L'Impero della Vita

di Vanya Imyarek
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ritrovamento della storia ***
Capitolo 2: *** Dove una ragazza è speciale ***
Capitolo 3: *** Dove una ragazza cambia status sociale ***
Capitolo 4: *** Dove una ragazza impara dove gira il mondo ***
Capitolo 5: *** Dove un ragazzo inizia seriamente a fare il proprio dovere ***
Capitolo 6: *** Dove ha luogo un buon affare ***
Capitolo 7: *** Dove si pianificano le disgrazie altrui ***
Capitolo 8: *** Dove si apprendono segreti millenari e ci si innamora a prima vista ***
Capitolo 9: *** Dove ci si ribella, ma anche no ***
Capitolo 10: *** Dove si impara del passato e si decide del futuro ***
Capitolo 11: *** Dove praticamente tutti hanno secondi fini ***
Capitolo 12: *** Dove, per distrarsi dai propri problemi familiari, si ficca il naso in quelli altrui ***
Capitolo 13: *** Dove sono dibattute questioni di nascita illegittima ***
Capitolo 14: *** Dove si agisce per il meglio ***
Capitolo 15: *** Dove si esplicano le conseguenze di tali azioni ***
Capitolo 16: *** Dove si cerca di capire perchè sia stata fatta la cosa giusta ***
Capitolo 17: *** Dove, sorprendentemente, ci si informa prima di agire ***
Capitolo 18: *** Dove non si può agire concretamente ***
Capitolo 19: *** Dove si fa chiarezza su molti punti lasciati in sospeso ***
Capitolo 20: *** Dove emerge l'importanza della controversia sulla mobilità sociale ***
Capitolo 21: *** Dove inizia la lotta per la libertà ***
Capitolo 22: *** Dove Tahuantinsuyu accoglie un/a nuovo/a schiavo/a ***
Capitolo 23: *** Dove si scopre l'importanza del vantaggio numerico quando lo si è perso ***
Capitolo 24: *** Dove a qualcuno va indiscutibilmente meglio che ad altri ***
Capitolo 25: *** Dove tutti affrontano una prova ***
Capitolo 26: *** Dove si fanno scoperte illuminanti ***
Capitolo 27: *** Dove si va nuovamente a capo di tutta la vicenda ***
Capitolo 28: *** Dove si danno e ricevono consigli sul da farsi ***
Capitolo 29: *** Dove diversi piani vengono mandati all'aria, o magari no ***
Capitolo 30: *** Dove vengono trasmesse informazioni ***
Capitolo 31: *** Dove si sceglie tra due opzioni, entrambe pessime ***
Capitolo 32: *** Dove tutto va assolutamente a favore di due novizi ***
Capitolo 33: *** Dove ci si occupa di sgridare una ragazzina e prevenire un omicidio politico ***



Capitolo 1
*** Ritrovamento della storia ***


     RITROVAMENTO  DELLA  STORIA

 

 

 

Convenevoli, convenevoli … dai, quanto ne restava di tempo in cui chiacchierare … Choqo non ne poteva più, voleva solo lasciare quella villa infernale e tornarsene a casa sua … bei pensieri in prospettiva di un matrimonio!

Non era colpa sua. Il suo primo colloquio con il fidanzato era andato male, peggio che si potesse senza rompere gli accordi matrimoniali. Quello sguardo schifoso, che la soppesava come se fosse stata un oggetto, parlando … non con lei, con suo padre! Perché diamine lo definivano ‘primo colloquio’, se lui si era rivolto a lei a malapena per salutarla, e poi aveva conversato tutto il tempo con suo padre, discutendo le qualità della ragazza davanti a lui come se stesse stimando il valore di mercato di un mekilo?

 Complimenti, signore, avete una bella figlia. Figura abbastanza piena … occhi non proprio perfetti, ma buoni capelli … Diciassette anni? Sembra molto matura per la sua età. Si esercita con la spada, avete detto? Che scuola segue? Hatueiana, addirittura … non sono così sorpreso che abbiate voluto sposarla a me. Potrei parlare anche con il suo istruttore, per avere una nozione precisa del suo livello e dei progressi che può raggiungere? Con onestà … non perché dubiti di voi, ma l’istruttore potrebbe essere tentato di voler fare bella figura davanti ai suoi superiori, e le capacità della ragazza saranno vitali per i bambini. Mi organizzerete voi un colloquio? Perfetto! Oh, è paziente, e sa sopportare le lunghe attese? Molto? Perfetto, la compro!

 L’ultima frase veramente stava solo nella testa di Choqo, ma dato il tono generale della conversazione non si sarebbe sorpresa di sentirla davvero. Ma quando la smettevano i genitori di parlare, salutarsi, augurarsi le migliori fortune a loro e a tutte le rispettive famiglie, cugini di terzo grado e animali da compagnia compresi … faceva freddo e stava iniziando a piovigginare, e visto che erano nel bel mezzo della stagione della Rinascita fino a cinque minuti prima faceva caldo e lei non aveva il mantello, non vedeva l’ora di salire sulla carrozza, al bel tepore della coda del mekilo. Dai, dai … sì!

I genitori si inchinavano reciprocamente. La madre di Choqo lanciò un’occhiataccia alla ragazza, e lei si affrettò a inchinarsi a propria volta, sorridendo il meno forzatamente che poteva alla sua futura famiglia. Un anziano schiavo scortò lei e i genitori al cancello, dove il loro mekilo, e la portantina, li aspettavano. Salirono la scaletta che li portava sul dorso dell’animale e si infilarono nella portantina, e Choqo si aggiudicò immediatamente il sedile più vicino alla coda fiammeggiante dell’animale, praticamente crollandovi sopra. Sua madre la fulminò sullo sguardo, e Choqo si affrettò a riassettarsi il vestito.

 Aveva dovuto indossare uno dei più belli che aveva per deliziare il deficiente, un abito di lana finissima, tinto di verdino chiaro, a motivi floreali, con i bordi dello spacco laterale elegantemente arricciati e spilla e cintura in oro. Anche i suoi sandali erano intessuti con filo d’oro, così come i sottilissimi guanti che le avvolgevano il braccio in un piccolo capolavoro di sartoria tempestato di pietre qillori e che erano completamente inutili a proteggerla dal freddo.

Gli orecchini, poi! Sua madre le aveva fatto indossare il paio appartenuto alla sua celebre antenata, l’Imperatrice Corinna. Secondo la ragazza erano in bilico sulla linea che separava splendore da pacchianeria, ma la fattura era eccellente, con sottilissime linee sulla superfice a fare in modo che, quando erano colpiti dal sole, sembrassero fatti di piccoli fulmini in forma circolare. Ogni tanto facevano la loro comparsa sulle raffigurazioni ufficiali dell’Imperatrice, e pareva che fossero quelli che aveva indossato alla sua incoronazione. Almeno, sua madre continuava a ripeterlo.

 Non la sorprendeva che glieli avesse imposti per quel giorno: sembrava aver fatto di tutto per sottolineare la sua ascendenza. Le aveva perfino acconciato i capelli nella famosa acconciatura tradizionalmente associata con Corinna! Il che significava che Choqo, oltre a dover incontrare qualcuno che la vedeva come un bell’oggetto e contemplare la prospettiva di viverci insieme, doveva farlo anche travestita da un’antenata morta da secoli e che le stava pure piuttosto antipatica.

 Ma attenzione, apparentemente la madre riteneva che potessero parlare liberamente.

 “Continuo a pensare che avremmo potuto combinare con molto meglio” Choqo concordava, ma probabilmente non nel modo in cui sua madre avrebbe voluto. “Choqo discende da Simay e Corinna, dopotutto. Non è una nobiltà comune …”

 “A dire il vero, lo è” rispose secco il padre. “Simay e Corinna sono vissuti trecento anni fa, e hanno avuto quattro figli, che a loro volta hanno avuto un’infinità di discendenti. Tra le casate nobiliari, ormai è più comune un discendente degli Imperatori della Vita che qualcuno di schiatta più antica – tra guerre civili per il trono e rovina delle famiglie, ne sono rimasti pochissimi”

“Sì” la sua stessa madre ora la guardava come un oggetto che avevano appena venduto all’asta per un ottimo prezzo. “Ma è comunque una nobiltà importante. E Atahuani Huancoi è solo un generale, per quanto in vista”

“Una sua cugina è già imparentata con nobili più vicini ai reali di noi. E poi, era il meglio che potevamo trovare in accordo con i talenti di Choqo”

“Benedetta ragazza, non poteva dedicarsi alla pittura parietale invece che al duello con spada?” sospirò drammaticamente sua madre.

Per la prima volta in vita sua, Choqo si sentì inclinata a condividere le critiche di sua madre riguardo alla sua passione: se avesse amato la cucina o la pittura o il collezionismo di oggetti antichi, magari le sarebbe capitato un fidanzato meno idiota?

“Nostra figlia è quello che è, e dobbiamo agire rispettandola” dichiarò suo padre, guardando con benevolenza la figlia in questione, la quale si trattenne a forza dall’alzare gli occhi al cielo.

Certo, teoricamente le era andato tutto molto bene. Aveva letto dei romanzi storici, storie in cui le giovani donne erano sposate completamente a caso, secondo ciò che conveniva ai genitori e non a quello che più si accordava col loro carattere e i loro talenti; ma ormai la società era cambiata, e se quegli ipocriti dei Sacerdoti della Vita non erano riusciti ad abolire il matrimonio combinato, avevano almeno spostato la regola a tenere in considerazione le capacità e le attitudini della ragazza. Il popolo Soqar aveva obbedito, se non altro perché si era reso conto che c’era uno scopo pratico oltre al far teoricamente andare più d’accordo i due coniugi.

 Nel uso caso particolare, per esempio, lei che aveva sempre avuto fin da bambina una passione per la battaglia e la spada, e cui i genitori avevano permesso di addestrarsi adeguatamente, era stata promessa in sposa a un importante generale. Era scontato che lei non sarebbe andata in guerra, sarebbe rimasta a casa a badare all’economia domestica e ad accudire i figli; ma i figli di un generale dovevano essere a loro volta addestrati all’uso delle armi, e se il padre era assente, era meglio che il compito ricadesse sulla madre, che conosceva bene i bambini e il modo migliore di trattare con loro, che non su qualche maestro sconosciuto. E poi avrebbero risparmiato sui costi del maestro, appunto. Un sistema molto più prfittevole del matrimonio combinato tradizionale, per tutte le parti coinvolte.

 Choqo se ne rendeva perfettamente conto, ma ciò non donava al suo promesso alcuna scintilla d’intelligenza, purtroppo.

La madre ostentava ancora un’espressione indispettita.

 “Ne abbiamo già parlato” sospirò il padre. “Non possiamo imporre ai figli le loro passioni”

Potevano imporre i fidanzati, in cambio, e mostrando un pessimo gusto.

“Potevamo tentare di più con l’arte” borbottò la madre, prima di lanciare l’ennesima occhiataccia alla figlia. “O maniere un po’ più decenti”

“Su, su” sospirò il padre, che sembrava scocciato quanto Choqo dell’attitudine di quella benedetta donna. “Huancoi starà via di casa la maggior parte del tempo, e passerà questa maggior parte in un campo militare pieno dei peggiori buzzurri. Al suo ritorno, qualunque comportamento Choqo potrà tenere, gli sembrerà la più sofisticata etichetta”

Poveretto, non aveva idea della vera ragione dei commenti di sua moglie. Choqo, quella mattina, non era partita affatto contenta di tutto quello che stava per succedere. Visitare un generale più vecchio di lei di vent’ anni, con la prospettiva di doverselo sposare e passare la vita a curargli la casa e ad accudire i suoi figli, per di più farlo bardata da Corinna perché sua madre temeva che altrimenti si sarebbero dimenticati la sua ascendenza … era stato pane per la vena ribelle che tanto aveva fatto impazzire i suoi genitori nei suoi diciassette anni di vita.

 Aveva così impartito nuovi ordini alla schiava che le acconciava i capelli: non voleva le due sobrie trecce che partendo dai lati della testa si congiungevano in una sola sulla nuca, voleva una pettinatura costituita da tante piccole treccine. Le donne Soqar non la portavano mai, e lei di tutte le persone era probabilmente la meno indicata a farlo: era con quelle trecce che veniva sempre raffigurata Llyra l’Infame, ultima Imperatrice prima del Silenzio, spodestata, guarda caso, da Simay e Corinna, con la conveniente asserzione che avesse avvelenato il marito. E proprio in quel lasso di tempo si era scoperto che il giovane Simay, fino a quel momento un emerito nessuno, era figlio illegittimo dell’Imperatore, portando via il trono ai figli legittimi di Llyra per semplici ragioni di età.

A Choqo aveva sempre fatto una pena profonda quel personaggio. A sua madre no. Lei era un grande adoratrice di un lignaggio che nemmeno era il suo, e come tutti i bravi Soqar, venerava Simay e Corinna e odiava Llyra con passione. Una delle schiave aveva avuto la brillante idea di denunciarle il cambio di stile di Choqo, lei aveva fatto irruzione nella stanza, e probabilmente avrebbe strappato i capelli alla ragazza se non avesse temuto di fare brutta figura con il fidanzato.

Si era limitata a strillare come una honcoa sgozzata e ordinare alla schiava di fare la pettinatura originaria, e la spaventatissima parrucchiera aveva obbedito alla padrona più anziana. E Choqo aveva sopportato la malcelata rabbia della madre per tutto il giorno.

La ragazza trattenne uno sbuffo e guardò fuori dalla finestra. Si stavano riavvicinando ai quartieri nobiliari, le strade era un viavai di parenti più o meno alla lontana e un Sacerdote della Vita probabilmente diretto verso il palazzo imperiale. Il religioso scansò i balzi del mekilo, sollevò la testa per vedere Choqo che lo guardava, sorrise e la salutò.

La ragazza lo fulminò con lo sguardo. Maledetto lui e il suo ordine di ermafroditi del cavolo! Stavano sempre lì a predicare l’amore della vita, l’amore di qualunque cosa capitasse nel destino di ognuno … comodo, popolo, state zitti e non lamentatevi delle vostre disgrazie!

Oh, ma la gente doveva vivere dando libero sfogo ai propri desideri. Certo, se infrangevano la legge erano puniti lo stesso, ma se credevano davvero in quello che avevano fatto, se era stato in accordo ai desideri del loro cuore, sarebbero stati in galera contenti! Figuriamoci.

Si poteva essere così schifosamente ipocriti? L’unico davvero libero di fare quello che voleva era l’Imperatore, e forse, il loro Sommo Sacerdote. Massa di stronzi odiosi! Sempre lì a dichiarare di amare tutti, e intanto non facevano niente per risolvere davvero i problemi della gente! Certo, avevano delle specie di consulenze in cui chi aveva problemi con la vita poteva parlare con loro e cercare di farsi aiutare a venirne a capo, ma la soluzione proposta era sempre quella di amare la vita.

Choqo aveva smesso di crederci verso i tredici anni, quando aveva iniziato a maturare sul serio. Che c’era di così bello nella vita? Venivi spinto fuori da tua madre, respiravi, mangiavi, dormivi, eri infilato in una rete di obblighi sociali pima ancora di imparare a pensare -la maggior parte imposta dai sacerdoti in questione – in un modo o nell’altro passavi la tanto venerata vita a qualche altro disgraziato, e morivi.

Che c’era di bello? Era triste, vuoto, faceva schifo! Poteva chiamarsi vita, o il termine più appropriato era ‘stare in gabbia a soffocare pian piano’? Quei maledetti sacerdoti invitavano ad amarla anche così, in gabbia e senza un significato, in tutti i tipi di sofferenza, a prescindere da quello che chi era più forte di te decideva di impartirti … anzi, amarla davvero alla follia! Non poter concepire niente di più meraviglioso! Fanculo a tutti loro – a quel paese l’eleganza, la situazione lo richiedeva.

Choqo odiava stare lì con le mani in mano. Aveva una voglia pazza di fare qualcosa, una qualunque cosa, per insultarli, anche se non fosse servita a niente, anche se loro non l’avessero mai saputa. Almeno si sarebbe levata questa soddisfazione, prima che la intrappolassero nella casa del deficiente.

 Il cimitero! Poteva entrare nella cripta degli antenati sotto casa sua! Quei sacerdoti tanto predicavano la libertà, e poi sparavano regole a destra e manca. Una di queste era non entrare nei cimiteri. La vita era la cosa più importante, e alla morte non andava dedicato nemmeno un pensiero. Quindi niente culto dei morti o simili.

 A parte il fatto che sua madre lo faceva lo stesso, questo portava in pratica all’esclusione sociale di chiunque avesse la disgrazia di fare il becchino, anche se in teoria erano protetti da speciali amuleti. Solo le creature più basse del mondo potevano venire a contatto con la morte giorno dopo giorno, diceva la gente. E bene! Adesso lei, una nobile di discendenza imperiale, fanciulla in età da marito e pienamente consapevole delle sue azioni, sarebbe entrata in un cimitero. Non l’avrebbe mai saputo nessuno, ma che importava? Era Choqo a volere la soddisfazione. Non vedeva l’ora che il mekilo arrivasse a casa, così da poter subito mettere in atto il suo proposito.

Non fu così, ovviamente: arrivarono presto, ma prima dovettero salutare tutti i vari parenti con cui condividevano il palazzo, rassicurarli che era andavo tutto bene (che Choqo non aveva fatto disastri) e poi rassettarsi, togliere i gioielli e indossare un abito più comodo per la vita quotidiana. Tre dannate ore.

E in tutto questo, la ragazza non aveva minimamente dimenticato il suo proposito. Anzi, si era rinforzato con l’attesa. Ora finalmente poteva agire, probabilmente i genitori volevano fare il sonnellino e i parenti ritenevano di averle già prestato abbastanza attenzione per quel giorno. Mandò via le sue schiave, dicendo di voler riposare a sua volta – quelle filarono via immediatamente, era bello sapere che apprezzavano tanto la sua compagnia – e si mise in azione.

 Choqo non si era sforzata di muoversi di soppiatto da quando aveva dieci anni, quando una delle sue scorribande in cucina era stata sorpresa dal cuoco e suo padre, allertato, le aveva mollato due ceffoni. Ovviamente i suoi riflessi si erano arrugginiti; presto trovò che le conveniva muoversi normalmente, dando l’impressione di star semplicemente scendendo in giardino, e poi prendere la via del cimitero quando nessuno fosse stato in vista.

Non c’era un guardiano, erano stati aboliti da decenni, da quando i maledetti sacerdoti ermafroditi avevano deciso che la gente era abbastanza schifata dalla morte da evitarli di suo. Be’, si sbagliavano.

Il cancello era chiuso, certo; ma il muretto che circondava l’ingresso era basso, e Choqo aveva ricavato buoni riflessi acrobatici dal suo addestramento.

 L’atterraggio sulle pietre all’interno del recinto le diede un brivido di entusiasmo. Era la prima volta che contravveniva a un ordine così importante. Ehi, era quella che stavano vendendo come un animale da trasporto, no? Aveva il diritto di prendersi qualche soddisfazione.

Si affrettò a raggiungere le scale e a scendere. Era un cunicolo stretto, e dovette appoggiarsi alle pareti ai lati con entrambe le mani, perché gli scalini erano incredibilmente scivolosi. Ma certo, la manutenzione non la faceva mai nessuno. I morti e i loro oggetti potevano marcire.

 Brontolando un’imprecazione sentita da uno stalliere a proposito di una scoreggia di mekilo in faccia ai Sacerdoti, riuscì a procedere fino alla fine. Un lungo corridoio di pietra, con piccole casette, ciascuna sormontata da un nome e contenente una cassa con sopra la statua del defunto, sempre in pietra. Choqo avanzò, con gli occhi sgranati. Era così, allora, un cimitero?

 La prima tomba che le balzò agli occhi fu quella di un prozio, morto solo l’anno prima; pietra liscissima, statua incredibilmente accurata e visibile. Le altre tombe erano messe molto peggio: l’aria umida del sotterraneo non aveva fatto granché bene alla conservazione di nomi e statue.

Choqo avanzò lungo il corridoio, sbirciando ogni tanto nelle vie laterali, ma senza osare avventurarvisi: quelle tombe erano tantissime e più o meno tutte uguali, avrebbe finito per perdersi. Si limitò a camminare, osservando i luoghi dell’eterno riposo di avi di cui nemmeno conosceva l’esistenza, gente che invece ce l’aveva fatta nei libri di Storia e quindi era degna di menzione, chiedendosi come ognuna di queste persone si fosse fatta avanti nella tanto decantata vita, se qualcuna delle donne non si fosse mai sentita come lei all’incontrare il suo promesso – più probabile che qualche uomo della sua famiglia si fosse comportato da stronzo, le donne erano seppellite nella casa della famiglia del marito … visualizzò la propria tomba nel cimitero privato di Atahuani e rabbrividì – finché non raggiunse le ultime due.

Fianco a fiano, a loro spettava la palma delle più malconce, dovevano essere lì da più tempo di tutte le altre … il che poteva significare solo una cosa.

Un brivido di eccitazione le corse lungo la schiena, e non seppe proprio spiegarselo … erano solo i cadaveri di due persone che non le erano mai piaciute più di tanto! I nomi erano rovinati, non si capiva quale dei due era chi; Choqo entrò nella prima, e si ritrovò faccia a faccia con una molto malridotta versione in pietra dell’Imperatrice Corinna.

E così, quell’antenata che sua madre adorava tanto era infilata in quella cassa di pietra. Choqo non capiva bene perché dovesse sentirsi in modo diverso rispetto a tutte le altre persone che aveva riconosciuto arrivando lì, e non sapeva nemmeno definire bene i suoi sentimenti. Forse, realizzò all’improvviso, era perché aveva improvvisamente visto Simay e Corinna come due persone reali.

Per i Soqar, quei due Imperatori erano una leggenda, le due persone che gli dei avevano scelto per guidarli quando avevano lasciato il mondo. Erano quelli che avevano aiutato a far strada alla Devozione alla Vita, fornendo assistenza e protezione al suo primo Sacerdote, Malitzin. In tutto questo, erano quasi diventati figure religiose anch’essi, protagonisti di libri di Storia, commemorazioni e leggende. Non due persone, che una volta avevano respirato, pensato, agito, provato emozioni, visto il mondo con i loro occhi. Come doveva essere stato ‘essere loro’?

Certo, la ragazza li trovava ancora antipatici, con tutto che avevano spodestato Llyra e i suoi figli e per la luce messianica di cui avevano ricoperto il loro regno e l’operato di Malitzin; ma era la prima volta che si sentiva curiosa verso il loro punto di vista. Chissà, forse ci sarebbe voluto più contatto con le case dei morti per pensare davvero alla loro vita, in barba a quello che dicevano i sacerdoti?

E quello cos’era? In tutte queste riflessioni, il suo sguardo aveva vagato per tutta la statua, e si era imbattuto in una piccola cassa minore, come una specie di cofanetto in pietra, presso i suoi piedi. Sulle altre tombe non c’era.

Choqo si avvicinò, chiedendosi perché l’avessero messo e cosa ci fosse dentro, quando si accorse che il coperchio era rimuovibile. Lo tolse di mezzo senza pensarci due volte.

Una ventata di aria secca le investì il volto, facendole socchiudere gli occhi, e quando riuscì ad aprirli di nuovo, si ritrovò davanti un libro. Cos’era e chi l’aveva messo lì – la stessa Corinna, forse? Era un diario? Possibile che pensasse quelle cose dei due sovrani per la prima volta in vita sua, e almeno per una le arrivasse la risposta?

Aprì subito il libro.

 Carissimo lettore, non ho idea se tu sia un mio discendente, uno schiavo, o un ladro di tombe, e la cosa non importa nemmeno più di tanto: se hai potuto aprire questo libro, significa che dai ben poca considerazione a quei malefici ermafroditi.

 Choqo sgranò gli occhi. Ma Corinna era stata l’Imperatrice che aveva introdotto la Devozione alla Vita, consegnando a Malitzin un’influenza e un potere incredibile, fino a che tutto il regno si era ritrovato a esaltare la vita e dimenticare completamente i vecchi dei degli elementi. E questo era l’entusiasmo con cui ne parlava privatamente?

 Ma non aveva senso, nulla le avrebbe impedito di stroncare sul nascere un culto che non le piaceva, era praticamente l’unica donna davvero potente in tutto l’Impero! Diamine, era stata inviata dagli dei in persona, probabilmente perfino suo marito avrebbe trovato difficile negarle qualcosa!

Comunque doveva dire che quella donna aveva appena guadagnato un briciolo di rispettabilità ai suoi occhi.

 Ti sorprendi che proprio io, di tutte le persone, possa dire una cosa simile? Io, che ho sempre appoggiato e favorito Malitzin? Se sì, posso dedurre con un buon margine ti sicurezza che il tuo coinvolgimento nella politica varia dallo scarso all’inesistente. In caso contrario, probabilmente poco di quello che ho scritto potrà ancora sorprenderti, ma ti consiglierei di leggere ugualmente.

 Quello che segue è il vero resoconto di come gli antichi dei e la loro magia abbandonarono il nostro mondo, di come io e mio marito salimmo al trono, e del perché accordammo a Malitzin di poter essere la profetessa della nuova religione.

Qui Choqo dovette fare una pausa, esterrefatta. Quindi non c’era una ‘vera storia’ solo su come Simay e Corinna erano ascesi al trono, ma anche su come la magia aveva lasciato il mondo? E la coppia imperiale aveva qualcosa a che vedere con tutto ciò? Non poteva essere stata colpa loro, vero? Non era possibile che due esseri umani, per quanto favoriti dagli dei stessi, avessero un simile potere!

Tra parentesi, la incuriosiva sapere che Corinna vedeva Malitzin come una donna. Certo, Choqo sapeva che i Sacerdoti della Vita erano appositamente scelti tra persone di sesso ambiguo, e che quindi non erano strettamente definibili in nessuna delle categorie; ma per una loro regola, si lasciavano considerare maschi o femmine a seconda della preferenza del loro interlocutore. Siccome erano figure di potere e autorità, a Choqo era sempre venuto spontaneo considerarli tutti maschi, ma non era raro che la ragazza si imbattesse in qualcuno che parlava al femminile della stessa persona di cui lei parlava al maschile.

 Ma Malitzin, per le stesse ragioni che Choqo estendeva a tutti i suoi proseliti, era generalmente considerato come un uomo. Corinna sembrava finora l’unica persona a pensarla diversamente, ma forse era perché l’aveva conosciuto prima che diventasse così potente. La ragazza riprese a leggere.

 Ti stai chiedendo perché io abbia scritto una cosa simile? Del resto, io e mio marito abbiamo già una versione ufficiale molto comoda, che ci garantisce il trono e tiene la gente a bada dal tentare di schiodarcene. E anche la nostra nuova religione sembra tollerabile, ha strani concetti, ma non è oppressiva come quella antica.

Ma è proprio questo il cuore del problema. Quando abbiamo accordato quella versione, non ci aspettavamo che Malitzin e i suoi seguaci sarebbero diventati così potenti. All’inizio lavoravamo ciascuno nel proprio ambito, senza avere più a che fare l’uno con l’altro del necessario, ma col tempo, l’intero Impero ha iniziato a spalleggiare quegli ermafroditi. Quando la Devozione ha qualche richiesta, variando da una nuova festa sul calendario a potere decisionale riguardo alle leggi e agli affari esteri, diventa sempre più difficile rifiutare.

Sono passati più di vent’anni, ma ricordo perfettamente cos’è successo l’ultima volta che un movimento religioso è sfuggito di mano all’autorità imperiale. Quello che temo, è che la storia possa ripetersi, che i sereni sacerdoti che inneggiano alla vita possano diventare talmente invadenti e oppressivi da essere dannosi quanto i vecchi sacerdoti cui si opponevano all’inizio. In tal caso, questo scritto potrà essere usato per minare la loro autorità.

 Inoltre, mi piace l’idea che qualcuno sappia la verità. Non riesco quasi a credere di aver scritto una cosa simile, proprio io che non ho mai avuto problemi col mentire … ma forse è proprio quello il problema. Vorrei poter essere del tutto sincera con qualcuno che non sia, come sempre, Simay. Colpa della mezz’età in avvicinamento?

 Comunque, mi rendo conto che questo scritto non è cosa da poco. Metterebbe sicuramente in discussione le fondamenta della Devozione alla Vita; e forse della nostra dinastia, dipende se riusciamo a fare sposare Yaqui e Lleri.

 Yacqui e Lleri erano …? Ah, sì, rispettivamente il primogenito di Simay e Corinna e la nipote di Llyra e suo marito Manco. Si erano effettivamente sposati, a quanto ricordava, e adesso capiva il perché: era stato un modo per garantire che la loro dinastia restasse sul trono, visto che erano comunque legati a quella originale. Choqo, ovviamente, discendeva da uno dei figli cadetti della coppia: ti pareva che potesse essere imparentata con qualcuno che le interessava davvero?

 Perché malgrado questo scritto avesse lievemente rivalutato la sua visione di Corinna, restava il fatto che quella donna fosse stata abbastanza opportunista da inventarsi una versione falsa per garantire il regno al marito e da far sposare due persone che non si erano scelte per garantirlo a tutta la sua dinastia.

 Comunque, questo non l’avrebbe certo trattenuta da leggersi tutto il testo: l’idea che le cose fossero davvero andate diversamente che nella versione ufficiale, come aveva sempre sospettato, e che la storia autentica venisse rivelata da Corinna stessa esclusivamente a lei tra tutte le persone al mondo era semplicemente troppo intrigante per lasciarla perdere a causa di una stupida forma di orgoglio.

Inoltre, poter pensare che con quel testo, avrebbe potuto distruggere la malefica Devozione alla Vita, lei, da sola …! Voleva la possibilità di gustarsi almeno l’idea.

 In altre parole, lettore, non farti prendere la mano dal desiderio di gloria o dall’avidità o dall’odio per i sacerdoti: divulgare questo scritto avrebbe conseguenze molto più grandi di te, e ti ritroveresti attaccato da chiunque trovi questa conoscenza scomoda. Riflettici bene, e decidi se sei disposto a pagare questo prezzo.

 Un’ultima cosa: la mia non è l’unica versione di questa storia esistente. Ho convinto mio marito a scrivere la propria, nel caso questo manoscritto venisse danneggiato in qualche modo, o servisse una conferma. In quest’ultimo caso, conferma di alcuni eventi può essere trovata anche nel diario privato di Chica Guchanii, in alcuni passi della trascrizione degli interrogatori della Dama Azzurra, entrambi conservati tra i documenti altamente riservati nella Biblioteca di Giustizia, in certi passi delle Strambe Confessioni di Huicui, ed è possibile che Linca sia ancora viva, nel caso tu voglia un testimone diretto.

 Come faceva il diario di Chica a confermare gli eventi narrati da Corinna? Era stato un elemento chiave nella condanna di Llyra! O forse ne erano state lette solo certe parti, omettendo quelle più compromettenti?

 Comunque, doveva rinunciare a quella testimonianza: come scritto dall’antica Imperatrice, quel diario era tra i documenti altamente riservati, ed era abbastanza improbabile che una nobile minore, come Choqo, riuscisse a metterci le mani sopra, almeno non senza che una qualche guardia mettesse in allerta tutta la sua famiglia. E avrebbe comunque dovuto garantire che ci fosse uno scopo di studio di mezzo, cosa che non poteva fare.

Niente Chica, ed era un gran peccato: sarebbe stato bello vedere Llyra attraverso gli occhi della sua migliore amica, invece che quelli di qualcuno che la odiava, per una volta.

La Dama Azzurra … uno dei sui miti. Sarà anche stata responsabile di un'infinità di omicidi, ma era stata l’unica ad avere il coraggio di fare qualcosa contro l’oppressione maschile. Non aveva idea di che ruolo avesse giocato nella storia di Simay e Corinna, ma non vedeva l’ora di scoprire qualcosa di più anche su di lei.

Le Strambe Confessioni di Huicui? Una serie di racconti umoristici scritti da quello che all’epoca degli Imperatori della Vita era stato il Capitano della Guardia? Come faceva ad esserci qualcosa che confermasse una storia simile? Almeno quelle erano molto più facili da recuperare.

Per quanto riguardava la testimone oculare … dopo trecento anni poteva anche scordarsela.

Per quanto riguardava invece il resoconto di Simay … se lo sarebbe procurato, certo, ma in un momento successivo. Già adesso le sarebbe toccato farsi strada per tutta la casa nascondendo un alquanto ingombrante volume; non poteva portarne due. E per quanto la sua ribellione ‘avesse galvanizzata, non poteva tornare tutti i giorni al cimitero, anche perché dubitava che l’aria umida del luogo avrebbe fatto molto bene a quei libri.

Ma erano perfettamente conservati … si ricordò dell’aria seca che l’aveva investita quando aveva aperto la custodia. Probabilmente un qualche meccanismo per regolare la temperatura, che però adesso era andato a farsi benedire. Quel libro sarebbe finito in camera sua, ma prima voleva finire di leggere quell’introduzione.

 Che dire? Ti auguro che il tuo desiderio di conoscenza sia adeguatamente colmato. Mi auguro che tu sappia fare buon uso di quello che hai ottenuto. Quanto mi piacerebbe sapere chi sei, e cosa penserai di tutto questo!

 Ma al momento in cui scrivo, esisti solo nella mia immaginazione. Spero che tu sia, come immagino, la persona più adatta a sapere tutto questo.

Corinna.

Choqo era adatta a sapere quelle cose? Dipendeva da che le sue idee di ‘persona più adatta’ collimassero con quelle di Corinna. Probabilmente, se l’antica Imperatrice avesse potuto vederla, le avrebbe detto di mettere giù il tomo.

 E invece la ragazza se l’infilò alla bell’e meglio sotto il vestito, corse per tutta la strada fino all’ingresso del cimitero, uscì – accidenti, doveva aver passato almeno un’ora lì sotto – e diede fondo alle sue abilità di movimento silenzioso per schivare schiavi e parenti.

Finalmente raggiunse la sua stanza. Le sue schiave non si erano ancora fatte vive, probabilmente conoscevano le sue crisi di rabbia abbastanza da tenersi occupate in qualcos’altro per mezza giornata. Di solito la cosa la irritava, adesso ne fu felice, visto che le permetteva di sfilarsi un libro da sotto il vestito senza ricevere occhiate confuse.

Sistemò il libro sulla sua scrivania, e trovò la prima pagina della storia vera e propria.

E cominciò a leggere.

 

 

 

 

 

 

Ladies & Gentlemen,

questa volta, dopo tante fanfiction, voglio cimentarmi in qualcosa di completamente originale, in termini di trama, personaggi e ambientazione. Voglio vedere se ne sono capace: questa storia sarà una specie di grande esperimento. Quindi, le recensioni saranno particolarmente gradite, di qualunque tipo esse siano!

Riguardo a questo capitolo: ho preferito non spiegare cosa siano gli animali, pietre, strutture sociali menzionate, perché questo capitolo è dal punto di vista di Choqo, che è nativa a tutte queste cose, quindi non avrebbe molto senso se le spiegasse a sé stessa. Tutto sarà comunque chiarito meglio nei prossimi capitolo. E no, questa ragazza non sarà una presenza importante nella storia vera e propria (che si svolge circa trecento anni prima), funzionerà piuttosto come una cornice narrativa.

Detto questo, vi ringrazio per essere arrivati fino a questo punto: spero che la storia continui a interessarvi!

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Capitolo 2
*** Dove una ragazza è speciale ***


                              CAPITOLO 1

 

               DOVE UNA RAGAZZA È SPECIALE

 

 

 

 

 

                                                                      Dal Manoscritto di Corinna

 

 

La leggenda ti dirà che io sono stata inviata dagli dei in persona, rapita dal mio luogo natale e guidata a Tahuantinsuyu perché potessi essere l’aiuto e il sostegno di cui l’Imperatore e il popolo necessitava, in vista dei tempi difficili in cui loro si preparavano ad abbandonare l’umanità. Avrai capito dalla premessa che non è esattamente così che le cose sono andate.

Anche se, curiosamente, di tutte le cose che io e Simay abbiamo raccontato dopo il Silenzio, è quella che si discosta meno dalla verità. Anzi, si allontana dai fatti solo in due punti principali.

 Il primo è che, mentre effettivamente non sono nativa di Tahuantinsuyu, il mio luogo di origine è perfino più lontano di quanto la fantasia del teorico più sfrenato possa concepire. Abbiamo parlato di un paese oltre il mare: io provengo da un altro mondo.

O da un’altra dimensione. Per dire il vero, non ne sono certa neppure io: chi mi ha portata qui non si è dilungato troppo sulle spiegazioni tecniche. E no, questo non è un tentativo di sembrare ancora più sacra o potente: pensi che nella mia posizione ne abbia bisogno?

Il mondo da cui provengo … non saprei come descriverlo. Di sicuro è – o era – più multietnico rispetto a Tahuantinsuyu, era suddiviso in più stati, tra i quali c’erano legami più stretti di quanto non accada qui. Nel mio continente, c’era una vera e propria unione di stati, coalizzati apposta per tenere la situazione politica stabile, evitare guerre e aiutarsi a vicenda; potrai immaginarti che l’ultimo punto non l’abbia rispettato nessuno. Per carità, allora li criticavo, adesso li capisco: mettevano innanzi a tutto il bene della propria nazione, ed è quello il principale dovere di un politico.

 La mia nazione, però, non aveva agguerriti politici a difenderla, e per logica conseguenza era praticamente il pagliaccio dell’unione in esame. Si chiamava Italia … no, non ce la faccio.

Non riesco a descrivere il mio luogo d’origine come se fosse un qualche luogo leggendario e fantastico. Rido al solo pensarci. Non ho idea di come si descriva il proprio luogo d’origine a qualcuno che non l’ha mai visto e non può vederlo … tutto quello che mi viene in mente sono le ballate che narrano dei paesi oltre il mare, quelli dove le case sono fatte di pietre preziose, la gente ha la pelle blu coperta di abiti sontuosi, gioielli e profumi, a prescindere dallo status sociale, e i piatti sono i più sontuosi e stravaganti che la mente umana possa concepire. E non ci sono Kisnar.

L’ultima di queste cose è l’unica che possa essere detta anche per l’Italia: non avevamo divinità capricciose, a quanto mi risulta, e se fosse esistita una malattia del genere, probabilmente avremmo cercato un vaccino. O isolato i malati, esattamente come succede qui.

Ma genericamente parlando, non riesco a farmi venire in mente nulla per rendere l’Italia simile a quella terra favolosa che tu, lettore, ti starai probabilmente immaginando. Sì, era un po’ – parecchio – più tecnologica di Tahuantinsuyu, ma era naturale, data l’assenza di controllo sugli elementi; nel giro di qualche secolo, anche il nostro Impero sarà probabilmente agli stessi livelli. Ma quanto a stabilità politica, burocrazia, organizzazione delle risorse, qualità dei servizi … Tahuantinsuyu è infinitamente più avanti. E sto parlando del Tahuantinsuyu che ho trovato al mio arrivo qui, non di quello che è diventato quando io e Simay abbiamo preso il potere, sia ben chiaro.

Non avevamo un re o un imperatore: avevamo una democrazia, ovvero un sistema in cui il popolo poteva teoricamente eleggere i propri rappresentanti. Enfasi sul teoricamente: in realtà, i rappresentanti in questione eleggevano a loro volta i propri rappresentanti, i quali andavano effettivamente a governare; e in tutto questo ti lascio immaginare dove andassero a finire gli interessi della popolazione, che dovrebbero essere alla base di questo sistema.

La burocrazia … non me ne parlare. Come è possibile che un paese dove le comunicazioni a distanza vengono fatte tramite messaggeri corridori sia più veloce ed efficace nell’applicare le sue leggi di uno in cui i messaggi possono essere tecnologicamente inviati dall’altra parte del pianeta in meno di un secondo? C’è anche da dire che il sistema di Tahuantinsuyu, pur non essendo particolarmente semplice, è estremamente rigoroso e raramente contempla eccezioni. Non dico che la corruzione qui non esista, tutt’altro; è solo che in Italia era molto più facile passare una qualche mazzetta e poi, in tutte quelle complicazioni di leggi dai toni pomposi e ingarbugliati, alterare le cose in modo da far sembrare tutto regolare.

Ho menzionato l’organizzazione delle risorse e la qualità dei servizi? La burocrazia si metteva di mezzo, lì, invece che facilitare le cose, e potevi trovarti ad aspettare anni per l’esito di un processo per un reato insignificante; inoltre, i rappresentanti dei politici ovviamente facevano i propri interessi, distribuendo tra loro la maggior parte delle ricchezze tra la loro categoria, quindi ne restava relativamente poca per tutti i servizi di istruzione, medici, legali, etc. Probabilmente resteresti sconvolto se ti dicessi l’equivalente dei soldi spesi per l’educazione della futura classe dirigente, o quanti erano i soldi spesi per la ricerca medica (lì era organizzata dallo Stato, non dal clero, e si notava), o anche solo la paga di un impiegato statale (qualunque cosa dall’assistente burocrate al maestro di scuola).

Certo, non devi figurarti che fosse solo un posto di crudeltà inenarrabili paragonato al nostro Impero: non c’era la schiavitù, per dirne una, la cura delle malattie era comunque molto più avanzata, e le donne avevano molti più diritti (potevano lavorare, fare gli stessi lavori degli uomini, e fare quelli che più piacevano loro, a prescindere dall’ambiente familiare).

Era possibile scegliere di non sposarsi, e non c’era nessun test che garantisse ai giovani la loro unica possibilità di aumentare il proprio status sociale: ognuno si faceva strada nella vita con le sue capacità e le possibilità economiche della sua famiglia- ora che ci penso, questa è una lama a doppio taglio: anche il più grande dei geni, se la sua famiglia era troppo povera per assicurargli studi validi, probabilmente finiva a fare lo spazzino. Ed era possibile possedere ben più di due vestiti, quando ne compravi li sceglievi tu e non lo Stato, ed era una regola valida per chiunque, non solo per le classi più alte.

Penso di aver esaurito il contesto generale del luogo in cui vivevo; e del resto, questa è la storia del tempo che non ho passato lì. Passerò a contestualizzare il modo in cui io vivevo. Ti aiuterà a capire come e perché mi sia trovata qui, suppongo, e ti darà una chiave di interpretazione per le mie azioni successive.

 I miei genitori si chiamavano Giovanni Saltieri e Cecilia Gagliani.

Non so cosa scrivere oltre. È la prima volta in quasi un quarto di secolo che scrivo i loro nomi da qualsiasi parte, che devo raccontare a qualcuno di chi fossero, come vivessero, che personalità avessero, come si rapportassero a me. È una cosa di cui non sono mai riuscita a parlare neanche con Simay, e come se mi infilassero una palla in gola, quando cerco di parlare a lui della mia vita precedente, e mi lascia lì a cercare le parole, per non trovarle, e concludere niente.

 Con i miei figli, poi, ho quasi paura di parlarne. Cosa penserebbero del fatto che io ho, essenzialmente, abbandonato la mia famiglia? Avrebbero paura che potrei fare la stessa cosa anche a loro? E come si sentirebbero, verso questi nonni che non hanno mai conosciuto e che mai potranno conoscere?

Basta con le mie preoccupazioni! Tu, ovviamente, vuoi la tua storia. Farò del mio meglio per raccontartela.

Mio padre era avvocato, mia madre commessa in un centro commerciale (immagina un edificio enorme, contenente tanti negozi. I proprietari si limitavano a lavorare lì, non ci vivevano dentro). La crisi si faceva sentire anche su di noi, ma non eravamo troppo poveri. Classe media, potrei dire, un po’ come i burocrati di rango più modesto. Come dovrei descriverli … fisicamente?

 Sì, mi somigliavano, se qualcuno se lo stesse chiedendo. Anche loro avevano la pelle chiara – è un tratto etnico – e gli occhi tondeggianti. Mia madre aveva i miei tanto lodati occhi all’ingiù, che tra parentesi non erano considerati molto attraenti dalle nostre parti. Mio padre aveva i capelli neri, come me, ed era più alto; mia madre li aveva castani chiari, del colore della corteccia dei Duheviq per intenderci. Mio padre si teneva parecchio in forma, qualche ora di palestra dopo l’ufficio la faceva sempre; a vederlo, probabilmente avresti pensato che fosse un guerriero invece che un burocrate. La forma fisica di mia madre rispettava tutti i canoni della bellezza di Tahuantinsuyu; il che significa che in Italia non faceva che lamentarsi di quanto dovesse dimagrire.

Adesso puoi figurarteli mentalmente, quando ne parlo, ma come descrivo il loro carattere? L’ultima volta che li ho visti avevo sedici anni, e prima di aver messo su una famiglia propria, nessuno è davvero giusto verso i propri genitori. Basta con le descrizioni a sé stanti!

Ho deciso: partirò descrivendo come andò la mia giornata fino a quando non fui contattata dal mio rapitore, da lì avrò vari spunti per spiegarti.

Non avevo ricevuto visite di avvertimento, segnali premonitori o simili: quando mi alzai dal letto, pensavo che sarebbe stata un’altra giornata terribile a morire di noia a scuola. Mi vestii e andai in cucina ad aiutare mia madre ad apparecchiare la tavola (sì, in Italia la maggior parte delle case avevano diverse stanze, anche quelle della gente comune. E io e i miei genitori dormivamo anche in stanze diverse).

Ricordo che mia madre mi guardò storto per i miei vestiti, e io mi arrabbiai subito con lei. Cos’avevo addosso? Ah, sì: pantaloni lunghi di pelle nera (li portavano anche le ragazze, dalle mie parti, ed erano piuttosto aderenti), anfibi neri (stivali molto robusti), una maglietta (una tunica corta, senza spacchi) argentata, e di sicuro la giacca (una mantella con le maniche) di pelle nera con le borchie. Mia madre odiava la giacca di pelle nera con le borchie. Diceva che mi faceva sembrare una poco di buono. Naturalmente, questo mi faceva amare ancora di più la giacca.

 E non dimentichiamo le mie ciocche blu! Sì, è vero che quando sono arrivata a Tahuantinsuyu, avevo delle ciocche di capelli tinte di blu. Ma non erano un simbolo di regalità o sacralità, come sento dire a parecchia gente ormai: al contrario, tingersi in quel modo era considerata una cosa molto trasgressiva da fare.

“Ciao” grugnì come buongiorno. Io grugnii di rimando. “Quand’è che cresci e inizi a vestirti in modo decente?”

“Non fossi già cresciuta, non mi vestirei come piace a me” replicai. Il rispetto per i genitori non era così radicato come a Tahuantinsuyu, come potete vedere.

Mio padre entrò in quel momento, ci guardò, e fece un gesto religioso a invocare la protezione del Dio. Sbuffai. Lui non mi criticava mai per i miei vestiti, ma questo non me lo rendeva più simpatico di mia madre. Parlava sempre dei nostri scontri in merito come se fossero cose di poco conto, tipiche dell’adolescenza: prima o poi sarei cresciuta e avrei messo la testa a posto. Sul primo punto, me ne posso rendere conto solo ora, aveva assolutamente ragione: i vestiti non erano un buon pretesto per scontri continui con mia madre.

Ma all’epoca lo vedevo come un segno di sufficienza. E io volevo che dessero importanza alle mie scelte, i miei vestiti erano parte integrante della mia identità, nessuno a scuola li aveva come me. Mentre tutte le altre ragazze portavano opere di grandi sarti come Barbie bamboline leziose (quasi di sicuro non era vero, ma mi piaceva pensare così) io portavo vestiti controcorrente, che mi distinguevano dalla massa di pecore vanitose.

Gli altri a scuola mi prendevano in giro, gli insegnanti mi criticavano e mi davano voti più bassi per il mio aspetto da teppista (non posso credere di aver pensato questo. Ricordo benissimo che non studiavo niente!), ma a me non importava: io ero diversa da loro, e non avevo paura di affermare la mia individualità.

 Ai miei genitori, naturalmente, questa situazione non garbava per nulla, non solo per i vestiti in sé e per sé, ma anche per l’isolamento da parte dei compagni, e per l’antipatia dagli insegnanti che mi fruttava. E questo mi faceva infuriare davvero, perché io ero sempre stata isolata dai miei compagni, fin da quando ero una tenera bimbetta che credeva che il trucco scuro fosse un peccato capitale, ma apparentemente per loro era diventato un problema solo adesso che mi vestivo in modo che a loro non piaceva, fattore cui attribuivano tutta la colpa. Era una cosa che mi mandava in bestia, e una grossa fonte di attrito con i miei genitori.

 Tornando alla famosa mattina, anche mia madre guardò storto mio padre, non apprezzando la mancanza di sostegno nella sua crociata per farmi cambiare stile, ma non disse nulla, mise la colazione in tavola e si sedette al suo posto in una posizione di impettita alterità e disdegno che mi sono scoperta a copiare diverse volte nei primi anni del mio regno. Mio padre si sedette in modo molto più rilassato, e io avrei potuto essere seduta peggio solo se avessi messo i piedi sul tavolo.

Mia madre rifiutò di parlare per tutto il tempo, ignorando i tentativi di mio padre di parlare con lei, e il pover’uomo dovette ripiegare sul cercare di parlare con me, chiedendomi della scuola, se avessi organizzato qualcosa con degli amici per il weekend, e dai, non era possibile che non avessi gli amici, lui quand’era ragazzo usciva con i suoi compagni tutti i giorni festivi, era assurdo che al giorno d’oggi non si facesse più! Fu una mezza tortura per me, non mi lasciò con nessun genere di gentili sentimenti nei suoi riguardi, e dire che il poveretto stava solo cercando di aiutare.

Schizzai a prendere le mie cose per la scuola appena finito di mangiare e di sparecchiare, e uscii di casa il più in fretta che potevo, salutando frettolosamente i miei genitori.

Amavo quel momento: mi sentivo sempre come se mi fossi liberata da una gabbia, avessi finalmente acquistato la libertà di comportarmi come volevo, senza nessuno a guardare e giudicare con cui dovessi poi convivere, e camminavo sempre con passo più leggero e spedito, subito dopo essere uscita di casa.

 Adesso posso sapere solo io quanto vorrei, potendo modificare una singola cosa di quel giorno, aver speso più tempo a salutarli, aver detto loro qualcosa di carino, almeno cercato di far capire loro che malgrado tutti i nostri attriti, io li amavo davvero, non erano persone così orribili da spingermi ad abbandonarmi, non me ne sarei mai andata di casa di mia spontanea volontà.

È stata l’ultima volta che li ho visti.

Ma ovviamente non lo sa nessuno, quando potrà davvero essere l’ultima volta che vedrà una persona amata, no? Talvolta penso che vorrei che la vita fosse strutturata come uno spettacolo, o un romanzo. Quando ti separi da una persona spendendo un sacco di parole sia amorevoli che rabbiose, o in una sola linea incredibilmente secca, oppure resti a guardarla a lungo mentre si allontana, o ancora senti una musica drammatica in sottofondo, allora sai che è l’ultima volta che la vedrai, e puoi passare altro tempo con lei, tornare indietro e chiedere scusa, farle capire, in qualche modo, che per te è stata davvero importate. O non andartene direttamente.

