The Legend of Saiyan Knights'

di Biohazard
(/viewuser.php?uid=75103)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Antefatto ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Antefatto ***


NdA:// Buonasera, sono qui per fare qualche comunicazione. Questo racconto è una AU a cui inizialmente volevo dare uno sfondo storico ben preciso, dove anche personaggi storici realmente esistiti si sarebbero mossi all'interno della fic. Poi, ho realizzato che sarebbe stato molto, molto difficile gestire una cosa così impegnativa e ho deciso di darle comunque una sorta di carattere storico, richiamando stili e abitudini tipicamente medioevali, ma inventando l'era di riferimento emescolandoci alcuni elemneti fantasy.  Altro appunto, sì, si tratta di una Goku/Vegeta, ma vuole essere innanzitutto un racconto avventuroso, quindi non abbiate pregiudizi fin dall'inizio. Beh, io incrocio le dita e spero che il mio racconto vi piaccia e vi faccia appassionare, spero di dar vita a qualcosa di originale e più maturo rispetto alle altre mie fic, ma sarete voi a stabilirlo ^^.

Disclaimer: Dragon Ball e il suo universo appartengono ad Akira Toriyama. Il racconto non ha scopo di lucro.

 
 
Antefatto
 
 
 
La leggenda narra che molto tempo fa Dei e Demoni vivessero lontani, senza possibilità di entrare in contatto gli uni con gli altri, tranne che in determinati momenti temporali e sempre sotto l’occhio vigilie dei due sovrani.
I primi risiedevano nel mondo celeste, guidati da Kaiohshin il sommo, e incarnavano le qualità, le virtù e le forze positive della natura.
I secondi, relegati nelle profonde oscurità degli Inferi sotto il comando di Re Enma, erano la nemesi delle divinità celesti: rappresentavano sentimenti quali odio, paura e dolore ed erano altresì responsabili di catastrofi e calamità naturali.
Tutti erano a conoscenza della ferrea legge divina e i due mondi non entrarono mai in contatto al di fuori dei tempi prestabiliti, almeno fino a quando il demone scimmia della guerra Oozaru e la dea della luna Blutz non s’innamorarono.
Per secoli il demone l’aveva scorta da lontano, mentre con i suoi pallidi raggi illuminava le notti buie e immenso era stato il suo stupore quando aveva scoperto che durante le più grandi battaglie, Blutz aveva fatto lo stesso.
Così contro ogni logica, i due amanti, assumendo forma umana, si erano incontrati nel mondo di mezzo: la Terra.
Pur sapendo che prima o poi sarebbero stati puniti, preferivano godere di quei pochi attimi che riuscivano a vivere insieme, piuttosto che passare un’eternità senza mai potersi toccare; e dal loro amore nacque un bambino, un bambino bellissimo e dannato, dai capelli biondi e la coda di scimmia.
I due, però, non riuscirono a nascondere il loro amore ancora a lungo: il demone dell’odio Garlic li scoprì e denunciò il fatto a Re Enma.
Gli amanti furono separati e sottoposti al giudizio divino: Oozaru venne privato dei suoi poteri e rinchiuso nelle profondità della terra, senza avere mai più la possibilità di vedere il mondo esterno; Blutz venne relegata nel regno dei cieli.
Per quanto riguarda il bambino, ne Kaiohshin il sommo, ne Re Enma ebbero la forza di togliere la vita ad un neonato, così decisero che sarebbe stato il fato a scegliere per lui: fu così che il piccolo Saiyan venne spedito sulla Terra e di lui non si seppe più nulla.
Ma questo accadde molto, molto tempo fa…
 
 
*****
 
“Così devi andare figlio mio, questo è il tempo dell’addio,
ma io ti rincontrerò se Iddio ci ascolterà”
(Ascoltaci-Il principe d’Egitto)
 
 
III Evo dell’Era Shitennou
 
                Bardak era inquieto quella sera. Un vento gelido spirava da Est, facendo scricchiolare le assi del tetto. Non sapeva che cosa lo innervosisse, ma c’era qualcosa nell’aria che non gli faceva presagire nulla di buono. Scrutò il cielo terso in direzione della luna, simbolo della sua razza, la fiera e orgogliosa razza dei guerrieri Saiyan, nelle cui vene scorreva il sangue di antiche popolazioni barbariche. La pallida luce lunare illuminava il volto teso del guerriero, segnato da una profonda cicatrice sulla guancia sinistra. Scrollò la testa, forse la recente scomparsa della moglie lo aveva reso instabile.
Un mugolio sommesso proveniente da una piccola culla nella stanza lo fece voltare e, dirigendosi verso il giaciglio, scrutò con sollievo il viso profondamente addormentato del suo secondo genito appena nato, Kakaroth. Il piccolo aveva poco meno di una settimana e sua madre era spirata proprio nel darlo alla luce. Le levatrici avevano capito subito che il parto sarebbe stato complicato, ma la situazione era precipitata poco dopo la nascita del piccolo: il sangue non si era arrestato, consumando lentamente la vita della sua compagna.
Ricordava il suo volto cereo, ma sorridente per aver messo al mondo un altro guerriero. Sul suo capezzale le aveva promesso che Kakaroth e Radish sarebbero diventati due dei migliori combattenti del loro clan.
Bardak osservò il figlio con orgoglio: quella minuscola creatura era il suo ritratto dalla punta dei piedi a quella dei capelli. Radish, il primogenito, ormai prossimo all’adolescenza, gli assomigliava, ma non come Kakaroth. Anche se non l’aveva dato a vedere, per il ragazzino, la perdita della madre era stata un duro colpo. Non aveva pianto, ma Bardak in quegli ultimi giorni lo aveva visto spesso con gli occhi arrossati; usciva il mattino presto per andare a cavallo e poi si allenava costantemente, sia nel corpo che nell’uso della spada. La sera era talmente stanco da addormentarsi istantaneamente.
Con un sospiro di sollievo constatò che il piccolo non si era svegliato. Era una vera impresa farlo addormentare e anche la balia era sicura che il bambino dimostrasse già il suo caratterino da vero guerriero.
Fu proprio mentre osservava il volto addormentato del figlioletto, che il corno di Toma risuonò nella valle. Era il segnale di pericolo. Con uno scatto fulmineo il saiyan afferrò la spada e si precipitò all’esterno, mentre Kakaroth aveva iniziato a strillare nella culla. L’aria fredda di quella notte d’autunno gli sferzò il viso. L’intero villaggio si era destato e i guerrieri, uomini e donne, brandivano le loro armi pronti a difendere il territorio.
Chi mai poteva aver avuto l’ardire di attaccare il temuto popolo dei guerrieri Saiyan?
Il solo pronunciare il loro nome era motivo di terrore da parte delle popolazioni dell’intero continente. Con coraggio e ardore avevano piegato le popolazioni del Nord, assoggettandole al potere di Lord Freezer.
Bardak rabbrividì di disgusto al pensiero di quel maledetto. Come Re Vegeta avesse acconsentito che diventassero i suoi cagnolini ancora non riusciva a capirlo. Si ricordava bene quando era comparso seguito dai suoi scagnozzi più feroci, Zarbon e Dodoria. Anche se erano solo in tre l’aura maligna che li pervadeva era più che percepibile, era quasi palpabile.
Lord Freezer apriva la fila al centro, Zarbon alla sua sinistra e Dodoria sulla destra.
Avevano attraversato il villaggio con uno sguardo di disprezzo e derisione dipinto negli occhi e nessuno prima d’ora aveva mai osato tanto. Per questo motivo Radek, insieme al suo gruppo di guerrieri, li aveva fermati rabbioso, domandando per quale motivo stessero attraversando il villaggio di Vegeta, il cui nome era tramandato di generazione in generazione agli eredi al trono, senza alcun rispetto, e se si rendevano conto di chi avevano davanti. Lord Freezer dal canto suo non aveva mostrato alcun timore nel rispondere divertito “Un branco di scimmioni”.
In men che non si dica si erano ritrovati circondati da una ventina di guerrieri Saiyan, furibondi e armati fino a denti. Bardak aveva osservato la scena da lontano, pronto ad intervenire in caso di aiuto, che a parer di molti, non sarebbe stato necessario. Cosa potevano tre uomini contro l’intero casato dei Saiyan? Eppure l’istinto aveva detto a Bardak di non abbassare la guardia. Chiunque avrebbe già implorato pietà, ma non quei tre, il cui aspetto non incuteva certo timore: Lord Freezer, avvolto da un lungo mantello nero, era appena poco più altro un ragazzino di dodici anni, con una corporatura minuta e poco muscolosa, era calvo con il volto squadrato, il naso piccolo e due occhi viola dallo sguardo crudele. Dodoria, calvo anche lui, sembrava un monaco decisamente sovrappeso, nella sua tunica marrone. Zarbon, con lunghi capelli intrecciati dietro la testa, era l’unico dei tre ad avere l’aspetto di un guerriero: alto almeno un metro e ottanta, muscoloso e forte, indossava una pesante armatura, ma i suoi movimenti erano sicuri e disinvolti. Tuttavia il viso angelico dai tratti regolari, strideva con il ghigno di scherno che aveva stampato in volto. Quando Radek aveva attaccato tutti erano rimasti a bocca aperta nel vedere uno dei più valorosi guerrieri del villaggio, scaraventato nella pozza dei maiali dal corpulento Dodoria. Nessuno avrebbe mai immaginato che un uomo della sua mole potesse muoversi tanto agilmente e soprattutto respingere il fendente della spada di Radek. Un silenzio attonito era sceso sulla scena, mentre Lord Freezer rideva di gusto alla vista del guerriero disteso nella melma. Radek schiumava di rabbia: non c’era niente di peggio per un Saiyan, che vedere il proprio orgoglio infangato, – in questo caso nel vero senso del termine – neanche la morte. L’arrivo di Re Vegeta, accompagnato dalla consorte in avanzato stato di gravidanza, aveva posto fine ad ogni discussione. I sovrani avevano ricevuto gli stranieri nel castello e solo dopo qualche ora erano stati visti uscire e allontanarsi dal villaggio. Nei giorni seguenti il Re non si fece vedere quasi mai, fino a che una mattina richiese una riunione dei guerrieri nella sala grande del castello. Con sguardo greve aveva annunciato ai sudditi sbalorditi che erano entrati in affari con Lord Freezer. Un borbottio di disapprovazione e sdegno si era subito diffuso nella nel grande salone, subito placato dal sovrano. “Se conquisteremo per lui i vari territori della regione, Lord Freezer ci ricompenserà con denaro e viveri a volontà. Invierò un messo per comunicare la notizia.”
“Ma vostra maestà, abbiamo sempre combattuto per il nostro tornaconto e siamo sempre stati capaci di procuraci tutto ciò di cui avessimo bisogno, non capisco perché abbiate deciso di sottostare alle richieste di quel tipo! Non ritengo sia necessario instaurare dei rapporti con gli stranieri, non li conosciamo e non possiamo fidarci!” a parlare era stato Toma, suscitando diversi sguardi d’assenso.
“Valorosi guerrieri” questa volta fu la Regina Rosicheena a parlare, alzandosi dal trono e mettendosi affianco del marito. Bella e altera, la Regina era un modello per tutte le guerriere, con la sua gentilezza e lealtà era amata da tutti, ma allo stesso tempo era anche una valorosa combattente, forte e coraggiosa, mentre il Re era in battaglia era lei ad avere il comando, cosa che non accadeva in nessun’altro regno, dove le donne dovevano occuparsi solo della casa e dei figli, figuriamoci comandare e combattere.
“Non dubitate del vostro sovrano, forse non potete capire il perché della sua scelta, ma dovete avere fiducia in lui. Vi ha sempre guidato bene e, sempre insieme a voi, ha combattuto grandi battaglie con coraggio e valore. Quindi perché dubitate di lui? So bene che il vostro orgoglio ha subito una scossa, i Saiyan sono guerrieri che combattono solo per il proprio popolo e la propria gloria e che fino ad ora non ci siamo mai alleati con nessuno, ma se il Re ha scelto così, sappiate che la sua è stata una decisione a lungo ponderata, con validi motivi per giungere a questa conclusione”.
Le parole della Regina sembravano aver rinfrancato i guerrieri e l’atmosfera era adesso più distesa.
“Ora tornate alle vostre attività con animo gaio” aveva continuato con un sorriso, afferrando dolcemente il braccio del marito e appoggiando una mano sul ventre “Presto saremo allietati dalla nascita di un erede al trono!”
Un boato di gioia esplose nel salone seguito da urla d’incitamento mentre i guerrieri battevano ritmicamente i piedi a terra. I sovrani guardarono i sudditi con approvazione, poi con un cenno del capo il Re sciolse l’assemblea e i tutti tornarono alle loro occupazioni, anche se molti, nonostante la lealtà verso i sovrani, continuavano a non approvare quella decisione e Bardak era uno di questi.
Cinque anni erano già trascorsi da quel giorno.
Adesso, invece, una minaccia che ancora non aveva volto incombeva alle porte del villaggio. Il ponte levatoio stava per essere sollevato in attesa che le sentinelle rientrassero, e gli arcieri erano in posizione sulle mura. I fanti erano già in sella ai cavalli armate di scudi, spade e mazze chiodate.
Il Re e la Regina erano stati avvisati e si preparavano con il popolo a dare battaglia.
“Stanno rientrando, preparatevi a sollevare il ponte” urlò Toma dall’alto delle mura. Bardak poteva vederli dalle inferiate: cavalcavano verso il villaggio, frustando i cavalli sui fianchi per spronarli ad essere ancora più veloci. Tuttavia a pochi metri dall’ingresso, una nube fitta di frecce infuocate accese il cielo notturno e le tre sentinelle caddero colpite mortalmente. I guerrieri sulle mura si ripararono dietro ai possenti scudi. Alcune frecce erano cadute dentro al villaggio, appiccando diversi focolai.
“Dove sono?” gridò il Re.
“Nascosti nel bosco!” 
“Forza uomini, seguitemi, pagheranno caro il loro affronto! Rosicheena porta con te delle guerriere e nascondete i bambini! Arcieri copriteci dall’alto e fate in modo che nessun nemico si avvicini!”
Bardak salì in sella al suo cavallo pronto a seguire il re, quando Radish uscì di casa, correndo verso suo padre: indossava una pesante cotta di ferro, la spada era già fissata al fianco ed imbracciava l’arco pronto a seguirlo.
“Padre! Combatterò anch’io!”
“Non se ne parla! Prendi tuo fratello e segui la Regina!” gli ordinò l’uomo “Capisco il tuo ardore, ma per te non è ancora il momento! Ora vai!” e senza attendere risposta colpì i fianchi del cavallo partendo in direzione del bosco, attraverso la vallata.
 
*****
 
Radish guardò suo padre uscire dalle mura del castello insieme a tutti gli altri guerrieri, fino a che il ponte levatoio non fu sollevato facendoli scomparire alla sua vista lui. Con frustrazione rinfoderò la spada e messo l’arco a tracolla rientrò in casa, mentre le fiamme cominciavano a divampare nel villaggio. Kakaroth nella culla strillava a più non posso. Il ragazzo prese alcune bisacce di latte di capra e il medaglione che era appartenuto a sua madre, sul cui retro era stampigliato lo stemma del clan, avvolse Kakaroth in una in una coperta e corse in direzione del castello, dove Seripa, Kendra, Vilandra, Kira e Nihm, le guerriere personali al servizio della Regina, aiutavano la sovrana a mettere al sicuro, nella stanza nascosta del palazzo, i più giovani.
“Forza, sbrigati!” gli urlò Seripa all’ingresso del castello.
Il ragazzo non se lo fece ripetere due volte e con le ali ai piedi corse in direzione del palazzo.
“Radish! Attento” l’urlo angosciato di Seripa lo fece voltare, e con terrore vide un altro nugolo di frecce infiammate incendiare il cielo notturno. Sapendo che non sarebbe riuscito a raggiungere il castello in tempo prima che la pioggia di frecce lo colpisse, Radish si infilò nella casa più vicina. In men che non si dica il fuoco cominciò a divampare, attaccando le travi del soffitto e facendo piovere pezzi di tetto incandescenti. Con il fumo che gli bruciava gli occhi cercò la finestra più vicina, ne spalancò le ante e facendo attenzione, saltò fuori dalla casa in fiamme. Si sentiva già spossato: il fumo inalato continuava a farlo tossire e a pizzicargli la gola. Inspirò ed espirò un paio di volte a pieni polmoni l’aria della notte. Quando finalmente i battiti ripresero un ritmo abbastanza regolare, alzò di nuovo lo sguardo verso il castello e con angoscia vide il corpo di Seripa disteso sui gradini in una pozza di sangue. Cosa diavolo era accaduto in quei pochi minuti in cui era nella casa in fiamme? Poi le udì.
Erano urla, urla di terrore e provenivano da dentro il castello. Gli altri bambini piangevano e strillavano, e Radish sentì le gambe cedergli. Chi o cosa li stava attaccando?
Poi tutto cessò e il silenzio scese sul villaggio in fiamme. Strinse Kakaroth ancora più forte contro di se, nel tentativo di calmarlo, ma non era facile quando il suo stesso corpo era scosso da insistenti brividi di paura.
Con fare furtivo si avvicinò ad una stalla e, presa una bisaccia di latte, la diede al fratellino nel tentativo di calmarlo. L’espediente sortì l’effetto desiderato e dopo qualche minuto, ignaro di quanto stava accadendo, Kakaroth cadde in un profondo sonno. Radish lo sistemò come meglio poteva nella grande sacca che aveva preso e, caricatoselo sulle spalle, uscì furtivamente dal temporaneo nascondiglio. Fece capolino sull’uscio per verificare se la strada fosse sgombra. Non aveva fatto in tempo a fare un passo che subito si ritrasse di nuovo dentro il fienile.
I suoi occhi non potevano aver visto davvero quello che gli si era proiettato di fronte. Eppure era spaventosamente reale.
Si accostò di nuovo alla porta e lo vide, proprio come vedeva il sangue di Seripa scorrere sulle gradinate del palazzo. Una creatura dalle ali nere come la pece, simile a quelle di un pipistrello, era appena atterrata sui primi gradini della scalinata, guardandosi intorno. Aveva un aspetto antropomorfo, ma il corpo era ricoperto da squame verdognole. Gli occhi erano piccoli e neri e sia gli arti inferiori che quelli superiori terminavano con artigli ricurvi di almeno dieci centimetri. A Radish sembrava che stesse annusando l’aria, forse stava annusando il loro odore. Il ragazzo si premette una mano davanti alla bocca per paura che il mostro potesse sentire il suo respiro affannoso. Non riusciva a muovere un solo muscolo.
“Papà, dove sei?”
 
