RumBelle: a different beginning

di Stria93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Alla taverna ***
Capitolo 2: *** Rapimento ***
Capitolo 3: *** Rivelazioni ***



Capitolo 1
*** Alla taverna ***


cap1

ALLA TAVERNA



Da quando, pochi giorni prima, quell'imponente veliero aveva attraccato al piccolo molo del villaggio, facendo sfigurare tutte le altre umili imbarcazioni di pescatori, la vita monotona e tranquilla degli abitanti era stata messa sottosopra.
Si trattava di una ciurma di pirati che si era fermata per fare rifornimento di provviste e altri beni utili a bordo della nave, prima di riprendere il viaggio per mare.
La gente del posto aveva storto il naso: gli stranieri non erano ben visti, soprattutto se questi erano personaggi inquietanti, agghindati in modo bizzarro e soprattutto portavano spadoni, sciabole, pugnali e altre armi che sembravano pronti a sfoderare con fin troppa facilità.
La sera, l'intera ciurma si riuniva nell'unica taverna del villaggio e tutti bevevano litri di birra e rum, cantavano stornelli marinareschi, raccontavano delle loro avventure, ridevano sguaiatamente e amoreggiavano con le donne e le ragazze che si lasciavano incantare dal loro fascino esotico.
Tra queste, vi era anche una donna dai lunghi capelli neri e dalla scollatura generosa di nome Milah.
Ogni sera si recava alla taverna e s'intratteneva a giocare a dadi con gli uomini e ad ascoltare i loro racconti; sembrava particolarmente attratta dal capitano Killian Jones, un giovane uomo sulla trentina, di bell'aspetto, dallo sguardo furbo e l'atteggiamento spavaldo.
Le attenzioni della donna erano ricambiate e spesso, dopo qualche giro di birra, i due si appartavano in un angolo e si lasciavano andare ad effusioni più o meno spinte.
Quella sera, una piratessa di nome Belle stava consumando la sua pinta di birra ad un tavolo isolato in un angolo, senza curarsi molto di ciò che le accadeva intorno. Niente che non avesse già visto in altri porti, in ogni caso.
Non amava la confusione e detestava assistere al pietoso spettacolo di tutte quelle donne adoranti che sbavavano dietro agli uomini dell'equipaggio, che, dal canto loro, erano fin troppo felici di approfittarsene.
Attendeva con ansia il momento in cui finalmente avrebbero potuto salpare, riprendere il largo e tornare in mare aperto.
Belle era una giovane donna dai lunghi capelli castani, venati di riflessi color rame, e meravigliosi occhi azzurri come l'oceano stesso.
Aveva vissuto la maggior parte della sua vita con l'anziano padre Maurice in un piccolo villaggio dove tutti la consideravano strana e diversa, ostracizzandola a causa della sua passione per i libri e l'avventura.
Non c'era dubbio che fosse la ragazza più carina del paese, ma il suo comportamento singolare e la sua tendenza a sognare ad occhi aperti e a fantasticare di mondi lontani faceva sì che molti la guardassero con sospetto o scherno.
Lei non ci aveva mai fatto molto caso: il giudizio di quel manipolo di ottusi paesani non avrebbe potuto importarle di meno, tuttavia più cresceva e più si sentiva intrappolata in quel minuscolo villaggio dove tutti i giorni trascorrevano esattamente uguali ai precedenti e le persone sembravano non voler guardare oltre le loro noiose e piccole vite provinciali.
Ma lei aveva ben altre ambizioni: sognava di vedere il mondo, di partire per qualche avventura come quelle di cui leggeva nei suoi amati libri in cui gli eroi si gettavano in imprese epiche e vivevano amori travagliati, intensi e romantici.
Dopo la morte improvvisa di Maurice, Belle si era ritrovata sola, in balia di quel rozzo mascalzone di Gaston, il belloccio del paese che ogni giorno si presentava baldanzosamente da lei chiedendole, con sempre maggiore insistenza, di sposarlo.
Belle aveva già rifiutato molte volte ma Gaston non si era arreso, inoltre era noto per la sua vena collerica e aggressiva e la giovane era sempre più convinta che presto avrebbe messo da parte i modi galanti e le lusinghe per tentare di obbligarla a divenire sua moglie ricorrendo alla forza.
Non aveva più nulla che potesse legarla al villaggio e così una notte aveva preparato una bisaccia con le poche cose importanti che possedeva ed era sgattaiolata giù al porto, dove la magnifica nave di Killian stava per salpare.
Parlando con un marinaio, aveva scoperto che il capitano stava cercando una persona che sapesse leggere e interpretare un'antica mappa del tesoro proveniente da un paese lontano e incomprensibile per molti ma non per lei, che, guarda caso, aveva letto alcuni libri a riguardo.
Aveva chiesto di essere ammessa alla presenza di Killian e gli aveva offerto il suo aiuto in cambio della possibilità di unirsi all'equipaggio; e così era stato.
Il capitano non aveva mai permesso che qualcuno della ciurma le facesse del male o le mancasse di rispetto e, col tempo, si era instaurato tra loro un profondo legame quasi fraterno, inoltre anche il resto degli uomini le si era infine affezionato.
Certo, all'inizio non erano mancate pesanti e sgradite avances da parte di alcuni di loro più sprovveduti, ma, con le buone o le cattive, lei aveva fatto capire a tutti di non essere interessata a ciò che avevano da offrirle e che non era certo il tipo di donna con cui potersi permettere certi giochetti.
Era arrivata a godere del rispetto e della lealtà della ciurma al pari di un uomo, al pari di Killian stesso.
La ragazza voleva bene al capitano e gli era grata per averla accolta a bordo della Jolly Roger, ma questi sentimenti non potevano impedirle di provare un moto di fastidio davanti a certi suoi atteggiamenti arroganti e prepotenti che metteva in atto per impressionare gli altri, in particolare le donne, sulle quali esercitava un fascino e un'attrazione irresistibili.
Ogni volta che facevano porto da qualche parte ce n'era sempre qualcuna con cui si divertiva per un po', ma con nessuna era mai andato oltre l'avventura di qualche notte.
Quella bruna intrigante dagli occhi chiari sarebbe stata solo l'ennesimo nome su quella lista di conquiste ormai dimenticate, eppure a Belle sembrava di intravedere qualcosa di più profondo negli occhi dell'uomo quando la guardava. Qualcosa che non aveva mai scorto in lui prima di allora e che la metteva stranamente in allarme.