 Continuo a divagare, ti chiedo scusa: è la prima volta che mi metto a scrivere qualcosa, e questo qualcosa è la storia dei primi, movimentati anni che ho trascorso qui. E del brevissimo tempo che questa storia spende nel mio mondo di origine.

Ti dicevo, dopo aver lasciato i miei genitori, mi diressi verso la mia scuola. Era vicina, ci potevo tranquillamente arrivare a piedi. Da noi, non c’era un’unica scuola di studi superiori per tutti quelli che passavano l’esame di ammissione: l’ingresso era libero, purché si fosse passati attraverso altri otto anni di studi e si fosse in grado di pagare, potevano essercene diverse in ogni città invece che una sola nella capitale, e ne esistevano diverse tipologie.

In ogni tipologia, ci si concentrava su un diverso tipo di istruzione: prevalentemente scientifico, prevalentemente letterario, oppure un istituto professionale (simile a quando i giovani fanno gli apprendisti presso qualche artigiano, solo a livello di massa).

La mia scuola era quella ‘prevalentemente letteraria’, altrimenti nota come liceo classico; non era stata una mia idea andarci. Io non avevo mai amato particolarmente la scuola e lo studio, e personalmente, non me ne fregava nulla di finire a fare la cameriera o la ristoratrice invece che l’avvocato come mio padre. Ma c’era bisogno di qualcuno cui passare lo studio, altrimenti era un colossale spreco di soldi, e anche se così non fosse stato, che liceo da poveracci era il professionale? Sarebbe stato imbarazzante dire di avere una figlia all’alberghiero, lo stesso che dire di avere una figlia stupida; il classico, invece, era la scuola dei geni.

E come ho già detto prima, non c’erano test che ti sistemassero in base alle tue reali attitudini; la scelta era del ragazzo o, molto più spesso, dei genitori. Così mi ero ritrovata inchiodata al classico, a morire di noia con traduzioni di lingue morte, libri e poesie noiose, e filosofie di tipi fuori di testa morti qualche millennio prima.

Su questo punto sono un po’ più indulgente verso la me stessa di ventiquattro anni fa: ero stata costretta a studiare cose che davvero non mi interessavano, per prepararmi a una professione che non mi interessava; e anche se la parte sui ‘filosofi fuori di testa’ avrebbe potuto prepararmi a Malitzin se solo ci avessi dato peso, e mi sono effettivamente ritrovata a fare parecchia avvocatura (di me stessa) negli anni precedenti all’incoronazione, quegli studi non mi sono effettivamente serviti a nulla.

Come c’era da immaginarsi viste queste premesse, non andavo affatto bene: avevo voti bassissimi, gli insegnanti mi sgridavano in continuazione, mi ritrovavo ogni anno con esami di riparazione a settembre, e si capiva che morivano dalla voglia di bocciarmi, ma il preside si metteva di mezzo, perché insomma, non si poteva bocciare la figlia di Saltieri (in una città relativamente piccola come la mia, quello di un buon avvocato era un gran nome).

‘E allora?’ direte voi: se ero la figlia di un uomo importante, avrei dovuto impegnarmi più degli altri ed essere punita con più severità, perché dovevo tenere alto l’onore della famiglia. Ma questo è come le cose funzionano a Tahuantinsuyu, non in Italia.

Nella testa dei miei compagni le cose funzionavano in modo ancora diverso, ovvero che tutti avrebbero dovuto essere valutati secondo gli stessi criteri; specialmente nella testa di quelli che il classico l’avevano scelto e si impegnavano sul serio. Metti insieme queste informazioni con i miei vestiti ‘trasgressivi’ e il mio costante atteggiamento da ribelle verso l’autorità scolastica: era la ricetta perfetta per non farmi soffrire da quelli che davvero si impegnavano, o invece farmi apprezzare molto da quelli che cercavano un bersaglio da insultare e prendere in giro senza fare la figura degli stronzi.

Ma questo non era un deterrente dal comportarmi in questo modo, anzi: loro mi odiavano perché ero così diversa, perché non me ne fregava niente dell’opinione degli altri e non avevo paura di affermare me stessa e le mie opinioni. Loro erano solo un branco di pecore senza cervello, che piegavano il capo davanti al giudizio degli altri in cambio di approvazione e bei voti e mi schifavano tanto solo perché io non ero come loro: io ero speciale.

Così convinta della mia indiscutibile unicità e conseguente superiorità rispetto a chiunque altro, passavo il mio tempo nella scuola. Quel giorno particolare non fu minimamente diverso dagli altri, quel giorno che se i miei mi avessero chiesto ‘com’è andata oggi?’ avrei risposto ‘niente di particolare’. Fui distratta per tutto il tempo in cui gli insegnanti spiegavano … non ricordo nemmeno di cosa stessero parlando l’ultimo giorno di scuola a cui sono andata. Di sicuro a greco stavano parlando di uno dei primi due poemi epici … solo non mi ricordo quale. Nessun professore badò al fatto che avessi gli auricolari (un marchingegno che permette di ascoltare musica senza che nessun altro la senta) nelle orecchie, non ero nei banchi più visibili apposta.

Gli intervalli tra una lezione e l’altra li passai da sola come al solito, mentre tutti gli altri chiacchieravano e spettegolavano tra loro, a parte quel momento in cui quasi litigai con la mia grande nemesi della scuola, una ragazza di nome Sofia … non mi ricordo il cognome.

 “Scusa, mi senti con quegli auricolari?” cercò di richiamare la mia attenzione. Finsi di no, e continuai a tamburellare con le dita sul banco, a ritmo della musica. “Terra chiama Corinna Saltieri! Terra chiama Corinna Saltieri! … abbiamo un problema di comunicazioni. Il cervello che abbiamo cercato di contattare non è al momento raggiungibile”

 A quel punto davvero mi esasperai, anche perché se quella continuava a fare chiasso mi avrebbero scoperta i professori.

“Che hai?” le chiesi, in tono secco e irritato. Allora pensavo di suonare forte e sicura di me stessa; Sofia probabilmente pensava che suonassi infantile e patetica; adesso concordo con la seconda, anche se continuo a pensare che neppure lei suonasse come la campionessa della maturità.

“Pare ci sia stata una connessone!” commentò lei, “Dopo quanto tempo? Abbastanza perché tu non pensassi che Omero abbia composto Paint it black?”

La guardai male. Stupida mocciosa viziata, pensai. Come si permetteva di venire lì a criticarmi? Perché proprio io?

Probabilmente pensava che poiché non avevo vestiti alla moda, non spettegolavo e non uscivo con loro per fare acquisti in negozi che non mi piacevano, non fossi allo stesso livello suo e delle sue amiche affettate. Be’, purtroppo per lei, io ero più avanti. Io avevo una testa funzionante, e mi ero resa conto che tutte queste cose le facevano le ragazze più idiote, quelle che aderivano strettamente e senza neppure pensarci a quello che la classe dominante ordinava loro. Io non ero così, io ero diversa, ed era il motivo per cui mi attaccavano.

“Quello lo sapevo anche prima che lo spiegasse la prof” replicai. “Almeno non ho avuto bisogno di sentirlo durante una lezione per avere una conferma”

Sofia sembrò confusa e a corto di parole – vincevo! Due delle sue compagne si guardarono tra loro con un’espressione da ‘che battuta stupida’ (saranno state intelligenti loro!) e l’ultima scoppiò a ridere.

 “Sempre meglio avere una conferma nella vita!” replicò allegramente. “La curiosità di indagare su cose che a tutti gli altri sembrano scontate … sì, ha ucciso qualcuno, ma ne è valsa la pena”

Le sue compagne scoppiarono in risatine acute. “Uuh, che filosofa!” furono i commenti.

 Devo dire, quella frase … quella sull’indagare, non le prese in giro delle sue amiche intendo … mi è sempre rimasta impressa da allora. Sono sicura che quella ragazza - Annachiara? Annarosa? Cominciava con Anna, comunque – non aveva la minima idea di quello che mi stava per succedere, a meno che la sua apertura mentale non raggiungesse livelli spropositati, ma per come andò a finire quella storia, inizio a pensare che fosse la cosa più simile a una profetessa qui. Allora, naturalmente, era solo una presa in giro da parte di una ragazza cretina della cricca di Sofia, quindi dovevo guardarla storto e risponderle male.

 “Suppongo che tu vivrai a lungo, se andiamo per intelligenza”

 “Ti rendi conto che non sei più divertente e simpatica, vero?” replicò Sofia. Annaqualcosa si illuminò e rispose entusiasticamente qualche scherzo a proposito della mia convinzione che fosse così intelligente da non farsi sgamare, ma ormai la mia attenzione era calamitata da Sofia.

 “Perché, tu credi di esserlo?”

 “Tu stai sempre da sola, fai del tuo meglio per trattare di merda gli altri e ti comporti come se tutto ti fosse dovuto. Io frequento un sacco di gente, mi sforzo di far divertire e sentire a proprio agio gli altri. Direi che la proposizione ha trovato riscontro ontologico”

Non avevo idea di cosa volesse dire l’ultima frase, ma la sua argomentazione non mi convinse minimamente. Anzi, aveva detto esattamente tutte le cose per cui avevo una risposta ben preparata.

“Al contrario, questa è la differenza tra essere veri ed essere dei falsi paraculi”

Una delle amiche di Sofia bisbigliò qualcosa.

“E tu come lo sai che non sono vera anch’io?” lei la ignorò, a sua volta troppo concentrata su di me.

“Perché ti guardo, e vedo una che non ha un centimetro di stoffa che non sia stampato da qualche parte su una rivista, fa strilli acuti e si comporta in modo orribilmente lezioso. Sei chiaramente qualcuno che si sta sforzando di piacere”

 “E tu allora - “

 “Volete andare al posto?” sbottò l’insegnante, entrata di soppiatto senza che nessuna se ne fosse resa conto.

 Sofia e la sua banda obbedirono, e io restai lì per buona parte della lezione a sentirle bisbigliare, sicuramente a proposito di me. Passai tutta la lezione a maledirle mentalmente. Reazione abbastanza esagerata, direi … ma non così rara per quell’età.

Scrivendo queste cose, questo litigio infantile da entrambe le parti, mi chiedo cosa sia successo a quelle ragazze. Chissà come avranno reagito alla mia scomparsa, se qualcuna se ne sarà data la colpa almeno parzialmente, chissà come avranno superato la scuola, che studi avranno fatto in seguito, come si saranno sistemate nella vita … che strano, è il genere di cosa che mi viene spesso da pensare quando ricordo qualcuno del mio mondo d’origine, ma non quando penso a qualcuno di Tahuantinsuyu. Un po’ discriminatorio? Chissà.

Ma a volte mi ritrovo ossessionata dal pensiero di cosa sia successo nel mio mondo, dopo la mia scomparsa. Come siano andate a finire le cose in quel Paese mezzo disastrato, come siano andate avanti nella loro vita tutte le persone giovani che conoscevo, come i media abbiano gestito la mia scomparsa – sarò stata una di quei casi citati per pochi minuti nelle trasmissioni apposite, o avranno fatto un polverone mediatico attorno alla faccenda? Con interviste ai familiari, dichiarazioni di avvistamenti in tutto il Paese, e fiori inviati alla mia famiglia da emeriti sconosciuti?

La mia famiglia ... soprattutto, le mie preoccupazioni sono incentrate su di loro. Come i miei genitori abbiano continuato a vivere senza di me, se abbiano pensato che me ne fossi andata volontariamente o che sia stata rapita, se mi abbiano creduta ancora viva, come abbiano retto alle domande della polizia, se il resto della famiglia sia stata in grado di sostenerli adeguatamente. Non posso saperlo; ma spero che, all’interno di questa situazione, le cose siano andate loro al meglio che potessero andare.

Ma ora basta! Mi sto rendendo conto che mi sto aggrappando a ogni singola inezia e riflessione che possa trovare su quella giornata. È come se avessi paura di essere nuovamente separata da quel mondo e dalla mia famiglia, se smetto di parlarne. Ma tu – di nuovo - vorrai sapere di come io sia riuscita a passare da un mondo all’altro; ti chiedo scusa e accontento la tua curiosità.

Successe mentre stavo tornando a casa da scuola, non ho idea di come sia stato fisicamente possibile, non ho idea di cos’abbiano visto le altre persone per strada, ma io ero lì che camminavo senza neppure far caso a dove stessi andando, con i miei auricolari invariabilmente sistemati nelle orecchie, e gradualmente iniziai ad avere una sensazione strana, come se mi fossi trovata immersa in un campo elettrico, e iniziai a vedere strane scariche simili a fulmini all’angolo della mia visuale.

 “Sto male, adesso mi siedo e mi sdraio un attimo, chi se ne frega se sono in mezzo alla strada-“ feci in tempo a pensare.

“Corinna Saltieri!”

Non so se poter definire una ‘voce’ quella che pronunciò quelle parole. Sembrava che diverse scariche elettriche fossero state combinate insieme affinché il loro suono formasse qualcosa di simile a delle parole. Ci rimasi di sasso, immobile, troppo confusa per fare alcunché. La mia visione diventò di un bianco abbagliante.

No, cos’era questo? Un sogno. Avevo sognato tutto fino a quel momento, non importava quanto fossero state sensate le cose fino a quel momento. Oppure mi ero addormentata in classe. Non importava, adesso che lo sapevo, mi sarei svegliata di sicuro!

La scarica elettrica somigliò a una risata, a questo punto. “Nessun sogno” fece poi.

Il cuore prese a martellarmi in petto. Doveva essere un sogno, non era normale che l’elettricità facesse cose simili, non in mezzo a una strada che era stata normale fino a un attimo prima, e io avevo solo pensato, non avevo emesso una parola!

“Non importa che tu esprima vocalmente i tuoi pensieri” dissero le scariche. “Nel funzionamento del tuo cervello, c’è energia. Ci sono io. So esattamente quello che pensi”

 Che? Cosa succedeva, cos’era questa cosa?

“Io sono il fenomeno che voi umani, da queste parti, chiamate Energia” mi rispose la voce. “E questo è essenzialmente tutto quello che devi sapere su di me. Davvero, sarò l’ultima delle tue preoccupazioni tra poco”

Ma che cavolo? Già era inconcepibile che un … fenomeno fisico avesse una coscienza, se era l’ultima delle mie preoccupazioni … era un sogno, era un sogno!

“Ti conviene lasciar perdere questa corrente di pensiero. Non ti aiuterà. Vedi, Corinna Saltieri, tu sei la persona perfetta per il mio esperimento”

Era possibile che Scherzi a parte (uno spettacolo in cui alla gente venivano, appunto, fatti scherzi) potesse organizzare qualcosa di simile?

“Non ho idea di cosa significhi la tua teoria. Non ti sorprendere, non è incoerente – l’Energia no ha una coscienza in questo mondo. Io esisto dove tu stai per andare. Ma c’è lo stesso, è il modo in cui ho potuto creare il collegamento … sembra che l’Ente non sia stato contento di quello che abbiamo combinato io e i miei fratelli, se ci sono gli umani ma gli Elementi non hanno una coscienza”

 La situazione stava diventando un delirio completo, e io non ci capivo nulla. Stavo solo tornando a casa! Non avevo chiesto per allucinazioni o visioni mistiche o che altro! O magari stavo impazzendo. In effetti, suonava come una spiegazione più plausibile rispetto al sogno. Già di solito non ero mica tanto normale, non sarebbe stato …

“Ah! E qui ti volevo!” se è possibile per delle scariche elettriche suonare felici, quelle lo fecero.

 “Cosa?” mi sfuggì prima ancora che potessi rendermene conto.

“Tu sei così poco normale, che potrebbe anche capitarti qualcosa di straordinario” commentarono le scariche, deliziate. “Sei esattamente quello che cercavo. Brava ragazza”

Non potei fare a meno di sentirmi, malgrado tutto, leggermente lusingata da quelle parole. Insomma, suonava quasi come se fossi stata scelta apposta io tra tutte le persone al mondo, per un qualche scopo particolare!

 “Sì, sì!” crepitarono le scariche, sempre più esaltate. “Ecco perché ti ho scelta. Ma, poverina, non ci stai capendo nulla. Vedi, ti ho già menzionato che io arrivo da un altro mondo: sì, quelle teorie sugli universi paralleli cui stai pensando sono … più o meno … confermate. E sai com’è, essere la coscienza di un Elemento è più noioso di quello che non sembri. Per la maggior parte sei manipolato dalla gente. Voi umani siete quelli che fanno le cose buffe. Così ho deciso di provare quello che voi chiamate un esperimento: prenderò qualcuno da un altro mondo e lo porterò nel mio, per vedere come si comporterà e come reagiranno gli altri attorno a lui! Tu sei la fortunata prescelta”

 “No! Frena!” intervenni. “Anche ammettendo che tutto questo sia reale, io non ho nessuna voglia di finire in un altro mondo! A me piace questo, e non voglio avere niente a che fare con qualsiasi esperimento –“

“Figurarsi” le scariche fecero qualcosa di simile a un sospiro. “Questo è esattamente quello che vuoi: un contrassegno di diversità e unicità. Se dovessi darti retta e lasciarti qui dove sei, avrei il tuo rancore per il resto dei tuoi giorni, perché avevi la possibilità di vivere un’esperienza straordinaria, e io ti ho lasciata rinunciarvi. E sia mai che io abbia tanto biasimo! No, ragazza, tu avrai quello che vuoi!”

“Ma ti ho detto che non voglio niente del genere!” protestai. Mi sentivo il cuore battere all’impazzata nel petto, e mi sembrava che mi mancasse l’aria. Oddio, cosa stava per succedere? Ero davvero finita nelle mani di una specie di divinità pazza e così noncurante di quello che volessi? Stava fresca se si aspettava che io stessi lì a subire … il problema era che non sapevo come fermarla.

E se non ne fossi stata in grado? Se fossi stata davvero rapita? Come me la cavavo in questa situazione?

 “Ti ho già spiegato che questa è probabilmente la massima delle tue aspirazioni” replicarono le scariche, come se stessero parlando a una bambina cocciuta e un po’stupida.

 “Ma sei scemo!” urlai. Adesso iniziavo a sentirmi male non solo nel senso tradizionale della parola, ma anche nel senso che mi sentivo come se fossi all’interno di un qualche campo energetico, con elettricità che passava tutto attorno a me e i capelli che mi si rizzavano in testa. Probabilmente era così.

No, no, no, io non volevo andare da nessuna parte! Non importava quanto Energia mi ritenesse speciale, io volevo solo andarmene a casa!

“Non ho quello che voi chiamereste un cervello” commentò la cosa che mi stava portando via. “Però sono all’interno del tuo. Questo in che posizione mi mette?”

“Nella posizione di chi non capisce niente, perché io sto chiaramente pensando che voglio tornare a casa!”

 “E io sono più previdente, perché so che tra nemmeno un anno rimpiangeresti di aver perso l’occasione. Inoltre, il trasferimento è quasi completato. Non ti piacerebbe, se tu lasciassi adesso”

 No, no! Non era possibile, io non volevo lasciare il mio mondo! Perché proprio a me, tra tutte le persone al mondo?

Le scariche formarono di nuovo quella loro risata. “Ah, e qui ti volevo. Perché tu? Avrai forse qualcosa che ti separa e ti rende unica da tutti gli altri, come hai pensato per la maggior parte della tua vita? Ma no, lo sanno tutti che per un esperimento si deve prendere la regola, non l’eccezione! Ed eccoti qui, esemplare del tipo più comune di essere umano: quello che crede di essere speciale!”

 

 

 

 

 

Ladies & Gentlemen,

ebbene sì, come anticipato nella descrizione della storia, Corinna viene proprio dal nostro Bel Paese. E a proposito del ritratto che ne ha dato: tenete presente che non sempre le idee dei personaggi coincidono con quelle dell’autore. Questo vale per la situazione attuale dell’Italia, come per altre tematiche che verranno affrontate in seguito. Io voglio solo scrivere una storia, con dei personaggi ben definiti, e per come l’ho pensata io, Corinna al punto della sua vita in cui scrive è una che quando pensa a un Paese, ne considera principalmente lo stato politico ed economico; e queste sono le sue idee sul suo luogo d’origine. Se avete idee differenti, non c’è nessuna intenzione di offendervi.

Finita questa dichiarazione, mi auguro che il capitolo vi sia piaciuto: sarei davvero curiosa di sapere cosa ne pensate della nostra protagonista!

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Capitolo 3
*** Dove una ragazza cambia status sociale ***


                                        CAPITOLO 2

       DOVE  UNA  RAGAZZA  CAMBIA  STATUS  SOCIALE

 

 

 

                                                                dal Manoscritto di Corinna

 

Non mi accorsi che il terreno mi era sparito da sotto i piedi finché non ci atterrai di nuovo. L’impatto fu leggero, ma mi buttò a terra lo stesso.

Le scariche energetiche nella mia visuale iniziarono a dissolversi. No, non potevo essere finita da nessuna parte! Non avevo lasciato il mio mondo!

“Temo di sì, cara mia” replicarono le scariche. “Benvenuta nell’Impero di Tahuantinsuyu! È uno dei più grandi Stati di questo mondo, con una popolazione numerosa e un’organizzazione efficiente. Ho la certezza che sia molto meglio che lasciarti in un buco di due anime dimenticate dall’Ente”

“Riportami subito indietro!”

Faceva freddo. Questa fu la mia prima impressione dell’Impero di Tahuantinsuyu. Sì, ero veramente finita in un altro mondo. Nessuno sarebbe riuscito a organizzare uno scherzo simile.

Avevo lasciato le case e le strade asfaltate di un centro urbano; adesso ero in montagna. Le scariche lasciavano la mia visione sempre più libera, e potevo vedere con chiarezza il terreno roccioso e brullo su cui mi trovavo, il verdeggiare dei muschi e dell’erba, le cime dei monti innevati attorno a me, e il cielo nuvoloso.

“Su, su” mi rimproverò Energia. “Non può fare così freddo, ti ho portata qui in … primavera, la chiamate voi? Hai evitato il peggio, comunque”

 Alla faccia, stavo battendo i denti. La primavera sarebbe la stagione della Rinascita, comunque; facendo adesso i calcoli, credo di essere arrivata al massimo un paio di settimane dopo l’Huachtukambe.

 “E chissenefrega! Senti, non me ne frega niente delle tue idee malate, io non voglio niente a che vedere con questo esperimento, me la cavo benissimo a casa mia!”

Non poteva essere successo questo. Quella cosa doveva assolutamente riportarmi indietro!

 “Ho fatto un piccolo aggiustamento ai tuoi neuroni” mi informò quella con tutta la calma del mondo. “Non voglio problemi linguistici a intralciare l’esperimento. Capirai tutto quello che la gente ti dice, e loro ti sentiranno parlare nella loro lingua”

 “Ma vaffanculo! Stai alla larga dai miei neuroni e riportami indietro, mi capisci? Riportami – subito – indietro!”

 “Buona fortuna!”

Non sentii più niente. Mi sforzai di pensare con tutte le mie forze di mettermi in contatto con quell’essere – ce l’avevo nel cervello, a quanto pareva, quindi doveva sentirmi – di urlargli mentalmente di farmi tornare a casa, ma niente. Per un attimo pensai perfino di supplicarlo – no. Io non supplicavo per principio, e comunque quel bastardo non mi avrebbe ascoltata. Anzi, magari si sarebbe pure divertito. Non potevo tornare indietro. Ero stata così presa a urlare che non avevo nemmeno dedicato del tempo a quel pensiero, ma ora che la possibilità era andata …

Ero bloccata in un altro mondo. Senza possibilità di tornare a casa, a quanto ne sapevo. Oddio, quanto ci avrei messo a tornare (perché io sarei tornata)? Cosa avrebbero pensatoi miei genitori nel frattempo?

 A meno che quella specie di viaggio interdimensionale non avesse occupato più tempo di quanto mi era sembrato, probabilmente non avevano ancora iniziato a preoccuparsi. Non erano nemmeno a casa, erano entrambi al lavoro, ed eravamo d’accordo che io avrei telefonato loro (un metodo di comunicazione istantaneo, anche a lunghe distanze, possibile con determinati apparecchi) una volta arrivata a casa. Probabilmente pensavano che mi fossi attardata a chiacchierare con qualcuno, o che avessi momentaneamente dimenticato il solito arrangiamento. Avrebbero iniziato a preoccuparsi dopo un’ora circa, probabilmente, e allora avrebbero provato a telefonarmi loro … dubitavo che i cellulari prendessero negli altri mondi/universi paralleli/ quel che erano. Si sarebbero spaventati sul serio a quel punto, forse avrebbero preso un permesso al lavoro per tornare prima, e avrebbero trovato la casa vuota. Mi sentii quasi mancare.

 Va bene, probabilmente non ero la figlia più affettuosa e devota né per gli standard Soqar né per quelli italiani, ma volevo bene ai miei genitori. Forse non me ne ero mai resa conto come in quell’istante, ma il pensiero di loro, ansiosi, che tornavano a casa per non trovarci nessuno, e poi chiamavano a scuola, dai nonni, da tutti quelli che pensavano che io conoscessi bene … mi faceva battere il cuore tanto da darmi una lieve nausea. Non si meritavano questo. Lo sapevo che sarebbe successo così, non andavamo d’accordo, ma ero sicura che mi volessero bene. Io volevo bene a loro, anche se non era un pensiero in cui indugiavo spesso. Dovevo tornare a casa, non potevo permettere che la loro vita fosse rovinata da una specie di mostro psicopatico.

Ottimo proposito, certo; ma come ci tornavo a casa? Gli insulti non sembravano smuovere Energia. Se davvero era nella mia testa, probabilmente sapeva cosa sarebbe successo ai miei genitori, e il fatto che non mi avesse ancora riportata nel mio mondo indicava che non gliene fregava niente.

Cosa fare adesso? Magari trovare una specie di portale? Potevano esistere, quelle cose? Nel nostro mondo se ne parlava solo nelle trasmissioni sensazionaliste, che io guardavo solo per deridere i veggenti e gli spiritisti di nota professionalità che vi comparivano; forse avrei dovuto prestarvi più attenzione, cercare prove concrete, e magari avrei potuto ricomparire da lì a Stonehenge (un monumento imputato di essere uno di questi portali, tra mille altre cose) in qualche modo.

Ma per fare qualsiasi indagine sul soprannaturale, avrei prima dovuto trovare una presenza umana … oddio, questo era un altro mondo, sarebbero esistiti gli esseri umani – sì. Energia li aveva menzionati, ed era il motivo per cui mi aveva mandata su questo mondo, probabilmente perché potessi confondermi meglio con loro … aveva menzionato un paio di vote un certo ‘Ente’ che li aveva creati tutti, in entrambi i mondi.

 Chi era, o cos’era, questo Ente? Dio (la nostra religione ne considerava uno solo)? Non ci credevo da anni. Era da quando ero bambina che tutto quel parlare di Dio onnipotente e onnipresente mi sembravano stupide superstizioni.

Però ne avevo appena avuta una specie di prova materiale piazzata davanti al naso. Forse poteva essere una via di fuga. La nostra religione predicava che Dio fosse amorevole e misericordioso, se si escludeva il fatto che uccideva e/o condannava all’inferno tutti quelli che non gli piacevano; forse avrei potuto appellarmi a lui?

Per conseguenza delle mie idee di cui sopra, non ricordavo molte preghiere, solo una molto breve, e credo di averla accidentalmente mischiata con qualcun’altra. La dissi lo stesso.

 Niente.

 Ti prego, riportami a casa, pensai. Mi metterò a credere. Accenderò una candela e porterò dei fiori in chiesa. Farò donazioni agli enti benefici. Farò di tutto, ma ti prego, portami a casa. Niente. Almeno pensa ai miei genitori!

Ero sempre lì su quella montagna, da sola, al freddo.

 Ma vaffanculo!

 Persa ogni speranza di appellarmi all’Altissimo, probabilmente mettendoci una definitiva pietra sopra con l’ultima linea della mia ‘preghiera’, tornai a pensare a un altro modo di andarmene da lì.

Per la cronaca, stava cominciando ad imbrunire. Se fossi rimasta ancora lì a pensare alle mie disgrazie, mi sarei trovata su una montagna, da sola, di notte, e senza mezzi di illuminazione. Per di più, man mano che la luce diminuiva, si metteva a fare davvero freddo.

Dovevo muovermi. Avrei pensato a come tornare quando mi sarei trovata in un luogo sicuro e al caldo. Avevo intravisto una strada, al mio arrivo, scavata nella pietra, e decisi di prenderla in discesa. Da qualche parte mi avrebbe pure portata, e magari scendere di quota avrebbe fatto diminuire il freddo.

 Tra parentesi, non avevo coperte o altro che quello che avevo addosso per difendermi dalle temperature locali, solo il mio zaino (una specie di sacca) scolastico, pieno di libri. Era di tela, quindi se avessi avuto un coltello o un qualche tipo di oggetto tagliente – ma forse le rocce lì intorno sarebbero andate bene – forse avrei potuto fare degli strappi e improvvisarne una coperta. Non ero certa che avrebbe funzionato magnificamente, ma si poteva fare. Era un’alternativa migliore al morire assiderata nel sonno.

 Era compresa nell’esperimento di Energia, questa possibilità? Se sì, era il peggior scienziato di sempre.

La strada, per essere stata scavata nella montagna stessa, era sorprendentemente facile e comoda da scendere, non impervia ma nemmeno così liscia da essere scivolosa. Provai a guardarmi meglio attorno mentre scendevo. Non c’era niente di diverso che nelle nostre montagne: se Energia non fosse stato anche fin troppo chiaro sull’argomento, non avrei mai pensato di essere in un altro mondo.

 Non so bene come feci a camminare tutto quel tempo, non ero mai stata un’appassionata podista; so solo che passò mezz’ora di cammino ininterrotto prima di avere il secondo brutto incontro della giornata.

Era il tramonto quando intravidi una luce avvicinarsi. Aveva una forma e un movimento strani, come un grosso pennacchio di fuoco che si muoveva a balzi tra le rocce. Sembrava si stesse avvicinando velocemente a me, e presto fui in grado di distinguere dettagli e cause dello strano fenomeno … oh cavolo, questo era davvero un altro mondo.

 La bestia che vedevo avvicinarsi somigliava un po’ a una che c’era anche nel mio mondo di origine, chiamata scoiattolo; solo che gli scoiattoli potevano stare in mano a una persona, non erano più grandi della maggioranza dei mezzi di trasporto. Inoltre, gli scoiattoli erano marroncini invece che rosso cupo, non avevano zampe innaturalmente lunghe che gli permettevano di muoversi a balzi impressionanti, e ora che ci penso, credo che la loro coda fosse fatta di ossa, carne, pelle e peli, invece che di fuoco.

 Adesso la pongo così, sul divertito; allora rimasi impalata a fissare la bestia che si muoveva verso di me, troppo occupata a fissarla e a chiedermi come, su qualunque mondo, fosse scientificamente possibile una cosa del genere, tanto che non notai neppure gli altri dettagli associati a quell’assurdo animale.

“Prendila! Prendila!” urlò una persona decisamente entusiasta. Il grido mi riscosse, mi fece guardare attorno, e poi realizzare che la sua fonte era sull’animale stesso.

Troppo presa dalla surreale coda di quello scoiattolo gigante, non avevo neppure notato la gabbia sistemata sul suo dorso, presso le spalle, né la piccola portantina subito dietro, entrambe fissate sul ventre dell’animale con delle cinghie. Dettaglio ancora più minuto, un uomo era appollaiato sulla testa della creatura, reggendosi alle orecchie, e mi fissava. Doveva essere il tizio che aveva urlato di prendermi.

Non mi piaceva la sua espressione, sembrava un maniaco, non sapevo cosa stesse succedendo ma quella persona non era chiaramente la migliore come primo contatto con gli umani di questo nuovo mondo, corsi via.

 Fu una cosa abbastanza patetica, vedi: io avevo appena camminato per diversi metri, non ero capace di lanciarmi in avanti a velocità pazzesca con dei salti, ero sfiancata dal freddo, e anche se le strade non erano scivolose (erano pensate per correre, grazie tante) il fatto di essere in discesa non mi fu di grande aiuto. Avevo fatto pochissima strada, quando sentii il muso dell’animale sfiorarmi leggermente il collo; per la sorpresa, misi i piedi in malo modo e crollai a terra.

 La zampa dell’animale mi fu subito sulla schiena. Io cercai di divincolarmi, sgusciar via da sotto, ma senza risultato, quella bestia era incredibilmente forte (e probabilmente addestrata apposta per simili imprese).

“Bravo, Biqa!” esultò la voce di prima.

“Possiamo scendere?” chiese qualcuno dalla portantina.

“Dovete scendere, questa si muove peggio di un bulqui” replicò il primo.

 No, io non mi facevo trattenere, né portare da nessuna parte. Dovevo assolutamente scappare. Questa situazione mi spaventava ancora di più di quella di partenza: un conto era un rapimento soprannaturale da parte dell’incarnazione di un elemento, un altro era un rapimento molto terreno da quello che, a giudicare da quanto sentito finora, era un gruppo di soli uomini. Non volevo, non potevo finire così, dovevo scappare, e quella maledetta zampa non si levava, potesse morire quell’animale, una mano umana cercò di afferrarmi per una spalla, io cercai di allontanarla con una manata, il tizio mi afferrò il braccio e mi trascinò fuori da sotto la zampa.

“Mollami, bastardo schifoso!” gli urlai, cercando di divincolarmi e di colpirlo con la mano libera. Lui mi fece perdere l’equilibrio con uno strattone, uno dei suoi compagni accorse e mi afferrò per l’altro braccio. Iniziai a tirare calci e strattoni, ma quelli erano dannatamente forti. Ci misi tutto l’impegno che potevo, e tutto quello che guadagnai fu un pugno fortissimo sotto il mento. Mi sentii immediatamente confusa e con una leggera nausea, e svenni quasi subito dopo.

Mi ripresi quella che doveva essere una manciata di secondi più tardi, con un dolore infernale alla mascella, e più freddo di prima. Sentivo la stoffa dei miei vestiti scivolarmi di dosso, e questo mi riportò immediatamente alla realtà.

 Probabilmente si aspettavano che sarei rimasta in quello stato confusionale più a lungo, perché li colsi di sorpresa e riuscii a divincolarmi abbastanza da fare mezzo passo via di lì. Mi riafferrarono subito, e uno di loro preparò il pugno. Io rimasi immobile. Non potevo svenire di nuovo in quella situazione, dovevo restare lucida e trovare un modo di scappare.

Quei tizi mi costrinsero a sedermi, mentre uno di oro armeggiava con le stringhe dei miei anfibi tra molte imprecazioni. I miei pantaloni almeno erano ancora su; giacca e maglia erano sparite, e io mi trovavo lì in reggiseno in alta montagna e davanti a un gruppo di soli uomini. Non riuscivo a imbarazzarmi, ero troppo terrorizzata.

“Ha una pelle magnifica” approvò uno dei due che mi trattenevano. “Non ho mai visto qualcuno così pallido”

 “Fatto, finalmente!” esclamò uno, togliendomi la scarpa. Gli allungai istintivamente un calcio e mi arrivò uno schiaffo.

 “Non rovinarla troppo!”

“Lo so che è gnocca, ma non ci farà niente di buono se ci scappa!”

“Limitati a trattenerla! Comunque, è davvero molto magra”

 “Una poveraccia, per fortuna! Nessuno ne sentirà la mancanza, nemmeno a casa sua” mi ritrovai un groppo in gola a queste parole, per nessuna ragione logica.

“Ma ce la facciamo a ingrassarla abbastanza per la vendita? Potrebbero pagarcela a un prezzo inferiore di quello che merita …”

Ah, e qui la situazione iniziava ad essermi più chiara. In questo posto vigeva la schiavitù: quello non era un tentativo di stupro, era un controllo della merce. Mi sentii leggermente sollevata … leggermente perché quello che aveva commentato sulla mia pelle non aveva un’espressione confortante. Una cosa non escludeva l’altra. Dovevo andarmene in ogni caso … così svestita? Quegli stronzi mi stavano portando via anche i pantaloni.

 Mi ritrovai girata sulla pancia senza troppi complimenti, e qualcuno mi abbassò le mutande. Mi ritrovai il cuore in gola e aumentai gli sforzi per scappare.

“Non ha di sedere” borbottò sprezzante quello delle scarpe.

“Le daremo un sacco di cibo. Possiamo permettercelo, se la portiamo in buona forma ce la prenderanno a un ottimo prezzo. Adesso girala, non le ho ancora controllato il seno”

 Feci del mio meglio per ricacciare indietro le lacrime. Ero bloccata lì, a una distanza inconcepibile da casa, nelle mani di quei cosi, che mi avevano piazzata al rango di oggetto. Non ne potevo più, volevo che tutto finisse. Mi girarono e spostarono il reggiseno, con espressioni più o meno distaccate.

 “Neanche qui è molto piena” sentenziò quello che aveva già commentato sul mio sedere.

“Ma meglio di prima” lo rimbeccò un altro. “Nulla che una buona dieta non possa risolvere. Però sono ben strani questi vestiti. Da dove arriva?”

 “Sarà una profuga di un qualche villaggio in culo al mondo” ipotizzò quello di prima. “Oppure una qualche mocciosa scema che cerca di evitare un governatore tirannico, o una famiglia che non fa quello che vuole lei. Comunque, chi se ne frega? Ci penseranno al bordello a inventarle le origini più esotiche possibili. Una volta ci ho visto una delle mie vicine di casa, in quei posti, e la vendevano dicendo che proveniva da Yrchlle …”

 Mi sentii leggermente mancare dopo quell’informazione.

 Pensai a tutte le prostitute che avevo intravisto di sfuggita sulle strade del mio Paese. Le avevo sempre un po’ disprezzate. Seriamente, perché non si davano una mossa e andavano a cercarsi un lavoro decente? Se erano costrette, perché non fare una denuncia?

Avevo sempre pensato che a quelle donne piacesse il loro mestiere, andarsene a letto con emeriti sconosciuti. Non avevo mai avuto problemi a usare il nome di quella professione come insulto per le ragazze che non mi piacevano. E ora stavo per diventare una di loro, in un mondo completamente alieno, e chissà che fine avrei fatto, a parte quella di farmi scopare dal primo venuto. Mi venne il voltastomaco.

No, io dovevo fare qualcosa, dovevo scappare, ma i miei vestiti ce li avevano ancora loro, e al diavolo l’imbarazzo, a quelle temperature sarei morta assiderata di sicuro. Mi sentii un groppo in gola e le lacrime agli occhi. No, cazzo, io non avrei pianto davanti a questi bastardi! Era solo che la situazione sembrava senza vie di fuga …

“A proposito di questo …” finalmente qualcuno si degnò di parlare direttamente con me, e ovviamente lo fece con uno sguardo e un tono che non mi piacquero per nulla. “Sei vergine?”

 “Sì!” risposi immediatamente. L’espressione dell’uomo divenne delusa.

“Non toccarla, idiota, che ce la pagano meno …”

 “Lo so, cazzo, perché credi che gliel’abbia chiesto?” brontolò il mio interrogatore, decisamente rabbuiato. Poverino, non poteva violentarmi. Comunque, per la prima volta da quando ero lì mi sentii minimamente sollevata. Avevo la prova scientifica che certe cose non cambiavano mai, a prescindere da città, Paese o mondo: il modo in cui una ragazza era stimata ‘valida’, in qualunque senso, era inversamente proporzionale al numero di rapporti sessuali da lei avuti.

“Comunque” intervenne il terzo. “Visto che è così gnocca, nessuno sembra mai aver visto caratteristiche come le sue, ed è pure vergine, perché limitarsi al bordello?”

 “Infatti stavo parlando di uno di classe …”

“Sta’ zitto e ascoltami: non pensi che una rarità simile starebbe bene nell’harem dell’Imperatore?”

 “Adesso stai puntando un po’ troppo in alto. Non credo sia una principessa straniera o tantomeno una nobile, altrimenti non viaggerebbe da sola”

Mi ritrovai ad ascoltare attentamente la conversazione. Le cose ancora davvero non mi piacevano e volevo scappare di lì alla prima occasione; ma nel caso non ci fossi riuscita, essere praticamente la schiava sessuale di un uomo solo mi sembrava una prospettiva leggermente migliore dell’essere venduta a tutti quelli che passavano.

 “Questo ragionamento avrebbe retto con Duqas, lui era più attento ai legami dinastici. A Manco, che Achesay lo protegga sempre, piacciono le belle ragazze”

La bella ragazza intanto stava morendo di freddo, ma suppongo non fosse affar loro. Tra questo e le prospettive future, ero talmente giù di morale che non mi importava nemmeno di essere lì in intimo davanti a un gruppo di uomini.

“L’Imperatrice non vorrà” ribatté un altro. “Sua Altezza Llyra … nel suo giusto amore materno, vuole il trono per uno dei suoi figli, è evidente. Se avrà il potere di impedire l’acquisto di questa ragazza, lo farà”

E si tornava al punto del bordello. Grazie mille, Imperatrice Llyra. Oh, tanto io dovevo scappare, no? Non sarei rimasta qui per sempre, dovevo tornare a casa in qualche modo. Qualsiasi altra cosa sarebbe stata solo temporanea. Però fare la puttana faceva schifo lo stesso!

“Allora dobbiamo batterla sul tempo-“ iniziò uno dei bastardi.

“Ma che cazzo dici?!” protestò un altro, sconvolto, come se avesse appena sentito un’orribile bestemmia. “Non puoi-“

“Non voglio mancare di rispetto alla sovrana!” ribatté velocemente l’altro. “Ma penso che sia necessario rispettare i desideri dell’Imperatore. E’ il dovere di ogni Soqar, anche di Llyra-“

“E questo sarebbe non mancare di rispetto alla sovrana?”

“No, dannazione! Sentite … portiamola al palazzo. L’Imperatore è in guerra al momento, la sua sposa è rimasta ad Alcanta. Tentiamo la fortuna: se arriviamo quando Manco è già tornato, l’affare probabilmente andrà in porto; altrimenti, la portiamo al bordello”

I suoi compagni sembrarono un po’ più soddisfatti di questa idea; tranne il tizio che mi aveva chiesto se fossi vergine, che mugugnò qualcosa di simile a ‘in ogni caso, noi non ce la scoperemo mai’. Non riporto tutte le maledizioni che gli tirai mentalmente e passerò ai suoi più pratici compagni.

“Mettila nella gabbia e dalle qualcosa da mettersi, non ci sarà molto utile se crepa congelata” osservò uno dei tizi con tanto buon cuore.

 “Mah, io sono sicuro che se la riportiamo ben conservata, qualcuno disposto a prendersela ci sarà!” ghignò uno di loro, iniziando a trascinarmi verso l’animale. Prima avevo il voltastomaco, adesso fu un miracolo se non vomitai.

Lo scoiattolo infernale si accucciò, permettendo a quegli stronzi di tirare giù una scaletta e farmi salire, prima di buttarmi nella gabbia. Andai a sbattere contro il pavimento di legno, imprecai loro contro, e mi sentii della stoffa buttata addosso. La afferrai immediatamente. Erano un paio di rettangoli di lana grezza, uno un po’ più grande dell’altro, più una cintura vecchia e sfilacciata e una spilla di legno. Vestiti, finalmente.

Ci misi un po’ a capire come si indossassero: il rettangolo più grande andava avvolto attorno al corpo, e fissato con la cintura. Poi con la spilla si univano due dei lembi di stoffa sopra la spalla, facendo passare sotto l’ascella quella che era diventata l’altra parte di una specie di corpetto. Il che creava una specie di tunica con uno spacco su un fianco e sulla gonna, che per qualche motivo quel popolo degenerato pensava bene di portare in montagna. L’altro pezzo di stoffa era un mantello, molto benvenuto per i motivi di cui sopra.

Mi ci rannicchiai dentro e afferrai alcuni pezzi di stoffa più logori, probabilmente delle coperte, che si trovavano già all’interno della gabbia. Ecco, adesso almeno il problema del freddo era risolto – mi ritrovai improvvisamente sballottata dall’altro lato della gabbia.

 Lo scoiattolo aveva ripreso a muoversi, e io avevo appena fatto l’emozionante scoperta che no, la sua andatura a balzi non faceva per un viaggio comodo. Dovetti aggrapparmi alle sbarre della gabbia per avere un po’ di stabilità.

Bene, che schifo. Che schifo, che schifo, che schifo! Avevo il cuore che batteva a mille, la nausea, cercare di stare ferma e tenermi le coperte addosso allo stesso tempo era un’impresa, e stavo per finire a fare la puttana. Era questo quello che Energia voleva? Potesse crepare, quella cosa bastarda! Io volevo tornare a casa, volevo che la sveglia mi spaccasse i timpani e mi dicesse che era stato tutto un sogno orribile, volevo che quell’Elemento si pentisse e mi rimandasse indietro, volevo che tutto quello non fosse mai successo – no, basta, io non potevo mettermi a piangere! Io ero forte, dannazione, sarei uscita da quella merda – e i miei genitori a quell’ora saranno già stati a casa, nel panico, a iniziare le loro ricerche, e cosa sarebbe successo a loro, come avrei fatto a tornare, non li avrei mai più rivisti e sarei crepata come il giocattolo sessuale di qualcuno – BASTA!

 Pensare in quel modo non mi avrebbe portato a niente di utile. Io non potevo star lì a frignare come una mocciosa, dovevo essere forte e far vedere i sorci verdi a quella manica di bastardi. Non ero il tipo che si sottometteva alla richiesta da qualsiasi stronzo con l’arua da bulletto passasse.

Sì, ma in futuro? Che avrei fatto? Come potevo evitare di finire al bordello o nell’harem di quell’Imperatore?

Be’, sarei scappata. Avrei approfittato di un momento di distrazione. Avrei buttato giù la porta della gabbia a calci. Se avessimo incontrato altre persone, avrei convinto qualche anima buona a liberarmi. Poi sarei corsa via, e sarei stata più veloce di loro.

 Oh, per tutte le potenze che esistono … è imbarazzante scrivere quest’ultima parte. Io, che non conoscevo i luoghi e i tipi di terreno, e non ero mai neanche stata questo granché nelle attività sportive, che battevo in corsa uomini che probabilmente avevano vissuto in quei luoghi tutta la loro vita, e dotati di gambe molto più lunghe delle mie? Perdonamelo, lettore, non capivo niente.

 Tra un mio vagheggiamento di fuga e l’altro, il paesaggio aveva iniziato a cambiare. Stavamo decisamente scendendo di quota, e le rocce e i muschi avevano iniziato a lasciare spazio ad alberi veri e propri. Avevano la corteccia molto chiara, e le foglie verdi e gialline. Rimasi perplessa, perché Energia aveva detto che ci trovavamo in primavera; ma poi notai un dettaglio che mi fece lasciar perdere il fogliame. Si muovevano.

In modo appena percettibile e discreto, ma i loro rami si spostavano senza che ci fosse abbastanza vento da giustificare il fenomeno, e i loro tronchi si contorcevano su sé stessi. Anche se in misura minore rispetto a prima, mi ritrovai di nuovo con il cuore in gola. Che erano quei cosi? Sarebbe stato prudente avvicinarsi? Be’, ci stavamo dirigendo verso di loro, e questi tizi probabilmente sapevano la strada, quindi pensai di sì … poi vidi il tunnel.

Non saremmo passati attraverso gli alberi: all’interno della foresta era stato costruito un lungo tunnel di pietra … ebbi la certezza che passare accanto a quelle piante non fosse sicuro, affatto. Conferma: un attimo prima che saltassimo nel tunnel, i rami si protesero verso di noi. Mi ritrassi istintivamente proteggendomi la testa, ricordando di un albero immaginario in una serie di libri di racconti fantastici, ma i rami non riuscirono a raggiungerci in tempo, e noi fummo al sicuro nella galleria.

Il luogo era illuminato da fiaccole, con buchi sul soffitto a intervalli regolari per far uscire il fumo e per far capire ai viaggiatori che ora del giorno fosse. C’erano perfino indicazioni stradali, imboccature di altri tunnel con il nome dei luoghi in cui avrebbero condotto inciso sopra. Quei tunnel erano lunghissimi (un’intera foresta di quelle dimensioni troppo pericolosa per attraversarla normalmente? Andavamo bene …) e di dimensioni interessanti: erano abbastanza alti perché lo scoiattolo infernale ci passasse con la gabbia e tutto, ma abbastanza bassi perché dovesse limitarsi a zampettare invece di saltare come suo solito.

Sulle prime mi irritai, perché odiavo andare così piano -anche se ero sollevata che non si saltasse più a quel modo – poi capii che la cosa aveva molto senso. Era probabilmente un metodo di regolamentazione della velocità apposta per prevenire incidenti: per come erano strutturati quei tunnel, chiunque poteva saltar fuori da qualunque parte senza preavviso, e farlo ad alta velocità non sarebbe stato diverso che farlo con due automobili (i mezzi di trasporto più comuni nel mio mondo). Inoltre, la ridotta velocità permetteva di vedere bene le indicazioni stradali. Noi, a quanto pareva, stavamo andando in un posto chiamato Alcanta – mi pareva di averlo anche sentito nominare ai miei carcerieri.

 Devo dirlo, anche se non ne ero minimamente confortata, morivo dalla curiosità nel vedere tutte quelle cose, e fui più volte tentata di chiedere informazioni agli schiavisti, ma ci ripensai sempre. Non ero sicura che mi avrebbero risposto, e se mi fossi mostrata molto ignorante della natura di quel luogo, avrei dato solo l’impressione di essere smarrita e indifesa.

E io non ero smarrita e indifesa. Io non mi sarei raggomitolata in un angolino a piangere: avrei preso il controllo di quella maledetta situazione, e chiunque avesse cercato di trattarmi come un oggetto se lo sarebbe preso in culo. E quegli stronzi facevano bene a cacciarselo in testa.

Ora che dovevo stare semplicemente chiusa lì, a guardare tunnel, avevo un sacco di tempo per riflettere sui dettagli del mondo che mi circondava. All’inizio non ci avevo fatto troppo caso per ovvie ragioni, ma gli schiavisti avevano caratteristiche somatiche piuttosto diverse dalle mie. Avevano tutti la corporatura piuttosto bassa e tozza, la pelle color rame, i lineamenti marcati e occhi ‘a mandorla’ (come dalle mie parti si definivano quelli leggermente tendenti all’insù, non erano affatto comuni in Italia), scuri come i capelli. Se li avessi visti nel mio mondo, probabilmente avrei pensato che venissero dal Cile o dal Perù, entrambi posti dall’altra parte del pianeta rispetto a dove vivevo io.

Informazione piuttosto irrilevante: non mi era di grande conforto sapere che i miei rapitori erano sudamericani extraterrestri, visto che questi posti avevano ancora i bordelli, e contavano di mettermi in uno. O nell’harem dell’Imperatore, certo.