*****
 
Bardak e gli altri guerrieri si trovavano al limitare del bosco. Come furie si erano gettate a capofitto verso il nemico, spronando i cavalli a tutta velocità. Ciò nonostante l’attacco che si aspettavano non era giunto e nessun nemico sembrava essere nei paraggi.
Un gruppo di Saiyan era sceso da cavallo per perlustrare la zona in cerca di tracce, mentre un centinaio di guerrieri li attendeva, tenendo i sensi all’erta.
Era una situazione surreale.
Dopo pochi minuti li videro tornare.
“Cosa avete scoperto?” domandò subito il re.
“Beh, ecco…” sembravano confusi “dalle impronte erano circa una trentina di guerrieri, ma le orme sono, come posso dire, deformi. Ma la cosa più strana è che da lì non si sono mossi, è come se fossero spariti nel nulla”
“Com’è possibile? Trenta guerrieri non posso essersi volatilizzati!” urlò il re “Devono pur essere da qualche parte!”
Si guardarono gli uni con gli altri, senza parlare, quando i cavalli cominciarono ad agitarsi, scalpitando e nitrendo.
“Che succede?” Bardak cercava di tenere a bada il proprio cavallo “Forza bello, calmati!”
Fu allora che un altro sciame di frecce infuocate, molto più grande del precedente, si abbatté nuovamente su Vegeta-sei dal versante sud. Le fiamme divamparono copiose e i guerrieri sembravano incapaci di muoversi, mentre vedevano le loro case sparire tra le fiamme. Gli arcieri sulle mura merlate si erano sparpagliati. Riuscivano persino a scorgere la figura del capitano Toma, intento ad impartire ordini.
“Mio Dio… i bambini!”
“Maledizione!” imprecò Bardack “Ci hanno teso una trappola, ci hanno fatto allontanare dal villaggio!” Spronò il suo cavallo in direzione opposta e così fecero molti altri insieme a lui. Era furibondo, i suoi occhi dardeggiavano nel buio, così come quelli dei suoi compagni. Quei vigliacchi stavano bruciando il villaggio e attaccando i loro figli. L’avrebbero pagata cara, li avrebbero trucidati uno ad uno nella maniera più crudele possibile. Avrebbero implorato pietà e avrebbe goduto insieme ai suoi compagni del loro terrore. Non avrebbero mai dovuto osare tanto. Bardak non riusciva a smettere di pensare a Radish e al piccolo Kakaroth, aveva promesso a sua moglie di proteggerli e per tutte le forze celesti lo avrebbe fatto fino alla morte. Il non sapere lo stava divorando d’angoscia, così come per molti altri genitori, madri e padri, che galoppavano al suo fianco. Erano a poco più di una cinquantina di metri dal fossato intorno alle mura di cinta quando li videro sfrecciare nell’aria come una nube di pipistrelli e gettarsi in picchiata sugli arcieri, scaraventandoli oltre le alte mura merlate e facendoli precipitare dentro il fossato con tonfi sordi.
“Cosa diavolo sono?”
“Non lo so, ma preparatevi a colpire!” Molti di loro, in sella al cavallo, prepararono l’arco. “Pronti?” gridò il Re.
Presero la mira e al comando “Scoccate!” centinaia di frecce si riversarono addosso al nemico. Una decina di quei mostri cadde, altri furono costretti ad atterrare per le ferite ricevute alle ali, quelli che potevano ancora volare si gettarono a capofitto contro i Saiyan al galoppo. I guerrieri recisero ali e arti, sporcando le lame di un liquido bluastro. Urla di dolore di combattenti feriti, nitriti spaventati di cavalli e stridii acuti di bestie si mescolavano indistintamente nel silenzio della notte. Nel frattempo, chi era ancora in grado di combattere sulla cima della mura, aveva nuovamente inforcato l’arco e aiutava in compagni nella zona scoperta ed erbosa. Bardak, impegnato contro un nemico, non si era accorto di un altro mostro che lo stava per attaccare dall’alto; fu proprio l’intervento di Toma, che con un'unica freccia conficcatasi dritta nel cuore, lo aveva abbattuto. La battaglia si concluse qualche minuto dopo con la vittoria dei Saiyan, tuttavia non c’era tempo per festeggiare, il villaggio stava ancora bruciando e non sapevano se quelle creature avessero o meno raggiunto il castello.
“Toma, sbrigati abbassa il ponte!”
“Arrivo subit-“ le parole si persero in un gorgoglio soffocato, mentre un rivolo di sangue gli colava dall’angolo della bocca.
“TOMA!” Lo avevano colpito alle spalle e Bardak poté solo assistere impotente, mentre il corpo del compagno veniva trapassato da parte a parte da una lama, e poi spinto senza alcun ritegno oltre le mura merlate. Si precipitò immediatamente verso il corpo dell’amico ormai esanime.
“Forza Toma! Resisti!”
Quelle parole erano più per sé stesso che per il compagno, perché sapeva che ormai non c’era più nulla da fare. Con le poche forze che gli rimanevano Toma afferrò il polso dell’amico.
 “Per me è finita…” rantolò “i bambini…urla…dal castello…” Il cuore del guerriero Saiyan si gelò in un attimo a quelle parole.
Gli altri compagni avevano osservato la scena da qualche metro e distanza, incapaci di proferire parola. Il re alzò lo sguardo sul punto da cui era caduto Toma e, con stupore misto a rabbia, vide Lord Freezer.
“TU!” urlò “MALEDETTO BASTARDO!”
Un sorriso mellifluo si stampò si sul volto di Freezer “Sì sono proprio io. Sai Re Vegeta, ho preso una decisione importante per la vostra razza” fece una piccola pausa per ammirare la reazione dei guerrieri “ è arrivato per voi il momento di estinguervi!”
“Sei solo un vigliacco e un traditore! Non ascolterò le tue idiozie un minuto di più! Uomini, annientatelo!” Il comando del Re non si fece attendere e i guerrieri scagliarono lance, dardi e frecce, ma nessun colpo andò a segno, come se ci fosse un muro invisibile che lo proteggeva.
“Che diavoleria è mai questa?” strillò qualcuno.
“Diciamo miei cari scimmioni che mi sono evoluto ad un livello superiore e voi sarete i primi ad avere l’onore di vederlo!” l’affermazione fu seguita da una risata malefica, mentre guardavano il corpo di Freezer trasformarsi sotto i loro occhi.
“Cosa hai fatto ai nostri figli?” Bardak non riusciva a distogliere lo sguardo da quello che fino a poco prima sembrava un uomo indifeso, a cui ora stavano spuntando due corna aguzze e taurine, e una lunga coda serpentina.
“Non devi preoccuparti per loro Saiyan, presto li raggiungerete”. Il cielo si rannuvolò e un fulmine squarciò il cielo notturno illuminandolo a giorno. Freezer alzò le braccia verso l’alto e un enorme buco nero si spalancò “Miei soldati uccideteli tutti, ma risparmiate il re, ho bisogno di fare ancora due chiacchere con lui”. Migliaia di mostri si riversarono al di fuori del varco.
“Forza uomini, combatteremo fino alla morte, per l’onore dei Saiyan!” I guerrieri levarono le spade al cielo pronti per l’ultima battaglia.
Bardak sapeva che era la fine, ma avrebbe fatto in modo di portare con sé più mostri possibile, forse anche Freezer se ce l’avesse fatta.
Poi avrebbe finalmente rivisto sua moglie, Kakaroth e Radish.
 
 
*****
 
 
Nulla si muoveva intorno a lui e l’unico rumore era il crepitare del fuoco, che poco a poco stava inghiottendo il villaggio, distruggendo tutto ciò che Radish aveva conosciuto nella sua giovane vita.  Sentiva il cuore pulsargli con forza fin dentro la testa, con respiri profondi cercava di regolarizzarlo e almeno le mani avevano smesso di tremare convulsamente.
Gli occhi gli bruciavano, ma non per il fumo, due grosse lacrime cominciarono a rotolargli sulle guance. Si vergognava di sé stesso; era stato incapace di reagire, rimanendo pietrificato come una statua, mettendo a repentaglio anche la vita di suo fratello con la sua codardia. Si era salvato solo perché l’attenzione del mostro era stata richiamata da un’altra parte ed era volato via.
Apparteneva alla razza dei grandi guerrieri Saiyan e lui era rimasto nascosto come un codardo anziché affrontare il nemico. Che cosa avrebbe pensato suo padre?
Si lasciò andare ai singhiozzi, consapevole che nessuno l’avrebbe visto. Troppe cose erano successe in quella notte e lui era solo un ragazzino, troppo giovane per poter sopportare da solo tutto quello che stava accadendo. Tuttavia doveva farsi forza, soprattutto per Kakaroth. Con quel pensiero, si asciugò le lacrime, deciso a raggiungere i guerrieri che probabilmente stavano combattendo oltre le mura del villaggio. Facendo attenzione si avvicinò all’ingresso del villaggio, ma si arrestò di colpo quando vide la figura sulle mura del castello.
“Lord Freezer…” sussurrò. Che diavolo ci faceva lì quell’essere viscido? Stava gridando qualcosa, ma da quella distanza non riusciva a sentire nulla. Senza staccare gli occhi dalla figura, si avvicinò il più possibile, nascondendosi alla base dello spesso muro di pietra, sotto uno degli archi di scolo dei liquami ad una cinquantina di metri. Non scelse a caso quel posto, sapeva infatti che una delle grate di ferro era difettosa e poteva essere sfilata per accedere all’esterno, inoltre poteva vedere a distanza di sicurezza che cosa stava succedendo dall’altra parte della fortificazione e, allo stesso tempo, tenere sotto controllo il nemico. Aveva scoperto quel passaggio poco tempo prima, quando a causa di una bravata, lui e altri cinque ragazzi erano stati costretti a ripulire i suddetti passaggi per punizione. Questa volta, però, non ebbe ribrezzo ad immergersi nella melma putrida fino alle ginocchia.
“Cos’hai fatto ai nostri figli?” Radish riconobbe subito la voce che aveva gridato, la voce di suo padre. Artgliò le grate sporgendosi di più per vedere meglio. I guerrieri avevano appena dato battaglia e adesso ascoltavano Freezer. Tuttavia qualcosa non andava, il cielo si stava rannuvolando e grossi fulmini riempivano l’aria già carica di tensione.
“…uccideteli tutti…!” Radish trattenne il fiato quando un enorme buco nero si aprì nel cielo, facendo fuoriuscire un migliaio di quei mostri, che muovendosi come un’unica entità si gettò a capofitto sui guerrieri, cominciando a colpirli e ferirli. Ma niente era paragonabile all’orrore della mutazione del corpo di Freezer. Kakaroth nel frattempo si era svegliato, Radish lo sentiva mentre si agitava sulle sue spalle, emettendo flebili vagiti di disapprovazione per lo sbatacchiamento subito. Impietrito ed impotente il ragazzo afferrò con forza la sbarra rotta, urlando il nome di suo padre, assediato dai mostri. Lo vedeva, non era lontano e non sapeva se le sue parole si fossero perse nel vento, mentre arrancava nella melma, con il peso del fratellino sulle spalle. Non gli importava di fare rumore, ma doveva fare qualcosa. Prese l’arco e una freccia, e tendendo la corda la scoccò verso il mostro che aveva artigliato suo padre alle spalle. Bardak si liberò momentaneamente confuso, guardandosi intorno, fino a che i suoi occhi non incontrarono quelli del figlio maggiore, mentre teneva ancora l’arco stretto tra le mani tremanti.
L’uomo era sbigottito e felice oltre ogni immaginazione alla vista dei due figli, probabilmente gli unici che avevano ancora la possibilità di salvarsi dalla distruzione. Bardak intuì subito le intenzioni del figlio, ma non poteva permettere che si avvicinasse al campo di battaglia.
“VIA!” urlò con quanto fiato aveva in corpo, proprio mentre due mostri lo avevano assalito e atterrato. Sapeva che ormai era la fine, ma con le ultime forze, mentre giaceva riverso a terra con il viso schiacciato contro l’erba umida della sera, alzò lo sguardo guardando la schiena di suo figlio correre senza voltarsi dentro il bosco.
Inspirò un’ultima volta l’aria della notte intrisa di sangue, sorridendo, poi scese il buio.
 
 
*****
 
 
Lord Freezer era molto soddisfatto dello spettacolo a cui aveva assistito: vedere quel branco di scimmioni pensare di avercela fatta, per poi assistere al loro muto terrore davanti alla sconfitta, era stato qualcosa di sublime. Doveva ammettere però che quegli scimmioni si erano battuti con vera tenacia, superando quasi il triplo di uccisioni rispetto il loro numero. Per qualche minuto aveva temuto di dover intervenire, ma alla fine erano stati sopraffatti. Certo, aveva perso dei validi alleati, ma la loro estinzione era necessaria, in futuro avrebbero potuto rivoltarglisi contro, anzi, era sicuro che sarebbe successo. Meglio eliminare il problema alla radice, senza contare che il loro sterminio era il primo passo per l’attuazione de suo piano. L’unica pecca di tutta quella faccenda erano stati i due marmocchi che erano fuggiti nel bosco. Tuttavia quello era un danno a cui aveva posto subito rimedio, inviando Zarbon e Dodoria al loro inseguimento. Nessun Saiyan sarebbe sopravvissuto quella notte, tranne il principino, di cui aveva ancora bisogno.
Si diresse verso l’uomo che aveva lasciato momentaneamente in vita, librandosi a pochi centimetri dal suolo, per non sporcarsi con il sangue che inzuppava l’erba circostante.
L’uomo era disteso a terra, sorvegliato da due creature. Non che ce ne fosse bisogno, serviva solo ad infliggere un ulteriore colpo all’orgoglio dell’ormai ex Re Vegeta.
“Bene, bene…” esordì “vedo che finalmente mi guardi come si conviene ad uno zotico della tua specie, dal basso verso l’alto.”
“Tu… maledetto…” disse l’uomo tra i denti “Perché?” fu l’unica cosa che riuscì ad aggiungere, cercando di alzarsi facendo leva con il braccio sinistro. Il tentativo fu subito stroncato da un calcio diretto alle costole, da parte di uno dei mostri. L’uomo ricadde a terra, tossendo convulsamente.
“Vedi caro Vegeta, lo sterminio della tua razza fa parte di un disegno molto più ampio, un piano che mi permetterà di dominare su tutto il mondo.”
“Cosa hai fatto a mio figlio?” domandò, quasi fosse una supplica. Era stato la settimana prima, Lord Freezer era venuto al villaggio e aveva richiesto esplicitamente di poter seguire l’addestramento del Principe Vegeta, che nonostante la giovanissima età, appena cinque anni, riusciva già a padroneggiare l’arte dell’arco, con risultati eccezionali, senza contare quella del saper seguire le tracce durante la caccia e i primi tentativi di costruzione di trappole. Era un bambino straordinario, altero e orgoglioso, con doti e predisposizioni al combattimento eccezionali, sarebbe diventato il più forte di tutti i guerrieri.
“Non devi preoccuparti per lui, mi prenderò cura io del principino e ti prometto che diventerà un guerriero forte e spietato, al mio servizio s’intende!” L’uomo a terra, in un impeto d’ira tentò di alzarsi, ma senza successo.
“Smettila di divincolarti, non fai che peggiore la tua già precaria situazione. Come ti dicevo, anche il Principe ha un ruolo fondamentale in tutta questa storia, lo lascerò vivere, almeno fino a quando non sarà arrivato il suo momento…”
“Che cosa vuoi dire…?”
Uno ogni mille anni… ti dice niente questa frase?” Re Vegeta sussultò. La leggenda del super Saiyan, certo che la conosceva, ma era appunto una leggenda, come poteva Freezer credere ad una cosa simile?
“Sei pazzo!” urlò l’altro.
Lord Freezer sorrise compiaciuto, mentre il suo corpo cominciava di nuovo ad assumere fattezze umane. ”Non sono pazzo, la leggenda è vera e tuo figlio è il Prescelto… Sono sicuro che la cosa ti renderà estremante orgoglioso, non è vero?”
“Cosa vuoi fargli?” il Re non poté nascondere l’apprensione nella sua voce.
“Quando sarà il momento giusto lo ucciderò e mi prenderò il suo potere, il potere di un Dio!” Re Vegeta tentò di nuovo di divincolarsi, urlando. Lo tenevano fermo, ma la sua furia era incontenibile. Con un colpo secco si girò sulla schiena, afferrando i due mostri per le caviglie e facendogli cadere, ne afferrò uno al volo e gli spezzò il collo con un unico colpo secco. Rotolò su un fiancò e afferrò una freccia che aveva adocchiato qualche minuto prima, mentre quel pazzo di Freezer farneticava, e la impiantò nel petto dell’altro mostro.
“Oh, hai ancora la forza di combattere?” Freezer guardava il suo avversario con scherno. “Sono molto impressionato dalla tua tenacia, lo devo ammettere, ma è ora di farla finita!”
Re Vegeta si scagliò contro Freezer, ma la spossatezza gli aveva rallentato i sensi e quindi non si accorse del movimento fulmineo dietro l’avversario, se non quando era troppo tardi. La coda di Freezer lo aveva afferrato per il collo, sollevandolo un metro da terra. Artigliò la carne di quella protuberanza con tutte le forze che gli rimanevano, ma non fu in grado di liberarsi, mentre Freezer stringeva sempre più forte attorno al suo collo. Continuò a divincolarsi, ma aveva la vista offuscata e la mancanza d’aria gli stava facendo perdere i sensi. Dopo qualche altro secondo di resistenza, anche il re si arrese e le possenti braccia ricaddero inermi lungo i fianchi.
“Avrò l’immortalità mio caro Re Vegeta…”
 
