Bis peccare in bello non licet

di Sweetserialkiller
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 9: *** Capitolo IX ***
Capitolo 10: *** Capitolo X ***
Capitolo 11: *** Capitolo XI ***
Capitolo 12: *** Capitolo XII ***
Capitolo 13: *** Capitolo XIII ***
Capitolo 14: *** Capitolo XIV ***
Capitolo 15: *** Capitolo XV ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


La ragazza rimase senza fiato osservando con occhi sgranati la scena che le si parava davanti.

Tutte le persone presenti in quella stanza si contorcevano tenendosi una mano al petto doloranti, compreso l’uomo davanti a lei. Suo padre. Si stava accasciando dietro al vetro, con il terrore negli occhi che si rifletteva in quelli della figlia.

Era andata, come da prassi, a far visita al padre in prigione, ed ora si trovava in mezzo all’inferno.Le persone erano terrorizzate. C’era gente che gridava,gente che pregava, e chi, come lei, fissava attonita la scena.

Non poteva sbagliarsi, quella metodologia di uccisione di massa l’aveva già vista in passato.

Doveva mantenere la calma, cedere al panico in quel momento non avrebbe giovato alla sua situazione. Lanciò un’ultimo sguardo al padre, chiedendogli implicitamente perdono e si incamminò verso l’uscita della prigione.

Sapeva non l’avrebbero fermata, erano tutti troppo presi e sconvolti dall’accaduto.

Inoltre dopo aver passato anni al fianco di L sapeva bene come sparire senza dare nell’occhio.


Per tutta la vita L era stato il suo sogno, e dopo ancora, durante il caso Kira, era stato il suo mentore. Ora si poteva definire sua amica. Almeno sperava, non era sempre facile capire e interpretare gesti ed espressioni dell’uomo.

Erano passati alcuni anni dal caso Kira, L era stato quasi ucciso, due dei suoi sottoposti avevano rischiato grosso e uno ci aveva rimesso la vita.

Nonostante le controversie tra di loro, Near e Mello si erano ritrovati a lavorare per L e in questo momento risiedevano tutti al quartier generale ideato da quest’ultimo. Un palazzo di cinquanta piani che all’apparenza poteva sembrare un normale grattacielo, ma che al suo interno nascondeva i tre migliori detective del mondo.

Era proprio li che la ragazza si stava dirigendo.

Con il cuore in gola si diresse verso l’ascensore pigiando il tasto che conduceva al ventitreesimo piano.

Appena le porte si aprirono la giovane mandò al diavolo il suo autocontrollo, ritenendo di aver già resistito abbastanza. Si precipitò all’interno della stanza con un’espressione sconvolta in volto.

< Abbiamo un problema, un grosso problema > parlò allarmata.

Non ricevendo risposta, cercò di calmarsi analizzando la situazione attorno a lei.

Erano tutti presenti, ma nessuno si degnava di guardarla o risponderle.

L era, come suo solito, appollaiato sulla sua sedia con lo sguardo rivolto verso il computer. Nella stessa posizione si trovava Near, intento a ricreare una delle sue innumerevoli costruzioni.

Mello invece se ne stava stravaccato sul divano, mangiandosi una tavoletta di cioccolata con aria annoiata. Rimase allibita, la stavano deliberatamente ignorando.

< Hey sto parlando con voi > alzò il volume indispettita.

L’unico ad alzare lo sguardo fu Mello. < Ah, pel di carota, non ti avevo sentita entrare > parlò con un tono monocorde,e nulla, era abituata al caratteraccio del biondo, perciò non diede troppo peso al nomignolo poco simpatico che le aveva affibbiato.

< Immagino dato il gran da fare che ti stai dando, deve essere interessante contemplare il nulla > si limitò a rispondere.

Il biondo di rimando le riservò un ghigno cattivo facendo raggrinzire la pelle ustionata della sua guancia sinistra.

< Qualsiasi cosa è più interessante di te, pel di carota >

Sbuffò sommensamente e si diresse verso la postazione di L, non aveva né tempo né voglia di litigare con Mello.

Cercò di attirare la sua attenzione posandogli delicatamente una mano sulla spalla, ma il corvino non la degnò nemmeno di uno sguardo. Si vide costretta così a fare l’unica cosa capace di destare il detective.

Allungò una mano verso il tavolo cercando di afferrare uno dei numerosi dolcetti che vi erano sopra. Il suo gesto come si aspettava venne fermato dalla mano pallida e ossuta dell’uomo.

< Hai bisogno di qualcosa Clary? > domandò con il solito tono calmo e pacato.

< Si, della tua attenzione > rispose piccata la rossa.

< Dimmi pure > la spronò allora il detective girandosi completamente verso di lei.

I suoi occhi neri come la pece scrutarono imperturbabili l’intera figura della ragazza mettendola in soggezione. L aveva sempre avuto la capacità di metterla a disagio e farla sentire continuamente fuori luogo, ma non poteva permettersi di farsi vedere debole, ci teneva all’opinione che aveva di lei.

Così puntando gli occhi nei suoi iniziò a raccontare l’accaduto di quella mattina.

< E così si sono accasciati tutti al suolo, compreso mio padre, tutti per infarto > concluse.

Le si incrinò un pò la voce in quell’ultima parte, ma L parve non darci peso. Che cosa si aspettava? Empatia forse?, probabilmente quella parola non faceva nemmeno parte del vocabolario dell’uomo.

< Sono già a conoscenza dell’accaduto > affermò semplicemente il corvino.

< Quindi che cosa hai intenzione di fare? >

Clary era spaventata, ma la cosa che bramava maggiormente in quel momento era la vendetta.

Voleva sapere al più presto il piano di L e dare una mano in caso fosse servito.

< Prima di tutto > prese a parlare il corvino portandosi il pollice al labbro < Dovrai venire a vivere qui >

La rossa strabuzzò gli occhi, ed ora anche l’attenzione dei due sottoposti era incentrata su di loro.

< Non credo di aver capito bene > lo apostrofò cercando di rimanere calma.

Non la allettava molto l’idea di dover vivere con degli individui come loro.

Diciamo che non brillavano proprio di simpatia, ospitalità e soprattutto normalità.

< Per quanto sia chiaro che tu abbia capito perfettamente te lo ripeterò.Verrai a vivere qui. L’unica cosa che dovrai fare tu è prendere le cose essenziali da casa tua, al resto penseremo noi > le spiegò pazientemente il detective.

Improvvisamente sentì una presenza dietro di lei. I due ragazzi incuriositi si erano avvicinati per sentire meglio.

< E così vuoi farla venire a vivere qui? > domandò scettico il biondo totalmente in disaccordo con il suo capo. L’albino invece se ne stava ad osservare come suo solito.

< Si Mello è quello che ho appena detto, due volte per giunta. Sai che non mi piace ripetermi. >

L nella sua pacatezza sapeva essere davvero crudele a volte.

< Ci servirai qui per le indagini avendo assistito all’accaduto, inoltre essendo una testimone è probabile che il colpevole dell’artefatto possa volerti eliminare > continuò il corvino.

A questo non aveva pensato. La sua vita poteva davvero essere in pericolo, e per quanto non le piacesse affatto l’idea di convivere con quegli individui, non poteva negare che quello fosse l’unico modo per garantirsi l’incolumità.

Prese un lungo respiro < E va bene mi hai convinta >.

Senti dei passi avvicinarsi a lei, poi un braccio le passò attorno alla vita e la tirò prepotentemente contro il corpo del suo proprietario.Avrebbe riconosciuto il suo tocco rude tra mille. Fu costretta ad appoggiare le mani sul suo petto per evitare di finirgli tra le braccia.

Non era proprio una prospettiva allettante ecco.

Il biondo accostò le labbra al suo orecchio.

<  Vedi di non starmi troppo tra i piedi pel di carota >

A Clary quel suo comportamento idiota stava dando sui nervi. Si girò poggiandogli le mani sulle spalle allontanandolo da se. Si avvicinò poi a sua volta all’orecchio di Mello.

< Stai tranquillo, non ho intenzione di incontrare spesso il tuo brutto muso > lo congedò poi con una pacca sulla spalla.

Un’improvviso colpo di tosse la fece voltare verso il corvino.

< Quindi quando iniziamo? > chiese con nonchalance. Ma lo sguardo di L non la sfiorò nemmeno essendo concentrato sul biondo al suo fianco.

< Mello > lo chiamò con voce melliflua. Quest’ultimo lo guardò rivolgendogli un grugnito.

< Ti sarei grato se d’ora in avanti non posassi più le tue mani su Clary.E ora potete andare >

Il ragazzo aggrottò le ciglia indignato, ma poi sorrise furbo.

< Tranquillo L è tutta tua, non me lo sogno neanche di rubartela. Non me ne frega un cazzo di lei > Con queste parole di pessimo gusto fece la sua uscita di scena.

Distogliendo lo sguardo da quell’insopportabile, ma purtroppo indispensabile elemento della squadra, la ragazza concentrò la sua attenzione sul corvino appollaiato vicino al computer.

< Posso andare? > chiese quindi.

Il detective non si degnò di alzare lo sguardo dal computer, ma fece un cenno con la testa interpretato dalla ragazza come gesto di consenso.

Girò i tacchi e si avviò verso l’uscita non prima di aver salutato i tre colleghi con il tono più autoritario possibile.

 

Data la sua condizione di non patentata fu costretta a prendere il bus. Un bus malconcio e arrugginito che le fece venire voglia di rimettere ogni metro che veniva percorso.

Non era sicura ,però, si trattasse solo di quello. Gli eventi di quella giornata l’avevano travolta come un fiume in piena.

Arrivata in quella che da quel giorno sarebbe stata la sua ex dimora, entrò con fare incerto, ripercorrendo con la mente i momenti più belli che aveva passato lì dentro.

La dolcezza con cui sua madre la svegliava la mattina, la serietà con cui il padre la rimproverava, i compleanni passati insieme, i litigi, i pianti, le risate… tutto finito.

Prima l’aveva abbandonata sua madre. Era stato un dolore atroce, ma il padre le era stato vicino prendendo il posto di entrambi. Ed ora l’aveva abbandonata anche lui.

La collera e la tristezza messe assieme la portarono a scoppiare in un pianto isterico.

Prese in mano una delle tante fotografie di famiglia e la scagliò al muro pentendosene subito dopo. Si avvicinò e la raccolse.

La foto ritraeva una piccola ragazza con i rossi capelli raccolti in due trecce e il viso tempestato di lentiggini che abbracciava felice i genitori con un sorriso sdentato.

Una lacrima cadde sul vetro rotto.

Erano successe così tante cose quel giorno che non aveva avuto nemmeno il tempo di elaborare il lutto.

Asciugandosi gli occhi la infilò distrattamente nel borsone affrettandosi poi a raccimolare tutto il necessario per il trasferimento

Prima di andarsene si fermò sull’uscio della porta dando un’ultima occhiata all’abitazione.

Una miriade di striscioline di liquido giallognolo segnavano i muri, le pareti e i mobili.

Traendo un forte respiro fece l’unica cosa che in quel momento le sembrava giusto fare.

Con una lacrima a solcarle il viso, accese la miccia, lanciandola all’interno dell’edificio,dandovi poi le spalle scomparendo nel buio.


Quando arrivò al ventitreesimo piano del palazzo e le porte si aprirono, si ritrovò tre paia di occhi a fissarla, saettanti da lei allo schermo del computer, che mostrava le fiamme in cui era avvolta la sua casa.

Sotto le immagini dell’incendio vi era una scritta in grassetto.

“ Incendio a casa Hayland, deceduta la figlia dello scienziato scomparso poche ore fa, si pensa ad un possibile suicidio”

< Mossa furba quella di inscenare la tua morte pel di carota, un pò cinico nei miei confronti il modo, ma credo di poterci passare sopra > la voce del biondo le arrivò ovatta alle orecchie.

< Fidati il pensiero del tuo brutto muso non mi ha sfiorato nemmeno per un secondo, non sei esattamente il fulcro dei miei pensieri > rispose gelida, lanciandogli un’occhiataccia.

In tutta risposta Mello la congedò da quella conversazione con un’alzata di spalle.

Clary si avvicinò agli altri due membri del gruppo, sentendo gli occhi scuri del più grande fissi su di lei.

< Che vuoi? > borbottò infastidita. Era stanca. Quella giornata le aveva tolto ogni fibra di energia e non aveva voglia di stare dietro ai giochetti enigmatici di L.

< Sono sorpreso dalla tua mossa, pensavo volessi rendere giustizia a tuo padre tenendo alto il suo nome > parlò pacato, come suo solito.

< Non me ne faccio nulla del prestigio di quel nome, non lo riporterà indietro. E poi se abbiamo a che fare con un altro Kira è meglio che mi creda morta > spiegò, cercando di essere il più esaustiva possibile.

< Il tuo ragionamento non fa una piega > disse portandosi il pollice alla bocca, sembrava star riflettendo su qualcosa < Posso chiederti come hai fatto a far trovare il tuo corpo carbonizzato? > chiese con volto inespressivo, ma tradito da un pizzico di curiosità nella voce.

< Dimentichi che mio padre era uno scienziato. Non è difficile trovare uno scheletro in casa nostra > gli sorrise soddisfatta, ma L non sembrava voler dargliela vinta troppo in fretta.

< E come la mettiamo se dovessero effettuare un’autopsia? Capirebbero subito che non si tratta di te >continuò lui mettendola alla prova. Lei sorrise di rimando.

< Su questo puoi stare tranquillo. Nessuno farà nessuna autopsia. Non può fargli che comodo il fatto che l’intera famiglia Hyland sia morta. Secondo te per quale motivo hanno incastrato mio padre facendolo finire dentro? >

Le sembrò di vedere spuntare sul suo volto un accenno di sorriso.

< Beh se hai tutto sotto controllo come dici, a questo punto direi che puoi andare. Chiamerò Watari che ti scorterà nel tuo alloggio >

Fece un cenno della testa ringraziandolo e si avviò verso l’uscita dell’appartamento.

Si aspettava di vederlo tornare subito con gli occhi fissi sul monitor, non di certo che si sarebbe alzato placidamente dalla sedia per poi seguirla fino alla porta.

 

Quando questa venne aperta Watari la accolse con un docile sorriso.

< Buonasera Miss > la salutò dolcemente l’anziano.

< Buona sera Watari, è sempre un piacere >

Si voltò poi verso il corvino dietro di lei. < Buonanotte L >.

I suoi occhi rimasero fermi sul pavimento per un breve lasso di tempo, fino a che non si decise a guardarla.

< Buonanotte Clary > rispose atono girandosi per tornare alla sua postazione.

< Amy, chiamami Amy > gli disse facendolo fermare di colpo. Dopotutto stavano per buttarsi in un nuovo caso, e data la sua precaria situazione trovarsi un nuovo nome sarebbe stato pressoché opportuno.

Lo vide di scorcio fare un piccolo ghigno.

< Allora buonanotte Amy > sussurrò tornando a sedersi.

Prima che riuscisse ad uscire da quella benedetta stanza una testa bionda sbucò da dietro lo schienale del divano, e dopo averlo scavalcato si ritrovò faccia a faccia con il suo proprietario.

< Amy eh? > lo vide ghignarle contro. < Magari lei sarà più simpatica e disponibile di Clarissa Hayland >

Gli tirò un pugno sul braccio nel sentirlo pronunciare il suo vero nome.

< Idiota non dire il mio vero nome ad alta voce > lo rimproverò, < E comunque tranquillo, avrò anche cambiato nome, ma rimango comunque la solita rossa rompipalle che sarà la protagonista dei tuoi incubi peggiori se non smetti di darmi noia > lo provocò.

Non amava i conflitti, ma quel ragazzo aveva l’innata capacità di far affiorare il suo lato peggiore.

Rimase un attimo a fissarlo soffermandosi forse un pò troppo sulla cicatrice. Lui parve notarlo, e lei potè constatare quanto la cosa lo infastidisse.

< Beh che vuoi? Stai aspettando il bacio della buonanotte? > le ringhiò addosso.

< Mi stavo solo chiedendo se un giorno mi racconterai come te la sei procurata > parlò a voce bassa, quasi timorosa della sua reazione.

Lo vide sbuffare e girare i tacchi segno che quella conversazione era finita.

< Vattene a letto pel di carota >mugugnò poco prima di sorpassarla con una spallata per dirigersi verso il suo appartamento.

Amy non potè non notare la nota di tristezza nella sua voce.

Watari, ancora fermo fuori dalla porta, aveva assistito all’accaduto.

< Non per essere indiscreto Miss, ma ritengo che la sua richiesta sia stata alquanto inopportuna > la riprese bonariamente.

< Tu dici? > rispose sarcastica. Sapeva benissimo di aver toccato un tasto dolente, ma d’altra parte perchè darsi tanta pena.Mello non si era mai preoccupato di non ferire i suoi sentimenti.

< Watari ha ragione, Amy. Se vogliamo risolvere questo caso dobbiamo essere uniti,non possiamo permetterci questi conflitti.Già è difficile gestire il rapporto tra Near e Mello, non ti ci mettere pure tu, perfavore > la voce solenne di L le giunse dal fondo della sala.

La ragazza non riuscì a reprimere uno scatto d’ira. Con passi lunghi e ben distesi raggiunse il corvino.

< Hai mai pensato che forse, se tutti hanno problemi a relazionarsi con Mello, il problema sia lui? > sbottò adirata. In tutta risposta L rimase calmo e fermo al suo posto.

< Sappiamo tutti benissimo che Mello ha dei problemi comportamentali, come ognuno di noi del resto, ma questo non ti autorizza a ferirlo >

< Non era mia intenzione ok! E poi ha detto che non gli importa di me, quindi mi chiedo, Come può ferirti qualcosa detto da una persona che per te è insignificante? >

Vide L borbottare tra sé e sé per poi rivolgersi a lei.

< Non mi importa dei tuoi interrogativi Amy. Ora voglio che tu vada da Mello, ti scusi e che da questo momento in poi rimaniate entrambi concentrati sul caso >

Sbuffando sonoramente Amy si piegò al volere del suo “amico”, e dopo averlo salutato, non senza un certo astio nella voce, si avviò verso l’abitazione del biondo, seguita da Watari.

Il cuore nel petto iniziò a dolerle. Per un momento credette di essere stata vittima di uno degli attacchi di Kira. Odiava chiedere scusa più di qualsiasi altra cosa, soprattutto quando era fermamente convinta di non aver nulla di cui scusarsi.


Quando si trovò dinanzi l’appartamento rimase una manciata di secondi a fissare la porta.

< Puoi lasciarmi sola un attimo? > chiese poi rivolgendosi all’anziano signore al suo fianco.

Watari acconsentì, dirigendosi verso un’altra ala del piano.

Rimasta sola cercò di rimettersi in sesto, e dopo aver preso un profondo respiro bussò alla porta.

Dopo cinque minuti e un’altro paio di bussate si era decisa ad andarsene, ma la porta si aprì. Mello apparve dal buio della stanza. La parte superiore del busto nuda e i lacci dei suoi amati pantaloni di pelle allentati.Si poggiò a braccia conserte contro lo stipite della porta, in attesa di una sua mossa.

Amy, ingoiando un boccone amaro alla vista dell’espressione annoiata del ragazzo,diede fiato alla bocca.

< Dobbiamo parlare...e.... > un’altro respiro < Credo di doverti delle scuse >.






 

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Con quelle due lame che si ritrovava al posto degli occhi, Mello la scrutava silenziosamente. Quegli attimi, che a lei parvero ore, terminarono con lo scostarsi del corpo del biondo dalla porta, invitandola implicitamente ad entrare.

L’appartamento di Mello era il caos totale, difatti rispecchiava perfettamente il proprietario.

I vestiti buttati in ogni angolo assieme ad una miriade di oggetti non identificati di cui nemmeno voleva sapere l’identità. Il tutto era ricoperto dalla stagnola delle tavolette di cioccolata che il biondo mangiava in quantità industriale.

Guardandosi intorno, e tentando di non pestare nulla, si diresse verso il divano dove si era accomodato il ragazzo. Dopo essersi seduta rivolse uno sguardo a quest’ultimo.

< Di solito tu apri così alle persone? > lo interrogò squadrandolo da capo a piedi.

< Non solitamente, ma qualcuno di fastidiosamente insistente continuava a bussare e non ho avuto il tempo di finire di cambiarmi > rispose eloquente.

< Pff e io che ero venuta pure a scusarmi, sei insopportabile… almeno puoi chiuderti i pantaloni? >

< Per quale motivo? Sei imbarazzata? >ghignò.

< Imbarazzata non è proprio il termine che userei, io direi più schifata >rispose, portandosi una mano sotto al metto e poggiandovisi. Lui sbuffò.

< E’ questo il tuo modo di scusarti? Non mi sembra molto efficace >

< Ovviamente no > lo rimbeccò la rossa.

Poi d’un tratto il suo sguardo si posò sul corpo del ragazzo, dove la cicatrice proseguiva fino a metà torace. Sentì l’irrefrenabile voglia di sfiorarla.

< Lo stai facendo di nuovo >. La voce, o meglio, il ringhio di Mello, arrivò ovatto alle sue orecchie. Non se ne curò minimamente. Continuò ad avvicinarsi per poi allungare una mano verso il suo viso. Toccò la pelle martoriata, trovandola sorprendentemente morbida nonostante il brutto effetto estetico. Fece discendere la mano verso i suoi addominali non troppo pronunciati. Per avere vent’anni, aveva un corpo ancora acerbo. Anche li la sua pelle era molto più morbida di quanto si fosse mai immaginata.

Tutto ciò, avvenne sotto lo sguardo attonito di Mello, che, pur non volendo, si lasciò scappare un sospiro al contatto delle sue dita gelide. Quel suono bastò per far risvegliare la ragazza dal suo stato di trans.

< Finita l’ispezione? > domandò acido lui.

< Scusami, è che… mi attrae > mormorò di rimando facendo inarcare un sopracciglio al biondo.

< Non cercare di adularmi, non ti dirò come me la sono procurata >

< Non è per… ah lasciamo perdere, ti chiedo scusa, accetta e facciamola finita > sbuffò.

< E va bene, piuttosto, non hai detto che dovevi parlarmi? >chiese eclissando la questione “scuse”.

< Già, riguarda L >.

Ora sapeva di avere tutta la sua attenzione.

< L vuole che questo caso sia risolto da tutti noi, perciò in parole spicce mi ha diciamo “invitata” a dirti che dobbiamo mettere da parte i dissapori tra di noi se non vogliamo essere sbattuti fuori dal caso >

Lo vide aggrottare la fronte. < Ha detto proprio così? >

< No, non sarebbe nel suo stile, ma sono piuttosto brava a decodificare messaggi nascosti >

Mello rimase un attimo a pensare, assorto nei suoi pensieri, poi parlò.

< E va bene pel di carota, vedrò di odiarti un po' meno del solito durante questo caso. E adesso vattene voglio dormire > poi un ghigno gli si dipinse in volto < A meno che tu non voglia farmi un po' di compagnia >

Non sarebbe cambiato nulla sotto quel punto di vista, aveva promesso di odiarla meno, non di smettere di punzecchiarla.

< Per quanto la proposta sia allettante mi vedo costretta a declinare l’offerta, buonanotte Mello >

Un “notte” soffocato fu tutto ciò che riuscì a sentire prima di chiudersi la porta alle spalle.

Fuori dall’appartamento di Mello, Watari la stava aspettando pazientemente.

Si sentì terribilmente in colpa < Cavolo Watari, sei stato qui fuori tutto il tempo? Potevi dirmi di sbrigarmi ci avrò messo mezz’ora >

Il vecchio non si scompose minimamente.

Watari prendeva sempre tutto così sul serio.

< L’ho già portato a termine, grazie per avermi aspettata >

< Dovere Miss. Ora se volete scusarmi, vi scorterei nella vostra stanza > disse premuroso lasciandola passare .

< Con molto piacere >

 

Tutto si aspettava, meno che quell’appartamento maestoso. Le ricordava i loft che, fino a quel momento, aveva visto solo nei film.

La giovane iniziò a girovagare per le stanze dell’appartamento, non badando a Watari che se ne stava fermo sulla soglia della porta.

L’appartamento era diviso in quattro stanze, ma di dimensioni gigantesche. Il bagno aveva sia la vasca che la doccia, ed era illuminato da una serie di luci che circondavano l’enorme specchio del lavandino. La cucina era una distesa di marmo nero, ma la cosa non la preoccupò più di tanto, sarebbero state rare le volte in cui avrebbe cucinato. Il salotto invece era ampio e accessoriato, presentava ogni tecnologia possibile e giocava con le tonalità del nero, dell’argento e del bianco.

La parte preferita della rossa, però, fu senza dubbio la camera da letto. Quel letto a baldacchino aveva sin da subito attirato la sua attenzione. E quelle lenzuola nere come la pece dovevano essere qualcosa di estremamente morbido.

Tornò in salotto per ringraziare l’anziano che, dopo averle augurato la buona notte, se ne andò. Rimasta sola fece l’unica cosa che aveva in mente quel momento. Corse a perdifiato verso la camera per poi buttarsi a capofitto sul letto. Era ancora meglio di come se lo era immaginato. Rimase qualche secondo a contemplare il soffitto finchè un campanello dall’arme non le suonò in testa. “Tutto troppo perfetto ”. Questo le venne in mente.

Le avevano dato una casa gratis con vitto e alloggio, anche se più che una casa sembrava un loft da miliardari. In più tutte quelle gentilezze, a una come lei, risultavano alquanto sospette,

Con gli occhi iniziò ad ispezionare tutta la stanza, premurandosi però di rimanere immobile per non destare sospetti. Continuò a cercare fino a quando non trovò ciò che cercava.

Una piccolissima luce rossa proveniva da dietro il condizionatore. Accorgersene sarebbe stato impossibile per chiunque, ma per fortuna lei non era chiunque.

Fatta quella scoperta passò le successive due ore a cercare le microtelecamere, sgranocchiando ogni tanto qualcosa per placare la fame.

Ce n’erano otto in tutto. Quel maledetto. Si chiese perché L avesse fatto mettere delle telecamere nel suo loft. D’improvviso si chiese, se per precauzione, non le avesse messe anche nei loft dei suoi sottoposti. Sperò vivamente non fosse così, non le piaceva sapere che L assisteva ad ogni loro incontro. E soprattutto non le piaceva che potesse vedere tutti i suoi movimenti.

Nonostante ciò, sapeva che L aveva un limite e che certe situazioni proprio non riusciva a sopportarle. In particolar modo quelle intime. Dando le spalle alla telecamera iniziò lentamente a togliersi la maglia, lanciando ogni tanto occhiate di scorcio alla lucina puntata su di lei.

Dall’altra parte della telecamera il detective corvino guardava la scena, non senza un certo gusto. Aveva capito sin da subito che Amy si era accorta delle telecamere, e conoscendola non poteva certo escludere che lei ora volesse impartirgli qualche sorta di vendetta. E ci stava riuscendo in tutto e per tutto. Si era riscoperto piacevolmente sorpreso nel costatare che le forme della rossa non lo lasciavano indifferente. Molti avrebbero detto che era una cosa naturale e fisiologica. Ma lui non era come gli altri, a lui queste cose non avevano mai suscitato interesse alcuno. Ne era la prova il fatto che fosse riuscito a vivere a stretto contatto con la idol Misa Amane, senza aver mai avuto nessun tipo di impulso.

Con lei invece, tutto ciò sembrava prendere vita. Decise, che per il suo bene, era meglio spegnere il monitor siccome la ragazza non aveva alcuna intenzione di fermarsi. Riuscì ad oscurare il monitor di destra appena prima che il gancio del reggipetto venisse aperto.

Sentiva lo sguardo di Watari su di se, e cercò di ricomporsi. Non gli piaceva apparire vulnerabile, la sua espressione doveva restare sempre neutrale e impassibile. Lui era L, il migliore detective del mondo, e da tale doveva comportarsi.

Dovevano risolvere un nuovo caso in cui, molto probabilmente, era coinvolto un Death note.         

Perciò aveva bisogno di tutta la sua concentrazione, per uscirne illeso e limitare i danni che il killer avrebbe potuto causare.

< Watari >chiamò il suo vecchio aiutante , che prontamente accorse, fiscale come suo solito.     

 Fece girare la sedia verso di lui.

< Portami tutte le cartelle e i documenti relativi al precedente caso Kira >

Il vecchio annui e fece per dirigersi verso l’uscita, ma venne fermato di nuovo dalla voce del corvino.

< Ah, e anche un carrello di dolciumi, perfavore >.

 

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Amy si risvegliò in un groviglio di coperte e arti, chiedendosi per quale diavolo di motivo la notte non riuscisse a dormire come un normale essere umano, ma dovesse sempre contorcersi come un polpo affetto da epilessia.

Si alzò a mala voglia, sistemandosi alla meglio i capelli e asciugandosi con il dorso della mano un residuo di saliva nell’angolo destro della bocca. Sperò con tutta se stessa che L avesse tenuto spenta la telecamera. Non gli si sarebbe mostrato un bello spettacolo.

Avviandosi verso il bagno diede una veloce occhiata alla telecamera, trovandola per sua sfortuna funzionante. Sbuffò sonoramente e si diresse verso la doccia, assicurandosi che almeno il bagno fosse stato risparmiato.

Tranquillizzatasi si concesse una lunga e rilassante doccia, si vestì in tutta calma e si avviò verso la porta. Fece appena in tempo ad aprirla che la faccia incazzata di Mello le si parò davanti.

< Oh mio dio >sussultò portandosi una mano al petto. < Vuoi farmi morire d’infarto prima di Kira? >

< Dove diavolo pensi di essere qui eh? In albergo? Sei in ritardo di un’ora >strillò stizzito.