A questo proposito, se proprio proprio non fossi riuscita a forzare la gabbia, cos’avrei fatto? Avrei dovuto cercare di correre via una volta che mi avessero tolta da lì per la vendita? Avrei potuto probabilmente confondermi tra la folla, in questo modo. Alcanta sembrava una grande città, sarebbe stato facile. E se fossero riusciti a bloccarmi la fuga, se fossero riusciti davvero a vendermi … mi sentii la bile risalire per la gola e dovetti sforzarmi parecchio per non vomitare. Okay, a quello avrei pensato nel caso tutte le altre opzioni avessero fallito. Sarebbe stato solo dannoso andare nel panico a quel modo.

 Ehi, altri pennacchi di luce in lontananza. A quanto pareva, lo scoiattolo infernale era un mezzo di trasporto comune da quelle parti. Sentii i miei carcerieri borbottare qualcosa in tono eccitato nella portantina dietro di me, non volevano per caso fare una vendita rapida?

 Man mano che ci avvicinavamo, riuscii a distinguere più dettagli. Era una specie di piccola processione: quattro scoiattoli che portavano diversi tipi di ‘carichi’. Li osservai tutti man mano che passavamo.

Due, quelli all’inizio e alla fine del corteo, erano sormontati da una portantina abbastanza grande, ricoperte di piastre di metallo come se fossero corazzate, e contenevano ognuna un piccolo manipolo di uomini con indosso pettorali di cuoio, strani copricapi a forma di teste di pantera (così mi sembrò) e che imbracciavano quelle che sembravano catapulte tascabili; il penultimo aveva la portantina più piccola, anche se sempre corazzata, e conteneva un manipolo di persone vestite con i miei stessi abiti di lana grezza, che mi osservavano con un misto di pena, solidarietà e confusione, probabilmente erano schiavi. La seconda portantina aveva probabilmente il ‘pezzo da novanta’.

 Innanzitutto quella cosa stessa, anche se ricoperta di placche di metallo come le altre, era tutta intarsiata nelle parti in legno; poi era l’unica ad avere le tende, di una stoffa che pareva finissima, in colori vivaci e disegni stilizzati. Le avevano tirate, quindi non si vedeva chi era all’interno.

“Achemay protegga chi viaggia!” gridò qualcuno degli schiavisti, facendomi sobbalzare per la sorpresa. “Supplichiamo protezione da chi può viaggiare con più fortuna di noi!”

 Qualcuno all’interno della portantina lussuosa ordinò alla carovana di fermarsi, e il ‘nostro’ scoiattolo fece lo stesso. Le tende furono scostate e un paio di persone ci guardarono.

Uno era un uomo di mezz’età, con tutte le stesse caratteristiche somatiche che avevo visto nei miei rapitori, solo che riusciva ad avere l’aria più sofisticata anche per una che era lì da una manciata di ore. Innanzitutto stava seduto ritto come un palo, voltando solo la testa per osservarci; poi aveva due grossi orecchini d’oro, grandi come piattini da tè, che in qualche modo riuscivano a farlo sembrare regale anziché ridicolo, e sembrava avesse vestiti più belli e colorati rispetto a tutti gli altri che avevo visto.

 Il ragazzo sembrava molto più imbranato. In primo luogo, sembrava star cercando un compromesso tra la postura signorile dell’uomo più anziano e una più spontanea manifestazione di curiosità, con il risultato che stava rigido, ma obliquo e con la testa fuori dalla portantina. Inoltre, anche se per i lineamenti da soli avrei potuto definirlo abbastanza carino, si ritrovava con un paio di spettacolari orecchie a sventola con cui quelle specie di piatti d’oro sembravano decisamente ridicoli anziché regali.

 L’espressione stupefatta con cui mi guardava, per finire, ne occultava abilmente l’intelligenza. Che poi, che aveva da guardarmi? Odiavo che mi fissasse a quella maniera, come se … non potevo usare la stereotipata espressione ‘provenissi da un altro mondo’ perché in questo caso era vera … comunque distogliesse lo sguardo, non mi piaceva.

Lo fulminai con un’occhiataccia, lui arrossì e si mise a fissare la parete della portantina. Finalmente qualcuno che si comportava come era giusto fare! Elessi subito il ragazzo a mia persona preferita in quel posto.

 “Richiedete protezione nel viaggio” elaborò l’uomo più anziano.

 “Posso sapere da parte di chi, e per quali ragioni viaggiate?”

Non ricordo i nomi degli schiavisti. Non sono importanti, e sinceramente non mi interessa nulla di quelle persone. Tutto quello che fecero in questa vicenda fu essere il mio sgradito tramite per Alcanta. Ma credo che vi interesserà maggiormente l’identità degli altri viaggiatori.

“Protezione accordata” rispose semplicemente il viaggiatore adulto. “Non vedo niente di losco nel vostro commercio” ma vaffanculo! Come pensava la gente di queste parti? “Ve la concedo io, Etahuepa Atahuii, governatore di Dumaya, con l’assistenza del mio figlio adottivo, Simay Etahuepai”

 

Choqo dovette prendersi una pausa nella lettura. Quello era stato il primo incontro tra i leggendari Imperatori? Quello?

 La versione ufficiale diceva che gli dei stessi, dopo aver rapito Corinna dal suo paese natale, l’avevano messa sulla stessa strada di Simay! E invece … tre schiavisti. Divinità eterne e immortali … schiavisti. Eh eh eh … questa era buffa. Seriamente, gli Imperatori della Vita dovevano essersi divertiti un mondo a creare quella versione.

Certo, era noto che Corinna fosse stata una schiava (non una prostituta o l’amante del precedente Imperatore, che era successo?) per un certo periodo di tempo, prima che saltasse fuori che era una profetessa … di Pachtu. Il dio dell’energia.

Ma che …? Cos’aveva combinato quella ragazza per ottenere un simile potere, visto che l’Energia del suo racconto non sembrava affatto disposto a darle retta?

E a questo proposito … per la miseria. Non si sarebbe mai aspettata che la versione ufficiale sarebbe stata così. Si era aspettata una storia banale, ridicola, terra terra … invece Corinna era sempre stata rapita da poteri soprannaturali, da un altro mondo addirittura. L’unica cosa che cambiava era il motivo: nella versione ufficiale, l’arrivo di Corinna era necessario per preparare il mondo alla partenza degli dei, qui era tutta colpa di una … specie di divinità annoiata, che voleva fare un esperimento. In pratica, tutto quello che era successo alla storia era che aveva perso di significato.

Abbastanza deprimente. Era un po’ come scoprire versioni più antiche delle favole che le leggevano da bambina: spesso e volentieri erano molto più cupe e cruente di quelle attuali, e invece di renderle migliori, la cosa lasciava solo l’amaro in bocca a un sacco di bei ricordi. Comunque, riflessioni su una storia che, essendo una storia vera, non aveva morali, a parte … era quasi scioccata nell’ammettere che Corinna le piaceva.

Cioè, le piaceva la sua versione adolescenziale, quella che agiva nella storia: era grintosa, non aveva paura di esprimere la sua opinione, non aveva paura di ribellarsi all’autorità, anche se la cosa l’avrebbe messa nei guai, seppure intrappolata in una famiglia che non le lasciava scelta sul suo futuro. Choqo ci si ritrovava moltissimo.

Ed era per questo che detestava i commenti della Corinna narratrice. Era così diversa: pronta a giudicare, altezzosa, nostalgica (i suoi genitori l’avevano costretta a studi che non le piacevano! Non se lo ricordava, quando scriveva di quanto le mancassero?), non aveva nulla di diverso dalla stragrande maggioranza degli adulti. Come era possibile che una fosse diventata l’altra? Cosa le era successo, per farla cambiare in quel modo? Forse aveva dovuto adattarsi alle leggi di Tahuantinsuyu per sopravvivere (purtroppo per lei, per tutte le lamentele che ne aveva fatto, il suo mondo di origine pareva decisamente avanzato) e aveva finito per dimenticare il suo carattere originario?

E se a quella Corinna giovane era successa una cosa simile, era possibile che succedesse lo stesso anche a Choqo? No, porca –

“Mia signora” una schiava fece capolino sulla porta. “La cena sarà servita a breve”

Oh, che noia. Proprio a quel punto della storia! Choqo annuì e iniziò a rassettarsi l’abito per scendere, la schiava uscì – ma aveva visto il manoscritto. L’avrebbe riferito ai suoi genitori? A meno che non le chiedessero direttamente di riferire ogni suo movimento, probabilmente no, per semplice quieto vivere.

 E poi, anche se i suoi l’avessero scoperto, quello era ‘solo’ un libro: al massimo, sua madre sarebbe stata felicissima che Choqo finalmente si dedicasse ad attività ‘più femminili’. Probabilmente le si sarebbe fermato il cuore se avesse saputo l’effettivo contenuto del libro (Choqo non vedeva l’ora che Malitzin entrasse nella storia: cosa c’era, davvero, dietro la Devozione alla Vita?).

A questo proposito, doveva recuperare anche il libro di Simay, adesso voleva proprio sapere l’eventuale altro lato della storia … poteva andarci al mattino presto l’indomani, se l’avessero vista gli schiavi … avrebbe inventato che voleva vedere le dolyne chiudersi all’alba. L’avrebbe fatta sembrare ancora più femminile, i suoi genitori non potevano essere che contenti. Problema risolto.

Intanto, avrebbe continuato a leggere un po’ del manoscritto di Corinna dopo cena; poi sarebbe andata a dormire presto, per potersi svegliare per tempo la mattina dopo.

 

 

 

 

 

 

 

Ladies & Gentlemen,

ed ecco il primo impatto di Corinna con Tahuantinsuyu, la sua cultura e le forme di vita che lo abitano. Ovviamente le va nel peggiore dei modi. Comunque, aggiungo una curiosità, che avevo dimenticato di menzionare nel capitolo precedente: Tahuantinsuyu è ispirato a tutte le informazioni che ho potuto trovare sulle civiltà dell’America precolombiana, soprattutto quella incaica. Perché dopo una quantità di fantasy ispirata al Medioevo europeo troppo grande per essere calcolata, con solo qualche piccola escursione nell’Estremo Oriente, ci voleva qualcuno che facesse anche questo.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto!

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Capitolo 4
*** Dove una ragazza impara dove gira il mondo ***


                      CAPITOLO 3

DOVE  UNA  RAGAZZA  IMPARA  COME  GIRA  IL  MONDO

 

 

 

 

                                                                      Dal Manoscritto di Corinna

 

Ma certo, lettore. Quello fu il primo incontro con mio marito.

Nessuna divinità a metterci sulla stessa strada, a meno di non voler elevare tre schiavisti a rango divino. E la presenza di Etahuepa e di tutto il suo seguito, che anche se abbiamo ricordato quando abbiamo realizzato la versione ufficiale, tutti sembrano dimenticarsi. Magari è più romantico immaginarci da soli?

Comunque, ciò che seguì quella dichiarazione fu una romantica e intraprendente azione degli schiavisti, che parlottarono qualche istante tra di loro e decisero di vedere se potevano fare un affarone sul posto.

“Signore di Dumaya, avete detto che non vedete nulla di losco nel nostro commercio. Ma ci chiedevamo, se non poteste anche trarne dei vantaggi. Questa ragazza, appena sedicenne, è stata appena catturata su-“

 “Non mi è utile” tagliò corto lui. “Ho servitù sufficiente a provvedere a tutte le mie necessità”

Almeno avevo ancora un po’ di tempo per scappare.

“Naturalmente, signore, non intendevamo mettere in dubbio la vostra ricchezza” gli miagolò uno degli schiavisti. “Ma vostro figlio? Mi sembra abbastanza grande per avere una schiava personale …” tutti gli schiavisti rivolsero larghi sorrisi a Simay, io lo fulminai con lo sguardo.

Lui parve decisamente imbarazzato e offeso. “Sto per essere iniziato come sacerdote!” protestò.

Oh, altra informazione su questo posto: anche qui i preti avevano una regola di castità. A quanto pareva, era un’ossessione. Be’, mi tornava comodo, almeno non sarei stata smerciata subito.

Gli schiavisti si scusarono e il resto del viaggio, per quel giorno, proseguì in relativo silenzio. Non fu molto, per la cronaca: Etahuepa decise che era il momento di fermarsi per la notte, e gli schiavisti si associarono subito.

Gli schiavi scesero dalla loro portantina e iniziarono a preparare la cena, usando buchi nel terreno messi lì apposta a intervalli regolari; gli schiavisti si arrangiarono per conto proprio, e mi portarono una ciotola piena di una brodaglia con pezzi di roba bianca e violetta dentro.

 Che roba era? La assaggiai subito, bevendola direttamente senza cucchiaio (non me l’avevano dato). Sapore strano … in termini di cibo del mio mondo, l’avrei descritto come un misto di tacchino (un animale), carote e radicchio (verdure), ma molto più amaro. Non la cosa più buona del mondo, decisamente, ma non mangiavo da quella mattina. La trangugiai piuttosto alla svelta. Almeno sembrava nutriente, mi sentivo già abbastanza sazia.

Risolto il problema della fame, decisi di buttare un’occhiata a come se la stessero passando gli altri viaggiatori, giusto per curiosità. Simay e suo padre pescavano con le mani da ciotole che, a giudicare dal profumo, contenevano cose molto più gustose della sbobba degli schiavisti; le persone di rango inferiore mangiavano qualcosa di colloso e bluastro. Notai che Simay continuava a buttarmi occhiate di sfuggita, distogliendo lo sguardo non appena lo fissavo. Ma che voleva?

 Lo scoprii alla fine del pasto: confabulò con suo padre in modo che non riuscii a sentire, ne ricevette un cenno di approvazione, prese la pentola del suo cibo e andò dai miei schiavisti.

“Chiedo scusa, posso darle da mangiare? Sembra davvero denutrita” chiese, indicandomi.

 Io lo fissai senza riuscire a credere a quello che avevo appena visto e sentito. Cioè … a quel punto si era arrivati? Al punto in cui la gente doveva chiedermi il permesso se voleva divertirsi a buttarmi del cibo, come se fossi un animale in mostra? Per l’ennesima volta in quella giornata, mi ritrovai letteralmente furiosa contro le assurde leggi di quel mondo e la situazione di merda in cui ero stata cacciata.

 Gli schiavisti furono felicissimi di accordargli il permesso: evidentemente, ero troppo magra per poter essere venduta bene, e se un nobile si offriva di ingrassarmi gratis, tanto di guadagnato! Fosse chiaro che mi avevano trovata così, il mio stato non era colpa loro, s’intende. Simay si avvicinò alla mia gabbia con un sorriso un po’ incerto, porgendomi la pentola.

 “Ecco, prendi …”

“Ma vai a cagare” sbottai. Lui si fermò esterrefatto, con la bocca aperta e la pentola a mezz’aria. “Sono capace di chiedere e decidere da sola quando mangiare, sai?”

 “Che cazzo stai dicendo?!” sbottò uno degli schiavisti. Si fiondò alla sua portantina, balbettando scuse confuse a Simay sul fatto che io fossi straniera e piuttosto scema.

 “Appunto per questo!” si affrettò a dire lui. “Non merita di essere punita, se viene da così lontano. Poi se l’avete appena catturata, dovrà appunto adattarsi alla sua nuova situazione, non trovate? Ve lo chiedo per favore, non …”

“Avete un animo fin troppo buono, giovane signore” bofonchiò lo schiavista, posando quello che era andato a prendere – una corda piena di nodi. Okay, e questo ragazzo mi aveva appena salvata da una sonora batosta, a quanto pareva.

E non mi sentivo minimamente riconoscente. Insomma, perché avrei dovuto esserlo? Questo tizio era esattamente come gli altri: non aveva afferrato il piccolo concetto che io fossi umana. Era come uno che protestasse per i diritti degli animali a uno spettacolo dei medesimi: azione che sarebbe stata lodevole, a parte il piccolo fatto che io non ero un animale.

“Scusa, ma dovevo chiederlo” mi si rivolse lui. “È così che si usa, da queste parti”

“E allora? A me non va bene” ribattei.

Lui continuò a stare lì, porgendomi la pentola. “Ma le regole sono queste, e poi tu non sei nella condizione di poter pensare a contraddirle. Quella corda fa abbastanza male”

 “Parli per esperienza?” chiesi sarcasticamente. Era strapalese, dalla sua faccia, che il damerino non aveva mai avuto un dito sollevato addosso in tutta la sua vita. Per carità, non l’avevo avuto nemmeno io, perché i miei genitori non amavano le punizioni fisiche, ma Simay aveva l’aria da nobile che ha avuto solo vizi in vita sua, e questo mi faceva automaticamente sentire più dura e temprata dalla vita.

 Lui strinse le labbra a quella domanda, buttò una rapida occhiata agli schiavi che stavano preparando delle specie di tende per la notte, e poi rispose: “No, però le ho viste usare, e ho ai- visto tutti gli sforzi che i medici devono fare per curare le ferite”

“Uh, che paura. Potrebbe fare un po’ male” replicai.

Simay mi guardò confuso, come se non si aspettasse un tono tanto sprezzante quanto il mio. Sì, era una reazione piuttosto comune nella gente che parlava con me, quando ancora vivevo nel mio primo mondo. Ero convinta che fosse un segno distintivo della mia forza di carattere.

“Avevano tutta la schiena scorticata. È qualcosa che sapresti reggere?”

 “Non sono una pappamolla viziata” ribattei.

Lui non sembrò cogliere il riferimento, guardandomi con ancora più di quella odiosa compassione. “È qualcosa che ti è capitato spesso?”

 “Ma che cazzo te ne frega?” sbottai io. Volevo solo levarmelo dai piedi, lui e le sue domande sceme, sembrava uno di quei giornalisti – simili ad autori di resoconti – che facevano apposta le domande più strappalacrime per una commozione facile, e io non volevo commuovere nessuno. Io non ero tipo da ispirare commozione!

 I miei tentativi, comunque, non sortirono l’effetto voluto: se non altro, Simay parve prenderlo per un ‘sì’ e borbottò qualcosa di simile a un ‘mi dispiace’ con l’aria di chi non sapeva cosa dire. Fui sul punto di tirare l’ennesimo sonoro insulto della giornata, quando mi venne un’idea. Altro che insulti: potevo approfittare di questo bravo animalista per filarmela.

“Senti” esordii. “se proprio vuoi fare qualcosa per aiutarmi …”

 Simay si mise praticamente sull’attenti, tutto orecchi -cosa che comunque era già.

 “Fammi uscire di qui”

 “Non posso” mormorò lui, praticamente afflosciandosi.

“Stanotte, quando non guarda nessuno” bisbigliai, nel tono più incoraggiante che mi riuscì. “Troveremo il modo di farlo sembrare un incidente, e poi tu sei troppo in alto, non potranno farti niente”

 “No, no, non capisci, non posso” si affrettò a rispondere lui, mortificato. “È illegale, non posso farlo”

 Mi caddero le braccia. Quasi non riuscivo a credere all’esistenza di un tizio simile. Faceva tutto il generoso difensore degli schiavi, e poi, appena c’era l’opportunità di fare qualcosa di davvero degno di un essere umano decente, si tirava indietro, perché era contro le fottutissime leggi? Cioè … non riuscivo nemmeno a concepirlo … quanto dovevi essere stupido per seguire le regole così ciecamente?

 “E allora? Seriamente, non hai mai infranto una singola regola in vita tua?” gli chiesi.

Lui scosse la testa, con il pallido accenno di un sorriso orgoglioso. “Non potrei mai, mi dispia-“

“Ma che razza di vita da sfigato fai? Sempre lì a seguire ciecamente quello che gli altri di dicono di fare? Ma ce l’hai un cervello tuo?!”

Simay mi guardò esterrefatto. “Ma sono le regole. E’ quello che bisogna fare per vivere civilmente, senza infliggere sofferenze e rispettare gli al-“

 “E ti sembra che io sia in una condizione felice e rispettata, grazie alle tue care leggi?”

 Lui si morse il labbro. “Ma tu sei una schiava, è una situazio-“

“Ma vai a cagare” sbottai a questo punto. Mi voltai e rifiutai di parlagli ulteriormente per tutta la serata.

 Non badai più a ciò che mi circondava finché non sentii che tutti iniziavano ad arrangiare per la notte, non avevo nessuna intenzione di chiacchierare di nuovo con quel ragazzo deficiente. Andasse a cagare, come gli avevo detto, e portasse con sé le sue leggi e regole. Mi sarei arrangiata da sola, per la fuga. Ci sarei riuscita. Quella notte stessa: chi mi avrebbe più trovata, in quel labirinto?

Certo, il labirinto in questione passava tra flora pericolosa e a me completamente sconosciuta, ma quello significava anche che non mi avrebbero inseguita tanto volentieri. La gabbia era in legno, la serratura era a chiavistello. Sarei riuscita a infilare una mano tra le sbarre e tirarlo via? Probabilmente sì … il che era strano, non capivo come mai nessun altro schiavo ne avesse mai approfittato prima. Magari tutti qui erano ossessionati dalle regole come quel ragazzo?

 Se così, ero davvero finita all’inferno … oppure poteva semplicemente essere che quegli schiavisti fossero profondamente scemi, il che mi permetteva di mantenere un po’ di fiducia nell’umanità locale.

 Comunque, il piano era semplice: sfilare il chiavistello, lo scoiattolo dormiva e quindi sarei riuscita a scivolare giù senza troppi problemi, sarei stata attenta a non far rumore e a non correre finché non fossi stata fuori dal campo uditivo di questi qui. Le code degli animali bruciavano permanentemente, e poi c’erano i buchi nel soffitto per vedere dove stavo andando. Ce l’avrei fatta.

Simay con suo padre si ritirava nella loro tenda, gli schiavi si rannicchiavano in coperte lì attorno, la maggior parte delle guardie si sdraiava … e una rimaneva in piedi, a sorvegliare tutto il gruppo. Merda, questa non ci voleva. Gli schiavisti stavano iniziando a russare, a questo punto, avrei avuto il via libera ….

Non fosse stato per quella guardia del cazzo. Insomma, cosa intendeva fare? Avrebbe denunciato la mia fuga? Avrebbe scrollato le spalle, e pensato ‘non un problema mio’? Non lo sapevo, era quello il problema principale. Se almeno avessi avuto la certezza che avrebbe fatto l’una o l’altra cosa, avrei potuto adeguarmi, o inventare un piano per distrarlo; così invece era un’incognita, e non mi piaceva per niente. Andare? Non andare? Avrebbe allertato tutti o mi avrebbe lasciata libera …?

Be’, al diavolo. Io avrei tentato. Nel caso, avrei sempre potuto provare a correre più veloce di loro. Afferrai il chiavistello, lo spinsi via, mi incastrai brevemente la mano nelle sbarre, mi agitai ancora di più cercando di toglierla e cascai dallo scoiattolo.

 “La schiava sta scappando dalla gabbia?” urlò la guardia. Gli venisse un accidente!

Mi rimisi in piedi e corsi più velocemente che potevo. Riuscii perfino a schivare una zampa dello scoiattolo, ero troppo veloce, ce l’avrei fatta, qualcuno si metteva a correre dietro di me, l’avrei sorpassato, gli avrei fatto mangiare la polvere- una manata mi buttò a terra. Subito dopo mi arrivò un calcio nel fianco.

“Altro che straniera, questa è proprio scema!” urlò uno degli schiavisti, e mi arrivò un altro calcio. Forte. Rimasi bloccata dal dolore, non riuscii a rialzarmi, e poi sentii arrivare qualcun altro, un sibilo, e poi arrivò il primo colpo della corda.

Mi bloccò del tutto. Chiunque l’avesse pensata, era un pazzo sadico. Non avevo mai subito niente di così doloroso. Calci e pugni, erano qualcosa che potevo sopportare, non era certo la prima volta che me li beccavo, ma quello …

Un altro colpo, poi un altro, poi un altro, poi ‘basta, si noterà alla vendita’, un altro colpo, e poi qualcuno mi tirò su e mi ricondusse verso la gabbia. No, io non potevo lasciarmi trascinare in quel modo, ma dannazione, quelle frustate erano state troppo forti, mi sentivo a malapena in grado di respirare, se mi stavano trascinando era anche perché non sarei riuscita a stare in piedi da sola, e io non ero così, non dovevo essere così, io dovevo essere forte e dimostrare loro che non potevano neanche pensare di prendermi a calci, io dovevo essere forte, provai a insultarli, riuscii a malapena a bofonchiare qualcosa, mi issarono di nuovo nella gabbia, e richiusero la porta.

“Troietta idiota” commentò uno. “Prima cerca di scapparci e fa tutta l’altezzosa per il viaggio, e poi si sorprende se mettiamo una guardia? Dev’essere un tipo di demenza, pensi che dovremo avvertire i clienti?”

“E che gliene fregherà? Questa qui sarà per scopare, non per discutere di astronomia” fu l’illuminante conversazione che sentii da quelli che mi sorreggevano.

 “Grazie infinite dell’avvertimento!” sentii gridare dal terzo. “Vi saremo eternamente grati per la protezione che ci state offrendo, signore”

Ah, c’era anche quello, implicato nel ‘pacchetto protezione’? Merda, le cose si mettevano male. Finché viaggiavamo azzeccati a quella carovana di bastardi, non avevo nessuna speranza di filarmela senza farmi notare (anche perché l’unico stronzetto che avrebbe avuto tutto il potere di aiutarmi andava cianciando di regole).

E a quanto pareva, facevano la nostra stessa strada, il che significava che non ce li saremmo levati di torno finché non fossimo arrivati ad Alcanta – ovvero quando mi avrebbero venduta. Non avevo molte speranze di fuga, se quello che era successo quella notte era indicativo delle rispettive capacità fisiche, non sarei riuscita a scappare a meno che loro non se ne accorgessero, non aveva neanche senso provare – anche perché non volevo altre botte, anche se non avevo nessuna voglia di ammetterlo, nemmeno a me stessa.

 Nessuna paura, non dovevo avere nessuna paura. Avrei trovato un altro modo per scappare, e sarei tornata nel mio mondo. Ce l’avrei fatta, non poteva essere altrimenti.

 

Il giorno dopo, per la colazione, Simay cercò di portarmi di nuovo da mangiare.

“Non ho intenzione di accettare l’aiuto di qualcuno che fa solo le cose facili” sbottai.

Avevo sentito benissimo quello che avevano detto gli schiavisti su come il mio comportamento ribelle li avesse messi in campana, e avevo deciso che, fanculo, non avrei cambiato una virgola. Sarebbe stato palese se fossi improvvisamente diventata buona e docile, che avevo in mente un’altra fuga; e comunque io non ero così. Non importava cosa sarebbe successo, io non avrei mai rinunciato a me stessa, e al mio carattere.

In retrospettiva, tutto quello che ho da commentare è che se fossi stata meno stordita, e avessi accettato di fingere un po’ per qualche tempo, avrei risparmiato a me stessa e ad altri un sacco di problemi a lungo termine.

 “Io non posso fare niente …” mormorò Simay. “Posso solo cercare di aiutarti mentre sei lì. Dovresti mangiare, le foglie di soribo sono molto nutrienti …” abbassò la voce. “E aiutano con le contusioni, se ce le metti sopra”

 Devo dire, guadagnai una microscopica frazione di rispetto per Simay, lì. Certo, faceva tutto quello che gli dicevano di fare … ma era disposto a trovare qualche sotterfugio all’interno di questi ordini. Non era poi così senza speranza.

Accettai quella ciotola, e mi infilai di nascosto alcune di quelle foglie sotto il vestito, premendole sul fianco. Non avevo ancora controllato l’entità del danno perché c’era un sacco di gente che avrebbe visto, ma la zona dove la corda aveva colpito era piuttosto gonfia, e faceva male al tatto.

 Simay fu molto interessato alla coda di Biqa per tutto il tempo di questa operazione, e ciò mi predispose un po’ meglio nei suoi confronti.

 “E comunque” riprese lui. “Non ti conviene essere così ostinata nei loro confronti. Le regole ci sono per un motivo, come ho detto, e per questo è anche conveniente seguirle. Se fossi più docile, ti attireresti i favori dei tuoi padroni-“

“Non ho nessuna intenzione di essere il giocattolo preferito di qualche signorotto viziato” sbottai, mandando a quel paese tutti i miei accenni di simpatia verso di lui. “Per che cosa dovrei buttar via me stessa? Per un trattamento un po’ migliore? O c’è la vaghissima possibilità che mi liberino?”

 “No, tu avrai solo i vantaggi possibili nella tua condizione” rispose lui. “Una volta che diventi schiavo, non puoi cambiare status sociale, a meno di consacrarti a Pachtu. Ma se vieni notata per i tuoi servigi, i tuoi figli saranno considerati liberi e indipendenti dalla famiglia dei tuoi padroni, anche se potranno essere solo artigiani”

 No. Non sarei rimasta lì abbastanza a lungo da poter avere dei figli. He poi, considerato il mestiere che volevano farmi fare, chissà come, e da chi, li avrei avuti, nel caso. No, io sarei tornata a casa.

Però cos’aveva detto prima, a proposito del consacrarsi a un dio? Non ci credevo, come ho detto prima, ma almeno avrei avuto una posizione un po’ più decente di quella della puttana. Tanto valeva provare.

 “Hai menzionato Pachtu? Chi è?”

Lui sembrò sorpreso. “Non lo sai? Avete una religione diversa dove provieni?”

Annuii.

 “Ma quanto hai viaggiato? Per quanto ne so, i popoli delle montagne venerano i nostri stessi dei!” Sembrava davvero stupefatto.

 “Non sono affari tuoi” replicai, perché non sapevo che balla inventarmi su due piedi e non stonava con il mio atteggiamento fino a quel punto. “Comunque, che dio è Pachtu?”

 “Dio dei fulmini-“

 “Che?” Fulmini, tipo, elettricità? Energia? No, okay, questa non poteva essere una coincidenza. Una cosa che si dichiarava l’elemento stesso dell’Energia mi portava in quel posto, io ero catturata dagli schiavisti, e saltava fuori che l’unica cosa che potevo fare per non finire in un bordello o in un harem era diventare sacerdotessa del dio dell’energia. L’aveva organizzato lui? Che interesse ne aveva?

 Comunque, Simay prese la mia domanda come un invito a tenere una lezione di catechismo. “Dio dei fulmini e della vita, fratello gemello di Qisna, dea delle paludi e della morte, e figlio di Tumbe e Sulema … dei dell’acqua e del fuoco, rispettivamente. È stato lui a creare i Kisnar, insieme a sua sorella”

 “I Kisnar?”

Simay mi guardò esterrefatto. “Non sai cosa siano i Kisnar? Capisco la religione, ma quelli sono davvero dappertutto!”

“Be’, dalle mie parti non ci sono-“

 “Si parte!”

 Simay dovette tornare alla sua portantina, e il viaggio riprese.

Probabilmente fu verso il primo pomeriggio che la nostra carovana emerse dai tunnel, e ci ritrovammo davanti una spettacolare distesa di fiori rossi, simili ai ‘gigli’ del mio mondo, che, notai gardando attentamente, emanavano un fumo sottile. Sembrava che i mekilo stessero correndo su un mare di fuoco e, malgrado la situazione, non potei fare a meno di restarne affascinata.

Quei campi erano parecchio estesi; ci corremmo in mezzo per diverse ore – un paio di volte intravidi il profilo di una città in lontananza – finché i fiori non si diradarono, e noi non arrivammo su un terreno più brullo, simile a quello delle montagne; ma potevo vedere un enorme lago sulla mia sinistra.

Ci fermammo lì per la notte, e a quanto pareva Simay doveva apprezzare l’idea di essere insegnante di religione, perché, previo permesso degli schiavisti, mi raggiunse subito per continuare con le sue storie.

 “Ma in che posto vivevi, per non sapere cosa siano i Kisnar?”

“Ti ho detto che non sono fatti tuoi. Cosa sono questi ‘Kisnar’? Animali?”

 “È abbastanza lunga da spiegare, in realtà. Vedi, originariamente erano umani, gli abitanti della città natale di Talhas e Shilla … la prima coppia imperiale”

Oh, avevo capito una cosa: adesso stavano per arrivare un sacco di miti e leggende, di dubbia autenticità. Insomma, nel nostro mondo, quante storie religiose o di fondazioni di città erano vere? E perché le cose sarebbero dovute essere differenti qui?

Ora che ci penso, caro il mio lettore, ti sembrerà stranissimo che proprio io abbia appena scritto queste cose. Fu comunque lì che appresi la storia della fondazione di Alcanta e della nascita dell’Impero Soqar.

 “I due erano i figli che il dio del Sole, Achemay, aveva avuto da una donna umana, di nome Llyra-“

 “Aspetta un attimo” interruppi. “Mi stai dicendo che questi qui sono stati la prima coppia imperiale? Ed erano fratello e sorella?”

 Lui annuì. “Sì, il-“

 “Ma che schifo!”

 Simay mi guardò stranito e un po’ sconvolto, come se avessi appena detto una bestemmia particolarmente creativa. “Come – come fai a dire questo? E’ il processo migliore per tramandare il trono all’interno della dinastia, anche l’Imperatore Manco e l’Imperatrice Llyra attuali sono fratelli, e così i lo-“

“Ma che schifo!!!” sbottai sconvolta. Avrete capito, da questi commenti, che dalle mie parti l’incesto non solo non era praticato, ma perché non era neanche ben visto (anche perché la nostra scienza ci permetteva di sapere che causava difetti negli organi e problemi di salute).

“’Che schifo’ niente!” sbottò lui, lasciando finalmente perdere per un attimo il suo atteggiamento dimesso. “Smettila di insultare la famiglia reale. Hanno il sangue degli dei, nel caso il dettaglio ti fosse sfuggito, come credi che abbiano fatto a mantenerlo se non sposandosi tra loro?”

 “E chi se ne frega se hanno il sangue divino? Fa schifo lo stesso”

 Per la miseria, l’aver insultato la famiglia imperiale urtava parecchio il nostro amante degli animali.

 “Okay, capisco che tu abbia un’altra religione” mormorò Simay a denti stretti. “Ma non devi insultare l’Imperatore. Verrai punita sia in questo mondo, che nell’altro”

“Ah, che paura! Sarò ‘punita’!” ribattei. Finalmente, dopo quei due giorni di merda assoluta, potevo sfogarmi un po’ facendolo arrabbiare. Adoravo irritare le persone, forse perché era una mia specialità.

 “Sì, la tua reazione alle frustate conferma la tua spavalderia”

Lo guardai malissimo, e lui si morse il labbro, un po’ a disagio. Ma vedi che stronzo? Era uno di quei tipi che facevano tanto i gentili, e poi sapevano benissimo come tirarti delle carognate … vigliacchi di merda, non li sopportavo, e li sopportai anche meno grazie a Simay.

Piccolo problema …aveva urtato un nervo scoperto creatosi di recente. E va bene, non ero riuscita a reagire come avrei voluto a quel genere di batosta. Mi ero lasciata terrorizzare, un’aggressione simile era qualcosa di cui non avevo alcuna esperienza, e la situazione in genere era completamente folle. In tutto questo, non ero riuscita a dimostrare l’immagine da dura che volevo trasmettere a parole, Simay l’aveva notato, e ciò mi mandava in bestia. Il risultato fu una ritirata disonorevole da quella situazione.

 “Okay” cercai di cambiare argomento. “Quei due hanno fatto questa gran porcata. Com’era il resto della storia?”

“Quando scoprì da chi discendevano i due gemelli, il re della città fu infinitamente orgoglioso dell’onore ricevuto da una dei suoi sudditi” riprese lui, con un tono da qualche parte tra il sorpreso e il rassegnato. “Si montò la testa, e credette che Llyra fosse stata dichiarata superiore ad Achesay stessa – la Terra, la moglie legittima del Sole, intendo. Cominciò a dichiarare l’esistenza dei gemelli come un segno che gli uomini erano superiori agli dei, e la città iniziò a mancare di rispetto ai templi e ai sacerdoti, rifiutando di compiere offerte e preghiere. Ovviamente si sbagliavano, un essere umano non può nemmeno pensare di superare un dio, e furono Pachtu e Qisna a incaricarsi di ricordarlo alla città. Con i rispettivi poteri sulla vita e sulla morte, fecero in modo che i corpi del re e dei suoi sudditi si decomponessero, mentre loro restavano in vita, e da lì ebbero origine i Kisnar”

 “Che non so cosa siano” gli ricordai.

“Quello che ho appena detto: persone vive, ma con la pelle in decomposizione”

Ugh … era davvero possibile? Non era che questi tizi in realtà avevano una malattia della pelle che faceva solo sembrare … no, perché, passatemi il razzismo, ma se queste specie di zombie (anche se non avevamo i Kisnar, una delle nostre leggende ci somigliava) erano reali, così come li descriveva Simay, non avevo nessuna voglia di incontrarli.

“Fai bene a fare quella faccia” commentò il mio educatore. “I loro discendenti portano ancora oggi il peso di quel peccato. Naturalmente, è facile riconoscerli, quindi è facile evitare che le loro carovane si infilino in una città per contaminarla”

“Portano pure malattie?” mi sembrava logico …

“Possono trasmettere la loro condizione, sì … ma non con il contatto semplice, hanno delle loro procedure di cui per fortuna non so niente. Non portano malattie vere e proprie, comunque, anzi, hanno pure sviluppato delle incredibili capacità mediche”

“E allora con cosa dovrebbero contaminare una città?” chiesi, anche se avevo già un sentore della risposta.

 “Con la loro impurità di peccatori, vog-“

“Ah, siete pure un popolo di fanatici religiosi” sbottai -ignorando bellamente quello che io stessa avevo pensato dei Kisnar poco prima. “Vi fa sentire molto superiori, vero? Tirate in ballo gli dei, e usate queste povere persone per sentirvi inerentemente migliori di loro, anche se siete i peggiori ipocriti-“

 “Cosa c’entra il sentirsi superiori?” protestò Simay. “Noi siamo superiori. Se i Kisnar fossero tornati in favore degli dei, sarebbero stati guariti, quindi è chiaro che siano ancora nel peccato. E tu dovresti smetterla di insultarci, come se fossi tu quella superiore, perché al momento mi risulta che tu sia solo una schia-“

 “E chi se ne fotte se sono una schiava?” gli urlai. “Se sei ‘superiore’ a me, è solo un caso che tu sia nato in un palazzo del cavolo, in un posto con leggi che dichiarano che solo per questo, tu avresti ragione su tutto …” mi resi conto che questa volta ero stata io a colpire un nervo scoperto. Mentre andavo avanti con quel discorsetto, il ragazzo aveva distolto lo sguardo, e da come si agitava, sembrava avere una gran voglia di filar via. Interessante, molto interessante!

“Hai ragione” borbottò a sorpresa lui. “La nascita non dà nessun diritto inerente. È la legge a darli, perché sono necessari. E quello che dice la legge, è che l’Imperatore è incriticabile, e che gli dei devono essere rispettati. Hanno già dimostrato cosa può succedere ai peccatori. Tu non sarai nativa di qui, ma è il posto in cui vivi adesso: devi seguire le nostre leggi, se non vuoi finire davvero male”

 “Quindi seguite le leggi solo per paura?” commentai.

Lui girò un attimo la testa, i suoi schiavi lo stavano richiamando per la cena, ma prima di andarsene, mi rispose comunque. “Non posso parlare per tutti i Soqar, non posso dire perché chiunque non sia me rispetti le leggi. Io, lo faccio perché è il mio dovere”

In altre parole, non aveva abbastanza spina dorsale da ribellarsi. Be’, questo ragazzo era da tenere a mente: il perfetto esempio di come non sarei dovuta diventare. Però, era abbastanza ironico che mi stessi concentrando così tanto su quanto mi desse fastidio quel tizio, o sui modi di irritarlo … era quello che nel mio mondo avrei fatto con un compagno di classe che mi stava antipatico.

 Io non ero nella mia classe, non ero nel mio mondo, ero in una situazione dove o scappavo o sarei diventata una puttana. Dal momento del nostro arrivo ad Alcanta, non avrei mai più rivisto quel ragazzo. Quindi, che me ne fregava di irritarlo? Non avevo cose più importanti a cui pensare?

Boh. Forse era un modo abbastanza disperato per trovare una parvenza di normalità e controllo all’interno di quella situazione. Che schifo.

 Comunque, almeno parlando con lui avevo ricavato qualche informazione su come funzionassero le cose da quelle parti. Innanzitutto, avevo imparato che la famiglia reale era ritenuta praticamente intoccabile, perché discendente dagli dei stessi, nientemeno. Come mai nessuno avesse fatto caso all’ovvia propaganda sfuggiva alla mia comprensione, magari c’erano stati dei casi e nel suo zelo devozionale Simay non ne aveva parlato. Il che spiegava anche le reazioni degli schiavisti alla prospettiva di vendermi contro i voleri dell’Imperatrice, neanche loro erano esenti da quello schema mentale.

 Mi pareva tutto piuttosto patetico. Io avevo passato la vita a ribellarmi contro le figure di autorità; era più forte di me, le detestavo per natura. E mi ritrovavo in un posto in cui vigeva sottomissione indiscussa alla coppia imperiale. Magari potevo movimentare un po’ le cose …?

No, un cavolo. Io ero in fondo alla casta sociale, e comunque dovevo filarmela da lì al più presto possibile. E mi era stato appena presentato un modo di elevare il mio status e, possibilmente, tornare a casa allo stesso tempo: diventare sacerdotessa di Pachtu. Restavo sempre atea, non ero affatto sicura che questa divinità di cui mi aveva narrato Simay corrispondesse in toto all’Energia che mi aveva ficcata in questo casino, ma se c’era un modo di attirare la sua attenzione, magari di stuzzicare il suo ego abbastanza da renderlo bendisposto nei miei confronti … al diavolo il non supplicare, un po’ di opportunismo faceva anche comodo.

Non mi piaceva, ma se serviva a tornare a casa … fosse chiaro che ero praticamente costretta a quella scelta, l’alternativa non era neanche da prendere in considerazione. Mi sarebbe piaciuto saperne un po’ di più da Simay, ma ovviamente avevamo concluso la nostra conversazione con un litigio; capitava abbastanza spesso con me, dovevo ammetterlo. Di solito la cosa non mi dava fastidio, ora iniziavo a rendermi conto che magari da un punto di vista tattico non era stata la cosa più intelligente da fare.

 Per fortuna, il suo animo di amante degli animali prevalse; e appena finita la cena me lo ritrovai lì a passarmi il piatto.

 “Prima parlavi della possibilità di diventare sacerdoti di Energia” introdussi direttamente l’argomento, una volta finito di applicarmi le foglie. “Come funziona questa cosa?”

 “Be’, non è un processo immediato, ovviamente” rispose lui, un po’ sorpreso da questo mio improvviso interesse. Ti pareva che non potesse essere una cosa semplice semplice?

“Il novizio deve dimostrare la sua fede eseguendo una lista di fatiche stabilita dal Sommo Sacerdote, che non danno diritto a nessun tempo libero dal lavoro quotidiano, così che nessuno possa chiedere l’iniziazione per passare le giornate a far nulla”

E io ero fregata, perché a meno che non finissi nelle mani di un pappone incredibilmente religioso, non c’era verso che mi avrebbero lasciato tempo libero da quello che rischiava di diventare il mio ‘lavoro’.

“Se il postulante riesce a compierle tutte, allora ci sarà una cerimonia di iniziazione, ed egli verrà ufficialmente riconosciuto come novizio. Da lì, avrà inizio un percorso di educazione per istruirlo ai misteri della religione e all’uso della magia di Pachtu”

“Magia?”

 Okay … per ‘magia’ intendeva fenomeni assolutamente naturali che lì non erano abbastanza avanzati da spiegarsi, trucchetti di illusionismo, o … quella capacità vera di alterare le leggi naturali, di cui avevo letto solo nei romanzi? Era possibile? Normalmente avrei preso in giro a morte chiunque avesse fatto una teoria simile nella mia portata d’orecchio, ma io ero appena stata trasportata in un altro mondo dalla manifestazione senziente dell’elemento dell’energia. È il genere di situazione che può renderti di mentalità leggermente più aperta.

“Certo, la concessione di usare il potere del dio per i propri voleri. È una capacità comune a tutti i sacerdoti, in cambio della nostra devozione, anche se solo pochi eccellono davvero”

 “Intendi dire” interruppi. “Se uno fosse un sacerdote dell’E- di Pachtu, e fosse davvero bravo, sarebbe in grado di usare fulmini ed energia a proprio piacimento?”

 “E con il consenso del dio, si intende, ma sì, il concetto è quello. Ma aver semplicemente il permesso di usare la magia ed essere davvero eccellenti sono due cose molto diverse. È necessaria una disciplina ferrea e una devozione fuori dal comune, essere dichiaratamente i favoriti della divinità”

Ahem. Disciplina ferrea? Devozione fuori dal comune? Diciamo che non erano propriamente i primi due termini che avrei associato a me stessa.

 Però … quello che Simay aveva detto a proposito dell’eccellenza della magia … se avessi potuto diventare così brava da costringere letteralmente Energia a rispedirmi a casa … quello sì che era un pensiero allettante. Con gli insignificanti ostacoli rappresentati dalle caratteristiche richieste, dal fatto che comunque fosse Energia, o Pachtu che dir si volesse, a garantire quei poteri, e che se anche avessi provato a fare la lecchina finché non avessi avuto l’occasione giusta, avrei avuto a che fare con un essere che poteva leggermi nel pensiero.

 In altre parole, suonava impraticabile … solo che era la cosa più simile a un piano di fuga che avessi. Oh, al diavolo: io ci avrei provato, ad entrare tra le sacerdotesse; poi si sarebbe visto.

 “Ma per chiedere queste cose” intervenne Simay, interrompendo le mie meditazioni. “da dove arrivi? Cosa fanno i sacerdoti nella tua regione, se non praticano la magia?”

 “Predicano un mucchio di roba sul bene e sul male”

 “Sono solo come legislatori …?”

“Perfino più noiosi se possibile” Simay mi guardò storto, ma prima che potesse attaccare un’altra tirata sul dovere e le regole, feci io le mie domande.

“Comunque, sto dicendo che non ho mai visto praticare una magia in tutta la mia vita. Hai detto che ce ne sono di altri tipi?”

 “Ovvio che ce ne sono” fui guardata come se fossi completamente stupida. “La più importante è ovviamente quella di Achemay, il Sole; dà potere sulla luce. La sua sposa Achesay, che spero di onorare con la mia vita ad Alcanta, è la Terra. Loro sono le due magie fondamentali, ma anche gli altri meritano onore: Chicosi, dea dell’aria, e Tumbe, dio dell’acqua come ho detto prima. Pachtu, ne abbiamo parlato finora, e Qisna, la sua gemella, permette il dominio sulla morte e la corruzione delle cose. Poi c’è anche un’ultima magia, ma è praticata da pochissimi: quella della Notte, la dea primordiale. E per fortuna che sono pochi: non è una dea che ami la creazione”

Era un bel listone, ma ricordai comunque un tassello mancante. “Non hai detto che c’era anche una dea del fuoco? Lei non ha la sua magia?”

Simay mi fissò a bocca aperta. “Ma … questo devi saperlo. È umanamente impossibile non saperlo. Da dove arrivi?”

 “Non sono affari tuoi” ormai stava diventando la risposta automatica, ma non sembrava farlo desistere dal continuare a chiedere. Sembravo veramente così strana? Be’, problemi loro.

“Sulema era una dea malvagia” spiegò lui a voce più bassa, come se temesse di attirarsi l’ira delle divinità solo parlandone. “Gli altri dei la sconfissero e uccisero. Il suo elemento, il fuoco, fu donato all’umanità come compenso per ciò che la dea aveva fatto patire ai primi Soqar. Non c’è una vera magia del fuoco, ma ogni essere umano ha il permesso di utilizzarne le proprietà senza alcuna autorizzazione sacerdotale. È il motivo per cui possiamo usare i mekilo e gli occli come animali da trasporto: erano sacri alla dea, quando ancora esisteva, e ora sono nostri di diritto”

Whoa, questa storia era strana. Davvero funzionava così? Perché dal modo in cui si era presentato Energia, come se fosse la volontà stessa dell’elemento … non è qualcosa che puoi uccidere, no? E allora perché niente magia del fuoco? Le cose mi sembravano completamente senza senso.

Oh, ma alla fine, perché mi interessava? Io stavo lì solo temporaneamente. Avrei trovato il modo di tornare al mio mondo il più in fretta possibile. Però era sempre stato nella mia natura: ero curiosa. Chissà –

 “Giovane signore, il vostro letto è pronto” uno degli schiavi richiamò Simay.

“Grazie” mormorò lui, prima di rivolgersi a me. “Dormi pacificamente, per quello che puoi nella tua situazione. Domani arriveremo ad Alcanta”

Domani? Così presto … entro domani avrei dovuto inventarmi un modo di scappare. Ma per tutto il mio coraggio e la mia sfacciataggine, come potevo essere davvero sicura di riuscirci?

 

Dunque, Choqo aveva concluso una cosa molto importante a proposito di quella storia e dei suoi protagonisti: Simay era un rompicoglioni.

 Seriamente, si poteva umanamente essere più noiosi? Quanto aveva ragione Corinna … che tra parentesi, perché se l’era sposato, poi? Anche se era rimasta bloccata in quel mondo, o avesse volontariamente scelto di restare, qualunque cosa le fosse successa, davvero non aveva trovato niente di meglio?

 … Niente di meglio che essere Imperatrice, va bene. Ma non sembrava, dalla narrazione, il tipo che sarebbe sceso a simili compromessi, salvo che in situazioni davvero disperate … ma aveva già notato che la Corinna adulta che scriveva era molto diversa da quella adolescente che agiva nella storia.

 A parte ciò, dava uno strano effetto leggere della magia spiegata come se fosse attualità, e non la forza che gli dei avevano portato via con sé quando avevano deciso di lasciare il mondo e gli umani a regolarsi da sé, liberi di usare gli elementi secondo il proprio ingegno e di venerare la vita. Erano passati trecento anni da allora … ormai non era più nemmeno ricordato come funzionasse davvero. Ma Corinna e Simay, per un breve periodo di tempo, erano stati entrambi sacerdoti: forse avrebbe trovato qualche descrizione di prima mano di come fosse piegare gli elementi al proprio volere?

A questo proposito, doveva ancora recuperare il manoscritto di Simay stesso – sperava che negli anni si fosse pentito e redento della sua noiosità giovanile! – doveva uscire il mattino presto per farlo, le conveniva andare a dormire ora per svegliarsi al momento giusto.

Questa parte del piano fu condotta con successo. Certo, intrufolarsi nel cimitero fu molto meno eccitante rispetto alla prima volta, e non si fermò ad ammirare tutte le tombe, doveva fare in fretta. La tomba di Simay sfoggiava una statua rovinata quanto quella della sua consorte, e un’identica cassa ai piedi. Choqo la aprì senza esitazione.

