Vegett

di Enchalott
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fusione ***
Capitolo 2: *** Impasse ***
Capitolo 3: *** Separazione ***
Capitolo 4: *** Kakarott ***



Capitolo 1
*** Fusione ***


Fusione

Un interminabile mese.
Tanto era trascorso dall’ultima fusione tra Goku e Vegeta. Si sarebbe dovuta sciogliere in una manciata di minuti, sessanta in tutto, come sempre era avvenuto.
Invece, non era successo.
Anche se la creatura generata dall’unione dei due guerrieri aveva raggiunto e, forse, superato il livello di super Saiyan blue, il tempo a sua disposizione non si era affatto dimezzato a causa del notevole dispendio di ki. Kakarott e il principe erano rimasti ostinatamente uniti e nessuno era stato in grado di motivare l’assurdo fenomeno.
Vegett era tale da ormai trenta giorni.
Aveva provato a sfilarsi gli orecchini potara, senza ottenere successivamente alcun risultato. Aveva concentrato la sua aura al massimo più e più volte, tentando di azzerare le energie residue, tuttavia la fusione era rimasta intatta.
E adesso era là, abbarbicato sulla ringhiera della grande terrazza della Capsule Corporation, con le mani in grembo a giocherellare con i guanti bianchi della sua dogi.
 
Bulma lo osservò, con i pugni posati sui fianchi: suo marito era lì dentro, in quell’uomo affascinante e terribilmente forte che, però, non era del tutto Vegeta.
Proprio lui, che detestava mischiare la propria essenza a quella del rivale, non era stato in grado di ritornare ad essere un singolo individuo. Sicuramente non lo stava facendo apposta, ma il limite di tolleranza della scienziata era ormai giunto alla saturazione. Vegeta le mancava terribilmente. Non sopportava più di non poterlo abbracciare, di non condividere il letto con lui ogni notte, di non vederlo girare per casa con quell’aria corrucciata e pensierosa che le faceva palpitare il cuore. Rimpiangeva persino i suoi allenamenti totalizzanti e le loro litigate, che erano soltanto un delizioso duello di cocciutaggine reciproca e che finivano puntualmente in… beh, in quell’intimità che per loro era speciale.
Sospirò.
 
Chichi puntò a sua volta lo sguardo sul Saiyan, incrociando le braccia sul seno, imbronciata più che mai. Goku ne aveva combinate tante nella vita, tutte orientate a farle perdere la pazienza, ma quella attuale era certamente la peggiore che avesse mai concepito. Probabilmente lo stava facendo di proposito, per rimanere ospite alla Capsule Corporation ed evitare così di lavorare nei campi, come al solito!
Eppure quello zuccone dal cuore puro, nelle rare volte in cui decideva di restare a casa tra un’idea malsana e l’altra, le riempiva la vita e la faceva sentire felice. Era il suo testone e non ne poteva fare a meno.
No, forse Vegett non stava deliberatamente restando fuso: la prova regina era che, anziché filarsela per potenziarsi in qualche luogo sperduto dell’universo, era rimasto sulla Terra e ce l’aveva davvero messa tutta per scindersi.
Scosse la testa.
 
Vegett puntò lo sguardo intenso al cielo, distogliendo l’attenzione da… ehm, sua… moglie? Aveva percepito una riconoscibile energia spirituale in rapido avvicinamento. Nei suoi occhi a mandorla balenò un lampo di speranzosa aspettativa.
 
Accettare la fusione con il suo rivale era stata una causa di forza maggiore, altrimenti non ci avrebbe pensato neppure. Se l’era fatta andare a genio perché diventare tanto potente era una sensazione fantastica. Prendere a calci il suo avversario, poi, era ancora più soddisfacente. Era un Saiyan autentico e incredibilmente individualista nei combattimenti: una caratteristica comune a entrambe le sue personalità. Forse era per quello che gli riusciva così bene combinarle. Anzi, no. Non avrebbe affatto dovuto considerarlo, maledizione! Non ci teneva certo a restare con… lui! Così non avrebbe potuto superarlo come desiderava!
Digrignò i denti, estremamente seccato.
La colpa di quel trambusto era stata di Frieza - chi se non lui? - che aveva tentato di attaccare il pianeta per l’ennesima volta, servendosi di un marchingegno che avrebbe dovuto supplire alla sua ormai netta inferiorità.
Puah! Detestava quel nanerottolo caparbio, bugiardo e privo di orgoglio. Alla fine del loro breve duello, il nemico era scappato con la coda tra le gambe e con l’astronave in fiamme; Vegett gli aveva lanciato dietro una Final Kamehameha, che tuttavia aveva mancato di un filo il bersaglio. Se volutamente o no, non lo aveva ancora deciso. Tuttavia si diede dell’imbecille, per certi versi. Aveva perso un’occasione d’oro per liberarsene definitivamente. Perché di sicuro quel verme sarebbe tornato, magari sfoggiando un altro colorito e una nuova mutazione… e ci sarebbe stato da divertirsi! Hah! O da farsi venire i fumi per il nervoso.
 
Vegett aveva aspettato con pazienza che i due guerrieri che lo componevano si separassero. L’attesa stava ancora perdurando, in un clima sempre più teso. No. Teso non era l’aggettivo giusto, in realtà. La sensazione che percepiva sulla pelle era ben diversa.
 