Di prima mattina quel comportamento non riusciva proprio a tollerarlo, ma non volendo incappare in inutili litigi decise di ignorarlo superandolo e procedendo verso il punto di ritrovo.

< Hey non ignorarmi maledetta… >

Si girò di scatto verso di lui, mantenendo una calma che non le apparteneva.

< Ascolta Mello, L ci ha detto di andare d’accordo, e io intendo mantenere la promessa che ho fatto. Quindi te lo chiedo perfavore, non mettermi i bastoni tra le ruote > disse mantenendo un’espressione monotona e indifferente che fece, se possibile, infuriare ancora di più il biondo.

< Come prego? Vorrei farti notare che sei tu quella che ci sta facendo arrivare in ritardo, e di conseguenza non stai mettendo i bastoni tra le ruote solo a me, ma bensì all’intero caso >

Come dargli torto. L’unico punto che non quadrava era il perché lui fosse li con lei e non con gli altri al ritrovo.

< Non credo te lo abbia chiesto nessuno di aspettarmi, potevi benissimo andare alla riunione con gli altri, vi avrei tranquillamente raggiunti da sola >

< Oltre ad essere estremamente irritante sei pure ingrata e stronza >

Quell’accusa non la smosse più di tanto, lo sapeva benissimo di per se.

< Se io non ti fossi venuto a chiamare probabilmente adesso saresti al bar, a farti cappuccio e brioches > continuò a schernirla.

< Beh, c’è di buono che ti voglio talmente tanto bene che ne avrei portata una anche a te >

Questa volta il corpo del ragazzo tremò dalla rabbia.

< Sei davvero insopportabile > mugugnò accelerando il passo, distanziandola di qualche metro.

< Dimmi qualcosa che già non so > urlò di rimando, correndo per raggiungerlo e affiancandosi a lui.

Si era ripromessa di non istigarlo, ma non riusciva proprio a non rispondere alle sue provocazioni. Decise di non aprire più bocca, e lasciare al ragazzo il tempo di smaltire la rabbia.

 

Arrivati al ventitreesimo piano le porte dell’ascensore si aprirono, rivelando la loro presenza alle persone che vi erano già all’interno.

Tre paia di occhi vennero puntati su di loro, e Amy rimase di stucco nel costatare che il terzo paio, apparteneva al ragazzo di cui, anni prima, aveva tanto pianto la morte.

Le sue gambe si mossero da sole, e in poco meno di un secondo si ritrovò con le gambe attorno al busto del giovane dai capelli castani e gli occhi verdi.

< Oh mio dio, tu sei…>

< Vivo e vegeto > la interruppe lui, tenendole le mani sotto le cosce per sorreggerla.

< Sai, non ti ricordavo così pesante. Hai messo su qualche chilo? > la prese in giro mentre lei scendeva lentamente.

< Ti sembra il momento di scherzare? Io pensavo fossi morto. Ho assistito al tuo assassinio come diavolo è possibile che tu sia ancora qui? >

Le mille domande che le giravano in testa la stavano mandando letteralmente fuori controllo, sommate poi alla gioia di rivederlo. Avrebbe potuto mettersi a piangere e ridere contemporaneamente.

< Mai sentito parlare di giubbotti antiproiettile? >

Spalancò gli occhi per la sorpresa prima di lanciarglisi addosso, prendendo a tempestargli il petto di pugni.

< Ma sei un deficiente, io ero distrutta e tu stavi benissimo? Perché non me lo hai detto? > continuava a gridare sotto lo sguardo divertito di Matt e quello attonito degli altri tre.

< Dovevo sembrare morto per un breve lasso di tempo che poi si è protratto per, beh, diciamo qualche annetto. Se te lo avessi detto tu saresti venuta a cercarmi immediatamente > spiegò tranquillo alla ragazza, che invece, sembrava fuori di se.

< Certo che ti sarei venuta a salvare idiota, io ti amavo > urlò accecata dalla rabbia, come al solito però lui riuscì a calmarla quasi subito.

< Perché parli al passato? Non mi ami più? > chiese carezzandole il braccio dolcemente.

< Certo che ti amo maledetto idiota > si lasciò sfuggire prima di prendergli il viso tra le mani e far congiungere le loro labbra. Matt rispose subito prontamente, avendo aspettato a lungo quel tanto agognato bacio.

Se per lei era stato difficile abituarsi alla sua morte, per lui lo era stato altrettanto non poterle far sapere che era vivo e che la amava da impazzire.

Portò le mani dietro al collo di lui cercando di approfondire il bacio, ma venne bloccata da un forte e del tutto sgradito colpo di tosse. Si staccò a mala voglia, ricevendo un sorriso da Matt e uno sguardo glaciale da Mello. Quest’ultimo se ne stava appoggiato al divanetto, mangiucchiando la solita barretta di cioccolato.

< Mi sembrava strano non avertene visto ancora una in mano > lo riprese scherzosamente Amy abbracciando da dietro Matt. Avvolgendogli la vita con le braccia, poggia il mento sulla sua spalla stringendolo a se possessivamente. Il ragazzo dalla maglia a righe in tutta risposta buttò la testa all’indietro, poggiandosi a sua volta alla spalla di lei.

Mello, che continuava a sgranocchiare la sua tavoletta, li fissò con aria scocciata ignorando la provocazione di Amy e rivolgendosi agli altri due compagni.

< Siete proprio sicuri che sia stata una buona idea farlo venire qui? > disse guardando Matt.

< Adesso staranno appiccicati ventiquattr’ore su ventiquattro, e chi se lo ricorda più il caso> continuò sprezzante accartocciandola stagnola e lanciandola nel cestino.

La ragazza si sentì ferita nell’orgoglio.

< Senti idiota, chi ti ha detto che io non sia in grado di sostenere le due cose >

Infuriata si staccò da Matt pronta a scatenarsi contro il biondo, fortunatamente il primo riuscì ad afferrarla in tempo e tenerla ferma con un braccio attorno al petto.

< Lasciamo Matt, voglio dargli un pugno, solo uno, prometto che non gli rovinerò quel bel faccino che si ritrova >

Il diretto interessato si alzò in piedi irritato. < Avanti, io sto aspettando pel di carota >

Matt strinse di più la presa sulla ragazza, sapendo perfettamente quanto lei fosse incline alle provocazioni.

< Calmati maledizione, L ti sta guardando > le sussurrò all’orecchio.

Il rumore di qualcuno che si schiariva la gola interruppe quello scontro sul nascere.

L, rannicchiato come suo solito sulla poltrona, prese parola, rivolgendosi ai due litiganti.

< Credevo di essere stato chiaro riguardo le mie condizioni per essere dentro al caso… non voglio dissapori tra nessuno di voi… Mello tu devi smetterla di istigare tutti > lo ammonì, guardandolo con i suoi soliti occhi annoiati.

Amy gli lanciò uno sguardo vittorioso, beccandosi di rimando l’astio che aleggiava negli occhi del biondo. Ma non riuscì a gustarsi in pace la sua vendetta, poiché venne richiamata a sua volta.

< E tu Amy smettila di cedere alle sue provocazioni, lo sapete che odio questi infantilismi. Quindi, o vi decidete a tollerarvi, o quella è la porta > spiegò esaustivo L , senza cambiare nemmeno per un attimo il tono della voce.

Sbuffando sonoramente, Mello si lasciò cadere svogliatamente sul divano mormorando un “d’accordo” e giocando distrattamente con i lacci dei suoi pantaloni.

Di conseguenza anche Amy fu costretta ad accettare, suo malgrado, le condizioni di L e quindi, quella sottospecie di tregua con Mello. Sapeva sarebbe stata un’impresa ardua. Lei e il biondo non erano mai andati d’accordo. Soprattutto da quando lei aveva intrapreso la sua relazione con Matt. Non che prima andassero d’amore e d’accordo, ma da quando stava assieme al gamer si era creato un baratro profondo tra di loro.

I suoi pensieri furono interrotti dalla voce di L.

< Bene, ora che l’ordine è ristabilito possiamo tornare al motivo per cui vi ho fatti venire qui >

Si radunarono tutti attorno al tavolo centrale, che presentava due divani paralleli ai lati più lunghi e una poltrona a capotavola, sulla quale aveva preso posto il detective.

Near si accovacciò sul lato sinistro di uno dei due divani, portandosi un ginocchio al petto. Matt prese posto proprio di fronte a lui sull’altro divano, tirando Amy per un braccio e facendola cadere sulle sue gambe. Lei si girò sorridendogli, sorriso che scomparve non appena vide la chioma bionda di Mello avvicinarsi al loro divano. Quest’ultimo si stravaccò per tutta la sua lunghezza, allungando le gambe su quelle di Amy. La giovane sbuffò ma non le spostò, decisa a mantenere, davvero questa volta, la promessa fatta ad L.

Ci pensò quest’ultimo a salvarla da quell’insopportabile ragazzo.

< Mello perché non ti vai a sedere vicino a Near, c’è un posto libero, così Amy può sedersi sul divano e non sulle gambe di Matt >

< Ma a me non da fastid… > il gamer non riuscì a finire la frase, fermato da un’occhiata poco carina del corvino.

Poteva essere una sua impressione, ma le era sembrato che ad L, la confidenza e le attenzioni che riservava a Matt, non piacessero per nulla.

< Col cazzo che mi siedo di fianco al nano albino > sputò acido Mello, guardando sprezzante il ragazzino.

L aveva una grande pazienza, questo era certo. Tuttavia anch’essa aveva un limite, e quell’atteggiamento di Mello lo stava sicuramente superando. Presa da un impeto di compassione nei confronti del detective migliore del mondo, si alzò a malavoglia dalle gambe di Matt, e si andò a posizionare a fianco dell’albino.

< Ciao Near >lo salutò sorridendogli, ricevendo in risposta soltanto un ‘occhiata indifferente.

La cosa non la infastidì poi molto, era abituata al comportamento schivo e apatico del più piccolo. Ciò che la infastidì, invece, fu lo sguardo di fuoco che le rivolse il biondo. Era stanca del suo comportamento infantile.

Nonostante ciò, era felice di aver dimostrato la sua superiorità, almeno per quella volta. Rivolse poi un’occhiata a  Matt, trovandolo intento a guardarla orgoglioso e innamorato. Infine posò lo sguardo su L, che la fissava esprimendo un tacito ringraziamento.

Così, accavallando le gambe e poggiandosi allo schienale parlò < Allora? Cominciamo? >

 

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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


L prese parola illustrando il caso ai compagni.

< Abbiamo ottanta morti per attacco cardiaco, tutte concentrate nello stesso carcere. Questa pista ci porterebbe subito a pensare ad un altro possibile Kira, ma a differenza di Yagami, questo killer non ha ucciso solo criminali. Tra le ottanta vittime, sessantacinque erano carcerati e quindici erano guardie. Questo sicuramente non ci sposta dalla pista di un altro Kira, ma fa sorgere un’ulteriore domanda…che obbiettivo ha questo nuovo assassino? >

Si fermò un attimo, guardando uno per uno i suoi sottoposti.

< Qualcuno di voi ha qualche idea? >Q

Il primo a prendere parola fu, ovviamente, Mello. Il ragazzo si mise a sedere in una posizione che aveva dell’indecente, iniziando ad esporre le sue tesi.

< Potrebbe essere un individuo che odia la criminalità ma che al tempo stesso ha qualcosa da spartire con le forze dell’ordine… magari un poliziotto licenziato o qualcuno che non è stato preso in considerazione dalla legge > disse, continuando a sventolare in aria la sua tavoletta di cioccolata mezza smangiucchiata.

< E se fosse qualcuno a cui la polizia ha ucciso un caro? O non potrebbe essere semplicemente qualcuno che non è stato difeso a dovere? > propose Matt accasciandosi sempre di più sul bracciolo del divano.

< Sono dei moventi troppo banali, nessuno lo farebbe per così poco > convenne Near.

Tutti si girarono a guardarlo scioccati. Non era da lui sottovalutare così una situazione, doveva avere qualcosa in mente.

< Che stai dicendo Near, la gente è pazza, uccide anche per molto meno > disse la rossa torturandosi il bordo della maglietta.

Lei era quella più in pericolo di tutti, lo sapeva bene. Non solo aveva assistito alla strage, ma era figlia di uno degli scienziati più influenti al mondo. Chiunque avrebbe potuto volerla morta, soprattutto le grandi società guidate dalla mafia.Quest’ultima non aveva mai lasciato in pace suo padre, volendolo come collaboratore per i suoi loschi piani. Ovviamente lui non aveva mai accettato, e per questo era stato preso di mira da molti boss mafiosi. Uno dei quali era Rod Ross.

 Altro motivo per cui lei e Mello non andavano propriamente d’accordo era la collaborazione che quest’ultimo aveva intrapreso con lui.

Era spaventata a morte, ma non si sarebbe lasciata condizionare da questo.

Matt, però, si accorse del malumore della ragazza, e alzandosi in piedi si rivolse ad L.

< Ryuzaki, Amy non sta bene, con il tuo permesso vorrei portarla un po' fuori, credo che oggi sia abbastanza per lei >

La rossa alzò gli occhi prima su di lui e poi su L facendo segno di no con la testa, ma il detective non volle sentire ragioni. Anche lui si era accorto dello stato d’animo della rossa. In realtà, quasi tutti se ne erano accorti. Non aveva alcun senso tenerla lì se non era in grado di dare una mano, perciò L acconsentì alla richiesta di Matt.

Così, con un muso lungo fino a terra, Amy si alzò affiancandosi al ragazzo e raggiungendo l’uscita.

 

 

Fuori dalla porta la rossa, girandosi di scatto, iniziò a riempire di insulti il povero Matt che però, conoscendola bene, tentò di calmarla.

< Dai l’ho fatto perché volevo stare un po' solo con te, non ci vediamo da tanto tempo >                    

Amy sapeva bene che il motivo era tutt’altro, ma Matt era così carino che non riusciva a resistergli.

< E di chi è la colpa? > disse lei, aprendo la porta di uno degli uffici affianco alla stanza principale.

< Se mi dai un bacio me la prendo tutta > ribatté regalandole uno dei suoi sorrisi più belli.                 

 Sorriso che lei fu felicissima di smorzare poggiando le labbra sulle sue.

Neanche due secondi dopo, si ritrovò pressata contro la porta, con le gambe avvolte attorno al busto del ragazzo e la lingua nella sua bocca. Le mani di Matt la reggevano dal sedere, e la palpavano senza alcun pudore. Quando poi lei gli morse il labbro inferiore, lui si premette maggiormente contro il suo corpo facendole sentire quanto realmente fosse eccitato.

Non seppero dire quanto tempo fosse passato, ma la voce fastidiosa di Mello che giunse alle loro orecchie, fece capire loro che ne era passato abbastanza.

< Avete due cazzo di appartamenti, usateli.>

Amy rise. Ignorando totalmente Mello, prese Matt per una mano cominciando a trascinarselo dietro per il corridoio fino all’ascensore, per poi raggiungere il proprio appartamento.

Varcata la soglia la rossa non gli diede nemmeno il tempo di aprire bocca che si fiondò su di lui.        

 Cercò famelica le sue labbra, baciandole e succhiandole come se non ne fosse mai sazia.                

  Il ragazzo di tutta risposta, prese a percorrere il suo corpo con mani tremanti di eccitazione. Non riusciva ancora a realizzare di averla di nuovo tra le braccia. Amy sollevò la maglia, rigorosamente a righe, soffermandosi a guardare il suo corpo. Gli era mancato parecchio, e non vedeva l’ora di poterlo assaporare di nuovo.

Riavvolse le braccia attorno al suo collo.

< Dannazione Matt mi sei mancato > quasi gli ringhiò sulle labbra.

Il giovane a quelle parole perse totalmente il lume della ragione. Prendendola per i fianchi la portò sul letto continuando imperterrito a baciarla.

Amy era in estasi. Per molto tempo, dopo la sua presunta morte, aveva sognato di poter sentire di nuovo il calore delle sue braccia.

I baci si fecero sempre più voraci e accesero i bollenti spiriti. Finirono per amarsi su quel letto, come mai prima d’ora, ritrovandosi poi sudati e affannati in un groviglio di corpi e coperte. Amy poggiò la guancia sul petto leggermente umidiccio di Matt mentre, quest’ultimo, si accese una sigaretta in tutta tranquillità.

Restarono in quel modo per un tempo indeterminato. Lui, che fumava con un braccio attorno alla vita della ragazza stringendosela addosso. E lei, che con il viso poggiato sul suo petto, tracciava con l’indice forme geometriche sul suo ventre.

Erano così presi dalla felicità di essersi ritrovati, da non accorgersi della piccola spia rossa che si era accesa.

 

 

In un’altra stanza, davanti ad un monitor, due figure osservavano la scena.

Il primo con disprezzo e astio, e il secondo con uno sguardo apatico, che però lasciava trapelare una mal celata tristezza.

< Ci mancava pure questa, ora. La coppietta felice. Vedrai quanto si concentreranno sul caso adesso, impegnati come sono a scopare come conigli > borbottò il ragazzo biondo all’altro che, però, sembrava non prestargli attenzione.

Perso nei suoi pensieri, L, non riusciva a togliersi dalla testa l’immagine di Amy ricoperta solo da un lenzuolo, e nemmeno a reprimere quello strano senso di fastidio che gli attanagliava lo stomaco  vedendola così felice abbracciata a Matt.                                                                                         

  Sapeva di essere un genio in quasi tutto, ma certe cose, come ad esempio l’interazione tra esseri umani, erano come un mistero per lui. E il suo lavoro era quello di risolverli i misteri.

< Mello > richiamò il ragazzo, che era ancora intento a farfugliare qualcosa con aria astiosa.

Il biondo, sentendosi chiamato in causa, smise il suo monologo e spostò l’attenzione sul detective corvino.

< Che c’è? > mugugnò in risposta.

< Ti da fastidio quello che stai vedendo? > chiese con la sua solita aria innocente, inconsapevole delle mille domande che aveva suscitato nell’altro.

Gli dava fastidio? Si chiese Mello.

La risposta era più che ovvia. No. Quella ragazza era odiosa, sfacciata e una grandissima rompipalle. La odiava. Odiava tutto di lei, il suo atteggiamento, la sua voce, i suoi occhi e i suoi capelli color carota, per i quali tanto la prendeva in giro.

Ma si sa che dall’odio all’amore, in certi casi, c’è una linea sottilissima. E molto spesso, il biondo si era ritrovato a guardare , o peggio ancora, pensare a quel diavolo rosso più di quel che avrebbe dovuto.

Questa cosa lo faceva uscire letteralmente di senno. Era sbagliato, dannatamente sbagliato.                     

Punto primo, perché era la donna del suo migliore, e quasi unico, amico. E punto secondo, perché lui non la sopportava. O almeno ne era convinto fino a poco tempo fa.

< E a te invece da fastidio quello che vedi? > rigirò la domanda lui, schivando abilmente il proiettile.

Il corvino ci pensò su un attimo, poggiandosi il pollice alle labbra. Sapeva benissimo quale fosse la risposta. Ma non sapeva se rivelarla a Mello sarebbe stata una saggia scelta.

Alla fine optò per la verità. Mentire non sarebbe servito a nulla, il biondo non era stupido e presto o tardi lo avrebbe capito dai suoi comportamenti.

< Si. Non pensavo sarebbe mai successo, ma quando c’è lei nei dintorni mi sento strano. Mi fa male lo stomaco. Ora invece è diverso, è più un fastidio che mi attanaglia il petto quando li vedo assieme > spiegò tranquillo al più piccolo che intanto era intento a scartarsi una barretta di cioccolata.

Stava per portarsela alla bocca, ma il non sentire più L blaterare lo fermò.

< Tu sei malato. Se ti prendi una cotta per quella io giuro che ti sparo. Non mi importa che tu sia il mio capo, ne tanto meno il detective più bravo al mondo > lo rimproverò con tono aggressivo.

Non poteva, ne voleva, lasciare che persino il suo modello cascasse tra le grinfie di quel demonio tentatore. Aveva già perso il suo migliore amico per colpa sua.

< Una cotta? > chiese perplesso l’altro.

< Si. Cotta, infatuazione, sbandata, chiamala come cazzo ti pare, ma devi stare lontano da lei > gli intimò.

L rimase perplesso nell’udire quella sua ultima frase.

< Da questo tuo atteggiamento, dovrei dedurre che la cotta te la sei presa tu. Sembri quasi… > si bloccò un attimo tornando a torturarsi le labbra con il pollice < Geloso >

Mello quasi non si strozzò con il pezzo di cioccolata che aveva in bocca.                                                 

 Geloso? Lui? Della pel di carota? IMPOSSIBILE.                                                                                         

 L doveva proprio essere uscito fuori di testa per insinuare una cosa del genere.

< Ryuzaki, tu sei totalmente pazzo. Quella ti sta facendo male, e vedi cose che non esistono. In ogni caso, non esiste in nessun modo che io possa provare gelosia nei suoi confronti. Io la odio. > E dette, anzi, forse meglio dire, urlate quelle parole, uscì dalla stanza sbattendo forte la porta, lasciandosi dietro uno stranito e ancor più confuso L.

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Capitolo 5
*** Capitolo V ***


Quella mattina, nella stanza, regnava la pace. Non si sentiva in quel modo ormai da parecchio tempo, precisamente da quando il suo ragazzo le era morto davanti agli occhi.                                              

Averlo li, ora, per lei era quasi un sogno, e aveva una fottuta paura di svegliarsi e scoprire che lo era davvero.                                                                                                                                                  

Matt si era addormentato sul suo petto e lei gli stava accarezzando i capelli passando dolcemente le dita tra le sue ciocche.                                                                                                                                     

Vagava, annoiata, con gli occhi per la stanza fino a quando non li posò sulla lucina rossa dietro al condizionatore.                                                                                                                                             

Istintivamente strinse più forte a lei il ragazzo facendogli aprire un occhio per la stretta.                                

< Che c’è Cat… cioè volevo dire Amy > mugugnò stropicciandosi gli occhi ancora mezzo addormentato.                                                                                                                                                   

< Guarda che quando siamo soli puoi chiamarmi con il mio vero nome > disse alzandosi a sedere e stiracchiandosi.

Cosi facendo il lenzuolo le scivolò via, lasciandole scoperto il petto.

In un secondo Matt le fu addosso costringendola a stendersi di nuovo, questa volta però con lui steso sopra.

 Lei lo guardò interrogativa, chiedendogli implicitamente il perché di quel suo comportamento. Risposta che non tardò ad arrivare.

< Non sono stupido, sono perfettamente consapevole che ci sono delle telecamere qui dentro. E non voglio che nessuno ti veda nuda a parte me. >

Mise il broncio e nascose il viso nell’incavo del suo collo.                                                                                                                                                                                                                                                                                                      

 Non poté fare a meno di trovarlo adorabile e con delicatezza gli fece alzare la testa in modo che i loro occhi potessero incontrarsi.

< Sei per caso geloso Matt? Perché io adoro i ragazzi gelosi sai > si premette di più verso il corpo del ragazzo sghignazzando.                                                                                                                            

Il giovane però, la guardò serio portando poi una mano ad accarezzarle la guancia.

< Anche tu > sussurrò ad un soffio dalle sue labbra, lasciandola perplessa.

< Anche io cosa? > domandò innocentemente.

A lui scappò un sorriso.

< Anche tu puoi chiamarmi con il mio vero nome >

La rossa sgranò gli occhi, e senza nemmeno dargli il tempo di fiatare incollò le labbra alle sue.                                                                                                                                                                           

La passione li stava travolgendo di nuovo, e lei dovette farsi coraggio. Con un enorme sforzo si staccò da lui.

< Per quanto mi piacerebbe ripetere tutto da capo, credo che di là qualcuno potrebbe non apprezzare il nostro ritardo > disse ponendo una mano sul suo petto, allontanandolo.

< Parli della bionda isterica? > chiese lui sbuffando, facendola ridere. Voleva un gran bene al suo migliore amico, ma non poteva negare che certe volte si comportasse davvero da ragazzina isterica.

< Si, parlo di lui e degli altri due, quindi muoviti e va a vestirti idiota > lo spinse giù dal letto facendogli emettere un gemito di dolore.

Si alzò a sua volta e dopo aver indossato un paio di jeans e una maglietta nera si avviò verso la porta vedendo poi arrivare Matt in fretta e furia.

< Diamine non ricordavo fossi così veloce. Volevi lasciarmi indietro? > chiese ridendo.

< Già mi hai proprio scovata, stavo giusto pensando di abbandonarti qui e correre tra le braccia di Mello > scherzò.

Non appena quella frase uscì dalla sua bocca, il viso di Matt si contrasse in una smorfia di fastidio. E lei se ne accorse.

< Che c’è? > si avvicinò a lui, mettendogli una mano su una guancia.                                                             

< Dai, lo sai che sto, ovviamente, scherzando. Ma dai mi ci vedresti con uno come Mello? > rise tra se e se al solo pensiero, per poi coinvolgerlo in un bacio appassionato.

 Si staccò lentamente, prendendolo per mano e incamminandosi verso l’ascensore.

 

Le porte scorrevoli si aprirono e i due entrarono nella sala principale, che era già, ovviamente, occupata dai tre colleghi.

< Siete in ritardo > li apostrofò subito il biondo, con voce roca e rabbiosa.                                                                 

  Amy lo ignorò, girandosi verso il ragazzo dalla maglia a righe.

< Hai visto, avevo ragione > gli sussurrò aggrappandosi al suo braccio.                                                        

  Lui si lasciò sfuggire una risatina che non passò inosservata alle orecchie dell’altro.

< Che diavolo avete da bisbigliare voi due, mi state infastidendo >

Matt, innocentemente, si permise di lasciarsi scappare un piccolo commento sull’irascibilità di Mello, scatenando in quest’ultimo una furia cieca.

< Vuoi essere preso a pugni Matt? Perché giuro che ci sei vicino > disse alzandosi dal divanetto su cui era seduto e procedendo aggressivamente verso l’amico.

Istintivamente Amy si frappose tra i due, dando le spalle a Matt e portando le mani sugli avambracci del biondo, cercando di fermare la sua avanzata.

< Smettila Mello, lascialo stare >

Errore. Vide gli occhi del ragazzo di fronte a lei incendiarsi.

< Toglimi le mani di dosso pel di carota di merda > scrollò malamente le spalle, liberandosi e dandole una spinta che la fece cozzare contro il petto di Matt, poco più dietro di lei.

 Lui le portò un braccio attorno alla vita, stringendola possessivamente a se.

< Non ti azzardare mai più > ringhiò contro al suo “migliore amico”.

Mello stava per ribattere, quando, la voce calma e pacata di L, intervenne.

< BASTA. Credo di avervi già detto, innumerevoli volte, di tollerarvi e collaborare. Ma siccome non riuscite proprio a fare ciò che vi chiedo, sarò costretto a passare ad altre misure >

Amy e Mello si guardarono in simbiosi.

< Domani inizieremo ad indagare più a fondo, e ho bisogno di due uomini pronti ad andare in esplorazione. Avevo intenzione di mandare Gevanni e Halle, ma ho deciso che andrete voi due >       

Lo guardarono entrambi allibiti.

< Spero tu stia scherzando, io mi rifiuto di uscire di qui con lui. C’è più probabilità che mi uccida questo qui che Kira o la Mafia > si mise sulla difensiva Amy, lanciando uno sguardo truce al biondo, che non ci mise molto a risponderle a tono.

< Con mio grande rammarico, devo ammettere di essere d’accordo con la pel di carota qui presente. Non so quanto potrei resistere senza avere l’impulso di ucciderla >

< FINITELA. Dio mio siete insopportabili. Io vado a fumarmi una sigaretta, chiamatemi quando vi sarete decisi a crescere > sbottò di colpo Matt, avviandosi verso il balcone.                                           

Gli faceva male vedere la sua donna e il suo migliore amico odiarsi in quel modo. Voltò lo sguardo verso i due per pochi secondi, per poi sparire dietro la portafinestra.

La ragazza si sentì subito pervasa da un senso di colpa incommensurabile, al contrario di Mello che invece si buttò sul divano incurante di tutto.

La prima fece per raggiungere il ragazzo sul balcone, quando una mano ossuta e fredda le si posò sul braccio. Girandosi si ritrovò di fronte agli occhi cinerei del detective migliore del mondo, che la

fissava senza battere ciglio con un’espressione severa.

< Posso parlarti un attimo? > chiese atono.

Lanciando un’ultima occhiata al balcone, acconsentì alla richiesta del corvino. Così si avviarono verso uno dei tanti uffici inerenti alla sala, sotto lo sguardo dei due ragazzi ancora presenti.

 

Chiusa la porta alle loro spalle, L si girò verso la rossa rimproverandola con lo sguardo. La ragazza fu pervasa dal panico, era sicura che sarebbe stata licenziata, e addio caso, addio vitto e alloggio, addio sicurezza, addio a tutto quanto. Strinse i pugni cercando di calmarsi.

< Amy… io vi avevo avvertiti, ma come al solito ne tu ne Mello mi avete dato retta. A questo punto io… > non riuscì però a finire il discorso, poiché una cascata di capelli rossi gli si fiondò addosso abbracciandolo di slancio.

Il corvino rimase rigido nella sua stretta, limitandosi a togliere le mani dalle tasche dei jeans. E lasciando cadere le braccia lungo i fianchi e sgranò gli occhi.