Un’altra ventata di aria secca la investì, chissà che tipo di meccanismo era, per aver conservato così bene quelle pagine per tutti quegli anni. Ora, fuori di lì, prima che qualcuno mettesse il naso in giardino e scoprisse che lei non c’era!

La ragazza fece tutta la strada alla massima velocità consentita dall’umidità dei sotterranei, fece allo stesso modo le scale, saltò fuori dall’ingresso sotterraneo – e dall’altro lato del basso muretto che separava il giardino del palazzo dal resto del mondo, si ritrovò faccia a faccia con un giovane Sacerdote della Vita.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ladies & Gentlemen,

‘La mente è un luogo a sé, e per sé stessa, può rendere l’Inferno il Paradiso, e il Paradiso l’Inferno’; e per la mente attuale di Corinna, Tahuantinsuyu non può essere che un inferno, visto come tutti sembrano ossessionati dalle sue odiate regole. Comunque, spero che abbiate apprezzato gli incontri/scontri culturali tra lei e Simay, e che abbiate sopportato l’infodump del capitolo: altre informazioni su come funzioni questo mondo saranno più diluite in seguito. Posso anticiparvi, inoltre, che nel prossimo capitolo ci sarà la prima parte scritta dal punto di vista di Simay, entrando così propriamente nello stile ‘a più voci’ della storia. Grazie per aver letto fin qui!

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Capitolo 5
*** Dove un ragazzo inizia seriamente a fare il proprio dovere ***


                                     CAPITOLO 4

DOVE  UN  RAGAZZO  INIZIA  SERIAMENTE  A  FARE  IL  SUO  DOVERE

 

 

 

 

Per i primi istanti, Choqo non riuscì a fare nulla tranne stare lì impalata, a fissare il Sacerdote.

 Era fregata. I suoi avrebbero saputo tutto. Ci sarebbe stato uno scandalo, probabilmente anche un processo, e la famiglia sarebbe stata pubblicamente disgraziata. Il matrimonio sarebbe saltato.

E bene, che avrebbe dovuto fregargliene?

 Tutto. Non sarebbe andata in sposa a uno che le stava antipatico, ma avrebbe passato tutta la vita in compagnia di persone che la odiavano. Era completamente fregata …

Il Sacerdote le sorrise amichevolmente, le rivolse un cenno di saluto e se ne andò per la sua strada. Choqo, di nuovo, rimase impalata a fissarlo.

Cioè … niente? Nessuna allerta alla sua famiglia? Non approfittava del momento in cui lei era ancora sulla scena del crimine per accusarla? Oh … fanculo.

 Choqo tornò di corsa in camera sua. Bene, se nessun altro l’aveva vista, aveva qualche possibilità di restare sull’occlo. La parola di un Sacerdote della Vita era influente, certo; ma lo era anche quella di un membro della nobiltà. Soprattutto se non c’erano prove oggettive, poi (avrebbe nascosto con cura i libri), la cosa sarebbe probabilmente finita in un nulla di fatto.

 E quel Sacerdote era anche molto giovane, probabilmente aveva appena finito un noviziato che l’aveva tenuto segregato in un tempio per tutta la vita: la sua inesperienza nel mondo reale avrebbe giocato a suo svantaggio, gli avrebbero detto che probabilmente aveva frainteso la presenza della ragazza nel giardino. Lei era solo andata a guardare i fiori, mostrando la delicatezza d’animo che ogni fanciulla della sua età avrebbe dovuto avere.

Ci sarebbero state delle chiacchiere, sicuramente, i suoi probabilmente non le avrebbero parlato per i guai in cui aveva rischiato di metterli per qualche tempo, ma alla fine anche le chiacchiere sarebbero morte.

Così rassicuratasi, la ragazza estrasse il tomo di Simay dagli abiti sotto cui lo aveva nascosto, aprì e iniziò immediatamente a leggere.

 Se sei mio figlio Duqas, chiudi immediatamente questo libro, rimettilo dove l’hai trovato e non avvicinartici mai più. Se sei chiunque altro, continua pure a leggerlo. Perdonami, ignoto lettore, ma non posso permettere che quel mio specifico figlio legga questo resoconto. Dopo tutte le volte che l’ho apostrofato come uno stordito, non posso permettere che scopra che alla sua età ero esattamente come lui.

Sì! Pareva ci fossero possibilità di redenzione per Simay. Non molto giusto per il povero Duqas (curiosamente, proprio quello da cui la famiglia di Choqo discendeva), ma la lettura si prospettava infinitamente più attraente per lei.

 È stata Corinna a convincermi a scriverlo. È convinta che la Devozione alla Vita stia acquisendo troppo potere, ed ha assolutamente ragione su questo; è l’idea di trascrivere cosa ci sia davvero dietro alla loro ascesa a religione di Stato, e conseguentemente anche alla nostra ascesa al trono, quello che non mi convince.

Lo ammetterò subito, anche perché è quello su cui sarà incentrato tutto il volume: le cose non sono andate esattamente come la versione consegnata ai libri di storia riportano. Quanto rivelare questo possa essere utile, non lo so. È un piano rischioso: se anche minasse l’autorità della Devozione alla Vita, minerebbe anche i diritti della nostra dinastia al trono. A prescindere che Yacqui e Lleri si sposino: esistono altri discendenti della casata originale, e come mi è stato ripetuto un’infinità nel corso delle vicende che mi accingo a narrare, se una persona normale si vede offrire un potere assoluto, corre a prenderselo.

Ma sono anche consapevole che sia l’unica vera possibilità che non comporti rischi davvero immediati. La Devozione alla Vita non ha ancora fatto nulla che causi grossi intralci al nostro governo, e posso essere relativamente sicuro che non si opporrà all’autorità imperiale nell’immediato futuro: del resto, siamo stati noi a permettere a Malitzin di trasformare una piccola cricca di eretici nella religione di stato. Pur non avendo alcuna lealtà o gratitudine verso di noi, il Sommo Sacerdote/Somma Sacerdotessa vorrà mantenere le cose come stanno.

Ma hanno anche loro una garanzia che non vorremo metterci contro di loro: la crisi religiosa di vent’anni fa. La gente non sa esattamente cosa sia successo, e perché, ma i suoi effetti se li ricordano benissimo tutti coloro che hanno più di venticinque anni. E anche quelli che ne hanno sentito parlare sanno che in quell’occasione ci furono dissidi, per la prima volta nella storia ricordata, tra l’autorità imperiale e quelle religiose.

 Se adesso io e mia moglie dovessimo opporci alla Devozione, tutti si ricorderebbero di quei tempi, e si scatenerebbe una nuova ondata di disordini solo per il panico. E vorrai perdonarci se, dopo aver inaugurato il nostro regno sedando una delle più gravi crisi della storia dell’Impero, preferiremmo evitarne un’altra a tutti i costi?

 Restiamo in equilibrio, dunque; ma nessuno garantisce per le future generazioni. La Devozione è basata su strane idee; se dovessero essere spinte troppo in là … i nostri resoconti sono per questo. Ho detto che chiunque tu sia, lettore, vai bene; ma usa queste mie parole, e quelle di mia moglie, con saggezza. Ovvero, fai l’opposto di quello che ora stai pensando di fare.

Grazie per la fiducia, Simay, si ritrovò a pensare Choqo. Ma seriamente, quella parte era praticamente identica allo scritto di Corinna.

Poteva sbirciare più avanti … qualcosa a proposito del come e del perché la sua carovana era partita, ma quello lo sapeva già … sì, ecco che aveva trovato il punto in cui i due futuri Imperatori si erano incontrati … non che le andasse di rileggersi tutto il dialogo … ma a quanto pareva, il giovane Simay pensava che quella schiava fosse una specie di pazza scatenata. Perché davvero, chi non avrebbe fatto il suo dovere tranne un povero pazzo? Era così chiaro che quelle regole fossero state pensate per il bene di tutti!

Oh, ecco il punto in cui, più o meno, Choqo aveva interrotto la narrazione di Corinna. Il giorno dell’arrivo della carovana ad Alcanta. Poteva cominciare a leggere quel manoscritto da lì.

                                                                

                                                                   Dal Manoscritto di Simay

Fu verso il tardo pomeriggio che raggiungemmo Alcanta.

Di quel momento ricordo principalmente due cose. La prima è quanto fossi emozionato all’avvicinarmi. Contrariamente alla maggior parte dei ragazzi nobili della mia età, non vi ero mai stato: avevo tecnicamente passato l’esame che mi avrebbe permesso di essere istruito nelle sue scuole due anni prima, ma l’anno prima ancora era nata mia sorella Coya; e le decisioni per il mio destino erano cambiate.

Non sarei succeduto a mio padre, sarebbe stato assurdo se un figlio adottivo avesse ereditato la posizione del padre e un figlio legittimo fosse rimasto senza nulla, anche se il figlio naturale era una femmina. Non so come stiano le cose al momento in cui tu stai leggendo, ma allora fu in fretta stabilito che il prossimo governatore di Dumaya sarebbe stato il futuro marito di Coya.

Non ebbi alcun risentimento nei confronti dei miei genitori, malgrado ciò che potesse dirne la gente. Mi avevano sottratto all’improvviso una carica che, data l’infertilità di mia madre negli anni precedenti, e l’età avanzata dei due, tutti davano per scontato che avrei ricevuto; ma quelle persone si dimenticavano che, in primo luogo, i miei genitori mi avevano sottratto alla morte e alla schiavitù.

Erano disperati per l’assenza di figli all’epoca, certo; ma anche in questa situazione, chi sarebbe stato disposto ad accogliere in casa propria un neonato abbandonato davanti alla loro casa, senza alcuna indicazione sulle sue origini, e crescerlo come un proprio figlio anziché farlo diventare uno schiavo? I miei genitori adottivi mi avevano permesso di vivere, e una vita agiata e serena; tutto quello che potevo fare per ricambiarli, al momento, era approvare le loro decisioni per me e impegnarmi a fare loro più onore possibile. Invidia per aver perso la posizione di erede? Al contrario, entusiasmo per potermi finalmente impegnare per loro.

 E ora finalmente sarei giunto ad Alcanta, il mio noviziato avrebbe avuto inizio, e avrei cominciato la mia strada per diventare un sacerdote rispettato. Dovetti mettere molto lavoro nel non avere un sorriso stupido stampato in faccia per tutto il viaggio all’interno della città. Che inoltre fu piuttosto deludente: mi ero aspettato più sfarzo dalla capitale, monumenti e materiali pregiati a ogni angolo di strada; invece stavamo passando per i quartieri degli artigiani in quel momento, e quelli erano, sorpresa delle sorprese, esattamente uguali ai quartieri artigianali della capitale di Dumaya.

Le cose si fecero più simili alle mie fantasie quando ci avvicinammo ai quartieri nobiliari per raggiungere il Tempio, ma era solo naturale: lì vivevano i nobili della famiglia imperiale, non i governatori di territori conquistati secoli prima.

Ho menzionato una seconda cosa che, in tutto questo, notai: il puro panico della schiava che viaggiava con noi.

Certo, mi aveva urtato per tutto il viaggio il suo atteggiamento di supponenza e la mancanza di rispetto, e avevo spesso pensato che avrebbe dovuto mostrare più umiltà. Ma adesso che si arrivava al luogo della sua vendita, la sua maschera di arroganza era caduta, soppiantata dal terrore puro e semplice.

 Di schiavi ne avevo visti tanti, nel corso della mia vita, ma erano sempre stati quelli che arrivavano direttamente al palazzo, con un destino ben stabilito davanti a sé, un futuro relativamente sereno tra l’altro, dato il ben noto senso di giustizia di mio padre. Se non avevano intenzione di commettere crimini, non avrebbero dovuto temere alcuna crudeltà. Questa ragazza non sapeva cosa le sarebbe successo, in mano a chi sarebbe finita … anzi no, a giudicare dalle parole degli schiavisti un’idea chiara di dove mandarla c’era.

Detestavo essere così entusiasta del mio futuro a pochi passi da qualcuno che stava andando incontro a una fine del genere. Avessi potuto fare – legalmente - qualcosa per aiutarla, l’avrei sicuramente fatto. Ma forse ero riuscito a farlo comunque? Quelle informazioni che le avevo dato sul poter diventare sacerdotessa di Pachtu … se ci fosse riuscita, e si fosse procurata una vita migliore?

Certo, senza fede nella divinità la cosa non mi sorrideva più di tanto, ma quella avrebbe potuto svilupparla col tempo. E anche se così non fosse stato, viste le circostanze forse il dio avrebbe potuto perdonarla. Speravo che andasse così per … mi resi conto che non sapevo nemmeno come si chiamasse.

Ero riuscito a passarle medicinali di straforo, l’avevo edotta sulla casata reale e sugli dei, ci avevo litigato, e non le avevo nemmeno chiesto il suo nome. Mi sentii piuttosto in colpa per quello. Se gliel’avessi chiesto … non avrebbe concretamente cambiato nulla della sua situazione, ma forse l’avrebbe fatta sentire più considerata … forse, non lo sapevo. Mi dispiaceva non aver provato, comunque. Qualora mi fossi mai ritrovato in una situazione simile – durante la mia vita da sacerdote mi sarebbe pur capitato, no? – avrei sicuramente chiesto più informazioni personali sul mio interlocutore.

 Certo, con la ragazza coi capelli blu era stata un’occasione persa … bel comportamento, davvero. Belle premesse, per una figura che avrebbe dovuto ispirare e guidare il prossimo. E adesso non potevo nemmeno dirle niente senza urlare e farci sentire da tutta la strada, così ogni tentativo di riparare avrebbe portato solo imbarazzo a mio padre e a me.

I miei sensi di colpa si protrassero ben oltre il momento in cui gli schiavisti, dopo essersi profusi in ringraziamenti e auguri della migliore felicità, si dipartirono da noi per andare presumibilmente sul luogo del loro mercato, facendo sparire con sé la ragazza; solo l’arrivo di fronte al Tempio della Terra riuscì, se non a chetarli, almeno a farli passare in un secondo piano.

I nostri mekilo furono fermati giusto davanti all’ingresso del tempio, una piccola porta rettangolare che non avrebbe mai potuto far passare i nostri animali. Io e mio padre scendemmo, accompagnati da uno schiavo di nome Tupac, mentre il resto del nostro corteo aspettava fuori, dopo aver fatto accucciare gli animali ai margini della strada. Mio padre mi lanciò un’occhiata eloquente, io annuii e cercai di copiare al meglio la sua postura composta e dignitosa. Ero già finito in sufficienti situazioni imbarazzanti per la mia tendenza a dimenticare l’etichetta quando ero particolarmente entusiasta per qualcosa, e in quel momento, lo ero.

Il Sommo Sacerdote in persona ci aspettava nel cortile interno; buon per loro se pensavano che la mia famiglia meritasse un simile onore. Era un uomo piuttosto basso e corpulento, il cui rango era chiaramente dichiarato dalla tunica dai disegni a quadrati in fili d’oro, neri e verdi; ma ciò che mi colpì di più del suo aspetto furono i suoi occhi.

Per lo sguardo, non per forma o colore: erano gli occhi della persona più serena e in pace che avessi mai visto. Sentii subito di potermi fidare di quella persona, di aver trovato qualcuno che mi avrebbe sostenuto – e che io avrei fatto il mio possibile per assistere, naturalmente.

“Governatore Etahuepa di Dumaya” il Sacerdote salutò mio padre. “Sono lieto di rivedervi in queste circostanze, cugino”

 Sono certo che sugli annali e sui documenti di Dumaya sarà ricordato, ma sì, il mio padre adottivo era cugino del Sommo Sacerdote Pacha. Il padre di mio padre era fratello del precedente Imperatore Duqas, mentre Pacha era il figlio cadetto di quest’ultimo, nato da una concubina e non dalla moglie ufficiale come Manco e Llyra. Era stata una delle ragioni per cui i miei genitori avevano approvato tanto del Tempio che avevo scelto: volevano che comunque rimanessi sotto l’ala della famiglia, e non c’era da preoccuparsi di accuse di favoritismo: un parente adottato non avrebbe mai potuto assumere ai ranghi più alti, quelli erano destinati per il sangue degli dei.

“Condivido la tua felicità” rispose mio padre, procedendo poi a presentarmi.

 “Simay, la tua devozione ad Achesay rallegra tutti noi” mi sorrise Pacha. “Detto sinceramente e senza formalità. Ti mostreremo come sarà organizzata la tua casa da ora in avanti, il che significa, cugino mio, che per quanto mi faccia piacere rivederti, è il momento che tu te ne vada”

Mio padre ripetè i saluti formali al Sommo Sacerdote; a me posò una mano su una spalla e sorrise. “Ti farei i miei migliori auguri di successo e felicità, Simay” mi disse a voce più bassa. “Se non fossi sicuro che tu sia in grado di ottenere queste entrambe queste cose da solo e senza difficoltà. Ti chiedo solo di farne sapere qualcosa anche a noi, di tanto in tanto, specie a tua madre. La nascita di Coya non l’ha resa meno protettiva nei tuoi confronti, lo sai”

 Sorrisi, ripromettendomi di chiedere a Pacha a quali messaggeri potevo riferirmi al momento, e replicai: “Mi auguro che il soggiorno in questa città porti buone notizie per voi, padre”

Ricordo quell’occasione come l’ultima volta in cui parlai sinceramente e senza omissioni con mio padre. Nei tempi che seguirono, ebbi via via sempre più cose da nascondergli nelle mie lettere; e quando lo incontrai nuovamente di persona, dopo la mia incoronazione, ero ormai una persona che non esitava e non provava colpa a mentirgli direttamente. Non ho tuttora rimorsi per quello; ricordo questa conversazione più come una curiosità che come un qualcosa di cui addolorarmi.

Per terminare questa piccola divagazione, eccomi lì, in compagnia del Sommo Sacerdote e … di un altro uomo, più giovane, più magro ma non più alto, con l’espressione vacua e gli occhi spenti esattamente come quelli di Pacha erano pieni di serenità. Mi rimproverai immediatamente per quel pensiero, perché se l’altro Sacerdote preferiva non comunicare al mondo i suoi pensieri privati, ciò non significava che non ne avesse, di buoni e profondi, e che comunque dovesse esserci una buona ragione per ciò.

“Simay, ti presento Waray. È il maestro dei novizi, sarà lui a decidere se e quando potrai essere nominato un vero sacerdote. Non ritengo necessario raccomandarti il massimo rispetto”

Feci un leggero inchino a Waray. Se era il maestro dei novizi, sicuramente un motivo di portargli rispetto c’era: quella carica era la più alta dopo quella di Sommo Sacerdote, e ci si aspettava che chi assumeva alla prima fosse poi destinato alla seconda. Se Pacha aveva deciso che quest’uomo, tra i discendenti di sangue reale, era il più adatto a succedergli, rispettavo in massimo grado la sua decisione. E - il pensiero sorprese me stesso - non perché fosse il Sommo Sacerdote, ma perché Pacha riusciva, istintivamente, a ispirarmi fiducia.

Waray comunque borbottò qualcosa in tono distratto al mio saluto, forse si stava chiedendo come mi sarei inserito tra i miei coetanei.

A ricordarmi che avrei condiviso la vita con dei coetanei, ammetto, mi venne una certa ansia. A palazzo, ero sempre vissuto in modo privilegiato e relativamente isolato; al massimo scambiavo occasionalmente qualche parola con schiavi attorno alla mia età, ma le differenze in stile di vita ed educazione mi rendevano quasi impossibile relazionarmi davvero a loro. Adesso avrei dovuto, per la prima volta in vita mia, interagire con altri ragazzi miei pari.

Chissà se anche loro avrebbero avuto i miei stessi problemi? Non per voler loro male, ma … sperai di sì. Avrei avuto la vita molto più facile.

“Questo è il cortile esteriore” iniziò intento a spiegarmi Pacha. Io gli prestai subito la massima attenzione. Qui vengono ricevuti i devoti che chiedono udienza, e fa accedere alla casa della dea. Che vedi da questa parte … ci entreremo tra poco per la tua iniziazione. Da questa parte – seguimi – c’è il cortile interno, dedicato a noi sacerdoti per le cerimonie quotidiane”

Mi fece passare attraverso un’altra porta, in un cortile di dimensioni molto più ridotte su cui si affacciavano edifici su ogni lato. A parte le dimensioni più ridotte dell’altare al centro, non aveva alcuna differenza dal cortile esterno.

“La porta che vedi davanti a te conduce agli alloggi dei sacerdoti” mi spiegò Pacha. “Tu non puoi entrarci senza previo permesso. L’edificio alla tua sinistra, invece, è l’alloggio dei novizi, dove vivrai fino alla tua vera e propria consacrazione. A destra, invece, c’è il refettorio; passerà un Sacerdote al mattino per svegliarvi e condurvi al pasto. È una struttura molto semplice, come vedi”

Annuii, cercando di reprimere il sorriso che mi stava nascendo sulle labbra, o almeno di non farlo estendere a mezza faccia.

Era perfetto. Finalmente ero lì. Adesso ci sarebbe stata una piccola, semplice cerimonia di esordio del noviziato, e poi avrei iniziato il mio percorso di sacerdozio -non vedevo l’ora di essere al giorno dopo, alle lezioni, e di essere finalmente iniziato ai riti della dea Terra … e non era una cattiva cosa, vero?

 Tutto il mio entusiasmo, era perché ero devoto alle divinità e volevo consacrare la mia vita al loro servizio … non perché ero curioso o simili motivi irrispettosi. Ricacciai di nuovo indietro quel dubbio, come avevo sempre fatto da quando avevo iniziato ad accorgermi che non tutti sembravano così ossessionati dallo scoprire il motivo delle cose quanto me. Erano gli dei che volevano che io seguissi i loro sentiero di conoscenza, tutto qui. Io non facevo altro che obbedire, come ogni essere umano decente avrebbe dovuto fare.

Pacha mi fece cenno di seguirlo nel tempio. Io mi avvicinai a passo svelto e tenendo il capo chino: non esssendo ancora stato iniziato, ero indegno di alzare gli occhi sulle immagini della dea. Furono Pacha e Waray a guidarmi, fino ai piedi di un altare, su cui potevo intravedere due ciotole di polvere verde e nera.

 “Achesay, Grande Madre” Pacha iniziò la sua preghiera. “Tu hai dato vita a tutta la nostra specie; uno dei tuoi figli vuole in gratitudine donarla a te. Accetta la sua offerta, e guidalo secondo il tuo volere” intinse le dita nelle due ciotole, e mi tracciò sulla fronte il simbolo di un cerchio con una pianta stilizzata al centro, il simbolo della dea Achesay.

 “Ragazzo, sii un figlio onesto e leale. D’ora in avanti, accederai agli strumenti per servire tua madre, in attesa del giorno in cui la tua vita sarà definitivamente consacrata a lei”

“Dedicherò ogni ora del mio tempo ad arrivare velocemente a quel giorno” risposi, come ero stato istruito da mio padre. E poi potei alzare lo sguardo sul tempio.

La statua d’oro della dea troneggiava davanti a me, su una base di terra. Era illuminata da una fessura posta esattamene in corrispondenza della sua testa, perché l’effigie di Achesay potesse bearsi della luce del suo sposo (e come facevano quando pioveva? Molto probabilmente avevano un telo o un coperchio, non avrebbero certo permesso che la dea si bagnasse!). A parte quella singola luce, l’edificio era buio, per meglio ricordare le viscere della Terra. Cercai di memorizzare ogni singolo dettaglio, ma Pacha mi prese per un polso e mi fece cenno di uscire.

La cerimonia era finita. Molto semplice, senza tanto chiasso, al contrario delle vere e proprie cerimonie di consacrazione.

“Sono felice di queste tue parole” replicò Pacha. “Ora Waray ti accompagnerà ai tuoi alloggi, e ti presenterà agli altri ragazzi. Le tue lezioni inizieranno domani. Passa una felice serata”

“Vi ringrazio per il vostro aiuto. Una … una felice serata anche a voi” Non era contro nessuna etichetta fare auguri simili ai Sacerdoti, vero? No, per fortuna, perché Pacha sorrise prima di allontanarsi.

Waray, senza dire una parola, si avviò verso il dormitorio dei novizi, e io lo seguii come un aratro. Entrammo in una stanza vuota e prendemmo un’altra porta sulla parete destra, nascosta da una tenda in tela nera e verde. Ci ritrovammo in una grande stanza con semplici stuoie su ogni lato, e un gruppo di ragazzi che chiacchierava in un angolo in fondo. Si zittirono un attimo, ci guardarono, chinarono rispettosamente il capo a Waray e ripresero a parlare tra loro.

 “La tua stuoia è l’ultima a destra” mi informò il mio nuovo maestro, e uscì.

Oh. Non doveva presentarmi agli altri ragazzi? Almeno così gli aveva detto di fare Pacha, mi risultava. Forse aveva altri affari da sbrigare, di cui il Sommo Sacerdote non si ricordava? Nessun problema, non l’avrei infastidito. Avrei iniziato la conoscenza con questi ragazzi per mio conto. Potevo riuscirci.

 Uhm. Chiacchieravano ininterrottamente: appena uno taceva, un altro iniziava subito a parlare; talvolta anche prima che il primo tacesse, in effetti. Non avevo alcuna possibilità di presentarmi senza intromettermi in maniera molto sgarbata nella loro conversazione.

 Dal canto loro, non sembravano essersi nemmeno accorti della mia presenza, dato che nessuno di loro degnò di uno sguardo il punto in cui stavo, in piedi e con l’aria di non sapere cosa fare. Decisi di andare a sedermi sulla mia stuoia, era più vicina a loro di dove stavo al momento. Uno dei ragazzi alzò lo sguardo per fissarmi, ma prima che potessi intavolare una conversazione, lo riportò ai suoi amici e riprese a parlare.

 E io cosa dovevo fare? Non avevo idea di come introdurmi nella conversazione, ma avrei dovuto farlo, questi non sembravano intenzionati a venirmi incontro, accidenti a loro … no, non dovevo pensarne male. Magari ero io a dover fare la prima mossa, o c’era bisogno di qualcuno che facesse una presentazione formale e Waray non aveva potuto farlo, non lo sapevo, ma non dovevo essere così veloce a giudicarli. Oppure semplicemente non gliene interessava nulla di me, e io chi ero per indignarmi di questo?

 Piuttosto, dovevo conservare i miei buoni sentimenti per essere finalmente arrivato lì, essere nel posto in cui avrei passato la vita obbedendo al volere della Grande Madre, passare la vita … chissà che fine aveva fatto quella ragazza schiava? A quell’ora, probabilmente l’avevano già venduta … chissà a chi.

 Era un peccato che non avessimo potuto comprarla noi, le avremmo assicurato un futuro dignitoso, ma mio padre era stato chiaro: avevamo già abbastanza schiavi al momento. Non tutti i quali strettamente necessari per il momento: mio padre mi aveva sempre detto che a comprarli solo per compassione era uno spreco di soldi – anche perché poi dovevi mantenerli a vita – ma avevo comunque notato che certi compiti avrebbero potuto portarli a termine anche meno persone di quelle che vi erano incaricate. Così non era stato, però, per quella povera ragazza … chissà da dove arrivava, poi? Per non sapere assolutamente nulla degli dei, dell’Impero, perfino dei Kisnar! Avevo incontrato, in un paio di occasioni, stranieri ignoranti quasi quanto lei, ma i Kisnar erano noti dappertutto (e come avrebbero potuto non esserlo?).

Era un peccato che si fosse rifiutata di rivelarmelo … anche sorvolando sul suo linguaggio. Che le avevo fatto, poi, per meritarmi un trattamento del genere? Avevo fatto tutto quello che era in mio potere per aiutarla. Non l’avevo liberata, certo, ma quello sarebbe stato così infattibile che non ci avevo nemmeno pensato, prima che lei me lo chiedesse. Però se per assurdo le avessi aperto, lei sarebbe forse stata più bendisposta nei miei confronti, e mi avrebbe detto da dove arrivata – oltre ad andare incontro a una sorte senz’altro migliore – no, liberare una schiava non mia sarebbe stata una cosa illegale e moralmente sbagliata, non l’avevo fatto, e non valeva nemmeno la pena che accarezzassi l’idea contraria.

 E poi, non avrei mai più rivisto quella ragazza. La sua ignoranza mi aveva sorpreso, ma adesso avevamo preso strade separate, e che tali sarebbero rimaste. Qualunque pensiero, rivisitazione dell’accaduto potessi fare, non avrebbe cambiato niente, quindi non valeva la pena che sprecassi il mio tempo a pensarci. Potevo dedicarlo, invece, a cercare di stabilire un qualche contatto con questi altri ragazzi … che continuavano a ignorarmi del tutto. D’accordo, forse nemmeno quella era un’attività produttiva. Forse avrei fatto meglio a fantasticare sulle lezioni che mi attendevano il giorno dopo … sì, mi pareva decisamente meglio.

 Chissà quando avremmo imparato a sfruttare i poteri della Terra per l’edilizia? Probabilmente dopo i segreti dell’agricoltura, a giudicare dalle età che avevo osservato nei Sacerdoti che avevo visto fino a quel momento … oppure era una questione di potere? E io quanto ne avrei avuto? Sarebbe stato il segno che la Madre Terra avrebbe riconosciuto la mia devozione …

“Ehi, sei nuovo?”

“Sì, ha il segno”

Finalmente qualcuno voleva parlarmi! Mi voltai verso le voci: un gruppetto di altri ragazzi era appena arrivato. Indossavano tutti la tunica dei novizi, naturalmente, e nessuno di loro aveva una speciale bellezza o bruttezza, ma la mia attenzione fu subito calamitata da uno di loro, quello in testa al gruppo. Sorrideva sicuro e amichevole, le spalle dritte, la testa appena reclinata all’indietro: tutto, in lui, dichiarava che quella persona doveva essere rispettata.

“Ciao, Capac!” lo salutarono alcuni di quelli che erano nella stanza anche prima.

 “Sì, Waray l’ha appena consegnato”

Capac sorrise prima a loro, poi a me. “Ben arrivato, allora! Io sono Capac Collcii, piacere di conoscerti”

“Simay Etahuepai” mi presentai a mia volta, infinitamente sollevato. Finalmente era terminato l’isolamento imbarazzato, qualcuno era disposto a parlare con me!

 “Da dove arrivi? Mi sembra di aver sentito il nome Etahuepa collegato a qualche incarico di governo, ma non ti ho mai visto qui nella capitale”

 “È governatore di Dumaya, infatti. È la prima volta che io vengo qui”

“E ti spediscono subito al Tempio? Che palle” commentò un altro ragazzo.

 Io lo guardai stranito: essere al Tempio era un onore, ma … non doveva essere scontato? Perché mi trovavo a doverlo dire ad alta voce? Potevo farlo?

 “A meno che tu non muoia dalla voglia di iniziare il noviziato” Capac intervenne a salvarmi, osservandomi attentamente.

 “In effetti sì” ammisi sollevato.

“Miri a qualche alta carica?” mi chiese un altro dei ragazzi, uno di quelli che mi aveva ignorato prima.

 “Non posso. Sono adottato”

“Aahh, ecco perché ti hanno spedito qui. Non vedevi l’ora di mollarli, immagino”

 “Eh?” no, onestamente, di che cosa stava parlando? Ma che gente c’era qui? Possibile che non potessero accettare che io volessi davvero diventare un sacerdote?

 “È stata una tua scelta?” Capac fornì cortesemente qualcuno disposto ad ascoltarmi invece che a decidere la mia storia personale.

“È stata una mia scelta servire Achesay di tutti gli dei” chiarii. “Prima che nascesse la mia sorella adottiva, era previsto che diventassi il successivo governatore di Dumaya, e l’avrei fatto per rispetto ai miei genitori. Una volta cambiati i piani, tra i vari suggerimenti ho avuto quello di diventare sacerdote, e quello ho scelto”

 Qualche ragazzo sbuffò, qualcun altro fece una risatina, Capac invece mi guardò con approvazione.

 “Sono felice di vedere qualcuno che è qui per sua decisione. Fin troppi diventano novizi per ordine delle famiglie … e finiscono per disprezzare la dea che dovrebbero adorare”

 Si diffuse un silenzio imbarazzato. Okay, per quello che avevo capito delle dinamiche sociali tra i ragazzi in età di formazione, quel Capac era una specie di governatore dei novizi, un’autorità informale, ma seconda solo a quella di Waray, lì dentro. Forse ero capitato bene ad ottenere la sua approvazione.

“Penso che ognuno dovrebbe servire il Tempio al massimo delle sue capacità, a prescindere dal motivo per cui si trova qui” osservai, anche se il complimento mi aveva fatto piacere.

Molti altri ragazzi mi guardarono storto, Capac invece rimase in silenzio per alcuni istanti, il suo sorriso scomparso, prima di avere un lieve sobbalzo e tornare a guardarmi. Sorrideva di nuovo, ma non con gli occhi.

“E un modo di vivere simile sarebbe assolutamente ammirevole. Ma fino a questo momento, cos’hai fatto? Com’è Dumaya, che non ci sono mai stato?”

 

Ho dibattuto con me stesso riguardo al diffondere o meno i misteri della magia della Terra; il dibattito ha avuto la durata approssimativa di cinque secondi. Certo che racconterò come fosse insegnata e praticata, nessuno la praticherà mai più, gli spiriti degli elementi sono una cosa del passato, la Terra è ora solo la massa di sassi e polvere su cui camminiamo, senza alcuna coscienza. Ergo nessuna retribuzione, né da parte della ‘dea’, né dai suoi ormai scomparsi sacerdoti.

 E poi, detesto quando la conoscenza viene occultata. Anche se nessuno potrà mai più usare questa magia, sono assolutamente sicuro che da qualche parte nel futuro – ma probabilmente anche adesso mentre scrivo – qualcuno si tormenterà l’anima chiedendosi come diamine facessero gli antichi Sacerdoti a manipolare lo stesso elemento della Terra a loro piacimento, quali prove dovessero superare per esserne autorizzati, quale preparazione ricevessero, come ci si sentisse a controllare il terreno stesso.

 Iniziai le lezioni, come Pacha aveva promesso, il giorno dopo il mio arrivo al Tempio. Fummo tutti svegliati all’alba, mandati al refettorio per una colazione a base di focacce di farina di corteccia di Duheviq, e poi fummo divisi in base al punto del noviziato in cui eravamo.

 Io fui mandato in una stanza attigua al refettorio, insieme agli altri arrivati di recente, dove Waray ci aspettava seduto in fondo sulla nuda terra. Tutti noi ci sedemmo, in attesa della nostra primissima lezione.

“Inizierò ricordandovi la natura della Grande Madre Achesay” esordì il maestro, in tono che mi parve quasi annoiato. “Ella si formò dalle lacrime che la Notte pianse quando, agli inizi dei tempi, capì di essere completamente sola in esistenza, mentre desiderava compagnia. Assieme alla Madre Achesay, dalle stesse lacrime nacque il nostro supremo Signore, il Sole, Achemay. La Notte gioì della loro nascita –“ sì, il tono di Waray era definitivamente annoiato. E la cosa non aiutava la lezione. Sembrava una litania incredibilmente spassionata, non le vicende della dea.

“Ma presto, il Sole e la Terra si innamorarono e vollero avere figli a loro volta. Ma la Notte si ingelosì del loro amore e delle nuove creature che sarebbero nate. Perciò catturò Achesay, segregandola di nuovo nel proprio grembo per sottrarla al Sole. Ma aveva sottovalutato la tenacia del figlio: egli, per la prima volta, usò la propria luce contro di lei, costringendola a fuggire e a liberare Achesay. Ad oggi, Achemay continua tuttora a dare la caccia alla madre, e se non l’ha ancora bandita dall’esistenza, è per la pietra malfida che ella gli scagliò, la luna, che rimanendo sospesa in cielo e riflettendo la luce, avvisa la Notte della venuta e dell’allontanamento del figlio ogni giorno, perché ella possa muoversi con sicurezza. Talvolta, la pietra si frappone anche tra gli Imperatori del Creato, oscurando la Grande Madre dalla luce del suo sposo; questi devono essere onorati come momenti di dolore”

 Avevo ben presente, avevo già assistito a un paio di eclissi prima di allora. Avevo anche partecipato ai sacrifici, naturalmente come laico. Erano probabilmente le festività più silenziose e cupe che potessero esserci, nel timore che la Notte potesse approfittare dell’occasione per separare di nuovo i suoi figli, e far sprofondare il mondo nell’oscurità. Ora avrei imparato i riti necessari a scongiurare questo pericolo, a fare attivamente qualcosa … sempre che riuscissi a non addormentarmi prima con questa voce monocorde … no, non dovevo pensar male del maestro dei novizi. La sua posizione era meritata, doveva essere la persona più qualificata a guidare i nuovi sacerdoti – erano messi bene al Tempio allora – no, dovevo finirla di essere irrispettoso. Concentrarmi sulla lezione. Anche se il tono stava massacrando i miti.

 “Achemay e Achesay, liberi di amarsi, ebbero dunque due figli: Chicosi, dea dell’aria, e Thumbe, dio dei mari, dei laghi e dei fiumi. Nacquero dai due, ma fu Achesay a partorirli; ciò la condusse a una superbia folle anche per una dea, convincendola che, in quanto creatrice di vita, e spettasse autorità sul suo sposo”

 Sapevamo già tutto questo, ci era stato insegnato fin da bambini. Avevo sperato in un approfondimento sui miti, ma Waray non ne stava facendo proprio nessuno. Forse sarebbero arrivati in seguito?

 “In risposta, Achemay soffiò, e dal suo solo soffio nacque Sulema l’odiosa. Invece di riconoscere l’autorità del consorte, Achesay s’indispettì e tentò di creare vita da sé: senza il Sole, non poté far nascere nulla. Allora decise che, pur di disprezzare il marito, avrebbe generato figli con l’unico uomo allora esistente: suo figlio Thumbe. Egli obbedì, per rispettare la madre, e dalla loro unione nacquero i primi esseri umani. Neanche questa volta, Achesay ebbe successo: dove Sulema era una dea, gli esseri umani erano patetici, impotenti, in balia completa degli dei. Ciononostante, la Madre ebbe buona cura dei suoi figli, tentando di difenderli dalle angherie di Sulema; e il punto che segnò la sua riconciliazione con il marito fu il momento in cui egli, alla morte di Sulema, acconsentì a donare il fuoco all’umanità, consentendo loro di smettere la vita dei selvaggi”

Tossicchiò. Tutto lì, a quanto pareva, anzi, aveva pure saltato a piè pari il Terrore di Sulema e l’intervento di Chicosi nella vicenda, forse per risparmiare tempo … significava che la lezione di magia vera e propria stava per iniziare? In quel caso, potevo anche perdonarlo – no, non c’era niente da ‘perdonare’, il maestro dei novizi insegnava come più gli pareva opportuno e io non ero nessuno per giudicarlo.

 “Quello che dovete capire, è che Achesay è la Madre. È nella sua natura amare i suoi figli e provvedere a loro con generosità, con gioia vi darà i suoi doni e vi concederà di usare il suo corpo per sostentarci. Ma allo stesso tempo, sarà ferma e severa nel punire chi disobbedisce ai suoi comandi”

 I suoi occhi dardeggiarono per la stanza. “È con rispetto, timore e obbedienza che dovete pregarla, ma anche con fiducia. Dovete affidarvi a lei, come vi affidereste a una madre amorevole e saggia”

Sì, senz’altro l’avrei fatto. Quando si cominciava?

 “Ognuno si metta in ginocchio sulla sua stuoia e si prostri, poggiando la fronte al terreno” obbedii immediatamente. Finalmente le prime preghiere, forse potevo sperare nel primo uso della magia …? “Le preghiere formalizzate sono per i sacrifici, un tramite perché i devoti laici possano aver modo di comunicare insieme la loro devozione alla Grande Madre; e quello sarà argomento di un’altra lezione. La prima cosa che dovete imparare, è entrare in contatto personale con lei, affinché vi conceda di usare il suo potere. Non esistono preghiere singole prefissate, dovrete essere voi a scegliere le parole con cui supplicarla. In questo modo, lei sceglierà chi le è più caro”

 E bene, potevo farlo. Anzi, forse questo sistema mi piaceva anche di più, rispetto alle preghiere prestabilite. Ma con la poca saggezza ed esperienza che avevo ora, sarei riuscito a onorare adeguatamente la dea? Lo avrei fatto. Era il mio dovere, e l’avrei fatto a tutti i costi, non mi sarei schiodato di lì finché non avessi trovato la preghiera giusta, fossero anche passati giorni, fosse anche crollato il Tempio. Mi prostrai a terra, come aveva ordinato Waray, e cercai di esprimere la mia devozione a parole sussurrate, come tutti gli altri nella stanza.

“Madre mia, imploro la vostra assistenza. Permettetemi di onorarvi con la mia vita. Io voglio diventare un grande Sacerdote, lo confesso; ma non per gloria mia. Voglio solo essere la persona che sa servirvi con più devozione. Vi prego di mostrarmene il modo e di darmene le capacità. Vi chiedo perdono se chiedo troppo, vi giuro che non è per me, io voglio solo mostrare la vostra potenza a tutto il genere umano. Non chiedo altro che di essere un tramite per la vostra potenza –“

Fu una scossa nel terreno che mi bloccò. Era appena sotto dove stavo io. Mi rialzai appena – una risposta? Stavo ricevendo una risposta? – e il terreno, per un breve tratto, seguì i miei movimenti, rimanendo poi sospeso a mezz’aria. Lo guardai esterrefatto.

 Sì, la terra si era proprio sollevata spontaneamente, quando mi ero alzato, mi sollevai ancora un attimo, e la polvere si alzò ancora di un poco, prima di ricadere a uniformarsi con il resto del suolo. Me l’ero solo immaginato? Era reale? L’avevo visto solo io?

 “Notevole” per il contenuto di queste parole, anche il tono annoiato di Waray riuscì a sembrarmi il più entusiasta e trionfale che avessi mai sentito. “Pare che Simay Etahuepai di Dumaya, qui, sia già riuscito a ottenere l’attenzione della Dea. Continua a pregare devotamente, ragazzo, e non insuperbirti”

 Non c’era bisogno che lo dicesse. Ripresi a pregare immediatamente, ringraziando la dea del suo favore e della sua degnazione.

Ora ho una vaga commiserazione sprezzante a ripensare a quei momenti, ma ricordo ancora la felicità che ne provai. Era una conferma: l’accenno di approvazione delle divinità, il segno che, con tutte le mie mancanze e i miei difetti, con tutte le considerazioni offensive che talvolta si affacciavano indesiderate alla mia mente, la Grande Madre mi permetteva ancora di affidarmi a lei.

 

 

 

 

 

Ladies & Gentlemen,

ebbene sì, questo è proprio un aggiornamento. Incredibile, vero?

Chiedo scusa per la lunga attesa, ma gli esami sono stati dei veri killer di tempo per la scrittura e le recensioni. Come risultato, però, ho passato tutti quelli del semestre, il che significa che avrò tutta l’estate libera per scrivere, e gli altri aggiornamenti dovrebbero essere (relativamente) più veloci.

Passando al capitolo, cosa ne pensate di Simay? Le vostre opinioni di lui sono cambiate rispetto a quanto ne avete letto dal punto di vista di Corinna?

Grazie per il tempo dedicato a leggere questo capitolo, ed eventualmente a recensirlo!

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Capitolo 6
*** Dove ha luogo un buon affare ***


                               CAPITOLO 5

 

        DOVE  HA  LUOGO  UN  BUON  AFFARE

 

 

 

 

Sì, ma adesso Choqo voleva sapere che cosa fosse successo a Corinna! Cioè, in realtà lo sapeva … era diventata una schiava di palazzo invece che una prostituta.

 Ma era stata comprata da Llyra. Perché? Cos’aveva spinto l’antica Imperatrice a prendere una potenziale rivale, e (anche se all’epoca non poteva certo saperlo) colei che l’avrebbe spodestata, come sua serva?

 E comunque fossero andate le cose, non vedeva l’ora di sapere che tipo di donna fosse stata Llyra l’Infame, quel personaggio che da sempre l’aveva affascinata. Simay e la sua devozione religiosa potevano aspettare.

                                                                 

                                                                     Dal Manoscritto di Corinna

 

Alcanta non mi impressionò quanto avrebbe dovuto.

 Era la prima città davvero grande di quel mondo che vedevo, la capitale di un Impero, traboccante di novità; ma la mia attenzione era alquanto fissa sul mio rischio di finire in un bordello. Oppure, stando a quanto ricordavo delle parole degli schiavisti, nell’harem dell’Imperatore: soluzione appena appena preferibile, visto che avrebbe significato farmi scopare da un uomo solo invece che dalle migliaia.

 Ora, essendo in un centro abitato, Biqa era costretto a saltellare goffamente sulle sue lunghe zampe, schivando i passanti e finendo in coda dietro ad altri scoiattoli infuocati. Uomini armati urlavano ordini su chi e quando poteva andare dove; pareva che una versione appropriata all’ambiente dei nostri ‘vigili urbani’ esistesse anche qui. Ma in quel momento i vigili, esattamente come gli innocenti passanti che ci scorrevano accanto e ogni tanto si fermavano per buttarmi un’occhiata, erano soltanto qualcuno che sarebbe scattato al mio inseguimento qualora avessi approfittato della velocità ridotta per darmela a gambe.

 Certo, Biqa mi teneva ancora sospesa a un’altezza considerevole, ma non abbastanza da permettermi di saltare su un tetto – e anche se avessi potuto, sarei rimasta bloccata lì sopra: non ero certo una di quegli atleti che saltellano sui tetti come se fossero una corsa a ostacoli; potevo al massimo buttarmi sulla tenda sospesa davanti a qualche negozio, ma sarei stata catturata prima di subito. Dannazione, ecco la bella fine dei miei piani di fuga!

 Iniziavo a sentirmi decisamente male. Il cuore mi batteva fortissimo, avevo problemi a respirare, forse mi stava pigliando un infarto, no, io non potevo crepare lì, dannazione! Dovevo tornare a casa dai miei genitori (chissà come sarebbero stati ridotti al momento), avrei inventato di aver fatto una di quelle stupide fughe di casa da adolescente, con la mia reputazione da ribelle non avrei lasciato incredulo nessuno, avrei avuto una spettacolare punizione a coronamento di quell’avventura, e poi sarei tornata alla mia vita di tutti i giorni, con la scuola che non mi piaceva, la prospettiva di un lavoro di cui non mi importava, e non me ne sarebbe fregato niente, sarei stata contentissima di una vita qualsiasi senza potenze che non capivo a spedirmi in universi paralleli o qualunque cosa fosse Tahuantinsuyu.

 Respirai profondamente mentre pensavo a tutte queste cose, chiusi gli occhi per bloccare le insensatezze davanti a me, e la sensazione di tachicardia e respiro affannato si calmarono. Bene. Avrei trovato il modo di uscire da quella situazione, in un modo o nell’altro, ora o tra un mese o tra anni. Io non ero una debole (ma ero crollata subito davanti a quella frusta, e non sarebbe certo stata l’ultima volta, e – non dovevo pensare a quello, io sarei uscita!). Avrei affrontato qualunque cosa questo mondo aveva da contrappormi.

 Biqa si fermò. Qualcuno di sotto urlò qualcosa. Aprii gli occhi, e per la prima volta rimasi davvero impressionata da ciò che vedevo.

 Non ero mai stata attratta dalle immagini dei palazzi antichi sui testi di storia, nel mio mondo. Erano tutti cumuli di rovine che lasciavano intuire una struttura imponente, ma che adesso si assomigliavano tutti. E quelli moderni … be’, si somigliavano tutti anche quelli, l’unica vera differenza era che erano in piedi. Davanti ai miei occhi c’era invece un palazzo antico, in forma perfetta: noi ora stavamo entrando in un magnifico giardino, pieno di piante dai fiori multicolore che non avevo mai visto, grandi, limpide fontane in cui nuotavano uccelli simili a quelli che noi chiamavano cigni, solo con le piume di uno strano giallino invece che bianchi, e qua e là, attaccate agli alberi, gabbiette che contenevano … pesci volanti. Dannatissimi pesci, che fluttuavano all’interno delle loro gabbie con le loro pinne coperte di piccole piume iridescenti. Nel mio mondo i pesci stavano solo in acqua, mi biasimate se quasi gli occhi mi schizzarono fuori dalle orbite?

 Prima dello shock dei pesci, comunque, avevo fatto in tempo a notare le pareti in pietra dipinte a colori vivaci che ci circondavano, interrotte in basso da porticati che davano alle stanze interne.

 I miei schiavisti intanto stavano urlando qualcosa con quelli che stavano sotto; concentrandomi sulle loro voci, riuscii a capire che a quanto pareva l’Imperatore era ancora impegnato nella campagna militare di Yrchlle, e che il regno del nord non sembrava affatto intenzionato a una resa pacifica, quindi ci sarebbe rimasto ancora per un bel pezzo. Le guardie avevano però ricevuto ordine di far esaminare qualsiasi potenziale schiavo o schiava all’Imperatrice, in sua assenza.

 La mia sorte era decisa: sarei finita al bordello. Fanculo, mondo!

 Finalmente fecero fermare Biqa, l’animale si accoccolò in uno spiazzo che sembrava messo lì apposta, e gli schiavisti arrivarono ad aprire la gabbia e a trascinarmi giù. Le mani mi furono legate dietro la schiena con una corda assurdamente ruvida. Sul serio, da queste parti gli schiavi si pagavano in base a quanto gli sanguinassero i polsi?

 Una delle guardie si allontanò, probabilmente per avvisare chi di dovere dell’arrivo di merce da valutare; io fui costretta a inginocchiarmi al centro di un piccolo cerchio di panche di pietra.

 “Sua Altezza esaminerà la merce non appena avrà un momento libero” annunciò la guardia.

 “Non vorremmo disturbare Sua Altezza” disse in fretta uno degli schiavisti. “Un affare semplice come questo, possiamo togliere il disturbo e …”

 “Gli ordini sono di farle esaminare personalmente qualsiasi schiavo sia offerto” ribatté la guardia. “Oppure volete ritirare la vostra offerta?”

 I miei catturatori si affrettarono a negare così in fretta che non si capì assolutamente nulla, e le guardie dovettero urlare per ottenere una risposta coerente. Abbastanza chiaro che non volessero offendere l’Autorità Suprema con un ritiro dell’offerta, sebbene pensassero che l’Imperatrice non mi avrebbe comprata, e che quindi tanto valeva portarmi in fretta fuori di lì e consegnarmi al primo bordello che avesse pagato ragionevolmente. Crepassero tutti brutalmente ammazzati, intanto quella in una posizione scomodissima sui sassi ero io.

 Ma quanto ci metteva quella maledetta donna ad arrivare? Almeno mi sarei levata il pensiero. Se davvero questa donna non voleva rivali tra i piedi, io ero già al bordello, tanto valeva esserci fisicamente … tanto iniziava ad essere già tardo pomeriggio, no? Non avrebbero voluto usarmi subito, appena arrivata? E perché no? Non sarebbe stato mica un posto di lavoro normale, che mi avrebbe dato il tempo di ambientarmi. Ogni progetto per scappare quella notte stessa andava a farsi benedire. Ma dannazione, sarei mai riuscita a scappare?