Rumpelstiltskin rientrò a casa tardi quella sera. Era stato costretto ad andare a cercare una pecora che si era smarrita nel bosco e, con la sua andatura zoppa, aveva avuto il suo bel daffare per recuperarla ma non poteva permettersi di perderla: era giovane e gli avrebbe fruttato un bel po' di lana buona da filare.
La luna era già alta nel cielo quando l'uomo varcò soglia della piccola e umilissima casetta dove abitava con la moglie e il figlioletto di sei anni.
- Milah? Bae? Sono tornato! - disse, richiudendosi l'uscio alle spalle.
La stanza era fiocamente illuminata dai resti morenti del fuoco che era stato acceso nel camino.
Seduto ad un piccolo e sbilenco tavolo di legno, le gambe penzoloni, c'era un bimbo magro dai grandi occhi castani che lo guardava. - Papà? -
- Bae! - Rumpelstiltskin si guardò intorno ma non vide traccia della moglie. - Dov'è la mamma? -
Il piccolo non rispose e abbassò lo sguardo mestamente.
Il padre gli sorrise cercando di rassicurarlo. - Be', avrà... perso la cognizione del tempo. - disse, cercando di suonare convincente più a se stesso che al figlio. - Prendi il tuo mantello, figliolo. Andiamo a cercarla. -
Il bambino si alzò, l'uomo gli mise una mano sulla spalla e lo guidò fuori dalla casupola appoggiandosi al bastone che usava come sostegno per camminare.
Purtroppo sapeva perfettamente dove cercare la moglie, che probabilmente si stava divertendo alla taverna con quel gruppo di tagliagole che era arrivato dal mare qualche giorno prima, ma non pensava che avrebbe perfino abbandonato a casa il loro bambino da solo in piena notte per andarsi a fare i propri comodi con quella gentaglia.
Dalla locanda provenivano suoni di risa e di bicchieri che cozzavano uno contro l'altro.
Rumpelstiltskin osservò incerto il figlio e decise che non era il caso di portarlo con sé lì dentro, così s'inginocchiò in modo da essere alla sua stessa altezza, ignorando la fitta alla gamba che quel gesto gli provocò, gli posò le mani sulle spalle e lo guardò negli occhi nocciola così simili ai suoi. - Bae, io vado a prendere la mamma ma tu devi aspettarmi qui fuori per qualche minuto, d'accordo? -
Il piccolo annuì, il padre gli sorrise con dolcezza e gli accarezzò una guancia prima di dirigersi verso l'ingresso della taverna.
Quando entrò timidamente e con passo incerto, cercò di non fare caso alle occhiate stupite e derisorie che gli uomini gli lanciavano e ai risolini delle ragazze che commentavano la sua zoppia.
Riconobbe subito Milah seduta a un tavolo, circondata da alcuni di quei pirati.
Stava ridendo e brindando con uno di loro, un giovane uomo abbastanza bello e dallo sguardo accattivante che le cingeva la vita con un braccio e, di tanto in tanto, sbirciava nella sua generosa scollatura.
- Milah? - la chiamò il marito.
La donna e gli altri uomini seduti al tavolo alzarono lo sguardo su di lui e tacquero, incuriositi.
- Milah... - tentò di nuovo Rumpelstiltskin, messo a disagio da quegli sguardi colmi di derisione, – è ora di andare. -
- Bene, va' dunque. - ribatté lei versandosi un altro bicchiere di rum.
- E questo chi è? - domandò l'uomo che le sedeva accanto, senza accennare a toglierle le mani di dosso.
- Oh, nessuno. È solo mio marito. - rispose la donna imprimendo a quell'ultima parola un tale disprezzo che Rumpelstiltskin si ritrasse istintivamente.
- Be', è più alto di come l'hai descritto! - fece l'uomo, al che tutti gli avventori, Milah compresa, iniziarono a ridere.
Rumpelstiltskin cercò di ignorarli e continuò a guardare la moglie, provando a farla ragionare. - Ti prego... hai delle responsabilità! -
- Oh, come fare l'uomo e combattere nelle guerre degli orchi? Altre mogli sono diventate vedove onorate, ed io invece sono legata al codardo del villaggio. - sbottò buttando giù il bicchiere tutto d'un fiato.
Ormai tutti avevano abbandonato le proprie attività per godersi la scena, compresa la giovane Belle che però, a differenza di tutti gli altri, non rideva affatto e, al contrario, serrava i pugni con rabbia di fronte a quello spettacolo orribile.
Rumpelstiltskin rimase ferito dalle parole di Milah e dalla sua voce gelida e sprezzante.
- Corri a casa, Rumpel. È la cosa che ti riesce meglio. - concluse mordace la bruna.
- Mamma? -
Ad un tratto si udì una flebile vocina alle loro spalle e gli uomini si fecero da parte per lasciar passare un bimbetto che si stringeva nel mantello e guardava la donna con espressione interrogativa e smarrita.
L'uomo che si reggeva al bastone si voltò. - Bae! Ti avevo detto di aspettarmi fuori, figliolo... -
Milah lo guardò rimanendo interdetta per un secondo, poi si alzò dal tavolo senza dire nulla, cinse le spalle del piccolo e lo guidò fuori dalla taverna, seguita dal marito.
Passarono vicino al tavolo al quale era seduta Belle, che li seguì con lo sguardo. Quando incrociò i suoi occhi celesti con quelli castani e indicibilmente tristi di Rumpelstiltskin, sorrise; non un sorriso di scherno o di compatimento, ma un sorriso comprensivo e solidale, quasi di scuse, un incoraggiamento a credere che, un giorno, le cose sarebbero andate meglio.
L'uomo lo notò ma non fece in tempo a rispondere a quel gesto, inoltre voleva allontanarsi il più in fretta possibile da quel luogo in cui si era sentito umiliato da tutti, a partire dalla sua stessa moglie, la quale, come se niente fosse, si lasciava stringere nell'abbraccio di un altro uomo, un pirata, proprio di fronte a lui e a loro figlio.


Durante il breve tragitto verso casa nessuno disse una parola.
Una volta arrivati, Rumpelstiltskin mise a letto Bae mentre Milah si dava una sistemata e s'infilava sotto le coperte, con la testa che le girava e doleva a causa del troppo bere.
L'uomo fece scaldare dell'acqua e preparò una tisana di erbe per la moglie.
- Davvero avresti voluto che fossi morto nella guerra degli orchi? - chiese piano mentre le porgeva una tazza fumante.
La donna, distesa a letto, non sostenne il suo sguardo né rispose subito, come se fosse indecisa tra l'essere brutalmente sincera o indorare la pillola a beneficio del marito.
- Avrei voluto che avessi almeno provato a combattere. Tu no? -
- Be', però così sono vivo e sono qui con te... e con Bae. Sono tornato da voi. - disse lui, sedendosi sul bordo del letto.
Milah scosse la testa. - Questa non è vita, Rumpel. Non per me. -
L'uomo sospirò stancamente: avevano già affrontato quel discorso.
- Perché non ce ne andiamo? - continuò la donna, insistendo su un'idea che aveva sottoposto al marito più e più volte.
- Ne abbiamo già parlato. -
- Non devi per forza essere il codardo del villaggio. Potremmo ricominciare da capo. Andare dove nessuno ci conosce e vedere l'intero mondo che c'è oltre questo villaggio! -
Rumpelstiltskin scosse la testa e si alzò. - So che questa non è la vita che avresti voluto, ma può comunque essere una bella vita. Non c'è bisogno di andarcene. -
Il filatore si sedette al tavolo dando le spalle alla moglie con l'aria più abbattuta che mai.
- Almeno provaci. Fai un tentativo. Se non per me... fallo per Bae. -
Milah si massaggiò una tempia e chiuse gli occhi con un sospiro stanco. - Ok, ci proverò. -
Quando il marito la raggiunse a letto e spense con un soffio la lanterna che era rimasta l'unica fonte di luce nella casupola, i due non si erano mai sentiti più lontani l'uno dall'altra.