 
 
 
*****
 
 
 
Una pioggerella fitta si abbatté quel pomeriggio su Bosco Grigio, Radish cercò riparo alla base di un grande castagno dalle fronde molto fitte, che intrecciandosi ai rami degli alberi vicini, lo proteggeva dalla pioggia. Rabbrividì, cercando di trovare un po’ di tepore negli abiti ormai umidi e che non gli offrivano alcuna protezione dal gelido vento autunnale che gli si insinuava sotto le vesti. Purtroppo non poteva accendere un fuoco, i suoi inseguitori erano ancora sulle sue tracce e già troppe volte era aveva rischiato che li scoprissero. In ogni caso anche se avesse voluto accendere un fuoco sarebbe stato pressoché impossibile con tutta quell’umidità. Adagiò Kakaroth al suo fianco, mentre il piccolo avvolto dentro la pesante coperta, dentro la sacca, dormiva beato. Radish lo invidiava, lui al contrario era stanco morto, da più di tre giorni vagava nel bosco nel tentativo di raggiungere il villaggio di Shirna al di là della foresta e di avvisare tutti di ciò che era accaduto. Purtroppo i suoi inarrestabili inseguitori lo costringevano a cambiare strada ogni volta o a deviare in continuazione. Si alzò per raccogliere dei cardi che giacevano li vicino e poter mettere qualcosa nello stomaco. Cosa avrebbe dato per poter affondare i denti in una bella coscia di cinghiale arrosto, anziché masticare delle stoppose castagne. Sospirò, ripensando alle battute di caccia insieme a suo padre e ai succulenti pranzetti di sua madre. Quando avvertì il familiare pizzicore agli angoli degli occhi, decise di modificare il flusso dei suoi pensieri. Tutto ciò che ricordava era ridotto ormai ad una nuvola di cenere nel vento. Forse aveva bisogno di dormire almeno qualche ora, ma aveva troppa paura ad addormentarsi, i nemici avrebbero potuto attaccarlo, così come un branco di lupi o creature ancora peggiori. Tuttavia, se non l’avesse fatto prima o dopo sarebbe crollato comunque, doveva stabilire un perimetro e piazzare delle trappole d’avvertimento. Non c’era altra soluzione. Si alzò cominciando a stilare mentalmente una lista di ciò che li occorreva, quando un rumore di passi gli fece drizzare le orecchie. Si bloccò di colpo, cercando di capire da dove arrivasse il rumore, quando un’imprecazione lo fece sobbalzare. Corse vicino all’albero, nascondendosi dietro il tronco del castagno.
“Maledizione! Quanto tempo dobbiamo perdere ancora ad inseguire quei due marmocchi?”
“Tutto il tempo necessario Dodoria. Hai sentito Lord Freezer? Devono essere eliminati come gli altri. Lo sai che se non portiamo a termine la missione, saremo puniti e la cosa non mi và neanche un po’!”
“Hai ragione Zarbon è solo che sono nervoso. Quel marmocchio ci sta facendo fare il girotondo da tre giorni! Quasi quasi mi dispiacerà un po’ ucciderlo, ha talento il ragazzino.”
“Già…”
Erano vicini, troppo vicini. Radish si guardò febbrilmente intorno, doveva trovare un posto per nascondere Kakaroth e farli allontanare. La sua attenzione fu attirata da delle radici che fuoriuscivano dal terreno, andando a nascondere quella che doveva essere la tana di qualche piccolo animale. Prese lo zaino e lo nascose dentro un fitto cespuglio di rovi e si mise arco e frecce in spalla, poi, cercando di fare meno rumore possibile, afferrò il fratellino e lo depose dolcemente all’interno di quel piccolo spazio, insieme alla spada e al medaglione di sua madre.
Guardò il fratello ancora una volta, mentre una morsa di paura gli attanagliava il petto. Fece un gran respiro.
“Tornerò presto…” sussurrò.
Ma Radish non poté mantenere quella promessa.
 
 
 
*****
 
 
 
 
Disappunto. Completo e totale disappunto, questo era lo stato d’animo in cui versava Zarbon, temuto braccio destro di Lord Freezer. Erano riusciti a prendere e sistemare il marmocchio, ma ne mancava sempre uno all’appello. L’irruenza di Dodoria aveva posto fine a quella giovane vita prima che potesse rivelargli dove aveva nascosto il neonato. Comprendeva il moto di rabbia che aveva investito l’uomo, probabilmente avrebbe stretto anche lui la presa intorno a quel giovane collo più del dovuto, se qualcuno avesse osato sputargli in faccia.
Doveva riconoscerlo, il ragazzino aveva avuto fegato, sapeva già che in ogni caso non sarebbe sopravvissuto e aveva preferito prendersi quella piccola rivincita. Tuttavia, adesso, avevano un bel problema.
“Cosa facciamo? Sai bene che Lord Freezer ha ordinato lo sterminio di tutti i Saiyan, non sarà contento di sapere che ci siamo fatti sfuggire un marmocchio!”
“Ti stai preoccupando troppo Zarbon, ricordati che in fin dei conti si tratta di un bambino, un minuscolo bambino indifeso. Se non lo sbraneranno i lupi, sarà comunque destinato a morire di stenti nel giro di tre giorni. Nessuno lo saprà mai.”
Il ragionamento di Dodoria non faceva una piega. Zarbon cominciò a rilassarsi, forse si stava preoccupando troppo.
“E se devo dirti la verità, questa faccenda mi ha stancato” continuò Dodoria “Abbiamo già perso tre giorni e dovremmo sicuramente renderne conto. Lord Freezer si starà chiedendo che fine abbiamo fatto. Ci sono questioni più importanti che richiedono la nostra presenza, come sai bene.”
Dopo qualche secondo di riflessione dovette convenire che le argomentazioni del compagno erano più che valide. Non aveva senso sprecare altro tempo per un bambino che molto presto sarebbe morto.
“Hai ragione, è meglio se cominciamo ad avviarci. Ci aspettano molti giorni di cammino e sappiamo che a Lord Freezer non piace aspettare.”
Salirono sui cavalli e si misero in marcia, lasciandosi alle spalle Bosco Grigio e quel bambino che avevano ormai dato per spacciato.
 
 
*****
 
 
Si stava bagnando i capelli ed era notte e la cosa stava innervosendo Bulma. Tuttavia c’era qualcosa di ancora più fastidioso che rischiava di farle saltare in aria il sistema nervoso ed era quel pianto incessante che aveva preso a rimbombarle nelle orecchie da circa dieci minuti, svegliandola dal suo dolce sonno. Inizialmente aveva sperato che quelle urla cessassero il più velocemente possibile, ma così non era stato, anzi erano diventate più forti ed insistenti. Ecco perché, colta da un moto omicida, aveva lasciato la sua dolce tana, nonostante fosse notte, per partire alla ricerca del colpevole e cucirgli la bocca con un incantesimo.
“Guarda tu se una dolce fatina come me deve essere costretta a partire al buio nel cuore della notte! Lascia solo che trovi il responsabile e lo affatturo!”
Si stava avvicinando, lo strepitio non era più nella sua testa, ma forte e chiaro, mentre rimbombava in tutto il bosco.
Doveva sbrigarsi, il bambino avrebbe potuto attirare dei predatori con il suo continuo piagnisteo.  Non che fosse preoccupata per lui, ci mancherebbe, era per sé stessa che si preoccupava. Non era nei suoi programmi finire nello stomaco di qualche bestia notturna. Sfrecciò veloce nell’aria, mentre batteva le piccole ali azzurre dello stesso colore dei capelli e degli occhi. Finalmente arrivò a destinazione seguendo le urla che provenivano da un piccolo anfratto nascosto tra le radici di un albero. Si avvicinò con circospezione, facendo luce con la con la piccola bacchetta. Nascosto in quel buco, sporco di terra, c’era un bambino che piangeva a squarciagola. Tuttavia, quando lo sguardo del neonato cadde sulla piccola fata, si zittì di colpo, incuriosito da quella luce.
“Quindi eri tu a chiamarmi.” passata la rabbia iniziale, Bulma sorrise di fronte a quei profondi occhi neri che la scrutavano con curiosità. Le fate erano creature benigne, che avevano come compito principale, oltre a salvaguardare le foreste, anche quello di proteggere i bambini.
“Ma come ci sei finito qui?” domandò, sperando quasi che il bambino potesse dare una risposta. Poi lo sguardo della fata cadde sulla spada e il medaglione.
“Sei un saiyan! Ma…” Era sconcertata. Non sapeva cosa pensare. La notizia della distruzione del villaggio di Vegeta e lo sterminio dei suoi abitanti in maniera spietata e crudele si stava espandendo a macchia d’olio per tutto il paese e non solo tra gli umani, ma anche tra le creature magiche, suscitando lo sconcerto. Doveva essere stata una cosa orribile. Eppure quel bambino era lì davanti a lei, con un medaglione e una spada su cui era impresso lo stemma dei Saiyan. Com’era accaduto? Chi l’aveva portato lì?
Doveva scoprirlo.
Il bambino sollevò una manina, nella speranza di afferrare quella simpatica fiammella azzurra e quando capì di non poterla raggiunge, proruppe di nuovo in un pianto isterico, rischiando di spaccare i timpani a Bulma.
“Uffa, smettila di piangere!” urlò, cercando di sovrastare il pianto, mentre si tappava le orecchie.
Con molta probabilità il marmocchio aveva fame. Doveva fare qualcosa al più presto. Uscì di volata dalla tana alla ricerca di qualcosa, qualsiasi cosa per tappare la bocca a quell’essere ululante. Mormorò delle parole e dalla bacchetta uscì un fascio di luce bianca. Tutto intorno a lei fu avvolto da quel candido bagliore, fino a che non rimase impresso solo in alcuni punti. La fata guardò le tracce che si erano evidenziate grazie al suo incantesimo. C’erano delle orme, piccole orme che si muovevano tutte attorno e poi qualcosa di più luminescente tra un cespuglio di rovi.
Una sacca.
Si avvicinò, aprendola per verificarne il contenuto.
“Evviva!” una bisaccia di latte ancora mezza piena era lì, pronta per tappare la bocca al marmocchio. Con un incantesimo la fece lievitare fino al piccolo anfratto. Non appena gli occhi del neonato si posarono sul poppatoio volante, smise di piangere quasi nell’immediato, allungando le piccole mani e afferrando l’oggetto tanto desiderato.
In pochi secondi gli unici rumori furono la pioggia e il gorgogliare soddisfatto del bambino.
“Avevi proprio fame, eh? Non ti muovere mi raccomando, torno subito”. Gli disse Bulma, poi volò nuovamente all’esterno, per seguire le tracce che si addentravano nel bosco. Per fortuna non erano ancora sparite del tutto a causa dell’acqua e del fango. Le orme portavano poco più avanti, in una piccola radura ad un centinaio di metri da dove si trovava il bambino. Si avvicinò furtiva, notando che altre orme, coloratesi di rosse si sovrapponevano a quelle bianche.
Qualcosa di malvagio è stato qui.
Non aveva bisogno di altre supposizioni. Arrivata alla radura si potrò le mani alla bocca, pietrificata da quella scena straziante, facendo cadere persino la bacchetta.
Il corpo di un ragazzino giaceva riverso nella terra, abbandonato come uno straccio sporco. Il collo presentava un’angolatura del tutto innaturale. Sentì le lacrime pizzicarle gli occhi. Avrebbe voluto distogliere lo sguardo, ma non ci riusciva.
“Lo hanno ucciso senza il minimo scrupolo! Maledetti!” strinse i denti, ingoiando la rabbia e la frustrazione. Quel bambino non doveva trovarsi lì, non così, non in quel modo.
Volò fino a terra per raccogliere la bacchetta e si avvicinò al corpo del ragazzino.
“Hai voluto proteggerlo, non è vero?” Non riuscì a trattenere oltre le lacrime, che cominciarono a scendere copiose lungo le guance nivee. “Hai sacrificato la tua giovane vita per proteggerne un’altra. Dovevi volergli veramente molto bene. Era tuo fratello?”. Una domanda sussurrata nel vento, ma di cui Bulma sapeva già, in cuor suo, di conoscere la risposta.
“Non preoccuparti, mi occuperò io di lui d’ora in poi. Lo veglierò nello stesso modo in cui hai fatto tu. Il fato ha strade imperscrutabili, ma sono contenta che mi abbia fatto udire la sua voce. Ora però è il momento per te di riposare in pace…quiescit in terram.”
Il terreno vibrò sotto i piedi di Bulma e quel piccolo corpo spezzato dalla brutalità venne accolto dal terreno della foresta.  Delle splendide camelie, simbolo del sacrifico per amore, sbocciarono sulla terra che avrebbe protetto per sempre quel ragazzo.
“Addio” mormorò, mentre si alzava in volo per tornare sui suoi passi.
Si asciugò le lacrime, ora doveva agire.
Il bambino dopo aver vuotato la sacca di latte si era addormentato di sasso. La fata indirizzò lo sguardo alla spada e al medaglione.
“Questi li custodirò io, almeno fino a quando non sarà il momento di dirti la verità. È meglio che nessuno sappia che sei un Saiyan, gli assassini che sono stati qui potrebbe tornare a finire il lavoro se sapessero che sei ancora vivo.” Con un altro incantesimo i due manufatti si dissolsero. “E ora dobbiamo trovare qualcuno che si occupi di te…”
 
 
 
 
*****
 
 
 
Son Gohan non riusciva ad addormentarsi, continuava a rigirarsi nel giaciglio di fortuna che aveva improvvisato con i suoi uomini per quella notte. Alla fine si distese in posizione supina, con le braccia dietro la testa, ad osservare le stelle. Gli unici rumori erano il crepitio del fuoco, lo stridio dei grilli e lo sbadigliare degli uomini che facevano la ronda. Sorrise sotto gli spessi bassi neri, che da poco avevano iniziato a striarsi di grigio. Quella era la sua ultima missione come comandante dell’esercito di Ravenwald, delle terre del Sud, al servizio di Re Erebor. All’età di quarantacinque anni, non poteva di certo considerarsi anziano, ma lo stava diventando nei riflessi e i dolori dopo le battaglie cominciavano a farsi sempre più insistenti ogni volta. Non voleva trasformarsi in quei comandanti che si limitavano solamente ad elargire ordini e pianificare strategie, mandando le truppe in avanscoperta. Se non poteva più combattere e morire affianco ai suoi uomini, preferiva di gran lunga ritirarsi. Tuttavia aveva promesso al Re che si sarebbe occupato dell’educazione e dalla formazione delle reclute ancora per qualche anno, soprattutto quella di suo figlio, che avrebbe dovuto prendere il suo posto come comandante, per poi dedicarsi all’attività di fabbro. Era stato un grande combattente, conosceva le armi e voleva forgiarle di sua mano, magari migliorarle se era possibile, per rendere ancora più protetta e sicura la valle di Therin, nelle cui lande sorgeva la sua amata contea, alle pendici dei monti Paoz.
Come ultima missione Re Erebor[i] l’aveva inviato a Nord per incontrarsi con il sovrano delle terre di Senlin per discutere di trattative commerciali e diplomatiche, poiché in quelle regioni si trovavano molti dei più grandi giacimenti ferrosi del paese. Erano stati accolti con ogni onore e gentilezza possibile. Come avrebbe potuto essere diversamente? Da quando i quattro imperatori Kaioh, rispettivamente del Nord, del Sud, dell’Est e dell’Ovest avevano stabilito un trattato di pace e fratellanza, le grandi guerre trai quattro stati che dividevano il mondo erano cessate, assicurando un lungo periodo di pace tra i popoli. Tuttavia, nonostante la calorosa accoglienza, Son Gohan aveva notato fin da subito il turbamento negli occhi di Re Koku. Aveva appreso che qualcosa si stava muovendo nelle più remote regioni a Nord. Un certo Lord Freezer aveva formato un esercito, riuscendo addirittura ad ottenere il servizio degli spietati guerrieri Saiyan, e aveva cominciato a sottomettere i villaggi vicini. Aveva così inviato un messaggio all’imperatore Kaioh del Nord per informarlo di quello che stava accadendo. Son Gohan non sapeva se fosse ancora il caso di informare Re Erebor della faccenda, in fin dei conti si trattava delle terre del Nord, che non rientravano nella loro competenza. Inoltre l’imperatore Kaioh del Nord era un uomo saggio, sicuramente avrebbe prestato ascolto alle parole di Re Koku, ed era sicuro che avrebbero sistemato questo Lord Freezer nel minor tempo possibile.
Era già trascorsa una settimana da quell’incontro e non vedeva l’ora di tornare a casa, ma ancora molti giorni di cammino lo separavano dai suoi amati Monti Paoz. Al momento erano accampati poco distanti dal villaggio di Shirna al limitare di Bosco Grigio. Stava per girarsi su un fianco, quando con la coda dell’occhio vide un bagliore azzurro, scintillare tra gli alberi del bosco. Si alzò a sedere di scatto, osservando il punto in cui aveva visto quella luce, ma non vedeva altro che buio.
“Forse la stanchezza mi sta giocando brutti scherzi…” mormorò tra sé e sé.
Quand’ecco di nuovo il bagliore. Si alzò in piedi, facendo attenzione a non svegliare gli altri uomini. La luce appariva e spariva nel buio della foresta. Sembrava che neanche le vedette si fossero accorte della sua presenza, eppure era lì, sembrava chiamarlo. Afferrò la spada e senza farsi vedere si avvicinò agli alberi che formavano il limitare della foresta. La luce si spingeva sempre di più al suo interno e Son Gohan non esitò a seguirla, perché sentiva dentro di sé che non c’era pericolo. Si inoltrò tra la fitta vegetazione, seguendo quella luce. Camminò per diversi minuti, senza sapere quanto si era addentrato nel bosco, alla fine giunse in una radura e la luce si fermò vicino ad una insenatura tra le radici di un albero. L’uomo si avvicinò con circospezione, spostò le radici e rimase di stucco nel trovarvi al suo interno un bambino che agitava le manine verso l’alto, gorgogliando.
“C’è nessuno?” domandò nel silenzio della notte. Non ottenne risposta. Possibile che avessero abbandonato un bambino nel bel mezzo della foresta? Allungò le braccia verso il fagotto, e Son Gohan si ritrovò a fissare due grandi occhi neri, che lo guardavano felici e sentì un grande calore invadergli il petto. Da quando la sua amata moglie era morta insieme al bambino che portava nel ventre, Gohan non si era mai più risposato e aveva dedicato tutta la sua vita a proteggere Ravenwald, ma aveva sempre desiderato un figlio.
Guardò di nuovo quel bel bambino e prese la decisione che avrebbe cambiato la sua vita.
“Verrai a Ravenwald con me, sarai mio figlio e il tuo nome sarà Son Goku!”
 