 Calma, dovevo stare calma. Non sarebbe servito a niente andare di nuovo nel panico. Non conoscevo questa città, non sapevo come fossero formati i suoi edifici, la situazione era ancora incerta. Stare calma. Concentrarmi sugli strani fiori e i cigni giallini e i fottutissimi pesci volanti (come diamine era possibile? Che leggi della biologia c’erano in questo posto?).

 L’Imperatrice ancora non si faceva vedere. Memorizzai la disposizione delle piante che mi circondavano, sono abbastanza sicura che se adesso tornassi al vecchio palazzo di Manco saprei riconoscere il punto esatto. Nessuno si faceva vedere.

 Osservai i porticati, seguendo con lo sguardo gli occasionali schiavi che li attraversavano portando vassoi pieni di cibi strani, sacchi di tela, oppure uscivano a spazzare le foglie cadute. Che noia, per la miseria! Non vedevo l’ora che succedesse qualcosa, almeno per avere qualcosa da fare e a cui pensare!

 Nessuno. Basta, non ce la facevo più … avevano perfino smesso di farmi male le ginocchia, non le sentivo neanche più …

 “Sua Altezza Llyra Duqasi può concedervi udienza” annunciò una guardia. Finalmente, cazzo! Fulminai con lo sguardo la direzione da cui l’uomo aveva parlato – e dunque la sovrana, che giungeva in quel momento.

 Llyra era grassa, e camminava a passo incredibilmente svelto per qualcuno della sua stazza, a schiena dritta. Indossava un abito verde e luminoso, che risaltava piuttosto bene sulla sua pelle scura, e una discreta quantità di gioielli le scintillava addosso.

 Appena fu più vicina e potei vederla meglio, notai che il suo ventre era troppo gonfio e teso perché fosse il prodotto di troppe abbuffate imperiali: quella donna era incinta. Non ero un’esperta e non sapevo dire di quanti mesi, probabilmente non molto vicina al parto, ma ero sicura che quello fosse il caso. Guadagnai un nuovo rispetto per come riuscisse a stare impettita con quel peso addosso.

 Il suo abito, eccezion fatta per il colore sgargiante e la stoffa sicuramente più pregiata, era simile a quello che avevo addosso io, un rettangolo di stoffa fissato con una spilla e una cintura -nel suo caso, d’oro. Il suo viso era abbastanza giovane, sospettai che non fosse nemmeno nella trentina, e il capo era tenuto leggermente reclinato all’indietro, così da guardarci tutti dall’alto al basso. I capelli neri erano acconciati in tante piccole treccine, e la sua fronte era cinta da una benda di stoffa verde smeraldo, con una frangia dorata e infilata dietro quella che sembrava una piuma di quei cigni giallini. Aveva anche lei un paio di orecchini enormi, tempestati di gemme verde cupo.

 Arrancando dietro di lei – sospetto che stessero cercando di camminare a passettini aggraziati e al contempo non perderla di vista – sopraggiungeva uno stuolo di donne riccamente vestite e ornate, anche se nessuna con lo sfarzo di Llyra, e qualche schiava che si sforzava di non sorpassare la sua padrona mentre le porgeva ventagli o dolcetti. Questa fu la mia prima impressione dell’Imperatrice e delle sue dame da compagnia.

 “Perdonateci il disturbo, Vostra Altezza” mormorò uno dei miei catturatori. Un altro dei loro mi costrinse a prostrarmi a terra, e lui stesso mi imitò subito dopo. “Noi non siamo neppure degni di essere al Vostro cospetto, e ci riempie di un’emozione intensa –“

 Llyra diede un colpo di tosse; lo schiavista si zittì. “Siete stati al cospetto di mio marito, il cui splendore supera il mio come il Sole supera una terra che non ha luce propria. Io non merito che dopo aver visto lui spendiate parole di onore per me. E se non erro” continuò osservandomi “l’offerta era in effetti dedicata a lui”

 “Ci rendiamo ora conto della nostra follia” disse lo schiavista che l’aveva omaggiata per primo. “Volevamo offrirgli questo nostro bottino – un curioso fiore trovato sulle montagne, di specie mai vista finora, libera e senza alcun simile – ma realizziamo solo ora che nulla di quello che potremmo offrirgli può gareggiare con ciò che già ha”

 “Non ho mai visto nessuno come questa giovane, concordo con voi” osservò Llyra, stringendo le labbra. “Desumo che, siccome mio marito ha già di meglio, ripeterete la vostra offerta a qualcuno di non così fortunato?”

 “Sarebbe a dire tutto il resto dell’Impero” confermò uno degli schiavisti.

 Dopo un istante di silenzio e un’occhiata di fuoco sia da parte dei suoi compari che da me, e una vaga espressione di disgusto di Llyra, si affrettò ad aggiungere: “Ovvero quelli che non sono fortunati come lui. Non c’è nessuno a lui superiore, in questo, quindi questa ragazza può appartenere a qualsiasi altro uomo nell’Impero, cioè, intendo che –“

 “Scusa se ti interrompo, ma immagino di aver compreso cosa intendi” intervenne l’Imperatrice. Mi fissò come se volesse esaminarmi al minimo dettaglio. Io feci del mio meglio per avere un’espressione torva e sicura. Non me ne fregava un cazzo della sua autorità, poteva comandare a bacchetta tutti tranne me, se ci avesse provato l’avrei mandata a quel paese come avrei fatto con chiunque altro, e volevo che questo fosse ben chiaro. Io, con quelli che credevano di potermi dare ordini, facevo così, e non intendevo cambiare nemmeno per una dannata imperatrice.

 I lineamenti di Llyra si rilassarono in un vago sorriso. “Questa giovane sarebbe senz’altro la felicità di un uomo” disse agli schiavisti. “Ma non pensiate che solo a loro possa piacere l’idea di una curiosità esotica al loro servizio. Desidero che questa ragazza diventi mia ancella. Qual è il vostro prezzo?”

 Rimasi di sasso. E fui d’un tratto incredibilmente sollevata. Sì … gli affari erano affari, quei tizi non si sarebbero curati troppo di cosa sarei finita a fare purché qualcuno mi comprasse e sganciasse fino all’ultimo centesimo. Ero salva! Niente bordello, niente harem, solo lavoro da ‘ancella’, che a quanto ricordavo dai romanzi storici, era una specie di inserviente personale.

 Potevo farcela. Più tempo per escogitare un piano di fuga … e insomma, l’Imperatrice non sembrava troppo male. Okay, di solito non ero il tipo cui piace farsi compatire, ma questa donna mi aveva appena tirata fuori da una gran brutta prospettiva. Sarebbe stata anche tanto buona da lasciar fare a una serva devotamente religiosa il tentativo di diventare sacerdotessa di Energia, vero? Che razza di culo.

 L’Imperatrice Llyra mi fu di colpo molto più simpatica – bastava che poi non provasse a mettermi i piedi in testa. Gli schiavisti sembravano più che contenti di fare un affare con l’Imperatrice in persona invece che con qualche pappone, anche se si premunirono di sottolineare quanto fossi ribelle. E Llyra se ne fregava, e voleva comprarmi lo stesso? Buon per lei, aveva resistenza.

 Qualcuno fu mandato a portare i soldi. La transazione fu conclusa. Gli schiavisti tagliarono via le corde ai miei polsi e mi mollarono lì davanti a quella specie di corte femminile. Felice di non averli mai più rivisti.

 “Ma ha i capelli blu?” bisbigliò una delle dame alla sua vicina. Un’altra ragazza, una poco più grande di me con un vestito giallo, parecchi gioielli e capelli raccolti in una coda alta e intrecciati di quelli che sembravano fili d’oro, mi piazzò allegramente le mani nei capelli, sollevandoli e studiandoli con occhio critico. “Sono tinti!” annunciò. “Come hai fatto a farli? Sono tradizionali dalle tue parti?”

 “Fatti gli affari tuoi” sbottai, tirando via i capelli dalla sua presa.

 “Te li rovini!” protestò la ragazza.

 “Ma che maniere!” esclamò una donna alta accanto all’Imperatrice, vestita di azzurro chiaro. “Parinya, lascia perdere i suoi capelli, sta’ piuttosto attenta che non ti morda. Non sai mai come sono questi selvaggi …”

 “Dove pensi che l’abbiano pescata?” chiese la donna che aveva per prima questionato i miei capelli.

 “Hanno detto qualcosa a proposito delle montagne” ricordò la donna alta.

 “Ragazzina” intervenne l’Imperatrice. “Puoi dirci il tuo nome?”

“Corinna” borbottai, cercando di non guardarla troppo storto.

 “Grazie della concessione, Corinna. Puoi dirci anche se hai un’esperienza particolare in qualsiasi genere di operazione legata alla manutenzione di una casa?”

 Sapevo sparecchiare (gran cosa) e fare la polvere … con i mezzi tipici del mio mondo. Meglio rispondere che non sapevo fare niente.

 “Ma come l’hanno cresciuta?!” sbottò scandalizzata una dama in blu scuro.

 “Scommetto che è un qualche tipo di nobiltà, dalle sue parti” intervenne quella Parinya tanto ossessionata con i miei capelli. “Ha la pelle troppo chiara e delicata per essere una contadina, ha le mani intatte e quindi non è una tessitrice, non ha muscoli, ha tutti i denti, i capelli curati … questa non ha lavorato un giorno nella sua vita più di quanto l’abbia fatto io”

 Llyra assottigliò gli occhi a questa analisi, mi studiò attentamente, poi fece un cenno di noncuranza con la mano. “Saper adattare sé stessi ai cambiamenti di circostanza è la virtù dei forti. Non importa ora chi questa ragazza sia stata: importa che non sia in grado di svolgere i suoi compiti. Rimedieremo immediatamente. Namina, chiama qui Dylla”

 Una delle schiave si allontanò a passo svelto.

 “Dylla è una delle nostre servitrici più anziane. Da anni ormai si occupa di istruire i nuovi acquisti nei loro compiti, e nel modo appropriato di svolgerli a palazzo … sì, forse da questo punto di vista è un bene che tu non sappia fare nulla …” Llyra sembrò perdersi nei suoi pensieri.

 Namina, una schiava dai tratti somatici tipici del luogo e gli angoli della bocca che sembravano incollati all’ingiù, tornò con Dylla, una donna grossa dai capelli grigi e l’aria severa. Seppi che Dylla mi sarebbe stata molto antipatica.

 “Vostra Altezza” mormorò la vecchia con un profondo inchino.

“Dylla. Abbiamo un nuovo acquisto, come vedi, e sostiene di non essere in grado di fare nulla. Voglio che sia annoverata tra le mie serve personali. Istruiscila a dovere”

 “Vivo per servirla, Vostra Maestà” rispose quasi meccanicamente Dylla, corrucciandosi mentre mi guardava. Che aveva da criticare?

 Essere trattata come un oggetto da essere aggiustato mi stava veramente dando sui nervi. Iniziavo ad aver bisogno di uno sfogo. E fanculo, Dylla non sarebbe certo stata peggio degli schiavisti. Avrei imparato quel tanto che bastava a farmi tirare avanti, ma non mi sarei lasciata comandare a bacchetta. Sapersi adattare era la virtù dei forti, aveva detto Llyra? Ebbene, lei e la sua corte, per la prima volta in vita loro, avrebbero dovuto adattarsi a non avere il loro minimo capriccio immediatamente obbedito.

 Il ritorno del mio spirito ribelle mi rinvigorì, e mi trovai a seguire Dylla, che mi faceva cenni impazienti di sbrigarmi, con un gran ghigno sulla faccia.

 

La parola fiasco è ben descrittiva dei miei tentativi di mantenere intatto il mio spirito ribelle.

 Dylla non aveva una frusta, certo; però mollava dei ceffoni micidiali. Non esagero quando dico che uno era sufficiente a buttare a terra una persona -specie una persona non abituata a riceverne, e se poi era davvero arrabbiata, era capacissima di continuare in un vero e proprio pestaggio. E io ne presi una dose ben degna di nota durante la mia settimana di addestramento: per forza, continuavo a insultarla e ribellarmi, e fare le cose coi piedi! Era un po’ un andarsele a cercare.

 E i miei genitori … per quanto mi fossi sempre lamentata di quanto fossero severi e pretenziosi, non avevano mai alzato un dito su di me. Non prendevo tante botte da quando ero alle elementari, il che, nel complesso, significava che gli schiaffi e i pugni e i calci erano sempre un po’ inaspettati, e portavano con sé brutti ricordi, che mi rendevano ancora più irritabile e refrattaria all’obbedienza. Quei primi tempi furono un incubo, e mi lasciarono addosso una gran quantità di lividi.

 Dopo qualche giorno fui costretta, mio malgrado, a fingermi più cedevole: non mi sarebbe stato di nessuna utilità farmi picchiare a sangue, e la mia reputazione di ribelle, lungi dal farmi correttamente identificare come quella dotata di spina dorsale, mi faceva additare dalle dame e dalle altre schiave come una povera idiota, e guardare con una sorta di beffarda commiserazione dall’Imperatrice stessa. Smisi di rifiutare di compiere ciò che mi era ordinato, cominciai a mettere dell’effettivo impegno nei miei compiti, e iniziai a fare maggiore uso di ironia e sarcasmo invece degli insulti diretti. La mia reputazione scese da ‘ribelle’ a ‘fastidiosa’, cosa che allora mi parve un terribile sacrificio. I lividi sbiadirono senza essere rimpiazzati da altri.

 Durante quei giorni, bene o male, iniziai anche ad adattarmi al mondo di Tahuantinsuyu e alla mia nuova vita da schiava. Innanzitutto facevo relativamente poco lavoro per l’Imperatrice in persona: in primo luogo passava la maggior parte del tempo a studiare documenti e a discutere con governatori e burocrati degli affari interni dell’Impero mentre suo marito era in guerra (cosa per cui si guadagnò qualche tacca nella mia stima), in secondo luogo aveva un’infinità di attendenti personali, e io o facevo da babysitter a suo figlio Quisquis, sei anni e attuale erede al trono, o ero praticamente una proprietà collettiva delle sue dame da compagnia.

 Non che mi piacesse badare ai mocciosi, ma tra i due, il primo era il mio compito preferito: Quisquis era un bambino tranquillo che o si impegnava nello studio della matematica, della storia o della letteratura del suo paese, o faceva giochi poco chiassosi. In qualsiasi altra situazione, avrei bollato il piccoletto come un futuro imbranato mortalmente noioso, ma in quel caso, tanto più significava che io potevo rilassarmi.

 Anche perché se volevo caos e movimento, le dame erano più che felici di accontentarmi, avendomi nominata a loro tuttofare: facevo da tramite tra le loro ordinazioni e la cucina, raccattavo gli oggetti che loro si dimenticavano in giro, pulivo il casino che si lasciavano dietro dopo spuntini e giochi, talvolta tenevo d’occhio animali domestici (una serie di esseri allucinanti che non avevo mai visto e che non avevo idea di come accudire) e figli (appartenenti invece alla comunissima razza dei marmocchi viziati, che non avevo idea di come accudire senza una buona dose di strilli e insulti, cosa ovviamente proibitissima) che loro si tiravano dietro e per cui poi perdevano interesse quando iniziavano le conversazioni.

 Niente di esattamente difficile, alla fine: la settimana di addestramento era stata più che altro per imparare la geografia del palazzo e il corretto decoro da tenere nei confronti di quelle insopportabili riccastre viziate. Quanto erano diverse dall’Imperatrice! Sembravano non avere un emerito cazzo da fare tutto il giorno, se non spettegolare, darsi alla ricreazione e agghindarsi come bambole. E nessuna di loro era incinta, per la cronaca. Non mi sorpresi nel notare che Llyra non sembrava davvero vicina a nessuna di loro: con l’unica notevole eccezione della donna alta che il giorno del mio arrivo aveva avuto il vestito azzurro, tutto ciò che rivolgeva loro erano educate frasi e domande di circostanza, limitandosi a tacere e osservarle per la maggior parte del suo tempo libero.

 Quelle tipe, invece, sembravano vivere ogni istante che passavano in sua compagnia per avere la sua attenzione, e andavano letteralmente in estasi quando ci riuscivano. Avevo la sensazione che essere oggetto di un simile comportamento fosse un fastidio atroce, e adesso che effettivamente lo sono da anni, sono in grado di confermare con decisione quest’opinione.

 Con la servitù, invece, erano orribili. Non facevano che urlare e insultarci senza motivo, l’espressione più educata che abbia mai visto in viso a una di loro era l’indifferenza, spesso e volentieri ci tiravano schiaffi od oggetti. E pretendevano che io non reagissi! Buon per il genere umano che esiste il sarcasmo.

 Onorerò qualcuna di loro, che risaltava tra le altre per vari motivi, con i miei ricordi: in primo luogo Chica, la Dama Alta, migliore amica dell’Imperatrice Llyra e sua cugina, unica che riusciva a conversare in privato con lei, signora estremamente rispettabile e massima esperta di etichetta che talvolta metteva in riga le altre dame, munita dell’unico tra i loro figli che non fosse un dannato Supay; Cllallia, originaria di una famiglia di artigiani, sposata a un nobile, e impavida soldatessa di un’immaginaria guerra contro le altre dame per i favori di Llyra; Parinya, quella che era rimasta tanto affascinata dai miei capelli, e che scoprii essere una patita di moda in generale, sempre in caccia del vestito più bello, del gioiello più elegante, della sostanza che faceva meglio alla pelle o ai capelli, e felice sfoggiatrice di tutto ciò alla minima occasione (sembrava che certe mie compagne di classe fossero riuscite a seguirmi sin lì); Qilla, mia coetanea, appena introdotta all’ambiente della corte, ogni gesto sorvegliato dalla madre perché non facesse sfigurare la famiglia, tutta l’aria di non avere la più pallida idea di ciò che stava facendo, e che il contrasto tra una naturale gentilezza e il bisogno di copiare le altre maltrattando gli schiavi faceva apparire posseduta da una doppia personalità; Tabllay, altra cugina dell’Imperatrice, che sembrava aver ereditato dagli antenati il rancore perché il suo papi non fosse finito sul trono al posto di zio Duqas, cosa che sfogava tramite una sorta di disturbo passivo-aggressivo e l’esasperato vizio e vanto dei due pargoli, una ragazzetta isterica poco più grande di me (anche lei nel circolo delle dame e tormentatrice della povera Qilla) e un moccioso di otto anni che una volta, dopo aver rotto un braccio a una serva durante un capriccio, fu preso a schiaffi da Chica e dunque causa di una faida tra le due donne (non aiutata dal fatto che Llyra impose alla famiglia di Tabllay il pagamento del medico, rendendo piuttosto chiaro da che parte stesse).

 Ce ne sono molte altre, certo, ma ricordo nomi e comportamenti, nello specifico, solo di queste qui. Il mondo sociale del palazzo non si esauriva certo con loro, però; a parte tutti i vari burocrati e governatori che on vedevano motivo di degnarmi di un’occhiata, c’erano i miei colleghi schiavi, e le donne dell’harem dell’Imperatore.

 I primi vivevano in delle specie di casermoni nell’angolo più lontano dal palazzo del ‘cortile dei lavoratori’, ben separati dagli artigiani liberi che invece erano onoratissimi per un talento tale da far loro servire la corte; donne da una parte, uomini dall’altra, coppie sposate da un’altra ancora, ti assicuro che era una bolgia di continuo accaparramento dei posti migliori (lo so cosa stai pensando e no, niente del genere, la capanna degli sposati era l’unica ad avere stanze singole).

 Per ricevere i nostri pasti, all’alba e nel primo pomeriggio, a seconda di quando fossimo impegnati e quando potessimo liberarci, potevamo introdurci nelle cucine, dove ci sarebbero stati consegnati gli avanzi dei pasti nobiliari del giorno prima, in dosi che variavano a seconda dell’umore dei cuochi. All’inizio mi lamentavo del dover mangiare scarti, poi mi resi conto che erano sempre scarti della tavola imperiale, anche così freddi erano molto meglio di quella sbobba che mi avevano rifilato gli schiavisti, e anche dei pasti da viaggio di Simay.

Questo vale, si intende, per gli schiavi comprati dalla coppia imperiale: ce n’erano altri di proprietà degli artigiani di palazzo, che vivevano con i rispettivi padroni e ad essi si affidavano per il proprio tenore di vita.

 La servitù componeva un insieme variegato: nessuno di loro era di origini propriamente Soqar, anche se molti di loro non sarebbero stati fisicamente distinguibili dai liberi e le differenze di origine si capivano solo dal diverso accento. Altri invece erano più marcatamente stranieri: alcuni avevano la pelle un po’ più giallognola invece che bruna, alcuni avevano capelli castani, c’era perfino una ragazzina bionda, chissà da dove l’avevano pescata. Io comunque riuscii a inimicarmeli tutti quanti indiscriminatamente fin dai primi giorni.

 A parte ovviamente Dylla, che feci uscire di testa con il mio atteggiamento ribelle perché era quella incaricata di domarmi, gli altri schiavi, maschi o femmine, giovani o vecchi che fossero, o erano nati in quella condizione, avevano passato tutta la loro vita a servire e quindi non erano davvero capaci di un altro punto di vista, o erano stati catturati o venduti e avevano dovuto subire tutto quel processo di adattamento prima, sacrificare le loro opinioni e la loro libertà, e la mia riluttanza a fare lo stesso li irritava, anche se all’inizio avevano provato ad essere gentili con me.

 Dal canto mio, i primi mi sembravano patetiche pecore che avevano subito il lavaggio del cervello fin dalla prima età ed erano troppo stupidi per mettersi a pensare per conto proprio, i secondi mi sembravano delle pappemolli che avevano ceduto, senza la minima forma di ribellione, e adesso erano solo gelosi del fatto che io fossi stata abbastanza forte da conservare il mio carattere.

 Non trovai nemmeno un amico o un compagno di sventure tra loro, a prescindere da chi ne fosse in colpa; e ciò mi rendeva ancora più arrabbiata con loro, perché sì, talvolta avevo bisogno di sfogarmi con qualcuno, di ammettere di essere preoccupatissima per la mia situazione e di non sapere davvero come cavarmela, che mi mancava la mia famiglia e che volevo tornare a casa …

 Sì, talvolta anch’io avevo i miei momenti di sconforto; talvolta anch’io volevo il sostegno di altri esseri umani, e quegli schiavi, escludendo il piccolo dettaglio dell’altra dimensione, erano più o meno nella mia stessa situazione, avrebbero potuto capirmi, e invece no, non ce n’era uno con cui potessi andare d’accordo. Il periodo di tempo tra quando fui venduta e quando incontrai per la prima volta Alasu fu tra i più solitari della mia vita.

 A parte questi supporti mancati, chi ho menzionato? Ah, sì, le donne dell’harem.

 Loro erano una presenza marginale nella mia vita a corte: talvolta ne vedevo qualcuna discutere con qualche nobile dall’aria importante, ma non facevano parte del seguito dell’Imperatrice, anzi, se ne tenevano ben lontane. Le vidi perfino mollare quello che stavano facendo per sparire dalla vista quando Llyra o qualcuna delle sue si avvicinava, era come se la sovrana fosse una specie di spauracchio per loro.

 Ogni tanto i nomi di qualcuna di loro facevano capolino nelle conversazioni della corte, ma sempre in termini piuttosto dispregiativi; il contegno delle dame, in quel caso, ricordava quello delle ragazzine che isolano quelle meno vistose e sicure di sé dal loro gruppo, ostentando falsa cordialità e al peggio indifferenza, e poi sparlando alle loro spalle.

 Quello che mi colpì era lo sfarzo di cui vestivano (e la pacchianeria: se l’Imperatrice e la sua corte sembravano sapere quando i gioielli diventavano eccessivi, l’harem pareva convinto della regola ‘il troppo non esiste’) e quante fossero: se vedevo una donna estranea alla corte nei corridoi di palazzo, sapevo che era una di loro, ma ne vedevo sempre di diverse in giro. Avevano ragione quegli schiavisti: all’Imperatore Manco piacevano le belle ragazze. E pensare che ero quasi diventata una di loro … provavo a immaginarmi coperta di gioielli da non riuscire più a camminare, trattata come una paria dalle dame più altolocate, costretta a sgattaiolare via senza farmi notare qualora l’Imperatrice fosse in vista, e naturalmente obbligata a farmi scopare da un tizio qualora egli ne avesse voglia: tra le due, preferivo la vita da ancella.

 L’ultimo tra i gruppi sociali con cui venni in contatto nei miei primi giorni di schiavitù fu quello degli artigiani, presso cui, come menzionato, le dame mi spedivano a fare ordinazioni o ritirare quelle già fatte, e nel loro caso, di incontri degni di nota –e che nota – ce ne sono solo due-“

 

“Mia signora?”

 Choqo trasalì. Così immersa nella lettura, non si era accorta dell’arrivo di una delle sue schiave.

 “Chiedo perdono se vi ho disturbata”

 “Non hai fatto nulla di male …” replicò la ragazza, osservando l’altra.

 Non aveva mai dato molto pensiero alle sue schiave: erano lì, semplicemente, e il loro compito era obbedire ai suoi ordini. Al massimo erano fastidiose spie pronte a riferire ai genitori ogni minimo sgarro.

 Sapeva come vivessero: non c’erano più i casermoni dei tempi di Corinna, adesso tutti gli schiavi, sposati o meno, avevano una loro casa, seppur minuscola rispetto a quella dei liberi; e gli orari dei pasti erano meglio organizzati, in orari prestabiliti un cui ricevevano una porzione fissa di cibo, più gli avanzi della tavola padronale, se capitava loro. Gliel’avevano spiegato i suoi quand’era bambina, perché un giorno potesse sorvegliare meglio le attività degli schiavi del suo eventuale marito, e lei l’aveva sempre visto come un onere per sé stessa.

 Non aveva mai pensato a come fosse fare la vita degli schiavi, costretti a fare ciò che voleva qualcun altro senza poter ribellarsi o ribattere male – un po’ come lei del resto – no, un corno, se lei si fosse ribellata ai suoi o avesse insultato qualcuno, avrebbe causato uno scandalo o preso qualche sberla, e sarebbe stata oggetto di fastidiosi pettegolezzi; uno schiavo che si fosse ribellato sarebbe stato picchiato a sangue, avrebbe avuto un drastico peggioramento in condizioni di vita già non ideali, e in caso la ribellione fosse giudicata estrema, come un tentativo di fuga, il suo padrone avrebbe potuto ucciderlo impunemente.

 E lei non ci aveva mai pensato … nel racconto di Corinna, lei sarebbe stata una delle dame viziate che trattavano gli schiavi come oggetti ambulanti e parlanti, e anzi, avrebbero preteso ulteriori limitazioni e li avrebbero trattati come valvola di sfogo emotivo quando erano di cattivo umore. Choqo l’aveva fatto tante di quelle volte, che ormai le schiave se la davano a gambe non appena la vedevano di cattivo umore … quanto doveva essere stata tremenda per suscitare una simile reazione?

 Ricordava di aver urlato come una pazza, talvolta tirato loro dietro qualche oggetto perché la lasciassero in pace … no, dannazione! Proprio lei, che si era sempre gloriata di essere diversa, una ribelle rispetto alle altre nobili … alla fine era esattamente uguale a loro, e in uno degli aspetti peggiori. Che merda di persona che era …

 “Mia signora, state bene?” chiese esitante la schiava.

 “Oh? Sì, non preoccuparti … grazie” Choqo tentò di sorridere. L’altra ragazza la guardò stupita (aveva mai sorriso a una schiava? L’aveva mai ringraziata per quello che faceva per lei? Certo che no, obbedire era il loro lavoro, ed erano così fastidiose da avere intorno!) prima di ricomporsi.

 “È arrivato lo schiavo dagli archivi con il documento che avete richiesto”

 “Cosa?”

 Choqo in seguito avrebbe pensato che avrebbe dovuto fingere di sapere di cosa la ragazza stesse parlando, ma proprio perché non lo sapeva, restò completamente di stucco. Lei non aveva chiesto nessun documento a nessun archivio! Cos’era, sua madre le aveva procurato la biografia di qualche dama esemplare come lettura edificante? Ma no, in quel caso la schiava avrebbe menzionato il coinvolgimento della padrona più anziana.

 “Non …” iniziò l’altra. “Il servo ha detto che è arrivata una richiesta formale da parte di un Sacerdote della Vita, per conto vostro. Doveva servire a una ricerca?”

 Il ragazzo che aveva visto nel primo mattino. Che gli era passato per la testa? Che documento aveva ordinato a nome suo? Cosa voleva comunicarle?

 “Oh … sì, certo. Grazie mille” Choqo si riebbe abbastanza da rendersi conto che fingere di sapere tutto era la cosa migliore da fare, prima di procedere verso l’ingresso (lasciando la schiava sempre più esterrefatta). Come preannunciato, lo schiavo era rimasto lì ad aspettare. Reggeva un involucro di tela grezza marrone, contenente quelli che erano chiaramente più libretti sovrapposti.

 “I vostri documenti, signora” mormorò l’uomo, porgendoglieli con un inchino. “Mi è stato ordinato di riferirle che tutte le scartof- le carte necessarie per il prestito sono state sistema- cioè, sono state curate da Fratello-Sorella Itzèn. Voi non avete nulla di cui preoccuparvi”

 Oh, questa faccenda era sempre più strana. Ringraziò l’uomo, guadagnandosi un sorriso sdentato, e portò i ‘documenti da lei richiesti’ nella sua stanza. Li aprì.

 Erano, per l’’appunto, cinque diversi libretti, molto, ma molto antichi, sarebbe stato necessario sfogliarli con molta cura. Che erano? Storie di criminali che si erano infilati nelle tombe, e delle punizioni che il destino aveva riservato loro?

 Aprì il primo della pila. La prima cosa che le balzò all’occhio fu l’intestazione.

 Proprietà di Chica Guchanii, moglie di Baquis Warayi. Se siete persone di rispetto, non leggete oltre.

 

 

 

 

Ladies & Gentlemen,

l’avevo detto che il prossimo aggiornamento sarebbe arrivato a breve! Intanto, siamo tornati al punto di vista di Corinna, che bene o male – più male che bene – cerca di adattarsi alla sua nuova vita. Nel prossimo capitolo invece, come probabilmente avrete intuito, sarà presentato il terzo punto di vista di questa storia.

Nel frattempo, cosa ne pensate dell’Imperatrice Llyra? E di tutta la corte che la circonda? Ringrazio per tutte le risposte, adoro leggere le varie opinioni che i lettori hanno dei personaggi. Grazie per essere arrivati fin qui!

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Capitolo 7
*** Dove si pianificano le disgrazie altrui ***


                                         CAPITOLO 6

 

     DOVE  SI  PIANIFICANO  LE  DISGRAZIE  ALTRUI

 

 

 

 

 

 

                                                                   Dal Diario di Chica

                                                               

                                   5  Achesudi  1592

 

Ho abbandonato il mio vecchio diario per iniziare questo nuovo quaderno. Uno spreco di carta, senz’altro, ma posso dare le pagine rimanenti a Tumbei perché ci giochi con i colori, meglio lì che sui pavimenti di casa.

 Questo cambiamento è stato motivato da ragioni ‘simboliche’, per così dire, che pratiche. Ovvero, gli avvenimenti che narrerò da ora in avanti sono talmente gravi che non possono essere accostati a momenti così triviali della mia vita, e per giunta temo che nei prossimi mesi dovrò tenere a mente molte cose, e avere un chiaro inizio mi aiuterà a rintracciare le annotazioni. Che la Grande Madre ci protegga, quello che stiamo per fare … no, non ciò che è stato oggi argomento di discussione, ma ciò che sarà la sua conseguenza, a meno che la mia cara signora non cambi idea – e ad essere sincera, spero che lo faccia. Ho provato a dissuaderla, ma nulla: come sempre, Llyra è più irremovibile di una montagna.

 Ci sarebbe da chiedersi perché io la segua: stando alla legge, la mia lealtà è prima dovuta a Sua Altezza l’Imperatore, e immediatamente dopo, ma pur sempre dopo, alla sua sposa. Ma il mio cuore davvero rifiuta di seguire la legge: sin da quando eravamo bambine, vi ha sempre preferito Llyra. Se solo lei seguisse le leggi che impone sul suo popolo!

 Ma sono stupida: se la seguo, sono colpevole quanto lei. Queste saranno le memorie di qualcuno il cui nome sarà maledetto.

 Questo è stato il giorno in cui è giunta qui ad Alcanta una delle minacce maggiori per noi, e per il diritto del principe al trono. Ed è stata una notizia così improvvisa! Il dì era stato pari agli altri fino a quel momento. La mia signora aveva ricevuto i rappresentanti di due villaggi che per dimensioni parevano pronti ad unirsi in un’unica città, ma ne avevano visto negato il permesso dal governatore. Uyella ha fatto di nuovo piangere la povera Qilla, e le rispettive madri hanno litigato; per fortuna la figlia del farmacista ha portato via la vittima per una tisana calmante nella bottega di suo padre (non sono donna da approvare le amicizie interclasse, ma quella ragazza è una vera benedizione. Meriterebbe invero di essere figlia di un re!). La mia signora ha comprato una nuova schiava, un pessimo acquisto a parer mio: una volta slegata, avrebbe attaccato Parinya se non fosse stato per me. Certo che anche quella ragazza, farsi incantare tanto da una selvaggia! I suoi capelli dalle tinte insolite non sono certo una buona causa per farsi staccare una mano a morsi. Ho idea che un giorno o l’altro si caccerà in un brutto guaio, specie perché quella selvaggia non aveva l’aria di poter essere facilmente domata.

 Piccoli incidenti di vita di ogni giorno, che avrei descritto più in dettaglio se non per l’avvenimento della serata. Non è frequente che la mia signora chieda di conferire con me dopo che sono tornata a casa per la sera; ragione in più per arrivare a palazzo più in fretta che potevo. Temevo che le fosse successo qualcosa, le gravidanze non sono mai senza rischi; invece l’ho trovata illesa, seduta davanti allo specchio a disfare la sua acconciatura per la notte.

 “Chica? Grazie per esserti presentata a quest’ora folle” mi sorrise.

 “La mia vita è al suo servizio, mia signora”

 L’Imperatrice ha sospirato. “Chica carissima, ci conosciamo da anni, e ci siamo sempre date del tu”

 “Allora eravamo solo cugine …”

 “Non ero a conoscenza del fatto che si potessero perdere legami di parentela! Sarebbe una bella scoperta, risolverebbe gran parte dei miei problemi”

 “Non era quello che intendevo dire … Llyra. Mi rivolgerò a voi come desideri. Ma perché mi av- hai fatta chiamare?”

 “Ho saputo che il Tempio di Achasay è stato onorato di un nuovo giovane devoto di alta posizione sociale. Indovina? Niente di meno che il figlio adottivo del governatore Etahuepa Atahuii di Dumaya!”

 “Il bastardo …” mi sfuggì.

 “Precisamente, lui. Ora, se se ne fosse andato a farsi iniziare da qualsiasi altra parte, non sarebbe stato diverso da alcuno dei miei sudditi; ma è proprio qui ad Alcanta, dove suo padre può vederlo ogni qualvolta voglia andare al tempio della Grande Madre. Non sarebbe davvero conveniente, per un giovane ambizioso?”

 “Non dirmi che ha già cercato di contattare il palazzo!” esclamai.

 “No, in tutta sincerità, queste sono solo mie supposizioni. Tutto quello che so davvero di questo giovane è il nome, e che consacrarsi ad Achesay è stata apparentemente una sua scelta, dopo che la carriera come successore di suo padre gli è stata preclusa. Non so se sia davvero ambizioso, non so se sia a conoscenza delle sue origini, non so nemmeno che faccia abbia. Ci sono tante possibilità!”

 “È possibile che sia solo un ragazzo molto religioso che non sa nulla delle sue origini …” concessi.

 “No, molto più di così. Potrebbe somigliare alla madre, e se mio marito lo vedesse, sarebbe subito in allerta. Era semplicemente pazzo di quella donna, me lo ricordo bene, e nostra madre temeva addirittura che avrebbe voluto prenderla come sua sposa ufficiale al mio posto. Non sarebbe successo, mio marito e la sua spina dorsale non si parlano da molto tempo ormai, ma quella donna doveva aver capito che quale che fosse il suo stato, qualunque figlio avesse concepito non avrebbe avuto vita lunga, se l’avesse avuta in primo luogo. Persino mio marito deve aver capito che quello è il motivo per cui è scappata. E dopo il fallimento dei suoi tentativi di ricerca, se di colpo vedesse un ragazzo che somiglia in modo impressionante al suo grande amore perduto, provasse ad avvicinarlo per scoprire se non sia un parente, e scoprisse che è un trovatello, balzerebbe alla conclusione più scontata e lo nominerebbe suo erede seduta stante”

 “E se non le somiglia?”

“Allora avremmo un minimo di sicurezza in più, mio marito avrà tanti di quei bastardi sparsi per la città che un viso simile al suo non dovrebbe turbarlo. Il giovane Simay ha valore solo per la madre che ha. Ma se non sarà mio marito a riconoscere il ragazzo, potrebbe essere il ragazzo a farsi riconoscere da mio marito. Etahuepa mi ha detto che il suo figlio adottivo è stato ritrovato davanti alla porta del loro palazzo avvolto in coperte rattoppate, senza alcuno dei segni di riconoscimento che vengono spesso lasciati in questi casi; ma mi mentirebbe di sicuro, se sapesse le vere origini del figlio adottivo e volesse proteggerlo. Il ragazzo potrebbe essere benissimo a conoscenza dell’identità di sua madre e di suo padre; e se qualcuno, una qualunque persona sapesse di avere una possibilità di accedere al trono, tenterebbe subito di coglierla. Trovo interessante il fatto che il giovane sia venuto proprio qui ad Alcanta quando gli è stata negata la posizione di governatore di Dumaya, sai, Chica?”

 “Forse in un primo momento aveva deciso di accontentarsi del governatorato, che era a portata di mano e comunque una posizione importante, per poi decidere di puntare alla successiva posizione di autorità quando questo gli è stato sottratto?”

 “Possibile. L’Impero è un’ambizione più pericolosa, certo, ma al contempo più ghiotta. Specie considerato che, di tutti i templi, compresi quelli all’interno del governatorato e quasi altrettanto importanti di quello della capitale, ha scelto comunque di venire qui”

 “Quindi cosa pensate di fare? Indagarlo per scoprire se progetta una presa di potere?” chiesi.

 “Dammi del tu. Farlo indagare sarebbe difficile senza destare sospetti. Il mio fratellastro Pacha è un uomo intelligente, si accorgerebbe subito di una sorveglianza su uno dei suoi iniziati, e naturalmente vorrebbe saperne il motivo. Nel mentre di questo processo, Manco stesso probabilmente lo verrebbe a sapere, e io non posso permettermelo. Certo, inviterò comunque Pacha nei prossimi giorni … povera me, sono in preda agli sbalzi di umori per la gravidanza, vorrò i consigli di un sacerdote della Grande Madre, e una volta che mi sarò calmata, sarò stata una pessima ospite, gli chiederò come stia lui, come procedano gli affari del tempio, anticipazioni sullo svolgimento delle feste, eventuali nuovi iniziati …”

 Annuii.

 “Così, avrò almeno qualche frammento di informazione sull’aspetto e il carattere del giovane Simay. Da lì, potrò progettare il modo migliore di sbarazzarmene”

 “Quindi il ragazzo dovrà andarsene, quali che siano i suoi intenti?”

 “È estremamente improbabile che rifiuti il trono, se gli venisse offerto. Dunque sì, il bastardo dovrà sparire dalla circolazione, preferibilmente in un modo che renda impossibile la sua nomina alla successione”

 Se devo essere completamente onesta, rimasi un po’ turbata all’idea di procurare a un ragazzo, che magari non sapeva nulla della sua ascendenza e forse era anche un fervente iniziato alla dea, una disgrazia tale da escluderlo per il resto della sua vita dalla comunità civile, o addirittura, la morte. Mi rimproverai, l’Imperatrice aveva il diritto di disporre della vita dei suoi sudditi …

 “L’idea non ti piace” commentò tranquilla Llyra. “Ti capisco. Se Simay fosse un normale ragazzo adottato in una famiglia nobiliare, un qualsiasi iniziato nel tempio di Achesay, fargli un qualsiasi torto sarebbe un crimine. Ma lui in un certo senso è già colpevole: di esistere. Di frapporsi tra i miei figli e il trono che spetta loro di diritto. Di poter avere senza alcun merito ciò per cui altri si stanno impegnando. Hai notato che progressi ha fatto Quisquis nella risoluzione di problemi teorici?”

 “Sta crescendo” confermai. “E sembra davvero più precoce degli altri bambini. Lo dimostrano anche i suoi studi”

 “I miei figli passeranno tutta la loro infanzia in preparazione a un’ascesa al trono” continuò Llyra. “So che sarà difficile, per loro, non avranno certo l’infanzia spensierata che è accordata ai bambini delle classi più umili. Ma è necessario, il prezzo per il sangue che portiamo nelle vene. Discendiamo dal Sole, essere sovrani è nostro diritto; ma dobbiamo ben saperlo esercitare. I Soqar e gli uomini delle terre conquistate devono obbedirci, ma noi non dobbiamo rendere quest’obbedienza un peso. Ciò a cui la nostra vita dev’essere consacrata, è servire il popolo. Mio figlio si sta preparando a questo compito con la massima serietà, e così confido che farà anche quello che nascerà, maschio o femmina che sia. Ma il bastardo di Dumaya? Suo padre l’avrà preparato a una vita da governatore, certo, ma di una provincia sola. Ha imparato a controllare una porzione di territorio limitata, ha imparato come relazionarsi con quelli più in alto di lui, ma non ha imparato come essere la persona più in alto di tutte, come controllare un territorio in rapida espansione, come affrontare una guerra. Quello che sta imparando ora è essere un bravo sacerdote. Per quanto voglia il trono, non avrebbe idea di cosa significhi accedervi. Ti chiedo, chi pensi sarebbe il regnante migliore? Colui che nasce in questa posizione, che è cresciuto sin dalla prima infanzia per accedervi, o colui che vi arriva casualmente, per pura fortuna, senza alcuna preparazione o idea di cosa stia per affrontare?”

 “Senz’altro il primo, Llyra. Ma l’Imperatore non potrà essere fatto ragionare …?”

 “Mio marito amava la cortigiana. Se scoprisse che da lei ha avuto un figlio, egli diventerebbe il suo favorito senza nemmeno dovergli parlare, e sarebbe subito posto innanzi nella successione. A prescindere dalle sue competenze”

 “Non una scelta saggia, se posso permettermi”

 “Certo che puoi, è la verità. Mio marito è assolutamente incompetente, ma di questo abbiamo già parlato, ricordi?”

 Certo che mi ricordavo. Ho ancora la pelle d’oca al ricordo di quella conversazione!

 “Mio padre ha già fatto un errore simile, con lui. Era convinto che la maggiore età di Manco lo rendesse più esperto e competente dei fratelli, o di me, se è per questo. Era il suo figlio preferito, non ha fatto altro che viziarlo e portarlo ad esempio da quando era un bambino. Rifiutava persino di prendere in considerazione qualsiasi altra ipotesi per il trono. In retrospettiva, Hatuey o Huarcay, o anche Pacha se è per questo, sarebbero quasi di sicuro stati Imperatori migliori, ma mio padre era troppo intellettualmente pigro per deviare dall’opzione più facile per lui. Vedi perché sono tanto avversa a questi errori?”

 “La ragione è tua. Ma la fortuna di questo regno è appunto che tu sia qui a guidare tuo marito …”

 “Certo, guidarlo. Che altro può fare una donna?”

 Mi tornarono i brividi. Quelle conversazioni … che gli dei ci aiutino, che facciano cambiare idea alla mia signora! Un’idea simile non dovrebbe neppure esistere!

 “Signora, siete una guida eccellente, la vostra posizione è sicura e il regno è stabile …”

 “Il regno rimarrebbe stabile anche se mio marito dovesse morire ora” replicò lei – non riesco a credere alla calma con cui dice cose simili! “Non ha figli riconosciuti all’infuori dei miei, le operazioni nel suo harem sono state condotte in modo soddisfacente. Non escludo che abbia bastardi con donne del popolo o schiave, ma in tal caso, ci sarebbe solo la parola delle loro madri a dimostrarlo. Non sufficiente. Quisquis sarebbe l’unica possibilità, a meno che io non debba partorire un altro maschio”

 “Ma mia signora, è davvero necessario? È il sangue degli dei!”

 “E io lo condivido”

 “Per l’appunto, signora … è il vostro sposo, vostro fratello. La vostra reggenza durerebbe pochi anni, il tempo che Quisquis abbia raggiunto l’età adatta a governare. La credi equivalente alla vita del sovrano, di tuo fratello?”

 “Sì” rispose Llyra. “Anzi, credo che avrebbe più valore. Mio marito è un debole. Non fosse stato per la protezione di suo padre, non sarebbe mai salito al trono; non fosse stato per la mia guida, il suo regno sarebbe stata una catastrofe. Pensa solo alla campagna di Yrchlle: è stata una decisione impulsiva, non ha saputo trattare con il re locale, e ora siamo costretti a una vera guerra invece che a un’acquisizione di territori, eventualità per cui quello stupido non si era preparato. E io mi trovo costretta a cercare di collaborare con i suoi strateghi e suggerirgli come interagire con le truppe da qui, mentre lui ne coglie i frutti e viene lodato come un maestro stratega, capace di azioni belliche improvvisate!”

 “Ti capisco, ma tu sai che il merito è tuo …”

 “Applaudire sé stessi non è mai soddisfacente, specie se qualcuno si prende i tuoi meriti. E a ragion di logica, qualcuno che non sarebbe dovuto sopravvivere, già da molto tempo. Ormai è deciso, Chica: se il figlio che dovesse nascere fosse una femmina, come prego che sia, non ci sarà più bisogno che mio marito resti in vita”

 Non ho potuto risponderle. Le sue parole sono giustificate, comprendo quanto a lungo abbia dovuto sopportare … ma uccidere l’Imperatore!

 “Continui ad essere sicura che vorrai aiutarmi in questo, Chica carissima?” mi ha chiesto.

 Ho annuito con fatica.

 Mi sono votata ad aiutarla, qualunque cosa succeda, qualunque cosa lei desideri, con la massima devozione, il massimo impegno e il più assoluto silenzio. E non voglio provare amarezza verso di lei. Nel torto sono io, che sono troppo debole per convincerla a non agire in modo così scellerato; la mia punizione sarà collaborare a un atto simile. Gli dei abbiano pietà di me!

 

                                    12 Achesudi 1592

Non è successo nulla di degno di commemorazione in mattinata: è arrivato il figlio del ceramista con i nuovi vasi che avevo richiesto, e il conto è stato piuttosto salato, Thumbei si è guadagnato una punizione per essersi arrampicato su un albero, Tabllay oggi ha portato con è Unnaq e il bimbo continua imperterrito nel tormentare gli schiavi, il pranzo non era molto ben cotto, pare che ci siano stati problemi nel mantenimento del fuoco.

 Ma nel pomeriggio Llyra ha invitato Pacha, con la scusa di informarsi su come stesse il fratellastro. Non sono stata presente al colloquio, ma la mia signora mi ha subito convocata una volta che questo è terminato, per raccontarmi ciò che ha scoperto.

“Credo che sappia chi sia davvero il ragazzo” fu la primissima cosa che mi riferì. “Io non gli ho detto o lasciato intendere nulla di quello che so, certo, ma quando ho spostato la conversazione sul futuro della nostra classe religiosa, non ha fatto che parlare di quanto fosse devoto e talentuoso Simay di Dumaya. Arrivato da una settimana sola, e già distintosi tra i suoi pari per il suo fervore religioso e la sua comunicazione con la Grande Madre, che si esprime tramite un impressionante talento magico. Sembrava quasi voler urlare che il ragazzo, tanto devoto, non sarebbe stata una minaccia all’Impero, ma che con tutto il suo potere, se avesse voluto avrebbe potuto darci molti problemi, quindi dovevamo stare lontane da lui. Forse sto leggendo troppo tra le righe … ma l’entusiasmo con cui ne ha parlato mi insospettisce. Senza contare che poi si è messo a discutere del fatto che trova ingiusto che le persone prive di sangue reale, a prescindere dalla loro devozione, non possano accedere alla carica di Sommo Sacerdote … vorrà perorare la causa del ragazzo per una posizione di potere, ma minore, in una sorta di contentino o garanzia che non tenterà di farsi riconoscere purchè una carica importante gli sia riconosciuta lo stesso?”

 “Sembra davvero sospetto” concordai.

 “Non lo so, Chica. Non ho abbastanza elementi per poter accusare il mio fratellastro di collaborare con qualcuno che attenta al trono dei miei figli, e agire di conseguenza. Ma di sicuro il bastardo si sta costruendo una buona reputazione. Questo potrebbe favorirci: se avvenisse qualcosa che lo screditasse, e ve ne fossero prove certe, le sue possibilità di risollevarsi sarebbero davvero nulle, molto peggio che se fosse rimasto nell’ombra. Ho deciso come agire nei suoi confronti”

 “Creerete delle prove di un suo crimine? O lo indurrete a compierne davvero uno?”

 “Gli manderò una delle Datrici di Morte”

 Temo di aver sgranato gli occhi in modo ben poco dignitoso. “Una Datrice di Morte? Ma … Pacha ha detto che il ragazzo è devoto. Di certo non vorrà venir meno ai suoi voti …”

 “Tecnicamente, i voti veri e propri non li ha ancora presi. Gli sarebbe facile giustificarsi dicendosi che non è ancora vincolato a non compiere certi atti, e finché non lo è, tanto vale di approfittarne. E anche se lo fosse … è molto giovane. Sai come sono i maschi di quell’età. Pacha mi ha detto che ha avuto difficoltà a legare con i suoi pari, proprio a causa di questa notevole devozione e talento. Si sentirà isolato e solitario. E se qualcuno gli dimostrasse attenzioni, specie di un certo genere …” lasciò il discorso in sospeso.

 “Un piano eccellente, mia signo- Llyra” le risposi. “Il ragazzo non potrà nascondere i segni del suo crimine, e una volta che sarà scoperto, non avrà più posto per la società civile, figurarsi il trono. Ma questo non porterà problemi tra i due Templi …?”

 “Oh, immagino che sarà facile addossare la colpa alla ragazza. Il suo non è un sacerdozio che goda di una buona reputazione. Sarà sfortunata, verrà cacciata dal suo ordine, ma non la lascerò senza ricompense che le permettano comunque una vita agiata”

 “Vi farò da tramite, dunque?”

 “Te ne sarei infinitamente grata, carissima. Potresti, per favore, iniziare convocando qui la Somma Sacerdotessa necessaria?”