Belle aveva bisogno d'aria.
Non sopportava più l'atmosfera della taverna e l'odore acre di alcol e sudore, senza considerare il fatto che la scena alla quale aveva assistito poco prima le aveva messo una gran voglia di strangolare qualcuno e, per la sicurezza di tutti, dato che aveva anche bevuto e non si sentiva del tutto responsabile delle proprie azioni, decise di andare a fare quattro passi per sbollire la rabbia e ritrovare un po' di lucidità.
Ovviamente tutti i lumi delle case erano spenti a quell'ora tarda e le stradine del villaggio erano deserte, ma alla ragazza non importava, anzi apprezzava particolarmente quell'atmosfera quieta e silenziosa dopo tutto l'allegro baccano della taverna.
I suoi pensieri continuavano a tornare a quell'uomo, allo sguardo pieno d'amore che aveva riservato a suo figlio e al modo tremendo in cui sua moglie l'aveva trattato davanti a tutti.
Belle sentì di nuovo montare la collera dentro di sé nei confronti di quella donna.
Fortunatamente, il giorno seguente sarebbero ripartiti e lei non avrebbe mai più dovuto rivederla.




Da Stria93: Bentrovati, dearies!
Ecco un'altra bozza saltata fuori dallo “scrigno dei lavori incompiuti” e che risale alla lontanissima 2x04. Devo aver scritto le prime righe di questa storia pochi giorni dopo aver visto la puntata per la prima volta quindi fate pure voi il calcolo degli anni che questa fanfiction ha trascorso in un angolino del mio PC, dimenticata, incompiuta e con urgente bisogno di essere riveduta e corretta.
Be', qualche tempo fa ho deciso di riprenderla e ho sistemato un po' di cose qua e là per renderla pubblicabile.
A breve farò lo stesso anche con i capitoli successivi. Mi scuso se molte parti sono prese pari pari dalle scene della serie, ma il progetto era proprio di aderire il più possibile a queste inserendo però l'elemento “Belle”.
Grazie come sempre a chi leggerà, a chi inserirà la storia in una raccolta e a chi sarà così gentile da lasciarmi il proprio commento.
A presto con il seguito!

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Capitolo 2
*** Rapimento ***


cap2

RAPIMENTO



Belle trascorse la mattinata aiutando gli uomini dell'equipaggio a caricare la nave che sarebbe poi salpata nel pomeriggio.
Era una giornata perfetta per navigare: il cielo era terso senza la più vaga traccia di nubi all'orizzonte e tirava una lieve brezza da ovest portando i profumi della primavera imminente.
Belle si sentiva elettrizzata ogni volta che la Jolly Roger levava l'ancora e scivolava tra le braccia accoglienti del mare cristallino, diretta verso l'ignoto e la promessa di nuove fantastiche avventure.
La giovane stava riavvolgendo una cima canticchiando tra sé quando, dal ponte, scorse la donna della sera prima avvicinarsi al veliero, sembrava tesa e circospetta ma forse dava quest'impressione solo perché non voleva dire addio a Killian e intendeva provare a fargli cambiare idea e convincerlo a restare. Dopotutto, non sarebbe stata la prima volta che una delle occasionali amanti del capitano imbastiva una plateale scenata di dolore e lacrime al momento della sua partenza.
La ragazza tese l'orecchio e sentì che Milah stava chiedendo a uno degli uomini dove fosse il capitano ma non ebbe bisogno di alcuna risposta perché il giovane era appena sceso della nave e le si faceva incontro sorridendole, sorpreso ma lieto di vederla.
Fece cenno all'uomo di andarsene e guidò Milah lontano dal veliero, portandola all'inizio del molo, fuori dalla portata dell'udito di Belle, che dovette limitarsi a seguirli con lo sguardo.
Stavano parlando, i volti a distanza ravvicinatissima, e la donna sembrava stesse supplicando animatamente.
Come previsto. Pensò Belle. Non voleva che partisse e gli stava chiedendo di rimanere.
Ma, ad un certo punto, la giovane vide Kilian annuire e Milah gettargli le braccia al collo e baciarlo con passione.
Belle rimase alquanto sorpresa da quella reazione e sperò con tutto il cuore che il sospetto che si era fatto largo nella sua mente fosse infondato, speranza che si affievoliva sempre di più, man mano che i due si avvicinavano alla nave, sorridendo e tenendosi per mano come due piccioncini.
Il capitano aiutò Milah a incamminarsi sulla rampa di legno e la fece salire a bordo.
Belle non poteva crederci: era impossibile che Killian avesse accettato di farla partire con loro!
La situazione peggiorò quando la coppia si diresse verso di lei. L'uomo era raggiante di felicità come non lo aveva mai visto e anche lei era radiosa.
- Belle, ti presento Milah. Viaggerà con noi e d'ora in poi farà parte del nostro equipaggio... e della nostra famiglia. - aggiunse, scoccando uno sguardo insolitamente dolce alla donna.
- È un piacere conoscerti, Belle. -
Milah le sorrise entusiasta, ma la giovane incrociò le braccia al petto e la guardò con freddezza. - Credevo che qui avessi già una tua famiglia. Non hai forse un marito e un figlio piccolo? - disse con voce gelida.
Il sorriso della bruna scomparve all'istante insieme ai modi amichevoli e il suo viso assunse un'espressione apertamente ostile. - Questo non è affar tuo, è una scelta mia, per la mia vita. - replicò, granitica.
- Una scelta che non riguarda solo te, ma anche tuo marito e soprattutto tuo figlio. Intendi davvero abbandonarlo per fuggire con una ciurma di pirati? -
Killian intervenne a sedare quella che presto sarebbe diventata a tutti gli effetti un'accesa discussione. - Oh, questa carognetta è solo gelosa, come tutte le donne! Ci farà l'abitudine, tesoro! - disse scompigliando i capelli di Belle con una risata, dopodiché cinse con un braccio le spalle di Milah e la portò nei suoi alloggi.
Belle ancora stentava a credere allo scherzo di pessimo gusto che il destino le aveva appena giocato: sperava di non vedere mai più quella donna in vita sua e invece ecco che sarebbe partita con loro e così si sarebbero trovate costrette a trascorrere insieme chissà quanto tempo.
Ma perché Killian aveva accettato? Aveva sempre detto che impegnarsi con le donne era una seccatura, che un uomo ci perdeva la sua libertà ecc... allora perché per Milah aveva fatto un'eccezione? Che fosse davvero innamorato di lei?
Belle provò un moto di pietà e compassione pensando a suo marito e a suo figlio; quella donna non aveva cuore! Partiva all'avventura abbandonando il proprio bambino e lasciando un uomo solo e mezzo invalido a dover mandare avanti la casa e occuparsi di lui.
Certo, anche lei aveva lasciato il suo villaggio e si era imbarcata con l'equipaggio della Jolly Roger senza pensarci due volte, ma la situazione era molto diversa: all'epoca lei non aveva più niente e nessuno, mentre Milah aveva deciso di lasciarsi alle spalle una famiglia che sicuramente aveva bisogno di lei.
Se non fosse stato per il bene che voleva a Killian, l'avrebbe già buttata in mare da un pezzo.


