Il Fato ed il Secondo Cavaliere di Pegasus

di winnie343
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I - Un contratto per spezzare il destino ***
Capitolo 2: *** II - Nowhere Man ***
Capitolo 3: *** III - La Scalata di Edgar - prima parte ***
Capitolo 4: *** IV - La Scalata di Edgar - II parte ***
Capitolo 5: *** Capitolo V - Finalmente Edgar giunge in cima ***
Capitolo 6: *** VI - Il Destino di Edgar e la Nuova Missione di Camus ***
Capitolo 7: *** VII - Una Nuova Avventura ***
Capitolo 8: *** VIII - Fulmini a ciel sereno ... ***
Capitolo 9: *** IX - Sentimenti contrastanti ***
Capitolo 10: *** Capitolo X - Domande inaspettate ***
Capitolo 11: *** XI - Lotta per l'armatura di Pegasus ***
Capitolo 12: *** XII - Tramare nell'Ombra ***
Capitolo 13: *** XIII - La storia si complica ... ***
Capitolo 14: *** XIV - Nel Fitto del Bosco ***
Capitolo 15: *** XV - In partenza ... ***
Capitolo 16: *** XVI- Questione di Opinioni ***
Capitolo 17: *** XVII - Chiari di Luna ***
Capitolo 18: *** XVIII - Sotto Cieli Stellati ***
Capitolo 19: *** XIX - La dimenticanza e l'oblio ***
Capitolo 20: *** XX - Nella Bocca di Ade ***
Capitolo 21: *** XXI - Mille Dubbi ***
Capitolo 22: *** XXII - Quando un amore diventa impossibile? ***
Capitolo 23: *** XXIII - Il mio nome è Edgar e sono un cavaliere! ***
Capitolo 24: *** XXIV - Un Combattimento Rocambolesco ***
Capitolo 25: *** XXV - Separazioni ***
Capitolo 26: *** XXVI - Ghiaccio sciolto ***
Capitolo 27: *** XXVIII - Un manto di rose ***
Capitolo 28: *** Capitolo XXVIII - Il coraggio del cavaliere di Pegasus ***
Capitolo 29: *** XXIX - Incomprensioni e chiarimenti ***
Capitolo 30: *** XXX- Scontri ***
Capitolo 31: *** XXXI - Occasioni Perdute ***
Capitolo 32: *** Capitolo XXXII - Senza un motivo ***
Capitolo 33: *** XXXIII - Confronti Serrati ***
Capitolo 34: *** XXXIV - Una vita per una vita ***



Capitolo 1
*** I - Un contratto per spezzare il destino ***




Capitolo I

Un contratto per spezzare il destino





Le tue mani uccideranno te stesso. Sarai tu colui che alzerà il pugnale, diventando così il tuo assassino. Ma la colpa non sarà la tua. La tua mano sarà spinta da una ragazzina e da un cavaliere dalla bianca armatura. Questo è il tuo destino infausto. La conclusione della tua vita. La tua anima vagherà in eterno, dannata a causa dei crimini da te commessi”

Il Grande Sacerdote continuava a fissare la donna al suo fianco, in silenzio, sorpreso dalle parole di quella infausta profezia, non riuscendo a riordinare le idee. Mai avrebbe potuto immaginare che la sua vita si sarebbe conclusa per sua stessa mano. Eppure non poteva dubitare delle parole ascoltate. La donna che le aveva pronunciate era riconosciuta in tutta Grecia e non solo, come colei che, posseduta da Zeus, aveva ricevuto in dono la capacità di vedere il futuro e di influenzare gli eventi non ancora accaduti. La donna alzò gli occhi verso di lui e il Grande Sacerdote rimase sorpreso dallo sguardo duro che vide nei sul suo volto. Poi, il viso si distese in un sorriso; c’era, però, in quel ghigno qualcosa di malefico che mise agitazione perfino ad un duro della sua risma. Per un lungo istante i due rimasero ad osservarsi in silenzio

  • Perché state sorridendo? – Il Grande Sacerdote domandò, infine, sopraffatto dalla curiosità

  • Il destino che vi attende, – la donna attese un momento prima di pronunciare le parole successive – giovane cavaliere di Gemini, è davvero infausto

Saga, sotto la maschera e i pensanti bardamenti da Grande Sacerdote, rimase interdetto. Nessuno fino a quel momento aveva conosciuto il nome di colui che si celava realmente sotto la maschera da lui indossata; o almeno nessuno che potesse raccontarlo. Ora, invece, quella donna lo aveva messo a nudo con due semplici parole. Cavaliere di Gemini. Era dalla notte degli inganni che non si era più sentito chiamare in quel modo.

  • Ad ogni modo – la donna riprese a parlare – una soluzione ci sarebbe per evitare che la mia profezia si avveri

L’attenzione dell’uomo si calamitò nuovamente sulla donna. Non era il momento di domandarsi se la veggente avrebbe saputo custodire il suo segreto senza chiedere troppo in cambio.

  • Quale?

Una parola. Un’unica domanda per tentare di cambiare le sorti che il fato voleva scrivere contro di lui.

  • Fare in modo che il cavaliere che sarà destinato a sconfiggervi non ottenga l’armatura

  • Ucciderlo? – l’uomo si sedette sul trono – a meno che non conosciate il suo nome io non …

  • Non il suo nome. Quello è precluso anche al mio sapere. No. – lo sguardo della donna si fece malizioso – però so quale cloth indosserà

  • Ditemelo! – Saga si fece impaziente

  • Pensate che sia così facile, giovane cavaliere?

L’uomo, veloce come la luce, si avventò sulla donna e con il braccio la sollevò da terra, serrandogli il collo con le dita; la lasciò immediatamente, rendendosi conto, che in quel modo non avrebbe potuto ascoltare cosa avesse da dirgli. La donna, con le dita, ispezionò la pelle del suo collo livido. Aveva paura; come poteva non averne? Quell’uomo era quasi un Dio, avrebbe potuto ridurla in polvere in un batter di ciglia. Eppure doveva resistere. Era l’esigenza e la disperazione a comandarglielo. Con un filo di voce, riprese a parlare

  • Sappiate che non vi dirò nulla finchè non avremo raggiunto un accordo

  • Un accordo? Che tipo di accordo?

  • Io farò in modo di suggerirti tutto ciò che dovrai fare perchè la profezia non si avveri – la donna riprese colorito e coraggio vedendo che il Grande Sacerdote rimaneva immobile, in attesa di ascoltare il resto – e tu mi aiuterai ad uccidere la Regina di Asgard

  • La regina di Asgard? – Saga rimase sinceramente sorpreso

  • Ogni domanda sarà superflua. Non ho nessuna intenzione di raccontarvi le mie motivazioni, pertanto, Cavaliere di Gemini – la donna prese un’altra pausa, soffermandosi ad osservare l’uomo di fronte a lei – ogni vostra parola, a meno che non sia un si, sarà inutile

  • Si

Il Grande Sacerdote sorrise. Era conscio del fatto che la pesante maschera che indossava nascondesse il suo volto, per questo non fece caso al fatto che le sue labbra si dischiudessero in un sorriso di approvazione. Non gli interessava quello che la donna gli stava chiedendo, una volta conosciuto il nome del cloth del cavaliere che lo avrebbe indotto alla morte, avrebbe fatto in modo di uccidere la veggente: non doveva permettere che ella potesse farsi sfuggire la sua vera identità. Il sorriso, però, gli morì sul volto. La donna di fronte a lui stava anch’essa sorridendo.

  • So cosa stai pensando Saga, ma non potrai uccidermi. Non è il tuo destino e di certo non è quello che è scritto per me.

  • Davvero? – l’uomo decise di non sbilanciarsi, ma rimase turbato nel sentire pronunciare il suo nome

  • Davvero – la donna gli voltò le spalle e, sicura nei movimenti, si allontanò – in ogni caso ho fatto in modo che, qualora mi accada qualcosa, la verità sul tuo conto venga fuori. Non si sa mai

  • Non si sa mai, certo – Saga rispose sovrappensiero.

  • Ad ogni modo – la donna si voltò nuovamente a guardarlo – spero che il nostro accordo rimanga: la tua vita salva in cambio di quella della regina di Asgard.

  • Non ho problemi – il Grande Sacerdote si sedette sul trono, non perdendola mai di vista – avrete ciò che volete

  • Perfetto – la donna sorrise, avvicinandosi all’uomo

  • E ora, Calliope, ditemi quale cavaliere sarà decisivo per il mio destino

  • Pegasus

  • Pegas …? - Saga ebbe un sussulto: un cavaliere di bronzo l’avrebbe portato al suicidio?

  • So cosa stai pensando, ma è così. Un cavaliere di bronzo sarà la tua rovina

  • Non è poss …

  • Pegasus, colui che nell’antichità riuscì perfino a colpire Hades? – la donna sorrise nuovamente – certo che sarà possibile

Saga sospirò. Non poteva dubitare di quella profezia. Se lo avesse fatto, avrebbe dovuto dubitare anche dell’esistenza dei Dei greci e dei cavalieri di Athena; così si rassegnò all’idea che un cavaliere di bronzo avrebbe rappresentato la sua fine. Poi, volgendo lo sguardo verso la donna, rimase immobile, in attesa di una risposta alla domanda silenziosa che le aveva posto

  • Non preoccuparti. Ho un piano che impedirà che la profezia si avveri.





Dopo tanto tempo pubblico una nuova storia ispirata a Saint Seiya. Per il momento non aggiungerò molto altro e non anticiperò nulla. Spero solo che come inizio possa piacervi ... ah ... una cosa ovviamente posso dirvela ... la storia è ambientata nel periodo precedente all'investitura di Seiya, ma anche lui, in una certa misura comparirà. vi anticipo anche un'altra cosa ... nel prossimo capitolo farete la conoscenza di Edgar ....Enjoy

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Capitolo 2
*** II - Nowhere Man ***


Capitolo II

Nowhere Man


Il ragazzo dai capelli biondi osservava distrattamente la gente camminare sul marciapiede. Se fosse stato più attento si sarebbe reso conto delle ragazze che, passando vicino alla panchina in cui era seduto con le gambe accavallate, si voltavano ad osservarlo. Il suo sguardo era fisso su un ragazzo di circa 28 anni, che ne dimostrava almeno dieci in più, fermo ad una fermata, in attesa di prendere un autobus per tornare a casa. Noncurante degli sguardi delle donne, continuava a fissare quel ragazzo, stupefatto da quanto potesse essere insignificante una persona. In quel tipo nulla appariva speciale: era basso, sciatto, trascurato e poco atletico, per non dire grasso. Eppure l’ordine che avevano ricevuto era chiaro e indiscutibile, ma nonostante ciò, la sua incredulità non cessava di tormentarlo. Si voltò improvvisamente verso il ragazzo seduto al suo fianco:

  • Deve esserci per forza stato un errore!

  • Perché?

Il ragazzo dai capelli rossi continuò a tenere gli occhi chiusi, apparentemente assente. Le ragazze, ma anche le signore, passando, continuavano a lanciare sguardi ai due giovani, eppure nessuno dei due sembrava curarsene. Il biondino si protese verso l’altro con un sorriso storto sul volto:

  • Avanti, Camus. Come puoi chiedermi perché?

  • E’ quello che ho fatto, mi sembra …

Il ragazzo dai capelli rossi aprì lentamente gli occhi, mostrando uno sguardo di ghiaccio, incastonato in due occhi del colore del profondo mare. La sua espressione era seria, ma compassata. Il giovane dai capelli biondi, sorridendo, puntò il braccio verso il ragazzo grassoccio che, non accortosi di essere spiato, continuava ad aspettare l’autobus avvolto nel suo sciatto impermeabile marrone.

  • Avanti, amico mio, guardalo – il rosso voltò lo sguardo nella direzione in cui il dito del biondo puntava – ti sembra possibile che quello sia un pretendente ad una qualsiasi armatura?

  • Le apparenze spesso possono ingannare, non trovi Milo? – gli occhi di Camus tornarono sul suo compagno di viaggio

  • Sarà, ma se quello ha la stoffa per essere un cavaliere … beh … io sono una donna

Detto questo, si alzò bruscamente e attraversò, senza guardare, la strada, rischiando di causare un incidente fra due o tre auto. Camus sorrise, senza aggiungere altro. Conosceva Milo da ormai troppo tempo: il suo amico era ancora giovane e impulsivo, ma in un futuro molto prossimo avrebbe smussato tutti gli angoli acerbi della giovinezza per lasciare il posto all’indulgenza della maturità. Anche lui si alzò e lo seguì, rispettando, però, la segnaletica e i semafori. I due giovani, dopo essersi affiancati al tipo grassoccio, lo seguirono sull’autobus. Entrambi sapevano che quel ragazzo non si era ancora accorto della loro presenza, ma decisero comunque di mantenersi ad una certa distanza: non volevano allarmalo prima del tempo.


Edgar, come tutti i giorni, si era svegliato alle 6.00 del mattino. Dopo aver fatto colazione con una tazza di latte e con una fetta di crostata, si era fatto la solita doccia di 10 minuti, aveva indossato uno dei tanti completi anonimi che riempivano il suo armadio e si era incamminato verso il lavoro.

Si era recato alla fermata dell’autobus, a pochi isolati da casa sua. Aveva aspettato pazientemente il 30 barrato che lo avrebbe portato in centro. Dopo i soliti 10 minuti di attesa era salito sul mezzo colmo di persone che, come lui, si recavano tutti i giorni in ufficio e di cui ormai, dopo anni passati a studiarli di nascosto, conosceva ogni minimo tic. Era sceso dopo 20 fermate ed era entrato nella Banca dove lavorava da circa 10 anni (grazie al posto che suo padre gli aveva gentilmente ceduto prima di andare in pensione), andando a sedersi nel suo solito bugigattolo che qualcuno spiritosamente (il suo capo) si ostinava a chiamare ufficio e aveva atteso pazientemente il passare delle ore. Aveva sbrigato nel frattempo pratiche, consumato il suo pranzo religiosamente da solo, lavorato nuove pratiche … il tutto senza mai rivolgere la parola ad un qualsiasi collega di lavoro. Semplicemente, per gli altri, compreso il suo capo, lui era invisibile. Inesistente per i cassieri che sedevano tutti i giorni nelle postazioni di fronte al suo ufficio, per la donna delle pulizie che ormai da sette anni entrava nel suo stanzino e svuotava i cestini senza neanche salutarlo. Soprattutto continuava ad essere invisibile agli occhi dell’unica ragazza che mai avesse fatto palpitare il suo cuore: Daisy, dell’ufficio cambi.

Tante volte, nel corso di quegli anni Edgar le si era avvicinato, discretamente certo, ma con decisione, per rivolgerle almeno un saluto; una o due volte era perfino riuscito a sussurrarle un “ciao”. Eppure lei non si era mai degnata di ricambiare. All’inizio della loro “frequentazione” Edgar aveva sperato di dare finalmente una svolta alla sua vita grigia, fatta di inesistenza e nullità; aveva sognato ad occhi aperti, a volte anche in ufficio, di fughe d’amore con la dolce Daisy, ma ovviamente, vista la sua condizione di uomo senza qualità, la bella ragazza gli aveva sempre preferito colleghi di lavoro più aitanti e simpatici; Edgar così piano piano era ritornato (semmai vi fosse in realtà uscito) nell'oblio, dove era rimasto fino a quel giorno. Ora che, dopo aver aperto la porta, si ritrovava a guardare dal basso verso l'alto, due ragazzi belli e attraenti (di quelli che sarebbero tanto piaciuti a Daisy, per intenderci), la sua unica speranza, sentiva che dovesse essere quella che i due adoni avessero sbagliato porta.




Mentre Camus rimase fermo davanti alla porta aperta ad osservare l’omino di fronte a loro, Milo non riuscì a trattenere un sorriso. Cosa diavolo volesse il Grande Sacerdote da quel tizio, Athena solo lo sapeva. Di certo non poteva pensare di fare di quel “nano grasso” un vero cavaliere, ma per quanto si fosse arrovellato nelle ore precedenti, non era riuscito a trovare altra spiegazione: solitamente non si scomodano due cavalieri d’oro per portare un tizio ordinario al Grande Tempio solo per fargli svolgere una mansione di basso livello; ma osservando il tappo da vicino lo trovò ancora più insignificante rispetto all’idea che si era fatto in precedenza. Eppure, eccoli li, i cavalieri d’oro d’Athena, pronti a prelevare il signor Edgar Allienz, uomo banale dalla vita insulsa. Eccoli li, ad osservare e ad essere osservati dal perfetto esempio di uomo invisibile.

  • Non compro enciclopedie, grazie

  • Prego? – Milo era talmente assorto nei suoi pensieri che pensò di aver sentito male ciò che il nano gli aveva detto

  • Scusatemi, ma non compro enciclopedie.

  • Chi le dice che noi vendiamo enciclopedie?

Camus e le sue domande! Il suo amico era sempre pronto a cercare di comprendere cosa il suo interlocutore volesse dire, come se quel tizio potesse nascondere chissà quali misteri.

  • Glielo dice la sua testa vuota!

  • Vuota?

Edgar si volse verso Milo, sgranando gli occhi. Ora anche gli estranei lo insultavano. Doveva essere un tipo oltremodo anonimo per essere insultato perfino da chi avrebbe dovuto lusingarlo.

  • Perdoni il mio amico. A volte la sua mente non riesce a fermare i pensieri idioti che partorisce prima che giungano alla bocca

Camus incenerì con lo sguardo il cavaliere al suo fianco, mentre Edgar considerava che forse il tizio dallo sguardo di ghiaccio, a dispetto del suo aspetto altero, sapeva fare il suo mestiere. Se avesse avuto possibilità economiche, molto probabilmente, avrebbe acquistato almeno due volumi di quelle enciclopedie.

  • Non fa nulla. Immagino che il suo amico sia nuovo e che lei lo stia addestrando. Magari gli dica che non è sufficiente un bell’aspetto per vendere, ma serve anche gentilezza e cortesia

Edgar si sorprese di tanto ardire; mai in vita sua si era rivolto in quel modo a nessuno, neanche a un bimbetto di dieci anni che una volta lo aveva reso bersaglio del gelato che si era stufato di mangiare. Considerò che forse la presenza del tizio freddo lo aveva talmente rassicurato, da renderlo quasi spavaldo. Il sorriso che comparve sul volto dell’”apprendista” però gli fece tornare velocemente tutte le paure.

  • Senti un pò, Edgard, pensi davvero che siamo qui per venderti un’enciclopedia?

Nel sentire pronunciare in quel modo il suo nome, l’omino rabbrividì. Lo fece senza neanche rendersene conto. Se avesse avuto un luogo dove fuggire, sarebbe scappato a gambe levate. Quell’uomo, con quel suo sguardo assassino gli incuteva timore. Nonostante la presenza rassicurante del tizio glaciale, nella mente di Edgar cominciarono a formarsi pensieri sempre più orrendi sulla presenza di quell’uomo di fronte a lui. Ad un certo punto gli venne in mente anche la possibilità che fosse lì per violentarlo; impossibile, quello avrebbe potuto avere tutte le donne che voleva. E se fosse stato gay? Avrebbe potuto avere anche tutti gli uomini che voleva, non un insulso ometto di mezza età quale lui era. Escluse la possibilità che fossero lì per derubarlo: tutti nel quartiere sapevano che lui non possedeva nulla. E se loro non lo sapevano? Ma da quando in qua i ladri bussano alla porta? Da quando hanno a che fare con un “tappetto” come te, si rispose mentalmente. Cominciò velocemente a sragionare alla ricerca di una possibile giustificazione alla presenza di quei due esseri di fronte a lui ed alla fine, sull’onda delle troppe emozioni, svenne, cadendo a terra come un sacco di patate. Milo sgranò gli occhi, incredulo di fronte a quello spettacolo. Poi, in un gesto teatrale, alzò le braccia al cielo

  • Fantastico! Ora ci toccherà pure portarcelo in spalle fino al Grande Tempio

  • Ti toccherà portarlo – così dicendo, Camus si girò e riprese il corridoio

  • Ehi aspetta! – Milo gli urlò dietro – perché dovrei portarlo io?

  • Perché se tu fossi stato più gentile con lui, questo poveraccio non si sarebbe agitato e non sarebbe svenuto

Milo rimase incredulo a fissare il suo amico che si allontanava, poi, una volta compreso che Camus non avrebbe fatto nulla, si caricò in spalla Edgar e corse dietro al suo compagno di viaggio, constatando che il sacco di patate era ancora più pesante rispetto a quanto sembrava.




Eccomi con un nuovo capitolo. E’ passato poco tempo dalla prima pubblicazione … non vi ci abituate …. È un puro caso che riesca a pubblicare così presto ;-). Ed ecco qui Edgar, l’omino a cui avrebbero potuto tranquillamente ispirarsi i Beatles per scrivere la canzone Nowhere Man …. Un tipo talmente insignificante da rendere Milo incredulo …. Sarà lui il futuro cavaliere di Pegasus?

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Capitolo 3
*** III - La Scalata di Edgar - prima parte ***


Capitolo III

La scalata di Edgar - parte I



Quando Edgar si svegliò, si ritrovò sdraiato ai piedi di un tempio bianco. La costruzione, veramente imponente, assomigliava in modo impressionante al Partenone di Atene. Non era mai riuscito a vederlo dal vivo, anche perché in vita sua l’unico viaggio che aveva affrontato era stato quello da casa sua al paese vicino, però grazie ai libri di arte che aveva acquistato da uno di quei venditori porta a porta, poteva dire senza ombra di dubbio che quel Tempio assomigliava a quello presente ad Atene. A proposito di venditori di libri ed enciclopedie, gli sovvennero i due tizi strani dai capelli lunghi, che lo avevano “molestato”: che fine avevano fatto? E come era arrivato ai piedi di quel Tempio? Si mise seduto, guardandosi intorno. Non riuscì a comprendere dove fosse finito, ma riuscì a ritrovare i suoi venditori enciclopedici. Essendo indeciso sul da farsi, cosa tipica del suo carattere, rimase ad aspettare che i due si voltassero nella sua direzione. Non riusciva a comprendere quello che si stavano dicendo, ma notava che il tizio biondo, l’assassino, gesticolava e parlava in maniera concitata, mentre quello glaciale rimaneva immobile con gli occhi chiusi. Edgar ad un certo puntò cominciò a domandarsi se stesse veramente ad ascoltare il suo compagno e se addirittura fosse sveglio. Il suo pensiero fu spazzato via alla velocità della luce dallo sguardo che l’uomo dai capelli rossi gli lanciò. Edgar si sentì come un bambino scoperto con le mani nella marmellata. Possibile che quel tizio riuscisse a leggere i suoi pensieri? I due si avvicinarono con calma verso di lui e dopo averlo invitato ad alzarsi, lo esortarono a salire le scale di fronte al Tempio.

  • Dove siamo?

Fu la domanda che rivolse loro Edgar, ma che non ricevette risposta

  • Cosa è questo posto?

Ancora nessuna risposta. Vista la sua difficoltà a salire quegli enormi gradini, venne sollevato di peso dall’assassino e trascinato fino alla porta del Tempio. Indubbiamente il ragazzo aveva dovuto fare un certo sforzo per alzare un peso morto come lui, o forse era solo una sua impressione?

  • Ma questo è veramente un tempio greco?

Ancora nessuna risposta. Edgar sospirò

  • Ragazzi, vi prego …. Fermatevi!

Edgar quasi piagnucolò. I due si bloccarono simultaneamente e si voltarono a guardarlo. Fu il rosso a parlare

  • Hai paura?

  • No … è solo che … - Edgar abbassò lo sguardo imbarazzato - … è solo che devo andare in bagno

Camus tutto si sarebbe aspettato da quell’uomo, tranne quell’affermazione. Milo sorrise divertito.

  • E’ la paura che ti fa venire voglia di andare in bagno?

Edgar arrossì violentemente, anche in virtù del fatto che il tizio biondo gli aveva fatto l’occhiolino. Gli tornò fugacemente in testa il pensiero che lo avessero potuto rapire per abusare di lui. Altrettanto fugacemente lo ricacciò. Era troppo brutto per quei due.

  • Non è la paura – quasi sussurrò

  • Ah no? – l’uomo dai capelli biondi si avvicinò a lui. Troppo vicino per non aver paura

  • Milo lascialo in pace – l’uomo dai capelli rossi redarguì il suo amico – sono solo affari suoi se ha paura o meno. Quando arriveremo al Grande Tempio, potrai andare al bagno.

  • Quanto ci vorrà?

Se avesse dovuto fare quella domanda al tizio che si chiamava Milo, probabilmente avrebbe desistito, ma visto che era il rosso che gli parlava, si sentì abbastanza tranquillo

  • Se hai un passo veloce e se siamo fortunati, poco.

  • Altrimenti potresti anche non arrivare mai

Il sorriso sghembo di Milo lo fece rabbrividire. Avrebbe voluto chiedere ai due cosa significasse la frase “altrimenti potresti non arrivare mai”, ma considerato che non avevano risposto a nessuna delle sue domande, vi rinunciò. Entrarono nel Tempio ed Edgar considerò, osservandosi intorno, che da quelle parti nessuno metteva piede da almeno un paio di anni. I due uomini che lo accompagnavano procedettero con passo veloce, mentre lui arrancò dietro di loro. Probabilmente il suo passo veloce non poteva essere paragonato al loro, anche perhè la lunghezza delle loro gambe era quasi il doppio rispetto alla sua. Ad un certo punto sentì il biondo dire una cosa per lui incomprensibile al rosso

  • Pensi che il cavaliere di Ariete tornerà mai al Grande Tempio?

  • Dovrà farlo – rispose l’uomo dai capelli rossi – perché se non lo farà verrà considerato un traditore

Edgar si domandò chi diavolo fosse o cosa fosse il cavaliere di Ariete, ma ovviamente si tenne la domanda per lui. Attraversato velocemente quel Tempio, i tre uscirono da una porta esterna e a quel punto all’uomo basso e grasso prese quasi un colpo. Di fronte a lui, oltre una serie infinita di scale si ergeva un altro Tempio. Speranzoso chiese ai due se quello fosse il Grande Tempio

  • Quella è la casa del Toro – rispose, nella sua solita atona voce il rosso

  • La casa del Toro? – Edgar lo guardò stupito – vuoi dire che in quel posto dorme un toro?

  • Toro non è un animale – il sorriso del biondo si fece ancora più insolente – è una persona e se fossi in te comincerei a preoccuparmi. E’ grande come un armadio e con una mano può schiacciarti

  • Smettila Milo! – l’uomo di ghiaccio redarguì ancora una volta il suo amico – non devi terrorizzarlo. Inoltre sai anche tu che Toro è uomo di giustizia. Certo non si può dire la stessa cosa degli altri, ma ce ne preoccuperemo quando li incontreremo.

  • Uomo di giustizia? Altri? Quanti altri? – Edgar cominciò a vedere la terra intorno a lui girare

  • Ehi, amico. Vedi di tenerti sulle tue gambe che mica voglio portati su in spalla per le dodici case dello zodiaco

Alla parola dodici, Edgar svenne nuovamente. Quando riaprì gli occhi, gli sembrò di vivere un dejavù, ritrovandosi nuovamente ai piedi di un Tempio. Non era lo stesso luogo dove si era svegliato poco prima, però. Spostando lo sguardo si trovò ad incontrare gli occhi di un energumeno con delle ciglia molto folte di un colore nero come la pece. Indossava un’armatura (un’armatura dico!) fatta interamente d’oro (Oro vero, non bigiotteria!). Avrebbe voluto urlare e fuggire, ma la paura lo inchiodò al pavimento

  • Ehi Camus, il tuo amico ha ripreso i sensi

  • Non è un nostro amico

Edgar si ritrovò davanti agli occhi la faccia del biondo e gli venne quasi da piangere. Aveva sperato che fosse tutto un sogno, un incubo da cui prima o poi si sarebbe svegliato, ma possibile che quell’incubo fosse così persistente? Intanto il biondo continuava a parlagli, mentre lo alzava in piedi come fosse un fuscello

  • E comunque, Edgar caro, ti prego di non svenire più. Non è che posso portarti in spalla e oltretutto di questo passo non arriveremo neanche per questa notte al Grande Tempio.

  • Devo andare in bagno – Edgar avvampò a quella richiesta, ma non riusciva più a trattenersi

  • Uffa! Camus ti prego – Milo voltò lo sguardo verso il rosso e così Edgar ebbe la conferma che il rosso era francese – digli che non possiamo baloccarci ancora

  • Ma io … - Edgar avrebbe voluto rispondergli che per lui non si trattava di un balocco, ma di una necessità, ma l’imbarazzo per essersela fatta addosso lo sopraffò

  • Per Athena che orrore!

Milo fece un salto indietro, raccapricciato e anche il mastodontico uomo dalle folte sopracciglia emise un suono disgustato. Edgar sarebbe voluto sprofondare o essere cancellato con una gomma tanto era pieno di vergogna. Ma le parole di Camus gli diedero un conforto insperato:

  • Perdonami Edgar per non aver compreso quanto fosse urgente il tuo bisogno. Aldebaran potresti fornire al nostro amico un cambio pulito e un luogo dove sistemarsi

Il gigante, assecondando i desideri del rosso, accompagnò Edgar in una stanza nascosta all’interno del Tempio e lì l’ometto si diede una sistemata alla bene e meglio. I vestiti fornitigli dall’omone erano larghi, ma almeno erano puliti e anche se sembrava un bambino con gli abiti del padre indosso, si sentì più sereno. Guardandosi intorno, valutò per un momento la possibilità di darsela a gambe, ma poi accantonò l’idea; un tipo goffo come lui non sarebbe mai riuscito a fuggire da quei due spilungoni. Decise di tornare dai suoi guardiani. Affiancandosi a loro, sentì Milo chiedere all’omone, il permesso di passare per la sua dimora e il tizio gli rispose affermativamente, chiamandolo cavaliere di Scorpio. Edgar non ebbe neanche il tempo di comprendere quelle parole, perché venne trascinato di peso fuori da quel Tempio.

Fu costretto ad arrancare dietro i sue due “ciceroni” per un’infinità di scale che li portarono ad un altro Tempio. Vedendo le effigi riportare su di esso, nella sua mente, onestamente non troppo sveglia, cominciò a formarsi un pensiero, un’intuizione, ma era ancora troppo presto per dargli corpo. In quell’edificio non incontrarono nessuno, ne i due ragazzi si comportarono come se si dovessero aspettare di incrociare qualcuno. Arrivati alle soglie del quarto tempio, ormai Edgar si era fatto l’idea che ne avrebbe dovuti attraversare almeno 12, anche perchè i due tizi avevano già affermato che ne avrebbe dovuti attraversare dodici. Era questo il motivo per cui era svenuto la seconda volta. Giusto? Edgar ormai aveva quasi perso il filo dei suoi pensieri. Lo stress, il terrore, l'affanno erano tutti sentimenti che nuocevano gravemente alla sua salute. L’ometto si accasciò al suolo e scongiurò i suoi guardiani di farlo riposare un po’. Camus e Milo si scambiarono una fugace occhiate, poi il rosso lo tirò su di peso sussurrandogli all’orecchio “Non ora e non certo qui”. Edgar fu percorso da una sensazione persistente di puro terrore. Il terrore sfociò in un grido acuto nel momento in cui realizzò, dopo essere entrato in quella casa, che quello su cui stavano camminando non erano sassi mal posati su un pavimento poco levigato, ma volti umani sofferenti e doloranti. Venne istintivo all’ometto il tentativo di levare i piedi da quei volti, ma la mossa repentina gli fece perdere l’equilibrio costringendolo ad appoggiarsi alla parete. Si allontanò istantaneamente da essa una volta che realizzò che anche essa era tappezzata da volti deformi. Senza pensare, si aggrappò alla vita di Milo e affondò il suo volto sul suo addome.

  • Ma dove siamo finiti? E’ questo l’inferno?

  • Ci sei quasi vicino grassone!

Una voce possente, sconosciuta, lo impaurì, costringendolo a stringersi ancora più forte al guardiano antipatico. Se avesse potuto esaudire un desiderio avrebbe chiesto di essere trasportato dall’altra parte del mondo. Nel frattempo sentì dei passi avvicinarsi a lui ed ai suoi compagni ed il sangue si fermò nelle sue vene. Qualcosa nel rumore di quei passi lo terrorizzava. Quando si voltò, si trovò di fronte un uomo alto più o meno come i suoi due custodi, con indosso un’armatura d’oro (anche lui!), ma con uno sguardo crudele ed un sorriso arrogante. Neanche il suo capo ed il capo del suo capo avevano mostrato mai tanta crudeltà nei loro occhi, eppure venivano riconosciuti da tutti quelli con cui erano entrati a contatto come due squali. Si rese improvvisamente conto che quella era realtà, non finzione o sogno, ma realtà pure, semplice e terribile e che, in un batter di ciglia avrebbe potuto perdere la cosa più preziosa che possedeva: la sua vita. Fu certo che i tre uomini che in quel momento erano intorno a lui portavano la morte con loro e neanche il pensiero che due di loro erano lì per proteggerlo, lo rincuorò.

L’uomo crudele si avvicinò a lui, ma volse lo sguardo verso il biondo.

  • Avanti Milo, dammi l’orsetto in modo che anche io possa giocarci un po’

  • Ha voglia di scherzare Death Mask?

I due uomini sorridevano come se tra di loro si stesse svolgendo un’amabile conversazione, ma Edgar sentì l’aria farsi più pesante. Il nome Death Mask, pensò, risultava appropriato per quell’uomo. Non si poteva dire che fosse brutto (tutti erano belli al suo confronto), ma quello sguardo, quell’espressione tesa lo rendevano orrendo ai suoi occhi. Milo lo spostò di peso, spingendolo verso Camus ed Edgar si sentì calmato e al sicuro, accanto al rosso. Per quanto fosse conscio che il biondo era dalla sua parte, almeno in quel momento, Edgar non si fidava di lui al 100% e mai lo avrebbe fatto. Intanto i due uomini, quello con l’armatura e quello con i capelli biondi si trovarono sempre più vicini.

  • Hai bisogno di una lezione anche tu, Milo?

  • Io credo che sia tu ad avere bisogno di una lezione.

  • Su, da bravo, lasciami l’ometto. E’ tanto che non mi diverto un po’ e con lui penso che lo farei molto. Già lo vedo scongiurare perdono e promettere tutto ciò che voglio in cambio della sua misera vita

Edgar a quelle parole si intristì, era così evidente che la sua vita non valesse nulla?

  • Il nano deve essere portato al Grande Tempio. E’ quello che ci è stato chiesto ed è quello che farò. Poi potrai farci quello che vuoi

  • Dovete chiedermi il permesso di passare – sul volto dell’uomo crudele comparve un sorriso ancora più crudele – e non penso che oggi ve lo concederò

Milo fese un passò veloce verso il tizio con l’armatura, che si mese in una posizione di difesa. I due però furono fermati dalle parole di Camus

  • Milo ricomponiti e tu Death Mask .. non penso che vuoi disobbedire ad un ordine del Grande Sacerdote

Anche il rosso sorrise e sulla schiena di Edgar passò un altro brivido di terrore. Anche Camus infondo era un uomo che portava morte e per quanto gli potesse essere simpatico, i suoi gestiti, come il suo modo di sorridere, definivano quello che era. Si sentì un pupazzo nelle mani di esseri pericolosi e desiderò fuggire lontano o almeno morire velocemente. Il tizio crudele rimase immobile per un po’ a fissare sia Milo che Edgar. Il suo sguardo non presagiva nulla di buono, ma infine, con un gesto teatrale si fece da parte e li fece passare. Nessuno dei tre lo salutò ne parlò finchè non furono fuori da quella casa degli Orrori (altro che Luna Park!). Una volta alla luce del sole, Edgar sospirò

  • Voglio tornare a casa

  • Spiacente Edgar – Camus gli rispose con calma – non possiamo permettertelo

  • Ho paura

  • Fai bene – Milo lo guardò divertito – questo è un posto pericoloso per tipi come te, soprattutto quando incontri gente come Death Mask

  • Ho paura anche … di voi – Edgar sussurrò quelle parole, ma Milo riuscì comunque a sentirle e ne rimase colpito

  • Non devi aver paura di noi, Edgar – Camus puntò i suoi occhi blu su di lui – se tu non ci farai nulla di male, noi non lo faremo a te

Edgar alzò lo sguardo e osservando attentamente il blu dei suoi occhi comprese che quelle parole erano vere.


E come ogni classico che si rispetti, anche il “nostro” eroe grassoccio e bassotto ha dovuto cominciare la sua scalata verso il Grande Tempio. Certo che incontrare Death Mask non deve essere un piacere ;-). La seconda parte prossimamente … chissà che gli succederà con gli altri.

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Capitolo 4
*** IV - La Scalata di Edgar - II parte ***


IV – La Scalata di Edgar – II parte


Edgar sospirò. Aveva compreso che avrebbe dovuto affrontare ancora molti scalini e molti altri adoni in armatura. Dodici Templi per dodici segni dello Zodiaco. In che strano posto era finito. Dove tutto rimandava all'antica Grecia, perfino l'aria che si respirava. Era per caso tornato indietro nel tempo? In quel momento avrebbe pensato che tutto fosse possibile, ma sentiva che il tempo in cui si trovava era lo stesso in cui era vissuto nella sua vita. Sapeva che fare domande ai suoi due accompagnatori era inutile; non una risposta avrebbe ricevuto fino a quando non sarebbe arrivato ai piedi del Grande Sacerdote. Gli venne in mente la possibilità che questi tizi facessero parte di una congrega religiosa. Una sorta di Cavalieri Templari, come quelli raccontati nel libro Il Codice Da Vinci, uno dei libri più brutti che avesse mai letto a onor del vero. Oppure erano come quelli del film Indiana Jones e l'Ultima Crociata. Magari, gli venne da considerare, questi uomini erano lì per proteggere le reliquie degli antichi Dei Greci. Che assurdità a volte la mente porta a pensare. Aveva paura. Non era abituato a vedere tizi alti quasi due metri con indosso armature dorate che ti squadravano dalla testa ai piedi, come se ti volessero privare anche dell'anima. Con sorpresa ripensò alle parole che aveva sentito in uno dei Templi. Si voltò verso il biondo:

- Tu sei il cavaliere della Casa dello Scorpione!

- Bingo! - Milo sorrise divertito - sei un vero genio

- Smettila di prendermi in giro - Edgar rispose offeso - sono brutto, basso, stupido e insignificante, ma anche io ho un cuore

Milo si ammutolì all'istante e forse, per la prima volta in vita sua, si vergognò di quei suoi modi un pò “canzoneschi”. Si era sempre divertito a stuzzicare le persone per osservare le reazioni che avevano, ma mai si era soffermato a pensare quanto potessero oltraggiare le persone che aveva di fronte. Se si fosse trattato solo di offesa sarebbe stato un piccolo problema, ma in quel caso si rendeva conto che Edgar soffriva dei suoi scherzi. Ci pensò un pò e concluse che il problema era di quel nano. Era lui ad essere troppo sensibile, no, non sensibile

- Sei debole Edgar. Debole se ti senti ferito dalle parole di un estraneo. E' vero, ti sto prendendo in giro, ma tu, invece di pensare che quello che dico è tutta un'idiozia, ci credi e ti metti a frignare su quanto io sia crudele

- E' tutto vero quello che dici - rispose amaramente Edgar - e sentirmelo dire da uno che non deve mai aver avuto un problema in vita sua fa male

- Pensi veramente che io non abbia mai avuto un problema in vita mia? - Milo lo guardò stupito

- Che problema può mai avere uno come te? Sei bello, decisamente bello. Hai un fisico atletico. Sei sicuro, spigliato, coraggioso. Che problema puoi avere tu?

- Non è così semplice - rispose Milo corrucciato

- Ora basta. - Camus intervenne per la prima volta nel loro discorso - Siamo quasi arrivati al quinto Tempio

- La casa del Leone - quella di Edgar non fu una domanda

- Si - Camus annuì semplicemente - il suo custode non dovrebbe crearci problemi. E' una testa calda, ma è uomo giusto

- Se lo dici tu - Milo usò lo stesso tono canzonatorio che utilizzava generalmente per Edgar

- Ma se Milo è il cavaliere dello Scorpione, tu quale sei? - Edgar ignorò il ragazzo biondo e rivolse la domanda a Camus

- Ogni cosa a tempo debito, Edgar. concentrati per questo passo. al resto penseremo dopo

Come già aveva intuito, anche il custode della casa del Leone aveva un'armatura d'oro (vero oro!) ed era bello come un dio Greco. Se avesse avuto un minimo di autostima (cosa che non aveva), sarebbe finita dritta nella pattumiera. Le ragazze come Daisy, si ritrovò a pensare, se sapessero dell'esistenza di questi tizi, non guarderebbero mai tipi come me neanche per un milione di anni. "Daisy non ti ha mai guardato!" fu il pensiero veloce che affiorò sulla sua mente e che lui cacciò via altrettanto velocemente. L'uomo con l'armatura, benchè severo, si mostrò gentile sia con lui che con Camus, lo fu un pò meno con Milo. Era evidente che fra i due non corresse buon sangue, ma Edgar non si stupì della cosa. Aioria, questo il suo nome, li lasciò passare senza nessun problema e l'ometto da una parte ne fu dispiaciuto. Se avesse opposto almeno un pò di resistenza, avrebbe potuto riposarsi per dieci minuti. Invece così si ritrovò a marciare velocemente verso il Sesto Tempio. La sensazione di calma irreale che lo pervase , una volta giunti, lo rese ancora più nervoso. Tutto in quel posto lo rendeva nervoso e rendeva nervosi anche i suoi accompagnatori. Lo intuiva dal modo in cui entrambi avevano serrato i pugni e si erano fatti più accorti. Quando si trovò di fronte il custode della casa di Virgo, però, rimase sconcertato. Tutto si sarebbe aspettato, ma non certo un tizio esile, con i capelli lisci, lunghi e biondi quasi più del sole, seduto nella tipica posa della meditazione zen. Non che lui sapesse nulla di Buddha, dello Zen e delle filosofie orientali in genere, però una sera aveva visto un documentario su National Geographic sull’argomento. A prima impressione l’uomo (o ragazzo? Era difficile dargli un’età) non sembrava pericoloso, non certo come il pazzo dagli occhi rossi della IV casa. Se i suoi compagni continuavano ad essere in tensione, però, qualcosa quell’essere doveva nascondere. Osservandolo con più attenzione, Edgar notò che teneva gli occhi chiusi e manteneva un’area incurante; eppure sapeva che loro erano lì, ne era sicuro.

Camus prese la parola, chiedendo al tizio che rispondeva al nome di Shaka il permesso di passare in nome della Dea Athena. Orientale il nome, occidentale l’aspetto; che tipo curioso doveva essere quell’uomo, ma ciò che colpì Edgar, non fu tanto il riferimento del nome a Saskjamuni, cosa peraltro di cui non era a conoscenza, ma il fatto che l’uomo dai capelli rossi avesse parlato di Athena. Doveva presumere da quelle parole che gli uomini che aveva incontrato in quella bizzarra giornata, fossero tutti devoti alla divinità greca? Si trovava in mezzo ad una sorta di setta? Che so, tipo testimoni di Geova? Oppure erano dei folli che si divertivano a ricreare un’epoca ormai sepolta? Aveva sentito una volta (grande salvezza National Geographic per un ignorante come lui) che in America si divertivano a rivivere ogni anno la battaglia di Gettysburg che aveva permesso all’esercito della Confederazione di sconfiggere quello del Sud, consentendo al generale Grant di prevalere su Lee, o forse Grant non c’entrava nulla? La sua ignoranza non aveva limiti, nonostante tutti i documentari che si cibava. Sospirò pesantemente. Oppure, magari, senza saperlo, era finito in una sorta di gioco di ruolo? Lo sguardo infuocato che sentì alle sue spalle, doveva essere sicuramente Milo, lo riportò al momento che stavano vivendo. Il tizio biondo non aveva risposto alla domanda fino a quel momento, come se intuisse che la mente di Edgar si era messa a vagare nei secoli. Quando lo fece, l’ometto rimase ancora più sconcertato della sua voce. Era poco possente, ma al tempo stesso, nonostante non dimostrasse una grande virilità, riuscì a metterlo a disagio:

  • Perché parli di Athena?

  • Perché siamo qui per ordine del Grande Sacerdote. Non è forse vero che lui rappresenta Athena in terra?

  • Così dicono

  • Così dicono – il suono della voce di Camus risultò all’orecchio di Edgar meno convinto di quella del biondo

  • E così tu sei Edgar, colui che diverrà cavaliere

  • Io co-cosa? – Edgar strabuzzò gli occhi

  • Mi sorprende questa scelta da parte del Grande Sacerdote. Tutto sembri, fuorchè un cavaliere

  • Anche voi se è per questo

Quel giorno per l’ometto si stava dimostrando non privo di poche sorprese; mai avrebbe pensato in vita sua di poter rispondere in quel tono. Subito dopo aver pronunciato quelle parole, però, si pentì del suo gesto avventato. Ma Shaka non sembrava curarsi molto della forma.

  • Hai ragione. Non si dovrebbe giudicare dall’aspetto. Vedremo in futuro chi avrà avuto ragione. Potete passare.

Milo e Camus non se lo fecero ripetere una seconda volta e si incamminarono verso l’uscita, trascinando con loro un Edgar ancora sconvolto per l’avventata risposta. Per l’ometto dalle gambe corte quelle infinite scale stavano diventando un vero supplizio. Sperò in cuor suo, giunti ai piedi della VII casa, che il suo custode li trafiggesse con qualche arma misteriosa, in modo da far cessare la sua sofferenza, ma il cavaliere di Libra (VII casa VII segno dello Zodiaco) non solo non lo fece, ma non si presentò neanche a loro. Dal vuoto e dall’aria che respirò intorno a lui, Edgar immaginò che quel luogo fosse disabitato ormai da secoli, ma non ebbe il tempo di chiedere. Venne nuovamente trascinato via dai suoi due custodi che di lì a poco, continuando a quella velocità, sarebbero diventati i suoi aguzzini, nonché becchini. Ovviamente non si sarebbero fermati neanche all’Ottava Casa, la dimora di Milo, questo fu il pensiero sconfortante che invase la sua mente. Così fu. E per fortuna, pensò l’ometto. Mai in vita sua aveva respirato un aria così tetra in quattro mura. Attraversando velocemente il corridoio di quel luogo, si voltò a guardare il volto del suo custode e si convinse (se mai ne avesse avuto bisogno) che Milo gli faceva paura. Il suo era uno sguardo da assassino. No. Da assassino insensibile alle sofferenze umane. Senza rendersene conto, l’omino si accostò ancora di più a Camus, nella speranza, forse, che quell’uomo dai capelli rossi lo potesse proteggere. Pensiero stupido, sicuramente. Non era forse vero che quei due erano amici? Certo che lo era. Lo aveva capito dopo poche ore di frequentazione. Ma se i due erano amici, forse, Milo non era così male come lui pensava. Perdersi nei suoi pensieri rese il tragitto dalla casa dello Scorpione alla dimora del Sagittario un po’ meno pesante e così si ritrovò di fronte alla IX casa senza rendersene conto. Una sensazione di pace e serenità lo avvolse e la paura lo assalì. E se quel benessere improvviso fosse solo una trappola'? Edgar scosse la testa rapidamente e selvaggiamente. Basta! Doveva smetterla di essere così paranoico. La pace che sentiva nel cuore era reale, doveva essere reale. Le parole di Milo lo assalirono:

- Di un pò, procione, che ti prende? Stai cominciando a dare di matto?

- Cosa? - Edgar, per l'ennesima volta trasecolò - Procione? Perchè mi chiami così

- Ti sono venute le occhiaie - il cavaliere di Scorpio sorrise - e con questi vestiti sembri proprio un procione ... grassottello e sgraziato come loro

L'ometto cominciò a singhiozzare. Milo guardò Camus impaurito, come se le lacrime che si stavano affacciando negli occhi di Edgar potessero trasformarsi da un momento all'altro in saette che lo avrebbero fulminato. Il cavaliere dai capelli rossi, scosse la testa, rassegnato; prima o poi il suo amico avrebbe compreso che le parole possono ferire più dei pugni, ma fino ad allora, toccava a lui rimediare ai pasticci del cavaliere di Scorpio

- Senti, Edgar, ormai avrai compreso che Milo non riesce a dire cose adeguate ...

- Semmai, sigh ... sigh .. credo che sia il contrario. Non è forse vero che sono grasso, basso e brutto? Lo so che quando sono stanco mi vengono le occhiaie e tutto sommato non ha tutti i torti a definirmi un procione ... è solo che ... - Edgar abbassò lo sguardo e singhiozzò nuovamente - fa male sentirselo dire continuamente.

Camus, forse per la prima volta nella sua vita, provò compassione. In fondo l’ometto gli era simpatico. Era evidente che nella sua vita non avesse mai fatto male a nessuno. Si domandò, per l’ennesima volta, cosa ci facesse lì e cosa mai potesse volere il Grande Sacerdote da quell’uomo. Gli posò la mano sulla spalla. Fece semplicemente questo. Posare la sua mano sulla spalla di quell’essere sgraziato. Era un gesto insignificante, ma per un tipo freddo come il cavaliere di Aquarius, rappresentava un grande sforzo. Edgar non lo notò, troppo preso dal suo singhiozzare, ma lo fece Milo e ne rimase colpito. E così il suo amico di lunga data dimostrava finalmente di avere un cuore. Ma proprio in presenza di quel nanetto doveva dimostrarlo? Forse Camus provava per Edgar talmente tanta compassione da fargli sciogliere un po’ il perenne ghiaccio che circondava il suo cuore. A lui, l’unica cosa che smuoveva quel tappo, era il sistema nervoso. Digrignò i denti, sperando di potersi liberare di quell’assurdo essere in poche ore. Non sapeva che il suo desiderio sarebbe stato respinto e che avrebbe dovuto passare con Edgar ancora molte delle sue giornate.

Senza aggiungere altro, Milo si incamminò con passo sicuro dentro le mura della Casa del Sagittario. Camus lo seguì senza esitazione e così Edgar si dovette asciugare le lacrime e farsi forza: meglio dentro quelle mura con loro, che fuori da solo. Anche quella dimora risultò essere disabitata da molto tempo. Avrebbe voluto rimanere in silenzio e non fare domande, troppo stanco per accettare di sopportare qualunque risposta, ma la curiosità era qualcosa che non era mai riuscito a smorzare.

  • Dove è il cavaliere del Sagittario?

  • Morto!

Fu il commento lapidario di Milo. Edgar si stupì. Allora anche quei tizi tutto muscoli e virilità potevano morire! Che idea idiota. Certo che potevano morire. Mica erano immortali.

  • A cosa stai pensando? – Camus lo guardò di sottecchi

  • Io … - l’ometto arrossì – riflettevo

  • Su cosa? – Milo si voltò a guardarlo, incuriosito

  • Al fatto che siete ehm … umani anche voi

  • Ah ah ah ah - Milo non riuscì a trattenersi – di un po’, ti eri fatto l’idea che fossimo dei Dei immortali?

  • No – l’ometto abbassò lo sguardo – più che altro credevo che foste una sorta di super eroi (o super cattivi pensò tra se), tipo Superman, Batman o Spiderman

  • Chi? – il cavaliere di Scorpio lo guardò ancora più incuriosito

  • Non sai veramente chi è Superman? – Milo fece cenno di no con la testa – neanche tu?

  • Mai sentito – Camus rispose alla domanda di Edgar senza particolare enfasi nella voce

  • Incredibile – Edgar li guardò sorpreso – tutti conoscono Superman. Ma voi da piccoli cosa guardavate in TV o leggevate?

  • Chi ha mai avuto tempo di guardare la Tv o di leggere – Milo alzò le spalle, poi si voltò verso Camus e sorrise – o meglio … io no di certo. Camus il tempo di leggere lo trovava sempre. Almeno credo. Sa talmente tante cose …

Il ragazzo dai capelli biondi, osservando il volto stupito di Edgar, smise di parlare e si voltò verso il suo amico, incerto sul da farsi. L’ometto realizzando che Milo si era interrotto a causa della sua reazione, prontamente ne diede spiegazione:

  • Il fatto è che non credevo in vita mia che avrei mai incontrato qualcuno che non sapesse cose così banali

  • Senti Edgar – Milo si mostrò decisamente arrabbiato – a me non frega nulla dei tuoi super eroi … Superman, Batam, Powerman o come diavolo si chiamano … da quando siamo nati non abbiamo fatto altro che sputare sangue per apprendere l’arte del combattimento e per arrivare ad ottenere le armature che ci avrebbero permesso di svolgere al meglio il compito per il quale siamo nati e certo non avevamo tempo per certe stronzate. Tzsè … supereroi finti … di carta!

  • Scusami Milo … sigh ….

  • E ora per che cazzo piangi? – il cavaliere di Scorpio guardò il nanetto, ancora più sconvolto del solito – ti ho per caso spaventato? Ho alzato troppo la voce? Per l’amore di Zeus smettila di frignare!!

  • Si … scusa … è solo che – Edgar si asciugò velocemente le lacrime dagli occhi – che provo compassione per voi

  • Per noi? – Milo spalancò gli occhi, incredulo – e perché diavolo dovresti provare compassione per noi? Sei tu lo sfigato … non certo io …

  • Si … ma voi avete avuto sicuramente un’infanzia più triste della mia … ed è tutto dire – l’ometto rispose più a se stesso che al cavaliere di fronte a lui – la mia non è stata certo allegra … ma la vostra … wow!

In un attimo, pensieri malinconici avvolsero la mente di Milo. Era vero che Edgar era un fallito e un’incapace, ma tutto sommato quale era la differenza fra di loro? Tutti e due, in fondo, avevano vissuto delle vite ai margini della società di cui facevano parte. A sua memoria, Milo, non aveva mai avuto nella sua infanzia un momento di svago, ne delle amicizie al di fuori di quel mondo, con cui condividere momenti differenti rispetto ad Athena ed alle sue leggi. Quale era la differenza tra lui ed Edgar? Il ragazzo si scrollò furiosamente quel pensiero dalle spalle. Non poteva paragonarsi a quello sfigato. La consapevolezza dei suoi mezzi, la sicurezza e la certezza di adempiere ad un compito immenso come quello di proteggere l’umanità dovevano fare la differenza. Senza aggiungere altro, a passo veloce uscì dalla casa che un tempo fu dimora del più valoroso cavaliere di Athena, senza voltarsi indietro. Lo fece sotto lo sguardo incredulo di Edgar e di quello compassionevole di Camus. Per la seconda volta nella giornata (un evento eccezionale) il cavaliere di Aquarius provò compassione. Questa volta non per Edgar, ma per il suo amico ed in fondo anche per se stesso. A volte essere un cavaliere e dover adempiere ad un compito così grande rappresentava un peso molto grande per le spalle di giovani ragazzi quali loro erano. Accantonando la malinconia in un angolo nascosto della sua mente, Camus esortò Edgar a seguire il loro compagno di scalata. Li attendevano ancora tre case e poi sarebbero giunti nelle dimore del Grande Sacerdote, dove il povero ometto sarebbe venuto a conoscenza di cosa il destino aveva in serbo per lui.


Miseria … quanto tempo ho impiegato ad aggiornare questa storia …. Chiedo venia …. Sempre presa da mille cose e con poco tempo da dedicare a tutti …. Spero che vi piaccia almeno un po’ ….. enjoy.

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Capitolo 5
*** Capitolo V - Finalmente Edgar giunge in cima ***


Capitolo V

Finalmente Edgar giunge in cima



I tre uomini giunsero di fronte alla decima casa. Il suo custode doveva essere il cavaliere di Capricorn. Edgar chiese conferma a Camus, che semplicemente annuì. L’omino era già stanco. Aveva fatto molte scale, per lui infinite, e voleva andare a casa. Ora la sua vita non gli sembra più così vuota. Tutt’altro. Era preferibile passare i prossimi 100 anni da solo che in compagnia dei folli che lo circondavano. Uomini che indossavano pesanti armature dorate? Chi mai gli avrebbe creduto? Ma che importanza poteva avere? Di lì a poco sarebbe morto di paura, oppure avrebbe provveduto Milo a gettarlo giù dalle scale e se non lo avesse fatto, forse lo avrebbe fatto da solo, nella foga di fuggire da quei matti. Milo, stanco di aspettare che si decidesse ad entrare lo spinse energicamente, facendolo quasi ruzzolare dentro la casa del Capricorno. Edgar ebbe la prontezza di riflessi di mettere le mani avanti e questo gli impedì di cadere faccia a terra. Alzando lo sguardo, si trovò ad osservare una statua in cui era raffigurato un uomo inginocchiato di fronte ad una donna, o forse era la Dea Atena? Ad ogni modo la donna offriva una spada all’uomo inginocchiato. Edgar si voltò per domandare a Camus il significato di quell’allegoria. Non sapeva se quella fosse la parola giusta da utilizzare, non era mai stato bravo ad Arte. O meglio. Non era mai stato bravo in nessuna materia; come in tutta la sua vita, anche durante il periodo scolastico la sua più grande virtù era stata quella di sparire agli occhi di tutti, perfino a quelli degli insegnanti. Milo si inginocchiò e sorrise:

  • Avanti, mio caro procione, tirati su che non voglio fare nottata

  • Ma se è giorno! – Edgar era sempre più indignato dal comportamento di quell’uomo

  • Si, ma se tu continui a dormire su questo pavimento ci facciamo notte in questa casa.

  • Perché c’e’ la statua? – Edgar per evitare di acuire la sua ulcera, ignorò Milo e chiese a Camus

  • Per ricordare il dono che Athena fece al cavaliere di Capricorn

  • Una spada?

  • La spada! – fu Milo a rispondere, quasi sputandogli in un occhio

  • La spada?

  • Ma che sei sordo?

  • Che significa “la spada”?

  • Significa che Athena ha regalato al cavaliere di Capricorn la spada migliore che sia mai stata forgiata: Excalibur

  • Excalibur? – Edgar guardò Milo confuso e perplesso – ma non era la spada che Re Artù estrasse dalla roccia?

  • Re Artù? – Milo lo guardò stupito – e chi è Re Artù?

  • Non conosci la legenda di Re Artù e dei cavalieri della tavola rotonda?

  • No – Milo alzò le spalle – dovrei?

  • Muovetevi!

Camus scavalcò entrambi e si diresse verso l’uscita. Edgar e Milo, per la prima volta, ebbero lo stesso identico pensiero e cioè che il loro compagno a volte sapeva essere molto scortese. Eppure si alzarono e lo seguirono senza dire nulla, entrambi confusi ed inappagati dalla loro conversazione. In pochi minuti riuscirono ad uscire dalla casa senza mai incontrare il proprietario, eppure la netta sensazione che lui fosse lì e che li avesse osservati per tutto il tragitto non abbandonò mai l’omino. Era inquietante, certo, ma per Edgar l’importante era superare indenne quelle Dodici Case, anche se temeva che quello che lo aspettava in cima, forse, sarebbe stato di gran lunga più temibile. L’unica considerazione che potè fare attraversando l’Undicesima fu che in quell’ambiente si respirava l’essenza del proprietario, nonché suo accompagnatore: la freddezza. Tanto era algido Camus, quanto era algida la sua casa e se in quella di Milo aveva percepito il caos che vi regnava, in questa il silenzio ne era il padrone, come se nessuno vi avesse più dimorato da secoli. Di più non gli fu permesso di scoprire: la attraversarono talmente in fretta che quasi dubitò di esserci passato veramente. Giunti alla Dodicesima casa, un profumo di rose lo assalì. Era cresciuto avvolto da quell'odore, per questo lo riconobbe all’istante. Il giardino della casa dei suoi genitori era pieno di rose, grande passione di sua madre. Edgar, però, non le aveva mai amate. Forse perché aveva sempre ritenuto che sua madre dedicasse più tempo alla coltivazione di quei fiori che alla sua cura, o forse perché a forza di annusare quel profumo tutti i giorni gli era venuto a nausea. Ed ora si ritrovava avvolto ancora da quelle fragranze. Trattenne a stento il vomito, non poteva fare l’ennesima figuraccia alla presenza di quei due. Di fronte a loro comparve un giovane dalla bellezza inaudita. Edgar rimase a bocca aperta ad osservare il giovane in armatura dorata avanzare verso di loro. Era bello. Non esisteva un aggettivo diverso che poteva qualificarlo al meglio. L’uomo si rivolse a Camus con educazione, ma con l’aria di chi si sente superiore in tutto.

  • Che cosa ti porta fino a qui, cavaliere di Aquarius?

Edgar trovò curioso che si rivolgesse solo a lui, ignorando la presenza di Milo (della sua non si curava, non riteneva infatti che un semi Dio come quello potesse accorgersi di una formica come lui).

  • Abbiamo avuto l’ordine di portare quest’uomo al cospetto del Grande Sacerdote – il tono di Camus era calmo, come al solito - ti chiedo pertanto di lasciare libero il passaggio

  • Io però non ho ricevuto nessuna indicazione in merito – l’uomo sorrise – pertanto non credo che potrò lasciarti passare

  • Avanti Aphrodite! Smettila con tutte queste cerimonie. Sai che Camus non mente, non lo ha mai fatto

Il cavaliere dei Pesci si voltò verso Milo come se lo notasse per la prima volta. Edgar non riuscì a non sorridere, ma cancellò il sorriso dalle sue labbra immediatamente, a causa dello sguardo torvo del cavaliere di Scorpio.

  • Milo, non avevo notato la tua presenza

  • Già! Come no!

  • Non sto scherzando – il sorriso di Aphrodite si fece più generoso – sai che ai miei occhi tutto ciò che non è bello sfugge, vero?

  • Questo vuol dire che l’unico che ritieni alla tua altezza è Camus? – Milo indicò Edgar – passi per lui … ma insomma, mio caro, anche io sono un tuo pari grado e sai che le donne di Atene, nessuna esclusa muoiono dietro al mio fascino

  • Fascino non vuol dire bellezza – Aphrodite rispose con sufficienza – anche l’uomo più brutto può avere fascino. La bellezza è ben altra cosa e tu, mio caro, ne sei totalmente privo.

  • Tu dici? – Milo sorrise

  • Perfino l’omuncolo al tuo fianco risulterebbe più bello di te con le giuste sistemazioni

  • Cosa? – il sorriso scomparve immediatamente dal volto del cavaliere di Scorpio

  • Ora basta! – Camus usò ancora un tono calmo, ma il suo sguardo si fece più severo – non abbiamo tempo per queste discussioni. Te lo chiedo per l’ultima volta Aprhodite, libera il passaggio in modo che possiamo adempiere al nostro incarico

  • Ed io ti ripeto, cavaliere di Aquarius che nessuno mi ha informato circa il vostro incarico, pertanto il passaggio rimarrà chiuso.

  • E va bene – Camus sospirò – lo hai voluto tu

Edgar vide il cavaliere di Aquarius riprendere il cammino, superare il bellissimo cavaliere senza che egli facesse nulla per fermarlo ed entrare nell’ultima casa dello zodiaco. Milo alzò le spalle, sospirò a sua volta e seguì l’amico senza dire nulla. Edgar si vide costretto a correre per raggiungere i suoi due accompagnatori. Il cavaliere dei Pesci rimase ad osservarli con uno strano sorriso sul volto. L’omino rabbrividì al pensiero di cosa potesse celarsi dietro a quello strano ghigno. Eppure aveva fiducia in Camus, pertanto lo seguì senza esitare. Una volta giunti all’uscita della dimora dei Pesci, si ritrovarono a dover fronteggiare una distesa di rose che copriva tutta la scalinata che conduce all’ultima casa della montagna; la dimora del grande Sacerdote intuì Edgar. L’ometto cominciò ad attraversare il campo di rose. Sapeva che il profumo di tutti quei fiori lo avrebbe fatto star male, ma non voleva indietreggiare di fronte ai suoi compagni. Ma dopo aver mosso i primi passi si bloccò, voltandosi indietro si rese conto che Camus e Milo erano rimasti fermi alle soglie del campo. Milo sorrise

  • Hai intenzione di dirglielo o aspetterai che stramazzi nuovamente al suolo? Perché te lo dico subito, amico, questa volta te lo incolli tu fino alla cima

  • Ma di cosa state parlando? – Edgar li guardò confuso

  • Le rose di Aphrodite sono velenose – furono le uniche parole pronunciate da Camus

  • Velenose? – Edgar ebbe un attacco di panico – Velenose?????

Cominciò a correre più veloce che potè, in direzione dei suoi accompagnatori e quando giunse vicino a loro riprese a respirare.

  • O non preoccuparti – Milo gli diede una pacca sulla spalla – non ne hai inalato molto di quel veleno … almeno credo

  • Credi? – Edgar sgranò gli occhi – Credi????

  • Spostati

Camus lo scansò con un gesto deciso. Edgar, ancora sotto shock osservò il cavaliere di Acquarius alzare la mano destra ed invocare le parole “Diamond Dust”. Le rose si congelarono all’istante e l’omino cadde a terra sconvolto. E così quello era il potere del cavaliere di Acquarius?

  • Trasformare ogni oggetto in ghiaccio puro – Milo sorrise osservando Edgar – ma non solo … Camus ha molte altre risorse. Vuoi sapere, invece, cosa faccio io?

  • Lascia perdere Milo – Camus cominciò a percorrere la scalinata ghiacciata – non abbiamo più tempo. Il Grande Sacerdote ci sta aspettando

  • Sarà per un’altra volta. Magari te ne darò anche una dimostrazione pratica, – Milo alzò di peso Edgar – ora cammina che non ho voglia di trascinarti ancora

Edgar seguì i due cavalieri nell’impervia salita ghiacciata. Le sue scarpe non erano adatte per quella superficie, ma non voleva rimanere un istante di più vicino al cavaliere dei Pesci. L’uomo li aveva raggiunti e li stava osservando mentre si arrampicavano verso la casa del Grande Sacerdote. L’omino, voltandosi, lo vide sorridere e rabbrividì. Non per il freddo. Era lo sguardo di Aphrodite a metterlo a disagio. Freddo, crudele eppure bellissimo. Edgar tornò a guardare avanti e si impose di non voltarsi più. Quando arrivarono, finalmente, alle soglie dell’ultimo Tempio, era distrutto per lo sforzo compiuto. In tutta la sua vita non aveva mai camminato così tanto come in quel giorno. Osservando i suoi accompagnatori si rese conto che l’unico ad essere sfatto era lui e si vergognò per l’ennesima volta di tutta quella debolezza. Un uomo vestito con un armatura meno preziosa di Milo e Camus si avvicinò a loro e dopo averli omaggiati riferì che il grande Sacerdote li stava aspettando nella sala delle udienze. Un brivido di puro terrore percorse tutto il corpo di Edgar e la paura si aggrappò al suo collo. Milo dovette sospingerlo energicamente per farlo muovere, tanto i suoi piedi erano fermi sul pavimento. La verità era che non aveva paura tanto del Grande Sacerdote e di quello che aveva da dirgli, quanto piuttosto del fatto che quel venerabile signore che lo aveva voluto incontrare si rendesse conto, una volta che lo avesse visto in faccia, di aver sbagliato persona. Che fine avrebbe fatto? Sarebbe stato ucciso da Milo all’istante? Oppure lo avrebbero scaraventato giù per tutte quelle scale?Una visione celeste azzerò immediatamente i suoi pensieri. Colpito da una chiazza rossa,mentre attraversava il lungo corridoio, si voltò alla sua destra e vide la ragazza più bella che fosse mai esistita. Era mingherlina, con i capelli corti di un rosso fuoco intenso e aveva due grandi occhi verdi che lo stavano scrutando nel profondo della sua anima. Edgar abbozzò un sorriso impacciato e la ragazza ricambiò. Poi lo sguardo della dolce visione si spostò velocemente su uno dei suoi accompagnatori e l’espressione sul suo volto cambiò repentinamente. Edgar la vide arrossire ed abbassare velocemente lo sguardo. Voltandosi alla sua destra incrociò lo sguardo di Camus e comprese. Per queste cose, ormai, aveva un talento speciale. Quella dolce visione, la ragazza che le aveva appena rubato il cuore era innamorata del cavaliere di Acquarius. Sospirò, affranto. Ora l’idea di essere scaraventato giù dalle scale non lo impauriva più di tanto. La voce di Milo, lo fece sussultare

  • Non mi dire! Caro il mio Edgar hai per caso messo gli occhi sulla piccola Mya?

  • Mya? – Edgar si voltò a guardare Milo, poi seguì il suo sguardo verso la figura esile della ragazza dei suoi sogni – No! Ma cosa dici?

  • Meglio così – Milo alzò le spalle – quella porta solo guai

  • Smettila Milo – Camus si voltò, ma invece di guardare il suo amico fissò il suo sguardo su Edgar

  • O avanti Camus. Lo sai cosa dicono di lei e di chi è figlia

  • E da quando credi a tutto quello che dicono? – Camus lo guardò severamente

  • Beh! – Milo abbassò lo sguardo. Il suo amico aveva il dono speciale di farlo sentire a disagio quando più gli piaceva – lasciamo perdere!

Edgar osservò il cavaliere di Scorpio allontanarsi e, facendosi coraggio, si rivolse a Camus

  • Che cosa dicono di Mya? – lo sguardo del cavaliere di Acquarius lo gelò all’istante

  • Dubito che la cosa possa o debba interessarti – Camus continuò a fissarlo – a meno che tu non abbia un particolare interesse nei suoi riguardi

  • Io .. no no – Edgar abbassò lo sguardo – e poi … perché mai dovrebbe interessarsi a me quando …

  • Quando? – Camus alzò un sopracciglio, incuriosito

  • Beh – l’omino continuò a fissarsi le punte delle scarpe – è evidente che gli interessa qualcun altro … molto più bello e aitante del sottoscritto

  • E questo dovrebbe fermarti?

  • Cosa? – Edgar alzò lo sguardo incredulo – ma mi hai visto bene? Come potrei competere con …

  • Competere? E perchè dovresti? – Camus sorrise – devi semplicemente mostrargli chi sei

  • Facile a dirsi – Edgar abbassò lo sguardo

  • Andiamo – Camus decise di lasciar perdere. Cominciava a pensare che quell’uomo non avesse speranze

  • Che cosa si dice di lei? – Edgar riprese a camminare dietro al cavaliere di Aquarius

  • Che tutto ciò che dice si avvera e che generalmente quello che dice riguarda sventure e sfortuna

  • Cosa? E tu ci credi?

  • Non conta quello che credo io, conta quello che credono tutti. Nessuno parla con lei e tutti cambiano strada ogni volta che la incontrano. Anche perché hanno paura di ciò che potrebbe fare loro sua madre

  • Sua madre? Chi è sua madre?

  • Vuoi sapere chi è sua madre? – Camus si fermò di fronte ad una grande porta – la conoscerai molto presto

Senza permettergli di replicare, il cavaliere di Aquarius fece cenno alle due guardie che presidiavano la porta di aprirla. Gli uomini eseguirono gli ordini ed Edgar, una volta spalancate le porte, vide di fronte a lui la figura imponente di un uomo bardato di tutto punto e mascherato, ergersi di fronte ad un trono. La paura tornò ad attaccarsi al suo collo. Accanto a lui vide una donna che un tempo non lontano doveva essere stata molto bella, ma che ora emanava un aura di odio e vendetta che la rendeva ai suoi occhi orribile. Possibile che quella fosse la madre dell’angelo che aveva appena incontrato? Edgar, ancora una volta venne sospinto da Milo e si ritrovò così ad entrare dentro la sontuosa stanza in cui si sarebbe deciso della sua sorte e la sua vita sarebbe cambiata per sempre.





O mamma quanto tempo è passato …. Ammetto di aver avuto il classico blocco …. Benchè sapessi cosa scrivere, non riuscivo a farlo … chiedo umilmente perdono per questo terribile ritardo a tutti coloro che fino ad ora hanno seguito questa storia. Ora che finalmente il nostro povero Edgar è arrivato al cospetto di Saga la storia finalmente prenderà corpo. Qualche anticipazione? Beh … vediamo … il nostro povero omino verrà addestrato come un vero cavaliere … e indovinate chi sarà il suo maestro? …. Anzi … i suoi maestri???

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Capitolo 6
*** VI - Il Destino di Edgar e la Nuova Missione di Camus ***


Capitolo VI

Il destino di Edgar e la nuova missione di Camus



Il piccolo uomo, con lo sguardo perso, continuava a guardarsi intorno. La sala in cui si trovava era enorme e lui si sentiva microscopico. Al suo confronto Milo e Camus sembravano due giganti. Davanti a lui sedeva il Grande Sacerdote di cui Edgar, fino a poche ore prima, ignorava l’esistenza. A guardarlo tutto bardato, con la maschera in volto, metteva soggezione. Povero Edgar! Abituato a vivere una vita grigia e solitaria, fatta di quotidianità ordinaria e cose semplici, catapultato in quella realtà si sentiva perso e impaurito. Il Grande Sacerdote si rivolse a Camus e Milo:

  • Cavalieri di Athena, avete compiuto la missione che vi era stata affidata?

  • Si, Grande Sacerdote – fu Camus a parlare per entrambi

  • E dunque lui è l’uomo che vi ho chiesto di portare al mio cospetto? – Il Sacerdote indicò Edgar e quest’ultimo ebbe la netta impressione che si aspettasse qualcosa di tutt’altro livello

  • Si – fu la laconica risposta del cavaliere di Aquarius

Il Grande Sacerdote rimase in silenzio, assorto nei suoi pensieri. Edgar era sicuro del fatto che si stesse domandando dove i suoi preziosi cavalieri avessero potuto sbagliare. Lui non era certo ciò che un tizio come quello potesse desiderare di trovare. In verità, sospettava che non fosse adatto in nessun caso e per nessuna persona. Se fosse stato una cosa, sarebbe stata sicuramente lasciata in qualche magazzino di oggetti smarriti per anni. Notò che il Grande Sacerdote volse il suo sguardo verso la donna. Quest’ultima annuì impercettibilmente e sorrise. A quel punto l’uomo si rivolse direttamente a lui:

  • Edgar è il tuo nome, giusto?

  • Sssi … ehm … si

  • Ebbene Edgar conosci il motivo per il quale i due cavalieri al tuo fianco ti hanno portato al mio cospetto?

  • Nnoo …. No

  • Il fato, per bocca della donna al mio fianco, ha decretato che tu concorrerai per l’ottenimento di una delle nostre armature

  • Fa-to? …. Arma … ture? – Edgar sgranò gli occhi – concorso? …. Che tipo di concorso? Uno di quello a premi in cui si risponde a delle domande? … Oppure uno di quelli in cui bisogna solo avere fortuna? Perché sa, Sua Eminenza, io non ho mai avuto molta fortuna … e in realtà non sono preparato in nessun argomento … sa … a scuola non è che andavo tanto bene

Edgar ricevette una gomitata da Milo e si zittì all’istante. Uno dei suoi tanti problemi era sicuramente il fatto che quando era nervoso cominciava a straparlare. Il Grande Sacerdote rimase a fissarlo in silenzio e l’omino desiderò di sparire dalla faccia della Terra. La maschera che indossava era inquietante ed inoltre sentiva che l’aria era satura ed irrespirabile.

  • Edgar, quello che intendevo dire era che tu combatterai con altri uomini per conquistare una delle nostre armature

  • Com …. ba … t … t … e … voi vi state prendendo gioco di me, vero Vostra Santità?

  • Affatto! – Saga rispose con sufficienza; trovava quell’ometto talmente insignificante che si stava domandando dove la veggente lo fosse andato a scovare - Questo ha deciso il fato e così sarà

  • Ma mi avete visto? – Edgar quasi piagnucolò – come potrei combattere con altri … per un’armatura come la loro, poi? …. Lo vedete anche voi la differenza che passa tra me e loro …. È come quella che passerebbe tra Arnold Schwarznegger e Danny De Vito!

  • L’armatura per la quale dovrai combattere non è d’oro. Quella per la quale il fato ti ha designato è di bronzo: l’armatura di Pegasus

  • Pe … gasus? – Edgar cominciò a sudare – ma vostra Lucentezza io non posso … non so combattere …. Mi massacreranno …. Io …. Non .. vi prego

  • Grande Sacerdote – Milo interruppe il piagnucolio isterico dell’omino – devo purtroppo convenire con lui. E’ evidente che quest’uomo non ha la minima preparazione per affrontare chicchessia in combattimento

  • Concordo con te, cavaliere di Scorpio. Ciò non di meno non posso fare nulla per cambiare le cose. Questo è stato deciso. Quello che possiamo fare è addestrarlo, come sta accadendo per tutti gli altri pretendenti.

  • Addestrarlo? – Milo sorrise involontariamente

  • Trovi divertente la cosa? – Saga si sentì sfidato

  • Scusatemi – Milo si passò una mano tra i capelli – non sono riuscito a trattenermi al pensiero del poveraccio che dovrà addestrarlo. Edgar è un caso disperato.

  • E allora, cavaliere, riderai di te, perché tu sarai il suo maestro

  • Cosa? – Milo sgranò gli occhi

  • Cosa???? – Edgar sobbalzò. Poi istintivamente si inginocchiò al cospetto del Grande Sacerdote – vi prego non lui …. L’idea di essere addestrato mi sembra ottima … ma non lui …. Farò qualunque cosa per avere qualcun altro …. Non può allenarmi Camus?

  • Il cavaliere di Aquarius ha già due allievi dai quali dovrà tornare al più presto

  • Andrò con lui – Edgar si volse verso Camus – ti prego … portami con te!

  • Spiacente Edgar, ma non potresti mai sopportare il freddo al quale dovresti sottoporti – Camus nel dargli quella risposta secca, provò quasi compassione per l’omino. Non solo avrebbe dovuto affrontare una prova al di sopra delle sue possibilità, ma probabilmente non sarebbe neanche arrivato a giocarsi l’armatura, perché sarebbe stato ucciso prima dagli allenamenti di Milo

  • Ora basta! – Saga si era stufato di quell’insulso omino – è stato deciso e così sarà!

  • Vi prego – Edgar cominciò a piangere e la parte buona di Saga, quel poco che gli rimaneva, provò compassione

  • Visto che comunque l’impresa sembra ardua, affiancherò a Milo un altro maestro.

  • Un altro mae … stro? – Edgar provò un senso di speranza a lui sconosciuto – Camus?

  • Ti ho già detto che il cavaliere di Aquarius non può addestrarti – Saga si spazientì – affiancherò al cavaliere di Scorpio il cavaliere di Leo

  • Cosa? – Milo insorse – non direte sul serio

  • Questa è la mia ultima parola e ora andate

Saga non diede modo né ad Edgar né a Milo di protestare. I due, preoccupato il primo e arrabbiato il secondo, uscirono dalla Sala, accompagnati da Camus. Una volta soli, il Grande Sacerdote si rivolse con tono sprezzante a Calliope:

  • Ti ha dato di volta il cervello? Quel tizio non sarà mai in grado di sferzare un pugno … figuriamoci se potrà conquistare l’armatura di Pegasus

  • Cavaliere di Gemini, perché ti scaldi tanto? – Calliope sorrise, ma il sorriso gli morì sulle labbra dopo che venne afferrata da Saga al collo e spinta violentemente addosso ad una colonna

  • Non osare più chiamarmi così! Hai capito? – la donna annuì e Saga la lasciò andare

  • Ad ogni modo, ti ricordo che il nostro obiettivo è di fare in modo che quell’armatura vada ad un uomo che non potrà mai combattere contro di te e quel tizio insulso mi sembra il candidato ideale.

  • Forse – Saga sbuffò – ma per poter soccombere al mio potere deve prima conquistarla quell’armatura

  • O ci riuscirà – Calliope sorrise – grazie ai tuoi poteri ed al mio aiuto ci riuscirà, vedrai!

  • Staremo a vedere

  • Quando hai intenzione di mantenere la tua parte di accordo?

  • La morte della regina di Asgard, giusto? – la donna annuì – non dubitare di me, donna.

  • Non lo faccio. E’ solo che desidero così ardentemente la sua morte che faccio fatica ad aspettare. Ma forse potresti offrirmi un diversivo

La donna sorridendo, si avvicinò a Saga e dopo avergli sfilato la maschera lo baciò. L’uomo le strinse nuovamente le mani al collo e sul suo volto comparve un ghigno che rese malefico il suo volto d’angelo.

  • Se voglio una donna me la cerco giovane e bella. Il tuo tempo ormai è passato e non ho compassione nel mio cuore per soddisfare le tue esigenze! – con un gesto deciso, Saga la spinse via – tutto quello che posso fare per te è prendere tua figlia e introdurla ai piaceri della vita

  • Bastardo! – Calliope sfilò dalla sua tunica un coltello e lo puntò sulla gola dell’uomo – se provi a toccare solo con un dito il mio dolce angelo, la mia soave Mya, giuro che ti ammazzo!

  • Con questo? – Il sorriso di Saga divenne più ampio, mentre con la mano destra, dopo aver toccato la punta dell’arnese lo piegò fino a spezzare la lama – ho paura che dovrai trovare altri modi per fermarmi.

  • Non oserai toccarla!

  • Dovresti essere tu a dirmelo, visto che leggi il futuro

  • Purtroppo – la donna volse il suo sguardo verso la finestra alla sua destra – non mi è dato modo di conoscere il destino delle persone care … ed in ogni caso per quanto il futuro sia un percorso già definito e stabilito sempre dal fato, esiste sempre un fattore di imprevedibilità, difficile da definire ed individuare

  • Fattore di imprevedibilità? – quel discorso catturò l’attenzione di Saga che si scordò immediatamente della giovane figlia di Calliope – che vuoi dire?

  • Che c’e’ sempre qualcosa o qualcuno … un oggetto fuori posto , una persona imprevedibile, un evento non governabile che possono cambiare il percorso preso dal destino – la donna volgendosi nuovamente verso Saga sorrise – è quello che introdurremo noi con Edgar …. modificheremo il tuo futuro, offrendo al destino un uomo imprevedibile

  • Già

Saga si fece pensieroso. Sedendosi sul trono si domandò se, invece, nonostante tutte le sue manipolazioni, il suo destino si sarebbe compiuto in ogni caso. Afferrò la maschera, abbandonata in terra e la pose nuovamente sul suo volto di Angelo. Ormai era troppo tardi per dare spazio alla sua parte buona. Il suo destino era stato tracciato e lui avrebbe fatto di tutto per fare in modo che non accadesse.



Usciti dalla Sala, Milo lasciò Edgar nelle mani di Camus e si allontanò furente, senza dire una parola. L’omino cominciò a tremare.

  • Gli passerà – Camus parlò distrattamente, mentre con lo sguardo osservava la giovane Mya seduta sulle scale – dagli il tempo di sbollentare la rabbia.

  • E’ quello che mi preoccupa. Quando non sarà più arrabbiato verrà a cercarmi e mi massacrerà di botte con la scusa di addestrarmi

  • Non lo farà – Camus sorrise – o almeno non lo farà volontariamente

  • Che vuoi dire?

  • Che si impegnerà al massimo per portare a termine il compito assegnatogli. Questo ovviamente implicherà una buona dose di botte, fallimenti e dolori per te. Ma tutto quello che dovrai subire sarà per arrivare a giocarti le tue possibilità nel combattimento per l’armatura di Pegasus. Ad ogni modo ti è andata bene

  • Bene? – Edgar sgranò gli occhi – sono stato prelevato da casa mia con la forza. Obbligato a salire un milione di scale senza potermi fermare un istante per essere portato al cospetto di sua Santità che mi ha comunicato che per volere divino mi dovrò prima far ammazzare di botte dal mio maestro .. anzi no … che fortuna! Dai miei due maestri … per poi .. se sopravvivo … arrivare a farmi malmenare da un altro tizio per non ottenere nulla e magari morire????

  • Tu non morirai, Edgar

L’omino si voltò, perdendosi nei bellissimi occhi verdi di Mya. La ragazza gli stava sorridendo ed inoltre stava stringendo uno dei suoi bracci mollicci. Edgar venne attraversato da un brivido più intenso

  • E tu come fai a saperlo?

Mentalmente si sorprese di essere riuscito a parlare senza il minimo balbettio. A differenza della sua solita incapacità con le donne, con quella ragazza tutto gli sembrò più semplice e naturale.

  • L’ho visto nel tuo futuro! – la ragazza si accigliò – o almeno in una parte del tuo futuro. Ma sento che quella che ho visto è la parte vincente

  • Cosa?

Edgar si domandò se quella ragazza fosse pazza o fosse lui a non comprendere il suo linguaggio. Mya continuava a sorridergli serena, ma quando sentì su di lei lo sguardo di Camus, arrossì, abbassò la testa, lasciò il braccio di Edgar e dopo aver farfugliato qualche parola, si allontanò velocemente. L’omino si domandò che cosa potesse agitarla in Camus. Se avesse avuto più coraggio, lo avrebbe chiesto direttamente a lui, ma visto che il cavaliere di Aquarius lo intimoriva decise che avrebbe domandato direttamente a Mya, se mai l’avesse incontrata nuovamente. Pensò a quello che lo aspettava nei giorni successivi e fu sicuro che prima sarebbe morto per mano di Milo. Sussultò al tocco della mano di Camus sulla sua spalla, ma prima che l’uomo potesse parlargli vennero interrotti da una delle guardie. Il cavaliere di Aquarius era richiesto nuovamente al cospetto del Grande Sacerdote. Edgar si sentì perso, non voleva rivedere quell’uomo con la maschera, era troppo inquietante: gli ricordava in qualche modo Anthony Hopkins in quell’orribile film in cui indossava una maschera altrettanto orribile. Ma quando la guardia gli impedì di entrare nella sala, si sentì ancora più perso. Guardandosi intorno con terrore si domandò cosa mai avrebbe fatto lì tutto solo. Camus gli disse di tornare all’Undicesima Casa e vedendolo titubante, lo girò verso la direzione delle Dodici Case e gli diede una spinta decisa che fece muovere le sue gambe. Edgar, un passo dietro l’altro discese nuovamente la scalinata in direzione dell’Undicesima Casa. Il cavaliere dei Pesci, vedendolo passare, non gli dedicò la minima attenzione ed Edgar si sentì se possibile ancora più abbattuto.



***

Camus trovò Milo seduto sulla scogliera su cui il mare intorno al Santuario si infrangeva. Era sicuro di trovarlo lì. Ogni volta che il suo amico era frustrato, arrabbiato o depresso trovava rifugio in quel fazzoletto di scogli. Senza far rumore si sedette al suo fianco e attese. Non ci volle molto che Milo cominciò a sfogarsi:

  • Ti pare possibile che io, un cavaliere d’oro, dovrò perdere tutto il mio tempo ad addestrare Edgar?

  • Tra i nostri compiti vi è quello di addestrare anche le giovani leve, questo lo sai vero? Anche io del resto ho ben due allievi

  • Si, ma sicuramente non sono come il mio …. Non mi dirai certo che i tuoi sono bassi, grassi e anziani

  • Avanti Milo, stai esagerando. Edgar non è così basso né così grasso ed inoltre da quello che ho capito ha la nostra età

  • Che? – Milo sgranò gli occhi, sinceramente sorpreso – allora è anche peggio di quello che speravo. Voglio dire … si comporta come un vecchio! E si muove anche come un vecchio

  • Perché ti accanisci su di lui? – Camus si voltò a guardarlo

  • Perché non voglio essere il suo maestro

  • Fin dall’inizio lo hai preso sotto tiro. Perché?

  • Ma che domande mi fai Camus? Che vuoi che ne sappia perché?

  • Dovresti saperlo, invece

  • Mi irrita il suo modo di fare … quella paura, quell’arrendevolezza .. la sciatteria e la mancanza di grazia … insomma mi urta tutto di lui

  • Non tutti posso nascere belli come te!

Il tono di Camus non era ne canzonatorio ne tanto meno divertito. Nella sua voce c’era tutta la sua delusione per la superficialità dimostrata dal suo amico. Possibile che Milo non avesse percepito il dolore di Edgar?

  • Scusami – Milo si sentì mortificato da quel rimprovero – tu hai ragione, forse con lui sono stato troppo .. crudele … in questo devo ammettere che la maturità è ancora lontana dall’essere presente in me. Questo però non cambia il fatto che non voglio essere il suo maestro

  • Se è come dice il Grande Sacerdote, anche Edgar è destinato a grandi cose – Camus sorrise – prendila come una sfida. Dovrai mettere tutto te stesso, ma forse riuscirai a trasformarlo in un grande cavaliere

  • Già – Milo rispose poco convinto – se non muore prima sotto i miei colpi

  • E poi avrai Aioria che ti aiuterà

  • Questo è un'altra cosa che mi fa imbestialire

  • Cosa – Camus sorrise sornione – il fatto che ti abbiano affibbiato una balia?

  • Non è tanto quello …. È la balia che non mi va giù

  • E perché?

  • Uffa! A volte Camus con le tue domande diventi veramente insopportabile

Il cavaliere di Scorpio, senza rispondere alla domanda si alzò e si tuffò nel mare, sparendo nel blu dell’acqua notturna. Camus sospirò: tra Milo e Aioria non correva buon sangue e tutto dipendeva dal carattere fumino di entrambi. Se gli altri tenevano a distanza il cavaliere di Leo, additandolo come il fratello di un traditore, lui e Milo non avevano mai badato alle accuse che avevano travolto la famiglia di Aioria, ma mentre il suo carattere freddo e razionale gli aveva permesso di instaurare un rapporto di fiducia con quest’ultimo, quello del suo amico aveva creato una miscela pronta ad esplodere ogni volta che i due si incontravano. Non invidiava il povero Edgar, ma purtroppo non poteva aiutarlo. Milo tornò a sedersi accanto a lui. Aveva i vestiti ed i capelli bagnati, ma il suo volto era più sereno

  • Ho pensato comunque che tu potrai aiutarmi a mantenere la calma

  • Devo partire

  • Cosa? – Milo si voltò a guardarlo – torni dai tuoi allievi?

  • Si – Camus sospirò – ma prima il Grande Sacerdote mi ha affidato un’altra missione

  • Veramente? E cosa devi fare? Prelevare un altro tipo come Edgar?

  • Devo accompagnare Death Mask e Aphrodite ad Asgard

Milo non disse nulla e così fece Camus. Per lui quella missione non aveva alcun senso ed inoltre cominciava ad essere preoccupato per i suoi due allievi. Ormai Isaac e Hyoga erano cresciuti, ma ancora non erano pronti ad affrontare la vita. Non era mai stato un sentimentale, ma soprattutto il secondo, al quale si era affezionato senza volerlo, gli sembrava ancora troppo fragile e troppo legato ai suoi sentimenti ed al suo passato per riuscire a superare le difficoltà che sicuramente avrebbe dovuto affrontare nel suo destino. Inevitabilmente pensò ad Edgar ed alla sua goffagine. Non poteva dire che le parole di Milo non fossero in parte vere, ma non era compito suo preoccuparsi di lui. Doveva concentrarsi, invece, sulla sua missione per poter ritornare dai suoi allievi: un brutto presentimento aveva avvolto la sua anima e sapeva che lo avrebbe abbandonato solo tornando da loro.





Sono riuscita a scrivere il nuovo capitolo molto prima rispetto all’andamento che aveva preso l’aggiornamento di questa storia. Speriamo di proseguire così … Beh che ne pensate delle novità? Edgar dovrà combattere per l’armatura di Pegasus e avrà come maestri niente meno che Milo e Aioria … prevedo botte … invece il mio Camus dovrà accompagnare Death Mask ad Asgard …. Prevedo nulla di buono all’orizzonte.

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Capitolo 7
*** VII - Una Nuova Avventura ***


Capitolo VII

Una nuova avventura


Seduto sull’unica poltrona presente nell’XI Casa, Camus aveva passato quasi tutta la notte sveglio, ad osservare Edgar dormire un sonno agitato nel suo letto.

Rientrato dopo il suo incontro con Milo, aveva trovato l’ometto praticamente svenuto tra le sue lenzuola e non aveva avuto l’animo di svegliarlo. Era abituato a dormire poco e quelle ore di sonno mancato non avrebbero danneggiato il suo fisico e la sua psiche, pertanto aveva deciso di lasciare dormire il suo ospite e si era seduto nella parte opposta della stanza.

Osservandolo dormire scompostamente e sentendolo russare e parlare nel sonno, per l’ennesima volta il cavaliere di Aquarius si era domandato quale fosse realmente il ruolo che avrebbe dovuto giocare quel tizio nella loro storia.

Edgar era tutto fuorchè un pretendente a qualsiasi armatura. Inoltre, durante il colloquio con il Grande Sacerdote, non gli erano sfuggiti gli sguardi che il venerabile Pope aveva scambiato con Calliope.

Di lei Camus sapeva poco e poco era riuscito a scoprire. Negli ultimi anni si era allontanato dal Grande Tempio, la cui aria era divenuta sempre più pesante e malsana da respirare. Nulla di evidente da poter dimostrare, ma la sensazione che certe situazioni viste gli avevano lasciato addosso era che la corruzione aveva cominciato ad insinuarsi nel Grande Tempio e nel cuore del Grande Sacerdote.

Non aveva mai manifestato i suoi dubbi apertamente ed il continuo conflitto interiore lo aveva portato a dubitare di tutti, perfino del suo amico Milo. Alla fine, sotto il peso della frustrazione aveva deciso di andarsene da quel posto per di tornare in Siberia.

La scusa era stata la richiesta del Grande Sacerdote di addestrare degli allievi che avrebbero dovuto combattere per ottenere l’armatura del Cigno. In quell’occasione il Sacerdote di Athena gli aveva manifestato la paura che presto i cavalieri dalle sacre armature avrebbero dovuto combattere contro il male e aveva sottolineato la necessità di trovarsi pronti all’ennesima Guerra Sacra.

Camus allora, benchè pieno di dubbi, aveva acconsentito alla missione. Voleva andarsene da quel luogo e voleva smettere di dubitare del mondo che lo circondava.

Ora, ripensando a quei giorni, sentiva di essere stato un vigliacco: un cavaliere degno di quel nome non avrebbe dovuto rinunciare come aveva fatto lui e avrebbe dovuto fugare il dubbio, affrontando il Grande Sacerdote. Aveva fallito nella sua missione di cavaliere e aveva smesso di credere in Athena. Si domandò quanto meritasse quella preziosa armatura e chi fosse lui per giudicare se Edgar potesse o meno diventare a sua volta un cavaliere.

Dubbi e ancora dubbi. Affollavano la sua mente, rendendolo incerto sul da farsi.

Anche la missione che gli era stata affidata quella sera era diventata fonte di altri dubbi. Cosa doveva fare ad Asgard? Perché doveva accompagnare Aphrodite e Death Mask? Nulla giustificava la sua presenza.

