Invischiati per le feste

di Yellow Daffodil
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sei mesi dopo ***
Capitolo 2: *** Pizzi, ho un'idea! ***
Capitolo 3: *** Come specchi per allodole ***
Capitolo 4: *** Sbavature nel piano ***
Capitolo 5: *** Fuochi d'artificio - parte 1 ***
Capitolo 6: *** Fuochi d'artificio - parte 2 ***
Capitolo 7: *** Andreo e Giulietto ***
Capitolo 8: *** La partita ***



Capitolo 1
*** Sei mesi dopo ***


IPLF 1

Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.



ATTENZIONE: Questa storia è il seguito di due One-Shot precedentemente pubblicate sul mio profilo. Le potete trovare sia su EFP che su Wattpad ai seguenti link:
Una notte da dimenticare
Link EFP: https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1040493&i=1
Link Wattpad: https://www.wattpad.com/story/147784979-una-notte-da-dimenticare
Autostop
Link EFP: https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3686749&i=1
Link Wattpad: https://www.wattpad.com/story/115485260-autostop

Sono entrambe pubblicazioni di un solo capitolo e sono relativamente corte, ma vi servono assolutamente per poter capire che cosa è successo ai nostri amati personaggi sei mesi prima...



Invischiati per le feste

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1. Sei mesi dopo

La Punto blu entrò nel vialetto, urtando, come al solito, lo gnomo da giardino. Quindi si sentì il rumore di un freno a mano tirato bruscamente e la porta del conducente si aprì per far uscire una ragazza e una soffocata imprecazione.

Serena fece il giro per davanti alla macchina, asciugandosi gli occhi offuscati dalle lacrime, quindi raggiunse lo gnomo e gli diede una controllata come se avesse steso un cerbiatto. No, non è che fosse preoccupata di avergli fatto del male, ma se l'avesse rotto avrebbe dovuto ripagarlo e quello sì che avrebbe fatto male, specialmente al suo portafogli. Fortunatamente, a parte lo smacco sulla punta del piede risalente ancora all'ultima volta, era tutto a posto, per cui lo risistemò in posizione eretta e tornò alla guida della Punto.

Percorse tutto il vialetto fino ad entrare nel patio e lì si fermò, indugiando nell'abitacolo con il motore acceso per qualche secondo. Guardava il volante con la vista sempre più appannata, una mano sulla chiave e una appena sotto agli occhi, pronta ad asciugare qualche lacrima sfuggevole.

Alla fine decise che era inutile fingere di stare bene, quindi spense il motore e scese dalla macchina. Nemmeno a dirlo, qualcuno si era già accorto del suo arrivo e le aveva aperto la porta.

"Serena?"

La ragazza faticò a trattenere un singhiozzo; essere lì, sentire certe voci e vedere certi volti le faceva così male che l'immagine del cerbiatto investito di poco prima non era nulla a confronto. Si avvicinò alla porta, senza nemmeno tentare di nascondere il suo malessere.

"Sei solo tu?" domandò alla ragazza sullo stipite e lei, dopo un'occhiata guardinga alla nuova arrivata, annuì.

"Che è successo?"

Serena si limitò a scuotere la testa, gesto che la padrona di casa interpretò correttamente decidendo di farla accomodare: "Entra, dai."

La casa era quella dei Lucich, famiglia rispettata della città, nucleo di quattro elementi che in un modo o nell'altro avevano sempre fatto parte della vita di Serena. C'era Antonio Lucich, il capostipite, rinomato allenatore di rugby all'italiana, ossia il rugby che predicava il fair play, ma la cui struttura intestina era peggio della mafia. Antonio era sempre stato, per usare una metafora, il padrino della società; stimatissimo e temutissimo anche a livello regionale, e a tempo perso, pure avvocato. L'avvocato che aveva seguito il divorzio dei genitori di Serena. Francesca Lucich era la moglie perfetta di Antonio; gran cervello, gran carisma e anche gran fondo schiena. Era la dirigente scolastica dell'istituto che aveva frequentato anche Serena e che tutt'oggi continuava a ricevere premi per mille motivi: Francesca era davvero impeccabile, non solo nel lavoro, ma anche nella vita privata, che affrontava mania dopo mania. Tipo girava la voce che avesse una domestica a cui faceva pulire il divano almeno tre volte al giorno, però shh, nessuno doveva saperlo.

Antonio e Francesca avevano due figli: Sandro e Nicole. Su Sandro, Serena preferiva non dire nulla, addirittura non pensare a nulla, mentre per Nicole era tutta un'altra storia. Nicole aveva ereditato l'intelligenza della madre e la furbizia del padre, ma era anche molto giovane, quindi non incuteva per niente terrore, al contrario dei genitori. Era simpatica; lei e Serena si erano prese a cuore a vicenda, come due amiche e non solo come cognate.

Serena aveva sette anni in più di Nicole, ma non aveva faticato a costruire un legame con lei: aveva una singolare simpatia e una sensibilità che spingeva a dare fiducia. Erano le qualità che l'avevano fatta correre da lei, quel giorno, prima che da chiunque altro, nonostante fosse il suo stesso fratello maggiore la causa di ogni male.

"Siediti, dai, ti porto un bicchiere d'acqua." le disse la ragazza, indicando a Serena il famoso divano delle manie di Francesca.

Erano stati Antonio e Francesca a presentare a Serena il loro scapestrato primogenito, non meno di ben sei anni prima, dopo che i suoi genitori si erano separati e lei aveva confessato all'avvocato di sentirsi molto sola. Così Antonio ne aveva parlato a Francesca e Francesca, che aveva un fiuto naturale per le ragazze a modo e dalle alte performance scolastiche, era stata più che felice di accoglierla in famiglia per alzare il livello di miserabilità della sua prole. 

Non che i Lucich odiassero i loro figli, ma non si erano mai nemmeno dimostrati troppo orgogliosi di loro. A volte sembrava quasi che scegliessero dei sostituti perché né Nicole né Sandro avevano mai primeggiato in qualcosa. E i Lucich, si sa, dovevano sempre primeggiare in qualcosa.

"No, grazie, sono a posto così." Serena declinò gentilmente e si mise a sedere dove le era stato suggerito.

Così, Nicole si soffermò a osservare la fragile figura della sua quasi-cognata (grazie a Dio, Sandro non le aveva ancora chiesto di sposarsi): nonostante fosse una giovane donna alta e ben messa, quel giorno sembrava un piccolo scricciolo, tutta rannicchiata all'angolo del divano, gli occhi rossi e le spalle tremanti. Nell'ultimo periodo l'aveva vista fin troppo spesso in quelle condizioni e per quanto le dispiacesse, stava iniziando a stancarsi.

Scosse la testa, arrabbiata e amareggiata: "Sere, non posso accettare che vada avanti così."

Ma Serena alzò una mano, come ad interromperla: "Ho solo bisogno di sfogarmi. Ti prego."

Allora Nicole tirò un sospiro e si sedette accanto a lei, ormai avvezza a questo tipo di sedute in cui si improvvisava consolatrice. Dopotutto, che altro avrebbe potuto fare? Come se fosse sua sorella e non la sorella di Sandro, la abbracciò forte e mentre singhiozzava le sussurrò: "È proprio uno stronzo."

Fissò le palline dell'albero di Natale nell'angolo del salotto e le contò come se fossero le quelle di un abaco, per enumerare le volte in cui Sandro aveva fatto soffrire qualcuno. Purtroppo anche lui, da bravo Lucich, aveva ereditato una scaltrezza fuori dal normale, ma la utilizzava a scapito degli altri, unendo ad essa una noncuranza innata, che lo faceva assomigliare molto ai loro genitori.

Sandro non era nemmeno chissà quale bellezza; a ventisette anni girava ancora con la barba incolta di giorni e non si tagliava i capelli perché non gli andava di spendere soldi dal barbiere. Aveva l'animo capriccioso di un bambinetto, ma tutta la cattiveria di un giovane farfallone a cui non dispiaceva andare di fiore in fiore senza badare ai cuori spezzati.

Serena era stata l'eccezione alla regola; i suoi l'avevano selezionata bene per uno come Sandro e pure in un periodo in cui le debolezze di lei e la forza di lui si sarebbero sposati perfettamente. Chiunque altra sarebbe scappata a gambe levate da quella situazione, ma lei era rimasta, aveva creduto che tra loro avrebbe potuto esserci qualcosa di forte, di vero. 

Ma, sinceramente, aveva sbagliato alla grande. Aveva scoperto del primo tradimento quell'estate, a luglio, dopo sei anni in cui probabilmente la fedeltà non era mai stata troppo di casa. Serena se n'era finalmente resa conto quand'erano andati a convivere e lui, nel giro di qualche settimana, aveva fatto conoscenza ravvicinata con svariate condomine. Sembrava che Serena l'avesse lasciato e cacciato per questo, ma qualche giorno dopo aveva deciso di parlare con lui e discutere della loro situazione. Sorprendentemente per tutti, in casa Lucich, l'aveva perdonato ed erano tornati a fare la vita di coppia... perché Serena era una grandissima debole.

Infatti, ora era quasi Natale e quei due si trovavano di nuovo punto e a capo. Il problema, pensò Nicole, era che in circa sei mesi aveva assistito a quella scena almeno altre due volte. Perché Serena era così ostinata? Amava a tal punto suo fratello o amava solamente farsi del male?

La serratura della porta scattò e fece alzare gli occhi di Nicole sull'entrata. Mentre ancora stringeva Serena, la osservò aprirsi e lasciar entrare l'ultima persona che avrebbe voluto vedere in quel momento.

No, non Sandro.

Giulio.

"Woah, dimostrazioni saffiche di affetto, sono arrivato giusto in tempo." salutò lui, con la sua classica, perenne, aria di superiorità.

"Oddio." si lamentò Nicole, sciogliendo l'abbraccio. "La puoi smettere di entrare in casa mia ad cazzum? È come se fosse una tua proprietà, ma, tieniti forte per la rivelazione, non lo è. Si deve bussare, o suonare il campanello. E capisco che tu sia abituato al ponte levatoio della tua reggia, o principe, ma qui esistono solo dispositivi plebei."

"Dunque perché sprecarsi in tali pagane tradizioni, quando hai direttamente le chiavi?" rimbeccò lui, agitando fieramente il mazzo tra le dita.

Nicole roteò gli occhi: gliele aveva date suo padre, ne era certa. Antonio Lucich adorava Giulio; era come la sua spalla destra, il suo scagnozzo, il figlio che non aveva mai avuto. O meglio, come il figlio che avrebbe voluto al posto di quello stronzo di Sandro. Ed era tutto dire, pensò Nicole, perché Giulio era ancora più stronzo.

Serena si vergognò immensamente: non sapeva che in casa Lucich sarebbero arrivati ospiti, perciò girò il volto tentando di nasconderlo alla bell'e meglio. Ma i due ragazzi non sembravano preoccuparsi troppo di lei; erano immersi in una discussione da cui non sarebbero usciti entrambi vivi.

"Non capisco perché debba dare le chiavi a te! A te!" si animò Nicole. "Che cosa ti ha mandato a fare stavolta? Una nuotatina in piscina? Un pisolino sul suo materasso Memory Foam?"

Giulio buttò lì una risatina, mentre si ambientò senza il minimo imbarazzo nella casa, togliendosi il giaccone e lanciandolo sul tavolo. Aprì il frigo, prese il Gatorade preparato apposta per lui e lo stappò, bevendone due grossi sorsi: "Mi ha mandato per controllare che non stessi distruggendo la casa, Nic."

"Giuro che ti uccido."

Giulio bevve di nuovo, dando finalmente l'impressione di un ragazzo affaticato, infreddolito e assetato che ha bisogno di energie, cosa che era ma che si sforzava di non dare a vedere: "Mi ha mandato a prendere la registrazione dell'ultima partita. Abbiamo appena finito l'allenamento e voleva discutere con la squadra dell'ultima performance, ma aveva dimenticato il video a casa."

"Ti ha anche fatto guidare la sua macchina, magari." commentò Nicole, invidiosa.

Sia lei che Giulio, in quanto coetanei, avevano preso la patente da poco. Ma se a Nicole Antonio non osava nemmeno far provare la sua Audi A4, a Giulio mancava poco che la regalasse, anche se tecnicamente non avrebbe potuto guidarla da neopatentato. Come già osservato, quell'uomo amava Giulio Pizzi. Lo amava più della legge e quasi più dei suoi stessi figli, altro buon motivo per detestarlo profondamente.

"No, stavolta ho dovuto usare la Cinquecento di mia madre." rispose il ragazzo, posando finalmente la bevanda con un sospiro. Come per ogni disagio, Giulio tentava di dissimulare, ma la verità era che, a volte, essere il protetto di Lucich era una vera palla. Per carità, fama e invidia ovunque, ma i mille favori e l'ansia di essere sempre al top facevano sentire il loro peso anche su una divina entità come lui.

"Ah, e tra l'altro." aggiunse assumendo uno sguardo leggermente colpevole. "Ho ammaccato il piede dello gnomo da giardino sul vialetto. Ma diremo che è stata colpa tua, ok?"

Nicole esplose in un fiume di rabbia: "Come no, Pizzi! Diciamo sempre che è colpa mia! Ormai qui dentro sei il cocco di casa; anche se la facessi in cenere con le tue stesse mani, sarebbe comunque colpa mia! Vedi festa di quest'estate!"

Serena non capiva di cosa stessero parlando, ma si sentì troppo in colpa, specialmente vedendo la reazione di Giulio alle accuse, così decise di intervenire: "Sono stata io ad ammaccarlo."

Nicole e Giulio si voltarono verso di lei. La sua vocina da agnellino aveva dissipato ogni sfumatura di rabbia negli occhi della ragazza: "Oh, non ti preoccupare, Sere, dirò che è stata colpa mia."

"Ma come?!" sbottò Giulio.

Dopo aver doverosamente espresso il suo disappunto nei confronti dei favoreggiamenti di Nicole, il biondo sembrò accorgersi di Serena per la prima volta e si avvicinò a lei assumendo uno sguardo preoccupato.

"Ehi, tu, va tutto bene? Che cosa ti prende?"

Serena arrossì e distolse lo sguardo, mentre Nicole si lanciò davanti a lei per cercare di proteggerla da giudizi indesiderati: "Lasciala stare, ok? Un coglione l'ha fatta stare male. Un coglione proprio come te."

"Grazie per i complimenti." Giulio non si fece scalfire e si sporse un altro po', per osservare meglio l'ospite. "Ma lei non è la ragazza di tuo fratello?"

Il pianto di Serena si fece più intenso e Nicole fulminò Giulio: "Vedi perché sei un coglione?"

Giulio pareva perplesso e si grattò la testa, mentre si spostò per mettersi di fronte alle due ragazze: "Scusa, ma pensavo che per una volta tuo fratello si fosse rimesso in carreggiata."

"Magari." singhiozzò Serena. "Così l'avrei investito."

"Ehi..." 

Con gran sorpresa di Nicole, Giulio si piegò sulle ginocchia e si avvicinò al volto di Serena per poterla guardare negli occhi. Con una dolcezza inedita, le sposto le mani da davanti alla faccia e le parlò a voce sommessa, tutt'altra cosa rispetto al suo solito tono da re del mondo: "Sandro è un rifiuto umano, non devi buttarti giù per lui."

Nicole tossicchiò: non che non fosse d'accordo, ma Giulio si prendeva sempre troppe libertà, anche di parola. Stava parlando male di un Lucich in casa Lucich e di fronte a un altro Lucich, dopotutto.

Ma lui non le diede retta, sembrava davvero dispiaciuto per la povera Serena e si era sentito in dovere di intervenire: "Dovresti mandarlo a quel paese definitivamente, trovarti uno con le palle e soprattutto con dei capelli che non assomiglino a uno spolverino Swiffer."

Nicole era oltraggiata e voleva dare una botta in testa a Giulio, però qualcosa la stava trattenendo. Qualcosa di strano, estremamente strano. Sentire Giulio parlare con quel tono e quella premura, anche se stava facendo un discorso suicida, le aveva fatto scattare qualcosa a livello cerebrale.

Seriamente: il suo cervello aveva come preso una scossa, aveva ricevuto un flash. Quel modo di fare, lei... se lo ricordava. Quando l'aveva già sentito? Lei e Giulio si conoscevano sin da bambini, sin da quando lui aveva iniziato a fare rugby, ma non aveva memorie consistenti di lui in versione ragazzo normale, premuroso e sensibile. Ma soprattutto normale.

La reazione di Serena la distrasse dai pensieri: la sua faccia era completamente cambiata di fronte a Giulio. Era impallidita a tal punto da farle pensare che avesse visto un fantasma.

"È lui..." soffiò, fissando Giulio in modo inquietante.

Giulio e Nicole si scambiarono un'occhiata.

"È lui." ripeté Serena, indietreggiando con il busto, a mo' di film dell'orrore. "Oh mio Dio."

"Nic, sicura che questa sia a posto?" mormorò Giulio, stavolta sì, guadagnandosi uno scappellotto.

"Sere, che stai dicendo?"

Ma Serena si era alzata in piedi sulla scia della scena horror, e si era rintanata nell'angolo della stanza, giusto per non farsi mancare nulla. Incredula, si sfregò le mani sul viso, poi guardò di nuovo il ragazzo e la situazione non si risolse. 

Sembrava davvero che Giulio fosse il frutto di una sua folle visione, a tal punto che decise di voltarsi, piantando le mani ai lati del lavabo e fissando lo scarico con fare da pazza. Nicole aveva visto quella scena una sola volta nella vita: in Harry Potter, quando la professoressa Cooman aveva visto il Gramo nella tazzina di Harry.

"Serena?" Nicole osservava a tratti lei, a tratti Giulio, guardinga, non sapendo se aspettarsi che il cervello di Serena esplodesse o che Giulio si trasformasse in un mostro mangia bambini.

Il ragazzo estrasse il cellulare: "Posso sentire che dice il 118."

"No, no." Serena recuperò tempestivamente la ragione, obbligandosi a darsi una ripigliata. "Scusate, è solo che..."

Si schiarì la voce, stropicciandosi gli occhi rossi, poi sospirò: "Nicole, avresti ancora quel bicchiere d'acqua?"

Nicole fornì i liquidi richiesti a sua cognata, sperando che potessero reidratarle la corteccia cerebrale, e lei finalmente si decise a dare una spiegazione: "Ti ricordi che ti avevo parlato di quel ragazzo, quest'estate? Quello... quello dell'autostop?"

"Ah sì, quello con cui ti shippavo un sacco. Alessandro... Alberto..."

"Andrea."

"Giusto."

Giulio si inorridì: "Io non voglio ascoltare queste cose."

"Ecco, quel ragazzo... era identico a lui!" sbottò Serena indicando Giulio. Sembrava davvero pazza, ma la sorgente di tutto quel trambusto era euforia, euforia pura, che Nicole ricordava di aver sentito nella sua voce solo quando aveva condiviso con lei quella sua piccola avventura.

"Che delusione." sbeffeggiò lei. "Mi ero immaginata un gran figo."

"Ah-ha." grugnì Giulio.

"Ci assomiglia davvero tantissimo... se solo avesse sei o sette anni in più..." gongolò, invece, Serena, persa nella fantasia.

Nicole non aveva mai avuto modo di finire quel il discorso. Sere le aveva raccontato dell'autostop, della strana chiacchierata e della fidanzata del tipo che si slinguazzava un altro per dispetto, ma non aveva mai saputo com'era andata a finire, dopo che quei due si erano allontanati. Nicole aveva il sospetto che si fossero imboscati per fare cose e Serena non gliel'avesse detto per rispetto di suo fratello. Anche se si erano lasciati, in quel periodo, non era bello che lei sbandierasse di aver trovato con chi consolarsi, anche se, tutto sommato, a Nicole non sarebbe affatto dispiaciuto.

Aveva idealizzato Andrea come il ragazzo perfetto, secondo i racconti di Serena, e aveva sempre avuto il desiderio di chiederle di più su di lui: come faceva di cognome, dove abitava, se si fosse innamorata e perché non si erano più sentiti. Ma ogni volta che aveva incontrato Serena, dopo quel giorno, non avevano parlato d'altro che di Sandro. Dapprima di come poter ricominciare a fidarsi di lui e in seguito di come sopportare le continue scappatelle e l'idea che forse lui non l'avesse mai veramente amata.

"Mi spiace sembrare così isterica." Serena sospirò, scuotendo la testa e avvicinandosi timidamente a Giulio. Teneva le mani unite in grembo, agitata, e lo scrutava attentamente. "Ma tu somigli tantissimo a una persona."

"Questo l'avevo capito. Se solitamente è una persona che sta crocefissa, ci sono abituato. La gente mi scambia spesso per Gesù."

Nicole si teneva la testa con la mano: "Quanto sei blasfemo."

E per la seconda volta nel giro di pochi secondi ebbe la sensazione di avere qualche ricordo represso nella testa. Forse vedere davanti a sé Serena in fase epifania la stava influenzando troppo.

Serena sorrise alla battuta su Gesù, trovandola per nulla irritante, ma addirittura simpatica. Simpatica come quelle che faceva Andrea. E l'aveva conosciuto per poche ore, ma ricordava tutto, tutto, davvero tutto su di lui. Il fatto che Giulio gli somigliasse così tanto rendeva la memoria un fatto del presente, come se Andrea si trovasse ancora lì, di fronte a lei.

Ma Andrea era diventato veramente solo uno spettro per Serena. Uno spettro che l'aveva accompagnata negli ultimi sei mesi, specialmente nei momenti di sconforto. Un desiderio inesaudito, un rimorso e un rimpianto. Da quel giorno non aveva più rivisto Andrea; lui non l'aveva cercata e lei, pur conoscendo il suo indirizzo, non aveva osato ripresentarsi davanti a casa sua.

Certo, non aveva fatto altro che sforzarsi di scacciare il pensiero di lui, perché sì, perché doveva essere solo un'enorme sbandata capitata con un pessimo tempismo. Ma non era servito a nulla: lui tornava sempre, ad assillarla quando piangeva per Sandro e quando vedeva qualcuno aspettare ai lati di una strada. Per questo sentiva i morsi del rimpianto: perché non era stata più coraggiosa, perché non aveva afferrato al volo quell'occasione, perché si era fatta sfuggire Andrea dalle mani e Andrea non era più tornato.

Non sapeva il motivo per cui fosse sparito e di certo non sarebbe andata a casa sua per chiederglielo. Serena ormai era sicura che per lui si fosse trattato solo un flirt casuale, ma opportuno. Sì, un bel quarto d'ora, per sfuggire allo schifo delle loro relazioni, ma che si fosse addirittura innamorato di lei era proprio una barzelletta. Lei, che non aveva mai ricevuto l'amore vero di nessuno. Lei che era un asso ad innamorarsi e sognare in grande. Lei, sì, lei che era così, ma... gli altri? Gli altri non si innamoravano di certo in un solo quarto d'ora.

Ma forse perché a lei era successo, aveva deciso di impegnarsi con Sandro, di nuovo. Come se fosse stato... un tributo. Un tributo ad Andrea e a quello che, in pochissime ore, le aveva insegnato. Cioè a lottare, per tutto, sempre.

Era così che si sarebbe mantenuta la felicità, giusto?

E allora perché lei non era felice?

"Scusa." ripeté nuovamente, sorridendo a Giulio. "Sono solo i vaneggiamenti di una povera frustrata. Chiedo scusa per il disturbo, Nicole, ora è meglio che vada."

Serena raccolse la sua borsa e le chiavi della Punto.

"Aspetta, Sere!" la fermò la ragazza. "Che è successo con mio fratello? Che ha combinato stavolta?"

Serena si chiuse nelle spalle: "È solo che ho trovato dei messaggi strani e prima ho risposto al suo telefono, alla una chiamata di una... beh, sono le solite cose." tagliò corto con un sorriso forzato.

"Dovresti veramente chiudere." propose Nicole, suonando, per suo dispiacere, concorde con le parole di Giulio.

Serena sospirò, mentre afferrava la maniglia della porta: "Lo so... Forse, un giorno. Quando avrò delle certezze."

E non si capì bene di quali certezze parlasse Serena: certezze rispetto al fatto che Sandro la stesse tradendo di sicuro o certezze che le impedissero di perdere totalmente fiducia nell'amore?

Serena salutò Nicole e Giulio e uscì di casa, lasciando entrare una folata di freddo che fece rabbrividire entrambi. Era la mattina del 22 dicembre, primo giorno di vacanze natalizie e primo giorno di freddo vero e proprio in quell'inverno che era stato fino a quel momento piuttosto mite.

Per qualche istante la casa rimase silenziosa, poi ci pensò Nicole a cambiare atmosfera: "Beh?" 

Si voltò verso Giulio, incrociando le braccia al petto sia per mostrare disapprovazione che per proteggersi dal freddo improvviso: "Ti accampi qui, adesso? Dovresti prendere il buon esempio di Serena e andartene. Magari anche per sempre, così mi faresti un bel regalo di Natale."

"Nicole."

La serietà di Giulio fece trasalire Nicole, che tutto si aspettava, tranne che Giulio la prendesse per le spalle e la trascinasse verso il divano. 

Quel divano...

Di nuovo, un altro flash, ma che le prendeva?

"Che cosa vuoi?" sbotto in faccia a Giulio, che l'aveva fatta sedere per piazzarsi accanto a lei e continuare a fissarla con fare inquietante.

"Ascoltami." disse, apparendo fin troppo vicino con quel suo naso perfetto e la pelle sempre ambrata, anche d'inverno. "Quella ragazza, Serena, ha detto di aver conosciuto un tizio che mi assomiglia."

"Bravo. Hai capito quello che è successo negli ultimi quindici minuti. E sai anche fare i riassunti!"

"Nicole!"

Giulio sembrava serio. Perché Giulio, che era sempre cretino, ora sembrava serio?

"Ha detto che quel ragazzo si chiama Andrea."

Nicole corrugò le sopracciglia: "Arriva al punto, Pizzi."

"Beh-"

La suoneria di Giulio interruppe l'intensità del momento e fece sbuffare il ragazzo. Estrasse il telefono dai pantaloni e mormorò: "Tuo padre..."

Ripose e assicurò all'uomo che stava per tornare con le registrazioni, ma fu in quel momento che per la prima volta nella storia, Nicole si accorse di quanto Giulio fosse ansioso. Giulio temeva suo padre come lei, come tutti, e forse più di tutti. Magari quella volta della festa aveva lasciato che lei si prendesse tutte le colpe proprio per quel motivo, proprio perché, altrimenti, suo padre sarebbe stato triplamente cattivo con lui.

Oh, quella festa... 

Nicole aveva sempre maltollerato Pizzi, perché aveva un caratteraccio e perché era invidiosa della relazione che aveva con suo padre. Ma dalla festa che avevano fatto a casa sua, in estate, per il diciottesimo della sua migliore amica, lo odiava ufficialmente. Dato che era così popolare e festaiolo, gli aveva chiesto aiuto con l'organizzazione e lui aveva creato un casino con i fiocchi: orge, intossicazioni alimentari e pure water otturati. Uno sballo, dal suo punto di vista, una condanna a morte, dal punto di vista di Nicole.

Ma il problema non fu solo quello. La festa degenerò in tutto e per tutto, e, mentre ciò accadeva, Nicole era ubriachissima. Colpa di Giulio, ovviamente, che con ogni probabilità aveva tentato di offuscare il suo senso della ragione di fronte allo sfacelo. Difatti lei non ricordava assolutamente nulla, da un certo momento in poi; per l'esattezza, da quando stava quasi per perdere la verginità con Luca, il bel fusto e poco cervello Lucaddominali, perché Giulio le aveva detto di divertirsi. Quindi non sapeva spiegarsi perché, al suo risveglio, la casa era completamente distrutta.

Sorvolando sul fatto che si era ritrovata nuda sullo stesso divano dove ora stava seduta, la responsabilità dei danni andò direttamente a lei, senza nemmeno passare per colui che tutto aveva reso possibile. Si era divertito a danni degli altri, si era salvato la faccia e agli occhi di Antonio, era rimasto sempre il solito, santo subito, Giulio Pizzi, capitano della squadra, re del mondo, dio. 

E quindi era ancora più arrabbiata per quello che stava provando in quel momento: aveva passato mesi ad odiarlo e ora lo giustificava? Per Dio, quella che aveva dovuto subire una punizione interminabile era lei! Non Pizzi!

Eppure, aveva appena osservato che essere il protetto di casa poteva avere tanti pro quanti contro. Nicole si domandava, osservandolo, se fosse stato proprio lui a scegliere  di diventare il pupillo di suo padre o se suo padre l'avesse deciso per lui. Era un ruolo che aveva cercato o che gli era, semplicemente, stato assegnato?

In effetti, ora che ci pensava seriamente, Antonio aveva sempre storto il naso per le malefatte di Sandro e aveva visto in Giulio l'ideale di figlio perfetto, prendendolo fin da bambino sotto la sua ala, ma caricandolo di responsabilità che non gli spettavano. E Giulio era diventato un invasato re dell'universo per questo. Perfetto.

"Cosa mi stavi dicendo di Andrea?" gli domandò, cercando di sorvolare sugli studi psicologici che avevano luogo nella sua mente.

Giulio infilò il telefono nuovamente in tasca: "Che, appunto, si chiama Andrea e mi somiglia molto ed ha circa sei o sette anni più di me. Fai due più due, Lucich."

E Nicole fece due più due, ma avrebbe dovuto farlo molto molto prima.

Le mani corsero a coprirle bocca, mentre l'intuizione si disegnava sul suo volto nelle mille espressioni: prima lo stupore, poi il rimprovero per non averlo previamente capito, poi l'entusiasmo di poterlo dire a Serena, ma anche la fretta di doverlo dire a Serena, e la realizzazione di aver corso troppo con la fantasia senza tener conto che...

"Pizzi, dici che stiamo davvero parlando di tuo fratello? Perché se è tuo fratello, allora..."

Giulio strinse le spalle: "Demente com'è, non mi ha mai detto che aveva-" fece il segno delle virgolette con le dita. "Conosciuto una, ma di sicuro quando è stato mollato da Lucia sembrava molto più felice del dovuto. Per poco... poi è tornato depresso."

Lucia! Sì, Serena aveva parlato di una Lucia! Allora Andrea era veramente quell'Andrea: Andrea Pizzi, il fratello maggiore di Giulio, il ragazzo più bello che Nicole avesse mai visto e che, purtroppo, era stato allievo di suo padre solo per un anno, perché poi aveva preferito l'hockey al rugby.

Nicole fu per un attimo euforica: aveva trovato qualcosa di bellissimo da dire a Serena!

Ma ancora una volta c'era un ma e Nicole lo vedeva disegnato anche sulla faccia di Giulio.

Infatti, i due si guardarono. Nessuno lo disse, ma lo pensarono entrambi: quello che era successo recentemente ad Andrea non faceva altro che complicare ancora di più tutta la questione.

Il telefono di Giulio suonò di nuovo.

"Oddio!" si lasciò sfuggire quest'ultimo, prima di rispondere e recuperare il tono soave con cui disse ad Antonio che aveva trovato le registrazioni e che stava ripartendo.

Giulio si affrettò a recuperare tutto e si buttò il giaccone sopra le spalle, correndo verso la porta. Ma esitò un secondo e si fermò con la mano sulla maniglia: "Ci vediamo domani?"

Giulio e Nicole si vedevano quasi ogni giorno a scuola, perché frequentavano entrambi il quinto anno nello stesso istituto, ma non avrebbero avuto motivo di vedersi ora che la scuola era chiusa per le vacanze di Natale.

"Purtroppo sì." rispose Nicole, che, anche nei giorni di vacanza, non era stata graziata da suo padre.

A pomeriggi alterni era attesa al campo da rugby per manutenzione e pulizie, e anche senza fiatare! Questa era la punizione che doveva ancora terminare e che per colpa di Giulio suo padre le aveva affibbiato senza esitazione.

"Ok."

"Comunque ti odio, Pizzi."

Lui fece un sorrisetto: "Altrettanto."

E se ne andò.

***


ANGOLO AUTRICE

Buongiorno a tutti :) Per chi non mi conoscesse, io sono Yellow Daffodil, comunemente chiamata Daffy. Il mio vero nome è Micol, sono italiana e ho 23 anni. Ora che ci siamo presentati, possiamo passare alla storia.

Come qualcuno di voi già saprà (non è che abbia fatto pubblicità aggressiva nell'ultima settimana sui social, nooooo...), Invischiati per le feste nasce dalle svariate richieste dei lettori che volevano un seguito sia per la mia OS Una notte da dimenticare (pubblicata nel lontano 2012), sia per la OS pubblicata nell'estate 2017, Autostop. Quando scrissi queste due perle, non avevo intenzione di farle diventare delle long; semplicemente, sono nate da momentanee esigenze e sono rimaste online per anni e anni.

Ora che non sono più impegnata con la mia opera maestra, di cui non farò pubblicità aggressiva giusto per non essere molesta (si chiama Io e te è grammaticalmente scorretto, è un romanzo edito da Centauria che si può acquistare online e nelle librerie e che ha due seguiti gratuiti presenti sia su Wattpad che su EFP, nelle mie rispettive pagine), ho deciso di darmi alla scrittura di cose nuove. E giusto per inaugurare quest'aria di novità, ho ripreso in mano le due OS. Molto innovativo, vero?


Fonderle insieme, in realtà, è un'idea che risale a Natale 2017 quando già avevo scritto questo primo capitolo che poi è andato dimenticato tra le varie bozze. A gennaio 2019, tuttavia, mi sono data da fare ed ora sono qui con questo esperimento pazzo dove l'universo di Autostop è in realtà lo stesso di Una notte, e i personaggi, come avete capito, sono addirittura parenti!

Credo, anzi, lo so per certo, che ne vedremo di belle e interessanti. La storia è già scritta: è composta di 8 capitoli circa della lunghezza di questo (dalle 4.5 alle 6 mila parole), che verranno pubblicati secondo questo calendario:

Cap 1 - 21/01
 Cap 2 - 25/01
 Cap 3 - 28/01
Cap 4 - 31/01
 Cap 5 - 04/02
 Cap 6 - 08/02
 Cap 7 - 12/02
 Cap 8 - 14/02

Segnatevi bene queste date, ma badate che potrebbero subire piccole variazioni di 1/2 giorni, causa imminente ondata di esami che mi travolgerà da oggi e fino al 31 gennaio, facendo possibilmente coincidere degli orali con le date dei capitoli. In ogni caso, per una volta nella mia vita, ho già tutto in cantiere, quindi don't worry :)

Se vi sono piaciuti Serena, Giulio e Nicole in questo capitolo, lasciate un commentino o una recensione. Se volete tentare di indovinare che cosa è capitato ad Andrea, sarò felice di leggere le vostre ipotesi e, niente... se siete intrigati da questa trama, restate sintonizzati per sviluppi decisamente... esplosivi <_<

Allora, vi ho convinti?

Grazie per aver letto e alla prossima <3

Daffy

P.S. Un grazie doverosissimo a mayura.art, ossia Nicole (trovatela su Instagram!), che ha creato per noi la stupenda copertina della storia. Ditemi, non sono dei fighi pazzeschi?



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Capitolo 2
*** Pizzi, ho un'idea! ***


IPLF 2

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Invischiati per le feste

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2. Pizzi, ho un'idea!

"Pizzi, ho un'idea!"

Giulio si stava allacciando le scarpe, quando sentì il rombante grido di Nicole schiaffeggiargli i timpani. Era piegato su se stesso, piede sulla panchina e sguardo fisso sui lacci fosforescenti. Si costrinse a fissare quelli, nonostante la loro saturazione facesse quasi male, pur di non dover prestare attenzione alla pazza.

"Pizzi, sintonizzati sulla stazione dei plebei!" lo richiamò. "Sono qui. Alla tua destra. Ti sto parlando."

"Buongiorno."

"Ciao."

"Mi sto allenando, ci sentiamo dopo." Giulio le diede una pacca sulla spalla e se ne corse verso il campo.

"Giulio!" 

A Nicole, ovviamente, non piacque per niente essere ignorata, così prese a correre a sua volta e raggiunse il gruppo di atleti. Stavano facendo passaggi e calci, metà di loro raggruppati verso la linea di meta e un'altra metà sparpagliata su un lato del campo. Non si vergognò, Nicole, a piantonarsi in mezzo al ballo, con scopa e paletta in mano e addosso un fantastico pile a fantasia di cuccioli di labrador, che aveva comprato in prima media.

"Pizzi, puoi darmi retta, solo un secondo?"

"Ehi, ciao, Nicole." Luca le sorrise. "Bella maglietta."

Nicole dimenticò lo stupido Pizzi e arrossì di colpo.

