Il cacciatore di maledizioni

di Riflessi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Le origini del male ***
Capitolo 2: *** Bombe ad orologeria ***
Capitolo 3: *** Come se i ghoul avessero le ali ***
Capitolo 4: *** Sparaschiocco ***
Capitolo 5: *** Due inglesi medi ***
Capitolo 6: *** Amate la vita in mio onore ***
Capitolo 7: *** Il rassicurante portone di casa Potter ***
Capitolo 8: *** Scuse vecchie come Nicolas Flamel ***
Capitolo 9: *** Ogni umana incertezza ***
Capitolo 10: *** Un Doxy per capello ***
Capitolo 11: *** Anche gli elfi hanno dei sentimenti ***
Capitolo 12: *** Il cuore pieno d'Amortentia ***
Capitolo 13: *** Una vita da Mielandia ***
Capitolo 14: *** Chiacchiere da salotto e nobili chiappe ***
Capitolo 15: *** Halleluja ***
Capitolo 16: *** Pantaloni in pelle di drago ***
Capitolo 17: *** Questione di dignità ***
Capitolo 18: *** Mostro dei mostri ***
Capitolo 19: *** Puffole pigmee e gufi postini ***
Capitolo 20: *** Tre gocce la mattina, tre la sera ***
Capitolo 21: *** Mollicci nell'armadio ***
Capitolo 22: *** Come uno snaso lesso ***
Capitolo 23: *** Paraspifferi ufficiale ***
Capitolo 24: *** Le leggi di Murphy ***
Capitolo 25: *** Torta di melassa e cacca di Troll ***
Capitolo 26: *** Pumpkin pie ***
Capitolo 27: *** Sir Malfoy quasi senza testa ***
Capitolo 28: *** Re Artù e le sue folle deliranti ***
Capitolo 29: *** Ippogrifi innocenti ***
Capitolo 30: *** Il filo rosso del destino ***
Capitolo 31: *** Prendere un the, e ribellarsi al sistema ***
Capitolo 32: *** La freddezza del Basilisco ***
Capitolo 33: *** Streghe e maghi famosi ***



Capitolo 1
*** Le origini del male ***



Il Cacciatore di maledizioni
 
Capitolo 1
-Le origini del male-


 

Nurmengard, agosto 1972.

Quell'uomo, ormai, aveva il volto segnato. La stanchezza di ventisette anni di galera aveva scavato occhiaie profonde sul suo profilo un tempo bello; aveva ingrigito la barba, incurvato quell'eterno ghigno malefico, distrutto la sua eleganza sofisticata, e addirittura spento gli occhi... quegli occhi intensi da uomo affascinante e maledetto come solo un mago oscuro poteva essere.

Sbuffò di noia Gellert, passandosi una mano fra i capelli, e riflettendo sulla sua agonia: agonia che non avrebbe mai avuto fine. Era consapevole che in quella cella, vi avrebbe trascorso tutto ciò che gli restava da vivere... era infatti dal lontano 1945 che si rigirava dentro quelle quattro opprimenti mura come un riprovevole figlio di puttana! Proprio lui, sì... Proprio lui che aveva tenuto in pugno il mondo magico. Lui, che aveva vissuto una vita avventurosa, controversa, al limite del possibile...

Perché, beh... Gellert Grindelwald, era stato il mago più potente e pericoloso del mondo magico. Almeno fin quando Lord Voldemort, anni dopo, gli avrebbe strappato a pieno diritto il titolo.

Con un sorriso amaro, ricordò di essere stato proprio lui a costruire la prigione di Nurmengard quando il potere ed il terrore che aveva seminato in giro per l'Europa erano giunti all'apice. E vi aveva rinchiuso dentro qualsiasi mago ribelle, per anni ed anni. Fino al giorno in cui era tornato, per sua disgrazia, il solo ed unico uomo in grado di fermarlo: Albus Silente... che l'aveva trionfalmente sconfitto in un duello epico, un duello di quelli che sarebbero passati alla storia.
E per ironia della sorte, dopo il leggendario scontro che l'aveva visto soccombere, era stato imprigionato proprio dentro il suo stesso carcere, quello di cui lui si era tanto vantato in passato, quello che ancora oggi si innalzava imponente e minaccioso su di uno sperone di roccia scura circondata dal mare. Una fortezza sinistra, di un nero lucente, di difficile accesso e in grado di distruggere tutte le speranze di chi vi entrava.

Grindelwald era stato un uomo a dir poco complesso, ed in nome delle sue fantasie utopistiche, si era macchiato di così tanti crimini, che la comunità magica era convinta non sarebbe mai apparso al mondo, un mago ancor più pazzo...
Ma come la vita ci ha sempre insegnato: non c'è un limite, al peggio. Perché Tom Riddle, fu un assassino di certo molto più sadico di lui...
Un giorno lontano, comunque, Gellert si sarebbe pentito dei suoi peccati. Ma adesso non era ancora il momento.
Non era ancora giunto il tempo di redimersi, e molti anni ancora sarebbero trascorsi prima che il Signore Oscuro volasse sul mare in tempesta per raggiungere Nurmengard con l'unico scopo di farsi dare da lui informazioni sulla bacchetta di sambuco, ed un fascio di brillante luce verde lo avrebbe ucciso in un solo colpo, per essersi rifiutato di collaborare. Eppure Grindelwald, dopo un'esistenza trascorsa a cercare il modo di vincere la morte... di fronte al suo assassino l'avrebbe accolta con serenità, e si sarebbe fatto trovare da essa perfettamente in pace con se stesso, e con il mondo.

Ma non ora.

Improvvisamente, scacciando via pensieri malinconici, Gellert si alzò si scatto dal letto e chiamò a gran voce:
"Guardie!"
Un rumore di passi decisi si avvicinò rapidamente alla sua cella, ed un uomo robusto vestito di nero, si piazzò di fronte a lui, in attesa.

"Mi annoio. Procuratemi una tela, colori e pennelli." Disse il mago, in tono di autorevole comando.
Il carceriere sollevò un sopracciglio tra lo stupito e lo scettico, poi però annuì con un gesto secco del capo e si allontanò. In fondo anche un mago oscuro, in quanto essere umano, aveva il diritto di usufruire a piacimento del proprio lungo ed ozioso tempo...

Ma era il 1972. Ciò che Grindelwald avrebbe fatto con quei tubetti di colore, avrebbe avuto conseguenze devastanti ben oltre la sua morte...

 
***
 

Scozia, ottobre 2008.

Non aveva mai visto un'alba più tetra di quella Draco, che bestemmiava a denti stretti mentre tirava su il cappuccio del mantello, per proteggersi dall'umidità della brughiera. La nebbia aveva avvolto i prati, soffocato ogni suono, spento la tenue luce del sole mattutino... ed in lontananza, la città babbana di Inverness non si vedeva più, completamente inghiottita dalla bruma.

"Ma chi me l'ha fatto fare..." Grugnì tra sé e sé, e prese a calci un sassolino, che rotolò lontano facendo scappare uno scoiattolo rosso. Quell'attesa inutile lo stava innervosendo, o forse invece, era l'atmosfera funerea ad angosciarlo, lui che già di suo era un incredibile codardo. Sì! Perché almeno nell'intimo silenzio della sua mente, Draco poteva ammetterlo ogni volta che voleva!
Sorrise amaramente, con la solita ombra di disprezzo verso se stesso a deformargli i lineamenti perfetti del viso: lui era Draco Malfoy, il pavido piccolo uomo che aveva provato a redimersi giocando a combattere la magia oscura, ma che invece aveva finito per diventare ridicolo. Ancora. Di nuovo. Come sempre.
E la rabbia, per ciò che nessuno riusciva mai a capire di lui, divampò per l'ennesima volta, convincendolo di avere addosso una sorta di maleficio, che impediva alla serenità di posarsi sul suo capo e placarne i tormenti dell'anima.

Uno stormo di corvi gracchianti si levò all'improvviso fra la nebbia, spezzando il silenzio cupo degli altipiani scozzesi. Draco sgranò gli occhi, in allerta... e mentre cercava di vedere qualcosa in mezzo a quelle fumose volute biancastre, apparvero in lontananza delle piccole figure che sembravano precipitarsi verso di lui. Strinse violentemente la bacchetta fra le dita tremanti, e quando riuscì a mettere a fuoco, riconobbe dei fottuti berretti rossi dalle facce orrende e gli occhi iniettati di sangue. Ad occhio e croce, erano almeno una trentina.
"Cazzo..."
Draco allora iniziò a correre disperatamente, pregando Merlino di salvargli la pelle. Saltò cespugli di erica selvatica respirando con affanno, inciampò in un paio di piccoli speroni rocciosi che spuntavano dal terreno, cadde rotolando, si rialzò imprecando, e lanciò dietro di sé un numero imprecisato di Stupeficium, nella speranza di schiantarne un po'.

Berretti rossi. Le sanguinarie creature che abitavano le rovine dei castelli scozzesi.
Non li aveva messi in conto, maledizione.
Durante la corsa sfrenata, Draco provò pure a girarsi, ed impallidì quando si rese conto che quei bastardi avevano diminuito le distanze. Digrignò i denti, mentre il cuore pompava scatenato... ma incredibilmente, uno di quei raccapriccianti nani, lo sorpassò quasi senza vederlo, continuando a correre come se avesse un esercito di Troll alle calcagna.
Così, Draco si fermò di colpo sbilanciandosi in avanti, sconcertato; altri berretti rossi lo superarono grugnendo, e solo in quel momento, cercando di contenere il fiatone della corsa, capì che stavano scappando anche loro. Scappando da qualcosa alle loro spalle...
Un gelo pauroso lo invase, e con la lentezza tipica del terrore, Draco si voltò indietro, verso l'ignoto. Ai suoi occhi grigi apparve una gigantesca massa oscura che avanzava ad una velocità impossibile, fluttuando a mezz'aria.
Vide solo questo, prima che quel globo fatto di denso fumo nero lo travolgesse, scaraventandolo a terra.

Poi... tutto si fece buio, nella sua testa.

 
***
 

Nurmengard, agosto 1972.

Il riverbero delle candele proiettava una tenue luce aranciata sulle pareti in pietra della cella di Gellert Grindelwald che, ormai da ore, era impegnato a muovere con attenzione il pennello sulla superficie ruvida di una tela. Studiava attentamente l'effetto dei colori pastosi che scorrevano sulla fitta trama, il modo in cui si mescolavano sfumandosi, l'odore che emanava l'olio di lino, e la forma che i suoi soggetti stavano via via prendendo. Intanto, sussurrava impercettibili parole latine, ripetendole infinite volte, come una litania, sprigionando la propria incontenibile magia senza l'aiuto di alcuna bacchetta, a dimostrazione che il suo straordinario dono gli scorreva prepotente nelle vene, e che nessun incantesimo neutralizzante, alcuna barriera, limite, o restrizione posta in quella prigione, poteva fermare il mago oscuro più potente del secolo.
Gellert si fermò un momento ad osservare il lavoro svolto e poi, gettando un'occhiata rapida verso il lugubre corridoio per controllare che la guardia fosse ben lontana dalla sua cella, si affrettò a mordersi un'unghia, sputandola a terra. Il suo viso si contrasse in una smorfia di dolore, ma il sangue che fuoriuscì dalla carne esposta, gli fu prezioso per proseguire l'opera. Tre gocce di denso liquido vermiglio infatti, caddero sulla tavolozza e vennero mescolate perfettamente ai colori. Dopodiché, il prigioniero riprese a dipingere bisbigliando incantesimi.

Quella sera, a Nurmengard, all'insaputa del mondo, Gellert Grindelwald proiettò una parte di sé, della sua magia e dei suoi ideali folli, dentro un quadro, senza poter immaginare che quella parte di sé, gli sarebbe sopravvissuta per anni...

***
 

Scozia, ottobre 2008.

Quando Draco aveva riaperto gli occhi, feriti dalla luce del sole splendente, si era guardato attorno spaesato. Le Highlands stavano salutando il nuovo giorno con la loro sconvolgente bellezza selvaggia; la nebbia si era diradata, gli animali erano andati a cercare cibo altrove, e non c'era nessuna traccia di creature magiche.
Lui però, stava tremando in modo convulso, e si sentiva gelato fin dentro le ossa, come se qualcosa lo avesse investito in pieno, trapassandolo da parte a parte. Draco allora si ricordò di quell'indefinibile essere oscuro, che pareva fatto di fumo nero e non sembrava né uomo né animale, e della violenza con cui l'aveva scagliato sul prato, lasciandocelo svenuto per almeno un'ora, a giudicare dal sole luminoso ed il cielo sgombero.

Si strinse febbrilmente nel mantello, lottando contro una fiacchezza incredibile e un capogiro improvviso.
Prima di partire per la Scozia, Draco aveva già fatto i conti con la certezza che non gli sarebbe stato per niente facile affrontare quel mostro, perché stavolta sapeva che non avrebbe avuto a che fare con un semplice oggetto maledetto come quelli che studiava nella penombra della sua stanza segreta, ma con qualcosa di VIVO, che si muoveva, reagiva, pensava. Ed era assolutamente sicuro anche di non esserne all'altezza: non ne aveva le capacità ma, soprattutto, non ne aveva il coraggio. In fondo... era scappato come un vigliacco solo per aver visto dei berretti rossi corrergli incontro! Figurarsi!

Purtroppo eroi si nasce, non si diventa.
Anche se gli eroi, a parer suo, nascevano, oltre che con il talento, anche con un pacchetto di botte di culo pronte da usare al momento opportuno! Come Potter, ad esempio, che si era costruito la fama di paladino della giustizia solo grazie ad una fortunata serie di coincidenze, e alla genialità della sua amica che, in quegli anni, come una piccola madre l'aveva guidato nelle scelte, e l'aveva consigliato nelle azioni da compiere, evitandogli il peggio in svariate occasioni.
Hermione Granger...

Sospirò, come se all'improvviso gli si fosse aperta una voragine in mezzo al petto, e subito dopo imprecò contro Merlino, senza sapere neanche bene il perché, poi... con fatica, si inghinocchiò recuperando la bacchetta caduta sul prato umido. Se le forze glielo avessero permesso, se ne sarebbe tornato nel Wiltshire, e quella creatura vagante per le Highlands scozzesi sarebbe potuta andare tranquillamente a farsi fottere, per i suoi gusti! Non voleva più umiliarsi in quel modo, non gli interessava.

Ma perché!?! Si domandò fra sé e sé. Ma perché non ricominciava a vivere la sua irrilevante vita da aristocratico snob, dentro la sua enorme villa, a badare agli affari di famiglia e a leggere libri proibiti, piuttosto che continuare ad inseguire il MALE nel tentativo di distruggerlo? Era stanco! E poi tutto ciò, non gli dava più neanche la soddisfazione di una volta!
Quando aveva cominciato a collezionare manufatti oscuri per annientarli, dieci anni prima, era stato animato da una violenta voglia di riscatto, come se in quel modo avesse potuto cancellare i peccati della sua anima nera. Ma col trascorrere del tempo, era subentrata gradualmente una sorta di amara consapevolezza, fino al momento esatto in cui si era definitivamente accorto che, in fondo, era tutto inutile!
In quei lunghi anni di redenzione e di isolamento, a cosa era servito cercare a tutti i costi di essere diverso? A cosa era servito tentare disperatamente di convincere gli altri che lui era diventato un uomo migliore?
A niente. Assolutamente a niente. Perché, nonostante i suoi sforzi, NESSUNO aveva mai cambiato opinione su di lui. Sì... Draco si era pentito dolorosamente, aveva chiesto perdono, si era dannato nella solitudine, aveva sopportato sulle proprie fragili spalle il peso insostenibile della colpa, aveva perfino aperto il suo cuore a qualche cosa che pensava fosse bello, eppure... quando camminava per strada sentiva ancora bisbigliare la gente, vedeva ancora sguardi di sufficienza nella sua direzione, provava ancora difficoltà ad immergersi nella vita della comunità magica, e per ogni cosa che faceva, compreso provare ad amare una donna come un uomo qualunque, era guardato con sospetto.

Così, mandò rabbiosamente a fanculo tutto e, cancellando dalla mente quelle riflessioni inutili, concentrò i pensieri sulla sua bella casa con ferma volontà, lasciandosi risucchiare violentemente dallo spazio che prima aveva riempito con il suo corpo febbricitante.

Rovinò sul tappeto di morbida lana nel grande salone del maniero, ansimando per la fatica e cercando di resistere ai conati di vomito provocati da un capogiro sempre più violento. Tossì un paio di volte poi, con estremo sforzo, chiamò a denti stretti il suo elfo domestico.
Toby si presentò dopo un secondo esatto, con in mano il piumino che stava usando per spolverare il grande lampadario della biblioteca, e spalancò gli occhioni scuri, di fronte all'uomo a terra.
"Pa-pa-padrone! Cosa vi è s-successo?"
Ma Draco si asciugò il sudore gelato sulla fronte senza rispondere.
"Vado ad avvisare Signor Lucius!" Disse l'esserino, preoccupato.
"NO!" Si precipitò a ribattere il mago.
"Ma... M-Ma padrone! V-Voi state male!" E Toby, come un buon elfo domestico che si rispetti, lasciò cadere il piumino polveroso e cominciò a tirarsi le orecchie.
"T-Toby!" Disse Draco, con estremo sforzo: "Chiama lei!"
E provò ad alzarsi, accasciandosi di nuovo a terra.
L'elfo lasciò andare immediatamente la presa dalla punta delle orecchie, sbalordito dalla richiesta. Aveva capito subito a CHI il padrone si riferiva, ed anche se con un po' di timore, ebbe comunque l'ardire di rispondergli:
"Ma... Ma LEI ha detto che non vuole vedervi, padrone!"
"Ti ho detto: CHIAMALA!" Lo zittì Draco, tremando di febbre.

Era il primo pensiero che gli si affacciava alla mente ogni volta. Ogni dannata volta che ne aveva bisogno. Non poteva evitarlo, anche se sapeva che l'avrebbe fatta incazzare. Draco la sentiva legata a sé da un invisibile e sottilissimo filo, che era fatto d'amore e tormento.
E nonostante la convinzione che sarebbe stato inutile anche stavolta, sospirò di sollievo, quando vide Toby risucchiato dal turbine della smaterializzazione, obbligato, nonostante tutto, ad ubbidire ai suoi ordini.

 
***
 

Città di Londra, ottobre 2008.

"Allora, Signor Burner! Lei continua a professarsi INNOCENTE! Conferma?"
Il prigioniero seduto sul bordo della sedia al centro del tribunale magico si guardò attorno con aria di sfida, e pronunciò un SI deciso.
L'uomo che lo stava interrogando invece, riprese un po' esasperato a parlare ad alta voce, per farsi sentire distintamente da tutti i componenti del Wizengamot:
"La sua bacchetta è stata trovata sul luogo del delitto, ed il Prior Incantatio effettuato dagli Auror ha rivelato come ultimo incantesimo effettuato, un Avada Kedavra! Come ce lo spiega, Signor Burner?"
Seguì un breve silenzio, spezzato infine da una spavalda replica:
"Mi avvalgo della facoltà di non rispondere!"

Un brusio intenso si levò automaticamente all'interno della sala, e la Signorina Granger ne approfittò per trascrivere i botta e risposta tra il prigioniero e lo stregone Capo del Wizengamot con la sua solita precisione maniacale.
Quel giorno Hermione era lì perché, come capo dell'ufficio applicazione della legge sulla magia, aveva il dovere di presenziare ai processi che riguardavano direttamente i casi affidati al suo dipartimento. Le schiaccianti prove di colpevolezza inoltre, erano state fornite da lei in prima persona, che aveva indagato per lunghi mesi sull'omicidio e quindi, da scrupolosa dipendente del Ministero, non si sarebbe persa per niente al mondo la sentenza che avrebbe messo definitivamente dietro le sbarre Jonathan Burner, l'assassino della piccola Alyssa, la figlia di undici anni che aveva l'unica colpa, agli occhi folli del padre, di essere una maganò.

Mentre lavorava, uno strattone violento alla manica della sua giacca elegante la fece sobbalzare, e la piuma con la quale stava scrivendo scivolò sulla pergamena lasciando un visibile sfregio d'inchiostro blu fra le righe. Alcuni maghi si voltarono incuriositi poi, con noncuranza, ripresero a sussurrare fra loro sulla colpevolezza dell'imputato.
Hermione guardò in basso, ma quello che vide le fece roteare gli occhi al soffitto per l'esasperazione. Finse di non aver notato niente di strano e, con indifferenza, iniziò a far sventolare discretamente la sua bacchetta, per rimediare al disastro compiuto sul documento che stava redigendo... Tuttavia, prima di riuscire a concludere decentemente l'incantesimo, si sentì strattonare per la manica una seconda volta. Aggrottò le sopracciglia, e sbuffando portò finalmente l'attenzione sul piccolo elfo domestico che la stava silenziosamente chiamando con un'aria impaziente ed allarmata.
"Toby!" Sussurrò irritata Hermione, per non farsi sentire da tutta la stanza: "Che diamine ci fai qui? Lo sai che non potresti entrare senza un valido motivo!?"
Toby però, si appese alla sua giacca senza rispondere, con la visibile intenzione di farla uscire dall'aula giudiziaria. Un paio di streghe accanto a loro osservarono la scenetta con un sopracciglio sollevato a mò di rimprovero ed Hermione, guardandole di sottecchi, si vergognò così tanto, che arrossì fino alla radice dei capelli.

"Deve venire alla Villa, signorina!" Bisbigliò Toby esasperato, continuando a tirare il tessuto.
"Ma stai scherzando, Toby!? Assolutamente no! Ho da fare! E poi... i-io non... non voglio vederlo!" Sbottò lei, sottovoce.
"Sì, invece!"
"No!"
"Ma padrone chiede di lei, signorina!"

Il processo continuava a svolgersi, mentre il battibecco sussurrato tra Hermione Granger e l'elfo domestico di Draco Malfoy, raggiungeva le vette più alte del ridicolo.
"Toby, ascolta! Lui non è un bambino di cinque anni. Deve imparare una buona volta che non basta mettersi a frignare, per ottenere ciò che vuole!"
L'esserino roteò gli occhi, prima di riprendere: "Sì, ma lei ora deve venire! Per forza!"
Hermione depositò la bacchetta sul banco, evitando lo sguardo esasperato dei colleghi attorno a lei, e si piegò all'altezza dell'elfo:
"Devi riferire al tuo padrone che io non sono il suo giocattolo! Solo quando si deciderà a mettere da parte orgoglio e presunz..."
"STA MALE, SIGNORINA!" Sussurrò Toby più forte che potè, interrompendola bruscamente.
"C-Cosa?!" Balbettò la ragazza, interdetta.
"Padrone sta male, e lei deve sbrigarsi!"
Hermione, a quel punto, realizzò che l'urgenza negli occhioni allarmati di Toby, non poteva essere una scusa, e non dubitò più delle sue parole. Che poteva esser successo? Lui era malato? Aveva avuto un incidente? Era grave? Si alzò di scatto dalla sedia, improvvisamente agitata, e chiese in tono turbato a Melanie Jeff, la strega che l'affiancava, di proseguire gentilmente il lavoro al suo posto.
Poi, prese per mano Toby e corse via, facendo inciampare il piccolo elfo sui suoi stessi passi, fino a raggiungere i grandi camini dell'Atrium, dove si smaterializzarono via dal Ministero... e via da Londra.



Continua...



 

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Capitolo 2
*** Bombe ad orologeria ***


 
Capitolo 2
-Bombe ad orologeria-


 

Nurmengard, agosto 1972

Gellert avvicinò una candela al quadro incompleto, per controllare i dettagli del suo operato. Un guizzo divertito passò velocemente nei suoi occhi quando captò, sulla tela, alcune mani che si poggiavano sul vetro della finestra appena finita di dipingere. Quei palmi erano apparsi da soli, e nel giro di qualche secondo erano spariti per andare a poggiarsi in altri punti, volatilizzarsi e riapparire ancora, in posti diversi.

"Lavoro perfetto!" Constatò, soddisfatto. Così, Gellert prese un grosso respiro e ricominciò a dipingere, sussurrando i suoi oscuri incantesimi. Si adoperò con impegno, circondato dalla solitudine, e trascorse un buon quarto d'ora prima che qualcuno arrivasse a disturbarlo.

"EHI, TU!"
Una voce forte fuori dalla sua cella lo fece sobbalzare improvvisamente. Apparteneva al carceriere, che si era piazzato di fronte alle sbarre con le gambe larghe e le mani sui fianchi:
"Tutto bene lì dentro? Cos'è che vai farneticando a bassa voce?" Gli disse, sospettoso.

Gellert era rimasto girato verso la sua tela, fingendo di ignorare la domanda diffidente della guardia, e continuò pure a dipingere, indugiando per un lungo momento nel silenzio. Infine, scoppiò a ridere di una risata inquietante, e rispose sarcasticamente:
"I tuoi superiori non ti hanno spiegato che i prigionieri, dopo anni di carcere, impazziscono? E che il primo sintomo della follia è proprio iniziare a parlare da soli?"

La guardia allora, senza trovare le parole per ribattere a quella verità incontroveribile, non potè fare altro che riprendere il suo giro di ronda, allontanandosi dalla cella di Grindelwald in un rimbombare di passi.

 
***


Wiltshire, Inghilterra. Ottobre 2008.

Quando Hermione arrivò a Villa Malfoy, trovò Draco accasciato sul tappeto del salone con la schiena appoggiata al muro, e l'aria di chi non aveva forze neppure per respirare.
Vacillò per un secondo, soffocando un urletto impaurito, poi si precipitò su di lui, che aveva il viso bluastro e terribilmente sudato.
"Oh mio Dio Draco! Che hai? Che ti è successo? Come ti senti?" Gli chiese ansiosamente, mentre si affrettava a slacciare il mantello che lui portava addosso. Draco sollevò lo sguardo con fatica, e sorrise brevemente, riconoscendola.
Hermione provò ad attendere una risposta, nel frattempo che malediceva le loro stupide incomprensioni; e gli sbottonò, tremando, i primi bottoni della camicia, nel vano tentativo di farlo respirare meglio. Ma la risposta che aspettava, non arrivò. Allora si fece irrequieta: "Draco! Vuoi rispondermi per favore?" E gli afferrò il viso con entrambe le mani, per obbligarlo a guardarla.
Lui sospirò con sforzo, ed infine pronunciò a voce bassa:
"S-Sei tornata..."

Era trapelato una sorta di stupore felice, in quello che Draco le aveva detto. Ed Hermione, dimenticando per un momento la domanda che gli aveva rivolto, sentì all'improvviso una fitta violenta al centro del cuore, mentre i suoi occhi avevano preso a brillare emozionati. Sorrise, accarezzando amorevolmente il viso febbricitante di lui: "Certo che sono tornata, sciocco! Cosa credevi?"
Lo baciò con estrema delicatezza sulla fronte, e gli sfiorò il naso con il proprio. Poi, sospirò.

Era una settimana che non si vedevano, e Draco gli era mancato tantissimo. Hermione l'aveva allontanato perché era troppo orgogliosa per rimangiarsi parole dette nella rabbia dell'ennesima discussione. E quindi si era ostinata a mantenere il punto, per non ammettere di aver sbagliato.

Ma bisognava pur confessare che il loro rapporto, in realtà, non era MAI stato semplice.

Quando, finita la brutta faccenda del bracciale maledetto dei Belby, avevano deciso di provare a frequentarsi, lei e Draco erano incappati subito nelle prime difficoltà...

Erano trascorsi esattamente cinque mesi dal giorno in cui lui le aveva messo in mano quel sacchetto di velluto rosso, in un gesto muto che aveva parlato più di un milione di discorsi ragionati. Mesi durante i quali non avevano fatto altro che provocarsi continuamente, bisticciare, infastidirsi, e mettere il muso per le cose più cretine. Sembrava ci provassero quasi un gusto perverso a farsi del male a vicenda ed in quel modo sottilmente astioso! Era un continuo rivendicarsi reciprocamente le proprie diversità.
Eppure... nonostante ciò, Hermione continuava a provare un sentimento inspiegabile nei confronti di Draco: un sentimento intenso, contorto, difficile da catalogare; talmente violento che aveva il potere di toglierle le energie e farle schizzare l'adrenalina alle stelle! E si era pure accorta, col passare del tempo, che quell'odio intenso che li aveva animati in passato, mescolato all'energia del loro amore inaspettato, aveva creato un mix micidiale, una bomba ad orologeria pronta ad esplodere in ogni istante. Un ordigno complesso che, insieme, avevano provato ogni giorno a disinnescare, lottando contro il divario abissale dei loro caratteri, contro il pregiudizio della gente, contro due visuali del mondo totalmente diverse.
Finché la bomba, ovviamente, era esplosa...

"Allora? Mi dici cosa ti è successo?" Lo incalzò, con la voce molto più determinata di prima, scegliendo di lasciar da parte i suoi pensieri sciocchi.

Draco, a quel punto, cercò di raddrizzare la schiena per mettersi seduto meglio, e fece una smorfia mezza scocciata che lasciò trasparire il fastidio, oltre ad una buona dose d'imbarazzo per via delle spiegazioni che, inevitabilmente, avrebbe dovuto darle:
"P-Prima ordina a Toby di... chiamare i-il medimago di famiglia!"

Hermione si affrettò ad esaudire la richiesta, ma quando provò ad aprire bocca per tornare a domandargli cosa diavolo avesse combinato, lui la interruppe sputando di getto:
"Io... I-Io sono stato travolto da un Obscurus, in Scozia..."

 
***
 

Diagon Alley, Ottobre 2008.

"A cosa diavolo sarà interessata, quella donna?"
Si domandò Lucius Malfoy ad alta voce, mentre passeggiava a braccetto con la moglie, evitando con cura di avvicinarsi, anche solo lontanamente, a Nocturn Alley. D'altronde bastava poco per dare alla gente il pretesto di mettere in giro la voce che la famiglia Malfoy ancora frequentava posti equivoci...

"La nobiltà? La nostra ricchezza? Il patrimonio immobiliare? Il nome? Cosa? Cosa può interessarla?" Proseguì incessantemente nei suoi ragionamenti, per poi esclamare, snervato: "Se fosse solo per i soldi, non sarebbe un problema! Potrei provare a corromperla con qualche sacco di galeoni!"
A quel punto, stufa di sentirlo pronunciare assurdità, Narcissa Malfoy intervenì:
"Ma figurati, Lucius!" E sbuffò, piegando i lineamenti del volto in una smorfia a metà tra il divertimento e l'esasperazione.
Lui la guardò male ma, riflettendo per qualche secondo, ammise:
"Beh... forse hai ragione. Obiettivamente il nostro nome non credo sia così interessante per lei! In fondo... ha già il suo!" E terminò il monologo, con un ghigno schifato: "Ormai è così famosa che hanno addirittura spalmato la sua faccia sulle figurine delle cioccorane!"

Narcissa prese un grosso sospiro e scosse il capo, appoggiandosi al braccio del marito per continuare a passeggiare:
"E' l'amore che prova per lui, ad interessarla... Lucius!"

L'uomo dai lunghi capelli di ghiaccio guardò la moglie scandalizzato, mentre lei aveva ripreso a parlare, indifferente: "Solo l'amore. E contro quello non puoi vincere, caro! Sappilo!"
Dalle narici dilatate di Lucius Malfoy, che odiava non poter ribattere in modo sensato ad un'affermazione della moglie, iniziò a trapelare chiaramente del nervosismo:
"Narcissa!" La ammonì allora con tono indignato. "Ma tu ti rendi conto che tutto questo non ha senso? E' una follia! Ed è ancora più assurdo il fatto che TU, in tutta calma, stia ferma a guardare che una... u-una... BABBANA DOTATA DI MAGIA soggioghi completamente quel cretino di TUO figlio!"

La donna socchiuse gli occhi esasperata, e si domandò perché... perché ad una certa età tutti gli uomini fossero destinati a rimbambirsi invariabilmente, ineluttabilmente, e senza distinzione di razza, intelletto, o ceto sociale. A rimbambirsi e a diventare dei formidabili rompicoglioni petulanti.
Erano mesi che lui apriva sempre lo stesso discorso, e che le ripeteva le stesse, identiche cose. Ed erano mesi che lei rispondeva nel medesimo modo. Quasi ogni giorno si consumava il teatrino del padre indignato per le scelte del figlio, e della madre comprensiva che tentava di giustificare il tutto per evitare litigi irreparabili.

"Nostro figlio ha quasi trent'anni, Lucius! E dubito fortemente che rinuncerà a quella ragazza per volere tuo! Anzi, sai bene com'è fatto!!! Se la terrebbe anche solo per farci dispetto! Sono finiti i tempi in cui Draco faceva di tutto per compiacerti."
"Io invece sono convinto che ci sia qualcosa, sotto tutta questa storia!" Scattò l'uomo. "Possibile che il dubbio non venga anche a te?"
Lei lo guardò costernata, senza capire: "Dove vuoi andare a parare, Lucius?"
"Ma dai! Quei due hanno passato la vita ad odiarsi, ad insultarsi, a schifarsi senza pudore..." E cominciò a battere più violentemente il bastone da passeggio sui ciottoli di Diagon Alley per l'irritazione, finché riprese: "E adesso invece?!" Allargò le braccia con fare sarcastico: "Improvvisamente, Draco la guarda come se fosse una veela!"
Il tono gli si fece più duro quando affermò con sicurezza: "Lo ha ammaliato, incantato, gli ha fatto bere chissà quale pozione! E' chiaro come il sole, che lui non è in sé! E' diventato un imbecille, ma l'hai visto?!"

Narcissa rimase in religioso silenzio, senza avere il coraggio di dire al marito che... che beh... quello era semplicemente l'effetto dell'amore. E non era alcun filtro, pozione o malia, a rendere suo figlio un tale concentrato d'idiozia.
Le sue considerazioni mentali però, furono bloccate dal borbottare sempre più stancante di Lucius:
"Se mio figlio fosse in possesso di tutta la sua ragionevolezza, non farebbe mai una cosa simile, ne sono convinto, Narcissa! E quando un giorno si riprenderà da questo sortilegio malefico, si incazzerà con noi per non essere intervenuti! Si sentirà disgustato da ciò che ha fatto contro la propria volontà! Ci rinnegherà, per averlo lasciato in balia degli incantesimi di quella... quella NATA BABBANA!"

Narcissa sgranò gli occhi, guardandosi un momento attorno con aria terrorizzata poi, a bassissima voce, lo rimproverò:
"Ma sei scemo? Abbassa il tono! Vuoi farti sentire dalla gente mentre fai ancora questi discorsi razzisti dopo dieci anni? Eh? Vuoi farti sbattere definitivamente ad Azkaban, stavolta?"
Lucius incassò il colpo senza ribattere, e negò con il capo, sospirando di rassegnazione. In verità ci provò, anche se con poca convinzione, ad aprire bocca, ma la moglie non lo fece parlare:
"Zitto! Non ribattere! Ed in ogni caso, non ricominciare con questa storia che Draco è impazzito solo perché si è innamorato di una donna, per piacere!"
"Sì ma..."
"Niente ma, Lucius!" Lo interruppe la moglie. "Adesso ascoltami!" E si fermò sul marciapiede puntando il dito sul petto dell'uomo, anche se mantenne il tono bassissimo per non farsi sentire dai passanti:
"Hermione Granger a me non piace... esattamente come non piace a te! Su questo siamo d'accordo. E anch'io, onestamente, avrei preferito un'altra, accanto a Draco. Una ragazza di buona famiglia, con una dote, capace di muoversi in società, e con una conoscenza perfetta dell'etichetta e del galateo per risultare beh... quanto meno presentabile."
Sospirò affranta, e riprese: "Purtroppo, Merlino non ci ha voluto dare questa soddisfazione. E non possiamo farci nulla, Lucius! Non. Possiamo. Farci. Nulla. Quindi... prima ci arrendiamo a questa ineluttabile fatalità, e più presto smetteremo di angosciarci!"
La donna aggrottò le sopracciglia, senza sapere bene come concludere il discorso: "Ora, se le cose fra loro due dovessero evolversi in... i-in... beh... ecco... in..."
"Oooh, ti prego Narcissa! Non dirlo, mi vengono i brividi!" La interruppe sullo stesso tono sommesso il marito, che riprese a passeggiare a braccetto con lei.
"Lucius..." Esalò stancamente lei, anche se poi non proseguì.

Rimasero in silenzio per un po', camminando senza meta e senza badare al caos di Diagon Alley, alla gente che si affrettava nel fare compere, ai ragazzini che si rincorrevano sui marciapiedi, ai Goblin che uscivano dalla Gringott per la pausa pranzo.

"Sporcare una linea di sangue pura da secoli mi fa tremare, sai?" Riprese d'un tratto Narcissa. "E spesso mi domando cosa abbia fatto di male, per meritarmi ciò! Ma poi... mi metto a ragionare e capisco che, in realtà, qualcosa di male l'ho fatta eccome: quella storia del Signore Oscuro, dei nostri ideali, il periodo buio nel mondo magico, la battaglia, i morti... E allora, sono costretta ad ingoiare il rospo, ed accettare quello che sta succedendo come una sorta di punizione divina per i peccati che abbiamo compiuto."
Inspirò forte, e poi rilasciò lentamente tutta l'aria incamerata, senza guardare mai negli occhi il marito.
"Una vita intera a disprezzare i babbani ed i sanguemarcio nella convinzione di essere superiori, e poi..." Non terminò la frase. Le faceva troppo male.
"Mi ci vorrà del tempo per adattarmi all'idea di vederli insieme, Lucius! E chissà, forse non mi abituerò mai completamente... Ma devo accettarlo! E sai per quale motivo? Eh?! Perché io non dimenticherò mai gli anni difficili che ha vissuto nostro figlio dopo la guerra, ed il dolore che mi sopraffaceva ogni volta che Draco stava male, che era disperato, impaurito, arrabbiato con il mondo, chiuso nella sua solitudine malinconica, odiato da tutti. No, non lo dimenticherò! Quindi... in tutta onestà, vederlo finalmente riaprirsi alla vita e all'amore, mi rende piena di gioia! E non mi importa assolutamente nulla se la ragazza che è riuscita nell'impresa quasi impossibile di prenderlo per mano e tirarlo fuori dal baratro, si chiama Hermione Granger! Lei è riuscita a farlo sorridere di nuovo dopo tanto tempo, lo ha strappato dal suo doloroso isolamento, gli ha ridato la speranza, e... tanto basta!"

Durante questo sfogo, Lucius Malfoy era rimasto zitto tutto il tempo. Per quanto desiderasse ardentemente che quella ragazza lasciasse in pace suo figlio, non aveva cuore di obiettare per davvero al ragionamento di sua moglie perché... beh... sapeva che lei aveva ragione. Punto.
Certo è, che non si sarebbe mai arreso come Narcissa all'idea di vederli insieme, ma avrebbe sempre pregato tra sé e sé che qualcosa prima o poi potesse allontanarli, ristabilendo così l'ordine naturale delle cose. I suoi pensieri però sfumarono gradualmente, finché la voce della moglie si infilò ancora nelle sue orecchie:
"Forse il mio è un discorso terribilmente egoistico, Lucius! Di quell'egoismo tipico della madre che vuole vedere il proprio figlio felice a tutti i costi. Ma i fatti sono questi, ed io non ho più intenzione di sentirti riprendere ancora, ancora e ancora, questa conversazione inutile e pesante..."

 
***
 

Wiltshire. Inghilterra.

"Un Obscurus????" Esclamò Hermione, allibita. "Stai scherzando, vero?"
Lui non rispose, e dopo una breve ed inutile attesa, lei inspirò rumorosamente, caricando rabbia nei polmoni:
"Bene! Almeno puoi dirmi che cazzo ci facevi in Scozia? E ti prego, Draco... non rifilarmi la stronzata che l'Obscurus l'hai incontrato per caso!"
Il ragazzo socchiuse le palpebre esasperato, combattendo nello stesso momento la sua lotta contro i brividi di febbre e la nausea.
Toby, nel frattempo, era sparito di corsa per andare a chiamare il medimago.

"Avanti, parla!" Lo incalzò lei, con il suo solito modo impertinente, incrociando perfino le braccia.
Draco osservò Hermione per lunghi secondi, intento ad ammirare i suoi lineamenti imbronciati. In realtà, si vergognava da pazzi a dirle il motivo per cui era andato a cercare un Obscurus, e a spiegarle che si era ridotto in quello stato solo perché voleva dimostrarle di essere coraggioso...

Quando avevano litigato furiosamente, la settimana prima, a Draco aveva fatto immensamente male essere accusato ancora di codardia. Non lo sopportava più. E non perché si era fatto d'improvviso valoroso come un cavaliere in sella ad un bianco destriero, ma perché semplicemente la vita, e i dispiaceri, lo avevano finalmente istruito su cosa era bene e cosa era male, tramutandolo in un uomo decisamente migliore.
E maledizione: voleva che Hermione lo capisse, una volta per tutte!
Perché la sua unica colpa, stavolta... era stata quella di volerla proteggere da tutta la merda che la società le stava gettando addosso a causa del loro frequentarsi.

Erano mesi che l'opinione pubblica li massacrava speculando sulla loro relazione: i quotidiani magici facevano addirittura a gara per formulare teorie sempre più fantasiose sul loro assurdo rapporto. Ogni settimana nuovi articoli rivelavano presunti risvolti foschi su di lui, sulla sua scaltrezza, sulla sua innata dote all'inganno, su di un'astuzia maturata in anni ed anni a contatto con i Mangiamorte e la magia oscura. Un'astuzia che lo aveva spinto addirittura ad incantare una delle streghe più dotate, più intelligenti ed eroiche di tutto il mondo magico. Sì... perché a detta di tutti, Draco Malfoy aveva sedotto Hermione Granger per farsi pubblicità, per ripulire il nome della sua famiglia, riconquistarsi la stima della società; per tornare ad essere importante e rispettato come lo era una volta... e far dimenticare al mondo l'ombra del suo marchio e dei suoi spaventosi errori!

E Dio.. Dio santissimo quanto si incazzava, quando leggeva quella roba! Neanche quando Potter a Quiddich gli soffiava il boccino sotto il naso, Draco si incazzava così.

All'inizio, aveva ingenuamente pensato di poter sopportare il veleno che gli avrebbero vomitato addosso non appena si fossero accorti che lui frequentava la giovane strega in modo inequivocabile.
Invece, non aveva retto.
E forse... un po' vigliacco lo era davvero, Draco: perché aveva dato talmente tanta importanza a quelle chiacchiere folli, da arrivare a rodersi il fegato per la rabbia, e a spronare più volte Hermione a lasciarlo, perché, come un cretino, era convinto che lei prima o poi si sarebbe comunque stancata di lottare per una relazione così osteggiata. Ma sopra ogni altra motivazione, in uno slancio d'altruismo che sapeva di non aver mai avuto in passato, Draco desiderava proteggerla: proteggerla per impedirle di rovinarsi la reputazione stando al fianco di uno come lui. Aveva una paura folle di trascinarla con sé nel baratro, di costringerla nel suo mondo solitario, ed arrecarle danno con la sua vita da reietto.
E non aveva avuto importanza la quantità esorbitante di volte in cui Hermione aveva sbraitato come una pazza per fargli capire che non le fregava una zucca secca delle porcherie che scrivevano sul settimanale delle streghe: lui si era incaponito come ragazzino.
Finché il calderone bollente, alla fine, era esploso.

 
***
 

Una settimana prima...

Londra ad ottobre aveva sempre avuto un fascino unico: il tripudio di colori caldi chiazzava i tetti dei palazzi, i parchi immensi, ed ornava i marciapiedi che si riempivano di svolazzanti foglie rosse, arancioni, gialle... tanto che i passanti ritenevano fosse un peccato spazzarle via. Il tramonto poi, rendeva quasi magica quell'atmosfera! Quando il cielo sfumava sul viola ed i primi lampioni iniziavano ad accendersi, tutto appariva perfetto ed irreale.
...Un ragazzo biondissimo e distinto però, se ne stava mollemente appoggiato ad una cabina telefonica in pieno centro, freddamente incurante della bellezza che lo circondava. Aveva il volto concentrato, leggermente alterato, ed i suoi occhi di ghiaccio guizzavano rapidi sul giornale che reggeva fra le mani, senza badare neanche a tutta la frenesia della città.
Lui, in fondo, stava soltanto aspettando una donna.
E trascorse molto tempo ovviamente, durante il quale un cagnolino gli annusò le scarpe, un negozio abbassò le serrande, e le nubi in cielo si erano addensate, scaricando qualche sporadica goccia d'acqua.
Ma lui, in un'impassibile attesa, continuava a leggere meditabondo il suo quotidiano.
E continuò a farlo, con una certa angoscia nell'espressione, fino al momento in cui un signore tarchiato e con dei grossi baffoni gli passò accanto e tornò indietro sconvolto, piazzandosi, con gli occhi sgranati d'incredulità, davanti alle immagini in movimento del suo strambo giornale. Fu a quel punto che il ragazzo, con profonda stizza, chiuse il giornale di scatto, guardando male il signorotto curioso. Quello, colto nell'atto di sbirciare, si fece rosso d'imbarazzo e riprese subito il suo cammino, convinto che, dopo una giornata di intenso lavoro, i suoi occhi avessero indubbiamente bisogno di un po' di riposo.

"Babbano ficcanaso..."
Borbottò Draco con sdegno, mentre guardava l'uomo andarsene via con l'andatura buffa di chi è abbondantemente in sovrappeso. Scrollò il capo sbuffando, e poi riaprì la Gazzetta del Profeta per rileggere ancora una volta l'articolo che lo stava facendo imbestialire...


Accordo segreto fra Draco Malfoy ed Hermione Granger?
Si vocifera, ormai da giorni, di un ipotetico patto stipulato tra l'eroina del mondo magico e l'erede dei Malfoy...
E questo, stavolta,  ci fornirebbe finalmente una spiegazione ragionevole circa le motivazioni che hanno spinto la ragazza ad intraprendere una bizzarra quanto assurda relazione con il figlio di Lucius Malfoy!
Quando, lo scorso maggio, erano spuntate le prime foto che ritraevano i due giovani per mano nelle vie trafficate di Diagon Alley, si era subito gridato all'Imperius! Ma poi, accertata la capacità d'intendere e di volere di Hermione Granger, la teoria della maledizione è caduta, a favore di una tesi più concreta... una tesi che prevede appunto un accordo.
E' infatti indiscutibile il beneficio che ne trarrebbe Draco Malfoy dalla vicinanza della strega più amata dal mondo magico...
Una "relazione di convenienza" fra i due, aiuterebbe senza ombra di dubbio la ricca famiglia a riaffermare il proprio nome, macchiato pesantemente dai fatti di dieci anni fa, e ad accelerare la riabilitazione del ragazzo nella società magica.
Ma cosa avrà mai chiesto, per sé, Hermione Granger? Quali possono essere gli interessi che l'hanno spinta ad accettare un simile accordo? Quale utilità? Che tipo di vantaggio trarrebbe la strega? Si è prestata ad aiutare i Malfoy a riprendersi la stima ed il rispetto del mondo, chiedendo in cambio cosa?!
Forse la strega mira al matrimonio, per far dimenticare le sue umili origini, e nobilitare così il suo cognome babbano! In fondo... nonostante i gravi peccati che oscurano la famiglia del ragazzo, non possiamo dimenticare che il nome dei Malfoy è antichissimo e blasonato, e la loro casata, indubbiamente, tra le più pure d'Inghilterra...!

 

Draco staccò gli occhi dal giornale, dilatò le narici con rabbia e finì per accartocciare la Gazzetta del Profeta nel palmo della mano destra. Si accorse solo in quel momento che il respiro gli si era fatto pesante a causa dell'ira.
"Maledetti bastardi..." Sputò fra i denti.

Era una battaglia persa in partenza. Draco purtroppo aveva già avuto modo di incappare nella bassezza dei giornali che, in passato, avevano sfuttato il nome dei Malfoy fino all'osso per la faccenda del Signore Oscuro, degli anni bui in casa sua, della guerra magica e del pentimento vantaggioso di suo padre.
Era vero che lui aveva ancora il primitivo istinto di accusare sempre gli altri per ciò che gli succedeva (come quando a scuola frignava perché Potter lo fregava puntualmente), ma stavolta... aveva ragione nell'affermare che gran parte della colpa riguardo il suo isolamento post-guerra, fosse da attribuire proprio ai giornalisti. Perché erano stati loro, con i loro articoli taglienti pubblicati puntualmente ogni giorno, ad affossarlo, metterlo in cattiva luce, a creare tra lui ed il mondo esterno una barriera invalicabile. Erano stati così tanto meticolosi nel loro lavoro di sciacallaggio, che ogni volta che Draco provava ad oltrepassare quella barriera e si immergeva fra la gente, incontrava solo sguardi freddi, indifferenti e critici.
E ci aveva sofferto come un cane, lui che era sempre stato abituato fin da piccolo all'idolatria, alla deferenza altrui, all'attenzione, alle lusinghe.
Eppure, era in grado di dire con certezza che nulla di quello che avevano scritto, insinuato, affermato all'epoca degli orribili fatti di Voldemort, era stato più devastante di ciò che stavano macchinando adesso: come avvoltoi si erano fiondati ancora su di lui, ed avevano preso di nuovo a martellate quella vita che stava provando a ricostruirsi con difficoltà... facendogliela un'altra volta a pezzi, come se la prima non fosse bastata.

"Draco!"
La voce delicata di Hermione Granger, appena uscita dalla cabina telefonica che nascondeva uno degli innumerevoli ingressi del Ministero della Magia, lo fece sobbalzare e tornare alla realtà.
"Era ora!" Gli rispose lui in tono corrucciato, mentre piegava meglio il giornale ed iniziava a camminare senza aspettarla.
Il sorriso sulle labbra di Hermione morì immediatamente: "S-Scusa, ho fatto un po' tardi. Stavo finendo di compil..."
"Compilare dei documenti, sì! Certo." Terminò al posto suo Draco, abbastanza seccato dallo stacanovismo esagerato della donna. Intanto, sembrava quasi che il giornale piegato sotto il suo braccio bruciasse, e che tutta la gente che stavano incrociando lungo il loro breve cammino, fosse a conoscenza di ciò che c'era scritto sopra.
Giunsero nell'angolo più appartato che riuscirono a trovare fra le strade trafficate di Londra, e solo in quel momento Draco si fermò per guardare Hermione negli occhi. Era stanco, teso, nervoso... e non perché lei aveva fatto tardi al lavoro, no. Non gliene frega niente di questo! Cioè: in condizioni normali sì, ovvio che le avrebbe fatto pesare quei venti minuti d'attesa appoggiato ad una cabina telefonica! Ma adesso la sua mente era troppo turbata per tutto ciò che il mondo gli stava vomitando addosso.
Sospirò.
E con una disperazione bruciante, decise che era ora di mettere un punto, a quella specie di corsa al massacro...
L'afferrò per un braccio, e pensando alla destinazione, la trascinò con sé nel turbine dello spazio-tempo, facendosi inghiottire dal nulla, e ricomponendo perfettamente i loro corpi nella tranquillità di un giardinetto residenziale di Wallingford, nell'Oxfordshire.
Hermione rimise in ordine i capelli, scompigliati dalla smaterializzazione, e poi corrugò lo sguardo, riconoscendo il vialetto di casa sua:
"Perché mi hai portata a casa, Draco? Non dovevamo andare a cena fuori?"
Lui fu secco, nella risposta:
"Non più!"
Confusa, la ragazza gli domandò timidamente:
"E... posso sapere il motivo?"
"QUESTO, è il motivo!" E Draco, irritato, gli sbattè addosso la Gazzetta del Profeta.
Bastarono pochi minuti ad Hermione, per trovare l'articolo e leggerlo il più rapidamente possibile. Scene simili ormai si ripetevano molto più spesso di quanto avrebbe voluto, e così si preparò psicologicamente ad affrontare, ancora una volta, le paranoie di lui.

Chiuse La Gazzetta, la fece sparire con un Evanesco, e sospirò rumorosamente, chiudendo le palpebre in segno di evidente sfinimento:
"Dio santo, Draco... Ti prego! Non ricominciare con questa storia! Non ce la posso fare. Ignorali, per favore. Fallo per me! Non possiamo metterci a discutere ogni maledetta volta che pubblicano quelle stronzate. E' deleterio! E non serve a niente, se non a farci innervosire entrambi. Quella roba è carta straccia, per quanto mi riguarda!"

Draco, la cui pazienza era giunta quasi al capolinea, si infiammò:
"Per TE, sarà carta straccia! Di certo non per la massa di cretini che quelle STRONZATE le legge come se fossero sacrosanta verità!"
Poi scosse la testa, abbattuto: "Non si può più andare avanti così, Hermione! Ogni volta inventano una cazzata peggiore dell'altra. Che diavolo di vita ci aspetta con questi presupposti, dannazione? E' già difficile cercare di superare le nostre differenze senza che ci si mettano anche gli altri!"
Hermione si indignò. "Bene! Allora dimmi: qual è la soluzione, secondo te? Avanti!"

Lui non rispose, ma si limitò soltanto a guardarla mestamente negli occhi... ed Hermione boccheggiò, come se all'improvviso le mancasse l'aria nei polmoni.
Gli occhi grigi di Draco avevano sempre parlato. Meglio di qualsiasi parola gli fosse uscita dalle labbra.
Così, credendo di sapere per certo cosa lui avesse pensato, Hermione strinse i denti violentemente per non mettersi a piangere, e gli urlò addosso:
"Sai che ti dico? Eh? Che sei un vigliacco, Draco Malfoy! Hai così tanta paura del giudizio degli altri che non sei capace di ribellarti!"

Una ciocca di capelli le era caduta davanti agli occhi, e quando lui provò a togliergliela dal viso, lei scacciò malamente la sua mano, continuando a sfogarsi: "Non sei capace di rialzare la testa neanche per un motivo importante! Neanche una sola, fottutissima volta. Che fine ha fatto quel ragazzino presuntuso che derideva sempre tutti, credendo di essere il migliore? Eh? Quasi quasi mi manca, lo stronzetto che eri!"
"Ascol..."
"NO! Non ascolto più niente!" Lo interruppe lei, che si fece quasi disperata:
"Che cazzo me lo dici a fare, ogni volta, che io sono l'unica cosa per cui vale la pena sorridere quando ti svegli la mattina, se poi non hai il coraggio di combattere contro il mondo per me?"
Il suo petto si alzava e si abbassava velocemente, nell'impeto della rabbia. "Ma sì! Facciamoci rovinare la vita dall'opinione pubblica! Dopotutto è molto più importante quella, che la propria felicità personale, o sbaglio?"

Hermione prese fiato, sapendo che da lì ad un paio di secondi avrebbe detto la frase decisiva, quella che avrebbe definitivamente cambiato il loro percorso in comune: "Fai una bella cosa, Draco Malfoy!!! Torna a segregarti nella tua solitudine priva di rischi! In fondo, un codardo come te non può che trovarcisi bene! Non è così?"
Lui sgranò gli occhi, allarmato: "C-Cosaa?"

Di certo, Draco non avrebbe mai immaginato che Hermione potesse reagire così male. Ogni volta che aprivano discorsi di questo tipo, era sempre stato lui ad arrabbiarsi, ad incupirsi, a pensare in negativo, e a cercare di distruggere le cose belle che c'erano fra loro due, mentre Hermione aveva sempre rivestito il ruolo della persona matura che, amorevolmente, gli spiegava che esistevano motivazioni molto più importanti delle chiacchiere da solotto e dei pettegolezzi scandalistici di una testata magica.

"Non hai capito cosa voglio dirti Malfoy? Ti spiego meglio il concetto allora: VAFFANCULO!"
Il viso della strega era rosso d'ira.
"Ma che cazzo stai dicendo Hermione?" Gli rispose Draco, agitato. Si stava rendendo finalmente conto che aveva tirato la corda fino al limite del possibile, e questa infine si era spezzata. Lo assalì un panico insopportabile, e sentì l'anima svuotarsi di tutte le emozioni deliziose che aveva vissuto in quei mesi. E fu quasi come se un animale selvaggio affondasse i denti aguzzi nel suo cuore, mordendolo a sangue, e tirando tanto forte da dargli l'impressione che non si sarebbe fermato finché non gliel'avesse strappato dal petto.

Draco lo sapeva, che prima o poi sarebbe finito tutto, solo che non credeva sarebbe successo tanto presto. Un uomo che aveva tutti quegli errori sulla coscienza, non meritava di certo un finale da favola... e tutto ciò che aveva provato con lei forse, era stata soltanto un'ulteriore punizione del destino, che aveva avuto la brillante idea di fargli conoscere ed assaporare la felicità, per poi divertirsi a togliergliela senza un briciolo di compassione.
Una crudeltà spietata. Ma non per questo ingiusta...

Balbettò vergognosamente, maledicendo il carattere impossibile che si ritrovava. Era colpa anche sua e delle sue continue ed esasperanti lamentele, se Hermione era arrivata al punto di non ritorno:
"I-Io... non..."
La sua mente si stava staccando rapidamente dalla realtà, non capiva più cosa gli stava succedendo, sentiva solo il sangue correre nelle vene ad un ritmo forsennato, ed i battiti del cuore premere nella gola. Draco si vergognava a chiederle scusa, si vergognava pure di rimangiarsi tutto quello che aveva detto nella tensione nervosa, e si sarebbe vergognato pure se lei se ne fosse fregata delle sue scuse tardive. Perché, beh... è facile domandare perdono quando il danno è fatto!
In ogni caso però, la parola CODARDO, che Hermione gli aveva urlato contro poco prima, aveva bruciato in lui più di un Ardemonio in piena faccia. E così, alla fine, di tante cose che avrebbe potuto dire, l'unica che riuscì rabbiosamente a gridare, devastato dall'angoscia, fu:
"IO NON SONO UN CODARDO!"
Per poi aggiungere, in tono più sommesso: "Voglio solo protegg.."

Ma Hermione gli aveva sbattuto la porta di casa sotto il naso, prima che lui avesse avuto il tempo di terminare la frase.




Continua...

 

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Capitolo 3
*** Come se i ghoul avessero le ali ***


 
Capitolo 3
-Come se i Ghoul avessero le ali-


 

Galles, Inghilterra. Ottobre 2008.

"EDDAI CAZZO!"
Ron saltellava sul posto, infervorato dalla partita che si stava svolgendo sotto i suoi occhi, e che si era fatta straordinariamente accesa. Harry, al suo fianco, se la rideva sotto i baffi -mai stanco di divertirsi per quel lato così infantile del suo amico- ed osservava i giocatori volare sulle loro teste, mentre passava distrattamente il sacchetto delle caramelle a suo figlio. Il piccolo Potter ormai, aveva quattro anni, e... si era già perdutamente innamorato di uno stadio da Quiddich strapieno e festante!

"James, mi raccomando! Non dire a mamma che ti sto facendo strafogare di api frizzole!"
Il piccoletto annuì con la bocca piena, e poi si voltò stupefatto a guardare lo zio, che sembrava impazzito.

"PASSA QUELLA PLUFFA, IDIOTA!!!" Come se il cacciatore dei Chudley Cannons -dall'alto della sua scopa- riuscisse a sentire proprio la voce di Ronald Weasley, in mezzo alle urla di migliaia di tifosi...

All'improvviso, un boato fragoroso si innalzò all'interno dell'enorme struttura, facendo immediatamente saltare James per lo spavento: il cercatore degli Appleby Arrows aveva acciuffato il boccino! Allora Harry si affrettò a chinarsi verso il figlio, per spiegargli che la squadra con le magliette azzurre aveva vinto la partita. Tutto ciò, nel frattempo che Ron imprecava ancora contro i giocatori dalla divisa arancione:
"Dovreste andare a raccogliere mandragole, invece di guadagnare slealmente con il Quiddich! Incapaci! Ho speso otto galeoni per venire a vedere questa schifezza, oggi!"

Dieci minuti dopo, camminavano in fila indiana per uscire compostamente dallo stadio, fra i borbottii degli altri tifosi delusi, e le grida festanti ma smorzate che giungevano invece dalla parte opposta dell'impianto sportivo.
Erano arrivati quasi ai cancelli d'uscita, quando due individui davanti a loro, intavolarono una conversazione curiosa:
"Ehi, Albert! Hai letto l'articolo della settimana scorsa?" Disse l'uomo di mezza età al suo vicino, probabilmente un amico, a giudicare dalla confidenza che mostravano di avere.
"Beh... dipende a quale ti riferisci, Oliver!" Gli rispose l'altro, mentre avanzavano fra la folla. "Dici il decreto sulla limitazione degli incantesimi d'appello? O la candidatura di un afro-americano alla presidenza babbana degli Stati Uniti?"

Nel frattempo, un Ron ancora risentito per il risultato della partita, procedeva lentamente dietro ai due uomini che chiacchieravano, ignari della sua presenza.

"No... veramente non mi riferivo a nessuna delle due notizie! Parlavo delle ultime indiscrezioni sul figlio di Lucius Malfoy!"
"Ma chi?! Quello che se la fa con Hermione Granger?"

Ron, al sentir pronunciare il nome dell'amica, si riscosse subito dal malumore e diede silenziosamente una gomitata ad Harry per farlo mettere in ascolto.

"Esatto! Dicono che abbiano stipulato una specie di accordo..."
"Sì sì, lo so Oliver! L'ho letto anch'io... mia moglie ne ha spettegolato tutta la sera, dannazione!"
"Che notizia incredibile, eh!"
"E' una cosa che a me invece non stupisce affatto!" Disse l'altro, facendo spallucce: "Alla fine si vendono sempre tutti... per un po' di notorietà, per soldi, o per ottenere benefici. Ed Hermione Granger ha dimostrato semplicemente di non essere diversa dagli altri!!!"

Ron si era fatto rosso come i suoi capelli mentre Harry, nervoso, ficcava in bocca l'ennesima caramella a James, perché con le sue chiacchere infantili gli impediva di seguire perfettamente il discorso.

"Che schifo! La gente arriva a livelli di corruzione ed immoralità inconcepibili, pur di ottenere i propri scopi."
"E pensare che quella ragazza sembrava così ones...!"

L'individuo che rispondeva al nome di Albert però, non finì più di parlare, perché un bussare violento sulla sua spalla lo costrinse a voltarsi indignato e, quando lo fece, pronto a domandare cosa cazzo volessero da lui... riconobbe, di fronte a sé, la faccia famosa ed incredibilmente infuriata di Ronald Weasley. L'uomo si fece viola d'imbarazzo, balbettò qualche parola senza senso, e poi... insieme al compagno di chiacchiere raggiunse l'uscita di corsa, sparendo fra la folla.


Harry e Ron scossero il capo esasperati, e si guardarono con l'espressione sfinita sul volto, a dimostrazione che scene come quella, oramai... erano divenute una consuetudine.

 
***
 

Wiltshire, Inghilterra.

"Tu... t-tu volevi combattere un Obscurus per dimostrarmi di non essere un codardo! Non è così?" Disse Hermione, con una leggera nota d'isterismo nella voce.

Il medimago era andato via da poco, senza fare troppe domande, ed aveva imbottito Draco di pozioni, lasciandolo a letto spossato e febbricitante.

Lui aveva chiuso gli occhi, infastidito dall'intuizione sempre troppo spiccata della donna... Perché come era ovvio, Hermione c'era arrivata da sola, senza che lui avesse aperto bocca per dare la benché minima spiegazione. E sarebbe pure arrossito di vergogna per via della perspicacia di lei, se solo il suo viso non fosse stato così terribilmente pallido e malaticcio. Infatti provò con fatica a cambiare discorso:
"Ti ho... ti ho spedito tre gufi in questi giorni... tre maledetti gufi. Ed ho mandato Toby a... a chiamarti non so più neanche quante volte." Draco cercò di portare la conversazione sulla discussione che avevano avuto la settimana scorsa, ma senza risultato.

"Merlino..." Sospirò Hermione, senza infatti dare minimamente l'impressione di aver ascoltato l'ultima frase che lui le aveva rivolto. "Un Obscurus ha una potenza inconcepibile! Serve una squadra di almeno sei o sette Auror, per riuscire a fermarlo! Come potevi pretendere d-di... di fermarlo da solo?"
Era scioccata. Anche un po' lusingata, a dire il vero. Però il gesto nobile di Draco era stato comunque un gesto pericoloso. Se gli fosse successo qualcosa lei non se lo sarebbe mai perdonato, sapendo che era colpa sua e della sua lingua troppo tagliente.
"Tu sei pazzo, Malfoy!"

Draco la guardò male, con la stessa punta di altezzosità che usava quando le passava davanti a scuola:
"Non devi dirmelo tu cosa posso o non posso fare, Granger!" Si innervosì infatti il ragazzo, che la incenerì con lo sguardo, e poi fu costretto a sopprimere una smorfia di dolore.

"Sei terribilmente infantile, e permaloso. E' questa la verità!" Gli rispose lei, piccata.

Lui portò le mani alla testa, come se quel gesto avesse il potere di ridurgli l'emicrania: "E tu... tu sei una prevaricatrice. Cerchi sempre di comandare, e pensi pure di essere migliore degli altri!"

Hermione si alzò di scatto dalla sedia che aveva accostato al letto per stargli vicino, e si indignò:
"Ma come ti permetti! Presuntuoso arrogante!" Ed arrossì furiosamente.

"Se sei venuta per ricominciare ad insultarmi, puoi anche andartene!" Gli rispose lui, arrabbiato e deluso.

Hermione era già pronta a ribattere anche a questo ma, chissà perché, decise di lasciar perdere, e si afflosciò di nuovo sulla sedia.
Nel profondo del cuore, doveva ammettere che le aveva fatto piacere che lui avesse provato ad affrontare un pericolo solo per dimostrarle di non essere un vigliacco.

Draco Malfoy, anche se non lo diceva mai apertamente, soffriva molto per colpa della sua inferiorità rispetto all'audacia e alla nobiltà d'animo di Harry e Ron. Era terribilmente geloso di tutto ciò: Hermione l'aveva capito da tanto tempo. Draco lo era sempre stato, dal primo anno ad Hogwarts. E quella sua gelosia si era manifestata ogni qualvolta aveva finto di fare il gradasso, o li aveva derisi gasandosi davanti a tutti, o li aveva provocati. E quell'invidia intensa non si era mai spenta, mai attenuata... solo tramutata con il passare degli anni: oggi non lasciava più spazio alle offese dirette, alle sfide tra i corridoi, o alla diffamazione; ma si limitava ad un risentimento silenzioso, da uomo adulto, che provava solo una forte amarezza per il fatto che non sarebbe mai stato uguale a loro.
Ma in fondo in fondo, Hermione non voleva che lui fosse come Harry e Ron! Non le importava una radigorda secca che lui fosse così insicuro, tormentato, avverso a tutto ciò che rende "giusta" una persona.
Lui... era l'esatto opposto di un eroe. E a lei, andava bene così.
Perché, in fin dei conti, se Hermione avesse preferito avere accanto a sé un campione di giustizia e di lealtà, avrebbe sposato Ronald Weasley, e a quest'ora gli avrebbe sfornato almeno un paio di bambini lentigginosi!
Lei amava immensamente le imperfezioni di Draco: il suo essere quasi nocivo, oscuro, il suo modo indelicato di rispondere quando qualcosa non gli piaceva, e la sua alterigia che, spesso, crollava nella discrezione dei suoi soverchianti sensi di colpa.

Quando la settimana prima avevano litigato, ed Hermione gli aveva sbattuto la porta di casa in faccia lasciandolo fuori come un idiota, si era resa subito conto di avergli detto delle mostruosità. Sapeva perfettamente che lui si affliggeva oltremodo, a causa delle cattiverie che scrivevano i giornali, e che si dannava come un pazzo, per paura che prima o poi quelle malignità potessero ferire anche lei e comprometterle la carriera, l'affetto della gente, la vita privata...
Era per questo che discutevano tanto spesso: semplicemente perché Draco non voleva vederla cadere nel suo stesso buco nero!

Era rimasta in silenzio, mentre ragionava su tutto ciò. Ma alla fine, stanca di pensare, poggiò delicatamente il palmo della mano sulla fronte bollente di Draco, e gli fece capire, con quel gesto muto, che non se ne sarebbe andata. Lo sentì trattenere il respiro, forse stupito dal fatto che, invece di girare i tacchi come l'aveva invitata a fare, si fosse rimessa seduta per stargli vicino. Poi, Hermione sorrise timidamente, e gli spostò con dolcezza qualche ciocca di capelli biondi dagli occhi.
Certo... la discussione non sarebbe morta solo grazie ad una carezza: perché ovviamente sarebbero tornati sugli stessi argomenti tante di quelle volte che, con molta probabilità, avrebbero finito per mettere mano alle bacchette (nell'ipotesi migliore)! Ma, per adesso... desideravano entrambi concedersi quella dolce tregua.

"Resta qui, Hermione!" Le sussurrò Draco. E lei lo guardò un po' interdetta, un po' emozionata, prima di rispondergli balbettando:
"I-Io... non so se sia la cosa migl..."
"Ti prego!" La interruppe lui, con l'espressione implorante.

Hermione lo guardò, forse senza neanche rendersi conto che i suoi occhi traboccavano improvvisamente d'amore, ed annuì con il batticuore:
"D'accordo..."

Draco si sollevò di scatto dal letto con il busto, ignorando il malessere, e la baciò sulle labbra. Quando si staccò, un sorriso enorme si formò sul suo viso, e con quella punta di sarcasmo che non lo aveva mai abbandonato, si azzardò a prenderla un po' in giro:
"Ma ti rendi conto che ho dovuto quasi farmi ammazzare da un Obscurus, per farti ritornare!? La prossima volta che mi manderai a quel paese, credo che... beh... credo che mi resterà solo il distillato di morte vivente, per provare ad impietosirti!"

Hermione spalancò la bocca in un moto di stupore, ma poi finì per ridere. Felice.

 

***
 

Nurmengard, agosto 1972

Gellert vagava meditabondo, in quello spazio buio e silenzioso. Non c'era niente, da vedere, lì dentro: era un luogo irreale, ingannevole, all'interno del quale era sicuro di potercisi perdere. Però... era rilassante. Era immensamente rilassante lasciarsi andare in quel nulla assoluto, in quel posto che sembrava gli facesse quasi perdere il senso del tempo, e del suo fatale scorrere.

Una sagoma luminescente gli passò davanti in un leggero fluttuare, e Gellert sorrise vittoriosamente ringraziando Merlino del fatto che, nonostante i ventisette anni di prigionia, fosse riuscito a mantenere intatte le sue straordinarie doti magiche.
Senza la bacchetta, e sotto l'influenza dei potenti incantesimi neutralizzanti di Nurmengard, era riuscito comunque a creare, sfruttando una tela e dei colori ad olio, un portale magico capace di immettere in un altro mondo. Un luogo fittizio fatto di tenebre, nel quale uomini ed anime potevano interagire: gli uni, per sfuggire ad una realtà che non gli piaceva, gli altri per tornare a provare l'ebbrezza della vita.

Dopo aver errato ancora un po', Gellert venne misteriosamente spinto a tornare sui suoi passi, e seguendo la tenue luce in lontananza di un paio candele, uscì da quello spazio paradossale, per ritrovarsi come niente fosse, all'interno della sua cella.
Tre secondi dopo, il carceriere passò davanti alla stanza, e vi gettò noiosamente lo sguardo dentro, senza notare nulla di strano. Gellert, che sulle prime aveva tremato d'ansia, si rilassò, ghignò impercettibilmente, e si voltò a guardare il suo quadro, puntando gli occhi in quelli maligni di un bambino biondo che vi era ritratto... Bambino che, in risposta, sorrise perfidamente, confermandogli con lo sguardo che era stato lui, messo dallo stesso Gellert a guardia del portale, ad avvisarlo dell'arrivo del carceriere e a spingerlo a ripresentarsi in cella...


 
***


Wiltshire, Inghilterra. Ottobre 2008.

Hermione si svegliò di scatto e si tirò su, annaspando in cerca d'aria. Aveva sognato qualcosa di terrificante che, però, si rese conto di non ricordare già più. Si portò una mano al petto, quasi come se quel gesto bastasse a placare i battiti furiosi del suo cuore; percepì anche i movimenti di Draco, al suo fianco, che dormiva placidamente. Dopodiché, sbattè un paio di volte le palpebre per abituarsi al buio della camera del Manor... e con immenso orrore, notò una sagoma immobile ai piedi del letto. Trascorse una frazione di secondo dalla realizzazione di ciò all'urlo terrorizzato che le uscì spontaneo dalla gola. Un urlo che si propagò per tutta l'ala sud della grande villa dei Malfoy, vibrando nell'aria alto e prolungato.
In quello stesso istante, Draco sobbalzò svegliandosi bruscamente, e scostò le coperte con forza, gridando:
"CHE CAZZO SUCCEDE?"

Hermione aveva già afferrato la bacchetta nella mano destra, quando gli arpionò il braccio con la sinistra. E gli si accostò tremante, chiedendogli con voce impaurita:
"D-Draco... lo vedi? Lo vedi anche tu?"

"Ma che cosa devo vedere, Granger?" Si stava innervosendo lui.

"Qu-quel bambino, Draco! A... ai piedi del letto!" E lanciò uno Stupeficium nella direzione indicata; Stupeficium che si infranse innocuo contro il muro di fronte.

Il giovane, che si era già abituato al semi-buio della camera, guardò Hermione in tralice, poi accese la candela sul suo comodino con l'espressione irritata, e la tenue luce aranciata della fiammella illuminò discretamente l'ambiente, rivelando l'assenza di qualsiasi pericolo, essere umano, o presenza inquietante. Draco allora socchiuse gli occhi, sospirando snervato:
"Mi hai fatto prendere un infarto solo per colpa di un cazzo di incubo, Hermione! E' meglio se posi quella bacchetta e torni a dormire!" E detto ciò, le diede le spalle e si risdraiò sul letto coprendosi fin quasi agli occhi.

Hermione, sulle prime, era rimasta troppo sbalordita dalla repentina scomparsa della figura, per badare alla scontrosità di Draco.
"Spiritus Revelium!" Pronunciò in uno sventolio di bacchetta, e solo quando fu certa che colui che aveva visto si era davvero dileguato, tirò un sospiro di sollievo e si permise di voltarsi furiosa verso di lui:
"NON L'HO SOGNATO, RAZZA DI IDIOTA!"

E dopo aver gridato, gli diede un pugno forte sulla spalla, del tentativo di scomodarlo dalla sua indifferenza. Ma Draco, che quando voleva sapeva essere di un'impassibilità e di un disinteresse eccezionali, la ignorò totalmente, ed Hermione si trattenne a stento dal lanciargli contro un Levicorpus per dispetto... e lasciarlo appeso a testa in giù almeno dieci minuti buoni. Era in occasioni come quella, quando Draco Malfoy mostrava il suo innato menefreghismo, che Hermione Granger si pentiva amaramente di essersi avvicinata a lui, di aver ignorato deliberamente le loro diferenze abissali per cedere alla sua raffinata e signorile bellezza di uomo adulto. Tutte le volte che tornava ad affiorare in lui il ragazzetto smorfioso di allora, Hermione immaginava di riempirlo di schiaffi senza pietà!

Però, come sempre, si limitò a tremare di rabbia stringendo i pugni, e provò a smuoverlo con un tono più quieto, ma comunque allarmato:
"Draco, ai piedi del letto c'era il bambino biondo del quadro di Jenkins! Te lo ricordi? Quello con i pantaloncini azzurri! Ti prego, Draco! Ero sveglia! Non sono andata fuori di testa, e non stavo sognando!"

Per un momento, il ragazzo corrugò le sopracciglia, senza farsi vedere, turbato da un fugace dubbio, ma poi scosse il capo più volte, rispondendogli insonnolito:
"Il quadro maledetto di Augustus Jenkins è al Ministero, chiuso al nono piano... lo stanno analizzando gli Indicibili dell'ufficio misteri. Stai tranquilla. Dormi, adesso!" E sbadigliò rumorosamente.

"Ma pensi che mi sarei messa a strillare come una pazza, se non ero sicura di quello che vedevo? Cretino!"

Lui sbuffò prima di dirle, scocciato, e con la voce impastata dal sonno:
"Dimmi quand'è che avrei insinuato che sei pazza, Hermione?! Io ho solo detto che stavi sognando. E probabilmente il tuo sogno era così realistico, da farti credere che fosse vero a tutti gli effetti! E comunque... non mi stupisco della tua reazione esagerata! Voi donne avete l'insopportabile vizio di urlare pure se vedete un Asticello!"
Dopodiché, spense la candela con un Nox, decretando chiuso il discorso.

Hermione, al buio, si irrigidì un momento, si guardò attorno febbrilmente cercando di scorgere qualsiasi cosa ma, non vedendo più nulla di strano, si infilò sotto le coperte accucciandosi in fretta contro la schiena di Draco.
Era inutile: per quanto lui si impegnava a farsi detestare, lei lo perdonava sempre.
Lo sentì sorridere nel silenzio, e borbottare a causa delle sue mani eternamente fredde. Però, alla fine, come ogni volta, lui tolse la maschera da duro e si voltò per abbracciarla stretta, fin quasi a spezzarle il respiro.

Hermione gli appoggiò il palmo della mano sulla fronte, percependola fresca. Poi sussurrò:
"Non hai più la febbre, Draco! Ti senti meglio?"
L'uomo annuì senza parlare, e poi la baciò sulle labbra.
Lei sorrise, mormorandogli vicino alla bocca: "Mi sei mancato così tanto, in questi giorni..."
Draco sospirò, pensando che era di sicuro mancata più a lui: "Non parlare, Hermione. Non parlare..."

Era stato così male in quella settimana di separazione, che si era trascinato in giro come un'anima in pena; la rabbia lo aveva reso pazzo, l'angoscia lo aveva logorato dentro, ed aveva capito che forse, non avevano davvero poi tutta questa importanza, le critiche del mondo magico!
Che ne sapevano gli altri di quanto era caldo il suo letto, quando lei restava con lui? Come potevano immaginare quanto si sentiva in pace, nel vederla dormirgli addosso? O come gli si riempiva l'anima di luce, quando lei lo chiamava amore?
Lo sguardo di Draco, nella quasi totale oscurità, si fece d'improvviso sofferente, al pensiero dell'inferno vissuto nei giorni passati:
"Non azzardarti mai più a lasciarmi da solo, Granger..."

Ad Hermione brillarono gli occhi di felicità, nell'ascoltare quella sottospecie di confessione romantica: ormai, aveva imparato ad abbeverarsi di quelle piccole e costanti dimostrazioni come fossero le più plateali dichiarazioni d'amore. E allora gli afferrò il viso con entrambe le mani, e lo baciò con forza: "A patto che tu non faccia più lo scemo, però!"

E dopo aver riso sommessamente per liberare il sollievo, Draco le accarezzò la schiena fino a scendere più in basso, ed affondare le mani dove la carne era più morbida.

La necessità di possederla si fece d'improvviso urgente, forse amplificata da quel doloroso distacco, ed il suo istinto maschile prese il sopravvento scaldandolo fino a farlo impazzire dal desiderio.
Hermione socchiuse gli occhi, spingendosi appena contro di lui e contro la sua evidente tensione, mentre le loro bocche si unirono in un bacio intenso e profondo.
Non parlarono più.
Da quel momento, furono solo fruscii e sospiri.

Hermione si spogliò di ogni dubbio o remora, insieme a qualsiasi vestito indossasse, e si lasciò andare alle mani esperte e curiose di lui che, con tutta la dolcezza del mondo, le separarono le cosce tremanti d'aspettativa. Bruciò di voluttà guardando i suoi occhi trasparenti che le chiedevano un sofferente consenso; e così Draco ottenne il permesso di affondarle dentro senza più pensieri angoscianti: e lo fece d'improvviso, velocemente, lasciandola senza fiato.
Nel buio della stanza, Hermione lo sentì per molto tempo muoversi su di lei con dedizione e regolarità, facendola tendere e sospirare sulla sua bocca.

Era strabiliante la loro capacità di dimenticare le divergenze, i problemi e le personalità dissimili nel momento in cui l'amore li chiamava. L'anima di Hermione si fondeva a quella di Draco come se tutto l'odio provato da ragazzini non fosse mai esistito, come se fosse stata un'altra persona, a schernirla e trattarla male per anni.

Fu una danza perfettamente coordinata la loro, nel caos di quelle coperte sgualcite, ed un leggero velo di sudore caldo imperlò i loro corpi, che scivolavano uno sull'altro a volte con frenesia, altre volte con lentezza estenuante. Il respiro affannato di Draco, che si spingeva contro il suo bacino tenendole separate le gambe, si infranse come una musica sublime sulla pelle di Hermione, ed il loro focoso incontrarsi divenne velocissimo, facendoli quasi gridare.

Hermione, a volte, si convinceva di aver conosciuto Draco soltanto un anno prima, alla Gringott, proprio quel giorno in cui, dopo mille esitazioni, lui l'aveva salutata cordialmente per la prima volta dopo anni di disprezzo e sensi di colpa. Quel giorno, lui avrebbe potuto tranquillamente stringerle la mano e presentarsi nel più classico dei modi: "Piacere, Draco Malfoy! Bella giornata oggi, non trovi?!" Perché secondo Hermione era stato proprio in quel preciso momento che aveva cominciato a conoscerlo davvero... a conoscere quell'uomo che non aveva assolutamente niente da condividere con il ragazzino maligno e razzista di allora.

Intanto il suo ardore di uomo, il viso contratto dal piacere, il corpo teso e le spinte ritmiche che le assestava, a volte languide, alle volte deliranti, la stavano facendo impazzire. Per un attimo le procurò una soddisfazione quasi perversa il pensare che era proprio Draco Malfoy quello che stava morendo di desiderio fra le sue cosce! Lo stesso Draco Malfoy che tanti anni fa raggiungeva l'estasi solo insultandola.

Poi, le loro lingue si intrecciarono, i sospiri bollenti si mescolarono, le loro bocche si attaccarono disperatamente in un vortice di passione violenta; ed arrivò un momento in cui non si poteva più distinguere il corpo di lui da quello di lei: talmente attaccati, da risultare indiscindibili. Non c'era più niente di importante, al di fuori dell'emozione violenta del loro desiderio, e della smania dell'appagamento.
All'improvviso, gemendo, Hermione si tese disperatamente, spingendosi in alto, e Draco le morse appena il collo niveo, stringendo le lenzuola fra le dita. Le loro menti iniziarono a vorticare nel turbine della concitazione, i sensi si acuirono, il ritmo divenne incalzante... e per un breve attimo, tutto esplose, dentro e fuori di loro.

La prima volta che Draco l'aveva delicatamente stesa sul suo letto per possederla, ad Hermione era sembrato tutto irreale, e si era concentrata sui dettagli del suo viso pallido e nobile, per cercare di persuadersi che LUI era davvero LUI: gli occhi penetranti e chiarissimi, il naso dritto, l'espressione che si manteneva costantemente dura anche quando avrebbe dovuto rilassarsi, i capelli biondi, ed infine, il marchio nero, ben visibile sull'avambraccio, teso per lo sforzo di non schiacciarla sotto di sé.

Quando il battito frenetico dei loro cuori finalmente si regolarizzò, Draco si abbandonò sul letto sospirando con affanno, e poi chiuse gli occhi, rilassato.
Restarono molto tempo ad ascoltare i loro respiri quietarsi, ed Hermione gli si accucciò sul petto, lasciandosi stringere. Draco intrecciò le dita a quelle di lei, e prese distrattamente a toccarle l'anello che indossava sull'anulare. Ne seguì i contorni con il polpastrello e, nonostante l'oscurità, riconobbe la linea flessuosa di un piccolo serpente...
Il profilo regolare del giovane aristocratico si aprì in un sorriso meraviglioso quando realizzò che lei aveva continuato a tenere l'anello, quello che lui le aveva regalato un giorno al Ghirigoro, ammettendo silenziosamente di aver perso la scommessa che avevano fatto mesi prima.

Era tutto così perfetto, in quel momento, che Draco si sarebbe messo a piangere di gioia, o magari a ridere come un pazzo. Era qualcosa di sublime essere lì, dentro il suo letto che sapeva di sesso, incastrato a lei sotto coperte deliziosamente calde, ad ascoltare il suo leggero respirare, e ad emozionarsi per quella piccola mano delicata che gli carezzava il petto, e per i suoi piedini freddi che gli sfioravano di continuo le gambe, facendolo imprecare.
Dio... in quella posizione ci sarebbe rimasto volentieri per tutta la vita.

Poi però, corrugando le sopracciglia, Draco fu investito da un pensiero preoccupante che non c'entrava niente con Hermione, e che ebbe il potere di deviare immediatamente il corso delle sue frivole riflessioni.
"Domani devo parlare con Potter! Per forza! Devo avvisarlo dell'Obscurus." Esclamò all'improvviso.

"S-Scusa ma... ti sembra il caso di nominare Harry, in questo momento?" Gli rispose lei, sollevandosi dal materasso con un braccio, stupita.

"Perché!?! Qual è problema!?" Si accigliò lui, interdetto.

"T-Tu... Tu non sei normale, Malfoy! Cioè, riesci a pensare ad Harry Potter pure quando... qu-quando stai facendo... Oddiooo!" Hermione si vergognò a terminare la frase, allora riprese con tono esasperato: "E' preoccupante la tua fissazione per lui, te ne rendi conto?!"

Draco inarcò un sopracciglio, con l'aria schifata: "Fissazione? Che vorresti dire?"

"Che in qualsiasi discorso, o frangente, spunta invariabilmente il suo nome! Sei ossessionato da Harry Potter! Da quando avevi undici anni. Per Merlino!!!"

"Io??? Ma che cazzo stai dicendo?"

"Non provare a negarlo, Draco!"

...Ed ecco che avevano ricominciato a punzecchiarsi.
Era inevitabile! Proprio come era inevitabile che Neville Longbottom perdesse qualcosa, che Seamus Finnigan facesse esplodere un calderone bollente, che Ronald Weasley fosse una frana con le ragazze, che Silente assegnasse qualche centinaio di punti dell'ultimo minuto a Grifondoro ribaltando il risultato delle clessidre, o che Lucius Malfoy mal sopportasse i babbani...

Ma in fin dei conti, un mondo dove Hermione Granger e Draco Malfoy non litigavano, era improbabile quanto un universo in cui gli zii di Harry amavano il nipote come un figlio, Malocchio Moody era un bell'uomo, la capanna di Hagrid profumava di pulito, i Ghoul avevano le ali, ed il Sig. Ollivander vendeva caccabombe.

Come al solito fu Hermione, che per natura era più propensa a non attaccare briga ogni minuto della giornata, a cedere ad una risata divertita per togliere dalla faccia di lui l'espressione già stizzita. Draco ovviamente, scosse il capo fingendo esasperazione, dopo però si arrese ad un breve sogghigno, e riempì i polmoni d'aria, per poi sospirare rilassato.
Rimasero in silenzio per parecchi minuti, finché cedettero di nuovo all'accogliente torpore che precede il riposo.

Anche se Hermione purtroppo, si addormentò con la certezza assoluta di non aver affatto sognato il terrificante bambino biondo con la tutina azzura, ai piedi del letto...


Continua...

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Capitolo 4
*** Sparaschiocco ***


 
Capitolo 4
-Sparaschiocco-

 

Paiolo magico. Charing Cross Road, Londra. Ottobre 2008.

Il rumore accogliente delle stoviglie e della gente che parlottava al bancone di legno tarlato, era forse l'unico aspetto veramente positivo del Paiolo magico, che altrimenti sarebbe apparso, ad un forestiero, solo come un pub squallido, sporco, piccolo, e terribilmente antiquato. E frequentato da gente bizzarra! Anzi, bizzarrissima!
Harry Potter si scolò l'ultimo sorso di burrobirra facendo sbattere il bicchiere sul tavolo, e tornò a concentrarsi sulle proprie carte da gioco, scontento della piega che stava prendendo la partita.
Di fronte a lui invece, Draco Malfoy rimirava le sue, di carte, con un sorrisetto diabolico e palesemente trionfante: che il fato, per una volta, avesse deciso di dargli la soddisfazione di stracciare Potter?

L'aria dentro il locale intanto, si era fatta pesante di fumo e dell'odore di qualche indefinibile pietanza che sobolliva nei calderoni della cucina... pietanza che Draco non avrebbe mangiato neanche se l'oste l'avesse pagato! Infatti il suo boccale di burrobirra, a differenza di quello di Harry, era ancora intatto sul tavolo, e lui si limitava a gettargli di tanto in tanto qualche occhiataccia diffidente, come se le numerose impronte unte stampate sul vetro, fossero portatrici di malattie infettive o chissà quale morbo letale che avrebbe devastato la sua delicata e nobile pelle.

"Allora, Malfoy! Spiegami meglio questa storia dell'Obscurus!" Disse Harry, pescando con noncuranza una carta dal mazzo, e reprimendo nello stesso momento una smorfia stizzita, segno che la fortuna non voleva ancora girare dalla sua parte.

Draco in pochi minuti gli raccontò precisamente ciò che era accaduto in Scozia ed aggiunse, piegandosi in avanti:
"Quel coso è terrificante, Potter! Ha una potenza inaudita, una malvagità talmente violenta che mi ha ricordato per un momento quella del Signore Oscuro! Ho avvertito in quella creatura un odio tanto profondo che mi ha fatto paura. Odio verso i babbani, Potter! I babbani ed i mezzosangue. E i traditori!"

Però non aggiunse che, nel momento in cui era stato travolto, quell'odio di cui aveva parlato lo aveva percepito anche nei suoi, di confronti, nonostante fosse un purosangue di antica stirpe. Perciò, riprese a parlare in modo concitato:
"A te pare normale tutto quest'odio?!? Ho letto sul libro di Scamander che un Obscurus è soltanto un parassita, un'entità negativa che si genera dalla forza di un bambino che non vuole o non può manifestare la propria magia... per motivi fisici, o psicologici!"

Poi, prese anche lui una carta dal mazzo sistemato al centro del tavolo, la scrutò brevemente con aria soddisfatta, e terminò il discorso:
"Un ragazzino represso non può dare origine a tutta quella crudeltà, Potter! Non è possibile, cazzo!"

Harry si ritrovò a sospirare, perplesso. Non pensava che Malfoy gli stesse raccontando una frottola... più che altro, era propenso a credere che stesse semplicemente gonfiando un po' il racconto, tutto qua! Purtroppo, Draco Malfoy era rimasto talmente scioccato dalla guerra e dagli errori che aveva fatto, che ora era fin troppo incline a vedere tutto nero, a sentire la puzza di marcio in ogni dove, a diffidare di chiunque...
Così, gli rispose distrattamente:
"Non lo so, Malfoy. In ogni caso, quando saranno liberi, manderò i miei Auror a cercarlo! Un Obscurus è pur sempre un pericolo, non possiamo lasciarlo ad aggirarsi indisturbato. Per quanto riguarda ciò che mi hai detto invece... boh... vedremo! Forse in quel momento eri debole e provato dal trauma, quindi potresti aver percepito una realtà distorta, o provato sensazioni più amplificate!"

Draco strinse forte le carte che aveva in mano, tanto per non spaccare gli occhiali del grande eroe e fare la figura del solito attaccabrighe:
"Guarda che non ti sto raccontando una balla, Potter! Cosa mi entrerebbe in tasca da una cosa del genere? Ti sembro tanto stupido?"

Harry ci pensò un attimo, ed infine sollevò ironicamente un sopracciglio, come a dire che forse sì... un po' stupido lo era!

Draco dilatò le narici per il nervosismo, e lo sfidò con un'occhiata acida, finché scosse il capo esasperato e borbottò fra i denti:
"Che testa di cazzo che sei..."

Harry ridacchiò, poi distese le sue carte sul tavolo, certo della sconfitta, ed esortò l'avversario a fare lo stesso: "Avanti, Malfoy! Prenditi questa dannata vittoria e andiamocene a casa!"

Il sorrisetto maligno di Draco si allargò a dismisura: per la prima volta, in quasi vent'anni di conoscenza, era riuscito a battere Potter in qualcosa. E si sarebbe pure messo a piangere di gioia, se solo non fosse apparso patetico!
Eppure, appena prima di posare le sue carte vincenti sul legno appiccicoso del tavolino, uno scoppio improvviso lo fece sobbalzare, ed una di quelle carte si disintegrò sotto i suoi occhi increduli.
Silenzio tombale.
Ira funesta.
Shock paralizzante.
Per qualche attimo niente e nessuno si mosse, come sotto l'effetto di un Arresto Momentum.
...

"Ehi, voi! State giocando a sparaschiocco?!"
Una voce allegra spezzò l'aria tesa fra i due giocatori: un ragazzo dai capelli rossi ed un mucchio di lentiggini si era appena accostato a loro con le mani in tasca e la faccia spensierata.
Ronald Weasley aveva finito da poco il turno pomeridiano ai Tiri Vispi, perciò aveva chiuso bottega e si era diretto al Paiolo magico tutto disinvolto. Quando aveva scorto suo cognato con l'aria estremamente concentrata seduto ad un tavolinetto insieme a Draco Malfoy (faccenda a dir poco insolita), si era avvicinato con una curiosità ingenua, ignaro però della catastrofe che si stava consumando fra quei due.

Uno aveva l'aria furente ed i capelli biondi sconvolti, l'altro invece ridacchiava senza preoccuparsi di nasconderlo, nel frattempo che si sistemava tranquillamente gli occhiali calati sul naso.
Ron fece un rapido calcolo del punteggio adocchiando le carte rimaste intatte sul tavolo da gioco, e... capì al volo, scoppiando a ridere:
"Ti è esplosa una carta sul più bello, Malfoy?"

Draco gli lanciò uno sguardo assassino, senza trovare parole per ribattere al dramma che si era consumato. Aveva perso.
Aveva perso e... non bastava che il destino si fosse accanito su di lui negandogli la soddisfazione di battere Potter perfino ad una cazzata come una banale partita a carte ma, mentre veniva umiliato come al solito, il destino aveva fatto puntualmente apparire pure Ronald Weasley a rendere lo smacco ancora più cocente.
Era una condanna. Una maledizione. Una fottuta stregoneria.
Quanti anni erano ormai, che quei due facevano gli spacconi con lui rendendolo uno zimbello? Ci avrebbe scommesso ottocento Galeoni che quella coppia di stronzi un giorno sarebbe stata presente anche al suo funerale, magari a prenderlo per il culo per la sua morte sicuramente poco dignitosa!

Alla fine però, Draco si consolò con l'idea che, in qualche modo, pure lui era una sorta di tentacula velenosa nel fianco di Potter e di Weasley. Già! Perché tutte le offese che il suo orgoglio aveva subito a causa di quei guastafeste, erano state abbondantemente ripagate dalle loro facce sconvolte ed indignate una volta scoperto che se la faceva con Hermione Granger.

...Era vero che questa sarebbe stata forse l'unica rivincita che Draco Malfoy avrebbe mai potuto prendersi ma... di certo, era in assoluto la più grande!
E ci godeva come un matto. Senza un briciolo di modestia.

Tornò improvvisamente alla realtà di quella partita andata a male, e rise tra sé e sé. Poi, tanto per non rovinarsi la reputazione di insopportabile arrogante, sbuffò platealmente ed incominciò a sbraitare:
"Fanculo! Erano dieci minuti buoni che le carte non esplodevano più!"
Poi, affilò lo sguardo e fulminò l'Auror: "Non è che hai barato, Potter? Eh?! Maledetto stronzo?!"

"Barato?" Rispose quello, con la faccia indignata: "Ma per chi mi hai preso, Malfoy? Barare non è nel mio stile! E comunque ci tengo a ricordarti che, all'inizio della partita, a me ne sono esplose quattro, di carte! QUATTRO... per Merlino! E non ho fiatato! Al contrario di te!"

"Oooh certo! Io mi lamento sempre, non è così? Però, guarda caso... proprio mentre stavo vincendo, la mia carta è esplosa ribaltando il risultato a tuo favore!"

"Malfoy!!! Se avessimo giocato con un comune mazzo, non avresti perso!" Gli sottolineò l'ovvio Harry, che poi gli diede la stoccata finale: "Non è colpa mia se tu stavi per farti venire la spruzzolosi quando ti ho proposto di giocare con delle semplici carte babbane!"

Draco si toccò il colletto della camicia, imbarazzato, senza trovare parole abbastanza taglienti per rispondere, perciò... appena sentì la risatina soffocata di Ron provenire alle sue spalle, ne approfittò per sviare il discorso ed esclamare, gelido come il vento polare:
"Weasley! Mi stai prendendo per il culo, forse? In tal caso, procurati un secchio nel più breve tempo possibile, perché giuro che ti faccio vomitare lumaconi giganti proprio come al secondo anno di scuola!"

 
***
 

Nurmengard, settembre 1972.

Il mondo surreale racchiuso dentro il quadro che Gellert aveva scrupolosamente dipinto, divenne in breve tempo il suo rifugio segreto. Un luogo nel quale egli  amava perdersi, per allontanare la noia e dimenticare la sua condizione di eterno prigioniero.

Le anime che vagavano in quel nulla, gli insegnarono molte cose riguardo la vita e la morte, e in molte occasioni lui domandò ad esse se ci fosse un modo per fuggire dal carcere; purtroppo, gli veniva sempre risposto che l'unica scappatoia era il trapasso. Ma lui non era ancora pronto per un avvenimento simile, era ancora troppo attaccato alla vita, a ciò che era stato, ai suoi ideali. Così, si sedeva a terra a meditare, a farsi travolgere dal niente... e a volte ne rideva come un pazzo, alle volte piangeva disperato, senza potersi nemmeno rialzare.

Quello era un posto oscuro, che rispecchiava in tutto e per tutto il suo essere, ma che, nello stesso momento, era capace di dargli una pace mai conosciuta e tenerlo in una sorta di trance emotivo che spesso lo lasciava vuoto, dandogli perfino la sensazione che i ricordi brutti della sua esistenza venissero cancellati. E questo era andato pure bene, almeno per i primi periodi... fin quando Gellert però, aveva cominciato ad accorgersi che ogni volta, usciva dal quadro sempre più spossato, e che tendeva a dimenticare davvero troppe, troppe cose. Anche quelle importanti.

 
***
 

Nocturn Alley, ottobre 2008.

"Gira a destra!"
Un uomo anziano sollecitò quella che all'apparenza sembrava sua moglie ad imboccare una brutta strada semibuia, con gli edifici addossati senza regole gli uni agli altri, e priva di quella vitalità tipica delle zone residenziali piene di bambini che giocano a palla, o di donne che stendono i panni.

Dopo una breve camminata, la coppia guardinga sbucò in un mercatino di oggetti stravaganti, dove vecchie streghe dalla faccia bitorzoluta mettevano in mostra la propria orrida mercanzia, uomini ingobbiti ed orbi contrattavano con qualche cliente che aveva il cappuccio rigorosamente calato sul viso, e diversi topi correvano lesti fra le gambe dei passanti scappando da qualche Kneazle affamato.

Nocturn Alley non era affatto così disabitata come immaginavano i maghi onesti che non vi avevano mai messo piede. La slealtà e la perfidia che si annidava nell'animo umano era molto più diffusa di quanto ci si aspettasse, e soltanto gli stolti potevano credere che nessuno, o al massimo poche decine di maghi, avesse la faccia tosta di frequentare quel piccolo distretto dedicato alla magia oscura.

"Ci siamo quasi..." Disse l'anziano all'orecchio della donna, che si guardava attorno sospettosa.

"Devi muoverti, Draco! La polisucco non è eterna!" Gli rispose lei, sussurrando.

Immediatamente, gli occhi color ghiaccio di quell'anziano di bell'aspetto, ruotarono annoiati verso il cielo:
"Non incominciare a mettermi fretta, Hermione! Non te l'ho chiesto io, di venirmi dietro! Potevi restartene a casa!"

Hermione, nascosta abilmente dietro i tratti di una signora in avanti con l'età, per dispetto gli conficcò le unghie nel braccio, e gli rispose sussurrando a denti stretti:
"Ero curiosa!"
"Sì, certo... come se non fossi mai stata a Nocturn Alley. Ma a chi vuoi darla a bere?"
"Ci sono stata solo una volta, ma è stato tanti anni fa! Non me la ricordavo più!"
"Ah, bene! E sentiamo... per quale motivo, ci saresti venuta?" Le domandò lui, interessato.
"Ehm... ecco... beh..."
"Allora?"
Hermione aveva l'espressione imbarazzata: "Veramente... lo feci per seguire te!"

Draco si fermò a guardarla, sorpreso e confuso: "Seguire me? Quando? E per fare cosa?!"

Hermione si aprì improvvisamente in un sorrisetto impertinente: "Ti ho seguito quella volta che sei andato da Borgin&Burke per l'armadio svanitore!"

La faccia di lui si trasformò in una maschera di sdegno: "Cheee? C-Cosa significa scusa?! Come... Come facevi a saperlo? Mi stavi spiando per caso? E che cosa hai visto?" Draco la sommerse di domande risentite, per poi espirare tutto il suo disappunto e terminare con un: "Ma come diavolo ti sei permessa? Merlino santissimo, scommetto che ti eri portata appresso pure quei due imbecilli!"

Hermione prese subito a ridacchiare dandogli così l'implicita conferma, e Draco la incenerì con lo sguardo. Alla fine però, dopo l'attimo di rabbia intensa, l'uomo si costrinse a soprassedere, psicologicamente esausto. Ormai ci aveva rinunciato da un bel pezzo: si era stufato di imbestialirsi ogni qualvolta lei gli rivelava l'ennesima impresa organizzata insieme ai suoi amici allo scopo di danneggiarlo! Per l'esattezza, si era arreso definitivamente il giorno in cui, con assoluto candore, Hermione gli aveva spifferato di aver prodotto la sua prima pozione polisucco proprio per ingannarlo e scoprire chi aveva aperto la camera dei segreti ad Hogwarts...
A ripensarci, Draco non poteva ancora credere di essere stato tanto idiota da non riconoscere Potter e Weasley nei panni di Crabbe e Goyle! Si vergognava da pazzi ad esser caduto in un simile inganno, soprattutto perché ancora riecheggiavano nella sua mente le parole sprezzanti che lui stesso aveva usato, stravaccato sul divano della sua sala comune, nei riguardi di tutti i mezzosangue, i sanguesporco, ed Hermione in particolare...

Ricordava di essersi così tanto incazzato quando lei gli aveva raccontato quell'episodio, che le vibrazioni della sua ira si erano propagate nella piccola casa della strega frantumando di magia involontaria il portafoto che costudiva l'immagine svolazzante di Pepper, il folletto domestico di Hermione. Sì! Quello stesso folletto che aveva avuto la geniale idea di farsi ammazzare dentro il quadro di Augustus Jenkins...
Lei aveva sbraitato come una Veela furiosa quando aveva sentito lo scricchiolio del vetro rotto, e non era stato sufficiente tentare di spiegarle che non l'aveva fatto di proposito: Hermione, partita in quarta come una cercatore che avvista il boccino, aveva deciso di rendere ridicolmente drammatica la situazione, ed aveva cominciato a rimproverarlo di essere uno stronzo insensibile, di non aver mai sopportato Pepper, e che sotto sotto era pure contento della sua morte! Alla fine, Draco se n'era andato via spazientito, maledicendo a voce alta il Cornish Pixie, che continuava a procurargli guai anche se era già crepato da oltre cinque mesi!

Poi, riprese a camminare risoluto ed impettito per Nocturn Alley, trascinandosi dietro Hermione fra le bancarelle strapiene, mentre chiedeva mentalmente a Dio cosa avesse fatto di male per meritarsi una donna capace di rompergli le palle come dieci casalinghe babbane messe insieme.

"Draco! Incurva un po' questa schiena, dove si è mai visto un ottantenne così diritto!? Non sei affatto credibile, potrebbero smarscherarci da un momento all'altro!!! E sbrigati, che inizio ad intravedere le tue sopracciglia tornare bionde!"

Appunto...


Un'ora dopo, e con in viso i suoi tratti abituali e inconfondibili, Draco Malfoy si rigirava fra le mani un carillon che propagava, nella stanza segreta del manor, la sua tradizionale musichetta un po' stonata, mentre una piccola ballerina in tutù bianco girava su se stessa di fronte ad uno specchietto leggermente rovinato dal tempo.
Gli avevano detto che quell'oggetto mostrava, attraverso lo specchio, immagini così raccapriccianti che qualche babbano era addirittura morto per lo spavento, qualcun altro era diventato pazzo, e diversi maghi vi avevano scorto Banshee urlanti, Inferi, Dissennatori e vecchi fantasmi.

Draco non aveva perso per niente la sua passione per l'occulto. All'inizio, vi si era dedicato perché, accanendosi a rendere innocui quegli oggetti, riusciva a lenire il senso di colpa nei confronti della comunità magica, ad attenuare la gravità del suo ruolo nella guerra, e scaricare un po' della responsabilità che aveva nella morte di Albus Silente. Ora invece, le cose si erano fatte leggermente diverse: non che d'improvviso la sua coscienza si fosse ripulita, o lui non soffrisse più a causa dei suoi sbagli, solo che sapeva per certo di aver espiato abbondantemente per i suoi crimini (forse anche troppo)... e questa certezza gli aveva permesso di riprendere quanto meno a vivere una vita normale, o quasi.
Solo che, nel momento esatto in cui aveva raggiunto questa consapevolezza, Draco aveva scoperto pure che collezionare quegli oggetti, studiare le magie oscure di cui erano impregnati, e trovare un modo di renderli innocui, lo faceva sentire una persona più apprezzabile, più meritevole... in definitiva: un uomo migliore. Così, aveva continuato ad occuparsene senza più farsi domande. Ed anzi, per la milionesima volta, si ritrovò a ringraziare Merlino per questa sua bizzarra passione, perché era stato proprio grazie ad essa, e all'esperienza maturata nell'ambito della magia oscura, che mesi prima aveva potuto salvare Hermione Granger dal bracciale maldetto dei Belby, farsi perdonare per tutto l'odio, chiederle perdono, incontrarla nella sua autonomia di uomo adulto senza più stupidi pregiudizi, e... scoprirla, conoscerla davvero, amarla come non avrebbe mai potuto fare anni addietro.

A proposito di Hermione: lei se n'era andata dieci minuti prima, lasciandolo dentro la sua stanza piena di ciarpame occulto ad analizzare il carillon, profondamente scettica sulle facoltà magiche di quello che aveva definito un "banale soprammobile babbano".

Draco era rimasto come uno scemo a rivoltarsi tra le mani il manufatto preso a Nocturn Alley, e a guardare inebetito la porta che lei si era chiusa alle spalle perché, beh... appena prima di uscire dalla stanza, Hermione aveva avuto la brillante idea di schiantarlo senza alcuno Stupeficium, ma con due sole parole. Due parole che gli avevano messo l'anima sottosopra, gli avevanono strappato il cuore dal petto, l'avevano stritolato fino a colare sangue, e poi glielo avevano rimesso al posto, come nulla fosse...

"Draco, io vado a casa. Ci vediamo domani. Mi raccomando però, fai attenzione: queste stranezze che ami collezionare sono piene zeppe di maledizioni imprevedibili. Sii accorto nel maneggiarle. Ok?"
Poi, gli si era avvicinata con gli occhi che le brillavano di dolcezza, e l'aveva abbracciato delicatamente, perdendosi a guardare il suo viso perfetto. "Mi raccomando, amore mio." Gli aveva sussurrato, infine.
Lui aveva annuito, e l'aveva baciata profondamente, senza parlare.

Draco non era capace di esprimere le emozioni a parole, preferiva lasciar parlare il suo corpo e, con lei in particolare, aveva sempre creduto bastasse il modo soffocante con cui se la stringeva addosso, o l'intensità struggente con la quale ci faceva l'amore, per farle capire tutto ciò che c'era da sapere.
Non servivano molti discorsi per chiarire quanto Hermione Granger fosse diventata importante per Draco Malfoy, che aveva messo da parte perfino il suo radicato razzismo pur di possederla, senza pudore, né riserbo. Aveva accettato le calunnie dell'opinione pubblica, dei giornalisti e di tutto il mondo magico inglese, per il solo piacere di poterla toccare, assaporare, di poter catturare la sua attenzione senza più dover fingere di odiarla (come faceva a scuola quando si accontentava di litigarci), di essere l'unico ad avere il diritto di spogliarla, infilarsi nella sua carne, affondare nel suo corpo, farla felice. L'unica, ad avere il diritto di chiamarlo con quel maledetto AMORE MIO che aveva il potere di farlo sussultare di felicità.

Draco l'aveva baciata con trasporto, ad occhi chiusi, e si era aggrappato al suo viso con entrambe le mani, spingendole la lingua oltre le labbra, lasciandola senza fiato.
Solo che, qualche minuto dopo, quando le loro bocche arrossate ed appagate si erano staccate, era successo che Hermione gli aveva sussurrato sulle labbra umide qualcosa a cui lui non era preparato... qualcosa a cui non riuscì mai a replicare, troppo sconvolto.
"Ti amo, Draco."
Ed era andata via in fretta, già consapevole, nella sua sconfinata intelligenza, che lui non era ancora pronto per risponderle. Infatti, Draco era rimasto in piedi al centro della stanza, a boccheggiare come un pesce rosso dentro la sua boccia di vetro.



Tornò al presente rigirandosi ancora il carillon fra le mani, con un batticuore che era assolutamente nuovo per lui, che era così poco abituato alle faccende sentimentali.

Draco sapeva da quasi vent'anni ormai, che prima o poi quella donna l'avrebbe fatto morire. D'odio... o d'amore. Che in un modo o nell'altro, Hermione Granger non sarebbe mai uscita dalla sua vita, per tormentarlo deliziosamente fino alla fine dei suoi giorni.
Lei, era nel destino di Draco Malfoy come Tom Riddle era stato in quello di Harry Potter. Una persecuzione costante, continua, perenne, che l'avrebbe portato alla pazzia totale... o l'avrebbe salvato dal profondo abisso della solitudine, e dei suoi schiaccianti sensi di colpa.

Forse fu quello, l'istante preciso in cui Draco iniziò a realizzare per davvero l'importanza del suo sentimento per lei, perché... dopo quel TI AMO sussurrato, che l'aveva annientato smembrandogli l'anima pezzo per pezzo, immaginò cose che non aveva mai concepito prima: la risata di un bambino biondissimo, i baci che Hermione gli avrebbe dispensato sul suo visetto rotondo, l'immensa villa dei Malfoy non più terribilmente vuota, un albero di Natale stracolmo di regali, la scrivania del suo studio occupata dalle fotografie di una famiglia felice!
E Dio... si stupì di non provare un briciolo di ribrezzo per questi pensieri così dolci, così romantici. Anzi, d'improvviso gli sembrarono la cosa più normale del mondo, perché gli trasmisero una quiete profonda, la quiete che solo gli uomini in pace con il mondo possono provare.

Allora, Draco ripensò a sua madre, a tutte le volte in cui lo tormentava per spronarlo a cercarsi una donna. Che cretino! Non l'aveva mai ascoltata! Mai! Si era crogiolato per così tanto tempo nella sofferenza, nella solitudine, nel disprezzo della società nei suoi confronti, che non aveva voluto scorgere, nei consigli che Narcissa gli dava, la soluzione ai suoi problemi: non aveva capito che lei, nel suo insistere su quel punto, desiderava solo spiegargli implicitamente che la pace tanto agognata, la pace della sua povera anima di giovane mangiamorte straziato, l'avrebbe trovata solo concedendosi all'amore.

Così, era rimasto in piedi a sorridere come un ebete, con in mano il carillon stregato acquistato a Nocturn Alley... e dopo quel colpo violento al cuore, seguito dalla consapevolezza di poter finalmente afferrare quella felicità che aveva sempre creduto di non meritarsi, Draco Malfoy era crollato in ginocchio sul pavimento della stanza, ed aveva preso a ridere come un pazzo scatenato, mescolando le risate a delle inconfessabili lacrime di felicità.


Continua...
 




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Capitolo 5
*** Due inglesi medi ***


Capitolo 5
-Due inglesi medi-


 

Ministero della Magia, secondo piano. Ottobre 2008.

La squadra era tornata al quartier generale in un grande trambusto di voci, passi e schiamazzi, alternati da qualsiasi versaccio potesse emettere la bocca di un soldato addestrato a rischiare la morte. Ma si sapeva... gli Auror erano tutti un po' schizzati, esuberanti, a volte anche maleducati, ma fondamentalmente altruisti, pieni di voglia di fare e con un grande rispetto l'uno dell'altro.

"Capo Auror Potter!"
Uno di loro si era avvicinato ad Harry per riferirgli i dettagli della missione: "Abbiamo individuato l'Obscurus nel Norfolk, purtroppo non siamo riusciti a catturarlo. Johnson è stato l'unico ad avere un contatto diretto con l'essere, ma abbiamo dovuto portarlo al San Mungo per precauzione! Era in leggero stato confusionale, mostrava febbre, tremori e nausea. Ci ha informati però di aver percepito un'energia malefica molto più accentuata, rispetto a quella di un comune Obscurus. Secondo Johnson, il bambino che l'ha generato deve avere qualcosa di strano, un'aura profondamente negativa."

Harry annuì pensieroso ma, prima di congedare il collega, lo riprese con tono inquieto:
"Potresti spiegarmi come avete fatto a farvelo sfuggire? Eravate in quindici, cazzo!"

"I comuni incantesimi di cattura che gli abbiamo scagliato non hanno funzionato, capo!"
E dopo essersi accomiatato, l'Auror andò ad occuparsi di altri compiti, lasciando Harry nel suo ufficio a pensare a Draco Malfoy e a quello che gli aveva detto al paiolo magico.
"Merda..." Mormorò infine a denti stretti, profondamente preoccupato.

 
***


Nurmengard, novembre 1972.

Gellert afferrò il piccolo tavolo presente nella sua cella, e lo rovesciò sul pavimento gridando di rabbia. Il piatto con gli avanzi della cena rotolò fino alla porta, imbrattando le sbarre di ferro e i muri di pietra. Poi si voltò come una furia verso il letto, e strappò via le lenzuola grezze finendo addirittura per inciamparci in mezzo.
Era appena uscito dal quadro, scappando dalle allucinazioni che gli creava la sua stessa mente, una mente sconvolta dalle permanenze sempre più prolungate dentro quel mondo surreale.
Aveva visto Ariana. Ariana Silente. Che lo guardava con un misto di pietà e rassegnazione.

"Perché non mi lasci mai in pace, maledetta maganò? Perché!?! Perché!?!" Aveva urlato mentre prendeva a pugni il cuscino.
Gellert odiava profondamente chi lo commiserava invece di detestarlo.
Quando vedeva gli uomini tremare impauriti di fronte a lui, o quando leggeva in loro il disprezzo, o il risentimento, si sentiva invincibile. Ma era quando qualcuno lo guardava come l'aveva guardato Ariana, che perdeva inevitabilmente tutta la sua onnipotenza... Perché non c'era niente di più distruttivo, che vedere la compassione ed il perdono stampate sul viso di un innocente annientato dalla pazzia di uno squilibrato come lui.
La morte di quella giovane l'avrebbe perseguitato fino alla fine dei suoi giorni e forse anche oltre, riflettè bestemmiando.

Gellert aveva creato quel quadro per evadere da una realtà che non gli piaceva più, e invece, aveva finito per averne così tanta paura che ora, ironia della sorte, si ritrovava a scappare dal quadro per rifugiarsi nella tranquillità snervante della sua cella.
Stava decisamente andando fuori di testa...

***


Wiltshire, Inghilterra. Ottobre 2008.

Il capo degli Auror, seduto comodamente su una poltrona, dondolava il piede impaziente, snervato dalla prolungata attesa del padrone di casa che, a detta del suo elfo domestico, era uscito per: "Una questione economica riguardante il suo immenso patrimonio di famiglia, Signore!"

Toby glielo aveva riferito con il petto in fuori e l'aria orgogliosa, quasi fosse fiero di esibire delle ricchezze che non erano sue. Ed Harry non poté far altro che ridere fra sé e sé, pensando a quanto potessero essere inutili le battaglie sociali di Hermione quando era così tremendamente evidente che gli elfi domestici adoravano senza alcun rimedio i loro "datori di lavoro"!
Proprio in quel momento però, l'erede dei Malfoy entrò in salotto con l'aria corrucciata, chiedendosi cosa volesse da lui Harry Potter, la cui presenza gli era stata resa nota proprio da Toby nel grande atrio della villa.

Draco era appena era rientrato da una breve trasferta in una sua proprietà del Somerset, ed era già abbastanza nervoso, dato che aveva appena finito di litigare con un vicino babbano che aveva provato a rubargli parecchi metri spostando i confini. La faccenda ovviamente era finita con un Confundus, un colpo di bacchetta per ripristinare il perimetro originale dei terreni e... parecchie imprecazioni del nobile mago, che per tutto il viaggio di ritorno aveva continuato a ripetere di essere arcistufo di perdere tempo con simili ignoranti.

Harry aveva una montagna di cose da fare al Ministero per cui, quando lo vide, trattenne a stento un sospiro di sollievo per l'attesa giunta al termine:
"E' arrivato il cacciatore di maledizioni... Finalmente!"
Draco sollevò un sopracciglio: "Cacciatore di che?"
"Cacciatore di maledizioni! Suona bene, o no? In fondo, è quello che fai!"

Il padrone di casa represse l'espressione esasperata che gli stava affiornado in viso ma, prima di avere il tempo di fare qualche battutaccia delle sue, Harry lo anticipò:
"Ti sei fatto attendere così tanto, che stavo quasi per chiedere al tuo elfo domestico se poteva prepararmi la stanza degli ospiti, Malfoy!"

Draco intanto aveva riempito due bicchieri di Ogden stravecchio, e mentre ne offriva uno all'Auror, con quella punta di sarcasmo che lo aveva sempre contraddistinto gli rispose:
"La stanza degli ospiti? Quindi tu ti riterresti un mio gradito ospite, Potter? Ma pensa un po'... io al massimo ti avrei dato alloggio nelle cantine!"

"Nelle tue cantine ho già avuto il piacere di soggiornarci dieci anni fa, Malfoy!"
Ma non c'era risentimento, in quello che Harry gli disse, anzi... dopo tutto quel tempo, il ragazzo che aveva sconfitto Voldemort ormai, aveva imparato a prendere ciò che gli era successo con un'ironia e una serenità a dir poco invidiabili.

Mentre i due uomini erano impegnati in quel brillante scambio di battute velenose, Hermione -che aveva terminato il suo turno al Ministero- aveva appena aperto il portone di villa Malfoy, ed aveva deciso che non valeva la pena disturbare Toby l'elfo solo per farsi dire dove si trovava il padrone di casa: era praticamente certa che lui stesse trafficando come al solito fra i suoi manufatti da brividi! Così, iniziò a salire le scale con un piccolo sorriso sulle labbra, emozionata al ricordo di come si erano salutati il giorno prima... ma anche un po' preoccupata, per essersi lasciata prendere troppo dall'euforia dell'amore. In fondo, Draco Malfoy era un uomo imprevedibile, complicato, cupo e permaloso, e non sarebbe risultato affatto strano se si fosse rabbuiato per quel "ti amo" che, di colpo, aveva reso tanto impegnativo il loro rapporto.

Hermione allora, aveva rallentato l'andatura, improvvisamente angosciata da quel pensiero, fino a fermarsi di botto davanti la porta socchiusa della stanza oscura, con il serio dubbio di aver sbagliato tutto, di aver corso troppo, di averlo spaventato con i suoi sentimenti troppo sinceri... e con il timore di trovare lì dentro un uomo distante, inespressivo. Estraneo. Forse, Draco l'avrebbe perfino allontanata da sé, pur di non rimanere coinvolto in qualcosa di troppo grande per lui, ed avrebbe ripreso ad essere altezzoso, cattivo ed insopportabile come prima... prima di quel giorno folle in cui si era presentato a casa sua con un ringraziamento sulle labbra ed un mazzo di fiori nella mano nervosa.

La giovane strega inspirò a fondo, e decise che era ora di smetterla di essere così poco risoluta e così tanto idiota quando l'argomento da trattare riguardava la sfera sentimentale; doveva essere più sicura di se stessa e delle sue capacità, maledizione! Come lo era in tutti gli altri campi.
Aprì la porta, ed entrò.

I due uomini nel salotto nel frattempo, erano rimasti in silenzio per un po' a scolarsi il whisky, finché fu Draco, freddo come sempre, ad assumersi il compito di avviare il discorso:
"Bando alle ciance, Potter! Che sei venuto a fare?"

...Così, parlarono per molto dell'Obscurus, e di ciò che era successo durante la missione degli Auror.
Draco stavolta non potè esitare nel riferire ad Harry la sensazione che quella creatura, oltre ad odiare spropositatamente i sanguemarcio ed i babbani, sembrava avere del risentimento anche per lui in particolare. Alla fine, dovette pure ammettere che non era stato un caso, imbattersi nell'Obscursus. Draco l'aveva cercato di proposito, per giorni e giorni, fino a trovare le sue tracce in Scozia.

"E perché saresti andato a cercarlo, Malfoy?" Harry gli domandò, confuso.
Il padrone di casa, a quella domanda, aveva sospirato, e dopo aver mandato giù un altro sorso di liquore, aveva rivelato che una sera di qualche settimana prima, sentendosi osservato, si era affacciato alla finestra del suo studio ed aveva scorto una massa oscura e fluttuante galleggiare nel giardino. Si era ritrovato a scrutarla a lungo, finché essa si era dileguata in fretta, sparendo nel cielo buio. Così, aveva capito che l'Obscurus, per qualche misterioso motivo, ce l'aveva con lui. Era per questo che si era messo in testa di andarlo a cercare: per questo, e per un altro motivo che il ragazzo però, preferì omettere. Si vergognava troppo a dover confessare davanti al capo degli Auror che sentirsi chiamare vigliacco da Hermione, gli aveva bruciato da morire! E lanciarsi incosciente all'inseguimento dell'Obscurus era stato solo un modo molto stupido per dimostrare a lei di essere coraggioso come ogni uomo onorevole.
Di essere coraggioso come Harry Potter e Ronald Weasley...

Improvvisamente però, uno strillo acuto di donna, in lontananza, li fece sobbalzare sulle poltrone; il discorso fu immediatamente accantonato, l'aria si fece tesa, il silenzio che ne seguì divenne preoccupante e, mentre entrambi tiravano fuori la bacchetta in un gesto automatico, Harry vide il giovane Malfoy diventare pallido in volto, più di quanto lo era per natura.
Draco aveva riconosciuto, in quel grido, il timbo di voce di Hermione proveniente dalla stanza degli oggetti oscuri, ed era rimasto, per un secondo, letteralmente pietrificato dalla paura.
Poi, era scattato in piedi come una molla mettendosi a correre, seguito subito dall'Auror, e durante il lungo tragitto che separava il salotto dalla stanza, immaginò di tutto, con il cuore in gola ed un'agitazione folle.

Quando piombò affannato dentro il grande locale in penombra, trovò Hermione in piedi con l'espressione sconvolta, fissa sul carillon di Nocturn Alley malamente rovesciato a terra.
Ad un'occhiata rapida non c'erano intrusi nella stanza, sembrava che nessuno l'avesse toccata, che nessuno le avesse fatto del male, e Draco allora si permise di sospirare, rilassandosi impercettibilmente. Harry invece, dietro di lui, teneva ancora la bacchetta serrata fra le dita, mentre si guardava attorno con prudenza:
"Hermione! Che è successo?!" Le chiese con un'inflessione preoccupata nella voce.

Solo allora la strega sembrò svegliarsi dallo shock, e tolse gli occhi dal carillon per concentrarsi sui due uomini appena accorsi.

Non era successo nulla in realtà, o per lo meno, nulla che potesse considerarsi grave, a livello di incolumità fisica. La giovane era entrata nella stanza convinta di trovare Draco chiuso lì dentro, ma quando si era accorta della sua assenza e stava per fare dietro front con l'intenzione di cercarlo altrove, aveva sentito una musica stonata e penetrante provenire dallo strambo carillon poggiato sul tavolo. Si era immobilizzata per un momento poi, voltandosi lentamente, era tornata sui suoi passi con il cuore che batteva un poco più forte.

Il gingillo si era azionato da solo...
E se non fosse bastato questo a renderlo inquietante, ci si era messa pure la piccola ballerina, che girava lentamente su se stessa e sembrava avere un'espressione che Hermione non ricordava affatto così triste, quando due giorni prima l'avevano acquistata. Spinta dalla sua proverbiale curiosità, si era avvicinata con cautela, l'aveva afferrato e...
Aveva strillato con quanto fiato aveva in gola, quando attraverso lo specchietto dietro la bamboletta di porcellana, aveva visto ancora una volta il bambino biondo del quadro maledetto di Augustus Jenkins.

"Hermione, vuoi dirci che è successo?" La incalzò Harry.
La donna si riscosse dal ricordo recente, e senza chiedersi neppure cosa diavolo ci facesse Harry a Malfoy Manor, balbettò indecisa:
"I-Io... Il carillon... il riflesso nel-lo specchio. L'ho visto ancora..."

Aveva parlato indicando l'oggetto caduto sul pavimento, e Malfoy aveva corrugato le sopracciglia, mentre le chiedeva:
"Hai visto cosa, Hermione?"
"Il piccolo demone guardiano..."

L'aveva detto quasi sussurrando, nel timore che Draco non le prestasse fede. Timore fondato, visto che lui strinse forte le mascelle nell'evidente sforzo di contenere la replica tagliente.

Draco non le credeva.
In verità, il ragazzo si rifiutava di crederle, perché aveva dannatamente paura di riaprire un capitolo che li aveva fatti soffrire oltremodo.
Rinnegava la realtà, sperando così di non doverla affrontare.

Draco sapeva bene che Hermione non parlava mai a sproposito, ma riconoscere che lei potesse aver ragione, significava di conseguenza ammettere che il quadro, e quel maledetto bambino biondo, non erano mai usciti dalle loro vite, e che non era bastato il solo portarli via dalla villa per liberarsene definitivamente.
No.
Un'eventualità simile era troppo assurda, oltre che terrificante. E poi, Draco era certo che l'Ufficio Misteri fosse un luogo sicuro in cui custodire manufatti oscuri!
Sospirò chiudendo gli occhi, nervoso per la piega che stava prendendo la situazione, poi... diede un calcio violento al carillon, che rotolò sul pavimento in un grande fracasso, e se ne andò dalla stanza senza dire una parola, troppo sconvolto dall'ipotesi che quella storia non si fosse chiusa.

Harry aveva sollevato le sopracciglia in un'espressione stupita, e si era voltato verso l'amica per domandarle, preoccupato:
"Chi è questo piccolo guardiano che hai nominato? Ti prego non dirmi che parli del quadro di Augustus Jenkins..."

Harry se lo ricordava perfettamente il piccoletto malefico che aveva ucciso Pepper, e che faceva la guardia al quadro che Malfoy aveva conservato per mesi e mesi a casa sua.

Hermione si riscosse dallo sbigottimento, ed ignorando la fitta dolorosa al petto dovuta alla reazione di Draco e alla sua mancanza di empatia, decise d'impulso che fosse giunta l'ora di farsi aiutare dal suo amico.

 
***
 

Nurmengard, novembre 1972.

Il trascorrere del tempo, non aveva migliorato le cose nella mente confusa del più grande mago oscuro che il mondo avesse mai conosciuto. Il quadro che aveva creato con cura e dedizione, mischiando il proprio sangue ai colori per trasmettere alla sua opera quell'alito di vita malefica, gli si stava ritorcendo contro. Il bambino, che Gellert aveva dipinto sforzandosi di ricordare i suoi stessi tratti infantili, gli somigliava così tanto che aveva iniziato ad inquietarlo. Soprattutto perché quest'ultimo, che era diventato una sorta di proiezione di Gellert stesso, aveva iniziato a ragionare come, e forse peggio, di lui. Gli incantesimi oscuri che Grindelwald aveva operato sul quadro avevano fatto sì che il piccolo guardiano accumulasse una potenza enorme, una forza che stava diventando poco gestibile, dentro le mura soffocanti della cella di Nurmengard.
Lo spazio buio oltre il portale poi, era diventato un inferno fatto di allucinazioni, pazzia, e perdita di memoria: Gellert sperimentò sulla propria pelle che parlare con le anime degli uomini defunti, non portava affatto alla conoscenza suprema, non regalava la soluzione ai problemi, la saggezza, o l'onnipotenza che si era aspettato di acquisire. In fin dei conti, conoscere troppe cose riguardo la vita, la morte, il passato, il presente, il futuro, e le vicende del mondo, portava solo a tanta triste consapevolezza, e a dover accettare di essere davvero troppo poco, rispetto alla vastità del creato.

Così, Gellert Grindelwald decise che era opportuno liberarsi del quadro, ed accettare definitivamente di dover passare il resto della sua esistenza dentro le quattro pareti in pietra della prigione di Nurmengard, fino al giorno in cui la morte sarebbe andata a prenderlo con un Avada Kedavra, le sue mani lunghe e pallide, ed una voce serpentina...
Una morte che avrebbe avuto le fattezze di un certo Tom Riddle.


 
***
 

Wiltshire, Inghilterra. Ottobre 2008.

Era già quasi un'ora che passeggiava senza meta per l'enorme giardino, infilandosi nei viottoli, scrutando da lontano i pavoni bianchi che beccavano per terra, fermandosi ad osservare le statue in marmo incastonate nelle nicchie ricavate dalle siepi. Ma Draco Malfoy in realtà, non era affatto concentrato ad ammirare la bellezza raffinata della sua tenuta, come poteva invece sembrare ad occhio estraneo. No! Non gliene fregava assolutamente niente di quelle meraviglie che era fin troppo abituato ad avere tutti i giorni davanti agli occhi: lui stava solo cercando di sbollire il nervosismo, e placare la paura.

Stava riflettendo ancora, con una certa inquietudine, che il quadro acquistato da Augustus Jenkins, quel miserabile e stupido commerciante di manufatti oscuri, era diventato un incubo dal quale era impossibile fuggire. Non si capacitava di come fosse ipotizzabile che il piccolo demone vagasse ancora indisturbato per casa sua, se fino a prova contraria era imprigionato ed isolato nell'Ufficio Misteri a Londra! Non voleva neanche pensare, Draco, che quell'inferno non fosse ancora finito. E non aveva neppure intenzione di prestare fede alle allucinazioni di Hermione, perché era sicuro del fatto che lei fosse rimasta semplicemente scioccata da quella storia, tanto da averne ancora gli incubi.
La spiegazione doveva esser quella. Senza ombra di dubbio.
O, per lo meno, Draco voleva disperatamente credere che fosse così: perché in caso contrario, si sarebbero dovuti preparare ad affrontare momenti forse più bui e più difficili di quelli passati con il bracciale dei Belby. E lui, che aveva già sofferto troppo per essere un uomo di neanche trent'anni -ed era pure un gran codardo- aveva il tremendo presentimento che, stavolta, non sarebbe stato in grado di uscirne fuori, e che la sua più grande paura si sarebbe alla fine verificata: smarrire la felicità faticosamente conquistata, e perdere l'amore di una donna che lui non meritava.

Non c'è redenzione, per un mangiamorte fallito.

Così, camminando sul prato perfettamente curato dagli elfi, Draco finì per imprecare a denti stretti, aggiungendo alla lunga lista dei momenti della sua vita da dover maledire, anche il giorno in cui aveva comprato il quadro.

All'improvviso, uno scricchiolio di passi diversi dai suoi, sulla ghiaia bianchiccia del vialetto, lo portò ad inspirare e a rallentare il passo...
Lo sapeva perfettamente che prima o poi Hermione sarebbe andata a cercarlo lì fuori. Però non si voltò a guardarla: non ne aveva proprio la forza. Ma a lei, questo dettaglio, non interessò per niente, infatti la sua voce chiara e determinata raggiunse le orecchie di Draco distruggendo come una Bombarda Maxima la falsa quiete in cui era immerso il giardino:
"Ho raccontato tutto ad Harry. Entro domani mi verrà rilasciata l'autorizzazione per entrare all'Ufficio Misteri, così potrò andare a controllare il quadro ed accertarmi che sia tutto a posto. Un giorno di questi poi, in veste di Capo Auror ovviamente, lui verrà qui al manor ad applicare alcuni incantesimi per tenere sotto controllo la situaz..."

Ma Draco non la fece terminare, perché non appena capì il senso di quelle parole, si girò di scatto con la faccia stravolta dalla collera:
"Cosaaa? Al manor? Incantesimi di sorveglianza al manor? Potter vuole mettere casa mia sotto controllo per colpa dei tuoi stupidissimi deliri, Hermione? Stai scherzando spero!"

La giovane strega spalancò gli occhi e, presa dall'impluso, gli urlò contro:
"Non sono degli stupidissimi deliri! Cretino! E comunque, visto che non te ne frega niente del pericolo, dirò ad Harry di lasciar perdere!"

 E lui, naturalmente, le sbraitò di rimando:
"Tu stai diventando pazza, donna! Questa storia del quadro ti sta facendo saltare i nervi. Vai da un medimago a farti visitare, dammi retta!"

Draco Malfoy poteva pure esser diventato un uomo di gran lunga migliore rispetto a quello che era stato ai tempi della seconda guerra magica ma, purtroppo, quel suo cinismo unico, in grado di distruggere le persone con due sole parole, non lo avrebbe mai abbandonato completamente.

Hermione lo guardò con tutta la delusione del mondo, come forse non aveva mai fatto, neanche quando lui la umiliava ripetutamente davanti a tutta la scuola. Non rispose. Una simile affermazione non meritava una risposta. L'unica cosa che fece Hermione però, fu dargli le spalle ed allontarsi. Stanca di combattere.

Stupido. Stupido. Stupido. Non era questo il modo di affrontare il problema, dannazione... si ritrovò a pentirsi lui.
Ma Draco era implusivo. Draco non ragionava quando era nervoso, e sotto pressione. Anzi, ad essere proprio ma proprio sinceri, bisognava ammettere che Draco Malfoy non spiccava e non aveva mai spiccato in vita sua, per una brillante saggezza, o per un grande buon senso. Il suo quoziente intellettivo rientrava nella media della popolazione britannica e, forse, solo su questo punto lui avrebbe potuto vantarsi di essere perfettamente uguale ad Harry Potter.
Due inglesi medi.

Potter.
In fondo, era quello il problema: Potter. Sempre Potter.
Harry Potter era il tormento, la persecuzione, l'ossessione, la croce, di Draco Malfoy... da ben diciassette anni.

Draco vide la donna marciare sul vialetto, irrimediabilmente distante da lui, e ne provò un dolore indicibile, mentre malediva la cattiva abitudine di chiudersi a riccio e poi attaccare come una serpe velenosa se era incazzato, o inquieto, o geloso. Perché sì... Era da un bel pezzo che si era accorto di essere possessivo, oltre che tanto insicuro. Aveva perso il senno nel momento stesso in cui aveva capito che Hermione aveva preferito riporre la propria fiducia nell'amico, piuttosto che in lui. Stupida gelosia.

"Dove diavolo stai andando?" La richiamò allora, urlandole dietro.
"Me ne vado a casa mia!" Gli rispose a voce alta Hermione senza neanche voltarsi.
"Non fare la bambina!"
"Smetterò di fare la bambina quando tu smetterai di fare lo stronzo!"
"Hermione torna indietro, cazzo!"

Ma quando si accorse che la donna continuava ad ignorare i suoi richiami concitati, le corse incontro afferrandola per la vita, e se la strinse addosso, esigente. L'abbracciò rabbiosamente da dietro, in un irragionevole impulso egoistico, e con il viso sprofondato fra i suoi capelli morbidi, le sussurrò veemente: "Non andartene."