 
 
“Ora sei salvo, sicuro vivrai, la nostra speranza sei tu.
Cresci fratello, ritornerai.
Libererai tutti noi.”
(Ascoltaci-Il Principe d’Egitto)
 
[i] Il nome Erebor è un piccolo omaggio al libro di Tolkien “Il Signore degli Anelli”. È il nome della Montagna Solitaria ove risiede il regno dei Nani.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1
 
 
“Eccomi, sono qui, venuto al mondo selvaggio e libero.
Eccomi, forte e giovane, nel posto mio rinascerò.
Questo è un nuovo mondo, è un nuovo giorno,
nel battito forte del mio giovane cuore.
Una nuova vita, mi attraversa la strada,
terra nuova e sole, son qui per me.”
(Eccomi-Spirit, cavallo selvaggio)
 
 
 
Venticinque anni dopo.
 
“Sir Gohan!”     
L’uomo alzò la testa dal lavoro che stava eseguendo, in direzione della giovane voce femminile che l’aveva chiamato, mentre molte gocce di sudore gli imperlavano il viso. Si passò l’avambraccio sulla fronte, nel vano tentativo di apparire più presentabile, ma con scarsi risultati. Si avvicinò quindi al catino pieno d’acqua che aveva lì vicino e si sciacquò abbondantemente mani e viso, tamponandosi con uno straccio pulito. L’estate era prossima alla fine, tuttavia le giornate erano ancora molto calde e la cosa non aiutava di certo l’anziano uomo che lavorava a stretto contatto con il fuoco e le armi incandescenti. Gohan si affacciò alla porta del suo laboratorio, giusto in tempo per vedere la principessa Chichi comparire oltre il pendio della collina. L’uomo sorrise sotto i baffi ormai completamente bianchi. Conosceva già il motivo della visita della ragazza.
“Sir Gohan, sono venuta a trovare Goku!” disse la giovane, chinando appena il capo in segno di rispetto per l’uomo che era stato non solo il Capitano dei guerrieri di Ravenwald, ma anche un fidato e stimato consigliere per suo nonno, Re Erebor.
“Mi dispiace deludervi mia cara, ma è uscito a caccia insieme a Crilin, poco fa.”
Gohan non si lasciò sfuggire il lampo di delusione e disappunto in quei profondi occhi neri.
“Sa dirmi quando rientrerà?”
“Non saprei proprio, comunque, appena rientra lo avverto lo ha cercato. Sono sicuro che ne sarà felicissimo.” Lady Chichi sorrise radiosa. Lo salutò e lo ringraziò, incamminandosi nuovamente verso le mura di Ravenwald. L’ex Capitano era più che conscio dell’infatuazione che la Principessa aveva di suo figlio, come tutto il resto del villaggio in realtà, tuttavia sembrava che l’unico all’oscuro fosse proprio il diretto interessato. Chissà se Crilin ne avesse mai parlato con suo figlio.
Gohan scosse la testa. Come avrebbe affrontato il discorso del matrimonio ancora non lo sapeva. Già, perché Re Juma, pochi giorni addietro, gli aveva confidato il desidero di avere suo figlio come genero e come futuro Re di Ravenwald. Gohan non ne era rimasto sorpreso, anzi poteva dire di esserselo aspettato: da quando Goku aveva salvato la Principessa da un grande incendio che si era sviluppato all’interno del palazzo, si era guadagnato l’imperitura riconoscenza del Re oltre alla stima che già nutriva nei suoi confronti. Inoltre, il tenero sentimento che la Principessa dimostrava nei confronti del ragazzo doveva essere stato un altro fattore fondamentale per la decisione del Re.
Sospirò, incavandosi appena nelle spalle ormai ricurve dal peso degli anni. Suo figlio non avrebbe mai accettato, per lo stesso motivo per cui aveva rifiutato anche il posto di capitano. Goku era uno spirito libero, non gli interessavano né il potere né il denaro, tanto meno cariche politiche e di responsabilità. Sembrava che nella sua vita desiderasse solo una cosa: combattere.
Fin dalla più tenera età aveva dimostrato capacità al di fuori dell’ordinario. Tutto quello che Gohan gli insegnava sul combattimento, la caccia e le armi il ragazzino le assimilava nell’arco di pochissimo tempo. Gohan era stupefatto. Quello che lui aveva appreso nell’arco di mesi ed anni, il ragazzo lo aveva padroneggiato in settimane, a volte soltanto giorni, sottoponendosi ad allenamenti estenuanti, facendo sopportare al suo fisico punte estreme di fatica. Era veloce, rapido e soprattutto letale. Sembrava individuasse istintivamente i punti di debolezza negli avversari, colpendoli con precisione e forza. Quando era appena un ragazzino si era misurato con avversari molto più grandi e forti, durante i vari tornei che venivano organizzati tra le varie contee. Non ne era uscito vincitore fin da subito, ma si era sempre guadagnato delle ottime posizioni. Ogni volta che veniva sconfitto, il giorno dopo tornava ad allenarsi con più intensità e vigore. Dopo diversi tentativi aveva conquistato il podio e da allora non lo aveva più abbandonato. Suo figlio era un guerriero stimato, ammirato e amato da tutta Ravenwald e la cosa lo riempiva d’orgoglio oltre ogni immaginazione. Goku era speciale. Oltre ad essere un portento con le armi, era un giovane puro di cuore, a tratti ingenuo, dotato di una sincerità rara e genuina. Era sempre disponibile ad aiutare il suo vecchio padre nel suo piccolo laboratorio e offriva aiuto a chi ne necessitasse.
Gohan alzò gli occhi al cielo, domandandosi quando sarebbe rientrato. Era uscito con Crilin, il suo migliore amico, sicuramente non sarebbe stato tornato presto.
 
 
*****
 
 
“Ehi, Goku! Aspettami!”
Ma le parole di Crilin si persero nell’aria, mentre Goku spronava il suo cavallo ad aumentare la velocità. Il vento gli sferzava il viso, scompigliandogli i capelli neri. Affondò le mani nella folta criniera dorata di Speedy, mentre lo stallone spiccava un balzo, superando un grosso tronco riverso a terra.
“Dai, muoviti lumaca!” gridò Goku all’amico, una decina di metri più indietro. Il ragazzo vide la luce del sole farsi sempre più nitida tra le fronde degli alberi e pochi secondi dopo fu abbagliato dal suo riverbero, mentre con un altro balzo Speedy lo catapultava nella vallata di Ravenwald. Goku lanciò un grido di gioia, mentre abbandonava la presa sul suo destriero e alzava le braccia al cielo. Ogni volta era una sensazione meravigliosa. I monti Paoz svettavano nel limpido cielo serale, e Ravenwald era avvolta dal caldo colore ambrato del crepuscolo. Speedy rallentò, fermandosi al limitare del dolce pendio di una collina. Goku accarezzò il manto color avorio dell’animale, mentre quest’ultimo lanciava piccoli nitriti d’apprezzamento. Probabilmente quello sarebbe stato uno degli ultimi tramonti ad essere così spettacolare, considerando l’approssimarsi dell’autunno. Presto le foglie avrebbero abbandonato i rami e una fitta coltre di neve avrebbe ricoperto i monti e l’intera vallata. La fine dell’estate era un momento molto delicato per il villaggio, poiché bisognava preparare le scorte per l’inverno e tutti erano intenti ad organizzare le provviste nei magazzini. I cacciatori facevano i doppi turni e i contadini raccoglievano e macinavano il grano senza sosta. Non che il villaggio avesse mai attraversato momenti particolarmente difficili, ma occorreva essere sempre preparati. Goku ricordava qualche anno prima, durante un inverno particolarmente rigido, in cui incessanti bufere di neve si erano abbattute in tutta la regione, rendendo pressoché impossibile uscire per la caccia e nei rari momenti in cui vi era stata una tregua, spesso i cacciatori erano tornati a casa a mani vuote. Probabilmente la rigidità delle temperature e la scarsità di cibo avevano portato alla morte molti animali. Inoltre, quell’inverno, molti abitanti del villaggio avevano dovuto abbandonare le loro case e trovare riparo tra le solide mura del castello a causa del freddo pungente che passava dagli spifferi di porte e finestre.
“Potresti anche aspettarmi di tanto in tanto, sai?”
Crilin comparve affianco all’amico, in sella al suo cavallo, con una finta espressione di offesa.
“Non è colpa mia, lo sai che a Speedy piace essere il più veloce!”
Il cavallo nitrì, battendo lo zoccolo sinistro sul terreno.
“Ah, a me sembra che quel ronzino si dia un sacco di arie!” L’animale sbuffò, agitandosi, mentre Goku cercava di calmarlo.
“Ehi, non vedi che si offende?”
“Ma è soltanto un cavallo, come fa ad offendersi?”
“Perché avverte lo scherno nelle tue parole e dovresti aver capito da tempo che Speedy è molto intelligente.” Asserì stizzito il ragazzo, mentre accarezzava la criniera dorata dell’animale.
“Se lo dici tu amico!” rispose Crilin con un’alzata di spalle “Rientriamo, non vedo l’ora di cucinarmi questo bel cinghiale” continuò, indicando il suino selvatico agganciato dietro di lui sul dorso del cavallo.
“Hai ragione! Ho già l’acquolina in bocca!”
Colpendo i fianchi dei cavalli con gli speroni, in due partirono in direzione di Ravenwald.
 
 
 
*****
 
 
 
Goku e Crilin si lasciarono cadere a terra sull’erba umida della sera, tenendosi entrambi la pancia con aria soddisfatta. Gohan era ancora seduto vicino al fuoco che aveva accesso fuori dall’abitazione, sorridendo alla vista dei due ragazzi, amici fin dall’infanzia. Ogni volta Gohan si stupiva della quantità di cibo che i due riuscivano ad ingurgitare. Già, perché utilizzare il termine “mangiare” sarebbe stato poco consono considerata la velocità con cui i due avevano spolpato mezzo cinghiale. Erano anni che assisteva a scene del genere, eppure ogni volta non poteva fare a meno di rimanerne sorpreso. Quanti ricordi gli tornavano alla mente, ma ora doveva concentrarsi su questioni più importanti e avrebbe aspettato che Crilin tornasse a casa prima di affrontare l’argomento con Goku.
“Urca, che mangiata!”
“Puoi dirlo forte amico!” Crilin si rilassò, incrociando le braccia dietro la testa.
“Che ne dici di fare un po’ di allenamento domani sera?” domandò Goku allegramente.
“Ma sì, perché no? È un po’ che non faccio esercizio come si deve!” rispose l’amico.
“Suvvia, non vorrai dirmi che seminare patate o strigliare cavalli è diventato più importante del tuo obbiettivo?”
Crilin sospirò, passandosi una mano tra i corti capelli neri. Il suo viso, tondo e gioviale si rannuvolò per un momento.
“No, certo che no.” Borbottò sommessamente.
“Qual è il problema allora?” gli domandò Goku alzandosi a sedere. Crilin fece lo stesso, guardando l’amico dritto negli occhi.
“L’altra sera ho litigato con mio padre. Ha detto che la devo smettere con la storia degli allenamenti e dei combattimenti e che non entrerò mai a far parte dell’esercito di Ravenwald. Dice che devo capire che il mio posto nella comunità è quello di contadino e stalliere.” Spiegò con aria più afflitta che mai.
“Sono tutte stupidaggini” urlò Goku, indignato. Come poteva un padre dire cose così crudeli al proprio figlio? “Sei un grande guerriero Crilin. Lui non ti ha mai visto combattere e non sa di cosa sei capace! Sono sicuro che entrerai a far parte dell’esercito!” asserì Goku con sincero fervore.
L’espressione di Crilin si rasserenò un poco alle parole dell’amico.
“Grazie Goku. È solo che sia tu, che Yamcha e Tensing ne fate già parte e io non desidero altro che difendere questa contea insieme a tutti voi! Purtroppo alle selezioni vengo spesso pregiudicato a causa della mia altezza.”
“Non devi preoccuparti Crilin. Sono certo che presto avrai modo di dimostrare le tue capacità!” concluse Goku, battendo una mano sulla spalla dell’amico.
I due ragazzi si alzarono e Crilin ricambiò il gesto d’affetto.
“Adesso è meglio che vada! Ci vediamo domani allora!”
“Certamente!”
Crilin salì in sella al suo cavallo, salutò sir Gohan e partì in direzione delle mura di Ravenwald. Goku lo guardò sparire nell’oscurità notturna, aveva ancora il braccio alzato in segno di saluto.
Suo padre era ancora seduto vicino al fuoco e contemplava le stelle. Goku sapeva che l’uomo non si era perso neanche una sillaba di quello che aveva parlato con l’amico.
Avevano discusso più volte dell’argomento e entrambi sapevano che una loro parola a Re Juma sarebbe stata più che sufficiente a permettere a Crilin di entrare tra le fila dell’esercito, ma nessuno dei due si era mai permesso di farlo. L’amico non avrebbe mai accettato dei favoritismi, voleva riuscirci con le sue sole forze, e sia Goku che Gohan erano più che convinti che il ragazzo ci sarebbe riuscito. Gohan li aveva osservati da sempre e, sebbene piccolo di statura, Crilin era davvero molto bravo e gli dispiaceva immensamente che le sue capacità fossero sottovalutate.
Son Gohan scosse la testa, non era quello il momento di formulare quei pensieri, doveva parlare a quattr’occhi con suo figlio.
“Che cos’è che ti angustia, padre?”
L’anziano uomo sussultò, colto alla sprovvista da quella domanda così inaspettata.
“Te ne sei accorto, eh? Significa che stai maturando!”
“Beh, sarò anche infantile e un po’ sempliciotto sotto molti aspetti, ma tu sei mio padre e ti conosco meglio di chiunque altro” spiegò Goku con un sorriso “Quando sei curioso ti si corrugano le sopracciglia e, se vogliamo dirla tutta, ti si infittiscono le rughe!”
Son Gohan sussultò, storcendo appena la bocca sotto i baffi per il disappunto, mentre Goku rideva a crepapelle.
“Insolente che non sei altro! Ti sembra questo il modo di parlare al tuo anziano padre?”
Un bel pugno assestato sulla testa di Goku, interruppe il flusso delle sue risate, per lasciare spazio ad un puerile piagnucolio.
“Ahio!” pigolò, massaggiandosi il capo “Stavo solo scherzando!”
“Porta rispetto!”
Gohan scrutò di sottecchi il figlio: la domanda di prima era servita soltanto per prenderlo in giro? Nonostante i dubbi era finito il tempo di tergiversare e l’uomo si fece serio in volto.
“Goku, c’è un cosa importante di cui devo parlarti.”
Il ragazzo smise immediatamente di lagnarsi, osservando attentamente il padre.
“Figliolo, posso chiederti se nutri qualche sentimento nei confronti di Lady Chichi?”
“Eh?” Goku non era sicuro di aver sentito bene.
“È proprio quello che ti sto chiedendo. Cosa provi per la Principessa?”
Una domanda semplice e diretta, ma che lasciò il giovane pensieroso.
“Rispondi sinceramente.” Lo incoraggiò Gohan.
Goku rifletté dentro di sé: che cosa provava per la Principessa?
Sicuramente un profondo affetto. Si conoscevano fin da bambini e avevano giocato insieme diverse volte, nonostante la diversità di rango.
Se chiudeva gli occhi poteva vedere ancora quella piccola, testarda bambina paffuta, con il suo vestitino blu e la cuffietta rosa a raccoglierle i lunghi capelli neri.
Quante ne avevano combinate! Ancora rideva ripensando a quella volta che erano tornati al castello dopo aver giocato a palle di fango. Re Juma era scoppiato a ridere, ma alla dama che si occupava di Chichi era quasi preso un attacco di cuore. Aveva urlato come una forsennata sul buon senso, la femminilità e altre cose, mentre la bambina veniva trascinata di peso nelle sue stanze.
Poi erano cresciuti e Chichi aveva cominciato a trasformarsi. Era diventata una splendida fanciulla con la pelle nivea, con una folta e lucente chioma corvina sempre raccolta in un’elegante croccia dietro la nuca. Goku, specialmente negli ultimi periodi, aveva iniziato ad intravedere un cambiamento nel comportamento di Chichi: arrossiva spesso, balbettava e non riusciva più a guardarlo negli occhi. Che la domanda di suo padre fosse direttamente collegata a quello strano comportamento? Anche Crilin aveva provato a parlargli al riguardo, ma non gli sembrava che la cosa avesse molta importanza.
Decise di rispondere sinceramente.
“Io e Chichi ci conosciamo fin da piccoli e abbiamo condiviso molti momenti insieme. Posso dire di nutrire per lei un profondo e sincero sentimento d’affetto. Tengo molto a lei e le voglio bene.”
Gohan rimase in silenzio, soppesando le parole del figlio.
“Ora posso chiederti il perché di questa domanda?”
L’uomo osservò attentamente il ragazzo, la cui espressione lasciava trapelare tutta la sua curiosità. Evidentemente, non aveva ancora capito nulla.
“Vedi figliolo, Re Juma desidera averti come erede, per tanto ti offre la mano della Principessa. Chiaramente Lady Chichi ne è entusiasta.”
“Co-cosa?!?” Dalla sorpresa Goku cadde riverso a terra.
Sposare Chichi! Diventare Re!
La sua mente oscillava tra sentimenti contrastanti. Si sentiva come sospeso sull’orlo di un precipizio.
Voleva bene a Chichi e sarebbe stata senza dubbio una brava moglie, ma era anche la Principessa e questo implicava che un giorno sarebbe diventato Re, con tutti i doveri che una corona comporta. Sarebbe stato in grado di assumersi una simile responsabilità?
Non lo so.
Solo l’anno prima aveva rifiutato la nomina di comandante e adesso gli veniva offerta addirittura la corona. Inoltre non poteva neanche tralasciare il fatto che, se avesse rifiutato, Chichi ne sarebbe stata ferita. Ma perché non aveva capito prima i suoi sentimenti?
“Quindi?” Gohan guardava il figlio, immaginando quale tumulto fosse scoppiato dentro di lui.. Infatti, quando cominciò a parlare, si percepì fin da subito una leggera nota di agitazione nella sua voce.
“Sono veramente sorpreso! Re Juma è davvero convinto di volere proprio me come erede? Io, Son Goku, futuro Re di Ravenwald! Lo senti come suona stonato?” Il ragazzo aveva cominciato a camminare avanti e indietro, gesticolando animatamente. Gohan ridacchiò sotto gli spessi baffi bianchi.
“Non so proprio cosa dire!” concluse infine sedendosi nuovamente affianco al padre.
I due rimasero in silenzio per un po’, lasciando che lo stridere dei grilli fosse l’unico suono ad accompagnare i loro pensieri.
Fu Goku ad interrompere il silenzio.
“Tu cosa ne pensi, papà?”
Papà. Gohan amava quella parola, così intima, molto di più del formale “padre”, che per convenzione veniva utilizzato più spesso. Non avrebbe mai scordato il giorno in cui Goku lo aveva chiamato così per la prima volta.
“Beh, penso che tu debba prendere la decisione che ritieni più giusta. È una scelta molto importante, ma sappi che qualunque cosa tu faccia, io ti sosterrò sempre. I tempi in cui mi chiedevi di salire sulle spalle sono ormai finiti, sei un uomo e devi tracciare il tuo percorso.” Si bloccò un attimo, valutando bene le parole “Tuttavia, come padre, posso dirti che ho piena fiducia in te. Sono sicuro che ti aspettano grandi cose e che saprai affrontarle con forza e coraggio!”
“Grazie per la fiducia, ma ho bisogno di pensarci un po’. Cercherò di darti una risposta il prima possibile.”
“Certamente figliolo. Ora andiamo a dormire, è stata una lunga giornata!”
Entrambi si alzarono, mentre le ultime fiamme stavano scemando. Nessuno dei due si accorse della piccola luce azzurra scintillante tra gli alti fili d’erba.
 