Il Grande Sacerdote gli aveva parlato di una missione di pace, ma questo a lui non diceva nulla. Dalle poche informazioni che era riuscito a raccogliere su Calliope aveva sentito dire che la donna aveva vissuto negli ultimi 15 anni ad Asgard, al servizio della vecchia celebrante di Odino e che, con la nomina di Lady Hilda a nuova celebrante, se ne era andata insoddisfatta ed amareggiata. Perché ora lui veniva mandato in missione di pace con i due cavalieri più subdoli del Grande Tempio?

Sospirò, pensando che i suoi studi gli avevano fatto più danno che altro. Pensò al suo amico e a quanto fosse più ligio al dovere Milo. Ma anche quello forse non era del tutto vero. In fondo anche lui aveva dubitato di Edgar.

Sentì un rumore provenire dall’ingresso e, cercando di non svegliare il suo ospite, sgattaiolò fuori, per vedere cosa stesse accadendo. Ad attenderlo all’entrata del tempio trovò la giovane Mya, la figlia della veggente su cui nutriva molti dubbi.

Della ragazza, invece, non aveva mai dubitato. Nelle poche volte in cui l’aveva incontrata, aveva percepito in lei un profondo sentimento di onestà e un cuore limpido e puro: nonostante quello che aveva sentito in giro sul suo conto, quella ragazzina gli piaceva.

Mya vedendolo avvicinarsi arrossì violentemente. Per lei, essere lì era un gesto ardito e fuori luogo, ma non avrebbe avuto altra occasione di incontrarlo prima che l’uomo andasse incontro al suo destino, e non voleva perdere quell’unica occasione.

Sua madre, fin da piccola, le aveva sempre detto che il fato segna il sentiero di tutti gli essere viventi, ma che, per ognuno di essi, lascia delle crepe, dei spiragli, in cui ogni elemento imprevisto può cambiare le sorti del destino. Lei voleva essere l’imprevisto nella vita di Camus. L’aveva desiderato dal primo istante in cui aveva incrociato il suo sguardo con quello glaciale di lui: amore a prima vista.

Un istante dopo aveva visto il destino che attendeva il suo amore e si era rammaricata di possedere quella dote inusuale: la capacità di vedere il futuro.

Quell’uomo non era destinato a divenire il suo sposo, eppure in lei, con il passare dei giorni e con il crescere del suo amore, si era insinuato il dubbio che ciò che aveva visto non era quello che il fato aveva realmente scritto per lui. In fondo lei aveva solo a disposizione il 50% delle possibilità e non avendo modo di indagare l’altra metà, aveva deciso che sarebbe diventata l’imprevisto nella vita di Camus.

Ciò che le era mancato fino a quel giorno era stato il coraggio di compiere un’azione così ardita. Ma ora, sapendo che presto l’uomo sarebbe andato incontro al suo destino, si era fatta coraggio e aveva deciso di agire.

Camus le si avvicinò, invitandola ad uscire all’aperto. L’uomo non voleva svegliare Edgar ed inoltre si sentiva a disagio a parlare con quella ragazzina in quel luogo di morte. Una volta all’aria aperta, le chiese il motivo della sua visita:

  • Perdonatemi nobile cavaliere per la mia sfacciataggine – Mya arrossì ancora

  • So che se non fosse importante non sareste qui

  • In effetti … - Mya abbassò lo sguardo, come poteva confessargli il motivo della sua visita se non riusciva neanche a guardarlo negli occhi?

  • Che cosa agita il vostro cuore – Camus percepiva chiaramente la lotta che imperversava nella ragazza

  • Io sono venuta qui per dirvi una cosa …. Ma mi manca il coraggio

  • Allora ditela e basta

Il tono fermo e perentorio dell’uomo agitò ancora di più Mya, ma alzando gli occhi ed incontrando quello sguardo così profondo, vide nuovamente davanti a lei l’immagine che tanto aveva turbato i suoi sogni: il suo amore che stringeva fra le braccia una donna che non era lei.

Rammentò che quella sarebbe stata la sua unica occasione e così si decise. Con un balzo portò le sue braccia al collo di Camus e appoggiò le labbra alle sue. Calde e sensuali come le aveva sempre sognate. Quel gesto fu talmente veloce che spiazzò anche il cavaliere, il quale non riuscì a reagire tempestivamente. Sorpreso, più che coinvolto, Camus lasciò che la ragazza continuasse a baciarlo. Mya non sentendo alcun trasporto da parte sua, però, lasciò andare le braccia e abbandonò la sua bocca. Abbassando nuovamente lo sguardo sui suoi piedi, sussurrò:

  • Io vi amo … dal primo istante in cui vi ho visto vi ho amato … so che la mia presenza non è prevista nel vostro destino … ma io Camus vi amo e vorrei che voi ricambiaste i mie sentimenti …. e se non agisco ora non avrò più l’opportunità di farlo … questa è la mia unica possibilità di essere per voi il vostro imprevisto.

  • Mya perdonatemi – Camus la guardò incuriosito – ma non ho capito molto di quello che mi state dicendo

  • Vi ho detto che vi amo – Mya rispose infastidita, più per il sorriso generoso di Camus che per il fatto che non avesse compreso la sua dichiarazione d’amore – cosa c’e’ che non capite?

  • Che cosa significa che la vostra presenza non è prevista nel mio destino?

  • Che voi non siete destinato a me! – Mya rispose come se quella fosse la cosa più ovvia del mondo

  • Come fate a dirlo?

  • L’ho visto

  • Visto? – Camus la guardò ancora più incuriosito

  • Nel vostro futuro … sapete che io vedo il futuro degli altri, vero?

  • Io non credo a queste cose

  • Ma è così! Io vedo il futuro degli altri – Mya sospirò – o almeno uno dei futuri possibili

  • Uno dei futuri possibili?

  • Si … ma questa è una storia che non vi posso raccontare …. – un dubbio affiorò nella mente della ragazza – ma forse questo significa che ricambiate i miei sentimenti?

  • Cosa? – Camus si stupì – no … certo che no!

  • Non sono abbastanza attraente per voi? – la delusione affiorò nel volto della ragazza

  • Non ho detto questo! Voi siete molto carina, ma …

  • Non sono il vostro tipo, giusto?

  • Io non ho un tipo ….

  • Si che lo avete!

  • E voi come fate a dirlo – la curiosità comparve nuovamente nel volto del cavaliere

  • Perché io ho visto quale è il vostro tipo

  • Certo – Camus sorrise, cosa molto rara per lui – nel mio futuro … anzi in uno dei miei possibili futuri, giusto?

  • Si

  • E come è il mio tipo?

  • Voi vi burlate di me

  • Affatto – Camus continuò a sorridere – voi mi piacete, Mya. Trovo che il vostro cuore limpido sia un dono così prezioso e raro che dovrebbe essere custodito gelosamente

  • Perché non volete custodirlo voi?

  • Perché non ne sarei degno

  • Questo è un modo carino per dirmi che non mi volete? – Mya sbuffò

  • Questo è l’unico modo che ho per dirvi che io sono un cavaliere di Athena e che sono destinato a combattere e non ad amare – Camus si fece serio

  • Ma voi vi innamorerete – gli occhi della ragazza divennero malinconici – solo che non sarà di me

  • Mya …. credetemi, per un cavaliere di Athena non c’e’ posto per l’amore …

  • Vi ricrederete quando incontrerete la regina di Asgard! E allora penserete a me e al mio stupido tentativo di cambiare il vostro destino. Stupida! Stupida Mya! Ciò che il fato stabilisce non può essere mutato!

Mya si allontanò in lacrime, senza ascoltare la risposta di Camus e senza permettergli di fermarla. Il cavaliere rimase immobile ad osservarla, mentre scendeva le scale verso la casa del Sagittario. Era sbalordito e confuso. Alzò lo sguardo verso il cielo scuro di Atene e si domandò se il suo destino fosse veramente quello immaginato da Mya. Scrollò la testa, pensando che nel destino di ogni cavaliere è scritta una parola di morte e non di amore.



***


Edgar fu svegliato dalle prime luci dell’alba e dal calcio che Milo diede al materasso, più dal secondo che dalle prime, in verità.

Se avesse potuto, il buffo ometto avrebbe dormito per altre 8 ore, ma evidentemente, pensò tirandosi su dal pavimento a fatica, i cavalieri di Athena erano tipi mattinieri.

Stropicciandosi gli occhi, cancellò il velo di sonno e la sensazione che tutto fosse un sogno: gli oggetti che lo circondavano e la faccia sogghignante del cavaliere di Scorpio gli stavano gridando a gran voce che quello che aveva vissuto il giorno primo non era una sua invenzione o se lo era, continuava a tormentarlo anche da sveglio.

Ma era veramente sveglio? Si diede un pizzicotto sul volto per verificarlo e sentendo il dolore irradiarsi sulle guance si rassegnò al tragico destino che lo attendeva fuori da quelle mura: sarebbe morto entro un’ora, sotto i colpi di ben due cavalieri.

Milo lo incalzò, costringendolo ad alzarsi, a vestirsi e a fare colazione in poco meno di cinque minuti. Avere un energumeno, alto 1 metro e 80, tutto muscoli e capelli, attaccato costantemente al collo non avrebbe invogliato nessuno a sedersi nel tavolo della cucina a sorseggiare una tazza di te. Figuriamoci un tipo dismesso come lui.

Dopo aver mangiato poco e male, Edgar seguì il cavaliere di Athena giù per la scalinata fino all’arena degli allenamenti.

Il giorno prima, l’ometto si era ritrovato ai piedi del Primo Tempio senza avere modo di veder cosa ci fosse in quel luogo misterioso oltre alle Dodici Case dello Zodiaco ed ora che avrebbe avuto modo di scoprirlo, non aveva potuto farlo, troppo impegnato a guardare dove metteva i piedi per evitare di inciampare e cadere addosso a Milo.

Giunti nell’arena, Edgar si rese conto che l’unico altro essere oltre a loro due, era il suo secondo maestro: il cavaliere di Leo.

Il ragazzo dava le spalle ad entrambi e fissava un punto lontano. Distrattamente l’omino pronunciò il suo pensiero ad alta voce:

  • Chissà cosa starà guardando

  • Starà cercando la strada per fuggire

  • Cosa? – Edgar si voltò verso Milo, sorpreso di sentire una risposta al suo pensiero

  • Cosa? – Milo lo guardò incuriosito

  • Perché hai detto quelle parole?

  • E tu perché hai fatto quella stupida domanda?

  • Vuoi dire che ho parlato ad alta voce? Santo cielo!

Milo lo guardò incuriosito, domandandosi fino a dove potesse arrivare l’assurdità di quel tizio, poi scrollando la testa si rammaricò al pensiero che quello sarebbe stato il suo allievo. Si domandò per quanto tempo avrebbe dovuto sottostare a quella ridicola situazione: non solo aveva un allievo scemo, oltre che incapace, ma doveva gestirlo con uno dei suoi peggiori incubi.

Non era mai stato particolarmente gentile con gli altri cavalieri. Al contrario, benchè sorridesse e salutasse tutti, appena gli altri gli voltavano le spalle, Milo ne diceva di peste e corna.

Spesso e volentieri Camus, sentendolo parlare in quel modo dei suoi compagni, gli aveva ricordato che un cavaliere di Athena non deve mai parlar male di un proprio compagno, perché un giorno potrebbe accadere che il tizio che ha preso in giro potrebbe essere colui che gli salverà la vita.

Parole al vento.

Milo aveva continuato a parlar male di tutti ad ogni occasione. Non era colpa sua: il fatto era che i suoi compagni di armi erano, ognuno a proprio modo, fuori luogo e fuori tempo. O troppo antichi come il matusa di Libra o fuori moda come il fantomatico Cavaliere di Ariete (chissà poi se era ancora vivo!) o il cavaliere del Toro. Poi c’erano i tipi strani (Virgo), i matti da legare (Cancer) e quelli troppo vanesi per essere dei veri cavalieri (Fishes). Per non parlare degli esaltati come Capricorno o degli alienati come Camus. Voleva bene al suo amico, su questo non aveva alcun dubbio, ma affermare che il cavaliere di Aquario fosse la persona più socievole del mondo sarebbe stato affermare che l’uomo deriva da una balena. La verità è che ognuno di loro, a proprio modo, era un disadattato. Come poteva essere altrimenti? Tutti loro aveva passato la l’infanzia ad essere presi a calci e pugni e non avevano mai sperimentato cosa volesse dire avere una giornata normale. Per un momento, osservando Edgar, provò invidia. In fondo quell’essere anonimo aveva avuto un’infanzia più normale della sua.

Aioria si voltò ad osservarli ed la rabbia affiorò in Milo. Tra tutti i cavalieri, quello di Leo era in assoluto l’uomo che più detestava. Più volte Camus gli aveva chiesto spiegazione su quel sentimento, ma Milo non era mai riuscito a dare una spiegazione sensata. Lo odiava. Punto e basta. Non doveva esserci per forza un motivo. Aioria lo ignorò, rivolgendosi direttamente ad Edgar:

  • Ciao.

  • Sal….ve

  • Tu sei il mio nuovo allievo, giusto? – Aioria sorrise

  • Giusto - Edgar si rilassò impercettibilmente

  • Sbagliato! – Milo intervenne, chissà poi perché

  • Cosa vuoi, tu? – Aioria lo fulminò con lo sguardo ed in Edgar una leggera sensazione di panico riaffiorò

  • Voglio sottolineare il fatto che anche io sono il suo maestro

  • E chi lo ha detto?

  • Il Grande Sacerdote … non ricordi?

  • Sei dispensato – Aioria lo trattò con sufficienza

  • E chi mi dispensa? Sul volto di Milo comparve un sorriso sinistro che fece venire i brividi ad Edgar

  • Io – Aioria allargò il suo sorriso – mi è sembrato di capire che vorresti essere in tutt’altro posto e che non ti va di addestrare Edgar, per cui, io ti dispenso

  • Non puoi farlo

  • L’ho appena fatto

  • Si, ma non puoi farlo!

  • L’ho appena fatto!

  • Ti HO DETTO CHE NON PUOI FARLO!

  • Fantastico – Edgar pronunciò il suo pensiero ad alta voce

  • Che cosa è fantastico? – Milo diresse il suo sguardo omicida verso di lui

  • Beh …..

L’omino non poteva certo dirgli che trovava ridicolo il fatto che dopo essere stato bistrattato per tutto il giorno precedente, ora veniva conteso come il primo premio di una riffa di paese. Per fortuna in suo soccorso giunse una ragazza dai capelli rossi. Aioria, vedendola arrivare, si sistemò i capelli con un gesto nervoso della mano, mentre Milo diede una scrollata alla sua folta chioma. Edgar, invece, rimase ipnotizzato dalla maschera che indossava la ragazza e non fece alcun gesto di rassetto. Del resto non aveva più tanti capelli e sarebbe stato ridicolo per lui sistemarsi ciò che non c’era più.

La ragazza si fermò vicino a loro e salutò il cavaliere di Leo.

  • Salute Aioria

  • Ciao Marin – il ragazzo mostrò un caldo sorriso – anche tu nell’arena per allenarti?

  • Non sono venuta per allenare me, ma il mio allievo

Solo in quell’istante lo sguardo dei tre si voltò verso il ragazzino che seguiva Marin. Era alto poco più di Edgar e mostrava nel volto tutta la sua giovane età, eppure l’ometto notò nei suoi occhi una fiamma viva, carica di rabbia e di dolore. La stessa fiamma che aveva visto ardere negli occhi di tutti i cavalieri d’oro. Edgar rimase per un istante ad osservare il giovane ragazzo, ammirato da ciò che vedeva. Marin si voltò verso di lui e l’ometto spalancò la bocca, inebetito dalla maschera senza sorriso. Come poteva una ragazza così bella (almeno questa era l’idea che Edgar si era fatto) portare una maschera così orribile?

  • Perché mi guardi in quel modo? – la voce della ragazza era ferma e calma

  • Io …. – l’ometto abbassò lo sguardo

  • E’ per la maschera, vero? Ci farai l’abitudine

  • Come?

  • Tutte le donne guerriere nel Grande Tempio indossano la maschera – Aioria rispose con gentilezza alla domanda che Edgar non aveva ancora posto

  • Perché?

  • E’ tradizione

  • Tradizione? Perché? – l’ometto era incredulo

  • Perché … perché .. perché! – Milo sbottò – che importanza ha perché o per come? E’ tradizione! E le tradizioni vanno rispettate. Questa è la legge di Athena

  • Anche se sono ingiuste? – Edgar lo guardò perplesso

  • Ingiusto? E chi stabilisce che è ingiusto? – Milo lo fulminò nuovamente con lo sguardo

  • Beh …. Ma .. insomma … perché una bella ragazza deve coprirsi il volto?

  • Per evitare di essere guardata da un ebete come te?!?

  • Basta Milo! – Aioria si spazientì – lo stai offendendo e non lo merita

  • Aioria ha ragione - Marin intervenne prima che gli animi si scaldassero più del dovuto – in fondo ha fatto solo una domanda

  • Una domanda stupida!

Milo si voltò e si allontanò. Per lui la conversazione e l’allenamento erano conclusi. Odiava tutte quelle domande e cominciava ad odiare Edgar. Forse perché le domande di quell’essere ridicolo un tempo erano state anche le sue? Marin lo osservò allontanarsi, poi voltandosi verso Aioria gli chiese cosa Edgar facesse lì con loro.

  • Si addestra a diventare un cavaliere

  • Un cavaliere? – Marin lo guardò perplessa ed Edgar non ebbe alcuna ragione per offendersi, visto che anche lui giudicava la cosa ridicola

  • Si – Aioria non mostrò alcuna emozione al riguardo

  • Per quale armatura?

  • Quella di Pegasus

  • Cosa? – l’allievo di Marin sbottò – quella è la mia armatura!

  • Seiya quella non è la tua armatura

  • Si, Marin, è la mia armatura

  • Non lo è perché non hai ancora vinto il combattimento e non l’hai ottenuta in premio – Marin si mostrò calma

  • Si, ma lo vincerò e sarà mia!

  • Calmati ragazzo! – Aioria sorrise – se continui così, avrai sicuramente la tua armatura.

  • Ma tu hai detto … - Seyia lo guardò dubbioso

  • Ho detto che Edgar si allena per avere una possibilità di ottenerla, ma dubito che riuscirà nell’impresa

Il cavaliere di Leo fece l’occhiolino a Marin e l’ometto si sentì profondamente umiliato. Era vero che lui non mostrava alcuna attitudine al combattimento e certo non aveva il fisico scolpito del ragazzino se non per l’altezza, ma visto che il suo nuovo maestro non lo aveva ancora visto in azione, perché doveva darlo già per sconfitto? Almeno avrebbe potuto dimostrare una finta speranza? Mentre Aioria continuava a parlare con Marin e Seiya come se lui non fosse lì presente, Edgar sentì su di sé gli occhi di qualcuno. Voltandosi, vide tra gli spalti deserti Mya.

Se possibile, quella ragazzina era ancora più carina del giorno prima, ma il suo sguardo era triste e spento. Edgar promise a se stesso che se mai fosse riuscito a far sparire quello sguardo triste dagli occhi più belli che aveva mai visto, allora sarebbe riuscito anche ad ottenere l’impossibile: l’armatura di Pegasus.

Una botta violenta e la sensazione di stare per morire, lo fecero tornare immediatamente con i piedi per terra. Si ritrovò sdraiato nella polvere, con il sole in faccia e lo sguardo assassino di Milo puntato addosso.

  • Ora basta con le chiacchiere e con i sogni ad occhi aperti. Si comincia con le cose serie!




Incredibile! Incredibile! Dopo secoli sono riuscita a scrivere questo nuovo capitolo! L’ho sempre detto che odio lasciare le storie incompiute e così ho deciso di riprendere questo racconto con la speranza di terminarlo finalmente. Perdonatemi per l’attesa … spero che vorrete tornare a leggere le imprese del valoroso (non ancora .. ma forse si attrezzerà) Edgar, dello scontroso Milo e dello sfortunato Camus!

Fatemi sapere cosa ne pensate …. Magari così sarò invogliata a scrivere più velocemente!

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Capitolo 8
*** VIII - Fulmini a ciel sereno ... ***


Capitolo VIII

Fulmini a ciel sereno ….



Quando Edgar si svegliò il sole stava tramontando sull’arena. Dopo essersi seduto, osservò l’ambiente circostante. Nessuno all’orizzonte o intorno a lui. Si osservò i vestiti, pieni di polvere e le mani, piene di lividi. Cercò di ricordare cosa fosse successo, ma il buio rimase nella sua mente.

Tentò di alzarsi, ma un dolore lancinante assalì tutto il suo corpo. Si domandò quanto temo avrebbe dovuto passare seduto nella polvere prima di riuscire a muovere almeno il mignolo del suo piede.

Sospirò.

  • Hai bisogno di una mano?

Edgar si voltò e sentì il collo bloccarsi. Fantastico. Sarebbe rimasto bloccato, con la testa girata verso destra, per le prossime settimane. In compenso, però, riuscì a vedere il volto della persona a cui apparteneva la voce soave che aveva sentito. Mya. E chi altri?

Arrossì velocemente; tentò più volte di assumere un’espressione ed un atteggiamento vagamente rispettoso, ma fallì su tutta la linea.

Con uno sforzo fuori dalla sua portata tentò di alzarsi, ma l’unico risultato che ottenne fu quello di rotolare di lato per assumere una posizione fetale. Così sarebbe rimasto fino all’eternità se la dolce Mya non lo avesse aiutato a rimettersi seduto.

Dopo avergli tolto un po’ di polvere dagli occhi e dai capelli e dopo avergli offerto un po’ d’acqua, si mise seduta accanto a lui. Sorrise e il mondo di Edgar assunse dei colori vivaci, mai visti prima.

  • Immagino che tu non ricordi nulla di quello che ti è successo

  • Nulla – rispose sconsolato – quanto tempo sono rimasto svenuto?

  • Direi almeno sei ore

  • Cosa???

  • Forse anche meno – Mya tentò di sdrammatizzare

  • Ma come … cosa … o mio Dio ….

  • Vuoi sapere cosa è successo? – Mya proseguì dopo il cenno di assenso dell’ometto – beh …. Il cavaliere di Scorpio ti ha sottoposto ad una seduta di allenamento … non lo ricordi?

  • No …. E come sono andato?

  • Steso dopo il primo colpo

  • E poi?

  • Poi …. basta ….

  • Basta??? – Edgar spalancò gli occhi – mi stai dicendo che dopo il primo colpo sono svenuto e mi sono svegliato dopo sei ore?

  • Si – Mya abbassò lo sguardo – io però non lo definirei proprio un colpo ….

  • Che vuoi dire?

  • Che Milo ti ha dato solo una pacca sulla spalla per informarti che l’allenamento sarebbe iniziato

  • E le escoriazioni che ho in viso e sulle mani? – Edgar domandò quasi piagnucolando

  • Sei andato a sbattere su Aioria

  • Co ….

  • E poi su un sasso ….

Edgar non volle ascoltare altro. Con tutte le energie che aveva in corpo si alzò, ignorando i dolori che sentiva nel suo corpo. Era caduto come una pera marcia sotto l’alito di un sospiro.

Sapeva di non essere in grado di sostenere una seduta di allenamento con quegli adoni, ma che fosse fragile come un uomo di vetro non riusciva a crederlo. Eppure Mya non mentiva. Perché avrebbe dovuto? La ragazza si alzò e silenziosamente cominciò a seguirlo. Girarono senza mete per le strade del Grande Tempio. La verità era che Edgar non aveva la più pallida idea di dove andare.

La sera prima aveva dormito nella casa di Camus, ma ora lui non c’era e non poteva certo dimorare nel Tempio di uno dei cavalieri d’oro senza il suo permesso. Mya gli bussò su una spalla, facendolo sussultare. Ora aveva anche paura di un esile ragazza? Si voltò per perdersi dentro i suoi splendidi occhi.

  • Ad ogni modo, Edgar, ho un messaggio del cavaliere di Leo per te. – Mya continuò, interpretando il suo silenzio come un invito a proseguire – il nobile Aioria ha detto di recarti nella sua casa.

  • Veramente?

  • Si

Edgar sorrise commosso. Forse uno dei suoi maestri aveva preso a cuore la sua situazione? Si guardò intorno per cercare di orientarsi, ma fu solo grazie a Mya ed alle sue indicazioni che riuscì a trovare la strada per la V casa.

Durante tutto il tragitto, la ragazza seguì l’ometto restando indietro di solo tre passi. Ad un certo punto, Edgar prese in mano il suo scarso coraggio e le chiese a bruciapelo perché lo stesse seguendo:

  • Voglio sincerarmi che tu arrivi sano e salvo a destinazione

  • Perchè? – Edgar si voltò ad osservarla

  • Perché è importante che non ti capiti nulla di spiacevole

  • Perché?

  • Te l’ho detto il perché …

  • Perché non vuoi che mi capiti qualcosa di spiacevole?

  • Perché tu sarai importante per una persona a cui voglio bene …. o almeno credo

  • Che vuoi dire? – Edgar la guardò con aria sorpresa e incredula

  • E’ una cosa troppo complicata – Mya sorrise – sappi solo che d’ora in poi sarò la tua ombra

Ormai giunti di fronte alla V casa, Edgar non riuscì a chiederle altro, perché la ragazza fuggì via, lasciandolo di fronte al suo destino.

Entrò timidamente e trovò ad attenderlo Aioria, appoggiato ad una delle infinite colonne della sua dimora. Il cavaliere gli fece cenno di sedersi accanto a lui. Così Edgar fece. Le parole del cavaliere lo fecero trasalire

  • Come stai?

  • Bene … almeno credo

  • Hai qualcosa di rotto?

  • Non mi pare … anche se sento dolore ovunque

  • Bene

  • Milo deve avermi colpito con molta veemenza

  • Veramente ti ha toccato solo con un dito – Aioria sorrise impercettibilmente

  • Cosa? – Edgar spalancò gli occhi – ed io sono caduto come una pera marcia e sono svenuto per tutte quelle ore … solo perché lui mi ha toccato con un dito?

  • Si – il cavaliere annuì, ma quando vide lo sconforto nel volto dell’ometto decise di aggiungere qualcos’altro – ma vedi Edgar è normale.

  • Normale?

  • Milo è un cavaliere d’oro, addestrato fin da piccolo al combattimento ed inoltre conosce la potenza del settimo senso

  • Il settimo senso? Cosa è il settimo senso?

  • Ogni cosa a tempo debito, amico. Ora non è importante che tu sappia cosa è. Conta solo sapere che quello che ti è successo è normale

  • Ma è umiliante!

  • Lo immagino …

Aioria rimase per un istante ad osservare la faccia paffuta di Edgar e provò una profonda compassione per quell’essere. Avrebbe voluto fare di più per lui, ma non poteva sobbarcarsi anche le sue pene. Già doveva combattere costantemente con il suo sentimento di umiliazione e portare sulle spalle anche quello di Edgard non era da lui. Si alzò:

  • Hai fame?

  • Si – l’ometto continuò a mantenere lo sguardo basso

  • Allora andiamo a mangiare. Per il momento dimorerai qui. Poi nei prossimi giorni ti troveremo una sistemazione più consona

  • Più consona? – Edgar si alzò e meccanicamente seguì il cavaliere

  • Beh, non puoi soggiornare qui in pianta stabile

  • Si, si lo capisco. Sono d’impiccio

  • Non è per quello, Edgar – Aioria gli sorrise – ma se il Grande Tempio venisse attaccato, questo sarebbe uno dei posti dove non vorresti essere

  • Perché?

  • Come perché? – Aioria lo guardò perplesso – questa è l’unica strada che tutti devono percorrere per arrivare al Grande Tempio.

  • E perché la gente dovrebbe andare al Grande Tempio

  • Per uccidere Athena e il Grande Sacerdote!

  • Perché dovrebbero uccidere il Grande Sacerdote? E Athena non è immortale essendo una Dea?

  • Ma nessuno ti ha raccontato cosa facciamo qui?

  • Beh, Camus ci ha provato – l’ometto tornò ad osservarsi i piedi – ma devo ammettere che io non ho capito molto … non per colpa sua ovviamente … Camus è stato “gentile” con me

  • Ti piace Camus?

  • Mi piace? – Edgar arrossì – io non sono ….

  • Intendevo dire come persona – Aioria arrossì

  • Ah …. Si si mi piace molto …. come dicevo è sempre stato gentile …. è un po’ freddo …. ma mai scortese

  • E’ il suo carattere – Aioria sorrise – anche a me piace Camus

  • Milo invece non mi piace

  • Neanche a me – Aioria gli fece l’occhiolino

  • Perché?

  • Perché è un idiota, vanesio ed arrogante

  • Anche tu sei gentile

  • Grazie

  • Sei … diverso dagli altri

  • Che vuoi dire?

  • Sei … più … umano …. e i tuoi occhi sono tristi …

  • Tristi? – Aioria si stupì. Era convinto che fosse riuscito nel corso degli anni a celare bene il suo dolore, eppure quel sempliciotto era riuscito a cogliere la sfumatura del suo dolore – perché dici che sono tristi?

  • Io non sono bravo in nulla, ma comprendo la natura delle persone

  • Dici sul serio?

  • Io osservo … è l’unica cosa che posso fare nel tempo che ho a disposizione, visto che nessuno si ferma a parlare con me

  • Capisco – Aioria provò ancora una volta tenerezza nei suoi confronti – e cosa hai visto fino ad ora?

  • Perché sono tristi i tuoi occhi?

  • E’ una storia lunga …

  • Riguarda tuo fratello?

  • Chi ti ha parlato di mio fratello? – Aioria mostrò del nervosismo

  • Camus …

  • Che ti ha detto?

  • Che era il cavaliere di Sagittar e che era molto valoroso

  • Ti ha detto come è morto?

  • Non …. non ha voluto aggiungere altro

  • Perché non è una cosa che ti riguarda!

Aioria si allontanò ed uscì dalla casa, lasciando Edgar solo ed affamato. L’ometto, rassegnato, pensò che di questo passo, non sarebbe sopravvissuto più di una settimana: o sarebbe morto sotto i colpi di Milo o di stenti o per la rabbia di Aioria. Si sedette sul pavimento, appoggiandosi ad una colonna e dopo pochi istanti, si addormentò come un sasso.

Il Cavaliere di Leo, invece, passò l’intera nottata nel bosco, cercando di non incontrare nessuno, neanche le guardie che facevano la ronda. Era adirato non tanto con Edgar, quanto con se stesso. Se voleva sopravvivere doveva celare meglio i suoi sentimenti.

Quasi all’alba, dopo essersi calmato, decise di ritornare sui suoi passi. Prese la stradina, poco frequentata, che costeggiava il laghetto artificiale fatto realizzare dall’ultimo Grande Sacerdote per rinfrescarsi nelle caldi notte d’estate.

Preso dai suoi pensieri, solo all’ultimo si accorse della presenza di qualcuno. Si bloccò vedendo uscire una donna, completamente nuda, dall’acqua. Aveva appena fatto il bagno e si stava avvicinando ai suoi vestiti. Imbarazzato distolse lo sguardo e l’occhio gli cadde sulla maschera abbandonata su una delle rocce.

Si voltò nuovamente ad osservare la donna, incuriosito ed il suo sguardo si incrociò con quello di Marin. Imbarazzato si voltò, mentre la ragazza tentò di coprirsi con l’asciugamano che aveva appena preso da uno dei sassi.

  • Perdonami, Marin …. Io non mi ero reso conto

La ragazza, ancora sotto shock, afferrò velocemente i suoi abiti, indossò la maschera e fuggì via, lasciandolo, confuso, interdetto e vagamente eccitato.


***


Dopo un viaggio estenuante che aveva dovuto fare con due compagni poco rassicuranti, Camus era finalmente giunto ad Asgard. Recava con se una missiva, scritta di pungo dal Grande Sacerdote. Non ne conosceva il contenuto, ma sospettava che almeno uno dei suoi due compagni ne fosse al corrente.

Il comportamento di Death Mask era più arrogante del solito e le allusioni continue che aveva fatto ad Aphrodite sulla vera natura del loro viaggio non lo avevano rassicurato.

Doveva obbedienza al Sacerdote di Athena, ma al tempo stesso il suo istinto gli suggeriva di non fidarsi dei suoi due compagni.

Erano stati accolti con tutti gli onori in quelle terre e una volta giunti nel castello dove soggiornava la Celebrante di Odino, erano stati fatti accomodare in una grande sala dove era stato offerto loro un ricco pasto.

Camus, poco incline a questo tipo di cerimoniale aveva rifiutato con gentilezza e fermezza quanto offerto, cosa che aveva fatto anche Aphrodite. Death Mask, al contrario non solo aveva consumato il suo pasto, ma si era divorato anche quello degli altri cavalieri, sotto gli occhi increduli degli inservienti.

Una volta terminato, erano stati fatti accomodare nel salone delle udienze, dove ad attenderli avevano trovato un gruppo di persone.

Un ragazzo alto e di bella presenza si era presentato a loro come il Primo Cavaliere di quelle Terre. Sigfried, questo il suo nome, impegnato a presentare il resto dei presenti non era riuscito ad afferrare la battuta che Death Mask aveva sussurrato all’orecchio di Camus.

Il cavaliere di Aquarius rimase impassibile, ma dentro di se un sentimento di stizza lo colse. Il cavaliere di Cancer e il suo gusto gratuito dell’insulto cominciavano a stancarlo.

Una sensazione di dejavù lo colse, distraendolo dai suoi pensieri, quando Sigfried introdusse una ragazzina mingherlina dai capelli rossi e dagli occhi verdi. In lei Camus ritrovò il volto di Mya, anche se il suo sguardo fiammante non aveva nulla a che vedere con quello dolce della ragazza che poche settimane prima le aveva dichiarato il suo amore.

Il cavaliere indugiò di fronte alla ragazza, cercando di trovare nelle informazioni sparse che aveva colto dalla voce di Sigfried, il suo nome. La ragazza non si sottrasse al suo sguardo e con il sorriso sui denti sembrò quasi sfidarlo. Camus decise di accettare l’invito:

  • Mi scuso con voi, Sigfried, ma credo di non aver afferrato il nome di questa ragazza

  • Forse perché non ponevate alcuna attenzione a quello che il Primo Cavaliere di Asgard vi stava dicendo?

  • Non per colpa sua, ovviamente, ma mia: i miei riflessi probabilmente sono appannati a causa del lungo viaggio che abbiamo dovuto sostenere

  • Ed io che pensavo che i cavalieri di Athena fossero quasi immortali!

  • Immortali non significa invincibili ed instancabili

  • Questo vuol dire che potreste quasi morire di stanchezza, ma che comunque sopravvivreste? Ed io che speravo di potermi liberare velocemente di voi!

  • Ora basta! – Sigfrid con tono deciso interruppe la ragazza, poi si rivolse nuovamente verso Camus – perdonate la sua irriverenza. Ad ogni modo, se vi interessa ancora saperlo … il suo nome è Maya ed è una delle ancelle di Lady Hilda

  • Maya ….

Camus si fece pensieroso. Quel nome, così simile a quello di Mya, come del resto quel viso, erano tutti indizi che gli stavano fornendo tasselli al quadro complicato che si stava delineando nella sua testa. Forse quella ragazza poteva essere legata al motivo della loro missione, sicuramente aveva un legame di parentela con la ragazza che soggiornava al Grande Tempio

  • Beh! Perché mi fissate con quella faccia da ebete? – Maya si mostrò irritata – non vi piace il mio nome?

  • E’ solo che voi assomigliate …..

  • E’ più probabile, cara Maya, che il nostro ospite si sia invaghito di te, vista la tua bellezza!

Camus non potè finire la frase, perché fu interrotto dall’entrata della celebrante di Odino. Avrebbe voluto risponderle che non si era invaghito di lei, perché lui era un uomo di guerra, ma quando si voltò per salutare Lady Hilda, la voce sparì e le parole gli morirono in bocca.

Sentì il sangue muoversi velocemente nel suo corpo, attirato dal suo cuore che aveva cominciato a pompare più velocemente. Cercò di concentrarsi sui battiti per cercare di regolarizzarli, ma incapace, si accorse che tutti i suoi tentativi stavano fallendo miseramente.

Sentì delle gocce di sudore colargli dietro al collo e nella schiena. Le gambe gli stavano cedendo, lentamente e inesorabilmente e la testa aveva iniziato a girargli velocemente. Era come se un tornado lo avesse investito in pieno volto.

Una sensazione non controllata, per lui che governava le energie fredde: era come essere investito da un’onda anomala. Sentì mancargli l’aria e in mancanza di altre soluzioni, iniziò a fare respiri più profondi. Sentì in lontananza la voce di Aphrodite che gli domandava se andasse tutto bene. Poi vide Sigfried e Lady Hilda avvicinarsi a lui, preoccupati.

Fece un grande respiro e utilizzando tutte le sue forze riprese il controllo della situazione.

  • Tutto bene?

  • Si – Camus fece fatica a rispondere

  • Siete sicuro? Siete … pallido …

  • Sto bene e vi chiedo scusa, Lady Hilda, per il comportamento tenuto in vostra presenza

  • Non dovete scusarvi, cavaliere. Anche agli uomini migliori possono capitare degli attimi di debolezza, non trovate?

Camus non rispose, ma rimase immobile con lo sguardo inchiodato sulla mano di Lady Hilda, che stava stringendo il braccio del suo Primo Cavaliere. Si domandò se fosse lecito che una donna mostrasse tanta confidenza con uno dei suoi sottoposti. Una gomitata di Death Mask lo riportò al momento che stavano vivendo.

Cercò di mantenere un aria indifferente, ma la sua mente stava vorticando intorno a dei pensieri. Che cosa gli era successo? A cosa doveva quel mancamento e perché Lady Hilda aveva così tanta confidenza con un suo cavaliere?

Si voltò verso Maya, sentendo il suo sguardo su di lui. La ragazza lo stava fissando insistentemente, non curandosi della maleducazione che il suo gesto evidenziava.

Avrebbe dovuto approfondire le informazioni su quella ragazza: in qualche modo sentiva che Maya avrebbe cambiato il destino di molti attori presenti in quella scena.

Il suo sguardo cominciò a vagare nella stanza. Notò gli addobbi della sala, eleganti e sobri, gli abiti dei presenti, semplici e curati allo stesso tempo, fino a quando i suoi occhi, attirati da una calamita invisibile si fissarono su quelli di Lady Hilda.

Sentì nuovamente il suo corpo irrigidirsi ed una sensazione di panico gli salì addosso. Si domandò se gli stesse salendo la febbre.

La donna, mantenendo lo sguardo fermo su di lui, sorrise impercettibilmente e Camus sentì il respiro rallentare. La donna, vedendolo impallidire, perse il suo sorriso.

  • Cavaliere di Athena perché non vi sedete? Vi vedo pallido

  • No – tra un respiro affaticato e l’altro, Camus tentò di mantenere un tono naturale – non preoccupatevi, sto bene

  • Gran Ciambellano, chiamate subito un medico e fate accomodare il nostro ospite in una delle stanze che abbiamo riservato ai cavalieri di Athena.

Fu così che il cavaliere di Aquarius, contro la sua volontà, fu condotto dal Gran Ciambello in una delle stanze dell’ala nord. L’uomo, solerte ad obbedire agli ordini della sua signora, nonostante le proteste di Camus, fece arrivare un medico per farlo visitare e delle ancelle per portargli dei viveri e delle bevande.

Il cavaliere si rassegnò all’ispezione del medico. Non voleva essere scortese ed inoltre voleva capire che malattia potesse aver contratto. Il dottore, dopo una visita attenta e scrupoloso non riscontrò alcuna malattia, ma gli consigliò comunque del riposo. Il paziente fu così lasciato solo.

Dopo un po’ di ore, durante le quali Camus dormì poco e male, fu raggiunto da Aphrodite che senza chiedergli il permesso si sdraiò sul letto accanto a lui:

  • Allora mio bel principe delle energie fredde come ci sentiamo ora?

  • Sto bene – Camus rispose con tono indifferente

  • Si, abbiamo sentito dal medico che non hai nessuna malattia … o almeno nessuna malattia che si possa curare con delle medicine tradizionali

  • Che cosa vuoi dire? – Camus si mise seduto

  • Hai dormito? – Aphrodite ignorò la sua domanda

  • Poco e male … non sono abituato a letti e lenzuola così soffici

  • Immagino – anche il cavaliere dei Pesci si mise seduto, appoggiandosi alla testiera del letto

  • Ad ogni modo ora mi sento bene

  • Certo che ti senti bene! – Aphrodite rispose con tono leggero – basta che l’oggetto dei tuoi mali resti lontano e vedrai che starai bene. Anzi, prima portiamo a termine la missione, qualunque essa sia e prima ce ne potremo andare evitandoti forti dolori

  • Ma di cosa diavolo stai parlando? – il tono di Camus si fece irritato – sei tu hai elementi che mi possano aiutare a comprendere che tipo di malattia ho … beh …. Ti invito a dirmeli!

  • Non ti scaldare troppo, cavaliere, che il calore potrebbe sciogliere quel tuo cuore di ghiaccio già fortemente provato dall’esperienza appena vissuta – Aprhodite trattenne a fatica un sorriso

  • Insomma! Vuoi parlare?

  • Sei semplicemente stato colpito da una feccia del Dio Eros. – il cavaliere dei Pesci sospirò – Mio bel principe dei ghiacci credo che tu ti sia innamorato!




Eccoci con un nuovo capitolo …. Non ci speravo di concluderlo in poco tempo …. Ma devo ammettere che questo è stato semplice da scrivere. E così abbiamo fatto anche la conoscenza di Maya, una ragazza che somiglia terribilmente alla dolce Mya e che sembra ricoprirà un ruolo rilevante nella storia. Per il resto … piaciuto il capitolo? ;-)

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Capitolo 9
*** IX - Sentimenti contrastanti ***


Capitolo IX

Sentimenti contrastanti



Milo sedeva al centro dell’Arena, con le gambe incrociate e i gomiti piantati sulle sue ginocchia. Aveva la testa appoggiata alle sue mani e pensieroso osservava il sole.

Il giorno prima aveva lasciato Edgar, svenuto e dolorante, sdraiato sullo stesso punto in cui ora lui sedeva. Lo aveva sfiorato con un dito e l’ometto era caduto a terra come un frutto troppo maturo per essere colto. Se ne era andato senza voltarsi, ignorando i richiami di Aioria e sotto lo sguardo incredulo degli altri ragazzi aveva lasciato il campo.

Non poteva sopportare la vista di quell’uomo insulso, incapace perfino di rimanere in piedi con le proprie gambe.

E quello, secondo il Grande Sacerdote, sarebbe dovuto diventare un pretendente all’armatura di Pegasus? Un brivido percorse la schiena di Milo. Eppure, ora, seduto su quella terra, il cavaliere di Scorpio osservava malinconicamente la sabbia chiara. In fondo al suo cuore impavido un senso di dolcezza si era insidiato.

Era scappato perché arrabbiato o perché impietosito da tanta debolezza? Il dubbio gli si era presentato quando, tornato sui suoi passi, lo aveva visto rialzarsi con fatica e con grande forza di volontà.

Quell’ometto lo aveva stupito, doveva ammetterlo. Per un uomo eccezionale come lui, i gesti straordinari compiuti da uomini normali avevano sempre rappresentato la stupefacente bellezza di quel tenero mondo. In realtà, anche lui sapeva di essere un essere umano, ma gli allenamenti che aveva dovuto subire fin dalla sua infanzia avevano forgiato così intensamente la sua tempra che ad un certo punto aveva cominciato a considerarsi speciale. E da quel momento così si era comportato.

Ricordava ancora l’esatto istante in cui il suo modo di considerarsi era cambiato. Era accaduto il giorno della sua investitura. Una volta conquistata l’armatura d’oro aveva compreso che non era più un essere qualunque: era diventato uno dei dodici custodi della vita di Athena e la sua esistenza era cambiata.

Forse era questo il suo problema? La sensazione di frustrazione e l’indisposizione nei confronti di Edgar erano dovuti al fatto che la vista di quell’essere insulso gli ricordavano costantemente la sua mortalità? Non poteva essere così! Non poteva essere diventato così arrogante. Ma allora perché continuava ad essere ossessionato da lui?

In lontananza vide arrivare una delle sacerdotesse guerriere. Se non ricordava male il suo nome era Shaina. La ragazza si avvicinava a lui con passo spedito e deciso. Milo cercò nella sua mente ricordi che la riguardassero e gli tornò alla mente il giorno che, ancora bambina, la incrociò in quella stessa arena. Lei spaventata in attesa di ricevere le prime lezioni di addestramento e lui così spavaldo da passarle accanto e sorriderle beffardamente, facendole l’occhiolino. Quanta arroganza e quanta superficialità! Avrebbe potuto rincuorarla o semplicemente ignorarla ed invece era stato antipatico e vanesio. Diventato da poco cavaliere anche in quel caso aveva voluto mostrare tutto il suo fascino.

  • Vi porgo i miei omaggi cavaliere di Scorpio – Shaina lo aveva raggiunto e salutato con rispetto

  • Cavaliere di Ofiuco – Milo si era alzato per mostrarle, almeno in quell’occasione, un minimo di rispetto

  • Mi è stato riferito che voi ed il cavaliere della V casa state allenando un tizio a concorrere per l’armatura di Pegasus

  • Quello che vi hanno detto è corretto – Milo tentò di concentrarsi sulla sua maschera, ma alla mente continuava a tornargli il volto della ragazza privo di quell’arnese.

  • E che questo tizio non è ….. beh … non sarebbe … non avrebbe il fisico e l’attitudine giusta …

  • Edgar è totalmente inadeguato a diventare cavaliere …. – Milo lo disse con leggerezza

  • E allora perché ben due cavalieri d’oro se ne occupano?

  • Per volere del Grande Sacerdote – Milo notò un irrigidimento nel corpo della ragazza – ma a voi cosa interessa?

  • Sarà il mio allievo a diventare cavaliere di Pegasus! – Shaina lo disse con rabbia e con stizza

  • Beh, se il vostro allievo riesce a tirare pugni decentemente …. lo diventerà sicuramente – involontariamente Milo fece l’occhiolino e sorrise, maledicendosi l’istante dopo

  • Cavaliere di Scorpio, la vostra ilarità è fuori luogo

  • Avete ragione e ve ne chiedo perdono

  • Voi … chiedete perdono? – Shaina rimase stupita, ma sospettosa di natura reagì in malo modo – vi prego di non burlarvi di me! Solo perché sono una donna non significa che non so combattere e non merito il rispetto di voi uomini! Io potrei battermi alla pari con la maggior parte dei cavalieri di Athena, perfino con voi ….

  • Ne dubito – Milo rispose istintivamente, ma rimase affascinato dalla sua energia – ad ogni modo capiterà l’occasione di provare quanto da voi detto

  • Mi state sfidando?

  • Siete voi che lo avete fatto – ancora una volta Milo le fece l’occhiolino, ma subito tornò serio – ad ogni modo le miei scuse non volevano essere una presa in giro …. Erano sincere … a volte faccio cose stupide senza comprenderne la ragione …. mi riferisco al modo poco rispettoso in cui vi ho trattato … lo ribadisco, le scuse erano sincere.

Shaina, imbarazzata rimase immobile per un istante, ma poi se ne andò a passo veloce. Non aveva voglia di conoscere i problemi esistenziali di quell’uomo: ne aveva già troppi per conto suo!

Milo, invece, tornò a sedersi sulla sabbia e attese l’arrivo del suo allievo. Quando vide comparire in lontananza la figura alta di Aioria e quella dismessa di Edgar si ripromise di mantenere la calma e la concentrazione giusta per un maestro di armi. Si alzò e andò loro incontro.

Nel vederlo avvicinarsi con passo veloce, Edgar si irrigidì, nascondendosi dietro Aioria. Milo si bloccò e attese che l’ometto uscisse dal nascondiglio che erano diventate le spalle del cavaliere di Leo.

Per stemperare l’atmosfera, Aioria scostandosi leggermente, salutò il cavaliere di Scorpio con cortesia. La verità era che entrambi i ragazzi quella mattina si erano ripromessi di mantenere un comportamento più sobrio, l’uno perché ancora sconvolto di aver visto il volto della sacerdotessa guerriero e l’altro perché stanco di essere ciò che non voleva più.

Dopo un iniziale imbarazzo i due si concentrarono sull’allenamento, ma per quanto entrambi si sforzassero non riuscirono a trarre nulla di buono dal loro allievo. Edgar era semplicemente negato per ogni tipo di addestramento.

Alla fine, entrambi rassegnati, gli dissero di correre intorno all’Arena per 100 volte. L’ometto impiegò tutta la giornata, riuscendo a completare il giro solo 50 volte, sotto l’occhio divertito di tutti gli altri aspiranti guerrieri.

Aioria e Milo avrebbero dovuto porre attenzione all’ilarità e alla goliardia con la quale tutti i presenti cominciarono ad usare mentre prendevano in giro Edgar.

Avrebbero dovuto porre attenzione a quanto quelle parole dette per divertire gli altri ferirono l’ometto, umiliandolo e facendolo sentire ancora più disperato di quanto non era.

Ma entrambi erano troppo presi ad osservare la tenacia con cui lui continuava a correre, camminare e rantolare, benchè stremato.

Aioria ad un certo punto chiese a Milo se lui in tutta la sua vita di guerriero avesse mai dimostrato una tale forza di animo e il cavaliere di Scorpio scosse la testa.

  • Forse riusciremo a ricavarne qualcosa di buono, non credi? – Aiorai si voltò verso il compagno d’armi

  • Forse … - Milo rispose pensieroso

  • Se riuscissimo a trovare una strategia

  • Più che una strategia serve un miracolo ….

  • Io penso, invece, che dobbiamo solo trovare la chiave giusta …

  • A quale scopo? – Milo, improvvisamente si voltò ad osservarlo

  • Che vuoi dire? – Aioria lo guardò stupito

  • Perché dovremmo allenarlo?

  • Perché ce lo ha detto …

  • Va bene, va bene …questo l’ho capito … ma onestamente … a lui cosa gliene viene a diventare un cavaliere di Athena?

  • Ma cosa dici Milo? – Aioria lo guardò ancora più sorpreso – è un onore servire Athena …

  • Avanti Aioria! Sai anche tu che lui non è un predestinato! E’ evidente

  • Vuoi dire che il suo aspetto …

  • Voglio dire che non sento in lui la ben che minima luce di cosmo … neanche una briciola …. vuoi dire che tu la senti?

  • In effetti no …. Ma ciò non di meno ci è stato chiesto di allenarlo e noi ….

  • E noi lo facciamo anche se sappiamo che questo significherà portarlo alla morte?

  • Io ….

  • Lui è un predestinato

  • Cosa? – entrambi i cavalieri si voltarono verso Mya che li aveva raggiunti al centro dell’arena

  • E’ un predestinato – la ragazza sorrise malinconicamente – magari non nel senso che intendete voi, magari non sarà mai un cavaliere, magari non è quello il suo destino, ma lui deve rimanere qui al Grande Tempio

  • Scusami cara – Milo sfoggiò il suo sorriso accondiscendente – ma sinceramente non so di cosa tu stia parlando

  • Lo vedo nel suo destino …. Lui è qui per salvare Athena

  • Lo vedi? – Milo alzò un sopracciglio, mentre Aioria apri la bocca senza riuscire a dire nulla – e dove? Nei fondi del caffè?

  • No – Mya lo guardò seria in volto – mi basta chiudere gli occhi

  • Ah già … tu sei una veggente, giusto?

  • Io non sono una veggente, ne una zingara ne un clown e ne un fenomeno da baraccone! – per la prima volta Mya perse le staffe

  • Ehi …. Calmati! – Milo alzò le braccia, ridendo

  • Finitela! – Aioria rimase serio – non ha importanza come Mya abbia avuto questa intuizione, è comunque evidente che per il Grande Sacerdote Edgar ha importanza e noi dobbiamo obbedienza a lui perché ci porta il pensiero di Athena

  • Si padrone!

  • Milo non scherzare, o la nostra tregua finirà immediatamente!

  • D’accordo, ma comunque io non sono ancora convinto. Potrà anche essere un predestinato, come dite voi, ma non ad essere un guerriero. Possiamo farlo rimanere come valletto o qualcosa del genere, ma non sarà mai un guerriero, anche se la sua forza di volontà e la sua tenacia sono encomiabili.

  • Perché non fate decidere ad Edgar? – Mya li guardò entrambi

  • Edgar? – Milo la guardò stupito

  • Si … lasciate decidere a lui cosa vorrà essere.

I due ragazzi si voltarono ad osservarlo. Ormai sfinito, Edgar giaceva disteso sulla sabbia. Eppure, nonostante le forze lo avessero abbandonato da un bel pezzo, imperterrito continuava a sforzarsi. Gli avevano detto di effettuare 100 giri di arena e lui avrebbe fatto di tutto per effettuarli.

Milo sospirò.

  • E va bene, piccola Mya. Sarà Edgar a decidere cosa vorrà essere




***


Dopo una notte insonne e agitata, Camus all’alba si era alzato e mentre il resto del Castello di Asgard dormiva, era uscito per fare una passeggiata.

Mille pensieri affollavano la sua mente. Le parole di Aphrodite lo avevano sconvolto. Veramente si era innamorato della celebrante di Odino? Con la mente giudicava la cosa altamente improbabile. Lui, l’uomo che governava le energie fredde e che aveva il pieno controllo delle sue emozioni, come avrebbe potuto innamorarsi all’istante di una donna appena incontrata? Gli tornarono alla mente le parole di Mya e la sua profezia. E se la ragazza avesse avuto ragione? Scosse la testa, incredulo. Mai e poi mai lui si sarebbe innamorato di qualcuno. Non era quello il suo destino.

Un movimento alle sue spalle attirò la sua attenzione. Voltandosi, rimase esterrefatto nel trovarsi di fronte Hilda. Sentì nuovamente il battito del suo cuore accelerare e il sudore colargli dal collo nella schiena. Mentalmente si impose di mantenere la calma. Ridicolo innamorarsi così!

Lady Hilda gli sorrise e lo salutò con gentilezza. Camus ricambiò quel saluto, tentando di mantenere il controllo delle sue emozioni.

  • Cavaliere di Aquairus, mi fa piacere sapere che vi siete rimesso

  • Grazie

  • Già sveglio a quest’ora del mattino?

  • Si

  • Vi svegliate spesso così presto?

  • Si

  • Non siete un tipo molto loquace, vero? – Hilda sorrise

  • Io ….

  • Non vi preoccupate, non mi dovete alcuna spiegazione

  • E’ che … io ….

  • Hilda!

Camus vide arrivare Sigfried, il quale dopo avergli porto i suoi saluti, si accostò alla celebrante di Odino. Avvicinando il volto al suo orecchio, le sussurrò delle parole che il cavaliere di Athena non riuscì a comprendere. Il volto di Lady Hilda si fece serio, ma dopo un istante, gli regalò un altro sorriso

  • Vogliate perdonarmi, ma una situazione richiede la mia attenzione

  • Spero che non sia nulla di grave – per la prima volta Camus riuscì ad articolare una frase di senso compiuto

  • No. Devo solo approfondire alcune cose – Hilda si fece pensierosa – come ad esempio ….. la ragione per la quale i cavalieri di Athena sono venuti a trovarci ad Asgard

  • Io – Camus rimase sorpreso – pensavo che il motivo fosse contenuto nella lettera che il cavaliere di Cancer vi ha consegnato

  • Oh … si … li è spiegato un motivo … ma ho il sospetto che ve ne siano altri … voi non credete? – Lo sguardo della donna si fece gelido ed il cuore di Camus ebbe un fremito

  • Onestamente …. Non so cosa dirvi

Hilda rimase per un istante ad osservarlo, poi dopo aver fatto un cenno al suo cavaliere, si incamminò verso l’entrata del castello, seguita da Sigfried.

Camus era stato sincero. Non conosceva la vera ragione della loro presenza ad Asgard, eppure sentiva di aver tradito la fiducia di quella donna. Un moto di stizza lo invase. In fin dei conti lui non era devoto ad Asgard e alla sua celebrante, ma doveva obbedienza al Grande Sacerdote. Qualunque fosse la ragione della loro presenza in quei luoghi, quello che doveva fare era seguire la volontà del Pope.

  • E così vi siete rimesso?

Camus si voltò e incrociò il suo sguardo con quello di Maya. Osservandola vide nel suo viso quello di Mya. La prima volta che si erano incontrati era rimasto stupito ed era stato poco pronto ad interagire con quella ragazza, ma ora si sentiva meglio e non aveva nessuna intenzione di farsi sfuggire l’occasione.

  • Vostra sorella vi manda i suoi saluti

  • Cosa? – Maya spalancò gli occhi –

  • Vostra sorella Mya vi manda i suoi saluti

  • Impossibile – lo sguardo della ragazza divenne funereo – io non sono sorella di nessuno

  • Voi dite? – Camus decise di non mollare la sua preda, sapeva che lì aveva qualcosa da scoprire

  • E comunque Mya non affiderebbe mai un saluto per me ad una persona come voi

  • Perché non lo farebbe?

  • Perché non si fida di nessuno ….

  • Di me si

  • E perché dovrebbe? – la sicurezza di Camus avevano incrinato le certezze della ragazza

  • Il motivo non ve lo posso dire

  • Siete un bugiardo

  • Affatto

  • Allora? – Maya lo sfidò con lo sguardo – ditemi perché Mya si dovrebbe fidare di voi

  • Perché …. prova dei sentimenti nei miei confronti – Camus decise di stare al gioco

  • Sentimenti? – Maya lo guardò stupita – e voi li ricambiate?

  • Voi che ne dite?

  • Che cosa volete che ne sappia io?

  • Non riuscite a leggere nel mio futuro? – Camus decise di seguire il suo istinto

  • Nel vostro futuro? – Maya cominciò ad agitarsi, possibile che Mya gli avesse confidato così tanto? – Che volete che ne sappia io del vostro futuro?

  • Ad occhio e croce … molto – lo sguardo di Camus divenne glaciale – perciò mi aspetto da te una risposta … che cosa vedi nel mio futuro?

  • Lo vuoi veramente sapere? E va bene – Maya chiuse gli occhi e si concentrò, poi li spalancò – vedo la morte!

  • La morte? – questa volta fu il cavaliere di Aquarius a rimanere stupefatto

  • Si … vedo la morte …. La TUA morte! … In un luogo gelido e freddo.

Maya si voltò, allontanandosi velocemente. Dalla faccia del cavaliere di Aquarius aveva intuito che Mya non le aveva raccontato la verità, o almeno non quella che riguardava loro due. Provò un senso di frustrazione e di rabbia. Era stata presa in giro da quell’uomo e lei odiava essere raggirata. Gliel’avrebbe fatta pagare. Era una promessa che avrebbe mantenuto.

Camus la lasciò andare, troppo sorpreso dalla profezia della ragazza per reagire alla sua fuga. Era convinto della sua intuizione e cioè che anche Maya, come la sorella, sapesse leggere il futuro. Eppure il futuro da lei previsto era l’opposto di quello della sorella. Mentre Mya gli aveva detto che lo attendeva l’amore, ora gli era stato predetto un destino di morte.

Aveva sperato, sentendo la profezia della ragazza, di calmare il suo cuore e la sua mente e invece, ora, sentiva l’agitazione salirgli ancora più intensamente. Quale era la verità sul suo destino? Che cosa gli riservava il futuro? E cosa nascondeva quella ragazza così curiosa? Tante domande a cui avrebbe dovuto trovare velocemente una risposta.



***


Aioria si sdraiò sul suo letto. Dopo essersi caricato Edgar in spalla, lo aveva portato fino alla V casa. Lo aveva spogliato e messo a dormire su uno dei letti che si trovavano in una delle tante stanze dietro la sala principale. Non dubitava del fatto che l’ometto avrebbe dormito come un sasso fino al giorno dopo.

Lui e Milo lo avevano osservato fino al tramonto, senza intervenire. Aveva provato più volte a rialzarsi per continuare la sua corsa, ma l’ometto alla fine, sopraffatto dalla stanchezza e dalla fatica, si sera addormentato sulla sabbia.

Milo non aveva mancato di notare come Edgar, anche nel sonno assumesse una posizione improbabile: bocca aperta e bava alla bocca. Eppure il cavaliere di Scorpio non aveva manifestato alcun fastidio in quel commento. Se non lo avesse conosciuto così bene, Aioria avrebbe addirittura pensato di sentire un tono di condiscendenza in quelle parole.

Con il sonno di Edgar si erano conclusi gli allenamenti. Milo si era offerto di accompagnare Mya, ma la ragazza aveva gentilmente declinato l’offerta e solitaria, si era incamminata verso la dimora delle ancelle.

A quel punto il cavaliere di Scorpio aveva lasciato a lui il compito di occuparsi del loro allievo e si era allontanato fischiettando.

Aioria dubitava che sarebbero riusciti a fare di quel buffo omino un vero cavaliere, ma non aveva alcuna intenzione di rinunciare al suo allenamento. Non era un tipo che mollava e sentiva che qualcosa di buono ne sarebbe uscito.

Chiuse gli occhi e l’immagine del volto di Marin proruppe nei suoi pensieri. Spalancò gli occhi e si mise seduto. Il suo cuore aveva cominciato a battere più velocemente e una strana sensazione lo aveva invaso. Aveva sempre sospettato che la sacerdotessa guerriero, dietro quella maschera, nascondesse un bel viso, ma dopo averla vista, aveva avuto la certezza che quella ragazza avrebbe potuto giocare con il suo cuore come avrebbe voluto.

Sospirò pesantemente. Ci mancava solo l’amore a complicare la sua già misera vita. Si sdraiò nuovamente, concentrandosi sull’idea di dormire.

Faticò molto, ma alla fine riuscì ad addormentarsi. Eppure quella notte il sonno non era nel destino del cavaliere del Leone. Poco dopo l’una, infatti, qualcuno, con un pugnale in mano, entrò nella sua dimora, pronto a compiere il destino che la sera prima incautamente era stato scritto per lui.




Che bello! Sono riuscita a scrivere un nuovo capitolo in tempi relativamente brevi …. Forse riuscirò a dare una continuità a questa storia? … Spero che il racconto si stia evolvendo in maniera soddisfacente per chi ha ancora voglia di leggerlo . Enjoy!

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Capitolo 10
*** Capitolo X - Domande inaspettate ***


Capitolo X

Domande impreviste



Aioria si svegliò prima che il pugnale penetrasse nelle sue carni. Scivolò velocemente dal letto, riuscendo a schivare il colpo. Osservò il suo addome e vide un taglio superficiale da cui uno sprizzo di sangue stava uscendo. Si mise velocemente in posizione di attacco, pronto a polverizzare il suo aggressore, ma quando vide di fronte a lui Marin, si bloccò all’istante. Tutto si sarebbe aspettato, tranne di vedere la ragazza con il pugnale che lo aveva ferito su una delle sue delicate mani.

  • Ma cosa ti prende? Sei impazzita?

  • E’ la legge del Grande Tempio … la conosci anche tu

Senza aggiungere altro Marin si scagliò nuovamente contro di lui, ma questa volta Aioria, preparato all’attaccato, la immobilizzò velocemente, facendole cadere il pugnale.

  • Marin, ma cosa ti succede?

  • Lasciami – la ragazza tentò di liberarsi – in modo che possa ucciderti, oppure uccidimi tu!

  • Ma cosa dici? – Aioria la guadò sconvolto – io non ti ucciderei mai

  • E allora sarò io a farlo!

Benchè provasse con tutte le sue forze, Marin non riusciva a sottrarsi alla presa di Aioria, ma in suo soccorso arrivò Edgar.

Svegliato dai rumori e incuriosito dal trambusto, l’ometto aveva aperto timidamente la porta della camera del cavaliere, trovandosi di fronte l’uomo che stringeva la ragazza in una morsa soffocante. L’occhio gli cadde sul pugnale e poi sulla ferita da cui il sangue stava sgorgando più velocemente

  • Aioria … tutto bene? – la sua voce tremava di paura. Se avesse potuto sarebbe scappato, ma non voleva tradire la fiducia del suo ospite

  • Si ….

  • Ma ….

  • Vattene!

La voce perentoria del cavaliere lo fece scappare. Chiuse la porta e si andò a nascondere dietro una colonna.

Era evidente che le cose non andavano bene, ma cosa poteva fare? Forse Marin, innamorata e delusa, aveva deciso di vendicarsi dell’oggetto del suo amore tradito, oppure Aioria l’aveva attirata con l’inganno per approfittare di lei e la ragazza stava cercando di difendersi, oppure … la testa di Edgar cominciò a vorticare. Doveva fare qualcosa, ma certo non affrontare quei due. Entrambi lo avrebbe polverizzato. Decise di chiedere aiuto, era l’unica possibilità che aveva per risolvere la questione. Uscì dalla V casa in cerca di qualcuno che potesse soccorrerlo.

Nel frattempo Marin, approfittando dell’attimo di distrazione del cavaliere, riuscì a liberarsi dalla sua presa e mettendo a segno un paio dei suoi colpi migliori, lo fece barcollare. Aioria si riprese velocemente, ma prima di fare qualsiasi mossa, decise di approfondire i motivi dell’aggressione. Abbassò la difesa e puntò i suoi occhi verdi sul volto mascherato della ragazza:

  • Puoi fare ciò che vuoi, ma prima dovrai spiegarmi cosa ti spinge a desiderare la mia morte

  • Io non desidero la tua morte – il comportamento del cavaliere la sorprese – devo solo rispettare le regole del Grande Tempio

  • Regole? – il ragazzo alzò un sopracciglio

  • Lo sai di cosa sto parlando

  • No … non lo so

  • Dici seriamente? – Marin osservò il suo sguardo e capì che non stava mentendo

  • Sono serio

  • Se un uomo vede il volto di una sacerdotessa, essa ha solo due possibilità: uccidere colui che l’ha usurpata oppure ….

  • Oppure? …. – Aioria alzò un sopracciglio, dubbioso

  • Oppure innamorarsi di lui ….

Marin abbassò il volto. Sapeva di indossare la maschera e sapeva che lui non avrebbe potuto vederla arrossire, ma si vergognò lo stesso delle sue parole.

Aioria rimase immobile, stupito e sorpreso. Possibile che nel Grande Tempio vigesse quella regola stupida e maschilista? E possibile che lui non ne avesse mai sentito parlare? Sospirò, pensando a quanto poco conoscesse il mondo a cui apparteneva. Si voltò ad osservare Marin e sorrise:

  • Perché sorridi?

  • Se è così …. Io non vedo dove possa essere il problema

  • Cosa? – Marin, suo malgrado, rimase spiazzata – cosa vuoi dire?

  • Hai detto che hai due opzioni ….

  • Si …

  • E allora non scegliere di uccidermi …

  • Cosa?

  • Amami

Aioria, con un balzo la atterrò e la bloccò sul pavimento. Istintivamente Marin tentò di liberarsi, ma il ragazzo glielo impedì. Tentò di liberarsi anche quando Aioria le tolse la maschera, ma invano. Si sentì nuda e priva di ogni difesa, mentre lo sguardo del ragazzo le si inchiodò addosso:

  • Lasciami – le parole della ragazza uscirono come una supplica piena di rabbia

  • Amami, Marin – Aioria le sfiorò le labbra dolcemente – perché io credo di amarti ….

Marin spalancò gli occhi terrorizzata. Per fortuna, prima che potesse dire qualcosa, nella stanza irruppero Milo ed Edgar.

Approfittando dello scompiglio che i due portarono, si alzò ed indossando velocemente la maschera, fuggì via dalla V casa.

Aioria non riuscì a fermarla. Si voltò verso Milo ed Edgar, adirato:

  • Che cosa ci fate qui?

  • Siamo venuti a salvare Marin – sul volto di Milo comparve un sorriso – o forse è te che siamo venuti a salvare?

  • Non c’era nessuno da salvare …. – il cavaliere di Leo abbassò lo sguardo per nascondere il suo stato d’animo

  • Mmmh … se lo dici tu … - Milo cominciò a guardarsi intorno, raccogliendo le informazioni in ogni dettaglio

  • Scusami Aioria … è colpa mia … credevo che tu fossi in pericolo

Anche Edgar abbassò lo sguardo. Non voleva mostrare agli altri i suoi occhi per paura che potessero comprendere la sua menzogna. La verità è che anche lui, come Milo, aveva avuto la sensazione che quella da salvare fosse Marin e la situazione in cui li avevano colti aveva rafforzato le sue paure.

  • Di un po’ – Milo si sedette sul letto del cavaliere – cosa ci faceva Marin nella tua casa?

  • Non sono affari che ti riguardano …. – Aioria tentò di dissimulare la sua rabbia

  • … e perché non portava la maschera? – il cavaliere di Scorpio ignorò le parole del cavaliere - ...sai che questo contravviene alle regole del Grande Tempio …

  • Cosa? – Edgar rimase sorpreso a quelle parole – quali regole?

  • Le sacerdotesse non devono mostrare il proprio volto a nessuno – Milo rispose senza guadarlo – se ciò dovesse, accadere saranno costrette ad uccidere colui che le ha usurpate

  • Perché?

  • Perché questa è la legge

  • Si, ma perché la legge è questa?

Milo e Aioria si voltarono a guardarlo, perplessi e indecisi sulla risposta da dare. In effetti nessuno dei due aveva mai pensato al motivo di quella regola. E nessuno dei due seppe rispondere ad Edgar. L’ometto sospirò:

  • Io odierei l’idea di dovermi nascondere se fossi bella … e immagino che Marin sia molto bella

  • Si … lo è – Aioria chiuse gli occhi e nella sua mente si formò il volto della ragazza

  • Amico, sei veramente nei guai

Aioria si voltò verso Milo, pronto a reagire alla sua battuta, ma questa non arrivò. Osservando il suo sguardo, invece, notò una vena di malinconia nei suoi occhi e si domandò se quel commento fosse sincero. Il ragazzo dai lunghi capelli biondi sorrise improvvisamente, ma prima che potesse aggiungere qualcosa, Edgar lo interruppe:

  • Ed ora che farai? E cosa farà lei? Se veramente hai visto il suo volto, dovrà ucciderti o verrà cacciata dal Grande Tempio …

  • Io … - Aoria balbettò qualcosa ….

  • Tranquillo Edgar bello – il sorriso di Milo si allargò – a tutto c’è una soluzione

  • Cosa vuoi dire? – l’ometto guardò affranto il cavaliere di Scorpio, possibile che quel tipo trovasse tutto esilarante?

  • Che Aioria farà innamorare di lui Marin e nessuno morirà … a parte quelle quattro ancelle che gli corrono dietro

  • Cosa? – Edgar lo guardò perplesso – ma perché? … se Marin si innamora di lui, Aioria avrà salva la vita, ma lei verrà cacciata perché non ha compiuto il suo dovere! Che storia drammatica … peggio di Romeo e Giulietta!

  • Chi sono Romeo e Giulietta? –sul volto di Milo il sorriso scomparve, lasciando il posto alla curiosità

  • Veramente non conosci la storia di Romeo e Giulietta??! – Edgar lo guardò ancora più stupito – ma tutti conosco la storia di Romeo e Gulietta!

  • Tu la conosci Aioria? – il cavaliere di Leo scosse la testa – vedi! Neanche lui la conosce e non guardarmi come se fossi ignorante!

  • Ma tu sei ignorante Milo – Aioria rispose distrattamente

  • Cosa? – Milo si mise in posizione di combattimento – bada, amico, comportati bene o altrimenti non avrai il mio aiuto, ma riceverai in cambio solo la mia collera!

  • Io non sono tuo amico! – anche Aioria si mise in posizione di attacco – e non ho bisogno del tuo aiuto!

  • Calma ragazzi! – Edgar sorrise nervosamente, domandandosi come fosse possibile che quei due litigassero sempre – non è il momento adatto … parlavamo di Marin, ricordate?

  • Il fatto è, caro Edgar, che, come ti dicevo prima, Marin ha un’altra opzione sul piatto, oltre a quella di uccidere il suo usurpatore …. Quella di innamorarsi di lui – Milo abbassò le braccia

  • Cosa? – Edgar spalancò gli occhi – ma è orribile!

  • Perché? – Milo lo guardò sorpreso

  • Come perché …. Essere costretta ad innamorarsi di un tizio che magari non vorrebbe mai ….

  • Vuoi dire che io non sarei adatto a Marin? – la voce di Aioria divenne dura

  • No …non volevo dire questo …. Io … ma perché scusa … tu ti innamoreresti di lei, sapendo che siete costretti a farlo perché se no uno di voi due morirebbe?

  • Ah ah ah ah …. Mio caro Edgar … tu di cuore non capisci nulla! – Milo gli fece l’occhiolino

  • Non sono un tuo caro … - Edgar rispose permaloso

  • Il fatto è, caro Edgar – Milo gli fece nuovamente l’occhiolino – che il nostro Aioria è già cotto della dolce Marin

  • Non è vero! – Aioria si alzò, ma poi si rimise seduto – si è vero …

  • Basterà fare in modo che il cavaliere dell’Aquila si innamori di lui e così avremo un matrimonio al posto di un funerale.

  • Sei odioso ... presuntuoso, arrogante, vanesio e superficiale – la collare di Aioria montò – per te tutto è semplice

  • Avanti Aioria, io non vedo cosa ci sia di difficile. Certo, non sarà facile per te far capitolare la dolce Marin. Se si fosse trattato di me, magari avrebbe ceduto subito, ma tu … beh …. Diciamo che non sei il massimo della compagnia per una giovane donna che vuole distrarsi. Però, insomma, sei belloccio e forse qualche possibilità ce l’hai pure tu … - Milo rispose sovrappensiero

  • Marin non si innamorerà di me.

  • Come fai a dirlo?

  • Questi non sono affari tuoi

  • Ormai lo sono diventati

  • No, non lo sono

  • Si

  • No

  • Perché dici che Marin non si innamorerà di te? – Edgar interruppe la schermaglia

  • Perché gli ho detto che l’amo e lei è scappata – lo sguardo di Aioria divenne cupo

  • Oh – Edgar rimase imbambolato a fissarlo

  • Ah – Milo rimase senza parole

  • Già – Aioria abbassò lo sguardo, per evitare che i suoi due interlocutori potesse vedere quanto fosse turbato

Il silenzio calò sulla stanza e nessuno dei tre riuscì a parlare, ognuno perso nei propri pensieri. Edgar si stava domandando come fosse possibile che una donna potesse resistere al fascino di Aioria. Se uno come il cavaliere del Leone poteva fallire, cosa attendeva un disadattato come lui?

Milo stava osservando il guerriero, chiedendosi che cosa si provasse ad essere veramente innamorati. Nella sua giovane vita aveva avuto tante donne, ma nessuna di esse aveva mai rapito il suo cuore. Vedeva la sofferenza di Aioria e questo tipo di sentimento lo rendeva collerico: un cavaliere del suo rango non poteva dimostrare tanta debolezza, ma allo stesso tempo provava invidia per quel sentimento puro e sincero. Aioria infine si stava chiedendo cosa avrebbe potuto fare per risolvere la questione. Anche se Marin non avrebbe ricambiato i suoi sentimenti, doveva assolutamente difendere la ragazza ed impedirle di compiere un atto che l’avrebbe portata alla rovina. Uccidere un cavaliere d’oro non era mai stata una buona cosa.

  • Beh – Milo si sciolse dal torpore che l’aveva catturato - a questo punto, amico, l’unico consiglio che mi sento di darti è quello di guardarti le spalle. Non vorrei che un giorno, voltandoti, vi trovassi un coltello piantato sulla schiena

  • Io invece penso che tu debba provarci ancora – Edgar afferrò le mani del cavaliere e le strinse – considera questo. Marin è stata, come dite voi, usurpata. Si è fatta coraggio ed è venuta a pulire l’onta del peccato

  • Ma come parli, amico? – Milo lo guardò perplesso

  • Poi viene qui e scopre che tu l’ami – Edgar ignorò volutamente il commento del cavaliere di Scorpio - Se fossi stato in lei, anche io sarei fuggito a gambe levate, non credi?

  • Io … non so – Aioria sembrò smarrito – forse ….

  • E’ così, ne sono sicuro – Edgar sorrise, fiducioso – ora tutto quello che devi fare è avere fiducia e dimostrarle che i tuoi sentimenti sono sinceri. Il resto verrà da se

  • Come fai ad essere così sicuro? – Milo lo guardò incuriosito

  • Perché deve essere così. Un ragazzo come Aioria non può ricevere un rifiuto …. No … non può – l’ometto parlò più a se stesso che agli altri

  • Dici?

Aioria lo guardò perplesso, ma in fondo non gli costava nulla credere alle sue parole. L’alternativa che aveva era quella di uccidere Marin o di farsi uccidere e nessuna delle due, visti i suoi sentimenti, gli sembrava percorribile. Decise, dunque, di credere in Edgar.



***


Nei giorni che seguirono il loro arrivo ad Asgard, Camus, a dispetto della sua calma e freddezza, non riuscì a domare i suoi sentimenti. Sentiva che qualcosa in quel posto non lo convinceva. Ma non era tanto il luogo, quanto le persone. Gli sembrava di essere diventato un pedone di una partita a scacchi che si stava giocando fra le Regina di quel luogo e il Grande Sacerdote di Atena.

Aveva domandato più volte ad Aphrodite e a Death Mask quale fosse il vero motivo della loro visita, ma nessuno dei due aveva saputo o voluto rispondergli. Cominciava a sospettare che i suoi compagni di viaggio gli stessero nascondendo qualcosa. Ma allora perché lo avevano portato con lui?

Aveva tentato di scoprire, anche, se in qualche modo Maya fosse coinvolta nel complotto: aveva compreso che la ragazza provava dei sentimenti di odio nei confronti di Lady Hilda, ma non era riuscito a reperire alcuna informazione che la riguardasse.

Inoltre, sentiva su di se lo sguardo dei cavalieri di Asgard. Sapeva che controllavano ogni sua mossa e questo non gli permetteva di muoversi liberamente. L’unica cosa che gli restava da fare era, forse, quella di chiedere direttamente alla regina, ma le sue reazioni incontrollate ogni volta che la incontrava, non gli permettevano di pensare lucidamente. Eppure il fato continuava a metterla di fronte al suo cammino, come in quella mattinata particolarmente fredda.

Camus stava girando per il parco, immerso nei suoi pensieri, quando con lo sguardo, incontrò quello di Lady Hilda, che seduta sul bordo di una fontana ghiacciata lo stava fissando da qualche minuto. Il cavaliere di Aquarius fece un grande respiro e le si avvicinò:

  • Buongiorno Lady Hilda

  • Buongiorno a voi, cavaliere di Aquarius. Come state oggi?

  • Bene – Camus si osservò i piedi – e voi?

  • Anche io, grazie – Hilda sorrise e il cuore di Camus ricominciò a galoppare

  • Io … volevo chiedervi … beh ….

  • Sapete – Hilda lo interruppe – ero convinta che i cavalieri di Atena avessero talmente tanto coraggio che nulla li avrebbe spaventati, eppure ogni volta che ci incontriamo sembrate terrorizzato dal dover parlare con me

  • Beh io – Camus tentò di riprendere il controllo dei suoi pensieri – è che non sono molto abituato a parlare con donne del vostro rango

  • Del mio rango? – Hilda lo guardò stupita – quindi è il mio ruolo che vi intimorisce? Allora devo porgervi le mie scuse, cavaliere di Atena

  • Scuse? – Camus rimase incantato ad osservare il suo volto sorridente

  • Si, visto che in qualche modo sono responsabile del vostro disagio, vi faccio le mie scuse. Non voglio che i miei ospiti si debbano sentire a disagio

  • Non è colpa vostra, milady - Camus abbassò nuovamente gli occhi, non riuscendo a sopportare tanta bellezza – sono io che non sono capace di gestire i miei sentimenti

  • Sentimenti? – Hilda lo guardò ancora più stupita – perché parlate di sentimenti?

  • Volevo dire emozioni … io non sono molto bravo con le parole

  • Capisco – Hilda intuì finalmente quale fosse il problema del cavaliere e sorrise dolcemente – ad ogni modo, spero che ben presto riusciate a rilassarvi.

  • Lo spero anche io

  • Ora, se volete scusarmi, devo tornare al mio ruolo di regina – Hilda si fece pensierosa – sapete? A volte il mio rango mette a disagio anche me

  • Come mai? – Camus la osservò attentamente

  • Troppe responsabilità per una ragazza … non credete?

  • No, se la ragazza è in grado di sopportare sulle sue spalle tali responsabilità e … le vostre di spalle mi sembrano molto solide

  • Arrivederci cavaliere – Hilda fece per voltarsi, ma Camus la fermò prendendole la mano. Il contatto fece correre un brivido ad entrambi e il cavaliere, come se fosse stato colto da una scarica elettrica, lasciò subito la presa – perché mi avete fermato?

  • Ho bisogno di comprendere alcune cose, Lady Hilda, e dopo settimane sono giunto alla conclusione che solo voi possiate rispondere alle mie domande

  • Capisco – Hilda lo fissò per un istante per valutare se quell’uomo meritasse la sua fiducia ed istintivamente decise di credere in lui – e sia. Voi volete sapere quale sia il vero motivo che vi ha spinto fino qui ad Asgard

  • Io – Camus la guardò sorpreso – si

  • Il motivo è che il vostro Grande Sacerdote vuole uccidermi

  • Cosa? – il cavaliere spalancò gli occhi, incredulo – non è possibile. Perché dovrebbe avercela con voi?

  • Non lui …. lui soddisfa solo la richiesta di qualcun altro

  • Qualcun … chi?

  • Ho notato che la prima volta che avete visto Maya siete rimasto alquanto sorpreso e ho compreso che forse il vostro stupore derivasse dalla considerazione che avevate già visto prima quella ragazza. Strano, però, visto che Maya non ha mai lasciato le terre di Asgard …. Ho visto giusto?

  • Si – Camus iniziò ad intuire i pensieri della regina

  • Ho compreso allora che Mya si trova ad Atene … giusto

  • Si

  • E con Mya, credo, ci sia anche sua madre …. La sacerdotessa di Asgard

  • Sacerdotessa di Asgard?

  • Già – Hilda, sospirando, si sedette nuovamente sul bordo della fontana ed invitò Camus a fare altrettanto – un tempo ad Asgard due erano le figure che dovevano mantenere l’ordine: una era la celebrante e l’altra era la sacerdotessa. In mano alla prima le chiavi del presente e alla seconda quelle del futuro. Tutto seguiva un sentiero delineato da Odino …. Almeno fino a quando Calliope non ha tentato di sovvertire le cose.

  • Sovvertire? In che modo?

  • Voleva cambiare il destino … per le sue figlie. Odino aveva scelto me come celebrante, ma Calliope ambiva al mio ruolo … non per lei, ma per la sua figlia prediletta.

  • Mya …

  • Esatto … ma non è solo quello …. il problema è, Camus, che Calliope non avrebbe dovuto avere due gemelle … ogni sacerdotessa deve mantenere il suo potere integro ed invece Mya e Maya dividono il dono che Odino ha regalato alla loro famiglia

  • La capacità di leggere nel futuro – Camus parlò ad alta voce, senza pensarci

  • Si – Hilda lo guardò – voi come fate a saperlo?

  • Entrambe hanno visto il mio futuro?

  • Veramente? – Hilda lo guardò sorpresa – e cosa vi hanno detto?

  • Beh … - Camus era indeciso se proseguire, ma aveva bisogno di sapere – una ha previsto la mia morte e l’altra … un destino fatto di …. vita … ma quale dei due è quello vero?

  • E’ questo il problema – Hilda sospirò – nessuno lo sa, neanche loro. Solo Calliope sa quale sia il destino che attende tutti noi …. Anche se non in maniera esatta …. Come sapete il futuro è sempre in movimento e neanche a lei è concesso di sapere la verità

  • Comprendo … ma tutto questo cosa c’entra con il fatto che il Grande Sacerdote vuole la vostra vita?

  • Il consiglio di Asgard congelò la nomina della sacerdotessa e Calliope, dopo aver subito l’onta di vedere scelta me invece di sua figlia, non sopportò la decisione e così tentò di prendere il potere con la forza, fallendo. Il consiglio la bandì da Asgard

  • Anche le sue figlie furono bandite?

  • No, ma Mya decise di seguirla – Hilda tornò a guardare il giardino – vedete, Mya è molto buona e non tollerò l’idea di lasciare sola sua madre e così la seguì, mente Maya decise di restare

  • E voi vi fidate di lei?

  • No – Hilda sorrise – ma non posso cacciarla senza un motivo, non credete?

  • Già – Camus cominciò a guardare il giardino – ma questo non giustifica le vostre accuse verso il Grande Sacerdote

  • Io credo che per qualche motivo, a me sconosciuto, il vostro Pope abbia stretto un accordo con Calliope. In cambio di qualche favore da parte di lei, lui avrà promesso di offrirle la mia vita.

  • Non c’e’ niente che quella donna possa dare al nostro Grande Sacerdote – il tono di Camus si fece duro

  • E voi come potete dirlo

  • Voi come potete affermare che noi siamo qui per uccidervi. E se lo credete, perché mi state confessando i vostri sospetti?

  • Non voi, cavaliere di Aquarius – Hilda sorrise – di voi non ho mai sospettato, ma non posso dire lo stesso dei vostri due compari.

Camus rimase in silenzio. Non poteva darle torto se non si fidava di Death Mask e Aphrodite, neanche lui si fidava. Ma non poteva neanche credere che la loro missione consistesse nell’uccidere Lady Hilda. E se queste erano le intenzioni del Grande Sacerdote, perché lui era lì?

Alla mente gli tornò la sensazione spiacevole che negli ultimi tempi l’aveva accompagnato ogni volta che era stato al Grande Tempio. Da molto non avvertiva più la presenza di Atena in quei luoghi, ma questo non voleva certo dire che il Pope fosse un traditore. Si domandò se i suoi sentimenti per Lady Hilda stessero offuscando il suo giudizio.

Mentre Camus combatteva una battaglia interiore per far luce sui suoi sentimenti e sui suoi sospetti, due uomini stavano osservando la scena, abbastanza lontani per non farsi notare, ma così vicini da poter ascoltare la conversazione fra il cavaliere di Atena e la regina di Asgard.

  • Credi che la nostra missione sia compromessa? – Death Mask sibilò tra i denti – se è così giuro che spedirò Camus all’inferno e se tornerà ce lo accompagnerò di persona

  • Calmati, amico – Aphrodite mantenne il suo tono distaccato – abbiamo ancora delle chance

  • Ma poi perché ce lo siamo dovuti portare dietro?

  • Ordini del Grande Sacerdote

  • Ma perché? A che ci serve quell’idiota?

  • A imprigionare Lady Hilda nel ghiaccio eterno, così che il nostro Pope non possa essere accusato di aver ucciso la regina di Asgard – Aphrodite sorrise – per toglierla dai piedi sarà sufficiente imprigionarla in una teca di ghiaccio, ma solo Camus, ahinoi, ha questo potere

  • Anche all’inferno non sarebbe morta – Cancer rispose rabbiosamente – ad ogni modo dubito che Camus la imprigionerà. Già si era lasciato affascinare da quella donna. Ora che lei ha insinuato in lui il dubbio, non acconsentirà alla nostra richiesta. Neanche se gli diciamo che è un ordine del Grande Sacerdote

  • Mmmmh …. Credo anche io che non si lascerà influenzare

  • E allora dovrete tornate dal vostro Pope e dirgli di attendere tempi più maturi

I due cavalieri, sorpresi si voltarono in direzione della voce che avevano sentito. Entrambi si stupiro nel trovarsi di fronte la giovane Maya. Ahrodite fu il primo a parlare:

  • E così tu sei la figlia di quella veggente che ora lavora per il nostro Grande Sacerdote

  • Non so ….

  • Dimmi un po’ ragazzina – Death Mask le afferrò il braccio – che cosa sta usando tua madre per manipolare il nostro Pope?

  • Che cosa triste sentire due cavalieri di Atena dire che il loro Grande Sacerdote è così debole da lasciarsi influenzare da una qualsiasi sacerdotessa

  • Tua madre legge il futuro

  • E dunque? – Maya mostrò indifferenza alle parole di Aphrodite, ma la stretta di Cancer cominciava ad innervosirla

  • Che cosa ha letto nel futuro del Grande Sacerdote?

  • Che vuoi che ne sappia io? Non vedo mia madre da un bel po’

  • Ma anche tu riesci a leggere nel futuro

  • E’ vero – Maya sorrise sornionamente – ma non è detto che quello che vedo io è quello che accadrà

  • E non è detto che accadrà comunque – Aphrodite rispose ricambiando il sorriso

  • Ti sbagli! – Maya reagì con rabbia – quello che vede mia madre accade sempre. Lei ha le chiavi del futuro

  • Cosa vedi nel nostro futuro?

  • Cosa? – la domanda di Death Mask spiazzò sia Maya che Aphrodite

  • Ma cosa te ne importa? – il cavaliere dei Pesci reagì malamente – tanto non sai se quello che lei ti dice è vero

  • Vedo gloria e potere per voi due – Maya si fece seria – ogni vostro desiderio esaudito

  • Dici veramente?

  • Si. A patto che ora torniate al Grande Tempio e riferiate al vostro Grande Sacerdote che i tempi non sono ancora maturi.

  • Pensi che siamo due idioti? – Aphrodite sorrise nuovamente

  • No. Per questo vi dico di lasciar perdere. Il vostro amico, lì, che da quello che ho capito dovrebbe essere l’esecutore materiale della fine di Lady Hilda, è talmente idiota da essersi innamorato della sua vittima e voi non riuscite a trovare un piano alternativo. Non credo che abbiate altre possibilità

  • Senti ragazzina … - Death Mask strinse ancora più forte la presa

  • Lasciala stare – Aphrodite fece in modo che il cavaliere di Cancer le lasciasse il braccio – ma tu manterrai il nostro segreto?

  • Io voglio diventare regina di Asgard …. E farò di tutto per raggiungere il mio scopo. Ora però dovete andarvene. Il vostro amico ha percepito la vostra e la mia presenza.

Death Mask e Aphrodite fecero in tempo a sparire, prima che Camus riuscisse a vederli, ma non gli sfuggì l’esile figura di Maya, che nascosta dietro uno degli angoli del castello, era rimasta a fissarlo con sguardo fermo e crudele. Il cavaliere di Aquarius, benchè ancora poco convinto dalle parole di Lady Hilda, convenne, però, che di quella ragazzina c’era poco di cui fidarsi.




Ahinoi! … E’ passato veramente tanto tempo dall’ultimo aggiornamento. Chiedo umilmente perdono. In compenso questo capitolo l’ho fatto abbastanza lungo da andare un po’ avanti con la storia. A questo punto, forse, comincia a capirsi qualcosa di più. Chissà se Aioria riuscirà a far capitolare Marin e se Camus riuscirà a scoprire il piano di Calliope. Ed Edgar, il nostro prode, chissà se diventerà cavaliere di Pegasus? Al prossimo capitolo alcune risposte ;-)

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Capitolo 11
*** XI - Lotta per l'armatura di Pegasus ***


Capitolo XI

Lotta per l’armatura di Pegasus



Edgar sedeva sugli spalti dell’arena, aspettando di vedere sorgere il sole. Era nervoso, anche se meno di quello che avrebbe mai sospettato.

L’ultimo mese era stato il più faticoso, doloroso ed eccitante di tutta la sua vita. Si era svegliato tutte le mattine all’alba e dopo una colazione veloce, si era recato nei campi di addestramento.

Aveva sputato sangue e si era rotto tutte le ossa che aveva in corpo, anche quelle che non sapeva di avere. Tutto per arrivare al giorno che stava vivendo. L’incontro era fissato per le 12, quando il sole avrebbe raggiunto un punto alto nel cielo di Atene.

Avrebbe dovuto combattere con Cassius, il suo sfidante per l’armatura di Pegasus. Lo aveva incrociato un paio di volte durante i suoi allenamenti. Sempre accompagnato dalla sua addestratrice, Shaina.

Pensò che quella ragazza era un vero demonio. Delle volte, osservando la sua maschera, la paura lo aveva invaso. Considerò che neanche il suo avversario lo aveva impressionato in quel modo. Un giorno l’aveva vista litigare con Milo su chi dovesse occupare il lato più soleggiato del campo. Ricordava di aver pensato, vedendola discutere, che se sotto quella orribile maschera ci fosse stato un bel volto, avrebbe potuto innamorarsi di lei. Se non altro, per il semplice fatto che era riuscita a non indietreggiare di fronte a quel dispotico del suo maestro.

La sua mente, a quel punto, corse a Milo ed Aioria, al tempo passato con loro e a quanto avesse imparato da entrambi. Considerò che i giorni passati insieme, avevano mitigato le spigolature di entrambi e i due cavalieri, impegnato nell’obiettivo comune di renderlo presentabile, avevano stipulato una sorta di tacita alleanza.

Dalla sera della confessione, Aioria non aveva più parlato di Marin ed ogni volta che i due si erano incrociati per le vie del Santuario, si erano ignorati.

Dal canto suo, Milo aveva cominciato a trattarlo in maniera meno brusca, mostrando un lato gentile che mai avrebbe pensato di trovare in lui.

Sospirò, pensando alla grande delusione che avrebbe dato ad entrambi. Sapeva di non essere all’altezza di ottenere quell’armatura e sapeva anche di non aver avuto il ben che minimo miglioramento. Nonostante tutta l’attività fisica fatta, era rimasto un ometto basso, grasso e maldestro.

Ripensò a quel punto alla dolce Mya e le guance avvamparono in un istante. La ragazza lo aveva accudito e consolato in tutti quei giorni. Lo aveva aiutato ad alzarsi ogni sera dalla polvere di quel campo e lo aveva sorretto durante la traversata verso le stanze del dormitorio. Nelle lunghe sere solitarie gli aveva fatto compagnia, Era così che l’ometto aveva scoperto che Mya e sua madre avevano dimorato in altri luoghi prima di giungere ad Atene.

La ragazza gli aveva raccontato che sua madre sapeva leggere il futuro e che quel dono, almeno in parte, era stato dato anche a lei. Più volte Edgar aveva cercato di farsi dire cosa lo aspettava, ma lei si era sempre rifiutata, affermando che le sue profezie sarebbero state solo una parte della medaglia. Mya gli piaceva molto, il problema era che lui non le sarebbe mai piaciuto, perché Mya era innamorata di un altro. Era stata lei a confessarglielo. Non gli aveva detto il nome, ma lui sapeva che nel cuore della ragazza albergava l’immagine del cavaliere di Aquarius.