La giovane strega non tentò neanche per un attimo di divincolarsi, e non perché il calore avvolgente di Draco l'aveva turbata di piacere, no. No no no. Non le interessava minimamente la frenesia che l'aveva colta al sentire le sue braccia virili tenerla stretta. O il respiro fattosi d'improvviso accelerato per l'ingiustificato benessere che le trasmetteva il fatto di avere lui addosso. Lei rimase immobile solo perché sapeva già che non sarebbe servito a nulla tentare di liberarsi, se non a farlo intestardire di più.

"Draco..." Sospirò Hermione, sconfitta.
Lui strinse di più la presa: "Resta!" Le ordinò con voce bassa, ma roca e imperiosa. "Domani mattina partirò per sbrigare degli affari, starò via qualche giorno. Quindi resta!"
Era sempre stato abituato a comandare purtroppo, ed anche in un frangente simile, non era propenso a lasciar da parte la sua stupida inclinazione al dispotismo.

"Draco... non puoi comportarti da stronzo quando ti pare e piace e pretendere di essere perdonato ogni dannata volta. Non è così che funziona! Devi imparare a pesare le parole, prima di farti prendere dal tuo solito istinto malevolo." Le rispose lei, accalorata.

A volte, Hermione aveva quasi paura di quell'aspetto così ambiguo della personalità di Draco: era decisamente inquietante il suo imporre i propri voleri senza tenere in considerazione i desideri degli altri, il suo andare fuori di testa quando riceveva un rifiuto, o il suo offendersi come un ragazzino quando lei provava a contrastarlo (fino al punto di guardarla con un luccichio d'odio negli occhi).
Nelle profondità del suo essere, forse Draco sarebbe rimasto per sempre un'anima nera! Era questa la verità.
Ma anche se aveva un briciolo di paura, a causa degli atteggiamenti strani dell'erede dei Malfoy, Hermione non l'avrebbe mai svelato a nessuno... tantomeno ad Harry e a Ron. Cosa avrebbe potuto confidargli, d'altronde?
"Ragazzi, ho paura di Draco Malfoy e dei suoi lati oscuri!?!"
Senza alcun dubbio, i suoi amici si sarebbero guardati l'un l'altro con aria di spudorato trionfo, e poi le avrebbero detto: "E tu cosa ti aspettavi da uno come lui?!"
Se poi Harry, nella sua intelligente discrezione, si sarebbe limitato a dirle solo questo, Ron... beh... Ron sarebbe stata tutta un'altra storia! Lui, con la sua schiettezza snervante e a volte maligna, l'avrebbe sommersa di rimproveri, attaccando una ramanzina infinita, come quella dell'ultima volta, che era risultata più o meno così:

"Per la barba di Merlino, non ti azzardare più a lamentarti di Malfoy davanti a me, Hermione! Io ti avevo avvertita. Draco Malfoy, cazzo! Il leccapiedi di Voldemort. Ma dico io! Roba da pazzi. Ma ti sei bevuta il cervello come fosse succo di zucca? Che poi... ancora mi chiedo cosa ci hai trovato in lui. E' arrogante, è altezzoso, vigliacco, presuntuoso. Voglio dire... non è neanche bello! Da cosa sei stata attratta, sentiamo? Dal suo pallore cadaverico simile a quello di un Infero? Dalla puzza sotto il naso? Dai capelli gialli? Dalla magrezza tipica del dissennatore affamato? O da quel ghigno schifato che ha perennemente stampato sulla faccia?"

Dio... no! Non aveva voglia di sorbirsi il predicozzo di Ron. Hermione avrebbe tenuto le sue paure per sé.
Anche perché non c'è cosa peggiore, di essere rimproverati da qualcuno che ha ragione...

Lei aveva deciso di accettare il temperamento agghiacciante di Draco Malfoy nel momento stesso in cui aveva indossato il suo anello, ed ora non poteva lamentarsi! E comunque... Hermione sapeva bene che lui non avrebbe mai cambiato il suo modo di fare solo perché il destino folle aveva voluto che si innamorasse di lei! Glielo aveva detto chiaramente, quel giorno a Diagon Alley, dopo la presentazione del libro, che non sarebbe mai diventato una persona migliore solo per accontentarla e farla felice! Draco Malfoy non si sarebbe MAI trasformato in un uomo altruista, generoso, amabile, simpatico, e propenso alla compagnia degli altri esseri umani. Quel guizzo d'oscurità disperata l'avrebbe accompagnato per il resto della sua vita.
L'altezzosità di cui si vestiva poi, era un custume troppo calzante per un nobile decaduto come lui, a cui era rimasta solo la raffinata arte dell'arroganza e della presunzione, per poter rimanere a galla in una società che non lo apprezzava più.

Sentì improvvisamente la presa delle braccia virili di Draco farsi più brutale, fino al punto di farle mancare il fiato, ed Hermione represse una smorfia di dolore, sbigottita dalla sua violenza.
"Draco, mi stai facendo male. Lasciami!"

L'uomo allentò di poco la stretta, anche se non pensò nemmeno per un secondo di liberarla del tutto, quasi avesse paura che, sciogliendo l'abbraccio soffocante, lei potesse scappare. Se Hermione fosse andata via senza rivolgergli almeno un sorriso -quei sorrisi caldi che avevano il potere di rasserenarlo- lui sarebbe caduto di nuovo nel baratro della disperazione. E non voleva. Draco la sentiva indispensabile per la sua sopravvivenza, per la sua salute mentale, ed era anche troppo egoista, per permetterle di ignorarlo. E poi, da quando lei aveva ammesso di amarlo, lui si era fatto più spavaldo, più sicuro di sé, tanto da pretendere la sua attenzione completa.

"Mi ami?"
Le disse infatti lui, con tono nervoso ma arrogante nello stesso tempo. Certo della risposta.
Hermione aveva capito subito il sottile giochetto del ragazzo, che voleva furbamente farsi perdonare scivolando nel sentimentalismo appassionato; quindi cercò di scrollarselo di dosso, ancor più furiosa di prima. La capacità che aveva Draco Malfoy di rigirarsi le situazioni in suo favore la mandava in escandescenze, come quando ad un centauro viene invasa la sua porzione di habitat.

"Smettila, Malfoy! Sappi che non te lo ripeterò solo per darti la soddisfazione di gonfiare il petto come un ungaro spinato!"

Draco ridacchiò vicino al suo orecchio e poi, tronfio, le richiese:
"Allora? Mi ami?"

E subito dopo provò a baciarla impetuosamente, litigando con la bocca di Hermione che aveva ripreso a sfuggirgli, indispettita. L'attimo di debolezza a cui la giovane strega aveva quasi ceduto, era passato con la rapidità di un battito d'ali di boccino.
"Mi stai innervosendo, Malfoy! Basta. E lasciami, per l'amor di Dio! Fra poco sentirò scricchiolare le ossa!"
Tentò invano di liberarsi, rossa di collera, ma dopo alcuni intensi attimi di lotta impari, dovette cedere alla forza mascolina di quelle braccia ostinate.

"Tu rispondimi, prima!" L'assalì Draco, snervato.
"No."
"Perché?"
"Perché non voglio!"
Fu a quel punto allora, che Draco la liberò di scatto quasi spintonandola, scottato dalla freddezza che lei gli stava dimostrando. E si accorse della stronzata che aveva fatto solo quando Hermione si girò a guardarlo con occhi lucidi, sconvolta dal suo atteggiamento quasi violento.
Draco per poco si sentì male, nel vedere Hermione massaggiarsi le braccia doloranti, e balbettò delle scuse imbarazzatissime, con i primi sintomi di un pentimento cocente a riempirgli l'anima nera.

"T-Ti ho fatto male? Perdonami. Non volevo, davvero! Scusami. Scusami, scusami."

Era sconvolto. Non capiva cosa gli era preso. Provò pure ad avvicinarsi a lei con cautela, ma Hermione si scostò, ferita. Dopo uno sgradevole quanto lungo silenzio invece, gli gettò un'occhiata penetrante, che nascondeva tante cose... tra cui la delusione, probabilmente. Infine, Draco la sentì prendere fiato, e chiedergli, con tono basso e sconfortato:

Tu, invece? Tu... Draco. Mi ami?"





Continua...

 

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Capitolo 6
*** Amate la vita in mio onore ***


Capitolo 6
-Amate la vita in mio onore-


 

Wiltshire, Inghilterra. Ottobre 2008.

Si era alzato un venticello leggero, nel grande parco che circondava la tenuta dei Malfoy, un'aria frizzante che sollevava i boccoli di Hermione Granger in dolci onde.

"Tu, invece? Tu... Draco. Mi ami?"
Aveva pronunciato queste parole mormorando, con un pizzico di insicurezza nella voce, ma all'uomo di fronte a lei, quella domanda sembrò proferita con la stessa potenza di un colpo di fucile.
Fu il silenzio, a rispondere a quell'interrogativo. Il silenzio, ed il lontano cinguettio di qualche fringuello che svolazzava tuffandosi fra immense fronde di querce secolari.

Tu, invece? Tu... Draco. Mi ami?

L'amava?
Draco rimase immobile ad ascoltare il rumore del vento, e ad osservare i giochi che esso faceva fra i capelli di Hermione. Hermione che era così bella, così delicata, così insicura nella sua perfezione.

Mi ami?

L'amava? Forse sì... Ma cos'era esattamente l'amore?
Draco Malfoy aveva sempre creduto che l'amore fosse sua madre, che lo baciava sulla fronte stringendolo forte, e gli sussurrava: "Andrà tutto bene, tesoro mio... vedrai, un giorno passerà tutto."
L'amore era sua madre, che non l'aveva deluso. Era andato DAVVERO tutto bene.
L'amore era sua madre, che non gli aveva mai mentito.

Tu... Draco. Mi ami?

Può darsi. Però...
Se quel sentimento fosse stato solo una piccola forma di egoismo?

A volte... Si ama quello di cui si ha bisogno, quello che ci fa star bene, quello che ci fa comodo. Come fai a dire che ami una persona, quando al mondo ci sono migliaia di persone che potresti amare di più, se solo le incontrassi? Il fatto però, è che non le incontri.
 

Draco Malfoy era un grande egoista... ed Hermione Granger lo faceva stare bene, tremendamente bene.
Ma non poteva essere solo questo, però. Non poteva trattarsi della sola necessità di essere accudito e rassicurato da qualcuno, a fargli desiderare quella donna con un'intensità tale che sarebbe impazzito, senza possederla. In tutti i sensi possibili.
Allora, cos'era l'amore?

L'amore è la stella del mattino, e quella della sera.

L'amava?

Tu... Draco. Mi ami?

Credo di sì, Hermione Granger.

Da quando mi sono innamorato di te, ogni cosa si è trasformata, ed è talmente piena di bellezza… L’amore è come un profumo, come una corrente, come la pioggia: tu, sei come la pioggia, ed io... come la terra, ti ricevo e ti accolgo.

L'amava?

Tu... Draco. Mi ami?

Credo di sì, Hermione Granger. Credo proprio di sì.
Ed avrebbe dovuto affrettarsi a dirglielo, se voleva farle sparire quell'espressione triste dal viso.

L'amor che move il mondo e l'altre stelle.

Però...
Come si faceva a dire "Ti amo" ad una donna? Draco Malfoy non ne era capace.
Ci provò, ma gli rimase incastrato nella gola, finché dovette inghiottirlo in un angolo dello stomaco. Rosso di vergogna.
Non era così facile. Ci voleva la spensieratezza e la sfacciataggine di un uomo molto avvezzo alle questioni d'amore! E lui di certo non lo era.

Tu... Draco. Mi ami?

Sì. Certo che sì, Hermione. Ma non sono capace di dirtelo. Dannazione.
Ammetterlo a voce alta avrebbe sancito definitivamente la perdita della sua proverbiale superbia. La fine della sua altezzosità da aristocratico d'antica stirpe.
La freddezza tipica del Malfoy abituato al comando sarebbe andata a farsi fottere, schiacciata sotto le suole delle scarpe eleganti di una donna, dando ad Hermione Granger un potere smisurato su di lui, come se lei non ne avesse già abbastanza.

Mi ami?

Silenzio.

Mi ami? Tu... Draco. Mi ami?

E proprio quando, stringendo i pugni, lui provò di nuovo ad aprire la bocca per farsi uscire quella dannata risposta, Hermione se ne andò... con gli occhi lucidi per il dispiacere, e stanca di aspettare un SI che credeva non sarebbe mai arrivato.

 
 
***

Nurmengard, dicembre 1972.

"Guardie!"
Gellert chiamò imperiosamente, attaccandosi con entrambe le mani ai pali in ferro della cella, e quando sentì il rimbombare dei passi del carceriere avvicinarsi sempre di più, trasse un sospiro di sollievo. Aveva la faccia stravolta, le occhiaie, la barba incolta da giorni, ed era diventato nervoso, perfino paranoico. Staccò velocemente il quadro dalla parete e lo fece passare attraverso le sbarre.
Aveva deciso di liberarsene.
La sua stessa creazione era diventata il suo incubo personale: lo spazio illusorio oltre la tela, non era più il rifugio quasi narcotizzante nel quale amava perdersi per fuggire dalla realtà di una vita che ormai non aveva più niente da offrirgli. Si era accorto che passare le ore lì dentro, stava diventando letale per il suo animo già provato dalla prigionia, oltre al fatto che il più delle volte ne usciva inebetito, come se perdesse totalmente il senno. Il piccolo guardiano biondo poi, forte del sangue che Grindelwald aveva mischiato ai colori per dipingere il quadro, era diventato incontrollabile: il suo spirito maligno si era nutrito della linfa vitale dell'uomo, ed era divenuto pressoché autonomo. Aveva assorbito la potente magia che scorreva nelle vene del suo creatore, la sua forza spirituale, e ne aveva assimilato perfino gli ideali raccapriccianti, facendo suoi l'odio ed il disprezzo per gli uomini.

Avrebbe voluto distruggerlo con le sue mani Grindelwald, per esser certo che quella tela maledetta sparisse dalla faccia della terra, ma la magia che era riuscito a conservare segretamente in quei ventisette anni di carcere, si era affievolita proprio per colpa delle sfiancanti ore trascorse oltre il portale, a contatto con il piccolo demone.

"Di cosa hai bisogno?!" Gli domandò la guardia carceraria non appena era giunta di fronte alla cella di Grindelwald, che gli rispose:
"Questo quadro deve sparire! Seppellitelo ad almeno dieci piedi di profondità. Non deve trovarlo nessuno! Sono stato chiaro?"

Disse ciò con estrema determinazione, indicando l'oggetto che sosteneva fra le mani.
Il secondino sollevò un sopracciglio per la bizzarra richiesta, però si limitò ad annuire brevemente senza fare domande, e prese in consegna l'ingombrante quadro per portarlo via, mentre Gellert si appoggiava al muro di pietra chiudendo gli occhi stanchi, e rilasciando un altro sospiro di sollievo.

Nessuno dei due uomini però, poteva sapere che quel quadro nefasto non sarebbe mai stato sotterrato. E che la maledizione che si portava dietro, avrebbe ucciso, fatto impazzire, tormentato e condannato molte vite, negli anni a venire...

 
***
 
 

Ottery St Catchpole, Inghilterra. Ottobre 2008.

Arthur Weasley, i cui capelli erano ormai più bianchi che rossi, rientrò in casa alle dieci passate, sfiancato; salutò tutti con un allegro: "Buonasera famiglia!" e si diresse verso il calendario appeso al muro della cucina, facendo una grossa croce sul giorno quasi terminato. Dopodiché, tutto soddisfatto, esclamò: "Mancano undici mesi, ventiquattro giorni e sei ore alla pensione! Poi, non vorrò più vedere una scartoffia ministeriale nemmeno sotto Imperius!"

Ron, stravaccato sulla poltrona sgangerata nel salotto vintage della Tana, ruotò gli occhi sul soffitto macchiato di muffa: "Merlino, papà... Come sei diventato noioso! Imbastisci tutte le sere la stessa scenetta."

Arthur si voltò a guardarlo, esasperato:
"Io faccio quello che mi pare in casa mia, Ron! Se a te non sta bene, affittati un monolocale a Diagon Alley! Hai ventott'anni, ormai."

"Sì, come no! E poi chi me li lava i panni?" Gli rispose il figlio, con l'espressione indignata.

"Te li potrebbe lavare una brava ragazza, se solo ti decidessi a mettere la testa a posto! Sciagurato d'un figlio."

Rimasero dieci secondi buoni a sfidarsi con lo sguardo, finché arrivò Molly con le mani sui fianchi a spezzare la tensione:
"Andiamo dai, non ricominciate con questa storia! L'amore quando arriva arriva, non si può stabilire una data. E, nel frattempo, non è un problema per me lavare un maglione in più!"

Arthur sbuffò platealmente, conscio che in quella casa nessuno gli dava mai retta; allora, con aria di rinuncia, andò a sedersi in cucina per ingurgitare un po' di zuppa riscaldata.
Mangiò in silenzio, con il ticchettio dell'orologio in sottofondo, ed il rumoroso russare di Ron proveniente dal salotto. Molly si era appena seduta al suo fianco a fare la maglia, sorridente... e lui si rese conto, una volta di più, che non aveva granché di cui lamentarsi, in realtà! Che anche se non navigavano nell'oro, erano comunque una famiglia serena.
La morte di Fred, a distanza di dieci anni, era stata finalmente digerita. A fatica, sì... ma c'erano comunque riusciti.
Senz'ombra di dubbio, suo figlio sarebbe sempre stato una presenza invisibile in casa, un pezzo di cuore palpitante dentro i loro petti, un ricordo incancellabile. Un giorno però, avevano deciso di smettere di piangere disperati, perché George, l'anima gemella di quel ragazzo pieno di vigore, si era rialzato. Ed aveva detto a tutti loro che suo fratello non avrebbe MAI voluto vedere la sua famiglia annegare nello sconforto e distruggersi nell'agonia, ma al contrario: avrebbe desiderato vederli ridere, vivere, emozionarsi, gioire della vita! Che la sua morte era stata solo l'ennesimo scherzo.
Che li aveva soltanto salutati un po' prima del previsto, ma che un giorno si sarebbero riabbracciati tutti quanti, dall'altra parte dell'universo.
Amate la vita in mio onore!
Fred Weasley.


Ingoiò una cucchiaiata di zuppa trattenendo una lacrima di commozione, e pensò che sarebbe stata una buona cosa distrarsi, pur di non affondare la punta della bacchetta in certe piaghe sanguinanti.
Osservò sua moglie incrociare i ferri da lana rapidamente, domandandosi perché non lo facesse con la magia, poi gettò lo sguardo all'orologio, assicurandosi che le lancette di tutti i componenti della famiglia non fossero su "pericolo mortale", specialmente Harry (aggiunto sul quadrante qualche anno prima), infine i suoi occhi caddero sul settimanale delle streghe, poggiato in fondo al tavolo. Arthur corrugò le sopracciglia, e sbattè un paio di volte le palpebre per cercare di schiarire la visuale sfocata che aveva da lontano. Maledetta miopia. Ma gli sembrava proprio che sulla pagina piegata del rotocalco di gossip magico ci fosse l'immagine animata di un volto alquanto familiare...
"Molly? Tesoro!"
"Sì, caro! Dimmi!"
"Perché c'è la fotografia di Draco, sul giornale?"

Sua moglie fece spallucce e rispose, improvvisamente nauseata:
"Ooh, la solita imbecille di Rita Skeeter!"

Arthur appellò il giornale e diede una rapida occhiata all'istantanea, che ritraeva Draco Malfoy, a dir poco annoiato, appoggiato con una spalla alla cabina telefonica che fungeva da ingresso visitatori per il Ministero della Magia.
Lesse subito l'articolo ma, senza neanche terminarlo, gettò il settimanale lontano da sé con la faccia disgustata, e finì di raschiare il piatto per recuperare l'ultimo cucchiaio di minestra.
Il nocciolo del trafiletto erano le solite ipotesi scandalistiche sulla relazione combinata con Hermione, il tornaconto personale dell'erede dei Malfoy, l'ingenuità della salvatrice, gli incantesimi affettuati per incantarla abilmente, addirittura una teoria secondo la quale il ragazzo avesse intenzione di conquistare i vertici del mondo magico!

"Te l'avevo detto che era la solita robaccia della Skeeter!" Se ne uscì la moglie, disinvolta.

Arthur le rispose, sbuffando: "Mi domando se lo lasceranno mai in pace, quel ragazzo! Sia chiaro... non che voglia difenderlo a bacchetta spianata, sappiamo entrambi da quale famiglia proviene ma, quando è troppo è troppo. Non dimentichiamoci che aveva solo diciassette anni quando gli hanno ordinato di far fuori Silente. Era un ragazzino. Gli stanno facendo pagare qualcosa di cui non si è reso conto nemmeno lui!"

Molly sospirò, mettendo da parte i ferri ed il gomitolo: "Già..."
E rimasero qualche istante in silenzio.

"Questo però, non significa che non debba essere preoccupato per Hermione!" Se ne uscì poi l'uomo.
Sua moglie gli accarezzò una mano, premurosa: "Anch'io lo sono, tesoro. Tantissimo. Hermione è come una figlia ormai! Tengo a lei come tengo a Ginny, e non sai quanta paura ho, che questa storia possa farle più male che bene!"

Arthur Weasley si rammaricò, strofinandosi gli occhi per la stanchezza. Poi, scuotendo il capo, riprese:
"Draco Malfoy è troppo diverso da lei, sono due mondi distinti. Hermione aveva bisogno di qualcuno che la facesse ridere senza pensieri, che la facesse stare bene. Per le mutande di Merlino! Aveva bisogno di serenità. La meritava! E invece..."
Inspirò l'aria riempiendo i polmoni e sospirò forte, prima di aggiungere: "Lui è un ragazzo troppo complicato, pieno di problemi, di pregiudizi...con un padre che ha evitato Azkaban per miracolo! Ma ti rendi conto, Molly? Draco Malfoy rappresenta tutto ciò che Hermione aveva combattuto durante la guerra!"

La signora Weasley annuì, ma poi sorrise di comprensione:
"Draco è un bel ragazzo, Arthur. E lei... lei è pur sempre una donna! Non dimenticarlo! E noi donne come al solito, tendiamo stupidamente ad innamorarci degli uomini più difficili e tenebrosi, purtroppo."

"Femmine..." Borbottò il marito.

Molly riacciuffò il gomitolo ed attaccò a sferruzzare di nuovo, senza dar modo ad Arthur di aprire bocca:
"Sono certa che Hermione abbia ponderato molto bene tutti i possibili rischi derivanti da una relazione con Malfoy! Non è un'incosciente. E poi, quel ragazzo è cresciuto... io non trovo così assurdo che la ami davvero! E' andato palesemente contro gli ideali secolari della sua famiglia, per lei. Se poi ci metti che Harry e Ron finora non l'hanno ancora preso a pugni, beh... un motivo ci sarà!"

Arthur si alzò dalla sedia, stabilendo che fosse giunta l'ora di andarsene a letto, e mentre si stiracchiava con le mani sui fianchi, concluse il discorso: "Hai ragione, Molly. E comunque è inutile ragionarci troppo, noi in fin dei conti non possiamo fare nulla, a parte restare a guardare e pregare Merlino che lui non la faccia soffrire ancora..."

 

***


Ministero della Magia, Londra. Ottobre 2008.

Con il permesso scritto del capo degli Auror, Hermione si accertò finalmente che il quadro maledetto di Augustus Jenkins fosse ancora chiuso all'ufficio misteri, fermo nello stesso punto in cui l'avevano sistemato dopo la faccenda dei Belby, e sotto la protezione degli Indicibili, che ne avevano approfittato per studiare il varco spazio temporale oltre la tela. Hermione li aveva pure interrogati, per scoprire se avevano notato qualcosa di strano, ma tutti le avevano risposto che il dipinto non aveva mostrato anomalie.
Malfoy invece, aveva rifiutato di mettere sotto sorveglianza casa sua, perciò Harry non era potuto intervenire, ed Hermione si sarebbe dotuta accontentare di cercare prove altrove.
Così, dopo aver scattato con il suo cellulare una fotografia al quadro, pensando che le sarebbe potuta essere utile nelle indagini che si apprestava ad intraprendere, la strega si diresse verso l'ascensore, e pigiò il pulsante di risalita, esausta.
Mentre chiudeva gli occhi per scaricare l'ansia accumulata dal giorno prima, il macchinario partì con un rumoraccio di ferri arrugginiti, ma nonostante il suo tetro sferragliare, risalì ai piani superiori del Ministero senza alcun problema.

Intanto, un'ombra velocissima e silenziosa si allontanò insieme ad Hermione dall'ufficio misteri, e prese a seguirla passo passo, senza che lei si accorgesse di nulla.

Avrebbe dovuto tirare un sospiro di sollievo nel vedere il quadro al suo posto, la staticità dei soggetti dipinti sulla tela, l'inoffensività generale che emanava il tutto, e le rassicurazioni degli Indicibili, ma... lo sguardo perso del bambino biondo, così perfettamente immobile, ebbe il potere di inquietarla ancor di più, invece di tranquillizzarla. Consapevole che le sue sensazioni non l'avevano mai tradita, Hermione fu certa anche stavolta che quella strana "normalità", fosse invece un indizio chiaro del fatto che qualcosa non andasse, e quindi... avrebbe dovuto rimboccarsi le maniche per trovare una soluzione il prima possibile. Appena le grate dell'ascensore si aprirono sul secondo piano però, la confusione proveniente dai vari uffici, la catapultò nei quotidiani grattacapi lavorativi.

"Ehi, Hermione!"
Un giovane tutto trafelato la raggiunse con un plico di pergamene in mano.
"Dimmi, Pomfrey!" Gli rispose Hermione, che fu costretta ad abbandonare i suoi tetri pensieri.

Leonard Pomfrey aveva trentatrè anni, ed era uno dei dipendenti più diligenti del suo settore. Se Hermione non ricordava male, lui era il nipote di Madame Pomfrey, proprio QUELLA Madame Pomfrey che faceva l'infermiera ad Hogwarts ed aveva curato decine di volte i bernoccoli da Quiddich di Harry e di Ron.

"Puoi firmarmi questi documenti? Sono per la scarcerazione di Wilkie Twycross! Te lo ricordi? L'istruttore di materializzazione!"
"Oh sì! Che sciocca... me ne ero dimenticata!"
Hermione afferrò la penna che il ragazzo le offrì gentilmente, e vergò il documento con uno svolazzo.

"Perché lo avevano spedito ad Azkaban?! Rinfrescami la memoria, Pomfrey!"

"Ha rilasciato l'attestato di materializzazione ad uno che per sedici volte non è riuscito superare il corso! Praticamente Twycross gli ha falsificato l'esito dell'esame e si è fatto dare sottobanco duecentocinquanta galeoni!"

Una piccola ed invisibile presenza stava seguendo con interesse tutta la scena, sorridendo malvagiamente...

Scoppiarono a ridere entrambi, poi si salutarono prendendo ognuno la via del proprio ufficio, e quando Hermione riuscì a chiudersi la porta alle spalle, ci si appoggiò contro e respirò rumorosamente. Purtroppo, si era resa conto con amarezza che le sue preoccupazioni personali diventavano sempre più difficili da nascondere, ed era sempre più arduo mantenere la maschera di impassibilità di fronte agli estranei.

Come una stupida, tempo fa aveva creduto che le vere difficoltà sarebbero finite con la morte di Voldemort e che, da quel momento in poi, la sua vita sarebbe stata tutta in discesa, invece... invece aveva continuato a procedere in salita, col fiatone, e con il fardello dei tanti dispiaceri accumulati nel corso degli anni.

Hermione, sola con se stessa, non potè fare a meno di ricominciare a pensare al mistero del bambino biondo e del quadro maledetto, alle responsabilità lavorative, alla mancanza di una famiglia sua, alle pene d'amore.
Le pene d'amore! Già...
Perché, dannazione, non si era innamorata di un tipo semplice come Leonard Pomfrey? Riflettè d'improvviso, sconsolata. Sarebbe stato tutto decisamente più facile. Avrebbe avuto una vita regolare, magari anche noiosa: lavoro, casa, bambini, cene da preparare, una suocera da maledire come ogni donna normale, maestre con cui discutere, mediocri vacanze al mare da organizzare. Invece, cretina, aveva finito di complicarsi la sua già difficile vita, perdendo la testa per Draco Malfoy: uno che guardava tutti dall'alto in basso, uno snob pieno di soldi che viveva in un'antica ed immensa villa, uno che tutto il mondo magico odiava, uno che in passato l'aveva disprezzata per il suo sangue babbano, uno il cui cognome spiccava fra le famiglie più importanti di mangiamorte, uno che... che non era neanche capace di dirle ti amo! O che forse, non l'amava affatto.

Draco Malfoy era egoista, prepotente e possessivo: possessivo in maniera quasi maniacale. E da qualche tempo, quei lati oscuri del suo carattere, ad Hermione avevano iniziato a mettere un po' di paura.
Così, sedendosi sulla sedia girevole del suo ufficio, sbuffò di frustrazione ed iniziò a dubitare di aver fatto la cosa giusta: cedere alla bellezza malinconica di quell'uomo, alla sua eleganza, a quegli occhi grigioazzurri che la lasciavano sempre senza fiato, alla sua aria da dannato che in principio le era sembrata così terribilmente romantica.
Ma nonostante tutti gli ostacoli che il fato le poneva davanti, Hermione continuava imperterrita ad abbandonarsi al fascino misterioso di Draco Malfoy, a perdersi dentro il suo sguardo chiaro ma impenetrabile, a farsi sedurre dal suo amore contorto e quasi malato. Perché sì... Lo doveva ammettere! Si era innamorata di lui completamente. Perdutamente. Irrimediabilmente.
Era inutile rimuginare sull'errore, ormai il solo pensiero di non averlo più fra i piedi a farla disperare, le faceva mancare l'aria!
Che poi, a pensarci bene... le sarebbe davvero piaciuta una vita piatta, senza emozioni forti? Un uomo perfetto che non le faceva mancare nulla? Un compagno che le avrebbe dato TROPPO, fino a diventare scontato ed appiccicoso?
No.

Le donne sono così sciocche... Si innamorano dei bastardi, provano un piacere quasi perverso nel soffrire per amore, ed Hermione non faceva differenza. Ecco perché non aveva desiderato accanto a sé un uomo come Leonard Pomfrey, o Ronald Weasley! Ed ecco perché si sarebbe follemente innamorata di uno come Draco Malfoy ogni dannatissima volta. Sempre. Anche in un mondo dopo la vita.


 
***


Knebworth House, Hertfordshire. Inghilterra, Ottobre 2008.

Meravigliosa. Non c'era altra definizione per quello che Draco aveva davanti agli occhi. Knebworth House era meravigliosa, tanto da far impallidire villa Malfoy.
Si era smaterializzato senza problemi dentro il giardino tipicamente inglese, e grazie ad un incantesimo di disillusione ben fatto, si stava muovendo furtivo con la bacchetta sguainata.

Non era stato affatto difficile violare quella proprietà, dato che nessun incantesimo l'aveva respinto: i proprietari erano senza alcun dubbio babbani che si affidavano ai comuni sistemi d'allarme elettronici, e allora Draco si rilassò, pensando di avere un problema in meno da affrontare.
Il giorno prima, aveva letto sul Times che era stata avvistata una "massa oscura e nebulosa" muoversi a velocità incredibili nei pressi di quella residenza. Nel trafiletto si era parlato subito di extraterrestri, esperimenti dei servizi segreti, o un fenomeno atmosferico mai verificatosi prima.
Tutte babbanate...
Draco aveva capito subito che si trattava dello stesso Obscurus con il quale si era scontrato lui in Scozia, e che era fuggito dagli Auror di Potter nel Norfolk; quindi aveva deciso di partire e restare lì qualche giorno con l'intenzione di cercarlo. Non lo sapeva nessuno, ed ad Hermione aveva detto che sarebbe stato fuori per affari: lei non c'entrava nulla con l'Obscurs, e non l'avrebbe coinvolta.

Certo, se fosse riuscito a trovarlo però, non lo avrebbe mica fronteggiato da solo! In fin dei conti, non erano riusciti a catturarlo nemmeno quindici Auror, che possibilità aveva lui? Gli era bastata ed avanzata quell'unica volta ad Inverness, quando aveva voluto fare l'eroe e invece si era dovuto arrendere all'evidenza della sua perenne codardia. Se lo avesse scovato, si sarebbe limitato a mandare di corsa un Patronus al paladino della giustizia dallo sfregio sulla fronte, ed avrebbe aspettato, seguendo nell'ombra i movimenti della creatura. Potter, con un po' di fortuna, lo avrebbe catturato, e quella situazione incomprensibile si sarebbe chiusa definitivamente. Punto. E magari chissà, Draco avrebbe capito pure perché quell'essere ce l'aveva tanto con lui!

Mentre si appostava dietro un cespuglio dal quale aveva la visuale dell'intero giardino e della facciata della casa, una fitta al cuore gli ricordò che era un irrimediabile bastardo: aveva fatto scappare Hermione solo perché non era stato capace di ammettere i propri sentimenti! Si stava tormentando dal pomeriggio precedente per questo, si era dato del cretino testa di cazzo un milione di volte, e si era disprezzato come non aveva disprezzato mai nessun altro, fino a starne male.

La prima volta, aveva evitato di dirle "ti amo" nascondendosi dietro il dono di un anello, dietro una scommessa clamorosamente persa. E doveva pure dire che era stato tutto molto romantico, quel dichiararle amore appassionato ammettendo silenziosamente una sconfitta. Tuttavia... Draco doveva anche sapere che, con una donna, tutto ciò non sarebbe bastato per sempre e che, prima o poi, l'irriducibile sentimentalismo femminile di Hermione, avrebbe preteso di più.

Lui l'amava. L'amava davvero. Se n'era accorto da tanto tempo... per l'esattezza da quando non aveva più pensato ininterrottamente ai suoi problemi, per riempirsi invece la mente di lei, del suo sorriso, della sua bellezza discreta; e pure da quando aveva capito che non gli interessava più l'opinione del mondo magico, se lei era accanto a lui.

Così, giurò e spergiurò che avrebbe rimediato non appena fosse rientrato nel Wiltshire.

Dell'Obscurus intanto, sembrava non esserci traccia, perciò Draco riemerse dal cespuglio togliendosi le foglie impigliate nei pantaloni ed ammettendo di aver fatto un viaggio a vuoto.
In quell'istante, l'infernale antifurto babbano di Knebworth House lo individuò, ed iniziò a suonare violentemente, spaccandogli i timpani. Draco sobbalzò di spavento, poco avvezzo ai marchingegni babbani e, preso così alla sprovvista, non potè fare altro che chiudere gli occhi, visualizzare casa sua e smaterializzarsi come un ladro, in fretta e furia.
Percepì un risucchio violento, la sensazione di schiacciamento, il vorticare del mondo stesso intorno al proprio corpo, ed infine lo schiocco tipico che determinava l'arrivo a destinazione.
Smaterializzazione perfetta! Pensò, orgoglioso.
L'unico problema fu che, appena messo piede a villa Malfoy, Draco trovò ad accoglierlo nell'atrio, Potter e Weasley con le bacchette puntate contro il suo petto, e le facce stravolte da una rabbia cieca.
Due schiantesimi lo centrarono contemporaneamente facendolo rovinare a terra, poi, un Pietrificus Totalus lo immobilizzò. Draco non ebbe nemmeno il tempo di chiedersi cosa cazzo stesse succedendo... l'ultima cosa che vide, prima di perdere i sensi, fu un pugno teso volare verso la sua faccia.



Continua...





-A volte... Si ama quello di cui si ha bisogno, quello che ci fa star bene, quello che ci fa comodo. Come fai a dire che ami una persona, quando al mondo ci sono migliaia di persone che potresti amare di più, se solo le incontrassi? Il fatto però, è che non le incontri.
(Charles Bukowski)


-L'amore è la stella del mattino, e quella della sera.
(Sinclair Lewis)

-Da quando mi sono innamorato di te, ogni cosa si è trasformata, ed è talmente piena di bellezza… L’amore è come un profumo, come una corrente, come la pioggia: tu, sei come la pioggia, ed io... come la terra, ti ricevo e ti accolgo” (Frida Kahlo)

-L'amor che move il mondo e l'altre stelle.
(Dante Alighieri
)
 

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Capitolo 7
*** Il rassicurante portone di casa Potter ***


Capitolo 7
-Il rassicurante portone di casa Potter-

 

Wiltshire, Inghilterra. Ottobre 2008.

Quando Draco aprì gli occhi, dovette sbattere un paio di volte le palpebre per mettere a fuoco le facce repellenti di Potter e di Weasley piegate su di lui. Subito dopo, intravide il soffitto stuccato di villa Malfoy, e finalmente ricordò di essere stato schiantato, pietrificato e preso a pugni senza motivo non appena aveva messo piede in casa.
Un odio ancestrale si impadronì di Draco, che prese a dibattersi come un avvicino selvaggio nel tentativo di liberarsi dallo strettissimo Incarceramus che gli avevano scagliato; non aveva la minima idea di ciò che stava succedendo, di cosa potesse aver fatto di male e del perché Potter e Weasley lo avessero aggredito tanto duramente. Seppe solo che era stato tutto inutile: quel provare a rispettarli, a comportarsi civilmente, a sforzarsi di essere quantomeno educato! No. Non era servito a niente. E quella lì era la riprova che tra lui e QUEI DUE, sarebbe sempre andata a finire a botte.
Così, li guardò con tutto il disprezzo di cui era capace, e sputò con furia:
"Ma che cazzo volete da me!?! Fottuti stronzi!"
Sentiva dolore dappertutto, forse a causa dell'impatto precedente contro il pavimento, e si accorse che il naso gli bruciava da morire, pulsando con violenza.
Weasley, per tutta risposta, gli tirò un calcio in un fianco lasciandolo senza fiato qualche istante; Potter invece, gli puntò ancora la bacchetta addosso, rosso di rabbia:

"Malfoy! Ti avevo avvisato mesi fa che ti avrei spaccato la faccia e strappato le palle, se avessi fatto qualcosa di male ad Hermione. Te lo ricordi, o no?"
La domanda era velata di minaccia. Draco tossì, sputacchiando il sangue che gli era colato dal naso massacrato, e li guardò confuso, con gli occhi spalancati da uno stupore ignaro:
"Ma di che state parlando?"

 
***


Ministero della Magia. Ufficio di Hermione Granger. Due ore prima.

"Avanti!"
Un lieve bussare aveva riscosso Hermione dai suoi pensieri, ed un sorriso di circostanza aveva subito rallegrato il suo volto triste. La prima regola che si era sempre imposta infatti, era di non lasciar trasparire alcun tipo di sofferenza interiore di fronte agli estranei, e la seconda di tenere ben separati i problemi personali dal lavoro.
Una volta recuperata la sua impassibilità perciò, sollevò gli occhi dalla scrivania, ma di fronte a lei non c'era affatto uno dei suoi colleghi, come si era aspettata... fu invece Draco Malfoy, con la sua aria altera ed elegante, ad entrare in ufficio, ed il cuore innamorato di Hermione -inutile negarlo- fece una piccola capriola. Non era un'abitudine per quell'uomo andare al Ministero appositamente per lei, farle sorprese o passare a salutarla! Allora le gote le si colorarono d'emozione. La bellezza fredda e perfetta di Draco in fondo, le faceva SEMPRE quell'effetto, come d'inebriante Amortentia.

"Draco! Che ci fai qui?" Gli chiese felice.
Era stupidamente convinta che lui le si fosse presentato davanti per rimediare alla brutta separazione del giorno prima, per pronunciare quel "ti amo" che non le aveva mai detto, e che magari avesse pure abbandonato i suoi affari fuori Londra per tornare di corsa da lei, impaziente.
Che sciocca...
Draco infatti non la salutò, e non rispose nemmeno alla sua domanda. Rimase zitto a guardarla con gli occhi che gli brillavano di una luce strana, una luce che Hermione non seppe decifrare, sul momento; comprese soltanto che le sue idee romantiche erano state nient'altro che un'utopia.

Gli andò incontro confusa, alzandosi dalla scrivania:
"Mi avevi detto che saresti partito per alcuni giorni! Come mai sei tornato subito?"

Silenzio.

Lo sguardo di Draco era tempestoso. Lui stesso era strano: impenetrabile, sfuggente, teso. Hermione se ne preoccupò...
"Draco? Che hai?"

Glielo disse con una voce piccola piccola, decisamente turbata da quello strano attegiamento. Le stava mettendo quasi paura a causa della freddezza micidiale che gli deformava i lineamenti. A tratti, non sembrava neanche lui.
Draco non aveva MAI avuto quell'aria bestiale e pressoché letale nei suoi confronti! Sì, certo... lui era un tipo un po' presuntuoso, un pallone gonfiato che dava aria alla bocca, ma allo stesso tempo Hermione sapeva pure
che non era capace di far del male nemmeno ad una puffola pigmea!
No! Draco Malfoy non le aveva mai fatto veramente paura. Almeno fino ad ora...
E malgrado il tentativo di trovare una spiegazione razionale a quel che stava succedendo in quei minuti paradossali, Hermione dovette arrendersi, perché non riuscì a ricordare in alcun modo cosa diamine potesse aver fatto di sbagliato, per far sì che lui la guardasse con tanto odio.
A malincuore, si sentì rassicurata dalla leggera pressione della bacchetta all'interno della sua giacchina elegante, ma questo non le impedì di irrigidirsi quando sentì Draco pronunciare, in tono basso e pieno di rancore:
"Quel Pomfrey... Ti interessa, vero?"

Furono le primissime parole che lui le rivolse, e ad Hermione si gelò il sangue dentro vene nell'osservare l'ira di Draco venire fuori in tutta la sua potenza, farlo diventare viola in volto e trasformarlo in una maschera di malvagità pura. Probabilmente l'aveva vista chiacchierare allegra con il collega in corridoio, ed aveva tratto le conclusioni sbagliate.

"Ma sei pazzo, Draco?"
Era allibita: non poteva credere che lui la stesse accusando di una cosa così sciocca.

"Ti interessa o no?" Insistè lui, la cui voce era divenuta quasi il ringhio feroce di una bestia selvatica.

"No! Certo che no, idiota! Ma cosa ti passa per la testa?!"
Gli rispose aspramente Hermione.

La situazione era a dir poco inammissibile, e dell'iniziale euforia provata nel trovarselo inaspettatamente davanti, non le rimase altro che un certo disgusto per quelle perfide ed assurde insinuazioni. Draco Malfoy era pazzo. Non c'era altra spiegazione. Hermione provò dunque ad afferrare la bacchetta per cacciarlo dal suo ufficio -anche con uno Schiantesimo se fosse stato necessario- ma il prezioso bastoncino però, le fu strappato violentemente di mano fino a cadere a terra rimbalzando più volte. Hermione spalancò la bocca, sconvolta, ma non riuscì a dire una sola parola, visto che Draco l'afferrò subito dopo per la gola, facendola annaspare in cerca d'aria.
Davanti ai suoi occhi sgranati, ogni cosa cominciò a vorticare, il mondo le crollò addosso, la realtà si confuse con l'incubo. Ed un Draco Malfoy che lei non conosceva, o che forse non aveva mai conosciuto, continuò a stringere forte la presa, lasciandole solo un minuscolo margine di respiro.
Non poteva essere. No, non stava succedendo davvero! Era un'allucinazione, un brutto sogno dal quale si sarebbe svegliata a breve.
Quella mano pallida intorno alla sua gola... Impossibile.
Era impossibile. O forse no. Forse era lei che aveva voluto credere ingenuamente in quella scintilla di bontà dentro l'anima dannata di Draco Malfoy: scintilla che invece non esisteva. Era quella la verità. Hermione avrebbe dovuto smetterla di credere nelle cause perse, smetterla di scavare nelle vite marce degli altri per trovarvi un cuore sano. E la cosa che le faceva più rabbia era il dover ammettere che la sua straordinaria intelligenza era andata a farsi vergognosamente fottere di fronte alle moine del più insulso damerino del mondo magico.
Si sentì umiliata dal più profondo del cuore. Ma fu un attimo: l'animo ribelle e combattivo di Hermione Granger tornò prepotente ad impadronirsi di lei, e con tutte le forze che aveva, gli tirò una ginocchiata fra le gambe.
Draco la lasciò di colpo, reprimendo una smorfia di dolore, poi... stravolto da una collera cieca, si riprese immediatamente, e le rifilò uno schiaffo poderoso sulla guancia sinistra. Hermione si avventò su di lui come un Kneazle furioso, tempestandolo di inutili pugni, e fra le lacrime di sofferenza mischiate pure ad una certa dose di stizza, riuscì a scorgere un bagliore di maligna soddisfazione nello sguardo di lui, oltre ad un piccolo ghigno sprezzante che, per un attimo, gli aveva deformato il volto.
Ne fu talmente sbalordita, che smise improvvisamente di colpirlo. E vacillò, sotto il peso di un dolore che non poteva essere descritto a parole. Inspirando con forza allora, si concentrò nel tentativo di non fargli notare la sua profonda delusione. L'eroina del mondo magico non poteva e non doveva lasciare ad un uomo qualsiasi il potere di distruggerla! Non c'era riuscito Voldemort e non ci sarebbe riuscito Malfoy.

Il suo cuore era andato in mille pezzi, ovvio... ed aveva pure una voglia tremenda di scoppiare a piangere come una bambina, ma non l'avrebbe fatto! Almeno non davanti a lui: non gli avrebbe dato la soddisfazione di vederla star male per colpa sua.

Malfoy alla fine, se ne andò dopo averla spintonata e fatta finire a terra, senza alcuno scrupolo. Sbattendosi la porta alle spalle.

Un'ombra invisibile si allontanò, e di Draco Malfoy, che era appena uscito dall'ufficio di Hermione Granger, misteriosamente, non vi fu più alcuna traccia.

Hermione si rialzò dal pavimento dopo un momento lunghissimo, distrutta da un dolore cocente. Era tutto finito. Ogni cosa bella che c'era stata fra loro. Con gesti talmente automatici e freddi da stupire se stessa, raccolse tutte le sue cose e scappò dal secondo piano del Ministero senza dare troppo nell'occhio.

Aveva sempre avuto dentro di sé, il brutto presentimento che prima o poi l'idillio sarebbe finito esplodendo come una fragile bolla di sapone, che le loro personalità tanto distanti avrebbero finito per annientarli brutalmente, ma... lei si era aggrappata a quell'amore inaspettato con talmente tanta forza, che aveva creduto di poter resistere a qualsiasi tempesta; soprattutto perché le era sembrato che lui fosse diventato SERIAMENTE un uomo migliore.
Che cosa gli era successo? Di certo qualcosa a cui stavolta, non avrebbero più potuto porre rimedio.
Fra loro due era finita. Per sempre.

I camini dell'Atrium accolsero una donna che all'apparenza sembrava perfettamente padrona del suo corpo e della sua mente, fin troppo orgogliosa per crollare di fronte a tutti. Solo ad un esame più attento si sarebbe potuta notare un certa rigidità, gli occhi troppo spalancati, le palpebre che non sbattevano mai, e pure un leggero rossore sulla gota sinistra, segno di uno schiaffo indelebile.

Hermione non pensò molto alla destinazione nel momento in cui venne risucchiata dalla cappa di uno degli innumerevoli camini, ma scoprì di aver inconsciamente desiderato una casa rassicurante, quando riaprì gli occhi di fronte al portone di casa Potter.
Con il corpo ancora irrigidito e l'espressione scioccata, suonò il campanello sperando vivamente di non aver fatto un buco nell'acqua.
Ti prego, fa che ci sia qualcuno. Ti prego, ti prego.
Non aveva voglia di stare da sola, in quel momento. Non ce l'avrebbe fatta...

"Hermione! Che ti è successo?"
Ginny le rivolse queste parole traboccanti di preoccupazione non appena aprì l'uscio, senza neanche salutarla.

 
***


Nurmengard, dicembre 1972.

Lo strano quadro che per lunghi mesi aveva occupato la cella di Grindelwald, finì nel magazzino di Nurmengard, insieme ad una quantità innumerevole di cianfrusaglie appartenenti ad altri detenuti e pure all'attrezzatura degli operai che facevano periodicamente le manutenzioni all'interno del carcere magico. Il secondino che aveva preso in custodia la tela, aveva dato ordine agli altri dipendenti di sotterrarla da qualche parte -come da volere del suo creatore- ma per uno strano caso del destino, o forse sarebbe meglio dire "per lo zampino di qualche forza oscura" nessuno se n'era occupato seriamente. Ed il quadro finì a prender polvere per mesi e mesi nel buio deposito, dimenticato da tutti... Fino al giorno in cui uno degli operai, un certo Matt Williams, lo notò, e pensò bene di rivenderselo al mercatino babbano dell'usato (i babbani, in fin dei conti, erano noti per la loro mania di acquistare ogni scemenza), ed andarsi a divertire nei postriboli di Nocturn Alley con il ricavato della vendita.

Fu così che il quadro maledetto dipinto da Gellert Grindelwald, iniziò il suo lungo e tortuoso viaggio.

 
***


Wiltshire, Inghilterra. Ottobre 2008.

"Che cosaaa? Io avrei picchiato Hermione? Ma voi siete pazzi!"

Draco riprese a dimenarsi furiosamente, mentre lanciava sguardi carichi di risentimento ad Harry e Ron che, imperterriti, continuavano a lasciarlo impastoiato come nulla fosse. Si convinse che quei due stronzi volevano incastrarlo con quella storiella assurda giusto per togliersi lo sfizio di massacrarlo di botte a loro piacimento, come non avevano mai potuto fare da ragazzini. Ed in quel momento, odiò Potter più di quanto l'aveva odiato il giorno il cui, ad undici anni, aveva rifiutato la sua mano tesa in segno di amicizia.

La voce del suo eterno nemico lo raggiunse, bassa e micidiale:
"Sei sempre stato un pessimo bugiardo, Malfoy. E ti giuro... ti giuro che avrei preferito mille volte beccarmi una maledizione senza perdono, piuttosto che venire a sapere che hai messo le mani addosso ad Hermione! Questo è veramente intollerabile."

Ma Draco cominciò ad aver seriamente paura solo quando Weasley si piegò sulle ginocchia e lo afferrò per il collo, facendolo boccheggiare senza alcuna pietà nello sguardo.
"Io invece sono schifosamente contento, Malfoy! Perché finalmente ho la scusa buona per far sparire la tua faccia di cazzo dalla terra!"

Fu Harry ad impedire all'amico di mettere in pratica la minaccia, e rialzandosi indispettito, Ron rifilò alla sua vittima ennesima pedata nello stomaco, tanto per scaricare la furia.

Draco si piegò in due, senza fiato, lottando contro un dolore che ormai sentiva dappertutto, contro la costrizione delle corde, il sangue vomitato, e la confusione paralizzante di ciò che stava succedendo.
"Io... n-non ho f..." Provò a parlare a fatica: "Io n-non ho fatto... n-niente!" E prese a tossire annaspando in cerca d'aria.

Come potevano credere, quei due, che lui avesse fatto una cosa simile quando aveva addirittura rinnegato gli ideali di una vita, per amore di Hermione Granger? Draco Malfoy era un codardo, un inetto, un altezzoso, insopportabile, forse anche stupido e cattivo, ma non avrebbe mai potuto far del male all'unica, meravigliosa creatura che dopo la guerra l'aveva guardato senza ribrezzo, che gli aveva dato speranza, che si era lasciata possedere da lui con dolcezza rendendolo pazzo di gioia... fino al punto che non avrebbe potuto più sopportare una vita senza di lei.
Come? Come potevano? Gli stupidi eroi del mondo magico non capivano un cazzo dell'amore e del perdono, se pensavano che lui fosse ancora il bastardo doppiogiochista dei tempi di Hogwarts.

"Non fare l'innocente, Malfoy! E risparmiaci la tua finta faccia sconvolta, per piacere. Hermione ha i segni delle tue dita stampati sulla gola!" Sputò rabbiosamente Ron.

Draco corrugò le sopracciglia e tentò di mettersi seduto. Quei minuti trascorsi da quando si era smaterializzato da Knebworth House erano stati un susseguirsi di follie, di deliri illogici, inconcepibili.
I segni delle sue dita sulla gola? Ma di che parlavano? La situazione stava diventando paradossale. Fu preso dalla voglia di alzarsi, urlare, battere la testa contro il muro, ammazzare Potter e Weasely con le sue stesse mani. Era tutto assurdo, e lui... lui voleva disperatamente vedere Hermione. Ma se loro erano convinti che lui l'avesse picchiata, allora... allora significava che anche lei ne era convinta! No, no no no. No. Non poteva essere. Qualcuno voleva incastrarlo. Logico! E dalle facce seriamente incazzate dell'Auror e del suo appiccicoso amico, Draco seppe di doverli escludere a priori dalla lista dei possibili candidati che volevano rovinarlo.
Non si accorse di avere le lacrime agli occhi mentre dalla gola infiammata vomitava con disperazione:
"Non sono stato iooo! Maledizione!"

Harry e Ron si scambiarono un'occhiata interdetta, con una punta di sincero dubbio che andò pian piano ad insinuarsi nella loro coscienza.

"Non le ho fatto niente! Lo giuro su Dio!" Draco smise pure di agitarsi, arrendendosi alle corde che lo tenevano stretto.

"Bene! Allora spiegaci dove sei stato fino ad ora!" Lo punzecchiò l'Auror.

Draco lo guardò con determinazione furiosa:
"Nell'Hertfordshire. Ero andato a cercare quel cazzo di Obscurus, Potter! Avevo letto un articolo sul Times che parlava di una massa oscura avvistata da decine di babbani che non riuscivano a darsi una spiegazione."

Seguì un silenzio imbarazzato, in cui nessuno seppe cosa dire. Poi, con una sincerità disarmante, Draco aggiunse:
"Non vedo Hermione da ieri pomeriggio!"

 
***


Londra, aprile 1973.

Il mercatino di Portobello Road strabordava di prodotti di ogni tipo, ed il profumo del cibo da strada riempiva le narici dei passanti che ciarlavano fra loro, ridevano, o discutevano animatamente con i commercianti caparbi che non volevano abbassare per niente al mondo il prezzo delle loro merci. La luce del sole poi, aveva rischiarato la mattinata, scaldando piacevolmente l'aria, e la Signora Fannet si era liberata del giubotto pesante per zigzagare felice fra i diversi banchi.

Fece la spesa con la leggerezza tipica del suo carattere: in mezz'ora si ritrovò carica di buste e senza un soldo nel portafogli!
Invece di andarsene dritta dritta a casa però -come la coscienza di qualsiasi casalinga avrebbe imposto- si fermò di colpo di fronte ad una bancarella d'arte, dove spiccavano ceramiche dipinte a mano, maschere veneziane di ogni forma, stampe minuziose e paesaggi bucolici. Il suo sguardo sorridente venne catturato da una tela, in cui era ritratta una bambina in piedi, accanto ad un ragazzino biondo dallo sguardo perso. Una raffigurazione che, nel complesso, era un po' triste per essere esposta nel salotto di una bella villetta ma, nello stesso tempo, aveva pure un qualcosa di intrigante.

"Quanto vuole per questo quadro?" Margaret Fannet aveva deciso improvvisamente che casa sua aveva bisogno di essere arredata.
"Trenta sterline possono bastare, signora!" Le rispose il venditore.
"Perfetto! Può mandarmelo oggi pomeriggio in Grosvenor Street 27, Mayfair. La pagherò alla consegna. Grazie!"

 
***


Grimmauld Place, Londra. Ottobre 2008.

"Hermione, parla! Dì qualcosa, ti prego..."

Ginny provò a scuoterla per l'ennesima volta dal suo sconvolto mutismo. L'amica aveva continuato tutto il tempo a negare con il capo e a guardare un punto imprecisato con gli occhi lucidi di lacrime.
Da quando la signora Potter l'aveva fatta entrare, portandola di peso in cucina, Hermione non si era più mossa dalla sedia su cui sedeva. I segni inequivocabili sul collo e sulla gota sinistra però, avevano parlato per lei, e Ginny era sobbalzata sconvolta, ponendogli un'unica domanda, fredda e sintetica:
"E' stato lui?"

Hermione aveva abbassato le palpebre annuendo debolmente. Ed era bastato questo piccolo assenso, per far sì che l'amica mandasse di corsa un Patronus a suo marito e suo fratello. Era così che Harry e Ron avevano saputo ogni cosa!

Nonostante tutto quello che ci sarebbe stato da dire però, Ginny non se la sentì di rimproverare Hermione o di sobbarcarla di ulteriori rimorsi attaccandole una predica banale ed inutile, atta a ribadire per l'ennesima volta chi era Draco Malfoy, da quale famiglia proveniva, e quanto fosse da incoscienti fidarsi di lui che, già da ragazzino, aveva dimostrato di essere un infame doppiogiochista approfittatore. A cosa sarebbe servito? Con altissime probabilità Hermione si stava già abbondantemente auto-colpevolizzando, senza che ci mettesse il carico pure lei. E poi Ginny lo sapeva meglio di chiunque altro che quando una donna si innamora di un uomo, la razionalità va a farsi fottere.

Meglio essere pratica... e chi poteva essere più pratica della figlia di Molly Prewett Weasley?

Quindi, Ginny si rimboccò le maniche con la stessa aria determinata di sua madre quando doveva rimproverare uno dei suoi sette pestiferi pargoli, e decise che avrebbe tirato su il morale di Hermione Granger a costo di prenderla a sberle:

"Bene, tesoro! Hai intenzione di disperarti tanto a lungo, per quel manico di scopa rinsecchito? Credi ne valga davvero la pena?" Mentre diceva questo, iniziò a passarle delicatamente la punta della bacchetta sui lividi facendoli sparire, poi sospirò sconsolata, prima di riattaccare con una tirata piuttosto sarcastica:

"Certo che solo tu e Pancy Parkinson potevate avere il coraggio di perdere la testa per Draco Malfoy, santo cielo! Te la ricordi a scuola quella stupida? Gli andava dietro come un elfo domestico! Ahimé... è proprio vero che fa più effetto un paio d'occhi azzurri, che un calderone d'Amortentia!"

Ginny era straconvinta che mettersi a compatire l'amica, confidandole quanto le dispiaceva per ciò che era successo, non l'avrebbe aiutata ad uscire dal mutismo. Cercò quindi di alleggerire l'atmosfera, divagando sui ricordi di scuola per farle implicitamente capire che Malfoy non meritava le sue lacrime:

"Quel brutto purvincolo viscido... faceva tanto il bullo, e poi si nascondeva dietro le mutande lerce di Piton! Sai che ancora non riesco a perdonargli quella storia delle spille al quarto anno?! POTTER FA SCHIFO! Le aveva distribuite a cani e porci, perfino Argus Filch ne aveva una in tasca! Maledetto!"

Si fermò un attimo, poi, ridacchiando, riprese: "Però che soddisfazione quando Harry gli sfilava il boccino da sotto il naso e lui diventava verde d'invidia!!! E che goduria vederlo scappare quando incrociava Malocchio Moody per i corridoi, dopo che gli aveva fatto fare quella colossale figura di merda in cortile trasformandolo in un furetto! E vogliamo parlare dei suoi piagnistei da femminuccia per il graffio di quell'Ippogrifo? Mio padre di qua, mio padre di là... Ha tenuto la fasciatura al braccio per un mese, il deficiente! Aaaaaah... che bei tempi!"
E sospirò, soddisfatta.

Alla fine, la sua strategia parve funzionare, perché Hermione finalmente sollevò lo sguardo vacuo, e la guardò dritta negli occhi con un timido sorriso ad incurvarle le labbra. A Ginny parve che stesse pure per dirle qualcosa ma, improvvisamente...

"Mamma?"
James si era affacciato saltellando sull'uscio della cucina. Il piccolo Albus invece, dormiva pacificamente nella sua culla in cameretta.

"Dimmi, amore mio!" Si voltò lei, che alla vista del figlio, si fece subito allegra.

"Devo fare la cacca..."

L'entusiasmo di Ginny crollò miseramente. Socchiuse gli occhi esasperata, e poggiò la bacchetta sul tavolo in un gesto secco.

"Si può sapere perché ogni maledetta volta pretendi che ti faccia da assistente, James? Non ci penso proprio! Ormai sei grande, vai da solo! Altrimenti puoi fartela anche sotto, per quanto mi riguarda!"

Fu allora che Ginny sentì Hermione ridere sommessamente.
La normalità.
Bastava la normalità di una casa ed i ritmi di una famiglia frenetica, a sollevare il morale di una persona ferita nel profondo. Spesso per gli esseri umani era difficile capire che il tentativo di eviscerare a tutti i costi il problema, analizzarlo, spiegarlo, e dare addirittura consigli forzati credendo di essere migliori degli altri, portava a risultati disastrosi, invece di aiutare.

Fossi in te, farei così... Io te l'avevo detto... Ora, l'unica cosa da fare per rimediare... Ci dovevi pensare prima... Sei stata sfortunata... Vai lì e mandalo a quel paese... Pensa a te stessa... Devi smetterla di credere che tutti siano brave persone... La prossima volta imparerai a non cascarci...

Tutte sciocche frasi di finta consolazione. Hermione ringraziò mentalmente la sua amica per non averne pronunciata neppure una e, continuando a sorridere, si alzò dalla sedia e le disse con slancio:

"Ti voglio bene, Ginny. Davvero!"

La giovane donna dai capelli rossi l'abbracciò stretta fino a farle mancare quasi il respiro, e rimasero così per minuti interi, in silenzio, e col sorriso sulle labbra.
In fondo, certi sentimenti non sarebbero mai cambiati, con il tempo. Mai. Nemmeno se fosse giunta la morte in persona a separarle.

"Mammaaaa... Ti prego!"

Ginny imprecò a denti stretti: "Merlino, che ho fatto di male?!"

 
***


Mayfair, Londra. Luglio 1973.

Il medico tolse gli occhiali da vista e guardò l'uomo di fronte a sé con aria afflitta:
"Sua moglie soffre di paralisi isterica, Sig. Fannet!"
Quest'ultimo lo guardò perplesso... "P-Paralisi che?"
"Paralisi isterica." Gli ripetè il dottore.

Non aveva mai sentito una cosa simile, ed accolse la spiegazione del dottore nella confusione più totale:
"E' un grave e raro disturbo psicosomatico, provocato non da una causa fisica, ma da uno stato mentale, generalmente legato all’ansia e all’angoscia. Ne è colpito chi ha problemi di nevrosi, depressione, o chi ha vissuto forti traumi. Questo spiega il mutismo della sua signora, i tremori che le scuotono il corpo, i disturbi motori, i sobbalzi, ed i tic da cui è afflitta."

Edward Fannet sgranò gli occhi, incredulo: "Quindi mia moglie soffre di depressione? Ma... m-ma come è possibile? E' sempre stata una donna solare!"

Il medico di famiglia sospirò, perplesso: "Nell'ultimo periodo ho prescritto a sua moglie diversi tranquillanti. Non riusciva a dormire, ed era caduta in uno stato di preoccupante inquietudine. Purtroppo, non ha mai voluto dirmi quali problemi avesse... non so, sembrava terrorizzata da qualcosa! Ma ogni volta che la spronavo a parlare, si irrigidiva tutta. Solo in un paio di occasioni si è lasciata sfuggire un borbottio confuso, ma non sono riuscito a capire granché. Parlava di un bambino biondo, e di un quadro che tenete appeso nel salotto. Questo le dice qualcosa signor Fannet?"

Seguì un silenzio pauroso, che aveva il sapore dello shock e della consapevolezza...

La famiglia Fannet era una comunissima famiglia babbana benestante, che viveva di sani principi, frequentava la chiesa ogni domenica, andava d'accordo col vicinato, faceva l'elemosina ai poveri, ed era superstiziosa. Molto superstiziosa.
E proprio per quest'ultimo motivo, il signor Edward era certo non fosse affatto una coincidenza che sua moglie avesse iniziato a star male proprio quando quel bizzarro ed inquietante quadro era stato portato in casa loro! Già da allora lui si era accorto dell'energia negativa che emanava, ma non aveva voluto credere che una tela misteriosa potesse avere quegli effetti devastanti.

Per tutti i diavoli... la stregoneria esisteva, esisisteva eccome! Pensò il gentiluomo, aggiungendo fre sé e sé: "Dio... proteggici da tutti i mali del mondo. Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo."
Edward Fannet si fece il segno della croce e se ne andò a casa in fretta e furia per prendere il quadro e riportarlo dritto dritto a Portobello Road. E per paura di non riuscire a togliersi quella maledizione di torno, non si fece ridare nemmeno i soldi che sua moglie, tre mesi prima, aveva speso per acquistarlo.



Continua...




 

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Capitolo 8
*** Scuse vecchie come Nicolas Flamel ***



Capitolo 8
-Scuse vecchie come Nicolas Flamel
-

 

Wiltshire, Inghilterra. Ottobre 2008.

Era sempre stato estremamente facile per lui dire la verità, nonostante tutti credessero che fosse un subdolo opportunista. Se n'era accorto anni fa, quando quelle disperate parole di sfogo di fronte ad Albus Silente gli erano uscite dalle labbra come lava incandescente: magma che viene rigettato convulsamente da un vulcano ormai troppo pieno. E si era sentito libero, leggero, forse anche meno colpevole per tutto ciò che aveva commesso.
La menzogna l'aveva accompagnato per metà della sua vita, anche se non gli era mai piaciuta. Eppure, tutti avevano giurato -come se lo conoscessero- che Draco Malfoy, nella menzogna, ci sguazzava beatamente senza un briciolo di rimorso. Fandonie.

Per questo motivo, il Veritaserum che gli ficcò in gola il Capo degli Auror per assicurarsi della sua sincerità, fu accolto da Draco con una pace straordinaria; come se non avesse atteso altro nella vita che confessare a Potter tutti i suoi peccati. Non gli interessava nemmeno che fosse ancora impastoiato, e che Weasley l'avesse tirato malamente a sedere sulla prima sedia che aveva trovato nel grande salone della sua villa.

"Bene, iniziamo..."
L'eroe del mondo magico si schiarì la gola, e riprese con un pizzico di curiosità nella voce:
"Malfoy... come avresti voluto che finisse la guerra?"

Harry Potter aveva deciso di prendersela comoda prima di arrivare al punto, e togliersi finalmente lo sfizio di sondare l'animo tenebroso di quell'uomo un tempo nemico; scavarlo fino a toccarne il fondo, far affiorare in superficie ogni più piccolo tormento, ogni inconfessato peccato, ogni più fumosa intenzione. E pensò che forse, più avanti, Draco Malfoy l'avrebbe odiato da morire, per essersi preso l'ardire di rivoltargli la mente a suo piacimento, ma l'Auror considerò che, in tal caso, non avrebbe di certo perso la sua amicizia, dato che nessun rapporto affettuoso li aveva mai legati. Al massimo, si sarebbero solo disprezzati un po' di più rispetto al normale.

Lui non sapeva però che l'ex serpeverde, invece, lo stava aspettando con una sorta di rassegnazione piacevole... Che, inconsciamente, egli VOLEVA liberarsi dei suoi antichi fardelli. Infatti, dopo quella domanda, il giovane Malfoy chiuse gli occhi sospirando, sorrise leggermente e rispose, senza provare un briciolo di rancore, né in quel momento, né dopo, quando tante altre verità iniziarono ad uscirgli dalle labbra sotto l'obbligo del Veritaserum.

"Mi chiedi come avrei voluto che finisse la guerra, Potter? Beh... Esattamente come è finita!"
Draco vide il suo nemico tirare un sospiro di sollievo e ricomiciare ad incalzarlo:
"Ti ritieni un codardo?"
"Sì!"
"Cosa faresti oggi, se potessi rompere liberamente i coglioni con le tue idee discriminatorie?"

Draco rise un po', prima di rispondere: "Secondo te? Niente! Ovvio che non farei niente, Potter. Pensi che sia nella posizione di incitare alla purezza e al razzismo, quando io stesso ho contaminato la mia carne unendomi ad una nata babbana!?!"

"Sei sempre stato invidioso di noi, vero?"
"Terribilmente!"
"Ed ora invece dimmi: perché ti sei offerto di aiutarmi con il bracciale dei Belby, mesi fa?"

"P-Perché..." La calma di Draco per la prima volta vacillò, mentre il suo sguardo si fece torbido. "Perché dovevo capire."
"Capire cosa?"

Riflettè qualche secondo, e con la voce lontana e profonda, disse: "Capire chi era davvero Hermione Granger, e perché mi trasformavo in una bestia insoddisfatta, ogni volta che me la trovavo davanti."

"E alla fine, l'hai capito?"
"Vuoi davvero saperlo?"
"Sì."

Draco assottigliò lo sguardo, come a voler sfidare entrambi i suoi aguzzini, nonostante fosse ancora stretto nelle corde magiche. Poi, con una punta di malizia, parlò:
"Tensione sessuale. Eccitazione. Frenesia. Era quello, che me la faceva odiare con tutte le forze."

Ronald Weasley, che fino ad allora era sempre stato zitto, deglutì a fatica, cercando di digerire quella provocazione con falsa indifferenza. Non ci riuscì... e guardò Malfoy come se i suoi occhi potessero trafiggergli dolorosamente il petto.
Tra lui ed Hermione non c'era più niente da dieci anni, ma la loro breve relazione era come piaga sanguinolenta. Non era amore, forse non lo era mai stato, ma era un affetto tanto profondo e condiviso, che Ron a volte si prendeva la libertà di considerare Hermione come una sua proprietà, ed il pensiero che mani così luride ed infami la toccavano ogni giorno, gli dava il voltastomaco.

Harry capì che era giunta l'ora di arrivare al sodo, per evitare che la situazione si facesse troppo imbarazzante. Lo sapeva perfettamente che Ron, malgrado l'evidenza dei fatti, ancora non elaborava appieno l'idea di Hermione insieme all'erede dei Malfoy. Il suo migliore amico era ancora convinto che fosse tutta una buffonata, come gli scherzi di cattivo gusto che vendeva nel suo negozio. E che magari, un giorno, qualcuno sarebbe andato da lui a dirgli: "Eddai, Ron! Ti stavamo solo prendendo in giro! Ci sei cascato come un bubotubero bollito!" Allora lui si sarebbe fatto una risata, e tutto sarebbe tornato alla normalità. La SUA normalità... dove i buoni erano acclamati dalla folla festante che lanciava fiori fra gli applausi, ed i cattivi vivevano la loro misera vita nell'ombra a rosicchiarsi le unghie, soli e denigrati.
Ron non era tipo da mezze misure, o da troppe riflessioni: lui era tutto istinto, accettava il bianco o il nero, il buio o la luce... non tollerava il grigio, o chi preferiva vivere nella penombra. Nonostante il suo cuore d'oro, lui capiva poco le diverse sfumature dell'animo umano, le sue complessità, il rimpianto di un peccatore, il rimorso, ed il ripensamento. Era per questa ragione che non avrebbe mai perdonato a Draco Malfoy il suo legame con Hermione: Ron era convinto semplicemente che quel pallido biondo sarebbe dovuto rimanere nel posto che spettava ad ogni criminale sconfitto, e scontare la propria colpa nella solitudine eterna.

Ronald Weasley non avrebbe mai perdonato a Draco Malfoy di aver sconfinato dalla parte dei vittoriosi per vivere del riflesso di essi, e della loro purezza.

Harry Potter sospirò, e decise di chiudere quell'infelice interrogatorio con la domanda più spinosa:
"Malfoy! Sei stato tu a picchiare Hermione, oggi?"

L'attesa della risposta pesò nell'aria come un macigno.

Draco divenne rosso di rabbia... i due uomini di fronte a lui videro chiaramente una vena pulsargli sulla tempia destra, ed ebbero addirittura l'impressione di sentire lo stridio dei suoi denti.

"No! No che non l'ho picchiata io! Cazzo..."
Lo disse con un'enfasi che non c'entrava per niente con il Veritaserum, e perfino Weasley capì che Malfoy avrebbe risposto nello stesso modo anche senza l'effetto della pozione.
"Non lo farei neanche se mi puntassero la bacchetta nella schiena!" Aggiunse infatti, disperato.

Harry annuì, anche se non fu completamente sollevato dalla notizia, visto che essa avrebbe aperto scenari ancor più raccapriccianti: chi poteva aver aggredito Hermione sotto mentite spoglie? Cosa voleva ottenere? E quanto poteva esser pericoloso costui? Era mai possibile che non esisteva pace per loro? Sembrava proprio che fossero in grado di attirare disgrazie come le calamite tirano a sé il ferro. E doveva mettersi ad indagare subito, prima che potesse succedere qualcosa di più grave.

Aveva un'ultima cosa da chiedere a Malfoy però, prima di lasciarlo libero. Una cosa che avrebbe fatto male, quale che fosse stata la risposta.

"La ami?"

Gli occhi di entrambi si incatenarono in silenzio, quasi a sfidarsi ancora dopo tutto quel tempo e come in fondo avevano sempre fatto, fin da quando si erano conosciuti sulle scale di quel castello che avrebbero chiamato casa per sette lunghi anni.

"Sì!"
Draco Malfoy amava Hermione Granger. Ed era palese, incontestabile, definitivo.

A quel punto, con un incantesimo non verbale, le corde magiche che legavano il giovane aristocratico si sciolsero dissolvendosi nell'aria, i lividi ed il sangue colato dal naso si ritirarono, e tutto finalmente finì.

Certo, non era esattamente soddisfatto Draco, all'idea che Potter, per esser sicuro della sua buona fede, avesse dovuto necessariamente far uso di Veritaserum ma, purtroppo, sapeva pure che quello lì era il prezzo da pagare per i suoi errori giovanili, e quindi si costrinse a sopprimere qualsiasi manifestazione da ragazzino isterico, per far sì di mantenere intatto l'orgoglio.

L'Auror dal canto suo, ebbe il buongusto di borbottare qualche scusa, e lui... tanto per non smentirsi, lo guardò male un istante. Poi Harry aggiunse, pensieroso: "Dobbiamo scoprire chi è stato! Ma cosa ancora più importante, dobbiamo chiarire l'equivoco con Hermione. E ci andremo a parlare io e Ron per primi, se ce lo permetti."

"Cosa? E per quale motivo, scusa?!" Gli rispose Draco, seccato.

"Perché è impensabile che tu possa affrontare da solo quell'arpia furiosa! Credi che lei sia disposta a starti a sentire col sorriso sulle labbra? E magari a gettarti le braccia al collo non appena avrai finito di dirle che non sei stato tu??? No, Malfoy! Toglietelo dalla testa, dammi retta! Ormai dovresti conoscerla almeno un po'! Non ascolterà fiduciosa le tue spiegazioni... nemmeno sotto Imperius!"

Draco riflettè molto: era vero. Era vero che se lui avesse provato a parlarle, lei non avrebbe mai preso in considerazione le sue giustificazioni.
Come cazzo avrebbe fatto a convincerla che un tizio con i suoi stessi occhi grigi, la sua stessa bocca, la sua stessa voce, i suoi stessi capelli biondi, la sua stessa identica espressione, si era divertito a prendere il posto suo? Allora annuì, sconfortato.
In fin dei conti, quando qualcuno voleva ripulirsi la coscienza, usava sempre il solito pretesto: "Non sono stato io! Qualcuno ha preso le mie sembianze..."
La scusa della pozione Polisucco era vecchia come Nicolas Flamel. Non ci credevano più nemmeno i babbani. A malincuore perciò, dovette ammettere che l'unica prova a sostegno della sua innocenza, era proprio la testimonianza di Potter e di Weasley.
Accettò il loro aiuto.

Il ragazzo dai capelli rossi invece, durante il breve dialogo tra i due, si era accasciato su una poltrona, semi intontito da quel SI che gli rimbombava ancora nel cervello... quel maledetto SI che ebbe il sapore di una sentenza, di una specie di condanna all'ergastolo. Sì: Draco Malfoy amava Hermione Granger.
Di fronte a Ron, si spalancarono le porte della consapevolezza... ed in quel momento, egli comprese finalmente che non c'era più niente da fare contro quell'amore che gli era sempre parso solo uno scherzo bestiale. Lui che di scherzi ne era esperto. E seppe che mai nessuno sarebbe andato a dargli una pacca sulle spalle, e a dirgli che era stato tutto un fottuto incubo, no! Ron si sarebbe svegliato domani, e dopodomani, e dopodomani ancora, ed Hermione avrebbe continuato a stringere teneramente la mano disonesta e lurida di Draco Malfoy!
Che ingiustizia, la vita.

 
***


Prigione di Azkaban. Ottobre 2008.

Augustus Jenkins era esattamente come Hermione se lo ricordava quando l'aveva arrestato un anno fa nella sua casetta sporca e disordinata di Godric's Hollow: brizzolato, panciuto, e leggermente viscido. La condanna che egli stava scontando ad Azkaban -e che lo avrebbe costretto lì dentro per almeno altri otto anni- riguardava diversi reati, tra cui il reciclaggio di Galeoni sporchi, il traffico di pozioni stupefacenti, lo sfruttamento delle donne dei locali di Nocturn Alley e, ovviamente, lo smercio illegale di manufatti oscuri... Come il quadro maledetto che aveva venduto a Draco Malfoy.
Hermione trascurò di proposito quell'ultimo nome che le era venuto in mente... lei era una donna forte, non sarebbe mai caduta in una devastante malinconia solo a causa di un uomo senza palle che le aveva rifilato uno schiaffo come il più meschino degli esseri viventi. Draco Malfoy non era più un affare che la riguardava: lui, la sua vita, i suoi peccati, le sue stranezze, il suo carattere incomprensibile, la sua oscurità.
Era finita.
E comunque, adesso aveva altro di cui occuparsi! Infatti, dopo aver rassicurato Ginny sul suo stato di salute fisica e mentale, aveva lasciato casa Potter e si era subito concentrata con furiosa determinazione sul compito di andare ad interrogare Augustus Jenkins, scoprire la provenienza originale del quadro, fare le dovute ricerche, e trovare un modo per liberarsene una volta per tutte. Hermione era assolutamente certa di non aver avuto nessuna allucinazione, e che quel bambino, trovato prima ai piedi del letto e poi nel riflesso del carillon, non l'aveva sognato.
I suoi presentimenti non fallivano mai, a dispetto di tutto ciò che gli altri potessero dire.
Il vecchio commerciante intanto, l'aveva accolta con un bagliore di sorpresa negli occhi, e pure con un briciolo di rancore, che gli aveva deformato l'espressione già amara e segnata dalla prigionia.

"Cosa vuole da me, signorina Granger?" Le disse con la voce roca e l'aria di rimprovero. Ma prima che Hermione avesse il tempo di rispondere, egli aggiunse, sarcasticamente:
"O forse devo chiamarla Signora Malfoy?"

E subito dopo, Jenkins rise di una risata grassa ed invadente, mentre lei assumeva un'aria assolutamente indispettita. Quando la risata si spense, il vecchio malvivente la provocò di nuovo: "Le notizie di gossip arrivano anche qui sa? Quando ho letto i giornali, non credevo ai miei occhi! Hermione Granger e Draco Malfoy... Poi ho collegato tutto, ed ho capito pure per quale motivo mi ha arrestato, un anno fa! Lei voleva punirmi per aver dato del filo da torcere al suo fidanzato, vero? Per aver denunciato la sua malsana passione per i manufatti oscuri, mettendo a rischio la sua già precaria credibilità, non è così?" E riprese a ridere, sguaiato.

Hermione s'infuriò diventando tutta rossa in viso, sotto quelle accuse assolutamente false: quando aveva arrestato Jenkins, lei e Draco si stavano ancora cordialmente sulle palle... ma anche se fossero già stati insieme, lei avrebbe agito comunque secondo la legge magica -senza abusare del proprio potere- e quel criminale da strapazzo ci sarebbe finito lo stesso in galera, Malfoy o non Malfoy.

"Non dica assurdità, Jenkins! E comunque non sono venuta qui per parlare della mia vita sentimentale!"
Il vecchio la derise ancora: "Ooh, no no! Per carità! Anche perché sarebbe una noia mortale signorina Granger, stare a sentire i racconti delle sue pessime vicende amorose con quel vile ed arrogante vermicolo."

Hermione deglutì la saliva, senza trovare le parole adatte a rispondergli in modo tagliente... soprattutto perché stavolta non poteva dargli torto. Anche lei pensava che Draco Malfoy fosse un vermicolo insolente e vigliacco. Perciò, preferì non raccogliere la provocazione, e decise di soprassedere, anche se si rese conto, con immensa tristezza, che CHIUNQUE incontrava sul suo cammino, usava sempre gli stessi termini per descrivere l'erede dei Malfoy, sempre la stessa diffidenza, sempre lo stesso scetticismo. Avvisaglie che non aveva voluto cogliere... finché era inevitabilmente successo ciò che tutti le avevano predetto, e lei si era trovata a dover accettare definitivamente di aver commesso uno dei più grossi errori della sua vita a credere nel cambiamento di quel dannato figlio di mangiamorte.

"Jenkins, sono venuta qui per avere da lei quante più informazioni possibili sul quadro maledetto! Deve dirmi dove lo ha preso, come, da chi, e se conosce quasiasi notizia in merito alle sue origini!"

Il prigioniero piegò la testa di lato, ed assottigliò lo sguardo rugoso, prima di dirle, seccato:
"E io dovrei farle un favore senza avere nulla in cambio? Spero stia scherzando!"

Hermione inspirò profondamente, per tentare di calmare il nervosismo e prendere tempo per elaborare la risposta: "Al massimo potrei togliere qualche mese alla sua condanna!"

"Qualche mese??? E che me ne faccio di qualche mese?!"

"Jenkins!" Il tono di Hermione si fece stridulo: "Si rende conto che non è nella posizione di contrattare? Potrei benissimo impastoiarlo e farle bere a forza del Veritaserum, oppure scagliarle contro un bel Legilimens! Invece le sto dando la possibilità di parlare liberamente senza costrizioni magiche, e lo sto facendo per rispetto alla sua condizione di prigioniero. Detto questo, decida lei se collaborare o lasciarmi usare la forza!"

Augustus Jenkins si mordicchiò un'unghia pensieroso, poi esclamò: "Un anno!"

La donna chiuse un momento gli occhi, esasperata, e poi cedette: "E va bene... affare fatto! Riduzione di un anno sul totale della condanna e non se ne parla più!"

Appuntò velocemente la nota su di un'agendina, e tornò risoluta a guardare Jenkins: "Ok. Ora mi dica tutto ciò che sa del quadro maledetto, senza omettere nulla!"

 
***


Inverness, Scozia. Settembre 1976.

"Bambine smettetela di correre, per l'amor del cielo!"
Gridò la signora Happerton, ormai completamente esasperata dalle marachelle infantili delle sue scatenate figlie. Jennifer ed Abigail però, continuarono ad inseguirsi per tutto il grande salone, ridendo spensierate ed ignorando beatamente i richiami della madre.

La villetta della famiglia si trovava appena fuori Inverness, immersa nelle dolci colline scozzesi; aveva un'aria distinta e curata, e dal loro giardino si potevano ammirare i boschi rigogliosi in lontananza, e perfino le rovine di un vecchio castello.
Le Highlands scozzesi erano un posto bellissimo perché ogni cosa lì, aveva il suo fascino: il fiorellino giallo che spuntava nei prati, la bruma che tutte le mattine avvolgeva il paesaggio, i tramonti che spezzavano il respiro, e... nelle notti invernali più limpide, perfino l'aurora boreale.

La signora Happerton sorrise, riprendendo a ricamare minuziosamente un bel centrotavola sotto la veranda di casa, e lasciò le figlie a giocare allegramente in salotto.

Finché un grido terrorizzato squarciò l'aria...

Quello, fu l'ultimo momento di pace per la famiglia: quel giorno, la piccola Jennifer scomparve misteriosamente sotto gli occhi innocenti della sua sorellina Abigail che, a causa dello shock, divenne muta.

A nulla servirono le centinaia di sedute dai migliori psicologi di tutta la Scozia: non parlò mai più. Riuscì soltanto, a forza di pianti disperati, a far portar via dal salotto un dipinto appeso sul camino, senza spiegare alcunché. Per tutti gli anni che le restarono da vivere però, gli incubi la perseguitarono, e nell'inguaribile silenzio delle sue labbra, continuò a rivivere mentalmente la scena di un bambino biondo che trascinava con sé Jennifer dentro il quadro.

 
***


Covent Garden, Londra. Ottobre 2008.

Augustus Jenkins, in realtà, non aveva moltissime notizie da darle in merito al quadro maledetto, e fra le sudice pareti della sala interrogatori di Azkaban le comunicò solo qualche scarna informazione, riguardante la data di realizzazione della tela, che risaliva al 1972, ed il posto in cui lo aveva acquistato: Covent Garden.

Per questo motivo Hermione si stava aggirando, con aria determinata, nel rinomato mercatino babbano, senza farsi lusingare né dalla miriade di libri accatastati pericolosamente sulle bancarelle, né dai profumi allettanti del cibo da strada. Lo sapeva benissimo, che non sarebbe stato affatto facile dipanare l'oscura storia del quadro fino al primo proprietario, ma gli indizi di Jenkins, seppur miseri, l'avevano soddisfatta tanto da darle la carica per proseguire le indagini. Così, camminò a lungo scrutando ogni banco, per individuare chiunque potesse ricordarle la descrizione fisica che Jenkins aveva fatto dell'ambulante da cui aveva preso il quadro: escluse gli indiani che commerciavano le collanine, i ragazzi troppo giovani che facevano i ritratti a carboncino, e tanti altri che, per un motivo e per un altro, non potevano assomigliare a colui che cercava. Alla fine... dopo appena venti minuti, lo trovò, in un angoletto del mercato coperto, vicino al fioraio, sprofondato nella lettura di un giornale, in attesa della sua quotidiana clientela. Hermione, da brava strega, non ci mise molto a strappargli il nome di chi gli aveva venduto il quadro prima che lo comprasse a sua volta Augustus Jenkins. Si trattava di una certa Daiana Boghen, una donna poco stabile di mente, che viveva ad Epsom.
Missione compiuta.
Hermione allora, decise di tornare al lavoro e chiudere in fretta alcune pratiche urgenti, in modo da essere libera di riprendere le indagini sul quadro maledetto, e su coloro che l'avevano posseduto nel corso del tempo, con l'obiettivo di arrivare fino al primo proprietario...
Più esattamente, fino al 1972.

***


Ministero della Magia. Londra.

Dall'altra parte della città, un giovane biondo camminava avanti e indietro di fronte l'ingresso del Ministero della Magia. Aveva l'animo in subbuglio, e si sentiva impaziente come un ragazzino di undici anni alla sua prima lezione di volo.

Draco Malfoy aveva il bisogno quasi vitale di vedere Hermione Granger per chiarire con lei il malinteso che si era creato. Sentiva la necessità prepotente di stringerla a sé, di baciarla, ma soprattutto di giurarle che avrebbe cercato, trovato, e massacrato a colpi di maledizioni senza perdono, colui l'aveva picchiata prendendo le sue sembianze. La sola idea che un infame bastardo si fosse arrogato il diritto di metterle le mani addosso, lo stava facendo uscire pazzo!

Odiò quello sconosciuto come non aveva mai odiato neppure Potter, o il Signore Oscuro. La rabbia lo stava dilaniando come un cane rabbioso che ti affonda i denti nelle carni e ti strappa via la pelle e i muscoli.
E non si sarebbe dato pace, finché non si fosse vendicato in ogni modo possibile, anche quello più subdolo.

Intanto, grosse gocce d'acqua presero a cadere rumorosamente sul marciapiede provocando il fuggi fuggi generale dei passanti, mentre l'aria d'un tratto si era fatta buia ed umida. Purtroppo, usare un incantesimo Impervius in piena città non era contemplabile dal codice legislativo magico, perciò, nononstante il diluvio imminente, Draco rimase piantato dov'era, con gli occhi fissi verso un'anonima porta dalla quale uscivano strambi personaggi con mantelli svolazzanti sulle spalle: una porta che ai babbani appariva come l'entrata di un ordinario bagno pubblico.

Non gli fregava assolutamente niente di bagnarsi la giacca costosa, o prendersi uno stupido malanno, un purosangue come lui non avrebbe usato uno schifosissimo ombrello da plebei nemmeno se qualcuno l'avesse minacciato di mandarlo a pulire i cessi di Hogwarts insieme ad Argus Filch! E poi, la smania di cingere la vita delicata di Hermione, portarla a casa e farla addormentare sul suo cuore innamorato, era più forte di qualsiasi altra cosa. Solo quando l'avrebbe vista, forse, si sarebbe placata un poco la sua furia omicida, la fame di vendetta, l'agitazione, ed il tremore nevrotico delle sue mani, infilate nelle tasche dei pantaloni per nascondere la rabbia.
Lei era sua. Nel bene e nel male.
Nel suo sconfinato egoismo, Draco Malfoy era convinto che anche il diritto di farla soffrire, spettava solo ed unicamente a lui. Come un padrone che elargisce amore o disperazione in base ai suoi capricci.
Nessun altro doveva azzardarsi a toccarla. Nessuno.

Iniziò a piovere a dirotto... ma lui, come un disperato, continuò ad aspettare. Ad aspettare che Hermione uscisse da quella maledetta porta e che gli andasse incontro col sorriso, lo abbracciasse felice perché i suoi amici le avevano già spiegato tutto, e prendesse a scusarsi per aver pensato male di lui dandogli mille baci sul viso, senza sosta.

Draco non poteva sapere che appena Potter e Weasley avevano lasciato il manor però, Harry era stato richiamato urgentemente al quartier generale per una grave emergenza, e Ron invece... beh, Ron se n'era tornato al suo negozio con l'aria disinteressata, incurante dei problemi sentimentali di quello che lui ancora giudicava ottusamente un ex mangiamorte. Il penultimo dei Weasley infatti, aveva fatto spallucce, dichiarando a se stesso che non sarebbe stato lui a prendersi la briga di andare dalla sua amica a perorare la causa di Malfoy, e a rassicurarla sulla buona condotta. Nemmeno se fosse risorto Voldemort in persona, Ronald Weasley avrebbe difeso Draco Malfoy! Era contro natura, per le mutande di Merlino:

"Che se la cavi da solo, quel grinzafico scolorito! E se Hermione non vorrà ascoltare le sue dichiarazioni d'innocenza, beh... non gli farà certo male penare un po', prima che Harry risolva  la situazione!"

All'oscuro di queste circostanze quindi, Draco continuò ad indugiare fiducioso, con la pioggia che si era fatta intensa, tanto da penetrare insolente fra le pieghe della sua camicia...
E finì che si inzuppò come un plimpi d'acqua dolce, in attesa di vedere Hermione Granger sbucare dalla porta come tutti gli altri dipendenti del Ministero.

 
***


Londra, centro città.

Come diamine era possibile che mezz'ora prima ci fosse il sole splendente? Hermione sbuffò, irritata da quel temporale improvviso. Se ne meravigliava ogni santa volta pure se, in fondo, sapeva che c'era poco da fare: non era un caso infatti, che il clima instabile dell'Inghilterra fosse famoso in tutto il mondo!

La strega allora aprì l'ombrello, stringendolo saldamente nella mano destra, e mentre percorreva la strada più breve per arrivare al lavoro, prese a maledire ad intervalli regolari: il tempo ballerino, i tacchi alti che non le permettevano di correre, l'impossibilità di usare la magia di fronte ai babbani, Malfoy (lui c'entrava sempre), gli impegni, i capelli che chissà quale mostruosa forma avevano preso con l'umidità, e poi daccapo il tempo, i tacchi, ancora Malfoy, i capelli...


Ma chi era quel deficiente che se ne stava fermo sotto la pioggia davanti l'ingresso del Ministero? Pensò, interrompendo così la sequela di lamentele.
Mah... Forse era uno di quegli squilibrati che andavano in giro ad infastidire la gente, oppure era un povero disperato senza fissa dimora!

Hermione continuò a camminare evitando le pozzanghere che si erano già formate lungo il marciapiede, e quando si avvicinò di più, considerò che era quanto mai curioso che un morto di fame indossasse una giacca elegante!
Poi, forse a causa del rumore martellante dei suoi tacchi, quell'uomo si voltò di scatto, piantandole addosso due occhi grigi inconfondibili... ed Hermione s'immobilizzò sul posto, smettendo quasi di respirare.
No.
No.
No.
Fece un passo indietro, lentamente.

Con quale coraggio? Quale? Presentarsi lì... e... e sorridere! Sorridere, maledizione! Draco Malfoy la stava guardando con il sorriso più bello che lei avesse mai visto. Come se non fosse successo nulla. Per Merlino! Ma era scemo, o cosa?

Fece un altro impacciato passo indietro sotto la pioggia scrosciante, ed un guizzo di paura la travolse. Che ci faceva Malfoy lì? Cosa voleva da lei? Chiederle scusa forse? Oh no, non bastavano mica delle stupide scuse, per una cosa simile! Lei non era una di quelle che perdonavano ad oltranza, e si facevano massacrare di botte in nome dell'amore.
Quale amore, poi? Un uomo che alza le mani non è degno di essere chiamato tale.
E se lui avesse iniziato a perseguitarla? A pedinarla? A farle paura con le minacce? Ad aspettarla tutti i giorni fuori dal Ministero senza darle pace?

Fece ancora un altro passo indietro, tremando di collera e di timore insieme. Se non si fossero trovati in pieno centro e davanti a centinaia di babbani, lo avrebbe schiantato almeno una decina di volte in rapida successione senza pietà, fino a fargli mancare la forza di parlare.

Draco intanto, che ormai era fradicio fin dentro le ossa, aveva perso improvvisamente il sorriso: non si era aspettato di vedere quella reazione da parte di Hermione. Le aveva letto nello sguardo un'espressione talmente disgustata, che per poco si era sentito male. Ed il piacere di averla finalmente dinanzi dopo quella lunga attesa, lasciò rapidamente spazio all'incertezza:
"Hermione..."

La chiamò aggrottando le sopracciglia, con un tono mortificato, confuso, nella speranza di scuoterla dalla rigidità che l'aveva colta non appena si erano riconosciuti. Ma lei invece, prese un grosso respiro, lo guardò con l'espressione più altezzosa del suo repertorio... poi girò i tacchi e si allontanò in fretta, lasciandolo sotto la pioggia come il più cretino degli uomini.

"Hermione, aspetta!"
Draco provò ad andarle incontro, ma lei fu sorda ad ogni richiamo.
"Hermione! Hermione, per favore!"




Continua...



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Capitolo 9
*** Ogni umana incertezza ***


Capitolo 9
-Ogni umana incertezza
-


 

"Hermione, aspetta!"
Confuso, Draco provò a fermarla, correndole appresso fra le strade della città... ma lei parve non sentirlo, troppo occupata a scappare da lui. L'uomo si passò le mani sugli occhi per togliere l'acqua depositata sulle ciglia, poi scoprì la fronte mandando indietro i capelli fradici ed aumentò il passo. A dispetto del suo essere sempre schifosamente sofisticato, Draco stavolta non si curò affatto dei vestiti bagnati che gli pesavano addosso: a lui bastava che lei lo ascoltasse. Hermione però, continuò ad allontanarsi spedita, con in viso un'espressione che lasciava trapelare tutto il disgusto che provava.

Sembrava di essere tornati indietro di quindici anni, quando volavano fatture nei corridoi di Hogwarts.
E l'anima di Draco iniziò a piangere, come il cielo di Londra.

Per favore, ascoltami...
è finito il tempo in cui ogni mia parola faceva a pezzi la tua bellezza, la calpestava con ferocia, e la gettava via come uno straccio vecchio pur di godere della delusione dei tuoi occhi meravigliosi.
Io voglio solo guarirti da ogni mio insulto, leccare il tuo sangue, curare la tua diffidenza, lavare via qualsiasi tristezza.
Lasciati amare...
io sarò maleducato e insensibile come sempre;
superbo, disonesto, crudele.
Ma di fronte al tuo viso, bello di quella bellezza che possiede solo chi è puro,
giuro che mi farei tuo schiavo. Fino alla fine dei giorni.


Draco procedeva sotto la pioggia come un cretino, con il rischio di fare la figura del molestatore di fanciulle, nella tenue speranza che lei dimostrasse per l'ennesima volta la sua sconfinata clemenza. Ma Hermione, contro ogni previsione, camminava veloce lungo il marciapiede, ignorandolo di proposito... e allora Draco bestemmiò a denti stretti, rivolgendosi spudoratamente a Dio.
Gli si rivolse con il cuore incazzato, come ogni uomo che volge il pensiero al creatore quando non sa a chi dare la colpa... quasi come se quell'entità astratta fosse un capro espiatorio da sacrificare, colui da incriminare per ogni peccato commesso, per ogni avversità.
Un bersaglio su cui sfogare ogni frustrazione, ogni dolore, ogni umana incertezza.
Ma in fondo, cos'era Dio, per lui? Forse niente... Draco non ci credeva più da tempo, nella sua effimera presenza, o magari Egli c'era, nascosto in qualche angolo dell'universo, però aveva deciso di abbandonarlo per dedicare il suo tempo a rendere gloriosa la vita di qualcun altro.

Una volta, mentre erano abbracciatti stretti stretti a guardare le stelle su uno dei balconi del manor, Hermione gli aveva spiegato che, scientificamente, Dio esisteva eccome. Ma non era proprio ciò che i babbani credevano...

"Dio è ogni cosa, Draco: Dio è l'aria, la terra, l'acqua, il fuoco, Dio è tutti gli elementi. Dio ci circonda, ci avvolge, si infila nei polmoni per farci respirare. Dio è dappertutto. Ma le azioni che l'uomo compie, con coscienza -o incoscienza- sono un suo frutto: il suo e basta. Dio non ha il potere di liberarci da ogni male, il male è una nostra creazione... Egli, in realtà, non sa neanche cosa sia."
Poi si erano baciati con lentezza, senza la solita frenesia. Quella era stata la prima volta in cui si erano accorti che le loro bocche unite, avevano il sapore migliore del mondo, che quel calmo dar piacere ai sensi, li legava più del fondersi impetuoso dei loro sessi, e che l'intimità più profonda poteva nascere anche solo dall'incontro delle loro labbra.
"Pensaci, Draco!" Aveva ripreso a sussurrare Hermione, accucciata fra le sue braccia: "Dio ci ha regalato la vita, le meraviglie che ci circondano, il cielo, il sole che ci scalda, l'amore, il giudizio. Eppure, noi continuiamo a pretendere da lui sempre di più! Gli esseri umani sono profondamente egoisti. Non trovi?"
Draco non aveva risposto, ma le aveva sfiorato le gote con la punta del naso, le aveva respirato sulla pelle, le aveva dato mille piccoli baci sul collo, sui capelli, e l'aveva tenuta fra le sue braccia per tutta la sera, finché l'umidità della notte limpida e stellata li aveva fatti scappare dentro, per continuare ad amarsi in altri modi, molto più terreni.


Dopo aver bestemmiato come un Troll delle montagne più inospitali dell'Europa centrale, Draco comprese che non poteva accusare sempre l'Onnipotente per ogni cosa che succedeva! Così gli chiese mentalmente scusa, zuppo d'acqua come un disperato, e riprese ad inseguire la donna con ancora più determinazione.

"Hermione, fermati!"
Dovette ammettere a se stesso però, che un po' si sentiva scemo, a rincorrerla così. Stava diventando a dir poco ridicolo con la sua fissazione di farsi amare a tutti i costi da Hermione Granger, la donna più pura ed onesta del mondo magico. Se solo lo avesse visto suo padre in quel momento, sarebbe andato nel primo angolo disponibile a vomitare... e mentre si immaginava Lucius rigettare sul marciapiede con la faccia schifata, Draco sentì la voce di lei urlargli contro facendolo sobbalzare:
"Smettila di seguirmi, Malfoy!"

Si era era voltata a guardarlo come una furia, stringendo spasmodicamente il manico dell'ombrello, e Draco si era bloccato per non andarle addosso:

"Si può sapere perché tu invece non vuoi fermarti ad ascoltarmi, maledizione?" Le rispose lui, sbigottito.

Hermione spalancò gli occhi per lo stupore:
"Mi stai chiedendo perché? Mi stai davvero chiedendo perché non voglio che tu ti avvicini a me, Malfoy? Dopo quello che hai fatto? Stai scherzando, spero!"

A quelle parole, Draco si oscurò istantaneamente. Gli parve addirittura che il temporale avesse aumentato di potenza, come a rendere più grave ed opprimente la realtà dei fatti.
E cioè che lei non sapeva.
Hermione non sapeva che qualcuno l'aveva ingannata: ecco perché non voleva ascoltarlo! Lei era ancora convinta che fosse stato lui a farle del male. Era arrabbiata, sicuramente delusa, lo stava odiando senza motivo e... e... e...

"Hermione! N-Non... Non dirmi che Potter e Weasley non ti hanno ancora spiegato niente!?!"

Tutta la grinta che Draco aveva in corpo, l'aveva abbandonato facendolo sgonfiare rapidamente come un palloncino bucato.

"Cosa diavolo c'entrano Harry e Ron, scusa? Di che stai parlando?" Gli rispose Hermione, interdetta ma comunque diffidente.

"Che maledetti stronzi!!!" Esclamò invece lui con enfasi, dando un calcio ad una cabina telefonica. Quei due l'avevano schiantato, pietrificato, legato a delle corde magiche, gonfiato di botte... ed infine l'avevano lasciato da solo ad affrontare l'ira ingiustificata di Hermione.
Sarebbe stata un'impresa titanica provare a raccontarle tutto senza farsi prendere per un pazzo doppiogiochista. Draco allora, respirò a fondo per placare l'agitazione, e parlò con calma, illudendosi di potercela fare anche da solo:
"Non sono stato io a venire nel tuo ufficio, oggi! Credo che qualcuno abbia usato la Polisucco o chissà che altro... devi stare attenta, Hermione! Dobbiamo scoprire chi è, e che motivi ha avuto per farlo!"

La giovane strega lo guardò in silenzio per un lungo istante, poi... iniziò a ridere istericamente:
"La Polisucco è la scusa più idiota del mondo! Santo cielo, non hai un pizzico d'originalità nemmeno per giustificare le tue azioni abominevoli! Faresti una figura migliore se mi lasciassi in pace e basta, sai?!" Scollò il capo e terminò con un: "Ed ora vattene a casa, Malfoy!" Alludendo allo stato pietoso in cui si trovavano i vestiti grondanti dell'uomo; dopodiché riprese la sua marcia, ma Draco le si affiancò con ostinazione, camminando al suo stesso ritmo:

"Perché non vuoi credermi?" La sua voce tradiva tanto dolore, e pure se lei se ne accorse, non lo diede a vedere, riprendendo ad ignorarlo. Lui invece continuò a parlare, stavolta quasi con rabbia:
"Nemmeno dieci anni fa, quando ti odiavo come fossi la causa di tutti i miei guai di adolescente, ti ho fatto del male fisicamente, Hermione! Quindi dammi un motivo, un solo dannato motivo, per cui avrei dovuto farlo oggi!"

Nel fervore del momento, l'afferrò per un braccio, ma Hermione si staccò violentemente, gridando:
"NON MI TOCCARE!"

Gli occhi di Draco si adombrarono. "Cosa cazzo devo fare per farti capire che non sono stato io, dannazione?!"
"Non devi fare niente!"
"Ma io devo fartelo capire in qualche mod..."
"LASCIAMI IN PACE HO DETTO!"

Draco tentò l'ultima carta, nel panico più totale: "Potter e Weasley hanno le prove, di ciò che dico!"

Hermione si fermò di colpo, dichiarando con tono presuntuoso:
"Ah sì? Bene! Allora vorrà dire che me le mostreranno loro, queste benedette prove!"
E si allontanò tutta impettita.

Tum. Tum. Tum.
Il cuore di Draco prese a battere dolorosamente, a causa di quella risposta gelida, ed il rumore dei suoi stessi palpiti gli salì in gola, per poi esplodere nei timpani quasi a volerli rompere. Rimase fermo sotto il temporale, impietrito dall'intensa sfiducia che Hermione continuava ad avere nei suoi confronti, e l'ira lo inondò come un fiume in piena che spazza tutto ciò che trova, inarrestabile, implacabile.
Tum. Tum. Tum.
Draco però, nonostante la sofferenza, non potè evitare di sputare parole rabbiose per conservare almeno un briciolo del suo antico e tremendo orgoglio: "Non ti fidi di me? Non ti basta che te lo giuri io? Hai bisogno che te lo dicano i tuoi amichetti che sono innocente!? Eh!?! Rispondi, Hermione!"

Lei si voltò solo un poco, per dirgli, quasi sussurrando:
"Sì. Ho bisogno che me lo dicano loro, purtroppo!"

E se ne andò, lasciando Draco in mezzo alla strada, sotto la pioggia battente, mentre si chiedeva a cosa fosse servito lottare contro tutta la comunità magica per stare insieme a lei, se poi la diffidenza, il dubbio ed il sospetto sarebbero stati per sempre presenti, come dissennatori che aleggiavano sulle loro teste pronti a succhiargli via la felicità.


 
***
 

Gran Bretagna, anni settanta.

Il misterioso quadro dipinto dall'allora più grande mago oscuro di tutti i tempi, girò l'intero regno unito in un lungo e sanguinoso peregrinare. Passò nelle case del Norfolk, della Scozia, dell'Hertfordshire, ed in molti altri luoghi dell'Inghilterra. L'ingannevole bambino biondo in tutina azzurra, grazie alla sua aria malinconica che ispirava tenerezza, distrusse con la sua genuina cattiveria la serenità di diverse famiglie; terrorizzò gli uomini, fece impazzire le donne, portò via con sé i bambini, ed abitò gli incubi più orrendi di chiunque l'avesse ingenuamente posseduto nella propria dimora.
In quell'interminabile vagabondaggio poi, capitava spesso che qualche babbano completamente ignaro dell'esistenza della magia, percepisse qualcosa di inquietante nel quadro -anche se non ne comprendeva la reale pericolosità- e quando ciò succedeva, quelle persone provavano scioccamente a distruggere la tela con i mezzi comuni, senza alcun esito... allora li si vedeva farsi frettolosamente il segno della croce come se si trovassero di fronte ad un'opera diabolica, e correre nei mercatini dell'usato a rivendere il dipinto pur di liberarsene.

In quegli stessi anni intanto, nel mondo magico, un giovane Tom Riddle -che amava farsi chiamare Lord Voldemort- aveva appena rivelato a tutti il suo enorme potere, un potere tanto grande da surclassare quello di un altro mago oscuro che, fino a quel momento, aveva detenuto il primato: Gellert Grindelwald! Gellert Grindelwald che, invece, continuava a perire lentamente nella sua cella di Nurmengard, convinto che il quadro fosse stato seppellito dai carcerieri come suo volere... senza più alcun obiettivo, tranne quello di aspettare il suo sconosciuto rivale dai lineamenti serpentini, e poter finalmente morire di una morte degna.


 
***
 

Tiri vispi, Diagon Alley. Ottobre 2008.

Le campanelle appese sulla porta del negozio di scherzi tintinnarono violentemente quando Draco entrò come una furia, senza un minimo d'educazione. Ron non fece in tempo neppure a lamentarsi dell'improvvisa irruzione, che si ritrovò, nel giro di due secondi, attaccato al bancone della cassa con una bacchetta di biancospino da dieci pollici puntata alla gola, e gli occhi glaciali di Malfoy incollati ai suoi.

"Weasley! Quant'è vero Dio te lo faccio fallire questo negozio di merda, se non la finisci di fare l'imbecille!"

"Ma che cazzo vuoi, Malfoy?" Gli rispose Ron con rabbia. Anche se, a dire il vero, una mezza idea gli era venuta... e poi ci avrebbe scommesso tutti i galeoni incassati quel giorno che il motivo per cui Draco Malfoy aveva gli occhi iniettati di sangue, riguardava Hermione!

"Che cazzo voglio? CHE CAZZO VOGLIO? Sono andato a Grimmauld Place, e tua sorella mi ha detto che Potter ha avuto un'emergenza al lavoro! Quindi era compito tuo parlare con Hermione di quello che era successo! Voglio sapere perché non l'hai fatto!"

Ron allora sputò fuori, indignato:
"Ehi... ma c'era per caso un contratto scritto in cui io giuravo solennemente di andare dalla mia migliore amica a perorare la tua causa, Malfoy? O abbiamo stretto un voto infrangibile in cui mi impegnavo a decantare le tue lodi? Dimmelo! Perché sai... credo di essermelo perso!"

Draco si limitò a guardarlo con l'aria schifata, oltre che parecchio rassegnata, poi aggiunse amaramente:
"Che fottuto stronzo che sei."
"Bada a come parli, mangiamorte!"
La bacchetta di Draco si piantò più a fondo nella gola di Ron:
"Ripetilo..."
Il ragazzo però, deglutì senza aprire bocca, e l'erede maledetto dei Malfoy si fece viola in volto:
"Ripetilo, ho detto!"

Ma prima che succedesse l'irreparabile, all'improvviso Draco si sentì strattonare indietro con forza, e Ron riottenne la libertà grazie al fratello George, che era corso fuori dal retrobottega non appena aveva sentito la confusione.
"State calmi per l'amor di Merlino! E tu Malfoy, abbassa la bacchetta!"

Per fortuna, con l'intervento tempestivo dell'unico gemello sopravvissuto, i due ebbero il buon gusto di ricomporsi, limitandosi a dei soli, intensi, sguardi ostili.

Era questo forse, l'unico svantaggio dell'età adulta: dover rendersi conto di ogni contesto, ed adattarvisi con intelligenza e maturità. Fossero stati ancora quindicenni, ora Draco e Ron si sarebbero tirati addosso ogni sorta di fattura fino allo sfinimento, infischiandosene di luogo, buona educazione ed opinione pubblica. Proprio come facevano a scuola.

"Si può sapere che cosa è successo?" Li interpellò George che, nel frattempo, aveva scagliato un Colloportus all'ingresso del negozio, per evitare che i clienti si ritrovassero coinvolti in una rissa, o peggio: che qualcuno di essi, più ficcanaso degli altri, raccogliesse indiscrezioni da rivendere a qualche testata magica... come se i giornali non parlasero già abbastanza di Draco Malfoy e di Hermione Granger, ultimamente!

"Chiedilo a quel fenomeno di tuo fratello!" Gli rispose Draco pieno di stizza.

Ron sbuffò platealmente ma poi, sbattendo le braccia sui fianchi come un bambino troppo cresciuto, esclamò:
"E va beeeene... vaa bene! Non prenderti pena, Malfoy! Ora ci vado, a parlare con Hermione! Così la finisci di rompermi i coglioni!"

Draco chiuse gli occhi, lasciando trasparire dal volto pallido una stanchezza interiore che era peggio di qualsiasi affaticamento fisico; in realtà... lui non era andato da Weasley per ordinargli di correre a spiegare tutto ad Hermione!
Draco doveva ammettere -almeno a se stesso- che l'aveva fatto più che altro per sfogare la frustrazione, e per quella radicata ed inconscia abitudine di prendersela ogni volta con il roscio: Ronald Weasley in fondo, era sempre stato il suo bersaglio più facile, il ragazzino più vulnerabile fra tutti, il più comodo da attaccare -soprattutto quando lo derideva a causa della situazione economica disastrosa della sua famiglia- e perché mirare su Harry gli era sempre stato terribilmente più difficile.

"Lascia stare Weasley... non ce n'è bisogno. Gli spiegherà tutto Potter con calma quando avrà tempo." Disse Draco con tono fiacco, amareggiato. Purtroppo, si rese conto di esser rimasto talmente scottato dalla reazione che Hermione aveva avuto incontrandolo fuori dal Ministero, che non aveva più nessuna importanza se Weasley andasse o meno a chiarirle la situazione, e a dirle che non era stato lui a picchiarla.
A cosa sarebbe servito?
Sapere che Hermione, nonostante tutto, ancora si ostinava a non fidarsi di lui, aveva mandato a monte ogni sua speranza di felicità. Dopo una simile rivelazione, si era convinto che non aveva più senso lottare. L'idea di dover continuare a farlo ogni minuto della sua vita per ciò che era stato in passato, e per i pregiudizi di tutti -compreso pure chi diceva di amarlo- lo aveva logorato.
Dannazione... stava pagando di più lui per l'errore di essersi piegato al marchio nero, che i mangiamorte assassini chiusi ad Azkaban da dieci anni!

La malvagità, per definizione, significava "propensione al male", quello stesso male che aveva diffuso Voldemort come una piaga mortifera, quello che i suoi adepti avevano praticato ed esaltato per anni.
Ma quali erano le reali colpe di Draco? Erano due, in fondo! Solo due: la prima era stata quella di ritrovarsi coinvolto in quella follia delirante, di esservi cresciuto dentro e, di conseguenza, di aver dato per scontato che fosse normale; la seconda, di non aver mai negato che, all'epoca del terrore, gli era piaciuto parecchio crogiolarsi in quell'atmosfera di falsa superiorità.
Purtroppo, vivere nella convinzione di essere migliore degli altri, è una sensazione fantastica per un adolescente! Inutile negarlo. Draco poi, come ogni altro ragazzino della sua complicata età, poco conosceva il significato della parola "modestia" e allora finiva di farsi odiare -oltre che per la superbia e la perfidia- anche per lo sfoggio sconsiderato di quella ricchezza che sapeva bene di possedere per diritto di famiglia.

...Ma se solo qualcuno avesse provato a riflettere ed immedesimarsi... forse l'avrebbe capito, che lui era diventato tanto arrogante e pieno di sé per motivi che erano estranei alla sua reale volontà!
Però, nessuno l'aveva fatto. Tutti coloro che si definivano giusti e buoni non avevano neanche timidamente tentato di comprendere che un ragazzino di tredici anni non poteva certo ragionare con la sua testa, e che si era fatto influenzare, ingannare, da ciò che quotidianamente viveva sotto i suoi occhi.

La malvagità non era solo quella dei mangiamorte che si dichiaravano spudoratamente di fronte a tutto il mondo, ma spesso si nascondeva anche negli animi che fingevano di esser virtuosi e dediti al bene. Quel tipo di malvagità, secondo Draco, era addirittura peggiore.

Ed ora era stanco. Tanto stanco.
Aveva bisogno di tornare a ripararsi dalle brutture di un mondo che non lo aveva mai voluto per davvero, di rinchiudersi nella sua affidabile solitudine, e di proteggere il suo cuore dai sentimenti umani, capaci solo di procurare sofferenza.
Sofferenza indicibile.

 
***


Yorkshire, Inghilterra. Fine ottobre 2008. Qualche tempo dopo.

Il suo andare a ritroso nel tempo per giungere fino al primo proprietario del quadro maledetto e trovare quindi un senso a tutto ciò che il piccolo demone guardiano rappresentava, aveva portato Hermione alla casa di riposo Saint Oswald, una struttura immersa nel verde della contea dello Yorkshire, dove si accingeva a porre un paio di domande ad uno degli ospiti presenti, dietro l'autorizzazione del direttore, che l'aveva guardata a lungo e poi le aveva detto quasi sottovoce:
"Lei è una strega?"
Hermione aveva sgranato gli occhi, ed il dottore l'aveva rassicurata:
"Stia tranquilla, lo sono anch'io! E si accorgerà che vi sono anche diversi ospiti maghi, nella struttura... Però devo avvisarla di non utilizzare alcun tipo di incantesimo sui miei pazienti, tantomeno il Legilimens. Ho notato che ha effetti debilitanti, se non proprio devastanti, sulle loro menti!"
Lei aveva annuito sollevata ma poi, curiosa come sempre, non aveva potuto evitare di domandare:
"Mi scusi ma... come fate a far convivere nello stesso luogo maghi e babbani senza violare lo statuto di segretezza?"
Il dottore aveva fatto spallucce, per poi rispondere:
"Gli anziani sono tutti un po' folli e smemorati! Quando qualche vecchietta afferma di essere una strega, gli altri si mettono a ridere ed il giorno dopo nessuno se lo ricorda più!"

L'argomento cadde in un imbarazzante silenzio, poi il direttore del Saint Oswald accompagnò Hermione nella sala comune della casa di riposo, dove il pomeriggio gli anziani venivano riuniti per la merenda, e la lasciò per andarsi ad occupare delle visite giornaliere ai pazienti più sfortunati che non potevano alzarsi dal letto.

Le indagini di Hermione erano partite da Augustus Jenkins, poi erano passate per il commerciante che gli aveva venduto il dipinto, in seguito erano arrivate ad una donna di nome Daiana Boghen, dopodiché ad un uomo che abitava nel Norfolk, un'altro a Knebworth House -nell'Hertfordshire- fino a coinvolgere diverse altre famiglie babbane e magiche che lo avevano posseduto nel corso del tempo, come quella degli Happerton in Scozia.
Era arrivata a ricostruire ogni spostamento del quadro fino al '73, e si sentiva orgogliosa come quando a scuola la McGonagall lodava il suo talento davanti a tutte le altre case, facendo logorare d'invidia i Serpeverde.
Pochi passi ancora, e sarebbe arrivata al fatidico 1972, data di realizzazione della tela malefica... e finalmente quel fitto mistero si sarebbe svelato.

Dopo aver osservato bene tutta la sala comune, Hermione prese posto su di un divanetto beige e sorrise rassicurante al vecchietto accanto a lei. Egli però sembrava confuso, forse addirittura imbarazzato, per aver ricevuto la visita di una persona che non ricordava affatto di conoscere: probabilmente si stava chiedendo se avesse cominciato a soffrire anche di Alzheimer, oltre a tutti gli altri acciacchi dovuti all'età...
Il vechietto in questione si chiamava Edward Fannet ed aveva ottantacinque anni; da giovane aveva vissuto con la moglie nel quartiere londinese di Mayfair, erano entrambi babbani, ed anche loro avevano posseduto il quadro...

Allegramente, la strega si presentò:
"Mi chiamo Hermione Granger, signor Fannet! E no, non mi conosce! Scommetto che stava facendo mentalmente l'elenco di tutte le nipoti che ha..."

Edward Fannet si mise a ridere annuendo, e ad Hermione fece tanta tenerezza. Tutto, in realtà, le stava facendo tenerezza, in quel posto: aveva notato benissimo le infermiere che aiutavano le persone a mangiare, ad andare in bagno, addirittura a camminare; e dopo un paio di minuti era riuscita anche a riconoscere i pazienti maghi, nonostante fossero sprovvisti di bacchetta. Il direttore, prima di lasciarla, le aveva detto che quello strumento magico era troppo pericoloso per essere gestito dalle loro menti inferme, e lei si ritrovò a dargli ragione, nonostante la tristezza che le procurava l'idea.

Si nasce senza bacchetta, e si muore senza bacchetta. La magia è solo una condizione che sta in mezzo queste due fasi della vita.

Così, circondata dalle dolci pazzie di quei vecchietti, si fece raccontare finalmente dal signor Fannet tutto ciò che ricordava del periodo in cui aveva tenuto in casa il quadro e, soprattutto, il nome del posto in cui era stato acquistato.

Hermione se ne andò dal Saint Oswald che il cielo stava tramontando, e solo allora si accorse delle ore che erano trascorse da quando vi era entrata. Nonostante ciò, decise di evitare la smaterializzazione per non esaurire le ultime energie rimaste e, respirando a pieni polmoni l'aria di campagna, infilò le mani nelle tasche del trench e si diresse quietamente alla piccola stazione ferroviaria, per salire sull'ultimo treno della giornata.


 
***


Wiltshire, Inghilterra. Fine ottobre 2008.

Da più di un'ora una sagoma nera fluttuava a mezz'aria nel giardino di villa Malfoy: sembrava più un globo fatto di fumo nero, che si allungava, si gonfiava, e protendeva le sue spire torbide come in attesa di qualcosa.
La creatura oscura osservò la maestosa residenza nel completo silenzio, senza che nessuno degli abitanti si accorgesse di nulla, poi... forse soddisfatta del suo minuzioso studio, si dileguò con una velocità impressionante, diretta verso altre destinazioni.

Fu allora che Draco Malfoy, con la sua espressione severa ed eternamente pensierosa, si affacciò dalla finestra del suo studio, sopraffatto da una strana sensazione, ma si ritrovò ad aggrottare le sopracciglia, perplesso: non c'era niente di strano, nell'aria.

Così, si allontanò dalla vetrata, abbassando le tende in un gesto brusco, e si ributtò sulla poltrona a rimuginare cupamente sulle sue delusioni sentimentali.

 

***
 

Treno per Londra. Fine ottobre 2008.

Il rumore ripetitivo del vagone che correva lungo il paesaggio verdeggiante, ebbe un effetto soporifero su Hermione, che provò a chiudere gli occhi poggiando la testa sul sedile, mentre i paesini illuminati per la sera passavano veloci davanti al finestrino.

La visita alla casa di riposo era stata pesante, anche se fruttuosa... la sua prossima destinazione ora sarebbe stata il mercatino di Portobello Road, dove la moglie del Signor Fannet aveva comprato il quadro, e arrivare così al nome del primo proprietario. Forse solo in questo modo, avrebbe scoperto da che tipo di maledizione fosse stato colpito l'oggetto. Hermione riteneva che conoscere la maledizione, era fondamentale per poterla annullare e liberarsi finalmente del piccolo demone guardiano. Fattura e contro-fattura. Funzionava così, in fondo. Erano le basi della magia.

Sospirando, bevve una lunga sorsata d'acqua dalla bottiglietta che si era portata dietro, ed i suoi pensieri deviarono verso altre mete, contro la sua volontà.

Draco Malfoy.

Ma perché diavolo doveva pensare a lui? No! No, no e no! Poteva pensare alla cena da preparare, alle bollette da pagare, al microonde rotto, al piccolo James che le aveva chiesto di comprargli delle crostatine canarine, o addirittura alla lavata di capo che avrebbe fatto al responsabile del settimanale delle streghe, per aver piazzato un paparazzo fuori casa sua con l'intento di scoprire se l'erede dei Malfoy l'aveva davvero scaricata come si vociferava da giorni.
Ecco, appunto! Era tornata di nuovo a lui con la mente.
No...
Allora: "Cosa poteva prepararsi per cena?! Nel frigorifero c'erano tre uova, e del formaggio!"
Ma niente da fare,  i suoi occhi si erano fatti rossi.
Forse doveva solo concentrarsi meglio, non poteva essere tanto sciocca da non sapersi distrarre!
"C'è pure del pollo, Hermione!"
Eppure, alcune lacrime dispettose le rotolarono sulle guance, come ad infischiarsene dei suoi miseri tentativi di svagarsi.
"Magari invece posso scaldarmi l'arrosto e farmi un'insalata!" Provò a pensare, ignorando il suo pessimo stato emotivo.
"Ma come faccio a scaldarmi l'arrosto se il microonde è rotto, maledizione!?"

Hermione singhiozzò, strofinandosi gli occhi bagnati con i pugni chiusi, fingendo che il più grande problema della sua vita, adesso, fosse solo un elettrodomestico mal funzionante.
Stava per cedere.
"Il microonde è rotto, Hermione... e questo fatto è decisamente più importante di Draco Mafoy, non trovi?!"
"No! Certo che no!" Niente era più importante del dolore che sentiva nel petto a causa sua. E allora iniziò a piangere a dirotto, rigraziando Merlino che nello scompartimento non ci fosse nessuno a sbirciare la sua disperazione.

Erano passate due settimane da quando il suo migliore amico le aveva spiegato tutto ciò che era successo a Villa Malfoy, ed Hermione non riusciva ancora a riprendersi.
Draco era innocente, e lei non gli aveva creduto.
A peggiorare il suo senso di colpa, erano stati i dettagli del racconto imbarazzato di Harry che, prima di ricorrere al Veritaserum, aveva aggredito Draco, lo aveva schiantato, pietrificato e picchiato insieme a Ron, ignorando le sue accanite dichiarazioni di innocenza.
Si era sentita morire nell'ascoltare quelle notizie, ed era letteralmente crollata sulla sedia della cucina con le mani sul volto, mentre ripeteva come un disco rotto le stesse parole.
Draco era innocente, e lei non gli aveva creduto.
L'unica cosa che aveva percepito nella confusione di quegli attimi, erano state le braccia amorevoli di Ginny che l'avevano stretta forte, come a volerle dare forza.
Draco era innocente, e lei non gli aveva creduto.
Non ebbe neanche la forza di prendersela con Ron che non era andato subito da lei a raccontarle la verità prima che succedesse un disastro. Era lei che, stupida, aveva creduto Draco realmente capace di farle una cosa simile! Come aveva potuto incolparlo tanto ingiustamente?
Senza rendersene conto, aveva dimostrato di non fidarsi di lui.
E cosa c'è di peggio di non fidarsi della persona che ami?
Hermione Granger si era comportata come una stronza piena di sé.

Chissà come poteva essersi sentito lui in quel momento! Vedersi rifiutato, disprezzato, odiato per una cosa che non aveva fatto, anzi: che non avrebbe MAI fatto! Metterle le mani addosso senza motivo... Mio Dio. Che sciocca era stata.
Eppure l'aveva visto, lo sguardo disperato di Draco, quel giorno fuori dal Ministero! Tutto il suo dolore, il tormento, e la confusione mentre lei lo trattava come fosse stato un mostro. Perché non aveva dato importanza a quei dettagli?

Hermione continuò a piangere, fra i singhiozzi che le scuotevano la coscienza.

Nonostante tutto l'amore che Draco Malfoy le aveva dimostrato in silenzio, Hermione si era fatta influenzare dai soliti maledetti pregiudizi. Perché? Soltanto perché lui non era un tipo che amava le parole sdolcinate? Quei "ti amo" che si vergognava a dirle? Soltanto perché continuava a non farsi andare a genio Harry e Ron? O perché non le nascondeva in alcun modo il suo carattere difficile?!  
Forse, la verità era che, nelle profondità più insondate della sua anima, semplicemente lei non aveva mai davvero creduto nel cambiamento di Malfoy.
Stupida.
Ed ora l'aveva perso.
L'aveva perso per davvero perché, da quel dannato giorno, Draco non aveva voluto più vederla -troppo amareggiato dalla sua mancanza di fiducia- e si era chiuso di nuovo nella solitudine, nella scontrosità e nella malinconia, isolandosi dal resto del mondo.
Lontano da tutti, lontano da lei...

Sfinita dal pianto, Hermione si soffiò il naso arrossato ma, sollevando lo sguardo verso il paesaggio che scorreva fuori dal treno, le parve di vedere nella parte esterna del finestrino, tante mani che si poggiavano sul vetro -come quelle del quadro maledetto- e, addirittura, il riflesso sfuggente di un bambino biondo che ghignava soddisfatto...




Continua...



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Capitolo 10
*** Un Doxy per capello ***



Capitolo 10
-Un doxy per capello-


 

Wiltshire, Inghilterra. Gennaio 2009. Tre mesi dopo.

Il pesante portone della villa si richiuse violentemente con un forte botto, lasciando all'esterno la bufera di neve che imperversava dalla mattina presto e che stava già piegando i rami degli alberi in giardino. Il padrone di casa si sfilò il mantello con gesti bruschi, nell'attesa del suo sbadato elfo domestico, e con la bacchetta asciugò nervoso i fiocchi ghiacciati rimasti attaccati alle scarpe.

Narcissa Malfoy, nascosta in un angolo appartato e poco visibile del grande atrio invece, tirò un sospiro di sollievo nel vedere il figlio rientrare: il furore che il cielo stava riversando su tutta l'Inghilterra non era certo rassicurante per una madre che sa il figlio fuori di casa.

Quando Toby si presentò ai piedi di Draco -con un ritardo che lui definì imperdonabile per i limiti di una pazienza già sfibrata da altre questioni che al momento preferiva non rievocare- gli lanciò contrò il mantello ordinandogli di riporlo e poi, in un gesto che tradiva i suoi nervi a fior di pelle, gli rifilò un calcio nel posteriore, come se sfogare la sua esasperazione su Toby, potesse in qualche modo alleggerirgli l'animo inquieto.
Il piccolo elfo si affrettò ad ubbidire all'ordine ma, purtroppo, si ritrovò ad inciampare nello stesso mantello che il padrone gli aveva affidato ed andò lungo lungo a terra, trascinando l'indumento con sé.
Eppure, Toby era così ingenuo e propenso al servilismo tipico delle creature della sua stessa specie, che non protestò per la pedata presa, non si mostrò offeso né dolorante, ma anzi, si affrettò a rialzarsi con l'aria mortificata, per aver indegnamente fatto cadere il:
"...suo preziosissimo e costoso mantello, signore! Chiedo umilmente perdono, padrone! Lo laverò due volte, e lo farò profumare più di prima, signore!"

Draco lo guardò dall'alto in basso con l'espressione esasperata, e senza aggiungere nulla, salì la grande scalinata in marmo che portava ai suoi appartamenti dell'ala sud, diretto alla stanza degli oggetti oscuri.

La signora Malfoy, nel frattempo, aveva osservato tutta la scena nell'ombra del suo nascondiglio, ed era rimasta stranamente turbata dal comportamento burbero del figlio. Era da lungo tempo che Draco non trattava così male Toby! Gli elfi domestici erano creature indubbiamente inferiori, che non avevano bisogno né di ringraziamenti, né di particolare rispetto, però... quella violenza gratuita non gliel'aveva davvero mai vista utilizzare, tanto meno da quando aveva iniziato a frequentare QUELLA donna, che tutti sapevano aveva una fissazione a dir poco morbosa per le creature inferiori ed i loro diritti!
Narcissa quindi, afferrò la sua lunga gonna scura per non averla d'intralcio, e salì le scale con la ferma intenzione di farsi dire una volta per tutte da suo figlio cosa fosse successo, e per quale motivo, da qualche mese, era tornato ad essere particolarmente scontroso, chiuso in se stesso, nervoso ed intrattabile. Draco non era mai stato un ragazzo allegro ed ottimista, questo era evidente, ma vederlo disperarsi in quel modo, esattamente come negli anni dopo la guerra, non poteva più sopportarlo.
A dispetto dei luoghi comuni, a suo figlio l'amore stava facendo più male che bene, pensò allora Narcissa, mentre i tacchi delle sue scarpe rimbombavano sui pavimenti della loro enorme dimora. Eh già, perchè lei lo sapeva benissimo, che l'angoscia così intima e privata di Draco, aveva a che fare con Hermione Granger! Non era mica una sciocca!!!
Era da tempo che non vedeva più la giovane venire al manor con la sua timorosa discrezione -propria di chi non vuol farsi notare troppo- ed era pure da qualche settimana che i giornali magici sproloquiavano di una loro probabile rottura. E a lei dispiaceva... non perché la scelta sentimentale di Draco fosse stata adeguata, ma solo perché l'aveva visto finalmente felice dopo anni di sofferenze ed emarginazione sociale.
Lei non approvava quella relazione contro natura, più che altro... la "sopportava", per il bene del figlio! Infatti era terribilmente consapevole del fatto che non sarebbe mai stata una brava suocera, che non avrebbe mai trattato con gentilezza ed affetto Hermione Granger, che non l'avrebbe mai considerata una giovane distinta, o degna di prendere un cognome come il loro... e probabilmente la sua gelosia di madre l'avrebbe consumata a vita, portandola ad ingaggiare con la compagna del figlio una silenziosa battaglia per la supremazia! Ma allo stesso modo, sapeva pure che la cosa importante era vedere Draco sorridere sereno ed innamorato della vita, di una donna, e magari di un bambino biondo uguale lui!
La signora Malfoy in fondo, non era come suo marito, tanto ottuso ed ignorante da non capire ancora che "il meglio" per suo figlio, non era strettamente legato agli ideali secolari, ma solo a ciò che ordinava il cuore!
Lucius non era stato capace di nascondere decentemente il baluginio di soddisfazione negli occhi chiari neanche quando, quella stessa mattina, aveva letto l'ultimissimo articolo di gossip sul giornale più stupido del mondo magico dopo il cavillo: il settimanale delle streghe. Se l'era fatto recapitare apposta via gufo, come a voler gioire delle sofferenze sentimentali del figlio, il cretino...
Narcissa ricordava di avergli strappato la rivista di mano proprio mentre lui ringraziava Merlino per aver ascoltato le sue preghiere. L'aveva guardato male, e poi aveva sospirato accingendosi ad iniziare a sua volta la lettura dell'articolo:

La scandalosa relazione fra Draco Malfoy ed Hermione Granger è già arrivata al capolinea?
Pare che i due, attualmente, stiano conducendo due vite separate: nessuno li ha più visti insieme, né a Diagon Alley, né a Londra. Secondo voci di corridoio, lei è sempre sola, ed un nostro inviato, appostato da settimane fuori casa sua, afferma di non averla mai beccata in compagnia del giovane erede. Vari conoscenti del Ministero poi, hanno affermato che Hermione Granger ultimamente non ha una bella cera: è una conferma della fine turbolenta del loro rapporto?
Di Draco Malfoy invece, si hanno meno notizie: è pressoché sparito dalla circolazione, cosa che non stupisce, considerati i suoi precedenti con la società magica! Un collega della Gazzetta del Profeta ha provato a fargli qualche domanda, incontrandolo fortuitamente fuori dal serraglio stregato, ma è stato bruscamente allontanato dal giovane con parole sgarbate.
L'eroina del mondo magico ha forse capito che un mangiamorte non può essere redendo neanche con l'amore? O il mangiamorte in questione si è finalmente accorto che un'unione con una nata babbana non è il massimo per la sua elevata posizione sociale?
A quanto pare, lo scalpore che avevano destato mesi fa in tutta la comunità con il loro improvviso flirt, ha avuto vita breve e l'ordine sembra essersi ristabilito, per somma gioia dei nostri lettori più romantici, già di nuovo pronti a sperare che la loro amata strega, una volta per tutte, si avvicini sentimentalmente a Ronald Weasley!
Il sogno di un amore tra i due eroi di guerra infatti, non ha mai abbandonato nessuno, nonostante i giovani in questione abbiamo più volte ribadito la loro profonda ed intaccabile amicizia!


Narcissa scosse il capo, dissipando il ricordo spiacevole dei pettegolezzi da due zellini della cronaca rosa e, giunta nell'ala sud del maniero, bussò alla porta della stanza di Draco con rinnovata fermezza.

"Avanti..." L'accolse lui, con un timbro di voce particolarmente cupo.

Quando Narcissa entrò, venne investita dall'odore di pergamena e candele; il locale era in penombra, pieno di scaffali stracolmi degli oggetti più svariati e stravaganti. Era raro che lei si addentrasse nel laboratorio dei manufatti oscuri di suo figlio, non ne aveva mai avuto particolare curiosità, a parte quando sentiva rumori troppo strani e si affrettava ad andare a controllare che Draco stesse bene.

Lui intanto l'aveva accolta senza neanche guardarla, troppo impegnato a lavorare di bacchetta su di un carillon maledetto; aveva uno sguardo parecchio corrucciato dietro gli occhiali da vista, e se ne stava seduto ad un tavolo pieno di libri aperti che consultava di continuo, spostando meccanicamente le ciocche di capelli che gli cadevano sulla fronte.

Narcissa avvicinò una sedia al figlio, e vi si sedette con la compostezza tipica del suo essere.
"Draco..."
"Che c'è?"
Con tono cauto, sua madre continuò:
"Potresti dedicarmi qualche minuto senza occuparti di quell'aggeggio?"

Lo vide sbuffare chiaramente ma, allo stesso tempo, allontanare il carillon per guardarla negli occhi. In silenzio.

"Vorrei sapere cosa ti sta succedendo, tesoro. Era tanto che non ti vedevo così serio, così preoccupato."
"Lascia stare mamma..." Cercò di troncare il discorso il giovane.
"Per favore, Draco! Lo so che si tratta di Hermione Granger, non sono una sciocca! Qual è il problema?"