< Ti prego L non farmi questo…Non so dove andare, non ho più nessuno e mezzo mondo sta cercando di uccidermi. Ti supplico non licenziarmi. >

La ragazza continuava a strofinare il viso nell’incavo del suo collo, e lui stava iniziando a non riuscire più a controllare il suo corpo. Certo lui era L, conosciuto per la sua compostezza e la sua bravura nell’estraniarsi da ogni forma di emozione umana.

 Ma era pur sempre un uomo, e certi istinti, anche se provi a reprimerli, se stimolati, reagiscono.

Iniziò a tremare come una foglia, facendo così staccare una confusa Amy.

< Che c’è L, non stai bene? > chiese quest’ultima preoccupata. Ma il corvino non accennava ad aprir bocca.

Tutto ad un tratto, la rossa lo vide allungare una mano verso il suo polso, stringendolo tra le dita fredde e pallide.

Lo guardò stralunata, seguendo con lo sguardo il percorso che l’uomo stava facendo fare alla sua mano.

Quando poi si accorse delle sue intenzioni rimase esterrefatta.

L. Lo schivo e apatico L, le aveva guidato la mano verso il proprio bacino, e poi, con un gesto, se la era infilata sotto il tessuto morbido della maglia bianca.

Il contatto con la mano di lei che, pur non essendo fredda, aveva pur sempre una temperatura minore del suo corpo, gli fece provare un brivido che lo scosse da capo a piedi.                                          

Amy alzò lo sguardo per incontrare i suoi occhi, e li scoprì fissarla curiosi. Scioccata da quel suo comportamento, rimaste immobile.

< Cosa stai facendo? > chiese poi totalmente in panico, riprendendosi.

L la ignorò nuovamente e iniziò a far salire la mano fino al torace per poi farla discendere.   

< C’è la remota possibilità che un giorno mi toccherai come hai toccato Matt ieri? > si lasciò sfuggire inconsapevolmente, con quella sua aria curiosa ed innocente.

A quel punto Amy sgranò gli occhi allibita, ritirando la mano di scatto. Un mix di emozioni stava nascendo in lei. Rabbia mista a vergogna e delusione.

Sentì le lacrime minacciarla di uscire, ma riuscì a trattenerle. Non avrebbe pianto davanti a lui.

< Tu mi hai spiata > sussurrò. Poi realizzando meglio la cosa alzò il volume della voce.                      

< Tu mi hai spiata in un momento privato. SEI UN MALEDETTO MANIACO L, HAI DEI SERI PROBLEMI DOVRESTI FARTI CURARE > Ora stava letteralmente urlando.

Si voltò di scatto dandogli le spalle, e corse fuori dall’ufficio verso il suo appartamento.

 

Spalancò la porta con violenza, prese dalla cassetta degli attrezzi in cucina un martello e poi si diresse in camera da letto.

 Pose una sedia sotto il condizionatore, vi salì sopra brandendo il martello e prese a colpire ripetutamente l’elettrodomestico contenente la telecamera.

< Bastardo, bastardo, bastardo > gridava assestando i colpi.

L, che l’aveva immediatamente seguita si ritrovò all’ingresso della camera guardando la scena basito. Non capiva il perché di quella sua reazione così violenta.

Nella sua ingenuità non pensava di aver fatto nulla di male. Certo forse era stato un po' troppo diretto nel rivelarle i suoi sentimenti, ma lei non se l’era presa per quello, lo sapeva bene.

Era furibonda perché lui l’aveva spiata in un suo momento intimo. Ma non l’aveva fatto volontariamente. Era successo tutto così in fretta e lui, curioso com’era, non aveva resistito.

E glielo avrebbe anche detto, se non per il fatto che, in quel momento, infuriata come era, avrebbe potuto prendere a martellate pure lui.

Distrutta la telecamera, Amy girò la testa trovandoselo di fronte.

< Vattene via > gli urlò contro, prendendo a sistemare convulsamente la stanza.

Intanto, attirati dal rumore, arrivarono anche Mello e Matt, che rimasero di stucco davanti alla scena.

< Che cazzo è successo qui? > chiese il primo, sconcertato.

La rossa fece per rispondere, ma L l’anticipò, ignorando completamente la domanda.

< Avete lasciato incustodita la sala principale? > chiese portandosi il pollice a torturare il labbro inferiore.

< No abbiamo lasciato Near > rispose calmo Matt < Ora possiamo sapere cos’era quel baccano? >

Amy ed L si guardarono negli occhi, e la prima gli lanciò uno sguardo di fuoco, che stava a significare velatamente, ma neanche tanto, che adesso stava a lei parlare.

Il corvino la lasciò fare senza opporsi.

< Il nostro caro e amato detective, si deve essere fatto prendere un po' troppo dai suoi giocattolini e ci ha spiati con le sue fottutissime telecamere > disse indicando l’ammasso di ferraglia a terra.                    

< Nei nostri momenti intimi >.

Matt sgranò gli occhi voltandosi verso il responsabile del misfatto, che per tutta risposta se ne stava fermo immobile contro lo stipite della porta, con espressione annoiata.

Mello invece, aveva perso del tutto la sua aria da sbruffone, e ora cercava di nascondere la sua colpevolezza restandosene in silenzio contro il muro, cercando di non dare troppo nell’occhio e soprattutto sperando che L non avesse spiattellato che quella sera era presente anche lui.

< Come diavolo ti è saltato in mente Ryuzaki? > chiese Matt, chiaramente infastidito, ma mantenendo un tono calmo e controllato.

< E’ stato uno sbaglio, non succederà più. D’altronde come potrebbe > disse, indicando a sua volta il disastro fatto dalla ragazza.

Non raccontò del resto, e nemmeno Amy lo fece, temendo la reazione dei due davanti ad una simile notizia.

Ciò nonostante i due ragazzi non sembravano troppo convinti dalle loro spiegazioni.

< Bene adesso andatevene > disse esasperata.

I tre non aggiunsero altro e si diressero verso l’uscita dell’appartamento.

< Matt tu resta > lo fermò. Lui si girò come se nulla fosse e la raggiunse, andando poi a sedersi sul letto ed estraendo la sua PSP.

Gli altri due si erano fermati a guardare per un attimo, per poi riprendere a camminare. Ed Amy potè giurare di aver sentito un “Ti pareva” da parte di uno scocciatissimo Mello.                                            

Beh, cosa pretendeva? Che chiedesse a lui di restare? La odiava, e il sentimento era reciproco, fine.

Si mise seduta dietro Matt, abbracciandogli il busto con le gambe. Lui però non la degnò di uno sguardo, troppo impegnato a giocare e a tenerle il broncio.

< Andiamo Matt, non ignorarmi > si lamentò continuando ad abbracciarlo.

Improvvisamente spense il gioco, girandosi verso di lei. Tirò un forte sospiro e le lasciò un fugace bacio a fior di labbra.

< Io lo so che ti porteranno via da me, ma sappi che non smetterò mai di provare ciò che provo per te >

Amy aggrottò la fronte, non capendo a cosa si stesse riferendo il suo ragazzo.

< Ma che dici, nessuno mi porterà via da te. Sei paranoico Matt, lasciatelo dire > cercò di tranquillizzarlo, prendendo a lasciargli dei leggeri baci sul collo.

Il ragazzo mugugnò in risposta, buttando la testa all’indietro e andando ad appoggiarla alla sua spalla.

< Loro ci riusciranno, ma sappi che non ti lascerò andare così facilmente, perché tu sei mia >

Stava per ribattere, ma lui non le lasciò il tempo, fiondandosi sulle sue labbra e spingendola sotto di se. < Sei solo mia >.

 

Nei corridoi del palazzo, intanto, due figure erano ferme ai piedi dell’ascensore.

< Grazie > sputò tutto ad un tratto, e con enorme fatica, Mello.

< Non l’ho fatto per te, solo non volevo che se la prendesse con entrambi. Tu sei il suo partner e dovrete lavorare insieme, e per di più a te nemmeno sopporta. Se avesse saputo che anche tu eri presente non oso immaginare come avrebbe potuto reagire. Testarda com’è sarebbe stata capace anche di andarsene. Perciò meglio cosi. >

Si fermò un attimo, per poi lanciare uno sguardo severo al suo sottoposto.

< Non so te, ma io non la voglio perdere >.

 

 

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Capitolo 6
*** Capitolo VI ***


Cinque giorni dopo la situazione non era migliorata. Amy si rifiutava di rivolgere parola ad L, litigava continuamente con Mello. L’unica nota positiva era Matt, che le era sempre vicino supportandola.

Fu proprio nel bel mezzo di un litigio con il biondo, che la voce di L si fece sentire più potente del solito.

< Vi consiglio di smetterla di litigare. Oggi dovrete partire per la perlustrazione della zona dove sono avvenuti gli omicidi. Ad oggi il killer non ne ha ancora compiuti altri. Speriamo di riuscire a scovarlo in tempo. Perciò ora andate a prepararvi. Mello userete la tua moto, è più agile e veloce.>

Poi si giro verso i due ragazzi che ancora si guardavano in cagnesco.

< Prendete questi > disse lanciando loro due oggetti che somigliavano vagamente a due braccialetti.

< Potrete mettervi in contatto con me se avrete bisogno. Basterà premere il tasto a fianco e partirà un segnale che arriverà direttamente a me. A quel punto arriverà qualcuno in vostro soccorso. Usatelo con cautela e non per frivolezze. E’ tutto, potete andare. > finì di parlare rigirandosi verso il monitor, senza degnarli di uno sguardo.

Per tutto il tempo aveva tenuto lo sguardo fisso sul biondo, evitando accuratamente gli occhi di Amy. Questo suo comportamento, per qualche strano motivo, le faceva male. Si, era arrabbiata con lui, ma L non l’aveva mai ignorata in questo modo.

Così, dopo aver dato un lungo e non poco passionale bacio a Matt, che notò con piacere non passò inosservato agli altri ragazzi presenti, si avviò all’uscita, dove, un’impaziente Mello la stava aspettando con la sua solita espressione scocciata.

< Ti vuoi sbrigare, avrai tempo per scopartelo quando torneremo > le ringhiò addosso non appena lei gli fu vicina.

< Non vedo l’ora > disse ad alta voce, rivolgendo un ghigno a Matt che in tutta risposta le fece l’occhiolino.

Questo diede sui nervi al biondo, che sbuffando prese per il braccio la ragazza trascinandola con lui verso il garage.

 

< Eccola la mia bambina > disse Mello accarezzando il manto nero e lucente della sua moto, con gli occhi lucidi per l’emozione.

D’altra parte la ragazza guardava terrorizzata il mezzo. Cosa che non passò inosservata agli occhi del biondo, che ghignando si avvicinò a lei.

< Non dirmi che hai paura pel di carota > la beffeggiò.

< Non amo particolarmente la velocità, e sono più che sicura che con la cognizione che hai andremo ad ammazzarci >gli rispose a tono facendogli digrignare i denti.

< Stai per caso criticando il mio modo di fare? > chiuse le mani a pugno facendola sorridere vittoriosa.

< Si, è esattamente quello che sto facendo >

Si avviò verso la moto poggiando poi una mano sul sellino.

< Allora…ci vogliamo muovere? > lo canzonò battendo il piede a terra ripetutamente.

Lui si risvegliò dallo stato di trans in cui era caduto. Vedere la pel di carota in quella posizione affianco alla sua moto, gli stava provocando sensazioni che non gli piacevano per nulla.

Si mosse velocemente, raggiungendola, tirò fuori due caschi porgendogliene uno, salendo poi a cavallo della moto.

< Mettitelo e sali. Veloce > la richiamò in tono austero.

Lei fece come gli era stato detto, esitando poi però nel cingergli la vita.

< Hai intenzione di aggrapparti a me o vogliamo aspettare che faccia notte? >

Così dicendo le prese i polsi portando le sue esili braccia ad avvolgerlo.

La moto partì con un rombo e Amy fu costretta a stringersi maggiormente a lui.

Poggiò la testa sulla sua schiena, ispirando il profumo di pelle e cioccolata che emanava la sua giacca. Quell’odore la mandò in estasi, e un brivido la fece tremare.

 

 

Arrivati sul luogo del delitto i due ragazzi scesero dalla moto, lasciandola nascosta dietro un grosso cespuglio di rovi.

Trovandosi davanti all’imponente struttura della prigione, decisero che la prima cosa da fare era trovare un’entrata secondaria.

Girovagarono attorno all’edificio per un buon quarto d’ora, fino a che non trovarono una porta serrata da un lucchetto.

< Hey biondo, guarda qui > lo richiamò Amy, costringendolo a prestarle attenzione.

< Come lo apriamo? > chiese poi non ricevendo risposta.

Lui, senza guardarla, con il calcio della pistola ruppe il catenaccio arrugginito riuscendo poi a sfondare la porta.

< Io avrei fatto un po' più di rumore > lo rimproverò lei, che venne però continuamente ignorata dal ragazzo.

Ciò la fece infuriare, e non poco. Nemmeno le provocazioni funzionavano.

< Hey idiota, hai intenzione di ignorarmi tutto il tempo? > gli sputò contro, mettendosi davanti a lui.

< Lo farei volentieri se non avessi continuamente la tua fastidiosissima voce nelle orecchie >

Questo suo commento fece, se possibile, innervosire ancora di più Amy, che presa da un impulso di rabbia gli mollò un pugno sul braccio. Non tanto forte da fargli male, ma abbastanza da farlo reagire.

< Riprovaci, e giuro che sei morta >la minacciò, fulminandola con i suoi occhi di ghiaccio.

Lei sbuffò superandolo, non credendo più alle sue minacce, ma Mello la fermò afferrandole un braccio. Stava già per girarsi, pronta ad aggredirlo, quando lo vide portarsi l’indice alle labbra, intimandole di fare silenzio.

< Non siamo soli qui > sussurrò, mentre si guardava intorno in cerca di un posto in cui nascondersi.

Quando i suoi occhi scorsero una rientranza nel muro fece per avvertire la rossa, ma venne bloccato dalle voci degli individui misteriosi che, si stavano pian piano, avvicinando.

< Cazzo > imprecò a bassa voce, prendendo la ragazza per un polso e trascinandola verso la fessura.

Ci si incastrarono dentro a malapena. I corpi premuti tra di loro, petto contro petto, e i visi a pochi centimetri di distanza.

< Diamine non starmi così appiccicata > cercò di scostarsi il biondo, senza successo.

< Non so se hai notato dove siamo genio, che dovrei fare, diventare un tutt’uno con il muro? > chiese sarcastica, iniziando ad odiare quella situazione.

< Potresti provare, di sicuro la tua testa è fatta dello stesso materiale. Avete già qualcosa in comune visto? >

Il colpo che partì non arrivò mai a destinazione, poiché il ragazzo le bloccò il braccio, alzandoglielo sopra la testa e spingendola contro il muro.

< Vedi di lasciarmi subito > lo minacciò.

< Altrimenti? >provocò lui di rimando.

Presa dalla rabbia provò a divincolarsi senza successo, quando improvvisamente le venne un’idea tanto geniale quanto malsana.

Smise di muoversi e lo fissò dritto negli occhi. Facendo poi ciò che spesso la tormentava.

< Adesso cosa vuoi? Che è quella faccia? > chiese Mello.

Ma ebbe la sua risposta poco dopo, quando le labbra della rossa raggiunsero le sue, mordendogli il labbro inferiore.

Mollò la presa, rimasto scioccato da quella presa di posizione. Non aveva mai provato una così strana sensazione. A dirla tutta, quando Matt si era preso la pel di carota la cosa lo aveva infastidito abbastanza.

Lui doveva essere sempre il primo in tutto. Doveva vincere su tutti. E sapere che Matt poteva averla tutta per se e lui no, lo mandava su tutte le furie.

Rispose, anche se riluttante, a quella sottospecie di bacio.

Infine lei si stacco leccandosi le labbra.

< Passabile > commentò, facendolo infervorare.

Lui non era passabile. Lui era il migliore.

< Riproviamo > disse duro, fissandola.

Questa volta fu lei quella sorpresa.

< Come prego? > chiese. Quel bacio, per lei, aveva avuto il solo scopo di fargli mollare la presa.

< Riproviamo, so fare di meglio > tagliò corto.

< Non credo che tu abb…> non riuscì a finire la frase, perché le labbra del biondo tornarono fameliche sulle sue.

Restò immobile per qualche secondo pensando di respingerlo, ma quando alle sue narici tornò il profumo del ragazzo, perse del tutto il controllo.  

Lui dischiuse le labbra, chiedendo poi l’accesso con la lingua alla bocca della ragazza.

Glielo concesse quasi subito, titubante all’inizio, per poi riprendere la sicurezza che la caratterizzava. Portò le mani tra i suoi capelli biondi, tirando qualche ciocca e facendogli emettere un mugolio di apprezzamento.

Le mani di lui scesero sulla parte bassa della sua schiena.

Lei si staccò guardandolo con disappunto.

< Che c’è? > chiese lui, tanto confuso quanto scocciato.

< Cosa sono? Una suora? > rispose prendendogli le mani e spostandole sul proprio fondoschiena.

< Toccami > sussurrò sulle sue labbra, prima di baciarlo di nuovo.

Sapeva che era sbagliato, dannatamente sbagliato. Ma non riusciva proprio a farne a meno.                      

 Quel biondino insopportabile la mandava letteralmente fuori di testa.

Continuarono per vari minuti, fino a quando Amy, presa dalla foga del momento, si staccò dalle sue labbra per poi nascondere il viso nell’incavo del suo collo. Iniziò a lasciare baci e morsi per tutta la sua lunghezza, non curandosi della cicatrice.

Mello, sorpreso dal suo gesto, si lasciò sfuggire un grugnito che non passò inosservato alla rossa.

Amy fece scendere le mani verso la patta dei suoi pantaloni, sentendolo già eccitato. Lo trovava estremamente sexy. Mello era sempre così sicuro di se, e vederlo così vulnerabile la mandava in estasi.

E poi…per l’amore di dio quei pantaloni. Chissà quante ragazze avranno smaniato per slacciare quei dannati lacci. Un moto di gelosia la pervase, ma cercò di reprimerlo al più presto.

Persa nei suoi innumerevoli pensieri, non si accorse che la mano del biondo era andata a fermare la sua.

< Basta > ansimò, cercando si riprendere fiato < E’ sbagliato nei confronti di Matt, e poi noi siamo qui per portare a termine una missione > constatò.

Con suo grande disappunto Amy dovette dargli ragione, e sbuffando sonoramente si allontanò da lui.

Ripreso possesso delle sue facoltà mentali si rivolse al biondo di fronte a lei.

< Questa cosa non deve uscire da qui, mi hai capita? > lo minacciò puntandogli l’indice al petto e picchiettandolo.

< Tranquilla, dire a Matt che mi stavo per sbattere la sua ragazza in un carcere abbandonato non è una delle mie priorità > la rassicurò < e adesso usciamo, credo se ne siano andati >

Cercando di non far toccare troppo i loro corpi uscirono da quell’angusto nascondiglio, teatro del loro peccato.

Amy, dopo essersi rimessa in sesto, si voltò verso il biondo per accertarsi che l’avesse seguita, e non potè fare a meno di lasciarsi scappare una risata.

< Deve essere parecchio fastidioso > lo schernì, puntando lo sguardo al cavallo dei suoi pantaloni.

< Stai zitta brutta strega >disse fulminandola con lo sguardo, cercando di sistemarsi alla ben che meglio.

< Noto con piacere che abbiamo fatto dei progressi con la galanteria >

Lo superò, iniziando poi a camminare all’indietro per poterlo vedere in viso.

< Capirai… non pensare che una pomiciata cambi le cose tra di noi >

Amy si portò una mano al petto.

< Oh, non dire così Mello, mi spezzi il cuore. E io che mi ero già innamorata di te >

Questa frase fece sbuffare il biondo, pronto a risponderle a tono. E sarebbero andati avanti così per ore se la ragazza non fosse inciampata in qualcosa cadendo rovinosamente a terra.

Fu subito raggiunta dall’odiosa voce di Mello.

comport… >

Non proseguì oltre, rimanendo scioccato dopo aver seguito la traiettoria degli occhi di Amy.

Il cadavere di un uomo se ne stava disteso al centro della stanza, ora sotto al corpo della rossa che si alzò schifata.

Mello si chinò sull’uomo per tentare di capirne la causa della morte, e sorpresa delle sorprese, tutto portava a pensare ad un attacco cardiaco.

< E questo come diavolo ci è finito qui? > chiese Amy, più a se stessa che all’altro.

< Poteva essere una delle voci che abbiamo sentito, forse una faida. O magari era la vittima di un sequestro. Sta di fatto che quest’uomo deve per forza avere a che fare con il Death Note. Mi sembra un po' improbabile che sia morto casualmente per arresto cardiaco nella stessa prigione dove poche settimane prima vi è stato un omicidio di massa in stile Kira. L’assassino deve aver avuto a che fare personalmente con lui, altrimenti quale motivo aveva di farlo venire qui per poi ucciderlo>

La ragazza guardava rapita il compagno mentre formulava le sue ipotesi. Quando un dubbio la assalì.

< Come diamine abbiamo fatto a non accorgercene? > gli chiese.

Lui si girò, guardandola torvo.

< Forse perché eravamo troppo impegnati a mangiarci la faccia a vicenda. Dannazione li avevamo li a due passi, potevano anche avere il quaderno e ce li siamo fatti scappare. Ora mi toccherà anche inventarmi qualche bugia da propinare ad L > disse iniziando a sentire la rabbia crescere in lui.

< Appena tornati al quartier generale chiederò ad L di cambiare partner, lavorerò anche con Near se sarà necessario, ma non voglio più averti tra i piedi >

Queste parole colpirono profondamente la ragazza.

< E per quale motivo di grazia ? > chiese accennando un falso sorriso.

< Perché non sei professionale > ringhiò frustrato lui.

Amy sgranò gli occhi allibita.

< Io non sarei professionale? Chiedo scusa ma non sono io quella che deve dimostrare qualcosa a se stessa perché ha dei conflitti interiori >

< Hai iniziato tu però, come vuoi metterla ora? > la apostrofò severo.

< L’ho fatto solo per liberarmi dalla morsa, sei tu che hai frainteso > iniziò ad infervorarsi la rossa.

< Ah davvero pel di carota. Aspetta fammi ricordare, chi è che ha cercato di mettere le mani nelle mutande a chi ? >

Esasperata, Amy si prese la testa tra le mani e lo superò, dirigendosi verso l’uscita. Mormorando un “ Ti odio “, che lui sentì benissimo. Non gli avrebbe dato la soddisfazione di vederla arrossire.

Si ritrovò presto vicino alla moto di Mello, venendo poi raggiunta da quest’ultimo.

< Che hai intenzione di riportare ora ad l ? > gli chiese vedendolo pensieroso.

< Non ne ho idea, ci penserò durante il viaggio di ritorno, se qualcuno mi facesse l’immenso favore di tenere la bocca chiusa >

La rossa annuì e si infilò il casco. Non aveva più voglia di litigare con lui, e poi la questione L in quel momento era più importante.

Montarono in sella, e come aveva chiesto Mello il viaggio proseguì in silenzio.

Mentre Mello pensava a cosa riportare ad L, Amy vagava con i pensieri. Dal bacio che si era scambiata con il biondo, al suo rapporto con Matt. Ma soprattutto pensava a come avrebbe fatto a guardare di nuovo quest’ultimo negli occhi senza provare rimorso.

 

 

Parcheggiata la moto nel garage i due si avviarono all’ascensore.

Una volta dentro la tensione era alle stelle. Nessuno aprì bocca fino a quando non arrivarono al piano di Mello. Il campanello dell’ascensore segnò la fine di quel loro imbarazzo.

< Andrò da L a riferirgli ciò che abbiamo trovato. Siccome non hai intenzione di rivolgergli parola, se vuoi qualche aggiornamento sai dove trovarmi > le disse uscendo e salutandola con un gesto del capo, prima di scomparire dietro le porte dell’ascensore.

Finalmente Amy potè tornare a respirare. Ma la sua quiete durò poco, perché non appena l’ascensore aprì le porte del suo piano l’ansia tornò ad attanagliarle il petto.

Tentennò parecchio tempo davanti alla porta prima di decidersi ad aprire. Si diresse in camera con le mani che le tremavano.

Matt se ne stava sdraiato sul letto, con soltanto un paio di Jeans addosso, intento a giocare con la sua amatissima PSP .

Non appena la vide però, stranamente, la spense e con un colpo di reni si portò seduto sul letto.

< Come è andata? > chiese sorridendole e invitandola ad andarsi a sedere sulle sue gambe.

Lei accettò subito il suo invito, posizionandosi su di lui.

< Bene, più o meno > disse dandogli un bacio a fior di labbra.

Che diavolo avrebbe dovuto dirgli?

Sai ho ficcato la lingua in gola al tuo migliore amico, e sarei anche andata oltre se lui non mi avesse fermata. Inoltre data la nostra piccola distrazione non siamo riusciti a scoprire praticamente nulla ma, Hey per il resto è andata alla grande

Faticava anche solo a guardarlo negli occhi, quegli occhi così sinceri e innamorati. Si sentì veramente una bastarda. E ciò che successe dopo confermò ancora di più la sua tesi.

Vedendo la sua espressione crucciata si girò nel suo abbraccio ritrovandosi a cavalcioni su di lui.

< Mi sei mancato Matt, ti voglio > e prima che lui potesse aprire bocca, le sue labbra avevano raggiunto ciò che cercavano.

Lui sgranò gli occhi. Non c’era mai stata questa presa di posizione così improvvisa da parte sua.       

 Doveva essere successo per forza qualcosa. Ma la lingua che si fece strada nella sua bocca placò momentaneamente i suoi dubbi. Rispose con veemenza, aggrappandosi a lei e poggiandole possessivamente le mani sui fianchi. La stava perdendo, lo sentiva.

Con quei pensieri in testa si staccò, le prese il viso tra le mani e la fissò intensamente negli occhi.

< Clary, non mentirmi. Vuoi dirmi cosa succede? >

Le sue dita carezzarono dolcemente le guance della rossa immobile tra le sue braccia.

< Abbiamo trovato un cadavere, ed io ci sono finita sopra. Sono solo un po' scossa dall’accaduto. Va tutto bene, tranquillo > cercò di rassicurarlo, prendendogli le mani e stringendole tra le sue.

Matt non ci credeva, o perlomeno, non metteva in dubbio il fatto che fosse successo sul serio, ma sapeva benissimo che il motivo del suo malumore non fosse dovuto a quello.

Cercò il suo sguardo, ancora una volta per estorcerle qualche informazione, ma il capo della ragazza poggiato alla sua spalla gli fece intuire che la conversazione era finita.

La adagiò delicatamente sul letto soffermandosi ad osservarla. Trovava la sua bellezza ineguagliabile. I lunghi capelli rossi erano sparpagliati sulle lenzuola, e incorniciavano perfettamente il volto pallido. L’espressione sul suo volto era serena e emanava un senso di tranquillità che pian piano prese possesso anche del ragazzo.

Si stese affianco a lei, avvolgendole la vita con un braccio e stringendola possessivamente a se.

< Ti amo > le sussurrò all’orecchio.

E con la speranza che lei avesse sentito le sue parole, si lasciò cullare da un dolce, e alquanto necessario, riposo.

 

 

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Capitolo 7
*** Capitolo VII ***


L se ne stava seduto sulla sua poltrona, mangiando qualche cioccolatino e fissando il monitor che ritraeva i due amanti placidamente addormentati nel letto.

Corrucciò le sopracciglia. Quella sensazione di fastidio non accennava ad andarsene, nemmeno con tutti i dolci che si era fatto portare da Watari.

In più come aggravante, c’era il fatto che Amy si rifiutava di rivolgergli parola.

Odiava quella situazione tra di loro. Lei era sua amica, tralasciando le strane sensazioni che suscitava in lui, e non voleva perderla per nulla al mondo.

Il bussare incessante, proveniente da dietro la porta, lo destò dai suoi pensieri.

< Avanti > disse con un tono più scocciato del solito. Era piuttosto depresso e non aveva alcuna voglia di vedere qualcuno che non fosse Watari.

Quando poi vide di chi si trattava, la sua voglia scemò ancora di più.

Il volto scocciato di Mello apparve sulla soglia della porta, guardandolo con fare annoiato.

Il detective non sapeva se sarebbe riuscito a reggere una conversazione con il biondo.

Non era stupido. Non avrebbe mai mandato in missione due individui come Amy e Mello, senza le giuste precauzioni. Quei due a mala pena non si uccidevano quando lui era presente, figuriamoci a lasciarli soli.

Così, dopo aver installato delle microspie nei due bracciali, si era premurato di ascoltare ogni loro conversazione.

Ciò che le sue orecchie ascoltarono gli provocò un grande fastidio. Mello era quasi l’unico ad essere a conoscenza della sua simpatia per Amy. E come se non fosse abbastanza, il loro comportamento immaturo non aveva portato a nessuna svolta nel caso. Si erano addirittura fatti scappare le persone sospette.

< Sono venuto a fare rapporto >

< Sono tutto orecchie > lo incitò L, reprimendo un ghigno.

Che cosa gli avrebbe raccontato? Si chiese, tenendo lo sguardo fisso sul ragazzo.

< Abbiamo fatto ciò che ci hai chiesto. Siamo andati alla prigione e abbiamo perlustrato. Al suo interno vi erano già due individui, di cui però non siamo riusciti a captare alcuna conversazione. Presupponiamo, però, siano coinvolti nel caso, poiché poco dopo la loro uscita di scena abbiamo trovato un cadavere. Causa della morte, arresto cardiaco… Molto probabilmente i due individui dovevano avere a che fare con il Death Note, anche se non è ancora chiaro il motivo dell’omicidio. In ogni caso ho scattato qualche foto all’uomo, vedrò di far fare a Matt qualche ricerca online per risalire alla sua identità >.