Rumpelstiltskin aveva trascorso la mattinata a tosare le pecore e nel pomeriggio si sarebbe dedicato alla filatura della lana.
Quando rientrò a casa non c'era traccia di Milah o Baelfire.
La moglie e il bambino erano usciti durante la mattina per andare al piccolo mercato del villaggio, dove gli abitanti si scambiavano le poche risorse che producevano per mandare avanti la vita nella piccola comunità. Probabilmente si erano intrattenuti a parlare con un conoscente o erano stati invitati a pranzo, in fondo tutti conoscevano tutti in una realtà così ristretta.
Dunque, l'uomo non si preoccupò e consumò un misero pranzo in solitudine al vecchio tavolo traballante.
Aveva appena terminato di riporre la scodella nella credenza quando bussarono alla porta. Andò ad aprire sorreggendosi al bastone e si trovò davanti una donna bionda dalle guance piacevolmente rosee.
Era Ellen, una delle amiche di Milah, e dietro di lei fece capolino il piccolo Bae.
- Bae! Stai bene? Cos'è successo? - chiese con apprensione chinandosi verso il bambino e osservandolo con attenzione come se si aspettasse di trovarlo ferito.
- Baelfire, vai pure in casa, io devo parlare un attimo col tuo papà. - disse Ellen con un sorriso tirato che non ingannò Rumpelstiltskin neanche per un attimo.
Il bimbo guardò il padre che sorrise a sua volta e annuì. - Sì, aspettami dentro, figliolo. Io arrivo subito. -
Il piccolo entrò in casa e Rumpelstiltskin accostò la porta tornando a guardare la donna bionda che ora non sorrideva più.
- Che cosa succede, Ellen? -
- Devi andare al molo, subito! - rispose lei con urgenza.
- Al molo? E perché? -
- Gli uomini che sono arrivati la settimana scorsa hanno preso Milah! Stanno spiegando le vele, devi fare in fretta! -
A quelle parole, Rumpelstiltskin si sentì mancare. Si voltò incerto verso l'interno dell'abitazione dove Bae stava seduto al tavolo dondolando le gambine.
- Non preoccuparti, resterò io con lui fino al tuo ritorno. - si offrì la donna.
Ellen aveva due figli piccoli e ci sapeva fare con i bambini, inoltre era sempre stata gentile e affettuosa con Bae, così l'uomo la ringraziò e si avviò verso il molo più velocemente che poté, per quanto la sua gamba danneggiata costituisse un notevole impedimento.


Intorno al veliero c'era un gran movimento di uomini affaccendati a caricare casse di cibo, liquori e altro e nessuno fece caso più di tanto all'uomo zoppo che si stava avvicinando con passo insicuro.
Nessuno lo fermò neanche quando, a fatica, salì sulla rampa che portava a bordo dell'imbarcazione.
Inciampò in una fune e perse l'appoggio del bastone, cadendo a terra, tra le risa sguaiate degli uomini.
Alzò lo sguardo e vide davanti a sé, appoggiato tranquillamente all'albero maestro, l'uomo che la sera prima abbracciava Milah alla taverna.
Lo stava guardando con un'espressione divertita e arrogante, le braccia incrociate al petto.
- In piedi davanti al capitano! - gli ingiunse un membro della ciurma e subito Rumpelstiltskin venne rimesso rudemente in piedi da due marinai, che gli cacciarono in mano il bastone senza tanti complimenti.
- Mi ricordo di voi. Eravate alla locanda ieri sera. - disse il filatore, indicando con mano tremante il bel giovane che gli stava di fronte.
- È sempre bello fare colpo! - commentò sarcastico il capitano e, dall'equipaggio, si levò un coro di fragorose risate.
- Ma dove sono le mie buone maniere? Non ci siamo neanche presentati come si deve. - continuò l'uomo fingendosi sinceramente indignato, - Io sono Killian Jones. Ora, posso sapere cosa ci fai a bordo della mia nave?-
Rumpelstiltskin si guardò intorno per un attimo come alla disperata ricerca di una via di fuga prima di posare di nuovo lo sguardo sul capitano. Sembrava un agnello circondato da un branco di lupi famelici.
- Voi avete mia moglie. - sussurrò infine con un filo di voce.
Il giovane sorrise. - Oh, ho avuto le mogli di molti uomini. - e di nuovo, intorno a loro i pirati risero con malignità.
- No, vedete... noi abbiamo un figlio che... che ha bisogno di sua madre. -
- E io ho una nave piena di uomini che hanno bisogno di... compagnia. - replicò Kiliian, ammiccando verso i compagni che lo acclamarono a gran voce.
- Vi....vi imploro... per favore, signore. Lasciatela andare. - supplicò Rumpelstiltskin con la voce rotta e ormai ridotta ad un flebile sussurro appena udibile.
- Non sono proprio il tipo che fa baratti. - rispose il capitano, - Detto ciò, mi considero un uomo d'onore, un uomo con un codice morale, perciò, se davvero rivuoi indietro tua moglie... - così dicendo prese una spada e la gettò a terra, che finì ai piedi di Rumpelstiltskin con un gran clangore. - ….tutto quello che devi fare è riprendertela. - concluse il pirata sguainando la sua lama e puntandola contro il petto dell'uomo inerme che, paralizzato dalla paura, non si mosse.
- Non hai mai preso parte ad un duello, suppongo. - lo schernì Killian.
Il povero filatore scosse la testa tremando, ormai era pallidissimo.
- Oh, è molto semplice in realtà. L'estremità della lama va conficcata nel corpo dell'avversario. -
Di nuovo, Rumpelstiltskin non reagì.
- Avanti, raccoglila. - lo incalzò Killian con un cenno verso l'arma a terra.
Rumpelstiltskin scosse la testa, ormai sull'orlo delle lacrime.
Proprio in quel momento, Belle salì sul ponte dalla stiva, dove stava finendo di sistemare il carico, e quando vide il capitano puntare la spada verso l'uomo disarmato e indifeso si precipitò verso di lui.
- Killian! Cosa stai facendo?! - chiese, spostando lo sguardo dall'uno all'altro.
Riconobbe immediatamente il marito di Milah.
Il capitano lanciò una rapida occhiata alla ragazza prima di tornare a guardare l'uomo di fronte a sé.
- Un uomo che non lotta per ciò che vuole, merita ciò che ottiene. - sibilò con disprezzo facendo passare la lama tra i capelli di Rumpelstiltskin, il quale azzardò un ultimo disperato tentativo. - Vi prego, signore. Cosa dirò a mio figlio? -
- Prova con la verità: suo padre è un codardo. -
E se ne andò, lasciando l'uomo tremante sul ponte.
Belle gli si avvicinò e calciò via la spada rimasta a terra di fronte a lui. - Mi dispiace tanto. Killian ha dei modi così arroganti a volte. Spero non vi abbia fatto del male. -
Rumpelstiltskin la guardò grandemente sorpreso di non cogliere alcuno scherno o tracce di sarcasmo in quelle parole, ma solo gentilezza e sincera preoccupazione.
- Venite, vi accompagno a terra. - si offrì la ragazza, prendendolo delicatamente per un braccio.
Lui si lasciò condurre giù dal veliero mentre alcuni uomini ancora ridevano e lo additavano; Belle lanciò loro un'occhiataccia.
Rumpelstiltskin la guardò implorante. - Non potete fare nulla per mia moglie? Per convincerlo a farla tornare da me? Forse a voi il capitano darà ascolto... -
Lei rimase sorpresa: possibile che sua moglie non gli avesse nemmeno detto della sua decisione e gli avesse lasciato credere di essere stata rapita? Sì, doveva essere così, non c'era altra spiegazione.
Per un attimo prese in considerazione l'idea di dirgli la verità, ma alla fine decise che forse era meglio non fargli portare questo ulteriore peso, così scosse la testa contrita. - Mi dispiace ma purtroppo temo di non poter fare niente. -
Ormai l'uomo era molto vicino a crollare, così lei gli prese le mani e gliele strinse con calore. - Ascoltate, voi potete farcela. Potete crescere vostro figlio anche da solo; ho visto come l'avete guardato alla taverna ieri sera e siete stato disposto a venire qui e affrontare un'intera ciurma di pirati solo per fargli riavere indietro sua madre. Siete sicuramente un buon padre e amate il vostro bambino, in voi c'è più di quanto non appaia. - affermò sorridendo.
Rumpelstiltskin la guardò, confuso e incredulo.
Nessuno gli aveva mai detto che valeva di più, nessuno aveva mai avuto gentili parole d'incoraggiamento per lui, ma quella giovane lo guardava con una tale intensità; i suoi occhi azzurri erano sinceri e pieni di genuina solidarietà.
Alla fine l'uomo le sorrise timidamente a sua volta, un po' rincuorato.
La ragazza gli lasciò le mani. - Ora tornate da vostro figlio, vi starà aspettando. -
Ma Rumpelstiltskin non si mosse. - Perché fate questo per me? Sono il codardo del villaggio, l'avete visto voi stessa ieri sera e anche poco fa. Perché pensate che in me ci sia di più? -
Belle lo osservò e sembrò soppesare la risposta; alla fine sorrise di nuovo. - Perché ognuno è coraggioso a modo proprio e chiunque può essere l'eroe della propria storia, anche senza maneggiare armi o fare del male agli altri; voi potete essere un ottimo padre per vostro figlio e sono sicura che lo sarete. -
Una voce maschile chiamò la ragazza dal parapetto della nave, esortandola a tornare a bordo dato che stavano per levare l'ancora.
- Vi auguro tutta la fortuna del mondo. Forse un giorno le nostre strade si incroceranno di nuovo. -
- Aspettate! -
La ragazza, che stava già correndo verso il veliero, si voltò di nuovo verso di lui, in attesa.
- Io mi chiamo Rumpelstiltskin! -
- Io sono Belle! - rispose lei, prima di attraversare la passerella e salire agilmente a bordo della nave.
L'imbarcazione spiegò le vele e si allontanò dal molo lasciandosi dietro una scia biancastra e schiumosa.
Rumpelstiltskin la seguì con lo sguardo fino a quando venne inghiottita dall'orizzonte e non fu più visibile.
Era solo. Adesso sarebbe spettato solo a lui prendersi cura di Bae e crescerlo.
Non che Milah gli avesse mai dato un grande supporto, ma era comunque la madre di suo figlio e ora l'aveva persa, rapita da un'accozzaglia di pirati da cui lui non era stato in grado di salvarla.
Cercò di non pensare al destino che le sarebbe stato riservato a bordo, poi la sua mente tornò alla giovane che gli aveva dimostrato così tanta gentilezza, senza chiedere nulla in cambio.
Belle.
Non poteva avere più di vent'anni eppure sembrava perfettamente a suo agio tra gli uomini dell'equipaggio, in più, quando il capitano l'aveva vista, aveva abbassato la spada che gli puntava contro e l'aveva lasciato andare.
Ripensò alle parole che la giovane gli aveva rivolto e subito si sentì più sicuro di sé.
Non avrebbe mai dimenticato quei meravigliosi occhi azzurri, così sinceri e pieni di fiducia mentre lo esortava ad andare avanti e a non arrendersi alle difficoltà. Mentre gli diceva che ce l'avrebbe fatta e che in lui c'era più di quanto non apparisse.
Quanto avrebbe voluto che avesse ragione! Quanto avrebbe voluto poterle credere!



