volte." sbuffò Giulio, per poi ritornare serio,
voltandosi e sfiorandole il naso tanto erano vicini. "Allora, dimmi
com'è stato."
Nicole
era un po' troppo rimbambita per riuscire a formulare pensieri
coerenti, però rimediò con un sentitissimo: "Bello."
"Vedi che avevo ragione?"
Eh sì, Giulio Pizzi aveva proprio ragione.
Nicole
si era ricordata tutte le emozioni provate precedentemente: l'aveva
prima spogliato osservando il suo fisico asciutto e atletico, le onde
della muscolatura marcate dai faretti all'ultimo grido dell'Audi A4,
come quella notte risultavano marcate dalle luci colorate della festa.
Poi si erano distesi scomodamente in quel posto stretto, proprio come
il fantomatico divano che Francesca osannava tra tutta la mobilia di
casa Lucich. Lì sopra, Giulio l'aveva accarezzata in un modo che
avrebbe fatto dimenticare il freddo anche al Polo Nord; ci sapeva fare,
era inutile negarlo, e lei, in risposta, aveva assaporato la sua pelle
come se in realtà non fosse già diventata il suo gusto
preferito. Centimetro per centimetro, si era beata di quel sapore
frizzante e salaticcio del campione, ma anche della sua pelle delicata
e liscia, proprio come lei aveva sempre creduto che fosse quando si
sognava di poterla azzannare per tranciargli la carotide.
E
il suo naso? Oh, quel naso perfetto, che lei aveva veramente morso da
piccola in un raptus di innocua giocosità fanciullesca, le aveva
soffiato addosso tonnellate di erotismo, senza far altro che respirare,
prima, e respirare veloce, poi, man mano che i loro movimenti
diventavano più ritmici. Dire che fosse stato solo bello era un
po' riduttivo, si corresse Nicole, ma era seriamente ancora troppo
intontita per partorire pensieri più complessi.
Credeva
solamente che quell'idea della doppia prima volta non fosse stata
affatto male e che, tutto sommato, forse non le dispiaceva poi
così tanto essersi scordata l'originale.
"Che
farai adesso?" chiese, cercando di riprendere la facoltà
intellettiva con scarsissimo successo. "Cioè, siamo a posto
così? Questione sistemata?"
Giulio ridacchiò: "Aspetta, ricordamelo, tu sei quella che crede nelle storie d'amore tipo favole e Twilight, giusto?"
"Presente." rispose mestamente lei, sicura di essersi già troppo illusa.
"Allora come dovrebbe funzionare, secondo la tua rosea logica?"
"Che arriva il principe azzurro e mi prende per sempre con sé."
"E io sono il tuo principe azzurro?"
"Beh,
di sicuro il mondo ti dipinge come un principe..." sussurrò
Nicole, immergendosi nei suoi occhi. "Ma saresti mai disposto ad
abdicare al trono sul mondo, e diventare solo il mio... di principe?"
In
quel momento più che catartico, Giulio lanciò un
sorrisetto tattico e disse: "Se mi garantisci che funziona che ti bacio
e poi smetti di essere una ranocchia, allora sì."
Nicole
picchiò Giulio, e lo picchiò, e lo picchiò, poi si
baciarono e alla fine lui le chiese un passaggio a casa.
*
La Punto blu si fermò davanti a via dei Mille numero centosei, per consegnare il Pizzi grande alla sua legittima dimora.
Dato
che la Cinquecento di Andrea era sparita dal parcheggio del campo, lui
e Serena avevano deciso di fermarsi a cenare nel loro posto preferito
in assoluto, prima che Serena gli desse un cortese passaggio a casa.
Inutile dire che dopo l'abbuffata di piade, si fossero ritagliati anche
qualche momento di intimità, giusto per ripetere la
soddisfacente esperienza del pomeriggio.
Così,
scortati dal buio della sera, avevano parcheggiato nei pressi
dell'ormai familiare zona boschiva, nascosta dagli occhi di tutti.
Andrea si era lasciato prendere dal guizzo di pazzia e, senza nemmeno
dare a Serena il tempo di tirare il freno a mano, aveva preso il suo
viso tra le dita e l'aveva baciata come se potesse perderla per sempre,
già a partire dal giorno successivo.
Andrea
aveva adorato tanto Lucia, i primi anni della loro storia, ma non
l'aveva mai baciata così senza che fosse un gesto unilaterale.
Serena, invece, aveva risposto a quel bacio con altrettanta, se non
maggiore passione, e la stessa paura che un ragazzo così
indescrivibile potesse sfuggirle via lasciandole un vuoto che aveva
già sperimentato. Non le era mai capitato, in ventisei anni, di
sentirsi completamente immersa in un'altra persona, che l'avvolgeva
così saldamente da suggerire che in realtà, no, al
contrario delle loro paure, non si sarebbero mai più lasciati.