Draco inspirò a fondo.
Forse... liberarsi di quel peso con sua madre, non poteva essere tanto dannoso. Lei era l'unica che aveva sempre accolto i suoi tormenti senza farlo sembrare ridicolo, senza tradirlo. E comunque, rifletté, nessuno gli avrebbe dato un premio per la sua sconfinata capacità di tenersi perennemente tutto dentro!
Così, anche se con un briciolo di imbarazzo, Draco le raccontò del Veritaserum, della scena fuori dal Ministero, della mancanza di fiducia di Hermione, e del suo sentirsi tradito nel profondo... tanto che aveva preferito allontanarsi da lei e soffrirne come un cane, piuttosto che continuare a vivere in una finta felicità, con lo spettro della diffidenza ad aleggiare sulle loro teste nell'attesa di avventarglisi addosso al primo dubbio, alla prima incertezza.

Narcissa lo lasciò sfogare senza mai aprire bocca, anche se la sua mente lavorò a pieno ritmo per tutto il tempo. La signora Malfoy, come tutte le madri del mondo, aveva la straordinaria e terrificante capacità di sentire il dolore del figlio come fosse il suo.
Ad un certo punto, ebbe addirittura la tentazione di mettersi a piangere in ginocchio davanti a Draco, e chiedergli perdono per tutte le colpe che lei e Lucius avevano commesso senza rendersene neanche conto: Quanto erano stati incoscienti? Quanto? Mio Dio...
Non pensava che dopo tutto quel tempo, i loro errori potessero ancora ripercuotersi sulla vita di Draco ed infiltrarsi in ogni più piccolo, insignificante, banale aspetto di essa: negli affetti, nel carattere, nella quotidianità, negli affari, perfino nell'amore.
E questa consapevolezza le faceva più male di una Cruciatus in pieno petto. Che razza di genitori erano stati, santo cielo? Invece di tenere il loro unico figlio lontano da una guerra d'ideali assurda, l'evevano esposto a crudeltà che un ragazzino non avrebbe mai dovuto vedere; l'avevano esibito come un modello di perfezione purosangue, anziché tenerlo fuori dalla portata di tutta quell'oscurità... L'avevano perfino messo su di un piatto d'argento regalandolo a Voldemort come fosse stato carne da macello, quasi a dirgli: "Mio figlio è tuo, Lord! Fanne ciò che vuoi."
E lui l'aveva fatto, l'aveva fatto eccome: facendo dell'erede dei Malfoy il mangiamorte più giovane della sua cerchia di schiavi, tramutandolo in un agnello sacrificale, e usandolo come un'arma d'assedio per sfondare subdolamente le difese di Hogwarts. Hogwarts che era solo un castello pieno di ragazzini innocenti. Innocenti come Draco stesso.

Quindi, non era affatto colpa di Hermione Granger se ora suo figlio soffriva! No. La colpa era unicamente la loro, che non erano stati capaci di fare i genitori... pensò Narcissa con profonda angoscia.
Se solo fosse potuta tornare indietro nel tempo, correggere gli sbagli, cambiare qualcosa, essere più saggia, più MADRE... Merlino!

Alla fine, Narcissa si alzò dalla sedia senza dire nulla, profondamente colpevole. L'unica cosa che seppe fare, fu afferrare il volto del figlio fra le mani e baciarlo delicatamente sulla fronte, come a chiedergli silenziosamente perdono per tutto ciò che avrebbe dovuto fare per crescerlo bene, e che invece non aveva fatto. Poi, andò via dalla stanza con la morte nel cuore, ed una nebulosa idea in testa, lasciando Draco a trafficare ancora con il suo strambo carillon.

***


Redazione de "Il settimanale delle streghe", Diagon Alley.

In quella nevosa giornata di gennaio, mentre Narcissa Malfoy ascoltava i tormenti amorosi del suo unico e prezioso figlio, nella sede londinese del rotocalco di gossip magico, si stava invece verificando una scenetta a dir poco curiosa...
Da qualche minuto infatti, un sostanzioso gruppetto di giornalisti se ne stava acquattato dietro la porta chiusa del direttore con la bocca aperta, l'espressione di chi sa di aver combinato un pasticcio, ed un orecchio oblungo -targato Tiri vispi- sguinzagliato sotto l'uscio per spiare la furiosa lavata di capo che stava avendo luogo dentro l'ufficio premurosamente sigillato.

"LO CAPISCE O NO, CHE SONO STUFA DI VEDERMI SPIACCICATA OGNI MERCOLEDI' SULLA VOSTRA RIVISTA DA DUE SOLDI, EH?!"

Si trattava di una voce femminile a dir poco irritata che, a quanto sembrava, non aveva la minima intenzione di arrestare la propria furia:

"E' UN MESE, DANNAZIONE! UN MALEDETTO MESE CHE I SUOI GIORNALISTI DA STRAPAZZO SI APPOSTANO DIETRO IL CESPUGLIO DEL MIO GIARDINO CON L'INTENZIONE DI SPIARE TUTTI I MOVIMENTI CHE FACCIO! O FORSE PENSAVATE CHE NON ME NE FOSSI ACCORTA, EH? IMBECILLI CHE NON SIETE ALTRO!"

Ci fu una breve pausa, ma la voce del direttore non giunse mai all'orecchio oblungo che, al contrario, ricominciò a trasmettere i versi striduli della donna adirata:

"QUESTA E' VIOLAZIONE DELLA PRIVACY, LO SA? ED IO SONO ESAUSTA! PERCIO'  L'AVVISO... SE LA PROSSIMA SETTIMANA TROVO SUL SUO LURIDO GIORNALE UN ALTRO ARTICOLO, O ANCHE UNA SOLA PAROLA RIGUARDO ME E DRACO MALFOY, PRENDERO' I DOVUTI PROVVEDIMENTI! SONO STATA CHIARA?"

Dopodiché, per una manciata di secondi, la stanza rimase nel completo silenzio. Poi... improvvisamente, il rumore sgradevole di una sedia spostata fece scappare ai propri posti tutti i dipendenti della redazione come Golden Snidget impazziti, mentre l'orecchio oblungo sparì con un colpo di bacchetta proprio nel momento in cui il direttore usciva dall'ufficio tutto impettito, e con uno strano disagio a deformargli i lineamenti del volto, che si erano fatti rossi e contratti.

 
***


Ottery St Catchpole, la Tana.

"Hermione?! Pensi che a quest'ora la tua strillettera sia arrivata al direttore del settimanale delle streghe?"

Ron si era sentito un po' in imbarazzo nel fare quella domanda alla sua amica, anzi... più in generale, si sentiva proprio responsabile per come erano andate le cose negli ultimi tre mesi. La brusca rottura tra lei e quel cretino di Malfoy era avvenuta per diversi motivi, tra cui senza dubbio le incomprensioni ideologiche e le differenze abissali nel modo di vivere, ma Ron non poteva nemmeno negare che, in parte, lo strappo era stato scatenato dal suo egoismo: se quel lontano giorno fosse andato da Hermione a spiegarle del Veritaserum propinato a Malfoy invece di fottersene bellamente, ora non avrebbe avuto certo tutti quei sensi di colpa.
All'inizio, si era sentito scioccamente soddisfatto per essere stato la causa della loro separazione, come fosse un atto di inconfutabile giustizia dividere due persone la cui relazione è qualcosa di apparentemente osceno e contro natura, poi però, col trascorrere dei giorni, era subentrato in lui il dubbio di aver sbagliato, infine... vedendo la sofferenza inconsolabile di Hermione, se n'era addirittura pentito! Anche se, sotto sotto, ancora continuava a chiedersi, testardo come un ippogrifo, cosa cazzo avesse di speciale Draco Malfoy per aver fatto perdere la testa alla strega più assennata e di buon cuore che lui conoscesse! Tanto indulgente che nonostante quel che aveva combinato, non lo aveva mai accusato -neanche velatamente- di essere l'origine dei suoi dispiaceri, ma anzi, aveva continuato a volergli bene come sempre, fingendo che non fosse successo nulla di grave.
Ed ora... non poteva far altro che vedere Hermione soffrire in silenzio, ma a testa alta, come solo una grande donna sapeva fare. Il tormento della sua anima ferita si notava solo ad un esame più attento: aveva le occhiaie, era dimagrita, aveva perso il brio, si era fatta triste, la rabbia verso se stessa l'aveva resa stranamente taciturna, e la frenesia nervosa che metteva in ogni faccenda era peggiorata al punto che ormai sembrava una manticora furiosa.
 
Ron sospirò, prima di mandare giù un sorso di birra, consapevole che la domanda che aveva posto alla sua amica pochi attimi fa, non era stata ascoltata; Hermione infatti era rimasta immobile a guardare pensierosa la bufera di neve con il naso attaccato alla finestra della cucina di mamma Molly, totalmente isolata dal chiacchiericcio accogliente della Tana.

La giovane donna purtroppo rifletteva ancora, per l'ennesima volta, all'errore madornale che aveva fatto.
Non si era fidata di Draco.
Aveva preferito credere che lui l'avesse picchiata, senza porsi domande, senza andare a fondo, senza cercare di capire il perché... quando invece, se solo lo avesse fatto, avrebbe capito subito che c'era qualcosa di sospetto in quel che era successo nel suo ufficio!
Draco non le aveva MAI fatto del male fisicamente, neanche quando l'aveva odiata con tutte le sue forze! Lui era sempre stato solo un ragazzo presuntuoso, che si nascondeva dietro l'eccessiva arroganza proprio per non palesare la debolezza e l'effettiva incapacità di commettere i crimini più violenti.
Che stupida.
Non si era fidata... mentre lui al contrario, le aveva messo in mano la sua anima, chiedendole perdono con le lacrime agli occhi per tutto ciò che aveva compiuto da ragazzino.
Come diavolo aveva fatto a non credergli dopo ciò che avevano condiviso, e soprattutto dopo aver visto in lui la luce sfavillante del cambiamento? Come? Possibile che il passato oscuro di Draco, ancora riuscisse ad infilarsi fra loro con tanta facilità?

Tre mesi. Ormai erano trascorsi tre mesi da quel giorno di pioggia fuori dal Ministero, ed Hermione ancora ricordava con dolore la scena in cui Harry le aveva spiegato tutto, scagionando di fatto Draco da ogni colpa.
Da quel momento, era stato come vivere in un incubo, perché ogni volta che andava a cercarlo per chiedergli scusa, Draco non si faceva trovare... e l'infinità di gufi che gli mandava, venivano puntualmente ignorati.
Solo una volta lui le aveva risposto, e lo aveva fatto con parole che avevano squarciato il cuore di Hermione a metà, uccidendo ogni barlume di speranza:

Preferirei se tu non continuassi a farmi perder tempo con le tue patetiche scuse, Granger!  Anche perché l'unica cosa che otterresti da questa tua caparbia ostinazione, sarebbe solo quella di sfiancare il tuo gufo postino...
Ti rispondo nella speranza di chiarire la questione, ed evitare di riaprire l'argomento ancora e ancora; per cui fatti bastare ciò che ti dico adesso, senza farmi ripetere la stessa cosa ogni volta che mi capiterà di averti tra i piedi:
Non voglio avere più niente a che fare con te!
Avresti dovuto capirlo, che tutto ciò che avevo fatto in questi ultimi mesi per essere migliore, l'avevo fatto per te! Non per mia madre, non per mio padre, non per Potter, o per il Ministero, o per la società che continua a disprezzarmi... ma per te. Per te! Maledizione!
Eppure, mi sono tristemente accorto non è servito a nulla, visto che al primo dubbio, ti sei affrettata ad accusarmi.
Io, purtroppo, capisco poco dell'amore, sono sempre stato più avvezzo all'odio, eppure... non sono tanto stupido da ignorare che la diffidenza e l'incertezza, non sono affatto delle buone basi per una relazione sincera e duratura!
Scoprire di non godere della fiducia incondizionata di una donna che dice di amarmi, mi ha lasciato addosso troppa amarezza.
Sono assolutamente consapevole di dovermi portare dietro i miei errori giovanili fino alla morte, ma appunto perché per tutta la vita dovrò guardarmi le spalle dall'intero mondo magico, non ho la forza di dovermi guardare le spalle anche da te!
E finché il mio passato verrà costantemente tirato in ballo ad ogni occasione, allora noi non avremo mai niente da dirci.

Draco Malfoy


Hermione chiuse un momento gli occhi, per evitare di mettersi a piangere, e quando li riaprì, fissò di nuovo lo sguardo sui fiocchi di neve che vorticavano a velocità impressionante nel giardino della tana.

"Hermione! Hermione mi stai ascoltando?"

La giovane sobbalzò, e girò il capo per guardare il suo amico, con l'aria confusa. Ron sospirò, appurando che no, non l'aveva affatto ascoltato:
"Ti stavo dicendo... pensi che a quest'ora la tua strillettera sia arrivata al direttore del settimanale delle streghe?"

Hermione mise da parte i suoi pensieri assillanti cambiando faccia, e sorrise, prima di rispondere, tutta soddisfatta:
"Ooh sì! Penso proprio di sì, Ron! E sono pure certa che il direttore non autorizzerà più alcun articolo su di me, almeno per un bel po' di tempo!"

"E come fai ad esserne sicura?" Obiettò l'amico, perplesso.

La ragazza rise maligna e rivelò, con una punta di sarcasmo:
"Ho scagliato un incantesimo sulla strillettera... quando si è aperta, ha rilasciato una specie di polverina."

Il giovane Weasley spalancò gli occhi:
"Spiegati meglio, Hermione!"

"Oh! Non ho fatto niente di che... credo solo che in questo esatto momento il caro direttore abbia delle fastidiosissime pustole sui genitali che lo staranno mandando fuori di testa!"

Ron rimase a bocca aperta, mentre la risata cristallina di Ginny, che aveva sentito tutto, si inserì improvvisamente fra loro:
"Oh mio Dio, Hermione! Sei geniale! Tutto questo è mille volte meglio delle mie fatture orcovolanti!"
E la signora Potter riprese a ridere piegandosi in due, mentre Ron provava ad immaginare, tutto sconvolto, quanto cazzo potevano essere dolorose delle pustole nei piani bassi.

 

***


Wiltshire, Inghilterra.

Quella sera il vento fischiava forte facendo tremare i vetri delle finestre, e la tempesta di neve non accennava a diminuire la sua potenza; la stanza più isolata di villa Malfoy era freddissima, e le candele accese erano diventate dei monconi prossimi alla morte.

Draco si strofinò gli occhi, stanco per le ore passate sui libri a cercare contro-maledizioni adatte, poi si alzò dalla sedia e, con soddisfazione, prese il carillon acquistato tempo fa a Nocturn Alley e lo chiuse dentro una teca di vetro, ormai innocuo.

Aveva una strana sensazione in corpo da qualche giorno, come se dovesse succedere qualcosa di grosso da un momento all'altro. Lo sentiva nell'aria, che c'era una strana atmosfera... o magari era lui, che era diventato un inguaribile disfattista. Chissà. Probabilmente era la sua solitudine intensa, associata a quell'inverno di merda, a renderlo più depresso del normale! Forse invece, più semplicemente, gli mancava lei...

Hermione Granger era diventato un sentimento contrastante per Draco: tutte le volte in cui la pensava, l'odio e l'amore si spintonavano dentro la sua testa per avere la meglio; e questa lotta interiore lo sfiancava pure fisicamente... si stava trasformando in un Infero senza più un briciolo di vitalità in corpo.

Alla fine, soffiò sui resti delle candele dopo aver visto l'ora tarda, e chiuse la stanza, dirigendosi verso la sua camera da letto.
Mentre camminava per i corridoi del Manor con la bacchetta spianata in un tenue Lumos però, gli sembrò di sentire in lontananza la risata tetra di un bambino; allora si fermò di colpo, terrorizzato, e rimase immobile per minuti interi, incapace di muovere un dito. No... No! Non poteva essere ciò che per un attimo, per un misero attimo, aveva pensato! Troppo assurdo. Era la stanchezza che giocava brutti scherzi. Certo!
Deglutì, e riprese il cammino.
Domani sarebbe stato un altro giorno.

 
***


Ottery St Catchpole, la Tana.

La serata volgeva al termine, Ron sbadigliava con le lacrime agli occhi, il piccolo James si era addormentato in braccio a sua nonna Molly, Arthur si era ritirato già da mezz'ora, mentre Ginny cullava un reticente Albus.
Harry era l'unico ad avere ancora energia da vendere, come qualsiasi Auror che è costantemente pronto ad entrare in azione, anche a notte fonda. Da quando poi la sua amica era stata attaccata da uno sconosciuto con le sembianze di Malfoy dentro il suo stesso ufficio, non riusciva a darsi pace, e nonostante avesse vagliato ogni ipotesi possibile, non era riuscito a trovare il colpevole:
"Ho provato a mettere delle micro-spie babbane per tutto il Ministero, Hermione! Ho messo sotto sequestro il registro delle visite di quel giorno, ho domandato ad ogni impiegato, ad ogni manutentore e ad ogni singolo inserviente se avessero visto qualcuno dall'aria sospetta! Niente. Niente di niente! Maledizione..."

Hermione scosse il capo, pensierosa. La faccenda era abbastanza preoccupante, ma la cosa che risultava ancor più strana, era che dopo quel singolo episodio, non le era più successo nulla.
"Io non capisco, Harry! Che motivo ha avuto quell'individuo per comportarsi così? Deve avercela con me per chissà quale motivo, ma quale? Non mi sembra di aver fatto torti a nessuno! E poi, chi desidera fare del male non si limita ad un'azione isolata! Eppure... sono passati tre mesi, e questa persona sembra completamente sparita nel nulla!"

Ron sbadigliò un'altra volta e, con la voce impastata, si intromise fra i due:
"Sei sicura che nessuno ce l'abbia con te? Senza offesa Hermione, ma... in quanto tuo migliore amico, ho il dovere di ricordarti che tu ti comporti spesso come una stronza saputella, nei confronti dei tuoi colleghi del Ministero! Magari a qualcuno questa cosa non va giù, e si è preso una piccola rivincita!"
Dopodiché fece spallucce, come se quello che aveva appena detto fosse una stata un'osservazione innocente, piuttosto che una vaga offesa. Ron era un ingenuo, non aveva la minima intenzione di insultare Hermione, lui era fatto così: spontaneo, poco riflessivo...
Sicuramente però, se si fosse reso conto del significato delle parole che aveva usato, ma soprattutto avesse potuto prevedere il dramma che ne sarebbe seguito, allora forse se ne sarebbe stato zitto.

"Scusa!?!" Hermione si alzò dal divano tutta rossa in viso: "Cosa sarei io?"

Ron la guardò senza malizia: "I-Io ho detto che..."

"HO SENTITO BENISSIMO COSA HAI DETTO, RONALD!"

"E allora che me l'hai chiesto a fare?"

"Era una domanda retorica, imbecille!"

"Oh Merlino... Tu sei completamente pazza, Hermione!"

"Pazzaaa? Quindi oltre che stronza saputella, sarei pure pazza? Ma bene!!!"

"Hermione! Non negare il fatto che ultimamente tu hai un doxy per capello! Te la prendi per qualsiasi cosa!"

Harry Potter sbuffò, scambiandosi uno sguardo esasperato con sua moglie, e mentre i due amici continuavano a bisticciare, provò a mettersi in mezzo:
"Ragazzi, calmatevi!"
Poi si rivolse ad Hermione: "Dai, non prendertela! Lo sai che Ron non parla mai con cattiveria!"
Dopodiché si voltò, e puntò il dito contro il cognato: "E tu, invece... lo sai benissimo che Hermione si offende facilmente! Vuoi imparare, una buona volta, a pesare le parole prima di parlare?!"

"QUINDI IO SAREI UNA CHE SI OFFENDE FACILMENTE???" Si intromise Hermione quasi strillando.

Harry ingoiò saliva, e fu certo di aver fatto un errore madornale quando pure Ginny, da dietro le spalle dell'amica, gli mimò silenziosamente con le labbra: Ma sei cretino?!?

"N-no, Hermione! Non intendevo dire ques...!"

"Oh, certo certo! Come no!" Lo interruppe lei. "Comunque si è fatto tardi. Io me ne vado a casa, che forse è pure meglio!" Rispose con acidità mentre acciuffava un pugno di polvere volante da buttare nel camino, consapevole che smaterializzarsi in mezzo alla tormenta di neve non era l'ideale.

Fu in quel momento che Ginny le andò incontro con Albus ancora fra le braccia, e le sussurrò preoccupata:
"Tesoro, li conosci... sono due imbecilli! Ma non prendertela, loro hanno sempre avuto questo istinto irrefrenabile di fare gaffe! Tu sei molto provata ultimamente, non lasciarti travolgere dalla tristezza e dal nervosismo al punto di rovinare i rapporti anche con chi ti vuole bene! Ok?"

Hermione annuì mestamente, con gli occhi lucidi, e Ginny pensò di essersi davvero stancata di vedere la sua amica in quelle condizioni pietose. Intanto, Ron si era avvicinato con l'aria di un gramo bastonato, e cercando miseramente di rimediare, disse:
"Hermione! Lo so... sono un deficiente, devi scus-"
"Ma vaffanculo Ron!"
E la giovane sparì subito dopo, senza farlo finire, tra le fiamme verdi del focolare ed uno sbuffo di cenere.

Rimasero tutti a guardarsi l'un l'altro sgomenti. Ginny sospirò pesantemente, Harry scosse il capo impotente, e Ron tossì un paio di volte a causa della fuliggine che si era sollevata dal camino, prima di affermare con sicurezza:
"Quella lì ha bisogno di rivedere le sue priorità, ve lo dico io..."



Continua...

 

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Capitolo 11
*** Anche gli elfi hanno dei sentimenti ***


Capitolo 11
-Anche gli elfi hanno dei sentimenti-


 

Portobello Road, Londra. Gennaio 2009.

Qual è il preciso attimo in cui un essere umano cessa di soffrire a causa di un altro essere umano? E' un processo che avviene lentamente, od è un avvenimento improvviso? C'è qualcosa che lo scatena? Oppure ogni vita è a sé? Ma sopratutto: succede ogni volta, di smettere di provare dolore, o può capitare di portarselo dietro per sempre?

...Come una specie di bagaglio pesante e scomodo che sei obbligato a tenere senza sosta sulle spalle, nonostante la stanchezza...

Hermione Granger aveva combattuto una battaglia, aveva vissuto di stenti per lunghi mesi dentro una foresta, era stata denigrata per le sue origini, torturata da una pazza, aveva visto morire persone care... Ma non si era mai sentita debole, MAI. Nemmeno una volta. Tranne adesso: adesso che aveva Draco Malfoy piantato nel petto come un coltello affilato. Una ferita sanguinante che la stava rendendo inammissibilmente insicura.

“Non siamo mai così indifesi verso la sofferenza come nel momento in cui amiamo.”

Hermione aveva deciso di restituire a Draco l'anello che lui le aveva regalato il giorno della presentazione de "Le fiabe di Beda il Bardo", perché credeva ingiusto continuare a tenerlo per sé, e pure perché ormai, il solo vederlo intorno al dito le faceva troppo male. Quell'anello ricordava ad entrambi una deliziosa scommessa, e la promessa di qualcosa di dannatamente perfetto. O almeno, questo era ciò che allora avevano creduto! Che ingenui sprovveduti...

Hermione sorrise amaramente, e si convinse una volta di più che continuare ad indossare quel serpente d'argento, tra l'altro sfacciato simbolo di qualcosa che a lei non apparteneva, non aveva più senso.
Draco Malfoy era stata una parentesi senza logica, aperta e chiusa in un periodo particolare della sua vita, dove la confusione dovuta ad una maledizione, un omicidio, ed uno spirito che si era impossessato della sua mente, l'avevano sopraffatta al punto di non farla sentire più se stessa, e di farla cedere inspiegabilmente ad una persona che, in normalità, non avrebbe mai considerato degna nemmeno del suo saluto.

Ma forse, queste erano solo patetiche scuse, perché in realtà Hermione Granger amava Draco Malfoy di un amore che non aveva mai provato prima; e se aveva avuto la possibilità di conoscere la fragile bellezza di quel ragazzo pentito, doveva ringraziare proprio il bracciale dei Belby.

Mentre rifletteva sull'opportuna restituzione dell'anello, Hermione camminava fra le bancarelle di Portobello Road con l'espressione accigliata, evitando le pozzanghere sporche, ed i rivoli d'acqua formatisi dallo sciogliemento degli ultimi resistenti accumuli di neve.

Chissà quanto avrebbe fatto male, togliersi quel cerchietto d'argento dal dito e rimetterlo nelle sue pallide mani da nobile decaduto... Merlino!
Non volle pensarci più del dovuto, ed affondò le mani nel cappotto cercando di concentrarsi invece sulle preziose informazioni che aveva ottenuto lì a Portobello.

La bufera del giorno prima aveva creato parecchi disagi ma, nonostante la sua apparente intensità, la mattina dopo il sole era tornato a splendere indisturbato, così lei ne aveva approfittato per uscire, e riprendere le indagini sul quadro maledetto che la famiglia Fannet aveva acquistato al mercatino di Notting Hill nell'aprire del '73, esattamente trentacinque anni prima.
Hermione aveva passato fra le bancarelle più di un'ora, fino ad individuare, dopo una lunga ed estenuante ricerca, il commerciante babbano che aveva venduto il quadro ai Fannet. Egli però, si era fatto troppo vecchio per ricordare gli eventi di quei giorni lontani, allora la giovane strega aveva dovuto usare la magia, per sondargli la memoria.
E finalmente, era arrivata all'ultimo atto di quel mistero. Ultimo atto che aveva il nome di un certo Matt Williams, colui che per primo aveva portato la tela a Portobello.
Sperava soltanto di trovare quel tizio ancora vivo dopo tutti quegli anni, altrimenti, le sue fatiche sarebbero state vane...

 
***
 

Tiri Vispi Weasley, Diagon Alley. Gennaio 2009.

Quel pomeriggio, al negozio di scherzi, erano appena arrivati due grossi scatoloni di forniture, e da astutissimo scansafatiche, George si era subito defilato nel retrobottega, urlando a Ron che lui era impegnato a terminare la preparazione di uno stock di pasticche vomitose... e quindi, con la "morte nel cuore" sarebbe stato costretto a lasciare il fratello ad occuparsi della merce da sistemare.
Ron aveva sollevato gli occhi al cielo, poi si era alzato dal bancone con la faccia irritata, ed era andato svogliatamente ad occuparsi degli scatoloni, lasciando aperto sulla cassa il Daily Mail, che fino a poco prima stava distrattamente sfogliando.
Il quotidiano babbano non era mai stato di suo particolare interesse con tutti quegli articoli sugli attentati terroristici, i vaccini, le manifestazioni, il tema caldo dell'immigrazione, però... continuava a comprarlo per darsi, sotto sotto, un'aria d'importanza. Gli uomini che si interessavano di politica e che sapevano dissertare sui grandi temi dell'umanità, erano certamente più interessanti agli occhi delle donne; quindi Ron fingeva di farsi coinvolgere dal mondo babbano per fare bella figura, e magari abbordare qualche avvenente strega particolarmente sensibile ai cambiamenti climatici.

Gli scatoloni comunque, si rivelarono pieni zeppi di detonatori abbindolanti, che avevano bisogno di un'attenzione mille volte superiore rispetto ad ogni altro tipo di merce, tanto che Ron suo malgrado, dovette rinfoderare la bacchetta nella tasca dei jeans per mettersi a scartarli a mano, ovviamente sbuffando.
Un lavoro certosino che non gli avrebbe dato problemi, pensava lui. Già! Purtroppo però, era noto a tutti, che la concentrazione e la premura non erano mai state il forte di Ron Weasley.

Dopo mezz'ora di fatica, Harry Potter entrò nel negozio, e lo fece proprio nel momento in cui Ron, in bilico su di una scala, sistemava gli ultimi pacchetti di detonatori sullo scaffale in alto a destra.

"Ehi, ciao Ron!"

Forse fu la voce squillante dell'Auror, o forse il fatto che era troppo impegnato a non fare qualche fesseria... non lo seppe con certezza, ma qualunque fosse stata la motivazione, Ron non sentì le campanelle tintinnare sulla porta e, per la sorpresa, quattro pacchetti di detonatori gli caddero dalle mani andandosi a schiantare sul pavimento.
Il negozio fu invaso all'istante da un fracasso assordante di scoppi, botti, fischi, clacson, stridii... mentre una quarantina di trombette con le zampe, iniziarono a scappare da tutte le parti, saltellando impazzite.

"Cazzo! Cazzo, cazzooo!"
Imprecò Ron, con le orecchie rosse. A peggiorare la situazione poi, arrivò la voce impertinente di George dal retrobottega:
"Non mi dire... Li hai fatti cadere! Ci avrei giurato, fratellino!"

Ron, mentre scendeva dalla scala a pioli, fece silenziosamente il dito medio in direzione del magazzino, corredando il tutto da un paio di smorfie. Harry invece ridacchiò andandosi ad appoggiare al bancone del negozio, e gettò un'occhiata al Daily Mail lasciato incustodito.

"Comunque..." Riprese George: "Fanno due galeoni a detonatore, quindi fai il conto di quelli inutilizzabili, ok? Ti scalerò il totale dallo stipendio!"

Harry Potter non prestò più attenzione alla scaramuccia che ne seguì fra i due fratelli, seppe solo che fu abbastanza accesa, dato che captò alcune frasi, tipo -Potevi aiutarmi invece di scappare nel retrobottega! -Hai quasi trent'anni e vivi ancora con la mamma! -Parli proprio tu che le porti tutti i giorni i tuoi panni da lavare! -Meritavi di andare a spalare merda di drago invece di lavorare qui!- ed altre accuse più pesanti.

Non seguì con attenzione il buffo litigio solo perché il suo sguardo era stato catturato da un articolo del quotidiano:

Ancora avvistamenti UFO nei pressi di Knebworth House.
Ultimamente, nella contea dell'Hertfordshire, sono sempre più numerose le segnalazioni da parte di cittadini impauriti, che riferiscono alle autorità di una massa oscura e nebulosa in grado fluttuare a mezz'aria, e capace di spostarsi a velocità incredibili.

Anche Malfoy, tempo fa, gli aveva detto di aver letto un articolo simile, e se non ricordava male, il giorno in cui lui e Ron l'avevano picchiato e poi interrogato con il Veritaserum, Draco gli aveva riferito di essere appena tornato proprio dall'Hertfordshire, attirato dalla descrizione di quegli avvistamenti, che gli avevano ricordato molto l'aspetto e le movenze di un Obscurus.

In effetti... Era plausibile. E di certo, non si trattava di extraterrestri! I babbani, purtroppo, avevano il vizio di gridare all'UFO ogni volta che si trovavano di fronte ad un evento per loro inspiegabile.

Doveva mandare immediatamente una squadra di Auror in incognito, e partire subito anche lui!!!
Dannazione... Stava diventando il suo hobby preferito dare ragione a Draco Malfoy! Questa storia doveva finire il prima possibile...

 
***
 

Whitechapel, Londra. Gennaio 2009. Il giorno dopo.

Hermione scendeva rapidamente le scale della metropolitana con un'unica parola in testa...
Nurmengard.
La famosa prigione dei maghi situata in un punto non ben identificato del nord Europa.
Hermione svoltò di corsa in un corridoio sporco seguendo la direzione per Westminster, ed arrivò alla banchina proprio quando il treno stava per fermarsi con il suo penetrante stridio.
Com'era possibile che il quadro maledetto provenisse da lì?

Ma procediamo per passi:
Dopo aver lasciato Portobello, Hermione era riuscita a trovare facilmente, tramite elenchi telefonici, l'indirizzo del signor Matt Williams, ormai ultra novantenne.
L'anziano, come avrebbe scoperto presto, non godeva di ottima salute, infatti quel giorno l'aveva accolta nel suo dimesso appartamento di Withechapel con l'espressione stanca, e senza nemmeno alzarsi dal letto. Hermione ringraziò mentalmente Merlino per essere arrivata in tempo, perché se fosse giunta da lui con un ritardo di cinque o sei mesi, probabilmente sarebbe andata a trovarlo direttamente al cimitero.... e di certo una tomba con due date ed un nome non l'avrebbero aiutata a sbrogliare il mistero del quadro maledetto!
Comunque:
Hermione aveva scoperto che il signor Williams era un magonò, e per tutta la vita aveva lavorato come manutentore nel carcere magico di Nurmengard... un carcere molto simile ad Azkaban per struttura, trattamento, e posizione strategica. Con la determinazione negli occhi poi, aveva raccontato al vecchio ogni cosa riguardo le sue lunghe indagini, senza omettere nulla. Ed il signor Williams, annuendo debolmente, l'aveva lasciata parlare, sperando che le informazioni che aveva da darle, le sarebbero bastate.

Fu così che Hermione, mezz'ora dopo, aveva lasciato Whitechapel sbalordita:
Matt Williams le aveva spiegato di aver trovato il quadro malamente buttato dentro il magazzino polveroso di Nurmengard sul finire del 1972; lui non aveva fatto altro che rivenderlo per farci un po' di denaro, esattamente come aveva fatto con altre cianfrusaglie inutilizzate, ed oggetti personali di prigionieri deceduti, o scarcerati da tempo.
Ad Hermione però, era bastata la parola Nurmengard, e poi quell'anno... il 1972, che era pure l'anno di creazione del quadro. Con quei due elementi, sarebbe stato facile risalire finalmente al proprietario.

La giovane strega salì al volo sulla metro affollata, e pianificò le cose da fare elencandole a mente:

"Allora... mi servirà una licenza speciale per la trasferta, un lasciapassare per Nurmengard, un'autorizzazione per accedere agli archivi storici del carcere, e... che altro, Hermione? Che altro? Ricordati tutto, altrimenti farai un buco nell'acqua per colpa di un misero cavillo burocratico!" Pensò con frenesia.

"Ecco, sì! L'autorizzazione per interrogare dipendenti o ex-dipendenti del penitenziario! Quella è fondamentale!"

Una brusca frenata la sbilanciò pericolosamente in avanti, e fece appena in tempo ad attaccarsi ai sostegni del treno, prima di cadere addosso ad un giovane pieno di piercing.
Ah, già... prima di partire per il nord Europa, sarebbe andata pure a restituire l'anello a Draco Malfoy.

 
***


Knebworth House, Hertfordshire. Gennaio 2009.

"Andate a sinistra!"
Harry Potter diede quell'ordine perentorio ai suoi Auror specializzati, ma l'Obscurus schivò i loro incantesimi facendoli indietreggiare.

Appena la squadra era stata inviata nella contea degli avvistamenti, la fortuna aveva voluto che si imbattessero nella misteriosa creatura dopo pochissimo tempo, e quindi le operazioni di cattura erano scattate immediatamente, anche se si erano rivelate alquanto difficili.
Infatti, la battaglia infuriava da un quarto d'ora nel parco della villa e, a colpo d'occhio, gli Auror non sembrava stessero avendo la meglio.

"ANDATE A SINISTRA MALEDIZIONEEE!" Urlò di nuovo Harry Potter, con i nervi del collo tesi per lo sforzo.

Dopo l'attimo di smarrimento dovuto al contrattacco dell'Obscurus, gli Auror ripartirono all'assalto eseguendo finalmente l'ordine. La creatura oscura provò ad allungare le proprie fumose spire, ma un'offensiva combinata di quindici fatture, la fece ritrarre all'istante.
L'aria era pregna d'elettricità, il cielo si era scurito, le grida degli uomini del Ministero si erano innalzate incuranti... e alla fine, gli schiocchi furiosi della magia, insieme al caos generale, cominciarono inevitabilmente ad attirare i cittadini sconvolti, che si spintonavano per infilare la faccia tra le inferriate della grande recinzione di Knebworth House.

Harry, che svolazzava seduto sulla sua scopa, si voltò a guardarli, ed alzò gli occhi al cielo, esasperato: bisognava intervenire su di loro il prima possibile, altrimenti quella semplice operazione sarebbe diventata un caso nazionale di stregoneria, attività paranormali, avvistamenti alieni, e Merlino solo sapeva quale altra stronzata! Allora si abbassò di quota e raggiunse Draco Malfoy, che lanciava Confringo verso tutte le telecamere a circuito chiuso della residenza con la soddisfazione tipica di chi disprezza senza rimedio gli aggeggi elettronici dei babbani; Harry però preferì non soffermarsi troppo su quel dettaglio, concentrandosi invece sull'utilità del gesto: in fondo, se fossero scattati gli allarmi, rischiavano di richiamare sul posto tutti gli esseri viventi della Gran Bretagna! E quei quattro ficcanaso appiccicati alla recinzione, gli sarebbero parsi solo un antipasto, al confronto.

Draco si trovava lì perché voleva vedere una volta per tutte cosa si celava dietro l'Obscurus che lo tormentava... ma soprattutto perché desiderava scoprire il reale motivo per cui quella creatura provava tanto odio nei suoi confronti. Così, non appena Harry Potter gli aveva fatto sapere tramite Patronus di aver individuato la creatura, lui aveva seguito subito la squadra, smaterializzandosi nell'Hertfordshire a scontro non ancora iniziato.

"Malfoy, mi serve una mano!"
Draco lo vide arrivare, fece esplodere l'ultima telecamera ed annuì in silenzio, poi Harry riprese, accennando con il capo al gruppetto di gente ammassata fuori dalla residenza:
"Obliviali! Dopodiché, confondili per non farli più avvicinare... altrimenti ci ritroveremo a dover cancellare la memoria ad un migliaio di persone, oggi!"

Draco allora, si girò a guardare i babbani con la faccia schifata: "Che branco di idioti, Dio mio!"
Poi si diresse verso di loro scuotendo il capo spazientito, mentre Harry impennava la sua scopa e ripartiva per aiutare la squadra in difficoltà.

Com'era strano tutto quello che stava accadendo...
Da qualche tempo, la vita di Draco era diventata un susseguirsi di avventure ai limiti della sicurezza, peggio di quella di Potter: il problema però, era che lui non era tanto coraggioso da affrontare quegli intoppi a bacchetta sguainata e mantello svolazzante sulle spalle!
Quindi... che cazzo stava succedendo?
Lui non aveva mai chiesto di diventare un eroe, anzi! I paladini della giustizia li aveva sempre disprezzati, convinto che nessuno è valoroso al punto di immolarsi per gli altri; ma riteneva invece fossero solo una serie di fortunate coincidenze ad incoronare qualcuno "prode cavaliere senza macchia e senza paura"! Draco Malfoy voleva solo starsene rintanato nella tranquillità della sua immensa casa, circondato dagli oggetti oscuri, dai suoi tuoi tomi di magia nera; ad occuparsi degli affari di famiglia, e a dedicarsi ai suoi solitari studi alchemici. Invece...

Scagliò un paio di Oblivion di fronte alle faccie scandalizzate di quei tizi curiosi, che si fecero d'improvviso vacue, stordite... e sogghignò soddisfatto, mentre nello stesso istante, in lontananza, si sentiva Potter urlare:
"CIRCONDATELO!"

E Draco pensò che, finalmente, ce l'avevano fatta...

Per completare il lavoro, lanciò un Confundus e disperse definitivamente quei babbani che si allontanarono dondolando rimbambiti, e poi si voltò fiducioso, convinto di vedere l'Obscurus finalmente intrappolato.
Quello che distinse in mezzo al caos di incantesimi che volavano dappertutto però, fu solo una nebulosa massa oscura sfuggire alla cattura per l'ennesima volta, e sparire rapidamente nel cielo.

L'Obscurus era scappato. Di nuovo.
Come se la magia degli Auror non potesse in alcun modo fermarlo...

"Vaffanculo! Vaffanculooo!"
Urlò Harry Potter gettando nervoso la scopa sul prato. "Non è possibile, cazzo!" Ed il suo viso si fece viola per la rabbia.
Draco invece, prese aria ed espirò tutta la sua frustrazione in silenzio, mentre gli Auror si buttavano a terra, sfiancati e confusi dall'anomala forza di quell'Obscurus.

Rimasero tutti in un tetro silenzio, ognuno a cercare di darsi una spiegazione, e provare a capire il perché di quel clamoroso fallimento... finché la falsa quiete venne spezzata dalla voce cupa di Harry che, molto realisticamente, ammetteva la sconfitta e decretava chiusa quella pessima giornata:
"La missione è fallita. Si rientra a Londra..."

 
***
 

Wiltshire, Inghilterra. Gennaio 2009.

"Signorina Granger! Io mortificato. Tantissimo, giuro! Ma lei non può entrare!" Piagnucolò Toby che cercava giustificazioni, mentre si torturava le manine nodose e tremanti sull'uscio spalancato della villa.

Hermione aveva provato ad insistere un paio di volte, con lo sguardo confuso, poi... colta improvvisamente da un dubbio, si piegò all'altezza dell'elfo impaurito, e con tutta la dolcezza che possedeva, gli domandò:
"C'è un motivo preciso per cui non posso entrare, Toby?"

Lui annuì energicamente, diventando rosso d'imbarazzo.

"Ok, ho capito." Sospirò la donna, che poi riprese: "E dimmi... hai ordine di non far passare QUALSIASI ospite, o solo di non far passare ME?"

Il giovane elfo mise su una smorfia addolorata, ed i suoi occhi grandi iniziarono a brillare pieni di lacrime, tanto era il dispiacere di doverle dire la verità! Proprio a lei, che era l'unica capace di parlargli con gentilezza, di chiedere, invece di comandare, e di sorridergli comprensiva quando lo trovava inginocchiato a strofinare i marmi bianchi del pavimento...

Da quando aveva iniziato a frequentare il padrone, la stima di Toby per Hermione Granger era diventata una sorta di adorazione ossessiva!!! Lui non aveva mai visto in vita sua un essere umano trattarlo tanto educatamente, e nonostante la credenza comune dei maghi, convinti da secoli che gli elfi non avessero bisogno di troppi riguardi, beh... anche lui, come tutti quelli della sua razza, aveva invece dei sentimenti! E pure un cervello perfettamente funzionante per poter giudicare chi era degno o meno della sua ammirazione!
Toby si era anche accorto che quella giovane strega, nei pochi mesi in cui era stata insieme a Draco Malfoy, era riuscita a togliere dal suo viso quella maschera agghiacciante, rendendolo quasi umano, e...
Non c'era MAI riuscito nessuno!
Santo cielo! Quella sì che era magia! Magia a livelli irragiungibili per un comune mago! Già: perché quello che si ostinavano a non capire gli uomini, era che gli incantesimi più nobili e perfetti, si facevano senza la bacchetta.

Fu con la morte nel cuore quindi, che il piccolo servo di casa Malfoy le disse:
"Pa-padrone ha dato ordine di non far p-passare me... cioè scusi, volevo dire lei! Di non far passare lei!"

Hermione allora chiuse gli occhi, stanca.
L'aveva immaginato. Draco aveva fatto le cose per bene, pur di non avere più contatti con lei. Merlino... cercare di comprendere l'animo contorto di quell'uomo, si stava rivelando più difficile di elaborare un piano per derubare la Gringott. Lui era così dannatamente incomprensibile, esigente, permaloso. E lei invece, così bisognosa di tranquillità.
Non ne poteva più di tutta quell'incertezza, di vivere costantemente sulle braci ardenti, di stare sempre attenta a dove poggiava i piedi. Dopo tutti quegli anni passati a salvare tutti tranne se stessa, Hermione aveva la necessità spudorata di farsi amare da qualcuno che non fosse tanto complicato.
Era per questo che era andata a restituirgli l'anello, perché con quel gesto avrebbe implicitamente messo la parola FINE a loro due; e poi perché il suo orgoglio femminile le aveva finalmente imposto di smetterla di farsi calpestare così. Hermione non era il tipo di donna che pregava un uomo in ginocchio pur di farlo tornare, o di accontentarsi di un sentimento tiepido. Quello non era amore, ma umiliazione gratuita.

Era ora di dire basta! Doveva restituirgli ciò che gli apparteneva...

Lui le aveva offerto il suo anello d'argento, dando inizio ad ogni cosa, e lei glielo avrebbe riconsegnato, per sancire la fine. Come un cerchio che si apre e si chiude.

Ma per restituirglielo, doveva trovare il modo di vederlo, anche se lui non voleva vedere lei!

Sospirando allora, abbassò di nuovo lo sguardo su Toby che, nonostante l'aria affranta, rimaneva fermo nell'intenzione di non farla entrare -come qualsiasi elfo domestico fin troppo fedele al volere del suo padrone- ed Hermione pensò che le dispiaceva davvero molto per quel piccoletto: lei però doveva raggiungere il suo scopo, e se per farlo avrebbe dovuto forzare un po' la mano, beh... l'avrebbe fatto.
Toby o non Toby.

 
***
 

Draco, dopo la missione nell'Hertfordshire, rientrò al Manor con un'irritazione che poteva far concorrenza a quella di Severus Piton quando faceva lezione ai Grifondoro, e salì le scale principali della villa a due a due, imprecando contro Merlino e contro qualsiasi entità superiore: giusto perché non sapeva con chi prendersela per tutte quelle sfighe che continuavano a rovesciarglisi addosso come secchiate d'acqua gelata!
Aveva sentito dire da qualche babbanofilo che la sfortuna tendeva a perseguitare in special modo chi era già propenso al pessimismo. E Draco... non poteva certo negare di essere una specie di versione vivente di Mirtilla malcontenta! Però, c'era anche da dire che il suo disfattismo cronico non era innato, ma si era sviluppato col tempo, dopo tutta quella serie di eventi negativi che avevo colpito lui e la sua famiglia!

Percorse il corridoio che portava all'ala sud con un'espressione temporalesca, pensando a quale libro proibito scartabellare per capirci qualcosa in più sugli Obscurus, le loro origini, le abitudini, i poteri, i punti deboli, come sconfiggerli...
E spalancò la porta del suo studio sgranando gli occhi.
La figura di una donna -che non era sua madre- aveva riempito il suo campo visivo, facendogli esplodere il cuore nel petto.

Hermione Granger gli dava le spalle, fieramente ritta verso la finestra, immobile e silenziosa. Sembrava troppo occupata ad ammirare il panorama però, per prestare attenzione a lui, che era rimasto fermo per un paio di secondi, sconvolto, nervoso, turbato.
Non si vedevano da tre mesi.
Draco non si aspettava di ritrovarsela davanti all'improvviso e barcollare come un cretino per lo shock. Forse, se avesse potuto prepararsi mentalmente all'incontro, magari avrebbe avuto più prontezza di spirito, più controllo, più fermezza. Ma così... così!!! Dannazione. Gli aveva fatto perdere il senno.

Dopo un minuto di gelo, e deglutendo a vuoto un paio di volte, Draco riuscì apparentemente a riacquistare il controllo per fingere di rimproverarla:
"Cosa ci fai qui?"

Parlò con voce profonda, intenzionato ad incutere timore ma, sotto sotto, per dimostrare una sicurezza che in quel momento invece non provava affatto.

Hermione sobbalzò impercettibilmente, ma non si mosse, continuando a guardare il paesaggio spendido oltre il vetro della finestra. Stava pensando con tristezza che non avrebbe più rivisto la tenuta meravigliosa di Malfoy Manor: gli scoiattoli saltellare ed arrampicarsi fin sopra le querce, i pavoni bianchi ciondolare maestosi con la coda aperta, le fontane zampillare allegre...
Era per questo che l'aveva invasa una grande malinconia e non aveva avuto il coraggio di voltarsi a guardare Draco!
Non voleva mostrargli gli occhi rossi, né l'espressione mesta, ma anzi... desiderava fargli credere di essere risoluta, inavvicinabile, calma e distaccata. Così continuò a guardare fuori, mentre iniziava a parlare lentamente:
"Tranquillo, Draco. Non sono venuta per piagnucolare, o mettermi a perorare la mia causa! Dovevo solo restituirti una cosa..."

Lui però, non capì proprio niente di quello che Hermione gli disse, preso da un tumulto interiore violentissimo.
Dentro il suo animo, in quel momento, si erano scontrate due correnti opposte, che avevano generato un uragano di sentimenti; ed ora una tempesta soffiava furiosamente trascinando via ogni briciolo di buon senso. La rabbia, la delusione, la colpa, e poi la passione, il desiderio, l'amore, vorticavano inarrestabili, mentre una marea di domande si accalcavano per avere una risposta decente: perché lei era lì? Che cosa voleva? Possibile che non riusciva a lasciarlo in pace? E per quale cazzo di motivo lui non era capace di ignorarla?
Il suo respiro si era fatto pesante, e le mani avevano preso a tremargli senza controllo. Riuscì solo a chiederle, in tono roco:
"Come hai fatto ad entrare?"

Hermione vacillò, mentre assaporava la sua voce bassa e mascolina; fu allora che realizzò di colpo la reale portata della nostalgia che provava per lui, e credette quasi di sentirsi male. Ricacciò indietro le lacrime e si fece piccola piccola, prima di rispondere:
"Beh, ecco... ho minacciato il tuo elfo domestico."

Lui rimase in silenzio per quello che sembrò un lungo momento, lasciando ad Hermione il tempo per prepararsi psicologicamente al putiferio che ne sarebbe seguito.

Le donne erano creature diaboliche e straordinarie. Capaci di tirar fuori una forza interiore insospettabile quando volevano ottenere i propri scopi.
Draco sentì che non c'era niente da ribattere alla timida affermazione di lei... e in ogni caso, non aveva neanche le parole adatte, per farlo! Cosa avrebbe dovuto dirle? Che era cocciuta come un Troll di montagna?! Sarebbe stato solo un'inutile ribadire la più grande ovvietà del mondo: ormai la testardaggine di Hermione Granger era risaputa quanto la cleptomania degli Snasi!
Forse si sarebbe dovuto arrabbiare, e magari cacciarla via dal Manor a colpi di bacchetta; ma per ottenere cosa? Era stanco di lottare per tenerla lontana.
Nella sua mente intanto, aveva preso forma la scena buffa di lei che provava a spaventare Toby.
Così, alla fine, dopo diversi secondi in cui solo il ticchettio di un orologio aveva rotto la quiete apparente... Draco rise. Rise di una risata bassa e prolungata, che lasciava trasparire un misto di amarezza e divertimento:
"Avrai provato a regalargli qualche calzino, immagino."

Hermione non lasciò intravedere la sorpresa che l'aveva colta nel rendersi conto di non essere stata rimproverata, e sorrise appena, ancora rivolta verso la finestra:
"Un berretto, per l'esattezza!"

La sua maledetta mania di puntualizzare ogni cosa... pensò Draco, che nel frattempo si era avvicinato tanto da toccarle quasi la schiena. Il suo cuore marcio aveva preso a percuotergli forsennatamente la cassa toracica, quasi volesse scappare da quella prigione maledetta che era la sua anima da rinnegato.

"L'avrai terrorizzato, quel povero elfo..." Quasi sussurrò lui, per paura di rompere quell'istante fuori dal tempo.

Hermione si ritrovò a chiudere gli occhi emozionata, tremando per sua la vicinanza, e... senza neanche accorgersene, sussurrò di rimando:
"Oh... è stato terrificante. Si stava disperando con i lacrimoni negli occhi!"

Mentre diceva questo, lui strinse forte i denti per combattere la voglia di spostarle i capelli e sfiorarle il collo come faceva sempre. Come faceva prima che il sospetto li dividesse inesorabilmente.
"Quindi anche Hermione Granger fa piangere gli elfi domestici..." Mormorò Draco vicino al suo orecchio, cedendo all'impulso di entrare in contatto con lei.

"Mi fai sentire dannatamente in colpa, così." Replico la giovane, che aveva trasalito visibilmente, nel sentirselo addosso.

Poi... si era voltata, incapace di resistere al richiamo dell'amore. E di fronte a sé aveva trovato gli occhi più belli al mondo. Occhi pieni di dolcezza, d'impazienza, di desiderio, e di paura. Paura del rifiuto.
Hermione, d'improvviso, non seppe più dove si trovava, né perché. Seppe solo cosa doveva fare...


Continua...









“Non siamo mai così indifesi verso la sofferenza come nel momento in cui amiamo.”
Freud

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Capitolo 12
*** Il cuore pieno d'Amortentia ***


 
Capitolo 12
-Il cuore pieno d'Amortentia-


 

Wiltshire, Inghilterra. Gennaio 2009.

"Quindi anche Hermione Granger fa piangere gli elfi domestici..." Mormorò Draco vicino al suo orecchio, cedendo all'impulso di entrare in contatto con lei.

"Mi fai sentire dannatamente in colpa, così." Replicò la giovane, che aveva trasalito visibilmente, nel sentirselo addosso.

Poi... si era voltata, incapace di resistere al richiamo dell'amore. E di fronte a sé aveva trovato gli occhi più belli al mondo. Occhi pieni di dolcezza, d'impazienza, di desiderio, e di paura. Paura del rifiuto.
Hermione, d'improvviso, non seppe più dove si trovava, né perché. Seppe solo cosa doveva fare...
Si lasciò baciare.
Si lasciò baciare da labbra morbidissime e timorose. Fingendo per qualche momento che tutto fosse tornato a posto, e che nulla li avesse divisi in quei tre maledetti mesi.

Si dice che il troppo amore a volte, fa soffrire. Ed Hermione, d'amore, ne aveva in abbondanza! Ne era così piena da non poterlo contenere, le sfuggiva da tutte le parti, mentre Draco invece se ne prendeva sempre troppo poco rispetto a quello che lei era in grado di dargli. Ma questa volta, sembrava fosse proprio lui ad aver bisogno di riversarle addosso un qualcosa di potente, che forse però non riusciva a spiegare a parole.

Era un essere umano profondamente enigmatico Draco Malfoy... capace di rendersi spietato e dolcissimo nello stesso istante.

Quanto male le aveva procurato nel tempo, con i suoi gesti e le sue parole? Tanto. Troppo. Eppure, ora la stava baciando con tutta la delicatezza immaginabile, racchiudendole il viso tra le mani, come se fosse un oggetto estremamente raro e prezioso.
Poi se la strinse addosso, come a farle capire che non c'era spazio per nient'altro, all'infuori di loro due; respirò l'odore della sua pelle, la guardò dritta negli occhi, e le sfiorò le gote con il naso procurandole brividi deliziosi per tutto il corpo.

"Draco..." Sussurrò Hermione, facendo infrangere il suo respiro caldo sul viso dell'uomo.

"Che c'è!" Rispose lui, continuando a farle una corte esplicita.

"Io n-non ero venuta qui per quest..." La sua bocca però venne chiusa di nuovo dalle labbra di Draco, e solo dopo un bacio lunghissimo, lei riuscì di nuovo a mormorare, stupita:
"Sono entrata in casa tua senza permesso e minacciando il tuo elfo domestico. Avresti dovuto cacciarmi a calci, lo sai?"

Ma Draco, che aveva mandato a quel paese l'autocontrollo e la dignità già da dieci minuti abbondanti, non si curò affatto di ciò che lei gli disse, limitandosi a fare spallucce e dirle che, in quel momento, non gliene fregava proprio niente di Toby. Con il respiro accelerato invece, le schiuse le labbra cercandole timidamente la lingua, ed Hermione lo lasciò fare, scoprendo di essere come tutte le altre sciocche donne innamorate, che vanno ripetendo all'infinito di essere inflessibili, e poi crollano sotto i colpi di uno sguardo romantico.

Nella stanza tornò a regnare il silenzio: un silenzio pieno d'aspettativa e di corpi che si sfregavano, bocche che si lambivano, mani che si toccavano e respiri caldi che si spandevano nell'aria.

Nel momento stesso in cui l'aveva rivista, Draco era riuscito finalmente a capire, dopo mesi di solitudine e dolore indicibile, che non poteva rifiutare l'amore solo per paura di soffrire. Che questo concetto irragionevole, era fatto per gli stolti, per chi non aveva abbastanza ardore... mentre lui ormai -a sue spese- aveva compreso di avere un cuore pieno di impulsi. Proprio lui, che fino a qualche anno prima, si era dannato per l'incapacità di provare il minimo trasporto!
Draco si era arreso all'evidenza di non far più parte di quella schiera di uomini gelidi che avevano poco o nulla da offrire: il tumulto interiore che l'aveva colto di fronte ad Hermione infatti, era stato così devastante, che per un secondo aveva creduto addirittura di poter morire d'amore.
Mai più.
Mai più avrebbe fatto l'errore di tenerla lontana. Troppo dolore da sopportare, senza di lei.

Baciarla dunque, divenne un'esigenza quasi spirituale: fondere l'anima alla sua, in una sola entità. Esplorare il suo corpo di donna, e cercare di placare l'ardore per non rovinare tutto, facendo diventare quell'attimo qualcosa di banalmente fisico.

Eppure, lo sanno tutti che ogni grande amore è composto in buona parte di sesso e passione... che tutto il resto, non ha la stessa importanza. Pertanto, era così sbagliato mostrare ad Hermione tutta la veemenza che lo animava?
Draco credette di no... e così prese a carezzarle il collo con le labbra, a sfiorarle i fianchi con dita leggere e leste, a premere il corpo contro il suo per alleviare una tensione che si era fatta insopportabile.

"Hermione..." Riuscì a chiamarla sottovoce.
"Sì."
La guardò senza esitazione, paralizzandola con i suoi occhi assurdamente grigi, e riprese in un bisbiglio:
"Sei così bella..."

Lei lo contemplò con una scintilla di stupore felice, mischiata ad un po' d'imbarazzo; e ci mancò poco che Draco crollasse in ginocchio, per pregarla, venerarla, chiederle scusa per averla lasciata... e scoprire se c'era ancora la minima possibilità che lo amasse ancora, come lui amava lei.

"Così bella. E così perfetta..."

"Oh... dimmelo sempre, Draco. Sempre."
Hermione mormorò queste parole con occhi lucidi, e gli allacciò le mani dietro la nuca, sperando inconsciamente di riuscire ad aggrapparsi all'anima sfuggente di lui, ed impedirgli di scappare ancora, per l'ennesima volta.

Draco scese con il viso a baciarle la gola, le spalle, l'incavo tra i seni, mentre la sue mani erano sparite sotto la gonna, facendola sospirare.

"Fa l'amore con me, Hermione..."
La sua richiesta fu così struggente, che la giovane strega dimenticò il motivo per cui era andata a cercarlo, e gli lasciò fare su di sé tutto ciò che desiderava, come una piccola barca in balia della forza violenta di un mare in tempesta.

“Tu mi ricordi una poesia che non riesco a ricordare,
una canzone che non è mai esistita
e un posto in cui non devo essere mai stato”


La spogliò con garbo, infiammandosi al fruscio delle vesti che cadevano, e la fece adagiare sul divano dello studio, abbeverandosi della sua bocca rossa, con la sete di un uomo riarso.
Quando sparì ogni ostacolo che poteva celare ed impedire l'incontro carnale dei loro corpi, l'espressione di Draco si fece languida, e con il respiro ormai divenuto affannoso, si sistemò nel posto che, per un uomo, è decisamente il posto più bello del mondo: in mezzo alle gambe di una donna. Dopo, cedendo alla consapevolezza struggente di esser diventato dipendente da lei, dalla sua anima pura, dalla sua intelligenza, e anche dalla sua femminilità, iniziò a sprofondare fra le sue cosce accoglienti ondeggiando dolcemente, per non far sfumare quella sensazione di quiete che l'aveva pervaso da capo a piedi. Una quiete che aveva imparato a provare ogni volta che le entrava dentro, come se Hermione fosse la sua casa, il rifugio sicuro da tutte le brutture che lo circondavano.
Dopo tanto tempo, il suo sesso esigente finalmente stava trovando l'appagamento desiderato, che non era un appagamento qualsiasi, ma era la soddisfazione unica di domare Hermione Granger: di invadere la sua intimità accogliente, di ritrarsi ed irrompere in lei continuamente, velocemente, cancellando ad ogni colpo tutte le vecchie offese, tutti i rancori passati.
Un calore bruciante si espanse veloce in ogni fibra del suo essere, e nel momento in cui lei incollò la bocca sulla sua per rendere ancora più intimo quel loro delirante penetrarsi... in un moto irresistibile Draco si mosse con più sollecitudine, affondando nelle carni umide della giovane, e perdendo irrimediabilmente il controllo.

“Tu sei tutto quello che ho sempre cercato, prima ancora che sapessi cosa stavo cercando”

Draco le leccò ogni centimetro di pelle, mordendole piano il seno piccolo ma delizioso, respirando intensamente l'odore di femmina che emanava... e pensò di sfuggita a tutte le volte in cui aveva fatto senza di lei: quando si perdeva nei corpi anonimi di altre donne. E capì che era stato tutto così terribilmente insignificante che non appena sollevò il suo sguardo ghiacciato, piantandolo negli occhi arrendevoli e seducenti di Hermione, dovette affondare le dita nei cuscini del divano e fermare la corsa sfrenata dei suoi fianchi, per non cedere subito all'appagamento.
Rimase fermo a riprendere fiato, sovrastato dal martellare fastidioso del suo cuore, e gioì intimamente della bellezza incantevole ma discreta di Hermione.

Ogni volta che mi guardi,
nasco nei tuoi occhi”


Lei non aveva nulla, di quella perfezione sfacciata che fa girare le persone per la strada. Il suo era piuttosto uno spendore da scoprire, da cogliere fra le pieghe della sua essenza. E Draco si ritrovò a ringraziare Dio che fosse così, altrimenti troppi uomini avrebbero notato la meraviglia che Hermione era, e allora... allora non ci sarebbe stato certo spazio per lui, mangiamorte rinnegato e odiato dal mondo.

Dopo essersi fermato a riprendere un minimo di controllo, fu lei a cercarlo di nuovo, sollevandosi audacemente per andargli incontro, e Draco schiuse le labbra in un gemito roco, credendo di prendere fuoco: la forza di quella donna era sempre stata quella di esser timida ma impudica nello stesso tempo.

Sotto colpi sempre più impazienti, Draco la guardò con gli occhi annebbiati dal desiderio, ed Hermione si ritrovò a sospirare, per l'intensità di quel grigioazzurro tanto appariscente:

"Perché mi guardi così?" Gli soffiò sulle labbra mentre gemeva piano.

Lui rallentò un momento il ritmo, per chiederle sottovoce, confuso:
"Come ti starei guardando?"

"Non lo so... ma mi guardi con quegli occhi limpidi che sembrano volermi quasi leggere l'anima."

Draco sorrise appena, ed una violenta ondata di gioia lo investì, fino a farlo abbattere furiosamente sulla bocca di Hermione, per invadergliela senza ritegno, mentre riprendeva a muoversi frenetico contro il suo bacino stringendole i capelli dietro la nuca, in segno di possesso.
Hermione aveva le gote deliziosamente arrossate, come una ninfa bellissima e seducente, ed anche se non lo aveva mai irretito con alcun filtro d'amore, lui si sentiva esattamente come sotto l'effetto di quegli intrugli malefici. E quando più tardi lei lo spinse via con un'occhiata provocante per poterglisi sedere sopra, e farlo sprofondare nelle sue cosce ancora e ancora, fra baci rumorosi e pieni di foga, Draco credette seriamente di avere il cuore pieno d'Amortentia.

E' sconvolgente il potere immenso che possiede il sesso: è capace di far dimenticare ogni più piccola cosa che ti circonda, ogni pensiero, ogni fatto, ogni problema, ogni altro essere umano all'infuori di quello con cui ti stai fondendo.

"Mi fai morire, così..." Le soffiò sulla bocca Draco, che l'afferrò saldamente per i fianchi e prese a spingersela contro, impetuoso, oramai incapace di gestire i movimenti ritmici del suo corpo.
Hermione però, non badò al fervore quasi violento con cui lui la trafiggeva, ma anzi... ansimò deliziosamente e, mentre lo assecondava, gli sussurrò, quasi supplicando:
"Non ti fermare..."

"No!" Rantolò Draco, con l'espressione contratta dalla frenesia.

Poi, dopo aver sfiorato l'estasi più volte ed averla rimandata, il mondo intorno a loro finalmente si offuscò, e vennero travolti da un piacere troppo grande da comprendere. Sparì tutto, persero la ragione, la facoltà di parlare, la voglia di pensare. Rimase solo la percezione delle loro braccia e delle loro gambe intrecciate, e l'inebriante sensazione di essere sospesi nel vuoto, trapassati da un calore esaltante che durò pochi ma stupefacenti secondi.

L'attimo seguente, si svegliarono da quella trance boccheggiando rumorosamente, e tornarono alla realtà guardandosi negli occhi ancora frementi di passione. Rimasero a godere delle ultime tracce di piacere muovendo languidamente i bacini, quasi con pigrizia, fino a fermarsi del tutto molto tempo dopo, ancora l'uno dentro il corpo dell'altra.

***


Grimmauld Place, Londra.

"Guarda che se non stringi bene il pannolino, la pipì gli uscirà da tutte le parti, Harry!" Esclamò Ginny, che stava finendo di riordinare la cucina dopo la cena.

"Perché non glielo cambi tu, allora?" Sbuffò il marito, il cui hobby preferito non era certo pulire i culetti dei neonati, o cambiargli le tutine.

"Perché ho da fare, idiota!" Gli rispose lei, piccata. "E poi mi pare di ricordare che Albus sia anche tuo figlio, o sbaglio? Non mi risulta di averla data ad altri uomini negli ultimi... vediamo... ehm..." Ginny si era portata il pollice e l'indice sotto il mento, fingendo di riflettere:
"Dieci anni, Potter!"

Harry la guardò male, poi in silenzio finì di sistemare il piccolo Albus, pensando mestamente a quanto avrebbero potuto ridere i suoi colleghi del Ministero, se avessero visto il più grande e coraggioso Capo Auror della storia, lottare con due gambine frenetiche che non ne volevano sapere di infilare il pigiamino. Era quasi tentato di scagliare di nascosto un Pietrificus a suo figlio, se non fosse stato per il fatto che operare magie su bambini troppo piccoli non era il massimo della prudenza!
Comunque... dopo un paio di imprecazioni bisbigliate ed una maglietta fradicia di sudore, Harry finalmente portò a termine la missione, e Ginny -improvvisamente compassionevole- gli tolse Albus dalle mani per metterselo in braccio.

"Che Merlino sia lodato!" Sospirò lui fra sé e sé, mentre la moglie scoppiava a ridere dandogli dell'imbranato e baciandolo rapidamente sulle labbra.

James invece, aveva guardato i genitori ed il fratellino piccolo con l'aria incuriosita per diverso tempo, poi si era attaccato al suo biberon pieno di latte caldo e biscotti, ed aveva preso a gironzolare dentro casa meditando qualche marachella delle sue.

Dieci minuti più tardi, il campanello di casa Potter suonò facendo sobbalzare tutti, e quando Ginny andò ad aprire, con la bacchetta stretta fra le dita, ebbe un moto di sorpresa:
"Signor Primo Ministro!"

Kingsley la salutò con un sorriso, e dopo i convenevoli del caso, si accomodò in cucina sorseggiando il caffè caldo che la signora Potter gli offrì prontamente.
Non era rarissimo che Shacklebolt andasse a trovarli a Grimmauld Place per confabulare con Harry di qualche faccenda, soprattutto politica, o discutere di problemi riservati riguardanti la sicurezza di Diagon Alley.

Quella sera chiacchierarono molto, e si lasciarono andare pure a grasse risate quando presero in giro un dipendente dell'Ufficio trasporti magici che aveva dimenticato di interrompere la sua penna prendiappunti mentre conversava con l'amante, e così era andata a finire che l'oggetto incantato aveva trascritto per sbaglio l'intera conversazione su un documento ufficiale del Ministero. Si soffermarono a parlare anche di un mucchio di altre sciocchezze, fra i gorgoglii del piccolo Albus prossimo al sonno, ed il baccano di James, che giocava da solo nell'altra stanza canticchiando di animali e vecchie fattorie.
Poi però, l'uomo dalle tuniche sempre sgargianti tornò serio e, sospirando, arrivò al vero motivo per cui si era recato a casa Potter:
"La Gazzetta del Profeta domani mattina pubblicherà un articolo sull'Obscurus che vaga per l'Inghilterra e che sta terrorizzando i babbani, Harry!"

"Lo immaginavo..." Disse il Capo degli Auror, che in tono riflessivo riprese: "Stamattina siamo andati in missione nell'Herfordshire; ma quel maledetto Obscurus ci sta dando del filo da torcere. E' già la seconda volta che ci sfugge."

"Lo so." Rispose il Ministro con la sua voce profonda. "Per fortuna i giornalisti non sono ancora venuti a conoscenza di questo dettaglio. Ma bisogna trovare il modo di catturare la creatura il prima possibile, Harry! Altrimenti quegli sciacalli dotati di piuma e calamaio inizieranno a diffondere la voce che il reparto Auror del Ministero britannico non sa svolgere il proprio lavoro!"

Ginny, che cullava fra le braccia Albus ormai addormentao, intervenì nella discussione:
"Che razza di idioti! Ogni volta che si presenta un problema ne approfittano per criticare e diffondere il panico. Scommetto che tra qualche tempo sfrutteranno il caso per ricomiciare pure con la solita storiella che il Ministero della Magia deve essere smantellato e riformato da gente più competente! E bla bla bla, bla bla bla!"

Kingsley Shacklebolt annuì preoccupato, mentre Harry le rispondeva compassato: "E' strategia politica, purtroppo. Sarà sempre così, finchè ci saranno degli interessi di mezzo!"

E rimasero qualche secondo in silenzio, prima che Kingsley esclamasse improvvisamente:
"Volevo avvisare anche Hermione, dell'articolo che uscirà domani! Però ho saputo poche ore fa che ha preso un paio di giorni di permesso per andare a Nurmengard... anche se non ne conosco il motivo. Ha lasciato solo detto che sta facendo delle indagini private. Voi sapete di cosa si tratta?"

Harry rispose in modo vago, accennando ad alcune ricerche riguardanti un oggetto maledetto senza entrare nel dettaglio, mentre Ginny rimase zitta. Anche lei era a conoscenza di ogni cosa ovviamente, ma aveva preferito farsi gli affari propri, consapevole che non era carino divulgare le confidenze di un'amica. Anzi... a dirla tutta, lei sapeva pure che, in quel preciso istante, Hermione  aveva Malfoy in mezzo alle cosce! Eh già... ma perché?!?! Beh, il perché era ovvio.
Quei due si detestavano con la stessa intensità con la quale poi non potevano fare a meno di cercarsi. E la cosa era così sfacciatamente palese, che non capiva proprio come facevano gli altri a non accorgersi della tensione sessuale che serpeggiava fra loro.

Mentre ragionava su queste cose però, Ginny sentì un rumore insolito in salotto... tuttavia, credendo di averlo immaginato, continuò a cullare il figlio, e a ragionare sulla sua amica che si era catastroficamente innamorata, senza alcuna logica, o spiegazione razionale, dell'uomo che l'aveva disprezzata per metà della sua esistenza.

Ginny odiava con tutta l'anima l'idea che quel serpeverde presuntuoso, ripugnante e vigliacco di Malfoy si fosse ritagliato un posto nel cuore di Hermione, per tutta quella serie di motivi inutili da continuare a ripetere, ma... con il suo intuito tutto femminile, aveva notato da un pezzo -purtroppo- il fuoco ardente che animava entrambi; e sinceramente pensava che non c'era nemmeno da stupirsene così tanto.
In fondo, non era affatto così assurdo quello che era successo fra Hermione Granger e Draco Malfoy! Era risaputo che l'amore e l'odio erano due facce della stessa medaglia. E dopo anni di disperato rancore, era quasi scontato che quei due finissero per rotolarsi su di un letto per sfogare i dissidi in una maniera decisamente più piacevole rispetto a quella impiegata a scuola.

Un altro rumore bizzarro proveniente dalla sala la destò ancora, accompagnato stavolta da diversi colpi dati a ripetizione. Se ne accorsero anche Harry e Kingsley, che smisero di confabulare dei loro affari.
Con lo sguardo corrucciato, Ginny si alzò dalla sedia e si affacciò nell'altra stanza, spalancando gli occhi per la rabbia: il figlio più grande era seduto per terra, circondato da una montagna di libri strappati, mentre con un vaso di ceramica si stava divertendo a prendere a martellate un mobile di legno, che si era irrimediabilmente sfondato in diversi punti.
"JAAAMES! CHE DIAVOLO STAI FACENDOOO!"

***


Wiltshire, Inghilterra.

Draco aprì gli occhi, sbattendo le palpebre un paio di volte per schiarirsi la vista appannata dal torpore. Poi inspirò confuso, passandosi le mani fra i capelli, e si alzò dal divano del suo studio rendendosi conto di esser solo. E nudo.
Aggrottò le sopracciglia, ripensando a ciò che era successo, e mentre si rivestiva in fretta, provò a cercare Hermione con lo sguardo, sperando di trovarla ancora dentro la stanza, magari a litigare con la zip della gonna o ad agganciarsi il reggiseno dietro la schiena.
Ma non c'era nessuno, oltre lui.

Draco era sempre più perplesso... e poi non ricordava affatto d'aver avuto sonno, appena finito di fare l'amore con lei. Come aveva fatto ad addormentarsi come un Troll ubriaco, dannazione!?! Non era mica un sessantenne, che dopo un po' di sesso crollava addormentato per lo sforzo!
Gli venne un fugace dubbio, che però non volle prendere in considerazione... almeno non prima di aver capito dove fosse andata a cacciarsi lei.
Si infilò le scarpe, abbottonò i polsini della camicia e diede con le dita una sistemata veloce ai capelli, cercando nello stesso tempo di captare qualsiasi rumore. Tutto però era silenzioso, tranne che per il ticchettio dell'orologio a pendolo e lo scoppiettio del fuoco nel camino. A Draco allora, non rimase che chiamare il suo elfo domestico per sapere qualcosa, e quello, perfettamente servizievole, si materializzò sulle ultime vibrazioni del suo nome.

"Toby, hai visto Hermione?"
L'esserino annuì con vigore, felice di poter appagare la curiosità del suo padrone, non sapendo che la risposta che gli avrebbe dato però, non gli sarebbe piaciuta affatto:
"Sì, padrone! Signorina Hermione andata via da mezz'ora!"

"C-Cosa?"

"Sì. Trentatré minuti fa, per esattezza." Gli rispose, tutto soddisfatto per la scrupolosità con cui aveva calcolato il tempo.

Quindi... se n'era andata. L'aveva lasciato solo. Ancora.
Il mondo di Draco crollò miseramente in frantumi, per l'ennesima volta.

Quello che lei gli aveva concesso nel suo studio, su quel divano accogliente, era stato solo un addio definitivo... mentre lui, come un cretino, ci aveva visto la bellezza del perdono, la gioia del ritrovarsi, la passione sfrenata dopo la lunga separazione.
I suoi sospetti allora, divennero un'infelice certezza: era stata Hermione ad addormentarlo con la magia, per potersela svignare subito dopo senza dargli spiegazioni.

Si sentì di nuovo vuoto, come un condannato che ha subito le attenzioni di un dissennatore; ma stavolta Draco non cedette alla malinconia, o al dolore. No! Era così stanco di tutte quelle maledette avversità, che fu la rabbia invece, a montargli dentro come una bestia feroce. Una rabbia cieca, che gli colorò di rosso le gote pallide.
Strinse i denti, procurandosi dolore.

Hermione Granger era una strega perfida che si dilettava a burlarsi di lui in ogni modo, giocando senza alcuno scrupolo con il suo cuore malridotto: questa era la verità!
Lei si stava divertendo a fargli pagare le cattiverie che le aveva perversamente riservato da ragazzini... Ed il bello era che tutto il mondo magico ancora viveva nella convinzione che quella donna fosse un angelo incorrotto e candido, mentre lui il bastardo approfittatore di sempre.

"Vaffanculo... stronza." Sputò fra i denti Draco, la cui ira aumentò fino a raggiungere livelli mai toccati prima. Poi, quasi per caso, indravide il luccichio di un anello d'argento abbandonato sulla scrivania.
Il suo anello d'argento con il serpente inciso.
Sgranò gli occhi d'improvvisa consapevolezza; una vena sulla tempia destra gli si gonfiò pompando sangue, e Draco iniziò a respirare con affanno, stringendo i pugni e mettendo sul viso un'espressione talmente furiosa, che il piccolo Toby, rimasto nello studio, iniziò a tremare, credendo di essere in qualche modo colpevole del cambiamento d'umore del padrone.

L'anello dei Malfoy... quello che aveva regalato ad Hermione un giorno lontano, per confidarle senza parole di aver perso una dolce scommessa: quando lei era riuscita, con il suo fascino pulito e semplice, a farlo innamorare come un cretino.
Draco glielo aveva regalato con tutto l'amore che silenziosamente provava per lei, chiedendole di tenerlo con sé per sempre. Anche tutta la vita, se lo avesse voluto. Invece...
Quell'anello ora era lì, gettato sulla scrivania del suo studio senza più un significato, senza più il calore di una donna a scaldarlo; freddo ed asettico come lo era stato per tanti anni, intorno al suo dito di giovane serpeverde. Fu preso da un attacco d'ira incontrollabile: afferrò il gioiello, lo scagliò violentemente contro il muro, e questo cadde rotolando, fino a terminare la sua corsa contro la morbidezza di un tappeto. In quel momento, il ragazzo ricordò le parole che Hermione gli aveva rivolto prima che perdessero la testa e si mettessero a fare l'amore:
Tranquillo, Draco. Non sono venuta per piagnucolare, o mettermi a perorare la mia causa! Dovevo solo restituirti una cosa...

Dovevo solo restituirti una cosa...
Parole alle quali, sulle prime, non aveva dato peso, troppo impegnato ad inebriarsi delle sensazioni travolgenti che l'avevano colto alla vista di Hermione; ma che ora invece, acquistavano perfettamente significato.

Draco riversò tutta la furia che gli era cresciuta dentro in un lungo e potente grido, tanto che poi dovette poggiarsi con entrambe le mani alla scrivania, per riprender fiato e placare la fitta di dolore al torace. Il suo respiro divenne un roco ansimare, la pelle del viso assunse un colorito violaceo, e la rabbia gli iniettò gli occhi di sangue.

Quando il piccolo elfo domestico, ancora paralizzato dalla paura, vide che il suo padrone, sotto l'impeto incontrollabile della magia involontaria, stava iniziando a far esplodere gli oggetti vicino a sé, decise che era ora di andare a chiamare la signora Narcissa... e si allontanò di soppiatto, con il rumore di cocci ed il tonfo dei libri che cadevano dagli scaffali.

Draco Malfoy era esausto, non aveva più neanche le forze per bestemmiare il Dio degli uomini, o il più grande mago di tutti i tempi.
E forse fu quello il momento in cui, per l'unica, maledetta volta, desiderò DAVVERO che la guerra contro Voldemort fosse finita con la vittoria delle forze oscure: così almeno lui avrebbe avuto da riscuotere la sua piccola parte di gloria, avrebbe vissuto negli onori, nei fasti, e nel rispetto di tutti. Magari gli sarebbe stato facile pure trovare l'amore! Non quello dell'eroina del mondo magico, ma di una donna molto più "semplice", che sarebbe stata pronta a sottostare ai suoi capricci, a sopportare il suo carattere impossibile, a tenersi rispettosamente un passo indietro per non offuscare mai la sua nobile e autorevole persona. Perché la verità era che Draco, accanto ad Hermione, si sentiva sempre inferiore: sempre meno intelligente di lei, meno apprezzabile, meno coraggioso, importante, determinato.
 E bisogna ammettere che tutto ciò, per un uomo, è alquanto debilitante.

Una risatina invadente e maligna, improvvisamente, lo risvegliò dalle sue cupe riflessioni, e Draco si voltò di scatto trovandosi davanti la sagoma di un ragazzino biondo che lo guardava a braccia incrociate.

Inspirò aria nei polmoni, quasi scioccato, e boccheggiò senza poter emettere alcun suono: il bambino maledetto del quadro di Jenkins si trovava nel suo studio, nella sua casa, lontano dall'Ufficio Misteri... e non era un'allucinazione. Non era affatto un'allucinazione!
Come cazzo era possibile?
Merda...




Continua...




“Tu mi ricordi una poesia che non riesco a ricordare,
una canzone che non è mai esistita
e un posto in cui non devo essere mai stato” – Efraim Medina Reyes


“Tu sei tutto quello che ho sempre cercato, prima ancora che sapessi cosa stavo cercando” – Emma Chase

"Ogni volta che mi guardi,
nasco nei tuoi occhi” – Jorge Riechmann

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Capitolo 13
*** Una vita da Mielandia ***


Capitolo 13
-Una vita da Mielandia
-


 

Wiltshire, Inghilterra.

Un giorno, Draco Malfoy avrebbe finito per piantarsi un coltello nel petto, dicendo addio a quella vita infame che non aveva fatto altro che calpestarlo, perseguitarlo, farlo soffrire, deluderlo, emarginarlo. Non ne poteva più. Per un paio di secondi la immaginò sul serio la sua morte, e pure il modo in cui procurarsela, con quella sua fantasia macabra e minuziosa che l'aveva sempre accompagnato:

Tragedia in casa Malfoy!
Viene trovato morto, nella sua casa del Wiltshire, il figlio di Lucius Malfoy!
Il ragazzo, 28 anni da compiere, si è "babbanamente" suicidato con un coltello da cucina. Non si conoscono con certezza le motivazioni, si sa soltanto che da tempo soffriva di una profonda depressione, iniziata ai tempi di scuola, e degenerata alla fine della guerra.
Forse la solitudine, l'allontanamento volontario dalla società, o altre cause misteriose, lo hanno spinto al gesto estremo.
I funerali avverranno in forma strettamente privata.



Draco lo accettava, di esser destinato ad un'esistenza non troppo allegra... D'altronde, chi è che poteva vantarsi di vivere la vita come se fosse sempre una gita da Mielandia? Nessuno. Ma la sua, dannazione, sembrava proprio un ergastolo ad Azkaban!

In quel preciso istante, il bambino biondo del quadro maledetto che l'aveva perseguitato per mesi, era di fronte a lui, nel suo studio, nella sua casa, lontano dall'Ufficio Misteri.
E non era un'allucinazione! Non era AFFATTO un'allucinazione! Ma piuttosto l'ennesima sciagura nella sua vita costellata di disastri.
Come cazzo era possibile?

La risata infida del ragazzino in tutina azzurra, lo risvegliò improvvisamente dal suo tormentarsi, ed ebbe il potere di infilarglisi nelle orecchie come uno stridio fastidioso e invadente.
"Sei nervoso, eh?!" Gli chiese, con espressione divertita.
Draco boccheggiò senza riuscire ad articolare verbo.

"Sono venuto per dirti una cosa che può seriamente interessarti!"

Il ragazzo afferrò al volo la bacchetta, nella debole speranza di sentirsi protetto, anche se era fin troppo consapevole che la magia, in quel caso, sarebbe stata poco utile:
"Parla! E poi vattene." Sputò, terrorizzato.

Il bambino scoppiò a ridere, soddisfatto della paura che incuteva: "Sono stato io a picchiare Hermione Granger prendendo le tue sembianze, quel giorno al Ministero!"

Draco spalancò la bocca, sconvolto.
Non era possibile. No. No no no. Era un incubo. Un fottuto incubo. Mesi e mesi a dannarsi per cercare di scoprire chi voleva fregarlo -sospettando perfino di Weasley- notti intere senza dormire, con un dolore sordo e costante nel petto, e la preoccupazione di non poter proteggere Hermione adeguatamente. Dio...
Il battito cardiaco di colpo aumentò, così come s'ingrossò il respiro, ed il giovane finì per imprecare, consapevole di quello che gli stava per succedere. Infatti, subito dopo, iniziarono ad irrigidirglisi i muscoli, sentì crescere un dolore al torace, gli salì un formicolio alle gambe, e la vista divenne sfocata. Cercò di diminuire il ritmo del suo ansimare, per portarlo a livelli accettabili, mentre lottava contro quel mostro invisibile sperando di essere più forte.
Inspirò profondamente.
Non adesso! Pensò. Ti prego, non proprio adesso!
Nella confusione della sua mente, che lottava con le unghie e con i denti contro un attacco di panico imminente, Draco riuscì a dire, con sforzo:
"Perché l'hai fatto?"

Il piccolo demone fece spallucce e rispose:
"Perché un misero folletto della Cornovaglia non è certo un giusto pegno, per i servigi resi dal quadro! Senza contare che mi avete chiuso in quel posto orrendo nel livello più profondo del Ministero, contornato da individui che facevano avanti e indietro attraverso il varco per analizzare il mondo oltre la tela... e poi... e poi perché ti odio!"

Draco si era accasciato sul divano, tremando visibilmente. "Mi odi? Che ti ho fatto?" Disse ansimando, i tendini del collo tesi. "Cosa vuoi da me?" Gridò, con il poco fiato che aveva a disposizione.

Il bambino si fece serio, e dalla sua voce trapelò un profondo rancore: "Hai davvero il coraggio di chiedermelo? Devo dirtelo io?!" Rimase un attimo in silenzio, e poi riprese: "Hai sporcato la tua purezza, la purezza di generazioni perfette di maghi e streghe, per accoppiarti con una sanguemarcio! Tutto ciò è imperdonabile, Draco Malfoy. E io ti perseguiterò, per questo! Ti renderò la vita impossibile, sarò la tua ombra e quella della tua schifosa donnina."

Poi mise le mani nelle tasche del pantalone azzurro, tornando a sorridere amabilmente, come se gli avesse appena chiesto di poter giocare insieme ad una partita di scacchi magici.

Draco, nonostante il battito ancora accelerato, riuscì a recuperare un minimo di padronanza. Quel bambino doveva nascondere un segreto molto grande, si disse. C'era qualcosa, dietro tutto quell'odio, anche se non riusciva a capire cosa. Con un misto di angoscia ed incredulità quindi, disse quasi a bassa voce:
"Dimmi chi sei!"

Dopo un breve e teso silenzio, la risposta che arrivò, lo lasciò spiazzato e confuso:
"Qualcuno a cui sta ancora a cuore il bene superiore..."

Alla fine, in un turbine che somigliava a quello della smaterializzazione, il piccolo guardiano sembrò sparire, per poi ricomparire in un'inquietante nuvola di denso fumo nero, che si dileguò attraverso la finestra dello studio, e rimase a fluttuare nel giardino. Il bambino aveva assunto la forma di una creatura terrificante e tenebrosa. Un globo capace di galleggiare a mezz'aria ed allungare le sue spire nebulose.

Draco si era portato a fatica davanti alla finestra, ed era rimasto a guardare sconvolto quell'essere fatto di materia inconsistente, che lo minacciava silenziosamente con la sua sola presenza.

Era l'Obscurus che lo perseguitava da mesi. Lo stesso che Potter e i suoi Auror, non riuscivano a catturare.

"Cristo...!"
Imprecò Draco poco elegantemente, perdendo di colpo tutto il colore dal viso.

Furono pochi secondi di shock, poi un rimbombrare frenetico di tacchi femminili lungo il corridoio della villa fece definitivamente volatilizzare l'Obscurus e voltare il giovane Malfoy verso la porta.

 
***
 

Nurmengard. Collocazione esatta non divulgabile.

Soffiava una leggera brezza, quella sera. O quella mattina. Non sapeva dirlo con certezza, Hermione... visto che il buio avvolgeva la prigione di Nurmengard tutti i giorni per tutto il giorno, facendo perdere il senso del tempo a chiunque sostasse lì.
Si strinse nel leggero trench, infreddolita, intanto che il grande cancello in ferro battuto cigolava sinistramente sotto gli incantesimi di apertura delle due sentinelle preposte alle visite. Sopra l'ingresso, capeggiava un'imponente e vecchia scritta, rimasta lì a ricordo del fondatore di quel terrificante carcere magico:
Per il bene superiore.
Accompagnata, poco più in basso, dall'enorme simbolo dei doni della morte.

Hermione lasciò analizzare alle guardie tutte le autorizzazioni che aveva portato con sé, perdendosi ad osservare le strane forme che assumevano le densissime nuvole nere, e ad ascoltare il sibilo spettrale del vento che si impigliava nei rami rinsecchiti degli alberi.

Nurmengard era un edificio torreggiante, compatto, che quasi si mimetizzava con l'ambiente circostante; era arroccato su un'aspra roccia scura, e faceva paura al primo sguardo. E pure al secondo a dire il vero.

"Può andare!"
La voce di un agente la risvegliò... così, in tutta fretta, Hermione varcò l'ingresso e percorse il lungo viale spoglio, asciugandosi qualche sporadica goccia di pioggia che cominciava a cadere.
Quando il portone del lugubre edificio l'accolse, inghiottendola nei suoi dedali di celle umide e fredde, fuori finalmente si scatenò il temporale.

 
***


Wiltshire, Inghilterra.

"Che diavolo è successo qui dentro?"
La voce di Narcissa, anche se irritata, ebbe il potere di riportare un po' di normalità dell'anima tormentata di Draco, che si girò a guardare la madre con lo sguardo spiritato e due occhiaie da far paura perfino ad un Infero.

"O mio Dio, stai male?" Urlò lei subito dopo, accorgendosi delle condizioni pessime del figlio, circondato da libri caduti ed oggetti rotti, vittime innocenti della sua magia involontaria.

Draco aggrottò le sopracciglia, non capendo cosa farneticava sua madre; poi però si guardò attorno, seguendo lo sguardo sbigottito di Narcissa, e solo allora si rese conto del disastro che lo circondava: la rabbia che lo aveva animato dopo la fuga di Hermione infatti, era stata così intensa che le sue istintive vibrazioni magiche avevano fatto esplodere tutti gli oggetti più prossimi a lui.
E se ne vergognò... se ne vergognò tanto quanto un molliccio che è stato appena trasformato in uno schiopodo sparacoda con le mutande a pois. Draco quindi preferì non rispondere alla domanda preoccupata della madre, ma si limitò a crollare di nuovo sul divano, esausto, pensando ad un milione di cose tutte insieme: come, per esempio, al fatto che Hermione aveva capito già da un pezzo che il bambino biondo era tornato alla carica; e invece lui, testardo come un centauro della foresta proibita, aveva ignorato gli avvertimenti della ragazza, convinto che i suoi fossero solo i sospetti strampalati di una donna petulante!

Nel frattempo, Narcissa Malfoy continuava a parlare esagitata, tempestandolo di domande che lui però ignorò totalmente, continuando a riflettere degli affari suoi.

Draco lo sapeva, che Hermione non era una strega qualsiasi! Perché l'aveva sottovalutata? Se si fosse fidato dei suoi presentimenti, forse quel maledetto piccolo demone non le avrebbe fatto del male, loro non avrebbero mai litigato, e... e cazzo!
Si portò le mani sul viso, disperato, con ancora un leggero tremolio nervoso nelle dita e, del borbottare incomprensibile di sua madre, riuscì a captare solo una frase:
"E' per Hermione Granger, non è vero?! Ti sei ridotto così per lei."

A quel punto, Draco fece ricadere le mani sulle ginocchia, e guardò Narcissa con sguardo smarrito, senza reagire. Con che coraggio poteva ammettere che si stava riducendo davvero così per una donna?

"Non c'è bisogno che tu mi risponda... lo so, Draco. Me l'ha detto Toby!" Riprese lei, seria, perdendo improvvisamente il tono di rimprovero per acquisirne uno più pacato e comprensivo.

Lui inspirò profondamente, sconfitto, e fece vagare gli occhi per tutta la stanza, pur di non farsi scrutare l'anima dalla donna che l'aveva partorito.
Ma perché quel maledetto elfo domestico non si faceva mai cazzi suoi?

"Reparo!"
Con un elegante sventolio di bacchetta, Narcissa riportò i libri al proprio posto, poi riaggiustò gli oggetti rotti e li rispedì sugli scaffali in legno pregiato dello studio del figlio. Alla fine, anche lei lasciò uscire dalle sottili labbra un sospiro sconfortato.
Era stanca di vedere Draco patire d'amore con la stessa intensità di un condannato a morte: Hermione Granger doveva prendere una decisione! Non poteva trattare suo figlio come fosse un burattino da afferrare e poi gettare a suo piacimento. Draco aveva tanti errori sulla coscienza, molti dei quali proprio nei confronti di quella ragazza, ma ciò non significava che lei avesse automaticamente il diritto di calpestarlo come un vermicolo.
Dov'era tutta la famosa integrità d'animo di quella donna, e la sua correttezza? O quel suo sbandierare dai pulpiti del Ministero le parole perdono, comprensione, seconde possibilità!?!
Erano solo una facciata? Narcissa decise che era giunta l'ora di intervenire...

Lasciò Draco a raccogliere in solitudine i cocci del suo cuore spappolato, e uscì dallo studio in uno scalpiccio frenetico di passi, determinata a mettere un punto a quella situazione. Una volta per tutte.

***
 

Nurmengard. Collocazione non divulgabile.

Il gelo di quei corridoi spogli, dalle cui pareti pendevano ragnatele risalenti ad epoche insospettabili, era penetrato attraverso gli abiti di Hermione come un morbo. Quel freddo umido le aveva messo una sensazione di spossatezza e malinconia addosso, che le aveva fatto domandare seriamente se fosse corretto, che i prigionieri vivessero in un ambiente simile, nonostante i reati più o meno gravi di cui si erano macchiati. In quel clima tetro, perfino gli scarafaggi che correvano spediti da una crepa all'altra dei pavimenti, sembravano consapevoli di essere squallidi e tristi.

C'era qualcosa in quel posto... qualcosa di sinistro, tenebroso. Qualcosa che lei non avrebbe saputo spiegare bene. Tutto di quelle pareti, dell'aria opprimente che vi si respirava, sembrava uccidere l'anima, come un effetto dissennatore, ma senza dissennatori.
Si trattava di magia, senza dubbio. Magia oscura che impregnava ogni cosa.

Hermione, con una fitta di dolore al petto, pensò a Draco senza un motivo preciso. O forse per via di una contorta associazione d'idee che era partita proprio dall'aver elaborato la parola "magia oscura". Lui in fin dei conti, era sempre stato legato, in un modo o nell'altro, alle malsane arti occulte: tempo addietro perché se ne era servito, poi perché aveva cominciato a combatterle.

Era stato estremamente difficile per Hermione abbandonarlo addormentato sul divano con l'espressione serena sul viso, soprattutto perché quell'aria rilassata e quasi felice gliel'aveva vista veramente pochissime volte. Ricordava che dopo essersi rivestita, l'aveva accarezzato dolcemente con le lacrime agli occhi, aveva poggiato le labbra alle sue -immobili per il sonno- gli aveva passato le mani fra i capelli come faceva sempre, infine era scappata via dalla villa come una fuggiasca.
Era stata la cosa più giusta, restituirgli l'anello e lasciarlo definitivamente?
Hermione non ne era più così convinta.
Perché mai un essere umano dovrebbe volontariamente rinunciare all'amore della sua vita? Solo per colpa dell'opinione della gente? Di screzi passati? Scarsa compatibilità di carattere?
Tutte balle! Queste non erano motivazioni sufficienti per mandare all'aria la felicità.
Perché lei con lui era stata davvero felice.
Ogni volta che Draco l'aveva guardata negli occhi sorridendo pieno di commozione, ogni volta che l'aveva tenuta stretta a sé con una forza disperata (che solo ora si accorgeva essere la disperazione di un uomo che ha paura di perdere la sua donna), o quando le aveva sussurrato sul collo parole piene di bellezza e desiderio, ecco... era in quelle circostanze che lui le aveva dimostrato un amore folle, irrazionale, travolgente. E lei, pazza, aveva gettato alle mandragole tutto questo, senza pensare.

Nel frattempo, tutte le guardie del carcere, esaltate, avevano preso a bisbigliare congetture sul motivo per cui Hermione Granger, la strega che aveva aiutato Harry Potter ad ammazzare Voldemort, si trovava lì. Conosceva intimamente qualche detenuto? Era in visita per accertarsi delle loro condizioni di lavoro? C'era sotto un motivo politico?

Alla fine, in quel continuo darsi gomitate per tirare fuori le supposizioni più fantasiose, fu il coordinatore delle sentinelle a zittire tutti, affermando che la famosa strega era venuta per fare delle ricerche su un quadro che, negli anni settanta, era passato proprio per Nurmengard, e con molta probabilità era appartenuto a qualche prigioniero dell'epoca.

Immediatamente, uno dei sorveglianti, che aveva i capelli bianchi e lavorava in quel carcere da tempo immemore, aggrottò le sopracciglia pensieroso, e rimase diversi minuti a rimuginare, turbato, su di un ricordo ormai sbiadito e lontanissimo...

 
***


Diagon Alley, Paiolo magico.

La bottega dei fratelli Weasley aveva da poco chiuso i battenti, come molti altri negozi della via magica di Londra, ed un grande via vai di gente si affrettava lungo l'acciottolato per terminare le compere della giornata, sotto il freddo gelido di quel fine gennaio. La confusione che regnava a Diagon Alley era tale che una donna coperta da un lungo mantello nero ed un cappuccio calato sugli occhi, non poteva certo destare troppa curiosità fra le centinaia di altre persone indaffarate... Se poi la strega in questione si infilava al Paiolo Magico, locale noto per esser frequentato da gente di tutti i tipi -anche quella poco raccomandabile- allora beh, tutto diventava normale amministrazione.

In quel momento intanto, un tramezzino triplo strato con salmone, gamberetti e qualcos'altro di poco chiaro, finì dritto dritto nella bocca di Ron Weasley, che aveva sognato quel momento per tutto il pomeriggio. Il ragazzo, dopo aver constatato che il sandwich del Paiolo fosse perfettamente commestibile, ne addentò un'altro pezzo e sospirò di soddisfazione, pensando pure alla cena abbondante che sua madre stava preparando alla Tana.

"Dio! Perdonami per i miei peccati di gola, ma al cibo non posso proprio fare a meno!" Si disse  con la stessa aria sognante di un bambino di fronte al carrello dei dolci sull'Hogwarts Express. "Davvero tutto, ma il cibo no! Magari chiedimi di lasciare i galeoni che guadagno alle acromantule in cattività, o di declinare le offerte impudiche delle signorine per diventare un asceta senza istinti carnali; oppure che ne so... di rinunciare al Quiddich!"
Fece un'espressione buffa e si mise a ridere da solo: "No, un momento... al Quiddich no! Non esageriamo!"

Poi, mentre addentava di nuovo il tramezzino, una voce femminile lo chiamò discretamente:
"Signor Weasley!"

Sentendo pronunciare il proprio nome, si voltò con il pane ancora ficcato in bocca, e davanti agli occhi, gli si palesò in tutta la sua austera eleganza lady Narcissa Malfoy, infagottata in un pesante mantello nero. Stupito, Ron tolse a rallentatore il tramezzino dalla bocca ingoiando rumorosamente, poi si ripulì dalle briciole cadute sul maglione, e balbettò:
"S-Signora Malfoy! Cerca m-me?"
"Sì!" Gli rispose lei, seria.

Ron, per un attimo, credette che quella donna fosse lì per accusarlo di qualcosa, magari a causa dei suoi eterni screzi con Draco; screzi che li avevano portati spesso ad un pelo dal mettersi le mani addosso più e più volte.

"Non ho fatto niente!" Si precipitò infatti a dirle lui, nervoso. "In realtà, è parecchio tempo che non vedo suo figlio. Non ho avuto neanche il tempo materiale, per provare ad ammazzarlo seriamente! Perciò, qualsiasi cosa sia successa, non è colpa mia! Cosa vuole da me?"

Narcissa lo guardò con un sopracciglio sollevato, ma disse soltanto:
"In realtà ho bisogno di sapere dove abita la sua amica, Hermione Granger!"

 
***


Nurmengard, collocazione non divulgabile.

Due ore più tardi, al lume di una candela di sego, vecchia forse come il carcere stesso, Hermione si stava arrossando gli occhi per la fatica: in mezzo alle scartoffie ammuffite e polverose dell'archivio di Nurmengard infatti, cercava furiosamente qualcosa a cui aggrapparsi, una timida traccia, un accenno, anche una sciocchezza, che le rivelasse l'origine del quadro maledetto.
Aveva sparso su un tavolaccio di legno tarlato tutti i documenti risalenti al 1972, e li aveva letti, riletti, analizzati, messi a confronto, sottoposti a incantesimi rivelatori per scoprire eventualmente qualsiasi informazione occultata ma, a parte i soliti certificati per il rilascio dei prigionieri di quell'anno, atti processuali, retribuzioni dei dipendenti, pagamenti per il rifornimento alimentare della mensa... Hermione non aveva trovato niente di neanche lontanamente interessante.
Il segreto le stava sfuggendo come brezza fra le dita proprio ad un misero passo dalla soluzione.
Ormai aveva i capelli tutti arruffati a furia di infilarci le mani in mezzo, e di arrotolarsi le ciocche sulle dita, eppure... sapeva che non si sarebbe mossa di lì nemmeno se, ad un certo punto, una colonia di Doxy, scambiandola per tappezzeria polverosa, avesse iniziato a fare il nido fra i suoi vestiti.

"Forse potrei aiutarla io, signorina Granger."

Hermione sobbalzò di colpo, facendo tremolare la fiamma della candela, e quando si girò, vide al suo fianco un uomo prossimo alla vecchiaia, che se ne stava in piedi e la guardava molto seriamente. Si trattava di una delle guardie del carcere, Hermione l'aveva riconosciuto dalla divisa che indossava, ma non potè comunque esimersi dal mettere su un'espressione confusa; così egli si affrettò ad aggiungere:
"Mi chiamo Alan Fodyn, lavoro qui da molto tempo, e ho saputo che lei sta cercando informazioni su un quadro. Magari potrei saperne qualcosa!"

La giovane strega, che fino a quel momento non aveva tirato fuori un'acromantula dal buco, pensò che poteva essere una buona idea, allora sorrise timidamente, e pescò dalla sua borsetta una fotografia che ritraeva nitidamente il quadro maledetto, (l'aveva scattata tempo prima, quando era andata all'ufficio misteri per controllare che il demone bambino fosse al suo posto nella tela), e la porse all'anziano dipendente, pregando fra sé e sé che potesse aiutarla davvero, tanto per non tornarsene a Londra senza uno straccio di indizio su cui ricominciare le ricerche.

Egli rimase molto tempo a guardare l'immagine ma, sul suo viso rugoso e stanco, sembrava non passare alcuna emozione particolare.
Sembrava.
Già... sembrava, ma non era così! Alan Fodyn era perso nei suoi pensieri, più precisamente a rivangare reminiscenze lontane, e a chiedersi perché, dopo trentasei anni, una donna era venuta a ficcare il naso in una faccenda del '72. Lui era convinto che quello strano quadro, fosse stato sepolto da qualche parte ad almeno tre metri di profondità, come da volere del suo legittimo proprietario. Invece? Cos'era successo?
Probabilmente gli operai di Nurmengard, sfaticati com'erano, dopo aver ricevuto l'ordine, anziché mettersi a scavare, avevano buttato la tela nel deposito, e poi se n'erano dimenticati!

L'uomo sospirò pesantemente, e restituì la fotografia ad Hermione, che continuava a guardarlo speranzosa:
"Allora? Lo ha mai visto, Signor Fodyn?"

Egli tentennò un secondo, indeciso. Poi cedette:
"Sì."

Hermione ebbe un sussulto interno che le fece aumentare il battito cardiaco, ma rimasero entrambi in silenzio, in un'atmosfera tesa e carica d'aspettativa.

Alan Fodyn, nella sua compostezza matura, riprese a parlare in tono profondo:
"Questo quadro è stato dipinto da un detenuto, signorina Granger... proprio qui, in una delle celle di Nurmengard. Era il 1972, e fui io a procurare al prigioniero i materiali per realizzarlo."

Hermione aggrottò le sopracciglia, colta da un dubbio:
"Co-Come è possibile, mi scusi? Cioè... di solito ai prigionieri non è concesso dilettarsi con le arti! Tantomeno procurarsi prodotti così costosi come colori ad olio, pennelli, tele..."

"Era un prigioniero molto particolare, signorina Granger. Un privilegiato!" La interruppe Fodyn, assorto.

"Mi dica chi era!" Chiese allora Hermione, con un'evidente smania nella voce, agitandosi sulla sedia nell'attesa della risposta.
 
"Si trattava di Gellert Grindelwald..."




Continua...



Mi scuso per i piccoli ritardi con cui posto gli aggiornamenti, ma lo faccio perché ho notato che il periodo estivo è sempre scarsamente proficuo per chi pubblica storie. Tra esami e vacanze, EFP è un posto poco frequentato, e allora ho allungato un po' i tempi di pubblicazione. Probabilmente ad agosto mi stopperò tutto il mese, come avevo fatto già con "Le fiabe oscure..."
Grazie a chi vorrà farmi sapere cosa pensa della mia storia, e grazie soprattutto a chi lo fa ogni volta!

 

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Capitolo 14
*** Chiacchiere da salotto e nobili chiappe ***


 
Capitolo 14
-Chiacchiere da salotto e nobili chiappe-


 
"Era un prigioniero molto particolare, signorina Granger. Un privilegiato!" La interruppe Fodyn, assorto.

"Mi dica chi era!" Chiese allora Hermione, con un'evidente smania nella voce, agitandosi sulla sedia nell'attesa della risposta.

"Si trattava di Gellert Grindelwald..."

La guardia carceraria disse ciò con tono affranto, senza aggiungere altro.

Hermione, a quel nome inaspettato, sgranò gli occhi quasi traumatizzata, e portò entrambe le mani sulla bocca in un gesto istintivo, per coprire il gemito che le era risalito spontaneo dalla gola.

"Mio Dio..." Riuscì a dire dopo qualche minuto di sconvolto mutismo, e continuò ad invocare sottovoce il nome dell'Onnipotente come fosse una preghiera, incapace di razionalizzare la scoperta. In fondo era stata lontanissima, Hermione, dal sospettare che il creatore della tela fosse Gellert Grindelwald, il mago oscuro più potente della storia dopo Lord Voldemort.
Era una rivelazione tanto agghiacciante che, per un attimo, pensò sarebbe stato preferibile continuare a crogiolarsi nell'ignoranza. Così, mise la mani fra i capelli, e poggiò i gomiti sul tavolo tenendosi la testa.
Non aveva parole...

Il male non muore mai. E' come un'erba cattiva che si tenta di estirpare in ogni modo ma, invariabilmente, ricresce più forte di prima.

Ogni cosa, lentamente, prese ad acquistare significato, e pure ad avere una risposta precisa, in quel mare di dubbi che l'avevano assalita nel corso delle indagini. D'altronde... solo un uomo estremamente potente, avrebbe potuto dar vita ad un'opera tanto malvagia! Lei stessa aveva potuto verificare con i propri occhi, mesi prima, la minuziosità folle con cui era stato concepito lo spazio oltre la tela... quando, per l'esattezza, vi era entrata per andare a cercare Draco, che si era smarrito in quella dimensione buia perdendo totalmente il senno. Era stata appunto in quell'occasione, che Pepper era morta, uccisa senza alcuno scrupolo dal piccolo guardiano... e per poco, erano morti anche loro, vinti dall'oblio.

Dannazione!
Prima o poi, la fissazione di Draco per gli oggetti oscuri l'avrebbe portato alla rovina! Meditò Hermione. Lui avrebbe dovuto smetterla di portarsi in casa quella roba pericolosa, smetterla di mischiarsi ancora con i trafficanti come Jenkins, e smetterla di giocare a fare il cacciatore di maledizioni! Ci avrebbe rimesso la pelle... ed il solo immaginarlo, la faceva star male. Ringraziando Dio però, Draco era stato fin troppo fortunato durante il periodo in cui aveva posseduto quell'abominio, perché in realtà, ovunque il quadro avesse sostato nel corso degli anni, in ogni casa magica o babbana dell'Inghilterra e della Scozia... storie di morti violente, di bambini scomparsi e di babbani impazziti, l'avevano fatta da padrone.

E infatti, dopo la rivelazione scioccante che la guardia di Nurmengard le aveva fatto, era diventato perfettamente comprensibile il motivo per cui quel manufatto avesse una storia tanto funesta alle spalle, e comprensibile era diventato anche il perché esso fosse così difficile da distruggere:
Più potente è il mago che opera la magia oscura, più essa è complicata da annullare.

Ed Hermione intuì che non sarebbero mai bastate le comuni contro-fatture, di fronte un'opera di Gellert Grindelwald, il grande mago oscuro che, per metà del secolo precedente, aveva terrorizzato l'intera Europa.

***


Ministero della Magia, nono livello.

Dopo aver passato senza problemi i controlli al banco dell'accettazione, nell'Atrium, i suoi passi decisi iniziarono a rimbombare fastidiosamente lungo il corridoio scuro che portava all'Ufficio Misteri.

Non era mai stato lì, Draco. E si ritrovò a pensare che fosse estremamente irritante tutto quel nero a rivestire pareti, porte, pavimenti: quel colore aveva il potere si rendere ancora più tetro un posto che già di per sé era ambiguo. Si accorse, inoltre, che era molto meno frequentato rispetto ai piani alti, sempre pieni di maghi che correvano a destra e a manca, di post-it magici che sfrecciavano sulle teste di tutti, e di visitatori che andavano a richiedere certificati di ogni tipo.
Il nono livello, era un dedalo di corridoi silenziosi e bui, dove i maghi che vi si aggiravano erano pochissimi, e addirittura lo sbattere di una porta faceva sobbalzare di sorpresa.

In quel momento, Draco sentiva dentro di sé una specie di mostro che lo animava, qualcosa che ruggiva di rabbia, che scalpitava furiosamente per prendere il sopravvento e sterminare tutto quello che gli fosse passato davanti agli occhi. Non sapeva neanche lui cosa gli fosse preso, e soprattutto non aveva idea dell'idiozia che stava per fare. Sapeva solo che era tremendamente stanco, ed aveva una voglia matta di distruggere il quadro maledetto una volta per tutte...

Quando il bambino gli aveva svelato di esser stato lui a picchiare Hermione per dispetto, e poi si era dileguato dal suo studio rivelandosi l'Obscurus che cercavano di catturare da mesi, Draco aveva perso completamente il senno, e senza ragionare si era smaterializzato al Ministero con quell'idea pazza in testa.

Purtroppo, tempo prima, aveva ingenuamente creduto che portando via il manufatto dalla villa e mettendolo nelle mani competenti del Ministero, il piccolo demone avrebbe smesso di tormentarlo. E invece... se possibile, la situazione era perfino peggiorata. Peggiorata al punto che quel maledetto ragazzino in tutina azzurra, aveva incominciato a perseguitare anche Hermione, prendendosi addirittura il diritto di picchiarla.
E Draco questo non poteva sopportarlo! No.
Doveva fare a pezzi quella tela malefica con le sue stesse mani! Doveva farlo. Per forza! Altrimenti quell'incubo non sarebbe finito mai.

Strinse i denti fino a farli stridere, pieno d'odio come non lo era mai stato, ed aumentò il passo imboccando un altro corridoio, con quella determinazione folle che gli contraeva i lineamenti altrimenti perfetti del viso.
Poi, i suoi occhi gelidi individuarono finalmente l'ingresso dell'Ufficio Misteri dove il quadro era custodito, ed il mostro che ruggiva dentro il suo petto scattò verso l'obiettivo...


 
***


Norries Street 22, Wallingford. Oxfordshire.

L'Inghilterra era ancora avvolta nella morsa del freddo in quel fine gennaio del 2009 e, come ogni sera, era scesa una leggera patina di ghiaccio, che faceva brillare al chiaro di luna i fili d'erba nei parchi pubblici, e che copriva come un manto le strade, i marciapiedi, gli alberi. Ogni cosa.

Hermione infilò la chiave di casa nella serratura del portoncino, e nello stesso momento buttò fuori dai polmoni un grosso sospiro di stanchezza, che si condensò subito in una nuvoletta di fumo bianco.

La giornata trascorsa a Nurmengard l'aveva svuotata di ogni energia, al punto che ora ne aveva abbastanza di magia oscura e di misteri da risolvere! Aveva una voglia pazzesca di infilarsi un pigiama di pile e mettersi sul divano a pensare a niente: né a quello che aveva scoperto, né alle sue sofferenze amorose. Basta! Basta tutto! Almeno per una sera.

Prima di aprire la porta però, un rumore di passi leggeri sul vialetto di casa sua, la fece voltare di scatto con la bacchetta tesa.
"Lumos!" Pronunciò spaventata. E subito, grazie al bagliore azzurrino che spandeva l'incantesimo, riconobbe la sagoma di una donna.
"Chi sei?" Aggiunse, fingendo sicurezza.

Quella continuò ad avvicinarsi lentamente, e quando abbassò il cappuccio che le nascondeva il viso, si delinearono i tratti raffinati di lady Narcissa Malfoy.
La giovane strega ebbe un moto di stupore nel trovarsela lì davanti, nella sua umile casetta, nel banale paesino di Wallingford, nell'ordinaria contea dell'Oxfordshire.

"Era da un po' che stavo aspettando qui fuori, signorina Granger!"

Il tono di quella che Hermione non sapeva se definire sua suocera o la sua nemica giurata, le sembrò quasi gentile.
Sì, però... che diavolo voleva da lei quella donna? Cosa era venuta a fare?

Lei e la signora Malfoy non avevano mai avuto dialogo, in vita loro. A dirla tutta, neanche quando si incontravano nella grande villa del Wiltshire si erano mai scambiate più di un saluto cortese e piuttosto imbarazzato. E poi, a parte gli sciocchi pregiudizi sul sangue ed i vecchi rancori, erano proprio due donne completamente diverse, che difficilmente avrebbero trovato un punto in comune per vivere in perfetta armonia! Una era troppo al di sopra dei comuni mortali con quella sua eleganza distaccata e fuori dal mondo, mentre l'altra era assolutamente ordinaria e spesso goffa. Narcissa, nonostante l'età, era perfettamente aggraziata, beneducata, impeccabile nel vestire, e capace di farsi rispettare anche solo con lo sguardo. In poche parole, gli uomini ancora si voltavano a guardarla incantati... Hermione, al contrario di lei, era piena di difetti, poteva permettersi solo i vestiti dei grandi magazzini, era costretta ad occuparsi da sola dei lavori più "umili" come cucinare e rassettare la casa, e di certo non era avvezza alla corte di tutti gli uomini che incrociavano il suo cammino.
Cosa avrebbero mai avuto da dirsi, due come loro?!

"Posso entrare?"
Le chiese Narcissa, spezzando il turbine dei pensieri di Hermione. "Fa parecchio freddo stasera!" Aggiunse poi, senza abbandonare il tono cordiale.

La giovane allora si affrettò a balbettare un: "Ma s-sì, certo! Entri pure! Ero solo stupita di trovarla qui, mi scusi!"

Qualche minuto dopo però, quando fece accomodare Narcissa in soggiorno, Hermione non riuscì ad impedirsi di arrossire fino alla radice dei capelli: il divario fra casa sua e Malfoy Manor, purtroppo, era abissale. I suoi sessanta metri quadri erano a dir poco ridicoli in confronto alla maestosità strabiliante della residenza storica di cui Draco era proprietario.

Con un incantesimo non verbale, si affrettò a far evanescere uno stupidissimo vasetto di fiori finti che aveva comprato al mercatino settimanale, raddrizzò il centrotavola storto e riordinò alcuni documenti di lavoro sparsi.
Santo cielo... non le era mai capitato di vergognarsi tanto!

Lady Narcissa, nel frattempo, si era rigidamente seduta sul divano, dando l'impressione che il sofà di casa Granger non fosse affatto degno di accogliere il suo nobile posteriore.
Eppure, nonostante l'assurda tensione emotiva che la stava dominando, Hermione rischiò di mettersi a ridere come un'isterica, appena il suo cervello (come una specie di diavoletto tentatore) le sussurrò nell'orecchio che qualcuno avrebbe dovuto dire a quella donna altezzosa, che le sue raffinate chiappe cagavano come quelle di tutti gli altri!!!

Per fortuna si diede un contegno giusto in tempo per non far notare il sorrisetto che le stava spuntando sulle labbra: non poteva comportarsi come una ragazzina e pensare certe cattiverie della madre dell'uomo che amava!
O forse sì? In fondo, che male c'era?
Quella donna non meritava molto rispetto, per quello che aveva fatto in passato, e soprattutto per come aveva cresciuto Draco. L'aveva reso un arrogante altezzoso, e invece di insegnargli l'uguaglianza e l'umiltà, l'aveva allevato convincendolo di essere migliore degli altri, al di sopra di tutto e tutti. L'unica cosa buona che Narcissa Malfoy aveva trasmesso a suo figlio (Hermione lo doveva ammettere) era la sua eterea bellezza, i suoi lineamenti perfetti, e quell'eleganza innata che lo distingueva piacevolmente da ogni altro uomo.

"Mi ascolti bene, signorina Granger!"
Narcissa parlò improvvisamente, portando Hermione a concentrarsi di nuovo sull'oscuro motivo per cui quella donna era andata a casa sua, e si limitò ad annuire, silenziosa.

"Non mi va di perdermi in finte chiacchiere da salotto prima di giungere al nocciolo della questione! Quindi, le dirò subito quello che devo senza troppi giri di parole."

Hermione non seppe come rispondere, troppo disorientata dal tono risoluto che ella aveva usato, allora attese di sentirla di nuovo parlare.

"Sono a dir poco preoccupata! Mio figlio si sta consumando come una candela, ed io non riesco più a sopportare di vederlo soffrire come un cane per amore."

Hermione ebbe un piccolo sobbalzo, totalmente impreparata ad un simile discorso. Cioè, in realtà se lo aspettava eccome che il perno della conversazione fosse stato Draco... in fondo, lui era il solo ed unico punto in comune fra loro due! Il fatto però, era che non si sarebbe mai immaginata che una donna tanto austera ed orgogliosa si piegasse al punto di andare da lei per raccontarle di come suo figlio stava male. E mentre ragionava su questo, Hermione realizzò la portata della confidenza che Narcissa le aveva appena fatto: Draco stava soffrendo per lei? La sua freddezza allora era solo una maschera!? Il disinteresse con cui l'aveva lasciata tempo fa tramite un biglietto sterile, era stato solo un disinteresse apparente!?

Boccheggiò, sconvolta.
Sì... certo che sì. Come aveva potuto dubitarne!
L'aveva visto, il suo dolore cocente, quando quel giorno fuori dal Ministero lei lo aveva scacciato in malo modo senza dargli un minimo di fiducia. L'aveva visto nel baluginio dei suoi occhi grigi, il pentimento sincero che lo animava quando si guardava schifato quel tatuaggio sul braccio, ed aveva visto pure la sua felicità a stento trattenuta, mentre la possedeva su quel divano dopo essere stati lontani tanto, troppo tempo.

Con mani tremanti, si sedette sulla prima sedia per non crollare a terra disperata, e allorché Narcissa riprese a parlare, la sua voce le arrivò alle orecchie attutita, come se fossero distanti anni luce invece di essere entrambe nella stessa stanza:
"L'amore deve portare gioia, non dolore! Draco ha già sofferto abbastanza per tutto quello che è successo anni fa, e io ritengo abbia pagato anche troppo per i suoi errori. Quest'altalena emotiva fra voi due lo sta distruggendo. Lei deve prendere una decisione, signorina Granger! Deve fare chiarezza con se stessa, e cercare di capire che cosa vuole realmente da mio figlio. Non può continuare a riversare su di lui ogni sua insicurezza."

Lei deve fare chiarezza con se stessa.
Quest'altalena emotiva lo sta distruggendo.
Cosa vuole realmente da mio figlio.


Queste frasi iniziarono a vorticare nella testa di Hermione come un uragano che spazza via tutto quello che trova al suo passaggio.

L'amore deve portare gioia.
Deve fare chiarezza, signorina Granger.
Deve prendere una decisione...
Deve prendere una decisione...
Deve prendere una decisione.


Narcissa aveva fatto una breve pausa, e dopo aver inspirato profondamente, aveva terminato il monologo risvegliando bruscamente Hermione dal suo isolamento:
"Sono venuta qui per dirle tutto questo Signorina Granger, ma anche e soprattutto per chiederle una cosa! Una cosa a cui vorrei rispondesse sinceramente!"

Si guardarono senza sbattere le palpebre, come due fiere guerriere pronte a combattere, poi... Narcissa sganciò la sua bomba:
 "Lei lo ama?"

Ad Hermione si riempirono gli occhi di lacrime, e sulle prime non riuscì neppure a rispondere; stava pensando a come poteva essersi sentito Draco quando aveva trovato l'anello sulla scrivania. L'aveva emotivamente distrutto senza rendersene conto, santo cielo!
Il pianto le appannò la vista. E scoprì che lady Malfoy -dopo il figlio- era l'unica persona al mondo ad avere il potere di lasciarla completamente senza parole... lei sempre così abituata ad avere la risposta pronta di fronte a tutti.
 
"Allora?" La incalzò la donna, piuttosto seria.

La giovane strega singhiozzò senza controllo, maledicendosi per non essere riuscita a tenere a bada i suoi sentimenti proprio di fronte alla donna che la disprezzava di più in assoluto, e domandandosi pure se fosse la cosa giusta, darle una risposta sincera. La meritava? Narcissa Malfoy meritava di sapere? O avrebbe dovuto farsi i fatti propri?
Hermione a dirla tutta, avrebbe dovuto cacciarla dalla sua umile casa per tanti motivi, motivi che ancora le facevano male...

Ricordò, involontariamente, quel giorno di tanti anni fa da Madame Malkin, quando si erano sfortunatamente incontrate per acquistare le divise nuove di Hogwarts...

"Se ti stai chiedendo cos'è questa puzza, madre... è appena entrata una sanguemarcio!"
Dichiarò Draco Malfoy.
"Non è proprio il caso di usare questo linguaggio!" Esclamò Madame Malkin. "E non voglio nemmeno bacchette sfoderate nel mio negozio!" Aggiunse in fretta, quando vide Harry e Ron con le bacchette puntate contro Malfoy.
Dietro di loro, Hermione sussurrò: "No, davvero, non ne vale la pena..."
"Certo, come se aveste il coraggio di fare magie fuori dalla scuola!" Li provocò Malfoy. "Chi è che ti ha fatto un occhio nero, Granger? Vorrei mandargli dei fiori!"
"Basta così!" Ordinò Madame Malkin, guardandosi alle spalle in cerca di sostegno. "Signora, la prego..."
Narcissa Malfoy uscì da dietro una fila di vestiti.
"Mettetele via." Disse freddamente ad Harry e Ron. "Se aggredite di nuovo mio figlio, vi garantisco che sarà l'ultima cosa che fate."
"Davvero?" Chiese Harry. "Cosa fa? Va a chiamare un po' di amici Mangiamorte per farci fuori?"
Narcissa Malfoy fece un sorriso sgradevole: "Vedo che essere il cocco di Silente ti rende spavaldo, Harry Potter. Ma Silente non sarà sempre lì a proteggerti."
Harry si guardò intorno per il negozio, sarcastico. "Adesso non c'è! Perché non ci prova? Forse riusciranno a trovarle una cella doppia ad Azkaban, insieme a quel cialtrone di suo marito!"
Malfoy scattò verso Harry: "Non osare parlare con quel tono a mia madre, Potter!"
"Non preoccuparti, Draco." Ribattè Narcissa. "Vedrai che Potter raggiungerà il suo caro Sirius prima che io raggiunga Lucius!"
Harry levò più in alto la bacchetta.
"Harry, no!" Gemette Hermione.
Madame Malkin rimase incerta per un attimo, poi decise di comportarsi come se non stesse succedendo nulla, nella speranza che non succedesse. Si chinò verso Malfoy, che ancora guardava torvo Harry.
"Credo che questa manica sinistra potrebbe essere accorciata un altro po' caro, lascia che..."
"Ahia!" Urlò Malfoy. "Guarda dove metti i tuoi spilli, donna! Madre, non voglio più questa roba..." Si sfilò la veste dalla testa e la gettò a terra, ai piedi di Madame Malkin.
"Hai ragione Draco!" Rispose Narcissa con uno sguardo sprezzante ad Hermione. "Ora che ho visto il genere di feccia che frequenta questo posto... meglio andare da Twilffitt & Tatting."



Ad essere proprio onesta, Hermione all'epoca non aveva sofferto molto, né per il disprezzo di Draco, né per quello di sua madre. Era ancora troppo ragazzina per comprendere a fondo quanto poteva far male essere umiliati in quel modo: la sua voglia di lottare, di conquistarsi un posto nel mondo magico, e anche di primeggiare, la rendeva troppo euforica per badare agli insulti razzisti di due stupidi purosangue.
La sofferenza ed il dispiacere erano venuti dopo, quando la guerra era finita, lei era cresciuta di colpo, era maturata, e si era scoperta donna. Solo allora aveva cominciato a sentire dolore, per il disgusto che aveva visto negli occhi di chi la credeva inferiore.
Poi però, un giorno, Draco Malfoy aveva abbandonato l'aria sprezzante da ragazzino odioso, e al suo posto era apparso un uomo adulto, che era crollato fra le sue braccia chiedendole perdono per ogni cosa, e facendosi amare come non sarebbe mai più riuscito nessun altro sulla faccia della terra.
Narcissa e Lucius Malfoy, invece? Si sarebbero mai fatti perdonare, prima o poi? Avrebbero mai avuto la forza di vincere la loro tracotante superbia, per ammettere di aver sbagliato?

Probabilmente quel giorno non sarebbe mai arrivato, ma Hermione dovette ammettere però, che già il solo fatto che Narcissa, in tutta la sua dignità, fosse andata da lei per parlarle apertamente del dolore di suo figlio, dimostrava che aveva anch'ella un cuore, nascosto da qualche parte nel petto.

"Mi risponda, per Merlino! Lo ama o no?" Le chiese ancora lady Malfoy, con voce fattasi pressante.

E allora Hermione parlò. Lo fece di getto, con le lacrime che le rigavano il volto:
"Sì! Certo che sì! Lo amo più di qualsiasi altra persona al mondo, signora Malfoy!"

A quel punto, mentre si asciugava frettolosamente le guance bagnate, Narcissa si alzò di scatto dal divano infervorata, e con un brillio nervoso nello sguardo, la rimproverò a voce alta:
"E allora glielo dimostri, dannazione!"
Poi, le puntò contro un dito e riprese in tono minaccioso: "Glielo dimostri! E lo faccia una volta per tutte! Altrimenti, quant'è vero Merlino, appena rientrerò a casa, scaglierò addosso a mio figlio l'Oblivion più potente che conosco e gli farò dimenticare il suo maledetto nome, signorina Granger! Così almeno non dovrò più essere costretta a vederlo struggersi per lei come un condannato a morte... E non dubiti, lo farò. Lo farò eccome! Lei mi conosce, e sa che sono una donna di pochi scrupoli. Vada da lui e sistemi questa situazione, altrimenti mi premurerò di lasciare nella mente di Draco solo il fastidioso ricordo di una compagna di scuola presuntuosa, saccente, ed assolutamente inferiore a lui! Sono stata chiara?"

Hermione rimase pietrificata. Ebbe solo la forza di annuire appena, sgomenta.

Narcissa Malfoy invece, la guardò intensamente, come a voler dar maggiore peso alla minaccia... poi, senza aggiungere altro, in un elegante fruscio di gonne girò i tacchi e andò via da una casa che considerava veramente troppo umile per una come lei, come troppo umile era la stessa Hermione Granger, per poter meritare davvero un posto nel cuore di suo figlio.
Ma quella, era tutta un'altra storia... Una storia alla quale Narcissa si era ormai arresa.


 
***


Ministero della Magia, nono livello.

"Lasciatemi! Lasciatemi subito!"
Draco scalciava furiosamente, ringhiando rabbioso. Due dipendenti del Ministero lo avevano appena preso per le braccia, mentre un terzo gli aveva tolto la bacchetta di mano.

"Ho detto lasciatemiii!" Urlò il giovane, fuori di testa.
Aveva gli occhi iniettati di sangue, e tremava di collera. Era così sconvolto che, per qualche momento, non capì neanche cosa stava succedendo intorno a lui. Vedeva soltanto una grande confusione: gente che correva da una parte all'altra per riparare bizzarri oggetti rotti dai quali fuoriuscivano fumi nocivi, bagliori intermittenti provenienti da intricate ampolle, strani corpi mollicci che fluttuavano, e fiamme verdastre tutt'attorno.

"Chiamate di corsa gli Auror!" Si sentì qualcuno urlare da qualche parte.

Il nono livello era completamente nel caos...

Appena Draco era riuscito ad entrare di soppiatto nell'Ufficio Misteri, si era accanito contro il quadro maledetto con una furia indomabile, rompendo tutto ciò che gli era capitato sotto tiro. Ad animarlo, era stato un odio ancestrale che lo aveva reso completamente pazzo: aveva tirato fuori dalla bacchetta tutti gli incantesimi che la sua mente ricordava, poi aveva staccato la tela dalla parete gettandola a terra; l'aveva calpestata, colpita in tutti i modi... ma quella era risultata indistruttibile, mentre il bambino biondo -come a volerlo deridere- aveva preso ad osservarlo per tutto il tempo con uno sguardo furbesco, senza essere intaccato in alcun modo dalla sua violenza cieca. Indifferente al disastro che stava operando attorno a sé, Draco aveva continuato ad accanirsi come un folle in mezzo al rumore di vetri in frantumi, di strani boati, di fischi penetranti e del fuoco che aveva involontariamente appiccato facendo esplodere chissà quale pozione incandescente... finché gli Indicibili erano arrivati di corsa attirati dal trambusto, ed avevano posto fine alla sua brutale ed inspiegabile foga, immobilizzandolo ed avvertendo gli Auror.

"Chiamate Potter!" Gridò Draco con impeto: "Ho bisogno di parlare con lui!" E continuò a dimenarsi frenetico, mentre gli Auror raggiungevano l'Ufficio Misteri a bacchette sguainate.

Solo allora si accorse della reale portata del danno che aveva combinato.
Come aveva fatto a distruggere mezza sezione? Non se n'era neanche accorto, cazzo... aveva perso totalmente la testa! Aveva agito quasi senza rendersene conto.
Nel frattempo che qualcuno avvolgeva intorno al suo corpo delle corde magiche, lo sfiorò un pensiero funesto e terribilmente concreto: era tutta colpa di quel piccolo demone. Sì! Il bambino maledetto, che si era rivelato pure l'Obscurus che lo perseguitava da mesi, era stato capace di farlo impazzire al punto di indurlo a farsi del male con le sue stesse mani. Cristo...

"Portatemi qui il vostro Capo, dannazione!" Gridò di nuovo Draco che, bianco come uno straccio, aveva preso a tremare come un codardo, consapevole di cosa stava per succedere. Poi, riprese a sbraitare:
"Aprirò bocca solo di fronte ad Harry Potter. Fatelo venire qui!" E si aggrappò disperatamente a quella piccola speranza. Solo a lui d'altronde, avrebbe potuto raccontare come erano andate le cose senza esser preso per uno psicopatico. Solo lui poteva capire, solo lui poteva fare qualcosa. Solo lui forse, poteva evitargli di essere sbattuto proprio dove, per dieci anni, non era miracolosamente finito come un qualsiasi delinquente fallito.

Era davvero beffardo il destino! Una vita intera ad odiare Harry Potter, per poi invocarlo come un disperato quando nessuno gli credeva.

In ogni caso, gli Auror non badarono molto alle sue suppliche urlate mentre lo portavano via con la forza: si limitarono a fare soltanto ciò che il loro lavoro richiedeva.

...E così, Draco Malfoy venne arrestato per resistenza a pubblico ufficiale, ingresso non autorizzato nei locali riservati del Ministero, e atti vandalici perpetrati sui beni dell'Ufficio Misteri.

Era la fine. La fine di tutto! Pensò Draco con un sudore freddo ad imperlargli il corpo tremante, mentre le sbarre di Azkaban si chiudevano dietro di lui proprio come in uno dei suoi peggiori incubi...



Continua...


 

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Capitolo 15
*** Halleluja ***


Capitolo 15
-Halleluja-


 

Prigione di Azkaban, Inghilterra.

Cos'era la ricchezza, per un uomo?
Draco aveva creduto di saperlo per molto tempo, con quella sua convinzione inattaccabile da aristocratico che viveva immerso nel lusso, e che non aveva bisogno di chiedere niente a nessuno. Tutti i benestanti, in fin dei conti, erano degli irrimediabili materialisti, convinti di poter acquistare ogni cosa con la potenza del proprio inestinguibile denaro... anche l'onore ed il rispetto da sfoggiare in società!

Draco non era stato affatto estraneo a questo modo di pensare per tutto il corso della sua adolescenza, ma le circostanze, più tardi, lo avevano portato a comprendere che le dinamiche della vita erano molto più complesse: da qualche tempo infatti, anche lui, come tutti gli uomini assennati, aveva capito che c'era una sottile differenza tra avere il denaro, ed essere ricco.
Quella sottile differenza, la faceva l'amore.
Draco si era sempre schifosamente vantato dei suoi soldi senza capire che quelli non contavano proprio nulla, rispetto ai legami del cuore. La consapevolezza lo aveva colpito come un fulmine potentissimo che ti attraversa il corpo sconquassandolo:
La sua più grande ricchezza era Hermione Granger, non i galeoni stipati nella camera blindata dei Malfoy alla Gringott!

Ama, ama follemente, ama più che puoi e se ti dicono che è peccato ama il tuo peccato e sarai innocente.

L'amore era una macchina potente che riusciva a muovere, nell'anima di un uomo, ingranaggi che egli non sapeva neanche di possedere. Un sentimento fin troppo puro, che Draco aveva sempre sottovalutato credendo pure di non esserne all'altezza, ma che invece era stato in grado di travolgere il suo cuore gelido salvandolo lentamente dalle tenebre.     

L’amore impedisce la morte. L’amore è vita. Tutto, tutto ciò che io capisco, lo capisco solamente perché amo. È solo questo che tiene insieme tutto quanto.

Ed ora che era chiuso come il peggior delinquente fra le quattro buie e sudice mura di Azkaban, smaniava di rabbia repressa. Aveva il terrore folle che il bambino maledetto potesse di nuovo fare del male ad Hermione, soprattutto adesso, che lui era bloccato lì dentro senza poterla proteggere. La sua preoccupazione era tanto intensa, che aveva perso d'importanza perfino il fatto che lei l'aveva scaricato restituendogli l'anello! Ciò che contava, in quel momento, era solo saperla al sicuro: nient'altro. Ormai si era arreso da un pezzo, al pensiero di essere diventato un irrimediabile cretino altruista, nei confronti di quella donna. Per lei, sarebbe stato capace di buttarsi sotto gli zoccoli di un branco di ippogrifi inferociti, per poi rialzarsi malconcio e riprendere come niente fosse a disprezzare chiunque altro al mondo con tutta la sua irritante presunzione.

Draco prese a battere nervosamente il piede sul pavimento della cella, guardando disgustato i muri in pietra e le lenzuola grezze della sua brandina.
Prigioniero.
Dio... quella parola gli metteva più angoscia di una maledizione senza perdono. Non avrebbe resistito tanto a lungo, in quel carcere! Lo sapeva! E con molta probabilità, ne sarebbe uscito pazzo.
Non era abituato Draco, a vivere in spazi così stretti ed angusti. Beh, certo! Nessuno lo era, ovvio. Che imbecille. Ma lui, che era stato sempre immerso negli agi, e che abitava in una casa grande quanto e forse più, di uno stadio da Quiddich, sapeva con certezza di non poterlo sopportare. Ritrovarsi tutti i giorni a fissare lo stesso buco nel muro, a contare le pietre grigie della stanza per mesi interi, a cercare con gli occhi anche solo un misero ragno per scoprire come tesseva la propria tela... No. Non poteva farcela.

Inspirò a pieni polmoni, frustrato, e rilasciò l'aria incamerata in un sospiro pesante, mettendosi nello stesso momento le mani fra i capelli, in un gesto dettato dalla disperazione.
Si sentiva peggio di una bestia selvatica che viene incatenata per il collo, ed un turbine di pensieri infelici iniziò a spintonarsi nella sua testa per attrarre l'attenzione:
Hermione Granger, il quadro maledetto, l'amore, l'Obscurus, il terrore di non uscire da Azkaban, sua madre, la noia che lì dentro l'avrebbe portato alla demenza; e poi il dolore, la solitudine, la Gazzetta del Profeta che l'avrebbe massacrato.

