RumBelle: a different beginning di Stria93 (/viewuser.php?uid=319287)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Alla taverna ***
Capitolo 2: *** Rapimento ***
Capitolo 3: *** Rivelazioni ***
Capitolo 1 *** Alla taverna ***
cap1
ALLA TAVERNA
Da quando, pochi giorni prima,
quell'imponente veliero aveva attraccato al piccolo molo del
villaggio, facendo sfigurare tutte le altre umili imbarcazioni di
pescatori, la vita monotona e tranquilla degli abitanti era stata
messa sottosopra.
Si trattava di una ciurma di pirati che
si era fermata per fare rifornimento di provviste e altri beni utili
a bordo della nave, prima di riprendere il viaggio per mare.
La gente del posto aveva storto il
naso: gli stranieri non erano ben visti, soprattutto se questi erano
personaggi inquietanti, agghindati in modo bizzarro e soprattutto
portavano spadoni, sciabole, pugnali e altre armi che sembravano
pronti a sfoderare con fin troppa facilità.
La sera, l'intera ciurma si riuniva
nell'unica taverna del villaggio e tutti bevevano litri di birra e
rum, cantavano stornelli marinareschi, raccontavano delle loro
avventure, ridevano sguaiatamente e amoreggiavano con le donne e le
ragazze che si lasciavano incantare dal loro fascino esotico.
Tra queste, vi era anche una donna dai
lunghi capelli neri e dalla scollatura generosa di nome Milah.
Ogni sera si recava alla taverna e
s'intratteneva a giocare a dadi con gli uomini e ad ascoltare i loro
racconti; sembrava particolarmente attratta dal capitano Killian
Jones, un giovane uomo sulla trentina, di bell'aspetto, dallo sguardo
furbo e l'atteggiamento spavaldo.
Le attenzioni della donna erano
ricambiate e spesso, dopo qualche giro di birra, i due si appartavano
in un angolo e si lasciavano andare ad effusioni più o meno spinte.
Quella sera, una piratessa di nome
Belle stava consumando la sua pinta di birra ad un tavolo isolato in
un angolo, senza curarsi molto di ciò che le accadeva intorno.
Niente che non avesse già visto in altri porti, in ogni caso.
Non amava la confusione e detestava
assistere al pietoso spettacolo di tutte quelle donne adoranti che
sbavavano dietro agli uomini dell'equipaggio, che, dal canto loro,
erano fin troppo felici di approfittarsene.
Attendeva con ansia il momento in cui
finalmente avrebbero potuto salpare, riprendere il largo e tornare in
mare aperto.
Belle era una giovane donna dai lunghi
capelli castani, venati di riflessi color rame, e meravigliosi occhi
azzurri come l'oceano stesso.
Aveva vissuto la maggior parte della
sua vita con l'anziano padre Maurice in un piccolo villaggio dove
tutti la consideravano strana e diversa, ostracizzandola a causa
della sua passione per i libri e l'avventura.
Non c'era dubbio che fosse la ragazza
più carina del paese, ma il suo comportamento singolare e la sua
tendenza a sognare ad occhi aperti e a fantasticare di mondi lontani
faceva sì che molti la guardassero con sospetto o scherno.
Lei non ci aveva mai fatto molto caso:
il giudizio di quel manipolo di ottusi paesani non avrebbe potuto
importarle di meno, tuttavia più cresceva e più si sentiva
intrappolata in quel minuscolo villaggio dove tutti i giorni
trascorrevano esattamente uguali ai precedenti e le persone
sembravano non voler guardare oltre le loro noiose e piccole vite
provinciali.
Ma lei aveva ben altre ambizioni:
sognava di vedere il mondo, di partire per qualche avventura come
quelle di cui leggeva nei suoi amati libri in cui gli eroi si
gettavano in imprese epiche e vivevano amori travagliati, intensi e
romantici.
Dopo la morte improvvisa di Maurice,
Belle si era ritrovata sola, in balia di quel rozzo mascalzone di
Gaston, il belloccio del paese che ogni giorno si presentava
baldanzosamente da lei chiedendole, con sempre maggiore insistenza,
di sposarlo.
Belle aveva già rifiutato molte volte
ma Gaston non si era arreso, inoltre era noto per la sua vena
collerica e aggressiva e la giovane era sempre più convinta che
presto avrebbe messo da parte i modi galanti e le lusinghe per
tentare di obbligarla a divenire sua moglie ricorrendo alla forza.
Non aveva più nulla che potesse
legarla al villaggio e così una notte aveva preparato una bisaccia
con le poche cose importanti che possedeva ed era sgattaiolata giù
al porto, dove la magnifica nave di Killian stava per salpare.
Parlando con un marinaio, aveva
scoperto che il capitano stava cercando una persona che sapesse
leggere e interpretare un'antica mappa del tesoro proveniente da un
paese lontano e incomprensibile per molti ma non per lei, che, guarda
caso, aveva letto alcuni libri a riguardo.
Aveva chiesto di essere ammessa alla
presenza di Killian e gli aveva offerto il suo aiuto in cambio della
possibilità di unirsi all'equipaggio; e così era stato.
Il capitano non aveva mai permesso che
qualcuno della ciurma le facesse del male o le mancasse di rispetto
e, col tempo, si era instaurato tra loro un profondo legame quasi
fraterno, inoltre anche il resto degli uomini le si era infine
affezionato.
Certo, all'inizio non erano mancate
pesanti e sgradite avances da parte di alcuni di loro più
sprovveduti, ma, con le buone o le cattive, lei aveva fatto capire a
tutti di non essere interessata a ciò che avevano da offrirle e che
non era certo il tipo di donna con cui potersi permettere certi
giochetti.
Era arrivata a godere del rispetto e
della lealtà della ciurma al pari di un uomo, al pari di Killian
stesso.
La ragazza voleva bene al capitano e
gli era grata per averla accolta a bordo della Jolly Roger, ma questi
sentimenti non potevano impedirle di provare un moto di fastidio
davanti a certi suoi atteggiamenti arroganti e prepotenti che metteva
in atto per impressionare gli altri, in particolare le donne, sulle
quali esercitava un fascino e un'attrazione irresistibili.
Ogni volta che facevano porto da
qualche parte ce n'era sempre qualcuna con cui si divertiva per un
po', ma con nessuna era mai andato oltre l'avventura di qualche
notte.
Quella bruna intrigante dagli occhi
chiari sarebbe stata solo l'ennesimo nome su quella lista di
conquiste ormai dimenticate, eppure a Belle sembrava di intravedere
qualcosa di più profondo negli occhi dell'uomo quando la guardava.
Qualcosa che non aveva mai scorto in lui prima di allora e che la
metteva stranamente in allarme.
Rumpelstiltskin rientrò a casa tardi
quella sera. Era stato costretto ad andare a cercare una pecora che
si era smarrita nel bosco e, con la sua andatura zoppa, aveva avuto
il suo bel daffare per recuperarla ma non poteva permettersi di
perderla: era giovane e gli avrebbe fruttato un bel po' di lana buona
da filare.
La luna era già alta nel cielo quando
l'uomo varcò soglia della piccola e umilissima casetta dove abitava
con la moglie e il figlioletto di sei anni.
- Milah? Bae? Sono tornato! - disse,
richiudendosi l'uscio alle spalle.
La stanza era fiocamente illuminata dai
resti morenti del fuoco che era stato acceso nel camino.
Seduto ad un piccolo e sbilenco tavolo
di legno, le gambe penzoloni, c'era un bimbo magro dai grandi occhi
castani che lo guardava. - Papà? -
- Bae! - Rumpelstiltskin si guardò
intorno ma non vide traccia della moglie. - Dov'è la mamma? -
Il piccolo non rispose e abbassò lo
sguardo mestamente.