 

 

Che Supay era una Datrice di Morte?! Seriamente, perché Choqo non aveva studiato abbastanza l’antica religione per ricordarselo? Almeno avrebbe avuto uno straccio di idea di cosa queste donne avessero in programma per Simay!

 E giusto a questo proposito … accidenti. Perché aveva sempre assunto che Llyra fosse innocente di quello di cui era accusata? Forse per il tempismo eccezionale degli eventi … salta fuori che Simay è il bastardo dell’Imperatore defunto, salta fuori che Llyra stessa l’aveva ucciso. Due scoperte a distanza brevissima l’una dall’altra, abbastanza per creare sospetti.

 Se un giovane ambizioso ma illegittimo avesse voluto salire al trono, sarebbe stato solo la cosa più naturale sbarazzarsi della reggente in carica e degli eredi al trono. E poi tutti quelli attorno a lei sembravano così rapidi a giudicare Llyra, aggrappandosi al giudizio comune e senza nemmeno questionare la vicenda! Era anche un po’ per voglia di ribellione che aveva sempre apprezzato l’antica Imperatrice. E invece no, era colpevole come imputata: anzi, aveva pure meditato di sbarazzarsi di Simay.

 Certo, offriva un ragionamento interessante … in effetti era quasi un miracolo che Simay e Corinna, mai preparati a un destino simile, fossero riusciti a gestire l’Impero con una simile abilità. Probabilmente un colpo di fortuna che il trono fosse finito in mano a persone intelligenti, oppure la Storia non menzionava un capace consigliere.

 Choqo non sapeva più cosa pensare. Da un lato Llyra era motivata da amore materno, dall’ovvio desiderio di vedere il trono assicurato ai suoi figli, e poi provava da un sacrosanto desiderio di veder riconosciute le proprie abilità quando invece venivano attribuite a qualcun altro; era un personaggio con cui simpatizzava. Ma dall’altro, era un’assassina. O almeno, era quello che pianificava di fare: uccidere suo marito e fratello, un uomo che per quanto fosse rapido ad arrogarsi i meriti della moglie era pur sempre una persona viva e unica; e poi ‘eliminare’ Simay, uccidendolo o condannandolo alla disgrazia sociale, quando era un ragazzo il cui unico crimine, lo ammetteva lei stessa, era esistere.

 Certo, Llyra era caduta nella sua stima, per quanto potesse avere le sue ragioni. Ma Simay? Era il momento di riprendere la sua storia; se non altro per cercare di capire cosa accidente fosse una Datrice di Morte.

 

 

 

 

                                                                   Dal Manoscritto di Simay

 

I giorni acquisirono una loro nuova routine.

 Pregavamo a ore fisse, all’alba, a mezzogiorno, al tramonto e prima di ogni pasto. La mattina era dedicata allo studio dei diversi tipi di magia che Achesay poteva concederci, e le sue applicazioni pratiche a beneficio della comunità; dopo il pranzo vi era un’ora circa di tempo libero; nel pomeriggio venivano studiati i rituali e le celebrazioni, il modo corretto di disporsi in un corteo, il procedimento per uccidere un sacrificio, le preghiere prestabilite. Oppure, una volta alla settimana, venivano ricevuti gli artigiani che si recavano al Tempio per procurarsi le materie prime della loro arte che dipendessero dalla Terra (metalli, pietre, gemme, erbe mediche, vegetali e frutti). La sera le attività cessavano al tramonto, e a partire da quel momento avevamo due altre ore libere, prima del sonno.

 Degna di menzione è sicuramente la prima volta che assistetti nelle trattazioni con gli artigiani. Avvenne a quattro giorni dal mio arrivo al Tempio, e io mi ritrovai lì, con il cuore in gola, perché avevo davanti a me una fila impressionante di gente in attesa che io li aiutassi e rappresentassi per loro ciò che il Tempio poteva offrire, e io non ero mai stato particolarmente bravo con le folle. Waray non aveva dato alcun consiglio su come dovessimo comportarci con loro, si era limitato a ripetere i prezzi dei materiali e le quantità che spettavano a ogni artigiano, accuratamente prestabilite seguendo un ordine di prestigio e competenza del suddetto. Naturalmente, i primi di ogni categoria erano coloro che servivano il palazzo imperiale.

 Il primo a presentarsi fu il fabbro, un omaccione con un contegno ansioso e agitato che contrastava magnificamente con la sua statura imponente e la massa di muscoli, specie per la sua tendenza a gesticolare, cosa che gli fece prendere a ceffoni il povero schiavo che lo accompagnava e abbattere buona parte del metallo lui assegnato prima che Capac – quanto benedissi la sua presenza lì – riuscisse a calmarlo.

 “È Hualpa Camasi” mi spiegò il mio recente amico a mezza voce, mentre il fabbro successivo si faceva avanti. “Gran brava persona, ma non reagisce molto bene quando è sotto stress. La guerra contro Yrchlle si è dimostrata più dura del previsto, e gli sta arrivando una richiesta di munizioni tanto massiccia quanto inaspettata e pressante. Bisogna avere pazienza con lui”

 Annuii, tenendo a mente di dimostrare la massima gentilezza al disgraziato Hualpa.

 Dopo i fabbri, fu il turno dei costruttori: venivano spesso accompagnati dagli architetti, e fecero esami così certosini da portar via gran parte del pomeriggio. Finalmente esauritisi costoro, sopraggiunsero gli orafi.

 “E quello è Sayre Tupachi” bisbigliò Capac, indicando con un leggero cenno del capo il giovane che sopraggiungeva. “Noto per la combinazione rara di talento e giovane età. Personalmente, non lo sopporto. È un superbo”

 Sayre aveva un andatura molto decisa e altera che non si vedeva spesso nelle classi dei lavoratori manuali; ma a parte questo, non mi dava l’impressione di qualcuno che si ritenesse superiore agli altri. Avrà avuto attorno ai vent’anni, e lo si sarebbe senz’altro potuto definire di bell’aspetto, se non fosse stato per le labbra curiosamente sottili e livide. Ma il suo sorriso sereno e amichevole faceva sparire questo difetto.

 Dietro di lui trotterellava una schiava giovanissima, probabilmente sui tredici anni, dagli stranissimi capelli gialli e dai lineamenti incredibilmente duri per una ragazzina della sua età, parevano quasi sbozzati nel legno. L’espressione cupa non aiutava.

 “Un’altra ondata di novizi?” chiese allegramente Sayre, osservandoci.

 “Arrivati da pochi giorni” spiegò brevemente Capac. “Qui c’è la tua quota, comunque. Sì, lo so che c’è meno oro, la produzione mensile è stata scarsa e deve essercene per tutti. Abbi miglior fortuna con le qillori”

 “Poco oro, molte qillori, achemairi poco meno delle qillori … mi è avanzato dell’argento nei mesi scorsi … sì, le vedo. Assolutamente perfette. Non avrò nulla di cui preoccuparmi”

 “Uh?” questo verso mi era proprio sfuggito. A mia discolpa, era raro vedere qualcuno mettersi a parlare con così poco filo nel discorso.

 “Perdonami, stavo pensando alle collane. Mi basta guardare i materiali, per vederle già compiute. Se hai mai provato a creare qualcosa, amico mio, potrai ben capire”

 Credo che ci siamo irrigiditi un po’ tutti a quella frase. Creare … nessuno poteva davvero dire di essere il creatore di qualcosa. Noi tutti eravamo stati creati da qualcun altro, e quel qualcuno ci aveva donato le nostre capacità; tutte le creazioni umane erano dovute agli dei. Un essere umano poteva al massimo dire di aver costruito o realizzato qualcosa, un’idea che la divinità gli aveva ispirato, ma creare … no. Solo gli dei potevano essere creatori.

 Capii cosa volesse dire Capac. Era una lezione che mio padre aveva messo in chiaro fin da piccolo, quando avevo avuto quelle folli idee di realizzare dei giocattoli per conto mio, illudendomi di aver ‘creato’ qualcosa solo perché nessuno l’aveva mai fatto prima. Etahuepa era stato molto chiaro in proposito: le idee che credevo di avere non erano mie, ma di ispirazione divina. A suo merito, mio padre mi disse solo di cambiare vocabolario, ma io, nel timore del peccato, smisi del tutto con le mie piccole invenzioni. Nessuno aveva mai dato a questo Sayre un’educazione religiosa?

 “Realizzare, piuttosto” puntualizzò freddamente Capac. “Possono sembrare termini uguali, ma c’è una differenza fondamentale”

 “Quello di cui io sto parlando” replicò Sayre. “È l’avere questa idea nella mente, il progettare come possa essere trasformata in realtà, lo studio al dettaglio e la meticolosa esecuzione, perché venga esattamente come l’hai pensata, il dedicare ogni tuo singolo pensiero ed emozione a quella cosa, la rabbia quando fallisci, la gioia quando fai qualcosa di giusto, quando pian piano, quello che hai tra le mani comincia a somigliare alla tua idea …”

 “Gli dei non avrebbero potuto fare all’umanità dono più grande di questo!” esclamai. Me ne pentii immediatamente dopo. Adesso tutti mi stavano guardando.

 “Voglio dire …” esitai.

 Quell’esclamazione mi era sfuggita, ma le parole di Sayre richiamavano con tanta precisione quegli esperimenti d’infanzia! Ricordavo perfettamente ogni singola sensazione da lui descritta. L’avessi dimenticata, non avrei provato la tentazione di riprendere, di fare esperimenti e costruzioni più audaci di qualche gioco per bambini! Ma non si poteva: arrogarsi una creazione era peccato. E io dovevo dimostrare a tutti che non ero un blasfemo, e se possibile, insegnare a Sayre un po’ di umiltà.

 “Le idee di cui parli ce le inviano gli dei. Loro ci hanno dato le menti che le concepiscono, e le mani che le mettono in pratica. Non ti sembra forse un segno dell’immensa bontà divina che noi possiamo realizzare ciò? È una pallida imitazione del potere creativo degli dei, ma già dimostra quanti doni abbiano voluto farci. Tutto quello che hai appena descritto è esattamente ciò che si dovrebbe provare: gioia e impegno nel perseguire il dono degli dei, e facendo questo, onorarli”

 Ci ero riuscito? Quello che avevo detto, quello che pensavo … non era un’eresia, vero?

“Sono sinceri quando dicono che sei eccezionalmente maturo e devoto per la tua età” fu il verdetto di Capac. Sembrava sinceramente impressionato e ammirato. Mi sentii inorgoglito, aver destato tanto presto l’ammirazione di una persona così saggia e devota! Repressi subito quell’emozione – venerare la divinità in ogni suo aspetto era il mio dovere, non qualcosa per elevarmi al di sopra degli altri.

 Sayre, dal canto suo, aveva assunto un gran sorriso mentre parlavo, un’espressione che per certi versi mi ricordò Pacha.

 “È rassicurante che nel clero qualcuno a pensi a questo modo!” esclamò. “Ma se le cose stanno così –“

 “Vuoi togliere il culo da lì?!” sbraitò una voce nella fila di orafi.

 “Uh?” il destinatario del mio discorso si voltò come se avesse scordato la situazione.

“Potrei sbagliarmi, ma ho l’impressione che la plebaglia alle nostre spalle non sia esaltata dalle vostre brillanti capacità di disputa teologica, mio signore” lo informò la sua schiava.

 “Che branco di kutluqun-“

 “In compenso questi buoni sacerdoti mi sembrano adeguatamente deliziati dalla vostra umiltà, mio signore”

 “Volevo dire … devoti agli dei come i kutluqun lo sono al grande Tumbe, non si aspettano neppure che la fede vada messa in discussione!” rivolse a tutti noi un sorriso a trentadue denti, annuendo a un Capac che lo fulminava con lo sguardo prima di rivolgersi a me. “Permettimi almeno di esprimere la mia stima, amico. Sono felice di rendermi conto che al mondo c’è più gente disposta a riflettere sulla natura delle cose di quanto mi aspetti. Non limitarti a questo solo concetto”

 Cosa! Su cos’avrei dovuto riflettere, secondo lui? Era un invito a continuare a meditare sugli dei, o a ribellarmi contro di loro?

 “Sarò sempre felice di aiutare una persona come te. Troverai la mia bottega nel Cortile delle Arti a palazzo: qualunque aiuto un giovane sacerdote possa aver bisogno da un laico, io sarò felice di provvedertelo” mi indirizzò un cenno di commiato, prese la sua quota di materiale e se ne andò.

 “Insopportabile” commentò Capac. “Ma sembra che tu sia riuscito a impressionarlo in qualche modo. Forse potresti anche riuscire a farlo rigare dritto? Finora, nessun sacerdote ci è mai davvero riuscito”

 Rimasi di sasso. Un conto era pregare, imparare l’uso della magia, cose che mi venivano naturali, o memorizzare le preghiere e i procedimenti sacri, in cui chiunque sarebbe riuscito con un po’ di impegno; completamente diversa era l’idea di riconvertire un blasfemo, di ricondurre un peccatore sulla via degli dei.

 Io non ero mai davvero stato bravo con le persone, ma come aveva detto Capac, sembrava che Sayre avesse qualche simpatia per me. Potevo forse improvvisarmi missionario? Potevo, con le mie parole e le mie azioni, portare a qualcosa come la salvezza spirituale di qualcuno?

 Forse era presuntuoso pensarci … nonostante questo, non riuscii a smettere di farlo per tutto il pomeriggio, senza mai davvero decidere una qualsiasi cosa.

 

 

 

 

 

 

 

Ladies & Gentlemen,

in questo capitolo si delineano altri personaggi importanti della storia, nemici o alleati che siano. Che impressione vi fa adesso Llyra, specie in confronto allo scorso capitolo? Qualcuno vuole provare a indovinare cosa sia una Datrice di Morte? E cosa ne pensate dei soggetti che Simay ha osservato nella scena finale al Tempio, Capac e Sayre?

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, e spero di sentire le vostre opinioni!

P.S. Tra pochi giorni parto per le vacanze, quindi il prossimo capitolo ci metterà un po’ ad essere pubblicato, perché non potrò portarmi il computer. Almeno ci sarà una wifi dell’albergo con cui recensire …

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Capitolo 8
*** Dove si apprendono segreti millenari e ci si innamora a prima vista ***


                                   CAPITOLO 7

DOVE  SI  APPRENDONO  SEGRETI  MILLENARI  E  CI  SI  INNAMORA  A  PRIMA  VISTA

 

 

 

 

 

                                                                  Dal Manoscritto di Simay

 

 

 

Non andai all’oreficeria di Sayre nei giorni seguenti: troppo in dubbio su come dovessi procedere in questo tentativo di conversione, o se addirittura mi fosse permesso di farlo e non dovessi lasciare il compito a un sacerdote più anziano ed esperto, avevo deciso di procedere solo nei momenti leciti in cui lui sarebbe passato a ritirare il materiale che gli spettava. Sarebbe dovuta passare una settimana, ma prima di allora, accadde un altro evento che mi fece del tutto passare di mente quella faccenda.

 Erano passati in tutto dieci giorni dal mio arrivo al Tempio della Terra: con un certo imbarazzo, mi stavo confermando come il primo della mia classe di novizi, quali che fossero gli argomenti e le competenze prese in esame. Io cercavo solo di onorare la dea, non di esaltarmi sopra tutti gli altri ragazzi; nondimeno, questi presero a isolarmi, indicandomi come una persona altezzosa e convinta di essere superiore a tutti. I miei tentativi di essere gentile per far svanire questa convinzione ottennero l’effetto opposto, facendomi contrassegnare come condiscendente.

 Il massimo che potevo fare era associarmi a Capac: in qualche modo – e lo ammiravo infinitamente per questo – quel ragazzo riusciva ad essere allo stesso tempo sia lo studente migliore della sua classe, sia ad essere ammirato e rispettato, quasi riverito, dagli altri ragazzi.

 Ma anche se con reputazioni diverse, eravamo lo stesso noti come i migliori delle rispettive classi; quindi, quando Waray ci convocò per un colloquio con Pacha, tutti conclusero che fosse per delle lodi o per parlare della nostra vera e propria consacrazione a sacerdoti. Nessuno ci fece domande in proposito, o almeno, a me non le fecero. Capac di sicuro non parlò, qualunque cosa gli abbiano chiesto.

 Comunque, per entrambi la convocazione fu inaspettata; io andai con una certa ansia, chiedendomi se avessi fatto qualcosa di sbagliato, ma se Capac era lì, evidentemente non poteva essere una punizione. Infatti lui era molto più tranquillo. Ma allora perché il Sommo Sacerdote avrebbe voluto richiedere la mia presenza?

 “Eccoli” disse Waray, appena entrammo nelle stanze private di Pacha. Erano incredibilmente semplici e spoglie, per appartenere a un uomo di simile posizione sociale, ma non facevano che sottolineare la sua umiltà.

 “Ottimo” ci sorrise il Sommo Sacerdote, invitandoci ad accomodarci su un paio di stuoie per terra. Sorrideva solo con le labbra, però: gli occhi avevano uno sguardo inquieto, fin nervoso. “Perdonatemi la convocazione poco ortodossa, ma la questione da discutere è delicata. Ne sono a conoscenza poche persone scelte, di cui io posso sapere i movimenti, e non intendo rischiare che qualcuno origli”

 Già l’esordio mi mise in allarme. Pacha era una persona così serena. Cosa poteva turbarlo, incitarlo a un simile livello di segretezza? Di sicuro la faccenda non riguardava me o Capac, non direttamente. C’era un problema grosso, e noi potevamo (dovevamo) fare qualcosa.

 “Voi siete gli studenti migliori delle rispettive classi, ma i vostri meriti non sono solo il talento accademico. Vi siete dimostrati giovani seri, responsabili e volenterosi, capaci di gestire situazioni per cui non avete ancora ricevuto un’educazione formale” Ci sorrise un po’ meno forzatamente, questa volta. “Capac, la tua consacrazione a sacerdote è ormai imminente, se sei ancora deciso a prendere i voti. Simay, tu sei agli esordi del noviziato, ma se prosegui come stai facendo ora, non vedo perché la tua nomina non debba avvenire entro sei mesi”

 “Il termine minimo ufficiale è un anno”

 “Quelli sono termini indicativi, Waray. Se un iniziato dovesse essere particolarmente promettente, la consacrazione avverrà qualora abbia sviluppato sufficiente competenza in tutti gli ambiti richiesti. Ma torniamo al discorso principale” Il suo viso era adesso completamente serio. “Voi rappresentate meglio di ogni altro, in questo momento, il futuro della nostra classe religiosa. Dovrete essere in grado di gestire tempi di crisi, e se i nostri sospetti trovassero conferma, ve ne sarebbe bisogno più che mai”

 “Eccellenza, noi siamo al vostro completo servizio” annunciò Capac, con voce forte e sicura. “Qualunque cosa voi ci vogliate chiedere”

 “Ma se posso permettermi, perché ora dovrebbero avvicinarsi tempi di crisi?” osservai. “I tributi sono regolari sia ai Templi che al palazzo, non mi è giunta notizia di sommosse o scontri, la guerra contro Yrchlle-“

 “Non è nulla che il nostro esercito non sia in grado di gestire” mi interruppe Pacha. “Io sto parlando di qualcosa di più antico e oscuro di queste vicende umane. Waray, qui, vi avrà raccontato del Terrore di Sulema, la dea folle che tentò il massacro dei Soqar, e venne per questo condannata e sconfitta dagli altri dei”

 Veramente no, ci aveva spiegato i miti che anche un sasso avrebbe potuto farlo meglio – cioè, aveva preferito concentrarsi sulla parte più pratica del culto, assumendo che avessimo conoscenze preesistenti delle storie degli dei; e aveva ragione, perché non stavo avendo alcun problema a seguire Pacha.

 “Sulema, come sapete, fu privata del suo stato divino da sua sorella Chicosi, messaggera degli spiriti” continuò lui. “Da dea, divenne una semplice umana. E a quel punto, i primi Soqar si vendicarono delle atrocità subite ad opera sua, sacrificandola al dio che era stato suo marito, Tumbe. Impossibile non saperlo, abbiamo grandi celebrazioni a memoria di quell’evento. Sulema dunque morì; ma che pensate sia stato della sua anima?”

 “Fu punita” tentò Capac. “Scagliata negli orrori della Notte, come l’anima di una qualsiasi peccatrice”

 “Sarebbe stato un destino perfetto per lei” convenne Pacha. “Ma gli dei non lo ritennero sufficiente. Questa è la parte segreta del mito, che solo pochissimi sanno: a Sulema non fu accordato accesso al mondo degli dei, neppure per esservi punita. Achemay, nella sua immensa saggezza, ritenne che la vita da umana fosse stata la punizione perfetta per la sua arrogante figlia. E così dispose: l’anima di Sulema non avrebbe mai trovato né la pace né il tormento dell’aldilà, ma avrebbe continuato a trasmigrare da un’incarnazione umana all’altra, costretta ad essere ciò che aveva tanto odiato fino alla fine dei tempi”

 Mi resi conto che il mio viso si era deformato in un’espressione di stolido stupore, con la bocca aperta, e mi ricomposi subito. Questa conoscenza … non avevo mai riflettuto su quale fosse stato il destino di Sulema l’Odiosa dopo il suo sacrificio, e il pensiero che la sua anima ancora calcasse la terra, seppur costretta in forma umana … mi riempiva di paura, semplicemente. Certo, l’antica dea doveva essere stata spogliata dei suoi poteri, o nulla le avrebbe impedito di scatenare un nuovo Terrore; ma se fosse stata innocua, Pacha non ci avrebbe convocati con un esordio su imminenti tempi di crisi.

“Questo non fu un segreto che gli dei rivelarono ai loro umili servi umani” continuò il sacerdote. “Ma fin dai tempi antichi, chi si consacrava al servizio divino, in qualsiasi parte di queste terre, iniziò a notare strani avvenimenti. Rivolte contro il clero, eresie, sollevamenti contro qualsiasi forma di autorità ed ordine l’essere umano avesse istituito per sé stesso. In questo, nulla sarebbe uscito dall’ordine del normale, sebbene indesiderabile e barbarico; ma in diverse di queste occasioni, si riscontrò che le figure più autorevoli del momento, quelle che avrebbero potuto riportare eretici e rivoltosi sulla retta via, con il perdono o con la sferza, quando non erano esiliati in seguito ad accuse di varia natura, incontravano la loro morte per fuoco”

 Il cuore mi balzò in gola, la pelle mi si accapponò, trattenni involontariamente il respiro senza osare interrompere per qualsiasi domanda.

 “È stato riscontrato che nei primi resoconti venivano classificate come morti accidentali: il fuoco, per quanto ora sia elemento dell’umanità, spesso non è altrettanto amico delle costruzioni. Ma come ho detto, si trovò un percorso, in queste vicende, che si ripeteva sempre uguale. Che fosse prima o durante lo scoppio dei conflitti, a questi capi venivano mosse accuse denigranti, che conducevano a un esilio disonorevole; ma se quest’uomo non accettava un simile destino e provava la sua innocenza, allora inevitabilmente scoppiava un incendio nella sua casa, in cui malgrado quante persone ci fossero, lui solo periva. Senza nessuna voce autorevole a dominare le folle impazzite, queste erano libere di rovesciare l’ordine politico e religioso, ergendosi a nuovi dominatori”

 “Quindi pensate che … dietro a tutti questi disastri … ci sia l’incarnazione umana di Sulema?”mi azzardai a chiedere.

 “Ne sono certo, figliolo. Queste sono conoscenze che i sacerdoti si tramandano da secoli, per mantenere una costante vigilanza sul corso della Storia e trovare le tracce di quest’essere corruttore. Stretto controllo su ogni sommossa o eresia, investigazioni approfondite sulle accuse di corruzione e incompetenza a importanti sacerdoti e funzionari: tutto pur di scoprire presto questo individuo, che arriva in un corpo sempre diverso, che può aver falsato una vita irreprensibile fino a quel momento, ma che custodisce in sé l’anima della più folle e crudele tra le dee. Noi ci riferiamo a quest’essere come all’Incendiario”

 “Quindi ci state dicendo che ciclicamente nasce una persona che ha in sé i ricordi della dea e presumibilmente anche delle sue incarnazioni precedenti, che ha un qualche grado di controllo sul fuoco, ma che ha deciso di agire in modo più sottile che come divinità, corrompendo gli esseri umani per far sì che siano essi stessi la causa della loro rovina” ricapitolò Capac.

 “Esattamente. Ciò non è avvenuto nel solo Tahuantinsuyu, anzi: messaggi da altri regni, vicini e lontani che siano, ci narrano di vicende simili. Non è sempre facile ottenere queste informazioni, perché un nuovo governo o un nuovo culto non vorrà ammettere di essersi affermato grazie a una potenza così oscura; ma la consapevolezza di questa minaccia è sufficiente da muovere alla ricerca anche i sacerdoti di altre città che venerano falsi dei. Nel corso degli anni, siamo riusciti a rinvenire una sorta di tracciato: lo spirito di Sulema di rado si reincarna due volte nello stesso luogo, e per molti secoli pare avere interrotto il suo ciclo, forse per continuarlo in luoghi a noi ignoti: ma negli ultimi duecento anni, nelle terre nostre vicine sono ricomparsi i segni del suo operato. Quello che temiamo, è che proseguendo su questo percorso, Tahuantinsuyu possa essere il prossimo luogo della sua incarnazione”

 Si schiarì la voce.

 “Noi dobbiamo essere pronti. Dobbiamo stare attenti e captare ogni segnale di sommossa, ogni vento di ribellione, e indagarlo per scoprire chi vi è dietro. Non dobbiamo avventarci ad accusare se un sacerdote o un funzionario viene imputato di qualche crimine infamante, ma dobbiamo fare di tutto per continuare le indagini, e accertare la sua colpevolezza o innocenza. Non dobbiamo lasciare il nostro Impero nelle mani di un mostro simile”

 Annuii. Non … non riuscivo quasi a pensare. Quelle informazioni che avevo ricevuto … erano quasi troppo, per me. Avevo bisogno di passare qualche momento in solitudine, per riflettere davvero su quello che avevo sentito.

 “Lo faremo senz’altro, Eccellenza” disse il mio compagno di studi.

 “Non dimenticate mai queste parole. Per tutto il resto della vostra vita, occhi e mente aperta contro il male dell’Incendiario” Per fortuna, Pacha ci licenziò subito dopo questo discorso, e feci per mollare senza troppa grazia Capac per andarmene a riflettere per conto mio, quando l’altro mi trattenne.

 “Simay. Quello che abbiamo sentito è gravissimo. Te ne rendi conto, vero?” annuii. Mi sentii un po’ imbarazzato, forse pensava che non fossi abbastanza maturo per affrontare la situazione. “Non possiamo lasciare nulla al caso, non possiamo prenderci rischi. Non possiamo svolgere indagini in solitario, per accertarci di non aver sbagliato: possiamo essere davvero efficaci solo se lavoreremo in gruppo. Per questo, promettimi che se avrei un indizio, o un semplice sospetto, su attività o identità di questo Incendiario, la prima cosa che farai sarà venirmelo a dire”

 Lo promisi, forse un po’ di fretta. Non che avessi pensato di fare il contrario del resto. E finalmente potei squagliarmela a pensare in santa pace.

 L’Impero in pericolo a causa di Sulema … avevo sempre pensato che la minaccia della dea folle fosse stata estinta all’alba dei tempi. E invece viveva ancora, sotto spoglie umane impossibili da identificare. Che potevo fare? Sarei stato in grado di far fronte a una minaccia simile?

 Dovevo: Pacha mi aveva stimati abbastanza da confidarmi quel segreto, non potevo assolutamente deluderlo. Avrei fatto tutto quello che mi aveva ordinato: attenzione costante agli eventi attorno a me, per trovare il minimo segno di quest’artefice di barbarie, riferimento immediato di tutti questi a Capac.

 Non avrei deluso il Sommo Sacerdote, non avrei deluso nessuno.

 

 

 

Choqo richiuse il manoscritto, rimanendo poi immobile per alcuni istanti. Non era quello che si sarebbe aspettata di leggere.

 Per la Vita, che cos’era quella storia? Nessuno aveva mai menzionato un Incendiario, si vedeva che quella parte dei miti era conosciuta solo ai sacerdoti dell’antica religione, perché lei l’aveva imparata insieme a Simay! E … la crisi religiosa, coincidente pressappoco con il periodo in cui Simay e Corinna erano saliti al trono. Culminata con il Silenzio, l’abbandono del mondo da parte degli dei, e sedata dagli Imperatori della Vita, a seguito di cui si era instaurato il culto, fino ad allora eretico, che faceva capo a Malitzin. Non sembrava precisamente il tipo di situazione che Pacha aveva descritto?

 L’Incendiario c’entrava qualcosa, con tutte quelle faccende.

 Ma Simay, ora così deciso a proteggere il culto della sua dea e a non deludere i superiori, e Corinna, ora una schiava ignara di tutte quelle storie, che ruolo vi avevano avuto?

 A proposito di quest’ultima: aveva interrotto la lettura a metà frase, la volta precedente. Pareva che non avrebbe imparato presto cosa accidenti fosse una Datrice di Morte, dunque valeva finire quella parte e togliersi il pensiero.

 

 

                                                                 Dal Manoscritto di Corinna

 

L’ultimo dei gruppi con cui venni in contatto nei miei primi giorni da schiava fu quello degli artigiani, presso cui, come ho già menzionato, le dame mi spedivano a fare ordinazioni o a ritirare quelle già pronte, e nel loro caso, di incontri degli di nota – e che nota – ce ne sono solo due.

 Il primo fu causato da una brutta tosse che Uyella, la figlia di Tabllay, si era buscata: rifiutava di perdersi un solo minuto della presenza dell’Imperatrice solo per i costanti accessi di tosse e il catarro, ma al contempo si rendeva conto che questi due dettagli non la rendevano una visione particolarmente attraente. Soluzione?

 “Tu! Va’ nell’erboristeria e portami qualcosa!”

 Non reagii. Nessuna delle altre cinque schiave lì presenti lo fece. Ecco una delle poche cose su cui potevo concordare con le mie colleghe: qualcuna di quelle dame aveva davvero bisogno di imparare a parlarci con i nomi propri.

 “Qorina! Sei stupida? Va’ in farmacia ti ho detto!”

 ‘Qorina’ ero io. A quanto pareva, il mio nome suonava simile a uno tipico di quelle parti, e se il mio interlocutore non aveva abbastanza interesse per me da ricordarselo, spesso usava la forma alternativa. In un primo momento avevo ribattuto, o mi ero rifiutata di obbedire se non chiamata con il nome corretto; qualche schiaffo di Dylla aveva rettificato la situazione.

 “Perdonate la mia incapacità di leggere nel pensiero e capire chi fosse ‘tu’, mia signora” sfoderai dunque il mio sarcasmo, e coraggiosamente me la filai prima che qualcuno potesse dirmi nulla.

 Fino a quel momento l’unica bottega del cortile degli artigiani che avevo visitato era stata quella del fabbro, perché una delle dame voleva che riferissi le lamentele che a lei erano state riferite da suo marito riguardo a una spada corta dall’elsa troppo pesante, e avevo dovuto passare mezz’ora a sentire i piagnistei di quell’omaccione su come tutti gli mettessero tanta pressione prima di potergli cavare la promessa che avrebbe riequilibrato la spada. L’erboristeria era dall’altro lato del cortile, e non avevo mai parlato con nessuno di quelli che ci lavoravano, ma speravo che fossero un po’ più vivaci.

Procedetti, scostai la tenda dell’ingresso, e fui prontamente investita da una fiammata.

 Cacciai un urlo e indietreggiai, mentre qualcuno all’interno sbraitava “Chi è quel cretino che ha lasciato lì quella roba?”

 Non mi si era appiccato il fuoco da nessuna parte, urgeva andare a controllare cosa stesse succedendo. Dovetti schiacciarmi contro la parete: dalla parte opposta, da alcuni vetri di fiale rotte e rimasugli di sostanze strane si levavano alte fiamme bluastre, che una ragazza bassa e rotondetta di circa la mia età stava cercando di domare, mentre un tizio riccamente vestito le sbraitava contro a distanza di sicurezza.

“Perdonatemi, mio signore!” stava dicendo la ragazza. “Ma vi consiglio di muovervi con più cautela, qui ci sono sostanze pericolose –“

“E sono stato io a mettercele? NO! Siete voi i mentecatti che lavorano qui! Siete voi quelli che piazzano sostanze combustibili dove chiunque le può urtare!”

 “Scusatemi se mi permetto, ma eravate stato avvertito di non avvicinarvi –“

 “E credi che non capiti a nessuno di perdere l’equilibrio? Queste idiozie sono da evitare a prescindere!”

“E quindi tu hai causato l’incendio, e te ne stai fermo a urlarle contro lì mentre lei cerca di domarlo?!” questa volta fui io a sbraitare.

 “Che stai dicendo, schiava? Qui non puoi parlare se non sono io a dirti di farlo! Fa’ quello che è il tuo dovere, piuttosto, e spegni quell’incendio!”

 “Perfetto!” gli urlai di rimando.

 Ora che la indosso abitualmente, so che la lana è piuttosto resistente agli strappi, anche quella fine; perciò non ho idea di che razza di forza io abbia dovuto usare per strappare un pezzo al ricco abito di quel tizio e usarlo per soffocare le fiamme, premendo bene finché non ebbero più ossigeno per alimentarsi, strinandomi le mani e imprecando tutto il tempo. Devo essere stata davvero arrabbiata, e a tutt’oggi, non mi pento delle mie azioni.

 Capisco che quell’erboristeria non era stata proprio attentissima nelle norme di sicurezza, ma che ‘perdita dell’equilibrio’ doveva aver avuto quell’idiota per causare una simile distruzione di ampolle? E poi quel suo modo di rifiutarsi di prendersi le sue responsabilità, schiacciarsi contro la parete a urlare contro a quella poveretta che stava cercando di spegnere il fuoco, senza muovere un dito per aiutarla, solo perché era di una classe sociale inferiore … mi mandava in bestia, dannazione. Odiavo i tipi come lui.

 L’incendio fu dunque domato con successo; e una volta che io non fui più prossima a una fonte ignea, fui prontamente afferrata e scaraventata a terra.

“Che cazzo hai fatto!” sbraitò l’uomo, mentre la ragazza mi guardava a occhi sgranati. “Ora mi dovrete ripagare la tunica! Perché non hai usato i tuoi, di vestiti, se volevi spegnere il fuoco?!”

 “Perché così ti avrei permesso di contribuire, anche se eri troppo vigliacco per avvicinarti” sbottai. “E per la tunica? Parlane con la mia padrona, se tanto ci tieni”

 “Intendi lei?” indicò la ragazza, prima di rivolgersi a lei. “Voglio parlare con tuo padre!”

 “Non è una nostra schiava” rispose la ragazza, con un filo di voce.

 Il tizio si bloccò del tutto. “No?”

 “Ero qui per una commissione. La mia padrona è l’Imperatrice Llyra. Parlane con lei se tanto ci tieni”

 A giudicare dalla faccia, più di tanto non ci teneva adesso.

 “Avrai delle conseguenze, scarto respirante” mi promise comunque, prima di uscire in tutta fretta. Tra parentesi, non ebbi alcuna conseguenza: o il tizio aveva deciso che la faccenda era troppo triviale per portarla davanti alla sovrana, o quest’ultima aveva capito la situazione meglio di lui.

 La ragazza comunque corse ad aiutarmi a rialzarmi. “Come … come hai …” balbettò, guardandomi come se fossi appena arrivata da un altro mondo. Chissà perché, stava iniziando a diventare un comportamento comune.

 “Come ho affrontato quello? Era un imbecille. Se lo meritava”

“Ma no, la colpa era mia” si affrettò a spiegare lei. “Avrei dovuto mettere le ampolle in un altro posto …”

 “E non l’hai avvertito che non andavano toccate?”

 “Sì, ma avrei dovuto prevedere che avrebbe perso l’equilibrio …”

 La guardai con occhi sgranati, e scoppiai a ridere. Sul serio, provai anche a trattenermi, ma proprio non ci riuscii.

 La ragazza mi guardò confusa. “Ho detto qualcosa che non va …?”

 Ehi, ma questa era la prima persona a preoccuparsi della mia opinione da quando avevo messo piede in questo nuovo mondo. Mi stette allo stesso tempo un po’ più simpatica, e un po’ più antipatica, perché mi rendevo perfettamente conto che questo non era che un sintomo da Sindrome dello Zerbino acuta.

 “Stai scherzando, vero? Come diavolo facevi a prevedere che quel tizio era così sfigato che non sapeva nemmeno stare in piedi da sé?!” la ripresi. “E poi, hai visto come non ti ha aiutata? Ha fatto lui il casino, volontariamente o meno, e se ne è stato appiccicato alla parete a urlarti contro mentre tu te la vedevi con il fuoco. Bel comportamento da stronzo!”

 “Ma bisogna portare rispetto” obiettò lei.

 “A chi? A lui? Perché? Cos’ha fatto per meritarselo?”

 “Bisogna comportarsi così …” replicò lei, ma potevo percepirne l’incertezza. Per la miseria, fino a quel giorno non aveva posto in discussione perché bisognasse portar rispetto agli altri, specie se erano imbecilli? Esisteva un limite all’imbranataggine umana?

“È un nobile, è di classe superiore alla mia”

“E fregatene!” ribattei. “È nato in un’altra classe per puro caso, non è diverso da te! Anzi, se è un nobile, tanto più un motivo per mandarlo a quel paese!”

 La ragazza mi fissò a bocca aperta. “Ma questo atteggiamento non ti mette nei guai con i tuoi padroni?”

 Io scrollai le spalle. “Me ne frego”

 Non era proprio verissimo, ma questo la ragazza non aveva bisogno di saperlo. Lei mi sorrise, adeguatamente impressionata. “Sei davvero coraggiosa. Come ti chiami?”

 “Corinna”

 “Io sono Alasu Yzdai, felice di conoscerti”

 Era la prima volta che qualcuno mi diceva così in quel mondo, e invece di storcere il naso al mio comportamento ribelle, ne era ammirato. La ragazza mi fu davvero molto più simpatica.

 “Ma ti chiedo scusa, di cosa avevi bisogno?”

“Una delle gran dame nell’altro cortile ha la tosse ed esige un rimedio”

 “Subito. È allergica a qualcosa?”

 “Non me l’ha detto, quelle tizie sono convinte che io sappia leggere nel pensiero”

 “Ma …! Lasciamo perdere. Chi è quella donna?”

 “Uyella”

 “Ah, sì! So cosa le serve”

 “Una purga?”

Alasu mi parve quasi sul punto di ridere. “No! … Cioè, certe volte sarei tentata di darle un calmante di nascosto, ma …”

 La tenda si spostò e la ragazza tacque di colpo.

 “Alasu!” strillò un uomo. “Che cosa è successo?”

 Il padre di Alasu, dedussi dagli abiti tipici degli artigiani e da quello che aveva detto il nobilastro di prima.

 “Che cos’è successo qui?!”

 Alasu abbassò gli occhi a terra. “C’è stato un problema con le ampolle …”

 “Hai accusato un nobile di aver provocato l’incendio!”

 “Ehi, lei l’aveva avvisato che le ampolle non andavano toccate! Che responsabilità ha lei di come si muovono gli altri?”

 Il farmacista mi fulminò con lo sguardo e mi indicò. “Alasu, ecco come sono le giovani di basso livello e male educate: aggressive e irrispettose. Mi rifiuto che tu diventi una di loro! Vieni nel retrobottega, dobbiamo parlare”

 “Prima posso finire di preparare l’ordinazione …?”

 “Sì, quello sì. Ma poi non voglio sentire scuse”

 Be’, quello spiegava molte cose. Ad esempio, che Alasu era ancora molto bambina, di testa. Lei si affrettò a mescolare vari intrugli, e infine mi porse il risultato in una boccetta.

 “Raccomandale di masticarlo lentamente. E mi dispiace averti trattenuta tanto a lungo”

 “Eh, è stata una buona pausa, dai. E non dare peso a quello che ti dice tuo padre. I genitori sono convinti di essere la bocca della verità, ma dimostra solo quanto siano pieni di sé”

 Non ho idea di come sia andato davvero il colloquio di Alasu con suo padre. Però io ero contenta. Finalmente ero riuscita a parlare con qualcuno che invece di rovesciarmi addosso critiche per il mio comportamento ribelle, strillarmi ordini e rifilarmi ceffoni, sembrava adeguatamente impressionato.

 Da allora, trovai sempre molto piacevoli le visite alla farmacia.

 

“Seriamente, sono almeno due settimane che quell’anello dovrebbe essere pronto, e ancora Sayre non ha mandato nessuno a consegnarlo! Cosa passa in testa a quell’uomo? Anzi … Corinna! Vai alla bottega dell’orafo, e indaga sullo stato del mio anello!”

 Come si dice da quelle che erano le mie parti, mi levo il cappello di fronte a questa gran signora, che non solo si era ricordata che gli schiavi non erano magici esseri telepatici, ma si era pure ricordata il mio nome giusto. Non ebbi quindi nessuna replica sarcastica a quest’ordine, mi limitai ad alzarmi e a marciare verso il Cortile degli Artigiani senza dire una parola.

 Trovai l’oreficeria accanto alla bottega del fabbro: mentre dalla seconda proveniva un gran chiasso di metallo battuto, dalla prima uscivano solo leggeri picchiettii metallici. Scostai la tenda, e mi ritrovai in un ambiente incredibilmente buio, illuminato solo da una fornace dalle braci morenti contro una parete e una lampada appoggiata a un tavolo in legno. Un uomo era seduto al tavolo, intento a picchiettare una placca d’oro con una specie di martelletto. Chino com’era, i capelli gli ricadevano davanti al viso, impedendomi di distinguerne i lineamenti.

 “Ehi, mio signore” gracchiò una voce femminile piuttosto rauca. “È arrivata una nuova cliente”

 L’uomo non reagì, restando chino sul suo lavoro.

 “Perdonatelo” riprese la voce di prima. “È tanto concentrato che nemmeno ci sente. Secondo me fa finta per darsi l’aria da grande artista”

 Ritenni la proprietaria della voce abbastanza simpatica da mettermi a cercarla con lo sguardo: in un angolo, individuai la ragazzina bionda che avevo già intravisto un paio di volte in giro per il cortile. Avevo sempre pensato che fosse piuttosto brutta: la sua faccia era come se qualcuno avesse preso un pezzo di legno e ci avesse inciso un volto umano alla meno peggio. Il fatto di non essere l’unica schiava sulla faccia di quella terra ad essere sarcastica verso il suo padrone mi confortò, comunque.

 “Se mi dici cosa vuoi ordinare, lo segno da qualche parte finché la grande opera del giorno non è terminata”

 “Non devo ordinare niente. La signora – lettore, non mi ricordo più come si chiamasse quella donna, perdonami! – vuole sapere le sorti dell’anello che avreste dovuto consegnarle due settimane fa”

 “Ah. Non ne ho la più pallida idea. Mio signore!”

 “Aspetta un attimo, finisco questo …” mugugnò l’uomo. Dalla voce, sembrava piuttosto giovane. Magari era l’apprendista, invece dell’orafo vero e proprio?

 Comunque, sia a me che alla sua schiava toccò di restarcene lì impalate, in attesa che finisse qualunque cosa dovesse fare. Un anello per domarli e nel buio incatenarli … no, perdonami, temo che nessuno coglierà mai questo riferimento.

 Finalmente il sommo artista si degnò di smettere di picchiettare, e mise da parte la lastra d’oro. Marciò verso le finestre e tirò le tende, permettendo finalmente a un po’ di luce di entrare nella stanzetta.

“Scusa per-“

 “Oh, di nulla! Anzi, grazie della munifica concessio …ne …” dovetti sforzarmi per portare a termine la frase nel necessario tono sarcastico, perché la luce mi permetteva finalmente di vedere l’orafo in faccia. Era semplicemente il giovane più bello che avessi mai visto.

 Non sembrava molto più vecchio di me, probabilmente attorno ai vent’anni. Aveva i lineamenti piuttosto fini rispetto alla gente del luogo, con gli zigomi alti, e occhi neri, piuttosto allungati, dallo sguardo incredibilmente intenso. Portava i capelli leggermente più corti di quella che pareva essere l’usanza del luogo per gli uomini, ed erano piuttosto arruffati. Aveva anche un gran bel fisico – non so di preciso quanto lavoro di forza gli orafi debbano fare nel loro lavoro, ma da quel punto di vista non c’era proprio niente da ridire. L’unico dettaglio vagamente stonato erano le labbra, stranamente sottili, ma il difetto era più che trascurabile in un volto così splendido.

 Il cuore mi si trasferì dalla gabbia toracica alla base della gola, rendendomi difficile l’articolazione di suoni concreti; e questo prontamente mi fece infuriare con me stessa. Io non ero una di quelle oche che avevano in testa solo i ragazzi! Proprio no! Non importava quanto impossibilmente figo fosse questo qui, io non mi sarei messa a sbavare o a balbettare o a dargli un qualsiasi altro trattamento preferenziale, anzi! Avevo una reputazione (veramente no) da mantenere.

 “Di nulla, di nulla” rispose lui sfacciatamente. “L’anello di (nome dama), hai detto?”

 “Sì. Dice che avreste dovuto portarglielo due settimane fa. Cos’è, sei rimasto a lavorare tutto il tempo su quella placca lì?” questa presa in giro parve scadente pure a me, ma non avevo il cervello in pieno funzionamento, lì.

 “No, quello è un progetto più recente” lui ignorò completamente il mio sarcasmo, controllando invece un taccuino logoro, prima di buttarlo via con uno sbuffo esasperato. “Credo che il ritardo abbia piuttosto a che fare con il fatto che quando mi ha commissionato il gioiello e le ho detto entro quanto sarebbe stato pronto, l’onorevole signora mi ha detto che avrebbe mandato qualcuno a prenderlo”

 Uh, sì, in effetti suonava come qualcosa che quella donna avrebbe potuto fare. Ma se gliel’avessi data vinta, avrebbe capito che mi piaceva? Meglio non rischiare.

“E in tutto questo tempo nessuno ha pensato che si fosse dimenticata? O vi pesava troppo il culo ad andarglielo a chiedere di persona?”

 “Le sei molto leale” notò lui, avvicinandosi a una specie di credenza colma di scatoline. “Ma è la prima volta che ti vedo. Sei entrata al suo servizio da poco tempo o sbaglio?”

 “Io sono un’ancella dell’Imperatrice, non sua” replicai.

 “Ah? Allora la tua lealtà si fa ancora più sorprendente” frugò all’interno del mobile. “O eri solo dell’umore di insultare qualcuno?” alzò le mani al cielo per la frustrazione. “Linca! Si può sapere dov’è l’anello di (dama)?”

 “Mio signore, ho seri dubbi che vi ricordereste dove avete messo la vostra testa, se non ci fossi io! … E comunque vi ho già detto che non ne ho la più pallida idea”

 “Vai a dirlo alle guardie, così possono star sicure che non farò mai nulla che meriti la decapitazione. Ma non lo tieni tu l’inventario?”

 “Se qualcuno non avesse passato gli ultimi giorni a spedirmi in giro a fare trentamila cose mentre lui stava tranquillo qui a sfornare nuovi gioielli a ripetizione, magari avrei trovato il tempo di aggiornarlo! In ogni caso, gli anelli di solito non sono nell’anta in basso?”

 “È vero, hai ragione …” l’orafo aprì l’ultima anta del suo mobile. Vi si riversarono fuori un’infinità di scatoline, effettivamente abbastanza piccole da contenere un anello.

“Oh. Scusami, ragazza … come ti chiami?”

Borbottai il mio nome.

 “Strana variazione, di che provincia sei?”

 “Fatti gli affari tuoi”

 “Propongo un accordo: io mi faccio gli affari miei, e in cambio tu mi aiuti a ritrovare la scatola giusta”

 “Stai fresco. Tieni in ordine la tua roba” Non ero certo la persona più adatta a fare quella predica, ma non avevo intenzione di mostrarmi minimamente arrendevole con lui. ‘Dimostri un po’ di gentilezza a un ragazzo, e lui chissà cosa si mette in testa’, pensavo.

“Il tuo desiderio di impartirmi una giusta lezione è ammirevole!” replicò lui, con un gran sorriso. Un meraviglioso sorriso – eh no, dovevo restare concentrata sul guardarlo male! “Un desiderio tanto intenso, che immagino sarai disposta ad aspettare tutto il tempo che io e Linca cerchiamo la scatola giusta. Ci metteremo un po’, senza nessuno ad aiutarci, ma immagino che la signora che ti ha mandata qui non sarebbe molto contenta del tuo ritorno a mani vuote. Accomodati pure contro quella parete, non ci sono sgabelli qui”

 Ci riflettei. La dama si sarebbe davvero arrabbiata, se fossi tornata senza anello? Probabilmente mi avrebbe accusata di essere pigra, ma non era che me ne fregasse granché della sua opinione. Cosa avrebbe pensato questo qui? Mi aveva involontariamente passato una scusa per aiutarlo senza sembrare una delle ochette servizievoli che sicuramente gli morivano a dietro … e l’idea di scambiare qualche altra parola con lui non mi dispiaceva, affatto. Ma gli avrei messo in chiaro chi comandava.

 “E va bene” sbuffai, sedendomi accanto al mucchio di scatoline in cui lui e la sua schiava stavano già rovistando. “Da cosa la riconosco quella stupida scatola?”

 “Molto generoso da parte tua, Corinna! È la numero quarantasette, lo troverai inciso sul fondo”

 Eh? Ma io sarei stata in grado di decifrare i numeri di questo posto? Energia ci aveva pensato? Pace, al limite mi sarei finta analfabeta, sapevo che andava di gran moda nell’antichità. No, non ce n’era bisogno, bisognava riconoscere all’elemento che era stato previdente …

 “Io comunque sono Sayre Tupachi” si presentò lui.

 “E chi te l’ha chiesto?”

 “È una formula di presentazione tipica da queste parti. Da dove vieni tu non si usa dire il proprio nome quando ci si presenta?”

 “Intendo dire che non me ne fregava proprio niente di te o del tuo nome. E comunque sbaglio, o anche tu non sei di qui?”

 “Esprimi un sentire un po’ contraddittorio. Comunque hai ragione, sono della provincia di Alaya, come la maggior parte degli orafi, del resto”

 Non ero arrossita quando mi aveva fatto notare la contraddizione, vero? Vero?

“La tua provenienza invece è avvolta nel mistero. D’accordo, non insisto. Almeno sei riuscita ad ambientarti bene, qui al palazzo?”

 “Oh, sì, davvero! Sono una schiava, mi tocca scorrazzare per tutto il giorno agli ordini di donne viziate e piene di soldi, tutti quelli cui posso parlare sono zerbini intenti a leccare i piedi ai padroni, sta andando davvero benissimo!” ribattei sarcastica.

 Sayre era la prima persona in diversi giorni che cercava di informarsi sul mio benessere, ma probabilmente era solo un tentativo di fare conversazione durante una ricerca noiosa, e poi non avevo nessuna voglia di fare la carina e dare la stereotipata risposta che mi trovavo benissimo. Volevo dimostrargli che ero una da dire quello che pensava, anche quando non era una bella cosa. Santa pace, quanto potevo essere palese?