Draco strinse i capelli biondi fra le dita, con i nervi sul punto di esplodere, mentre le sue angosce continuavano a vorticare frenetiche: il nono livello nel caos, il piccolo demone, la paura che esso potesse far del male alla sua unica ragione di vita, la felicità che gli veniva continuamente negata, il desiderio di proteggere qualcuno che, per la prima volta, non era lui stesso...

All'improvviso, il cigolio rumoroso della porta blindata che si spalancava, lo destò di colpo dalle sue meditazioni fuori controllo.

"Ma che cazzo hai combinato, Malfoy?!"
Fu con queste parole tonanti, che Harry Potter entrò nella cella di Draco. E sarebbe stato fin troppo cortese affermare che il Capo degli Auror sembrava un Ungaro Spinato particolarmente incazzato. "Tu sei completamente pazzo!" Aveva ripreso a sbraitare: "Ma che ti ha detto il cervello?!"

Draco si era alzato di scatto dal misero letto, felice di vedere Harry come non gli era mai successo in vita sua.

"Potter! Era ora... Fammi uscire di qui, maledizione! Fammi uscire, ti scongiuro."
Glielo chiese in tono accorato, con due occhi sgranati dai quali trapelava chiaramente la paura di dover restare lì dentro per mesi, se non anni.

"Malfoy!" Lo rimproverò Harry. "Io non so cosa ti abbia spinto a fare quello che hai fatto, ma sappi che non è stata una buona idea distruggere mezzo Ufficio Misteri per tentare di scalfire (senza alcun esito, per altro) quel dannato quadro!"

Draco fece impulsivamente un passo avanti per avvicinarglisi, ma una guardia entrò di corsa nella cella per immobilizzarlo. Harry sollevò una mano, facendogli intendere che non c'era affatto bisogno di quel tipo di precauzioni, e quello si ritirò, annuendo in silenzio.

"Vedrò di trovare un modo per scarcerarti, Malfoy! Stai tranquillo. Ma intanto dimmi perché l'hai fatto!"

Draco crollò di nuovo a sedere sulla brandina cigolante. E la sua espressione si fece confusa, oltre che disperata:
"Non lo so, Potter. Non lo so! Credo di aver perso la testa! Non mi sono reso conto di quello che stavo facendo fin quando i tuoi Auror mi hanno arrestato!" Poi riprese, pieno d'ira: "Quel dannato ragazzino mi ha fuso il cervello. Me lo sono ritrovato davanti nel mio studio, qualche ora fa!"

Harry aggrottò le sopracciglia, e lo lasciò sfogare.

"E' lui... E' lui l'Obscurus che cerchiamo di catturare da mesi, Cristo!" Draco era diventato viola per la collera. "Ed è stato sempre lui, a prendere le mie sembianze per picchiare Hermione!"

"C-Cosa?" Harry sobbalzò, incredulo. "Che cazzo mi stai dicendo, Malfoy?!" Il Capo degli Auror afferrò una sedia al volo, la piazzò di fronte al suo interlocutore e si sedette, improvvisamente preccupato: "Continua!"

Draco gli raccontò brevemente ciò che era successo, senza smettere di passarsi le mani sul viso, roso dalla rabbia, e soprattutto conscio della sua impotenza.

"Merda!" Sbottò alla fine Harry: "Saresti dovuto venire da me subito, invece di perdere la testa in quel modo stupido. Hai complicato solo la situazione, così!"

"Non c'è bisogno che tu me lo ribadisca un'altra volta, Potter!"

"Te lo ribadisco perché è vero!"

"Finiscila. I tuoi rimproveri saccenti non mi aiuteranno certo ad uscire da Azkaban!"

Però ti avrebbero aiutato a non entrarci, Malfoy!"

Il volto di Draco si fece rosso di stizza, e mentre dilatava le narici per placare la voglia forsennata di prendere l'Auror a sberle -magari fino a far saltare via i suoi occhialetti rotondi da imbecille- lo mandò a farsi fottere.

Rimasero in silenzio qualche attimo, giusto per darsi un contegno ed evitare di provocarsi ancora: tutt'e due ormai, avevano capito perfettamente che quel continuo punzecchiarsi non era più originato da vero disprezzo, ma aveva assunto più che altro i connotati di un'abitudine impossibile da sradicare! Con il tempo, la loro spossante rivalità era arrivata perfino a piacergli, perché li rendeva vivi, pieni di energia, e competitivi come i due adolescenti smaniosi che erano stati ad Hogwarts... anche se non avrebbero avuto mai l'audacia di ammetterlo a voce alta, soprattutto perché riconoscere questa realtà avrebbe tolto ad entrambi tutto il gusto della sfida!

Dopo diversi minuti comunque, Draco parlò di nuovo, e lo fece con voce roca ed angosciata, cambiando bruscamente argomento:
"Va da Hermione, Potter! Spiegale tutto, e dille di stare attenta. Proteggila tu, per favore."

Harry annuì silenziosamente, sospirando: "Sarà difficile metterla sotto una campana di vetro! Lo sai anche tu che è una testarda indipendente."

Il giovane Malfoy si infervorò: "Non me ne frega un cazzo. Obbligala, se sarà necessario!"

"Ci proverò!" Rispose l'Auror, determinato.

Draco si alzò di scatto dal letto su cui era seduto, e guardando il suo interlocutore con sguardo minaccioso, lo ammonì rocamente: "Se le succede qualcosa mentre sono chiuso qui dentro, giuro che ti ammazzo appena esco, Potter! Sono stato chiaro?"


 
***
 

Grimmauld Place, Londra.

Nel momento in cui Draco Malfoy minacciava di morte il Capo degli Auror nella sua stanzetta soffocante di Azkaban, il ruggito potente e prolungato di un leone stava invece riempiendo il salotto di casa Potter al punto da far tremare i vetri delle finestre.
Il piccolo James, ridendo a crepapelle, pescò un'altra caramella dal sacchetto, e dopo essersela ficcata in bocca, iniziò ad ululare piegando il collo come un vero lupo. Ginny scosse più volte la testa, ma prima che riuscisse ad aprire bocca per rimproverarlo, suo figlio la interruppe:
"L'ultima, mamma!"

Ed il barrito di un elefante spaccò i timpani dei presenti, che furono costretti a tapparsi le orecchie fino a quando l'effetto della caramella svanì gradualmente e la pace venne ristabilita.

"Ma come ti è venuto in mente di regalargli questa roba, Hermione!?" Disse Ginny alla sua amica, che rideva spensierata facendo saltellare James fra le sue braccia.
La giovane strega si voltò verso la signora Potter e rispose allegramente: "E a cosa servono le zie, se non a questo?"

Ginny sbuffò, fingendo esasperazione dietro un'espressione divertita che non era riuscita affatto a nascondere: "Non c'è bisogno neanche che ti chieda dove tu abbia preso queste caramelle! E' la tipica robaccia che vendono quei deficienti dei miei fratel..." Non riuscì a terminare la frase però, che il belare penetrante di una pecora sovrastò le sue parole. Ginny, a quel punto, mise su uno sguardo assassino, degno di un serial killer di film babbani:
"James, FINISCILA! Sveglierai Albus, e poi ne hai già mangiate otto, maledizione!"

"Sette!" Puntualizzò il piccolo, provocandola.

"Erano otto, non provare a fregarmi! Ed in ogni caso cambia poco, i vicini si staranno comunque chiedendo se ospitiamo uno zoo, in casa!"

Hermione, con le labbra ancora incurvate in un delizioso sorriso, tolse il sacchetto delle caramelle dalle mani del piccolo Potter, lo riempì di baci sulle guanciotte piene e lo mise giù, esortandolo ad andare a giocare in camera con i suoi peluche.

E finalmente, le due donne rimasero sole.

"Allora, Hermione... cosa succede?! E non dirmi che non hai niente, perché si vede ad un chilometro di distanza che qualcosa non va!"

Ginny se n'era accorta da quando aveva aperto la porta di casa, mezz'ora prima, che negli occhi fintamente gioiosi di Hermione c'era una certa malinconia; ed aveva sospirato, guardandola con fare materno: quella storia scellerata con Draco Malfoy stava letteralmente distruggendo la sua amica, rendendola apatica, abbattuta e debole come non lo era mai stata.

"Oh... Ginny! E' che io..."
La giovane strega crollò a sedere sulla poltrona damascata di casa Potter, e tolse subito la maschera felice che aveva indossato di fronte al piccolo James:
"I-Io sono confusa..."

Ci fu un grande trambusto però, prima che Hermione finisse di parlare, un tumulto proveniente dalla canna fumaria del caminetto che le fece sobbalzare entrambe dallo stupore. Due secondi dopo, un ragazzo dai capelli rossi -pieni zeppi di fuliggine- ne uscì fuori ruzzolando come un sacco di patate.
Ron Weasley si rimise in piedi goffamente, spolverandosi i pantaloni, e appena il suo sguardo cristallino si sollevò inercettando la presenza di Hermione in casa di sua sorella, poggiò una mano sul cuore ed esclamò, in tono sollevato:
"Merlino... allora sei ancora viva! Ti ho cercata dappertutto Hermione, ero preoccupatissimo!"

Le due donne lo guardarono sconcertate, come se lui fosse uno dei fantomatici Gorgosprizzi di cui parlava sempre quella svitata di Luna Lovegood.

"Certo che sono viva, Ron! Di che diavolo parli?" Gli rispose Hermione, seccata.

Ron si scompigliò i capelli facendo volare via la cenere, e poi le domandò:
"Narcissa Malfoy è venuta a casa tua, vero?!"

Hermione spalancò la bocca: "S-Sì, ma... come fai tu a sap..."

"NARCISSA MALFOY E' VENUTA A CASA TUA???" Si intromise Ginny, quasi urlando: "E quando avevi intenzione di dirmelo?"

"Stavo appunto per farlo Ginny, quando tuo fratello è stato sparato fuori dal camino come fosse Babbo Natale!" Proruppe l'amica, che riprese a parlare, rivolgendosi stavolta verso Ron: "Piuttosto, cos'è questa storia che mi hai cercata dappertutto? Perché eri preoccupato?"

"Beh, ecco..." Iniziò Ron. "E' che... che gliel'ho detto io a quell'arpia dov'è che abiti, Hermione!"

"MA SEI SCEMO?" Ginny gli rifilò uno schiaffo sulla testa mentre lo rimproverava.

"Lascialo parlare, Ginny!" Intervenì Hermione. E lui infatti riprese:
"E' venuta a cercarmi al Paiolo Magico, e mi ha chiesto il tuo indirizzo con la scusa che aveva bisogno di parlarti! Poi, quando è andata via, sono stato un'ora a pensare che forse avevo fatto una stronzata. Voglio dire... sappiamo tutti chi è quella donna! E se avesse voluto farti del male? Affatturarti? O farti fuori?"

"E tu hai lasciato passare un'ora prima di venire ad assicurarti che Hermione stesse bene?" Lo attaccò Ginny furiosamente.

Ron si fece rosso per l'irritazione: "Beh scusatemi tanto se per i primi quaranta minuti ho pensato che forse dovevo farmi gli affari miei visto che Narcissa Malfoy è la sua quasi suocera!!!"

"Ma che cazzo c'entra, idiota! Suocera o non suocera, sappiamo benissimo che la odia!"
I due fratelli si guardarono con rancore.

"ORA BASTA!" Intervenne Hermione: "Io sto bene, Narcissa Malfoy non mi ha scagliato alcuna maledizione. E' venuta da me solo per parlare! Ti ha detto la verità, Ron."

Il ragazzo si girò indispettito verso la sorella facendole una smorfia vittoriosa, e Ginny per un momento pensò di tirare fuori la bacchetta con l'intenzione di gettargli un Orcovolante; per fortuna, un provvidenziale schiocco di smaterializzazione appena fuori dal portone di casa, evitò di un soffio la tragedia familiare.
Si trattava di Harry, che qualche attimo dopo infatti, era apparso in salotto trovando la moglie, il cognato e la loro amica in piedi, silenziosamente occupati a guardarsi male ed immersi in un'atmosfera più tesa di quella che si respirava a scuola prima di una partita Grifondoro-Serpeverde.

"Hermione, sei qui! Merlino santissimo... ti ho cercata dappertutto. Stai bene?!" Pronunciò l'Auror con l'aria estremamente sollevata, procurando però un profondo sconcerto nei fratelli Weasley, che si chiesero in contemporanea per quale diabolica coincidenza pure Harry si fosse preoccupato della salute della loro amica al punto di setacciare tutto il mondo magico per trovarla.

Hermione nel frattempo, aveva spalancato la bocca, sconvolta. E finì per esplodere definitivamente, stufa della pazzia altrui:
"MA CHE CAZZO AVETE TUTTI QUANTI, STASERA?" Proruppe, tutta rossa in volto. "Io sto benissimo! Narcissa Malfoy voleva solo parlare, non mi ha avvelenata, non mi ha affatturata, non mi ha minacciata, non mi ha uccisa, non mi ha fatto niente! NIENTE! Ed in ogni caso, beh... tante grazie per l'interessamento ma sarei stata perfettamente in grado di difendermi da sola!"

Un silenzio tombale ed imbarazzato accolse la sua sfuriata isterica, e mentre Ginny e Ron abbassavano lo sguardo imbarazzati, consapevoli di aver esagerato, Harry invece la guardò sinceramente confuso:
"N-Non capisco cosa c'entra Narcissa Malfoy, Hermione!"

Al che, lei riprese fiato ed aggrottò le sopracciglia, stupita:
"Quindi non sei venuto per sapere cosa voleva da me Narcissa Malfoy!?!"

"Mmm... no, Hermione. Decisamente no! Non so neanche di cosa parli." Le rispose l'amico, dubbioso.

"E allora cos'è successo, Harry?" La voce della giovane si era fatta di colpo inquieta.

Harry non rispose subito.
Il fatto, era che avrebbe preferito prendersi una maledizione dritta dritta in faccia piuttosto che darle un altro dispiacere: metterla a conoscenza dell'identità dell'Obscurus, del pericolo che correva, e soprattutto...
Merlino! Non aveva proprio il cuore di dirle che Draco Malfoy aveva distrutto mezzo Ufficio Misteri in un momento di inspiegabile follia, e che per questo era appena finito ad Azkaban! Sapeva bene che quello sarebbe stato un brutto colpo per la sua povera Hermione...
Quante ancora ne avrebbe dovute passare quella ragazza, per avere finalmente un po' di felicità?
Cazzo, a dieci anni abbondanti dalla morte di Voldemort, tutti erano riusciti ad andare avanti: lui aveva sposato l'amore della sua vita, Ron aveva trovato il suo posto nel mondo beandosi della popolarità acquisita come eroe di guerra, Neville era diventato professore di Erbologia, i loro amici di scuola avevano fatto dei figli, e perfino Arthur e Molly erano riusciti a superare la morte di Fred.
Hermione invece... era come se brancolasse ancora nel buio, persa.
Nonostante la sua sconfinata intelligenza, non era mai riuscita a togliersi di dosso quella smania di pensare agli altri, finendo per annullarsi al punto che, quando era cresciuta, si era ritrovata irrimediabilmente sola, e invece di seguire la debolissima luce in fondo al tunnel... le aveva dato le spalle, buttandosi a capofitto nella tenebra più nera che era l'anima dannata di Draco Malfoy. Ed il risultato -prevedibile- era che quei due di stavano facendo del male a vicenda. Lui con la sua inguaribile malinconia, e lei con il suo orgoglio incrollabile. Pazzi.

L'amore però è irrazionale, folle, spietato, e a volte anche masochista.

Con quale diritto, Harry poteva giudicare Hermione?
Nessuno purtroppo aveva la facoltà di poter scegliere in piena consapevolezza a chi donare il proprio cuore. Se così fosse stato, tutti si sarebbero innamorati solo delle persone più educate, più sincere, più brillanti, buone, gentili, divertenti, e senza scheletri nell'armadio.
Non esiste un amore giusto o un amore sbagliato.
Anzi, se visti da una prospettiva più accomodante, Draco ed Hermione facevano perfino tenerezza: lui, dall'alto della sua nobiltà sprezzante, si era sforzato di accettare la semplicità di lei, di abbassarsi al suo status sociale, di sopportare il suo altruismo eccessivo, mentre Hermione gli aveva perdonato il passato oscuro, si era rassegnata al suo carattere spigoloso e cinico, ed aveva finito per precipitare insieme a lui nel baratro, pur di non lasciarlo solo. Avevano combattuto per mesi e mesi contro valanghe di avversità, e l'avevano fatto con una forza pari soltanto a quella che da ragazzini avevano impiegato per odiarsi.
Non era magia, quella? Certo che sì!
Il Capo degli Auror ne aveva avuto la corferma dentro quella misera cella di Azkaban, quando aveva realizzato che pure Draco Malfoy sapeva preoccuparsi di qualcun altro oltre se stesso.
Che Dio sia lodato!
Sì. Perché Harry Potter aveva visto finalmente l'amore, attraversare gli occhi di Draco Malfoy.
Halleluja!
E se anche l'essere umano più perfido, altezzoso, arido ed intollerante sulla faccia della terra aveva dimostrato di poter cedere alla forza impetuosa dell'amore, allora forse c'era ancora una speranza di vedere Hermione felice, un giorno non troppo lontano.

Così, Harry sospirò pesantemente, consapevole che le spiegazioni sarebbero state dolorose, ed in tono profondamente serio, si rivolse alla sua amica:
"Hermione, siediti. Devo dirti una cosa che non ti piacerà molto..."

Lei corrugò le sopracciglia, travolta da un brutto presentimento, ma decise di seguire il consiglio di Harry prendendo lentamente posto sul divano, col cuore a mille per la preoccupazione ed un leggero tremore nelle mani.

"Il bambino maledetto è apparso di nuovo, Hermione." L'Auror fu diretto, parlò senza esitazione, e la giovane strega sbiancò di colpo: "Mio Dio... sei stato tu a vederlo, Harry?"

"No."
"Chi allora?"
"Malfoy."
"Quando?" Si affrettò a chiedere Hermione, che ricordava di essere stata con Draco quel giorno stesso, lasciandolo addormentato sul divano.

"Poche ore fa."

Rimase ammutolita, pensando con tremendo rimorso che, probabilmente, il piccolo demone gli aveva fatto visita al suo risveglio, forse trovandolo perfino arrabbiato e depresso per l'abbandono.
Senza sapere cosa dire, lasciò all'amico il compito di continuare, sotto lo sguardo attento e corrucciato di Ginny e Ron, che erano rimasti in salotto ad ascoltare le cattive notizie.

"Mi ha detto di esserselo ritrovato improvvisamente in casa, e..."

"Gli ha fatto del male?" Lo interruppe con agitazione lei, ritrovando la voce.

"No, ma... ti ricordi l'Obscurus che proprio Malfoy andò a cercare in Scozia, Hermione? Quello che abbiamo tentato di catturare invano?"

"S-sì, Harry! M-ma cosa c'entra adesso?"

"Beh... c'entra eccome, purtroppo. Malfoy ha scoperto che il bambino maledetto del quadro e l'Obscurus che vaga per la Gran Bretagna sono la stessa creatura!"

Lei si portò una mano alla bocca, ma non fece in tempo a dire nulla, che il suo amico riprese, in tono molto più serio:
"E' stato quel piccolo demone a picchiarti con le sembianze di Malfoy!"

"COSAAA?"
Tre voci si sollevarono contemporaneamente, sconvolte. Ron si portò le mani fra i capelli, Hermione si alzò con un balzo dal divano su cui era seduta, e Ginny iniziò a mormorare preghiere incomprensibili, una specie di litania sussurrata che faceva più o meno così:
"Merlino santissimo... padre di tutti i maghi più puri di cuore, aiutaci. Tu che sei il capostipite della nostra razza, custode del sapere magico, di tutta la saggezza e poten..."

"Ginny, smettila! Sembri una strega bigotta!" La rimproverò il fratello, innervosito.

"E tu sei un rompicoglioni, Ron. Io in casa mia posso fare quello che voglio!" Gli rispose lei a denti stretti.
Rimasero a guardarsi male per poco tempo però, subito distratti dalla voce di Harry che aveva ripreso a parlare:
"Malfoy mi ha chiesto di proteggerti, Hermione. Di dirti che devi fare attenzione e soprattutto che non devi restare da sola. Purtroppo c'è il serio pericolo che quella creatura possa tornare nuovamente a farti del male! Ed io sono perfettamente d'accordo con lui. Dobbiamo prendere le dovute precauzioni e tenerti sempre sotto controllo."

Lei fece per ribattere, ma venne interrotta immediatamente: "Lo so bene che non sei una bambina bisognosa di protezione, ma devo ricordarti che quell'Obscurus è talmente potente da esser riuscito a sfuggire ad una squadra di quindici Auror specializzati, compreso il sottoscritto! Quindi non possiamo sottovalutarlo, ok?"

Hermione si costrinse ad annuire, e decise di rivelare quello che aveva saputo lei invece, del quadro maledetto.
"Harry..."
"Dimmi!"
"Ho scoperto una cosa a Nurmengard... una cosa che dopo ciò che mi hai detto sull'Obscurus e sul bambino, credo non possa più trattarsi solo di una sfortunata coincidenza!"

"Parla!" Le disse lui, impaziente.
Lei lo guardò negli occhi con angoscia, e sputò fuori di getto:
"La tela l'ha dipinta Grindelwald in persona, Harry..."

Calò letteralmente il gelo dentro la stanza, e per lungo tempo sembrò che nessuno avesse più voglia di parlare, ognuno chiuso in se stesso per rimuginare e cercare di dare un senso logico a quella valanga di terrificanti notizie. Cosa fare, da dove iniziare, come uscirne, perché...

Alla fine però, a causa di un istinto irrefrenabile, Hermione tornò a pensare a Draco, e guardò il suo amico con occhi delusi, domandandogli sommessamente:
"Harry... perché non è venuto lui a dirmi di stare attenta all'Obscurus?"
E poi aggiunse, sconsolata: "Ha preferito mandare te..."

Il ragazzo si grattò la testa, in un gesto naturale d'imbarazzo, e senza riuscire a guardarla in faccia, inspirò per prendere il coraggio necessario a darle il colpo di grazia:
"Non poteva, Hermione. Dopo aver scoperto che era stato il demone a picchiarti, è andato di corsa al Ministero, è penetrato al nono livello preso da una furia cieca, e... e nel tentativo inutile di distruggere il quadro maledetto, ha fatto saltare mezzo Ufficio Misteri. Ha perso totalmente la ragione, per la rabbia. I miei Auror hanno dovuto impastoiarlo."

Nel salotto non volò più una mosca.
Tutti gli occhi erano puntati su una ragazza pallida e scioccata che stava quasi per svenire.

Infine, Harry Potter esalò l'ultimo sospiro dispiaciuto, prima di confermare i sospetti che la sua amica stava già formulando tra sé e sé:

"Hermione... Mi duole immensamente, ma il mio dovere di Auror mi impone di comunicarti che Malfoy è stato portato ad Azkaban."




Continua...







-Ama, ama follemente, ama più che puoi e se ti dicono che è peccato ama il tuo peccato e sarai innocente. William Shakespeare

-L’amore impedisce la morte. L’amore è vita. Tutto, tutto ciò che io capisco, lo capisco solamente perché amo. È solo questo che tiene insieme tutto quanto. Lev Tolstoj

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Capitolo 16
*** Pantaloni in pelle di drago ***


Capitolo 16
-Pantaloni in pelle di drago-

 

Prigione di Azkaban, Inghilterra.

"Perché l'hai fatto, Draco... perché?"

Hermione aveva parlato a voce bassa, quasi con le lacrime agli occhi, mentre lui invece teneva ostinatamente lo sguardo cristallino puntato da un'altra parte, fin troppo orgoglioso per ammettere di aver commesso un errore.

A dire il vero, Draco un po' se lo era aspettato, che quella testarda sarebbe corsa ad Azkaban non appena Potter le avesse raccontato cos'era successo; ma nonostante fosse preparato all'eventualità, non aveva potuto comunque impedirsi di sobbalzare internamente nel trovarsela dentro la cella, bella come la più angelica fra le creature soprannaturali. Quello che però non si era aspettato, era il tono addolorato che lei aveva usato, e i suoi meravigliosi occhi cioccolato, che erano umidi di lacrime trattenute.
Dov'era finita la rompipalle che lo avrebbe rimproverato aspramente per la cazzata che aveva fatto? Dove diavolo si era cacciata la so tutto io che l'avrebbe fronteggiato dall'alto della sua superiorità? Si era aspettato che lei entrasse nella sua cella come una furia, e che gli spaccasse i timpani con una ramanzina isterica, magari corredata da qualche insulto... invece si era trovato di fronte una donna fragile che piangeva per lui, e questo lo destabilizzò.

"Allora?! Si può sapere perché l'hai fatto?" Insistette Hermione, mentre si asciugava nervosamente gli angoli bagnati degli occhi.

Purtroppo però, Draco non aveva neanche dimenticato il modo in cui lei l'aveva lasciato alla villa -nudo come un verme e solo come un cane- e pure la sofferenza intensa che aveva provato nello scorgere sulla scrivania l'anello che le aveva regalato. Così, mettendo da parte il turbamento che aveva provato vedendo il dispiacere di Hermione, si fece travolgere ancora dal disappunto:
"Se sei venuta qui per dirmi che ho sbagliato, beh... è tempo sprecato, Granger! Puoi anche andartene."
Draco aveva parlato continuando a tenere lo sguardo fisso verso la luce che filtrava dalla finestra a sbarre, ancora offeso per qualcosa che sotto sotto non sapeva bene neanche lui cos'era.

Fu a quel punto che la bella strega tornò a reagire come l'uomo si era aspettato fin dall'inizio: gli occhi le brillarono d'irritazione, la sua espressione si fece combattiva, e le gote si accesero di sfida.

Hermione ci avrebbe scommesso tutti i Galeoni che aveva nella borsa, che lui avrebbe replicato in quella maniera maleducata: era la classica rispostaccia acida alla Malfoy in fin dei conti! Ma se tempo prima ci sarebbe rimasta male al punto di mandarlo al diavolo, ora sapeva bene che quello era solo un contorto mezzo che Draco usava per proteggersi, per fingere di non essere debole. Quindi, represse a fatica l'istinto di girare i tacchi, e si limitò invece a ruotare gli occhi al soffitto, esasperata:
"Ma smettila, Draco! Sei permaloso oltre ogni limite! Ma possibile che non riesci a comportarti da uomo maturo nemmeno in una situazione come questa?!"

L'unica reazione che ottenne dal ragazzo, fu un impercettibile movimento all'altezza della mascella, segno che aveva stretto violentemente i denti per contenere lo sdegno. Per il resto, egli era rimasto impassibile, con gli occhi puntati altrove e l'espressione stizzita.

"E guardami in faccia quando ti parlo!!!" Proruppe Hermione, stavolta con parecchia enfasi.

Al che, lui rispose freddamente: "E tu, invece? Tu perché sei venuta qui di corsa?"

Hermione rimase zitta per un lunghissimo momento, persa a contemplare il profilo perfetto di Draco che si ostinava a fissare fuori dalla minuscola finestrella. Meditò per qualche secondo di propinargli una bugia, magari dirgli che si stava preoccupando solo per lo scandalo che ne sarebbe uscito fuori e che l'avrebbe coinvolta suo malgrado, ma... non poteva. Non ce la faceva. Era stufa di fare l'orgogliosa: lo amava, ed era inutile continuare a negarlo.

Quando Harry le aveva detto che Draco era finito ad Azkaban, erano crollati tutti i muri che aveva idealmente costruito per tenerlo lontano da sé, ed aveva compreso che il loro infantile volersi e poi respingersi, doveva esser messo da parte di fronte ad accadimenti così gravi.
Nella sua mente poi, si era fatta lentamente spazio anche la figura di Narcissa Malfoy con le sue minacce, ed Hermione tremò, al solo pensiero che quella donna potesse usare sul figlio un incantesimo tanto potente da fargli dimenticare l'amore.
Un Oblivion. Un Oblivion e loro due sarebbero tornati ad essere due estranei senza niente in comune: Draco avrebbe ripreso la sua vita da dannato, isolandosi da un mondo che non aveva mai smesso di disprezzarlo; lei invece avrebbe ricominciato ad occupare interamente le sue giornate con il lavoro, solo per crollare di stanchezza la sera ed evitare di pensare ad altro. Poi un giorno si sarebbero rincontrati per caso, magari di fronte alle vetrine del Ghirigoro, e lui l'avrebbe guardata dall'alto in basso come aveva sempre fatto a scuola, pronunciando a bassa voce qualche frase offensiva, completamente dimentico della loro storia... e a quel punto lei, ancora stupidamente innamorata, avrebbe sentito un lacerante strappo all'altezza del petto, che l'avrebbe fatta crollare a terra per il dolore come un sacco di patate.

No. Era qualcosa di troppo spaventoso per poterlo anche solo immaginare... Non avrebbe mai permesso a lady Malfoy di fare una cosa simile! Se quella donna si fosse azzardata a cancellare anche un solo, piccolissimo, insignificante ricordo dei passi avanti che lei e Draco avevano fatto per arrivare ad amarsi, l'avrebbe cruciata senza pietà.
Il fatto era che Hermione ormai, l'aveva capito da un po' di tempo che non sarebbe più riuscita a fare a meno di Draco, anche se avressero continuato a soffrire e a maledirsi fino alla morte!

Allora sorrise dolcemente, mettendo da parte quell'apocalittico futuro, e le parole uscirono dalle sue labbra con una facilità che non si sarebbe mai aspettata:
"Sono venuta di corsa perché mi sono preoccupata per te, sciocco!"

Lui rise sommessamente, con aria scettica: "Ti preoccupi di un uomo che però hai lasciato, Granger! Molto commovente, davvero! Il tuo altruismo è sconfinato."

Hermione prese a scuotere il capo: "Forse dovrei ricordarti che sei stato TU, a lasciarmi! Io mi sono limitata solo a restituirti ciò che ti apparteneva... e l'ho fatto dopo aver capito, a malincuore, che non mi avresti mai perdonata!"

Malfoy deglutì, ammettendo a se stesso che lei aveva ragione: era stato lui ad allontanarla per primo, nonostante Hermione gli avesse chiesto scusa un milione di volte. Lo aveva fatto per colpa del suo stupido orgoglio. Cretino.

"E comunque... non è certo l'altruismo che mi porta a preoccuparmi per te, Draco!" Aveva terminato lei.

A quel punto, il giovane finalmente si voltò, ma lo fece lentamente, finché i suoi occhi grigio-azzurri trovarono e poi incatenarono quelli di lei, che scoprì luminosi d'emozione. Si soffermò un attimo ad analizzare il significato di quelle parole, dopodiché prese aria, convinto che il suo cuore avesse saltato almeno un paio di battiti, ed una scarica d'adrenalina gli attraversò il corpo fino alla radice dei capelli mente pensava a qualcosa di sensato da dire per non apparire patetico. Ma non ne fu capace, rimase zitto e immobile come un imbecille, tanto che fu lei alla fine, ad avvicinarsi al suo corpo teso e tremante.

E non ci fu più bisogno di trovare parole giuste da dire...

Hermione lo baciò.
Lo baciò senza esitazione, poggiandogli una mano sul viso e una sul petto, e a Draco non rimase altro che stringerla alla vita e ricambiare quasi con disperazione, mettendo in quel bacio tutto l'amore che provava per lei, tutta la sua impulsività e tutto il suo tormento.
Fu subito molto intimo ed intenso quel loro rincorrersi con le lingue, penetrarsi, mordersi e poi riprender fiato senza staccare mai le labbra arrossate. Non seppero neanche loro quanto tempo rimasero attaccati, abbracciati stretti stretti senza alcun desiderio di lasciare spazio fra i loro corpi. Si volevano in una maniera talmente intensa e palese, che loro stessi non riuscivano a capire come facessero a tenersi lontani con quell'orgogliosa determinazione.
Avrebbero mai smesso un giorno di respingersi? O quel loro amarsi ed odiarsi al contempo, li avrebbe accompagnati per sempre?

Draco era convinto che la loro vita non sarebbe mai stata facile, perché qualcosa del loro essere così profondamente diversi, li avrebbe costantemente messi su due fronti opposti; che i loro caratteri, le loro abitudini, le loro vite differenti ed i loro ideali, si sarebbero scontrati ogni dannata volta, fino a distruggerli. E forse per loro non c'era più alcuna speranza, visto che Hermione gli aveva restituito l'anello rendendo la loro separazione un fatto definitivo, però...
Però Draco non voleva più avere rimpianti, non voleva più nascondersi solo per paura di soffrire, non voleva più dannarsi l'anima, e non voleva perdere di nuovo l'occasione di dire ad Hermione la cosa più importante...

Almeno per una volta, una sola volta nella sua vita piena di menzogne, lui doveva e voleva essere sincero.

Così, dopo un'infinità di baci perfetti, Draco prese fiato, la strinse a sé con maggiore intensità e, sfiorandole la punta del naso con il proprio, le sussurrò sulle labbra, in tono disperato:

"Ti amo..."

La giovane sussultò violentemente dentro il suo abbraccio soffocante.

"Ti amo da impazzire, Hermione. E scusa... scusa se quel giorno lontano, alla villa, non sono riuscito a dirtelo, ma il fatto è che sono così tremendamente orgoglioso che rovino sempre tutto!"

Hermione aprì la bocca per dire qualcosa, ma non ci riuscì. Era andata in tilt. La sua mente ed il suo cuore avevano preso a galoppare rapidissimi in una corsa forsennata che, probabilmente, l'avrebbe portata a schiantarsi al suolo e svenire per la troppa emozione.

Malgrado fosse stata sempre smisurata l'attitudine di Draco nel farsi odiare, ultimamente anche la sua capacità di sorprendere e di farsi amare era diventata eccezionale, e quella dichiarazione d'amore tanto intensa e sofferta, era riuscita a lasciarla senza parole. LEI. Hermione Granger. Senza parole.

Prese a respirare veloce, stretta prepotentemente fra le sue braccia virili, e credette d'impazzire, travolta dalla felicità.

Lui... che fino a dieci anni prima l'aveva odiata a morte.
Lui... che mesi e mesi prima le aveva messo in mano il suo anello nascondendosi dietro una scommessa persa, pur di non dirle cosa provava per lei.
Lui... che aveva preferito lasciarla andare, piuttosto che ammettere i suoi sentimenti.
Lui che adesso glieli sbatteva in faccia con tutta la sincerità e lo struggimento di un uomo che ormai crede di non essere più corrisposto.

Che meravigliosa follia!

Draco non si accorse con precisione quando fu il momento esatto in cui lei si mise a piangere, ma vide scorrere sulle sue gote arrossate un fiume di lacrime silenziose che le si infrangevano sulle labbra, e poi rotolavano sul suo collo. Provò ad asciugargliele passandoci delicatamente i pollici sopra, mentre le teneva il viso minuto fra le mani e si beava del suo sguardo intenso.

"Ti faccio sempre piangere, Hermione." Le disse serio e dispiaciuto.

Lei invece sorrise timidamente e lo baciò appena, lasciandogli sulla bocca il sapore salato delle sue lacrime. Draco la trovava così bella che, per l'ennesima volta, si chiese come cazzo aveva fatto a non accorgersene prima. Il viso grazioso di Hermione, il taglio degli occhi, la bocca perfettamente disegnata, la pelle bianca, e perfino il nasino spruzzato di efelidi, erano un capolavoro capace di farlo impazzire.

"IL TEMPO E' QUASI SCADUTO!"
La sentinella in corridoio li fece sobbalzare, e lui vide Hermione farsi subito ansiosa. Draco sapeva che era giunto il momento di mettere da parte il romanticismo e parlare seriamente della situazione grave in cui si era cacciato, prima che le guardie la sbattessero fuori dalla sua cella.

"Draco..." Gli disse infatti lei sottovoce, timorosa.

"Sì?!" Le rispose lui, tenendola ancora stretta a sé.

"Harry mi ha detto tutto sull'Obscurus e sul bambino maledetto."

Si guardarono un attimo senza parlare, finché lei riprese:
"Non saresti dovuto andare al Ministero in quelle condizioni, Draco! La rabbia ti ha accecato, ed hai fatto solo il gioco di quel dannato piccolo demone, così!"

Lui inspirò profondamente e le parlò sulle labbra, con sofferenza:
"Lo so! Ma ormai è troppo tardi per rimediare."

Lei lo guardò con un'espressione dolce ed afflitta nello stesso tempo:
"Stai tranquillo, Harry troverà il modo di scagionarti!"

"SIGNORINA GRANGER, DEVE USCIRE!"
La voce tonante della guardia le mise fretta.
"Un minuto!" Gli gridò lei di rimando, poi baciò Draco e riprese:
"Ho scoperto chi è l'autore del quadro!"

Lui sollevò un sopracciglio, stupito: "Di chi si tratta?"

"Gellert Grindelwald!"
"Cooosa???"
"Proprio lui. E, pensandoci bene, non è così assurdo! Quel quadro è intriso di una magia troppo potente ed oscura per essere stata operata da un comune mago."

Draco si fece pensieroso: "A-Aspetta un momento! Quindi, se Grindelwald ha creato il quadro... vuol dire che ha creato anche il bambino!?"

"Già..."
"Ed il bambino, a sua volta, è l'Obscurus che ci sta perseguitando." Aggiunse sempre lui, in tono ovvio, mentre si passava una mano fra i capelli biondi in segno di nervosismo. "Merlino... queste coincidenze sono terrificanti." Sospirò infine.

Hermione in realtà, aveva dei sospetti ancor più spaventosi, ma sperava con tutto il cuore di sbagliarsi. Preferì però non mettere Draco al corrente delle sue teorie: voleva evitargli ulteriori preoccupazioni, e poi preferiva avere delle prove concrete, prima di sparare qualche scemenza.

"Come faremo a distruggere il quadro? Io le ho tentate tutte, ma non ha mai funzionato niente." Se ne uscì lui, atterrito.

La giovane si riscosse dai suoi pensieri inquietanti e gli rispose, amareggiata:
"Non lo so. Non lo so davvero, Draco."

"SIGNORINA!"
"Arrivo!!!" Sbuffò Hermione, che a malincuore si sciolse dal loro abbraccio. Draco però fu più veloce, la riafferrò stringendola spasmodicamente per le spalle, e con gli occhi spiritati e la voce sofferente, l'ammonì:
"Stai attenta, mi raccomando. Non rimanere sola. L'Obsurus potrebbe tentare ancora di farti del male. Fatti ospitare dai Potter, o va nella catapecchia dei Weasley! Insomma, fai come ti pare ma non restare da sola. Intesi?"

"Sono già stata avvisata da Harry, ma penso che queste precauzioni siano un po' eccess..."

"Il mio non è un consiglio, Hermione! E' un ordine. Sono stato chiaro?" Alzò la voce lui.

La giovane abbassò lo sguardo vergognandosi del rimprovero ma, alla fine, annuì, consapevole che lui -una volta tanto- aveva ragione da vendere. Poi, lo vide infilare una mano nella tasca e tirarne fuori qualcosa di piccolo, che le porse senza esistazione.

Draco aveva messo su uno sguardo sofferente, quasi implorante, prima di dirle:
"Non lo so che ne sarà di noi, Hermione! Ma voglio che questo lo tenga tu."

E le restituì l'anello dei Malfoy, guardandola dritta negli occhi: "Non importa cosa è successo fra fra me e te. Questo è tuo." Terminò, addolorato.

Hermione deglutì, colpita da quel gesto tanto significativo, e si riprese il gioiello con una commozione spiazzante. Si era così pentita di esserselo tolto dal dito, che riprenderselo le era parsa una cosa perfettamente naturale. Certo... non poteva sapere con assoluta sicurezza cosa le avrebbe riservato il futuro, ma infilarsi ancora quell'anello all'anulare le dava una piccola scintilla di speranza.
Se lo rimirò per qualche secondo, studiando i bagliori argentei che sprigionava il piccolo serpente inciso, stupita che quel piccolo simbolo le fosse diventato così caro; dopodiché sollevò lo sguardo su di lui, ed emozionata, mormorò:
"Sei cambiato davvero tanto, Draco Malfoy! Così tanto che... stento quasi a ricordarmelo quel ragazzo antipatico e cattivo che mi guardava come se fossi nient'altro che spazzatura."
Poi sorrise, aggiungendo: "E sei diventato pure terribilmente romantico, sai?!"

Il ragazzo storse il naso arrossendo leggermente per l'imbarazzo, ed Hermione rise appena, lasciandosi baciare per l'ultima volta, prima che il secondino, ormai adirato, giungesse a portarla via trascinandola definitivamente fuori dalla cella.


 
***
 

Ufficio del primo ministro, tre giorni dopo. Febbraio 2009.
 
Avvistamenti alieni o creature magiche?

Pare che negli ultimi tempi uno strano essere si stia aggirando indisturbato per l'intera Inghilterra, seminando il panico fra i babbani. Sono giunte segnalazioni dal Norfolk, dall'Hertfordshire, Whiltshire, Surrey, e addirittura dalla lontana Scozia, più precisamente da Inverness.
Le notizie che stanno riportando quasi quotidianamente i giornali inglesi come il Times ed il Daily Mail parlano di una massa oscura e fluttuante capace di spostarsi e sparire con incredibile rapidità. I numerosi testimoni oculari sono certi di aver avuto un incontro ravvicinato con un extra-terrestre, mentre gli scettici scuotono il capo affermando si tratti di semplice isteria collettiva.
Dalle descrizioni dettagliate dei babbani rimasti coinvolti, noi siamo giunti piuttosto alla conclusione che, con altissime probabilità, ci sia in giro un pericoloso Obscurus senza controllo.
A questo punto allora, la domanda sorge spontanea: il Ministero ne è a conoscenza? Se sì, perché non è intervenuto? Se invece no, cosa diavolo fanno gli Auror?! Giocano a gobbiglie nei loro uffici? Ricordiamo che il loro compito, in teoria, è proprio quello di tenere sotto costante controllo il mondo magico e babbano!



Kingsley Shacklebolt ripiegò la Gazzetta del Profeta e la lanciò senza troppa delicatezza in un angolo della scrivania già ingombra di pergamene.
Sbuffò profondamente e si strofinò il viso con le mani, stanco degli oberanti impegni che la sua carica richiedeva: atti giudiziari da vergare, leggi sulla sicurezza da approvare, colloqui d'emergenza, affari internazionali, lamentele di ogni tipo, incontri ufficiali con le cariche di stato babbane...
L'ultimo grattacapo poi, glielo aveva procurato il suo fidato Capo Auror, che era andato da lui per pregarlo di scagionare Draco Malfoy. Proprio QUEL Draco Malfoy. Santo Merlino!
Una richiesta a dir poco azzardata, visto che il soggetto in questione, oltre ad avere precedenti e risultare ancora un personaggio di dubbia moralità, aveva volontariamente distrutto mezzo Ufficio Misteri senza un apparente motivo.

L'erede dei Malfoy aveva perso la testa per colpa di uno spirito bambino e di un quadro maledetto conservato proprio nel cuore del nono livello!

Questo gli aveva detto Harry, che si era poi dilungato in una spiegazione molto dettagliata e convincente. Sul finale del racconto, Kingsley ricordava di essere perfino rabbrividito nel sentir menzionare Gellert Grindelwald, e nello scoprire che il piccolo demone risultava essere proprio l'Obscurus che non riuscivano a catturare.
Messa così, la questione andava decisamente a favore dell'ex mangiamorte, che quasi certamente aveva agito spinto non dalla follia più completa, ma da uno strano -e tutto suo- senso di giustizia...

Kingsley si passò una mano sulla testa pelata, riflettendo intensamente.
Aveva chiesto ad Harry un po' tempo per pensarci su: la questione Malfoy era delicata, e lui non voleva sembrare troppo indulgente o disposto ad elargire l'assoluzione senza neanche far finta di ponderare bene la decisione.
Kingsley Shacklebolt doveva apparire un minimo inflessibile, per Merlino! Era pur sempre il Primo Ministro! Anche se alla fine gliel'avrebbe concessa comunque l'autorizzazione per farlo uscire da Azkaban; in fondo era palese che il ragazzo non avesse agito per secondi fini, ma... lo avrebbe fatto penare un po', almeno per fargli capire che irrompere in un ufficio pubblico spinto da rancore e distruggere ogni cosa, non era un comportamento corretto, a prescindere dalle sue sacrosante ragioni!

 

***
 

Ottery St Catchpole, La Tana.

Alla luce della candela che rischiarava la piccola camera dove avrebbe trascorso la sua terza notte, Hermione si stava scaldando le mani fredde con una tazza di latte bollente che le aveva appena portato mamma Molly dalla cucina.

La signora Weasley, nonostante l'ignobile trascorrere degli anni, aveva mantenuto la sua corporatura piena, quell'aspetto da matrona buona che l'aveva sempre rappresentata, la gentilezza, la bontà e l'estremo altruismo che la spingeva a dividere con gli altri tutto ciò che possedeva.
Era molto confortante per Hermione, vedere come le persone che vivevano alla Tana erano riuscite, almeno nell'aspetto, a non cambiare di una virgola; ed era rassicurante anche il fatto che esse erano sempre disposte, ogni volta che lei ne aveva bisogno, ad accoglierla sotto il loro tetto come fosse una figlia.

In quel momento, entrambe le donne erano sedute sullo stesso letto che un tempo era appartenuto a Ginny, e mentre la giovane sorseggiava la sua bevanda calda, Molly invece occupava il suo tempo ad accarezzarle i capelli con fare materno, sorridendo bonaria.
C'erano un'infinità di dettagli che caratterizzavano -rendendola unica- la signora Weasley agli occhi di Hermione, dettagli che lei amava profondamente, come le minuscole rughe d'espressione, la gonna rattoppata, il grembiule bianco, i capelli arruffati e le mani screpolate tipiche della casalinga sempre indaffarata...

Dettagli che avevano il meraviglioso sapore di casa. Una casa piena d'amore.
Cosa che non si poteva dire di Malfoy Manor.

Quella grande dimora non era mai riuscita a trasmetterle la stessa calda ospitalità della Tana, nonostante fosse obiettivamente più pulita, più ordinata, ariosa e piacevole allo sguardo.
Forse erano state le terribili esperienze vissute lì dentro, o la freddezza dei suoi abitanti a non fargliela amare incondizionatamente, ma Hermione aveva sempre provato un timore misto ad imbarazzo recandovisi. La stessa Lady Narcissa Malfoy, emblema di nobiltà, raffinatezza e superiorità, non era mai stata all'altezza di farla sentire a suo agio; ed Hermione non era riuscita a capire se ciò era dovuto agli ideali ancora radicati di quella donna o magari, più semplicemente, perché ella si sentiva solo un po' a disagio, non sapendo come comportarsi con colei che aveva disprezzato e ritenuto inferiore per una vita.
La sola cosa che Hermione apprezzava in lei, oltre la sua sofisticata bellezza, era il fatto che, malgrado tutto, in un certo qual senso aveva comunque accettato l'idea di vederla al fianco di suo figlio. Per fortuna!

Lei e Draco stavano trovando già troppi ostacoli lungo il loro cammino insieme, per dover lottare anche contro l'odio ed il rifiuto di sua madre e suo padre. Ritrovarsi a fronteggiare soltanto un po' di rigida freddezza da parte loro, era una cosa che poteva esser tranquillamente sopportata.

E comunque, c'erano problemi molto più grossi da risolvere, ora:
La tela di Grindelwald era apparentemente indistruttibile; lei non poteva restare sola per il rischio di essere attaccata di nuovo; tutti i luoghi in cui il bambino maledetto sotto forma di Obscurus veniva avvistato corrispondevano con precisione a tutti i posti in cui il quadro aveva sostato dal 1972 fino alla sua ultima dimora, e... Kingsley Shacklebolt non aveva ancora acconsentito alla richiesta di scarcerare Draco.

L'unica nota positiva in quel mare di avversità, era che la notizia dell'arresto non era trapelata, e nessuno era venuto a sapere dell'episodio increscioso all'Ufficio Misteri! Altrimenti si sarebbe sollevato un polverone più grosso di quello che c'era stato anni fa con il ritorno di Voldemort. Ed Hermione era sicura che stavolta i giornalisti non si sarebbero limitati a spettegolare sulla sua relazione scandalosa con Draco, ma avrebbero attuato un vero e proprio linciaggio mediatico ai loro danni...

L'erede dei Malfoy finisce in galera per essersi introdotto illegalmente nel nono livello del Ministero, e per aver tentato di distruggere ogni cosa spinto da una follia delirante. L'Ufficio Misteri ha subito cospicui danni, e quando gli Auror sono accorsi hanno dovuto spegnere le fiamme dilaganti, soccorrere i dipendenti, ed immobilizzare il colpevole che si dimenava come un invasato.
Purtroppo, la natura malvagia di Draco Malfoy è venuta di nuovo fuori, a dispetto di chi affermava con sicurezza che il ragazzo fosse cambiato, o che addirittura non fosse mai stato legato seriamente al lato oscuro.
Duro colpo, quindi, per la nostra povera Hermione Granger, che non riesce davvero a trovare pace in amore: dopo esser stata circuita dal giovane rampollo dei Malfoy con un corteggiamento ben calcolato, e non essere ancora rinsavita (permettendo a lui di sfruttarla come un elfo domestico per reinserirsi elegantemente in società come nulla fosse), ora si trova di nuovo al centro dell'attenzione per questo episodio increscioso.
Draco Malfoy attualmente si trova in carcere, e con certezza quasi assoluta, non potrà approfittare della posizione privilegiata della fidanzata per essere scagionato.
Noi speriamo con tutto il cuore che la nostra eroina adesso abbia finalmente aperto gli occhi sulle reali mire che possiede il giovane erede.


Merlino santissimo... basta così! Hermione non voleva immaginare altro di quell'ipotetico scenario giornalistico.

"Come ti senti, tesoro?"
La voce dolce di Molly la risvegliò di colpo da quei cupi pesieri. Allora si strinse nelle spalle, non sapendo dare una risposta precisa. Cosa avrebbe potuto dirle? Che i suoi problemi ancora non finivano? Che il male non smetteva di entrare nella sua vita come se lei fosse una specie di calamita? Che soffriva da morire perché l'uomo che amava era chiuso in una cella di Azkaban?

"Abbastanza bene, Molly. Potrebbe andare peggio in fin dei conti." Replicò poco convinta, cercando nello stesso tempo di sorridere debolmente.

"Hermione..." La signora Weasley sbuffò, comprensiva: "Non sei costretta a fingere, con me! Non apparire forte a tutti i costi. Sfogati, se ne hai bisogno."

"I-Io..."
"Le mie braccia sono molto accoglienti, sai? Ho consolato ben sette figli piagnucolanti, negli ultimi trent'anni!"

La giovane strega annuì ridendo sommessamente, e prima che gli occhi le si facessero umidi, poggiò la tazza di latte sul comodino e si tuffò sul petto della signora Weasley, che la strinse forte a sé, trasmettendole un calore decisamente tranquillizzante.

"Noi ci saremo sempre, per te! Non dimenticarlo mai." Disse quest'ultima sottovoce, accarezzandole le spalle con le sue manone da casalinga.

Rimasero qualche minuto abbracciate, senza parlare. Poi, nel silenzio confortevole della stanza, Molly iniziò a ridere piano, prima di dire, a bassa voce:
"Ne vale proprio la pena, eh?"

Non ci fu bisogno di tanti chiarimenti, Hermione seppe subito a cosa si stesse riferendo Molly, o meglio, a CHI.
"Ooh Molly!" Sospirò: "Lo amo così tanto..."

La signora Weasley la soffocò nel suo abbraccio, parlandole dolcemente e con una punta di umorismo:
"Ma guarda un po' il destino che cosa combina! Tanti uomini in giro per il mondo, e proprio quel biondino antipatico e pieno di sé è riuscito a rubarti cuore! Chi l'avrebbe mai creduto possibile!"

"Già..."

E risero insieme, finché il silenzio tornò a regnare nella camera illuminata dai bagliori aranciati di una candela tremolante.
Mamma Weasley era tornata seria, e mentre le accarezzava i capelli amorevolmente, le chiese sottovoce:
"Lui ti merita davvero, Hermione? Fa sul serio, con te?"

La ragazza si prese un po' di tempo per riflettere, ma poi, anche se con un pizzico di timidezza, rispose sicura:
"Credo di sì, Molly! Credo proprio di sì."

"In questo caso allora... sono molto felice per te, tesoro." Le disse la donna, sollevata.

Hermione si commosse: "Grazie, Molly! Grazie davvero. Ti voglio bene!"

"Anch'io, Hermione. Tanto!"


"EHI, C'E' QUALCUNO IN QUESTA MALEDETTA CASA?"
La voce squillante di George invase brutalmente le loro orecchie, e Molly si alzò dal letto cambiando improvvisamente espressione. Si diresse a passo di marcia verso la porta, l'aprì di scatto e si affacciò in corridoio sbraitando furiosa:
"Sono le dieci di sera, idiota! Che ti vai strillando? Tuo padre sta già dormendo!"

"Ooh, ciao mamma!" Le rispose serafico George, che in quattro falcate l'aveva raggiunta. "Per caso hai lavato il carico di panni che ti avevo portato stamattina? Mi servono i pantaloni neri, quelli in pelle di drago!"

"Ti servono proprio adesso???" Molly lo rimproverò sollevando un sopracciglio.

"Certo, altrimenti non sarei venuto a chiederteli!"

Nel frattempo, anche Ron era uscito dalla sua camera... in pigiama e con il cuscino stampato sulla faccia. "Ma che cos'è questo fracasso?" Borbottò contrariato.

"Ehi fratellino!" Disse George. "Non dirmi che stavi già dormendo?!" Aggiunse, con l'aria sarcastica.

Ron mise su un'espressione scocciata, fulminandolo con lo sguardo: "Beh... io a differenza tua lavoro sul serio! Non sto tutto il giorno spaparanzato nel retrobottega a fingere di mettere a punto qualche pozione lacrimogena per tifosi di Quiddich!"

Hermione si era affacciata proprio in quel momento dalla porta della sua stanza, e non potè evitare di ridacchiare, ascoltando il battibecco fra i due. George la notò e la salutò allegramente, poi però riprese impassibile ad infastidire il fratello: "Guarda che se non ci fossi io ad inventare sempre qualcosa di nuovo, tu non avresti niente da vendere, lo sai?"

Ron sbuffò infastidito -conscio che le sue schermaglie verbali con il fratello lo vedevano uscire sempre perdente- e non potendo più ribattere con qualche frase brillante, si limitò a guardarlo male nella speranza di mettere nel suo sgurdo furioso quanta più autorevolezza possibile. Infine, se ne tornò a letto sbattendo la porta.
Inutile dire che il suo tentativo di apparire terrificante o quanto meno credibile, non aveva funzionato, ed il gemello senza un orecchio, si piegò in due cercando di trattenere le risate per non farsi sentire.
A quel punto fu Molly a tornare alla carica, mettendo le mani sui fianchi come tutte le volte che si preparava ad una predica delle sue:
"George!? Perché non vai a dormire anche tu, invece di venirmi a chidere i pantaloni in pelle di drago alle dieci di sera?"

Il figlio sbuffò platealmente, prima di dire: "Devo uscire con degli amici! Mi stanno aspettando in quel locale nuovo che ha aperto vicino al negozio di calderoni!"

"Il mannaro ubriaco?" Si intromise Hermione.

"Sì, proprio quello!"

"Dicono sia carino!" Aggiunse lei, ma lo scambio di battute fra i due venne arrestato da una Molly decisamente arrabbiata: "E ci vai a quest'ora, George?"

"Mamma... è sabato!" Gli rispose lui in tono ovvio.

Sua madre roteò gli occhi al cielo, e mentre borbottava contrariata, con un colpo di bacchetta appellò tutti gli indumenti del figlio, lavati, stirati e piegati. George allora la guardò estasiato: "Oooh mamma, sei grande! Grazie!" E la baciò rumorosamente su una guancia.

"La mamma è sempre la mamma!" Disse Hermione, ridendo.
Poi George, buffone come al solito, fece un piccolo inchino augurando la buonanotte ad entrambe le donne, pronto a smaterializzarsi via.
Prima di andarsene però, sembrò ricordarsi improvvisamente di qualcosa, e si voltò spensierato verso Hermione, che se ne stava ancora in piedi sull'uscio della sua stanza:
"Dimenticavo di chiederti una cosa, Hermione! Ma è vero che Malfoy ha mandato a fuoco mezzo Ufficio Misteri? E' da stamattina che gira la voce per tutta Diagon Alley!"



Continua...






 

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Capitolo 17
*** Questione di dignità ***


Capitolo 17
-Questione di dignità-


 

Prigione di Azkaban.

Draco era sdraiato sulla misera brandina cigolante, e guardava il soffitto da più di venti minuti, ormai.
I raggi del sole che durante la giornata filtravano attraverso la piccola finestrella a sbarre, avevano ceduto il posto alla notte; ed ogni volta che ciò avveniva, a lui non restava altro che ascoltare, nel buio più completo, il ticchettio delle gocce d'acqua che cadevano ritmicamente dal rubinetto del bagno (se quel buco di due metri per due dentro la sua cella poteva definirsi bagno, ovviamente) ed il russare pesante e fastidioso proveniente dalle stanze vicine alla sua.

Tre giorni.
Tre maledetti giorni chiuso là dentro... ed il suo cervello stava già dando i numeri.

"Voglio uscire di qui, cazzo!" Mormorò a denti stretti.
E diede un pugno sul muro, ritrovandosi a gemere di dolore come un cretino. L'angoscia lo stava letteralmente divorando, lui che già di suo soffriva d'ansia da circa dieci anni, da quando il Signore Oscuro gli aveva affidato un incarico più grande di lui minacciando di morte la sua famiglia.

La sensazione di soffocare, in quelle quattro lerce mura, era così prepotente che lo stava mandando letteralmente nel panico. Era scarmigliato, gli era cresciuta la barba, il cibo era vomitevole, aveva un costante batticuore dovuto all'inquietudine, e non dormiva esattamente dal momento in cui lo avevano rinchiuso.

Draco aveva fame, sonno, paura, e rabbia. Tanta rabbia.

In quel mare di deliri, ad un certo punto pensò pure ad Hermione, ma questo purtroppo non lo aiutò a trovare pace anzi, se possibile aumentò il suo disagio.

Lei era perfetta, e lui invece, era troppo dannato per meritarla davvero. Draco sapeva di non avere alcun diritto su Hemione, neanche quello di sentirla in qualche modo sua.
Cos'erano loro due, in fondo? Né amici, ma neppure più nemici.
Non poteva definirla la sua donna, né la sua amante.

L'aveva disprezzata, maltrattata, schifata. Poi, per colpa di Harry Potter e del bracciale dei Belby, aveva dovuto avvicinarla, e si era subito ritrovato a combattere contro una strana ed inammisibile attrazione, che gli aveva fatto perdere il senno e smarrire tutti i dogmi su cui la sua vita si era sempre basata. Hermione Granger l'aveva travolto come un uragano, e Draco si era innamorato di lei come un ragazzino che scopre per la prima volta il fascino femminile. Così... l'aveva posseduta, e si era pure odiato, per questo! Dopo, l'aveva allontanata da sé per non farla cadere insieme a lui nel baratro, per paura che perdesse credibilità stando accanto ad un mangiamorte pentito, e per evitarle di passare una vita a difenderlo dall'odio della comunità magica. Ma Draco aveva sofferto come un cane lontano da lei, si era sentito perso, vuoto, incapace di poter amare un'altra... allora aveva ceduto di nuovo, e per un po' era stato tutto meraviglioso. Fino al momento in cui Hermione però, lo aveva creduto capace di farle del male: male fisico.
E questo Draco non era riuscito a sopportarlo. L'idea che lei, nonostante tutto, ancora non riuscisse a fidarsi di lui, lo aveva fatto impazzire!

Hermione, per quell'errore madornale, gli aveva chiesto perdono un milione di volte, l'aveva cercato, aveva pianto... eppure Draco, troppo orgoglioso per perdonarla, l'aveva tenuta lontana da sé per tre mesi, combattendo nello stesso tempo contro la voglia matta di andare a riprendersela, stringerla fra le braccia, scusarsi con lei per quella sua maledetta testardaggine, e farla sua in tutti i modi concepibili. Alla fine si era arreso come un tossico in crisi d'astinenza, e l'aveva amata di nuovo, affondando nel suo corpo di donna, perdendosi fra i suoi gemiti, baciandola fino a lasciarla senza fiato, mettendoci una foga disperata e piena di passione.

Draco Malfoy aveva finalmente capito di non poter fare a meno di Hermione Granger.

Ma proprio quando era riuscito a venire a patti con questa realtà, il destino si era messo ancora in mezzo e, alla lunga lista dei suoi peccati da razzista purosangue, si era aggiunta perfino la follia di farsi sbattere ad Azkaban.
A quel punto, sarebbe stato tanto assurdo se Hermione avresse deciso una volta per tutte di chiudere con lui? No! Ed onestamente ne avrebbe avuto tutto il diritto. Perché mai doveva rovinarsi la sua brillante vita con un avanzo di galera? Infatti, nonostante lui avesse avuto finalmente il coraggio di dirle che l'amava, Hermione non gli aveva risposto, limitandosi solo a ricambiare i suoi baci disperati.

"Vaffanculo..."
Disse rivolgendosi a se stesso in un moto di rabbia, e spezzando così il silenzio totale della sua cella. Poi si portò le mani sul viso, esasperato.
La sua testa stava esplodendo di pensieri, preoccupazioni, dubbi, mentre il suo corpo smaniava di insoddisfazione e voglia di riscatto. Solo una cosa era certa, in quella tempesta emotiva: e cioè che Potter doveva farlo uscire di lì.

Per forza.


 
***
 


Wiltshire, Inghilterra. Il giorno dopo.

Il cuore di Hermione batteva all'impazzata mentre avanzava il più lentamente possibile all'interno del grande atrio stuccato della villa, vergognandosi perfino del rumore insistente che facevano i suoi tacchi sui marmi del pavimento. Si era convinta che rallentando il passo avrebbe avuto tutto il tempo di darsi una calmata, prima di imbattersi in uno dei proprietari.

Non sapeva chi augurarsi di trovare però: tanto, in ogni caso, sia Narcissa che Lucius le mettevano addosso un'ansia istintiva! E non contava ripetersi a mente che loro non potevano farle nulla di male, che i tempi della caccia ai sanguesporco era terminata da oltre un decennio e soprattutto che non avevano nulla di concreto in mano per farla sentire davvero inferiore. No! Purtroppo quello di sentirsi una nullità dinanzi a loro, per lei ormai era diventato una specie vizio, che affondava le sue radici in un passato troppo doloroso per essere dimenticato con leggerezza.

Quando infine Hermione giunse, torcendosi le mani, nel salotto dell'ala nord di villa Malfoy, trovò ad accoglierla entrambi i coniugi -come nelle sue previsioni più catastrofiche- e allora dovette inspirare a fondo, chiedendo a Dio di darle la forza di non soccombere. Poi... aprì la bocca per porgere i suoi rispettosi saluti:

"Buongiorno sign..."
"SA DIRMI PER QUALE FOTTUTISSIMO MOTIVO MIO FIGLIO E' AD AZKABAN?!"

Non appena aveva scorto la giovane entrare nella stanza, il padrone del maniero si era alzato bruscamente dalla poltrona su cui sedeva. Si era fatto livido di rabbia mentre parlava, stringendo i pugni e mandando scintille di puro odio dai suoi occhi grigi.

Non era un mistero che Lucius Malfoy non accettava la relazione che Draco aveva intrapreso con Hermione Granger. Anzi, egli era così ottuso da esser ancora convinto che, per aver rincoglionito suo figlio in quel modo osceno, la ragazza gli avesse propinato qualche variante più duratura dell'Amortentia, o peggio: che gli avesse lanciato una potente fattura di legamento.
Il risentimento che il vecchio Malfoy provava per questo fatto, era arrivato a livelli tali che qualsiasi cazzata Draco combinasse, secondo lui era invariabilmente colpa di Hermione Granger, anche quando lei ne era totalmente estranea.

Come d'altronde succede a chiunque quando ha del risentimento per qualcuno in particolare, e vede in quel qualcuno la causa di ogni male. Sempre. Anche quando non c'entra nulla.

In realtà, Lucius aveva quasi dimenticato le originarie cause che lo avevano portato a provare tanta antipatia nei confronti di quella ragazza: più e più volte aveva stilato, nel silenzio della sua mente, un elenco dei pro e dei contro di quella improbabile relazione sanguepuro/natababbana, ed era giunto anche lui all'innegabile conclusione che i vantaggi erano molto più numerosi dei danni!

Era assolutamente vero, che il nome di Hermione Granger avrebbe portato nuovo lustro al loro, ormai decadente, casato! Come era vero che suo figlio avrebbe riavuto certamente le porte spalancate, grazie a lei! E forse chissà, magari in questo modo, di riflesso, sarebbero stati perdonati pure loro, per gli errori che avevano commesso.

Perfino Narcissa lo aveva spesso rimproverato dicendogli che, invece di lamentarsi e borbottare, doveva ringraziare Merlino che Hermione Granger si fosse innamorata del figlio: che era una fortuna inaspettata per la loro famiglia caduta in disgrazia e, di conseguenza, dovevano vederla come la loro UNICA possibilità di risollevarsi dall'oblio!

Ovviamente, Lucius era troppo opportunista per non comprendere da solo i giovamenti che la ragazza avrebbe portato alle loro vite, però... disprezzarla era diventata quasi un'abitudine per lui, che ormai lo faceva più per presunzione, e per mantenere l'onore, insieme a quel certo contegno tipico dell'aristocratico sprezzante! D'altronde, dopo aver schifato Hermione Granger per una vita, Lucius non poteva certo farle intendere di essere disposto a prostrarsi ai suoi piedi babbani solo perché lei era l'unica con il potere di far risplendere, come una volta, la stirpe dei Malfoy!!!

Era una questione di dignità.

Così, gli era venuto spontaneo accusarla per l'arresto di suo figlio non dandole nemmeno il tempo di entrare nel salotto. Ed aveva pure continuato a colpevolizzarla:
"Lei c'entra qualcosa con questa storia, vero signorina Granger? Perché io sono assolutamente certo che mio figlio non è così imbecille da farsi buttare in una cella di Azkaban senza motivo!"

Hermione però, nonostante fosse arrossita, boccheggiò solo per un attimo prima riprendersi e dire, assolutamente indignata:
"Buongiorno, signori Malfoy! Mi scuso per il disturbo, e visto che mi sembra di non essere esattamente la benvenuta in questa casa, cercherò di liberarvi più in fretta possibile dalla mia sgradita presenza."

Era rimasta in piedi, rigida come un palo, guardando i due coniugi con una serietà e una compostezza invidiabili.

La signora Malfoy però, malgrado la sua solita austerità, fu più ragionevole del marito, e con un elegante gesto della mano fece intendere ad Hermione di accomodarsi, mentre con lo sguardo fulminava silenziosamente Lucius.

Lucius che, nel frattempo, aveva disgraziatamente captato il brillio argenteo di un anello decisamente familiare, al dito di Hermione Granger... Ed in silenzio, fra sé e sé, giurava che avrebbe ammazzato quell'imbecille di suo figlio a mani nude non appena fosse uscito di galera.

"Buongiorno a lei, signorina Granger!" La accolse Narcissa: "Cosa la porta qui? A dire il vero, la sua è una visita inaspettata, più che sgradita."

Hermione crollò a sedere su una poltroncina, stanca di reggere il peso delle troppe avversità, ed ignorò di proposito l'uomo, guardando invece negli occhi la moglie, nella speranza di trovarvi un briciolo di solidarietà femminile:
"In realtà, sono venuta qui perché ho bisogno del vostro aiuto."

"E chi le dice che l'aiuteremo?" Si intromise Lucius, gelido.

Hermione fu risoluta, nel rispondere: "Ne ho bisogno per Draco. So che lo amate molto! Lo farete per lui."

Narcissa la guardò, nascondendo bene la soddisfazione che provava nel vedere la giovane farsi in quattro per suo figlio, ed affermò: "Ci spieghi, allora!"

Hermione inspirò a fondo, cercando le parole adatte per riassumere in modo esaustivo fatti avvenuti nell'arco di diversi mesi:
"Tempo fa, Draco ha provato a distruggere un quadro colpito da una maledizione molto potente, signora Malfoy. Sfortunatamente non c'è riuscito, la situazione è degenerata, ed il demone che occupava la tela ha iniziato a provocare danni, uscendo perfino fuori dal suo spazio."

La donna bionda aggrottò le sopracciglia come nel tentativo di ricordare qualcosa, infatti dopo un attimo chiese, facendo trapelare una punta di preoccupazione: "Lei sta parlando del quadro che mesi fa vi aveva risucchiato entrambi e che uccise il suo folletto della Cornovaglia, signorina Granger! Vero?"

Hermione annuì con serietà, e poi continuò il suo racconto: "Dopo quell'episodio, Draco aveva accettato di trasferire l'oggetto al Ministero, sotto la custodia degli Indicibili, credendo che almeno loro potessero rimuovere la maledizione. Purtroppo non è stato così."

"Incompetenti..." Borbottò a bassa voce Lucius Malfoy, che aveva preso ad ascoltare la ragazza con molta attenzione.

"Non so se sulla Gazzetta vi è capitato di leggere l'articolo che parlava di un Obscurus vagabondo..." Aggiunse Hermione facendoli assentire entrambi. Dopodiché aspettò qualche secondo per esser sicura di avere la loro completa attenzione, e rivelò:
"Quell'Obscurus ed il bambino maledetto del quadro sono la stessa creatura! E la cosa più sconvolgente, purtroppo, è l'aver scoperto che il loro creatore è Gellert Grindelwald, il mago oscuro che terrorizzò il mondo prima della comparsa di Voldemort."

A quel punto, Narcissa si agitò sulla sua poltrona, lasciando trapelare dai suoi occhi sgomento ed orrore, mentre Lucius provò a nascondere la preoccupazione dietro il tono secco che usò per dire:
"Continui!"

Probabilmente, in un altro contesto, Hermione si sarebbe sentita piccata per l'incitazione troppo autoritaria del signor Malfoy, ed avrebbe risposto per le rime prendendosi la soddisfazione di farlo sentire in difetto, ma... si rese conto con estrema saggezza che quello non era il momento adatto per mettersi a sindacare. E poi doveva pure ammettere che, in parte, aveva lasciato correre perché, sotto sotto, si era abituata già con Draco, a quel tono di comando: padre e figlio avevano lo stesso carattere dispotico!
Perciò si limitò a sospirare, e proseguì: "Quel piccolo demone ha continuato a perseguitare Draco anche dopo aver messo la tela in sicurezza al Ministero. Anzi, tempo fa è riuscito addirittura prendere le sue sembianze per farmi del male, e più volte è apparso in casa vostra per tormentarlo. E' per questo motivo che Draco è andato fuori di testa! Lui è sceso al nono livello perché voleva tentare di distruggere il quadro, invece... la situazione gli è sfuggita di mano, e all'Ufficio Misteri è praticamente scoppiato il caos."

Hermione finì il racconto con la voce dimessa, senza potersi impedire di venire sopraffatta dall'angoscia.

"Lo sapevo che lei c'entrava qualcosa!" Scattò Lucius. "Il bambino maledetto ha provato a molestarla, giusto? E quell'idiota, per vendicarla, si è fatto sbattere ad Azkaban!"

Hermione, stavolta, non seppe cosa rispondere.

"Si rende minimamente conto che lei sta portando solo guai, nella vita di mio figlio?" Aggiunse lui.

"I-Io... Non..." La giovane balbettò senza sapere cosa dire.

La signora Malfoy intanto, aveva osservato in silenzio l'intera scena, con il dolore straziante che solo una madre può provare sapendo il figlio, il suo UNICO figlio, nei guai fino al collo. Solo che, a differenza del marito, Narcissa non credeva che la colpa fosse di Hermione Granger, anzi... in realtà era convinta che proprio grazie ad essa, Draco prima o poi avrebbe ritrovato la pace!

Solo l'amore, d'altronde, ha il potere di salvare gli uomini...

Era in nome di questa certezza infatti, che Narcissa qualche giorno prima aveva preso il coraggio a due mani e si era presentata in casa della Granger: per capire una volta per tutte cosa provasse davvero quella ragazza per suo figlio, e spronarla a prendere una decisione in merito al loro altalenante rapporto.
La signora Malfoy ricordava di essere uscita molto soddisfatta da quel tête-à-tête fra donne: vedere la paura ed il dolore sul viso di Hermione Granger quando aveva minacciato di obliviare Draco sui suoi ricordi con lei, le aveva dato la certezza assoluta che la giovane strega lo amava sul serio, suo figlio!

Allora, decise di spezzare la tensione che si era venuta a creare fra l'eroina del mondo magico e suo marito, intromettendosi con una domanda semplice e legittima:
"Aveva detto che le serviva il nostro aiuto, signorina Granger! Ma aiuto per cosa, esattamente?"

Hermione si illuminò subito, e non ci mise molto a rispondere, di nuovo animata dalla sua solita grinta: "Avrei bisogno di qualche biografia che tratti in modo approfondito la vita di Grindelwald, per chiarire dei dubbi che mi sono sorti. Voi per caso possedete libri simili, nella biblioteca del manor?"


 
***


Londra, Ministero della Magia.

"E' successo al nono livello! Sì, esatto... proprio nell'Ufficio Misteri!"

"Ma ne sei sicuro?"

"Che ne so!?! A me l'ha detto la segretaria del coordinatore delle passaporte, che l'ha saputo dal dirigente della compagnia che gestisce i biglietti del Quiddich, che a sua volta l'ha saputo da un suo amico del comitato scuse ai babbani. Quindi sì, penso sia vero!"

"Incredibile..."

Quella mattina al Ministero della Magia i pettegolezzi stavano facendo concorrenza a quelli del settimanale delle streghe, pensò un infuriato Harry Potter mentre sfrecciava per i corridoi che l'avrebbero portato direttamente nell'ufficio del Primo Ministro. Ovunque svoltasse, si imbatteva in capannelli di due o più persone che, invece di lavorare, confabulavano fantasiosamente su Malfoy e su quello che era successo all'Ufficio Misteri.

"Dicono che avesse addirittura organizzato un vero e proprio attentato per far saltare in aria tutto il Ministero!"

"A me invece hanno confidato che le sue intenzioni erano quelle di avvelenare tutti i nati babbani che lavorano qui!"

"Io non credo! Perché mai avrebbe dovuto farlo, in fondo?"

"Perché??? Beh... perché è uno psicopatico, ecco perché!!! Come tutti quelli della sua famiglia, d'altronde! Ed è andato totalmente fuori di testa da quando Hermione Granger l'ha lasciato, te lo dico io! Allora ha pensato di vendicarsi di tutti i sanguesporco come lei."

"Mmh... forse hai ragione!"

Harry, che stava camminando rapidamente verso l'ascensore, sgranò gli occhi di stupore nel sentire le congetture assurde di quei dipendenti linguacciuti, così si fermò di scatto e si girò a guardarli senza riuscire a contenere il rimprovero aspro che gli salì alle labbra:
"Ma non avete nessun lavoro da svolgere, oggi? Se non trovate proprio nulla con cui occuparvi la giornata, ci sarebbero i bagni dell'Atrium da sturare!"

Quelli ovviamente impallidirono di colpo e, borbottando un paio di patetiche scuse, tornarono nei loro uffici con la coda fra le gambe.

"E che cazzo!!!" Sbuffò Harry riprendendo il suo tragitto, ormai irrimediabilmente innervosito.
Un minuto dopo, bussava alla porta del Primo Ministro con l'intenzione ancora più salda di risolvere quella faccenda una volta per tutte:
"Kingsley!"

"Harry, buongiorno! Come mai sei qui? Hai bisogno di qualcosa?" Gli chiese l'omone nero con tono gentile e pacato.

"Devi farlo uscire. SUBITO!" Proruppe d'impeto il Capo Auror.

Shacklebolt sulle prime lo guardò confuso, senza capire a chi si riferisse: "Ma di chi parli?"

"Di Malfoy, ovviamente! La notizia del trambusto all'Ufficio Misteri è trapelata nonostante le precauzioni prese. Dobbiamo assolutamente farlo uscire prima che la gente venga a sapere che si trova ad Azkaban! Altrimenti, sarà impossibile scagionarlo in segretezza quando tutta l'opinione pubblica gli darà addosso tirando in ballo per l'ennesima volta la lista dei suoi peccati!" Sputò fuori Harry senza riprendere mai fiato.

Il Primo Ministro invece sospirò, prima di esprimere i propri dubbi: "E come facciamo a giustificare ciò che è successo, se ormai lo sanno tutti?"

"Ci inventeremo qualcosa, intanto manderò una squadra di obliviatori a cancellare la memoria dei dipendenti dell'Ufficio Misteri che quel giorno hanno assistito al fatto. A mali estremi, estremi rimedi, Kinsgley!"

Shacklebolt ragionò qualche secondo toccandosi pensierosamente il mento, poi... prese in silenzio una pergamena pulita, intinse la piuma nell'inchiostro e vergò alcune righe. Dopo aver apposto il sigillo del Ministero, arrotolò il documento e lo consegnò all'Auror, dicendogli:
"Non ti nego che se fosse stato per me, Malfoy sarebbe uscito fra qualche mese, ma... mi fido di te, Harry Potter! Non farmene pentire, ok?"


***


Wallingford, Oxfordshire. Inghilterra.

Lo scricchiolio delle pagine ingiallite che venivano voltate con cura, era un suono che Hermione aveva sempre amato, fin da quando, ancora bambina, si chiudeva per ore nella biblioteca della sua adorata scuola magica. Aveva trovato quel grosso tomo nella grande libreria dei Malfoy, e lady Narcissa le aveva dato il permesso di prenderlo, dopo averla guardata con uno sguardo di quelli che dicevano tutto. Hermione aveva capito subito che quell'occhiata un po' ermetica le era stata rivolta per ricordarle che la minaccia di obliviare Draco era ancora perfettamente valida, però... non si era fatta intimorire, anzi! Aveva incrociato fieramente i suoi occhi risoluti con quelli orgogliosi e freddi di Narcissa Malfoy ed aveva annuito, facendole indendere che aveva preso la sua decisione.

Hermione aveva scelto Draco. Avrebbe combattuto per lui, e con lui. Sempre.
E non ci sarebbe stato bisogno di scagliare alcun Oblivion.


Narcissa allora, che aveva molti difetti ma sicuramente non quello di essere stupida, aveva sorriso brevemente, soddisfatta di aver raggiunto il suo scopo; dopodiché, si era ricomposta assumendo la sua solita espressione distaccata, e poi aveva congedato Hermione con le sue perfette maniere da nobildonna educata.

L'odore della carta vecchia ed ammuffita del libro intanto, era penetrato nelle sue narici facendola starnutire a ripetizione. A quel punto Hermione mise da parte le sue riflessioni, e decise di iniziare finalmente a leggere il primo capitolo della biografia di Grindelwald:

Gellert Grindelwald nacque nel 1883 in Europa orientale, presumibilmente in Ungheria.
Non  è chiaro se egli fosse un purosangue o mezzosangue: dei suoi genitori, purtroppo, si conosce poco o nulla.
Il suo nome, Gellert, è sinonimo di forte, coraggioso. Grindel ha invece un'etimologia variegata: nel tedesco antico significava "fulmine", mentre nell'inglese antico "distruttore". Wald infine, sempre in tedesco, stava per "foresta".


Ad Hermione non interessava un granché il racconto della vita del mago, visto che conosceva quasi a memoria tutte le sue gesta ignobili... ma aveva preso in prestito il libro nella speranza di trovarvi qualcos'altro, in realtà.

Grindelwald manifestò poteri magici fin da subito, e questo gli valse l'ammissione alla scuola di Magia e stregoneria di Drumstang; istituto dal quale venne espulso a soli 16 anni, per aver condotto esperimenti oscuri ed inquietanti. Infatti, già in quegli anni da studente, Gellert Grindelwald era ossessionato dalle sue manie di grandezza e potere-

Hermione dovette voltare delicatamente pagina per continuare a leggere, ma appena lo fece... si ritrovò a saltare violentemente dalla sedia per lo shock: di fronte ai suoi occhi, c'era una fotografia.
L'immagine prendeva l'intero foglio, e ritraeva Gellert Grindelwald all'età di undici o dodici anni...
Indossava una tutina azzurra, aveva i capelli biondi e l'espressione seria.

"Dio santissimo! No... non è possibile." Mormorò Hermione, sbiancando di colpo.

Era lui.
Era il bambino del quadro!




Continua...






Note:

Vi dico, con assoluta sincerità, che in una storia le visualizzazioni contano poco se non si conosce affatto il parere di chi la sta silenziosamente leggendo! Ed io, beh... avrei abbandonato tutto se non fosse stato per: Galaxia, Simoko, Like_A_Phoenix, LadyAthena, Roxhope08, LadyStark, e Graznapoli.

Se qualcuno tra di voi ama "Il cacciatore di maledizioni" non deve affatto ringraziare me, ma piuttosto loro, perché se non fossero state sempre presenti a farmi capire cosa c'era di bello o di brutto, io avrei chiuso baracca e burattini e probabilmente mi sarei messa a fare la lettrice frustrata, acida e disillusa che, per pura vendetta, lasciava recensioni negative a destra e manca con tutta la più cinica sincerità che possedeva, rimproverando voi scrittrici di essere irrispettose nei confronti del lavoro di J.K. Rowling, e di avere la straordinaria faccia tosta di cancellare completamente sette anni di odio e di ideali radicati per far imboscare (già al secondo capitolo!) Draco ed Hermione nello sgabuzzino delle scope, e solo perché si scontrano in un corridoio e si accorgono, per la prima volta, che il colore dei loro occhi è bellissimo!

Vi avrei rimproverate dicendovi che non è giusto far passare Ron per un marito poco presente, distratto, amante dell'alcool e delle belle tettone, solo per levarcelo facilmente dalle palle e dare ad Hermione il "via libera" per lasciarsi sfilare le mutande da Draco Malfoy senza troppi sensi di colpa!

Poi vi avrei massacrate ribadendo, come una presuntuosa rompipalle, che non sta scritto da nessuna parte che Lucius è stato un padre violento ed autoritario... ma anzi, risulta piuttosto palese che ha viziato e coccolato suo figlio in maniera scandalosa!

Vi avrei sottolineato malignamente che nei libri non viene menzionata MAI un'ipotetica avvenenza di Draco Malfoy: i suoi pettorali scolpiti, la tartaruga, il fisico da urlo e la virilità che fuoriesce da tutti i pori!!! Che poi, volendoci magari soffermare su chi lo interpreta... mi pare che neanche Tom Felton sia tutto sto Jason Momoa!

Che Hermione non è buona ed altruista come tutte noi ci siamo messe in testa, ma è anche e soprattutto saccente, competitiva, stronzetta, e primadonna!
Che non è assolutamente vero che lei piangeva disperata ogni volta che Draco la insultava o cercava di metterla in ridicolo, ma in realtà... diciamocelo: se ne sbatteva altamente i coglioni dei suoi patetici "schifosa sanguesporco", e considerava Malfoy talmente inetto, viscido, idiota, viziato e vanitoso, che secondo lei non valeva neanche la pena sprecarci fiato, lacrime e delusione.

Vi avrei fatto presente che Blaise Zabini e Theodore Nott sono stati menzionati da J.K. Rowling sì e no un paio di volte in sette libri, e che una di queste era la scena dello smistamento, quindi beh... dovremmo seriamente arrenderci al fatto che NON loro, bensì quei due troll di Vincent Crabbe e Gregory Goyle, erano davvero gli amici di Draco (anche se ci sarebbe da ridire pure su questo).

Che Ginny Weasley non è una sciaquetta che convince Hermione ad andare ai festini dei Serpeverde, ad infilare minigonne striminzite, perizomi e tacchi a spillo! Cioè... ma voi ce le vedete seriamente, tutt'e due?! Senza contare il fatto che Hogwarts è una scuola serissima e rigida, e non credo proprio che un Severus Piton o una Minerva McGonagall siano così tonti da non accorgersi che, sotto il loro naso, gli studenti organizzano serate che manco al Cocoricò se le potevano immaginare!

Infine, vi avrei bacchettate affermando che, tra le altre cose tremendamente OOC divenute ormai fatti indiscutibili, la fama da Giacomo Casanova di Draco Malfoy è del tutto ingiustificata, e che io personalmente non ho mai letto (o forse ho saltato qualche paragrafo per sbaglio? Nel caso fatemelo presente!) di svenimenti o sospiri struggenti in sala grande al solo passaggio del "biondo ossigenato", sul cui volto si leggeva l'ennesima nottata a base di oche tassorosso, Pancy, droga e Greengrass a volontà!

E adesso che sono in ballo, faccio pure il nome della peggiore, sì!
Una certa "Riflessi", che si è messa in testa che Draco è un uomo tormentato e pieno di paure, solo, depresso, e segnato dagli errori di gioventù! Ma stiamo scherzando!?! Lui, nella sua "Mangiamortaggine" ci sguazzava beato!!! L'unico problema è che alla fine gli ha detto male, povera stella...

Riflessi, nella sua patetica versione dei fatti, ha descritto Hermione come la solita inguaribile crocerossina che, (scopiazzando dalle mielose storie d'amore stile Harmony), va ad innamorarsi proprio del nemico, quello dal carattere ombroso, scostante, cattivo, amareggiato, e che finge indifferenza e disprezzo nei suo confronti. Roba trita e ritrita!
Ah... nemico che, ovviamente, nella realtà dei fatti non si è MAI davvero accorto della sua discreta bellezza! Che non ha MAI visto, nel pugno che lei gli ha propinato al terzo anno, la lucente determinazione dell'unica donna ad avere avuto il coraggio di sfidarlo; nemico che non l'ha MAI insultata solo ed esclusivamente per nascondere la sua conturbante e segretissima attrazione per lei!
Ma quando mai!?!?!?

Eeeeeeh, l'OOC... che strana e bellissima creatura!

Ora, scherzi a parte...
La verità (ammettiamolo) è che Draco Malfoy avrebbe cancellato Hermione Granger dalla faccia della terra senza alcuna pietà! Punto.

E nonostante la morte di Voldemort, la caduta del suo regno di terrore, la fine dei Mangiamorte, del razzismo contro i sanguesporco, e la vittoria del buon senso... Draco, nella sua inettitudine, in ogni caso non avrebbe mai trovato il coraggio, o piuttosto, la necessaria apertura mentale, per amare una come Hermione. Mai, nella sua vita.

Quindi, rassegnamoci a sognare con le fanfiction... di qualsiasi tipo!!!
Penso sia normale in fondo, trovare ogni possibile escamotage per farli innamorare a forza, e allora ben vengano pure sgabuzzini, aule in disuso, stanze della necessità, punizioni condivise, Weasley maneschi, Ginny troppo allegre, Blaise Zabini improvvisamente elevati a ruoli di migliori amici, e tutto quello che ci passa per la testa! Spero solo che nessuno si sia risentito troppo!

Ho divagato? Sì, ho divagato!
Per chi è riuscito ad arrivare sin qui allora, auguro buone vacanze!

A settembre, Riflessi

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Capitolo 18
*** Mostro dei mostri ***


Capitolo 18
-Mostro dei mostri-


 

Centro di Londra.

Leotordo ormai aveva quindici anni, ed era diventato un bellissimo rapace dalle piume morbide e lucenti. La vivacità spumeggiante, e a volte anche esagerata, che tutti ricordavano quando saltellava a destra e manca come un pazzo -felice di recapitare lettere- aveva lasciato il posto alla classica compostezza del gufo adulto, anche se era rimasto comunque un pennuto di dimensioni molto ridotte.

In quel momento, stava sorvolando la città di Londra con una piccola pergamena arrotolata sulla zampa destra, alla ricerca frenetica del destinatario.
Il suo padrone lo aveva inviato lì con una certa urgenza nella voce, e lui non aveva voluto rischiare di deluderlo prendendosela troppo comoda! Infatti, appena individuò con i suoi occhietti vispi colui che cercava, si abbassò subito di quota e scese in picchiata senza curarsi della gente che camminava fra le strade illuminate.

Harry Potter era appena uscito dal Ministero con l'intenzione di andare ad Azkaban a consegnare il documento per la scarcerazione di Malfoy quando il gufo di Ron atterrò sulla sua spalla facendolo sobbalzare.

"Porca puttana! Mi hai fatto prendere un colpo, Leo..."
Borbottò l'Auror che, appena vide due babbani sgranare gli occhi alla vista del gufetto ammaestrato in pieno centro città, si affrettò a svoltare in un vicoletto isolato.
Leotordo gli beccò un orecchio, poi allungò la zampa per consegnargli la lettera, e spiccò di nuovo il volo senza attendere risposta.

Harry,
scusami se ti disturbo, ma vorrei sapere se Hermione è ancora di turno al Ministero! Stamattina ha lasciato la tana dopo la colazione, e mia madre mi ha detto che non è ancora rientrata.
Non ho voluto mandare Leotordo direttamente da lei però... lo sai come è fatta: avrebbe cominciato a sbraitare e ad accusarci che la controlliamo come se fosse una ragazzina! Ma con l'Obscurus in giro purtroppo non possiamo fidarci molto! Quella sciocca non lo vuole proprio capire che non deve restare da sola...
Io sto andando a cercarla, tu invece fammi sapere il prima possibile se si trova ancora in ufficio!
Ron


"Cazzo..."
Imprecò Harry, appallottolando il messaggio e ficcandoselo nella tasca interna del cappotto.

Erano ore che Hermione aveva lasciato il Ministero: aveva finito il suo turno dopo pranzo, ed ormai erano le sei di sera. Così, l'Auror uscì di corsa dal vicolo in cui si era rifugiato, rientrò al Ministero ed ordinò ad uno dei suoi sottoposti di recarsi ad Azkaban per occuparsi della scarcerazione di Malfoy al posto suo. Poi, raggiunse l'Atrium e si infilò di corsa in uno dei camini, sperando che Ron fosse solo troppo paranoico e che alla loro amica non fosse successo nulla di male.

***
 

Wallingford, Oxfordshire.

Nel momento in cui Hermione aveva voltato la pagina del libro trovandosi di fronte la fotografia di Gellert Grindelwald da piccolo, era rimasta praticamente paralizzata dallo shock.

Lui, con i suoi capelli biondi, i lineamenti affilati e quella tutina azzurra, era...

Il bambino del quadro maledetto!
Era lui.
Grindelwald e l'Obscurus erano la stessa persona.

A malincuore Hermione dovette confermare i dubbi che erano sorti nella sua mente da diversi giorni. Lei infatti l'aveva già sospettato, ed era per questo che aveva chiesto ai signori Malfoy quel libro: nella speranza di trovare qualche fotografia che confermasse le sue teorie!

"Santo cielo..." Esalò infatti, pallida come un Infero.
Il turbamento della scoperta le aveva addiritura annebbiato la vista perché, ad un certo punto, ebbe come l'impressione che l'immagine di fronte ai suoi occhi si fosse dilatata.

Poggiò entrambe le mani sul tavolo e sbattè le palpebre un paio di volte per provare a mettere a fuoco il campo visivo, ma la sensazione che la stampa stesse cambiando forma non diminuì affatto, anzi: si espandeva, si contraeva, vibrava, poi dava l'idea di gonfiarsi e di riprendere la sua forma originaria. Addirittura, le parve di vedere il piccolo Grindelwald sorridere canzonatorio e fare un passo avanti.

E allora, capì che non erano affatto allucinazioni...

La giovane strega si alzò di scatto per la paura, e la sedia su cui sedeva si rovesciò a terra in un grande fracasso.
Il suo respiro si era fatto accelerato, le mani avevano preso a tremarle, ed il cuore le mandava colpi violenti che rimbombavano fino alla testa.

Il libro sussultò prendendo vita, e l'immagine sulla pagina ingiallita emise un rumore indescrivibile, ma così penetrante, da infilarsi nelle sue orecchie e farla gemere per il fastidio.
Un misterioso vortice d'aria poi, si sprigionò di colpo dalla fotografia prendendo consistenza e forza, come un piccolo uragano che invase il salotto sollevando le tende e provando a risucchiare Hermione al suo interno.
Da quel momento, nella mente della strega, si fece tutto confuso, irreale, insensato.
Hermione sentì il suo corpo venire letteralmente inghiottito dalla foto. Provò pure a gridare, ma non uscì alcun suono dalla sua gola troppo contratta. In realtà, si accorse che non riusciva proprio a muovere un muscolo, e cedette inesorabilmente alla forza misteriosa che la stava tirando dentro, mentre la risata agghiacciante di un bambino si mescolava al rumore del suo cuore martellante. La risata del bambino maledetto.

Era finita.

Che sciocca, pensò: farsi fregare così proprio lei, che aveva combattuto il male per una vita, sconfiggendo perfino Voldemort in persona! Harry e Ron le avevano detto, chiesto, implorato, di non restare da sola, ma lei non aveva voluto ascoltarli e, alla prima occasione, il piccolo demone era tornato vittoriosamente alla carica.

L'eroina del mondo magico aveva perso.

E come ogni essere umano che, in punto di morte, rivive tutta la sua vita, Hermione vide con gli occhi dalla mente il viso sorridente di Harry, dei suoi genitori, l'affetto di Molly, le risate infantili di James, e tante altre cose.

Mentre il suo corpo sembrava scomporsi sotto la violenza di quella specie di risucchio, ricordò in un flash, l'orgoglio che l'aveva animata quando aveva fatto il suo primo incantesimo con la bacchetta, l'euforia ed il senso di trionfo provati quando erano fuggiti dalla Gringott a cavallo di un drago, l'audacia di combattere i mangiamorte, le mille avventure dentro la sua adorata scuola, la certezza di poter dire di aver saputo cos'era l'amicizia vera, ma anche il perdono... allora, ebbe inesorabilmente anche la fugace visione di un volto bellissimo ma gelido: pensò a Draco Malfoy.
E all'amore.

In quegli ultimi istanti, non volle richiamare alla memoria tutto ciò che di brutto c'era stato fra loro due, preferendo affrontare la fine con il sorriso sulle labbra e l'immagine di lui -tanto perfetto e tanto irraggiungibile- che la stringeva a sé e la guardava con i suoi meravigliosi occhi azzurri.

A quel punto, Hermione ebbe un piccolo moto di ribellione, come se il pensiero di Draco l'avesse rianimata; così provò a tirarsi indietro, muovendo le braccia per aggrapparsi a qualcosa: non poteva lasciarlo solo! No. No, dannazione! Lui aveva bisogno del suo aiuto, del suo amore, della sua comprensione. Draco Malfoy era un uomo che voleva disperatamente apparire forte, sprezzante, autoritario, ma che invece nascondeva una fragilità ed una disperazione che solo chi lo conosceva bene poteva sapere. E lei, che dopo anni d'odio era riuscita ad entrare nella sua vita, lo sapeva eccome! E ne era rimasta sbalordita.

Hermione singhiozzò.

Con lui, all'inizio, le era sembrato quasi di avvicinarsi ad una bestia feroce e selvaggia, come un ammaestratore che avanza a piccoli passi per paura di essere sbranato... ma poi, piano piano, col passare del tempo, Draco si era lasciato sfiorare, accarezzare, curare le ferite dell'anima, ed infine, si era fatto domare completamente. Lui, e la sua arroganza.

Era la cosa migliore che Hermione avesse mai fatto in vita sua... anche se tante volte era stata sul punto di rinunciare e di abbandonarlo all'oscurità e alla testardaggine che lo caratterizzava.
Era stato difficile domare il suo orgoglio, ma forse proprio per questo, era stato più bello. L'emozione che l'aveva travolta quando lui l'aveva baciata per la prima volta, timoroso ed impaurito come un ragazzino, l'aveva fatta quasi boccheggiare. E pensare che Draco invece, in quell'occasione, si era scostato dalle sue labbra aspettando che gli arrivasse uno schiaffo dritto dritto in faccia!
Poi, ricordò l'estrema delicatezza che lui aveva usato nel farla sua, senza forzarla, senza rendere tutto troppo banalmente fisico, sprofondando fra le sue cosce in modo gentile, trattenendo visibilmente il bisogno di cedere all'impeto tutto maschile di spingere con foga per darsi piacere.

Ma Hermione aveva capito troppo tardi che certe accortezze, poteva averle soltanto un uomo molto innamorato...

Provò di nuovo a dimenarsi, con l'illusione di riuscire ad opporsi alla violenza che la stava risucchiando nella pagina del libro: ma il bambino maledetto era troppo forte rispetto a lei. E dopo tanto lottare, dovette arrendersi.

L'ultima cosa che pensò prima di affrontare il peggio, fu che aveva perso l'amore della sua vita prima di averlo vissuto sul serio.

Il vero amore deve sempre fare male.
Deve essere doloroso amare qualcuno, doloroso lasciare qualcuno.
Solo allora si ama sinceramente.


Infine, gemette.
E la sua coscienza si abbandonò definitivamente all'oblio, entrando in una sorta di trance, dove tutto era buio, confuso, irreale, e solo la risata lontana di quel bambino malefico rimbombava in fondo al tunnel.

Vita e morte non sono due estremi lontani l’uno dall’altro. Sono come due gambe che camminano insieme, ed entrambe ti appartengono.
In questo stesso istante, stai vivendo e morendo allo stesso tempo. Qualcosa in te muore a ogni istante.
In ogni istante continui a morire, e alla fine morirai davvero.


Ma proprio quando il piccolo Grindelwald fu ad un passo dalla vittoria portandola con sé dentro il suo mondo di tenebre, Hermione sentì una mano afferrarla per la spalla e darle uno strattone violento per farla uscire di lì, riportandola alla vita.

***


Prigione di Azkaban.

"Cinquantasei, cinquantasette, cinquantotto..."
Seduto per terra a gambe incrociate, Draco stava contando per l'ennesima volta le mattonelle del pavimento, quando il rumore metallico di una chiave che veniva infilata nella serratura, lo destò dai suoi deliri personali... deliri che duravano da quattro giorni, e che non gli avevano mai dato tregua.

La guardia carceraria entrò nella cella ignorando il suo sguardo confuso, e disse:
"Prigioniero numero 422. Draco Malfoy. Wiltshire, 5 giugno 1980. E' lei?"

"Ovvio che sono io." Rispose irritato Draco, mentre faceva leva con le braccia e si rimetteva dignitosamente in piedi.

"Mi segua!"

"E per quale motivo?" Aggiunse lui con aria di sufficienza, ma nascondendo nello stesso momento un pizzico di timore. E se avessero avuto il proposito di ingannarlo, facendogli confessare cose non vere? E se avessero avuto invece intenzione di torturarlo? O di farlo baciare da un dissennatore?
No, impossibile! Queste pratiche non venivano più utilizzate dalla caduta di Voldemort... ragionò poi, rilassandosi impercettibilmente.

"Poche storie, damerino!" Lo redarguì la sentinella, spezzando così il filo dei suoi contorti pensieri. "Deve venire in ufficio a firmare i documenti per la sua scarcerazione. O forse preferisce rimanere ad Azkaban?"

Gli occhi arrossati di stanchezza e nervosismo del giovane mago ebbero un guizzo d'euforia appena captata la parola "scarcerazione". A quel punto, Draco non lo lasciò neanche terminare... scattò fuori dalla cella più veloce di un bolide impazzito.

 
 
***

 

Wallingford, Oxfordshire.

"Hermione! Hermione!"
La luce invase i suoi occhi riportandola bruscamente alla realtà, ed Hermione annaspò in cerca d'aria, come se fosse stata in apnea fin quasi a morirne. Cercò di mettere a fuoco il suo salotto, e si ritrovò seduta per terra a riprendere fiato, mentre la voce di Ron le trapassava le orecchie, ansiosa:
"Che cazzo è successo, per la barba di Merlino?"

Lei non riuscì a rispondere, il suo torace ancora si alzava ed abbassava in cerca d'ossigeno, ed il cuore le martellava in petto per la paura. L'amico invece, pallido più di lei, continuò a parlare con aria incredula:
"Quel libro ti stava risucchiando, dannazione! Sono arrivato appena in tempo, lo sai?!"

La giovane, seppur tremando da capo a piedi, provò ad alzarsi: "Oh... Ron!" E crollò subito dopo fra le sue braccia, ringraziandolo con frasi sconnesse e piangendo a dirotto.

Fu così che li trovò Harry Potter un minuto dopo, quando spalancò la porta con agitazione, nella speranza di trovare Hermione sana e salva.


 
***
 

Prigione di Azkaban.

"Questa è sua, signor Malfoy!"

La guardia carceraria, dopo avergli fatto firmare diversi documenti, gli riconsegnò definitivamente la bacchetta, decretando così la fine di un incubo... e Draco, con le narici dilatate dalla soddisfazione, l'impugnò riassaporando finalmente, dopo quattro lunghissimi giorni, le naturali vibrazioni magiche che si sprigionavano dal suo corpo, che lo attraversavano in ogni sua terminazione nervosa, e che finivano per convergere in quel sottile bastoncino fatto di biancospino e crine di unicorno.

"Ora il custode lo accompagnerà all'uscita, ed una una volta superato il cancello della prigione, potrà smaterializzarsi senza problemi. Tutto chiaro?" Aggiunse la guardia, in tono meccanico, lasciando trapelare la noia di quelle procedure standard, che lui e i suoi colleghi di Azkaban applicavano tutti i santi giorni con ogni prigioniero in uscita.

Al che, Draco sollevò gli occhi freddi dalla sua fidata bacchetta, allontanando dalla mente la sofferenza di quei giorni, vissuti come un mediocre babbano costretto a rifarsi il letto senza la magia... ed annuì brevemente, replicando con voce bassa e secca:
"Tutto perfettamente chiaro, signor carceriere!"

Poi, si allontanò con il suo ineguagliabile portamento aristocratico, voltandosi indietro solo un'ultima volta, per rivolgersi così alla guardia:
"Si presume che adesso dovrei dirle arrivederci, giusto? Ma non credo sia il saluto più appropriato, visto che per rivederla ancora, dovrei finire di nuovo qui dentro! E non è certo nelle mie intenzioni tornare a soggiornare in questa topaia! Quindi... addio."

Senza aspettare una risposta, Draco riprese il suo cammino, pensando già ad altre faccende... ed ovviamente, non si lasciò affatto guidare verso l'uscita dal custode, ma vi si diresse da solo, a causa di quell'orgoglio incrollabile che lo spingeva a non accettare mai l'aiuto di nessuno.
La sua mente intanto, aveva iniziato a correre verso mete che, finalmente, era certo non fossero più così irragiungibili come una volta. Allora, sorrise speranzoso e, non appena mise piede all'aria aperta, inspirò a pieni polmoni, preparandosi alla smaterializzazione.

Draco aveva deciso che non sarebbe tornato a casa sua, nel Wiltshire... o per lo meno non l'avrebbe fatto subito! In realtà, aveva una cosa da fare che reputava molto più urgente di tutto il resto.

Al primo posto nella scala delle sue priorità personali infatti, ora c'era una donna...

Hermione Granger.

Quegli interminabili giorni rinchiuso dentro una cella soffocante, gli avevano dato modo di comprendere ed arrendersi definitivamente all'amore che provava per lei. Dopo tanto dannarsi, Draco era riuscito ad accettare il fatto ineluttabile che quel sentimento prepotente si era insinuato dentro la sua anima nera, e che l'aveva cambiato.
Hermione era diventata il motivo più profondo per cui doveva andare avanti, e Draco giurò a se stesso che non avrebbe più dubitato di ciò. Mai. In nessun'altra occasione.

Da adesso in poi, lei sarebbe venuta prima di ogni altra cosa. Sempre.

***
 

Wallingford, Oxfordshire.

"U-Un momento... quindi... quindi mi state dicendo c-che il bambino maledetto del quadro, è Grindelwald?"

Piagnucolò Ron, terrorizzato dalla prospettiva che il mago oscuro più potente del secolo dopo Lord Voldemort, praticamente non fosse morto.

Hermione però prese a scuotere il capo, per tranquillizzarlo un po': "No, Ron! Non è proprio così!"

Tutti e tre i maghi si trovavano seduti intorno al tavolo della cucina di casa Granger, e stavano ragionando sull'accaduto per trovare possibili soluzioni. Era già passata un'ora da quando Ron aveva strappato per miracolo la sua amica dalle grinfie del piccolo demone che, come aveva presagito Harry tempo prima, aveva aspettato soltanto un'occasione più favorevole per attaccare di nuovo.

Hermione, per fortuna, si era ripresa subito dall'attacco, ed in quel momento stava sorseggiando della camomilla calda per placare i nervi, mentre il libro che conteneva la foto incriminata, era stato legato per sicurezza con delle cinghie di cuoio ben strette, tanto da farlo somigliare a "mostro dei mostri", il manuale di cura delle creature magiche che quello svitato di Hagrid aveva imposto a scuola per le sue lezioni.
Fu proprio lei ad intervenire nella discussione per cercare di spiegare a Ron come stavano le cose. E a conferma del fatto che stesse bene, iniziò a parlare con la sua solita aria da maestrina a cui piace sentirsi più istruita degli altri:
"Il bambino non è l'anima di Grindelwald che continua a sopravvivere alla sua morte, Ron! Tranquillo. Ma il fatto è che... è un po' difficile da spiegare, ecco!"

La giovane strega bevve l'ultimo sorso di bevanda, poggiò la tazza sul tavolo, e poi riprese guardando entrambi i suoi amici con determinazione e sicurezza:
"Io penso che le cose siano andate così, ascoltate... Grindelwald era stato arrestato nel 1945, subito dopo il suo epico scontro con il professor Silente. Quindi, nel 1972 lui era già chiuso a Nurmengard da ben ventisette anni! Probabilmente cercava un modo per evadere mentalmente da tutta quella noia. Grindelwald è stato un mago oscuro potentissimo, non dimentichiamocelo! Forse è riuscito a conservare un po' di magia nonostante la potenza degli incantesimi neutralizzanti del carcere, e così ha dipinto il quadro allo scopo di utilizzarlo come portale verso lo spazio fittizio che c'è oltre di esso. Il posto in cui è morta Pepper, praticamente!"

Ron la guardò dubbioso, e sollevò una domanda che forse poteva sembrare scontata, ma non lo era affatto:
"Sì, ma... per quale motivo secondo te, ha creato quella specie di spazio oscuro?"

Hermione si alzò dalla sedia, depositò la tazza dentro il lavandino e tornò a sedersi incrociando le braccia al petto:
"Presumo vi si rifugiasse per parlare con gli spiriti, ma soprattutto per alleggerire la mente! Ed il compito che aveva il bambino maledetto, era semplicemente quello di fargli da guardia, avvisandolo quando le sentinelle passavano davanti la cella per il giro di ronda. Il problema è che Grindelwald, per dargli vita, credo abbia utilizzato la magia oscura, combinata al suo sangue. Un mix potente, ma sempre molto imprevedibile, che ha scatenato più tardi una serie di eventi che egli non è riuscito a gestire."

Harry, nel frattempo, si tolse gli occhiali per strofinarsi gli occhi stanchi e passarsi le mani sul viso. A grandi linee aveva capito tutto ciò che Hermione aveva spiegato ma, la certezza di sapere perfettamente come si erano svolti i fatti, non lo avrebbe comunque aiutato a trovare più velocemente il modo di distruggere il quadro... In ogni caso, tornò ad ascoltare con attenzione le dettagliate spiegazioni di Hermione, che aveva continuato a parlare senza fermarsi:
"La somiglianza impressionante fra i due è dovuta semplicemente al fatto che Grindelwald ha dipinto il piccolo guardiano a sua immagine! Credo quindi che il demone sia soltanto una sorta proiezione, del suo creatore! Non so se mi spiego..."

Ron, che era più perplesso che mai, gettò un'occhiata fugace ad Harry, ma appena lo vide annuire in segno di comprensione, si arrese alla sua scarsa sagagia, e poggiò la fronte sul tavolo scuotendo il capo:
"No! Io non ci sto capendo niente, a dire il vero. Scusa Hermione eh, però... se come tu affermi, il bambino maledetto non è l'anima vera e propria di Grindelwald ma solo la sua immagine proiettata su una tela... mi spieghi come ha fatto a prendere vita uscendo fuori dal quadro per perseguitare la gente?"

Hermione lo guardò pazientemente, e non riuscì a contenere la piccola risata che le salì alle labbra vedendo l'espressione stralunata del suo amico. Allora si lasciò andare ad una sghignazzata innocente tanto per alleggerire la tensione, e quando si riprese, iniziò a spiegargli con calma:
"Purtroppo possiamo fare solo ipotesi, Ron! Ma sono abbastanza sicura che il bambino maledetto si sia nutrito dell'energia mentale di Grindelwald, approfittando dei momenti in cui egli si rifugiava dentro la tela! Era successa la stessa cosa anche a Draco, quando vi era entrato per cercare l'anima di Damocles Belby! Solo che io, allora, avevo pensavo che fosse il quadro stesso ad assorbire tutta la vitalità delle persone che vi entravano in contatto, invece... era proprio il bambino, a far perdere il senno ai malcapitati!"

Ron si illuminò per un istante, e fermò le spiegazioni dell'amica per dirle, tutto ringalluzzito dalla comprensione:
"Un momento! E' per questo motivo dunque, che quando Pepper è morta, quell'idiota del tuo ragazzo è uscito dal quadro che sembrava più cerebroleso del normale!?"

Hermione lo guardò storto ed arrossì di stizza, senza farsi sfuggire la replica piccata che le passò per la mente: "Ah sì?! Veramente ci sarebbe da indire una gara, per stabilire chi è il più cerebroleso fra voi due, Ronald!"

E mentre il giovane Weasley perdeva tempo a rigirarsi la bacchetta fra le mani per nascondere il disagio, la sua amica riprese il filo del discorso con una punta di irritazione nella voce:

"Comunque... stavo dicendo che il piccolo demone ha assorbito gli ideali raccapriccianti di Grindelwald, la sua cattiveria, il suo modo di fare. Così, è diventato sempre più forte ed autonomo, fino al punto di trasformarsi in un essere perfettamente indipendente, ma soprattutto in grado di muoversi a suo piacimento. Poi, quando Grindelwald si è accorto della pericolosità della sua stessa creazione, se n'è disfatto! Da quel momento, il quadro ha cominciato a vagare per l'Inghilterra fino a giungere a noi, che l'abbiamo intrappolato al Ministero chiudendo il cerchio."

Ron divenne verde per l'orrore: "Per tutte le acromantule della foresta proibita! E come facciamo a far fuori questo parassita demoniaco, dannazione?"

Harry, che stava ragionando fra sé e sé già da qualche minuto, intervenì pensieroso:
"Quando Grindelwald se n'è disfatto, il bambino maledetto si è divertito a terrorizzare tutte le persone che lo hanno posseduto. E' per questo motivo che ha dato il tormento anche a Malfoy? O c'è dell'altro?"

"Sì, Harry!" Gli rispose Hermione che, a malincuore, dovette aggiungere: "C'è dell'altro. Il piccolo demone, avendo assorbito gli ideali del suo creatore, ha ritenuto Draco colpevole di aver tradito gli ideali di sangue a causa mia! La situazione poi, è peggiorata ancora di più quando non abbiamo accettato di pagare il pegno che egli richiedeva per farci uscire dal quadro, quella volta in cui vi siamo entrati."

L'Auror aggrottò le sopraciglia, domandando: "E qual era questo pegno?"

"Una vita umana, Harry! Lui affermava che dovevamo ricambiare il favore che ci aveva fatto permettendoci di parlare con l'anima di Belby. Praticamente dovevo lasciare Draco lì dentro... o rimanere io stessa. Invece, siamo riusciti a scappare, ed il bambino si è preso Pepper per dispetto. Evidentemente però, non gli è bastato. Ed ha continuato a perseguitarci."

Infine, si coprì il viso con le mani ed esclamò, demoralizzata:
"Lui vuole me, Harry! O Draco. Altrimenti non ci darà mai pace."

Seguì un lungo periodo di silenzio: nessuno sapeva più cosa dire. Il fatto era che distruggere quell'oggetto maledetto e il demone che lo abitava, si era rivelato impossibile. Hermione ed Harry, nello stesso istante, quasi si leggessero nella mente, pensarono a tutti i tentativi infruttuosi fatti da Draco Malfoy per disfarsene. E la consapevolezza che egli non ci fosse mai riuscito, li lasciò decisamente atterriti.

A distrarli da quel momento di tetra riflessione, fu un rumore intenso e fastidioso, come... come di cibo sgranocchiato! Che scoprirono provenire dalla bocca piena di Ron.

Quando sollevarono lo sguardo su di lui infatti, lo beccarono con un biscotto in mano e l'aria colpevole.

"Beh? Non posso mangiare?! Avevo fame!" Si giustificò il rosso, ingurgitandone un altro. Poi, una volta liberata la bocca dall'ultimo biscotto, spezzò l'atmosfera tesa dicendo:
"Io vorrei sapere una cosa, comunque!"

Hermione sollevò un sopracciglio: "Cosa vuoi sapere, Ron?"

"Perché il piccolo demone è diventato un Obscurus?"

L'amica sospirò, mettendo su un'espressione di rinuncia totale:
"Se tu a scuola avessi studiato, invece di correre dietro a Lavanda Brown, ora non mi avresti fatto una domanda simile, Ronald!"

Il ragazzo ruotò gli occhi al cielo, poi guardò Harry, fiducioso di trovare qualcuno che lo spalleggiasse, memore dei risultati disastrosi che condividevano ad ogni compito in classe, e gli chiese:
"Tu lo sai?!"

Il cognato però, dopo un breve attimo di incertezza, ammise:
"A dire il vero, sì... l'ho studiato al corso per Auror qualche anno fa!"

La faccia delusa di Ron fu ineguagliabile, come ineguagliabile fu quella trionfante di Hermione, che prese a ripetere meccanicamente le parole di un vecchio libro:
"Un Obscurus è la manifestazione della magia repressa in un bambino, e viene creato quando il bambino stesso tenta di soffocare il proprio talento, o quando viene costretto a farlo per altri motivi. La dimensione e la forza dell'Obscurus però, dipendono dalle emozioni negative provate, e dalla magia innata di chi lo ha creato. Più essa è potente, più potente sarà anche l'Obscurus."

Ron nascose abilmente una smorfia di scherno, per il tono da professoressa McGonagall che l'amica aveva usato, ed infilò una mano nel barattolo dei biscotti, trovandola desolatamente vuota.

"Quindi fammi capire, Hermione! Lui è diventato un Obscurus perché oppresso? E da cosa, scusa? E' a dir poco ridicolo, miseriaccia! Dovrebbero essere le sue povere vittime a sentirsi oppresse da lui, non il contrario!"

Fu Harry però a rispondergli, stavolta: "Io penso che lui abbia generato l'Obscurus dopo essere stato rinchiuso al Ministero! E' stato in seguito ad allora, infatti, che si sono verificate tutte quelle apparizioni in giro per la Gran Bretagna. Probabilmente la sua potenza, dentro l'Ufficio Misteri, era repressa al punto da dar vita alla creatura senza neppure volerlo davvero e, da quel momento, ha cominciato a vagare libero, tornando negli stessi luoghi e nelle stesse case in cui ha sostato il quadro... ovvero il Norfolk, l'Hertfordshire, il Surrey, la Scozia, ed anche il Wiltshire!"

Hermione annuiva ad ogni parola con fermezza e, per concludere, aggiunse:
"Precisamente, Harry! Il suo istinto infatti, è quello di ritornare nei posti in cui ha vissuto, in particolar modo a Malfoy Manor, dove è convinto di avere ancora un conto in sospeso con il proprietario..."

Improvvisamente però, il suono insistente e penetrante del campanello, interruppe il ragionamento, ed i tre ragazzi, ancora seduti intorno al tavolo della cucina, si guardarono un attimo perplessi, domandandosi chi diavolo potesse essere a quell'ora.

"Vai tu, Ron!" Gli fece cenno Hermione, svogliatamente.
L'amico, stupefatto, si puntò il dito al petto e rispose: "Io??? E perché? Sei tu la padrona di casa!"

"Dai, Ron! Non mi va!"

"Non capisco perché tutte le cose più idiote devo sempre farle io!"

Borbottò lui e, detto ciò, si alzò dalla sedia consapevole che mettersi a bisticciare con Hermione Granger era sempre una battaglia era persa in partenza.

Naturalmente, Ron percorse tutto il corridoio lamentandosi e sbuffando come l'espresso per Hogwarts pronto alla partenza... ma quando aprì il portone, si ritrovò a sollevare un sopracciglio, realizzando che le rogne di una giornata partita male potevano davvero essere infinite!
Sull'uscio di casa Granger infatti, si stagliava Draco Malfoy, fresco fresco di Azkaban, e con l'espressione più antipatica che mai!




Continua...








"Il vero amore deve sempre fare male.
Deve essere doloroso amare qualcuno, doloroso lasciare qualcuno.
Solo allora si ama sinceramente."
Madre teresa di calcutta


"Vita e morte non sono due estremi lontani l’uno dall’altro. Sono come due gambe che camminano insieme, ed entrambe ti appartengono.
In questo stesso istante, stai vivendo e morendo allo stesso tempo. Qualcosa in te muore a ogni istante.
In ogni istante continui a morire, e alla fine morirai davvero."
Osho

 

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Capitolo 19
*** Puffole pigmee e gufi postini ***


Capitolo 19
-Puffole pigmee e gufi postini-


 

Wallingford, Oxfordshire.

Nel mondo magico e babbano, si era sempre detto che la gelosia era il peggiore dei mali, perché esso era l'unico sentimento contro il quale era impossibile combattere.
La gelosia rende ciechi, irrazionali, rabbiosi. E Draco Malfoy lo sapeva bene, perché da quando aveva scoperto l'amore vero, aveva pure dovuto fare i conti con il suo più grande difetto: l'egoismo.

Draco, fino a quel momento, si era sempre considerato il padrone indiscusso di tutto ciò che possedeva, senza dubitare mai della correttezza di queste convinzioni; quasi come un re che detiene il potere per grazia divina, e che stabilisce la sorte di ogni suo povero suddito. Ma ora che Hermione Granger era entrata prepotentemente nella sua vita, Draco poteva considerare anche lei come una sua proprietà alla stregua di un elfo domestico?
Non ne aveva idea... lui in fondo, non aveva mai avuto crucci simili fino ad allora! Non gli era mai capitato, prima, di considerare una donna come una parte di sé, e della sua anima.
Queste erano sensazioni nuove e devastanti, per Draco Malfoy. Così inaspettate, che si era reso conto di dover ancora imparare a gestirle, e pure a contenere la possessività furiosa che lo animava, ogni volta che qualcuno si avvicinava troppo a colei che reputava di suo esclusivo dominio.

Infatti, appena l'uscio di casa Granger si era spalancato e di fronte ai suoi occhi stanchi era apparso Ronald Weasley, la mente di Draco -corrotta dai troppi anni d'odio e sospetto- aveva iniziato a fare strane congetture, alimentate dai vaghi ricordi del brevissimo ed adolescenziale flirt che LEI aveva avuto con il suo amico grifondoro.

"Chi si rivede!"
Fu Ron a spezzare la tensione nervosa, e lo fece con un tono di profondo tedio.

"Che cazzo ci fai tu qui?" Gli rispose invece Draco, rabbiosamente.

Il ragazzo con le lentiggini sollevò un sopracciglio, ma si limitò solo ad osservare attentamente l'uomo biondo che si stagliava sull'uscio. E da quell'esame si accorse che egli era più pallido e dimesso che mai, aveva gli occhi venati di rosso, la barba ricresciuta, ed il suo aspetto era sciatto, forse a causa dei giorni passati ad Azkaban, anche se l'aria fiera ed arrogante che aveva stampata in faccia non l'aveva abbadonato affatto.

"Ehi... calmati, Malfoy! Non farti venire strane idee. Non è come credi!"

Si affrettò a ribattere Ron che, in un raro momento di perspicacia, aveva capito subito le contorte deduzioni di quell'ex mangiamorte.

Si scrutarono qualche secondo, Draco Malfoy con ancora una certa diffidenza ad animarlo, e Ron Weasley invece, con la rassegnazione di chi sa che il soggetto è irrecuperabile.

"EHI RON!!! MA SI PUO' SAPERE CHI E'?"

Gridò Hermione dalla cucina, facendoli sobbalzare entrambi impercettibilmente, e mettendo fine a quello scambio intimidatorio di sguardi.

Poi, sogghignando in direzione di Malfoy, Ron alzò la voce per farsi sentire, e con l'espressione perfida, disse:

"E' il solito scocciatore che vende gli aspirapolveri, Hermione! Devo mandarlo via?"

Si sentì la ragazza sbraitare di rimando: "Ooh santo Merlino! Questi venditori porta a porta sono di un'invadenza ineguagliabile! Gli ho sbattuto la porta in faccia l'altro ieri, maledizione!"

Ron ridacchiò apertamente e Malfoy lo fulminò, sussurrandogli: "Che imbecille che sei!"

Dopodiché, Draco entrò in casa scansando poco garbatamente il ragazzo, e si diresse in cucina con un'agitazione folle nel cuore e la timida speranza che finalmente fra lui ed Hermione sarebbe andato tutto a posto.

 
***


Wiltshire, Inghilterra.

Da quando Lord Voldemort, nel lontano maggio del 1998, aveva abbandonato definitivamente questo mondo per mano di Harry Potter, i giornali magici non avevano più trovato niente di davvero serio, o almeno minimamente interessante, da far leggere ai propri lettori...

Questo stava pensando Lucius Malfoy con l'espressione indispettita, mentre sfogliava nervosamente La Gazzetta del Profeta nel suo salottino privato.

Erano undici lunghi anni, che i quotidiani magici parlavano di scandali e gossip da due falci tanto per riempire le consuete venti pagine, corredate da foto animate dove i soggetti ritratti rientravano da serate all'insegna del Whisky incendiario, o dove qualche mago in ristrettezze economiche veniva sfrattato dal suo appartamento ad Hogsmade. Sempre se a tutte quelle stronzate poi, non vi si aggiungeva il solito trafiletto puntualmente pubblicato ogni primo settembre, e messo lì per informare la comunità che ad Hogwarts era stato cambiato -come fosse una novità- l'ennesimo professore di difesa contro le arti oscure.

In quelle lunghe stagioni di magra editoriale perciò, l'improvviso, sconvolgente, e soprattutto tormentato amore tra suo figlio e l'eroina del mondo magico Hermione Granger, aveva rappresentato per la stampa l'evento più succulento degli ultimi deprimenti anni, come un tanto atteso temporale dopo mesi di siccità.
Dal primo giorno in cui li avevano scorti insieme infatti, i giornalisti si erano scatenati peggio delle tifoserie di Quiddich all'ultima giornata di campionato; ed anche se all'inizio Lucius aveva odiato con tutta l'anima il fatto di ritrovarsi quella giovane strega dentro casa, convinto che quell'unione fosse un sacrilegio, cominciava ad essere stufo perfino lui di tutte le malignità che scrivevano i quotidiani! In fondo, si trattava pur sempre di suo figlio e della donna che si era scelto come compagna, dannazione! C'era un limite a tutto.

A dispetto di ciò che aveva pensato in passato della loro relazione oscena poi, Lucius si era accorto da tempo, purtroppo, che quei due si amavano per davvero: l'aveva visto dalla disperazione di Draco negli ultimi mesi, e l'aveva visto negli occhi angosciati di Hermione Granger, quando era corsa alla villa per chidere l'aiuto suo e di Narcissa nella speranza di salvare Draco dal piccolo demone che lo tormentava.
E allora si era dovuto arrendere definitivamente, iniziando subito ad immaginarsi -da perfetto masochista- il futuro, per prepararsi psicologicamente ad esso, ed evitare così di farsi prendere un colpo apoplettico nel momento in cui il suo sontuoso maniero sarebbe andato di diritto in eredità ad una nata babbana! O di farsi prendere un infarto fulminante all'idea di avere per nipoti tanti piccoli odiosi mezzosangue grifondoro.

Mentre ragionava silenziosamente su questi fatti, Lucius aveva continuato a sfogliare il giornale, e ad un certo punto si stupì, rendendosi conto che, per una volta, il nome di suo figlio non era spuntato fuori per essere calunniato come al solito!
Perché ahimè... Lucius aveva perso il conto, delle volte in cui avevano accusato Draco di aver circuito Hermione Granger per ripulirsi la fedina penale, o di essersi accordato con lei per un matrimonio di convenienza che avrebbe fatto dimenticare le origini babbane della giovane e avrebbe dato a lui la possibilità di scalare i vertici delle istituzioni magiche fino, magari, alla poltrona da Primo Ministro!

Quante stronzate, per Merlino!

Purtroppo però, il signor Malfoy non aveva ancora imparato che non bisognava mai cantare vittoria troppo presto. Giunto alla dodicesima pagina della Gazzetta del Profeta infatti, vide un articolo fare bella mostra di sé sull'intero foglio...
Con una smorfia esasperata allora, ruotò gli occhi al soffitto, ed iniziò a leggere:

Le fiamme inghiottono i progetti ed i manufatti segreti del nono livello!
Un grave incidente è avvenuto quattro giorni fa al nono livello del Ministero della Magia. L'ufficio Misteri ha preso fuoco mandando nel caos tutti i dipendenti che, per fortuna, sono riusciti a domare le fiamme e a limitare i danni. Voci di corridoio affermano che nella faccenda sia implicato Draco Malfoy, che per una sospetta coincidenza si trovava proprio lì quando l'incendio è divampato.
Il Primo Ministro però, con un comunicato ufficiale, ha smentito immediatamente le illazioni, rilasciando alla stampa una dettagliata spiegazione degli eventi, che sembrerebbero essersi verificati a causa di una scintilla, generata da una pozione lasciata incustodita! Secondo Kingsley Shacklebolt la presenza del giovane erede della famiglia Malfoy nei pressi dell'ufficio, era dovuta ad un'altra questione, non meglio specificata.
Il dubbio che sorge è il seguente: stanno provando ad insabbiare la verità, o le cose stanno davvero così?

 
Edmund Barkley, La Gazzetta del Profeta.
 

Lucius chiuse di scatto il giornale, lo gettò nel caminetto ed uscì dal salotto borbottando chiaramente un:
"Ma andate a farvi fottere, giornalisti del cazzo!"


 
***


Wallingford, Oxfordshire.

Quando Draco entrò in cucina, intimamente terrorizzato all'idea che Hermione non lo volesse più nella sua vita, lo fece con fatica, ormai fin troppo provato dai quattro giorni passati ad Azkaban senza dormire né mangiare decentemente. Eppure, quando i suoi occhi penetranti incrociarono quelli caldi di lei... per un secondo, un solo secondo, Draco credette di non sentire più la stanchezza, il dolore, o la fame. Solo un calore in mezzo al petto, che da lì si irradiava in ogni parte del corpo facendolo sentire più vivo che mai.

La guardò intensamente, racchiudendo in quello sguardo tante cose che sicuramente non le avrebbe detto per colpa di quella timidezza orgogliosa di cui non riusciva a liberarsi ma, in compenso, sorrise...
Fu un sorriso impacciato, appena visibile, che però voleva dirle chiaramente: Eccomi. Sono tornato! E l'ho fatto per te. E solo a te ho pensato finora, giorno e notte. Come un chiodo fisso.

Dubita che le stelle siano fuoco,
dubita che il sole si muova,
dubita che la verità sia mentitrice: ma non dubitare mai del mio amore.


Hermione era rimasta paralizzata dalla sorpresa quando l'aveva visto stagliarsi sulla porta della sua cucina, e non era riuscita a dire nulla, se non il suo nome in un sussurro emozionato:

"Draco..."

Si era alzata dalla sedia e con gli occhi lucidi di commozione gli si era avvicinata piano, quasi non credendo alla sua reale presenza.

Quei quattro giorni erano stati un inferno pure per lei, che non era riuscita un solo, fottuto secondo, a togliersi il pensiero di Draco dalla testa; tutte le notti si era rigirata nel letto con il desiderio di stringerlo a sé e sussurrargli parole tranquillizzanti sperando, come la più folle delle creature innamorate, che i suoi pensieri potessero arrivargli, nello stesso modo che raccontavano i romanzi d'amore di fine ottocento; e placargli così tutte le ansie, le paure, le inquietudini. Hermione aveva perfino pianto stringendo i pugni sul cuscino, dandosi dell'idiota tante volte quanti erano i libri che aveva letto in vita sua, per averlo allontanato da sé.
La verità era che lei non poteva più fare a meno di quell'uomo! Che non riusciva più a dormire, senza di lui! Che aveva perso la felicità, da quando lui non era più con lei. Ma nonostante ciò, aveva continuato a fargli del male, lasciandolo solo proprio quando aveva avuto più bisogno di avere accanto chi lo amava. Stupida.

Quattro giorni strazianti... in cui la preoccupazione di saperlo in carcere, si era aggiunta alla paura di averlo perso, stavolta per sempre.

Eppure...
Draco era uscito da Azkaban, ed era andato da lei.

Tutti gli atroci dubbi che l'avevano dilaniata allora, svanirono per magia, perché lui era di nuovo davanti ai suoi occhi. Libero.
LEI era stato il suo primo pensiero.

Ti amo! Ti amo da impazzire, Hermione. E scusa... scusa se quel giorno lontano, alla villa, non sono riuscito a dirtelo, ma il fatto è sono così tremendamente orgoglioso che rovino sempre tutto!

Fu ricordando quelle parole che Hermione capì, una volta per tutte, che Draco doveva amarla davvero tanto...

Di qualunque cosa le nostre anime siano fatte,
la mia e la tua sono fatte della stessa cosa.


Un'emozione violenta la travolse da capo a piedi lasciandola quasi senza respiro, e giurò a se stessa che non avrebbe più dubitato di lui.
Mai più.
Sollevò gli angoli delle labbra in un piccolo sorriso, Hermione, e poggiò delicatamente una mano sul petto di Draco, incredula, assaporando il calore che si sprigionava dalla pelle di lui, il guizzo dei suoi muscoli tesi, il battito frenetico del cuore... come per scacciare dalla mente il timore che la sua presenza in casa sua fosse solo un sogno.

Rimasero così per diversi secondi, a guardarsi l'un l'altra senza parlare, ma con gli occhi così innamorati, che stavolta se ne sarebbero accorti perfino i ciechi... Poi, Draco le accarezzò una gota facendola sospirare. Hermione si ritrovò a socchiudere le palpebre sotto il suo tocco delicato, e a piegare il viso verso la sua mano, per baciargli piano il palmo aperto.
Sembrava un'azione banale, un gesto qualunque, ma per loro due, sempre così pronti a darsi battaglia e a ricadere nell'odio, era una cosa estrememente intima. E preziosa.

Amami o odiami, entrambi sono in mio favore.
Se mi ami sarò sempre nel tuo cuore.
Se mi odi sarò sempre nella tua mente.


Ed anche se erano entrambi troppo riservati per le plateali dimostrazioni d'affetto di fronte ad altri... per una volta, Draco non riuscì ad impedirsi di afferrare delicatamente Hermione per la nuca, e spingerla ad appoggiarsi contro il suo petto per bearsi del contatto con il suo corpo, del suo respiro delizioso sul collo, dei suoi capelli morbidi a solleticargli le spalle.
Non osarono di più, a parte quel piccolo ma intenso contatto: lei era troppo emozionata, e lui troppo provato dalla prigionia. C'erano cose che avevano voglia, e soprattutto BISOGNO di fare, che non potevano esser fatte dinanzi ad altri, purtroppo...
Trattennero perciò a stento il bisogno furioso di toccarsi, leccarsi, stringersi spasmodicamente, e Draco si limitò a baciarle la fronte, lasciando qualche secondo le sue labbra a contatto con la pelle tiepida di Hermione, mentre lei gli sussurrava, in tono preoccupato:

"Sei stanco, vero?"

Lui annuì, sospirando e tenendosela vicina.
Poi la lasciò andare, tornando a vestire l'espressione seria di sempre, nel frattempo che Harry e Ron borbottavano fra loro a bassa voce, quasi stessero litigando...

"Falla finita, Ron!" Stava bisbigliando l'Auror, mentre il cognato mimava conati di vomito per via delle smancerie che aveva appena visto.

Prima che il rischio di farsi scoprire divenisse pericolosamente reale, Harry dovette tirargli da sotto il tavolo un calcio nello stinco, e Ron soffocò un'imprecazione oscena proprio mentre Draco si girava a guardarli con le sopracciglia aggrottate.

"Bentornato, Malfoy!" Si affrettò a dire il Capo Auror con la voce squillante ed un sorriso falsissimo. Quest'ultimo lo guardò diffidente, dopo però rilassò l'espressione sospettosa, e disse:

"Grazie, Potter. So che sei stato tu a convincere il Primo ministro a scarcerarmi."

"Non c'è di che. Anche se credo non ci sia bisogno di specificarti che l'ho fatto per Hermione."

"Ovviamente." Gli rispose Draco, senza particolari espressioni.

Quando la sorpresa iniziale ed i convenevoli del caso si spensero, Harry raccontò brevemente a Malfoy cosa era successo con il libro e la fotografia di Grindelwald, ed Hermione si strinse nelle spalle, aspettando la sua reazione furiosa, sicura che l'avrebbe rimproverata aspramente per aver agito di testa sua, e soprattutto da sola... rischiando la vita.
Pochi istanti dopo infatti, gli occhi gelidi di Draco si posarono sulla sua figura quasi a volerla fulminare, ed Hermione abbassò lo sguardo, colpevole.
Ma proprio mentre lui apriva la bocca per sputare fuori ciò che gli premeva di puntualizzare, la voce di Ron si intromise provvidenzialmente:

"Ehmm... scusate! I-Io vorrei tanto continuare a parlare dell'Obscurus, del quadro, di Grindelwald, del bambino e di tutto quello che vi pare... lo giuro ma... ecco... è che... è quasi ora di cena, e io sto morendo di fame!"

Dopodiché, guardò la sua amica con l'espressione implorante: "Hermione, perdonami! Ma io devo urgentemente mettere qualcosa sotto i denti, altrimenti potrei cominciare a confondere puffole pigmee con gufi postini, perciò... o mi inviti a restare, o bisognerà rimandare la discussione a domani!"

E Ron sfoderò un sorriso smagliante, facendo cascare le braccia ad Harry, irritare Malfoy e ridere Hermione, per via della sua eterna sincerità da bambino troppo cresciuto.


 
***
 

Grimmauld Place, Londra. Qualche ora dopo.

Era freddo, quella sera. Ma d'altronde... Londra era sempre fredda! Il freddo inglese entrava nelle ossa e gelava perfino il respiro. Gli inverni, in Inghilterra, davano l'impressione di essere esageratamente lunghi rispetto agli altri posti d'Europa, forse a causa di quel famoso clima instabile e piovoso, unico nel suo genere. Da circa un mese però, aveva smesso di nevicare, e questo era già un grande passo avanti verso temperature più miti...

"Quando diamine si deciderà ad arrivare la primavera?!" Sbuffò infatti Ron, mentre camminava lungo il marciapiede che portava verso casa Potter.

"Siamo ancora a febbraio, Ron! Cosa pretendi? Che sboccino i fiori ed arrivino le rondini?" Gli rispose Harry, che passeggiava guardando il cielo stellato sopra di loro.

Dopo questo annoiato scambio di battute, rimasero in silenzio per qualche secondo a gustarsi i rumori della notte londinese: i cani che abbaiavano in lontananza, il motore di una macchina che svoltava l'angolo del quartiere residenziale di Grimmauld Place, gli uccelli notturni che vivevano nel piccolo parco attiguo.