Il padre gli sorrise cercando di
rassicurarlo. - Be', avrà... perso la cognizione del tempo. -
disse, cercando di suonare convincente più a se stesso che al
figlio. - Prendi il tuo mantello, figliolo. Andiamo a cercarla. -
Il bambino si alzò, l'uomo gli mise
una mano sulla spalla e lo guidò fuori dalla casupola appoggiandosi
al bastone che usava come sostegno per camminare.
Purtroppo sapeva perfettamente dove
cercare la moglie, che probabilmente si stava divertendo alla taverna
con quel gruppo di tagliagole che era arrivato dal mare qualche
giorno prima, ma non pensava che avrebbe perfino abbandonato a casa
il loro bambino da solo in piena notte per andarsi a fare i propri
comodi con quella gentaglia.
Dalla locanda provenivano suoni di risa
e di bicchieri che cozzavano uno contro l'altro.
Rumpelstiltskin osservò incerto il
figlio e decise che non era il caso di portarlo con sé lì dentro,
così s'inginocchiò in modo da essere alla sua stessa altezza,
ignorando la fitta alla gamba che quel gesto gli provocò, gli posò
le mani sulle spalle e lo guardò negli occhi nocciola così simili
ai suoi. - Bae, io vado a prendere la mamma ma tu devi aspettarmi qui
fuori per qualche minuto, d'accordo? -
Il piccolo annuì, il padre gli sorrise
con dolcezza e gli accarezzò una guancia prima di dirigersi verso
l'ingresso della taverna.
Quando entrò timidamente e con passo
incerto, cercò di non fare caso alle occhiate stupite e derisorie
che gli uomini gli lanciavano e ai risolini delle ragazze che
commentavano la sua zoppia.
Riconobbe subito Milah seduta a un
tavolo, circondata da alcuni di quei pirati.
Stava ridendo e brindando con uno di
loro, un giovane uomo abbastanza bello e dallo sguardo accattivante
che le cingeva la vita con un braccio e, di tanto in tanto, sbirciava
nella sua generosa scollatura.
- Milah? - la chiamò il marito.
La donna e gli altri uomini seduti al
tavolo alzarono lo sguardo su di lui e tacquero, incuriositi.
- Milah... - tentò di nuovo
Rumpelstiltskin, messo a disagio da quegli sguardi colmi di
derisione, – è ora di andare. -
- Bene, va' dunque. - ribatté lei
versandosi un altro bicchiere di rum.
- E questo chi è? - domandò l'uomo
che le sedeva accanto, senza accennare a toglierle le mani di dosso.
- Oh, nessuno. È solo mio marito.
- rispose la donna imprimendo a quell'ultima parola un tale disprezzo
che Rumpelstiltskin si ritrasse istintivamente.
- Be', è più alto di come l'hai
descritto! - fece l'uomo, al che tutti gli avventori, Milah compresa,
iniziarono a ridere.
Rumpelstiltskin cercò di ignorarli e
continuò a guardare la moglie, provando a farla ragionare. - Ti
prego... hai delle responsabilità! -
- Oh, come fare l'uomo e combattere
nelle guerre degli orchi? Altre mogli sono diventate vedove onorate,
ed io invece sono legata al codardo del villaggio. - sbottò buttando
giù il bicchiere tutto d'un fiato.
Ormai tutti avevano abbandonato le
proprie attività per godersi la scena, compresa la giovane Belle che
però, a differenza di tutti gli altri, non rideva affatto e, al
contrario, serrava i pugni con rabbia di fronte a quello spettacolo
orribile.
Rumpelstiltskin rimase ferito dalle
parole di Milah e dalla sua voce gelida e sprezzante.
- Corri a casa, Rumpel. È la cosa che
ti riesce meglio. - concluse mordace la bruna.
- Mamma? -
Ad un tratto si udì una flebile vocina
alle loro spalle e gli uomini si fecero da parte per lasciar passare
un bimbetto che si stringeva nel mantello e guardava la donna con
espressione interrogativa e smarrita.
L'uomo che si reggeva al bastone si
voltò. - Bae! Ti avevo detto di aspettarmi fuori, figliolo... -
Milah lo guardò rimanendo interdetta
per un secondo, poi si alzò dal tavolo senza dire nulla, cinse le
spalle del piccolo e lo guidò fuori dalla taverna, seguita dal
marito.
Passarono vicino al tavolo al quale era
seduta Belle, che li seguì con lo sguardo. Quando incrociò i suoi
occhi celesti con quelli castani e indicibilmente tristi di
Rumpelstiltskin, sorrise; non un sorriso di scherno o di
compatimento, ma un sorriso comprensivo e solidale, quasi di scuse,
un incoraggiamento a credere che, un giorno, le cose sarebbero andate
meglio.
L'uomo lo notò ma non fece in tempo a
rispondere a quel gesto, inoltre voleva allontanarsi il più in
fretta possibile da quel luogo in cui si era sentito umiliato da
tutti, a partire dalla sua stessa moglie, la quale, come se niente
fosse, si lasciava stringere nell'abbraccio di un altro uomo, un
pirata, proprio di fronte a lui e a loro figlio.
Durante il breve tragitto verso casa
nessuno disse una parola.
Una volta arrivati, Rumpelstiltskin
mise a letto Bae mentre Milah si dava una sistemata e s'infilava
sotto le coperte, con la testa che le girava e doleva a causa del
troppo bere.
L'uomo fece scaldare dell'acqua e
preparò una tisana di erbe per la moglie.
- Davvero avresti voluto che fossi
morto nella guerra degli orchi? - chiese piano mentre le porgeva una
tazza fumante.
La donna, distesa a letto, non sostenne
il suo sguardo né rispose subito, come se fosse indecisa tra
l'essere brutalmente sincera o indorare la pillola a beneficio del
marito.
- Avrei voluto che avessi almeno
provato a combattere. Tu no? -
- Be', però così sono vivo e sono qui
con te... e con Bae. Sono tornato da voi. - disse lui, sedendosi sul
bordo del letto.
Milah scosse la testa. - Questa non è
vita, Rumpel. Non per me. -
L'uomo sospirò stancamente: avevano
già affrontato quel discorso.
- Perché non ce ne andiamo? - continuò
la donna, insistendo su un'idea che aveva sottoposto al marito più e
più volte.
- Ne abbiamo già parlato. -
- Non devi per forza essere il codardo
del villaggio. Potremmo ricominciare da capo. Andare dove nessuno ci
conosce e vedere l'intero mondo che c'è oltre questo villaggio! -
Rumpelstiltskin scosse la testa e si
alzò. - So che questa non è la vita che avresti voluto, ma può
comunque essere una bella vita. Non c'è bisogno di andarcene. -
Il filatore si sedette al tavolo dando
le spalle alla moglie con l'aria più abbattuta che mai.
- Almeno provaci. Fai un tentativo. Se
non per me... fallo per Bae. -
Milah si massaggiò una tempia e chiuse
gli occhi con un sospiro stanco. - Ok, ci proverò. -
Quando il marito la raggiunse a letto e
spense con un soffio la lanterna che era rimasta l'unica fonte di
luce nella casupola, i due non si erano mai sentiti più lontani
l'uno dall'altra.
Belle aveva bisogno d'aria.
Non sopportava più l'atmosfera della
taverna e l'odore acre di alcol e sudore, senza considerare il fatto
che la scena alla quale aveva assistito poco prima le aveva messo una
gran voglia di strangolare qualcuno e, per la sicurezza di tutti,
dato che aveva anche bevuto e non si sentiva del tutto responsabile
delle proprie azioni, decise di andare a fare quattro passi per
sbollire la rabbia e ritrovare un po' di lucidità.