Camus, l’amore impossibile del suo amore, non era più tornato al Grande Tempio. La missione di Asgard si era conclusa e i cavalieri erano tornati ad Atena. Tutti, ma non lui. Da quello che gli aveva raccontato Milo, il cavaliere di Aquarius era tornato in Siberia, ad addestrare i suoi due allievi. Edgar ripensò alla sensazione di invidia che aveva provato nel sentire parlare dei due allievi di Camus: lui avrebbe voluto essere al loro posto. Il cavaliere delle energie fredde gli era mancato in quel lungo mese. Più volte avrebbe voluto sentire la sua opinione schietta ed onesta sul suo andamento.

Edgar alzò gli occhi al cielo, realizzando che tra meno di un’ora non sarebbe più stato seduto sugli spalti, ma avrebbe combattuto in mezzo al campo e la paura lo assalì. Cominciò a guadarsi in giro alla ricerca di una via di fuga ed il suo sguardo febbrile si fermò solo quando vide di fronte a lui la figura elegante del cavaliere di Aquarius.

Con un balzò lo raggiunse e lo strinse alla vita in un abbraccio soffocante. Camus sorrise, imbarazzato:

  • Anche io sono felice di vederti, Edgar

  • Oh, Camus … scusami – l’ometto mollò la presa e cominciò a grattarsi la testa – scusami … è solo che …

  • All’improvviso hai realizzato quello che ti aspetta e hai avuto paura …

  • Si, in effetti – Edgar cominciò a fissarsi le punte dei piedi – se Milo mi sentisse mi darebbe uno scappellotto, ma ho paura

  • Se Milo ti sentisse ti direbbe che è normale ….

  • Ne dubito – Edgar lo guardò perplesso

  • Forse hai ragione – Camus sorrise per la seconda volta – però te lo dico io che è normale

  • Già – gli occhi di Edgar si illuminarono – ma tu … cosa hai fatto? …

  • Che vuoi dire? – il cavaliere lo guardò sorpreso – vuoi sapere cosa ho fatto in questo mese e perché sono qui?

  • No, so che sei stato in Siberia e immagino che sei qui per l’incontro – Camus annuì – ma … ti vedo diverso …

  • Diverso? In che modo?

  • Ti vedo più … - Edgar arrossì – più umano … malinconico … ecco ….

Camus rimase in silenzio ad osservare l’ometto. Possibile che fosse così evidente il suo cambiamento? Ci pensò un po’ e concluse che non era evidente agli altri, ma ad Edgar.

L’uomo di fronte a lui, gli aveva dimostrato in diverse occasioni di possedere una capacità speciale di comprendere chiaramente le emozioni che albergavano nelle persone che erano intorno a lui. Probabilmente perché aveva passato la sua intera esistenza ad osservare gli altri. Lo invidiò per quel dono. In fondo sapere che cosa passava nella mente degli altri, lo avrebbe aiutato ad affrontare meglio la vita. Considerò l’eventualità di confessargli quanto gli era accaduto ad Asgard ed un fitta al cuore si presentò improvvisamente. Era passato tanto tempo dal suo viaggio, eppure al solo pensiero della regina di quelle terre, il suo cuore continuava a sussultare. Si maledì per essere stato così incauto e debole e provò un sentimento di rabbia, solitamente estraneo a lui.

  • Non capisco di cosa tu stia parlando – il suo volto si fece serio e glaciale

  • Scusami … io – Edgar si sentì mortificato – scusami se ti ho offeso

  • No … tu … - gli occhi di Camus divennero meno severi

  • Eccoti finalmente … ehi … ma ci sei anche tu!

La voce di Milo distrasse entrambi. Il cavaliere di Scorpio, afferrò la mano dell’amico stringendola vigorosamente

  • Ehi Camus, felice di vederti. Sei qui per l’incontro?

  • Si

  • Vedrai! – Milo gli fece l’occhiolino – con Edgar abbiamo fatto miracoli. Magari non vincerà, ma almeno riuscirà a non farsi ammazzare

Le parole del cavaliere, se fosse stato possibile, buttarono ancora di più Edgar nello sconforto. Sapeva di non avere possibilità, ma sentirselo dire così apertamente, era troppo anche per lui. Farfugliò qualcosa sulla voglia di rimanere solo per concentrarsi e si allontanò velocemente, lasciando i due cavalieri d’oro soli. Camus guardò severamente il suo amico

  • Non pensi di essere stato troppo duro?

  • Volevi che dicessi che aveva qualche possibilità di vincere? – il sorriso scomparve dal volto del suo amico – almeno non si farà illusioni

  • Mi stai dicendo che lo hai fatto per lui? – Camus alzò un sopracciglio, dubbioso

  • Non ha alcuna possibilità di vincere, però può rimanere vivo. Questa è la realtà e questo è giusto che sappia

  • A volte, forse, la verità dovrebbe essere … sfumata

  • Sfumata? – Milo lo osservò con attenzione – tu, l’uomo di ghiaccio, che mi esorta a mentire?

  • Non ho detto questo – il cavaliere di Aquarius rispose stizzito

  • Sei sicuro di stare bene? – Milo lo guardò ancora più dubbioso – Cosa ti è successo in questi mesi?

  • Nulla

  • Avanti, amico, sei sparito. Almeno prima, una volta ogni tanto scrivevi. Ha a che fare con i tuoi allievi?

  • I miei allievi stanno bene e va tutto bene con loro

  • Mmmh – Milo lo osservò con molta attenzione e alla fine comprese – è per colpa di una donna!

  • Cosa? – Camus si mise sulla difensiva

  • Si, è così. E’ il tuo sguardo. Lo riconosco

  • Lo riconosci?

  • Si. E’ lo stesso sguardo malinconico di Aioria

  • Aioria? – Camus lo guardò confuso

  • Ah, già, tu non sai che il cavaliere di Leo si è innamorato della sacerdotessa Marin. E’ un mese che sta soffrendo … e a quanto pare anche tu … chi è lei?

  • Non so davvero di cosa stai parlando

Camus si allontanò prima che Milo potesse aggiungere altro. Era sconvolto e allo stesso tempo impaurito di come fosse diventato semplice leggere il suo cuore. Doveva imparare velocemente a nascondere i suoi sentimenti, ne andava della sua vita.

Rimasto solo, Milo cominciò ad osservare distrattamente l’arena. Scoprire che due dei suoi compagni di armi si erano invischiati in sentimenti così terreni gli aveva lasciato addosso una senso di agitazione. Si domandò cosa si potesse provare ad essere innamorati. Questo sentimento lo avrebbe reso una persona migliora? Ne dubitò. La forza rendeva le persone migliori, questo almeno era quello che gli era stato insegnato. Eppure, ripensando ad Edgar, considerò che l’ometto, pur non avendo la ben che minima forza, era una brava persona. E allora? Essere delle brave persone non significava essere il migliore. Sospirò. I pensieri così complicati non facevano per lui.

  • Agitato per l’incontro?

Milo si voltò alle parole di Shaina. Osservando la maschera che la ragazza indossava, si domandò se essa celasse un volto dolce e solare come quello di Marin. Provò l’istinto di toglierla, ma poi si bloccò. Non voleva dover subire l’ira di quella donna. O peggio, il suo amore.

  • Non sono affatto agitato

  • Perché sai che il tuo allievo perderà!

  • E’ inevitabile – Milo sorrise – Edgar perderebbe perfino con il mocciosetto che allena Marin

  • E allora perché questo incontro? – la voce di Shaina si abbassò – Perché in nome di Athena, il Grande Sacerdote ha voluto che combattesse contro Cassius?

  • Domanda interessante – Milo si grattò la testa – evidentemente questo è il volere di Athena. Ora se vuoi scusarmi, devo andarlo a recuperare, altrimenti non ci sarà nessun incontro.

Anche Aioria si aggirava per l’arena alla ricerca del suo allievo. Se in quel mese non avesse avuto da fare con Edgar, avrebbe rischiato di impazzire. L’amore per Marin era diventato un ossessione. La ragazza aveva fatto in modo di evitarlo dalla sera della sua confessione, ma lui sapeva che presto o tardi si sarebbero dovuti scontrare nuovamente. Non voleva dover combattere con lei, ma allo stesso tempo l’idea che la ragazza potesse ricambiare i suoi sentimenti lo avevano gettato in uno stato di agitazione permanente. La verità è che aveva paura di non riuscire a gestire la situazione.

Quando finalmente trovò Edgar, era immobile in un angolo del bosco che costeggiava l’Arena, mentre Seiya, l’allievo di Marin lo stava colpendo sulla pancia. Era evidente che l’ometto stesse soffrendo, eppure non mostrava alcun cedimento.

Aioria, con una mano, bloccò Seiya:

  • Che ti prende ragazzo?

  • Lui … lui è un usurpatore – Seiya tentò invano di liberarsi – io devo sfidare Cassius, non lui!

  • Seiya!

La voce di Marin giunse in lontananza, ed il solo sentirla, buttò nuovamente Aioria in uno stato di agitazione. Il cavaliere lasciò andare l’allievo e cercò di impostare un aria serena in volto. Quando la sacerdotessa raggiunse il gruppo, ignorando Aioria, si rivolse direttamente ad Edgar:

  • Ti prego di perdonarlo. E’ molto scosso.

  • Non devi scusarti – Edgar sorrise – comprendo perfettamente. Ad ogni modo, se io potessi, rinuncerei volentieri. Non voglio morire, ma non ho altre alternative

  • Perché dici così? Ti sei allenato duramente e meriti di combattere per l’armatura.

  • E’ vero, mi sono allenato, ma i risultati sono stati deludenti – Edgar si voltò verso Aioria – non è vero maestro?

  • Io … - Aioria non voleva ferire i sentimenti del suo allievo, ma come poteva mentirgli?

  • Edgar – Marin ignorò nuovamente il cavaliere d’oro – tu devi credere di più nelle tue possibilità! Ognuno di noi, a proprio modo è speciale e tu lo dimostrerai

  • Ah! Eccoti qui, finalmente! – Milo si intromise, senza percepire la tensione dell’aria – ti ho cercato ovunque. Avanti Edgar. Tocca a te.

  • Io … - l’ometto li guardò smarrito

  • Avanti – Marin gli afferrò le mani, stringendole vigorosamente – dimostra il tuo coraggio.

  • Va bene

L’omino rispose sommessamente, poi, senza dire nulla, seguì Milo verso l’arena. Seiya tentò di protestare ancora, ma Marin con dolcezza, posandogli una mano sulla spalla, lo consolò dicendogli che sarebbe giunta anche per lui l’occasione per dimostrare le sue capacità. Il ragazzo, seppur poco convinto, annuì e poi si allontanò.

Aioria, rimasto solo con Marin, non riuscì a dire nulla e la ragazza, dopo aver atteso in silenzio, si voltò per allontanarsi.

  • Aspetta!

  • Hai qualcosa da dirmi, cavaliere? – la voce di Marin divenne fredda e distante

  • Si – Aioria cominciò a tormentarsi le mani – hai avuto modo di ripensare alle mie parole?

  • Quali parole?

  • Ti prego, non rendermi tutto difficile

  • Non so di cosa stai parlando, cavaliere – il tono della ragazza divenne aspro – so che devo ucciderti e che per farlo dovrò diventare ancora più forte

  • Non devi … se non vuoi – Aioria le prese le braccia – ti ho confessato il mio amore e se vuoi …

  • I cavalieri di Athena non amano … non possono amare

  • Cosa? Perché?

  • Come possono amare se devono costantemente combattere contro la morte? Non hanno tempo e risorse per farlo

  • La morte è così buia e selvaggia, fredda e dolorosa che noi cavalieri abbiamo bisogno di credere che qualcosa di bello esista

  • Dobbiamo credere nella giustizia e in Athena … altro non dobbiamo

  • Io credo di amarti … anzi … sono certo di amarti. Se questo non fa di me un cavaliere, allora sono pronto a rinunciare alla mia armatura, ma non al mio amore per te

Dopo aver dichiarato i suoi sentimenti, Aioria, con gentilezza, sfilò la maschera dal volto della sacerdotessa e senza attendere un gesto di assenso, si chinò per baciarla. La ragazza lo lasciò fare, impressionata dalla sue parole, ma poi, confusa e spaventata, lo allontanò, fuggendo via. Aioria non riuscì a fermarla e l’unica cosa che gli restò di lei fu la maschera.


Nel frattempo, un Edgar terrorizzato era stato condotto al centro dell’Arena. L’incontro stava per cominciare e nonostante di fronte ci fosse l’uomo più alto e possente che avesse mai incontrato, tutto quello a cui riusciva a pensare era che le sue piante, rimaste nell’appartamento dal giorno che era stato prelevato di peso da Milo e Camus , senza cure e acqua erano sicuramente morte. Cercò di allontanare quella parola dalla sua mente, senza successo.

Cominciò a guardarsi intorno, nella speranza di trovare una via di fuga o una motivazione al fatto che sarebbe morto in quel luogo sperduto e lontano dalla sua realtà, ma i suoi occhi si inchiodarono sul corpo elegante e possente del Grande Sacerdote che, accompagnato da Calliope, era venuto ad assistere al combattimento. Un brivido di paura lo attanagliò. Si voltò a guardare Cassius e considerò che tutto sommato preferiva morire per sua mano piuttosto che dover subire le ire dell’uomo che lo stava osservando dagli spalti.

Fu decretato l’inizio dell’incontro ed improvvisamente Edgar si ritrovò disteso a terra, senza alcuna voglia o possibilità di rialzarsi.

  • Non riuscirà mai a diventare cavaliere – il Grande Sacerdote commentò laconicamente

  • Se non interverrai in suo favore, no – Calliope sorrise – del resto, Grande Sacerdote, il destino vuole che l’armatura di Pegasus vada al moccioso

Saga si voltò ad osservare il giovane Seiya, che inconsapevole della sorte che era scritta per lui, osservava l’incontro malinconicamente al bordo dell’Arena. Saga si domandò come si potesse solo pensare che quel moccioso avrebbe potuto decretare la sua morte. Lui, cavaliere d’oro capace di ingannare anche gli Dei, sarebbe perito per mano di un ragazzino che a mala pena sapeva stare in piedi? Ridicolo! Eppure Calliope era così sicura. Si domandò se era il caso di continuare a fidarsi di quella donna misteriosa.

  • E se ti dicessi che non credo alle tue parole?

  • Libero di non farlo – la donna non perse il sorriso – sei tu che morirai

  • Cosa vedi nel futuro, ora?

  • E’ confuso, complesso – Calliope aggrottò la mente – il futuro è sempre in continuo movimento e tanti elementi sembrano tramare contro di noi.

  • Cosa vuoi dire?

  • La regina di Asgard è ancora viva

  • Non per causa mia …

  • E’ vero, Maya si è intromessa, ma presto farà in modo di compiere il mio desiderio.

  • Anche grazie al mio invito – Saga sorrise – non dimenticarti che è grazie a me se ciò accadrà

  • Si – Calliope si fece scura in volto – è vero. Il tuo invito porterà la Regina di Asgard qui e io e Maya, con l’aiuto dei tuoi cavalieri, la uccideremo. Però …

  • Però? – Saga si voltò ad osservarla

  • C’e’ ancora una cosa che devi fare per me

  • Cosa?

  • Fare in modo che il cavaliere di Aquarius muoia

  • Camus? – Saga rimase stupito – perché?

  • Perché rischia di intromettersi troppo

  • Oppure non ti va che l’altra tua figlia dipende troppo da lui? …

  • Il fatto che Mya sia innamorata di lui non c’entra con tutto questo. Lui rappresenta una minaccia per l’avverarsi dei nostri piani

  • Nostri?

  • Si – Calliope lo guardò severamente – nostri. Perciò dovrai farlo uccidere e ora aiuta quell’incapace.

  • Ti avverto! – la voce di Saga divenne gelida – nessuno può dirmi cosa deve fare e soprattutto non può farlo con il tono che hai appena usato

  • Io …. – Calliope abbassò lo sguardo – perdonami

Saga rimase ad osservare la donna ancora per qualche istante, poi ritornò a guardare l’incontro.

Vedendo Edgar scaraventato addosso al muro di contenimento, sospirò pensando che sarebbe stato arduo far credere agli altri cavaliere che quell’essere così insulso avrebbe potuto veramente indossare le vestigia di Pegasus. La sua anima di cavaliere si ribellò a tana inettitudine. Per un istante pensò di lasciarlo al suo destino, ma la parte più ambiziosa di lui prese nuovamente il controllo. Non voleva morire per mano del vero cavaliere di Pegasus e se questo significava donare l’armatura a quell’ometto goffo e grasso, allora avrebbe acconsentito a tanto orrore.

Si concentrò e utilizzando il Genro Mao-Ken ordinò a Cassius di perdere l’incontro contro Edgar.

Eppure, nonostante il colpo scagliato da Gemini, Edgar impiegò molto tempo a sconfiggere Cassius. Nonostante tutti i suoi colpi andassero a segno, i suoi pugni erano così deboli che non riuscivano a indebolire il suo avversario.

Shaina, sempre più incredula nel vedere il suo allievo, immobile cominciò a gridare e ad incitare, mentre Milo, Camus e Aioria osservavano silenziosi il corso degli eventi. Tutti e tre si erano resi conto che qualcosa era cambiato, ma nessuno di loro riusciva a comprendere cosa. Milo si voltò verso il suo amico

  • Maledizione! Se continua così, Edgar rischia di diventare il prossimo cavaliere di Pegasus

  • E’ qualcosa di veramente incredibile! – Aioria cominciò a scrollare la testa, mentre Cassius cominciava a cedere ai colpi dell’ometto

  • Già – Camus cominciò ad osservare gli spalti

  • Qualcuno ha cambiato le sorti dell’incontro

I tre cavalieri si voltarono verso Shaka, che nel frattempo li aveva raggiunti

  • Le sorti dell’incontro? Perché? – Camus fu il primo a parlare

  • Per lo stesso motivo per cui è stato potato qui quell’improbabile ometto

  • Stai dicendo che il Grande Sacerdote vuole che Edgar diventi Cavaliere di Pegasus?

  • Non so se sia lui a volerlo – Shaka rimase impassibile

  • E’ stato lui ad ordinarci di portarlo qui – Milo si intromise

  • Ma era quello che voleva veramente?

  • Che vuoi dire? – Milo lo guardò confuso – io quando parli non ti capisco, Shaka. Pensi veramente che qualcuno possa manipolare la mente del Grande Sacerdote?

  • Io non penso nulla, cavaliere di Scorpio. Io osservo

  • E cosa hai osservato? – Milo cominciava ad innervosirsi

  • Che il vostro allievo rischia di diventare un cavaliere di Athena e di certo non per le sue capacità

  • Si, ma come pensi che possa accadere questo?

  • Perché qualcuno vuole così – Shaka rimase impassibile

  • Senti santone! Già trovavo indisponente il tuo modo di comportarti, ora però scopro anche che non sei molto utile a comprendere le cose – Milo sbuffò – e non mi dire per favore che tu osservi, perché se osservassi sapresti dirmi qualcosa in più di ciò che è ovvio anche a noi

  • Milo smettila! – Camus usò il suo tono perentorio per interromperlo – ora non ci serve discutere. Ci serve capire

  • Ma perché parlate per frasi fatte?

  • Guardate

Aioria li invitò ad osservare l’arena, dove Edgar con il calcio più sbilenco che si fosse mai visto, riuscì ad atterrare un Cassius inebetito e incapace di reagire. Negli spalti calò il silenzio. Nessuno in cuor suo avrebbe mai creduto possibile che Edgar potesse veramente vincere l’armatura di Pegasus.

Il primo a gridare fu Seiya, incredulo e arrabbiato. Fu seguito da altri che, non considerando il luogo in cui si trovavano cominciarono a fischiare.

Edgar, immobile, osservò lo spettacolo intorno a lui e realizzò in che guaio si era cacciato. Si voltò prima a guardare l’armatura che campeggiava nella cintura esterna dell’arena e poi verso i suoi maestri. Aveva lo sguardo terrorizzato e Milo, per la prima volta in vita sua, provò compassione per un suo simile.






E così il nuovo cavaliere di Pegasus ha conquistato la sua armatura. Immaginate che combattimento, certo non rimarrà nella storia. Ora una parte del piano di Calliope si è avverata, ma questo sarà sufficiente? E la regina di Asgard? Morirà? …. Alla prossima ….

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Capitolo 12
*** XII - Tramare nell'Ombra ***


Capitolo XII

Tramare nell’ombra



Era passato un mese dallo scontro con Cassius ed il primo impegno ufficiale di Edgar come cavaliere di Pegasus arrivò in occasione della festa in onore della Regina di Asgard: lui ed altri cavalieri di bronzo avrebbero dovuto presidiare il salone dove si sarebbe svolto il ballo.

Era la prima volta che l’ometto partecipava ad una festa e lo faceva da cavaliere. Aveva indossato l’armatura con grande fatica e guardandosi allo specchio si era visto ripugnante. Certo non pensava di poter competere con i cavalieri d’oro, ma neanche di assomigliare ad un armadillo grasso.

Immobile, davanti allo specchio, aveva visto passare Mya e le era corso dietro. Solitamente refrattario a mostrarsi così, aveva rinunciato a nascondersi perché si era accorto, osservando il suo volto, che qualcosa la stava turbando.

Quando la raggiunse non ebbe, però, il coraggio di fermarla e così la seguì senza farsi vedere. La ragazza percorse tutte le case del Santuario, fino a giungere a quella di Aquarius.

Un dolore colse Edgar quando la vide entrare decisa. Rimase fermo, indeciso sul da farsi. Se Mya aveva intrapreso una storia con Camus, non voleva sapere e non voleva mostrare la sua debolezza più del dovuto. Eppure qualcosa lo spinse alla fine ad entrare.

Quando arrivò nella sala principale trovò la ragazza immobile al centro, in attesa che il custode della casa si mostrasse. Edgar si nascose dietro le colonne e attese con lei.

Camus non tardò a comparire. L’ometto lo osservò velocemente: indossava la sua armatura e aveva un aria altera. Ancora una volta provò un forte senso di invidia. Eppure non gli sfuggì la vena malinconica che attraversava gli occhi del cavaliere. Inoltre notò che era dimagrito dall’ultima volta che lo aveva visto.

Il cavaliere salutò gentilmente Mya, ma non le consentì di parlare:

  • Pensi veramente che riuscirai a nasconderti a me?

  • Io … - Edgar sentendosi scoperto, arrossì

  • Avanti. Esci da dietro la colonna – Camus si voltò ad osservarlo, ma rimase impassibile alla vista dell’ometto con indosso l’armatura

  • Edgar! – Mya rimase sorpresa – cosa ci fai qui?

  • Ti ho visto passare e mi è sembrato che fossi preoccupata … perciò ho deciso di seguirti. Perdonami

  • Non devi chiedermi scusa, Edgar – Mya sorrise – è bello sapere che ho degli amici che si preoccupano per me

  • Che cosa sei venuta a fare? – Camus tagliò corto

  • Io – Mya lanciò un’occhiata ad Edgar, ma poi decise di proseguire – sono venuta ad avvertirti

  • Avvertirmi? – il cavaliere d’oro si mostrò indifferente – avvertirmi di cosa?

  • Questa sera qualcuno proverà ad ucciderti

  • E ci riuscirà? – un sorriso curioso comparve sul volto di Camus

  • Sai che non posso sapere quello che succederà con sicurezza

  • Mmmh … però potresti sentire tua sorella – gli occhi del cavaliere divennero due fessure – e insieme potreste decidere quale sia il futuro migliore per me

  • Perché mi tratti così? – Mya assunse un’espressione malinconica

  • Perché sei qui e come fai a dirmi che qualcuno attenterà alla mia vita?

  • Camus, lei è venuta solo per aiutarti.

  • Oppure fa tutto parte di un piano? – il cavaliere d’oro ignorò ancora una volta Edgar

  • Quale piano? – Edgar lo guardò smarrito – ma di cosa stai parlando?

  • Del fatto che Calliope, sua madre, ha intenzione di uccidere la regina di Asgard

  • Perché?

  • Perché ha sempre pensato che quel trono spettasse ad una delle sue figlie – Camus osservò Mya – dico bene?

  • E’ vero. Come hai fatto a scoprirlo? – Mya rimase seria

  • Facendo molte domande

  • Sei stato ad Asgard?

  • Anche

  • E l’hai rivista?

  • Chi? – Camus sapeva a chi si riferiva, ma decise di ignorare la cosa

  • Hilda

  • Perché avrei dovuto?

  • Perché ne sei innamorato

Sul volto di Camus comparve una smorfia involontaria di fastidio ed Edgar comprese finalmente quanto i suoi sospetti sul cambiamento del cavaliere di Aquarius fossero fondati, ma quanto fosse sbagliata l’idea del motivo.

  • Stai cercando di cambiare argomento per non rispondere alle mie domande?

  • No – Mya rimase a fissarlo – mi sto facendo del male

  • Sai cosa penso? – Camus non reagì alle sue parole ed Edgar non potè fare a meno di pensare a quanto fosse freddo.

  • Pensi che mi sia alleata con mia madre e mia sorella e per una sorta di vendetta nei confronti di Hilda abbia deciso aiutarle ad uccidervi.

  • Non è così?

  • Ora basta! – Edgar per la prima volta alzò la voce – come puoi solo pensare che la dolce Mya possa essere così meschina. Sai quanto ti ama? Ne hai una vaga idea? E pensi veramente che una ragazza così dolce, innamorata di te, possa ordire un piano così sinistro?

  • Edgar calmati – Mya appoggiò la mano sul suo braccio e gli sorrise

  • Io non credevo di avere il coraggio, ma ti chiedo di combattere contro di me – Edgar cercò di non far vedere a Camus la paura in fondo al suo cuore

  • Non c’è bisogno – il cavaliere d’oro rimase ad osservarlo, pensando al fatto che ancora una volta quell’ometto lo aveva sorpreso, mostrando un coraggio inusuale, poi si voltò verso la ragazza – perdonami Mya. Non sono bravo in tutto ciò che riguarda la sensibilità. Sono certo della tua buona fede e so che il tuo avvertimento è sincero. Farò il possibile per non cadere in nessun tranello.

  • Il fatto è … – Mya si mostrò indecisa – che ho sentito dei discorsi … ma non …

  • Non me ne vuoi parlare perché non vuoi tradire la fiducia di tua madre

  • Si – Mya annuì – ma credo che mia madre sia in torto e non voglio che ti possa capitare qualcosa di brutto. Il fatto che tu non ricambi i miei sentimenti non deve voler dire che voglio il tuo male.

  • Comprendo. Sentiti libera di decidere al meglio. Io sono soddisfatto già di quello che mi hai detto.

  • Durante la festa di questa sera cercheranno di uccidere sia te che Hilda – Mya sospirò – so che sono coinvolti anche dei cavalieri d’oro, ma non so quali

  • Death Mask e Aphrodite

  • Come fai a saperlo? – Edgar sgranò gli occhi

  • Non ne sono sicuro – Camus si fece pensieroso – è solo un sospetto

  • Perché non vai dal Grande Sacerdote? – la voce di Edgar si alzò di due toni – lui è un uomo giusto

  • No

  • Ma perché?

  • Cosa altro sai? – Camus ignorò ancora una volta Edgar, rivolgendosi a Mya

  • Non so che senso abbia, invero – la ragazza si fece dubbiosa – ma credo di aver capito che vogliono uccidere anche Seiya

  • Seiya? – Camus si sorprese – l’allievo di Marin?

  • Si

  • Ma perché? – la voce di Edgar si alzò di un altro tono – lui non è un cavaliere

  • Ora non ha importanza – il cavaliere di Aquarius ancora una volta tagliò corto – dobbiamo fare in modo che ciò non accada. Tu, Edgar, vai da Aioria e digli di rimanere vicino a Seiya e di non perderlo mai di vista. Non dargli spiegazioni. Digli semplicemente che sono io che glielo chiedo

  • D’accordo – l’ometto annuì – e tu cosa farai?

  • Terrò d’occhio la regina di Asgard

  • E chi terrà d’occhio te? – Mya si agitò

  • Non ho bisogno di balie

  • Ma … - la ragazza si morse un labbro

  • Non preoccuparti – Camus sorrise, intenerito dalla preoccupazione di Mya – non mi accadrà nulla. Tu, però, restane fuori. E ora andate.

I due giovani lasciarono la casa dell’Aquario ed Edgar, dopo aver accompagnato Mya alla festa andò alla ricerca di Aioria.

Una volta trovato non fu difficile convincerlo: il cavaliere di Leo si fidava ciecamente di Camus e sapeva che una richiesta del genere era stata ponderata e valutata attentamente.



Aioria ordinò ad Edgar di tornare alla festa e poi andò alla ricerca di Seiya. Dopo molti tentativi di ricerca falliti, venne attirato dai rumori provenienti dal piazzale di fronte ad uno dei dormitori degli allievi.

Giunto sul posto, vide un gruppo di cavalieri d’argento che lottavano contro Marin, mentre Seiya giaceva in terra svenuto. Inizialmente rimase immobile ad osservare il combattimento. Era affascinato dalle movenze eleganti della sacerdotessa ed era colpito dalla sua capacità di fronteggiare quattro avversari suoi pari. Quando i cavalieri cominciarono ad avere la meglio, decise di intervenire.

Di fronte alla sua presenza la lotta cessò immediatamente ed i quattro cavalieri lo salutarono con rispetto:

  • Salute a te cavaliere di Leo

  • Salute a voi – Aioria cerò di mantenere un tono neutro – che cosa sta succedendo qui?

  • Nobile Aioria, stavamo camminando per i fatti nostri e quel moccioso ci ha mancato di rispetto, offendendoci e prendendoci in giro. Abbiamo cercato di ignorarlo, ma lui ha insistito nelle sue offese e così abbiamo deciso di dargli una lezione per fargli capire che si deve rispetto ai propri superiori. Nel frattempo è arrivata il cavaliere dell’Aquila che, come una furia, si è avventata su di noi e non abbiamo potuto fare altro che difenderci.

  • E’ vero quello che dicono? – Aioria si girò verso Marin

  • No – la ragazza rimase impassibile, nonostante le urla di protesta dei suoi avversari – questi quattro hanno attaccato Seiya senza alcun motivo, solo per divertirsi

  • Le tue accuse sono gravi – Aioria fece tacere gli altri con il solo gesto della mano – sei sicura di quello che affermi?

  • Si

  • Non è vero, nobile Aioria! Il ragazzo ci ha offeso

  • Ora basta! – il cavaliere di Leo cercò di mantenere il suo tono neutro – non ha più importanza. Ora andatevene

  • Noi esigiamo giustizia! – uno dei quattro cavalieri alzò la voce

  • Vi consiglio di andarvene se non volete subire la mia ira – il volto di Aioria si trasformò – nessuno può osare contraddire il mio giudizio

  • Ma …

  • Andate!

Gli uomini, colpiti dal “ruggito” del leone, se ne andarono silenziosamente e velocemente, mente Marin si andò a sincerare delle condizioni di salute del suo allievo.

Aioria prese fra le braccia il ragazzo svenuto e cominciò a dirigersi verso il confine nord del Grande Tempio. Marin tentò di fermarlo:

  • Ma dove stai andando? Il dormitorio di Seiya è dalla parte opposta

  • Dobbiamo portarlo fuori da qui almeno per un po’

  • Se è per quei quattro idioti, quando gli passerà la sbornia si dimenticheranno di tutto e …

  • Non erano ubriachi e non volevano divertirsi. Voleva ucciderlo

  • Ucciderlo? – Marin lo guardò perplessa – ma cosa dici? Perché avrebbero dovuto ucciderlo?

  • Questo non lo so, ma so che è così

  • Ma come fai a dirlo

  • Senti Marin – Aioria si voltò e gli puntò i suoi occhi color smeraldo addosso – fidati di me

La ragazza rimase immobile ad osservare il cavaliere e poi annuì:

  • Conosco un posto: una capanna abbandonata vicino al mare. Possiamo potarlo lì. Ma fino a quando?

  • Fino a quando non capiremo cosa sta succedendo

  • Va bene. Ma non c’e’ bisogno che vieni con noi. Rischi solo di compromettere la tua posizione

  • Non preoccuparti. Andiamo

Il cavaliere di Leo non attese la risposta della ragazza. Riprese la direzione indicatagli e ricominciò a camminare.



***


La regina di Asgard era giunta al Grande Tempio con una scorta, ma senza i suoi cavalieri di Asgard. Hilda aveva imposto ai suoi uomini, compreso Sigfrid di rimanere fuori dalla mura. Non voleva creare ulteriore tensione in una situazione già complicata.

Era giunta in quei luoghi per affrontare Calliope e comprendere se e quanto il Grande Sacerdote fosse coinvolto. Aveva rispettato il cerimoniale e aveva assistito a tutti gli eventi organizzati in suo onore. Al fianco del Pope aveva assistito alla parata e alle udienze, ma non era riuscita ad incontrare Calliope. Aveva avuto modo di conoscere molti dei famosi cavalieri d’oro e aveva incontrato nuovamente Death Mask e Aphrodite, ma non aveva avuto modo di vedere il cavaliere di Aqaurius.

Notando la sua assenza aveva chiesto al Grande Sacerdote se avrebbe avuto modo di incontrare tutti i cavalieri d’oro. Quest’ultimo le aveva risposto cortesemente che avrebbe avuto sicuramente modo di incontrare quelli che si trovavano al Grande Tempio. In questo modo, però, non era riuscita ad avere una risposta alla sua vera domanda. Non se la sentì di chiedere più direttamente, non voleva dare modo ad altri di intuire quanto quel cavaliere l’avesse incuriosita.

In tutto il cerimoniale delle visite era stata accompagnata da Maya che era rimasta in silenzio accanto a lei. Hilda si era accorta degli sguardi rivolti alla sua ancella e aveva compreso da essi che tutti avevano notato la somiglianza con Mya.

Dopo un breve riposo, Lady Hilda si recò con il suo entourage al ballo offerto in suo onore. Quando arrivò nella sala, distratta dalla ricerca delle persone che desiderava incontrare, non si rese conto di avere di fronte a lei uno dei cavalieri d’oro che erano mancati all’appello nell’incontro del pomeriggio e così sbattè addosso alle sue spalle. Il ragazzo si voltò, mostrandole un sorriso impertinente.

  • Scusatemi

  • Non scusatevi, Lady Hilda, è colpa della mia distrazione. Vedendovi arrivare, avrei dovuto spostarmi

  • Dall’armatura intuisco che anche voi fate parte della casta più alta dei cavalieri di Athena

  • Sono Milo, cavaliere di Scorpio e voi avete ragione – il ragazzo fece un mezzo inchino e Hilda sorrise

  • Piacere di conoscervi, Milo

  • Il piacere è mio – lo sguardo del cavaliere si posò sulla ragazza che accompagnava Hilda – ehi Mya, non sapevo che conoscessi la regina di Asgard

  • Lei non è Mya – Hilda fermò con la mano la ragazza – il suo nome è Maya

  • Ma …ya? – Milo la guardò, perplesso

  • Mya è mia sorella – la ragazza dai capelli rossi rispose in tono scortese – e vi prego di non commettere più questo errore

  • Perdonatemi – Milo abbozzò un gesto di scusa – è che voi le assomigliate molto

  • Lei è debole, io no!

Maya, senza dire altro, lo superò ed entrò nella sala, lasciando Milo incuriosito. Prima che Lady Hilda potesse dirgli qualcosa, i due furono interrotti dall’arrivo di un altro cavaliere d’oro.

Hilda aveva avuto modo di conoscerlo nel pomeriggio. Il suo nome era Aldebaran ed era il cavaliere del Toro. L’uomo la salutò con rispetto e attese che la regina si allontanasse, prima di parlare a Milo. Hilda, rendendosi conto che la sua presenza impediva all’uomo di parlare, si accomiatò da entrambi, ma non si allontanò di molto. Così ebbe modo di scoprire dalla loro conversazione che il cavaliere di Aquarius sarebbe presto giunto alla festa e che Milo era un suo caro amico.

Rasserenata, si recò verso il centro della sala, ma Maya la chiamò da una delle ali nascoste. Quando Hilda la raggiunse, Maya si scusò per il suo comportamento scostante.

  • Non ti preoccupare, comprendo il tuo nervosismo.

  • E’ solo che – Maya si guardò intorno con sguardo furtivo – ho incontrato mia madre. Vi aspetta nella sala del trono

  • Nella sala del trono?

  • Si – Maya annuì – mi ha detto che vuole parlarvi in privato per chiarire la situazione

  • Va bene. Tu fai in modo che non si accorgano della mia assenza

  • Si, mia regina

Quando Hilda si allontanò, sul volto di Maya comparve un sorriso crudele. Il piano stava procedendo senza problemi e di lì a poco, Lady Hilda avrebbe pagato per tutta la sua arroganza.



***


Edgar si aggirava per i corridoi che costeggiavano la sala cercando di mantenere un’aria vagamente onorabile. Sapeva di essere ridicolo con l’armatura di Pegasus addosso, tanto che i suoi compagni gli avevano imposto di presidiare i corridoi esterni per non mostrare il suo lardo agli occhi degli invitati, però non voleva mostrare a tutti la sua sofferenza e così cercava di mantenere un’andatura lenta e seriosa. Avrebbe voluto rimanere al fianco di Camus, ma sapeva che se lo avesse fatto, probabilmente lo avrebbe danneggiato invece di aiutarlo.

Immerso nei suoi pensieri non si rese conto di essere seguito da Milo, fino a quando il suo maestro non lo chiamò, facendolo sobbalzare dallo spavento:

  • E’ così che pensi di fare la guardia?

  • Io … io – Edgar cominciò a guardarsi i piedi

  • E per l’amore di Athena, smettila di guardarti quei piedi!

  • Si – Edgar alzò il mento e assunse una posa impettita

  • Senti Edgar – Milo sorrise – il compito che ti è stato affidato è importante. E’ dai corridoi che molto spesso possono giungere i più grandi pericoli

  • Veramente mi sembra di aver capito che mi abbiano imposto questa zona per evitare che gli ospiti vedano quanto sono ridicolo

  • Non ha importanza il motivo per cui ti hanno messo qui. Tu sei un mio allievo e io voglio che tu faccia tutto ciò che è nelle tue forze per fare in modo che questa zona sia sicura

  • Si!

  • E ora rilassati, andrai bene

Milo sorrise nuovamente, ma prima che potesse allontanarsi, Edgar lo fermò

  • Scusami … sai dove è Camus?

  • Camus? – Milo lo guardò incuriosito – dovrebbe essere qui a momenti, perché?

  • Sono preoccupato

  • Tu sei preoccupato? – Milo aggrottò la fronte – perché?

  • Io … è che …

  • Lascia perdere Edgar e non preoccuparti per lui

Milo si allontanò, ma voltato l’angolo una sensazione di disagio lo avvolse, come se nell’ombra ci fosse qualcuno nascosto e pronto ad attaccarlo in qualunque istante. Si voltò un paio di volte, senza però vedere nessuno. Eppure sapeva che qualcuno c’era. Per quanto fosse bravo a celare la sua presenza, sentiva che un cosmo aleggiava lì.

Il pensiero andò ad Edgar. Non voleva che gli potesse capitare qualcosa e sapeva che non era in grado di difendersi, per cui decise di rimanere in zona. Continuò a camminare, ma dopo poco andò verso un balconcino e attese.

Sentì dei passi in lontananza. Erano passi leggeri. Si affacciò nel corridoio senza farsi notare e riconobbe da lontano la figura elegante di Camus. Sorrise al pensiero di quanto fosse diventato paranoico, ma nell’istante esatto in cui abbassò la guardia, accaddero una serie di circostanze che gli fecero pentire di essere stato così superficiale.

Come prima cosa sentì espandersi un cosmo potente, ma non si rese conto immediatamente del colpo che venne scagliato in direzione del suo amico. Quest’ultimo, invece, attento e guardingo, riuscì ad attutirlo, ma non ad evitarlo.

Camus si ritrovò, così a terra, intontito. Milo uscì allo scoperto e si voltò verso il punto da cui era partito il colpo. Notò un uomo mascherato, con un mantello scuro che gli nascondeva il volto e si accorse del secondo colpo che partì da quelle mani.

Il colpo era sempre per Camus e così il cavaliere di Scorpio tentò di deviarlo, ma prima che lo raggiungesse, il colpo fu deviato dal corpo di un’altra persona. Con orrore Milo si rese conto che quel corpo apparteneva ad Edgar.

Lo vide volare e atterrare a 50 metri di distanza, ma non lo vide muovere nessuna parte del suo corpo. Con la coda dell’occhio vide partire un terzo colpo e vide Camus, rialzatosi nel frattempo, contenerlo tra le sue mani e rilanciarlo nella direzione del suo assalitore. L’uomo mascherato venne colpito. Anche Milo si mise in posizione di attacco e il loro avversario, compresa la situazione decise di fuggire. Il cavaliere di Scorpio, ancora sconvolto per il colpo subito dal suo allievo e accecato dalla rabbia, corse dietro all’aggressore, urlando a Camus di prendersi cura dell’ometto.

Il cavaliere di Aquarius non provò minimamente a fermare il suo amico. Sapeva che in situazioni del genere, nessuno avrebbe potuto farlo e così si andò a sincerare delle condizioni di Edgar. La prima cosa di cui si sincerò è che fosse ancora vivo. Per fortuna sentì il suo cuore battere ancora.

Osservando l’ometto svenuto si accorse che la sua armatura era stata seriamente danneggiata, ma per fortuna era servita a proteggerlo. Provò a risvegliarlo, ma senza successo.

Sorrise al pensiero che due cavalieri d’oro avevano avuto bisogno dell’aiuto di un ometto così goffo, eppure un senso di orgoglio lo avvolse. Edgar aveva dimostrato che il coraggio a volte fa più di un fisico possente e della forza fisica.

Mente stava cercando di rianimarlo, li raggiunse Mya. La ragazza aveva il fiatone e una gran fretta di parlare. Vedendo Edgar riverso sul pavimento, però, si bloccò impaurita.

  • Non preoccuparti – Camus si alzò – è ancora vivo

  • Cosa è successo? – la voce di Mya tremava

  • Il nostro Edgar mi ha salvato la vita – Camus sbarrò gli occhi, incredulo delle parole appena pronunciate

  • Oh ….

Le gambe di Mya cominciarono a tremare. Non voleva che accadesse qualcosa di brutto a Camus ed inoltre l’idea che Edgar potesse soffrire la addolorava.

Prima di poter cadere in terra, la ragazza si appoggiò al corpo del cavaliere di Aquarius e stringendosi a lui, si sentì protetta. Il cavaliere, impacciato, riuscì solo a posare una mano sulla sua spalla. Un senso di disagio e di malinconia lo avvolsero: pensò a come i sentimenti della ragazza fossero simili ai suoi e provò tristezza nel considerare che la causa del dolore di Mya dipendeva da lui e dal fatto che non provava alcun sentimento di amore nei suoi riguardi.

Mya si scrollò di dosso la sensazione di paura e facendosi coraggio, confessò il motivo per cui era andata a cercarlo:

  • Vogliono tendere una trappola a Hilda

  • Un trappola? – Camus si fece attento

  • Si. Maya l’ha fatta andare nella sala del trono, dicendole che mia madre le vuole parlare, ma io so per certo che non è così.

  • Andrò lì.

  • Vengo con te

  • No. Tu pensa ad Edgar

  • Ma io – Mya si voltò verso l’ometto e annuì, non poteva lasciarlo da solo – ma tu fai attenzione.

Camus non disse nulla e dopo un ultimo sguardo ad Edgar, corse verso la sala del trono. Arrivando, notò di fronte alla porta quattro guardie e concluse che i sospetti di Mya erano fondati. Si avvicinò, mantenendo un passo lento e un andatura altezzosa.

Tutti al Grande Tempio avevano soggezione di lui e quelle guardie non facevano eccezione. Quando lo videro si misero sull’attenti e aspettarono che rivolgesse loro la parola.

  • Perché state presidiando la sala del trono?

  • Ci hanno ordinato di non fare uscire nessuno

  • Chi ve lo ha ordinato?

  • La sacra sacerdotessa Calliope

  • Perché?

  • Non lo sappiamo. Ci ha detto solo di non far uscire nessuno dalla sala

  • Chi c’e’ nella sala?

  • Non lo sappiamo

  • Fatemi entrare

  • Ma – le guardie si guardarono smarrite – non possiamo …

  • Vi è stato ordinato di non fare uscire nessuno – Camus sorrise – non di non fare entrare qualcuno

  • Ma …

Le guardie si guardarono ancora più spaesate, ma poi annuendo, aprirono la porta per permettere a Camus di entrare. Del resto, nessuno di loro aveva il coraggio di rifiutare una richiesta del cavaliere di Aquarius.

Entrando nella sala, Camus fu attirato immediatamente dalla figura esile ed elegante della regina di Asgard. La ragazza, sentendo aprirsi la porta si voltò e vedendo il cavaliere di Aquarius di fronte a lui, sorrise dolcemente ed il cuore di Camus ricominciò a battere all’impazzata.



Uff … che fatica, ma ecco finalmente un nuovo capitolo. E così Camus e Seyia hanno rischiato la vita e ora anche Hilda. Si salverà? E Edgar? Riuscirà a riprendersi? E che fine ha fatto Milo?

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Capitolo 13
*** XIII - La storia si complica ... ***


Capitolo XIII

La storia si complica ….



Camus era rimasto incantato ad osservare Lady Hilda. Dall’ultima volta che l’aveva vista, circa due mesi prima, era ancora più bella. Si diede mentalmente dello stupido perché quello non era il momento di pensare a certe cose ed inoltre lui, il cavaliere delle energie fredde, doveva mantenere il controllo della sua mente se voleva avere una qualche possibilità di uscire da quella situazione.

Hilda salutò il cavaliere:

  • Finalmente ci incontriamo. Non vedendovi all’incontro con i cavalieri d’oro ho pensato che non foste al Grande Tempio

  • Io – Camus rimase sorpreso del fatto che avesse notato la sua assenza, ma cercò di rimanere concentrato su quello che dovevano fare – saluto voi, Lady Hilda. Perdonate la mia richiesta, ma devo chiedervi di seguirmi

  • Cosa? – Hilda lo guardò stupita – perché?

  • Non posso darvi molte spiegazioni. Non ne abbiamo il tempo.

  • Mi spiace, Camus, ma io non posso seguirvi. Sto aspettando una persona. Magari più tardi, quando avrò parlato con …

  • No! – la voce del cavaliere fu brusca e dall’espressione della regina di Asgard si rese conto che le doveva delle scuse – perdonatemi per il tono brusco, ma non ritengo che sia opportuno che voi incontriate nessuno.

  • Cavaliere – la ragazza si fece seria – se in qualche modo i miei gesti gentili vi hanno portato a pensare che avessi un qualche tipo di simpatia nei vostri riguardi …

  • Lady Hilda – Camus le prese il braccio e resistendo alla carica elettrica che ne seguì, lo strinse – non ho tempo per spiegarvi, ma la vostra vita è in pericolo. Seguitemi ed io farò in modo che non vi capiti nulla …

  • Cavaliere – Hilda era pronta a declinare nuovamente la richiesta, ma lo sguardo dell’uomo la bloccò

  • Ad Asgard mi avete detto che vi ho ispirato fin dall’inizio fiducia e allora ve ne prego, fidatevi. Sono qui per proteggervi. Non voglio che vi accada nulla di male …

Camus si morse il labbro prima di poter dire qualcosa che lo compromettesse e che mostrasse alla regina i suoi sentimenti, ma Hilda ascoltando il tono della sua voce comprese che qualcosa albergava nel cuore del cavaliere e che le sue intenzioni erano tutt’altro che negative. Acconsentì alla sua richiesta, annuendo con il capo e rilassando il braccio che Camus stringeva.

L’uomo non perse tempo e recandosi dietro il trono, tirò una corda che aprì una porta nascosta. Entrò per primo, seguito dalla regina. Cercando di non fare rumore, percorsero il tunnel fino all’uscita. Si ritrovarono così all’esterno della sala da ballo principale. Sentendo dei passi provenire verso la loro direzione, Camus si nascose dietro delle grosse tende, stringendo il corpo della regina a se.

Lady Hilda, appoggiata al suo torace, ebbe modo di sentire i battiti accelerati del suo cuore e rimase colpita dal fatto che un cavaliere di Athena, conosciuto per le sue capacità di governare le energie fredde, potesse mostrare tanta emotività. Alzò lo sguardo per osservare se le sue emozioni comparissero anche sul volto, ma si ritrovò a perdersi nei suoi occhi. Per un istante anche il suo cuore sussultò. Hilda abbassò velocemente gli occhi, dandosi della stupida. In un momento così particolare poteva pensare a tutto, ma non alla bellezza del cavaliere che la stava proteggendo.

Camus, seppure in difficoltà nell’averla così vicino, rimase concentrato e quando vide avvicinarsi Aphrodite ed Aldebaran, con un gesto del dito fece cenno alla regina di tacere. Cercò di celare il suo cosmo ai due cavalieri e pregò che non lo riconoscessero. Una delle guardie sopraggiunse:

  • L’avete trovata? – Aphrodite usò un tono neutro

  • Non ancora, nobile Aphrodite

  • Allora cercatela! – la guardia si allontanò ed il cavaliere dei Pesci cominciò a guardarsi intorno

  • Chissà come ha fatto a scappare – Aldebran parlò sovrappensiero

  • E’ stata aiutata

  • Aiutata? E da chi?

  • Io un certo sospetto ce l’avrei – Aphrodite si voltò nella direzione in cui si trovava Camus – ma prima dobbiamo trovarli

  • Io trovo ancora incredibile quello che ha detto la sacerdotessa

  • Vuoi dire che dubiti della parola di Calliope?

  • No, ma … - Aldebaran si grattò la testa – insomma accusare la regina di Asgard di aver attentato alla vita della nostra Dea … ecco … mi sembra troppo

  • Aldebaran … - il cavaliere dei Pesci sorrise – tu non sei un uomo di pensiero, ma di azione, per cui attieniti al tuo compito

  • Non c’è bisogno di essere così arrogante, non credi?

  • Avete avuto qualche notizia? – Shaka si avvicinò ai due cavalieri

  • Shaka! – Aldebaran sorrise, contento di vedere un volto amico – no ancora no

  • Provate a vedere nell’ala nord. Ho incontrato il cavaliere di Scorpio, trafelato, che correva dietro a qualcuno

  • E dietro a chi correva?

  • Da quel poco che sono riuscito a capire, stava correndo dietro a quello che ha cercato di uccidere lui ed il cavaliere di Aquarius

  • Andiamo!

Aphrodite, senza aggiungere altro, corse nella direzione indicata da Shaka e il cavaliere del Toro, seppure perplesso lo seguì.

Camus si domandò quanto tempo avrebbe impiegato il cavaliere di Virgo a scoprire il suo cosmo. Se aveva delle speranze con gli altri due, sapeva che con l’uomo più vicino agli dei, nessuna delle sue doti sarebbero valse a nasconderlo ancora a lungo. Infatti, dopo pochi istanti, il drappo della tenda che li nascondeva venne sollevato e Camus e Hilda si ritrovarono faccia a faccia con Shaka.

Il cavaliere dell’Aquarius si mise in posizione di attacco, ma il cavaliere di Virgo lo bloccò:

  • Non sono io il nemico, Camus

  • Cosa vuoi dire?

  • Vi conviene percorrere il corridoio ad ovest. Ho fatto in modo che nessuno vi intralcerà

  • Perché? Perché ci aiuti? – Camus rimase sospettoso

  • Perché so che la regina di Asgard è innocente

  • Come fate a saperlo? – Hilda abbassò il braccio di Camus e si sporse verso l’altro cavaliere

  • Perché non potete aver attentato alla vita di Athena

  • Alla vita di Athena? – Hilda si stupì di quelle parole

  • Perché? Come fai a dirlo? – Camus non si scompose

  • Perché Athena è tanti anni che non risiede più qui. Ora andate

Le parole di Shaka impressionarono Camus. Non comprendeva del tutto il loro significato, ma non aveva tempo di chiedere ulteriori spiegazioni e così decise di fidarsi di lui, anche perché non aveva altra scelta. Seguirono il consiglio del cavaliere di Virgo e senza incontrare nessuno, riuscirono ad uscire all’esterno delle mura del Grande Tempio. Lady Hilda fermò il cavaliere di Aquarius:

  • Vi ringrazio per l’aiuto. Ora portatemi dai miei cavalieri, ve ne prego.

  • Mi dispiace, ma non posso.

  • Cosa? Perché? – la ragazza si stupì nuovamente

  • Se vi porto dai vostri cavalieri si innescherebbe una guerra che io non voglio.

  • Una guerra?

  • Cosa pensate che faranno i vostri cavalieri quando sapranno delle accuse che vi sono state mosse?

  • Avete ragione – Hilda si fece pensierosa – ma chi ha mosso quelle accuse?

  • Non avete nessun dubbio? – Camus rimase ad osservarla

  • Io – Hilda sapeva chi poteva aver tentato di coinvolgerla in uno scandalo, ma decise di non mostrare i suoi sospetti al cavaliere - … cosa suggerite di fare?

  • Verrete con me

  • Dove?

  • In Siberia

Hilda non riuscì a dire nulla, tanto fu la sorpresa.



***


Erano dieci minuti che Milo stava correndo dietro al suo aggressore: erano usciti dalle sale del Grande Tempio e si erano diretti verso il bosco che costeggiava le Dodici Case. Non avevano incontrato nessuno nel loro cammino e il tizio che inseguiva correva come una gazzella. Dall’andatura che manteneva e dalla conoscenza della zona, il cavaliere di Scorpio intuì che il suo avversario doveva avere poteri speciali.

Era quasi sicuro che fosse un cavaliere di Athena, la domanda a cui doveva rispondere, però, era quale. Avrebbe dovuto raggiungerlo e sfilargli il cappuccio per saperlo, ma contava di recuperare il terreno perso prima che giungessero verso le mura settentrionali.

Eppure, per quanto si sforzasse, Milo non era ancora riuscito a colmare la distanza e la notte celava l’individuo ai suoi occhi.

Ad un certo punto, troppo concentrato a non perdere la scia del suo avversario, non si accorse della radice che fuoriusciva da uno degli alberi e così, impigliandosi, cadde malamente. Si rialzò velocemente, ma nonostante il gesto atletico, voltandosi si rese conto di aver perso le traccia del suo aggressore. Decise di proseguire nella stessa direzione, fino a quando non giunse di fronte ad una casa apparentemente abbandonata.

Ripensò ad una favola che molti anni prima aveva sentito, su due bambini che dopo essere stati abbandonati dai loro genitori erano giunti di fronte ad una casa fatta di marzapane. La casa di legno che si trovava di fronte, però, non aveva nulla di fiabesco.

Bussò alla porta: se era fortunato avrebbe trovato di fronte a lui qualcuno che gli avrebbe potuto dare qualche informazione. Se era ancora più fortunato avrebbe trovato l’aggressore.

La porta si aprì e il volto mascherato di Shaina si manifestò davanti ai suoi occhi:

  • Che ci fai tu qui? – Milo la guardò stupito

  • Ci vivo

  • Tu vivi qui?

  • E’ quello che ho detto – la ragazza rispose bruscamente – che cosa vuoi, cavaliere?

  • Hai visto o sentito passare qualcuno?

  • Qualcuno? Qualcuno chi?

  • Non so … - Milo si grattò la testa – qualcuno di sospetto

  • Sospetto? – la voce di Shaina si fece sospettosa – io non ho visto ne sentito alcuno.

  • Va bene. Grazie comunque

Milo fece per andarsene, ma la ragazza lo fermò

  • Aspetta!

  • Cosa c’è? Ho fretta di andare

  • Andare dove?

  • Sto inseguendo qualcuno

  • Il tipo sospettoso, giusto?

  • Esatto – Milo divenne insofferente – ora scusa ma devo

  • Ti dico che di qui non è passato nessuno. Cosa mi stai nascondendo, cavaliere?

  • Niente – lo sguardo del cavaliere mostrò la confusione che cominciava a salire in lui – ma di cosa stiamo parlando?

  • Come ha fatto Edgar a diventare cavaliere?

  • Cosa? Ma questo cosa c’entra ora?

  • Ho il sospetto che qualcuno lo abbia aiutato

  • Ma di cosa stai parlando? – Milo sorrise suo malgrado – di la verità. Ti scoccia che il tuo allievo abbia perso con uno come Edgar!

  • Si, soprattutto se lo ha fatto in maniera disonesta

  • Disonesta?

  • Cosa state tramando?

  • Tramando? – sul volto del ragazzo tornò la confusione

  • Ora tu vieni affermando che stai seguendo qualcuno di sospetto. Edgar ha ottenuto l’armatura di Pegasus in maniera disonesta. Prima ho visto Aioria e Marin fuggire letteralmente con quel moccioso. Ci deve essere un nesso fra tutto questo – Shaina si perse nei suoi ragionamenti

  • Moccioso? Ma di chi parli? Ma di cosa parli?! Io devo andare

  • No tu non andrai via finchè non avrò una spiegazione

  • E come pensi di fermarmi?

Il sorriso che comparve sul volto di Milo, sparì in un lampo dopo che Shaina lo colpì con il suo “cobra incantatore”. Il cavaliere si Scorpio si ritrovò a terra. Prima che la ragazza potesse scagliare un altro colpo, Milo alzò le braccia

  • Fermati ragazza!

  • No! Almeno finchè non mi dirai cosa sta succedendo

  • Io non so di cosa stai parlando, ma non proseguire oltre nella tua follia – Milo si alzò, scrollandosi di dosso la polvere – non puoi pensare di colpire un cavaliere del mio rango e non ricevere alcuna conseguenza.

  • Non ho paura di te – Shaina si mise in posizione di attacco – e voglio andare in fondo a questa storia

La ragazza scagliò un altro colpo che atterrò nuovamente Milo. Il cavaliere era talmente colpito dal fatto che Shaina non mostrasse alcun timore, che aveva rinunciato a difendersi. Il secondo colpo però decise di schivarlo, rotolando verso destra. Prima che potesse rialzarsi, però, sopraggiunsero Aphrodite e Aldebaran che alla vista di un cavaliere d’oro, impolverato e colpito da un attacco di un cavaliere di più basso rango, rimasero sbalorditi. Il primo a parlare fu Aphrodite, che trattenendo un sorriso disse:

  • Milo! Sospettavo che i tuoi poteri non fossero all’altezza delle vestigia che indossi, ma trovarti così, pieno di polvere e al tappeto è uno spettacolo che mi rattrista e addolora oltre modo

  • Milo tutto ok? – Aldebaran tentò di mantenere un profilo basso

  • Cosa ci fate qui? – il cavaliere di Scorpio quasi ruggì, furioso dello spettacolo che stava dando di se

  • Dove è andato il tuo aggressore?

  • Aggressore? – Shaina guardò Aphrodite interdetta

  • Cavaliere di Ofiuco non interrompere un tuo superiore! – il cavaliere dei Pesci rispose bruscamente, poi si voltò ancora verso Milo – allora. Dove è andato?

  • Non lo so … - Milo abbassò lo sguardo, mortificato e umiliato

  • Un incapace a tutti gli effetti! Avanti, cavaliere del Toro, andiamo di là. Se siamo fortunati forse riusciamo a recuperare questa situazione.

I due cavalieri si allontanarono, ma non prima di aver lanciato l’ennesima occhiata laconica al loro pari. Quando le loro figure sparirono dietro il bosco, Shaina accennò una sorta di parole id scusa:

  • Milo … io … mi spiace

  • Sta zitta!

La voce rabbiosa del cavaliere la fece rabbrividire. Milo si alzò con furia. Si sentiva umiliato e lui odiava sentirsi in quel modo. Per ottenere quelle vestigia dorate aveva dovuto superare l’inferno e tante situazioni umilianti e degradanti. Una volta ottenuta l’armatura aveva giurato a se stesso che niente e nessuno lo avrebbero fatto sentire più così. Ora, invece, quelle sensazioni ormai lontane si stava ripresentando a lui. Individuò la causa di tutto in Shaina e nella sua arroganza e decise che meritava una punizione.

Senza darle il tempo di giustificarsi oltre, lanciò il suo Scarlet Needle che la colpì in pieno, causandole dei dolori atroci. Sotto il peso di tanta furia, perse l’equilibrio e cadde a terra. Senza rendersene conto, le lacrime di dolore le uscirono dagli occhi.

Presa dalla rabbia, decise di reagire, ma quando tentò di rialzarsi, un secondo colpo le trafisse una delle gambe, facendola cadere nuovamente. Alzò lo sguardo sul cavaliere e nei suoi occhi non vide nessuna traccia della dolcezza e della simpatia che generalmente li caratterizzavano: solo sangue.

Si rese conto che Aphrodite aveva sbagliato in pieno nel dare un giudizio su Milo. L’uomo che aveva di fronte era a tutti gli effetti degno dell’armatura che indossava. Ancora di più. Lo sguardo che vide era quello di un assassino.

Pregò Athena che qualcuno la venisse a soccorrere o che Milo tornasse in se, altrimenti in pochi istante le sue pene sarebbero terminate con la sua morte.



Ed eccoci con un capitolo nuovo. Finalmente, aggiungerei. So di essere ripetitiva, ma non è colpa mia se non riesco ad aggiornare più velocemente . Ad ogni modo spero che la storia continui a piacere. Al momento Camus e Milo sono su due fronti diversi: il primo disposto a rischiare tutto per Lady Hilda e il secondo perso nella sua collera per essere stato deriso. E Edgar? Che fine ha fatto?

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Capitolo 14
*** XIV - Nel Fitto del Bosco ***


Capitolo XIV

Nel fitto del bosco



Quando Edgar aprì gli occhi la prima cosa che vide fu il viso preoccupato di Mya. Si domandò cosa incupisse il suo volto solare e si guardò intorno smarrito. Perché era sdraiato? E perché sentiva che il suo corpo era andato in mille pezzi? Tentò di alzarsi, ma non ci riuscì. Allora provò a girarsi su un fianco per aiutarsi con uno dei gomiti, ma ottenne solo il risultato di rotolare un paio di metri più avanti. Si ritrovò a faccia in giù e solo l’aiuto di Mya gli permise di mettersi finalmente seduto.

  • Devi sempre aiutarmi. Mi sento ridicolo! Che cosa mi è successo?

  • Non ricordi nulla?

Edgar scosse la testa. L’unica cosa che vagamente ricordava era di aver incrociato Milo nei corridoi, poi il vuoto nella sua mente. Mya gli accarezzò un braccio e lui istintivamente abbassò lo sguardo per osservare la sua candida mano. Rimase interdetto da ciò che vide. L’armatura che tanto aveva faticato a conquistare e che gli era stata donata per motivi ancora a lui sconosciuti, era incrinata in più punti e uno dei copri spalla era praticamente distrutto. Urlò impaurito:

  • Co … cosa è successo alla mia armatura?

  • Io non lo so … non c’ero. L’unica cosa che so è che Camus mi ha detto che hai salvato la sua vita.

  • Co …? – Edgar sganò gli occhi – io … è impossibile. Non ne sarei mai capace!

  • Questo è quello che mi ha detto Camus.

  • Lui dove è?

  • Non lo so – Mya scosse la testa – gli ho detto che la regina di Asgard era in pericolo e lui è corso da lei.

  • Mi dispiace ….

  • Di cosa? – la ragazza lo guardò sorpresa

  • So che tu lo ami

  • Sei dolce, Edgar – Mya sorrise, ma il sorriso le sparì in un lampo quando sentì la voce di sua sorella alle sue spalle

  • Ehi! Si fanno veramente brutti incontri da queste parti

Le due sorelle, dopo molti anni, si ritrovarono faccia a faccia. Edgar rimase senza parole. Le due ragazze erano identiche. O meglio, seppure nella fisionomia si assomigliassero come due gocce d’acqua, mentre la dolcezza di Mya si irradiava su tutto il volto, in quello di Maya l’unica cosa che si poteva notare erano la rabbia e la sofferenza, che rendevano il tutto poco armonioso e ruvido. Maya dopo aver squadrato la sorella dalla testa ai piedi, si voltò ad osservare Edgar.

  • Certo che gli standard di Athena sono decisamente calati. E tutto chi sei?

  • Il mio nome è Edgar – l’ometto si alzò faticosamente – e sono il cavaliere di Pegasus

  • Ah ah ah ah! Cavaliere? Tu?

  • Io … - Edgar arrossì

  • L’aspetto può ingannare – Mya rispose stizzita – basta osservare te per comprenderlo

  • Cosa vuoi dire?

  • Che all’apparenza la tua bellezza può far pensare che tu sia una ragazza di cui ci si può fidare, ma è solo una menzogna

  • Tu sei la menzogna! – Maya aggredì verbalmente la sorella – tu ti sei sostituita a me e hai tradito la mia fiducia. Hai rubato ciò che mi spetta di diritto

  • Io non ti ho rubato nulla perché, come puoi vedere tu stessa, non sono ciò che tu vorresti essere. In ogni caso, è il destino che decide ciò che noi siamo ed evidentemente ha deciso per noi una cosa diversa rispetto a quella che tu sogni

  • Ne sei convinta? – Maya sorrise – il destino non ha ancora deciso

  • Invece si. Hilda è la regina di Asgard. Non tu, ne tanto meno io

  • Questo lo vedremo

  • Il tuo piano fallirà.

  • Di cosa stai parlando? – Maya la osservò in cerca di informazioni

  • Del fatto che in questo momento qualcuno sta salvando Hilda.

  • Sei stata tu! Vero?

Maya, presa dalla rabbia, afferrò il braccio della sorella, ma prima che Edgar potesse intervenire in soccorso di Mya, la reazione di quest’ultima lo bloccò. Le due sorelle si immobilizzarono, sgranando gli occhi. Edgar rimase incantato ad osservarle. Entrambe sembravano in trance ed i loro sguardo erano persi, in contemplazione di qualcosa lontano. Quando cominciarono a tremare, però, l’ometto si spaventò e decise di separarle. Ci mise un po’, ma alla fine riuscì a interrompere il loro contatto.

Le due ragazze si voltarono a guardarlo, entrambe frastornate, poi Maya ritornando in se, dopo aver lanciato uno sguardo di odio ad entrambi, corse via. Edgar avrebbe voluto correrle dietro, ma Mya lo fermò. L’ometto non riuscì a trattenersi:

  • Perché mi fermi?

  • Maya è troppo forte per te

  • Cosa? Così mi offendi! Io sono un cavaliere di Athena

  • E lei è una strega.

  • Che vuoi dire? E cosa è successo tra di voi?

  • Nulla …

  • Mya …

  • Andiamo Edgar, ti accompagno in infermeria

  • Mya ….

La ragazza non lo lasciò continuare e si allontanò. Non poteva rispondere ad Edgar. Non poteva dirgli che cosa fosse successo, perché in realtà neanche lei aveva ben capito.

Al contatto con sua sorella un’ondata di immagini confuse l’avevano assalita, paralizzando la sua mente ed il suo corpo. Il futuro le era comparso, di questo non aveva avuto alcun dubbio, non nebuloso e sfocato come al solito, ma vivido e reale. Cosa, però, avesse visto in quel futuro faticava a dirlo. Tutto si era svolto troppo velocemente e con troppi vividi colori per poter comprendere.



***


Nella sua vita Shaina aveva provato molte volte la paura. Quel senso di impotenza e di angoscia che può spingere le persone ad arrendersi. Aveva avuto paura di non riuscire a diventare una guerriera, aveva avuto paura di non essere all’altezza dei compiti assegnategli; a volte aveva avuto paura anche di alcuni dei suoi avversari. Ma ora, osservando gli occhi di Milo, il sentimento che sentiva di provare era di puro terrore. Mai nella sua vita le era capitato di provare un sentimento così bloccante: il cavaliere di Scorpio e i suoi occhi la stavano terrorizzando e tutti i suoi muscoli, immobili, sapevano di non avere scampo.

Il ragazzo, benchè la sua coscienza più profonda si fosse accorta del terrore provato da Shaina, continuava a guardarla con gli occhi assassini. Non sapeva perché aveva reagito in quel modo. Sapeva che il cavaliere di Ofiuco le era inferiore, ma il sentirsi deriso dai suoi compagni per colpa sua, gli aveva fatto perdere quel poco di sale in zucca che aveva nella testa.

Camus non avrebbe certo approvato quel suo comportamento ed una sensazione di inadeguatezza attraversò il suo corpo. Non sarebbe mai stato all’altezza del suo amico.

Potresti almeno provarci!”.

Si domandò se le parole che aveva appena sentito fossero state pronunciate dalla sua coscienza o da quella di Camus che albergava in lui.

La rabbia lo assalì di nuovo. Odiava sentirsi inadeguato e odiava ancora di più essere ripreso per le sue mancanze. Un altro Scarlett Needle e Shaina fu scaraventata addosso ad un albero. Doveva provare dei forti dolori, eppure in lei nulla sembrava chiedere pietà e perdono.

Milo le si avvicinò scrollando la testa. Stava cercando di scacciare via i pensieri contrastanti. Non gli interessava decidere se fosse giusto o meno il suo comportamento. Voleva solo che la sua testa smettesse di parlare al suo corpo e poi sarebbe stato quello che doveva essere.

Si inginocchiò di fronte al corpo immobile della ragazza. Le sentì il polso. Non era morta, ma solo svenuta. Le alzò la testa e la maschera che portava al volto, dopo essersi spezzata in due, le scivolò via.

Milo rimase senza parole. Aveva sempre immaginato volti orribili sotto quelle maschere prive di anima. Le aveva visto il viso anni prima. Allora era poco più che una bambina e seppur l’avesse trovata graziosa, non avrebbe mai immaginato che il passare degli anni avrebbe reso quel volto, un temo paffuto, così bello.

Anche se Aioria gli aveva fatto intuire che Marin era bellissima, lui aveva spesso pensato che fosse la classica eccezione, ma ora, vedendo il viso di Shaina, così giovane e fresco, si rese conto di quanto fossero superficiali i suoi giudizi.

La ragazza riprese conoscenza e guardò con terrore il suo aguzzino. Il ragazzo provò vergogna per il suo scellerato comportamento.

Shaina abbassò lo sguardò, attirata dalla maschera spezzata che Milo stava stringendo. Si portò le mani sul voltò e soffocò il grido che le stava uscendo dalla gola.

Prima che uno dei due potesse dire o fare qualcosa, però, furono distratti dal sopraggiungere di passi concitati.

Shaina fuggì, nascondendosi nella boscaglia e Milo, quando vide arrivare Shura, si alzò e nascose la maschera dietro la sua schiena.

  • Cavaliere di Scorpio, che cosa fai qui?

  • Stavo inseguendo il mio assalitore. E tu?

  • Sto cercando la regina di Asgard

  • In un bosco? – Milo trattene a fatica un sorriso

  • Sta scappando – Shura rimase serio

  • Scappando? Perché?

  • Ha attentato alla vita di Athena.

  • Cosa?

  • La sacerdotessa Calliope ha affermato di averla vista attentare alla vita di Athena

  • E tu le credi?

  • Io eseguo gli ordini

  • Ma che razza di risposta ….

  • E il cavaliere di Aquarius la sta aiutando a fuggire

  • Co …? – la rabbia salì nuovamente in lui – come ti permetti di accusare così un tuo pari?!?

  • E’ stato visto fuggire insieme a lei

  • E quindi secondo te basta fare due più due!?!

  • So che il cavaliere di Aquarius è un tuo amico …

  • L’amicizia non c’entra nulla. Camus è un uomo razionale e fa solo ciò che è giusto. Non crederò mai al fatto che possa aiutare l’attentatrice alla vita di Athena

  • Anche Aiolos era ritenuto un uomo giusto eppure ….

  • Camus non è Aiolos!

  • Devo andare – Shura rispose lapidario – ad ogni modo se incontri il tuo amico ricordati quale è il tuo dovere

Shura si allontanò, lasciando Milo sconvolto e interdetto. Cosa stava succedendo in quella notte? Distrattamente cominciò ad osservare la maschera spezzata di Shaina ed improvvisamente si ricordò della ragazza.

Voltandosi se la trovò di fronte, ferita, sanguinante e con il volto scoperto. Cercò di pronunciare delle parole di scusa, ma gli morirono in gola:

  • Cavaliere di Scorpio, avete dimostrato la vostra netta superiorità. Mi avete sconfitta e umiliata, ma vi giuro che finchè avrò un solo alito di vita in corpo, farò di tutto per lavare questa onta. Vi braccherò, non vi perderò mai di vista e alla prima occasione mi vendicherò del vostro affronto. Voglio giustizia. Non ho mai desiderato la morte di nessuno come la vostra e farò in modo di essere io ad esaudire il mio più grande desiderio!

  • Shaina, io …

Milo avrebbe voluto chiederle perdono per il suo comportamento animalesco, per la sua rabbia e per il fatto di averla privata della sua dignità, avendole spezzato la maschera, ma non riuscì a dire null’altro. La sua testa stava esplodendo.

Si sentiva mortificato per ciò che le aveva fatto, preoccupato per il suo amico e interdetto per quello che Shura gli aveva detto. Decise di non dire nulla e di lasciarla andare. Si ripromise però che avrebbe rimediato a quella situazione. Ora doveva focalizzarsi su Camus. Doveva scoprire se effettivamente il suo amico aveva aiutato la regina di Asgard e perché.



***


Aioria aveva portato Marin e Seyia fuori dalle mura del Grande Tempio. Avevano rischiato molto, ma alla fine nessuna delle guardie aveva notato i loro movimenti.

Giunti vicino al mare, il cavaliere si era messo alla ricerca di una dimora non abitata che potesse fare da riparo per un po’ di giorni. Ne aveva trovata una, un po’ diroccata ma isolata, che gli avrebbe permesso di muoversi indisturbato.

Dopo aver acceso il fuoco nel salone polveroso, aveva lasciato Marin sola a prendersi cura del suo allievo ancora svenuto ed era tornato al Grande Tempio.

Nascosto nel fitto del bosco era giunto in prossimità della casa di Shaina nel momento in cui Milo aveva bussato alla porta della ragazza, ma invece di fermarsi ad ascoltare la loro conversazione, aveva deciso di proseguire, incuriosito da alcuni rumori.

Addentrandosi per un sentiero, aveva visto in lontananza un uomo con il cappuccio fermarsi e guardarsi intorno guardingo. Era pronto ad attaccare, ma si bloccò quando l’uomo si tolse il cappuccio: con suo sommo stupore vide il volto di Death Mask sorridere sornione.

A dispetto della sua indole impulsiva, il cavaliere di Leo decise di nascondersi e di celare, per quanto possibile, il suo cosmo. Non si fidava del cavaliere di Cancer e voleva scoprire cosa diavolo ci facesse nel mezzo del bosco a poca distanza da Milo.

Quando sentì dei rumori dietro di lui, cambiò posizione, ma cercò comunque di non farsi vedere. Death Mask, invece al suono del sopraggiungere di passi concitati, si mise in posizione di attacco. Si rilassò solo quando vide uscire dalla boscaglia Aphrodite e Aldebaran.

Il cavaliere dei Pesci gli chiese cosa ci facesse lì e lui rispose prontamente che si era gettato all’inseguimento di uno sconosciuto incappucciato che aveva visto scappare con aria furtiva. Aldebaran chiese da che parte fosse fuggito e dopo che gli fu indicata la direzione proseguì il suo inseguimento.

Quando i due cavalieri furono soli, Aphrodite, mantenendo un tono basso, gli chiese spiegazioni:

  • Ma cosa diavolo è successo?

  • Che vuoi dire?

  • Camus è riuscito a portare in salvo la regina di Asgard. Perché non lo hai fermato?

  • E’ colpa di Milo e di quel maledetto ciccione che si porta dietro.

  • Ma di chi parli? – Aphrodite lo guardò perplesso – non parlerai del cavaliere di Pegasus!

  • Si proprio lui! Maledizione! Ero riuscito a sorprendere Milo e stavo per colpire Camus quando quell’idiota ha deciso di lanciarsi nel mezzo dello scontro

  • Dici sul serio? – il cavaliere dei Pesci lo guardò incredulo

  • Già

  • E poi cosa è successo?

  • Che quel ridicolo procione è caduto stecchito, ma gli altri due hanno avuto il tempo di mettersi in posizione di attacco e così ho dovuto rinunciare.

  • Insomma sei scappato – un ghigno divertito comparve sul volto di Aphrodite

  • E a te come è andata?

  • Male – il cavaliere dei Pesci sospirò – Camus è riuscito a salvare la regina di Asgard e Seiya è ancora vivo

  • Come è possibile?

  • Aioria lo ha salvato

  • Aioria? Vuoi dire che anche lui è coinvolto?

  • No … credo che sia stato un puro caso. Da quello che ho capito stava passando di lì

  • Ah! – Death Mask annuì poco convinto – ma perché anche quel mocciosetto deve morire?

  • Questo mi sfugge. Ma è per volere di Calliope

  • Secondo te il Grande Sacerdote è soggiogato da quella donna?

  • Non lo so, ma noi dobbiamo fare ciò che ci chiede il Grande Sacerdote. Lui agisce per conto di Athena e noi dobbiamo obbedienza alla nostra Dea.

  • e Camus? Dove è finito?

  • Sparito. Ora però andiamo, prima che qualcuno si insospettisca.

I due cavalieri si allontanarono velocemente, permettendo ad Aioria di uscire dal suo nascondiglio. Finalmente aveva compreso meglio la situazione. Certo, ancora molti tasselli gli mancavano, ma almeno aveva avuto la conferma che la vita di Seiya era in pericolo, così come quella di Camus.

Alla mente gli affiorò l’immagine di Edgar e un sentimento di orgoglio, misto ad un’improvvisa agitazione, lo colse.

L’ometto, nonostante non avesse nessuna attitudine guerriera, aveva salvato il cavaliere di Aquarius e questa cosa lo riempiva di orgoglio, ma a quale prezzo? Decise di tornare al Grande Tempio per scoprire più cose. Sapeva che avrebbe dovuto rispondere a molte domande, tra le quali una su dove si trovasse Seiya, ma non voleva abbandonare il suo allievo. Glielo doveva.




Nuovo capitolo con nuovi colpi di scena. Niente Camus, per cui la curiosità su cosa stia facendo il cavaliere delle energie fredde vi rimarrà ancora per un po’. In compenso abbiamo scoperto che Death Mask e Aphrodite sono molto coinvolti e lo ha scoperto anche Aioria. Cosa farà il cavaliere di Leo? E il nostro prode Edgar? Riuscirà a capire cosa è successo tra Mya e Maya? Intanto Milo, dopo la follia, è giunto al rinsavimento, ma si è inimicato Shaina. Vedremo cosa succederà . Nel prossimo vi prometto un po’ di Siberia. Ciao ciao

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Capitolo 15
*** XV - In partenza ... ***


Capitolo XV

In partenza …




Aioria, giunto al Grande Tempio, incontrò Milo. Entrambi erano agitati ed entrambi cercavano delle risposte ai molti dubbi che durante la sera si erano presentati a loro. Il cavaliere di Leo fermando il suo compagno di armi gli chiese notizie di Edgar. Fu così che Milo si ricordò del suo allievo:

  • Edgar! Maledizione, mi ero completamente dimenticato di lui! Con tutto quello che è successo!

  • Dove si trova ora?

  • Non lo so – Milo rispose pensieroso – io l’avevo lasciato con Camus, ma ora …

  • So di Camus …

  • Cosa sai? - Milo lo guardò con sospetto, pronto ad attaccarlo se ve ne fosse stato bisogno

  • Calmati! – Aioria alzò le mani – io sono dalla vostra parte

  • Di cosa stai parlando?

  • Non ora – Aioria si guardò intorno sospettoso – e non qui

  • Dobbiamo trovare Edgar


Ma prima che i due cavalieri potessero andare alla ricerca del loro allievo, vennero fermati da una delle guardie che li informò del fatto che il Grande Sacerdote aveva richiesto la presenza di tutti i cavalieri d’oro nella Sala del Trono. I due, senza dire nulla, ma lanciandosi un’occhiata guardinga, annuirono e per non destare sospetti, si recarono dal Pope.

Entrando nella sala Aioria contò mentalmente i cavalieri già presenti: erano in tutto 7, compresi loro due. Sapeva che nessun altro si sarebbe unito al gruppo e così pensava anche il Grande Sacerdote, visto che al loro arrivo, cominciò a parlare:

  • Vi ho riunito qui per aggiornarvi su quanto sta accadendo al Grande Tempio e per chiedere il vostro aiuto.

  • Vi ascoltiamo – Aldebaran rispose

  • Cassiopea – Saga indicò la donna al suo fianco – è riuscita, grazie ai suoi poteri, a sventare un attentato nei confronti di Athena perpetrato dalla regina di Asgard in persona

  • Come facciamo ad essere sicuri che quando affermato da Cassiopea corrisponde a verità? – Aioria cercò di mantenere un tono neutro, ma voleva capire meglio quanto il Grande Sacerdote si fidasse di quella donna

  • Osate mettere in dubbio il mio giudizio, cavaliere di Leo? – la veggente mostrò uno sguardo offeso

  • No. Voglio solo essere sicuro che ciò corrisponda al vero

  • Ho visto io con i miei occhi la regina di Asgard introdursi nella sala del Trono – Aphrodite sorrise – dubiti anche di me Aioria?

  • No – il ragazzo tento di mantenere un tono tranquillo – però il fatto che tu l’abbia vista entrare non vuol dire che abbia attentato alla vita della nostra Dea. Potrebbe essere stata indotta da qualcuno ad entrare, magari potrebbe essere stata oggetto di una macchinazione

  • E chi, secondo voi, dovrebbe aver ordito questa macchinazione?

Aioria si morse il labbro. Non poteva esporsi così, a meno che non avesse avuto delle prove più che valide. Shaka, intervenendo nella discussione, lo salvò dal commettere un passo falso

  • Mi è stato riferito da alcune guardie che il cavaliere di Aquarius è entrato nella sala del Trono. Potremmo chiedere a lui

  • Il cavaliere di Aquarius è compromesso – fu il laconico commento del Grande Sacerdote

  • Che cosa vuol dire “compromesso”? – Aldebaran domandò spaesato

  • Il cavaliere di Aquarius ha tradito – Death Mask rispose prontamente

  • Cosa? – Aldebaran sgranò gli occhi e poi istintivamente si voltò a guardare Milo, che però, rimase in silenzio – ma non è possibile, nessuno più di lui è uomo di giustizia.

  • Dubiti della mia parola? – Death Mask si adirò – l’ho visto con i miei occhi fuggire con la regina di Asgard e quando ho tentato di fermarlo mi ha attaccato senza scrupoli

  • Menti! – Aioria non riuscì a trattenersi oltre, ma prima che potesse proseguire, Milo lo bloccò con una mano

  • Mi stai dicendo che tu, il grande cavaliere di Cancer, ti sei fatto battere da Camus? – un ghigno strano si formò sulla bocca di Scorpio

  • Beh … lui è un mio pari … e poi non mi aspettavo un suo attacco. Mi ha preso di sorpresa

  • E perché mai avrebbe dovuto attaccarti? – Shaka domandò con calma

  • Perché? E che vuoi che ne sappia io?

  • I motivi li scopriremo solo quando riusciremo a riportarlo al Grande Tempio – Saga cercò di fare ordine nella discussione. Convincere i cavalieri d’oro si stava mostrando impresa ardua

  • Io però non lo credo possibile – Aldebaran scrollò la testa – no, non Camus. E se lo ha fatto doveva avere un motivo più che valido

  • Ve lo darò io il motivo valido – Aphrodite sospirò – il fatto è che il cavaliere di Aquarius si è perdutamente innamorato della regina di Asgard.

  • Ah ah ah ah! – Milo scoppiò a ridere – è impossibile. Camus è l’uomo più freddo e razionale che io conosca, non perderebbe mai la testa per una donna.

  • Ma la regina di Asgard non è una donna qualunque – Aphrodite sogghignò – è molto bella ed inoltre ha doti a noi sconosciute

  • Stai insinuando che Camus si è lasciato soggiogare? – Aioria era ormai nauseato da tutte quelle menzogne.

  • Io non insinuo niente. Ho solo notato alcune cose e ho fatto due più due.

  • E cosa hai notato? – anche Milo cominciava ad innervosirsi

  • Il suo comportamento poco consono nella nostra missione ad Asgard. E’ stato sempre male ed ogni volta che compariva Lady Hilda perdeva l’uso della parola. Inoltre negli ultimi tempi l’ho visto più scostante e taciturno del solito … come se fosse possibile – Aphrodite socchiuse gli occhi e si voltò verso Milo – tu non lo hai notato?

  • Questi sono solo indizi e non sono sufficienti ad accusarlo di tradimento – Milo cominciò ad agitarsi perché sentiva che un fondo di verità vi era nelle parole di Aphrodite e questa cosa lo stava sconvolgendo.

  • E’ inutile continuare – Shaka prese la parola – a questo punto non ci resta che trovare Camus e con lui la regina di Asgard. Saranno loro a fornirci le spiegazioni che cerchiamo

  • Il cavaliere di Virgo ha ragione – Saga colse al volo l’occasione – e sarete voi cavalieri d’oro a trovarli. Tu Milo che lo conosci meglio di chiunque e tu Death Mask

  • Non ho nessuna intenzione di andare alla sua ricerca con un compagno a me così sgradito

  • Vi opponete al volere di Arles? – Cassiopea usò un tono accusatorio

  • No. Mi rifiuto semplicemente di andare con il cavaliere di Cancer.

  • Non puoi andare da solo – Saga non tolse gli occhi da lui – rischiereste di uccidervi a vicenda

  • Non ucciderei mai il cavaliere di Aquarius

  • Neanche se lui avesse perso il sentiero della giustizia e l’amore per Athena?

  • Io … - Milo vacillò. Il suo dovere era difendere Athena e la giustizia e questo comportava uccidere Camus se egli avesse perso il suo stesso sentiero - …in quel caso compierei il mio dovere

  • E’ così che parla un cavaliere – Saga annuì compiaciuto – ad ogni modo non dimenticarlo mai.

  • In ogni caso non andrò con Death Mask. Con me verrà Aioria.

  • Io … - il cavaliere di Leo si voltò sorpreso. Lui e Milo nel tempo che avevano addestrato Edgar avevano raggiunto una sorte di tregua, ma non si poteva certo dire che fossero diventati amici. Ad ogni modo, per Camus, lo avrebbe seguito, ma la sua priorità in quel momento restava Seiya. Anche il ragazzo rischiava la vita e lui doveva proteggerlo - … mi spiace, ma io …

  • Va bene – Saga non lo lasciò terminare e Aioria valutò che fosse il caso di far cadere la cosa. Non voleva portare attenzione sui motivi che lo spingevano a rimanere al Grande Tempio. Ne avrebbe discusso con Milo in separata sede.



***



Hilda aveva seguito il cavaliere di Aquarius, cosa per lei inusuale, senza conoscerlo bene. Dal primo giorno che lo aveva conosciuto però, l’istinto le aveva suggerito che quel ragazzo non le avrebbe mai fatto del male. L’idea di fuggire senza affrontare le false accuse che le erano state mosse non le era sembrata buona e ancora meno buona le era sembrata quella di andare in Siberia. Eppure non era riuscita a rifiutarle. Ora però, mentre camminavano sulla neve alta, proteggendosi con i mantelli dal freddo e dal nevischio che penetrava in tutti i loro corpi, osservando le lande deserte ed innevate che stavano attraversando, Hilda stava riconsiderando l’idea di tornare dai suoi cavalieri.

Inciampò e cadde sulla neve soffice. Era talmente profonda da non riuscire ad alzarsi. Camus, accortosi delle sue difficoltà, si inginocchiò per soccorrerla:

  • Siete stanca?

  • Non ho mai visto così tanta neve … e sì che vivo in una zona in cui nevica continuamente

  • Abbiamo incontrato un momento particolarmente sfavorevole, ma purtroppo non possiamo fermarci. Tra

  • poco calerà la notte e porterà con sé temperature gelide e tempeste di neve – Camus sorrise – ma non disperate, siamo quasi arrivati

  • Fantastico! – Hilda abbozzò un sorriso poco convinto – speriamo solo che non perda, nel frattempo, l’uso delle mie gambe.

  • Tenete – Camus, dopo averla aiutata ad alzarsi, si tolse il mantello e glielo appoggiò sulle spalle

  • No – Hilda tentò di restituirglielo – non posso accettarlo. Vi congelerete

  • Sono abituato a queste temperature

  • Anche io …

  • Non vi preoccupate – Camus glielo allacciò – tenetelo

Il cavaliere riprese il suo cammino, sperando in cuor suo di non aver commesso un errore nel portare la regina di Asgard in quelle terre.

Dopo aver camminato faticosamente ancora per dieci minuti abbondanti, Hilda vide in lontananza la sagoma di una casa di legno. Quando Camus gli fece cenno che quella era la loro meta, tirò un sospiro di sollievo: ancora cinque minuti e sarebbe morta congelata.

Entrando nella casa, notò immediatamente la semplicità dell’ambiente. Pochi mobili e poche suppellettili, tipico di una dimora di stampo maschile. Ciò che colpì Hilda però fu la pulizia e l’ordine in cui erano tenute le stanze. Benchè la casa non fosse riscaldata, si sentì piacevolmente avvolta dal tepore che vi era rispetto all’ambiente esterno. Voltandosi, però, notò nel suo accompagnatore un gesto di nervosismo.

Camus, senza dire nulla, cominciò a girare per le stanze, in cerca di qualcosa. Hilda gli domandò se andasse tutto bene. Il cavaliere, continuando la ricerca, le disse che i suoi allievi avrebbero dovuti esseri lì.

  • Evidentemente, Camus, in vostra assenza avranno pensato di andarsi a divertire – Hilda sorrise – Siete stato severo con loro?

  • A volte – il cavaliere rispose pensieroso – ma non è per questo che non si trovano qui

  • Come fate a dirlo?

  • Conosco i miei allievi – dopo aver controllato ovunque, il cavaliere aprì la porta per uscire – è successo qualcosa

  • Dove state andando? – Hilda si coprì per non sentire freddo

  • A cercarli

  • Vengo con voi

  • No! – Camus si voltò a guardarla – comincia a fare freddo e non so quanto tempo impiegherò. Potrebbe volerci anche tutta la notte. Starete più calda qui

  • Si, ma starò più sicura vicino a voi

Hilda, senza aspettare una sua risposta, uscì nuovamente e attese. Il ragazzo, seppure indeciso, acconsentì alla sua richiesta. Non poteva perdere tempo a convincerla, ne poteva costringerla. Inoltre, averla al suo fianco gli avrebbe permesso di concentrarsi sulla ricerca dei suoi allievi senza avere le mente distratta da ciò che poteva accaderle in sua assenza.

Le temperature stavano scendendo velocemente e il freddo stava diventando insopportabile. Camus, seguendo un’intuizione, andò spedito verso il punto in cui si trovava, sepolta sotto una coltre di acqua e ghiaccio, la nave in cui riposava il corpo della mamma di Hyoga.

Sapeva che l’obiettivo del suo allievo, dal giorno in cui era arrivato, era sempre stato quello di riuscire a raggiungere le profondità marine solo per portare un saluto a sua madre: si era allenato in tutti quegli anni non per l’armatura, ma per esaudire il suo desiderio.

Aveva provato più volte a far comprendere a Hyoga che le motivazioni che lo avevano portato in quei luoghi erano futili e fuori luogo. Inoltre, aveva cercato di fargli comprendere che certi sentimenti non lo avrebbero reso un buon cavaliere, ma un pessimo soldato. In questo Isaac era stato più bravo, segno evidente che il desiderio di ottenere l’armatura occupava il primo posto in cima ai suoi pensieri.

Camus si era convinto, vedendoli allenare nel corso degli anni, che l’armatura del Cigno sarebbe andata ad Isaac, più pronto, più concentrato e più incline a dominare le energie fredde. Eppure, a dispetto dei suoi credo, aveva provato per Hyoga una tenerezza continua. Quel ragazzo gli piaceva e sentiva in cuor suo che, se solo fosse stato un po’ più motivato, avrebbe meritato l’armatura come Isaac.

Continuando a camminare nella neve, pregò in cuor suo che Hyoga non avesse commesso la stupidaggine di pensare di essere così forte da poter raggiungere il corpo sepolto di sua madre.

Perso nei suoi pensieri, ci mise un po’ ad accorgersi che Hilda lo stava chiamando insistentemente. Si voltò, preoccupato del fatto che la donna potesse aver ceduto sotto il peso del freddo e delle difficoltà. Invece, la vide indicare un punto in lontananza lungo il fiume ghiacciato.

Fece fatica a mettere a fuoco ciò che Hilda gli stava segnalando, ma quando vi riuscì, senza dire nulla corse in quella direzione. La ragazza lo seguì e quando lo raggiunse, vide che stava soccorrendo un ragazzino. Lo vide accertarsi che fosse ancora vivo e poi lo vide prenderlo in braccio e muoversi verso la casa che avevano abbandonato poco tempo prima.

Lo seguì, sicura che quello fosse il più giovane dei suoi allievi, ma quando arrivarono, lo bloccò prima che lo portasse in una delle stanze.

  • Forse è meglio se lo adagiate qui sul pavimento. Se accendiamo il camino questa zona si scalderà prima.

  • Avete ragione

  • Dove posso trovare delle coperte?

  • Nell’armadio della mia camera

Hilda non se lo fece ripetere e corse a prendere il necessario. Quando entrò nella camera, per un momento si soffermò ad osservare l’ordine, la pulizia che vi regnavano. Il mobilio era semplice e non vi erano molti oggetti, ad eccezione di alcuni libri sparsi un po’ ovunque. Quella non sembrava la camera di un cavaliere.

Aprì l’armadio e vi prese le coperte. Tornata nella sala, le adagiò sul pavimento e Camus, dopo aver tolto i vestiti al suo allievo, lo adagiò tra di esse. Accese il fuoco e attese che si facesse più vivo.

Hilda si sedette per terra, accanto al ragazzo ancora svenuto e cominciò ad asciugargli il volto con un panno. Il cavaliere rimase a guardarla. Il suo volto, immerso nei riflessi del fuoco, era ancora più bello del solito. Era stanca e si vedeva, ma allo stesso tempo, trasparivano il suo vigore e la sua forza. Si domandò come potesse, allo stesso tempo, dimostrarsi così decisa e dolce al tempo stesso. La fitta al cuore ricominciò a dolere.

In quel momento doveva pensare ai suoi allievi. Aveva trovato Hyoga, ora doveva trovare Isaac, perciò quei sentimenti che faticava a gestire, doveva imparare a controllarli. Senza dire nulla si voltò e si mosse verso la porta, ma la voce della ragazza lo trattenne dall’aprirla:

  • Dove state andando?