Dopo la cena abbondante che aveva preparato Hermione, entrambi avevano preferito farsi una camminata, piuttosto che smaterializzarsi direttamente davanti alle loro abitazioni con due chili di cibo piantati nello stomaco. Erano talmente pieni, che Harry ad un certo punto aveva pensato di levitare dalla sedia di casa Granger come la povera zia Marge quando l'aveva gonfiata involontariamente.

La quiete che si era venuta a creare però, fu spezzata all'improvviso da Ron, che diede voce ad una riflessione che aveva fatto già da qualche ora, e a cui stava ancora rimuginando confuso:

"Harry... hai notato anche tu che Hermione è migliorata molto a cucinare?"

"Eh già!" Rispose suo cognato, che aggiunse subito: "Si è fatta dare anche molte ricette da Ginny!"

"Che strano..." Rifettè l'altro: "Non le era mai interessata la cucina! Cosa cavolo le ha preso all'improvviso?"

Harry però, invece di rispondere, iniziò a ridere sommessamente, senza riuscire a fermarsi.

"Che cazzo hai da ridere?!" Lo rimproverò Ron.

Ma così peggiorò solo la situazione, perché l'Auror iniziò a sganasciarsi apertamente, e ci vollero un paio di minuti prima che riuscisse in qualche modo a riprender fiato, per poter ribattere: "Non è colpa mia Ron, se tu sei un irrimediabile ingenuo!!!" E ricominciò a sghignazzare.

"E perché sarei un ingenuo, scusa?! Che ho detto di così stupido?" Si innervosì.

Harry prese un respiro profondo per calmare definitivamente le risate, e dopo un attimo riuscì a dirgli, quasi seriamente: "Dai su! Pensaci bene Ron..."

Quello aggrottò le sopracciglia, perplesso, ed il cognato fu costretto a spiegarsi:

"Noi uomini siamo molto più felici quando la nostra donna ci prepara una buona cena! Quindi... secondo te perché Hermione vuole improvvisamente imparare a cucinare!?!"

Ron fece altri due passi sul marciapiede, ma poi si fermò improvvisamente, folgorato dalla comprensione... e gli venne naturale stamparsi sulla faccia l'espressione più schifata che poteva assumere. Guardò il suo amico d'infanzia, e frignò come un ragazzino:

"Ooh mio Dio... c'entra Malfoy, vero?! Hermione lo fa per lui!!!"

"Direi proprio di sì! Ci sei arrivato, finalmente!" Annuì Harry, con l'aria divertita.

"Per la barba di Merlino!" Sospirò platealmente Ron. "Tutto questo è assurdo! Cavoli... se me l'avessero detto dieci anni fa, mi sarei impiccato al ramo più robusto del platano picchiatore!"
Poi parve riflettere un attimo, ed aggiunse: "E non escludo che non possa ancora farlo, sia chiaro!"

"Ron..." Sospirò l'altro. "Mi dispiace infierire, ma credo proprio che dovrai abituarti una volta per tutte. Ormai stanno insieme!"

Harry mise le mani in tasca e continuò a passeggiare, riflettendo su qualcosa a cui non aveva mai pensato seriamente, prima. Quando tornò a parlare infatti, lo fece con voce esitante, quasi stesse confabulando fra sé e sé, piuttosto che con Ron:
"E' come se... come se tutto l'odio che si sono riversati addosso in passato, sia stato semplicemente un modo per soffocare altri istinti. Quei due sono sempre stati come calamite, in fondo! Però hanno smesso di respingersi soltanto adesso, e tutto il disprezzo che hanno rabbiosamente accumulato con gli anni, ora lo stanno scaricando come avrebbero dovuto fare fin da subito... amandosi, a quanto pare! Anche Ginny una volta me l'aveva detto, che l'amore e l'odio sono due facce della stessa medaglia, e che quindi era perfettamente naturale che fra loro fosse finita così. Io non le avevo dato ragione all'inizio, e invece..."

Non terminò la frase... continuò piuttosto a camminare in silenzio, mentre Ron borbottava come dieci calderoni in un'aula di pozioni:
"Io lo trovo disgustoso, miseriaccia! Saperli insieme mi provoca lo stesso brivido alla schiena che mi passa se vedo un ragno bello grosso, peloso, e pieno di zampe! E' più forte di me, Harry! Mi viene il voltastomaco quando Malfoy si avvicina a lei per metterle addosso quelle zampacce pallide e viscide!"

Harry però sogghignò malignamente, e zittì il cognato una volta per tutte: "Beh... sarà pure così, ma... non credo che Hermione le trovi tanto viscide!"
Ron lo guardò male, si ficcò le mani nelle tasche del cappotto con uno scatto nervoso, ed allungò il passo, lasciandolo indietro.


 
***
 

Wallingford, Oxfordshire.

A volte, annientare l'immensa e pericolosa potenza di una maledizione, era davvero difficile. Essa sembrava vivere di vita propria, alimentarsi delle paure degli uomini e, fin troppo spesso, finiva per ucciderli senza pietà.
Ma in fondo, si sa... era proprio questo il suo scopo, e quello di chi ne scagliava una!
La magia oscura era un male incurabile, che si era insinuato fra la gente sin dagli albori della civiltà, da quando cioè i primi maghi avevano cominciato a scoprire la loro diversità rispetto ai babbani... e sarebbe esistita finché ad esistere ci sarebbe stata anche la magia onesta, pura, quella degli uomini retti dediti al bene.
Un'altra cosa che tutti sapevano, era che più grande era il maleficio, più forte sarebbe dovuta essere la forza per annullarlo.
Se poi esso veniva fatto da uno dei maghi oscuri più potenti dell'ultimo secolo, allora forse non sarebbero bastati nemmeno tutti gli incantesimi di liberazione conosciuti e tramandati dall'epoca di Salem ad oggi!

Perciò...
Solo un'arma molto, molto potente avrebbe potuto distruggere il quadro maledetto di Grindelwald ed il suo Obscurus!

Hermione rimuginava su questo pensiero esattamente da quando i suoi amici erano andati via, ma nonostante ciò, la soluzione al dilemma era sempre più lontana dal palesarsi allegramente.

Così, dopo aver terminato di lavare i piatti e di riordinare il piano cottura, stanca della pessima giornata, spense la luce della cucina e salì in camera sospirando di sollievo.
Aveva bisogno di dormire. Davvero tanto bisogno. E si ripromise che il modo di annientare il bambino maledetto l'avrebbe trovato un altro giorno.
Arrivò nella sua stanza mentre raccoglieva i capelli in una crocchia disordinata, e si beò, sospirando, del silenzio che vi regnava. Delicatamente poi, tolse le scarpe, si sfilò piano i pantaloni, la camicetta ed il reggiseno. Infine agguantò, al tenue bagliore lunare che filtrava dalle imposte chiuse, una t-shirt comoda, e si ritrovò a sorridere felice, prima di indossarla in tutta fretta.

Quella notte avrebbe dormito bene, lo sapeva con assoluta sicurezza.

Hermione si stampò sulla faccia un'espressione trionfante, quella che hanno tutte le donne quando qualcosa va esattamente come dicono loro... e che, tanto tempo fa, avrebbe fatto imbestialire lo stesso ragazzo che ora invece dormiva tranquillo nel suo letto.
Scostò le coperte e sprimacciò il cuscino, cercando di fare il più piano possibile per non svegliarlo.

Draco quella sera aveva mangiato in fretta, si era fatto una doccia, ed era crollato di stanchezza, reduce dalle notti insonni ad Azkaban. Era talmente esausto che non aveva protestato neanche all'idea di dividere la tavola con Harry e Ron!
Aveva cenato in silenzio, senza alzare gli occhi dal piatto, ma... nei rari momenti in cui l'aveva fatto, era stato SOLO per guardare lei, e con un'intensità tale, che Hermione si era sentita avvolgere da un calore mai provato prima.
In quel muto dialogo, a parlare era stato unicamente il suo sguardo dagli accecanti riflessi grigi, uno sguardo che l'aveva quasi implorata di non mandarlo via, ed Hermione aveva accolto quella silenziosa richiesta come manna dal cielo.

Si intrufolò sotto il piumone in cerca di calore, ascoltando nello stesso tempo il respiro regolare di Draco... che durò poco ovviamente, considerando la sua scarsa delicatezza nel mettersi a letto.

Un paio di secondi dopo infatti, Hermione lo sentì muoversi e borbottare, con la voce impastata dal sonno:
"Sei più goffa di un troll di montagna!"

Lei nascose il piccolo sorriso che le era nato spontaneo dalle labbra, e gli sussurrò piano:
"Scusa!"

A risponderle fu un grugnito incomprensibile accompagnato da qualche attimo di silenzio.

Lo abbracciò, accucciandosi contro il suo petto, poi... lui la avvolse fra le sue braccia, nonostante il sonno bruscamente interrotto, e la chiamò con voce bassa e roca:
"Hermione..."

Draco voleva dirle non sapeva neanche lui cosa. Forse niente, o forse troppe cose per poterle spiegare alle undici di sera, dentro un letto, e con una stanchezza che non gli permetteva neanche di tenere sollevate le palpebre.
Era così sfinito che sembrava essergli passato sopra un branco di ippogrifi, e la cosa più grave era che non riusciva neanche a stringere Hermione con tutta la forza che desiderava metterci.
Avrebbe voluto spiegarle che era stato devastante, starsene chiuso dentro una cella di tre metri per tre a rimuginare sulla sua vita, sui suoi errori, sulle sue personali disgrazie; che anche se non erano nulla quattro giorni rispetto a chi scontava dieci, venti, trent'anni, o addirittura l'ergastolo, a lui erano bastati per fargli capire cosa sarebbe potuto succedergli, se quel marchio nero sul braccio avesse avuto più significato per lui e se, in suo nome, avesse messo in atto più di qualche blanda minaccia di morte ad un vecchio preside!
Voleva dirle che in quei quattro giorni aveva capito di dover apprezzare meglio le piccole cose che possedeva, e di accontentarsi di ciò che Dio, gentilmente, gli concedeva, senza più piangersi addosso per le cose che invece NON aveva. Ed era per questo che, appena uscito, era andato di corsa da lei: perché non voleva più perdersi neanche uno dei suoi sorrisi fantastici, perché non voleva più sprecare l'occasione di farle sapere quanto era diventata importante per lui, perché non voleva più perdere tempo ad allontanarla nella sciocca convinzione di fare la cosa giusta per lei... e perché non voleva passare più nemmeno un giorno, uno solo, senza dirle che l'amava da impazzire.
 
"Hermione, io..."

Ma gli effetti quasi narcotizzanti del sonno prevalsero sulla sua ragione, facendogli perdere il filo logico dei pensieri, e Draco dovette arrendersi.

"Sssh! Dormi, Draco."
Lo interruppe lei, carezzandogli dolcemente una guancia pungente di barba: "Domani parleremo di tutto quello che vorrai, ma ora hai bisogno di riposare, amore mio!"

Di tutto quello che Hermione gli disse però, Draco non capì nulla, ormai di nuovo in stato di dormiveglia; solo due parole la sua mente annebbiata riuscì a percepire chiaramente, mandandogli il cuore in gola:
AMORE MIO.

Fu in quell'istante che il cervello di Draco parve risvegliarsi improvvisamente, anche se lo fece per pochi, brevissimi secondi... secondi che però bastarono per fargli dire qualcosa che riteneva di fondamentale importanza:
"Non scappare di nuovo, Hermione!"

Non lasciarmi ancora da solo a combattere contro gli spettri del mio passato ed il mio carattere di merda. Non andartene senza salutarmi. Non farmi risvegliare senza la tua presenza al fianco, e non toglierti più l'anello che ti ho regalato. Te ne prego.

La giovane aggrottò le sopracciglia confusa, credendo che lui stesse farneticando a causa del sonno. In fondo, perché mai sarebbe dovuta scappare?
Ma poi, lentamente, capì...

E si sentì tremendamente in colpa per ciò che aveva fatto quella volta a villa Malfoy, svignandosela come una codarda mentre lui dormiva.

"No! No che non lo farò Draco!" Si affrettò a tranquillizzarlo, con il cuore traboccante d'amore e gli occhi lucidi di commozione.
Povero amore! C'era stato male, per quello che gli aveva fatto.
Lo baciò più e più volte, stringendogli il volto assonnato fra le mani, ed ignorando la sua stanchezza. Infine aggiunse, un po' timorosa:
"Tu però non lasciarmi mai più!"

Lui spalancò improvvisamente gli occhi a quella richiesta, e nonostante il buio quasi completo in cui era immersa la camera, Hermione potè notare distintamente il luccichio cristallino del suo sguardo.
Draco sembrava aver di colpo perso sonno, come se quella supplica lo avesse indignato.
Lasciarla di nuovo? Non era mica così pazzo!

Errare è umano, ma perseverare è diabolico.

"Io ti amo, Hermione!"
Le disse infatti con l'espressione accorata, e lei capì che non le serviva più nessun'altra rassicurazione per rendere quel momento perfetto. Si avvicinò soltanto al suo orecchio, e gli sussurrò dolcemente:
"Anch'io, Draco. Davvero tanto!"

E si addormentarono con il sorriso sulle labbra, nella speranza che forse, d'ora in poi, tutto sarebbe andato finalmente a posto.




Continua...








Dubita che le stelle siano fuoco,
dubita che il sole si muova,
dubita che la verità sia mentitrice: ma non dubitare mai del mio amore.
-William Shakespeare-

Di qualunque cosa le nostre anime siano fatte,
la mia e la tua sono fatte della stessa cosa.
-Emily Brontë-

Amami o odiami, entrambi sono in mio favore.
Se mi ami sarò sempre nel tuo cuore.
Se mi odi sarò sempre nella tua mente.
-William Shakespeare-


 

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Capitolo 20
*** Tre gocce la mattina, tre la sera ***


Capitolo 20
-Tre gocce la mattina, tre la sera-

 

Wiltshire, Inghilterra.

Degli elfi domestici si potevano dire molte cose, tipo che erano brutti, sporchi, puzzolenti, stupidi ed eccessivamente servili... ma non che non volessero bene ai propri padroni (anche se questi ultimi, il più delle volte, tutto quell'affetto incondizionato non se lo meritavano affatto)!

Quindi... fu proprio per via di questo sciocco attaccamento non ricambiato, che il piccolo Toby fece un salto di un metro abbondante quando sulla soglia del grande portone della villa -neanche fosse mancato da casa dieci anni- vide apparire il suo giovane ed austero padrone:

"Signor Malfoy, Signore! Sono felicissimo, Signore! Lei uscito da Azkaban, finalmente!"
E l'elfo domestico iniziò ad andargli dietro dietro per tutta casa, come un cagnolino fedele in cerca d'attenzioni.
"Ha fame? Le porto del cibo? Vuole da bere?"

Draco, ovviamente, non gli diede molta importanza: era abituato a considerare Toby una specie di oggetto dall'utilità discutibile, come poteva esserlo ad esempio una penna prendi-appunti.

"No..." Gli rispose in tono annoiato. "Dov'è mia madre, piuttosto?" Chiese subito dopo, con lo stesso entusiasmo di un uomo che deve andare ad affrontare un dissennatore affamato.

Il fatto, era che Draco non aveva nessuna voglia di confrontarsi con i suoi genitori: avrebbe preferito di gran lunga restare a casa di Hermione e continuare a dormire in santa pace fino ad almeno mezzogiorno! Ma DOVEVA farlo. Non sarebbe stato carino lasciarli all'oscuro della sua scarcerazione, altrimenti alla ramanzina che avrebbe già dovuto subire per essersi fatto sbattere ad Azkaban, vi si sarebbe aggiunta pure quella del figlio ingrato che li faceva preoccupare inutilmente.

"Lady Narcissa è insieme a Padron Lucius. Sono andati in Somerset, Signore! Nel vostro cottage a Bath." Gli rispose Toby, con aria da elfo estremamente efficiente.

Il giovane Malfoy sollevò un sopracciglio, e pensò che sua madre e suo padre non dovevano essere poi così tanto afflitti, se erano andati a rilassarsi mentre lui diventava isterico dentro una cella ammuffita!

"Che menefreghisti del cazzo..."
Borbottò allora, prima di smaterializzarsi dal maniero, rimpiangendo nello stesso tempo di non esser rimasto a ronfare ancora per qualche ora tra ordinarie lenzuola babbane che sapevano di donna.


 
***


Ministero della Magia, città di Londra.

"SILENZIO!"
Un martelletto colpì più volte il bancone, facendo placare immediatamente il borbottio insistente dell'intera aula giudiziaria.

"Passiamo ai voti!"
Disse Kingsley Shacklebolt, con la sua voce tonante: "Chi di voi è a favore della pena a tre anni di reclusione per la qui presente Jane Darlington, accusata di aver ucciso il marito per un eccesso di legittima difesa a seguito delle numerose Cruciatus subite da quest'ultimo? Vi ricordo che il signor Darlington era già stato denunciato per maltrattamenti altre nove volte; che era un tipo violento, instabile mentalmente e, al momento dei fatti, stava perfino tentando di strangolare l'imputata dopo aver abusato di lei. Per la condanna, alzate una mano."

Hermione Granger, con le braccia categoricamente conserte, rimase a guardare con rabbia cieca -e ad uno ad uno- tutti quelli che sollevarono le mani per esprimere il loro consenso all'incarcerazione della donna.

"Bene. Chi, invece, per l'assoluzione!"
Nell'aula si alzarono appena cinque mani, tra cui (ovviamente) quella scattante di Hermione e quella di Shacklebolt stesso che, sospirando in segno di resa, dovette dichiarare chiuso il processo:
"La Signora Darlington sconterà tre anni ad Azkaban. La seduta è tolta."

Un pianto disperato si levò all'interno del tribunale magico, ma le guardie lo ignorarono e, senza batter ciglio, portarono via la donna che continuava a scalciare impazzita.

Il Primo Ministro, con l'espressione tremendamente seria, raccolse i documenti sparsi sul bancone e si allontanò dal caos del Wizengamot, mentre un rumore ritmico e penetrante di tacchi femminili gli correva incontro.
Shacklebolt non ebbe bisogno di voltarsi: naturalmente sapeva già a chi appartenevano quei passi nevrotici.

"E' inaudito, Kingsley! Sono sconvolta! Come si può condannare una donna che si è solo difesa dalla pazzia del marito? Santo Merlino... Invece di andare avanti, torniamo all'epoca della caccia alle streghe!"

Shacklebolt sorrise debolmente e, continuando a camminare verso il suo ufficio al primo piano, rispose:
"Cara Hermione... purtroppo, anche se viviamo nell'era moderna, non tutti sono pronti ai cambiamenti! Per le rivoluzioni ci vuole coraggio, ed anche un pizzico di follia. Comunque non devi prenderti eccessiva pena, in fondo sono solo tre anni, poteva andarle peggio. Ha pur sempre ucciso un uomo, anche se era legittima difesa."

Hermione lo raggiunse iniziando a camminare al suo stesso passo, e mormorò in risposta:
"Lo so... però mi sembra tutto così ingiusto!"

Il Primo Ministro le poggiò, rassicurante, una mano sulla spalla: "C'è forse qualcosa di giusto, in questo mondo? E poi, tu sei troppo altruista, Hermione! Devi imparare una buona volta a non farti coinvolgere da battaglie che non sono le tue! E' ora di pensare a te stessa e... al tuo futuro."

Pensare a se stessa.
Pensare a se stessa e al suo futuro.
Facile da dire! Ma l'eroina del mondo magico ne era davvero capace? Lei aveva passato la vita intera a badare agli altri come una crocerossina, e MAI era riuscita a fingere di non vedere un elfo maltrattato, un uomo deriso, un povero affamato, o un bambino malato.
Hermione non sapeva con certezza neanche se la smania che aveva di aiutare il prossimo, o di combattere le sue infinite battaglie sociali, fosse un modo inconscio di non guardare dentro la sua anima, o per non fermarsi a riflettere seriamente sulla sua vita vuota.
Spesso si era domandata, in quegli ultimi mesi, se fosse stato proprio il suo accanimento per la giustizia a guidarla verso Draco Malfoy, a farla intestardire su di lui per guarirlo a tutti i costi dalla malinconia ingiusta che lo affliggeva... e se l'amore che gli aveva donato, fosse solo una specie di cura che gli stava somministrando per farlo tornare a galla. Tre gocce al mattino nel succo di zucca, e tre gocce alla sera, nell'infuso di radigorda.

Inutile dirlo: questa prospettiva le faceva molta paura.

Ma ogni volta che le capitava di guardare nelle profondità insondate degli occhi grigi e cristallini di Draco; ogni volta che lui le riservava il suo sorriso splendido e malandrino; ogni dannata volta che lui la piegava con le sue dolci attenzioni, e la modellava sul suo corpo convincendola che il paradiso fosse tra le sue braccia... Hermione non credeva più a tutte quelle sciocchezze che la razionalità provava a metterle davanti.
E allora, finiva per credere solo a loro due. E all'amore che supera tutti gli ostacoli.

Così, la giovane strega sorrise.
Sorrise come una scema, pensando alla tenerezza che aveva provato quella stessa mattina lasciando Draco addormentato nel suo letto; al calore percepito guardandolo rannicchiarsi sotto il piumone e sospirare rilassato, mentre lei provava a svegliarlo per fargli sapere che stava andando al lavoro; all'emozione travolgente che l'aveva colta quando lui aveva aperto un occhio ed aveva borbottato un assenso distratto baciandola appena sulle labbra.

Sorrise.
Sorrise come qualsiasi donna perdutamente innamorata del proprio uomo, e Kingsley se ne accorse...

"A proposito del tuo futuro, Hermione!" Le disse infatti il Primo Ministo, ridacchiando.

Lei tornò subito seria, e Shacklebolt, stavolta a bassa voce, riprese:
"Come sta il giovane Malfoy?"

Hermione arrossì di botto, e balbettò qualcosa che non riuscì a capire nemmeno lei. Dopodiché però, si fece coraggio, prese un grosso respiro, e disse:
"Sta bene, anche se è tornato a casa stanco e un po' provato!"

Poi, sembrò improvvisamente ricordare qualcosa: "Oh santo cielo Kingsley, devi scusarmi!"

Il Ministro della Magia la guardò confuso, mentre premeva il pulsante dell'ascensore:
"Per cosa dovresti scusarti, Hermione?"

Intanto erano entrati insieme nel piccolo vano malamente illuminato, ed una voce metallica li aveva appena avvisati che erano diretti al primo piano.

"Mi ero completamente dimenticata di ringraziarti per aver firmato i suoi documenti di scarcerazione! Se non fosse stato per te, ora Draco sarebbe ancora ad Azkaban."

L'ascensore li schizzò verso l'alto cogliendoli impreparati, e dopo qualche barcollamento, Shacklebolt riprese l'equilibrio e la rassicurò:
"Non preoccuparti, Hermione! Harry mi ha raccontato per filo e per segno tutto ciò che è successo con quel quadro. Il gesto di Malfoy è stato avventato sì... ma anche comprensibile. Adesso dovete pensare solo a trovare un modo per distruggere la maledizione! Niente è più importante di questo! Ok?"

Hermione gli sorrise, grata.

"PRIMO LIVELLO: UFFICIO DEL MINISTRO E DEL PERSONALE DI SUPPORTO"
La voce metallica li informò dell'arrivo a destinazione.

"Grazie Kingsley! Grazie mille! Sei il miglior Ministro della Magia degli ultimi cento anni almeno!"

La risata profonda di Shacklebolt riempì tutto il corridoio del primo piano, e mentre Hermione pigiava il pulsante dell'ascensore per raggiungere l'Atrium, lui le rispose vivacemente:
"Purtroppo non tutti la pensano come te, cara! Specialmente i giornalisti!" E si girò per andare in ufficio, mentre Hermione controllava il suo orologio da polso per accertarsi di non tardare ad un appuntamento importante...

 

***
 

Bath, Somerset. Inghilterra meridionale.

La piccola recinzione in legno scricchiolò, quando il ragazzo aprì il cancelletto che portava al delizioso cottage dal caratteristico tetto in paglia. Un filo di fumo usciva dal comignolo dell'abitazione, e nonostante il freddo invernale, alcuni fiori lungo il sentiero di ghiaia sembravano letteralmente sfidare la natura con i loro petali sgargianti. Draco, guardandoli, scosse la testa: prima o poi avrebbe dovuto imparare a sopportarlo, quel vizio stupido che aveva sua madre di insospettire i babbani facendo spuntare viole e campanule con la magia anche quando non era stagione.
Percorse il breve vialetto assaporando la tranquillità del verdeggiante Somerset, e alla fine arrivò davanti al portoncino color panna sbuffando di noia.

Quanto odiava dover dare spiegazioni, per Merlino!

Bussò due volte, mentre prendeva la decisione immutabile di rimanere in silenzio per tutto il tempo in cui i suoi genitori avrebbero dato di matto dicendogliene di tutti i colori. Dopodiché, li avrebbe salutati educatamente una volta terminata la predica; infine -a Merlino piacendo- sarebbe tornato da Hermione, e magari l'avrebbe sbattuta sul letto facendole tutto quello che un uomo nel pieno della virilità dovrebbe fare ad una donna, dato che la stanchezza della sera prima non glielo aveva permesso! Neanche fosse stato impotente, dannazione...
Draco doveva ammettere che in quell'occasione si era sentito tradito dal suo stesso corpo; colpito dritto dritto nel suo smisurato orgoglio di maschio. A sue spese, aveva scoperto che la resistenza fisica aveva un limite, e che essere giovani e nel pieno delle energie, non era necessariamente sinonimo di invincibilità...
Fanculo!
Crollare addormentato come un sacco di bubotuberi senza la forza di baciare una donna come Merlino comandava, era stata forse la figura di merda peggiore in assoluto dopo quella fatta al quarto anno, quando era finito dentro i pantaloni di Vincent Crabbe davanti a tutta la scuola per colpa di quel testa di cazzo di Malocchio Moody, che lo aveva trasfigurato in un furetto per difendere il suo cocco: Potter.

"Tesoro mio!" Una voce tremolante d'emozione però, gli impedì improvvisamente di continuare a rimuginarci sopra come un pazzo.
Era Narcissa, che lo aveva travolto in un abbraccio caloroso non appena aveva aperto il portoncino.
E lui, come un bambino che torna a giugno da un anno passato ad Hogwarts, non potè far altro che lasciarsi stingere dalla donna, fin quasi a soffocare nel suo petto materno.

 

***
 

Grimmauld Place, Londra.

"Harry?! Puoi prestarmi Edwige 2?"
Hermione era appena arrivata a Grimmauld Place, e la sua presenza si era già fatta sentire in mille modi: James saltellava per farsi prendere in braccio, Albus strillava di gelosia, Ginny andava dietro alla sua amica per confabulare con lei di cose "da femmine", e Ron aveva mostrato subito i primi segni di nervosismo, dovuti alla confusione isterica che regnava in casa Potter.

"Harry! Mi hai sentito?!" Allora? Puoi prestarmi Edwige 2?" Ripetè Hermione quasi urlando, per sovrastare le voci concitate dei bambini.

"Non chiamarla Edwige 2, Hermione!" Rispose l'Auror, un po' scocciato.

"E perché!? Guardala!" E l'amica indicò con un gesto della mano la nuova civetta bianca dei Potter. "E' uguale. Identica. E per di più l'hai chiamata Edwige! Ergo... io la chiamo Edwige 2!"

Hermione mise le mani sui fianchi, assumendo un'espressione strafottente e saputella, ed Harry si indignò a tal punto che, davanti ai suoi occhi, al posto della sua amica le parve per un momento di vedere qualcun'altro di sua conoscenza:
"Hermione!!!" La richiamò allora: "Lo sai che più passa il tempo e più diventi stronza come quell'arrogante spocchioso del tuo ragazzo?!"

"Giusto, Harry! Era proprio quello che volevo dire io!" Si intromise Ron, tremendamente soddisfatto.

Hermione li fulminò entrambi con lo sguardo, ma gli rispose solo con un'eloquente pernacchia, e poi, senza nessuna autorizzazione, acciuffò il pennuto e gli legò un biglietto alla zampa sinistra.

"EHI! Un momento! Non ti ho mica dato il permesso!!!" Harry la guardò attonito, nel frattempo che i suoi figli litigavano fra di loro per ottenere le attenzioni della zia, e Ginny li prendeva per i capelli nell'infruttuoso tentativo di farli calmare.

In tutto quel caos, le orecchie di Ron stavano diventando di un pericoloso rosso rabbia...

"Ma si può sapere a cosa ti serve il mio gufo?!" Si indignò il Capo degli Auror.

Hermione aprì la finestra per far volare Edwige, dopodiché si voltò, e con una faccia assolutamente angelica, disse:
"Ci siamo riuniti qui per discutere dell'Obscurus e trovare una soluzione, giusto? Quindi, dato che in questa faccenda è strettamente coinvolto anche il mio... come lo hai chiamato? Ah, quell'arrogante spocchioso del mio ragazzo, beh... credo sia abbastanza logico che sia presente anche lui! Di conseguenza, gli ho mandato un biglietto per dirgli di venire a Grimmauld Place, giacché non glielo avete spedito voi!"

"C-cosa hai fatto?!" Borbottò Ron, ormai sul punto di esplodere.

Ma Hermione, ignorandolo totalmente, aggiunse con tono basso e rabbioso: "Perché spero vivamente che la vostra sia stata una svista, e NON la reale intenzione di escluderlo! Voglio magnanimamente credere che sia stata SOLO una dimenticanza, quella di non fargli sapere di questo incontro, vero ragazzi? VERO, RAGAZZI?"

Seguì un breve e silenzioso momento di imbarazzo generale.

"B-Beh... s-sì! Sì, certo che è stata solo una dimenticanza, Hermione." Balbettò Harry: "Una dimenticanza. Sì!" Affermò con l'aria più convinta, grattandosi la testa.

"Ooooh Merlinooo nooo!" Sbraitò invece Ron, meno accomodante, ed ormai totalmente fuori controllo: "Malfoy no, dannazione! Tutto. Ma Malfoy no!"
Iniziò perfino a sbracciarsi come un bambino offeso: "Non ce la posso fare! Qui dentro è già un covo di Maridi urlanti, ci manca solo quello stronzo che si metterà come al solito ad obiettare ad ogni idea, ogni singola parola, ogni fottuto respiro che facciamo solo per il gusto di rompere il cazzo! No. No e no! Mi rifiuto! Anzi... sapete che vi dico? Io me ne vado ragazzi!" E fece per prendere la via dell'ingresso.

"TU NON VAI DA NESSUNA PARTE, IDIOTA!"
Urlò Hermione facendo tremare i vetri delle finestre e zittendo perfino i bambini, che rimasero interdetti con le mani alzate in procinto di darsele fra di loro di santa ragione.

Harry gettò uno sguardo compassionevole al suo amico, tentando di fargli capire con una patetica  mimica facciale, che non sarebbe stata affatto una buona idea svignarsela, e Ron -che era rimasto immobile sulla porta come uno appena freddato dal Basilisco- dovette arrendersi all'ordine perentorio di Hermione. Hermione che, sin da ragazzina, aveva SEMPRE avuto quell'abilità sconcertante di dettare le regole e farsi rispettare, specialmente da lui, che non era mai stato capace di ribellarlesi per davvero.
Allora, senza più fiatare, fu costretto a tornare sui propri passi e sprofondare nella poltrona del salotto con la stessa aria imbronciata dei suoi nipoti quando gli venivano negati dei giocattoli nuovi.

 
***
 

Bath, Somerset. Inghilterra meridionale.

Ultimamente, sua madre e suo padre avevano preso l'abitudine di lasciarlo totalmente di stucco, con comportamenti quanto mai inaspettati per il loro consueto modo di essere!
Sì, perché Draco quasi stentava, a credere che essi non avessero fatto parola circa le ragioni folli per cui loro unico e prezioso figlio si fosse fatto sbattere ad Azkaban come un teppistello qualunque... soprattutto sapendo che in tutto ciò era coinvolta indirettamente Hermione Granger: figlia di miserabili babbani.
Per come lui conosceva i suoi genitori, non ci sarebbe stata scusa migliore di quella, per precipitarsi a dare la colpa a lei in un ultimo e strenuo tentativo di farlo "ragionare", di rimetterlo sulla retta via, riportarlo sui sani principi da purosangue che non si mescola alla feccia, e che disprezza tutto ciò che gli è in qualche modo inferiore!

Eppure... dopo mezz'ora di convenevoli, durante i quali Draco si era aspettato la loro esplosione di rabbia da un momento all'altro, non era successo nulla. Nulla.
Niente prediche, niente rimostranze, niente atteggiamenti che lasciavano trasparire inquietudini di sorta. Niente di niente.

Draco li stava guardando con attenzione, seduti entrambi sul divano con l'atteggiamento pacato... fin troppo pacato in realtà, per ciò che loro erano, o meglio: che erano sempre stati in vita loro! Nobili maghi purosangue con la puzza sotto il naso.
Cos'è che stava cambiando?
Sembravano... stanchi.
E Draco li vide finalmente con occhi diversi: sua madre e suo padre non erano più i trentenni pieni di energia che facevano valere il proprio nome e la propria ricchezza a costo di calpestare gli altri, e che tenevano il loro bambino sotto una campana di vetro come un cucciolo indifeso, proteggendolo e crescendolo (in buona fede) negli agi più sfrenati, senza accorgersi però di averlo fatto solo diventare un viziato egoista.

Lucius e Narcissa avevano perso la grinta.

Forse era il sopraggiungere della vecchiaia ad averli ammorbiditi così, oppure si trattava semplicemente della rassegnazione tipica che subentra quando il male ha attraversato più volte la tua esistenza, lasciandovi il segno.

La vita è una ruota che gira: ed i suoi genitori ormai erano due persone di mezza età che si dirigevano inersorabilmente verso il tramonto; quindi d'ora in poi sarebbe toccato a lui il compito sostenerli, difenderli, aiutarli... per ricambiare equamente il lavoro che avevano svolto loro in passato per farlo diventare l'uomo che era.

"Mamma..."
La chiamò d'improvviso, con un piccolo sorriso ad ingentilirgli quel viso normalmente troppo tirato.

"Dimmi, caro!"

Draco mise su un'espressione ironica, ma priva di cattiveria:
"Mentre io perdevo la pazienza ad Azkaban voi siete venuti a Bath per rilassarvi! Strano modo di preoccuparvi che avete, tutti e due!" E scoppiò a ridere subito dopo.

Suo padre sollevò solo un momento gli occhi dalla Gazzetta del Profeta, per rispondergli laconicamente, al posto della moglie:
"Eravamo abbastanza tranquilli, Draco!"

Il giovane tornò serio:
"Abbastanza tranquilli?!? Che vuol dire che eravate abbastanza tranquilli?"
Lo disse sollevando un sopracciglio, stupito.

Lucius e Narcissa si guardarono di sfuggita negli occhi, per poi fingere di riprendere l'uno a leggere il giornale, l'altra a ricamare con la magia un centrotavola fiorato.

"Allora?" Insistè il figlio, che nel frattempo prese una sedia e vi si sedette, incuriosito dallo strano atteggiamento dei genitori.

Dopo un troppo prolungato silenzio, fu la signora Malfoy a prendere la parola, consapevole che suo marito avrebbe preferito farsi ficcare una bacchetta su per il naso, piuttosto che ammettere la verità a voce alta:
"Lo sapevamo benissimo che Hermione Granger non ti avrebbe mai lasciato a marcire dentro una cella di Azkaban, Draco! E' per questo che non eravamo eccessivamente preoccupati!"

Il giovane spalancò gli occhi per la sorpresa.
Quindi, loro si erano completamente messi nelle mani di Hermione?
No. Un momento. Forse aveva interpretato male le parole di sua madre... perché, obiettivamente, non poteva essere ciò lui che pensava di aver capito! Non poteva crederci.

"Mamma! Aspetta... mi... m-mi stai dicendo che vi siete fidati di lei?!"

Suo padre, nel mentre, sbuffò esasperato, nel tentativo di sviare la deduzione fin troppo giusta del figlio. Poi, in tono assolutamente polemico, rispose:
"Beh... se sei di nuovo qui a romperci i coglioni come al solito, direi che abbiamo fatto bene a credere che la tua donnina non ci avrebbe messo molto a farti uscire di lì! O sbaglio?"

Draco li guardò come se avesse appena visto un Gramo, poi... iniziò a ridere come un pazzo isterico, credendo di esser finito dentro un universo parallelo. La famiglia Malfoy che si affidava completamente ad una nata babbana era assurdo quanto arrivare sulla luna con un manico di scopa.
Si alzò dalla sedia.
Cosa avebbe dovuto dire? Non c'era nulla da aggiungere. Lo stupore, in ogni caso, gli aveva tolto le parole.

Fu una civetta sconosciuta che picchiettava alla finestra a distrarlo da quella scena surreale, una civetta che portava un messaggio indirizzato proprio a lui:

Sono a Grimmauld Place, siamo riuniti tutti qui! Dobbiamo risolvere la faccenda del quadro. Ti aspettiamo.
Hermione.


Draco piegò accuratamente il biglietto e lo ripose in tasca.

"Devi andare?" Lo anticipò Narcissa. Lui annuì, la baciò in fretta sulla fronte, prese la giacca, e si diresse verso la porta.

L'amore lo aveva fatto diventare talmente idiota che ormai scattava come una molla quando lei lo chiamava! Ma andava bene così. Oh sì! Perché lui lo sentiva dentro, che non c'era niente di sbagliato in tutto ciò.

"Un momento, Draco!" Lo richiamò improvvisamente suo padre, serio.

Lui si voltò: "Che c'è?"

"A proposito di Hermione Granger... l'altro giorno ho visto il tuo anello al suo dito!"

Il figlio lo scrutò confuso, un po' spiazzato, prima di rispondere: "Sì... gliel'ho regalato io. Qualche problema?"

Lucius sorrise sarcastico: "Quindi adesso ci permettiamo pure di regalare i gioielli di famiglia alle mezze babbane!?!?"

Narcissa sgranò appena gli occhi, per poi chiuderli lentamente un secondo dopo, pregando Merlino fra sé e sé che Lucius non esagerasse con le ingiurie, e che entrambi i suoi uomini non finissero per tirare fuori le bacchette.

Draco si limitò solo a guardarlo con esasperazione:
"Quello NON è un gioiello di famiglia, papà! E' mio. E con la roba mia ci faccio quello che voglio!"

Il padre richiuse con studiata calma la Gazzetta del Profeta, e sempre con studiata calma, obiettò:
"Se la metti così... anche il Manor ormai è tuo! Quindi, se in un impeto di pazzia vorrai donarlo ad un estraneo, io e tua madre ci ritroveremmo in mezzo alla strada, giusto?"

"Non fare esempi che non c'entrano un cazzo!" Si innervosì Draco.

In realtà, Lucius stava cercando solo di provocare il figlio.
Aveva bisogno di capire quanto era serio l'amore che Draco provava per quella mediocre ragazza... o se invece, il suo era solo un capriccio da giovane rampollo che possedeva tutto, e che desiderava quindi sperimentare il proibito.

Reagisci, Draco. Avanti! Fammi vedere fino a che punto puoi spingerti per difendere quella donna! Fammelo vedere, quanto la ami, e giuro io non opporrò più resistenza.

Lucius stava pensando questo, mentre osservava scrupolosamente il figlio da capo a piedi, per captare ogni più piccola reazione, ogni impercettibile baluginio nello sguardo, ogni minimo ed inconsulto movimento che potesse tradirlo. Che potesse tradire i sentimenti profondi che lo legavano a quella strega babbana.

"Non scaldarti, figlio! Vorrei solo sapere se devo abituarmi ad avere la sanguesporco fra i piedi a tempo indeterminato, o se invece posso sperare di vederti rinsavire, prima o poi. Sai... non è molto piacevole l'idea che saremo proprio noi a sporcare un albero genealogico puro da secoli!"

Draco non rispose... però strinse i pugni con violenza, facendo sbiancare le nocche.

E quello, fu il segno che suo padre cercava. Il segno che gli permise capire ogni cosa.

Un brillio di soddisfazione attraversò gli occhi di Lucius.
Ma la rivelazione lo lasciò stranamente indifferente... forse perché, in cuor suo, aveva capito tutto già da diverso tempo, ed aveva avuto modo di inghiottire il boccone amaro con calma e con i giusti tempi. O probabilmente perché, infame ed egoista come lo era sempre stato, vedeva in quell'unione folle dei sottili ma innegabili vantaggi, che avrebbero riportato la sua famiglia ed il suo nome allo splendore di un tempo.
Fatto sta che dopo un lungo e spiazzante silenzio, il più vecchio dei Malfoy sorrise in modo criptico, e con la sua proverbiale cadenza strascicata, congedò il figlio:
"Vai, Draco... hai il mio benestare."

Il figlio non capì, e guardò il padre con evidente confusione, chiedendo spiegazioni:
"Benestare per cosa, esattamente?" Esclamò, sollevando un sopracciglio.

Suo padre inspirò a fondo, indeciso; poi assunse un'espressione strana e spalancò le braccia in un gesto che lasciava trapelare tutta la sua incertezza, prima di dire:
"Non lo so con precisione... forse per tutto quello che hai in mente di realizzare insieme ad Hermione Granger, credo!"

Narcissa spalancò la bocca in modo decisamente poco aristocratico, e prese ad alternare, sbigottita, lo sguardo fra marito e figlio. Quest'ultimo invece, aveva sgranato gli occhi incredulo, cercando invano di dire qualcosa. Le parole però, gli rimasero incastrate in gola, e finì per irrigidirsi, vagamente imbarazzato.

Draco, fino a qualche ora prima, era sicuro di essere giunto ad una specie di bivio, il più doloroso della sua vita: scegliere la famiglia, o l'amore... e ne era talmente convinto che si era rassegnato nella maniera più assoluta a dover perdere l'una o l'altro, prima o poi.
In quei lunghi mesi dopo la vicenda dei Belby, aveva immaginato vividamente il dolore che gli avrebbe provocato la scelta, e più di una volta si era svegliato in piena notte per aver sognato che sua madre lo obliviava, facendogli dimenticare Hermione Granger e tutto quello che avevano faticosamente superato per potersi amare senza più pregiudizi...
Si era perfino preparato psicologicamente ad essere spogliato di tutta la sua eredità, e di dover diventare uno straccione come quegli Weasley che aveva tanto deriso da bambino!

Dannazione... al solo pensiero che sarebbe stato costretto a leccare il culo a qualche pezzo grosso del Wizengamot per farsi trovare un misero posto al Ministero, magari anche solo come manutentore, lo faceva rabbrividire! E la paura più feroce che lo attanagliava ogni volta che ci ragionava sopra, era che Hermione, in tal caso, non lo avrebbe più amato! Ne era sicuro!
Non poteva essere tollerabile, in fondo, vivere accanto ad un banale impiegato che guadagnava i galeoni necessari per arrivare alla fine del mese, e che invece di far vivere la propria donna in una lussuosa residenza nobiliare immersa in ettari di giardini ben curati, l'avrebbe confinata in un appartamento in pieno centro, con la puzza di smog ad appestare l'aria, con il rumore dei clacson a renderle le notti insonni, il soffitto del bagno ammuffito, il tavolo da pranzo con una gamba più corta, le lenzuola spaiate, i bicchieri della nutella, il divano con le molle rotte, ed il rubinetto della cucina sempre gocciolante.
Merlino Santissimo! In quelle condizioni economiche, il crollo sarebbe stato inevitabile: lui ed Hermione avrebbero cominciato -come tutte le famiglie mediocri- a discutere su chi dovesse mettere fuori la spazzatura di martedì sera, su chi spettava il compito di lavare i piatti, o su chi dei due doveva portare il cane al parco per farlo pisciare. L'insoddisfazione li avrebbe condotti ad un punto di non ritorno: Hermione avrebbe iniziato ad odiare il suo russare, lui a detestare la sua fissazione maniacale per l'ordine; poi si sarebbero urlati addosso le reciproche frustrazioni personali, dando magari la colpa al latte scaduto in frigorifero, alla zuppa venuta insipida, ai capelli nella spazzola, o ai calzini sparsi in camera...
E non avrebbero più fatto sesso.
Così, si sarebbero ridotti ad diventare due estranei che circolavano malinconicamente dentro la stessa casa, senza più abitudini in comune, ed ognuno di loro avrebbe cercato appagamento da qualche altra parte.
Fine della storia.

Poteva sembrare un discorso esagerato questo, da disfattista cronico... e forse era anche così, certo! Ma bisogna anche tenere in considerazione il fatto che Draco Malfoy non conosceva altra vita all'infuori della sua, vissuta senza mai aver avuto problemi economici, senza mai essere stato sfiorato dall'idea di dover lottare ogni giorno per avere lo stomaco pieno.
Era quindi quasi giustificabile, che egli credesse di non poter offrire niente di concreto ad Hermione se non avesse avuto più né i suoi soldi, né la sua elevata posizione sociale.
Draco era troppo lontano dalla quotidianità delle persone comuni, per capire che non c'era niente di disonorevole nel tirare avanti, e magari risparmiare sulle riparazioni di casa per pagare una bolletta.
Draco era convinto, ingenuamente, che Hermione lo amasse perché vedeva in lui classe, eleganza, distinzione, ed un nome che (nonostante il passato oscuro) incuteva ancora rispetto.
Draco aveva scoperto l'amore da troppo poco tempo, per comprendere che esso andava oltre le faccende materiali della vita, e che se lei si era innamorata di lui... lo aveva fatto semplicemente perché aveva visto un uomo fragile che aveva combattuto per non crollare a pezzi, un uomo che aveva capito i suoi errori ed aveva chiesto perdono, un uomo tormentato ma con una luce di speranza negli occhi. Occhi grigi, a tratti azzurri, che l'avevano lasciata sconvolta quando l'avevano guardata per la prima volta come una donna, e non come una compagna di classe da deridere per la sua inferiorità.
Ma tutte queste cose lui ancora non le sapeva, no! Hermione gliele avrebbe dette un giorno lontano, stringendolo forte e giurando su Dio e su Merlino che lo avrebbe amato anche se fosse stato un un semplice babbano senza un soldo.

Perciò, non poteva essere certo biasimato con eccessiva veemenza quando tirò un enorme sospiro di sollievo per aver capito, improvvisamente ed inaspettatamente, che quegli scenari apocalittci non si sarebbero mai verificati, e che non sarebbe mai finito a riparare gli ascensori del Ministero con una squallida tuta blu da manutentore addosso...
Suo padre, con poche e decisive parole, lo aveva liberato da un peso enorme.
Vai, Draco... hai il mio benestare.
Ed anche se la sorpresa, o meglio lo shock, avevano irrigidito Draco quasi come fosse stato colpito da un Pietrificus Totalus ben assestato, il suo viso parlava chiaro:
Il futuro non era più così nero come lo aveva immaginato.

Lucius invece, notando l'espressione inebetita del figlio, sollevò gli occhi al soffitto fingendo esasperazione, e tanto per non perdere completamente la faccia, sputò queste parole con voce rude e cattiva:
"Ovviamente togliti dalla testa che imbastirò discorsi cordiali con lei, che la inviterò a prendere il tè, che la presenterò in società come LA MIA CARA NUORA PREDILETTA, o che vestirò Toby per accontentare le sue manie di uguaglianza sociale! Hermione Granger è una TUA scelta, non la mia! Intesi?"

Il figlio non riuscì a far altro che annuire, fin troppo consapevole che più di quello non avrebbe mai potuto ottenere.

"Ed ora vattene, Draco. Prima che cambi idea!"






Continua...









Note:
-E' stato molto difficile eleborare il pensiero di Lucius riguardo l'amore tra suo figlio ed Hermione; un punto di vista che ho rimandato innumerevoli volte, prendendo tempo ad analizzare Narcissa.
Il fatto è che il suo carattere per me è tra i più complicati: io trovo Malfoy un uomo freddo, impenetrabile, quasi impossibile da ammorbidire. E' per questo che ho passato molto tempo nell'indecisione... avevo paura di rovinare la storia, se lo avessi fatto reagire come normalmente ci si aspetta da lui: cioè in maniera così violenta da diseredare Draco e minacciare di morte Hermione!
Nello stesso tempo però, non me la sentivo neppure di farlo diventare il suocero premuroso che si innamora della nuora a tal punto da chiamarla figliola. No. Non lo trovavo un atteggiamento adatto ad un personaggio del suo stampo. Perciò, ho scelto banalmente la via di mezzo tra le due probabili situazioni, e ne è uscito fuori il punto di vista di un uomo che, se pur indispettito nel profondo dalla scelta del figlio, decide comunque di tollerarla (anche se a fatica) in nome dell'amore paterno... ma, sotto sotto, anche e soprattutto per gli innegabili benefici che la famiglia Malfoy potrebbe ottenere da quella relazione.
Il tutto a conferma del fatto che Lucius era, è, e rimarra per sempre un astuto arrampicatore sociale.

-Questa storia sta tirando un po' per le lunghe! Non riesco mai ad essere breve e concisa come vorrei, perdendomi troppo spesso in introspezioni ripetitive, ma... sono abbastanza sicura di riuscire a terminarla con altre otto o nove pubblicazioni!
Con l'ultimo capitolo de "Il cacciatore di maledizioni" metterò davvero la parola fine a questa serie, dando un epilogo definitivo (ma ancora da decidere se in positivo o in negativo) alla storia fra Draco ed Hermione.
Ringrazio di cuore chi ha ancora la pazienza di seguirmi da "Le fiabe oscure"!
Alla prossima, Riflessi

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Capitolo 21
*** Mollicci nell'armadio ***


Capitolo 21
-Mollicci nell'armadio-



 
“La felicità si può trovare anche negli attimi più tenebrosi, se solo qualcuno si ricorda di accendere la luce.”
J.K. Rowling



Grimmauld Place, Londra.

Draco aveva dimenticato da talmente tanto tempo cosa si provava ad esser felice, che ora si sentiva quasi "strano" nel cercare di contenere quell'entusiasmo eccessivo che l'aveva travolto, e che lo stava facendo sorridere come un idiota.

Vai, Draco... hai il mio benestare.

E non era la stessa banale gioia che lo aveva sorpreso da bambino ogni volta che suo padre gli regalava l'ennesimo giocattolo, ma era qualcosa di immensamente più potente. Come se...
Come se, finalmente, il mondo fosse tutto ai suoi piedi.
Una sensazione di impagabile euforia.

I momenti di felicità di cui godiamo ci prendono di sorpresa. Non siamo noi che li troviamo, ma loro che trovano noi.

Draco aveva trascorso gli ultimi dieci anni della sua vita nella tanto agognata ricerca della felicità, ma... aveva finito per trovarla proprio quando (ironia della sorte) aveva smesso di inseguirla, ormai convinto che quella puttana non l'avrebbe mai degnato delle sue attenzioni.

Vai, Draco... hai il mio benestare.
"Benestare per cosa, esattamente?"
"Non lo so con precisione... forse per tutto quello che hai in mente di realizzare insieme ad Hermione Granger, credo!"


E grazie a quelle parole, d'improvviso, nell'animo tormentato di Draco Malfoy, era scomparsa ogni sofferenza passata, ogni dolore, ogni delusione, ogni fottuta paura di non farcela.
Che razza di magia era, quella? Si ritrovò a pensare, elettrizzato.
La felicità era come una droga, annientava la tristezza e dava una meravigliosa illusione di onnipotenza. Onnipotenza e invincibilità.
Draco infatti, aveva di colpo dimenticato gli anni d'oblio, la sua malinconica solitudine, gli errori che pesavano sulla sua coscienza come macigni, lo sfregio nero sul braccio. Ogni cosa.

Fu con il cuore pieno di quel sentimento esplosivo quindi, che si materializzò davanti al portone di Grimmauld Place per la riunione a cui era stato invitato...
E stava ancora sorridendo come uno scemo quando l'uscio si spalancò, e davanti ai suoi occhi brillanti d'euforia, apparve Hermione Granger in tutta la sua meravigliosa semplicità, con in braccio il più piccolo dei ranocchi di Potter.
Bella. Bella come sempre.
Vacillò per un secondo l'erede dei Malfoy, alla visione splendida di lei con il pupo accoccolato addosso, e si accorse che la sua bellezza di donna aveva quasi un peso diverso in quel contesto.
Draco però non sarebbe stato in grado di spiegarselo! Era... difficile. Sì! Era difficile capire il motivo per cui lei gli fosse apparsa bella in maniera tanto diversa, forse più importante, solo per via di un bambino avvinghiato al suo collo!
Era una scena decisamente potente in effetti, capace di trasmettere emozioni contrastanti...
Qualcosa di innato, atavico.
Draco non riuscì ad impedire al cervello di immaginarsi, all'improvviso, un figlio SUO tra le braccia di Hermione, al posto di Albus Potter.
Non lo aveva fatto apposta a pensarlo, né ci aveva rimuginato MAI, ad una simile eventualità. Nel modo più assoluto. E non perché non sopportasse l'idea di farlo con lei (per questioni di sangue o differenze sociali) ma perché lui, nello stato attuale delle cose, era decisamente inadatto ad accudire un bambino, crescerlo, proteggerlo, educarlo...
Come poteva? Lui che aveva una vita tanto complicata, tormentata, fuori dal mondo.
La colpa era di quell'istinto primitivo (insito per natura nella mente di un uomo nel pieno della virilità) ad averlo indotto a fantasticare, e a vedere nella donna che amava una figura materna.
Era rimasto stupito anche lui di questo suo lavorare d'immaginazione, ma dovette ammettere pure che il cuore gli aveva fatto almeno paio di capriole dentro il petto!
In fondo in fondo... l'idea non gli faceva per niente ribrezzo. Anzi!
Come sarebbe stato, averlo? Un bambino.
Un bambino biondo che rideva, piangeva, sgambettava per casa, che magari tirava la tunica a Toby, provava a parlare sbagliando le parole, e... lo chiamava papà! Mentre LEI, tutte le sere, si sarebbe imbestialita per convincerlo a fare il bagnetto, e poi avrebbe tentato inutilmente di farlo addormentare leggendogli le fiabe di Beda il Bardo.
Dio! Sarebbe impazzito per la troppa felicità. Ma sarebbe stato possibile tutto questo? O era chiedere troppo?

Le follie della sua mente alla fine, vennero interrotte dal saluto timido di lei:
"Ciao!"

Draco si riscosse improvvisamente. Hermione lo stava guardando incuriosita, ma anche piacevolmente stupita dall'aria felice che gli aleggiava in volto.

Draco infatti, aveva mantenuto per tutto il tempo il suo sorriso raggiante, ma invece di rispondere ricambiando il saluto, afferrò soltanto il viso minuto di Hermione fra le mani, in silenzio, cogliendola di sorpresa.
E la baciò con euforia.

Lei emise un piccolo suono meravigliato a quella dimostrazione di allegra impetuosità, e Draco rise sommessamente sulle sue labbra, per poi riprendere a baciarla.
Piccoli baci dati a ripetizione, con la voglia di non smettere mai.

"Cos'è... hai bevuto Felix Felicis, oggi?" Ridacchiò Hermione, poggiandogli dolcemente una mano sulla guancia. Lui la guardò per un secondo con uno strano brillio negli occhi azzurri ma, senza replicare, si avventò ancora sulla sua bocca per schiudergliela e marcare il territorio come un animale selvatico. Le cercò la lingua, sfiorandogliela con poca gentilezza, fin troppo impaziente di sentirla fondersi con lui, e se la strinse addosso come se lei dovesse scivolargli via dalle braccia da un momento all'altro... e tutto questo andò avanti finché, di colpo, una manina piccolissima gli si abbatté violentemente sulla faccia facendolo imprecare per il dolore.

"Cazzo!"
Draco si staccò da Hermione massaggiandosi la parte destra del viso, nel frattempo che Albus Potter rideva della tipica risata innocente dei bimbi inconsapevoli, e continuava pure ad agitare le manine all'aria, convinto che prendere a schiaffi un uomo fosse la cosa più divertente del mondo.

"Lo trovi spassoso, brutto piccolo schiopodo sparacoda che non sei altro?!" Borbottò Malfoy a bassa voce, mentre si strofinava un occhio arrossato, che era stato centrato in pieno da un ditino paffutello e troppo intraprendente.

Hermione, guardandoli, ci provò seriamente a trattenere il divertimento che la scenetta comica le aveva procurato, ma alla fine scoppiò irrimediabilmente a ridere, e prima che Draco finisse per offendersi (cosa alquanto facile, considerando il suo carattere), gli sfiorò ancora le labbra e lo invitò ad entrare:
"Dai, vieni dentro... ti stavamo aspettando!"


 
***
 

Wiltshire, Inghilterra.

In quello stesso momento, a quasi duecento chilometri da Londra, la più grande ed imponente villa del Wiltshire (invidiata da ogni abitante della contea) veniva silenziosamente baciata dai raggi di un tiepido sole invernale. Gli uccelli svolazzavano allegramente tra le fronde degli alberi secolari della tenuta... e nulla, assolutamente nulla, sembrava dover spezzare la quiete pomeridiana.
Ma in questa storia, come ormai si è ben capito, la pace assoluta non è propriamente contemplata, quindi... il lettore non si stupirà affatto, se fra poco gli verrà raccontato di come qualcosa di oscuro si abbatté improvvisamente fra le pareti del maniero.

"Chi diavolo è lei? Come si permette di entrare in casa di miei padroni senza loro permesso?!"
Gracchiò Toby, tutto tremante.

Davanti ai suoi occhioni arrabbiati infatti, si era appena materializzato un bambino di circa undici o dodici anni che aveva addosso una tutina azzurra, i capelli biondi e lo sguardo fin troppo serio...

"Famiglia Malfoy non c'è, oggi! Quindi, io devo cacciarla via! VIA!" Aggiunse, tentando in qualche modo di essere autoritario, nonostante avesse ancora in mano lo straccio bagnato che aveva usato per strofinare il pavimento dell'atrio.
L'elfo non aveva la più pallida idea di chi fosse il ragazzino apparso dal nulla: era convinto di non averlo mai visto... ma soprattutto, non capiva come egli avesse fatto ad entrare, dato che l'accesso della villa era protetto da magia.
Qualcosa non quadrava: non quadrava affatto!
Dall'ambigua figura poi, si sprigionava initerrottamente un'aura spaventosa, nera come le tenebre più fitte... e Toby, che lo aveva guardato finalmente bene in viso, improvvisamente fece cadere lo straccio a terra, spalancando la bocca per il terrore: aveva appena riconosciuto, in quei lineamenti freddi, lo stesso bambino che tanti mesi prima aveva risucchiato il suo padrone dentro lo strano quadro oscuro che egli conservava nella stanza dei manufatti.
Capelli biondi, pantaloncini azzurri, calzini bianchi e sguardo cattivo!
Oh, sì! Era proprio lui! Lo ricordava benissimo: si trattava del piccolo demone che aveva ucciso Cornish Pixie di signorina Hermione.
Buona, intelligente, e gentile signorina Hermione!
Quella volta, se non fosse stato per lei (che era andata a riprendere giovane signor Malfoy mettendo a repentaglio la sua stessa vita), adesso Toby sarebbe rimasto senza padrone!
L'elfo dunque, al pensiero di aver rischiato il posto di lavoro per colpa di colui che ora aveva di fronte, tirò fuori tutto il coraggio che poteva possedere il suo gracile corpicino, ed urlò rabbiosamente:
"HO DETTO CHE DEVE ANDARSENE! E SUBITOOO!"

In risposta al suo perentorio ordine di sloggiare, il povero domestico di casa Malfoy ricevette solo una maligna ed agghiacciante risata. Ed iniziò a preoccuparsi seriamente, quando vide il piccolo demone trasformarsi in un turbine di fumo nero che prese ad avanzare veloce verso di lui, allungando le sue fumose spire.
Poi, senza che potesse neanche rendersene conto, Toby venne scaraventato a terra e sbatté la grigia testolina da qualche parte (forse la gamba di un tavolo, o lo spigolo di uno scalino).
E tutto si fece buio.

 
***
 

Grimmaul Place, Londra.

Ci voleva un'arma molto potente per distruggere in maniera definitiva il quadro di Gellert Grindelwald!

Questa era una considerazione a cui erano giunti tutti quanti all'unanimità, senza (fortunatamente) troppi accaniti dibattiti o sfuriate avvelenate, come invece aveva previsto Ron che... ogni volta, al solo menzionare l'infausto nome di "Draco Malfoy" tendeva ad aspettarsi disastri apocalittici in cui sfrecciavano maledizioni, si sputava sangue e volavano offese irripetibili.

Hermione era seduta a gambe accavallate su una poltronciana del salotto di casa Potter, e dondolava nervosamente un piede rimuginando fra sé e sé:
Ci vuole un'arma molto potente, Hermione. Le comuni fatture non bastano! Ci vuole un'arma così potente che perfino Grindelwald ne avrebbe timore.
Ci vuole un'arma molto, molto potente.

"Malfoy, cosa posso offrirti da bere?"
Harry intanto si era alzato per andare a prendersi qualcosa di forte dal mobile bar che faceva bella mostra di sé vicino l'orologio a pendolo.

"Ce l'hai del Whisky incendiario?" Gli rispose Draco, comodamente sprofondato sui cuscini del divano.

L'Auror maneggiò un paio di bottiglie controllandone l'etichetta, e disse:
"No! Se l'è scolato tutto Ron ieri sera! Quindi la scelta resta fra grappa o rum!"

Sulle prime, fu solo una smorfia scocciata ed un tantino disgustata a replicare a quelle due opzioni, ma poi, dopo un poco elegante sbuffo, Draco optò svogliatamente per un bicchierino di grappa.

Ci vuole un'arma molto potente. Ci vuole un'arma molto potente. Ci vuole un'arma molto potente! Continuava a ripetersi Hermione, ignorando totalmente gli scambi di battute tra le persone presenti nel salotto. Lei era sempre stata quella più seria, in fondo... quella che non si faceva distrarre da niente e nessuno quando doveva risolvere qualche problema! Tanto determinata e testarda che non avrebbe perso tempo nemmeno per andare in bagno a fare la pipì, se non avesse prima capito cosa fare per eliminare il bambino maledetto!

Ma nel frattempo che lei pensava e ripensava senza darsi tregua, Malfoy stava odorando in modo sospettoso il liquido trasparente che Potter gli aveva appena porto, trovando nel suo profumo intenso qualcosa che non lo convinceva affatto. Fu un'occhiataccia esasperata di quel citrullo di Ronald Weasley però (che si era accorto della sua diffidenza), ad indurlo implicitamente a bere.
Draco mandò giù il liquore in un solo sorso, per non fare la solita figura di quello prevenuto che non si fidava mai, ma...

Ci vuole un'arma molto potente. Ci vuole un'arma molto potente.

Un sapore invasivo e dolce gli piombò in bocca, qualcosa che sapeva prepotentemente di anice e di erbe aromatiche, e nient'affatto del tipico gusto pungente e secco della grappa, come si sarebbe invece aspettato!

Ci vuole un'arma molto potente.

"Ma che cazzo è, Potter?" Draco sputò di corsa quel poco che era riuscito a non ingoiare, e lo fece con una faccia schifata che neanche Severus Piton quando interrogava i Grifondoro aveva mai assunto! Poi aggiunse: "Devi esserti sbagliato, razza di imbecille! Questa è sambuca, dannazione! E a me fa schifo la sambuca!"

Sambuca. Ci vuole un'arma molto potente. Ci vuole un'arma molto potente. Sambuca. Sambuca. Un'arma molto potente... Sambuca. Sambuco!

"SAMBUCO!!!"
Hermione scattò in piedi più veloce di un boccino d'oro che fugge dal cercatore.
Improvvisamente, era diventato tutto chiaro nella sua testa: la bacchetta di sambuco.
Che scema a non averci pensato prima! Eppure, era così maledettamente ovvio!!!

Un po' meno chiaro era per gli altri tre però, che rimasero a guardarla interdetti, senza il coraggio di dirle che, in quel momento, con i capelli un po' arruffati e lo sguardo perso in ragionamenti tutti suoi, appariva mezza rincoglionita come la vecchia professoressa Sybill Trelawney.

"Ragazzi! La bacchetta di sambuco!"
Esclamò la giovane strega, in tono ovvio ed esultante. Poi iniziò a gesticolare, illuminandoli: "Dobbiamo usare quella, per distruggere il quadro ed eliminare l'Obscurus. E' l'unica arma più potente che conosciamo! Senza contare che è pure l'unica cosa di cui anche Grindelwald aveva timore!"

Un silenzio stupefatto, accolse le sue parole.
Ed Hermione gongolò, tronfia fino all'inverosimile per aver trovato, come sempre, la soluzione geniale.

Oh, sì! Hermione Granger era ancora la migliore! Nessuno l'avrebbe schiodata dalla vetta dell'immaginario podio sul quale sedevano le streghe ed i maghi più brillanti ed intelligenti della storia (come se qualcuno poi, all'interno di quella stanza, avesse avuto la minima voglia di gareggiare in talento con lei! Specialmente Ron, a cui non importava un asfodelo secco di voler spiccare in genialità... O Harry, che era diventato talmente poco competitivo, che al lavoro lasciava spesso i meriti ai suoi sottoposti, come un qualsiasi buon capo che si rispetti... E nemmeno Draco, tutto sommato! Draco che, nonostante a scuola fosse stato un presuntuoso pallone gonfiato, ora si accontentava solo di vivere la sua vita senza troppe rotture di coglioni!).

Ma a proposito di Malfoy...
Lui, in realtà, al menzionare la famosa bacchetta di sambuco, ebbe una reazione leggermente diversa dagli altri, che avevano semplicemente sgranato gli occhi di comprensione, all'idea proposta da Hermione.

Draco era confuso.
Si stava domandando perché diavolo tutti quanti avessero silenziosamente annuito a quell'assurdità: come cazzo poteva, una bacchetta che esisteva soltanto nella fantasia collettiva della comunità magica, distruggere un manufatto dalla traboccante potenza oscura? La famosa stecca della morte era solo una favola nata dalla penna di Beda il Bardo, e che veniva raccontata ai piccoli maghi per farli addormentare la sera! Quei tre pazzi invece, ne stavano parlando come se... come se... esistesse davvero!

"Un momento!"
Disse allora con tono sospettoso, portando l'attenzione su di sé: "La bacchetta di sambuco è..." Si guardò attorno per studiare le espressioni di ognuno e poi riprese, tra lo scioccato e l'indispettito: "Voi siete completamente folli! La bacchetta di sambuco è solo una fottuta leggenda, cazzo!"

Le reazioni che però Draco vide sui volti di Hermione, di Potter e perfino di Weasley, non erano affatto quelle che si sarebbe aspettato. Così, aggrottò le sopracciglia, ancora più turbato, e balbettò:
"La... cioè... n-non vorrete mica dirmi che la bacchetta di sambuco è reale!?!"

Hermione guardò fuggevolmente i suoi amici per avere una sorta di consenso, poi si voltò verso di lui, ed annuì... pur sapendo che, da quel momento, avrebbe dovuto prepararsi ad affrontare l'ira incontrollata di Draco, che se la sarebbe presa a morte, per non essere mai stato messo al corrente di un segreto simile!

Sulle prime però, il giovane Malfoy rimase zitto, senza che si potesse capire cosa gli stava passando per la testa. E trascorse pure qualche secondo di silenzio, prima che alla fine egli scoppiasse a ridere, convinto che gli avessero fatto uno scherzo poco divertente: "Mi state prendendo per il culo, vero!?!"

La giovane strega sospirò debolmente, abbassò lo sguardo, e negò con il capo.

Così, gradualmente, il riso di Draco si spense, mentre prendeva coscienza del fatto che Hermione diceva sul serio. E rimase di sasso, gelato fin dentro le ossa, mentre si rendeva conto che il turbamento che l'aveva travolto, non era generato dalla notizia che quell'arma leggendaria esistesse per davvero (e con essa probabilmente tutti gli altri doni della morte), ma dal fatto che lei, per l'ennesima volta, gli aveva tenuto nascosto qualcosa. Come se lui non fosse degno di essere messo a parte dei dettagli della sua vita...
Draco era dunque così poco importante, per la sua donna?
Il suo sguardo freddo e tagliente allora, si conficcò letteralmente in quello mortificato di Hermione che, poverina, tremò visibilmente per il timore di averlo di nuovo allontanato da sé solo per colpa di una grande, ma purtroppo necessaria, omissione.

Fu l'intervento di Harry, provvidenziale come un bezoar dopo un avvelenamento, a far cadere (almeno momentaneamente), la questione fra loro due:
"E' una lunga storia, Malfoy!" Esclamò l'Auror, sospirando. "Ma arrivati a questo punto, è necessario raccontartela, quindi... mettiti comodo!" Finì di dire.

Ad Harry, ci volle una buona mezz'ora per spiegare a Malfoy dei fratelli Peverell, dei doni della morte, dell'implicazione di Grindelwald nella ricerca di essi e, infine, per dirgli tutta la verità sulla morte di Voldemort...

Draco non parlò mai per tutto il tempo, neanche una volta, ma assimilò quelle informazioni incredibili cambiando soltanto l'espressione del volto, dapprima incredulo, poi scettico, nervoso ed atterrito.

Alla fine, quando Potter chiuse finalmente la sua boccaccia, Draco si scoprì più deluso di prima.

E quindi... dietro la grande guerra magica, c'erano state cose che la maggior parte delle persone non aveva mai saputo né lontanamente immaginato, compreso lui stesso che, per un breve, brevissimo periodo, era stato addirittura padrone della stecca della morte! Senza neppure saperlo.
Probabilmente era per questo motivo, che Hermione non lo aveva messo al corrente di quella storia incredibile. Magari aveva paura che lui si mettesse in testa di riunire la bacchetta, il mantello e la pietra, per smania di potere! Per far tornare a risplendere e a rendere temibile il suo nome ed il suo casato... E per assoggettare il mondo magico al suo volere, come aveva tanto desiderato da ragazzino!
Questo dimostrava che Hermione non si fidava ancora di lui, nonostante tutte le scuse sofferte, dopo tutto quello che c'era stato fra loro, dopo tutto l'amore che lui le aveva donato.
MALEDIZIONE!!!

Draco inspirò a fondo per scaricare il nervosismo, poi si passò una mano sul viso, e quando pensò di essersi calmato abbastanza, tornò finalmente a guardarla, stavolta con gli occhi spenti:
"Perché non me lo avevi mai raccontato prima, Hermione?"
Le aveva chiesto, con voce delusa.

Lei mise nello sguardo una luce supplicante prima di alzarsi dalla poltroncina e dirgli, tutta timorosa: "E-Era una... u-una storia morta e sepolta, Draco! Non credevo che sarebbe mai tornata a galla. Era un segreto fra me, Harry, Ron e Silente."

Il giovane Malfoy sorrise beffardo: "Un segreto, ma certo!"
Dentro al petto però, Draco ribolliva di rabbia.

"Scusami!" Gli disse Hermione, avvilita: "Non ti ho raccontato nulla perché avevamo fatto un giuramento! Quindi ti prego, non credere che io te l'abbia nascosto per mancanza di fiducia!"

Fiducia. Una piccola parola, ma con un grande significato.

Un paio di occhi grigi però la fulminarono, zittendola prima che provasse ad aprire di nuovo la bocca, magari per farsi uscire qualche altra patetica giustificazione.
Poi, dopo aver ingoiato il nodo che aveva in gola, Draco scattò in piedi andandole vicino, tanto vicino che gli occhi nocciola di lei non videro più nulla, se non il viso impenetrabile del giovane a pochi centimetri dal suo.

Ed Hermione trattenne il fiato, agitata: No, Merlino santissimo. No! Non voleva perderlo di nuovo! Non così... non era affatto giusto. Ogni volta che riuscivano a chiarire un malinteso, non facevano in tempo neanche ad esser felici che sopraggiungeva qualcos'altro a separarli! Perché? Perché!?
Maledetti doni della morte, maledetto Voldemort e maledetto Grindelwald! Pensò con il cuore che le batteva violentemente contro il petto.

Draco intanto socchiuse le palpebre nel vano tentativo di calmarsi... dopodiché, le bisbigliò furiosamente sulla bocca: "Sei una stronza, lo sai?!"

"D-Draco, ti prego... io n-non..." Balbettò lei.

Lui gettò uno sguardo per tutto il salotto, poi imprecò a bassa voce per non farsi sentire da tutti, e le sussurrò ancora, adirato:
"C'è ancora qualcos'altro che è opportuno che io sappia!? Eh?! Non so... hai qualche molliccio nell'armadio? Hai da confessarmi un tradimento eclatante? Un paio di progetti messi a punto anni fa per farmi fuori? Altri segreti sull'Ordine della Fenice?!"

Hermione strinse forte le palpebre e negò con forza: "No, Draco! Non c'è più niente! Davvero..."

Draco le sollevò il viso con due dita, in un gesto falsamente gentile: "Ne sei sicura?"

"Sì!" Affermò lei, che credette di averlo placato.

Ma di certo tutto si poteva dire di Malfoy, tranne che non fosse furbo: infatti, aveva notato subito il lampo di speranza che aveva attraversato gli occhi di Hermione... e così, ruggendo ancora di collera, la riprese:
"Non credere di essertela cavata, Granger! Sto solamente cercando di non uscire fuori dai gangheri davanti ai tuoi amichetti. Approfondiremo il discorso più tar..."

Un movimento sospetto al lato del suo campo visivo però, lo fece voltare incuriosito: Ronald Weasley, quatto quatto, aveva preso la giacca e se la stava svignando da casa Potter, con la stessa aria colpevole di un ladruncolo d'appartamento.

"Dove diavolo stai andando tu?!" Lo bloccò Draco, che si era allontanato da Hermione senza esitazione.

Ron chiuse per un attimo le palpebre, maledicendosi mentalmente per il fallimento della sua fuga strategica. Voleva furbescamente approfittarsene della discussione fra i due piccioncini, e sfruttare la disattenzione di Harry che, per non fare la figura dell'orecchio oblungo che origlia le litigate altrui, si era spostato di fronte alla finestra fingendo di essere terribilmente interessato a guardare fuori.
Ma gli era andata male. Così, Ron borbottò esasperato:
"Mi dispiace ragazzi, ma... il punto, è che stavolta non mi fregate. Non mi fregate. No! No, no e no! Io me ne vado sul serio, ora!"

Hermione, mettendo da parte i suoi problemi sentimentali, guardò l'amico con l'aria così confusa, che sembrava avesse appena visto un vampiro passeggiare sotto il sole: "Perché mai dovremmo fregarti, Ron?! Ma di che cavolo stai parlando?"

Ron allora, rispose con pungente sarcasmo: "Ooh cara Hermione! Forse TU non lo sai, di cosa farnetico, ma qualcun altro certamente sì!!!" Ed indicò Harry e Draco con lo sguardo.

Gli interpellati si lanciarono una breve occhiata perplessa, mettendo sul viso delle espressioni di totale ignoranza.

Ron, profondamente stizzito dal loro cadere dalle nuvole, decise di rivolgersi ad Hermione per chiarire la faccenda:
"Bene! Te lo spiego subito di cosa parlo!" Inspirò soddisfatto e ricomiciò: "Quando, tempo fa, abbiamo recuperato il bracciale della signora Belby trafugando la sua tomba, il lavoro sporco è toccato a ME! E sai perché, Hermione!? Eh?! Perché questi due campioni (ed indicò di nuovo Harry e Malfoy) erano troppo delicati per sopportare la vista e la puzza di un cadavere andato a male!"
Rallentò il respiro per placare l'indignazione ma, prima di riprendere, l'amica lo interruppe, perplessa:
"Ook, ok Ron! Va bene, m-ma... ma cosa c'entra tutto questo, con la tua tentata fuga di poco fa?"

"Ooh, c'entra eccome!" Gli rispose lui che, con l'aria determinata, continuò: "Dimmi! Dove si trova attualmente la bacchetta di sambuco, Hermione? Dai, è facile!"

Rimasero tutti in un imbarazzante silenzio.
Stavano cominciando a capire...

"Non avete il coraggio di rispondere eh!?!" Si irritò Weasley. "In ogni caso lo dico io, anche se voi lo sapete benissimo: la bacchetta di sambuco riposa fra le mani di Silente!!! Già! Silente che è morto stecchito da ben undici anni. Quindi NO, miei cari! Mi dispiace, ma io non voglio affatto ripetere l'esperienza! Andateci voi stavolta, a mettere le mani addosso ad una carcassa piena di vermi per recuperare la vostra preziosa bacchetta!"

Nessuno fiatò.

"Io ve l'avevo già detto l'altra volta che non ero il vostro addetto alle pompe funebri! Per cui, vi avverto: ogni vostra preghiera sarà inutile. Non lo farò di nuovo. La questione è chiusa!"

Detto ciò, Ron abbandonò Grimmauld Place sbattendo la porta e lasciando tutti a bocca aperta.





Continua...







Note:
-I momenti di felicità di cui godiamo ci prendono di sorpresa. Non siamo noi che li troviamo, ma loro che trovano noi. (Ashley Montagu)


 

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Capitolo 22
*** Come uno snaso lesso ***


 
Capitolo 22
-Come uno snaso lesso-



 

Wiltshire, Inghilterra.

Il mondo dei maghi stava cambiando...
Ma Narcissa Malfoy non sapeva stabilire con certezza se quei cambiamenti fossero cosa buona e giusta, o solo un inesorabile ed impercettibile declino che avrebbe portato la loro comunità ad essere sempre meno compatta e segreta.
E la cosa peggiore, era che il destino beffardo aveva voluto che, incredibilmente, proprio suo figlio si trovasse fra coloro che avevano mosso i primi passi verso quell'epocale rinnovamento: lui che era nato da un'immacolata stirpe magica e al di sopra di qualsiasi altra nobile famiglia inglese, lui che per primo aveva disprezzato chi non aveva sangue puro nelle vene...

Ti svegli un mattino, e decidi di cambiare.
C’è un sortilegio dentro il cuore,
un sussurro nei polmoni,
una chiamata alle armi della pancia,
una formula magica nella mente...
quel genere di cambiamento
che si chiama rivoluzione.


Narcissa ormai, aveva cinquantaquattro anni, e dopo quello che i suoi occhi avevano visto, ma soprattutto dopo quello che aveva affrontato, era stanca di lottare, ed era stanca pure di incaponirsi su ideologie alle quali forse... non credeva più nemmeno lei!
La signora Malfoy aveva raggiunto quell'età che ti permette finalmente di stare in pace con te stesso e con il mondo; che ti fa vedere le faccende della vita con tutt'altra prospettiva, e che ti placa quella smania di dover per forza avere tutto sotto controllo, tutto perfettamente assoggettato al tuo volere.
Draco aveva fatto il suo percorso, aveva affrontato i suoi demoni, preso le sue decisioni, scelto la donna che più credeva adatta... e Narcissa non poteva certo mettersi a corrergli dietro per obbligarlo ad amare chi diceva lei!!! Cosa diavolo avrebbe potuto dirgli, ad un uomo di quasi trent'anni? Che doveva sposare una giovane aristocratica purosangue per avere una progenie incontaminata?! E nel caso altamente probabile che lui si fosse rifiutato, poteva mica minacciare di sequestrargli la scopa per una settimana come quando era un ragazzino!? Gettargli alle fiamme tutte le figurine delle cioccorane o mandarlo a letto senza cena!
Non rientrava più nei suoi piani, litigare con il figlio: Narcissa voleva affrontare il sopraggiungere della vecchiaia, in serenità.
Nel passato del mondo magico in fondo, se ne annoveravano parecchie di storie d'amore -più o meno romantiche- fra sanguepuro e nate babbane. Quella fra suo figlio ed Hermione Granger non era certo la prima, e non sarebbe nemmeno stata l'ultima! Quindi...

Vivi e lascia vivere.

Narcissa, in ogni caso, aveva cominciato da un po' di tempo anche a credere nel fato, perché beh... doveva per forza esserci qualcosa di prodigioso, nel fatto che Draco avesse finito per innamorarsi proprio della ragazzina che anni orsono aveva tormentato e perseguitato con tutte le sue forze!

Spesso, s’incontra il proprio destino nella via che s’era presa per evitarlo.

Hermione Granger.
LEI...
Lei era destinata a lui da sempre! Era questa la verità, aveva aperto gli occhi Narcissa. Ma a quell'epoca, loro due non se n'erano accorti, troppo presi ad odiarsi o, forse, troppo bambini per saper riconoscere il fremito dell'amore vero.

I sentieri del destino sono lunghi e tortuosi. Si biforcano, si ramificano, a volte si ricongiungono. Si dice che nemmeno il destino sappia con certezza dove porti ogni sentiero, dove conduca ogni svolta e ogni curva. Si dice che alcuni suoi sentieri portino oltre l’universo, oltre la morte, fin dove c’è Dio, ma nessuno può sapere.

Alla signora Malfoy non importava più niente né della sua ricchezza, né del suo rango sociale; non credeva più nella sincerità della gente, non amava più soffermarsi ad intrattenere conversazioni con conoscenti che, non appena voltava loro le spalle, andavano di corsa a parlar male di lei!
Dopo aver rischiato di vedere la sua famiglia sgretolarsi a causa di Voldemort, Narcissa aveva finalmente capito che solo l'amore era davvero importante, soprattutto quello per un figlio.
Ooh sì... infatti lei avrebbe letteralmente dato la vita, per lui! E si sarebbe addirittura strappata il cuore dal petto, se solo egli ne avesse avuto bisogno!

Ma Hermione Granger... Hermione Granger sarebbe stata capace di amare Draco con la stessa intensità?!

A Narcissa venne da ridere: stava già facendo le tipiche riflessioni della suocera diffidente!
Doveva ammettere però, che c'era qualcosa che rendeva decisamente diverso, il legame che univa quei due giovani: qualcosa di particolare, inconsueto, di... poetico quasi. Nonostante tutto.

Draco ne veniva da un'antica dinastia nobile e ricca, aveva nelle sue vene sangue mischiato a magia purissima, ed era cresciuto pieno di credenze errate, convinto della sua sprezzante superiorità; Hermione invece era umile, banalmente babbana, e si era fatta spazio solo grazie ad una buona dose di talento e determinazione... fiera di ciò che era.

Lei, l'orgoglio. Lui, il pregiudizio.

La signora Malfoy sospirò alzando lo sguardo verso il cielo del Wiltshire, e socchiuse le palpebre per proteggersi gli occhi dalla luce di quel tiepido pomeriggio invernale. Poi, si voltò per cercare la figura di suo marito, e sorrise appoggiando una mano al braccio di lui.
Erano appena tornati dal Somerset, ed il grande cancello in ferro battuto del maniero si stava lentamente aprendo per farli passare.

Si sentiva serena, Narcissa! Stava imparando, una volta per tutte, a prendere la vita come veniva, senza preoccuparsi troppo del domani. E pure Lucius, da qualche tempo a quella parte, ci stava provando, anche se faceva un po' più di difficoltà rispetto a lei: egli in fondo, era sempre stato più ostinato, più rigido, risoluto, poco aperto ai cambiamenti...
Ma ce l'avrebbe fatta lo stesso! Ce l'avrebbe fatta anche lui, prima o poi, ad arrendersi alla "tragedia" di vedere l'albero genealogico rovinato!

Mentre camminavano lungo il viale alberato che portava alla villa però, la donna aggrottò le sopracciglia, improvvisamente allarmata. C'era qualcosa di negativo, nell'aria. Una strana elettricità che era quasi palpabile! Gli uccellini non cantavano, il vento non soffiava, perfino le nuvole sembravano immobili.

"Lucius..." Chiamò, in tono inquieto.
"Sì, dimmi!" Rispose lui, battendo tranquillo il suo bastone da passeggio sulla ghiaia bianchissima.

"Non trovi che sia tutto troppo silenzioso?"

Il signor Malfoy si guardò attorno, fece una smorfia strana e poi disse, vago: "Beh... s-sì! In effetti..."

Narcissa iniziò a far volare rapidamente lo sguardo da una parte e dall'altra del maniero per captare qualsiasi particolare fuori posto, una traccia di pericolo, un elemento stonato. Ma nulla.

"Ho una brutta sensazione, caro!"
"Che vuoi dire?"
"Non lo so, Lucius! Ma c'è qualcosa che non va. Ne sono sicura."

Affrettarono il passo per raggiungere la villa, e quando finalmente entrarono dentro... Narcissa cacciò un urlo terrorizzato.

L'atrio era completamente devastato: tutte le tende penzolavano a brandelli dalle lunghe aste che le sorreggevano, i tappeti erano stati ribaltati, i lampadari giacevano a terra in frantumi, i quadri storti mancavano dei soggetti (sicuramente fuggiti via per la paura), la carta da parati era strappata in diversi punti, gli specchi erano rotti, ed infine... in un angolo, c'era Toby, l'elfo personale di Draco, accasciato sul pavimento, esanime e con del sangue secco sulla testolina.

"Ma che cazzo è successo qui dentro, dannazione?" Proruppe Lucius, atterrito.
Narcissa invece, pallida come un cadavere, si era portata entrambe le mani sulla bocca, esalando una timida invocazione:
"Oh mio Dio..."


 
***

 

Wallingford, Oxfordshire.

"E' ASSURDO, CAZZO!" Urlò Draco, con il volto arrossato dalla collera: "Quante volte te l'ho ripetuto che devi darci un taglio con questo maledetto vizio di tenermi nascoste le cose, Hermione?!"

Non avevano fatto in tempo neanche a smaterializzarsi via da Grimmauld Place, che lui l'aveva subito aggredita per rinfacciarle la storia della bacchetta di sambuco.

"Santo cielo, Draco!" Sbraitò lei, che aveva ruotato gli occhi verso il soffitto: "Ti ho già detto TRE VOLTE che non l'ho fatto di proposito! Non ti ho lasciato all'oscuro della faccenda per chissà quale misterioso e sleale motivo, cavolo!"

Il giovane la guardò con occhi assassini: "Non volevi, eh?! Ma certo! E allora perché sono venuto a sapere tutto da Potter, invece che da te? Eh?! Mi hai fatto fare la figura del cretino... te ne rendi conto?!! La figura di quello che cade da una scopa in volo come uno snaso lesso!"

Hermione fece una smorfia esasperata, prima di dire: "Ooh Merlino, aiutami tu!"
Dopodiché, si portò una mano sulla fronte, nel gesto tipico di chi è al limite della pazienza, e riprese, determinata: "Senti, Malfoy... veniamo direttamente al sodo! Quanto a lungo vorrai tenermi il muso, per questa cazzata?! Dimmelo, così mi preparo psicologicamente!"

Per un attimo lui la guardò sbigottito, poi però, la collera tornò a gonfiargli inesorabilmente il petto: "Non si tratta una cazzata, Hermione. Non si tratta AFFATTO di una cazzata. Smettila di sminuire lo sbaglio che hai fatto solo per renderlo meno grave ai miei occhi! Non sono così stupido come credi tu, sai?!"

Infine, digrignò i denti e mise su un'espressione beffarda: "Tu e quegli altri due imbecilli avete prodotto la Polisucco per introdurvi nella sala comune di Serpeverde e carpirmi i segreti di famiglia, avete escogitato piani per mettermi in ridicolo, usato una mappa magica per spiare i miei spostamenti in tutta Hogwarts, seguito fino a Nocturn Alley... e sicuramente la lista delle cose di cui devo venire a conoscenza è ancora lunga!!! Come puoi pretendere che non mi incazzi? Eh?! Può darsi che la prossima volta mi capiterà di aprire il settimanale delle streghe e scoprire di avere le corna! Dovrò tenermi pure quelle, Granger? O magari in quel caso, per tua gentile concessione, avrò il diritto di protestare!?"

E mentre diceva ciò, aveva buttato stizzito la giacca sul divano e si era infilato le mani nei capelli, fumando di rabbia.

"Ma smettila, Malfoy... non farla più tragica di quello che è!" Gli rispose Hermione, nervosa: "Te l'ho già spiegato il motivo per cui non ti avevo parlato dei doni della morte!" E terminò con una risata cinica e derisoria: "Neanche se ti avessi vigliaccamente lanciato una Cruciatus alle spalle te la saresti presa così!!!"

Poi, dopo essersi anche lei tolta il cappotto, si diresse verso le scale tutta impettita, con l'intenzione di chiudersi in bagno e lasciarlo a spolmonarsi da solo finché se ne fosse andato finalmente a casa sua, regalandole un po' di pace e solitudine.

Lei e Draco non avevano mai litigato con quell'intensità o, per lo meno... non da quando stavano insieme. L'ultima volta che si erano mandati a quel paese infatti, l'avevano fatto silenziosamente, senza troppe sceneggiate: lui inviandole un gufo, lei restituendogli l'anello.
Che cosa stava succedendo adesso? Sembravano aver rimosso di colpo tutte le cose belle per ritornare ad essere i due adolescenti arrabbiati di Hogwarts che si sputavano addosso le reciproche frustrazioni.
Hermione avrebbe tanto voluto girarsi, correre a rintanarsi fra le sue braccia forti e dirgli, tutta timida ed esitante: ti prego amore mio, basta litigare! Odio quando lo facciamo, mi ricorda tante cose brutte...

Ma non l'avrebbe fatto. No!

Stavolta non si sarebbe piegata per niente al mondo: aveva tutte le ragioni, per farlo! Draco non poteva mica pretendere che lei gli raccontasse ogni più piccolo segreto, ogni singolo avvenimento, ogni minimo dettaglio della sua vita!

C'erano cose che si potevano dire, ed altre che dovevano essere taciute...

NON perché Hermione avesse scarsa fiducia in lui, ma semplicemente perché DOVEVA essere così. In particolare le faccende della guerra... quelle erano davvero troppo delicate per essere confidate! Riportarle a galla era doloroso come conficcarsi un coltello in un fianco. Sarebbe stata una tortura gratuita, soprattutto per loro due, che avevano vissuto quei tempi bui su due fronti opposti.
E poi andiamo! I segreti andavano mantenuti! Altrimenti che segreti erano?

Il giorno in cui era morto Voldemort, undici anni prima... lei, Harry e Ron, avevano gettato la pietra della resurrezione nella foresta proibita, piegato e riposto il mantello dell'invisibilità nella soffitta di Grimmauld Place, rimesso la bacchetta fra le mani di Silente, ed infine GIURATO di non raccontare a nessuno dei doni della morte.
Quei tre oggetti, se riuniti, costituivano un'arma troppo potente e pericolosa per farla conoscere al mondo, per cui... sarebbe stato soltanto un bene lasciar credere per un altro centinaio di anni almeno, che essi fossero solo una bellissima e nebulosa leggenda!

Un segreto da portarsi nella tomba.

Da allora, gli anni erano passati scorrendo placidi, la vita era andata avanti, si erano succeduti altri avvenimenti, ed Hermione aveva sepolto quei fatti sotto quintali di altre preoccupazioni. E se non fosse stato per il quadro maledetto di Grindelwald, probabilmente Hermione avrebbe raccontato a Draco quella storia assurda fra chissà quanti anni... e solo se, ovviamente, la loro relazione fosse andata abbastanza avanti da farli diventare una di quelle coppie consolidate, stabili, unite dal tranquillo affetto che segue allo spegnersi della passione cocente.

Invece... il destino infame aveva fatto sì che fosse NECESSARIO parlarne prima del tempo, per cercare di risolvere la questione dell'Obsurus e sperare di buttarsi alle spalle l'ennesima drammatica sciagura.
Quale colpa ne aveva lei, se la bacchetta di sambuco si stava rivelando di nuovo indispensabile?

Hermione inghiottì fieramente le lacrime che stavano quasi per rotolarle giù dagli occhi, si aggrappò nervosamente al corrimano della scala e salì, decisa, i primi tre gradini.

Ignoralo, Hermione. Lascialo da solo. Fallo urlare quanto vuole. Non deve interessarti.

"Non azzardarti ad andartene di sopra, Granger. Stiamo ancora discutendo!" La richiamò Draco, con la voce alterata.

In realtà, Malfoy ebbe un piccolo sobbalzo al cuore vedendola fuggire via. E si ritrovò a preoccuparsi seriamente. Cosa aveva combinato?
LEI non lo faceva mai... andarsene cioè nel bel mezzo di un battibecco lasciandolo da solo a dare aria alla bocca! Hermione era quella che pretendeva sempre di avere ragione, che voleva avere sempre l'ultima parola, che era capace di sbraitare per ore, tanto da convincere delle sue argomentazioni perfino i quadri appesi in soggiorno.
Invece, adesso, lo stava letteralmente piantando in asso.

"Granger, mi hai sentito?! Torna qui!" Ribadì, più irritato che mai.

Lei si fermò a metà scala, si maledì mentalmente per la poca determinazione che possedeva quando di mezzo c'era Draco, e si voltò indietro, ridiscendendo rapidamente i gradini con gli occhi ridotti a due fessure. Quando lo raggiunse, gli disse a voce pericolosamente bassa: "Falla finita di darmi ordini. Sembri un ragazzino capriccioso!"

Draco però, invece di rabbonirla come si era prefissato due secondi prima, inspirò dilatando le narici per la rabbia, e le si fece vicino per risponderle, con lo stesso tono di voce sottile e minaccioso: "E tu sei solo una fottuta stronza."

Lei sorrise fra il sarcastico e l'irritato, mentre incrociava le braccia al petto per ribattere: "Questo me l'hai già detto prima, a Grimmauld Place!"

"E allora prendilo come un ripasso... così capisci meglio il concetto!" Si indispettì lui.

"Imbecille!"
"Presuntuosa del cazzo!"

Hermione sgranò gli occhi e spalancò la bocca, sconcertata.
Non era più abituata a sentirsi offendere da lui... Era talmente tanto tempo che Draco non lo faceva, che era bastato un banalissimo presuntuosa, per ferirla.

"C-Cosa... cosa hai detto, scusa!?!?!?"
Che poi a dirla tutta, non lo capiva proprio, il perché ci stava rimanendo così male visto che dalle labbra di Draco, tempo addietro, erano uscite parole decisamente più offensive di quella.

"Ti ho detto la verità, Granger. Solo la verità. Quindi è inutile che ti offendi!"
Borbottò lui, che era combattuto fra la voglia di mantenere il punto, o di pregare Merlino affinché gli mandasse una giratempo per rimangiarsi l'ultima frase.

Le gote di Hermione intanto si erano fatte rossissime per il disappunto:
"Vai a farti fottere, Malfoy!" Affermò con determinazione. "E fallo immediatamente."
Poi attese un paio di secondi in silenzio, e non vedendolo muoversi, lo spronò con più veemenza: "Forza, che aspetti?! Vattene! SPARISCI!!!" Gli vomitò contro, provando perfino a spintonarlo, senza riuscire a farlo spostare neanche di un millimetro.

"SMETTILA, GRANGER!"
La rimproverò invece lui, con voce tonante, mentre le afferrava i polsi per impedirle di continuare a spingerlo via.
Draco si era reso conto già da diversi minuti di aver esagerato, di aver portato quel litigio al limite del possibile. Ma cosa diavolo poteva inventarsi adesso, per rimettere a posto le cose?
Lui non voleva andarsene via, dannazione! Non voleva uscire da quella casa senza averla prima vista sorridere.
SORRIDERGLI.
Certo, non era nemmeno contento del fatto che lei lo avesse tenuto all'oscuro della verità riguardo la guerra e la morte di Voldemort, ma... non poteva nemmeno rischiare di perderla per ostinarsi a rinfacciarglielo all'infinito!
Eppure Draco, che come al solito era troppo orgoglioso per chiedere scusa a qualcuno, specialmente a lei, continuò a polemizzare per puro istinto di conservazione:
"Secondo quale criterio, Granger, tu puoi insultarmi a piacere dandomi dell'imbecille, mentre io devo stare zitto senza replicare, perché altrimenti ti offendi?! Mh?"

Hermione lo guardò male, ma non aprì bocca. Non sapeva che dire...
In effetti, nemmeno lei si era risparmiata con le insolenze! Così, provò solo a divincolarsi dalla stretta che le bloccava i polsi, ma il ragazzo, che era più determinato che mai, non la lasciò fuggire.

"Rispondi, Hermione!"
Nessuna reazione.
Draco la fissò con arroganza, lasciando passare altro tempo; e quando comprese con assoluta certezza che lei non aveva più argomenti da sciorinare, gonfiò il petto tutto soddisfatto e, all'espressione offesa della donna, si mise a ridere, divertito.

Era adorabile.
Era assolutamente adorabile: Hermione Granger aveva la straordinaria abilità di farlo incazzare come un avvicino selvaggio, e poi calmarlo del tutto nel giro di due secondi.

Peccato però che la stessa cosa non la stava pensando lei di lui!
Draco Malfoy era l'UNICO che riusciva a metterla nel sacco, e questa era una cosa che ad Hermione dava profondamente sui nervi, visto che non c'era mai riuscito nessuno (nemmeno il professor Piton con le sue verifiche a sorpresa... o Ron, quando le faceva due moine per copiare i compiti!).
Fanculo.
E intanto, lo stronzo continuava a ridere.
A RIDERE, ACCIDENTI!
Come se fino a dieci secondi prima non stessero affatto tentando di scannarsi come due grugnicorti svedesi...

Era molto piacevole per Malfoy invece, osservare il broncio delizioso sul viso di Hermione, perché gli dava una sicurezza spavalda che aveva perso da troppi anni, ormai.

"Non rispondi perché sai benissimo di aver esagerato anche tu con quella linguaccia lunga che ti ritrovi! Non è così, brutta strega?!" Le disse lui, tentando di reprimere una smorfia divertita ed amorevole allo stesso tempo.

Hermione si limitò a fulminarlo socchiudendo le palpebre. Non aveva per niente voglia di soprassedere a quel litigio facendosi infinocchiare dalle sue lusinghe ben studiate, quindi riprovò di nuovo a spintonarlo, cercando a fatica di liberarsi dalla sua presa ferrea.

Il risultato, fu che si azzuffarono in silenzio per qualche secondo, senza magia, ognuno deciso ad avere la meglio. Una battaglia muta, che era decisamente bizzarra per due come loro, sempre abituati ai più agguerriti scontri verbali.
Era una lotta di braccia che colpivano, istigavano, poi abbracciavano (quelle di Draco), e dita che afferravano, serravano forte... mani che schiaffeggiavano (quelle di Hermione), gambe che tiravano calci (sempre quelle di Hermione), e corpi che fremevano (quelli di entrambi).
Draco stava avendo la peggio. Era come se si fosse immolato di sua spontanea volontà alla furia di Hermione, lasciandola sfogare come meglio credeva, e prendendosi tutti i ceffoni che lei voleva dargli: lo stava facendo per farsi perdonare la sua eterna stronzaggine da aristocratico purosangue. E continuò a prenderle di santa ragione, per quanto ovviamente una donna, con la sua esigua forza, potesse picchiare per davvero un uomo!
La pazienza di Draco però, non era certo infinita come quella di un elfo domestico, perciò... quando ritenne opportuno riappropriarsi finalmente del suo orgoglio di maschio, la strattonò leggermente, le serrò i polsi, se la premette addosso, e la baciò con un'irruenza furiosa.

Finalmente.

Le riversò sulle labbra tutta la tensione nervosa che aveva accumulato in quei minuti. E non gli importò un grinzafico rinsecchito del fatto che la giovane donna stava tentando palesemente di respingerlo in ogni modo... lui aveva bisogno di lei, del suo sapore, del suo calore, della sua essenza.
Punto.
Draco la violò senza pudore, infilandole la lingua in bocca, bloccandola fra le sue braccia d'acciaio, forzandola a piegarsi ai suoi voleri. Strinse fra i denti la carne polposa del suo labbro inferiore, glielo succhiò fino a sentire il sapore del sangue, giocò con la sua bocca in tutti i più appassionati modi che gli passarono per la testa... finché le proteste di lei andarono pian piano ad esaurirsi.
E Draco vinse. Come sempre.

Fra loro, d'altronde, era sempre stato molto sottile il confine tra l'odio sfacciato e la passione cocente.

Hermione si aggrappò alla sua nuca afferrandogli violentemente i capelli fra le dita, e lui se la strinse addosso fino a farla sollevare da terra.
La strega si era resa conto che tutti gli schiaffi, i pugni e le botte che aveva rifilato a Malfoy non lo avevano minimamente scalfito; allora si era fatta assalire da lui e dalla sua voglia impetuosa, assalendolo a sua volta per scaricare la furia incontenibile.

Era un bacio indecente quello che si stavano dando, un bacio in cui la rabbia e la passione cercavano di imporsi.
Quel gioco lussurioso di lingue sembrava quasi voler proseguire, in modi più profani, la lotta silenziosa che avevano ingaggiato prima.

L'amore può anche aspettare una vita,
ma una passione... quella no! Non aspetta neanche un secondo.


Prima o poi forse, Draco Malfoy ed Hermione Granger si sarebbero distrutti a vicenda, per quella smania di voler prevalere sull'altro e di consumarsi come due cannibali che si strappano le carni a morsi, ma... nonostante fossero consapevoli di ciò, erano ben coscienti pure del fatto che non era possibile sottrarsi al fuoco del desiderio.

Quale mortale seppe mai il perché di un violento amore? Tu potrai trovare la causa di tutto, nel mondo, ma non la causa di una passione.

La voluttà era qualcosa di irrazionale, che annebbiava totalmente ogni pensiero logico. Quando essa prendeva, non c'era modo di sottrarvisi. E non esitevano più incertezze, rancori, impedimenti, differenze sociali... nulla, che non fosse solo l'incendio dilagante dei sensi.

Draco serrò le braccia intorno alla vita di Hermione, e la trascinò con sé a terra, incapace di pensare a nient'altro oltre al suo corpo delizioso incollato al suo. La riempì di baci umidi su ogni angolo del viso, del collo, respirandole sulla pelle profumata, e mordendole piano una spalla scoperta.
Si erano distesi al centro del salotto come se non ci fosse stato il tempo o la possibilità di trovarsi un rifugio più accogliente, rispetto a quello di un pavimento duro e freddo.

C'era troppa urgenza, nel loro volersi.

Ed Hermione, che gli aveva obbedito come una bestia selvatica appena domata, in quel momento se ne stava scompostamente gettata su di lui, prendendosi ogni bacio, ogni carezza, ogni sua spinta oscena come se fosse una sorsata d'acqua dopo ore di corsa sfrenata.
Non aspettò che fosse lui a passarle le mani sul ventre, sulle gambe e sul seno per liberarla di tutto ciò che la copriva, ma... la giovane si privò da sé di ogni più piccolo pezzo di stoffa che potesse celarla a quegli splendidi occhi grigi. Occhi che avevano assunto una brillante sfumatura azzurra.
Hermione trascurò la cognizione del tempo e dello spazio, perse ogni briciolo di pudore, di intransigenza, di tensione nervosa. E non si accorse nemmeno di aver schiuso le gambe per sentire il robusto desiderio di lui che la pretendeva, e la pregava di abbandonarsi al piacere. Allora, accettando la muta richiesta, poggiò i palmi sul torace ansante di Draco, e mentre si muoveva ondeggiando con il bacino per dargli, o piuttosto darsi, un poco di sollievo, chiuse gli occhi e fece sparire dal corpo dell'uomo ogni barriera che impediva alle loro carni di entrare in contatto.

A Draco si spezzò il respiro quando la magia silenziosa fatta da Hermione lasciò la sua pelle libera di sfiorare quella di lei. Nudi.
Così, avvolto da un improvviso calore cocente, tornò a baciarle la bocca con impeto, mentre le sue mani l'afferravano saldamente per i fianchi assecondando il suo oscillare sinuoso.

Ogni volta sembrava volerle trapassare l'anima, invaderla con prepotenza, travolgerla, riempirla fino all'ultimo respiro, marchiarla con la sua essenza... e rimanerle dentro fino alla fine dei giorni.
Brutalmente SUA. In ogni senso. Sua nel corpo, sua nella mente, sua nel sangue.

Hermione lo lasciava sempre fare, indecisa se ritenere quella smania di possesso completo qualcosa di lusinghiero, o piuttosto un pericoloso segno di follia. Purtroppo, in quei momenti, non era mai abbastanza lucida per capirci qualcosa! Soprattutto quando lui, sfacciatamente, le si strusciava addosso inumidendole il ventre, oppure la voltava di schiena per possederla senza troppo romanticismo, o le afferrava dolcemente la testa per guidarla verso la sua virilità.

"Sei meravigliosa..." Lo sentì improvvisamente sussurrare sulle sue labbra, intanto che la forzava ad aprire di più le gambe. "Eccitante..." Aggiunse roco, dandole un piccolo bacio all'angolo della bocca.

"Perfetta..." Un altro bacio.
"Provocante..." Ancora un altro bacio.
"Piena..." Le sfiorò un seno carnoso con tocco leggero.
"Mia!" Disse infine con più forza, serrandole la vita in un abbraccio energico che la lasciò boccheggiante.

In realtà, Hermione aveva ancora la tremenda e maledetta voglia di riempirlo di schiaffi, esattamente come dieci minuti prima: Draco Malfoy era odioso oltre ogni ragionevole dubbio, e niente poteva cambiare questo fatto! Ma doveva ammettere pure che sentire la sua lingua umida scorrerle avida lungo tutto il collo la faceva rabbrividire di soddisfazione.
Ed ogni volta che nel suo animo furioso riaffiorava la smania di mordergli un labbro a sangue per rimarcare tutta la sua collera... lui, astuto manipolatore -quasi le leggesse nel pensiero- le spezzava il fiato infilando le dita in posti dove più ne sentiva segretamente il bisogno.
Avrebbe voluto addirittura dirgli qualcosa di mostruosamente cattivo, sperando che Draco si offendesse a tal punto da rivestirsi in fretta ed andarsene, visto che a lei mancava la forza per farlo! Però poi, invariabilmente, succedeva che lui le affondava il volto fra i seni, ansimando felice... e a quel punto Hermione lasciava perdere, rendendosi conto che sarebbe stata una follia, fargli (e farsi) un torto simile. In fondo, possedersi senza freni era la cosa che riusciva meglio ad entrambi, soprattutto quando in precedenza si erano fatti del male e non avevano avuto il coraggio di spiegarsi a parole.

Fare l'amore è meno complicato che chiedere scusa.

Le mani pallide e forti di Draco le strinsero le natiche, affondando i polpastrelli nella carne burrosa, e lei gemette profondamente, soffocando il godimento nell'incavo del collo teso di lui, bagnandoglielo con i suoi respiri caldi, e pregandolo in silenzio di non farla più attendere. Aveva bisogno di lui.

Draco inspirò a fondo, tremando impercettibilmente. La desiderava con un'intensità tale che era sicuro che quella voglia se la sarebbe portata dietro per tutta la vita, come un drogato. Lo sguardo implorante di Hermione poi, l'aveva tramortito definitivamente, dandogli il colpo di grazia.

Sarebbe morto d'amore! Ne era certo! D'amore, e di sesso.

Occhi. Quei maledetti occhi mi fottevano sempre. Ci facevo l’amore solo a guardarli.

"Amore mio..."
Fu un sussurro spezzato quello di Hermione, a cui seguì una richiesta timidissima ed esitante: "Non aspettare più... ti prego."

A quelle parole, lui spalancò i suoi occhi cristallini... quasi incredulo di sentire Hermione pronunciare, seppur in un soffio impacciato, una supplica tanto esplicita.
Il cuore gli mancò un battito, e mentre la baciava appena sulla bocca, una volta, due volte, tre volte, appropriandosi delle sue labbra con dolcezza, la fece sua di colpo.
Senza esitazione. Annegando nelle sue carni bollenti.

Hermione affondò i denti nella spalla destra del giovane, inghiottendo un grido trepidante e muovendosi frenetica sul suo bacino, senza pensare più a niente.
I suoi occhi innamorati, ora, vedevano soltanto il viso di Draco contratto dallo sforzo, il suo profilo perfetto, lo sguardo concentrato, la leggera barba che le pizzicava la pelle, le labbra schiuse che cercavano le sue in un'intimità profonda, forse più pronfonda del sesso stesso che stavano facendo...
Hermione vedeva ogni suo più piccolo dettaglio, perfino le minuscole rughe agli angoli delle palpebre e il neo sotto la mascella.
Solo e soltanto lui. Nient'altro.
Ed era giusto così.

Draco, dal canto suo, sorrise brevemente e rallentò il ritmo, portandolo ad un dondolio lento e più profondo. Gli sembrava come di rinascere a nuova vita, tutte le volte che la possedeva. Era una specie di vittoria faticosamente ottenuta, un premio per essersi comportato bene.
Aah, se solo lo avesse saputo dieci anni fa che per trionfare su Hermione Granger e dominarla completamente, bisognava solo amarla! Avrebbe sicuramente tentato di sfilarle le mutande già da allora, invece di ostinarsi ad inventare senza sosta nuove e più fantasiose invettive per farla incazzare!

L'erede dei Malfoy ritrovava sempre la via, quando si inabissava fra le cosce di quella donna una volta tanto odiata.

Riprese ad ancheggiare a ritmo sostenuto mentre la guardava con uno sguardo schifosamente innamorato, poi... con un leggero affanno nella voce, le sussurrò sulle labbra gonfie:
"Vorrei poter tornare indietro nel tempo, sai?"

La donna aggrottò un momento le sopracciglia, aggrappandosi con le mani al suo collo irrigidito dallo sforzo:
"P-Per quale motivo?" Rispose, ansimando.

L'uomo le accarezzò una guancia delicatamente, continuando a spingersi in lei, e le portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio in un gesto confidenziale, prima di dirle, con voce intensa:
"Per rincontrarti di nuovo."

"Hermione sorrise, deliziosamente interdetta, e gli soffiò sulla bocca: "Rincontrarmi?!"

Draco chiuse gli occhi ed affondò più profondamente: " Rincontrarti senza pregiudizi, intendo. Così da amarti più a lungo."

Lei spalancò la bocca in un grido silenzioso, per poi sussurrare a fatica: "Ma non importa, Draco. N-Non importa. Mi hai ritrovata lo stesso!"
E lo baciò quasi penetrandogli l'anima, cercando la sua lingua in un gioco duro e perverso.

Il giovane inspirò, soddisfatto. Poi, si tuffò con maggior vigore tra le sue gambe aperte, ormai irrimediabilmente perso, mentre Hermione si inarcava contro il suo corpo sudato, resa pazza da un bruciante piacere.

Avrebbero sicuramente smesso di parlare, da qui in poi, e forse addirittura di pensare razionalmente, così presi a rincorrere la meta finale della loro intensa comunione fisica e spirituale, ma...

Improvvisamente, dal nulla, una brillante luce verdastra illuminò il salotto, e dato che entrambi erano troppo presi dall'amore, credettero si trattasse soltanto dell'avvicinarsi inesorabile dell'estasi. Un crepitio nelle braci spente del camino ed una leggera folata di vento però, li fece subito ridestare da quella terribile illusione. Si misero rapidamente in allarme.

Chi diavolo era?
Restarono immobili, e ad Hermione mancò addirittura il fiato, per il panico.

Qualcuno stava usando la metropolvere!
Da un momento all'altro sarebbe apparso chissà chi nel salotto di casa sua, e... e...

"Oh cazzo!" Sbiancò lei, cercando di liberarsi dalla stretta ferrea di Draco, terrorizzata dalla figura pessima che avrebbero fatto. Malfoy invece, fin troppo irritato per l'interruzione, non si mosse, preferendo piuttosto imprecare a voce bassa:
"Giuro su Dio che se si tratta di quei due cretini di Potter e Weasley, mi faccio sbattere un'altra volta ad Azkaban!"

Hermione mostrò un'agitazione folle, e prese a dimenarsi nel vano tentativo di sgusciare via dalle sue braccia:
"Lasciami andare, stupido! Ma non hai un briciolo di imbarazzo a farti trovare così?!" Sbraitò furiosa, intanto che guardava verso il camino sempre più impaurita.

"Stai zitta e fermati, una buona volta!" La rimproverò lui, tenendosela premuta addosso: "Non siamo noi, a doverci vergognare!"

"Ma che cazzo c'entra!?! Non è una buona giustificazione per farsi sorprendere ad amoreggiare su di un pavimento come due ragazzini incoscienti!!!"

Il rumore si fece sempre più intenso, la cenere del focolare spento prese a sollevarsi in piccolissimi mulinelli, il sibilo dell'aria dentro la canna fumaria echeggiava vivace, e...

Alla fine, fu soltanto una lettera color panna a sbucare dal camino, svolazzando.

Hermione sospirò immediatamente, ringraziando Merlino per la sua benevolenza: "Oh, grazie al cielo!"
Ed i battiti violenti del suo cuore iniziarono a rallentare per riprendere un ritmo normale.

Draco borbottò irritato parole incomprensibili, fra cui spiccarono un paio di volgarità; poi, staccando subito gli occhi dalla posta fluttuante -deciso ad ignorarla bellamente- tornò a dedicarsi ancora ad Hermione, o almeno ci provò.
La donna infatti evitò abilmente i suoi baci ingordi per rimproverarlo:
"Smettila, Draco!!! Aspetta un attimo! Guarda lì..."

Lui sbuffò seccato ruotando gli occhi al soffitto, mentre Hermione gli indicava la missiva che, frusciando, si era dissigillata da sola, come le spaventose strillettere che i genitori di tutti gli studenti di Hogwarts mandavano almeno due volte al giorno in sala grande.

A quel punto, il giovane Malfoy seppe per certo di doversi arrendere... e che l'unica cosa sensata da poter fare era solo rinfilarsi i pantaloni con quanta più dignità ed eleganza gli fosse possibile: la voce piena d'angoscia di Narcissa Malfoy infatti, si era appena sprigionata dalla lettera aperta, riempiendo la stanza.

"Draco, devi tornare immediatamente a casa. Ti prego, fai in fretta! Corri."
 




Continua...






Note:

"Ti svegli un mattino, e decidi di cambiare. C’è un sortilegio dentro il cuore, un sussurro nei polmoni, una chiamata alle armi della pancia, una formula magica nella mente... quel genere di cambiamento che si chiama rivoluzione."
-Fabrizio Caramagna-

"Spesso, s’incontra il proprio destino nella via che s’era presa per evitarlo."
-Jean de La Fontaine-

"I sentieri del destino sono lunghi e tortuosi. Si biforcano, si ramificano, a volte si ricongiungono. Si dice che nemmeno il destino sappia con certezza dove porti ogni sentiero, dove conduca ogni svolta e ogni curva. Si dice che alcuni suoi sentieri portino oltre l’universo, oltre la morte, fin dove c’è Dio, ma nessuno può sapere."
-Fabrizio Caramagna-

"Quale mortale seppe mai il perché di un violento amore? Tu potrai trovare la causa di tutto, nel mondo, ma non la causa di una passione."
-Liala-

"Occhi. Quei maledetti occhi mi fottevano sempre. Ci facevo l’amore solo a guardarli." -Charles Bukowski-

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Capitolo 23
*** Paraspifferi ufficiale ***



Capitolo 23
-Paraspifferi ufficiale-


 

Wiltshire, Inghilterra.

Il C.R.E.P.A. non era mai stato tanto inutile come in quel momento! Pensò Hermione un poco stizzita... anzi: DAVVERO stizzita!
Anni ed anni di battaglie sociali per difendere i diritti delle creature più deboli letteralmente buttati nel cesso.
E questa era forse la prima volta in assoluto, a trent'anni suonati, che la strega più in gamba del mondo magico iniziava seriamente a farsi venire il dubbio che gli elfi domestici fossero contenti proprio così come vivevano: sfruttati, maltrattati, tenuti a pane ed acqua, e considerati alla stregua di un paraspifferi! E che, tutto sommato, Harry e Ron avevano sempre avuto ragione a dirle che il suo era un accanimento inutile.
Certo, non che glielo avrebbe mai detto, sia chiaro! Hermione non aveva la minima intenzione di andare da loro ed ammettere di essersi sbagliata!
Primo, perché lei odiava perdere.
Secondo, perché per tutto il resto della sua vita si sarebbe dovuta sorbire la faccia vittoriosa e tronfia di Ronald Weasley!
Perciò, anche se con sguardo irritato e un tantino torvo, Hermione si ritirò silenziosamente in un angolino del grande atrio di villa Malfoy, e si limitò soltanto ad osservare la scenetta penosa di Toby che quasi si appendeva ai pantaloni eleganti e sicuramente costosissimi di Draco per raccontargli, o meglio: INCOLPARSI, di cosa era successo lì dentro prima del loro provvidenziale arrivo.

A Malfoy Manor infatti, regnava il caos più totale: tende strappate, oggetti fracassati a terra, vetri rotti, tappeti ribaltati, divani e cuscini lacerati... sembrava quasi che vi fosse passato un uragano.

Era per questo motivo che Lady Narcissa aveva richiamato con tanta urgenza suo figlio pregandolo di tornare subito a casa.

"Io stupido, stupido, stupidooo!"
Stava intanto frignando Toby: "Non sono un buon servo per vostra famiglia! Sono inutile, debole e incapace di mandare via sconosciuti pericolosi!"

Poi si gettò sconsolato sulle scarpe in pelle del suo padrone, bagnandogliele con i suoi lacrimoni, mentre Draco, gelato dallo sdegno, tentava inutilmente di fare un passo indietro per scrollarselo di dosso.

E se, per un breve attimo, ad Hermione passò per la testa di rimproverare Draco per la posa troppo rigida e l'espressione palesemente schifata a causa del tocco concitato dell'elfo domestico che si umiliava ai suoi piedi, beh... alla fine per dispetto decise, tutta risoluta, di fottersene:
Toby venerava il suo padrone in maniera pressoché inquietante, e sinceramente Hermione era stufa di difendere i diritti di qualcuno che non voleva essere difeso!

Fu in quel preciso istante (che Dio e Merlino siano lodati nei secoli dei secoli amen) che la strega decise FINALMENTE, MIRACOLOSAMENTE, e INASPETTATAMENTE, di mandare a puttane quella stronzata colossale che era il "Comitato per la Riabilitazione degli Elfi Poveri e Abbrutiti".
Perché mai?!
Oh, beh... il motivo era semplice:
Appena lei e Draco si erano precipitati a villa Malfoy, circa mezz'ora prima, Hermione era stata l'unica a soccorrere l'elfo svenuto senza aver paura di insudiciarsi le mani con il suo sangue e con la sua tunichetta sporca di unto! E questo perché i padroni di casa invece, erano rimasti tutto il tempo paralizzati, quasi in stato di trance, a guardare soltanto la devastazione che, chissà chi, aveva compiuto nel loro grande ed accogliente maniero, senza curarsi affatto delle condizioni in cui versava il povero Toby. Così, borbottando fra sé e sé sullo schifoso disinteresse che i benestanti provavano nei riguardi dei plebei e degli esseri più deboli, Hermione si era rimboccata le maniche (crocerossina fino in fondo all'anima) ed aveva tamponato le ferite sulla testolina grigia e spelacchiata dell'elfo, poi vi aveva passato sopra la bacchetta in un incantesimo silenzioso di bendatura, l'aveva innervato, e...
Diamine!
Toby non aveva fatto in tempo neanche a riaprire i suoi occhioni nerissimi ed acquosi, che era fuggito dalle sue mani come un bolide impazzito, senza degnarsi di ringraziarla, e si era andato a prostrare ai piedi di Draco mettendosi a piagnucolare e a chiedere scusa per non esser riuscito ad impedire quella catastrofe. Come se Draco Malfoy fosse il sole intorno al quale ruotava l'intero sistema planetario.
Ma vaffanculo!
Era assurdo.
La strega ancora sbuffava di collera. Non c'era proprio niente da fare: a quegli esserini piaceva da matti prendere ordini e leccare il culo ai maghi! E quella era l'ennesima dimostrazione che lei doveva imparare una buona volta a pensare ai cazzi suoi, invece di farsi in quattro per gli altri!

Incrociando le braccia al petto con aria di superiorità, Hermione si era messa quindi ad osservare la scena imponendosi indifferenza... ed era tornata al presente.

"Io provato in tutti i modi a cacciare via!" Stava strillando Toby. "Ma quel bambino è entrato chissà come, e poi diventato violento. Era troppo forte per fermarlo! Povero me... Chiedo perdono, perdonoooo!"

Quel bambino è entrato chissà come.
Quel bambino...


La giovane, improvvisamente, sgranò gli occhi di comprensione: Dio santissimo! Quindi era stato il piccolo demone del quadro maledetto a forzare gli incantesimi di protezione per penetrare nel maniero e distruggere tutto!?! No. Non poteva essere! No no no. No. Dannazione!
Una cappa di gelo calò su villa Malfoy, rendendola più fredda di quanto potesse già esserlo di per sé un'antica ad enorme residenza nobiliare.
Gli occupanti rimasero immobili per secondi interi, come colpiti da un maleficio, e addirittura il vento che si insinuava dalle finestre rotte, sembrò per un momento fermarsi del tutto.

Fu Narcissa Malfoy a rompere l'atmosfera glaciale e a far scorrere di nuovo il tempo ad un ritmo normale; la sua mano leggiadra infatti aveva iniziato a muovere silenziosamente la bacchetta per riparare ogni cosa distrutta e rimetterla al proprio posto: secondo lei, tutto doveva essere perfetto come sempre, anche se dietro l'apparenza, le cose andavano a rotoli. Era un principio fondamentale, per mantenere intatta la dignità ed andare avanti senza crollare. Un principio che l'aveva aiutata anche nei momenti più bui della sua vita...

Così, le tende si ricucirono danzando leggiadre per aria, i frammenti di vetro luccicarono fino a ricomporsi sui telai delle grandi finestre, la carta da parati si rincollò alla perfezione come se nessuno l'avesse mai strappata dai muri... e tutto tornò al suo originale splendore sfarzoso.

Dalla parte opposta dell'atrio invece, Lucius Malfoy era rimasto a guardare il suo piccolo servitore con un cipiglio alquanto confuso:
"U-Un bambino??? Q-Quale bambino?!"

E prima che Toby si riprendesse abbastanza per spiegare meglio cosa intendesse dire, Draco (che non aveva bisogno di ulteriori chiarimenti) aveva già preso ad imprecare! Ed era divenuto pure di un pericoloso un pallore lunare... tanto da dimenticarsi perfino delle dita rachitiche e sporche che l'elfo domestico gli aveva appiccicato sul pregiato tessuto dei suoi pantaloni eleganti.

"Bambino biondo del quadro! Quello che aveva ucciso Cornish Pixie di signorina Hermione, padron Lucius!"
Toby aveva abbassato le orecchie come un cagnolino impaurito, nel frattempo che immaginava nella sua testa la drammatica scena in cui veniva cacciato da casa a calci per non essere stato in grado di svolgere i propri doveri di servo, e perdendo così il suo senza alcun dubbio INVIDIATISSIMO ruolo di paraspifferi ufficiale di villa Malfoy! Una tragedia dai toni vagamente teatrali, il cui ultimo atto avrebbe mostrato lui disperato, solo, affamato e addirittura ubriaco, che iniziava a mendicare per Diagon Alley schifato da ogni famiglia di maghi benestanti! Maghi che mai e poi mai si sarebbero sognati di prendere in casa un elfo reietto, disgraziato, incapace, privo di reputazione, e perfino LIBERO come lui.
LIBERO, cavolo! Quale orrore!!!

Ad ognuno, i suoi personali crucci.

Comunque! Terminata finalmente la sequela di bestemmie sussurrate a denti stretti, gli occhi grigio tempesta del giovane padrone di Toby, per un istinto irrefrenabile, andarono a cercare lo sguardo nocciola di una ragazza che, nel frattempo, per lo shock aveva smesso di respirare da due secondi buoni.
Draco Malfoy ed Hermione Granger si stavano fissando in silenzio, con la voglia inespressa e dolorosa di stringersi fra le braccia per placare l'angoscia e sentire sulla pelle il calore dell'altro come fosse una medicina contro tutti i mali del mondo.

Purtroppo, le avversità arrivano sempre come un treno perfettamente in orario.

L'Obscurus aveva colpito ancora.
La bacchetta di sambuco andava recuperata il prima possibile, senza più indugi.
Ed anche se in apparenza sembravano distanti l'uno dall'altra, in quel loro guardarsi senza parlare, Draco ed Hermione in realtà si dissero un milione di cose contemporaneamente. Cose che parlavano d'amore, coraggio, forza e fiducia.

Quando la tempesta sarà finita, probabilmente non saprai neanche tu come hai fatto ad attraversarla e a uscirne vivo. Anzi, non sarai neanche sicuro se sia finita per davvero. Ma su un punto non c’è dubbio. Ed è che tu, uscito da quel vento, non sarai lo stesso che vi è entrato.

 

***


Gringott, Diagon Alley. Ore diciotto.

Con le sue lunghe dita nodose e raccapriccianti, il direttore della Gringott giocava nervosamente con una piuma da scrittura, nella speranza di rimandare il più possibile il momento in cui avrebbe dovuto firmare l'accordo economico stipulato con il Ministero della Magia inglese; accordo che prevedeva l'aumento dei crediti nei confronti delle piccole e medie aziende magiche, prestiti agevolati alle famiglie con reddito minore di duemilaquattrocento galeoni, maggiore trasparenza, nuove norme che regolavano la confisca dei beni ipotecati a tutela dei maghi che facevano difficoltà a pagare i prestiti, e diverse regole che impedivano il reciclaggio di denaro sporco.

Il Primo Ministro sbuffò silenziosamente, mentre il Goblin leggeva ogni clausola del contratto, ogni nota a pié pagina, ogni più piccola postilla come un forsennato, nel tentativo di smascherare eventuali fregature, convinto -come tutti i suoi simili- che i maghi volessero sempre e solo infinocchiarlo.

Shacklebolt si agitò sulla sedia, consapevole di avere così tanti impegni, che una giratempo non gli sarebbe bastata...
Ma proprio quando la sua pazienza stava per lasciare il posto ad un visibile nervosismo, l'esserino ingobbito e deforme intinse molto lentamente la piuma nel calamaio -per darsi il tempo di trovare in extremis l'imbroglio schiacciante- poi, deluso dall'assenza di qualsiasi voglia pretesto a cui appellarsi per non firmare... finalmente scarabocchiò il suo nome.

Era fatta!
Con un sospiro, Kingsley si alzò dalla sedia, tolse dalle mani del Goblin il prezioso documento, salutò in modo più cordiale possibile ed uscì dall'ufficio, ritrovandosi immediatamente nella grande sala in marmo della banca, circondato da una ventina di impiegati dalle orecchie a punta che accompagnavano i clienti nelle loro camere blindate.

Bene! Ora, doveva solo tornare al Ministero, inviare la copia dell'accordo alla Gazzetta, incontrare il delegato agli sport magici per discutere con lui dei brutali scontri all'ultima partita di Quiddich, firmare un paio di sentenze del Wizengamot, rimproverare il suo segretario personale per essersi dimenticato dell'appuntamento con il presidente della comunità Wicca che si era offeso a morte, andare all'inaugurazione della nuova biblioteca a nord di Diagon Alley, cenare con il sovrintendente dei beni culturali magici e... forse, andare a casa. Forse! Perché appena attraversò il portone d'uscita, venne travolto dagli schiamazzi di un branco di giornalisti che gli scattavano foto a raffica:
"Signor Primo Ministro! Signor Primo Ministro, la prego! Possiamo farle un paio di domande?!"

Shacklebolt imprecò tra sé e sé, stanco di ritrovarsi fra i piedi gli inviati delle testate magiche ogni volta che usciva dal Ministero.

Le voci dei giovani reporter intanto cicalavano concitate, mentre mani e braccia si spintonavano per avere più visibilità. L'omone nero espirò tutta l'aria dal naso, nel tentativo di darsi una calmata... e cedette, ingenuamente convinto che volessero interrogarlo sull'importante accordo appena siglato con i Goblin:
"Avanti, cosa avete da chiedere?"

A quel punto, lo travolse una sfilza impetuosa di domande...
"Signor Primo Ministro, come mai i suoi Auror non riescono ancora a catturare l'Obscurus che circola da mesi per l'intera Inghilterra? I babbani hanno capito qualcosa? Harry Potter sta perdendo colpi oppure quella creatura è molto più potente di quanto ci si possa aspettare? Dobbiamo preoccuparci? Il mondo magico rischia di essere scoperto?"

Shacklebolt aggrottò le sopracciglia, spalancando le palpebre in un moto di sincero ed infastidito stupore:
"Cosaaa? Io pensavo voleste parlarmi dell'accordo fra il Ministero e la Gringott! Si tratta di un'intesa storica, che porterà numerosi benefici alle famiglie magiche che attualmente fanno difficoltà ad arrivare alla fine del mese!"

Ma i cronisti continuarono imperterriti a vomitare le loro domande inopportune, senza curarsi d'altro:
"Perché mai Draco Malfoy si trovava al nono livello, il giorno in cui è divampato l'incendio all'Ufficio Misteri? Si trattava davvero di una coincidenza?!"

L'uomo, stavolta, strabuzzò gli occhi e gonfiò il petto per l'indignazione:
"U-Un momento! Voi mi avete aspettato qui fuori solo per questo? N-Non volete sapere nulla dei vantaggi che si otterranno grazie alle agevolazioni fiscali concordate con i Goblin???"

Naturalmente lo ignorarono:
"Signor Primo Ministro, può dirci se la signorina Granger frequenta ancora il giovane mangiamorte?"

Era troppo. Davvero troppo...

La voce di Kingsley Shacklebolt a quel punto tuonò furiosa, tanto che, più tardi, giurò di averlo sentito perfino il vecchio commerciante sordo dell'emporio del gufo che si trovava dall'altra parte della strada:
"Ma siete impazziti o cosa?!?!? Queste vi sembrano forse domande da fare al Ministro della Magia?"

"Ma noi vorremmo sap..."

"Toglietevi di mezzo, io ho altro di cui occuparmi! La vita sentimentale della signorina Granger e del signor Malfoy non è di mio interesse!"

Ed afferrando la sua lunga veste per non averla d'intralcio, Kingsley piantò in asso tutti i giornalisti, smaterializzandosi via da Diagon Alley con lo stesso umore di un ungaro spinato a cui gli si vuole sottrarre l'uovo appena deposto.


 
***
 

La tana, Ottery St Catchpole. Dopo cena.

Ginny uscì dal bagno di casa Weasley con in volto un'espressione decisamente inquieta. Poi, con passo rigido, si sedette sulla prima sedia sgangherata della cucina di sua madre e poggiò i gomiti sul tavolino, rigirandosi fra le mani un aggeggio che, nel mondo magico, avrebbe fatto aggrottare le sopracciglia alla maggior parte delle persone...

I suoi figli, in soggiorno, stavano litigando come al solito, urlandosi contro parole totalmente incomprensibili (almeno nella lingua degli umani), nonna Molly tentava debolmente di fare da paciere, e Ron faceva l'imbecille nella speranza di farli calmare. In poche parole: sempre la stessa storia!

E Ginny era esausta.
Voleva piangere.
Si sentiva inutile, brutta, banale.

Era convinta di non aver concluso nulla nella vita, oltre ad aver messo al mondo due ragazzini che facevano Potter di cognome. Aveva speso tutti i suoi anni a sognare l'amore da favola ed una famiglia tutta sua, con la certezza che fosse solo questo il vero obiettivo di una donna, e invece... da un po' di tempo a quella parte tutte le sue convinzioni erano crollate sotto il peso della realtà e della stanchezza.
Era stata una pazza, a diventare moglie e madre tanto presto, cavolo!
Si vergognava perfino a dirlo ma... quasi invidiava Hermione, che a trent'anni era ancora così indipendente, così dinamica, risoluta, focalizzata sulla carriera, autosufficiente, bella di quella bellezza che non conosce gravidanze, famosa, ribelle, brillante e... libera. Provava un pizzico di gelosia persino per i suoi tormenti amorosi in stile "ragazzina quindicenne", che si struggeva per il ragazzo bello e maledetto della scuola. Oddio, non che le invidiasse Malfoy eh, per carità! Quel pallido e viscido mangiamorte Ginny non lo avrebbe voluto nemmeno come soprammobile in sala da pranzo! Anzi... più volte si era chiesta cosa diavolo potesse avere lui di tanto interessante per aver fatto innamorare la sua amica in quella maniera tanto imbarazzante!
Era piuttosto l'idea della storia d'amore travagliata, ad affascinare Ginny, che già da qualche anno ormai, viveva fin troppo placidamente il suo rapporto.
Con il matrimonio infatti, era finito anche il tempo dei corteggiamenti, della smania di vedersi, delle insicurezze che tengono sulle spine, della passione incontrollabile, delle litigate e dei sospiri. Forse lei ed Harry ne avevano passate così tante, che Merlino aveva deciso di farli in qualche modo riposare, chissà! Fatto sta però, che erano diventati una coppia stabile e noiosa come potevano esserlo sua madre e suo padre.

Per una donna, non era propriamente un grande affare, sposarsi!

Per l'ennesima volta Ginny si strofinò la faccia, come se un gesto simile potesse alleviare le sue angosce, e gli occhi le si andarono a posare proprio sul piccolo oggetto in plastica che fino ad un attimo prima si era rigirata fra le mani, e che ora invece era poggiato sul tavolo...

Due minuti.
Due minuti ancora, e la signora Potter avrebbe potuto tirare un sospiro di sollievo, oppure crollare in ginocchio per maledire Merlino e poi pregarlo di darle la forza di non gonfiare di botte suo marito fino a lasciarlo inebetito a vita su di una sedia a rotelle!

Toc. Toc. Toc.
Un bussare fastidioso alla porta della tana, allontanò per un momento Ginny dai suoi assillanti tormenti. Chi diavolo poteva essere a quell'ora?

"Ma chi diavolo è a quest'ora?" Esclamò infatti sua madre dal salotto, manco le avesse letto nel pensiero.
Nessuno di loro quindi, si aspettava visite (anche perché bisognava ammettere che gli Weasley non avevano numerosissime amicizie, nonostante fossero le persone più buone e generose del mondo magico! Probabilmente ciò era dovuto alla loro spiccata predilezione per i babbani, o all'eccentricità del capofamiglia sempre un po' mal vista... o forse per via della loro casa che era tutta sbilenca, disordinata, piena di oggetti strampalati, mobili in stili differenti, e poltrone bucate).

"Vado io mamma!"
Disse Ron, abbandonando malvolentieri il divano e le gommebolle bollenti che stava ingurgitando. Prima di andare ad aprire la porta però, si ritrovò a passare davanti alla cucina, e non potè fare a meno di lanciare un'occhiataccia malevola a sua sorella:
"Ehi, scansafatiche!!! Potevi anche alzarti tu, per andare a vedere chi era! O ti piace soltanto venire a scroccare la cena quando Harry fa il turno di notte?!"

Ginny però lo guardò di sfuggita, troppo preoccupata per mettersi a discutere di tali sciocchezze con il fratello; si limitò soltanto a ruotare gli occhi al soffitto e dire, assolutamente scocciata:
"Non rompere le palle come al solito, Ron."

Lui si fece viola in un battito d'ali di boccino, ma... mentre apriva bocca per risponderle male, vide lo strano aggeggio poggiato sul tavolo accanto a lei, e allora lasciò perdere le accuse per impicciarsi di quella specie di termometro babbano che Ginny guardava con ansia.
"Che diavolo è quel coso? Hai la febbre per caso?!"

La donna sospirò, stanca.
"No... Putroppo non si tratta di febbre, Ron." Gli rispose, mogia mogia. "Se il problema era quello, sarebbe stato tutto più facile."

Parole enigmatiche, che un ragazzo semplice come lui, ovviamente, non potè afferrare.

Toc. Toc. Toc.
Bussarono di nuovo, stavolta con più veemenza.
"ARRIVOOO!"
Sbraitò Ron allontanandosi dalla cucina tutto perplesso, e quando finalmente aprì l'uscio, si dimenticò subito delle strambrerie di sua sorella per pensare invece a quanto potesse volergli male Merlino, visto che, per seconda volta nel giro di pochi giorni, si ritrovava davanti agli occhi la faccia da schiaffi di Draco Malfoy.