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Capitolo 3
*** Rivelazioni ***


rivelazioni

RIVELAZIONI


Il Signore Oscuro se ne stava seduto in penombra ad un tavolo piuttosto defilato della bettola, aspettando che l'uomo che doveva incontrare si degnasse di farsi vivo.
Non tollerava che lo si facesse attendere. Era l'essere più potente e temuto di tutti i reami! Chi era quello stolto che aveva osato chiedergli un incontro per poi presentarsi in ritardo?!
Appena fosse arrivato, avrebbe valutato se la sua offerta poteva interessargli, in caso contrario avrebbe provveduto a sbarazzarsi di lui immediatamente.
La locanda era poco illuminata e non c'erano molti avventori, per lo più si trattava di loschi figuri. I tavoli di legno scrostato erano ricoperti di briciole e macchiati in più punti. Era chiaro che non fosse esattamente un posto adatto ad accogliere re e regine, ma per portare a termine affari ambigui e di dubbia legalità era l'ambiente ideale.
Finalmente, un omino basso e grassoccio, con un buffo copricapo di lana rossa infeltrita si sedette di fronte a lui, osservandolo con diffidenza mista a paura e a una discreta dose di repulsione che non gli riusciva proprio di dissimulare.
- Siete davvero voi? Il Signore Oscuro in carne e... be', insomma, quello che è... -
Rumpelstiltskin era abituato a quella reazione ed era perfettamente conscio del terrore che incuteva alla gente, ma quella sera non aveva né il tempo né la voglia di compiacersene e preferì tagliare corto.
- Hai passato molti guai per incontrarmi. - esordì, interrompendo il balbettio intimorito del suo interlocutore, - Devi sperare che io ritenga ciò che hai da dirmi abbastanza importante da dedicarti il mio prezioso tempo. -
L'uomo deglutì ma quando parlò lo fece con voce più sicura. - Ho sentito che state cercando qualcosa e la fortuna vuole che io sia una persona che commercia oggetti difficili da trovare... - poi si guardò fugacemente intorno come se temesse di essere osservato da sguardi indiscreti e abbassò la voce con fare cospiratorio, - ...come i fagioli. -
Rumpelstiltskin si fece improvvisamente attento.
L'omino capì di aver risvegliato il suo interesse e proseguì con più convinzione. - Sì, parlo proprio di quei fagioli magici che possono trasportare qualcuno in un mondo diverso. -
Il Signore Oscuro si sporse in avanti e inchiodò il suo sguardo penetrante agli occhietti acquosi dell'altro, come a scorgervi tracce di menzogna o inganno. - Mi è stato riferito che in questa terra non esistono più. -
- No, infatti. Non in questa terra. - rispose prontamente l'uomo, - Ma le navi che attraccano qui, spesso tornano da terre lontane con un carico di tesori di cui non tutti riescono a capire il valore. -
- E tu lo capisci, invece? - fece il folletto, soppesando lo sconosciuto con espressione scettica.
- Be', è il mio lavoro. Così come conoscere i pettegolezzi che indicano chi potrebbe pagare il prezzo più alto. -
Rumpelstiltskin congiunse le dita delle mani davanti a sé: la situazione si stava facendo sempre più interessante.
- E cosa dicono tutti questi pettegolezzi? Sentiamo. -
L'uomo abbassò lo sguardo e l'ostentata sicurezza di poco prima iniziò a vacillare. - Ecco, si dice che una volta eravate un gran codardo, ma che siete diventato il Signore Oscuro per proteggere un figlio che avete perso nonostante tutto il vostro... -
Rumpelstiltskin fece un gesto secco con la mano e la voce dell'uomo si spense bruscamente, per essere sostituita da rantoli spaventati e sofferenti. Si portò una mano alla gola, terrorizzato.
Gli occhi del Signore Oscuro dardeggiarono pericolosamente. - Non è carino diffondere i pettegolezzi. Il fagiolo... dov'è? - chiese a denti stretti senza abbandonare la presa invisibile sulla gola del suo interlocutore.
- Non ce l'ho... - rispose lui con voce soffocata. - Ma l'ho nascosto, lo giuro! Posso farvelo avere! -
Non stava mentendo, così Rumpelstiltskin lasciò che tornasse a respirare liberamente.
L'uomo tossì poi tornò a guardare il Signore Oscuro. - Non vi ho ancora detto il prezzo. -
- Trasformo la paglia in oro, il prezzo non dovrebbe essere un problema per me. -
- Io non voglio oro. Voglio la vita eterna. -
Rumpelstiltskin si esibì in una delle sue folli risatine. Quel miserabile omuncolo era più stupido e sfacciato di quanto pensasse!
- Solo il Signore Oscuro può avere la vita eterna. - disse, - Facciamo così: che ne dici della giovinezza? Farò tornare indietro l'orologio finché non sarai di nuovo un bambino. -
L'altro sembrò valutare l'offerta poi annuì. - Direi che si può fare. D'accordo! -
Rumpelstiltskin alzò l'indice in segno di avvertimento. - Ma ricorda bene: se fallirai nel portarmi il fagiolo, io manderò avanti l'orologio e ti ridurrò in un mucchietto di polvere. - sibilò con un ghigno.
Il viso tondo dell'uomo sbiancò e annuì vigorosamente per dimostrare che aveva recepito il messaggio.
- Grazie, grazie. - mormorò prima di alzarsi e lasciare il tavolo e la locanda in tutta fretta.
Rumpelstiltskin rimase seduto, perso nei suoi pensieri. Se quel topo di fogna aveva detto la verità, sarebbe stato molto vicino a ritrovare suo figlio, più vicino di quanto non fosse mai stato prima di allora. L'idea di quell'eventualità era quasi spaventosa.
Ad un tratto si udì un fragore di risate e voci maschili provenire dall'ingresso della locanda:
- Dov'è il mio miserabile equipaggio?! -
- Eccoci qui, capitano! -
- E dov'è la mia birra?! -
Il Signore Oscuro alzò lo sguardo sul gruppo di uomini chiassosi che era appena entrato, tra loro c'era un bel giovane dai capelli neri e gli occhi chiari che esibiva un atteggiamento spavaldo. Era quello che avevano chiamato “capitano”.
Rumpelstiltskin lo riconobbe immediatamente. Killian Jones. Il maledetto pirata che aveva portato via Milah, condannando Bae a crescere senza una madre, e l'aveva umiliato davanti a tutti.
Che magnifica coincidenza! Finalmente avrebbe potuto vendicarsi di quel cane! L'avrebbe fatto soffrire come aveva sofferto lui!
Si calò il cappuccio del mantello sul volto e uscì dalla taverna con un ghigno diabolico.