Ovviamente tutti i lumi delle case
erano spenti a quell'ora tarda e le stradine del villaggio erano
deserte, ma alla ragazza non importava, anzi apprezzava
particolarmente quell'atmosfera quieta e silenziosa dopo tutto
l'allegro baccano della taverna.
I suoi pensieri continuavano a tornare
a quell'uomo, allo sguardo pieno d'amore che aveva riservato a suo
figlio e al modo tremendo in cui sua moglie l'aveva trattato davanti
a tutti.
Belle sentì di nuovo montare la
collera dentro di sé nei confronti di quella donna.
Fortunatamente, il giorno seguente
sarebbero ripartiti e lei non avrebbe mai più dovuto rivederla.
Da Stria93: Bentrovati, dearies!
Ecco un'altra bozza saltata fuori dallo
“scrigno dei lavori incompiuti” e che risale alla lontanissima
2x04. Devo aver scritto le prime righe di questa storia pochi giorni
dopo aver visto la puntata per la prima volta quindi fate pure voi il
calcolo degli anni che questa fanfiction ha trascorso in un angolino
del mio PC, dimenticata, incompiuta e con urgente bisogno di essere
riveduta e corretta.
Be', qualche tempo fa ho deciso di
riprenderla e ho sistemato un po' di cose qua e là per renderla
pubblicabile.
A breve farò lo stesso anche con i
capitoli successivi. Mi scuso se molte parti sono prese pari pari
dalle scene della serie, ma il progetto era proprio di aderire il più
possibile a queste inserendo però l'elemento “Belle”.
Grazie come sempre a chi leggerà, a
chi inserirà la storia in una raccolta e a chi sarà così gentile
da lasciarmi il proprio commento.
A presto con il seguito!
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Capitolo 2 *** Rapimento ***
cap2
RAPIMENTO
Belle trascorse la mattinata aiutando
gli uomini dell'equipaggio a caricare la nave che sarebbe poi salpata
nel pomeriggio.
Era una giornata perfetta per navigare:
il cielo era terso senza la più vaga traccia di nubi all'orizzonte e
tirava una lieve brezza da ovest portando i profumi della primavera
imminente.
Belle si sentiva elettrizzata ogni
volta che la Jolly Roger levava l'ancora e scivolava tra le braccia
accoglienti del mare cristallino, diretta verso l'ignoto e la
promessa di nuove fantastiche avventure.
La giovane stava riavvolgendo una cima
canticchiando tra sé quando, dal ponte, scorse la donna della sera
prima avvicinarsi al veliero, sembrava tesa e circospetta ma forse
dava quest'impressione solo perché non voleva dire addio a Killian e
intendeva provare a fargli cambiare idea e convincerlo a restare.
Dopotutto, non sarebbe stata la prima volta che una delle occasionali
amanti del capitano imbastiva una plateale scenata di dolore e
lacrime al momento della sua partenza.
La ragazza tese l'orecchio e sentì che
Milah stava chiedendo a uno degli uomini dove fosse il capitano ma
non ebbe bisogno di alcuna risposta perché il giovane era appena
sceso della nave e le si faceva incontro sorridendole, sorpreso ma
lieto di vederla.
Fece cenno all'uomo di andarsene e
guidò Milah lontano dal veliero, portandola all'inizio del molo,
fuori dalla portata dell'udito di Belle, che dovette limitarsi a
seguirli con lo sguardo.
Stavano parlando, i volti a distanza
ravvicinatissima, e la donna sembrava stesse supplicando
animatamente.
Come previsto. Pensò Belle. Non
voleva che partisse e gli stava chiedendo di rimanere.
Ma, ad un certo punto, la giovane vide
Kilian annuire e Milah gettargli le braccia al collo e baciarlo con
passione.
Belle rimase alquanto sorpresa da
quella reazione e sperò con tutto il cuore che il sospetto che si
era fatto largo nella sua mente fosse infondato, speranza che si
affievoliva sempre di più, man mano che i due si avvicinavano alla
nave, sorridendo e tenendosi per mano come due piccioncini.
Il capitano aiutò Milah a incamminarsi
sulla rampa di legno e la fece salire a bordo.
Belle non poteva crederci: era
impossibile che Killian avesse accettato di farla partire con loro!
La situazione peggiorò quando la
coppia si diresse verso di lei. L'uomo era raggiante di felicità
come non lo aveva mai visto e anche lei era radiosa.
- Belle, ti presento Milah. Viaggerà
con noi e d'ora in poi farà parte del nostro equipaggio... e della
nostra famiglia. - aggiunse, scoccando uno sguardo insolitamente
dolce alla donna.
- È un piacere conoscerti, Belle. -
Milah le sorrise entusiasta, ma la
giovane incrociò le braccia al petto e la guardò con freddezza. -
Credevo che qui avessi già una tua famiglia. Non hai forse un marito
e un figlio piccolo? - disse con voce gelida.
Il sorriso della bruna scomparve
all'istante insieme ai modi amichevoli e il suo viso assunse
un'espressione apertamente ostile. - Questo non è affar tuo, è una
scelta mia, per la mia vita. - replicò, granitica.
- Una scelta che non riguarda solo te,
ma anche tuo marito e soprattutto tuo figlio. Intendi davvero
abbandonarlo per fuggire con una ciurma di pirati? -
Killian intervenne a sedare quella che
presto sarebbe diventata a tutti gli effetti un'accesa discussione. -
Oh, questa carognetta è solo gelosa, come tutte le donne! Ci farà
l'abitudine, tesoro! - disse scompigliando i capelli di Belle con una
risata, dopodiché cinse con un braccio le spalle di Milah e la portò
nei suoi alloggi.
Belle ancora stentava a credere allo
scherzo di pessimo gusto che il destino le aveva appena giocato:
sperava di non vedere mai più quella donna in vita sua e invece ecco
che sarebbe partita con loro e così si sarebbero trovate costrette a
trascorrere insieme chissà quanto tempo.
Ma perché Killian aveva accettato?
Aveva sempre detto che impegnarsi con le donne era una seccatura, che
un uomo ci perdeva la sua libertà ecc... allora perché per Milah
aveva fatto un'eccezione? Che fosse davvero innamorato di lei?
Belle provò un moto di pietà e
compassione pensando a suo marito e a suo figlio; quella donna non
aveva cuore! Partiva all'avventura abbandonando il proprio bambino e
lasciando un uomo solo e mezzo invalido a dover mandare avanti la
casa e occuparsi di lui.
Certo, anche lei aveva lasciato il suo
villaggio e si era imbarcata con l'equipaggio della Jolly Roger senza
pensarci due volte, ma la situazione era molto diversa: all'epoca lei
non aveva più niente e nessuno, mentre Milah aveva deciso di
lasciarsi alle spalle una famiglia che sicuramente aveva bisogno di
lei.
Se non fosse stato per il bene che
voleva a Killian, l'avrebbe già buttata in mare da un pezzo.
Rumpelstiltskin aveva trascorso la
mattinata a tosare le pecore e nel pomeriggio si sarebbe dedicato
alla filatura della lana.
Quando rientrò a casa non c'era
traccia di Milah o Baelfire.
La moglie e il bambino erano usciti
durante la mattina per andare al piccolo mercato del villaggio, dove
gli abitanti si scambiavano le poche risorse che producevano per
mandare avanti la vita nella piccola comunità. Probabilmente si
erano intrattenuti a parlare con un conoscente o erano stati invitati
a pranzo, in fondo tutti conoscevano tutti in una realtà così
ristretta.