 
***
 

Wiltshire. UN'ORA PRIMA.

Lucius e Narcissa Malfoy si erano già ritirati nei loro appartamenti, quando il piccolo elfo domestico terminò di servire la cena al giovane padrone e alla sua fidanzata tanto buona e gentile che era rimasta alla villa a causa dell'insistenza soffocante del ragazzo: Toby era pure arrossito di vergogna mentre faceva da silenzioso spettatore alle moine assillanti di Draco Malfoy e ai suoi tentativi di convincere la bella strega a non andare via! E si era perfino coperto gli occhi con le orecchie quando egli l'aveva abbracciata da dietro, baciandola mille volte sul collo e sussurrandole chissà cosa fino a farla cedere.

Il padrone sembrava proprio un bambino, alcune volte!
Ma Toby, in realtà, si era accorto già da un pezzo che lui era tutta un'altra persona quando c'era di mezzo Hermione Granger! Anzi, per esser precisi, bastava soltanto che la giovane entrasse nel campo visivo di Draco Malfoy, per vedere il ragazzo trasformarsi letteralmente, cambiare atteggiamento, farsi più rilassato, più allegro... più umano. E così succedeva che, di riflesso, pure Toby era felice, perché le pedate nel sedere che si era beccato dal padrone nei suoi momenti più bui, poteva finalmente metterle nell'area del cervello dedicata ai ricordi lontani.

L'elfo tolse i piatti dalla tavola che il profumo dell'arrosto era ancora nell'aria, e si affrettò a tornarsene in cucina tutto pimpante, convinto che finalmente si stava aprendo una nuova era in quella casa tanto fredda e tetra...

Di tutte le passioni l’amore è la più forte, perché attacca contemporaneamente il cuore, la testa e i sensi.

Hermione invece, aveva guardato Toby che si allontanava saltellando, con lo sguardo confuso di chi non capisce come diavolo fa una creatura sfruttata peggio di un asino e vestito di stracci vecchi, ad essere felice più di un uomo che ha appena vinto alla lotteria!

Fu un pensiero fugace però, dato che ormai aveva deciso di non avvelenarcisi più l'esistenza appresso agli elfi domestici e alla loro follia... quindi, si era versata un generoso bicchiere d'acqua ed era tornata a pensare all'Obscurus, giocherellando tutta assorta con un raffinato tovagliolo damascato.

Purtroppo, era giunta l'ora di passare all'azione e fermare una volta per tutte il demone del quadro. Senza più alcun indugio.

Hermione bevve l'acqua tutta d'un sorso per prendere coraggio, ed esternò il pensiero che gli vorticava nella testa già da una buona mezz'ora:
"Vado ad Hogwarts, Draco! Devo recuperare subito la bacchetta di sambuco, non possiamo più aspettare! Quel bambino maledetto sta diventando imprevedibile, oltre che pericoloso!"

Lui si era riscosso subito dalla strana tranquillità che fino a qualche secondo prima aveva invaso miracolosamente la stanza, poi l'aveva fissata con l'espressione un poco imbambolata, e le aveva risposto con estrema serietà:
"Non puoi, Hermione. Sei una donna!!!"

Draco era un uomo egocentrico, a tratti perfido, maleducato, scontroso e codardo, ma... il provenire da una famiglia antica e di così alto lignaggio, gli aveva permesso anche di essere naturalmente legato a certi valori come lo spirito cavalleresco!
Spirito cavalleresco che poteva essere un punto a favore, oppure, in alcuni casi -tipo questo- rivelarsi un mostruoso difetto...

"Che cazzo significa che sono una donna?" Aveva infatti detto lei, inalberandosi.

"Significa che non mi piace l'idea che tu vada da sola ad Hogwarts per rubare la bacchetta ad un morto!" Le aveva risposto Draco, sicuro delle sue argomentazioni.
Hermione l'aveva guardato con sdegno, per poi ribattere al volo:
"Ti rendi minimamente conto delle stronzate che stai dicendo, Malfoy? Ma come diavolo ragioni!?! Non siamo mica nel medioevo, santo cielo! Non esiste qualcosa che una donna può fare, o non può fare! Devi aggiornarti, razza di aristocratico purosangue all'antica!"

A quel punto, lui era diventato verde: "Io ragiono come mi pare e piace, saputella! E non voglio che tu ci vada. Toglitelo dalla testa! Punto."

Avevano ricominciato a litigare.
E si rimbeccarono per dieci minuti buoni, senza che nessuno dei due riuscisse ad avere il predominio della discussione.
Alla fine, stranamente, Hermione incrociò le braccia al petto tutta determinata, ed affermò con una palese aria di sfida nello sguardo:
"Bene!"
Fece una piccola pausa, e riprese: "Mi arrendo! Se ci tieni così tanto a non mandarmi ad Hogwarts, resto qui al manor!"

Draco l'aveva guardata sollevando un sopracciglio, e pensò che fosse alquanto strano che lei avesse ceduto così facilmente, senza insistere... e insistere, e insistere, e insistere fino al punto di farlo cedere per sfinimento (come era sempre abituata a fare).
Ma non bisogna mai cantare vittoria troppo presto.
Hermione infatti, si stava semplicemente preparando a scoccare la sua freccia velenosa...
La strega aveva poggiato mollemente le mani sui braccioli della sedia fingendo di rilassarsi, aveva chiuso un momento gli occhi, poi aveva sorriso in direzione di Draco e, assumendo l'espressione più furba del suo repertorio, disse:
"Ci andrai tu ad Hogwarts, tesoro! In fondo qualcuno dovrà pur recuperarla, questa benedetta bacchetta! Sei d'accordo?!"

Cazzo.
No che non era d'accordo!
Hermione Granger l'aveva fregato. Ecco perché la stronza stava ridendo sotto i baffi! Lei lo sapeva perfettamente che lui non ci sarebbe mai andato!

Draco bestemmiò fra sé e sé, dandosi dell'imbecille una decina di volte: si era fatto infinocchiare peggio di Lumacorno quando Potter improvvisamente preparava le pozioni migliori di tutta la classe!
Cosa diavolo poteva fare adesso?
Ovviamente era fuori discussione mandare Hermione ad Hogwarts! Ma, dannazione... non poteva neanche andarci lui!
Lui che, doveva ammetterlo, era un gran cagasotto...
Già!
Draco Malfoy aveva paura.
E non era certo una notivà, quella! Ovvio.
Ma il punto era che, oltre la sua semplice strizza da fifone incallito, lui non voleva andarci perché i sensi di colpa nei confronti di Albus Silente, lo stavano ancora mangiando vivo dopo tutti quegli anni!
Trovarsi davanti al suo cadavere e ricordare ancora una volta che era pure colpa sua se quell'uomo giaceva in una tomba, lo avrebbe fatto stare ancora più male. Ne era sicuro: i suoi incubi sarebbero peggiorati fino a non farlo più dormire la notte.

Un medimago, una volta, gli aveva detto che i sogni tormentati erano frequenti in persone che, come lui, avevano vissuto una guerra, ma... erano frequenti soprattutto in coloro che avevano grandi rimorsi o errori da perdonarsi. Lui, naturalmente, li aveva entrambi: sensi di colpa in abbondanza, e una lunga lista di peccati da scontare! Albus Silente era fra questi, e lui non poteva neanche pensare di andare ad infastidire il suo riposo eterno per mancargli ancora di rispetto! Non ce la faceva proprio.
Però... Draco non aveva la minima intenzione di rivelare ad anima viva queste sue intime angosce, specialmente a lei: un po' perché se ne vergognava, un po' perché era troppo orgoglioso per ammettere di essere in difetto. Così, per alcuni minuti, la sua mente lavorò incessantemente per trovare una soluzione dignitosa e salvare la faccia.
Non ci riuscì. E fece la cosa più semplice...

Intimò ad Hermione di rimanere al Manor e, senza aggiungere altro, la lasciò lì da sola, tutta confusa, a domandarsi cosa diavolo avesse intenzione di fare.
Draco Malfoy aveva scelto, come uno stupido, di andare a convincere Ronald Weasley a recuperare la bacchetta di sambuco al posto suo; facendo riemergere ancora una volta quel suo dannato, dannatissimo, lato da vigliacco.


 
***
 

Ottery St Catchpole, la tana. PRESENTE.

Toc. Toc. Toc.
Bussarono di nuovo, stavolta con più veemenza.
"ARRIVOOO!"
Sbraitò Ron allontanandosi alla cucina tutto perplesso, e quando finalmente aprì l'uscio, si dimenticò subito delle strambrerie di sua sorella per pensare invece a quanto potesse volergli male Merlino, visto che, per seconda volta nel giro di pochi giorni, si ritrovava davanti agli occhi la faccia da schiaffi di Draco Malfoy.

"Weasley! Quanto ti piace il quidditch da uno a dieci?"
Sulla porta d'entrata della tana, non ci furono saluti cordiali o banali scambi di convenevoli fra quei due uomini tanto diversi fra loro; ci fu soltanto una domanda... una domanda che il giovane erede purosangue aveva sputato nel suo solito modo diretto ed arrogante.

In una parola, ero troppo codardo per fare quello che sapevo essere giusto, così come ero stato troppo codardo per evitare di fare quello che sapevo sbagliato.

Ronald Weasley, che ancora faticava a riprendersi dalla sgradita sorpresa di ritrovarsi Malfoy fuori dalla porta di casa, lo guardò strabuzzando letteralmente gli occhi. Il quidditch? Cosa c'entrava il quidditch? Ma che diamine andava farneticando quell'asticello smunto ed antipatico?!

"Rispondimi, roscio! Non ho tempo da perdere!"

In realtà, anche se era apparso tanto spavaldo, prima di bussare Draco era rimasto minuti interi a guardare il portone tutto scassato di casa Weasley per cercare di capire se fosse stata la cosa migliore andare lì e fare, con altissime probabilità, la peggior figura di merda della storia. Purtroppo però, non aveva avuto alternative.

"Malfoy... T-Tu ti presenti in casa mia alle nove di sera per chiedermi quanto mi piace il quidditch? Ma sei fuori di testa?!"

"Rispondi e basta, Weasley!"

Ron sbuffò sconcertato, e per toglierselo dalle palle il prima possibile decise finalmente di accontentarlo:
"Beh, che devo dirti!?! Dieci, ovviamente!"

Draco intanto aveva ripreso un po' della sua tronfia sicurezza, tanto che aveva iniziato a guardarsi intorno con espressione schifata, e a pensare, una volta di più, che la catapecchia in cui viveva quella sottospecie di famiglia di maghi babbanofili era a dir poco ridicola! Sembrava il negozio tutto polveroso di un rigattiere, o un qualcosa a metà strada fra la stamberga strillante e la dimora dei Lovegood, con un pizzico della confusione che regnava al serraglio stregato. Per un uomo come lui, abituato alla bellezza di ogni dettaglio, alla vista armoniosa di ogni pezzo d'arredamento posizionato con gusto, all'ariosa pulizia degli immensi saloni della sua villa, non era facile concepire il disordine e l'accoglienza calorosa di tante cianfrusaglie accatastate una sull'altra.

"Dieci? Perfetto!"
Affermò poi, tutto soddisfatto della risposta ricevuta.

Intanto, in cucina, Ginny afferrava il piccolo oggetto a forma di termometro con mani tremanti, e lo voltava verso di sé pregando Merlino di mandargliela buona...

"Allora è fatta! Andrai tu a recuperare la bacchetta di sambuco ad Hogwarts!" Ordinò con voce autoritaria l'erede dei Malfoy.

Ron lo guardò con espressione indignata, già pronto a cacciarlo a calci nel culo se avesse insistito di nuovo:
"Cosaaa? Ma sei scemo? No! Assolutamente no! L'ho già detto l'altra volta che non ho intenzione di farlo. Quindi sparisci, Malfoy!"
E fece il gesto di chiudergli la porta in faccia, anche se all'ultimo momento la riaprì con espressione confusa, solo per chiedergli:
"E comunque che cazzo c'entra il quidditch con la bacchetta di sambuco?"

Malfoy era completamente folle. O forse no...forse era solo un gran farabutto.

Infatti Draco, che non si era preoccupato per niente del secco NO ricevuto, ghignò vittorioso alla domanda incuriosita di Ron:
"Sai, Weasley... Io ho sempre quel famoso posto d'onore, in tribuna."

"E quindi?" Il rosso, annoiato, aveva ruotato gli occhi al cielo: "Lo sappiamo tutti che tu sei un Malfoy, sei ricco, importante e bla bla bla! Vieni al sodo!"

Era troppo troppo ingenuo, lui, per cogliere subito il collegamento...

"Beh... se tu mi facessi il favore di andare ad Hogwarts a rubare quella cosa, Weasley... io potrei anche cederti il posto per la finale di quest'anno!"

Gli occhi di Ron brillarono di felicità.
In poche parole, Draco Malfoy si era approfittato delle sue debolezze per ottenere i propri scopi.
Il ragazzo sbuffò di disappunto ma, suo malgrado, non si fece pregare due volte, e dopo aver borbottato contrariato, affermò con convinzione:
"E sia, allora! Ci andrò io."
Quel dannato vermicolo l'aveva fottuto. Ma non gli importava nulla! Un biglietto per la tribuna d'onore alla finale di quidditch, valeva più di qualsiasi altra cosa al mondo.

Improvvisamente, un urlo disumano si levò dalla cucina della tana facendo sobbalzare entrambi gli uomini per la sorpresa:
"IO TI AMMAZZOOO, HARRY POTTER!"

Era Ginny, che imprecava da sola come una pazza, rivolgendosi al marito come se lui fosse lì davanti a lei.

"MALEDIZIONE!" Continuava ad urlare: "NON TI AVVICINARE MAI PIU' A ME, O QUANT'E' VERO DIO TI TAGLIO LE PALLE!"

La signora Potter era di nuovo incinta.




Continua...







"Quando la tempesta sarà finita, probabilmente non saprai neanche tu come hai fatto ad attraversarla e a uscirne vivo. Anzi, non sarai neanche sicuro se sia finita per davvero. Ma su un punto non c’è dubbio. Ed è che tu, uscito da quel vento, non sarai lo stesso che vi è entrato." -Haruki Murakami-

"Di tutte le passioni l’amore è la più forte, perché attacca contemporaneamente il cuore, la testa e i sensi." -Lao Tzu-

"In una parola, ero troppo codardo per fare quello che sapevo essere giusto, così come ero stato troppo codardo per evitare di fare quello che sapevo sbagliato." -Charles Dickens-

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Capitolo 24
*** Le leggi di Murphy ***


 
Capitolo 24
-Le leggi di Murphy-



 

La tana, Ottery St Catchpole.

Ginny Weasley non aveva messo in conto di dover sfornare così tanti figli, nella sua vita. La notizia di quella nuova gravidanza quindi, fu per lei una secchiata d'acqua gelata in pieno volto.
Così, per sfogarsi, aveva imprecato a voce alta peggio di uno scaricatore di porto.

Non si sentiva per niente pronta a ricominciare di nuovo con le nausee, le puzze immaginarie, la pancia ingombrante e le voglie improvvise. Era così disperata che se ne infischiò perfino di suo fratello che discuteva sulla porta di casa con Draco Malfoy. In quel preciso momento, la signora Potter aveva in testa soltanto il desiderio di far sparire il marito dalla faccia della terra, o almeno di privarlo del contenuto delle sue mutande, tanto per renderlo innocuo.

Fu a causa di questo suo intenso rimuginare che il progressivo aumento di voce dei due uomini sull'ingresso della Tana, non la smosse minimamente; in realtà le procurò soltanto un leggero fastidio, che si spense comunque nell'arco di tempo che impiegò per pensare: "Ma che diavolo si stanno dicendo quei due imbecilli? Per Merlino, non riescono ad avere un rapporto civile nemmeno a trent'anni suonati!"

Poi, era tornata come niente fosse a riflettere sui mille e più modi di vendicarsi di Harry Potter, elencandoli perfidamente, stile psicopatica:
1. Asportazione dei genitali tramite coltellaccio da macellaio;

2. Privazione dei diritti coniugali a tempo indeterminato;

3. Scudisciate su schiena e natiche fino a completo sfogo;

4. Maledizione oscura per far provare al marito i dolori del parto, e mettergli finalmente in testa che la gravidanza non è una passeggiata a Diagon Alley;

5. Obbligarlo a vomitare ogni pasto come qualsiasi donna inci...

"MA CHE CAZZO E' QUELLA ROBA?"
La voce terrorizzata di Ron d'improvviso, interruppe la sua perfida enumerazione, e Ginny non fece in tempo neanche a capire cosa stesse succedendo, che a quell'urlo seguì un trambusto incredibile.

"CHIUDI SUBITO LA PORTA WEASLEY! SBRIGATI, DANNAZIONE!"
Malfoy aveva risposto con il tono agitato di una ragazzina isterica che scappa da un'Acromantula.

Ginny allora, mise da parte le sue fantasie sadiche e si alzò di scatto dalla sedia; afferrò la bacchetta, prese un grosso respiro e corse verso l'ingresso con il cuore in gola ed il pensiero naturalmente rivolto ai figli da proteggere.

 
***
 

Wiltshire, Inghilterra.

Essere innamorati, non vuol dire essere totalmente ciechi di fronte ai difetti dell'altro...
Hermione lo sapeva bene che Draco non era abbastanza coraggioso per decidere, così su due piedi, di intrufolarsi ad Hogwarts in piena notte, sorvolare le acque gelide ed inquietanti del lago nero, aprire la tomba di un uomo che era morto in una guerra in cui i Malfoy erano fra i nemici, e rubargli la bacchetta dalle mani scheletriche.
Era per questo che, rintanata in uno dei salottini più accoglienti della villa, si mordicchiava le unghie incapace di stare ferma. Si domandava senza tregua dove diavolo fosse andato a cacciarsi Draco, che l'aveva lasciata lì da sola senza alcuna spiegazione.

Purtroppo, Malfoy era sempre stato maledettamente enigmatico negli atteggiamenti che assumeva e nei pensieri che lo attraversavano. Ed Hermione, tanto perspicace da riuscire a capire il comportamento tutti, odiava non essere capace di comprendere proprio il suo!
Per il disappunto che questo aspetto di Draco le procurava, aveva provato tante di quelle volte ad usare di nascosto il Legilimens che non si potevano neanche contare! Alla fine, era stata soltanto l'onestà, a farla desistere da quell'intento.
Certo... non poteva negare che le sarebbe piaciuto molto poter sfogliare il suo uomo come un libro, imparare a memoria ogni sfumatura della sua anima, leggere anche le parti più dolorose ed inquietanti del suo carattere e saperle finalmente gestire; ma profanargli la mente a quel modo, le sembrava una violenza psicologica. Senza contare il fatto che, in ogni caso, un Legilimens su di lui non le sarebbe neppure riuscito: Draco Malfoy era uno dei migliori occlumanti di tutta l'Inghilterra. Così potente che era riuscito a tenere nascosti i suoi dolorosi rimorsi perfino a Voldemort stesso. E menomale! Perché se non avesse avuto questa straordinaria e rarissima dote, sarebbe stato ammazzato dai Mangiamorte anni fa; e lei non avrebbe mai saputo chi si nascondeva per davvero dietro a quello sguardo di ghiaccio, che all'apparenza sembrava disprezzare tutto e tutti.

Hermione mise le mani sui fianchi e riprese a passeggiare avanti e indietro per il salotto, visibilmente preoccupata: Draco le era sembrato piuttosto determinato, nel piantarla in asso e scappare via! Chissà che diavolo gli aveva detto la testa...
E se ci fosse andato davvero, ad Hogwarts? E lei fosse solo una malfidata?!

Draco era cambiato molto rispetto a quando era un adolescente. Era diventato indubbiamente più maturo, ed era riuscito a fare tante cose che da ragazzino non si sarebbe sognato mai nemmeno di pensare: tipo inghiottire l'orgoglio nello stomaco e parlare civilmente con Harry Potter, respirare la stessa aria che respiravano i nati babbani senza fingere teatralmente di svenire, baciare la donna che aveva schifato per tutta la vita, presentarsi a casa sua con un mazzo di fiori in mano, portarsela a letto senza curarsi del suo sangue sporco, combattere la magia oscura, evitare di prendere a calci in culo il suo elfo domestico per sfogare la rabbia, affrontare un Obscurus da solo, infischiarsene degli insegnamenti del suo venerato padre, chiedere scusa per tutta la cattiveria, piangere di pentimento, ignorare il giudizio malevolo della gente, e... innamorarsi di lei.
Quindi magari ci era riuscito davvero, a prendere il coraggio a due mani per correre ad Hogwarts prima che la codardia riprendesse il sopravvento!!! Sorrise Hermione speranzosa.


 
***
 

La Tana, Ottery St Catchpole.

Dopo aver sentito sua sorella inveire contro Harry e le sue parti intime, Ron non ci aveva messo molto a capire la reale funzione di quel termometro e, in particolare, a fiutare l'esito che esso aveva prodotto...
Purtroppo però, il giovane Weasley non aveva avuto modo di riflettere molto sul fatto che sarebbe diventato zio per la terza volta, perché la sua attenzione fu subito catturata da una bizzarra nube nera -più nera della notte già calata da un pezzo- che dal campo di grano di fronte alla Tana, si stava avvicinando fin troppo rapidamente verso di lui e verso Malfoy mentre ancora parlavano sulla porta di casa.
"MA CHE CAZZO E' QUELLA ROBA?"
Aveva urlato quindi tutto impaurito, indicando il cielo con l'indice tremante.

Sulle prime, Draco non si voltò neanche a guardare, come invece l'istinto avrebbe suggerito ad ogni essere umano: e questo perché la sua mente sospettosa aveva calcolato nel giro di mezzo secondo che la percentuale di probabilità che Weasley lo stesse coglionando per distrarlo e sbattergli la porta in faccia, era decisamente alta!
Valeva la pena rischiare di abboccare come un plimpli d'acqua dolce???

Rimase imbambolato qualche istante, frenato dall'indecisione. Ma fu uno strano tremore che proveniva dal suolo, e che gli risalì fin sulle gambe, a convincerlo a girarsi...
E quando lo fece, Draco sgranò letteralmente gli occhi per il terrore.

La "roba" aveva l'aspetto simile a quello di un'enorme tempesta di sabbia -di quelle che avanzano inghiottendo tutto ciò che incontrano sul loro cammino- con l'unica differenza che questa era più che altro una sorta di denso fumo nero, le cui volute oscuravano le stelle e divoravano il campo di grano... il tutto in uno strano ed immobile silenzio.

"CHIUDI SUBITO LA PORTA WEASLEY! SBRIGATI, DANNAZIONE!"
Urlò subito, tutto concitato, ed entrambi si affrettarono a precipitarsi in casa, sigillando con un incantesimo tutte le porte e tutte le finestre.

Il bambino maledetto aveva iniziato a perseguitare Draco ovunque...

"E' l'Obscurus, quello! Vero?! E' lui!?!"
Gli chiese Ron con voce tremolante, sperando debolmente che Malfoy lo rassicurasse, dicendogli che NO, non si trattava affatto dell'Obscurus, ma solo di un temporale un po' più violento del solito...

Draco però annuì con serietà, distruggendo in lui ogni tiepida illusione.
Non ci fu bisogno di aggiungere altro.
Si guardarono con un'insolita sintonia nello sguardo, come mai gli era successo in anni di difficile conoscenza, e quasi si fossero messi d'accordo, strinsero forte la bacchetta, si misero in posizione d'attacco, e si prepararono ad affrontare insieme la violenza di quella creatura maledetta.

Ronald Wealsey e Draco Malfoy non erano certo l'accoppiata vincente per sconfiggere un Obscurus di quella potenza: non brillavano per estremo coraggio -specialmente il secondo- e non avevano la preparazione lucida di un Auror! E se fino a quel momento non era riuscito a farlo fuori nemmeno Harry Potter con la sua squadra, le possibilità che avevano loro due, erano pressoché nulle.
Lo sapevano bene, erano consapevoli di tutto. Ed era proprio per questo che si stavano letteralmente cagando addosso.

Ginny sopraggiunse di corsa dalla cucina proprio mentre Draco e Ron si scambiavano l'ultima occhiata d'intesa.

La più piccola dei Weasley aveva sempre avuto la capacità di sentire puzza di pericolo a chilomentri di distanza... una dote naturale che si era accentuata incredibilmente da quando era diventata madre.
Perciò, non si fece cogliere impreparata dalla situazione -o forse non lo diede a vedere- e quando il fratello le disse che l'Obscurus stava per travolgere la Tana, sul suo volto non si mosse un solo muscolo. Con voce secca, si limitò soltanto ad ordinare a sua madre di scendere in cantina con James ed Albus e sigillarvisi dentro. Non se n'era neanche resa conto, ma... miracolosamente le lamentele, la stanchezza, la rabbia, la mancanza d'entusiasmo per la nuova gravidanza, i rimorsi, le paure, la sensazione di fallimento che aveva provato fino a pochi minuti prima... erano divenute di colpo bazzecole senza alcuna importanza.

Ginny avrebbe SEMPRE protetto i suoi figli, a costo di rimetterci la vita: in quegli attimi di attesa, capì che la famiglia era il bene più prezioso che il Signore le avesse donato. Toccarsi la pancia in un gesto di protezione, fu quindi istintivo e naturale, e ciò le infuse, invadendola da capo a piedi, il coraggio di una leonessa. O meglio: di una Grifondoro!

Era pronta anche lei ad affrontare l'Obscurus.


E’ normale che esista la paura, in ogni uomo, l’importante è che sia accompagnata dal coraggio.
Non bisogna lasciarsi sopraffare dalla paura, altrimenti diventa un ostacolo che impedisce di andare avanti.



Le cose successero molto in fretta: ci fu un boato fragoroso, le pareti ondeggiarono tutte, le assi di legno scricchiolarono, ed un terremoto lungo e potente fece tremare la casa fin nelle fondamenta.
L'impatto era stato violentissimo.
Ron venne scaraventato addosso al muro, Ginny cadde in ginocchio, e Draco barcollò qualche istante, verde di paura.
Dalla cantina invece, proveniva il pianto attutito dei bambini e la voce rassicurante di Molly, che provava a calmarli.
Il piccolo demone avvolse l'intera casa con le sue spire nere, gli vorticò intorno, provò ad entrare, e alla fine si infilò fra le assi sgangherate del portone di legno.
Gli incantesimi di respingimento non produssero alcun risultato: attraversarono la creatura come un oggetto solido scagliato contro un ectoplasma.

"Cazzo cazzo cazzooo!" Gridò Draco muovendo la bacchetta come un forsennato, nella speranza che qualcuna delle magie che stava producendo a ripetizione, funzionasse. Intorno a loro intanto, i soprammobili iniziarono ad esplodere come se una pressione interna li gonfiasse, ed una nebbia nera avvolse tutti gli ambienti impedendo la vista ad ognuno di loro.

Ron, alla cieca, provò a lanciare una Bombarda, poi un Confringo, un Incarceramus e qualcos'altro che farfugliò preso dal panico ma, di rimando, ottenne solo un'imprecazione di sua sorella che era stata scaraventata a terra, colpita striscio da un suo schiantesimo.

"Moriremooo! Moriremo tutti, per le mutande di Merlino!"
Gracchiò allora senza speranza, e Ginny, che adesso si trovava in un punto imprecisato del corridoio, rispose con la stessa voce furiosa di una Veela:
"STAI ZITTO, RON! CI SONO I MIEI FIGLI DENTRO QUESTA CASA, TE LO SEI SCORDATO? PERCIO' STASERA NON MORIRA' NESSUNO! CHIARO?"

Ron ammutolì, e per qualche secondo non si udirono più rumori, a parte i loro respiri concitati.
Poi... uno scalpiccio frenetico di passi ruppe la falsa quiete, e l'urlo di Molly si erse dal basso:
"JAAAMES! PER L'AMOR DI DIO DOVE STAI ANDANDO? TORNA QUI!"

Ma il bambino, che si era spaventato a morte per tutto il trambusto, aveva scardinato la porta della cantina con la magia involontaria ed aveva iniziato a risalire tentoni le scale, alla cerca smaniosa di sua madre.

Ginny sbiancò.

Le tenebre erano così fitte che sembravano addirittura avere una loro consistenza. Erano dense, pesanti, impenetrabili... tanto che nessun Lumos riuscì ad illuminare la Tana.

"Mamma! Mammaaaaaa!"
Piagnucolò James tirando su con il naso.

"Oh amore mio, ti prego! Torna giù dalla nonna, fallo per me. Per favore!" Rispose Ginny senza sapere neppure dove voltare lo sguardo. Le tremavano le mani per l'agitazione.

Nessuno ebbe più il coraggio di dire una parola. Erano rimasti tutti paralizzati dal terrore e dall'impotenza, in attesa che succedesse qualcosa...

"Perché non vieni a giocare con me?!"
Una vocetta infantile e suadente, inaspettatamente, spezzò la pesantezza dell'oscurità per rivolgersi a James.

Era il bambino maledetto.

Il piccolo Potter, che aveva appena raggiunto il salotto con gli occhi che gli brillavano di lacrime nonostante le tenebre, si immobilizzò udendo una voce estranea rivolgersi proprio a lui.

Giocare insieme? James parve ragionare un attimo alla proposta ricevuta, dimenticando perfino la sua paura del buio. Sarebbe stato bello fare una nuova amicizia e divertirsi! Pensò. Ma di colpo gli vennero in mente le parole sua madre, che ogni santissima volta lo pregava di non accettare calderotti dagli sconosciuti!
Uffa.
Però... la mamma aveva parlato di calderotti! Solo di quelli, mica di ogni altra cosa! Si disse, tutto concentrato.
Così, l'innocenza che caratterizzava i suoi quattro anni e mezzo, finì per farlo cedere. James si ficcò il pollice in bocca e farfugliò, tutto intimidito:
"Va bene..."

"Allora seguimi! Ti porto in un bel posto!" Gli venne risposto prontamente.

LASCIA STARE MIO FIGLIOOOOOOO!!!!
Gridò Ginny con tutto il fiato che aveva nei polmoni, raschiandosi la gola e perdendo la voce. Inziò a camminare senza sapere affatto dove stava mettendo i piedi, nella speranza di raggiungere suo figlio e salvarlo dal piccolo demone prima che fosse troppo tardi.
Era irrigidita dal panico.
Dopo tre passi, andò a sbattere contro un muro, cadde, imprecò come un uomo, si rialzò e cambiò direzione. A quel punto, Ron decise di intervenire, e cercando di apparire calmo per non far agitare suo nipote, disse:
"James! Ascolta... Non muoverti da dove sei! Lo zio ti viene a prendere subito."

Ma mentre provava anche lui a mettere un piede dietro l'altro tastando le pareti dell'ingresso alla ricerca della porta del salotto, udì qualcosa che vanificò i suoi sforzi: un rumore di corpi che si urtavano e si azzuffavano, tonfi attutiti, un fracasso di cocci rotti e respiri affannati.

Qualcuno stava lottando.

"Oh mio Dio, James..." Gemette la signora Potter, che si portò le mani alla bocca immaginando le scene più terrificanti.


 
***
 

Wiltshire, Inghilterra.

Era una sensazione paradisiaca, percepire la sofficità del tappeto sotto le piante dei piedi e camminarci sopra immaginando di essere il padrone assoluto di villa Malfoy.
Che meraviglia!

Toby si fermò un attimo in mezzo al corridoio centrale dell'ala nord -quello che portava agli appartamenti di Lucius e di Narcissa- e si mise ad osservare il suo riflesso in uno specchio lungo, ignorando la piccola bendatura che copriva la ferita sulla testolina, curata da Hermione Granger e quasi rimarginata.

L'elfo domestico, studiando la sua stessa figura, iniziò a fantasticare su cose irrealizzabili... e, per un momento -uno solo- si crogiolò nel sogno: tirò fuori il petto per darsi un'aria d'importanza, lisciò le pieghe della sua tunichetta lisa, si mise di profilo, drizzò le orecchie, ed imitò l'andatura snob di Draco Malfoy, le sue espressioni nervose ed i gesti raffinati da gran signore...

Eh sì! Perché il suo padrone era un uomo estremamente sofisticato. In ogni cosa! Toby lo sapeva bene, dato che toccava sempre a lui infilarsi nei suoi armadi enormi per trovare la cravatta da abinare meglio alla giacca, alla camicia, alla cintura, ai calzini, all'orologio da polso e perfino al fazzoletto da taschino. Uno stress indicibile.

Egli era così perfezionista che, anche in amore, aveva preteso il meglio, accalappiando la donna più intelligente e bella che ci fosse sulla piazza: Hermione Granger.
E Toby, già solo per questo motivo, ADORAVA letteralmente Draco Malfoy, nonostante il suo carattere insopportabile! Era un orgoglio incommensurabile per lui infatti, sapere che un giorno non troppo lontano (grazie al suo burbero padrone) avrebbe avuto il grande onore di diventare il fedele servitore della strega più famosa d'Inghilterra, colei che aveva sconfitto il Signore Oscuro insieme ad Harry Potter.
Oh, sì! Toby era sicuro che avrebbe fatto invidia a tutti gli altri elfi domestici della nazione!

Non vedeva l'ora che Draco Malfoy ed Hermione Granger si sposassero.

Continuando ad osservare il riflesso che gli rimandava lo specchio, il piccolo Toby riprese a fantasticare: finse di scostarsi elegantemente un ciuffo di capelli biondissimi dalla fronte, immaginò di sistemarsi il colletto di una camicia di seta, si strinse alla vita un'invisibile cintura di pregiato cuoio acquistata rigorosamente da Madame Malkin, e si stampò in viso l'espressione più infastidita ed altezzosa che possedeva.

"MA CHE DIAVOLO STAI FACENDO?!"
Toby fece un salto di almeno mezzo metro, rischiando di rotolare goffamente a terra, poi, in un gesto che ormai gli veniva automatico, si affrettò ad inchinarsi umilmente, sfiorando la lanugine del tappeto con la punta del naso.
Su di lui, torreggiava Lucius Malfoy, che era appena uscito dal suo studio per raggiungere la moglie nella stanza da letto.

Egli stava guardando l'elfo domestico con un sopracciglio sollevato e l'espressione a metà fra lo sconcerto e il disgusto.

"Nulla! Non facevo nulla, padron Lucius! Ero venuto solo ad augurare buonanotte e chiedere se serviva ancora qualcosa!"
E Toby cercò di ricomporsi, assumendo l'atteggiamento più serio e servile che possedesse.

"Non mi serve niente, stupido elfo!" Gli rispose l'uomo con voce annoiata mentre gli voltava le spalle per andarsene. Poi, quasi ricordandosi di qualcosa, tornò indietro e gli chiese: "Mio figlio è ancora insieme alla mezza babbana, per caso?!"

"Nossignore! Padron Draco è uscito, e signorina Hermione è in salotto ad aspettarlo!"

Lucius parve riflettere un attimo: "Quale salotto?"

"Quello verde, vicino a sala da ballo."

"Ah. Perfetto." Disse l'uomo in tono riflessivo, per poi terminare: "Ora vattene a dormire, Toby! La tua giornata è finita! Sparisci."

E Lucius, mentre lo schiocco della smaterializzazione portava via l'elfo domestico, cambiò improvvisamente direzione, incamminandosi verso l'ala sud del maniero... dove la sanguesporco se ne stava tutta sola ad aspettare che rientrasse quel deficiente di suo figlio.


 
***
 

La tana, Ottery St Catchpole.

Quando Malfoy, avvolto dal buio più totale, percepì un movimento al suo fianco, capì subito di aver trovato il figlio di Potter... così, senza mettersi a fare troppi ragionamenti, si affrettò ad allungare la mano nella sua direzione. Il gesto che ne seguì fu del tutto istintivo: afferrò James al volo, lo tirò bruscamente contro di sé, e lo nascose dietro le sue gambe prima che l'Obscurus li raggiungesse.

Draco non lo sapeva proprio cos'era stato a farlo scattare così... di certo però, non il coraggio (credeva lui)!
Sarebbe stato troppo bello, crogiolarsi nella convinzione di essere diventato un uomo tutto d'un pezzo che pensa agli altri invece che a se stesso. Purtroppo però, sapeva bene che non era così. Era convinto fosse stato piuttosto il senso di colpa a farlo agire! Perché se lui non si fosse recato nella baracca di quei filo-babbani a pregare Ronald Weasley di andare a recuperare la bacchetta di sambuco al posto suo, James Potter ora non starebbe rischiando la sua piccola vita!

Non ne faceva una giusta, dannazione!
Sembrava quasi che ogni azione che compiva, ogni parola apparentemente banale che pronunciava, finiva per provocare un uragano catastrofico. Sempre.

Se qualcosa può andar male, lo farà.

Draco non era un babbano, ma se lo fosse stato, avrebbe sicuramente sentito parlare delle leggi di Murphy, quell'elenco di paradossi pseudo-scientifici che riassumono le sfortune della vita quotidiana, e nelle quali, prima o poi, ci si rispecchiano tutti quanti.

Se ti cade una fetta di pane imburrata, ti cadrà sempre dalla parte del burro!

Quando -il più tardi possibile- Draco avrebbe tirato le cuoia, si ripromise di chiedere all'Onnipotente per quale fottuto motivo Egli aveva deciso di fargli vivere una vita tanto disgraziata!
La pretendeva, una spiegazione a tutta quella iella che lo aveva accompagnato fin da adolescente! Cazzo.

Poi, ricordandosi del piccolo Potter accucciato dietro le sue gambe, gli sussurrò di non muoversi da lì per nessuna ragione al mondo e, più terrorizzato dello stesso James, si mise ad aspettare che l'Obscurus li attaccasse: bacchetta stretta con violenza nella mano traballante, goccia di sudore freddo dietro la schiena, denti che battevano per la paura, e tenebre che non accennavano minimamente a diradarsi.

La più antica e potente emozione umana è la paura, e la paura più antica e potente è la paura dell’ignoto.


Dal primo momento in cui l'Obscurus si scagliò contro Draco, fu subito una lotta cieca e senza esclusione di colpi. Quella specie di demone aveva una forza sovrumana, rispetto alla sua statura e alla sua apparente figuretta infantile.
Il giovane Malfoy buttò a terra la bacchetta dopo appena un minuto, rendendosi conto che nessun incantesimo, al buio, riusciva a centrarlo. E prese a menare calci e pugni ovunque gli capitasse senza badare a niente: il terrore aveva fatto spazio all'istinto di sopravvivenza.

Non era facile, per un mago, combattere a mani nude, ma per Draco in particolare -che era così poco abituato allo sforzo fisico- si rivelò devastante. Non aveva il fiato, non aveva la corporatura adatta, non aveva la pellaccia dura di un uomo abituato allo scontro.
Eppure, la voglia sconfinata di non soccombere, per qualche tempo, parve farlo resistere.
Mentre lottava, cercò pure di tenere il più possibile James lontano dalle grinfie del bambino maledetto, scostandolo quando ne avvertiva la presenza troppo vicina, ma... per farlo, finì per distrarsi irrimediabilmente: il demone gli inferse, con qualche coccio rotto, un colpo tagliente che lo ferì al ventre e lo fece piegare in due dalla sofferenza.

Da quel momento, per Draco, le cose si fecero piuttosto confuse.
Iniziarono a fischiargli le orecchie, il dolore si fece diffuso, il fiato gli mancò, ed un calore vischioso gli bagnò lo stomaco scorrendo verso il basso.
Udì delle grida di donna che forse appartenevano alla rossa, distinse un bagliore argenteo nel buio... poi, vide la luce tornare ad illuminare la tana, l'Obscurus sparire, e un senso di sollievo invaderlo da capo a piedi.
Infine, crollando seduto per terra, Draco percepì anche un timido abbraccio, dato da un corpicino minuto e tremante. Certamente il figlio di Potter.


 
***
 

Wiltshire, Inghilterra.

"Bene, bene, bene..."
La voce strascicata di Lucius Malfoy riecheggiò nel salottino verde, facendo raggelare perfino due dame ottocentesche, sedute sul prato verdeggiante di un bel quadro impressionista.
Hermione si voltò di scatto verso la porta d'entrata, e vedendo il proprietario di quella voce, inghiottì ansiosa un grumo di saliva che le si era formato sotto la lingua.
La sua serenità era giunta al termine.

"Sono riuscito finalmente a sorprenderla da sola, signorina Granger."

La giovane assunse un'espressione altera a mo' di difesa e, senza farsi vedere, si accertò di avere la bacchetta addosso.

L'uomo entrò nel salotto e si chiuse la porta alle spalle con esasperante lentezza, prima di riprendere con lo stesso tono glaciale che aveva usato per annunciarsi:
"Una fortuna incredibile per me, riuscire a parlarle senza spettatori! Non trova anche lei?"

Le piantò addosso due occhi grigi che sembravano volerla trapassare come una sciabola quando affonda nelle carni del nemico e gli fa schizzare sangue a fiotti.

Hermione sollevò un poco il mento, tanto per fargli credere di non avere affatto timore di lui, e rispose tutta risoluta:
"Non credevo che lei avesse il bisogno di parlarmi a quattr'occhi, signor Malfoy. Altrimenti le avrei concesso molto volentieri il mio tempo. Non sono certo una donna abituata a fuggire dai confronti!!!"

In realtà Hermione, seppur nel suo sconfinato coraggio da eroina del mondo magico e babbano, doveva ammettere -almeno a se stessa- di avere invece una paura incredibile di Lucius Malfoy... anzi, di averla sempre avuta! Non sapeva neppure spiegarsene bene la ragione più profonda, ma era così! Forse era la presenza imponente, l'aspetto glaciale, il portamento fiero e al di sopra di ogni altro essere umano, la classe da aristocratico sprezzante, la somiglianza inquietante con il figlio, o chissà che cosa... però, quel brivido freddo che le attraversava la schiena ogni volta che se lo ritrovava davanti, Hermione non lo aveva mai provato neanche al cospetto di Voldemort o di quello schifoso di Fenrir Greyback.

"A dire il vero... credo che il termine PARLARE non sia il più adatto. E neanche CONVERSARE." Replicò Lucius, flemmatico ed ambiguo: "Sento piuttosto la necessità di... come dire?! Suggerirle alcune cose, consigliarle i comportamenti migliori da adottare, metterla in guardia." Finì.

Hermione inspirò profondamente per poi rispondergli con assoluta convinzione, ma pure con un leggero batticuore:
"In poche parole... di MINACCIARMI. E' questo che vuole dire, no?! Chiami le cose con il loro nome senza troppi giri di parole, signor Malfoy!"

Lucius rimase stupito una volta di più, dalla grinta e dalla temerarietà di quella giovane donna. Era inarrestabile, determinata, orgogliosa di se stessa. Vera. Ed osservando la fremente luce di sfida che lei aveva nello sguardo, colse -anche se per un breve istante- la sua reale e sconvolgente bellezza...

Fu una rivelazione sbalorditiva.
Hermione Granger non era bella come erano belle tutte le altre donne, che possedevano un'avvenenza apparicente e facilmente riconoscibile alla prima occhiata. Ella aveva un fascino di quelli che andavano scoperti a poco a poco, ma una volta portati a galla, risplendevano più degli altri.
E allora, improvvisamente, Lucius capì il motivo per cui suo figlio aveva perso la testa:
era impossibile realizzare la perfezione abbagliante di Hermione Granger e non cadere ai suoi piedi come un frutto maturo che si stacca dall'albero!
Draco non era stato un pazzo! No! Era quella donna, che con la sua sconfinata energia, aveva la capacità di mandare in tilt qualsiasi uomo dotato di un briciolo di cervello. Se Lucius avesse avuto vent'anni di meno, probabilmente pure lui sarebbe crollato vegognosamente ai suoi piedi -come il figlio- mandando a fanculo i suoi stessi ideali. E ciò gli procurò una rabbia intensa, che fece brillare i suoi occhi gelidi e lo riportò bruscamente alla realtà.
Ricordò finalmente il motivo per cui aveva raggiunto Hermione Granger e, perfidamente, le vomitò contro tutto ciò che gli premeva di dire già da diverso tempo:
"Ora mi ascolti bene, signorina Granger!"

"Certo! Sono tutta orecchi." Rispose lei, provocatoria.

"Non so quale sia il reale scopo per cui ha deciso di infilarsi a tutti i costi in questa casa e nella nostra famiglia, ma... non si illuda! Non cambierà nulla. Lei non è NESSUNO."

Hermione sollevò un sopracciglio, interdetta. Quell'uomo era ancora paurosamente convinto che ci fosse qualche doppio fine, nelle sue intenzioni. Santo Merlino!

"Lei è riuscita ad infinocchiare per bene mio figlio, ma non riuscirà ad infinocchiare noi! Intesi? E non pensi mai, e dico MAI, di poterci in qualche modo sfidare. Lei non mancherà di rispetto né a me né a mia moglie; non cercherà di tirare Draco dalla sua parte aizzandolo contro la sua famiglia come fanno tutte le altre insulse donnette. Non renderà mio figlio un pupazzo senza spina dorsale da poter comandare a suo piacimento; e non si farà mettere incinta con l'inganno! Quei trucchetti sono per le donnette da quattro soldi, ed anche se mi costa dirlo, credo che lei valga molto di più di quelle oche senza cervello che si spianano la strada con la loro vomitevole astuzia. La rettitudine e l'intelligenza sono forse l'unico pregio che vedo in lei, quindi non mi faccia ricredere. Mantenga un profilo basso, non si metta di sua spontanea volontà sotto i riflettori, non rilasci interviste nauseanti a riviste rosa in cui racconta i dettagli della vostra relazione fingendo che sia idilliaca e romantica come una fiaba babbana, e non si permetta di sperperare il patrimonio di mio figlio solo per riempirsi l'armadio di capi firmati e gioielli lavorati dai folletti. E' tutto chiaro?"

Quando Lucius Malfoy terminò il discorso, o meglio -l'elenco di intimidazioni-, Hermione aprì la bocca e poi la richiuse subito dopo, come un pesce che boccheggia per mancanza d'ossigeno.

L'uomo, intanto, si era già riavvicinato alla porta, pensando perfidamente che, per chiudere in bellezza, ci sarebbe stata bene una bella Cruciatus -anche leggera- giusto per rafforzare la sua autorità, ma... ormai i tempi non erano più quelli di una volta! Una maledizione senza perdono, seppur di lieve entità, lo avrebbe mandato dritto dritto ad Azkaban. Meglio lasciar stare.
Così, fece spallucce ed abbassò la maniglia per andarsene...

"E' così difficile per lei credere che io ami davvero suo figlio?! Senza alcun inganno o doppio fine?" La voce di Hermione Granger gli arrivò all'improvviso, triste, profonda, e sincera.

Lucius si fermò di colpo, per poi voltarsi di nuovo a guardarla.
Lo era? Era davvero così difficile?
No. Certo che no. Anzi... a dirla tutta, era anche piuttosto comprensibile. In fondo, tutto il disprezzo ingiustificato che quei due si erano riversati addosso anni prima, era ovvio nascondesse qualcos'altro! Lo sciocco era lui, che non l'aveva capito.
Sospirò pesantemente e disse in tono riflessivo, quasi addolorato: "Non lo so... In ogni caso non è facile per me, abituarmi all'idea. Io non ero, non sono, e probabilmente non sarò mai pronto a vedere mio figlio cambiare tanto radicalmente da... ecco... innamorarsi di una come lei."

Non aggiunse altro, la osservò soltanto per un'altra manciata di secondi con l'espressione enigmatica, poi spalancò la porta e se ne andò in un rimbombare di passi, lasciandola da sola a metabolizzare le sue strane parole.


 
***
 

La tana, Ottery St Catchpole.

Noi esseri umani, abbiamo il tremendo e radicato vizio di pregare Dio e tutti i santi SOLO nel momento del bisogno, ignorando il Padre eterno e le sfere celesti per tutto il resto del tempo.
Ed il bello poi, è che abbiamo pure la pretesa che il Signore ci ascolti!

La signora Potter era come tutti i maghi, e pure come quasi tutti i babbani: non santificava le feste, non credeva troppo nelle stronzate scritte nella Bibbia, pensava che Gesù Cristo fosse solo un grande oratore capace di farsi amare dalle folle, e che l'Aldilà non fosse fatto di diavoli che ti frustano sulla schiena, o angeli che galleggiano sulle nuvole...

Eppure, quando il buio aveva avvolto la Tana ed il rumore di strane colluttazioni aveva spezzato il silenzio, Ginny aveva invocato l'aiuto di Dio tante di quelle volte che non ci sarebbe stato da stupirsi se il Creatore fosse sceso dal suo trono per andare a vedere cosa stava succedendo.

L'Onnipotente però, non intervenì.
Forse perché, in fin dei conti, Egli non esisteva affatto! Oppure perché, magari, era semplicemente risentito dal fatto che venisse interpellato solo ed esclusivamente per le emergenze.

Fatto sta che le preghiere accorate della signora Potter, furono infruttuose, ed ella finì per arrendersi definitivamente quando udì, nel buio della Tana, un lamento sofferente sollevarsi da dove provenivano anche i rumori di quella lotta corpo a corpo: il lamento di qualcuno che era stato ferito. A ciò, era seguita anche una risata agghiacciante, e a Ginny montò una furia cieca, alimentata dal terrore assoluto che a suo figlio fosse stato fatto del male.

A quel pensiero, una strana energia prese a scorrerle per tutto il corpo, come un fluido prodigioso; ed esso le risalì ad ondate, caricandola di una determinazione mai avuta, si infiltrò nelle vene, irruppe nella sua mente, e fece vibrare ogni terminazione nervosa, sino a concentrarsi nelle dita della mano destra, quelle che stringevano un sottile bastoncino fatto di nocciolo e corda di cuore di drago.

Ginny scagliò il più potente Protego Totalum che si fosse mai visto nel mondo magico, e lo fece con tutta forza del suo amore materno.

L'incantesimo ebbe il potere di scacciare FINALMENTE l'Obscurus, e quella nebbia -nera come polvere buio pesto peruviana- si dissolse riportando la luce in casa Weasley. E la prima cosa che la giovane mamma vide al dileguarsi delle tenebre, fu qualcosa che, malgrado il tradimento cocente subito da Dio, le ricordò comunque un miracolo:
Draco Malfoy era seduto per terra con la schiena appoggiata alla parete, una macchia di sangue a sporcargli la camicia all'altezza del ventre, l'espressione sofferente, il volto cadaverico ed una stanchezza evidende, eppure... incredibilmente, stringeva tra le braccia suo figlio! E James, a sua volta, se ne stava ben accucciato addosso a lui, pieno di fiducia nel suo abbraccio protettivo.




Continua...






E’ normale che esista la paura, in ogni uomo, l’importante è che sia accompagnata dal coraggio. Non bisogna lasciarsi sopraffare dalla paura, altrimenti diventa un ostacolo che impedisce di andare avanti. (Paolo Borsellino)

La più antica e potente emozione umana è la paura, e la paura più antica e potente è la paura dell’ignoto. (Howard Phillips Lovecraft)

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Capitolo 25
*** Torta di melassa e cacca di Troll ***


Capitolo 25
-Torta di melassa e cacca di troll-


 

Wiltshire, Inghilterra.

Un branco di matti!
Questa era l'unica frase per poter descrivere in modo esauriente la famiglia Malfoy.

Hermione non riusciva davvero a capacitarsi della pazzia che serpeggiava in quella casa sontuosa! E lei, come una stupida, ci si era pure infilata di sua spontanea volontà mandando a puttane il senso di dignità e gli ideali di una vita. Il monologo minaccioso di Lucius Malfoy infatti, le aveva procurato uno sconcerto pari solo a quello che aveva provato la volta in cui Barty Crouch Jr. sotto polisucco, aveva torturato un ragno in classe per "spiegare" a dei maghetti di quindici anni, l'orrore delle maledizioni senza perdono.
Non era riuscita neanche a capire cosa egli le avesse voluto dire, con tutte quelle intimidazioni sputate a raffica:

Lei non mancherà di rispetto né a me né a mia moglie; non tirerà mio figlio dalla sua parte aizzandolo contro la sua famiglia; non renderà Draco un pupazzo senza spina dorsale da comandare a suo piacimento; non si farà mettere incinta con l'inganno; manterrà un profilo basso; non si porrà sotto i riflettori; non sperpererà il patrimonio di mio figlio in capi firmati e gioielli lavorati dai folletti...

Quando Lucius Malfoy aveva pronunciato le sue ferree direttive, ad Hermione era sembrato di avere davanti Mosè appena sceso dal monte Sinai con le tavole della legge fra le mani! Ma non le venne molto da ridere a ripensarci... no! Era troppo seccata e punta nell'orgoglio, per farlo.

E allora tornò a domandarsi, furiosa con se stessa, il motivo per cui non si era innamorata, come tutte le altre streghe normali, di un comune impiegato del Ministero, che le avrebbe fatto fare una vita tranquilla, dove di certo non ci sarebbe stato mai il pericolo di avere a che fare con un mangiamorte rinnegato che dettava regole assurde, una suocera che la minacciava di Oblivion, un elfo domestico leccaculo, un fidanzato tormentato dai sensi di colpa, oggetti maledetti che la perseguitavano, amici che non accettavano il suo rapporto, e giornalisti che si accuattavano nella siepe del suo giardino per scoprire se lei e l'erede dei Malfoy si amavano davvero od avevano intrapreso solo una relazione di convenienza.

Merlino santissimo!
Hermione sospirò, affranta, mettendosi le dita sulle tempie in un massaggio circolare. Poi, diede un fugace sguardo all'orologio appeso sul caminetto, e accorgendosi dell'ora tarda, decretò di essere decisamente stufa di aspettare Draco Malfoy ed i suoi porci comodi.
In fin dei conti, perché mai doveva attenderlo come una mogliettina premurosa quando lui non si era degnato neanche di farle sapere dove cazzo stava andando?!

Così, tutta innervosita, Hermione si alzò dalla poltroncina, spense le luci del salotto con un Nox e si diresse verso le scale che l'avrebbero portata nell'atrio del manor e poi fuori dalla tenuta, per permetterle di smaterializzarsi via da quel manicomio e tornare finalmente alla pace della sua umile casetta dell'Oxfordshire.


 
***
 

Giardino di villa Malfoy. Nello stesso momento.

"Non mi toccare!"
"Come diavolo faccio a non toccarti, imbecille!?"
"Non me ne frega un cazzo. Toglimi quelle manacce di dosso, Weasley!"

Ron digrignò i denti, pentendosi amaramente di essersi offerto volontario per riportare a casa Draco Malfoy. Il gran signore infatti, si era rifiutato categoricamente di farsi curare alla Tana, mettendo su uno sguardo a dir poco terrorizzato quando Molly si era inginocchiata per controllargli la ferita al ventre: si era affrettato a scostarsi bruscamente, si era alzato barcollando, ed aveva detto di stare benissimo, nonostante la smorfia di sofferenza che gli aveva deformato i lineamenti.

"Uuuuhuuuuuuh, siiiii! Che bello!!! Ti sto insudiciando tutta la camicia con le mie dita da straccione, Malfoy! Che disonore, non vorrei essere nei tuoi panni!!!" Lo prese per il culo Ron, mentre arrancava sulla ghiaia del parco trascinandosi dietro il giovane erede.

"Fottiti." Gli rispose Draco con estrema fatica, stringendo un attimo gli occhi e mettendosi una mano sullo stomaco a causa del dolore.

"Lo sai o no, stupido vermicolo, che se ti lascio andare adesso, crollerai per terra e ci rimarrai fin quando il tuo elfo domestico uscirà fuori per gettare la spazzatura, domani mattina!?" Riprese Weasley, stavolta in tono decisamente più serio.

In effetti, il viale della villa non gli era mai sembrato tanto lungo da percorrere... pensò Draco, con la mente annebbiata da insistenti fitte di dolore. Sotto sotto, era ben consapevole che non ce l'avrebbe mai fatta da solo (ed in quelle condizioni) a smaterializzarsi al manor fino a raggiungere le sue stanze! Però dannazione: essere sorretto da Weasley come qualsiasi stupido essere umano bisognoso d'aiuto, rappresentava comunque una vergogna inaudita!
Fanculo a lui, alla sua codardia, all'Obscurus, a quella maledetta bacchetta di sambuco, a Gellert Grindelwald, e ad Albus Percival Wulfric Brian sempre-in-mezzo-anche-da-morto, Silente.

"Vuoi che ti rimbocchi pure le coperte e ti dia il bacio della buonanotte, Malfoy?"

Draco si ridestò all'improvviso, mettendo da parte l'orgoglio calpestato, e si accorse che durante i suoi deliri personali, Weasley era riuscito a portarlo dentro casa.

"Ti piacerebbe, brutta checca lentigginosa!" Gli rispose subito, dimostrando che la fiacchezza in cui versava, non gli impediva di avere pronta la battuta tagliente.
L'altro però scrollò il capo, rinunciando per una volta a rispondere a quell'ennesima provocazione.

Il fatto era che Ron, da circa mezz'ora a quella parte, si era ritrovato a perdere gran parte dell'odio cocente che aveva sempre provato per il serpeverde. E ciò era successo nel momento esatto in cui l'aveva visto accasciato sul pavimento della Tana, ferito, affaticato e tremendamente pallido... mentre ancora teneva James stretto fra le sue braccia.
Durante la lotta contro l'Obscurus, Draco Malfoy aveva protetto suo nipote facendogli da scudo col suo stesso corpo.
Quel vermicolo, una volta tanto, aveva messo da parte l'egoismo ed aveva scelto di rischiare la sua stessa pellaccia per difendere un bambino innocente... salvandogli la vita.
Ron faceva ancora fatica a prenderne atto, e sicuramente la sua antipatia innata non è che si sarebbe miracolosamente affievolita solo per quel motivo, però... doveva ammettere che non si sarebbe mai aspettato un gesto simile da uno come Malfoy!
Era davvero cambiato, quindi!?! Anch'egli possedeva un briciolo di coscienza?!
D'altra parte, se Hermione si era innamorata di lui, un qualche cosa di appena appena decente doveva pure avercela trovata, in quell'anima nera, macchiata di colpe e marcia come carne di Thesral andata a male! O no?
No. Gli risultava ancora incomprensibile quell'amore, per la barba di Merlino! Pensò il giovane Weasley. Hermione Granger e Draco Malfoy erano diversi come torta di melassa e cacca di troll (ed ovviamente non c'era bisogno di specificare chi tra i due era la cacca di troll!). Diversi come il Quidditch e una lezione di Piton, o come una dolce puffola pigmea e un doxy bastar...

"SI PUO' SAPERE DOVE DIAVOLO SEI STATO?"
La voce di Hermione, all'improvvsio, trapassò i timpani ad entrambi.
La strega infatti, se li era ritrovati davanti proprio mentre scendeva le scale per andasene... e Ron, smettendo subito di fare paragoni ridicoli, vide Malfoy alzare di nascosto gli occhi al soffitto, pronto alla sfuriata imminente.
Non arrivò nessuna predica però: Hermione rimase a boccheggiare come un plimpli d'acqua dolce quando si accorse che Draco era piegato in due, con la camicia sporca di sangue e l'aria distrutta.

"Ma che diavolo ti è successo?"
Il suo tono di voce cambiò repentinamente, facendosi basso e agitato.
Hermione aveva dimenticato tutte le recriminazioni che era pronta ad elencare a Malfoy per farlo sentire in colpa; si era portata invece una mano alla bocca, era impallidita, e poi si era affrettata a scendere gli ultimi gradini per correre da lui, senza pensare più a niente.

E fu Ron, stavolta, a sollevare gli occhi al soffitto, esasperato.
Andava bene tentare di sopportare impassibilmente l'amore inverosimile tra una torta di melassa ed una cacca di troll, ma dover addirittura assistere alle loro effusioni, era un po' troppo. Pertanto, decise che la cosa migliore da fare era defilarsi il prima possibile:
"Va bé... io scappo! Vado a vedere se a casa mia è tutto ok."

"SCAPPI?!" Gli rispose Hermione isterica, mentre trafficava con i bottoni della camicia di Draco che stringeva i denti per soffocare i lamenti. "Fammi capire Ronald!" Riprese lei con una nota d'accusa nella voce: "Me lo riporti qui con uno squarcio sul ventre e te ne vai senza dare un minimo di spiegazioni?!?"

Ron, sentendosi accusare palesemente dall'amica, scattò come un bolide: "Ehi! Ma che cosa ti sei messa in testa, Hermione? Eh?! Che io mi diverta a duellare con la gente alle dieci di sera? E poi, se anche fossi stato io a sfregiarlo, pensi che mi sarei preso la briga di riportarlo a casa?"

La donna, con le mani sporche di sangue, lo guardò di sfuggita, un po' dubbiosa:
"E allora che diavolo ci facevi con lui? Eravate andati a bere un bicchierino al Paiolo come buoni vecchi amici?! Non prendermi in giro per favore!"

Il ragazzo sospirò platealmente: "Oooh santo Merlino! Non ti fidi proprio mai di me, eh?!" Ed allargò le braccia in segno di resa:
"L'Obscurus ha attaccato la tana, Hermione! Ok? C'erano anche Ginny e i bambini. Stanno tutti bene per fortuna, ma la questione è troppo lunga da raccontare, quindi lascio l'onore delle spiegazioni al tuo principe azzurro!" Chiarì Ron, calcando in modo sarcastico sul principe azzurro.
Principe che, in quel momento, era troppo occupato a non perdere i sensi alla vista del suo stesso sangue, per occuparsi di quello che gli altri due si stavano urlando contro!

Detto ciò, Ron fece per andarsene.
Fece qualche passo indeciso, poi si fermò, ne fece un altro, si bloccò di nuovo, lasciò trascorrere qualche secondo. Infine, si voltò indietro. Purtroppo, al giovane Weasley mancava ancora una cosa da fare:
"Dimenticavo..." Disse infatti, tutto imbarazzato.

Hermione lo ignorò totalmente, piena di vergogna per aver sospettato di lui qualche attimo prima; Malfoy invece lo guardò perplesso, sopprimendo al contempo una smorfia di dolore.

Ron si toccò la testa e poi deglutì, rendendo evidente la difficoltà che aveva nel dover dire ciò che gli frullava per la testa:
"G-Grazie, Malfoy... per James, intendo."

Draco lo fissò per qualche momento, forse sorpreso dal gesto, ed annuì brevemente, senza rispondere; Hermione invece continuò ad affaccendarsi intorno alla ferita badando poco al significato di quel ringraziamento; e il ragazzo potè eclissarsi definitivamente, senza aggiungere altro.


 
***
 

La tana, Ottery St Catchpole.

"GINNY! GINNY!!!"
Harry Potter si era precipitato in casa di sua suocera con la divisa di Auror ancora addosso.

Vieni alla tana, fai in fretta. L'Obscurus ci ha attaccato.

Era stata sua moglie, ad avvisarlo tramite gufo di ciò che era successo.

"DOVE SIETE?! JAMES, ALBUS!!!" Quasi gridò per la preoccupazione. Voleva accertarsi che stessero tutti bene, soprattutto i suoi figli.

Fu Molly ad andargli incontro per prima, con il viso leggermente sconvolto, ma senza tracce di pianto... dettaglio che lasciava presupporre non fosse capitato nulla di irreparabile.
"E' tutto a posto, Harry. Stai tranquillo!" Gli disse sua suocera con premura... ed il cuore impavido dell'Auror rallentò un poco i battiti.
Un secondo dopo, anche Ginny si affacciò in corridoio salutandolo tramite un debole sorriso, e con il capo gli fece cenno di seguirla in cucina. Harry non se lo fece ripetere due volte, e quando entrò di corsa nella stanza, finalmente emise un sonoro sospiro di sollievo: le sue piccole pesti erano sedute tranquillamente intorno al tavolo di legno pieno di cianfrusaglie, intente a sorseggiare un bicchierone colmo di cioccolata calda, come se non fosse successo nulla.
Il capo degli Auror tornò a respirare normalmente.

"Ne vuoi anche tu?"
Gli chiese sua moglie premurosa, poggiandogli nello stesso tempo una mano sulla spalla, in un muto gesto d'amore. Lui crollò a sedere su una sedia cigolante, vicino ai suoi figli, e si passò una mano fra i capelli: "Preferisco della camomilla, tesoro. Ho bisogno di rilassare i nervi!"

Ginny si affaccendò in silenzio per alcuni minuti, e dopo avergli messo davanti una bella tazza fumante, si accomodò al suo fianco.

"Mi dici cos'è successo?" Chiese il marito a bassa voce.
Allora Ginny iniziò a raccontargli tutto in un bisbiglio a stento percepibile, per non turbare troppo la quiete dei loro bambini...

Più tardi, Harry Potter sgranava gli occhi di stupore, non credendo alle proprie orecchie.

"Quindi, è grazie a Malfoy che..." Disse lui, senza terminare la frase.

"Eh già! Proprio Malfoy. E' stato coraggioso, per una volta." Gli rispose la moglie, che nel frattempo si alzava dalla sedia per raccogliere tutte le tazze vuote.

"E' incredibile." Aggiunse l'Auror, meditabondo. Poi, senza aggiungere altro, evocò il suo Patronus e lo mandò dritto dritto a Malfoy Manor...  

"Ah! C'è un'ultima cosa che devo dirti, Harry!" Se ne uscì infine Ginny tutto d'un fiato, quasi volesse togliersi in fretta e furia un pensiero molesto dalla testa.

"Cosa?!" Tornò a preoccuparsi il marito, che si fece di nuovo attento.

"Sono incinta!"


 
***
 


Wiltshire, Inghilterra.

Non è mai facile, affrontare una delusione cocente. Tu ti aggrappi ad una zattera che naviga pazzamente fra le rapide, sperando di giungere ad un punto in cui il fiume diventa placido, e invece... ti schianti contro una roccia e finisci inghiottito da una cascata.

Hermione Granger, in tutta la sua vita, aveva sofferto molto, ma non aveva mai avuto a che fare con la disillusione quella vera, intensa, violenta, insopportabile.
A scuola aveva ottenuto ogni volta i voti migliori, i sui amici non l'avevano mai tradita, le battaglie sociali che aveva combattuto l'avevano vista uscire sempre vittoriosa; tutti gli obiettivi lavorativi che si era impegnata a raggiungere li aveva raggiunti, ed ogni mago o strega dell'intera Gran Bretagna, la invidiava da morire.
Eh già!
La delusione quindi, era davvero un sentimento a lei poco conosciuto... almeno fin quando Draco Malfoy era entrato di prepotenza nella sua vita! E per "entrato di prepotenza nella sua vita" non si intendeva quando si erano conosciuti ad Hogwarts e per sette anni il loro rapporto era andato avanti ad occhiataccie e dissapori irrazionali, ma si intendeva per l'esattezza da quando il bracciale maledetto dei Belby era finito al suo polso, scatenando tutta quella serie di eventi incredibili e già narrati in un'altra storia...



Ci sono momenti in cui la delusione viene a cercarti l’anima come fanno i suonatori con i tasti musicali, e più i tasti sono ampi e profondi, e più basta una sola parola o gesto a far risuonare dentro di te una musica che non vorresti mai sentire.


Hermione avrebbe voluto tanto maledirlo, il giorno in cui aveva rincontrato Draco Malfoy, oppure prendersi direttamente a sberle da sola, per essersi persa nelle profondità dei suoi occhi grigi e sofferenti. Ormai però, il danno era fatto... così prese un respiro, tanto per darsi coraggio, e con voce bassa ed amareggiata gli disse:
"Per un momento ci avevo creduto, sai?!"

La luce calda di diverse candele rischiarava la camera da letto padronale di Malfoy manor, creando ombre lunghe sul suo viso triste. Era ancora china sulla ferita di Draco, e con la scusa di disinfettarla minuziosamente, stava evitando di guardarlo negli occhi.

"Avevi creduto a cosa?" Le rispose lui, quasi in un sussurro, muovendosi sulla sedia per cercare una posizione meno scomoda; represse poi un gemito di dolore, e strinse violentemente le mani ai braccioli, in cerca di sollievo.

"Che tu fossi andato ad Hogwarts per prendere la bacchetta di sambuco..." Hermione sorrise sconsolata, prima di aggiungere: "Che sciocca che sono!"

Il giovane sospirò chiudendo gli occhi, ed appoggiò la testa allo schienale.
In fondo, egli se lo aspettava. Lo sapeva che Hermione, irriducibilmente ottimista, avrebbe visto in lui quel maledetto coraggio che purtroppo non aveva, e non avrebbe mai avuto!

Gli uomini non cambiano...

Quando Draco le aveva spiegato cosa era successo alla tana, e soprattutto perché ci era andato, si era accorto subito che lei aveva letteralmente cambiato faccia, facendosi mesta e delusa.
Perciò, suo malgrado, si era preparato mentalmente ad affrontare l'ennesima, brutale tempesta, che li avrebbe travolti ancora facendo vacillare il loro fragile, fragilissimo amore.

Hermione, dopo aver detto quelle parole, era rimasta in silenzio per lunghi minuti, perdendo tempo a trafficare con disinfettante e bacchetta sulla sua brutta ferita.
Meditava, la giovane strega.
Meditava fra sé e sé per evitare di parlare a sproposito, e litigare di nuovo. Ancora una volta. Come sempre.
Stava diventando una pericolosa consuetudine quella di discutere... anche se, in fin dei conti, loro due non facevano altro da quando avevano la bellezza di undici anni!
Cosa diavolo sarebbe dovuto cambiare da allora, per Merlino? Erano sempre gli stessi! Erano sempre Hermione Granger e Draco Malfoy. Davvero avevano creduto che l'amore poteva superare le differenze abissali che li dividevano praticamente dalla nascita?! Che follia.

Hermione scosse la testa, avvilita... dopodiché prese aria, e disse, in un mormorio sconsolato:
"Un biglietto per la finale di Quidditch, santo cielo! Un dannatissimo biglietto in tribuna d'onore! Sei incredibile, Malfoy. Non so se essere più delusa da te, o da quel cretino di Ron che ha accettato un compromesso simile pur di andare a vedere uno schifo di partita."

Draco era consapevole di essere un vile, come era consapevole che lei glielo avrebbe sbattuto in faccia senza mezzi termini, eppure... quando la sentì pronunciare quella frase piena di amarezza, fu come se una bacchetta da quindici pollici gli si fosse conficcata a forza dentro il cuore pulsante, facendogli scorrere davanti agli occhi tutta la sua misera vita.
Sospirò per l'ennesima volta, e senza neppure la forza di alzare la voce, le rispose debolmente:
"Te l'avevo detto che non sarei cambiato, Hermione. Te l'avevo detto tanto tempo fa."
Il suo viso tradiva sofferenza: "Io sono sempre un arrogante, un bastardo, cinico e vigliacco. Vigliacco da morire. Ma tutto questo tu lo sapevi già, dannazione. Perché non ti sei tirata indietro prima, se ciò che io sono, non ti piaceva?!"
Le piantò addosso i suoi occhi assurdamente chiari, che di colpo avevano preso una sfumatura azzurra piena di sconforto; ed Hermione, imbarazzata, fu costretta ad abbassare i suoi.

Aveva ragione, purtroppo. Draco le aveva ripetuto mille volte di non aspettarsi da lui un cambiamento radicale. Quei cambiamenti in stile romanzo rosa, dove la protagonista si innamora del bello e dannato ma con la sua grinta eroica lo redime fino a farne un uomo onesto, paziente, educato, ottimista e caritatevole.
Quelle, erano sciocchezze che uscivano dalle piume degli scrittori. La realtà era tutt'altra cosa.

Se nasci troll, non puoi morire centauro.

Come diavolo aveva fatto, lei così pragmatica, concreta e perspicace, ad aggrapparsi all'idea folle di vedere un Draco Malfoy diverso, migliore, pieno di vita, di gentilezza, tolleranza, e coraggio?!

Questo era il prezzo da pagare per essersi lasciata andare alla fantasia.
Disillusione.

In un lampo, Hermione ricordò quel lontano giorno a Diagon Alley, quando Draco l'aveva avvisata, con l'angoscia nella voce, di non essere in grado di diventare qualcosa che non era, e che se lei lo amava, doveva accettarlo... oppure lasciarlo andare.


Mi regalerai il tuo anello, se vincerò la scommessa.
Hermione si accasciò contro il bancone del Ghirigoro, stringendo fra le dita l'anello che Draco le aveva donato, con gli occhi lucidi ed il cuore che le martellava violento nel petto.
Aveva sentito dire, da qualche parte, che l'amore non vive di parole, né può essere  SPIEGATO  a parole. E se era veramente così, allora Draco Malfoy aveva trovato un modo davvero sublime, per raccontarle silenziosamente che l'amava...
Tutte le frasi romantiche esistenti, in tutte le lingue del mondo, sussurrate in ogni angolo della terra, pronunciate da ogni persona, di ogni paese, di ogni nazionalità, d'ora in poi sarebbero state poca cosa, se confrontate alla profondità del gesto di quell'uomo.
Hermione boccheggiò, cercando il fiato che aveva perso da qualche parte nell'anima, e chiuse le palpebre, pensando, fra le lacrime che minacciavano di rigarle il volto, che una dichiarazione d'amore come quella, valeva per tutti gli anni spesi ad odiarsi disperatamente.
[...] e mentre sorrideva, fra i singhiozzi e le lacrime che le inondavano il viso, si infilò l'anello al dito, adattandolo alla sua misura con un colpo di bacchetta. Poi si precipitò fuori dal Ghirigoro, e venne investita dalla marea di maghi e di streghe che, come formiche impazzite, si affrettavano da una parte e dall'altra della strada, per fare la spesa, andare alla Gringott, sbrigare commissioni, riunirsi in gruppetti, rincorrere i figli.
Si guardò febbrilmente attorno, con gli occhi ancora appannati di lacrime, cercando di scorgere tra la folla una chioma inconfondibilmente bionda. Percorse con furia Diagon Alley in direzione del Paiolo Magico, spintonando un paio di signore grassocce alle quali chiese scusa frettolosamente, imprecando contro l'ora di punta e facendo un sacco di sciocchezze di cui non si rese neanche conto. Ma all'improvviso, proprio mentre perdeva definitivamente la speranza di trovarlo ancora lì, lo vide: di spalle, intento ad osservare pigramente la vetrina di Accessori per il Quidditch, con le mani nelle tasche.
[..] Draco aggrottò le sopracciglia, colto da una sensazione inspiegabile, un turbamento misterioso... un istinto primitivo che lo spinse a voltarsi verso la strada trafficata: davanti a lui infatti, c'era Hermione. Che piangeva silenziosamente.
 
Se ne stava impalata sui ciottoli del marciapiede, ed ignorava la gente che la sorpassava spintonandola. Le lacrime le rigavano le gote arrossate, le facevano brillare i meravigliosi occhi cioccolato, la rendevano più fragile di quanto lui l'avesse mai vista fino ad ora.
Per un attimo, qualcosa si spezzò nell'animo di Draco, facendolo soffrire di uno strazio che non aveva mai provato. Impallidì, per quanto potesse impallidire il suo volto già smunto:
"Perché piangi?" Le disse, attonito.
Lei lo guardò con un'espressione indecifrabile, provando a dire qualcosa, ma le uscirono solo una serie di singhiozzi, e Draco si disperò. Coprì la distanza che lo separava da lei con due falcate, e le si fece vicino, anche se evitò di toccarla, per paura di scatenarle reazioni indesiderate. Con sguardo addolorato, tornò a sussurrarle:
"Non piangere per me! Non ne vale la pena..."
 Draco Malfoy si sentiva un viscido vermicolo senza spina dorsale.
 Quanti altri danni avrebbe fatto? Quanta altra sofferenza avrebbe procurato alle persone?
Digrignò i denti per la delusione, pronto a dare le spalle ad Hermione per andarsene via e sparire dalla sua vita. Prima di voltarsi però, un barlume argenteo sull'anulare della donna attirò la sua attenzione, ed uno smarrimento totale si impadronì di lui, quando riconobbe l'anello.
Hermione l'aveva indossato.
"Sto piangendo perché sono felice, stupido!" Rispose all'improvviso Hermione, che aveva preso un grosso respiro prima di parlare, ed ora si stava asciugando gli occhi con le mani, mentre un sorriso enorme gli attraversava la faccia arrossata dal pianto.
Fu il sorriso più emozionante che Draco ebbe modo di vedere sul viso di una persona: talmente bello, che lo avrebbe ricordato per il resto della sua vita.
Così, tutte le inquietudini, tutte le incertezze, i problemi, le difficoltà... sparirono di colpo, e mentre quel doloroso peso nel petto finalmente lo abbandonava, alleggerendolo di un fardello preoccupante, Draco sorrise di rimando, consapevole che qualcosa di meraviglioso gli stava accadendo.
Hermione piangeva di gioia e, quella gioia, incredibilmente, gliel'aveva data lui.
La vita, finalmente, gli stava regalando qualcosa di buono; e si permise di allargare le braccia, nell'attesa che lei raccogliesse l'invito...
Senza badare né al luogo, né a tutta la gente che li circondava, né alla curiosità morbosa che avrebbero scatenato, Hermione si gettò contro il suo petto, e lui se la strinse addosso in un abbraccio possessivo, che sapeva di tante cose ma, soprattutto, di felicità.
Rimasero fermi sul marciapiede di Diagon Alley per molto tempo, avvinghiati l'uno all'altra, senza staccarsi, senza parlare, ignorando la gente che gli passava davanti, gli strilloni che vendevano Il Cavillo, i gufi che sfrecciavano in tutte le direzioni con la posta attaccata alle zampe.
"Amore mio." Gli sussurrò Hermione sul collo, e a lui parve di non aver mai sentito, prima di allora, parole più belle di quelle. Sorrise emozionato, ancora incapace di credere davvero a quello che gli stava succedendo.
Certo... Draco non sapeva se sarebbe mai stato capace di diventare un sentimentale, o di annullarsi completamente per esaudire ogni minimo desiderio di Hermione, o moderare il suo carattere scorbutico e tendente al cinismo per non farla arrabbiare; non sapeva neanche se sarebbe mai stato in grado di farsi piacere cose, ideali, e persone che per natura non sopportava, o scendere dal suo piedistallo di superiorità per mischiarsi ai comuni mortali, ma... una cosa soltanto sapeva: l'avrebbe amata con tutto se stesso, e se solo l'avesse fatta soffrire ancora, avrebbe chiesto a Potter di lanciargli un Avada Kedavra, come giusta punizione!
La baciò delicatamente sulle labbra senza strafare, anche se l'istinto gli chiedeva di spingere, affondare, sovrastare, spogliare, fare tutto ciò che un corpo affamato esige. Ma Draco non voleva dare spettacolo, almeno non più di quello che già stavano dando in quel momento!
Hermione ridacchiò contro il suo petto, conscia degli sguardi sbalorditi di qualche mago che li aveva riconosciuti, e Draco riprese a baciarla, infischiandosene per una volta dell'opinione della gente. Aspettò di esaurire il fiato per staccare le labbra da quelle di lei, e sussurrarle a qualche millimetro dalla bocca:
"Come diavolo hai fatto?"
E lei aggrottò le sopracciglia, confusa: "Come ho fatto a fare cosa?"
Draco era tornato improvvisamente riflessivo: "A farmi rincretinire così!?! Mi hai strappato il cuore dal petto e te lo sei preso, maledetta strega!"
La sua espressione seria contrastò con la risata genuina di Hermione, che lo strinse più forte a sé, nascondendo la faccia contro di lui.
"Rivuoi forse indietro il tuo anello, Malfoy?" Lo sfidò con tono furbetto, ma la risposta che ottenne, lasciò Hermione completamente senza fiato...
"No, Granger!" La voce di Draco si fece bassa e profonda: "Puoi tenerlo. Puoi tenerlo tutto il tempo che vorrai... anche tutta la vita, se lo desideri."
Hermione finì per seppellire ancora di più il viso nel petto del ragazzo, presa da un'emozione impetuosa che le fece arrossare di nuovo gli occhi, mentre lui la stringeva più forte ancora.
Poi... Draco sospirò profondamente, prima di dar voce ad un pensiero assillante:
"Lo sai che non farò mai amicizia con Potter e Weasley solo per farti contenta, vero?" Le chiese, colto improvvisamente dall'ansia: "Lo sai che, nonostante tutto, non diventerò mai un uomo buono ed altruista?! E pure che non libererò il mio elfo domestico in nome della tua fissazione per le creature magiche sfruttate!? Devi saperlo, Hermione! Devi saperlo perché io non voglio illuderti di qualcosa che non esiste! Io in fondo, sono lo stesso di sempre..."
Aveva lo sguardo allarmato mentre pronunciava quelle parole, ma Hermione lo guardò con occhi dolci, per tranquillizzarlo:
"So perfettamente chi sei, Draco! Non devi dirmi nulla. E non pretendo niente di tutto questo, da te! Sarei una pazza a cercare di cambiarti a tutti i costi. A me vai bene così come sei. Davvero."



Hermione non poteva saperlo, ma in quei pochi minuti anche lui aveva rivissuto lo stesso ricordo. Ognuno di loro però, si era perso nelle proprie, tormentate emozioni: Draco aveva stretto i denti, lasciando trasparire appena un guizzo di nervosismo; lei invece, aveva finito di medicarlo in un silenzio turbato, alla luce tremolante delle candele magiche.

So perfettamente chi sei. Non pretendo niente. Sarei una pazza a cambiarti a tutti i costi. A me vai bene così.

Hermione sentì di essere in torto marcio: gli aveva assicurato di poterlo amare nel bene e nel male, e invece... si era comportata come tutte le altre donne, che pretendono di modellare i propri uomini a loro piacimento, fino a farne dei burattini che eseguono gli ordini senza fiatare.
Mio Dio...
No!
Lei non era così! Lei NON DOVEVA, essere così. Le persone andavano lasciate libere di essere ciò che volevano, di esprimersi come meglio credevano.
Draco era stato fin troppo onesto nell'ammettere i suoi difetti.

Ognuno è unico e speciale.

Lei lo amava, e lo avrebbe fatto fino alla fine dei tempi. Punto. Non gliene fregava un cazzo poi, se lui non era un supereroe con il mantello ed una S gigantesca sul petto; non le importava un asfodelo secco se scappava a gambe levate di fronte ad un ippogrifo arrabbiato... o se vomitava alla vista del cadavere della signora Belby.
...O se aveva paura di affrontare la salma di Silente a causa dei suoi sensi di colpa.
Hermione doveva mettersi in testa che Draco Malfoy non era Harry Potter, o Ronald Weasley, e soprattutto... che non era in alcun modo tenuto ad essere simile a loro!
Perché avrebbe dovuto, poi!?! Ogni essere umano ha la sua personalità. Esclusiva, incomparabile.

La voce affranta di Draco comunque, la ridestò di colpo dal suo monologo interiore:
"Sai?! Ci sono tante cose che non piacciono a me, di te... però non te le faccio pesare."
Egli si era alzato dalla sedia, aveva indossato un maglioncino morbido, riordinato i capelli un po' scompigliati, e poi si era voltato a guardarla con amarezza, per continuare sullo stesso tono:
"Ad esempio, non mi piace affatto che tu frequenti Weasley, o Potter. E non sopporto quando, come un calderone bollente, borbotti le tue idiozie sul C.R.E.P.A.! Non tollero neppure che tu ti comporta come una donna che ha bisogno di lavorare per mettere qualcosa nel piatto, dato che potresti fare la vita da signora con i miei soldi. Dannazione!!! Ti fa proprio così ribrezzo il denaro dei Malfoy, eh? E poi, odio il tuo voler sempre avere ragione solo perché ti ritieni più intelligente di me, e detesto il modo sottile che hai di schifare il mio rango sociale!"

Hermione sgranò gli occhi, incapace di ribattere, e continuò ad ascoltarlo, irrigidita dallo sconcerto.

"Sì! Me ne sono accorto, non sono un completo idiota." Draco aveva cominciato pure ad alterarsi: "Odi la posizione elevata che occupa il mio nome nella società, odi il mio appartenere alla classe più nobile del mondo magico... e odi questa casa."
Il suo respiro era divenuto pesante, e le gote eternamente pallide gli si erano colorate di rosso: "Mi disprezzi, Hermione. Mi disprezzi come qualsiasi borghese disprezza un aristocratico. E' questa la verità. Ma ti do una notizia! Non è colpa mia se sono nato in una famiglia ricca!"
La sua voce si era alzata gradualmente, fino a divenire furiosa: "Tutto ciò ti disgusta, eppure... continui a farti toccare senza problemi dalle mani di questo presuntuoso benestante del cazzo!" Diede un pugno all'armadio ed urlò: "Cosa vuoi da me? Eh?! Cosa diamine vuoi??? Io non ci sto capendo più niente! Prendi una fottuta decisione, Granger. Prendila, per l'amor di Dio, perché io sto diventando pazzo!!!"

Alla donna mancò il fiato per rispondere, gli occhi di lui invece mandarono lampi.

Era vero. Era tutto vero ciò che le aveva rimproverato.
Hermione si rese conto di tutte quelle cose solo nel momento in cui lui gliele aveva rinfacciate. Le sue accuse erano reali: lei non si era mai davvero lasciata andare quando si trovava a Malfoy manor, ed aveva sempre provato una sorta di intimo ribrezzo per la ricchezza appariscente in cui Draco era immerso. Erano pensieri così disturbanti però, che Hermione li aveva messi in un comparto del cervello presocché inaccessibile, ed aveva continuato a vivere senza curarsene troppo, convinta che col tempo le cose si sarebbero sistemate da sole.
Draco però, aveva capito tutto lo stesso.
Hermione si sentì sprofondare per la vergogna.
Da quanto tempo lui sapeva?! Da quanto tempo teneva chiusi nel cuore questi disagi, queste incertezze?
Egli sapeva tutto, ma aveva finto che andasse tutto bene per non rompere il loro precario equilibrio, e per non turbarla troppo.
Lei aveva avuto le stesse accortezze, con Draco?
No.
Ogni volta gli rinfacciava, come una professoressa intransigente, la sua codardia ed i suoi difetti più abietti, non preoccupandosi della sofferenza che gli procurava.

Hermione Granger non era così perfetta come aveva sempre presuntuosamente creduto di essere.

Le pupille del giovane erede dei Malfoy intanto si erano dilatate, i tendini del collo si erano tesi, e l'espressione era divenuta folle.
"SCEGLI, MALEDIZIONE!" Gridò, roco. "Non ti vado bene? Allora vattene subito Granger! Quella è la porta. Vuoi restare con me invece? Resta. Ma in questo caso, per favore... per favore impara a prendermi per quello che sono, con tutti i problemi che mi porto dietro dalla guerra, e con il mio carattere di merda."
Draco infilò le mani nelle tasche stringendo i pugni, e diede le spalle ad Hermione per avvicinarsi alla finestra e mettersi a guardare fuori, pensieroso. Cercò di placare il respiro accelerato, inspirando ed espirando piano, e riprese finalmente quel po' di calma che gli avrebbe permesso di essere più ragionevole. Così, con tono basso ed amaro, finì di parlare:
"Non posso sentirmi sotto esame per tutta la vita... non ce la faccio! Cerca di capire."

Hermione sapeva bene sarebbe stato difficile amare un uomo come Draco Malfoy, ma non avrebbe mai creduto di dover incontrare tutte queste difficoltà. Fra loro sembrava una corsa ad ostacoli: appena saltavano una barriera, non avevano il tempo di riprendere fiato che già un'altra gli si poneva davanti, e poi un'altra ancora, e un'altra ancora, e un'altra ancora... all'infinito.
La strega si asciugò le lacrime che, silenziose, le avevano rigato le guance.
Voleva dirgli tante di quelle cose, che non sapeva neppure da dove iniziare.
Provò finalmente a parlare, ma non ebbe modo di pronunciare una singola parola, perché la figura luminescente ed eterea di un Patronus, improvvisamente, illuminò d'argento la camera padronale del manor, lasciandola di stucco.

Un giovane cervo con splendide corna ramificate apparve alla luce tenue delle candele, e fece un paio di passi senza provocare alcun rumore. Era il Patronus di Harry.
Questo si accostò a Draco, facendolo finalmente girare, e la voce profonda dell'Auror riempì l'ambiente qualche secondo, il tempo necessario per lasciare un breve messaggio:

Malfoy! Ti ringrazio per aver protetto mio figlio James! Ginny mi ha raccontato tutto. Sei stato veramente in gamba, complimenti!

Dopodiché sparì, lasciando dietro di sé solo uno sbuffo di fumo.

Hermione rimase a bocca aperta. Cosa diavolo voleva dire il suo amico, con quelle parole?!
Mise da parte tutto ciò che stava pensando prima ed esclamò, confusa:
"C-Cosa... cosa significa che... c-che hai protetto James?!"

Lui sospirò, esausto. Il fatto era che prima, raccontandole quanto era successo alla tana, aveva omesso di proposito quel piccolo, importantissimo particolare... riferendole soltanto di aver lottato al buio contro il bambino maledetto.

"C'è qualcosa che non mi hai detto, vero!?" Continuò Hermione, dubbiosa.

Era inutile nasconderlo, ragionò Draco... meglio togliersi subito il sassolino dalla scarpa; quindi, in tono sbrigativo, le spiegò:
"Ho affrontato l'Obscurus per difendere il marmocchio dei Potter! Quel demonio voleva portarselo via, io mi sono solo messo in mezzo. L'ho salvato appena in tempo. Sarà stata fortuna, probabilmente."
Era stato gelido nel pronunciare quella risposta... un po' perché si vergognava, un po' perché era convinto che Hermione avrebbe dubitato del racconto.

La giovane strega invece lo guardò meravigliata spalancando gli occhi. Nella sua mente infatti, era esplosa una gioia indescrivibile: Draco aveva difeso un bambino innocente dalla furia di un Obscurus pericolosissimo, ed era tornato al manor con uno squarcio sul ventre senza neppure protestare!

G-Grazie, Malfoy... per James, intendo.
Le vaghe parole che Ron aveva pronunciato appena prima di andarsene dalla villa -e a cui lei aveva dato poco peso, troppo occupata a medicare il suo uomo- acquistarono finalmente un significato preciso.

"E perché non me lo avevi detto prima, Draco?" Si stupì allora Hermione.

Lui rispose a voce bassa: "Perché non mi avresti creduto." Poi, le diede nuovamente le spalle, e tornò a guardare fuori dalla finestra fingendo di essere interessato ai zampilli d'acqua che sprizzavano da una fontana in giardino, illuminata appena dal bagliore lunare.

"Ma che cosa dici?!" Esclamò la donna, triste ed un poco offesa. "Certo che ti avrei creduto!"

Malfoy schioccò la lingua contro il palato, in segno di scetticismo.
"In ogni caso, non stavamo parlando di questo, Granger." Voleva tornare al discorso che stavano facendo prima che sopraggiungesse il patronus di Potter.

Hermione non rispose, ma gli si avvicinò di slancio per abbracciarlo da dietro; lo strinse forte ed appoggiò la fronte contro la sua schiena.

Rimasero così... in silenzio per tanto tempo, incapaci perfino di muoversi.

"Io non voglio perderti, Draco." Ammise infine la donna, in un bisbiglio. E lui, senza farsi vedere, chiuse gli occhi e strinse le dita, piantandosi le unghie nel palmo delle mani. Non disse nulla però. Rimase zitto ad osservare fuori, mentre lei riprendeva a sussurrare dolcemente:
"E' colpa mia... è tutta colpa mia. Devo imparare una buona volta che noi NON SIAMO uguali! Non posso pretendere che tu ti comporta esattamente come vorrei io. Ogni persona ha pregi e difetti unici, da accettare nel bene e nel male."
Gli lasciò un bacio delicato fra le scapole, e riprese sullo stesso tono: "Perdonami. Lo so bene di essere presuntuosa, insopportabile e meticolosa fino all'inverosimile! Ma tu... non prendertela, te ne prego."

Draco inghiottì rumorosamente un grumo di saliva, e con una voce graffiante che non sembrava neanche la sua, sputò parole un po' rabbiose e un po' rassegnate:
"Ogni cosa, nella mia esistenza, non funziona mai come vorrei. MAI. Mi domando cosa cazzo ho che non va! Non ho mai capito bene se si tratti di un insolito e raro concentrato di sfortuna, o se il problema sia IO ed il mio rapportarmi alla vita. Tu... tu che sei così intelligente e perspicace Granger, forse puoi darmi una spiegazione migliore. Di che si tratta? Dimmelo tu. E fallo senza alcun riguardo. Voglio saperlo."

Hermione rimase per un momento il silenzio, continuando a stringersi addosso a lui, mentre sceglieva di essere totalmente sincera, sperando in cuor suo che non si offendesse:
"Io credo sia colpa di entrambe le cose, Draco. Senza alcun dubbio la sfortuna ti ha causato parecchia infelicità, ma tu hai sempre avuto un carattere particolare."
Sorrise appena, tornando a baciargli l'ampia schiena e premendo di più le mani sul suo petto virile.
"Tu sei altezzoso, Draco. Un po' egoista, ed orgoglioso. Sei un uomo fuori dall'ordinario. Ti piace restare lontano da tutto e da tutti, sempre con quel leggero atteggiamento di distacco e superiorità... e sembra quasi che tu faccia costantamente pesare agli altri di non essere ricchi come lo sei tu."
Egli ascoltò le parole timide di Hermione con una sorta di pacata rassegnazione, fino a sospirare. In fondo, lei non gli stava dicendo nulla che già non sapesse.
La sentì ridere piano ed aggiungere:
"Insomma, sei pieno di difetti! Però sei bello, forse anche troppo. Sei un tipo riflessivo, sveglio, perfezionista e tante altre cose meravigliose... ma tra queste, la più straordinaria, è che hai imparato a chiedere scusa! Domandare perdono è in assoluto il pregio migliore che un uomo possa avere! E pure uno dei più grandi atti di coraggio, Draco! Pochi sono in grado di farlo, tu sei fra questi."
Hermione respirò il profumo di pulito che il maglione di lui emanava, e continuò a stringere le braccia intorno alla sua vita.
"Io ti amo, Draco! Ti amo per tutto ciò che sei... per il tuo lato oscuro, e per quello più puro e luminoso. Ti amo tanto che mi scoppia il cuore!"

A quel punto, lui si girò di scatto, trapassò la donna con i suoi occhi grigio tempesta, e non le permise di aggiungere altro, poiché si avventò sulla sua bocca morbida lasciandola completamente senza fiato. La baciò d'istinto, con ardore, afferrandole il viso tra le mani... e la spinse verso il letto, per farle capire che non voleva sentirla parlare, che non gli importava più di nient'altro, se non del suo meraviglioso corpo di donna, e di tutta l'eccitazione che gli provocava.


 
Continua...






-Ci sono momenti in cui la delusione viene a cercarti l’anima come fanno i suonatori con i tasti musicali, e più i tasti sono ampi e profondi, e più basta una sola parola o gesto a far risuonare dentro di te una musica che non vorresti mai sentire. Fabrizio Caramagna

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Capitolo 26
*** Pumpkin pie ***


 
Capitolo 26
-Pumpkin pie-


 

Tiri vispi Weasley. Cinque del mattino.

Il negozio di scherzi dei fratelli Weasley, a quell'ora, era ancora buio e silenzioso. Le scatole di giochi accatastate sugli scaffali insieme ai barattoli di caramelle e le pozioni più disparate, proiettavano a terra ombre lunghe e quasi sinistre.

Ron era entrato pochi minuti prima senza accendere le luci, e si era richiuso la porta alle spalle con estrema cautela. Aveva preferito andare lì a riflettere, piuttosto che a casa.
Adesso sedeva al bancone, come un tetro fantasma, e si rigirava fra le mani una bacchetta che non era la sua... La guardava attentamente, assaporando le vibrazioni intense che quel sottile bastoncino emanava: un'energia particolare, difficile da spiegare; ma così inebriante che risultava impossibile anche solo PENSARE di doversene subito separarare.

Quella stessa notte, Ron si era recato ad Hogwarts.
Dopo ciò che era successo alla tana, aveva deciso di andare a recuperare immediatamente la bacchetta di sambuco (nonostante le proteste che aveva sollevato in precedenza), e lo aveva fatto per due motivi in particolare: perché provava una vergognosa e fottuta riconoscenza verso Draco Malfoy che aveva salvato suo nipote da chissà quale fine; e poi perché si era reso conto che l'Obscurus non era una minaccia a lui lontana, ma era qualcosa di pericolosamente vicino, soprattutto alla sua famiglia.
Non c'era stato bisogno neppure di interpellare Minerva McGonagall per portare a termine il compito: durante la nottata, Hagrid lo aveva aiutato senza batter ciglio, con il suo modo di fare goffo e sempre generoso.

Ora, nel buio del suo amato negozio, osservava l'arma più potente del mondo magico rimuginando su idee strampalate che prima non avevano mai fatto capolino nella sua mente semplice ed onesta.

Avrebbe dovuto chiamare di corsa Harry, e forse pure Malfoy, per metterli al corrente dell'operazione "recupero" andata a buon fine, ma... qualcosa gli impediva di farlo, e non era a causa del disturbo che avrebbe arrecato a quell'ora.

Ci sono cose talmente importanti che non possono aspettare orari consoni.

Uno strano effetto, come d'invincibilità, si era diffuso nelle sue membra, rendendolo determinato come non mai.

Stava pensando che avrebbe potuto fare grandi cose con quella bacchetta, ne era certo! Tipo far cadere ai suoi piedi tutte le ragazze più carine, aumentare gli introiti del negozio, zittire suo fratello George quando rompeva troppo i coglioni, diventare una persona influente e rispettata da tutti, mandare in rovina qualcuno a lui poco gradito e, volendo... uccidere Malfoy! Perché no!?
Oh, sì! Come sarebbe stato dolce, eliminare un uomo tanto odioso, presuntuoso, inutile e fastidioso.
Uccidere Malfoy con un un solo leggerissimo tocco di bacchetta. Che meraviglia! E dopo, magari, andare riprendersi Hermione. Per dispetto. Tanto per ristabilire l'ordine naturale delle cose.

Ron sobbalzò e scaraventò -come scottato- la bacchetta di sambuco sul bancone, producendo un rumore assordante nel silenzio del negozio.
Ma che diavolo andava pensando? Quell'arma era più infida di un Horcrux, dannazione!
Lui non desiderava neanche la morte di un Asticello... e per quanto riguardava la sua amica, erano anni ormai che aveva capito di non desiderare affatto quella specie di Veela furiosa al suo fianco! Lui aveva bisogno di una donna dolce, che lo aspettava a casa, gli preparava la cena... e non lo faceva sentire inferiore, cosa che purtroppo capitava fin troppo spesso quando stava con Hermione.
In un certo senso, Ron era perfino contento che il destino avesse deciso di appioppare quella Maride urlante proprio a Malfoy: ben gli stava! Lei l'avrebbe fatto uscire fuori dai gangheri un giorno sì, e l'altro pure! Che goduria.

Così, lentamente, si riprese dalle sue oscure elucubrazioni e decise di mandare Leotordo a consegnare due lettere. Una a Grimmauld Place, e l'altra a villa Malfoy.

Era giunta l'ora di sistemare una volta per tutte la faccenda del bambino maledetto.


 
***
 

Wiltshire, Inghilterra.

La pioggia batteva insistentemente sui vetri delle finestre, mentre Draco osservava il soffitto della sua camera, perso in riflessioni malinconiche. Non riusciva ancora a chiudere occhio nonostante l'alba fosse vicina, e la colpa non era certo da attribuire ai tuoni lontani che squarciavano il silenzio della campagna del Wiltshire.

La notte, per gli esseri umani, era sempre stato il momento più adatto per soppesare le paure, sciogliere i dubbi, lottare contro i problemi, ragionare sul senso della vita... e Draco Malfoy, come qualsiasi persona per natura malinconica, si stava chiedendo cosa fosse lui, in confronto all'immensità dell'universo e delle sue dinamiche, e che peso avessero i suoi trent'anni rispetto all'eternità.

Nascere per caso, ed essere costretti a vivere con sofferenza, per poi morire nel dolore...

Che dannata stronzata la vita! Una dannata stronzata che non serviva a niente.

Draco diede una fugace occhiata alla sveglia poggiata sul comodino: l'aggeggio segnava la cinque e dodici del mattino! Borbottò a voce bassa, e poi provò a cambiare posizione nel tentativo di addormentarsi; scalciò la coperta fastidiosa, sprimacciò il cuscino e vi affondò la faccia, sbuffando.
Dopo qualche minuto, finalmente, i suoi pensieri iniziarono a farsi sfocati...

Scene vissute realmente si confusero via via ad immagini oniriche, accavallandosi nella sua mente senza alcun senso logico... tipo Toby vestito da giullare di corte che brandiva un bastone e dichiarava di essere il vero padrone di villa Malfoy, e Lucius che, in tono solenne, gli dava il suo permesso: "Vai, Toby. Hai il mio benestare!" E l'elfo che gli rispondeva: "Benestare per cosa, esattamente?"
"Non lo so con precisione..." Continuava suo padre: "Forse per tutto quello che hai in mente di realizzare insieme ad Hermione Granger, credo!"
A quel punto lo scenario cambiava, e sua madre sbucava dal camino sorprendendolo a rubare la bacchetta di un Albus Silente comodamente defunto sul tappeto del suo salotto, invece che nella monumentale bara in marmo bianco al centro del lago nero. Poi sopraggiungeva Ronald Wealsey dal nulla, lo salvava dalla furia di Narcissa e lo portava alla tana. Infine, davanti al campo di grano che circondava l'abitazione tutta sbilenca, egli lo rimproverava in tono sommesso, quasi piagnucolante: "Per un momento ci avevo creduto, sai?!"
"Avevi creduto a cosa?" Gli rispondeva Draco.
"Che tu mi regalassi davvero un biglietto in tribuna d'onore per la finale mondiale di Quidditch. Che sciocco che sono!" Ma proprio mentre Wesley pronunciava queste parole, il terreno sotto di loro cominciava a tremare, e...

Draco si svegliò di colpo, con il fiatone!

Il materasso sobbalzava.
Per un attimo, uno solo, ebbe un maledettissimo terrore. Pensò che l'Obscurus avesse di nuovo forzato le difese del manor, che il bambino maledetto si fosse appostato ai piedi del letto, che avesse ucciso Toby, i suoi genitori, e si fosse portato via lei...

Si girò di corsa, assalito dal panico, e cercò la figura di Hermione con lo sguardo, per accertarsi che fosse lì, addormentata vicino a lui, esattamente come la sera prima.
La vide, nel buio appena rischiarato dal sopraggiungere dell'alba: si stava rigirando nel sonno con movimenti goffi e pesanti.
"Merlino!" Sospirò. Era stata lei a provocare quell'inconsulto movimento del letto!
Draco si rilassò immediatamente, strofinandosi la faccia assonnata. Ma nonostante si fosse placata tutta l'agitazione che l'aveva travolto fino a due secondi prima, si ritrovò comunque ad imprecare a bassa voce, a causa del sonno che se n'era definitivamente andato. Provò a risdraiarsi, mettendosi supino, e voltò il capo verso la parte di letto occupata da Hermione. La osservò in silenzio, senza toccarla, studiando ogni suo dettaglio, ogni impercettibile gesto, e...

Draco venne a patti con l'idea che non c'era proprio niente di poetico nel dormire con una donna al proprio fianco!
La realtà era ben diversa dalle storielle romantiche pubblicate a puntate sul settimanale delle streghe; storielle che parlavano di pose aggraziate, espressioni d'angelo, respiri a stento percepibili, capelli morbidamente adagiati sul cuscino, lenzuola strategicamente drappeggiate sulle gambe in un eccitante effetto vedo non vedo...
Fanculo.

Hermione era rannicchiata in posa fetale, come a proteggersi dal mondo esterno, il piumone la copriva fino alle spalle, alcune ciocche di capelli le cadevano sulla faccia, e di tanto in tanto gli tirava calci inconsapevoli.
Dividere il letto con un'altra persona significava dire addio alla comodità, mescolare i respiri, lo spazio vitale, mostrarsi senza maschere, prendersi ogni notte un paio di gomitate nello stomaco, farsi sorprendere a russare con la bocca aperta, svegliarsi spettinati e con gli occhi gonfi di sonno.

Draco sbuffò e si portò una mano sulle parti basse, in un gesto istintivo che hanno tutti gli uomini, e finì per mettersi a borbottare esasperato quando lei gli sferrò l'ennesima pedata nel fianco...
Era questa la vita che voleva?

La sera prima, Draco aveva baciato Hermione con un'intensità dolorosa, cercando di ignorare tutte le complicazioni che continuavano a mettersi sul loro cammino, e anche tutta la sofferenza che gli procurava il saperla così poco fiduciosa in lui. Aveva travolto la sua bocca in silenzio, ad occhi chiusi, e pure con una certa urgenza, respirando il suo odore di donna con foga, quasi avesse paura di non averne più l'opportunità...

Era devastante, amarla. Era così fottutamente devastante che ogni volta in cui il corpo piccolo e delizioso di lei premeva contro il suo, il cuore di Draco batteva impazzito e le mani gli tremavano; il respiro si faceva trepidante, il mondo spariva, ed un benessere mai provato in vita sua lo invadeva da capo a piedi.
Sarebbe sempre stato così, però? Cioè quella smania di possesso che lo assaliva senza rimedio, e che si placava solo quando poteva far scivolare via le sue mutandine umide, riempirsi le mani con il suo seno pieno, spalancarle le cosce e strusciarvisi in mezzo, tremando d'aspettativa e godimento.
Chissà se fra qualche anno le sue dita avrebbero ancora avuto gli stessi fremiti, le stesse voglie!?Chissà se il suo cuore avrebbe ancora palpitato follemente quando stava per fare l'amore con lei? O respirato con affanno al solo pensiero che quella donna fosse sua, corpo ed anima?

Dopo averla baciata, si era staccato dalle sue labbra per riprendere fiato come un uomo appena uscito dall'acqua, e solo in quel momento si era lucidamente accorto che Hermione gli aveva sbottonato i pantaloni e stava accarezzando il suo sesso ormai duro, guardandolo con occhi brillanti e pieni d'attesa.

Donna meravigliosa, certo. Ma diffidente...

E questo lui non riusciva a mandarlo giù.

Lei gli aveva detto di amarlo, sì. E gli aveva anche chiesto di perdonarla. Ma non era quello il punto.
La domanda che Draco non riusciva a NON farsi, era piuttosto questa: potevano continuare ad amarsi mettendo da parte ogni dannata volta le loro profonde incomprensioni? E soprattutto quella brutta mancanza di fiducia in cui lei continuava ad ostinarsi?

Uno strano macigno allora gli si era piazzato improvvisamente all'altezza del petto, e nonostante la voglia palese che aveva di possederla... comprese che il problema non poteva più essere ignorato.
Così aveva abbassato lo sguardo, l'aveva abbracciata con forza e poi, dandole piccoli baci pieni di scuse, si era scostato, con l'aria stanca e piena di rammarico.

Draco Malfoy doveva capire.
Doveva capire se ci sarebbe stata, in futuro, anche solo una minima speranza di farsi amare da Hermione Granger in modo incondizionato, senza paure, senza sospetti, senza quella diffidenza di fondo che la portava spesso a guardarlo come se lui fosse il solito vigliacco incapace di compiere qualcosa di onorevole!
Draco Malfoy doveva capire.
Eh già! Draco doveva capire ad ogni costo... altrimenti avrebbe preferito lasciarla andare e tornare a chiudersi nella sua maledetta solitudine, piuttosto che vivere la loro relazione nell'angoscia.
Il fatto, era che lui desiderava Hermione COMPLETAMENTE: non voleva accontentarsi di una donna che poteva dargli solo un po' di se stessa, o solo una parte del suo rispetto, o solo un briciolo della sua stima!
O tutto o niente.
Alla fine, senza neanche parlare, Draco si era buttato sul letto sospirando sconfortato, ed Hermione, un po' delusa ed un po' timorosa, non aveva potuto far altro che sdraiarsi accanto a lui accoccolandosi contro il suo corpo caldo, fino a prender sonno.


Un gufo tutto bagnato di pioggia iniziò a beccare contro il vetro della finestra del manor, e Draco abbandonò i ricordi della sera precedente per girarsi finalmente a guardarlo, aggrottando le sopracciglia.
Chi cazzo rompeva i coglioni alle cinque e mezza di mattina?
Non gli andava per niente di alzarsi! Così fece spallucce e si girò dall'altra parte, ignorando i toc toc ripetitivi che il becco appuntito di quel pennuto cagacazzi producevano sul vetro.

Hermione intanto aveva ripreso a dormire quietamente, senza più agitarsi, e Draco si permise di sfiorarle il viso con un polpastrello, facendo attenzione a non svegliarla. Per lungo tempo continuò ad accarezzarle il profilo con l'espressione tutta assorta, finché gli angoli delle labbra gli si incurvarono in un sorriso amaro, che sapeva di cose inafferrabili.

"Sei così bella, Hermione..." Sussurrò in tono meravigliato, come se lo avesse appena scoperto.
E gli sembrò così incredibilmente assurdo dover fare a meno di lei, rinunciare alla loro storia solo perché non erano in grado di amarsi senza riserve, in modo totale, assoluto. Come qualsiasi altra coppia!

Ma era pur vero che qualsiasi altra coppia non ne veniva da anni d'odio; non ne veniva da una tragica guerra combattuta su due fronti opposti; non ne veniva da un'adolescenza piena di sofferenza, morte, paura, razzismo e maledizioni senza perdono.

Purtroppo, c'era una terrificante catasta di scheletri, nel suo armadio da mangiamorte pentito! Pensò Draco con amarezza. Scheletri che ancora facevano paura a tanta gente che non riusciva ad abituarsi all'idea che lui fosse cambiato, che fosse diventato grande, maturo, diverso.
Non è che a Draco importasse più di tanto il fatto che nessuno credeva alla sua redenzione: con il passare del tempo aveva semplicemente imparato a conviverci. Si era assuefatto ad ogni cosa. Gli importava solo della sfiducia che leggeva negli occhi di Hermione: quella lo devastava.
LEI, lo devastava.
Lei sempre così disposta a perdonare il mondo intero, a dare una seconda possibilità ad ognuno, a vedere del buono in tutti, ma che non riusciva a fidarsi di lui. Sarebbe stata in grado, prima o poi, di sopportare il suo passato oscuro, in nome dell'amore?
Hermione Granger doveva avere il coraggio di spalancare le ante di quell'armadio, afferrare gli scheletri di Draco Malfoy con prepotenza, e gettarli via.

Svuotare tutto, come quando si fa un cambio di stagione.

Draco aveva fatto già troppo, in fondo: era uscito da una pericolosa depressione, si era perdonato QUASI completamente, aveva finalmente fatto esplodere la bolla in cui si era rifugiato per anni, aveva affrontato il giudizio della società, e... si era donato all'amore, crollando ai piedi di una donna che anni prima aveva disprezzato con tutte le sue forze.
Ora stava a lei imparare ad amarlo senza riserve!
E se non ci fosse riuscita, beh... Draco l'avrebbe lasciata andare.
Una volta per tutte.

Allontanò di malavoglia le dita dal suo visino delicato, e si alzò dal letto.
Il movimento che fece per mettersi in piedi gli suscitò una piccola smorfia infastidita: la ferita che aveva al ventre si era quasi completamente rimarginata, però pizzicava ancora. Ignorò pure il brivido di freddo che lo attraversò nel momento stesso in cui le piante dei piedi entrarono a contatto con il pavimento gelato, e si accostò alla finestra per aprire finalmente al piccolo gufo che aspettava lì fuori già da dieci minuti buoni, e che lui aveva ignorato, fin troppo concentrato sui suoi pensieri distruttivi.

Draco slegò la pergamena che il pennuto teneva attaccata alla zampe, ed i suoi occhi si fecero via via più seri, leggendo il breve contenuto del messaggio inviatogli da Weasley.

In un attimo, gettò il biglietto fra le lenzuola sfatte; si sfilò la t-shirt bianca con la quale aveva dormito, andò in bagno, si vestì in fretta e furia (attento a non fare alcun rumore), e lasciò il manor di corsa, senza avvisare nessuno.

Era giunta l'ora di sistemare una volta per tutte la faccenda del bambino maledetto.


 
***
 

Diagon Alley, Londra magica. Sei del mattino.

Toby era un elfo mattiniero, sì!
DECISAMENTE mattiniero. E guai, se qualcuno si fosse azzardato ad affermare il contrario! Si sarebbe come minimo chiuso le orecchie nel forno, se lo avessero accusato di ciò.
Toby poi, era anche profondamente orgoglioso del fatto che tutti i giorni, al mercato alimentare di Diagon Alley, fosse fra i primissimi elfi a fare la spesa. Non avrebbe mai permesso a nessuno infatti, di accaparrarsi la verdura più fresca, i tagli di carne più magri, o le mele più succose lasciando a lui gli scarti.
E poi, aveva un sacco di cose da fare quella mattina il piccolo elfo di casa Malfoy! Così si affrettò a tirare fuori dalla tasca tutta scucita una pergamena che aveva sicuramente visto momenti migliori e, camminando sul selciato di Diagon Alley, tentò di leggere con difficoltà la lista della spesa:

DUE L-LITRI DI LA...TTE.
UN CHILO DI FA-RI-NA.
PESCE FRI.. FRESCO.
QUINDICI OUVA. NO... U-O-V-A!
SETTE CIPOLLE.
FORMAGGIO.
IN-SA-LA-TA...

Toby si grattò la testolina, facendo attenzione a non disfare la bendatura che gli aveva fatto la signorina Hermione, e che gli copriva la ferita procurata dal bambino maledetto.

Mentre camminava, fece un piccolo saltello per evitare di mettere i piedi su di un pomodoro schiacciato, e pensò a cosa potesse umilmente fare per ringraziare la giovane strega delle cure che gli aveva prodigato.

Il mercato intanto cominciava lentamente ad affollarsi di altri elfi, di casalinghe frettolose e cuochi che si caricavano quintali di cibo da stipare nelle dispense dei propri ristoranti. Gatti e Kneazle gironzolavano nell'attesa che cadesse accidentalmente qualcosa di commestibile dai banchi, ed i venditori strillavano per proporre la loro merce, sfregandosi le mani per il freddo:
"ZUCCHEEE! ZUCCHE IN OFFERTA SPECIALE!!! ZUCCHE LUNGHE, ZUCCHE GIALLE, ZUCCHE VIOLINE."

Toby rifletté socchiudendo gli occhi: signorina Hermione adorava la pumpkin pie se non ricordava male.
Sì!
Che idea geniale: le avrebbe preparato una torta di zucca dolcissima, piena zeppa di farcitura, speziata, croccante e profumata. La migliore pumpkin pie che avesse mai mangiato!

Così, si diresse a passo di marcia verso il banco degli ortaggi, senza sapere che quel giorno sarebbero successe troppe cose al suo padrone e all'adorata miss Granger, per poter dare importanza ad una banale pumpkin pie fatta da un umile elfo domestico...


 
***
 

Ministero della Magia. Ore sette e trenta del mattino.

"Harry?! Ti ricordi quando siamo penetrati qui al Ministero sotto Polisucco per cercare il medaglione di Serpeverde che la Umbridge teneva con sé?" Gli chiese Ron, un poco teso, mentre l'ascensore sferragliava portandoli verso i piani più bassi. Avevano appena passato il controllo al banco dell'accettazione ringraziando il portinaio, che alla vista del Capo degli Auror gli aveva riconsegnato bacchette e documenti senza neanche analizzarli e poi era sprofondato in una riverenza al sapore di sfacciata adulazione.

A quell'ora, il Ministero era ancora semivuoto ed i corridoi risuonavano soltanto dei passi riecheggianti degli addetti alla sorveglianza, degli elfi delle pulizie e di qualche operaio della manutenzione che tentava svogliatamente di riparare un guasto.

"Quella vecchia puttana!" Aggiunse sempre Ron, che cercava di nascondere il nervosismo parlando di sciocchezze che non c'entravano nulla con il compito che dovevano portare a termine giù all'ufficio misteri...

A dire il vero, in quel momento erano TUTTI un po' nervosi, perché non avevano la più pallida idea di quel che dovevano fare con precisione, ma soprattutto di cosa sarebbe successo dopo. Erano certi soltanto di avere tra le mani un'arma potentissima: la bacchetta di sambuco. Ma nonostante la sicurezza che essa conferiva, Harry e Ron sapevano bene che la vittoria non era affatto assicurata; e ciò era dovuto al fatto che il nemico da battere era rappresentato NON da un uomo in carne ed ossa, ma da un piccolo demone che si nutriva di energia negativa, e viveva dentro un quadro terrificante, realizzato da uno dei maghi oscuri più potenti della storia dopo Lord Voldemort.

Comunque, per allentare la tensione che serpeggiava nell'aria, Harry assecondò l'amico, e rise sotto i baffi mentre veniva sballottolato dall'ascensore in corsa:
"Ooh, certo che mi ricordo, Ron! E mi ricordo pure che quel giorno la moglie di Cattermole, cioè il VERO Cattermole, ha bloccato la nostra fenomenale fuga dall'aula giudiziaria per darti un bacio mozzafiato davanti a tutti!"

"Merlino, me n'ero dimenticato!" Fece il cognato, con la faccia leggermente sconvolta.

"Ti era pure piaciuto, Ron! Eri diventato rosso come il culetto di uno gnomo!"

"Beh, in effetti sì! Non è stato niente male!"



"Ma si può sapere di che cazzo state parlando?"
Una voce alterata si intromise nella discussione: Draco Malfoy se ne stava appoggiato ad un angolo dell'ascensore, in disparte, intento ad infilarsi le dita nel colletto della camicia che, più scendevano in basso, più sembrava stringerglisi intorno al collo come un nodo scorsoio.

"Nervosetto, eh?"
Gli rispose Harry, lanciandogli un'occhiataccia proprio nell'istante in cui la voce metallica dell'altoparlante annunciava l'arrivo a destinazione:
"NONO LIVELLO. UFFICIO MISTERI."

Le porte si aprirono in un cigolio sinistro.
Draco divenne verde, Harry ammutolì e Ron sgranò gli occhi, realizzando solo in quel momento che si trovavano DAVVERO al Ministero della Magia, e che erano DAVVERO lì per distruggere il quadro maledetto di Gellert Grindelwald... sempre se ci fossero riusciti!

Il terrificante, oscuro, e misterioso nono livello.
Si guardarono tutti e tre senza dire una parola, quasi timorosi di gettare lo sguardo verso il corridoio buio che si apriva davanti a loro.
Poi... in un gesto meccanico ed estremamente rigido, Ron tirò fuori la bacchetta di sambuco dalla tasca interna della sua giacca e la porse al capo degli Auror, come se quel passaggio di mano fosse una specie di cerimonia solenne. Infine, gli disse, in tono atterrito:
"Tieni, Harry. Sei tu in fondo, il legittimo proprietario... sta a te usarla."

Era giunta l'ora di sistemare una volta per tutte la faccenda del bambino maledetto.

 
***



Villa Malfoy, Wiltshire.

"Fanculo!" Borbottò istericamente, allacciandosi al volo la zip dei jeans aderenti.
La donna si spazzolò i lunghi capelli castani alla bell'e meglio ed indossò le decolleté altissime saltellando qua e là per la stanza; si fece poi scivolare sulle spalle una camicetta in morbido raso color avorio, e con dita febbrili chiuse i bottoncini fino all'incavo tra i seni.

Hermione Granger era in ritardo (sul suo solito anticipo di mezz'ora, ovviamente). E lo era per la prima volta da quando lavorava al Ministero. E non era in ritardo perché si era svegliata tardi, ma perché era rimasta a fissare il soffitto della camera da letto per venti minuti buoni senza rendersi conto dello scorrere del tempo.

Una delusione cocente l'aveva assalita appena sveglia non trovando Draco dall'altra parte del letto, e pure una sorta di rimorso, per come erano andate le cose la sera prima. Era stato tutto profondamente sbagliato, dall'inizio alla fine: aveva messo Draco alle strette, obbligandolo ad andare a prendere la bacchetta di sambuco ad Hogwarts (pur sapendo che lui non se la sentiva affatto), poi gli aveva mostrato tutto il suo biasimo per aver scoperto che si era recato alla tana a chiedere il favore a Ron pur di non andarci di persona! Infine, a peggiorare la situazione già estremamente tesa, c'era stato il suo patetico tentativo di farsi perdonare provando a circuirlo con il sesso (come fanno tutte le donne)... solo che non ci era riuscita: Draco l'aveva respinta.

Ed Hermione, appena aperti gli occhi al nuovo giorno, era rimasta per un tempo indefinito a chiedersi disperatamente se lui l'avesse fatto solo per ripicca, o perché semplicemente non la desiderava più.
La seconda opzione le faceva mancare il fiato e saltare il battito cardiaco, oltre a procurarle una nausea incredibile.
Maledetto quel vizio che aveva di non fidarsi mai completamente di lui, di non poter credere fino in fondo che egli fosse davvero cambiato, che potesse essere un uomo di cui andare assolutamente fiera! E maledetto pure il vizio che la portava a non accettare i piccoli difetti che lui aveva, come qualsiasi altro essere umano.
Senza dimenticare che, nonostante la codardia che l'aveva animato nel proporre a Ron un posto in tribuna d'onore per la finale mondiale di Quidditch, Draco era stato comunque capace di proteggere un bambino innocente da un essere terrificante, e l'aveva salvato rischiando la sua stessa vita!

Non un bambino qualunque, ma il figlio di Harry... l'uomo che lui aveva odiato fino a starci male.

Tutto ciò, non valeva come la più palese, sincera, pura e meravigliosa dimostrazione di pentimento?!
Sì.
Hermione aveva provato a spiegargli che lo amava, che avrebbe imparato ad accettarlo per l'uomo che era, ma... forse non era bastato.



Hermione prese a cercare freneticamente le forcine per i capelli sparse sulle lenzuola, ripensando ai baci irruenti che Draco le aveva dato prima di rifiutarla, e al suo silenzio emblematico: sembrava quasi che si stesse tenendo dentro qualcosa di doloroso, e che proprio lei ne fosse la causa.
L'avrebbe perso prima o poi, se non avesse dato un taglio a quella fissazione di volere accanto l'uomo perfetto, pieno di risorse, gentile, garbato, disponibile con tutti, votato alle giuste cause, coraggioso, spontaneo, senza passato...
Che poi, esisteva davvero un uomo così?
Forse sì, forse no. In ogni caso, non valeva neanche più la pena chiederselo, dato che quello di non farsi trovare a letto, probabilmente era stato un modo per farle capire che fra loro era finita, e che non voleva ritrovarla lì quando fosse tornato.
Dio.
Hermione si poggiò con entrambe le mani al materasso e prese a respirare pesantemente, colpita in pieno petto dalla consapevolezza di essere una cretina, di aver perso l'amore a causa di... d-di cosa?
Del suo essere divenuta troppo intransigente, troppo rompicoglioni, troppo tutto.
Draco l'aveva respinta, dannazione! Lei gli aveva offerto il suo corpo e lui non l'aveva voluto. Cosa c'è di più umiliante per una donna, oltre ciò?
Quando un uomo rifiuta il sesso, la relazione è giunta al capolinea.

Hermione non si accorse neanche di avere le lacrime agli occhi mentre, come un automa, riprendeva a frugare tra le coperte sfatte per scovare le forcine dei capelli perse durante la notte.
Voleva andarsene da villa Malfoy più in fretta possibile, senza lasciare traccia del suo passaggio, così da non farsi sorprendere con la faccia stravolta di pianto da quel bastardo di Lucius Malfoy che avrebbe goduto come un uomo appena avaso da Azkaban, nel sapere che il figlio si era liberato di lei una volta per tutte!

Recuperò una forcina, se l'appuntò dietro un orecchio e riprese a cercare, finché le sue dita trovarono qualcosa di inaspettato: un biglietto mezzo stropicciato che spuntava dalle lenzuola. Corrugò le sopracciglia e lo dispiegò con curiosità: era un messaggio inviato a Draco.
La calligrafia del mittente era inconfondibilmente quella di Ron.

"Un momento!" Pensò Hermione, attonita. "Ron??? Per quale assurdo motivo il suo migliore amico doveva scrivere a Draco Malfoy?"
Così, lesse al volo le poche righe piene di sbavature d'inchiostro:

Sono appena tornato da Hogwarts, Hagrid mi ha aiutato ad attraversare il lago per recuperare la bacchetta di sambuco! Ho già mandato un messaggio ad Harry. Vi aspetto ai Tiri Vispi, dobbiamo andare al Ministero per distruggere il quadro prima che faccia giorno e che i dipendenti comincino ad affollare i corridoi.
Mi raccomando, datti una mossa Malfoy!


Hermione rimase a bocca aperta per qualche secondo, sconvolta.
Poi, senza restare a riflettere ancora, schizzò fuori dalla camera come una pazza, immaginando il caos che sarebbe scoppiato se qualcosa all'Ufficio Misteri fosse andato storto come l'ultima volta.

Non c'era pace, per Hermione Granger. Mai.
Sembrava quasi un brutto sogno.

E qualsiasi angoscia che adesso sembra mortale, in confronto al perderti, non sembrerà uguale.

Hermione corse. Corse a perdifiato lungo i corridoi di villa Malfoy pregando Merlino di proteggere Draco.
E poi, pensò soltanto di raggiungere in fretta l'uscita, varcare i suoi confini e smaterializzarsi al Ministero nella speranza che non fosse troppo tardi...




Continua...


 

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Capitolo 27
*** Sir Malfoy quasi senza testa ***



Capitolo 27
-Sir Malfoy quasi-senza-testa-


 

Ore otto e cinque. Città di Londra, indirizzo non divulgabile per motivi di sicurezza.

Tutti quanti, nella comunità magica inglese, erano fermamente convinti che Kingsley Shacklebolt fosse un tipo un po' tonto, a causa di quel suo modo decisamente stravagante di vestirsi, delle sue idee rivoluzionarie, del suo essere "nero" in mezzo a maghi bianchi, e dell'orecchino sul lobo sinistro che faceva arricciare il naso ai più conservatori!
Ma in realtà, il Ministro della Magia era tutto, fuorché un imbecille.
Quella mattina si era svegliato nel letto del suo appartamento al centro di Londra con la certezza inattaccabile che nell'aria c'era qualcosa di strano. Quindi si era alzato, si era fatto una doccia rapida ed aveva indossato una tunica blu bordata di giallo, sospirando di nostalgia davanti al pettine appoggiato sul comodino e messo lì a prender polvere come qualsiasi altro inutile soprammobile.
Dopo aver infilato tre anelli d'oro -decisamente pacchiani- sulle dita della mano destra, Shacklebolt aveva fatto una colazione veloce, sempre più turbato a causa di quel presentimento opprimente, e si era fiondato nel camino in fretta e furia buttandoci una manciata di metropolvere, per raggiungere finalmente il Ministero ed esser pronto a qualsiasi evenienza.

C'era qualcosa... qualcosa che doveva esser risolto.

Il Ministro della Magia non sapeva esattamente cosa, ma c'era! Se lo sentiva.


 
***


Nono livello, Ufficio Misteri.

Durante il corso della vita, un uomo cambia volto molte volte: le gioie e i dolori lo plasmano, fino a renderlo un essere del tutto unico... a tratti cinico, arrogante, malinconico; oppure generoso, comprensivo, solare. Sempre nella misura in cui gli eventi lo travolgono! Ma su un punto non c'è mai discussione, un punto su cui tutti sono d'accordo:
C'è un tempo per ogni cosa.
C'è la spensieratezza, che è riservata all'infanzia; l'immaturità, che è tipica degli adolescenti; la presa di coscienza, che arriva durante la giovinezza; poi la saggezza, che sopraggiunge in età adulta; ed infine l'indulgenza, la pazienza, la rassegnazione... che sono destinate alla vecchiaia.
Draco Malfoy, in quel preciso momento della sua esistenza ad esempio, aveva capito che il tempo di essere codardo, il tempo di nascondersi dietro le sottane di qualcun altro, o di scappare quando una situazione si faceva più pericolosa del previsto, era finito.
E non se ne rammaricava.

Se ami, e lo fai con tutto te stesso... il coraggio lo tiri fuori, anche quando credi di non averlo.

Lì, nella penombra del nono livello, il giovane Malfoy stava aspettando di combattere contro uno dei mostri più spaventosi in assoluto, un mostro che aveva già dovuto affrontare in passato. E non si trattava propriamente dell'Obscurus (come verrebbe naturale pensare), ma consisteva piuttosto in un'agghiacciante, paralizzante paura di fallire.
Eh già... il grande incubo di Malfoy era la paura di fallire.
La stessa atroce paura che aveva avuto quando il Signore Oscuro gli aveva ordinato di assassinare Albus Silente.

La paura è l’emozione più difficile da gestire. Il dolore si piange, la rabbia si urla, ma la paura si aggrappa silenziosamente al cuore.

Non era la prima volta che Draco penetrava nell'Ufficio Misteri, proprio lì dov'erano conservati gelosamente tutti i più grandi segreti dell'umanità, ma in quel momento la consapevolezza che qualcosa di definitivo vi sarebbe successo, lo faceva tremare visibilmente. Così, sperando di non essere il solo ad avere una fifa bestiale, scrutò di nascosto i movimenti di Harry Potter, e si ritrovò a maledire mentalmente il perfetto aplomb che egli aveva: quell'impassibilità da uomo che non teme (per dire) neanche la signora di nero vestita!
A Draco salì un'irritazione indescrivibile, e senza riuscire a farne a meno, gettò un'occhiata pure a Weasley...
Un secondo dopo sospirò frustrato, notando che Ron, con la sua aria da eterno imbecille, non faceva altro che guardarsi attorno meravigliato, come se si trovasse semplicemente fra gli scaffali stracolmi di Mielandia.
Cosa diavolo c'era di così stupefacente in quell'ufficio dall'aria tanto spettrale, Cristo santo? Pensò Draco, innervosito. Era solo un'immensa stanza di pietra piena di alambicchi, tomi di magia avanzata, enciclopedie sull'occulto, specchi che non riflettevano, oggetti dal moto perpetuo, orologi che scandivano le ore che mancavano all'ipotetica fine del mondo, sfere di cristallo che prevedevano il futuro, raccapriccianti creature aliene chiuse dentro barattoli colmi -presumibilmente- di formaldeide, fotografie magiche e babbane che ritraevano misteriosi esseri viventi che vagavano per le foreste di tutto il mondo, bolle all'interno delle quali uccellini colorati nascevano, crescevano, morivano, e riemergevano dalle proprie uova ricominciando il ciclo vitale ad una velocità incredibile.
Insomma, niente di così sconvolgente... almeno per lui, che era abituato da anni a maneggiare oggetti maledetti e manufatti oscuri!!!

I loro passi lenti intanto riecheggiavano come schiantesimi dentro quella sala misteriosa, i respiri si condensavano in nuvolette a causa della bassa temperatura, e perfino i palpiti accelerati del cuore sembravano rimbombare con violenza.
Draco si accorse di avere la schiena completamente sudata di un sudore gelido, mentre le dita strette intorno alla bacchetta gli erano diventate gialle per la mancanza di circolazione.

Non devo avere paura. La paura uccide la mente. La paura è la piccola morte che porta con sé l’annullamento totale. Guarderò in faccia la mia paura! Permetterò che mi calpesti e mi attraversi. E quando sarà passata, aprirò il mio occhio interiore e ne scruterò il percorso. Là dove andrà la paura non ci sarà più nulla. Soltanto io ci sarò.

Anche se con emozioni molto diverse ad animarli, ognuno di loro si impegnò comunque a controllare con minuzia ogni angolo buio, ogni parete, ogni ripiano dell'Ufficio Misteri alla ricerca del quadro di Grindelwald. Sapevano per certo che la tela era stata spostata per motivi di sicurezza dopo l'incursione devastante di Draco avvenuta giorni prima, e la conferma l'avevano avuta proprio scoprendo vuota la sala che la ospitava in origine.
Purtroppo, non trovarono nulla per molto tempo. Così, aprirono con cautela un'altra porta, poi un'altra ancora, e un'altra ancora, fino a giungere in un ambiente se possibile ancora più lugubre dei precedenti, e dove Harry si fermò, come paralizzato, facendo cenno agli altri due di non muoversi.
Dopo alcuni secondi di inspiegabile shock, egli si voltò e disse, in tono piuttosto traumatizzato:
"Il quadro qui non c'è. Possiamo tornare indietro."

Draco aggrottò le sopracciglia e reagì d'impulso, replicando un po' innervosito: "Ehi, non abbiamo mica controllato! Come diavolo fai a dire che il quadr..."

"MALFOY! Ho detto che non c'è. Basta così!" Harry chiuse rumorosamente la porta e riprese il cammino verso un'altra direzione, senza neanche guardare se gli altri due lo stessero seguendo.
Il giovane e pallido biondo rimase spiazzato, o più che altro stizzito, ma... nello stesso tempo, si accorse pure che Potter era visibilmente stravolto. Perché mai?! Non era da lui avere reazioni simili! Che succedeva?! C'era forse una motivazione valida dietro quel comportamento?
Così, preso da un bizzarro moto di pietà, per una volta Draco decise di non attaccare briga; preferì piuttosto rivolgersi a Weasley, per ottenere almeno qualche chiarimento:
"Che gli è preso?!" Lo chiese sottovoce, con aria tutta confusa, e Ron gli rispose subito, afflitto:
"Il velo..." Poi, sussurrando aggiunse: "Quella era la stanza della morte, Malfoy! E' lì che il suo padrino è stato ucciso. Harry ne soffre ancora molto."

Rimasero qualche attimo in silenzio, prima che Ron terminasse la sua spiegazione in tono mesto: "Tutti ne soffriamo, in realtà. Anche Hermione."

Draco ammutolì, colto da una consapevolezza agghiacciante. D'improvviso infatti, ebbe chiara nella mente TUTTA la reale portata del male fatto da lui e da quelli come lui. Gli crollò addosso come una montagna che si sgretola e rotola a valle schiacciando tutto ciò che incontra sul suo cammino.
Sì, Draco Malfoy si rese finalmente conto di QUANTO devastante era stato il dolore che avevano procurato i mangiamorte con le loro azioni superficiali e spesso inutili!
Boccheggiò quasi, con le spalle rese pesanti da questa nuova percezione dei fatti, e di colpo, senza neanche volerlo, ricordò una scena grottesca avvenuta ben tredici anni prima... la scena in cui sua zia Bellatrix tornava al manor saltellando a destra e manca per la felicità di aver ammazzato Sirius Black.
Dio... che follia.
Draco rabbrividì. Non tanto per l'orrore e l'evidente squilibrio mentale di quella donna, ma più che altro per la leggerezza con cui lui stesso, all'epoca dei fatti, aveva reagito alla notizia: senza alcuna pena per la morte di un uomo innocente, senza alcun briciolo di compassione... come se Sirius Black fosse stato un numero, un nome da depennare dalla lista dei nemici.
Uno in meno.
E la sola idea che Hermione ci aveva sofferto, mentre lui ne aveva gongolato, lo fece incazzare come una bestia.
Che imbecille che era stato, per Dio!

Draco strinse i denti e riprese a camminare per l'Ufficio Misteri senza più dire uno straccio di parola, ma raggiungendo Harry in poche falcate seguito a ruota da Ron.
Ron che, da parte sua, non sapendo nulla dei ragionamenti fatti dal ragazzo, alla sua reazione bizzarra aveva sollevato perplesso un sopracciglio... chiedendosi QUANTO Malfoy potesse essere veramente fuori di testa, da uno a dieci.
Forse undici.


***


Wiltshire, Inghilterra.