 Sayre infatti mi indirizzò un sorriso comprensivo – molto carino …- e mi posò una mano su una spalla. Ebbi la sensazione che il mio cuore si fosse spostato a fare capriole all’interno della gola.

 “Ti capisco. Perdere la libertà non è piacevole di suo, se poi si finisce in un pessimo ambiente …”

 “Non mi serve la tua compassione!” sbottai, scansandogli la mano.

 “E allora perché ti sei lamentata?”

 Lo fulminai con lo sguardo. “Io non frigno. Stavo solo descrivendo le cose così come sono!”

 “Ma sbaglio o, se mi fossi dimostrato freddo verso le tue sofferenze, mi avresti mandato a quel paese?”

 Mi immaginai la situazione … sarei rimasta piuttosto urtata, in effetti – no, l’opinione di questo tizio non mi interessava! Non importava quanto bello fosse, o quanto sembrasse fastidiosamente intuitivo, non mi sarei fatta ferire da un ragazzo!

 La conclusione pratica di queste risoluzioni fu un grugnito da parte mia, perché davvero non mi veniva una risposta. Sentii una risatina. Dannazione, non gli avevo dimostrato che aveva torto!

 “Su questa situazione non c’è niente da commentare. Io ho detto le cose come stanno, poi chissenefrega di cosa ne pensi tu” la risposta ‘adeguata’ mi venne a scoppio ritardato.

 “E allora perché ti sei tanto inalberata quando ho cercato di –“

 “Trovata!” annunciò Linca. “Probabilmente perché ero l’unica che stava davvero cercando”

 “Si può lavorare anche mentre si chiacchiera, Linca. Mi risulta che tu lo sappia molto bene, visto che di solito non stai mai zitta”

 “Si può fare, ma è un’arte riservata a pochi. A voi no di sicuro, mio signore, visto che avete passato in rassegna dieci scatole”

 “Sei sprecata a lavorare per me, dovrei venderti a un esattore delle tasse. Comunque” prese la scatolina che la sua schiava gli porgeva e me la consegnò. “Ecco qui l’anello. Puoi porgere le nostre scuse alla signora, quando glielo porterai? Il ritardo non è colpa nostra, ma alla nobildonna non farà piacere saperlo”

 “Che vigliacco” commentai, iniziando ad avviarmi verso l’uscita.

 “Cara Corinna, se non vuoi far capire che sei attratta da qualcuno, ti consiglio di cambiare tattica. La finta aggressività funziona solo se usata in misura corretta, e la tua era esagerata al punto della parodia –“

 Trovai un grave peccato che all’ingresso della sua bottega ci fosse una tenda invece di una porta come si usava nel mio mondo. Sbattergliene una in faccia sarebbe stato molto più soddisfacente del semplice tirare violentemente quello stupido tessuto.

 

 

 

 

 

GLOSSARIO (e qualche trivia):

Mekilo: essere simile a uno scoiattolo, solo molto più grande, con zampe molto più lunghe e la coda in fiamme. Essendo un animale legato al fuoco, non è considerato sacro a nessun dio, ma sfruttabile da tutto il genere umano. Viene usato soprattutto per trasportare merci e persone.

Occlo: bovino ricoperto di squame e con protuberanze lunghe e sottili, simili a serpenti che stanno al posto delle corna e da cui esce fuoco. Anch’esso animale legato al fuoco, ma per la sua pericolosità e la capacità di controllare i loro getti di fuoco sono quasi esclusivamente cavalcature da battaglia.

Kutluqun: capre anfibie con alghe al posto della pelliccia. Sono considerate sacre al dio Tumbe, e per questo, per allevarle o catturarne di selvatiche, è necessaria l’autorizzazione di un sacerdote di quel dio.

Lymplis: pesci volanti, con le pinne coperte di piume. Sono sacri alla dea Chicosi, dunque è necessaria l’autorizzazione di un suo sacerdote per possederne uno. Malgrado ciò, sono popolari come animali da compagnia presso la nobiltà.

Kyllu: uccelli simili a cigni, fluorescenti. Sono sacri al dio Achemay, e allevati solo all’interno del palazzo imperiale. Il loro piumaggio è usato per decorare le corone dei sovrani.

 

Shillqui: piante in cui scorre un liquido per aspetto e consistenza simile al miele, che causa a tutto l’albero di agitarsi violentemente. Se bevuto, questo liquido dà gli stessi effetti agi esseri umani, ma è difficilissimo metterci le mani sopra. Pianta sacra a Pachtu, i suoi sacerdoti ne devono bere la linfa durante le cerimonie.

Likri: fiori simili a gigli rossi, dalle temperature bollenti, che esalano un fumo sottile. Se tuffati in acqua gelida e canditi, sono considerati ottimi per la pasticceria, ed essendo legati al fuoco, l’unico limite al coglierli è potersi permettere buoni guanti protettivi.

 

Qillori: cristalli di colore azzurro chiaro, molto usati in oreficeria.

Achemairi: cristalli di colore dorato, anch’essi comuni per l’oreficeria.

 

Notte: entità primordiale da cui tutto il mondo ha avuto origine.

Achemay: dio del sole, entità più importante del pantheon Soqar.

Achesay: dea della terra.

Chicosi: dea dell’aria.

Tumbe: dio del mare, dei fiumi e dei laghi.

Sulema: dea del fuoco.

Pachtu: dio dei fulmini e della vita.

Qisna: dea della morte e delle paludi.

Supay: esseri più collegati al folklore che alla religione vera e propria, sono creature della Notte, incaricati di torturare le anime dei peccatori che lì vengono gettate.

 

 

 

 

 

Ladies & Gentlemen,

dopo qualche secolo, ecco il nuovo aggiornamento. Come potete vedere sopra, dietro grande richiesta di parecchia gente che per i miei tentativi di realismo si ritrovava a non capirci più niente, è stato introdotto il glossario, che d’ora in avanti sarà aggiunto alla fine di ogni capitolo con una spiegazione su tutti gli elementi di Tahuantinsuyu fino a quel momento menzionati, con l’eccezione di quelli che in un modo o nell’altro potrebbero essere uno spoiler. Ringrazio tutti quelli che mi hanno fatto notare il problema, i vostri commenti mi sono sempre utili.

Passando al capitolo, ci ritroviamo Simay alle prese con rivelazioni bomba che mettono in discussione il modo in cui fino a quel momento aveva visto il mondo, e Corinna che si confronta con qualcosa di anche peggiore, le cotte adolescenziali. Scherzi a parte, cosa ne pensate della prima parte, e dei collegamenti trovati da Choqo? E cosa ne pensate adesso di Sayre, visto con gli occhi di un’altra persona? E quali sono le vostre impressioni sulla new entry Alasu?

Grazie per aver letto, e un altro grazie se vorrete lasciare una recensione!

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Capitolo 9
*** Dove ci si ribella, ma anche no ***


                                      CAPITOLO 8

           DOVE  CI  SI  RIBELLA, MA  ANCHE NO

 

 

 

 

                                                                Dal Manoscritto di Corinna

 

Insomma, tra un incontro e l’altro, tra l’impratichirmi della mia nuova posizione e il venire a capo dei meccanismi che regolavano la vita sociale della corte, erano passati dieci giorni in cui io avevo dovuto abituarmi a comportarmi benissimo. E non ne potevo più.

 Avevo passato così tanto tempo a pensare a me stessa come una ribelle, schifata dalla società rigida e perfezionista e con troppa spina dorsale per curarsi delle sue regole. Trovarmi lì, costretta a servire ai capricci di donne ricche e viziate senz’altra maniera di oppormi che il sarcasmo, quasi mi faceva paura. Quella non ero io, quella non potevo essere io. Avrei voluto solo andarmene di lì, arrivare al momento del mio ritorno a casa senza dover passare per tutto quello che stava in mezzo. Ma direi l’ovvietà se facessi notare che ciò era impossibile; e d’altronde, quel poco di buonsenso che avevo mi faceva notare che avevo molte più possibilità di avere il permesso di perseguire il sacerdozio se mi fossi mostrata una persona docile e obbediente che non una ribelle scatenata.

 Ma ciò non mi impediva di sentirmi come costretta in una gabbia, forzata nelle parole e nei movimenti, e credevo quasi di essere sul punto di esplodere. Sentivo di non poter andare avanti in quel modo, dovevo fare qualcosa per dimostrare a me stessa e agli altri che non ero una di quelle pecore patetiche che obbedivano docilmente a tutti gli ordini dei loro padroni. Alla faccia di quello che aveva detto Energia, avrei provato di essere diversa dagli altri.

 Vi era, però, la non insignificante complicazione che rifiutarmi di stare al mio posto avrebbe portato, a seconda della gravità del caso, a: schiaffi, percosse, possibile esecuzione. E io, intendiamoci, non ero certo tipa da spaventarsi di fronte a qualche sberla … però la resistenza non solo non avrebbe cambiato la mia situazione, sarebbe stata completamente inutile. Avrebbero continuato a darmi ordini, ed era più probabile che una resistenza a oltranza si concludesse con l’opzione ‘morte’ che con una loro desistenza. Ma il costante disgusto per la mia debolezza non cambiava. Come fare?

 Semplice, decisi alla fine: la mia ribellione sarebbe stata privata. Non grandi atti, ma trasgressioni di cui non avrebbe saputo nessuno. Magari mettere qualcosa nei cibi che dovevo portare alle dame più antipatiche, o nascondere loro oggetti. Forse erano dispetti un po’ infantili (solo forse?, direi ora), ma era il massimo che potevo permettermi.

 Una volta presa questa decisione, mi parve quasi che sarei morta, se non l’avessi posta in atto. Mi sarebbe piaciuto iniziare facendo aggiunte ai loro cibi, ma fui trattenuta dalla mia ignoranza di fauna e flora locale: e se nel mio tentativo di usare qualcosa di disgustoso avessi invece aggiunto qualcosa di velenoso, o peggio, buono? Avrei potuto chiedere ad Alasu, ma chissà perché, avevo la vaga sensazione che la figlia del farmacista non avrebbe granché approvato la mia impresa.

 Decisi dunque che avrei cominciato col nascondere degli oggetti, per quello non serviva un esperto erborista … e nemmeno una mano lesta, se te lo stessi chiedendo: ho già menzionato che quel tipo di donna non pulisce mai ciò che si lascia dietro, aspettandosi che siano gli schiavi a farlo?

 La mia vittima, la prima e unica volta che tentai un’azione simile, fu Uyella: era senz’altro quella che mi stava più antipatica, e poi quel giorno mi si era presentata l’occasione d’oro: pareva si desse una rappresentazione scenica di un qualche dramma romantico, e le dame orbate di Imperatrice avevano deciso di recarvisi in massa per passare il tempo. Molte di loro, dato l’improvviso cambio di temperatura classico primaverile, si erano lasciate dietro in quel giardino svariati guanti e mantelli di pelliccia.

 Le mie colleghe ripiegarono ordinatamente il tutto da brave schiavette ubbidienti, io riuscii a infilarmi i guanti di Uyella sotto il vestito mentre nessuno guardava, prima di imitarle con tutto il resto. Bene, lo scherzo procedeva! Adesso, dove avrei dovuto mettere quei guanti?

Non contavo certo di rubarglieli, sarebbero stati guai seri se me li avessero trovati addosso. Piazzarglieli su un albero o in una delle gabbie dei pesci non avrebbe funzionato, avrebbero di sicuro capito che qualcuno che li aveva messi apposta. Le stanze interne del palazzo sembravano già un’idea migliore. C’era una sala per i banchetti interni, ma fino a quel momento non l’avevo mai vista utilizzata, quindi non si sarebbe potuto imputare il tutto a una distrazione della ragazza. Però avevo visto un paio di volte, nei giorni di pioggia, le dame trasferire le loro conversazioni negli appartamenti dell’Imperatrice, in una sorta di salotto che a quanto pareva era destinato proprio a quei ricevimenti. Già un posto più credibile, al massimo la ragazza avrebbe pensato di essere stata sbadata e di averli dimenticati lì, piuttosto che capacitarsi che qualcuno le avesse fatto uno scherzo. Sai, ero fermamente convinta che le ragazze viziate mancassero di immaginazione.

 Mi diressi dunque verso il salottino, preparandomi la brillante scusa di volerne controllare l’eventuale disordine; ma mi arrestai proprio sul punto di entrarvi, sorpresa dalle voci dell’Imperatrice e della sua amica Chica. Loro non erano nella stanza, ma in quella accanto, che a quanto sapevo era la camera privata di Llyra. Okay, non me ne fregava niente di quello che si stavano dicendo, volevo solo fare uno stupido scherzo, sarei entrata moooolto piano, avrei nascosto i guanti sotto un cuscino e me la sarei filata altrettanto silenziosamente.

 Sulle prime non sentii neanche quello che si stavano dicendo, controllavo semmai che le voci non si avvicinassero. Poi una parola catturò la mia attenzione: “Dumaya”. Ehi, non era quel posto da cui proveniva quel ragazzo, Simay? Era il figlio del governatore, a quanto ricordavo.

 “E’ possibile” stava dicendo Llyra – una volta sentita quella parola, la mia attenzione si spostò involontariamente a tutto il discorso. “Etahuepa si è trattenuto solo per poche ore, avrebbe avuto tutto il tempo di distrarre il tesoriere e trovare quella lettera. Ma dato che Camzo sostiene di averlo lasciato da solo per pochi minuti, avrebbe avuto bisogno di sapere dove fosse esattamente la lettera per manometterla”

 Lettere manomesse? Stavo per caso ascoltando a qualcosa di interessante? Non mi dire che il padre di quel ragazzo tutto regole infrangeva la legge! Sarebbe stata una bella ironia …

“Il che ci porta al problema di come facesse a saperne l’ubicazione in primo luogo. Ha degli infiltrati? In tal caso, perché si è dovuto scomodare lui stesso, invece di fargli riportare il contenuto dal detto infiltrato? Senza contare che l’unico vero uso che Etahuepa potrebbe avere per la lettera è renderne il contenuto pubblico mostrandola come prova, e davvero non l’ha fatto”

 “E’ quello che non capisco, mia signora. Chiunque sia stato, perché lasciarci la lettera? Sappiamo che è stata spostata solo perché l’ordine delle carte in cui era infilata era sbagliato!”

 “Per lasciare prove e screditarci” replicò Llyra. “Immagina: il giovane Simay viene rivelato pubblicamente come figlio dell’Imperatore”

 Cosa?

 “Il padre è entusiasta di aver avuto un figlio dall’amore della sua vita, lo nominerebbe subito suo erede, ma le parole da sole non servono a nulla. Qualunque contadino potrebbe andare in giro dicendo di essere il suo figlio perduto. E allora come viene risolta la situazione? Il ragazzo rivela che le prove erano esistite tutto il tempo, e anzi, erano state occultate dalla stessa sposa fedifraga del sovrano. Possono essere rintracciate. L’Imperatrice cade in disgrazia con tutti i suoi figli, e Simay diventa erede ufficiale. Perfetto lieto fine”

 Che cavolo stavo ascoltando …? Io speravo in … non so … la rivelazione che non tutti gli abitanti di questo dannato posto fossero dementi servi dell’autorità imperiale, ma non a questo livello …! Oddio, e adesso che facevo? E se mi avessero beccata a origliare cosa mi sarebbe successo?

 “Allora avete distrutto la lettera, mia signora?”

 “Ti ho detto mille volte di chiamarmi Llyra! Comunque, no. Finché il ragazzo non sarà chiaramente inadatto al trono, ci sarà sempre la possibilità che sua madre cerchi di contattare mio marito, o qualcuno dei suoi fidatissimi. Devo poter riconoscere la grafia di quella donna, e purtroppo non sono in grado di farlo a occhio. Distruggerò la lettera solo una volta che il ragazzo sarà contaminato, a quel punto potrebbe provare solo un nostro scomodo coinvolgimento nella faccenda”

 Oh merda … cosa voleva dire ‘il ragazzo sarà contaminato’? Be’, grazie, che altro poteva dire un’Imperatrice che tentava di sbarazzarsi di uno scomodo erede al trono con quelle parole? Questa voleva far fuori quel Simay. Probabilmente trasmettendogli una qualche malattia mortale, per far credere che fossero cause naturali.

 Cazzo … ero passata da ascoltare cose che mi avrebbero messa in serio pericolo se fossi stata scoperta, ai progetti di uccidere qualcuno. Cosa potevo fare?

 “Ma … Llyra, non temi che la rintraccino?”

 “L’ho spostata. Pensavo che nessuno sarebbe mai andato a guardare in un mucchio di vecchie scartoffie, ma evidentemente ho sottovalutato la tolleranza dei miei avversari alla noia. Ora, vedi quel mio piccolo cassettino dei gioielli?”

 “E’ lì dentro? Non temi che le serve …?”

 “Non hanno alcun interesse a quel cassettino. Non potrebbero rubarmi nulla senza essere immediatamente scoperte, e la pena capitale non vale un bel gioiello”

 “Come credete giusto che sia, mia signora. Ma per quanto riguarda l’autore della manomissione …”

 Ma io cosa stavo facendo?! Ero lì, impalata in una stanza dove non sarei dovuta essere, ad ascoltare una conversazione a proposito della morte di qualcun altro. E che avrebbe potuto portare alla mia, di morte, se fossi stata sorpresa.

 L’idea di morire giustiziata in quel luogo, per qualcosa in cui nemmeno c’entravo, mi si parò improvvisamente davanti in tutta la sua concretezza. Niente più futuro, niente più possibilità di tornare a casa dalla mia famiglia, quasi sentii le lacrime agli occhi e un nodo in gola a quel pensiero, non volevo restare in quella stanza un secondo di più, girai sui tacchi e uscii più silenziosamente che potei. Non corsi neanche quando fui fuori dalla stanza, avrei solo attirato l’attenzione.

 Credo di essere sembrata catatonica a tutti quelli che mi hanno incrociata. Tornai nel giardino, Dylla mi corse subito incontro, e mi schiaffeggiò prima ancora di iniziare a parlare.

 “Dov’eri?!” sbraitò, tirandomi un secondo schiaffo e buttandomi a terra. “Questo posto funziona perché ha delle regole! Ha una struttura su chi debba essere dove, e quando!”

 Sottolineò ogni frase con un calcio. Non reagii. Mi sentivo come se fossi completamente incapace di muovermi, figurarsi uscire da quella situazione.

 “Tu non credere di sovvertirlo con le tue ribellioni da due soldi! Non conti niente in questo posto, capito? Non sei nessuno! Nessuno!”

 “Ma sta bene …?” mormorò un’altra schiava, notando la mia insolita assenza di reazioni.

 “Non me ne frega un accidente. Che sia in salute o in punto di morte, una schiava imperiale non mancherà mai ai suoi doveri. Ora tirati su, idiota!” ultimo calcio, poi l’aggressione finì. “Ho detto tirati su!” mi afferrò per una spalla e mi sollevò praticamente di peso, rimettendomi in piedi.

 Ritornai in me, almeno in una certa misura. Non potevo farmi vedere in quello stato, avrei attirato l’attenzione … certo, nessuno sapeva cosa avessi appena origliato, ma se avessi iniziato ad avere un atteggiamento così strano, Llyra o Chica avrebbero potuto notare la bizzarra coincidenza con la loro conversazione …

Non dissi nulla e mi rimisi al lavoro. Aiutai le altre serve a spazzare il giardino dalle foglie morte, e intanto cercai di venire a capo della situazione in cui mi ero andata a cacciare. Okay, in tutto il fottutissimo Impero, io ero una delle pochissime persone a sapere che: il figlio adottivo del governatore di Dumaya era il figlio illegittimo dell’Imperatore in carica, e che se questi l’avesse saputo il ragazzo sarebbe diventato il nuovo erede; l’Imperatrice contava di ammazzare il ragazzo, per assicurare a sé e alla prole il diritto al trono; qualcun altro nell’Impero era a conoscenza dell’identità di Simay; Llyra sapeva che qualcuno sapeva il punto sopra, ma non era sicura di chi.

 E io in tutto questo che cosa c’entravo? Nulla. Io avevo sentito tutto per sbaglio. non avevo alcun legame né con Simay né con la corte imperiale. Cioè, avevo condiviso un viaggio con il primo e tecnicamente ero al servizio della seconda, ma non si poteva dire che fossero legami profondi, specie considerato che contavo di filarmela di lì alla svelta. Non ero tenuta a fare niente.

 Non ero tenuta un corno. Quel ragazzo sarebbe stato ammazzato se non l’avessi avvertito. Cioè, magari lui sapeva già che l’Imperatrice gli stava addosso, magari a leggere quella lettera era stato davvero il suo padre adottivo, ma anche così, non poteva sapere che Llyra li aveva sgamati. Quindi sarebbe stata a rischio un’intera famiglia.

 E se a vedere quella lettera fosse stato qualcun altro? A quanto avevo potuto vedere di lui, Simay era uno di quei tipi tutti casa e tempio, felice di affrontare una vita da sacerdote. Non avrebbe avuto alcuna ragione di mentirmi: erano conversazioni private con una schiava che poi sarebbe finita chissà dove, venduta a chissà chi. E nessuno l’aveva obbligato a quelle conversazioni, se avesse avuto qualcosa da nascondere se ne sarebbe stato in portantina con papino e non mi avrebbe degnata di uno sguardo per tutto il viaggio.

 Senza contare la devozione quasi delirante che aveva mostrato verso l’autorità imperiale … ahi, altra brutta grana. Forse poteva voler dire che Simay non avrebbe voluto il trono, anche se gli fosse stato offerto, per rispetto ai suoi fratellastri legittimi, ma poteva anche voler dire che non avrebbe cercato di opporsi a Llyra se avesse cercato di ucciderlo. Non mi piaceva come il filo dei miei pensieri continuasse a tornare a questo tizio che veniva ammazzato.

 Ripensai alle conversazioni che avevamo tenuto durante il nostro viaggio. Simay era un imbranato di primissima scelta, bigotto, noioso e bacchettone, quando cercava di mostrarsi amichevole gli usciva della condiscendenza … ma qui si parlava della sua morte. Non aveva fatto nulla di male per morire. Era solo un ragazzo, un mio coetaneo, tecnicamente non era neppure adulto, andando per gli standard del mio mondo. La sua unica colpa era di esistere.

 Fui quasi sorpresa da quanto mi sentii triste al solo pensarci. Non era giusto, ecco. Lui non mi piaceva, ma dannazione, meritava di vivere!

 E io cosa potevo farci? Se fosse stato all’oscuro di tutto … inventarmi qualcosa come scusa per uscire, andare al Tempio di Achesay e spifferargli tutto?

 Non mi avrebbe creduta. Conoscevo quel tipo di persona, non avrebbe mai assunto che una magnifica Autorità potesse essere meno che pura e nobile d’intenti, a meno che non gli si piazzassero sotto il naso prove concrete. E nel mio caso c’erano: la lettera. Sapevo anche dove trovarla, avevo avuto una dose di fondello improponibile ad origliare proprio quella parte della conversazione.

 Sì, ma come fregarla? Non potevo andare lì, per quello che ne sapevo, l’Imperatrice era ancora lì dentro … avrei dovuto mettere un minimo di strategia in questo, una vera novità per me. Però non ero affatto reticente a un piano studiato: un solo passo falso, e la prossima nella lista nera della sovrana sarei stata io. La strizza al pensiero non mi era ancora passata: avevo sedici anni, quasi diciassette, non l’età in cui si pensa di poter morire, almeno nel mio mondo di origine. Morire lì, per intrighi in cui io non c’entravo affatto, senza mai più rivedere la mia famiglia, senza dire loro che gli volevo bene, che non ero sparita per mia volontà, senza che loro potessero mai sapere cosa mi fosse successo … era un pensiero che quasi mi toglieva il respiro. Non volevo, non volevo, dovevo star fuori da quella faccenda e far finta di non aver sentito niente, mandare ai Supay gli scherzi stupidi e riprendere a fare la brava schiavetta così da avere migliori credenziali per il Tempio di Pachtu … così il morto sarebbe stato Simay.

 No, cavolo! Gran bella situazione, non c’era che dire. Se avessi parlato avrei rischiato di farmi ammazzare, se non avessi parlato sarebbe stato ammazzato qualcun altro. Se pensavo che fino a due settimane prima i miei problemi erano costituiti dal passare l’anno scolastico con il minimo di impegno necessario!

 D’accordo, basta panico. Dovevo ragionare su questa cosa il più lucidamente possibile. Dal punto di vista morale, era ovvio cosa avrei dovuto fare. Ma io ero forse tipa da dar retta a quello che altri mi dicevano di fare? No, certo. Di solito mi invogliavano solo a fare l’esatto contrario, e in quel caso, l’opzione era meno che appetibile.

 Be’, Llyra era un’autorità, del resto. Di sicuro non avrebbe voluto che io mi impicciassi in quegli affari. Il mio animo ribelle andava tutto a favore del riferire a Simay … oltre al già molto convincente argomento di non far morire qualcuno.

D’altro canto, me la ricordavo la possibilità di morire, sì? Sicuro che me la ricordavo! Ma salvarmi la pelle a discapito di quella altrui … oh, era semplicemente una cosa troppo vigliacca da fare. Quelle erano le vere azioni da cagasotto, non mostrarsi remissivi verso un cavolo di potente.

 E va bene, avrei rubato quella dannata lettera.

 Cioè, l’avrei sottratta temporaneamente dal suo nascondiglio, scegliendo con cura un momento in cui l’Imperatrice fosse occupata, e sarei andata al Tempio di Achesay. Avrei detto che era per consegnare una missiva importante, in un certo senso non era neanche una bugia. Bene, bene, adesso dovevo solo documentarmi sugli orari della sovrana il giorno dopo.

 Era una donna piuttosto abitudinaria, Llyra: faceva colazione attorno a una cert’ora, poi lavorava per tutto il mattino, pranzava a una cert’ora, e poi lavorava fino all’ora di ritirarsi. Tra un ricevimento e una discussione con nobili, governatori e chissà chi altro, quando aveva tempo libero si intratteneva con le sue dame di compagnia. Oppure complottava omicidi, ma del resto, quel giorno le altre donne se n’erano andate alla rappresentazione, e lei probabilmente non aveva avuto abbastanza tempo per seguirle. Immaginai che la conversazione che avevo origliato fosse stata un caso unico, data l’importanza dell’argomento, e che di solito Llyra ordisse le sue trame la sera, quando non c’era nessuno ad aspettarla da nessuna parte. Per il giorno dopo, avrei potuto confidare nella sua solita routine.

 Decisi che avrei agito nel pomeriggio, e da quella base procedetti a studiare un vero e proprio piano, con la posta in gioco più alta che avessi avuto fino a quel momento.

 

Il giorno seguente, nel primo pomeriggio, mentre le dame cercavano disperatamente di zittire Parinya che non la finiva più su quanto le alghe di kutluqun facessero bene al viso e alle mani, sussultai come se mi fossi improvvisamente ricordata qualcosa, e filai senza una parola verso le stanze interne del palazzo.

 “Dove vai?” mi chiese subito Namina.

 “Mi sono appena ricordata di una commissione, e scusa tanto, ma se non mi sbrigo sono ufficialmente morta” le dissi, gli occhi sgranati per l’ansia. Devo aver dato una performance convincente, perché la schiava annuì e si mise a badare di nuovo alle nobildonne.

 Dovetti sforzarmi per non correre e per non sforzarmi di non farmi notare. Molteplici esperienze con insegnanti, segretari della scuola (praticamente dei servi che tenevano registri con i nomi degli studenti e delle carte a loro associate), bigliettai e una volta anche agenti di polizia (guardie) mi avevano insegnato che il modo migliore per passare davvero inosservati non è muoversi con cautela, è muoversi come se avessi tutto il diritto di fare quello che stai facendo. Molta gente è troppo pigra per indagare a fondo, se gli dai la giusta impressione. E i pochi schiavi che incrociai nel mio percorso non furono diversi.

 Ero stata poche volte nella stanza personale dell'Imperatrice, prima di allora, quando era stato il mio turno di rassettarla. Non ero ben sicura di dove fossero i gioielli: vedevo tante piccole credenze decorate, in giro per la stanza, ognuna sarebbe potuta essere quella giusta. In effetti ne aprii diverse, trovandovi profumi e cosmetici, prima di aprirne una che mi parò davanti una gran quantità di oro e gemme, gioielli ordinatamente impilati gli uni sugli altri. Eccola.

 Ignorai tutte quelle meraviglie in favore di rovistarci dentro, in cerca di carta (non voglio nemmeno immaginare come devo aver ingarbugliato collane e bracciali). Tin, tin, i gioielli ovviamente sbattevano delicatamente gli uni contro gli altri mentre frugavo: mi pareva un chiasso d'inferno. Mi ritrovai a mordermi il labbro, e se Llyra fosse tornata proprio in quel momento, non ne sarei uscita viva, dove cazzo era quella lettera, magari non si fidava di Chica e le aveva detto la collocazione errata, non ce l'avrei mai fatta e- sì! Sotto le dita, finalmente una consistenza più ruvida.

 La sfilai immediatamente: era un rotolo una specie di carta, molto più rigida e spessa di quella solita nel nostro mondo, tenuto chiuso con uno spago. Non si vedeva nessuna scritta esternamente, così controllai che la via fosse libera, uscii in fretta dalla stanza, e andai a nascondermi in una delle stanze per gli ospiti attualmente inutilizzata, dove sciolsi il nodo e iniziai a leggere.

 No, non volevo impararmi i fatti dell'Imperatore e della madre di Simay: volevo accertarmi che quella fosse la lettera giusta. Non sapevo quanto Llyra si fidasse davvero di Chica, quindi poteva averla depistata e messo la vera lettera altrove. Giusto il tempo di una rapida scorsa… sì, era decisamente la lettera giusta. Scritta dall’amante dell’Imperatore in persona … wow, sembrava una telenovela spettacolo drammatico.

 Certo, faceva uno strano effetto leggere quelle parole e pensare che fossero state scritte da una persona vera, per una persona vera ... sussultai, ricordandomi della situazione. Io quella lettera dovevo portarla a un'altra persona vera, che tra parentesi rischiava la pelle se non l'avessi fatto.

 Recuperai la mia aria di sicurezza e uscii, senza che nessuno mi questionasse. Neanche le altre dame che mi videro uscire lo fecero, assumendo che stessi portando un messaggio per conto di qualcuno. Non fu fino a che arrivai al Cortile delle Arti che qualcuno mi fermò.

 "Ehi, Corinna!" e ti pareva che non sarebbe stata una persona con cui mi sarebbe piaciuto molto parlare? Sayre per una volta aveva messo il naso fuori dalla sua bottega, e stava procedendo verso di me con un gran sorriso. "Stai bene? Linca mi ha detto che Dylla ti ha dato un brutto pestaggio, ieri"

 Mi sembrò che il cuore mi si fosse messo a fare capriole in petto. Si stava preoccupando per me? Be' ... io non sarei dovuta essere contenta di questa cosa! Non ero tipa da accettare la compassione altrui!

 Scrollai le spalle. "Non vedo come la cosa ti riguardi. E comunque ne è valsa la pena"

 "Perché? Cos'hai fatto?" mi chiese lui in risposta.

 "Cosa te ne frega?"

 "Da quella frase, avevo assunto che tu volessi un interesse più approfondito"

 "Tu assumi troppo. Comunque, avevo nascosto i guanti di Uyella" ammisi. "Se l'era cercato, viziata com'è scommetto che nessuno le ha mai dato un po' da preoccuparsi"

 "Dunque questo è il tuo concetto di giusta retribuzione! E a proposito di questo, hai sentito dell’ultimo lavoro della Dama Azzurra?"

 Wow, voleva proprio mettersi a chiacchierare! Da una parte, stavo facendo una sorta di balletto mentale per la felicità, dall'altra sapevo di dovermi sbrigare, prima che la mia assenza iniziasse a sembrare strana. "No, al momento non mi interessa che cos’abbia fatto una qualche tua collega. Adesso devo proprio andare, al massimo ripasserò più tardi"

 "Ma la Dama non … ah, spero tanto che tu ripassi" replicò lui, sfoggiando uno dei suoi spettacolari sorrisi. Emisi una sorta di grugnito in risposta e ripresi.

 Me l'ero cavata bene, vero? Mia madre diceva spesso che una ragazza non deve mai mostrarsi troppo ansiosa di uscire con un ragazzo, perché la fa sembrare già innamorata persa; piuttosto posporre, per dimostrare padronanza della situazione ... era così che suonava quello che avevo appena fatto, vero? A parte il fatto che poi, uscire ... lui sembrava piuttosto voler parlare di qualcosa che aveva fatto una sua collega artigiana dal nome d’arte altisonante, non proprio quello che dalle mie parti si definisce un appuntamento.

 Ma lo stesso, l'idea di parlare di nuovo con lui non mi faceva affatto schifo, specie se lui era altrettanto interessato ... ah, meglio rimandare quei pensieri al viaggio di ritorno. Adesso dovevo trovare lo strabenedetto Tempio di Achesay, mostrare una lettera che avrebbe potuto far saltare un po' di teste, forse gestire un tizio traumatizzato da improvvise e scottanti rivelazioni sulle sue origini e minacce di morte. Per quanto Sayre fosse carino, poteva tornarsene nei miei pensieri in un momento più rilassato.

 Trovare il Tempio fu un po' un'impresa, perché la gente continuava a darmi indicazioni usando come punti di riferimento edifici che io non conoscevo, e a un certo punto mi ritrovai pure nel bel mezzo di un mercato che nel suo caos mi fece perdere completamente l'orientamento. Stavo sprecando tempo, presto avrebbero iniziato a chiedersi che fine avessi fatto, ero nervosa, non riuscii nemmeno a interessarmi all'architettura completamente nuova in cui mi muovevo, continuavo a sbagliare strada, mandai a quel paese in paio di persone che ebbero l'ardire di urtarmi accidentalmente, praticamente ringhiai le mie richieste di informazioni successive, qualche anima buona me le diede lo stesso, e finalmente arrivai davanti a una cinta muraria al di là della quale, mi dissero, c'era il tempio.

 Entrai per una piccola apertura rettangolare, e sì, mi ritrovai in un ampio cortile con davanti un basso edificio in pietra. La gente chinava il capo quando vi entrava e tornava a camminare normalmente quando vi usciva, quindi immaginai che fosse il vero e proprio luogo di culto. Sì, ma io volevo un sacerdote che mi portasse da Simay! Non sembrava esserci nessuno che potesse esserlo. Dannazione, che perdita di tempo!

 Entrai a passo spedito e senza chinare il capo, cosa che per mia fortuna mi attirò subito l'attenzione di un tizio con una tunica nera e oro.

 "Dove credi di essere? Porta-"

 "Sei un sacerdote?" tagliai corto. Non il modo più discreto di fare il mio ingresso, ma avrai capito che già la mia educazione lasciava molto a desiderare, e per giunta in quel momento ero particolarmente nervosa.

 L'uomo mi guardò con aria confusa prima di assentire.

 "Bene. Allora dimmi dove sono i novizi, ho una lettera importante per Simay Etahuepai di Dumaya"

 L'uomo mi fissò sollevando un sopracciglio e storcendo la bocca. "Abbastanza importante da fargli interrompere le lezioni?"

 "Decisamente"

 "Hmf. Allora aspetta qui, i laici non possono entrare nell'area riservata ai sacerdoti. Te lo porterò io"

 Per quanto si fosse dimostrato scettico nei miei confronti, quel sacerdote fu di parola. Feci a malapena in tempo a osservare l'ambiente che mi circondava (un po'di curiosità l'avevo anch'io, e dovevo ammettere che quell'edificio di pietra, completamente buio tranne che per l'apertura che illuminava la statua di una dea particolarmente prosperosa), che quel tizio fu di ritorno con un Simay dall'aria molto sorpresa. Bene, finalmente si arrivava al dunque"

 

Tante scuse a Corinna, ma Choqo, questa parte, la voleva leggere dal punto di vista di Simay.

 Era stata sul punto di riprendere il suo manoscritto una volta finita la parte sull'orafo (l'aveva sorpresa leggere che Corinna fosse in realtà innamorata di un altro, e si chiedeva perché lei avesse sposato Simay e che fine avesse fatto Sayre; ma davvero al momento c'erano cose molto più interessanti da leggere) quando era iniziato il resoconto di come Corinna avesse accidentalmente origliato Llyra, ed era rimasta incatenata alla pagina. Non si era aspettata un risvolto simile: che fosse stato proprio l'animo ribelle dell'allora schiava a imporre una tale svolta agli eventi!

 Ma la reazione di Simay a scoprire le sue origini era qualcosa che andava letto dal punto di vista del ragazzo stesso.

 

                                                                      Dal Manoscritto di Simay

 

Il pomeriggio di quello stesso giorno mi parve relativamente privo di eventi: solo in retrospettiva posso dire che non fu affatto così. Ancora scosso dalle rivelazioni di Pacha, mangiai poco o nulla per pranzo, dovetti far forza a me stesso per rimanere concentrato sulla lezione (sui minerali e le loro proprietà benefiche o dannose sull’organismo umano) e mi ritrovai a passare la pausa serale in un angolo solitario del cortile. Non ero tipo da associarmi agli altri, quando avevo un problema.

 Così evitai molte domande quando l'attendente del Tempio mi si avvicinò. "C'è una giovane che chiede di te" disse. Questa era una sorpresa. Forse una schiava con una lettera da parte della mia famiglia?

 No: la persona che mi indicò l'attendente non solo era di condizione libera, anzi benestante a giudicare dalle sue vesti, ma era anche qualcuno che non avevo mai visto. Perché me ne sarei senz'altro ricordato: quella ragazza era davvero di una bellezza impressionante.

 Aveva la carnagione molto pallida e gli occhi grandi e luminosi, che spiccavano su un volto rotondo messo in evidenza dai capelli raccolti in una lunga treccia nera. Aveva un fisico molto prosperoso, ben sottolineato dalle pieghe della veste. Quando mi vide arrivare, mi rivolse un sorriso luminosissimo e con tutti i denti.

 Fui preso un po' in contropiede, lo ammetto: non mi aspettavo che una persona del genere avrebbe avuto ragioni per chiedere di me. Poi mi rimproverai mentalmente: anzitutto non avrei dovuto pensare a una ragazza in quel modo, in secondo luogo chiunque, a prescindere dal suo aspetto, poteva avere problemi che necessitassero di un conforto religioso.

 "Chiedevi di me?" esordii.

 "Sei Simay di Dumaya, giusto? Scusa se ti ho disturbato, ma anch'io vengo da quella città, e ho pensato che un conterraneo fosse la persona più adatta ad aiutarmi"

 Mi sorprese la sua mancanza di accento, se era davvero di Dumaya, ma del resto dimostrava pressappoco la mia età: doveva essere reduce da due anni di istruzione nella capitale, se davvero era di buona famiglia come il suo aspetto suggeriva.

 "Io sono Qillalla Huarcayi. Ti ringrazio per avermi ricevuta"

 "Dovere, anche se non so di quanto aiuto potrò esserti. Ho appena ricevuto l'iniziazione"

 "Appena iniziato ... scusa se sorrido, ma in un certo senso si ricollega al mio problema. Possiamo parlarne fuori di qui?"

 Acconsentii, era giustificato che non volesse parlare di questioni personali nel Tempio. Mi condusse in un angolo appartato del cortile dei laici, al riparo da orecchie indiscrete.

 "Vedi, io ho ormai raggiunto l'età da marito. La mia famiglia sostiene di avermi procurato un buon partito, ma ... nessuna ragazza vorrebbe sposare quell'uomo!"

 Non esattamente il tipo di situazione che ero abituato a gestire. Ricordavo al massimo le trattative per il matrimonio di qualche cugina, ma di norma, se le ragazze volevano lamentarsi, lo facevano tra loro, non chiedendo l'assistenza di un sacerdote. Doveva esserci qualcosa di più.

 "Ma se la tua famiglia l'ha scelto ..." iniziai.

 "La mia famiglia ha guardato solo le sue terre, non lui. Per cominciare, ha trent’anni più di me, ha abitudini disgustose ed è incapace di curare sé stesso. E poi è un ubriacone, quei soldi che ha li sta sperperando a vista d’occhio tra cila e gioco d’azzardo, ed è risaputo che per l’eccesso di alcol sia pure impotente!”

 Per come andava la società dell’epoca, le prime tre ragioni non erano sufficienti perché una ragazza rifiutasse un matrimonio, le ultime tre invece sì. Scopo del matrimonio era preservare le linee dinastiche e dare nuovi cittadini all’Impero, da crescere nel modo migliore concesso dalle capacità dei genitori. L’incapacità di procreare di uno qualsiasi dei due promessi sposi era condizione sufficiente perché l’altro annullasse il fidanzamento, abitudini incompatibili con la sana crescita di figli era a sua volta motivo di contestazione. Ma se le cose potevano essere risolte con tanta semplicità, perché questa ragazza si era rivolta a me?

 “Credo che un notaio potrebbe esserti più d’aiuto che un novizio sacerdote …”

 “Ci ho già parlato, infatti, e mi ha detto che ho tutti i diritti per rifiutare il matrimonio. I miei genitori non mi hanno permesso di mangiare per tutto il giorno, per essere andata da lui” rise amaramente. Ne rimasi turbato, doveva avere persone singolarmente severe e irragionevoli come familiari. Una brutta sfortuna per chiunque, ma soprattutto per una ragazza, dato che queste ultime non potevano emanciparsi e lavorare autonomamente.

 “Ma non è stata tutta la loro reazione. Si sono messi in testa che io volessi sposare qualcuno di più povero: quindi hanno detto che, se non avessi sposato quell’uomo, non mi avrebbero permesso il matrimonio con nessun altro”

 “Il tuo notaio non ha potuto …”

“Fare nulla, no. Ha potuto solo dirmi che avevo il diritto legale di rifiutare quel particolare sposo, non pretendere che i miei me ne scegliessero un altro. Dunque le mie alternative sono sposare quella persona, vivere l’esistenza umiliante di una zitella, o consacrarmi come sacerdotessa di Achesay, come hanno proposto altri familiari”

 Ah, adesso iniziavo a capire quale fosse il problema. Evidentemente la terza alternativa le pareva la migliore, e stava cercando di avere dettagli sulla vita sacerdotale. Certo, un’offerta di sacerdozio volontario sarebbe stata molto meglio, ma quella ragazza andava compatita: i suoi parenti l’avevano messa in una situazione assurda.

 “Quindi vuoi che ti spieghi come procede il noviziato?”

 “Non esattamente”

No?

 Lei sospirò, abbassando il capo. “Voglio essere sincera: fosse stato per me, non avrei mai scelto il sacerdozio. Venero e rispetto gli dei come ogni Soqar decente dovrebbe fare, ma non voglio consacrare la mia vita a loro. Io voglio un matrimonio, una famiglia, amici e amiche, alternare il lavoro con delle feste … scusami, ma mi pare che un sacerdote faccia anzitempo la vita del vecchio, confinato in un luogo senza alcun divertimento … e senza amore”

 “Immagino che sia necessario esserci portati” replicai. “Se ti interessano … queste cose, meglio che tu rinunci al sacerdozio. E’ una vita di dedizione alla divinità, non voglio neppure immaginare come debba essere una vita consacrata a qualcosa di non rispettato”

 “Oh, la gente entra nella vita religiosa per qualsiasi motivo. Tu, invece, sei un vero devoto, mi pare?”

 “Non posso sperare che la mia fede sia sufficiente a onorare la Grande Madre, ma le riservo tutto quello che posso”

 Lei fece un sorrisino. “Scusami, ma mi sembra una cosa un po’ triste. Tu passerai tutta la vita in assoluta dedizione, e in cambio cosa riceverai? La concessione di usare la magia della dea? Sembra una risposta un po’ fredda … ammesso che, come hai detto tu, una divinità consideri tutto il tuo impegno sufficiente. E se lo disprezzasse?”

 Non avevo mai sentito nessuno riflettere in quel modo. Aspettarsi un premio dalla divinità, come se fosse qualcosa di dovuto … davvero quella ragazza non era tagliata per la vita sacerdotale.

 “Se lo disprezzasse, sarei io in errore, perché non sarei capace di sufficiente devozione-“

 “Di nuovo” ripeté lei, sempre sorridendo. “Che tristezza. Ma è parte della vita sacerdotale sentirsi colpevoli per cose perfettamente naturali, vero? Dici che Achesay è la Grande Madre: non dovrebbe desiderare la tua felicità e mostrarti amore, come tutte le madri?”

 “Gli dei non sono in dovere di fare nulla, nei nostri confronti. Io ho scelto di accettare questa vita, adempiendo al mio dovere senza aspettarmi altra ricompensa che esso stesso. Tu evidentemente non sei fatta per una simile esistenza: non consacrarti, dunque”

 Dovevo essere stato un po’ brusco, perché la ragazza si ritrasse, sorpresa e, forse, vagamente ferita. Feci per dire qualcosa che addolcisse la mia frase, ma lei mi prevenne. “Oh, sei davvero rigido sulle tue posizioni. Continua pure a pensare che sto sprecando la mia vita fuori dal chiostro, io continuerò a pensare che tu stia sprecando la tua. Siamo in perfetta parità. Ma concordo su quello che hai detto riguardo alla mia scarsa devozione: ora ci sarebbe solo da spiegarlo ai miei genitori. Era per questo che sono venuta a parlare con te: sei a un tempo un novizio della dea cui vogliono consacrarmi, e il figlio adottivo del nostro governatore. Se tu mettessi una buona parola per me, ti ascolterebbero”

 Io non ricordavo di averla accusata di star sprecando la propria vita: forse qualcosa che avevo detto era erroneamente interpretabile? Preferii non perdermi in tentativi di correggerla, mostrando il mio appoggio nell’acconsentire a parlare con i suoi genitori. Le chiesi quando sarebbero venuti al Tempio.

 “Personalmente, preferirei che venissi tu a parlare con loro, sempre che tu riesca a ottenere il permesso dai tuoi maestri. Sono faccende strettamente legate alla famiglia, rifiuterebbero di discuterne in un luogo pubblico come il Tempio. Se tu dovessi ottenere il permesso, per cortesia, sii così gentile da incontrarci domani sera alla Locanda delle Acque Nere”

 “Farò del mio meglio per esserci, ma non posso garantire nulla. Se non dovessi presentarmi, dovreste venire voi”

 “Il giorno successivo ci saremo. Ti ringrazio davvero per il tuo ascolto. Sono stata davvero fortunata ad aver trovato una persona come te, in questo posto”

 Mi sorrise e mi strizzò l’occhio, non capii per quale motivo. Avevamo forse stretto un accordo particolare? Ignorai quegli strani segni e mi congedai, andando subito dopo a chiedere a Waray licenza di allontanarmi dal Tempio per portare assistenza a Qillalla, il giorno dopo.

 Il tono con cui il maestro dei novizi mi diede il suo assenso mi fece dubitare che avesse capito cosa gli avessi chiesto o che se ne sarebbe ricordato il giorno dopo, ma nel dubbio preferii non importunarlo ulteriormente e considerare la faccenda conclusa. Le preoccupazioni per l’Incendiario tornarono presto a sostituire quelle per Qillalla, nella mia mente.

 

Il giorno dopo, nel bel mezzo di una lezione su come usare il potere della dea per estrarre materiali dal suolo, mi ritrovai nell’alquanto imbarazzante situazione di avere l’attendente del Tempio che mi informava che una giovane schiava chiedeva di me. Qualcuno aveva saputo e riferito del mio colloquio con Qillalla e il fatto che due ragazze mi avessero richiesto nel giro di meno di un arco completo di sole non passò inosservato, né non commentato, dai miei compagni.

 Sforzandomi di non arrossire, seguii l’attendente, chiedendomi se in questo caso fosse davvero una lettera da casa. E invece no: rimasi stupefatto nel trovarmi davanti la ragazza che era stata mia compagna di viaggio, quella che credevo venduta in qualche posto infamante. Invece, a giudicare dalla tunica umile ma dignitosa e dalla lettera che aveva in mano, pareva aver trovato una sistemazione migliore. Buon per lei! Forse mio padre si era mosso a compassione e l’aveva comprata prima di tornare a Dumaya?

 “Oh, eccoti” fu lei la prima a parlare - qualunque cosa le fosse successa in quegli undici giorni, di sicuro non le aveva insegnato molto il rispetto per i liberi. “Ho qui una lettera per te. E usciamo di qui, probabilmente vorrai stare da solo per leggerla”

 L’attendente mi scoccò un’occhiata perplessa, io gli feci cenno che andava tutto bene, non era nulla di cui dovesse preoccuparsi. Non sono sicuro di aver avuto un’espressione altrettanto rassicurante: una lettera da casa che avrei voluto leggere da solo? Cosa poteva essere successo? Ingiustizie a danni della famiglia? Incidenti? Era morto qualcuno? Feci quasi fatica a respirare per l’ansia, mentre conducevo la schiava nell’angolo appartato in cui il giorno prima avevo parlato con Qillalla.

 “Da parte di chi è quella lettera?” riuscii a chiedere. Forse se avessi saputo il mittente avrei potuto capire qualcosa in anticipo …

“Da tua madre. Quella biologica, però”

 Cosa?

 

 

 

 

 

 

 

GLOSSARIO (e qualche trivia):

Mekilo: essere simile a uno scoiattolo, solo molto più grande, con zampe molto più lunghe e la coda in fiamme. Essendo un animale legato al fuoco, non è considerato sacro a nessun dio, ma sfruttabile da tutto il genere umano. Viene usato soprattutto per trasportare merci e persone.

Occlo: bovino ricoperto di squame e con protuberanze lunghe e sottili, simili a serpenti che stanno al posto delle corna e da cui esce fuoco. Anch’esso animale legato al fuoco, ma per la sua pericolosità e la capacità di controllare i loro getti di fuoco sono quasi esclusivamente cavalcature da battaglia.

Kutluqun: capre anfibie con alghe al posto della pelliccia. Sono considerate sacre al dio Tumbe, e per questo, per allevarle o catturarne di selvatiche, è necessaria l’autorizzazione di un sacerdote di quel dio.

Lymplis: pesci volanti, con le pinne coperte di piume. Sono sacri alla dea Chicosi, dunque è necessaria l’autorizzazione di un suo sacerdote per possederne uno. Malgrado ciò, sono popolari come animali da compagnia presso la nobiltà.

Kyllu: uccelli simili a cigni, fluorescenti. Sono sacri al dio Achemay, e allevati solo all’interno del palazzo imperiale. Il loro piumaggio è usato per decorare le corone dei sovrani.

 

Shillqui: piante in cui scorre un liquido per aspetto e consistenza simile al miele, che causa a tutto l’albero di agitarsi violentemente. Se bevuto, questo liquido dà gli stessi effetti agi esseri umani, ma è difficilissimo metterci le mani sopra. Pianta sacra a Pachtu, i suoi sacerdoti ne devono bere la linfa durante le cerimonie.