Uno, non aveva la più pallida idea che Luca, Lucaddominali, si ricordasse di lei (considerato che prima di quell'estate l'aveva sempre chiamata 'ragazza', nonostante l'avesse vista al campo mille volte e fosse la figlia del suo allenatore) e, due, non riusciva a non associare il suo sorrisetto malizioso alla famosa festa. L'ultima cosa che ricordava di quell'occasione era trovarsi letteralmente spalmata addosso a Luca con la sua lingua infilata in trachea. Aveva il remoto sospetto che avessero rischiato di fare altro, ma, non sapeva come, non ci erano riusciti: lei era rimasta vergine e lui bello e muscoloso come un Mastrolindo.

Sì, Nicole aveva da sempre un debole per Luca.

Quindi, c'era anche un punto tre per cui, forse, si stava pentendo di aver scelto il pile con i labrador. Ma erano carinissimi, non poteva lasciarli nell'armadio!

"Cia-cia-ciao, Lu-lu-lu..."

Quasi per dispetto, Giulio afferrò a due mani il carrello a cui Nicole si era appoggiata e lo tirò verso di sé, facendola barcollare: "Senti, Nic, noi non abbiamo tempo da perdere. Fra quindici giorni c'è la partita e facciamo tutti pena tranne io, quindi, se vuoi scusarci, avremo di meglio da fare che ascoltare i tuoi vagiti da neonato e commentare la tua scarsa competenza nella moda. A dopo."

"...ca." 

Nicole stroncò il balbettio e si risvegliò dalla trance.

"Due minuti." lo implorò, allora, inarrestabile, fingendo di non subire così palesemente il fascino di Lucaddominali e sforzandosi di concentrarsi sul principino vilipeso. "Solo due minuti."

Giulio afferrò un pallone dal carrello, sospirando. Con una mano sola lo avvolse quasi per intero e Nicole era fissa su quell'immagine, quando arrivò l'impertinente risposta: "Va bene, dai. Ti concedo due minuti. Facciamo fra un'ora, ok?"

La faccia della ragazza si contrasse in un'espressione oltraggiata.

Mentre Giulio correva all'indietro con un sorrisetto tutto compiaciuto, Luca aveva radunato qualche loro compagno di squadra per assistere alla scena. Non era per niente insolito che Nicole Lucich e Giulio Pizzi si scambiassero amorevoli frecciatine per qualsiasi cosa, eppure ogni volta era un vero spettacolo.

La squadra ormai conosceva bene Nicole: il campo di rugby e gli spogliatoi costituivano per lei una sorta di prigione in cui veniva rinchiusa da suo padre in persona quando combinava qualche marachella. Beh, da piccola poteva anche parlare di marachelle, certo, e il massimo a cui veniva obbligata era restare con le chiappette ben ancorate alle panchine e osservare le partite. Da adolescente quale era ora, invece, le punizioni per le sue ragazzate spaziavano dalla manutenzione del campo alla pulizia degli spogliatoi, indipendentemente dal fatto che fossero frequentati da uomini e quindi perennemente sporchi come stalle.

Antonio Lucich non era un uomo dolce e buono; al contrario, sembrava sempre molto più un allenatore che un papà.

Quel giorno, infatti, Nicole stava scontando la parte finale della sua punizione iniziata ancora durante l'estate. L'entità della pena era direttamente proporzionale a quella del danno da lei causato (da lei, o da Giulio, si specifichi), che aveva portato al quasi annientamento della rispettabile dimora Lucich. Per tutto quello che aveva combinato durante la festa dei diciotto anni della sua migliore amica Maria, Nicole sarebbe rimasta in castigo fino al nuovo anno.

In estate aveva aiutato personalmente gli addetti a rimettere in sesto le parti di casa che erano state colpite dall'uragano della festa, in autunno aveva dovuto lavorare per pagarsi da sola la patente, dato che i suoi, per punizione, gliel'avevano negata, e ora che l'aveva ottenuta, in pieno inverno, doveva fare, allo stadio dove allenava il padre, tutto ciò che sarebbe spettato al custode, ora bellamente in vacanza alle Hawaii.

Ma ormai la folla si era radunata a ridere e scherzare, trascinata dalla pigrizia di Luca e non, come si dovrebbe, dalla serietà del capitano Pizzi. Giulio era l'unico della squadra ad aver cercato di evitare lo svacco durante quei giorni di dura preparazione, eppure, non appena arrivò, Antonio vide lui e sua figlia nell'arco degli stessi cinque metri e tuonò: "Lucich! Pizzi!" come se fossero i soli responsabili dell'agitazione popolare.

I due trasalirono, voltandosi verso l'uomo con aria colpevole.

"Che cosa fate? Mi distraete la squadra? E voialtri, mezze seghe, prendete in mano quei palloni e tirate, per la miseria! La vogliamo regalare agli avversari questa vittoria?"

Tutti scattarono manco avesse sparato dei proiettili ai loro piedi; afferrarono un pallone a coppia e iniziarono un impeccabile allenamento.

"Voi due." li indicò Antonio, avvicinandosi con aria truce. "Passaggi. Subito."

Giulio roteò gli occhi di nascosto, ma allo stesso tempo eseguì senza un fiato, gettando il pallone che aveva tra le mani e scegliendone uno leggermente più gonfio per poter fare gli annunciati passaggi.

"Ma papà..." protesto invece Nicole.

"Un cavolo, Lucich." la zittì l'uomo. "Non mi sembrava che avessi finito di pulire il mio ufficio, quando sono uscito. E dopo cinque minuti ritorno e ti trovo qui in mezzo a cazzeggiare."

"Non stavo cazzeggiando, papà."

"Non ribattere." a quel punto si voltò verso Giulio. "E tu, Pizzi, vuoi fare il capitano o prendere una meta avversaria dopo l'altra direttamente nel culo?"

Giulio non rispose.

Nicole lo fece per lui.

"Non stava perdendo tempo. Sono io che l'ho distratto e poi tutti gli altri-"

"Non mi interessa. Imparate che cosa sono le responsabilità, quelle vere." tuonò, accennando verso la vastità del campo. "Ora passaggi. Fatemi tutto il campo andata e ritorno, distanza reciproca tre metri, alla fine raccogliete tutte le altre palle, poi, Nicole, ti aspetto in ufficio. Sempre se posso fidarmi a lasciare in gestione l'allenamento a Pizzi, finché sono in ufficio."

La ragazza sospirò e suo padre si voltò per tornare a parlare con qualche suo socio a bordo campo. Il pallone che le arrivò direttamente nello stomaco fu il grazie che Giulio le aveva amorevolmente riservato.

"Riflessi, Lucich." la ammonì, pure.

Nicole iniziò a correre più veloce per distanziarsi da lui e poi passargli il pallone all'indietro, come si usa fare nel rugby. Poi Giulio l'avrebbe preso e fatto lo stesso e poi di nuovo il suo turno, e avanti così per tutti i cento, interminabili, metri di verde. Che due grandissime palle, pensò Nicole, per restare in tema.

"Se mi avessi lasciato parlare solo un minuto-" cercò di discolparsi lei, mentre eseguiva l'esercizio che ormai, negli anni di punizioni, aveva imparato ad affinare piuttosto bene.

"Non erano due i minuti?"

"Uno o due, sarei stata breve. Volevo solamente parlarti di un'idea che ho avuto."

"Questo l'avevo capito."

Nicole aveva già fatto questo tipo di allenamento sia con Giulio che con altri ragazzi della squadra. Le era capitato per la prima volta anni fa, con il più scarso di allora; suo padre aveva fatto una sfuriata e l'aveva chiamata dalle panchine per dimostrare che anche una femminuccia avrebbe fatto meglio. Da allora il coach Lucich, fiero del talento congenito della figlia, la usava ogni tanto per sistemare le disparità: era già capitata in coppia con svariata gente, tra cui Angelico, il migliore amico di Giulio, che la trattava sempre gentilmente e che quindi le piaceva. Purtroppo, non l'aveva mai provato con Lucaddominali, anche se le sarebbe piaciuto un sacco. Il punto era, comunque, che fino a quel momento Giulio era stato l'unico ad impressionarla.

Eseguiva lanci perfetti, regolando la forza affinché la palla finisse dritta sui polpastrelli di Nicole, sena avvilupparsi, senza vibrare, secca, come fosse stata perfettamente calibrata in precedenza attraverso studi di trigonometria. Adorava fare questo esercizio con Giulio: anche se ai cinquanta metri rischiava l'infarto, si sentiva montare dentro un'adrenalina assurda, perché non sbagliava mai, perché la palla arrivava così perfetta che solo un cieco avrebbe potuto lasciarsela scappare.

Giulio non era né grosso né muscoloso come gli altri compagni di squadra, ma era senza ombra di dubbio il migliore, perché la sua forza stava nel cervello.

Difficile a credere; aggiunse mentalmente Nicole.

"Ho pensato alla situazione di Serena." lo aggiornò, decidendo se non altro di approfittare di quell'occasione per prendersi i suoi agognati due minuti. "Mi dispiace troppo per lei e sono certa che se non farà qualcosa, Sandro la ferirà così a fondo che potremmo non recuperarla mai più."

"Non capisco perché parli al plurale."

"Perché mi serve il tuo aiuto."

I ragazzi misero piede sulla linea di fondo campo, così si girarono e ripeterono lo schema al rovescio, per tornare indietro.

Nicole lanciò la palla a Giulio: "Dobbiamo organizzare una festa."

"Assolutamente no."

"Aspetta, non hai sentito nemmeno tutto quanto!" Nicole faticava a concentrasi sulle parole, sulla palla da prendere e anche sul non cadere come un pero, però cercò di destreggiarsi. "Per fine anno, papà e mamma passano due giorni in montagna, quindi la casa sarebbe libera per un potenziale party di Capodanno. Potremmo fare qualcosa nel mio stile, stavolta: cibo raffinato, musica classica, luci soffuse e dell'ottimo champagne. Una cosa di classe, che ne dici?"

"Sì e a mezzanotte potremmo addirittura far scoppiare un palloncino."

"Non sei divertente."

"Nemmeno tu, per niente." Giulio si allungò per prendere il lancio troppo sporco di Nicole. Se la cavava, ok, ma si vedeva che non era affatto una professionista. Per fortuna lui avrebbe preso in tempo anche un meteorite che si abbatte a random sulla Terra. "Penso che si divertirà di più mio nonno Arturo alla tombolata over ottanta, nella sala comune dell'ospizio di paese."

"Allora non venire; l'importante è che mi aiuti."

"A che cosa ti serve il mio aiuto?" si perplesse il ragazzo. "L'ultima volta che l'hai voluto, poi quasi non ti mettevi a piangere. Io non so gestire le noie mortali, men che meno te quando vai nel panico per una tartina storta. Quest'estate mi è bastata."

"E a me non è bastata?" il tiro di Nicole non arrivò sulle mani di Giulio, ma al suo stomaco: un altro affettuoso modo di dire grazie altrettanto.

Sul viso di Giulio spuntò un sorrisetto: "Che cosa dovrei fare? Procurarti le forbici dalla punta arrotondata per ritagliare i segnaposto, onde evitare che gli ospiti si siedano sulla sedia sbagliata?"

"No, devi invitare gente." lo smentì lei, la gabbia toracica che iniziava a farle male e quei cinquanta metri rimasti che parevano più che altro un viaggio della speranza. "I ragazzi della squadra, altri tuoi amici, insomma... gente. Tanto tu ne conosci."

"E tu no?"

"Chi invito, Alessio e Maria?"

"E Serena e Sandro. Sai che sballo?"

"Certo che invito Serena e Sandro. Ma è per questo che devono esserci anche un casino di altre persone."

"Non mi dirai che i tuoi amici sono noiosi. Alessio cucca addirittura più di te e Maria ha una terza di seno: non c'è niente di meglio. Per non parlare di quell'animale da festa di tuo fratello, più animale che da festa, se posso permettermi."

"Smettila di sfottere!" questo sforzo costò caro a Nicole, che si fermò, senza fiato, a venti metri dal traguardo.

Si abbassò, stringendosi le ginocchia con le mani, palla in mezzo alla cosce e petto fremente di fatica e adrenalina. Le piaceva fare sport e anche organizzare cose per far felici le persone. Basta, questo era ciò che voleva, anche se la gente di cui era accerchiata non sempre era riconoscente o comprensiva.

Tipo Giulio.

"Voglio solo trovare il modo di far incontrare di nuovo Serena e tuo fratello, ok?"

Giulio si sbatté una mano sulla fronte, consapevole che da lì a qualche secondo si sarebbe sentito richiamare dal coach, ma troppo sconvolto da quanto appena ascoltato.

"Stai ancora pensando a quella storia dell'autostop?"

"Sì!" esalò malamente Nicole. "Da quel giorno è come se Serena convivesse con uno spettro! È il rimorso per non aver inseguito quell'istinto, per non aver fermato tuo fratello ed essere stata onesta con lui, e in primis con se stessa! Lei si è innamorata di Andrea, innamorata pazza, ma qualche fottuto neurone del suo cervello è ancora incollato al culo peloso di Sandro e alla sua stronzaggine perché crede di non meritarsi qualcosa di meglio."

Giulio la fissò: "Si vede che non fai un cazzo durante il giorno."

"Giu, sono seria! Se porterai anche Andrea alla festa, avranno l'occasione di rivedersi. Ed è la pensata più geniale che mi sia mai venuta: casa mia sarà piena di belle ragazze al punto che Sandro, prostituto com'è, ne intratterrà alcune per mostrare la sua vecchia camera piena di pupazzi di Star Wars, sperando che una di loro ne vada pazza e lo assalga tra le lenzuola per riattivare quel suo pene morto da secoli."

"Wow."

"A quel punto, faremo incontrare Andrea e Serena."

"E se uno dei due non vorrà venire?"

"Serena va dove va Sandro e Sandro va dove c'è materia prima." con le mani Nicole sagomò una donna immaginaria. "Andrea, invece, va dove tu lo convinci di andare."

"Questa sarà la parte difficile. Andrea non esce da quando-"

"Appunto." annuì Nicole. "Se tu lo convinci ad accompagnarti a questa festa, mettendogli in testa che deve ributtarsi nella mischia, che ha tutta una vita di esperienza davanti, eccetera eccetera, vedrai che verrà. E allora bum; faremo nascere un amore. O rinascere, se preferisci."

Giulio parve incerto, dubbioso.

"Una volta l'avresti fatto senza problemi." insistette Nicole. "Qualsiasi cosa pur di divertirti, rimorchiare o quanto meno fare il figo in giro."

"Al di là del fatto che non mi sembra una proposta divertente, comunque hai ragione. Una volta l'avrei fatto senza problemi."

"E adesso che c'è? Ti senti arrivato all'apice della scala della popolarità? Non vuoi sprecare energie prima di gennaio perché ti servono per fare l'eroe alla partita?"

"Non sei molto brava a chiedere aiuto."

"Fallo per Andrea." Nicole incrociò le braccia, sapendo di aver colpito nel punto giusto. "E per Serena; ho visto che ieri, sotto sotto, ti dispiaceva."

"LUCICH! PIZZI! MUOVETE QUEL CULO!" il prevedibile richiamo della giungla di Antonio giunse alle orecchie di Nicole e Giulio, schiaffeggiandole con vigore, in pieno stile Lucich.

Nicole riprese immediatamente il pallone e lo gettò goffamente verso Giulio, ingranando la sua corsa per gli ultimi metri.

"D'accordo, facciamolo." approvò il biondo, alla fine. "Ma niente rivalse nei miei confronti se poi non va come avresti voluto."

"Ti ricordo che mi sono beccata sei mesi di punizione senza fare il tuo nome, nemmeno una volta."

Giulio mostrò il suo classico sorrisetto di scherno: "Lo so."

"E tu invece muto come un pesce, contento alla mie spalle. Ti meriteresti di essere al mio posto."

"E perché non ci sono?"

"Perché... perché..."

Eh, perché?, si chiese Nicole.

Perché lei era troppo fessa e prevedibile. Perché dai, non l'avrebbe mai fatto, mettere nei guai altri... mica si chiamava Giulio Pizzi, lei!

Giulio toccò la linea di fondo campo, si girò appena e le lanciò il pallone. Lei non lo prese.

"Grazie, ok?" disse Giulio, a mezza voce. "Per non avermi messo in mezzo."

"Prego." ribatté lei, presa alla sprovvista, recuperando il pallone e rilanciandolo al mittente.

"Ma non mi sono pentito. Per me è stata una bella festa. Rifarei quasi tutto."

"Beh, vedi di non rifare quasi tutto anche a Capodanno. Porta gente normale, più tuo fratello che in quanto tuo consanguineo non rientra nella categoria. Per il resto, niente alcol e niente fustigatrici sadomaso: abbiamo una missione, dobbiamo restare lucidi."

Giulio sorrise, gettò il pallone nel carrello e corse via a raccogliere il resto, avvolto dal mistero e dal completo rispetto degli ordini dei Lucich.


*


Due giorni dopo, Andrea era in sala da pranzo. Aveva appena posato l'ultima forchetta e alzato velocemente la mano dal tavolo, per evitare il rischio di rovinare quell'opera maestra. Lo guardò nella sua interezza: era semplicemente perfetto.

"Oh no, Andrea!" il profumo di ragù arrivò appena prima della paffuta figura di sua madre: "Quante volte ti ho detto che il tovagliolo va a sinistra?"

Il biondo si girò, sconvolto: "A sinistra? Ma non me l'hai mai detto!"

"Sì, invece, e lo dice anche Csaba Dalla Zorza!" la donna, come un uragano che sa di ragù, si abbatté sulla tavola e spostò ogni tovagliolo prima che Andrea potesse anche solo protestare. Poi, mentre lui prendeva fiato per lamentarsi della sua opera rovinata, lei aggiunse. "È possibile che non presti mai attenzione a Cortesie per gli ospiti? E sì che lo guardiamo praticamente ogni giorno; ma dove hai la testa?"

Agitò le mani con espressione sconsolata e poi, ripulendosele sul grembiule da cucina, tornò nel suo habitat naturale.

Andrea trovò finalmente il tempo di sospirare.

Sua mamma era davvero assurda, se lo ripeteva ogni volta. Negli ultimi mesi, poi, aveva condiviso con lei molti più momenti di quanti ne avesse avuti a disposizione da bambino e si era reso conto, data anche la sua età ormai adulta, che lei era una donna indescrivibile, speciale. Adorava sua madre, anche se era più un cataclisma che un essere umano. Nessun'altra persona avrebbe potuto stargli accanto nel modo in cui faceva lei, indipendentemente dalla situazione in cui si trovasse.

"Allora, è pronto o no?" 

E poi c'era suo padre, che avrebbe spesso e volentieri preferito scaraventare fuori dalla finestra, ma quello era un altro discorso.

Non si sarebbe detto di primo impatto, ma i Pizzi erano una famiglia abbastanza unita. C'era mamma Roberta, che da brava donna di servizio svolgeva tutte le faccende di casa propria e altrui in maniera impeccabile, senza togliere tempo ai figli, a costo di stramazzare a terra per la stanchezza. Poi c'era papà Claudio, che, per fortuna, se ne stava più tempo in giro che a casa. Non che fosse una cattiva presenza, eh, ma nemmeno una buona presenza, ecco. Claudio faceva il camionista da ancora prima di prendere la patente e, forse per il mestiere solitario e logorante, era un uomo piuttosto arrogantuccio e pretenzioso. Quando tornava a casa, nemmeno si poneva il problema che le cose fossero già pronte e a posto per lui: mamma Roberta gli doveva fare la cena e i suoi figli dovevano aver svolto tutte le mansioni da uomo che lui, in quanto impegnato, non poteva assolvere.

Per carità, con un'educazione del genere la prole Pizzi aveva imparato a cavarsela, ad essere servizievole e gestire bene la propria vita. Ma le sere in cui Claudio tornava, Andrea sperava sempre in un abbraccio, un piccolo sorriso, anche solo una parola d'incoraggiamento. In venticinque anni non ne aveva ricevuto mezzo, a malapena l'uomo si interessava riguardo ciò che avessero fatto i suoi familiari. Almeno però, non si poteva dire che non facesse il possibile per dare alla sua famiglia le entrate necessarie ad avere una vita degna. La casa, lo sport e la macchina erano tutto frutto dei sacrifici dei loro genitori.

"Fra poco, Claudio, non rompere, ok?" fu il tuono di Roberta direttamente dalla cucina. "Intanto tu e Andrea preparatevi a ricevere gli ospiti e fa in modo che appena arrivo in soggiorno, non ti veda addosso quella barba da uomo delle caverne, ok? Se non te la sei ancora fatta, corri a porvi rimedio immediatamente!"

Andrea e Claudio si scambiarono uno sguardo. Andrea accennò alla barba di suo padre e poi alle scale, suggerendogli tacitamente di dare ascolto alla mamma. L'uomo sbuffò e tornò di sopra. Meglio così.

La porta d'entrata si aprì con uno scatto di chiavi, facendo trasalire Andrea e spaventare a morte Roberta: "Sono già arrivati?! Andrea, sono già arrivati??"

"No, ma', è solo Giulio!" sbraitò quest'ultimo. "Ciao, Giu. Puttana, sempre per il rotto della cuffia!" fece, controllando l'orologio. 

Suo fratello Giulio era il quarto e ultimo membro della famiglia. Come aspetto assomigliavano entrambi alla versione giovane e meno sciatta del padre: zazzera color biondo miele, più chiara quella di Giulio, più scura quella di Andrea, occhi color nocciola, più chiari quelli di Andrea, più scuri quelli di Giulio e una bella pelle dorata; dello stesso colore. Se solo il loro papà non si fosse completamente abbandonato al caso, sarebbe ancora un bell'uomo, ma non gliene fregava nulla e a portare alto il marchio di fabbrica Pizzi ci pensava Giulio. Caratterialmente, infatti, i due fratelli erano piuttosto diversi: Andrea aveva preso tutta la dolcezza e la bontà della mamma, assieme alla sua distintiva pazzia e la totale non conformità alla massa - per quanto entrambi ci provassero, ad essere un po' normali. Giulio, invece, se la credeva molto di più: era arrogante e fissato con il dover piacere a tutti, aveva preso da Claudio quell'indolenza alla vita che lo faceva sembrare il più figo del mondo e, soprattutto, un antipatico coi fiocchi. Dalla mamma, però, avevano tutti e due ereditato quella rara fregatura di non sapersi mai veramente mettere al primo posto: Giulio non lo dava a vedere, ma erano entrambi sempre, perennemente pronti a far qualcosa per qualcuno che ne avesse bisogno. Sarà perché lo avevano sempre fatto con la loro mamma, quando papà non poteva darle una mano a casa?

Dato che sapeva com'era davvero Giulio, Andrea non voleva scaraventarlo dalla finestra come invece avrebbe fatto con suo padre. Anche se, ad essere sinceri, qualche volta la tentazione c'era.

"Avevo allenamento. È pronto oppure no?" Giulio si fiondò nel soggiorno gettando la sua giacca sul divano. Era tremendamente infreddolito, lo si notava dal naso arrossato e i capelli umidi.

"Giulio, per l'amor di Dio!" Roberta si manifestò a un metro da loro con un mattarello sporco fra le mani. "È il giorno di Natale e tu ti presenti tutto sudato a meno di dieci minuti dall'arrivo degli ospiti?"

"Ma', ti ho detto che avevo allenamento."

"Tu hai sempre allenamento. Da tre giorni a questa parte, non ti ho mai visto in casa." gli puntò addosso il mattarello. "Ma oggi è Natale, quindi vatti a lavare e vedi di impedire a quell'aguzzino del tuo allenatore di rovinare il mio pranzo di Natale! Non ce l'ha mica una famiglia, quella bestia?"

"Ce l'ha, ce l'ha... eccome se ce l'ha..." borbottò Giulio, mentre con la stessa aria stizzita del padre saliva le scale.

Il pranzo procedette per fortuna in modo regolare. Arrivarono gli ospiti di Roberta: amici, parenti e vicini di casa. Portarono i panettoni, le ceste e tanto vino e tutti passarono un classico, tradizionale, Natale, come ogni anno. Solo che quell'anno, mancava una persona.

Andrea stava sciacquando distrattamente un piatto, quando si ritrovò a pensare a Lucia. Sarebbero stati cinque Natali insieme, quel giorno, ma lei non c'era ed era sicuro che in quell'esatto momento si trovasse tra le braccia di un altro e precisamente sulle labbra di un altro. E che contrariamente a lui, non stesse minimamente pensando alla loro ex relazione.

"Che cazzo lavi i piatti se abbiamo una lavastoviglie?"

Lo distrasse romanticamente suo fratello.

"Ah, è vero." si riscosse Andrea, chiudendo il rubinetto.

"Andre, sempre quella cazzo di testa fra le nuvole." Giulio posò una pila di piatti sporchi sul ripiano e poi afferrò un canovaccio per pulirsi le mani. "Dai, scommetto che stavi pensando alla stronza."

"Sì, perché mi fa strano che non sia al pranzo di Natale con noi."

Giulio sospirò: Andrea era sempre così sincero, non poteva almeno tentare di negare per salvaguardare quel poco orgoglio che gli era rimasto?

"Ma meglio che non ci sia!" sbottò allora. "Che cosa ti manca di lei? Sentire la sua vocetta stridula che commenta l'abbinamento di colori troppo datato tra la carta dei regali e il fiocchettino? Cucinare un menù low carb, gluten free, vegan e 'sti cazzi solo per lei? Vederla fare pubbliche relazioni con il vicino senza che cagasse te nemmeno un secondo? Basta compiangerti per lei, stai molto meglio senza!"

Sì sì, questo Andrea lo sapeva.

E ne era anche convintissimo.

Infatti, non sapeva più come spiegare ai suoi che la sua recente depressione non era dovuta a Lucia, ma ad altre circostanze. L'essere stato investito, per esempio. Aver passato un mese in ospedale, per esempio. Aver perso il lavoro, per esempio. Non essersi ancora abbastanza ripreso per ricominciare hockey, per esempio.

Erano tutti esempi e lui li faceva alla gente che gli chiedeva del perché fosse così giù di corda. Ma lui era sempre stato uno talmente aperto che ora tutti credevano di saperlo interpretare.

Ah, quei sospiri nascondono anche dell'altro, sono sospiri d'amore!, gli dicevano.

E allora si attribuiva tutta la colpa del suo malessere al fatto che, un giorno prima di questa serie di sfighe, fosse stato malamente scaricato da Lucia.

In realtà, se c'erano pene d'amore in tutta quella situazione, erano quelle che lui aveva sofferto per non aver avuto nessuno al suo fianco. Ok, la famiglia c'era, quella era scontata nel suo caso, ma avrebbe sperato che anche qualcun altro si facesse vivo.

Forse pure Lucia, sì, perché in fondo erano fidanzati fino al giorno prima e lei se n'era strafregata se l'avevano stirato lungo una strada. Ma in tutta onestà, gli importava relativamente di Lucia; era un'altra la donna che sognava al suo capezzale, e si chiamava Serena.

Serena che quel giorno l'aveva raccolto dal margine di una strada con le ginocchia sbucciate, Serena che l'aveva accompagnato senza chiedere nulla in cambio, Serena che l'aveva consolato e che poi l'aveva baciato un po' scioccamente, ma che, porca miseria, l'aveva fatto irrimediabilmente innamorare.

Andrea era un pazzo, sapeva di esserlo.

Ed era anche un maledetto sognatore.

Quando Serena se n'era andata dal vialetto di casa sua, lui si era tirato giù la sua targa, l'aveva cercata e l'aveva anche trovata. L'indomani si era svegliato carico di buoni propositi, era tornato nel luogo in cui si era ruzzolato il giorno prima e aveva sistemato la sua bicicletta. Tornato in sella, aveva puntato l'indirizzo di casa di Serena, pedalando per raggiungerla e farle una bellissima sorpresa. Ma evidentemente la sfortuna se l'era presa con lui: fu investito e lo ricoverarono per un bel pezzo in ospedale. 

Mentre scontava i suoi giorni tra quelle mura, fissava costantemente la porta della stanza, convinto che anche lei l'avrebbe cercato e sarebbe venuta a sapere dell'incidente, per poi correre a trovarlo con fiori e cioccolatini.

Ma non la vide mai.

Sapeva solo il suo nome e l'indirizzo.

Lei sembrava non essere nemmeno sui social, era impossibile beccarla. Gli aveva detto che non amava essere a portata di pollice e, così, dopo svariati tentativi invano, si era convinto che non l'avrebbe semplicemente trovata digitando i suoi dati anagrafici. Doveva avere qualche nome inventato, ma anche quella si rivelò un'ipotesi senza riscontro.

Aspettò un mese, Andrea. Appena si riprese, un giorno andò direttamente sotto casa dei genitori di Serena, per dare un taglio alle sue pene. Ma apprese ben presto che era, appunto, solo casa dei genitori di Serena, anzi, per la precisione, solo del padre. Non voleva fare brutte figure; al citofono disse che era un amico di Serena e che la stava cercando. Lui gli rispose che si era trasferita con il fidanzato.

Andrea passò notti insonni, giorni nei quali ricevette le più brutte notizie. A causa della sua assenza prolungata, aveva perso il lavoro. E in squadra non ci poteva tornare: si era rotto un femore e due costole, la riabilitazione era ancora molto lunga!

Non riusciva a darsi pace. Si ricordò che lei gli aveva detto che il suo palazzo stava in via dei Palladini, così una sera, da vero stalker, si fece accompagnare lì da un amico e aspettò sul ciglio della strada finché non vide Serena e il suo fedifrago (e orrendo) fidanzato scendere assieme.

Non volle nemmeno sapere chi fosse lui; si fece riaccompagnare a casa e da quel giorno, non uscì più. Il trauma era cominciato così.

Ovviamente non ne parlò con i suoi, perché lo sapeva benissimo di essere solo un maledetto sognatore. Piuttosto preferiva che pensassero che si struggesse per quella sciaquetta di Lucia... almeno aveva un minimo di senso in più.

"Oh!" Giulio gli schioccò le dita davanti alla faccia. "Ma ti droghi?"

"Puttana, Giu!" si lamentò Andrea, spostandosi da davanti al lavabo e iniziando a caricare la lavastoviglie.

"Senti, dato che sei uno zombie, ho deciso che ti porto fuori per Capodanno." sganciò allora il fratello minore, con una nonchalance inaudita.

"Eh?" si perplesse Andrea.

"Andiamo a una festa."

"Te ci vai, alle tue feste da rimorchio."

"Tu vieni con me." quello di Giulio, soffiato con autorità, era un chiaro ordine. "E comunque non è una festa da rimorchio; è una serata raffinata a casa di una mia amica ricca. Dai, mi costringe ad andarci e io non ho voglia di passare la sera a rompermi le palle con tartine di salmone affumicato della Norvegia e sottofondo di Mozart."

"Ah, quindi verrei a reggerti il moccolo."

"Certo." sorrise Giulio, provocatorio. "E poi, se ti va, ci facciamo un drink e ti re-inseriamo in società dopo il tuo isolamento eremita degli ultimi sei mesi."

"No." fece lui, bello come il sole. "Io e mamma abbiamo la maratona dei cinepanettoni con De Sica."

"Fanculo i cinepanettoni."

"E la mamma?"

"La mamma sarebbe la prima a sfanculare sia te che i cinepanettoni! Eddai, Andrea, e ripigliati un po'! Hai venticinque anni, non settanta!"

"E tu solo diciotto, quindi niente prediche, moccioso." Andrea spinse indietro la fronte di Giulio con le due dita, come faceva sempre, irritandolo ancora di più. "Non ci vengo, grazie lo stesso dell'invito."

"Fanculo, allora." Giulio, nervoso come poche volte Andrea l'aveva visto, gettò il canovaccio contro la parete e lo spinse di lato per andarsene dalla cucina.

Andrea si affacciò e lo vide salire rumorosamente al piano di sopra, mentre gli ospiti facevano le faccette curiose ma non troppo anziché allacciarsi i cappotti per andarsene.

"Andrea?" domandò la mamma, leggermente isterica.

Andrea si chiuse nelle spalle e sorrise a tutti: "Scusatelo, ha le sue cose."

***


ANGOLO AUTRICE

Dinamiche interessanti, queste descritte nel capitolo 2!

Che ne pensate?

Ammetto che mi sono divertita molto a scriverlo. Trovo che, seppur non premeditato, l'abbinamento tra le due OS sia proprio funzionale. I fratelli Pizzi mi piacciono tantissimo, mi piace soprattutto che i loro ruoli familiari siano abbastanza confusi e che si supportino a vicenda in modo stravagante, come vedrete anche nei prossimi capitoli. Ma voi comunque chi preferite: Giulio o Andrea? Ditemelo adesso, così poi a fine storia vedremo se sarete rimasti di quest'idea, oppure se l'avrete cambiata.

Invece, che idea vi siete fatti sul piano di Nicole? Certamente la ragazza è mossa da nobili cause, ma forse non sa che si sta tirando una martellata sui piedi. Diciamo che è un difetto dei Lucich, non imparare assolutamente un cavolo dai propri errori (ma poi anche un difetto di tutti, eh XD).

Io
come al solito spero di rispondere a tanti vostri commenti e vi aspetto per la prossima pubblicazione, che sarà nientemeno che fra tre giorni, il 28 gennaio. Ci sono ancora segreti da scoprire e poi vedremo come Nicole prenderà il rifiuto di Andrea. Credo che assisterete a scene interessanti.

Alla prossima,

Daffy

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Capitolo 3
*** Come specchi per allodole ***


IPLF 3

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Invischiati per le feste

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3. Come specchi per allodole

Santo Stefano: altro pranzo, altri chili guadagnati.

"Ciao, Nicole, tanti auguri!" Serena si abbassò per abbracciare Nicole e indugiò qualche secondo per stringerla più forte. Solo loro due sapevano il perché di quell'attimo; anche se avrebbero fatto finta di nulla, non avevano dimenticato l'incontro di qualche giorno prima.

Sere si era ripresa egregiamente; era venuta per l'occasione vestita di tutto punto, naturalmente per non deludere le alte aspettative dei Lucich, e aveva addirittura portato a Nicole un regalo firmato da lei e Sandro. Un'enorme sciarpa caldissima che sicuramente avrebbe usato nelle fredde mattine di manutenzione del campo di rugby.

Mentre Serena baciava educatamente Antonio e Francesca, Sandro si avvicinò alla sorella e le tese una mano: "Buon Natale, Niky."

"Anche a te."

I fratelli Lucich non avevano mai avuto chissà quale affiatamento: Sandro non era il classico fratellone protettivo, né il modello di uomo che Nicole avrebbe voluto trovare nei suoi futuri legami affettivi. Al contrario, Sandro era sciatto e menefreghista. Faceva sempre ciò che voleva all'insegna dell'egoismo e presenziava a queste grandi riunioni di famiglia solo perché mamma e papà lo pretendevano.

Ma in realtà era una delle poche cose che pretendevano da lui: in ventotto anni avevano capito che non c'era molto da fare. Quel figlio era un figlio 'uscito male', per citare Antonio. Sandro non era mai stato succube dell'autorità dei Lucich, e questo Nicole un po' glielo invidiava, ma allo stesso tempo non ammirava la vita che si era scelto: sempre lasciato al caso, sempre alle dipendenze di qualcuno di più buono, tipo Serena, sempre a fare la sanguisuga che detta legge. Serena non parlava mai, non si incazzava mai, rimaneva chiusa in quella stupida gabbia di devozione che Sandro aveva inconsapevolmente forgiato per lei.

Ah, quanto avrebbe voluto dirle che era una sciocca! Ma non poteva e comunque lei non l'avrebbe ascoltata.

Serena si era resa conto di essere una debole, di avere validi ideali ma zero palle, di criticare agli altri i suoi stessi errori. Sì, lo sapeva benissimo, solo che per il momento avrebbe lasciato tutto così. Perché aveva il terrore di rimanere sola e di rimpiangere le sue azioni e di far star male qualcuno e di deludere aspettative altrui e che nessuno l'avrebbe mai più voluta. 

L'unica volta che aveva preso il coraggio a due mani, di fronte all'evidenza di un tradimento in piena regola, se n'era pentita. Sandro le aveva suonato quattro paroline dolci e lei era ritornata sui suoi passi. Serena non aveva molta fiducia in se stessa, purtroppo, e anche pochissimo orgoglio.

I Lucich avevano fatto preparare il pranzo alla loro domestica storica, Ramona. Non è che fossero i ricconi della città, però se la cavavano bene. Vivevano in una villetta grande, con un giardino curato e una piscina sul retro, avevano lavori remunerativi e anche una certa influenza nel campo sociale. Nicole non era una ragazza viziata, nonostante le premesse. La mamma e il papà non le avevano mai reso la vita facile e Sandro, che se n'era andato di casa appena aveva potuto, non era mai stato tanto interessato ai soldi quanto alle donne.