Il ki in arrivo si concretò in un’ondata di luce, rivelando tre esseri superiori: Kai-O Shin, Lord Beerus e il tenshi Whis.
“Era ora!” borbottò Chichi, aggrottando le sopracciglia.
“Si può sapere perché ci avete messo tanto?” domandò sbrigativamente Bulma, avanzando impettita verso i convenuti.
“Ehi, donna…” ringhiò il dio della Distruzione, palesemente infastidito, sferzando l’aria con la lunga coda viola “Abbiamo fatto talmente presto che ho persino saltato la colazione! Ti suggerisco di non irritarmi! Sono a stomaco vuoto, non so se mi spiego!”
La ragazza gettò a terra con rassegnata indifferenza una capsula hoi-poi, dalla quale si materializzò un sontuoso banchetto sotto al naso esigente dell’Hakaishin, che mutò immediatamente umore, tuffandosi su quel pasto luculliano.
“Ecco!” sbuffò lei “Sistemato. Ora possiamo sapere che cosa avete scoperto?” domandò severa.
“In realtà non siamo proprio certi di aver trovato la reale causa del problema” ammise Whis placido, osservando in tralice Vegett, che saltò giù dal suo trespolo.
“Come sarebbe a dire?” sbottò Chichi, decisamente infuriata.
“Beh, non esiste nessun precedente su cui basarsi, in verità…” mediò Kai-O Shin, inserendosi nella discussione con aria colpevole.
“La ragione più probabile è che Goku e Vegeta abbiano raggiunto un livello di ki pari a quello di una divinità…” spiegò con calma il tenshi dagli occhi violetti “… e, come voi sapete, la fusione tra due esseri superiori è perpetua” concluse.
Il guerriero Saiyan corrugò la fronte, socchiudendo le palpebre in un moto di evidente preoccupazione. Qualcosa dentro di lui bruciò dolorosamente.
“Stai dicendo che è successo come quando Shin si è unito a Kibith?” mormorò serio.
Il dio della Creazione annuì, sinceramente dispiaciuto.
“Sono dolente, ma quando vi ho prestato i potara, non credevo che foste divenuti così possenti. Mi sento in colpa, avrei dovuto percepirlo e avvisarvi…”
Chi!” fece il guerriero con disappunto, prendendosi il mento tra le dita.
“Allora non c’è problema!” esclamò Chichi con un sospiro di sollievo “Loro hanno chiesto al Drago di essere separati, potremmo esprimere lo stesso desiderio!”
“Shen-Long non potrà essere evocato prima di un anno” comunicò Bulma, frenando brutalmente l’entusiasmo dell’amica.
“E Polunga prima di sei mesi” precisò Whis flemmatico.
“Prima che voi chiediate sfacciatamente l’intervento del Drago degli Dei” bofonchiò Beerus con la bocca piena di cibo “Vi ricordo che sono trascorsi solo cinquanta giorni dalla conclusione del Budokai Uchuichi. Perciò anche le super Sfere sono off limits!”
Vegett incrociò le braccia sul petto, pensieroso.
La sua condizione era inaccettabile. Certo, avrebbe potuto approfittarne per compiere un addestramento di alto livello, ma non sarebbe stata la stessa cosa. Non ne avrebbe ricavato la medesima soddisfazione personale. Dentro di lui, Vegeta e Goku avevano iniziato a fremere a fronte di un’iniziativa del genere. Perciò, nulla da fare. Inoltre, si presentavano altre questioni di carattere strettamente privato.
Lo sguardo omicida di Chichi gli aveva fatto venire i sudori freddi, anche se una parte del suo essere lo aveva bellamente ignorato. L’espressione addolorata di Bulma, invece, gli aveva provocato una lancinante stretta al cuore, che una metà di lui aveva osservato con schietto stupore.
Avrebbe dovuto farsi ospitare da Dende al Santuario e chiedergli il permesso di usare la Stanza dello Spirito e del Tempo, ma qualcosa dentro di lui gli suggerì che non fosse la trovata più consona. Forse avrebbe potuto seguire Beerus sul suo pianeta e sfidarlo, per verificare di quanto si erano incrementate le sue facoltà dopo il Torneo tra gli Universi. No, pessima idea. Sua figlia Bra aveva poco più di un mese e lui non… cioè, Vegeta non si sarebbe mai assentato, comportandosi da scriteriato e infrangendo la promessa che aveva fatto a sua moglie. Anche Goku, a fronte dell’impegno preso dal suo compagno di disavventura, si era rassegnato a malincuore a restare. Niente fughe improvvisate. E poi aveva giurato a sua nipote Pan di portarla al mare… ricordo che suscitò, dall’altra parte, una serie di rimproveri ben assestati.
 
“Non ci resta che aspettare” sancì il tenshi, impugnando il suo lungo scettro anulato e preparandosi alla partenza “Lord Beerus?”
“Mi stai mettendo fretta, Whis?” replicò questi irato, sollevando le fauci da un vassoio colmo di delizie.
“Io non mi permetterei mai” flautò l’angelo con studiata noncuranza “Ma le ricordo che il sommo Zen-O ci attende a palazzo per discutere di varie questioni burocratiche. Siamo già in ritardo”.
L’Hakaishin inghiottì un boccone intero, rischiando seriamente lo strangolamento, e si batté più volte la mano sul petto, respirando a fatica.
“Muoviti, Whis!” ordinò tra un singhiozzo e l’altro, aggrappandosi alle vesti fluenti del suo serafico maestro “E voi…” minacciò appena ebbe riacquistato le facoltà respiratorie “… cercate di non combinare altri guai!”
“Non si preoccupi, lord Beerus” replicò Vegett con un sogghigno “Piuttosto, ci saluti il caro Zen-chan!”
“Anche con la fusione resti un maleducatoooooo!!!” sbraitò il dio della Distruzione, mentre si dissolveva in una lunga scia di luce abbagliante.
 
“Se posso fare qualcosa…” tossicchiò Kai-O Shin, arrossendo pesantemente sotto la carnagione rosata.
“Per esempio, non prestare più quei dannati potara a mio marito!” ruggì Chichi, annodandosi nervosamente lo scialle di seta sulle spalle, mentre il dio della Creazione fissava il suolo con parecchio imbarazzo.
“Oppure cercare un altro sistema per scindere la fusione senza dover attendere tanto” propose Bulma, apparentemente meno irritata “Potrebbe chiedere udienza al saggio Zuno o domandare all’Anziano se conosce altre opzioni…”
“Beh… s-sì…” balbettò il Superiore, realizzando che ormai la mancata separazione dei due Saiyan era diventata più un affare privato di famiglia “Lo farò subito” disse, accomiatandosi con un educato cenno di saluto.
Poi sparì.
Vegett trasse un lungo sospiro, voltando il viso verso le due donne, sentendosi al contempo triste e furente, incerto e spaesato. Più un’altra caleidoscopica miriade di sentimenti.
Avrebbe dovuto operare una scelta.
 