Ascoltò con attenzione ogni parola. Mello era bravo a omettere particolari, così come era bravo a mentire, a raggirare e a nascondere. Dovette ammettere che, senza la prova concreta della sua colpevolezza, non avrebbe mai dubitato della veridicità delle sue parole. Ma lui le prove le aveva, e non aveva intenzione di fingere di bersi quella storiella. Era estremamente infantile sotto quel punto di vista. Sapeva bene il motivo per cui i presunti killer gli erano sfuggiti di mano, e aveva tutta l’intenzione di fargli sputare il rospo.

< Grazie per le informazioni Mello > girò la sedia nella sua direzione e si alzò lentamente.

Si avvicinò a lui fronteggiandolo. Lo sovrastava di qualche centimetro, nonostante la sua postura ricurva.

< Ma prima che tu vada, avrei una domanda da porti… Da quello che mi hai detto presumo che i due sospettati fossero nelle vicinanze, altrimenti non avreste potuto ne sentirli ne vederli, giusto? > chiese guardando dritto negli occhi il diretto interessato, nell’attesa di scorgere qualche segno di cedimento.

Mello annui, confuso dallo strano comportamento del suo mentore, ma deciso a non darlo a vedere.

< Quindi, in tali circostanze, era quasi impossibile, per un agente attento e vigile, non captare la conversazione tra i due individui. Ciò mi porta a pensare, che in quel momento, sia tu che Amy, foste distratti da qualcos’altro, dico bene? >

La fermezza del biondo stava iniziando a vacillare. Non poteva permettere che il suo modello scoprisse ciò che aveva fatto. Sarebbe stata un’enorme vergogna per lui se L avesse saputo di questa sua debolezza, quando pochi giorni prima era stato lui a riprendere il più grande, intimandogli di tenersi alla larga dalla rossa.

< Dove vuoi andare a parare Ryuzaki? Forza sputa il rospo > lo aggredì.

L si era spostato leggermente da lui, infilando le mani in tasca e poggiandosi con la schiena allo stipite della porta.

< Dimmi Mello, che cos’è che ha catturato così tanto la vostra attenzione da farvi distogliere l’attenzione dalle indagini? >

Mello aveva capito tutto. Lui sapeva. Quella mente tanto acuta quanto, talvolta, maligna, aveva sicuramente fatto in modo di poterli tenere sotto controllo. E, maledizione, lui si era fatto ingannare in una maniera tanto stupida. Quei fottuti braccialetti.

Sorrise tra se e se, ormai non aveva più senso fingere.

< Perché dovrei dirti qualcosa che già sai? > lo provocò.

Non sarebbe sottostato ai suoi giochetti, lo ammirava certo, ma lui non era il giocattolo di nessuno.

Se aveva qualcosa da dirgli avrebbe fatto bene a dirla in fretta.

< Com’è stato? > chiese curioso il corvino.

Mello strabuzzò gli occhi. Si aspettava di tutto, un rimprovero, una scenata, o nel peggiore dei casi l’espulsione dal caso. Ma questa domanda proprio no.

Che domande. Gli era piaciuto dannazione, era pur sempre un uomo, e per quanto la odiasse doveva ammettere che, oltre ad essere una bellissima ragazza, Amy era anche molto brava nel saper tentare l’appetito maschile.

Ma mai lo avrebbe ammesso. Se quei suoi pensieri fossero stati scoperti, la sua reputazione sarebbe andata distrutta.

< Che vuoi che ti dica, è stato un semplice bacio. Volevo solo farle sapere che il suo Matt non è il migliore. E’ stata solo una questione di orgoglio, tutto qui. Pensavo dovessimo parlare del caso? >

< Stiamo parlando del caso difatti. Stiamo parlando del perché tu non sia riuscito a portarmi delle informazioni sostanziose, e a tal proposito vorrei sapere per quale motivo un “semplice bacio”, ti abbia permesso di distrarti così tanto >

Queste parole fecero digrignare i denti al più piccolo.

< Senti, se ti interessa tanto sapere com’è baciare Amy, sta al piano di sotto. Va da lei, scusati e scopatela. Non rompere a me. Sono venuto a riferirti ciò che ho scoperto, il mio lavoro è finito > si girò per andarsene, ma appena varcata la soglia si voltò di nuovo verso di lui.

< Ah e per la cronaca, sei stato tu a mandarci in missione insieme. Perciò prenditi le tue responsabilità > detto ciò uscì, lasciandosi dietro un L confuso e amareggiato.

Il detective non capiva la reazione del più piccolo. Poteva essere un limite suo, ma non pensava di aver fatto nulla di male nel voler sapere come era stato baciare Amy.

In fondo, per il corvino, Mello doveva sentirsi solo che onorato ad aver potuto tastare le labbra della rossa.

Ne era geloso. Estremamente geloso. E in lui stava nascendo la paura che questo nuovo sentimento potesse compromettere l’esito positivo del caso.

 

Intanto, al piano di sotto, Amy si svegliò dal suo sonnellino. Girò la testa, ritrovandosi faccia a faccia con il viso addormentato e bellissimo di Matt.

Si tolse delicatamente il suo braccio dalla vita, alzandosi e cercando di non svegliarlo.

Doveva sapere che cosa si erano detti Mello ed L. Infondo, anche se non rivolgeva parola al detective, ci teneva al caso e voleva sapere come poteva essere utile.

Facendo meno rumore possibile si infilò le scarpe e uscì dall’appartamento.

Ora nasceva il dubbio. Da chi andare?

In entrambi i casi era fregata. Avrebbe dovuto andare incontro ai suoi dubbi e ai suoi sentimenti.

Parlare con L significava, in primis mettere da parte l’orgoglio e per secondo far fronte ai sentimenti, alquanto confusi, che il corvino diceva di provare nei suoi confronti.

D’ altra parte, andare dal biondo, voleva dire dover affrontare le emozioni che lui riusciva a suscitarle.

Sospirando si avviò all’ascensore, sperando in cuor suo di aver fatto la scelta giusta.

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Capitolo 8
*** Capitolo VIII ***


Bussò alla porta, traendo un forte respiro.

Quest’ultima si aprì di scatto, rivelando il proprietario di casa.

< Che velocità, mi stavi aspettando? > gli sorrise lei.

Mello sospirò pesantemente, non aveva voglia di vedere nessuno, ne tantomeno la pel di carota.

Ma ben presto, il cervello, gli ricordò che era stato lui a invitarla nella sua dimora per avere informazioni su L.

Si diede mentalmente dello stupido, e con un movimento repentino afferrò il braccio della ragazza e la tirò all’interno della casa.

< Wow, lo devo prendere come un si? >

< Smettila di fare l’idiota e vieni qui > disse il biondo, sistemandosi comodamente sul divano.

Amy lo raggiunse, premurandosi di sedersi il più lontano possibile da lui. Odiava ammetterlo, ma la sua vicinanza la metteva in soggezione. Soprattutto dopo ciò che era successo alla prigione.

< Guarda che puoi avvicinarti, non ti mangio mica > la provocò scartandosi una barretta di cioccolata.

D’ altra parte Amy non aveva nessuna intenzione di avvicinarsi, troppo intimorita dalle reazioni del suo corpo e della sua mente.

< No sto bene qui grazie, comunque posso venire a conoscenza anche io della conversazione che avete avuto tu ed L? > chiese paziente.

Mello, però, sembrava di tutt’altro avviso. Si sistemò meglio sul divano.

< Avvicinati e te lo dirò > la spronò il ragazzo con un ghigno stampato in volto.

Non voleva vedere nessuno, ma vedere Amy in difficoltà gli fece tornare la voglia di provocarla.

La rossa scosse la testa in segno di diniego, e lui rispose con un’alzata di spalle tornando a mangiare la sua cioccolata.

Quel suo comportamento la infastidì, e non poco.

Allungò velocemente la mano, andando a rubare il “prezioso tesoro” del biondo, che, inizialmente, rimase interdetto, ma poi, pian piano, iniziò ad infuriarsi.

< Ti conviene ridarmela immediatamente, se non vuoi ritrovarti la pancia piena di piombo > la minacciò alzandosi in piedi.

< Dimmi cosa ti ha detto L > continuò lei ignorandolo, e facendolo, se possibile, ancora più infuriare.

< RIDAMMI. LA. MIA. FOTTUTISSIMA. CIOCCOLATA. >

< DIMMI. COSA. TI. HA. DETTO. L. > disse addentando un pezzo di cioccolata e tenendolo tra le labbra.

A quel punto Mello non ci vide più. Scattò verso di lei con rabbia, costringendola ad alzarsi ed allontanarsi.

Quando però sentì la parete fredda dietro di lei, Amy si pentì del gesto appena compiuto.

Si trovava spalle al muro, e davanti a lei vi era un biondo infuriato che la stava trucidando con lo sguardo.

Fece scivolare il pezzo di cioccolata all’interno della sua bocca, mantenendolo però intatto.

Lui le strappò la barretta dalle mani. Ma, sia per orgoglio che per possessività, la rivoleva tutta.

< Apri la bocca > ordinò.

Lei negò con la testa, serrando ancor più le labbra.

Un ghigno comparve sul viso di Mello.

Si abbassò piano sul collo niveo della rossa, iniziando a lasciare leggeri baci per tutta la sua lunghezza.

Amy provò a resistere, ci provò con tutta se stessa, ma quando sentì un morso alla base del collo non potè fare a meno di schiudere leggermente le labbra, sospirando.

Questo era proprio ciò che Mello stava aspettando. Alzò la testa riportandosi all’altezza del viso della ragazza, e senza darle il tempo di accorgersene incollò le labbra alle sue.

Con un movimento della lingua si intrufolò nella sua bocca, e si riprese ciò che era di sua proprietà.

Si staccò poi, con un sorriso trionfante, masticando il cioccolato e guardandola negli occhi.

Una scioccatissima Amy, invece, se ne stava attaccata al muro senza saper cosa fare.

Era davvero sconvolta, ma non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di darlo a vedere.

< Quindi, ora che hai fatto questa tua sceneggiata, a mio parere se posso permettermi, di pessimo gusto, posso sapere cosa ti ha detto L? > parlò cercando di sembrare più ferma possibile.

< Va bene, ma ciò che sto per dirti non ti piacerà affatto > l’avvertì.

< Avanti parla > si stava davvero spazientendo, e al biondo questo piaceva da impazzire.

< Ok ok, poi però non dirmi che non ti ho avvertita > fece una piccola pausa, per prepararsi alla reazione della rossa.

< L ci ha spiati di nuovo. Ha impiantato delle microspie nei nostri bracciali e di conseguenza ha sentito ogni cosa. Dopo avergli riportato i nostri sospetti e le nostre scoperte l’unica cazzo di cosa che è riuscito a chiedermi è come sia stato baciarti > spiegò.

Ad ogni parola, però, sentiva un senso di fastidio crescente. Non poteva permettere che il suo capo venisse forviato così da una ragazza.

Al tempo stesso, Amy era rossa di rabbia. In quel momento L non le sembrava poi tanto un genio. Aveva fatto lo stesso errore di nuovo, nonostante lei gli avesse fatto capire chiaramente che la cosa l’aveva fatta imbestialire.

< Maledetto… >

Mello però fu più veloce, e le saltò sulla voce.

< Senti non voglio intromettermi nelle vostre faccende, ma io ho intenzione di risolvere questo caso, e ho bisogno che L ci stia con la testa. Non so quale sorta di maledizione tu gli abbia fatto, ma ora tu vai da lui, metti le cose in chiaro e poi risolviamo questo dannato caso > disse fermamente fissandola.

Le sembrava di rivivere un dejavu. L che la mandava da Mello, Mello che la mandava da L. Si sentiva quasi la pedina di un qualche loro gioco perverso.

< Tranquillo, posso dirglielo anche da qui, tanto sicuramente ci starà ascoltando… VERO L? > urlò le ultime due parole, ma Mello la bloccò subito.

< Credi davvero che io non ci abbia già pensato? Puoi stare tranquilla non ci sono telecamere qui. Nessuno sa cosa accade qui dentro. > parlò fiero di se, con un sorrisetto stampato in volto.

< Bene vorrà dire che andrò a scambiare due paroline con lui di persona > si girò di scatto, avviandosi verso la porta.

Nel mentre Mello si era appoggiato al muro, beandosi della visione di quella ragazzina arrabbiata.

Prima di uscire però, Amy si girò verso il biondo con aria astiosa.

< Ah e se provi a baciarmi un’altra volta sappi che non esiterò un secondo a castrarti > e con questo, uscì definitivamente di scena.

Rimasto solo, Mello andò in cucina, si prese una birra e una barretta di cioccolato e tornò in salotto. Buttandosi a peso morto sul divano iniziò a maledire se stesso.

Cosa diavolo gli stava succedendo? Non poteva farsi piacere la pel di carota.

Si prese la testa tra le mani, e sperò con tutto se stesso che con un po' di cioccolata e una bella dormita gli sarebbe tornato il lume della ragione.

 

Intanto nel corridoio, Amy sfrecciava verso l’ascensore. Per tutto il tragitto non aveva fatto altro che pensare a come avrebbe approcciato L. Quell’uomo era impossibile. Era infantile, cinico, superbo, non l’avrebbe mai avuta vinta con lui.

L’ascensore si fermò aprendosi e lasciando l’intera visuale della stanza alla ragazza.

L se ne stava in piedi vicino alle vetrate, guardando fuori dal palazzo.

La ragazza si avviò a passo spedito verso di lui, ritrovandosi poi a distanziarlo di pochi metri.

< Buonasera Amy, posso aiutarti? > chiese con calma L, noncurante dell’ira della ragazza.

< Davvero Lawliet? Davvero?  Non mi rivolgi uno sguardo da una settimana, ed ora fai finta che non sia successo nulla? > sbottò, non riuscendo più a sostenere tutta la rabbia che le ribolliva dentro.

< Che cosa vuoi da me L? > mormorò sconsolata.

Dopo essersi sfogata la tristezza la pervase. Non capiva per quale motivo quell’uomo si ostinasse a torturarle la mente. Non poteva semplicemente essere chiaro e coinciso?

Il detective, però, non sembrava aver compreso il motivo del turbamento della ragazza. Così si limitò a rispondere alla domanda.

< Credevo di avertelo già detto > le spiegò tranquillo.

< Beh allora io non credo di aver recepito il messaggio, quindi per favore, potresti spiegarmelo? >

L rimase di stucco nel vedere Amy in quello stato. Era agitata, confusa, ma soprattutto era arrabbiata. Non l’aveva mai vista infuriata con lui in quel modo.

Improvvisamente, le parole dette da Mello gli tornarono in mente.

< Non sono sicuro tu lo voglia sapere davvero > disse grattandosi, con fare insicuro, la nuca.

< Non mi importa. A questo punto farei qualsiasi cosa pur che tu ti decida a focalizzarti sul caso >

Quelle parole colpirono L che, pur sapendo di star male interpretando, si avvicinò maggiormente alla rossa.

La studiò attentamente, soffermandosi sulla pelle nivea del viso, dove spiccavano due belle labbra carnose color pesca.

< L, davvero, che succede? Mi stai spaventando > si scostò la ragazza, tentando di far tornare in se il corvino.

< So di te e Mello > disse tutto ad un tratto, prendendola in contropiede.

< Non c’è niente da sapere, l’ho baciato per uno scopo ben preciso, che era quello di liberarmi. Caso chiuso > sbuffò Amy, facendo per andarsene.

Ma la mano ossuta di L la bloccò per un braccio, costringendola a girarsi verso di lui.

Stava per ribattere, quando due labbra tiepide si poggiarono sulle sue, facendole sgranare gli occhi. Sentiva le mani dell’uomo aggrappate alle proprie braccia.

Con uno scatto si staccò, portandosi una mano alla bocca.

< Che cazzo fai L, sei forse impazzito? > sputò cattiva.

Poco le importava di essere scortese, scurrile e insensibile. Quel comportamento l’aveva a dir poco scioccata.

< Ti chiedo di perdonarmi Amy, non ho resistito al mio istinto e me ne vergogno immensamente. Ora però mi vedo costretto a fare una cosa che proprio non vorrei fare > si fermò un secondo, sospirando. < Ti devo chiedere di stare fuori dal caso. Ho promesso a tuo padre che ti avrei protetta, perciò potrai continuare a vivere qui, a patto che io ti veda il meno possibile. E’ tutto, puoi andare > tornò a parlare, con la sua voce monotona.

Questa volta fu lei a fermarlo, rivolgendosi a lui quasi disperatamente.

< Ma che stai dicendo, non puoi farmi questo. Sai bene quanto per me sia importante aiutare in questo caso > cercò, invano, di fargli cambiare idea.

< Si lo so, e so anche bene che non posso tenerti dentro al caso quando costituisci una fonte di distrazione per me e per i miei sottoposti >

Amy non riusciva a credere alle sue orecchie. Era stata cacciata dal caso solo perché quei tre idioti non riuscivano a tenere a bada i loro ormoni.

< Bene, se tu la pensi in questo modo, e credi davvero che io non faccia altro che intralciare le indagini me ne andrò. Ma vedi di non osare mai più mostrare la tua faccia in mia presenza. >

L’aveva ferita ne era consapevole, ma aveva troppa paura che se non avesse fatto qualcosa quello ad uscirne ferito sarebbe stato lui.

< Perdonami > sussurrò tra se e se, ma abbastanza forte da essere sentito dalla ragazza.

< E per cosa dovrei perdonarti esattamente? > chiese sarcastica < Per avermi baciata? O per avermi cacciata dal caso? >

Sentiva di star per crollare. Odiava il fatto che ultimamente con L non faceva altro che litigare, ma odiava ancora più il modo in cui lui le si approcciava.

< So di essere infantile, ma non riesco ad accettare un rifiuto, ne tanto meno una sconfitta >

Un’espressione turbata apparve sul viso della rossa.

< Sconfitta? Di quale sconfitta parli? Non devi vedere tutto come una sfida L > spiegò, ormai arrivata ad un punto di non ritorno.

L accennò qualcosa simile ad una smorfia.

< Quando Mello deciderà di mettersi in gara per me e Matt sarà sicuramente una sconfitta >

Questa frase la lasciò ancora più perplessa. Ma non appena fece per chiedere altre spiegazioni, il detective le pose una mano dietro la schiena e la spinse delicatamente all’interno dell’ascensore.

< Aspetta, che cosa c’entra…> le porte si chiusero facendo scomparire, forse per sempre, L dalla sua vista.

< Mello? > finì la frase, abbassando lo sguardo verso il pavimento ed emettendo un verso di frustrazione.

Come diavolo si era cacciata in quella situazione? L che le si dichiarava e poi la cacciava dal caso, Mello che un attimo prima la baciava e l’attimo dopo la voleva morta, e infine Matt, che era ancora ignaro di tutto e che non voleva per nessuno motivo al mondo perdere.

Doveva assolutamente mettere fine a quel disastro.

Non voleva soffrire, ne voleva fare soffrire loro. E purtroppo l’unico modo per farlo, a suo rischio e pericolo, era andarsene da li.

 

 

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Capitolo 9
*** Capitolo IX ***


Arrivata in camera, dopo essersi accertata che Matt non fosse nei paraggi, prese a buttare in valigia lo stretto necessario per sopravvivere al massimo un paio di settimane in attesa di riuscire a trovare un posto dove stare.

Odiava quello che stava per fare, ed era terribilmente spaventata, ma era l’unica cosa che poteva fare per evitare di arrecare altri danni al lavoro che stavano portando avanti i suoi compagni.

L era stato chiaro, per colpa sua i detective coinvolti nella risoluzione del caso non riuscivano a sfruttare al meglio le loro potenzialità.

Voleva, tanto quanto loro, prendere il nuovo Kira e sbattere il suo culo in prigione. E se l’unico aiuto che avrebbe potuto offrire era quello di togliersi dai piedi, beh, lo avrebbe fatto.

Chiuse velocemente la porta dietro di se, e cercando di fare meno rumore possibile sgattaiolò verso i garages con l’intento di rubare un mezzo di trasporto.

Poco le importava se L avrebbe assistito alla sua fuga. Dopotutto era stato lui a dirle di non volerla più attorno. E con queste sue parole era pronto a pagarne tutte le conseguenze. Anche quella di farla fuggire.

Arrivata a destinazione iniziò a guardarsi intorno, alla ricerca del mezzo adatto.

Non poteva certo fuggire con una limousine o con una vistosissima macchina rossa fiammeggiante.

L’occhio le si posò infine sul mezzo di Mello. La moto nera le si stagliava fiera davanti, e per un secondo l’immagine di lei attaccata al biondo mentre sfrecciavano sulla strada le apparve in mente.

< Se hai intenzione di scappare come un coniglio, levati dalla testa di farlo in sella alla mia moto >

La voce roca e irata di Mello la risvegliò dai suoi pensieri.

Si girò di scatto, scontrandosi con il gelo che aleggiava negli occhi del ragazzo.

< Non ne avevo alcuna intenzione, non rompere Mello > gli sibilò contro stizzita.

Il ragazzo se ne stava appoggiato alla parete, con le braccia conserte, in attesa di una qualche mossa da parte della rossa.

Il suo sguardo la stava mettendo in soggezione, e non poco.

L’agitazione per quello che stava per fare, la rabbia e la delusione che provava nei confronti di L, la tristezza di non poter avvertire Matt, sommato alle strane e fastidiose sensazioni che provocava in lei lo sguardo di Mello la fecero scoppiare.

< Che hai da guardare primadonna dei miei stivali? Se hai qualcosa da dirmi farai meglio a dirla ora, altrimenti puoi pure tornare in quel buco di fogna che ti ostini a chiamare appartamento a farti venire il diabete strafogandoti di cioccolata. > urlò in preda all’ira, mentre una lacrima si faceva strada lungo la sua guancia.

Odiava piangere, e ancora di più odiava farlo davanti ad uno di loro.

Diciamo che L e i suoi, escluso Matt, non avevano ancora ben capito cosa fosse l’empatia.

E Mello, più di tutti, considerava il pianto come una sorta di debolezza pericolosissima.

Di fatti, come volevasi dimostrare, anche quella volta non fu diverso.

< Hai finito? > chiese stranamente calmo, dopo l’ondata di parole, non proprio piacevoli, della rossa.

< Mello, dimmi cosa vuoi >

Ormai distrutta dalle troppe emozioni, la ragazza decise di abbandonare la via dell’arroganza.

< Perché vuoi andartene, hai discusso con L? >

Amy si lasciò scappare un sorriso malinconico.

< Diciamo che il grande capo sostiene che io sia un ostacolo per la risoluzione del caso, oltre che una distrazione per lui e i suoi poveri pargoli >

Il biondo storse il naso a quell’ultima affermazione. Come si era permesso L di insinuare certe cose sul suo conto. La pel di carota non era una distrazione per lui. Non gli faceva né caldo né freddo, e sicuramente non lo avrebbe deviato dal caso.

Ciò che era successo alla prigione era un fatto a sé stante. Era stato guidato dall’orgoglio, come aveva già ribadito più e più volte.

< Bene, andiamo allora > disse avvicinandosi alla moto, sotto lo sguardo allibito della ragazza.

Quest’ultima scosse la testa, riprendendo il controllo di sé stessa.

< Come scusa? Puoi ripetere, non credo di aver recepito bene >

< Hai capito benissimo, forza muoviti > insistette lui.

< Non se ne parla neanche, io me ne vado da sola. E poi, se tu venissi con me, oltre al rischio che correrei di essere uccisa ogni due per tre, come pensi prederebbero gli altri questa nostra fuga? >

Cercò di dissuaderlo, ma Mello non sembrava dar peso alle sue parole.

Dopo aver indossato il casco ed essere salito in sella, allungò la mano verso di lei.

< Cosa non capisci della parola no? Non scapperò con te nel bel mezzo della notte. Cioè, rettifico, scapperò, ma lo farò da sola grazie >

Il biondo stava iniziando a perdere la pazienza.

< Senti pel di carota, sto iniziando a spazientirmi. Non mi frega di quello che pensi tu, voglio solo dimostrare ad L che non sei una distrazione per me. Quindi adesso salta su e andiamo a trovare prove concrete, così tu riavrai il tuo fottutissimo posto e io la mia dignità. >

Mello era sempre stato un bastardo opportunista ed egoista, ma in quel momento il bastardo egoista le faceva assai comodo. Dopotutto riavere il proprio lavoro era tutto ciò che voleva.

 Scansò la mano, e con uno scatto montò in sella.

< Vedi di far funzionare questo tuo piano idiota > gli sussurrò all’orecchio, cercando di sembrare il più minacciosa possibile.

Amy non poté vedere il ghigno stampato sul volto del giovane.

La moto emise un rombo, ma prima che riuscisse a partire la rossa gli fermò la mano.

< Portiamo Matt con noi > parlò con tono fermo.

Al biondo quasi non si ruppero i denti per quanto li digrignò.

< E per quale motivo dovremmo? > disse, cercando di non perdere il controllo.

Odiava il fatto che lo nominasse in continuazione e lo volesse sempre al suo fianco.

< Ci può essere utile. E’ un genio in campo elettronico, e poi, se posso essere sincera, mi manca passare del tempo con lui e non mi piace tenergli nascoste tutte queste cose… capiscimi è pur sempre il mio ragazzo > gli spiegò, prendendogli di scatto la mano che lui tolse immediatamente, quasi di scatto.

< Tsk, quante cazzate…non facevi prima a dire che ti volevi tirare dietro qualcuno da scopare? > la apostrofò scontroso.

Ciò fece sorridere interiormente Amy. Aveva sempre avuto il sentore che il ragazzo avesse qualche complesso di inferiorità nei confronti di Matt. Ed ora ne aveva quasi la certezza.

Si avvicinò con fare civettuolo all’orecchio del biondo.

< Oh tranquillo, se avessi voluto qualcuno da scoparmi sarei stata più che felice di avere te al mio fianco > vi soffiò all’interno.

Mello d’altra parte non riuscì a reprimere un fremito.

Scese dalla moto, fiera di avergli fatto chiudere la bocca almeno per quella volta. Se non altro per vendicarsi del bacio che le aveva rubato qualche ora prima.

Vedendo, però, che il biondo non accennava a muoversi, fu costretta a fermarsi e richiamarlo.

< Mello stavo scherzando, non pensavo di traumatizzarti così tanto… forza muoviti, andiamo a prendere Matt >disse prima di sparire dietro al muro per raggiungere l’ascensore.

Lui restò per un attimo perso nei suoi pensieri. “Odio quella ragazza” pensò tra sé e sé mentre, raggiungendola, cercava di ritrovare un po' di dignità.

La trovò poggiata alla porta dell’ascensore in attesa.

< Abbiamo intenzione di fare notte? > picchiettò il piede a terra infastidita.

< Non rompere pel di carota, andiamo a prendere il tuo fottutissimo ragazzo e sbrighiamoci >

 

Matt girovagava preoccupato per il loft.

Amy non accennava a tornare, e lui aveva un brutto, bruttissimo presentimento.

Aveva sempre avuto paura che lei un giorno potesse abbandonarlo, e ora temeva che quel momento fosse giunto.

Ma la porta che si aprì di scatto rivelando la minuta figura della ragazza lo fece ricredere.

I suoi occhi, che per un attimo si erano illuminati, tornarono ad incupirsi non appena emerse la seconda figura dalla porta.

< Che ci fa lui qui? > chiese brusco.

Non voleva sembrare così arcigno nei confronti di quello che doveva essere il suo migliore amico, ma da un po' di tempo a quella parte, si era riscoperto poco incline a tollerare il fatto che Mello spendesse quasi più tempo di lui assieme a lei.

Era convinto, già da tempo ormai, che il biondo, per quanto lo negasse, provasse una forte attrazione nei confronti di Amy. E la cosa che più lo infastidiva era il fatto che, a volte, sembrava quasi che lei ricambiasse.

< Lascia perdere e vieni con me, devo spiegarti alcune dinamiche che sono accadute oggi > parlò quest’ultima.

Venne poi preso per un braccio dalla rossa e trascinato in camera.

Mello si sedette svogliatamente sul divano, pregando che non ci mettessero secoli.

E per dissipare quel senso di fastidio crescente nel saperli insieme, decise di focalizzare la sua attenzione sul caso.

Come avrebbero trovato altre prove? Da dove sarebbero partiti?

La prigione era esclusa. Sarebbe stata solo una perdita di tempo.

Un serial killer che si rispetti non sceglie mai lo stesso luogo dove incontrarsi con i suoi possibili complici, soprattutto dopo aver commesso un crimine.

Però, se Matt fosse riuscito a risalire ad alcuni dati tramite le foto scattate all’uomo assassinato si sarebbe potuto iniziare partendo da li.

Doveva assolutamente sapere a cosa avevano portato le ricerche dell’amico.

Passarono dieci minuti. Mello non era mai stato una persona paziente, e aspettare i porci comodi di quei due non rientrava proprio nelle sue aspettative.

Si alzò scocciato avviandosi verso la camera dove si erano rintanati i due.

Non fu affatto sorpreso quando, aprendo la porta, li ritrovò appiccicati l’uno all’altro impegnati a mangiarsi la faccia a vicenda.

< Ci avrei scommesso le palle > disse schiarendosi la voce per farsi sentire dai due amanti.

< Matt ho bisogno di parlarti, quindi lascia perdere la pel di carota e ascoltami >

Il ragazzo sbuffò e lasciò andare, a malavoglia, la rossa che aveva tra le braccia, che d’altro canto non apprezzò affatto quell’interruzione.

< Cavolo quanto scocci Mello > lo riprese, alzando gli occhi al cielo.