E
ben presto, erano finiti nel retro della Punto, dove Serena aveva dato
prova di istinti che non sospettava di avere. Andrea le aveva detto che
'micio-miao' era un soprannome riduttivo; avrebbe dovuto chiamarla
'tigre-roar' oppure 'lupo mannaro-auuu', ma ciò era stato troppo
inquietante per entrambi, e avevano deciso di passare oltre cambiando
posizione e concludendo quello che aveva rappresentato, per tutti e
due, il più coinvolgente rapporto mai avuto. Peccato che uno
degli ultimi movimenti di Andrea, forse accentuato dall'onda di
lussuria che lo stava trasportando, fosse stato un po' troppo brusco e
avesse dato all'automobile una spinta verso direzioni che non avrebbe
preso, se Serena avesse inserito il benedetto freno a mano.
L'auto
aveva seguito la pendenza ed era finita a viaggiare da sola per qualche
metro. Serena e Andrea l'avevano fermata in tempo prima che potesse
stroncare vite umane, ma furono avvistati mentre scendevano, nudi, in
mezzo alla strada per sincerarsi di non aver fatto danni. Quindi si
erano vestiti in imbarazzo ed erano partiti verso casa a tutto gas.
Ancora
frastornati dall'avventura appena vissuta, si guardarono timidamente
con una vaga complicità, prima che Andrea dicesse: "Non è
successo nulla, giusto?"
"A cosa ti riferisci?"
I
due allora scoppiarono a ridere, proprio mentre i loro volti venivano
illuminati dai fari di un'Audi A4 che entrava nella stessa via. Nicole,
Giulio, Serena e Andrea scesero contemporaneamente di fronte
all'entrata di casa Pizzi, mentre una compiaciuta mamma Roberta spiava
il frutto del suo operato da dietro finestra, dicendosi che era stata
proprio brava ad invischiare i propri figli.
"Andrea,
Serena!" li salutò Giulio. "Com'è che sembra che qualcuno
vi abbia appena beccati nudi a fare le cosacce?"
Serena si domandò se Giulio avesse qualche superpotere.
"E
tu com'è che sembri così gagliardo dopo il periodo di
reclusione ecclesiastica?" rimbeccò Andrea. "C'entra la
madamigella al tuo fianco, per caso?"
"Non per caso, ma per causa vostra. Comunque sì, c'entra lei."
"Abbiamo solo restituito un favore." sorrise Serena.
"Deduco che non siamo più cognate, allora." disse Nicole, infilando le mani in tasca con aria dispiaciuta.
"Meglio." la corresse Serena. "Ora siamo amiche."
"Però, Giu, che fine hai fatto fare alla mia piadina?" fu la domanda, chiaramente più inopportuna, di Andrea.
Tutti
e quattro si misero a ridere, poi Nicole si avvicinò alla porta
del conducente e fece per aprirla: "Credo che per San Valentino mio
padre porterà mia madre alle terme. Vi va se organizzo qualcosa
a casa Lucich per festeggiare tutti assieme? Giulio, mi dai una mano a
organizzare?"
I
due giovani si scambiarono un'occhiata scintillante: "Certamente,
Nicole, a patto che tu mi faccia portare una fustigatrice sadomaso per
tuo fratello e tre ettolitri di vodka per me e Serena."
"Perché la vodka anche per me?" domandò quest'ultima, divertita.
"Perché dobbiamo bere per dimenticare con chi abbiamo deciso di stare insieme."
Andrea
e Nicole iniziarono a protestare, mentre anche Serena fece per
recuperare il suo mezzo e salire: "D'accordo, Lucich, ci vediamo
là per San Valentino. E a voi, Pizzi, se serve, potrò
fare io da tassista."
I ragazzi si salutarono allegramente, poi sia l'Audi che la Punto partirono e si fecero strada verso le proprie residenze.
Andrea e Giulio, prima di aprire la porta di casa, si trattennero sotto la luce del porticato.
"Grazie,
fratello maggiore." disse Giulio, faticando a guardare il fratello
negli occhi, perché poco avvezzo a queste dimostrazioni di
gratitudine.
Andrea
si lasciò intenerire dal rossore appena appena accennato sulle
guance del princeps e gli diede un'affettuosa spintarella sulla fronte,
con le due dita, com'era solito fare: "Grazie a te, moccioso."
I
fratelli Pizzi rientrarono e non si accorsero che, per tutto quel
tempo, c'era stato sopra alle loro teste un rametto di vischio, che
mamma Roberta aveva curiosamente dimenticato di togliere dopo le
feste.
Fine
***
ANGOLO AUTRICE
Lettorini miei ❤
Allora, che ne pensate? Vi è piaciuta questa storia?