Belle camminava per le strette e tortuose vie della cittadina di mare in cui avevano fatto porto.
L'odore di salsedine, pesce e iodio impregnava la fresca aria notturna.
Si stava dirigendo alla spiaggia per godersi un po' di solitudine e tranquillità, quando passò davanti a un gruppo di ubriachi che fischiarono nella sua direzione e le rivolsero apprezzamenti piuttosto pesanti.
La ragazza non si voltò neanche e proseguì imperterrita per la sua strada.
Era abituata ad avere a che fare con gli uomini, specialmente sbronzi, e se solo avessero provato a toccarla se ne sarebbero pentiti amaramente.
Non si accorse però che qualcuno appostato nell'ombra di un vicolo scuro la stava fissando, almeno fino a quando non avvertì la sua presenza dietro di sé.
Si voltò di scatto e fece correre la mano all'elsa del pugnale che portava agganciato alla cintura.
L'uomo era incappucciato e la ragazza non riusciva a vederne il viso.
- Chi sei? Perché mi stai seguendo? - chiese, guardinga.
Udì una risatina beffarda e stridula che la fece rabbrividire. Estrasse il pugnale e lo puntò contro il petto dello sconosciuto. - Mostrami il tuo volto, codardo! -
A quelle parole la risatina cessò di colpo e l'uomo alzò lentamente le braccia per abbassarsi il cappuccio del mantello.
La luce lunare illuminò il suo volto, che aveva ben poco di umano.
Gli occhi sembravano quelli di un rettile e la pelle squamosa e grigiastra catturava i riflessi della luna come le squame traslucide di un coccodrillo.
Belle spalancò gli occhi per la sorpresa e l'orrore, ma tenne ben salda la presa sul pugnale. - Che cosa sei? -
L'uomo si finse indignato. - Cosa? Ma che domanda sgarbata, dearie! Io non sono una cosa. -
La ragazza non si scompose e rimase in allerta, pronta a trafiggerlo se avesse cercato di aggredirla.
- Va bene. Allora chi sei? - si corresse.
Un sorriso increspò le labbra di lui, rivelando denti gialli e appuntiti.
- Oh, ma noi ci siamo già incontrati, dearie. - disse, avvicinandosi a lei.
In risposta a quel movimento, Belle fece un passo indietro. - Temo di non rammentarmene. - cercò di suonare impavida e sicura di sé, nonostante quella creatura le incutesse un certo timore.
- Il nome “Rumpelstiltskin” ti dice qualcosa? -
La ragazza abbassò il pugnale per lo stupore.
Rumpelstiltskin. Ma certo che le diceva qualcosa! Non aveva mai dimenticato quel nome, così insolito e difficile da pronunciare.
Ogni giorno guardava Milah e rivedeva davanti a sé la scena della taverna e il viso distrutto dell'uomo il giorno dopo, quando aveva supplicato Killian di lasciarla andare.
Cautamente, si avvicinò un po' e osservò il volto del folletto, cercando di scorgere nelle sue fattezze mostruose qualcosa del Rumpelstiltskin che ricordava.
Non c'era più traccia di paura o timidezza, ciò che Belle riusciva a scorgere erano solo freddezza e tormento e una luce vagamente folle che brillava nei suoi occhi serpenteschi.
- Siete... diverso. - osservò infine, non riuscendo a trovare un termine migliore.
Stavolta l'uomo non rise. - Sono cambiate molte cose dal nostro ultimo incontro, dearie. Non sono più l'uomo di allora. Sono diventato il Signore Oscuro. -
Belle spalancò gli occhi; aveva sentito parlare molto di quel demone dai poteri magici sbalorditivi.
Si diceva che egli stringesse accordi con i disperati e gli sprovveduti che gli chiedevano aiuto, per poi privarli di ciò che avevano di più caro; si diceva che rapisse i bambini per poi mangiarli, che chiedesse che gli venissero sacrificate delle vergini affinché non sfogasse la sua furia su villaggi inermi.
La ragazza aveva viaggiato abbastanza da imparare a non dare credito alle dicerie, ma su una cosa tutti erano d'accordo: il Signore Oscuro era l'essere più potente e pericoloso di ogni reame.
Non riusciva a conciliare tutto questo con il ricordo dell'umile e mite filatore che aveva incontrato all'epoca.
Mentre Belle era persa in questi pensieri, Rumpelstiltskin si era concesso un attimo per osservarla.
Non era cambiata molto dal loro primo e ultimo incontro; forse aveva solo i capelli ramati e mossi un po' più lunghi e le fattezze più adulte, ma a parte questo era la stessa ragazza che ricordava mentre gli stringeva le mani e sorrideva per incoraggiarlo.
L'uomo allontanò quei ricordi: era amica dell'infame pirata di cui voleva vendicarsi e l'avrebbe usata per il suo scopo; non poteva lasciare che il ricordo della sua gentilezza lo distogliesse dal suo obiettivo.
- Cosa vi è accaduto? Perché siete qui? - domandò la giovane.
- Come certo ricorderai, anni fa il tuo capitano mi ha portato via mia moglie. Ora dovrà pagarne le conseguenze e tu mi aiuterai, dearie, che lo desideri o meno. - disse con un ghigno.
Prima che la ragazza potesse fare o dire qualunque cosa, Rumpelstiltskin alzò una mano all'altezza del suo viso; subito gli occhi azzurri di lei si chiusero e perse conoscenza.
L'uomo l'afferrò prima che cadesse a terra.
Ora poteva finalmente andare a incontrare quel maledetto.