< Ti vorrei informare che abbiamo un fottutissimo caso da risolvere, e che, per quanto mi riguarda, i vostri istinti primari possono aspettare > disse il biondo, irato dal commento della ragazza

< E adesso muovetevi >

Girò i tacchi e uscì dalla camera, seguito dagli altri due.

 

Nei garages i tre ragazzi cercavano di capire come poter procedere, sotto gli occhi vigili delle telecamere di L.

L’uomo di fatti non lasciava mai correre le cose a sua insaputa. Non avrebbe mai e poi mai permesso ad Amy e agli altri di lasciare la struttura se non fosse stato lui a volerlo.

Così come non l’avrebbe mai tolta dal caso per un motivo così futile come l’amore.

Certo ci teneva ad Amy, non lo avrebbe certamente negato, ma il caso aveva la priorità su tutto, e privarsi di un membro valido come lei sarebbe stato da stupidi.

Ma la ragazza era troppo spaventata per riuscire a prendere in mano la situazione e usare appieno le sue capacità. Conoscendola e sapendo quanto per lei i sentimenti fossero importanti aveva colto la palla al balzo. Quale miglior pretesto se non una lite d’amore per convincerla alla fuga.

Nonostante ciò, non si fidava ancora abbastanza per lasciarle campo libero, e il fatto che Mello non la perdesse di vista un secondo giocava a suo favore.

Il biondo infatti, come si aspettava, l’aveva seguita anche questa volta, ed ora stavano macchinando per trovare degli indizi.

Se per farli collaborare doveva mettersi contro di loro lo avrebbe fatto senza esitazioni. Dopotutto era quello il suo ruolo di detective. Risolvere un caso a qualsiasi costo.

Era poi davvero grato ad Amy ed alla sua arguzia per aver coinvolto anche Matt.

Quel ragazzo era essenziale, sia per lui che per una pacifica convivenza tra gli altri due.

I suoi occhi vitrei scrutavano silenziosamente le figure che parlottavano tra loro.

Amy si agitava e discuteva, come di consueto, con Mello, che di tutta risposta la guardava con occhi pieni di rabbia.

Matt invece tentava di fermarli con tutta la calma del mondo, alternandosi tra loro due e i suoi amati video games.

< Matt, ci serve sapere di più sull’individuo che abbiamo trovato alla prigione > spiegò sbrigativo Mello, guadagnandosi l’attenzione di entrambi i colleghi.

Il gamer spense a malavoglia la PSP e con passo svogliato si diresse verso la sua Camaro rossa fiammeggiante.

Aperto il baule ne estrasse uno dei suoi innumerevoli computer, accendendolo e iniziando a macchinare con esso.

< Il nostro uomo si chiamava Edward Catman, di origine britannica. E’ espatriato in Giappone nel 1978, ed è entrato a far parte della Yazuka > si fermò per un secondo, analizzando meglio le informazioni.

< Wow qui avevamo un pesce davvero bello grosso. Non faceva solo parte della mafia, ma era uno dei più importanti esponenti >

< Tsk, ti pareva che dovesse centrare la mafia > sputò cattiva Amy guardando di sottecchi Mello.

< Che diavolo hai da guardare? > le ringhiò contro il ragazzo sentendosi tirato in causa.

< Nulla, mi chiedevo solo come tu faccia a convivere con i tuoi sensi di colpa > lo punzecchiò.

Non le importava di toccare un tasto dolente, quando c’era di mezzo la mafia perdeva il lume della ragione. Era per colpa loro se suo padre aveva passato l’inferno per poi morire come un cane in prigione. Certo sapeva che non erano stati direttamente loro ad ucciderlo, ma se non lo avessero incastrato e fatto sbattere in carcere, il suo nome non sarebbe mai comparso nel registro della prigione sotto lo stato di criminale, e di conseguenza Kira non avrebbe avuto motivo di ucciderlo.

Mello, intanto, le si era avvicinato in modo provocatorio.

< Hai ragione sai, la notte non riesco proprio a dormire a causa del rimorso. Vuoi venire a tenermi la mano, affinché i miei sonni siano più sereni grazie alla tua aura di positività? > la beffeggiò, appoggiandosi al cofano dell’auto.

Lei sorrise avvicinandosi più a lui, andando a sfiorargli la mano con la propria.

< Se vuoi… > disse sbattendo le palpebre con fare innocente < te la posso spezzare la mano > gli sussurrò all’orecchio per poi tornare alla posizione di prima.

< Ragazzi perfavore > cercò di calmare le acque Matt.

< Venite qui, guardate > li chiamò, facendo si che si avvicinassero.

< Questi sono stati i suoi spostamenti nell’ultimo mese. Si è diretto parecchie volte a questo indirizzo. Dite che potrebbe essere il nostro punto di partenza? >

Tutti e tre si guardarono, fino a quando Amy prese parola.

< Certo potrebbe essere un inizio, ma prima di focalizzarci su questo individuo, non pensate che forse sarebbe il caso di scoprire che diavolo ci fa la Yazuka a Los Angeles? >

< E tu non pensi che forse, capendo in che cosa si era immischiato questo tizio potremmo capire anche quello? > le rispose Mello, fulminandola con lo sguardo mentre si scartava una delle sue barrette.

Presa da un moto d’ira si alzò di scatto.

< Bene allora dato che sei così esperto fai tu. Io vi aspetto in macchina >

Detto ciò salì in macchina, poggiandosi braccia conserte al sedile.

< Potresti evitare di farmela impazzire, perfavore? > disse Matt rimproverando velatamente l’amico.

< Fidati è già arrivata ad un punto di non ritorno > rispose piccato il biondo.

A quel punto non ce la fece più. Aveva pazienza Matt, ne aveva da vendere, ma non poteva tollerare l’atteggiamento di Mello nei confronti di Amy un secondo di più.

< Ascoltami bene, perché te lo dirò una volta sola. Amo quella ragazza la dentro più della mia stessa vita, e se la fai soffrire ancora una sola volta giuro che non vedrai più il tranquillo e pacato Matt. Quindi vedi di moderare i tuoi atteggiamenti nei suoi confronti, soprattutto quando ci sono in gioco certi argomenti, chiaro? >

Mello dovette ammettere di non aver mai visto Matt così arrabbiato. Nemmeno quella volta che per sbaglio aveva pestato la sua PSP. E questo lo mandò su tutte le furie. Non era possibile che il suo amico fosse rimbecillito così tanto per la pel di carota.

< Se la ami così tanto come dici vedi di fare qualcosa per lei, ad esempio insegnarle l’educazione. Non mi pare che la signorinella si preoccupi tanto dei sentimenti altrui. >

< Bene, se è solo questo ciò che vuoi, le parlerò. Ma vedi di capire una cosa. Devi fare chiarezza sui sentimenti che provi e poi lasciarla in pace, non vai bene per lei Mello mettitelo in testa, la faresti solo soffrire > gli disse, mettendogli comprensivo una mano sulla spalla.

< Che cosa stai insinuando? > chiese indispettito.

< So quello che è successo fra di voi. L non è l’unico a non fidarsi qui. So anche per quale motivo lo hai fatto ed è solo per questo motivo che non ti prendo a pugni. Ma non riprovarci mai più. > gli intimò minaccioso.

Matt era ormai più che convinto che Mello provasse desiderio per Amy, se non sentimento.

Ed era anche consapevole che il biondo fosse geloso di lui.

Conosceva lo spirito competitivo dell’amico, ed anche per questo sapeva quanto quest’ultimo avesse provato fastidio nel momento in cui la ragazza aveva scelto lui.

Da quel momento, quando Amy si trovava nei paraggi, Mello non era più stato in grado di essere efficiente come prima. Era sempre in conflitto con lei, lasciandosi trasportare dalle conversazioni, quasi sempre litigi, e non curandosi più di cosa dovesse realmente fare.

Se togliersi lo sfizio di baciarla, avendo così una rivincita su di lui, lo avrebbe fatto tornare operativo, Matt avrebbe anche potuto chiudere un occhio.

Ma ora, avendo notato la reazione della ragazza, la paura di perderla si era fatta strada in lui.

Mello si lasciò scappare una risata.

< E’ vero, l’ho baciata. E ammetto di averlo fatto per avere una rivincita su di te, ma è tutto qui. Non metterti in testa strane idee > lo rassicurò.

< Cercherò di crederti amico, ma vedi di non fare stronzate. Avanti andiamo >

Lo supero dandogli una pacca sulla spalla, avviandosi verso la macchina.

Salì chiudendosi dietro la portiera, ricevendo uno sguardo di fuoco dalla rossa.

< Alla buon’ora, stavate facendo rogito? >

Matt, che ne aveva già avuto abbastanza di Mello, si limitò ad ignorarla mettendo in moto l’auto.

< La primadonna non viene? > chiese, stanca di essere ignorata.

Il rombo della moto rispose alla sua domanda, e si vide arrivare il biondo affianco al finestrino.

Tirò giù il vetro, trovandosi faccia a faccia con lui.

< Allora dove dobbiamo andare? > chiese, sgasando con la moto.

Amy si girò verso Matt attendendo informazioni.

< L’indirizzo è di una villa a Beverly Hills, faccio strada io > spiegò per poi partire in quarta.

Mello guardò per un attimo la macchina che si allontanava, per poi scuotere la testa e seguire l’amico.

 

 

 

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Capitolo 10
*** Capitolo X ***


< Dovrebbe essere da queste parti >

La voce di Mello, proveniente dal telefono, fece fermare la macchina.

< Credo sia meglio che da qui in poi io vada a piedi, riuscirò ad avvicinarmi di più alle case e vedere meglio i nomi sui campanelli. Tu resta qui nel caso dovessi tornare inseguita da qualsiasi cosa > scherzò, allungandosi per poggiare le labbra fugacemente su quelle del ragazzo.

< Non sei divertente, potresti metterti in pericolo sul serio > la rimproverò.

< In questo quartiere di ricconi imbecilli, l’unico pericolo che posso correre è quello di essere inseguita da qualche cane da guardia con un collare che costa più della mia vita > lo prese in giro, uscendo dalla macchina.

A Matt scappò una risata.

< Vedi di stare attenta idiota >

Lei gli fece una linguaccia allontanandosi dall’auto.

Si mise a sbirciare i campanelli di quelle maestose ville, ricordandosi per un attimo l’enorme casa in cui viveva da bambina con i suoi genitori, prima che la madre morisse e che il padre fosse perseguitato dalla mafia.

“COTMAN”. La targhetta, illuminata da una tenue luce giallastra, le comparve davanti agli occhi.

Scavalcò il cancello senza problemi, stando poi attenta ai possibili dispositivi d’ allarme.

Inaspettatamente li trovò tutti staccati, e quando arrivò davanti alla porta principale, provò ad aprirla.Questa si spalancò in un soffio, mostrando la serratura che era stata chiaramente manomessa.

L’idea di non essere sola in quella casa la spaventava, ma la possibilità di poter finalmente trovare prove rilevanti per il caso le dava il coraggio di continuare.

Entrò cautamente, premurandosi di non fare alcun rumore.

L’entrata si apriva su un ampio salotto che, grazie alle grandi vetrate, era illuminato dalla luce crepuscolare.

Girovagò un po' per il pianterreno fino a quando, non trovando nulla di particolarmente interessante, si ritrovò ai piedi delle scale che conducevano al piano di sopra.

Le salì lentamente, voltandosi di tanto in tanto. La mano scivolò lentamente sul corrimano, fino a quando non sentì qualcosa sotto la pelle. Alzò lentamente il palmo, notando la macchia scura sul legno. Spostando lo sguardo più in basso notò che le macchie continuavano sugli ultimi scalini fino a raggiungere il corridoio del piano superiore.

Quello era… SANGUE. O meglio… sangue secco.

Ad occhio poteva risalire a qualche giorno prima, e, pur non sapendo l’esatta dinamica dell’omicidio del signor Cotman, non poteva che non essere iniziato in quella casa, con un sequestro o quant’altro. Il sangue poteva derivare da una possibile lotta tra il padrone di casa e l’aggressore.

La rossa percorse velocemente gli ultimi scalini, avviandosi poi verso il bagno. Iniziò a cercare qualcosa di utile per prelevare un campione di sangue. Aprì tutti gli sportelli degli armadietti, fino a quando non vide una piccola scatola contenente dei cotton fioc. Ne prese uno e, dopo averlo imbevuto d’acqua tornò alla scala. Iniziò a sfregarlo sulla parte di corrimano coperta di sangue, fino a quando il bianco del cotone non divenne rosso. Se lo infilò frettolosamente nella giacca e proseguì la perlustrazione.

Ispezionò le varie stanze, fino a quando non aprì l’ultima porta entrando silenziosamente.

La stanza, che doveva essere la camera da letto, era totalmente buia a causa degli scuri chiusi.

Si avviò verso la finestra con l’intento di aprirla, ma appena fu vicina, venne presa brutalmente per un braccio e sbattuta contro un muro.

Iniziò a dimenarsi con l’intento di liberarsi, quando una mano le si posò sulla bocca. Era già pronta ad azzannare l’arto, ma non appena si decise, si rese conto che la mano che le stava tappando la bocca era ricoperta da un guanto di pelle. E c’era solo una persona così singolare da portare i guanti in estate.

Alzò il ginocchio, andando a colpire le parti basse del suo aggressore, in modo da fargli lasciare la presa. Mise poi le mani sul suo petto e lo spinse lontano da se.

< Che diavolo hai in testa idiota! Volevi farmi morire d’infarto? > lo rimproverò mantenendo un tono di voce basso, accertandosi però che stesse bene.

Si avvicinò a lui mettendogli una mano sulla spalla.

< Non mi toccare, penso tu abbia già fatto abbastanza stupida pel di carota > disse ancora dolorante.

< Ah ora è colpa mia? Se tu ti fossi mostrato a me in maniera normale invece di aggredirmi come un serial killer, forse ora avresti ancora la possibilità di diventare padre > continuò ad infierire, facendo andare su tutte le furie il biondo.

< Senti insopportabile so tutto io, non ti è bastato avermi quasi castrato, devi anche criticare il mio modo di lavorare? > le inveì contro.

Lei roteò gli occhi avvicinandosi, prendendolo per un braccio e costringendolo a sedersi sul letto.

Lui sbuffò, ma la lasciò fare.

< Da dove sei entrato? Hai scassinato tu la serratura? > chiese la ragazza, prendendo posto al suo fianco.

< No, io sono entrato dal retro, vi è una seconda entrata che dà su un salone identico a questo e porta al piano di sopra con scale altrettanto identiche, ma per adesso no ho trovato nulla di utile girando per queste stanze enormi. Tu invece sei partita dall’altra parte, hai trovato qualcosa? > chiese poi guardando la giovane di fianco a lui.

< Di sotto non ho trovato nulla, ma sul corrimano delle scale c’era del sangue secco. Ne ho preso un campione. Presuppongo che abbia provato a difendersi dato che sul suo corpo non sembravano esserci ferite > ipotizzò Amy.

< Lo faremo analizzare, mal che vada ci dirà che appartiene al nostro uomo, se invece saremo fortunati troveremo un possibile indiziato > concluse.

Mello annui.

< Allora continuiamo a cercare? > la spronò, facendo un cenno con la testa richiamandola.

Amy si alzò e lo seguì senza fiatare, stranita dal fatto che Mello le avesse chiesto esplicitamente di indagare assieme a lui.

Non era cosa nuova che il biondo amasse lavorare da solo. Solitamente se ne sarebbe andato senza preamboli, tornando a fare il proprio lavoro.

Sorrise impercettibilmente osservando la chioma bionda davanti a lei.

Perlustrarono ancora un po' la casa, fino a quando Mello non decise che era ora di tornare da Matt.

Si avviarono verso l’uscita della casa, assicurandosi di aver lasciato tutto com’era.

< Mello > lo richiamò la ragazza, facendo così voltare incuriosito il giovane che alzò un sopracciglio per spronarla a parlare.

< Tu credi che lui facesse parte dei buoni o dei cattivi? >

< Tsk che domanda idiota, quell’uomo era solamen… >

Un boato fermò le parole di Mello, e prima che i due potessero accorgersene, un’altra esplosione divampò nella casa.

Le stanze stavano collassando una dopo l’altra, ed Amy per un attimo pensò che forse quella volta non ce l’avrebbe fatta.

Era scampata così tante volte al pericolo, cavandosela con conseguenze di poco conto.

Le riaffiorò alla mente il ricordo di quella volta in cui era stata sequestrata perché il padre si era rifiutato di condurre un esperimento per conto di un potente esponente della mafia di Los Angeles.

Certo non se l’era passata bene, portava ancora i segni di quel brutto episodio, ma ne era uscita riprendendosi dignitosamente, nonostante quel passato la perseguitasse di continuo.

Ma questa volta sentiva di essere ad un passo dalla morte, o almeno lo pensava fino a quando non sentì una mano afferrarle il braccio e trascinarla con .

< Dannazione sbrigati pel di carota, vuoi farci ammazzare? > gridò il ragazzo davanti a lei, correndo il più veloce possibile.

Appena prima che l’ultimo ordigno facesse crollare l’intera casa, i due si lanciarono fuori dalla parete mezza distrutta della cucina, buttandosi a terra e coprendosi il capo con le mani.

< Maledizione qualcuno deve averci scoperto, e a quanto pare anche da parecchio tempo > disse Mello, voltandosi a guardare la casa in fiamme.

Amy virò il suo sguardo, dalla casa al viso del ragazzo al suo fianco.

Poteva leggere lo sgomento e la paura, che molto probabilmente erano dovuti al ricordo dell’incidente che gli aveva causato la cicatrice di cui si rifiutava di parlarle.

Con cautela si fece più vicina a lui, che intanto continuava a tenere lo sguardo fisso sull’incendio.

Avvicinò la propria mano, tremante, andando poi a posarla sulla sua che era poggiata a terra, rivestita dalla pelle, nera e lucida del guanto.

Fece intrecciare piano le loro dita, temendo una reazione brusca da parte del biondo, che con sua grande sorpresa non disse nulla né spostò lo sguardo dall’oggetto del suo interesse.

Amy però potè giurare di averlo sentito stringere appena la presa.

 

Mello si riprese quasi subito, e dopo aver lasciato bruscamente la mano alla ragazza si alzò velocemente.

< Avanti, andiamocene di qui il più in fretta possibile, prima che accorrano polizia, giornalisti e stronzate varie >

Il suo tono era tornato fermo e deciso, ma lei sapeva benissimo che in quel momento, nella mente del ragazzo, si aggiravano i ricordi del fantomatico incidente in cui si era procurato la cicatrice che gli adornava il volto.

< Mello stai bene? > chiese con voce preoccupata avvicinandosi a lui.

< Sto bene, e ora muoviti >rispose brusco.

Lo seguì senza più dire una parola, non voleva innescare la bomba che si trovava ora dentro al ragazzo.

Si mossero fuggiaschi, cercando di non farsi vedere dalla calca di gente che oramai si era radunata attorno alla villa.

Matt li stava aspettando qualche isolato più in là. Il boato dell’esplosione era giunto alle sue orecchie e si era ritrovato, per la prima volta in vita sua, a pregare per qualcun altro.

Così, non appena scorse la chioma rossa si precipitò da lei, tastandole insistentemente ogni parte del corpo alla ricerca di una qualche ferita.

< Matt…Matt sto bene calmati… è tutto ok, sono solo un po' acciaccata per la caduta > cercò di calmarlo inutilmente.

< Tu stai bene? > chiese poi rivolgendosi al biondo, che rispose con un cenno d’assenso.

< Dio, ho avuto così paura > tornò a rivolgersi alla ragazza, prima di prenderle il volto tra le mani e baciarla.

La strinse maggiormente, e lei si beò della sensazione di protezione che le donava il corpo del giovane.

< Io vado a prendere la mia moto > disse Mello dietro di loro.

Amy non era sicura che lasciarlo andare da solo in quelle condizioni fosse una buona idea. Ma d’altro canto come avrebbe potuto aiutarlo.

Fece un cenno al ragazzo che ancora la stringeva. Lui capendo la situazione si staccò con un sospiro, mormorando un “tranquilla, ci vediamo dopo” e, dopo averle dato un bacio sulla fronte si diresse alla sua auto. Lei invece seguì l’altro, accelerando il passo per raggiungerlo.

Non appena furono vicino al mezzo il ragazzo si fermò.

< Perché mi hai seguito? > chiese con un filo di voce.

Amy si avvicinò piano prendendogli un braccio, facendo in modo che si girasse a guardarla in viso.

< Non pensare nemmeno per un secondo che io ti lasci salire su quella moto da solo nelle tue condizioni > disse sfiorandogli la pelle ustionata del volto.

Il ragazzo si irrigidì, ma non si ritrasse al contatto. Ormai non era cosa nuova il fatto che la rossa fosse irrimediabilmente e inspiegabilmente attratto dalla sua cicatrice.

< Non darti tanta pena, starò bene, torna pure da Matt >

Lei, però, era irremovibile. Per quanto detestasse l’orribile carattere di Mello, non riusciva a non pensare di dover fare qualcosa per aiutarlo.

Si mosse velocemente, raggiungendo la moto e appropriandosi di un casco.

Lanciò uno sguardo eloquente al biondo, che, dopo aver alzato gli occhi al cielo un paio di volte, la imitò.

< A volte proprio non ti sopporto > mormorò, mentre saliva in sella alla moto.

< Sapessi io > rispose di rimando lei aggrappandosi al suo busto.

< Dove siamo diretti? > chiese poi poggiando il mento sulla spalla del ragazzo.

< Io e Matt abbiamo trovato un appartamento poco distante da qui. Ci fermeremo li fino a quando non avremo trovato la soluzione a questo fottuto casino >

La ragazza annui debolmente, con la guancia premuta sulla schiena del giovane, mentre la moto partì emettendo un forte rumore.

 

Quell’appartamento emanava un odore rancido e sgradevole.

Amy si portò una mano alla bocca per reprimere un conato di vomito.

< Che diavolo è questa puzza? Hanno ucciso qualcuno qui dentro? >borbottò tra sé e se.

< Non ci metterei la mano sul fuoco > la raggiunse la voce di Mello, seguita subito dopo da quella di Matt.

< E piantala Mello, non terrorizzarla più di quel che già è >

< Io non sono spaventata > rispose la ragazza tirata in causa.

Ma bastò lo scricchiolio, un po' troppo forte, di una delle assi del pavimento per farla precipitare tra le braccia del ragazzo dietro di lei, che non perse certo tempo a prenderla in giro.

< Ah no pel di carota? Quindi devo dedurre che il motivo per cui mi sei saltata in braccio sia un altro > la provocò. Ed ecco tornato il solito Mello.

< Continua a sognare Mello > rispose stizzita.

< Avete finito? > rimproverò Matt, lanciando poi un’occhiata di sbieco all’amico.

< Direi che dopo aver sistemato le nostre cose, potete dirmi ciò che avete scoperto > continuò spostando un po' di polvere dal tavolo su cui stava poggiato, estraendo poi la sua PSP e andando a coricarsi sul “divano”, se cosi poteva definirsi quell’ammasso di cuscini luridi.

< Quel nostre implica che dobbiamo sistemare anche le tue di cose? > la rossa non sembrava troppo convinta.

< Beh, dato che io ho deciso di occuparmi delle spese, mi sembra il minimo che voi due possiate fare > disse alzando per un breve istante la testa dalla console e regalandole un sorriso tanto bello quanto strafottente.

Mello se ne tirò fuori ben presto, prendendo la sua roba e andando a rinchiudersi in quella che doveva essere la sua stanza.

Amy invece si caricò in spalla sia il suo borsone che quello del gamer e si diresse faticosamente nell’altra stanza, maledicendo il ragazzo.

Quello sarebbe stato l’inizio di una lunga e difficile convivenza.

 

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Capitolo 11
*** Capitolo XI ***


Mentre finiva di sistemare le poche cose che si era portata, un dubbio continuava ad assillarle la mente.

Il fatto che avessero previsto il loro arrivo la portava a pensare che, forse, ogni cosa accaduta fino a quel momento potesse essere stata manipolata dal nuovo Kira.

Non riusciva proprio a darsi pace, lei e Mello avevano rischiato di morire per colpa di quel maledetto.

Con ancora tutti i dubbi in mente decise che era il caso di indagare più a fondo, e, soprattutto, da sola.

Non che l’aiuto dei due ragazzi non le servisse. Sicuramente le capacità di accedere ad ogni tipo di file e di entrare in qualsiasi tipo di server di Matt, e le intuizioni unite alla capacità di agire di Mello erano più che utili. Soprattutto quelle di quest’ultimo quando si trattava di lavorare sul campo.

Ma qualcosa dentro di lei le diceva che questa volta, se sola, avrebbe potuto agire in maniera diversa, senza dover preoccuparsi di mettere in pericolo qualcun altro.

Avrebbe potuto sfruttare a pieno tutto ciò che aveva imparato anni addietro, sotto il duro allenamento del padre. Certo, lei lo aveva sempre adorato e stimato, ma quell’uomo molto spesso aveva saputo farsi odiare, nonostante Amy sapesse benissimo che tutto ciò che faceva era in nome dell’amore che provava per lei.

Scacciando i brutti ricordi, decise che per quel giorno Matt e Mello avrebbero fatto meno della loro presenza. Inoltre il primo era concentrato da quasi tutta la mattina a superare un livello in qualche suo videogame, e il secondo doveva ancora sistemare tutte le sue cose, dato che la sera prima era crollato sul letto come una pera cotta.

Si preparò velocemente, prese qualche soldo infilandolo in tasca e uscì lentamente dalla camera.

I suoi coinquilini erano entrambi seduti sul divano. Non le prestarono attenzione fino a quando non la videro dirigersi verso la porta.

< Dove credi di andare? > la apostrofò Mello già pronto a balzare in piedi e fermarla.

< Vado a esplorare un po' l’ambiente circostante, ho visto qualche negozietto carino mentre venivamo qui > rispose esibendo il sorriso più convincente che riuscì a fare.

< Non se ne parla neanche, abbiamo un caso da risolvere >continuò imperterrito il biondo.

< E tu hai tutta la tua roba da sistemare, perciò che ne dici se io vado a farmi un giretto mentre tu metti in ordine? >

Mello alzò gli occhi al cielo e fece per riaprire la bocca, ma venne prontamente fermato da Matt.

< Avanti Mels, ci prendiamo un giorno di riposo non morirà nessuno, e tu… > disse poi rivolgendosi alla ragazza < Non è che saresti così gentile da portare al tuo adorato fidanzato qualche snack? >

< Certo tesoro > si avvicinò lasciandogli un veloce bacio.

Si rivolse poi a Mello, allungandosi verso di lui per sfiorargli la guancia con le labbra mentre la sua mano scendeva sulla pelle della giacca, lasciandolo alquanto confuso.

Usci tirandosi dietro la porta, poggiandosi poi ad essa con un sospiro. Non le piaceva mentire ai suoi compagni, però aveva realmente bisogno di fare questa cosa da sola.

Si incamminò velocemente verso l’uscita del palazzo.

Da dove avrebbe iniziato? Era stata forse troppo avventata? Tuttavia c’era quella sensazione dentro di lei che continuava imperterrita a dirle che quest’oggi ci sarebbero stati dei risvolti.

Si dice che un buon killer non scelga mai lo stesso luogo dove incontrarsi con i suoi complici, ma se al contrario, questo nuovo Kira fosse così scaltro da fare esattamente quello che tutti si aspettassero che non facesse?

Nessuno si sarebbe aspettato che un posto come la prigione fosse adatto come base segreta, forse invece era proprio quello il posto dove Kira si rifugiava.

Decise di partire spedita verso la meta, ma per fare ciò avrebbe dovuto fare una delle poche cose che l’avrebbe portata sicuramente a morte certa.

Si diresse verso lo spiazzo dove erano parcheggiate sia la macchina di Matt che la moto di Mello, e si avvicinò a quest’ultima.

Iniziò a spingerla per qualche isolato, volendo evitare che il rumore potesse richiamare l’attenzione dei due ragazzi. Quella volta Mello l’avrebbe sicuramente uccisa nel modo peggiore che potesse esistere.

Dopo essersi fermata, estrasse dalla tasca della giacca le chiavi che aveva rubato a quest’ultimo, mentre lo aveva prontamente distratto.

Salendo in sella alla moto, dopo aver controllato sul cellulare la strada per raggiungere la prigione, partì in quarta.

Mezz’ora dopo si trovava davanti alla struttura carceraria. Quel luogo tetro e buio le dava i brividi. Sfiorò con la punta delle dita la lama che aveva nascosto nello stivale, cercando un minimo di sicurezza.

Entrando dalla porta dell’ultima volta, percorse la stessa via passando davanti al luogo dove lei e Mello si erano macchiati del loro peccato.

Una strana morsa le attanagliò il petto, ma scacciò subito quella fastidiosa sensazione, decisa a rimanere concentrata sul caso. Non poteva permettere a Mello di distrarla anche quando non era presente.

Iniziò a perlustrare da cima a fondo ogni recondito angolo. Salì al primo piano, poi al secondo, e così per i successivi, ma niente di niente. Quel posto era esattamente ciò che sembrava. Una vecchia prigione abbandonata, nulla di più. Si diede mentalmente della stupida solo per aver davvero sperato di poter entrare nella mente di quello psicopatico.

Ormai sconsolata era pronta a tornare indietro con la coda tra le gambe. Insomma, non che l’idea di una quasi certa sfuriata di Mello la elettrizzasse, ma l’amarezza di aver fallito di nuovo era di gran lunga peggiore.