Io
sono molto contenta di lei, nel complesso. Mi sono divertita sia a
scriverla che a pubblicarla. Scrivendola, sono riuscita a distrarmi un
po' sia dalla fine di "Io e te" che dalla sessione, mentre
pubblicandola le vostre opinioni le hanno dato spessore. Mi avete
evidenziato dei lati dei personaggi a cui nemmeno io avevo pensato e,
niente, credo che ci siamo divertiti insieme per un po'... no? Grazie
infinite per esserci stati e per aver dimostrato tutto questo supporto.
Non credevo che sareste stati così presenti anche per questa
piccola storiella... davvero, grazie!!!
Ma
ora bando alle ciance: la questione più scottante ora è
una ed una sola, lo so, quindi andiamo dritti al punto: GIULIO O ANDREA?
In
realtà, non ho pensato a questo contest mentre scrivevo dei
fratelli Pizzi, lo giuro, ma poi mentre pubblicavo (e devo dire, grazie
anche al disegno di mayura.art) mi è venuto naturale compararli
e... niente, sarei troppo curiosa di sapere il vostro giudizio. Ah, ma
non lo sapete neanche voi?
Ok,
non prendete paura, sono pazza, ma non troppo. Questo link che vi ho
messo qui sopra vi porterà al sito Quotev, che alcuni di voi
probabilmente già conoscono, e in particolare al quiz da me
medesima creato. Non vi preoccupate, per fare il test non dovete essere
iscritti né inserire dati personali. Ho usato questa piattaforma
in passato e vi posso garantire che è del tutto sicura! Anzi,
è molto divertente! Vi permette infatti di rispondere alle 7
infallibili domande per capire, definitivamente, quale dei due fratelli
Pizzi è il vostro preferito.
Pensate che non funzioni? Provate e poi mi saprete dire.
Io
l'ho già fatto come cavia e vi comunico che mi è uscito
come risultato... *rullo di tamburi*... Andrea! Ma le
probabilità che vi esca o l'uno o l'altro sono del 50-50,
dipende da come risponderete a ognuna delle 7 domande. Ve lo assicuro;
è facilissimo, e alla fine vi comparirà la schermata dove
potrete vedere il risultato e la percentuale di risposte favorevoli
all'uno e l'altro Pizzi. Mi raccomando; se riuscite, fate un bello
screen e mandatemelo, oppure comunicatemi tramite commento/recensione
qual è il Pizzi del vostro cuore.
Sarà
una divertente sfida di San Valentino e, ovviamente, colui che tra i
due Pizzi risulterà il più quotato vincerà la
corona di Pizzi D'Onore (fatta interamente in vischio, obv) e
sarà incoronato fra qualche giorno, quando vedrò che
più o meno tutti avrete letto e svolto il test.
Quindi che farò io nel frattempo?
Beh,
non dimentichiamoci che c'è una bellissima long appena iniziata
che ci accompagnerà almeno per tutto il mese di marzo, che parla
di due gemelle diverse e che è scritta non solo da me, ma anche
dalla mia schizzatissima collega cioccolatomalik che
ha avuto l'idea della collaborazione che mi soprendende, giorno dopo
giorno, con idee sempre più trash. Sì, esatto, due
gemelle. E alla fine faremo un altro bel test per sapere quale delle
due siete, contenti? 💜 *fischi, pomodori marci e bucce di banane*
Poi
poi poi... non pensate che sia finita qui (*suicidio di massa*). Ci
sono tante storie che ho in cantiere. Ma veramente tante.
Parallelamente a "Una ragazza come te", infatti, continuerò ad
occuparmi di queste e, quando sarò riuscita a sceglierne una
(credetemi, non è facile), la pubblicherò, nella speranza
di essere costante e regolare come in IPLF, anche se dubito di me
stessa, che è cosa buona e giusta, sempre.
Quindi
nulla, speriamo che il 2019 sia davvero un anno ricco come si è
prospettato da quest'inizio e spero che continuiate a seguirmi con
affetto come avete sempre fatto, nel bene e nel male, negli Andrea e
nei Giulio che vi propinerò senza rimpianto.
Se
nel frattempo non sapete proprio che fare oggi, perché San
Valentino vi fa schifo e l'amore ancora di più, vi propongo una
storiella da leggere che di romantico non ha proprio nulla, no no.
Davvero nulla, eh. Lo giuro. Anche perché non ti puoi innamorare
della ragazza che hai appena rapito, giusto? #sindromedistoccolmaportamivia
P.S.
se la leggerete o l'avete letta, poi ditemi... non vi ricorda un po' la
storia di Nicole e Giulio? Biondino conturbante, ragazzina
insopportabile, perdite di memoria...? Ai posteri l'ardua sentenza.
Grazie di tutto!