Dunque, l'uomo non si preoccupò e
consumò un misero pranzo in solitudine al vecchio tavolo
traballante.
Aveva appena terminato di riporre la
scodella nella credenza quando bussarono alla porta. Andò ad aprire
sorreggendosi al bastone e si trovò davanti una donna bionda dalle
guance piacevolmente rosee.
Era Ellen, una delle amiche di Milah, e
dietro di lei fece capolino il piccolo Bae.
- Bae! Stai bene? Cos'è successo? -
chiese con apprensione chinandosi verso il bambino e osservandolo con
attenzione come se si aspettasse di trovarlo ferito.
- Baelfire, vai pure in casa, io devo
parlare un attimo col tuo papà. - disse Ellen con un sorriso tirato
che non ingannò Rumpelstiltskin neanche per un attimo.
Il bimbo guardò il padre che sorrise a
sua volta e annuì. - Sì, aspettami dentro, figliolo. Io arrivo
subito. -
Il piccolo entrò in casa e
Rumpelstiltskin accostò la porta tornando a guardare la donna bionda
che ora non sorrideva più.
- Che cosa succede, Ellen? -
- Devi andare al molo, subito! -
rispose lei con urgenza.
- Al molo? E perché? -
- Gli uomini che sono arrivati la
settimana scorsa hanno preso Milah! Stanno spiegando le vele, devi
fare in fretta! -
A quelle parole, Rumpelstiltskin si
sentì mancare. Si voltò incerto verso l'interno dell'abitazione
dove Bae stava seduto al tavolo dondolando le gambine.
- Non preoccuparti, resterò io con lui
fino al tuo ritorno. - si offrì la donna.
Ellen aveva due figli piccoli e ci
sapeva fare con i bambini, inoltre era sempre stata gentile e
affettuosa con Bae, così l'uomo la ringraziò e si avviò verso il
molo più velocemente che poté, per quanto la sua gamba danneggiata
costituisse un notevole impedimento.
Intorno al veliero c'era un gran
movimento di uomini affaccendati a caricare casse di cibo, liquori e
altro e nessuno fece caso più di tanto all'uomo zoppo che si stava
avvicinando con passo insicuro.
Nessuno lo fermò neanche quando, a
fatica, salì sulla rampa che portava a bordo dell'imbarcazione.
Inciampò in una fune e perse
l'appoggio del bastone, cadendo a terra, tra le risa sguaiate degli
uomini.
Alzò lo sguardo e vide davanti a sé,
appoggiato tranquillamente all'albero maestro, l'uomo che la sera
prima abbracciava Milah alla taverna.
Lo stava guardando con un'espressione
divertita e arrogante, le braccia incrociate al petto.
- In piedi davanti al capitano! - gli
ingiunse un membro della ciurma e subito Rumpelstiltskin venne
rimesso rudemente in piedi da due marinai, che gli cacciarono in mano
il bastone senza tanti complimenti.
- Mi ricordo di voi. Eravate alla
locanda ieri sera. - disse il filatore, indicando con mano tremante
il bel giovane che gli stava di fronte.
- È sempre bello fare colpo! -
commentò sarcastico il capitano e, dall'equipaggio, si levò un coro
di fragorose risate.
- Ma dove sono le mie buone maniere?
Non ci siamo neanche presentati come si deve. - continuò l'uomo
fingendosi sinceramente indignato, - Io sono Killian Jones. Ora,
posso sapere cosa ci fai a bordo della mia nave?-
Rumpelstiltskin si guardò intorno per
un attimo come alla disperata ricerca di una via di fuga prima di
posare di nuovo lo sguardo sul capitano. Sembrava un agnello
circondato da un branco di lupi famelici.
- Voi avete mia moglie. - sussurrò
infine con un filo di voce.
Il giovane sorrise. - Oh, ho avuto le
mogli di molti uomini. - e di nuovo, intorno a loro i pirati risero
con malignità.
- No, vedete... noi abbiamo un figlio
che... che ha bisogno di sua madre. -
- E io ho una nave piena di uomini che
hanno bisogno di... compagnia. - replicò Kiliian, ammiccando verso i
compagni che lo acclamarono a gran voce.
- Vi....vi imploro... per favore,
signore. Lasciatela andare. - supplicò Rumpelstiltskin con la voce
rotta e ormai ridotta ad un flebile sussurro appena udibile.
- Non sono proprio il tipo che fa
baratti. - rispose il capitano, - Detto ciò, mi considero un uomo
d'onore, un uomo con un codice morale, perciò, se davvero rivuoi
indietro tua moglie... - così dicendo prese una spada e la gettò a
terra, che finì ai piedi di Rumpelstiltskin con un gran clangore. -
….tutto quello che devi fare è riprendertela. - concluse il pirata
sguainando la sua lama e puntandola contro il petto dell'uomo inerme
che, paralizzato dalla paura, non si mosse.
- Non hai mai preso parte ad un duello,
suppongo. - lo schernì Killian.
Il povero filatore scosse la testa
tremando, ormai era pallidissimo.
- Oh, è molto semplice in realtà.
L'estremità della lama va conficcata nel corpo dell'avversario. -
Di nuovo, Rumpelstiltskin non reagì.
- Avanti, raccoglila. - lo incalzò
Killian con un cenno verso l'arma a terra.
Rumpelstiltskin scosse la testa, ormai
sull'orlo delle lacrime.
Proprio in quel momento, Belle salì
sul ponte dalla stiva, dove stava finendo di sistemare il carico, e
quando vide il capitano puntare la spada verso l'uomo disarmato e
indifeso si precipitò verso di lui.
- Killian! Cosa stai facendo?! -
chiese, spostando lo sguardo dall'uno all'altro.
Riconobbe immediatamente il marito di
Milah.
Il capitano lanciò una rapida occhiata
alla ragazza prima di tornare a guardare l'uomo di fronte a sé.
- Un uomo che non lotta per ciò che
vuole, merita ciò che ottiene. - sibilò con disprezzo facendo
passare la lama tra i capelli di Rumpelstiltskin, il quale azzardò
un ultimo disperato tentativo. - Vi prego, signore. Cosa dirò a mio
figlio? -
- Prova con la verità: suo padre è un
codardo. -
E se ne andò, lasciando l'uomo
tremante sul ponte.
Belle gli si avvicinò e calciò via la
spada rimasta a terra di fronte a lui. - Mi dispiace tanto. Killian
ha dei modi così arroganti a volte. Spero non vi abbia fatto del
male. -
Rumpelstiltskin la guardò grandemente
sorpreso di non cogliere alcuno scherno o tracce di sarcasmo in
quelle parole, ma solo gentilezza e sincera preoccupazione.
- Venite, vi accompagno a terra. - si
offrì la ragazza, prendendolo delicatamente per un braccio.
Lui si lasciò condurre giù dal
veliero mentre alcuni uomini ancora ridevano e lo additavano; Belle
lanciò loro un'occhiataccia.
Rumpelstiltskin la guardò implorante.
- Non potete fare nulla per mia moglie? Per convincerlo a farla
tornare da me? Forse a voi il capitano darà ascolto... -
Lei rimase sorpresa: possibile
che sua moglie non gli avesse nemmeno detto della sua decisione e gli
avesse lasciato credere di essere stata rapita? Sì, doveva essere
così, non c'era altra spiegazione.
Per un attimo prese in considerazione
l'idea di dirgli la verità, ma alla fine decise che forse era meglio
non fargli portare questo ulteriore peso, così scosse la testa
contrita. - Mi dispiace ma purtroppo temo di non poter fare niente. -
Ormai l'uomo era molto vicino a
crollare, così lei gli prese le mani e gliele strinse con calore. -
Ascoltate, voi potete farcela. Potete crescere vostro figlio anche da
solo; ho visto come l'avete guardato alla taverna ieri sera e siete
stato disposto a venire qui e affrontare un'intera ciurma di pirati
solo per fargli riavere indietro sua madre. Siete sicuramente un buon
padre e amate il vostro bambino, in voi c'è più di quanto non
appaia. - affermò sorridendo.