 
 
            Era tardo mattino quando Goku decise di rientrare a Ravenwald. Era sgattaiolato fuori molto presto, lontano dagli occhi indagatori di suo padre. Aveva bisogno di pensare, di ragionare su tutte le implicazioni che sarebbero sopraggiunte se avesse deciso di sposare Lady Chichi. Forse parlare con Crilin gli avrebbe fatto bene, era il suo confidente, nonché migliore amico. Erano praticamente cresciuti insieme, allenandosi con suo padre e l’ex guerriero più forte della zona, il Genio delle Tartarughe. Lui e suo padre erano grandi amici e aveva accettato di buon grado di allenare i due ragazzi. Era stato un periodo bellissimo e avevano formato una bella squadra lui, Crilin, Yamcha, Tenshing e Riff anche nella battaglia contro il demone Junior. Era stato durante uno di quegli allenamenti che aveva incontrato Chichi: una bimba paffuta, ma estremamente combattiva. Chichi era diversa dalle altre ragazze, spesso li raggiungeva per imparare a combattere, sostenendo che una donna doveva essere in grado di badare a sé stessa. Sicuramente era stato uno dei motivi che lo avevano spinto a legarsi con lei. Ma sul serio, doveva capire che cosa provava per la ragazza, prima di pensare al trono, alla corona e alle responsabilità. Le voleva bene e la rispettava, sia come Principessa, che come donna. Era forte, determinata, ma anche dolce e sincera.
“Cosa devo fare Speedy?” mormorò al suo destriero, come se questi potesse rispondergli.
Il cavallo nitrì, scuotendo la criniera. L’amore, Goku era certo di non sapere esattamente di cosa si trattasse, anche se ne aveva spesso sentito parlare nei racconti cavallereschi. Era un sentimento forte, in grado di far vacillare i più grandi combattenti e lui non era certo di provare quel sentimento per Chichi.
“Uffaaaaaa!” disse, arruffandosi i capelli. Ci avrebbe pensato, ora non poteva di certo…
Goku tirò le briglie di Speedy, facendolo rallentare un attimo.
C’era odore di fumo nell’aria e in lontananza una grande nube incombeva su Ravenwald.
“Oh no…” mormorò, battendo sui fianchi l’amico fidato, donatogli dal Genio delle Tartarughe.
“Corri Speedy! Cavalca più veloce che puoi!” Imbracciò l’arco, stringendolo forte, con la furia negli occhi e nel cuore. Chiunque avesse osato far del male agli abitanti della contea o ai suoi amici avrebbe dovuto vedersela con lui. Il cuore gli rimbombava nel petto, con la paura ad attanagliargli il cuore, mentre lo sgomento lo colpì in pieno, mentre vedeva i boschi in cui era cresciuto ridotti ad un mucchio di polvere e cenere. Gli alberi erano bruciati, con il tronco annerito, la terra era secca era arida, come quella del deserto.
Quale forza maligna stava divorando la sua terra?
Quando fu nei pressi della sua casa, scese con un agile salto dalla groppa del suo destriero, chiamando suo padre. Guardò il castello e lo vide assediato da un nugolo di guerrieri da una strana armatura, con un emblema che non aveva mai visto. Che fossero invasori di un’altra regione?
“Go-Goku…”
Il ragazzo perse un battito nell’udire la flebile voce di suo padre. Era poco distante, riverso nell’erba alta e quando Goku si avvicinò, capì che non poteva fare nulla, era troppo tardi. Era arrivato tardi.
“Papà… Ora-ora…” balbettava, cercando di tamponare la profonda ferita all’addome “Non so cosa devo fare…” sentiva le lacrime pungergli gli occhi, per il dolore e l’impotenza.
“Non devi dire nulla figlio mio, ma ora ascoltami non ho molto tempo… Sono comparsi dal nulla, come se si fossero materializzati per magia. Devi fare attenzione, è qualcosa di oscuro, una forza maligna che non ho mai avuto modo di affrontare in tutta la mia vita e so nel mio cuore, che tu sei l’unico che può fermare Lord Freezer.”
“Lord Freezer…” non ne aveva mia sentito parlare “Chi è? Cosa devo fare?”
“Lord Freezer… devi fare attenzione, molti anni fa aveva iniziato ad assoggettare delle popolazioni, ma poi non si era più fatto. Pensavo che Re Koku l’avesse eliminato e invece mi sbagliavo.  È un essere maligno…”
Del sangue colò dalle labbra dell’anziano uomo.
“Papà, ti prego…”
“Non sono tuo padre Goku, avrei voluto dirtelo, ma non in questo modo. Ti ho trovato abbandonato nel bosco e così decisi di prenderti con me ed è stata la scelta migliore che io abbia mai fatto.”
Calde lacrime bagnavano il volto del giovane guerriero. Anche se era sconvolto per quella rivelazione, a lui non importava.
“Papà, non mi interessa… Tu sei la mia famiglia e il mio adorato padre…”
Son Gohan sorrise un’ultima volta, prima di spirare tra le amate braccia di suo figlio.
Goku strinse tra le braccia in corpo esamine di suo padre, piangendo, senza vergogna. Quella era la prima volta in cui sperimentava cosa fosse il dolore e al tempo stesso una furia senza precedenti.
L’avrebbero pagata cara, tutti quanti.
 
*****
 
Crilin, insieme agli altri e il resto dell’esercito reale, stava cercando di proteggere il castello, ma non sapeva per quanto ancora sarebbero riusciti a farcela, il nemico sembrava inarrestabile. Per quanto ne abbattevano, altrettanti comparivano. Vecchi, donne e bambini si erano rifugiati nel castello e il loro compito era difenderli.
“Ma dov’è Goku?” Urlò Tenshing.
Se lo stava domandando anche Crilin, il suo aiuto poteva essere decisivo. L’idea che avesse perso non lo sfiorava neanche: Goku era un guerriero troppo forte e in gamba per farsi sopraffare e lui lo aveva sempre ammirato, spronandosi a dare il meglio di sé.
Lentamente stavano riuscendo a sfoltire le fila dei nemici, quando il suo sguardo cadde su un cavaliere nero, che a bordo di uno stallone altrettanto scuro, si stava dirigendo verso di loro con la lama sguainata.
“Attenti!!!” gridò, giusto in tempo perché lui e i suoi amici riuscissero a schiavarlo. Il cavaliere scese dalla sua cavalcatura e Crilin non poté non notare che, benché non avesse una statura molto elevata, emanava un’aura omicida. La sua corazza era sporca di sangue fresco e quando alzò la visiera, sul volto aveva un ghigno sadico.
“Mi state infastidendo, stupidi insetti!”
Crilin cercò di attaccarlo, insieme a Yamcha, ma l’uomo schivò con velocità sorprendente ogni loro attaccato, senza apparire affaticato.
Crilin tentò di studiarne i movimenti, ma era troppo veloce. Eppure c’era qualcosa di famigliare negli occhi di quell’uomo, qualcosa che non riusciva a collegare, come un campanello d’allarme. Yamcha, partì all’attacco, mentre Crilin cercava di fermarlo, perché aveva capito che non era un nemico alla loro altezza, ma l’amico fu troppo impulsivo, venendo colpito al fianco da un fendente. La lama della spada del nemico si sporcò di sangue e Crilin gridò, accorrendo in aiuto al loro amico. Il soldato stava per infliggere il colpo finale a Yamcha e solo per miracolo, Crilin riuscì a bloccare il potente attacco. Tuttavia era nei guai seri e nessuno sembrava poter dargli una mano.
“Sei un tipo piuttosto stupido, non puoi sperare di battere me, il principe dei Saiyan, Vegeta!”
Il ragazzo strabuzzò gli occhi. I saiyan si erano estinti anni fa a causa di un’epidemia. Il grande e invincibile popolo guerriero era ormai leggenda e non pensava davvero che qualcuno potesse essere ancora vivo. Ora capiva la superiorità fisica del nemico. A Crilin tremavano le braccia, ormai era al limite.
“Dove sei Goku?” sussurrò con disperazione.
“E chi sarebbe questo Goku? Il tuo amichetto?” domandò con scherno il nemico, prima di sferrare l’ultimo attacco. Crilin chiuse gli occhi, pronto al peggio, ma il dolore non arrivò. Aprì gli occhi, sorpreso di essere ancora vivo, fissando la freccia conficcata all’altezza della spalla del nemico, che scrutava l’oggetto con sbigottita curiosità, incurante del sangue che la ferita stava spillando. Vegeta afferrò la freccia, estraendola con un unico colpo, senza battere ciglio.
“Lascialo stare!”
Crilin stava per mettersi a piangere nell’udire quella voce. Era Goku. Goku che sta sbaragliando i nemici ad una velocità incredibile. Ogni scoccata di freccia era un nemico abbattuto.
“Goku!”
Un’altra freccia venne scoccata in direzione del Principe dei Saiyan, che la schivò senza alcuna fatica. Sembrava aver perso ogni interesse, sia per Crilin che per Yamcha, svenuto ai suoi piedi e tutta la sua concentrazione era rivolta a quel guerriero che stava sbaragliando buona parte del suo esercito.
Goku arrivò come una furia, scendendo al volo da Speedy, correndo verso il suo migliore amico.
“Crilin, Sali su Speedy e porta via Yamcha, ci penserà Bulma a lui?”
“Chi?” domandò stupefatto.
“Non discutere adesso, vai!”
Il ragazzo annuì, quasi spaventato, di fronte alla furia del suo migliore amico. Non l’aveva mai visto così e da dove sbucava quella spada che stava impugnando?
“Dove credi di andare, stupido insetto? Credi che ti lascerò scappare?”
Vegeta stava per infliggere un altro colpo, ma fu fermato da Goku, facendo cozzare le due spade con forza.
“Sono io il tuo avversario adesso!”
“Vuoi sfidarmi?”
“Fai attenzione Goku, lui non è un guerriero normale. Lui è…”
“Un saiyan.”
“Ma come lo sai?” Crilin era sconcertato.
I due combattenti si stavano studiando, l’aria era satura di un’elettrica attesa, quella prima di un grande scontro. Poi senza alcun preavviso i due si scagliarono uno scontro l’altro e Crilin non poté che strabuzzare gli occhi di fronte a tanta potenza. Avrebbe davvero voluto fare qualcosa, ma Yamcha era ferito e doveva portarlo al riparo. Goku gli aveva detto di andare da Bulma, ma chi era Bulma?
Si stava guardando intorno, quando davanti ai suoi occhi comparve una fata. Rischiò di cadere, non credendo ai propri occhi.
“Allora? Ti vuoi muovere? Non possiamo stare qui!” gli aveva urlato addosso istericamente la creatura. Aveva mille domande in testa, ma per una volta fece quello che gli era stato detto. Doveva portare Yamcha al sicuro, poi sarebbe tornato per aiutare i suoi amici.
 