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Capitolo 2
*** Impasse ***


Impasse

Chichi e Bulma si guardarono, in apprensione, non sapendo come introdurre almeno uno dei mille discorsi che avrebbero voluto sicuramente incominciare.
La giovane orientale chiuse con un paio di sapienti nodi il furoshiki verde con motivi a spirale che si era portata dietro e se lo caricò in spalla.
“Sapevo che prima o poi sarebbe finita così” commentò, incredibilmente remissiva “A furia di tentare tutte quelle stupide mosse, balletti alieni e di combattere ogni volta a tutti i costi… Anzi, ogni tanto mi chiedo come tu possa essere ancora vivo, Goku… Non che tu non sia mai morto…”
“Vegett, per la verità” corresse il Saiyan con un’espressione tra il timido e il pignolo.
“Appunto” ribatté lei lapidaria “E’ per questo che non ho mai voluto che i nostri figli si allenassero e seguissero la tua strada. Ho torto, forse, nel sostenere questo… dato che hai salvato la Terra in infinite occasioni. Ma ho ragione, se la prospettiva che considero è quella difronte alla quale ci troviamo ora. Hai idea di come ci sentiamo Bulma ed io? Non sei mio marito e non sei neanche Vegeta. Eppure sei entrambi. Chi di noi due, nella tua testa, è tua moglie, qual è la tua casa? Che cosa dobbiamo fare ora con te?”
La scienziata fissò l’amica, che stava dando voce anche ai suoi pensieri, senza riuscire a intervenire. Avvertì un’insopportabile pena al cuore, quando intravide nei suoi occhi corrucciati brillare le lacrime. Non era la rabbia a causare a Chichi, solitamente severa e irascibile, un’insolita voglia di piangere. Era la disperata rassegnazione di chi si vede ingiustamente strappare un affetto, pur senza perderlo. Per la centesima volta in una sola vita.
Vegett ascoltò con attenzione lo sfogo della donna ed esitò.
“Non sarà per sempre” valutò, cercando di mantenere un tono piatto “Non pensare che io, che noi, siamo contenti di ciò” aggiunse, afferrando la stoffa blu della parte superiore della sua dogi ad indicare il sé “Vedi, io non ti so rispondere. Mi dispiace, ma non ho proprio idea di che cosa sia giusto fare”.
Bulma lo seguì con lo sguardo, mentre passeggiava nervosamente per la terrazza in cerca di una soluzione che non fosse offensiva per nessuna di loro. Vide la sua espressione travagliata mutare in un sorriso, istantaneamente, come un raggio di sole spuntato in una giornata uggiosa.
“Però possiedo la trasmissione istantanea!” esclamò il guerriero con soddisfazione “Quindi, qualora ci sia bisogno di me, arriverei all’istante… qui o sui Monti Paoz!”
Chichi lo puntò, incupendosi. Poi quell’aria fosca si spezzò, mutando in angoscia: girò il viso e s’incamminò lentamente, ma con decisione verso l’uscita.
“Aspetta! Dove stai andando?” domandò il guerriero, spiazzato dall’atto.
Lei si fermò, senza voltarsi.
“Il teletrasporto, eh?” ripeté con un filo di voce.
“Certamente!”
“E arriveresti subito in caso di necessità?”
“All’istante”.
“Sarebbe la prima volta, Goku” sentenziò “Non l’hai mai fatto in vita tua. Perciò, se parli così, sapendo che per i Saiyan le promesse sono sacre, non puoi essere mio marito. Dunque, fa’ ciò che vuoi, Vegett. Ma non tornare a casa finché non sarai nuovamente l’uomo che ho sposato!”.
Uscì senza aggiungere altro, sbattendo violentemente la porta.
Il Saiyan abbassò lentamente la mano che aveva teso verso l’uscio, che non si riaprì. Ringhiò qualcosa tra i denti e poi si passò le dita tra i folti capelli corvini, luccicanti di riflessi porpora, scostandosi il ciuffo dalla fronte.
“Le passerà?” borbottò a bassa voce.
“Non credo” rispose Bulma con sicurezza.
Lui si voltò.
“Anche tu sei arrabbiata?”
“No” replicò lei con un sospiro “E neppure Chichi lo è. Non come pensi tu. Ah, voi Saiyan… fusi o presi singolarmente non arrivate a capire quanta sofferenza risiede nella donna che vi attende, senza sapere se riuscirà a riabbracciarvi o se potrà soltanto piangervi. In questo caso, è impossibile rassegnarsi. Siete entrambi qui, in persona, ma è esattamente come se vi avessimo perduto. E’ un peso intollerabile anche per una persona forte come Chichi”.
Vegett strinse le palpebre.
Chi! Capire, eh…” mormorò furente, serrando i pugni lungo il corpo “Capisco benissimo invece!!”
La fissò con quegli occhi a mandorla, nerissimi e terribilmente espressivi, ribollendo di infinite sensazioni che non era in grado di esprimere a parole. Emozioni viscerali di differente provenienza gli si riversarono nel cuore, intasandosi come in un’apertura a imbuto. Una profonda ruga verticale gli si disegnò tra le sopracciglia, conferendogli un aspetto malinconico e lacerato dal contrasto interiore.
Bulma si sentì avvampare difronte a quello sguardo e le mancò il fiato.
“Vegeta…” sussurrò, appena udibile, mentre le lacrime salivano impietosamente.
Lui si avvicinò, rapido come il pensiero e le afferrò i polsi.
“Vegett! Io sono Vegett, nient’altro!” gridò sconfortato, guardandola piangere e percependo in sé un dolore altrettanto profondo “Io non sono Vegeta! Io non posso… non posso…”
La abbracciò forte, cingendola tra le braccia e dominandosi a stento, ricevendo in cambio una stretta parimenti calorosa e urgente. Un legame che lottava per uscire dalla sfera del fraterno, ma che avrebbe dovuto restare lì confinato.
“Io non posso che questo!” esalò con rabbia.
“Va bene…” mormorò lei con la voce rotta da quell’emozione potentissima “Va bene così, Vegett… Tu sei l’uomo che amo. E il mio più caro amico. Va bene così”.
“Lo sei anche tu per me. Ma non va bene così. Non va bene per niente” concluse lui.
 
Era trascorsa un’altra settimana. Chichi non si era più fatta sentire, dopo che Bulma l’aveva chiamata per accertarsi che fosse arrivata a casa senza inconvenienti. La capiva. Mai come in quel momento si riteneva a lei affine. Tuttavia, erano due caratteri completamente diversi.
La scelta di tornare tra i monti che l’amica aveva drasticamente compiuto era un tentativo di ritrovare il proprio equilibrio interiore. In quel luogo sperduto e immerso nella natura c’era tutta la sua vita da quando aveva sposato Goku. Lì l’aveva pianto, per poi ritrovarlo e perderlo ancora, aveva messo al mondo i suoi figli e lo aveva visto diventare praticamente una divinità. Era il suo centro. Attendere là, tra i monti Paoz, le garantiva la speranza di poter ricominciare da capo, quello era il nucleo da cui attingere la forza necessaria per sopravvivere. E poi aveva Goten a cui pensare.
Bulma guardò il giovanissimo Saiyan e il suo Trunks ingaggiare battaglia con Vegett a mezz’aria, sopra il giardino della Capsule Corporation. Se non altro, c’erano situazioni certe e immutabili.
Sorrise a quello scontro amichevole e prese Bra dal passeggino, aggiustandole gli sbarazzini codini azzurri. La bambina tese le braccia al cielo e, solo in quel momento, la donna realizzò che Vegett era sceso silenziosamente al suolo, a un passo da lei.
“Allora, Bra, vuoi volare un po’?” domandò il guerriero, sollevandola in alto “Vuoi fare come il tuo papà?”
La piccola gorgheggiò felice, aggrappandosi alla maglietta arancione dell’uomo. Lui la issò su una mano e iniziò a farla giocare, dimenandola in aria.
“Ma che fai!?” esclamò Bulma angosciata, vedendo la figlia oscillare pericolosamente nel vuoto “Lei non sa volare, sei ammattito?!”
“Lo farà presto, vedrai” rispose lui senza scomporsi “Anche a Pan piace giocare così… loro sono femminucce, ma sono di sangue saiyan, non dimenticarlo”.
La ragazza rimase un attimo interdetta. Poi si riprese.
“Volerà al momento giusto, mettila giù! Se cade si fa male, Saiyan o meno!”
Vegett si voltò a guardarla e il suo sorriso furbo si fece più enigmatico e intenso.
“Ci sono io, Bulma…” affermò con calma.
Le sue iridi erano due carboni ardenti e quell’espressione… quella la trapassò come uno strale infuocato, strappandole la facoltà di favella. Rimase ferma a guardarlo, con la bimba tra le braccia e quell’aspetto quieto e deciso sul viso.
“I-io…” balbettò incerta.
No, si disse. No! No, insistette con se stessa. Lui è Vegett. Si forzò in un’altra direzione e ce la mise tutta per stornare i pensieri da quella strada impercorribile. Lui non è mio marito, ma certo… si vede a occhio. E’ una spanna buona più alto di lui e si comporta in un modo assurdo! Vegeta non farebbe mai il buffone per far ridere sua figlia. Lui le insegnerebbe a volare e… oh, stelle, sì invece, farebbe lo stesso gesto, l’ha usato anche con Trunks, me lo ricordo benissimo! Però questo non cambia nulla, si vede chiaramente che in lui c’è anche Goku e certe volte è più lui e… no. A chi la voglio raccontare? E’ Vegeta che io vedo in ogni suo movimento, in ogni suo respiro. In quegli occhi, che non hanno mai smesso di farmi innamorare, in quell’essenza feroce e assorta che è solo sua, in quell’uomo che non è il mio. E io non so davvero dove sbattere la testa… così non posso continuare, impazzirò, lo sento! Io non…
“Bulma…?” chiamò il guerriero, vedendola tanto sconvolta.
Seduta sulle sue spalle, Bra giocava con la sua chioma ribelle, ignara del fatto che in generale è meglio non toccare i capelli di un Saiyan.
La scienziata tornò padrona di sé, scusandosi e facendo segno al figlio maggiore di scendere giù. Trunks atterrò, tallonato da Goten.
“Porta tua sorella dalla nonna, tesoro” gli disse gentilmente “Sono sicura che ha preparato la merenda per tutti”
“Evviva!” strillò il ragazzino, spingendo a tutta velocità il passeggino sul vialetto di casa “Si mangia!”
“Mmmh, quello non è rischioso?” commentò Vegett con un sogghigno, incrociando le braccia sul petto e osservando la gimkana improvvisata.
“Voi Saiyan…” sospirò lei rassegnata.
“Per me non c’è nulla da mettere sotto i denti? L’allenamento con i ragazzi mi ha messo appetito” considerò il guerriero, stiracchiandosi le membra.
“Vieni…” gli disse Bulma, prendendolo sottobraccio “Il nostro spuntino è nel patio sul laghetto oggi”.
“Ottima scelta”
 