  • A cercare Isaac

  • Ed io?

  • Voi rimarrete qui – Camus si voltò ad osservarla, ma non notò alcuna paura nel suo volto

  • D’accordo

Il ragazzo avrebbe voluto dirle di fare attenzione, ma gli sembrò ridicolo, viste le circostanze. Uscì senza voltarsi indietro.

Hilda lo vide richiudere la porta e poi si voltò a guardare Hyoga. Aveva paura, ma sapeva che per aiutare Camus, sarebbe stato più utile restare ad accudire il suo allievo. Sperò che il cavaliere tornasse quanto prima. Il suono del vento la rendeva nervosa.




***




Edgar continuava ad agitarsi sul lettino dell’infermeria. Voleva partecipare agli eventi che si stavano svolgendo al Grande Tempio e voleva dare il suo contributo per aiutare i suoi amici. Invece si ritrovava bloccato in quel maledetto letto. Mya gli era accanto, ma non lo stava aiutando. Probabilmente anche lei pensava che lui non fosse in grado di superare il suo dolore fisico. Per questo lo aveva costretto all’immobilità?

Perso nelle sue elucubrazioni non si accorse subito dell’arrivo di Milo e Aioria e quando si avvide della loro presenza si spaventò. Non era tanto la stanchezza che vedeva sul volto di entrambi, quanto l’espressione sofferta di Milo.

In tutto il periodo in cui lo aveva frequentato non gli era mai capitato di vederlo preoccupato o accigliato. Aveva pensato, ad un certo punto, che forse nella mente del cavaliere di Scorpio non si fosse mai fermato un pensiero negativo e se lo avesse fatto fosse fuggito a gambe levate.

Certo, c’era stata tutta l’arrabbiatura che il compito di allenarlo gli aveva portato, ma anche quell’evento si era volatilizzato in un battito di ciglia nella mente di Milo.

Ora, invece, il ragazzo era stanco, sconvolto, preoccupato e anche un po’ arrabbiato. Edgar, istintivamente, si rannicchiò su se stesso, quasi a nascondersi.

Nella sua infanzia, ogni qualvolta aveva visto il volto dei suoi genitori accigliato, aveva pensato che la colpa fosse la sua ed i suoi genitori non avevano mai fatto o detto nulla per fargli cambiare idea e così nel corso degli anni aveva imparato a scomparire. Milo si accorse del suo gesto:

  • Che cosa hai Edgar? Non ti senti bene?

  • Sto bene

  • Sei sicuro? Ho visto che istintivamente ti sei piegato

  • E’ solo che … sto bene ….

  • Edgar – Aioria sorrise – ho saputo del tuo gesto eroico. Sono orgoglioso di te

  • Grazie – l’ometto rispose un po’ impacciato, poi si ricordò – ma Camus? E’ riuscito a salvare la regina di Asgard?

  • Tu che ne sai di questa storia? – lo sguardo di Milo si fece ancora più serio

  • Io … ecco … io …

  • Edgar! Che cosa sai di questa storia? – Milo alzò leggermente la voce

  • Io … ehm … - l’uomo volse il suo sguardo verso Mya e si morse il labbro

  • Nobile Milo non adirarti con lui – Mya intervenne – sa quello che gli ho detto io

  • E tu cosa sai, ragazzina? – Milo si voltò verso di lei

  • Che la regina di Asgard era in pericolo e che Camus l’ha salvata

  • E sai anche che la regina di Asgard ha attentato alla vita di Athena?

  • Cosa? – Edgar strabuzzò gli occhi – come è possibile! Dici veramente?

  • Non è vero – Mya non si voltò verso il suo amico, ma mantenne lo sguardo fisso sul cavaliere di Scorpio

  • E tu che ne sai?

  • Non posso dirvi altro, mi dispiace, ma è una menzogna.

  • Non puoi dirmi altro – Milo sorrise – vedi ragazzina nessuno può celarmi un segreto se io non voglio

  • Milo smettila – Aioria lo riprese – non puoi pensare di usare i tuoi colpi così alla leggera

Il ragazzo si sentì colpito dalle parole del suo compagno di armi. La sua mente volò a quello che era accaduto poche ore prima con Shaina e il senso di inadeguatezza si impossessò di lui. Per la rabbia scacciò la mano di Aioria che stava bloccando il suo braccio:

  • Questa ragazzina sta celando delle informazioni. Il Grande Sacerdote ha affermato che Camus ha tradito il Grande Tempio e se le informazioni di questa mocciosa ci aiutano a scagionarlo … beh! Qualsiasi mezzo sarà lecito.

  • Tu non torcerai un capello a Mya!

Edgar, a fatica, si alzò dal letto e tentò di mettersi a protezione della ragazza, ma inciampò sul lembo del lenzuolo e si ritrovò abbracciato a Milo. Il cavaliere di Scorpio sorrise, suo malgrado e l’ometto, vergognandosi si alzò velocemente per ritrovarsi seduto sul letto.

  • Cerchiamo di calmarci tutti – Aioria cercò di fare da paciere – tu Milo, smettila e tu Edgar non preoccuparti, nessuno torcerà un capello a Mya

  • Va bene – Edgar annuì

  • Il problema, però – il cavaliere di Leo si rivolse alla ragazza – è che sono state mosse delle accuse gravi alla regina di Asgard e Camus l’ha aiutata a scappare. Ora anche lui è ricercato.

  • Questo lo so

  • Il Grande Sacerdote ha dato disposizione di trovarlo e non tutti gli sono amici come lo siamo noi. Questo lo capisci, vero?

  • Si

  • Mya, per favore, dicci quello che sai, in modo che sappiamo cosa fare

  • Questo significa che voi non credete all’innocenza di Lady Hilda e a quella di Camus?

  • Io credo nella buona fede di Camus – Aioria rimase serio – ma io non conosco la regina di Asgard e se il mio Grande Sacerdote mi dice che è lei la nostra nemica, io non posso fare altro che credergli

  • Ma Camus non gli ha creduto – Edgar provò ad alzarsi nuovamente, ma la testa gli girò e dovette sedersi ancora una volta

  • E’ per questo che dobbiamo avere più informazioni

  • Che altre informazioni vi servono! Non sono state sufficienti quelle che vi ha fornito il Grande Sacerdote?

Nell’infermeria entrò Maya. I tre cavalieri si voltarono a guardarla, ma solo Milo le rivolse la parola

  • E tu cosa vuoi? Questa è una conversazione privata e tu non sei invitata

  • Calmati biondino – Maya gli fece l’occhiolino – sono solo venuta ad informarvi che per volere del Grande Sacerdote io verrò con voi

  • Scordatelo! – fu la risposta piccata del cavaliere di Scorpio

  • Perché, dove andate? – Edgar guardò spaesato prima Milo e poi Aioria

  • Senti biondo! – il tono di Maya si fece aggressivo – non vorrai mica creare un incidente diplomatico?! I cavalieri di Asgard sono alle porte del Grande Tempio

  • Sai che paura! – Milo usò volontariamente un tono sprezzante

  • Forse non faranno paura a te, ma il Grande Sacerdote non vuole una guerra e così ha incaricato me di seguirvi per tutelare gli interessi di Lady Hilda

  • E chi la tutelerà da te? – Mya si intromise

  • Il suo amante – Maya sorrise sprezzante

  • Attenta ragazzina – Milo la prese per il bavero della maglia e la sollevò come un fuscello – stai denigrando un cavaliere d’oro

  • Io non denigro nessuno. Dico solo la verità. Non è vero Mya? – la ragazza si voltò in direzione della sorella – perché non le dici cosa hai visto nel futuro del tuo bel cavaliere?

  • Cosa? – Mya si voltò terrorizzata verso Edgar – di cosa parli?

  • Si … di cosa parli? – Milo strinse ancora più forte la presa

  • Fatevelo raccontare da lei – Maya si liberò dalla presa – noi ci vediamo domani mattina alle pendici del monte

Mentre la ragazza uscì, Milo volse la sua attenzione verso Mya

  • Di cosa sta parlando?

  • Io …

  • Parla! Maledizione! – Milo si trattene dal prendere anche Mya per il bavero della tunica

  • Milo .. avanti, calmati …

  • Tu non ti impicciare!

Il ragazzo con una spinta spostò il cavaliere di Leo e si concentrò sulla ragazza. Edgar avrebbe voluto intervenire, ma la paura lo aveva bloccato sul letto. Non aveva mai visto Milo così arrabbiato.

  • Io … nel futuro di Camus ho visto che si innamorava della Regina di Asgard – Mya abbassò lo sguardo e la sua voce divenne un sussurro – ma non è detto che quello sia il suo vero destino

Milo non ascoltò null’altro. Si voltò ed uscì dalla sala senza aggiungere altro. Si sentiva tradito. Ripensando agli ultimi mesi, si rese conto che il destino previsto da Mya si era già avverato. Ecco spiegato il comportamento anomalo e il disagio provato dal suo amico.

La rabbia lo invase. Perché Camus non lo aveva ritenuto degno di accogliere i suoi turbamenti? Non era forse stato un suo buon amico? Perché aveva compiuto quel tradimento nei suoi confronti? E se aveva tradito la loro amicizia, cosa gli impediva di tradire la loro Dea?

  • Avanti Milo, non penserai che Camus abbia perso il suo raziocino!? – Aioria si affiancò a lui

  • Tu lo hai perso?

  • Cosa? Di cosa parli?

  • Cosa saresti disposto a fare per amore di Marin?

  • Che domande mi fai? – Aioria si rese conto che forse la sua rettitudine avrebbe potuto vacillare per amore – e comunque devi trovare prima Camus e devi parlare con lui, poi potrai tirare le tue conclusioni

  • Devo? – un sorriso comparve sul suo volto – perché? Tu non vieni?

  • No, Milo, mi dispiace

  • Cosa? – la sorpresa si dipinse sul suo volto – Perché?

  • Devo proteggere Seiya

  • Cosa c’entra ora Seiya?

  • Non lo so, ma so che anche la sua vita è in pericolo

  • Devi proteggere la vita del moccioso o vuoi passare del tempo con la sua insegnante?

  • Credimi, qui Marin non c’entra nulla – Aioria sospirò – è Camus che mi ha chiesto di proteggere Seiya

  • Che vuoi dire?

  • Aioria gli raccontò tutto quello che aveva fatto, visto o sentito in quella serata e alla sua conclusione, Milo per sfogarsi, preso da un attacco di rabbia, diede un pugno sul muro. Possibile che lui era stato tenuto all’oscuro di tutto? Il risentimento nei confronti del suo amico crebbe e si mischiò al furore per la scoperta che il suo aggressore altro non era che Death Mask.

  • Si ripromise di farla pagare a quel bastardo. Ma aveva bisogno di tirare le fila del discorso, troppe erano le cose che non tornavano. L’idea, però, di affrontare la ricerca in solitaria non lo allettava. Voltandosi si trovò di fronte Edgar. L’ometto era malandato, ma aveva una luce negli occhi che entusiasmò Milo:

  • D’accordo Edgar caro. Tu verrai con me

  • Cosa? – l’omino per poco non svenne – ma … io … ma sei sicuro? … Ti sarò solo di impiccio …

  • Anche tu sei un cavaliere e hai dimostrato di avere coraggio …. – Milo si fece pensieroso – l’unico problema è che la tua armatura è andata …

  • Già – Edgar abbassò lo sguardo per nascondere il fatto che provasse vergogna, poi assalito da un pensiero lo rialzò – ma non c’è qualcuno che possa ripararla? Che so … un mastro ferraio … un fabbro … qualcosa così

  • Il Grande Mu può riparare la tua armatura

Tutti si voltarono a guardare Shaka che, con passo silenzioso, si era avvicinato a loro senza che se ne accorgessero. Edgar si sorprese non tanto del fatto che lui non lo aveva sentito arrivare, ma che due cavalieri d’oro come Aioria e Milo fossero stati presi di sorpresa. Un’altra domanda lo assalì:

  • Chi è il Grande Mu?

  • Il mastro ferraio che cerchi – Milo sorrise – colui che ti aggiusterà l’armatura

  • Dove si trova?

  • Nel Jamir – rispose Shaka

  • Nel ….e dove si trova il Jam… come avete detto che si chiama

  • Non preoccuparti Edgar, ti ci porterò io nel Jamir

  • Ma così ti farò perdere tempo?

  • Andremo nel Jamir e poi cercheremo Camus …

  • Vengo con voi – Mya, che fino a quel momento era rimasta in silenzio, si avvicinò ad Edgar

  • No

  • Ma mia sorella ….

  • La sua presenza non dipende da me – lo sguardo di Milo si fece serio – la tua si …

  • Ma io voglio venire …

  • E’ meglio che tu rimani qui – Edgar le prese le mani – se Camus torna al Grande Tempio deve poter contare su qualcuno

  • Io … va bene – Mya rispose poco convinta – ma voi ce la farete?

  • Ehi! – Milo sorrise – così mi offendi …

  • Scusatemi cavaliere di Scorpio – Mya abbassò lo sguardo – io conosco il vostro valore, ma mia sorella è pericolosa ed inoltre dovrete badare anche ad Edgar

  • Io so badare a me stesso – l’ometto bonfonchiò offeso

  • Non preoccuparti Mya – Shaka le rivolse la parola per la prima volta – devo recarmi nel Jamir per parlare con Mu, perciò per una parte del loro viaggio veglierò io su di loro.

Con poche parole il cavaliere di Virgo riuscì ad offendere sia Edgar che Milo. Il cavaliere di Scorpio non aveva molta voglia di portarsi appresso anche l’uomo più vicino agli Dei, ma non poteva certo impedirgli di fare la loro stessa strada. Maledì per la centesima volta il suo amico Camus per averlo tenuto all’oscuro di tutta quella storia.






Ah, si! Ecco il nuovo capitolo in cui Camus e Hilda finalmente arrivano in Siberia e non trovano nessuno e Milo è costretto ad organizzare il viaggio nel Jamir con una compagnia veramente assortita! E il nostro povero Edgar? Cosa combinerà con il Grande Mu? Sempre se riuscirà ad arrivare vivo nel Jamir .

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Capitolo 16
*** XVI- Questione di Opinioni ***


Capitolo XVI

Questione di opinioni


Era passato un intero giorno e Hilda non aveva più avuto notizie di Camus. Hyoga continuava a dormire e lei non sapeva più cosa fare. Se fosse successo qualcosa a Camus e se il suo allievo non si fosse ripreso, avrebbe dovuto trovare il modo di andarsene di lì.

Era abituata alla neve e al ghiaccio, ma non conosceva quelle zone e i paesaggi innevati sono tutti simili ad occhi inesperti. Pregò Odino che accadesse qualcosa.

La porta si spalancò improvvisamente e lei sobbalzò impaurita, ma per fortuna colui che entrò era il cavaliere di Aquarius. Ciò che notò fu la stanchezza sul suo volto e la delusione. Era evidente che non era riuscito a trovare l’altro suo allievo. La salutò e le chiese se stesse bene. Poi si avvicinò a Hyoga e le chiese se avesse mai ripreso conoscenza. Hilda scosse la testa:

  • Non si è mai svegliato. Ho provato più volte, ma senza successo. Dovrebbe mangiare o bere, ma non vuole sapere di svegliarsi

Camus si alzò e dopo aver riempito un secchio di acqua gelata, la tirò addosso al suo allievo, lasciando Hilda senza parole. Avrebbe voluto chiedergli se era per caso impazzito, ma la reazione di Hyoga la distrasse.

Il ragazzo si alzò di scatto e dopo aver ripreso fiato si guardò intorno. Quando si rese conto di essere nel rifugio e che di fronte a lui vi era il suo maestro, si inginocchiò e lo scongiurò di perdonarlo. Ciò che colpì Hilda fu l’inespressività e la severità sul volto del cavaliere di Aquarius: quello che aveva di fronte era un uomo completamente diverso da colui che aveva conosciuto ad Asgard o che l’aveva salvata al Grande Tempio. L’uomo che ora vedeva non aveva sentimenti e la severità aveva preso il posto della serenità che di solito campeggiava sul suo viso.

Hyoga aspettò che il suo maestro gli dicesse qualcosa, ma quando ciò non accadde, si fece coraggio e proseguì:

  • Come avete fatto a trovarmi? E da quanto tempo sono svenuto?

  • Le domande le faccio io, Hyoga

  • Si, maestro – il biondino chinò il capo

  • Dove è Issac?

  • Isaac? – Hyoga lo guardò sorpreso – io … non lo so, Maestro

  • Tu devi saperlo!

  • Io … non lo so Maestro. Che cosa è successo?

  • Ti abbiamo trovato sulla sponda di un fiume ghiacciato. Il ghiaccio è stato divelto dall’interno e se tu eri svenuto, qualcun altro deve averlo infranto per te.

  • Io non ricordo nulla. L’ultima cosa che ricordo è che ero andato … beh … io

  • So dove sei andato, Hyoga – Camus lo guardò con severità – e so che sei svenuto. Quello che voglio sapere da te è chi ti ha salvato e se ricordi qualcosa

  • Io … non ricordo nulla

Camus trattenne a stento la sua rabbia. Sapeva che Hyoga aveva provato a raggiungere la madre nelle acque del lago ghiacciato e sapeva che era stato Isaac a salvarlo da morte certa. Cominciava anche ad essere quasi sicuro che il salvataggio dell’uno aveva decretato la morte dell’altro, ma non voleva lasciare nulla di intentato. Non voleva rassegnarsi all’idea che il suo allievo fosse morto. Non poteva accettare il fatto che uno dei due ragazzi che gli erano stati affidati avesse perso la vita in quel modo. Era evidente che sua era la responsabilità. Aveva sottovalutato la cocciutagine di Hyoga e questo era il risultato.

In quell’istante provò il desiderio di polverizzare il ragazzino; osservò le sue mani; stavano tremando per la rabbia. Strinse i pugni e chiuse gli occhi. Sapeva di avere lo sguardo di Hilda e di Hyoga addosso. Come uomo e come custode delle energie fredde avrebbe dovuto dire qualcosa che alleggerisse la tensione, ma non vi riuscì. Anche in questo si sentì di aver fallito. Il suo autocontrollo, per l’ennesima volta, stava perendo.

Uscì dalla casa per riprendere fiato. Non voleva dire o fare cose di cui avrebbe potuto pentirsi. Hilda lo seguì all’esterno. Rimase un po’ in silenzio ad osservarlo e solo quando lui, dandole le spalle, le disse di rientrare perché fuori faceva freddo, decise di parlare:

  • Capisco la vostra rabbia, ma forse dovreste dire qualcosa al vostro allievo per confortarlo.

  • Hyoga deve imparare che ogni azione che viene compiuta comporta il dovere di prendersi le responsabilità che ne conseguono

  • Io penso che lui abbia ben chiaro, soprattutto ora, che glielo avete fatto notare, quale sia la sua responsabilità. Ma è un ragazzino con un peso molto grande da portare sulle sue fragili spalle.

  • Non fatevi ingannare – Camus si girò ad osservarla – Hyoga non è così debole come sembra e comunque se vuole diventare un cavaliere dovrà imparare a portare certi pesi

  • E’ quello che fate voi? – Hilda lo guardò con curiosità

  • Che volete dire?

  • Vedo la sofferenza nei vostri occhi. Vi sentite responsabile della scomparsa di Isaac?

  • Isaac è morto … non è scomparso

  • Come fate a dirlo? Magari è riuscito a salvarsi e tornerà

  • Voi siete una donna che crede molto, vero? – Camus sorrise

  • E voi siete un uomo che non credete affatto, vero?

  • Vi sbagliate … però al vostro contrario so quando qualcosa è impossibile. E’ impossibile che Isaac sia sopravvissuto con il freddo e con la ferita che aveva.

  • Come fate a dire che si sia ferito?

  • Ho visto il sangue, nel ghiaccio, dove abbiamo trovato Hyoga

  • Non è vostra la responsabilità

  • Quanto ti viene affidato qualcuno, se tu non riesci a proteggerlo, allora la responsabilità di quello che gli accade è tua. Non credete?

  • Non lo so – Hilda rimase spiazzata dalla sua determinazione – ma in questo caso voi non avreste potuto impedire la cosa

  • Vi sbagliate. Sapevo che Hyoga avrebbe provato a raggiungere sua madre e non ho fatto nulla per impedirlo

  • E cosa mai avreste potuto fare? Non pensate che il destino si compia nonostante i nostri tentativi per cambiarne le sorti?

Camus ripensò ad Edgar. Non capiva perché il pensiero di quell’ometto affiorasse nella sua mente, ma cominciò a ragionare sul fatto che a dispetto di tutto, compreso il destino, Edgar ora era un cavaliere di Athena e che, in quanto tale, gli aveva salvato la vita. Sorrise tristemente:

  • Io credo che noi possiamo cambiarlo il nostro destino. Rientrate ora. Fa freddo qui e voi non siete vestita adeguatamente

  • Voi non rientrate?

  • Fra poco

  • Come volete

Hilda lo lasciò da solo a rimuginare su quanto accaduto e rientrò in casa. Ad attenderla trovò Hyoga che le chiese subito come stesse il suo maestro e se fosse ancora adirato con lui:

  • Io non conosco bene Camus, ma credo che abbia solo bisogno di tempo.

  • E’ colpa mia se Isaac è scomparso. Se dovesse essergli capitato qualcosa non me lo perdonerà mai e come potrebbe? Io neanche mi perdonerò mai! Sono stato uno stupido, un egoista, un arrogante e un incapace. Ero convinto di poter andare a trovare finalmente mia madre e invece ho fallito e Isaac è dovuto correre a salvarmi.

  • Avanti Hyoga – Hilda cercò di rincuorarlo – non è colpa tua. E’ il caso che ha creato questa sequenza di eventi così nefasta. Sono convinta, inoltre, che Camus non è adirato con te. E’ semplicemente sconvolto per quello che può essere successo ad Isaac. Ora smettila di piangere e di incolparti. Hai fame?

Hyoga annuì singhiozzando. Erano giorni che non toccava cibo e quella donna era così gentile che gli venne spontaneo dire la verità. Hilda si alzò e dopo aver armeggiato un po’ in cucina, gli portò un piatto pieno di minestra. Il biondino lo prese e cominciò a mangiare in silenzio. Dopo poco, Camus rientrò e Hyoga, vergognandosi del fatto che stava mangiando, si alzò di scatto, facendo cadere la ciotola. I due si guardarono, ma il cavaliere di Aquarius non gli disse nulla. Hilda raccolse il piatto e chiese a Camus se voleva mangiare qualcosa. L’uomo scosse la testa, poi si rivolse al suo allievo:

  • Finisci di mangiare e torna a riposarti. Da domani ricomincerai gli allenamenti – Hyoga annuì – dormirai nella tua stanza, mentre Lady Hilda, voi dormirete nella mia

  • E voi? – Hilda si sentì in dovere di chiedere, non voleva recare più disturbo del necessario

  • Io non ho sonno

  • Ma voi dovete riposarvi. Sono più giorni che non lo fate?

  • Non ho bisogno di una balia, Lady Hilda

La donna tacque, era la prima volta che Camus le rispondeva con un tono infastidito. Comprese che la stanchezza ed il dolore per il suo allievo avevano turbato il suo animo, generalmente calmo e distaccato. Diede la buonanotte ad entrambi e si ritirò nella camera di Camus, senza dire altro. In altre circostanze avrebbe insistito per non togliere il posto di nessuno, ma in quel caso comprese che era meglio lasciare in pace il suo accompagnatore: aveva bisogno di tempo e solitudine per riprendersi.



***


Edgar stava letteralmente arrancando dietro Milo e Shaka. Erano ormai ore che camminavano per lande deserte e paesaggi rocciosi e le sue gambe erano diventate piombo. Per un cavaliere di Athena come ormai era lui, lo spettacolo che stava dando era penoso. Perfino Maya mostrava superiori capacità atletiche.

La ragazza lo aveva deriso per gran parte del viaggio: prima aveva criticato l’abbigliamento, poi la postura, poi la lentezza, infine il fatto che trasudava sudore come una spugna troppo imbevuta di liquidi. Edgar era diventato sempre più paonazzo, un po’ per la fatica e lo sforzo e un po’ per l’umiliazione e la rabbia che stavano crescendo.

Osservando Milo e Shaka, così freschi e riposati, che continuavano a camminare come se stessero facendo una passeggiata e non una scalata sui monti, Edgar si depresse ancora di più. Sapeva di non poter competere con loro, ma non credeva, dopo l’allenamento fatto, di essere così scarso. L’impresa di arrivare nel Jamir era superiore alle sue forze. Per tutto il viaggio ne Milo, ne tantomeno Shaka gli avevano rivolto la parola, entrambi troppo presi dai loro pensieri, ma ora che erano arrivati più in alto, entrambi si voltarono. Fu Milo, però, il solo a parlare:

  • Edgar mi raccomando, ora più che mai dovrai avere il sangue freddo. Ci siamo intesi?

  • Si

  • Ho fiducia in te!

Lo sguardo di Milo diede sicurezza all’ometto. Respirò a fondo, non sapeva cosa lo aspettava, ma avrebbe cercato di affrontare la cosa come un vero cavaliere.

Ricominciarono a camminare, ma una fitta nebbia rendeva il viaggio difficoltoso. Edgar non riusciva a vedere lontano dal suo naso. Sentì la voce di Milo che gli ordinava di camminare in linea retta, un passo dietro l’altro. Non sapeva il perché, ma se il cavaliere di Scorpio gli diceva di fare una cosa, lui la faceva.

Ad un certo punto si sentì abbandonato e solo. Vide spuntare dal nulla degli spiriti e la prima reazione che ebbe fu quella di scappare a gambe levate. Urlò, terrorizzato, ma poi, pensando a quanta strada aveva percorso fino a quel momento si fece coraggio e si mise in posizione di combattimento.

Se doveva morire in quelle lande deserte, voleva farlo con onore e non piagnucolando come un poppante. Nel momento in cui quegli orribili spiriti lo attaccarono, però, dalla nebbia comparve Milo che con un solo colpo li fece sparire tutti. Senza voltarsi gli chiese se andava tutto bene ed Edgar annuì, tirando un sospiro di sollievo. Il cavaliere di Scorpio si voltò, preoccupato perché non aveva sentito nessuna risposta da parte dell’ometto:

  • Edgar … ah … stai bene

  • Si … Milo … scusami … io …

  • Sei stato coraggioso – Milo sorrise e poi si rivolse al cielo – Avanti Grande Mu, piantala con questi giochi da circo e mostrati a noi

Edgar si guardò intorno, ma non vide nessuno, ma ad un certo punto si sentì leggero come una piuma e in un attimo si ritrovò sul picco di un monte, davanti ad una sorta di Pagoda gigante che aveva la inusuale caratteristica di non possedere una porta di ingresso.

Si guardò in giro: niente Milo, niente Shaka e niente Maya. Ma dove diavolo era finito? E soprattutto come? Si voltò alle spalle, sentendosi osservato, ma non vide nessuno. Se non si fosse imposto di mantenere un contegno sarebbe scoppiato volentieri a piangere. Cominciò a dirsi ad alta voce che lui era un cavaliere di Athena, e se lo ripetè come un mantra per cinque minuti. Alla fine cercò di darsi una sistemata e si mise in posizione di combattimento.

  • E così tu sei colui che ha ottenuto le vestigia di Pegasus

  • Chi ha parlato? – Edgar si voltò alle sue spalle e si trovò ad osservare un tizio dai capelli lilla, un colore che in natura non aveva mai visto, che lo fissava con aria rilassata – tu sei il Grande Mu?

  • E tu sei Edgar – l’ometto annuì – piacere di fare la tua conoscenza Edgar

  • Il piacere è mio – l’omino si sentì rilassato, in cuor suo non dubitava che l’uomo che aveva di fronte fosse giusto – noi siamo venuti qui perché …

  • La tua armatura è distrutta e vuoi che io la ripari, giusto?

  • Si, ma come fai a saperlo?

  • A meno che tu non sia venuto qui per uccidermi – Mu sorrise, ma nella schiena di Edgar un brivido la percorse velocemente – devi essere venuto per chiedermi di aggiustare le tue vestigia. Devo però avvertirti: non sarà così semplice

  • Che vuoi dire?

Prima che Mu potesse rispondergli, anche Milo, Shaka e Maya arrivarono sul monte. I tre uomini si salutarono, ma senza particolare enfasi ed Edgar comprese che tra di loro non ci dovesse essere una grande amicizia. Del resto perché doveva? Mu era un mastro ferraio e Milo e Shaka invece erano due cavalieri di alto rango. Milo posò lo scrigno dell’armatura di Pegasus che aveva preso in carico a metà del viaggio, vedendo Edgar che arrancava sotto il suo peso. Lo scrigno si aprì e l’armatura si mostrò, grigia e spenta:

  • Puoi aggiustarla? – chiese Milo

  • Stavo dicendo ad Edgar che non sarà così semplice

  • Farò qualsiasi cosa per farla aggiustare. Non ho soldi con me, ma posso firmarti delle cambiali

  • Non devi pagarmi – Mu sorrise

  • No? – l’ometto lo guardò sorpreso – e allora cosa devo fare?

  • Per poterla aggiustare ho bisogno che il sangue di un cavaliere venga versato su di essa

  • Cosa? Perché? Come? Quanto? Quando?

  • Devo rispondere a tutte le tue domande?

  • No … io …cioè si

  • Va bene – Mu mantenne la calma e Milo provò un senso di invidia, lui a quel punto avrebbe già dato una risposta nervosa – è necessario sangue di un cavaliere per riportare alla vita queste vestigia sacre. Deve essere fatto il più presto possibile, perché questa armatura sta morendo e deve essere versato su di essa. Per quanto riguarda la quantità, beh ad occhio c’è ne vorrà più della metà

  • E’ impossibile!!! – Edgar urlò quasi – non si può togliere ad un uomo metà del suo sangue – morirebbe

  • Ma tu non sei un uomo, sei un cavaliere – fu la risposta lapidaria di Shaka

  • Io ne dubito – disse Maya in tono sarcastico –e quindi nel suo caso non credo che basterebbe tutto il suo sangue per riportare in vita un solo gambale di queste vestigia

  • Lo farò io – Milo si avvicinò all’armatura, ma Edgar gli si parò davanti

  • No, Milo. L’armatura è mia ed io metterò il mio sangue per aggiustarla

  • Forse sarebbe meglio che lo facessi fare a Milo

Lo sguardo di Mu mise in difficoltà la risolutezza di Edgar, c’era qualcosa in esso che suggeriva all’omino di non disubbidire, ma quando vide Milo spostarlo per mettersi di fronte all’armatura, un moto di orgoglio lo assalì:

  • Fermati Milo, ho detto che lo farò io!

L’ometto si lanciò sull’armatura, anche se non sapeva bene come avrebbe fatto a fare uscire tutto quel sangue dal suo corpo.

Aveva pensato in un primo momento a spararsi, come in tutti quei film americani che aveva visto da adolescente, ma non aveva una pistola e non aveva neanche un pugnale, insomma non aveva nessuna arma, ma l’importante era impedire a Milo di farlo al posto suo. Di quell’avviso però non era il cavaliere di Scorpio che, una volta che l’ometto gli si avvicinò, dandogli un pugno sulla pancia lo fece svenire. L’ultima cosa che vide Edgar fu il sorriso di Milo e dalla sua bocca riuscì a leggere le parole “Perdonami”.




Nuovo capitolo delle avventure di Edgar. Che ne pensate di come si sta evolvendo la storia? Ancora una volta Milo è corso in suo aiuto. Riuscirà a non morire? E intanto cosa succederà a Camus e Hilda?


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Capitolo 17
*** XVII - Chiari di Luna ***


Capitolo XVII

Chiari di Luna






Edgar, una volta sveglio, impiegò un po’ di tempo a realizzare dove fosse. Ricordava vagamente il viaggio verso il Jamir e l’incontro con il mastro ferraio e ricordava la richiesta di quest’ultimo sull’utilizzo del suo sangue, ma il resto era nebuloso.

Stiracchiandosi si voltò a destra. Si sentiva stanco e per riaddormentarsi e continuare a riposare, era sua abitudine, ogni volta che si svegliava nella notte, girarsi verso il lato destro e sognare di avere una compagna accanto a cui augurare la buona notte. Invece si trovò ad osservare il suo maestro, addormentato nel letto accanto.

Il volto di Milo era rilassato nel sonno e la sua bellezza, agli occhi dell’omino, sembrò ancora più ingiusta. Perché Dio doveva essere così iniquo? L’occhio seguì le linee morbide che i suoi capelli, adagiati selvaggiamente sulle spalle delineavano e si fermò sulle fasciature color cremisi che aveva ai polsi. Solo in quel momento, vedendo quel sangue si ricordò di cosa era successo.

Si alzò velocemente e andò a sincerarsi che il suo maestro fosse ancora vivo. Respirava tranquillamente, quindi era solo addormentato. Edgar tirò un sospiro di sollievo, non voleva avere sulla coscienza la morte di una così bella creatura. Non poteva svegliarlo per chiedergli come stava, perciò, guadagnò la porta e andò alla ricerca del mastro ferraio e di Shaka. Li trovò seduti per terra, intorno ad un tavolo, mentre consumavano un pasto frugale. Con loro c’era anche Maya che aveva tutta l’aria di annoiarsi a morte.

Mu quando lo vide con un gesto della mano lo invitò a sedersi e la prima cosa che fece Edgar, una volta seduto, fu chiedere come stesse Milo:

  • Il cavaliere di Scorpio starà bene – Mu sorrise – ha solo bisogno di riposare e di recuperare le energie perdute. Non vuoi vedere la tua armatura?

Edgar si sentiva in colpa e l’idea che le sue vestigia avessero comportato un esperienza dolorosa per Milo lo rendeva nervoso, ma quando Mu gli indicò il punto dove si trovavano e le vide, rimase a bocca aperta per quanto erano luminose.

  • E’ il sangue di Milo – Mu interpretò correttamente il suo stupore – il sangue di un cavaliere d’oro rende le armature più forti e lucenti.

  • Il tuo, probabilmente, l’avrebbe solo spolverate –il commento di Maya fu sprezzante

  • Perché sei così cattiva con me? – Edgar la fissò, ma non con cattiveria

  • Cattiva? Io non sono cattiva – Maya si sorpresa a quella domanda – e comunque sei tu che sei ridicolo

  • Se anche sono ridicolo, tu sei l’unica che continua a prendermi in giro. Perché?

  • Io non ti prendo in giro, io ti dico solo la verità. Sei ridicolo ed è incredibile che tu sia diventato un cavaliere di Athena e soprattutto, mi sorprende che tu sia ancora vivo. Di certo la tua vita non sarà così lunga – il sorriso di Maya si fece ancora più sprezzante

  • Potresti dircelo tu quale sarà il destino di Edgar – le parole di Virgo sorpreso tutti tranne Mu

  • Che vuoi dire? – Maya si mise sulla difensiva

  • Non hai anche tu il dono che appartiene a tua madre e a tua sorella? Prevedere il futuro?

  • Non pensavo che l’uomo più vicino agli Dei credesse in queste cose

  • Non ha importanza in cosa credo io.

  • Io …

Maya, sentendosi in difficoltà di fronte al cavaliere di Virgo, decise di acconsentire alla sua richiesta. Si concentrò su Edgar e cercò di visualizzare il suo futuro. Questo, generalmente era un esercizio che le veniva facilmente, ma nel caso dell’ometto buffo tutto le risultò difficoltoso.

Sapeva che la sua sarebbe stata una visione parziale, ma mai le era capitato in vita sua di vedere con l’occhio della mente un buco nero. Le era praticamente impossibile prevedere il futuro di Edgar.

Spalancò gli occhi, sorpresa ed incredula e vide comparire sul volto di Vrigo un sorriso:

  • Perché ridi? Che cosa hai fatto ai miei poteri?

  • Assolutamente nulla. Forse sei tu che hai sopravvalutato le tue forze o sottovalutato la persona che hai di fronte

  • Che cosa hai visto? – Edgar era confuso e non riusciva a capire cosa stesse succedendo, però era curioso di sapere che cosa gli riservasse ancora il suo futuro

  • Tu taci! La verità è che sei una persona talmente insignificante che anche il tuo futuro è insignificante e non c’è nulla che valga la pena raccontare

  • Io penso, invece, che nel caso del nostro Edgar le variabili in gioco sono talmente infinite che il tuo potere non riesce ad esplorare nessuno dei suoi possibili futuri – questa volta fu Mu ad intervenire – ed inoltre ho il sospetto che i tuoi poteri non siano completi

  • Beh, lei ha bisogno di sua sorella – Edgar rispose d’impulso – ognuna di loro legge un futuro possibile, ma nessuna delle due sa quale si avvererà.

  • Non è vero! – Maya rispose con aggressività

  • Ma … - Edgar cambiò colore – il fatto che tu non riesca a leggere il mio futuro può significare che io ne ho solo uno possibile e che quello possibile lo ha visto Mya. Lei, quando gli ho chiesto di dirmi cosa ha visto nel mio futuro non me lo ha voluto dire, ma ho capito che qualcosa ha visto

  • Io non ti ho detto che non ho visto nulla! Ti ho detto che il tuo futuro è talmente tanto insignificante da non sprecarci neanche le parole. Io vedo il futuro che verrà, senza se e senza ma. Ho ereditato il poter di mia madre e sono l’unica che può ambire al suo titolo e a quello che è previsto per la sua progenie.

  • E cosa è previsto nel tuo futuro? – Mu domandò con noncuranza, mentre Shaka si fece più attento

  • Questa è una cosa che non vi riguarda!

  • Io non ti credo – Edgar rispose sicuro – Mya ha detto la verità e tu sei una bugiarda

  • Non osare darmi della bugiarda. Avanti! Chi di voi due vuole che gli preveda il proprio futuro? – Maya si rivolse a Shaka e Mu

  • Io conosco già il mio futuro – Shaka rispose con tranquillità

  • E quale è? – Edgar lo guardò con curiosità. Quell’uomo suscitava in lui mille domande, ma in tutta onestà non sapeva se voleva conoscerne le risposte.

  • Quello previsto per ogni cavaliere di Athena

  • Io non ho alcun interesse a conoscere il mio destino – Mu chiuse gli occhi – sarà quello che vorrà per me il Fato

  • Leggi il mio futuro. Io sono più terreno di questi due e sono curioso di sapere cosa prevede il destino per me

Nella sala entrò Milo. Aveva l’aria stanca, due profonde occhiaie ed il passo lento. Edgar si alzò per aiutarlo, ma il cavaliere di Scorpio lo scansò con una mano e si sedette vicino a Mu, in modo da poter vedere Maya negli occhi.

  • Avanti, ragazzina, sto aspettando

Maya era innervosita dai modi bruschi del cavaliere di Scorpio, ma decise di provare perché doveva difendere le sue affermazioni. Si concentrò su Milo e cercò di visualizzare il suo futuro. Di solito le immagine che affioravano nella sua mente, benché nitide erano avvolte da colori grigi, mentre ora nella sua mente affiorarono delle immagini con colori accessi e contrastanti. Le figure si susseguivano velocemente e confusamente, mentre prima erano sempre state lente e chiare.

  • Tu … avrai un rapporto sessuale con una donna …

  • Uno solo? – Milo sorrise sarcasticamente – devo preoccuparmi? Questo è tutto quello che vedi?

  • Morirai – Maya cominciò a sentirsi male fisicamente per lo sforzo di mettere a fuoco tutte quelle immagini – si morirai … di fronte ad un muro alto e impenetrabile … no ... tu verrai ucciso … si … da un cavaliere biondo … no … io …

Maya si alzò improvvisamente e fuggì via

  • Fantastico! – Milo alzò le braccia al cielo – non solo non farò più l’amore in vita mia, ma mi toccherà anche morire in qualche modo

  • Smettila di fare del sarcasmo – Mu lo guardò con severità – è del tutto fuori luogo

  • Fuori luogo? – Milo si voltò verso il padrone di casa – e proprio tu mi viene a parlare di cose fuori luogo? Ti sei ritirato qui come un eremita, abbandonando la tua casa e mancando al tuo compito principale …

  • E questo cosa c’entra con il tuo comportamento? – Mu mantenne un tono calmo, ma se Edgar avesse potuto, sarebbe fuggito a gambe levate.

  • E il tuo commento cosa c’entra con quello che ho detto io? Voi due siete sempre lì, pronti a pontificare e a noi comuni mortali non fate mai capire nulla di quello che vi passa per la testa, ma forse non passa nulla per la vostra testa ed il vostro è solo un modo per nascondere la piccolezza della vostra anima. Devo uscire. Ho bisogno di aria pulita

Milo si alzò di scatto, rischiando di perdere l’equilibrio. Si sentiva debole, ma allo stesso tempo insofferente. Aveva tante cose per la testa, molte delle quali andavano in contrasto l’una con l’altra. A sentire parlare Maya del suo futuro gli era venuta l’orticaria.

Forse, in cuor suo, aveva sperato che quella ragazza potesse chiarirgli molti punti a lui oscuri, ma così non era stato e l’atteggiamento così sicuro di Mu e Shaka lo aveva innervosito.

Uscì all’aperto, un po’ per prendere aria e un po’ per riuscire a schiarirsi le idee. Camminò per circa mezz’ora, ma improvvisamente sentì le forze andarsene e dovette sedersi per non cadere. Era evidente che il sangue versato sull’armatura di Pegasus lo aveva reso più debole e il riposo forzato a cui lo aveva costretto Mu non gli aveva permesso, comunque, di recuperare le forze.

Non si era pentito di aver utilizzato il suo sangue, Edgar gli piaceva e sapeva che non sarebbe mai riuscito a superare questa ennesima prova. Scavalcando un frangente roccioso si ritrovò ad ammirare un prato fiorito. Non gli era mai capitato di vedere dei fiori così strani, ma la loro bellezza era indubbia. Si sdraiò sulla terra in attesa di recuperare un minimo di forze che gli permettessero di tornare dagli altri. Cercò di calmarsi e di prenderla con più filosofia: era inutile arrabbiarsi, in fondo, anche se gli urtava dover ritardare il suo incontro con Camus.

Chiuse gli occhi per riposare e si addormentò in un istante.




***



Aioria aveva deciso di rimanere al Grande Tempio. Avrebbe voluto seguire Milo e Shaka alla ricerca di Camus, amava l’avventura e gli mancava provare quell’adrenalina che tanto lo aveva accompagnato durante lo scontro con i Titani.

Al momento, però, la sua presenza era più importante lì. Doveva tenere d’occhio Seiya e doveva fare in modo che non gli accadesse nulla. Non aveva ancora compreso il ruolo del ragazzino in tutta la storia, ma sapeva che un pericolo incombeva su quel giovane guerriero e lui era l’unico a poterlo proteggere.

Giunto nuovamente sulla riva del mare, non entrò in casa e rimase fuori ad osservare la luna che con la sua luce bianca illuminava la battigia. Per un momento aveva valutato la possibilità di entrare, ma forse era meglio attendere fuori, anche da lì si sarebbe accorto se qualcuno avesse provato ad attentare alla vita di Seiya. Inoltre, dentro c’era Marin che vegliava sul ragazzo. Era lei il motivo per cui preferiva rimanere fuori.

Aveva compreso che i suoi sentimenti verso quella ragazza erano di amore; inoltre sapeva di provare una forte attrazione, sentiva i brividi percorrergli costantemente il corpo e ne era terrorizzato: non aveva mai provato un sentimento così forte. Aveva bisogno di tempo per comprendere quale fosse la strada migliore da percorrere: insistere con lei, oppure fare in modo che le cose continuassero così? Il problema, però, era anche che lui aveva visto il suo volto e per le leggi di Athena, lei doveva o ucciderlo o innamorarsi di lui. Un bel rompicapo da risolvere in tempi più tranquilli. Forse era meglio aspettare che le cose si calmassero e che Seiya fosse al sicuro. Solo in seguito avrebbe pensato a quale fosse la strada migliore da seguire.

Si sedette sulla sabbia e attese che qualcosa accadesse.





***




Milo si era addormentato profondamente per cui non percepì immediatamente il cosmo della persona che stava sopraggiungendo. Quando lo fece, fu troppo tardi e la guerriera a cui apparteneva lo prese di sorpresa.

Aprendo gli occhi si ritrovò il volto di Shaina sopra il suo. La ragazza lo aveva immobilizzato e lo stava guardando da dietro la sua maschera inespressiva.

Milo non poteva certo sapere che cosa nascondesse il suo sguardo, celato ai suoi occhi da quell’arnese infernale, ma al tempo stesso poté percepire chiaramente la rabbia che provava, ascoltando semplicemente il suo cosmo. Un sorriso comparve sul suo volto:

  • Come mai da queste parti?

  • Dopo l’umiliazione che mi hai inferto, pensavi veramente che ti avrei lasciato in pace? Ho giurato che ti avrei ucciso e manterrò il mio giuramento.

  • Sinceramente avevo sperato che non fossi così matta da provarci

  • Attento cavaliere! Shaina puntò il suo dito sul suo collo – sono molto motivata

  • Non basterà

Con un gesto veloce, troppo veloce per il cavaliere di Ofiuco, Milo si liberò della sua presa, facendola volare dalla parte opposta e si alzò di scatto. La velocità, però, gli giocò un brutto scherzo, facendogli quasi perdere l’equilibrio. Per fortuna, Shaina era troppo impegnata a rialzarsi per notare la sua defaiance.

La donna, rialzandosi, si mise in posizione, pronta per sferrare il suo attacco. Milo sentiva di non avere le energie sufficienti per affrontare un altro combattimento con quella ragazza e gli serviva tempo per pensare, così cercò di distrarla con le parole:

  • Sai Shaina, questa sera mi hanno predetto il futuro

  • Ti hanno per caso detto che morirai per mano mia? – la ragazza lanciò il suo attacco, che lo sfiorò

  • No! Mi hanno detto, però che presto morirò

  • Se non ti hanno predetto la morte per mia mano, non mi interessa cosa altro ti hanno detto – altro attacco e altro fallimento

  • Beh … – Milo sorrise – però mi hanno predetto una notte di passione prima della mia morte

  • Non con me, bello!

Shaina lanciò ancora un altro colpo che sfiorò il suo volto. Era riuscito a spostarsi ancora una volta, ma troppo lentamente per non essere raggiunto, anche solo di striscio. Shaina dal canto suo, però, rimase un istante ad osservarlo. Aveva visto un rigolo di sangue uscire dalla sua guancia, ma non ne fu soddisfatta. Qualcosa nel modo di combattere e nel comportamento del ragazzo non la convincevano. Era troppo lento nei movimenti ed in più, era tornato al suo solito tono canzonatorio, eppure dopo l’ultimo scontro in cui decisamente aveva superato il limite e in cui aveva intravisto il suo volto, le era sembrato mortificato e sinceramente dispiaciuto. Ora, invece, sembrava tornato alla sbruffonaggine di sempre.

  • Ad ogni modo, Shaina, devi deciderti. Se pensi di essere tu quella che mi ucciderà questa notte, dovrai essere sempre tu quella che mi farà avere una notte di passione!

  • Non sei il mio tipo, cavaliere di Scorpio

  • E quale è il tuo tipo?

Milo, con un movimento rapido ed imprevisto buttò a terra Shaina e la bloccò, immobilizzandola. Lo aveva ritenuto lento e stanco, ma lui aveva ribaltato le sorti del combattimento in un battito di ciglia. Lo aveva sottovalutato ancora una volta.

  • Il mio tipo è qualcuno più maturo di te! – con un calcio Shaina gli fece allentare la presa, liberandosi dalla sua morsa

  • Insomma un vecchio! – Milo si mise in posizione di attacco

  • Avanti! Prova a colpirmi con il tuo colpo sacro

Shaina lo sfidò apertamente, aveva la sensazione che il cavaliere stesse tergiversando e lei invece voleva battersi con lui. Aveva disperatamente bisogno di riscattare il suo onore e non le importava se per farlo sarebbe morta.

Odiava mostrare la sua femminilità ed il cavaliere di Scorpio, umiliandola in combattimento e vedendola in volto l’aveva fatta sentire più donna di quanto voleva.

Milo, però, non aveva alcuna intenzione di battersi con lei. Non solo non ne aveva le energie, ma non voleva più provare quell’orribile sensazione di disgusto che lo aveva affiancato dopo lo scontro con lei. Così abbassò la guardia:

  • Mi spiace Shaina, ma non combatterò con te

  • Cosa? – Shaina si adirò – tu devi farlo. Se un altro cavaliere ti sfida tu devi difenderti.

  • Ma io non ho intenzione di battermi con te. Potrei ucciderti, te l’ho già dimostrato, ed io non voglio ucciderti

  • Tu sottovaluti le mie doti ed io te ne farò pentire.

Il cavaliere di Ofiuco si scagliò contro di lui con il suo colpo più potente e Milo, ancora una volta, lo schivò, ma non reagì. Shaina lanciò ancora il suo colpo, schivato e un altro ancora, sempre schivato. Stava per perdere la speranza di poterlo colpire quando notò in lui un leggero affanno. Era poca cosa, ma era l’unica speranza che intravedeva per recuperare il suo onore. Continuò ad attaccarlo più volte, finché, alla fine, riuscì a colpirlo senza che lui riuscisse a schivare il colpo.

Milo cadde a terra e lei gli fu subito sopra, pronta a colpirlo ancora. Il cavaliere si rilassò e chiuse gli occhi:

  • Avanti, se devi uccidermi fallo ora, perché non avrai un’altra occasione.





***



Edgar uscì alla ricerca di Milo. Anche se Mu e Shaka gli avevano suggerito di lasciarlo andare, non poteva, soprattutto dopo quello che aveva fatto per lui.

Da quando Camus se ne era andato con la Regina di Asgard, il cavaliere di Scorpio era cambiato. Era diventato più suscettibile, più nervoso e meno attento. Edgar sapeva che tutto dipendeva dal fatto che il cavaliere di Aquarius lo aveva escluso dalle sue decisioni. Aveva capito, dopo poco che li aveva conosciuti, che i due erano uniti da una profonda amicizia. Un’amicizia che aveva invidiato e desiderato; nella quale però, aveva notato una disuguaglianza di ruoli: Camus gli era sembrato più distaccato, razionale, mentre Milo dipendeva molto di più dall’altro.

Eppure sentiva che il cavaliere di Aquarius non aveva voluto condividere con il suo amico le sue decisioni, non tanto per mancanza di fiducia nei suoi confronti, quanto piuttosto per paura di un giudizio negativo sul suo operato. Aveva escluso fin dall’inizio la possibilità che lo avesse fatto invece per proteggere Milo da chissà quale pericoli; conosceva il valore di entrambi e sapeva che anche Camus conosceva le grandi capacità di Scorpio.

Scendendo per uno dei vialetti, si trovò ad incontrare Maya. Era seduta su un masso e guardava pensierosa le stelle. Quella ragazza non aveva nulla a che vedere con la dolce Mya: mentre quest’ultima era gentile e generosa, Maya sembrava arrogante, cattiva e senza scrupoli. Non si fidava di lei e del resto neanche sua sorella lo faceva, eppure la piccola Mya, nella sua immensa generosità, continuava a volerle bene.

Prima di partire aveva chiesto ad Edgar di non fidarsi di lei, ma di non condannarla per i comportamenti che avrebbe avuto; gli aveva spiegato che la rabbia di sua sorella dipendeva dall’incapacità della loro madre di amarle entrambe. Un giorno, forse, Edgar avrebbe saputo di più sulla storia delle due ragazza, ma lui, più di chiunque altro poteva comprendere i danni che può portare la mancanza d’amore e così decise di andarle incontro e di non giudicare.

Si sedette accanto a lei e attese un cenno o una parola. Maya si voltò ad osservarlo e pensò in maniera crudele che quell’ometto non riusciva neanche da seduto ad avere una postura dignitosa. Tutto in lui le dava sui nervi:

  • Che cosa vuoi?

  • Niente

  • E allora perché sei qui?

  • Io stavo cercando Milo, poi ti ho visto e ho pensato che forse avevi bisogno di aiuto

  • Non ho bisogno di niente. Puoi andartene

  • Perché sei sempre così scontrosa? – Edgar gli fece la domanda seriamente

  • Non sono affari tuoi e poi tu che ne vuoi sapere di me?

  • Beh, Mya mi ha raccontato che …

  • Ah già la mia dolce sorellina …

  • Perché usi quel tono per parlare di lei? – Edgar la rimproverò – lei con te non ha usato quel tono

  • La povera e piccola Mya, sempre pronta ad aiutare gli altri – Maya fece una smorfia – di un po’, grassone, ti sei innamorato di lei?

  • Io? – Edgar arrossì – io no … no e se anche fosse non avrei molte speranze … perciò no

  • Lo sapevo! Sei innamorato di lei

  • Non ha importanza quello che io sono!

  • Sei troppo brutto e sgraziato per lei – Maya cominciò a ridere

  • E tu sei una ragazza crudele – Edgar si alzò – io ho provato a comprendere. Sono molto bravo a capire le persone, ho passato la vita ad osservare gli altri, per cui riesco, generalmente, a valutare perché le persone fanno certe cose. Ma con te non ci riesco … sembra che tu faccia del male agli altri solo per il gusto di farlo

  • Ti ho già detto che ….

  • Si … si, lo so cosa mi hai detto! Che non sono affari miei, ma è affare mio quando continui a chiamarmi ciccione o grassone. So da solo di non essere bello, so di essere sgraziato e pago il prezzo della mia bruttezza tutti i giorni, ma tu perché sei così acida? Eppure sei carina e non dovresti avere nulla che non va …

  • Io – Maya rimase senza parole, ma poi non volendo subire l’attacco di quell’omino si rianimò – guarda che essere belli non rende la vita migliore. Inoltre io non penso di essere così bella!

  • Si che lo sei – Edgar arrossi ancora e poi abbassò lo sguardo – e purtroppo l’aspetto conta nella vita. Se io andassi in giro con Milo in città, nessuno si degnerebbe di guardarmi, nessuno ascolterebbe quello che ho da dire e nessuno si soffermerebbe a pensare che sono una persona interessante da conoscere. Tutti sarebbero concentrati su Milo e sulla sua bellezza …

  • E allora? – Maya si trovò suo malgrado a provare pena per quell’ometto – che ti importa degli altri?

  • E’ brutto essere sempre soli, sai

  • Mi pare che Milo e gli altri non ti trattino come qualcuno di invisibile

  • Loro sono diversi … hanno problemi più seri a cui pensare, perciò non fanno tanto caso all’aspetto delle persone, ma posso assicurarti che nel mondo normale la gente giudica dall’aspetto.

  • Ma tu non appartieni più al mondo normale

  • Ma quando ci tornerò …

  • Perché pensi che tornerai alla tua vita? – Maya glielo domandò sinceramente incuriosita

  • Avanti, guardami! – Edgar sorrise – pensi veramente che io possa essere il cavaliere di Pegasus? Sicuramente c’è stato uno sbaglio e quando se ne accorgeranno mi rispediranno da dove mi hanno raccolto

  • E la cosa ti dispiace? – Maya sorrise, suo malgrado, pensando al fatto che alla fine sua madre non era riuscita in tutto a darla a bere, almeno non ad Edgar

  • Mi dispiace che non vedrò più Milo, Aioria e Camus, loro con me sono sempre, o quasi sempre, stati buoni. E poi non vedrò più Mya e neanche te – a quelle parole Edgar abbassò nuovamente lo sguardo – ma quello è il mio destino e io non posso farci molto.

  • Ne sei sicuro?

  • Sei tu che me lo hai detto

  • Cosa? Ma quando?

  • Hai detto che è talmente insignificante che non vale neanche la pena di essere raccontato e così ho pensato che hai visto che tornerò alla mia vita grigia

  • Io non sono riuscita a vedere nulla – Maya decise di essere sincera

  • Nulla?

  • Già – Maya sospirò – il tuo futuro è un grande buco nero

  • E questo cosa vuol dire?

  • Che forse devi ancora scrivere le tue pagine – Maya sorrise sinceramente, dopo tanti anni in cui aveva perso l’abitudine a farlo, ma Edgar in fondo gli era simpatico

  • E nel tuo di futuro cosa vedi? – Edgar chiese con curiosità. Quel tipo di potere lo affascinava realmente

  • Io … non vedo nulla … non posso vedere nulla: a noi è precluso vedere ciò che ci capiterà

  • Ah … ma cosa vorresti che accadesse?

Maya avrebbe dovuto dirgli che nel suo futuro desiderava vedere il trono di Asgard e che avrebbe fatto di tutto per raggiungere ciò che aveva sognato fin da piccola, ma in quel momento lo trovò stupido e fuori luogo e così rispose semplicemente che non lo sapeva. Edgar sorrise, rispondendole che allora erano in due e Maya lasciò cadere l’argomento.

Rimasero seduti su quel masso ancora per un po’, nessuno dei due aveva voglia di tornare alla realtà e così cominciarono a parlare delle stelle e del loro significato.




***



Shaka osservò in lontananza Edgar che conversava con Maya. Sapeva o aveva intuito molto di quella storia e aveva presente quasi tutto il quadro generale. Però qualcosa ancora gli sfuggiva: i coinvolgimenti e le dinamiche non gli erano ancora del tutto chiari. Aveva bisogno di scoprire chi fosse nel giusto e chi stava agendo con malvagità. Per quanto i suoi poteri fossero potenti, alcune cose erano precluse anche a lui.

  • Era arrivato nel Jamir seguendo un'intuizione. Il cavaliere di Ariete era uomo saggio e giusto e forse era l'unico che gli avrebbe permesso di comprendere

  • A cosa stai pensando? - Mu domandò, mentre si versava un tazza di tè

  • Perché, nonostante i continui richiami, non sei mai tornato al Grande Tempio?

  • Sono molto impegnato nel mio lavoro

  • Cosi insulti la mia intelligenza

  • E tu la mia - Mu sorrise - ponimi la vera domanda che ti sta a cuore

  • Pensi che il Grande Sacerdote agisca per il male?

  • Penso che qualcosa di cupo avvenga al Grande Tempio, ma di questo abbiamo già parlato. Entrambi sappiamo che Athena non soggiorna più lì da molti anni ed entrambi sappiamo che molto ha a che fare con il presunto tradimento di Aiolos. Ma perché mi fai ancora questa domanda? Conosci il mio pensiero ed io conosco il tuo. Nulla è cambiato, o mi sbaglio? - Mu guardò con più attenzione Shaka

  • E’ solo che ... cosa ne pensi di Edgar?

  • Che non ha la benché minima attitudine ad essere un cavaliere. Lo so io, lo sai tu e lo sa anche Milo, altrimenti non avrebbe sacrificato stesso. In quel ragazzo non vi è nessuno sprazzo di cosmo

  • Eppure è diventato cavaliere di Pegasus. La cosa non ti sorprende?

  • Si. Ma sono tante le cose che mi sorprendono, Shaka. Anche la tua presenza qui

  • Il fatto è Mu, che sono sicuro che Edgar è stato aiutato da qualcuno. E da quello che ho potuto percepire mi è sembrato di sentire un cosmo che credevo sparito da molti anni.

  • Di chi stai parlando?

  • Di Gemini. Potrei affermare che il giorno del combattimento anche lui era lì e ha aiutato Edgar.

  • Perché avrebbe dovuto farlo?

  • Questo lo ignoro. Poi c'è la storia di Hilda di Polaris e di Calliope che afferma che ha attentato alla vita di Athena, ma sappiamo entrambi che non è possibile.

  • Cosa pensi che stia succedendo?

  • E’ semplice. Calliope vuole il trono di Asgard per sé e le figlie e ha teso una trappola a Lady Hilda.

  • Perché non hai riportato i tuoi dubbi al Grande Sacerdote? - per la prima volta Mu guardò Shaka con speranza e timore

  • Vuoi sentirtelo dire, vero? E va bene. Per la prima volta ho il dubbio di non potermi fidare

  • Pensi che anche lui sia coinvolto? E perché

  • Penso che, in qualche modo, possa essere stato manipolato

  • Ma lui è il Grande Sacerdote di Athena. Le sue doti dovrebbero preservarlo

  • Non sottovalutare il potere di Calliope. Ha un alleato potente

  • Che vuoi dire?

  • Sospetto che Zeus le abbia fatto un dono

  • Quale?

  • Purtroppo ancora non lo so. Ma in qualche modo deve aver soggiogato il Grande Sacerdote

  • Tu sai come la penso: su questo punto io e te avremo sempre opinioni diverse

  • Te lo ripeto, Mu, io non sento in lui alcuna forma di malvagità. Nel profondo del suo cuore è un uomo giusto

  • Cosa intendi fare? - Mu cambiò argomento, perchè sapeva che su quel punto lui e il cavaliere di Virgo l'avrebbero pensata sempre in maniera differente

  • Affronterò il Grande Sacerdote, ma prima devo comprendere il ruolo che ha Edgar in tutta questa storia e per farlo ho bisogno del tuo aiuto.

  • Va bene, ti aiuterò. Anche per Maya devi capire il suo ruolo?

  • No. Lei è qui per trovare e uccidere la regina di Asgard

  • E tu che intenzione di fare fermarla?

  • Nulla. E’ un compito che non spetta a me e poi alla regina di Asgard penserà Camus. Io devo capire che ruolo ha Edgar in tutto questo e poi potrò affrontare Calliope e il Grande Sacerdote

Mu annuì, pensando al fatto che fosse un vero peccato che Shaka continuasse a ragionare con la testa, invece di usare il suo cuore. Se lo avesse fatto, forse, in un futuro ormai imminente si sarebbero evitati tanti spargimenti di sangue.






Capitolo nuovo ed evoluzioni inaspettate, forse? E così Milo si trova nuovamente faccia a faccia con Shaina, questa volta però è lui quello ad essere in difficoltà, debilitato dal sacrificio che ha fatto per Edgar. E il nostro povero cavaliere di Pegasus? Infine è riuscito a colpire anche Maya, ma ora cosa dovrà affrontare e subire da Shaka e Mu?

Una precisazione su Aioria e sul riferimento ai Titani, ovviamente il riferimento è al manga Episoge G, che a me personalmente è piaciuto .






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Capitolo 18
*** XVIII - Sotto Cieli Stellati ***


Capitolo XVIII

Sotto cieli stellati


Shaina osservò Milo con più attenzione. I polsi fasciati e insanguinati, il viso contratto per la stanchezza e il dolore le restituivano l’idea di un uomo provato, eppure quel suo sorriso sembrava indicarle che, dopotutto, il cavaliere di Scorpio avrebbe avuto sempre delle risorse nascoste per combattere. Non doveva abbassare la guardia, era pur sempre un cavaliere d’oro e anche se l’aveva invitata ad approfittare della sua condizione, lei non doveva abbassare la guardia. Ma quando posò nuovamente gli occhi su di lui si rese conto che era svenuto o si era addormentato, il risultato, comunque, era lo stesso: non poteva attaccare un cavaliere privo di conoscenza.

Si tolse da sopra di lui e cominciò a fissarlo. Per essere bello era bello ed era sicuramente uno dei cavalieri più coraggiosi e potenti del Grande Tempio, ma lei non avrebbe mai permesso al suo cuore di guerriera di innamorarsi di chi che sia, soprattutto di un uomo così pericoloso e così l’unica soluzione che le rimaneva era ucciderlo o morire nel tentativo, altre opzioni non potevano essere contemplate:

  • Le regole del Santuario a volte sono insensate

Le parole che giunsero alle sue spalle la fecero sobbalzare. Si alzò velocemente e, voltandosi, si ritrovò a fronteggiare forse il cavaliere più potente del Grande Tempio: Virgo. Non era stato lui a parlare, però, ma un tizio dai capelli color lilla che mostrava un sorriso sereno e una postura rilassata. La sua indole combattiva le impose di rispondere:

  • Di cosa parlate e a cosa vi riferite?

  • Parlo in generale e non mi riferisco a nulla in particolare

Il suo sorriso, più che il suo fisico scolpito, la colpirono. Mostrava una tale sicurezza da far sparire perfino la magnificenza del cavaliere della VI casa. Shaka la superò senza porre attenzione né a lei né a Milo e quando anche l’altro uomo fece lo stesso, Shaina li richiamò:

  • Dove state andando? Non pensate che sia il caso di soccorrere il cavaliere di Scorpio?

  • Milo starà bene e nell’attesa che ciò avvenga penserai tu a lui, cavaliere di Ofiuco

Le parole, così brusche e dirette, del cavaliere di Virgo la indisposero: lei non era avvezza a far da balia a nessuno. Non poteva però mettersi contro di lui: già aveva il suo da fare con un cavaliere d’oro, due erano veramente troppi. Quando i due uomini sparirono dalla sua visuale, Shaina, rassegnata si inginocchiò vicino a Milo e attese che il cavaliere si ridestasse dal suo sonno. Nell’attesa, ricominciò a fissarlo.


***



Aioria fu svegliato da un rumore sordo. Nessuno in generale avrebbe fatto caso ad un suono così fievole, ma lui, che si era dato il compito di sorvegliare l’allievo di Marin, aveva alzato le difese in modo da non farsi sfuggire nulla. Quando aprì gli occhi, però, si trovò di fronte il cavaliere dell’Aquila che gli stava puntando un pugnale alla gola. Il cavaliere di Leo sospirò:

  • Potresti almeno toglierti la maschera?

  • Fa parte della mia armatura per cui la terrò

  • Deve proprio esserci un duello fra di noi?

  • E’ inevitabile … sono le leggi di Athena

  • Si che è evitabile – Aioria con un movimento lento ma deciso le afferrò il pugnale e glielo sfilò dalle mani – hai sempre un’altra possibilità e se non ce l’hai, fai in modo di creartela.

  • Le sacerdotesse devono sottostare alle leggi che sono state pensate per loro …

  • Altrimenti? – Aioria le tolse la maschera

  • Altrimenti sono perdute …

La voce di Marin si fece lieve, mentre il cavaliere di Leo, riducendo lo spazio fra di loro, le si avvicinò e le prese il volto fra le mani. La ragazza, se fosse stata più convinta, avrebbe potuto colpirlo e ferirlo senza alcun problema, ma lei, troppo persa negli occhi verdi dell’uomo, non ne approfittò. Permise, così, ad Aioria di baciarla e di stringerla ancora più a se.

Quando si separarono, entrambi accaldati e sconvolti, Marin comprese in cuor suo che non avrebbe potuto più rispettare alcuna regola e che, in fondo, quella soluzione era preferibile al combattimento. Aioria le prese ancora una volta il volto fra le mani e, prima di baciarla nuovamente, le sussurrò:

  • Questa notte ho bisogno di perdermi in te


***


Mentre Maya osservava le stelle, Edgar osservava lei. Stava cercando di capire cosa ci fosse di diverso fra le due sorelle. Aveva avuto modo di frequentare e conoscere Mya e nonostante avesse sempre saputo che il cuore della ragazza era perso per Camus, se ne era invaghito all’istante.

Maya era la sua copia, però seppur identica, diversa allo stesso tempo. Bella era bella, decisamente bella. Eppure qualcosa in lei lo rendeva nervoso. Forse il suo sguardo o la sua indole, ancora non sapeva bene, o forse quel suo modo di restare sulla difensiva.

Quel certo atteggiamento, che lui comprendeva benissimo, lo rendeva nervoso e al tempo stesso lo agitava perché, in fondo, se avesse avuto un po’ più di amor proprio, quello sarebbe stato anche il suo modo di interagire con il resto del mondo. Maya era una ragazza ferita dal destino, incompresa dai molti e abbandonata dai giusti ideali. Anche lui era stato lasciato solo, deriso e spesso umiliato dalla vita. Se avesse avuto un po’ più di coraggio, anche lui, come Maya avrebbe voluto osservare il mondo dall’alto verso il basso, fiero di essere diverso da ciò che il mondo si aspettava da lui.

Forse avrebbe commesso un grave errore, ma nel momento esatto in cui quella ragazza lo guardò e sorrise, Edgar decise che avrebbe puntato la sua scommessa su di lei e l’avrebbe protetta da qualsiasi avversità. Magari un giorno questo gli avrebbe permesso di guadagnare un posto in paradiso, o semplicemente l’avrebbe spedito dritto all’inferno, non aveva importanza. Sorrise, però, al pensiero che lui potesse veramente proteggere qualcuno.

Maya gli chiese se andava tutto bene, ma prima che potesse rispondere la vide accasciarsi. Avvicinandosi a lei si accorse che qualcosa o qualcuno l’aveva colpita, ma chi fosse stato o da dove fosse partito il colpo, questo lo ignorava. Sentendo dei passi alle sue spalle, si voltò impaurito ma deciso a confrontarsi con il suo nemico. Quando vide Shaka e Mu, tirò un sospiro di sollievo. I suoi alleati erano corsi in suo soccorso. Osservandoli, così seri e fermi, però, comprese che il prossimo quarto d’ora sarebbe stato il più duro che avesse mai vissuto.



***


Da quando Camus era tornato senza aver trovato alcuna traccia di Isaac, l’atmosfera alla baita si era fatta pesante. Il cavaliere di Aquarius era caduto in un mutismo quasi esasperante e aveva costretto Hyoga a sedute di allenamento dolorose e inumane.

Hilda avrebbe voluto più volte fargli notare che forse stava sfogando la sua rabbia nel modo sbagliato, ma al tempo stesso non era così sicura che fosse veramente arrabbiato. La sua espressione, gelida e distaccata, non faceva trasparire in lui alcuna particolare emozione: o era veramente bravo a fingere oppure non provava assolutamente nulla. Eppure a volte, osservandolo meglio, aveva notato nei suoi occhi dei lampi di emozione, soprattutto nei riguardi del suo allievo. Se da una parte non era riuscito del tutto a perdonarlo per quello che era successo, dall’altra, vedendolo così battagliero e deciso, dei sentimenti di orgoglio sembravano a volte affiorare in lui. In generale, però, il ragazzino non riusciva a stare al suo passo. Hilda aveva pensato più volte che se non fosse perito per i suoi sensi di colpa, sarebbe morto per l’affaticamento. Anche il loro rapporto era caduto in uno stallo estenuante. Erano passati giorni senza che nessuno li avesse trovati e tra di loro il silenzio era diventato sovrano. Troppo perso nei suoi problemi Camus per pensare anche a quelli della donna e così avevano continuato a girarsi intorno come due estranei che condividevano lo stesso tetto.

Quella sera, però, decisa a riprendere in mano la sua vita, Hilda aveva atteso che Hyoga crollasse sfinito, per poter affrontare il discorso con il cavaliere di Aquarius. Quando l’allievo si addormentò sul divano e Camus si alzò per andare a dormire, la donna lo seguì nella camera che condivideva con il biondino. Benchè sorpreso di vedersela alle spalle, mantenne un tono pacato:

  • Avete bisogno di qualcosa?

  • Domani vorrei che mi accompagnaste ad Asgard

  • Perché? – domanda naturale, posta con un tono freddo

  • Perché ormai sono giorni che non succede nulla ed io devo tornare nelle mie terre. Il mio popolo mi aspetta e ha bisogno di me

  • Tra poco saranno qui

  • Chi?

  • Quelli che vogliono uccidervi

  • Camus – Hilda cercò di non mostrarsi esasperata – sono giorni che aspettiamo, credo che sia arrivato il momento di capire che nessuno verrà. Probabilmente Cassiopea, o chi per lei ha confessato il complotto oppure il vostro Grande Sacerdote ha capito di aver preso una cantonata.

  • Siete ottimista … – Camus sorrise

  • E voi siete cinico e lugubre

  • Lugubre? – il cavaliere alzò un sopracciglio

  • Da quando siamo qui non aveva proferito parola e anche con quel povero ragazzo … lo avete sottoposto ad allenamenti massacranti. Non pensate di aver esagerato?

  • Quello che insegno al mio allievo non sono affari vostri!

  • Avete ragione – Hilda sospirò, pensando a quanto fosse cambiato quell’uomo – non sono affari miei. Se non volete accompagnarmi ad Asgard, bene, ci andrò da sola

  • Non ho detto questo! – il tono di Camus divenne esasperato – perché vi comportate come una ragazzina viziata che punta i piedi?

  • Una volta non avreste usato questo tono con me e non avreste fatto certe affermazioni, ma avreste compreso quanto sia importante per me tornare dalla mia gente …

  • Io … – Camus si sorprese a pensare quanto aveva ancora da imparare sulla capacità di controllare le proprie emozioni – avete ragione … perdonatemi … mi è sfuggito il controllo della situazione e mi sono lasciato distrarre dai miei problemi

  • Non dovete scusarvi – Hilda si sentì improvvisamente in colpa, in fondo quell’uomo aveva subito una perdita e non poteva certo accusarlo di averla trascurata

  • Datemi un paio di giorni per sistemare alcune cose e poi vi accompagnerò personalmente ad Asgard.

  • Va bene

Hilda indugiò un momento, sorprendendosi a pensare che preferiva passare il suo tempo con lui che da sola nella sua camera. Arrossì ed uscì precipitosamente dalla stanza, ringraziandolo. Non voleva che Camus potesse fraintendere le sue emozioni. Si era accorta che quell’uomo aveva sviluppato fin dall’inizio un certo interesse nei suoi confronti. La cosa in se la lusingava e lui le piaceva, ma sapeva anche che, come regina di Asgard, certe distrazioni le erano precluse.

Inoltre c’erano in gioco anche i suoi sentimenti per Sigfrid, il cavaliere di Orion, con cui aveva condiviso gran parte della sua vita. Tra di loro non vi era stato nulla di più che un sentimento accennato e mai consumato, ma si sentiva in obbligo di essergli fedele.

Entrando nella stanza di Camus, si soffermò ad annusare gli odori e si rese conto che quell’ambiente era permeato dal suo profumo. Sospirò, pensando che la responsabilità a volte era un peso enorme da portare.



***


Milo aprì improvvisamente gli occhi, mettendosi seduto talmente in fretta da far sobbalzare Shaina. Il ragazzo si guardò intorno smarrito, domandandole dove si trovassero:

  • Sul più bello sei svenuto

  • Sul più … - Milo la guardò inizialmente confuso, ma poi un sorriso malandrino comparve sul suo volto – vuoi dire che hai acconsentito ad assecondare il mio ultimo desiderio?

  • Ma di cosa stai parlando? – Shaina lo guardò smarrita

  • Del fatto che prima di morire farò sesso con te

  • Te lo puoi scordare!

Shaina si alzò di scatto, mettendosi in posizione di attacco e Milo scoppiò a ridere:

  • Perdonami, non volevo prenderti in giro

Si alzò a sua volta offrendo una mano alla ragazza, ma lei con un gesto stizzito la allontanò. Era indecisa su cosa fare. Era evidente che il cavaliere di Scorpio non fosse nel pieno delle sue forze, ma se lo fosse stato per lei non ci sarebbe stata speranza. Era quello il momento per consumare la sua vendetta, però al tempo stesso si era resa conto che lui, in fondo, le era simpatico. Inoltre non voleva passare per quella che si approfittava delle situazioni: essere un cavaliere di Athena significava anche rispettare il proprio avversario. Milo non le aveva tolto lo sguardo di dosso ed i suoi occhi, così azzurri e luminosi, anche sotto la luce della notte, la stavano mettendo a disagio:

  • Perché mi stai fissando? Non ti sei divertito abbastanza con me?

  • Stavo cercando di capire cosa ti passasse per la testa

  • Devo portare a termine il mio proposito, ma non voglio approfittarmi della situazione

  • Shaina – Milo sospirò –anche in queste condizioni ti sconfiggerei in un soffio di vita

  • Sei arrogante!

  • No, sono semplicemente realistico. Tu non potrai mai combattere con me alla pari. L’unica tua occasione l’hai sprecata prima, non approfittando della mia stanchezza, ma ora le energie stanno tornando e so che ti farei a pezzi in pochi istanti – Milo guardò il cielo stellato – ma non ho voglia di farlo. Tu mi piaci

Shaina si bloccò a quelle parole. Nessuno le aveva detto qualcosa in maniera così diretta. Per tutta la vita aveva solo combattuto e cercato di mantenere un atteggiamento che la facesse competere con i più forti. Ora, sentendosi dire quelle parole, il suo cuore femminile le aveva tirato un brutto scherzo. Arrossì e per Milo fu evidente che non gli era indifferente. Sorrise e questo innervosì ancora di più la ragazza.

Adirata, più con se stessa che con lui, tentò di colpirlo con uno dei suoi attacchi, ma Milo si spostò con noncuranza, evitandolo.

  • Avanti Shaina, smettila di farmi la guerra!

  • E’ l’unica cosa che farò con te! Se pensi che io possa …

  • Io non penso nulla! – Milo la bloccò, immobilizzandole le braccia e lei notò sul suo volto un cambiamento di espressione. Il sorriso era scomparso, sostituito da uno sguardo severo

  • Io non voglio avere alcuna storia con te

  • Non te l’ho chiesto

  • Ma mi hai detto che ti piaccio

  • E allora? Questo non significa mica che voglio portarti a letto

  • Ma … - Shaina rimase interdetta e confusa, quando pensava di aver compreso la natura di quell’uomo, lui diceva o faceva qualcosa che la spiazzava

  • E’ solo che mi dispiacerebbe doverti uccidere. Odio uccidere le persone che mi piacciono. Ma sia come vuoi tu

  • Sei pronto a batterti con me? – lo guardò ancora più sorpresa

  • Ti accontenterò. Mi batterò con te in modo che tu possa vendicare il tuo onore, ma non ora

  • Cosa? E quando?Dopo che avrò aiutato Camus a tirarsi fuori dai guai

  • Il cavaliere di Aquarius? – Milo annuì e Shaina non si sorprese più di tanto, tutti al Grande Tempio conoscevano la grande amicizia che li univa e sapeva anche che Camus era nei guai, perciò annuì – va bene. Ma dopo io e te avremo la resa dei conti. Dove troviamo il tuo amico?

  • Cosa? – Milo la guardò sorpreso – non penserai mica di venire con me!?

  • E tu non penserai che io ti lasci andare da solo?!

  • Hai paura che fugga? – il cavaliere di Scorpio quasi scoppiò a ridere

  • Ho paura che qualcuno ti faccia fuori prima che io possa avere la mia vendetta

  • E pensi di riuscire a proteggermi? – il sorriso si allargò sulle sue labbra

  • Si

Shaina non era mai stata così seria e questo Milo lo percepì. Fu tentato di rifiutare il suo aiuto, perché già avrebbe dovuto occuparsi di Edgar e dover badare a due persone diventava più complicato e soprattutto perché aveva bisogno di rimanere da solo con il suo amico per cercare di chiarire con lui quello che stava combinando. Eppure quella serietà e quella convinzione gli fecero tenerezza. In fondo il cavaliere di Ofiuco cominciava a piacergli sinceramente e la sua presenza avrebbe reso il viaggio ancora più divertente.

Annuì:

  • E va bene, Shaina, ti accontenterò.

  • Non sei tu che stai facendo un favore a me. Quando ti salverò la vita, sarai tu a ringraziarmi!



***


Aioria e Marin fecero l’amore sulla battigia, con la sola luce della Luna a renderli visibili agli occhi del mondo. Potevano essere scoperti o sorpresi da chiunque. Avrebbero potuto essere uccisi e nessuno dei due sarebbe riuscito ad aiutare in alcun modo Seiya. Anche quest’ultimo avrebbe potuto vederli in qualsiasi momento, ma nessuno dei due si preoccupò di tutto ciò. Entrambi erano stati assaliti dal desiderio di unirsi e fondersi in un'unica entità e di provare quelle emozioni travolgenti che fino a quel momento si erano negati.

Aioria l’aveva desiderata dal giorno in cui l’aveva conosciuta. Un desiderio inconscio e imprevedibile. Pur non conoscendo il suo volto, aveva sempre saputo che lei, più di altre, poteva diventare la sua anima gemella.

Il sentimento nella ragazza, invece, era nato successivamente, solo dal giorno in cui lui l’aveva privata della maschera. Fino ad allora si era negata la possibilità di innamorarsi di qualcuno, anche se aveva trovato il cavaliere di Leo carino e gentile, non si era mai permessa di pensare a lui in modo differente se non come un suo superiore. Ma dopo la storia della maschera, pensando alle sue possibilità aveva cominciato a fantasticare su di lui e alla fine aveva cominciato a pensarlo in modo differente.

Ora, mentre nudi, bagnati dalle onde che lambivano le loro gambe e ricoperti dalla sabbia che si era attaccata sui loro corpi sudati, stavano consumando il loro desiderio, entrambi sentivano di aver raggiunto il cielo con un dito. Si baciavano e si stringevano come se quella fosse l’unica occasione che il fato avrebbe presentato loro e al tempo stesso non si toglievano gli occhi di dosso, quasi increduli di ciò che stavano facendo.

Quando entrambi furono sazi e appagati dal loro amore consumato, Aioria si sdraiò sulla sabbia, stringendola a se. Marin si tese come una corda di violino:

  • Forse non dovemmo indugiare oltre. Siamo stati due sprovveduti …

  • Shhh! – Aioria, alzandosi leggermente, le chiuse le labbra con un bacio – smettila di pensare. Se pensi ti penti e ritorni a combattermi

  • No – Marin sorrise – nessun pentimento. Non sono pentita della mia scelta. Credo, anzi, sono sicura di essermi innamorata di te

  • Dici sul serio? – Aioria si mise seduto, tirando su anche lei

  • Si – il sorriso della ragazza si allargò e il suo volto divenne radioso – sono sicura di quello che dico

  • E’ fantastico! – l’emozione era così evidente nel ragazzo che il cuore di Marin si riempì di gioia

  • Purtroppo però non dobbiamo perdere di vista chi siamo e quale è il compito che ci siamo imposti

  • Lo so – il ragazzo divenne malinconico – questo lo so, ma speravo di rubare ancora un po’ di tempo al nostro destino

  • Io …

Marin provava le stesse identiche emozioni e sensazioni. Anche lei avrebbe voluto avere più tempo e il suo destino non l’allettava di più che stare con lui e così, seguendo il suo cuore e non la sua mente, si alzò e dopo averlo invitato a seguirla con un gesto della mano, si diresse verso il mare. Si ritrovarono, così, a fare l’amore nell’acqua, entrambi consci del fatto che forse non avrebbero più avuto altre occasioni per vivere così liberamente il loro amore.



In questo nuovo capitolo abbiamo avuto un po’ di confronti notturni, alcuni più intensi di altri ;-). Che ne pensate? Vi sono piaciuti? Ditemi ditemi ….

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Capitolo 19
*** XIX - La dimenticanza e l'oblio ***


Capitolo XIX

La dimenticanza e l’oblio



Quando Hilda si svegliò e non trovò nessuno in casa, la prima cosa che pensò fu che Camus e Hyoga fossero usciti molto presto per svolgere i loro allenamenti. Entrando nella piccola cucina, trovò un biglietto sul tavolo: la calligrafia era quella elegante del cavaliere di Aquarius. Lo lesse e apprese che i due si erano recati sul ghiacciaio situato a nord ovest.

Aveva notato nei giorni precedenti una certa inquietudine in Hyoga e lo aveva sentito più volte scongiurare Camus di sottoporlo ad un allenamento più severo, ma il suo maestro si era sempre rifiutato, manifestando perplessità sulle scarsa resistenza del suo allievo. Si domandò che cosa gli avesse fatto cambiare idea, forse la loro conversazione? Forse l’uomo si era sentito in dovere di accelerare in qualche modo la preparazione del ragazzo a causa sua?

Nel biglietto c’era scritto che sarebbero tornati nel tardo pomeriggio e così lei ebbe il tempo di sistemare quel luogo e se stessa. Non era stato facile vivere con due uomini in quelle condizioni: poco spazio e abitudini differenti avevano reso la convivenza dura pe tutti. Era evidente che entrambi i giovani non erano abituati ad una compagnia femminile e così nei giorni passati le situazioni imbarazzati non erano mancate, ma Hilda non si era mai mostrata adirata o a disagio. Aveva compreso fin da subito le loro difficoltà e aveva cercato di alleggerire quella situazione come meglio aveva potuto.

Aveva riorganizzato gli spazi, preparato i pranzi e le cene e si era occupata di stabilire dei turni per tutto. Aveva ricevuto, per questo, i complimenti di Hyoga che un giorno l’aveva ringraziata apertamente, dicendole che l’atmosfera in quella casa era diventata più familiare. Camus, invece, non le aveva detto nulla. Non per maleducazione o fastidio, Hilda ormai aveva imparato a conoscerlo: semplicemente il cavaliere trovava difficile esprimere le sue emozioni.

Una volta terminate le sue attività, Hilda decise di uscire. Erano in mezzo alla neve, cosa di cui lei era abituata e la giornata di sole le aveva fatto venire la voglia di prendere un po’ d’aria. Camminò verso nord ovest, attenta a prendere dei punti di riferimento che le permettessero di tornare a casa. Le era sembrato tutto così bello e tranquillo intorno a lei che commise l’errore di rilassarsi troppo. Non si rese conto, infatti, dell’arrivo di un uomo alle sue spalle. Quando lo fece fu troppo tardi.

Sentendo le parole “Sekishiki Meikaiha”, si voltò ma non ebbe il tempo di osservare l’uomo che le aveva pronunciate. Si sentì mancare e cadde a terra priva di conoscenza.


***


Edgar vide il cavaliere di Virgo elevarsi nella sua magnificenza e, dopo averlo sentito pronunciare le parole “Rokudo Rinne”, si ritrovò catapultato in un mondo a lui sconosciuto. La voce di Shaka gli giunse in lontananza:

  • Questo è il sentiero della trasmigrazione, dove ognuno di noi deve fare i conti con ciò che ha fatto nella sua vita terrena. In uno dei sei mondi che ora ti mostrerò, la tua anima soggiornerà, mostrandoci finalmente quanto essa sia pura.

  • Cosa? - Edgar si guardò intorno, spaesato e confuso – perché mi fai questo, cavaliere di Virgo? Io sono dalla vostra parte?

  • Questo lo vedremo, cavaliere di Pegasus. Quanto è pura la tua anima e quanto male o bene alberga in essa, sarà questo percorso a dircelo. Cominciamo dal primo, dunque, il mondo infernale! In esso verrai travolto dalle lacrime delle persone che hai fatto soffrire. Sei pronto ad essere avvolto dal dolore che hai inflitto?

Edgar continuò a guardarsi intorno, in attesa dell’ondata di acqua che avrebbe dovuto travolgerlo, ma nulla accadde. L’ometto ripensò alla sua vita e alle persone che aveva incontrato. Dubitava che qualcuno di essi avesse mai notato la sua presenza, per cui nessuno avrebbe dovuto versare delle lacrime per lui. Attese, ma come da lui intuito, nulla accadde. Ad un certo punto una violenta folata d vento lo travolse, trascinandolo nel mondo successivo.

  • Questo è il mondo degli spiriti affamati, dove gli ingordi vengono condannati a mangiare all’infinito, senza mai giungere alla sazietà.

La voce di Shaka era un alito di vento, leggero ed impalpabile ed Edgar, guardandosi intorno, si ritrovò ad osservare uno spettacolo deprimente e al tempo stesso orribile. Uomini spolpati che arrivavano a mangiarsi fra di loro, dimentichi della dignità e della responsabilità che le loro esistenze avrebbero dovuto avere. Eppure nessuno di essi si curò di lui. Generalmente questa reazione lo avrebbe sconfortato: essere ignorato a quel modo non era piacevole per nessuno, ma ora, vista la situazione se ne rallegrò.

Un altro vento impetuoso lo trascinò nel mondo successivo, quello che il cavaliere di Virgo chiamò mondo delle bestie. In esso l’ometto trovò qualche difficoltà in più. La voce di Shaka lo aveva descritto come il mondo in cui i deboli venivano schiacciati dai più forti e lui in tutta la sua vita si era comportato come un debole, sempre pronto alla rinuncia invece che alla battaglia. Ora, però, forte degli insegnamenti di Milo e Aioria, si fece coraggio e cercò di tirare fuori da se stesso tutta quella energia di cui aveva bisogno per sopravvivere in un luogo del genere. Si rese conto di aver superato la prova, quando il vento dispettoso, che lo aveva sballottato fino a quel momento, lo avvolse nuovamente, portandolo nel mondo successivo. Mentre la voce di Shaka descriveva il mondo che stava attraversando come quello degli Asura, dove i violenti sono sottoposti alla pena di dover combattere una guerra infinita dove non ci saranno nè vincitori nè vinti, Edgar si rese conto di attraversarlo, ma comprese, dalla velocità con cui veniva allontanato il suo corpo che non avrebbe dovuto calpestarlo. In fondo, sorrise, lui non era mai stato un violento e non avendo mai fatto male a nessun essere vivente, non era certo quello il posto in cui si sarebbe dovuto fermare.

Il vento lo lasciò cadere, invece, nel mondo umano, che Virgo descrisse come quello nel quale gli esseri umani vivono e dove la bramosia e il desiderio individuale non permette a nessuno di elevarsi verso obiettivi più assoluti e meritevoli.

Edgar ebbe paura che quello sarebbe diventato il posto della sua fine, ma anche in questo caso, gli insegnamenti del cavaliere di Scorpio e del cavaliere di Leo giunsero in suo soccorso. Se prima di incontrarli, l’ometto non aveva mai avuto altro scopo nella vita che quello di farsi disperatamente notare, ora il suo obiettivo era diventato combattere per la pace e per Athena. E così il vento potente che l’aveva sospinto fino a lì, con un'altra folata vigorosa lo portò all’ultimo mondo, quello della dimenticanza:

  • Nel quale sarai destinato ad essere dimenticato da tutti coloro a cui hai voluto bene – la voce di Shaka ormai era diventata un sussurro lontano e quasi incomprensibile.

  • E’ impossibile che io possa rimanere qui, cavaliere di Virgo – Edgar, involontariamente sorrise

  • Perché dici ciò?

  • Nella mia vita passata questa è sempre stata la mia condizione naturale. La gente a cui io ho voluto bene non si è mai accorta della mia esistenza. Perfino i miei genitori si sono dimenticati di me. Come può questo mondo trattenere la mia anima se ciò che mi offre è già realtà?

  • Eppure, Edgar, ci sono persone che ti vogliono bene.

Alle parole di Virgo, seguirono delle immagini sfocate, che mostrarono all’ometto le figure di Milo, Aioria, Camus ed infine quella di Mya. Edgar scoppiò a piangere:

  • Non voglio che loro si dimentichino di me. Ti prego, cavaliere di Virgo, se ho commesso delle azioni cattive, puniscimi come ritieni più adeguato, ma non privarmi dei miei amici.

Purtroppo per Edgar, però, nessuna voce giunse in risposta alla sua richiesta e tutto divenne buio e grigio.


***


Le prime luci dell’alba trovarono Aioria e Marin legati in un abbraccio che rendeva i loro corpi un tutt’uno armonico. Erano sdraiati sulla sabbia, addormentati e sereni, dopo la notte d’amore appena trascorsa.

I due si svegliarono di soprassalto, al rumore di passi che si avvicinavano velocemente verso di loro: non tanto il rumore dei piedi sulla spiaggia, quanto l’infrangersi dell’acqua sulle gambe.

Entrambi si alzarono velocemente e dopo essersi nascosti dietro una serie di tronchi abbandonati, si rivestirono velocemente. Avevano già accantonato in un angolo del loro cuore la passata notte, consci che il loro destino li stava richiamando al loro dovere, ma quando videro sopraggiungere Mya, entrambi si rilassarono, sapendo che non era lei il nemico. Eppure, osservandola nel volto, notarono la sua espressione preoccupata e così si avvicinarono senza perdere ulteriore tempo.

La ragazza, vedendoli, si avvicinò velocemente ad Aioria:

  • Stanno arrivando!

  • Chi?

  • I sicari inviati da mia madre – la ragazza cercò di riprendere il controllo della sua voce, ridotta ad un sussurro per la corsa appena fatta – sono qui per uccidere Seiya.

  • Perché vogliono ucciderlo? – Marin le afferrò le braccia, scuotendola – tu devi saperlo!

  • Io … - Mya valutò velocemente le opzioni che aveva e decise che era giunto il momento di parlare, doveva salvare Camus dal suo destino ed ogni alleato le avrebbe fatto comodo – va bene, ve lo dirò. Ma non ora. Stanno arrivando.

  • D’accordo – Aioria prese le mani di Marin, in modo che la sacerdotessa lasciasse la presa su Mya – voi due entrate in casa, ai sicari penserò io.

  • Io rimarrò qui – il tono del cavaliere dell’Aquila fu perentorio – e non ti scomodare ad aggiungere altro, non cambierò idea.

Aioria, benchè preoccupato per la sorte della ragazza, sapeva che non poteva impedirle di combattere. Se fosse dipeso da lui, l’avrebbe obbligata a rimanere sotto una campana di protezione, ma il compito di un guerriero era quello di affrontare la battaglia e lei, anche se custodiva il suo cuore, era anche un cavaliere di Athena. Annuì, sorridendo per infonderle coraggio e serenità, e poi invitò Mya ad entrare in casa. La ragazza obbedì senza discutere, lei non aveva le doti di Marin così, sapendo che sarebbe potuta essere solo d’intralcio ai due cavalieri, corse nella casa dove ignaro di tutto, trovò un Seiya addormentato.

Aioria e Marin non tardarono molto nel trovarsi di fronte i sicari di Calliope. Erano tutti ben armati e motivati: evidentemente la donna li aveva incoraggiati promettendo loro chissà quali doni, ma i due ragazzi erano pronti a rovinare loro la festa.

Alcuni non persero tempo e attaccarono simultaneamente il cavaliere di Leo. Benché privo di armatura, Aioria, non indietreggiò e contrastò i suoi avversari con facilità. Era evidente la loro inferiorità e così non ci mise molto ad atterrarli quasi tutti. Anche Marin sembrava cavarsela egregiamente contro quelli che avevano provato ad attaccarla, ma quando entrambi sembravano convinti di prevalere senza alcuna difficoltà, comparve sulla scena un cavaliere con indosso un armatura color smeraldo. Era alto quasi il doppio di Aioria e il suo peso andava di pari passo con la sua statura. Il suo corpo era un fascio di muscoli e il suo volto, segnato da profonde cicatrici, non trasmetteva nulla di tranquillo.

La prima a fare le spese della comparsa di un tale figuro fu Marin. Senza che riuscisse ad opporre una minima difesa, fu scaraventata in aria e si ritrovò ad atterrare sull’acqua. Quando provò ad alzarsi, un dolore lancinante avvolse le sue gambe. Si trascinò a riva, spiaggiandosi come un delfino ferito.

Aioria avrebbe voluto correre da lei, per sincerarsi sulle sue condizioni, ma il colosso gli si parò di fronte, impedendogli ogni avanzata. L’uomo sorrise:

  • Prima di poter correre dalla tua bella dovrai vedertela con me, cavaliere di Leo. Ho sempre sperato di incontrare uno di voi. Ti ridurrò in pezzetti e dimostrerò al mondo che noi siamo coloro che meritano il titoli di grandi.