 
 
 
            Nel momento in cui le due spade di erano scontrate, Vegeta era stato colpito da un moto di sconcerto e sorpresa, permettendo al nemico di colpirlo con una ginocchiata ben assestata allo stomaco. Tossì, ancora incredulo, mentre la furia tornava ad alimentare il suo spirito.
“Dove l’hai presa quella?!” esclamò il principe dei saiyan, indicando la spada tra le mani di Goku, così simile da quella impugnata da Vegeta, con l’elsa raffigurante un enorme scimmia dai denti aguzzi.
“Era di mio padre!”
Non è possibile, pensò Vegeta. Lui era l’ultimo della razza, distrutta da un’epidemia mortale, da cui lui si era salvato perché era in allenamento presso il castello di Freezer. Aveva cinque anni quando gli dissero che il villaggio era stato contagiato da un male oscuro, che aveva ucciso tutti gli abitanti e che quindi i popoli limitrofi avevano deciso di dare alle fiamme ogni cosa per cercare di estirpare quel male. Aveva cinque anni, ma non aveva pianto, no, perché suo padre gli aveva insegnato l’orgoglio e la fierezza del suo popolo e del suo ruolo, ma per molto tempo si era sentito solo e adesso, dal nulla, sbucava questo ragazzo, brandendo una spada saiyan, asserendo che fosse di suo padre. Lo osservò attentamente e come un flash ricordò.
“Bardack! Tu sei il secondo genito di Bardack! Kaharot!”
Goku sussultò, quello era il suo nome, il suo nome saiyan. Un ghigno apparve sul volto di Vegeta.
“Tsk… Sei solo una misera terza classe!”
Il principe attaccò, sferrando colpi sempre più potenti, ma Goku non si lasciò sorprendere, scivolò a terra, cercando di mirare alle caviglie, ma Vegeta, spiccò un agile balzo, sfruttando l’elevazione per colpire l’avversario con una gomitata allo stomaco. Goku rotolò lontano, rimettendosi in piedi e Vegeta fece lo stesso. Quello che stava succedendo intorno a loro sembrava essersi fermato, niente sembrava avere importanza. Uno dei due avrebbe dominato sull’altro, ma entrambi non avrebbero ceduto, per nessun motivo. Neanche se avevano appena scoperto, ognuno a modo suo, una nuova e diversa verità. Vegeta attaccò di nuovo, colpendo di striscio Goku ad una gamba, che perse l’equilibrio. Fu subito sopra di lui, iniziando a colpirgli il volto. Goku percepiva la soddisfazione del suo avversario, così afferrò una manciata di terra, lanciandola negli occhi del suo rivale e con un colpo di reni si liberò dalla presa ferrea del nemico. Il sangue gli scorreva copioso nella bocca, ma senza arrendersi caricò Vegeta, ancora disorientato. Lo afferrò per un braccio, catapultandolo contro le mura del castello con tutte le forze che aveva, ma, con sua enorme sorpresa, il principe dei saiyan si rialzò, di nuovo.
“Urca! Di cosa sei fatto? Acciaio?” Sapeva di star combattendo per il popolo, ma in quel momento, non poteva fare a meno di provare ammirazione per quell’uomo dallo sguardo duro e severo. Era la prima volta che incontrava qualcuno di così forte e preparato, forse Vegeta poteva essere anche più forte di lui. Il che lo eccitava tantissimo e leggeva la sua stessa emozione negli occhi dell’avversario.
“Non trovi che sia bellissimo?” Sanguinava, ma non gli importava.
“Sì, Kaharot è la nostra natura. Ogni volta che incontriamo un guerriero più forte, diamo sempre il meglio di noi, spingendoci ad andare oltre i nostri limiti.”
Tornarono a scontarsi, Vegeta afferrò la spalla di Goku, lussandogliela. Il ragazzo gridò e sempre urlando risistemò tendini ed ossa al loro posto. Per un momento perse la vista dal dolore, mentre Vegeta attaccava ancora. Doveva trovare un punto debole nell’avversario, era quasi al limite, poteva solo tentare l’ultima chance.
“Sappi che non te la darò vinta, terza classe! Io sono il principe dei saiyan e non posso perdere contro di te!” urlò l’uomo, con rabbia. Era evidente che non si aspettasse che Goku riuscisse a tenergli testa e lo considerava un affronto. Tornarono a fronteggiarsi, quando entrambi furono colpiti da un’onda d’urto, mentre sul campo di battaglia scendeva il silenzio.
“Oh no…” sibilò Vegeta.
Goku alzò lo sguardo, mentre i soldati della fazione avversaria si inchinavano al cospetto di ometto, che pareva tutto, tranne che pericoloso, se non fosse che Goku percepiva un’aura maligna avvolgere quella figura. I guerrieri di Ravewald sembravano terrorizzati.
“Adesso basta” aveva esordito l’uomo. “Non ho bisogno di cadaveri, ma di schiavi che lavorino per me!”
Con suo grande stupore, persino Vegeta si era inginocchiato quando era comparso quell’uomo. Tuttavia, leggeva la vergogna e la rabbia sul suo volto.
“Vegeta, che sta succedendo qui?” domandò l’uomo con voce melliflua, avvicinandosi ai due sfidanti.
“Lord Freezer ho eseguito i suoi ordini…”
“Beh, pensavo riuscissi a fare di meglio, non mi aspettavo ci mettessi tutto questo tempo per conquistare questa misera contea, guarda inoltre come sei conciato. Eppure dovresti essere uno dei miei guerrieri di punta. Forse avrei fatto meglio ad inviare Zarbon o Dodoria…”
Lord Freezer! Possibile che fosse proprio lui?
“È stato lui il tuo avversario?” domandò con curiosità, fissando Goku. Sembrava del tutto indifferente alla carneficina che si era consumata sul campo di battaglia.
Lo stava studiando attentamente, quando il suo sguardo cadde sull’elsa della sua spada.
“Non è possibile!” gridò in preda alla rabbia.
Gli uomini intorno a lui iniziarono a tremare.
“Portatemi subito qui Zarbon e Dodoria! Nel frattempo prendetelo e incatenatelo nei sotterranei!”
Cinque uomini furono addosso a Goku, che cercò di divincolarsi come meglio poteva e nonostante fosse ferito, riuscì ad atterrarne due, ma alla fine dovette cedere quando venne colpito alla nuca, perdendo i sensi.




 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***





Capitolo 2







Vegeta sedeva sul giaciglio della stanza che gli era stata assegnata nel castello di Ravenwald, senza smettere di pensare a quello che era successo soltanto qualche ora prima. Afferrò la brocca d’acqua che gli era stata portata, scaraventandola con furia contro la parete. Non era l’ultimo saiyan come aveva sempre creduto, no, una misera terza classe si era salvata dall’epidemia ed era riuscita a tenergli testa.
“Maledizione!”
Era un affronto che non poteva assolutamente sopportare, lui Vegeta, il Principe dei Saiyan, aveva quasi rischiato di perdere contro il figlio di Bardack, la terza classe Kaharot! Suo padre si sarebbe coperto di vergogna al solo pensiero, perché per la prima volta, la sua superiorità era stata messa in discussione da una persona della sua stessa razza. Sapeva che Zarbon e Dodoria erano fortissimi, per non parlare di Freezer, ma era anche a conoscenza del fatto che i tre erano sostenuti da poteri oscuri e sconosciuti e che quindi, al momento, non aveva possibilità di batterli, non senza un qualche tipo di potere simile. Ma con Kaharot la faccenda era completamente diversa. Aveva rischiato di perdere, lui, il grande Vegeta, la furia nera, il guerriero più forte della sua razza.
Che umiliazione! Strinse i pugni fino a farsi sbiancare le nocche. Com’era stato possibile? Da dov’era sbucato quel ragazzo? Perché era così forte? A che allenamenti si era sottoposto? Lo scontro era stato fermato dall’arrivo di Freezer, ma il suo orgoglio smaniava per un altro duello. Si toccò la spalla bendata: sarebbe guarito in un paio di giorni, ma non poteva fermarsi, voleva tornare ad allenarsi. Voleva combattere di nuovo contro la terza classe, anche se non sapeva quale sarebbe stato il suo destino.
Non aveva mai visto Freezer così infuriato, la vista di Kaharot sembrava avergli fatto perdere la ragione. Perché voleva vedere Zarbon e Dodoria? La situazione puzzava tremendamente. Aveva sempre odiato Freezer e aveva odiato anche suo padre, per essersi assoggettato ad una creatura del genere, ma suo malgrado, anche lui doveva inchinarsi al suo cospetto, come tutti gli altri. Almeno fino a che non avesse trovato un modo per annientarlo e allora lui sarebbe stato il guerriero più forte delle quattro regioni e avrebbe formato un esercito così potente da conquistare ogni cosa, tornando ad avere il ruolo che gli spettava per diritto di nascita, il ruolo di Re.
Un flebile bussare lo riscosse dai suoi pensieri.
“Avanti!”
Una giovane dai capelli corvini entrò nella stanza, reggendo tra le mani incatenate un vassoio di cibo. Vegeta fu sorpreso dall’arroganza del suo sguardo; lo stava sfidando, benché fosse ridotta ad una misera serva.
“Ehi, tu!” la ragazza sussultò “vedi di portarmi rispetto, hai capito? Quello sguardo non si addice a qualcuno che è appena diventato uno schiavo!"
La paura comparve sul volto della ragazza, nonostante cercasse di mantenere lo sguardo fiero.
“Dimmi per quale motivo, stupida ragazza, continui a sfidarmi?” la afferrò per il polso, facendola strillare di dolore, fino a che non fu in ginocchio ai suoi piedi.
“Questo è il vostro posto adesso!”
La sentì singhiozzare di umiliazione e per un secondo avvertì una certa empatia, perché anche lui odiava prostrarsi ai piedi di quella viscida lucertola. Sì, perché lui aveva visto in cosa si trasformava Freezer.
Lasciò andare la presa.
“Come ti chiami?”
“Chichi” rispose tra i singhiozzi “Sono… Ero la principessa di questa valle.”
Ora capiva lo sguardo d’odio che gli aveva rivolto.
“Mi dispiace dovervi informare che ogni cosa adesso appartiene a Lord Freezer, quindi il tuo titolo non vale più nulla,”
Proprio come quello di Vegeta, del resto… almeno per ora.
“Ora vattene,”
Alzandosi in piedi con gli occhi ancora rigati dalle lacrime, la ragazza uscì in silenzio, lasciandolo di nuovo solo. Doveva parlare con Freezer, voleva sapere cosa ne avrebbe fatto di quella terza classe, perché voleva essere lui, Vegeta, a togliergli la vita.
Mangiò in fretta, avrebbe richiesto udienza a Freezer il più presto possibile.


***** 
 
 
            “Siete due incapaci!” gridò Freezer, mentre lampi neri d’energia uscivano dalla sue mani. Zarbon e Dodoria non osarono fiatare, inginocchiati davanti al trono che era stato di Re Juma e su cui adesso stava Freezer.
“Mi avevate assicurato di aver ucciso i due marmocchi!”
“Beh, era solo un neonato, pensavamo sarebbe morto di stenti nel bosco…”
“È proprio questo il problema, voi non dovete pensare e prendere delle iniziative, dovete soltanto eseguire i miei ordini!”
Il tiranno tornò a sedersi, mentre cercava di riacquistare la calma. Il Saiyan sopravvissuto era un problema che poteva ancora risolvere e di cui si sarebbe occupato personalmente visto che non poteva fidarsi neanche dei suoi migliori sottoposti.
“L’allineamento dei pianeti è vicino e quindi dev’essere tutto pronto per il rituale. Non posso permettere che uno stupido scimmione spuntato dal nulla possa rovinare i miei piani! È per questo motivo che ho sterminato la popolazione saiyan! Presto i poteri sopiti di quella razza saranno risvegliati nel Principe Vegeta e io assorbirò la sua essenza, quella del leggendario guerriero super saiyan!”
Da più di vent’anni aspettava quel momento, nessuno glielo avrebbe rovinato. Doveva fare in modo che Vegeta stesse lontano dall’altro guerriero, lui era il prescelto, destinato a diventare il super saiyan della leggenda. Tra due mesi ci sarebbe stata la fatidica luna rossa, era un evento che si verificava ogni mille anni, quando la luna e il pianeta Marte si trovavano sullo stesso asse. L’unione dei due astri avrebbe risvegliato il potere latente di quella razza di scimmie, facendo in modo che il Principe acquistasse una potenza sovrannaturale, data dall’antico sangue che scorreva nelle sue vene: il sangue della Dea Blutz e del Demone scimmia Oozaru. Sì, perché l’allineamento dei pianeti era proprio legato a quel periodo temporale in cui Dei e Demoni potevano entrare in contatto e lui avrebbe usato il potere di Vegeta per aprire il portale dimensionale e liberare il Demone Garlic. Una volta esaurito il compito del principino, avrebbe risucchiato tutto il suo potere e avrebbe ottenuto così l’immortalità e il potere di assoggettare al suo volere l’intero pianeta, mentre Garlic avrebbe spodestato Re Enma, gettando l’equilibrio dell’universo nel caos.
“Stasera giustizieremo il saiyan, da quello che sono riuscito a sapere, interrogando alcuni abitanti, si tratta del più forte combattente dell’intera regione. La sua morte, oltre a liberarmi della sua presenza, darà un segnale ben preciso a questa gente:”
I tre cominciarono a ridere compiaciuti, senza accorgersi del Principe Vegeta nascosto fuori dalla porta e che con sgomento aveva ascoltato ogni cosa. Corse via, con il cuore colmo di rabbia e vendetta.
 
 
*****

 
Goku era seduto nelle celle del castello con le mani incatenate allo spesso muro di mattoni ai lati della testa. Aveva provato in tutti i modi a liberarsi, ma era ancora troppo provato dallo scontro con quella furia di Vegeta. Non sapeva come sarebbe finito lo scontro se Freezer non avesse fatto il suo ingresso, ma forse non sarebbe riuscito a vincere. Avvertiva acnora l’adranlina scorrergli nelle vene, mentre pensava allo scontro. Vegeta era veloce e forte, nonostante non avesse una grossa stazza. Chissà quanti guerrieri erano periti sotto le sue mani solo per aver fatto un banale errore di valutazione. Beh, non era quello il momento di pensarci, sperava solo che Crilin fosse riuscito a mettere in salvo Yamcha, insieme a Speedy e Bulma.
Bulma… ancora stentava a credere che una fata l’avesse vegliato nell’intero corso della sua vita. Era comparsa dal nulla, insieme alla spada e al medaglione raccontandogli tutta la verità. Più che raccontarla, gliel’aveva gridata in faccia, tra uno strillo agitato e un altro. Gli era stata simpatica fin da subito e si era guadagnata la sua gratitudine per aver seppellito suo padre con un incantesimo.
Sentiva ancora le lacrime pungergli gli occhi al ricordo di suo padre, non era stato in grado neanche di vendicarlo. E adesso cosa avrebbe fatto? Son Gohan aveva detto che lui poteva sconfiggere Lord Freezer, ma come? Sicuramente la prima cosa da farsi era trovare un modo per uscire da lì, anche perché non sapeva quando sarebbero venuti a prenderlo.
“Pst,”
Goku alzò lo sguardo, individuando di nuovo quella luce azzurra.
“Bulma!”
“Vuoi stare zitto, idiota! Vuoi che ci scoprano?”
“Scusa…” mormorò piano.
“Come stanno Crilin, Yamcha e…”
“Non abbiamo tempo adesso, devo portati fuori di qui. Con l’aura maligna di Freezer nei paraggi anche la mia magia è molto più debole. Dobbiamo muoverci!”
Le catene ai polsi di Goku si aprirono di scatto, così come la serratura della cella. Goku si guardò intorno con circospezione: due guardie stavano all’inizio del corridoio, ridevano e sghignazzavano, ignare della presenza del giovane saiyan. Goku le afferrò per il collo, facendo cozzare rumorosamente le due teste, una contro l’altra.
Stava già salendo le scale, quando Bulma le trasformò in uno scivolo, facendolo tornare al punto di partenza.
“Urca che male!” piagnucolò il guerriero, tastandosi il didietro “Perché lo hai fatto?”
“Dove credi di andare così?” gli gridò irritata la fata. “Si può sapere a che cosa stai pensando?”
“Vado fuori e li elimino tutti!”
“Ma dico io, ce l’hai un po’ di sale in zucca? Sono troppi e Freezer è ancora nel castello con i suoi scagnozzi. Pendi questi due e chiudili nella tua cella, poi mettiti l’armatura!”
“Eh?”
“Fai come ti dico e basta” gridò la fata, spazientita. “Mi domando come tu sia sopravvissuto finora!”
Goku ridacchiò, mentre trascinava le due guardie nella cella e poi s’infilò l’armatura più grande. Bulma si nascose dentro l’elmetto, tra i capelli di Goku.
“Cerca di uscire dal castello senza farti notare!”
“E la mia spada?”
“Non abbiamo tempo adesso!”
Era stupido, lo sapeva, aveva impugnato quell’arma solo una volta, ma era la sua e sapeva che entrambi i suoi due padri ne sarebbero stati orgogliosi.
Orgoglio, era un sentimento a cui non aveva mai dato importanza, ma adesso che sapeva chi era, non poteva fare a meno di sentirsi tale. Discendeva da una grande razza di combattenti ed era orgoglioso di esserlo. Per quello desiderava riavere la spada e il medaglione.
Camminò tra i corridoi teso come una corda di violino e con il cuore pesante come il piombo: vedere il castello ridotto a luogo di bivacco per i nemici era qualcosa di orribile. Vedeva i volti di tante persone conosciute, ora ridotte al fantasma di ciò che erano Non poteva fare nulla, se non scappare, perché la superiorità numerica del nemico era schiacciante. Neanche con la ribellione dei soldati di Ravenwald avrebbe avuto una possibilità. Cercò di tenere a freno la rabbia che gli incendiava l’animo, aiutato anche dalle parole di Bulma, ma perse definitivamente il controllo alla vista di un soldato che colpiva Chichi con un potente manrovescio, facendola cadere a terra.
Bulma, avvertendo le intenzioni del giovane, cercò immediatamente una soluzione e sussurrò all’orecchio del giovane saiyan “Se attacchi, morirete entrambi. Sei un soldato, no? Reclamala per te e portala via!”
Goku fece un profondo respiro, trovando la lucidità per capire il messaggio della fata. Si avvicinò minaccioso, con visiera abbassata e con una spinta allontanò il soldato dal corpo di Chichi.
“Smettila” ordinò perentorio, camuffando la voce “Avete sentito cos’ha detto Lord Freezer? Ha bisogno di schiavi in buona salute!”
Qualsiasi cosa l’uomo volesse ribattere, gli morì sulle labbra con un grugnito di disappunto. Goku afferrò malamente la ragazza con una stretta al cuore, costringendola a seguirlo.
Chichi aveva il volto rigato di lacrime e rosso per la rabbia e l’umiliazione.
“Dove mi state portando?”
Goku non rispose, cercando di allontanarsi il più possibile dai soldati. Quando furono nelle stalle, alzò la visiera dell’armatura e Chichi levò un gridolino di gioia, lanciandogli le braccia al collo, con il corpo scosso dai singhiozzi,
“Sono così felice che tu sia vivo!”
Con dispiacere la staccò da sé, non era quello il momento per piangere.
“Chichi dobbiamo scappare. Prendiamo un cavallo e…”
“Kaharot!”
Goku e Chichi trasalirono e il saiyan le fece subito scudo con il suo corpo. Erano nei guai seri, tra tutti, proprio Vegeta doveva scoprirlo? Non aveva recuperato ancora abbastanza forze per poterlo affrontare.
“Sei facile da seguire…”
Contro ogni aspettativa, Vegeta gli lanciò tra le braccia una sacca, mentre iniziava a sellare il cavallo. Goku strabuzzò gli occhi, mentre il suo sguardo cadeva sulla spada che un tempo era appartenuta a Bardack.
Vegeta gliel’aveva riportata e non sembrava volerlo attaccare. Lui, Chichi e persino Bulma lo fissavano interrogativi e confusi. Goku però tornò subito sull’attenti.
“Cosa vuoi?” domandò minaccioso “Perché questo?”
“Me ne sto andando Kaharot e ti do la possibilità di uscire di qui, ma voglio qualcosa in cambio,”
Goku lo fissò, ancora più perplesso nell’animo. Vegeta gli si avvicinò, fissandolo serio negli occhi “Devi giurarmi che combatteremo ancora, solo io e te! E vedremo veramente chi di noi due è il più forte!”
Il saiyan più giovane trasalì, ma poi un sorriso di sfida apparve sul suo volto.
“Non aspetto altro!”
Vegeta parve compiaciuto da quella risposta, ma non aggiunse altro, mentre saliva sul suo destriero nero come la notte.
“Lei, però deve restare,” sentenziò perentorio, indicando Chichi.
Goku sentì la ragazza tremare appena contro la sua schiena.
“Non se ne parla neanche, io non la lascio qui,”
“Che c’è Kaharot, non puoi allontanarti dalle sottane della tua promessa per un po’ di tempo?” Chichi nascose il volto per il rossore e la vergogna. Mentre Goku si grattò la testa con aria interrogativa.
“Chichi è una mia carissima amica e non voglio che resti qui, anche se non capisco cosa dovrei farmene delle sue sottane,”
 