Percorsero il sentiero lastricato che portava alla piccola distesa d’acqua artificiale e si sedettero sulla panchina di pietra ivi prospiciente.
La ragazza stese un telo da pic-nic sull’erba curata, imbandì le portate e versò il tè verde nelle tazze di ceramica.
“Speriamo che il profumo non attiri Lord Beerus!” sghignazzò Vegett, brandendo le sue hashi sul piatto colmo.
“Già…” fece lei distratta.
Il Saiyan la fissò e si incupì. La conosceva bene. La conosceva da una vita e la vita con lei l’aveva sempre condivisa, in ogni sua forma. Qualcosa non quadrava.
“Se ti stai domandando il motivo per cui non sono partito per il pianeta dell’Hakaishin, è perché mi sento già sufficientemente in colpa così. Non voglio rinunciare al mio allenamento, ma non voglio rinunciare neppure a te… a voi… dannazione! Non riesco neanche più ad esprimere quello che penso!”
Lei scosse la testa.
“Non ti devi giustificare, non è colpa tua. Vedi, io mi sento totalmente inerme difronte a questo. Lo so che devo avere pazienza e attendere il tempo necessario, ma… non credo di essere in grado di farlo. La calma non è mai stata tra le mie doti, lo sai…”
Vegett posò a terra il vassoio e accarezzò il lago con uno sguardo perso.
“Anch’io mi sento impotente e non riesco a tollerarlo” ammise “Quanto all’essere remissivo… puah!”
Si girò nella sua direzione, incrociando le gambe e poggiando le mani sulle ginocchia.
“Quindi… dimmi che cosa devo fare, Bulma. Io lo farò”.
La scienziata ricambiò lo sguardo, esitando. Poi si decise.
“Baciami…”
“C-cosa?”
“Tu… sei Vegeta. Senza di te non posso stare. Io ti amo… ti desidero talmente tanto da scoppiare, perciò ti prego, baciami. Tu… lui lo faceva sempre e so che la sua vita in te sta fremendo per dirmi di sì. Ma sono sicura che si starà anche alterando, perché sei parimenti Goku e mio marito è incredibilmente geloso. Sono conscia del fatto che non dovrei chiedere al te che è il mio più caro amico questo, ma penso anche che Goku non si offenderà, leggendo il bacio che ti chiedo come un semplice gesto di affetto. Vegett… ti supplico, fa’ che Vegeta mi baci con tutto l’amore che possiede e che Goku mi abbracci come un fratello. Se ciò è possibile, allora…”
La voce le mancò.
Il Saiyan la fissò, stringendo spasmodicamente i pugni.

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Capitolo 3
*** Separazione ***


Ciao a tutti. Penultimo capitolo di questa breve fic! ^^ Grazie a chi mi sta seguendo e, soprattutto, a chi mi ha lasciato una recensione. Mi date benzina per proseguire! :)

Separazione

Una parte di Vegett iniziò a provare una temperatura indescrivibilmente rovente a fronte dei termini appassionati che Bulma aveva appena pronunciato.
Il desiderio da lei espresso penetrò la sua scorza e il suo tentativo maldestro di ignorare il problema, ossia il fatto che un recesso di lui era perdutamente innamorato di quella donna e che quel sentimento rifiutava stoicamente di venire messo all’angolo. Un altro angolo del suo io si mise in ascolto, come folgorato da una dichiarazione così esplicita, costituita di parole che non aveva mai udito come destinate a sé.
Un bacio. Beh, forse… invece no, stradannazione!
A ben vedere, furono quegli occhi turchesi, colmi d’amore e di sofferenza, a creargli uno scompenso fisico di portata epocale. Per non parlare del pulsare spasmodico del sangue nelle vene, in un rombo che gli stava scorrendo violentemente per tutto il corpo. O dei suoi pensieri, che presero a oscillare come un pendolo che ha perso il ritmo tra il desiderio dirompente, la crescente curiosità e la folle gelosia.
Metà di sé smaniava per prenderla tra le braccia e compiere quanto richiesto, quel gesto semplice e privato che gli mancava da troppi, troppi giorni e che sentiva come un diritto, un atto pulito e naturale. Che voleva in modo assoluto. Sua moglie. La sua Bulma… invece, lui non avrebbe mai dovuto osare!
L’altra metà esitò, apparentemente sorpresa da quanto ascoltato e timidamente frenata dalla strenua opposizione che lui stesso stava auto riservandosi. Una forma di rispetto per ciò che riconosceva come non suo e percepiva altrettanto difeso con acredine estrema da una buona parte del suo cuore di guerriero.
Eppure, tra tutte le sensazioni che filtravano attraverso il suo essere un uomo corretto e candido come la neve, ce n’era una che lo punse in misura maggiore e primigenia, mettendo a tacere la ringhiante minaccia della metà più orgogliosa della sua anima.
Era curioso.
Lei aveva parlato di amicizia e di semplice gesto d’affetto. E se Vegeta aveva iniziato a ribollire come magma per i comprensibili e contrastanti motivi di cui si rendeva conto attraverso il tangibile riverbero delle sue emozioni, Goku, dal canto suo, in esso non ci aveva letto nulla di male. Perché percepiva l’amore infinito del suo compagno di involucro per quella ragazza e riconosceva lo strazio insopportabile derivante dal suo tentativo di contenerlo e, addirittura, di nasconderlo. Inoltre, non voleva rendersi colpevole dell’angoscia del principe e neppure delle lacrime di Bulma, che era la più cara amica che avesse mai avuto. Perciò, nulla di perverso o di illegittimo o di oltraggioso in quello che sarebbe stato, se solo...
Un’ondata di furore incontenibile interruppe quella riflessione, che riprese dopo un istante non senza difficoltà.
Nessuno gli aveva mai domandato un bacio né come fusione né come Kakarott… lui non ci aveva neppure pensato nella vita, se non distrattamente, per dimenticarsene subito dopo, cacciando la testa nei suoi allenamenti sempre più eccitanti in giro per il cosmo. Invece, ciò che di Vegett non era lui, era riuscito a conciliare i due aspetti di uomo e di guerriero e non aveva mai mancato in nessuno di essi. Lo avvertiva chiaramente nelle sensazioni che irradiavano dall’altro lato della sua persona che, incredibile a dirsi, delle due era quella più pienamente umana. E quel sentimento che scorgeva aleggiare nel cuore condiviso di Vegett lo fece sentire strano e insolitamente defraudato di qualcosa.
Così, la sua curiosità era perfettamente spiegabile e totalmente non offensiva, in quanto motivata dall’amicizia e fondata sulla volontà di porre rimedio al guaio che aveva involontariamente prodotto. In fondo, era assumersi finalmente una responsabilità. Era capire.
 