Insomma, gli unici a tirarsela davvero erano Antonio Lucich e sua moglie, ma a volte essere abbienti aveva pure i suoi vantaggi: Nicole avrebbe organizzato la più bella festa di Capodanno della storia. Si sarebbe riscattata da quell'estate e almeno per una volta si sarebbe divertita.

Ovviamente i suoi genitori non avrebbero saputo nulla di nulla.

"Sai che mamma e papà partono per la montagna, il 30?" buttò lì, mentre lei, Sandro e Serena erano usciti sul terrazzo per giocare con il gatto che, a detta di Francesca, non poteva assolutamente entrare in casa dopo che Ramona aveva fatto le pulizie.

In realtà, Nicole se lo portava sempre in camera, ma nemmeno questo, i Lucich, avrebbero mai dovuto saperlo.

"Ah sì? Forte."

Sandro se ne strafregava sempre di tutto, aveva davvero il cervello offuscato da quei suoi capelli incolti che gli avvolgevano la testa in modo del tutto anti-estetico. Come aveva fatto Serena a innamorarsi di uno così? Per lo meno, Andrea Pizzi ce l'aveva sul serio una chioma da figo, non come Sandro che invece credeva di averla. Anche se non si pettinava troppo, anche se lasciava quella zazzera posare a caso, Andrea aveva capelli bellissimi.

Un po' come quelli di Giulio, che, durante le partite, riflettevano sempre il sole come un irritante specchietto per allodole.

E perché mai Nicole stava pensando ai capelli di Giulio? Che c'entrava Giulio?

Fissò quelli dritti e non troppo puliti del fratello: "Sì, infatti volevo organizzare una festa qui. Musica carina, cibo preparato dalle magiche mani di Ramona e pure qualche fuoco d'artificio allo scoccare della mezzanotte, tanto sono abbastanza silenziosi e non ci sono animali in giro, eccetto Puffoletta, che rimarrà al sicuro in camera mia." assicurò al gattino accarezzandole il musetto, poi si voltò verso i presenti. "Ci sarete, vero?"

Serena guardò subito Sandro, lasciando come sempre a lui il vantaggio decisionale, ma sperando quasi quasi in un no.

"Boh... ok." fece lui, alzando le spalle e rigorosamente senza consultare la sua compagna. "Chi viene?"

"Qualche mio amico, compagni di scuola... dai, sarà una serata diversa!" lo disse più che altro per Serena, che sembrava poco convinta, ma che era il vero fulcro di tutto quel trambusto.

La ragazza le sorrise educatamente: "Va bene."

"Fantastico! Ah e mi raccomando, non una parola a mamma e papà!"

A fine pranzo, tutti si salutarono come si conviene e poi Nicole dovette ascoltare le critiche dei genitori su quanto Sandro fosse sempre più la pecora nera della famiglia e Serena, invece, l'unica cosa giusta che quell'ingrato di figlio avesse mai fatto. Se avessero saputo cosa Sandro combinava nei confronti di Serena, l'avrebbero preso a randellate...

Ma lei era ovviamente troppo corretta per lasciar trapelare le sue malefatte. 

Ops, magari Nicole e Sere avevano qualcosa in comune.

Nicole si rimproverò ancora per il continuo pensare a Giulio: e che cavolo, adesso quello pseudo-dio comandava pure il reame della sua mente?

Gli mandò un messaggio, così, tanto per aggiornarsi: Come procede la situazione invitati?

Lui rispose poco dopo: Domani sei al campo? Dobbiamo parlare.

Nicole sbuffò roteando gli occhi, anche se lui non poteva vederla: Stavolta non temi che io rubi preziosi minuti al tuo allenamento?

Giulio inviò una gif: era un rugbista che correva verso la meta e poi la realizzava con un'epica esultanza dello stadio.

E scrisse: Ormai è sicuro che lo farai, quanto è sicuro che io farò almeno una meta a ogni partita.

Megalomane, rispose Nicole, e tornò ad organizzare la festa con un sorrisetto sul viso.

In macchina, intanto, Serena stava guidando verso la sua casa in via Palladini e Sandro, al suo fianco, aveva fatto partire una canzone di Ligabue, che Sere non sopportava. A lei piacevano i Coldplay, maledizione, e quella era la sua macchina! Possibile che Sandro dovesse sempre invadere qualsiasi suo spazio, radendo al suolo quel che già c'era?

Togliere e togliere, senza mai restituire?

Serena si sforzò di non pensare: da quando si era sfogata con Nicole e aveva conosciuto il suo amico Giulio, i ricordi di quell'estate l'avevano travolta come una valanga. Non che li avesse mai del tutto domati, ma almeno un po' l'immagine di quell'Andrea si era sfocata, confusa come il riflesso sullo specchio umido appena dopo una doccia.

Invece ora ricordava benissimo com'era fatto, come fosse bello, come l'avessero incendiata i suoi baci...

"Ti spiace se alla festa di Capodanno andiamo con la tua macchina?" la riscosse la voce di Sandro. "Io non vorrei lasciare la mia nel vialetto, perché magari i botti me la rovinano, o si ghiaccia il parabrezza."

"Ok, non c'è problema."

"Ok."

Serena si irritò per non aver nemmeno ricevuto un grazie e quindi allungò la mano per cambiare la musica: fece partire Fix you dei Colplay e zittì di brutto Liga senza fargli finire il ritornello.

"Che hai?" chiese Sandro in un raro moto di interessamento, più in forma d'abbaio che di domanda.

"È che speravo che questo Capodanno ce ne stessimo da soli in casa." rivelò Serena. "Sarebbe il primo nel nuovo appartamento e avevo pensato che ci si poteva vedere un bel film, poi brindare e magari..."

"Sì, è una bella idea, Sere." sospirò Sandro, mettendosi le mani dietro la testa. "Però, boh, non è che poi ci annoiamo tutta la sera?"

"Non lo so, di solito ti annoi con me, ogni sera?"

Sandrò tossicchiò: "Non intendevo questo, dai, perché te la devi prendere? È che mia sorella ormai è rinomata per le sue feste da sballo e non vorrei perdermela, stavolta. Sai che ha combinato quest'estate, no? Per me ci sarà da divertirsi. Papà non ha ancora smesso di tenerla in punizione, figurati."

Serena scosse la testa, ma disse: "Va bene."

"Vedrai che ti diverti, ok? Promesso." Sandro si sporse in avanti e mise di nuovo la canzone di Ligabue.

*

"Allora, Pizzi, che cosa mi dovevi dire?" 

Giulio era piegato su se stesso, piede sulla panchina e dita intrecciate attorno ai lacci fosforescenti delle sue scarpe da rugby.

Nicole si fermò a guardarlo e cinguettò: "Hai raccolto i capelli, wow!" 

Era il ventisette dicembre duemiladiciotto, forse il primo giorno in cui Nicole aveva visto Giulio con una fascetta nera attorno alla testa che gli tenesse i ciuffi ribelli lontano dal viso. Stava benissimo così: aveva un viso che pareva essere stato scolpito da Policleto in persona nel 400 avanti Cristo. Però, accidenti, quel 'wow' se lo poteva proprio risparmiare!

"Mio fratello non viene alla festa." il volto doriforico si girò verso di lei il tempo sufficiente per darle la notizia, poi tornò ai lacci e concluse il nodo, freddo come solo un vero marmo può essere. Non aveva nemmeno fatto battutine su quel 'wow'.

"Che cosa?"

Giulio aveva già iniziato a correre verso centro campo, la condensa di respiro che usciva dalle sue labbra altrettanto perfette e il naso arrossato per le basse temperature mattutine.

"Giulio!" Nicole l'aveva seguito, come al solito stra-vestita di maglie della salute, pile con cagnolini e sciarpone natalizio che l'avvolgeva fino alle orecchie.

"Hai capito; Andrea non viene, la festa è saltata, mi dispiace tanto."

Non era vero, Nicole glielo lesse negli occhi. Non era vero che gli dispiaceva.

"Ehi!" lo prese per la manica della sua divisa termica e lo face voltare verso di lei. "Stai scherzando, spero, Andrea deve venire! Ho già invitato Serena, Sandro non sospetta nulla, Alessio mi ha pure procurato i fuochi d'artificio da far esplodere mentre quei due si baceranno in terrazza!"

"Ridimensionati, Niky, per favore. Non è che una stupida festa."

"A te non importa niente della mia festa, vero?" sbottò allora, lei. "Guardati, sei sollevato che Andrea non venga, così nemmeno tu devi venire e manco devi preoccuparti di trovarmi degli invitati!"

"Nicole." si allungò per raggiungere il fondo del carrello e prendere il pallone che più gli ispirava. "Io voglio solo allenarmi."

La ragazza rimase davvero a bocca asciutta, assistendo con rabbia al tiro perfetto che lui fece subito dopo, mirando alla porta di fine campo e facendo passare la palla elegantemente sopra l'asta che regala punti. Così, come se fosse un gioco da ragazzi.

"Sei proprio uno stronzo." sussurrò allora. "Scommetto che nemmeno ci hai provato a convincerlo, e forse manco ci hai parlato. Non sia mai che ti impegni per qualcosa che non sia a tuo unico vantaggio."

Allora Andrea strinse più forte la palla ovale e la fissò dritta negli occhi.

Uuuh, quello sguardo metteva paura, pensò lei, combattendo la sensazione di averlo già avuto a così pochi centimetri di distanza.

Nicole non capiva perché, ultimamente, il suo cervello e la sua memoria le giocassero brutti scherzi. Forse avrebbe fatto meglio a farsi visitare da qualcuno?

A Giulio, in realtà, dispiaceva davvero per l'occasione che suo fratello si stava facendo sfuggire e per gli sforzi di Nicole, ma sì... in fondo era contento che non si facesse nulla. Quella in estate era stata l'ultima festa a cui aveva deciso di partecipare assieme a Nicole. Lei non ricordava nulla, perché si era presa una sbronza stratosferica che l'aveva quasi portata a darla via come briciole ai piccioni e a imbrattarsi di vomito, ma lui aveva bene in testa ogni singolo istante.

Ricordava le parole che si erano scambiati, ricordava di essere rimasto volutamente sobrio per evitare che Antonio Lucich ammazzasse anche lui e si ricordava pure che, sebbene sobrio, aveva baciato Nicole. Di sua spontanea volontà.

E si ricordava nettamente anche tutto quello che era successo dopo.

Era per quel motivo che si sentiva sollevato per la festa di Capodanno. Non avrebbe voluto ripetere il delirio di quell'estate; aveva fatto qualcosa che non aveva previsto, il suo stesso comportamento l'aveva spiazzato e il fatto che fosse finita in quel modo l'aveva addirittura fatto... rimanere male?

Non è affatto quel che si addice alla grandiosità di Giulio, il princeps invincibile, Pizzi. Era meglio per tutti che quella rimanesse una parentesi chiusa, cementata, gettata nel fondo di un oceano e dimenticata dall'umanità.

"Ehi, ragazzi! Come butta?" Luca spuntò alle spalle di Nicole con il solito aplombe da ippopotamo. Marmoreo come una scultura, ma ugualmente pesante e indelicato. Giulio lo pensò specialmente quando ricevette una pacca sulla spalla che un medico chiamerebbe più opportunamente lussazione.

"Ciao, Ciambelli."

"Ehi, ciao, Lu-Lu-Lu..." il muso lungo di Nicole tramutò immediatamente in una faccetta da peluche cuccioloso.

"Nicole, come sei carina oggi." le disse lui, non pensandolo nemmeno per scherzo. A lui le donne piacevano in modo indirettamente proporzionale alla quantità di vestiti da cui erano coperte. È che si ricordava quando lei, quell'estate, era avvolta solo da un vestitino con le spalline che cadevano mentre se la limonava di gusto e allora sì, gli dispiaceva di non essere riuscito ad approfittarne.

"Gra-gra-gra..."

"Che ci fai qui, Luca? Non dovevamo vederci tra mezz'ora?" sibilò Giulio.

"Lo so, ma anche Angelico arriva in anticipo, capitano, oh mio capitano, così che ne dici di provare la nuova formazione?"

"Sì." rispose freddamente Giulio. "Speriamo funzioni a non farmi fare tutto da solo come al solito."

"Uff, sei proprio uguale al coach Lucich, Pizzi!" Luca si riprese subito. "Con tutto il rispetto, eh, Niky."

"Non-non-non..."

"Senti, Lucich, levati dai piedi, dai." la ammonì Giulio, infastidito da chissà che cosa, facendosi largo sul campo. "Non ci serve la tua lingua a intermittenza, non vorrei che succedesse come l'altra volta e ci facessi perdere altro tempo."

Nicole si offese profondamente. L'aveva detto in modo molto più cattivo di quel messaggio con la gif che l'aveva fatta sorridere. Forse a volte si illudeva su Pizzi, doveva assolutamente smetterla!

"D'accordo." fece allora, facendo in modo che solo lui la sentisse e anche che vedesse per bene la sua faccia minacciosa sopra il pile a labrador. "Ma sappi che se non porti tuo fratello e almeno altre venti raccomandabili persone alla mia festa di Capodanno, racconterò tutto a mio padre. Di quest'estate, della tua quantità di colpe e del fatto che finora sei stato un grandissimo falso."

Giulio si arrabbiò: "Tuo padre mi ucciderà!"

"Lo so." sorrise allora lei, malvagia. "Ci tieni a sopravvivere?"

*

Andrea era stravaccato sul suo letto a una piazza. 

Camera sua era sempre stata molto stravagante; piena di poster, scritte, mazze da hockey, pupazzetti, strumenti che aveva iniziato a suonare, videogiochi mai completati, un canestro, una gigantografia di Emma Bunton, delle Spice Girls. Lui aveva amato Baby Spice; sarebbe per sempre stata la donna più bella del mondo dopo sua madre.

La sua cameretta era così negli anni Novanta e ci era rimasta fino al duemiladiciotto, quasi diciannove. Non aveva cambiato nulla, solo aggiunto cose, rendendola in pratica una stratificazione di reliquie su cui Real Time avrebbe tranquillamente potuto dedicare una serie. Ed era tutta un'altra cosa rispetto a quella di Giulio.

Sembrava che Giulio fosse il venticinquenne e Andrea il diciottenne. Da Andrea manco si distingueva più la forma delle pareti da quanto fossero invase da cose, mentre quella di Giulio era un perfetto quadrato asettico; letto matrimoniale al centro, sempre fatto e dalle lenzuola neutre. Bianco, nero, grigio, marrone... l'unico elemento un po' divertente nella sua stanza era la scatola di preservativi che Andrea sapeva fosse collocata sotto il letto. Per il resto, tutto un mortorio.

Gli unici soprammobili che aveva erano un pallone da rugby firmato e la bomboniera del suo battesimo, poi sue foto da supermodello in bianco e nero alle pareti (mamma da piccolo lo aveva fatto posare per la Foot Locker per rimpolpare le entrate di casa) e le scarpe a lato della porta. Porta che, per la maggior parte del tempo, rimaneva chiusa a chiave.

Quella di Andrea era invece spalancata, sempre.

E fu per questo che vide Giulio salire sul pianerottolo, gettare il borsone con cattiveria ed entrare in bagno sbattendo tutto ciò che si può sbattere (lo sentì pure spostare il rubinetto della doccia da freddo a caldo, lo aveva di sicuro distrutto).

Così Andrea si alzò e si infilò le babbucce di Homer Simpson per trascinarsi cautamente verso il bagno.

"Giu? Tutto ok?"

Il fratello non rispose, sentiva l'acqua scrosciare e il telefono che sparava a tutto volume una musica rock.

Così si appoggiò alla parete esterna e continuò a cincischiare con il telefono. Aprì il calendario, tornò indietro a luglio 2018 e lesse le note del giorno 19: Non farti trattare di merda - meriti di più :)

Non l'aveva scritto lui, era sicuro. Non l'aveva scritto nemmeno la sua ex, Lucia. L'aveva scritto Serena mentre lui, in preda alla rabbia, era uscito dall'abitacolo per fumarsi una sigaretta che non era nemmeno riuscito ad accendersi. Sicuramente era andata così.

Quella screanzata aveva cancellato le sue note e scritto una frase tumblr mezza motivazionale e mezza patetica, e lui scemo che andava pure a rileggersela ogni giorno, solo per provare ancora più rabbia.

L'aveva scritto proprio lei, eh... pluri-cornificata, ferita con doppia arma da fuoco, ma splendidamente ritornata al mittente da brava mogliettina seria.

Per fortuna l'acqua finì di far rumore, così Andrea intuì che Giulio aveva finito.

"Ohi, fratello, sei ancora vivo o hai fatto a botte con il soffione della doccia?"

"Mi stavo facendo una sega."

"Dai, so che non è vero."

Andrea aprì tranquillamente la porta ed entrò in bagno. Giulio, che si stava avvolgendo un asciugamano alle spalle, cambiò repentinamente idea e lo legò in vita per coprire i gioielli.

"Che cazzo fai?"

"Entro in bagno, te?"

"Mi asciugo dopo la doccia." Giulio aprì le braccia, evidenziando l'ovvio.

"Sei arrivato tutto incazzato, è successo qualcosa?" Andrea avviò una partita di Ruzzle, mentre si sedeva sul water chiuso e fingeva di non essere lì per fare lo psicologo.

"No." rispose Giulio, guardando allo specchio i contorni del suo viso, sfocati dall'umidità. "Sono solo stanco."

"Non ti staranno facendo allenare troppo?"

"Geloso?"

"No, sono serio." Andrea posò il cellulare sul water e si avvicinò al lavandino. Allungò una mano per stoppare la musica da quello di Giulio e lo fissò per un po'. "Hai le occhiaie, tu non hai mai le occhiaie, perché devi essere figo sempre. Arrivi a pelo per i pasti, rimani congelato per ore - non dire che non è vero perché ti sgamo appiccicato al termosifone - e soprattutto sei sempre più nervoso."

Giulio sembrò per un secondo più piccolo: "Cosa fai, il terapeuta, il medico sportivo o il fratello maggiore?"

"Tutto." Andrea allargò gli occhi, pronunciando solennemente e a mezza voce quella parola. "Faccio anche la mamma, se vuoi."

"Tu mi inquieti."

Giulio se ne uscì dal bagno e, ancora mezzo bagnato, si diresse in camera sua. Lasciò il telefono sul lavandino e Andrea lesse l'anteprima del messaggio appena arrivato: Allora, hai cambiato idea o credi ancora sia meglio non venire alla mia festa? <3

Il mittente era Nicole Lucich, cioè la figlia del suo allenatore; Andrea lo conosceva, ci aveva fatto rugby per un anno, poi quel tizio gli aveva messo troppa ansia e si era dato all'hockey. Avrebbe iniziato pure danza classica per sfuggire a quella belva.

"Di', Giu, si chiama Nicole la tua amica della festa di Capodanno?"

"Stai spiando i miei messaggi, coglione?"

"No."

I due si incontrarono a metà nel corridoio, Giulio uscito per paura di quel che Andrea avrebbe potuto leggere, Andrea per rendere a Giulio la sua proprietà.

"Tieni."

Giulio ritirò malamente il telefono e incrociò le sopracciglia: "Hai ragione. Mi alleno troppo. E sono stanco morto."

"E lei che c'entra?" accennò maliziosamente Andrea.

"Lei rompe il cazzo. Come se già suo padre non bastasse. Ora, se mi vuoi scusare..."

Giulio si chiuse nella sua stanza e iniziò a vestirsi: no, non avrebbe ceduto ai ricatti di Nicole. Non avrebbe costretto Andrea ad andare. Lui stesso non ci sarebbe voluto andare. Era meglio così, e Nicole era troppo fessa per intendere davvero quello che aveva detto.

Non avrebbe fatto la spia.

Nicole gli piaceva anche perché era fastidiosamente buona.

Anche? si domandò inorridito.

"Va bene, vengo con te." la voce di Andrea giunse alle sue orecchie dall'esterno e filtrata dal legno. Si stava infilando i pantaloni, ma si bloccò. Sicuramente aveva capito male.

"Che cosa?"

"Ho detto che ci vengo."

Giulio si diresse verso la porta e la spalancò. Fissò suo fratello.

"Vieni alla festa?"

"Sì."

Giulio si ritrovò a fissare il nulla, immobile, mentre Andrea si era intromesso nella sua stanza e gettato a volo di rondine sul letto: "Papà mi detesta. La mia perenne presenza in casa lo urta ancora di più delle ramanzine di mamma, in più so cosa pensa: puttana, hai venticinque anni e non hai ancora concluso un cazzo, sei stato scaricato dalla tua donna e ti sei fatto demotivare da un paio di ossicini rotti. Lui è un eroe, eh. Dovremmo tutti fare come lui."

Giulio alzò le sopracciglia: non che il loro papà fosse un orsetto gommoso, ma Andrea aveva chiari problemi ad accettare la sua figura in casa.

"Mamma è come dici te. Adora il fatto che io sia qui con lei, mi rimpinza di cibo e ci guardiamo Real Time tutto il tempo, ma in realtà mi manderebbe via a calci in culo, se sapesse che ho intenzione di ripigliarmi ed essere felice in autonomia."

"Mamma è sempre stata bipolare, come te."

"E poi ci sei te." Andrea afferrò il pallone di rugby dal comodino e lo puntò verso Giulio. "Che hai sette anni meno di me, ma sei molto più saggio, molto più maturo e anche molto più fortunato. Non so che abbiamo fatto per farti diventare il migliore della famiglia, ma forse è che tu sei sempre stato un po' il migliore in generale e, beh... a volte dovrei prenderti come esempio. Anche se c'hai le palle stracciate, te non ti lamenti, vai per la tua strada, non fai stupidi errori... sei felice."

"Ma ne ho fatti, e non ne sono felice."

"Ma non si vede." disse Andrea, mettendosi seduto con il pallone tra le gambe. "Ti voglio imitare. Verrò alla festa e fingerò di non essere un rottame di uomo senza prospettive né gioie."

Andrea sorrise, Giulio si incupì: "Non è vero che lo sei, ne sei solo convinto perché sei sfortunato. E comunque, non è così che si fa."

"Beh, mi metterò in tiro, ovviamente."

"E poi giuri che la pianterai di restare chiuso qui? Che non sarà l'unica occasione per uscire? Che ti rifarai una vita post-Lucia, post-incidente, post-qualsiasi para mentale tu abbia?"

Andrea si alzò, raggiunse il fratello e spinse delicatamente la sua fronte: "Giulio, piccolo moccioso... lo giuro."

Giulio cacciò via Andrea con un violento calcio nel sedere, poi chiuse la porta della sua stanza, girando la chiave. Recuperò il cellulare dalla scrivania e lesse il messaggio di Nicole, che era proprio una gran spina nel fianco.

Sì, verrò alla tua stupida festa, Lucich. Ma porto tre ettolitri di vodka.

Nicole rispose quasi subito: E tuo fratello lo porti?

Naturalmente. 

Bravo! Vedi che so come convincerti? inviò allora lei, subito prima di un altro messaggio. Se ce la fai, chiedi anche a Luca Ciambelli e ti permetterò i tre ettolitri di vodka.

Giulio era profondamente infastidito, come quella mattina al campo. Talmente tanto che produsse una risposta un po' cattiva: Seh, a quel punto dovremo darli a lui per dimenticare di averlo fatto con te.

Nicole non si lasciò demoralizzare: Ma va, chi vorrebbe mai dimenticare di averlo fatto con una professionista come me? ;)

Professionista??? digitò Giulio, il sopracciglio inarcato. Megalomane.

Bloccò lo schermo del cellulare e si mise a mandare gli inviti per la festa con il morale sotto le scarpe.

Già, Nicole... chi avrebbe mai voluto dimenticarlo?

***


ANGOLO AUTRICE

Uh-uh la questione inizia a farsi sempre più interessante...

Io non ho mai detto nulla di esplicito, Giulio nemmeno, ma voi avete capito che diavolo è successo a quella benedetta festa???

Nel prossimo capitolo vedremo i ragazzi fare un po' di pianificazioni, assieme a personaggi che fin qui avete marginalmente conosciuto, ma che avranno modo di presentarsi un po' meglio. Poi qualcuno darà un passaggio ai fratelli Pizzi e via! Finalmente avrà inizio questa sudata festa di Capodanno. Sicuramente il futuro riserva grandi sorprese per tutti i nostri amati protagonisti.

Noi ci vediamo dunque sia qui che su Wattpad il 31 gennaio: dal prossimo capitolo inizierò a parlarvi anche di altre sorprendenti pubblicazioni che ci attendono a febbraio e spero che ci sarete per continuare a seguirmi: i vostri commenti e le vostre recensioni sono come sempre un'inestimabile fonte di motivazione. Ci tengo a precisare anche che questo capitolo di IPLF che avete appena letto è in assoluto il più corto di tutti, mentre dal prossimo il numero di parole aumenterà dalle 5 mila alle 6 mila.

Grazie per aver letto fino a qui e buoni esami per chi come me si sta ammazzando in piena sessione!

Alla prossima,

Daffy

P.S. la gara tra Giulio e Andrea, per decidere chi di loro è il più amato dal pubblico, per ora è in una situazione di parità. Generalmente, vi ho sentiti molto indecisi, ancora bisognosi di farvi idee più precise su ciascuno dei due Pizzi. Quindi continuiamo a leggere di loro e poi ci sarà un sondaggio ufficiale sui miei social per decidere chi si merita la corona. Stay tuned!





***


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Capitolo 4
*** Sbavature nel piano ***


IPLF 4

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Invischiati per le feste

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4. Sbavature nel piano

"Oh no, non ci credo." Giulio aprì la porta di casa Lucich con il suo paio di chiavi personalizzate, ma appena vide chi altri Nicole aveva invitato al comitato organizzativo per la grande festa, girò i tacchi e fece per andarsene di nuovo.

"Altolà, sua magnificenza, questa non è la tua reggia." Nicole lo bloccò subito, girando il chiavistello con autorità. "Intanto hai veramente stancato con questa storia che tu mi entri in casa senza nemmeno avere la decenza di suonare, e poi non decidi da solo come organizzare l'evento. Avevamo già chiarito questo punto."

Giulio le fece una smorfia regale, mentre lei agitò la mano per sospingerlo a sedersi.

Attorno alla tavola rotonda comparivano, belli come il sole, Maria, Alessio e la fidanzata di quest'ultimo. Giulio poteva giurare di averci già parlato alla festa di quell'estate, ma non ricordava affatto come si chiamasse.

"Piacere, sono Valentina." disse tutta emozionata, alzandosi in piedi come un soldatino. "Ma in realtà già mi conosci, ci siamo visti-"

"Qui... mi ricordo." le sorrise gentilmente, ma in modo molto più disinteressato di quanto lei sperasse. Poi i suoi occhi nocciola finirono su Alessio: "Vedo che non ti sei mai ripresa da quel giorno."

Il ragazzo alzò una mano: "Princeps!" lo salutò, senza nemmeno essersi reso conto della velata presa in giro. Ad Alessio Giulio piaceva: era tutto quello che lui, nerd impacciato e impopolare, sognava di poter essere. Ma poi si ricordava che da sei mesi stava con Valentina e pensava che Giulio, invece, non aveva una fidanzata così... nemmeno una fidanzata, se era per questo, e si sentiva subito un po' meglio.

"Vergine Maria..." disse poi Giulio in un melenso sorriso alla migliore amica di Nicole. Tutti la chiamavano vergine per scherzo: Maria era di tutto, fuorché vergine.

"Ciao, Giu." lei gli dedicò un occhiolino allegro. 

Anche a lei Giulio piaceva: se lo era spesso ritrovato tra i piedi quando i suoi la portavano a giocare da Nicole, nei pomeriggi di elementari. Solitamente arrivava assieme ad Antonio Lucich dopo qualche allenamento, perché già ai tempi lui si era accorto che quello fosse il più talentuoso tra i suoi pulcini, e si era dedicato a trasformarlo nel fiero gallo da combattimento che era ora. Gli dava un passaggio prima o dopo gli allenamenti, gliene faceva di personalizzati per affinare la sua tecnica e tra l'una e l'altra occupazione, gli concedeva pure di assaggiare qualche biscotto di Ramona e giocare con la figlia e le sue amiche a casa Lucich.

Ricordava che Nicole non poteva sopportarlo: era come un infiltrato indesiderato nella sua vita. Poteva mangiare più biscotti di lei, guardare la tv più a lungo di lei e persino fare il bagno in piscina quando a lei era stato vietato per punizione. Quel che era peggio, è che godeva addirittura di molte più attenzioni di lei. Suo padre si era affezionato tanto a quel bambino, aveva deciso di renderlo un mini lui, come non aveva mai potuto fare con Sandro, perché era un caso umano, e successivamente con Nicole, perché era troppo diversa dalle sue aspettative.

Ma nonostante tutto, a Maria piaceva. Era un compagno di giochi simpatico. Un po' troppo figo, ma simpatico. E poi era palese quanto Nicole subisse il suo fascino, anche se non aveva mai smesso di odiarlo dalla terza elementare in poi.

"Sono felice di notare che il gruppo sfigati anonimi è al completo. Quando si inizia, capo?" Giulio si rivolse, saccente, a Nicole, e lei gli fece il verso.

"Noi abbiamo già iniziato." cinguettò, porgendogli dei fogli pieni di appunti e altro pattume vario. "Abbiamo deciso che Alessio si occuperà di far esplodere i fuochi, Maria di creare la playlist e Valentina di aiutarmi con le decorazioni. Abbiamo anche già pensato al tema, che sarà bianco e oro, abbiamo detto a Ramona che cosa preparare e abbiamo architettato come distrarre mio fratello per poter attuare il piano madre."

"Cioè?"

"So che lui ha sempre avuto una deviazione per le tette di Maria."

Giulio trasalì per lo schifo (non in quanto alle tette di Maria, che non erano male, ma quanto più nell'immaginare un Sandro adolescente che si trastulla guardando il seno dell'amichetta di sua sorella... aveva sempre detestato quell'uomo!).

"Quindi Mary si butterà una bella scollatura e, mentre io starò chiacchierando con Serena, chiederà a Sandro se per caso ha mai visto Star Wars." continuò a spiegare Nicole. "A quel punto lui si gonfierà il petto esultando perché sì, oh mio Dio, lui è il fan numero uno di Star Wars, e le proporrà di salire in camera sua a vedere la collezione."

Giulio si voltò verso Maria: "Sei sicura che vuoi sacrificarti così?"

"Non lo farei neanche per soldi." alzò le mani. "Ma abbiamo pensato che, una volta in camera, Sandro e io verremo 'sorpresi'-" virgolettò quel participio passato. "Dalla presenza di due che ci danno dentro nel suo letto." 

Quindi Maria puntò il dito verso Alessio e Valentina, che sarebbero stati gli 'intrusi' nella stanza: lui si esibì con un'orgogliosa dab e lei, invece, arrossì d'imbarazzo.

Giulio era perplesso: "Nic, dici di me, ma voi siete profondamente disturbati."

"Dovresti solo ringraziarci, Pizzi, abbiamo messo in piedi un piano infallibile. Sandro si incazzerà da morire, prenderà a litigare con Alessio e Valentina e nel frattempo, Maria si farà venire una crisi di pianto così da trattenere tutti lì, finché noi non avremo finito le nostre cose."

"Beh, se avete già ideato tutto, allora che ci faccio qui?"

"Sei venuto per risolvere il problema più grosso. Come invischiamo Serena e Andrea?"

Giulio schioccò la lingua, come se gli fosse stato chiesto come si gioca a rugby: "Li chiudiamo in bagno, no?"

"E se poi non va a finire bene come vogliamo? Se litigano o... che so, non si vogliono più vedere per qualcosa che è successo? Se non ci vogliono stare in bagno insieme?"

"Beh, non credo che butterebbero giù la porta. È più probabile che Andrea si faccia del male provandoci o che muoia dissanguato nella vasca per esserci caduto per errore."

"Ok, ma a noi non basta che sopravvivano. Noi vogliamo che arrivino a ricongiungersi." illustrò Nicole, unendo con le dita due punti immaginari. "Come facciamo?"

"Non puoi farlo." dichiarò Giulio, elementare.

Allora Nicole alzò un sopracciglio: "Lo possiamo fare, lo sappiamo fare e lo dobbiamo fare. Per il bene di tuo fratello e mia cognata."

"Che non sarà più tua cognata, se si mette con mio fratello."

"Oddio, non ci avevo pensato!" realizzò all'improvviso Nicole, sbattendosi una mano sulla fronte. Nooo, quello era un vero peccato! Però, meglio non avere legami, se questi dovevano coinvolgere quell'ingrato di Sandro.

Sì, era giusto così, si disse, dispiaciuta, Nicole, prendendo atto che avrebbe perso la cognata più dolce del mondo.

"Non potete semplicemente dir loro di parlarsi?" osservò Valentina.

"No!" esclamarono Nicole e Giulio contemporaneamente.

"Perché no?"

Nicole incrociò le braccia con ovvietà: "Serena capirebbe che è una trappola e si rifiuterebbe, sapendo che Sandro è nei paraggi. E comunque, non ne avrebbe per niente il coraggio: ci si deve trovare completamente invischiata, per l'appunto, immersa fino al collo nella situazione. Come quel giorno dell'autostop."

"Andrea invece è un po' cazzaro." Giulio delineò la situazione con semplicità. "Non puoi dirgli una cosa del genere con preavviso, perché avrà tempo di organizzarsi e quindi farà saltare tutto. È una sua dote innata."

"Allora inventate qualcosa di più elaborato. Tipo che non possono uscire dal bagno finché non si baciano." propose Alessio, quello più deviato di tutti.

"Quella è coercizione, genio." evidenziò Giulio.

"Ho un'idea!" saltò su Maria, ma poi ci ripensò. "No, no... avete detto niente alcol, quindi no."

"No." confermarono Giulio e Nicole, di nuovo in coro.

"Senti, tu sei quello che sa sempre come ci si diverte." Nicole passò all'attacco, indicando Giulio con stizza. "Non puoi inventare qualcosa? Qualche ballo caraibico per coppie? Qualche gioco svergognato tipico delle tue feste da rimorchio?"

Perché tutti etichettavano gli eventi a cui partecipava come 'da rimorchio'? Va bene, era sempre stato il re delle feste, con la maggior parte della presenza femminile ai suoi piedi, senza nemmeno dover fare tutti gli sforzi di Luca Ciambelli. Però, al contrario di quest'ultimo, non passava mai il suo tempo in una stanza con la fila fuori; si divertiva quando si doveva divertire, sennò gli piaceva pure ballare, chiacchierare, mangiare...

Lo dipingevano davvero molto più stronzo di quanto fosse e lui aveva il leggero sospetto che fosse in parte colpa sua e in parte, alla lontana, del mitico coach Lucich.

Giulio si grattò la testa, sempre più stanco e sempre meno convinto di tutta quella storia: "Non posso, se vuoi mantenere il livello della serata a pari con la tombolata di nonno Arturo in ospizio. Ma è Capodanno, giusto? Piazza del vischio in giro, così se proprio va male li possiamo invischiare nel vero senso del termine."

Nicole fissò per un attimo Giulio, tutti gli altri si erano zittiti.

Sembrava una stupidaggine, ma non era poi così scontata.

"Ok." decretò infine. "Mi piace. Sarà il nostro piano B, nel caso il bagno non sortisca effetti positivi."

"Perfetto." Giulio si alzò dalla tavola e imbracciò il suo borsone di rugby. "Me ne posso andare, ora?"

"Aspetta..." lo fermò Nicole, raccogliendo un vassoio mezzo vuoto alle sue spalle. "Lo vuoi un biscotto? L'ha fatto Ramona, te l'abbiamo tenuto."

Giulio si sorprese dell'offerta. Rimase per qualche secondo rapito dal biscotto, poi alzò gli occhi su Nicole e non riuscì a trattenere un sorriso spontaneo.

"Grazie." prese il biscotto e se ne andò.

Ma quando sorpassò Nicole, portando con sé un po' del suo familiare odore, lei ebbe come un déjà-vu e arrossì di colpo. Non aveva mai capito che ci stesse facendo, la mattina dopo la festa di quell'estate, distesa accanto a lui con la sua camicia indosso, ma ricordava che sapeva di quel profumo.

Giulio le aveva detto che era rovinata su di lui in condizioni pietose e che si era trovato costretto a coprirla con ciò che aveva per non dover guardare le sue deformi nudità. Nicole era morta di imbarazzo e in quel momento le stava ricapitando, perché non aveva mai ammesso a se stessa che risvegliarsi così, sotto sotto, non le era per niente dispiaciuto.

"E quello cos'era?" ocheggiò Maria, non appena la porta di chiuse alle spalle di Giulio.