Rumpelstiltskin la guardò, confuso e
incredulo.
Nessuno gli aveva mai detto che valeva
di più, nessuno aveva mai avuto gentili parole d'incoraggiamento per
lui, ma quella giovane lo guardava con una tale intensità; i suoi
occhi azzurri erano sinceri e pieni di genuina solidarietà.
Alla fine l'uomo le sorrise timidamente
a sua volta, un po' rincuorato.
La ragazza gli lasciò le mani. - Ora
tornate da vostro figlio, vi starà aspettando. -
Ma Rumpelstiltskin non si mosse. -
Perché fate questo per me? Sono il codardo del villaggio, l'avete
visto voi stessa ieri sera e anche poco fa. Perché pensate che in me
ci sia di più? -
Belle lo osservò e sembrò soppesare
la risposta; alla fine sorrise di nuovo. - Perché ognuno è
coraggioso a modo proprio e chiunque può essere l'eroe della propria
storia, anche senza maneggiare armi o fare del male agli altri; voi
potete essere un ottimo padre per vostro figlio e sono sicura che lo
sarete. -
Una voce maschile chiamò la ragazza
dal parapetto della nave, esortandola a tornare a bordo dato che
stavano per levare l'ancora.
- Vi auguro tutta la fortuna del mondo.
Forse un giorno le nostre strade si incroceranno di nuovo. -
- Aspettate! -
La ragazza, che stava già correndo
verso il veliero, si voltò di nuovo verso di lui, in attesa.
- Io mi chiamo Rumpelstiltskin! -
- Io sono Belle! - rispose lei, prima
di attraversare la passerella e salire agilmente a bordo della nave.
L'imbarcazione spiegò le vele e si
allontanò dal molo lasciandosi dietro una scia biancastra e
schiumosa.
Rumpelstiltskin la seguì con lo
sguardo fino a quando venne inghiottita dall'orizzonte e non fu più
visibile.
Era solo. Adesso sarebbe spettato solo
a lui prendersi cura di Bae e crescerlo.
Non che Milah gli avesse mai dato un
grande supporto, ma era comunque la madre di suo figlio e ora l'aveva
persa, rapita da un'accozzaglia di pirati da cui lui non era stato in
grado di salvarla.
Cercò di non pensare al destino che le
sarebbe stato riservato a bordo, poi la sua mente tornò alla giovane
che gli aveva dimostrato così tanta gentilezza, senza chiedere nulla
in cambio.
Belle.
Non poteva avere più di vent'anni
eppure sembrava perfettamente a suo agio tra gli uomini
dell'equipaggio, in più, quando il capitano l'aveva vista, aveva
abbassato la spada che gli puntava contro e l'aveva lasciato andare.
Ripensò alle parole che la giovane gli
aveva rivolto e subito si sentì più sicuro di sé.
Non avrebbe mai dimenticato quei
meravigliosi occhi azzurri, così sinceri e pieni di fiducia mentre
lo esortava ad andare avanti e a non arrendersi alle difficoltà.
Mentre gli diceva che ce l'avrebbe fatta e che in lui c'era più di
quanto non apparisse.
Quanto avrebbe voluto che avesse
ragione! Quanto avrebbe voluto poterle credere!
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Capitolo 3 *** Rivelazioni ***
rivelazioni
RIVELAZIONI
Il Signore Oscuro se ne stava seduto in
penombra ad un tavolo piuttosto defilato della bettola, aspettando
che l'uomo che doveva incontrare si degnasse di farsi vivo.
Non tollerava che lo si facesse
attendere. Era l'essere più potente
e temuto di tutti i reami! Chi era quello stolto che aveva osato
chiedergli un incontro per poi presentarsi in ritardo?!
Appena fosse arrivato, avrebbe valutato
se la sua offerta poteva interessargli, in caso contrario avrebbe
provveduto a sbarazzarsi di lui immediatamente.
La locanda era poco illuminata e non
c'erano molti avventori, per lo più si trattava di loschi figuri. I
tavoli di legno scrostato erano ricoperti di briciole e macchiati in
più punti. Era chiaro che non fosse esattamente un posto adatto ad
accogliere re e regine, ma per portare a termine affari ambigui e di
dubbia legalità era l'ambiente ideale.
Finalmente, un omino basso e
grassoccio, con un buffo copricapo di lana rossa infeltrita si
sedette di fronte a lui, osservandolo con diffidenza mista a paura e
a una discreta dose di repulsione che non gli riusciva proprio di
dissimulare.
- Siete davvero voi? Il Signore Oscuro
in carne e... be', insomma, quello che è... -
Rumpelstiltskin era abituato a quella
reazione ed era perfettamente conscio del terrore che incuteva alla
gente, ma quella sera non aveva né il tempo né la voglia di
compiacersene e preferì tagliare corto.
- Hai passato molti guai per
incontrarmi. - esordì, interrompendo il balbettio intimorito del suo
interlocutore, - Devi sperare che io ritenga ciò che hai da dirmi
abbastanza importante da dedicarti il mio prezioso tempo. -
L'uomo deglutì ma quando parlò lo
fece con voce più sicura. - Ho sentito che state cercando qualcosa e
la fortuna vuole che io sia una persona che commercia oggetti
difficili da trovare... - poi si guardò fugacemente intorno come se
temesse di essere osservato da sguardi indiscreti e abbassò la voce
con fare cospiratorio, - ...come i fagioli. -
Rumpelstiltskin si fece improvvisamente
attento.
L'omino capì di aver risvegliato il
suo interesse e proseguì con più convinzione. - Sì, parlo proprio
di quei fagioli magici che possono trasportare qualcuno in un mondo
diverso. -
Il Signore Oscuro si sporse in avanti e
inchiodò il suo sguardo penetrante agli occhietti acquosi
dell'altro, come a scorgervi tracce di menzogna o inganno. - Mi è
stato riferito che in questa terra non esistono più. -
- No, infatti. Non in questa terra. -
rispose prontamente l'uomo, - Ma le navi che attraccano qui, spesso
tornano da terre lontane con un carico di tesori di cui non tutti
riescono a capire il valore. -
- E tu lo capisci, invece? - fece il
folletto, soppesando lo sconosciuto con espressione scettica.
- Be', è il mio lavoro. Così come
conoscere i pettegolezzi che indicano chi potrebbe pagare il prezzo
più alto. -
Rumpelstiltskin congiunse le dita delle
mani davanti a sé: la situazione si stava facendo sempre più
interessante.
- E cosa dicono tutti questi
pettegolezzi? Sentiamo. -
L'uomo abbassò lo sguardo e
l'ostentata sicurezza di poco prima iniziò a vacillare. - Ecco, si
dice che una volta eravate un gran codardo, ma che siete diventato il
Signore Oscuro per proteggere un figlio che avete perso nonostante
tutto il vostro... -
Rumpelstiltskin fece un gesto secco con
la mano e la voce dell'uomo si spense bruscamente, per essere
sostituita da rantoli spaventati e sofferenti. Si portò una mano
alla gola, terrorizzato.
Gli occhi del Signore Oscuro
dardeggiarono pericolosamente. - Non è carino diffondere i
pettegolezzi. Il fagiolo... dov'è? - chiese a denti stretti senza
abbandonare la presa invisibile sulla gola del suo interlocutore.