  • Togliti dalla mia strada o io ti dimostrerò che nessuno può fermare la furia del cavaliere del Leone.

  • Avanti, piccoletto, fammi vedere di cosa sei capace – l’uomo sorrise sguaiatamente.

  • Come vuoi tu …

Aioria ricambiò il sorriso, ma subito dopo lo fece sparire e lanciò il suo colpo. Il Lighting Plasma, però si infranse addosso all’armatura del gigante, che sorrise divertito:

  • E questo sarebbe il colpo che un cavaliere d’oro riesce a lanciare? Ed io che pensavo di dover fronteggiare chissà quale avversario. Ridicolo! Per noi che siamo i guardiani del tempio del divino Zeus, questi colpi sono aria leggera. Ammira la vera potenza, cavaliere di Athena e temici!

L’uomo allargò le braccia e le richiuse con forza, facendo partire dalle sue mani un’onda d’urto che si infranse su Aioria. L’uomo ricevette in pieno petto il colpo, che, in assenza della protezione dell’armatura d’oro lo fece volare in aria, trascinandolo in mare aperto. Il dolore lancinante che avvolse il cavaliere, gli impedì di rimanere a galla e così, privo di forze si adagiò nel fondo del mare, svenuto. Il gigante si voltò verso Marin, che nel frattempo era riuscita a rialzarsi:

  • Ora tocca a te, ragazza. Non credere, solo perché sei donna, che ti risparmi alcuna sofferenza.

  • Io non ti temo – la sacerdotessa si mise in posizione d’attacco, pronta a ricevere la furia di quell’avversario.

  • Brava ragazzina, ammiro il tuo coraggio e ti prometto che decanterò di fronte agli dei la tua gloria.

Il colosso allargò nuovamente le braccia per lanciare il suo colpo verso Marin, ma prima che potesse chiudere il suo gesto un’onda di luce lo colpì, facendolo vacillare. Nessuno fino ad allora era mai riuscito a farlo indietreggiare di un passo, per cui, sorpreso si voltò nella direzione da cui era giunta quella luce, per osservare colui che era riuscito in quell’impresa. In lontananza, dritto in mezzo al mare, vide la figura possente del cavaliere di Leo. Sorrise compiaciuto:

  • Mi fa piacere scoprire che i cavalieri d’oro di Athena non sono poi così scarsi.

  • E non hai ancora visto il meglio.

  • Lo vedremo.

Il gigante eseguì nuovamente il suo colpo, ma esso si infranse addosso all’armatura del Leone che nel frattempo era giunta dalla quinta casa a protezione del suo cavaliere. Dopo essersi scomposta, si riformò addosso ad Aioria il quale, senza perdere tempo, scagliò un secondo colpo. Anche questo andò a buon fine ed il gigante cadde rovinosamente a terra. Incredulo, il colosso si guardò e notò nella sua potente armatura un incrinatura. La rabbia lo assalì:

  • Nessuno è mai giunto a tanto. Io, Idomenio, guardiano del sacro tempio del padre degli dei, ridurrò in polvere colui che ha osato sfidarmi.

Senza indugiare, il gigante eseguì ancora un volta il suo colpo, imprimendogli però una forza sovraumana. Nulla potè Aioria e neanche la sua armatura riuscì a proteggerlo e così il cavaliere si ritrovò nuovamente scaraventato in aria. Questa volta, però, il colpò non venne attutito dalle acque del mare e lui ricadde sulla sabbia compatta della battigia. Il colpo subito e l’impatto avuto gli causarono dolori lancinanti e ferite su tutto il corpo. Esausto, si mise seduto a fatica.

Il colosso, senza indugiare oltre, si preparò ad eseguire nuovamente il suo colpo, ma prima che quest’ultimo potesse nuovamente travolgere Aioria, in suo soccorso giunse Marin che gli fece scudo con il suo corpo.

L’impatto fu talmente devastante che la ragazza cadde, priva di conoscenza, fra le braccia di Aioria. Mentre il gigante scoppiò in una fragorosa risata, il cavaliere di Leo, sconvolto e furioso, raccolse tutte le sue energie e la sua rabbia e le convogliò nel suo Lighting Bolt. La sfera di luce, veloce, potente ed imprendibile, travolse il colosso senza che lui potesse fare nulla per fermarla: la velocità alla quale era stata lanciata gli impedì perfino di comprendere quanto gli fosse vicina e la potenza fece frantumare la sua armatura e lo sbalzò in fondo al mare. Il destino che aveva pensato per Aioria si tramutò nel suo e così il gigante non riuscendo a riprendere conoscenza annegò in fondo alle acque del mare di Grecia.

Il cavaliere di Athena non si curò della fine del suo avversario, ma corse dalla sua amata per sincerarsi delle sue condizioni. La scrollò più volte e quando era convinto che niente avrebbe permesso a Marin di riprendersi, lei riprese conoscenza.

Aioria le sfilò la maschera e la baciò delicatamente. Anche solo quel gesto le causò un profondo dolore. Era come se tutte le sue ossa si fossero rotte a causa del l’impatto di quel colpo. La voce del cavaliere si fece dolce:

  • Non avresti dovuto farlo. Hai rischiato di morire

  • Un cavaliere deve sempre proteggere e soccorrere un suo compagno d’armi – il solo sforzo di parlare le arrecava grande dolore.

  • Questo è vero, ma se ti succedesse qualcosa io non riuscirei a vivere.

  • E allora dovrai abituarti alla mia assenza.

  • Marin … non dire …

  • Shhh – la ragazza mise una mano sulla bocca del cavaliere – è inevitabile che tu debba abituarti alla mia morte, perché è qualcosa che prima o poi accadrà. Come del resto anche tu potresti morire … anche domani.

  • Io non voglio pensare a vivere senza di te. Voglio pensare a vivere con te.

Lo sguardo di Aioria era serio e deciso e Marin provò un sentimento di amore e dolore al tempo stesso. Sentimenti così profondi come i loro portavano preoccupazioni e dolori molto più spesso di quanto portassero gioie e felicità. Era dunque questo il destino che avevano scelto?

Buttarsi sul colpo del colosso per lei era stato naturale ed impulsivo. La sola idea che quell’onda potesse travolgere il suo amore l’aveva fatta muovere senza pensare. Aveva aiutato Aioria a sconfiggere il loro nemico, ma al tempo stesso aveva inferto ad entrambi un dolore non previsto. Se dunque questo era quello che aspettava loro, non era forse meglio vivere una vita separata? Avrebbe voluto esprimere i suoi dubbi, ma sentiva di non poter sopportare una conversazione con il suo uomo e così si lasciò prendere fra le sue braccia e portare nella casa, dove Mya e Seiya, ormai sveglio e sconvolto, giunsero in loro aiuto.


***



Erano molti giorni che Hyoga manifestava un senso di inquietudine e di sofferenza e il suo maestro sapeva che tutto dipendeva dai suoi sensi di colpa e dal suo sentirsi non adeguato al ruolo che avrebbe dovuto ricoprire a seguito della scomparsa di Isaak.

Fin dal suo arrivo, il biondino aveva escluso la possibilità di riuscire a conquistare l’armatura del Cigno. Troppo forte si era dimostrato il suo compagno di allenamento e soprattutto poco motivato era stato lui. Queste nuove responsabilità lo avevano reso più instabile ed emotivo.

Camus, benché avesse notato tutto ciò, aveva deciso di non calcare la mano. Dopo lo sfogo avuto, seguito all’infruttuosa ricerca di Isaak, aveva smorzato la sua rabbia e la sua frustrazione, riacquistando la sua calma. In questo molto aveva inciso la presenza di Hilda. Con il suo calore e le sue continue attenzioni nei loro confronti, infatti, aveva reso l’ambiente più confortevole e la situazione più sopportabile.

Ma quella mattina, all’alba, Hyoga lo aveva svegliato, chiedendogli il permesso di potersi allenare sulla cima del ghiacciaio vicino alla loro casa. Nessuno dei suoi allievi, neanche Isaak era mai riuscito a resistere più di pochi minuti in quel posto dimenticato dagli dei ed il suo peggior, quella mattina, lo aveva scongiurato di provare quell’impresa impossibile.

All’inizio il francese aveva pensato di rifiutargli il permesso, ma poi, aveva cambiato idea. Dopo aver considerato la situazione da tutti i punti di vista, infatti, aveva concluso che era giunto per Hyoga il momento di mettersi alla prova. Forse la pressione per l’incremento delle responsabilità o i sensi di colpa per Isaak lo avrebbero finalmente smosso da quel torpore che si era portato dietro fin dal suo arrivo o forse quello sarebbe stato l’ultimo atto di una lenta agonia. Ad ogni modo Camus sapeva che quel ragazzino sarebbe stato in grado di compiere qualsiasi impresa; in lui, infatti, aveva sempre percepito un talento unico che se ben stimolato lo avrebbe portato ad essere uno dei cavalieri più valorosi.

Lui aveva sempre avuto fiducia in Hyoga e nelle sue possibilità, anche quando tutto il lavoro dedicato a quel moccioso era sembrato inutile e fuori luogo; era giunto il momento di permettere anche al ragazzino di acquisirne un po’.

Dopo essersi vestiti e dopo aver fatto colazione, lo aveva accompagnato fino alle pendici del ghiacciaio. Poi, dopo avergli fatto le ultime raccomandazioni, cercando di usare un tono caloroso, lo aveva incoraggiato a mettere tutto se stesso in quella prova. Avevano concordato infine che Hyoga avrebbe passato almeno due giorni in quel ghiacciaio, solo così avrebbe avuto modo di confrontarsi con se stesso e con le sue capacità.

Eppure, ora che stava ritornando alla baita, si domandava se quella era stata la scelta giusta e se quello poteva ritenersi il momento più adatto per sottoporlo ad una tale prova. Non aveva una risposta, doveva solo continuare ad avere fiducia in lui.

Improvvisamente fu distratto da qualcosa che vide in lontananza. In mezzo ad una pianura completamente ricoperta dalla neve, vide il corpo immobile di una donna. Non fece alcuno sforzo a riconoscere in esso Hilda. Il suo cuore sembrò congelarsi all’idea che potesse essere ferita o, peggio, priva di vita.

Corse verso di lei e quando, prendendola fra le sue braccia, le sentì un battito quasi inesistente, cercò di scrollarla per farle riprendere conoscenza. La chiamò più volte, maledicendosi di averla lasciata sola. Si guardò intorno alla ricerca di una spiegazione o di qualcuno che potesse aiutarlo.

Si fermò alla vista di Death Mask, che seduto su una roccia, lo stava guardando con un sorriso malefico stampato sul volto.

Camus si alzò e così fece il cavaliere di Cancer. Mentre il primo indossava i suoi abiti civili e un semplice mantello a protezione del vento freddo che stava spirando, il secondo sfoggia la sua lucente armatura:

  • Che cosa le hai fatto?

  • Le ho semplicemente indicato la via per il suo riposo eterno.

  • Riportala qui – il tono deciso di Camus tradiva il turbamento per essere giunto troppo tardi

  • Non ho voglia di farlo, mi spiace – Death Mask allargò il suo sorriso – però se vuoi posso fare in modo che tu la raggiunga.

Senza perdere tempo, lanciò il suo colpo che scaraventò l’anima del cavaliere dell’Acquario nell’aldilà. Mentre il corpo di Camus cadde a terra, privo di vita, Death Mask si sedette nuovamente sulla roccia, sospirando:

  • Possibile che sia stato tutto così facile?



***


Maya si svegliò e la prima cosa che vide fu Edgar a terra, privo di conoscenza. Di fronte a lui vide poi il cavaliere della Vergine e il mastro ferraio, immobili che lo osservavano come se attendessero chissà quale miracolo.

La ragazza cominciò, allora, ad osservare con più attenzione l’ometto, rendendosi conto che quello che i due stavano aspettando era un segno di vita che facesse comprendere ad entrambi che Edgar si sarebbe alzato e avrebbe ripreso a respirare.

Si inginocchiò, domandando ai due uomini che cosa fosse successo e lo sguardo che Mu le regalò, voltandosi, le fece comprendere che forse lo stato in cui versava al momento Edgar era opera loro:

  • Che cosa gli avete fatto?

  • Perché pensi che siamo stati noi a fargli qualcosa? – Mu la osservò, più incuriosito che infastidito dalle sue parole.

  • La vostra postura e il vostro modo di fare vi accusa – Maya si alzò, furiosa in volto – avanti, che cosa gli avete fatto?

  • Stiamo cercando di comprendere quanto del cosmo di un cavaliere possa risiedere nel suo corpo e nella sua anima – Mu rispose con serenità.

  • E per questo lo avete ucciso? – la ragazza sorrise nervosamente – cos’è, aspettate che risorga come quel tizio che viene venerato dai cristiani?

  • Non lo abbiamo ucciso – Shaka rispose con la sua voce acuta ma con un tono neutro e disinteressato – ho solo inviato la sua anima alla ricerca del mondo più adeguato per lui.

  • Cosa? – Maya lo guardò sconvolta.

  • Che cosa vedi ora nel suo destino?

La domanda di Mu la spiazzò. In effetti non aveva provato a vedere oltre, alla ricerca del futuro di Edgar, per comprendere se sarebbe sopravvissuto all’assurdo gesto di quei due. Si concentrò, cercando di focalizzare un punto, un evento o una sensazione che le mostrasse un qualsiasi avvenimento del futuro di quel buffo ometto, ma non riuscì a vedere nulla.

Mu sorrise e lei ne fu disturbata:

  • Lo trovi divertente? Il fatto che io non veda il suo futuro può solo significare che è morto … come si può vedere il futuro di qualcuno che futuro non ha?

  • Si … è una possibilità, ma dubito che questo sia il suo ultimo momento – Mu continuò a sorridere, ma voltò il suo sguardo verso l’ometto, che giaceva ancora a terra – io penso invece che tu, più semplicemente, non riesca a vedere il suo futuro.

  • Perché non dovrei? – Maya rispose stizzita – fino ad ora ho visto il futuro di chiunque … anche il vostro.

  • Ma Edgar non è destinato ad essere cavaliere di Athena e pertanto questo non è il suo presente, non è quello scelto dal fato per lui – Shaka si voltò verso Maya e cosa insolita per lui, aprì suoi occhi, mostrando alla ragazza un bellissimo cielo azzurro – e se non vivi il presente non puoi avere un futuro.

Edgar mi ha detto che Mya ha visto il suo futuro … quindi quello che affermi non può essere vero!

Mu guardò Shaka. Aveva trovato fin da subito l’idea del cavaliere di Virgo un po’ stupida, ma ora, di fronte alle parole di Maya si rendeva conto che forse erano andati oltre il loro compito, senza avere in realtà un vero motivo per farlo. Invece l’uomo dai capelli biondi non mostrò alcun ripensamento e senza dire nulla, richiudendo i suoi occhi, si voltò nuovamente verso Edgar.

Le parole di Milo, però, lo fece voltare nuovamente:

  • Avanti Shaka, fallo tornare in questo mondo … o dovrai vedetela con me!

  • Pensi che io possa veramente temere la tua minaccia? – il cavaliere di Virgo si irrigidì.

  • Non mi interessa nulla di quello che pensi – l’atteggiamento battagliero di Milo mise in guardia sia Mu che Shaina che era giunta al suo seguito – ti sto semplicemente dicendo di farlo tornare qui … se non lo farai dovrai vedertela con me.

  • Ascolta Milo … – Mu si frappose fra i due – forse Shaka ha sbagliato nel metodo, ma le sue intenzioni non sono per il male.

  • Spostati Mu o riterrò anche te un mio avversario. – Milo, con un gesto della mano tentò di spostare l’uomo.

  • Vuoi veramente vedertela con due cavalieri d’oro?

Mentre Mu bloccò il braccio di Milo, sia Maya che Shaina si voltarono a guardarlo, entrambe sconvolte nello scoprire che anche quel tizio, così inusuale e pacifico, fosse un cavaliere d’oro. I tre cavalieri, ignorandole, rimasero fermi nelle loro posizioni:

  • Non ho paura di voi, questo lo sai – un sorriso bizzarro comparve sul volto del cavaliere di Scorpio

  • E tu sai che lo scontro sarebbe stupido. Perché, invece non ascolti quello che Shaka ha da dirti?

  • Perché Edgar non ha tempo da perdere e io neanche! Ora si troverà in chissà quale posto orribile, abbandonato e in balia delle sue paure e io non voglio che si senta solo … perciò, cavaliere di Virgo, te lo chiedo per l’ultima volta … fallo tornare qui!

  • Anche tu sai che questo tizio non ha il ben che minimo barlume di cosmo – Shaka riaprì gli occhi, puntandoli su quelli di Milo – e sai anche che il giorno in cui ha affrontato Cassius per l’armatura di Pegasus, qualcuno lo ha aiutato.

  • Io lo sapevo! – Shaina tentò di aggiungere altro, ma lo sguardo che ricevette da Milo le fece morire le parole in gola.

  • Quello che io ho visto è che Edgar ha meritato quell’armatura … il resto non mi interessa.

  • Le tue parole sono prive di ogni pensiero razionale … sono dettate dal tuo cuore e dai sentimenti che provi per questo tizio.

  • Questo tizio” ha un nome … Edgar … e merita rispetto! Dici che non ha un cosmo? A chi importa? Ha dato tutto se stesso e anche di più. Non si è mai arreso … mai! … né quando l’ho deriso o insultato né quando l’ho spremuto come un limone … non ha mai mollato e non si è mai lamentato … se la merita l’armatura … ha coraggio e fede … se la merita forse più di me e di te …

  • Non è questo il punto – Mu decise di intervenire, mettendo una mano sulla spalla di Milo per fargli comprendere che le sue intenzioni non erano bellicose – il fatto è Milo che per quanto Edgar possa essere coraggioso e pieno di buone intenzioni non è in grado di affrontare alcun duello …

  • Per questo è con me … non permetterò che gli capiti qualcosa …

Sia Maya che Shaina rimasero colpite dalle parole del cavaliere di Scorpio. La prima si domandò come avesse fatto un ometto così insignificante ad ottenere la devozione di uno dei cavalieri più potenti del mito, mentre la seconda rimase colpita dal cambiamento che aveva notato in lui: da persona superficiale ed egoista si era trasformato in paladino dei deboli.

Mu scosse la testa:

  • Milo non puoi fargli da balia … non pensi che sia meglio che Edgar ritrovi la sua strada?

  • La sua strada? – il cavaliere di Scorpio rimase sorpreso da quelle parole

  • E’ evidente che qualcuno sta interferendo con il fato – Shaka tornò ad osservare Edgar – perdonami Milo se ti ho dato l’impressione di non apprezzare il tuo amico ... non è così … anzi … sono colpito dal modo in cui fino ad ora è riuscito indenne dai sei mondi in cui l’ho spedito. E’ evidente che il suo cuore è puro e che il suo destino è stato cambiato senza nessuna volontà o desiderio da parte sua. E’ una vittima inconsapevole delle trame di qualcun’altro.

  • Di chi? E perché? – Milo lo guardò perplesso.

  • E’ quello che devo scoprire. Questo è il mio destino

  • Allora verrò con te. Voglio aiutare Edgar e non voglio che nessuno si approfitti di lui.

  • Il tuo destino è trovare la regina di Asgard e il cavaliere di Aquario – Mu si intromise ancora fra i due – avanti Shaka, risveglialo.

  • Lo farò – il cavaliere di Virgo si voltò verso Maya – so che lui non è colpevole e già ho un’idea di chi invece merita queste colpe …

  • Ma non ce lo dirai, giusto?

Anche Milo si voltò ad osservare Maya e la ragazza sentì per la prima volta un senso di agitazione. Sapeva che il destino di Edgar era stato modificato da sua madre, anche se non ne conosceva il motivo. Fino ad ora non le era mai neanche importato, ma ora, sentendo i loro discorsi, cominciava ad avere la curiosità di scoprire perché la madre avesse coinvolto un tizio così curioso in una storia così complicata.

Cercò di mantenere un’espressione serena, tentando di liberare la sua mente da tutto ciò che riteneva inutile. Non doveva preoccuparsi di Edgar e dei motivi per i quali era lì. Il suo compito era quello di uccidere Hilda, al resto avrebbe pensato sua madre.

Eppure lo sguardo del cavaliere di Virgo la inquietò, era come se attraverso quegli splendidi occhi azzurri, l’uomo le stesse guardando nel profondo della sua anima.

Shaka spostò la sua attenzione su Edgar; si abbassò sul suo corpo inerme e dopo aver esercitato una leggera pressione sulla sua fronte, attese insieme agli altri il suo risveglio.

L’ometto ci mise un po’ a ritrovare la strada e quando riaprì agli occhi tutto quello che aveva visto, le immagini così vivide e reali, divennero un ricordo sfocato, ma la sofferenza che aveva provato, quella restò. Si voltò verso il cavaliere di Virgo e con lo sguardo malinconico gli chiese:

  • Perché mi hai fatto questo?

  • Avevo bisogno di sapere quanto tu fossi coinvolto in questa storia - il volto di Shaka non mostrò alcun dubbio.

  • Avresti potuto chiedermelo. I tuoi poteri non ti permettono di vedere nel cuore di un uomo? Ho sentito dire che sei l’uomo più vicino agli dei, eppure se non riesci a comprendere se una persona è sincera non mi sembra che il tuo potere sia poi così grande.

Mentre Shaka si stupì per quelle parole e provò, forse per la prima volta nella sua vita, un senso di frustrazione, Milo sorrise al pensiero di quanto fosse stato semplice per quell’ometto ridicolo ferire l’uomo più potente del santuario.



Con un po’ di ritardo nei tempi a cui vi avevo abituato, ecco il nuovo aggiornamento, desiderato da molti, della storia di Edgar. Ma quanto vi state affezionando al nostro buffo ometto? Attendo curiosa un vostro riscontro sulle sue nuove avventure .

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Capitolo 20
*** XX - Nella Bocca di Ade ***


Capitolo XX

Nella bocca di Ade





Milo si guardò intorno sconsolato. Edgar giaceva vicino al fuoco, profondamente addormentato, mentre Maya dormiva appoggiata ad un masso poco distante da lui. Avevano fatto poca strada da quando erano partiti dal Jamir e questo non andava bene.

Sbuffò rumorosamente, ma nessuno dei due mostrò alcun segno di reazione:


  • E’ inutile che sbuffi come una locomotiva. Neanche se un fulmine cadesse loro vicino quei due si sveglierebbero – Shaina si accovacciò accanto a lui, rilassata e riposata.

  • Già – Milo alzò gli occhi al cielo – a guardarli sembra che hanno camminato per anni senza mai fermarsi e invece sono solo due giorni che siamo partiti.

  • Dagli tregua – la voce della ragazza divenne più morbida – nessuno dei due ha ricevuto l’allenamento giusto per sopportare tutto questo.

  • Ti sbagli! – Milo si voltò verso di lei, offeso – io e Aioria abbiamo dato il massimo per addestrare quel panzone.

  • E avete avuto degli ottimi risultati, ma non puoi chiedergli più di quanto può offrire.

  • In teoria anche lui sarebbe un cavaliere di Athena – Milo alzò un sopracciglio, contrariato.

  • Questo significa che non concordi con quello che ha detto il nobile Shaka?

  • Io … - Milo avrebbe voluto insistere, ma in fondo al suo cuore conosceva la realtà e sul peso di essa abbassò lo sguardo – lo so che Edgar non era destinato a diventare cavaliere, ma questo non significa che non lo meriti!

  • Ehi! – Shaina alzò le braccia in senso di resa – io non discuto il suo impegno, né il suo valore.

  • Però Cassius lo avrebbe meritato di più – Milo sorrise suo malgrado – non è forse questo il tuo pensiero?

  • Si, Cassius lo avrebbe meritato di più – Shaina sospirò – ma evidentemente non è neanche il suo destino essere cavaliere di Pegasus.

  • Questo non lo so – Milo si alzò, dandosi una pulita ai pantaloni – e sinceramente non mi interessa. In questo momento l’unica cosa che voglio è arrivare in Siberia il prima possibile.

  • Perché? – anche la guerriera si alzò – che cosa temi?

  • Non lo so …. – Milo cercò di nascondere la sua preoccupazione – voglio solo arrivare e vedere cosa sta succedendo.

  • Sei preoccupato per Lady Hilda? – osservando il ragazzo di fronte a lei, Shaina comprese che non era quello il suo principale pensiero – Pensi che è successo qualcosa al cavaliere di Aquarius?

  • Io non penso niente! Voglio solo portare a termine la missione che mi è stata data.


Milo le rispose bruscamente, allontanandosi da lei. Sapeva di aver usato un tono brusco e sapeva di aver esagerato, ma non voleva mostrare a Shaina il suo stato d’animo.

La verità è che aveva smesso di percepire il cosmo di Camus e questo poteva significare solo una cosa. Era arrabbiato con lui e non lo aveva ancora perdonato per non averlo reso partecipe dei suoi turbamenti e dei suoi pensieri, ma gli voleva bene e la sola idea che potesse essergli accaduto qualcosa di brutto gli faceva stringere il cuore.

Scrollò la testa bruscamente per allontanare l’idea che il suo amico fosse morto in mezzo a quei maledetti ghiacci, ma anche se negava, non poteva certo celare al suo cuore quella mancanza di energia.

Cercò di calmarsi e quando si sentì sicuro di aver ripreso il controllo delle sue emozioni, tornò dai suoi compagni di viaggio.

Edgar e Maya stavano ancora dormendo, ignari dei suoi turbamenti, mentre Shaina si era seduta su uno dei massi dalla parte opposta del fuoco. Milo si sedette accanto a lei, sull’erba bagnata. La ragazza continuò a guardare il fuoco:


  • Lo so che tu e Camus siete molto amici e immagino che tu possa essere preoccupato per lui, ma se userai ancora quel tono con me, ti giuro che porrò fine alla nostra temporanea tregua e riprenderò a combatterti.

  • Scusami – Milo si voltò per osservarla, ma la maschera che la ragazza indossava lo mise a disagio – ho esagerato e ti chiedo perdono per il mio comportamento. Se accadrà di nuovo, farai bene a prendermi a calci.

  • Perfetto.


Shaina tentò di alzarsi, ma Milo la bloccò. La ragazza, malvolentieri, si sedette nuovamente sul masso, mentre il cavaliere, mettendosi in ginocchio cominciò ad osservarla:


  • Che cosa vuoi? – usò un tono brusco per nascondere il fatto che quello sguardo la rendeva nervosa.

  • E’ solo che la tua maschera mi mette a disagio.

  • Cosa? – Shaina rimase sorpresa dalle sue parole. Tutto avrebbe pensato fuorchè a quello.

  • Il fatto è che ogni volta che parlo con te e tu indossi quell’affare, mi sembra di conversare con un automa. Non riesco a percepirti come una persona con quell’arnese addosso e questo mi disturba. – Milo la osservò ancora più intensamente - Non credo che potresti essere ancora più in guerra di così, per cui …


Milo sorridendo, con un gesto veloce le tolse la maschera, lasciandola senza parole. Un conto era interagire con lui avendo addosso quello che per lei era uno schermo, un altro era invece mostrare il suo volto privo di filtri.

Parlare con lui le causava emozioni contrastanti che probabilmente diventavano visibili nelle espressioni del suo volto e lei non voleva che quei turbamenti fossero alla mercè di tutti. Accennò una reazione, ma il sorriso di Milo la inchiodò alle sue emozioni:


  • Così va molto meglio – Milo le passò delicatamente due dita sulla guancia – è un vero peccato che tu sia costretta a nascondere in questo modo il tuo viso. Però capisco anche il perché tu debba indossare questa maschera.

  • Perché? – le sue parole ed i suoi gesti la stavano innervosendo.

  • Come potrebbe un tuo avversario combattere con te alla pari se fosse distratto continuamente dalla tua bellezza? – il sorriso di Milo divenne più caldo – ecco! Questo è un suggerimento per il nostro futuro scontro

  • Cioè? – Shaina era confusa e agitata. Non si aspettava dei complimenti così diretti, soprattutto da lui.

  • Basta che togli la maschera – Milo continuò ad accarezzarle il viso con le dita e rimase a fissarla – io mi distrarrò e tu mi ucciderai. .

  • Smettila di dire stupidaggini! – Shaina arrossì e si maledì per averlo fatto.

  • Non sto scherzando. Sarebbe veramente un bel modo di morire, osservando il tuo bellissimo volto – Milo si alzò improvvisamente offrendole la sua maschera – è arrivato il momento di svegliare i due piccioncini, ma prima ti conviene rimettere questa. Non vorrei che Edgar vedendoti muoia di infarto.

  • Ti ho detto di smetterla di prendermi in giro!


Shaina si alzò velocemente e afferrò bruscamente Milo per la maglietta. Il ragazzo non si sottrasse al contatto, approfittando del momento per stringere il corpo della guerriera a sé. L’impatto fece sussultare Shaina e la rese ancora più nervosa. I loro volti erano talmente vicini che se solo avessero fatto un movimento in più le loro labbra si sarebbero toccate.

Milo le respirò sul volto, sussurrandole:


  • Ti ho già detto che non ti sto prendendo in giro. Sei bella e se dirtelo apertamente equivale ad un delitto, allora non mi pento di compierlo.

  • Io … lasciami – Shaina si sentì in trappola, presa fra la morsa del giovane e le sue emozioni che non riusciva più a governare.

  • Nasconditi dietro la tua maschera. So che per te è l’unico mezzo che hai per comportarti come un vero guerriero con me, come con gli altri cavalieri, ma essa non ti proteggerà dai sentimenti che provi e proverai. Impara a governarli, ragazzina o per te sarà la morte.


Milo la lasciò libera ed osservando il suo sguardo, diventato in un istante quello di un vero assassino, Shaina si domandò se quella che aveva appena visto fosse stata una lezione sul campo di un cavaliere d’oro. Nell’istante successivo sul volto del ragazzo tornò il sereno e la guerriera divenne ancora più confusa:


  • Ad ogni modo mia cara, sappi che d’ora in poi, quando saremo soli, ti toglierò quella maschera – Milo le fece l’occhiolino – perché mi piace guardare il tuo volto e le espressioni che fai. Che dici? Svegliamo i nostri eroi?


Il cavaliere non attese la risposta, ma Shaina comprese che non se l’aspettava una risposta da lei. Le sue parole l’avevano per l’ennesima volta messa in difficoltà e si arrabbiò con se stessa per l’incapacità di mostrarsi forte e decisa come un guerriero dovrebbe essere. Si domandò, anche, se quel tipo di atteggiamento dipendesse dal fatto che il suo avversario fosse lui o se avrebbe avuto quel comportamento impacciato e scarsamente reattivo con chiunque altro.

Con un gesto di stizza spense il fuoco e cominciò ad incamminarsi, senza attendere i suoi compagni. Era furiosa con se stessa e con Milo, perché quel maledetto la stava rendendo insicura e poco confidente delle sue possibilità.





***




Quando Camus riprese conoscenza, impiegò un po’ di tempo per realizzare che il posto dove si trovava non aveva nulla di terreno. Sapeva di essere stato centrato dal colpo più potente del cavaliere di Cancer e sapeva di essere finito alle pendici della bocca dell’Inferno, privo del suo corpo, la domanda a cui però ancora non riusciva a dare una risposta era dove fosse finita l’anima di Hilda.

Si guardò intorno, cercando di mettere a fuoco cosa lo circondasse. Era tutto scuro e lugubre, eppure vi trovò del fascino in quella visione così tetra.

Rimase immobile a fissare la fila lunghissima di anime che, prive ormai di qualsiasi volontà, si stava incamminando verso la bocca dell’Inferno. Sapeva che le anime che si lanciavano in quel cratere erano ormai perdute e sentiva di non appartenere a quel gregge, almeno non ancora. Il suo intelletto e la sua forza di volontà gli permettevano di mantenere la giusta lucidità per avere il controllo della situazione, ma per quanto tempo ancora? Doveva trovare Hilda e doveva trovare anche il mondo di riportare entrambi nel mondo reale.

Continuò a guardarsi intorno, senza però riuscire a scoprire la minima traccia della donna amata.

Aveva tentato di combattere quei sentimenti fin dal primo istante in cui l’aveva vista. Era stata una folgorazione per lui. Il dolore al petto ed i sudori improvvisi, le palpitazioni, all’inizio tutti quei segnali così ovvi non era riuscito a comprenderli. Almeno questo era quello che aveva pensato fino all’istante in cui aveva visto il suo corpo, privo di vita, abbandonato sulla neve. Solo in quel preciso momento aveva finalmente ammesso con se stesso che fin da subito si era accorto di amare Lady Hilda e aveva anche compreso che dallo stesso istante in cui aveva cominciato a provare quell’amore, la sua parte razionale aveva provato in tutti i modi a sabotare e boicottare quei sentimenti.

Nonostante le insinuazione di Aphrodite e nonostante le profezie di Mya, la sua mente aveva rifiutato l’idea di provare qualcosa per lei. Ma ora, sapendo di poterla perdere per sempre, anche la sua razionalità aveva rotto gli argini, dando libero sfogo al suo amore. Doveva trovarla a tutti i costi, perché non trovarla sarebbe equivalso alla morte di entrambi. Finalmente, osservando con più attenzione la fila infinita di anime disperate la scorse, anche lei persa e abbandonata, confusa in mezzo a quell’immensa distesa di esseri, anche lei spinta da una forza esterna verso la bocca di Ade.

Doveva fermarla prima che il destino voluto da Death Mask si compisse. Non era quello ciò che il fato aveva previsto per lei e lui avrebbe fatto qualsiasi cosa per riportare tutto nel giusto ordine.

Però, prima che potesse raggiungerla, la sinistra risata di Cancer riecheggiò alle sue spalle. Voltandosi se lo ritrovò di fronte. Sapeva che quell’essere non era reale e che era il frutto della proiezione della sua anima, ma al tempo stesso si rendeva conto che anche lui era lì, privo del suo corpo.

Erano di fronte l’uno all’altro, ma mentre lui faticava a rimanere lucido e presente, il suo avversario si trovava nel suo ambiente. Si voltò ad guardare l’avanzata di Hilda. Aveva ancora del tempo per correre da lei, ma le parole di Death Mask lo schiaffeggiarono come un colpo vero:


  • E dopo che l’avrai raggiunta cosa farai, cavaliere?

  • Che vuoi dire? – Camus tentò di mantenere il controllo delle sue emozioni.

  • La sua anima è ormai priva di volontà. Come puoi vedere si sta dirigendo verso la bocca di Ade senza opporre la minima resistenza. E’ assuefatta e votata al suo inevitabile destino.

  • Finire all’inferno per mano tua non è il suo destino.

  • Ne sei convinto? – Death Mask rise – eppure nulla potrai per risvegliarla. Corri da lei, cavaliere, sarai tu stesso a scoprire la tua impotenza di fronte alle mia magnificenza.


Camus non si curò più di lui. L’arroganza e la sicurezza di Death Mask gli avrebbero permesso di provare a salvare Hilda senza la minima interruzione e così corse da lei.

Quando, però, le giunse accanto, comprese pienamente le parole di Cancer. Lo sguardo di Hilda era vuoto e la sua anima non poteva essere scossa né scrollata. Si maledì mentalmente per essere stato così superficiale e così ingenuo nel poter pensare di salvarla. Eppure guardandola nel pieno della sua bellezza decise di non darsi per vinto. L’anima di Hilda riluceva di una luce pura e splendente e lui non poteva permettere che tanta grazia finisse in mano ad un dio come Ade. Decise, quindi, di giocarsi il tutto per tutto.

Entrò nella fila delle anime perdute, davanti a lei, dando le spalle al resto del gruppo. In questo modo avrebbe potuto osservarla in volto. Si fece coraggio e provò ad aprire il suo cuore:


  • Io non sono molto bravo ad esprimere i miei sentimenti. Il mio addestramento mi ha imposto di celare e di controllare ciò che provo, in modo da riuscire a governare le energie di cui sono il guardiano. In tutta la mia vita ho mantenuto fede ai miei giuramenti e sono riuscito a portare avanti senza difficoltà il credo che mi è stato imposto. Mi sono privato di ogni sorta di emozione e ho imparato a controllare i miei sentimenti in modo da dominare le energie fredde. Eppure, dal primo istante in cui i miei occhi privi di emozioni si sono posati su di te, Il mio cuore, fatto di ghiaccio, ha cominciato a sciogliersi. Ci sono voluti pochi attimi ed io mi sono perduto in te.


Camus si fermò in modo da poter osservare con più attenzione il volto di Hilda, ma non riuscì a cogliere in esso alcuna emozione. Per un attimo si scoraggiò, voltandosi verso la bocca di Ade, che sempre più vicina, gli indicava il poco tempo rimasto. Riprese fiato e decise di continuare, in fondo non aveva più nulla da perdere:


  • Hilda, io ti amo e credo … no .. sono sicuro di non aver mai provato nulla del genere per nessuno. So anche che per il resto della mia vita, breve o lunga che sia, non avrò più modo di innamorarmi di nessuna perché per nessuna riuscirei a provare sentimenti così forti e devastanti. Conoscendoti sono andato in pezzi e sono risorto mille volte. Per ogni tuo sorriso e per ogni singolo sguardo che mi hai regalato, sono nato e morto. Ma se tu ora non riprenderai in mano la tua anima, io morirò per sempre, perché l’idea di vederti precipitare all’inferno è per me inconcepibile. La tua anima appartiene ad altri luoghi; è troppo limpida e pura per fermarsi qui. Svegliati Hilda e fai in modo che io viva!


Il cavaliere di Aquarius tentò di afferrare la donna, ma senza successo: il suo corpo effimero venne attraversato da quello inconsistente di Hilda, che ignara di tutto, proseguì la sua camminata verso la fine.

La risata di Death Mask echeggiò nuovamente:


  • Che dichiarazione commovente, Camus. Se non fossi così dannatamente eccitato nel vedere la tua disperazione, la sveglierei all’istante.


Le parole del cavaliere di Cancer, invece di innervosirlo o scoraggiarlo, come aveva sperato il suo avversario, gli diedero nuova speranza. Forse aveva compreso quale dovesse essere la strada da percorrere per riportare l’anima di Hilda nel suo corpo. Tutto quello che gli rimaneva da scoprire era se avesse avuto il tempo e le forze per compiere il necessario.





***





Mya rimase, in silenzio, accanto ad Aioria per tutta la notte. Il cavaliere di Leo non si mosse mai dalla sua posizione, troppo preso a vegliare Marin anche solo per allontanarsi a bere un bicchiere di acqua. La sacerdotessa era svenuta appena entrati in casa e non aveva più ripreso conoscenza.

Mentre Seiya si era offerto di montare la guardia, Mya aveva preparato qualcosa da mangiare nella speranza di poterlo offrire a Marin quando si sarebbe svegliata. Lei sapeva che la sacerdotessa lo avrebbe fatto, aveva visto il suo futuro, confuso, caotico e con colori così vividi da far male alla sua mente, ma anche se non aveva compreso il quadro generale, la cosa di cui era certa era che Marin non sarebbe morta molto presto e comunque non in quell’occasione.

Avrebbe voluto dirlo ad Aioria per rincuorarlo e per cercare di alleviare le sue preoccupazioni, ma sapeva che se lo avesse fatto, il ragazzo l’avrebbe subissata di domande alle quali lei non avrebbe saputo rispondere.

Mya aveva urgenza di partire e di andare alla ricerca di Camus. Aveva cercato nuovamente nel suo futuro, scoprendo che tutto era cambiato. L’uomo che amava sarebbe morto in breve tempo e lei non poteva permettere che ciò accadesse. Avrebbe fatto di tutto per impedire che il suo destino si compisse così come scritto dal destino. Aveva però bisogno di Aioria per raggiungerlo e modificare gli eventi scritti dal fato; da sola non sarebbe riuscita a sopravvivere al viaggio e alle difficoltà che avrebbe incontrato.

L’unico che le avrebbe permesso di raggiungere Asgard era il cavaliere di Leo e per convincerlo a seguirla era necessario che si tranquillizzasse sul futuro di Marin, ma non era nei suoi compiti rivelare il futuro; eppure sapeva che se non lo avrebbe fatto, Aioria non sarebbe partito fino a quando non fosse stato sicuro che la donna amata sarebbe sopravvissuta. Chiuse gli occhi e decise di seguire il suo cuore:


  • Nobile Aioria? Vi prego, voltatevi

  • Si – il cavaliere, malvolentieri, fece quanto richiesto

  • Posso assicurarvi che Marin se le caverà – Mya sorrise per tranquillizzarlo

  • Questo lo sai perché lo hai visto nel futuro, giusto? – Aioria sorrise poco convinto

  • Si. Non è ancora giunto il suo momento.

  • Io … - Aioria si voltò a guardare il volto addormentato della sua donna e sospirò – io … non è che non ti creda, piccola Mya, ma finchè non lo vedrò con i miei occhi non sarò tranquillo.

  • Nobile Aioria … - Mya si fece coraggio – io non ho il tempo per aspettare che Marin si riprenda, io ho bisogno di voi ora.

  • Perché? – Aioria si voltò nuovamente, incuriosito dalle sue parole.

  • Cam … la regina di Asgard è in pericolo e noi dobbiamo aiutarla…

  • Questo lo so, ma con lei ci sono Camus e Milo … la mia presenza sarebbe superflua.

  • Non è così – Mya rispose con enfasi, agitandosi più del dovuto.

  • Che cosa vuoi dire? – il comportamento della ragazza lo insospettì.

  • Io ho visto il futuro … e la regina di Asgard ha bisogno di noi … di me.

  • La regina di Asgard? – Aioria sorrise – oppure il cavaliere di Aquarius?

  • Cosa? – Mya arrossì – no … io …

  • So che sei innamorata di Camus … ti prego Mya, io sono disposto ad aiutarti, ma non prenderti gioco di me.

  • D’accordo – Mya sospirò, non aveva altra possibilità che dire la verità – non posso raccontarvi i dettagli, ma se non faremo nulla Camus morirà e io non posso permetterlo.

  • E’ il nostro destino, Mya, che ti piaccia oppure no – Aioria chiuse gli occhi e per un istante l’immagine fiera di suo fratello si presentò alla sua mente – per quanto possa non piacerci, questo è il destino di ogni cavaliere, sacrificare la propria vita per ciò in cui crede.

  • Io non posso permettere che Camus muoia … non posso … non voglio – Mya si inginocchiò di fronte ad Aioria e con la voce spezzata continuò, cercando di fare leva sul suo cuore – se voi foste al posto mio e Marin fosse in pericolo, non fareste tutto quello che è in vostro potere per salvarla?

  • Si, ma … - Aioria si voltò nuovamente verso Marin – io non posso abbandonare Atene … devo proteggere Seyia e Marin.

  • Al Santuario è tornato il cavaliere di Virgo – Mya sorrise – sarà lui a proteggerli.

  • Shaka? – Aioria sorrise – Shaka non lo farà mai. Non ha motivi per farlo.

  • E’ vero. Non ho motivi per farlo.

Mya e Aioria si voltarono verso la porta e videro la figura longilinea ed elegante del cavaliere di Virgo. Il cavaliere di Leo si mise istintivamente in posizione di difesa e spinse Mya alle sue spalle. Shaka sorrise:


  • Non sono qui per attaccarti, Aioria. Se quelle fossero state le mie intenzioni, neanche ti saresti accorto della mia presenza ed io avrei potuto colpirti senza problemi.

  • Questo lo dici tu!

  • Sei talmente perso nei pensieri di quella donna che non senti null’altro intorno a te.

  • Cosa? – Aioria, guardando Marin, dovette ammettere suo malgrado che non si era minimamente accorto dell’arrivo di Shaka – e Seiya?

  • Il ragazzino che presidia la spiaggia? – Shaka sorrise ancora più apertamente – lui ne ha ancora molta di strada da fare.

  • Che cosa gli hai fatto? – Aioria usò un tono duro.

  • Nulla. Gli sono semplicemente passato accanto senza che notasse la mia presenza.

  • Che cosa sei venuto a fare qui? – Aioria abbassò la guardia. Conosceva il valore del cavaliere di Virgo e aveva compreso che non era lì per ucciderli.

  • Ho bisogno di parlare con Mya – Shaka aprì i suoi occhi e la ragazza provò istintivamente paura.

  • Che cosa vuoi da lei?

  • Conoscere la verità.

  • La verità? – la ragazza spalancò gli occhi dalla sorpresa – quale verità?

  • Perché Edgar si trova qui? Perché è diventato cavaliere di Athena?

  • Edgar? – Mya si sorprese ancora di più per quella domanda.

  • E’ diventato cavaliere perché se lo è meritato! – Aioria si innervosì. Non voleva che nessuno dubitasse del valore di quel buffo ometto.

  • Ho già affrontato questa discussione con Milo e senza togliere nulla al tuo giudizio, ti ripeto quello che ho già detto a lui – Shaka si fece ancora più severo – quell’uomo non ha un briciolo di cosmo che giustifichi quell’armatura.

  • Ciò non di meno ha sconfitto il suo avversario e ha ottenuto l’armatura.

  • Ma non lo ha fatto con le sue forze e questo lo sai anche tu – Shaka sorrise – quel giorno hai avvertito anche tu quel potente cosmo, non è vero?

  • E allora? – Aioria sapeva che Shaka aveva ragione, ma faticava ad ammettere che Edgar non meritasse quello che aveva ottenuto. Troppo era stato il suo impegno per non riconoscerglielo.

  • Mya ho bisogno di sapere perché Edgar è qui – Shaka ignorò volontariamente la domanda di Aioria, non voleva affrontare ancora quell’argomento.

  • Ma io non lo so – la ragazza rispose sinceramente.

  • Ma tu riesci a vedere il suo futuro?

  • Si, ma è confuso … molto confuso …

  • Porterà ancora l’armatura di Pegasus?

  • Cosa?


La domanda di Shaka sorprese Mya, perché lei non aveva mai valutato seriamente questo aspetto. Si concentrò e cercò di vedere nuovamente nel futuro di quell’uomo che tanto le era stato vicino e ancora una volta la sua immagine sfocata riaffiorò nella sua mente.

Nella sua visione Edgar era di spalle. Accanto a lui vedeva una ragazza, anche lei di spalle, ma Mya l’avrebbe riconosciuta fra mille. Sorrise a quell’immagine serena e felice. Decise, però di focalizzarsi nei dettagli. Poteva vedere che entrambi indossavano abiti civili: nessun’armatura e nessun abito particolare. Era evidente che il mondo di Atene non sarebbe appartenuto al loro futuro. Sorrise nuovamente, ma poi il suo sguardo mentale cadde su ciò che entrambi stavano osservando: una lapide. Cercò di focalizzare il nome scritto su di essa, ma non riuscì a leggerlo e un sentimento di agitazione pervase il suo cuore.

L’immagine svanì e Mya ritornò nel presente. Shaka gli fece nuovamente la domanda e lei scosse la testa:


  • No, nel futuro di Edgar non vedo alcuna armatura.

  • Bene – Shaka sorrise e annuì soddisfatto – se è così, potete andare tranquillamente a salvare la regina di Asgard e il cavaliere di Aquarius. Mi occuperò io del ragazzino e del cavaliere dell’Aquila.

  • Cosa? – Aioria domandò sorpreso – perché?

  • Perché ora so quello che devo fare.





***




Il sorriso sul volto di Death Mask si spense improvvisamente. Lo sguardo del cavaliere di Aquarius non presagiva nulla di buono.

Cancer conosceva il valore del suo avversario e sapeva che, benchè il suo corpo giacesse privo di vita sulla neve, Camus, come ogni altro cavaliere d’oro, aveva le capacità necessarie per espandere il suo cosmo e per contrastarlo anche in quel posto dimenticato dagli dei.

I suoi timori divennero realtà quando il custode delle energie fredde, espandendo il suo cosmo, portò la neve ed il gelo in quei luoghi. L’aria divenne gelida e tutto intorno a loro si trasformò in una coltre di vapore freddo.

Death Mask si mise in posizione di attacco, ma era sicuro che ciò non gli sarebbe servito a nulla. Vide il suo avversario alzare le braccia e unire le mani nel gesto che preannunciava l’esplosione del suo colpo più potente. Vide comparire sopra la sua testa una donna che teneva in mano una anfora colma di cosmo e poi, nel momento in cui Camus abbassò le braccia, vide quel cosmo riversarsi su di lui.

Anche lui decise di convogliare tutte le sue energie in un colpo che scagliò contro il suo avversario, non poteva rimanere inerme, doveva fare qualcosa per fermare quell’ondata di gelo.

Ma nonostante Cancer avesse cercato di imprimere la massima energia al suo colpo, il cavaliere di Aquarius non arretrò né diminuì l’intensità del suo colpo. quest’ultimo, però, non stava colpendo Death Mask e la cosa lo rendeva più agitato ed inquieto. Guardandosi intorno ebbe la conferma che l’obiettivo del custode delle energie fredde non era lui, ma l’ambiente intorno a loro.

Si accorse con orrore che tutto stava ghiacciando ed istintivamente volse il suo sguardo verso le anime spente che stavano marciando verso la bocca del cratere. Queste ultime, benchè procedessero per la loro strada, sembravano animarsi anche se in maniera scomposta. Death Mask comprese che il freddo stesse causando in loro una reazione naturale, come se l’abbassamento della temperatura ridestasse i loro pensieri e la loro volontà.

Ne vide alcune crollare a terra, forse quelle più deboli, ma altre, dopo movimenti sempre più rapidi, scomparvero sotto i suoi occhi. Il cavaliere si voltò adirato verso il suo avversario:


  • Smettila con questo ghiaccio! – gli urlò contro – stai risvegliando le anime!

  • E’ quello che voglio!

  • Sei un pazzo. Non devi risvegliarle! Il loro destino è stato scritto ed è quello di finire nell’oblio!

  • Non per tutte è così!

  • Maledizione Camus! Non puoi, per salvare una singola anima, mandare al diavolo tutto ciò che è scritto dal destino e dagli dei.

  • Ti do la possibilità di scegliere, Death Mask! O la svegli tu o lo farò io con i mezzi che ho a disposizione.

  • Anche io ho i miei mezzi e ti impedirò di cambiare il destino.

  • Lei non è destinata all’oblio – Camus urlò – e questo tu lo sai!

  • Anche io sono uno strumento del destino e quindi la mia decisione appartiene agli dei!

  • Ti arroghi un diritto che non hai!

  • Vai al diavolo!


Entrambi, sapendo che nessuno dei due avrebbe ceduto di un passo, smisero di confrontarsi verbalmente e si concentrarono nello scontro fisico. Intensificarono i loro colpi, mettendo tutta l’energia residua di cui disponevano nei loro cosmi.

Camus sapeva di essere svantaggiato, perché quello non era il suo habitat naturale ed inoltre muoversi senza il suo corpo, solo con la sua anima, non era affatto semplice; tale situazione riduceva molto le sue energie. Ma sapeva cosa voleva ed era disposto a morire per ottenerlo.

Sentì su di sé aumentare l’intensità del colpo del suo avversario. Ben presto la sua anima sarebbe stata polverizzata, ma dal freddo che penetrava sapeva anche che anche il suo colpo stava ottenendo l’effetto desiderato.

Con la coda dell’occhio vedeva le anime sparire o accasciarsi, ma non quella di Hilda, che procedeva, seppure lentamente verso la bocca dell’Inferno. Camus, ormai privo di forze, sentì mancare anche la sua volontà per un istante. Lo sconforto lo stava assalendo, quando nella sua testa una voce leggera e delicata gli sussurrò “non arrenderti, cavaliere! Io sono al tuo fianco!”.

Rinvigorito da quelle parole, trovò nuove energie che veicolò nuovamente nel suo colpo. La forza che lo stava supportando era immensa e questo permise al cavaliere di Aquarius di raggiungere il massimo della potenza. Tutto si fece ghiacciato intorno a loro e Cancer, per il troppo freddo, dovette rinunciare a veicolare tutte le sue energie nel suo colpo. Il freddo, lo sforzo e l’incredulità fecero il resto e così Death Mask non riuscì a trattenere oltre l’anima di Hilda e di Camus.

Quando il cavaliere di Aquarius riprese conoscenza, si rese subito conto che la sua anima si era ricongiunta al suo corpo. Alzandosi da terra, riconobbe intorno a lui il paesaggio innevato della Siberia. Niente più Ade e niente più cratere maledetto.

Guardandosi intorno, riconobbe accanto a sé il cavaliere di Cancer, che giaceva svenuto sul terreno innevato. Non era il suo avversario che gli interessava e così distolse immediatamente il suo sguardo, in cerca di altro. La vide a pochi metri di distanza, ancora svenuta. Corse da lei e prendendola fra le sue braccia si accorse che era ancora viva.

La scosse leggermente per farle riprendere conoscenza. A fatica Hilda aprì gli occhi:


  • Camus … dove siamo? – la voce era impastata e il respiro stanco.

  • State bene? – il ragazzo la guardò con apprensione.

  • Si … credo di si … sono stanca e ho freddo … tanto freddo.


Camus, poggiandole una mano sul viso si rese conto che era gelato. Doveva portarla in un luogo caldo, altrimenti non sarebbe sopravvissuta a tutto ciò. Ma prima di portarla in salvo, sapeva di dover fare qualcosa per impedire al cavaliere di Cancer di seguirli.

Sapeva di aver vinto solo una battaglia, ma non la guerra. Non poteva, però, ucciderlo. In fondo entrambi combattevano dalla parte di Athena, anche se dubitava che Death Mask ne fosse veramente convinto. Prese, dunque, l’unica decisione che ritenne possibile.

Stringendo Hilda a sé, si alzò da terra e alzando la mano generò del ghiaccio che riversò sul corpo ancora svenuto del suo avversario. Death Mask fu avvolto in un ghiaccio talmente spesso che nessuno sarebbe stato in grado di sciogliere ad eccezione di colui che l’aveva creato.

Camus sapeva che solo le armi di Libra avrebbero potuto infrangerlo, ma dubitava che il loro custode avrebbe mai mosso un dito per salvare Cancer. Non riteneva di doverlo lasciare lì dentro per i prossimi secoli, prima o poi avrebbe dovuto farlo uscire da lì, ma almeno per il momento questo gli avrebbe permesso di occuparsi di Hilda senza ulteriori distrazioni.

Prendendo la donna fra le sue braccia, si incamminò verso il rifugio, senza mai voltarsi indietro.






Con grande ritardo pubblico il nuovo capitolo. Spero che almeno l’attesa sia stata ripagata dalla lettura di quanto accaduto. In questo capitolo poco Edgar e molto Camus …. immagino che ci possa stare . E ora cosa succederà? Camus è veramente in pericolo come crede Mya? Oppure il futuro che lei aveva visto è stato già modificato con la sconfitta di Cancer? E Milo cosa farà quando giungerà in Siberia? E Shaina riuscirà a riconquistare la sicurezza e la spavalderia che la contraddistingue? E Edgar? …. Insomma … ancora parecchie domande a cui rispondere . Cercherò di andare avanti e pubblicare qualcosa entro la fine del mese, ma anche per me finalmente arrivano le ferie …

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Capitolo 21
*** XXI - Mille Dubbi ***


Capitolo XXI

Mille Dubbi



Il giorno era ormai giunto al termine aveva lasciato il posto ad una sera splendente e l’agitazione di Camus stava crescendo: da quando erano rientrati, Hilda non aveva ancora ripreso conoscenza e la cosa lo rendeva nervoso.

Il cavaliere l’aveva adagiata sul suo letto, le aveva tolto i vestiti umidi, non con poco imbarazzo e l’aveva avvolta nella coperta più pesante che aveva. Aveva chiuso tutte le finestre e aveva acceso il camino, eppure le mani della giovane donna, dopo alcune ore, erano ancora fredde e non vi era nel suo volto alcun segno di risveglio.

Per la prima volta nella sua vita, il cavaliere di Aquarius aveva paura. Gli era capitato di sentirsi in difficoltà e con le spalle al muro, ma mai come in quel momento, sentiva di non avere alcuna strategia che gli permettesse di contrastare quegli eventi. La donna di cui era innamorato stava lentamente sprofondando verso l’oblio e lui non sapeva cosa fare.

Tentò di animare il fuoco del camino per aumentare la temperatura della stanza, ma fuori imperversava una tormenta e il freddo che penetrava dagli spifferi della finestra, annullavano tutti i suoi sforzi.

Provò a mettere un’altra coperta, ma non gli sembrò di ottenere alcun miglioramento.

L’unico modo che aveva per fare in modo di alzare la temperatura corporea di Hilda era quello di aumentare il calore: questa era l’unica certezza che aveva.

Cominciò a pensare ed improvvisamente, nel buio della sua mente, affiorò un’idea che lo fece violentemente arrossire. Se il primo istinto fu quello di scartare quell’idea balzana che gli era venuta, il secondo lo convinse del fatto che non aveva altra scelta.

Si spogliò quasi completamente e non con poco imbarazzo e, dopo aver sollevato le coperte, si sdraiò accanto ad Hilda. Sentì le sue guance infuocarsi, i suoi muscoli irrigidirsi e il suo cuore cominciare a battere furiosamente. Sentì chiaramente l’eccitazione scatenarsi in tutto il suo corpo; sapeva che tutto dipendeva dal contatto con il corpo esile e la pelle delicata di quella donna, ma non sapeva per quanto tempo sarebbe riuscito a controllare i suoi istinti. Doveva concentrarsi sul fatto che senza il calore del suo corpo, la vita di Hilda sarebbe sfuggita via, perciò la strinse a se e pregò Athena di dargli la forza di resistere.

Nonostante fosse in preda dei suoi turbamenti, sotto il peso della stanchezza accumulata nel combattimento con Cancer e grazie al dolce profumo che stava respirando, il cavaliere si addormentò.

Il suo sonno, però, agitato e pieno di incubi, si interruppe bruscamente quando si rese conto di essere solo nel letto.

Si alzò improvvisamente e con gli occhi spalancati cercò intorno a lui qualche segno della donna che aveva stretto fino a poco tempo prima. La trovò, avvolta in una delle coperte, seduta sulla poltrona. Lo stava osservando con il volto serio e dubbioso, ma dallo sguardo non riuscì a comprendere se e quanto potesse essere arrabbiata.

Tentò in qualche modo di scusarsi:


  • Lady Hilda … io … posso spiegarle … so che le sembrerà assurdo, ma non avevo altro modo …

  • Per scaldarmi … - Hilda sorrise – non preoccuparti Camus, comprendo perfettamente quello che hai fatto e perché lo hai fatto.

  • Io – il cavaliere arrossì violentemente, abbassò lo sguardo e si maledì per aver perso completamente il controllo delle sue emozioni – si … è così.


Lady Hilda si alzò improvvisamente e dopo aver fatto scivolare via la coperta si infilò nel letto. Quel gesto repentino, compiuto con tanta naturalezza, portò ancora più confusione nella mente già provata di Camus. Il ragazzo per istinto si allontanò da lei e la giovane donna sorrise:


  • Hai paura di me?

  • No – il cavaliere cercò di non guardarla negli occhi – ho … paura di me … di non riuscire a controllarmi …

  • Perché? – il sorriso sul volto di Hilda divenne più impertinente.

  • Potete immaginarlo – Camus finalmente si voltò a guardarla – sapete di essere molto bella e io non sono poi così bravo a controllare i miei istinti.

  • Eppure lo hai fatto fino ad ora …

  • Si … e mi è costata molta faticava …. e sono stanco … molto stanco …

  • Capisco – Hilda si mise seduta, coprendosi con la coperta, e cominciò ad osservare il panorama fuori dalla finestra – è vero quello che hai detto?

  • Quando? – anche Camus si mise seduto.

  • In quella specie di inferno …

  • Di cosa state parlando? – il cavaliere cominciò ad aver paura della possibilità che Hilda, dopo tutto, avesse ascoltato la sua confessione.

  • Del fatto che sei irrimediabilmente innamorato di me.

  • Io … non credo che questo abbia molta importanza.


Camus avvampò come un cerino appena acceso. Le aveva confessato i suoi sentimenti nel tentativo estremo di poterla svegliare e ora quelle parole gli si stavano rivoltando contro. In tutti i suoi anni di addestramento aveva dovuto imparare a governare e controllare le sue emozioni. Ci era riuscito ed era diventato un cavaliere potente, ma nessuno gli aveva spiegato cosa fare nel caso in cui avesse fallito: ora le sue emozioni avevano preso il controllo del suo corpo e lui ne era completamente in balia. Si alzò, nel tentativo di fuggire da quella situazione, ma Hilda glielo impedì. Nel farlo, la coperta che aveva messo a protezione, scivolò via ed entrambi rimasero nudi, l’uno di fonte all’altro. Camus tentò di distogliere lo sguardo, ma Hilda con delicatezza, prese il suo volto e lo bloccò in modo che potesse guardarla:


  • Ti vergogni di me?

  • No – Camus tentò di distogliere gli occhi – non di voi …

  • Ti vergogni dei tuoi sentimenti per me?

  • No … io … sono sbagliati e non avrei dovuto dire quello che ho detto e …

  • Le tue parole mi hanno riportato in vita. Trovi che questo sia sbagliato?

  • No … - Camus smise di tentare ciò che non riusciva a non fare – voi non eravate destinata a morire in quel modo …

  • E allora non devi vergognarti di ciò che mi hai detto – Hilda sorrise – sei imbarazzato, vero?

  • Si … e sono a disagio …

  • Immagino che non ti sia capitato molto spesso di perdere il controllo della situazione.

  • Lady Hilda vi prego, lasciatemi andare e rivestitevi. Questo … noi … così … non va bene.

  • Nessuno, a parte noi, può dire se va o non va bene. Io sto bene, qui, così, con te … ma se tu vuoi che io mi rivesta e ti lasci andare … lo farò …


Camus spalancò gli occhi, incredulo e confuso. Non era riuscito a cogliere in pieno il significato di quelle parole. Sapeva di non voler essere in alcun altro luogo se non lì con lei, ma non aveva mai pensato che fosse possibile che anche lei provasse piacere a stare lì, con lui.

Hilda sorrise nuovamente, rendendosi conto che il cavaliere, un po’ per sorpresa e un po’ per desiderio aveva smesso di provare a sfuggirle e così, senza indugiare ancora, lo baciò.

La reazione del ragazzo fu immediata. Ciò che ne seguì fu l’insieme di gesti, di sensazioni ed emozioni che derivano dall’appagamento di un desiderio celato da tempo.




***



Erano ormai ore che camminavano in mezzo alla neve ed Edgar cominciava a non sentire più i suoi piedi. Aveva più volte provato l’istinto di buttarsi a terra e piangere per la disperazione e per il dolore, ma guardando i suoi compagni di viaggio aveva avuto l’impressione che solo lui fosse in quella condizione disperata. Nonostante questo aveva continuato a provare quell’istinto, ma aveva usato tutta la sua forza di volontà per contrastarlo. Non voleva essere sempre quello che non riusciva a fare quanto la situazione richiedeva, inoltre osservando con quanto coraggio e determinazione Maya continuava a camminare, la voglia di non mollare non lo abbandonava. Si domandò se essere un cavaliere fosse anche quello: cercare di superare continuamente i propri limiti per una causa più alta.

Shaina gli si affiancò un paio di volte lungo il tragitto, chiedendogli se andasse tutto bene, mentre Milo proseguiva imperterrito senza mai voltarsi o fermarsi ad aspettarli. Un paio di volte era stata proprio il cavaliere di Ofiuco a richiamare il cavaliere dalle vestige dorate, segnalandogli le difficoltà di Edgar e lui, seppur malvolentieri aveva rallentato l’andatura, ma sostanzialmente il passo sostenuto era decisamente troppo elevato per le gambe corte dell’ometto, ma anche per quelle esili di Maya: i due presto rimasero indietro. Il cavaliere di Pegasus sapeva quanto Camus contasse per Milo, ma allo stesso tempo si rammaricava di non contare abbastanza per lui da consentirgli di riposare almeno dieci minuti.

Sentì Maya sbuffare:


  • Tutto bene?

  • Ti sembra che possa andare tutto bene? – la ragazza rispose arrabbiata.

  • Cosa c’è che non va?

  • Il tuo amico è uno stronzo …. ecco cosa c’è che non va!! Corre come se la salvezza del mondo dipendesse da lui e se ne frega del fatto che noi moriremo a causa sua!

  • Beh, per lui è importante riuscire ad arrivare da Camus – per Edgar era diventato faticoso anche solo parlare – immagino che senta che il suo amico sia in pericolo.

  • Il suo amico sa difendersi meglio di noi … se dovessimo essere attaccati qui, chi ci difenderebbe?

  • Io sono un cavaliere di Athena – Edgar arrossì – sarei io a proteggerti.

  • Per nulla togliere alla tua armatura, ma detto fra me e te, io non sarei così sicura che tu saresti in grado di combattere.

  • Nonostante ciò, sacrificherei la mia vita per proteggerti.

Edgar arrossì ancora più violentemente, questo perché Maya si era fermata d’improvviso e aveva cominciato a fissarlo in modo imbarazzante.


  • Ho detto qualcosa che ti ha infastidito? – l’ometto si affrettò a chiedere.

  • No – Maya sospirò – anzi … io ti devo le miei scuse … sono stata villana a dubitare delle tue capacità. So che mi proteggeresti e di questo ti sono grata.

  • So di non essere un granchè come cavaliere e so che questa armatura è finita sulle mie spalle per caso, se non per sbaglio, ma so anche che ti difenderei fino alla morte – Edgar si grattò nervosamente la testa.

  • Nulla accade per caso, Edgar – gli occhi di Maya divennero improvvisamente tristi – tutto è deciso dal destino.

  • E questa cosa ti rattrista?

  • Cosa? – la ragazza lo guardò stupita.

  • I tuoi occhi sono diventati improvvisamente tristi, come se un brutto pensiero o presentimento fosse affiorato alla tua mente … hai visto qualcosa di brutto nel nostro futuro?

  • Io non posso vedere il mio futuro e il tuo è una macchia nera.

  • E allora perché dovresti rattristarti? – Edgar sorrise – è vero … siamo in mezzo alla neve e probabilmente moriremo congelati, ma io sono contento di essere qui e dovresti esserlo anche tu.

  • Perché sei contento? – la ragazza lo guardò scetticamente.

  • Perché sono ancora vivo – il rossore tornò sulle gote del ragazzo – e poi ora ho Camus, Aioria e Milo che si preoccupano per me …

  • Veramente uno dei tre ti ha appena mollato in mezzo alla tormenta – Maya rispose piccata, ma Edgar non vi badò e proseguì.

  • E poi ho conosciuto Mya che è così dolce – sul volto della ragazza comparve una smorfia di fastidio, ma prima che potesse dire altro, l’ometto continuò – e poi ci sei tu … e stare con te è così … beh … così bello … ecco … sono felice perché sto sicuramente meglio di come stavo un anno fa.


Maya rimase in silenzio. Per la prima volta nella sua vita si sentiva sopraffatta dalla bontà di un altro essere vivente. Lei, sempre così dura e cinica, quando lo aveva conosciuto aveva pensato che fosse un vero idiota, privo di spina dorsale e di qualsiasi fascino, ma ora, frequentandolo e ascoltando le sue parole, non riusciva a non pensare a quanto fosse bella la sua anima.

Avrebbe pagato una fortuna per avere un cuore candido come quello di Edgar ed invece si ritrovava con un macigno nero e sporco che aveva smesso di battere molti anni prima.




***




Quando Marin aprì gli occhi il sole era già alto in cielo e nella casetta il silenzio era quasi irreale. La ragazza con grande fatica si alzò e dopo aver perlustrato l’interno, uscì fuori alla ricerca di qualcosa o qualcuno che le permettesse di ricordare che cosa fosse successo.

Sulla spiaggia, in lontananza, vide il suo giovane allievo impegnato in un allenamento improvvisato e poi voltandosi si accorse di aver accanto il cavaliere di Virgo: possibile che fino a quel momento non lo avesse notato o sentito?


  • Vedo che ti sei svegliata

  • Cavaliere di Virgo, dove è Aioria e perché siete qui?

  • Indossa la tua maschera prima di proseguire la nostra conversazione. Non vorrei che ci fossero fraintendimenti.


Marin abbassò lo sguardo e vide nella mano di Shaka la sua maschera. La prese e indossandola osservò il cavaliere: aveva gli occhi chiusi. Si domandò se al di là di ciò, Virgo potesse vederla veramente.

Una volta aveva sentito dire che nulla sfuggiva al custode della VI casa, occhi aperti o occhi chiusi che avesse. Anche ora, benchè non la guardasse, le sembrò che sapeva esattamente chi era lei e quali erano i sentimenti che albergavano nel suo. E infatti, egli rispose alla domanda che più le premeva:


  • Il cavaliere di Leo ha accompagnato Mya.

  • Dove?

  • Dal cavaliere di Aquarius.

  • Capisco – Marin provò un senso di disagio all’idea che Aioria l’avesse lasciata per seguire Mya e se ne vergognò.

  • Era indeciso se andare, ma una volta tranquillizzatosi sul fatto che tu stavi bene e che avrei pensato io a voi, ha deciso di andare.

  • Si, comprendo – la ragazza si convinse che Shaka aveva la capacità di leggere la mente.

  • Ora che ti sei ripresa ti esorto ad andare via da qui e a portare con te il tuo allievo.

  • Credete ancora che Seiya sia in pericolo?

  • Si.

  • Ho capito – La decisione nella voce del cavaliere convinse Marin – lo porterò lontano da Atene

  • Bene.


Shaka aprì gli occhi e si voltò a guardare il ragazzo sulla spiaggia. Quel gesto, compiuto con naturalezza dal cavaliere, stupì la sacerdotessa.

Aveva sentito al Grande Tempio che il custode della casa di Virgo apriva gli occhi solo per polverizzare i suoi avversari, quindi quel suo gesto avrebbe dovuto allarmarla, ma negli occhi del giovane che le stava accanto non vedeva nulla di minaccioso, piuttosto l’affiorare di domande e pensieri a cui non riusciva a dare risposta.

Il dubbio traspariva da quello sguardo limpido come il cielo, probabilmente i pensieri che immaginava erano gli stessi che avevano affiorato la sua mente negli ultimi giorni: che cosa nascondeva il suo allievo, così giovane e ancora acerbo? Che cosa temevano da Seiya e soprattutto chi aveva così paura per volerne addirittura la sua morte?

Marin comprese anche dal modo pensieroso in cui Shaka lo osservava che le risposte a quelle domande non sarebbero state facili da trovare, neppure per l’uomo più vicino agli Dei.

Lei, ad ogni modo, non aveva una risposta e sapeva di non poterla trovare, perciò si avviò verso il suo discepolo, perché l’unica cosa che poteva fare era quella di tentare di proteggerlo.

Il suo pensiero volò ad Aioria; come avrebbe voluto che l’uomo di cui si era perdutamente innamorata fosse lì con lei. Si sarebbe sentita più forte e combattiva. Per un altro istante un moto di gelosia la assalì al pensiero che il suo amore l’aveva lasciata per andare a salvare il cavaliere di Aquarius. Poi quel pensiero svanì, perché in fondo anche lei era un cavaliere, uno dei più valorosi, e non aveva bisogno del suo uomo per difendersi dalle avversità. Se Aioria l’aveva lasciata, evidentemente, aveva fiducia nelle sue capacità, perciò accantonò quegli stupidi pensieri da ragazzina e cominciò a scendere verso la battigia. La voce di Virgo però la bloccò:


  • Cavaliere dell’Aquila, aspetta!

  • Cosa vuole il nobile cavaliere di Virgo ancora da me? – Marin si girò perplessa.

  • Il ragazzino laggiù – Shaka indicò Seiya e Marin annuì – quanto cosmo percepisci in lui? E quante possibilità ha di diventare un cavaliere?

  • Seiya possiede grandi doti e grandi capacità, anche se ancora entrambe acerbe.

  • A quale armatura dovrebbe essere destinato?

  • Avrebbe dovuto gareggiare per quella di Pegasus.

  • Grazie, cavaliere dell’Aquila. Proteggi il tuo allievo come meglio puoi, anche a costo della tua vita.


Shaka non aggiunse altro e Marin non osò chiedere, anche se le ultime parole pronunciate dal nobile cavaliere di Virgo le avevano trasmesso una sorta di agitazione. Non aveva bisogno che qualcuno le dicesse di proteggere al meglio il suo allievo, ma nella voce del giovane uomo aveva percepito un ammonimento ad impegnarsi al massimo perché non accadesse nulla di irreparabile, come se le sorti del mondo potessero dipendere dal fatto che Seiya sopravvivesse oppure no.

Marin decise di non pensarci, anche perché non avrebbe potuto in alcun modo indagare oltre. Si voltò un ultima volta a guardare un punto nascosto della spiaggia e rivisse mentalmente quel momento di intimità passato con Aioria e rubato ad un destino fatto di lotte e battaglie. Sospirò e poi, muovendosi verso Seiya, accantonò quei pensieri in fondo al suo cuore.



***



Milo sapeva di essersi lasciato alle spalle i suoi compagni di viaggio, ma aveva deciso di ignorare la cosa. Non poteva sentirsi in colpa, perché sentirsi in colpa equivaleva ad ammettere che stava facendo la scelta sbagliata.

Nel corso della giornata, mentre procedevano con calma nel loro viaggio, aveva percepito chiaramente il cosmo di Camus esplodere e poi scomparire. Questo lo aveva agitato, convincendolo ad accelerare il passo. Doveva arrivare in Siberia il prima possibile, prima che qualcosa di irreparabile potesse accadere. Il dubbio che si era insinuato in lui in realtà era che quel qualcosa fosse già accaduto, ma doveva accertarsene di persona.

All’inizio si era voltato un po’ di volte quando Shaina lo aveva chiamato per segnalargli le difficoltà di Edgar e Maya. Li aveva esortati, prima gentilmente e poi sempre più brutalmente, ad allungare il passo e ad aumentare i loro sforzi, ma mai aveva rallentato il suo.

Poi, mentre Shaina lo chiamava con sempre maggiore frequenza e insistenza, aveva sentito il cosmo di Camus tornare alla vita. Questo però non lo aveva convinto a rallentare il passo. Sentiva l’agitazione che governava il cosmo del suo amico e la preoccupazione, invece di diminuire era aumentata. Se il custode delle energie fredde si stava agitando qualcosa di grave stava accadendo.

Quando lo aveva sentito esplodere nuovamente, aveva rotto ogni indugio e aveva aumentato l’andatura, senza ascoltare più nessuno e senza mai voltarsi indietro. Solo dopo molti kilometri, aveva sentito nuovamente la voce di Shaina, anche se in lontananza.

Seppure controvoglia, allora, decise di fermarsi.

Quando la ragazza lo raggiunse, notò che era arrabbiata con lui, ma non se ne curò:


  • Che cosa vuoi?

  • Edgar e Maya si sono fermati.

  • E allora?

  • Allora? – Shaina si tolse la maschera per mostrargli la sua rabbia – Allora??!!!

  • Entrambi sono in grado di cavarsela da soli … o almeno dovrebbero! Maya è abituata alle temperature glaciali e Edgar è un cavaliere! – Milo usò un tono duro, soprattutto nei confronti dell’ometto.

  • Anche Camus è un cavaliere … di più alto rango per giunta … eppure stai correndo da lui come se la sua vita dipendesse da te – Shaina non arretrò – questo significa che lui non sa cavarsela da solo?

  • E’ diverso – Milo fu colpito dalle parole della ragazza, ma era convinto dei suoi pensieri, per cui anche lui non arretrò – Camus sta rischiando la sua vita in una battaglia, percepisco il suo cosmo e sento che è in seria difficoltà … Edgar sente solo freddo.

  • Edgar non è abituato a questa vita.

  • Non è un mio problema!

  • Si che lo è!

  • E perché dovrebbe esserlo?

  • Perché è un tuo allievo …

  • Questo non significa che me ne devo occupare per il resto della vita – Milo si sentì alle strette e perciò attaccò – voglio dire …avanti Shaina … tu senti di doverti occupare di Cassius da qui all’eternità?

  • Non è la stessa cosa – il sorriso del ragazzo innervosiva Shaina – Cassius è un uomo … Edgar …

  • Edgar è un cavaliere di Athena …

  • Ma non sa cavarsela da solo …

  • Stai dicendo che il Grande Sacerdote ha sbagliato a conferirgli l’armatura? – Milo usò un tonno sarcastico per irritare la ragazza – o che Cassius ha perso volontariamente? O che non era in grado di …

  • Sto dicendo – Shaina alzò la voce per interromperlo – che Edgar, per quanto possa essere valoroso, non ha tutti gli strumenti per superare le difficoltà che si presentano … e questo tu lo sai … e visto che lo sai è tuo dovere aiutarlo!

  • Io non ho alcun dovere nei suoi riguardi!


Milo si allontanò, furente e colmo di rabbia, ma non tornò a marciare verso la sua meta. Cominciò a camminare avanti e indietro sulla strada innevata, di fronte al cavaliere di Oficuo.

Shaina non perse nessun movimento, curiosa di osservare ogni minimo dettaglio di quel ragazzo così potente e allo stesso tempo così fragile.

I sentimenti che provava verso Camus erano nobili: la devozione che percepiva nella sua agitazione era lodevole, ma al tempo stesso lo aveva reso cieco nei confronti di un’anima più debole. Quando lo aveva seguito nella sua folle corsa, non era sicura che avrebbe compreso le difficoltà del suo allievo, ma ora osservandolo, con quel suo passo nervoso e quel modo agitato di digrignare i denti, era sicura dell’affetto che Milo provava per il buffo ometto. Non avrebbe voluto trovarsi nei suoi panni, eppure, al tempo stesso, invidiava quei sentimenti così puri.

Milo all’improvviso diede un pugno ad un albero. Il ragazzo ci mise tutta la sua rabbia, così da spezzare il tronco in un colpo.

Poi, dopo essersi ricomposto, si voltò verso la ragazza. Aveva il volto rilassato e un sorriso forzato:


  • Andiamo a recuperare Edgar.


Shaina annuì, senza aggiungere altro e i due si incamminarono verso il punto in cui l’ometto e la ragazza che leggeva il futuro si erano fermati.




***




Non sapeva cosa lo avesse spinto ad accettare la richiesta di Mya, ma mai come in quell’istante Aioria avrebbe voluto essere da tutt’altra parte.

L’idea di aver lasciato Marin da sola lo attanagliava, non tanto perché non si fidava delle capacità della sacerdotessa o della promessa fattagli da Shaka. La verità era che non era preoccupato per l’incolumità della ragazza, quanto piuttosto della sua incapacità di poter vivere un solo istante senza vederla. Ora poi che aveva assaporato il suo corpo, i suoi sensi erano completamente assuefatti a lei.

Cominciò a pensare che se non fosse tornato in fretta dal suo amore avrebbe potuto rischiare di morire per una crisi di astinenza. Eppure doveva procedere. Doveva aiutare Mya a trovare Camus. Sentiva che la vita del suo amico dipendeva da questo, o almeno questo era quello che la ragazzina al suo fianco gli aveva fatto credere.

L’agitazione che sentiva provenire dal corpo esile della giovane, lo stava convincendo di aver compiuto la scelta più corretta.

Eppure un dubbio si era insinuato in lui. Il cosmo di Camus seppur agitato non gli era sembrato impaurito e la sensazione di aver già percepito quel certo tipo di emozioni non lo aveva mai abbandonato da quando erano giunti in Siberia. Ora poi che era sempre più vicino alla baita del cavaliere dell’Aquario, il sospetto che qualcosa di completamente differente stesse accadendo al suo amico, lo convinse a rallentare il passo.

Mya si accorse del suo cambiamento e gli chiese subito conto di ciò:


  • Perché state rallentando la vostra andatura, nobile Aioria?

  • Mya, tu sei assolutamente sicura del fatto che Camus sia in pericolo?

  • Perché mi fate questa domanda?

  • Beh … perché – Aioria si grattò la testa, imbarazzato – il fatto è che io non percepisco alcun pericolo … anzi …

  • Camus in questo momento si trova con Lady Hilda e quello che voi percepite è amore … - la voce di Mya non mostrò alcun invidia, quanto piuttosto un senso di malinconia.

  • Forse – Aioria si fermò ad osservarla meglio: quello scricciolo di ragazza, per l’ennesima volta, lo aveva sorpreso – si, forse è l’amore … non è tanto importante cosa percepisco, ma cosa non percepisco …il pericolo e la paura … perciò ti chiedo ancora una volta, sei sicura di quello che affermi?

  • Ora Camus e Hilda stanno consumando il fuoco che arde nei loro cuori, ma ben presto il destino li dividerà, in modo definitivo ed è allora che Camus sarà in pericolo … ed io so che dovrò salvarlo.


Aioria rimase immobile ad osservarla. Quanta dignità e quanta nobiltà in un essere così fragile. Sentiva l’amore non ricambiato nella sua voce e nel suo cuore, ma al tempo stesso sapeva che quell’amore incompreso avrebbe continuato ad ardere nel suo cuore anche senza Camus. Si domandò se lui, al suo posto, sarebbe riuscito a mostrare tanta devozione:


  • Anche voi fareste lo stesso per Marin, perché, non è importante che l’amore sia ricambiato, pechè ciò che ci spinge a compiere imprese titaniche è il solo fatto che esso esista, non pensate?

  • Si, forse hai ragione.


Il sorriso di Mya gli scaldò il cuore e Aioria non riuscì a fare a meno di pensare che per un sorriso del genere avrebbe compiuto qualsiasi impresa.

Chiuse gli occhi e il volto del suo amore si affacciò nei suoi pensieri. Sorrise e senza dire altro, riprese a camminare.




***



Shaka aveva avuto tutte le risposte, eppure ancora mille domande affollavano la sua mente. Quale era il ruolo di Seyia nei destini futuri di Atene? Quanto sapeva il Grande Sacerdote di tutta quella storia? Come aveva fatto Calliope a creare una tela così complessa? E soprattutto, perché il cavaliere di Gemini, l’uomo a cui apparteneva il cosmo che aveva deciso le sorti dell’armatura di Pegasus quel giorno, era tornato dopo tanti anni al Grande Tempio per agire nell’ombra?

L’unico modo che aveva per trovare la risposta a tutte quelle domande, era agire e così, senza indugiare oltre, una volta accertatosi della partenza di Marin e del suo allievo, decise di recarsi al Grande Tempio per invocare la presenza dell’unico uomo che gli avrebbe fornito una spiegazione, volente o nolente.






Fiùùù … ma quanto è passato dall’ultimo aggiornamento? Lo ammetto, mi ero quasi convinta a lasciare per la prima volta una storia incompiuta, ma poi Edgar è venuto a bussare ancora una volta alla mia porta, chiedendomi di dare seguito alle sue avventure e così eccomi ancora qui con un nuovo aggiornamento … spero che nel frattempo siate riusciti a ricordare almeno qualcosa di questa storia. Ora dovrebbe venire il bello … cosa accadrà quando Milo scoprirà che Camus non è in pericolo? Almeno non lo è al momento, anche se Mya è convinta che presto lo sarà. E soprattutto come andrà a finire l’incontro tra Shaka e il Grande Sacerdote? Fatemi sapere cosa ne pensate …

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Capitolo 22
*** XXII - Quando un amore diventa impossibile? ***


Capitolo XXII

Quando un amore diventa impossibile?


Alle prime luci dell’alba Camus aprì gli occhi. Aveva tutti i muscoli del corpo intorpiditi e sentiva addosso alla sua pelle un caldo tepore che stava scaldando anche il suo cuore. Vide il suo braccio e quello di Hilda vicini e abbassando lo sguardo, trovò la ragazza che dormiva attaccata al suo fianco. Era suo il calore che lo stava scaldando.

Sospirò, conscio che la notte appena trascorsa era stata la più bella della sua vita, ma che probabilmente sarebbe diventato anche il suo ricordo più doloroso. Inconsciamente la strinse a se, svegliandola. Hilda si stiracchiò e poi si voltò sorridendo:

  • Buongiorno, mio bel cavaliere.

  • Buongiorno – Camus arrossì, mentre la ragazza si tirò leggermente su, scoprendo una parte del suo corpo.

  • Oh, Camus, non è possibile che dopo tutto quello che c’è stato tra di noi, tu continui ad arrossire!

  • Io – anche il ragazzo si alzò, mettendosi seduto – avete ragione.

  • Che cosa succede? – sul volto di Hilda il sorriso scomparve – perché il tuo sguardo è così triste? Sei pentito di quello che è accaduto questa notte?

  • Pentito? – Camus la guardò stupefatto – no, assolutamente no.

  • E allora perché sei triste?

  • Io non sono triste – tentò di sorridere.

  • I tuoi occhi lo sono.

  • E’ solo che già so che questa cosa non ci porterà da nessuna parte.

  • Perché devi essere così razionale? – Hilda lo guardò incuriosita – abbiamo vissuto un bel momento, lasciandoci trascinare dal nostro istinto e dai nostri sentimenti, non possiamo certo sapere cosa ci riserverà il futuro, non credi?


La mente di Camus volò a Mya e alla sua profezia. Gli aveva detto in una notte lontana che lui, il cavaliere delle energie fredde, si sarebbe innamorato della regina di Asgard e di come lui avesse pensato che nulla del genere sarebbe mai potuto accadere. Forse, allora, aveva ragione Hilda nell’incoraggiarlo a vivere quel momento con più incoscienza. Poi, però, alla mente riaffiorò anche il ricordo della profezia di Maya: un destino di morte. Questo gli aveva predetto, ma visto che era la strada di Mya quella che lui ora stava percorrendo, probabilmente non sarebbe morto a breve. Eppure una sensazione oscura in quella mattina aveva avvolto il suo cuore e sembrava non volerlo lasciare libero di godersi la sua felicità.

Hilda lo scosse leggermente, stanca di aspettare un qualche segnale e Camus, per tutta risposta la abbracciò e la baciò, mettendoci tutta la passione di cui era capace.

Una volta terminato il bacio, la ragazza sorridendogli, si sdraiò nuovamente e lo invitò a fare altrettanto. I due ripresero a fare l’amore come se il mondo fuori non esistesse e quell’attimo strappato alla vita vera non dovesse mai finire. Un suono flebile, però, attirò l’attenzione di Camus, interrompendolo. Hilda, visibilmente delusa, lo invitò a proseguire, ma lui per tutta risposta, mettendo un dito sulle sue labbra le chiese di fare silenzio.

Restarono fermi per pochi istanti, poi il cavaliere, si alzò dal letto e dopo aver indossato velocemente i pantaloni, corse fuori dalla stanza. Hilda seppur controvoglia, si alzò a sua volta, indossò la coperta ed uscì dalla stanza per vedere cosa fosse preso al suo cavaliere.

Giunta nel salone, sentì un’aria gelida arrivare dalla porta spalancata e vide, di fronte ad essa Camus, mezzo nudo e di spalle fronteggiare il cavaliere d’oro del Leone. Era evidente, dalle loro posizioni, che entrambi avevano sentito dei rumori i loro stessi rumori – ed ora si fronteggiavano come avversari pronti a combattere. Solo in un secondo istante notò la presenza di Mya alle spalle del cavaliere del Leone e dal modo in cui entrambi la fissarono, si ricordò improvvisamente del suo abbigliamento ed arrossì. Anche Aioria si mostrò visibilmente in difficoltà, come del resto Camus:

  • Scusa Camus se siamo piombati così … il fatto è che … ecco …

Aioria continuava a grattarsi la testa, imbarazzato, cercando di non incrociare lo sguardo né con il suo amico né con Lady Hilda, la quale, nel frattempo, si era avvicinata e si era stretta a lui.

Istintivamente il Saint dell’Aquario spostò lo sguardo su Mya e la ragazza arrossì, suo malgrado. Tutto ciò accadde sotto gli attenti occhi di Hilda.

  • Perché sei qui Aioria? Ti manda il Grande Sacerdote?

  • Il Grande Sacerdote? – il cavaliere di Leo lo guardò stupito – no … no, lui non sa che siamo qui. E’ Mya che mi ha chiesto di accompagnarla.

  • Cosa? – Camus fu sorpreso da quelle parole e guardò la ragazza dai capelli rossi con più insistenza.

  • Perché sei qui, Mya?

Fu Hilda a domandare, sentendosi come una leonessa a cui qualcuno sta cercando di sottrarre un oggetto di sua proprietà, ma prima che la giovane ragazza potesse parlare, sulla scena irruppe anche Milo, seguito da Shaina, Maya e Edgar.

Il cavaliere dello Scorpio, spostando Aioria di peso, si trovò di fronte Camus a piedi nudi e con indosso null’altro che un paio di pantaloni e Lady Hilda, con indosso solo una coperta, attaccata a lui. Quell’immagine fece esplodere la sua rabbia:


  • Ed io che ho attraversato la Siberia in preda alla convinzione che tu fossi in pericolo di vita!! Ed invece arrivo qui e ti trovo avvinghiato alla regina di Asgard, intento evidentemente a fare un altro tipo di attività rispetto a quella del combattimento!

  • Milo, calmati – Aioria tentò di controllare quella furia, mentre Camus rimase impassibile ad osservarlo.

  • Calmarmi! Calmarmi!???!!! … Per arrivare il prima possibile qui, ho trascinato Edgar e Maya in mezzo alle bufere e al gelo. E’ mancato poco che me lo caricassi in spalla per arrivare prima e poi per fare cosa??? Per vedermi questa scena?? Che stronzo, idiota che sono.


Milo, dopo aver regalato a Camus uno sguardo tutt’altro che sereno, si girò e si allontanò, ignorando le invocazioni di Aioria a fermarsi. Il cavaliere di Acquario, allora, rompendo il suo immobilismo, corse dietro al suo amico, seguito a ruota dall’altro Saint.

Hilda, rimasta sola con le due sorelle e con i cavalieri di Ofiuco e di Pegasus, si sentì improvvisamente nuda, perciò, senza dire nulla si diresse verso la stanza di Camus per ricomporsi. Nel frattempo Shaina invitò Edgar a seguirla, per fare un giro all’esterno della casa e verificare che tutto fosse in ordine. Fu così che le due sorelle rimasero da sole.

Maya si sedette su una delle poltrone ed apostrofò la sorella:

  • Che cosa ci fai qui?

  • E tu?

  • Io dovevo trovare Lady Hilda.

  • Perché?

  • Perché è il mio compito, quello di rimanerle accanto e di proteggerla. Tu, scegliendo di andartene con nostra madre, hai rinunciato ad Asgard.

  • Sai che ho seguito nostra madre per non lasciarla sola. Cosa che avresti dovuto fare anche tu … non ha senso che tu rimanga ad Asgard e non credo nella tua devozione a Lady Hilda.

  • E’ un tuo problema.

  • Che cosa mi nascondi Maya?

  • Non riesci a leggerlo nel mio futuro? – la sorella fece un sorriso strano.

  • Sai che né io né te possiamo decidere cosa vedere del futuro.

  • Già … questo per colpa tua …

  • Colpa mia? – Mya rimase perplessa – perché è colpa mia?

  • Io sono la prima e a me spettavano i poteri. Io sarei diventata la celebrante di Odino ed invece sei arrivata tu a rubare parte dei miei poteri e mi hai privato del mio futuro.

  • Non ho deciso io di venire al mondo … ed inoltre siamo gemelle, siamo nate insieme …

  • Io sono quella che è stata concepita per prima ed io meritavo di avere il dono. Ma forse se ti togliessi di mezzo …

  • Che vuoi dire?

  • Se tu morissi, probabilmente i poteri si riunirebbero in me e non vivremmo questo incubo di non sapere mai se il futuro che osserviamo sia quello corretto.

  • Che cosa hai visto nel futuro del cavaliere di Aquarius?

  • Perché mi fai questa domanda? – Maya cercò di indagare a fondo lo sguardo della sorella.

  • Ho bisogno di saperlo …

  • E tu cosa hai visto nel suo futuro?

  • Maya ti prego rispondimi …

  • E’ per lui che sei qui, vero? ... pensi di poter modificare il suo destino … sai che è impossibile per noi e che le conseguenze, se anche vi riuscissimo, sarebbero nefaste …

  • Non sono affari che ti riguardano …

  • Certo che mi riguardano …

  • Perché allora non ti preoccupi di quello che vuole fare nostra madre?

  • Di cosa stai parlando?

  • Lo sai benissimo … so che sei stata coinvolta da lei … e mi domando come puoi accettarlo. Dopo che l’hai rinnegata e che hai promesso fedeltà ad Asgard, perché non le impedisci di compiere questa follia?

  • Abbassa la voce! – Maya in uno scatto di rabbia si alzò e spinse sua sorella verso il muro – non voglio che qualcuno ci senta.

  • Ho ragione, allora … tu sei coinvolta … come puoi fare questo a Lady Hilda!

  • Quella donna ha rubato ciò che era nostro …

  • E’ stata scelta … non ci ha tolto nulla perché quella carica non ci apparteneva …

  • Ti sbagli … e nostra madre farà in modo che tutto torni al posto giusto.

  • Nostra madre sta interferendo con il destino …

  • Lei sa quello che fa ed io mi fido di lei …

  • Non ti preoccupi di ciò che succederà? Non ti dispiace per Lady Hilda? Per Edgar?

  • Edgar? – Maya per la prima volta ebbe un dubbio – cosa c’entra Edgar.

  • Sai che la sua presenza è stata voluta da lei e puoi vedere da sola quante difficoltà sta affrontando. Fino ad ora è stato fortunato, ma non sarà sempre così … so che ti piace …

  • Non dire stupidaggini … non lo conosco neanche e poi come potrebbe piacermi un grassone privo di spina dorsale?

  • Lo so che ti piace … l’ho visto …

  • Dove? – Maya si allarmò – dove lo hai visto … nel mio futuro? Cosa hai visto? Io non ti credo … faresti qualsiasi cosa per salvare Camus …

  • Si è vero … farei qualsiasi cosa per lui … ma non mentirei … mai.

  • Sei patetica … dovresti concentrarti su Lady Hilda e sul fatto che il tuo grande amore non ti pensa minimamente … ha occhi solo per lei … non ti brucia il fatto che quella donna ti abbia rubato anche l’amore?

  • Non è lei che mi ha rubato Camus … è il destino che non vuole che lui si innamori di me … ma questo non significa che io debba vendicarmi o debba cercare di cambiare le cose …

  • Eppure lo stai facendo …

  • Non voglio che muoia … anche tu non vorresti vedere l’uomo che ami morire ….

  • Te l’ho già detto, Mya, non sei in grado di cambiare il destino … non hai gli strumenti per farlo – Maya sorrise – e comunque lui morirà in ogni caso …

Prima che Mya potesse chiedere spiegazioni a sua sorella, nella stanza entrò Hilda:

  • Chi morirà? Di chi state parlando?