"Quello cosa?"

"Il biscotto? Il mini-infarto? Il sospiro?" proseguì Maria animandosi tutta. "Sei innamorata di Giulio Pizzi?"

"Che cosa?? No! Che schifo!"

 certamente innamorata di Giulio." confermò Valentina.

"Io l'ho sempre pensato." fu il colpo di grazia di Alessio.

Ramona sbucò dalla cucina: "Anch'io."

E Nicole non poté che mandare tutti al diavolo, compresa quella maledetta notte d'estate, che per fortuna aveva mezzo dimenticato.

*

Serena si passò attentamente il rossetto sul labbro superiore, poi serrò la bocca e premette per farlo aderire anche sotto. Ripassò il tutto con meticolosità, usando il mignolo solo per correggere l'angolo destro, poi poté finalmente ritenersi soddisfatta.

Si staccò dallo specchio con circospezione e aria critica.

Non si truccava spesso, quindi si sorprendeva sempre del risultato, quelle poche volte in cui si vedeva diversa. Ma per lo stesso motivo, sapeva di non essere pratica e temeva di aver esagerato o di aver sbagliato qualche proporzione.

Continuò per un po' a fare avanti e indietro allo specchio, poi si mise di profilo e controllò anche l'abito.

Nicole le aveva detto che il tema era bianco e oro, ma lei aveva solo due vestiti: uno verde, al ginocchio, e uno violetto, lungo. Provandosi quello al ginocchio, si era accorta di come evidenziasse le sue gambe grosse e storte, quindi alla fine la scelta era ricaduta sul viola.

Era un abito molto umile, a tinta unita e con le coppe a goccia che un po' le ravvivavano la piattezza del seno. Aveva qualche filo di paillettes viola scuro che piovevano dalla vita verso il basso e poi finiva in un'orlatura morbida, che le permetteva di essere comoda e di non dover indossare scarpe troppo vistose, ché tanto sarebbero rimaste nascoste.

Non sarebbe stata la punta di diamante delle invitate, però si piaceva.

Abituata com'era ai maglioni a collo alto, o le t-shirt monocolore con l'ormai antica scritta United Colors of Benetton, quello era quasi uno shock per i suoi standard. E poi ci aveva ragionato bene: aveva abbinato al look un copri spalle bianco (almeno poco poco si sarebbe avvicinata al tema della serata) e un rossetto tenue. Si era tinta le unghie mangiucchiate per farle sembrare più in ordine e aveva curato i capelli affinché potessero restarsene sciolti senza sembrare paglia bruciata.

Ecco, ci era voluto un po' di lavoro, ma in quelle tre orette prese per sé, si era sentita davvero benissimo.

E ora, anche se sapeva di non essere una make-up artist né di aver scelto un outfit superbo, si poteva dire contenta del riflesso che le rimandava il suo specchio.

Un colpo di tosse alle sue spalle la fece trasalire.

Lei si voltò emozionata verso Sandro e gli sorrise: "Allora?"

"Hai idea di dove siano finiti i miei boxer rossi?"

Tutta la spuma che si era creata attorno a Serena si smontò come albumi mescolati male.

"...no." biascicò. "Non ricordo di averli buttati in lavatrice."

"Ah."

Sandro sparì di nuovo dietro alla porta e Serena ributtò l'occhio su se stessa, stavolta con gli angoli della bocca rivolti all'ingiù. Ecco, non si piaceva più.

Non ci sarebbe voluto praticamente nulla per farla sentire apprezzata, eppure era bastato un nulla per distruggere un altro pezzettino del suo cuore.

E aveva sbavato pure l'angolo sinistro di rossetto.

*

Quando la portiera dell'auto si aprì, entrò prima il rispettabile freddo del 31 dicembre, e solo poi fu il turno dei fratelli Pizzi.

"Oh, dai che si gela!" si lamentò il passeggero del sedile anteriore.

"Puttana, Giu, muoviti!" Andrea spinse Giulio per velocizzare il processo della salita, ma la macchina era piena di cianfrusaglie e quindi i due si ritrovarono praticamente abbracciati quando chiusero la porta.

"Che macchina di merda, Luca." osservò Giulio, divincolandosi dai capelli di Andrea sul suo naso.

"Comunque grazie del passaggio." rimediò Andrea, che almeno un po' di cortesia da sua madre l'aveva imparata.

"Angelico, tu lo conosci già fin troppo bene, mentre Luca, ti presento mio fratello Andrea." Giulio fece gli onori di casa, mentre Luca si ruotava indietro dal posto del conducente e Andrea allungava un pugno dal suo angolino del sedile dietro: "Ciao, bomber."

Giulio sospirò: "Andre, facciamo rugby, non calcio."

"E che devo dire: ciao, pilone? Ciao, mediano? Ciao, seconda linea?"

"Tallonatore." lo indottrinò Luca, con un sorriso da falso modesto, come se avesse appena detto: brutta capra, io sono praticamente quello che insegue il boccino d'oro, non lo sai?

Infatti, come Giulio aveva previsto nella sua testa, il loro cocchiere attaccò a spiegare tronfiamente: "Il tallonatore, nel rugby, è quel giocatore che, tra le altre cose, ha la responsabilità di calciare la palla nel canale quando ci sono le touch. Robe da niente, eh, solo il compito cruciale quando sta per finire tutto a puttane." se la rise con compiacenza, ignorando che persino il custode del campo fosse più bravo di lui in quel ruolo. 

Andrea lo fissava con sguardo vago, annuendo lentamente: non aveva capito una singola parola, o meglio, non gli interessava. Giulio dovette soffocare una risata: suo fratello stava sicuramente pensando a Baby Spice che sculetta o a come aggiustare quella sua vecchia fisarmonica che teneva sotto il cuscino perché un indiano della fiera d'ottobre gli aveva detto che portava fortuna.

"A te, Ange, come ti devo chiamare?" Andrea si sporse verso il sedile del passeggero e sbatté il pugno con Angelico.

Lui e Angelico si conoscevano da una vita. Qualche volta avevano fatto partite di calciorugbyhockeybandierina a casa loro, perché lui e Giulio erano migliori amici e quindi si condivideva tutto. Casa, sport, palloni... tutto, senza troppi problemi, quando si poteva.

"Ange va bene." rise il ragazzo, che era tanto grosso quanto Luca, ma almeno non completamente vuoto nell'area cerebrale.

"Si parte?" fece Luca, mettendo in moto la Golf.

A Giulio urtava tantissimo che anche lui venisse alla festa, ma l'invito gliel'aveva mandato personalmente, quindi di che si lamentava?

Almeno aveva accettato di dare un passaggio ai Pizzi. A casa loro c'era solo un'automobile, la Cinquecento di mamma Roberta, e non sempre era disponibile all'uso.

Comunque Giulio non aveva ancora ben capito perché ultimamente gli stesse così sulle palle Ciambelli: erano compagni di squadra, e se un messaggio ben chiaro gli era sempre arrivato dall'allenatore Lucich, era che si doveva andar d'accordo tra compagni di squadra. In più lui era capitano (per quanto Luca ritenesse che il ruolo di capitano non fosse comunque tanto importante come quello del tallonatore), ragion per cui doveva, più di chiunque altro, avere una buona considerazione del suo team.

Con Lucich ci lavoravano spesso a questo concetto: dirsi le cose, elaborare i problemi... e che cosa avrebbe dovuto dirgli, allora? Che Luca gli sembrava solo un pompato tutto fumo e niente arrosto? Che non sapeva giocare a rugby come si vantava di fare solo per piacere alle ragazze? Che gli stava sul cazzo che avesse trattato Nicole come un pezzo di carne, all'ultima festa a cui avevano partecipato? 

Ah, era questo, allora.

Era questo che Giulio non voleva ammettere con se stesso.

Beh, in qualsiasi caso, non avrebbe nemmeno dovuto pensarlo, dato che Nicole era la fottuta figlia di Lucich.

Che poi, Lucich era sempre più preso dai suoi colloqui con soci e allenatori vari, nella speranza di salire nelle classifiche facendo pubblici lecchinaggi, quindi manco c'era nei paraggi, per ricoprire veramente il suo ruolo di guida tecnica e spirituale dei ragazzi. I suoi compagni, dunque, erano sempre più rincretiniti dal sogno di essere i migliori, e lui sempre più oberato di incarichi.

Lucich gli aveva affidato la squadra, gli allenamenti, la responsabilità di vincere la partita, praticamente ogni pressione che potesse esserci su questa finale di campionato, da cui dipendeva il loro avanzamento come divisone oppure un altro anno di arrancata. Lucich aveva sempre fatto così e per un po' Giulio aveva creduto che fosse la cosa più figa del mondo, che lo rendesse la persona più figa del mondo! Si sentiva potente, protetto... suo padre era orgoglioso per questo, sua madre era fiera che lui avesse trovato tale vocazione, i suoi amici lo rispettavano e lo stimavano e lui, per tanti anni, aveva vaneggiato in preda ai fiumi dell'euforia.

Poi, dall'oggi al domani, si era accorto di essere molto stanco.

Quando era successo quel casino con Nicole - e Dio doveva essere lodato per aver fatto sì che lei non lo ricordasse - agli occhi di Giulio si era mostrata una rivelazione. Lui non poteva fare niente senza che gli si ritorcesse contro da parte di Lucich, lui non poteva aver colpi di testa come tutti, senza che Antonio gliela facesse pagare cara, lui non poteva cadere in umani scivoloni senza deludere aspettative e subire ramanzine.

Lui non era perfetto... ma doveva esserlo. Sempre.

Amava essere capitano, sul serio. Ma adesso forse non si sentiva più all'altezza, perché si stava accorgendo che pure lui aveva delle debolezze... per quanto fosse davvero difficile da credere.

"Ohi, ma quindi ci sarà o no?"

Non si era reso conto di come, ma erano quasi arrivati a casa di Nicole e stavano pure parlando con lui.

"Ci sarà chi?"

Andrea si voltò a guardarlo, accorgendosi subito della sua insolita aria cogitabonda.

"La vergine Maria!" rispose Luca, ovvio. "Di chi stiamo parlando sennò, da dieci minuti buoni?"

"Ah, sì, ci sarà, ma credo avrà abbastanza da fare."

"Con chi?" si allarmò Angelico.

"Storia lunga." tossicchiò Giulio.

"Beh, peccato." fu il commento di Luca. "Quest'estate me l'ero passata, ma non come avrei voluto. Mi sono fatto-fatto solo Caterina e Teresa, invece Maria è stata tutto il tempo insieme ad altri; abbiamo semplicemente limonato e a un certo punto, non so quando, le ho palpato le tette. Belle tette, comunque."

"Ma altri chi, scusa?" domandò Angelico, sorprendentemente più interessato a quel dettaglio che alle tette.

"Beh, non tu, dato che eri così fatto che ti sei passato metà serata appeso al lampadario." Luca lo squadrò dall'alto in basso. "Ci si deve mettere d'impegno alle feste, sennò quando cucchi? Dovresti imparare dal maestro. Pensa che l'avevo quasi fatta pure con Nicole Lucich, che sfortuna che non siamo arrivati fino in fondo..."

Giulio sentì arrivare una botta di rabbia dritta nello stomaco e stava per sporgesi in avanti in preda a strani istinti, quando la botta arrivò davvero, da suo fratello.

"Frena!" 

Chiaramente l'ordine verbale era rivolto a Luca, ma tutta l'ingombrante stazza di Andrea si era imposta sull'abitacolo per sporgersi verso qualcosa che aveva attirato la sua attenzione fuori dal finestrino.

Ok, casa Lucich era una signora casa, ma Giulio non ci trovava nulla di valido uno schizzo di pazzia.

Luca inchiodò con mille bestemmie e Angelico iniziò ad ansiarsi: "Che hai visto? Che c'è? Abbiamo tirato sotto qualcuno?"

Giulio seguì la traiettoria dello sguardo di Andrea e capì a cosa stava puntando. Tra le varie auto parcheggiate fuori di casa, l'aveva fatto ammattire la punto blu mezza ammaccata che se ne stava nel vialetto, accanto alla salma di uno gnometto da giardino.

"Puttana..." sfiatò Andre, con gli occhi enormi. "Ho bisogno di una paglia."

Senza troppi complimenti, smontò dalla Golf di Luca e si sbatté la portiera alle spalle, inciampando subito poi e urlando "Ma che cazzo!". 

Le sue gesta da squilibrato generarono ulteriore scompiglio: "Che minchia ha tuo fratello?"

Giulio sospirò: "Parcheggiate ed entrate pure. Noi vi raggiungiamo fra poco."

Scese a sua volta e aspettò che la Golf si allontanasse. Poi attraversò la strada e raggiunse il fratello che in tutto quel tempo non era nemmeno riuscito a far girare la rotella dell'accendino. Andrea era un fumatore da nervosismo, ma ogni volta che era nervoso non riusciva ad accendere dal nervoso, quindi Giulio si chiedeva se avesse mai veramente fumato.

"Hai le tue cose, Andre?"

Ovviamente Giulio aveva già fatto due più due: aveva visto quella stessa auto qualche giorno prima andando a prendere le registrazioni a casa Lucich, ed era stata l'occasione in cui Nicole gli aveva presentato Serena. Ovviamente, per non far saltare la copertura, Giulio finse di non sapere nulla, ma mandò a Nicole un messaggio di nascosto: Magari far venire Serena con una macchina diversa, genio?

Cazzo non ci avevo pensato! fu l'immediata risposta. Siete già qui? Siete fuori?

"No, è che ho visto l'auto di una persona." fece Andrea, imbronciato e sulle spine.

"Di chi?"

"Di una che non vorrei che ci fosse. Puttana, questo accendino di merda..." Andrea più che girare la rotellina, la stava estraendo con un'incisione a losanga.

"Dai qua, o ci fai esplodere." Giulio si appropriò del corredo necessario ed accese la sigaretta per lui. "Toh, e ripigliati, magari."

"Grazie, vuoi una anche te?"

Giulio si mise le mani in tasca, sentendo il cellulare vibrare nervosamente ad altri messaggi di Nicole e ponderando per qualche secondo: "Ma sì, va."

"Ma se non fumi."

"Beh, stasera sì."

"Il tuo allenatore ti ammazza, se sa che fumi."

"E allora che cazzo me la offri? Dammi 'sta sigaretta, dai, non mi rompere le palle."

Ancora una volta, Giulio strappò l'accendino e le sigarette di mano ad Andrea e, guardandolo male, se ne accese una: "Chi è la tipa che non vuoi vedere?"

"Si chiama Serena, l'ho incontrata il giorno prima dell'incidente, prima di essere scaricato da Lucia. Lì per lì ho pensato che fosse stato il colpo di fulmine della mia vita, sai tipo il classico miracolo che pone fine a tutte le sofferenze, eccetera eccetera, poi col tempo, ho capito che invece quella donna non è altro che l'origine del male."

"Puoi parlare in italiano, per favore?"

"Ci siamo baciati, solo baciati." disse allora Andrea, scrollando la cenere sul marciapiedi, con i nervi a fior di pelle. "E, tra parentesi, il bomber di prima fa proprio cagare come persona." aggiunse, tirando il collo verso la Golf di Luca ormai parcheggiata.

"Concordo." Giulio fece un tiro e tossì immediatamente. Non era per niente abituato al fumo, ma approfittò del suo stesso trambusto per leggere l'ansia di Nicole: Ha cambiato idea? Siete tornati a casa? Giulio dimmi qualcosa! L'hai convinto a restare comunque????

Ci sto provando. digitò con occhi e schermo anche troppo appannati.

E poi gli diceva pure che non si impegnava... tss.

"Ma il fatto è che mi è piaciuta sin da subito un casino." sospirò Andrea. "Ci si può innamorare in un quarto d'ora?"

"Andre, non sono io che mi guardo l'intera programmazione di Real Time in divano con la mamma. Chiedile a lei 'ste cose, no? O al massimo acculturati con quelle cagate."

"Ma te non sei mai stato innamorato?"

Giulio guardò Andrea tra i vortici grigi con finto sdegno: perché era fuori come una mina? Perché parlava di grandi concetti così a caso? Perché faceva sempre le domande sbagliate?

"Boh."

"Beh, credo che a me sia successo, perché nel giro di sei mesi mi è crollato il mondo addosso. E no, non solo perché, di fatto, mi è venuta addosso un'auto rompendomi le ossa, ma perché ho perso le mie convinzioni, il mio buon umore, il senso di sicurezza, sai... tutti capisaldi che fino a quel momento c'erano. Lei mi ha cambiato. E ci siamo solo baciati, figurati se avessimo fatto l'amore lì nel retro, come avrei voluto." indicò la Punto blu con la sigaretta e a Giulio venne un conato di vomito.

No, suo fratello in atti osceni proprio no, eh.

Ti prego Giulio, ti prego, salva la situazione! vibrò ancora il suo telefono.

"Senti, non voglio nemmeno sapere perché poi è finito tutto in svacco, dato che prenderesti a commiserarti per la tua inqualificabile sfortuna e mi romperesti le palle con frasi filosofiche a caso." disse Giulio, intento a propinare a suo fratello un discorso motivazionale coi fiocchi.

Ma Andrea lo spiazzò comunque, con un elementare riassunto non richiesto: "Lei è tornata con il suo spauracchio di fidanzato e non è venuta a cercare me."

"Bene." riprese, allora, Giulio. "Scommetto che in realtà non voleva, che quello è un viscido e che se non è venuta a cercare te, è ancora sana di mente."

"Grazie."

"Quindi avrà avuto un buon motivo, Andre." lo incoraggiò Giulio, buttando a terra il mozzicone ancora a metà e pestandolo con un leggero senso di colpa per aver fatto male ai suoi polmoni d'atleta (il senso di colpa... suo grandissimo amico, ormai). "Stasera la cerchi, te lo fai spiegare e poi ve ne andate nella Punto a finire quanto iniziato in estate. Solo che a me non devi raccontare nessun dettaglio, capito? Nessun - dettaglio."

Giulio sapeva che gliel'avrebbe raccontato comunque e, in ogni caso, se proprio Andrea se la fosse fatta sotto senza ascoltare un minimo di consiglio - cosa che sarebbe accaduta, ormai lo conosceva - lui e Nicole avevano il piano. E lei lo avrebbero messo in atto cascasse il mondo, perché conosceva anche la cocciutaggine di Nicole.

"Non sono sicuro di volerlo fare; l'ultima volta che mi sono dato per una relazione morente ci sono quasi morto io."

"Beh, ma almeno goditi la festa!" ovviò il piccolo Pizzi. "Vuoi davvero tornare da mamma senza nulla da raccontarle?"

Andrea sorrise, buttò la sigaretta e imboccarono il vialetto.

*

Quando suonò il campanello, Nicole si fiondò alla porta, quasi spiaccicandocisi contro.

Sinceratasi di chi vi fosse al di là, non solo la aprì, ma la spalancò con l'enfasi di un bambino che spacchetta il regalo richiesto per Natale.

"Giulio! Sei qui!"

Non era mai stata così felice di vederlo.

Lo era talmente tanto, in quel momento, che senza soffermarsi a far battute sul suo ego smisurato, prese la rincorsa e lo abbracciò come fosse un mega peluche.

Il freddo e il suo odore le entrarono nelle narici, di botto, e diedero al suo cervello una scossa così dolorosa che si pentì immediatamente di essersi lasciata andare a un'effusione così atipica della loro relazione.

Fu come qualche giorno prima: si sentiva fuori dal binario della sua vita e accadeva sempre più spesso, quando si trovava con Giulio.

C'era qualcosa che non tornava... era forse quella cotta di cui parlava Maria?

Una cotta per Giulio?

Sul serio?

"Nicole." annunciò lui, togliendosela diplomaticamente di dosso. "Mi sono permesso di portare anche mio fratello, spero che non ti dispiaccia."

Lei fece un sorriso diabolico, stando alla farsa concordata: "Assolutamente."

"Vi sarete visti un milione di volte, ma forse non vi ho mai presentati. Nicole, Andrea, Andrea, Nicole, la padrona di casa."

Andrea le sorrise in quella calorosità pizziana che le era concesso vedere così poco e lei immediatamente capì come aveva fatto Serena ad innamorarsi in un solo quarto d'ora.

"Che piacere, Andrea." cinguettò Nicole, eccitatissima per le prospettive di quella serata.

Lui le porse il pugno: "Ciao, bomber."

***


ANGOLO AUTRICE

Ciao bombers! Come state?

Mi sto stupendo un sacco della regolarità delle mie pubblicazioni. Finora direi che sono riuscita seguire il calendario con successo e chi mi conosce sa che per me è davvero insolito XD Coooomunque, per questo cap non ho molte dichiarazioni da rilasciare; diciamo che è stato molto simpatico da scrivere, specialmente nella parte finale. Andrea è davvero folgorato, ma... non vi ricorda un po' Nelli? XD

Le sbavature nel piano alla fine non sono state così disastrose, ma ho una brutta notizia: non sono finite qui. Nel prossimo capitolo entreremo, come si suol dire, nel vivo della festa, con una Nicole molto ansiosa e un Andrea ancora più ansioso! Come vi aspettate che andrà il mitico piano Pizzi-Lucich? Serena e Andrea si ricongiungeranno finalmente? Che succederà in un ipotetico incontro trai due?

Prima di salutarvi voglio far tesoro di questo spazietto per fare un ANNUNCIO IMPORTANTE:

Come ho detto anche sui miei social, gennaio è ormai finito e con l'arrivo di febbraio nuove bellissime sorprese ci attendono: il 6 febbraio inizierà (sia qui su EFP che sul mio profilo Wattpad) una nuova storia, che è in realtà una cosiddetta storia a quattro mani, ovvero... una collaborazione!!! Per ora l'autore che sta collaborando con me è segreto, ma se mi seguirete sui vari social, in questi giorni avrete un indizio quotidiano per sapere di più sia su di l*i che sulla storia stessa.

Finora posso solo dirvi che:
- la storia sarà composta di capitoli che alternano due punti di vista differenti;
- il capitolo che uscirà il 6, cioè il prologo, è opera dell'autore segreto di cui sopra;
- due elementi caratterizzanti della storia sono: la lettera H e i cuoricini viola di Whatsapp.

Allora, che ne pensate? Siete curiosi?

Vi aspetto dunque lunedì 4 febbraio per l'aggiornamento di IPLF e conseguente fiestaaaa! Mi raccomando, segnatevele tutte queste date, e non dimenticate di lasciarmi un commentino o una recensione con i vostri pareri <3

Alla prossima,


Daffy




***


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Capitolo 5
*** Fuochi d'artificio - parte 1 ***


IPLF 5

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Invischiati per le feste

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5. Fuochi d'artificio - parte 1

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"È un disastro!" Nicole si infilò entrambe le mani nell'elaborato chignon, spettinandosi e sembrando addirittura più carina.

Alla faccia del pile con i labrador, quel vestito le donava ancora di più di quello che aveva indossato al diciottesimo di Maria. Era dorato, terminava poco più su delle ginocchia con una gonna di raso e poi aveva un piccolo corpetto in tulle e brillantini che contrastava con le ciocche castane appena cadute dalla pettinatura.

No, non era solo carina; era bellissima, pensò Giulio, e come in risposta, lei gli schioccò le dita a due centimetri dalla faccia.

"Oh, ti stai mettendo in posa per il tuo prossimo calendario porno o mi stai ascoltando?"

Sapeva che non sarebbe mai dovuto andare a quella festa. Nicole non era bellissima, era solo mostro. Un mostro di ansia e logorrea che gli stava corrodendo il fegato da venti minuti buoni.

"Basta." sospirò, stanco, coprendole la bocca con una mano e sbavandole così il rossetto color sangue di Giuda su cui lei aveva speso un patrimonio.

"Non mi rovinare il trucco o ti rovino io quella faccia da Luigi Quattordicesimo che ti ritrovi! E sai che non ho problemi a usare il mestolo, specialmente quando sono agitata!"

"Non è - successo - niente!" sfiatò Giulio, molto meno composto del solito.

"Come no? Valentina, Maria, ripetetegli cosa è successo, visto che forse ha le orecchie foderate da quei capelli d'angelo troppo nobili per essere fatti accorciare da un comune parrucchiere plebeo."

Maria sbuffò, senza dare troppa rilevanza ai loro ripetitivi battibecchi, mentre Valentina eseguì meccanicamente: "Il water ha preso a spruzzare, nessuno ci ha avvisato, il bagno si è allagato." 

"E quindi?" la incoraggiò Nicole.

"Quindi non possiamo chiudere Serena e Andrea nel bagno finché non sarà sistemato e asciugato."

"Poi..." incalzò la padrona di casa.

"Poi c'è Alessio che si è già annaffiato di champagne e che quindi non può partecipare alla scenetta del litigio con Sandro senza rischiare che finisca veramente in rissa."

"Va beh, facciamo a meno di quella." ovviò Giulio. "Avete attaccato rami di vischio su ogni due metri di soffitto, fateci finire entrambi sotto e fate dire al dj che è ora di baciarsi, o il duemiladiciannove sarà un anno di sfiga nera. Andre lo farà sicuramente."

"Andre è chiuso fuori in terrazzo da quando è arrivato." ringhiò Nicole, a cui mancava solo la bava da volpe rabbiosa. 

E così Valentina decantò la chiosa di quella cronaca nera: "In terrazzo ci è sfuggito di appendere il vischio, dato che non c'è un soffitto, e tutto il piano era stato ambientato all'interno della casa, nella convinzione che tuo fratello non fosse..."

Maria, che se n'era stata per tutto il tempo seduta a braccia incrociate con il balconcino bene in vista, decise di finire la frase per lei: "Un cacasotto."

"Succede sempre tutto nei momenti peggiori, eh?" abbozzò Giulio, divertito nel sentirsi spiegare questi cataclismi con tale piattezza, come se veramente l'unica a vedere sempre il dramma nel mondo fosse Nicole.

Ma lei era davvero fuori di sé, non voleva sentire ragioni: contemplava quel che rimaneva del suo grande piano andare sempre più allo sfacelo e allo stesso tempo sentiva qualcosa di pressante montarle nel petto nei confronti di Giulio. Avevano lavorato un sacco per quella serata e adesso che era rovinata, lui se ne stava lì, inarrivabile e statuario come al solito, senza preoccuparsi?

Era così indolente da farle venire voglia di mollargli una sberla in pieno volto.

Giulio era sempre, sempre così. Qualsiasi cosa accadesse, lui era calmo, quasi annoiato, insomma, superiore agli eventi e le persone. Rideva solo per situazioni da lui stesso selezionate, non si lasciava sorprendere né coinvolgere, aveva il pieno controllo su tutto, nonostante fosse palesemente la fine del mondo.

Il padre di Nicole amava questo pregio, lei, invece, lo riteneva nient'altro che un difetto.

E poi, si era fatta bellissima quella sera: lui l'aveva vista e nemmeno aveva battuto ciglio. Non che ci tenesse, eh, però lei, al contrario, aveva fatto mezzo infarto solamente osservando come quella stupidissima camicia bianca gli cadesse bene sui fianchi ed evidenziasse il suo petto allenato e mediamente virile, come piaceva a lei.

Avrebbe decisamente fatto meglio a darsi una calmata prima che le venisse l'istinto di saltargli addosso. Non si sa per cosa, ma comunque il concetto era nei pressi.

"Sento che questa serata sarà uno schifo." capitolò, allora, e Giulio rivisse per un istante la festa di quell'estate. Capiva Nicole: suo padre le aveva insegnato a puntare sempre al meglio, ma aspettarsi sempre il peggio. E lo sapeva perché l'aveva insegnato pure a lui.

"Senti, facciamo così." intervenne, prendendo le redini e anche le spalle di Nicole piuttosto saldamente. "Tu che conosci a fondo quel perdente di tuo fratello, ora pensi a un piano alternativo e lo trattieni di sopra con o senza la sbronza di Alessio e le tette di Maria. Sabrina qui sistema la situazione in bagno e io-"

"Sono Valentina." azzardò la moretta. "Valentina, non Sabrina."

"Scusa, me lo dimentico sempre, ti offrirò una cena per rimediare." le disse, mandandola in brodo di giuggiole, poi tornò a fissare Nicole. "Io penso ad Andrea e Serena, così quando scendi finalmente si sarà completata la tua personale missione di vita e potrai smetterla di rovinarmi di nuovo la festa, eh?"

"Di nuovo?" fu l'innocente domanda di Nicole.

Giulio le piazzò un sorrisetto mezzo figo e mezzo piscopatico in faccia e lei comprese che forse era semplicemente meglio sorvolare.

"Va bene, se pensi di essere in grado, allora..."

"Nicole." respirò un'alitata divina che mosse i suoi ciuffi e la fece trapassare all'aldilà. "Io sono sempre in grado."

*

Serena vide il didietro di Sandro sparire sopra le scale assieme allo sgambettio di Nicole e, per la prima volta, si rilassò.

Sentì i muscoli della pancia ritornare al loro posto e per la gioia, decise di afferrare e addentare una tartina al salmone norvegese che la cuoca Ramona aveva sfilettato a regola d'arte. Per fortuna Nicole aveva rapito Sandro per portarlo in lande lontane, perché lei, davvero, non ce la faceva più.

Appena arrivati, il suo compagno l'aveva subito trascinata davanti al camino a conoscere varie amiche di Nicole che, di riflesso, guarda caso, erano pure amiche sue. Quand'era adolescente, Sandro si piazzava sempre in salotto durante i pigiama party della sorella sperando di far colpo su qualche ragazzina. Purtroppo, lui era sempre stato troppo bruttino e sfigato per piacere davvero - questo Serena non gliel'avrebbe detto, ma lo aveva letto in ogni sorriso di cortesia che queste 'amiche' gli avevano rivolto.

Se non altro, era contenta che ora lui fosse impegnato altrove. Anche se erano tutte giovani abbastanza tranquille, lei si era sentita a disagio nel vedere come lui ancora, a distanza di anni, facesse il galletto e, come ad ogni evento pubblico con ragazze carine, la mettesse da parte ignorandola di brutto.

Sospirò e si disse che aveva troppe paranoie. Sandro l'aveva tradita solo una volta, tutto il resto erano sue supposizioni. Aveva semplicemente qualche difficoltà a superare il trauma di quell'estate, ecco tutto.

L'aveva tradita solo una volta.

"Ops, scusa!"

Qualcuno le era piombato addosso e lei si era appena voltata per incontrare una chioma bionda e due paia di occhi nocciola mozzafiato. Rimase per qualche secondo a fissare il ragazzo con il cuore in extrasistole, poi fu sicura di essere morta.

"Serena!" lo straniero si aprì in un sorriso, circondandole la vita con un braccio e baciandole entrambe le guance. "Non pensavo di vederti qui, che piacere! Come stai?"

"Oh, G-Giulio..." Serena si riprese un po' a rilento, perché, come nella precedente occasione, ci mise almeno mezzo minuto a convincersi che quello non era Andrea, il suo Andrea, ma un altro tizio che gli somigliava dolorosamente troppo. E quindi si ricordò di Giulio e tutto il loro pregresso scambio di equivoci. "Il piacere è mio, veramente. Sto bene, e tu come stai?"

"Non ci si lamenta. Mi piace bazzicare qui a casa di Nicole, un po' perché è davvero una signora casa e un po' perché ciò dà fastidio alla padroncina isterica; non so se hai potuto notare la scorsa volta..." il giovane ammiccò nella direzione verso cui era convenientemente sparita tale 'padroncina isterica'.

Serena rise all'occhiolino beffardo di Giulio e si rese conto che qualche giorno prima era stata troppo sconvolta per notare quella strana relazione tra sua cognata e il ragazzo che aveva di fronte. Ma era veramente strana, ne prese atto: troppo bellicosa per non nascondere dei retroscena scandalosamente interessanti.

"Sei qui da sola? Posso offriti qualcosa da bere?"

"Oh, no, sono qui con..." guardò verso le scale, poi si spense e si vergognò pure della risposta. "Con Sandro."

Giulio finse di sorprendersi poi si esibì in un'espressione grave: "Ti offro qualcosa da bere."

Afferrò due calici di prosecco millesimato spillato direttamente dalle riserve della Valdobbiadene in cui Antonio e Francesca Lucich facevano rifornimento e si avviò, con Serena, verso il terrazzo esterno.

Giulio aveva già capito perché Andrea si fosse piazzato lì fuori dal loro arrivo fino a quel momento: sapeva che avrebbe visto Serena, quindi aveva trovato un luogo per nascondersi da Serena, e nel frattempo si era giocato entrambi i polmoni a suon di sigarette da nervoso pensando insistentemente a Serena. Che fratello maggiore esemplare.

"Sai, speravo che fossi anche tu alla festa, perché volevo presentarti una persona." se ne uscì, mentre con la mano spingeva la schiena della ragazza, alta quasi quanto lui e irrigidita dalla situazione.

"Oh, davvero? Magari avviso Sandro che..."

"Ma va, che c'entra Sandro?" rise Giulio, fermandosi davanti alle porte del terrazzo e socchiudendone appena una, giusto per spiare ed accertare le ipotesi. "È solo mio fratello, sono sicuro che a Sandro non dispiacerà se ti presento mio fratello."

In men che non si dica, spalancò del tutto la porta, ci spinse attraverso Serena, e poi la chiuse rimanendosene in casa. Nel tempo in cui la ragazza e Andrea si voltarono verso l'interno per capire che diavolo stesse succedendo, Giulio aveva estratto la sua personale copia di chiavi e aveva chiuso i polli di fuori.

Voilà, un gioco da ragazzi. Nicole doveva solamente inchinarsi al suo cospetto.

"Giu, ma che cazzo fai?" si era alterato Andrea, bussando sulla vetrata e indicando Serena al suo fianco, ancora prima di averla salutata. "Non vedi che è senza giacca? Vuoi farla morire di freddo?"

Giulio ci rifletté un secondo: andò nella cabina armadio, rubò un cappotto Armani qualsiasi tra la collezione di Francesca e poi riaprì le porte giusto il tempo di gettare il capo in terrazzo a quei due. Richiuse e si sfregò le mani con somma soddisfazione.

"Quindi è questo il piano?" sbuffò Andrea dall'altra parte della porta. "Chiudermi qui fuori con lei per obbligarmi a parlarci?"

"Voi due siete fratelli?" si era connessa Serena, nel frattempo, troppo bloccata dal freddo e dalla sorpresa per fare qualsiasi cosa che non fosse rimanere impalata dove Giulio l'aveva spinta.

"Scusa, Andre." il piccolo Pizzi alzò le spalle. "Sto solamente eseguendo ordini superiori."

"Dai, non fare lo stronzo, aprici!"

"Ne parlo con Nicole, poi vi faccio sapere." sorrise, malevolo, soffiando un bacio verso di loro. "Copritevi, mi raccomando... e non fatemi diventare zio!"

Giulio se ne tornò tra la folla degli invitati, mentre Andrea rimase giusto qualche secondo a bussare alle vetrate come un gorilla, prima di rendersi conto che Giulio aveva il suo stesso DNA, quindi la stronzata l'avrebbe portata a termine fino in fondo.

Si voltò finalmente verso la sua compagna di sventura e trovò davanti a sé uno sguardo traumatizzato come se se ne stesse di fronte allo spettro della gioventù.

"Puttana, se sei figa." gorgogliò, leggiadro, squadrandola dall'alto al basso. "Ti ricordavo più... vestita."

Serena si riscosse anche per le lame ghiacciate che iniziavano a infilarsi nella sua scollatura, così prese due piccioni con una fava e coprì le sue grazie con il cappotto Armani che Giulio aveva gentilmente fornito.

Se non ci aveva già pensato il gelo dicembrino, avere Andrea dell'autostop esattamente di fronte al viso le aveva definitivamente lobotomizzato il cervello. E poi, le aveva pure detto che era figa. Con un aplombe ottocentesco che avrebbe fatto rizzare la pelle persino a Jane Austen, ma era in tutto e per tutto un complimento. Quello che aveva disperatamente sperato di strappare a Sandro qualche ora prima con molta, molta più fatica. E senza risultati.

"Ciao, Andrea." produsse in un soffio. "Ti ricordi di me?"

"Certo, sei l'origine di ogni mio male." rivelò lui, senza vergogna. "Come stai?"

"Male. Anche tu, mi sembra."

"Sì, anche io, grazie." diede una scossa a quei suoi capelli libertini poi accennò all'interno della casa. "Quello era mio fratello Giulio. Minore e anche minorato. Immagino non sia un caso che mi abbia implorato di venire esattamente a questa festa ideando un piano omicida per farmi avvicinare a te, ma tranquilla, lo soffocherò nel letto questa notte, sempre se ci arriva a casa. Te?"

"Io... cosa?" fece Serena, ancora troppo tramortita. "A me piace tuo fratello; è molto gentile."