Proprio quando stava per abbandonare del tutto le speranze, una voce attirò la sua attenzione.                      Si nascose velocemente dietro uno degli spessi muri, cercando di captare il più possibile della conversazione che lo sconosciuto stava avendo, probabilmente al telefono dato che finora non aveva sentito nemmeno una risposta. Ciò attirò la sua attenzione, però, fu sentir nominare dall’uomo il fantomatico Death Note.

< Si capo, ho capito, arrivo subito > così venne terminata la chiamata.

Quello era il suo momento. Era consapevole che probabilmente si sarebbe cacciata in un mare di guai, ma forse seguendo quell’uomo sarebbe riuscita a trovare una pista iniziale, o perlomeno delle risposte.

Così tentando di rendersi il più invisibile possibile sgattaiolò fuori da dietro al muro, cercando di stare dietro al passo veloce dell’uomo.

Era un tizio ben piazzato, con spalle larghe e vestito con un completo scuro. Salì su una macchina e partì alla velocità della luce.

< Dannazione così lo perdo > disse tra se e se, mentre saliva in fretta sulla moto e si apprestava a raggiungerlo.

Sfrecciando per le strade di Los Angeles non riusciva a far altro che chiedersi se quello che stava facendo fosse la cosa giusta.

Insomma, voleva a tutti i costi fermare Kira. Ma per chi lo stava facendo? Per il mono e tutte le persone che lo abitavano o per se stessa? Per quella sua sete di vendetta che sapeva sarebbe stata placata solamente facendolo finire tra le sbarre.

Aveva bisogno di risposte, e presto le avrebbe avute, ma ora la priorità era quella macchina poco più avanti di lei. Quella era un’ottima partenza per averle.

Dopo circa dieci minuti la macchina si fermò nel parcheggio di un grande hotel di lusso.

Amy parcheggiò la moto poco lontano seguendo il tizio in nero.

Varcata la soglia dell’entrata iniziò a chiedersi come diavolo avrebbe fatto a seguirlo fino alla sua stanza. Si avvicinò abbastanza da scorgere il numero della stanza che svettava sulle chiavi che la receptionist gli stava porgendo. Ora non le restava che raggiungerla senza farsi scoprire.

Si guardò intorno in cerca di qualcosa di utile, fino a quando l’occhio non le cadde su una delle cameriere intenta a spingere un carrello pieno di pietanze. Una lampadina si accese nella sua testa.

Le si avvicinò cautamente con l’espressione più amichevole che riuscì a tirare fuori.

< Hey, scusa il disturbo, sono appena stata assunta come cameriera, ma non mi è ancora stata data una divisa, non è che potresti darmi una mano? > chiesi gentilmente.

< Certo che si, con piacere. Comunque il mio nome è Clara > disse con un sorriso a trentadue denti allungando una mano.

< Puoi chiamarmi Amy > “ se mai mi vedrai ancora “ avrebbe voluto aggiungere, ma si limitò a stringerle la mano e sorriderle.

< Bene Amy seguimi pure >

Arrivarono in una stanza simile ad un ripostiglio di grandi dimensioni. “ Però, per essere un albergo a cinque stelle si sono proprio sprecati per la servitù” pensò guardandosi attorno.

< Ecco qui c’è la tua divisa > le porse i vestiti gentilmente.

< Grazie, molto gentile > disse continuando a ispezionare la stanza in cerca di qualcosa utile.

< Senti, tu per caso sai come funzionano i condotti di areazione in questo posto? > chiese, ad un tratto, folgorata da un colpo di genio.

< Oh beh, di la c’è la stanza con il condotto principale che poi va diramandosi in ogni stanza, perché me lo chiedi? > parve seriamente incuriosita dalla cosa.

< Nulla di che, è che mi sono sempre chiesta come funzionassero, pura e semplice curiosità > disse con falsa innocenza nella voce.

< Ho capito, sei una tipa alquanto curiosa non è vero? >rise piano.

< Tu non sai quanto >

< Beh, hai i vestiti, fai pure con comodo, io devo tornare al lavoro ma se dovessi avere ancora bisogno sentiti libera di venire a cercarmi > concluse con un altro sorriso prima di andarsene. Quella ragazza sorrideva troppo per i suoi gusti.

Rimasta sola non perse tempo, e con passo fermo sgattaiolò nella sala dei condotti.

< Cavolo sarà una vera faticaccia > mormorò tra se e se, iniziando a spostare una sedia sotto il condotto principale e successivamente accatastandovi sopra qualsiasi cosa possibile per arrivare all’altezza giusta.

Aprì lo sportello e issandosi sugli avanbracci vi si infilò dentro. Quel tunnel di polvere e sporcizia era la cosa più schifosa che avesse mai visto.

Strisciò per cinque minuti, seguendo i numeri incisi sul metallo delle diramazioni che portavano alle stanze. Vide il numero che stava cercando e imboccò la strada che conduceva all’uscita del condotto sulla stanza.

Si affacciò alla grata cercando di scorgere il più possibile, ma la visuale era distorta, ed in più il condotto dava sul corridoio, perciò era quasi impossibile vedere qualcosa.

Fortunatamente le pareti di quella stanza sembravano fatte di cartongesso, e lei aveva un ottimo udito. Accostò lentamente un orecchio alla grata.

Parecchie voci stavano confabulando, sovrapponendosi l’una all’altra. Ma più di tutte una l’aveva colpita. Era la voce di una giovane donna, che aveva avuto il potere di zittire tutte le altre intimando di fare silenzio. Ora era un uomo a parlare. La voce era chiaramente quella dello stesso tizio della prigione.

< Ma capo non possiamo agire così d’impulso, ci serve un piano più strutturato >

Sentì il rumore di qualcosa che andava in frantumi.

< STAI ZITTO INUTILE ESSERE. Quel bastardo lo ha ucciso capisci. E non solo mi ha privato di lui, ma ha privato il mondo dell’unico spiraglio di luce che restava. Kira sarebbe stato un governatore perfetto e quel maledetto detective lo ha ucciso >

Si sentì silenzio per pochi secondi, seguito poi da una macabra risata.

< Oh ma gliela farò pagare stanne certo. Quando lo troverò per prima cosa lo torturerò così tanto che si pentirà di essere venuto al mondo, poi gli farò scrivere sul Death Note i nomi di tutte le persone a lui care, proponendo le morti più atroci. Ed infine come ciliegina sulla torta farò scegliere a lui il modo in cui vorrà morire. IO porterò avanti il progetto che aveva Kira per questo mondo infame ed eliminerò chiunque costituisca un ostacolo per me >

Sgranò gli occhi e si ritrasse di colpo. Non voleva sentire altro. Doveva assolutamente avvertire L che l’obbiettivo del nuovo Kira era lui. Fanculo che l’avesse cacciata dal caso, fanculo il fatto che non ci andasse troppo d’accordo, fanculo tutto. Non avrebbe permesso a nessuno di fare del male ad L. Nonostante tutto lui l’aveva salvata.

Ritornò sui suoi passi con il cuore che le batteva a mille. Con un salto uscì dal condotto atterrando perfettamente in equilibrio. Prese a correre verso l’uscita, dimenticandosi per un attimo di essere in un luogo pubblico, e perciò di poter essere vista da altre persone.

Infatti non passò molto tempo, prima che una mano le si poggiò sul braccio, fermandola.

La cameriera biondina di prima la guardava preoccupata con i suoi grandi occhioni celesti.

< Hey cara tutto bene? > chiese dolcemente sbattendo le palpebre.

< No, non mi sento tanto bene, ora devo andare > disse sbrigativa raggiungendo l’ingresso dell’hotel.

Uscì respirando a pieni polmoni, tentando di calmarsi.

< Ok Amy, ora ti calmi, torni all’appartamento, racconti tutto e poi deciderete come agire > si disse raggiungendo la moto e salendovi in sella.

Quello le sembrò il viaggio più lungo che avesse mai fatto. Continuava a ripensare alle parole dette da quella donna. Aveva paura, e per la prima volta non aveva paura per se stessa. L e i ragazzi erano l’unica famiglia che le era rimasta. E lei avrebbe dato la vita pur di proteggerli.

La sua mente riprese a funzionare non appena si rese conto di essere a pochi metri dall’edificio in cui alloggiava.

Improvvisamente un altro tipo di paura le attanagliò il petto. Ora avrebbe dovuto vedersela con Mello. E la prospettiva era allettante tanto quanto buttarsi in una vasca piena di squali. Parcheggiò la moto, e imboccò le scale che portavano al primo piano.

Le fu risparmiata addirittura la fatica di bussare, perché non appena salì l’ultimo gradino si ritrovò la porta spalancata, e non uno ma ben due paia di occhi che la guardavano trucemente. Non si oppose nemmeno quando venne afferrata per un braccio e trascinata all’interno dell’appartamento.

< Che cazzo hai nella testa? > la voce di Mello le arrivò alle orecchie prima ancora che potesse scorgerne il viso, contratto dalla rabbia.

Sentì la schiena cozzarle contro la parete fredda del muro.

< Piano Mello, così le fai male > disse Matt cercando di calmare l’amico che stava letteralmente dando in escandescenza.

< No Matt, non ci provare, non iniziare a difenderla, questa qui ha bisogno di una bella lezione >

I suoi occhi erano fiammeggianti.

< Ascoltatemi vi prego, devo dirvi delle cose importanti > provò a fermarlo senza successo.

< Stai zitta, non pensare minimamente che dopo tutto ciò che hai combinato io ti lasci proferire parola. Hai mentito, mi hai rubato la moto, e questa non te la perdonerò facilmente, e in più ci hai fatto preoccupare come pazzi quando non sei tornata. Sei un’incosciente e un’irresponsabile. Adesso sparisci dalla mia vista. > urlò con tutto il fiato che aveva in gola.

< Hai finito? > gli chiese poggiando le mani sul suo petto e allontanandolo un po' da se.

< Non credo tu abbia capito ciò che ti ho appena detto >

< E io invece credo che prima di mandarmi in castigo tu debba ascoltare ciò che ho da dirti > continuò puntando gli occhi nei suoi.

< Avanti Mello lasciala parlare, e prima che tu ti metta sulla difensiva, non sto prendendo le sue parti ma semplicemente vorrei una spiegazione per questo suo comportamento. > intervenne Matt prendendo per mano la ragazza e togliendola dalle mani di Mello.

< Forza sediamoci, così potrai spiegarci il perché della tua fuga > disse invitando gli altri due ad accomodarsi sul divano.

Amy non se lo fece ripetere due volte, sistemandosi il più lontano possibile dal biondo che si era lasciato cadere su un bracciolo con un sonoro sbuffo. Improvvisamente la rossa alzò lo sguardo verso quest’ultimo.

< Ah Mello, queste sono tue >disse tirando fuori dalla tasca le chiavi della moto, lanciandogliele.

< Vedi di muoverti e non provocare > la riprese Matt volendo evitare un altro battibecco.

La ragazza annuì sistemandosi meglio.

< Ok, ora ascoltatemi attentamente… >

 

 

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Capitolo 12
*** Capitolo XII ***


< Quindi ci stai dicendo che l’obbiettivo del nuovo Kira è L? >

La voce di un incredulo e alquanto agitato Matt le arrivò alle orecchie rendendo la faccenda ancora più vera.

Mello invece se ne stava seduto sulla poltrona in religioso silenzio, mentre mangiava voracemente la sua cioccolata.

< E non solo. Quella psicopatica ha intenzione di riportare alla luce il regime dittatoriale del suo predecessore > disse sconvolta, alzandosi per tentare di darsi una calmata.

< Questo mi sembra abbastanza scontato pel di carota, qualunque persona, indipendentemente dai motivi, se decide di identificarsi in Kira ha sicuramente intenzione di portare avanti l’operato e gli ideali di Yagami >

Il suo solito tono saccente, accentuato da una nota di rabbia, non l’aiutarono per nulla a calmarsi.

< Ascoltami Mello potresti evitare di essere così stronzo almeno per il momento, te lo chiedo per favore. Sono sconvolta, ho appena scoperto che il peggior killer di tutti i tempi ha come obbiettivo distruggere una delle persone a cui tengo più al mondo. Quindi dannazione smettila di essere così arcigno nei miei confronti e cerca di capirmi, che diavolo ti ho fatto di male? >

Con le lacrime agli occhi si diresse verso la camera, lasciando i due ragazzi a guardarla. Uno con sguardo colpevole e l’altro con tristezza e rassegnazione negli occhi.

Quest’ultimo emise un rumoroso sospiro fissando l’amico che non accennava a togliere lo sguardo dal punto in cui era scomparsa la ragazza.

< Tu chi credi possa essere il nuovo Kira? > chiese Matt accendendosi una sigaretta e poggiandosi allo schienale.

< Non ne ho idea se devo essere sincero, da come ce lo ha descritto la pel- Amy > si corresse dopo aver ricevuto un’occhiataccia < Doveva essere qualcuno parecchio legato a Yagami a giudicare dal racconto e …dannazione Matt non fumare qui dentro >

Quest’ultimo, però, parve non sentirlo, perso nei suoi pensieri.

Togliendo la sigaretta dalle labbra il gamer si alzò, dirigendosi verso la porta.

< E adesso dove diavolo vai? > chiese scocciato l’altro lasciandosi scivolare sulla poltrona.

< Devo fare una cosa, credo che tornerò tardi o forse direttamente domani >

Mello scosse la testa. Aveva capito, non era un idiota, per quanto Matt fosse bravo a nascondere bene le cose.

< Matt so cosa stai facendo, e non ti giudico, ma sappi che non approvo la tua scelta > disse scartandosi una barretta di cioccolata.

< Per favore non dirlo ad Amy >

< Sono stronzo, ma non fino a questo punto > lo rassicurò < Perciò il tuo segreto è al sicuro >

Il ragazzo annuì, uscendo poi dalla porta con una strana espressione in viso.

Il biondo, rimasto solo, tentò di rilassarsi chiudendo gli occhi, e si disse che magari la soluzione migliore era pensare ad un modo per capire chi potesse essere il nuovo Kira. Ma l’unica cosa a cui riusciva a pensare era la ragazza che stava nella camera a fianco.

Si alzò controvoglia, passandosi una mano tra i capelli ed emettendo un verso di frustrazione, mentre si dirigeva verso la porta massaggiandosi le tempie temendo quello che stava per fare.

Bussò, senza ricevere risposta alcuna, perciò decise di entrare.

La stanza che la rossa condivideva con Matt era leggermente più grande della sua, nonostante sembrasse quasi più piccola a causa di tutte le cianfrusaglie che i due avevano sparso per la camera.

Storse il naso infastidito da quella baraonda, ma si ricompose non appena vide la ragazza placidamente addormentata sul letto.

Si avvicinò cautamente, temendo una reazione brusca da parte sua se avesse provato a svegliarla, e sedendosi sul bordo portò una mano ad accarezzare il viso della giovane.

< Dannazione pel di carota… io non ho niente contro di te, nonostante tu sia stronza, cocciuta ed estremamente irritante potrei addirittura azzardarmi a dire che inizi a piacermi un pochino >

Continuò a far scendere la mano in una lenta carezza che andò a fermarsi appena sopra la clavicola, poiché un’altra andò a fermare la sua.
< Che stai facendo? >

La voce roca di Amy lo riportò alla realtà.

Cercando di reprimere l’imbarazzo per essere stato colto in flagrante si alzò in piedi, guardandola mentre si metteva seduta poggiando la schiena contro lo schienale del letto.

< Controllavo se fossi ancora viva, sai ho bussato ma non mi hai degnato di risposta >

< Magari non volevo parlarti, non ci hai pensato? Eppure dovresti essere un genio > attaccò lei, incapace di reprimere la rabbia che aveva dentro di se.

< Avanti non fare la bambina, accetta una dannata critica e falla finita > continuò imperterrito, nonostante i chiari segnali che la ragazza gli stava lanciando.

Difatti, quest’ultima si alzò infuriata arrivando ad un passo da lui.

 < Ascoltami bene primadonna dei miei stivali, io so accettare benissimo le critiche. Ciò che non accetto è il fatto che tu ti accanisca su di me come se fossi il peggiore dei tuoi mali. Quindi dimmelo, per favore dimmelo, che hai contro di me? > urlò ormai stanca della situazione.

Mello, per orgoglio o quant’altro, decise di avvalersi della facoltà di non rispondere, e imboccando la porta se ne andò, lasciandola nei suoi dubbi.

Si ristese sul letto ancora più confusa. Quel ragazzo la stava facendo lentamente impazzire, e la cosa non andava affatto bene. La sua priorità adesso era il caso, e tale doveva rimanere. Ma capiva anche bene che, forse, il fatto di non aver mai avuto un’adolescenza degna di tale nome ora le si stava ritorcendo contro, facendola sentire una ragazzina in piena crisi.

Dopo aver passato cinque minuti buoni a fissare il soffitto, decise che doveva svagarsi un po' prima di riprendere ad indagare. Con la mente lucida avrebbe sicuramente fatto progressi.

Si vestì velocemente, raggiungendo poi la porta sotto lo sguardo vigile di Mello.

< Dove credi di andare? > la fermò prima che potesse uscire.

< Tranquillo non ho intenzione di scappare di nuovo, ne di rubare la tua moto. Quindi puoi pure stare qui tranquillo, ad ammazzarti di cioccolata mentre ti crogioli nei tuoi pensieri, e magari nel mentre ti decidi una volta per tutte a darmi una risposta >

Con quell’ultimo commento lo lasciò definitivamente, chiudendosi la porta alle spalle.

Camminando per strada, con le mani nelle tasche della giacca, guardava incantata le vetrine dei negozi che iniziavano a mostrare le prime decorazioni.

Il quattro luglio era prossimo, ed Amy si ritrovò a pensare a come sarebbe stato avere di nuovo una famiglia con cui passarlo. Una madre dolce e amorevole ed un padre premuroso. Tutti radunati per celebrare l’indipendenza dell’America, i fuochi d’artificio e la gente che sfila per strada allegra e spensierata.

Le scese una lacrima solitaria che cacciò via in fretta.

Poi improvvisamente le venne un’idea, e con un radioso sorriso si diresse verso l’oggetto che aveva catturato la sua attenzione.



Intanto nell’appartamento Mello se ne stava sdraiato sul divano, tentando di concentrarsi sui dettagli del caso.

La porta si aprì di scatto, rivelando un esausto Matt che aveva solo intenzione di stendersi e dormire per le successive ventiquattro ore.

< Hey Matt posso…>

< Non ora Mels, voglio soltanto andare a riposarmi, ne parliamo domani > lo fermò bruscamente, dirigendosi verso la sua camera. O perlomeno, quella che pensava essere la sua camera.

< E che diavolo Matt, sei un cazzo di scansafatiche > urlò al ragazzo che ormai si era rifugiato tra il tepore delle coperte.

Frustrato e incazzato il biondo decise di stendersi anch’egli, nell’attesa che quella pazza squinternata dai capelli color carota facesse ritorno.

Circa tre ore dopo la rossa rientrò con un enorme scatolone e un sorriso a trentadue denti.

Poggiò a terra l’acquisto e si diresse allegra in camera.

Entrando si accorse dalla poca luce che filtrava dalle tapparelle che Matt stava beatamente dormendo. Così si avvicinò piano, cercando di non emettere alcun suono.
Lentamente si tolse jeans e t-shirt, infilandosi sotto il copriletto. Aveva voglia del suo ragazzo. Gli avrebbe illustrato la sua idea solo dopo avergli regalato un piacevole risveglio.

Coprendosi con le lenzuola, scese lentamente fino ad arrivare all’altezza del bacino del giovane, iniziando a tastarlo da sopra i pantaloni. Un momento! pantaloni? Matt non portava mai pantaloni quando dormiva. Per quanto fosse stranita non ci diede troppo peso. Con l’indice si agganciò all’orlo di questi ultimi tirandoli verso il basso.
Notando il principio di erezione che già sentiva sotto le labbra, lasciò leggeri baci sopra la stoffa dei boxer. Un leggero mugolio di apprezzamento le arrivò alle orecchie facendola sorridere.

Decise di provocarlo ancora un po', risalendo verso il torace e nel mentre allungando una mano alla ricerca di quella di lui. Dopo averla trovata se la portò lentamente al fondoschiena, stendendosi completamente sopra di lui, sentendosi stringere appena.

Con l’altra mano arrivò al suo volto, carezzandolo dolcemente.

< Avanti Mail svegliati, ho voglia di… > si arrestò di scatto quando sentì la pelle morbida ma grinzosa sotto i polpastrelli.

Si sbilanciò in avanti in fretta, accendendo la luce.

< Potresti togliermi le tue tette dalla faccia? > chiese il ragazzo sotto di lei con un tono tra l’eccitato e lo scocciato.

< Oh mio dio, tu… > urlò alzandosi velocemente, facendo leva sugli avanbracci per poterlo guardare negli occhi < Che diavolo ci fai qui? >

Il biondo le sorrise serafico.

< Il tuo amato mi ha rubato il letto, perciò io ho fatto lo stesso > disse andandole a sfiorare il viso.

< Pel di carota, capisco che tu abbia una voglia matta di infilarti nelle mie mutande, e credimi, dopo questo risveglio te lo lascerei fare più che volentieri, ma dovresti levarti di dosso così posso darmi una sistemata >

Alzandosi con il busto arrivò a pochi centimetri dal volto di lei.

< E comunque… >

Nascose il viso nell’incavo del suo collo e prese a lasciarle umidi baci sulla pelle candida, fino ad accostarsi all’orecchio.

< Mihael > sussurrò roco.

< Cosa? > riuscì a mormorare flebilmente, ancora scossa.

< Il mio vero nome è Mihael Keehl > disse guardandola ardentemente negli occhi.

< Perché me lo stai dicendo? >

Lui abbassò lo sguardo senza proferire parola, cercando di levarsela di dosso, ma lei strinse ancora di più la presa allacciandogli le braccia attorno al collo.

< Ho capito > sorrise maligna poggiando la fronte contro la sua < Prima ti ho chiamato con il vero nome di Matt… e ti sei ingelosito >

Adorava provocarlo, non se ne sarebbe mai stancata.

< Non dire cazzate, prima che io possa essere geloso di Matt credo che Kira farebbe in tempo a costituirsi > rispose a tono.

< Avanti ammettilo >

Salì con una mano dietro la sua nuca tirando appena i capelli, facendogli inclinare la testa all’indietro e strofinando la punta del naso sulla pelle ustionata, mentre con l’altra scendeva lentamente verso la zona pubica, andando a poggiare il palmo contro il rigonfiamento che non aveva nessuna intenzione di placarsi e strofinando leggermente.

< Cosa ottengo in cambio? > ansimò cercando di resistere a quella dolce tortura.

Non poteva farsi soggiogare da quella ragazza, c’era in gioco il suo orgoglio.

< Ammettilo e lo saprai >

Lo sentì emettere un verso di frustrazione.

< Cazzo, non posso credere di stare per farlo > mormorò tentando di darsi un contegno. E addio al suo tanto amato orgoglio.

Non avrebbe mai ammesso che lei riuscisse ad esercitare così tanto potere su di lui. Ma i fatti parlavano chiaro.

< D’accordo, mi ha fatto fottutamente ingelosire che tu mi abbia chiamato con il vero nome di Matt> sputò tutto d’un fiato, come se parlando più in fretta la rabbia e la vergogna per aver ceduto avrebbero sortito meno impatto.

Un ghigno comparve sulle labbra carnose della giovane.

< Mihael, Mihael, Mihael > continuò imperterrita a ripetere avvicinandosi alla sua bocca, mentre lui le stringeva saldamente le mani sui fianchi.

Il rumore di una porta che veniva aperta li allarmò, facendoli staccare di colpo. Dall’altra stanza uscì un intontito e ancora molto assonnato Matt, che avendo sentito dei rumori e successivamente resosi conto del ritorno della ragazza si era svegliato e ora si stava avviando a passo sicuro verso la propria stanza, non facendo caso all’assenza dell’altro coinquilino.

I due ragazzi all’interno si guardarono negli occhi allarmati. Amy si scostò dal corpo del biondo cercando una soluzione a quell’imminente casino.
Quando però sentì i passi farsi sempre più vicino, il panico iniziò a farsi strada in lei.

< Cazzo…>

 

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Capitolo 13
*** Capitolo XIII ***


< Nasconditi da qualche parte > sussurrò nel panico.

Mello si alzò velocemente, sgattaiolando nell’armadio e nascondendocisi.

La porta venne aperta e il gamer entrò avvicinandosi al letto.

< Hey > la chiamò cingendole la vita.

Amy stava sudando freddo. Il biondo nel suo armadio era abbastanza irascibile e impulsivo, perciò qualsiasi cosa fosse uscita dalla bocca di Matt avrebbe potuto innescare la bomba che era in lui.

< Mail, dove sei stato? > chiese poggiando la testa sulla spalla del ragazzo, che intanto si era poggiato contro la spalliera del letto.

< Oh beh, sono andato a fare un giro di perlustrazione, sai non sei l’unica qui che ha voglia di andarsene a zonzo per la città in cerca di prove > le rispose, andando con la mano a carezzarle una coscia. La ragazza sorrise debolmente a quella frecciatina.

< Non dirmi che ce l’hai ancora con me? Avanti era per una buona causa > si accostò di più al corpo del gamer, infilando un ginocchio tra le sue gambe e avvicinandosi al viso di quest’ultimo.

< In ogni caso, avrei qualche idea su come farmi perdonare >

Guardando verso l’armadio fece cenno a Mello di uscire, mentre si buttava a capofitto sul ragazzo al suo fianco intrappolandogli le labbra tra le sue.

Il biondo uscì furtivamente tentando di non dare nell’occhio, cosa che sicuramente non sarebbe successa da come la rossa si stava dando da fare.

Chiudendosi piano la porta alle spalle vi si appoggiò sopra, sospirando pesantemente.

Quella situazione non gli piaceva affatto. Lasciarsi andare così tanto con una collega durante un’indagine era sbagliato oltremisura, si stava facendo prendere troppo dalle emozioni, e tutto ciò non andava per niente bene. Andò in cucina, prendendosi una delle sue preziose tavolette di cioccolata, poi si stese sul divano passandosi una mano tra i capelli.

Nell’altra stanza, invece, i respiri si stavano facendo più affannosi. Il corpo di Matt la sovrastava, e il suo bacino si muoveva alternando movimenti lenti e veloci. Amy aveva una mano tra i suoi capelli e l’altra attorno alla vita del ragazzo, in modo da premerselo più addosso.

Il rimorso che provava verso di lui in quel momento la stava divorando. Stavano facendo l’amore, quando poco tempo prima si sarebbe volentieri concessa al suo migliore amico. Non riusciva a non pensarci. Lei e Mello, nudi su quel letto ad amarsi. Se chiudeva gli occhi poteva immaginarselo li con lei, al posto di Matt.

Quest’ultimo con un grugnito le si accasciò sopra, ansimando forte. Mentre gli passava una mano tra i capelli madidi di sudore, una lacrima le rigò il volto. Come diavolo c’era finita in quel macello? Aveva il ragazzo migliore del mondo e, da brava stupida, smaniava dietro allo stronzo di turno.

 Si sentiva proprio una ragazzina.

Alzò lo sguardo per incontrare gli occhi del suo amato.

< Ho avuto un’idea > sputò tutto ad un tratto.

< Credo di sapere come scoprire chi è il secondo Kira>

Gli occhi di Matt si spalancarono, e si issò sulle braccia scattando a sedere.

< Avanti parla > la incitò mentre si alzava per rivestirsi.

< Preferirei parlarne con Mello presente, mi servirà l’aiuto di entrambi per far funzionare il piano >

Il ragazzo annui, lanciando la propria maglia ad Amy che se lo infilò velocemente.

Uscendo dalla stanza videro il biondo steso sul divano, con un braccio a coprirsi gli occhi.

< Vedo che non hai perso tempo > mormorò rivolto alla rossa, che abbassò lo sguardo colpevole.

Per fortuna Matt era sempre pronto a calmare le acque.

< Amy deve parlarci di una cosa importante > disse sedendosi sulla poltrona.

La ragazza invece si sistemò sul divano, spostando bruscamente le gambe di Mello, che grugnì in risposta.

< Pel di carota sii un po' più delicata, sono certo che tu ne sia capace > la punzecchiò.

< Ho elaborato un piano che credo possa portarci ad avere risultati > iniziò la ragazza ignorandolo completamente.

< Se stamattina qualcuno mi avesse lasciato finire di raccontare > guardò di sbieco il biondo < Vi avrei detto che prima di fare il suo malsano discorso da dittatore, il nostro sospettato stava accennando ad un ballo di gala che si terrà il quattro Luglio per celebrare la festa dell’indipendenza. Ci saranno i più importanti esponenti politici di tutta Los Angeles, che come si sa, non hanno la fama di essere persone oneste e pulite. Sarà presente addirittura il sindaco Antonio Villaraigosa. Ed io sono sicura che se Kira ha deciso di fare qualcosa ad un evento così grande sia perché ha in mente un grosso colpo > si alzò in piedi, andando a recuperare lo scatolone.

< Detto questo ho pensato che se noi ci infiltrassimo al ballo potremmo scoprire chi siano i suoi complici e come decide di agire in certe situazioni. Ovviamente dovremo calarci nella parte dei ricchi di Los Angeles. La mia speranza è quella che, dopo aver attuato il piano, di cui ancora non posso dirvi tutto, sia lo stesso Kira a venire da noi. Certo, sarà pericoloso, per questo ho comprato questi > disse tirando fuori il contenuto della scatola, che consisteva in due splendidi abiti da cerimonia. Uno maschile e uno femminile, con annesse due maschere a mezzo volto che sarebbero servite a coprire quanto basta il viso dei due indossatori.