Difronte a lui, Bulma tratteneva il fiato e stringeva le mani una contro l’altra.
Il Saiyan la guardò con maggiore intensità.
 
Per tutte le maledette galassie, non avrebbe retto a lungo! Le sue membra vibravano come un diapason che coglie il La. L’avrebbe trascinata a sé e poi… e poi niente, perché non lo avrebbe permesso per nulla al mondo. Anche se avrebbe potuto semplicemente sfiorarla e poi decidere se eccedere, perché la conosceva da talmente tanto tempo... Il che non era una giustificazione, ma solo una patetica scusa, quella di pensare di baciare una sorella, quando invece alcuni suoi pensieri erano tutt’altro che innocenti. Per tutti gli universi, non avrebbe creduto che potesse essere così…
 
Oh, insomma, muoviti e basta, quanti problemi… è stata lei a chiederlo e tu stai facendo la figura dell’imbecille… Ecco, bravo, Vegett, cedi pure all’assenza di ragione, è proprio da te. Almeno di una parte di te!
Sebbene non ci sia assolutamente niente di ragionevole nei sentimenti, invero. Si provano e basta, tentare di spiegarli è un’assurdità. E tu lo sai bene.
Allora non ti opporre, non c’è motivo… o c’è, ma l’ho dimenticato, perché lei mi sta guardando e il mio sangue non è mai stato così caldo ed è amore puro, la fonte a cui attingo per essere ciò che sono, che mi rende una creatura semi divina e innalza il mio ki… e senza questo amore non sarei nulla e dunque… e dunque…
 
Vegett allungò un braccio repentinamente e l’afferrò, attirandola al petto senza sforzo. Fu solo un attimo quello in cui gli occhi di Bulma si specchiarono, quasi stupiti, nelle sue iridi d’onice, un infinitesimo secondo che svaporò nell’attesa.
Si chinò leggermente e posò le labbra su quelle di lei.
Si era ripetuto che sarebbe dovuto essere un contatto appena accennato, ma no. Quello era un bacio vero e qualcuno in lui lo sapeva fare, fremeva mentre lo stava compiendo, sentendosi al contempo sbigottito e fuori di sé.
Ed era strano che lei si fosse sollevata sulle punte dei piedi per ricambiarlo. Era ovvio… e sarebbe stato altrettanto ovvio e ancor più salutare finirla immediatamente.
Le braccia della ragazza gli circondarono il collo con delicatezza.
Una parte di lui smise di trattenersi, un’altra venne catturata da una sensazione mai provata, entrambe strinsero più forte.
E fu un errore. O forse la soluzione.
Metà di Vegett raggiunse il limite della tolleranza e metà prese coscienza di essersi spinta su un confine da non valicare, ambedue percepirono il ki montare pericolosamente.
 
Bulma intese qualcosa di strano quando i suoi capelli corti presero a danzare come mossi dal vento e schiuse le palpebre, trovandosi circondata di elettricità statica. Allontanò il viso da quello di Vegett e lo vide piegarsi su di sé, come se avesse ricevuto un colpo in pieno petto.
Il guerriero fece un passo indietro, mormorando qualcosa di incomprensibile, poi iniziò a respirare affannosamente, portandosi le mani alla testa.
“V-veg…” chiamò la ragazza, turbata.
Non fece in tempo a completare il suo nome, che il guerriero esplose in un urlo devastante, emettendo verso l’alto un’ondata di energia deflagrante, che salì tra le nuvole in una scia azzurra abbagliante.
Poi, con uno schiocco, Vegeta e Goku si separarono, rovinando a terra agli opposti, come se fossero calamite di identica polarità.
 