- Non ce l'ho... - rispose lui con voce
soffocata. - Ma l'ho nascosto, lo giuro! Posso farvelo avere! -
Non stava mentendo, così
Rumpelstiltskin lasciò che tornasse a respirare liberamente.
L'uomo tossì poi tornò a guardare il
Signore Oscuro. - Non vi ho ancora detto il prezzo. -
- Trasformo la paglia in oro, il prezzo
non dovrebbe essere un problema per me. -
- Io non voglio oro. Voglio la vita
eterna. -
Rumpelstiltskin si esibì in una delle
sue folli risatine. Quel miserabile
omuncolo era più stupido e sfacciato di quanto pensasse!
- Solo il Signore
Oscuro può avere la vita eterna. - disse, - Facciamo così: che ne
dici della giovinezza? Farò tornare indietro l'orologio finché non
sarai di nuovo un bambino. -
L'altro sembrò
valutare l'offerta poi annuì. - Direi che si può fare. D'accordo! -
Rumpelstiltskin
alzò l'indice in segno di avvertimento. - Ma ricorda bene: se
fallirai nel portarmi il fagiolo, io manderò avanti l'orologio e ti
ridurrò in un mucchietto di polvere. - sibilò con un ghigno.
Il viso tondo
dell'uomo sbiancò e annuì vigorosamente per dimostrare che aveva
recepito il messaggio.
- Grazie, grazie. -
mormorò prima di alzarsi e lasciare il tavolo e la locanda in tutta
fretta.
Rumpelstiltskin
rimase seduto, perso nei suoi pensieri. Se quel topo di fogna aveva
detto la verità, sarebbe stato molto vicino a ritrovare suo figlio,
più vicino di quanto non fosse mai stato prima di allora. L'idea di
quell'eventualità era quasi spaventosa.
Ad un tratto si udì
un fragore di risate e voci maschili provenire dall'ingresso della
locanda:
- Dov'è il mio
miserabile equipaggio?! -
- Eccoci qui,
capitano! -
- E dov'è la mia
birra?! -
Il Signore Oscuro alzò lo sguardo sul
gruppo di uomini chiassosi che era appena entrato, tra loro c'era un
bel giovane dai capelli neri e gli occhi chiari che esibiva un
atteggiamento spavaldo. Era quello che avevano chiamato “capitano”.
Rumpelstiltskin lo riconobbe
immediatamente. Killian Jones. Il maledetto pirata che aveva
portato via Milah, condannando Bae a crescere senza una madre, e
l'aveva umiliato davanti a tutti.
Che magnifica
coincidenza! Finalmente avrebbe potuto vendicarsi di quel cane!
L'avrebbe fatto soffrire come aveva sofferto lui!
Si calò il
cappuccio del mantello sul volto e uscì dalla taverna con un ghigno
diabolico.
Belle camminava per
le strette e tortuose vie della cittadina di mare in cui avevano
fatto porto.
L'odore di
salsedine, pesce e iodio impregnava la fresca aria notturna.
Si stava dirigendo
alla spiaggia per godersi un po' di solitudine e tranquillità,
quando passò davanti a un gruppo di ubriachi che fischiarono nella
sua direzione e le rivolsero apprezzamenti piuttosto pesanti.
La ragazza non si
voltò neanche e proseguì imperterrita per la sua strada.
Era abituata ad
avere a che fare con gli uomini, specialmente sbronzi, e se solo
avessero provato a toccarla se ne sarebbero pentiti amaramente.
Non si accorse però
che qualcuno appostato nell'ombra di un vicolo scuro la stava
fissando, almeno fino a quando non avvertì la sua presenza dietro di
sé.
Si voltò di scatto
e fece correre la mano all'elsa del pugnale che portava agganciato
alla cintura.
L'uomo era
incappucciato e la ragazza non riusciva a vederne il viso.
- Chi sei? Perché
mi stai seguendo? - chiese, guardinga.
Udì una risatina
beffarda e stridula che la fece rabbrividire. Estrasse il pugnale e
lo puntò contro il petto dello sconosciuto. - Mostrami il tuo volto,
codardo! -
A quelle parole la
risatina cessò di colpo e l'uomo alzò lentamente le braccia per
abbassarsi il cappuccio del mantello.
La luce lunare
illuminò il suo volto, che aveva ben poco di umano.
Gli occhi
sembravano quelli di un rettile e la pelle squamosa e grigiastra
catturava i riflessi della luna come le squame traslucide di un
coccodrillo.
Belle spalancò gli
occhi per la sorpresa e l'orrore, ma tenne ben salda la presa sul
pugnale. - Che cosa sei? -
L'uomo si finse
indignato. - Cosa? Ma che domanda sgarbata, dearie! Io non
sono una cosa. -
La ragazza non si
scompose e rimase in allerta, pronta a trafiggerlo se avesse cercato
di aggredirla.
- Va bene. Allora
chi sei? - si corresse.
Un sorriso increspò
le labbra di lui, rivelando denti gialli e appuntiti.
- Oh, ma noi ci
siamo già incontrati, dearie. - disse, avvicinandosi a lei.
In risposta a quel
movimento, Belle fece un passo indietro. - Temo di non rammentarmene.
- cercò di suonare impavida e sicura di sé, nonostante quella
creatura le incutesse un certo timore.
- Il nome
“Rumpelstiltskin” ti dice qualcosa? -
La ragazza abbassò
il pugnale per lo stupore.
Rumpelstiltskin.
Ma certo che le diceva qualcosa! Non aveva mai dimenticato quel nome,
così insolito e difficile da pronunciare.
Ogni giorno
guardava Milah e rivedeva davanti a sé la scena della taverna e il
viso distrutto dell'uomo il giorno dopo, quando aveva supplicato
Killian di lasciarla andare.
Cautamente, si
avvicinò un po' e osservò il volto del folletto, cercando di
scorgere nelle sue fattezze mostruose qualcosa del Rumpelstiltskin
che ricordava.
Non c'era più
traccia di paura o timidezza, ciò che Belle riusciva a scorgere
erano solo freddezza e tormento e una luce vagamente folle che
brillava nei suoi occhi serpenteschi.
- Siete... diverso.
- osservò infine, non riuscendo a trovare un termine migliore.
Stavolta l'uomo non
rise. - Sono cambiate molte cose dal nostro ultimo incontro, dearie.
Non sono più l'uomo di allora. Sono diventato il Signore Oscuro. -
Belle spalancò gli
occhi; aveva sentito parlare molto di quel demone dai poteri magici
sbalorditivi.
Si diceva che egli
stringesse accordi con i disperati e gli sprovveduti che gli
chiedevano aiuto, per poi privarli di ciò che avevano di più caro;
si diceva che rapisse i bambini per poi mangiarli, che chiedesse che
gli venissero sacrificate delle vergini affinché non sfogasse la sua
furia su villaggi inermi.
La ragazza aveva
viaggiato abbastanza da imparare a non dare credito alle dicerie, ma
su una cosa tutti erano d'accordo: il Signore Oscuro era l'essere più
potente e pericoloso di ogni reame.
Non riusciva a
conciliare tutto questo con il ricordo dell'umile e mite filatore che
aveva incontrato all'epoca.
Mentre Belle era
persa in questi pensieri, Rumpelstiltskin si era concesso un attimo
per osservarla.
Non era cambiata
molto dal loro primo e ultimo incontro; forse aveva solo i capelli
ramati e mossi un po' più lunghi e le fattezze più adulte, ma a
parte questo era la stessa ragazza che ricordava mentre gli stringeva
le mani e sorrideva per incoraggiarlo.