Lo scricchiolio di un uovo che veniva rotto contro una ciotola di legno, spezzò il silenzio della grande cucina di villa Malfoy, invasa dai caldi raggi di quella spendida mattinata di fine inverno.
Con una mossa abile, Toby fece colare via l'albume, mentre il tuorlo rimase perfettamente intatto dentro il mezzo guscio rotto.
"Signorina Hermione si leccherà baffi!" Andava ripetendo l'elfo di casa da almeno un quarto d'ora.
Dall'altra parte del tavolo un coltello incantato tagliava la zucca a cubetti, una tortiera veniva imburrata, ed uno strofinaccio manteneva ordine e pulizia.
"Signorina Hermione si leccherà baffi!"
Il piccolo elfo rovesciò l'ultimo tuorlo nella ciotola e gettò i gusci nel cestino della spazzatura, poi, sovrappensiero, fece il gesto di pulirsi le mani addosso, ma... si fermò appena in tempo, ripensando all'ultima volta in cui la signora Narcissa l'aveva sorpreso a strofinarsi le dita sporche sulla tunichetta tutta stropicciata: il gelo. Praticamente Milady l'aveva guardato come solo un Basilisco poteva guardare le sue vittime...
Meglio non rischiare più! Così, a passetti piccoli e frettolosi, Toby corse verso il lavandino, si lavò le mani sotto il getto dell'acqua fredda, e tutto allegro tornò a ripetere:
"Signorina Hermione si leccherà baffi! Signorina Hermione si leccerà baf..." All'ennesima esclamazione però, l'elfo si interruppe, grattandosi una tempia meditabondo:
"Un momento! Signorina Hermione NON ha baffi!"
Allora scrollò il capo più volte dandosi dello scemo, e mentre pesava 100 grammi di zucchero per la sua torta di zucca, cambiò mantra:
"Signorina Hermione si leccherà labbra! Sì, signorina Hermione si leccherà labbra!"
E prese a sbattere forte gli ingredienti con una frusta, convinto che la sua pumpkin pie, quel giorno, avrebbe avuto un successo pazzesco.


 
***
 

Nono livello, Ufficio Misteri.

Dopo tanto cercare, nessuno dei tre sapeva se erano giunti finalmente nella stanza giusta, ma ciò che ognuno di loro aveva silenziosamente notato nello stesso momento, era che l'atmosfera si era improvvisamente fatta cupa, e l'aria era diventata via via sempre più pesante, come se essa stessa fosse consapevole che qualcosa di grosso stava per succedere... Oppure chissà, magari era semplicemente una reazione misteriosa dell'ambiente, che si stava naturalmente adattando alle emozioni delle persone che lo occupavano!
In ogni caso, i giovani uomini erano divenuti più circospetti, ma anche più ansiosi, consapevoli che il tempo stringeva, e che l'orario in cui i dipendenti del Ministero attaccavano il turno giornaliero, era pericolosamente vicino.
Dovevano fare in fretta.
Così, schiusero l'ultima porta, che si aprì cigolando, ed entrarono a bacchette sguainate in una stanza completamente buia. Illuminarono subito il locale con tre Lumos, e si guardarono attorno: su un piccolo tavolo, c'era una sorta di grammofono che mandava un brusio constante, dal quale ogni tanto provenivano sospiri spettrali e voci terrificanti; poco distante invece, vi era un manoscritto antichissimo sulla cui prima pagina spiccava a grandi caratteri "Necronomicon", e poi... catini dentro i quali danzavano affascinanti fuochi fatui, una serie infinita di ampolline piene di pozioni puzzolenti, mummie rinsecchite, mappe nautiche per raggiungere Atlantide, messaggi in codice, pentacoli, talismani, un calice tempestato di pietre preziose, una corona di spine con del sangue secco incrostato, un grande vaso all'apparenza innocuo, un pesante martello di chiara fattura nordica, e infine...
Una spada tutta arrugginita conficcata per metà dentro una roccia.

"Ehi!" Quasi gridò Ron, spezzando il silenzio cupo nel quale erano avvolti. "ESISTE!" Aggiunse, tutto euforico. "Esiste davvero! Esite davvero, miseriaccia!"
Ripetè più volte ad alta voce, terribilmente emozionato, lasciando che Draco lo fulminasse con lo sguardo, e che il suo migliore amico gli rifilasse uno scappellotto dietro la testa sussurrandgli inviperito: "Parla a bassa voce, stupido!"

Infischiandosene dei rimproveri, Ron rimase imbambolato con gli occhi luccicanti a guardare la spada più famosa del mondo, ancora totalmente incredulo... tutto ciò mentre nella sua testa Avalon prendeva vita, così come Artù e le sue gesta, il regno che costruì con le sue sole forze, la tavola rotonda, Camelot, e perfino il cavaliere che rubò l'amore di Ginevra.

"WEASLEY! Dobbiamo sbrigarci, cazzo! Sono già le otto e dieci, tra meno di un'ora il Ministero aprirà i battenti. Desideri così tanto farti sorprendere a rovistare illegalmente negli affari segreti del nono livello? Io non voglio essere sbattuto un'altra volta ad Azkaban per colpa tua, sappilo!"
Draco si incazzò sul serio, stentando a mantenere basso il tono di voce, poi prese Ron per la manica del maglione e se lo trascinò dietro senza alcun garbo; tutto mentre Harry (indifferente al siparietto degli altri due), illuminava le pareti delle stanza alla ricerca del quadro maledetto.


 
***
 

Grande atrio del Ministero della Magia.

"Buongiorno Stephen!"

"Buongiorno a lei signor Ministro! Come mai è arrivato così presto stamane?!" Esclamò il portinaio, che era già al lavoro da un'oretta.

Kingsley Shacklebolt si era appoggiato con i gomiti al bancone della reception stampandosi un sorriso allegro sulla faccia, nonostante quello strano presagio di sciagura che ancora non l'abbandonava: "Mi sono svegliato insolitamente di buon'ora, Stephen! E siccome avevo molto lavoro da fare, ho pensato bene di venire prima!"

Era una frottola bella e buona, ma Kingsley non poteva certo ammettere di essersi recato di corsa in ufficio per un semplice presentimento del cazzo!

"Comunque... è già arrivato qualcun altro o sono il primo?!" Aggiunse ridendo.

Il portinaio sorrise di rimando e negò con il capo, prima di rispondere: "In realtà no, non è il primo! Più di mezz'ora fa è passato qui in accettazione il signor Potter, con due ospiti al seguito."

Shacklebolt aggrottò le sopracciglia, fiutando subito l'anomalia: "Ah sì!? E di chi si trattava?" Chiese allora, fingendo di essere semplicemente curioso.

"Di Ronald Weasley, signor Ministro! E di un altro uomo che non credo di aver riconosciuto. Era alto, molto magro... molto pallido e... decisamente molto biondo. Sì."

LO SAPEVA!!!
Kingsley Shacklebolt lo sapeva che quella mattina sarebbe successo qualcosa di strano! Quando mai si era sbagliato in vita sua?!
Ovviamente non aveva il minimo dubbio sull'identità dell'uomo alto, magro e biondo descritto dal portiere! Quindi la domanda che passò spontanea per la sua testa fu solo questa:
Che cazzo ci faceva Draco Malfoy lì, prima dell'apertura al pubblico?
Non era così ingenuo da credere che Harry Potter fosse entrato al Ministero fuori orario portandosi dietro Weasley e Malfoy solo per fargli fare un giretto turistico dell'ufficio per l'uso improprio dei manufatti babbani, o magari per mostrargli la collezione di figurine delle cioccorane appiccicata alla parete del dipartimento catastrofi e incidenti magici!
Dannazione. Quei tre, INSIEME, solo una cosa potevano cercare dentro il Ministero della Magia inglese...

"IMBECILLI!"
Tuonò allora di colpo, facendo sobbalzare perfino Stephen che incurvò le spalle, convinto che l'omone ce l'avesse con lui. Il ragazzo infatti aveva abbassato il capo, pronto ad esser rimproverato per non aver registrato la bacchetta dell'ignoto uomo biondo, come il suo ruolo di portiere e vigilante richiedeva.

"RAZZA DI IDIOTI CHE NON SIETE ALTRO! MA E' MAI POSSIBILE CHE QUANDO I GUAI NON CI SONO, VE LI ANDATE A CERCARE CON IL LUMOS?!?!" Continuava a sbraitare il Ministro, ruotando gli occhi verso il soffitto.

Il portiere intanto era divenuto di una sfumatura di rosso tendente al fragola...

In quel mentre, tre uomini ben piazzati sopraggiunsero nell'Atrio: stavano chiacchierando fra di loro con un caffè in mano, nell'attesa che iniziasse il turno delle nove.

"Voi siete Auror, vero?" Esclamò subito Shacklebolt, notandoli.
Questi zittirono all'istante.
"Sì!" Risposero dopo tre secondi in coro, con voce ferma e squillante.

"Bene. Venite con me, SUBITO!" Gli ordinò in tono piuttosto sbrigativo e nervoso. Poi, Shacklebolt si voltò verso il corridoio che portava agli ascensori, e sollevando la tunica sopra le caviglie per non averla d'intralcio, vi si diresse a passo di marcia, continuando ad imprecare come un sanguinario berretto rosso del Nord Europa...
Tutto ciò mentre Stephen il vigilante sospirava di sollievo, per aver finalmente capito che la furia cieca del Ministro della Magia non era affatto causata da lui e dalla sua disattenzione.


 
***


Nono livello, Ufficio Misteri.

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Vuoto.
Il quadro di Gellert Grindelwald era vuoto. Il bambino maledetto non c'era. A far compagnia alla bambolina vestita d'azzurro, c'erano solo quelle mani spettrali che si poggiavano sulla finestra dipinta, e che sembravano battere i palmi sui vetri nel tentativo di scappare, o chiedere silenziosamente aiuto.
Faceva così freddo in quella grande sala del nono livello, che i respiri si condensavano in piccole nuvolette di fumo; il silenzio era tombale, e i Lumos dei tre maghi creavano ombre sinistre che danzavano, si allungavano, sparivano, diventavano gigantesche... e facevano letteralmente spavento.

"Harry..."
Sussurrò Ron, più piano che potè: "Questo posto mi mette i brividi. Non mi piace. Non mi piace per niente, cavolo."
Il suo bisbigliare era semi-isterico.

"Non preoccuparti amico. Ricordati che abbiamo la bacchetta di sambuco con noi!" Cercò di tranquillizzarlo l'Auror sullo stesso tono di voce, appena percepibile.

Draco invece provò una soddisfazione straripante nel constatare che, finalmente, non era l'unico!!!
Non era l'unico ad avere una strizza mostruosa. Un terrore genuino che, più e più volte da quando erano penetrati nell'Ufficio misteri, aveva rischiato di farlo pisciare addosso come un poppante.
Fino a cinque minuti prima infatti, il giovane Malfoy aveva avuto il dubbio che solo a lui tremassero le ginocchia, che solo a lui l'ansia avesse appesantito il respiro, che solo a lui la camicia si fosse appiccicata alla schiena, o che la mascella si fosse contratta facendo stridere i denti fra loro. E invece no... anche i supereroi del mondo magico erano in grado di provare paura.
Cazzo, che soddisfazione!
Pure Harry Potter e Ronald Weasley erano perfettamente umani e pieni di debolezze! Altro che temerarietà, audacia, sangue freddo e sprezzo per il pericolo!
Anche loro avevano dentro di sé un pizzico di Draco Malfoy...

TUTTI, in realtà, hanno dentro di sé un pizzico di Draco Malfoy. Solo che c'è chi sa nasconderlo meglio: è questo il trucchetto per apparire invincibili.

Dopo essersi guardati attorno per qualche momento, i tre uomini mal assortiti spensero le bacchette e si nascosero dietro un tavolo, nella prospettiva che l'Obscurus -prima o poi- rientrasse nel quadro.

Così rimasero al buio, nel silenzio più assoluto...
E non fu affatto facile restare immobili ad aspettare, sapendo di avere i minuti contati prima di farsi beccare dagli Indicibili.
Come ne sarebbero usciti, in tal caso? L'ultima volta che Malfoy era stato sorpreso, l'avevano spedito direttamente ad Azkaban!

Ognuno, nella propria solitudine, immaginò quindi gli scenari più inverosimili, a tratti perfino tragicomici: come Ron ad esempio, che ipotizzò di esser sbattuto fuori di casa da un'indignatissima ed urlante mamma Molly, stufa di campare un figlio degenere ed ora perfino galeotto, costringendolo (tragedia delle tragedie) a prendersi un dannato appartamento in affitto sopra i Tiri Vispi Weasley ed imparare a cucinare da solo...
Cucinare da solo. Come una femmina.
Ma neanche sotto Imperius, per Merlino!

Oppure Harry, che immaginò di esser sollevato dal suo amato incarico di Auror, costretto agli arresti domiciliari e poi ai lavori socialmente utili, che nel mondo magico consistevano nel disinfestare le case dalle uova di Doxy, aiutare gli Snasi a guarire dalla cleptomania, e recuperare puffole pigmee impaurite sui rami degli alberi... senza contare che in tutto ciò avrebbe pure dovuto sopportare, per tutti i giorni che gli sarebbero rimasti da vivere, il rancore velenoso di Ginny ed i suoi: "Guarda come ti sei ridotto!" ripetuti come il tic tac inevitabile di un orologio.

Certo però... il timore di dover imparare ad infornare l'arrosto con le patate, o l'orrore di ridursi ad un mentecatto schiavo di sua moglie e senza più una carriera, erano un mare di bazzecole, in confronto a quel che stava invece pensando Malfoy!
Draco, poverino, era sicuro sarebbe finito davvero in tribunale stavolta, sottoposto ad un brevissimo processo di facciata, e poi giustiziato in piazza, a Diagon Alley, senza troppi indugi, davanti ad una folla di maghi e streghe che lanciavano ortaggi e frutta marcia; il tutto mentre il boia (sfiga delle sfighe) imprecava come uno scaricatore di porto per non esser riuscito a mozzargli per bene la testa al primo colpo, rendendolo così una specie di Sir Nicholas de Mimsy-Porpington (altrimenti detto Nick quasi-senza-testa) dei tempi moderni!

In definitiva... si stavano cagando sotto tutti e tre.
Ma la voglia di mettere un punto a quella brutta faccenda diede ad ognuno, anche se in modo diverso e soprattutto per MOTIVI diversi, la forza di affrontare il pericolo.

Il coraggio non è l'assenza di paura, ma la consapevolezza che qualcosa è più importante della paura.

Tra scenari ridicoli di Puffole Pigmee da salvare, Snasi da reinserire in società, madri furiose, appartamenti in affitto, arrosti bruciati, e tornei di cavalieri senza testa ai quali non poter partecipare per un pezzetto di pelle ancora attaccato al collo, trascorse un minuto buono.

L'attesa fu irreale.
Il silenzio, assoluto.

Poi, si sentì Harry rilasciare un paio di sospiri pesanti.

Dopo due minuti, il fruscio dei vestiti di Ron, che non riusciva più a stare fermo.

Tre minuti: le dita lunghe e delicate di Draco che tamburellavano su qualche superficie dura.

Quattro minuti: partì nuovamente quella specie di brusio spettrale dal grammofono poco lontano da loro.

Cinque minuti: lo stomaco di qualcuno dei tre brontolò per la fame.

Sei minuti...

"Che diavolo vuoi, Malfoy?!" Bisbigliò Ron, che si era sentito improvvisamente bussare su una spalla.

"Io? Ma che cazzo stai dicendo!?" Gli rispose Draco a bassa voce, un tantino irritato.

"Mi hai toccato la spalla. Non fare il finto tonto! Volevi mettermi paura? Guarda che non sei divertente!"

"Cooosa??? Tu sei fuori di testa, Weasley."

Ron allora cominciò ad avere i primi dubbi, e si rivolse al cognato, sussurrandogli tutto impensierito: "Harry, sei stato tu?!"

"Certo che no." Gli rispose egli, serio.

Certo che no.

Se non fosse stato clinicamente impossibile che il sangue di un essere umano gelasse nelle vene, i tre uomini lo avrebbero affermato senza alcuna ombra di dubbio! Perché il terrore che li invase fu così intenso che li lasciò impietriti per diversi secondi, senza poter muovere un solo muscolo.
Poi, Ron iniziò a frignare, nel solito modo che ormai tutti conoscevano:
"Miseriaccia... chi diavolo è stato allora?"

Con un colpo di bacchetta, senza perder tempo, Harry decise di accendere le luci: aveva capito che non c'era più alcun bisogno di nascondersi. L'attesa era terminata...

Un bimbetto biondo infatti, era accovacciato lì vicino, con l'espressione ambigua, lo sguardo fisso su di loro, e un'aura tetra a circondarlo.
Ci fu un attimo di immobilità generale dove il tempo parve letteralmente congelarsi su quella scena orripilante, poi... il piccolo demone scattò in avanti, il suo volto si trasfigurò in una maschera demoniaca, un ghigno mostruoso apparve sul suo volto ed un urlo strozzato gli uscì dalla gola.
Fu un attimo, e si avventò su Draco. Senza dargli il tempo materiale di reagire. Solo di sgranare gli occhi azzurri in un moto di terrore puro.

"PROTEGOOO!" Gridò l'Auror veloce come un fulmine, ed uno scudo immateriale ma luminescente apparve a pochi centimetri da Malfoy.
Appena in tempo.
Harry Potter aveva fermato il bambino maledetto per un soffio, scoprendo con sollievo che la bacchetta di sambuco era perfettamente in grado di contrastarlo.

Poi però, successero troppe cose per essere raccontate minuziosamente.
Fu solo il caos.
Tavoli ribaltati, oggetti fracassati sul pavimento di pietra, liquidi puzzolenti che colavano dagli scaffali traballanti, libri bruciacchiati a causa di incantesimi che avevano mancato il bersaglio, e rumori sinistri provenienti da strani marchingegni impazziti.
Un vortice violento iniziò a sprigionarsi dal quadro, una forza che prese a risucchiare tutto ciò che aveva vicino.
Il portale che conduceva allo spazio oscuro oltre la tela si era aperto, ed il piccolo demone guardiano se la rideva, osservando i giovani uomini in evidente difficoltà.

Egli era velocissimo... Harry non riusciva a prenderlo neppure con la bacchetta di sambuco.
Ogni incantesimo, ogni fattura, ogni maledizione in normalità mortale che provarono a lanciare pure gli altri due uomini, non lo intaccò, anzi... l'ultimo Cruciatus che Weasley gli urlò contro, provocò soltanto la caduta rovinosa di uno scaffale pieno di profezie. E mentre queste si spaccavano tutte insieme in un brusio sempre più intenso di voci cantilenanti, Ron si sbilanciò nel tentativo di schivarle, e si ritrovò direttamente sotto il vortice del quadro maledetto.

"MERDA!"
Gridò, terrorizzato.
Provò a tenersi ad un tavolo, cadde a terra, si puntellò con i piedi, provò con un debole Arresto Momentum, si aggrappò con le mani al pavimento di pietra, si fece uscire il sangue dalle dita, si ruppe le unghie... tutto, pur di non essere risucchiato. Non funzionò niente. Ron vide il quadro farsi sempre più vicino e quella forza misteriosa tirarlo forte. Immaginò di perdersi in quel mondo oscuro aldilà della tela, con la sola compagnia di qualche spettro solitario... e diventare pazzo, perdere la memoria, la gioia di vivere.

"STUPEFICIUM!"
Urlò Malfoy con quanto fiato aveva in gola, e Weasley venne scaraventato dall'altra parte della sala, uscendo finalmente dal turbine aspirante del quadro, tutto ciò mentre Draco correva a nascondersi da qualche altra parte, per evitare la furia del demone.

Ron era salvo.
Fu in quel momento, mentre riprendeva fiato dopo il colpo violento dello schiantesimo, che se ne rese davvero conto:
Draco Malfoy lo aveva salvato.

"Dannazione..." Mormorò allora, mentre si rialzava a fatica. Avrebbe dovuto ringraziarlo, per la barba di Merlino! Se fosse finita quella giornata di merda, avrebbe dovuto dirgli GRAZIE un'altra volta ancora, dopo la faccenda di suo nipote James.
Che palle!
Ebbe un moto di esasperazione, poi però ragionò un secondo e venne a patti con l'idea che, tutto sommato, beh... in fondo... ma sì, d'altra parte...

Doveva essere mille volte meglio imparare a cucinare, piuttosto che piegarsi a ringraziare Malfoy, cazzo!
La prospettiva di essere sbattuto fuori dalla Tana e di doversi arrangiare da solo con la spesa, i panni sporchi e le pulizie, non fu più così apocalittica al confronto di leccare il culo a Draco Malfoy come un elfo domestico.

Un boato enorme però, lo fece sobbalzare di colpo.
La stanza intera tremò come una creatura viva.
Ron sollevò lo sguardo, paralizzato dalla paura: Harry era di fronte al quadro con la bacchetta di sambuco tesa dinanzi a sé. Era riuscito a fermare il turbine.
Il portale si era richiuso.

Con uno scatto che nulla aveva di umano, il bambino maledetto corse a mettersi davanti alla tela, come a volerla proteggere dal pericolo, ed un guizzo impaurito passò rapido nei suoi occhietti azzurri, prima di assumere di nuovo la sua solita espressione strafottente. Fu un lampo breve, velocissimo, ma che non passò inosservato ad Harry Potter, troppo allenato a catturare ogni dettaglio nei movimenti dei suoi nemici per non accorgersi pure di quello.
L'Obscurus aveva paura della bacchetta di sambuco. Ma soprattutto, aveva paura che, con quell'arma in mano, l'Auror si avvicinasse pericolosamente al suo quadro.

Harry allora capì...
Doveva distruggere la tela, per distruggere l'Obscurus.
Così, finse di non essersi accorto di nulla e ricominciò a combattere... aspettando che il suo nemico si distraesse.

E furono di nuovo esplosioni, boati, grida di allarme, fatture scagliate ora contro un muro, ora sfiorando un lampadario, ma senza mai davvero colpire il bersaglio.
Draco si nascose dietro uno dei pochi scaffali ancora rimasti in piedi, scivolando a terra stremato dalla fatica. Teneva la sua bacchetta spasmodicamente stretta nelle dita della mano destra, ed aveva il fiato corto.

Quanto tempo era passato da quel giorno lontano in cui si era appostato nelle brughiere scozzesi per affrontare l'Obscurus da solo?!?!
DA SOLO, per Dio. Che idiota.
Come se fosse un gioco da ragazzi sconfiggere quella creatura! Ma che cosa gli aveva detto la testa? Senza contare di essere scappato a gambe levate non appena aveva visto un branco di berretti rossi corrergli incontro.
In ogni caso... sembrava fosse trascorsa un'eternità, da allora.

"HARRY, ATTENTOOO!"
Il grido disumano di Ronald Weasley riscosse Draco dai suoi pensieri.
Si sporse a guardare cosa succedeva, e vide una sedia volare per tutta la stanza ad una velocità incredibile diretta verso Potter, che si voltò appena in tempo per fermarla.
Intanto, l'orologio al polso di Draco segnava le nove.
Erano fottuti.
"Cazzo..." Mormorò, arrendendosi all'evidenza di dover finire di nuovo ad Azkaban, forse per sempre, stavolta.
Ma non gli importava. Per la prima volta in vita sua, non aveva paura di essere sbattuto in galera. Non gli importava più nulla... lui lo stava facendo solo per Hermione, per saperla al sicuro.

Con le ali dell’amore ho volato oltre le mura, perché non si possono mettere limiti all’amore... e ciò che amor vuole, amore osa.

Uscì dal nascondiglio con rinnovata grinta e si ributtò nel combattimento, aiutando Potter e Weasley a fermare il bambino maledetto... o almeno a provarci.



 
***
 

Centro di Londra.

Nel mondo babbano, così caro ad Hermione Granger, si diceva che il valore delle cose, o delle persone che abbiamo accanto, lo capiamo solo quando le perdiamo.

Una stella non significa niente, fino a quando non ce la portano via. È triste, ma è così, ci è difficile valorizzare ogni piccola cosa e ogni presenza. Non diamo valore alle cose quotidiane e, dato che siamo sicuri di averle, le diamo per scontate.

Hermione si era già accorta, in realtà, che Draco Malfoy era diventato importante per lei; il problema però, era che non aveva ancora capito che lui le fosse divenuto proprio, e del tutto, INDISPENSABILE.
E tra la parola importante e la parola indispensabile, beh... c'era una bella differenza! E lei questa differenza la stava percependo solo adesso, mentre correva come una furia sul marciapiede pieno di gente... mentre si infilava in una tipica cabina rossa del telefono pubblico (aveva optato per l'entrata dei visitatori nella speranza che a quell'ora non fosse affollato come tutti gli altri accessi dei dipendenti)... mentre digitava sulla tastiera il numero 62442... mentre scendeva sottoterra, e infine mentre l'Atrium si apriva davanti ai suoi occhi.
Hermione, per la preoccupazione, aveva perfino dimenticato il ritardo con cui si stava recando al Ministero.
Cioè... Lei!
Proprio lei (che normalmente entrava in ufficio perfino prima dell'addetto alle pulizie), proprio lei se ne stava fregando di fare tardi al lavoro!
Proprio lei, che un minuto di ritardo equivaleva (per senso del dovere) a restare almeno mezz'ora in più dopo la fine del turno.
Proprio lei, che se si imbatteva in un Molliccio, quello si trasformava subito in un orologio che segnava le nove del mattino.

Che se ne andasse tutto a farsi fottere!

Draco era più importante di qualsiasi altra cosa. Talmente importante che, appena letto il biglietto buttato sul letto, il pensiero era corso subito a lui (e solo dopo un tempo considerevolmente lungo, pure ad Harry e Ron).
La sola idea che le sbarre di Azkaban potessero di nuovo chiuderglisi in faccia, o peggio: che potesse succedergli qualcosa di brutto a causa dell'Obscurus, le fece tremare le ginocchia come due budini.

Per il dolore e l'apprensione, Hermione ebbe un piccolo mancamento, e rischiò di cadere ai piedi della grande fontana dei magici fratelli posta al centro dell'Atrium. Barcollò solo un attimo però, dopo infatti, riprese a correre più veloce di prima verso gli ascensori che l'avrebbero portata al nono livello, dritta dritta da lui...


 
***



Ufficio Misteri.

In quello stesso momento, giù all'Ufficio Misteri, una luce accecante stava riempiendo l'intera sala semi-distrutta dallo scontro: un incantesimo estremamente potente si era sprigionato dalla bacchetta che Harry Potter stringeva fra le dita nervose. Un incantesimo antico, che pochi erano in grado di produrre.
Il bambino maledetto era parso indietreggiare a quel bagliore splendente, sopraffatto dalla magia, poi però era riuscito piano piano a recuperare terreno, ad avanzare (anche se con fatica), a contrastare il fascio di luce e a spingersi sempre più vicino al suo avversario, facendogli stringere gli occhi per l'immane sforzo.

Ron, che durante un corpo a corpo di qualche minuto prima aveva perso la bacchetta, era rimasto inerme a guardare lo scontro; Draco invece aveva provato a lanciare qualche fattura ma, senza troppo stupore, aveva compreso che la sua comunissima bacchetta di biancospino non poteva nulla contro la forza devastante del demone.

E non poterono fare niente quando il bambino maledetto riuscì a controllare l'incantesimo di Harry, e poi quando riuscì a sovrastarlo, ad afferrarlo per il colletto del maglione e scaraventarlo a terra fino a fargli perdere i sensi.

Non poterono muovere un solo muscolo.
In fondo, se non c'era riuscito Potter con la bacchetta di sambuco in mano, loro erano spacciati.
Fine della storia.

Una risata infantile e perversa riempì la sala. Quel ragazzino biondo così simile al piccolo Grindelwald si allontanò da Harry tutto soddisfatto, e guardò Malfoy negli occhi, fissandolo intensamente:
"Tocca a te ora, sporco traditore del tuo sangue!"





Continua...





Ci sono davvero poche cose da dire, in un momento come questo, ma... la colonna di automezzi militari nel silenzio di una città impotente, rimarrà nella mia mente fino all'ultimo respiro che avrò.
Non credo ci sia bisogno di aggiungere altro. Solo lacrime.

Per Bergamo.
Per la Lombardia.
Per il Veneto, le Marche, l'Emilia Romagna e per tutta la nostra Italia inginocchiata dal dolore:

"Non esiste notte tanto lunga da impedire al sole di risorgere."


In bocca al lupo a tutti





-La paura è l’emozione più difficile da gestire. Il dolore si piange, la rabbia si urla, ma la paura si aggrappa silenziosamente al cuore. (Gregory David Roberts)
-Non devo avere paura. La paura uccide la mente. La paura è la piccola morte che porta con sé l’annullamento totale. Guarderò in faccia la mia paura! Permetterò che mi calpesti e mi attraversi. E quando sarà passata, aprirò il mio occhio interiore e ne scruterò il percorso. Là dove andrà la paura non ci sarà più nulla. Soltanto io ci sarò. (Dal film Dune)
-Il coraggio non è l'assenza di paura, ma la consapevolezza che qualcosa è più importante della paura. (Dal film pretty princess)
-Con le ali dell’amore ho volato oltre le mura, perché non si possono mettere limiti all’amore... e ciò che amor vuole, amore osa. (Romeo e Giulietta)
-Una stella non significa niente, fino a quando non ce la portano via. È triste, ma è così, ci è difficile valorizzare ogni piccola cosa e ogni presenza. Non diamo valore alle cose quotidiane e, dato che siamo sicuri di averle, le diamo per scontate. (Dal sito: lamenteemeravigliosa.it)

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Capitolo 28
*** Re Artù e le sue folle deliranti ***



Giù all'Ufficio Misteri, una luce accecante stava riempiendo l'intera sala semi-distrutta dallo scontro: un incantesimo estremamente potente si era sprigionato dalla bacchetta che Harry Potter stringeva fra le dita nervose. Un incantesimo antico, che pochi erano in grado di produrre.
Il bambino maledetto era parso indietreggiare a quel bagliore splendente, sopraffatto dalla magia, poi però era riuscito piano piano a recuperare terreno, ad avanzare (anche se con fatica), a contrastare il fascio di luce e a spingersi sempre più vicino al suo avversario, facendogli stringere gli occhi per l'immane sforzo.
Ron, che durante un corpo a corpo di qualche minuto prima aveva perso la bacchetta, era rimasto inerme a guardare lo scontro; Draco invece aveva provato a lanciare qualche fattura ma, senza troppo stupore, aveva compreso che la sua comunissima bacchetta di biancospino non poteva nulla contro la forza devastante del demone.
E non poterono fare niente quando il bambino maledetto riuscì a controllare l'incantesimo di Harry, e poi quando riuscì a sovrastarlo, ad afferrarlo per il colletto del maglione e scaraventarlo a terra fino a fargli perdere i sensi.
Non poterono muovere un solo muscolo.
In fondo, se non c'era riuscito Potter con la bacchetta di sambuco in mano, loro erano spacciati.
Fine della storia.
Una risata infantile e perversa riempì la sala. Quel ragazzino biondo così simile al piccolo Grindelwald si allontanò da Harry tutto soddisfatto, e guardò Malfoy negli occhi, fissandolo intensamente:
"Tocca a te ora, sporco traditore del tuo sangue!"


 


Capitolo 28
-Re Artù e le sue folle deliranti-


 

Londra. Ministero della Magia.

"Tocca a te ora, sporco traditore del tuo sangue!" Il bambino maledetto rise ancora, e poi si fiondò su di lui.
Draco provò a scappare terrorizzato, ma non servì a nulla. Il nemico lo travolse sbattendolo contro un armadio, poi lo riprese, lo scaraventò di nuovo addosso ad un muro, lo fece volare in aria, lo schiantò più volte, a ripetizione. Lo lasciò senza fiato, disteso sul pavimento a cercare di rialzarsi. E stava per abbattersi di nuovo sul suo corpo provato, quando Draco si accorse che al suo fianco c'era una spada. Una spada tutta arrugginita e conficcata dentro una roccia.

Come un'oasi nel deserto...

Il terrore di morire per mano del demone di Grindelwald non lo fece ragionare poi molto sul valore di quell'arma, su cosa rappresentasse, sulla storia che aveva alle spalle... no! Se ne fregò di tutto, e vi si aggrappò disperatamente proprio mentre il suo avversario stava calando su di lui per dargli -probabilmente- il colpo di grazia.

Al che, successero due cose contemporaneamente: Draco sfilò la spada senza nessuno sforzo, e Kingsley Shacklebolt irruppe nella stanza spalancando la porta, seguito a ruota dai tre Auror che si era portato dietro.

Weasley, gettato in un angolo senza più forze, spalancò la bocca per lo stupore, di fronte all'immagine di Malfoy che si appropriava di Excalibur senza un mimimo di fatica, autoconvincendosi che quello a cui stava assistendo fosse solo un'allucinazione post-mortem, e che quindi, fosse già spirato da qualche minuto buono... mentre il Primo Ministro aveva sgranato gli occhi incredulo, così sensibile alle leggende da desiderare quasi di inginocchiarsi in segno di rispetto.

Naturalmente, era tutto molto più semplice di così: Draco Malfoy non era affatto un moderno Re Artù, o un cavaliere coraggioso a cui affidare le sorti di un regno! Excalibur in realtà, era un'arma del tutto simile alla spada di Godric Grifondoro, che poteva essere usata da chi ne aveva un estremo bisogno, e soprattutto per motivi nobili! Gli Indicibili lo avevano scoperto da diversi anni, ma avevano preferito mantenere il segreto per non distruggere spietatamente la leggenda più bella della Gran Bretagna e del mondo.
Ovviamente, più avanti, sarebbero stati costretti a dirla, la verità, per lo meno agli uomini che avevano assistito al "prodigio", altrimenti avrebbero rischiato di ritrovarsi un Draco Malfoy osannato da folle deliranti di maghi e babbani che si inchinavano al suo passaggio come i sudditi fedeli di un regno fantastico!
Da Mangiamorte, a moderno Re Artù.
No, decisamente no.

Comunque... Dopo attimi interminabili, un grido agghiacciante rimbombò fra le pareti dell'Ufficio Misteri: Draco aveva trafitto il petto del bambino e, nello stesso istante, dall'altra parte della stanza, Harry si era rialzato e con la bacchetta di sambuco (approfittando della distrazione e del caos generale), aveva scagliato un Ardemonio in direzione del quadro maledetto.

Fiamme si alzarono potenti, lingue di fuoco avvilupparono la tela e tutto ciò che c'era nelle immediate vicinanze, il rombo dell'incendio si amplificò fino ad infilarsi prepotentemente nei timpani, il fumo annebbiò la vista.

Il piccolo demone, togliendosi la spada dal petto, represse una smorfia di dolore ed iniziò a mutare forma. Il suo corpo si fece inconsistente, leggero, poi si contrasse, divenne quasi invisibile, e una sorta di vapore scuro comparve al suo posto: una nube nera che fluttuava a mezz'aria.

L'Obscurus.

Draco chiuse gli occhi, aspettando la sua fine.
Ron si portò le mani sul viso, disperato.
Harry invece, pregò Merlino che l'Ardemonio si sbrigasse a far bruciare completamente il quadro...

Il corpo stremato di Malfoy fu avvolto dalle volute di fumo dell'Obscurus, e per lunghi ed estenuanti secondi egli vi sparì dentro, galleggiando a mezz'aria insieme alla creatura.

Per Draco, fu un processo rapido, quello di perdere conoscenza: non se ne rese neppure ben conto. Ebbe solo la sensazione sgradevole di aver trovato la pace proprio nel momento in cui tutto stava per finire.

-Penso di avere paura di essere felice.
-Come puoi avere paura di una cosa del genere?
-Perché quando sei felice, c'è sempre qualcosa che va storto.


La pace di Draco Malfoy, dopo anni di sofferenza, rimorsi e solitudine, era stata Hermione Granger, ovviamente.

Che razza di imbecille che era stato, pensò amaramente. Quanto tempo... quanto tempo aveva speso a disprezzare la donna che invece, alla fine, l'aveva liberato da tutta quell'oppressione, quell'odio verso il mondo e soprattutto verso se stesso. Quasi la meritava, la morte! La morte che forse era l'unica soluzione per smettere finalmente di tormentarsi come un Infero dannato.
Ed in fondo, era giusto così: non aveva mai voluto che Hermione si rovinasse la vita per stare con lui... lei era troppo perfetta per sporcarsi delle sue antiche colpe, per essere denigrata a causa sua, guardata con sospetto, criticata.
Quella donna era semplicemente TROPPO PER LUI. Era questa la verità. E Draco, che finora era stato troppo codardo per lasciarla andare, adesso lo avrebbe dovuto fare per forza di cose: la morte si stava prendendo l'incarico di liberarla da lui. Una volta per tutte.

E l'ultima cosa a cui pensò Draco prima di cedere all'oblio, fu la cosa più banale del mondo: lei che si portava i capelli dietro l'orecchio mentre leggeva un libro. Meravigliosa.

Sii felice, amore mio. Sii felice sempre.

Subito dopo... il buio.



 
***

 

Whiltshire.

Villa Malfoy era silenziosa, e la pumpikin pie ormai, si era freddata sul tavolo della colazione senza che nessuno l'avesse minimamente sfiorata.
Toby si affacciò per la quattordicesima volta nel salottino dell'ala sud, tanto perché la speranza, si diceva, era l'ultima a morire. Non trovò nessuno ovviamente, come le restanti tredici volte in cui l'aveva fatto. Il caffè nel bricco non fumava neanche più.
Sospirò affranto e piegò le orecchie come un cagnolino abbandonato, poi incurvò le spalle e si arrampicò sulla sedia imbottita. Non gli piaceva, il fatto che il suo padrone fosse sparito dal Manor così, senza dire niente! E non gli piaceva neppure che si fosse volatilizzata la signorina Hermione. La faccenda era piuttosto preoccupante.
Tagliò svogliatamente una fetta di torta -infischiandosene del rischio di essere sorpreso al tavolo dei padroni- e mangiò il dolce intristendosi sempre di più: la sua pumpkin pie era venuta così buona che avrebbe sbattuto di proposito il mignolo del piede contro lo spigolo della credenza, per il dispiacere che miss Hermione non era lì ad assaggiarla... e che il giovane Malfoy non potesse fare la sua solita abbondante colazione per prepararsi ad affrontare la giornata.



 
***



Londra. Ministero della Magia.

Un tonfo attutito.
Un tonfo attutito ed il corpo inerme di Draco Malfoy -gambe e braccia divaricate- cadde malamente sul pavimento in pietra, dopo esser rimasto sospeso in aria per minuti interminabili avvolto dalla nube nera dell'Obscurus.

Fu il gelo. E poi un silenzio assoluto.

Tutto è insignificante, fluttuante, illusorio e fallace, come un miraggio. Puoi essere orgoglioso, saggio, e bello, ma la morte ti strapperà via dalla faccia della terra esattamente come se tu fossi stato un topo nascosto sotto il pavimento, e i tuoi posteri, la tua storia, i tuoi geni immortali bruceranno o geleranno insieme con il globo terrestre.

"No..." Mormorò sconvolto Ron, mettendosi le mani fra i capelli. "Cazzo, cazzo, cazzo..."
Lui non aveva mai desiderato sul serio che Malfoy morisse. MAI. Scherzava, maledizione! Tutte le volte che si erano lanciati fatture per i corridoi di Hogwarts, tutte le volte che l'aveva insultato, tutte le volte che litigavano, tutte le volte che si erano spintonati su un campo da Quidditch, tutte le volte che aveva pensato fosse un Mangiamorte, ed ultimamente pure tutte le volte che lo vedeva avvicinarsi timidamente ad Hermione... ecco... in realtà...
Non lo odiava a tal punto da sperare nella sua dipartita! Veder morire un uomo, anche se nemico, non era mai una bella faccenda. Metteva un'angoscia senza fine.
Lo conosceva da troppi anni ormai per vederlo spegnersi senza provare un briciolo di dispiacere. Anzi, per esser precisi, non si trattava semplicemente di troppi anni, ma di una vita intera.
Erano cresciuti INSIEME, merda. Anche se avevano sempre corso su due binari diversi.

Ron si asciugò l'angolo dell'occhio, scoprendo di avere le dita umide di qualche lacrima più sfacciata delle altre.
Draco Malfoy, nonostante tutto, aveva avuto perfino il potere di farlo piangere.

Il quadro, intanto, continuava a bruciare: si poteva perfino vedere lo sfrigolio dei colori che si scioglievano al calore del fuoco, e parti di tela diventare gradualmente nere, per poi finire in cenere.

Harry vide l'Obscurus perdere via via potenza, divenire più piccolo, ritirare le sue spire, arrendersi alla sua fine. Solo allora l'Auror si permise di inginocchiarsi a terra con un sospiro lunghissimo e sofferente, mentre la bacchetta di sambuco cadeva a sua volta tintinnando sulla pietra del pavimento.

Non c'era alcuna gioia in quella vittoria. Non c'era niente da festeggiare.
Un uomo era morto. Malfoy, era morto.

L'Ardemonio ruggì sempre più forte, ed inghiottì ogni cosa senza alcun rispetto.

Loro due, non erano mai stati veramente nemici. Inutile prendersi per il culo. C'era sempre stata solo una folle rivalità, un mettersi costantemente a confronto per primeggiare sull'altro. E ciò, il più delle volte, li aveva portati a dare il meglio di loro stessi nello studio, nel Quidditch, nella popolarità scolastica.
Harry Potter e Draco Malfoy erano stati solo due facce dello stesso Galeone. Perfettamente uguali e diversi nello stesso tempo. Ed ora che uno dei due non c'era più, l'altro si sentiva inevitabilmente svuotato.

Ora tutto, intorno ad Harry, bruciava. Anche le certezze della sua vita.

Kingsley Shacklebolt invece, ancora immobilizzato sulla porta, pensò con rimorso al fatto che era stato molto ingiusto con Draco Malfoy: non gli aveva mai creduto sul serio, ritenendolo un ragazzo un po' inaffidabile, un tantino falso, profondamente egoista, meschino, e approfittatore. Tanto da chiedersi almeno un centinaio di volte che cosa ci avesse trovato in lui Hermione Granger.
Era convinto che il giovane erede si fosse servito di lei per riabilitare il suo nome nel mondo magico, riottenere quella giusta dose di visibilità e rispetto per farsi di nuovo leccare il culo dalla società, riprendere un ruolo di primo piano, e magari infilarsi al Ministero.
Invece, Malfoy aveva offerto in sacrificio la sua stessa vita pur di sconfiggere un nemico fino ad ora invincibile! E lo aveva fatto per amore. Quell'amore a cui loro non avevano mai creduto.
Ooh, dannazione! Che nessuno, NESSUNO, si fosse mai più azzardato a dire che Draco Malfoy non aveva amato per davvero Hermione Granger!
Un amore così era raro da trovare. E quella sarebbe stata una storia da raccontare per un centinaio di anni almeno. Come le fiabe di Beda il Bardo.

Il ruggito dell'Ardemonio ancora non scemava, troppi oggetti, troppi libri, troppi mobili ancora facilmente infiammabili da inghiottire nelle sue fiamme.

Uno degli Auror di Shacklebolt, risvegliando un po' tutti dallo stato catatonico in cui si trovavano, esclamò scioccato: "Cristo santo... è morto?"
Silenzio.
"E' morto o no, dannazioneee?!" Ripeté di nuovo, con voce più ansiosa, aspettando che qualcuno si degnasse di rispondere. Ma in quel preciso attimo, come se un perfido Dio lo avesse programmato a puntino, Hermione Granger irruppe nella sala, boccheggiando a causa della corsa sfrenata che aveva fatto per arrivare sin lì.

"Cristo santo... è morto?"
Hermione si fermò di colpo, travolta da una marea di informazioni, immagini, rumori, odori, voci, presentimenti...

"E' morto o no, dannazioneee?!"

Sentì questo, e poi qualcuno rispondere con voce atona: "Credo di sì."

Credo di sì.

E non ci fu più nessuno da andare a salvare. E non ci fu niente da poter fare.
Il suo cuore prese a galoppare ad un ritmo disumano, mentre le orecchie fischiavano disperate il loro dolore.
La mente di Hermione finì per discostarsi bruscamente dalla realtà: ogni cosa intorno a lei cominciò a traballare, ad ondeggiare, e farsi sfocata. Il respiro così ansimante da farle male alla gola.

Harry e Ron, con il viso stravolto, le andarono incontro.

Draco.

No! Non doveva vedere quel corpo gettato a terra. Non VOLEVA vederlo! Perché se solo lo avesse visto, riverso su quel pavimento, senza vita... la verità le sarebbe crollata addosso come una valanga di neve.
Meglio non abbassare lo sguardo allora. Meglio fingere. Fingere, e ritornarsene a casa come se avesse appena finito il suo turno in ufficio, aspettando che Draco le sbucasse dal camino da un momento all'altro facendola come al solito sobbalzare per lo spavento; preparandosi a litigarci a causa delle sue solite manie di superiorità; a rimproverarlo perché trattava il suo elfo domestico come un paraspifferi; a prenderlo in giro quando guardava con l'espressione schifata i turisti babbani che, in giro per Londra, scattavano fotografie perfino ai piccioni che passeggiavano sui marciapiedi; o a spiegargli che le aspirine erano efficaci contro il suo mal di testa tanto quanto una pozione ricostituente!
Lei doveva ancora dirgli molte cose, maledizione... e poi non avevano ancora finito di chiarirsi completamente, PROFONDAMENTE, per tutti gli anni d'odio e per quella loro storia d'amore così tormentata, traballante, sempre in bilico fra la luce ed il baratro.

Hermione iniziò ad indietreggiare, negando con il capo, stringendo gli occhi, lasciandosi andare ad un grido che le sue stesse orecchie neanche sentirono, finché qualcuno la strinse forte -forse Harry- ed il calore di quell'abbraccio le permise finalmente di scoppiare a piangere.

Era tutto finito...
La felicità.
La vita.
L'amore.
Il sogno.

E per uno strano scherzo del destino, vide tutti gli anni di scuola passarle davanti agli occhi, gli anni in cui si erano odiati, insultati, sfidati brutalmente...


"Per lo meno, nessuno nella squadra di Grifondoro si è dovuto comprare l'ammissione!" Commentò Hermione aspra. "Loro sono stati scelti per il talento."
L'aria soddisfatta di Malfoy vacillò.
"Nessuno ha chiesto il tuo parere, lurida sanguemarcio." Sbottò.



Ingoiò un nuovo grido di dolore, stringendo i denti e aggrappandosi alle spalle di Harry, che tentava di spingerla fuori dall'Ufficio Misteri.


"E' facilissimo." Borbottò Malfoy abbastanza forte da farsi sentire da Harry. "Se ce l'ha fatta Potter... Scommetto che non sei per niente pericoloso, vero?" Disse all'Ippogrifo. "Vero brutto bestione?"
Fu un attimo, un lampo di artigli d'acciaio. Malfoy cacciò uno strillo acuto. Harid infilò di nuovo il collare a Fierobecco e si chinò rapido sul ragazzo, che giaceva rannicchiato sull'erba, col sangue che sgorgava a fiotti inzuppandogli i vestiti.
"Muoio!" Strillò, mentre tutta la classe seguiva la scena, terrorizzata. "Muoio, guardate! Mi ha ucciso!"
"Non muori!" Disse Hagrid pallidissimo. "Se qualcuno mi aiuta... bisogna portarlo via di qua..."
Hermione corse ad aprire il cancello, mentre Hagrid sollevava Malfoy senza sforzo.
"Credete che se la caverà?" Chiese lei ai suoi amici, nervosa.
"Ma certo, Madame Pomfrey sa curare i tagli in un secondo!" La rassicurò Harry.



L'Obscurus intanto, stava lentamente implodendo su se stesso, allo stesso ritmo con cui il quadro di Grindelwald veniva avvolto dall'Ardemonio.


"Lucius Malfoy il Comitato ce l'ha in pugno! Posso solo fare una cosa: che quello che resta a Fierobecco da vivere sia più felice che mai. Glielo devo..." Hagrid si voltò e tornò di corsa alla capanna, il viso sepolto nel fazzoletto.

"Guarda come frigna!" Malfoy, Crabbe e Goyle si eran fermati appena dentro il castello ad ascoltare. "Avete mai visto una cosa così patetica? E dovrebbe essere anche il nostro insegnante!" Aggiunse.
Furibondi, Harry e Ron scattarono verso Malfoy, ma Hermione fu più veloce e... SCIAFF!
Schiaffeggiò Malfoy con tutte le sue forze.
Egli barcollò. Harry, Ron, Crabbe e Goyle rimasero impietriti mentre Hermione rialzò la mano.
"Non osare mai più dire che Hagrid è patetico, tu, mostro... razza di brutto..."
"Hermione!" Disse Ron debolmente, cercando di trattenerle la mano.
"Va via, Ron!"
Hermione estrasse la bacchetta. Malfoy fece un passo indietro.Crabbe e Goyle lo guardarono in attesa di ordini, assolutamente sconvolti.
"Andiamo." Borbottò Malfoy, e un attimo dopo, i tre scomparvero nel corridoio che portava ai sotterranei.




I primi Indicibili che lavoravano al nono livello accorsero scioccati all'Ufficio Misteri, fermandosi a guardare lo scempio, e le fiamme che inghiottivano anni ed anni di studi segretissimi.


"Se ti stai chiedendo cos'è questa puzza, madre... è appena entrata una sanguemarcio!" Dichiarò Draco Malfoy.
"Non è proprio il caso di usare questo linguaggio!" Esclamò Madame Malkin. "E non voglio nemmeno bacchette sfoderate nel mio negozio!" Aggiunse in fretta, quando vide Harry e Ron con le bacchette puntate contro Malfoy.
Dietro di loro, Hermione sussurrò: "No, davvero, non ne vale la pena..."
"Certo, come se aveste il coraggio di fare magie fuori dalla scuola!" Li provocò Malfoy. "Chi è che ti ha fatto un occhio nero, Granger? Vorrei mandargli dei fiori!"



Hermione boccheggiò, osservando l'Ardemonio perdere potenza e l'Obscurus cercare di combattere contro la sua stessa fine. Lo vide palpitare, ritirarsi, poi provare a espandere ancora le sue spire, ed infine, in un ultimo tentativo di risorgere, strisciare dritto verso di lei, che ancora era preda dei suoi strazianti ricordi...


"Ciao..."
"Ciao."
Dopo anni dalla fine della guerra, finalmente erano riusciti a salutarsi in maniera quantomeno civile. Si trovavano alla Gringott, e lei camminava verso l'uscita della banca maneggiando alcuni fogli che le avevano rilasciato i Goblin. Lo aveva salutato con un sorriso, rivolgendogli così la parola per la prima volta dai tempi della scuola, spiazzandolo totalmente. Draco era rimasto per un momento imbambolato a guardarla, con un'espressione stupefatta in volto.
Non se l'era aspettato che proprio Hermione Granger lo salutasse cordialmente. Ad ogni modo, trovandosela davanti, lui aveva deciso di rispondere al saluto, anche se per non perdere la reputazione di incrollabile altezzoso aristocratico, fu piuttosto freddo nella risposta: "Ciao." E basta così.
Hermione aveva perso immediatamente la luce cordiale, il brio con cui l'aveva salutato, e forse lui, rendendosi conto di aver esagerato in freddezza, aveva finito per borbottare un: "Ti...ti trovo bene." Tutto ciò mentre si infilava un dito nel colletto della camicia blu, nel gesto di allentare nervosamente la cravatta. A quel punto, lei aveva subito ripreso l'espressione affabile, rispondendo: "Grazie! Anche te. Sei... cambiato molto! E... mi ha fatto piacere che tu abbia risposto al mio saluto, Malfoy. Ci tenevo. Davvero! Beh... devo scappare, ci vediamo!" Ed era fuggita via verso l'uscita principale della Gringott.



Quei flash-back iniziarono a susseguirsi a ripetizione nella testa di Hermione, senza darle un attimo di pace, quasi fermando il tempo:


"Ti preferivo poco fà, con quell'aria da scolaretta meravigliata mentre giravi per la villa!" Hermione lo guardò stralunata, finendo per ad arrossire di rabbia: "Beh, io invece ti preferisco quando non fai lo stronzo. Cioè mai!" E gli diede le spalle.
"Scusa..."Fu un sussurro strozzato, quasi incomprensibile.
Hermione s'immobilizzò sul posto, sconcertata.
Scusa.
Scusa.
Scusa.
La parola le rimbombò più volte nella testa. Non credeva di poter mai sentire, in tutta la sua vita, quel termine uscire dalle labbra di Draco Malfoy. Fece quasi per aprire la bocca e dire una sciocchezza, ma poi preferì tacere e gustarsi il piacere momentaneo di quella piccola vittoria.



L'Ardemonio non aveva ancora completato definitivamente la sua opera di distruzione: alcune parti del quadro maledetto, tra cui due angoli della cornice dorata, erano intatti, ma cominciavano a deformarsi un po'...


"E tu che ci fai qui?"
Hermione era sbalordita, e per un momento non pensò... o forse pensò talmente tante cose tutte insieme, che il cervello le andò in cortocircuito, lasciandole un brutto vuoto in testa. Aveva lo sguardo che trasmetteva chiaramente la sorpresa e l'irritazione, e non riusciva a decidere quale tra i due sentimenti l'avesse travolta maggiormente dopo aver messo a fuoco la figura piazzata fuori dalla porta di casa sua. Aveva sbattuto le palpebre, sperando in un errore, poi aveva stabilito definitivamente che quello sì, era proprio Draco Malfoy: biondo, lineamenti aristocratici, abbigliato in modo costoso, bello... gli occhi che mandavano scintille, ed un mazzo di fiori in mano. UN MAZZO DI FIORI IN MANO.
"Dovevo ringraziarti per aver archiviato il procedimento contro di me e la mia collezione di oggetti oscuri..." Draco parlò evitando gli occhi di Hermione.
"Beh, immagino questi siano per me..." Lei puntò lo sguardo sul piccolo mazzo di fiori che Draco aveva vergognosamente dimenticato e che, nervoso, stringeva fra le dita. Lui le sorrise timidamente, guardandola negli occhi: "Sì, sono per te..."




Gli Auror di Shacklebolt nel frattempo avanzarono nella sala con le bacchette sollevate, per tentare di salvare il salvabile.



"Scommetto che un giorno ti innamorerai perdutamente di me, Draco Malfoy!"
"Ma non dire idiozie!" Sputò lui con risentimento. "Misurati la febbre, Granger. E' evidente che stai male. Vaneggi!"
Lei rise, continuando: "Mi regalerai il tuo anello, se vincerò la scommessa! Così, ricorderò per sempre di aver domato il tuo spirito da serpente!"
"Finiscila!"




Ron era rimasto a guardare la scena con gli occhi spalancati, senza alcuna voglia di muoversi. Lo shock lo aveva immobilizzato davanti al riverbero arancio dell'Ardemonio.


"Prendi! Sono zuccotti di zucca. Li ho fatti io stamattina!" E poi gli rivolse un sorriso luminoso e caldissimo.
Draco afferrò il sacchetto di zuccotti e la guardò intensamente con i suoi occhi chiari, occhi che si sposavano perfettamente con il cielo nevoso di quella giornata gelida...
Hermione perse improvvisamente il sorriso, troppo imbarazzata per l'aria seria di lui; ma proprio in quel momento Draco sorrise impercettibilmente: "Grazie. Li mangerò più tardi!"
Hermione lo guardò tenera: "E di che!" Poi, senza pensare, gli passò una mano fra i capelli biondi, cercando di togliergli i fiocchi di neve che vi si erano impigliati. Muoveva le dita con delicatezza, concentrata su quel piccolo compito, avanti e indietro.
Hermione sentì il cuore scaldarsi di un sentimento che non capì appieno, ma seppe che era piacevole vederlo per una volta con gli angoli delle labbra rivolti all'insù. Così tante volte in vita sua lo aveva visto arrabbiato, sprezzante, disperato addirittura...
Bastava un sacchetto di zuccotti per farlo sorridere? Bastava davvero accarezzargli i capelli per domare la bestia feroce che viveva in lui? Oh... Se solo lo avesse saputo prima!
Era così triste...
Era così solo...
Era così bello...
E lei era così inspiegabilmente attratta.
"Ho sentito che devi andare a Nocturn Alley, Draco!"
Lui annuì, senza però aggiungere altro.
"Beh... Stai attento, allora!" E togliendo le dita dai suoi capelli, Hermione sfiorò il viso di Draco in una carezza leggera. Lui rise sommessamente. Poi, Hermione rabbrividì di freddo, strofinandosi le braccia.
"Rientra dentro, Hermione. Si gela!" Le disse, preoccupato.
La ragazza annuì guardandolo ancora e, prima di scappare in fretta dentro il negozio di scherzi dei fratelli Weasley, gli stampò un bacio sulla guancia.




Harry continuò a tenersela stretta al petto, lasciandola gridare di dolore, mentre guardava insistentemente il quadro, che faticava a bruciare del tutto.



Draco l'afferrò per le spalle...
Hermione aveva le gote leggermente arrossate. Lui continuò in silenzio a stringerla, senza staccare lo sguardo dal suo viso. Poi, allentò la presa per afferrarla delicatamente alla vita. I loro respiri già si toccavano, mischiandosi in un unico soffio, e lui inspirò forte per prendere coraggio.
E la baciò...
Poggiando piano le labbra sulle sue.
Un secondo.
Due secondi.
Tre secondi.
Draco premette più forte sulla bocca morbida di Hermione, restandoci poggiato con trepidazione. Fecero schioccare un paio di volte le labbra, finchè lei si staccò allontanandosi di poco.
"Dimmi che non mi hai baciato solo perchè ti faccio pena, Hermione!" Sussurrò disperato lui sulle sue labbra.
Lei lo guardò senza parlare, come a prender tempo per riflettere, e proprio quando Draco stava per allontanare le dita dal suo viso, deluso da quel silenzio, Hermione lo baciò impetuosamente, mettendoci tutta la forza di cui disponeva.
"Tu sei pazzo!" Sussurrò, sorridendo timida: "Ma come ti viene in mente che io possa baciare un uomo solo perchè mi fa pena?" Hermione gli accarezzò dolcemente i capelli. "Se dovessi farlo per compassione, mi ritroverei a baciare tutti i clochard di Diagon Alley, Draco!"




Harry Potter non poteva sentirsi del tutto sicuro finché non avesse visto con i suoi occhi la tela polverizzarsi diventando cenere.
Fin quando anche solo un pezzettino di quadro fosse rimasto integro, il piccolo demone non poteva considerarsi innocuo.



Draco continuò ad invaderle sfacciato la bocca, mischiare la saliva, cozzare con i denti, leccarle la punta della sua lingua timida. Poi, sospirando, le toccò la schiena, fino a scendere ad accarezzarle il sedere. Borbottò di disappunto, ed Hermione si staccò, guardandolo confusa, senza capire cosa c'era all'improvviso che non andasse. Draco sogghignò, dopodichè le afferrò indispettito la stoffa della camicia da notte e gliela sollevò, scoprendole le natiche: tornò a toccarla, mentre la guardava con una punta di malizia, ed affondò le dita nella morbidezza dei suoi glutei, spingendo di riflesso il bacino contro il suo.
 Fu costretta a poggiare i palmi sul materasso Hermione, per non crollargli addosso, e nel frattempo sgranò gli occhi di sorpresa, percependo contro di sé l'invadente erezione dell'uomo. Le uscì un flebile gemito, ma si precipitò a baciarlo ancora e ancora, ondeggiando lentamente su di lui.
Hermione non aveva ben chiaro quello che provava esattamente per Draco Malfoy, o forse era troppo presto per catalogare le emozioni che le suscitava, ma guardare il suo bel viso trasformato dal piacere, lui che normalmente mostrava invece solo il fastidio, il disappunto, il disprezzo... Era una sensazione che le provocava euforia! C'era qualcosa, in lui, ad attirarla. Eccome se c'era! Un turbamento strano, un pensiero costante, il batticuore.
La vita, imprevedibile e assurda, la stava mettendo di fronte all'occasione di conoscere un uomo che prima non era mai riuscita a capire; non le sembrava neanche reale il viso di lui così vicino al suo, né le mani che premevano febbrili sul suo corpo, quelle lenzuola, il letto, la stanza, la villa.
Lei, Hermione Granger, stretta a Draco Malfoy.
Al diavolo l'odio, al diavolo la sua antipatia, la condizione di sangue, i litigi stupidi, i suoi capelli impomatati ad Hogwarts, la merda che si erano gettati addosso: Draco Malfoy era bello, e chissà per quale scherzo del destino a lei piaceva... e lui la desiderava.
"Oh... Draco." Gemette.
 Avevano perso il contatto con la realtà. C'era solo un tremendo calore nei loro corpi, la voglia di soddisfazione, l'umidore delle bocche, i respiri pesanti, le mani che premevano, accarezzavo, stringevano. L'eccitazione saliva ad ondate violente, assecondata dal movimenti che si facevano frenetici: un dondolio costante che si generava dal contatto energico dei loro bacini.
Draco le spinse giù gli slip, con la classica foga tutta maschile di provare piacere, poi le tirò via la camicia da notte e si accorse, respirando con affanno, che Hermione aveva i seni già liberi dalla biancheria intima. Mentre continuava sfacciato a spingerle contro l'erezione, lei lo aiutò a sfilarsi il giacchetto della tuta e la maglietta, restando incastrata nella morsa delle sue braccia.
Draco le spalancò le cosce, ansimando. Scese ad accarezzarle l'intimità, ed Hermione si irrigidì un momento guardandolo ad occhi sgranati, poi lui prese a baciarla dolcemente toccandole piano le labbra.
Mosse le dita tra le sue cosce aperte, sfiorandola, correndo veloce, massaggiandola con decisione. Non riusciva più a tenerla ferma. Si agitava su di lui ansiosamente, lo baciava mordendogli le labbra, lo guardava con trepidazione. Chiedeva di più.
Draco la afferrò facendola distendere sul letto, e decise che non era il caso di guastare il momento accarezzandosi lascivamente fino a sfinirsi: aveva fretta. Magari per quello un giorno ci sarebbe stato tempo. Forse. O forse no... Il suo cuore sbatteva impazzito, aveva il fiatone, aveva urgenza, e la virilità... se solo lei l'avesse sfiorata sarebbe esplosa. Si spogliò del tutto e le entrò dentro spingendo con un pizzico di ardore che, all'inizio, la fece debolmente protestare. Così deglutì, per lo sforzo di placare il desiderio focoso, ed affondò con calma, ritraendosi con altrettanto garbo.
Non si accorse esattamente QUANDO tutto iniziò ad essere più fluido, ma Draco si ritrovò ad ondeggiarle sopra con frenesia, accompagnato dai movimenti di Hermione, che gli andava incontro con una sensualità timida, ma non per questo meno eccitante. Le allargò di più le gambe, spingendosi disperatamente dentro di lei, pregando con tutte le forze riuscire a resistere il più possibile.
Il viso di lei era bello come un giorno di sole...
Le leccò il collo, le baciò una spalla, le succhiò il seno, e continuò con impeto ad ancheggiarle sopra, stringendo il lenzuolo con una mano, e afferrandole un ginocchio con l'altra, per tenerle le cosce ben aperte. Ed intuì che era tutto assolutamente giusto così come era andato, che il destino non sbaglia a toglierti e a donarti ogni cosa a suo momento... c'è sempre una ragione profonda. Sempre. Anche per quello che stava succedendo a loro due nel disordine di quel letto.
 Hermione all'improvviso si spinse spasmodicamente verso l'alto, incapace di gestire i movimenti, e spalancò la bocca in un gemito prolungato, che soffocò contro la pelle bollente della spalla destra dell'uomo. Un orgasmo intenso l'aveva travolta, interrompendo ogni briciolo di pensiero razionale, chiudendo la sua mente per pochi meravigliosi secondi, dove non esistette altro che la percezione dei sensi: la vista di lui, il tocco di lui, l'odore di lui, e il rumore affannato di lui. Quando la ragione tornò ad essere padrona assoluta, Hermione venne soverchiata dalla consapevolezza di aver donato il suo corpo a Draco Malfoy.
Draco Malfoy.
Non c'era niente di più confidenziale, e di più intenso, di un simile atto, e lei aveva finito per farlo proprio con lui. Ma se questo poteva essere un modo di perdonarsi a vicenda per tutto quello che c'era stato, non se ne sarebbe pentita.
Si accasciò con la testa sul cuscino, cercando la sua bocca con dolcezza.
Draco non ebbe più motivo per combattere contro la soddisfazione del suo corpo teso, e dopo un paio di movimenti rapidi e decisi esplose, tirandosi indietro di scatto con un gemito, sporcandole il ventre.




L'Obscurus, nonostante la debolezza e la fatica sempre più evidenti, continuò a strisciare lungo il pavimento di pietra, allungando le sue spire fumose e nere verso la donna sconvolta...



"Volevo darti questo, Hermione."
Lei rimase interdetta, soppesando il sacchetto nel palmo aperto:
"Cos'è?" Gli chiese, con un filo di voce.
 Draco nel frattempo, aveva raggiunto la porta del Ghirigoro, e l'aveva aperta svogliatamente facendo tintinnare le campanelle. Si voltò un attimo a guardare Hermione, con un'intensità tale da procurarle una fitta di dolore nel petto. E la lasciò sola nel negozio ormai quasi vuoto, dopo averle risposto con tono basso e addolorato:  
"Una vecchia scommessa, Granger. Solo una vecchia, sciocca scommessa che avevo preso sul serio..."

Era l'anello d'argento di Draco.




L'ufficio misteri era nel caos, ed il corpo senza vita di Malfoy era ancora lì: nessuno aveva avuto il coraggio di toccarlo, come se sollevarlo dal pavimento e portarlo via, fosse la prova definitiva della sua morte.


Dopo un'infinità di baci perfetti, Draco prese fiato, la strinse a sé con maggiore intensità e, sfiorandole la punta del naso con il proprio, le sussurrò sulle labbra, in tono disperato:
"Ti amo..."
La giovane sussultò violentemente dentro il suo abbraccio soffocante.

Ti amo da impazzire, Hermione."




Quando Harry si accorse che l'Obscurus, anche se debolissimo e quasi impalpabile, era riuscito ad avvicinarsi a loro, era tardi: questo aveva già risalito le gambe di Hermione, e l'unica cosa che l'Auror poté fare, fu gettare un'occhiata disperata al quadro maledetto, nella speranza che l'ultimo frammento bruciasse più in fretta possibile.


"Per un momento ci avevo creduto, sai?!"
La luce calda di diverse candele rischiarava la camera da letto padronale di Malfoy manor, creando ombre lunghe sul suo viso triste.
"Avevi creduto a cosa?" Le rispose lui, quasi in un sussurro, muovendosi sulla sedia per cercare una posizione meno scomoda.
"Che tu fossi andato ad Hogwarts per prendere la bacchetta di sambuco..." Hermione sorrise sconsolata, prima di aggiungere: "Che sciocca che sono!"
Il giovane sospirò chiudendo gli occhi, ed appoggiò la testa allo schienale.
Hermione scosse la testa, avvilita... dopodiché prese aria, e disse, in un mormorio sconsolato:
"Un biglietto per la finale di Quidditch, santo cielo! Un dannatissimo biglietto in tribuna d'onore! Sei incredibile, Malfoy. Non so se essere più delusa da te, o da quel cretino di Ron che ha accettato un compromesso simile pur di andare a vedere uno schifo di partita."

Te l'avevo detto che non sarei cambiato, Hermione. Te l'avevo detto tanto tempo fa."
Draco inghiottì rumorosamente un grumo di saliva. Hermione rimase per un momento il silenzio.




L'ultima scheggia di legno dell'elaborato telaio che incorniciava il quadro maledetto di Gellert Grindelwald, prese finalmente fuoco.


"Ti amo, Draco! Ti amo per il tuo lato oscuro, e per quello più puro e luminoso. Ti amo tanto che mi scoppia il cuore!"



Hermione si accasciò contro il petto di Harry, buttando fuori un grido inumano.


"E' morto? E' morto o no, dannazioneee?"
"Credo di sì!"



Era tutto finito. La vita, l'amore, la felicità.
Tutto, tutto finito.



Continua...






-Penso di avere paura di essere felice.
Come puoi avere paura di una cosa del genere?
Perché quando sei felice, c'è sempre qualcosa che va storto. .Charles M. Schulz-

-Tutto è insignificante, fluttuante, illusorio e fallace, come un miraggio. Puoi essere orgoglioso, saggio, e bello, ma la morte ti strapperà via dalla faccia della terra esattamente come se tu fossi stato un topo nascosto sotto il pavimento, e i tuoi posteri, la tua storia, i tuoi geni immortali bruceranno o geleranno insieme con il globo terrestre. -Anton Cechov-

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Capitolo 29
*** Ippogrifi innocenti ***




Capitolo 28
-Ippogrifi innocenti-


 

Si muore tutte le sere, e si rinasce tutte le mattine: è così!
E tra le due cose, c’è il mondo dei sogni.

 

Inverno 2007. Wallingford, Oxfordshire.

"E' morto? E' morto o no, dannazioneee?"
"Credo di sì!"


Hermione si svegliò insieme al rumore fragoroso di un fulmine, seguito a ruota da un tuono potente che fece tremare i vetri delle finestre.
Era rannicchiata sulla poltrona di fronte al caminetto acceso, ed era circondata da almeno una ventina di fogli fittamente scritti. Si trattava della bozza di una delle fiabe di Beda il Bardo che stava traducendo con estrema minuzia da oltre due settimane, e che avrebbe pubblicato assieme alle considerazioni del defunto Albus Silente.

Aprì gli occhi piano, muovendo freneticamente un braccio formicolante per la posa scomoda che aveva assunto; dopodiché si guardò attorno, mettendo a fuoco il salotto accogliente di casa sua... ma nonostante esso le trasmettesse indubbiamente una sensazione di pace, Hermione si sentì comunque insicura e a dir poco confusa: come se un bolide impazzito l'avesse colpita dritta dritta in testa.
Si strofinò gli occhi stanchi, per poi sgranchirsi le gambe e sbadigliare senza alcun garbo, pensando all'istante che essere single dava il fantastico privilegio di non dover fingere sensualità e raffinatezza in ogni momento della giornata.

D'improvviso però, oltre al bizzarro disordine che aveva in testa, si accorse pure di sentir freddo fin dentro le ossa... ma non quel freddo dovuto alla tipica temperatura invernale, no! Un freddo che le stava gelando letteralmente l'anima; una cappa di tristezza che era calata sulle sue spalle avvolgendola tutta, a mo' di coperta: una coperta fatta di puro ghiaccio.

Non le era mai capitato di provare una malinconia tale, neanche quando Fred era morto.

Si sentiva così smarrita che si sarebbe perfino messa a piangere a dirotto come una bambina che crede di avere un dissennatore sotto il letto...

Ma qual era esattamente la ragione per piangere?! Hermione non lo sapeva.

Provò a frugare nei recessi della sua mente, abbracciandosi le ginocchia per combattere il gelo che sentiva dentro, e si rese conto che tutta quell'angoscia era causata da ciò che aveva sognato nelle poche ore di sonno che aveva consumato. Un qualcosa a metà strada tra un'allucinazione e un incubo...
O pura fantascienza.

Sognare permette a ciascuno di noi di essere tranquillamente e veramente folle, ogni notte della nostra vita.

Rabbrividì violentemente appena ricordò la voce ansiosa di qualcuno che, nei suoi deliri onirici, gridava:
"E' morto? E' morto o no, dannazioneee?"
E di qualcun altro che rispondeva: "Credo di sì!"

E' morto? Credo. Di. Sì.


Ed era sul: "credo di sì." che Hermione si era svegliata di botto, piena di sofferenza, con un groppo in gola e la voglia di urlare.

Si passò, sconvolta, una mano fra i capelli mettendo insieme tutti i pezzi che vagavano confusi nella sua testa.

Draco Malfoy.

Le voci che urlavano in preda al panico si riferivano al corpo senza vita di Draco Malfoy... già!
Ma perché mai, lei doveva provare una disperazione tanto atroce al pensiero che, dentro il suo misero sogno, egli fosse morto?

Tutto quello che vorresti o non vorresti vivere, i tuoi sogni l’hanno già conosciuto.

Che importanza doveva avere quell'uomo, per lei?
La guerra era finita da un decennio. Le loro strade si erano naturalmente divise, ed ognuno di loro aveva ripreso in mano le redini della propria vita. Hermione era diventata grande, gestiva sulle sue piccole spalle l'intero Ufficio Applicazione della legge sulla magia, e da anni non aveva dettagliate notizie di Draco Malfoy... se non si tenevano in conto gli inutili e sciocchi articoli di gossip che parlavano spesso del suo matrimonio mancato con la signorina Greengrass; o dei suoi modi di fare un po' austeri, o del suo volersi tenere quanto più possibile lontano dalla società magica (che ancora faceva fatica a perdonargli gli errori giovanili al servizio di Lord Voldemort e dei mangiamorte)!

Quindi... cosa le importava di lui?
Nulla.
Eppure, un dolore sordo dentro al petto stava tormentando Hermione senza sosta, facendole perdere la voglia di sorridere, di credere nella felicità, di sperare nel domani.

Intanto, per ogni minuto in più che trascorreva, ella ricordava dettagli sempre più assurdi di quell'incubo pazzesco...

Un bracciale di antica fattura pieno di magia oscura; lo spirito malvagio di Fenrir Greyback che si impossessava della sua mente; Malfoy che le offriva un mazzo di fiori; una scommessa dolcissima; Pepper che moriva; di nuovo Malfoy che le regalava il suo anello con il serpente d'argento inciso sopra; e poi ancora un quadro maledetto dipinto da Gellert Grindwelwald in persona. Lady Narcissa che le chiedeva di non far soffrire suo figlio; lei che piangeva disperata; lui sbattuto ad Azkaban; Ron che fingeva conati di vomito mentre la vedeva baciarsi con il loro nemico di sempre; Harry che ringraziava Malfoy per aver salvato il piccolo James dalla furia di un Obscurus; l'ufficio misteri... infine la sua morte.
La morte di Draco.


Follia! Pura follia!
Aveva sognato tutto.
Forse neppure Gilderoy Lockhart sarebbe mai arrivato a partorire simili assurdità tutte in una volta: lei innamorata di Draco Malfoy! Santo Merlino... e lui che le crollava ai piedi dimenticando le sue origini babbane -senza avere alcuna paura di venire infettato-!

Che razza di incubo era mai stato, quello?! Tra l'altro sembrava essere durato una vita, invece che poche ore!
C'era qualcosa che non quadrava. C'era ASSOLUTAMENTE qualcosa che non quadrava.
Avrebbe potuto sognare un sacco di gente, o no? Si chiese Hermione, attonita. C'era Victor Krum, Seamus Finnigan, Lee Jordan, Zacharias Smith, Roger Davies, Ernest Macmillan, Michael Corner... perfino Cormac Mclaggen, volendo!
E invece no! Le era toccato Draco Malfoy. Quale strana fatalità, aveva voluto ciò?

Forse perché si era imbattuta in lui quella stessa mattina alla Gringott!?! Rifletté improvvisamente.
Ma sì, certo! Era ovvio.

Hermione si diede uno schiaffo sulla fronte per non averci pensato prima: la mente umana immagazzinava tutte le informazioni quotidiane e poi le elaborava fantasiosamente durante la notte! Eccola, la spiegazione più semplice e razionale.
Eppure... non era certo la prima volta che incrociava Malfoy in giro per Diagon Alley! Allora perché sognarlo proprio adesso, maledizione?!
Bah...

C'era da dire però, che il loro ultimo incontro era stato molto diverso rispetto agli altri, che si erano sempre svolti nella più totale indifferenza da entrambe le parti. Già! Era successo qualcosa di particolare che prima d'allora non era mai capitato... stavolta infatti, dopo anni ed anni di disprezzo reciproco, di disinteresse, orgoglio, risentimento e vergogna cocente (da parte di lui), si erano finalmente salutati in modo civile. Un semplice CIAO. Da persone normali.

Hermione Granger e Draco Malfoy che si salutavano incontrandosi per caso alla Gringott!

Che grande passo avanti, sorrise lei senza riuscire a trattenersi.

E di quell'incontro inaspettato, era rimasto indelebile nella mente di Hermione lo stupore degli occhi grigio-azzurri di lui: occhi che, onestamente, lei non aveva mai visto sul viso di nessun altro!
Mentre lo salutava, aveva addirittura trattenuto il respiro un momento, a causa di quello sguardo intenso; uno sguardo talmente chiaro da far venire il legittimo dubbio che, forse, quegli occhi non erano totalmente umani.
Per il resto, nei pochi attimi che erano trascorsi tra il loro CIAO e le conseguenti frasi impacciate di circostanza, lui le era parso tutto impettito ed arrogante come al solito, vestito nei suoi abiti impeccabili, l'espressione aristocratica di sempre, antipatico come non mai, pieno di distacco... ma con una bellezza che (Hermione doveva ammettere), non aveva uguali! Purtroppo c'era da riconoscerlo, nonostante le costasse parecchio: Draco Malfoy era sempre stato bello oltre le umane possibilità... e l'età adulta -com'era naturale- l'aveva reso di quella perfezione quasi ultraterrena che si era potuta già prevedere quando era solo uno sciocco ragazzino.
C'era un'enorme differenza però, tra l'aver sempre constatato innocuamente che egli fosse bello, ed il realizzare improvvisamente, da un giorno all'altro, che questo dato di fatto le mozzasse letteralmente il respiro.

Può, l'odio più profondo e radicato, trasformarsi di colpo in un amore impetuoso, travolgente, intenso, generoso, romantico, e dolcissimo?

NO.
Era stato tutto un sogno, infatti! Vivido, realistico, incredibile, pieno di dettagli, di sentimenti, di situazioni illogiche... ma comunque un sogno.
Non c'era nessun Obscurus, nessun quadro maledetto, nessun pericolo mortale, oggetti oscuri da distruggere, o spiriti maligni nascosti in un gioiello.
Hermione si era addormentata sul dizionario di antiche rune, troppo stanca per continuare la traduzione delle fiabe, e quando si era svegliata, si era semplicemente resa conto di aver fatto un sogno lungo un'eternità!

Tutto era esattamente come lo aveva lasciato prima di crollare dal sonno: Pepper non era morta ma girovagava per casa con i suoi soliti vermi a penzolare dalla bocca, la pubblicazione del suo libro ancora era un evento lontano, i giornalisti de Il settimanale delle streghe non le si erano appostati dietro i cespugli di casa per scrivere articoli sulla sua assurda relazione con l'erede di una delle famiglie magiche più ricche e pure d'Inghilterra; nessuno aveva distrutto l'Ufficio misteri; Kingsley Shaklebolt non si era visto costretto ad insabbiare fatti compromettenti ed evitare pericolose fughe di notizie; lei era ancora una donna single, e... Draco Malfoy viveva la sua vita di sempre rinchiuso nel suo dorato isolamento nel cuore del Wiltshire!
Egli, quindi, non le aveva chiesto scusa per nessun errore, non si era pentito di nulla, non era diventato una brava persona, non le aveva fatto alcuna promessa, non aveva messo da parte i suoi ideali, non aveva salvato James Potter da una creatura oscura, non era innamorato di lei e... non lo sarebbe mai stato! Punto. Il suo elfo domestico (se ne aveva uno e se si chiamava davvero Toby) non la conosceva affatto e, con molta probabilità, sperava ardentemente che il suo padrone sposasse una donna aristocratica e bellissima quanto lui, mentre lady Narcissa non aveva da preoccuparsi in alcun modo dei tormenti amorosi del figlio.

La giovane strega sospirò, provando una bizzarra sensazione di nostalgia ingiustificata, e poi rise amaramente pensando che sarebbero state molte, le persone a dir poco contente di svegliarsi da un sogno simile: ad esempio Harry, che non avrebbe dovuto ingoiare bocconi amari nel debole tentativo di accettare che lei stesse con il loro vecchio nemico di scuola! O Ron, che non avrebbe avuto più bisogno di mettersi a mimare conati di vomito ogni volta che li vedeva insieme! E perfino Lucius Malfoy, che poteva continuare a dormire su sette cuscini senza aver paura che il suo albero genealogico venisse intaccato da una sanguemarcio!

Hermione si mordicchiò furiosamente un'unghia fino a farsi uscire il sangue, e fu quando provò dolore, che riuscì a riprendere bene il contatto con la sua vita reale. Vita reale che non la entusiasmava molto, ad onor del vero! Cosa avrebbe fatto adesso, infatti?

Beh... probabilmente le solite cose: avrebbe finito di tradurre Le fiabe di Beda il Bardo, avrebbe continuato a mandare avanti la sua piccola casa nel cuore dell'Oxfordshire, badato alla sua folletta della Cornovaglia, combattuto mille volte ancora per il CREPA, per le ingiustizie, la libertà, l'uguaglianza e la fratellanza neanche fosse stata la paladina della rivoluzione francese... ed avrebbe continuato a lavorare come tre Goblin messi insieme per non pensare a quanto fosse sola, e a quanto avrebbe sentito la mancanza di un amore struggente che, in realtà, non aveva mai davvero vissuto.

Il mangiamorte e la nata babbana.

Quel sogno le aveva lasciato un'inspiegabile amarezza addosso: una sensazione di vuoto, di occasioni perdute, di desideri sopiti, di voglie mai confessate, di cose che potevano essere ma non erano mai state...

Fai vedere al tuo sogno che veramente ci tieni ad incontrarlo, senza pretendere che lui faccia tutta la strada da solo per arrivare fino a te, poi... le cose accadono.
I sogni hanno bisogno di sapere che siamo coraggiosi.


Le sue gote divennero improvvisamente di brace, quando la scena vivida -quasi reale- di se stessa che gemeva nuda ed oscenamente aperta sotto di lui (sotto quell'uomo biondo dagli occhi cristallini ed intensi) le sovvenne, scioccandola come un getto d'acqua fredda inaspettato.
Ricordò tutto... tutto come se fosse stato vero: le loro gambe che si incastravano sensualmente, gli ansimi rochi che uscivano dalla bocca di Draco, i suoi muscoli che la sovrastavano schiacciandole il seno, l'espressione piena di bramosia, i suoi denti bianchi che le mordevano il labbro inferiore mentre le ondeggiava sopra senza freni, i colpi decisi che le assestava, le loro carni bollenti e bagnate, il suo profumo costoso dalle note legnose, addirittura la ricrescita della barba che arrossava il suo collo troppo delicato per subire così passivamente quella passione travolgente!

Aveva fatto l'amore con Draco Malfoy. Non una volta, ma tante volte.

E le sembrava tutto così dannatamente concreto, che ancora poteva sentire sulla bocca il sapore dei suoi baci tormentati, ed il calore intenso che aveva provato tra le gambe mentre lui penetrava prepotentente in lei fino a farla impazzire di desiderio.

Tutto un sogno. Un maledetto sogno.

Hermione raccolse i fogli sparsi sul piccolo tavolino di fronte alla poltrona in un gesto nervoso, consapevole di non avere più la minima voglia di continuare la traduzione delle fiabe. La sua testa era troppo piena di immagini, emozioni, sentimenti... e a distanza di venti minuti buoni dal suo risveglio, ancora si portava dietro gli strascichi dell'amore che aveva provato per Draco Malfoy in quel maledettissimo incubo.

"E' morto? E' morto o no, dannazioneee?!"
"Credo di sì."


Le tremò il cuore.
Forse chissà, era stata proprio la paura di scoprire che quel "credo di sì" fosse un sì incontestabile, certo, schiacciante, a farla svegliare... perché in tal caso, il dolore che l'attendeva in quel mondo parallelo, sarebbe stato troppo straziante da sopportare.
Hermione scoprì con stupore di avere pure le lacrime agli occhi.

Dannazione! Aveva le lacrime agli occhi per un uomo che neanche la sopportava! Che idiozia era, questa? Si ritrovò a sorridere affranta, mentre si asciugava i lucciconi che le rotolavano via dagli occhi.
Se per un assurdo o a dir poco fantascientifico caso, lui avesse bussato alla sua porta proprio in quel preciso momento, Hermione sarebbe corsa fra le sue braccia piangendo disperata, e non le sarebbe importato un grinzafico secco se lui avesse cominciato ad imprecare schifato e a pulirisi la giacca dagli ipotetici germi babbani che gli avrebbe attaccato addosso!!!

Merlino santissimo... poteva sentire una mancanza così disperata nei confronti di un uomo che non aveva la minima considerazione di lei? E con il quale non possedeva un minimo di confidenza? E tutto a seguito di uno stupido sogno.

Improvvisamente però, le venne un dubbio atroce...
Draco Malfoy stava bene?
Smise di rimuginare di colpo a tutte quelle sciocchezze, travolta da un pensiero terrificante: quell'incubo in apparenza tanto illogico, poteva nascondere invece qualcosa di profetico? Magari un messaggio velato per avvertirla che sarebbe successo qualcosa di brutto tra qualche tempo... e che lui ne sarebbe rimasto coinvolto?!
I sogni premonitori non erano certo una novità, né una cosa da prendere sotto gamba: Harry ne aveva fatti parecchi durante il periodo buio di Voldemort, e nessuno aveva mai pensato che fossero inutili banalità da ignorare!
Santo cielo...

Il cuore prese a pomparle impazzito, ed Hermione si portò le mani sul viso, preoccupata. Cosa doveva fare, in tal caso?! Cooosa?! Non poteva mica presentarsi ai cancelli della più grande e sontuosa villa del Wiltshire, chiedere un colloquio col padrone di casa, ed informarlo senza mezzi termini di aver sognato la sua morte! Malfoy l'avrebbe guardata con i suoi occhi gelidi, avrebbe riso fragorosamente senza un briciolo d'allegria, e poi sarebbe tornato serio di colpo per mandarla senza alcun garbo a farsi fottere. Fine della storia.

Si alzò di scatto dalla poltrona, in preda alla preoccupazione...
Cosa diavolo avrebbe dovuto fare?
Iniziò a camminare avanti e indietro per tutto il salotto, riattizzando di tanto in tanto il fuoco del camino con la bacchetta, mentre un ronzio proveniente dal piano di sopra si faceva sempre più insistente, infilandosi nelle sue orecchie.

Pepper...

Nonostante l'agitazione, un sorriso enorme si aprì sul volto della ragazza quando la sua dispettosa folletta della Cornovaglia apparve ai piedi delle scale, sospesa a mezz'aria grazie alle alette che fullavano frenetiche sulle sue minuscole e pelosette spalle blu.

Era viva. Pepper era viva.

L'immagine nebulosa della Pixie che batteva disperata i pugnetti aldilà del quadro maledetto, e il piccolo demone biondo che la uccideva disintegrandola in un unico colpo, si confermò perciò solo una brutta allucinazione da dimenticare.

Rincuorata, Hermione le si rivolse in tono dolce:
"Ciao piccoletta! Niente vermi da sgranocchiare, oggi?"

Quella mise in mostra una fila di dentini aguzzi a mo' di sorriso -un sorriso a dir poco birichino- e tirò fuori da dietro la schiena un viscido lombrico ancora vivo.
Appunto...
"Dio che schifoooo!" Hermione fece una faccia orripilata, e con un gesto delle mani fece intendere a Pepper di andarsi a mangiare l'invertebrato da qualche altra parte, per evitare di rimettere nel water tutta la cena che aveva ancora nello stomaco.

Una volta rimasta di nuovo sola, sorrise sollevata: quel sogno era molto meno tragico di ciò aveva creduto lei fino a qualche minuto prima! Una prova ne era proprio la sua folletta domestica che era viva e vegeta, grintosa, attiva, e dispettosa come non mai!

Se Pepper stava bene e non era in pericolo, forse pure per Malfoy era così! Quindi... NO, non sarebbe andata nel suo maniero a dirgli che stava per morire! E in ogni caso, sarebbe stato controproducente (ed alquanto contraddittorio), andare da un uomo vivo a dirgli che era morto... o no?!

"Ciao Malfoy! Anche se sei vivo, c'è il pericolo che potresti esser morto, sai?!"

No no. Assolutamente no.
La frenesia di accertarsi che fosse tutto a posto però, non l'abbandonò affatto...

Probabilmente era a causa della sua mania di avere tutto sotto controllo, ma Hermione si ostinò a voler cercare un modo di mettersi in pace la coscienza con Malfoy, senza rimetterci la faccia.
Doveva sapere se stava bene. Solo allora non avrebbe più pensato a lui e a quello stupido sogno! Cosa fare, però? Rimuginò pensierosa.

Un biglietto!
Gli avrebbe scritto un biglietto. Sì! Perfetto.

Hermione si illuminò, come quando a scuola aveva scoperto il compito che svolgeva quel mostro a tre teste chiuso in una stanzetta proibita del terzo piano.

Qualsiasi risposta avesse ricevuto da Draco Malfoy, anche la più crudele e maleducata, sarebbe stata una palese spia sulle sue condizioni di salute (in fondo, un uomo morto o in fin di vita, non può di certo rispondere ad una lettera di cortesia)! Quindi, lei avrebbe ottenuto il suo scopo senza neppure sbilanciarsi a raccontargli alcunché.

Sì! Un biglietto era un buon compromesso, anzi... forse l'unico possibile.


 
***
 


Malfoy,
sono felice che stamattina alla Gringott tu abbia ricambiato il mio saluto! Mi ha fatto capire che la guerra è finita davvero, e con essa tutti i motivi per cui è stata combattuta. Ho sempre erroneamente pensato che non ci fosse rimedio al nostro odio ma, a volte, la vita è sorprendente.

Purtroppo non ho avuto modo di scambiare decentemente due parole con te perché avevo davvero una fretta incredibile, ma... mi piacerebbe molto sapere come stai! E nel frattempo colgo l'occasione per invitarti alla presentazione del mio libro, che ci sarà fra un paio di mesi al Ghirigoro! Più avanti ti comunicherò il giorno preciso.
Spero verrai, ci tengo! E magari chissà, avremo pure l'occasione di parlare civilmente... è una cosa che non abbiamo mai fatto in fondo...

Ti auguro una buona serata




Hermione Granger



Era trascorsa un'ora da quando il suo gufo aveva spiccato il volo diretto verso l'Inghilterra sud occidentale. Wallingford, in linea d'aria, non era affatto distante dalla vicina contea del Wiltshire, dove si trovava l'immensa tenuta dei Malfoy... perciò, un'eventuale risposta -sempre che ovviamente lui gliel'avesse spedita- non avrebbe dovuto tardare ancora molto.

La giovane strega era seduta a gambe incrociate sul letto, con il pigiama infilato in un paio di calzini orrendamente colorati, e fingeva di leggere Il Quidditch attraverso i secoli giusto per ignorare l'ansia:

Nel 1938 il mago Zacharias Mumps mise per iscritto la prima descrizione completa del gioco del Quidditch, e cominciò enfatizzando la necessità di misure antibabbani durante lo svolgimento: Scegliete aree di brughiera deserta lontane dalle abitazioni babbane e assicuratevi di non poter essere scorti durante il volo. Gli incantesimi respingi babbani sono utili se state allestendo un campo permanente. E' consigliabile inoltre giocare di notte.

Hermione sbuffò, tornando a pensare ad altro...

Non le importava se Malfoy le avesse risposto in modo scorbutico ed antipatico (come d'altronde era sempre stato abitutato a fare), a lei bastava soltanto sapere se stesse bene, così da poter mettere a tacere i timori sulla sua salute, e dimenticare una volta per tutte quell'incubo folle.

Riabbassò la testa e riprese la lettura:

Possiamo dedurre che l'ottimo consiglio di Mumps non venisse sempre seguito dal fatto che il Consiglio dei Maghi del 1362 mise fuorilegge tutti coloro che giocavano a meno di ottanta chilometri dalle città. Evidentemente la popolarità del gioco stava rapidamente aumentando, poiché...

Toc toc toc.
Un lieve bussare alla finestra interruppe la lettura di quel noioso quinto capitolo, ed Hermione chiuse di scatto il libro con il cuore in gola, per poi saltare subito in piedi e correre finalmente ad affacciarsi.

Il suo gufo postino -anche se con le piume tutte bagnate di pioggia- era tornato e, attaccato alla zampetta sinistra, aveva una piccola pergamena arrotolata.

Draco Malfoy aveva risposto.
Era vivo.

Le sue dita tremarono incontrollate mentre tirava via il piccolo nastro rosso che teneva legato il messaggio.
Come un'ingenua, voleva illudersi che quel tremore fosse causato soltanto dal puro e semplice sollievo sopraggiunto ai minuti di angoscia trascorsi, ma... in cuor suo sapeva bene che non era così. Lo sapeva che c'era qualcos'altro dietro! Era dovuto ad un'emozione inspiegabile e, in particolar modo, alla vergogna bruciante per ciò che aveva sognato di lui... i suoi baci, le sue carezze impudiche, il suo corpo virile, il sesso che avevano fatto.

Hermione avvampò, nonostante fosse completamente sola.



Granger,
non credevo che il mio viscido saluto avesse tanta importanza per una donna potente e conosciuta come te. Devo ritenermi lusingato?
Sarei quasi tentato di inviarti un mazzo di fiori, ma in quanto eroina del mondo magico, rischieresti di essere messa sotto accusa, per aver ricevuto regali da un mangiamorte pentito.


Lesse le prime righe con il cuore che le tamburellava frenetico.

Un mazzo di fiori! Malfoy non si era fatto molti scrupoli a regalarglielo per davvero, almeno nel sogno! Ed era stato pure dannatamente romantico...

L'agghiacciante coincidenza la fece deglutire, ma ricominciò a leggere, incredula per la lunghezza di quel biglietto di risposta.



Comunque... Perché mi chiedi se sto bene? Non credo affatto che la tua sia semplice cortesia! Conoscendoti, devi avere almeno un motivo, per pormi questa domanda. Tutto questo interesse improvviso per la mia persona mi insospettisce perecchio, Granger! Quindi, sputa il rospo.
Oh, aspetta aspetta! Forse ho capito... Ti manca da impazzire il modo "delizioso e perfettamente educato" con cui ti trattavo a scuola, ammettilo!




Ad Hermione, che era tornata a sedersi sul letto incrociando le gambe come una bambina, scappò una piccola risata.
L'auto-ironia di Draco Malfoy era una piacevole sorpresa.



Beh, se così fosse... sono sempre a tua disposizione per rinnovare le piaghe, dentona!
Ma non prendermi a schiaffi, te ne prego... ora non ci sono più ippogrifi innocenti da salvare! Ed io, non sono più così cattivo da condannarne uno solo per farti dispetto.




La risata genuina di Hermione si trasformò di colpo in un sorriso dolce, che tentò di coprire con una mano, come se qualcuno potesse vederla.

Tentò di analizzare quelle frasi, vergate in una calligrafia piccola ed ordinata -da perfetto aristocratico- e fu certa che dietro le parole un po' spavalde di lui, si nascondeva una velata richiesta di perdono.
C'era ancora speranza, allora!
Draco Malfoy era diventato un uomo, ed era cambiato.
Hermione ne fu felice.



Comunque...
Io e te parlare civilmente, dicevi? Mah, non credo di poterlo fare!
Beh, a meno che tu mi chieda umilmente scusa per avermi infastidito sette lunghi anni con la tua sola presenza! E per essere stata talmente brava nello studio da oscurare qualsiasi altro compagno di classe, soprattutto il sottoscritto che, nonostante l'impegno messo nel tentare di essere migliore di te in qualcosa, non c'è MAI riuscito (e, per questo, ti porta ancora un cocente rancore!).




Che lingua tagliente! pensò Hermione. Alcune cose di lui non sarebbero mai cambiate.
In ogni caso, decise di non prendersela: fra quelle righe in apparenza così arroganti, aveva notato anche una sottile e sana ironia, e forse addirittura il desiderio di farle sapere implicitamente che l'aveva disprezzata non tanto per il sangue, ma semplicemente perché era più intelligente di lui...

Era un'ipotesi più che plausibile, dato che fra le centinaia di nati babbani e mezzosangue che allora studiavano ad Hogwarts, Draco aveva tormentato con quel morboso accanimento soltanto lei!



Tornando a me, sì! Sto bene. E se proprio ci tieni... ci verrò, alla tua presentazione! Ma non aspettarti che mi metta in fila per chiederti l'autografo, sarebbe decisamente umiliante per il mio orgoglio!
Pensandoci bene però, credo che avremo il dispiacere di rivederci molto prima: tempo fa ho prenotato un biglietto in platea per la serata d'innaugurazione dell'Unicorno Bianco, e proprio oggi ho sentito dire che tu sarai la madrina d'onore! (Beh, ovvio!!! Chi altri potevano scegliere tra voi personaggi di spicco escludendo Potter e Weasley che sono chiaramente impresentabili?!).
Non trovi che il destino sia beffardo? Io, Draco Malfoy, con il marchio nero ancora ben visibile sul braccio, andrò ad ascoltare una nata babbana che sul palco inizierà senz'ombra di dubbio a sproloquiare di uguaglianza sociale, pace, diritti, amore, progresso, e apertura mentale.
Eeeh, la vita... questa grande puttana!
Ad ogni modo, ora ti auguro buona serata Granger! Sai, non vorrei rischiare di farti credere che il mio biglietto di risposta sia troppo colloquiale... d'altronde ho sempre quella vecchia reputazione di arrogante altezzoso da difendere!!!



Draco Malfoy


Hermione si rilassò impercettibilmente sdraiandosi a pancia in su fra le coperte, e riponendo il biglietto sul comodino.

Era tutto a posto! Malfoy stava bene, ed era pieno di presunzione come al solito.
Poteva dimenticarsi finalmente quel brutto sogno e sgomberare la mente da pensieri nefasti. Era come fare una bella pulizia, cancellare con lo straccio una lavagna fittamente scritta e piena di formule, azzerare la memoria di un pc, ricominciare daccapo una giornata andata male...

Buttò fuori dai polmoni un grande sospiro di sollievo e fissò il soffitto bianco, sgombero, totalmente rilassata.

Un piacevolissimo torpore la invase tutta dopo qualche minuto, così Hermione pensò di spegnere la luce e, sbadigliando, cercò la bacchetta fra le pieghe del letto: la trovò, semi-nascosta sotto il cuscino, e quando fece per afferrarla, percepì qualcosa di duro fra le sue dita che prima non aveva notato, e che adesso aveva cozzato contro il legno della bacchetta.
Aggrottò le sopracciglia, e si osservò la mano sinistra...

Sul suo anulare spiccava un vistoso anello d'argento con un serpente inciso sopra.

L'anello di Draco Malfoy.

Hermione spalancò gli occhi, terrificata.
C-Cosa diavolo...
Co-come era possibile una cosa simile?
Che cosa cazzo stava succedendo? Coooosaaa?
Quell'anello le era stato regalato nel sogno! Draco glielo aveva dato per aver perso una scommessa... per essersi innamorato di lei! Ma tutto ciò era avvenuto SOLO nella sua testa. Come faceva ad avercelo per davvero?

Merda.
Il respiro le si fece rapido e affannato, il cuore iniziò a battere disperato, il viso perse ogni colorito sano, il corpo fu scosso da tremori incontrollati, il cervello prese a cercare una raffica di risposte plausibili.

Hermione si sollevò a stento dal letto in stato confusionale: intorno a lei tutto sembrava girare, oscillare, farsi improvvisamente sfocato.

"Mio Dio! Mio Dio mio Dio mio Dio ti prego, dammi una spiegazione razionale!" Boccheggiò impaurita.

Com'era possibile tutto ciò?
L'anello di Draco non doveva essere lì, attorno al suo anulare! Era assurdo.

Era paradossale.

Sembrava un incubo infinito.
Ma allora qual era il vero sogno?
Quello dal quale credeva di essersi svegliata, oppure questo qui?

Una debolezza incredibile la investì, facendola vacillare e chiudere le palpebre di colpo...

Prima di perdere completamente i sensi però, Hermione udì la risata agghiacciante di un bambino riecheggiare più volte... ma non riuscì a capire se quell'eco proveniva dalla camera da letto, o direttamente dalla sua testa.

Infine, il buio.

Continua...




-Si muore tutte le sere, e si rinasce tutte le mattine: è così! E tra le due cose, c’è il mondo dei sogni. (Henri Cartier-Bresson)

-Sognare permette a ciascuno di noi di essere tranquillamente e veramente folle, ogni notte della nostra vita. (William Dement)

-Tutto quello che vorresti o non vorresti vivere, i tuoi sogni l’hanno già conosciuto. (Stefano Lanuzza)

-Fai vedere al tuo sogno che veramente ci tieni ad incontrarlo, senza pretendere che lui faccia tutta la strada da solo per arrivare fino a te, poi... le cose accadono. I sogni hanno bisogno di sapere che siamo coraggiosi. (Fabio Volo)

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Capitolo 30
*** Il filo rosso del destino ***



Capitolo 30
-Il filo rosso del destino-


 

Ministero della Magia. Ufficio Misteri.

L'ultimo frammento del quadro maledetto di Gellert Grindelwald, si carbonizzò, cadendo a terra in uno sfrigolio di scintille aranciate.

Era tutto finito.

L'Obscurus, o quel poco che era rimasto di lui, si ritirò improvvisamente, liberando pure il corpo di Hermione Granger dal suo terrificante abbraccio.
Egli, con le ultime forze malefiche, aveva provato a prendersi gioco di lei un'ultima volta, catapultandola in un sogno delirante in cui le aveva fatto credere di non aver mai vissuto l'ultima parte della sua vita.
E sarebbe riuscito ad immergercela così completamente, in quell'incubo, da non farla mai più svegliare... ma Harry Potter aveva capito come distruggerlo, ed era stata la fine.

Le sue spire fumose svanirono nell'aria; l'elettricità che di solito lo accompagnava scomparve; la sensazione di gelo e di angoscia che provocava di solito negli esseri viventi, si volatilizzò.

Era tutto finito.

Harry chiuse gli occhi, ringraziando mentalmente Dio, mentre la risata demoniaca del bambino riecheggiò nella sala sempre più debole, fino a non sentirsi più.
L'Ardemonio si era placato: gli Auror erano riusciti a domarlo.

Era tutto finito. Per davvero, stavolta.

Io odiavo le fini. Nelle fini le cose si devono sempre, nel bene o nel male, mettere a posto.

Dopo tutto il caos, un silenzio pacifico aveva invaso l'Ufficio Misteri, un silenzio calmo, tranquillizzante: la quiete dopo la tempesta.
Hermione si svegliò dalla trance sbattendo gli occhi rossi di pianto. Che diavolo era successo? Aveva sognato?
Boccheggiò sconvolta.
Era stata tutta un'allucinazione?
Forse quella creatura infame aveva provato a giocarle l'ultimo scherzo prima di morire, entrando nella sua mente provata, per farla impazzire. Cercò di riprendere il contatto con l'ambiente circostante sbattendo le palpebre: era confusa ed incredula.
Hermione non capiva quasi più quale fosse la realtà. Quando provò a guardarsi attorno però, riconobbe l'Ufficio Misteri, e la verità le crollò addosso impedendole quasi di respirare. Era stato tutto autentico, fino alla fine... fino al momento in cui era arrivata di corsa al nono livello del Ministero ed aveva sentito un Auror dire: "E' morto? E' morto o no, dannazioneee?!" Ed un altro rispondere: "Credo di sì!"

Sì, era stato solo un sogno quello di ritrovarsi a casa, con Pepper che svolazzava in salotto e lei che mandava un gufo di convenevoli ad un Malfoy quasi estraneo.

Hermione era ancora premuta contro il petto caldo di Harry che cercava di rassicurarla come sempre. Ricordò che una scena simile era avvenuta anche il 2 maggio del lontano 1998, sullo sfondo di un castello semi-distrutto e pieno di morti: si erano abbracciati per farsi forza, sigillando il patto di un'amicizia eterna come l'universo stesso. Allora però era ancora una ragazzina con tanta voglia di ricominciare, perciò le era stato piuttosto facile rimboccarsi le maniche per andare avanti; ma adesso... non sarebbe stato come quella volta! Ora rialzarsi in piedi ed affrontare di nuovo il futuro, era molto più difficile.
Hermione, questa volta, aveva perso nella battaglia qualcosa di più: aveva perso un pezzo di cuore.

Aveva perso l'amore della sua vita.

Le cedettero le gambe, nel momento esatto in cui la realtà la travolse in tutta la sua spietatezza: Draco era davvero morto.
D'ora in poi non avrebbe più potuto lottare per quel loro sentimento tormentato, o sbuffare per il suo carattere difficile, per il suo lato così arrogante, asociale, menefreghista, irascibile, sprezzante; o mandarlo al diavolo quando lui prendeva malignamente per il culo i babbani; o sbattergli in faccia la sua ottusità da aristocratico purosangue; o consolarlo nei suoi momenti di depressione più nera; o farlo incazzare quando gli chiedeva di stipendiare il suo elfo domestico liberandolo di fatto dalla schiavitù! O amarlo disperatamente, ogni volta come se fosse l'ultima.
Quasi quasi avrebbe preferito rimanere intrappolata in quella specie di incubo che il bambino maledetto (per pochi minuti) era riuscito ad instillarle nella mente... perché lì almeno, Draco era ancora vivo, anche se la disprezzava come al solito.

Da qualche parte della sala intanto, si sentì Shacklebolt iniziare ad abbaiare ordini con voce profonda:
"Sigillate l'entrata dell'Ufficio Misteri! Impedite a tutti di entrare. Confondete con un incantesimo chi è troppo insistente. Rimettete in ordine e riparate ciò che può essere riparato! MUOVERSI! MUOVERSI!"

Hermione ascoltava le disposizioni di Kingsley come se esse arrivassero da molto lontano, attutite, un po' ovattate, e si lasciò trascinare da Harry verso l'uscita senza più alcuna energia. A cosa sarebbe servito dibattersi, in effetti? Aveva perso perfino la forza di camminare, tanto era il dolore.
Si sentì talmente vuota che di colpo comprese VERAMENTE quale potesse essere la sensazione di venire baciati da un dissennatore. Ne percepì tutta sciagura, la tristezza, la vacuità, il concetto del NIENTE che ti aspetta da vivere fino all'ultimo respiro.
Forse d'ora in avanti si sarebbe crogiolata in una sorta di apatia continua, di disillusione, di gelo profondo. Sarebbe divenuta una di quelle donne spietate votate solo alla carriera, senza affetti, senza alcuna compagnia.
D'altronde, come poteva tornare ad amare ancora?! Amare di nuovo?! Follia.
No, no no no. Mai più.

Si ama davvero, profondamente, con tutta l'anima, una sola persona nella propria vita. E lei questo amore lo aveva già provato.

Hermione ricordava che c'era una leggenda babbana, da qualche parte dell'oriente... essa narrava di un filo rosso che legava le anime gemelle indissolubilmente. Un filo indistruttibile, lunghissimo ed invisibile, allacciato al mignolo della mano sinistra di ognuno, e che non teneva conto né della distanza, né dell'età, né della classe sociale! Quel filo, da solo, era capace di tenere unite le persone destinate a stare insieme... anche se esso, a volte, era così lungo da aggrovigliarsi ed intrecciarsi in strani nodi.
Lei lo aveva visto, il LORO filo, con gli occhi della mente: era sottile, carminio, in apparenza fragile, e talmente lungo ed attorcigliato, da farla disperare. Eppure, con estrema pazienza, quei nodi era riuscita sempre a scioglierli. Cos'era successo all'improvviso?!
Si era spezzato irreparabilmente. Così, di colpo. Perché, maledizione??? Forse non era vero allora che quel filo fosse poi così resistente come la leggenda narrava! Aveva ceduto troppo presto... non aveva resistito alle continue pressioni.
Dov'era, adesso, l'amore eterno? L'amore che supera ogni scoglio, l'amore che dà pace all'anima?

Tutto finito.

Hermione ora aveva bisogno solo di andare a casa. Voleva chiudersi nel suo dolore, al buio della sua camera, senza parlare, senza mangiare, senza dormire, e magari senza respirare.

Si lasciò trascinare senza neppure notare che il grande Capo degli Auror era distrutto tanto quanto lei: la morte di Malfoy gli aveva lasciato un buco in mezzo al petto che difficilmente si sarebbe rimarginato!
Draco Malfoy, in fondo, era stato il suo miglior nemico...


"Per tutto il treno vanno dicendo che Harry Potter si trova in questo scompartimento. Sei tu?"
"Sì!" Disse Harry.
"Io mi chiamo Malfoy. Draco Malfoy."
Ron diede un colpetto di tosse che avrebbe potuto benissimo dissumilare una risatina. Draco Malfoy lo guardò.
"Trovi buffo il mio nome, vero? Non c'è bisogno che chieda a te come ti chiami. Mio padre mi ha detto che tutti i Weasley hanno i capelli rossi, lentiggini e più figli di quelli che si possono permettere."

Si rivolse di nuovo ad Harry: "Non tarderai a scoprire che alcune famiglie di maghi sono migliori di altre, Potter. Non vorrai mica fare amicizia con le persone sbagliate?! In questo posso aiutarti io."
Allungò la mano per stringere quella di Harry, ma lui non la prese.
"Credo di esser capace di capire da solo chi sono le persone sbagliate, grazie." Gli rispose gelido.


Era iniziato tutto così, fra loro: con una mancata stretta di mano ancora indelebile nei suoi ricordi.
Chissà cosa sarebbe successo se quella mano gliel'avesse porta, pensò ora: forse tante cose, o forse proprio niente! In fin dei conti, erano stati smistati comunque in due case diverse, uno a Serpeverde, l'altro a Grifondoro.


"H-Harry... Harry aspettate un attimo!"
Mentre gli Auror correvano a destra e manca per affrettarsi ad eseguire gli ordini del Primo Ministro, la voce di Ron si elevò un po' timida sul rumore sommesso che essi stavano facendo.
Aveva gli occhi sgranati, e puntava il dito verso un punto preciso. Il suo amico non se ne curò particolarmente, e continuò a guidare Hermione verso la porta.

"HARRY!" Tuonò Ron più forte.

"Porto via Hermione Ron, torno subito!" Gli rispose il cognato leggermente snervato.

"NO, CAZZO! Devi darmi retta ORA!"

Harry si voltò di scatto per dirgli di non fare il cretino, per dirgli che non era il momento di impuntarsi come un ragazzino, di non essere petulante, ma... ciò che Ron gli indicò -con la faccia stravolta dallo stupore- lasciò senza fiato anche lui: sul pavimento pieno di cenere, cocci, resti di oggetti ormai indefinibili e scaffali crollati... proprio lì dove Malfoy giaceva TEORICAMENTE morto, c'era un uomo vivo.


Draco era seduto per terra con i gomiti poggiati stancamente sulle ginocchia, e si teneva la testa fra le mani, esausto. Non si era neanche accorto che tutti si erano fermati a guardarlo come fosse un fantasma appena uscito dal suo corpo mortale. Lui stava soltanto cercando di riconnettere, di capire cosa diavolo gli fosse successo: si sentiva così male che era certo che qualcuno lo avesse riempito di botte. Tremava, era sudato, scottava, ed era estremamente confuso.
Si strofinò il viso stanco, cercando di schiarirsi la vista e le idee, finché ricordò di essere stato travolto dall'Obscurus, alla fine della battaglia: ecco il motivo dei tremori e del sudore! Sollevò gli occhi di corsa per sapere come fosse andata a finire, e quel che vide lo confuse ancor di più: Weasley era sconvolto e lo guardava come si guarda un dissennatore in procinto di baciarti; Hermione -bianca come uno straccio- aveva il viso inondato di lacrime e sembrava aver appena assistito alla resurrezione del Signore Oscuro; Potter invece gli stava puntando la bacchetta di sambuco contro, accompagnato da un'espressione indecifrabile ma determinata.

-Oh, signore, lei sa bene che la vita è piena d’infinite assurdità, le quali sfacciatamente non han neppure bisogno di parer verosimili; perché sono vere.

Forse è inutile dire che il cuore di Hermione Granger ebbe un tuffo nel vederlo respiare e muoversi. E che tutto intorno a lei divenne inconsistente per un momento, come se nient'altro fosse importante.


"D-Draco!"
La voce infatti, le era uscita dalla gola incerta, timida. Quasi incredula.
Chi ama, crede nell’impossibile. E per lei, l'impossibile era successo.


Dio santo! Stava pensando intanto Draco: poteva, il pianto, renderla ancora più bella di ciò che era?
Aveva una maledetta voglia di alzarsi da quel cazzo di pavimento e stringersela addosso fino a farle male. Però non ce la faceva, gli mancavano le forze, e lei continuava a piangere, mentre lui non capiva il perché: gli Auror stavano rimettendo a posto i danni, e il quadro era completamente bruciato, per cui... doveva essere per forza tutto finito! Si disse.
Poi la vide scattare verso di lui, con gli occhi gonfi ed un impercettibile sorriso ad incresparle le labbra... e Draco la attese, pronto a prenderla fra le braccia e dirle che non sarebbe più scappato da lei, da loro. Dall'amore in generale. Che era stufo di tormentarsi per un passato di cui non importava più niente a nessuno; che non gli faceva più paura vivere alla luce del sole; che la voleva con tutta l'anima; e che se ci fossero stati ancora problemi fra loro, fanculo...  li avrebbero risolti insieme!

"FERMATI HERMIONE!"
Potter la bloccò, afferrandola per un braccio con un movimento brusco e facendola quasi sbilanciare.

Scese il silenzio.

Ma che cazzo voleva quel deficiente? Draco digrignò i denti, provando a sollevarsi. Ci riuscì con fatica, e si rimise in piedi barcollando, instabile.

Hermione era allibita, aveva le guance rosse ancora rigate di lacrime. Li guardava alternativamente, lui e Potter, senza sapere cosa fare.
Perché mai doveva fermarsi? Si stava chiedendo lei, mentre prendeva ampi respiri per calmarsi.
Draco era vivo. VIVO!
Era come se il sangue avesse ricominciato a circolarle nelle vene dopo un lungo stop.
L'Obscurus NON lo aveva ucciso; lo aveva soltanto travolto e poi lasciato crollare a terra senza sensi. E tutti loro, come stupidi, si erano convinti l'avesse ammazzato! CHE IDIOTI.
Si asciugò il viso bagnato con la manica della camicetta chiara, sporcandola un po' di mascara, e dopo provò a liberarsi dalla presa ferrea dell'amico, che ancora la teneva ferma.

"Lasciami andare da lui, Harry!" Affermò, determinata.
"Non posso, Hermione!"
"Ma perché, dannazione?!?!?" Si innervosì lei.
"Devo essere sicuro!"
"Sicuro di COOOSA?!" Sbraitò la ragazza, disperata. "Non lo vedi?! Ha bisogno d'aiuto!" Gli occhi le si erano di nuovo riempiti di lacrime.

In effetti, Draco riusciva malamente a reggersi in piedi, aveva le occhiaie, ed il suo volto normalmente già pallido, era del tutto cadaverico.
Harry però non poteva lasciare nulla al caso: ricordava ancora la capacità del bambino maledetto di mutare forma e di diventare umano, come quella volta che aveva picchiato Hermione nel suo ufficio, spacciandosi per Malfoy. E se fosse stato ancora lui? L'Obscurus!?!
Era sicuro che il demone fosse stato distrutto insieme al quadro, ma aveva bisogno della certezza assoluta! Allora si voltò di scatto verso Malfoy e gli abbaiò contro:
"Chi sei?" Puntandogli la bacchetta di sambuco contro.

Draco sgranò gli occhi, allibito.
"Che vuol dire chi sono, Potter?!" Gli rispose infatti, interdetto. Si sentiva stanco, tremava ancora leggermente, e quell'insinuazione lo stava seccando parecchio.

"Tu non sei Malfoy!" Tuonò l'Auror più forte.

"Harry... ti prego!" Gemette Hermione. "E' lui, certo che è lui! Non preoccuparti, non corro alcun pericolo. Lasciami andare, ti scongiuro."

"Tu sei pazzo, Potter." Sputò Draco, nero di rabbia. "E abbassa quella dannata bacchetta!" Disse con il fiatone.

"Prima dammi una prova che sei tu!" Insisté Harry, senza minimamente accennare a rinfoderare l'arma.

"E che cazzo vuoi che faccia, eh!?" Gridò Draco, che si stava già stancando di quel teatrino ridicolo.
Dopotutto, Potter aveva sempre avuto la fantastica capacità di farlo uscire dai gangheri: non era affatto una novità per lui.

"ABBASSA. QUELLA. DANNATA. BACCHETTA." Ripeté quindi con voce profonda ed alterata.

"Tu provami la tua identità." La voce di Harry era estrememente risoluta.

"Falla finita." Ribadì l'altro.

"No!"

Erano ai ferri corti, sarebbe bastata una parola di troppo a far scoppiare il putiferio.

Ron ed Hermione avevano indietreggiato, guardandosi sbigottiti negli occhi.

"ABBASSALA, ho detto!"

"Non mi fanno paura le tue patetiche minacce, Malfoy! Io devo appurarmi che sia davvero tu, e non cederò solo perché ti senti leso nell'orgoglio."

"Io non ho da dimostrarti proprio niente!" Sputò furibondo Draco, che aggiunse, velenoso: "Dio.... Che sia mille volte maledetto il giorno in cui ti salvato le chiappe a casa mia facendo finta di non riconoscerti!"

Si riferiva al periodo della guerra, rifletté Harry. A quando i Ghermidori lo avevano catturato insieme a Ron ed Hermione in mezzo alla foresta, per portarli subito a villa Malfoy. Era vero: erano scampati da morte certa solo grazie a lui, che -chissà perché- aveva finto di non averli mai visti.

"Vaffanculo, Potter... sei sempre stato un manico di scopa ficcato su per il culo!" Aggiunse il ragazzo, stizzito.

Sì! Era lui. Era davvero Malfoy! S'illuminò l'Auror, mentre senza troppa preoccupazione adocchiava il biondo piegarsi sulle ginocchia ed afferrare la propria bacchetta abbandonata sul pavimento.

Draco era un fascio di nervi. Purtroppo, vedere Potter che lo teneva sotto tiro come se fosse stato un Asticello indifeso, gli aveva annebbiato il cervello a tal punto che (proprio mentre l'altro si rilassava, ormai certo che Malfoy fosse davvero Malfoy) si ritrovò a gridare:
"EXPELLIARMUS!"

Draco si era rotto il cazzo di quella bacchetta puntata contro neanche fosse stato un evaso di Azkaban! Si era rotto il cazzo di dover dare sempre spiegazioni a qualcuno! Si era rotto il cazzo di sopportare e sottostare all'autorità di Potter e del potere che aveva sugli altri; e si era rotto il cazzo pure di stare lì dentro, quando tutto ciò che il suo corpo stremato gli stava chiedendo, era di andare a casa per buttarsi sul letto. Lo aveva disarmato, senza stare troppo a pensarci su. Un gesto istintivo, che risultava spesso ordinario di fronte ad un nemico. Quasi involontario. IMPULSIVO.

Un Expelliarmus... e come al rallentatore, la bacchetta di sambuco volò via dalle mani di Harry, seguendo un'ampia parabola sotto gli sguardi scioccati di tutti. Ci vollero un paio di secondi, prima di vederla cadere sul pavimento di pietra pieno di cenere e resti indefinibili di manufatti bruciati.

Poi, calò il gelo.
Nessuno aprì più bocca. Kingsley Shacklebolt smise addiritura di abbaiare ordini, e decise di seguire le scena.

Gli altri erano rimasti immobili a guardare Malfoy con gli occhi leggermente sgranati; e per un tempo apparentemente lunghissimo, Draco non capì affatto il motivo di quella bizzarra reazione. Perfino Potter aveva smesso di blaterare le sue idiozie!
Si sentì d'improvviso fuori posto, come se avesse fatto qualcosa di profondamente errato che andava oltre il semplice disarmo.
Era letteralmente circondato da persone che lo guardavano male! Oddio... non che non fosse abituato a ricevere trattamenti simili! Solo che era palese ci fosse qualcosa di sbagliato in ciò che aveva fatto, anche se non sapeva bene cosa.

Fu travolto da un senso di totale impotenza.

Era forse quella l'impressione che provava Toby ogni volta che veniva rimproverato da lui e da suo padre?
Poteva pure sembrare assurdo ma, per un istante, il ricco, potente, e altezzoso Draco Malfoy empatizzò con il suo elfo domestico, capendo perfettamente la tendenza che quello aveva di piangere e di darsi pugni sulla testolina spelacchiata quando sbagliava a servirlo. Se non avesse rischiato di farsi prendere per pazzo da Hermione, anche lui si sarebbe andato a chiudere le orecchie nel forno, in quel momento!!! Così si ripromise solennemente di schiavizzarlo un po' meno, e magari di allungargli un paio di zellini a settimana, giusto per mettersi in pace con la coscienza.

"Draco!!!"
Una voce lo chiamò. Era lei. Lo aveva invocato con l'aria turbata. O forse no, non lo stava propriamente invocando, gli sembrò più che altro che lo stesse SGRIDANDO, sì!
Ok... era arrivato il momento di capire cos'era che aveva fatto, di tanto oscenamente sbagliato.

"T-Tu... tu hai disarmato Harry!!!" Gli disse lei, spalancando gli occhi per lo shock.

Lui si guardò attorno, aggrottando le sopracciglia e, nello stesso tempo, stringendo i denti per un giramento di testa dovuto alla debolezza.
"E con questo?! Non gli ho mica lanciato una Cruciatus!" Le rispose attonito.

"Ooh Merlino!" Si intomise Ron, sbuffando in direzione del soffitto. "E' deficiente, parola mia!" Mormorò poi, convinto.

Draco riacquistò di colpo tutto il colorito perso e, a fatica, sputò: "Ripetilo, Weasley!" Pronto pure ad un duello, se fosse stato necessario.

"Certo che te lo ripeto! Sei un defic..."
"SMETTETELA!" Tuonò Harry, che dopo essersi passato le mani fra i capelli più e più volte, era riuscito a darsi una calmata. Intanto aveva raccolto la bacchetta da terra e, senza dire nulla, l'aveva offerta a Malfoy...

"C-Cosa significa, Potter? Come mai la stai dando a me!?!?" Gli domandò lui, frastornato. Poi guardò Hermione negli occhi, e si accorse che aveva un'espressione strana, come se avesse timore di lui; e ciò lo mandò in bestia: "Si può sapere che cazzo avete tutti quanti?! E perché siete impalliditi?!"
Non gli rispose nessuno sulle prime, solo il silenzio.

Il Ministro della Magia intanto, prese a riflettere sull'eventualità di arrestare tutti quanti, soprattutto Malfoy, per i danni che avevano procurato all'Ufficio Misteri...

Dopo qualche secondo, con un sospiro profondo, Hermione si decise a parlare: "La bacchetta di sambuco, Draco! Disarmando Harry, sei tornato ad esserne il proprietario. E' così che funziona."

Cazzo.
Draco era di nuovo il proprietario dell'arma più potente che da secoli circolava in tutto il mondo magico. Ma il problema, era che lui non aveva minimamente pensato di disarmare Potter per appropriarsene! Se n'era dimenticato. Non l'aveva fatto di proposito. Ed ora non sapeva cosa fare.
Era stordito.
"E'... p-per questo che... c-che all'improvviso avete paura tutti quanti!?" Balbettò, indignato. "Voi... Voi siete convinti che io l'abbia fatto apposta, non è così?"

Gli altri abbassarono lo sguardo, colpevoli; Hermione invece, un pochino più determinata, farfugliò qualcosa senza senso: "N-No, Draco! Non... è solo... cioè..."

In realtà, Hermione era stata investita da una profonda inquitudine; era CERTA che lui non avesse minimamente pensato alle conseguenze di quel gesto impulsivo: in ciò gli credeva ad occhi chiusi. Ma il rischio era che il potere immenso della bacchetta gli desse alla testa... lui che era così debole, solo, e criticato da tutto il mondo magico.

Draco però non capì, e la guardò malissimo. Poi, rosso in volto, strepitò:
"Cosa credete che ci debba fare con la bacchetta di sambuco, eh??? Il novello Signore Oscuro!?!"

"No, Draco... ovvio che no." Gli disse Hermione timidamente, avvicinandosi a lui. Sorrise appena, per trasmettergli sicurezza, e provò a spiegargli cosa la turbava davvero: "Noi quest'arma la conosciamo molto bene... e lo sappiamo QUANTO è pericolosa! Nel corso dei secoli, in nome di essa, sono stati commessi i peggiori crimini, Draco! E chiunque l'ha posseduta è stato costretto a prendersi responsabilità il più delle volte troppo grandi da sopportare, oltre ad accettare tutti i rischi che comportava esserne proprietari. Molti maghi sono morti, per colpa sua. La sua storia è costellata di dolore, violenza, e sangue. Silente è stato l'unico mago della storia a riuscire a gestirla!"

Draco fuggì il suo sguardo, interdetto, ed ancora troppo offeso per quella mancanza di fede che tutti avevano ancora nei suoi confronti. Era davvero così difficile dargli un minimo di fiducia? Eppure aveva cercato in tutti i modi di dimostrare che non desiderava più il male, quello vero.

"Ho bisogno di andare via." Disse allora, in tono basso, cupo. Non ce la faceva più a stare in piedi, con i tremori che ancora gli scuotevano il corpo... ed aveva un estremo bisogno di riflettere.
Hermione accennò a volerlo seguire, ma lui la gelò, scuotendo il capo: "No. Da solo."

Da solo.

E se ne andò così, in silenzio, le spalle curve, la bacchetta di sambuco ancora fra le dita, ed una profonda delusione nello sguardo.

Kingsley Shacklebolt non lo fermò. Dopo aver meditato intensamente, aveva deciso di lasciarlo andare dall'Ufficio Misteri con un sospiro comprensivo. Non lo avrebbe arrestato. E non avrebbe arrestato nessuno di loro. Non lo meritavano.



Continua...






-Io odiavo le fini. Nelle fini le cose si devono sempre, nel bene o nel male, mettere a posto. (Niccolò Ammaniti)

-Oh, signore, lei sa bene che la vita è piena d’infinite assurdità, le quali sfacciatamente non han neppure bisogno di parer verosimili; perché sono vere. (Luigi Pirandello)

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Capitolo 31
*** Prendere un the, e ribellarsi al sistema ***


Capitolo 31
-Prendere un the, e ribellarsi al sistema-




Matlock, Derbyshire. Ore 09,30 del mattino.

Il cottage adagiato sulle verdi colline inglesi, cominciava timidamente a risplendere dei piccoli indizi della primavera: qualche fiorellino di campo spuntava qua e là sul prato, gli insetti cominciavano a ripopolare i cespugli, l'aria non odorava più del fumo dei camini sempre accesi; i tipici mattoncini rossi della casetta erano ancora leggermente umidi della brina notturna, e tutti i vetri delle finestre erano appannati per il trasudo.

In quell'atmosfera di pace rurale, spezzata di tanto in tanto dal canto squillante degli scriccioli, improvvisamente un piccolo elfo domestico tirò le tende della camera da letto per far entrare la luce accecante del sole, ed un giovane uomo biondo borbottò qualcosa sprofondando la faccia fra i cuscini.

"Padrone! Ho lasciato colazione sul tavolo del soggiorno. Io devo tornare a villa Malfoy, altrimenti mi scopriranno!"

Draco aprì gli occhi assonnati: "Va bene, Toby." Gli rispose serio, dopo un lungo silenzio.

L'elfo fece un piccolo inchino e si allontanò dalla finestra, sospirando tutto addolorato: il suo padrone non sorrideva più da almeno una settimana! All'incirca da quando si era venuto a nascondere in quel cottage a Matlock... e lui odiava vederlo così, senza un briciolo di vitalità in corpo!

Toby non aveva la più pallida idea del motivo che aveva spinto l'uomo a cercare rifugio in un luogo tanto distante dal Wiltshire, e neanche del perché egli non volesse vedere nessuno; sapeva solo che il giorno della pumpkin pie rimasta intatta, il giovane era rientrato alla villa tutto sconvolto, nervoso e anche confuso; aveva lasciato un biglietto a Lady Narcissa dicendole che sarebbe stato via per un po', poi aveva preso qualche effetto personale ed era sparito, chiedendo a lui di aiutarlo senza dare nell'occhio, e soprattutto ordinandogli di non rivelare ad anima viva la sua collocazione.
Ovviamente non c'era bisogno di aggiungere che l'elfo aveva rispettato scrupolosamente tutte le direttive (anche quando la tentazione di informare qualcuno in particolare, si era fatta allettante...)!
Draco Malfoy, nel bene e nel male, era la sua unica famiglia, e Toby gli era molto affezionato nonostante fosse perfettamente consapevole di non essere ricambiato in egual misura. Però a lui non importava... non gli era MAI importato! Aveva sempre servito il padrone con il più leale rispetto, con la più fervida devozione, senza chiedere nulla in cambio. Il solo fatto di essere stato accolto in casa sua quando anni fa si era presentato affamato e stanco in cerca di lavoro, gli sarebbe bastato per tutta la sua misera vita.


Il vero affetto è un legame che comporta una devozione molto più profonda di ogni altra. È come una pianta che cresce lentamente sotto le cui fronde possiamo ripararci dalla pioggia.


"Toby!" Biascicò il giovane, ancora avviluppato nelle lenzuola di cotone. "Mi hai portato altri vestiti come ti avevo chiesto?!"

"Sì, padrone! Messi già nell'armadio!" Si affrettò a rispondere l'elfo, soddisfatto della sua efficienza.



Dopo gli ultimi avvenimenti all'Ufficio Misteri, Draco se n'era andato via in uno stato mentale decisamente turbato.
La bacchetta di sambuco sembrava bruciargli fra le mani neanche fosse un tizzone ardente, e lui non sapeva proprio che farsene. Ne aveva paura ma, allo stesso tempo, ne era pure affascinato.
Però non era quello il problema vero! No.
Draco, fondamentalmente, aveva scelto di sparire dalla circolazione più che altro perché quel giorno al Ministero, gli occhi di tutti lo avevano guardato con sospetto, timore, diffidenza... compresi quelli di Hermione. Era questo, che non era riuscito a sopportare!
Lui non aveva disarmato Potter per prendersi volontariamente la bacchetta di sambuco!!! Era stato solo l'istinto a farlo reagire con un Expelliarmus. Se solo quel cretino non gli avesse fatto girare i coglioni, non ci sarebbe stato alcun equivoco! E quindi nemmeno lei avrebbe avuto da che pensar male.
Cazzo... gli faceva rabbia, essere creduto capace di una simile azione sulla base dei soliti eventi passati! Così aveva scelto di sparire, per paura di essere sopraffatto da sentimenti rabbiosi e commettere sciocchezze di cui poi si sarebbe pentito.

Andarsene, e cercare un po' di solitudine. Una solitudine che aveva trovato in quel piccolo cottage di sua proprietà nel Derbyshire.


In nessun luogo l’uomo può trovare un rifugio più tranquillo o più sereno che nella sua anima.


Draco non era mai stato un uomo sapiente, aveva sempre avuto come lava incandescente nelle vene, pronta ad eruttare al primo bollore, perciò... allontanarsi da tutti si era rivelato davvero l'unico modo per sbollire la rabbia cocente e frenare reazioni troppo istintive.
Era questo infatti, che gli aveva sempre rovinato la vita: l'impulsività.
Draco era facile all'offesa, all'ira, alla gelosia, alla vendetta...
Tutti gli errori più imperdonabili li aveva commessi a causa di queste sue cattive attitudini; perfino il marchio nero che sfregiava il candore del suo avambraccio, era derivato dalla sconsideratezza che lo animava di solito.
Doveva imparare a riflettere, per non fare più stronzate irreparabili.
A trent'anni non poteva più permettersi errori.
DOVEVA DECIDERE.
Dinanzi a sé aveva la bacchetta di sambuco, ed un futuro potenzialmente pieno di gloria (a conti fatti, il futuro che da adolescente aveva bramato con tutto il suo essere)!
Quel bastoncino invincibile e leggendario infatti, gli avrebbe spalancato tutte le porte, avrebbe fatto tremare di paura le genti, lo avrebbe innalzato sopra ogni altro mago, e gli avrebbe reso con gli interessi tutto il rispetto che meritava!
Una vita piena di rivincite quindi... a parte ovvimente qualche aspetto negativo, che essere il possessore di un'arma simile gli avrebbe di certo procurato: in primis quel deprecabile delirio di onnipotenza che anima tutti gli uomini con un minimo di rilevanza e posizione sociale, e poi il cinismo, la freddezza, e più in generale la disumanità.
Avere in mano la bacchetta delle bacchette, lo avrebbe fatto diventare ancor più bastardo di prima probabilmente! Ma i vantaggi... i vantaggi erano così allettanti che Draco credeva fermamente che ne valesse la pena.

Beh... se solo avesse saputo come metterla con l'amore, ovvio!
Un sentimento con il quale anni fa non aveva fatto i conti, ma che ora si stava fastidiosamente piazzando davanti al suo cammino come fosse stata una delle ardue prove del torneo tremaghi.


Temere l’amore è temere la vita, e chi ha paura della vita è già morto per tre quarti.


Draco aveva la sensazione fastidiosissima di trovarsi idealmente davanti ad un bivio: realizzare finalmente i suoi sogni di grandezza e mandare a puttane l'amore, oppure sbarazzarsi della bacchetta di sambuco ed accettare di essere un uomo fallibile come chiunque altro.

In pratica... doveva scegliere tra una bacchetta, e una donna. Merda!

Si mise seduto sul letto, strofinandosi nervosamente la faccia, e prima che il suo elfo si smaterializzasse a casa, gli chiese in fretta: "Mia madre ha chiesto di me?!"

Un paio di orecchie grigiastre e un po' pelose si drizzarono: "Sua madre prova a chiedere di lei tutti i giorni, padrone!" Gli rispose Toby. "Ma io sono bravo, faccio finta di non avere informazioni." Concluse.

Draco stirò i muscoli delle gambe scompigliandosi i capelli, per poi tornare a domandare, stavolta fingendo una certa indifferenza: "Sai se mi ha cercato pure qualcun altro?"

"Sì." Disse subito l'elfo.

"Chi?" Replicò di corsa lui, la cui ansiosa sollecitudine era troppo sospetta per appartenere ad un uomo che proclamava di voler stare da solo, indifferente a tutto e tutti.

"Il signor Potter, Signore."

Draco sospirò deluso. Che si aspettava? Cosa pretendeva dopo essersi comportato come un Ghoul maleducato e ignorante? Era sempre il solito cretino a voler credere che... che...

Fanculo! Pensò poi. Sollevò bruscamente le coperte e si alzò dal letto mettendo da parte i suoi pensieri stupidi, e si preparò per affrontare un'altra giornata del cazzo passando il tempo a rigirarsi la bacchetta di sambuco fra le dita, senza saper distinguere la strada migliore da percorrere per non rischiare di rovinarsi il futuro.

"Padrone!?"

Il ragazzo si voltò a guardare in basso sollevando un sopracciglio, scocciato: "Sei ancora qui, Toby?! Non stavi per andartene?!"

L'elfo sembrava volesse trattenere improvvisamente un'inspiegabile euforia, e saltellava sul posto come un cagnolino che aspetta la sua razione di croccantini.
Toby si era appena ricordato una cosa importantissima, una cosa che avrebbe rallegrato il suo padrone... (anche se, conoscendo il suo perfetto aplomb da aristocratico sprezzante, non avrebbe mai lasciato trapelare alcuna scintilla di gioia).

"Beh? Che hai?" Aggiunse Draco in tono insofferente, per sollecitarlo.

"Ecco, vede..." Disse allora Toby, esitante: "Mi ha scritto signorina Granger, l'altro ieri. Sì, proprio a me!"
Aveva l'espressione gioiosamente incredula il piccolo elfo, che riprese subito: "Su intestazione di lettera c'era scritto proprio: per Toby! PER TOBY. Capisce?"