"Oh, bene, non oso nemmeno pensare a come tu abbia potuto conoscerlo. Ha rubato le mie ricerche su di te ed è venuto personalmente a stalkerarti sotto casa? Ti ha fatto leggere la canzone su base armonica a bocca che ti ho scritto? Perché quella era in preda a un delirio post-intervento al femore, quindi è del tutto giustificata."

Serena rise, perché Andrea aveva un modo di parlare sempre così rapido e incomprensibile, ma dannatamente divertente: "No, no, niente di tutto ciò. In realtà, ho scoperto solo adesso che siete parenti."

"Perfetto." Andrea rovistò macchinosamente nelle ampie tasche del suo Napapijri arancione, facendole credere che ci nascondesse viveri per una stagione intera. "Ti spiace se mi fumo una paglia?"

"No, no..." biascicò Serena, ancora incapace di chiudere la bocca di fronte a quel suo sfrontato fascino, accentuato dalle lucine di Natale che i Lucich avevano attorcigliato a ogni centimetro di ringhiera.

Mentre lui lottava contro l'accendino delle Spice Girls dicendo una parolaccia al secondo, però, lei si diede uno schiaffo immaginario per rinsavire dal torpore. Doveva prenderne atto: Andrea dell'autostop era assieme a lei, chiuso sul balcone della casa del suo ragazzo, e le aveva appena detto che era figa e che le aveva scritto una canzone. Dopo sei mesi in cui non si erano mai più visti, nemmeno per caso.

Anziché gridare aiuto a pieni polmoni, tossicchiò: "In realtà sì, mi dispiace."

"Cosa?" fece lui, troppo concentrato su come distruggere l'ordigno con il solo utilizzo del pollice.

"Mi dispiace se fumi. Se fossi la tua ragazza, ti pregherei di smettere."

Andrea sorrise con la sigaretta intatta tra le labbra: "Stavo giusto cercando una buona ragione per farlo."

Finalmente la fiamma si liberò.

"Ma non sei la mia ragazza, quindi..."

Accese la sigaretta e ripose i resti dell'accendino nella tasca da marsupiale che si ritrovava.

"Vuoi un tiro?" le propose allungando l'arma del male.

Serena ci rifletté per qualche secondo: tutta quella situazione era assurda, c'era un freddo assassino e lei doveva dire a Sandro dov'era o quello l'avrebbe cercata chissà... Nah, non l'avrebbe cercata manco se fosse sparita per sempre in circostanze sospette con tutta la sua collezione di pupazzetti di Star Wars.

E su quella sigaretta che le era stata porta si erano adagiate per qualche secondo le perfette, sinuose labbra di Andrea dell'autostop, che l'avevano fatta innamorare in poco più di un quarto d'ora.

"Sì, grazie."

"Ah, ma quindi fumi?"

"No, ma potrei provare."

"Ma che cavolo dici?" Andrea si mise a ridere, dando luogo al fenomeno naturale delle sue tre rughette che si increspavano a lato degli occhi esattamente come s'increspava la tartina al salmone nello stomaco di Sere. "Non ti ha insegnato la mamma che non si accettano cose dagli sconosciuti?"

"Tipo i passaggi?"

"O le caramelle." Andrea la guardò con tonnellate di malizia. "Peggio ancora le sigarette, ché poi ti assuefai alla nicotina e anziché andare in giro in macchina quando sei nervosa, te ne resti in terrazzo a fumare."

"Allora perché offri, Andrea?"

"Perché mi piace tentare. Comunque, ho cambiato idea." spense la sigaretta contro il bancone fregandosene di lasciare sul bianco del cemento un antiestetico punto di carbone. "In realtà fumo solo perché sono nervoso."

"Ah, davvero?" Serena incrociò le braccia, affidandosi al suo infallibile sarcasmo per sopravvivere alla disarmante semplicità di Andrea. "C'è qualcosa che ti rende agitato?"

"Devo veramente spiegartelo?" lui alzò le sopracciglia, in uno spunto litigioso che Serena recepì come sexy. Scemo era bello; serio, semplicemente da svenimento.

E lei aveva riflettuto anche troppo su quanta roba si fosse persa, letteralmente e moralmente parlando. Quindi capì il suo fastidio e addirittura lo precedette: "Perché non mi hai mai cercata?"

"Oh, io non ti ho cercato..." Andrea roteò gli occhi. "Mi serve una paglia."

"Sembravi preso dalla testa ai piedi, avevi implorato di avere il mio cognome, il mio numero, qualsiasi cosa... pensavo avessi colto il riferimento della targa; ti avevo visto annotarla dallo specchietto mentre me ne andavo e quindi ero quasi certa che avessi fatto in modo di risalire a me." si stupì pure della sua inedita scontrosità; apparentemente usciva solo in presenza di quel biondastro. "Forse non ci sei riuscito...?" propose, cercando di moderare i toni.

Andrea si era visibilmente infastidito: "Se speravi così tanto che ti cercassi, allora perché non mi hai dato direttamente il tuo numero?"

"Te l'ho spiegato."

"Fai un po' troppo la preziosa per poi venirti a lamentare, micio miao." Andrea lampeggiò verso la mano di Serena posata sulla ringhiera, da cui brillava lo stesso anellino che lui aveva notato il giorno dell'autostop. 

Così, lei la ritirò con grande imbarazzo: "Dev'essere successo qualcosa nel frattempo, di cui non vuoi parlare."

"Tipo un birillone con uno scopino da cesso pubblico al posto dei capelli."

"Che stronzo!" si lasciò sfuggire Serena, sorpresa dalle mille e uno sfumature del carattere di Andrea. Aveva appena offeso il suo ragazzo, ma soprattutto il suo gusto in fatto di ragazzi, con non più di undici parole. "Intendevo che per non avermi più voluto cercare, dev'essere successo qualcosa a te, tipo che ti sei accorto che non te ne importava nulla."

Andrea schioccò la lingua con immenso fastidio: "Sì, hai ragione. Ci ero riuscito a rintracciarti dalla targa, cara Serena Migliorini, ex residente in via Monte Grappa, ora stabilmente trasferita al civico 45 barra E di via Palladini con l'ex-ex fidanzato e le duecentoventi corna che ti ha messo in testa." berciò lui, piacevole come un cactus nelle mutande. "Ma ho potuto renderle graditamente visita solo dopo un mese dal nostro lieto incontro perché una gentile Subaru Crosstrek mi ha sfracellato lungo l'asfalto assieme alla mia bicicletta di merda, che ha fatto sì che in ventiquattrore perdessi la fidanzata, l'amante e pure l'integrità di alcuni punti cruciali del mio scheletro."

Quando Andrea riprese finalmente fiato, Serena si ritrovò senza.

"Sei stato..."

"Spappolato. Steso. Spiaccicato."

"Ma ti sei fatto..."

"Un mese. Dentro all'ospedale. Per poi uscire e venire sotto casa di tuo padre con le costole ancora rotte e sapere che tanto ti era bastato a dimenticarti di me. Ok che sono stato io quello a fare la fan sfegatata del nostro breve incontro ravvicinato, credendo di aver conosciuto la mia personale Cenerentola, ma te non sei affatto Cenerentola, te sei quella stronza ingannatrice di Malefica e io mi sono lasciato fregare dalla tua mela avvelenata." Andrea prese una sigaretta. "Merda! Sapevo che non dovevo ascoltare quel moccioso menomato e le sue feste da rientro in società!"

Serena si riprese con un inudibile colpetto di tosse: "Senti, hai... hai... mescolato le storie. Malefica è la cattiva de 'La bella addormentata nel bosco', mentre quella di 'Cenerentola' è-"

"Serena." disse Andrea fissandola con la sigaretta di nuovo tra le labbra. "Chi cacchio se ne infischia?"

"Ascolta, io questo non potevo minimamente immaginarlo-"

"Certo, perché piuttosto di darmi il numero come fanno tutte, hai dovuto comunicarmi una sciarada egizia in codice morse, tramite segnali di fumo comprensibili solo da un indigeno Cherokee!"

"Ho avuto paura di essermi innamorata!" sciorinò allora, lei, emettendo una nuvoletta di condensa molto consistente, dovuta all'abbondate dose di fiato e coraggio che aveva messo in quell'ammissione. "Anzi, ero terrorizzata perché avevo provato qualcosa di completamente nuovo e diverso dal solito."

"Ma vedo che sei una conservatrice." la smontò, implicando di nuovo il suo anello di fidanzamento. "A quanto pare quando mi hai scritto che merito di più, stavi dando a me il consiglio che serviva a te, ma che hai palesemente ignorato."

Serena era atterrita, completamente divisa tra l'abbandono totale all'istinto o la confortante fedeltà all'abitudine. Che cosa doveva fare? Che cosa doveva dire?

"Tu che cosa vuoi, Serena?" le chiese, allora, Andrea, spiazzandola del tutto.

Non era che cosa doveva, ma che cosa voleva.

In cuor suo sapeva molto bene che cosa voleva.

E ce l'aveva a solo un passo di distanza.

*

"Oh, eccoti, vieni!" Giulio avvistò Nicole scendere finalmente dal piano superiore e le fece cenno verso il posto in prima fila sulla porta del terrazzo. Dai costosi inserti in vetro si scorgevano molto bene Serena e Andrea, attualmente intenti a discutere con enfasi.

"Ci sei riuscito!" esclamò la ragazza, incastrandosi accanto a lui. "Levati, fammi vedere. Come hai fatto?"

"Puoi annotarlo tra la lista dei miei miracoli. A quanto siamo, adesso? Duecento? Trecento?"

Nicole roteò gli occhi: "Non mi sembra una soluzione molto romantica, Messia. Stanno congelando e se non sbaglio, stanno pure litigando."

"Beh, c'era anche la possibilità che Andrea si gettasse di sotto, ma è ancora lì, quindi sta andando alla grande. Te lo assicuro."

Nicole fissò Giulio con occhi grandi e inquietati.

"La scoria radioattiva dove l'hai lasciata?" le chiese senza neanche il bisogno di specificare che si stesse riferendo a Sandro.

"Beh, ho deciso di mantenere le basi del piano originale con un po' di modifiche." sussurrò lei, come se parlando troppo forte i due di fuori potessero sentirla. "Abbiamo piazzato Alessio ubriaco in camera di mio fratello e con un po' di ipnosi l'abbiamo convinto di essere Luke Skywalker e che Sandro fosse in realtà Dark Fener."

Giulio increspò le labbra in un sorriso e Nicole, che gli era così terribilmente vicino, non poté fare a meno di ricordare quanto fossero morbide e baciabili.

Il problema era... perché lo stava ricordando? Aveva forse recentemente fatto qualche sogno erotico su di lui? Doveva assolutamente parlare con Maria.

"E poi?" la riscosse Giulio, che con le orecchie stava sul racconto di Nicole, mentre con gli occhi sulle mosse da innamorato-offeso-deficiente-codardo-sociopatico di suo fratello.

"Poi sono venuta a dire a Sandro che c'era Alessio ubriaco in camera sua, che stava parlando al pupazzo di Master Yoda affinché gli insegnasse a combattere e che di lì a poco avrebbe maneggiato incautamente la sua spada laser comprata al Lucca Comics al costo di tre stipendi. Ovviamente Sandro si è precipitato di sopra e quando ha aperto la porta, gli ho messo la torcia del telefono alle spalle e Alessio ha creduto di avere una visione. Si è buttato a terra gridando: noooooo, tu non sei mio padre, tu non sei mio padre!

Giulio aveva staccato gli occhi da davanti a sé, per posarli con interesse su Nicole e scoppiare in una bellissima, gorgogliante risata: "Non ci credo..."

"Sì, sì! E poi è arrivata Valentina che ha chiesto scusa a Sandro, ma Alessio si è mezzo ricordato del piano, credendo che avessimo invertito i ruoli tra lei e Maria ed è partito con un'imbarazzante scenata di gelosia, brandendo sul serio la spada laser. Prima che mio fratello lo spaccasse in due, è intervenuta la vergine Maria con il corsetto da pole dancer per placare gli animi e distrarre lo scimmione."

"Quindi ora è ancora di sopra con Sandro? Da sola?"

"No, è arrivato Angelico, un po' brillo, ha fatto a sua volta una scenata a mio fratello, ma ora hanno scoperto di essere entrambi fan di Star Wars, così hanno avviato l'episodio a tema dei Simpson e se lo stanno guardando tutti e cinque in camera. Credo che Ange ne approfitterà per sbaciucchiarsi Maria."

Giulio guardò Nicole, scuotendo la testa: "Con i piani che ti inventi, sei tu che staresti davvero bene con quello svalvolato di mio fratello, non Serena..."

"...facciamo scambio?"

Giulio evitò di rispondere, piazzando il solito sorrisetto tattico. Ma Nicole era arrossita dalle orecchie ingiù perché si era resa conto che Giulio aveva riso come un bambino al suo racconto, e che non si era pronunciato sullo scambio di cui sopra, e che era solare e rilassato come poche volte l'aveva visto. Quindi non era vero che tutto lo scocciava, o che lei lo scocciava...

Ed erano ancora troppo maledettamente vicini perché non sentisse quell'assurdo mancamento all'altezza dello stomaco che si sente, generalmente, quando si è innamorati persi.

*

"Senti, Serena, mi dispiace." sbottò Andrea, abbandonando la schiena sulla ringhiera e lanciando la sigaretta ancora intatta alle sue spalle, nel vuoto.

Lei lo guardò al limite dell'indecisione: aveva davanti la felicità e le stava sfuggendo dalle dita. Stava spostando da sola la lancetta che scandiva il conto alla rovescia verso la monotonia della sua vita infelice.

"Continuo ancora a ragionare come se fosse quest'estate e tu fossi a tutti gli effetti single." si spiegò il biondo, incupito e di colpo piatto. "Invece sei fidanzata e io non ho nessun diritto di mettermi in mezzo. Non dovrei, e Giulio e Nicole non avrebbero dovuto progettare tutto questo casino a monte. Sono stati molto irrispettosi di entrambi, ma d'altra parte sono piccoli e dementi."

"Nicole è la sorella di Sandro." si sentì di condividere Serena, ora che avevano ufficialmente capito di essere stati invischiati da due diciottenni in un'opera di ricongiungimento astrale, come se davvero si trovassero in uno di quei film delle gemelle Olsen.

Andrea allargò gli occhi: "Lei è la sorella del tuo fidanzato? Wow, crudele contro il suo stesso sangue! Ora capisco perché piace a Giulio."

"Anch'io, poco fa, ho avuto l'impressione che si piacessero." disse Serena, incrociando le braccia e accomodandosi nella stessa posizione di Andrea, poco distante da lui. Le lucine di Natale impazzavano alle loro spalle e presto anche la notte si sarebbe accesa dei botti di Capodanno. 

"Se Lucia fosse tornata da te, qualche giorno dopo la vostra rottura, tu che avresti fatto?" domandò Serena ad Andrea, quasi banalmente.

Lui si prese il tempo giusto per riflettere, poi fornì una prevedibile risposta sincera: "L'avrei perdonata."

"Perché?"

"Perché avrei voluto un sacco la mia ragazza accanto, mentre me ne stavo rinchiuso in ospedale con mille rimpianti."

"E ti saresti rimesso assieme a lei, quindi? Nonostante il tradimento comprovato?"

Gli occhi nocciola di Andrea saettarono per l'ambiente circostante, dapprima indecisi, ma poi risoluti: "Sì."

"Perché? Perché sei un fesso? Uno stupido? Un conservatore?"

L'angolo destro della bocca del ragazzo si alzò in mezzo sorriso: "Sì, specialmente le prime due. Ma non solo. Perché ci tenevo al nostro rapporto, l'avevo coltivato con molti sforzi e, come già avevo avuto l'onore di spiegarti, non avrei voluto mandarlo al vento così."

"In tutto ciò che hai elencato manca la voce 'perché la amavo'."

"Ma la amavo."

"L'avresti amata, anche se fosse tornata da te quel giorno? Dopo le emoticon del medio con cui aveva commentato la tua caduta in bicicletta e il bacio pubblico ad effetto sorpresa nelle braccia di uno sconosciuto, sul luogo del vostro appuntamento?"

Andrea fece una smorfia: "Ti piace rigirare il dito nella piaga?"

"Rispondimi, dai."

Il ragazzo sospirò a fondo, turbato come un artista e privo di quella sua caratterizzante scintilla vitale.

"Beh, no." partorì, infine. "Cioè sì, ma in realtà no. È complicato."

Serena annuì con aria saggia: "Esatto. È quello che è successo a me con Sandro ed è complicato. Molto complicato."

Andrea rimase stranamente in silenzio, pensando a quel Meriti di meglio :) che lei gli aveva lasciato nel telefono. Così, approfittando del momento proficuo, Serena completò il quadro che aveva tentato di disegnare: "Per tutto quel tempo ho creduto che tu avessi dimenticato me. Non avevo idea di quello che ti era successo, né che fossi così incazzato."

"Sapevi il mio indirizzo, avresti potuto..."

"Ero convinta che non te ne fregasse nulla. Dai, guardami." sospirò. "Non sono una modella. Non ho mai avuto avventure amorose e nemmeno scappatelle adolescenziali. Ho avuto Sandro, sempre e solo Sandro. La mia unica sicurezza nella vita, quel che mi spingeva a convincermi che qualcuno a cui piaccio, su questa Terra, esiste."

"Più di qualcuno." la corresse lui.

"Ma per me non è così facile da credere." insistette. "Per te sì, perché sei così bello, così vivace, così piacevole in ogni aspetto, ma io sono una Serena a caso che passava per di lì in macchina e che era lontana anni luce dal culo a mandolino di Lucia e dal sesso in auto che per te sembrava così logico. Pensavo che quel passaggio avesse contato così tanto per me come non aveva contato niente per te." per un attimo Serena ebbe paura di quelle parole, si sentì in colpa di pronunciarle, soprattutto con Sandro così prossimo a lei, così vicino...

Ma poi.

Poi guardò le mani calde e grandi di Andrea, con le vene in evidenza che lo rendevano un po' più vecchio di quanto in realtà fosse, perfette per lei e su di lei, e tutta la paura le passò, perché era vero. Non era più la finzione di ogni giorno, quella delle cene dai Lucich, o delle serate-film con Sandro e dei messaggini ambigui che si doveva convincere fossero solo sue sbagliate interpretazioni. Era vero quel che stava dicendo: lo sentiva muoversi nelle viscere dai ricordi di quel giorno d'estate.

"Sono stata così male per questo pensiero." concluse. "Mi sono sforzata di soffocarlo tra i mille impegni quotidiani e ho fatto di tutto per dimenticarti. Sandro si è manifestato giusto nel momento in cui mi era crollato il mondo addosso, e allora ho avuto così paura di quella sensazione che ho deciso di tornare indietro a quando tutto era più grigio, ma più concreto. Ed è davvero stupido, perché non ci siamo nemmeno veramente conosciuti, eppure mi è sembrato di dover smaltire una relazione di anni."

Ad Andrea tutta quella riflessione piacque molto. Tanto che sorrise, anche se era triste.

"Ti capisco, mi è successo pressappoco lo stesso, peccato non avessi una Sandra con i capelli da scopino del water per poter affogare le mie pene d'amore. Il mio Walter ha sofferto come un cane in questi sei mesi."

Anche Serena si lasciò rallegrare dalla battuta, ma dentro la tasca si rigirava attorno all'anulare quel regalo di Sandro di ancora cinque o sei anni prima. Una promessa era una promessa... lei non sarebbe stata Serena Migliorni, se l'avesse disonorata, anche se i motivi per poterlo fare in tranquillità c'erano tutti.

"Scommetto che quei due non ci lasceranno uscire finché non vedranno i fuochi d'artificio." sbuffò Andrea, infreddolito e sconfitto nell'anima. "E non intendo propriamente quelli di mezzanotte."

Serena si trovò d'accordo con l'affermazione, perciò si rimise in piedi e si fermò di fronte al ragazzo, che era bellissimo come nessuno, e alto pressappoco come lei: "Non posso farlo, Andrea." rivelò, con qualcosa di scintillante negli occhi.

Lui non seppe se interpretarle come lacrime oppure altro, ma di sicuro lo colpirono profondamente: rendevano Serena ancora più fragile, ancora più profonda di come già, in pochi minuti, l'aveva conosciuta.

"Che cosa non puoi fare?"

"Questi fuochi d'artificio di cui parli e che Nicole e Giulio vorrebbero, io... non posso farlo per un sacco di motivi, nessuno valido quanto il bacio che vorrei ci scambiassimo qui e ora, ma comunque favoriti per maggioranza numerica. Tu sei un ragazzo che ha dei principi meravigliosi, deve ringraziare i tuoi genitori da parte mia, davvero, ringraziali. Però ne ho pure io e li devo ascoltare, sennò farei del male a troppe persone."

Andrea sorrise rapito, ma a sua volta leggermente attanagliato da un nodo alla gola: "Non si capisce un cazzo di quello che dici."

"Dico che se ci baciassimo, non mi fermerei più come l'ultima volta. Quindi mi fermo prima." lo deluse del tutto.

Andrea afferrò pienamente il punto del discorso. E lo odiò a morte, eh, ma ormai aveva capito l'antifona. Dio l'aveva dotato di una bellezza inumana, ma ci aveva pensato la sua cara mammina a rimpinzarlo di umanità e comprensione. Puah, a volte avrebbe voluto semplicemente essere Giulio.

Serena cercava una reazione qualsiasi da Andrea, anche solo uno schiaffo o una parolaccia. Invece la stupì con un sorriso e un amichevole: "Ok."

La ragazza capì immediatamente che quello era l'uomo della sua vita.

L'aveva ascoltata, l'aveva compresa, aveva messo da parte la rabbia, l'orgoglio e persino i suoi stessi desideri, perché rispettava lei e le sue ragioni. Serena un uomo così l'avrebbe sposato in quell'esatto istante, ad occhi chiusi, senza ripensamenti.

Così si sporse verso il suo orecchio coperto da ciuffi biondi e sussurrò: "Però questa volta lasciami il tuo numero. Per favore."

Andrea la fissò intensamente per un tempo imprecisato, nel quale all'interno del suo cervello gli indigeni Cherokee che usava per decifrare i messaggi delle donne si misero a ballare una danza propiziatoria suonando i bonghi di pelle di gnu. Nel frattempo, nella realtà, i suoi occhi si spostavano instancabili sul viso morbido di Serena, su quelle labbra tenui, sulle guance colorate dall'aria, rendendola trepidante come se stesse attendendo un giudizio universale.

"Sai dove abito." le disse, infine, semplice e criptico come a volte sapeva sorprendere.

"E se non ti trovo? Se qualcuno ti investe, o Lucia ritorna, o gli alieni ti rapiscono, o..."

"Ok, ok. Allora meglio se te lo segni: 338 4952..."

Serena estrasse il suo telefono dalla pochette, euforica al punto di tremare tutta e sbagliare quel numero mille volte. Alla fine lo salvò come Andrea Autostop e gli fece uno squillo giusto per sincerarsi di non aver dato luogo all'ennesimo equivoco.

"Posso anche salvarti con il tuo vero cognome. Come ti chiami?"

"Oh, tu vuoi sapere troppo, adesso, micio mia-"

"PIZZI!" gridò Nicole spalancando la porta del terrazzo e facendosi sentire dall'intero vicinato. "P - i - doppia zeta - i! Gira con la Cinquecento rossa di sua madre e ha un fratello degenere che puoi trovare persino nelle fanpage di Instagram!"

"Adesso basta, Nicole, sei molesta." Giulio tirò la ragazza per la gonna e la fece sparire all'interno, lasciando la porta aperta in un palese: missione (parzialmente) compiuta, ora siete liberi.

Andrea e Serena risero e quest'ultima salvò il numero nel telefono come Andrea Pizzi Autostop Cinquecento Rossa.

Va bene, non c'erano stati i fuochi d'artificio - non ancora - ma dopo una rapida consultazione segreta dietro la porta, Nicole e Giulio avevano convenuto che per il momento questo passo avanti sarebbe stato più che sufficiente per entrambi. L'anno nuovo stava per arrivare: Nicole avrebbe fatto inserire tra i buoni propositi di Serena lasciare Sandro e gettarsi tra le braccia di Andrea per porre fine alle sofferenze del suo Walter. Giulio invece avrebbe spiegato ad Andrea come fare complimenti alle ragazze senza sembrare un sopravvissuto a vent'anni di naufragio su un'isola deserta.

E ora, si sarebbero fatti bastare lo spettacolo pirotecnico che di lì a poco avrebbe illuminato casa Lucich. Beh... casa Lucich, e non solo.

***


ANGOLO AUTRICE

Ho amato questo capitolo.

Non so voi, ma io l'ho amato, soprattutto perché - e finalmente posso dirlo - io ho una cotta strabiliante per Andrea. Non fraintendetemi, Giulio ha fascino e tutto, ma Andre è così 'cazzaro' (per citare Giu) che mi ispira una dolcezza e una tenerezza infinite. E' decisamente un esemplare raro, che vorrei avere tutto per me, ma adesso è ora di finirla con gli auto-elogi e passare alle cose serie.

Che ve ne pare di questo capitolo? Com'è andato finora il piano di Nicole e Giulio? A me sembra abbastanza bene, no?

Nonostante le iniziali difficoltà, i ragazzi sono stati davvero bravi. Non credete anche voi che se si unissero seriamente, porterebbero a termine molte missioni? Giulio è risoluto e pragmatico, Nicole spumeggiante e creativa. Insieme, sono una bomba. Ma restando in tema di bombe e altre cose che esplodono, io starei davvero, davvero attenta al prossimo capitolo e ai fuochi d'artificio di cui si è tanto parlato. Non tanto perché sono potenzialmente pericolosi - sono certa che i ragazzi sapranno maneggiarli a dovere - ma quanto più perché hanno il potere di illuminare. Sapete, sono tante le cose che si possono illuminare, come ad esempio il cielo, una stanza, uno schermo, la memoria...

Io vi aspetto dunque nei prossimi giorni con una cascata di appuntamenti, qui specificati cosicché possiate prenderne nota:
- 06/02: Cap 1 della nuova storia a quattro mani
(titolo e cover saranno rivelati DOMANI sui miei social)
- 07/02: Cap 2 della nuova storia a quattro mani
- 08/02: Cap 6 di Invischiati per le feste, il cui titolo, ovviamente, sarà "Fuochi d'artificio - parte 2"

Ci vediamo e grazie, grazie, grazie per tutto il supporto che mi state dando! Sinceramente, non vedo l'ora di sapere se vi è piaciuto questo fatidico riavvicinamento tra Serena e Andrea e cosa vi aspettate per loro e per i piccoli di casa nei prossimi capitoli!


Alla prossima,


Daffy




***


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Capitolo 6
*** Fuochi d'artificio - parte 2 ***


IPLF 6

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Invischiati per le feste

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6. Fuochi d'artificio - parte 2

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"Cinque... quattro... tre... due... uno..."

Le fontane di scintille dorate partirono in sequenza, illuminando la faccia e il giardino di Nicole, che seguì lo spettacolo con la meraviglia di un bambino.

"Buon anno, gente!" ululò Maria al microfono, dopo aver preso il controllo delle casse, improvvisandosi dj.

I fuochi erano stati affidati a qualcuno di più sobrio di Alessio, soprattutto dato che lui e Valentina erano immersi in un bacio durato praticamente dal 2018 al 2019. C'era tanto freddo, ma della buona musica e una serie di calici già pieni di champagne che la cuoca Ramona aveva fatto portare all'esterno.

Tutto perfetto, si compiacque Nicole, mentre un altro fuoco d'artificio si dissolveva in cielo per poi riflettere i suoi morenti bagliori sulla superficie congelata della piscina.

Era mezzanotte e qualche minuto, e lei si sentiva troppo felice per la riuscita della sua festa.

Anche se non aveva fatto le cose in grande, gli invitati sembravano aver apprezzato quella breve successione di botti e ora avrebbero avuto tutto il tempo di ammirare quelli ufficiali, tutti colorati, che spuntavano dal centro del paese illuminando a giorno la volta celeste.

Mentre lampi rossi, verdi e azzurri si alternavano intorno, Serena si trovava nei paraggi di Sandro. Non erano vicini,  perché tanto si erano già fatti gli auguri e ora lui aveva trovato una sua vecchia amica con cui conversare, però Sere si era piazzata in un punto non troppo distante, così da illudere Sandro di volergli stare accanto, riuscendo contemporaneamente a scambiare un significativo sguardo con Andrea.

Lui, una mano nel suo marsupio da canguro e l'altra impegnata a reggere lo champagne, alzò il calice nella sua direzione e, da lontano, le sorrise.

Per fortuna Giulio era riuscito a immortalare questi preziosi istanti con il telefono. Aveva puntato la sua attenzione sul fratello e filmato le sue mosse, così da farne una gif e mandarla orgogliosamente a sua madre, assieme al messaggio: L'aquila reale sta per spiccare il volo. Ripeto: l'aquila reale sta per spiccare il volo.

Giulio era così euforico per lo scioglimento dei ghiacciai cerebrali di suo fratello che cercò Nicole tra la folla e la tirò letteralmente verso lo schermo del suo telefono per mostrarle quella gif: "Guarda!" gridò, sopra il trambusto dei fuochi. "Sembra addirittura più fatto del solito!"

Nicole sorrise di cuore all'immagine di Andrea che sollevava il calice in loop e poi alzò gli occhi sul volto illuminato di Giulio: "Sei stato un fenomeno!"

"Ci sono nato fenomeno, ma questo giro lo sei stata anche tu! Complimenti e buon anno!" le disse, allungando una mano.

Nicole la strinse, ma era tutta una scusa di Giulio per trascinarla a ballare in mezzo al gruppetto che si era radunato ai bordi della piscina.

"Che fai, sei matto?!"

"Dai, puoi goderti la festa, ora!"

Nicole gli diede una rapida occhiata e si rese conto che era ubriaco: "Quanti bicchieri hai bevuto?"

"Ancora troppo pochi!" rise lui. "Perché?"

La ragazza fece per rispondere, ma dalla sua nuova postazione, Maria alzò il volume della musica e fece partire una canzone davvero a tema, che attirò l'attenzione di tutti... specialmente la sua.

Do you ever fell like a plastic bag, drifting through the wind, wanting to start again?

"Katy Perry..." mormorò, a denti stretti.

L'ultima volta che avevano scelto quell'artista per la colonna sonora di una festa, si era risvegliata mezza nuda su Giulio, con una casa a soqquadro e una punizione di sei mesi che le pendeva come una lama sul capo.

Niente da dire sulla bravura della Perry, ma forse le portava un po' troppa sfortuna.

"Nicole, come sei rigida!" la richiamò Giulio, prendendole le mani e posandosele sulle spalle, perché sì, aveva preso un paio di bicchieri di troppo, convinto di doverli portare ad Andrea, ma scolandoseli da solo appena aveva visto come lui fosse autonomamente felice anche senza alcol.

You just gotta ignite the light and let it shine, just own the night, like the fourth of July....

Francamente, in quel momento, aveva invidiato suo fratello e aveva ceduto alla tentazione di diventare pure lui un essere non-pensante, libero di fare esattamente il cavolo che voleva. Bere, ballare e fare lo scemo, senza che nessuno lo accusasse di non impegnarsi abbastanza. Si era già abbondantemente adoperato per il quieto vivere dei Lucich: del coach Antonio durante gli allenamenti, e di Nicole, Serena e suo fratello per quella festa.

Ora toccava anche lui divertirsi un po', no?

'Cause baby you're a firework, come on, let your colors burst...

"Sembra tutto perfetto stasera!" gridò Nicole, avvicinandosi all'orecchio di Giulio per farsi sentire nella confusione. "Forse so organizzare le feste meglio di te!"

"Io non ci giurerei, è ancora un vero mortorio!" 

"Perché? C'è la musica, c'è da bere, c'è tutto!"

Giulio si mise a ridere di gusto: "Sì, ma tu non hai bevuto un goccio! Non c'è gusto se non sei ubriaca e non ti dimeni come una piovra, facendo voltare tutti e scappando a vomitare poco prima di baciarmi."

"Poco prima di cosa?!"

Make 'em go oh, oh, oh, as you shoot across the sky-y-y...

Nicole era sconvolta, ma Giulio non l'ascoltò e se la prese per la schiena, tirandola completamente addosso a sé, facendo aderire i loro corpi e continuando a muoversi sulla canzone di Katy.

A Nicole si spezzò il respiro in gola; era così vicina a Giulio, al suo naso dritto come una pista da sci, alla sua pelle dorata e il suo profumo di famiglia che di nuovo le prese un capogiro da montagna russa, senza che nemmeno ne sapesse il motivo.

Lei non aveva bevuto neanche un goccio, era vero. Ma era come se fosse ubriaca fradicia e stesse per dare di stomaco di lì a poco, rovinando tra le braccia del ragazzo.

...di nuovo?

Il fruscio della camicia bianca di Giulio contro il suo vestito non era nulla in confronto ai salti che stava compiendo il suo cervello, sballottato da un ricordo all'altro e disorientato dai movimenti e dalle luci di quel ballo. Per non parlare del suo cuore, che stava cercando di liberarsi dalla gabbia toracica per scappare in Mozambico. 

Giulio lasciò indugiare gli occhi su di lei ed esibì un'espressione lasciva che lo fece sembrare allo stesso tempo stanco e sexy, al punto che Nicole dovette costringersi a non guardarlo. Deglutì strizzando le palpebre, per liberarsi da quell'intorpidimento che le offuscava la ragione e la stava rovinosamente spingendo verso un luogo che non avrebbe nemmeno dovuto sfiorare con la fantasia.

Perché in un momento del genere riusciva solamente a pensare di voler baciare Giulio?

"La verità è che né tu né io sappiamo divertirci, Lucich..." pronunciò allora lui, uccidendo definitivamente ogni suo neurone e attirandola come un magnete verso le sue labbra.

Ma proprio mentre lei stava per chiudergli quella boccaccia con la propria, vinta dal desiderio, accadde qualcosa.

Fu forse per effetto della canzone di Katy, o delle luci dei fuochi, verde, rosso, blu, giallo, verde, rosso... blu, giallo, nocciola...

Nocciola?

Nicole ebbe un flash di ricordi e corse in bagno, spaventata, lasciando Giulio lì in mezzo da solo.

*

Ora era ufficiale che il suo cervello stesse cercando di comunicarle qualcosa.

Nicole lo interiorizzò, mentre si asciugava il viso ricoperto di gelide goccioline, sbuffando addosso al proprio riflesso.

Poco prima aveva ricevuto una scossa direttamente nella corteccia cerebrale, che le aveva fatto rivivere quegli imbarazzanti minuti della festa per Maria, in cui, ubriaca fino all'osso, si era improvvisata pole dancer addosso a Giulio, prima di prenderlo quasi in pieno con il vomito.

Grazie a Dio, il filmino si era bruscamente arrestato in quel punto, ma tanto le era bastato per ricordarsi quanto fritto fosse il suo organo pensante in quel momento, e quanto grandiosamente si fosse invaghita del suddetto ragazzo.

Ecco che cosa aveva spontaneamente rimosso in tutto quel tempo, che la faceva sentire a disagio in presenza del biondo, nonché nella sua stessa casa in tutti i luoghi che aveva condiviso con lui durante quella maledetta notte da dimenticare: Nicole si era irrimediabilmente, perdutamente, profondamente innamorata di Giulio Pizzi.

E per quanto la sua memoria si fosse sforzata di nasconderglielo, Maria se n'era accorta e ora anche lei ricordava ogni singolo istinto sessuale che l'aveva avvicinata a lui da quel giorno in avanti.

Quello era un enorme problema.

Sfortunatamente, si era ricordata anche degli antecedenti, che avevano disegnato per lei l'immagine completa di un Giulio sia stronzo che protettivo. Aveva quasi regalato la sua verginità a Luca Ciambelli, ma per quanto l'idea l'allettasse da sobria, era super sollevata che Giulio gliel'avesse impedito da ubriaca. 

Esatto, era stato lui, era merito di Giulio.

Non ricordava perché alla fine non fosse andata a letto con Luca e ora sapeva che era stato proprio lui a salvarle l'imene, nonché la vita intera, perché se suo padre avesse scoperto che qualcuno l'aveva pure deflorata durante la festa, l'avrebbe uccisa. Ma soprattutto, Giulio aveva evitato che lei consumasse la sua prima volta con qualcuno senza poi neanche ricordarselo... pareva che Pizzi non fosse solo un borioso nobilotto qualunque... era veramente nobile, nell'anima. Apprezzava moltissimo quello che aveva fatto per lei.

Così uscì in salotto, mentre la festa si era nuovamente spostata all'interno e lei manco si era tolta la giacca.