La ragazza sbarrò gli occhi e rimase in piedi senza raccapezzarsi, ma fu solo un infinitesimo.
“Vegeta!” gridò, correndo verso il principe, che cercava di sollevarsi con incomprensibile fatica “Vegeta…”
Lo raggiunse e si tuffò tra le sue braccia, allacciandosi a lui, senza curarsi del fatto che fosse ancora a terra. Le bastò sentire le sue mani sui fianchi e lo spasimo angoscioso che le opprimeva il petto da giorni svanì come nebbia al sole.
“Grazie ai Kami…” mormorò cercando la sua bocca e inalando finalmente il profumo della pelle di suo marito, avvertendo tra le dita i suoi capelli ispidi di alieno e tutto ciò che le era mancato terribilmente.
Il Saiyan, che detestava essere schienato a terra anche durante un abbraccio, si girò con un movimento agile, prendendo il sopravvento.
“Io lo ammazzo!!” ringhiò, furibondo, tra un bacio e l’altro, mentre sua moglie lo cingeva al collo, impedendogli di sciogliere la stretta e trattenendolo con inconsueta facilità “E’ la volta che gli spezzo il collo senza remore!”.
“Vegeta…” sussurrò ancora lei, mentre una lacrima le sfuggiva da un angolo dell’occhio e sorrideva all’uomo che amava più di ogni cosa.
“E tu…” mugugnò lui, senza smettere di scrutare quelle iridi blu, che luccicavano sotto il suo sguardo ardente e fosco “Che diavolo ti è saltato in mente di fare!? Sei impazzita!?”
“Sì… sì!” rispose Bulma accarezzandogli il viso, inebriandosi di lui e del suo calore, che le passava attraverso i vestiti “Senza di te sono impazzita. Non negare che per te non sia stato lo stesso supplizio, Vegeta. Essere e non essere allo stesso tempo. Non ero più in grado di sopportarlo. Avrei fatto qualsiasi cosa, pur di riaverti…”
“Che cosa significa qualsiasi cosa, eh!?” sbraitò lui, indeciso se infuriarsi ancora di più o chinarsi nuovamente su di lei per avere ancora quella bocca ammaliante, che aveva popolato i suoi sogni da quando l’aveva incontrata e resa sua.
Per tutti i pianeti, aveva espresso bene il concetto. Un supplizio intollerabile… ma questo non forniva alcuna giustificazione alla richiesta irriverente che lei aveva rivolto a Vegett! Lei sapeva benissimo che… Un momento!
“L’hai fatto apposta?” tuonò, spalancando gli occhi a mandorla.
La scienziata lo fissò e trasse un sospiro, mentre lui si sollevava sulle braccia, allontanandosi con sforzo di qualche centimetro.
“Ho giocato d’azzardo” consentì poi, mettendosi a sedere a sua volta “Non ero certa che avrebbe funzionato”.
Vegeta aggrottò le sopracciglia e strinse le mani nelle sue.
“Sbrigati a parlare!” sibilò, gettando un’occhiata oltre la spalla “Devo urgentemente strappare la vita a Kakarott! Sono in ritardo sulla tabella di marcia!”
Goku era ancora seduto a terra e fissava il cielo, imbambolato e ansimante.
“Oh, piantala…” sbuffò lei “Ci ho pensato a lungo, dopo che ho realizzato che non avrei potuto tollerare altri infiniti mesi senza di te. Dopo che ho inteso il medesimo dolore nei tuoi occhi. Questa consapevolezza ha impedito che mi rassegnassi. Non saresti sincero, se sostenessi il contrario…”
Il principe abbassò lo sguardo, arrossendo lievemente.
“Di me…” balbettò “Di me non devi dubitare mai, Bulma” ammise.
“Mai” fece eco lei “Io ti amo, Vegeta. E ti comprendo e ti conosco. Ho cercato l’unica soluzione che avrebbe potuto creare in Vegett una frattura così vigorosa, da fare in modo che voi vi divideste anche senza Drago. Tu e Goku siete guerrieri. Amate la battaglia, desiderate migliorarvi e allenarvi con caparbia ostinazione. Avete la testa dura e siete persistenti. In ciò siete molto affini…”
“Ehi…” la ammonì il principe, sentitamente offeso.
Lei gli appoggiò le dita sulle labbra, procurandogli un brivido.
“Ma c’è una cosa in cui non vi assomigliate affatto e che vivete in modo completamente diverso: il rapporto che avete con i vostri sentimenti e come li esternate. Ho pensato che tu non avresti mai sopportato che Vegett si avvicinasse a me e che la tua gelosia avrebbe prodotto nella fusione un’incrinatura tale da spezzarla. Beh… in realtà speravo che succedesse prima che…”
Lui sbarrò gli occhi, ripensando alla furia che l’aveva travolto nell’esatto momento in cui entrambe le metà del guerriero avevano stabilito di baciare sua moglie.
“Questo non toglie che anche quello là abbia osato accettare!” ruggì.
In quel momento, Goku si sollevò, reggendosi a stento, e si puntò due dita alla fronte con lo sguardo perso all’orizzonte.
“Eh no!” gridò Vegeta, cercando a sua volta di raddrizzarsi.
Tuttavia, prima che riuscisse a mettersi in piedi, il Saiyan in arancio svanì.
“Maledetto!” grugnì il principe, congiungendo indice e medio nella stessa posizione.
Non accadde nulla.
“C-che cosa fai?” gli domandò Bulma “Tu non sai usare la trasmissione istantanea…”
“Ah già…” brontolò lui seccatissimo “Chi! È difficile riprendere l’autocontrollo dopo essere stato Vegett così a lungo. Fatico addirittura a stare eretto…”
Lei gli sorrise, prendendolo sottobraccio, ma il guerriero continuò a mantenere un cipiglio fieramente adirato.
“Che cos’ha pensato Goku?” gli domandò.
Nan…?” bofonchiò Vegeta, passando alla sua lingua madre, in evidente stato di agitazione interiore.
“Hai percepito il ragionamento di Goku, quando vi ho domandato il bacio?”
Hah. Ho percepito che è un deficiente!” ribatté lui irritato “Comunque… se vogliamo chiamarlo ragionamento, ho afferrato che lui aveva principalmente intenzione di evitare che tu soffrissi ulteriormente. Che anch’io… bah, razza di idiota! Di porre rimedio alla situazione. Che, in fondo, avrebbe sfiorato un’amica d’infanzia e perciò non ci sarebbe stato alcun problema”.
“Nessuna malizia, quindi”.
“No” ammise Vegeta, alzando le spalle con riluttanza.
“In fondo, ci ha aiutati. Se non avesse agito così, a fin di bene…”
“… io ora non dovrei polverizzarlo!”
Bulma gli si avvicinò e fece scorrere le braccia sulle sue spalle. Lui la fissò.
“Mi scuserò con lui, il torto è mio. Mi è parso alquanto scioccato dal tutto”.
Vegeta sbuffò, ancora adirato, ma la circondò con le braccia.
“Non me ne importa nulla di Kakarott! Tu, piuttosto… come hai intenzione di farti perdonare da me?” sogghignò.
“Proposte?” domandò lei civettuola.
“Varie e fantasiose”.
“Lo sai che sono tua, principe dei Saiyan”.
“Sì… in qualsiasi luogo e tempo, in eterno”.
“E in qualsivoglia forma”.
Chi!” sbottò lui, prendendola tra le braccia e sollevandosi da terra “Taci…”

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Capitolo 4
*** Kakarott ***


Kakarott

Goku si materializzò tra i Monti Paoz, sul prato verdeggiante che ospitava la sua casa. L’erba alta ondeggiava, altalenando tra argento e smeraldo ad ogni folata.
Un familiare garrire di panni stesi al sole raggiunse il suo orecchio allenato, insieme con lo scorrere placido del ruscello sottostante.
Il profumo intenso del gohan appena cotto gli invase l’olfatto sensibile di Saiyan, accompagnato da un’inconfondibile essenza femminile di gelsomino.
Percepì il suo ki.
Chichi…
Gli aveva intimato di non farsi vivo finché non fosse tornato ad essere solo Goku. Anzi, per essere precisi, non aveva parlato di Goku: aveva detto “mio marito” e la cosa non poteva che portarlo a legittimare appieno il suo frettoloso ritorno. Perché il guerriero in arancio, in quel momento, era più propenso a ritenersi Kakarott, anziché Goku.
Esitò, con la mano destra appoggiata sulla maniglia della porta d’ingresso. La sinistra gli salì quasi inconsciamente a sfiorare le labbra.
Vegeta l’avrebbe ucciso.
Giusto. Però sarebbe andato a farsi ammazzare da lui dopo. Prima… la sensazione che aveva percepito in sordina quando Vegett aveva baciato Bulma riaffiorò, sempre nebbiosa ma più identificabile rispetto a quando l’aveva colta.
In quel momento, la reazione appassionata e furiosa del principe, che condivideva con lui corpo e pensieri, gli era piovuta addosso e l’aveva cacciato con prepotenza in un angolo recondito della loro fusione. Ma anche da quel recesso, da cui si era ben guardato di sconfinare, aveva potuto sentire tutto e aveva realizzato che mai, nella sua esistenza di guerriero, aveva sperimentato qualcosa di così trascinante.
Lo aveva fatto attraverso i sentimenti di Vegeta e la consapevolezza che quanto aveva provato fosse filtrato, gli aveva dato l’idea di ciò che avrebbe potuto diventare se lo avesse vissuto in prima persona.
“Ecco…” borbottò tra sé e sé “Ecco perché è riuscito a diventare super Saiyan… Stupidi noi a non pensare che in lui ci fosse qualcosa di così puro e potente…”
Corrugò le sopracciglia e sprofondò nelle riflessioni, cercando di dare un ordine ai concetti che gli si affastellavano nella mente.
 
Quando aveva chiesto a Chichi di sposarlo, per mantenere la sua promessa di dodicenne, era convinto che il matrimonio fosse qualcosa da mangiare.
In effetti, c’era stato un bel banchetto e lui si era divertito immensamente con i suoi amici, ma aveva avuto le sue difficoltà a comprendere come mai la ragazza lo fissasse con occhi tanto luccicanti e lo abbracciasse teneramente davanti a tutti gli invitati, procurandogli non poco imbarazzo e anche una buona dose di fastidio. Almeno si era inconsapevolmente rivelato un vero Saiyan nel respingere quelle che riteneva solo delle sciocche smancerie. Si era però adattato, vedendo che lei si era alquanto imbronciata e… sì, già allora il suo sguardo di brace gli aveva messo i brividi, sollecitandolo ad evitare discussioni.
Goku non aveva neppure colto appieno il senso delle simpatiche gomitate che gli avevano rifilato nelle costole Yamcha e il vecchio Muten, augurandogli “buona serata” alla fine del ricevimento.
Era rimasto solo con la neo moglie, che impacciatamente gli aveva domandato aiuto per slacciare il lungo abito bianco, arrossendo fino alla radice dei capelli. Lui aveva fatto saltare i bottoncini cuciti sul retro del vestito con una mano sola, un po’ meravigliato dalla richiesta, e poi si era messo a dormire beatamente, senza porsi altre questioni. Il giorno successivo, si era alzato di buon mattino per l’allenamento e, quando era rientrato in preda ai morsi della fame, Chichi gli aveva sbattuto il piatto sul tavolo con malagrazia, senza rivolgergli la parola per l’intera giornata. Neppure i complimenti per la sua ottima cucina erano riusciti a farle passare le paturnie e Goku si era passato una mano tra i capelli arruffati, arrovellandosi su cosa avesse potuto farla arrabbiare così tanto.
La situazione si era ripetuta identica per una settimana.
 