L'uomo allontanò
quei ricordi: era amica dell'infame pirata di cui voleva vendicarsi e
l'avrebbe usata per il suo scopo; non poteva lasciare che il ricordo
della sua gentilezza lo distogliesse dal suo obiettivo.
- Cosa vi è
accaduto? Perché siete qui? - domandò la giovane.
- Come certo
ricorderai, anni fa il tuo capitano mi ha portato via mia moglie. Ora
dovrà pagarne le conseguenze e tu mi aiuterai, dearie, che lo
desideri o meno. - disse con un ghigno.
Prima che la
ragazza potesse fare o dire qualunque cosa, Rumpelstiltskin alzò una
mano all'altezza del suo viso; subito gli occhi azzurri di lei si
chiusero e perse conoscenza.
L'uomo l'afferrò
prima che cadesse a terra.
Ora poteva
finalmente andare a incontrare quel maledetto.
Rumpelstiltskin
attese che il capitano e i suoi uscissero dalla taverna.
Quando li
intercettò, indossò il cappuccio e assunse un'andatura volutamente
zoppicante e gobba e, nel passare vicino al gruppo che rideva e si
dava grandi pacche sulle spalle, urtò Jones di proposito.
- Hei tu! Fermo! -
fece il capitano.
Rumpelstiltskin si
arrestò e sorrise malignamente, senza farsi vedere.
- Perfino i topi di
fogna hanno maniere migliori delle tue. -
- Oh, mi dispiace
tanto, signore. - rispose con voce gracchiante, voltandosi verso di
lui.
Killian gli andò
incontro, inclinando la testa di lato per vedere meglio il suo volto
sotto il cappuccio.
- Mi sbagliavo. Non
sei affatto un topo. Direi che assomigli molto di più a un
coccodrillo! - disse rivolgendosi ai suoi uomini, che subito
ricominciarono a ridere.
- Qual è il tuo
nome, coccodrillo? - chiese ridendo a sua volta, mentre con un calcio
lo faceva cadere a terra.
Tutti risero di
nuovo, ma stavolta Rumpelstiltskin stesso fece una risatina acuta,
che lasciò perplessi gli uomini.
Si alzò, senza
smettere di ridere, e si tolse il cappuccio.
Killian lo guardò
e l'ombra di un'immagine sgranata si materializzò nella sua mente. -
Tu! Mi ricordo di te... -
- È sempre bello
fare colpo. - ribatté il Signore Oscuro, restituendo al capitano le
sue stesse parole di anni prima.
Ormai gli uomini
non ridevano più, e i loro sorrisi beffardi erano stati sostituiti
da espressioni preoccupate e vigili.
Rumpelstiltskin
continuò a rivolgersi al capitano con le parole che lui stesso gli
aveva rivolto al loro primo incontro. - Ma che modi sono, i miei? Non
ci siamo nemmeno presentati come si deve... - s'inchinò, -
Rrrrrrumpelstiltskin, ma ormai tutti mi conoscono come il Signore
Oscuro. -
Tutti, tranne
Killian, indietreggiarono spaventati e il ghigno del folletto si
allargò.
- Vedo che la mia
reputazione mi precede. Bene, questo ci farà guadagnare tempo
durante la fase domande e risposte del nostro gioco. - disse
allegramente al capitano, che aveva fiutato il pericolo e ora lo
guardava con diffidenza e circospezione.
- Cosa vuoi sapere?
-
- Come sta Milah,
ovviamente. - sibilò l'altro in tono minaccioso, più simile che mai
ad un rettile.
- Chi? - Killian
tentò di fare finta di non capire, anche se sapeva che probabilmente
non sarebbe servito a nulla e infatti Rumpelstiltskin ghignò di
nuovo. - Sarei molto lieto di rinfrescarti la memoria, ma la
situazione si sta facendo complicata. -
Stavolta il viso
del capitano si fece serio e gli occhi più scuri. - Morta. È morta
molto tempo fa. E ora che cosa vuoi? -
Il Signore Oscuro
ebbe un attimo di cedimento a quella notizia, ma si riprese quasi
subito. - Non abbiamo mai avuto modo di concludere il nostro duello.
-
Killian fece per
estrarre la spada ma Rumpelstiltskin alzò una mano per fermarlo. -
Non adesso, dearie. Domani all'alba. Non sono un uomo crudele;
sistema pure i tuoi affari, prima. Inoltre potrai passare la notte
sapendo che sarà l'ultima della tua vita. Sì, in effetti forse sono
un po' crudele! - rise. - E giusto perché non ti venga l'insana idea
di scappare... - agitò le mani e tra le sue braccia comparve, in una
nuvola violacea, il corpo privo di coscienza di Belle.
- Maledetto demone!
Che cosa le hai fatto?! - urlò Killian con il volto deformato dalla
rabbia e dalla paura alla vista della ragazza svenuta tra le grinfie
di Rumpelstiltskin.
- Non ti agitare,
capitano. Si tratta solo di una piccola assicurazione per me.
Mettiamola così: se penserai, anche solo per un momento di tentare
la fuga, potrebbe succederle qualcosa di molto spiacevole. -
Il Signore Oscuro
ghignò per l'ultima volta e svanì nella stessa nube viola di poco
prima, portando con sé la giovane.
Rumpelstiltskin si
materializzò nella stanza che aveva preso in affitto per quella
notte alla locanda.
Non che lui avesse
bisogno di dormire, ma gli occorreva un luogo sicuro dove nascondere
la ragazza.
La stanzetta era
spoglia e gli unici elementi d'arredo erano una piccola branda, sulla
quale depose la giovane, e un tavolino di legno con uno sgabello.
L'unica fonte di luce erano tre candele accese che gettavano ombre
tremolanti tutto intorno.
Il Signore Oscuro
si tolse il mantello, gettandolo di lato, poi prese lo sgabello e si
sedette vicino al misero letto, osservando la ragazza ancora priva di
sensi.
Aveva
un'espressione serena e rilassata e i suoi capelli catturavano i
riflessi della luce calda e soffusa. Rumpelstiltskin pensò che fosse
diventata davvero una bella donna.
Come guidato da un
istinto incontrollabile e irrazionale, allungò piano una mano, e le
sfiorò le ciocche morbide, la fronte, una guancia, per poi scendere
lungo il suo collo candido.
Da quanto tempo non
provava piacere nel contatto umano.
Nonostante le sue
minacce, sapeva perfettamente che non avrebbe fatto del male a Belle.
Le serviva solo per assicurarsi che il pirata non fuggisse e per
farlo spaventare un po', tenerlo sulla corda.
Per un attimo
valutò l'idea di non svegliarla e rimanere tutta la notte ad
ammirarla ma voleva anche sentire la sua voce, parlare con l'unica
persona che l'aveva fatto sentire importante quando per tutti era
solo il codardo del villaggio.
Schioccò le dita
e, lentamente, la ragazza sollevò le palpebre. Si sentiva
frastornata e non ricordava cosa le fosse successo.
- Ben svegliata,
dearie. Non preoccuparti, i capogiri passeranno tra un momento. -
Belle si tirò su a
sedere e, in effetti, la testa le girava parecchio.
Strizzò gli occhi
e mise a fuoco il viso di Rumpelstiltskin, che la osservava con un
sorrisetto divertito.
Il ricordo del loro
incontro le tornò alla mente più vivido che mai e lei si sentì
invadere dalla paura.
- Cosa avete fatto
a Killian? -
- Oh, lui sta
bene... per ora. Non preoccuparti, dearie, non ho intenzione di
ucciderlo. -
La ragazza si
stupì. - Davvero? E allora cosa intendete fargli? -
- Prima dovrà
soffrire come ho sofferto io. -
- Allora... questo
significa che intendete fare del male a Milah? -
Il ghigno del
Signore Oscuro si spense all'istante. - Credevo che fosse morta molto
tempo fa. - sibilò. - Così mi ha detto il tuo capitano. -
Un lampo di
comprensione attraversò gli occhi di Belle, che distolse lo sguardo
e si morse il labbro, capendo cos'aveva appena fatto.