Rumpelstiltskin attese che il capitano e i suoi uscissero dalla taverna.
Quando li intercettò, indossò il cappuccio e assunse un'andatura volutamente zoppicante e gobba e, nel passare vicino al gruppo che rideva e si dava grandi pacche sulle spalle, urtò Jones di proposito.
- Hei tu! Fermo! - fece il capitano.
Rumpelstiltskin si arrestò e sorrise malignamente, senza farsi vedere.
- Perfino i topi di fogna hanno maniere migliori delle tue. -
- Oh, mi dispiace tanto, signore. - rispose con voce gracchiante, voltandosi verso di lui.
Killian gli andò incontro, inclinando la testa di lato per vedere meglio il suo volto sotto il cappuccio.
- Mi sbagliavo. Non sei affatto un topo. Direi che assomigli molto di più a un coccodrillo! - disse rivolgendosi ai suoi uomini, che subito ricominciarono a ridere.
- Qual è il tuo nome, coccodrillo? - chiese ridendo a sua volta, mentre con un calcio lo faceva cadere a terra.
Tutti risero di nuovo, ma stavolta Rumpelstiltskin stesso fece una risatina acuta, che lasciò perplessi gli uomini.
Si alzò, senza smettere di ridere, e si tolse il cappuccio.
Killian lo guardò e l'ombra di un'immagine sgranata si materializzò nella sua mente. - Tu! Mi ricordo di te... -
- È sempre bello fare colpo. - ribatté il Signore Oscuro, restituendo al capitano le sue stesse parole di anni prima.
Ormai gli uomini non ridevano più, e i loro sorrisi beffardi erano stati sostituiti da espressioni preoccupate e vigili.
Rumpelstiltskin continuò a rivolgersi al capitano con le parole che lui stesso gli aveva rivolto al loro primo incontro. - Ma che modi sono, i miei? Non ci siamo nemmeno presentati come si deve... - s'inchinò, - Rrrrrrumpelstiltskin, ma ormai tutti mi conoscono come il Signore Oscuro. -
Tutti, tranne Killian, indietreggiarono spaventati e il ghigno del folletto si allargò.
- Vedo che la mia reputazione mi precede. Bene, questo ci farà guadagnare tempo durante la fase domande e risposte del nostro gioco. - disse allegramente al capitano, che aveva fiutato il pericolo e ora lo guardava con diffidenza e circospezione.
- Cosa vuoi sapere? -
- Come sta Milah, ovviamente. - sibilò l'altro in tono minaccioso, più simile che mai ad un rettile.
- Chi? - Killian tentò di fare finta di non capire, anche se sapeva che probabilmente non sarebbe servito a nulla e infatti Rumpelstiltskin ghignò di nuovo. - Sarei molto lieto di rinfrescarti la memoria, ma la situazione si sta facendo complicata. -
Stavolta il viso del capitano si fece serio e gli occhi più scuri. - Morta. È morta molto tempo fa. E ora che cosa vuoi? -
Il Signore Oscuro ebbe un attimo di cedimento a quella notizia, ma si riprese quasi subito. - Non abbiamo mai avuto modo di concludere il nostro duello. -
Killian fece per estrarre la spada ma Rumpelstiltskin alzò una mano per fermarlo. - Non adesso, dearie. Domani all'alba. Non sono un uomo crudele; sistema pure i tuoi affari, prima. Inoltre potrai passare la notte sapendo che sarà l'ultima della tua vita. Sì, in effetti forse sono un po' crudele! - rise. - E giusto perché non ti venga l'insana idea di scappare... - agitò le mani e tra le sue braccia comparve, in una nuvola violacea, il corpo privo di coscienza di Belle.
- Maledetto demone! Che cosa le hai fatto?! - urlò Killian con il volto deformato dalla rabbia e dalla paura alla vista della ragazza svenuta tra le grinfie di Rumpelstiltskin.
- Non ti agitare, capitano. Si tratta solo di una piccola assicurazione per me. Mettiamola così: se penserai, anche solo per un momento di tentare la fuga, potrebbe succederle qualcosa di molto spiacevole. -
Il Signore Oscuro ghignò per l'ultima volta e svanì nella stessa nube viola di poco prima, portando con sé la giovane.