  • Noi … - Mya rimase indecisa su cosa dire.

  • Stavamo semplicemente facendo delle ipotesi su ciò che potrebbe accadere – Maya intervenne con decisione – dobbiamo andare via, Lady Hilda.

  • Cosa?

  • Si … i cavalieri di Athena sono qui per voi. Milo aveva il compito di trovare voi e Camus e di riportarvi al Grande Tempio. Il Grande Sacerdote vuole la vostra testa e non si fermerà finchè non la otterrà.

  • Io non ho fatto nulla – Hilda si fece ancora più decisa – non ho attentato alla vita di Athena e non ho intenzione di scappare ancora.

  • Tornate ad Asgard, Lady Hilda, tornate come me nelle vostre terre. Lì potrete difendervi meglio e sarete protetta dai vostri cavalieri.

  • Io non scappo, Maya. Ti ringrazio, ma non ho intenzione di scappare.

  • Il cavaliere di Aquarius non può proteggervi in eterno, lui è un Saint di Athena e per quanto possa essersi invaghito di voi – Hilda sussultò alle parole della ragazza – prima o poi dovrà rispondere alla sua Dea. Inoltre ora che il cavaliere di Scorpio è qui, sarà più difficile per lui proteggervi. Pensate veramente che andrà contro il suo migliore amico?

  • Io … - Hilda si fece pensierosa, non voleva costringere Camus a compiere una scelta, ma non voleva neanche andarsene così, senza averlo visto ancora una volta.

  • Io credo che dovreste fare ciò che vi sta suggerendo mia sorella.

  • Cosa? – Hilda e Maya si voltarono sorprese.

  • Lady Hilda, sono sicura che la vostra posizione verrà chiarita, ma sarete più sicura se andrete ad Asgard. Non credo che Milo e Aioria possano o vogliano nuocervi e non penso che obbligheranno Camus a fare una scelta, ma questo non esclude che altri cavalieri verranno qui per attaccarvi.

  • Hai ragione.

Seppur a malincuore Hilda dovette constatare che la sua vicinanza avrebbe solo danneggiato ulteriormente la posizione di Camus. Aveva già dovuto scontrarsi con uno dei Saint suoi pari. Per fortuna non lo aveva ucciso, ma in ogni caso avrebbe passato dei guai e la sua situazione, continuando a proteggerla, non poteva che peggiorare. Dal canto suo, invece, Maya si stava domandando perché sua sorella volesse allontanare la regina di Asgard dal cavaliere di Aquarius. Aveva compreso le ragioni sue e di sua madre? Voleva evitare che accadesse qualcosa di spiacevole a Lady Hilda? Voleva separarli? O semplicemente era convinta che così avrebbe preservato la vita dell’uomo che amava? In ogni caso, qualunque fossero le motivazioni, non avevano tempo di indugiare oltre. Dovevano andarsene, prima che tornassero quei tre. Non voleva rischiare che il cavaliere di Aquarius potesse farle cambiare idea.

  • Preparatevi, allora. Dobbiamo partire subito.

  • Maya sei sicura? Se veramente la mia vita è in pericolo, andando da sole rischiamo di non giungere ad Asgard – Hilda in cuor suo era riluttante a partire. Desiderava vedere ancora Camus – magari se come dice Mya i cavalieri di Athena non vogliono riportarmi al Grande Tempio, ci aiuteranno ad arrivare ad Asgard.

  • Ma Lady Hilda, quello che dite è in contrasto con ciò che vi ho appena spiegato.

  • Lo so … ma non avevo pensato alla possibilità che anche la tua vita potesse essere in pericolo.

  • Portate con voi Edgar – Mya si intromise nella discussione.

  • Edgar? – Maya spalancò la bocca incredula – stai scherzando, vero?

  • No. Il cavaliere di Pegasus è coraggioso e valoroso e so che farebbe qualsiasi cosa per proteggere Lady Hilda.

  • Ma tu vuoi scherzare?!!? – Maya si rese conto che sua sorella voleva assicurarsi la partenza di Hilda e l’impossibilità da parte sua di ucciderla.

  • Pensi che Edgar accetterebbe? – Lady Hilda domandò a Mya.

  • Se glielo chiedete voi non ve lo rifiuterà, ne sono sicura.

E così fu. Quando Mya chiamò il cavaliere di Pegasus e Lady Hilda gli raccontò la sua necessità, benchè all’inizio contrario, ascoltando le motivazioni della regina di Asgard e le supliche di Mya, si convinse che accompagnare Maya e Lady Hilda nel loro viaggio sarebbe stata la soluzione migliore.

In realtà non voleva aiutare Lady Hilda ad allontanarsi da Camus. Sapeva che il suo amico - perché così lo considerava, un suo amico - avrebbe sofferto, ma non voleva che le due donne dovessero affrontare quel viaggio da sole. Certo, la sua presenza non le avrebbe protette da nessun pericolo, ma forse avrebbe offerto alle due una possibile fuga in caso di bisogno.

  • Edgar dove sei?

Il cavaliere si ricordò improvvisamente di aver lasciato la postazione assegnatole da Shaina e rabbrividì all’idea che quella donna potesse redarguirlo, o peggio, malmenarlo. Le tre ragazze sorrisero a quel suo imbarazzo:

  • Non preoccuparti Edgar, a lei penserò io.

  • Ma Mya!

  • Voi andata e io mi occuperò di distrarre il cavaliere di Ofiuco.

  • Va bene.

Hilda non aggiunse altro. Uscirono da una delle finestre laterali e dopo che Mya richiamò l’attenzione di Shaina, fuggirono velocemente.

La regina di Asgard sentiva che non avrebbe più avuto modo di ritrovare quell’intimità con il cavaliere di Aquarius e provò un senso di rimpianto per un destino che avrebbe voluto seguire ma che le era precluso dai ruoli a cui ognuno dei due era stato assegnato.

Ripensò, allora, alle parole di Camus e alla malinconia dei suoi occhi e le sembrò che quella malinconia avvolgesse anche il suo sguardo.



***


Saga stava nervosamente passeggiando avanti e indietro. La situazione gli stava sfuggendo di mano e la paura di essere presto smascherato stava crescendo. Aveva dato ascolto ai consigli di Calliope. Aveva fatto in modo di assegnare l’armatura di Pegasus a quell’inetto, ma le cose invece di migliorare erano peggiorate. Non solo Lady Hilda era riuscita a fuggire, ma i suoi cavalieri avevano cominciato ad agire di loro iniziativa: Aquarius, Scorpio, Leo e perfino Cancer erano partiti senza informarlo e ognuno aveva preso un sentiero tortuoso e difficilmente controllabile. Mentre Scorpio era entrato nuovamente in contatto con quel dissidente del Grande Mu, Leo si era messo in mezzo e aveva salvato la vita di quel ragazzino; Aquarius, infine, aveva protetto Lady Hilda, impedendo a lui di pagare il suo pegno a Calliope. E poi Cancer, sparito così, d’improvviso. Il suo uomo più fedele, perso nelle terre di Siberia, ucciso da Camus? Troppe domande, troppi problemi e troppi imprevisti. E ora che sentiva marciare verso di lui il cosmo potente di Virgo, l’agitazione lo stava sopraffacendo. Cercò di respirare a pieni polmoni. Non voleva scontrarsi con Virgo, non perché non si ritenesse all’altezza del suo avversario, ma non voleva dover uccidere un cavaliere potente, privandosi così di un ottimo alleato. Eppure sapeva che sarebbe stato difficile, se non impossibile, mentire oltre a Shaka. Sapeva che lui, unico, durante il duello di Edgar aveva percepito chiaramente il suo cosmo.

Sobbalzò al contatto delle dita di Calliope sulle sue spalle. La donna cercò di massaggiarlo, ma lui si scostò furiosamente:

  • Che diavolo stai facendo? – ringhiò fra i denti.

  • Sto cercando di sciogliere la tensione che hai accumulato – la donna sorrise, passandosi al lingua sulle labbra.

  • Tzsè, ti sembra questo il momento per simili sciocchezze. Lo senti anche tu il cosmo di Virgo che si sta avvicinando?

  • Da quando in qua temi uno dei tuoi cavalieri?

  • Non lo temo – Saga socchiuse gli occhi – ma non ho voglia di scontrarmi con lui.

  • Lascia fare a me.

  • Cosa? – il Grande Sacerdote rimase stupito da quella frase – tu che non sei un cavaliere come pensi di liberarmi di uno dei più potenti Saint di Atena?

  • Con l’astuzia e l’inganno, proprio come riuscisti a fare tu con Aiolos.

La donna estrasse da sotto il vestito, il pugnale con il quale Saga, nella notte degli inganni, aveva cercato di attentare alla vita di Atena. L’uomo si sorprese nel vedere quell’oggetto quasi dimenticato. Lo aveva nascosto sotto il trono, al sicuro da tutto e non avrebbe mai pensato che qualcuno riuscisse a trovarlo. La donna, accarezzando la lama, sorrise:

  • Io non sono una qualunque, questo dovresti averlo compreso. Farò anche questo per te: ti libererò da uno scocciatore, ma questa volta non mi accontenterò delle tue promesse.

La donna, impugnando il pugnale con la mano sinistra, con la mano destra afferrò il suo collo e lo trasse a se, dandogli un bacio e mordendogli il labbro.

  • Che cosa vuoi, dunque? – Saga non si scompose.

  • Te, ovviamente. – Calliope sorrise – mesi fa, alla mia proposta mi hai respinto, ma ora sarai costretto a soddisfare i miei desideri … tutti!

  • D’accordo.

Saga rispose accigliato, non aveva molta voglia di diventare il suo giocattolo sessuale, anche perché trovava quella donna priva di ogni fascino, ma preferiva passare una notte con lei piuttosto che affrontare gli arcani occhi di Virgo e poi, pensò, se era fortunato, Shaka l’avrebbe polverizzata, togliendogli la scoccciatura di doverlo fare da solo.


***


Shaka giunse alla tredicesima casa senza incontrare alcuna difficoltà. I pochi cavalieri presenti al Grande Tempio, infatti, lo fecero passare senza problemi: era comunque uno di loro, fedele al Grande Sacerdote e devoto ad Atena. Cosa avrebbero detto o fatto gli altri se avessero saputo che la Dea non era più al Santuario e che probabilmente in questo poteva entrarci in qualche modo il Pope?

Il cavaliere di Virgo aveva ormai la risposta a molte delle domande, ma ancora gli sfuggivano alcuni punti salienti, forse i più importanti.

Aveva capito che Atena non dimorava più lì e sapeva che Edgar non era destinato ad essere cavaliere e che l’armatura che indossava probabilmente sarebbe finita nelle spalle del giovane apprendista di Marin, ma perché il ragazzino doveva morire? E perché tutto questo disturbato per non fargli ottenere un armatura di così basso rango? Era sicuro che era stato l’intervento del cavaliere di Gemini a cambiare le sorti del duello di Edgar ed era convinto che le trame della tela che si stava tessendo erano manovrate in qualche modo da Calliope, ma quale era l’obiettivo finale? E quanto il cavaliere di Gemini, scomparso anni prima dal Tempio in seguito al tradimento del cavaliere del Sagittario ne era coinvolto?

Si disse allora che il tradimento di un uomo di quella risma aveva creato in lui un sconvolgimento tale, in virtù anche della profonda amicizia, che non aveva permesso a Saga, questo doveva essere il suo nome se non ricordava male, di restare oltre. Perché ora era tornato al Grande Tempio e perché non lo aveva fatto in forma ufficiale? Ma soprattutto, quanto sapeva il Grande Sacerdote di tutta questa storia?

Shaka non era uno stupido e aveva compreso che negli ultimi anni qualcosa era cambiato, e non in meglio, in quel luogo, ma per quanto avesse indagato, nell’anima del Pope non aveva mai riscontrato segni di malvagità. Ma ora, come poteva continuare a credere che potesse essere all’oscuro di tutto?

Entrato nella grande sala, il cavaliere di Virgo, alzò le sue difese. Sentiva la presenza di qualcuno ed era sicuro che chiunque fosse non aveva intenzioni pacifiche. La vide avvicinarsi, ma non si rese conto fino all’ultimo del pericolo che stava correndo.



Oh. Eccomi con il nuovo aggiornamento … questa volta un aggiornamento velocissimo, rispetto ai tempi di questa storia … sigh! Che devo dirvi, a volte il forzato immobilismo ti permette di lavorare meglio e con più entusiasmo . In questo capitolo Camus e Hilda non hanno potuto approfondire oltre la loro “conoscenza” ed inoltre hanno dovuto subire l’imbarazzo di Aioria e la rabbia di Milo. E ora come farà Camus a calmare il suo amico? E Edgar? Riuscirà a proteggere Hilda dai suoi nemici e da Maya? E Shaka? Calliope riuscirà veramente a sconfiggerlo? … vedremo

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Capitolo 23
*** XXIII - Il mio nome è Edgar e sono un cavaliere! ***


Capitolo XXIII – Il mio nome è Edgar e sono un cavaliere!







Il mio nome è Edgar e sono un cavaliere di Atene. Improbabile? Incredibile? Assurdo? Lo so. Lo so!

Anche io tutti i giorni mi domando come questo sia possibile. Eppure eccomi qui, con indosso un’armatura a dir poco ridicola che, nonostante tutti i miei sforzi, non riesce a nascondere la mia pancia e invece di esaltare i miei muscoli, totalmente assenti, mette in mostra la ridicolezza del mio fisico sovrappeso e sgraziato.

Eppure sono qui, a combattere e a difendere la regina di Asgard. Senza aiuti, solo, di fronte a cavalieri veri.

Anche io sono un cavaliere, vero? Ma perché allora mi sento così inadeguato e incapace?



Edgar, perso nei suoi pensieri, non si accorse del colpo che il suo rivale aveva appena scagliato nella sua direzione e così, quando si ridestò dal suo torpore, ne fu travolto. Finì a terra, incapace di muovere perfino il mignolo del piede destro.

Lady Hilda fece il gesto di soccorrerlo, ma fu bloccata da Maya. Il cavaliere che li aveva sorpresi mentre attraversavano il bosco, sorrise:


  • E così tu saresti un cavaliere di Athena? Cos’è, i veri guerrieri sono andati in vacanza e hanno messo indosso l’armatura ad uno dei guardiani di maiali?


Edgar alzò leggermente la testa in cerca di una via di fuga.


  • E’ inutile che ti guardi intorno, grassone. Per quanto tu ti possa sforzare non ti consentirò di fuggire. Questa sarà la tua tomba.


L’ometto si vergognò del pensiero di fuga che gli era balenato per la testa. In fondo, Milo e Aioria avevano sprecato molto tempo per addestrarlo al combattimento e lui, invece di cadere come una pera matura alla prima folata di vento, avrebbe dovuto rendere omaggio ai suoi maestri.

Si sentì gli occhi di Maya e della regina di Asgard addosso e, vergognandosi della sua misera prestazione, si ripromise di farsi coraggio, di alzarsi e di combattere, o quanto meno di provarci.

Si alzò, anche se a fatica e dopo aver mosso un po’ le braccia al cielo si presentò all’avversario:


  • Io sono Edgar, cavaliere di Pegasus e sono pronto al combattimento.

  • Ah ah ah ah … che ridere … ah ah ah

  • Presentati! – cercò di usare il tono più vigoroso che avesse a disposizione, anche se la voce gli uscì fuori un po’ troppo squillante. – in modo che sappia con chi mi batterò.

  • Non vali neanche lo sforzo di dirti il mio nome, buffone.


Il suo avversario, senza presentarsi e senza aspettare risposta, lo attaccò con un vortice che lo fece volare in aria e poi lo ributtò a terra alla velocità della luce.

Dopo essere franato a terra, Edgar si domandò se qualcuna delle sue ossa potesse essere sopravvissuta all’impatto. Ne dubitava, ma se era ancora sveglio significava che era ancora vivo e se era vivo, allora poteva rialzarsi a combattere. E così fece. Riprovò ancora una volta a far partire il suo colpo, ma quello non ne volle proprio sapere.

Il suo avversario restava immobile ad osservare i suoi inutili tentativi di scagliare colpi se non alla velocità del suono, almeno che tentassero di colpire un bersaglio. Era evidente che quell’ometto non avesse il benchè minimo cosmo. Stanco di attendere un colpo, decise di non indugiare oltre e si preparò a far fuori il ridicolo omuncolo con il suo colpo più potente. Non aveva voglia di vederlo rialzarsi ancora una volta e così mise tutta la sua energia per frantumarlo, ma all’improvviso la ragazzina dai capelli rossi, che era stata ferma ad osservare fino a quel momento, si mosse e con il suo corpo fece da scudo al grassone.

Il colpo le fece perdere i sensi e svenne fra le braccia di Edgar, che stringendola a se urlò:


  • Maya! Maya! Cosa hai fatto? Perché ti sei sacrificata così! Maya!

  • Edgar … - la voce della ragazza, seppur in un sussurro attirò l’attenzione di Edgar.

  • Maya, ma allora sei viva …

  • Si, ma smettila di urlare … ti prego … - tentò di alzarsi, senza successo.

  • Perché lo hai fatto? – Edgar quasi pianse.

  • Quel colpo ti avrebbe ucciso e io non volevo che morissi così stupidamente.

  • Io …


L’ometto con indosso quell’armatura troppo pesante per lui, cercò di controllare i singulti che stavano uscendo dalla sua bocca. Doveva fare qualcosa per mostrare a Maya che il suo sacrificio non era stato vano.

Perciò, dopo averla adagiata per terra e dopo aver chiesto a Lady Hilda di aiutarla, si alzò nuovamente in piedi, mettendosi in posizione di attaccò. Il cavaliere, suo avversario, incrociò le braccia e si mise in posizione di attesa. Era curioso di vedere cosa quel ridicolo ometto sarebbe riuscito ancora a combinare.

Edgar fece roteare un po’ le braccia, come aveva visto fare tante volte al piccolo Seyia e poi gridò ad alta voce “fulmine di Pegasus”.

Un fascio di luce alle sue spalle lo avvolse e andò a colpire il cavaliere che preso di sorpresa non riuscì a contenere la violenza del colpo e finì a terra svenuto. Edgar esultò, ma poi si rese conto che quel colpo dorato non poteva certo provenire da lui, perciò si voltò per capire chi li avesse salvati, trovandosi ad ammirare la folgorante armatura del Leone dorato.




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Camus aveva raggiunto Milo vicino al fiume ghiacciato ed ora i due si fronteggiavano silenziosamente, in attesa che l’uno o l’altro si decidesse a pronunciare la prima parola. Il cavaliere di Aquarius avrebbe potuto aspettare fino all’eternità, ma non il suo compagno di armi:


  • Spero che almeno ti sia divertito con la regina di Asgard! – il tono era arrabbiato e indispettito – perché io posso assicurarti che non mi sono divertito affatto a scapicollarmi qui, convinto che tu fossi in pericolo.

  • Quale è la cosa ti fa arrabbiare Milo? – l’uomo dei ghiacci mantenne una voce calma – il fatto che non sia morto? O che Hilda non lo sia?

  • Ah, bene! Ora la chiamiamo per nome – sorrise sarcasticamente il cavaliere di Scorpio – ma certo. Vista l’intimità alla quale siete arrivati!

  • Milo … - il cavaliere di Aquarius sospirò.

  • Camus! Mio bel Camus – il biondo gli fece un inchino – credimi, sono contento che tu abbia trovato l’amore e ti auguro di vivere felice per i prossimi cento anni con la tua bella principessa. Perdonami, però, se non parteciperò alla tua festa. Sono troppo nauseato!

  • Ora basta! – il tono del cavaliere delle energie fredde si alterò – cosa ti dà fastidio? Il fatto che io mi sia innamorato? Cosa ti dà fastidio? Che mi sia lasciato andare per un istante a un pensiero diverso dalla morte? Che cosa ti urta?! Che mi sia concesso un attimo di felicità, dopo essere stato quasi ucciso da Death Mask e dopo aver rischiato di perderla nel gelo di queste terre? E’ questa la mia colpa?

  • Io … - Milo rimase sorpreso dalla sue parole, perché in effetti non sapeva cosa lo stava disturbando e avere la conferma dalla bocca del suo amico dei suoi sentimenti e del rischio che aveva corso, lo mandava in confusione - … onestamente non lo so …

  • Milo … - Camus sospirò – perdonami se non ti ho reso partecipe dei miei sentimenti. Credimi, io non volevo tagliarti fuori. La verità è che neanche io ne ero a conoscenza … o meglio … non volevo ammettere a me stesso di aver fallito così miseramente.

  • Perché? – il custode dell’ottava casa sorrise – essere innamorati è così brutto?

  • Provare sentimenti così violenti per uno che dovrebbe governare le emozioni? Si … è brutto.


Milo spalancò gli occhi rendendosi conto di quanta contrarietà nascondevano le parole di Camus e dopo aver abbassato lo sguardo cominciò a pensare che in fondo l’amore era una vera fregatura se doveva ridurre chi provava tale sentimento in uno stato così pietoso. Rialzò lo sguardo e sorrise al suo amico:


  • Perdonami. Mi rendo conto solo ora che la mia reazione è stata esagerata – alzò le braccia in cenno di scherno – ma a mia parziale discolpa va detto che mi son dovuto trascinare dietro un bel fardello: tra Edgar che arrancava, Maya che protestava e Shaina che inveiva nei miei confronti, ammetto di non essere riuscito a mantenere la giusta concentrazione.


Camus sorrise alle sue parole, ma prima che potesse dire o fare qualcosa la sua attenzione fu catturata dalla certezza che un cosmo a loro conosciuto si stava avvicinando velocemente. Riuscì a malapena a schivare una delle rose demoniache di Aphrodite, ma nel farlo perse l’equilibrio e cadde nel fiume ghiacciato al cui tocco si frantumò, facendolo cadere in acqua.

Prima che Milo riuscisse a soccorrerlo o che lui riuscisse ad uscire, le rose del cavaliere dei Pesci si posarono sulla superfice dell’acqua e formarono una fitta rete di rami spinosi, impedendo di fatto a chiunque di attraversarle. Milo si voltò rabbiosamente verso il proprietario del nuovo roseto:


  • Ti ha dato di volta il cervello? Camus è un tuo pari e tu gli devi rispetto.

  • Occhio per occhio …- Aphrodite mettendosi una delle sue rose fra le labbra sorrise sardonicamente

  • Che cosa vuoi dire? – Milo si preparò per l’attacco

  • Che il tuo amico ha rinchiuso Death Mask in una bara di ghiaccio – l’uomo alzò le spalle – Non lo sapevi? Io ho riportato semplicemente le cose in equilibrio.

  • Fallo uscire. Togli quelle maledette rose.

  • Se è un cavaliere riuscirà da solo a trovare la via, non pensi? O vuoi fare anche a lui da balia come hai fatto fino ad ora con quel grassone?


Milo, ignorando il suo pari grado, si voltò ad osservare il ghiaccio e calcolò che al suo amico restava ancora poco tempo prima di finire l’ossigeno. Si preparò a sferrare un colpo per rompere un’altra lastra di ghiaccio, ma le sue braccia vennero catturate dai rami delle rose di Aphrodite.

Si ritrovò in un istane immobilizzato a terra. Il freddo e quell’odore nauseabondo lo stavano irretendo. Più cercava di divincolarsi e più sentiva quei rami avvinghiarsi a lui. Giunse alle sue orecchie la risata del cavaliere dei Pesci:


  • Quanta energia e quanta furia, cavaliere. Avanti Milo, non hai ancora capito? Le mie rose sono come una donna innamorata: più cerchi di liberarti e più lei ti si avvinghia … ah ah ah ah.


Milo si fermò. Aphrodite aveva ragione e la fretta era una cattiva consigliera. Doveva liberare Camus, ma così avvinghiato a quelle piante, avrebbe avuto veramente poca fortuna. Cercò di mantenere la calma ed iniziando a respirare lentamente, sentì che i rami si fermarono. Ma poco dopo, sulla sua pelle sentì le spine conficcarsi in profondità e un dolore lancinante pervase tutto il suo corpo. La risata di Aphrodite giunse nuovamente a lui:


  • Avanti, cavaliere di Scorpio. Ero convinto che tu conoscessi più a fondo il mondo femminile. Non lo sai che appena ti fermi quelle maledette ragazzacce ti si attaccano ancora di più e cercano di strapparti tutte le energie?


Milo sentì le forze abbandonarlo. Possibile che sarebbe morto così, sconfitto da quel cavaliere d’oro? Un suo pari grado? Non poteva accettarlo, non doveva accettarlo.




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Shaina correva come una furia, trascinando con se Mya. Che stupida ragazza quella roscetta. Veramente pensava che il povero Edgar avrebbe potuto scortare sua sorella e Lady Hilda fino ad Asgard? A nulla erano valse le sue giustificazioni. Non poteva permettere che degli innocenti morissero, anche se questo significava perdere altri cavalieri in battaglia. Mya le aveva detto che era meglio per tutti che la regina di Asgard seguisse il suo destino? Per lei andava bene, purchè quel destino non coinvolgesse anche Edgar.

Faceva fatica ad ammetterlo, ma quell’ometto così ridicolo aveva toccato in qualche modo il suo cuore. E se il cavaliere di Scorpio, troppo impulsivo e stupido, era in quel momento impossibilitato ad assolvere il compito di proteggerlo, lo avrebbe fatto lei. Ad ogni costo.

Sentiva che un cosmo avversario si stava muovendo a Nord e non dubitava che il suo proprietario volesse uccidere Lady Hilda. Doveva correre, velocemente, fino a raggiungere quel nemico. Una sensazione forte e destabilizzante, però fermò la sua corsa. Qualcuno stava affrontando quel nemico. Qualcuno era giunto prima di lei a salvare Edgar. Sorrise sotto la maschera e quando Mya le chiese perché si fosse fermata, le rispose con semplicità:


  • Il leone dorato è corso in soccorso di Lady Hilda.

  • Sono contenta.


Ma prima che Mya potesse aggiungere altro, entrambe provarono una sensazione più tetra e angosciante. Si voltarono nella direzione opposta come se la loro vista potesse portarle fino al punto in cui avevano sentito tre cosmi scontrarsi. La ragazza dai capelli rossi si voltò in cerca di conferme e Shaina, confusa, rispose alla sua tacita domanda:


  • I tre cosmi appartengono a tre cavalieri d’oro e da quello che riesco a percepire Milo e Camus stanno avendo la peggio.

  • Dobbiamo correre in loro aiuto.


Shaina, ignorando quelle parole, tirò dritto verso la direzione in cui doveva trovarsi Edgar e a nulla valsero le suppliche di Mya a cambiare direzione. Sarebbe stato oltremodo ridicolo intervenire in uno scontro tra cavalieri d’oro, primo perché lei non aveva le capacità per contrastare nessuno di loro e secondo perché aveva fede in Milo e nella sua forza.



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Aioria ricambiò il sorriso di Edgar, ma poi riacquistando la concentrazione si voltò verso il suo avversario che nel frattempo si era ripreso ed era pronto ad ingaggiare battaglia. L’uomo si presentò:


  • Il mio nome è Idamante e servo il nostro signore Zeus dalla notte dei tempi.

  • Zeus? – Edgar domandò prima che lo potesse fare Aioria – perché il padre di tutti gli Dei vuole combattere contro i cavalieri di sua figlia?

  • Mi è stato ordinato di uccidere la celebrante di Odino e chiunque si metta a sua difesa. Il fatto che lo faccia un cavaliere di Athena per me ha poca importanza.

  • Perché Zeus vuole la morte di Lady Hilda? – questa volta fu Aioria a domandare.

  • Io non chiedo. Eseguo.


Così dicendo, il cavaliere estrasse dalla sua armatura due lance e dopo averle unite a formare un unico bastone con due punte affilate, cominciò a farlo roteare sopra la sua testa. Né Aioria, né tantomeno Edgar videro partire il colpo, ma il cavaliere del Leone sentì la lancia trapassare la carne della sua spalla e un dolore lancinante pervadere il suo corpo. Spinto dalla forza del colpo, cadde a terra, ma prima che potesse rialzarsi, Idamante, lo immobilizzò afferrando la lancia. Spinse il bastone ancora più in profondità, causando un dolore intenso al cavaliere d’oro.

Per quanto Aioria fosse coraggioso non riuscì a trattenere un urlo di dolore, che divenne più forte nel momento in cui il suo avversario con uno scatto veloce sfilò la lancia. Dalla ferita cominciò a zampillare del sangue ed Edgar alla sua vista ebbe un mancamento.




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Milo odiava sentirsi impotente, ma le spine di quelle maledette rose stavano addormentando tutto il suo corpo, senza che lui riuscisse a muovere un solo dito. Si sentì ridicolo ed iniziò ad imprecare mentalmente con se stesso. Possibile che non gli veniva in mente una soluzione per uscire da quella situazione e per correre ad aiutare il suo amico? L’unica cosa che poteva fare era agire. Inutile rimanere immobile, sarebbe morto comunque.

Cercò di concentrare tutto il suo cosmo sulle sue braccia e con un gesto rapido le aprì, liberandole per un istante da quel groviglio di rami e spine. Quell’attimo gli fu sufficiente per lanciare il suo Scarlet Needle che andò a colpire un distratto cavaliere dei Pesci:

Aphrodite cadde a terra, dolorante e le sue rose allentarono la presa. Ciò permise a Milo di liberarsi del tutto da quella trappola e sollevandosi si preparò a colpire nuovamente il suo avversario. Aphrodite scoppiò a ridere:


  • Pensi veramente di riuscire a colpirmi una seconda volta? Sei ferito e poco lucido, mentre io non ho ancora perso il mio vigore.

  • Tu non preoccuparti per me – Milo sfoggiò il suo sorriso assassino – preoccupati per te.

  • E chi si preoccuperà di Camus?


Le parole del cavaliere dei Pesci distrassero quanto bastava Milo. Si era dimenticato per un istante del suo amico, sepolto sotto quella coltre di ghiaccio e forse quello sarebbe stato fatale ad entrambi. Quando riacquistò la concentrazione si rese conto che le rose avvelenate di Aphrodite lo stavano per colpire e che non sarebbe riuscito a schivarle tutte. Morire a causa di quegli stupidi fiori gli sembrò una fine veramente indegna, poco adeguata alle vestigia che indossava, ma sentì alle sue spalle arrivare una brezza gelata e poi vide tutti quei fiori cadere a terra congelati. Quando si voltò incrociò lo sguardo del suo amico: Camus era bagnato e ansante, ma vivo e questo gli bastava per sapere che quel giorno nessuno dei due sarebbe morto per mano di Fish.


Il cavaliere di Aquarius non aspettò che Aphrodite parlasse e lanciò ancora la sua polvere di diamanti, questa volta per colpirlo. Il custode dell’ultima casa evitò con facilità il colpo, ma poi abbassò la guardia:


  • Camus so che puoi fare di meglio, come so che uno scontro tra di noi non porterebbe a nulla di buono. Potremmo rimanere qui a combattere per i prossimi cento anni e io non ho tutto questo tempo da dedicarti.

  • Spiritoso – Milo sorrise – comodo per te.

  • Che vuoi dire? – Aphrodite si voltò a guardarlo con un’espressione incuriosita sul volto.

  • Ora che sai di poter essere sconfitto ti ritiri.

  • Sconfitto?

  • Siamo in due, Aphrodite, se non te ne fossi accorto.

  • E tu mi stai dicendo, Milo, che mi attacchereste insieme? Che viltà.

  • Detto da colui che ci ha attaccato alle spalle.

  • Ora basta! – Camus abbassò il braccio – che cosa vuoi da noi?

  • Da lui niente – il custode della XII casa indicò con un gesto di sufficienza il cavaliere dello Scorpione – da te, invece, voglio che liberi Death Mask da quella bara di ghiaccio.

  • Se sei tanto interessato a lui puoi liberartelo da solo. – sul volto del custode delle energie fredde comparve un sorriso strano.

  • Avanti cavaliere, non peggiorare la tua posizione. Sei accusato di tradimento e al Grande Tempio, luogo in cui io ti trascinerò, ti aspetta il giudizio severo del Grande Sacerdote e di Athena.

  • Credi veramente che Athena possa giudicarmi? – Camus alzò un sopracciglio, mentre Milo, incuriosito dalle sue parole cominciò ad osservarlo con più attenzione.

  • Non è necessario che lo faccia, è vero – sul volto di Fish comparve un sorriso sinistro – è sufficiente che lo faccia il Grande Sacerdote per lei. E posso assicurarti che quando gli dirò che sei diventato l’amante della donna che ha attentato alla vita della nostra Dea, non sarà molto clemente con te.

  • Sai benissimo che Hi … che la celebrante di Odino non ha attentato alla vita di Athena.

  • Bravo! – Aphrodite sorrise apertamente – è meglio mantenere una certa distanza in pubblico, fai bene a non chiamarla per nome. Come ci si sente ad essere il cicisbeo di quella donna?

  • Ora basta!


Milo senza indugiare, lanciò il suo Scarlet Needle, colpendo a tradimento il cavaliere dei Pesci, poi alzando le spalle si voltò verso Camus:


  • Stiamo solo perdendo tempo. Senti anche tu il cosmo del Leone dorato che si sta agitando e sai che non è solo. Corri da lei e lascia a me questo buffone.


Il cavaliere di Aquarius sorrise, suo malgrado, e dopo aver mosso il capo in un gesto di assenso si allontanò velocemente verso Nord. Quando Milo si voltò nuovamente verso l’altro cavaliere d’oro, si ritrovò ad osservare lo sguardo avvelenato di Aphrodite. Prima che potesse fare o dire qualcosa si ritrovò una rosa piantata in petto. Se non avesse indossato la sua cloth dorata, sarebbe morto all’istante.

Sorrise suo malgrado e dopo aver sussurrato la parola “e sia!”, si preparò a lanciare nuovamente il suo Scarlet Needle. I loro colpi partirono allo stesso istante ed entrambi andarono a segno facendo vacillare i duellanti. Milo rimase incantato ad osservare il modo in cui la seconda rosa bianca diventava inesorabilmente rossa.

Alzò lo sguardo verso il suo avversario. Gli mancava un solo colpo, Antares, per uccidere Fish, ma improvvisamente si domandò che senso avesse quella battaglia. Perché due cavalieri che avrebbero dovuto combattere per la giustizia si stavano uccidendo? Lui non ne capiva il motivo. Oltretutto Aphrodite aveva ammesso candidamente che non aveva nulla di personale né ne suoi riguardi e né in quelli di Camus. L’unica cosa che desiderava era liberare Death Mask dal ghiaccio eterno in cui il cavaliere di Aquarius lo aveva rinchiuso.

Scoppiò a ridere e questo destabilizzò il suo avversario che, immerso in un lago di sangue, sgranando gli occhi gli domandò:


  • E ora perché stai ridendo?

  • Per la nostra immensa stupidità. Ci stiamo uccidendo senza avere un valido motivo. Come due stupidi continuiamo a combatterci senza domandarci dove sia la giustizia in tutto ciò.

  • Divertente – Aphrodite sorrise – in effetti hai ragione, ma vorrei farti notare che sei tu che hai iniziato questo balletto.

  • Va bene, va bene – Milo, sentendosi mancare le forze, cercò di abbreviare la loro discussione – facciamo così. Tu mi liberi da questa rosa e io ti libererò dal mio veleno.


Per un istante Aphrodite fu accarezzato dall’idea di non accettare quel patto, in fondo al momento era lui che stava vincendo. La rosa bianca avrebbe assorbito tutto il sangue dello Scorpione prima che lui potesse lanciare il suo colpo mortale. Ma sapeva anche che alla lunga quelli già inferti al suo corpo lo avrebbero ucciso comunque. Perciò, trascinandosi a fatica, si accostò al corpo indebolito di Milo e con la mano sfilò la rosa dal cuore del ragazzo. Mentre il fiore riacquistò immediatamente il suo colorito naturale, il cavaliere dello Scorpione si rianimò e mantenendo fede al suo patto con dei colpi rapidi e ben assestati permise al cavaliere dei Pesci di riacquistare le sue funzionalità.

I due seppur a fatica si alzarono nello stesso istante. Il prima a parlare fu Aphrodite:


  • E sia. Ti lascerò andare. Gli ordini sono quelli di portare Lady Hilda e il cavaliere di Aquarius al Grande Tempio, non tu. Non ho nulla contro di te, cavaliere di Scorpio.

  • Questo vuol dire che continuerai a dare la caccia a Camus?

  • No – Aphrodite sospirò – da me non avrà più nulla da temere, ma consentimi di chiederti due favori.

  • Ti ascolto.

  • Di al tuo amico di separare la sua strada da quella della regina di Asgard. In questo momento non è saggio rimanergli accanto.

  • E il secondo? – Milo mostrò insofferenza.

  • Digli di liberare Cancer da quel blocco di ghiaccio. Se Death Mask dovesse morire, non verrà perdonato dal Grande Sacerdote.

  • Il freezing coffin di Camus non ucciderà Death Mask, questo lo sai anche tu.

  • Come so che nessuno può distruggerlo.

  • Beh – Milo sorrise – potresti sempre provare a chiedere al cavaliere di Libra di prestarti una delle sue armi.

  • O potrei sempre decidere di chiedere direttamente al cavaliere di Aquarius.

  • Va bene! – il cavaliere di Scorpio rispose quasi spazientito – farò in modo che Camus liberi quel bastardo.

  • Bene. Allora tornerò al Grande Tempio e aspetterò che torniate anche voi. Ricordati. Fa in modo che lasci perdere quella donna. La sua vita è in pericolo finché la seguirà.



Milo osservò il cavaliere dei Pesci allontanarsi, senza muovere un muscolo del suo corpo. Sapeva di dover correre in soccorso dei suoi amici, ma l'idea di dover poi convincere Camus ad abbandonare Lady Hilda non lo allettava affatto. Aveva visto nei suoi occhi e aveva compreso che l’amore si era insinuato prepotentemente in quel cuore di ghiaccio. Non era positivo: il custode delle energie fredde per poterle governare al meglio doveva mantenere le emozioni lontane dal suo cuore. E certo, quel sentimento non avrebbe aiutato il suo amico a svolgere al meglio il suo compito.

Inoltre non era loro dovere proteggere la celebrante di Odino, quello era un compito che spettava ai cavalieri di Asgard. Infine sentiva che le parole di Aphrodite avevano un fondo di verità: finché Camus fosse rimasto al fianco di Lady Hilda, la sua vita sarebbe stata costantemente in pericolo.

Decise comunque di rimandare la sua decisione. Doveva prima fare in modo che nessuno morisse nello scontro che stava avvenendo verso Nord. E la sua mente corse al pensiero del cavaliere di Pegasus. Affrettando il passo cominciò a correre, in soccorso dei suoi amici e del suo allievo.




Ed eccomi di nuovo qui a raccontare le gesta del prode Edgar. Sarà una vita che non aggiorno questa storia … forse anche due. Perfino io mi sono dimenticata di cosa parla. Eppure, che ci crediate o meno, il povero Edgar è venuto nuovamente a bussare alla mia porta, chiedendo mestamente giustizia per la sua storia. Come non dargli torto. Io odio lasciare le cose a metà. Perciò riproviamo da qui … ce l’ho … la storia, intendo … ce l’ho tutta in testa. Tutto sta ora a concluderla .

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Capitolo 24
*** XXIV - Un Combattimento Rocambolesco ***


Capitolo XXIV – Un Combattimento Rocambolesco







Chiudendo gli occhi alla mente di Aioria tornò l’immagine di Marin e una profonda malinconia solcò il suo cuore. Non era tanto per l’idea di dover morire in quel combattimento che la tristezza gli si era avvinghiata addosso, quanto piuttosto per la sensazione che se anche fosse sopravvissuto a quello scontro non avrebbe comunque più potuto assaporare le delizie che si provano nel fare l’amore con la donna amata.

Erano due cavalieri di Athena, entrambi votati alla protezione della giustizia e per loro non c’era spazio per certi sentimenti. L’amore che provava per quella ragazza aveva invaso tutto il suo cuore ed era una così bella sensazione nella quale abbandonarsi. Stava morendo e i pensieri tristi non dovevano attraversare il suo cuore. Meglio morire nel ricordo di quell’amore impossibile, piuttosto che perdersi nella certezza di non poterlo vivere mai a fondo.

Spalancò improvvisamente gli occhi. La voce di Edgar richiamò la sua attenzione. Il suo grido di dolore lo ridestò. Si alzò ed osservando il campo intorno a lui si rese conto che il suo avversario, invece di infierire su di lui, stava torturando il suo allievo. Provò un’improvvisa rabbia. Come poteva quel cavaliere accanirsi con un uomo così evidentemente al di sotto delle loro possibilità?

Il giustiziere presente in lui si ridestò e con un ruggito lanciò il suo colpo più potente, sorprendendo sia il suo avversario che l’ometto. Idamante venne scaraventato lontano dal Lightning Bolt e così Edgar ebbe il tempo di mettersi seduto per guardare il suo maestro in tutta la sua fierezza.

Rimase immobile, con la bocca spalancata ad osservare quell’essere magnifico, che nonostante la profonda ferita alla spalla e il sangue perduto era riuscito a lanciare un colpo talmente potente da distruggere il loro avversario.

L’estasi, però si trasformò in terrore quando lo vide inginocchiarsi e stringersi la spalla, mentre Idamante si rialzava con sguardo furente.

Sarebbero tutti morti, non vi era più alcun dubbio, ma come poteva permettere che un essere così maestoso come il cavaliere del Leone facesse la sua stessa fine? Non ci pensò nemmeno un istante e prima che il loro avversario lanciasse il colpo, Edgar si alzò con uno scatto se non felino, almeno non da pachiderma e corse disperatamente incontro ad Aioria per proteggerlo.

Il cavaliere d’oro, distratto da quel movimento, non vide partire il colpo di Idamante, ma intuì che se non avesse fatto immediatamente qualcosa, sia lui che Edgar sarebbero stati colpiti in pieno. Era, però, troppo tardi per approntare una qualsiasi difesa: il movimento inconsulto dell’ometto gli aveva fatto perdere l’attimo giusto.

Quello che però non aveva considerato era che anche il suo avversario venne distratto da quel movimento goffo e privo di un senso logico, perciò ritardando il suo colpo, consentì al cavaliere di Aquarius, giunto nel frattempo, di salvare entrambi dalla morte. Il suo muro di ghiaccio, infatti protesse i due cavalieri di Athena dal colpo fatale.

Idamante, suo malgrado, cominciò a ridere:

  • Ah ah ah ah. Che omuncolo ridicolo! Tanto goffo e stupido da riuscire quasi a far ammazzare il tuo amico.

  • Cosa? – Edgar si voltò verso il nemico e poi verso Aioria ed infine verso Camus.

  • Camus! – il cavaliere del Leone, ignorando gli altri, si voltò direttamente verso il suo compagno d’armi – ti ringrazio per averci salvati, ma ora ti prego di restarne fuori. Mio è lo scontro, mio è l’avversario.

  • Come vuoi.

Il cavaliere di Aquarius fece un passo indietro, trascinando dietro le sue spalle un Edgar incredulo e sconvolto. L’ometto tentò di liberarsi dalla sua presa, ma senza successo. Allora lo apostrofò con disperazione:

  • Camus … Camus … non puoi lasciare che sia lui a combattere. E’ stremato, ferito e sta perdendo molto sangue. Non puoi!

  • Abbi fiducia in lui. Aiolia lo sconfiggerà!



L’uomo cercò di mantenere il tono più rassicurante di cui disponeva per fare in modo che Edgar si tranquillizzasse, ma quando, alzando lo sguardo, incrociò quello di Hilda, la donna si rese conto che anche il cavaliere di Aquarius mostrava dei dubbi. Eppure aveva scelto comunque di fare un passo indietro. Aveva più volte visto combattere Aiolia fino allo stremo e sapeva di quante energie infinite disponeva quell’uomo. Nessuno lo avrebbe mai convinto del fatto che il cavaliere del Leone non avrebbe potuto affrontare una qualunque avversario. Perciò sorrise anche alla donna.

Avrebbe voluto dirle altro, avrebbe voluto rassicurarla e stringerla a se, ma il momento richiedeva la sua massima concentrazione: ne andava della vita di tutti, compresa la sua.

Aioria raccolse tutte le sue energie e si preparò a sferrare l’ennesimo colpo in direzione di Idamante, ma qualcosa, o meglio, qualcuno glielo impedì. Un fascio di luce bianca lo colpì in pieno petto, facendolo inginocchiare e nella scena proruppe un altro cavaliere.

La cosa che sorprese e non poco i presenti fu che ad indossare quelle sacre vestigia fosse una donna di una bellezza unica. Edgar si discostò leggermente dalla schiena di Camus per poter vedere meglio la nuova arrivata e sorpreso domandò:

  • Perché lei non indossa la maschera come le altre sacerdotesse?

  • Io non sono una misera sacerdotessa dell’esercito di Athena, piccolo stolto impudente, io sono la venerabile Ilia, guerriera tra i guerrieri dell’esercito di Zeus e sono qui per vendicare la morte di mio fratello e per uccidere la Regina di Asgard.

  • Chi è tuo fratello e perché tutti volete uccidere Lady Hilda? A me sembra una così bella persona. Perché vi accanite su di lei?

Tutti, compresi i due cavalieri di Athena si voltarono verso l’ometto, ma mentre Camus e Aioria furono sorpresi positivamente da tanto coraggio, i due avversari si indisposero a tal punto che entrambi gli scagliarono addosso un colpo. Per fortuna di Edgar il suo corpo continuava ad essere nascosto dietro le spalle di Camus e fu così che ebbe salva la vita: il cavaliere di Aquarius si mise a sua protezione, riuscendo a bloccare il primo colpo ma venendo travolto dal secondo.

A quel punto Edgar comprese che non poteva farsi proteggere da loro: se continuavano a pensare a lui, nessuno dei due sarebbe riuscito a combattere serenamente i loro avversari, perciò facendosi coraggio, cominciò a correre all’impazzata verso i due cavalieri di Zeus, urlando come un forsennato.

Sarebbe morto prima di riuscire a compiere dieci passi, ne era certo, ma almeno Aioria e Camus sarebbero stati finalmente liberi di combattere i loro nemici. Ilia sorrise e con noncuranza lanciò il suo colpo, mentre Idamante ridendo a crepapelle impiegò tutto il suo cosmo per imprimere velocità al suo attacco verso il povero ometto.

I due cavalieri d’oro si alzarono simultaneamente e scattarono in direzione del cavaliere di Pegasus, ma entrambi sapevano che non sarebbero riusciti a raggiungere Edgar prima che l’impatto di quei colpi lo travolgessero in pieno.

Camus calcolò che l’armatura riportata a nuova vita da Mu lo avrebbe protetto dal primo, ma nulla avrebbe potuto con il secondo, decretando così la morte del suo improbabile custode. Provò un senso di impotenza all’idea che quel buffo ometto sarebbe morto in quel modo, senza che lui ne Aioria potessero fare nulla per impedirlo.

Ma al dunque i colpi passarono dritti senza che vi fosse alcun impatto. La polvere che alzarono non permise immediatamente ai due cavalieri d’oro e ai loro avversari di comprendere cosa fosse successo, poi, l’urlo di Maya fece voltare tutti nella direzione opposta, dove in una nuvola di pulviscolo osservarono i corpi di due uomini avvinghiati rotolare fino a sbattere contro un albero.

Quando la polvere si abbassò, Camus e Aioria riconobbero in uno dei due corpi Edgar e nell’altro il loro compagno di armi. L’ometto si sentì redarguire in tono canzonatorio:

  • Ma insomma Edgar! Non posso lasciarti solo un momento che ti vai ad infilare in un guaio dietro l’altro.

L’omino alzò lo sguardo e quando vide il sorriso di Milo si rinfrancò e in un impeto di gioia lo abbracciò, stringendosi al suo corpo. Ma poi si rese conto che l’intervento del cavaliere non aveva fatto altro che rimandare il problema. Continuando a proteggerlo non avrebbero trovato soluzione a quel combattimento. Si alzò, risoluto, e riprovò a lanciarsi verso i suoi avversari come un toro che va incontro ad un drappo rosso in movimento.

Milo lo bloccò ancora un’altra volta, rischiando però di essere trascinato dalla foga e dall’energia che stava impiegando Edgar. Il cavaliere dello Scorpione lo strattonò e lo fece ricadere a terra, sotto gli occhi esterrefatti dei presenti:

  • Dì, ma sei impazzito? Hai deciso che vuoi suicidarti a tutti i costi?

  • Lasciami andare … lasciami andare incontro al mio destino!

  • E quale sarebbe, di grazia, il tuo destino? – Milo con un altro strattone lo ributtò a terra vanificando tutti i suoi sforzi – quello di ucciderti come un idiota? Così vuoi che venga ricordato il cavaliere di Pegasus? Come colui che è andato a mani basse incontro alla morte?

  • Almeno non verrò ricordato per essere stato la causa della morte di tre cavalieri d’oro!

  • Cosa? – Milo sgranò gli occhi

  • Perché dici questo Edgar? – Camus si avvicinò ai due – nessuno di noi tre morirà in questo scontro e se ciò accadrà non sarà certo per colpa tua.

  • Avanti Camus … non lo vedi da te? Pensi che io sia così stupido da non essermi accorto che non fate altro che preoccuparvi per me? Tu e Aioria fino ad ora non avete minimamente posto attenzione ai vostri avversari e avete passato il tempo a cercare di evitare che io venga colpito. E ora anche Milo si metterà a fare la stessa cosa.

  • E buttandoti nelle braccia dei nostri avversari pensi che ci preoccuperemo di meno? – Milo rispose sarcasticamente.

  • Voi non avete una strategia, io sì! Ora mi butto addosso a loro così da farmi uccidere e voi sarete liberi di combattere.

  • Ah ah ah ah ah! – Idamante scoppiò in una fragorosa risata – giuro che in vita mia non ho sentito niente di più stupido. Se non dovessi ucciderti, nanetto, ti terrei a farmi compagnia per il resto della mia vita talmente sei divertente.

  • Non pensi che i tuoi amici si getteranno al tuo inseguimento, come già hanno fatto prima? – Ilia provò pietà per quello stupido – e non pensi che nel farlo verranno travolti dai nostri colpi?

  • Loro possono sopravvivere ad uno o più dei vostri colpi – Edgar rispose stizzito – non possono però sopravvivere alla mia stupidità.

  • No che non possono farlo! – la voce di Shaina, che nel frattempo era sopraggiunta insieme a Mya fece voltare tutti – perché tu sei veramente stupido Edgar se la pensi così! E farai in modo che tutti noi moriremo seguendo il tuo ragionamento.

  • Allora tu mi dai ragione! – Edgar in un moto di felicità per aver ricevuto un minimo di comprensione, si alzò di scatto, liberandosi dalla morsa di Milo.

  • Veramente Edgar io ho detto il contrario – Shaina sospirò – se continui a buttarti a capofitto in tutti i combattimenti, senza mostrare un minimo di strategia, farai in modo di portare tutti noi alla tomba. Perché invece non ti metti da parte e fai combattere noi?

  • Io … - Edgar si guardò la punta dei piedi. Era mortificato da tanta ovvietà

  • Non ha importanza. Anche tu ragazzina vuoi combattere? Bene! Sei la benvenuta.

Prima che Shaina potesse mettersi in posizione di attacco, un colpo lanciato alla velocità della luce da Ilia la atterrò, mentre un altro lanciato da Idamante colpì Milo che nel frattempo si era messo nuovamente a protezione di Edgar. Mentre il cavaliere di Scorpio si rialzò lentamente, Aioria si affiancò a Camus, assumendo la posizione di attacco, poi sussurrò al suo compagno:

  • Mi duole ammetterlo, ma Edgar ha ragione. Continuiamo ad ostacolarci a vicenda nel tentativo di proteggerlo e nessuno di noi riesce a rimanere concentrato sugli avversari.

  • Già.

Camus si guardò intorno, pensieroso. Il problema era che mentre Hilda e Maya rimanevano immobili in attesa di vedere come si evolveva lo scontro, Edgar, sentendosi in dovere di dimostrare di aver meritato quella maledetta armatura, si trovava sempre in mezzo alla battaglia.

Con sommo dispiacere, il cavaliere di Aquarius prese una decisione di cui sicuramente Edgar non lo avrebbe mai perdonato. Sentì di non avere altra scelta, perciò, dopo aver concentrato il suo cosmo sul suo braccio, cominciò ad invocare il ghiaccio eterno e dopo averlo convogliato nella sua mano lo sprigionò in direzione di Edgar.

L’omino non ebbe neanche il tempo di comprendere realmente quanto stesse accadendo: a parte il freddo improvviso sulle sue ossa, non ebbe modo di sentire o percepire altro. Si ritrovò così chiuso in una bara di ghiaccio.

Maya si scagliò contro Camus e cercando di colpirlo con i suoi esili pugni gli urlò:

  • Perché lo hai fatto? Sei dunque veramente un uomo senza cuore? Come hai potuto ucciderlo così?

  • Non è morto. – fu Milo a rispondere alle sue urla, alzandosi ed assumendo la posizione di attacco – lo ha solo ibernato in modo che questi tizi poco raccomandabili non possano continuare ad utilizzarlo come bersaglio.

Maya si voltò a guardare la lastra di ghiaccio che conteneva il corpo di Edgar. Possibile che dentro a tutto quel freddo il cuore dell’ometto continuasse a battere?

  • Questo non è il luogo dove Edgar morirà, non preoccuparti sorellina.

Maya si voltò ad osservare la sorella e la vide sorridere dolcemente. Provò un moto di gelosia all’idea che potesse vedere il futuro di Edgar, mentre a lei questa possibilità era preclusa.

Anche Camus e Aioria assunsero la posizione di attacco, mentre Shaina si rialzò pronta a dare battaglia.

  • Pensate veramente che aver messo il grassoccio nel ghiaccio possa impedirci di crearvi delle difficoltà?

Mentre Idamante, dopo aver fatto roteare la sua lancia doppia la spezzò in due, lanciando un’estremità in direzione di Shaina e l’altra in quella di Aioria, Ilia lanciò il suo fascio di luce verso Hilda.

Il cavaliere del Leone, avendo già visto quel colpo, riuscì a bloccare la lancia con la mano, mentre Milo riuscì a bloccare l’altra prima che colpisse il cavaliere di Ofiuco.

Quest’ultima, innervosendosi per quella dimostrazione di scarsa stima nei suoi confronti, apostrofò malamente il cavaliere di Scorpio:

  • Io non sono Edgar e non ho bisogno della balia! E ora spostati!

Il tono perentorio che usò obbligò Milo a spostarsi senza replicare per permetterle di lanciare il suo colpo che si andò ad infrangere sull’armatura di Idamante, andando a formare delle crepe.

Mentre quello scontro andava avanti, Camus si preoccupò di proteggere Hilda dal colpo lanciato dalla guerriera di Zeus e ponendosi a sua difesa con le mani giunte riuscì a contenere quell’energia cosmica e, non con pochi sforzi a rimandarla verso la sua proprietaria. Il fascio di luce colpì in pieno Ilia.

A quel punto il cavaliere di Aquarius unì le braccia alzandole al cielo e un anfora ricolma di cosmo comparve sopra la sua testa. Sia Hilda che Ilia rimasero incantate ad osservare quella postura così elegante. La guerriera di Zeus sentiva di non aver scampo, ma quel gesto così raffinato attirava il suo sguardo e non le consentiva di concentrarsi su altro.

Nel frattempo Aioria, dopo aver spezzato la lancia di Idamante si preparò a lanciare ancora una volta il suo Lightning Plasma, ma entrambi i cavalieri d’oro furono bloccati da un richiamo alle loro spalle.

Abbassando le loro braccia e voltandosi, si ritrovarono ad osservare colui che indossando dei calzari alati stava volteggiando sopra di loro. Fu Milo a parlare, però:

  • Tu sei Ermes, il messaggero degli Dei.

  • Mi fa piacere constatare che i cavalieri delle Dea Athena oltre ad essere belli, sono anche qualcosa di meno che stupidi.

  • Cosa? – Shaina, offesa da quelle parole si preparò per attaccarlo, ma il braccio di Milo la bloccò

  • Perdona se siamo così ignoranti – il sorriso del cavaliere di Scorpio si fece sornione – ma sai, oltre ai tuoi calzari alati non è che si sappia molto di te. Puoi raccontarci dunque quale gesto hai compiuto nel corso dei secoli che possa essere scritto nel Mito? Oltre ovviamente a quello di consegnare la posta dei tuoi pari.

  • Divertente – Ermes sorrise mal volentieri, ma non proseguì oltre quello scontro verbale – comunque io sono qui per conferire con loro, non con voi.

Il messaggero degli Dei indicò i guerrieri di Zeus, che sentendosi chiamati in causa, mostrando maggiore deferenza rispetto ai cavalieri di Athena, si inchinarono al nuovo venuto:

  • Ti ascoltiamo, divino Ermes.

  • Zeus vi ordina di tornare al Tempio.

  • Ma … - fu Idamante ad esprimere a parole il pensiero di entrambi – non abbiamo portato ancora a termine la missione assegnata!

  • Assegnata da chi? – Ermes alzò un sopracciglio – non certo da Zeus.

  • Cosa? Ma … ma … - Ilia mostrò ancora più incredulità

  • Chi è stato a darvi tali istruzioni?

  • La sacerdotessa Calliope. Ci ha comunicato l’ordine affermando che proveniva da Zeus.

I cavalieri di Athena si scambiarono degli sguardi. Non avevano bisogno di dirsi altro. Riconoscevano in quel nome la loro avversaria. E dimostrava di essere veramente pericolosa se era riuscita perfino ad ingannare i guerrieri di Zeus.

  • Siete stati raggirati – Ermes sorrise – evidentemente la stupidità non è appannaggio unico dei cavalieri di Athena.

A Milo cominciò a formicolare la mano e un gesto incontrollato lo portò a far vibrare il suo polso. Shaina sorrise nell’osservare che in fondo il cavaliere dello Scorpione non era poi così diverso da lei.

  • Noi siamo stati stupidi, certo – Ilia si infervorò – ma io non mi ritirerò soddisfatta finchè non avrò portato a compimento la mia vendetta. I cavalieri di Athena hanno ucciso mio fratello, idomeneo,e io lo vedicherò.

  • Tuo fratello è morto a causa della sua stupida convinzione di eseguire un ordine di Zeus, come voi del resto se io non fossi intervenuto.

  • Cosa? – i due guerrieri si mostrarono contrariati.

  • Mostrate gratitudine nei mie confronti e rispetto nei vostri avversari che vi sono stati infine superiori. Ritiratevi, nascondendovi dietro l’ordine del vostro signore e preparate una strategia migliore per arrivare, quando gli Dei lo vorranno veramente, a scontrarvi con superiorità con questi cavalieri. Andate!

L’ordine di Ermes non ammetteva repliche e così i due cavalieri di Zeus, seppure controvoglia, eseguirono quanto richiesto. Dal canto suo, il Dio Ermes sparì senza aggiungere altro, non prima di aver regalato un sorriso sarcastico al cavaliere di Scorpio.







Ciao a tutti. E dopo poco un nuovo aggiornamento. Ma questo è stato facile: Edgar che ruzzola da una parte all’altra del campo di battaglia è stata un’ispirazione immediata. Non possiamo certo pensare che sia in grado di fronteggiare un cavaliere decisamente più forte di lui, vero? Però, certo il coraggio non gli manca … sicuramente è riuscito nell’impresa di coinvolgere ben tre cavalieri d’oro e uno d’argento in un combattimento che ne avrebbe forse richiesto uno solo. Ottiene sempre grandi successi il nostro eroe, vero?

A parte gli scherzi, causa immobilità forzata, sono riuscita a riprendere mano a questa storia, chiusa ormai da troppo tempo nel cassetto. Spero di renderle giustizia e di concludere, perché io Edgar lo trovo spassoso. Ringrazio tutti quelli che hanno avuto la pazienza di aspettare fino ad ora, quelli che hanno preso in mano per la prima volta questa storia e tutti quelli che comunque gli hanno dato una sbirciata.

ciaociao

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Capitolo 25
*** XXV - Separazioni ***


Capitolo XXV – Separazioni







Una volta che Ermes e i cavalieri di Zeus scomparvero, i presenti cercarono di riordinare le idee e di riacquistare le energie.

Milo si spolverò i pantaloni e, dopo essersene strappato un lembo, lo porse ad Aiolia per tamponare la ferita alla spalla. Camus, invece, rimase immobile avvertendo alle sue spalle lo sguardo di Hilda.

Sentiva crescere in lui la paura che quello a cui stava partecipando potesse essere il loro ultimo incontro. Ora che i cavalieri di Zeus se ne erano andati, la celebrante di Odino sarebbe potuta tornare ad Asgard senza incontrare ulteriori pericoli. Si voltò in cerca del suo bel viso, improvvisamente perso. Cercò di mantenere un’espressione fredda, ma, nell’incontrare il suo sguardo, i suoi occhi si sciolsero in un oceano di tenerezza.

Hilda ricambiando quelle emozioni si avvicinò a lui, ma prima che si potessero stingere l’uno all’altra, la loro attenzione venne catturata dall’esclamazione di Shaina:

  • E ora? Che dobbiamo farci con questo?

  • Ti ricordo che “questo” ha un nome! Edgar! E merita tutto il nostro rispetto – Milo le rispose piccato.

  • Lo so quale è il suo nome e quando ho detto “questo” non mi riferivo a lui ma al blocco di ghiaccio, ma tu come al solito, pieno di te e del tuo immenso ego, hai frainteso e ti sei subito precipitato a pontificare. – Shaina si voltò verso il cavaliere dello Scorpione con tono minaccioso.

  • Pontificare? Immenso Ego? Vedo che tu, nonostante il tempo passato assieme, non hai capito nulla di me!

  • O forse ha capito anche troppo.

Aiolia espresse la sua opinione sovrappensiero, senza rendersi conto di aver parlato ad alta voce, ritrovandosi così lo sguardo furente del cavaliere di Scorpio addosso. Sorrise, suo malgrado e alzando le braccia in senso di resa si rivolse al cavaliere di Aquarius:

  • Avanti Camus. Non indugiare oltre. Non pensi che sia il caso di liberare il povero Edgar da questa bara di ghiaccio?

  • Poi sappi che dovrai provvedere a liberare anche quel bastardo di Death Mask. E’ quello che ho dovuto promettere ad Aphrodite per togliercelo di torno e sinceramente non mi va di riprovare l’esperienza di quelle sue maledette rose.

Camus ascoltava distrattamente i discorsi dei suoi compagni, perso come era negli occhi di Hilda. Avrebbe voluto cancellarli tutti dalla faccia della Terra e per un istante gli balenò l’idea di rinchiuderli tutti in una bara di ghiaccio, ma poi la ragione prevalse e contro la sua volontà distolse lo sguardo da quegli splendidi occhi e si girò ad osservare Edgar.

Si domandò per un istante se non fosse stato preferibile lasciarlo dormire quel sonno sereno, almeno fino al giorno in cui qualcuno di loro avrebbe compreso il ruolo che quel buffo ometto era stato chiamato a ricoprire in quell’assurda storia, ma poi si rese conto che il destino aveva affidato anche a lui un ruolo da protagonista nell’avventura che stavano vivendo ed inoltre, in fondo, sentiva la sua mancanza, perciò dopo aver concentrato il suo cosmo sulla mano, lo esplose addosso alla lastra di ghiaccio che immediatamente si frantumò, liberando il corpo infreddolito dell’ometto.

Edgar impiegò dieci minuti a risvegliarsi e la prima cosa che fece, dopo aver aperto gli occhi fu starnutire. Tirando su con il naso si guardò intorno, cercando di ricordare cosa fosse successo. Alla vista dei tre uomini dorati che, inginocchiati intorno a lui, lo stavano fissando, per un attimo si spaventò. Gli ci volle un po’ per ricordarsi chi fossero e cosa stesse facendo lui con loro. Improvvisamente si ricordò anche del combattimento e del terribile freddo che lo aveva avvolto.

Volse il suo sguardo verso il custode delle energie fredde, esclamando:

  • E’ opera tua il freddo che ho sentito, vero? – Camus annuì – perché non mi ricordo nulla?

  • Mi dispiace Edgar. Ho dovuto rinchiuderti nel freezing coffin.

  • Cosa è il free … e dove sono finiti quei due esaltati? E’ stato quello in cui mi hai rinchiuso a salvarmi la vita? – Camus annuì ancora una volta ed Edgar lo abbracciò – grazie, grazie … mi hai salvato la vita e sei riuscito a salvare quella di tutti … grazie.

Milo e Aiolia avrebbero voluto rispondergli che non era opera di Camus, non del tutto almeno, ma vedendolo così contento ed emozionato, lasciarono perdere. Shaina interruppe nuovamente i presenti con la sua esclamazione:

  • Ma dove sono finite le due gemelle?





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Nel trambusto che era seguito all’arrivo di Ermes, Mya aveva preso sua sorella e l’aveva trascinata nel fitto del bosco. Sapeva in cuor suo che, con il gesto di Camus e con l’arrivo del Dio, nessuno dei suoi amici avrebbe perso la vita e così aveva deciso di concentrarsi sulla cosa che le stava più a cuore in quel momento: assicurarsi di preservare la vita del cavaliere di Aquarius.

Aveva bisogno di conoscere con esattezza le possibili strade che il ragazzo che amava avrebbe potuto seguire e l’unica che poteva aiutarla a trovare quelle risposte era sua sorella.

Maya non si oppose, ma una volta ferme le offrì il suo migliore sguardo di sfida:

  • Lo so cosa vuoi da me, ma non ti aiuterò.

  • Perché? – la voce di Mya si sollevò, stridula e agitata – io ho bisogno di sapere quale è l’altra possibilità.

  • Non mi interessa che fine fa l’amante di Hilda – Maya usò quella parola, volontariamente, per ferire sua sorella.

  • Però ti interessa sapere se Hilda morirà e magari sei curiosa di conoscere cosa ho visto nel futuro di Edgar!

  • Hai voglia di scherzare – Maya scoppiò a ridere – cosa vuoi che me ne importi di quello stupido grassone?

Mya non rispose e non aggiunse altro perché, nonostante le parole della sorella, aveva compreso che in verità il fatto di non poter vedere il futuro di Edgar la indisponeva. Alla fine fu Maya a parlare:

  • E va bene! Faremo come vuoi. Sai quali saranno le conseguenze, vero? Nel momento in cui uniremo le nostre mani il futuro di tutti loro ci apparirà.

  • E le possibilità che le loro vite hanno di dipanarsi si mostreranno a noi. Si lo so.

  • Non è detto che ciò che vedremo è quello che accadrà, questo lo sai, vero?

  • So che tra tutti i futuri possibili uno sarà! Mi basta questo. Avanti non indugiare sorella.

Mya allungò le sue mani ed afferrò quelle della sorella e il mondo intorno a loro si trasformò in un turbinio di colore. Tutto il futuro di Camus, Milo, Aiolia, Shaina, Hilda ed Edgar comparve ai loro occhi, sovrapposto, confuso, pieno di colori vividi. Durò un breve istante, ma entrambe compresero che nulla sarebbe più stato lo stesso.

Mya si lasciò cadere a terra ed iniziò a piangere sommessamente, mentre Maya incredula, continuava a fissare un punto indefinito di fronte a lei. Non stava guardando nulla in particolare e non riusciva a vedere niente davanti a lei. Aveva solo nei suoi occhi l’immagine di quel buffo ometto e di una ragazza dai capelli rossi. Entrambi di spalle, si tenevano per mano ed osservavano una lapide. Non era riuscita a leggere il nome scritto per intero, solo la prima lettera, una M, le era sembrata così chiara. Aveva la sensazione di conoscere sia la ragazza dai capelli rossi e sia colui che era sepolto in quella tomba. Eppure le sembrò così strano e assurdo da essere irreale:

  • Non è possibile. Quello che tu hai visto è quello che non accadrà. – Maya si voltò verso la sorella non sentendola parlare – mi hai sentito Mya? Non accadrà quello che hai previsto per Edgar. Il mio futuro è quello reale.

  • Tu non hai un futuro per lui.

  • Perché Edgar non ha un futuro. E’ come pensavo io, è talmente insignificante che il Fato non si è neanche scomodato a disegnarlo per lui. – Vedendo la sorella ancora dismessa e silenziosa, ammorbidì il tono della sua voce – Cosa intendi fare?

  • Per Edgar? – Mya alzò lo sguardo sorpresa.

  • Per Camus … - Maya sospirò – non che me ne freghi nulla, ma insomma … sei sempre mia sorella … abbiamo condiviso un passato insieme e mi dispiace vederti così.

  • Io … lo cambierò … farò in modo di cambiarlo.

  • Mya … il futuro di quell’uomo è un futuro di morte. In ogni caso. Come pensi di cambiare un futuro che in ogni sua possibilità lo porterà alla morte?

  • Evitando di fargli percorrere tutte quelle strade. Farò in modo che la morte perda le sue tracce. Mi impegnerò a che non percorra nessuna di esse.

  • Tzsè – Maya sorrise con poca convinzione – è improbabile che tu ci riesca … per riuscire a convincerlo, intanto, dovresti fare in modo che si innamori di te … perché sai che seguirà Hilda, vero? E sai che morirà ad Asgard.

  • Aiutami. Ti pego.

  • Aiutarti? E perché dovrei?! Io ho il mio destino da seguire …

  • Abbandona questa folle idea di uccidere Hilda. Convinci nostra madre che non ti interessa il regno di Asgard … io farò altrettanto.

  • No. Non lo farò. Perché io voglio essere celebrante di Odino. E’ ciò che è scritto per me.

  • Non è vero! – Mya si alzò urlando – Non è quello il tuo destino!

  • Se tu puoi pensare di cambiare il destino di Camus, allora anche io posso pensare di cambiare il mio. Non fare l’ipocrita con me.

  • Ti prego Maya – si aggrappò alla sorella – ti prego.

  • Lasciami stare – Maya si liberò con uno strattone, ma poi senza guardare Mya aggiunse – Nel futuro di Hilda è scritto che morirà presto nelle Terre di Asgard, durante il ricevimento per festeggiare il suo ritorno ed entrambe sappiamo che sarò io ad ucciderla. Nel destino di Camus è scritto che morirà in quel ricevimento per proteggerla. Tutto quello che dobbiamo fare è evitare che Camus la segua fino ad Asgard.

  • Io … - Mya sgranò gli occhi – e Hilda? … Lei morirà …

  • Non è lei che ti interessa … e la sua morte toglierà di mezzo la tua avversaria e Camus sarà libero di amarti.

  • Lui non mi amerà mai – Mya rispose rassegnata.

  • E tu gli farai cambiare idea – Maya si voltò verso di lei e dopo averle preso le spalle, iniziò a scrollarla – possiamo cambiare il destino … è quello che faremo e farai …

Mya non riuscì a risponderle perché entrambe furono catturare dalla voce di Shaina che le chiamava avvicinandosi sempre più velocemente.





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Edgar continuava con insistenza a guardarsi la punta dei piedi. Da quando Milo, Aiolia e Shaina erano andati via in cerca delle due gemelle, lui era rimasto con Camus e Lady Hilda e sentendosi un perfetto idiota. Non aveva avuto la prontezza di seguire uno qualsiasi dei tre e così era rimasto lì imbambolato e indeciso sul da farsi. Andare in qualsiasi direzione lontano da quei due era per lui impossibile perché anche se avesse fatto solo pochi passi sapeva già che si sarebbe sicuramente perduto: il suo senso dell’orientamento era talmente pessimo che una volta si era perfino perso nel parcheggio di un piccolo supermarket.

Aveva provato ad intavolare, allora, una conversazione con Camus, ma la cocciutaggine del primo a rispondere a monosillabi e la sua totale incapacità a mantenere viva una qualsiasi conversazione avevano reso la situazione ingestibile. Oltretutto Lady Hilda aveva cominciato a fissare il cavaliere di Aquarius in modo talmente profondo da far sciogliere ogni muscolo di Edgar. 4Dal suo canto invece Camus si era voltato nella direzione opposta, evitando di incrociare lo sguardo della donna.

Edgar era sempre stato bravo ad osservare e comprendere nel profondo l’animo umano e sapeva che in entrambi si stava consumando una dura lotta e che le emozioni contrastanti che stavano provando li rendeva incapaci a qualsiasi interazione con il mondo esterno.

Per la prima volta provò compassione non per se stesso ma per un uomo che in teoria avrebbe potuto avere tutto dalla vita. Camus possedeva tutte quelle doti che lui aveva sempre desiderato più di ogni altra cosa al mondo: bellezza, intelligenza, coraggio, onestà e un alto senso dell’onore. Fino a pochi mesi prima Edgar aveva pensato che avendo almeno una di quelle caratteristiche, unita alla bellezza, gli avrebbe permesso di vivere una vita felice. Eppure, ad osservare ora il custode di tutte quelle virtù, non lo trovava particolarmente felice. Sospirò talmente forte da attirare l’attenzione del cavaliere d’oro:

  • Ti senti bene, Edgar? – domandò Camus con una dolcezza atipica per la sua indole.

  • Io? Si si … e tu stai bene, Camus?

La domanda dell’ometto sorprese il francese. Non aveva una risposta da dargli che fosse onesta e dichiarabile per cui con il capo annuì semplicemente. Mantenendo il suo sguardo fermo sull’ometto lo vide sorridergli con una dolcezza tale da fargli comprendere che Edgar aveva ben chiaro il tumulto che stava vivendo il suo cuore. Avrebbe voluto confidarsi e chiedergli consiglio, ma sapeva che per un cavaliere quale lui era questo era impossibile. Perciò distolse lo sguardo da lui, ritrovandosi, però, a perdersi nuovamente nei bellissimi occhi di Hilda.

Il suo cuore cominciò a battere furiosamente e sentì le sue pupille dilatarsi e il respiro diventare più pesante. Come era possibile provare ancora quell’agitazione? Era talmente forte il sentimento che lo legava a lei da fargli pensare di aver subito un incantesimo. Distolse nuovamente lo sguardo e decise di adottare la tecnica del cavaliere di Pegasus, cominciando con insistenza a guardarsi i piedi.

Decise a quel punto che sarebbe stata la carnefice del suo cuore a stabilire il suo destino: se Hilda glielo avesse chiesto avrebbe rinunciato a tutto, compresa la sua cloth, per seguirla dove lei avesse voluto.





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Shaina, dopo aver trovato le due gemelle, senza chiedere loro niente le trascinò al punto d’incontro. Non le interessava sapere perché si erano allontanate e cosa stavano tramando. Lei era entrata in quella storia per errore e l’unico scopo che aveva avuto fino a quel punto era stato quello di fare in modo che il cavaliere dello Scorpione rimanesse in vita, per poter difendere poi il suo onore. Aveva già perso troppo del suo tempo in quell’avventura assurda ed ora che la situazione sembrava ritornata alla normalità, aveva fretta di concludere la sua diatriba con Milo. Perciò appena furono presenti tutti, domandò bruscamente:

  • E adesso cosa facciamo?

  • Io e Lady Hilda torniamo ad Asgard, giusto? – Maya rispose prontamente – non c’è motivo di trattenerci oltre qui

  • Veramente il Grande Sacerdote ha chiesto di condurre Lady Hilda al Grande Tempio – Shaina non era solita rinunciare alle discussioni nelle quali poteva esprimere un’opinione in merito.

  • Cavaliere di Ofiuco, io non ho attentato alla vita della vostra Dea, anzi è accaduto il contrario, qualcuno ha tentato di uccidere me e se non ci fosse stato il cavaliere di Aquarius sarei sicuramente morta.

  • Questa è la vostra versione … - Shaina si morse la lingua, ma poi decise di proseguire perché voleva chiarezza e in quella storia tante cose non le erano ancora chiare – ma chi ci dice che non siate riuscita ad irretire Camus e a convincerlo a schierarsi dalla vostra parte?

  • Ora basta! – il tono perentorio che usò Milo non consentì a Shaina di replicare e ciò la indispose – non puoi dubitare dell’autonomia e della capacità di decidere di un cavaliere d’oro.

  • Io non sto dubitando di lui, sto solo cercando di capire perché …

  • Non è questo il tuo compito – lo sguardo sprezzante di Milo la ferì.

  • E quale sarebbe il mio compito? – gli soffiò cercando però di non urlare.

  • Eseguire gli ordini che ti vengono impartiti dai tuoi superiori.

  • Cosa?

  • Adesso basta. – il tono che usò Aiolia, seppure più rilassato non ammise alcuna replica – stiamo solo perdendo tempo e io non ne ho. Non possiamo trattenere oltre la celebrante di Odino senza avere un motivo. Io credo alle sue parole e sono sicuro che Camus ha agito per il meglio. Pertanto credo che possa tornare ad Asgard. Se tu Shaina hai rimostranze o dubbi li esporrai al Grande Sacerdote e sarà lui a decidere se la nostra valutazione è stata corretta o meno. Io non temo di affrontare il suo giudizio … e voi?

Aiolia si voltò in direzione di Camus e Milo e i due annuirono, confermando la correttezza della sua decisione. A quel punto fu Edgar ad intervenire:

  • Ma non è il caso che qualcuno vada con Lady Hilda e con Maya per accertarsi che arrivino sane e salve?

  • Non abbiamo bisogno di una balia! – Maya rispose stizzita.

  • Io mi sentire più tranquilla ad essere accompagnata da qualcuno di voi. Non credo che incontreremo ulteriori pericoli, ma se ciò dovesse accadere non vorrei trovarmi a doverli affrontare da sola.

Hilda non distolse mai lo sguardo da Camus, il quale annuì, conscio che quella donna gli stava implicitamente chiedendo di seguirla. Lo avrebbe fatto, senza pentimenti e ripensamenti, tanto forte era il suo amore per lei.

  • E sia – Aiolia annuì sorridendo – e immagino che il vostro desiderio sia che colui che vi accompagnerà fosse il cavaliere di Aquarius.

Hilda arrossì violentemente, ma prima che potesse confermare quelle parole, il grido di Mya attirò l’attenzione di tutti:

  • No! Camus non può …

  • Non penso che sia tu che possa decidere, non pensi Mya? – Lady Hilda usò il tono più leggero di cui disponeva, ma nel suo animo cominciò a manifestarsi la paura che quello potesse essere l’addio al suo amore.

  • Il fatto è che il cavaliere di Aquarius è atteso dal Grande Sacerdote … è un suo dovere tornare al Grande Tempio … non può prolungare oltre la sua assenza … su di lui pende un’accusa di Altro Tradimento …

  • Mya … calmati – Aiolia, prendendo le mani della ragazza cercò di rincuorarla – non accadrà nulla a Camus, sia che vada ad Asgard sia che torni con noi al Grande Tempio … io e Milo ci faremo carico di garantire la sua posizione.

  • Ma il Grande Sacerdote … - Mya si sentì priva di forze. Voleva impedire a Camus di andare incontro al suo destino, ma non aveva le risorse per contrastare il volere di tutti.

  • Il cavaliere di Aquarius deve liberare quello di Cancer – Maya intervenne nella discussione – non è quello che hai detto tu Milo?

  • In effetti Maya ha ragione – Milo rispose sovrappensiero, ma poi voltandosi verso l’amico, proseguì con tono dispiaciuto – ho dato la mia parola ad Aphrodite.

  • Non potete liberarlo voi, cavaliere dello Scorpione? – Hilda si sentiva sempre più agitata, ma non voleva far trasparire i suoi sentimenti, anche se ormai erano evidenti a tutti.

  • Il ghiaccio in cui è rinchiuso Death Mask può essere distrutto solo dal cavaliere di Aquarius o dalle armi di Libra … ma non avendo quelle a disposizione dobbiamo per forza optare per l’altra soluzione. Io lo lascerei lì, per quello che mi interessa di lui, ma ho promesso al cavaliere dei Pesci e non vorrei dovermi rimangiare la parola, senza considerare che la cosa non piacerebbe affatto al Grande Sacerdote.

Milo sospirò, chiudendo di fatto la discussione. Mentre Mya guardò di sottecchi la sorella, offrendole un gesto impercettibile di ringraziamento, Hilda si voltò ad osservare Camus con lo sguardo perso. L’uomo chiuse i suoi, consapevole di non poter evitare di compiere il suo dovere.

Sapeva di dover liberare Death Mask ed era consapevole che non vi era una vera necessità di scortare Hilda ad Asgard. Eppure si sarebbe volentieri ribellato a quell’imposizione, non gli interessava il destino di Death Mask né il giudizio del Grande Sacerdote, ma la parola data da Milo significava per lui mantenere un impegno vincolante. Sospirò:

  • E sia. Tornerò a liberare Death Mask e poi, dopo essermi accertato che Hyoga sia tornato integro dall’addestramento, andrò al Grande Tempio.

Pronunciò quelle parole con un tono freddo, sapendo di infliggere un dolore non solo a se stesso ma all’unica donna di cui si era innamorato nella sua giovane vita.

  • Ti accompagnerò. Non vorrei che quel matto di Death Mask decida in qualche modo di vendicarsi.

  • Non ho bisogno della balia Milo – Camus rispose stizzito – mi so difendere da solo.

  • Questo lo so – il cavaliere di Scorpio cerò di mantenere un tono leggero – la mia preoccupazione è che tu decida di richiuderlo nuovamente in una bara di ghiaccio … ah ah ah … hai bisogno di qualcuno che faccia da ago della bilancia, amico mio.

  • Io devo tornare al Grande Tempio – Aiolia guardò Camus colpevolmente – devo assolutamente scoprire che fine hanno fatto Seyia e Marin e se Shaka ha mantenuto la promessa di proteggerli in mia assenza.

  • Ho capito – Shaina usò un tono scostante volontariamente – allora accompagnerò io Lady Hilda, visto che nessuno di voi vuole o può farlo.

Milo cercò di comprendere se, sotto quella maschera, Shaina fosse veramente così arrabbiata come il tono della sua voce faceva intendere, senza però riuscire a venirne a capo: quell’oggetto infernale che copriva il suo viso lo indisponeva e innervosiva. Come poteva quella donna sopportare quell’accrocco che impediva al mondo di conoscere la sua anima? Ma forse quello era ciò che voleva.

In fondo Shaina gli aveva dimostrato più volte di non tollerare il suo essere donna con emozioni e sensazioni in un mondo dominato da uomini. Per sentirsi una loro pari la maschera le era essenziale. Si scrollò quei pensieri di dosso e le parole di Edgar lo aiutarono:

  • E io? Cosa faccio io?

  • Tu verrai con noi. Non posso certo perderti di vista, non credi? – Milo gli fece l’occhiolino ed Edgar si sentì offeso.

  • Anche io verrò con voi – Mya si affrettò a parlare.

  • No

Camus fu lapidario e non aggiunse altro. La verità è che già la presenza di Milo per lui in quel momento rappresentava un peso, quella di Edgar gli sembrava quasi intollerabile e non voleva certo aggiungere ad esse anche quella di Mya, per la quale in quel momento, anche se ingiustamente, provava del risentimento.

  • Ma io … - la ragazza, conscia del pericolo che correva a non seguire il suo amore, si fece risoluta – Aiolia ha fretta di tornare al Grande Tempio ed io per lui sarei solo un peso. Ad Asgard ho promesso di non tornare più, perciò voi siete l’unica possibilità che ho, a meno che tu non voglia lasciarmi qui a morire di freddo.

Per la prima volta la ragazza, benchè arrossì violentemente, tenne testa al cavaliere di Aquarius e mise da parte il voi: la posta in gioco era troppo alta per indietreggiare: non lo avrebbe lasciato un solo istante, finchè non fosse tornato indenne al Grande Tempio. All’altro futuro percorribile avrebbe pensato in seguito. Camus dopo un istante che sembrò infinito a tutti, annuì, accettando controvoglia anche la presenza di quella ragazzina. Hilda dal canto suo provò per lei una profonda gelosia, ma non disse altro. Quando Shaina la incitò a partire, invece, volse il suo sguardo verso il cavaliere di Aquairus. I loro occhi, pieni di emozioni e sentimenti si toccarono un’ultima volta e si dissero addio, senza che i loro corpi e le loro parole si muovessero l’uno verso l’altra.









Ben ritrovati con un nuovo capitolo della storia di Edgar, improbabile cavaliere dall’aspetto ridicolo e dal cuore grande. E ora che i destini di Camus e Hilda sembrano dividersi, cosa succederà? Shaina, invece, dovrà accantonare per il momento il suo confronto armato con Milo. E il patto tra le due gemelle funzionerà? Hilda morirà? Infine il nostro povero Aiolia, cosa farà quando scoprirà che Shaka non ha segutio Marin ma ha volto le sue attenzioni a Calliope e Il Grande Sacerdote? Chi leggerà vedrà.

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Capitolo 26
*** XXVI - Ghiaccio sciolto ***


Capitolo XXVI – Ghiaccio sciolto









Prima di giungere nel luogo in cui era custodito il corpo ghiacciato del cavaliere di Cancer, Camus si fermò nella baita dove viveva per sincerarsi che il suo allievo fosse tornato indenne dal duro allenamento al quale si era voluto sottoporre. Se inizialmente aveva seguito controvoglia il senso del dovere, ora, vedendo il modo in cui Hyoga, seppur ferito e provato, gli stava riportando i suoi successi, si sentì orgoglioso e appagato dei risultati ottenuti. Il ragazzo di cui tanto aveva dubitato in passato aveva dimostrato di avere la stoffa per diventare un cavaliere. Era orgoglioso di lui, non poteva negarlo, ma non volle mostrarlo né all’allievo né agli altri. Edgar, che conosceva però l’animo umano, se ne accorse e considerò che la sua valutazione era stata corretta fin dall’inizio: Camus sarebbe potuto essere un ottimo maestro anche per lui. Volse il suo guardo verso Milo e gli domandò senza pensarci:

  • Tu sei mai stato orgoglioso di me?

  • Cosa?

Milo lo osservò Edgar, sconvolto in volto. Erano rimasti fuori dalla baita, perché Camus gli aveva chiesto di non intromettersi in qualcosa che riguardava solo lui e quel ragazzo. Milo, acconsentendo a quella richiesta seppur rammaricato di non poter conoscere da vicino l’allievo che tanto aveva tenuto lontano il suo amico dal Grande Tempio, aveva compreso che quella divisione si rendeva necessaria per fare in modo che quel biondo ragazzino dai modi impacciati e timidi riuscisse a trarre il massimo beneficio da un allenamento fatto di sacrifici e solitudine.

Osservando la scena da lontano, però, non aveva compreso cosa avesse spinto Edgar a fargli quella domanda, perciò ne era rimasto stupito, ma portando nuovamente l’attenzione alle due figure lontane finalmente comprese e sorridendo all’ometto rispose:

  • Io sono molto orgoglioso di te, Edgar e posso dirti in tutta onestà che sei il miglior allievo che ho avuto.

  • Veramente? – Edgar si entusiasmo, ma vedendo il sorriso di Mya un dubbio lo assalì – ma quanti allievi hai avuto?

  • Uno. Tu. – Milo sorrise all’ometto, ma poi tornado serio aggiunse – sei coraggioso Edgar. Nonostante tu non abbia a disposizione grandi risorse, in tutti questi mesi il coraggio non ti è mai mancato e questo posso assicurarti non è da tutti.

  • Io … beh … grazie – Edgar sospirò, trattenendosi dall’esprimere fino in fondo il suo pensiero.

  • Però … - Milo lo guardò con condiscendenza, invitandolo con il capo a proseguire.

  • Però tu non pensi che io debba essere un cavaliere …

  • No – Il cavaliere di Scorpio si domandò per un istante se fosse stato meglio mentirgli, ma poi decise che quell’ometto meritava la verità – non penso che il tuo destino sia quello di indossare l’armatura di Pegasus.

  • E allora perché è giunta a me? – Edgar si sentì quasi offeso.

  • Noi pensiamo che qualcuno abbia interferito …

  • Chi?

  • Difficile a dirsi … - Milo rispose pensieroso. All’inizio aveva pensato alla possibilità che fosse stato il Grande Sacerdote, ma a che scopo? Poi, ripensando più volte a quel giorno e alla strana sensazione che aveva provato, si ricordò di aver percepito un cosmo. Era stato un istante, ma era sicuro che quello che aveva sentito in quel breve attimo fosse il cosmo dello scomparso cavaliere di Gemini. Ma perché aveva aiutato Edgar? Più ci pensava e meno riusciva a comprendere. L’unica cosa che sapeva era che Edgar non era destinato a quell’armatura.

  • In ogni caso l’armatura è giunta a me ed io la custodirò. Non voglio rinunciarvi. - Sapeva in fondo al cuore che quell’oggetto non gli apparteneva, ma visto che era arrivata a lui, forse se l’era guadagnata ed inoltre da quando l’aveva indossata non si era mai sentito così vivo perciò non voleva rinunciarvi.

  • Quell’armatura appartiene all’allievo di Marin – Mya parlò con un filo di voce, ma entrambi i giovani la sentirono e si voltarono a guardarla.

  • Come fai a … già … tu leggi il futuro – Milo sorrise

  • So che non mi credi, ma è così. Edgar – Mya prese le mani dell’ometto fra le sue e gli sorrise con amore – tu piaci alla cloth di Pegasus, altrimenti non ti avrebbe permesso di indossarla, ma essa non appartiene a te e prima o poi dovrai cederla. Questo lo sai vero?

Edgar avrebbe voluto ribellarsi a quelle parole, ma aveva sempre saputo la verità in cuor suo, perciò annuì senza aggiungere altro. Milo, vedendolo così triste si sentì in dovere di dirgli tutta la verità:

  • Edgar, prima mi hai chiesto se sono orgoglioso di te ed io ti ho risposto di sì, ma non sono stato del tutto onesto con te.

  • Vuoi dirmi che ti vergogni ancora di me, vero? – l’ometto abbassò le spalle.

  • No. Voglio dirti che non solo sono orgoglioso di te, ma sono onorato e fiero di averti conosciuto. E non per il tuo coraggio o per l’impegno che hai messo nello svolgere l’impervio compito che ti è stato affidato. Il tuo grande cuore mi ha permesso di comprendere quanto fosse misera e vuota la mia anima prima di conoscerti. Sei un uomo giusto e buono. Tu sei speciale, Edgar, così come sei. Ed io mi sento onorato di essere tuo amico.

  • Tu … tu …

Edgar cominciò a piangere, commosso. A ripensare al modo in cui Milo lo aveva trattato quando lo aveva conosciuto e alle parole che ora gli aveva detto gli sembrò che fosse passata una vita, eppure i suoi complimenti non erano rivolti al nuovo Edgar, ma al vecchio: quell’ometto buffo e sgraziato che era stato per tutta la sua vita.

Milo si sentì imbarazzato e pensò di stemperare la situazione, ma prima che potesse dire qualcosa, sopraggiunse Camus che vedendo l’ometto piangere in quel modo disperato chiese spiegazioni. Quando una commossa Mya gli riportò le parole del cavaliere di Scorpio, sorrise al suo amico e poi, posando una mano sulla spalla dell’omino, sorrise anche a lui:

  • Io Edgar ti sono grato. Sei riuscito in pochi mesi in quello in cui ho fallito per anni – l’ometto lo guardò confuso – far venire un minimo di pensieri maturi nella testa di questo scapestrato.

Il pianto di Edgar si trasformò in riso e Milo non si sentì in dovere di replicare al suo amico. Il suo cuore si strinse, invece in una morsa di malinconia. Sentiva il dolore di Camus. Lo sentiva sulla sua pelle e nelle sue ossa. Aveva imparato a riconoscere i suoi sentimenti, ponendo attenzione ai minimi cambiamenti del suo cosmo e sentiva quel dolore. Era conscio del fatto che pur contro la sua volontà, il suo amico era lì per adempiere alla promessa da lui fatta al cavaliere dei Pesci e di questo gli era grato. Avere qualcuno su cui contare, nonostante tutto era qualcosa che riscaldava il cuore, ma essere in parte responsabile di quel dolore lo rendeva triste.

Il cavaliere di Aquarius lo invitò a muoversi, evitando di chiedergli perché il suo sguardo fosse triste. Conosceva Milo abbastanza da comprendere che si sentisse in colpa nei suoi riguardi. Avrebbe potuto dirgli che non lo riteneva responsabile del suo destino, ma sapeva che sarebbe stato inutile.

Aveva lasciato al suo allievo il compito di allenarsi nei giorni successivi in solitaria, con la promessa che presto sarebbe ritornato. Era la prima volta che lasciava solo Hyoga, senza la presenza di Isack. Al pensiero dell’altro suo allievo un altro stiletto si infilzò in quel suo cuore che sarebbe dovuto essere di ghiaccio. Cominciando a camminare in direzione della bara di ghiaccio, Camus cominciò a domandarsi quanto degli insegnamenti del suo vecchio maestro gli erano rimasti. Sentiva di aver perso tutte le sue convinzioni e di aver tradito il vero spirito dell’armatura che aveva portato fino a quel giorno con fierezza.

Il custode delle energie fredde non doveva provare sentimenti ed emozioni, eppure non solo si era affezionato ai suoi allievi e al suo amico, ma aveva provato tenerezza per il buffo ometto che ora camminava al suo fianco e amore per una donna. Come avrebbe potuto portare ancora i suoi colpi a raggiungere temperature siderali con tutta quell’emotività? Aveva bisogno di ritrovare se stesso e il senso del suo essere cavaliere.





-



Quando Aiolia arrivò alla casa sul mare, non trovando Marin e non percependo il suo cosmo, si allarmò. Andò allora alla ricerca del cavaliere di Virgo. Lui aveva promesso di prendersi cura e di proteggere il cavaliere dell’Aquila e il suo allievo e lui doveva risponderne se qualcosa era accaduto loro.

Non gli fu difficile trovarlo: il cosmo di Shaka era talmente immenso che nel momento in cui il suo proprietario non decideva di nasconderlo, anche l’ultimo dei cavalieri lo avrebbe scovato. Era seduto nella posizione del loto all’uscita della Prima Casa. Il giovane leone dorato arrivò con mille domande e si ritrovò invece a dare cento risposte:

  • Cavaliere del Leone, come ti sei procurato quella ferita?

  • Combattendo con un guerriero di Zeus. Dove è …?

  • E come è finita la battaglia?

  • Il fatto che io sia qui ti basti come risposta. Dove …?

  • Hai trovato Camus?

  • Si.

  • Come sta?

  • Bene.

  • E la regina di Asgard?

  • Senti Shaka! Non ho voglia di rispondere alle tue domande.

  • Ho bisogno di sapere per decidere cosa fare.