< Perché sono solo due ? > chiese Mello non troppo convinto della cosa, ma al tempo stesso sorpreso del fatto che la ragazza avesse ideato un piano che avrebbe anche potuto funzionare.

< Perché mi servirà qualcuno che rimanga qui a monitorare la situazione. E a tal proposito Matt > lo chiamò voltandosi verso di lui < Prima di andare al ballo avrei bisogno delle tue abilità da hacker. Mi serve una lista dettagliata di ogni persona che sarà presente >

Il gamer annui stiracchiandosi e lanciando un’occhiata eloquente agli altri due prima di parlare.

< Quindi chi impersonerete? > chiese ai due ragazzi, che sgranarono gli occhi di rimando.

< Cosa? Chi ti ha detto che sarà lui a venire con me? > scattò allarmata la rossa.

< Già, chi ha deciso che sarò io a dover andare con lei? > ribattè sulla difensiva Mello.

< Beh, mi sembra abbastanza ovvio che sia io a dover rimanere qui, dopotutto sono il più ferrato in materia quando si tratta di tecnologia, e sappiamo benissimo che tu lavori molto meglio su campo > si rivolse al biondo.

Quest’ultimo si ritrovò a sbuffare ma a dare mentalmente ragione all’amico.

< E va bene andrò io > mormorò.

Amy però non sembrava dello stesso parere.

< Ma non può venire lui, insomma… non è adatto > disse a bassa voce, sapendo che quella sua frase avrebbe potuto far infuriare il ragazzo.

< E per quale motivo non lo sarei? >

La rossa prese un grande sospiro.

< Il tuo viso > sussurrò.

Alzando lo sguardo vide gli occhi del biondo infiammarsi.

< Non pensavo che la mia faccia ti creasse tanti problemi > le rispose cattivo.

< No, non è quello, è che… >

Ma Mello non le diede il tempo di finire.

< So benissimo cosa intendevi, ma non preoccuparti, resterò qui a monitorare la situazione tu vai pure con il tuo fidanzato >

Detto questo si andò a rinchiudere in camera sbattendo forte la porta e lasciando interdetti i due ragazzi.

< Che c’è? > chiese acida la ragazza rivolgendosi a Matt che la stava guardando torvo.

< Dovevi proprio? >

La ragazza roteò gli occhi.

< Non era per offenderlo, era solo per proteggerlo. Se fossero presenti complici di Kira che hanno lavorato anche per il suo predecessore, il volto di Mello sarebbe facilmente riconoscibile. Sai non tutti hanno una cicatrice che gli sfigura mezzo viso. Figurarsi se mi metto a criticare il suo aspetto, io… > “Io muoio per quel viso “ avrebbe voluto dire < Non ho nulla contro di lui, al massimo potrei criticare il carattere… > si ritrovò a rispondere.

< Per il carattere è una bella gara fra voi due. Inutile dire che dovresti andare a chiedergli scusa e a spiegargli ciò che hai detto a me, e che invece avresti dovuto dire a lui sin dall’inizio > la rimbeccò alzandosi e avviandosi verso la cucina.

< Lo avrei fatto se mi avesse dato il tempo > gli urlò dietro.

Il ragazzo non le rispose, così si alzò e lo raggiunse.

< Ora mangiamo qualcosa, e dopo tu andrai da lui a parlargli. E spero che questa sia l’ultima volta che debba farvi da padre. Siete, la mia fidanzata e il mio migliore amico, non i miei figli. >

Detto questo le piazzò davanti un piatto di pasta riscaldata, sedendosi al suo fianco.

Amy iniziò a mangiare pensando a come uscire da quel casino.

 

 

Inutile dire che la situazione non cambiò affatto. I giorni passarono tra la preparazione per il colpo e le indagini che continuavano in silenzio. Difatti, Amy e Mello non si rivolgevano parola se non per l’indispensabile. Mello non accettava le scuse di Amy, e lei, d’altro canto, non si era scomodata poi così tanto per farsi perdonare.

Matt, in tutto questo, usciva di casa rientrando ad orari improponibili, nel mistero più totale.

Era una sera piovosa, ed Amy se ne stava stesa sul divano a giocare con il cellulare. Non sosteneva più quella situazione. Si alzò, e andando in cucina aprì il frigo prendendo una cassa di birra. Se non avesse funzionato quello poteva dire addio ad ogni speranza.

Bussò alla porta e, come da prassi, nessuno rispose, perciò si prese la libertà di entrare trovando il biondo seduto sul letto intento a mangiare la sua cioccolata, mentre sfogliava alcune scartoffie.

< Posso? > chiese timidamente.

< Sei già entrata > si sentì rispondere, e sbuffando si avvicinò al letto sedendovisi sopra.

< Vuoi? > gli porse una bottiglia di birra.

Lui accettò, un po' riluttante, non sapendo ancora se perdonarla.

< Vorrei parlarti di quello che ti ho detto qualche giorno fa, e prima che tu mi interrompa, volevo sinceramente scusarmi per l’incomprensione. >

La guardò per un attimo, poi tolse di mezzo le scartoffie avvicinandosi a lei.

Due ore dopo si ritrovarono stesi sul letto a ridere e scherzare su qualsiasi cosa, con dieci bottiglie di birra vuote sul pavimento e qualche altra di liquore sul comodino.

< Dio, siamo così idioti, continuiamo a farci la guerra quando l’unica cosa che vorremmo fare è saltarci addosso > mormorò Amy passandosi una mano sulla faccia, pentendosi immediatamente delle proprie parole. Era brilla, ma capiva perfettamente ogni azione o parola che diceva. Lo stesso non si poteva dire di Mello.

< Sei tu quella fidanzata, non io > quelle parole suonarono quasi come un’accusa.

< Matt è un ragazzo d’oro, sono così fortunata ad averlo al mio fianco > disse sorridendo appena.

Il ragazzo si issò sulle braccia per avvicinarsi a lei.

< Ma lo ami? >

Quella domanda la lasciò interdetta. Più e più volte se l’era chiesto. Lo amava o gli voleva solo un bene immenso? E cosa provava per Mello?

< Io… credo di si… non lo so, in realtà non capisco più niente, ed è solo colpa tua >

< Colpa mia? > chiese sogghignando.

< Non fare quella faccia, sai bene che non mi sei indifferente > gli diede un colpetto con il braccio, arrossendo e nascondendo il viso tra le mani.

< Pel di carota non ti nascondere, sei bellissima quando arrossisci. E’ l’unico momento in cui ti mostri vulnerabile a me > le disse avvicinandosi per toglierle le mani dal viso.

< Tu vuoi che io sia vulnerabile? >

< Io voglio che tu mostri questo tuo lato solo a me >

Ormai Amy pendeva dalle sue labbra. Si avvicinò ancora più a lei e, complice l’alcol, tentò di rubarle un bacio.

< Non provarci… non provare a baciarmi di nuovo Mello > sussurrò ad un soffio dal suo viso.

< Perché non posso? > chiese tentando di controllarsi.

L’alcol e l’eccitazione gli avevano, ormai, fottuto il cervello. Amy poggiò il viso nell’incavo del suo collo, sospirando.

< Perché non riuscirei a dirti di no >

Le sue labbra sfiorarono la pelle sensibile del collo, mentre pronunciava quelle parole, e a lui tremarono le gambe.

< Già forse hai ragione, meglio non fare altre stronzate per stasera > si staccò velocemente da lei.

I due si poggiarono alla spalliera del letto, riflettendo su ciò che stavano per fare.

< E’ ora che io vada > spezzò il silenzio la rossa, alzandosi e dirigendosi verso la porta. Ma Mello non era dello stesso avviso.

Si alzò velocemente sbarrando la strada alla ragazza. Amy non riusciva a capire la reazione di quest’ultimo.

< Buonanotte Mello > disse cercando di sorpassarlo, cosa che non gli fu permessa.

< Sei sicura di voler andare via? >

< Mello, se io restassi qui, non finirebbe bene. E tu questo lo sai >

Gli passò le mani sugli avanbracci tentando inutilmente di spostarlo.

< Non mi importa, io ottengo sempre ciò che voglio > si sporse verso di lei, che però indietreggiò.

< No > tentò di fermarlo < lo sai che non possiamo. Per Matt e per il caso, quindi per favore smettila >

Ma ormai non aveva più né la voglia, né la forza di respingerlo.

< Fanculo Matt, fanculo il caso, fanculo tutto >

< Fanculo il caso? Diamine ti devi essere preso proprio una gran bella cotta >

< Stai zitta > grugnì prima di unire le labbra alle sue.

Amy, che in cuor suo non aspettava altro, legò le braccia attorno al suo collo andando ad approfondire il bacio. Lasciò che il biondo le invadesse la bocca con la lingua, intrecciandola con la sua. Adorava il sapore di Mello più di qualsiasi altra cosa. Quel gusto di cioccolato che lo caratterizzava ora si mischiava al sapore amaro della birra. Infilò le mani tra i biondi capelli tirandoli leggermente, facendo emettere un sospiro di apprezzamento al ragazzo che non perse tempo e la afferrò saldamente per le cosce. Con un salto lei ancorò le gambe alla sua vita lasciandosi trasportare sul letto, ritrovandosi così sotto di lui. Si staccò ansimando.

< Dobbiamo smettere > cercò di convincere più se stessa che l’altro.

< Non ci pensare nemmeno pel di carota, non ho più intenzione di tirarmi indietro per nessuno. Ti ho messo gli occhi addosso dal primo istante in cui ti ho vista, e adesso che sei qui non mi lascerò sfuggire questa occasione >

La prese per la vita, tirandosela contro in modo da far collidere i loro corpi, iniziando a lasciare baci roventi sul collo e portando le mani all’altezza del suo seno.

< No, fermati…Mello, ti ho detto di fermarti > gridò spingendolo lontano da se, rialzandosi velocemente.

Ciò scatenò l’ira del biondo.

< Bene, se ti faccio così ribrezzo vai allora. Che ci fai ancora qui se hai un ragazzo d’oro e sei così fortunata ad averlo al tuo fianco? > la scimmiottò fuori di se.

Si alzò andando ad aprirle la porta, invitandola ad uscire con un cenno della testa.

Amy era stanca del fatto che ogni suo gesto o parola venisse male interpretato. Così si mise sulla difensiva.

< No, io non vado da nessuna parte. Ora tu ti siedi e mi ascolti una volta per tutte, anche se sei ubriaco fradicio e domani probabilmente non ti ricorderai nulla > disse prendendolo per un braccio e spingendolo sul letto.

< Credi davvero che dopo tutto io possa davvero non provare nulla nei tuoi confronti, o addirittura provare ribrezzo? >

Lui si stese, incrociando le braccia dietro la testa guardando il soffitto, ma percependo ogni parola che usciva dalle labbra della ragazza.

< Mello è ovvio che io provi qualcosa per te, ma in questo momento devo sistemare alcune faccende prima di prendere una decisione così importante come farti entrare nella mia vita >

Si era detta che non avrebbe perso di vista il suo obbiettivo, che non avrebbe permesso a niente e a nessuno di interferire con i suoi piani. E poi quel biondino era entrato come un fulmine nella sua vita, scombussolando tutto.

Ricordava ancora la prima volta in cui si erano visti.

 

 

Suo padre già da tempo lavorava in stretto contatto con L, e una delle tante volte in cui aveva dovuto accompagnare il suo vecchio al quartier generale del detective, aveva anche avuto l’immenso onore di conoscere i ragazzi della Wammy’s House.

< E questa chi sarebbe? > aveva esclamato un appena dodicenne Mello, mentre la squadrava da capo a piedi.

< Lei è la figlia di un mio collaboratore, voglio che stiate qui con lei e le teniate compagnia mentre io sono occupato > disse il corvino ai tre ragazzi davanti a lui, prima di andarsene.

Il primo, un ragazzino dai capelli bruni e una maglia a righe rosse e nere, stava seduto giocando con i suoi video games, l’altro era un piccolo batuffolo bianco intento a comporre un puzzle del medesimo colore. L’ultimo invece, sembrava molto più maturo degli altri due, nonostante sembrasse avere la loro stessa età. Aveva un caschetto di capelli biondi e un’espressione scocciata sul volto mentre sgranocchiava della cioccolata.

< Il mio nome è Clarissa, piacere di conoscervi > disse aprendosi nel sorriso più sincero che potesse fare.

I tre non parvero nemmeno sentirla, perciò decise di fare a modo suo. Si avvicinò al ragazzino con il game boy sedendosi al suo fianco, e allungando il braccio glielo strappò di mano.

< Hey ridammi il mio game boy > parlò infastidito cercando di riprenderselo. Ma la rossa non lo degnò di attenzione, impegnata a superare il livello.

< Wow, sei brava piccoletta > sghignazzò.

< Lo so grazie >

Poco lontano il biondo squadrava i due con uno strano cipiglio.

< Ma che bella coppietta abbiamo qui > disse avvicinandosi a loro.

< E piantala Mels, sei insopportabile >

< E tu chi saresti? > chiese la ragazzina fissando i suoi occhi di ghiaccio.

< Il mio nome è Mello, vedi di non scordartelo pel di carota >

< Pel di carota? > chiese allibita.

< Si, con la zazzera di capelli che ti ritrovi, direi che ti sta proprio bene come soprannome > disse tra se e se.

< Non provare a chiamarmi mai più cosi, stupido biondino >

< Come vuoi pel di carota, a mai più rivederci > ghignò dandole le spalle e andandosene.

< Cinque minuti che lo conosco e già lo odio > sbuffò.

< Già diciamo che Mello non è il tipo che sa farsi apprezzare > le rispose una voce sottile e delicata.

Si girò, notando che a parlare era stato il ragazzino vestito di bianco.

Le scappò un sorriso mentre si avvicinava all’albino tendendogli la mano.

< Io mi chiamo Clarissa e tu? >

< Near > rispose semplicemente alzandosi, ignorando la sua mano e andandosene.

< Tutti simpatici qui eh > tornò a rivolgersi all’ultimo rimasto che intanto aveva spento la sua console.

< Già, bisogna farci l’abitudine. Comunque io sono Matt, e se mi permetti vorrei darti due dritte. Per prima cosa non rimanerci troppo male per il comportamento di Near, fa così con tutti. E secondo, ma non meno importante, cerca di non metterti contro Mello. E’ un tipo che può portare abbastanza rancore. > le disse dandole una pacca sulla spalla.

< Tranquillo non me la sono presa, e sinceramente ho intenzione di interfacciarmi con quel biondino scorbutico il meno possibile. Ad ogni modo sono piuttosto sicura di sapermi difendere da sola >

Una risata fuoriuscì dalle labbra di Matt che le si avvicinò mettendole un braccio attorno alle spalle.

< Credo proprio che io e te andremo molto d’accordo >

< Credo anche io > gli sorrise, non riuscendo però, a togliersi dalla testa gli occhi gelidi del biondo.

 

Riprese conoscenza, e girandosi si rese tristemente conto che il ragazzo, molto probabilmente, non aveva sentito nessuna delle sue parole. Mello stava dormendo. Il suo viso era rilassato, e per la prima volta, nessuna delle sue tipiche espressioni andava a rovinare i suoi tratti angelici.

Coprì il suo corpo con un panno, e scostandogli un ciuffo dal viso si chinò per lasciargli un leggero bacio su una guancia.

Uscì chiudendosi piano la porta alle spalle. Matt non era ancora rincasato. Chissà che diavolo stava combinando quel ragazzo. Doveva forse preoccuparsi? Dopotutto ormai passavano cosi poco tempo da soli che riuscivano a stento a parlare della loro situazione.

Sedendosi sul divano, e tirando fuori taccuino e penna iniziò a scrivere, cercando di perfezionare il piano che aveva in testa.

Se per fare uscire allo scoperto quello psicopatico assassino avrebbe dovuto mettere in pericolo la vita di persone innocenti, beh, avrebbe dovuto anche prendere le giuste precauzioni. E, ammesso e concesso, che Kira avesse fatto una qualsiasi mossa, come avrebbero agito per contrastare la sua potenza?

Amy cercava con tutta se stessa di provare ad entrare nella mente del killer, per prevedere le sue azioni, aiutandosi con il breve dialogo che aveva sentito all’ hotel. Ma la mente di Kira era contorta e subdola, e per poterne saltare fuori sarebbe sicuramente impazzita.

Stanca e stressata dal susseguirsi degli avvenimenti, lasciò che la stanchezza avesse la meglio su di lei. La penna le cadde dalle dita, e accasciandosi si addormentò con il taccuino stretto al petto.

 

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Capitolo 14
*** Capitolo XIV ***


< Padre > chiamò con voce indecisa, mentre seguiva l’ombra che era apparsa dinanzi a lei.

< Padre aspettami >

Iniziò a correre tentando di non perdere quella sagoma scura che aveva attirato la sua attenzione.

La figura entrò in un vicolo, che aveva tutto meno che un’aria rassicurante.

All’improvviso un muro le si stagliò davanti, bloccandole la strada. Si guardò attorno, ma l’uomo che stava seguendo si era volatilizzato lasciandola sola e confusa.

Fece per girarsi tornando sui suoi passi, quando un gruppo di uomini armati le bloccò ogni via d’uscita. Quello che sembrava essere il capo, teneva una figura incappucciata davanti a sé, puntandole una pistola alla tempia.

< Chi siete? > chiese Amy con voce sicura, cercando di non far trapelare la paura che in realtà provava in quel momento.

Paura, non per sé stessa, ma per l’ostaggio tra le mani del bandito. Conosceva fin troppo bene quegli abiti. Quel camice logorato che aveva avuto l’onore di indossare qualche volta durante la sua infanzia.

Il cappuccio venne levato, rivelando l’identità dell’ostaggio.

Suo padre se ne stava a capo chino di fronte a lei, in attesa della sua infausta sorte, senza il coraggio di incontrare il suo sguardo.

< No per favore, aspettate… vi prego > iniziò a supplicare quegli sconosciuti.

Il rumore del colpo che partì fù abbastanza forte da coprire l’urlo che uscì dalle labbra della ragazza. Il corpo esanime del padre cadde a terra, con gli occhi sbarrati e un buco nella tempia.

Amy si portò una mano alla bocca, tentando di reprimere un singhiozzo. Ma il peggio arrivò quando il corpo a terra si rialzò, assumendo però un’altra forma. Ora l’ostaggio era un ragazzo giovane, dai capelli biondi e gli occhi di un glaciale azzurro ghiaccio.

Anche il corpo dell’assassino stava lentamente mutando, assumendo le fattezze di una donna dai tratti somatici indefiniti, poiché era poco più di un’ombra.

Il sangue le si gelò nelle vene. Non poteva permettere che le portassero via anche lui.                     

Cercò di raggiungerlo, ma i piedi sembravano essersi incollati al terreno.

Vide la donna alzare l’arma e puntarla dritta alla testa del giovane.

< Mi dispiace > la voce del biondo era poco più che un sussurro.

< MELLO NO! > gridò a perdifiato.

 

Aprì gli occhi, ritrovandosi madida di sudore e con il cuore che batteva a mille. Il viso di Mello era davanti a lei, bello come il sole e, fortunatamente, senza nessun buco in testa.

< Che diavolo ti prende pel di carota? > la chiamò scuotendola per le spalle.

La ragazza non gli rispose, buttandogli le braccia al collo e stringendolo a sé.

< Ok ok, adesso basta > la staccò delicatamente da sé.

< Puoi spiegarmi cosa diavolo è quel disastro di là? Hai per caso deciso di fare una festa in camera mia? > tornò ad essere scontroso come suo solito.

< Si, diciamo pure che ho fatto una festa > disse la rossa alzandosi e dirigendosi verso il bagno per darsi una rinfrescata. < Ma sappi che gli unici partecipanti eravamo tu ed io > si sporse dalla porta per sorridergli sfacciatamente.

< Allora probabilmente mi sono ubriacato solo per dimenticarmi della serata passata in tua compagnia >

< Bene, vedo che non sei dell’umore, e io non ho voglia di perdere tempo in inutili battibecchi > lo superò non degnandolo di uno sguardo. Non aveva voglia di litigare, ed era ancora scossa per il sogno appena fatto.

Suo padre che veniva ucciso era più che plausibile, dopotutto l’uomo era stato assassinato nemmeno due mesi prima, e lei ancora non aveva elaborato il lutto con tutto ciò che era accaduto.

Ma l’altra parte del sogno proprio non la capiva. Cosa c’entrava quella donna? Anche se si era già fatta un’idea sulla possibile identità di quest’ultima.

Forse quel sogno rappresentava la sua più grande paura, ovvero quella di perdere le persone che più amava. Ma perché proprio Mello? Perché non Matt o L? Cosa aveva quel ragazzo in più degli altri? La risposta era che non ne aveva la più pallida idea. Sapeva solo che aveva una paura fottuta che Kira lo uccidesse.

Si allontanò velocemente da quella stanza per non dovere guardare di nuovo negli occhi il biondo.

Matt se ne stava seduto su una sedia in cucina, sorseggiando una tazza di caffè, e notandola alzò lo sguardo incontrando quello della rossa.

< Stai bene? > chiese continuando a bere con nonchalance.

< Si tutto bene, tu piuttosto ci concederai mai l’onore di dirci dove sgattaioli tutti i giorni? Insomma, che diavolo hai di tanto importante da fare da non riuscire nemmeno a tornare a casa a volte >

Il caffè quasi non strozzò il ragazzo.

< Non vado da nessuna parte in particolare, ho solo bisogno di schiarirmi le idee, sai in questo periodo tutto sta andando storto. Dall’entrata in scena di questo nuovo Kira, al mio rapporto con te>

Se prima pensava di averlo in pugno per fargli sputare il rospo, ora era lui ad avere il coltello dalla parte del manico.

Mettere in mezzo la loro relazione era una carognata di prim’ordine, ma dopotutto non poteva nemmeno dargli torto. Le cose non andavano tra loro in quel periodo, e la colpa non era certo del ragazzo.

< Per Kira non devi preoccuparti, vedrai che riusciremo a far uscire allo scoperto quel bastardo e lo sbatteremo a marcire in prigione. Per quanto riguarda noi invece, mi dispiace, so di averti trascurato in questo periodo e non averti dato le attenzioni che meriti, è solo che… >

< E’ solo che c’è Mello > finì lui per lei, lasciando la rossa alquanto sbigottita.

< Che diavolo c’entra ora Mello? > si mise sulla difensiva.

< Avanti Clarissa non provare a mentirmi. Non a me. Ti conosco fin troppo bene, e so che mi stai nascondendo qualcosa, e poi mi credi davvero così stupido da non accorgermi di come lo guardi?> continuò poggiando la tazza ormai vuota, non troppo delicatamente sul tavolo.

< Lo guardo come guardo ogni altra persona su questa terra > incrociò le braccia al petto.

< Lo guardi come se fosse l’unica persona su questa terra >

Amy rimase in silenzio, chiedendosi mentalmente se davvero quello che le passava per la testa fosse così palese agli occhi degli altri.

Ultimamente si era riscoperta sempre più attratta dal biondo, ma nemmeno lei sapeva dare un nome ai sentimenti che provava verso di lui, quindi come diavolo potevano gli altri sputare sentenze.

< Tu sei proprio fuori di testa. Ok forse in passato avevo una cotta per lui, ma sai bene che questo è stato molto tempo fa. Ora siamo solamente due persone che hanno un obbiettivo in comune da raggiungere >

Continuava a non capire perché si ostinasse a mentire in primis a Matt e poi a sé stessa.

Il gamer chiuse gli occhi ispirando e passandosi una mano tra i capelli.

< Farò finta di crederti > disse uscendo dalla cucina e avvicinandosi ad un borsone.

Rovistandovi dentro ne estrasse un plico di fogli, tornando poi dalla rossa e lanciandoli sulla tavola.

< Eccoti la lista dei partecipanti, ora devo andare >

Girando i tacchi se ne andò, non lasciando ad Amy nemmeno il tempo di ringraziarlo.

Quest’ultima era furiosa con sé stessa, era riuscita a ferire di nuovo una delle persone a cui teneva di più. E tutto perché non riusciva a mettere chiarezza tra cuore e cervello.

Prese i fogli andando a sedersi distrattamente sul divano. Nomi e foto erano segnati li sopra, ed ogni persona su quei pezzi di carta rischiava di essere una possibile vittima di Kira.

 Fece scorrere gli occhi su ogni sillaba che componeva quei nomi, mentre pregava mentalmente che il suo piano funzionasse.

D’un tratto una foto in particolare attirò la sua attenzione. Si trattava di una ragazza, circa sui venticinque anni, con lunghi capelli biondi e grandi occhi celesti.

Amy la identificò subito come la cameriera che aveva incontrato all’hotel.

Dalle informazioni riportate sembrava che la biondina fosse Clara Smith, figlia di uno dei più famosi chirurghi di Los Angeles.

Amy, dopo un momento di riflessione, stabilì che forse poter rincontrare miss occhi dolci, le avrebbe potuto fornire un ottimo vantaggio. Dopotutto, nessuno le aveva vietato di coinvolgere esterni ai fini di raggiungere la risoluzione del caso.

Quella ragazza doveva per forza sapere dove tenevano i registri dei clienti, e chi li aveva in carico.

Prese in fretta il cellulare, cercando il contatto di Matt.

Uno squillo, poi due, tre. Finalmente la voce leggermente roca del ragazzo rispose.

< Che vuoi? Pensavo avessimo finito di parlare >

< Matt per favore è una questione di lavoro, non c’entra con noi, quindi torna immediatamente qui, abbiamo bisogno di te > disse tutto ad un fiato, prima di chiudere la chiamata e dirigersi verso la camera dell’altro coinquilino.

La porta era socchiusa, e da dentro provenivano non poche imprecazioni. Con lentezza la aprì, ritrovandosi davanti un Mello intento a spalmare una lozione sulla parte ustionata del suo corpo.

< Che hai da guardare? > ringhiò come suo solito.

< Sembri in difficoltà >

< Non riesco ad arrivare dietro la schiena, di solito mi aiuta Matt, ma quel coglione ultimamente ha preso la brutta abitudine di sparire nel momento del bisogno > disse frustrato, cercando di arrivare alla parte più centrale della schiena.

Amy avrebbe voluto aiutarlo, ma sapeva bene che finchè lui non avesse chiesto espressamente il suo aiuto, ogni suo gesto sarebbe stato interpretato come un atto di pietà dal biondo, portandolo inevitabilmente ad infuriarsi.

Attese qualche secondo, e non ci volle molto prima che il ragazzo aprisse bocca.

< Hai intenzione di startene li impalata o vuoi venire a darmi una mano? >

Con un mezzo sorriso la rossa gli si avvicinò, prendendo la lozione che il ragazzo aveva in mano.

Mello lasciò che le mani della giovane vagassero sulla pelle deturpata, provocandogli piccoli brividi di piacere.

< Devo dire che sei molto meglio di Matt > le rivolse un ghigno, cercando di dissimulare il piacere che stava provando.

Lei non rispose, troppo incantata dalla pelle che stava toccando. All’esterno poteva sembrare ruvida e malmessa, ma in realtà era morbida al tatto. D’istinto le venne voglia di assaggiarla. Così, senza pensarci troppo, sostituì le mani con le labbra e la lingua.

Mello si irrigidì all’istante.

Per quanto la sua mente gli dicesse che tutto ciò era estremamente sbagliato, il suo corpo non la pensava allo stesso modo. Avere le labbra della rossa sulla sua pelle era tutto ciò che voleva in quel momento.

 Fortunatamente la ragione gli tornò non appena Amy fece scendere le mani a circondargli la vita, e una di esse cercò distrattamente di intrufolarsi sotto l’orlo dei suoi pantaloni.

Con un enorme sforzo, posò le mani sopra quelle della ragazza allontanandole da sé, poi si girò per incontrare gli occhi di lei, che lo guardavano languidi.

Se non avesse detto qualcosa in fretta sapeva che avrebbe ceduto.

< Ora basta >

< Scusami > sussurrò lei, tentando di darsi un contegno.

Non sapeva cosa le era successo, ma tutto ad un tratto si era sentita irrimediabilmente attratta da lui, tanto da non poter resistere.

Lui vedendo la tristezza che iniziava a nascerle sul volto, tentò di fermarla.

< Ascoltami pel di > roteò gli occhi < Ascoltami Amy, non prendertela, non sei tu. Per quanto io abbia voglia di te, e credimi, ne ho una voglia fottuta, ho deciso che per una volta voglio comportarmi da bravo ragazzo. Sei la ragazza del mio migliore amico, e non ho intenzione di fare nulla fino a che la sarai >

Ormai non aveva più senso mentire. Desiderava quella ragazza, e non solo fisicamente.

Le posò una mano attorno ai fianchi attirandola a sé.

< Questo non implica il fatto che io non possa punzecchiarti, affinchè tu prenda la decisione di essere totalmente mia >

Si sorprese di sé stesso, in altre circostanze l’avrebbe presa e fatta sua senza tanti preamboli, ma qualcosa gli diceva che con lei non poteva farlo.

Amy d’altro canto rimase spiazzata, quel ragazzo riusciva a farle perdere il lume della ragione in tempo record.

Pose una mano sul suo petto, allontanandolo.

< Hai ragione, scusami ho perso la testa, non riaccadrà più > disse tenendo il capo basso.

< Ora per favore vestiti e seguimi di là, Matt arriverà tra poco, ho bisogno di parlarvi >

Il ragazzo annuì, e dopo essersi infilato una maglietta la seguì verso il salotto.

Dopo poco anche il secondo coinquilino tornò alla dimora, e presto tutti e tre si ritrovarono seduti sul divano a discutere.