“Vegeta mi dà sempre del deficiente…” ragionò con impegno “Ripensando a quello che combino, credo proprio che abbia ragione. Soprattutto quando me lo dice alzando gli occhi al cielo”.
 
Poi, una sera, Chichi lo aveva atteso in camera da letto con i pugni sui fianchi e l’aria bellicosa. Difronte al suo allargare innocentemente le braccia, aveva definitivamente perso la pazienza e gli aveva scaraventato contro pezzi di mobilio a caso, gridandogli in faccia qualsiasi tipo di epiteto. Lui si era messo in difesa, evitando agilmente e, sì, anche con un po’ di eccitazione i corpi contundenti rivolti al suo indirizzo; le aveva rivolto una timida e divertita protesta, quando aveva realizzato che la moglie era intenzionata a fracassare l’intera abitazione, pur di colpirlo, e che quella non era una rudimentale sfida di arti marziali.
Si era meravigliato, vedendo che Chichi aveva le lacrime agli occhi e, oltre ad essere palesemente arrabbiata, sembrava più offesa e angosciata.
Goku, a sua volta, si era stancato di non capirci nulla e l’aveva presa alla sprovvista, muovendosi con una velocità sovrumana e bloccandola con una sola mossa. Le aveva domandato quale diamine di problema avesse e si era sorpreso del suo stesso tono imperativo.
 
“Sangue saiyan, direbbe saggiamente Vegeta” ammise.
 
Lei aveva tentato di ribellarsi, ma poi era scoppiata a piangere, aggrappata alla sua maglietta blu, rinfacciandogli di averla presa in giro. In quel fiume di parole concitate che la ragazza gli aveva riversato addosso, ce n’era stata una che gli aveva fatto venire una sorta di prurito, infastidendolo non poco e provocandogli una reazione inconsueta.
Vigliacco.
Quello era stato inaccettabile. No, aveva risposto: sciocco energumeno forse, ma non era affatto un codardo e avrebbe accettato qualsiasi confronto, se solo lei si fosse spiegata in modo decente.
Chichi, fissandolo corrucciata da sotto in su, aveva sospirato, calmandosi un po’.
“Ti sfido a prendermi” gli aveva risposto, posando le mani sul suo petto muscoloso e allontanandolo da sé con decisione.
Goku, con le braccia strette intorno alla sua vita sottile, non aveva calcolato il doppio significato del verbo e le aveva fatto notare che l’aveva già catturata. Una sorta di corrente elettrica, a quel punto, aveva cominciato a diffondersi nelle sue membra di guerriero, per il tocco tiepido che lo respingeva.
“Allora” aveva mormorato lei “Ti sfido a trattenermi”.
Lui aveva spalancato gli occhi, stupito, perché certamente sua moglie sapeva quanto fosse forte e… e poi quel pizzicore che avvertiva era esploso nelle sue vene, senza una spiegazione razionale, quando lei gli aveva sfiorato con le dita la pelle nuda degli addominali, insinuandoglisi sotto i vestiti.
Goku era trasalito.
Il suo calore addosso, il suo odore dolce e inebriante, le sue mani e quella sfida aperta tra loro e quel desiderio che non riusciva a identificare, ma che il suo lato istintivo di Saiyan aveva perfettamente tradotto in termini puramente fisici.
Non conosceva nulla di sé, ma per fortuna in quel sé ignaro del proprio passato, c’era anche Kakarott.
Aveva perso il controllo in un modo che mai aveva sperimentato e ciò che era accaduto dopo era esattamente quanto lei aveva tentato di fargli comprendere nei giorni precedenti. Si era persino spiegato le battutine maliziose di Krilin al matrimonio. Che sfacciato il suo amico d’infanzia!
Chichi aveva detto che quello era fare l’amore.
Goku aveva inteso perché un uomo e una donna volessero vivere insieme.
C’erano state altre notti di passione. Erano arrivati Gohan e poi Goten tra le gioie e i dolori, tra le battaglie e la rara pace.
Ma lui non l’aveva mai baciata.
Né sua moglie l’aveva forzato o lo aveva preteso, come se per lei fosse una forma di rispetto o di attesa. Aspettare che fosse suo marito a completare ciò che tra di loro restava incompiuto.
 
“Dannazione…” grugnì il Saiyan, in piedi sulla soglia di casa.
In quel momento, l’uscio si spalancò.
Chichi sussultò e il recipiente di legno che stava trasportando rovinò a terra con un tonfo secco.
“G-Goku…?”
Lui la guardò, come se la vedesse per la prima volta.
Il mastello terminò di roteare sul pavimento.
“Goku!” ripeté lei, ormai quasi del tutto convinta di non avere le visioni e allungando una mano a sfiorarlo per darsi ulteriore ragione.
“Io sono davvero arrabbiata con te!”.
Il Saiyan non replicò e continuò a restare sulla porta con un’espressione stralunata.
“Ma come hai fatto a…?”
Lui si mosse, rapido come il pensiero, cingendola con le braccia.
Cessò di farla aspettare e le rispose in un solo atto.
La baciò sulle labbra.
Ascoltò l’impeto sentimentale che era in lui e, per una volta, gli diede la precedenza su tutto. Smise di essere quello zuccone di Goku e diventò Kakarott, il guerriero che aveva sposato una donna energica e paziente. Una donna che stava ingiustamente passando la vita ad attenderlo in ogni suo egoistico scopo. Che aveva allevato da sola i figli che lui le aveva dato.
 