Draco s'immobilizzò di colpo, stringendo i denti fino a farli stridere, e guardò l'esserino rachitico ai suoi piedi con occhi totalmente impenetrabili, mentre quest'ultimo riprendeva:
"Signorina ha scritto che sono invitato a prendere un the da lei quando voglio! E... per tutti i Troll di montagna, NESSUNO mi ha mai invitato a prendere the!!! Signorina Granger è così buona, e gentile, e affabile, e altruista, e bellissima e garb-"

"La finisci con le ruffianerie?!" Lo interruppe Draco, avvelenato, per poi aggiungere in tono più stizzito che mai: "Vieni subito al sodo, per piacere. Cosa voleva da te?"

Non aveva mai sopportato gli entusiasmi esagerati del suo elfo, ma soprattutto non sopportava quelle uscite anticonformiste di Hermione: era colpa sua infatti se Toby si metteva in testa certe cose come i diritti e l'uguaglianza fra specie.
In fondo... dall'andare a prendere il the a casa di una strega al ribellarsi al sistema, il passo poteva essere decisamente breve! Dannata donna.

Se agli elfi dai un dito, quelli si prendono tutta la bacchetta.

Toby intanto si era afflosciato e, sospirando mesto, si era preparato a riassumere brevemente le parole scritte nella lettera: "Signorina Granger voleva sapere se io sapevo qualcosa di mio padrone... di Draco Malfoy intendo! Se sapevo dove si trovava."

L'uomo ebbe un fremito incontrollabile, i suoi occhi di ghiaccio si illuminarono per un istante brevissimo, il cuore sembrò voler correre un po' più rapidamente del normale, ed il respiro si fermò per un secondo di troppo.
"Cosa gli hai risposto tu?!"
La voce di Draco era cupa. Nascondeva, nelle sue profondità, la lotta interiore che già da diversi giorni lo stava dilaniando:
Scegliere il potere, o l'amore.

"Non potevo trasgredire a suoi ordini, padrone! Quindi ho ringraziato Signorina Granger per la gentilezza, e ho fatto finta di non sapere dove voi si trovava, padrone."
Poi, Toby si inchinò frettolosamente, gli disse che sarebbe tornato per portargli il pranzo, e ruotò su se stesso per smaterializzarsi via, lasciando ancora una volta Draco Malfoy alla sua solitudine e ai suoi orrendi tormenti d'animo.

 

***
 


Ministero della Magia. Ore 11,30 del mattino.

Lady Narcissa era furiosa. Sì.
Lady Narcissa era talmente furiosa che un branco di Ippogrifi scatenati si sarebbe fatto da parte, vedendola passare. Di fronte a quello sfoggio di rabbia, si sarebbero inchinati ai suoi piedi perfino i Goblin che avevano mandato a fuoco i villaggi magici della Gran Bretagna nella rivolta del 1612!
Narcissa Malfoy era una donna gelida e determinata. Non si curò affatto degli sguardi sbigottiti dei maghi presenti nell'Atrium che -con probabilità quasi prossime alla certezza- si erano chiesti cosa ci facesse lì la moglie di un ex-mangiamorte; e senza neppure guardarsi attorno, consegnò la bacchetta in accettazione con aria stizzita, per poi scendere di fretta al secondo piano.

Narcissa Malfoy quella mattina aveva un Doxy per capello.

Era stufa di preoccuparsi, era stufa di dover cercare di capire da sola cosa succedeva, stufa di compromessi, di mezze parole, di restare a guardare inerme gli eventi, stufa di rodersi il fegato.
Quella storia doveva finire. Sì!

Uscì dall'ascensore imboccando decisa il corridoio che portava all'Ufficio applicazione della legge sulla magia, ed il rumore dei suoi tacchi che picchiavano sopra il pavimento come fucili babbani, irritò a tal punto un Auror che quello, per dispetto, le scagliò un incantesimo silenziante alle scarpe.
Narcissa non lo notò neppure, troppo concentrata a borbottare improperi. Ma in fondo, non poteva essere certo biasimata: Milady non dormiva bene da una settimana, tartassava il suo elfo domestico di domande, ed inviava a raffica gufi che non riportavano mai indietro alcuna risposta! Tutto mentre suo marito, imperturbabile, continuava a fottersene allegramente e a ridicolizzare la sua apprensione materna.

La porta dell'Ufficio applicazione si trovava in fondo al corridoio; Narcissa finalmente la individuò, e vi si diresse senza neanche accorgersi che i suoi tacchi non facevano più rumore.
Davanti all'uscio spalancato, si fermò un momento, inspirò tutta impettita, e pensò che era ora di finirla. Non aveva messo mica al mondo un figlio per darlo in pasto ad una sanguemarcio, dannazione!!!
Eh già... perché Narcissa non era affatto una Troll! Oh no, proprio no! Ci avrebbe scommesso tutto il sangue puro dei Malfoy che Draco si era volatilizzato nel nulla per colpa di Hermione Granger e dei loro perenni litigi. Quella giovane donna era selvaggia e indomabile come il salice schiaffeggiante di Hogwarts, per la miseria!
Narcissa l'aveva già minacciata di Oblivion qualche tempo fa, ma evidentemente non era stata molto convincente o forse, semplicemente, era stato il suo comportamento un po' più diplomatico del solito a non essere efficace. Sarebbe passata alle maniere forti, allora.

Entrò senza essere notata, e sbatté con violenza inaudita la sua pochette nera sulla scrivania, facendo sobbalzare Hermione tutta intenta a compilare documenti di lavoro.

"Voglio sapere che fine ha fatto mio figlio, signorina Granger! E' sparito da una settimana e non si fa rintracciare in alcun modo."
Era livida di rabbia, e quasi non riprese fiato per continuare a dire: "Cosa è successo stavolta? Esigo una risposta soddisfacente, o giuro su Merlino che rifilerò a Draco qualche pozione illegale per indurlo a sposarsi con la prima donna che più mi garberà, solo per avere la soddisfazione di non far finire il patrimonio dei Malfoy in mano ad una come lei!"

 

***



Matlock, Derbyshire. Ore 12,00.

Draco accarezzò la copertina rigida di un libro, indugiando nell'osservarsi le mani prima di aprirlo. Le girò e le rigirò più volte, aprendo i palmi e poi stringendo i pugni, studiando ogni piega, ogni vena che le attraversava, le nocche sporgenti, e la totale assenza dei segni tipici di chi fa lavori pesanti.


Mi piacciono le mani, dentro c'è sempre la fatica, il desiderio, la meraviglia, il calore, il mondo.


Le sue mani diafane ed eleganti avevano fatto molte cose in quei trent'anni di vita, ragionò: cose brutte... e cose belle. Avevano scagliato fatture, avevano stretto il manico di una scopa, avevano aiutato i mangiamorte a sfondare le difese della sua stessa scuola, avevano provato ad uccidere, avevano accarezzato, avevano maneggiato con cautela manufatti maledetti, avevano difeso un bambino (il figlio del suo antico rivale), avevano donato dei fiori ad una donna, l'avevano fatta godere ed infine, l'avevano fatta innamorare di lui... quasi un miracolo, capitato in un momento in cui Draco aveva creduto di non essere più capace di suscitare alcun sentimento negli altri esseri umani, se non odio e sincero disprezzo.

I suoi polpastrelli intanto, andarono a sfiorare il titolo in rilievo del libro:
"Nicolas Flamel, l'immortale"

La passione di Draco Malfoy per la magia oscura e l'alchimia non si era mai sopita del tutto: c'era, e ci sarebbe sempre stato in lui, un lato misterioso e un po' cupo; quel lato maledetto che lo avrebbe distinto da tutti gli altri uomini, e che lo faceva somigliare ad un lupo che si allontana dal branco per cavarsela da solo.

Prese un grosso sospiro e decise di leggerlo, pur di allontanare la mente dalla bacchetta di sambuco, da Hermione Granger, dai guai in cui si cacciava di continuo, e dalla scelta che avrebbe dovuto fare. Tanto, qualsiasi decisione avesse preso, era certo soltanto di una cosa per il suo futuro: prima o poi avrebbe ripreso in mano la sua passione per i manufatti oscuri, ed avrebbe ricominciato a studiarli, eviscerarli, sfidarli per riprovare il brivido del pericolo, e poi avere la soddisfazione di renderli innocui, così da alleggerirsi ogni volta di più la coscienza, sporca dei troppi anni che aveva trascorso al servizio del Signore Oscuro.

D'improvviso però un piccolo tonfo -come di qualcuno che cade a terra- lo fece sobbalzare impercettibilmente e gli fece chiudere di scatto il libro, con quelle mani che erano anche delle mani nervose oltre che pallide ed eleganti, mani di un uomo sempre all'erta, pronto a doversi difendere da chiunque. In un attimo, poggiò la biografia di Flamel sul tavolino basso che era di fronte alla poltrona e si alzò veloce, sfilando dalla tasca la bacchetta (quella di biancospino e crine di unicorno) per sentirsi più sicuro.

Era singolare, il fatto che gli venisse spontaneo sfoderare proprio la sua, e non la bacchetta di sambuco, che era proverbialmente tanto potente da non avere rivali, e che lo avrebbe di certo protetto di più in caso di attacco... Ma in quel momento, Draco non stette lì a chiederselo, o piuttosto, PREFERI' non chiederselo, rifugiandosi nell'abituale sensazione di sicurezza che gli dava l'impugnare un'arma che conosceva come se stesso, che sapeva come manovrare, come calibrare, come forzare, o spingere al massimo delle possibilità.

"SMETTILA DI PIAGNUCOLARE!"
Dopo il tonfo sordo che aveva sentito, una voce imperiosa oltrepassò l'uscio della porta trascinandosi dietro un'altra voce, più piccola, implorante, impaurita:
"Noooo, la pregooo! Io devo rispettare ordini! Non posso, no. Nooooo!"

A Draco non servì altro, per capire: ruotò gli occhi al soffitto, rinfoderò la bacchetta e si lasciò andare di nuovo sulla poltrona, sprofondandoci in mezzo, pieno di esasperazione.
La scena che si parò dinanzi a lui qualche manciata di secondi dopo, aveva un che di tragicomico: Lucius entrò nel salottino con Toby attaccato alla caviglia, e ad ogni passo avanti, l'elfo strisciava sul pavimento come uno straccio per pulire, nel tentativo misero e vano di fermare l'avanzata dell'uomo.

"Merlino..." Sospirò Draco, consapevole che la sua pace quotidiana era appena giunta al capolinea. "Come hai fatto a trovarmi?" Aggiunse poi, annoiato. "E soprattutto, perché ti sei sentito in dovere di venire a rompermi i coglioni?"

Lucius lo guardò un po' scocciato, prima di rispondere: "Perc..."

"NON E' COLPA MIA!" Si inserì Toby di prepotenza, non interpellato, con quel suo modo snervante tipico dell'elfo domestico. "Io ingannato da Padron Lucius, io innocente. INNOCENTE! Non volevo disobbedire a suoi ordini. Padron Lucius mi ha acciuffato di sorpresa mentre mi smaterializzavo qui per portare pranzo!"

"Chiudi il becco, fottuto mostriciattolo!" Proruppe l'uomo dando una vigorosa scrollata alla gamba, e riuscendo finalmente a staccarsi quella piccola sanguisuga aggrappata alla caviglia. "Riesci ad essere più fastidioso e petulante di una donna, cazzo! Sei insopportabile, logorroico, appiccicoso, stupido e lagnoso."

Toby si rialzò con l'espressione pateticamente orgogliosa nonostante gli occhi pieni di lacrimoni trattenuti, spolverò il ridicolo straccetto che indossava e poi, con i pugnetti stretti per la stizza, diede le spalle ad entrambi i padroni, ricordandosi improvvisamente di avere una dignità.
Non sapeva neppure lui cosa era scattato nel suo cervellino, ma di colpo si sentì stanco, arrabbiato, deluso, solo e perfino miserabile. Accettare tutti quegli insulti, farsi andar bene quei trattamenti spregevoli, prendere a volte qualche pedata nel sedere, mangiare gli avanzi della tavola (se avanzavano), lavorare incessantemente fino a sera nell'attesa che i padroni si ritirassero per la notte, e poi ricominciare daccapo: alzarsi all'alba per correre al mercato di Diagon Alley a prendere la frutta più bella, il pane più caldo, la carne più fresca... tutto questo per cosa?
Una volta la signorina Granger glielo aveva detto che anche gli elfi avevano una dignità! Sì. E che servire una famiglia non significava dover umiliarsi a leccare le chiappe del padrone, o farsi maltrattare, o picchiare addirittura solo in nome della lealtà... perché la lealtà doveva anche essere ricambiata, per essere tale. Era troppo comodo per un mago, approfittarsi della devozione di un elfo, senza donare qualcosa a propria volta!

La leatà a senso unico era solo un'utopia.

Che poi, non era neanche così difficile per un essere umano diventare l'eroe personale di queste creaturine bisognose d'affetto, visto che esse si accontentavano di un nonnulla: un elfo sapeva svenire di felicità anche se gli si regalava una gelatina tuttigusti già mezza succhiata!

Una volta Toby, per l'emozione, era dovuto correre a sdraiarsi nel suo giaciglio giù in cantina, solo perché Draco gli aveva detto che poteva andarsi a prendere un po' della sua schiuma da barba per radersi quei quattro peli vomitevoli che aveva sulle orecchie!
 
"Dove diavolo stai andando adesso?! Non ti ho ordinato di andare via!" Lo rimproverò Lucius, vedendolo allontanarsi.

In ogni momento della storia, è sempre stato difficile per l'essere umano capire che non esiste alcun tipo di superiorità: che sono inutili le guerre, la schiavitù, l'oppressione... e che versare sangue non ha portato mai a nulla di buono.

Ma gli uomini, purtroppo, non imparano mai dai propri errori.


Toby venne investito da un'ondata di amor proprio che non sapeva neanche di possedere, e per la prima volta in vita sua si voltò a guardare Lucius Malfoy negli occhi con profonda determinazione, rispondendo forte e chiaro:

"Vado a fare valigie. Mi dimetto!"



Nessuno aggiunse altro. Era così assurda l'idea che il loro piccolo servo se ne andasse di sua spontanea volontà, che non c'erano parole da dire. Lo stesso Toby era rimasto immobile, scioccato dal suo stesso coraggio, o piuttosto: dal suo folle colpo di testa.

Draco rimase zitto a sbattere soltanto le palpebre, intontito da quella strana atmosfera che era appena germogliata, come un fiore che nasce splendido in mezzo all'aridità del deserto:
La ribellione di un elfo domestico, alla tirannia di Lucius Malfoy...

Il giovane ebbe fin da subito la sensazione che quella scena, quelle parole e quell'aria piena di elettricità, le avrebbe ricordate per tutta la vita, e che magari le avrebbe pure raccontate ad un figlio, un giorno lontano.


Non basteranno milioni di frustate per mettere a tacere la dignità di un essere vivente, il coraggio risorgerà sempre come un raggio di sole al mattino, e l'uomo capirà di avere due gambe, due braccia, una bocca, la pelle, ed il sangue fatto della stessa materia di cui è fatto quello degli altri... e che di fronte a Dio e all'universo, noi possiamo solo stringerci in un unico abbraccio e prendere coscienza dell'immensità che ci circonda.


Aveva quasi voglia di mettersi a ridere Draco, piegarsi sulla poltrona e tenersi la pancia fino a lacrimare: lacrimare per il divertimento, per l'assurdità della situazione, e per la faccia sconvolta di suo padre! E piangendo, non si sarebbe neppure chiesto se quelle lacrime isteriche fossero davvero causate da Toby che faceva il fagotto, o se invece nascondessero un dolore interno che, così, sarebbe stato libero di sfogare senza dover trovare scuse per farlo.

Toby andava via.

Doveva fare qualcosa? Magari incazzarsi, prenderlo per le orecchie e riportarlo alla villa con la forza, o pregarlo di non lasciare il servizio?

Anche le creature più miti, presto o tardi si stancano di esser calpestate e decidono di prendere la loro strada, rifletté Draco. Sembrava assurdo, eppure stava succedendo...

Stava succedendo come era successo che lui si era innamorato di una sanguesporco.

La vita non si può programmare, o dare per scontata.

Con quale coraggio quindi, si sarebbe potuto oppore alle "dimissioni" sconvolgenti di un elfo domestico, quando lui stesso aveva scardinato tradizioni secolari, leggi non scritte, antiche usanze sulle quali si basava tutto il mondo magico ed in particolare le casate nobili che ne facevano parte?

Era come se un Troll avesse dato dell'idiota ad uno Schipodo Sparacoda...

E poi era stanco. Draco era stanco di continuare ad adeguarsi a quelle mutue regole che formavano la società magica, e ritrovarsi a fare qualsiasi cosa solo perché ANDAVA FATTA.

Così, vide il suo elfo domestico dirigersi a passo di marcia verso l'uscita, con un senso di stanchezza mentale e di rinuncia che gli impedirono di reagire in alcun modo. Gli sfiorò soltanto per la mente, osservando la sua figurina patetica coperta di stracci, che la vita di privazioni e maltrattamenti avuta a Villa Malfoy, probabilmente sarebbero state nulla in confronto alla povertà assoluta e l'emarginazione che lo avrebbero atteso da quel momento in avanti.

Draco sospirò, e si ripromise che prima o poi, quando magari la sua vita avrebbe ripreso un corso decente -anche fra dieci anni- sarebbe andato a cercare Toby e lo avrebbe riportato a casa.

Poi, quando della misera creaturina non ne rimase neanche l'ombra, suo padre si schiarì improvvisamente la voce per attirare l'attenzione: "Allora, Draco..." E lo disse come se ciò che era appena successo fosse stato un episodio da archiviare, un evento troppo poco importante per dedicarvi più di due minuti di incazzatura. Tanto Lucius già sapeva che per trovare un altro elfo domestico gli sarebbe bastato soltanto aprire "La Gazzetta del Profeta" alla sezione annunci!

Con un'espressione palesemente tediata in volto, Draco sollevò lo sguardo... e l'altro uomo, ormai dimentico di Toby, gli parlò mettendo le mani avanti:
"Sia chiaro, non sono venuto qui per farti la predica! A me non frega un emerito cazzo di quello che fai, del perché sparisci, e di dove ti vai a cacciare..."

"Ma?!" Lo interruppe Draco, con un sorriso sarcastico: "C'è sempre un ma, d'altronde!" Terminò, per poi attendere che il padre gli spiegasse il motivo della sua visita non gradita, e soprattutto, estorta con l'inganno.

"Ma ecco... tua madre è diventata insopportabile! Sono giorni che gira per casa come un Infero in pena, sta sfiorando la follia! Fammi il piacere di rispondere ad uno dei suoi gufi e di dirle che sei vivo, che stai bene e non ti è capitata alcuna disgrazia, perché io sinceramente non ce la faccio più!"
Finito di dire ciò, si accomodò sul divanetto in pelle ed appoggiò il bastone da passeggio contro il tavolino basso al centro del salottino, lì dove Draco aveva lasciato il libro che fino a dieci minuti prima era intenzionato a leggersi in santa pace. Poi, Lucius sbuffò scuotendo il capo e con voce un po' meno rigida, riprese:
"Le madri... hanno la strana tendenza ad immaginare che ai figli possa succedere da un momento all'altro di essere investiti dal Nottetempo, o sbranati da un Ippogrifo, o morsi da un Lupo Mannaro, o pestati di botte in un vicolo di Nocturn Alley. E che diamine!!! Ieri le è venuto addirittura il dubbio che ti avessero rapito i Berretti Rossi."

Dopo un attimo di incredulità, Draco inaspettatamente scoppiò a ridere di gusto, una risata piena, calda, spontanea... come non gli era mai capitato di fare, almeno con suo padre, che era sempre stato così rigido, formale, burbero, poco avvezzo a dimostrare le emozioni. Il fatto era che, d'improvviso, lo aveva visto così terribilmente umano mentre si sfogava con lui delle isterie della moglie, che per un attimo credette di avere di fronte un uomo come tutti gli altri, un padre di famiglia che si avvia verso la terza età e si porta dietro tutta la saggezza, i dolori della vita, le esperienze e la stanchezza tipica di chi ha visto tanto.

Finirono per ridere insieme, comportandosi per qualche manciata di minuti come un padre ed un figlio normali -anche se per loro la normalità era una strana, stranissima parola- e quando il riso scemò gradualmente facendoli tornare seri, Lucius guardò il figlio dritto negli occhi, quei loro occhi grigi come la tempesta, e... calò l'imbarazzo.
Ci fu un momento di stasi, in cui il tempo sembrò cristallizzarsi, rimanere in attesa che qualcosa finalmente succedesse, che un cambiamento radicale avvenisse di colpo, oppure che tutto tornasse irrimediabilmente come prima, a quel distacco gelido che li caratterizzava entrambi.

Con una strana pacatezza invece, Lucius provò a chiedergli, titubante:
 "Cosa ti è successo, Draco? Perché te ne sei andato via?"


 
***
 

Ministero della Magia, Ufficio applicazione. Primo pomeriggio.

Uscire psicologicamente intatti da un confronto con Narcissa Malfoy, era qualcosa di assurdamente complicato.
Questo Hermione lo aveva capito già dalla prima volta, quando si era ritrovata quella donna fuori dal portone di casa ad aspettarla pazientemente per minacciarla di Oblivion. Infatti anche stavolta, appena l'aveva vista sbattere la borsetta sulla scrivania, si era arresa a dover in qualche modo perdere la dignità, e farsi rimproverare come una scolaretta che non ha fatto i compiti.
Per lei, Narcissa Malfoy era quasi un incubo ad occhi aperti, la persona della quale aver timore, il giudice che controlla ciò che fai -se lo fai bene o se lo fai male- il professore che ti interroga e ti mette una T di Troll, l'esaminatore del corso di materializzazione, o Rita Skeeter che ti guarda di sottecchi mentre cerca di capire i tuoi punti deboli per approfittarsene.
E sinceramente un po' se lo aspettava Hermione, di dover avere di nuovo a che fare con lady Malfoy... solo che non credeva ella avrebbe avuto il coraggio di presentarsi nel suo ufficio.
Era stato imbarazzante affrontarla di nuovo, soprattutto perché non sapeva proprio cosa dirle per calmare la sua agitazione materna.

Draco era sparito dopo la battaglia nell'Ufficio Misteri e non voleva vedere nessuno, troppo deluso dalla mancanza di fiducia che tutti gli riservavano.

Cosa avrebbe potuto raccontare a quella donna furiosa? Narcissa era una madre, e non le avrebbe fatto piacere sentire certe cose.
Era logico che le gambe le avevano tremato per un secondo, quando Lady Malfoy aveva preteso spiegazioni! Per un attimo fugace ebbe perfino paura di essere cruciata, in barba a tutte le leggi che lo vietavano.
Allora, come una stupida, non aveva potuto far altro che perdere il controllo e balbettare scuse incomprensibili finché, ormai sfinita dalla preoccupazione di un'intera settimana, era scoppiata a piangere mettendosi a nudo senza freni.

Aveva aperto il suo cuore alla donna che la disprezzava. Alla madre altezzosa ed incontentabile dell'uomo che amava.

Hermione se n'era già pentita, ovvio. Ma in quel momento... in quel momento le era sembrato giusto abbassare le difese, mettere da parte l'orgoglio, e cercare la comprensione.
In fondo, quando ci si trova in una situazione spinosa, la cosa più saggia da fare è sempre quella dire la verità, per quanto essa sia dolorosa e difficile da accettare. Continuare a nascondere, crea solo un circolo vizioso da cui è complicato uscire, ed ogni menzogna detta porta a dirne un'altra più grossa, e poi più grossa ancora, e più grossa ancora, fino al punto di annegarci dentro.


Così, nel piccolo ufficio al secondo piano del Ministero della Magia inglese, Hermione Granger e Narcissa Malfoy finalmente si confrontarono con sincerità -come due donne normali che hanno un interesse in comune- mettendo da parte il passato e gli ideali di una guerra ancora indelebile nelle loro memorie.


Ed avevano finito per costruire un ponte, lì dove fra loro c'era sempre stato un muro.

Alla fine del loro colloquio, nessuna delle due aveva avuto le risposte che si aspettava, come nessuna delle due sapeva ancora dove si fosse andato a cacciare Draco... ma  Narcissa, nonostante la rigidità che aveva mantenuto per tutto il tempo, forse in conclusione aveva capito che al mondo c'era un'altra donna oltre lei, ad amare davvero suo figlio, di un amore disinteressato e che non chiedeva nulla in cambio; mentre Hermione era riuscita a comprendere un po' di più l'animo tormentato di quella madre divisa fra le tenebre e la luce, e ad accettarla per ciò che era.

Indossi il tuo onore come una corazza. Pensi che ti mantenga al sicuro, ma non fa altro che appensantire e renderti difficile il muoverti.

La giovane strega adesso era sola nel suo studio pieno di documenti, e guardava da almeno cinque minuti un punto fisso di fronte a sé, perdendosi a riflettere.

Era stato pesante. A dire il vero, TUTTO nell'ultima settimana, era stato pesante da affrontare. Per esser proprio e del tutto sincera anzi, era proprio la VITA ad essere stata pesante negli ultimi vent'anni! Sì... da quando, poco più che bambina, aveva dovuto accettare la magia che le scorreva nelle vene. Dopodiché, era stato solo un susseguirsi di eventi difficili da digerire: era stato pesante accettare la discriminazione subita a scuola; era stato pesante accettare l'arrivo di Voldemort; pesante accettare la morte dei suoi amici; pesante accettare la solitudine che aveva inondato il suo animo dopo Hogwarts... poi era stato pesante accettare il ritorno alla normalità dopo i danni morali procurati dalla guerra; infine era stato pesante accettare il suo amore per Draco Malfoy, accettare il suo carattere ombroso ed incomprensibile, il loro continuo respingersi senza un motivo reale... o meglio, era stato difficile accettare LUI in generale, accettarlo così com'era, con i suoi lati oscuri, la sua spocchia, il suo modo di vivere, i suoi ideali, la sua codardia, quel pizzico di cattiveria, il suo orgoglio incrollabile e... Merlino! Chissà quante altre cose avrebbe dovuto ancora accettare.
Già! Che follia.
Cosa aveva fatto di male, per meritare tanta sofferenza?!
Forse nulla. Forse era lei che possedeva soltanto una qualche fottuta sorta di masochismo! Dopo gli anni passati a combattere la più grande delle battaglie del mondo magico, avrebbe potuto rifarsi una vita ed andare avanti (come avevano fatto tutti) sposandosi con un bravo mago, per aspettarlo a casa da buona massaia e fare tanti bambini. Invece si era trincerata in una fredda solitudine, si era buttata a corpo morto nel lavoro e nella carriera... ed aveva finito per innamorarsi dell'uomo che aveva il simbolo del male tatuato sul braccio, un uomo che se n'era stato per anni dalla parte di Voldemort sperando di vederla scomparire dalla faccia della terra, un uomo che l'aveva considerata in passato troppo indegna e "sporca" anche solo per vivere.
La sua, purtroppo, era stata una vita in salita, ed invece di spianarsi la strada, come una stupida aveva preferito complicarsela ancora di più per colpa di Draco Malfoy.
Ma ormai cosa ci poteva fare?!  Lo amava di un amore folle... tanto che avrebbe perfino potuto smettere di respirare, per lasciare ossigeno a lui. I sentimenti sono irrazionali ed ingestibili. Hermione non avrebbe più potuto proprio immaginarla, una vita senza i suoi occhi grigio ghiaccio che la fissavano enigmatici, a volte pieni di desiderio, ed altre volte invece pieni di stizza!

Hermione incrociò le braccia sulla scrivania del suo studio, e vi poggiò sopra la fronte, sospirando di stanchezza.
La giornata era stata terribilmente pesante.
D'altronde, affrontare una quasi suocera in vena di litigare non era una faccenda facile, come aveva già appurato poco prima. Ma...

Se uscire psicologicamente intatti da un confronto con Narcissa Malfoy era qualcosa di assurdamente complicato, sopravvivere pure alla scenata isterica di un elfo domestico nell'arco della stessa giornata, era LETALE!!!

Toby era appena apparso ai piedi della sua scrivania, senza neppure darle il tempo di riprendersi per bene dal faticoso incontro di prima, e si era buttato in ginocchio farfugliando assurdità.
La sua comparsa era stata così improvvisa ed inspiegabile, che Hermione rischiò addirittura di trattarlo male.
"O mio Dio Toby, che diavolo ci fai qui?!?" Esclamò per l'appunto con voce stridula, aggrottando le sopracciglia.

L'elfo era in chiaro stato confusionale, tremava tutto e balbettava di valigie, di dignità, di una casa nuova, e di altre cose che la strega non capì del tutto. Era evidente soltanto il fatto che fosse successo qualcosa di grosso a villa Malfoy.

"Signorina! Lei deve prendermi a servizio. La scongiuro!" Piagnucolò Toby congiungendo i palmi delle mani come in preghiera, e strizzando forte le palpebre per paura di un rifiuto.

Hermione impiegò una decina di secondi per capire il senso di ciò che Toby le aveva chiesto, o per meglio dire IMPLORATO, ed in quel breve lasso di tempo era rimasta imbambolata a guardarlo con espressione stranita e confusa, mentre nella sua testa rimbombavano a ripetizione le stesse parole:

Dignità.
Valige.
Casa nuova.
Prendermi a servizio.
Prendermi a servizio.
Prendermi a servizio.
Prendermi a servizio.

All'ennesimo "Prendermi a servizio" Hermione si liberò della fastidiosa sensazione di stordimento che l'aveva colta, per tornare ad essere la donna risoluta e tutta d'un pezzo che prendeva in mano qualsiasi situazione.
Più o meno.

"COOOOOOSA?! Stai scherzando, spero!" Gli disse d'un fiato, quasi urlando di terrore.

"No. Io serissimo!" Le rispose l'elfo tutto risoluto, nel frattempo che si rimetteva in piedi, già pronto ad elencare le sue competenze in ambito domestico.

"Non se ne parla proprio!" Hermione si alzò dalla sedia girando intorno alla scrivania, con crescente nervosismo. "Sei pazzo per caso? Come ti salta in mente un'idea simile? Sei al servizio dei Malfoy, non puoi mica fare come ti pare!"
Lo aveva rimproverato proprio come fa un professore che sorprende il suo alunno fuori dal dormitorio all'una di notte; ed Hermione pensava sinceramente di essersela cavata così, con una bella strigliata... quando però le balenò all'improvviso un dubbio, un dubbio che la fece subito infuriare: perché mai il piccolo elfo di casa Malfoy era venuto a cercare lavoro da lei??? Cosa era successo esattamente?
Doveva saperlo.
"Toby... fammi capire una cosa!" Gli chiese Hermione, sospettosa: "Perché vuoi che io ti prenda a servizio?!"

L'elfo non rispose, improvvisamente ammutolito.

"Non dirmi che i Malfoy ti hanno liberato?!?!?!" Hermione stava cominciando ad innervosirsi (e forse non ci sarebbe neanche bisogno di aggiungere che la sua brillante mente stava già marciando verso l'ufficio regolazione e controllo delle creature magiche per redigere un esposto sui maltrattamenti).

"Toby!?" Insisté lei, vedendo che il piccoletto perseverava nel mutismo. "Vuoi rispondermi o no?! Lucius Malfoy ti cacciato di casa?" Proruppe, imbestialita al solo pensiero dell'eterna crudeltà di quell'uomo.

"N-No... non p-proprio..." Svelò alla fine l'elfo, un po' intimidito.

"Che cazzo vuol dire NON PROPRIO?!" Il tono di voce di Hermione aveva quasi raggiunto quello di una Veela inferocita.

L'esserino inspirò d'improvviso, e prese coraggio per dire tutto d'un fiato:
"Io dato dimissioni perché stufo! Stufo di essere trattato male. Io voglio dignità, voglio lavorare per maghi buoni e gentili come signorina Granger. Ma ora non troverò mai famiglia disposta ad assumere elfo ribelle che si licenzia di sua spontanea volontà. Quindi deve prendermi lei a servizio, per forza! So cucinare, stirare, lavare pavimenti, spolverare, fare spesa, curare giardino, rammendare calzini, cambiare lampadi..."

"FERMATI! PER L'AMOR DEL CIELO FERMATI!" Gridò Hermione. Le stava scoppiando la testa.

Toby si era licenziato. Si era licenziato da solo! Non l'aveva cacciato via nessuno.
Ma che diavolo stava succedendo?


Quell'elfo mezzo svitato era definitivamente andato fuori di testa! Oppure, finalmente, il mondo stava iniziando a girare per il verso giusto, e qualcuno cominciava a capire l'importanza della libertà e di tutti i valori che lei andava già predicando da anni. Halleluja.

Doveva esserne contenta, no!?!

N-No, non esattamente! Perché beh, Hermione non aveva mica previsto che le sue belle prediche le si sarebbero ritorte contro a quel modo! Toby si era licenziato da Villa Malfoy, ok... ma ora pretendeva di venire a fare il servo a casa sua, e ciò non era possibile. Nella maniera più assoluta. Non poteva schiavizzare un elfo dopo aver promosso campagne di liberazione per anni! Era un controsenso.

"Toby!" Gli disse così in tono più accondiscendente. "Ascoltami... non puoi diventare il mio servo, ok?! Io non ammetto la schiavitù, e tu lo sai benissimo. Mi dispiace immensamente, ma dovrai trovarti un'altra famiglia, brava, che ti rispetti, e che si affezioni a te. Se vuoi magari posso aiutarti nella ricerca, così mi assicurerò che verrai trattato come si deve!"

L'elfetto negò con la testa senza parlare, mentre i suoi occhi neri erano diventati lucidi di lacrime mal trattenute.

Hermione si inginocchiò, ed allungandogli una carezza sulla guancia aggiunse, dolce: "Io ho una casa minuscola, Toby. Abito da sola, e sto tutto il giorno al Ministero... ti annoieresti a morte con me. Non potresti organizzare mai alcuna cena sontuosa, non potresti curare nessun enorme giardino, non ci sarebbero lampadari di cristallo da spolverare, o pavoni da accudire, tappeti da sbattere ogni mattina, cravatte e gemelli da abbinare ad un completo elegante, marmi e parquet da strofinare, la posta de smistare o le commissioni da portare a termine. La mia vita è molto più semplice rispetto a quella dei Malfoy, piccoletto! Te ne pentiresti, lo so."

Toby tirò su con il naso, tristissimo: "Non importa se avrò poche cose da fare, io voglio stare con lei. La prego!"

Hermione non sapeva più cosa fare per fargli capire che non avrebbe mai e poi mai preso un elfo domestico alle sue dipendenze.

Non si era mai trovata in una situazione imbarazzante come quella, dannazione! Era combattuta fra l'onore, l'orgoglio, e la tenerezza infinita che l'elfo gli stava facendo.
Poi sospirò, arrendevole, proponendo un patto: "Facciamo così Toby, finché non troverai un lavoro stabile potrai venire a casa mia, e se proprio ti fa piacere, mi darai una mano con le faccende domestiche... io però in cambio ti darò un piccolo stipendio, ok?!" S'impose così la strega, trovando nel denaro il giusto compromesso per non mandare all'aria i suoi ideali radicati, e per accontentare Toby allo stesso tempo.

"NOOO!" Strillò lui orripilato, quasi come se qualcuno gli avesse lanciato una maledizione mortale. "Io non accetterò MAI soldi, Signorina Granger. Elfo domestico serve e basta. Ed è felice così!"

Niente. Gli elfi domestici erano più ottusi dei giganti che vivevano nelle montagne inospitali del Nord Europa. Per una volta di più, Hermione dovette dar ragione a Ron, quando diceva che le conveniva lasciar perdere tutto perché quelle creaturine erano masochiste di natura ed adoravano da pazzi farsi schiavizzare... e che si sarebbero addirittura tolte la vita se qualcuno gli avesse impedito di lavare le mutande sporche dei propri padroni!

"Oh mio Dio..." Mormorò Hermione, passandosi le mani sulla faccia e nei capelli, esasperata, mentre si raddrizzava e tornava a sedersi sulla sedia girevole posizionata dietro la scrivania.

Gli elfi domestici, oltre che ottusi, erano pure cocciuti; cocciuti come gli gnomi che infestavano il giardino della Tana... più Molly li cacciava, e più essi tornavano all'attacco.

Hermione sbuffò... se Toby non accettava un minimo di salario, non se ne sarebbe fatto niente, si disse mentalmente. Niente nella maniera più categorica. E che andasse a farsi fottere la compassione, aggiunse. Non poteva mica accollarsi ogni volta tutti i problemi del mondo come se fossero i suoi! E che cazzo.

Così, la giovane strega aprì la bocca per provare a fargli capire la situazione, per cercare magari di mandarlo via senza farlo strillare od autolesionarsi, per tentare pure di non rendere il tutto troppo drammatico... ma Toby, furbo come uno snaso che avvista il luccichio dorato di una moneta, fu più lesto di lei, e con uno sguardo improvvisamente malandrino, la spiazzò con queste parole:
"Ah, dimenticavo di dirle una cosa, signorina Granger!"

"C-Cosa?!" Si incuriosì per un attimo Hermione, un po' spiazzata dal cambio di umore dell'elfo, che aveva abbandonato l'espressione tragica di chi si trova ad un passo dalla morte, per mettersi invece a negoziare.

"Beh... Io so dove si trova padron Draco, sa?!" Disse con aria saputa, incrociando le braccia al petto, per poi aggiungere subito dopo: "Quindi beh, pensavo, beh... giustamente... visto che io non sono più servo di famiglia Malfoy beh, ecco... potrei anche rivelare segreto a lei."

Hermione lo guardò sgranando leggermente gli occhi, totalmente incredula, e poi boccheggiò, senza sapere esattamente cosa dire. In ogni caso, Toby non la fece parlare, perché si affrettò a concludere:
"Ma le dirò tutto SOLO se mi prenderà a servizio. E senza stipendio!"


Maledetto, fottuto elfo.







Continua...





-Il vero affetto è un legame che comporta una devozione molto più profonda di ogni altra. È come una pianta che cresce lentamente sotto le cui fronde possiamo ripararci dalla pioggia. (Romano Battaglia)

-In nessun luogo l’uomo può trovare un rifugio più tranquillo o più sereno che nella sua anima. (Marco Aurelio)

-Temere l’amore è temere la vita, e chi ha paura della vita è già morto per tre quarti. (Bertrand Russell)

-Mi piacciono le mani, dentro c'è sempre la fatica, il desiderio, la meraviglia, il calore, il mondo. (Fabrizio Caramagna)

-Indossi il tuo onore come una corazza. Pensi che ti mantenga al sicuro, ma non fa altro che appensantire e renderti difficile il muoverti. (George Raymond Martin)

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Capitolo 32
*** La freddezza del Basilisco ***



Dopo lo scontro nell'Ufficio Misteri e la distruzione del quadro maledetto grazie alla bacchetta di sambuco, l'Obscurus finalmente si dilegua per sempre.
Fra le ceneri ancora fumanti dell'Ardemonio però, Draco ed Harry hanno un piccolo diverbio, alla fine del quale, in un gesto dettato dal nervosismo, Malfoy disarma a sorpresa Potter senza rendersi assolutamente conto che, facendo così, è tornato ad essere di diritto il proprietario della bacchetta di sambuco.
Le facce sconvolte di tutti i presenti (compresa quella di Hermione) che credono l'abbia fatto di proposito per appropriarsi dell'arma magica, feriscono Draco a tal punto che va via, sparendo dalla circolazione senza dire nulla ad anima viva.
Narcissa, in preda all'ansia e dopo aver inviato decine di Gufi a suo figlio senza ottenere alcuna risposta, si reca al Ministero per dirne quattro ad Hermione Granger, convinta che la scomparsa volontaria del figlio, sia dovuta a quella donna e alle loro continue incomprensioni.
Il giovane Malfoy, in realtà, si è rifugiato in una piccola proprietà di famiglia a Matlock, per respirare un po' di pace immerso nelle campagne sconfinate del Derbyshire. Solo Toby è a conoscenza della sua collocazione... fino al momento in cui Lucius acciuffa di sorpresa l'elfo mentre si sta smaterializzando al cottage.
Toby è offesissimo per essere stato ingannato così dal suo padrone, e stanco anche di tutte le brutte parole che gli rivolge Lucius, prende l'orgoglio a due mani e, in un attimo di follia, si dimette.
Il vecchio Malfoy fa spallucce, convinto che gli basti aprire La Gazzetta del Profeta alla sezione "annunci" per trovare in un battito d'ali di boccino un altro domestico, mentre Draco è decisamente più colpito dal gesto del suo elfo.
In uno stato confusionale ed isterico nel frattempo, il piccolo Toby (che si è reso subito conto dell'enormità che ha commesso), corre al Ministero per cercare la signorina Granger, e la implora di prenderlo a servizio, consapevole che un'altra famiglia non avrebbe mai e poi mai assunto un elfo ribelle.
Hermione si rifiuta categoricamente cercando di spiegare con calma a Toby le sue ragioni, ma l'elfo è testardo, e gioca perfino la carta della compassione.
La strega però non cede a nessuna supplica, fino al momento in cui...




"Toby! Ascoltami... non puoi diventare il mio servo, ok? Io non ammetto la schiavitù, e tu lo sai benissimo. Mi dispiace moltissimo, ma dovrai trovarti un'altra famiglia, brava, che ti rispetti, e che si affezioni a te. Posso aiutarti nella ricerca se vuoi, così mi assicurerò che verrai trattato come si deve!"

L'elfetto negò con la testa, mentre i suoi occhi neri divennero lucidi di lacrime: "La prego!"

Hermione non sapeva più che fare per fargli capire che non avrebbe mai e poi mai preso un elfo domestico alle sue dipendenze. Era combattuta fra l'onore, l'orgoglio, e la tenerezza infinita che Toby le stava facendo.
Poi sospirò, arrendevole, proponendo un patto: "Facciamo così Toby, potrai venire a casa mia finché non troverai un lavoro stabile, e se proprio ti fa piacere, mi puoi dare una mano nelle faccende domestiche... io però in cambio ti darò un piccolo stipendio, ok?!" S'impose la strega, trovando nel denaro il giusto compromesso per non mandare all'aria i suoi ideali radicati, e per accontentare Toby nello stesso tempo.

"NOOOO!" Strillò lui orripilato: "Io non accetterò MAI soldi, signorina Granger!"

Niente. Gli elfi domestici erano più ottusi dei giganti che vivevano nelle montagne inospitali del Nord Europa.

"Oh mio Dio..." Mormorò allora Hermione passandosi le mani sulla faccia e nei capelli, esasperata.

[...] "Dimenticavo di dirle una cosa, signorina Granger!" Lo sguardo di Toby si era fatto improvvisamente malandrino.

"C-Cosa!?" Si incuriosì per un attimo Hermione, spiazzata dal cambio di umore dell'elfo, che aveva abbandonato l'espressione tragica di chi si trova ad un passo dalla morte, per mettersi invece a negoziare.

"Beh... io so dove si trova padron Draco, sa?!" Disse con aria saputa, incrociando le braccia al petto, per poi aggiungere subito dopo: "Quindi beh, pensavo, beh... visto che io non sono più servo di famiglia Malfoy beh, ecco... potrei anche rivelare segreto a lei."

Hermione lo guardò sgranando leggermente gli occhi, totalmente incredula, poi boccheggiò, senza sapere esattamente cosa dire. In ogni caso, Toby non la fece parlare, perché si affrettò a concludere:
"Ma le dirò tutto SOLO se mi prenderà a servizio. E senza stipendio!"

Maledetto, fottuto elfo.






 
Capitolo 32
-La freddezza del Basilisco-


 


Whiltshire, Inghilterra.

Lady Narcissa portò il suo the nero alle labbra sorseggiandolo con cautela mentre guardava il paesaggio fuori dalla grande finestra. C'era una calma silenziosa nel suo salottino dell'ala nord di villa Malfoy, ed ogni tanto il sole riusciva a far capolino dalle enormi nuvole che oscuravano il cielo inglese sopra le campagne sconfinate del Wiltshire.

Una pace invidiabile...
Tranne che nel suo animo.

Con studiata lentezza, la donna poggiò la tazzina sul piattino, ed il rumore della porcellana rimbombò nella stanza come uno schiantesimo.

"Ancora niente, vero Lucius?!" Disse poi, sospirando.
Il marito cambiò nervosamente posizione, accavallò una gamba e finse di continuare a leggere attentamente il giornale che aveva fra le mani, per poi risponderle balbettando:
"Em... n-no, Narcissa. Niente, mi dispiace! Draco non ha ancora risposto ad alcuna lettera."

La donna annuì distrattamente, rilassò le spalle contro lo schienale della sedia e chiuse gli occhi, stanca.
Il ticchettio dell'orologio a pendolo sembrò quasi prendere maggior vigore in mezzo al silenzio della stanza, e l'unico rumore che tentò timidamente di contrastarlo fu il frusciare delle pagine voltate del quotidiano magico che suo marito studiava tanto accuratamente.

Narcissa prese un grosso respiro per darsi forza, liquidando con un'alzata di sopracciglio sia il comportamento bizzarramente esistante del marito, sia l'improvvisa assenza di Toby... assenza che l'aveva costretta addirittura a prepararsi il the da sola.

Riportò i pensieri a suo figlio (come se da una settimana a quella parte fosse riuscita a pensare ad altro!) e pure ad Hermione Granger, quella donnina tutta d'un pezzo che non aveva paura di niente e di nessuno, ma che davanti a lei -poche ore fa al Ministero- aveva lasciato intravedere una preoccupazione per Draco quasi pari alla sua... QUASI.
Quasi, perché il cuore di una madre, si sa, prova sentimenti che vanno oltre l'immaginazione di ogni altro essere umano. I suoi battiti sono sempre più intensi, più violenti; la gioia ed il dolore per lei si manifestano con doppia energia. La felicità di un figlio, è la SUA felicità; le preoccupazioni di un figlio, sono le SUE preoccupazioni, così come l'afflizione, l'amarezza, il tormento.
Nonostante Lady Narcissa potesse sembrare ad occhi estranei una donna glaciale e tutta d'un pezzo, poco preda delle emozioni e degli affetti... era altresì risaputo che quel ragazzo biondo così simile al padre, era il suo UNICO punto debole.

L'unico motivo per cui aveva tradito il Signore Oscuro.

Ma nonostante ciò, anche Hermione Granger stava soffrendo.
Narcissa ripensò inevitabilmente agli occhi umidi della ragazza che, dopo qualche tentennamento, le aveva finamente spiegato cosa fosse successo all'Ufficio Misteri la settimana prima. Ripensò pure alle sue mani che tremavano, nel raccontarle di come Draco non aveva voluto che lei gli stesse vicino; poi alla sua voce che diventava quasi un sussurro nell'ammettere che forse l'aveva perso. Ripensò alla sua angoscia, alla sua preoccupazione, e a tutte le barriere d'orgoglio che finalmente erano crollate...

Narcissa Malfoy ed Hermione Granger si erano incredibilmente ritrovate unite in nome nello stesso dolore: due donne profondamente diverse, che ne venivano da contesti discordanti, che avevano educazione dissimile, priorità opposte... ma accomunate dall'amore.
L'amore.

Non ha confini il coraggio che nasce dall’amore e per amore si realizza. Non tiene conto di alcun pericolo. Non ascolta nessuna forma di raziocinio. Pretende di muovere le montagne, e spesso le muove.

A Narcissa faceva arricciare un po' il naso, l'idea che Hermione Granger amasse suo figlio di un amore tanto intenso... aveva fatto sempre fatica a crederci nonostante tutto. Aveva spesso pensato che si trattasse di qualcosa di effimero, un'attrazione passeggera che la giovane aveva maturato per via della bellezza di suo figlio, della sua aria da maledetto, del modo elegante che aveva di porsi, di muoversi e parlare (che, obiettivamente, lasciava ammaliati); o magari perché, semplicemente, la ragazza provava un inconscio desiderio di riscatto: farsi amare proprio dall'uomo che l'aveva tanto disprezzata quando era adolescente. Eppure, vederla crollare per il dolore di averlo perso, piangere senza vergogna, ed aprirsi a LEI, che non aveva mai mostrato nei suoi confronti alcuna pietà, l'aveva lasciata piacevolmente scossa.

Quella giovane strega, oltre ad avere un'intelligenza fuori dal comune, una notevole personalità, una forza d'animo invidiabile, aveva anche la capacità di sorprendere per la propria umanità, per la capacità di mettere da parte ogni rancore, per la sensibilità e la gentilezza.

Era forse per questo che Draco si era innamorato di lei!?!

Suo figlio aveva avuto una vita molto particolare, iniziata negli agi e nella supremazia, per poi finire in un mare di brutture e di malvagità che lo avevano fatto precipitare in un baratro profondissimo.
Il carattere ombroso che possedeva Draco era quindi anche una conseguenza di ciò che aveva visto, assorbito, vissuto sulla propria pelle. Ed un uomo così problematico, beh... aveva bisogno di tanta comprensione, premura, bontà, pazienza, e generosità. Per questo motivo, una donna qualunque non sarebbe mai stata in grado di stargli accanto in modo dignitoso.

La signorina Granger era forse l'unica a poter reggere sulle proprie, piccole spalle, tutto il peso della natura complicata di Draco.

Era difficile da ammettere (e sicuramente Narcissa non lo avrebbe mai fatto a voce alta, continuando a mostrarsi agli occhi altrui altezzosa e distaccata) ma quella era la realtà dei fatti. E a differenza di suo marito, lei si era già arresa da tempo, all'idea che la loro stirpe pura si diluisse in una generazione più grezza.

Sospirò, pregando ogni entità superiore di aiutare quei due giovani a trovare finalmente un punto d'incontro: santo Merlino, come si faceva a mandare all'aria l'amore per orgoglio?! Non riusciva a capacitarsene.

Un fruscio di pagine voltate la fece riscuotere di colpo, ricordandole che nella stanza c'era pure Lucius a leggere il giornale.
Narcissa tornò quindi a sfogarsi un po', cercando sostegno nel marito per quei comportamenti sempre così incomprensibili di Draco, e infatti esclamò a voce alta:
"Tuo figlio è pazzo, Lucius." E lo disse con aria di rinuncia, aggiungendovi un sospiro plateale.

La sua esclamazione apparentemente fuori da ogni logica distrasse il signor Malfoy dalla sua lettura pacata; egli sollevò svogliatamente gli occhi dalla Gazzetta del Profeta, guardò la moglie con espressione di superiorità e le rispose, un po' sarcastico:
"Che novità... Non so più neanche da quanto tempo te lo vado dicendo! Finalmente ti degni di darmi ragione!" Si inumidì un polpastrello e girò un'altra pagina del giornale, fingendo disinteresse: "E a cosa devo il tuo ravvedimento, cara?! Sentiamo!"

Narcissa fece una smorfia incomprensibile e scosse il capo, rinunciando improvvisamente a dargli spiegazioni: "Aaah, lascia stare!" E liquidò la questione con un gesto noncurante della mano.

L'uomo chiuse gli occhi per un momento brevissimo, intimamente sollevato dal fatto che sua moglie non avesse continuato il discorso su loro figlio; un discorso che era diventato davvero troppo delicato da affrontare, senza trasformarsi in qualche scaramuccia isterica.

Narcissa non sapeva assolutamente nulla della sua visita al cottage di Matlock, e lui non aveva affatto intenzione di parlargliene... non era mica scemo! Se solo le avesse rivelato dove si trovava Draco, si sarebbe giocato l'intera camera blindata della Gringott che sua moglie si sarebbe smaterializzata senza neanche farlo finire di parlare, per andare subito ad attaccare una predica pallosa ed infinita a loro figlio...

Mentre Draco, adesso, aveva bisogno solamente di pace, solitudine e riflessione.

Lucius glielo aveva promesso, in fondo: di lasciarlo tranquillo, di non andarlo a cercare ancora, di non dire niente a Narcissa. E lo avrebbe fatto, anche se fosse stato solo per solidarietà maschile. Ma non si trattava solo di quello, ovviamente. No... Lucius Malfoy avrebbe mantenuto il riserbo per AMORE.
Amore paterno.
Draco gli aveva chiesto di non dire nulla, e lui non avrebbe detto nulla. Punto. A costo di finire torturato a morte da sua moglie che, infilandogli la testa in un secchio pieno d'acqua, gli intimava di parlare.

Essere un buon padre è come farsi la barba: non importa quanto sei stato bravo a raderti oggi, devi farlo di nuovo domani.

Lucius Malfoy amava suo figlio incondizionatamente, e forse il fatto che Draco fosse il suo unico erede, aveva acuito un amore che, normalmente, si divide per due.
Eppure, nonostante ciò, nel mondo magico TUTTI erano fermamente convinti che il signor Malfoy fosse un padre cattivo, manesco, autoritario, insensibile... in definitiva, spaventoso.
Perché?!?! Lucius non capiva cosa potesse aver scatenato la fantasia della gente, ma questa idea che si erano fatti di lui, nel tempo era maturata fino a diventare un fatto.
 
Certo, non era stato un padre modello, ma ciò non lo avrebbe mai negato! Aveva compiuto delle scelte sbagliate, si era schierato dalla parte di chi aveva creduto più forte, si era rovinato con le sue stesse mani solo per inseguire il potere, la notorietà ed il successo. Lucius sapeva anche di essere un uomo freddo, un po' cinico, che disprezzava chi gli era inferiore, ma... da qui a dover sentire la gente che malignava dicendo che lui aveva OBBLIGATO suo figlio a farsi marchiare da Voldemort, che lo aveva PICCHIATO per inculcargli i suoi ideali, che lo aveva PUNITO ripetutamente quando non aveva eseguito i suoi "ipotetici" ordini beh... FANCULO! Non era vero. Per niente.
Lui non aveva mai messo un dito addosso a Draco, neanche quando era piccolo. E non lo aveva obbligato a fare proprio un cazzo di niente!
Per suo figlio, entrare attivamente a far parte della cerchia del signore Oscuro, era stato piuttosto un naturale evolversi del suo essere, "essere" che era stato influenzato dall'ambiente in cui era cresciuto, e dalle persone che aveva frequentato.
Sì... Lucius avrebbe potuto pure fermarlo, vero! Avrebbe potuto consigliare a Draco di non mischiarsi con faccende troppo grandi per un ragazzo della sua età! Avrebbe potuto impedirgli di fare le cazzate che aveva fatto, e tante altre fottute cose; ma lo aveva già ammesso che non era stato un padre modello, o no?!

Poi, un'altra cosa da ammettere, era che forse, ma solo forse, lo aveva viziato troppo. Con la scusa del figlio unico, della ricchezza che possedevano e del cognome importante, lui e Narcissa lo avevano tirato su facendogli credere che il mondo fosse un posto meraviglioso, dove tutti sarebbero stati ai suoi piedi ed i soldi avrebbero comprato qualsiasi cosa. Fin dalla più tenera età Draco era stato abituato ad ottenere ciò che voleva, a non dover affrontare nessun tipo di rifiuto, a snobbare chi lavorava umilmente per vivere, e a sentirsi superiore rispetto agli altri.

Eccolo qua, probabilmente l'errore più grande di quel padre che tutti credevano un orco spregevole e violento: aver viziato suo figlio da schifo, assecondandogli ogni capriccio, ed evitandogli qualsiasi tipo di problema!

Ma anche se tutto ciò era stato innegabilmente un male, beh... Lucius, a sua discolpa, poteva dire di averlo fatto buona fede: perché credeva di fare bene, perché credeva di rendere più bella e priva di ostacoli l'esistenza del suo unico erede, perché credeva di spianargli la strada.

Lo aveva viziato per un eccesso di amore.

Draco era, e sarebbe sempre stato, la sua unica ragione di vita, anche adesso che era diventato un uomo ed aveva la sua vita, i suoi interessi, le sue idee, e passava la maggior parte del tempo per i fatti suoi, regalando a lui e a Narcissa appena qualche minuto della sua presenza (quando se ne ricordava)...

Tuttavia, la nomea di genitore terrificante, abituato a cruciare, malmenare, dettare legge e magari pure ad abusare psicologicamente della prole, continuava a circolare come un virus altamente infettivo fra i salotti della società magica, senza tra l'altro uno straccio di prova. Ultimamente aveva sentito addirittura qualche voce che lo voleva in procinto di uccidere Hermione Granger con il veleno di Basilisco: una cosetta pulita, rapida e senza traccia. Cioè... Va bene che non aveva comprato i fuochi forsennati Weasley per festeggiare il probabile matrimonio di Draco con quella nata babbana, ma suo figlio aveva trent'anni e, PURTROPPO, aveva il diritto di innamorarsi di chi gli pareva. PURTROPPO!

Lucius sbuffò scuotendo il capo, mentre sfogliava l'ennesima pagina della Gazzetta.
Al limite, pensò, poteva diseredarlo, giusto per non far finire il suo patrimonio e la sua villa in mano alla Granger, ma ahimé... già sapeva che alla fine non lo avrebbe mai fatto! Con quale coraggio poteva togliere a Draco i beni che gli spettavano ed i soldi per vivere agiatamente, solo per fargli dispetto?! Lucius non se lo sarebbe mai perdonato; aveva già commesso troppi errori che pesavano sulla sua coscienza come macigni e che erano ricaduti su suo figlio rendendogli la vita un inferno... non voleva aggiungervi pure una simile bassezza: ne sarebbe morto.

Dopo tutto ciò che la famiglia aveva passato per colpa sua e di Voldemort, Lucius voleva soltanto un po' di serenità!

Una serenità che è difficile da raggiungere però, per un padre ossessionato dal pensiero del figlio che ancora non riesce a trovare l'equilibrio definitivo e la pace interiore.

Quel ragazzo non meritava tanta sfortuna, dannazione!!! Aveva sofferto abbastanza, tanto da ripagare più del dovuto sia la sua spocchia di bambino, sia i suoi errori di adolescente.
Quanto avrebbe voluto, Lucius, farsi carico di tutti i peccati e scontarli al posto di Draco, pur di vederlo sorridere senza più alcuna preoccupazione a distorcergli i lineamenti!

Quel figlio che era sempre stato troppo serio, sofferente, scostante, pieno di tormenti, ansie e scarsa fiducia nel futuro.

E proprio ora, che la fortuna sembrava stesse iniziando a girare timidamente dalla sua parte... ecco che invece, come a dare un inaspettato colpo di grazia, Draco era diventato involontariamente il proprietario della bacchetta di sambuco.

Proprietario della bacchetta di sambuco.

Sì, suo figlio glielo aveva rivelato poche ore fa, nel cottage di Matlock dopo le dimissioni sconvolgenti di Toby, in un rarissimo momento d'intimità fra padre e figlio.
Un'immensa paura aveva da quel momento invaso Lucius...
Lui ne aveva già sentito parlare di quell'arma maledetta, e sapeva da tempo che non si trattava di una leggenda innocente; erano girate alcune voci anni prima fra i Mangiamorte, voci che insistevano sul fatto che il Signore Oscuro (quando era ancora in vita) l'avesse cercata per riunire tutti i doni e diventare invincibile, ma soprattutto immortale.

Adesso Lucius ne aveva la prova: la bacchetta di sambuco si trovava fra le mani di suo figlio, che gliel'aveva mostrata in tutto il suo nefasto fascino, dopo avergli raccontato tutto. Lui era rimasto a guardarla esterrefatto, con gli occhi leggermente sgranati, e non aveva impiegato molto a percepire l'energia oscura che si sprigionava da quel sottile legnetto nodoso. Era terribile. E capì pure che un potere così immenso non poteva che essere gestito da grandi maghi, capaci di tenerla sotto controllo con una maestria ed un'esperienza fuori dal comune... come Albus Silente, Tom Riddle, o Gellert Grindelwald.
Draco non era di certo un uomo tanto forte psicologicamente, o tanto potente nella magia da eguagliare quei tre uomini geniali... di conseguenza non sarebbe mai stato in grado di esercitare in tutta tranquillità il proprio dominio sulla bacchetta di sambuco senza venir sopraffatto dal male.
E sarebbe stata la fine.

Ricordava di aver provato a farlo ragionare, e lo aveva fatto con un tono accorato che non aveva mai usato in vita sua, neanche per difendersi davanti a tutto il Wizengamot...



"Draco..."
Aveva esclamato Lucius, ancora sconvolto alla vista di quella bacchetta, insieme spaventosa ed affascinante. Aveva sollevato lo sguardo sul figlio (che continuava invece a guardare imbambolato l'arma magica come se tutto il suo mondo ruotasse intorno ad essa), e riprese a parlare, preoccupato, nella speranza che i suoi consigli servissero a qualcosa:
"Davvero, figlio mio! A me non interessa nulla dei tuoi patetici tormenti amorosi per una ragazzina mezza babbana. Fai quel cazzo che ti pare, e mi sembra di averti già dato tempo fa il mio benestare al riguardo, però... trova il modo di disfarti di questa bacchetta. E' l'unica cosa che ti chiedo."

Non era un discorso da padre esemplare, anzi... a dire il vero, Lucius aveva trovato delle parole davvero infelici per comunicare a suo figlio di aver (in un certo senso) accettato Hermione  Granger nella sua vita; ma c'era da ammettere pure che egli non era mai stato un uomo molto gentile, quindi, ciò che aveva rivelato dei suoi pensieri, era il massimo della delicatezza che ci si potesse aspettare da lui.

Il giovane sollevò soltanto gli occhi, per fissarlo senza alcuna particolare espressione, ma questo piccolo gesto fu per il padre un enorme incentivo, che lo spronò a parlare ancora, con tono leggermente ansioso:
"E' troppo pericolosa, Draco. La bacchetta di sambuco è ingestibile per un mago comune! Se qualcuno scoprisse che è in tuo possesso, cercheranno perfino di ammazzarti pur di rubartela. Ed in ogni caso, si tratta di un'arma che porta odio, malvagità, sete di potere! Draco... tu sei proprio sicuro di volere tutto questo?! Non puoi rischiare proprio ora, che il tuo nome e la tua famiglia stanno lentamente riemergendo dal fango. Abbiamo già fatto troppe cazzate. Ti prego, ragiona."

Era strano sentire Lucius parlare in questi termini, proprio lui che aveva basato la propria vita sul desiderio di emergere e di sentirsi superiore; ma chissà, forse proprio perché  aveva provato sulla propria pelle gli effetti devastanti del potere, che ora aveva capito essere tutto un terribile sbaglio; un male incurabile, capace di distruggere lentamente come un cancro terminale.

Il signor Malfoy, con l'avanzare dell'età, era finalmente diventato un uomo saggio ed equilibrato.

Draco però lo aveva guardato con uno sguardo enigmatico, mentre ancora si rigirava la bacchetta fra le mani, senza dare minimamente l'impressione che lo avesse ascoltato.

"Hai capito, Draco?" Insisté quindi Lucius, preoccupato.

Ma Draco non aveva risposto...





"Lucius! Lucius!"
La voce squillante di sua moglie gli si insinuò nei pensieri, insistente tanto quanto un gufo che picchietta sul vetro di una finestra. L'uomo dovette accantonare il preoccupante colloquio di poche ore fa avuto con il figlio, e tornò alla realtà accorgendosi di avere una gamba addormentata; cambiò posizione sulla poltrona con una smorfia, e finalmente rispose a Narcissa:
"Dimmi, cara!"

La donna mise sù un'espressione sospettosa e pure vagamente altezzosa, prima di chiedergli, tutta impettita:
"Si può sapere perché stai sfogliando gli annunci di lavoro sulla Gazzetta del Profeta?!"


Cazzo...



***




Matlock, Derbyshire.

Quanto tempo passa in media un uomo durante il corso della propria vita, alla ricerca della felicità?
Essa è talmente breve ed effimera, che nel momento esatto in cui credi di averla raggiunta, ti sfugge come l'acqua fresca quando provi a berla con le mani.
L'essere umano, in tal senso, è anche un po' masochista, perché nonostante sappia bene che la felicità assoluta forse neppure esiste, continua a dannarsi l'anima e a procurarsi dolore, pur di trovarla da qualche parte.

Forse, dopotutto, è proprio vero che l'attesa del piacere, è essa stessa il piacere.

Hermione volendo sarebbe pure potuta scappare lontano, da tutto quel desiderio di farsi del male alla strenua ricerca di sporadici attimi di gioia strappati in mezzo ad un mare di ostacoli (perché obiettivamente quanto sarebbe potuta durare la beatitudine se si ostinava a volerla per forza ottenere da un uomo che non sapeva che cosa voleva dalla vita, da lei, dall'amore, dal futuro?!), eppure... sembrava quasi piacerle in modo perverso, quel loro attrarsi e respingersi continuamente senza mai raggiungere una stabilità emotiva.

Hermione aveva provato più volte a farsi un elenco mentale dei motivi per i quali si era innamorata di lui. Li aveva analizzati, eviscerati, scomposti e ricomposti come fa un medico legale con un corpo morto, senza tralasciare alcun dettaglio insignificante:

-Draco Malfoy era innegabilmente bello.
Questo era il primo punto, ed era un punto di certo non trascurabile. L'aspetto esteriore giocava sempre un ruolo fondamentale nel far perdere la testa ad una donna. E anche se lui da ragazzino le era sembrato più che altro un Avvicino rachitico e pallido con una gran leccata di Troll sulla testa e la simpatia di uno Schiopodo Sparacoda, Hermione doveva ammettere che la bellezza di Malfoy era sempre stata sotto i suoi occhi di adolescente ottusa. Una bellezza che aveva avuto solo bisogno di tempo per sbocciare definitivamente.
Ed era sbocciata, infatti. Eccome se era sbocciata! La delicatezza aristocratica del suo profilo era qualcosa da fare invidia, i suoi capelli di un biondo quasi artificiale avevano assunto una corposità adulta ed erano diventati di una sfumatura naturalmente più scura, mentre gli occhi... quegli occhi indefinibili, grandi, accecanti, grigi ed azzurri nello stesso momento, facevano impressione per la loro meravigliosa intensità.

-Draco Malfoy aveva modi decisamente raffinati. Punto secondo.
Questa era una caratteristica che Hermione apprezzava in modo particolare, lei che era sempre stata abituata agli atteggiamenti un po' rozzi dei suoi amici. Non era facile incontrare in giro un uomo che ancora regalava fiori, che sapeva chiedere perdono, che teneva all'aspetto fisico e vestiva con gusto ricercato.

-Draco Malfoy possedeva un'aria di superiorità e sprezzo per il mondo che, per quanto si possa criticare aspramente, seduce. Non c'è nulla da fare. Questo era il punto terzo.
Chi era dunque Hermione Granger per non essere morbosamente attratta, come qualsiasi altra giovane donna, da un uomo che crede di essere il migliore?!

-Draco Malfoy l'aveva fatta soffrire. E per essere più precisi, ancora continuava a farlo! Punto quarto.
E' inutile negarlo, le donne si innamorano sempre dei bastardi. Più un uomo le disprezza, e più esse assumono i connotati di un burattino di legno pronto a muoversi a loro comando. Hermione era divenuta maestra in questo! Draco l'aveva tormentata da quando erano praticamente bambini, ogni giorno della loro vita, per sette lunghi anni, e lei... invece di restituirgli con gli interessi tutti i patimenti subiti dandogli un gran calcio nei coglioni, aveva accolto le sue scuse ed aveva lasciato che lui se la portasse a letto tutte le volte che lo aveva desiderato.

-Draco Malfoy aveva il fascino dell'uomo tormentato e maledetto. Quinto ed ultimo punto.
E forse, questo da solo, sarebbe stato capace di giustificare per intero la perdita di senno di Hermione Granger che, da brava eroina, si era assunta il compito sacrificale di redimere quell'uomo votato all'oscurità, e riportarlo alla luce.


Cinque, fottuti punti, che racchiudevano l'essenza più profonda di quell'uomo tanto complicato.

Ma in ogni caso, quali che erano i veri motivi per cui Hermione aveva capitolato, se tutti quanti, se solo alcuni di quelli elencati, o se invece nessuno di essi, lei con certezza sapeva soltanto una cosa...

L'amore ormai le scorreva nelle vene, sotto la pelle, dentro i polmoni, da una parte e dall'altra dello stomaco, attraverso la carne... come una pozione potentissima; e la sua mente, così come il suo cuore, erano pieni di lui, del suo nome, del grigio dei suoi occhi, del biondo dei suoi capelli.

E non le importava niente di come Draco avrebbe potuto reagire trovandola lì, nel suo rifugio dal mondo, a Matlock. Hermione doveva provarci, fosse stata anche l'ultima cosa che faceva!

Sii come il mare, che infrangendosi contro gli scogli, trova sempre la forza per riprovarci...

Con un Halomora mormorato nella sera limpida e stellata del Derbyshire, la serratura del cottage scattò in un sommesso click, e così Hermione, inspirando profondamente, entrò.

Trovò le luci spente. D'altronde, era tardi.

Purtroppo, nel momento in cui Toby le aveva spifferato tutto in cambio di un posto come domestico in casa Granger, Hermione non era stata affatto capace di correre subito da Draco; aveva invece perso tutte le ore del pomeriggio a rimuginare in una tremenda indecisione: bramava follemente di rivederlo, ma nello stesso tempo, aveva una fottuta paura di essere invadente. Si era quindi trincerata in un mutismo inquieto, seduta sul divano a rosicchiarsi le unghie, mentre l'ex elfo dei Malfoy saltellava per tutto il salotto con uno spolverino in mano e l'espressione soddisfatta di chi ha appena vinto un milione di Galeoni.
Ma Hermione preferì non ripensare a Toby e al modo subdolo con il quale aveva ottenuto i propri scopi, perciò prese a camminare per un po' al buio, cercando di abituarvisi e di non fare troppo rumore.
Probabilmente lui dormiva.

I suoi occhi intanto si erano lentamente assuefatti all'oscurità, e tutto intorno a lei si fece più distinto: il soffitto in legno, la carta da parati, i mobili di ciliegio, i quadri dalle cornici dorate, il pavimento in cotto, il caminetto rustico.
La giovane strega non conosceva quella casa, non c'era mai stata prima d'allora, ma a differenza della Villa e di tutti gli altri possedimenti dei Malfoy, le ricordava molto di più una comune abitazione babbana: piccolina, raccolta, immersa nella campagna. Ergo, le piaceva tantissimo.
Trovò la camera padronale alla fine di un breve corridoio, e le si fermò per un attimo il respiro: forse per il terrore di essere cacciata via come un cane, o forse solo per l'emozione feroce di rivederlo.
Un timido bagliore lunare che filtrava attraverso le tende della stanza, le permise finalmente di scorgerlo: Draco dormiva fra lenzuola sfatte -con quell'espressione distesa che era quasi impossibile vedergli da sveglio- le labbra schiuse, le braccia distese sul cuscino, una ciocca di capelli sugli occhi... la posa di un uomo indifeso.
Hermione sorrise timidamente, portandosi una mano sulla bocca.
Aveva sorriso perché Draco sembrava così tanto ingenuo nel sonno, che chi non lo conosceva non avrebbe potuto ritenere possibile che quell'uomo fosse invece molto simile caratterialmente ad un Ungaro Spinato, con un po' della maleducazione di un Troll di montagna, della freddezza di un Basilisco, dell'insolenza di un Doxy, della tristezza di un Thestral, della velenosità di un'Acromantula... ma in fondo, anche con molta della bellezza eterea di un Unicorno.
In altre parole, una creatura leggendaria con tre teste, sei braccia e quattro gambe.
Soffocò una risata spontanea premendo di più il palmo sulla bocca chiusa, mentre ancora lo osservava.
Quando l'attacco d'ilarità svanì del tutto, Hermione si ritrovò a ragionare pure sul fatto che c'era ASSOLUTAMENTE da sfatare quella credenza comune che voleva gli uomini scompostamente addormentati fra cuscini e lenzuola stropicciate, in qualche assurdo modo SENSUALI.
Cosa diamine doveva esserci di erotico in un uomo addormentato (pur bello che egli fosse) con la bocca aperta ed il respiro un po' rumoroso?! E non che a Draco il fascino mancasse...

Ron probabilmente le avrebbe detto che la colpa di quella convinzione collettiva era da attribuire ai telefilms babbani che le casalinghe disperate ed annoiate guardavano sognando un principe azzurro che nella realtà non esisteva affatto. E che gli uomini, secondo lui, oltre a russare rumorosamente (caratteristica che possedevano pressoché TUTTI, inutile negarlo), ti prendevano pure a gomitate nei fianchi, e se poi eri particolarmente sfortunata, sbavavano nel sonno e facevano le bolle dal naso, come nei cartoni animati.

Eh sì... Ronald Weasley: il suo amico pratico, concreto ed obbiettivo che le diceva in faccia le cose a costo di sfiorare la crudeltà!

Hermione, in tutta la sua vita, non aveva avuto la possibilità di vedere molti uomini riposare al suo fianco, quindi non poteva fare un confronto equo... ma in ogni caso lei trovava che almeno Draco -da addormentato- apparisse soltanto terribilmente indifeso, e pure un po' tenero.
L'unico vizio idiota che lui aveva (ringraziando Merlino) era solo quello di mettersi a letto in mutande. Tipo adesso, ad esempio!
Che poi... pensò Hermione, in cosa cazzo consisteva la comodità di starsene mezzi nudi, santo Merlino?!?
No, non c'era in effetti alcuna comodità: era una cosa puramente estetica, sì!

Gli uomini odiano il pigiama perché è poco virile, eccolo il motivo.

Quindi, anche Draco dormiva in mutande tutto l'anno come fosse agosto, solo per non perdere la sua dignità di uomo. Il cretino!

Un cretino che però lei adorava.

Hermione si avvicinò al letto in punta di piedi, poggiò la sua bacchetta sul comodino, e senza neanche pensare troppo, si spogliò lentamente di ciò che indossava per rannicchiarsi contro di lui ed aspettare che si svegliasse, con il cuore in tumulto.
Non aveva la più pallida idea di cosa sarebbe successo dopo... ma a dirla tutta, non aveva neanche la più pallida idea di cosa volesse in quel momento. Le era soltanto mancata la sua presenza, il calore che sprigionava, l'odore che lui emanava.

Il corpo di Draco era un richiamo primordiale: come nutrirsi per placare la fame, o dissetarsi in una fonte limpida e fresca... Un bisogno che andava ben oltre le cose materiali, che si perdeva piuttosto nelle necessità misteriose della psiche.

Draco era un istinto ancestrale.

Lo baciò con delicatezza, sfiorandogli appena le gote con le labbra, senza farlo svegliare.
Hermione perdeva sempre il senno quando lo aveva accanto, ubriaca di passione. E continuò a riempirlo di piccoli baci su tutto il viso, spostandosi a volte sulla punta del naso, sulla fronte, il mento e l'angolo della bocca schiusa.
C'era tutto un calore, intorno e dentro di lei, che sembrava volerla bruciare, come Ardemonio maledetto... finché non si accorse che si trattava di un languore piuttosto terreno: il desiderio fisico e travolgente di averlo dentro di sé, muoversi con lui, farsi toccare dalle sue mani sfacciate, accogliere la sua carne e tenerlo stretto fra le sue cosce ondeggiando sul suo bacino senza alcun pudore.

Il richiamo del sesso. Puro, primitivo, schietto.

Tuttavia, l'amore sapeva trasformare un atto puramente fisico, quasi sporco, in qualcosa di sacro, di solenne, lontano dalle faccende terrene.
Quando c'era amore, ogni gemito diventava preghiera, ogni carezza invocazione, ogni affondo espiazione.

È facile togliersi i vestiti e fare sesso. Le persone lo fanno continuamente. Ma aprire la tua anima a qualcuno, lasciarlo entrare nelle tue paure, nel tuo futuro, nel tuo sorriso, questo è essere nudi.

Hermione aveva sentito dolorosamente la sua mancanza! A dire il vero, era stata una sofferenza quasi fisica; però... era pure stanca di quell'altalena sentimentale che li portava costantemente a raggiungere picchi di felicità, seguiti subito dopo da rapidissime e disastrose discese. Era una situazione che non poteva durare in eterno: era palese che fra loro ci fossero da sistemare ancora molte cose.
La giovane strega era andata da lui con la ferma decisione di mettere ordine a quel caos che era la loro storia d'amore. Trovare la pace, stabilire dei punti d'incontro, e capire se loro due, insieme, potevano costruire un qualsiasi tipo di futuro: magari sposarsi, fare una famiglia...

Poi però, tutti questi bei propositi persero d'improvviso importanza, perché Hermione si lasciò sfuggire del tutto la percezione dello spazio e del tempo, così presa a bramare quell'uomo, che non si accorse neppure di aver preso a baciarlo con più intensità, appoggiando i palmi delle mani sul suo torace nudo.

E Draco intanto, ancora dormiva.

Nell’amore tra un uomo e una donna giunge sempre un momento in cui questo amore raggiunge il suo apogeo: allora non ha nulla di egoistico o di sensuale: diventa purezza morale.

 
Hermione chiuse gli occhi travolta dal desiderio, ed ansimò appena, mordendosi il labbro inferiore con forza, ubriaca del suo profumo di uomo e soggiogata dal ritmo profondo del suo respiro.

Com'era strano provare tutto quell'amore, conoscendo i loro trascorsi: l'odio viscerale, le differenze sociali, gli ideali opposti.
Le sembrava ancora così vicino il tempo in cui lui la guardava con l'espressione schifata da aristocratico sprezzante (quello che mostra disgusto di fronte alla contadina povera e coperta di stracci vecchi), che non le sembrava vero il pensiero di esser finita da adulta tra le sue braccia, di esser riuscita a farsi desiderare, e a farsi donare il cuore, esattamente come lei gli aveva donato il suo.
Com'era tutto dannatamente incomprensibile.

Hermione sospirò, sollevando le palpebre umide per l'emozione, e tutta la meraviglia che le aveva riempito la mente sparì di colpo, nel trovarsi di fronte il grigio accecante degli occhi di Draco, spalancati e straniti.

Si era svegliato.

La giovane strega si irrigidì, rimanendo senza fiato. E venne immediatamente investita dalla paura accecante di aver commesso l'errore più grosso della sua vita.

"Che cazzo ci fai qui?!"
La voce di Draco, alterata e ancora roca per il sonno, le si riversò addosso come un'improvvisa pioggia gelata, di quelle che ti colgono di sorpresa e ti bagnano fino alle ossa nel giro di un minuto scarso.
Poi lui si sollevò di scatto con il busto, afferrò Hermione per un braccio, e la scaraventò poco garbatamente dall'altra parte del letto, allontanandola da sé.

Lei era quasi paralizzata, con un misto di rammarico e profonda vergogna a turbarle i lineamenti.
Ma cosa le era passato per la testa? Quell'uomo aveva il potere smisurato di rendere la brillante ed illustre Hermione Granger, una pallida e mediocre imitazione di se stessa.
Dove era andato a finire tutto il suo smisurato orgoglio da eroina magica, la sua intelligenza da ragazzina precoce, la sua integrità morale da paladina delle creature più deboli?! Ogni volta che lui prendeva il sopravvento su di lei, lei diventava una donnina fragile, piena di dubbi e con la paura annichilente di essere abbandonata.

Draco intanto imprecava borbottando cose incomprensibili, aveva il respiro affannoso, cercava ancora di connettere, vestiva un'aria palesemente stanca, e si stava strofinando entrambe le mani sul viso per tentare di riprendere il contatto con la realtà.
Alla fine, quando riuscì a ricordare dove si trovava, perché, e cosa era appena successo, si voltò apparentemente furioso verso la donna, con il cuore che in verità gli aveva saltato un paio di battiti almeno, e la rimproverò aspramente:
"Allora Granger?! Si può sapere cosa cazzo ci fai qui?"

La stronza era venuta per sottrargli la bacchetta di sambuco! Ne era convinto.



 
***
 

Wiltshire, Inghilterra.

Narcissa si stava spazzolando con finta calma i lunghi capelli ormai ingrigiti dall'età, seduta elegantemente su una sedia imbottita della sua camera da letto. Si guardava allo specchio con interesse, mentre con la spazzola morbida ripeteva il movimento all'infinito: dalla cute fino alle punte, come se quel gesto meccanico avesse il potere di placarle la rabbia.

"Sai dov'è la mia veste da camera, cara?!" La interruppe il marito, con il tono di un cane bastonato.
"No!" Gli rispose lei, indispettita. Narcissa poi lo guardò dallo specchio, palesanto tutta la sua irritazione:
"Sai... Farti trovare la vestaglia pulita e stirata era compito di Toby. Ma se tu non sei in grado di tenerti buoni i tuoi elfi domestici, non puoi certo pretendere che mi occupi io di certe cose da... da... PLEBEI!" Terminò con aria schifata, sbattendo la spazzola sul mobile e sollevando la camicia da notte per abbandonare la sedia e andarsi a mettere a letto. SENZA PIU' DIRE UNA PAROLA.

Lucius la seguì con lo sguardo finché la vide seppellirsi sotto le coperte e le rispose, tra il rammaricato e l'astioso:
"Guarda che non ti ho ordinato di andarmela a prendere! Ti ho solo chiesto se sapevi dov'era!"

Nessuna risposta.
Così l'uomo insisté per l'ultima volta, ormai sfinito: "Narcissa, non posso mettermi a dormire con i miei abiti da giorno..."

Lo accolse di nuovo il silenzio. Poi, dopo alcuni istanti, la voce della moglie (attutita dalle coperte), si fece sentire, anche se ancora un po' imbronciata:
"Nel terzo cassetto, sotto i maglioni."

L'uomo sospirò.

Per Lucius Malfoy, la giornata era stata terribilmente pesante:
Toby si era licenziato, suo figlio se ne stava da solo come un'eremita nelle campagne sconfinate del Derbyshire, e sua moglie gli portava rancore dal pomeriggio, per l'esattezza da quando si era accorta che lui stava sfogliando il giornale con troppo interesse...


"Si può sapere perché stai sfogliando gli annunci di lavoro sulla Gazzetta del Profeta?!" Gli chiese Narcissa, assumento l'espressione tipica di chi sospetta qualcosa.
Lucius sollevò gli occhi dal giornale magico, interdetto. Guardò poi la moglie come un ladruncolo colto sul fatto, e rimase imbambolato, senza riuscire a formulare una risposta decente.

"Che c'è?!" Rise Narcissa, che aggiunse subito: "Hai perso il tuo patrimonio a Poker e stai cercando un posto da manutentore al Ministero, oppure vuoi trovare un idraulico per quel guasto nel bagno degli ospiti, al secondo piano?"

Lo stava palesemente prendendo per il culo... Narcissa aveva capito benissimo che suo marito aveva combinato qualcosa: glielo leggeva dell'espressione schiva e colpevole che aveva in faccia. D'altronde stavano insieme da oltre trent'anni, lo conosceva come le sue tasche.

Lucius borbottò qualcosa di incomprensibile, finché stabilì che era inutile continuare a nascondere il fattaccio. Allora si schiarì la voce, e parlò:
"No.... niente di tutto questo Narcissa!"

Lei sollevò un sopracciglio, beffarda: "Lo immaginavo, Lucius. Lo immaginavo..."
Poi, la donna cambiò espressione, che si fece seria ed autoritaria:
"Che hai combinato?! Sputa immediatamente il rospo."

Era fatta.
Il signor Malfoy sospirò sonoramente ed annunciò, senza esitazione:
"Toby si è licenziato."
"COOOSAAA??" Urlò la moglie, alzandosi di scatto dalla poltrona in un gesto istintivo di stupore.
"Già." Confermò lui, senza muoversi di un millimetro... consapevole, e già pronto psicologicamente, all'inferno che avrebbe vissuto da quel momento in avanti.

"E per quale motivo, di grazia?!?" Narcissa lo chiese con tono di voce isterica, mentre finalmente capiva il motivo dell'assenza sospettosamente prolungata di Toby durante tutto il giorno.
"Beh... ecco..." Balbettò Lucius: "Diciamo che stamattina sono stato abbastanza scortese, e... e... in un impeto di ribellione, Toby ha deciso di fare il fagotto."

Il viso sempre mortalmente pallido della donna, cambiò diverse sfumature di colore, fino a divenire di un rosso intenso e terrificante:
"Sei sempre il solito, Lucius!"
Gli strappò il giornale dalle mani per dare una rapida occhiata, e poi glielo rilanciò addosso con tutta la forza che possedeva: "Ecco perché sfogliavi gli annunci di lavoro!"

Senza farlo neppure parlare, o minimamente difendersi, Narcissa gli puntò il dito contro e continuò: "Ora tu rimedierai a questa stronzata e troverai un altro elfo domestico nel giro di un paio d'ore, altrimenti giuro su Merlino che metterai la stessa biancheria intima per almeno due settimane, hai capito?!"


Lucius Malfoy, naturalmente, non era affatto riuscito a trovare un elfo nuovo nell'arco di un pomeriggio, e quindi si era ritrovato, come un umile babbano senza servitù, a rovistare nel cassetto dell'armadio alla ricerca di qualcosa di comodo da mettere per dormire. Alla fine, esasperato da un compito che non aveva mai svolto da solo, tirò fuori la prima veste da camera che trovò e se la infilò senza fare troppe storie.

Ci si rende conto di ciò che si ha, soltanto quando lo si perde.

Il signor Malfoy dovette quindi ammettere a malincuore che, nonostante tutto, anche la misera presenza di un elfo domestico era importante all'interno di una famiglia.

Sollevò le coperte, si sdraiò con lentezza e, mentre si copriva, diede la buonanotte alla moglie con un tono talmente mogio, che Narcissa stentò quasi a sentirlo.



 
***

 

Matlock, Derbyshire.

"Allora Granger?! Si può sapere cosa cazzo ci fai qui?"
Aveva borbottato Draco con voce roca, alterata.

E tutte le timide speranze di Hermione crollarono, come le difese di Hogwarts quando i mangiamorte l'avevano attaccata...

La giovane si coprì il seno con un braccio, rannicchiandosi in un angolo del letto tutta mortificata. Non riuscì neanche a rispondere alla domanda, per quanto si stava sentendo idiota e fuori posto! In quel momento, si sarebbe gettata volentieri nelle profondità del lago nero senza opporre alcuna resistenza alle comunità di Avvicini selvatici pronti a strangolarla.
Le si gonfiarono perfino gli occhi di lacrime, a causa del violento disagio, così Hermione decise di andarsene, per evitare almeno di protrarre troppo a lungo quella vergona inaudita... ma proprio quando tentò di alzarsi dal letto ad occhi bassi, Draco l'afferrò di nuovo -stavolta per trattenerla- e la fece ricadere seduta sul materasso con veemenza, come ad intimarle di non muoversi da lì.

Ne seguì un silenzio imbarazzato, che poi fu proprio lui a spezzare dopo qualche secondo, usando un tono il più possibile moderato, per non risultare troppo rude:
"Immagino sia stato Toby a dirti dov'ero..."
E lo disse con voce ovvia, come non ci fossero dubbi di sorta, mentre ancora rimuginava nella sua convinzione che Hermione fosse lì per sottrargli con l'inganno la bacchetta di sambuco.

Lei intanto, tutta rannicchiata su se stessa per coprirsi il corpo, lo guardò per un solo breve attimo con due occhioni ancora lucidi, ed annuì timidamente con la testa. Poi, poverina, aspettò pazientemente il prevedibile sfogo di rabbia di Draco, e se non proprio quello, almeno una decisa presa di posizione, qualcosa che l'avrebbe certamente umiliata, oppure qualche vaga promessa di uccidere Toby per la sua lingua lunga, invece...
Invece lo sentì ridere sommessamente.
Una risata provocante, un po' ironica, da farabutto quale egli era.

Pazzo.
Draco Malfoy era completamente pazzo! Pensò la giovane strega, che ebbe addirittura un tremito di paura nel prendere consapevolezza di ciò. Che stupida! Doveva saperlo che il lui c'era sempre stata una scintilla di follia che attendeva soltanto il momento propizio per divampare in fuoco indomabile!

Passarono diversi secondi, o forse minuti interminabili (ormai il tempo sembrava non scorrere più al suo normale ritmo), e nel frattempo che Hermione ripassava fra sé e sé i cento e uno modi di fuggire dalle grinfie di uno psicopatico, Draco tornò serio: l'espressione del viso riprese la sua abituale posa rigida e malinconica, gli occhi si incupirono, le narici si dilatarono...

La freddezza del Basilisco.

D'altronde, per un Malfoy era più forte di qualsiasi altra cosa il suo sprezzo verso il mondo. Si trattava di un istinto impossibile da contrastare: era come chiedere ad un'Aquila di non volare più.
Ma nonostante il muro di granito che il ragazzo aveva in apparenza alzato per l'ennesima volta, nessuno avrebbe potuto accorgersi della tempesta emotiva si stava abbattendo DENTRO di lui: la rabbia e l'amore stavano infatti combattendo una lotta titanica che colpiva e scuoteva il suo cuore come fanno le onde e le raffiche di vento su un'imbarcazione nel bel mezzo di una mareggiata.

Draco avrebbe tanto voluto urlare, mandare all'aria cuscini e lenzuola, prendere a pugni il materasso, mandare in frantumi ogni oggetto sotto tiro, ma... non lo fece, forse per non dimostrare di essere più pazzo di quanto effettivamente era.
Attese soltanto che la furia si placasse e che la sua piccola barca in mezzo al mare ritrovasse un po' di stabilità... poi riempì i polmoni d'ossigeno, come se fino ad un attimo prima avesse dimenticato di respirare, e finalmente disse, con aria di rinuncia:
"Dovevo aspettarmelo. Sarei quasi tentato di scommettere che quell'elfo astuto e laborioso si sia licenziato apposta solo per venirti a spifferare senza più vincoli di segretezza il luogo in cui mi trovavo. Maledetto!"

Ovviamente non poteva negare a se stesso di aver provato un moto d'orgoglio nell'aprire gli occhi e trovarsi Hermione nel letto spalmata addosso a lui, nuda, calda e pronta a realizzare il suo desiderio cocente di riaverla; e non poteva negare nemmeno di averla aspettata per tutto il tempo, come un cane fedele che guarda fuori dalla finestra nell'attesa del padrone, ma... il sospetto che quella di lei fosse tutta una sceneggiata creata ad arte per recuperare la bacchetta e poi scappare via, non riusciva ad abbandonarlo completamente, anche se i primi dubbi cominciavano ad assalirlo: in fondo Hermione aveva il viso troppo pulito, lo sguardo troppo ingenuo, l'aria troppo mortificata per essere una ladruncola appena colta sul fatto.

E se fosse proprio questa invece, la tattica vincente? Farsi credere innocente, sedurlo, e poi pugnalarlo alle spalle?!

Draco strinse i denti per contenere l'ira, mentre una vena sulla tempia gli si gonfiava nel pronunciare con finto distacco:
"Non mi hai ancora risposto, Granger... Vuoi dirmelo o no perché diavolo sei venuta?!"

...

Era arrivato il momento del confronto. Quello definitivo.
Hermione lo capì dalla serietà dei loro sguardi, delle loro voci, dei loro pensieri.
Era giunta la fine. La fine di tutto, o l'inizio di qualcos'altro che solo il tempo avrebbe potuto rivelare.
Forse chissà, a conclusione di quello scontro epico si sarebbero abbracciati forte per promettersi il futuro, oppure sarebbero scesi da quel letto prendendo definitivamente due strade diverse, mantenendo nel cuore il ricordo doloroso di un amore che non era mai sbocciato.
In ogni caso, Hermione ingoiò tutte le lacrime di vergogna, e decise che sarebbe stato meglio dirgli la verità, pura e semplice... per poi andar via raccogliendo i pezzi della sua dignità andata in frantumi:
"Sono venuta perché mi mancavi, Draco! Terribilmente."
Glielo sputò addosso con foga, ormai pronta a dire tutto ciò che le passava per la testa, stufa di usare troppe cautele.
Impulsiva, passionale e determinata come lo era sempre stata.

Lui la guardò con due occhi azzurri pieni di stupore.
Con gli anni si era talmente abituato all'indifferenza della gente nei suoi confronti, al disprezzo addirittura, che l'idea di essere il pensiero fisso di una donna che avvertiva dolorosamente la sua assenza, era una rivelazione quasi sconvolgente.
E capì, senza più alcuna ombra di dubbio, che Hermione era sincera, che la bacchetta di sambuco non c'entrava davvero un bel niente, e che lui era un emerito cretino.
Un emerito cretino che cercava in tutti i modi di farsi odiare e di farsi piantare in asso, cazzo! Rifletté maledicendo se stesso. Se lei adesso l'avesse mandato a farsi fottere una volta per tutte, beh... l'avrebbe meritato!
Lo risvegliò brutalmente la stessa Hermione, da quei pensieri patetici:

"Io sono stanca, Draco!"
La piccola donna lo gridò, in uno sfogo dettato dallo sconforto più atroce, e lui s'irrigidì tutto, pensando che ecco... si stava per l'appunto avverando ciò che aveva profetizzato qualche secondo prima: Hermione lo stava mollando. Si preparò mentalmente alla disfatta, e continuò ad ascoltarla, nel panico più totale.

"Non facciamo altro che mandarci al diavolo ogni volta che raggiungiamo un po' di felicità. Non si può vivere così, Santo Merlino!"
Hermione aveva di nuovo le lacrime agli occhi, anche se non si era affatto persa d'animo, anzi... poco dopo la sua voce divenne più acuta, ed il suo viso infuocato di fermezza:
"Ma non ti accorgi che il mondo intorno a noi è bellissimo?! Apri gli occhi, dannazioneee! La guerra è finita da dieci anni!!! Non continuare a nutrirti di paure e di insicurezze! Vai avanti e metti da parte gli errori, il passato, e tutti quei tuoi fottutissimi rimpianti!"
La giovane strega era partita come un bolide impazzito che mira l'avversario, inarrestabile:
"Per Merlino! E' tutto così semplice. L'orgoglio ti sta distruggendo, Draco! Lasciati andare, maledizione. Sii umile, accetta la vita per quella che è, abbi la modestia di apprezzare ciò che Dio ti manda come se fosse sempre un dono inaspettato. Smettila di trattenerti. Apri il tuo cuore e ama, cazzo. AMA. Ama senza farti troppi problemi. E' così difficile?!"

Hermione terminò senza avere quasi più fiato, le gote arrossate e gli occhi brillanti di determinazione, o forse di qualche lacrima trattenuta, mentre Draco era rimasto a guardarla, scioccato da tutta quella veemenza, e pure piuttosto interdetto; non capiva dove volesse andare a parare con quel discorso: voleva mollarlo, o no? Perché cazzo quella donna aveva l'abitudine di fare tanti giri di parole per esprimere un concetto così semplice? Dannazione. Era tornata su questioni vecchie e stravecchie, che lui desiderava soltanto seppellire sotto due metri di terra.
Quelle cose poi non gliele aveva mai dette in faccia... non con quella sfacciataggine almeno. Hermione aveva sempre cercato di fargli comprendere il senso di tutto in modi più sottili, più delicati, per non turbarlo mai più del dovuto, ed aiutarlo a riemergere dagli abissi sconfinati della malinconia a poco a poco, prendendolo per mano con delicatezza.
Adesso invece, era come se d'improvviso avesse deciso di strattonarlo violentemente, scaraventarlo e mandarlo a sbattere contro la vita vera, scuoterlo e metterlo di fronte ad una scelta definitiva: la luce o l'oscurità, senza più vie di mezzo.
Draco non si trovò affatto pronto a rispondere, e soprattutto non si sarebbe mai immaginato che lei esplodesse in modo tanto inaspettato... e così, nell'esitazione, preferì trincerarsi in quello stesso fottuto orgoglio che Hermione gli aveva rimproverato un secondo prima.
D'altronde gli era sempre risultato facile nascondersi dietro l'arroganza quando le cose non giravano come voleva lui, l'unico modo per uscire intatto da situazioni scomode che minavano la sua autorità ed il suo essere UOMO. Lo faceva da quando era ancora un ragazzino.
Così, con il volto trasfigurato dalla furia ed i tendini del collo tesi, Draco urlò in tono soffocato:
"Ma cosa vuoi da me, Hermione? Eh?! Cosa cazzo vuoi?!"

A Draco non piaceva per niente quando gli sbattevano in faccia una verità che lo faceva vergognare, in particolare se a farlo era lei.
Prese a tremare di rabbia, e neanche si rese conto che, con occhi iniettati di sangue, si era tirato contro Hermione, le aveva afferrato i capelli all'altezza della nuca, e glieli stava tirando tanto da farle piegare il collo.
Alla sua mercé.
Si fissarono a lungo come due animali selvaggi, nessuno dei due disposto ad abbassare lo sguardo per dichiararsi sconfitto.
Una guerra fredda, in cui entrambi erano pronti a fare la propria mossa se solo l'avversario avesse mostrato di voler attaccare. E si sarebbero sbranati! Oh sì, si sarebbero massacrati peggio di quando si incrociavano nei corridoi della scuola.
Erano talmente testardi che sarebbero rimasti così per ore, giusto per non dare la soddisfazione all'altro di cedere. Ma, d'improvviso...

Un sussurro, quasi un soffio d'aria, uscì dalle labbra di Hermione, che con il viso gli si era avvicinata tanto da sfiorargli la bocca:
"Cosa voglio, dici?!"

Lui la fissò con i suoi occhi azzurri taglienti, in attesa.
Hermione non si fece intimorire, e riprese a parlare, sottovoce:
"Te. Voglio te, brutto stronzo. Ma tu, come al solito, non lo capisci mai."

E se lo strinse contro senza pudore, schiacciando il seno contro il suo torare largo.




Continua...




E' quasi arrivata la fine per questa storia, e mi scuso profondamente per non aver avuto più la costanza di prima nell'aggiornarla. Non cercherò giustificazioni di alcun tipo, posso solo dire che la vita a volte cambia radicalmente e d'improvviso, ed il tempo che prima si dedicava ad alcune cose, deve esser necessariamente speso in altri modi, anche a discapito delle proprie passioni, purtroppo. L'unica cosa che posso assicurare, è che non lascerò mai in sospeso "Il cacciatore di maledizioni", forse mi servirà soltanto più tempo del previsto, ma no! Non lo abbandonerò. Mai. E' parte di me, e dargli un finale degno di essere chiamato tale è importante, anche solo in nome di tutto il tempo speso e la dedizione che ci ho messo per scriverlo.
Grazie a tutti, nonostante tutto.
Riflessi






Note:
-Non ha confini il coraggio che nasce dall’amore e per amore si realizza. Non tiene conto di alcun pericolo. Non ascolta nessuna forma di raziocinio. Pretende di muovere le montagne, e spesso le muove. Oriana Fallaci

-Essere un buon padre è come farsi la barba: non importa quanto sei stato bravo a raderti oggi, devi farlo di nuovo domani. Reed Markham
-Sii come il mare, che infrangendosi contro gli scogli, trova sempre la forza per riprovarci. Jim Morrison

-È facile togliersi i vestiti e fare sesso. Le persone lo fanno continuamente. Ma aprire la tua anima a qualcuno, lasciarlo entrare nelle tue paure, nel tuo futuro, nel tuo sorriso, questo è essere nudi. Marilyn Monroe

-Nell’amore tra un uomo e una donna giunge sempre un momento in cui questo amore raggiunge il suo apogeo: allora non ha nulla di egoistico o di sensuale: diventa purezza morale. Lev Tolstoj

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Capitolo 33
*** Streghe e maghi famosi ***


La mia e' una storia vecchia, che dura già da qualche anno ormai, da quando la iniziai con "Le fiabe Oscure", e da lì Draco ed Hermione ancora non trovano pace, ahimé...
Purtroppo non ho la forza di fare un riassunto degli avvenimenti precedenti, o forse è meglio dire che non ne ho il tempo, posso solo dire che mi sento come se avessi abbandonato la mia nave nel mare aperto.

Conosco la sensazione di riaprire una storia che manca di aggiornamenti da mesi e mesi, ed in queste situazioni, l'unica cosa sensata da fare è tornare indietro di un paio di capitoli prima di leggere il nuovo. Ve lo consiglio.

Non so neanche perchè ho deciso di pubblicare! Così, d'improvviso, la voglia di riprendere le proprie passioni in quelle due, santissime, ore libere.

Grazie a chi ancora si ricorda de "Cacciatore di maledizioni" e grazie a chi crede che Draco ed Hermione possano amarsi, in un mondo che invece li vede troppo diversi per farlo.





 
Capitolo 33
Streghe e maghi famosi



 

Grimmauld Place, Londra.

Le cioccorane erano sempre state maleficamente indipendenti: non sapevi mai se eri fisicamente all'altezza di mangiarle, o se esse sarebbero scappate via con quattro salti ben calibrati lasciandoti a bocca asciutta. Non appena ne aprivi una infatti, dovevi esser pronto ad ingaggiare una ridicola lotta di wresling... e dovevi ritenerti pure fortunato, se riuscivi ad azzannargli almeno una coscia prima che sparissero!

Funzionava così da anni, e tutti i maghi lo sapevano: giovani e vecchi.

Tranne suo figlio.

Era per l'appunto la prima volta, che James Potter si accingeva a scartarne una, ed Harry si preparò a gustarsi la sua reazione indispettita, senza mancare di tenere i sensi da Auror all'erta, pronti a captare qualsiasi rumore sospetto. Perché?! Perché beh... Harry era certo che Ginny gli avrebbe tolto la patria potestà sui figli se solo si fosse svegliata in quel momento e li avesse sorpresi nella cameretta del piccolo a mangiare schifezze all'una di notte!

A tal proposito, l'aveva già rimproverato cinque volte, sulla sua cattiva abitudine di rimpinzare i bambini di dolciumi quando lei non c'era: la prima volta si era limitata a guardarlo male; la seconda volta a guardarlo male e a chiamarlo per nome e cognome usando un'inflessione di voce assassina; la terza lo aveva guardato male, lo aveva chiamato per nome e cognome, e gli aveva infilato la punta della bacchetta nel collo a mo' di minaccia di morte; la quarta volta invece aveva fatto tutte queste cose insieme aggiungendovi una fattura gambemolli; mentre la quinta, beh... la quinta volta aveva atteso che Harry si rialzasse malamente dal pavimento e, incurante dei suoi piedi ancora istabili e tremanti come due budini alla zucca, lo aveva afferrato per le palle e gliele aveva strizzate fino a fargli quasi uscire gli occhi fuori dalle orbite...

Ragion per cui, Harry non voleva neppure immaginare cosa sarebbe potuto accadere se lo avesse beccato pure la sesta! Meglio fare attenzione.

James intanto, con le sue manine paffute da bambino, aprì il cartoncino dorato che rivestiva la cioccorana e... afferrò al volo l'anfibio gracidante senza alcuna difficoltà: senza litigarci, senza balzare a destra e manca per riacciuffarlo, senza scomporsi minimamente.
Ad Harry cadde letteralmente la mascella, e dimenticò di colpo la moglie incazzata come un Erumpent in calore, per esultare della lampante consapevolezza che quel ragazzino, un giorno, sarebbe diventato di sicuro un cercatore fenomenale!

La sua fantasia galoppò rapidamente verso stadi da Quidditch pieni di tifosi che festeggiavano suo figlio con il boccino fra indice e pollice, scope da corsa più veloci del suono, ragazze adoranti che chiedevano autografi, ed articoli di giornale che parlavano incessantemente delle prodezze di James Potter, degno erede del suo portentoso genitore.

Si riscosse solo quando l'immaginazione sfiorò le più alte vette dell'assurdo, e così, per tornare definitivamente con i piedi per terra, Harry si rivolse a suo figlio in tono distratto, giusto per la curiosità di sapere cosa avesse trovato nella sua cioccorana:
"Ehi, James!?! Guarda che figurina c'è dentro! Sai... mi manca Agrippa."

"Che cosa?!" Gli chiese il piccolo Potter.

"Oh, certo! Tu non puoi saperlo..." Rispose Harry che poi continuò, con una strana sensazione di déjà-vu: "Dentro alle cioccorane ci sono delle figurine...sai, per fare la collezione... Streghe e maghi famosi. Io ne ho circa cinquecento, ma mi mancano Agrippa e Tolomeo".

James allora, seduto comodamente sul suo lettino, si rigirò l'involucro del dolcetto fra le mani, finché ne spuntò fuori un cartoncino colorato che gli cadde dritto dritto sulle ginocchia.


"ZIAAA!" Strillò d'improvviso, tutto contento nel riconoscere la bella strega che, direttamente dalla figurina, gli strizzava l'occhio per salutarlo.

"Aah, che peccato! Hai trovato Hermione." Sospirò Harry, deluso. "Ne avrò sei di quelle!" Aggiunse poi, facendo spallucce.

A dire il vero, rifletté l'Auror, era pressoché impossibile trovare tutti i maghi della collezione.

Neanche un maleficio sembrava essere tanto puntuale e preciso: ogni volta che una persona era lì lì per completare finalmente l'album, l'associazione infilava nella raccolta un nuovo mago o strega famosi, e quindi... via: si doveva ricominciare tutto daccapo e rimettersi alla ricerca della figurina mancante!
A tal proposito, Harry ricordò improvvisamente una scena a dir poco ridicola e surreale avvenuta qualche anno prima alla Tana, e sulla quale tutti ancora ci sghignazzavano sopra: la sfuriata tragicomica di Ron che, dopo aver scartato con gioia servaggia la figurina di quella fottuta Leopoldina Smethwyk che gli mancava praticamente da una vita e che gli avrebbe permesso di terminare finalmente la raccolta, beh... proprio a quel punto, in quel precisissimo istante... un gufo reale aveva bussato alla finestra della Tana senza praticamente dargli neanche il tempo di festeggiare in maniera appropriata il traguardo raggiunto, per recapitargli una lettera formale che diceva così:

Egregio Sig. Ronald Bilius Weasley,
siamo lieti di informarLa che l'associazione culturale per i passatempi magici, ha inserito il suo nome nella lista di streghe e maghi famosi, come omaggio alle imprese eroiche compiute da Lei nella seconda guerra magica, e al contributo rilevante che ha apportato nella sconfitta definitiva di Lord Voldemort.

Per il momento abbiamo optato per una tiratura limitata della sua figurina, appena una ventina di copie... risulterà quindi abbastanza difficile impossessarsene. Si tratta di una strategia pubblicitaria: abbiamo calcolato che la sua fama spingerà sicuramente centinaia e centinaia di persone a comprare cioccorane con l'obiettivo di trovarLa.

Nella viva speranza che possa essere di suo gradimento, le alleghiamo una copia fac-simile della sua figurina, ovviamente non valida ai fini della raccolta ufficiale.

Distinti saluti




Harry continuò a ridere sotto i baffi ripensando a ciò che era successo immediatamente dopo quell'episodio: Ron era diventato rosso di rabbia mentre prendeva consapevolezza che Leopoldina Smethwyk, appena scartata, non serviva più a un cazzo di niente! Anni ed anni a bramarla, rimpinzandosi di cioccorane con una determinazione matta e disperatissima, per poi rendere vana quella ricerca proprio per sua stessa colpa.

PER. SUA. STESSA. COLPA.

Aveva iniziato a borbottare cose senza senso, dalle quali ogni tanto si poteva estrapolare una o due frasi compiute, ed una serie infinita di: imbecilli, stupida associazione del cazzo, cioccorane di merda...
Passata la prima fase di rabbia cieca, sfogata a parolacce, Ron aveva preso a dire che si era dato la bacchetta sui piedi da solo. Con le sue gesta da adolescente desideroso di diventare eroe, si era buttato nella mischia, totalmente incoscente della reale pericolosità di Voldemort, ed ora ecco il risultato: sbattuto sulle figurine delle cioccorane proprio quando aveva completato la collezione. E quelle fottute teste di cazzo dell'associazione per i passatempi magici (quasi a prenderlo per il culo) gli avevano inviavano una misera copia fac-simile della sua figurina!

UNA COPIA FAC-SIMILE.
A LUI!

Fanculo le cioccorane, le collezioni, i maghi, le streghe, l'associazione culturale per i passatempi magici, e... fanculo pure Draco Malfoy, aveva aggiunto Ron per terminare la sua piazzata. Harry allora aveva sollevato il sopracciglio destro, chiedendogli con aria perfettamente stupita cosa diamine c'entrasse Malfoy in quel contesto, e lui gli aveva risposto esasperato che beh: quel pezzo d'imbecille c'entrava SEMPRE se c'era da mandare qualcuno a quel paese! Era come il nero, che stava bene su tutto.

Ron aveva continuato ad imprecare per quindici giorni, e nei mesi successivi aveva provato ad offrire denaro in contanti a tutti i ragazzini che, mentre curiosavano fra gli scaffali dei Tiri Vispi chiacchierando fra di loro, si vantavano di possedere la sua figurina introvabile. Era stato un vero spasso.

Tutti avevano creduto che la comicità innata e forse pure inconsapevole del loro amico si sarebbe persa con l'età adulta, invece se possibile era divenuta ancor più sottile ed esasperata, rendendolo quasi la caricatura di se stesso. Ron era un portento... e a dir poco fortunata sarebbe stata la donna che un giorno l'avrebbe sposato!

Com'era naturale, anche Harry era stato inserito nelle figurine delle cioccorane, ma la notizia era stata accolta senza drammi di alcun tipo. Lui non era mai stato un tipo comico e plateale come il suo amico, anzi... il giorno in cui ne era stato informato, aveva fatto spallucce ed aveva continuato a fare quello che stava facendo prima, come se essere spiaccicati sulla raccolta più celebre nel mondo magico fosse una bazzecola.
Doveva ammettere però, che gli sarebbe piaciuto molto che suo figlio James trovasse proprio lui, anziché Hermione.

Harry Potter, talentuoso giovane mago che ha combattuto nella seconda guerra magica sconfiggendo il più grande mago oscuro di tutti i tempi: Lord Voldemort.
Nato il 31 luglio 1980, ancora in vita.
Sopravvissuto per ben due volte ad una maledizione mortale, fu allievo del grande Albus Percival Wulfric Brian Silente, e per ben diciassette anni, visse come un Horcrux inconsapevole.
Harry Potter ha vinto il torneo Tre maghi nell'anno in cui morì il compagno di scuola Cedric Diggory; è stato l'unico mago della storia a penetrare alla Gringott uscendone a cavallo di un drago cieco; è annoverato tra i migliori cercatori di Hogwarts; abile Rettilofono, e fondatore dell'esercito di Silente, il gruppo di giovanissimi maghi che negli anni bui della rinascita del signore oscuro, si riuniva in segreto per imparare a combattere contro i mangiamorte e prepararsi alla guerra.
Oggi, Harry Potter è Capo del dipartimento Auror al Ministero della Magia inglese, e conduce una vita perfettamente normale.


"Papà!?! Papà!!!" Lo richiamò improvvisamente James.

Harry sobbalzò ritornando al presente: "Dimmi!"

"Papà, zia è sparita! Non c'è più. Guarda!!!" Il piccoletto era incredulo, ed allungò la figurina vuota al padre, chiedendo spiegazioni.

Harry se la rigirò tra le mani qualche secondo e poi, in tono ovvio, affermò:
"Beh... non puoi mica pretendere che rimanga lì tutto il giorno!"

Una risposta che aveva il dolce retrogusto della nostalgia, delle cose passate, dell'espresso per Hogwarts, del carrello dei dolci e dell'inizio di nuove e meravigliose amicizie. E mentre Harry ricordava con un sorriso perso tutte queste cose... un urlo disumano distrusse d'improvviso la pace della cameretta:

"CHE DIAMINE CI FATE ANCORA SVEGLI A QUEST'ORAAA!?!"

Padre e figlio sgranarono gli occhi, mentre un brivido di terrore corse sulla schiena di entrambi e l'aria si fece elettrica.

Ginny si stagliava sulla porta con le mani appuntate sui fianchi e l'espressione omicida: "E per giunta, vi state pure ingozzando di cioccolata!"

Dannazione. L'eroe del mondo magico si era irreparabilmente distratto...


 

***

 

Matlock, Derbyshire.

Così, con il volto trasfigurato dalla furia ed i tendini del collo tesi, Draco urlò in tono soffocato:
"Ma cosa vuoi da me, Hermione? Eh?! Cosa cazzo vuoi?!"

Prese a tremare di rabbia, e neanche si rese conto che, con occhi iniettati di sangue, si era tirato contro Hermione, le aveva afferrato i capelli all'altezza della nuca, e glieli stava tirando tanto da farle piegare il collo.

Alla sua mercé.

Si fissarono a lungo come due animali selvaggi, nessuno dei due disposto ad abbassare lo sguardo per dichiararsi sconfitto.
Una guerra fredda, in cui entrambi erano pronti a fare la propria mossa se solo l'avversario avesse mostrato di voler attaccare. E si sarebbero sbranati! Oh sì, si sarebbero massacrati peggio di quando si incrociavano nei corridoi della scuola.
Erano talmente testardi che sarebbero rimasti così per ore, giusto per non dare la soddisfazione all'altro di cedere. Ma poi...

Un sussurro, quasi un soffio d'aria, uscì dalle labbra di Hermione, che con il viso gli si era avvicinata tanto da sfiorargli la bocca:
"Cosa voglio, dici?!"

Lui la fissò con i suoi occhi azzurri taglienti, in attesa.
Hermione non si fece intimorire, e riprese a parlare, sottovoce:
"Te. Voglio te, brutto stronzo. Ma tu, come al solito, non lo capisci mai."
E se lo strinse contro senza pudore, schiacciando il seno contro il suo torace largo.

In quel preciso istante, quasi come se qualcuno avesse sventolato una bacchetta per fare un incantesimo, il respiro rabbioso di Draco tornò rapidamente ad un ritmo normale, le dita che stringevano convulsamente i capelli morbidi di lei allentarono la presa (quel tanto che bastava a non farle più male), i suoi occhi di ghiaccio persero la furia omicida, e le sue labbra abbandonarono quella piega severa che si era impossessata di lui da quando si era svegliato.

Draco Malfoy gettò le armi.

Aveva perso. Di nuovo. Dopo decine di altre sconfitte. Stavolta però lo aveva fatto al cospetto di una donna e del suo amore, che erano due motivi molto più dignitosi rispetto ai fallimenti che aveva affrontato in passato.
E poi come faceva ad ignorare ciò che lei gli aveva detto?! Come poteva non sentirsi morire e poi rinascere subito dopo?! Come cazzo pretendeva di mandarla via, mentre gli si strusciava addosso con tutta quella timida malizia?!
Draco poteva solo arrendersi... anche se sotto sotto si era già arreso da un bel po'.

Sentì Hermione carezzargli il collo con la punta del naso, leccargli la pelle appena sotto la mascella, infine abbassargli i boxer, quel tanto che le bastava per fare tutto ciò che desiderava, e tutto ciò che lui le avrebbe SICURAMENTE lasciato fare.

Dio. Un brivido di piacere infatti gli fece stringere le palpebre appena quella dannata strega avvolse senza alcuna esitazione una mano sulla sua virilità già tesa. Lo aveva fatto all'improvviso, senza dargli neppure il tempo di formulare l'idea di possederla il più presto possibile.

Quando si era svegliato, Draco aveva finto di essere molto più furioso di quel che era, nel ritrovarsi Hermione nel letto. La verità invece, era che aveva sognato per una settimana intera che lei andasse da lui.

Si poteva dire tranquillamente che Toby aveva desiderato spifferare il nascondoglio del suo padrone, tanto quanto Draco aveva desiderato di esser trovato.

Soffocò malamente un gemito, al primo calore che avvertì nel bassoventre, ed afferrò il lenzuolo stringendolo nei pugni, giusto per tentare di contenere la voglia di sollevare il bacino e di andare incontro alla dita disinvolte di Hermione.
Stavolta Draco non percepì nella donna lo stesso riserbo e la stessa punta di timidezza che l'avevano sempre caratterizzata quando facevano l'amore, ma ebbe modo invece di cogliere in lei un lato più sfrontato, che finì per sconvolgerlo del tutto quando, improvviso come uno sparo, si ritrovò avvolto dal calore umido della sua bocca.

Fuoco.
Da quel momento fu solo fuoco... dentro, fuori e tutto intorno a lui.

Cazzo. Non se l'era aspettato. Un verso profondo e gutturale gli fuoriuscì spontaneo ed irresistibile della gola, e tutto ciò che in precedenza si era trattenuto dal fare, proruppe istintivamente facendo crollare ogni barriera di autocontrollo.
Così si spinse, senza freni, fra le sue labbra morbide, in un ancheggiare impertinente e spudorato che sarebbe potuto sembrare da perfetto mascalzone, se non fosse che era così irrimediabilmente innamorato di lei.

Lei che era come un fiore bellissimo, delicato e pieno di spine, che andava nutrito e tenuto alla luce del sole.

Draco gridò di un piacere muto mentre guardava sfacciato ciò che Hermione gli stava facendo, gustandosi con calma tutte le emozioni incandescenti provocate dalla sua lingua che correva instancabile, e dalla sua bocca schiusa, piena di lui.
Poi... sentì salire dal basso un piacere devastante, che arrivò a farlo tremare tutto, in ogni singola fibra del suo essere; aveva il volto arrossato dalla foga e la pelle sudata per lo sforzo, eppure non riusciva a smettere di muoversi ritmicamente fra le labbra di lei, nel gioco più perverso e sensuale del mondo. Fu in dubbio, ad un certo punto, se lasciarsi travolgere subito oppure resistere, per amarla e farsi amare più a lungo, fino a struggersi entrambi, fino a chiedere pietà, fino a farsi mancare completamente le forze.
Un attimo prima che fosse troppo tardi però, Draco le afferrò dolcemente il viso in una muta richiesta di rallentare il ritmo. Infine, l'allontanò bruscamente dal suo sesso e la baciò con impeto.
Un bacio profondo, che sapeva d'amore e di tutte le cose che non era ancora in grado di dirle.
La tenne per la nuca, quasi a voler affondare nella sua anima, succhiarle linfa vitale, appropriarsi dei suoi pensieri, assorbire la sua bellezza unica. Poi se la strinse addosso, affondando i polpastrelli nelle curve dolci del fondoschiena, giocando con la lingua sulle punte dei suoi seni pieni, e godendo di quel meraviglioso corpo che si agitava frenetico contro la sua virilità ancora dolorosamente insoddisfatta.

"Mi sei mancato così tanto, Draco." Hermione glielo mormorò mordendosi un labbro, nell'attesa di qualcosa che in fondo volevano entrambi.

"Lo so..." Draco le rispose sorridendo malandrino, mentre le sue dita maliziose la sfioravano appena fra le cosce spalancate, come a farle capire che, se sapeva di esserle mancato, era perché il suo corpo accaldato a bagnato parlava per lei.

"Idiota!" Arrossì Hermione, nascondendo per un attimo il viso contro il suo collo, anche se non poté fare a meno di inarcarsi spudoratamente quando Draco oltrepassò il confine della decenza per immergersi con le dita nella sua intimità, ed appropriarsene nei modi che più gli piacquero.

Dio. Si trattava di qualcosa che gli era mancato da pazzi: quel modo svergognato di sprofondare in lei fino alla fine, per poi riemergere e sfiorarla dappertutto con i suoi polpastrelli ormai fradici, e sfiorarsi lui stesso, dando un poco di sollievo al suo sesso duro e trepidante.
Lo ossessionava il calore bollente di Hermione, il piacere che le scorreva fra le cosce aperte, i seni che danzavano davanti ai suoi occhi tempestosi...
Draco invase con le dita le sue labbra gonfie una volta, e poi un'altra, e un'altra ancora, e un'altra ancora... afferrandole saldamente un fianco con l'altra mano, e spingendole addosso la sua eccitazione furiosa.
Istinto animale.
Draco Malfoy sapeva trasformarsi in un lupo affamato, davanti a quella piccola preda indifesa che gemeva ad ogni affondo.
La guardò ondeggiare su di lui con l'espressione stravolta dal piacere, e sorrise compiaciuto, prendendo consapevolezza di averla finalmente liberata dai suoi freni inibitori, lei che prima era solita arrossire furiosamente quando lui giocava a prenderla in pose un poco più spinte.

"Draco... s-smettila." Lo implorò d'improvviso, ansimandoglielo sulla bocca. Ma nonostante l'ammonimento, Hermione non provò affatto a fermarlo: si inarcò invece in modo indecente, quasi contro la propria volontà.

"Perché?!" Le sussurrò lui, ridendo confuso.

"Perché così è troppo." Mormorò, baciandolo a fior di labbra.

"Che vuol dire che è troppo?!" Draco si lasciò baciare mentre continuava a torturarla fra le cosce, ignorando beatamente la supplica di poco prima.

"Ti prego, f-fermati...!" Hermione lo guardò un attimo, imprimendo in quello sguardo un desiderio trattenuto a stento, poi strinse le gambe per tentare di contrastarlo.
Non ne fu capace.
Lui la forzò ancora, facendola quasi gridare di piacere, e le disse con voce roca:
"Rispondimi, Hermione!"

La giovane strega sbuffò, pur muovendosi irresistibilmente su di lui, poi, accostandosi al suo orecchio finalmente gli mormorò, con dolcezza:
DEVI fermarti... altrimenti mi farai finire ancor prima di iniziare, amore..."

Draco, al quale sembrò scoppiargli il petto d'orgoglio, sorrise di un sorriso peccaminoso, che sembrava promettere le cose più deliziosamente perverse.
E com'era ovvio, non si fermò affatto.
Così si scambiarono gli umori, mischiarono i respiri, unirono i gemiti fino a farli sembrare uno solo, profondo e prolungato, allacciarono gambe e braccia, legarono le loro bocche, la saliva e i battiti impazziti.
Con un grugnito esasperato, Draco si tolse l'impiccio dei boxer che da prima erano rimasti impigliati all'altezza delle ginocchia, e senza più pensare a nulla di minimamente sensato, rovesciò Hermione a pancia in giù sovrastandola subito dopo. Prese una serie di respiri profondi, nella speranza di placare la furia ardente che gli scorreva nel corpo.
Quasi boccheggiava, per la voglia incontrollabile di possederla.
Le baciò la schiena liscia, partendo dalla nuca e scendendo piano, mentre ascoltava intontito il battito frenetico del suo stesso cuore ed i gemiti di lei, che affondava le dita nel cuscino e si inarcava con il sedere per cercarlo sfacciatamente.
Hermione gli stava chiedendo in silenzio di prenderla. E lui... lui avrebbe mai potuto negarle qualcosa?!
Draco Malfoy di fronte al mondo intero era un uomo arrogante e pieno di sé... ma quella donna, quell' UNICA donna, aveva avuto il potere di renderlo vergognosamente schiavo. Lui che odiava tutto e tutti, lui che non credeva nella forza violenta delle passioni, dei legami, e dei sentimenti in generale... era crollato come il più umile dei contadini.

Al cospetto dell'amore, tutti gli uomini diventano uguali... dal povero al ricco, dall'intelligente allo sciocco, dal buono al cattivo.

Fu un istinto irresistibile, Draco prese a muoversi leggero fra le sue natiche, superficialmente, in un andirivieni lentissimo ed eccitante, che cancellò in entrambi qualsiasi pensiero estraneo a loro due, ai loro corpi bollenti che si volevano, ai loro respiri affannati che chiedevano aria, alle loro bocche avide che malgrado la posizione un po' scomoda, si cercavano continuamente.
Hermione non poté fare a meno di aprirsi di più, nell'attesa ormai sfibrante che lui la riempisse di sé e placasse quella frenesia spudorata che l'aveva colta senza preavviso.
Draco invece aveva chiuso gli occhi, travolto dal piacere che il suo stesso lento ancheggiare gli stava donando. Si riscosse solo quando la sorpresa di sentire lei spalancare le gambe lo fece vibrare di gioia servaggia... e allora si fermò, inspirò profondamente, le baciò la nuca e le sussurrò all'orecchio, facendola rabbrividire:
"Non hai la minima idea di quello che vorrei farti, Hermione..."

Lei sorrise imbarazzata gemendo appena, poi si inarcò ancora di più, e con voce spezzata gli mormorò di rimando:
"Non trattenerti allora..."

E lui penetrò nelle sue carni.

Dopo quelle parole cariche di desiderio, Draco non indugiò più: la prese di colpo in un momento in cui lei credeva che quel gioco eccitante sarebbe durato in eterno. La prese affondandole dentro senza scampo, senza possibilità di sfuggirgli. La riempì del suo sesso, con estrema decisione, quasi a farle capire che quello era il suo posto, che lui era l'unico ad averne diritto, per sempre... sfidandola silenziosamente a ribattere.
Hermione gridò di sorpresa, d'amore, di voglia e passione. E fu un istinto naturale, quello di danzare allo stesso ritmo di Draco, stringendo insieme a lui le lenzuola stropicciate, come a cercare in esse un sostegno a tutta quell'energia che si stava sprigionando dai loro corpi sudati.
Il giovane mago finalmente capì che tutto ciò che cercava dalla vita era lì, concentrato in quel letto. Comprese che per essere felice gli bastava davvero poco in realtà. Fare sesso ne era un esempio. Fare sesso era decisamente una buona cura alla sua malinconia!
Qualcuno sicuramente avrebbe obiettato accusandolo di maschilismo, ma egli se ne sarebbe fregato come sempre, ridendo con aria di sfrontata superiorità. Solo Draco stesso, in fondo, sapeva come stavano le cose: lui non amava fare sesso con una donna qualsiasi, lui adorava sfilare le mutande ad Hermione Granger, eccola la differenza!
Era il sesso con lei a curarlo di tutte le sconfitte e di tutte le brutture della sua vita.
Gli bastava averla, possederla, respirarla, amarla, proteggerla, ed esaudire ogni suo desiderio. Come in quel momento...

Dopo i primi affondi veloci e profondissimi, Draco prese un ritmo esasperatamente lento, che gli permise di percepire maggiormente ogni più piccola sensazione, e che gli rese anche più facile tornare a respirare in modo decente per placare la tempesta del suo cuore impazzito.
Non era facile avere davanti agli occhi la schiena inarcata e candida di lei, il suo sedere morbido e le sue cosce aperte senza uscirne pazzo. Portò istintivamente una mano sul seno di Hermione e lo afferrò delicatamente, accompagnandolo nel dondolio delle loro membra che si incontravano.

Erano bellissimi.

Hermione si morse il labbro inferiore e strinse le palpebre, ormai sfinita dall'attesa. Poggiò una gota arrossata sul lato fresco del cuscino, poi afferrò la mano di lui, l'allontanò dal suo seno, e gemendo piano, la guidò verso il basso. Inesorabilmente.

Erano perfetti.

Quando le dita di Draco finalmente la sfiorarono fra le gambe, tutto sembrò esplodere.
Un grido soffocato le uscì dalla bocca senza controllo, e lui riprese a possederla incalzante, facendole avvertire brutalmente tutta la sua durezza che entrava ed usciva da lei.

Erano loro.

"Draco..." Gli sussurrò sconvolta, senza riuscire a dire nient'altro. Dopo un sospiro intenso, lui le rispose dolcissimo, mentre ancora la viziava con le dita:
"Che c'è?!"

Hermione ingoiò un gemito più forte, e riprese fiato. Non sapeva bene neppure lei cosa voleva chiedergli. Era tutto meraviglioso... ma un chiodo fisso piantato fra i suoi pensieri la turbava nonostante l'illusoria perfezione del momento. Lottò contro l'appagamento dei sensi, ignorando il corpo caldo di Draco che ondeggiava dietro il suo trafiggendola spietato, e... dopo qualche secondo ancora d'esitazione, gli mormorò qualcosa che lo lasciò interdetto, qualcosa di inaspettato:
"Per... per q-quanto tempo mi amerai ancora?"

Il mondo stesso sembrò fermarsi.

Fu una domanda timida, apparentemente fuori luogo. Una domanda che forse nessun'altra donna avrebbe posto in un momento simile. Ma Hermione voleva una risposta. Subito. E ciò confermava che la sua sete di conoscenza, il suo voler tenere tutto sotto controllo, chiaro e trasparente, andava e sarebbe sempre andato oltre ogni altra emozione momentanea.
Hermione Granger DOVEVA sapere cosa sarebbe successo fuori da quel letto, cosa aspettarsi il giorno dopo, e quello dopo ancora... anche se ciò avrebbe rischiato di interrompere disastrosamente l'amore che stavano facendo.
Non voleva più raggiungere il paradiso per poi ricadere all'inferno ogni dannatissima volta.

Draco inspirò a fatica e rallentò i movimenti gradualmente, fino a fermarsi del tutto, pur restando incagliato dentro di lei con il sesso dolorosamente pulsante e teso, conscio che qualcosa nell'aria era cambiato in modo repentino.

Per quanto tempo mi amerai ancora?

Era una domanda che sulle prime non aveva capito, troppo UOMO per andare a cogliere subito le diverse sfumature nei pensieri di una donna. Poi, aveva intravisto le ciglia di lei inumidirsi di lacrime (nonostante il piacere che stava trattenendo a tutti i costi mordendosi un labbro), ed aveva capito...

Quella domanda apparentemente fuori luogo, aveva un significato ben preciso, e Draco si rese conto che, in effetti, così fuori luogo non lo era affatto: lui ed Hermione avevano passato tanto di quel tempo ad amarsi e poi mandarsi al diavolo, a promettersi felicità per poi lasciarsi, che sicuramente lei aveva paura che questa potesse essere l'ennesima volta.

Per quanto tempo mi amerai ancora?

Era giusto così. Era giusto, da parte di Hermione, chiedergli certezze. Non erano più due persone che si rotolavano su di un letto solo per il gusto di fare sesso senza impegno. Ormai erano andati oltre il solo appagamento dei sensi. Si erano scambiati i pensieri, avevano affrontato l'opinione del mondo magico, Hermione aveva sacrificato la sua aura di impeccabilità, si era rimboccata le maniche e lo aveva tirato fuori dalla solitudine malinconica che lo circondava da dieci anni, rompendo la bolla in cui si era rinchiuso; mentre Draco... Draco si era fatto scartare la mente come un pacco regalo, l'aveva lasciata entrare dentro di lui, le aveva messo in mano la sua anima nera senza alcuna resistenza e si era fatto plasmare, guidare, insegnare, fino ad uscirne migliore. Forse.

Tanto che il marchio nero sull'avambraccio sinistro non gli faceva neanche più tutto il ribrezzo di una volta.

Ora erano solo un uomo e una donna che si volevano.

Draco le baciò la pelle candida della schiena sorridendo appena, rincuorato, e senza controllarsi più, ricominciò ad affondare lentamente in lei, mentre le spostava i capelli da un lato per respirarle sul collo tutto il suo desiderio ardente.
Le parole che subito dopo le sussurrò roco ad un millimetro dall'orecchio, fecero avvampare la donna d'emozione...

Per quanto tempo mi amerai ancora?

"Sempre, Hermione. Sempre."

Non ci fu più nient'altro da aggiungere. Persero il controllo totalmente, irreparabilmente.
Per Draco, tornare ad affondarle dentro fu come riprendere fiato dopo una lunga apnea: gemette senza freno quando la penetrò fino alla fine, quasi facendole male. Ma Hermione sembrò non risentirne, dato che ruotò il bacino per sentirlo più profondamente in lei.
E così, si spinsero di nuovo uno contro l'altro, affamati di piacere, abbandonando ogni pensiero razionale, troppo assorbiti dall'istinto primitivo e viscerale di unire le loro carni. Irresistibile.
Hermione lo lasciò entrare più e più volte, fino a sfinirsi, fino a non avere più fiato per gridare il suo desiderio, mentre Draco non le lasciava via di scampo.
La prese in tutti i modi che conosceva, la piegò sensualmente ai suoi voleri, tormentandola e tormentandosi a sua volta come un amante perfettamente navigato.
Le mormorò di continuo parole irripetibili e deliziosamente oscene; la guardò negli occhi sfacciatamente, incurante e quasi divertito dagli ultimi residui del suo pudore femminile; le leccò ogni angolo di pelle, giungendo in posti immorali e già molestati in abbondanza; le afferrò addirittura i capelli stringendola con decisione, quando il piacere si fece troppo forte.
Infine, la portò sopra di sé.
Le spalancò le gambe senza alcun garbo ed affondò a piene mani nei suoi fianchi, poi la penetrò ancora e ancora, imponendole un ritmo frenetico, osservandola lascivo senza perdersi di lei un solo movimento, un solo gemito, una sola supplica.
La fece venire su di lui, mentre la baciava vorace, spegnendo dentro la bocca i loro violenti e rauchi gridi di piacere. Poi, la incollò al suo bacino senza più permetterle di uscire, premendo disperatamente con le mani sulle sue natiche per tutto il tempo necessario a raggiungere il piacere...

E furono i tre secondi d'estasi più belli della sua vita.

L'orgasmo è coinvolgimento totale: mente, corpo, anima, tutti insieme. L'intero essere vibra, dalle dita dei piedi, alla testa... e tu non sai più chi sei. E' come una follia, è come un sonno, è come meditazione: è come la morte.

Draco si riversò dentro di lei per la prima volta, e lo fece senza preoccupazioni, senza porsi alcun problema: perfettamente in pace con se stesso, qualsiasi cosa sarebbe derivata da quel gesto. E la tenne ferma, disperatamente affondato in lei, fino a quando anche la più piccola pulsazione del suo sesso sparì.
Poi, riprese fiato in silenzio, mettendo da parte tutta la frenesia bruciante che aveva provato, ed Hermione, ancora incollata a lui, lo guardò intensamente, un po' sconvolta dal suo gesto inaspettato, con la sensazione stranissima del suo seme caldo che le riempiva il ventre. Averebbe voluto chiedergli come mai lo aveva fatto, ma la domanda rimase solo un punto interrogativo silenzioso negli occhi. Lui, che aveva capito, in risposta le regalò soltanto un mezzo sorriso sornione, quindi scivolò fuori da lei accarezzandole delicatamente una guancia, e le baciò le labbra con infinita dolcezza.
A poco a poco i loro corpi si placarono, i cuori persero la frenesia, i respiri tornarono lenti, le espressioni si distesero e i pensieri si fecero leggeri.

La stanza era così meravigliosamente silenziosa che il fruscio delle lenzuola provocato dai loro movimenti era l'unico rumore percepibile.
Hermione assaporò ogni singolo istante di pace stringendosi a lui, accarezzandogli il torace, intrecciando le gambe alle sue, ed immaginando una vita migliore e felice, dove Draco Malfoy non aveva paura di camminare per strada alla luce del sole, una vita dove tutti i suoi problemi si risolvevano (o per lo meno imparava a gestirli con razionalità), in cui magari qualcuno lo salutava pure scambiandoci qualche chiacchiera, una vita dove lui e lei si tenevano per mano a Diagon Alley mentre compravano qualche pozione, un calderone nuovo, pergamente, inchiostro, spezie... Una vita in cui andavano a vedere insieme una partita di Quidditch, anche se Hermione lo aveva sempre odiato.

"Ehi..."
Un sussurro roco la raggiunse nel mezzo delle sue fantasie, e si ritrovò a sollevare il capo per guardare negli occhi grigi dell'uomo, occhi cristallini pieni di aspettativa.

"Mmmh..." Hermione gli rispose così, mugolando senza forze, accorgendosi solo ora di essere sfinita dall'amore che avevano fatto, dall'impeto di Draco, dalla sua virilità, dalla prestanza fisica, dal suo modo di fare erotico e sfacciato.
Lui la guardò intensamente, tenendola stretta a sé, quasi indeciso a parlare, con un tremore interno che nasceva dalla gioia selvaggia di non averla persa: Hermione Granger era SUA, sua e basta.
Non importava quante volte ancora si sarebbe perso, ormai il giovane aveva imparato a conoscere la strada dell'amore, che era un po' come la strada di casa: una strada che si torna a percorrere senza fine... un posto dove si ritorna sempre.

Infine Draco si mosse appena, sospirò rilassato, quasi sbadigliando, sistemò meglio Hermione dentro il suo abbraccio e le disse, con voce bassa, ma senza malizia:
"Dormi qui con me?!"  




Continua...






"L'orgasmo è coinvolgimento totale: mente, corpo, anima, tutti insieme. L'intero essere vibra, dalle dita dei piedi, alla testa... e tu non sai più chi sei. E' come una follia, è come un sonno, è come meditazione: è come la morte." Osho




 

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