Rumpelstiltskin le
prese delicatamente il mento tra le dita e la costrinse a guardarlo
negli occhi ferini. - Milah è viva e vegeta. Non è vero, dearie? -
Il silenzio della
giovane, unito alla sua espressione colpevole, fu una risposta più
che sufficiente.
Così quel cane gli
aveva mentito! Ma perché? Per proteggerla? Possibile che la
considerasse tanto importante da mettere a rischio la sua stessa
vita?
Un sospetto iniziò
a farsi strada nella sua mente.
- Dimmi, dearie,
che rapporto c'è tra il tuo caro capitano e Milah? -
Belle strinse i
pugni e di nuovo, non rispose.
- Userete ciò che
vi dirò per attuare la vostra vendetta. -
- Può darsi,
dearie, ma ti avverto: ho anche altri metodi per ottenere le
informazioni che desidero, ma non vorrei essere costretto a usarli. -
disse con un ghigno, accarezzandole una guancia con l'indice.
La ragazza
rabbrividì a quel contatto e, curiosamente, non avrebbe saputo dire
se si trattasse solo di paura.
- Parla, dearie. -
incalzò il Signore Oscuro, la voce dura e fredda come il ferro.
Belle fece un gran
sospiro per calmarsi, poi vinse la propria reticenza e iniziò a
raccontare, cercando di misurare con attenzione le proprie parole.
- Killian e Milah
sono innamorati. Lui la considera la sua compagna e lei fa lo stesso.
Si è guadagnata il rispetto della ciurma e ormai è quasi come un
suo vice. - disse, senza riuscire a reprimere una smorfia di
disappunto.
Rumpelstiltskin lo
sospettava già, ma aveva bisogno di sentirlo chiaro e tondo dalle
labbra di Belle.
Digrignò i denti
acuminati e, nonostante la furia che sentiva montare dentro di sé,
cercò di controllarsi per non spaventare ulteriormente la ragazza.
- Non sembra che la
cosa ti faccia piacere. - commentò, più per distrarsi dalla
terribile rivelazione che per vero interesse.
La ragazza lo
guardò, esitante. Sapeva che Rumpelstiltskin si sarebbe servito di
quelle informazioni per poi ritorcerle contro Killian e Milah, ma,
come lui le aveva giustamente fatto notare, avrebbe potuto cavarle
comunque la verità di bocca ricorrendo alla magia o altro. Non le
piaceva l'idea di fare la spia su di loro, non era da lei, ma
entrambi avevano contratto un grande debito di onestà nei confronti
di quell'uomo che, dopo tante bugie, forse meritava di sapere la
verità, indipendentemente da come l'avrebbe poi sfruttata.
- Io... io non vado
molto d'accordo con Milah. - ammise infine.
Il Signore Oscuro
inclinò la testa di lato con aria interrogativa, cercando di
decifrare l'espressione della ragazza, a metà tra l'esitazione, la
rabbia e il senso di colpa.
- Il fatto è
che... -
Rumpelstiltskin la
guardò intensamente nei suoi occhi azzurri e, in quel momento, Belle
provò l'irrefrenabile impulso di aprirsi con lui e di essere sincera
fino in fondo.
- Non l'ho mai
perdonata per quello che vi ha fatto, a voi e a vostro figlio
intendo. - sbottò la ragazza, con voce tremante.
L'uomo rimase
spiazzato da quella risposta totalmente inaspettata. Perché quella
giovane teneva tanto a lui?
Non l'aveva capito
neanche allora, quando si erano parlati al molo, prima della sua
partenza.
Pensò che fosse
una bugia per cercare di rabbonirlo, ma non leggeva alcuna traccia di
menzogna nei suoi occhi, anzi, sembrava che si fosse appena liberata
di un peso che la opprimeva da lungo tempo.
Ormai l'argine era
rotto, e Belle continuò a parlare, incapace di fermarsi.
- Milah non è mai
stata rapita! È venuta al molo quella mattina supplicando Killian di
farla partire con noi. Lui acconsentì, ma per lei fu più facile
lasciarvi credere di essere stata costretta con la forza. Preferì
mentirvi anziché affrontarvi! - strinse i pugni, cercando di tenere
a bada quella rabbia repressa per anni e che ora aveva spezzato le
catene che la tenevano imbrigliata nei recessi della sua anima.
- Quando siete
arrivato per cercare di convincere Killian a rilasciarla, ho capito
che non vi aveva detto la verità. Per un attimo fui tentata di farlo
io stessa, ma non volevo arrecarvi ulteriori sofferenze. -
La ragazza distolse
lo sguardo e non poté impedirsi di arrossire violentemente.
Il Signore Oscuro
l'aveva lasciata parlare fino alla fine, anche se ogni singola parola
era stata una pugnalata al cuore.
Un'ondata di
emozioni lo travolse: dolore, delusione, ma soprattutto tanta
collera, nei confronti di Milah, nei confronti di Killian, perfino
verso se stesso per essere stato così stupido.
Osservò il rossore
che colorava le gote della giovane: lei gli aveva lasciato credere
che sua moglie fosse stata rapita, pur conoscendo la verità, e così
facendo si era di fatto resa sua complice, eppure c'era qualcosa che
gli impediva di essere infuriato anche con Belle.
Gli aveva mentito
per lo stesso motivo per cui lui aveva detto a Bae che sua madre era
morta, e non che era stata portata via dai pirati: per proteggerlo da
altro dolore.
Sospirò, alzandosi
e voltando le spalle alla ragazza; la sua ombra proiettata sul muro
appariva come una sagoma nera e sinistra.
Osservava un punto
indistinto del muro della stanza, ma davanti a sé vedeva sua moglie,
abbracciata al pirata, che rideva con lui, felice come non lo era mai
stata al suo fianco, neanche dopo la nascita di Bae.
Digrignò i denti:
ora che sapeva la verità, la sua vendetta su quel cane sarebbe stata
ancora più atroce, e anche Milah non l'avrebbe passata liscia.
Belle, dal canto
suo, si sentiva tremendamente in colpa per aver rivelato tutti quei
dettagli su Killian e Milah, ma una parte di sé era convinta di aver
fatto la cosa giusta: Rumpelstiltskin non meritava altre bugie. Fissò
le spalle del Signore Oscuro e prese coraggio. - Cosa intendete fare
ora? -
Rumpelstiltskin si
voltò lentamente verso di lei; la sua bocca si strinse in una linea
dura e gli occhi divennero due pozzi oscuri e impenetrabili.
- Credo che a
questo punto dovrei prima fare un discorsetto con la mia cara moglie.
Sicuramente qualcuno l'avrà avvertita del fatto che tra poche ore io
e il suo pirata ci sfideremo a duello. Verrà per salvarlo e allora
dovrà darmi qualche spiegazione. -
Belle lo guardò,
per metà preoccupata e per metà sollevata che non intendesse
uccidere Killian... non subito almeno.
- Non preoccuparti,
dearie, non rivelerò che sei stata tu a parlarmi di loro. Ora puoi
tornare a dormire. - disse, agitando di nuovo la mano in un gesto
secco e, in un attimo, la ragazza ricadde addormentata sul letto.
Lui la guardò per
un attimo poi si sedette al tavolo, pensando al modo più efficace
per restituire al pirata e a Milah tutto il dolore che avevano
inflitto a lui, ma soprattutto a Bae.
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