Giulio si era accomodato sul divano a messaggiare con chissà chi, le gambe nobilmente accavallate e quel naso principesco all'insù, che lei aveva sfiorato solo qualche minuto prima rischiando il decesso. Sì, insomma, Nicole era praticamente passata al mondo dei morti, per ritornare più tardi con profondi traumi esistenziali, Giulio, invece, se ne stava bello come il sole, tranquillo come un mare piatto, felice come una Pasqua, a svaccarsi come se niente fosse sul divano.

Nicole inspirò, raccolse due calici da un vassoio e poi si avvicinò a lui.

"Ah, sei ancora viva, peccato." le fece, senza neanche staccarsi dallo schermo del telefono. "Sei scappata con la morte in faccia, pensavo fossi andata a spegnerti silenziosamente in un angolino del bagno."

"Non sei divertente. A chi scrivi?"

Giulio fece scivolare le sue noccioline sconquassanti verso Nicole: "Alla mamma. Sei gelosa?"

Nicole non rispose, ma in uno sbuffo diffidente, lanciò un'occhiata spiona alla conversazione.

Oh, Giu, sono così fiera del mio Andreeeeee, finalmente grazie a te lo vedo felice ❤ Bravissimo, ti voglio bene, voglio bene a tutti e due 💕 

Grazie, 'ma, però devi ammettere che io sono riuscito enormemente meglio di lui.

Sì, quello è ovvio, piccolo Pizzi, ma non dirlo ad Andrea 💋😜🤷‍️

Nicole trattenne un sorriso divertito. Adorava la mamma di Giulio; era di lei che avrebbe dovuto vantarsi il principino, non della sua oggettivamente bellissima faccia o del suo oggettivamente bellissimo deretano.

"Allora, che ti era preso prima?" fece lui, nascondendo il telefono dietro la schiena. "Uno spasmo?"

"Beh..." Nicole gli passò un bicchiere e poi si concentrò sulle bollicine del suo. Doveva dirglielo? Avrebbe fatto meglio a chiedergli scusa per quella sera e specificare che non c'erano state intenzioni romantiche se non quelle dettate dall'alcol?

Oppure doveva rivelargli che, in fondo in fondo in fondo in fondo, lui le piaceva e collaborando per quella festa prima e questa festa dopo, si era resa conto che ci fossero in lui delle insospettabili qualità?

Forse doveva solo ringraziarlo per averla fatta rimanere vergine.

Giulio la osservò nella sua immotivata indecisione e, visto l'abbassamento di ebbrezza dovuto al suo maledetto metabolismo veloce, decise di bere copiosamente il bicchiere che lei gli aveva offerto.

Non poteva continuare a trovarsela così vicino. Non poteva nemmeno continuare a distrarsi con l'alcol. La sua caduta era prossima, poteva annusarla nell'aria e nel profumo della sua personale rovina, che portava il nome di Nicole Lucich.

"Se mi fossi ricordata che mi piaci?"

Nicole scelse infine queste parole, proprio nel momento in cui Maria raccolse il microfono e si mise a salutare la folla con rinnovata vocazione da pr: "Invitati! Come andiamo? Dalla regia mi dicono che i festeggiamenti non sono ancora finiti! Concludiamo questa festa, oppure diamole inizio con un gioco offerto per voi dal connubio geniale di Lucich e Pizzi!"

Maria indicò verso di loro con una mano e tutti applaudirono.

Nicole era bordeaux per altri motivi precisi, Giulio spaventato da quanto appena uscito dalla bocca di Maria.

"Allora, è davvero molto facile." proseguì la ragazza, facendosi ascoltare da tutti. "Al mio via, tutte le coppie che si trovano sotto un ramo di vischio, devono baciarsi, altrimenti il loro 2019 sarà un anno di sfiga apocalittica! Siete pronti? Unoduetrevia!"

Maria fu così veloce che Nicole e Giulio ebbero appena il tempo di controllare sopra le loro teste e ricordare che sì... Giulio aveva davvero dato a quei pazzi l'idea del vischio e sì, Nicole lo aveva davvero fatto attaccare a ogni due metri di soffitto, compreso lì sopra. Capito quello, non c'era più nemmeno un secondo per scappare dall'altra parte della stanza e fingere che tutti non avessero puntato i loro sguardi assatanati su di loro.

"Uh-uuuuh, la coppia dell'anno!" gioì quella faina della vergine Maria, spalleggiata da Angelico, Alessio, Valentina, Andrea e Serena, che avevano sicuramente pensato a tutto ciò con arguzia e spirito vendicativo. "Coraggio, Nicole e Giulio! Bacio, bacio, bacio...!"

Tutti i presenti iniziarono a seguire Maria con il suggerito coro da stadio, mentre Nicole e Giulio erano rimasti ad agonizzare nelle proprie malefatte.

Alla fine Nicole prese coraggio e si voltò verso di lui: "Ok, non ci sarei arrivata subito, ma era così che speravo di finire il mio discorso sul fatto che mi sono ricordata che mi piaci."

Giulio si ritrasse: "Che cosa intendi dire?"

"Baciandoti."

"No, che intendi dire per 'mi sono ricordata che mi piaci'?"

"Che mi è tornato in testa tutto, della festa di quest'estate, del tuo aiuto ad arginare il disastro, dell'impegno che ci hai messo a farmi divertire almeno un po' e del salvataggio in corner della mia preziosa verginità che stavo per servire su un piatto d'argento a Lucaddominali. Ora ricordo tutto, Giulio."

Il ragazzo la fissò con puro terrore: "...tutto?"

"Sì." Nicole si sporse in avanti e afferrò un lembo della sua camicia per baciarlo, regalando alla folla esattamente quel che desideravano vedere.

"No..." soffiò Giulio, a fior di labbra, non appena si scontrarono con quelle dolci e fruttate di Nicole. Cercò di opporvi futile resistenza, ma ormai erano incastrate tra loro, complementari come una partita vincente di Tetris e irresistibili come quella maledetta occasione che Giulio non avrebbe mai, mai dovuto cogliere.

Infatti, vide gli occhi di Nicole sbarrarsi e farsi assenti, mentre tutto il suo corpo si faceva pietra sotto la sua bocca. Stava avendo un altro flash come quello di prima.

Ora, precisò mentalmente Giulio, si era ricordata tutto.

Mente gli invitati ancora applaudivano ingenuamente tra i coriandoli dorati e le canzoni di Maria, Nicole si staccò da Giulio, come se fosse diventato fuoco, e gli stampò un plateale, sonora, magistrale sberla in pieno volto, strafregandosene se così facendo avrebbe deturpato qualche patrimonio dell'UNESCO.

"Brutto stronzo!" gridò a così tanti decibel d'intensità che persino le lacrime affacciate ai suoi occhi tremarono e scesero rompendo gli argini.

La festa ammutolì.

Nicole si alzò rumorosamente dal divano, dando una brusca tirata al fagotto in cui si era trasformata la sua gonna e chiudendosi il cappotto in vita con una mano, accogliendo l'idea che piuttosto di stare lì, sarebbe corsa immediatamente a ibernarsi di fuori.

Infatti, uscì in giardino sbattendo rumorosamente la porta e, quando Andrea fece un passo in avanti, offrendosi di intervenire, Giulio lo bloccò, alzando semplicemente una mano: "Tranquilli, l'ho meritata. Vado io."

Seguì Nicole all'esterno e lasciò tutti perplessi, a chiedersi che diavolo fosse appena preso all'indifferente princeps Pizzi e alla festiva padroncina di casa Lucich.

*

"Nicole."

"Sei uno sporco bugiardo traditore!" lo apostrofò lei, con gli occhi colmi di lacrime, reggendosi la giacca come se non ci fossero stati ben cinque grossi bottoni cuciti lì apposta. Ma era la sua unica presa salda sopra il burrone dell'oblio, era comprensibile.

"Mi dispiace, io..."

"Mi fai schifo, lo sai?" gridò, sentendo la gola che si riempiva di gelo e le guance che si bagnavano di caldo. "Ti avrei attribuito di tutto, ma non la faccia tosta di approfittare della mia sbronza per scoparmi in salotto e poi startene zitto nella speranza che non l'avrei mai ricordato!"

"Nicole..."

"Fino ad ora credevo di essere vergine!"

Dalla rabbia, Nicole afferrò uno dei bicchieri rimasti dalle preparazioni di Ramona e lo gettò ai piedi di Giulio. Gli sporcò solamente le scarpe di champagne; il bicchiere era in plastica e il gesto puramente simbolico.

"Senti, io te l'avrei sicuramente detto."

"Certo, se per caso mi avessi anche lasciata incinta, allora magari l'avresti fatto presente. Oppure mi avresti abbindolato con il racconto di Luca che mi prende contro la mia volontà e tu, da buon samaritano, ricopri le mie nudità a danno fatto, ricordandomi quali sono davvero i giusti ideali?"

"Ti chiedo scusa. E non avrei mai fatto una cosa del genere, quel rapporto è avvenuto in maniera più che protetta."

"Peccato che tu abbia protetto solo il rapporto e non me!" guaì Nicole, disperata per la vergogna e per la profonda, scottante delusione che le aveva appena aperto il petto.

Lei aveva perso la verginità. Con Giulio. Sei mesi prima.

E l'aveva saputo solo in quel momento.

Baciando lo stronzo, le erano riaffiorati alla memoria tutta una serie di sconcertanti flash, che, uno dopo l'altro, erano andati a completare il ricordo monco che l'alcol aveva compromesso.

Riassaporare le dolorose labbra di Giulio, proprio su quel divano, l'aveva fatta sentire come allora, e la potenza dei sentimenti era andata a risvegliare il drago dormiente. Non lo ricordava nel dettaglio, no... in tutta quell'assurda storia, non le era dato nemmeno di sapere com'era stata la sua prima volta, però aveva visto degli attimi in successione e aveva ricostruito le ore prima di quel misterioso risveglio.

Giulio si era sincerato che lei fosse abbastanza ubriaca, poi l'aveva baciata, il bacio si era trasformato in qualcosa di molto più coinvolgente ed erano finiti a spogliarsi a vicenda sul divano bianco del salotto, che Francesca faceva costantemente tirare a lucido da Ramona.

Si erano incastrati dentro i rispettivi corpi in silenzio, mentre la casa era fortunatamente spopolata perché fuori la musica non era ancora stata spenta e la gente non si era stancata di ballare.

Avevano condiviso sospiri, carezze, baci un po' ovunque sulla pelle dell'uno e dell'altra. A pensarci, Nicole voleva solamente piangere: le era rimasta un'emozione capace di rivoltarle lo stomaco come un calzino, ma nessun ricordo. Nessunissima traccia di che cosa avesse pensato una volta finito, se le avesse fatto male, se Giulio fosse stato il romantico partner che per anni aveva sognato.

Niente. Solo la proiezione di lui che si muoveva sinuosamente come un mare in tempesta, approfittando della sua assenza di lucidità per toglierle ancora una volta qualcosa che non avrebbe mai più riavuto.

"Ti odio..." pianse accoratamente, indietreggiando su quei tacchi traballanti. "Ti odio da quando sei arrivato nella mia vita, Giulio, e vorrei solo che te ne andassi per restituirmela."

Giulio non poté nascondere una smorfia di dolore per quelle parole. Erano tutte cose che sapeva e che aveva previsto di sentirsi dire, un giorno o l'altro. Però fuori dalla sua testa, nella realtà, suonavano ancora più inaffrontabili.

Stava ricevendo indietro i colpi che aveva inflitto, niente di più, niente di meno.

"Scusami..." biascicò il princeps, derubato della solita parlantina diplomatica e il sorriso da dio. "Ho commesso un errore enorme e non sai cosa darei per tornare indietro."

Ecco, forse il peggio era proprio quello, pensò Nicole.

Cioè che dopo averla usata, dopo aver preservato la sua verginità da Luca solo per prenderla personalmente, dopo aver scombussolato ogni tipo di rapporto esistente fra loro, Giulio Pizzi se n'era fregato talmente tanto da decidere di non dirle assolutamente nulla. Perché quello era stato un errore. Quello era stato il quasi nel suo 'Rifarei quasi tutto' di qualche giorno prima.

Giulio aveva anteposto la paura di suo padre a lei, la sua fama sociale a lei, la sua immagine di snob selettivo a lei. Si era vergognato di averlo fatto con lei e non solo si era premurato che la notizia non trapelasse in giro, ma aveva addirittura mentito alla diretta interessata per tutelarsi in tutto e per tutto dall'abbassamento di grado da dio a umano. Un umano che aveva avuto una notte da dimenticare con quella nullità di Nicole Lucich e che per questo avrebbe rischiato l'ira funesta di suo padre. 

Fecero entrambi qualche passo per avvicinarsi.

"L'ho fatto perché anche tu mi piaci." riversò lui, affaticato e incapace di gestire quella situazione, esplosa malamente contro il suo volere. "E in quel momento era così facile dirtelo senza che ci fossero ripercussioni, che io..."

Patetico. Banale.

Giulio si sentiva davvero rimpicciolito di fronte a quel gigante guaio: troppi sentimenti erano stati coinvolti, troppe spiegazioni che non era riuscito a dare nemmeno a se stesso. Ma soprattutto, un profondo dispiacere per aver fatto del male a Nicole ed essere costretto, finalmente, a doverlo riconoscere.

"Nessuna ripercussione allora." sibilò lei. "Ma adesso non voglio averti mai più fra i piedi, Giulio. Lascia la mia vita a me, d'accordo? Ti sei già preso abbastanza."

"Non mi credi?" sfiatò lui, inutilmente, dato che sapeva benissimo la risposta.

"Perché dovrei? Così ti salveresti il culo davanti a mio padre, spacciando il tutto come un mio ennesimo, incosciente, colpo di testa, per cui verrò esclusivamente punita?"

Nicole fissava sprezzante gli occhi di Giulio, due cerchi dorati falsi come monete contraffatte. Certo, il danno l'avevano davvero fatto in due, ma in quanto solo superstite con memoria, spettava a Giulio agire per tempo e cercare di rimediare, se avesse avuto anche solo un minimo di considerazione per lei e i suoi malandati sentimenti. Dato che non l'aveva fatto, Nicole non avrebbe creduto più a nulla che fosse uscito dalla sua bocca.

Stava per dirglielo, quando le iridi zecchine che stava fissando improvvisamente diventarono lava, riflettendo lingue di fuoco che sembravano contemporaneamente vere ed immaginarie.

"Giulio?"

Lui aveva sbarrato gli occhi e non guardava più davanti a sé, ma oltre, all'altezza del giardino dove poco prima avevano assistito ai fuochi d'artificio.

Così, anche Nicole decise di girarsi verso quella direzione e scoprì che comunque, sicuramente, anche quella volta suo padre avrebbe trovato un validissimo motivo per punirla, almeno fino a gennaio dell'anno successivo.

*

Serena tirò la cerniera con forza e anche l'ultima valigia, finalmente, si chiuse. Guardò compiaciuta la montagnola che si era preparata sul pianerottolo e fece un gran respiro per darsi coraggio nell'opera di carico-scarico della mitica Punto blu.

Stava definitivamente svuotando l'appartamento dalle sue cose.

Alla fine, fece da sola per metà, mentre per il resto intervenne Sandro a darle una mano, poi si ritrovarono entrambi sulla soglia con l'ultimo, determinate beauty-case da rimuovere dalla circolazione.

"La scorsa volta, quando mi avevi lasciato, non avevi portato nulla con te." osservò Sandro, standosene malinconicamente appoggiato con un lato del corpo al muro dentro casa.

Serena, da fuori, gli fece un sorriso cortese: "Lo so, avevo lasciato tutto al suo posto perché non ero davvero convinta di andarmene."

"Stavolta sì? Ne sei sicura?"

"Sandro..." soffiò, dispiaciuta ma non troppo. "Ne abbiamo già discusso a sufficienza."

Era il quattro gennaio e Serena aveva lasciato il suo storico fidanzato dopo sei lunghi anni di relazione, stavolta per davvero.

Tutta la sera prima aveva cercato di fargli capire i motivi, premurandosi di imbastire un discorso maturo e carino, anche se lui, semplicemente, non era riuscito a crederle. Non la prendeva sul serio, come mai l'aveva presa sul serio, e ora che aveva le prove esattamente sotto al naso, cominciava per la prima volta a vedere la realtà.

Non gli andava molto a genio, chiaramente, ma se ne stava lì, passivo, più incline all'accettazione, che alla ribellione. Serena gli aveva parlato per ore; non era sicuro di aver seguito nemmeno tutto il discorso, però gli aveva nominato infelicità, trascuratezza, freddezza, tradimento e pure un certo Andrea.

Lì per lì si era sentito un po' geloso, perché Serena gli aveva raccontato di un autostop e un bacio risalenti a sei mesi prima, ma poi lei aveva ribattuto con almeno dieci suoi sospetti, di cui due confermati, e aveva vinto la difesa. Non c'erano modi in cui potesse ribattere alle accuse: aveva incassato con vaga delusione, ma poi si era detto che, comunque, non le sarebbe mancata poi così tanto.

Certo, sei anni erano tanti, quello che avrebbe fatto più male sarebbe stato staccarsi dalle abitudini e dalla comodità che qualcuno facesse il pranzo e la lavatrice, però era d'accordo sul fatto che il loro rapporto non fosse più un granché da molto, forse addirittura tutto, il tempo.

"Quindi ora vai a vivere dai tuoi o da questo Andrea?" le domandò, con una caratteristica indifferenza di base, mentre lei temporeggiava imbarazzata per non dovergli chiudere la porta in faccia.

"Quindi non mi hai ascoltato ieri sera." esalò, sconfitta. "Ti ho detto che Andrea non sa nemmeno che ci stiamo lasciando. Il suo ruolo nella mia decisione è molto più marginale di quanto tu creda, o abbia interpretato nella tua testa."

Dovresti invece ben ringraziare tua sorella! voleva aggiungere, ma non avrebbe mai e poi mai messo in mezzo l'adorata Nicole. Se era arrivata a tanto, era soprattutto merito suo, del piano che aveva architettato, certo, ma maggiormente dell'affetto e gli instancabili consigli che le aveva dato, anche contro la sua stessa famiglia.

"Torno a stare dai miei per un po'." si rabbonì poi, sentendo in realtà vera empatia verso Sandro. Lei non era così cattiva: ci aveva tenuto e ci teneva ancora a lui, solo che per il momento aveva bisogno di tenere ancora di più a se stessa, per una volta.

Un po' impacciata, si rigirò l'anello attorno al dito, poi lo sfilò via e lo riporse gentilmente al suo ex: "Grazie comunque per questi sei anni."

Il passaggio dal 2018 al 2019 aveva portato tante sorprese, rimarcato consapevolezze e regalato la botta di coraggio di cui aveva bisogno. Sì, era ora di cambiare.

"Possiamo almeno rimanere amici?" buttò lì Sandro, arreso alla vita, osservando quel gioiello senza nemmeno ricordare quando e dove l'avesse comprato.

"Certo, mi farebbe piacere." annuì lei. "Verrò volentieri alle cene dai Lucich, se sarò ancora la benvenuta."

Sandro ci rifletté, rendendosi conto di quanto si sarebbero abbattuti i suoi per la sua capacità di farsi scappare l'unica cosa giusta che avesse mai fatto.

"Credo di sì." confermò allora, con un abbozzo di espressione rattristita. "Ovviamente solo quando avranno finito di ristrutturare la parte di casa che è andata a fuoco a Capodanno."


***


ANGOLO AUTRICE

Salve salvino, sono felicissima di ringraziare chi di voi è arrivato fin qui perché... questa è la mia parte preferita!

Da questo capitolo in poi, ho davvero adorato alla follia scrivere "Invischiati". Sapete, le idee nella mia testa c'erano, ma fino alla stesura di questa parte temevo non fossero adatte o che comunque non sarebbero filate troppo bene.

Invece, mi sono divertita così tanto che mi sono convinta 👍 Se una storia non mi emoziona, non ce n'è, non la scrivo più e basta, difatti nella mia cartella sul pc c'è un intero cimitero di bozze, però stavolta Giulio e Nicole mi hanno davvero tanto emozionato, quindi niente... avevo bisogno di vantarmi un po' sennò non sarei io ahaha 😂

Voi che ne pensate, vi sono piaciuti? Cioè, lo so che si sono solo azzannati con odio, ma almeno ora è più chiara la posizione del misterioso Pizzi. A chi la va a raccontare, se poi si lascia vincere dal desiderio e se ne approfitta delle sbronze altrui?

E comunque, qual è la vostra opinione riguardo al fattaccio? Giulio è stato solamente uno stronzo senza rispetto o in qualche modo riuscite a giustificarlo? Lui sostiene che ci siano dei sentimenti in gioco, Nicole non gli crede. Chi ha ragione?

Poi, va beh, chi mi conosce sa che non sono contenta se nelle mie storie non va a fuoco qualcosa (*coff coff, Davide Argenti, coff coff*), ma sì, lo confermo pure qui: i fuochi d'artificio hanno incendiato il giardino. Poi nel prossimo capitolo vedremo anche come è stato possibile e quale punizione spetterà a Nicole.

Intanto, vi stra-ringrazio per il grandissimo sostegno che state dando a IPLF e per tutte le recensioni e i commenti. Ora che Serena ha lasciato Sandro e Nicole ha allontanato Giulio, vedremo come evolveranno le cose e se, negli ultimi due capitoli della storia, ci sarà ancora modo di invischiare qualcuno. Io credo di sì.

Ci vediamo nelle seguenti date!

💜10/02: Una ragazza come te - cap 3

🌿12/02: Invischiati per le feste - cap 7

💜13/02: Una ragazza come te - cap 4

🌿14/02: Invischiati per le feste - cap 8 

Esatto, avete capito, il 14 per festeggiare San Valentino, ci sarà il finale di questa storia. Un  po' mi dispiace che sia già finita, un po' sono contenta perché l'ho trovata davvero carina e spero che lascerà dei bei ricordi pure a voi.

Ora, prima di salutarci, mi prendo qualche riga per parlarvi di quei cuoricini viola che avete visto, cioè della nuova storia che sto (stiamo) pubblicando!

💜 Una ragazza come te è una storia a 4 mani, cioè vuol dire che è scritta da due persone, una sono io e l'altra è @cioccolatomalik, che potete seguire su Wattpad. Abbiamo deciso di buttarci in questo progetto e per questo saremmo felicissime se poteste darci il vostro supporto: sarà una storia ricca di risate, malintesi e inganni, proprio come piace a noi U.U

La trama vede come protagoniste due gemelle, Hera ed Hestia (mi raccomando, con la H, sennò si arrabbiano!). Hera, quella tutta unicorni e arcobaleni è raccontata da cioccolatomalik, mentre Hestia, quella dark e arrabbiata col mondo, sono io. Vedete, noi siamo uguali, ma profondamente diverse e il nostro divario accresce quando nella nostra vita entra lui: Tommaso D'angelo.

Lui, che è innamorato perso di Hera. Lui, per cui Hestia ha una cotta secolare. Lui che farà ideare alle gemelle un piano diabolico e provocherà così un casino epocale dopo l'altro. 

Allora, che dite, venite a leggere? 

Link della storia su Wattpad: https://www.wattpad.com/676544863-una-ragazza-come-te-1-prologo

E link su EFP: https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3821001&i=1

Vi aspetto ovunque vogliate e alla prossima!

Daffy






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Capitolo 7
*** Andreo e Giulietto ***


IPLF 7

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Invischiati per le feste

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7. Andreo e Giulietto

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Nicole si alzò dal terreno, mirò un po' alla cieca quell'asta di fronte a lei e poi tirò un calcio così potente che il pallone finì verso la seconda stella a destra, addosso a una sediolina degli spalti, rimbalzando sulla plastica con un rumore secco che riecheggiò per tutto il campo.

C'erano solo lei e la nebbia, ma si immaginò che la curva si alzasse ed esultasse per il suo colpo facendo partire bombolette di fumo rosse e cori animaleschi. Cosa che non sarebbe mai successa, perché con tutte le volte in cui aveva provato, non era ancora riuscita a portare a casa un punto oltre la maledetta asta.

E sì che Giulio Pizzi la faceva sembrare così facile.

"Lucich!"

Accidenti! Balzò, recuperando il pallone sperduto e voltandosi con quello stretto fra le braccia come se fosse un bambino che avrebbe dovuto accudire.

Si accorse che a parlare era stato suo padre, così si rilassò quanto bastava per riconoscere il grado di parentela, ma riprese rigidamente a riordinare gli oggetti sparsi in giro, per non doversi sorbire un richiamo ufficiale alla santa sede del Vaticano.

"Scusa, stavo solo controllando che fosse gonfio."

L'uomo, dapprima impettito e burrascoso, lasciò andare qualche punto di camicia e si avvicinò alla figlia: "Hai eseguito malissimo, Lucich. Rimettiti in posizione che rifacciamo come si deve."

"Papà..." sbuffò lei, mentre piegava casacche e raccoglieva ginocchiere pur di non dovergli dare retta.

"Lucich." ripeté lui, in tono autoritario.

Così lei capì che avrebbe dovuto dargli retta. Antonio non l'avrebbe lasciata in pace finché lei non avesse rifatto l'esercizio, ogni supplica sarebbe stata inutile, e dato che ormai lo sapeva bene, semplicemente si arrese agli ordini. Mollò la sua roba, si piantonò sul cerchietto bianco e affrontò a muscolatura molle la preparazione al calcio da tallonatore di touch.

"No, non così." osservò suo padre, prendendola delicatamente per le spalle e ruotandola verso sinistra di qualche grado. "Sei mancina, te lo devi ricordare, Nicole."

Sbuffò.

La ragazza pareva oltremodo scoraggiata: non avrebbe mai beccato il canale, così, o avrebbe finito per far orbitare il pallone verso Urano, come poco prima.

Antonio si posizionò dietro di lei, corresse l'impostazione delle spalle, della schiena e delle gambe, poi allungò un braccio a pochissimi millimetri dal suo viso: "Vedi? È lì che devi mirare, non in un punto a casaccio del cielo. Dosa la forza, pensa di far passare la palla un po' sotto e vedrai che invece arriverà giusta giusta a qualche centimetro sopra."

"Tanto non mi è mai venuto. Lo sai."

"Perché non ci credi abbastanza." 

Quella frase tumblr detta da niente meno che il coach Lucich, in un raro quanto improbabile sprizzo di umanità, rimescolò lo stomaco già abbastanza malandato di Nicole e la convinse a riprovare. Così, girò la testa verso la traiettoria che Antonio le aveva mostrato e prese un profondo respiro che le riempì il polmoni di nuova adrenalina.

Caricò, lasciò e il lato del suo piede accompagnò la palla ovale in un perfetto arco che finì la sua corsa appena due centimetri sopra il canale di fondo campo.

"Punto." decretò suo padre, e su entrambi i loro volti si disegnarono due identici sorrisi soddisfatti.

"Sei veramente infallibile come dicono." insinuò Nicole, lusingata dalla sua stessa performance, ma impegnata a non darlo a vedere.

"Certo, ma bisogna dire che è merito della propensione al successo firmata Lucich."

"Io sono un fallimento, papà."

"Ma sei bravissima a rugby."

Nicole scosse la testa, finendo di riempire il carrello di palloni e poi spingendolo verso il magazzino: anche se il custode era tornato dalle Hawaii, ormai lei gli aveva soffiato il posto. Aveva veramente ricevuto una punizione che partiva dall'1 gennaio 2019 e finiva l'1 gennaio 2020.

"Nicole, ti vedo molto pensierosa in questi giorni." si lasciò sfuggire il ferreo coach Lucich, rimanendo a distanza, ma incrociando le braccia al petto con cipiglio... paterno?

Nicole arrestò la sua corsa, tremendamente spaventata da quell'inizio di dialogo praticamente mai avuto con suo padre in anni di ovvia convivenza.

"Sono solo presa tra compiti delle vacanze e il lavoro qui al campo. Sai com'è, gli impegni di una liceale di quinta sono difficilmente conciliabili con le punizioni da lagher polacco gentilmente ideate dall'amorevole papà SS."

Antonio non si lasciò abbindolare e fece un sorrisetto: "Dovevi pensarci prima di mandare casa nostra al rogo, tesoro."

Non era stata colpa sua. Lei l'aveva delimitata molto bene l'area fuochi d'artificio, e poi erano sì e no una decina, tutti di piccola taglia. L'incendio era divampato perché qualche stronzo dei suoi invitati aveva lasciato una sigaretta intatta in mezzo al prato e quella, accesa da una scintilla dei botti, aveva dato il via al grande incendio di Roma del 64 d.C. 

Ovviamente aveva provato a spiegare al padre che si era trattato tutto di un enorme incidente, ma le sue arringhe erano come aria al vento. Lei aveva dato la festa alle loro spalle, lei avrebbe dovuto rispondere dei danni della sua idea.

"E comunque, non è per la punizione che sei così." aggiunse Antonio, saggio. 

"E allora per cos'è?" lo provocò Nicole, allargando le braccia, avvolte dallo spesso pile e dalla sciarpona regalata da Serena che penzolava animatamente.

"Mi spiace, ma non sono tua madre. Non ci arrivo fino a lì, anche se so per certo che c'è qualcosa che non va."

Nicole dissimulò, chiudendosi nelle spalle e spingendo il carrello ancora più in là. Non avrebbe di certo detto a suo papà che soffriva come un cane per aver perso la verginità con Giulio Pizzi, che le piaceva da morire, ma che contemporaneamente odiava con tutto il cuore, senza in realtà ricordare nulla di tutto ciò.

"Scommetto che c'entra Pizzi, non è vero?"

Nicole si bloccò di nuovo, ma non si voltò.

"Anche lui era strano dopo quella festa in cui l'hai invischiato. Cupo, silenzioso. Ha iniziato a fare assenze agli allenamenti, cosa assolutamente non da lui. Ora è dal cinque gennaio che non si vede in giro; il sedici abbiamo la partita più importante della nostra inesistente carriera e il mio miglior uomo è scomparso nel nulla."

"Lo punirai?" s'informò istintivamente Nicole, le mani aggrappate con preoccupazione al freddo metallo del carrello.

"No." rispose sinceramente Antonio. "Se non vuole più giocare, è una sua scelta, e non posso farci niente. Ma la squadra ha bisogno di un capitano... se Pizzi non si presenta alla partita, darò ufficialmente il suo ruolo a Luca Ciambelli. E la prenderemo ampiamente nel culo, dato che è una mezza sega, ma è comunque una decisione di Giulio... in qualità di suo allenatore, la rispetto."

Nicole guardò a terra. 

Che cacchio stava combinando quel deficiente di Giulio? Il rugby era la sua vita! Quella partita era la sua vita! Si era allenato come un mulo, ci aveva perso ore, giorni, anni! E adesso si lasciava scappare tutto così? Tutto, compresa l'adorazione di suo padre che nemmeno lei stessa, ufficiale discendente biologica, era mai riuscita ad ottenere?

Beh, al diavolo! si disse, duramente, la ferita nel petto che ancora bruciava furiosa per la festa di dieci giorni prima.

Se il principino voleva fare il prezioso e mandare all'aria tutti i suoi sforzi, non era di certo un problema suo. Anzi, che si beccasse pure l'espulsione dalla squadra, se la meritava tutta! Luca sarebbe stato un capitano da rodare, certo, ma avrebbe lo stesso fatto la sua porca figura con le scarpe fosforescenti e la fascetta nera fra i capelli.

Che poi, non prendiamoci in giro, Nicole era certa che quella fosse solo una sua tattica da nobilotto per farsi attendere e desiderare ancora di più. Si sarebbe palesato il giorno stesso della partita, degnando tutti della sua immagine da Cristo risorto venuto in salvezza dei mortali, per lasciare Luca a bocca asciutta con le sue illusioni nel taschino, suo padre tronfio e traboccante di rinnovata speranza e lo stadio intero frastornato d'idillio verso la sua compassionevole figura. Sì, era sicura che avrebbe fatto così, non c'era altra prassi per Giulio, il dio rubacuori e verginità, Pizzi.

"Se hai bisogno di parlare, Nicole..." fece Antonio, rivelandole per un secondo, solo un secondo, il papà che si nascondeva dietro all'allenatore. "Io sono qui, ok?"

Nicole fissò gli occhi di suo padre, molto simili ai suoi, e si lasciò sorprendere e intenerire. Poi, solo perché era fatta della stessa pasta, gli diede le spalle, tornando al lavoro: "Grazie per la dritta sul calcio da tallonatore. Ci vediamo a casa."

E sparì all'interno degli spogliatoi.

*

Andrea aveva sviluppato due fisse, da dieci giorni.

La prima era quella per lo schermo del suo cellulare. Da quando si era scambiato il numero con Serena, appunto duecentodiciannove ore virgola tredici minuti prima, non aveva fatto altro che fissarlo in attesa di un segno di vita di lei. Una chiamata, un messaggio, un poke... qualsiasi cosa, che non era ancora arrivata nonostante i controlli maniacali sulla sim, la batteria e persino la linea ADSL di casa, che aveva fatto cambiare con la fibra, giusto per precauzione.

Ma il conto ore aumentava sempre di più e Andrea non riceveva notizie dall'aldilà. Aveva cominciato a pensare che quella di Serena fosse stata una grassa presa in giro o il secondo monumentale tributo alla sua sfiga (magari era in atto un incidente mortale in cui la giovane era stata a sua insaputa coinvolta). Avrebbe anche potuto scriverle lui, dato che si era premurato di salvare il suo numero dopo lo squillo, ma gli era sembrato che Serena fosse stata molto chiara sulla questione fidanzamento. Lei stava ancora con Sandro e Andrea non si sarebbe messo in mezzo.

Sere non lo voleva e lui nemmeno, perché aveva sempre cercato di rispettare i valori insegnati da mamma. Se Serena aveva piacere di sentirlo, sarebbe stata unicamente una sua scelta. E tutto ciò gli aveva fatto sviluppare un tic ossessivo-compulsivo secondo il quale controllava il suo schermo a secondi alterni: uno sì, uno no, uno sì, uno no...

Nei secondi no, Andrea si occupava della sua seconda fissazione: la porta della camera di Giulio. La porta della camera di Giulio si era aperta con frequenza sempre più bassa negli ultimi dieci giorni, fino a rimanere ufficialmente sigillata da quarantotto ore virgola sei minuti a quella parte.

Andrea, dalla sua posizione stravaccata sul letto singolo della sua stanza anni Novanta, poteva comodamente rimanere a fissare il legno inospitale di fronte. Giulio si era convertito a vecchio dell'Alpe subito dopo quella nefasta e a dir poco focosa serata a cui lui stesso l'aveva invitato. Aveva testimoniato con i propri occhi allo schiaffo pubblico di Nicole e successivamente alle ripercussioni che quello morale stava ancora avendo. Ma il fratellino sembrava irraggiungibile: tutte le volte in cui mamma Roberta e lui avevano provato a parlargli, lui si era rintanato nell'antro, chiudendo i battenti a doppia mandata e foderando la fessura della porta, giusto perché non gli si potessero mandare messaggi subliminali da lì sotto.

Non che Andrea ci avesse provato.

Quindi sì, Andrea Pizzi passava i suoi giorni così: stravaccato sul letto, non curante della biancheria da piegare e i curriculum da inviare, controllando un secondo la porta chiusa di Giulio e un secondo lo schermo spento del suo cellulare.

A un certo punto, la porta di Giulio si aprì e contemporaneamente lo schermo si illuminò.

"Puttana!" esclamò il ragazzo, nella mistica consapevolezza di essere davvero irrimediabilmente sfigato.

Per un breve istante meditò se scegliere o lanciarsi direttamente dalla finestra, ma alla fine scelse di non scegliere, non lanciarsi, e cercare di prendere tutte e due le occasioni al volo.

"Ciao!" esclamò, correndo verso Giulio che usciva in corridoio e portandosi il ricevitore all'orecchio.

"Ciao, Andrea!" ricambiò festosamente Serena, dal telefono. "Ti disturbo?"

"Hai qualche problema mentale?" rispose, invece, Giulio, accogliendo negativamente il suo marcamento del tutto incurante delle famose distanze interpersonali.

"No." fece il biondo, sorridendo da psicopatico. "Nessun disturbo."

"Ah, non si direbbe." buttò lì suo fratello, levandosi dal suo campo visivo, per sparire in bagno.

"Ok, perché speravo proprio di trovarti, dato che non mi sono ancora fatta sentire." giustificò Serena.

"Ehm... come stai?" chiese Andrea, affacciandosi alla porta del bagno mentre Giulio faceva pipì e sperando che Serena non si accorgesse che stava parlando contemporaneamente con due persone.

"Dileguati, maniaco." berciò Giulio, coprendosi il pube con una mano e facendogli il medio con l'altra.