Rumpelstiltskin si materializzò nella stanza che aveva preso in affitto per quella notte alla locanda.
Non che lui avesse bisogno di dormire, ma gli occorreva un luogo sicuro dove nascondere la ragazza.
La stanzetta era spoglia e gli unici elementi d'arredo erano una piccola branda, sulla quale depose la giovane, e un tavolino di legno con uno sgabello. L'unica fonte di luce erano tre candele accese che gettavano ombre tremolanti tutto intorno.
Il Signore Oscuro si tolse il mantello, gettandolo di lato, poi prese lo sgabello e si sedette vicino al misero letto, osservando la ragazza ancora priva di sensi.
Aveva un'espressione serena e rilassata e i suoi capelli catturavano i riflessi della luce calda e soffusa. Rumpelstiltskin pensò che fosse diventata davvero una bella donna.
Come guidato da un istinto incontrollabile e irrazionale, allungò piano una mano, e le sfiorò le ciocche morbide, la fronte, una guancia, per poi scendere lungo il suo collo candido.
Da quanto tempo non provava piacere nel contatto umano.
Nonostante le sue minacce, sapeva perfettamente che non avrebbe fatto del male a Belle. Le serviva solo per assicurarsi che il pirata non fuggisse e per farlo spaventare un po', tenerlo sulla corda.
Per un attimo valutò l'idea di non svegliarla e rimanere tutta la notte ad ammirarla ma voleva anche sentire la sua voce, parlare con l'unica persona che l'aveva fatto sentire importante quando per tutti era solo il codardo del villaggio.
Schioccò le dita e, lentamente, la ragazza sollevò le palpebre. Si sentiva frastornata e non ricordava cosa le fosse successo.
- Ben svegliata, dearie. Non preoccuparti, i capogiri passeranno tra un momento. -
Belle si tirò su a sedere e, in effetti, la testa le girava parecchio.
Strizzò gli occhi e mise a fuoco il viso di Rumpelstiltskin, che la osservava con un sorrisetto divertito.
Il ricordo del loro incontro le tornò alla mente più vivido che mai e lei si sentì invadere dalla paura.
- Cosa avete fatto a Killian? -
- Oh, lui sta bene... per ora. Non preoccuparti, dearie, non ho intenzione di ucciderlo. -
La ragazza si stupì. - Davvero? E allora cosa intendete fargli? -
- Prima dovrà soffrire come ho sofferto io. -
- Allora... questo significa che intendete fare del male a Milah? -
Il ghigno del Signore Oscuro si spense all'istante. - Credevo che fosse morta molto tempo fa. - sibilò. - Così mi ha detto il tuo capitano. -
Un lampo di comprensione attraversò gli occhi di Belle, che distolse lo sguardo e si morse il labbro, capendo cos'aveva appena fatto.
Rumpelstiltskin le prese delicatamente il mento tra le dita e la costrinse a guardarlo negli occhi ferini. - Milah è viva e vegeta. Non è vero, dearie? -
Il silenzio della giovane, unito alla sua espressione colpevole, fu una risposta più che sufficiente.
Così quel cane gli aveva mentito! Ma perché? Per proteggerla? Possibile che la considerasse tanto importante da mettere a rischio la sua stessa vita?
Un sospetto iniziò a farsi strada nella sua mente.
- Dimmi, dearie, che rapporto c'è tra il tuo caro capitano e Milah? -
Belle strinse i pugni e di nuovo, non rispose.
- Userete ciò che vi dirò per attuare la vostra vendetta. -
- Può darsi, dearie, ma ti avverto: ho anche altri metodi per ottenere le informazioni che desidero, ma non vorrei essere costretto a usarli. - disse con un ghigno, accarezzandole una guancia con l'indice.
La ragazza rabbrividì a quel contatto e, curiosamente, non avrebbe saputo dire se si trattasse solo di paura.
- Parla, dearie. - incalzò il Signore Oscuro, la voce dura e fredda come il ferro.
Belle fece un gran sospiro per calmarsi, poi vinse la propria reticenza e iniziò a raccontare, cercando di misurare con attenzione le proprie parole.
- Killian e Milah sono innamorati. Lui la considera la sua compagna e lei fa lo stesso. Si è guadagnata il rispetto della ciurma e ormai è quasi come un suo vice. - disse, senza riuscire a reprimere una smorfia di disappunto.
Rumpelstiltskin lo sospettava già, ma aveva bisogno di sentirlo chiaro e tondo dalle labbra di Belle.
Digrignò i denti acuminati e, nonostante la furia che sentiva montare dentro di sé, cercò di controllarsi per non spaventare ulteriormente la ragazza.
- Non sembra che la cosa ti faccia piacere. - commentò, più per distrarsi dalla terribile rivelazione che per vero interesse.
La ragazza lo guardò, esitante. Sapeva che Rumpelstiltskin si sarebbe servito di quelle informazioni per poi ritorcerle contro Killian e Milah, ma, come lui le aveva giustamente fatto notare, avrebbe potuto cavarle comunque la verità di bocca ricorrendo alla magia o altro. Non le piaceva l'idea di fare la spia su di loro, non era da lei, ma entrambi avevano contratto un grande debito di onestà nei confronti di quell'uomo che, dopo tante bugie, forse meritava di sapere la verità, indipendentemente da come l'avrebbe poi sfruttata.
- Io... io non vado molto d'accordo con Milah. - ammise infine.
Il Signore Oscuro inclinò la testa di lato con aria interrogativa, cercando di decifrare l'espressione della ragazza, a metà tra l'esitazione, la rabbia e il senso di colpa.
- Il fatto è che... -
Rumpelstiltskin la guardò intensamente nei suoi occhi azzurri e, in quel momento, Belle provò l'irrefrenabile impulso di aprirsi con lui e di essere sincera fino in fondo.
- Non l'ho mai perdonata per quello che vi ha fatto, a voi e a vostro figlio intendo. - sbottò la ragazza, con voce tremante.
L'uomo rimase spiazzato da quella risposta totalmente inaspettata. Perché quella giovane teneva tanto a lui?
Non l'aveva capito neanche allora, quando si erano parlati al molo, prima della sua partenza.
Pensò che fosse una bugia per cercare di rabbonirlo, ma non leggeva alcuna traccia di menzogna nei suoi occhi, anzi, sembrava che si fosse appena liberata di un peso che la opprimeva da lungo tempo.
Ormai l'argine era rotto, e Belle continuò a parlare, incapace di fermarsi.
- Milah non è mai stata rapita! È venuta al molo quella mattina supplicando Killian di farla partire con noi. Lui acconsentì, ma per lei fu più facile lasciarvi credere di essere stata costretta con la forza. Preferì mentirvi anziché affrontarvi! - strinse i pugni, cercando di tenere a bada quella rabbia repressa per anni e che ora aveva spezzato le catene che la tenevano imbrigliata nei recessi della sua anima.
- Quando siete arrivato per cercare di convincere Killian a rilasciarla, ho capito che non vi aveva detto la verità. Per un attimo fui tentata di farlo io stessa, ma non volevo arrecarvi ulteriori sofferenze. -
La ragazza distolse lo sguardo e non poté impedirsi di arrossire violentemente.
Il Signore Oscuro l'aveva lasciata parlare fino alla fine, anche se ogni singola parola era stata una pugnalata al cuore.
Un'ondata di emozioni lo travolse: dolore, delusione, ma soprattutto tanta collera, nei confronti di Milah, nei confronti di Killian, perfino verso se stesso per essere stato così stupido.
Osservò il rossore che colorava le gote della giovane: lei gli aveva lasciato credere che sua moglie fosse stata rapita, pur conoscendo la verità, e così facendo si era di fatto resa sua complice, eppure c'era qualcosa che gli impediva di essere infuriato anche con Belle.
Gli aveva mentito per lo stesso motivo per cui lui aveva detto a Bae che sua madre era morta, e non che era stata portata via dai pirati: per proteggerlo da altro dolore.
Sospirò, alzandosi e voltando le spalle alla ragazza; la sua ombra proiettata sul muro appariva come una sagoma nera e sinistra.
Osservava un punto indistinto del muro della stanza, ma davanti a sé vedeva sua moglie, abbracciata al pirata, che rideva con lui, felice come non lo era mai stata al suo fianco, neanche dopo la nascita di Bae.
Digrignò i denti: ora che sapeva la verità, la sua vendetta su quel cane sarebbe stata ancora più atroce, e anche Milah non l'avrebbe passata liscia.
Belle, dal canto suo, si sentiva tremendamente in colpa per aver rivelato tutti quei dettagli su Killian e Milah, ma una parte di sé era convinta di aver fatto la cosa giusta: Rumpelstiltskin non meritava altre bugie. Fissò le spalle del Signore Oscuro e prese coraggio. - Cosa intendete fare ora? -
Rumpelstiltskin si voltò lentamente verso di lei; la sua bocca si strinse in una linea dura e gli occhi divennero due pozzi oscuri e impenetrabili.
- Credo che a questo punto dovrei prima fare un discorsetto con la mia cara moglie. Sicuramente qualcuno l'avrà avvertita del fatto che tra poche ore io e il suo pirata ci sfideremo a duello. Verrà per salvarlo e allora dovrà darmi qualche spiegazione. -
Belle lo guardò, per metà preoccupata e per metà sollevata che non intendesse uccidere Killian... non subito almeno.
- Non preoccuparti, dearie, non rivelerò che sei stata tu a parlarmi di loro. Ora puoi tornare a dormire. - disse, agitando di nuovo la mano in un gesto secco e, in un attimo, la ragazza ricadde addormentata sul letto.
Lui la guardò per un attimo poi si sedette al tavolo, pensando al modo più efficace per restituire al pirata e a Milah tutto il dolore che avevano inflitto a lui, ma soprattutto a Bae.



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