 

< Questa ragazza ha sicuramente modo di riuscire ad entrare in possesso della lista dei clienti dell’hotel, in questo modo risalendo al giorno e al numero di stanza potremmo trovare dei possibili indiziati > espose il piano la rossa, attirando l’attenzione dei due.

< E come pensiamo di convincerla ad aiutarci? Non sa nemmeno chi siamo > parlò un Matt abbastanza scettico sull’argomento.

< La avvicinerò io. Dopotutto penso di saperci abbastanza fare. Basterà farle qualche moina e vedrete che ci darà quello che vogliamo > sentenziò Mello.

Amy storse il naso a quell’affermazione. Ma dopotutto si trattava di trovare nuovi indizi su Kira.

< Potrebbe essere un’idea, oppure potrei presentarmi come la ragazza dell’hotel e cercare di instaurare un rapporto con lei, affinchè attraverso essa non riusciremo a mettere le mani su quei dannati registri > cercò di sviare.

< Mi sembra una buona idea, se non altro a te ha già conosciuto, quindi non dovrebbe essere così traumatico quando le svelerai le nostre intenzioni > parlò pacato Matt.

< Svelarle le nostre intenzioni? > chiese sorpresa la rossa.

< Credevo dovesse essere una missione sotto copertura, non sarà rischioso coinvolgerla così tanto? >

< Amy, quella ragazza finirà in un mare di guai in ogni caso, solo per averci fatto avere i registri, e poi non sappiamo se possiamo fidarci di lei. Non credi sarebbe meglio tenerla sotto controllo e nel mentre proteggerla, in caso si rivelasse davvero una giovane innocente? >

Il ragionamento di Matt non faceva una piega.

< E va bene, allora è deciso. Io la avvicinerò, e cercherò di spiegarle la situazione, dopo di che ci faremo portare tutto ciò di cui abbiamo bisogno >

< E se non dovesse accettare? > chiese Mello, che se ne stava beatamente stravaccato a gambe larghe sul divano.

< Fidati, so essere abbastanza persuasiva >

< Oh, ne sono più che certo > ammiccò il biondo.

Matt, per quanto paziente, ne aveva le palle piene di quel continuo flirtare tra i due. Si alzò deciso a tornarsene da dove era venuto.

< Bene, io torno ai miei doveri, quando avete finito di punzecchiarvi fatemi un fischio > concluse dirigendosi verso la porta e chiudendosela con un tonfo alle spalle.

I due si guardarono negli occhi.

< Dovresti smetterla, sai che sta facendo finta di nulla solo perché sei il suo migliore amico e ti vuole bene, ma tu non hai idea i quanto questo lo faccia soffrire > lo rimproverò Amy con occhi bassi.

< E tu dovresti smetterla di far finta di provare qualcosa che ormai non provi più, non sono l’unico qui che lo sta facendo soffrire >

Si alzò dirigendosi in cucina per appropriarsi di una delle sue barrette, avviandosi poi verso la propria stanza.

< Ah e comunque, non c’era bisogno di scervellarsi tanto per trovare un piano alternativo, il mio avrebbe funzionato benissimo. Piuttosto, perché non ammetti che ti infastidisce l’idea che io possa approcciarmi ad un’altra donna > ghignò, scomparendo dietro la porta della camera, che venne chiusa appena in tempo. Quanto bastò al ragazzo per non ricevere un libro in testa.

< Deficiente > mormorò la rossa, lasciandosi cadere a peso morto sul divano.

Clara Smith. Amy sperava con tutta sé stessa che la ragazza non fosse coinvolta in tutto ciò.

A dire la verità, era ancora un po' scettica sul fatto di integrarla nella squadra, con o senza il suo volere. Ma era anche ben conscia che poteva essere un elemento fondamentale per loro.

Dopotutto era ricca, figlia di un chirurgo, e sembrava molto incline ad aiutare il prossimo.

No, non poteva di certo far parte dei cattivi.

D’un tratto le venne in mente un’idea tanto geniale quanto stupida, e si maledisse mentalmente per aver ragionato come lui.

 Si alzò in fretta, andando a chiamare il biondo.

< Sbrigati Mello, ho avuto un’idea >

Il ragazzo si stiracchiò, guardandola incerto.

< Non mi piace quando ti vengono certi colpi di genio >

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Capitolo 15
*** Capitolo XV ***


< Vuoi spiegarmi dove diavolo stiamo andando? > chiese un Mello confuso alla ragazza che camminava a passo spedito verso una meta ancora indefinita.

< Devo assicurarmi di una cosa, e per fare ciò ho bisogno di parlare con quella ragazza >

Il biondo, che ancora non capiva dove volesse andare a parare, si limitò a seguirla fino al garage.

Amy si fermò davanti alla moto del ragazzo, che di rimando la guardò scocciato.

< Immaginavo sarebbe andata a finire così >

Un sorriso malizioso apparve sul viso della rossa.

< Sto iniziando ad avere un debole per questi nostri giretti in moto > lo provocò facendogli l’occhiolino.

< Ruffiana >mormorò tra se e se, mentre montava in sella e se la tirava dietro.

< Come hai intenzione di trovarla? Potrebbe essere ovunque al momento, e non aspettarti che io mi metta a girare la città per una ragazzina >

< Per prima cosa cerchiamo all’hotel dove lavora, se avremo fortuna la troveremo li, altrimenti la rintracceremo attraverso i suoi documenti d’assunzione > spiegò sbrigativa Amy.

< D’accordo >

 

 

La moto partì sfrecciando verso la destinazione sotto gli occhi attenti di un certo detective, che, girando di centottanta gradi la sua sedia, si rivolse al collega più giovane.

< Fortuna che hai installato il dispositivo anche sulla moto, ora non ci resta che capire come ha intenzione di muoversi e tentare di darle una mano > parlò pacatamente portandosi una fetta di torta alla bocca.

< Spero solamente che lei non lo scopra mai >

La voce di Matt era poco più che un sussurro. Sapeva di aver tradito Amy, in un certo senso, ma lo aveva fatto solamente per evitare che la ragazza, data la sua impulsività, si mettesse in una situazione più grande di lei.

In più, il fatto che fosse sola con Mello non lo aiutava certo a stare tranquillo. 

< Non importa, che lei lo voglia o meno, noi la proteggeremo. Non è ancora in grado di pensare razionalmente. La rabbia che prova dentro di se potrebbe esplodere da un momento all’altro, e non sappiamo come reagirà, perciò dobbiamo tenerla sotto controllo. Ho promesso a suo padre che l’avrei protetta, e intendo tenere fede a questa promessa >

L aveva un tono di voce neutro, mentre continuava a mangiare tranquillamente la sua torta.

< Vorrei tanto chiederti cosa ti ha spinto a fare questa promessa al signor Hyland, ma in questo momento la cosa che mi preme maggiormente è riuscire ad aiutare Amy con il suo piano >

Il detective corvino scese dalla sedia, e, infilandosi le mani nelle tasche dei jeans, prese a camminare lentamente verso la finestra.

< Il professore ed io abbiamo avuto un passato di collaborazioni assieme. Conoscevo quell’uomo abbastanza bene da poter affermare con assoluta certezza che era una delle poche persone di cui mi fidavo, e la figlia lo rispecchia in tutto e per tutto. Mi sono inevitabilmente affezionato a lei, perciò non intendo lasciare che metta a repentaglio la propria vita. Però ti avverto Matt, non pensare di riuscire a farla franca. Amy non è stupida, e capirà subito che dietro ad un mio intervento ci deve essere inevitabilmente il tuo zampino. Perciò sii pronto ad accettare qualunque tipo di conseguenza >

Il gamer teneva lo sguardo basso, fissando insistentemente la punta delle sue scarpe.

< Accetterò qualsiasi cosa comporti, ma ti prego, non farla morire > disse ormai rassegnato.

L annuì con la testa, dirigendosi verso la sua postazione di lavoro. Con estrema lentezza prese la cornetta del telefono tra le dita, in quel suo modo bizzarro e inusuale.

< Watari, ho bisogno di un favore >

 

 

< E tu ti saresti spacciata per una cameriera di questo hotel? > chiese Mello guardandosi attorno.

< Sei sicura che questa tizia sia indispensabile per il caso? Non mi sembra brilli particolarmente di intelligenza, non avendo notato che eri, chiaramente, una truffatrice >

< Si lei ci serve, e poi perché non potrei fare la cameriera qui? > chiese Amy con un pizzico di stizza nella voce.

< Perché sei goffa, non troppo simpatica, e assolutamente inadatta a ricoprire questo ruolo > le rispose sorpassandola.

< Ascolta brutto… >

< Amy! >

La voce melliflua di una ragazza le arrivò alle orecchie, impedendole di continuare la frase.

Girò il viso per incontrare lo stesso sorriso che aveva visto poche ore prima sulla carta stampata.

< Che ci fai qui? Mi era stato detto che ti eri licenziata >

Amy aggrottò le sopracciglia. Licenziata? Lei? Qualcosa non quadrava, ma non era quello il momento di preoccuparsi anche di quel problema.

< Ah si… mi dispiace non averti avvertita, ma è successo tutto così velocemente che non ho avuto il tempo di realizzare >

Clara parve non sentire minimamente quelle parole, troppo impegnata a fissare un punto dietro di lei.

< E lui deve essere il tuo fidanzato > cinguettò allegra sorpassandola per porsi di fronte al biondo.

 

Entrambi strabuzzarono gli occhi.

< Sai il signore che è venuto poco fa mi ha detto tutto, mi dispiace per tuo padre, e capisco il bisogno di prendersi una pausa dal lavoro. E poi mi ha anche raccontato di questo bel giovanotto. Tu devi essere Matt, giusto? >

La rossa stava per aprire la bocca e mettere fine a quel malinteso, ma Mello la fermò sovrapponendosi a lei.

< Si sono io, piacere di conoscerti > disse allungandole una mano.

La biondina non ci pensò due volte a stringerla, sotto gli occhi scandalizzati di Amy.

< Scusaci un attimo, dovrei parlare in privato con il mio fidanzato >

Prese il biondo per un braccio, tirandolo lontano quanto bastava per non farsi sentire dalla ragazza.

< Che diavolo pensi di fare? > lo attaccò, cercando di non sembrare troppo alterata avendo gli occhi di Clara puntati addosso.

< Ascoltami, io non so cosa sia successo, ma ho una vaga idea di chi possa aver architettato tutto questo, perciò ora stai al gioco e pensa a come farti dare i registri >

Amy, sospirando sommessamente, gli prese la mano, facendo intrecciare le loro dita e lo trascinò con se.

< Scusaci Clara, è che io e Matt abbiamo alcuni problemi ultimamente >

Quest’ultima sbatté i grandi occhioni blu, guardando prima uno e poi l’altro.

< Oh ma siete così carini, quasi quasi vi offro un tè a casa mia, vi va? > chiese allegra, saltellando quasi come una bambina.

< Veram…> 

< Certo > esclamò Amy rafforzando la presa sulle dita del ragazzo.

< Perfetto, seguitemi >

 

Così i due si trovarono presto all’interno dell’enorme villa della ragazza.

Mello si sedette svogliatamente sul divano in raso, mentre la rossa continuava a guardarsi attorno guardinga.

< Ecco a voi il tè >

La biondina arrivò portando un vassoio pieno di dolcetti e tre tazze fumanti. Ognuno prese la propria e un silenzio di tomba calò nella sala.

Solo quando le tazze furono a pochi centimetri dalle loro bocche Amy decise di agire. Scattò in piedi, facendo cadere contemporaneamente sia il tè di Mello che il proprio, estraendo poi fulminea la Beretta dalla cinta del biondo, puntandola verso la giovane.

Aveva da subito notato qualcosa di strano nella ragazza, non che fosse estranea al suo carattere smielato, ma a differenza dell’altra volta la sua gentilezza pareva molto sospetta. E in più, aveva passato troppo tempo nel laboratorio di suo padre per non riconoscere quell’inconfondibile odore di mandorle amare.

< Che intenzioni hai ragazzina? > chiese la bionda, in un misto tra paura e sorpresa.

< Per prima cosa mi piacerebbe sapere perché hai versato del veleno nel nostro tè, e se posso permettermi, nemmeno uno dei più efficaci. Io personalmente ne avrei usato uno inodore > mormorò minacciosa, tenendo la canna della pistola all’altezza della sua tempia.

< Lo hanno ucciso > crollò in lacrime la ragazza, portandosi le mani davanti al viso.

< Hanno ucciso chi? > chiese, cercando di non farsi impietosire dalla scenata a cui stava assistendo, nonostante tutto ciò le sembrasse molto veritiero.

< Mio padre! Il signore che è venuto a parlarmi oggi ha sequestrato mio padre, e ha detto che se non vi avessi aiutati lui si sarebbe trovato in grossi guai. Ma appena vi ho incontrati mi è arrivato un messaggio in cui mi veniva riferito che mio padre era morto. Dei vostri collaboratori hanno ucciso mio padre e io ho intenzione di vendicarmi > gridò, assomigliando più ad una bambina che a una donna.

< Noi non abbiamo nessun collaboratore > parlò Amy guardando in direzione del biondo, che intanto fissava il pavimento con un’espressione pensierosa.

< Dannazione > sbottò quest’ultimo tutto ad un tratto, alzandosi di scatto e calciando il cabaret affianco a lui.

< Kira ha colpito di nuovo, mentre noi siamo qui a perdere tempo giocando a fare la coppietta felice >

La rossa tentò invano di placare la sua ira, ma l’unica cosa che ottenne fu prendersi svariati insulti.

< Vuoi darti una calmata! > lo prese per le spalle, posizionandosi di fronte a lui.

< Perdere il lume della ragione equivale a facilitare il lavoro a Kira >

< Bene, allora che cosa hai intenzione di fare con questa qui? > disse indicando la biondina, che nel frattempo si era rintanata in un angolo del divano con la testa fra le braccia.

Amy le si avvicinò piano, e con dolcezza le poggiò una mano sulla spalla.

< Ascoltami Clara, mi dispiace tantissimo per la tua perdita, so come ti senti, anche mio padre è morto per mano di Kira. Perciò ora ti chiedo, ti va di aiutarci a mettere dietro le sbarre quello stronzo? >

La ragazza si asciugò le lacrime con il dorso della mano, mentre annuiva debolmente.

< Certo se c’è la possibilità di farla pagare a quel maledetto farò tutto quello che è necessario >

Amy girò la testa verso il ragazzo al suo fianco, scoccandogli un’occhiata vittoriosa.

< Riusciresti a mettere le mani sui registri dell’hotel? É molto probabile che tra gli ultimi clienti ci sia la persona che stiamo cercando. Se non ricordo male si tratta della camera 135 >

La biondina si aprì in un sorriso, saltando in piedi.

< Forza andiamo all’hotel, credo di sapere come averli >

Detto questo prese la borsetta e corse verso la porta, seguita dagli altri due che si guardarono compiaciuti.

L’hotel era quasi deserto a quell’ora, e i tre si accingevano ad entrare nella hall.

< Credi davvero che questa ragazza ci possa aiutare? > chiese un alquanto scettico Mello, mentre Clara si dirigeva a passo spedito verso la reception.

< Avanti abbi un pò di fiducia > lo punzecchiò la rossa, dandogli qualche colpetto sul braccio.

Il biondo roteò gli occhi indispettito, concentrandosi sulla ragazza che adesso stava facendo gli occhi dolci al receptionist.

< Hey Alex posso chiederti una cosa? > chiese civettuola Clara, sporgendosi in avanti mettendo in mostra un pò di mercanzia.

“ Hai capito la ragazza “ pensò Amy, guardando soddisfatta la bionda.

Il ragazzo visibilmente imbarazzato ma anche parecchio interessato, si voltò verso di lei.

< C-certo Clara dimmi pure > 

< L’altro giorno un cliente è stato così gentile da prestarmi la sua giacca durante la cena, ma sono così distratta che mi sono scordata di restituirgliela. Non è che potrei guardare i registri per trovare il suo nome? Vorrei rendergliela e scusarmi personalmente > si sporse ancora più in avanti.

< Ehm non so… se mi dici il numero di stanza provo a vedere cosa posso fare >

< Aspetta >gli mise una mano su una coscia < Ci tengo davvero tanto a farlo di persona > sbatté gli occhioni.

Deglutendo, il giovane si passò una mano tra i capelli, per poi sospirare.

< E va bene, vieni con me, ma fai attenzione non devono scoprirci, altrimenti è la fine per entrambi >

< Certo tranquillo, puoi fidarti di me > disse girandosi per fare l’occhiolino agli altri due.

Amy aveva un sorriso a trentadue denti stampato in faccia. Ci aveva visto giusto, quella ragazza ci sapeva proprio fare. Usare il proprio sex appeal per ricavare informazioni era una tecnica a cui non aveva mai pensato, non ritenendosi poi una così grande seduttrice.

Ma forse non era un’idea del tutto da buttare.

Si girò a guardare il biondo che le riservò un'occhiataccia.

< Che hai da guardare? > chiese brusco.

< Niente stavo solo pensando > restò vaga, continuando a sghignazzare tra se e se.

Dopo qualche minuto Clara fu di ritorno, con ancora il receptionist alle spalle che non accennava a staccarsi.

< Grazie mille Alex, sei stato di grande aiuto > lo liquidò con un lieve bacio su una guancia, lasciandolo li a fantasticare ad occhi aperti.

< Allora? Hai trovato qualcosa di utile? > la apostrofò il biondo non perdendo tempo.

< Certo che ho trovato qualcosa, per chi mi hai presa signor detective >

Amy non riuscì a trattenere una risata.

< Allora vogliamo andare, Clara, signor detective >

Mello sbuffando le prese entrambe per un braccio trascinandole verso l’uscita. 

Nel tragitto che li separava dall’appartamento nessuno dei tre proferì parola. Chi troppo impegnato a rimuginare sulla propria vendetta, chi sul caso, e chi invece, come Amy, sulla situazione in generale.

 

 

 

La porta dell’appartamento si spalancò facendo sobbalzare Matt, che era comodamente coricato sul divano a trafficare con il computer, indossando solo un paio di jeans scoloriti. Cosa che non avrebbe turbato nessuno, se non fosse che era presente un ospite.

Clara arrossì vistosamente alla vista del ragazzo, e la cosa fu reciproca.

< Vado a mettermi qualcosa addosso > affermò il gamer, spegnendo il computer e dirigendosi verso la propria camera.

Tornò poco dopo con un’immancabile maglia a righe, e nel mentre gli altri si erano già accomodati sul divano.

Matt prese posto tra Amy e Clara, rivolgendosi poi a quest’ultima.

< Piacere io sono Matt > allungò la mano verso di lei.

< Clara > gliela strinse con un mezzo sorriso e le guance tinte di rosso.

Si riprese però quasi subito strabuzzando gli occhi e rivolgendosi ai due ragazzi.

< Avete lo stesso nome, non è un pò difficile per il vostro lavoro, per caso avete dei nomi in codice? >

Amy capendo il malinteso si affrettò a chiarire.

< Oh no, scusami ma per motivi che tu puoi ben capire non abbiamo voluto dirti subito la verità. Matt è il ragazzo con la maglia a righe, mentre il signor detective risponde al nome di Mello >

La bionda aggrottò le sopracciglia.

< Aspetta ma quindi il tuo fidanzato è Matt Matt o Matt Mello? >

I due interessati si girarono a guardarla e Amy cercò di cambiare subito discorso.

< Oh non siamo qui per parlare di me, Clara che ne dici di parlarci di ciò che hai scoperto? > la incalzò sperando di uscire da quella situazione imbarazzante.

Clara annuì, prendendo la scena.

< Ho guardato la stanza che mi ha indicato Amy, e ho notato che nell’ultimo periodo è stata prenotata parecchie volte per delle conferenze, sono segnati quasi tutti nomi maschili tranne uno > estrasse velocemente il cellulare dalla tasca.

< Il suo nome è Yami Yugosa, essendo l’unica donna mi sono insospettita e ho cercato più informazioni, ma sembra che qui abbiamo a che fare con un fantasma. Non c’è niente di niente su di lei > disse sconsolata la biondina.

Matt, intenerito dalla ragazza, tentò di confortarla facendole spuntare un piccolo sorriso.

< Non preoccuparti Clara, sei stata di grande aiuto, almeno ora abbiamo qualche indizio in più >

Amy spostava gli occhi dal fidanzato alla ragazza, notando come quest’ultima non facesse altro che arrossire ad ogni sguardo del gamer.

< Bene, direi che a questo punto abbiamo un individuo più che sospetto su cui indagare, ma non dobbiamo perdere di vista il nostro piano, domani sarà il grande giorno perciò dobbiamo essere preparati > disse la rossa alzandosi e iniziando a gironzolare per la stanza in preda ad un misto tra ansia ed euforia.

< Clara tu rimarrai qui con Matt, lui sarà in grado di proteggerti e in più potrai sempre fornirci altre informazioni se dovessi scoprire qualcosa dall’hotel, mentre tu… > si girò verso Mello che la guardava annoiato smangiucchiando la sua cioccolata.

< Tu vedi di comportarti come una persona civile e vatti a studiare un pò di galateo > lo apostrofò tornando a sedersi sul divano.

Il viso del biondo si aprì in un ghigno.

< Rimarrai piacevolmente sorpresa nel scoprire quanto so essere galante >

La ragazza sbuffò non degnandolo di risposta, rivolgendosi invece agli altri due.

< Avete capito tutto? > chiese.

I due annuirono all’unisono, facendo sorridere internamente la ragazza.

Clara poi si alzò, annunciando a tutti che era ora, per lei, di tornare a casa.

< Matt accompagnala tu, non è sicuro per lei girare sola in questo momento > disse Amy, ricevendo un sorriso di ringraziamento dalla bionda.

Il ragazzo annuì, seguendola e uscendo assieme a lei dalla porta.

La rossa fece giusto in tempo a voltarsi, prima che lo sguardo di scherno di Mello la raggiunse.

< Che vuoi? > chiese acida.

< Lo spingi tra le braccia di un’altra donna cosi spudoratamente? >

< No, ma spingerei volentieri te giù dalla finestra in questo momento > disse rivolgendogli un falsissimo sorriso.

< Perciò domani dovremo interpretare una felice coppia di sposini > constatò il biondo.

< Oh ti prego, saremo una coppia sposata, possiamo comportarci  esattamente come facciamo di solito > rispose lei, mentre sistemava i documenti sparsi sul tavolo.

< Stai insinuando che di solito ci comportiamo come una coppia sposata? >

< Smettila di interpretare tutto a tuo piacimento > sbuffò.

Mentre finiva di sistemare gli ultimi i fogli gliene capitò in mano uno veramente interessante.

< E questo da dove salta fuori? > chiese alterata.

Mello si girò verso di lei svogliatamente.

< Sono i risultati delle analisi sul sangue che hai trovato in casa del signor Cotman, ma non è nulla di interessante lascia perdere >

< Nulla di interessante! Ma che razza di detective sei?! Qui c’è un altro nome oltre quello della vittima > sbottò irata.

< Si ma non corrisponde a nessuno dei sospettati, perciò dato che avevamo già una pista ho pensato potesse essere stato un tentativo di depistaggio o quant’altro. Insomma pel di carota se dovessimo concentrarci su ogni particolare insignificante non ci salteremmo più fuori, bisogna focalizzarsi su ciò che abbiamo scoperto e agire al più presto > disse convinto alzando la voce.

< No, no e assolutamente no, ti rendi conto di quello che stai dicendo? Tu sei troppo impulsivo, ecco perché hai quella maledetta cicatrice. Se mi aveste dato questo foglio avrei potuto fare delle ricerche e… > disse bloccandosi, dopo aver digitato il nome dell’individuo sul computer.

< Oh mio dio, quindi è uno di loro > esclamò sorpresa attirando l’attenzione di Mello.

< Di che stai parlando? > chiese curioso.

< Quando sono andata all’hotel la prima volta stavo pedinando un uomo, l’ho seguito fino alla Hall, ma poi si è diretto all’ascensore e non ho potuto più seguirlo. Però quando è entrato ho notato il tizio che vedi su questo schermo proprio di fianco a lui, ma non si sono ne guardati ne parlati, perciò non ci ho dato troppa importanza, e poi, dopo aver scoperto ciò che volevano fare ad L sono rimasta sconvolta e me ne sono andata senza indagare oltre > sospiro affranta.

< Cavolo sono un’idiota, non ho nemmeno avvertito L a causa del mio orgoglio >

Mello rimase sorpreso davanti al crollo totale della ragazza.

< Piantala di frignare > riuscì solamente a dirle.

< Scusami è che sono davvero distrutta, non ce la faccio più. Con tutto quello che è successo con L e i casini con Matt sto impazzendo > ammise sconsolata rialzandosi e avviandosi verso la propria stanza.

< Vado a dormire, ci vediamo domani > mormorò.

Appena fu in camera si buttò distrattamente sul letto, ripensando a tutto ciò che era successo in quel periodo.

La sua sanità mentale stava crollando, ma doveva rimanere lucida fino alla risoluzione del caso. L’indomani avrebbero dovuto darsi davvero da fare per trovare qualcosa di utile e decisivo.

Si tolse velocemente i vestiti, mettendosi sotto le coperte e cercando di prendere sonno. Era di vitale importanza che la sua mente restasse attiva e concentrata. Il piano che aveva elaborato era tanto brillante quanto pericoloso, e non avrebbe permesso che nessuno dei suoi compagni ne uscisse ferito o addirittura ucciso.

In particolare uno di loro. 

Non riusciva a non pensare di star mettendo Mello nei guai.

Ormai non poteva più negare a se stessa i sentimenti che provava per quell’idiota biondo.

< Accidenti > mormorò tra se e se, guardando lo scatolone contenente i vestiti. Domani sarebbe stato il momento decisivo, e l’ansia si stava impadronendo di lei non permettendole di dormire.

Così si alzò velocemente, dirigendosi verso la cucina. Forse con una tisana sarebbe riuscita a darsi una calmata.

Prese dalla credenza una tazza e una bustina di tè, ma non appena si girò per prepararlo la tazza quasi non le cadde dalle mani.

< Mio dio, vuoi uccidermi prima del tempo? > disse facendo comparire un ghigno sul volto del ragazzo.

< Non riesci a dormire pel di carota? > chiese il biondo, sgranocchiando la tavoletta di cioccolato che aveva in mano e poggiandosi con la schiena al muro.

Amy si perse a guardarlo.

Indossava solamente i pantaloni della tuta che, essendo logori e con l’elastico consumato, gli scivolavano sui fianchi magri, lasciando intravedere l’elastico dei boxer neri. Il busto nudo era solcato dal continuo della cicatrice che gli sfregiava il volto.

A volte si chiedeva se Mello fosse consapevole di essere tremendamente sexy.

Nel frattempo il ragazzo era intento a pensare la medesima cosa, osservando la rossa coperta da una misera canotta striminzita e semitrasparente.

< Hai finito l’esplorazione? >

Amy distolse frettolosamente lo sguardo.

< Che diavolo vuoi Mello? > chiese fredda, cercando di nascondere la sua preoccupazione.

< Ti ho fatto una domanda, ma a quanto pare eri troppo occupata a mangiarmi con gli occhi per rispondermi > la provocò.

< Piantala, non sono in vena > disse passandosi svogliatamente una mano tra i capelli.

Mello si sedette su una sedia, cambiando totalmente espressione, avendo intuito cosa impensierisse tanto la ragazza.

< Hey >

Amy si sentì chiamare, prima di essere trascinata sopra le gambe del ragazzo.

< Pel di carota vedrai che andrà tutto bene. Non essere così fifona, non ti succederà niente > le disse scostandole i capelli dal volto.

La mano partì veloce verso il suo viso, venendo però prontamente fermata.

< Idiota, non sono preoccupata per me > disse rabbiosa liberandosi.

< E lo saresti per me? Dovresti saperlo che ho la pellaccia dura, non ricordi che hanno già provato a farmi fuori un paio di volte? >

< Già, e guarda cosa ne hai ricavato > disse alludendo alla sua ustione.

< Eppure non pensavo ti dispiacesse >

< No, non mi dispiace, ma mi piacerebbe saperne l’origine > tentò di estorcergli qualche informazione, ma con scarsi risultati.

< Non è ancora il momento, e in più ora è tardi > 

Amy decise di non insistere, facendosi cupa in volto all’improvviso.

< Mello, ti prego, promettimi che starai attento > disse prendendogli il viso tra le mani.

Il biondo sospirò.

< Se serve a farti stare più tranquilla va bene > replicò con tono stranamente dolce.

Lei fece un mezzo sorriso, e con le mani ancora sul suo viso tentò di avvicinarsi. Mello d’altro canto la bloccò allontanandosi e, dopo averla fatta scendere dalle sue gambe, fece per andarsene, venendo però fermato dalla rossa.

< Ti prego > disse avvicinandosi ancora, ma il biondo la fermò di nuovo.

< Pel di carota ne abbiamo già parlato, non pensare che per me sia facile >

Lei annuì tristemente allontanandosi, e il ragazzo non riuscì a reprimere una piccola risatina.

< Che c’è di tanto divertente? > chiese offesa.

< Nulla scusami, è che sono sempre stato convinto di essere l’unico disperatamente innamorato > 

La rossa sgranò gli occhi, doveva essere davvero stanco per dire una cosa del genere. In condizioni normale Mello non le avrebbe mai parlato così.

< Ti rendi conto di esserti appena dichiarato? >

Lui sorrise.

< Lo so, vai a dormire Clarissa > disse per poi andarsene.

In quel momento il cuore di Amy smise di battere per qualche secondo, dandole l’impressione di essere appena stata vittima di Kira.

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