"Bene, grazie, e tu?" ricambiò Serena.

"Ehm... secondo me potrebbe andare molto meglio di così, ma sai, continuando a non sfogare i problemi con nessuno, si rischia di rimanere chiusi nel proprio mondo fino a inabissarsi e perdere la cognizione di sé."

"Quali problemi?" chiesero Serena e Giulio contemporaneamente. 

"Che cazzo stai dicendo?" aggiunse poi, quest'ultimo.

Andrea proclamò un postulato polivalente: "Per me c'è bisogno di uscire."

"Infatti. Quella è la porta e questo è uno che vorrebbe solamente pisciare in pace senza che suo fratello mentalmente disturbato gli fissi il pisello." Giulio indicò ripetutamente l'uscita, sempre cercando di non far mostra delle sue grazie ad Andrea.

"Vuoi uscire?" gorgogliò Serena, divertita.

"No." rispose a Giulio. "Cioè, sì." ritrattò con Serena.

"Ma ti sei fatto in vena, per caso?" suo fratello si lavò le mani e poi, finalmente, si avviò di nuovo verso camera sua, luogo in cui non sarebbe stato spiato da nessun famigliare incestuoso.

"Aspetta!" lo fermò Andrea, e anche Serena rimase in attesa, interdetta, dall'altra parte della cornetta.

Giulio si voltò con impazienza e sguardo omicida.

"Perché non vuoi parlare con me e dirmi che ti sta succedendo?" Andrea osservò con fare premuroso i lineamenti stanchi del suo consanguineo. Era sempre stato il vero grande di casa: Andrea odiava quando non gli lasciava fare il fratello maggiore nemmeno in situazioni che lo richiedevano. 

"Ma io sto parlando con te, e chiamavo proprio per spiegarti che cosa mi sta succedendo." si difese, intanto, la confusa Serena.

Già... peccato per Serena, ma Andrea aveva deciso che avrebbe tentato di salvare quel moccioso prima che rischiasse di fare la sua stessa fine: "Perché non vai più agli allenamenti? Perché ti richiudi in camera? Che cosa è successo con Nicole Lucich a quella festa di Capodanno?"

"Niente che ti riguardi." per tutta risposta, Giulio gli diede una spinta all'indietro premendo solo un paio di dita sulla sua fronte, poi rientrò in camera sbattendo la porta.

Il Pizzi maggiore rilasciò un lamento esasperato che parve più che altro l'ululato di un cane.

"Guai in paradiso, Andrea?" dell'altra parte della cornetta giunse un tono comprensivo, quasi materno, che gli ricordò che, quanto meno, il suo doppio esperimento era appena finito male solo per metà.

Sperò di salvare la telefonata con Serena: "Sì." ammise sconfitto. "Mio fratello è diventato un ectoplasma e non so come rianimarlo, ma questo è un discorso a parte. In realtà, io sto bene, sono contento che tu mi abbia chiamato. Molto, molto contento, per la precisione. Te?"

"Io... cosa?" rise Serena, suonando ancora più melodiosa che dal vivo. "In realtà, ho chiamato anche per questo."

"Questo cosa?" si concentrò il ragazzo, fluttuando in camera sua per la felicità, ma allo stesso tempo piombando pesantemente sul letto con insoddisfazione. Serena l'aveva finalmente contattato! Ma Giulio stava male... aveva qualcosa che non andava...

"Per tuo fratello." spiegò lei. "Vedi, ho lasciato correre un po' di giorni perché ho dovuto occuparmi di faccende fondamentali, ma adesso credo sia ora che ci facciamo carico della situazione Pizzi-Lucich."

"Facciamo?" Andrea si era illuminato a quel plurale.

Serena rise: "Senti, hai da fare oggi pomeriggio?"

"Oggi?" ripeté Andrea, voltandosi verso l'Empire State di vestiti e bozze di curriculum. "No, affatto. Vuoi che faccia un salto da te? Ma devi dirmi dove andare; via Monte Grappa o via Palladini?"

"Molto scaltro, Andrea." si complimentò la ragazza, senza aggiungere altro. "Senti, hai presente la strada lunga prima delle due rotonde e il palazzo di cristallo?"

"Intendi quella dove ci siamo incontrati quest'estate grazie al mio pollice sexy?"

"Sì, esattamente quel punto." confermò. "Non so se lo sai, ma in inverno ci piazzano un chiosco di piade romagnole, pensavo di fare merenda insieme e approfittarne per fare due parole."

Piade a merenda? Basta, Andrea aveva trovato la sua anima gemella.

"Ma certo, micio miao! Ci troviamo lì davanti alle cinque?"

Serena espresse disaccordo: "Veramente, pensavo che sarebbe meglio se ti venissi a prendere io."

"Ok. Ti ricordi il mio indirizzo?"

"P. Sherman, 42, Wallabe Way, Sidney?"

Ti amo. avrebbe voluto rispondere Andrea.

"Sì, proprio quello. Ci vediamo alle quattro!"

"Avevi detto cinque."

"Ho già un buco nello stomaco."

Precisamente, quello che gli avevano creato le farfalle con tutti i loro innamorati sfarfallii.


*

BREAK

Siiii, i break sono tornati! Chi mi conosce sa che sono una mia fissa, però no, in realtà non sono tornati, perché alla fine i capitoli di questa storia non sono così lunghi da necessitare dei break. Tuttavia stavolta ho per voi qualcosa che doveva assolutamente far parte della storia. Il disegno infatti è della nostra grafica Angelica e vi rivela finalmente i volti delle due donzelle nelle loro tenute casual <3

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Era stato un appuntamento molto meno romantico di quel che avrebbe voluto, pensò Serena parcheggiando in garage e sfilando le chiavi dal cruscotto. Non si erano baciati, non si erano toccati, non si erano nemmeno solamente sfiorati.

Ma era giusto così, dopotutto. Serena aveva fatto in modo che fosse un momento amichevole, tranquillo, un po' perché era appena uscita dalla sua unica, eterna relazione amorosa (come aveva lietamente annunciato ad Andrea) e un po' perché non voleva sbagliare. Aveva cercato di conoscerlo un po' meglio, prima di fare passi falsi, e la diagnosi alla fine di quella giornata era che: sì, Andrea Pizzi era veramente il ragazzo perfetto e sì, valeva la pena di ributtarsi a capofitto in una cosa folle come una storia appena dopo una storia, con annessi tutti i rischi del caso. Solo... non quel giorno.

Ah, lui la faceva proprio impazzire, doveva ammetterlo! Non avevano fatto altro che conversare per tutto il pomeriggio con una piada bollente tra le mani e solo così, già si era sognata matrimonio, cani, figli, mutuo e pensione assieme a lui. Era simpatico, era coinvolgente nella sua spiccata follia ed era pure bello da morire. Serena, che non aveva nessuna di quelle qualità, si chiedeva come potesse essere talmente interessato a lei da guardarla con occhi sognanti per tutto il tempo, e contemporaneamente, però, non fare nessuna mossa furbetta. Andrea la rispettava profondamente, e lei l'aveva percepito in ogni singolo atteggiamento che aveva osservato, con i suoi stessi occhi sognanti, quel pomeriggio.

Le sembrava quasi una fantasia. Non vedeva l'ora di incontrare di nuovo Andrea, lasciarsi andare alle nuove convinzioni e dargli finalmente quel bacio che aveva agognato per tutta l'estate, l'autunno e l'inverno. Ma prima avevano una missione da compiere.

Mi raccomando, Andrea. gli scrisse, digitando il messaggio con dita tremanti dall'euforia. Non lasciarti sfuggire nessun dettaglio del piano.

E lui rispose: Nessuno, oh mia eroina. 🤞 Non rischierei di rovinare l'unica chance di far tornare sul trono il principino di casa. Siamo tutti troppo smorti senza di lui che passa per la sala offendendo i programmi di Real Time che mi guardo con la mamma.

Logorroico e imbarazzante anche nei messaggi, Serena doveva aspettarselo.

Sei stato bene comunque, oggi? inviò, tutta agitata, non scendendo nemmeno dalla Punto in un atto di improvvisata scaramanzia. Insomma, quella era l'auto dell'autostop! Se non portava fortuna lei...

Starò bene solo quando mi lascerai finalmente baciarti, micio miao.😎 replicò lui, facendola trasecolare a ridosso del volante, tanto che le partì per sbaglio il clacson, che fece abbaiare i suoi cani e spaventare i suoi genitori.

Che casino che c'era... in tutta la casa e specialmente nel suo cuore.

...il tuo Walter può attendere ancora fino alla partita del 16? gli domandò, imbarazzata, ma anche molto, molto eccitata.

Andrea mandò la gif di un pollice che sbandierava un autostop: Attenderebbe anche anni lungo una tangenziale, finché a raccattarlo non si fermasse una Punto blu con su sopra la tua targa. 👍

Ti amo! digitò istintivamente Serena, sentendo il battito cardiaco persino nelle orecchie, ma poi si ravvide e cancellò la frase in blocco, rimediando con un più contenuto e sfiduciato: Pensa bene alle tue scelte, forse meriti di più...

Andrea ci mise un po' a rispondere, ma mentre lei era salita in cucina e si era messa ad asciugare ansiosamente il ripiano, il messaggio arrivò illuminando il suo schermo: Usi sempre questa frase completamente a sproposito, Serena. Ci vediamo alla partita. Brinderemo alla nostra vittoria prendendoci quello che entrambi abbiamo sempre meritato 💋🥂

Aggiunse la gif di lui che alzava il calice nella sua direzione alla festa di Nicole e lei non ebbe alcun nessunissimo dubbio sul fatto che lasciare Sandro fosse stata la scelta più giusta e opportuna di tutta la sua vita.

*

Erano le dodici del sedici gennaio e Giulio non si spiego perché qualcuno aveva appena lanciato un sasso contro la sua finestra, creando un bel buco al centro del vetro, sotto la piena luce del sole.

"Andrea, ma che cazzo fai?" urlò al fratello, fuori sulla strada, a pochi metri sotto di lui.

Andre nascose la mano dietro la schiena: "Cazzo."

"Mi hai rotto la finestra!" abbaiò, sconvolto. "Hai bucato il vetro!"

"Scusa, non pensavo di avere così tanta forza. Ad hockey non ci insegnano a dosare il lanci di mano." si giustificò Andrea, mimando un tiro della palla ovale alla Giulio Pizzi e poi la sua mossetta vincente a mazza bassa dell'hockey, per illustrare ulteriormente al fratello la differenza tra le due discipline. Come se fosse una giustificazione anche solo pertinente.

"Ora te la vedi tu con papà!" si irritò Giulio, allergico alle seccature. "Sentiamo cosa ne pensa lui dei tuoi metodi da serenata in pieno giorno, contrapposta al classico, razionale bussare alla porta, come persone normali."

"Mi avresti risposto, se avessi bussato?"

Giulio si mise sulla difensiva: "Che cosa vuoi?"

"Mamma ci ha lasciato la Cinquecento. Vestiti che usciamo a pranzo."

"Non ho fame."

"Giulio non farmi lapidare la finestra, ok?" minacciò Andrea con un altro paio di sassi nella mano. "Mi hai fatto promettere di ricominciare ad avere contatti con il mondo esterno, quindi adesso muovi il culo e mi accompagni a pranzo, perché non ho la minima intenzione di sembrare lo sfigato single che mangia da solo in un angolino!"

"Single?" si corrucciò per un attimo Giulio, attirato dal discorso. "Non sono giorni che ti senti con Serena? Non le hai ancora chiesto di sposarti?"

Andrea fece un sorriso beffardo: "Anche se fosse, non ti parlerei di questi argomenti sensibili urlando romanticamente al tuo balcone, Giulietto."

Giulio roteò gli occhi alla - doveva ammetterlo - simpatia del fratello.

"Allora, scendi o no, Capuleti?"

Il biondino guardò l'orario: la partita del secolo sarebbe iniziata tra nemmeno un'ora, i compagni di squadra si stavano sicuramente già riscaldando, per cui... no, era definitivamente troppo in ritardo per i ripensamenti e i sensi di colpa dell'ultimo secondo. Ovviamente stava morendo dentro per quella partita, ma non ci sarebbe andato, punto. Non sarebbe mai più andato a nemmeno un allenamento di rugby con la sua squadra.

Molto meglio un pranzo con quell'esaltato lanciasassi di Andrea.

"Arrivo, Andreo Montecchi." gli rispose dunque, felice che almeno, grazie a quella distrazione, non avrebbe passato le successive tre ore a rovinarsi il fegato e lambiccarsi il cervello nell'ansia della partita.

Scese al piano di sotto e poi in strada, con un abbigliamento molto casual e la zazzera spettinata che lo faceva sembrare super figo nonostante fosse recluso in casa da metà mese: "Dove andiamo?" domandò sentendo lo stomaco brontolare.

"Oh, Serena mi ha fatto scoprire un fantastico chiosco di piade sulla strada lunga delle due rotatorie." informò circumnavigando la macchina.

"Guido io?" si offrì Giulio, sapendo che suo fratello era un tipo molto più da bici, per questioni ecologiche e anche di effettiva incapacità a vivere. Già su due ruote era un macello, figuriamoci su quattro.

"No, no!" lo stupì Andrea, saltando allegramente sul posto del conducente, come se non stesse per mettersi alla guida di una falce a motore per pedoni. "Ti ci porto io, oggi sono in vena."

Certo, era in gran vena di inganni, ma questo ovviamente non lo fece presente.

*

Erano le dodici e mezzo e Nicole era in super ritardo. Non trovava le chiavi di casa, della macchina, del magazzino, di nulla, come al solito sempre nei momenti migliori!

Con quegli stupidi lavori per ristrutturare la villa, tutte le sue cose venivano quotidianamente spostate senza una logica e se lei non fosse arrivata allo stadio in tempo, con tutte le divise previamente recuperate al magazzino, suo padre le avrebbe dato un'altra più che logica punizione.

"Sandro, hai visto le mie chiavi?" gridò alla tromba delle scale.

"No!" rispose il fratello. "Ma ieri avevano appeso le mie al collo del cigno di ceramica in entrata!"

Nicole sbuffò: i suoi erano proprio fissati con le ceramiche.

Grazie proprio alla sua amorevole famiglia ceramofita, si trovava impegnata pure quel giorno a scontare le sue pene, e anche più gravemente del solito. La gran partita sarebbe cominciata in meno di un'ora e a lei spettava il compito di portare il corredo da campioni ai ragazzi e rimanere accanto a suo padre, con la scusa di doverlo aiutare coi cambi, ma in realtà per reggerlo quando sarebbe ceduto in preda allo sconforto della sconfitta.

Era sicuro che avrebbero perso. Gli ultimi allenamenti erano andati uno schifo; Angelico si era fatto male a una caviglia, Luca non riusciva né a tenere i ragazzi, né a calciare dignitosamente, la squadra aveva pure litigato un paio di volte. Era incredibile come in una decina di giorni senza Giulio, il lavoro di un anno si fosse letteralmente sfaldato.

Nicole era davvero preoccupata per suo padre e ancora di più, segretamente, per la fine che aveva fatto Pizzi. Non era più così sicura che si sarebbe palesato in medias res a mo' di Cristo redentore.

Comunque, aveva trovato le chiavi appese al maledetto cigno. Quindi montò sull'Audi A4 che il padre le aveva miracolosamente prestato, uscì dal vialetto stendendo lo gnometto ormai mutilato e diede gas verso il magazzino del campo da rugby, per prelevare la merce.

Sandro, a quel punto, prese il telefono e scrisse a Serena come concordato: Partita. 

La collaborazione di Sandro era stata un'idea di Andrea. Serviva qualcuno che garantisse la salvaguardia della parte B del piano e così si era pensato di coinvolgere il birillone con i capelli da Swiffer. Costui, proprio negli ultimi giorni, si era fatto qualche esametto di coscienza e aveva preferito tornare a stare dai genitori cattivi che rimanere in quell'appartamento allo stesso tempo vuoto e pieno di malinconia.

Con Serena stavano davvero cercando di mantenere buoni rapporti e lui sembrava aver imparato qualcosa dalla lezione. Anche se, ormai si sapeva, se lo sarebbe dimenticato alla prima bella mora di passaggio... perché Sandro era sempre Sandro, purtroppo.

Il telefono di Nicole ruggì svariate volte mentre finiva di caricare le tonnellate di divise, ginocchiere, dentiere e che più ne ha più ne metta sull'Audi.

"Pronto?" rispose, affannata, rimontando in macchina e accorgendosi con sottofondo musicale funebre che la partita sarebbe iniziata in soli venti minuti.

Temeva di sentirsi trapanare il cervello dal grido di battaglia di Antonio, invece ciò che arrivò flebilmente fu la vocina tenue di Serena: "Nicole? Ti disturbo?"

"Serena! Ma no, stavo giusto andando allo stadio per la partita di papà. Tutto bene?"

"No..." soffiò questa, subdola. "Purtroppo no, Nicole. Odio disturbarti, davvero, ma sono appena rimasta a piedi con la macchina lungo la strada e avrei un disperato bisogno di qualcuno che mi desse un passaggio."

Oh, quella voce le stringeva ogni volta il cuore!

"Ma certo, Sere, passo io. Ti raccatto e ti porto alla partita con me, ci stai?" propose, guardando di nuovo l'orologio e dicendosi che se avesse sempre mantenuto la velocità di costante di centotrenta chilometri orari, ce l'avrebbe fatta. "Dimmi dove ti trovi."

In fondo, non le importava del ritardo. Non poteva certo lasciare Serena lungo la carreggiata, sola e infreddolita... persino suo padre l'avrebbe capita e sostenuta in quella scelta. E poi, al massimo avrebbero ritardato di un po' il fischio iniziale; era sicura che nessuno ci tenesse a veder scendere in campo i giocatori nudi.

Per un attimo, pensò a Luca Ciambelli e ritrattò.

"Sono sulla strada lunga delle due rotatorie."

"Ok."

"Mi sono fermata davanti al chioschetto delle piade, hai presente?"

"Sì sì, arrivo subito!"

"Grazie, Nicole, sei davvero un tesoro!" Serena chiuse la telefonata con un sorriso diabolico e poi, mentre si alzava dagli spalti per avvisare Antonio Lucich che le divise sarebbero arrivate leggermente in ritardo, scrisse ad Andrea il messaggio concordato: Partita.

E lui seppe benissimo cosa fare.

*

Quando la Cinquecento inchiodò sul ciglio della strada, Giulio si tastò il corpo e si chiese se fosse maleducato gettarsi fuori baciando l'asfalto con riconoscenza.

"Arrivati!" chiocciò Andrea, leccandosi i baffi alla vista del chioschetto. "Ops, scusa un secondo, mi chiamano."

Non era vero, ma Andrea si portò comunque il telefono all'orecchio e fece finta di parlare con un qualche direttore d'azienda che aveva letto il suo curriculum - magari! dato che ne aveva spediti in lungo e in largo negli ultimi giorni con scarsi risultati. Giulio rimase per un po' ad ascoltare spazientito, poi i pensieri fluttuarono su altro e passò qualche minuto, prima che Andrea lo riscuotesse con un pugno sul braccio.

"Penso ci vorrà un po', questo vuole farmi un colloquio telefonico e non posso proprio rimandare." sussurrò al fratello, coprendo il ricevitore. "Ti spiace scendere a comprare le piadine?"

"No, certo che no, basta che questa non sia la solita scusa per non pagare la tua parte, brutto tirchio squattrinato." lo apostrofò gentilmente Giulio. 

Il biondino afferrò il portafogli e uscì all'aria aperta, prendendone un sospiro intriso di fritto e rimpianti.

"Porchetta e cipolla per me." lo istruì Andrea, abbassando il finestrino e continuando a fingere di star interrompendo il suo colloquio telefonico per amor del cibo. "Con qualche peperone, se ce l'hanno, e ketchup e maionese. E i cetrioli."

"Ci vuoi anche diabete, colesterolo alto e ipertensione, se ce li hanno?"

"No, ma va bene la senape." annuì Andrea, prima di tornare a discutere animatamente per telefono.

Giulio scosse la testa e si diresse al bancone. Di fila ce n'era praticamente zero, ma ci mise un po' per elencare tutti gli ingredienti della piada di Andrea e nel frattempo, aveva udito uno strano cigolio di frizione pressata a caso alle sue spalle. Tipica delle partenze suicide di Andrea e della loro rottamata Cinquecento.

Si girò, proprio mentre il piadinaio gli sbatteva sotto il naso quell'agglomerato di calorie che aveva ordinato, e vide la Cinquecento partire in quarta, strisciando le gomme sull'asfalto e fiondandosi a velocità sostenuta verso l'infinito e oltre.

"Ehi!" esclamò lasciando la piadina sospesa nell'aria e correndo verso il ciglio della strada. "Ehi, Andrea!" gridò al gelo dell'inverno. "Dove cazzo stai andando?"

Ma la targa della Cinquecento già non si distingueva più, mentre la zazzera bionda di Andrea era appena sparita al primo incrocio. 

"Coglione!" gridò Giulio, contento anche solo di far sapere al pulviscolo atmosferico quel che pensava di suo fratello. "Si può sapere che cazzo ha quel coglione nel cervello!?"

"Oh, le tue piade." ringhiò il piadinaio, uscito dalla baracca solo per dare a Cesare quel che era di Cesare (in questo caso Giulio Cesare) e prendersi i guadagnati dieci euro. Giulio gli strappò dalle mani quelle ormai raffreddate prelibatezze e ricambiò con la grana, poi restò impalato a fissare la strada, chiedendosi cosa fosse andato storto quel giorno del parto di Andrea e perché sua madre non l'avesse semplicemente venduto a un'asta di rottamazione per bambini usciti male prendendosi in cambio un fratello normale.

E mentre il miscuglio di ketchup, maionese e senape iniziava a colargli sulla mano, i fanali di un Audi A4 si piantarono su di lui, per poi frenargli bruscamente a due centimetri di distanza, nell'indecisione se farlo secco o fermarsi per lo stupore.


***


ANGOLO AUTRICE

Sembra impossibile, eppure siamo praticamente alla fine. Il prossimo sarà l'ultimo capitolo e io sono davvero soddisfatta. Ho scritto questa storia in modo molto spontaneo e, vorrei dire, anche veloce per i miei standard XD

Certo, non è la stessa cosa di scrivere e pubblicare un capitolo alla volta, con tanto di attese apocalittiche, quello... quello è un modo doloroso, ma più coinvolgente di vivere la pubblicazione di una storia, ve lo garantisco, però sono contenta lo stesso.

In poco tempo, mi sono affezionata molto a questi personaggi, specialmente a Giulio e Andrea. Dallo scorso capitolo, come vi avevo predetto all'inizio, le vostre opinioni potrebbero essere cambiate. Sicuramente il personaggio di Giulio ha perso qualche punto, però c'è ancora un capitolo bello lungo in cui potrebbe riscattarsi.

Il giorno di San Valentino, infatti, pubblicherò il finale e anche un mini sondaggio sui vari social dove potrete votare per la sfida definitiva tra i Pizzi. Sarà una battaglia difficile.

Per ora vi ringrazio di tutto e spero di leggere nei commenti e nelle recensioni tutti i vostri pareri riguardo questo capitolo. Vi è piaciuto? Che ne pensate del piano; funzionerà? Che cosa si diranno Nicole e Giulio? Serena e Andrea riusciranno a... ehm... concludere?

Alla prossima,

Daffy

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Capitolo 8
*** La partita ***


IPLF 8

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Invischiati per le feste

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8. La partita

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"Giulio!"

"Oh, è il mio giorno fortunato, allora! Perché nessuno me l'aveva detto?" il ragazzo pareva leggermente isterico. "Piadinaio, perché nessuno me l'aveva detto?"

L'uomo da dietro il bancone alzò le voluminose spalle.

"Giulio, che cosa ci fai qui?" domandò Nicole, scendendo dalla macchina e guardandosi intorno con smarrimento.

"Mah, portavo a spasso le piadine." sbeffeggiò.

"Dov'è Serena?"

"Chi?"

"Serena! Ha detto di aver... ha detto che era..."

Giulio seguiva i vagabondaggi mentali di Nicole con le pupille allargate dallo sgomento, mentre lei dapprima non si dava pace nel non vedere alcuna Punto blu e poi si lamentava come presa da una spiacevole intuizione e si chiudeva di nuovo dentro la macchina, però senza partire.

Giulio la raggiunse a lato del finestrino: "Ti chiamo un medico? Hai forato il cervello?"

"Non ho forato proprio niente."

Giulio l'aveva capito, ma aveva solamente tentato di sdrammatizzare: "Fammi indovinare, Serena ti ha fatto venire qui con una scusa."

"E Andrea ha fatto venire te qui con una scusa." realizzò lei, fissando quelle invitanti piadine e poi qualcos'altro di invitante tipo le sopracciglia teneramente corrugate del princeps.

"Ci hanno invischiati. Che stronzi."

Nicole rimase imbronciata a braccia conserte dietro il volante: "Già. Io rischio il castigo a vita e loro si mettono a giocare a Cupido, davvero maturo per due che, come età, hanno già superato il quarto di secolo!"

"Beh, vai." le suggerì, ovvio, indicando l'asfalto alle sue spalle. "Fai finta che non sia successo nulla e continua per la tua strada." 

Nicole fermò gli occhi su di lui e, contrariamente a quello che le ordinava il cervello, lasciò che lo passassero per bene in rassegna. Divino, come sempre. Ma anche dall'aria maledettamente sofferente e trascurata che le faceva un pochino ballare le gambe: "Tu perché sei qui e non alla partita?"

Giulio schioccò la lingua e, deciso che non ne voleva parlare, passò entrambe le piadine attraverso il finestrino, mollandole in grembo a Nicole: "Queste sono per il viaggio. Buon proseguimento." 

Le voltò le spalle e prese a camminare speditamente in direzione opposta.

Ma Nicole, accidenti, era stata ormai invischiata a tutti gli effetti.

Scese dal veicolo e seguì Giulio di corsa: "La squadra è praticamente caduta in rovina, senza di te!" 

"Strano."

"Mio padre è sull'orlo della crisi identitaria!" gli comunicò senza scalfirlo di una virgola. "Hanno fatto capitano Luca Ciambelli e lui sicuramente lo farà perdere. Ci farà perdere!"

"Però è un gran figo." ribatté lui, con un occhiolino insolente.

"Dai, Giulio!" guaì Nicole. "Non posso credere che tu, proprio tu, eroe della massa e re dei campi da rugby, stia rinunciando al tuo quarto d'ora di gloria!"

"Non gioco a rugby per la gloria."

"E per che cosa, allora?"

"Perché mi piace." sviscerò Giulio, le mani in tasca e le noccioline congelate attorno alle pupille. "Non devi sempre per forza scambiare il piacere per la gloria, quando si parla di me, Lucich. Non sono realmente montato e megalomane come pensi."

"Sì che lo sei."

"Va bene, lo sono, ma ci sono cose che amo davvero. Tipo il rugby." precisò a scanso di equivoci.

"E allora perché sei ancora qui?"

Giulio sbuffò, il ritorno di Andrea ormai ipotesi scartata e la tenacia di Nicole sempre più stretta attorno al suo collo: "Perché ero stanco. Perché sentivo troppo il peso di fare da capitano, allenatore, pilone, tallonatore, ala e pure arbitro, fra poco! Ho bisogno di una pausa."

"Non è vero."

"Sì che è vero!"

Nicole lo guardò bene bene in viso. Sì, era vero. Era vero che era stanco morto, e stressato, e oppresso. Ma no, non era vero. Non era vero che voleva sul serio mandare tutto a rotoli, che non voleva partecipare alla partita, che non voleva tentare di vincere quel titolo. C'era più di quello nel suo sguardo.

"Anche se fosse, non è abbastanza intelligente da farti saltare novantanove cancelli e fermarti davanti all'ultimo. Ti conosco, Giulio, se proprio avessi voluto ritirarti, l'avresti fatto con il cervello, non con il culo."

"Allora mi sa che non mi conosci."

"Hai voglia, mi hai invaso casa fin da quando non sapevamo ancora l'alfabeto. Dimmi la verità."

"L'ho detta."

"No."

"Sì."

"Giulio, non farmi incazzare!" tuonò Nicole. "E non propinarmi altre stronzate, perché giuro che ne ho abbastanza! Dimmi perché dal primo dell'anno hai abbandonato il trono; perché non ti sei più fatto vivo?"

Alla fine, Giulio decise di arrendersi: "Perché mi avevi chiesto di sparire dalla tua vita e io lo sto facendo."

La ragazza si lasciò piacevolemente sorprendere dalle sue parole. Non intendeva esattamente quello, cioè che Giulio dovesse rinunciare al suo posto nella squadra... lei intendeva in generale, che sparisse dalla sua vita... anche se sì, effettivamente la sua vita era molto legata al mondo del rugby in cui era anche Giulio.

Già, era esattamente ciò che si sarebbe evinto dalle frasi di qualche sera prima. Come faceva a non dover più incontrare qualcuno con cui condivideva, praticamente, ogni spazio? Quella di Giulio era stata una deduzione puramente logica.

E pareva che l'avesse rispettata a tal punto da seguirla diligentemente, in tutto e per tutto. Giulio stava... mettendo da parte se stesso? Mettendo da parte la sua passione, nonché il suo enorme, smisurato ego?

Per lei?

Si riscosse e pensò che, comunque, adesso la priorità era la partita. Perché sotto sotto pure lei voleva che vincessero quella partita. Un Antonio Lucich incazzato per casa non piaceva a nessuno.

"Andiamo." gli disse, convinta di rimandare a più tardi le elucubrazioni e cercare almeno di salvare il salvabile.

"No."

"Andiamo, Giulio, non farti pregare!" strillò, strattonandogli il braccio.

"Nicole, no, sarebbe solo una mossa ancora più ridicola." la contradisse lui.

"Perché? Sono certa che mio padre stia pregando in una tua comparsa a sorpresa, che i tuoi compagni non aspettino altro, che gli avversari se la stiano facendo in mano nel timore di vederti sbucare all'ultimo."

Giulio fissò quelle monetine iridescenti sulla faccia arrossata di Nicole: "Cosa sarebbe, un complimento sulla mia bravura?"

Pomposo fino alla fine, Nicole era incredula.

"Ti prego!" sbuffò allora, e Giulio si ricordò della prima volta in cui lei gli aveva chiesto di organizzare una festa, per i diciotto anni della sua amica Maria, mentre lui stava solo cercando di racimolare qualche soldo nel bar sotto casa e non pensava minimamente che si sarebbe cacciato in quella situazione. Non pensava che si sarebbe fatto prendere da certi impulsi, finendo per fare un'enorme sciocchezza e che sarebbe rimasto male di fronte alla reazione di lei al non ricordare e, addirittura, aberrare l'ipotesi che fosse successo proprio con lui. Perché lui, in realtà, aveva provato qualcosa mentre erano nudi su quel divano, ma lei sembrava tutt'altro che della stessa opinione. Perché lei non l'aveva mai voluto tra i piedi e mai apprezzato, sin da quando erano bambini. E in quella notte in cui lui aveva capito di essersi innamorato, come avrebbe fatto a dirle 'Ehm, no, scusa, ieri sera ho approfittato della tua ubriacatura per fare l'amore così non mi avresti respinto come al solito?'. Quella mattina, davanti alla delusione, gli era mancato il coraggio e più il tempo passava, più esso veniva meno. Così il guaio era diventato gigante e lui ancora non era riuscito a fare nulla che potesse rimediare... nemmeno cercare di esaudire la sua richiesta di starle lontano. Giulio sapeva di essere stato stupido, codardo e ingiustificabile. Ma non sapeva come gestire quella situazione, non l'aveva mai saputo e adesso, di fronte a lei, non gli veniva nemmeno uno stupido 'scusa'.

Se fosse stato suo fratello, avrebbe sicuramente fatto la cosa giusta. Ma Giulio non era Andrea... Giulio aveva sempre e solo sperato, un giorno, di diventare come Andrea.

"Non ho nemmeno la divisa..." tentò debolmente di protestare, ma lei alzò le spalle.

"Ne ho un baule pieno."

"Che dirò a tuo padre?"

"Ci pensiamo in macchina."

"Non so..."

"E allora, Pizzi, la vuoi finire di comportarti da mezza pippa?!" sbottò lei, ravvivando il tutto con un destro niente male sulla sua spalla. "Sei o non sei Giulio, il principe di 'sto cavolo, Pizzi, esecutore di mete e governatore dell'universo? Li vogliamo stendere o no questi quattro dilettanti pappamolli ed entrare finalmente nella storia? Pizzi, che cazzo!"

Giulio si incagliò sulla sua espressione terribilmente ridicola accompagnata dal rossore da sforzo, e finalmente le regalò uno struggente sorriso: "Siete davvero insopportabilmente uguali, voi Lucich. Vi odio."

"Beh, altrettanto!"

*

Nicole frenò a pochissimi metri dall'entrata dello stadio da rugby: non era un grandissimo edificio, ma abbastanza da avere una cancellata solenne spalancata sul brillante verde del campo, che avrebbe invitato chiunque a lasciarsi accogliere al suo interno.

Giulio, però, non si sentiva troppo il benvenuto.

"Non ti punirà." lo rincuorò Nicole, riferendosi chiaramente a suo padre.

"Sappiamo entrambi che non è vero."

"No, questa volta non lo farà, sono sicura." si voltò verso di lui per apprezzare come il sole alle sue spalle gli contornasse di santità quella criniera d'oro. Lei l'aveva detto che lui si sarebbe palesato come un Cristo onnipotente provvisto di aureola per salvare i culi e, infatti, eccolo lì.

Peccato che in realtà fosse satana, ma lo sapeva solo lei. 

"Come fai ad esserne così sicura?"

Nicole si sforzò di spostare la sua attenzione su altro, tipo il volante, che accarezzò con entrambe le mani nella proiezione di quella nottata che ancora non era riuscita a togliersi dalla testa: "Ho parlato con lui qualche giorno fa... ci tiene veramente tanto a te, Giulio, da sempre. Nonostante il suo carattere di merda e la tendenza ad abusare dispoticamente della patria potestà, lui ci vuole bene. E a te in un modo davvero singolare, tanto che, come al solito, ti riserverà un trattamento speciale anti-castigo."

"Non gli hai detto niente, vero?"

La ragazza si ritrovò senza fiato: "Riguardo che cosa?"

"L'elefante in questa macchina." rispose, ovvio, Giulio.

Lei negò, riservandosi semplicemente di scuotere la testa e poi guardare l'orario: "Faresti meglio ad andare, la partita è praticamente iniziata." 

"Va bene." 

Giulio non disse nient'altro e scese dall'auto con aria né felice né triste. L'elefante che avevano lasciato in macchina era niente meno del loro recente epico litigio sul fatto che avessero fatto sesso e che ne fossero seguiti dibattiti di memoria ed omertà.

"Giulio?" Angelico era a bordo campo, intento a riscaldarsi, e fu uno dei primi a vedere Giulio e Nicole arrivare portando una montagna di divise a testa. "Giulio!"

Contento come una pasqua, mollò lì la corsa sul posto e fece uno scatto felino verso l'amico, tramortendolo e travolgendolo con tutto il suo peso. Le divise caddero e si sparsero sul prato, mentre Angelico strozzava Giulio in un autentico abbraccio di sollievo.

"Non sono mica resuscitato dai morti, Ange. Anche se mi si dipingerebbe bene addosso come cosa."

"Oh, regà, regà!" sbraitò quello, ormai fuori dalla gioia. "C'è il capitano!"

Gli altri membri furono attirati dal trambusto e non appena verificarono con i loro occhi che Angelico non stesse sparando cavolate, accolsero il princeps davvero come una folla di sudditi acclamanti. Solo Luca, in un primo momento, se ne restò in disparte con il muso lungo, poi pensò che almeno si sarebbe salvato da eventuali e probabili figuracce e si unì all'esultanza, per  somma inquietudine degli avversari, il cui incubo si stava avverando.

"Pizzi!" 

Ed ecco il prevedibile rombante richiamo, sparato a secco da una voce burbera che accompagnava il corpo dell'allenatore più temuto della città. Giulio e Antonio si guardarono negli occhi per qualche trepidante, storico attimo di tensione, poi quest'ultimo si aprì in un sorriso: "Stavo davvero cominciando a pensare di aver allenato per anni una mezza sega."

"Nossignore." dissentì il ragazzo. "Anzi, se me lo permette, vorrei giocare questa partita. Come capitano."

"Concesso, Pizzi." accettò l'uomo, senza troppi rimpianti.

Giulio lo fermò, mettendo le mani avanti: "Però c'è una cosa che devo dirle, prima di cominciare." rivelò, catturando l'attenzione dei suoi compagni e di Nicole qualche passo dietro di lui.