*****
 
 
Vegeta rimase interdetto per qualche secondo, fissando con sguardo interrogativo l’altro saiyan, domandandosi se le sue grandi doti di guerriero fossero compensate da un’idiozia che rasentava il ridicolo. Possibile che non avesse colto realmente il significato della frase di scherno che gli aveva lanciato? Oppure stava solamente tentando di confonderlo? Comunque non aveva importanza adesso, dovevano muoversi e al più presto prima che Freezer fosse messo in allerta o qualcuno scoprisse che Kaharot non era più nella sua cella. La ragazza li avrebbe rallentati e di sicuro sarebbero stati guardati con sospetto se avesse annunciato un’uscita di ricognizione con una schiava sulla sella dell’altro soldato. L’aveva riconosciuta subito, la principessa di Ravenwald, era stata solo poche ore prima nella sua stanza per servirgli il pranzo ed era più che evidente che provasse dei sentimenti per l’altro guerriero. Ma non potevano portarsi un peso appresso.
“Devi lasciarla qui Kaharot!”
“No!”
“Non possiamo uscire senza farci notare con una schiava appresso, lo vuoi capire? Se ci tieni tanto potrai tornarla a prendere, ma adesso non è possibile,”
Era una bugia bella e buona, ma Vegeta non aveva tempo per discutere con Kaharot.
“Ha ragione lui, Goku.”
Vegeta rimase stupito, quando vide una piccola fata uscire da sotto l’elmo dell’altro guerriero.
“In un’altra situazione avrei potuto fare qualcosa, ma come ti ho già detto la mia magia è debole, il potere oscuro di Freezer è troppo forte,”
“Ora piantala Kaharot, monta in sella e cerca di non farci ammazzare!”
“Perché vuoi andare via, pensavo fossi uno degli uomini di Freezer. Hai quasi ucciso un mio amico, perché dovrei fidarmi di te e abbandonare Chichi?”
Avrebbe voluto assestargli un cazzotto in piena faccia, possibile che non capisse?
“Goku, va bene così…”
A parlare era stata proprio l’oggetto della disputa.
“Hanno ragione entrambi, sarei solo un peso e rischierei di farti catturare, Tenshing è ancora al castello insieme ad altri uomini fidati di mio padre, vedrai che andrà tutto bene,” cercava di sorridere, ma era evidente lo sforzo sui suoi lineamenti.
Vegeta la rispettò per quell’atto di coraggio, almeno lei non era una completa stupida.
“Kaharot, Freezer ha bisogno di schiavi, non ne conosco ancora il motivo, ma non tollera che questi vengano maltrattati più del dovuto dai soldati. Incorrerebbero in gravi punizioni e te lo posso garantire, perché io stesso ne ho inflitte molte.”
Dieci frustate di solito bastavano a far desistere chiunque, ma era ancora impresso nella mente di molti la punizione inflitta al soldato che aveva ucciso uno schiavo: era stato divorato vivo da una creatura orrenda agli ordini di Freezer e nessuno ci teneva a ripetere l’esperienza.
 “Chichi, sei sicura?”
“Non posso indossare un’armatura come te, forse non avrei neanche la forza di muovermi con tutto quel metallo addosso.” Era più risoluta di prima “Devi andare Goku, sono più che sicura che riuscirai a salvarci, tutti quanti. Sapere che sei vivo e che tornerai, mi dà grande speranza.”
In punta di piedi la ragazza diede un leggero bacio sulla guancia di Kaharot. Disgustato, Vegeta salì sul cavallo con un grugnito.
“Allora?”
Kaharot lo seguì, mentre la fata tornava a nascondersi sotto l’elmo.
“Tornerò, è una promessa,”
“Lo so, Goku,” Chichi sorrise, mentre Vegeta e Goku uscivano dalla stalla, in sella ai due destrieri.
Goku non si guardò indietro o i sensi di colpa lo avrebbero divorato.
Arrivarono alle mura del castello, davanti al ponte levatoio. C’erano quattro guardie all’ingresso e molte altre sulle mura e i torrioni.
“Voglio uscire per una ricognizione,” ordinò il principe dei saiyan alle guardie; nessuno sembrava aver notato elementi di sospetto, così alcuni minuti dopo stavano galoppando lontano e Goku non poté fare a meno di rabbrividire, osservando gli alberi appassiti e l’erba secca.
In lontananza udì il corno di pericolo e seppero di essere stati scoperti, avevano un buon vantaggio, ma dovevano farlo fruttare.
“Dove andiamo Kaharot? Tu sei cresciuto in queste terre, abbiamo bisogno di un posto in cui nasconderci,”
E Goku non ebbe bisogno di pensarci troppo per sapere che il posto migliore dove andare era un lago nascosto tra le insenature dei Monti Paoz, dove era certo avrebbe trova anche Crilin, dal Genio delle Tartarughe. Nel frattempo, per far perdere le loro tracce, conosceva una caverna nascosta tra gli anfratti delle montagne, era più vicina della dimora del Genio e avrebbe potuto offrirgli riparo per la notte.
“C’è una grotta non lontano da  qui e, se non ne conosci l’esistenza, è molto difficile trovarne l’ingresso, perché nascosto da una folta boscaglia.”
Bulma, nel frattempo era uscita dal suo nascondiglio e voleva affianco a Goku.
“Crilin è dal Genio, vero?”
“Sì,”
“Vai avanti Bulma, avvertili che stiamo arrivando per favore, nel frattempo faremo in modo di far perdere le nostre tracce,”
“Per quello non c’è problema,” rispose la fata, facendogli l’occhiolino.
Agitò la bacchetta e con stupore di entrambi i saiyan, le tracce dietro di loro scomparvero all’istante.
“Molto utile quella specie di zanzara fastidiosa che ti porti appresso!”
“Brutto buzzurro che non sei altro, il mio nome è Bulma e sono una fata!” rispose la creatura, facendo la linguaccia al principe dei saiyan.
“Come ti permetti tu, non sai chi sono io! Te la farò pagare cara, stanne pur certa!”
“Smettetela! Non è il momento adesso!”
Aveva appena finito di pronunciare quelle parole, quando fu buttato a terra da qualcosa.
Il cavallo nitrì spaventato e fu solo il tempestivo intervento di Vegeta a far sì che non scappasse nel folto nel bosco. Goku si ritrovò schiacciato al suolo da una bestia che non aveva mai visto; gli artigli della creatura gli penetrarono nella spalla già ferita e lanciò un gridò di dolore, mentre Vegeta attaccò il mostro senza pensarci due volte. In sella al suo cavallo, sguainò la spana, staccando di netto la testa alla creatura, un liquido blu viscoso colò addosso a Goku. Il ragazzo si levò di dosso la carcassa, tossendo poi si guardò la spalla ferita. Era profonda e stava perdendo molto sangue.
“Freezer deve essere furioso se ha richiamato questi mostri. Kaharot sali sul cavallo, dobbiamo andare! ADESSO!”
Goku si rialzò e salì in sella, con Bulma che lo fissava preoccupata.
“Bulma fai come ti ho detto, vai dal Genio e aspettami lì,”
“Goku sei sicuro che posso lasciarti solo…” gli si avvicinò all’orecchio “… con questo qui? Sei anche ferito. Lui non è come te, che hai il cuore puro. Vegeta è un assassino, ricordalo sempre; ti ha aiutato ad uscire, ma sono certa che lo abbia fatto per un suo tornaconto personale…”
“Tranquilla Bulma, ho tutto sotto controllo. Neanch’io mi fido di Vegeta, ma c’è il vecchio detto che dice il nemico del mio nemico è mio amico. Se è vero che cerca un torna conto non mi farà dal male, almeno per ora.” Le rispose.
Bulma, per nulla rassicurata, annuì e si librò in cielo, sparendo alla vista dei due uomini.
“Muoviti Kaharot!”
I due cavalcarono senza sosta per almeno un’ora, rallentando il ritmo solo per far prendere il fiato necessario ai cavalli. Giunsero al limitare dalla grotta poco prima che facesse buio. A Goku bruciava la spalla senza sosta e cominciava ad avere i sensi annebbiati a causa del troppo sangue perso. Cercò a tentoni l’entrata della grotta tra i folti rampicanti, fino a quando non avvertì un cedimento, rivelando l’ingresso.
“Porto i cavalli a bere e mangiare, non possiamo tenerli fuori, potrebbero dare nell’occhio. Tu raccogli della legna e accendi un fuoco. Già che ci sei fai un bagno veloce che quello schifo blu puzza da morire e lava la ferita prima che s’infetti.”
Vegeta si inoltrò nel bosco con i cavalli senza aggiungere altro. Era evidente a Goku che fosse abituato al comando e al rispetto che derivava da quel ruolo. Scosse la testa, iniziando a fare quello che gli era stato detto nonostante la stanchezza e il dolore delle ferite. Non si lamentò, non era nella sua natura, ma un rombo preoccupante del suo stomaco lo mise in all’erta. Era da quella mattina che non mangiava e adesso aveva una vera e propria fame da lupi. Sperava che Vegeta avesse preso qualcosa da castello, altrimenti sarebbe dovuto uscire a caccia, sperando di trovare qualcosa con cui rifocillarsi al più presto.


***** 
 
 
            Vegeta colpì velocemente alcuni pesci con un bastone appuntito che aveva ricavato poco prima. Ne aveva catturati già sei e sarebbero potuti bastare per quella sera. Li eviscerò velocemente e li lavò nell’acqua del fiume, eliminando sangue e budella. I cavalli si erano riposati e adesso stavano bevendo sul bordo del ruscello. Uscì dall’acqua e si asciugò velocemente infilandosi gli stivali di cuoio. Si era tolto la cotta di metallo, lasciandosi addosso solo le braghe e la camicia. Era quasi estate, ma l’aria serale era ancora umida e fredda, forse si sarebbe fatto un bagno anche lui, sentiva il sudore freddo incollato al corpo e la mente, adesso che erano momentaneamente fuori pericolo, non faceva che tornare a quello che aveva sentito uscire dalla bocca di Freezer. Era stato quel maledetto ad uccidere il suo popolo, la sua stirpe; era solo colpa sua se era diventato un re decaduto, senza sudditi ne un trono. Non solo era stato portato via sapendo che la sua vita sarebbe stata sacrificata. Lui era davvero il super saiyan della leggenda? Se Freezer lo pensava doveva essere per forza così, altrimenti non avrebbe sprecato tante energie per tenerlo in vita. La potenza del super saiyan, ne aveva sentito parlare in alcune leggende del guerriero dai capelli dorati e la coda di scimmia, dotato di poteri incredibili. Che fosse quello il destino a cui era destinato? Sconfiggere Freezer e i suoi mostri grazie al potere delle leggenda?
Sapeva in cuor suo di essere destinato a qualcosa di più grande e si sentì invadere d’orgoglio al solo pensiero. Aveva un solo problema, non sapeva assolutamente come risvegliare i suoi poteri. Freezer aveva parlato di allineamento dei pianeti, ma lui non sapeva nulla né di scienza né di magia. L’incontro con quella fata rompiscatole gli era sembrato più che sufficiente. Sapeva che le fate erano creature miti e solitarie che si occupavano dei boschi e dell’armonia tra le creature, di certo era una rappresentazione molto diversa da quella femmina isterica che aiutava Kaharot. Forse era meglio che rientrasse, aveva raccolto alcune erbe medicinali da applicare sulla ferita alla spalla. Da morto Kaharot non sarebbe servito a nulla, era in debito nei suoi confronti e questo lo metteva in una posizione di netto vantaggio. Il saiyan più giovane aveva l’aria di essere un vero sempliciotto e non aveva alcun dubbio che sarebbe riuscito a raggirarlo come voleva. Seguì la riva del fiume per tornare alla caverna, la notte era limpida e la luna brillava pallida nel cielo, permettendo a Vegeta di orientarsi nonostante la luce pallida del tramonto. Un forte scroscio d’acqua attirò la sua attenzione, fermò i cavalli, restando in silenzio. In lontananza vide la sagoma di Kaharot, che stava lavando via i residui di sangue secco dal proprio corpo, poi si immerse nell’acqua fino al collo levando un sospiro di sollievo.
Continuò la sua avanzata con i cavalli e poi lo chiamò.
“Ehi Kaharot, muoviti che ho fame non abbiamo tutta la nottata,”
“Ancora qualche minuti e ti raggiungo,” sentì dire mentre entrava nella grotta. Il fuoco era acceso, ma da fuori non si notava assolutamente. Molto bene, almeno la terza classe aveva avuto la decenza di scegliere un buon riparo, anche se non glielo avrebbe mai detto neanche sotto tortura.
Si sedette di fronte al fuoco, iniziando ad abbrustolire i pesci e pochi minuti dopo sentì i passi del saiyan più giovane fuori dalla caverna.
“Che profumino!”
“Era ora!” Sbottò il Principe dei saiyan “pensavo che fossi aff-, ma cosa stai facendo conciato così?”
“Così come?”
“Nudo! Razza di idiota senza pudore, non ti hanno insegnato nulla?” lo sguardo interrogativo con cui lo stava fissando l’ebete era lo stesso che aveva avuto quando gli aveva parlato di sesso davanti alla principessa Chichi.
“Scusa ho lavato i vestiti, puzzavano davvero e non mi sono portato dietro altri cambi. Inoltre siamo due uomini e non capisco che problemi tu ti stia facendo. Con mio padre ho sempre fatto il bagno senza alcun problema,”
Vegeta stentava a credere alle proprie orecchie, quel pervertito di una terza classe pensava davvero che fosse normale presentarsi nudi in presenza di altre persone. Distolse lo sguardo in imbarazzo, poi andò alla sacca e gli lanciò dritto in faccia un paio di braghe.
“Mettiti queste intano che i tuoi vestiti sono ad sciugarsi e sappi che non tollererò di vederti vagare nuovamente nudo come un verme in mia presenza. E soprattutto non sono qui per farti da balia!”
“Grazie,” disse l’altro coprendosi.
Vegeta tornò a sedersi davanti al fuoco, tolse il pesce che aveva finito di cuocere e iniziò a mangiare. Pochi secondi dopo, Kaharot era di fronte a lui e aveva iniziato a divorare con soddisfazione la propria parte.
“Urca che fame che avevo!”
Vegeta non parlò, ma osservò il giovano uomo davanti a sé di sottecchi. Kaharot mangiava rumorosamente e con gusto e per la prima volta sentiva di non voler incutere paura, non a questa persona.
Paura, quello era il sentimento che Vegeta suscitava nelle gente quando attraversava i villaggi, i paesani facevano attenzione a non incrociare il suo sguardo. Lui era la furia nera e aveva mietuto centinai di vite, conquistando terre e contee nel nome di Freezer.
Freezer, che lo aveva addestrato affinché diventasse un guerriero forte, capace e spietato. Non aveva mai provato sentimenti come la compassione, l’amicizia e, men che meno l’amore; non aveva mai avuto qualcuno di cui potersi fidarsi, che potesse chiamare compagno o amico. Da che aveva memoria era sempre stato solo.
Interruppe il silenzio, perché non voleva più avere simili pensieri.
“Qual è la nostra prossima destinazione?”
Kaharot alzò lo sguardo su di lui, la bocca piena e le guance paffute di cibo. Non poté reprimere una smorfia di disgusto, mentre l’altro ingoiava tutto in un sol boccone con un sospiro soddisfatto.
“Andremo dal mio vecchio maestro, il Genio delle Tartarughe, vive su un isolotto in mezzo al lago Tartaruga alle pendici dei Monti Paoz.  Il lago è spesso avvolto dalla nebbia e ci fornirà una buona protezione,”
Vegeta restò di nuovo in silenzio e Kaharot prese un altro boccone di pesce.
“Perché sei scappato e mi hai aiutato?”
Vegeta si domandò se poteva dirgli la verità. E per un secondo ci pensò davvero, ma non poteva, lui doveva fare affidamento solo su se stesso.
Sentimenti contrastanti si agitavano nel suo animo, decise quindi di raccontare solo quello che gli sarebbe tornato utile per il suo piano finale.
“I saiyan non sono stati sterminati da un’epidemia, è stato Freezer, è sempre stato lui e io, come uno stupido, ho creduto alle sue parole.”
Tremava di rabbia.
“Come credi che abbia fatto?”
“I Saiyan sono stati per generazioni un grande popolo guerriero e se Freezer è riuscito ad annientarci deve per forza aver fatto uso della magia nera. Quello he posso dirti è che non si tratta di un nemico normale. Può trasformarsi, io l’ho visto ed è qualcosa di ripugnante. Anche Zarbon e Dodoria hanno le stesse abilità, seppur la loro potenza sia ridotta rispetto alla sua. Freezer si serve di poteri oscuri, è solo quello che mi ha impedito di ridurlo a un colabrodo,”
“Urca, è davvero così forte?” domandò l’altro guerriero, l’eccitazione che traspariva dal tono di voce.
“Sì Kaharot,”
“Non vedo l’ora di battermi con lui!”
“Anch’io, voglio fargliela pagare, per tutto, ma non possiamo così, dobbiamo in qualche modo fare in modo di bloccare o eguagliare i suoi poteri. Nella nostra condizione attuale rischiamo di fare la fine degli agnelli al macello!”
“Domani parleremo con il Genio, sono sicuro che lui saprà consigliarci,”
“Lo spero bene Kaharot! Ora però riposiamoci, domani ci aspetta un'altra lunga giornata.”
“Aspetta!” Vegeta stava per andarsi a coricare e rimase bloccato in piedi davanti all’altro.
“Puoi raccontarmi di mio padre e del nostro popolo?”
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