  • E io ho bisogno di sapere come sta Marin e dove si trova prima di riuscire a risponderti – Aiolia ruggì in risposta.

Shaka aprì gli occhi, sorprendendo Aiolia. Il leone dorato contava sulla punta delle dite le volte che aveva potuto ammirare lo splendido cielo azzurro custodito nello sguardo di Virgo. Comprese che il suo gesto era dettato dalla volontà di leggergli l’anima e la cosa lo innervosì. Dopo pochi minuti Shaka sospirò e chiudendo nuovamente gli occhi tornò nella sua posizione, noncurante di tutto. Quando Aiolia stava per perdere la pazienza, si decise a parlare:

  • I sentimenti che porti nel cuore, seppur leciti, un giorno potrebbero portarti alla morte.

  • Tutti prima o poi moriremo Shaka – Aiolia sorrise sarcasticamente – perfino tu.

  • Ovvio. Il problema è il come e il quando.

  • Non ho bisogno di una tua predica, ma solo di una risposta. Vuoi fornirmela spontaneamente o devo forzare la mano?

  • Non so dove siano.

  • Cosa? – Aiolia afferrò Shaka e lo tirò su di peso, ma il cavaliere di Virgo non si scompose

  • Le ho detto di andare lontano da questo posto. Mi ha risposto che conosceva un luogo dove rifugiarsi. Questo è quanto.

  • Mi avevi detto che li avresti protetti e invece li hai lasciati andare. Che razza di cavaliere sei?

Shaka con un movimento impercettibile del braccio si liberò della presa di Aiolia, il quale, sorpreso dalla facilità racchiusa in quel gesto, non riuscì a reagire.

Quest’ultimo aprì nuovamente gli occhi. Il leone dorato sorrise:

  • Dovrei sentirmi onorato di aver ricevuto per ben due volte il tuo sguardo.

  • Ti ho detto che li avrei protetti e così sto facendo.

  • Che vuoi dire? – Aiolia lo guardò stupito.

  • Calliope e il Grande Sacerdote sono alla Tredicesima Casa. Aphrodite è tornato a presidiare la sua casa dopo aver fatto rapporto e Death Mask non è ancora rientrato. Tutti gli altri nostri pari non sono coinvolti o non sono interessati. Gli altri avversari possono essere tranquillamente fronteggiati dal cavaliere dell’Aquila.

Aiolia non rispose e volse lo sguardo verso il Grande Tempio. Sapeva che Shaka aveva ragione e che l’unico pericolo per Marin poteva arrivare da Calliope, eppure il suo cuore non si tranquillizzò a quelle parole.

Il cavaliere di Virgo continuò ad osservarlo, incuriosito dal tumulto che il suo cosmo emanava. Per lui Aiolia era sempre stato un libro aperto al cui interno, però, scavando più a fondo, aveva trovato di volta in volta pagine misteriose da sfogliare.

Sapeva che ciò che governava i suoi pensieri in quel momento era l’amore per il cavaliere dell’Aquila e poteva essere sicuro che sarebbe corso a cercarla pur sapendo che non correva alcun pericolo, ma sentiva anche che il custode della V casa non era così prevedibile come credeva. Decise di metterlo alla prova:

  • Puoi comunque andare a cercarli. Si sono diretti verso il confine Ovest e immagino che una volta giunto lì non ti sarà difficile rintracciare il loro cosmo.

  • Già – Aiolia rispose pensieroso, poi si girò e piantò i suoi occhi verdi in quelli azzurri di Shaka – e tu cosa farai?

  • Andrò in cerca di risposte.

  • Potresti dover affrontare situazioni non previste.

  • Perché dici questo? – Shaka lo guardò con curiosità.

  • Il giorno in cui Edgar è diventato cavaliere non puoi non aver sentito quel cosmo. Io lo conosco bene perché un tempo colui che lo possedeva passava molto tempo in compagnia di mio fratello, ma non dubito che anche tu lo abbia riconosciuto.

  • Ero convinto che solo il cavaliere di Aquarius tra voi lo avesse riconosciuto – Shaka sorrise, confermando a se stesso che quell’uomo avrebbe continuato a sorprenderlo per il resto dei loro giorni.

  • E se dovessi incontrarlo?

  • Gli chiederò perché ha voluto che quel buffo ometto diventasse cavaliere.

  • Secondo me la domanda che dovremmo porgli è perché non vuole che Seiya diventi cavaliere.

  • Dovremmo? – Shaka a quel punto non era più sorpreso di nulla. Aiolia dimostrava arguzia e coraggio, ma non poteva essere differente per colui che indossava l’armatura del leone dorato.

  • Beh – Aiolia sorrise – sono curioso di conoscere questa risposta.

  • E il cavaliere dell’Aquila? – Shaka pose la domanda con innocente curiosità. Per lui i moti dell’anima degli altri esseri umani erano a volte un mistero difficile da sondare.

  • Come hai detto tu, Marin è in grado di difendersi da solo.

Shaka annuì e dopo aver chiuso ancora una volta i suoi occhi cominciò a salire le scale verso la Casa del Toro. Aiolia guardando verso il confine ovest pregò che la sua fosse la decisione giusta da prendere. Non è che non fosse preoccupato per Marin, ma la verità era che voleva assolutamente scoprire che cosa potesse il cavaliere di Gemini dirgli a proposito di suo fratello Aiolos. Perché era sicuro del fatto che il custode della III casa, scomparso dal Grande Tempio subito dopo gli avvenimenti di quella maledetta notte, doveva sapere qualcosa in merito. Diede un ultimo sguardo ad ovest e poi senza indugiare oltre affrettò il passo per raggiungere il cavaliere di Virgo.





-



Edgar nel vedere il cavaliere di Cancer imprigionato in quella lastra di ghiaccio pensò che sarebbe stato meglio lasciarlo lì. In lui, fin dal primo istante in cui la sua vita era andata a sbattere in quella di quell’uomo, aveva visto solo malvagità.

Tante volte aveva chiesto ai suoi due maestri come un uomo così ambiguo potesse essere diventato cavaliere. Entrambi, ogni volta, avevano alzato le spalle senza fornirgli una risposta.

Camus lo invitò a fare un passo indietro e Milo ancora una volta si mise davanti a lui per proteggerlo. Questa volta però l’ometto buffo gliene fu grato perché in cuor suo non aveva nessuna voglia di diventare il bersaglio della rabbia di quell’uomo.

Dopo aver scambiato uno sguardo di intesa con Milo, Camus convogliò il suo cosmo sul braccio e con un colpo deciso mandò in frantumi il ghiaccio. Death Mask impiegò un minuto per realizzare dove si trovasse e per ricordare cosa fosse accaduto e quando, di fronte a lui, vide colui che lo aveva ridotto in quello stato, si alzò rabbiosamente con lo sguardo più orribile che Edgar avesse mai visto.

Gli vennero i brividi dietro la schiena e provando puro terrore e paura per le sorti di Camus si attaccò alle spalle di Milo e conficcò le sue unghie sulle braccia del suo protettore. Il cavaliere dello Scorpione era troppo concentrato sulle mosse di Death Mask per rendersene conto e quando il colpo di quest’ultimo partì per colpire Camus, mentre il suo amico saltò per schivarlo, lanciò il suo per impedire che il cavaliere di Cancer ne eseguisse un altro. Solo in quell’istante Death Mask si avvide della sua presenza e di quella di Edgar e con disprezzo si voltò verso Camus:

  • Che fai! Hai talmente paura della mia ira che ti porti dietro la balia e il giullare?

  • Semmai ho paura di non riuscire a mantenere la promessa di non richiuderti dentro una lastra di ghiaccio.

  • Ci sono cascato una volta, Camus! Non commetterò lo stesso sbaglio una seconda volta.

  • Questo significa che intendi continuare a darmi battaglia? – il cavaliere di Aquarius sorrise

  • Dove è lei? – Cancer si guardò intorno in cerca della sua preda

  • Se ne è andata. E’ tornata ad Asgard.

  • Andata? Cazzo, Camus! Ma quanto tempo mi hai tenuto chiuso qua dentro?

  • Quattro giorni – Il sorriso sul volto del custode delle energie fredde si fece più ampio.

  • Fanculo!

Senza indugiare Death Mask, spinto da un’irrefrenabile ira, si avvento su Camus, ma prima che potesse raggiungerlo e atterrarlo, Milo lo bloccò. A quel punto, sentendosi in trappola, l’uomo reagì con le parole:

  • Che fai continui a proteggere il tuo amichetto? Pensi ancora di contare qualcosa per lui? Sei patetico Milo! Tu ti sbatti tanto per lui e lui che fa? Dichiara il suo amore a quella forestiera!

Avresti dovuto sentirlo. Gli ha promesso amore eterno, così sdolcinato da essere nauseante. Almeno Camus hai ottenuto quello che volevi? Sei riuscito a sbattertela? Se non altro te lo doveva per il fatto di averle salvato la vita, non pensi?

Un pungo preso in piena faccia lo fece cadere svenuto. Sotto lo sguardo esterrefatto di Edgar, Camus aveva assestato il colpo più violento che avesse mai lanciato. Milo sospirò:

  • Così non riusciremo mai ad uscire da questa situazione. Ma ti ha dato di volta il cervello Camus?

  • Ero stanco di sentirlo parlare – l’uomo dei ghiacci rispose con tranquillità.

  • Lo sai che quando si riprenderà sarà ancora più arrabbiato? Guarda, gli hai rotto il naso.

Camus si allontanò senza dire nulla. Sapeva di dover mantenere la calma, eppure a sentir parlare quel bastardo dei suoi sentimenti, il sangue gli era salito alla testa. Si rendeva conto consciamente di non poter continuare per quel sentiero, ma il suo autocontrollo al momento era andato in vacanza. Respirò profondamente pensando che doveva assolutamente riprendere in mano la situazione.

Death Mask si riprese e dopo essersi toccato il naso e aver constato di esserselo rotto si scrollò Milo di dosso e si alzò furiosamente:

  • Ora basta! Avanti, Camus. Combatteremo fino alla morte perché ti giuro che non ti lascerò in pace finchè non ti avrò ucciso.

  • Ora piantala Death Mask – Milo bloccò il suo braccio – sai che non te lo consentirò. Moriresti prima di averlo colpito.

  • Ti chiedo scusa – Camus pronunciò quelle parole con noncuranza, ma gli altri si voltarono verso di lui stupefatti – non dovevo colpirti. Ho perso il controllo. Non accadrà più.

Il cavaliere di Cancer per un istante lo fissò intensamente, indeciso sul da farsi, ma poi ripensando alle parole di Milo valutò che non aveva alcuna convenienza a mettersi contro due cavalieri d’oro: se anche avesse sconfitto uno, l’altro lo avrebbe sicuramente colpito. Pertanto abbassò il pugno, rilassò le spalle e dopo aver sfoggiato il suo sorriso più sbruffone, domandò:

  • E ora che si fa?

  • Torneremo al Grande Tempio – Milo si voltò, pronto a riprendere la strada di casa

  • E così Camus lascerai che il tuo grande amore venga uccisa? – Death Mask sfoggiò il suo sorriso più crudele – allora era solo una questione fisica. Una volta soddisfatto il tuo desiderio hai perso interesse … ah ah ah ah … sei più bastardo di quanto pensavo.

Lo sguardo che il cavaliere di Aquarius gli regalò fece impallidire perfino lui, così abituato a trattare con la morte. Apparentemente Camus stava mantenendo la promessa di non perdere la calma, ma i suoi occhi infuocati non lasciavano spazio ad ulteriori scherni. La sua voce uscì metallica e fredda:

  • Di cosa stai parlando?

  • Non penserai veramente che ad Asgard sarà al sicuro, vero? – Death Mask nel pronunciare quelle parole fece un passo indietro e si mise in posizione di difesa – sai come si dice, no? Guardati dagli amici …

  • Camus – Mya, che fino in quel momento era rimasta in disparte, si aggrappò al suo braccio cercando di attirare la sua attenzione – vuole solo farti perdere la pazienza ancora una volta, non lo ascoltare.

  • Se sai qualcosa ti invito a parlare … - il custode delle energie fredde si liberò dalla presa di Mya con uno strattone, facendola cadere e senza curarsi di lei si avvicinò a Death Mask – se non vuoi finire nuovamente chiuso in una bara di ghiaccio ti consiglio di sputare fuori tutto quel che sai.

  • D’accordo d’accordo, parlerò, ma tieni quel tuo fuoco per la tua bella – Cancer pur mantenendo un atteggiamento da sbruffone, fece altri passi indietro fino a quando non si ritrovo addosso a Milo – da quello che ho sentito dire da Calliope ad una delle sue ancelle, se i tentativi di uccidere Lady Hilda fossero falliti, una volta giunta ad Asgard ci avrebbe pensato la gemella di questa ragazzina a farla fuori. Di lei Lady Hilda si fida, perciò …

Camus si voltò verso le Terre del Nord, ma prima che potesse muoversi, venne trattenuto ancora una volta da Mya:

  • Non dargli retta. Sta mentendo – la ragazza cominciò quasi a piangere – ti vuole mettere in difficoltà … Maya non farebbe mai del male a Lady Hilda.

  • No – Camus posò il suo sguardo sulla ragazza e un brivido di paura percorse il corpo di Mya – non sta mentendo. So quando lo fa, lo sento dal mondo in cui vibra il suo cosmo e ora sta dicendo la verità. Tu, invece …

  • Io … ti sto dicendo la verità – questa volta fu Mya ad indietreggiare e mentre lo fece, Edgar pensò stupidamente che, continuando così, il cavaliere di Scorpio si sarebbe dovuto preoccupare di difendere un po’ troppe persone dall’ira di Camus.

  • Avanti Mya! – il custode delle energie fredde si avvicinò alla ragazza, senza però sfiorarla ne minacciarla apertamente – che cosa hai visto nel futuro?

  • Che strano … - la ragazza sorrise malinconicamente – una volta mi dicesti che tu non credi in queste cose.

  • E’ vero – l’uomo sospirò ripensando a quella notte lontana in cui la ragazzina le profetizzò il suo innamoramento – ma tu ci credi e agisci in funzione di quello che vedi, senza pensare che magari possa esistere un altro futuro … magari quello profetizzato da tua sorella …

  • Io ho visto tutti i tuoi futuri, Camus – Mya rispose stizzita e per la prima volta, a causa del suo tono sarcastico, si sentì addosso la voglia di ferirlo – li ho visti tutti e so quello che ti accadrà in ogni caso.

  • Come ti dissi quella notte, non credo a queste cose e non mi interessa cosa hai visto. So quello che devo fare e non ho bisogno che tu mi protegga o mi ostacoli. Andrò ad Asgard e nessuno di voi me lo impedirà.

Il cavaliere di Aquarius infastidito dall’atteggiamento di Mya si allontanò, senza consentire a nessuno di dire nulla. Death Mask scoppiò nella sua fragorosa risata:

  • Che brutti scherzi gioca l’amore … ah ah ah … Milo, amico mio, dammi retta, non innamorarti mai perderesti gran parte del tuo fascino e della tua libertà … magari anche la vita!

  • Death Mask, non sono tuo amico perciò evita di darmi certi consigli.

Cancer lo guardò divertito. In fondo lui e lo scorpione celeste avevano molte più cose in comune di quanto Milo pensasse, che lo volesse o meno.

  • E ora? Cosa facciamo? – Edgar domandò ai presenti confuso e in difficoltà.

  • Voi non so – Cancer alzò le spalle – io me ne torno al Grande Tempio.

  • Andremo ad Asgard – Milo offrì la sua mano a Mya per aiutarla ad alzarsi – poi si vedrà.









Nuovo aggiornamento. Pochi colpi di scena, ma un po’ di chiarimenti. Aiolia rinuncia a seguire Marin e decide di andare con Shaka per scoprire come mai il cavaliere di Gemini è scomparso anni prima dal Grande Tempio e cosa sa di suo fratello. Camus è stato costretto a liberare Death Mask che gli ha insinuato il dubbio di un pericolo incombente sulla donna da lui amata. E ora? E Edgar in tutto questo? Riuscirà a sopravvivere e a rendere onore alla sua armatura?

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Capitolo 27
*** XXVIII - Un manto di rose ***


Capitolo XXVII

Un manto di Rose







Shaka e Aiolia attraversarono tutte le case dello Zodiaco senza incontrare alcun contrattempo. La maggior parte dei cavalieri non era presente al Santuario, e quelli che vi erano non fecero obiezioni al loro passaggio. Quando giunsero però nella Dodicesima Casa si fecero entrambi guardinghi. Aiolia non si fidava del giudizio di Aphrodite, conscio del suo coinvolgimento oscuro in quella storia e Shaka percepiva inquietudine nel cosmo che aleggiava in quelle stanze.

Arrivarono senza problemi nel giardino retrostante la casa, ma prima di poter attraversare l’ultima scalinata, si trovarono ad ammirare il bellissimo spettacolo di un tappeto di rose rosse stagliato di fronte a loro. Aiolia sussurrò a Shaka:

  • Non dobbiamo fidarci. Queste rose così belle nascondono una trappola pericolosa.

  • Il loro veleno può essere letale – Shaka annuì – ma non è questo che mi interessa.

  • E cosa ti interessa Cavaliere di Virgo!

Alle loro spalle comparve la figura elegante del custode della Dodicesima Casa. Aiolia, suo malgrado, dovette ammettere che Aphrodite rappresentava esteticamente il canone della perfezione di un cavaliere di Atena: elegante e fiero al punto da far innamorare di sé tutti coloro che amavano la Dea.

Neanche in mille anni lui o Milo avrebbero potuto raggiungere quello standard di presenza scenica. Forse Shaka o Camus, impegnandosi molto, avrebbero potuto avvicinarsi alla sua aurea splendente, ma gli altri avrebbe dovuto percorrere altre strade, molto più tortuose.

Fish, muovendosi con eleganze e naturalezza si avvicinò ai due, fermandosi di fronte al cavaliere di Virgo:

  • Dimmi, nobile Shakamuni, che cosa ti interessa scoprire …

  • Vorrei comprendere i motivi che agitano il tuo cosmo …

  • Il mio cosmo? – Aphrodite lo guardò sorpreso, poi sorrise – ti sbagli, cavaliere, io non sono agitato. Confondi il mio disappunto con altro tipo di sentimenti.

  • Il tuo disappunto? – Aiolia sorrise – che cosa ti rende contrariato, cavaliere? Raccontacelo e magari noi potremmo porvi rimedio.

  • Caro Leone dorato – il sorriso del cavaliere dei Pesci nascondeva un fastidio malcelato – non saresti contrariato anche tu se, tornando da un luogo impervio e inospitale, trovassi il tuo amato giardino di rose appestato dall’odore nauseante di due cavalieri poco degni di godere della bellezza di questo raro spettacolo?

  • Non ci ritieni dunque all’altezza di passare vicino al tuo roseto? – Aiolia mostrò un sorriso sprezzante, ma era infastidito da quelle parole.

  • Per quanto riguarda il cavaliere di Virgo, le sue virtù sono meritevoli di attenzione e la sua bellezza e leggiadria sono così spiccate che non avrei problemi, anche se il suo tenere testardamente gli occhi chiusi anche di fonte ad uno spettacolo così bello non gli fanno onore. Tu sicuramente non sei degno di passare qui! – lo sguardo di Aphrodite si fece duro – come potrebbe esserlo il fratello di un traditore?

  • Cosa? – Aiolia si infervorò accendendo il suo cosmo.

  • Placa la tua ira, cavaliere del Leone – Shaka con la mano bloccò il pugno di Aiolia che si stava levando per lanciare il suo colpo – e tu, custode di questo splendido roseto, non divertirti a stuzzicarlo.

Shaka aprì i suoi occhi celesti e il cavaliere dei Pesci sorrise. La prima cosa che pensò fu che gli occhi del cavalieri di Virgo potevano rappresentare un vero esempio di cosa lui intendesse per bellezza assoluta. Non era tanto la figura longilinea, i suoi capelli o il suo aspetto in generale, quanto i suoi occhi ad essere magnetici e belli oltre ogni limite: essi nascondevano dei segreti così arcani e misteriosi che comprendeva il motivo per cui la maggior parte del tempo li teneva chiusi.

La seconda cosa che considerò fu che li aveva aperti per rendere omaggio al suo roseto ed apprezzò quel gesto, come il fatto che avesse compreso che non aveva pronunciato quelle parole come atto di accusa nei confronti di un cavaliere nobile e valoroso quale era Aiolos del Sagittario, quanto come gesto di scherno verso suo fratello, ancora troppo acerbo e sprovveduto per essere considerato un cavaliere.

Un giorno non lontano, il cavaliere del Leone sarebbe diventato un uomo da onorare e stimare e di cui essere orgogliosi. In cuor suo, Aphrodite, era sicuro che sarebbe diventato anche migliore di lui, perché a dispetto dei suoi modi bruschi il cuore del leone dorato era puro e cristallino come un diamante prezioso, mentre la sua anima, per quanto si sforzasse, non riusciva a considerare valide ragioni che non comprendessero la bellezza in esse.

La cosa che più lo aveva infastidito nel comportamento di Milo e Camus in Siberia, non era il valore delle loro motivazioni e non dubitava del fatto che tutti e due meritassero la sua stima e la sua considerazione. Certo, il cavaliere dello Scorpione difettava ancora nei modi poco eleganti e nelle parole poco ponderate, ma sapeva che anche nel suo caso era solo una questione di tempo. Sul cavaliere di Aquarius, invece, non aveva mai potuto obiettare nulla, ad eccezione forse negli ultimi tempi, sui suoi sentimenti così banali verso quella donna e dell’effetto che stavano producendo su di lui. Ma quello che proprio non era riuscito a perdonare loro era l’attenzione che entrambi avevano dedicato a quel buffo, orribile ometto grasso. Un’espressione disgustata comparve e poi sparì nel suo volto al pensiero di quell’uomo sgraziato e insignificante. Solo per la dedizione che vi avevano messo per aiutarlo, li avrebbe trafitti tutte e due con le sue rose. E per lo stesso motivo, ora, si sarebbe accanito su Aiolia. Ma i motivi che spingevano quei due a chiedere il permesso per accedere nelle stanze erano altri e di altra natura.

Rifletté per un istante su quello che avrebbe dovuto fare. Poteva vietare loro il passaggio e costringerli ad uno scontro. Non avrebbe avuto problemi a battersi con Aiolia e probabilmente sarebbe riuscito a sconfiggerlo, ma con Virgo il discorso era diverso. Anche ora sentiva i suoi occhi addosso e sapeva che il suo sguardo non si era fermato alla superficie ad ammirare la sua infinita bellezza, ma stavano scavano in fondo alla sua anima, in cerca di risposte alle sue eterne domande. Pensò ancora e poi sorrise. Anche lui, in fondo, voleva delle risposte e concedendo a quei due di passare, si sarebbe risparmiato la fatica di indagare per proprio conto.

Era curioso di conoscere la vera identità del Grande Sacerdote e quali erano i motivi per i quali avrebbe dovuto fidarsi nel seguirlo in altre future battaglie. I suoi dubbi, insinuatisi in lui negli ultimi tempi, sarebbero stati fugati dal cavaliere di Virgo. Presa la decisione, il sorriso si fece più ampio.

Senza dire nulla, spostando con il braccio il suo mantello, Aphrodite fece volare via tutte le rose, sorprendendo Aiolia, ma non Shaka. Il cavaliere del Leone commentò sarcasticamente:

  • Hai parlato tanto della bellezza del tuo roseto e alla fine l’hai spazzato via senza la minima cura.

  • Le rose voleranno nell’aria, regalando uno scorcio di bellezza alla gente dei luoghi che vivono intorno al Santuario. Nessuno saprà da dove provengono i petali rossi, ma tutti per un istante alzeranno gli occhi al cielo e ammirandoli, dimenticheranno la bruttezza del mondo che ci circonda.

  • Sarà un attimo che rivivranno per sempre, immagino – Shaka alzò lo sguardo ad osservare il turbinio dei petali che danzano in cielo. Poi abbassò nuovamente lo sguardo e chiuse i suoi occhi – questo significa, Aphrodite, che ci lascerai passare?

  • Sono curioso di sapere come te la caverai, cavaliere di Virgo.

Senza aggiungere altro si voltò e se ne andò, consentendo ai due di proseguire per la loro strada.





-



Arrivarono ad Asgard in poco tempo. Camus, impaziente di ottenere dei riscontri alle parole di Death Mask, aveva mantenuto un passo sostenuto per tutto il viaggio.

Milo faticava e non poco a riconoscere il suo amico. Si era trasformato da uomo misurato, posato e calmo in un individuo agitato, incapace di controllare ogni minima emozione: per lui un vero sconosciuto. Il ghiaccio che era in lui si stava trasformando in un mare in tempesta e ciò non presagiva nulla di buono all’orizzonte.

Per riuscire a mantenere l’andatura del cavaliere di Aquarius, ad un certo punto Milo aveva dovuto prendere sulle spalle una Mya stremata e malinconica. La ragazza si era adagiata sulla sua schiena senza protestare, crollando in un sonno profondo poco dopo. Il peso degli eventi l’avevano indebolita a tal punto da renderle impossibile rimanere sveglia. Il cuore del cavaliere di Scorpio si riempì di profonda compassione per quell’essere così sfortunato.

Ad un certo punto, però, si pose anche il problema di Edgar. L’ometto riuscì arrancando a mantenere un passo decente fino a metà del tragitto, ma all’ennesima scalata di una montagna innevata crollò sfinito a terra, scongiurandoli di lasciarlo lì.

Quando Milo gli fece presente che sarebbe morto congelato entro poche ore, Edgar alzò le spalle e disse “non mi interessa! Almeno mi riposerò in eterno!”. Quelle parole sconvolsero a tal punto il cavaliere di Scorpio che obbligò Camus a fermarsi.

Seppur contrariato il suo amico acconsentì ad una breve sosta: non voleva avere sulla coscienza la morte di Edgar. Ma dopo poco meno di dieci minuti cominciò a spazientirsi. Non parlò e non disse nulla, ma il suo fare avanti e indietro innervosì a tal punto Milo che sbottò:

  • Ok. Va bene, ora basta! Io non ti riconosco più amico mio e detto sinceramente questa tua versione non mi piace affatto.

  • Non ho detto nulla – il cavaliere di Aquarius lo guardò sorpreso – e non capisco perché sei così arrabbiato.

  • Non ho bisogno che tu parli per capire che se potessi te ne andresti a gambe levate, lasciando a me l’incombenza di badare a lui – Milo indicò un Edgar che russava poco elegantemente appoggiato alla sua spalla.

  • Il fatto è …

  • Si? – Milo alzò un sopracciglio …

  • Ho bisogno di sapere che lei sta bene – Camus abbassò tutte le sue difese, conscio che era totalmente inutile far finta di mantenere un atteggiamento distante.

  • E io questo lo capisco, amico mio. Quello che non capisco è come tu sia riuscito in così poco tempo a buttare a mare tutti i tuoi anni di addestramento – alla faccia stupefatta del cavaliere di Aquarius, Milo sospirò – non sei sempre stato tu a dirmi che il custode delle energie fredde deve saper controllare le sue emozioni per sfruttare al meglio le caratteristiche del gelo?

  • Beh … si …

  • A vederti ora, Camus, se dovessi scontrarti con un qualsiasi cavaliere, verresti sconfitto in un soffio di vento, tanta è la tua agitazione. Perfino il nostro Edgar riuscirebbe a batterti.

Il cavaliere di Aquarius si ammutolì. Aveva già compreso da un po’ che i sentimenti che provava per Hilda lo stavano dilaniando. Era accaduto tutto così all’improvviso che non era riuscito minimamente a gestire la situazione. Non solo se ne era innamorato perdutamente dal primo istante, ma aveva abbandonato immediatamente il suo tipico atteggiamento distaccato per buttarsi a capofitto in una storia difficile da portare avanti. Sospirò e ammise mestamente:

  • Hai ragione … mi sto snaturando.

  • Credimi, Camus, capisco il perché – la voce di Milo divenne più dolce – ma onestamente mi sorprende che tu non abbia minimamente pensato alle conseguenze.

  • Che vuoi dire?

  • Cosa succederà una volta che ti sarai assicurato che Lady Hilda stia bene? Rimarrai con lei? Farai il principe consorte, il suo amante? Come intendi gestire il tuo futuro? E le tue responsabilità e i tuoi doveri?

  • Devo essere veramente ridotto male se ti senti in dovere di farmi una paternale come questa – la voce di Camus non era arrabbiata, ma sconsolata.

  • Ah ah ah ah … in effetti – Milo divenne serio – è solo che sono preoccupato per te. Ho paura che alla fine rimarrai solo e dovrai anche raccogliere i cocci …

  • Già.

Camus abbassò lo sguardo e cominciò a guardare la neve distrattamente, perso nei pensieri che le considerazioni di Milo avevano scatenato in lui. Il cavaliere di Scorpio, osservando il suo amico, comprese che in quel momento non era importante riportare il suo amico alla ragione, ma gestire la situazione, perciò scrollandosi di dosso Edgar si alzò. L’ometto, sparito il suo appoggio, cadde sulla neve fredda e si svegliò di soprassalto. Milo sorrise ad entrambi i cavalieri:

  • E’ ora di andare. Tu Camus prenderai in custodia Mya. Sta ancora dormendo per cui vedi di non svegliarla. Io – si voltò verso l’ometto buffo e dopo aver sospirato pesantemente aggiunse – mi farò carico di portare Edgar.

  • Cosa? – l’omino strabuzzò gli occhi – no … no … cammino. Cammino, Milo. Io cammino. Non voglio essere portato come una donzella da salvare.

  • Non dire stupidaggini, non sei in grado di camminare, guarda i tuoi piedi.

Edgar abbassò lo sguardo e notò che, compressi all’interno dei suoi calzari, i suoi piedi trasformatisi in salsicciotti gonfi, stavano cambiando velocemente colore a causa del freddo e del gelo. Se avesse mosso un passo, era sicuro, che sarebbero andati in mille pezzi come un bicchiere di vetro rotto. Di malavoglia, quindi, accettò di essere preso in spalla da Milo, che sorridendo gli consigliò di mangiare meno e di mettersi a dieta.

Camus non disse nulla e non contradisse il suo amico, ma inginocchiandosi, dopo aver sistemato una ciocca di capelli di Mya, la prese delicatamente fra le sue braccia e la poggiò sulle sue spalle. La ragazza inconsciamente si strinse a lui, adagiandosi più comodamente, senza mai svegliarsi.

Il cavaliere di Aquarius si ritrovò suo malgrado a sorridere malinconicamente. Sapeva di essere la causa del dolore di Mya e pur non potendo ricambiare quei sentimenti provò un profondo affetto nei confronti di quell’essere troppo sensibile e delicato per quel mondo.



-



Saga, immerso nelle acque termali della vasca posta alle spalle della Sala Grande osservava pensieroso il soffitto. Sentiva il cosmo dei due cavalieri d’oro avvicinarsi sempre più a lui e percepiva in loro dubbi e domande che cercavano risposte a cui probabilmente non sarebbe riuscito a sottrarsi.

Calliope lo aveva rassicurato sul fatto che avrebbe pensato a tutto lei, ma come? Il cavaliere di Virgo aveva grandi poteri e una volta mangiata la foglia sarebbe stato difficile perfino per lui pensare di sconfiggerlo.

Il male non può sconfiggere il bene.

Quella maledetta voce si presentò a lui ancora una volta. Come un tarlo, l’aveva punzecchiato da quando tutto era cominciato. Per quanto si fosse impegnato nel corso degli anni, non era mai riuscito a spengere del tutto la sua voce. In una notte di follia aveva perfino pensato di ucciderla. Ma per uccidere lei avrebbe dovuto pugnalare se stesso.

Per fortuna era rinsavito in tempo per rendersi conto che era la sua coscienza a gridare la loro morte. Ma lui voleva vivere e nel farlo voleva essere sicuro di poter mantenere il controllo e il potere che tanto faticosamente aveva conquistato.

Tradendo. Uccidendo. Macchiandoti dei crimini più efferati.

Scrollò la testa per scacciare quella fastidiosa voce. Aveva tradito, era vero, ma era stato tradito prima lui. Non era forse vero che Shion gli aveva preferito Aiolos, truffando la sua fiducia?

Vuoi dire la tua ambizione, forse?!?

Aveva ucciso. Shion. Fatto uccidere. Aiolos. Aveva spinto i cavalieri di saldi principi a fidarsi di un essere che principi non aveva.

Tutto per sete di potere.

Si. Tutto per sete di potere. Ma aveva comunque cercato di seguire la strada giusta per mantenere la giustizia e l’ordine in quel mondo.

Balle! Hai pensato solo a te stesso.

Si alzò, facendo strabordare l’acqua dalla vasca, e con un gesto nervoso indossò l’asciugamano e si diresse alla sala del Gran Consiglio.

Era stanco di sentire quella voce. Doveva imparare a tenerla a bada. Non poteva ucciderla, ma doveva annichilirla e renderla inesistente. Ne andava della sua salute e del suo regno.

Chiamò a gran voce Calliope, ma della donna neanche l’ombra. Dopo essersi vestito, si sedette nuovamente sul trono e cominciò a cercare il cosmo della Sacerdotessa. Impiegò molto tempo, ma sapeva cosa doveva cercare, per cui alla fine riuscì ad individuarlo all’entrata della Tredicesima Casa, in attesa dell’arrivo di Shaka e Aiolia.

Decise di aiutare quella donna, non perché le importasse di lei, ma perché sapeva che gestire due cavalieri d’oro non era così semplice ed inoltre non voleva dover affrontare il cavaliere di Virgo. Si sarebbe dedicato, quindi al giovane e inesperto leone, lasciando l’altro alle cure di Calliope.

Si alzò e con rapido passo uscì dalla sala. Prima di farlo, però, invocò l’armatura dei Gemelli, che dopo tanti anni tornò alla luce.











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Capitolo 28
*** Capitolo XXVIII - Il coraggio del cavaliere di Pegasus ***


Capitolo XXVIII

Il coraggio del cavaliere di Pegasus







La presenza di Shaina aveva impedito a Maya di portare a termine il compito assegnatele dalla madre. Troppo pedante ed invadente la sacerdotessa guerriero per pensare di evitarla, e troppo forte per riuscire a sconfiggerla. Erano così giunte ad Asgard, senza che lei potesse in alcun modo nuocere a Lady Hilda.

Una volta giunte a casa, i cavalieri al servizio della celebrante di Odino le avevano accolte con mille domande a cui si erano sottratte con non poche difficoltà. Lady Hilda aveva cercato di minimizzare le accuse mossele dal Santuario e aveva tessuto le lodi dei cavalieri d’oro che l’avevano protetta, senza però scendere nel dettaglio.

In un primo momento i cavalieri a lei fedeli si erano mostrati disposti a muovere verso il Grande Tempio di Atene, non riuscendo a comprendere del tutto la sua ritrosia. Si era trincerata in un richiamo alla ragionevolezza e nella volontà di mantenere la pace ad ogni costo. Per fortuna in suo aiuto arrivò una lettera fatta giungere dal Santuario di Atene, il Grande Sacerdote in persona si era scusato con lei e con il suo popolo per l’increscioso equivoco.

Non si faceva alcun cenno alle accuse mosse da Calliope, al motivo del dietro front del ministro di Athena e di cosa fosse successo alla Sacerdotessa. Solo delle scuse che a Hilda erano sembrate prive di significato. Aveva dovuto attraversare l’inferno, affrontando battaglie, gelo e nemici superiori alle sue forze e solo l’aiuto di Camus le aveva permesso di sopravvivere e di tornare a casa sana e salva.

Al pensiero del cavaliere di Aquarius la tenerezza le si insinuò nel cuore. Si era concessa a lui senza il minimo dubbio o il minimo ripensamento. Perché una donna avveduta e riflessiva come lei, aveva ceduto così facilmente a quell’uomo? Anzi, lo aveva spinto lei nel baratro del piacere. Ripensò alla loro notte di fuoco e al modo sfrontato in cui lo aveva stuzzicato e forse sedotto, ma non se né vergognò né pentì. Quelle sue parole, urlate nella bocca di Ade per ridestarla dal sonno della morte le erano entrate nel cuore. E avevano funzionato, consentendole di tornare da quell’inferno. E ora sentiva la sua assenza come un macigno.

Si era arrabbiata, con lui e con il destino, quando aveva preferito mantenere fede ad una promessa fatta dal suo amico, piuttosto che seguirla fino a lì. Si era sentita egoista a provare quel sentimento e se ne avesse avuto l’occasione avrebbe fatto di tutto per convincerlo a seguirla, anche seducendolo ancora una volta. Immersa nei suoi pensieri non si avvide dell’arrivo di Maya e quando lo fece si sentì una stupida a non aver compreso prima le intenzioni della ragazza.





-



Prima che potessero entrare nel palazzo di ghiaccio, i due cavalieri d’oro furono fermati da quello che Camus riconobbe essere il più potente tra i cavalieri di Asgard: Siegfrid. Insieme a lui vi erano Hagen e Mime. Siegfrid intimò loro l’alt, usando un tono fermo ma non scortese:

  • Salute Cavaliere di Aquarius. A cosa è dovuta la vostra visita e quella del vostro compagno d’armi?

Edgar sentendo quelle parole considerò che i tre tizi non lo avevano preso minimamente in considerazione, anche se addosso aveva l’armatura di Pegasus. Arrivò a domandarsi se avessero realizzato che lui fosse lì.

Camus portava sulle spalle un’addormentata Mya. Benchè avesse urgenza di raggiungere Hilda, non aveva avuto il cuore di svegliare la ragazza. Cercò di rivolgersi a Siegfrid con tono calmo e freddo:

  • Siamo venuti ad accertarci che Lady Hilda sia tornata salva ad Asgard.

  • Vi ringrazio per la premura e per il prezioso aiuto che le avete fornito nella fuga. – un sorriso curioso comparve sul volto del cavaliere di Asgard – anche se alla fine non si è capito molto bene a cosa fosse dovuta questa fuga.

  • Cosa volete dire? – Milo lo guardò incuriosito.

  • Il vostro Grande Sacerdote ha fatto consegnare una lettera in cui si scusava per le ingiuste accuse addossate alla nostra signora.

  • Evidentemente si è reso conto che le accuse mosse erano prive di fondamento, non mi sembra che questo sia strano.

  • Già …

  • Che cosa state pensando? – il custode delle energie fredde osservò Siegfrid con sospetto.

  • Il fatto è, cavalieri di Athena, che il vostro comportamento non è mai stato onesto e limpido.

  • Comprendo il vostro disagio – Camus dovette dare fondo a tutta la sua pazienza per non spostare di peso i tre cavalieri di Asgard, tanto era la sua agitazione per le sorti di Hilda – ma io e il mio compagno d’armi siamo uomini d’onore, nessuno può dire il contrario …

  • Forse perché non è sopravvissuto – Mime li guardò di sottecchi, ma non aggiunse altro al commento pungente.

  • E se vi dico che Lady Hilda è in pericolo – il cavaliere di Aquario non replicò a Mime e cercò di mantenere un tono neutro – dovete credermi, anche perché non ho motivo né secondi fini per fare questa affermazione.

  • Forse … - Siegfrid rispose distrattamente - … o forse avete dei motivi che noi non conosciamo …

  • Facciamola breve, cavaliere – Milo si intromise velocemente in quanto si accorse che le parole del cavaliere di Asgard, così pungenti e velate, avevano instillato in Camus il dubbio che i servitori di Hilda avessero compreso il sentimento che lo muoveva a comportarsi in maniera così frettolosa – vi stiamo dicendo che la vostra regina è in pericolo. Fateci passare in modo che risolviamo la questione.

  • E noi vi stiamo dicendo – Hagen si sentì in diritto di intervenire, visto il tono brusco dell’altro – che non siamo convinti delle vostre intenzioni.



Edgar, osservando gli altri cavalieri, si rese conto che la situazione non si sarebbe risolta velocemente: benchè Camus e Milo avessero tutte le migliori intenzioni, i loro modi, dettati dalla fretta, stavano insospettendo i cavalieri di Asgard, i quali non li avrebbero fatti passare fintanto che non fossero stati convinti della bontà delle loro azioni.

Si guardò intorno, indeciso, ma poi si accorse che nessuno in quel corridoio stava facendo caso a lui. Probabilmente nessuno sapeva o si ricordava della sua presenza. Fu così che decise di passare di fianco ai cavalieri di Asgard e di inoltrarsi nei corridoi del castello, alla ricerca di Lady Hilda. Se i sospetti di Camus erano veri, avrebbe incontrato con la donna la giovane Maya, intenta ad attentare alla sua vita. In cuor suo pregò che il cavaliere di Aquarius avesse commesso un grave errore, ma nel frattempo tentò di prepararsi psicologicamente ad affrontare come un nemico la ragazza dai capelli rossi.



-



Lady Hilda osservò Maya come se fosse la prima volta che la vedeva. Forse era così. Nella sua ingenuità, o forse superficialità, non si era mai accorta di quanto quella ragazza la detestasse. Ora lo scopriva dai suoi occhi e dal modo in cui la stava guardando. Con il pugnale in mano, Maya la osservava disgustata e arrabbiata.

La celebrante di Odino spostò il suo sguardo verso la finestra che dava nel cortile. Li, in quel giardino, per la prima volta aveva conversato in maniera non ufficiale con Camus. Ricordava perfettamente lo sguardo del cavaliere e il modo impacciato con cui si era rivolto a lei. Rammentò che in quel momento la cosa la fece sorridere: scoprire che uno dei cavalieri più letali del Grande Tempio di Atene fosse in realtà un ragazzo impacciato e titubante l’aveva divertita e sorpresa.

Ora si rendeva conto di quanto fosse sbagliato il suo primo giudizio. Sorrise amaramente al pensiero della sua incapacità a comprendere i moti dell’animo umano. Aveva pensato erroneamente nel giorno in cui Maya aveva voltato le spalle a sua madre e aveva deciso di rimanere ad Asgard che lo avesse fatto perché in fondo aveva compreso che le ragioni di Calliope non erano valide e giuste. Invece era stato solo un modo per tenerla d’occhio, in attesa del giorno in cui si sarebbe presa la sua vendetta e ciò che riteneva essere suo.

Si voltò verso la ragazza dai capelli rossi, con lo sguardo più severo che potesse mostrarle. Lei era, pur sempre, la celebrante di Odino e non per sua scelta, ma per volontà divina. Questo doveva ribadire a Maya:

  • Immagino che tu voglia riprenderti ciò che pensi essere tuo.

  • Essere la celebrante di Odino. Questo mi spetta. E questo mi riprenderò, sì.

  • Capisco – Hilda sorrise – e come farai con tua sorella Mya?

  • A lei non interessa – Maya la osservò e poi diede l’affondo alla sua rivale – a lei interessa solo una cosa … Camus … il tuo bel cavaliere.

  • L’amore non si può imporre – Hilda continuò a sorridere – e Mya lo sa. Sa che Camus non ricambia i suoi sentimenti come tu sai in fondo che il trono di Asgard non ti spetta.

  • Quando tu morirai sarà mia sorella a consolare il tuo bello. E se lui sarà così stupido da non ricambiare, tanto peggio.

  • Sei una ragazza arida.

  • Arida? Ah ah ah ah – Maya rise – ti sbagli … sono solo decisa ad ottenere quello che voglio.

  • E allora cosa aspetti? – Hilda aprì le braccia – uccidimi.

  • Che donna ridicola che sei. L’unica cosa che ti ho sempre visto fare è attendere che uno dei tuoi cavalieri ti venisse a salvare. Usi la tua bellezza come merce di scambio per i tuoi interessi.

  • Pensi veramente questo di me? – Hilda la guardò sorpresa

  • Cosa altro dovrei pensare? Sei crudele e priva di scrupoli. Hai cacciato mia madre e mia sorella perché non si sono piegate al tuo volere.

  • Non era il mio volere … ma quello di Odino – Hilda rispose stancamente.

  • Hai accettato la mia presenza mal volentieri. Non ti ho dato spunti per cacciare anche me, ma hai fatto in modo che la tua corte mi escludesse.

  • Non è la mia corte e sei tu che ti sei estraniata da tutto e tutti con il tuo atteggiamento scostante.

  • Hai raggirato i tuoi cavalieri e con le tue moine li hai tenuti al guinzaglio come cagnolini.

  • Loro sono qui per difendere Odino e me in quanto celebrante. Lo farebbero con chiunque altra al posto mio.

  • Anche Siegfrid? – sul volto di Maya si formò un sorriso impertinente – anche lui ti è vicino solo in virtù della tua posizione?

  • Che cosa vuoi dire? - Hilda la guardò sorpresa.

  • E’ evidente che è innamorato di te ed è evidente che tu gli hai fatto credere di ricambiare i suoi sentimenti.

  • Ti sbagli. Lui è devoto a me in quanto celebrante di Odino ed io sono grata a lui per il supporto indispensabile che mi ha fornito in tutti questi anni.

  • Ci credi veramente a quello che dici? – Maya la guardò dubbiosa

  • Io … - Hilda cominciò a domandarsi se veramente la sua capacità di giudicare le persone fosse così inconsistente.

  • E’ incredibile – Maya la guardò quasi infastidita – la tua capacità di giudizio è veramente assurda. Neanche ti sei accorta dell’amore di Siegfrid e non hai minimamente pensato alle conseguenze delle tue azioni e del tuo comportamento con Camus!

  • Che cosa vuoi dire?

  • Non hai pensato a Siegfrid e non hai pensato a Camus. Che cosa dovrebbe fare il cavaliere di Aquarius secondo te per portare avanti questo vostro amore?

  • Io … - Hilda guardò ancora una volta fuori dalla finestra – forse tu hai ragione. Sono stata superficiale e incapace di comprendere i moti dell’anima delle persone che mi circondano. Ma credimi quando ti dico che non si può governare il cuore con la mente. Si ama e basta, senza pensare al futuro o al passato. E in ogni caso non sono io che ho scelto di essere celebrante di Odino, è stato il Fato che ha deciso.

  • Il Destino può essere cambiato … deve essere cambiato! Io lo cambierò, uccidendoti!



Maya, piena di rabbia, si scagliò verso Hilda con il pugnale stretto in mano, ma prima che la lama sprofondasse nella carne, si bloccò addosso ad un muro di bronzo, emettendo un suono stridulo. La ragazza alzò gli occhi e incontrò lo sguardo dell’unica persona che non avrebbe mai voluto vedere lì.

  • Per fortuna che il Grande Mu sa il fatto suo! –Edgar si massaggiò la parte dell’armatura che copriva il suo petto – altrimenti chissà in che mondo sarei finito.

  • Che cosa fai tu qui?



Maya abbassò il pugnale, ma prima che Edgar potesse toccarla, con un balzo si allontanò da lui e da Hilda. L’ometto le sorrise:

  • Che stai combinando Maya?

  • Non sono affari tuoi!

  • Non siamo amici io e te? – Edgar mosse un passo verso di lei.

  • Mai pensato che lo fossimo – lei indietreggiò.

  • Io sono tuo amico … sento di esserlo – l’ometto fece un altro passo.

  • Ti sbagli … io non sono tua amica! E tu non lo sei per me. Sei niente per me.

  • Va bene – Edgar sembrò deluso da quella risposta – ma sono comunque amico di Camus, lui mi considera suo amico e gli farei un torto se non utilizzassi tutte le mie forze per proteggere la donna che lui ama.

  • Camus! Pensi veramente che lui ti consideri suo amico? Sei un ingenuo Edgar – Maya cominciò a sorridere in maniera crudele – come può considerare amico un uomo ridicolo, goffo e brutto?

  • E’ così che tu mi vedi? – Gli occhi di Edgar le si puntarono addosso.

  • Io … cosa c’entra? Tu sei così … non è quello che dici sempre?

  • Si, è vero … io dico di essere goffo, brutto e ridicolo perché è così che mi sento … ma … - Edgar sorrise – Camus … Milo … e Aiolia … non mi vedono così … me lo hanno detto e dimostrato … e anche se mi vedessero così a loro non interessa … dicono che ho un cuore grande e che sono coraggioso … e sai … in effetti … si … mi sento coraggioso … e sento di volere loro bene e perciò non consentirò a nessuno di farli soffrire.

  • E allora sei un mio nemico! – Maya lo guardò con disprezzo – perché la donna che hai deciso di proteggere è una mia nemica.

  • Io non sono tuo nemico, Maya. Sono amico di Camus, ma non per questo sento di essere tuo nemico – Edgar sorrise – tu mi piaci Maya … e io non voglio essere nemico di una persona che mi piace. Io non ti piaccio? Non ti sono almeno un po’ simpatico?

Maya lo osservò, la mente persa dietro le ultime parole che quell’ometto ridicolo aveva pronunciato. Se all’inizio del loro viaggio lo aveva trovato insulso e privo di attrattiva, nel corso dei giorni passati insieme, aveva imparato a conoscerlo e anche lei, come del resto i tre cavalieri d’oro suoi amici, si era sciolta nel suo immenso cuore.

Come poteva dirgli che non lo riteneva suo amico, quando lui invece si sentiva tale? Non voleva ferire il suo cuore, ma non poteva neanche deludere sua madre. Scosse la testa furiosamente perché lei non voleva trovarsi in quel vortice di indecisione.

Perché non riusciva a vedere il futuro di Edgar? Perché anche nelle visioni di sua sorella non riusciva fino in fondo a comprendere cosa sarebbe potuto accadere a quel tizio strano? L’indecisione su cosa fare e come rispondere le fu fatale, perché mentre lei rimuginava su quelle parole, alle sue spalle Shaina entrò senza farsi sentire e con il primo calcio secco la disarmò, mentre con il secondo la fece cadere ai piedi di Edgar. La sacerdotessa guerriero era pronta a scagliare l’ennesimo colpo, quando Edgar le si parò davanti:

  • Ferma!

  • Togliti – Shaina tolse il piede, ma non abbassò la guardia – è da un po’ che osservo il suo comportamento e so che non ha buone intenzioni.

  • Non farà del male a nessuno – l’ometto si voltò verso Hilda – vi prego, Lady Hilda, ne sono sicuro.

  • Edgar spostati! – Shaina tentò di spostarlo di peso, ma quello per tutta risposta si inginocchiò e con il suo corpo nascose Maya alla furia della donna – ti ho detto di spostarti! Non voglio farti del male, perciò spostati!

  • No! – l’ometto tirò su con il naso – Maya non è cattiva, ha solo bisogno di comprensione e tu con il tuo comportamento la irrigidisci e la spaventi! Lady Hilda vi prego.

  • Io …

Hilda abbassò lo sguardo, non riuscendo a sostenere quello dell’ometto. Avrebbe voluto credergli, ma dubitava che nel cuore di Maya, come in quello della madre, potesse esserci un sentimento buono.

Il suo gesto venne interpretato da Shaina come un invito a procedere e così, seppur a malincuore si ritrovò a lanciare uno dei suoi colpi verso Edgar e Maya. L’omino fece da scudo alla ragazza, assorbendo il colpo devastante del cavaliere di Ofiuco e così i due si ritrovarono ad essere lanciati addosso al muro.

Nell’istante esatto in cui Edgar sbattè violentemente addosso alla parete, Milo, Camus, Siegfried e Mime entrarono nella sala. I cavalieri di Asgard, dopo aver dato una rapida occhiata all’ambiente corsero verso la celebrante di Odino, pronti a difenderla da ogni pericolo. Camus rimase immobile, lo sguardo prima su Hilda per sincerarsi che lei stesse bene e poi su Edgar e Maya, svenuti e riversi sul pavimento.

Milo, invece, dopo aver osservato Shaina e compreso quanto accaduto, si inginocchiò sui due malcapitati per sincerarsi che non si fossero fatti troppo male. Poggiando la mano sulla nuca dell’ometto, la sentì bagnarsi e quando la sollevò la ritrovò ricoperta di sangue. Una rabbia ceca lo attraversò. Si alzò così velocemente che fece sussultare Shaina, mettere in posizione di attacco i due cavalieri delle terre del Nord e far irrigidire ancora di più Camus. La sua furia si riversò sulla giovane guerriera:

  • Ma che ti è saltato in mente? Edgar è un nostro alleato e tu lo hai quasi ucciso con quel tuo dannato colpo!

  • Dovevo proteggere la regina di Asgard.

  • Vuoi dire che Edgar ha cercato di uccidere Hi … Lady Hilda? – Camus si voltò ad osservarla, cercando di mantenere un tono distaccato, anche se i suoi muscoli fremevano.

  • No. Ma lui si ostinava a coprire Maya e io non potuto fare diversamente.

  • Tu non hai potuto fare diversamente? – Milo mise sul bel volto un sorriso di scherno.

  • Si – Shaina si adirò – io non ho potuto fare diversamente!

  • Edgar mi ha salvato da Maya – Hilda si schiarì la voce, incapace di distogliere lo sguardo dagli occhi di Camus – ma poi ha impedito a Shaina di intervenire, sostenendo che Maya non voleva veramente uccidermi …

  • Edgar ha ragione – nella stanza entrò Mya che vedendo la sorella svenuta ebbe quasi un mancamento.

  • E’ solo svenuta, non si è fatta nulla di grave – Camus la sostenne, impedendole di cadere a terra. Il gesto non sfuggì a Hilda – Edgar l’ha protetta.

  • La guerriera di Athena ha reso un grande servigio ad Asgard e noi le siamo grati – Siegfrid cercò di mantenere un tono solenne e una postura rigida, anche se dagli sguardi che aveva visto scambiarsi tra Hilda, il cavaliere di Aqaurius e Mya, si era reso conto che qualcosa fra di loro era successo. Non sapeva cosa, ma intuiva che qualunque cosa fosse non gli sarebbe piaciuto scoprirlo.

  • A me non interessa se quello che vi ha offerto è un servigio grande – Milo si inginocchiò nuovamente su Edgar e con un gesto per lui inusuale, gli sistemò la testa in modo da metterlo più comodo – io trovo solo che abbia esagerato.

  • Ho solo fatto quello che ritenevo più opportuno per difendere Lady Hilda.

  • Edgar non poteva essere per te un pericolo – le parole di Camus ferirono Lady Hilda – tanto più che era convinto di poter fermare Maya.

  • Avanti Camus! Hai voglia di scherzare? – Shaina si accalorò, sapeva che Milo era un incosciente privo di obiettività, ma del cavaliere di Aquarius non aveva mai avuto modo di dubitare – veramente pensi che Edgar avrebbe potuto risolvere la situazione?

  • Mi sembra che lo stesse già facendo – Camus alzò un sopracciglio e poi, evitando di guardare Hilda, volse il suo sguardo sul corpo esanime di Edgar e un moto di rabbia lo attraversò – non dubito della sua capacità di giudizio e delle sue doti.

  • Avreste dunque rischiato la vita di Hilda per la vostra fede in questo ometto? – le parole di Siegfried, così dirette e schiette, divennero degli stiletti nel cuore di Hilda.

  • Edgar è un cavaliere di Athena – Milo rispose con rabbia al cavaliere di Asgard e poi volse nuovamente il suo sguardo furente verso Shaina – e tu più di chiunque altro dovresti sapere cosa questo significa.

  • Il vostro giudizio è annebbiato dal vostro affetto per questo omino ridicolo e privo di virtù!

  • Ora basta! – Milo perse definitivamente la pazienza – ne risponderai a me dei tuoi gesti esagerati e delle tue parole sconsiderate.

  • Io sono pronta – Shaina, come se non aspettasse altro, si mise in posizione di attacco

  • Non qui. Non voglio che qualcuno dei presenti si sentisse in dovere di intervenire – Milo sorrise crudelmente e sulla schiena di Shaina un brivido si affacciò – Camus ti affido il nostro prode cavaliere. E tu, seguimi.

Milo non attese nessuna replica dai presenti e uscendo dalla sala si incamminò nel corridoio, seguito da Shaina.

Camus provò un po’ di pietà per il cavaliere di Ofiuco: perfino lui avrebbe avuto timore a scontrarsi con il cavaliere di Scorpio in quel momento. Mya lasciò il braccio del cavaliere di Aquarius e si avvicinò ai due essere ancora svenuti, ma prima che potesse sincerarsi delle condizioni di sua sorella, Hagen, giunto anch’egli nella sala, si inginocchiò e dopo averle sentito il polso ed essersi scambiato un gesto di intesa con Mime, la prese in braccio ed uscì, seguito dall’altro. Camus fece la domanda per Mya:

  • Che cosa le accadrà?

  • Verrà processata per aver attentato alla vita della celebrante di Odino – Siegfrid nel parlare pose un braccio sulla spalla di Hilda, come a sottolineare il confine di Asgard e della sua regina – e se sarà giudicata colpevole le verrà sottratta la vita.

  • No … vi prego … - Mya cominciò a piangere e non riuscendo a gestire il peso di quella situazione si appoggiò ancora una volta al petto del cavaliere di Athena – mia sorella non è cattiva …si sente solo in colpa verso mia madre … vi prego.

  • Mi dispiace, ma questa è la legge di Asgard.

Hilda pronunciò quelle parole con distacco. Vedere quella ragazzina perdersi ancora una volta tra le braccia dell’uomo che fino a pochi giorni prima aveva stretto lei la innervosì. Si sentì ridicola a provare quel sentimento di gelosia, così poco adeguato in quel momento, ma quel gesto, unito alla scelta di Camus di difendere comunque Edgar, la resero fragile.

Sentendo di non riuscire a gestire la situazione decise di uscire dalla sala, non prima però di aver chiesto a Siegfrid di procurare una stanza per il cavaliere svenuto e un medico per sincerarsi delle sue condizioni e non prima di aver lanciato uno sguardo carico di emozioni contrastanti verso il cavaliere di Aquarius. L’uomo però sembrò non cogliere le domande implicite contenute in quegli occhi smarriti, perché invece di regalarle delle risposte, distolse il suo bellissimo sguardo verso l’ometto buffo.



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Capitolo 29
*** XXIX - Incomprensioni e chiarimenti ***


Capitolo XXIX

Incomprensioni e chiarimenti





Edgar aprì gli occhi, stordito e dolorante. Cercò di tirarsi su, ma un dolore lancinante alla testa glielo impedì. Tentò allora di mettere a fuoco il soffitto della stanza e i suoi ricordi. Il primo non gli trasmise nessuna emozione né ricordo: era certo che non fosse quello di casa sua, né quello della sua stanza nella camerata al Grande Tempio.

Non era neanche quello della casa di Aiolia, però dal freddo che penetrava nelle sue ossa considerò la possibilità che potesse appartenere ad una delle camera della dimora del gelido cavaliere di Aquarius. Cercò di voltarsi alla sua destra per mettersi di fianco e per alzarsi dal letto, o almeno tentò di farlo. Non riuscì nell’impresa, ma raggiunse l’obiettivo di spostarsi almeno un po’. Giusto il necessario per trovarsi a guardare, sdraiata accanto al suo letto, una Shaina svenuta, bendata e priva di maschera.

La trovò bellissima, immersa nel sonno che la rendeva immobile. Poi un fulmine lo colpì. Si alzò di scatto, contro il dolore e contro il dolore del provare dolore.

Una volta seduto tentò l’impossibile gesto di alzarsi, ma ricadde sdraiato, stremato e privo di forze. La ragazza accanto a lui sussultò. Probabilmente anche lei in preda a dolori simili a suoi.

Edgar si voltò ancora una volta e il suo sguardo incontrò quello di Shaina. L’ometto chiuse immediatamente gli occhi:

  • Sei priva di maschera. So che non posso guardarti. Ti prego, rimettila perché non voglio morire.

La ragazza eseguì meccanicamente la sua richiesta e sopportando dolori lancinanti, allungò il braccio verso il comodino, afferrò la maschera e la indossò.

Edgar allora riaprì gli occhi e impaurito le domandò:

  • Ti prego, Shaina, non dirmi che sono stato io a ridurti così!?!

  • Tu? – la ragazza spalancò gli occhi, incredula – come puoi pensare di essere stato tu!?!

  • Beh! L’ultima cosa che ricordo è il tuo calcio. Poi mi sveglio e ti trovo accanto a me! Cosa dovrei pensare secondo te?

  • Di certo non che tu possa avermi ridotto così!

  • In effetti … - Edgar la guardò mortificato. Neanche se lo avessero allenato tutti e dodici i cavalieri d’oro sarebbe mai riuscito a ridurre una guerriera indomita come lei in quello stato - … ma allora chi è stato?

  • Il tu caro amico Milo! – Shaina soffiò quel nome con rabbia – e se non fosse intervenuto l’altro tuo amico, Camus, stai certo che mi avrebbe ucciso … e tutto per colpa tua!!

  • Colpa mia? – fu il turno di Edgar di spalancare gli occhi per la sorpresa – che vuoi dire?

  • Che Milo si è talmente arrabbiato per il fatto che ti ho colpito che ha pensato bene di farmela pagare …

  • Milo … ti ha ridotto così per me? Ma è meraviglioso! – Edgar tentò ancora una volta di alzarsi su e, complice l’immensa gioia per la conferma ricevuta, superò il dolore e riuscì a rimanere seduto almeno per dieci secondi. Poi ricadde sdraiato.

  • Meraviglioso? Certo … come no … meraviglioso!

  • Raccontami ti prego ...



Un furente Milo procede con passo svelto verso il giardino esterno. E’ talmente arrabbiato che a malapena evita di buttare giù un paio di soldati e perfino un cavaliere di Asgard.

Shaina lo segue, anche lei arrabbiata. Trova esagerata la reazione del ragazzo. In fondo lei non ha fatto altro che adempiere al suo servizio. Doveva proteggere la celebrante di Odino e lo ha fatto. Se quello stupido di Edgar ha deciso di mettersi in mezzo non è certo colpa sua.

Usciti in giardino, Milo la invita a prepararsi allo scontro. Non parla, non ne ha bisogno. E’ sufficiente un suo sguardo. E’ in quello stesso sguardo, gli occhi di Shaina si perdono e le sue gambe cominciano a tremare. Le passa per la testa il pensiero assurdo che così, furente e arrabbiato, Milo è così bello.

E’ della sua vita che si sta parlando e un pensiero così frivolo non può attraversare la sua mente. Si infervora e pronta a dare battaglia assume la posizione d’attacco. Lo osserva sfilarsi l’armatura e la rabbia le sale ancora di più:

  • Che diavolo stai facendo?

  • I tuoi colpi non potrebbero nulla contro di essa. Non sono così meschino da farti combattere in così disastrose condizioni.

  • Allora anche io mi priverò della mia.

  • Brava! – un ghigno crudele compare sul volto del ragazzo e Shaina, inconcepibilmente prova piacere ad osservarlo – così morirai in men che non si dica.

  • Sei uno sbruffone arrogante!

  • E tu una sprovveduta incosciente! – il sorriso scompare e sull’indice della mano di Milo compare un unghia rossa cremisi – come hai potuto prendertela con un uomo pacifico come Edgar!?!

  • Te l’ho detto! Si è messo in mezzo …

  • E tu lo hai punito per questo.

  • Ho solo protetto la regina di Asgard.

  • Balle! Hai solo voluto rimetterlo al suo posto perché ha osato contraddirti!

  • Cosa? – Shaina, senza indugiare oltre prova a colpirlo con il suo colpo, ma Milo senza scomporsi lo evita – Co … sa? Come è possibile … non ti sei neanche mosso!

  • Sei tanto ingenua quanto arrogante. – il sorriso di Milo diventa indisponente e questo la innervosisce ancora di più. Altro attacco che va a vuoto. – ancora non hai capito che non puoi colpirmi? Sei troppo lenta, ragazzina.

  • Lo vedremo! – Shaina sta per scagliare un altro colpo, ma prima che possa alzare il braccio si ritrova attaccata ad un albero con il corpo di Milo che la sovrasta, impedendole ogni movimento.

  • Non vedremo proprio niente! – il cavaliere dello Scorpione le punta il suo dito, sfiorandole il collo con la sua unghia – non sono mai stato così arrabbiato come ora, Shaina, credimi. Mi ero ripromesso di non colpirti più, ma la tua vigliaccheria non può essere perdonata.

  • Vigliaccheria? Come osi darmi della codarda? Sono qui e sto combattendo con te.

  • Questa è incoscienza … non coraggio … è da vigliacchi, invece, colpire un individuo che non è cavaliere.

  • Eppure mi sembra che ha un’armatura.

  • Andiamo sempre lì, vero? Ti scoccia che lui abbia ottenuto l’armatura di Pegasus e Cassius no.

  • Quell’armatura l’ha ottenuta con l’inganno e tu lo sai. Del resto come avrebbe potuto uno come lui ottenerla?

  • Edgar non ha mai ingannato nessuno!

Milo, che fino a quel momento ha combattuto la sua battaglia tra la ragione e la rabbia, alle parole di Shaina, perde lucidità. E’ stanco di sentire quelle accuse. Per lui Edgar è onesto, valoroso e coraggioso. Tutto il resto è aria e vuoto. Senza indugiare lancia il suo colpo, lo Scarlet Needle e la ragazza, urla e cade in ginocchio.

  • Dovrai fargli le tue scuse. Solo così ti risparmierò questo supplizio.

  • Scordatelo! – Shaina soffia quelle parole, perché per lei è inconcepibile chiedere scusa – non ho fatto nulla che richieda un tale gesto e non ho paura di te.

  • Come vuoi! – Milo lancia ancora un colpo ottenendo altre urla, ma non ancora la resa. Prova piacere ed eccitazione nel vederla soffrire e nel sentirla urlare. Si dà mentalmente del bastardo perché sa, in fondo, che non si fermerà finchè lei non lo scongiurerà di avere pietà.

  • Sei convinto che rimarrò qui a farmi colpire, vero? – Shaina con un grande sforzo si alza, dolorante, ma non ancora doma – ti sbagli! Io non ho fatto nulla di sbagliato. E non cederò … non cederò …

Altro colpo, altre urla, altro colpo, ancora urla. Eppure quelle parole di scusa non escono dalle sue labbra. E’ questo che fa infuriare Milo. Se in altre occasione avrebbe apprezzato la testardaggine di quella ragazza, ora non glielo perdona, perché è in torto ed è da vigliacchi non essere disposti ad ammetterlo. E allora le lancia addosso un altro colpo e un altro ancora. Dal corpo di Shaina il sangue comincia ad uscire copiosamente, ma lei, ancora non doma, tenta ancora una volta di alzarsi:

  • Non ti consentirò di piegarmi … non ti permetterò di dominarmi … non cederò mai all’amore …

  • Amore? – Milo spalanca gli occhi incredulo – ma cosa vai blaterando Shaina? Di quale amore parli?

  • Avanti … uccidimi … continua a colpirmi cavaliere di Scorpio … perché se non lo fai tu, sarò io a farlo.

Senza attendere una sua risposta, Shaina tenta di attaccarlo, ma priva di forza e di lucidità, inciampa finendo invece fra le sue braccia.

  • Non mi innamorerò mai di te … l’amore è per deboli … io non sono debole … me lo sono imposta di non esserlo … i deboli soccombono … non mi innamorerò di te … e dunque l’unica alternativa che ho è ucciderti … o farmi uccidere …

  • Ancora con questa storia? – le parole di Milo sono dure, ma il tono della sua voce è mitigato dallo stupore e dalla tenerezza che quella testardaggine ora gli suscita. Non è più Edgar il motivo per il quale non chiede scusa. – Ti ho già detto che a me non interessa nulla di questa storia …

  • Sei un arrogante! Tutto di te è arroganza! Neanche se tu fossi l’ultimo uomo sulla faccia della terra potrei mai provare ad innamorarmi di te … è una regola ed io devo rispettarla.

  • Le regole sono fatte per essere infrante …

  • Questo è il tuo pensiero che aggiusti secondo opportunità e convenienza. Io non lo ignorerò e non accetterò mai il fatto che debba soccombere a te.

Con un gesto brusco, Shaina si allontana da lui. Se non ci fosse l’albero cadrebbe a terra, talmente è stanca. Ma non può cedere. Ne va del suo onore di donna. E’ così difficile vivere in un mondo di maschi e per farlo deve lavorare il doppio degli altri. Possibile che quello stupido non comprenda il disagio che lei prova a dover sottostare ad una regola così umiliante? Non poter neanche essere libera di decidere chi amare! Quale ingiustizia per una donna. Eppure il suo onore non le consente di disobbedire. Sa che deve provocarlo perché vede in lui il dubbio e non vuole più procastinare questa storia.

  • Sei un essere privo di sentimenti. Fai finta di arrabbiarti per Edgar, ma la verità è che ti brucia il fatto che tu sei stato il primo a trattare male quel poveretto. Lo hai denigrato, torturato e preso in giro costantemente. Se non fosse stato per Camus lo avresti ammazzato prima di farlo giungere alla Tredicesima casa e solo perché non lo allenasse Aioria hai deciso di aiutarlo. Sei un ipocrita perché accusi me di essere quello che sei stato tu. E posso assicurarti che io non l’ho mai preso in giro e che l’ho attaccato solo per difendere Lady Hilda. Chi è ora l’arrogante?

Milo, colpito da quelle parole pungenti e velenose, perde ancora una volta la sua razionalità e lancia il suo Scarlet Needle. Sa che Shaina non arriverà alla fine e sa che la sua di fine è quasi giunta. Ma sentirsi quelle parole addosso lo ferisce, perché in fondo si sente in colpa con quel buffo ometto e non riesce a sentirsi addosso quella responsabilità.

La ragazza cade a terra svenuta, ma lui non ha pietà, non può averla perché non vuole essere smascherato nella sua ipocrisia. Ancora un colpo, ma quello, per fortuna si infrange nel muro di ghiaccio che Camus ha frapposto fra lui e la ragazza.

Si volta, pronto a colpire anche il suo amico, ma guardandolo negli occhi sa che non sarebbe la stessa cosa. Significherebbe colpire la sua coscienza, perché è quello che osserva nello sguardo di Camus:

  • Avanti dimmelo!

  • Cosa?

  • Sono un idiota … e lei in fondo ha ragione …

  • Non ha ragione – Camus abbassa le braccia, sa che Milo non lo attaccherà e che ha smesso di vendicare l’onore di Edgar – quando tu hai infierito su Edgar non lo conoscevi. Sei stato crudele, certo, e immaturo … ma poi hai avuto la capacità di comprendere che lui è qualcosa di più della sua buffa figura. Lei invece quando lo ha colpito sapeva bene chi aveva di fronte. Perciò non ha scusanti.

  • E allora perché sono io a sentirmi da schifo? – Milo sorride malinconicamente.

  • Perché sai di aver colpito un cavaliere che ti è inferiore.

  • Già – Milo sospira – in fondo ho fatto a lei quello che lei ha fatto ad Edgar.

Si volta verso di lei, svenuta, sfinita e priva di maschera. Nell’impatto con il terreno le si è sfilata, mostrandogli ancora una volta quel volto splendido ed invitante. Milo si inginocchia e con il palmo della mano le pulisce una guancia, sporca di sangue. Sorride tristemente al pensiero che quella ragazza preferisca morire piuttosto che innamorarsi di lui.

La gira, le prende le braccia e se le stringe al collo. Dopo averle passato le sue sotto le gambe, la alza come un fuscello. Chiede a Camus di prenderle la maschera e poi si dirige verso l’infermeria.



Edgar era rimasto in religioso silenzio ad ascoltare quel racconto. Poi, quando la ragazza si era interrotta aveva tirato su con il naso e aveva abbassato lo sguardo:

  • Ti chiedo scusa Shaina

  • Tu chiedi scusa a me? – la ragazza si sorprese – perché?

  • Beh … se non fossi stato così testardo nel difendere Maya tu non avresti dovuto colpirmi e Milo non si sarebbe sentito in dovere di difendermi. Ho combinato come al solito un gran casino. Però io so che Maya non è cattiva. E non potevo lasciare che tu la colpissi. Spero che questo tu possa comprenderlo.

  • Io ….

Shaina rimase senza parole. Si sentiva in difficoltà in tutte le questioni che riguardavano i sentimenti. Edgar era un uomo pieno di sentimenti e lei non riusciva a trattare con lui. Questa era la semplice verità. In fondo Milo e Camus avevano ragione. Conosceva quel buffo ometto e proprio in virtù di questo avrebbe dovuto fidarsi di lui.

Mentre la ragazza combatteva una battaglia silenziosa con la sua coscienza, alla porta dell’infermeria si affacciò Milo, preoccupato per le sorti di entrambi i pazienti, ma prima che i due si accorgessero di lui, Shaina riprese a parlare e il ragazzo decise di non entrare, curioso di scoprire cosa mai avesse da dire:

  • Edgar sono io che devo chiederti scusa.

  • Tu? – l’ometto la guardò stupito – e cosa mai devi farti perdonare.

  • Non dovevo dubitare di te … dovevo avere fiducia nella tua capacità di giudizio … perdonami.

  • Io … ah ah ah … no, ma figurati – Edgar divenne rosso in volto e schernendosi le sorrise impacciato – hai fatto solo quello che ritenevi fosse corretto.

Nella stanza calò il silenzio. Entrambi non sapevano cosa altro aggiungere. Milo decise di farsi vedere, ma la voce di Edgar lo fermò ancora una volta. L’ometto odiava i silenzi, vi aveva passato troppo tempo della sua vita, perciò ad ogni pausa, frapponeva le sue parole, a volte senza senso.

  • Che cosa è successo a Maya? Tu lo sai?

  • No, ma immagino che l’abbiano portata in prigione.

  • Pensi che le faranno del male?

  • Io non conosco le leggi di Asgard. Al Grande Tempio il Grande Sacerdote deciderebbe la punizione, ma qui sinceramente non lo so.

  • Allora spero che sia Lady Hilda a decidere. Magari posso chiedere a Camus di intercedere per Maya. In fondo Lady Hilda è affezionata a lui e magari sarà più buona se lui glielo chiede, non pensi?

  • Non saprei, Edgar.

Per fortuna Shaina indossava la maschera perché non era mai stata brava a mentire. Sapeva che in nessun luogo in cui vi fossero dei cavalieri e un Dio, potesse esistere una vera forma di misericordia se non quella di offrire ai traditori una morte meno dolorosa del previsto. Non aveva idea di quali fossero le leggi di quel luogo ma non dubitava che non fossero dissimili da altri posti come quello. La punizione per il gesto di Maya non poteva che essere la morte.

Anche Milo, appoggiato alla parete fuori dalla stanza stava pensando la stessa cosa, ma a differenza di Shaina pensava anche che un miracolo fosse possibile, perché ormai aveva compreso che quel buffo ometto sapeva parlare al cuore delle persone e magari, se si fosse impegnato, avrebbe potuto salvare anche quella ragazza dai capelli rossi, troppo stupida da comprendere la sconsideratezza del suo gesto folle. Le parole di Edgar inchiodarono entrambi:

  • Il fatto è che io penso di essere innamorato di lei e … insomma mi dispiacerebbe se le accadesse qualcosa di brutto. Certo, so che lei non può ricambiare i miei sentimenti, ma a me piace tanto e non voglio che le accada qualcosa di brutto.

  • Edgar … - Shaina sospirò – io ero convinta che ti piacesse Mya …

  • Certo … mi piace anche lei … ma Mya non ha mai avuto bisogno di me …

  • Per te quindi amare una persona significa aiutarla? – Shaina sorrise di quel bel pensiero e di quelle parole così strane, eppure così profonde.

  • Non solo … però … ecco … io non sono fatto per essere amato … posso solo amare … e amare significa volere aiutare l’altro, prendersi cura di lui … insomma … almeno … io penso questo.

  • E’ un bel pensiero, Edgar. Però non penso che tu non sia fatto per essere amato … tutti abbiamo diritto di esserlo, non pensi?

  • Si … certo … ma io sono troppo brutto e goffo … ma non preoccuparti … lo so … non sono triste per questo – Edgar sorrise – è più facile innamorarsi di uno come Milo che di me.

  • Dici? – Nella voce di Shaina si sentì tutta la sua perplessità.

  • Ehi … posso farti una domanda? Perché ce l’hai tanto con Milo? Ti sembra così assurdo poterti innamorare di lui? Voglio dire … preferisci morire piuttosto che prendere in considerazione l’alternativa? Vermanete?

  • Milo è arrogante e superficiale … io non posso amare un tipo del genere.

Il cavaliere dello Scorpio a quelle parole trasalì e spinto dalla sua irrefrenabile voglia di mettere a posto quella testa calda, si scostò dal muro, pronto ad entrare nella stanza, ma le parole di Edgar lo inchiodarono nuovamente lì.

  • Non è vero … non è questo il motivo. Io lo so che tu non pensi più questo di lui. Sai che non è così Milo. E’ impulsivo e a volte sconsiderato, ma è generoso e ha sentimenti profondi. Perché non puoi amarlo?

  • Io … - Shaina si sorprese a pensare a quanto quell’ometto riuscisse a mettere a nudo l’anima delle persone. Era forse questa la sua vera forza? – perché innamorarmi di lui è impossibile quanto riuscire ad ucciderlo …

  • Hai paura che non ricambi i tuoi sentimenti? – gli occhi di Edgar, curiosi ed indagatori le si piantarono addosso e a lei venne il sospetto che lui potesse guardare oltre la sua maschera.

  • No … non sono così codarda, Edgar. Ma non posso innamorarmi di lui … non posso … non voglio innamorarmi di lui perché alla fine so che in un modo o nell’altro la mia vita dipenderebbe da lui …

  • Cosa? – Edgar e Milo, dietro alla parete, non visto, non compresero quelle parole – che vuoi dire?

  • Milo è un cavaliere d’oro e per esserlo ha spinto se stesso oltre l’impossibile. Ha doti e qualità che chiunque può solo sognare. E non mi riferisco al suo aspetto, credimi. Anche io ho spinto me stessa fino a giungere al confine dei miei limiti, ma non sono ancora riuscita a superarli. E se mi innamorassi di Milo … - la voce di Shaina divenne quasi un sussurro – se mi innamorassi di lui so che rinuncerei a tutto … anche a quello che ancora non sono riuscita ad ottenere … non posso farlo … capisci, Edgar?

  • No – l’ometto rimase un po’ perplesso, ma alla fine sorrise – ma non ha importanza. Io non sono certo un genio … credo che tu sia già innamorata di lui, ma il tuo orgoglio non ti permette di ammetterlo. Tutto qui … è una cosa stupida … dovresti fare di tutto per ottenere il suo amore e non fare di tutto per farti ammazzare da lui … perché credimi, se continui così, prima o poi ci riuscirai.

  • E tu dovresti fare di tutto per ottenere l’amore di Maya … non pensi?

Le parole di Shaina si trasformarono in pugnali che colpirono il cuore di Edgar. In fondo lei aveva ragione, l’amore è così meraviglioso che ognuno dovrebbe dare il massimo per ottenerlo. Avrebbe mai potuto, però, aspirare a tanto? In fondo le parole di Shaina non erano poi così diverse dai suoi pensieri, quindi?

Mentre i due rimasero in silenzio a rimuginare sui loro pensieri e i loro dubbi, Milo decise che la cosa migliore che potesse fare in quel momento era andarsene. In fondo, dal suo punto di vista, il pensiero di Shaina era fin troppo comprensibile.

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Capitolo 30
*** XXX- Scontri ***




Capitolo XXX

Scontri









Shaka aveva lasciato proseguire Aiolia oltre la sala d’accoglienza del Grande Tempio. Lo aveva lasciato andare verso le stanze del Grande Sacerdote perché in fondo sapeva che la vera battaglia non si sarebbe svolta lì. Da quel luogo non sentiva alcun pericolo sopraggiungere, mentre intorno a lui un’aurea funesta e selvaggia stava crescendo a dismisura. A chi mai potesse appartenere quel cosmo così turbolento e devastante ancora non aveva avuto modo di scoprirlo, ma non dubitava che presto ne sarebbe venuto a conoscenza.

Per il momento, però, aveva deciso di seguire con la sua mente i passi del giovane cavaliere del Leone. Per quanto fosse forte e possente, il cosmo di Aiolia poteva spezzarsi in ogni momento a causa della sua fragile aggressività e lui, che un tempo non lontano, aveva promesso di proteggerlo, non avrebbe potuto consentire che qualcuno ne approfittasse.

Aiolia, ignaro delle attenzioni del cavaliere di Virgo, entrò con passo deciso nelle stanze di Arles: voleva delle risposte dal Grande Sacerdote ed era pronto a dare battaglia qualora non gli fossero giunte parole sensate all’orecchio.

In tutta quella storia aveva fatto fatica fin dall’inizio a comprendere il vero senso delle cose. Perché Edgar era diventato cavaliere? Perché, fra tanti, proprio quel buffo ometto? E perché proprio quell’armatura che si dicesse legata fin dai tempi dell’antichità al mito di Hades? E poi c’erano il tentativo di uccidere la regina di Asgard e Seyia.

Il pensiero del ragazzo trascinò inevitabilmente la sua mente verso il ricordo di Marin. In tempi come quelli, per un ragazzo come lui, un sentimento così possente come quello che provava nei confronti della sacerdotessa guerriera erano difficili da gestire.

Si era buttato anima e cuore in quell’amore, trascinando con se anche la titubante ragazza e solo ora si rendeva conto del gran casino in cui si erano andati a cacciare. L’amore non era cosa per cavalieri, di questo se ne rendeva conto solo ora. Eppure, ciò non di meno, non si era pentito di quello che aveva fatto. Se fosse morto in quell’istante, di tutti i rimpianti provati, quel bel ricordo non ne avrebbe mai fatto parte.

Un gelo improvviso lo avvolse e permeò le pareti della Sala. Se non fosse stato certo del fatto che Camus si trovava ad Asgard in quel momento, avrebbe pensato a lui e al suo ghiaccio eterno.

Si voltò in cerca della fonte da cui proveniva quel gelo. Mentre cercava inutilmente, alle sue spalle, gli arrivò un colpo veloce come il fulmine. Fu il suono che lo anticipava a consentirgli di scansarsi giusto in tempo per non essere colpito. Una voce si udì alle sue spalle:


  • E così ti saresti pentito di esserti lasciato andare con la bella sacerdotessa?

  • Dove sei? Esci fuori così che io possa affrontarti a viso aperto! – benchè fosse rimasto sorpreso da quelle parole che scoprivano i suoi pensieri più reconditi, Aiolia cercò di rimanere concentrato.

  • Non pentirti giovane guerriero. Della tua breve vita che finirà oggi, almeno ti porterai nell’al di là un piacevole ricordo.

  • Mostrati e sarai tu ad andare nell’al di là … mi preoccuperò io di mandartici!

  • Ah ah ah ah … divertente … - da un angolo nascosto Calliope uscì dall’ombra in cui si era rifugiata e gli sorrise – tu che sei la copia sbiadita di quel grande guerriero che era tuo fratello vorresti sconfiggere una con i miei poteri? E come pensi di farlo?

  • Così …


Aiolia raccolse tutte le sue energie e furente per le parole impertinenti pronunciate dalla donna si preparò a scagliare il suo colpo più potente, ma prima di riuscire a completare il suo Lighting Bolt, una nebbia fitta lo avvolse e una figura che scambiò per suo fratello gli apparve in lontananza. Il cavaliere di Leo, visibilmente confuso abbassò il braccio:


  • Fratello?

  • Riponi il tuo braccio e metti da parte la tua rabbia – la voce di Aiolos giunse alle sue orecchie possente e nitida – perché non ti è consentito scagliare il tuo colpo contro la prediletta del Grande Sacerdote.

  • Cosa? Ma cosa dici fratello? – Aiolia cercò di avvicinarsi, ma tanti passi faceva verso quell’ombra e tanto distante essa andava – mostrati in tutto il tuo splendore in modo che io possa riconoscerti.

  • Non ti è consentito attraversare il regno dei morti, come non è consentito a me farvi ritorno.

  • Sei veramente tu, dunque? - Gli occhi si sgranarono e il respiro si fece pesante nel giovane cavaliere

  • Non ti ho addestrato per abbandonare la via di Athena, pertanto riponi le tue armi fratello e lascia che Calliope decida del tuo destino

  • Cosa?


Sempre più confuso, Aolia abbassò la guardia, non rendendosi conto di divenire così un facile bersaglio per la donna che alle sue spalle si avvicinava impugnando la daga d’oro che il Grande Sacerdote custodiva sotto il trono.

La voce di Shaka gli giunse in lontananza:


  • Non distrarti cavaliere di Leo. E’ un’illusione quella che stai vivendo. Non distrarti o sarai morto.

  • Shaka!


Aiolia si risvegliò dal tepore in cui era caduto in tempo per evitare di essere trafitto al petto dalla donna, ma il pugnale affondò comunque nelle sue carni. Riuscì a liberarsi dalla presa della donna e dopo aver fatto un balzo indietro si appoggiò ad una delle colonne. Se non fosse accorso Shaka in suo aiuto, avrebbe rischiato di morire tanto era affilato quel pugnale. Si maledì per la superficialità dimostrata, ma prima di poter fare altro, il suo sguardo venne attratto proprio dall’oggetto affilato che la donna stringeva.


  • Dove hai trovato quel pugnale? Non sembra un oggetto comune.

  • Non sono affari che ti riguardano cavaliere. L’unica cosa che deve interessarti è la tua morte.

  • La mia morte? – Aiolia sorrise – e pensi di potermela dare tu? Ridicolo.

  • Eppure se non fosse intervenuto quel maledetto saccente e impiccione del cavaliere di Virgo, non ti saresti salvato.


Aiola non rispose a quella provocazione, ma in fondo si sentì punto nell’orgoglio, perché sapeva che Calliope aveva ragione. Era stato leggero e sprovveduto, ma non avrebbe commesso lo stesso errore. Benchè la ferita all’addome sanguinasse copiosamente, si alzò e nascondendo una smorfia di dolore si preparò a lanciare il suo colpo. Questa volta nulla glielo avrebbe impedito.


  • Pensi veramente di potermi uccidere? Conosco il tuo futuro. Conosco il futuro di tutti, lo sai questo, vero?

  • Forse … ma non conosci il tuo … - Aiolia sorrise – per cui non sai cosa ti accadrà.

  • Ma so che non sarai tu ad uccidermi.

  • Sai anche che io non morirò qui oggi.

  • Cosa? – la donna si sorprese di quella affermazione proclamata in maniera così decisa

  • Non posso morire oggi – la voce di Aiolia uscì in un sussurro – ho troppe cose ancora da fare e da scoprire.

  • Capisco – la donna sorrise – come ad esempio sapere cosa è successo veramente a tuo fratello?


Aiolia si fece attento perché in fondo a quella domanda non era mai riuscito a dare una risposta sensata. Benchè la ragione e i fatti gli dicessero che suo fratello aveva tradito, le emozioni e il ricordo di lui negavano con violenza quella possibilità. Eppure in tutti quegli anni non era mai riuscito ad avere delle risposte soddisfacenti ed ora, la storia di Edgar riportava alla luce sensazioni quasi sopite.

L’ombra che avvolgeva il Grande Sacerdote era diventata più evidente, non solo ai suoi occhi, ma anche a quelli di alcuni dei suoi compagni. Aveva bisogno di risposte e non era il solo. Sentiva che anche il cuore di Shaka era in ascolto, perciò tentò di estorcere una qualche informazione dalle labbra di Calliope:


  • Se tu sai qualcosa allora parla! E ti risparmierò la vita.

  • Non ho certo paura di te, cavaliere.


Benchè il cosmo di Aiolia diventava sempre più minaccioso e potente, Calliope affermava il vero: non era di lui che aveva paura. Erano altri coloro che le incutevano timore. Shaka, cavaliere dalle immense virtù, era in ascolto delle sue emozioni e sapeva di non potersi concedere la minima emozione. Ed inoltre sentiva il cosmo doppio di Gemini espandersi sempre più furiosamente. La battaglia interna che l’anima di quell’uomo stava vivendo non avrebbe dato scampo a lei in alcun modo, qualsiasi fosse la parte che avesse preso il dominio del corpo. Dunque non aveva timore del cavaliere di Leo, ma sapeva di non aver armi o mosse da contrapporre alla sua potenza.

L’unica cosa che poteva fare era logorare la sua anima, ma finchè il cavaliere di Virgo fosse rimasto in ascolto, avrebbe impedito la distruzione del cuore di Aiolia.

E così Calliope chiese aiuto a quel mostro che era Gemini. A farne le spese sarebbe stato Shaka.










Camus osservava la neve che ricopriva le fontane del giardino. Una malinconia silenziosa lo stava avvolgendo incessantemente e benchè tentasse in ogni modo di razionalizzare le sue emozioni, si rendeva conto che alcune sarebbero rimaste a tormentarlo per lungo tempo. Ormai del ragazzo che era stato e che aveva conquistato l’armatura dell’Acquario non riconosceva più nulla.

Fin da bambino, per sopravvivere al duro allenamento a cui era stato sottoposto, si era costruito un’armatura talmente spessa che gli aveva consentito di lasciare fuori emozioni e sentimenti. Hilda aveva mandato tutto in frantumi in poco meno di un respiro.


  • L’amore è un sentimento che non porta nulla di buono.


Camus si voltò ad osservare Milo che, affiancandolo, aveva pronunciato quelle parole con leggerezza. Ma l’uomo sapeva che il suo amico aveva nel cuore un pensiero più funereo di quello che dava a vedere. Si girò nuovamente verso la finestra e sospirò:


  • Il tuo pensiero è rivolto a me o a te?

  • E’ rivolto in generale a tutti.

  • Non pensi allora di esagerare? Magari qualcuno che abbia ottenuto qualcosa di buono dall’amore esiste.

  • Ma si … forse si – Milo sorrise anche se poco convinto. Poi quello stesso sorriso gli morì sulle labbra – che cosa pensi di fare?

  • A cosa ti riferisci?

  • A Maya … e a Mya … e ovviamente ad Hilda …

  • Non lo so … onestamente non lo so. E’ evidente che Maya abbia cospirato per attentare alla vita di Hilda

  • Eppure Edgar è convinto della sua bontà … e lo so che è l’amore che prova per lei a dargli questa convinzione – Milo si grattò la testa – ma … insomma … di Edgar mi fido … vede cose che noi neanche intuiamo.

  • E’ fantastico il modo in cui tu hai cambiato idea nei suoi confronti – Camus accennò un sorriso

  • Che razza di bastardo che sono stato. Ma chi mi credevo mai di essere e come hai fatto a sopportarmi in tutti questi anni?

  • In effetti non è stato facile – il sorriso sulle labbra del francese si allargò, ma il volto tornò subito serio – forse ha ragione Edgar, io questo non lo so, ma sinceramente mi dispiace vedere Mya così disperata.

  • Parlerai con Lady Hilda?

  • Si. Devo farlo, non pensi?

  • Penso di sì – Milo sospirò – e con lei? Cosa farai?

  • Non lo so.


Camus non aggiunse altro e si allontanò senza salutare il suo amico. Non era mai stato tipo da indugiare di fronte alle difficoltà. Era tempo di affrontare quella situazione e di dare pace ai suoi demoni.

Mentre girava tra i corridoi e i giardini innevati alla ricerca di Hilda si imbatté in Mya.

Era evidente che la ragazza lo stava aspettando. Sapeva che sarebbe passato di lì: questa considerazione non lo sorprese più di tanto.

Una volta aveva riso delle previsioni della ragazza, ma ora, dopo aver toccato con mano quanto quelle premonizioni si fossero dimostrate vere, non poteva più dubitare della sua capacità di vedere il futuro. Le si avvicinò, ma attese che fosse lei a parlare per prima. La ragazza non indugiò:


  • So che non mi ami e so che Maya è colpevole di quello di cui viene accusata. Ma credimi quando ti dico che non è cattiva e non si rende conto delle conseguenze dei suoi gesti.

  • Ti credo. Credo ad Edgar e credo a te.

  • Veramente? – Mya trattenne un singulto – e farai qualcosa per evitare che venga giustiziata?

  • Ci proverò, ma non ti assicuro nulla.


Mya, iniziando a piangere, lo abbracciò. Il cavaliere, in un moto di sincera compassione, la strinse a sé, cercando di fornirle un conforto al suo dolore. Provò per lei un sincero sentimento di affetto e una sensazione di malinconia catturò il suo pensiero. Era come se in quel momento in cui i loro corpi erano vincolati in quel abbraccio, Camus percepisse i suoi pensieri più reconditi, permeati di profonda tristezza.

Come poteva, una ragazza così piena di vita, racchiudere nel suo cuore tanto dolore?

Un movimento alle loro spalle catturò la loro attenzione e il cavaliere, voltandosi, si accorse dal fruscio di alcune tende che qualcuno si stava allontanando da quei corridoi.

Un’intuizione lo spinse a separarsi velocemente da Mya. Seguendo la strada fino all’uscita pregò di non aver ragione, ma quando, affacciatosi nel giardino, vide in lontananza la figura longilinea di Hilda, pregò in cuor suo che l’immagine che lui e la ragazza dai capelli rossi avevano dato alla regina di Asgard non fosse così compromettente come lui immaginava.

Decise di assumere la sua espressione più neutra e lentamente le si avvicinò senza parlare. Fu Hilda a rompere il ghiaccio:


  • Che cosa vuoi?

  • Non lo immagini?

  • Che cosa ti è successo?

  • Cosa vuoi dire? – Camus la guardò sinceramente stupito per quella domanda.

  • Ho rischiato di morire per mano di Maya e tu non hai dimostrato alcun sentimento o emozione per la mia sorte.

  • Se ti ho dato questa impressione, mi dispiace, ma ti sbagli. Ero preoccupato per la tua sorte, altrimenti non avrei percorso tutta la strada fino ad Asgard con il cuore in gola e in ansia.

  • Eppure quando sei arrivato qui, hai mostrato più interesse verso la sorte di Edgar e Maya che verso la mia – Hilda abbassò lo sguardo e si voltò per non mostrare la sua debolezza – e poi quello che ho visto ora …

  • Stavo semplicemente cercando di consolare una ragazza che è preoccupata per le sorti di sua sorella …

  • E che è innamorata di te …

  • Non è questo il problema …

  • E quale è il problema?

  • Sai che Maya non è cattiva … è solo terribilmente confusa …

  • Oh, certo … e io devo lasciarla libera … e magari mentre decide da che parte stare potrei anche lasciarmi pugnalare … chissà che non riesca a generare in te qualche tipo di reazione.

  • Non sono io il problema ….

  • Hai ragione … sono io il problema … io e la mia stupida convinzione di contare qualcosa per te.

  • Non devo dimostrati i miei sentimenti … non posso farlo … eppure posso assicurarti che sono ancora qui … con me … ben presenti …

  • Perché? … Perché non puoi comportarti come hai fatto fino a pochi giorni fa? …

  • Perché tu sei la celebrante di Odino e io sono il cavaliere delle energie fredde …

  • E questo è un problema? … Il mio titolo … il tuo? … Fino ad ora non ti hanno impensierito né fermato …

  • Fino ad ora non ho molto ragionato …. ed è stato un errore …

  • Oppure hai ragionato fin troppo bene.