Chichi percepì le ginocchia cedere, ma si sorresse al marito, stringendo spasmodicamente la stoffa della sua casacca sgargiante
La bocca di lui sulla sua. Il suo calore dentro l’anima. L’energia ad avvolgerla.
Era la prima volta che avvertiva un’emozione così violenta e appagante. E, stelle del cielo, quanto aveva desiderato che ciò accadesse!
Lo seguì in quell’atto totalizzante e lo assecondò, lasciandosi guidare all’interno della loro casa, udì distrattamente la porta che si chiudeva con uno schianto.
Goku si muoveva appena contro di lei, ma non abbandonava la presa, mischiava il respiro al suo e persisteva in quel bacio intenso e vorace.
Rimase unito a lei, in quel piccolo contatto, per un tempo indicibile.
Poi le sue labbra morbide si spostarono lungo la sua guancia rosata e scivolarono sulla sua fronte. Appoggiò il viso sul suo folto chignon corvino.
La giovane prese fiato, frastornata.
“Non dire nulla, per favore…” pregò lui con l’urgenza e l’affanno nella voce “Lascia che sia io a parlare, per questa volta…”
Lei singhiozzò, nascondendosi contro il suo omero.
“Mi dispiace” continuò il Saiyan “E sono un idiota. La fusione si è sciolta essenzialmente per questi due motivi”.
Chichi si strinse a lui, in silenzio.
“Non potevo più permettere che tu trascorressi l’esistenza ad aspettare me. Sei sempre stata tu l’anima di noi due. Tu la prima e l’unica a soffrire. E la ragione di questo sono io… forse, sono addirittura la causa del tuo dolore. Perché ti ho sempre lasciata sola. Non intendo quando sono morto per salvare la Terra, beh… di quello credo di non dovermi pentire. Ma di quando ero vivo e assente sì. Di ciò mi dispiace infinitamente. Credimi, ho percepito più di una volta la tua sofferenza, ma ho pensato che tu fossi forte abbastanza e potessi sopportare ancora una volta e poi un’altra ancora… ho creato un universo di scuse per poter fare quanto bramavo. E tu hai pagato il mio egoismo.
Invece, quando ero Vegett, ho compreso che ero in errore. E questa presa di coscienza non è merito mio, ma di Vegeta. È stato attraverso le sue sensazioni di rabbia e impotenza che ho imparato a leggere i sentimenti che risiedevano nel cuore di… oh, nel tuo cuore. Lui era in preda all’angoscia non perché la fusione non riusciva a spezzarsi, ma perché Bulma stava per cedere allo strazio del suo non essere con lei.
Ho pensato a te. Ho pensato a te sul serio e ho desiderato solo di farmi perdonare.
Dopo, quando Vegeta ha baciato la sua Bulma, ho aggiunto al dispiacermi anche la certezza di essere stato un imbecille. Io ero lì, presente in anima e corpo, e ho compreso che cosa significhi amare una donna”.
Chichi sollevò il viso, corrugando le sopracciglia e i suoi occhi neri luccicarono, minacciosi. Ma non fiatò.
“N-non fraintendermi” riprese Goku, a disagio “Io ti ho sempre voluto bene e il mio cuore appartiene solo a te, ma… un conto è essere innamorati in modo immaturo e approssimativo. Un altro è amare come un vero uomo. Anzi, come un Saiyan. Perché io questo sono e il mio sangue ne è sempre stato più consapevole di me. Vorrei essere più bravo con le parole, ma ti giuro che quando ho avvertito la potenza dei sentimenti di Vegeta, attraverso la condivisione, mi sono vergognato di brutto. Non perché non fossero presenti in me, ma perché non mi sono mai interessato ad essi. E per riflesso a te.  Insomma… noi abbiamo due figli e ritengo di aver bene inteso come li abbiamo messi al mondo ed è stato bello… eppure sei sempre stata tu il perno di tutto. Tu, Chichi, mio tesoro, ad avere parte attiva. Mi sono sentito incompleto, oltre che stupido e la mia noncuranza ha fatto mancare a te ciò che è assurdamente naturale in una coppia. Un bacio. Un bacio ha fatto questo. Un bacio non mio. Quel bacio che non ti ho mai dato e che tu hai avuto il pudore e la pazienza di non chiedere mai. Ho capito il tuo perché. Mi stavi aspettando, persino in questo. Non ho mai desiderato tanto intensamente di ritornare da te, per renderti davvero la donna che ho scelto, per chiederti scusa… e penso che anche Vegeta volesse con tutto se stesso riavere Bulma. Perciò la fusione si è sciolta, secondo me. Niente Drago, niente Sfere, niente Kami. Solo incrollabile forza di volontà. In questo siamo entrambi maestri”.
Il giovane sospirò e prese il viso della moglie tra le mani. Lei lo fulminò con un’occhiataccia.
“Non guardarmi così, ti prego. Lo so. La fusione non si era ancora smembrata quando Vegeta ha baciato sua moglie. C’era Vegett lì, è vero, ma io ero troppo impegnato a capire che cavolo mi stesse succedendo e non ho avuto parte… volevo dirtelo prima che Vegeta arrivasse qui per ammazzarmi. Perché sono certo che lo farà…”
“Se prima non ti distruggo io!” ruggì Chichi, afferrandolo con impeto per la dogi.
“Ehm…” balbettò Goku, impacciatissimo “Potresti rimandare la mia esecuzione?”
“E perché mai?” sentenziò lei, con voce stranamente priva d’ira.
“Perché prima…” continuò il guerriero, con un guizzo improvvisamente serio e profondo negli occhi di velluto nero “Prima io voglio fare l’amore con te. Senza giocare. Senza mancare”.
Chichi arrossì violentemente, rifilandogli un colpo in pieno sterno.
“Ouch!” lamentò lui “Devo considerarlo un sì?”.
Lei si alzò sulla punta dei piedi e raggiunse il suo orecchio.
“E chi farà l’amore con me? Goku o Kakarott?”
“Entrambi” affermò il guerriero, portandosi due dita alla fronte.
Poi, avviò la trasmissione istantanea.
 
“Ti presenti spontaneamente difronte alla morte, Kakarott?” domandò il principe, squadrandolo cupo in volto.
“Più che altro sono venuto a scusarmi, Vegeta. E a ringraziarti”.
Chi! Se pensi che questo sia sufficiente a… come sarebbe ringraziarmi?”
Goku allacciò le dita dietro la nuca e sollevò lo sguardo al cielo, sorridendo. Il guerriero in blu, a fronte di quella reazione rilassata e composta, fu attraversato dall’istinto di giustiziarlo immediatamente, ma non agì.
“Anche da parte di Chichi” precisò il primo.
“Non mi dire…” ironizzò il secondo “Ti vuole ammazzare lei personalmente e mi riverisce perché non le ho tolto il piacere?”
“No” sghignazzò Goku, girandosi nella sua direzione “Perché l’ho baciata”.
Vegeta sbarrò gli occhi, incredulo.
Nan…?”
“E’ così. Ed è merito tuo. Tuo e di Bulma”.
Vegeta ragionò rapidamente sugli eventi intercorsi pochi giorni prima e si diede immediata spiegazione della novità.
“Io non so che cosa mi impedisce di strapparti le budella e con esse strangolarti, Kakarott! Osi baciare mia moglie e mi vieni a dire che è stato un ottimo esercizio!? Sei un deficiente!!”
“Andiamo, Vegeta… lo sai anche tu che mi sono ritirato in un angolino e che in quel momento Vegett era più te che me. Non sapevo neppure che cosa mi stesse succedendo, altro che esercitazione! Se non fosse andata così, adesso saremmo ancora uno! Inoltre, se mi fai secco, con chi ti allenerai per migliorare, eh? Eh? Perderesti tutto il divertimento!”.
Il principe alzò gli occhi al cielo, in preda ai fumi.
“Sul fatto che io sia un idiota, hai completamente ragione, invece” concluse Goku.
“Magra consolazione!” borbottò Vegeta.
“No, invece. Dovresti rallegrarti nel sapere che non riuscirò mai a superarti, per quanto riguarda la purezza e l’intensità di ciò che provi per tua moglie. Mi sei d’esempio”.
Un fascio energetico azzurro di una potenza immane lo filò di un millimetro, andando a disperdersi nell’atmosfera.
Goku sobbalzò, sudando freddo. Il principe non sbagliava mai una mossa. Lo aveva volutamente risparmiato.
“Eri fuori guardia, ma io ti ho mancato comunque” ringhiò Vegeta, incrociando le braccia sul petto “Ciò significa che sono fastidiosamente fuori allenamento”.
“Già” disse il Saiyan in arancio, illuminandosi.
Vegeta annuì, mettendosi in posizione di attacco.
“In guardia, Kakarott!”.

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