 
 
             Il mattino seguente si rimisero in viaggio molto presto, ma Goku aveva dormito pochissimo, ripensando al popolo da cui proveniva e alla sua famiglia; ed era convinto che neanche Vegeta avesse dormito poi molto. Camminarono per circa un’ora, avvolti dalla foschia fino a che giunsero nei pressi del Lago Tartaruga. Non si vedeva quasi nulla oltra la coltre di nebbia e ciò era un bene.
“E adesso?”
“Vieni,”
Il lago si trovava all’interno di una vallata, che lo circondava con una spessa catena rocciosa. Il posto era facilmente difendibile, poiché vi erano solo due ingressi e anche piuttosto stretti.
“Sei davvero sicuro che ci sia qualcosa in mezzo al lago?” domandò Vegeta dubbioso.
“Più che sicuro!”
C’era un’altra caverna, nella quale stava nascosta una barca piuttosto grande, con una zattera, che poteva tranquillamente trasportare i cavalli.
Il Principe dei Sayian parve sorpreso, ma non disse nulla e Goku sorrise senza farsi notare. Spinsero la barca in acqua.
“Il Genio delle Tartarughe è stato il mio maestro, sono sicuro che ti piacerà,”
“Mpf,”
Goku fece finta nulla.
“Io e il mio amico Crilin ci siamo sottoposti a duri allenamenti qui,”
“La testa pelata?”
“Sì, Crilin è un guerriero molto promettente, ma è stato scartato per via della sua altezza,”
“Che sciocchi,”
Goku lo guardò di sottecchi mentre remava e Vegeta fissava il vuoto oltre a sé, con le braccia incrociate e il mantello nero sul capo.
Anche se leggermente più basso di lui, Vegeta non aveva nulla da invidiare a nessuno, sia in combattimento né nella regalità del suo portamento; benché non avesse un regno era chiaro che il retaggio di erede al trono fosse bene radicato in lui.
“Che hai da fissare terza classe?”
Goku sobbalzò.
“N-niente,”
Il sole stava sorgendo quando finalmente giunsero sull’isolotto dove abitava il Genio delle Tartarughe, al cui centro svettava una casa piuttosto grande, con un recinto per i cavalli e verso cui Goku corse subito non appena vide il fidato Speedy. Il cavallo nitrì rumorosamente iniziando a saltare e scalciare con energia, per poi lasciarsi accarezzare dal proprio padrone.
“Goku!”
Crilin si era affacciato sulla soglia di casa e fissava l’amico di una vita con le lacrime agli occhi, dietro di lui comparvero Yamcha e Bulma, che adesso aveva misure e sembianze umane. Crilin gli corse incontro, abbracciandolo.
“Sono così felice che tu stia bene!”
“Tranquillo, non sono così facile da uccidere,”
Yamcha e Bulma gli si avvicinarono, seguiti dall’anziano Genio delle Tartarughe.
“Goku, ragazzo mio, mi hanno detto cos’è successo, non solo al regno, ma anche al mio amico Gohan. Mi dispiace tanto,”
Era stato così preso nella fuga che non aveva più ripensato a suo padre e avvertì la morsa del senso di colpa.
“Che ne dici di entrare, raccontarci cos’è successo e di presentarci il tuo amico?”
Il gruppo sussultò, rendendosi conto solo in quel momento di quel guerriero che era rimasto in disparte, vicino al proprio cavallo.
“Bulma mi aveva detto che eri in sua compagnia, ma non ho ancora capito il perché?! Lui non è dei nostri ed è un assassino!”
“Mi ha aiutato a scappare Crilin e ha voltato le spalle a Freezer,”
“Hai mai pensato che potesse averti raccontato delle fandonie?”
“Ehi, zucca pelata, sono un uomo d’onore io, non un lurido parassita!”
“Vegeta ha scoperto delle cose molte importanti e vorrei anche un parere del Genio,”
“Tutto quello che vuoi ragazzo mio, entrate pure, parleremo meglio davanti ad un pasto caldo,”
“È proprio quello di cui abbiamo bisogno, grazie maestro."

 
***
 
 
                  Goku raccontò cos’era successo per filo e per segno: erano seduti tutti davanti al fuoco e il vecchio Genio aveva ascoltato tutto con molta attenzione, mentre Vegeta era stato in un angolo della stanza, mangiando in silenzio.
“La situazione è veramente molto grave, l’aura maligna di Freezer si sta espandendo in tutte le terre del Nord e non ci vorrà molto prima che la stessa cosa capiti anche alle tre regioni. Inoltre il suo potere malvagio sta creando una spaccatura nel mondo delle creature magiche, come può testimoniare la nostra amica: finora elfi boschivi, fate e altre creature sono sempre rimaste nascoste al nostro mondo, ma adesso tutto si sta sfaldando. A questo punto occorre un potere dello stesso livello dalla nostra parte, dovete recuperare le Sfere del Drago e fare in modo che i quattro regni si uniscano per combattere la minaccia,”
“Cosa?” esclamò Bulma, mentre gli altri si scambiavano sguardi interrogativi “Come fai ad esserne a conoscenza?”
“Perché, se ricorderai bene, sono state utilizzate già una volta, molto molto tempo fa, contro il demone Al Satan. Il mio maestro lo distrusse grazie anche all’aiuto del drago Shenron.”
“Di che cosa si tratta Genio? Cosa sono le sfere del Drago?”
“Sono oggetti magici, che, se riuniti, possono evocare il drago Shenron, un’entità benevola in grado di esaudire un desiderio”
“Sì, ma dove si trovano queste sfere e come fai ad essere sicuro che il Drago abbia il potere di esaudire qualunque desiderio?”
“Lo ha già fatto una volta Crilin, non vedo perché non dovrebbe farlo di nuovo e, per quanto riguarda le sfere, quattro sono in possesso dei Re Kaioh, le altre sono state nascoste, ma la nostra amica Bulma sono sicuro saprà aiutarci,”
Il gruppo si girò verso la fata dai capelli turchini,
“Sì, beh, su questo potete stare tranquilli, le sfere sono strumenti magici e come tali hanno una traccia, che può essere percepita proprio dalle creature magiche e, non credo ci sarà bisogno poi molto per trovare la prima, non è vero Goku?”
Il guerriero rimase interdetto qualche istante, mentre tutti gli occhi erano puntati su di lui, compresi quelli di Vegeta, che nonostante il silenzio non si era perso neanche una sillaba.
“Cosa stai dicendo Bulma?”
“Ti conosco da sempre Goku e beh, tuo padre sapeva della mia esistenza, ecco perché prima che i soldati attaccassero mi ha consegnato questa…”
In un bagliore rosso e oro comparve una piccola sfera arancione con quattro stelle, lasciando tutti a bocca aperta.
“Che mi venga un colpo! Ma allora il maestro l’aveva affidata a lui!”
“Ma è il portafortuna di papà,” esclamò il ragazzo, afferrando la sfera. “Quindi, lui sapeva di te e delle Sfere?”
Bulma annuì.
Goku sentì il dolore percuotergli le viscere ripensando a suo padre.
“Non tutto è andato perso Goku, lui vive ancora, dentro di te,”
E a quelle parole tutta la sofferenza e la tensione si sciolsero come neve al sole, mentre Goku iniziava a piangere calde lacrime sulla spalla del Genio. Erano tutti concentrati su Goku e nessuno si accorse della figura scura che scivolava in silenzio fuori dalla porta.
 
 
 
***
 
 
 
                   Vegeta si sentiva estremamente a disagio, persino arrabbiato. Quello sciocco di una terza classe come poteva mostrare tutta quella debolezza, di fronte ad altre persone per giunta? Il Principe dei Sayian non riusciva a capire, ma del resto come avrebbe potuto, non aveva legami, non aveva amici, aveva vissuto contando solo su sé stesso e la sua forza. L’unico essere con cui aveva un legame era Thunder, il suo cavallo. Lo stallone stava quieto nella stalla e lui gli andò vicino, carezzandolo sul muso.
Ripensò a quello che si erano detti nella stanza: le sfere, il drago, chiedere l’aiuto dei quattro regni. Non era assolutamente una passeggiata dietro l’angolo, non con soldati e spie di Freezer che imperversavano nelle terre. Sarebbe stato un lungo viaggio, di questo era certo, ma avrebbe fatto qualunque cosa per spodestare il tiranno e ottenere il potere. Una volta risvegliato il super sayian grazie alla luna rossa, avrebbe avuto la sua vendetta per tutti gli anni di umiliazioni che aveva dovuto subire e avrebbe avuto a disposizione un desiderio da esaudire. La terza classe poteva essere un problema, non aveva ancora deciso come e quando, ma lo avrebbe schiacciato sul campo di battaglia.
“Ehi, sei qui”
L’oggetto dei suoi pensieri si era appena materializzato sull’uscio della stalla. “Perché sei andato via?”
“Non sopporto tutte quelle smancerie. Non provi vergogna? Sei un guerriero per la miseria!”
Sperava in una qualche reazione d’orgoglio, ma un sorriso comparve sul volto dell’altro.
“Mio padre mi ha insegnato che la vera forza di un guerriero viene dal suo cuore e mostra la sua vera potenza quando lotta con tutte le sue per qualcosa di prezioso da proteggere,”
“Mph, quante sciocchezze,”
“Non mi aspettavo che tu capissi,”
No, Vegeta non riusciva e non poteva capire, per il Principe dei Saiyan gli amici e le persone potevano renderti solo più debole e vulnerabile. In ogni caso a lui non interessavano quelle sciocchezze.
“Domani mattina partirò con Bulma e Crilin per raggiungere Re Kaioh del Nord, pensi di unirti a noi? Yamcha è ancora troppo debole per partire,”
“Che mezza tacca,” Ghignò compiaciuto, ripensando al fatto che era stato lui stesso ad infliggergli quella ferita. “Sei davvero sicuro di voler partire con quel manipolo di smidollati?”  La terza classe ignorò le sue parole di scherno.
“Puoi fare quello che più ti aggrada, la cosa non mi interessa, ma conosci Freezer e i suoi scagnozzi e ci saresti di grande aiuto.
“Spero che il tuo amico sia davvero in gamba come dici.”
Ci fu un movimento fulmineo, ma Vegeta non si lasciò sorprendere, alzò il braccio pronto a colpire, ma Kaharot lo bloccò afferrandolo per il polso e per un momento il Principe vide il Saiyan nascosto negli occhi dell’altro.
“Ti sto dando una possibilità, se ci tradisci o dovessi fare del male ai miei amici, non esiterò a sguainare la spada,”
“È una minaccia?” domandò freddamente.
“Sai come si dice – il nemico del mio nemico, è mio amico – il mio istinto mi dice che tu sia molto meglio di quanto in realtà mostri. Non è una minaccia, ma combatterò per le persone a cui tengo.”
Kaharot mollò la presa e la tensione nell’aria svanì così com’era arrivata.
“Partiamo domani mattina all’alba, prepariamo armi e equipaggiamento.”
 
 
 
***
 
 
            Il mattino seguente si misero in marcia molto presto, Bulma e Yamcha avevano indugiato un po’ di più prima di salutarsi e Goku non aveva capito molto bene il perché del disappunto di Vegeta, che aveva detto loro di muoversi e il risolino di Crilin.
In quel momento viaggiavano compatti, i cavalli spronati verso le terre del Nord. Bulma viaggiava nelle sue dimensioni da fata, nascosta nella sacca allacciata al busto di Goku.
Il castello di Re Kaioh del Nord era ad almeno una settimana di cavallo, cercavano di evitare le strade e i villaggi dove era possibile, accampandosi la notte nel folto del bosco, nascosti dagli incantesimi di Bulma. Goku stava facendo amicizia molto velocemente con la fata, così come Crilin, mentre con Vegeta era tutta un’altra storia. L’altro guerriero saiyan parlava pochissimo e spesso rispondeva con semplici monosillabi, eppure Goku non poteva fare a meno avvertire un legame con lui. Una mattina si era svegliato con l’impellente bisogno di fare pipì, ma aveva scoperto che Vegeta era già in piedi da almeno un’ora e si stava allenando. L’aveva osservato in silenzio mentre faceva flessioni, trazioni ed esercizi con la spada. Si era sentito fuori luogo per la prima volta in vita sua; lui non aveva più pensato all’allenamento dopo quello che era successo a Ravenwald ed era stato un grosso errore. Il giorno successivo si era alzato e aveva raggiunto Vegeta.
“Che vuoi terza classe?” il guerriero non aveva distolto l’attenzione dai suoi esercizi.
“Voglio allenarmi con te.”
Era già pronto ad un secco “no”, ma la risposta lo aveva sorpreso oltre ogni aspettativa.
“Credi di riuscire a stare al passo Kaharot?”
Goku aveva sorriso.
Ogni mattino si allenavano almeno due ore ed era un’esperienza estremamente soddisfacente. Combattevano, correvano e Vegeta era un avversario instancabile, oltre ad essere un esperto cacciatore.
“Spesso affrontavo viaggi molto lunghi per ordine di Freezer e le scorte dovevano durare il più a lungo possibile, per tanto la caccia e il saper trovare fonti d’acqua è diventato indispensabile per me”
Goku aveva deciso di sua iniziativa di imparare da Vegeta il saper seguire le tracce. Aveva implorato per tre giorni, dandogli il tormento, alla fine, Vegeta, preso da un evidente attacco di nervi aveva acconsentito, purché stesse zitto. L’altro saiyan era un ottimo insegnante e Goku si sentiva felice e quasi geloso dei momenti che passava da solo con Vegeta. Nonostante parlasse poco, a Goku non importava, perché lui chiacchierava abbastanza per entrambi. L’indifferenza iniziale aveva lasciato spazio a un mutuo rispetto, o almeno così sperava.
Riuscirono ad arrivare al castello di Re Kaioh del Nord senza particolari intoppi, alle guardie mostrarono il messaggio che il Genio delle Tartarughe aveva stilato per ogni sovrano, sigillato dal simbolo del suo casato. Nel frattempo Bulma aveva assunto di nuovo sembianze da essere umano.
Furono ricevuti dal Re, un ometto buffo e tarchiato dall’espressione estremamente benevola. Goku fu subito rapito dal suo animale da compagnia, una scimmia delle terre del sud di nome Bubbles.
“Giovani viaggiatori, per quale motivo chiedete udienza?”
“Vostra Maestà” dissero Goku e Crilin inchinandosi “Abbiamo un messaggio da parte del Genio delle Tartarughe, io, Son Goku e il mio amico Crilin siamo stati suoi allievi, veniamo da Revanwald,”
“È passato davvero molto tempo dall’ultima volta che ho visto il vecchio Genio, spero sia sempre in salute,”
“Sì, vostra maestà,”
“Le sue gesta e quelle si Sir Gohan sono leggenda,”
Goku trasalì.
“Tutto bene ragazzo?”
“Sir Gohan era mio padre,”
Re Kaioh strabuzzò gli occhi, sfoderando un sorriso a trentadue denti.
“Davvero ragazzo mio? Credevo che non avesse avuto prole per proseguire il suo casato,” domandò dubbioso.
“Sono un trovatello vostra maestà, l’ho scoperto solo pochi giorni orsono, mio padre me l’ha rivelato poco prima di morire,”
“Cosa?” l’uomo sobbalzò sul trono.
“È per questo che siamo qui,”
Goku consegnò il messaggio e mentre Re Kaioh scorreva le parole in esso contenuto, la sua espressione si fece sempre più cupa.
“Porti notizie orribili ragazzo mio, abbiamo molte cose di cui parlare, ma non qui.”
I suoi occhi erano svettati velocissimamente da Bulma a Vegeta ed era chiaro che stava elaborando tutte le informazioni contenute nel messaggio.
“Vi saranno assegnate delle stanze, potrete lavarvi e rifocillarvi, quando sarete pronti, fatelo sapere al mio consigliere, vi guiderà alla biblioteca.”
Il gruppo annuì, seguendo un servitore fuori dalla sala del trono.
 
 
 
 
 
 
 
NDA: Il capitolo non è betato, abbiate pazienza. Le mie long sono piuttosto lente e non so, forse hanno una trama talmente intricata che mi sembra di non arrivare mai a nulla, forse anche per questo fatico a scrivere dei seguiti. Mi chiedo spesso se le miei storie fanno emozionare e stare in attesa come quelle di alcuni autori e autrici che seguo. Grazie se ancora seguite questa fanfiction.
Un saluto a tutti.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3827118