  • Cosa vuoi dire?

  • Magari hai ottenuto quello che volevi … una notte con me e via …

  • Pensi che sia così meschino?

  • In fondo non so chi sei veramente ….

  • Non posso convincerti di essere qualcuno di diverso da quello che sono. Sono cavaliere di Athena e sono innamorato di te. Governo le energie fredde e per farlo devo mantenere il controllo e la lucidità. Amare te significa non avere controllo …. un rebus di difficile soluzione, non pensi?

  • Io … - Hilda, sinceramente sorpresa dalle parole di Camus, così dirette, semplici e definite, si sentì disarmata e inerme - … cosa vuoi da me?

  • Voglio che usi la tua testa e il tuo cuore per decidere il destino di Maya.

  • E il tuo cuore cosa ti dice?

  • Il mio cuore crede a ciò in cui crede Edgar. Per lui Maya merita una possibilità di redenzione e questo a me basta.

  • Capisco … - Hilda si fece pensierosa. – anche io voglio credere nel cuore di Edgar, mi sembra una così brava persona, perciò ti prometto che ci penserò attentamente.

  • Grazie.

  • E di noi? Cosa ne sarà?

  • Non ho risposta a questa domanda.


Camus fece per voltarsi, doveva allontanarsi prima che lei comprendesse quanto la sua fosse una semplice recita, incapace come era nella realtà a controllare le sue emozioni. La donna, però, lo bloccò, aggrappandosi a lui:


  • Resta con me. Qui ad Asgard. Resta, ti prego.

  • Hai già i tuoi cavalieri, non ci sarebbe posto per me. – Camus evitò accuratamente di voltarsi e cercò di mantenere un tono freddo e distante.

  • Non come cavaliere … resta come mio sposo. Sposami Camus.

  • Io … - l’uomo si voltò, sinceramente sorpreso per la proposta. Seppure aveva compreso di essere nel cuore di Lady Hilda, mai avrebbe pensato di ricevere da lei una tale proposta. - … restare ad Asgard?

  • Non devi rispondermi subito – la donna sorrise – più tardi ci sarà una festa in mio onore … pensaci … e se vorrai daremo l’annuncio questa sera.


Camus si allontanò senza dire nulla, sopraffatto dalle sue emozioni. Tutti i suoi anni di addestramento poco servivano di fronte a quella donna. Appena rientrato nella sua stanza, si appoggiò al muro e si lasciò scivolare.

Ripensò alle parole di Hilda e al senso della sua vita. Per quale motivo era venuto al mondo ed era diventato cavaliere? Non si era mai soffermato molto a pensare a queste cose, convinto come era sempre stato che tutto fosse predestinato. Per uno dalla mente logica come la sua era sicuramente un controsenso, ma in fondo, tutta la storia del Cosmo e dei Saint lo era in certi termini. Ma ora che l’amore era entrato prepotentemente nella sua vita, tutto era diventato confuso e imprevedibile.

Un’illuminazione giunse alla sua mente. Forse qualcuno avrebbe potuto dirgli cosa fosse scritto nel suo destino. Mya in fondo lo aveva fatto. Vergognandosi per la breve via che aveva deciso di intraprendere, sentendosi vigliacco privo di coraggio, decise di rimandare, comunque, la sua decisione al giudizio del fato: alla prima occasione, avrebbe chiesto a quella ragazza cosa il futuro avesse in serbo per lui.







Shaka cercava di rimanere concentrato su Aiolia e sul suo combattimento. Sapeva che fondamentalmente, benchè il cavaliere di Leo fosse superiore nelle forze a Calliope, la sua sorte sarebbe dipesa da quanto lui, cavaliere di Virgo, avesse potuto continuare a creare quella difesa mentale. Era l’animo di Aiolia ad essere debole, non la sua tempra.

Le domande sulla sorte del fratello stavano offuscando il suo giudizio, ma chi stava muovendo i fili, era difficile determinarlo.

Per quanto la Sacerdotessa fosse subdola e pericolosa, Shaka non dubitava che non avesse forze così vigorose da poter mantenere vive tutte quelle illusioni.

A quel punto cercò di concentrarsi sullo spirito turbolento che sentiva aleggiare nella dimora del Grande Sacerdote. Possibile che quel cosmo doppio appartenesse al Pope? Nero come la pece e bianco come la pace: come spiegare questa dicotomia in un uomo giusto come il venerabile? Mai come in quel momento il dubbio si era insinuato nella sua mente. Questo tentennamento, però, gli fu fatale.

Troppo concentrato a comprendere a chi appartenesse quel potente cosmo non si accorse del sopraggiungere alle sue spalle di un colpo che lo scaraventò a terra.

Il tempo di riprendersi, distraendosi dal campo di battaglia del Leone, che un altro colpo lo scaraventò in una dimensione a lui oscura.

Perso in quel mondo che non sentiva appartenergli, non riuscì più a fornire la difesa giusta al cavaliere del Leone.

Aiolia sentì il cosmo di Shaka scomparire e nel suo cuore pregò che nulla fosse accaduto al suo compagno d’armi. Benchè non fossero mai stati in sintonia, negli ultimi anni aveva riconosciuto al cavaliere della Vergine virtù fuori dal comune e il rispetto nei suoi confronti non era mai venuto meno.

Se solo avesse potuto sarebbe corso in suo soccorso, ma la presenza di Calliope e di quel cosmo a lui sconosciuto richiedevano la sua massima attenzione. Ma quella semplice distrazione gli fu fatale. Mentre osservava la donna che, immobile di fronte a lui, continuava a stringere il pugnale d’oro, percepì un rumore e lo spostamento dell’aria alle sue spalle, eppure non vide partire il colpo e così ne fu travolto.

Un’esplosione galattica lo scaraventò contro il muro e l’unica cosa che riuscì a pensare prima di perdere i sensi fu che quel colpo, a lui non sconosciuto, non poteva essere partito da Calliope.

Se solo fosse riuscito a rimanere cosciente, avrebbe potuto vedere sopraggiungere un cavaliere dall’armatura dorata e dai lunghi capelli ribelli.

Calliope non si voltò e dopo aver ringraziato il nuovo arrivato, si avvicinò ad Aiolia, ormai inerme e innalzò la daga per sferrargli il colpo che lo avrebbe ucciso.


  • Non avere tutta questa fretta! Non è lui che deve morire.

  • Cosa stai dicendo? – la donna si voltò preoccupata – sai anche tu che nel momento in cui riprenderà conoscenza tenterà di uccidermi. Senza parlare poi del cavaliere di Virgo che non tarderà a tornare per soccorrerlo.

  • Sottovaluti il mio potere se pensi che Shaka possa tornare tanto facilmente dalla Dimensione Oscura – Saga sorrise – e per quanto riguarda Aiolia, in vista della prossima battaglia con Athena, ho bisogno della sua forza.

  • Athena? Ho fatto in modo di cambiare le sorti del destino.

  • Diciamo che ci hai provato … ma penso che alla fine il tuo piano sconclusionato sia andato in fumo.

  • Edgar è ancora il cavaliere di Pegasus e finchè lo sarà quel moccioso non potrà diventarlo. Come ti ho spiegato …

  • Silenzio! – la voce di Saga risuonò possente e Calliope, intimorita da tanta severità, si azzittì. – Sappiamo entrambi che è solo una questione di tempo. Quell’ometto presto abbandonerà quelle vestigia: o per sua scelta o perché qualcuno lo ammazzerà.

  • Ma tu puoi ancora fare in modo che Seyia venga ucciso e …

  • Io non posso espormi ancora di più di quanto ho fatto fino ad ora. I cavalieri d’oro cominciano a sospettare e avrò già il mio da fare a convincerli della mia estraneità per quanto accaduto. Hai giocato le tue carte e hai fallito. E’ arrivato il momento per te di sparire.

  • Ma tu mi avevi promesso il tuo aiuto per uccidere Hilda … ad Asgard ci sono ancora i tuoi cavalieri e se tu volessi …

  • Camus e Milo non uccideranno la celebrante di Odino. Lo sai meglio di me. E io non ho nessuna intenzione di attirare l’attenzione su di me. Ho inviato a Lady Hilda le mie scuse e questo è quanto.

  • Maledetto!


Calliope si scagliò con tutta la sua forza sul Grande Sacerdote, ma a quest’ultimo gli ci volle il solo spostamento del braccio per impedire di essere colpito dal pugnale dorato. Improvvisamente il suo cosmo si accese e la donna fece cadere immediatamente l’arma. Saga si voltò, convinto che nulla ella avrebbe più tentato. Però dovette fermarsi. Si voltò nuovamente, preoccupato, ma non si soffermò ad osservare Calliope, volgendo invece il suo sguardo verso uno svenuto Aiolia.

Benchè il ragazzo fosse ancora privo di sensi, il cavaliere dei Gemelli percepì chiaramente il ribollire del suo cosmo. Rimase impressionato dalla forza che sentiva concentrarsi in un unico punto, ma prima che potesse dire a Calliope di stare in guardia, vide il braccio del ragazzo alzarsi e lanciare il suo colpo più potente. Repentinamente riuscì a mandare la donna nella Dimensione Oscura, ma travolto dal colpo del cavaliere, anch’egli si trovò intrappolato in essa.






Non so cosa altro dire se non che mi dispiace per il tempo che sto impiegando a concludere questa storia. La vita purtroppo riserva veramente poco tempo e poco spazio ad una povera scribacchina come me … mi sto impegnando … giuro … ed Edgar non mi ha ancora abbandonato.

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Capitolo 31
*** XXXI - Occasioni Perdute ***


Capitolo XXXI

Occasioni perdute




Non gli era mai capitato di rimanere intrappolato nella sua stessa prigione. La trovò un’esperienza surreale.

Bloccato nella Dimensione Oscura, Saga stava cercando di pensare al modo migliore per uscirne senza aggravare la situazione.

Se avesse interrotto il suo colpo, non solo sarebbe riuscito a liberare se stesso, ma avrebbe aperto la strada anche al suo nemico. Percepiva in quel non luogo la presenza di Shaka e sapeva di non potersi permettere di liberarlo senza prima comprendere quali fossero le sue reali intenzioni.

Senza considerare, inoltre, che dall’altra parte della Dimensione lo stava aspettando Aiolia. Non che il leoncino potesse davvero impensierirlo: stremato e ferito dallo scontro con Calliope non avrebbe mai potuto rappresentare per lui un vero pericolo. Non voleva però doverlo uccidere. Ora che il piano di quella strega stava fallendo, sapeva che avrebbe avuto bisogno di tutti i suoi cavalieri per tenere a bada il ritorno della Dea Atena.

La cosa che però lo preoccupava di più era sentire sempre più forte la presenza dell’altro se stesso. Intrappolato in quella dimensione esterna, la sua volontà cominciava ad essere minata dall’insistente supplica della sua parte debole.

Perdono”, “Pietà”, “Compassione”: che parole vuote e deboli! Mai avrebbe ceduto a quella lamentela, piuttosto avrebbe preferito la morte. Eppure il dolore che sentiva intorno al suo cuore era reale. Vivo, come i ricordi delle morti che portava sulla sua coscienza.

Sentì un male sorgere sulla sua testa. La sua mente veniva offuscata da una voce che continuava a ripetere quelle maledette parole “Compassione”, “compassione”, “compassione”. Di cosa mai avrebbe dovuto avere compassione?


  • Delle persone che hai ucciso per sete di potere. Di Shion, Grande Sacerdote che hai assassinato senza scrupolo alcuno! Di Aiolos, tuo amico di una vita e guerriero migliore di te! Di tuoi fratello, rinchiuso in una cella, morto per aver detto il vero! Di tutti quelli che hai ucciso in nome di te stesso! Della giustizia che anela ad avere i suoi paladini e che invece deve accontentarsi di figuranti manipolati da un folle!

  • Sta zitto! – Saga urlò, lanciando in ogni direzioni colpi violenti privi di alcuna vera intenzione. Non aveva un bersaglio da colpire. Sua era l’anima dilaniata. Come avrebbe potuto colpire se stesso?

  • Fallo! Sei tu privo di coraggio? Ucciditi! In fondo non è quello che hai già fatto attentando alla vita di Atena? Ucciditi!

  • Sta zitto! Maledetto! Folle! Privo di coraggio e di ambizioni!

  • Compassione!

  • Smettila!

  • Compassione per i morti! Per gli amici! Per la giustizia! Per la tua Dea … per te stesso!

  • Basta!


Saga, confuso e stremato, rendendosi conto di stringere nella sua mano la daga dorata, nella speranza di far smettere quella voce insolente si puntò l’arma al torace. Voleva solo spaventare se stesso? Oppure era pronto ad uccidere la sua coscienza? Lacrime salate cominciarono a rigare il suo volto. Tutto quello che avrebbe voluto in quell’istante era semplicemente un po’ di pace e di silenzio. Per un istante gli sembrò di tornare alla luce e alla vita. Si guardò ancora una volta le mani e si rese conto che era finalmente riemerso dall’angolo buio in cui quel malefico lo aveva ripudiato. Alzò la daga, pronto a sferrare un fendente che avrebbe dilaniato la sua carne, ma una voce lo bloccò.


  • La pace non può venire che da noi stessi. Se il nostro cuore è dilaniato anche il silenzio più maestoso ci sembrerà comunque troppo rumoroso.


Il cavaliere dei Gemelli fece cadere la daga e si voltò in direzione della voce di Shaka. A vederlo, così rilucente della luce della sua armatura, quel ragazzo sembrava un Dio. Che fosse lui il suo salvatore?

Stupido di un debole! Lui è il tuo aguzzino!”

Saga scosse la testa ed asciugandosi le lacrime cercò di allontanare il suo io malefico. In fondo aveva poca importanza in quale veste il cavaliere della Vergine si stesse presentando a lui. L’unica cosa che contava in quel momento era far in modo che lui lo rendesse innocuo, in modo che la Dea Atena un giorno avrebbe potuto ristabilire l’equilibrio senza ulteriore spargimento di sangue.

E il tuo sangue? Pensi che Virgo non ti ucciderà?”.


  • Che cosa ti turba cavaliere di Gemini?

  • Tu sai chi sono? Dunque mi hai riconosciuto?

  • Sei sparito dal Grande Tempio anni fa. Cosa ti ha spinto a tornare in questo momento di caos?

  • Virgo cosa vedi nella mia anima?


Saga non aveva molto tempo. Sentiva di perdere la sua anima. La sua parte negativa era sempre stata più forte e violenta e le poche volte che era riuscito a prendere il controllo, non era mai riuscito a prevalere per più del soffio di un respiro. Doveva avvertire Shaka, fargli capire che lui era il nemico e che doveva morire per consentire il ritorno della giustizia.


  • Amore per Atena e per la giustizia.

  • Non vedi altro? Avanti cavaliere … non vedi altro? – Saga lo afferrò violentemente, incredulo nello scoprire di quanto fosse ottuso in realtà l’uomo più vicino agli Dei.

  • Vedo nubi e foschia. Dolore e Sangue. Ma in fondo, nel più profondo dell’animo vedo la giustizia. E’ questo ciò che conta.

  • Come puoi dire questo … come puoi …


Saga si afferrò la testa in preda ad un dolore lancinante. Sentiva di perdere la sua battaglia. Non avrebbe avuto un’altra occasione, eppure non sapeva come convincere l’animo di Shaka della sua malvagità. Realizzò quindi che l’unica cosa che poteva fare era quella di mostrare l’altro se stesso, in modo che il cavaliere di Virgo comprendesse quanto errata fosse la sua valutazione. Si lasciò andare, tornando nell’oblio con la speranza che la malvagità che stava affiorando avrebbe convinto Shaka a combattere.

Fu un istante, lungo forse un’eternità, ma reso labile dal tempo veloce che passava, eppure al cavaliere di Virgo parve di percepire nell’uomo di fronte a lui pura malvagità. Improvvisamente, però, prima che quella sensazione divenisse verità, la dimensione si frantumò e lui si ritrovò a precipitare in un vuoto senza fine che lo avrebbe riportato alla realtà.

Solo i suoi riflessi gli impedirono di franare addosso ad un Aiolia svenuto e appoggiato ad una delle colonne della Sala del Trono.

Confuso, cercò di catturare ancora quella sensazione orribile che lo aveva avvolto poco prima di tornare da quella dimensione oscura, ma senza successo. Si guardò attorno in cerca di indizi e nuove sensazioni. Nulla di più che un soffio di vento e di vita gli erano passati accanto. Non era riuscito a trovare alcuna risposta ai suoi dubbi, eppure sapeva che il tempo delle sue domande non si era ancora interrotto. Sentiva di aver avuto la soluzione ad un palmo di mano, ma era così impalpabile che non era riuscito a coglierla. Dove era Atena? Chi era veramente il cavaliere dei Gemelli? E la giustizia regnava ancora in quei luoghi? Calliope, Edgar, Seiya: cosa rappresentavano essi in tutta quella storia? Fu certo che non avrebbe più avuto l’occasione di trovare la verità.

Gemini, cavaliere scomparso, era stato di fronte a lui per poco più di un minuto. Sua quella dimensione fuori dal controllo dell’uomo più vicino agli Dei. Suo il cuore pulsante più puro che avesse mai incontrato. Eppure quell’ombra così oscura proveniva da quell’anima. Possibile che il segno doppio con i suoi conflitti aveva catturata quell’anima quasi divina, oscurando il Grande Tempio?

Aiolia si ridestò, confuso e pronto a fare domande, ma Shaka sapeva di non avere risposte. Almeno non quelle che il giovane leone avrebbe potuto accettare e comprendere. E ora? Che ne sarebbe stato di loro?













Maya impiegò un po’ di tempo a riconoscerlo. Il buio della sua cella non le consentiva di vedere oltre il suo naso. Eppure, per qualche strano motivo riconobbe il suo profumo e il suo incidere goffo.

Edgar era un vero cavaliere. Se all’inizio quel tipo buffo e impresentabile le era sembrato fuori luogo e fuori tempo, tanto da innervosirla ad ogni suo gesto, ora le sembrò la cosa più bella da ricevere in dono.

Aveva bisogno che lui, prima di tutti gli altri, le dicesse che non era poi una persona così cattiva.

La paura attraversò la sua mente. E se anche Edgar avesse rinunciato a crederla migliore di quella che era? E se anche lui avesse rinunciato ad avere fiducia in lei? In fondo aveva visto di cosa era stata capace e benchè l’avesse difesa di fronte a Shaina, aveva assistito anche lui al suo tentativo di uccidere Hilda.

Si maledì per non aver ascoltato Mya e il suo cuore puro. Fin da piccole aveva sempre detestato quel buonismo in lei. La adorava, era sua sorella, eppure quel suo essere sempre generosa verso gli altri e verso il mondo l’aveva lentamente allontanata. Brutta cosa la gelosia.

Istintivamente, quando Edgar si addossò alle sbarre, lei fece un passo indietro. Non per disprezzo, ma per paura. E se anche lui avesse visto finalmente il vuoto della sua anima?

L’uomo le sorrise e il mondo le sembrò divenire più colorato. Si aggrappò alle sbarre e come un fiume spinto dalla forza della tempesta, spalancò la diga, facendo traboccare l’acqua:


  • Edgar, perdonami! Che stupida che sono … avevi ragione … credimi … ti prego … io … non sono malvagia … non così … mi pento di quello che ho fatto … io …

  • Maya … non piangere – l’ometto raccolse le sue lacrime e l’avvolse con il suo caldo sorriso – non hai nulla da farti perdonare … non con me … io … sono l’ultimo che può giudicare … è Lady Hilda quella a cui devi fare le tue scuse. Lei e buona e se gli parlerai con il cuore capirà, ne sono certo.

  • Io … tutto qui? … non sei arrabbiato? – Maya si sorprese nel sentirsi indisposta – non sei deluso?

  • Niente in te può deludermi …

  • Cosa? – la ragazza sgranò gli occhi – io ho tentato di uccidere Hilda … l’ho pianificato …

  • Ma non lo hai fatto …

  • Perché tu e Shaina mi avete fermato!

  • Non lo avresti fatto comunque …

  • Cosa? Ma cosa dici? Come fai a saperlo? Tu non puoi conoscere il mio destino … tu non mi conosci …

  • No, è vero … non ti conosco bene e non conosco il tuo futuro … ma ti sento …. ti sento forte e chiaro Maya … ti ho sempre sentito …

  • Ma cosa dici … - la ragazza sempre più incredula lo guardava confusa – come … mi senti?

  • Sento i tuoi sentimenti … frustrazione, gelosia, invidia …. li ho riconosciuti … facile per me, sai? Sono i sentimenti che mi hanno accompagnato per tutta la mia esistenza triste e spenta. E’ brutto sentirsi inadeguati. E prima che tu mi dica che non è così … non bisogna essere per forza brutti per essere invidiosi e per sentirsi inadatti. Tu sei bellissima, almeno per me – il volto di Edgar si colorò di rosso a pronunciare quelle parole – eppure ti sei sempre sentita fuori posto, non è vero?


Maya non rispose. Quell’omino così improbabile era giunto a comprenderla più di quanto aveva fatto chiunque, compresa lei stessa. Sorprendente. Eppure non era vero, non del tutto.

La ragazza dai capelli rossi ripensò a sua sorella. La sua dolce Mya che aveva sempre cercato di raggiungere il suo cuore. Un fitto dolore permeò il suo corpo e una visione piena di colori invase la sua vista.

Urlò, disperata. Urlò talmente forte da spaventare Edgar. L’ometto si voltò convinto di avere alle spalle un nemico da sconfiggere, ma quando non vide nulla di fronte a se, tornò a guardare Maya. Osservò lo sguardo perso e terrorizzato ed ebbe paura. Non era certo una novità, ma in quel momento gli sembrò di non poter muovere neanche un suo sopracciglio per quanto la paura lo avesse catturato. Non per lui, non più. Era per lei, solo per lei che aveva il terrore aggrappato alla pelle.

La chiamò, delicatamente, che il pericolo non era certo all’esterno, almeno questo pensava di averlo compreso. Era la visione di un possibile futuro che stava terrorizzando la ragazza.

Maya, dal canto suo, sentendo la voce del suo nuovo paladino in lontananza, si ridestò e afferrando le sue braccia attraverso le sbarre, lo scrollò:


  • Ti prego … Edgar … ti prego … corri da Mya. E’ in pericolo … morirà … se tu non fai qualcosa morirà.


Edgar non se lo fece ripetere. Quello era l’ordine della sua Dea e lui avrebbe fatto di tutto per eseguirlo. Senza conoscere il nemico e il destino, affrontò le scale della prigione come un leone. Uscì alla ricerca di Mya con la promessa negli occhi di proteggerla da qualunque avversità. Tutto per Maya.














Milo passeggiava avanti e indietro nel corridoio, nervoso come uno scolaretto alla sua prima interrogazione. Quella sera, nella sala grande di quell’immenso palazzo di ghiaccio, si stava svolgendo la festa che Lady Hilda aveva voluto organizzare per il suo ritorno.

Una festa curiosa che agli occhi del cavaliere di Scorpio sembrava solo un tentativo maldestro di far sembrare tutto normale. Eppure Milo sentiva che nell’animo delle persone a lui vicine, nulla sarebbe stato più uguale.

Mya, in preda alla disperazione, per la sorte ancora sconosciuta che aspettava la sorella, si era nascosta in un angolo, silenziosa e spenta.

Edgar, tetro e triste come mai prima d’ora, era andato a trovare Maya di nascosto da tutti.

Camus, appoggiato ad una delle colonne osservava distrattamente gli invitati, gli abiti ed il buffet.

Milo aveva provato ad intrattenere una conversazione con il suo amico, ma dopo mille non risposte alle sue domande, aveva deciso di rassegnarsi al fatto che quell’uomo, almeno per quella sera, non lo avrebbe mai reso partecipe dei suoi drammi. Per questo aveva deciso di allontanarsi e di sfogare la sua frustrazione consumando il pavimento del corridoio.

Dopo l’ennesima giravolta per tornare sui suoi passi, si ritrovò addosso il cavaliere di Ofiuco e trovandosela praticamente fra le sue braccia, con il profumo aspro di agrifogli che invadeva le sue narici, si domandò come avesse fatto a dimenticarsi di lei.

Shaina, con una spinta energica, lo allontanò da lui. Lo sguardo, a quel punto, si soffermò ad osservare la figura esile e al tempo stesso muscolosa della ragazza.

Invece della solita divisa, la guerriera indossava un vestito da sera, probabilmente fattole avere da Lady Hilda e, pur con la maschera addosso, nell’insieme la trovò piacevole e sensuale, tanto di fargli venire la voglia di strappargli quell’infernale arnese dallo splendido volto che nascondeva.

Milo arrossì a quel pensiero, così poco discreto e la ragazza se ne accorse. Eppure fraintese, come ogni volta.


  • Sono stata costretta dalle ancelle di Lady Hilda a mettermi questo ridicolo abito. Hanno detto che qui non è consentito alle donne di indossare pantaloni. Che cosa ridicola! E tu smettila di burlarti di me. Mi hai già umiliato nel campo, non c’è bisogno che continui a mortificarmi anche qui.

  • Perdonami … io … non era mia intenzione – Milo pronunciò quelle parole in maniera confusa, imbarazzato ancora del suo pensiero così poco casto.

  • Perché mi stai guardando in quel modo?

  • In che modo?

  • Sembra quasi che tu voglia uccidermi. – nel volto di Shaina, al ricordo dello scontro avuto con quell’uomo, comparve una sincera espressione di terrore. Il suo orgoglio era ferito. Aveva compreso finalmente di non essere alla sua altezza, ma provare addirittura paura la mortificava e la rendeva vulnerabile.

  • No … al contrario – quelle parole allarmarono ancora di più la giovane guerriera e Milo se ne rese conto – io … ecco … ci tenevo a porti le mie scuse.

  • Scuse? – a quel punto Shaina era completamente in balia della confusione – scusa per cosa?

  • Per averti aggredito e colpito senza alcun rispetto.

  • E’ così che si fa tra cavalieri – la ragazza risposte infastidita – oppure non mi ritieni alla tua altezza?

  • Sei uno dei cavalieri più tenaci e indomiti che abbia mai incontrato – Milo sorrise – ed io ho sbagliato a non comprendere che tu stavi facendo semplicemente il tuo dovere.

  • Già – Shaina sospirò – ma probabilmente dovrei farlo riflettendo meglio sulle situazioni. Quello che ho fatto ad Edgar è ingiustificabile.

  • Vero – Milo sorrise, facendo un passo avanti verso di lei, costringendola così a fare un passo indietro – ciò non toglie che tu hai fatto semplicemente il tuo dovere ed io ho abusato delle miei forze.

  • Che cosa ti prende Milo? – Shaina, sinceramente preoccupata per lo sguardo strano del suo interlocutore, fece un altro passo indietro, trovandosi con le spalle al muro.

  • Nulla – Con due passi il ragazzo si ritrovò a sovrastarla, impedendole di fatto alcuna via di fuga – è solo che ad ascoltare questa musica e a vederti con questo vestito mi è venuta voglia di ballare. Permetti?


Prima che la guerriera potesse rifiutare, si ritrovò stretta fra le braccia del cavaliere di Scorpio, a volteggiare sul pavimento di quel corridoio, adiacente alla sala grande.

Se all’inizio, vergognandosi e trovandosi a disagio nell’essere stretta al corpo di quell’uomo, provò a liberarsi dalla sua presa, dopo poco, catturata dalla musica e dal suo profumo, si ritrovò a volteggiare con lui, incredula per quanto stava accadendo.

Entrambi, rapiti dai movimenti dei loro corpi e dalla musica, smisero di pensare e di farsi la guerra e per il tempo di quel valzer, si sentirono due semplici ragazzi ad una festa.

Milo, constatando l’assenza di qualsiasi forma di vita in quel corridoio, con un gesto dolce e delicato, sfilò la maschera dal volto di Shaina e lei, benchè imbarazzata gliene fu grata.

Sapeva che quella situazione era surreale e per certi versi ridicola, ma nella loro vita, fatta di battaglie e morte, quel momento così poco consono, le sembrò una ventata di aria fresca.

Aveva bisogno di quell’ossigeno per tornare a vivere e a credere che la sua esistenza potesse avere un senso, e così si abbandonò fra le braccia di quel ragazzo così affascinante e dal carattere impossibile, sognando per un’istante di essere la sua fidanzata.

Milo si lasciò abbracciare e sentendo il corpo della ragazza così morbido e rilassato, la strinse ancora più forte a lui. Non era tipo da analizzare le situazione e i sentimenti e, per certi versi, quella era sempre stata la sua fortuna, eppure in quel momento, avrebbe voluto comprendere i sentimenti che spingevano Shaina a rimanere ancora attaccata a lui, pur sapendo quanto lo disprezzasse.

In quella magia, avvolto dalla splendida sensazione di avere almeno un momento normale in quella maledetta vita, Milo smise di ballare e senza separarsi dalla sua compagna, si abbassò su quel volto così bello e prezioso per catturare da quelle labbra sensuali un alito di vita pulita.

La sensazione che gli rimandarono quei due gioielli fu un’esplosione di colori, di rimpianto e di invidia. Non avrebbe mai potuto aspirare ad una vita normale, lo sapeva, ma in quel momento si rese conto di quanto in fondo provasse invidia per Edgar che, una volta cessata quella ridicola storia, sarebbe potuto tornare ad una vita normale. A lui quel lusso non sarebbe mai stato concesso.

Se solo avesse potuto veder realizzato un suo desiderio, sarebbe stato quello: rimanere attaccato alla bocca di Shaina per il resto dei suoi giorni.

La ragazza, benchè sorpresa da quel gesto, dischiuse le labbra, si lasciò baciare e catturata da quella sensazione confortevole e piena di calore, lo coinvolse in un bacio ancora più profondo.

Era la prima volta che sentiva le labbra di un uomo e la sua lingua andare così in profondità. Aveva visto tanti film in cui i due protagonisti si baciavano nel modo in cui ora stavano facendo loro, eppure mai avrebbe pensato che le sarebbe venuto così naturale farlo.

Non si domandò perché gli consentisse tutto ciò, non era importante, quello che contava in quel momento era quella sensazione di vita che le si era insinuata nella pelle. Erano le labbra di Milo che la stavano inebriando.

Milo con i suoi muscoli e il suo caratteraccio sempre in bella mostra. Milo, così sbruffone da essere insopportabile. Milo così bello da togliere il respiro. Milo a volte così ottuso da volerlo picchiare. Milo che un giorno sarebbe morto, trafitto da qualche nemico, in difesa di Atena. Quell’ultima immagine trafisse il suo cuore.

Shaina con una spinta lo allontanò, staccandosi da quel bacio che era vita e morte al tempo stesso. Allo sguardo sorpreso del ragazzo, la sacerdotessa decise di rispondere con onestà:


  • A nessuno di noi due è concesso di provare queste emozioni. Tu morirai … io morirò … l’amore è qualcosa che non appartiene a guerrieri come noi.

  • Già – Milo sorrise di un sorriso così malinconico che spezzò il cuore della ragazza – è stato bello però toccare il cielo con un dito. I tuoi baci tolgono il respiro Shaina. Non darli via …


Senza aggiungere altro, il ragazzo si voltò e si allontanò. Entrambi sapevano che la loro storia, fatta di guerra e amore, era giunta alla parola fine.

Il cavaliere di Ofiuco avrebbe smesso di fargli la guerra perché alla fine si era ritrovata ad innamorarsi di lui.

Eppure quell’amore, solo accennato, non avrebbe potuto proseguire oltre.

Nel futuro di entrambi, il sangue sarebbe stato l’unico rosso consentito.

I loro caratteri non avrebbero permesso ad entrambi di accettare alcun compromesso.

Scegliere la vita oppure la morte, di questo in fondo si trattava e nessuno dei due, troppo orgoglioso per rinunciarvi, avrebbe mai accettato di barattare la propria felicità per la felicità del mondo.

Milo, prima di entrare nella sala grande si voltò un’ultima volta ad osservarla. Voleva imprimersi nella sua mente l’immagine del suo volto bello e selvaggio, prima che venisse per sempre nascosto ai suoi occhi da quella orribile maschera. Sorrise di un sorriso che fece emozionare Shaina:


  • Eppure io ci sarei stato bene con te.


Non aggiunse altro, che non c’era altro da dire e la ragazza, vedendolo scomparire dietro la grande porta bianca, arrossì: in fondo al cuore sapeva che anche lei ci sarebbe stata bene con lui.






Altro capitolo, finalmente … dai dai … che lentamente anche questa storia sta finalmente giungendo al termine. Altri pochi capitoli e poi metteremo fine anche alla storia del povero Edgar.


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Capitolo 32
*** Capitolo XXXII - Senza un motivo ***


Capitolo XXXII

Senza un motivo







Aiolia attendeva che Shaka gli spiegasse cosa fosse successo. Il giovane leone dorato, facendo un’eccezione alla sua indole, aspettava pazientemente che il suo compagno d’armi gli raccontasse la sua verità. Eppure, l’uomo più vicino agli Dei, continuava ostinatamente a tacere: con gli occhi chiusi e la postura immobile, rimuginava su quanto accaduto, in cerca di una risposta o di un segno che gli facesse comprendere il disegno generale.

Se avesse dato retta al suo istinto, avrebbe potuto concludere che Il cavaliere di Gemini fosse stato il cardine su cui stava ruotando l’intera storia. Così fondamentale da rappresentare l’ago della bilancia nel loro futuro. Ma cosa c’entrava quell’uomo con il Grande Sacerdote, Calliope e soprattutto con Edgar? E perché quell’ometto buffo era stato scelto per indossare l’armatura di Pegasus? Qualcuno lo aveva aiutato, oramai ne certo. E il cosmo che aveva sentito quel lontano giorno nell’Arena in cui si era svolto il combattimento che aveva sancito la vittoria del più improbabile dei cavalieri, era quello di Gemini: ne aveva avuto la certezza in quella dimensione così oscura da essere più profonda di un buco nero.

In quello spazio lontano, in un certo momento si era persuaso che sarebbe morto: eppure ne era uscito. Avrebbe potuto affermare che fossero state le sue immense capacità a consentigli di ritrovare la via. Ma benché avesse una grande stima di sé e dei suoi innumerevoli talenti, sapeva in cuor suo che non era stato lui a tirarsi fuori da lì, bensì Saga lo aveva fatto per lui.

Ma perché Edgar? Quella era la domanda che lo stava perseguitando. Cosa rappresentava quell’improbabile ometto e quanto in tutto questo c’entrava il Grande Sacerdote? L’unica cosa certa ora era che il peggio stava passando. Al Santuario l’aura malvagia che aveva percepito negli ultimi tempi si era affievolita. Sentiva che non era sparita del tutto, ma il male per il momento era ritornato a attenuarsi e questo gli doveva bastare.

Si voltò a guardare il cavaliere del Leone che quieto aspettava una spiegazione da lui. Sorrise al pensiero dello sforzo che quel giovane così irruento stava compiendo. Purtroppo, però, per lui non aveva risposte perché tutto era nebuloso.

Per fortuna fu tolto dall’imbarazzante situazione dal sopraggiungere di Marin. Osservando il giovane leone cambiare espressione e diventare paonazzo in volto si domandò come potesse un sentimento così effimero ed egoistico come l’amore verso un altro compiere un tale istupidimento. Sospirò all’idea che un cavaliere così valoroso potesse essere ridotto ad una quisquilia da una donna.

Aiolia, ignorando il suo compagno e fino ad allora interesse principale, andò incontro alla ragazza, ma benchè in preda ad un forte desiderio, si trattenne dall’abbracciarla, limitandosi solo a sorriderle. Poi, con tono preoccupato le chiese cosa fosse venuta a fare nella Tredicesima Casa e dove avesse lasciato il suo giovane allievo:

  • Seyia è al sicuro ed in ogni caso saprebbe difendersi. Sono giunta fin qui perché ero in ansia e ho pensato che il mio contributo potesse esserti di aiuto.

  • Ti ringrazio. Per il momento la situazione è sotto controllo, anche se non ho ancora capito cosa sia successo e che fine abbia fatto il Pope.

  • Raccontami cosa è accaduto.

  • Io personalmente posso dirti ben poco. Mentre combattevo con Calliope ho ricevuto un colpo alle spalle, infertomi da un cavaliere che non ho visto. Dopo non ricordo più nulla.

Marin si strappò un pezzo della sua fusciacca per stringerlo alla vita di Aiolia, in modo da tamponare la ferita e fermare il sangue che continuava ad uscire, seppur lentamente. Il ragazzo le sorrise, stingendole la mano. Poi, entrambi si voltarono verso il cavaliere di Virgo.

Non poteva più rimandare una spiegazione e così Shaka raccontò quello che aveva visto e scoperto:

  • Il cavaliere che ti ha colpito e che in qualche modo ha allontanato Calliope è il custode della Terza Casa.

  • Saga? – Aiolia spalancò gli occhi, incredulo – il cavaliere dei Gemelli? Colui che è scomparso dalla notte in cui …

  • Si – Shaka aprì gli occhi – colui che è scomparso la notte degli Inganni, oggi era qui alla Tredicesima Casa. L’ho visto e ho parlato con lui.

  • E cosa ti ha detto? Perché è scomparso e perché oggi era qui? Cosa ha fatto a Calliope? … - Aiolia vedendo il suo compagno d’armi tacere si spazientì – insomma Shaka! Vuoi rispondere!!?

  • Mi dispiace Aiolia, non ho risposte per te.

  • Ma qualcosa vi avrà pur detto, nobile Shaka!? – Marin, benchè agitata cercò di mantenere un tono di voce neutro.

  • Non mi ha detto nulla che possa aiutarci a comprendere ciò che è successo – Shaka si voltò ad osservare la luce del Sole – però ho la certezza che quel giorno, nell’Arena, fu lui ad aiutare Edgar ad ottenere l’armatura di Pegaso.

  • Cosa? Sei sicuro? – Alla domanda di Aiolia il cavaliere di Virgo annuì – perché? Perché lo ha fatto?

  • Io non lo so … posso immaginare o intuire i motivi di tale gesto, ma altro non saprei.

  • Lo ha fatto per impedire a Seyia, di diventare cavaliere di Pegasus – Marin rispose convinta, attirando su di sé gli sguardi sorpresi dei due ragazzi – non vi sono altre spiegazioni possibili, non pensate? Altrimenti perché hanno cercato di attentare alla vita del mio allievo?

  • Vorresti dire che il cavaliere dei Gemelli ha tramato contro il Grande Tempio per cambiare il destino? Perché lo avrebbe fatto? E perché proprio l’armatura di Pegasus? – nella mente di Aiolia un dubbio si stava insinuando sempre più forte, che tutto questo potesse essere legato a quanto accaduto a suo fratello anni prima?

  • Non so perché lo ha fatto e non so se questo ha qualcosa a che fare con il tuo allievo o con quanto accaduto al cavaliere del Sagittario – Shaka spostò il suo sguardo su Aiolia – ma l’animo del cavaliere dei Gemelli è fedele ad Athena, di questo io non dubito. Non può aver tramato contro la nostra Dea.

  • Come fai ad essere sicuro? – il cavaliere di Leo si mostrò nervoso – perché allora mi ha attaccato? Avrebbe dovuto attaccare Calliope, non pensi?

  • Eppure non ti ha torto un capello, o sbaglio? – Shaka sospirò – senti Aiolia, io non ho risposte semplici alle tue domande. Quelle poche che sono riuscito a trovare sono confuse e non risolvono tanti enigmi.

  • L’unica cosa che possiamo fare è andare a parlare con il Grande Sacerdote, allora.

  • Fermati – Marin trattenne Aiolia per un braccio e quando il ragazzo si voltò per chiederle spiegazioni, quasi si vergognò – io non penso che sia una buona idea.

  • Perché? Dubiti di lui? Pensi che anche lui sia coinvolto in quello che è successo ad Edgar?

  • E’ lui che lo ha fatto chiamare.

  • Lo ha fatto perché è stata Calliope a suggerirglielo – Shaka rispose pensieroso – probabilmente è stato tratto in inganno da quest’ultima. Certo, non è ammirevole che il nostro Grande Sacerdote si sia fatto …

  • Abbindolare? – involontariamente sul volto di Aiolia comparve un ghigno divertito.

  • Già – Shaka sospirò per l’ennesima volta – ma questo non fa di lui un uomo malvagio.

  • E ora? – Marin domandò più a se stessa che agli altri due.

  • Bisognerà porre rimedio a tutto. – rispose Shaka













Lady Hilda conosceva le regole da seguire durante i balli e le cerimonie di Asgard, ma quella sera, complice un giustificato nervosismo, dimenticò la metà delle buone maniere. Gli invitati attribuirono il suo comportamento distratto allo spavento avuto a causa dell’attentato subito, ma in lei mille emozioni stavano prendendo il sopravvento. Non faceva altro che muoversi nervosamente fra i tavoli, salutando più volte le stesse persone e dimenticando di omaggiare coloro che venivano da lontano. Il suo sguardo cercava continuamente il cavaliere di Aquario e quelle poche volte che i loro occhi si incontravano gli sorrideva eccessivamente, cercando di carpire anche un piccolo indizio sulla risposta che attendeva da lui. Nella sua mente sogni e incubi si alternavano senza soluzione di continuità. Lo amava disperatamente e non voleva rinunciare a lui. Eppure nel profondo del suo cuore sentiva che qualcosa sarebbe andato storto.

Scacciava continuamente quella sensazione spiacevole, ritenendola figlia delle sue paure, ma dopo poco essa tornava ad affacciarsi in lei, costringendola a cercare Camus tra la folla per ottenere rassicurazione dal suo sguardo profondo come il mare.

Il custode delle energie fredde, osservandola dalla sua postazione, aveva colto ogni sua paura ed emozione. Avrebbe voluto correre da lei, per abbracciarla e rincuorarla, ma cosa avrebbe potuto dirle per tranquillizzare il suo animo? Era combattuto e mai come in quel momento avrebbe voluto conoscere cosa il destino aveva in serbo per lui. Istintivamente cominciò a scrutare la sala alla ricerca di colei che avrebbe potuto mostragli il suo futuro. E quando intravide dietro le colonne, la figura esile di Mya, senza curarsi di dare alla sua amata l’impressione sbagliata, abbandonò la postazione e raggiunse a grandi falcate la ragazzina dai capelli rossi. Un volta raggiunta, la spinse delicatamente nel corridoio adiacente alla sala.

La ragazza gli sorrise, ma Camus percepì in quel sorriso una sorta di saluto finale, come se da lì a breve le loro strade potessero separarsi per sempre. Una morsa strinse il suo cuore al pensiero di non rivedere più quella buffa ragazza e un presentimento funesto attraversò il suo animo:

  • Che cosa ti rattrista, Mya?

  • Io non sono triste. Al contrario, sono felice di poterti essere di aiuto – il sorriso della ragazza si fece malinconico – anche se so che da qui a poco non vedrò più i tuoi splendidi occhi, sono comunque felice.

  • Mya … - Camus si rese conto di aver paura di scoprire a cosa quella ragazza così enigmatica si stesse riferendo.

  • So che non mi credi, ma io conosco il tuo futuro e so di poter fare la differenza.

  • Mya sai che non ti amo, vero? – il tono del cavaliere si fece più dolce – almeno non come speri tu.

  • Si, lo so – la ragazza sospirò – ma so anche che nel tuo cuore un piccolo spazio per me c’è e ci sarà sempre. Mi basta sapere che non ti dimenticherai mai di me. Avevi ragione Camus.

  • A che proposito? – il ragazzo era sempre più perplesso

  • Possiamo cambiare il destino che è stato tracciato per noi. Non devi preoccuparti del tuo futuro, io farò in modo che tu viva e che possa amare così Hilda.

Prima che Camus potesse chiederle conto di quanto affermato, Mya si accostò a lui e alzandosi in punta di piedi gli si avvicinò in modo da potergli imprimere un bacio sulla guancia. Poi fuggì via.

Il cavaliere di Aquarius le corse dietro, ma invece di raggiungerla andò a sbattere addosso al suo compagno d’armi:

  • Camus! Dove vai così di corsa?

  • Sto cercando Mya, l’hai vista?

  • No, ma dal modo in cui la stai cercando deve essere importante.

  • Cavaliere di Aquarius!

I due uomini si voltarono al richiamo di Lady Hilda, che nel frattempo li aveva raggiunti nel corridoio, ma nessuno dei due disse nulla.

  • Ho bisogno di conferire con voi in privato.

  • Va bene – Camus le rispose con un inchino e poi sottovoce disse a Milo – trovala e tienila d’occhio per me.

Milo, dopo aver annuito con il capo, si dileguò in cerca della ragazza dai capelli rossi. Una volta soli, Hilda, incurante di essere in una via di passaggio, si strinse a lui. Camus, combattendo con i suoi sentimenti, la allontanò delicatamente:

  • Qualcuno potrebbe vederci.

  • Non ha importanza – Hilda sorrise – se questa sera annunceremo il nostro fidanzamento.

  • Hilda …

  • Ti prego Camus – Hilda si strinse ancora una volta a lui, supplicandolo – non rinunciare a noi. Lo so che ti sto chiedendo molto, ma potrai servire la tua Dea anche stando con me.

Sul volto del cavaliere comparve un sorriso incredulo. Veramente la donna pensava che avrebbe potuto svolgere il suo compito di cavaliere e maestro, rimanendo ad Asgard come principe consorte? A quel pensiero si bloccò. Possibile che il destino avesse in serbo per lui questo? Gli ritornarono alla mente le parole di Maya. Gli aveva predetto un destino di morte a cui lui non aveva dato peso e ora ripensando anche alle ultime parole di Mya riconsiderò il fatto di essere stato molto superficiale in tutta quella storia. L’idea che Mya potesse pensare di sacrificarsi per lui lo avvinghiò, bloccandolo. Cominciò a guardarsi intorno con frenesia.

Hilda, sentendolo inquieto, cercò di attirare la sua attenzione, forzandolo a guardarla nuovamente:

  • Quali sono i tuoi dubbi? Ti prego Camus, parlami. Qualunque essi siano li affronteremo insieme. Non posso rinunciare a te. Questi sentimenti che provo per te sono troppo grandi e forti per potervi rinunciare.

  • Hilda, anche io provo un grande amore per te, ma … - Camus, suo malgrado si costrinse a mantenere una certa freddezza – forse non siamo destinati a stare insieme.

  • Non dirlo! – Hilda chiuse le sue labbra con la mano – Non dirlo neanche per scherzo. Siamo noi che compiamo il nostro destino. Non è sempre quello che hai affermato?

Camus, sopraffatto dai suoi sentimenti, strinse a se la regina di Asgard. Era stanco di combattere con se stesso. Stanco di dover sempre tenere sotto controllo le sue emozioni e stanco di fare sempre la cosa giusta. Sapeva di compiere peccato mortale desiderandola, ma non voleva più rinunciare a qualcosa che sentiva in fondo appartenergli. L’amore di Hilda era suo e questo doveva giustificarlo a fare scelte egoistiche. Il destino erano gli uomini a costruirselo. Ne era sempre stato convinto. Aveva voluto fortemente ottenere la cloth dell’Aquario e l’aveva meritata in virtù dei suoi sacrifici, non per poter divino. Ripensò ad Edgar, alla sua totale assenza di cosmo e alla sua capacità di ottenere comunque le vestigia di Pegasus. Catturò le labbra della sua amata e si lasciò andare al bacio più passionale che avesse mai provato.











Milo continuava a girare in tondo alla ricerca di Mya. Possibile che quella ragazzina fosse riuscita a sfuggirgli? O forse era tropo distratto dai suoi pensieri per cercarla veramente? Cosa aveva imparato fino ad ora da tutta quell’esperienza? Che gli uomini possono essere migliori di quello che sembrano? Che l’amore fa male? Che a volte c’è più coraggio in una donna che in mille uomini forzuti? Si era innamorato di Edgar e della sua goffaggine e aveva provato ammirazione per Shaina, unica donna a mostrare più coraggio di lui. Ma poteva dire tranquillamente di ammirare Edgar per il suo coraggio e di amare Shaina. Non era certo un esperto in fatto di sentimenti, ma l’attrazione per quella ragazza non era solo fisica, di questo ormai ne era certo. Eppure aveva rinunciato a lei e probabilmente, finita tutta questa storia, avrebbe costretto Edgar a restituire le vestigia di Pegasus. Rinunciava ai sui sentimenti per colpa della morte.

Sorrise tristemente al pensiero lugubre che lo stava attraversando, ma del resto non poteva permettersi di amare sapendo di dover presto morire e non poteva certo lasciar andare incontro alla morte un essere così buono come Edgar.

Perso nei suoi pensieri non si avvide del sopraggiungere del suo amico e finì con lo scontrarsi con lui, trascinandolo in un ruzzolone sulle scale. Quando entrambi riuscirono a districarsi, Milo scoppiò a ridere:

  • Caro Edgar, tu non hai idea di quanto sentirò la tua mancanza.

  • Milo ti prego – l’ometto non dedicò alcuna attenzione alle parole del cavaliere e alzandosi velocemente si avvinghiò a lui per costringerlo ad alzarsi – ho bisogno del tuo aiuto. Devo trovare assolutamente Mya. Ti prego, alzati!

  • Ma perché questa sera tutti cercate Mya?

  • Chi altro la cerca? – Edgar cominciò ad agitarsi sempre più freneticamente.

  • Camus. Mi ha detto di trovarla e di non perderla di vista. Ma tu perché la cerchi? E perché sei così agitato?

  • Maya mi ha detto di trovarla perché è in pericolo.

  • E tu credi a lei?

  • Si – Edgar si mostrò impaziente – non è necessario che anche tu ci creda. Però aiutami ti prego.

  • Va bene, Edgar. Ti aiuterò – Milo sorrise – e comunque è da prima che la sto cercando, ma senza successo. Magari in due avremo più fortuna.

I due uomini ripreso a cercare la ragazza dai capelli rossi senza sapere che di lì a poco i destini di molti sarebbero cambiati per sempre.







Oh Cavoli! E’ un’eternità che non aggiorno questa storia. Quando ho realizzato che sono anni che la trascino mi sono spaventata e spazientita io stessa. Mi dispiace veramente tanto non essere riuscita a mantenere la costanza che meritava Edgar, ma nelle ultime settimane mi sono ritrovata a pensare nuovamente a lui. Desidero fortemente riuscire a dare un degno finale alla sua avventura e così eccomi nuovamente ad aggiornare la storia. Incrociamo le dita anche questa volta.

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Capitolo 33
*** XXXIII - Confronti Serrati ***


Capitolo XXXIII


Confronti Serrati



Negli anni passati ad Asgard Maya aveva imparato a conoscere profondamente le mura e i corridoi di quel castello. Aveva inoltre costruito tra le maestranze una rete di relazioni tale da fare invidia perfino alla Celebrante di Odino. Lo aveva fatto perché convinta che un giorno avrebbe avuto la necessità di fuggire. Quel giorno era arrivato, ma non per il motivo che aveva sempre pensato. Non stava fuggendo a causa dell’aggressione a Lady Hilda, bensì per cercare di evitare che sua sorella andasse incontro al destino che aveva deciso di cambiare.

Aveva fiducia in Edgar, ma sentiva che nulla avrebbe impedito a Mya di salvare il suo cavaliere. Si arrabbiò mentalmente con il custode delle energie fredde: se solo lui avesse ricambiato i sentimenti di sua sorella, probabilmente tutto questo non sarebbe mai accaduto.

Complice il ricevimento e i festeggiamenti, Maya non solo era riuscita a fuggire dalle prigioni sotterranee, ma stava correndo per i corridoi senza preoccuparsi di essere scoperta. Arrivando in prossimità del salone principale, però, si fece più guardinga, conscia di poter incontrare dei volti nemici. Benchè fosse attenta e preparata, però, non si avvide della presenza del cavaliere di Ofiuco che, nascosta in prossimità del corridoio esterno, la osservava muoversi intorno alle salette. Quando si avvide di lei fu troppo tardi, Shaina l’aveva già bloccata e immobilizzata:

  • Dove stai andando?

  • Lasciami! – per quanto Maya provasse a librarsi, le risultò tutto inutile.

  • Non farmi perdere tempo. Dimmi cosa hai in mente di fare e facilita la vita ad entrambe.

  • Ti prego, lasciami andare – Maya cercò nuovamente di liberarsi – devo salvare mia sorella e Edgar.

  • Edgar? – Shaina allentò la presa e la ragazza si liberò dalla sua morsa, ma prima che potesse cominciare a correre, fu bloccata ancora una volta.

  • Lasciami libera! Se non la trovo subito, Mya morirà.

  • E pensi che io possa crederti dopo quello che hai fatto?

  • Non mi interessa se tu mi credi o meno. Se vuoi puoi venire con me. Quello che voglio è solo trovare mia sorella! Anche Edgar la sta cercando.

  • Vuoi dire che Edgar vuole fare del male a Mya? – il cavaliere di Ofiuco la guardò confusa

  • Ma no! Io ho chiesto ad Edgar di trovarla e di aiutarla, ma ho paura per entrambi – Maya si inginocchiò e unì le mani in preghiera – ti prego Shaina … aiutami a salvarli

Shaina si soffermò ad osservarla. Nonostante Edgar l’avesse più volte difesa, lei continuava a non fidarsi di quella ragazzina dai capelli rossi. Qualcosa di nascosto ed inquieto vedeva nel profondo dei suoi occhi, però l’ometto buffo era disposto a crederle e Milo credeva all’ometto buffo. Lei aveva imparato a fidarsi del cavaliere di Scorpio ed in fondo aveva imparato anche ad apprezzare quel tipo strano, così decise di mettere da parte per una volta la sua indole sospettosa e annuendo alla richiesta decise di fidarsi.

Non fece in tempo, però, ad acconsentire che un fascio di luce, lanciato ad una velocità simile ai colpi che Shaina aveva visto eseguire a Milo, le colpì entrambe, atterrandole. Il cavaliere di Ofiuco si rialzò velocemente, trovandosi di fronte tre dei cavalieri di Asgard. Quello che le aveva colpite, alto e possente più del cavaliere del Toro, sorrise sarcasticamente:

  • Beh ragazzina, ti faccio i complimenti, non è da tutti dopo aver ricevuto il mio Titanic Hercules rialzarsi con le proprie gambe.

  • Non ti rattristare Thor – il secondo cavaliere dai capelli biondi sorrise a sua volta – in fondo sei riuscito a immobilizzare la traditrice.

Shaina si voltò verso Maya, timorosa che la ragazza, priva di armatura e non avvezza a certe brutalità, fosse stata colpita a morte. Con suo stupore, però, la vide rialzarsi, seppur a fatica e mettersi in piedi con le sue forze.

  • Ahi ahi, Thor, stai perdendo la tua forza! – il terzo cavaliere, dai capelli grigi lo irrise – non sei riuscito a scalfire nessuna delle due.

  • E sia! – Thor, visibilmente contrariato si preparò a scagliare ancora un altro colpo – questa volta vi mostrerò la mia vera potenza.

Nell’istante in cui l’uomo si apprestò a lanciare il colpo Shaina si preparò per riceverlo. Avrebbe potuto schivarlo, forse, ma sapeva che Maya non sarebbe riuscita a fare altrettanto e così decise di sacrificarsi per evitare che lei morisse sotto la potenza di quel fascio di luce.

Benchè i suoi riflessi fossero ottimi non riuscì a vederlo partire, ma con suo sommo stupore evitò l’impatto. Alzando lo sguardo verso l’uomo che stava contenendo quel colpo riconobbe le spalle possenti di Milo e suo malgrado sorrise ringraziando mentalmente il suo salvatore. Affianco a lei arrivò anche Edgar, che prima che il cavaliere di Scorpio finisse di smorzare quel potente attacco, scagliò il suo colpo che però non arrivò a colpire nessuno dei tre cavalieri. Thor scoppiò a ridere, seguito dagli altri due:

  • E tu saresti un cavaliere di Athena! Così grasso e privo di ogni forza? Come è caduta in basso la vostra Dea se arruola esseri ridicoli come te!

  • Io sarò anche ridicolo, ma il mio grande cuore e il mio coraggio vi impedirà di fare male a queste due ragazze!

  • E allora mostrami il tuo coraggio, ridicolo ometto.

Thor per la terza volta lanciò il suo colpo, ma anche questa volta, prima che impattasse sul povero Edgar che non aveva avuto neanche il tempo di realizzare cosa stesse accadendo, intervenne Milo. Ma mentre il cavaliere di Scorpio era concentrato a respingere il Titanic Hercules di Thor, il colpo lanciato da Luxor, il cavaliere dai grigi capelli, lo colpì in pieno.

Il cavaliere d’oro rimase fermo sulla posizione, ma gli artigli del Wolf Cruelty Claw lo ferirono in volto, facendolo barcollare. Osservando il volto di Milo, Shaina provò pena e terrore per il povero Luxor perché così facendo aveva decretato la sua morte.

Prima che il cavaliere dello Scorpione potesse però accennare una reazione, Hagen scagliò il suo violento Great Ardent Pressure su Edgar che ne fu travolto. Le urla di dolore fecero voltare Milo, che per la seconda volta venne nuovamente colpito dal colpo di Luxor. Gli artigli questa volta si conficcarono sul braccio destro, inferendogli una ferita profonda. Lo sguardo di Milo divenne furente. Shaina si incantò ad osservare il sangue che stava bagnando il suo braccio, immaginando la reazione violenta che ne sarebbe scaturita. L’intuizione della sacerdotessa non tardò a realizzarsi. Il cavaliere dello Scorpio non lasciò neanche il tempo ai tre cavaliere di Asgard di vedere da dove era partito il colpo, che li colpì simultaneamente con il suo Scarlet Needle. La potenza del colpo, benchè ridotta dall’ampiezza del raggio di azione, riuscì a ferire sia Thor che Hagen, atterrando Luxor, l’artefice del su ferimento.

Durante tutto quel trambusto Maya si allontanò, approfittando del fatto che nessuno poneva più attenzione a lei. Solo Edgar, dopo essersi ripeso dal colpo subito e dopo aver spento un principio di incendio sul suo gonnellino, si accorse dell’assenza della ragazza. Titubante sul da farsi, si voltò verso Shaina, l’unica non coinvolta nello scontro.

La ragazza, intuendo le sue intenzioni, lo incoraggiò a seguire Maya e vedendolo ancora fermo e indeciso lo rimproverò:

  • Avanti Edgar, non penserai di essere di alcuna utilità qui?! Anzi, oserei dire che se resti Milo dovrebbe spendere energie a difenderti, distraendosi dal combattimento impegnativo nel quale è coinvolto.

  • Edgar non mi è di alcun intralcio – Milo si voltò verso i due – e questi tre sono talmente insulsi da non impensierirmi minimamente.



Prima che Shaina o Edgar potessero dire o fare qualcosa, il cavaliere dello Scorpio venne colpito alle spalle dal colpo di Hagen. Il calore e le fiamme lo avvolsero, facendo sprofondare il povero Edgar in un abisso di terrore. Avrebbe dovuto fare qualcosa, ma il fuoco lo spaventava fin da piccolo. L’urlo che gli era uscito in precedenza non era tanto di dolore, ma di terrore. L’idea di morire carbonizzato era stato il suo incubo fin da piccolo, dal giorno in cui aveva visto in televisione il film “L’Inferno di Cristallo”.

Era passato un secolo da quel giorno e lui ora era un uomo differente. Cominciò a ripetersi questa frase mentre mosse i primi passi, prima lentamente, poi sempre più velocemente fino a correre verso Milo e incontro al fuoco. Doveva salvarlo, non importava se fosse finito come un maialino alla graticola, l’importante era salvare il suo amico.

Prima di giungere verso la meta, però, si accorse che il cavaliere si stava salvando da solo, fermando il colpo di Hagen con il suo immenso cosmo. Rimase incantato ad osservare il gesto elegante del suo amico e non si accorse che stava ancora correndo. Si ritrovò così abbarbicato al cavaliere dello Scorpio, imbarazzato e confuso. Milo lo squadrò con il suo solito sorriso sghembo:

  • Forse ha ragione Shaina. Non è il caso che resti qui, Edgar. Va, corri dietro a Maya e cerca di aiutarla. Probabilmente ne ha più bisogno lei di me.

  • Milo … mi spiace … io non sono bravo in nulla, di certo non sono bravo a proteggerti.

  • Edgar, caro, non è questo il tuo compito. Va e aiuta Maya.

Prima che Edgar potesse dire o fare nulla, entrambi vennero nuovamente colpiti dal colpo di Hagen. A quel punto, Milo lo spinse via e gli urlò di sparire. Il buffo ometto non se lo fece ripetere: non era mai riuscito a disobbedire ad un ordine autoritario.











La spiegazione di Shaka non lo aveva convinto. Inoltre nessuno gli avrebbe tolto dalla testa che il suo compagno d’armi sapesse più di quanto aveva detto. Eppure aveva lasciato perdere. Anche lui, come il cavaliere di Virgo aveva percepito il dileguarsi dell’aurea negativa intorno al Grande Tempio e con la scomparsa di Calliope non restava loro molto altro da fare. Bisognava risolvere ancora la questione di Edgar, ma a lui avrebbero pensato Milo e Camus.

Il suo compito ora era quello di recuperare Seiya e fare in modo che il ragazzo non rinunciasse ai propri sogni e preservasse la sua vita.

Accompagnò Marin lungo il crinale delle montagne verso la zona in cui aveva nascosto il suo allievo, ma quando giunsero in prossimità del valico oltre il quale avrebbero intravisto la casetta dove il ragazzo si nascondeva, Aiolia si fermò di colpo.

La sensazione di perdere una parte di sé una volta attraversato quel valico si impossessò di lui a tal punto che nessuno dei richiami del cavaliere dell’Aquila riuscirono a ridestarlo. Aveva compreso, improvvisamente, che quello sarebbe stato l’ultimo momento di amore nella sua vita. Lo sentiva sulla sua pelle e sulle sue ossa e anche se la ragazza che gli aveva donato sensazioni e sentimenti per lui impensabili non gli aveva ancora detto nulla, aveva la certezza che di lì a poco lo avrebbe lasciato. Si voltò improvvisamente verso di lei e con aria malinconica le chiese:

  • Perché?

La ragazza seppur per un istante rimase sorpresa, immediatamente comprese a cosa si riferiva quella domanda. Per tutta risposta, senza dire nulla, gli si avvicinò e dopo aver preso tra le sue mani il suo volto e averlo baciato sulle labbra, appoggiò la sua fronte sul suo mento. Poi gli rispose a parole:

  • Perché l’amore che io provo per te e quello che tu provi per me ci impedirebbe un giorno di fare la cosa giusta.

  • Non puoi saperlo! – Aiolia le alzò il volto, in modo che i loro occhi si incontrassero – magari accadrà il contrario.

  • Per noi non è scritto alcun futuro di amore. Solo la battaglia ci attende.

  • La vita non è fatta solo di combattimenti. Noi dobbiamo vivere al di là di tutto questo.

  • E’ impossibile – Marin si liberò dalla sua presa, allontanandosi da lui – almeno per me. Io non credo che potrei battermi sapendo che potrei morire, lasciandoti nel dolore o peggio … sapendo che TU potresti morire.

  • E così decidi di perdermi ora? – Aiolia sorrise malinconicamente – non ti sembra assurdo? E poi che vorresti dirmi, che una volta che mi avrai lasciato smetterai di amarmi? Non ti preoccuperai più del mio destino?

  • Mi preoccuperò sempre per te e per quello che ti accadrà e non posso certo decidere di smettere di amarti. – Marin evitò di guardarlo – Ma lo farò sapendo di non avere alcun diritto di chiederti di vivere per me e solo per me. Noi siamo votati alla Dea Athena, questo è il nostro destino e non possiamo avere altro pensiero se non quello di essere fedeli a lei.

Aiolia strinse i pugni fino al punto in cui le sue unghie si conficcarono nella carne. Nella sua mente vorticavano le parole di Marin e le emozioni che insieme avevano condiviso in quei pochi attimi passati insieme. In un esplosione di rabbia si voltò per scagliare un pugno sulla parete della montagna che, come un foglio di carta, venne giù andando in frantumi. Il rumore assordante non riuscì comunque a sovrastare il battito del suo cuore che stava andando all’impazzata dentro il suo petto. Non poteva rinunciare a lei eppure sapeva di doverlo fare. In fondo era qualcosa che aveva sempre saputo.

Per la rabbia scagliò un altro pugno che però si infranse sulla mano di Marin. La ragazza sorrise suo malgrado:

  • Non vorrai seppellirci sotto la montagna, vero?

  • Beh! Sarebbe un bel modo di morire: abbracciato con te – per un istante i loro sguardi si incontrarono ed entrambi sorrisero, ma poi la rabbia in lui prese nuovamente il sopravvento – Che senso ha concedervi la possibilità di amare o uccidere l’uomo che vede il vostro volto? Dimmi, che senso ha? Tanto valeva che mi uccidevi quella sera, avrei sofferto di meno.

Le lacrime uscirono dal suo volto, difficile dire se fossero di rabbia, di dolore o di rimpianto. Certo era che Aiolia in quel momento avrebbe voluto poter cambiare la loro vita. Marin si strinse a lui, abbracciandolo: se avesse potuto si sarebbe fatta carico di tutto il suo dolore, che in fondo averne in più non è che spostava molto la sua situazione. Non avrebbe più amato e forse neanche più sorriso. Eppure sapeva di dover continuare a vivere, per Athena, per il mondo e per il suo allievo Seiya. Doveva vivere anche per Aiolia e sperare che nulla accadesse loro e magari sognare che un giorno sarebbero stati liberi dai quei vincoli così giusti eppure così dolorosi.

I due si separarono e Marin, dopo aver accarezzato la sua guancia si avviò verso il valico per raggiungere il giovane Seyia, ma Aiolia, afferrandole la mano la trattene. Quando lei si voltò comprese subito cosa il ragazzo voleva dirle. Annuendo, acconsentì alla sua ultima, tacita, richiesta, che in fondo non sarebbe cambiato nulla se il mondo avesse aspettato un'altra ora prima di essere salvato: giusto il tempo di amarsi l’ultima volta.















Sapeva in fondo di non essere stato sincero con Aiolia. Non gli aveva mentito, non era nella sua natura, aveva solo omesso quanto in realtà fosse sicuro di quello che era successo negli ultimi tempi. Aveva chiaro ormai quale fosse il quadro generale: Calliope per la brama di ottenere il trono di Asgard per le sue figlie aveva convinto il Grande Sacerdote delle male intenzioni di Lady Hilda. In qualche modo lo aveva anche convinto del fatto che Edgar fosse meritevole di battersi per la Cloth di Pegasus. Era inoltre certo del fatto che fosse stato il cavaliere di Gemini ad aver aiutato quel buffo ometto a vincerla, spinto probabilmente da una richiesta del Grande Sacerdote stesso. Era convinto che tutti i cavalieri, in fondo, si erano mossi per suo volere. Era ormai certo anche del fatto che l’armatura di Pegasus fosse destinata all’allievo del cavaliere dell’Aquila. L’unica cosa che gli mancava di capire era perché il Grande Sacerdote si era lasciato manovrare da quella donna e se quanto di quello che aveva fatto fosse per il bene o per il male.

Non poteva dubitare del Pope, certo, ma negli ultimi tempi un dubbio si era insinuato nella sua mente ed ora, libero dal qualsiasi interferenza, era giunto il momento di chiarirlo. Entrò nella Grande Sala, ma del Grande Sacerdote non trovò alcuna traccia. Decise di attendere il suo ritorno e sedendosi nella tipica posizione del Loto a lui congeniale, cominciò pazientemente ad aspettare.

L’attesa, a dispetto di quello che immaginava durò molto e quando il Grande Sacerdote entrò nella sala, sentì delle increspature e dei conflitti nella sua anima sempre così ermetica. L’uomo più vicino agli Dei, si alzò di scatto e rendendo omaggio al Pope, si preparò ad attivare al massimo tutti i suoi sensi per cogliere ogni minimo segnale o suggerimento. Il Grande Sacerdote si sedette sul trono con una certa fatica e solo dopo un tempo che a Shaka sembrò eterno cominciò a parlare:

  • Cavaliere di Virgo, immagino che tu, uomo così perspicace e attento, sia venuto per chiedere spiegazioni.

  • Ebbene, Grande Sacerdote, avete ragione. – Shaka spostò il volto un po’ verso la sua destra per cogliere meglio la voce dell’uomo, che sentiva fragile.

  • E allora procedi con le tue domande – l’uomo si lasciò andare, visibilmente stanco – come puoi vedere sono affaticato e vorrei al più presto andarmi a riposare.

  • Si, lo vedo – Shaka si voltò verso di lui, ma tenne gli occhi chiusi – e mi domando cosa vi abbia così provato.

  • Gli eventi degli ultimi tempi hanno richiesto in me un grande sforzo e ora, che anche grazie al vostro intervento, le cose sono migliorate, le mie energie mi hanno abbandonato.

  • Allora non negate il fatto che Calliope avesse su di voi una cattiva influenza? Mi domando come questo sia stato possibile!

  • Ti sbagli cavaliere e fai torto a me e ad Athena che mi ha scelto come colui che vi governa nel dubitare delle mie capacità.

  • E allora spiegatemi, perché io non ho compreso il vostro ruolo in tutta questa storia.

  • E pensi di aver compreso la storia? – Sul volto di Saga, coperto dalla maschera, comparve un sorriso mentre nella sua mente la paura si dileguò confortata dal pensiero che l’arroganza di quel ragazzo gli avrebbe offerto una via di fuga.

  • So per certo che Calliope voleva attentare alla vita della celebrante di Odino, che il cavaliere di Gemini ha permesso ad Edgar di ottenere l’armatura di Pegasus, la quale, però, è destinata all’allievo del cavaliere dell’Aquila – Shaka attese un attimo pensieroso prima di proseguire – e so che voi eravate a conoscenza di tutto questo.

  • E’ vero e mi complimento con te per non esserti fatto sfuggire nulla.

  • In verità, come dicevo prima, quello che mi sfugge è il vostro ruolo in tutto ciò.

  • Il mio ruolo? – Saga si alzò dal trono e cercò di recuperare tutte le energie a sua disposizione. Seppur debilitato dai suoi conflitti interiori, aveva bisogno di lucidità e fermezza per convincere quel cavaliere – Ho semplicemente cercato di evitare che Calliope raggiungesse i suoi scopi.

  • Volete dire che avete cercato di evitare che uccidesse la Regina di Asgard? – Shaka si fece ancora più dubbioso – e in che modo?

  • Facendo in modo che Lady Hilda fosse seguita costantemente da uno dei miei cavalieri più valorosi.

  • Ma voi avete chiesto ai vostri cavalieri di uccidere Camus!

  • No! Io ho chiesto ai miei cavalieri di riportare Aquarius e Lady Hilda qui. Sapevo che Calliope voleva ucciderla e così ho fatto di tutto per evitare che ciò accadesse.

  • E Edgar? – Shaka aprì gli occhi per mostrare con la sua espressione tutti i suoi dubbi.

  • Edgar faceva parte del piano. – Saga cercò di concentrarsi ancora di più – il fatto è che Calliope aveva paura del cavaliere di Pegasus.

  • Calliope aveva paura di … Edgar?

  • Non di Edgar, ma di Seyia. Affermava di aver visto nel futuro che quel ragazzo farà in modo di distruggere Asgard e i suoi cavalieri.

  • E voi le avete creduto?

  • Assolutamente no! Ma non volevo che facesse del male a quel ragazzo e così ho assecondato i suoi piani, sapendo che quell’ometto, Edgar, sarebbe stato protetto al meglio dai cavalieri di Scorpio e di Leo.

  • Non ha senso, Grande Sacerdote!

  • E’ questa la differenza tra me e te, nobile Shaka e questo è il motivo per cui io sono il Grande Sacerdote e tu no. Dovresti provare a vedere il quadro più ampio, non credi? Avevo bisogno di tempo per comprendere quanto Calliope fosse potente e quanto potesse danneggiarci o coinvolgerci in guerre non volute. Millantava un credito con Zeus e non avevo altro modo che assecondarla per comprendere quanto tutto ciò fosse vero.

  • Avete rischiato la vita di un comune essere per verificare se dovevate intervenire o meno? E’ questo che mi state dicendo?

  • Ho rischiato la vita di quell’ometto per evitare di rischiare la vita di molti altri – Saga alzò volontariamente la sua voce per sottolineare lo sdegno a quelle sue affermazioni – e comunque avevo piena fiducia nei miei cavalieri.

  • E il cavaliere di Gemini? Perché lo avete coinvolto e dove è stato in tutti questi anni?

  • Gli ho chiesto di intervenire perché era l’unico che potesse farlo.

Shaka faceva fatica a credere alle parole di quell’uomo, tanto gli sembravano inverosimili, ma per quanto si sforzasse non riusciva a rilevare nessuna increspatura nel suo racconto o nella sua anima che confermasse il suo dubbio. Rimase per un lungo istante ad osservarlo e a sentirlo, ma in fondo all’anima di quell’essere, l’unica cosa che riuscì ad intravedere fu amore e devozione. A quel punto non gli restava altro da fare che accettare quella storia così come gli era stata raccontata. Si rassegnò all’idea per una volta di non essere giunto ad avere una risposta chiara a tutte le sue domande. Perso in quella rassegnazione non si accorse del sorriso trionfante del Grande Sacerdote che ancora una volta si congratulò per le sue grandi doti che gli consentivano da anni di ricoprire con poca difficoltà quel ruolo da impostore.






Eccoci con un nuovo capitolo della “saga” di Edgar …manca poco alla conclusione di questa storia … speriamo di mantenere il ritmo fino alla fine .

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Capitolo 34
*** XXXIV - Una vita per una vita ***


Capitolo XXXIV

Una vita per una vita




Per Camus fu difficile liberare Hilda dal suo bacio. In un certo senso sentiva che quella sarebbe potuta essere la sua ultima possibilità. Eppure nel suo cuore sapeva cosa rispondere alla proposta della donna. L’avrebbe amata per l’intera sua esistenza e, a dispetto dei suoi lunghi anni di addestramento, non avendo un animo così temprato, sentiva di non aver la forza per rinunciare a lei.

Separò le sue labbra, ma non i suoi occhi e con lo sguardo piantato su di lei si preparò a confessarle che avrebbe rinunciato ad ogni velleità di essere un fedele cavaliere di Athena.

Un luccichio lontano, però, catturò la sua attenzione e gli impedì di pronunciare le parole che forse avrebbero cambiato il suo destino per sempre. I sensi di cavaliere lo misero in allerta.

Tutto accadde nella frazione di un istante. Ebbe giusto il tempo di voltarsi per vedere meglio cosa fosse quel bagliore che in lontananza diventava sempre più grande. Si rese conto che se non si fosse spostato sarebbero stati travolti, decretando probabilmente la morte di entrambi. Calcolò inoltre che dietro le mura del corridoio dove si trovavano in quel momento vi fossero molti degli invitati e che a quella velocità quel raggio avrebbe potuto distruggere la parete, uccidendo o ferendo degli innocenti.

Con una spinta allontanò Hilda, poi si voltò e mettendo le braccia avanti si preparò a contenere quel potente raggio. Di quell’immensa forza e luce, però ne vide arrivare solo una parte, separata e frastagliata e l’impatto con essa fu gestibile con uno sforzo contenuto. Si accorse immediatamente che un oggetto ingombrante aveva in qualche modo attutito il colpo, evitando la sua morte. Eppure non si era reso conto di avere davanti delle colonne o del mobilio.

Cercò di mettere a fuoco, ma l’urlo di Hilda attirò la sua attenzione. Con il cuore in gola si voltò ad osservarla, per cercare di capire se fosse stata in qualche modo colpita, ma quando, seguendo il suo sguardo, si accorse che stava anche lei guardando l’oggetto che aveva deviato il colpo, velocemente tornò su di esso e si rese finalmente conto che quello non era un oggetto, ma una persona.

La riconobbe dal colore dei suoi capelli. Correndo verso di lei sussurrò il suo nome, quasi come una supplica o una preghiera a che ella fosse ancora viva.

Il corpo della ragazza giaceva inerme con il volto schiacciato sul pavimento, in una posizione scomposta. Le si inginocchiò vicino e con molta delicatezza la voltò per avvolgerla nelle sue braccia. Vide il suo volto contrarsi in una smorfia di dolore e calcolò che tutto dipendesse dal fatto che buona parte delle ossa di quello scricciolo di ragazza fosse andato in pezzi. Provò a sostenerla, appoggiando il suo volto sulle sue gambe e con la voce più dolce di cui disponeva sussurrò il suo nome:


  • Mya riesci a sentirmi? Mya.


Dalla ragazza non giunse alcun suono, ma sul suo volto comparve un sorriso. Camus la strinse a se, come se quell’abbraccio potesse donarle un alito di vita in più che le consentisse di sopravvivere. Il suo inconscio lo avvertì del fatto che le loro vite erano ancora in pericolo. La sorgente di quel potente fascio di luce era ancora lì.

Sentì l’aria spostarsi e comprese che presto sarebbe partito un altro colpo. Li avrebbe sicuramente investiti o peggio avrebbe colpito Hilda, ma non riusciva a muovere alcun muscolo, immobilizzato dal senso di colpa.

Lo sentì nuovamente partire e con la coda dell’occhio lo vide dirigersi verso Lady Hilda. Doveva muoversi e doveva farlo in fretta, altrimenti la donna della sua vita sarebbe perita in quel giorno, eppure sentiva il suo corpo pesante e le sue gambe immobilizzate dal peso di quello scricciolo che continuava ad annaspare.

Una vita per una vita.

Come poteva scegliere di sacrificare Mya? Avrebbe dovuto essere più razionale, in fondo non si trattava neanche di sentimenti: per la ragazza dai capelli rossi non c’era più speranza, per Lady Hilda sì. Eppure rimase ancora una volta immobile, preparandosi a vedere quel colpo uccidere il suo amore e la sua vita.

Non era così, sentiva che non lo era.

La sua era speranza e non rassegnazione.

Sentiva che qualcuno sarebbe arrivato. Ma come poteva pensare una cosa del genere? Abbassò lo sguardo e vide che la piccola Mya stava stringendo il suo braccio. Si spostò ad osservare il suo volto e ancora una volta la vide sorridere, la sentì sussurrare le parole: “abbi fede”. Comprese, allora, che era lei che gli stava trasferendo quel sentimento di speranza. Decise, per una volta di credere al fatto che quella ragazzina conoscesse il suo destino. Chiuse gli occhi e desiderò con tutto se stesso di non sbagliarsi.

Il suo desiderio si realizzò dal momento che nella scena irruppe Edgar.

Senza pensarci due volte il buffo ometto si buttò a capofitto per proteggere la celebrante di Odino. Riuscì nell’intento di proteggerla, ma il colpo che lo travolse mandò in pezzi l’armatura di Pegasus e lo scaraventò dalla parte opposta del corridoio. Per il forte impatto svenne.








Milo era pronto a lanciare per l’ennesima volta il suo colpo. Lo avrebbe fatto per colpire tutti e tre i cavalieri di Asgard. Sapeva che una tale mossa, impegnativa da eseguire, li avrebbe messi tutti in difficoltà. Avrebbe avuto bisogno di uno o al massimo altri due colpi, ma con un po’ di fortuna si sarebbe liberato di loro in poco tempo.

Si apprestò ad eseguire il suo Scarlet Needle, ma con la coda dell’occhio si accorse che qualcosa si stava muovendo ad elevata velocità verso Shaina. Non fece in tempo ad avvertirla che la sacerdotessa guerriero si trovò circondata da un branco di lupi. La risata di Luxor echeggiò nei corridoi:


  • E ora, nobile cavaliere? Cosa farai? Lancerai il tuo colpo o salverai la tua bella?


Prima che Milo potesse rispondere, Shaina espanse il suo cosmo al massimo delle sue possibilità e avvolgendo il suo colpo di un sentimento di rabbia spazzò via i lupi che la minacciavano.


  • Io non sono la sua bella e non ho bisogno di essere salvata da nessuno. Io so salvarmi da sola!


A Milo scappò un sorriso. Se la situazione fosse stata diversa le avrebbe chiesto all’istante di sposarlo, tanto era ammirato della forza e del carisma di quella ragazza.

Quel dolce pensiero, però, venne spazzato via dalla sensazione che qualcosa di terribile stava accadendo. Sapeva che Edgar non possedeva alcun cosmo, eppure in quell’istante avrebbe giurato di aver percepito l’aurea del suo buffo amico andare in pezzi.

La rabbia lo avvolse, insieme alla voglia di correre in suo soccorso e così senza farselo ripetere lanciò il suo colpo in direzione dei tre cavalieri, riuscendo ad atterrarli tutti. Prima che potesse prepararsi a lanciare il secondo, venne colpito a sua volta.

Prima di rovinare a terra, realizzò che quel colpo non veniva da nessuno dei suoi avversarsi: apparteneva ad un cavaliere molto più potente di quei tre.

La voce di Shaina lo fece trasalire. Si guardò le mani, rendendosi conto di averle sporche di sangue, il suo sangue e poi, voltandosi vide giungere sulla scena colui che lo aveva colpito: Siegfried.

La situazione ora si sarebbe complicata terribilmente.








Edgar giaceva a terra, privo di sensi. Camus era certo che il suo amico fosse ancora vivo, ma per quanto ancora? Inoltre sapeva di dover lasciare andare Mya, ormai spacciata, per poter salvare Hilda ed Edgar, ma qualcosa nel suo corpo si rifiutava di eseguire quel pensiero così logico. Eppure qualcosa doveva fare.

Abbassò lo sguardo verso la ragazza per incrociare i suoi occhi: si sorprese nel vederli così pieni di serenità. Comprese che quello sguardo, così cristallino, lo stava spronando a fare quello che doveva. Annuì e senza aggiungere nulla, si alzò e si preparò a dare battaglia. Ma prima che potesse sferrare il suo colpo venne fermato dalla voce rabbiosa di Maya che giunta, anch’ella sulla scena, inginocchiandosi accanto alla sorella, inveì verso la direzione da cui erano giunti i colpi:


  • Ma come hai potuto colpire tua figlia! E per che cosa poi? Per un trono che non ti appartiene?

  • Ti sbagli! – dal fondo del corridoio emerse l’artefice dell’attacco, Calliope, sconvolta e alterata, quasi impazzita – puoi accusarmi di tutto, figlia, ma non di questo! Essere celebrante di Odino era scritto nel destino, per me o per una delle mie figlie! Ah ah ah ah e come vedi così è stato, in fondo. Il destino ha deciso che sarai tu Maya la prescelta.

  • Tu sei pazza! PAZZA! – dagli occhi di Maya sgorgarono lacrime di rabbia e indignazione.

  • E tu sei un’ingrata! Ma non ha importanza, figlia mia. Il destino si compirà che tu lo voglia o meno. Io ti ho visto con lo scettro di Odino. Sì ti ho visto chiaramente. E ora, tolta di mezzo questa usurpatrice, tutto ciò che ho visto nel futuro si avvererà.

  • Ti sbagli! – Maya strinse il braccio di sua sorella, per cercare di darle conforto – quello non è ciò che accadrà, ma ciò che tu vorresti che accadesse. Confondi i tuoi desideri da ciò che è reale. L’ho capito, sai? Finalmente ho capito che non tutto quello che vediamo si avvera. Tu dovresti saperlo, sono sicura che lo sai! La tua brama di potere, il desiderio di ottenere riconoscimenti e onore ti hanno annebbiato la mente madre mia. Ti ho sempre voluto bene e ho sempre pensato che alla fine saremmo riuscite ad essere felici, ma ora non più. Ora che hai fatto così tanto male a Mya non più.

  • Non farmi ridere! Da quando ti interessa di tua sorella? L’hai sempre disprezzata, mi hai sempre detto che era una debole e fragile. Beh! Avevi ragione, ha sacrificato se stessa per un amore non ricambiato: che stupida! E ora che finalmente ti do ragione, ora che vedo chi delle due è veramente degna del mio amore, tu cosa fai? Mi butti addosso il tuo odio?

  • Si! Ti odio! Ti odio! E’ colpa tua se non ho mai apprezzo come avrebbe meritato mia sorella. Lei non è debole e fragile, è la più coraggiosa perché ha il coraggio di portare avanti ciò in cui crede, senza tentennamenti. E’ lei la migliore perché ama senza mai preoccuparsi di essere derisa. E’ lei la più forte perché ha sempre saputo da che parte è la giustizia. Tu non sei riuscita ad insegnarmi niente e per quanto possa rispettare il fatto che nonostante questo tu sia ancora mia madre, non potrò mai perdonarti di aver fatto questo a Mya. Per questo ti ucciderò!


Maya si alzò rapidamente, pronta a colpire sua madre. Sapeva di non avere la forza sufficiente per ucciderla, ma questa convinzione non l’avrebbe fermata, tanta era la rabbia per quello che aveva fatto a sua sorella e al povero Edgar. Perché in fondo al suo cuore sentiva quanto fosse ingiusto anche quanto era accaduto a quel povero ragazzo. Subire quel terribile colpo, soffrire e provare dolore per qualcosa che in fondo non lo riguardava neanche. Non era un cavaliere, tutti lo sapevano, lo stesso Edgar lo sapeva, eppure si era gettato nella mischia sempre, senza mai indugiare. Avrebbe fatto di tutto per impedire a sua madre di fare ancora del male.

Si buttò con tutta la rabbia e l’energia che sentiva addosso verso di lei, ma la mano di Camus le impedì di proseguire oltre lui. Provò in tutti i modi a liberarsi. Lottò e impreco, ma senza alcun successo.

I suoi occhi incontrarono lo sguardo del cavaliere e in quel profondo blu, per la prima volta Maya si sentì protetta e compresa. La sua rabbia e la sua frustrazione erano le stesse che albergavano in quel blu, così nitido e chiaro per lei, da sentirsi affrancata dalla battaglia. Si rilassò e il cavaliere liberò la presa. La sua vendetta sarebbe stata compiuta dal cavaliere di Aquarius.











Milo si preparò a subire l’attacco del nuovo venuto, ma questo non arrivò. Nel frattempo i tre cavalieri si alzarono, pronti a muovere nuovamente battaglia per lavare via l’umiliazione appena subita. Siegfrid però si pose davanti a loro. Rimase in silenzio ad osservare i due cavalieri di Athena, mentre gli altri accettarono passivamente l’ordine silenzioso impartito loro dal nuovo venuto. Milo era colpito dall’eleganza e dalla forza mostrata da quell’uomo. Se avesse avuto più tempo gli avrebbe offerto il suo lato più nobile, ma aveva fretta di concludere il combattimento per andare in soccorso di Camus ed Edgar, perciò utilizzò il suo approccio più spiccio:


  • Avanti cavaliere di Asgard, sferra il tuo colpo, in modo che io possa sconfiggerti e andare oltre.

  • Quanta arroganza! – furono le parole pronunciate da Hagen – pensi veramente di poter sconfiggere il più valoroso cavaliere di Asgard?

  • Certo, così come ho fatto con voi.


Milo sorrise, ma nel suo sorriso non c’era nulla di comico. Siegfrid comprese che le ragioni che muovevano quel cavaliere erano nobili e legittime, per questo indugiava. L’istinto gli suggeriva che quello era uno scontro nato sotto una stella ingiusta, ma al tempo stesso, l’idea che un cavaliere di Athena si fosse preso gioco dei suoi compagni era difficile da accettare.

Il cavaliere di Asgard indugiava e nell’attesa fu Luxor ad intervenire, aizzando nuovamente i suoi lupi contro Shaina. La ragazza, distratta, non si accorse dell’attacco e venne morsa e atterrata dal branco.

La reazione di Milo fu immediata, come quella di Siegfried: mentre il primo lanciò ancora una volta il suo Scarlet Needle verso Luxor, il cavaliere della stella di Orione sferrò il suo Orion Sword per difenderlo. Luxor franò a terra in preda a forti dolori, mentre Milo si ritrovò travolto e scaraventato in alto dal colpo di Siegfrid. Il cavaliere di Athena riuscì comunque ad atterrare sulle sue gambe, ma il colpo ricevuto gli diede la conferma che dell’ultimo arrivato avrebbe dovuto temere ogni mossa.

Si voltò immediatamente per accertarsi che Shaina stesse bene e quando la vide rialzarsi, volse nuovamente il suo sguardo verso Siegfrid:


  • E’ dunque questo quello che vuoi?

  • Quello che voglio è capire il motivo del vostro scontro, solo così potrò decidere il da farsi.

  • Mi sembra giusto e ragionevole – Milo sorrise – però ho paura che questa domanda dovrai rivolgerla ai tuoi amici, perché io onestamente non lo so il motivo per cui stiamo combattendo.

  • E’ semplice – fu Hagen a rispondere – avete aiutato Maya a fuggire di prigione e la stavate scortando non so bene per fare cosa.

  • Maya è fuggita da sola di prigione – fu Shaina questa volta a rispondere – e noi stavamo solo cercando di evitare che qualcuno morisse.

  • Di cosa stai parlando? – lo sguardo severo di Siegfrid si posò su di lei, ma istintivamente la donna non ne ebbe paura perché in lui trovò gli occhi di una persona ragionevole.

  • Maya mi ha chiesto di aiutarla a cercare sua sorella, perché temeva per la sua vita.

  • D’accordo. Siete liberi – Siegfrid con il gesto della mano bloccò le rimostranze dei suoi compagni d’armi – ma io verrò con voi. Il fatto che Maya giri liberamente per il palazzo può rappresentare un pericolo per Lady Hilda e il nostro compito è proteggerla.

  • Lo senti anche tu, vero? – Milo si fece più serio.

  • Sento cosa, cavaliere?

  • Questo cosmo ostile! E senti anche la battaglia, vero?


Siegfrid non rispose, ma con decisione mosse i suoi passi verso la direzione in cui erano scomparsi Edgar e Maya. Shaina spostò il suo sguardo verso Milo, il quale gli fece cenno di seguirlo. Qualcosa stava accadendo, anche lei sentiva le turbolenze nell’aria e sospettava che se non avessero accelerato il passo, il loro aiuto sarebbe potuto arrivare tardi.









Fu inevitabile, Camus sentiva di compiere il destino che era stato scritto per lui, lanciò il suo colpo, così elegante e così devastante. Non diede neanche il tempo a Calliope di preparare una difesa, né a Maya di accettare la morte della madre. Sferrò il suo colpo con tutta la rabbia che possedeva e sì che le energie fredde richiedono calma e sangue freddo, ma almeno per quella volta, forse impietosite dal dolore del loro custode, le divine acque concessero a Camus di colpire al massimo della sua potenza pur in quelle condizioni così sbagliate da risultare alla fine perfette.

L’Aurora Execution travolse Calliope, compiendo il loro dovere.

Il custode delle energie fredde non si curò di accertarsi della morte della sua rivale, né delle condizioni di Edgar, che sapeva e sentiva essere ancora vivo, seppur malconcio. Non si preoccupò neanche della donna amata né della giovane Maya, che tanto stava perdendo in un giorno così infausto.

Si abbassò sul corpo della sua salvatrice, andando alla ricerca dei suoi occhi e del suo perdono. I loro sguardi si incontrarono e per la prima volta il cavaliere di Aquarius, abbracciando quello scricciolo di ragazza fra le sue braccia, provò un senso di sconfitta. Mya cercò di allungare la mano per toccare il suo volto, ma anche quel semplice movimento le risultava troppo grande per le poche energie rimaste. Camus le prese la mano e l’avvicinò al suo volto, facendola sorridere:


  • Ti prego Camus, lasciami andare.

  • Cosa? – il ragazzo la guardò stupita.

  • Se tu continuerai a stringermi io non avrò coraggio di andare.

  • Andare dove, Mya?

  • Lo sai … non ho molto altro da fare qui. Le mie forze stanno svanendo e il mio cuore si sta spengendo, ma se tu mi tieni stretta a te, non si abbandonerà mai del tutto. Eppure il mio tempo è finito e il mio destino si è compiuto. Perciò Camus, mio amato Camus, regalami un bacio, onora il dono che ti ho fatto rimanendo vivo e lasciami andar via.

  • Non posso – Camus la strinse ancora più a se – quello che mi chiedi di fare non posso farlo. Non posso portare il peso del tuo sacrificio sulle mie spalle.

  • Ben altri pesi dovrai portare con te, mio cavaliere. Salvandoti la vita, l’ho complicata e forse arriverà il giorno in cui mi odierai, ma non potevo vederti morire … no … proprio non potevo.


La voce di Mya si fece più flebile. Anche se Camus l’avesse stretta a se per l’eternità, di lì a pochi istanti il cuore della ragazza si sarebbe spento per sempre e così, a malincuore, il cavaliere decise di lasciarla andare. Dopo aver posato le sue labbra sulla sua bocca, con le lacrime che solcavano il suo volto, la strinse ancora una volta per sentir esalare tra i suoi capelli il suo ultimo respiro. Per un istante perse la cognizione del tempo e dello spazio e un vortice di immagini lo sovrastarono. Per l’emozione rischiò di svenire, ma con la lucidità che lo contraddistingueva, riuscì a riprendere il bandolo della matassa.

Dopo aver poggiato delicatamente il corpo senza vita di Mya sul pavimento, si alzò lentamente, ritrovandosi al fianco di Maya, in lacrime per la perdita della sorella e di Edgar, che nel frattempo era riuscito a rialzarsi con non poca fatica. Con la coda dell’occhio poteva vedere anche Hilda, inginocchiata e annichilita da quanto accaduto: eppure lui sentiva di non avere più nessuna energia da regalare ne sostegno da dare per confortare. Qualcosa se ne era andato, forse la sua gioventù, insieme all’innocenza di Mya.

Una vita per una vita. La vita di Mya in cambio della sua. Si domandò cosa il destino avesse in serbo per lui da aver permesso il sacrificio di quell’anima così gentile e provò un senso di impotenza per una decisione presa senza il suo consenso e provò vergogna per i suoi sentimenti così terreni, che gli avevano impedito di comprendere fino a quel momento la nobiltà dell’animo di quella ragazza così indifesa eppure così forte da scarificare se stessa per amore.






Ach … quasi non ci credo. Questo è il penultimo capitolo …. Solo uno alla fine di questa storia … cosa farà ora Camus? Accetterà di amare Hilda ora che Mya si è sacrificata per lui, rinunciando anche al suo ruolo di cavaliere? E Edgar rimarrà cavaliere di Pegasus … ovviamente no …. Sappiamo tutti che quell’armatura appartiene a Seiya … ma chissà … magari per lui inventeranno l’armatura dell’Armadillo …. Next stop ultimo capitolo.

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