Antonio incrociò le braccia, un po' scettico e un po' preoccupato, la cartellina con le tattiche che premeva contro i suoi muscoli nervosi: "Sentiamo, Pizzi."

"Ho fatto sesso con sua figlia."

Dai ragazzi della squadra si levò un ooh di tutto rispetto. Nicole mollò a terra le divise. Antonio Lucich diventò bianco come un lenzuolo.

Ma Giulio non aveva finito: "Sono in parte responsabile della distruzione di casa sua, durante la festa che ho aiutato ad organizzare quest'estate."

Un altro ooh e un'altra sfumatura in meno sul volto di Lucich.

"Ho aiutato ad organizzare anche quella di Capodanno e sono certo che l'incendio sia colpa di mio fratello. Era sua la sigaretta intatta che ha dato origine alle fiamme."

Uuuuh.

Ci mancava poco che si mettessero ad ascoltarli pure dagli spalti e che la gente facesse la ola ad ogni malefatta di Giulio.

"E infine, sempre durante l'ultima festa a casa sua, signor Lucich, ho baciato sua figlia. Perché è irritante quanto lei, ma mi sono ricordato che mi piace. Tanto. Forse troppo."

Nicole aveva gli occhi sgranati sulla figura biblica di Giulio e tutte le membra immobilizzate come se avesse avuto un incontro ravvicinato con un basilisco. Giulio Pizzi aveva appena detto a suo padre che cosa? Era impazzito totalmente?

Giulio non osò spezzare lo scambio di sguardi tra lui e Antonio e infatti fu quest'ultimo, infine, a rompere il contatto: "Vai a cambiarti, Pizzi."  disse solamente, a mezza voce, mentre tutti palpitavano di fronte alla scena al cardiopalma e la possibilità, cinquanta cinquanta, di vincere  o rimanere per sempre senza un capitano.

"Poi buttati là in mezzo e vedi di farci entrare nella classifica." completò Lucich, scatenando un collettivo sospiro di sollievo. "A fine partita, cento flessioni e riordini tutto il campo. Questo da oggi fino a gennaio 2020 anche per quanto riguarda i nostri allenamenti. Sono stato chiaro? E niente più Audi."

Giulio annuì e, senza proferire verbo, sotto le occhiate ammirate e divertite dei compagni di squadra, scappò verso gli spogliatoi per infilarsi scarpe fosforescenti e fascetta nei capelli.

"Quanto a te." grugnì Antonio voltandosi verso la figlia ancora immobile al centro di un'esplosione di casacche. "Sei salva solo perché l'hai fatto con Giulio e non con qualsiasi altra persona."

Nicole deglutì e lanciò un timidissimo sguardo verso Lucaddominali.

"Ma sappi che da oggi in poi vi starò con il fiato sul collo come un segugio." 

Nicole vide, in fondo agli occhi oltraggiati di suo padre, un lampo divertito. Capì che non era affatto una vera minaccia e che l'avrebbe perdonata... magari nel giro di un annetto o due, ma l'avrebbe perdonata.

Apprezzò comunque lo sforzo e sorrise timidamente: "Ti voglio bene, papà."

"Fila a prendere il resto delle divise! Subito!"

La voce grossa di Antonio rimbombò per tutto lo stadio e lei eseguì all'istante quell'ordine, senza pensarci due volte.

*

"Il pulcino è tornato al nido. Ripeto: il pulcino è tornato al nido." Andrea raggiunse Serena sugli spalti, accomodandosi accanto a lei, proprio mentre l'arbitro soffiava il fischio di inizio.

"Uuh, sono così emozionata!" decretò lei, accompagnandosi con un piccolo applauso. "Avevo paura che si sarebbero accoltellati prima ancora di arrivare allo stadio."

Ma Andrea aveva la garanzia delle garanzie: "Avevo chiesto al piadinaio di tenerli d'occhio." 

"Aaaah." Serena, intenerita, si sciolse tutta, guardando il suo complice con la testa piegata di lato. "Sei stato un fenomeno."

Lui si passò una mano nei capelli, inumidendosi le labbra e tirandosela tutta: bello, certo, ma  decisamente ridicolo: "Grazie, micio miao. Modestamente, è una caratteristica comune di noi Pizzi."

"Lo vedo." fece lei accennando al Pizzi numero due, che era appena sceso in campo provocando un sollevamento popolare degno del derby di San Siro. Erano tutti felicissimi del suo ritorno, specialmente Nicole che lo guardava da bordo campo con le gote surriscaldate.

Serena ora si sentiva completa. Aveva invischiato i suoi invischiatori. Amen.

"Allora... " si schiarì la voce e passò a concentrarsi sulle cose serie, mentre in campo si dava il via a un duello già deciso in partenza. "Che hai fatto di bello dall'ultima volta che ci siamo visti, a parte organizzare la trappola per tuo fratello e la mia ex cognata?"

Andrea finse di essere interessato alla partita per non dover vedere l'espressione delusa di Serena nel raccontarle ciò che seguì: "Mhm... inviato curriculum senza mai ricevere una risposta."

"E basta?"

Perché, c'era qualcos'altro che contava, quand'eri un ragazzo di venticinque anni senza nessuna prospettiva da offrire alla donna che avresti voluto al tuo fianco? Almeno Sandro un appartamento sapeva gestirlo, economicamente parlando.

"Riordinato vestiti, fatto una partita a hockey contro il muro e imparato la coreografia di Wannabe delle Spice Girls. Te?"

Serena non riuscì proprio a trattenersi, e rise di gusto, cercando di seguire il suo inesistente filo logico: "Riassaporato i vantaggi di essere single."

"Sono più o meno quelli di essere fidanzata?"

"Dipende con chi sei fidanzata."

"Ti vedo molto più radiosa rispetto ai nostri brevi incontri precedenti, Serena. Molto più... serena." osservò, suo malgrado, Andrea, preoccupato che si potesse trattare dei benefici effetti della sua annunciata riscoperta.

"È perché hai avuto occasione di vedermi in periodi un po' bui della mia vita. Beh, non che tu te la sia mai spassata meglio, eppure sembri sempre alla grande. Sempre molto... Andrea."

A Serena parve di vederlo arrossire.

"Grazie. Ma per curiosità, te lo vorresti uno disoccupato e troppo storpio per giocare a hockey?" le chiese totalmente a caso, in una gran botta di autostima.

Una delle due squadre - Serena e Andrea non capirono quale perché non stavano realmente seguendo - fece meta e tutti si alzarono in piedi, chi per protestare, chi per esultare.

"Mi stai chiedendo se mi faccio problemi con te perché non hai ancora un lavoro?" si informò la ragazza, appena la folla si fu ammansita.

"E perché non mi rivogliono in squadra, a hockey."

Serena divenne un po' maliziosa: "Ma tu l'hai mai veramente superato il trauma di Lucia?"

"Sì, perché? Hai paura che sia ancora innamorato di lei?"

"No, ma si vede che credi ancora che tutti siano autorizzati a trattarti come ti trattava lei, cioè pretendendo la totale devozione a ciò che si pensa debba essere la tua vita."

"Oh, ma senti da che pulpito, micio miao!" il ragazzo si sbatté una mano sulla coscia, felice che Serena si fosse dichiarata più comprensiva della sua ex-fidanzata strega (anche se ci voleva poco), ma perplesso dall'accusa.

"Perché dici 'da che pulpito'?"

"Perché anche tu credi ancora che tutti siano noiosi come Sandro."

"Noioso? Non penso mica che tu sia noioso!"

"Però sei convinta che non ti prenderò e bacerò in mezzo a tutta questa gente fra esattamente... adesso." Andrea compì le sue stesse premonizioni: allungò la mano dietro la schiena di Sere, la spinse verso di sé e le avvolse le labbra con un bacio francese a tradimento.

Manco a farlo apposta, chi era lì sul serio per amore del rugby, si alzò in una standing ovation per la contestuale seconda meta, ancora una volta di provenienza sconosciuta da ciascuno dei due piccioncini.

Quando si staccarono, Serena era stupefatta: "E questo che significa?"

"Scusa, non riuscivo più a trattenermi. Ho anche scritto canzoni nell'attesa di questo bacio."

Serena si asciugò le labbra inumidite con il cuore che ronzava nelle orecchie e un vago senso di vuoto sotto i piedi. Ma cercò di non dare a vedere quanto fosse innamorata persa di lui e di quella sua dannatissima lingua sempre in moto: "Mi ero fatta un sacco di castelli in aria su quanto fossi rispettoso ed educato."

"Mica ti ho stuprato, micio."

"Intendevo nel senso che non avresti corso troppo."

"Senti, dignitoso sì, ma fesso proprio no." dichiarò lui. "Se cerchi un uomo che giri con il paraocchi senza accorgersi di avere la donna perfetta a fianco, allora torna pure dallo Swiffer Duster formato birillo umano che ti ha tradito con mezza città. Io mi prendo quello che voglio, Serena, e visto che già una volta la sfiga è arrivata prima di me, penso sia seriamente ora di mettere dei paletti."

"Fa molto Buffy l'Ammazza Vampiri questa frase."

"Io adoro Buffy l'Ammazza Vampiri."

"Io non ho problemi se stai troppo male per giocare a hockey." ci tenne a fargli sapere, sempre un po' a random com'erano state finora tutte le loro conversazioni. "E se quando starai meglio, vorrai riprovarci e rientrare in squadra, non avrò problemi ugualmente. Anzi, ti starò accanto, in qualsiasi tua scelta, come lo farò per cercare un lavoro che ti stimoli, dovessero volerci anche altre cento coreografie delle Spice Girls."

Andrea la fissò in modo penetrante e dunque anche inquietante: "Come sono contento di essermi mezzo ammazzato in bici, quel giorno lungo la strada."

"Come sono contenta di aver scoperto che Sandro mi tradiva, quel giorno che me ne sono andata in giro in macchina lungo la strada."

"Vuoi essere la mia fidanzata?"

"Sempre molto diretto, tu."

"Puttana." fu il suo modo di dire 'già'.

Serena voleva dire di sì, voleva tantissimo dire di sì, ma prima c'era un'altra cosa che voleva ancora di più: "Senti, la mia macchina è parcheggiata proprio qui fuori..." gli sussurrò direttamente in un orecchio, più che altro urlando per farsi capire sopra il caos della tifoseria. "Ti va di farmi conoscere il tuo Walter?"

Andrea sorrise sornione, poi le agitò il pollice davanti alla faccia: "Se mi dai un passaggio..."

Si alzarono entrambi, decidendo che, più tardi, si sarebbero fatti fare un riassunto del primo tempo della partita.

*

Coriandoli colorati volavano ovunque per la premiazione. Dagli altoparlanti era stata fatta partire la solita canzone dei Queen e una bella ragazza aveva addirittura consegnato delle medaglie ai giocatori: era una cerimonia esageratissima per delle classifiche prettamente territoriali, però persino l'integerrimo coach Lucich si era lasciato andare alla doccia di champagne.

Avevano vinto, anche se non c'era stato nessun dubbio dal momento in cui un certo Giulio Pizzi aveva messo piede in campo. Sette delle undici mete portate a casa erano sue... e li avevano fatti vincere.

"Hurrà! Vittoriaaaaa!" ululò Angelico, fiondandosi a bordo campo e placcando Maria con la sua stazza da mediano di mischia. Spiaccicò il suo seno abbondante contro la maglia impregnata di vino e poi la baciò in mezzo a tutti.

Valentina trovò quella manifestazione d'affetto così carina che decise di voltarsi verso Alessio e replicare il gesto per par condicio.

Nicole si ritrovò accerchiata da gente che si baciava e un po' le venne il vomito.

"Ehi, Niky!" la chiamò Luca, lo statuario Lucaddominali, trottando allegramente verso di lei. "Un cinque alla miglior ragazza pon pon che potessimo avere dalle elementari in poi! Questa vittoria è anche merito tuo!"

Nicole batté il cinque fratturandosi il polso e ricambiando i complimenti: "Siete stati grandi."

"Anche tu e Giulio che siete comparsi all'ultimo per salvare il Natale. A proposito, carina la dichiarazione pre-partita del capitano."

La ragazza arrossì come un'aragosta bollita: "Decente, sì."

"Non l'avrei mai sospettato, se devo essere sincero. Lui sembra sempre così immune a tutto e tutti... comunque, dato che intuisco che a te i suoi tentativi non attizzino più di tanto, data la tua maggiore propensione verso i ragazzi calorosi e, sai... che vanno subito al sodo, ecco; volevo chiederti... ti va di festeggiare la vittoria di questa partita insieme?"

Nicole lo guardava ma non stava realmente ascoltando, né tanto meno capendo. Si era persa a ripensare a tale 'decente' dichiarazione di poco prima e poi non si era capacitata del fatto che, anche con una palese presa di posizione di Giulio nei suoi confronti, Luca ci stesse comunque provando con lei. Aveva veramente una montagna segatura in testa o era solo stronzo?

"Ti potrei portare a cena e poi ho casa libera." chiuse il ragazzo, con un gran occhiolino ficcato lì in sostituzione del 'così finalmente possiamo spogliarci e bada-bim-badabum copulare selvaggiamente'.

Nicole si lasciò scappare un gutturale lamento per il ben di Dio immaginato senza vestiti, ma poi fece un rapido bilancio su altri corpi celestiali che le orbitavano intorno, e decise di declinare.

"Grazie, ma devo rimanere a sistemare il campo e poi riportare tutto al magazzino."

"Dopo, allora?" non demordette il bacato.

"No, Luca, grazie lo stesso." glissò gentilmente Nicole. "Sarà per un'altra volta magari, o potresti chiederlo alla ragazza che vi ha appena consegnato le medaglie."

Luca si voltò ad osservare l'obiettivo, controllò il lato b, e ponderò con una faccia da: beh, niente male come alternativa.

I festeggiamenti durarono ancora per un bel pezzo. I parenti e gli amici dei giocatori si erano dati alle foto-ricordo. C'erano persino i Pizzi, in tutta la loro eterogeneità, che si fecero immortalare con la new-entry Serena in una festosa istantanea genealogica. Nicole la squadrò da distante con occhio critico, mentre si metteva in posa tra Giulio e Andrea: aveva le pupille dilatate e la maglietta al contrario.

Era meglio non sapere, si disse Nicole. Era veramente meglio non sapere.

Piano piano tutta l'euforia scemò e gli spalti si svuotarono. Senza che i presenti se ne accorsero, diventò sera, e non fu che all'accensione delle luci di bordo campo, che anche l'ultimo tifoso se ne fu andato. Restavano solamente Giulio e Nicole.

*

"Allora..." la ragazza tossicchiò e Giulio sussultò leggermente, realizzando solo in quel momento di non essere solo.

"Ehi, chi si vede." la salutò, dall'alto della sua contentezza post-successo, ma con piglio meno brillante del solito.

"Questo campo è un vero macello, ci metteremo anni a pulirlo." fece notare Nicole, raccogliendo, ponderante, un pallone dal suolo.

"Sono obbligato solo io." la rassicurò. "Tu hai i feriali e gli spogliatoi femminili, ma sei stata risparmiata dai festivi e dal casino delle partite, quindi puoi pure tornare a casa. Sempre che tu debba andare a casa e non da qualche altra parte."

"In che senso?" si corrucciò Nicole.

Giulio sollevò una casacca sudata e la gettò in un sacco con aria rivoltata: "Dal secondo tempo in poi, Luca si è sentito un eroe con la vittoria già in tasca e andava blaterando che ti avrebbe invitata ad uscire per festeggiare."

"Aaah, certo. Me l'ha chiesto, ma ho rifiutato."

"Perché mai?"

"Perché sono qui." incrociò le braccia con ovvietà.

"Qui a perdere l'occasione della tua vita?" la provocò lui, malizioso. "Con Lu-Lu-Lu-Lucaddominali e contestuale corredo di fasciatura muscolare da toro del Milagro?"

"Sei geloso di Luca?"

"Lo sono stato da quando ha cercato di portarti in caverna per farti conoscere la sua clava. Ma capirai che è più una questione darwiniana che altro; mi infastidiscono i primati scampati all'evoluzione del mondo civilizzato."

"Che metafore d'urto."

"Si addicono a Luca."

"Lo tollererai di più, se ti dico che non mi piace poi così tanto?"

"Sì." ammise il biondino, calciando da parte una borraccia mezza vuota. "Sì, lo tollererei decisamente di più."

"Bene, perché in realtà siete uguali." una palla ovale non propriamente morbida arrivò addosso al petto di Giulio senza la minima leggiadria. "Facciamo qualche passaggio." gli ordinò Nicole, sbuffando nello stesso modo in cui avrebbe fatto Antonio.

Giulio si sentì subito motivato da quella richiesta e lasciò gli utensili da impresa di pulizie per stare al gioco. Corse in avanti per superare la ragazza, poi si girò all'indietro ed effettuò un impeccabile passaggio a iperbole. Lui amava davvero il rugby. Ma davvero davvero.

"Dimmi com'è stato." disse lei, raccogliendo le energie e dando il via al concatenamento di lanci.

"Com'è stato cosa?"

"L'elefante in questo campo."

Giulio prese il lancio traballante di Nicole e sorrise: "Bello."

"Eh certo che è bello fare sesso." replicò lei, riferendosi chiaramente all'argomento principale che ancora non avevano affrontato dall'ultima festa. "Ma intendo com'è stato nel dettaglio, con me. Come sono andata, se ti sono sembrata soddisfatta o meno, se mi è piaciuto."

Gli lanciò il pallone e lui lo ricevette con un suono secco delle dita contro il cuoio: "Perché non lo scopri da sola?"

"Conosci qualche tecnica di ipnosi per rivivere il passato?" ansimò, mentre si avvicinavano alla linea di metà campo.

"No, ma chi ha parlato di rivivere il passato?"

"Spiegati, Pizzi." ringhiò, mentre, per l'agitazione, stava quasi per lasciarsi scivolare il pallone a una decina di metri dalla meta.

"Se te lo sei dimenticato-" esordì, allora, il ragazzo. "È come se nemmeno l'avessi fatto."

Ancora due passaggi e intanto l'apparato respiratorio di Nicole iniziava a pentirsi dell'idea di aver fatto rugby alle nove di sera.

"Lascia che rimanga un non-ricordo." proseguì Giulio, serio. "Continua a vivere come se non fosse successo e datti l'opportunità di farlo con qualcun altro, come se fosse la prima volta. So di essere stato uno stronzo e non c'è giustificazione a quello che ho fatto, né mi aspetto che mi perdonerai mai. Ma per fortuna ti sei dimenticata tutto; può essere un'opportunità di rifare da zero, con una persona mille volte meglio e in un momento mille volte più adatto." Giulio le lanciò il pallone fermandosi esattamente sulla linea bianca di fondo campo. "Per quanto non lo sopporti, a questo punto credo che persino Luca Ciambelli possa essere meglio."

Lei fermò la palla con entrambe le mani, pensosa, e iniziò a rallentare la sua corsa per poi raggiungerlo in qualche ansimante passo: "E se io non volessi rifarlo con qualcun altro?"

Il biondino, affannato come lei, ma non propriamente per la corsa, le si avvicinò con la maglietta ancora un po' umida di champagne e i ciuffi che luccicavano come specchietti per allodole: "Che cosa intendi dire? Non comprendo la tua lingua volgare."

"Che potrei accogliere il suo regale consiglio, oh maestà, ma metterlo in pratica con la stessa persona che mi ha rovinato la prima volta, così, per puro autolesionismo."

"Siete sempre così prevedibili, voi popolani."

Nicole si chiuse nella spalle e Giulio la osservò. Un momento, era seria? Stava davvero facendo quella richiesta? Pensava stesse scherzando, poco prima.

"Ma quindi il soggetto in questione sarei io?" si stupì. "Veramente, Nicole?"

"A meno che tu non mi abbia nascosto altri osceni dettagli che includono Alessio e le sue perversioni..."

Giulio si esibì in una smorfia schifata: "Organizzo feste da sballo, non orge dell'orrore."

"Allora, che ne pensi?" chiese, fremente, Nicole, sentendo di morire d'imbarazzo sotto il suo sguardo sicuro e inarrivabile, ma avvertendo una sorta di connessione con il suo recondito lato umano, che avevano avuto in realtà un po' da sempre.

"Non sono bravo come mio fratello. Se mi proponi veramente una cosa del genere, io la accetto."

"Te la sto proponendo veramente."

"Perché?" le domandò, semplicemente.

Lei si morse un labbro, lasciandosi spingere dall'attrazione verso di lui, come la notte di Capodanno, come quella notte che aveva - quasi - dimenticato: "Perché poco fa mi hai dimostrato che sotto la supersonica montagna di spocchia, c'è in realtà un Giulio Pizzi rammollito almeno quanto me."

"Perché, tu ti ritieni una rammollita, oh piccola, dispotica, erede di Lucich?"

"Sì, dal momento in cui mi sono lasciata conquistare da un principino del cazzo."

"Mi avevi garantito che fosse colpa dell'alcol."

"Beh, un po' anch'io avevo mentito."

"Quindi ti scusi per la tua parte di coinvolgimento in tutta la faccenda?" propose lui, malizioso come al solito, ora avvicinandosi al naso di Nicole, ora distanziandosi, per provocarla. "Dalla regia mi dicono che, comunque, per ottenere un rapporto sessuale sul divano durante una festa ci vogliono due persone, se la matematica e la consensualità non sono un'opinione."

"È stata tutta colpa dell'alcol." tagliò corto.

"Dici che il coach Lucich sarebbe deluso dalla nostra scarsa performance d'odio?"

"Oh, assolutamente..." asserì lei, in un soffio, mentre, impaziente, inclinava la testa e si alzava sulle punte, stavolta ubriaca solo di sobri sentimenti.

"Beh, magari capirà le nostre motivazioni." suggerì Giulio. "Non capita ogni giorno di poter modificare la memoria, no? Sei davvero fortunata..."

"Giu, basta. Chiudi quella cavolo di bocca e fammi ricordare."

Nicole non diede a Giulio il tempo di rispondere e lo baciò.

*

"Oddio." soffiò Nicole, rossa e spettinata, letteralmente buttandosi addosso lo schienale di pelle dell'Audi A4. "Non ci credo che l'abbiamo fatto nell'auto di mio padre."

La testa bionda di Giulio spuntò dai suoi pressi e si accomodò ugualmente sul sedile, prendendo lentamente ossigeno: "Io invece non ci credo che l'abbiamo fatto. Beh... rifatto. E comunque, il campo era troppo freddo e gli spogliatoi troppo sporchi."

"E la tua Cinquecento?"

"Troppo plebea. E poi non è mia, ma di mia madre, che come vedi ha provveduto a farla sparire dal parcheggio, molto probabilmente nella speranza che tu avresti portato a casa me, e Serena mio fratello."

"Ti ho già detto che adoro tua madre?"

"Solo un milione di volte." sbuffò Giulio, per poi ritornare serio, voltandosi e sfiorandole il naso tanto erano vicini. "Allora, dimmi com'è stato."

Nicole era un po' troppo rimbambita per riuscire a formulare pensieri coerenti, però rimediò con un sentitissimo: "Bello."

"Vedi che avevo ragione?"

Eh sì, Giulio Pizzi aveva proprio ragione. 

Nicole si era ricordata tutte le emozioni provate precedentemente: l'aveva prima spogliato osservando il suo fisico asciutto e atletico, le onde della muscolatura marcate dai faretti all'ultimo grido dell'Audi A4, come quella notte risultavano marcate dalle luci colorate della festa. Poi si erano distesi scomodamente in quel posto stretto, proprio come il fantomatico divano che Francesca osannava tra tutta la mobilia di casa Lucich. Lì sopra, Giulio l'aveva accarezzata in un modo che avrebbe fatto dimenticare il freddo anche al Polo Nord; ci sapeva fare, era inutile negarlo, e lei, in risposta, aveva assaporato la sua pelle come se in realtà non fosse già diventata il suo gusto preferito. Centimetro per centimetro, si era beata di quel sapore frizzante e salaticcio del campione, ma anche della sua pelle delicata e liscia, proprio come lei aveva sempre creduto che fosse quando si sognava di poterla azzannare per tranciargli la carotide.

E il suo naso? Oh, quel naso perfetto, che lei aveva veramente morso da piccola in un raptus di innocua giocosità fanciullesca, le aveva soffiato addosso tonnellate di erotismo, senza far altro che respirare, prima, e respirare veloce, poi, man mano che i loro movimenti diventavano più ritmici. Dire che fosse stato solo bello era un po' riduttivo, si corresse Nicole, ma era seriamente ancora troppo intontita per partorire pensieri più complessi.

Credeva solamente che quell'idea della doppia prima volta non fosse stata affatto male e che, tutto sommato, forse non le dispiaceva poi così tanto essersi scordata l'originale.

"Che farai adesso?" chiese, cercando di riprendere la facoltà intellettiva con scarsissimo successo. "Cioè, siamo a posto così? Questione sistemata?"

Giulio ridacchiò: "Aspetta, ricordamelo, tu sei quella che crede nelle storie d'amore tipo favole e Twilight, giusto?"

"Presente." rispose mestamente lei, sicura di essersi già troppo illusa.

"Allora come dovrebbe funzionare, secondo la tua rosea logica?"

"Che arriva il principe azzurro e mi prende per sempre con sé."

"E io sono il tuo principe azzurro?"

"Beh, di sicuro il mondo ti dipinge come un principe..." sussurrò Nicole, immergendosi nei suoi occhi. "Ma saresti mai disposto ad abdicare al trono sul mondo, e diventare solo il mio... di principe?"

In quel momento più che catartico, Giulio lanciò un sorrisetto tattico e disse: "Se mi garantisci che funziona che ti bacio e poi smetti di essere una ranocchia, allora sì."

Nicole picchiò Giulio, e lo picchiò, e lo picchiò, poi si baciarono e alla fine lui le chiese un passaggio a casa.

*

La Punto blu si fermò davanti a via dei Mille numero centosei, per consegnare il Pizzi grande alla sua legittima dimora.

Dato che la Cinquecento di Andrea era sparita dal parcheggio del campo, lui e Serena avevano deciso di fermarsi a cenare nel loro posto preferito in assoluto, prima che Serena gli desse un cortese passaggio a casa. Inutile dire che dopo l'abbuffata di piade, si fossero ritagliati anche qualche momento di intimità, giusto per ripetere la soddisfacente esperienza del pomeriggio.

Così, scortati dal buio della sera, avevano parcheggiato nei pressi dell'ormai familiare zona boschiva, nascosta dagli occhi di tutti. Andrea si era lasciato prendere dal guizzo di pazzia e, senza nemmeno dare a Serena il tempo di tirare il freno a mano, aveva preso il suo viso tra le dita e l'aveva baciata come se potesse perderla per sempre, già a partire dal giorno successivo.

Andrea aveva adorato tanto Lucia, i primi anni della loro storia, ma non l'aveva mai baciata così senza che fosse un gesto unilaterale. Serena, invece, aveva risposto a quel bacio con altrettanta, se non maggiore passione, e la stessa paura che un ragazzo così indescrivibile potesse sfuggirle via lasciandole un vuoto che aveva già sperimentato. Non le era mai capitato, in ventisei anni, di sentirsi completamente immersa in un'altra persona, che l'avvolgeva così saldamente da suggerire che in realtà, no, al contrario delle loro paure, non si sarebbero mai più lasciati.

E ben presto, erano finiti nel retro della Punto, dove Serena aveva dato prova di istinti che non sospettava di avere. Andrea le aveva detto che 'micio-miao' era un soprannome riduttivo; avrebbe dovuto chiamarla 'tigre-roar' oppure 'lupo mannaro-auuu', ma ciò era stato troppo inquietante per entrambi, e avevano deciso di passare oltre cambiando posizione e concludendo quello che aveva rappresentato, per tutti e due, il più coinvolgente rapporto mai avuto. Peccato che uno degli ultimi movimenti di Andrea, forse accentuato dall'onda di lussuria che lo stava trasportando, fosse stato un po' troppo brusco e avesse dato all'automobile una spinta verso direzioni che non avrebbe preso, se Serena avesse inserito il benedetto freno a mano.

L'auto aveva seguito la pendenza ed era finita a viaggiare da sola per qualche metro. Serena e Andrea l'avevano fermata in tempo prima che potesse stroncare vite umane, ma furono avvistati mentre scendevano, nudi, in mezzo alla strada per sincerarsi di non aver fatto danni. Quindi si erano vestiti in imbarazzo ed erano partiti verso casa a tutto gas.

Ancora frastornati dall'avventura appena vissuta, si guardarono timidamente con una vaga complicità, prima che Andrea dicesse: "Non è successo nulla, giusto?"

"A cosa ti riferisci?"

I due allora scoppiarono a ridere, proprio mentre i loro volti venivano illuminati dai fari di un'Audi A4 che entrava nella stessa via. Nicole, Giulio, Serena e Andrea scesero contemporaneamente di fronte all'entrata di casa Pizzi, mentre una compiaciuta mamma Roberta spiava il frutto del suo operato da dietro finestra, dicendosi che era stata proprio brava ad invischiare i propri figli.

"Andrea, Serena!" li salutò Giulio. "Com'è che sembra che qualcuno vi abbia appena beccati nudi a fare le cosacce?"

Serena si domandò se Giulio avesse qualche superpotere.

"E tu com'è che sembri così gagliardo dopo il periodo di reclusione ecclesiastica?" rimbeccò Andrea. "C'entra la madamigella al tuo fianco, per caso?"

"Non per caso, ma per causa vostra. Comunque sì, c'entra lei."

"Abbiamo solo restituito un favore." sorrise Serena.

"Deduco che non siamo più cognate, allora." disse Nicole, infilando le mani in tasca con aria dispiaciuta.

"Meglio." la corresse Serena. "Ora siamo amiche."

"Però, Giu, che fine hai fatto fare alla mia piadina?" fu la domanda, chiaramente più inopportuna, di Andrea.

Tutti e quattro si misero a ridere, poi Nicole si avvicinò alla porta del conducente e fece per aprirla: "Credo che per San Valentino mio padre porterà mia madre alle terme. Vi va se organizzo qualcosa a casa Lucich per festeggiare tutti assieme? Giulio, mi dai una mano a organizzare?"

I due giovani si scambiarono un'occhiata scintillante: "Certamente, Nicole, a patto che tu mi faccia portare una fustigatrice sadomaso per tuo fratello e tre ettolitri di vodka per me e Serena."

"Perché la vodka anche per me?" domandò quest'ultima, divertita.

"Perché dobbiamo bere per dimenticare con chi abbiamo deciso di stare insieme."

Andrea e Nicole iniziarono a protestare, mentre anche Serena fece per recuperare il suo mezzo e salire: "D'accordo, Lucich, ci vediamo là per San Valentino. E a voi, Pizzi, se serve, potrò fare io da tassista."

I ragazzi si salutarono allegramente, poi sia l'Audi che la Punto partirono e si fecero strada verso le proprie residenze.

Andrea e Giulio, prima di aprire la porta di casa, si trattennero sotto la luce del porticato.

"Grazie, fratello maggiore." disse Giulio, faticando a guardare il fratello negli occhi, perché poco avvezzo a queste dimostrazioni di gratitudine.

Andrea si lasciò intenerire dal rossore appena appena accennato sulle guance del princeps e gli diede un'affettuosa spintarella sulla fronte, con le due dita, com'era solito fare: "Grazie a te, moccioso."

I fratelli Pizzi rientrarono e non si accorsero che, per tutto quel tempo, c'era stato sopra alle loro teste un rametto di vischio, che mamma Roberta aveva curiosamente dimenticato di togliere dopo le feste. 


Fine

***


ANGOLO AUTRICE

Lettorini miei 

Allora, che ne pensate? Vi è piaciuta questa storia?

Io sono molto contenta di lei, nel complesso. Mi sono divertita sia a scriverla che a pubblicarla. Scrivendola, sono riuscita a distrarmi un po' sia dalla fine di "Io e te" che dalla sessione, mentre pubblicandola le vostre opinioni le hanno dato spessore. Mi avete evidenziato dei lati dei personaggi a cui nemmeno io avevo pensato e, niente, credo che ci siamo divertiti insieme per un po'... no? Grazie infinite per esserci stati e per aver dimostrato tutto questo supporto. Non credevo che sareste stati così presenti anche per questa piccola storiella... davvero, grazie!!!

Ma ora bando alle ciance: la questione più scottante ora è una ed una sola, lo so, quindi andiamo dritti al punto: GIULIO O ANDREA?

In realtà, non ho pensato a questo contest mentre scrivevo dei fratelli Pizzi, lo giuro, ma poi mentre pubblicavo (e devo dire, grazie anche al disegno di mayura.art) mi è venuto naturale compararli e... niente, sarei troppo curiosa di sapere il vostro giudizio. Ah, ma non lo sapete neanche voi?

Sicuri?

Sicuri???

OK, allora ci ho pensato io - muahahaha!

 Vi presento... THE ULTIMATE QUIZ: Andrea o Giulio? - LINK: https://www.quotev.com/YellowDaffodil/published

Ok, non prendete paura, sono pazza, ma non troppo. Questo link che vi ho messo qui sopra vi porterà al sito Quotev, che alcuni di voi probabilmente già conoscono, e in particolare al quiz da me medesima creato. Non vi preoccupate, per fare il test non dovete essere iscritti né inserire dati personali. Ho usato questa piattaforma in passato e vi posso garantire che è del tutto sicura! Anzi, è molto divertente! Vi permette infatti di rispondere alle 7 infallibili domande per capire, definitivamente, quale dei due fratelli Pizzi è il vostro preferito.

Pensate che non funzioni? Provate e poi mi saprete dire.

Io l'ho già fatto come cavia e vi comunico che mi è uscito come risultato... *rullo di tamburi*... Andrea! Ma le probabilità che vi esca o l'uno o l'altro sono del 50-50, dipende da come risponderete a ognuna delle 7 domande. Ve lo assicuro; è facilissimo, e alla fine vi comparirà la schermata dove potrete vedere il risultato e la percentuale di risposte favorevoli all'uno e l'altro Pizzi. Mi raccomando; se riuscite, fate un bello screen e mandatemelo, oppure comunicatemi tramite commento/recensione qual è il Pizzi del vostro cuore.

Sarà una divertente sfida di San Valentino e, ovviamente, colui che tra i due Pizzi risulterà il più quotato vincerà la corona di Pizzi D'Onore (fatta interamente in vischio, obv) e sarà incoronato fra qualche giorno, quando vedrò che più o meno tutti avrete letto e svolto il test.

Quindi che farò io nel frattempo?

Beh, non dimentichiamoci che c'è una bellissima long appena iniziata che ci accompagnerà almeno per tutto il mese di marzo, che parla di due gemelle diverse e che è scritta non solo da me, ma anche dalla mia schizzatissima collega cioccolatomalik che ha avuto l'idea della collaborazione che mi soprendende, giorno dopo giorno, con idee sempre più trash. Sì, esatto, due gemelle. E alla fine faremo un altro bel test per sapere quale delle due siete, contenti? 💜 *fischi, pomodori marci e bucce di banane*

Poi poi poi... non pensate che sia finita qui (*suicidio di massa*). Ci sono tante storie che ho in cantiere. Ma veramente tante. Parallelamente a "Una ragazza come te", infatti, continuerò ad occuparmi di queste e, quando sarò riuscita a sceglierne una (credetemi, non è facile), la pubblicherò, nella speranza di essere costante e regolare come in IPLF, anche se dubito di me stessa, che è cosa buona e giusta, sempre.

Quindi nulla, speriamo che il 2019 sia davvero un anno ricco come si è prospettato da quest'inizio e spero che continuiate a seguirmi con affetto come avete sempre fatto, nel bene e nel male, negli Andrea e nei Giulio che vi propinerò senza rimpianto.

Se nel frattempo non sapete proprio che fare oggi, perché San Valentino vi fa schifo e l'amore ancora di più, vi propongo una storiella da leggere che di romantico non ha proprio nulla, no no. Davvero nulla, eh. Lo giuro. Anche perché non ti puoi innamorare della ragazza che hai appena rapito, giusto? #sindromedistoccolmaportamivia

Per chi non l'avesse mai letta (cosa rara perché ormai anche questa è una storia millenaria), ecco a voi... 🎁 All I Want for Christmas 🎁 - LINK WATTPAD: https://www.wattpad.com/78775711-all-i-want-for-christmas-is-deck-the-halls / LINK EFP: https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=616298&i=1

P.S. se la leggerete o l'avete letta, poi ditemi... non vi ricorda un po' la storia di Nicole e Giulio? Biondino conturbante, ragazzina insopportabile, perdite di memoria...? Ai posteri l'ardua sentenza. Grazie di tutto!

Alla prossima,

Daffy


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