Likri: fiori simili a gigli rossi, dalle temperature bollenti, che esalano un fumo sottile. Se tuffati in acqua gelida e canditi, sono considerati ottimi per la pasticceria, ed essendo legati al fuoco, l’unico limite al coglierli è potersi permettere buoni guanti protettivi.

 

Qillori: cristalli di colore azzurro chiaro, molto usati in oreficeria.

Achemairi: cristalli di colore dorato, anch’essi comuni per l’oreficeria.

 

Notte: entità primordiale da cui tutto il mondo ha avuto origine.

Achemay: dio del sole, entità più importante del pantheon Soqar.

Achesay: dea della terra.

Chicosi: dea dell’aria.

Tumbe: dio del mare, dei fiumi e dei laghi.

Sulema: dea del fuoco.

Pachtu: dio dei fulmini e della vita.

Qisna: dea della morte e delle paludi.

Supay: esseri più collegati al folklore che alla religione vera e propria, sono creature della Notte, incaricati di torturare le anime dei peccatori che lì vengono gettate.

 

 

Ladies & Gentlemen,

ecco che finalmente è scoppiato il casino vero e proprio. Ecco i risultati di voler fare i ribelli a tutti i costi: potreste scoprire pericolosi complotti politici! Intanto, Simay ha la sua ben più piacevole (?) conversazione con Qillalla: alla luce di quanto è stato detto negli scorsi capitoli, cosa ne pensate della ragazza?

Piccolo momento di discussione sulla storia: nei prossimi mesi, intendo lavorare come un mulo per pubblicare il capitolo 18 (o 17 escludendo il prologo) prima del 12 gennaio. Il motivo è molto semplice: in quella data, inizierà la sessione di esame, e io in quel periodo ho la brutta abitudine di chiudere baracca e burattini su EFP, sia riguardo alle storie che riguardo alle recensioni, per dedicarmi interamente allo studio, riprendendo solo una volta finito l’ultimo esame. Quindi tra gennaio e febbraio potrei avere un’assenza anche piuttosto lunga, e il capitolo 18 è piuttosto importante, per una semplice ragione.

 In esso, i nostri eroi parleranno per la prima volta con l’Incendiario, e con questo intendo che lo faranno pienamente consapevoli della sua identità … perché di conversazioni con lui/lei, ne avranno già avute prima, ma totalmente ignari di chi fosse davvero. Il che significa che da questo momento in avanti siete liberi, se volete, di avanzare qualsiasi teoria su questo soggetto: ricordatevi solo che può essere un uomo o una donna, di qualsiasi età e status sociale, l’unico parametro è che almeno uno tra Simay e Corinna ci abbia fatto una chiacchierata, a prescindere dalla lunghezza. E siccome io sono una dolce e buona fanciulla (??), non intendo lasciarvi con il cliffhanger per più di un mese.

Finito questo avviso, grazie per aver letto, e un grazie speciale a tutti quelli che hanno recensito!

 

 

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Capitolo 10
*** Dove si impara del passato e si decide del futuro ***


                                 CAPITOLO 9

DOVE  SI  IMPARA  DEL  PASSATO  E  SI  DECIDE  DEL  FUTURO                    

 

                                                             Dal Manoscritto di Simay

 

'Mio signore, non odiatemi per la mia fuga.

 Dovessi obbedire solo al mio cuore, resterei al vostro fianco qualunque fosse il prezzo da pagare; ma io devo preoccuparmi della vita di vostro figlio. Oh, so bene che voi lo considerereste alla stregua di un figlio legittimo, ma sul trono siede ancora vostro padre. Non sono sicura che permetterà una simile infrazione alle leggi divine, anche se ad opera del suo figlio prediletto.

 Ancor più di lui temo vostra madre: lei sa di noi, e mi detesta. Vuole che la vostra sposa sia la principessa Llyra, e ha personalmente dichiarato che non tollererà intromissioni da parte mia. Se restassi a corte, non sono certa che nostro figlio potrà mai nascere; ma certamente non gli sarà permesso di rappresentare una minaccia per il trono. E anche se dovesse sopravvivere ai vostri genitori, mi intimorisce la somiglianza che la vostra promessa sposa, pur così giovane, dimostra con la madre. Un vostro figlio avuto da me non vivrà mai davvero al sicuro.

 Per questo ho preso una decisione: il mondo non lo conoscerà come figlio mio. Una volta che sarà nato, lo lascerò alla porta di Etahuepa di Dumaya: vostro cugino è un uomo buono, e non è ancora stato benedetto dalla nascita di figli suoi: confido che vorrà adottarlo. Nostro figlio sarà per tutti un fortunato trovatello, crescerà in un agio che io, sprovvista di mezzi come sono ora, non potrei mai garantirgli, e sarà comunque destinato a una posizione altolocata, sebbene non quella che desiderate voi.

 Ciò, a meno che non vi serviate di questa lettera per riconoscerlo; in tal caso, vi prego di aspettare che sia abbastanza cresciuto da sapersi difendere da minacce alla sua vita. Sapete di cos'è capace la vostra famiglia, pur di mantenere intatta la tradizione. Non ho mai sofferto tanto come nell'abbandonarvi e nel causarvi questo dolore; ma sarò presto una madre. È il mio dovere naturale mettere mio figlio davanti a tutto, anche se ciò dovesse significare abbandonarvi entrambi.

Non intendo tornare mai più ad Alcanta, la capitale è troppo pericolosa per me. Non sarò neppure nel territorio di Dumaya. Vi prego di non fare ricerche: temo troppo per la vita di nostro figlio, e per la mia.

 Non riesco a capacitarmi che queste siano le ultime parole che vi rivolgo. Mai vorrei che lo fossero. Posso solo giurarvi che fino al momento della mia morte, non vi sarà giorno in cui non ricorderò il sentimento che mi ha legata a voi. Se posso osare un'ultima, umile richiesta, sarebbe che voi faceste lo stesso.

Augurandovi di trovare ogni felicità, vostra

 Tibisay Quiznei'

 

Cosa stavo leggendo? Non poteva essere vero. Non … non esisteva. I miei genitori biologici erano chissà chi, povera gente che non poteva permettersi una bocca in più da sfamare e avevano confidato nella pietà del loro governatore. Era quello che avevo sempre immaginato quando mi era capitato di interrogarmi su di loro. Non era possibile che mio padre fosse l’Imperatore.

Guardai la schiava che mi aveva portato la lettera, che mi fissava a braccia conserte, in attesa di una mia reazione.

 “E’ uno scherzo?” fu tutto quello che riuscii a dire.

Le caddero le braccia lungo i fianchi. “Uno scherzo? Uno scherzo? Ma sei scemo? Perché accidenti dovrei farti uno scherzo del genere, si può sapere? Che cazzo … rubo le cose dell’Imperatrice, rischio di farmi ammazzare, passo un’ora a raggiungere questo dannato posto … uno scherzo … ma va’ un po’ a –“

Preferisco non tramandare ai posteri le espressioni seguenti nei loro dettagli. Non avevo mai sentito un linguaggio simile, anche se capivo perfettamente il senso, e mi trovai a guardare a terra imbarazzatissimo senza sapere come rispondere, ma dovevo ammettere che la schiava aveva ragione.

 Se questo fosse stato uno scherzo, sarebbe stato uno scherzo molto grave, perché scatenava illazioni su praticamente l’intera famiglia imperiale e, se fossi stato una persona diversa, avrebbe potuto provocare una crisi dinastica per nulla. Nessuno che fosse sano di mente avrebbe ideato e messo in pratica uno scherzo simile. E io ero derubato della mia misera speranza di potermi aggrappare alle mie convinzioni d’infanzia di non fare involontariamente parte di qualcosa più grande di me.

 “Hai ragione. Scusa” mormorai.

Feci un respiro profondo. Non aveva senso agitarmi tanto. Ciò che avevo appena scoperto non cambiava assolutamente nulla. Il fatto che l’Imperatore Manco fosse mio padre non toglieva il fatto che fosse la seconda autorità più alta a cui dovessi fare riferimento, dopo la dea e i suoi ministri. Io ero un novizio sacerdote, avevo deciso di votare la mia esistenza al servizio di Achesay; anche se avessi avuto un qualsivoglia reclamo sul trono, non l’avrei raccolto. Avrei fatto il mio dovere a prescindere dalle tentazioni che avrei incontrato.

Tornai a guardare quella schiava dritto negli occhi. “Ascoltami … qual è il tuo nome?”

 “Corinna” Solo Corinna …? No, se la ragazza non sapeva chi fosse suo padre, non era affar mio. Fino a pochi minuti prima, non ero stato in una situazione migliore.

 “Corinna. Per favore, vai a dire a chiunque ti abbia mandata qui che apprezzo i suoi sforzi di avermi informato, ma questo non cambia nulla. Non intendo avanzare alcuna pretesa sul trono, che ne abbia il diritto o meno. E’ il mio obbligo assoluto di servire la dea, ora, e intendo tenervi fede fino alla morte”

 Lei mi fissò a bocca aperta per un istante, poi mi fulminò con lo sguardo. “Tu stammi bene a sentire. Innanzitutto non mi ha mandata nessuno qui, è stata una mia idea, purtroppo. E sai perché mi è passato in testa di rischiare a consegnarti questa lettera? Perché ho scoperto della sua esistenza quando ho origliato l’Imperatrice discuterne con una sua amica, parlando di come tu fossi un nemico suo e dei suoi figli e di come andassi eliminato. Non me ne frega niente di cosa vuoi farci con la tua vita, mi frega che tu non la perda proprio, idiota che non sei altro!”

 Cosa, ma … non aveva senso! Io non avevo mai fatto nulla di male, non avevo minacciato in alcun modo i diritti al trono del mio fratellastro legittimo, l’Imperatrice non avrebbe avuto motivo di volere la mia morte!

 Al contrario, ribatté la mia parte più cinica, aveva perfettamente senso. Non importavano le mie azioni, io ero una minaccia vivente per il trono di Quisquis.

 Ma la sovrana era una donna saggia e giusta, colei che gestiva gli affari interni del marito mentre lui era in guerra; di sicuro una persona simile non avrebbe visto alcun senso nell’uccidere qualcuno che non costituiva una minaccia … sì, come se le persone pensassero sempre alla giustizia e alla saggezza, quando c’erano da difendere degli interessi personali.

Ma no, non avrei dovuto pensare in quel modo di Llyra! Certo, non era tanto che lo pensassi io, era piuttosto il fatto concreto che questa Corinna avesse sentito tutta la conversazione sulla possibilità di eliminarmi. A meno che …

“Sei sicura di aver capito bene?”

La schiava alzò gli occhi al cielo. “Oh, non saprei. Hanno detto che bisognava evitare che tu avessi la lettera, ma che purtroppo non potevano ancora sbarazzarsene, non prima che tu fossi ‘contaminato’. Decidi tu cosa fartene di quella parola”

 No, davvero non suonava bene. E adesso? Non potevo fare nulla contro Llyra. Il mio dovere come suo suddito sarebbe stato quello di essere disposto anche a morire, qualora mi fosse ordinato; ma il mio dovere di sacerdote era di offrire alla dea una vita di servizio, e non avrei potuto farlo se l’avessi gettata via in questo modo.

E poi c’erano i miei altri doveri: verso i miei genitori, che mi avevano accolto e mi avevano sempre trattato come un figlio vero e proprio, non potevo dar loro un dolore e una delusione così grande. Verso la mia sorellina, che avrebbe avuto bisogno di qualcuno che la guidasse e la sostenesse anche quando i nostri genitori sarebbero morti. Verso Pacha e Capac, partecipi del segreto dell’Incendiario, che confidavano nel mio aiuto per trovare l’incarnazione di Sulema prima che perpetrasse il suo male.

 Ironico … per decidere cosa fare, avevo sempre fatto riferimento a quale fosse il mio dovere; ora avevo doveri da tutte le parti. Cosa fare?

 Non dare all’Imperatrice motivo di perseverare nel suo desiderio di eliminarmi. Trovare una via per comunicarle che non intendevo reclamare il trono, che la mia dedizione alla dea era assoluta. Forse avrei dovuto parlarne con Pacha? Era il suo fratellastro, del resto. In un qualche momento, doveva essersi trovato in una posizione analoga alla mia.

 Corinna mi fissava ancora torva, in attesa di una mia risposta. Poveretta … stava correndo un grosso rischio, solo per avvertirmi, e di propria iniziativa. Perché? Non aveva espresso interesse in alcun tornaconto, sembrava voler solo che io sopravvivessi.

 Questa ragazza molto chiaramente non aveva alcuna stima o rispetto per me, per la cultura che sostenevo, eppure aveva messo a rischio la propria vita per avvisarmi del pericolo. Quando, l’ultima volta che l’avevo vista, avevo pensato che fosse una folle, blasfema e irrispettosa, avevo certo capito solo una parte della verità su di lei.

“Ti ringrazio davvero” le risposi. “Non mi aspettavo che qualcuno fosse disposto a correre un rischio simile per me, dopo avermi incontrato una volta sola. Saprò io a chi rivolgermi per aiuto, ma senza di te, non avrei neppure saputo del pericolo, e di questo non potrò mai esserti abbastanza grato”

 “Ma per favore, non c’è bisogno di essere così formali” sbuffò lei. “Piuttosto, non ho ancora finito di dirti tutto quello che so. C’è qualcun altro che ha letto quel messaggio”

 “Cosa?!”

 “Ecco, appunto. Llyra e la sua amica sospettavano che fosse stato tuo padre, Etahuepa, ma non hanno nessuna prova, e vedo dalla tua reazione che tu non ne sapevi proprio niente”

“No, io … mio padre non mi ha detto nulla, se è stato davvero lui”

 “In effetti lo dubitavano anche loro perché i tempi in cui avrebbe potuto leggere la lettera non convincevano, ma era l’unico sospettato che avevano. Finora, l’unico che lo sa è la persona stessa, e non ho la più pallida idea di cosa voglia farci”

Annuii, chiedendomi se davvero, era tutto lì, o doveva piombarmi addosso qualche altra rivelazione. “Grazie …ti ringrazio infinitamente per avermi detto tutto questo”

 “Di niente. Vedi solo di tenerti la pelle attaccata addosso, dopo tutti i rischi che mi sono presa”

 Se ne andò subito dopo, senza un saluto: evidentemente aveva molta fretta di tornare a palazzo. Da aggiungere ai doveri che mi tenevano ancorato alla vita, c’era adesso anche la gratitudine a questa schiava, e il non rendere il suo rischio vano.

Io non potei fare a meno di restare lì, ad assimilare davvero le rivelazioni che avevo ricevuto. Nel giro di neppure mezz’ora, avevo scoperto chi fossero i miei veri genitori, qualcosa che mi ero domandato da sempre, e avevo imparato che l’Imperatrice Llyra, per la quale nutrivo il rispetto e la venerazione che da ogni suddito le era dovuto, voleva uccidermi. Non volevo il trono, ma Llyra mi avrebbe creduto? Se anche l’avesse fatto, non avrebbe voluto correre il rischio che mentissi. Come avrei potuto risolvere questa situazione?

 Avevo già pensato a chiedere aiuto a Pacha, ma ripensandoci, non ero sicuro che fosse la scelta migliore. Anche se ero sicuro, da quel che avevo capito di lui, che il Sommo Sacerdote avrebbe compreso la situazione e si sarebbe impegnato per aiutarmi, non volevo distogliere la sua attenzione dalla faccende più gravi che la sua carica comportava, primo tra tutti il problema dell’Incendiario. Inoltre, immischiarsi avrebbe portato solo al rischio di rovinare le relazioni con del Tempio con la sovrana, e poi non volevo infastidirlo, mi sentivo a disagio ad essere di peso a chicchessia.

Qualunque cosa un giovane sacerdote possa aver bisogno da un laico, mi impegnerò a provvedertela … era qualche giorno che non ripensavo più al mio incontro con Sayre, ma dovevo ammettere che in quel momento le sue parole suonavano allettanti. Lui si era preso questo impegno, sembrava avere simpatia nei miei confronti … ma onestamente, cosa avrebbe potuto fare l’orafo imperiale – una persona rispettata per la sua abilità, ma pur sempre un artigiano – in una situazione del genere? Qui avrebbe potuto servirmi solo una persona davvero importante e influente. E di nuovo, il pensiero di pesare a qualcuno non mi piaceva affatto, soprattutto se di per sé questa persona non mi doveva nulla.

Ma non vedevo altre soluzioni al momento … cosa fare, cosa fare?

Tornare a lezione, intanto, non volevo mostrarmi svogliato, se poi avessi cercato di chiedere aiuto ai Sacerdoti. Confesso che la mia presenza in quel momento fu solo fisica, perché non riuscii a concentrarmi sulle lezioni su tutto il giorno: credo di essere la persona che ha imparato meno cose sulle erbe dannose, quel giorno. Waray fortunatamente non se ne accorse, a volte pareva dormisse e parlasse nel sonno per l’attenzione che prestava a quel che succedeva in classe – ma sicuramente aveva i suoi buoni motivi per farlo.

Almeno non dimenticai dell’incontro progettato per la famiglia di Qillalla per quella sera: il mio spettacolare ritardo fu dovuto al fatto che continuavo a distrarmi pensando alla mia situazione, e anche se chiedevo indicazioni ai passanti per quella locanda, finivo per perdermi e andare avanti verso chissà dove. Per volontà degli dei alla fine arrivai a una locanda dall’aria piuttosto lussuosa, uno dei pochi edifici con un piano superiore, e chiesi al locandiere dove alloggiasse la famiglia di Huarcay, e mi diressi in cerca della stanza.

 “Oh!” trillò Qillalla con un gran sorriso, quando aprii la porta. “Iniziavo a pensare che ti fossi scordato, o che avessi deciso di rimangiarti la parola”

 “Ti chiedo scusa. Ma dove sono i tuoi familiari?”

 Nella stanza c’eravamo solo noi due. C’erano tre stuoie sul pavimento, ma curiosamente solo una sembrava essere stata usata.

“Sono a un banchetto a casa di un amico” spiegò lei. “E’ imbarazzante, ma quando ho cercato di parlare loro dell’incontro con te, non hanno voluto sentir ragioni. Sembra quasi che abbiano paura che tu possa convincerli. Quando ho protestato che io avevo già preso accordi, e che sarebbe stato incredibilmente sgarbato licenziarti così, mi hanno detto di rimanere qui per poterti avvertire. E infatti, eccoci”

 “Oh, grandioso. E tu non potevi venire al Tempio per avvertirmi e non farmi perdere la serata?”

 “Non volevo disturbarti nelle tue lezioni” replicò lei. “L’ho già fatto ieri, del resto”

 Sospirai. “Ascolta, se proprio non posso parlare con i tuoi genitori, è inutile che io rimanga qui. Forse potremo organizzare per un'altra volta, magari li accompagnerai tu stessa al Tempio o io tenderò loro un imboscata, ma adesso non posso proprio …”

 “Sei turbato per qualcosa?” interloquì Qillalla.

“Non mi distrarrò dall’aiutarti, stanne sicura. Ma adesso davvero …”

 “Cos’è?” chiese lei in tono accorato. “Potresti parlarmene. Io farò tutto ciò che è in mio potere per aiutarti. Tu hai fatto lo stesso con me, è solo giusto”

 “Aiutarti è il mio dovere” ribattei. “Tu non hai alcun obbligo di ricambiare. E non ve…”

 “Quindi mi hai aiutata solo perché non potevi fare altrimenti?” chiese lei, guardando a terra e aggrottando la fronte. “Ti chiedo scusa, mi eri sembrato così determinato ad aiutarmi che avevo pensato … oh, non importa!”

 La guardai battendo le palpebre. “Scusa, ma cosa c’entrano i miei motivi? E’ ovvio che io voglia impegnarmi a fare il mio dovere, no?”

 Lei scosse la testa. “Ecco i risultati di vivere da sacerdote: perdi del tutto il contatto con il mondo dei laici”

 “Sono stato iniziato da nemmeno due settimane!”

 “Per l’appunto. Alla gente fa piacere sentirsi considerata per sé stessa, non come sacro dovere, questo te l’ha mai detto nessuno?”

 Credo di essere arrossito. Ma perché insisteva, dannazione? Non volevo mancarle di rispetto o sminuirla, ma volevo solo andarmene di lì, cercare un modo di liberarmi dal peso che mi era appena stato scaricato addosso, che era anche qualcosa di più pressante di una situazione di matrimonio in cui c’erano tre scelte disponibili!

 “Sì, scusami se ti ho urtata. Ma davvero, sono sorte altre complicazioni, e non ho tempo per …”

 “Certo, capisco benissimo di non valere il tuo preziosissimo tempo” ribatté lei. “Suppongo che una misera miscredente come me non sarebbe mai in grado di aiutare in qualsiasi modo il favorito della dea, nonostante desideri davvero aiutare e, data la sua posizione, potrebbe benissimo farlo. Di sicuro, il suo aiuto non vale la metà di quello di una dea mezza disinteressata”

 L’avevo ferita così tanto? Ma che bisogno aveva di criticare la dea? No, non dovevo mettermi a sputare giudizi, non sarebbe servito con una persona che avevo offeso e – dannazione, non sapevo più che pesci pigliare!

 “Non volevo offenderti. Voglio dire, è solo una faccenda molto personale, quindi non …”

 “Questo l’avevo già capito” rispose lei in tono più dolce. “E mi stavo riferendo proprio a quello. Ti ricordi cosa ti ho detto delle ingratitudini della vita sacerdotale? Questa è solo un’altra: tu devi aiutare e confortare tutti, ma nessuno deve aiutare e confortare te. Io non voglio che sia così. Se ricevo aiuto da qualcuno, intendo restituirlo”

 Un discorso abbastanza impressionante: malgrado non si fosse lasciata scappare l’occasione di criticare la mia vita, Qillalla sembrava sinceramente intenzionata ad aiutarmi. Come la schiava Corinna, sembrava che avesse un animo molto più generoso di quanto appariva a prima vista. Ma per quanto mi facesse piacere ricevere una simile offerta d’aiuto, era qualcosa che non potevo accettare.

“Si tratta di una faccenda estremamente delicata. Non credo che tu possa fare molto, e non perché non sei una sacerdotessa, proprio perché pochissimi potrebbero fare qualcosa”

 “Mettimi alla prova” ribatté lei. “La mia famiglia non è nobile, ma è ricca. Siamo coinvolti in affari con alcuni tra i vertici più alti dell’Impero, la maggior parte delle trattazioni più importanti non potrebbe essere risolta senza di noi. E non fare quella faccia, non sto suggerendo di corrompere nessuno. Solo, metterci una buona parola, esattamente come tu avresti fatto con i miei genitori se fossero stati qui”

 Potevo confidare in lei? Certo, le stesse situazioni inerenti alla mia nascita sarebbero dovute restare nella conoscenza dei soli diretti interessati, ma se lei avesse davvero potuto influenzare in qualche modo i propri familiari?

 Sì, ma la parola di persone ricche e potenti sarebbe davvero stata sufficiente a far desistere Llyra dall’eliminare una minaccia all’eredità dei suoi figli? Ero abbastanza sicuro che non avrebbe voluto correre rischi, ma allo stesso tempo, sapevo che lei mi aveva lasciato crescere indisturbato a Dumaya, pur sapendo benissimo della mia identità. Forse Llyra aveva preso la sua decisione quando avevo raggiunto la maggiore età, perché sarei stato una minaccia più consistente; o forse non le ero interessato finché ero rimasto a Dumaya, lontano dagli affari della corte.

 Qualunque delle due possibilità fosse quella più corretta, sembrava indicare che la sovrana era una persona pratica, che non amava prendere soluzioni drastiche, o comunque esporsi troppo, a meno che non sembrasse davvero necessario. Ma non sarebbe stato come minacciarla, o cercare di ricattarla? No, se avessi dato la garanzia che dal canto mio non intendevo avvicinarmi al trono. Ma potevo rovesciare una responsabilità simile addosso a Qillalla? Normalmente mi sarei fatto scrupoli, ma in quel caso, era lei stessa a chiedermelo. Forse rifiutare il suo aiuto sarebbe stato anche più scortese.

 E così le raccontai tutto, o meglio, una versione stringata di quello che Corinna mi aveva riferito. Fu come togliersi un peso dalle spalle: mi sorprese moltissimo rendermi conto di quanto stessi meglio semplicemente dopo aver parlato con qualcuno. Qillalla, da canto suo, assumeva un’espressione sempre più esterrefatta man mano che proseguivo con il mio racconto, e alla fine si portò una mano alla testa.

 “Che Achemay mi sostenga, non mi aspettavo qualcosa del genere …” mormorò lei.

Ecco, lo sapevo. Che idiota a raccontarle tutto: chiaramente l’avevo turbata, e lei non avrebbe potuto farci niente, magari si sarebbe anche sentita in colpa …

“Non hai niente di che scusarti” interruppe lei quando iniziai ad esprimere a voce il mio rincrescimento. “Ho già detto che intendo aiutare. Ora che so di cosa si tratta, non credo che la mia famiglia sia tanto potente, ma questo vuol dire solo che interverrò di persona, o che perlomeno cercherò di darti dei buoni consigli”

 “Ti ringrazio davvero …”

 “Prima di tutto, datti una calmata. Questa cosa va pensata bene e a mente lucida. Innanzitutto, quella ragazza schiava che ti ha portato la lettera … Corinna, hai detto? Sembra davvero una brava persona, e coraggiosa. Se ho capito bene la situazione, l’Imperatrice non si farebbe remore a giustiziare anche lei se scoprisse di un simile tradimento, ma lo stesso quella schiava è arrivata a rubare una lettera dalle tue stanze personali e ad allontanarsi da palazzo senza autorizzazione solo per portartela e avvertirti del pericolo, quando non sei nemmeno una persona che conosce bene. Questo mi suggerisce che potrebbe essere disposta a fare anche di più: ad esempio, approfittando della sua posizione di ancella per controllare Llyra per conto tuo”

 “Vuoi che faccia spiare l’Imperatrice?!”

“Lei vuole ucciderti” obiettò Qillalla. “E poi, tu non vuoi fare nulla che la danneggi, solo cercare di capire cos’abbia in mente, che tipo di donna sia, come sia solita gestire minacce verso il suo trono … una ragazza di lavori umili ha molte più possibilità di imparare queste cose rispetto a un nobile o a un sacerdote, fidati di me”

 “Ma sarebbe irrispettoso …” obiettai, anche se potevo effettivamente vedere la sensatezza del suo ragionamento.

“Così come non si confà a un giusto sovrano l’ordinare la morte di un suddito leale. In tal caso, il suddito dovrebbe pensare a un modo di proteggersi”

 “In tal caso, avresti ragione” concessi. “Ma non sarebbe giusto nei confronti di Corinna. Ha già corso un rischio enorme sottraendo quella lettera, se seguissi il tuo suggerimento dovrebbe farlo di continuo, e se venisse scoperta, le accuse si farebbero solo più gravi”

 “Quella ragazza ha già dimostrato di tenere a te, in un modo o nell’altro … ho il forte sospetto che tu le piaccia, sai?”

“Cosa?!”

 “Che altro motivo avrebbe avuto per aiutare una persona che conosce così poco? In tal caso, basterebbe che tu le prestassi determinate attenzioni per convincerla”

“Ma … tu lo sai che un sacerdote ha il voto di …?” dei, che imbarazzo. Era necessario tirare in ballo proprio quello? E se fosse stato davvero il motivo per cui Corinna l’aveva fatto?

 “Oh, ma sei un vero devoto, neppure per ricompensare chi ha rischiato la vita per te … non fare quella faccia, ho capito, cambio tattica. Hai detto di aver parlato con questa ragazza nel tuo viaggio di arrivo ad Alcanta: non sai proprio nulla di cosa potrebbe volere, in cambio di una cooperazione?”

 “Come molti schiavi, mi è sembrata accarezzare l’idea di consacrarsi a Pachtu, ma …”

 “Ho capito adesso!” Qillalla scoppiò in una breve risata. “Che malpensanti siamo, tutti e due. Quella ragazza non è né innamorata, né intenzionata ad approfittare del culto per liberarsi. Venera il dio della vita, è logico che non vorrebbe veder morire inutilmente nessuno. Sono sicura che una persona simile vorrà aiutarti ancora, per semplice ricompensa morale. Ma se proprio volessi esprimerle gratitudine, potresti aiutarla a contattare qualche sacerdotessa di Pachtu, non credi? Per lei, sarebbe il punto di partenza perfetto per avvicinarsi alla consacrazione al dio che venera”

 “Non saprei” risposi. “Non conosceva la nostra religione. Ho dovuto spiegarle io chi fosse Pachtu e come funzionasse il suo culto”

 “Non sei mai stato nei villaggi isolati, o in quelli delle zone recentemente conquistate, vero? I loro dei sono in sostanza i nostri, ma con nomi e genealogie diverse. Per quello che ne sappiamo noi, forse la ragazza era devota a qualunque equivalente di Pachtu vigesse nella sua terra natale, prima di essere catturata come schiava”

 Corinna non mi aveva mai dato l’impressione di essere una persona devota agli dei, anzi si era quasi presa gioco del modo in cui onoravo Achesay; ma forse il suo modo di pregare era diverso, e percepiva il mio come irrispettoso dei suoi dei. Se Qillalla avesse avuto ragione, non coinvolgendola le avrei quasi fatto una scortesia.

 Ma non sembrava una giustificazione troppo facile per mettere in pericolo qualcuno? Già non mi piaceva il fatto che Qillalla si dimostrasse tanto coinvolta, nella mia speranza di un aiuto dai suoi genitori non avevo considerato i rischi che avrebbe potuto correre …

“Chiediglielo” sbottò la ragazza, interrompendo le mie riflessioni. “Quella schiava non è obbligata a fare nulla. Se ha troppa paura per un incarico continuato, rifiuterà. Se invece sarà disposta ad assumersi il rischio, farà esattamente quello, e la responsabilità delle conseguenze sarebbe solo sua”

“Ma se io non le chiedessi mai nulla, non dovrebbe nemmeno scegliere qualcosa che la metterebbe in pericolo” replicai.

 “Quindi vuoi privare qualcuno del suo diritto di scegliere?”

Non avevo considerato la questione in simili termini. Sembrava davvero un modo facile per esimersi dalle responsabilità, ma se Qillalla avesse avuto ragione? Se davvero la cosa più rispettosa verso Corinna fosse permetterle una scelta? Del resto, era una schiava, che le si chiedesse cosa preferisse fare non era qualcosa che le capitasse spesso, immaginai.

“Va bene” conclusi.

“E un primo passo l’abbiamo compiuto!” sorrise la mia interlocutrice. “Andrò io a parlare con quella ragazza, desterò molti meno sospetti di te. Ora, tu hai altre idee sul da farsi? Un piano d’azione? Un protettore, oltre che una spia?”

Fui esitante a dirle di Pacha. Lui era senz’altro qualcuno che avrebbe potuto aiutarmi, ma a differenza della schiava, oltre che a correre rischi personali avrebbe anche dovuto sottrarre tempo a questioni molto più importanti di me.

 “E perché queste ‘questioni’ dovrebbero essere più importanti della vita di un novizio?” protestò Qillalla – non le avevo detto dell’Incendiario, chiaramente. “Lui è letteralmente la persona designata ad assicurarsi che tu resti in vita. E’ il suo dovere”

 “Ma il Tempio si sta attualmente occupando di faccende di importanza nettamente superiore a me” su questo non potevo transigere. “E non è nulla che possa essere rivelato a profani. Ti ringrazio per la tua preoccupazione, ma non potrei mai impormi in questo modo, in un momento così delicato”

Qillalla non fece domande, una cosa ammirevole dato il modo in cui l’avevo ammonita. “E non hai nessun altro che possa aiutarti? La tua famiglia adottiva? Mi ricordo di quello che si diceva a Dumaya, mi risulta che ti trattassero come un figlio loro”

 “Appunto per questo, non posso metterli in pericolo” mi affrettai a replicare. Mi resi conto in quel momento che, proprio per quel motivo, non li avevo neppure presi in considerazione come possibile fonte di aiuto. “Hanno già fatto fin troppo nel crescermi come loro figlio. Non potrei mai imporre loro qualcosa. Devo restituire con una vita corretta, non pretendere altro”

 “Ti hanno lavorato proprio per benino, eh?” commentò la ragazza. Notai una punta di incredibile amarezza nella sua voce, qualcosa che non avevo mai sentito prima. “Sì, chiunque metta al mondo un figlio, o prenda un bimbo per crescerlo come tale, sembra avere una dote naturale per questo. Insistono su come tu non saresti niente senza di loro, su come abbiano già fatto questo sacrificio immane a crescerti – che tu non gli hai mai chiesto – e che per questo, tu dovresti essere legato a loro peggio che uno schiavo …”

“Ma cosa stai dicendo?!” la interruppi.

 Lei si ritrasse, uno sguardo spaventato negli occhi. Che immenso idiota … avevo dimenticato la sua situazione. Lei senz’altro non aveva avuto la mia fortuna, quella di avere genitori di animo così nobile. Generalizzava: io stesso avevo generalizzato quando avevo reagito contro di lei, non potendo capire, nell’immediato, come qualcuno potesse avere meno che rispetto e devozione verso i propri familiari.

 “Scusami, volevo di …”

 “No, scusami tu” mormorò lei. “Sicuramente ho sbagliato. Sicuramente è un limite solo mio, non sono capace di comprendere l’affetto con familiare. Scusa ancora”

 Feci per protestare contro le sue autoaccuse, ma lei mi prevenne. “Allora, non dirai niente ai tuoi genitori. Giusto. Questo ti lascia solo con me e forse la schiava?”

 Annuii. Sayre non lo menzionai nemmeno: se persone influenti come sembravano essere i parenti di Qillalla non potevano fare nulla, un artigiano era completamente fuori discussione. Ma posta così, sembrava che io avessi davvero poco a mio favore … ironico, visto che, dati i rischi coinvolti, avrei quasi preferito non avere nessuno dalla mia parte.

 “Abbastanza triste, ma faremo del nostro meglio. Intendo farti arrivare alla fine di questa vicenda con la pelle attaccata addosso, e sarà esattamente quello che farò. E a questo proposito” guardò fuori dalla piccola finestra. “Non ti consiglio di tornare al Tempio a quest’ora. E’ già buio, non si può mai sapere chi giri in strada in queste ore”

 Devo tornare al Tempio” obiettai. “Non posso certo dormire qui”

“A me non dispiacerebbe” interloquì lei, con un sorriso.

 La fissai per un paio di secondi, poi decisi che nella sua ospitalità non aveva notato le implicazioni. “Ho chiesto al maestro il permesso di assentarmi solo per poche ore. Si accorgeranno tutti se non torno per dormire, e probabilmente giungeranno alla conclusione che qualcuno mi ha aggredito”

 “Quindi vuoi farlo succedere davvero, così che non si preoccupino per nulla?”

 “Non hanno motivo di attaccare un novizio che chiaramente non ha una sacca con sé. Non preoccuparti, sarò al sicuro”

 “Se lo dici tu … ma continuo a pensare che staresti molto meglio qui”

 “Ti ringrazio per l’offerta. E per tutto l’aiuto che mi hai dato”

 Su quelle parole, per quella sera mi congedai da Qillalla

 

 

A Choqo, Qillalla non piaceva nemmeno un po’. L’Imperatrice Llyra arrangiava perché un’assassina seducesse e poi ‘contaminasse’ il ragazzo, qualunque cosa volesse dire con quello; e subito dopo compariva quella ragazza, con una storia tanto triste, opinioni molto forti su come Simay sarebbe stato sprecato come sacerdote, e l’invito a condividere una stanza.

 Quello che non era chiaro, era perché la ragazza si fosse offerta di aiutarlo, e anzi avesse proposto buone idee. Che benefici ne avrebbe tratto?

 Forse Corinna, sul punto di essere avvicinata con una singolare offerta di lavoro, avrebbe potuto fornire qualche illuminazione in merito.

 

 

                                                      Dal Manoscritto di Corinna

 

 

Il resto di quel pomeriggio e quella serata furono semplicemente un incubo.

 Non appena rimisi piede nei giardini del palazzo, Dylla mi corse subito incontro, prendendo fiato per una sfuriata.

 “Devo riconsegnare una missiva” sbottai, guardandola malissimo. “Non posso farci molto, se un libero non la smette di blaterare. Poi torno subito a fare tutto quello che vuoi. Contenta?”

 La donna grugnì, scontenta di non avere nulla con cui accusarmi, e io filai verso le stanze dell’Imperatrice. Che ore erano? Llyra stava ancora lavorando? Probabilmente sì, c’era ancora luce. Ma chi mi diceva che nel frattempo non fosse tornata a controllare, e avesse scoperto la lettera mancante?

 Non avevo alcuna garanzia. Rimasi qualche istante ad ascoltare fuori prima di entrare nella sua camera, per accertarmi che non ci fosse nessuno dentro; poi misi la testa dentro per sbirciare. Nessuno, come pensavo. Infilai la lettera sotto i gioielli, dove l’avevo trovata, imboccai la porta e filai via.

 Scoprii quel pomeriggio che Dylla non tollerava alterazioni troppo prolungate ai turni di servizio da lei organizzati: dovetti pulire da cima a fondo le latrine di tutto il palazzo. Come logica conseguenza, quella sera ero stanca morta, complice anche la scarica di nervosismo che mi aveva accompagnata per tutta la mia improvvisata missione.

 Ma forse proprio perché ero troppo stanca, oppure perché continuavo a tornare col pensiero a Simay e a cosa gli stesse succedendo in quel momento – sarebbe riuscito a salvarsi? Avrebbe trovato qualcuno disposto ad aiutarlo? Non erano fatti miei, ma dopo essermi esposta tanto per salvargli il collo, avrei gradito almeno una conferma di successo! – fatto sta che dormii poco e male, e mi svegliai molto più presto del solito, mentre gli altri schiavi dormivano ancora. Feci del mio meglio per riaddormentarmi (già avevamo poco tempo per dormire, quel poco lo sprecavo anche?), ma dopo quelle che mi parvero ore di immobilità al buio, mi alzai e uscii dalla capanna.

 Non intendevo andare da nessuna parte, solo camminare per i cortili aspettando che qualcuno uscisse. Lo facevo spesso quando ancora vivevo a casa dei miei genitori, quando non riuscivo a dormire: avevamo un piccolo giardino. Mi avevano sempre affascinata quei momenti in cui non si vedeva o sentiva nessuno, in cui avrei potuto letteralmente fare qualunque cosa e nessuno se ne sarebbe accorto. Una sorta di garanzia di libertà, ferma lì, pronta da usufruire fino a quando non fosse sorto il sole. Mi calmava, camminare in quel modo e a quell’ora.

 Mi diressi verso i giardini imperiali, divertendomi a pensare che in quel momento una simile meraviglia fosse solo mia – senza alcun lavoro da svolgerci – osservando quegli strani fiori, le doline, che sbocciavano solo di notte, e quegli assurdi cigni fluorescenti (li avevo già visti diverse volte dopo il tramonto, ma non mi ci ero mai abituata del tutto). Curioso associare pensieri così poetici alla persona che ero allora? Un po’ me ne vergognavo, confesso, ma non abbastanza da smettere di farlo.

Un fruscio di fogliame, e una figura minuta piombò a pochi passi da me. Cacciai un urlo, saltando all’indietro.

 “E fu così che io diedi inizio alla leggenda di un Supay nei giardini” commentò la figura, alias Linca.

 “Ma che caz … sei tu. Scusa tanto, sono poco abituata alla gente che salta fuori dal nulla al buio, e che accidente sarebbe un Supay?”

 “Quando si è nel buio, è difficile non saltar fuori dal nulla. Un Supay è un mostro che vive nella Notte a torturare le anime dei peccatori, quindi immaginarselo a scorrazzare in mezzo a noi invece che all’inferno fa per affascinanti leggende urbane”

 “Leggende urbane?” battei le palpebre. Le leggende urbane erano cose che associavo al mio mondo, fatto di gente che aveva tutte le credenze scientifiche per emanciparsi dalla religione ma non per smettere di desiderare uno spavento facile. Mi faceva strano che le avesse anche questo mondo, così mistico, se vogliamo, dal mio punto di vista.

 “Sì, leggende urbane. I tuoi genitori non ti hanno mai detto che se ti fossi avvicinata troppo a un torrente pericoloso, un lilque malvagio ti avrebbe portata via? Nessun’amica ti ha mai detto che il cesso connetteva al regno di Qisna e quindi dovevi scappare appena finito di adempiere al suo scopo? O che se tuo marito ti avesse trattata troppo male, la Dama Azzurra l’avrebbe ucciso? Che vita noiosa …”

 “Scusa, hai detto ‘Dama Azzurra’?” Ero rimasta abbastanza affascinata da quello di cui andava blaterando Linca – tutti i mondi erano paese – ma quel nome era già stato fatto, in un contesto ben diverso.

 “Sì, ti sei mai chiesta da dove abbia tratto ispirazione l’assassina?”

 Quale assassina? Non era un’artigiana?”

 Linca inarcò un sopracciglio. “Te ne ha parlato il mio padrone, per caso?”

Annuii.

 “Lo sapevo. Poteva esserci solo una persona abbastanza stupida da far sì che il suo interlocutore confondesse un’assassina con una sarta o una ceramista. Hai da fare a quest’ora?”

 “Non riuscivo a dormire …”

 “Noi non dormiamo mai. Se ti va di fare una chiacchierata, la bottega è praticamente aperta”

Ma quanto erano mattinieri questi tizi? Mancava ancora molto all’alba, a quanto potevo capire dal cielo. Però la prospettiva di riprendere quella promessa chiacchierata non mi dispiaceva per niente, così come la prospettiva di piombare in casa a qualcuno nel bel mezzo della notte. Avrei dato fastidio a Sayre? Tanto meglio, era stato lui a invitarmi.

 Fui così ben contenta di associarmi a Linca. Certo, lo sapevo che in condizioni normali andare di notte a casa di un uomo non era tanto equivoco (non mi importava) quanto pericoloso, ma non riuscivo a immaginarmi Sayre come una persona pericolosa. E la presenza di Linca, acida e sarcastica ma pur sempre una ragazzina, era un’ulteriore sicurezza.

 “Ehi, mio signore! Dovrete pagare le conseguenze di invitare gente a caso”

 “Ahi! Ciao, Corinna” Sayre, a giudicare da come agitava la mano, si era appena scottato nell’accendere la sua fornace; nondimeno tornò immediatamente al suo solito atteggiamento mondano. “Non immaginavo che ti avrei rivista così presto. Non mi dà nessun fastidio, comunque”

 “Peccato. Hai detto che volevi chiacchierare di questa Dama Azzurra che sarebbe un’artigiana o un’assassina a seconda di chi la interpreti?” lo guardai sollevando un sopracciglio.

 “Un argomento di conversazione come un altro” fece un gesto vago con la mano. “Se sei interessata alle storie di delitti, s’intende”

 “Non prendermi per quelle ragazzine con lo stomaco debole. Allora?”

 “Linca, puoi preparare della chomwa? Grazie. Bene, Corinna, se proprio vuoi scoprire della Dama, partiamo dalla leggenda”

Si accomodò senza tanti fronzoli sul pavimento e io lo imitai. Cercai di reprimere al meglio delle mie capacità quei sentimenti di contentezza allo stare da sola a chiacchierare con lui.

“Un tempo imprecisato fa, un altrettanto imprecisato principe prese come concubina la figlia di un celebre scultore. Inizialmente, per lui era stato solo un capriccio …”

 “Che porco”

 “Con questi parametri, condanneresti alla Notte l’intera dinastia. Se questo può un po’ redimerlo ai tuoi occhi, il principe scoprì che la sua nuova amante, oltre che incredibilmente bella, era anche molto intelligente ed istruita. Cominciò a preferire la sua compagnia a quella delle altre concubine, a considerarla quasi come una sua pari, e infine, anche a innamorarsene sul serio. La ragazza, dal canto suo, rimase molto impressionata da come il principe non si fosse rivelato solo un buzzurro attento solo ai propri piaceri, ma anche un uomo in grado di rispettare l’intelligenza e la cultura, e di sorvolare sulle differenze di classe. Per farla breve, il loro rapporto evolse in una vera e propria storia d’amore”

 “E fammi indovinare, questo non piacque a nessuno?”

 “Hai già capito molte cose di questa corte, vedo” non poteva neanche immaginare quanto “Come dici tu, la cosa non fu vista di buon occhio, ma i sovrani e i loro consiglieri si misero il cuore in pace: era solo una follia di gioventù, poi le concubine servivano a quello, l’importante era che poi sposasse la sorella designata e mettesse al mondo eredi legittimi, in cui il sangue del Sole scorresse puro. E appunto qui sorse il problema. Il principe decise che non voleva tenere una donna simile solo come sua amante: doveva diventare la sua Imperatrice”

 Chissà perché questa storia iniziava a suonarmi familiare?

“E la sua promessa sposa fece ammazzare brutalmente la concubina. Fine?”

 “Da’ più credito a quella povera principessa. In realtà … grazie, Linca”

La schiava aveva porto a ognuno di noi una ciotola contenente uno strano liquido rosso cupo fumante.

 “Cos’è? Sangue, per intonarsi all’atmosfera?”

 “Se avessi voluto quello, avresti dovuto dirmelo in anticipo, al momento non ce l’ho. E’ chomwa

“Che roba è?”

 “L’unico vizio che possa ammettere di avere all’attivo. Praticamente sono petali di likri sminuzzati e fatti bollire nel latte di kutluqun. Costa un po’, però la trovo deliziosa”

 Assaggiai. Quella era probabilmente una delle cose più dolci che avessi mai provato. Per chi sta leggendo probabilmente sarà un gusto conosciuto, ma io, in termini del mio mondo, la classificai sul momento come una via di mezzo tra il sapore del cioccolato al latte e del caramello. Una cosa da distruggere i denti all’istante. Di sicuro non condividevo l’apprezzamento di Sayre per la bevanda, ma rimandai il sarcasmo a dopo: volevo sentirla, la fine di quella storia.

 “Dicevo, in realtà la principessa decise per prima cosa un approccio diplomatico. Andò a parlare con la concubina, le ricordò le leggi di Achemay: la sposa legittima dell’Imperatore poteva essere solo una sorella, perché il futuro erede al trono ricevesse più forte in sé il sangue del Sole”

 “Ma allora un figlio illegittimo dell’Imperatore …”

 “Può benissimo salire al trono, in realtà. Può essere perché la coppia imperiale non ha figli legittimi, o perché per un motivo o per l’altro si dimostra più adatto al trono di loro. Ci sono stati molti più casi in cui ciò è avvenuto di quanto piaccia ammettere ai Sacerdoti di Achemay, ma in ogni caso, un figlio legittimo è visto come l’ideale. E le leggi degli dei non sono qualcosa da prendere alla leggera. Se ne rese conto la concubina stessa, mostrando quella che potrebbe essere detta una grande saggezza, così tranquillizzò la principessa e, la successiva volta che il principe venne da lei, gli disse chiaro e tondo che rifiutava di sposarlo, esponendo i motivi. E questo fu ciò che al principe non garbò affatto”

 “Non dirmi che fece fuori la sorella per avere via libera …”

 “Probabilmente gli sarebbe piaciuto, ma si rendeva conto che i suoi genitori facevano ancora in tempo a ripensare a chi assegnare il trono. Non potendo sfogare la sua rabbia sulla principessa, la rivolse alla concubina. Addusse a pretesto che lei l’avesse tradito, e ordinò che fosse prima torturata e poi giustiziata”

 “Che?! Ma non ne era tanto innamorato?”

 “Evidentemente la amava troppo oppure non l’amava affatto, dipende da cosa tu preferisca dire in questi casi. Ma non aveva fatto i conti, ironicamente, con la stessa intelligenza e bellezza che tanto l’avevano affascinato. La donna riuscì a irretire l’uomo che la torturava, a confonderlo e, approfittando di un suo momento di distrazione, riuscì a liberarsi dalle sue corde, rubare un coltello e ucciderlo. Poi, piena d’odio e delusione verso l’uomo che credeva l’amasse, rubò le vesti di una schiava e, così travestita, si diresse verso la stanza dell’uomo per assassinarlo, vendicandosi del dolore subito”

 “Ottima pensata!” commentai. “Ma perché ho il sospetto che le sia andata malissimo?”

 “Infatti. Quando la donna fu arrivata alla stanza del principe, e se lo ritrovò davanti terrorizzato e disarmato, fu lei quella sopraffatta dai propri sentimenti. La sua presa sull’arma di indebolì e il principe, accortosene, ne approfittò per strappargliela di mano. A quel punto, non poté esserci una vera e propria lotta: per quanto astuta, la donna era stata educata alle arti e all’eleganza, il principe alla guerra. L’uomo impiegò pochissimo tempo per bloccarle i movimenti e, con la scusa di doversi difendere da un tentato assassinio, strangolarla personalmente”

 “Che pezzo di merda. Immagino che lui visse per sempre felice e contento, non è vero?”

 “Dunque credi che la dama avesse ragione a volerlo uccidere?”

 Ovvio. E’ stato lui il primo a volerla uccidere, e con molta meno ragione!” mi infiammai. “Solo perché lei era una donna non significa che lui avesse il diritto di disporre della sua vita!”

 “No, su questo hai ragione. Io, infatti, stavo solo cercando di capire se una logica di vendetta fosse giusta per te. Comunque sì, lui visse … relativamente felice e contento. E’ vero che sposò la principessa, divenne Imperatore, ebbe dei figli che gli succedettero, eccetera. Ma leggenda vuole che, durante il suo regno, iniziarono a verificarsi strani eventi. Proliferarono i casi di cadaveri ritrovati in mezzo alla strada, ma non mendicanti morti di fame o malattia come spesso capita: uomini in perfetta salute, massacrati a coltellate”

 “Ah, inizio a capire dove vada a parare la storia …”

 “E probabilmente hai ragione. Quando le guardie iniziarono le indagini, fecero in fretta a trovare un collegamento tra tutte queste morti. In primo luogo, tutte le vittime erano non solo uomini, ma uomini che avevano la reputazione di essere violenti e aggressivi sia verso le proprie mogli, che verso le donne in genere: pare che uno di loro fosse stato accusato, anni prima, di aver violentato una ragazza. E la seconda cosa scoperta dalle guardie fu che chi fosse passato in quei luoghi, negli orari in cui approssimativamente si erano svolti gli omicidi, avevano visto una persona molto singolare: una donna in abiti ricchi, da gran signora, ma con la pelle bianca come quella di un cadavere … tranne il viso, dalla colorazione bluastra di chi è morto soffocato”

“La Dama Azzurra” conclusi io.

 “Esatto. Ora, questi molto probabilmente erano delitti compiuti da delinquenti a scopo di rapina che poi sono stati romanzati, ma la leggenda è in circolo da molto tempo, a quanto ho sentito. E qui si arriva all’attualità, in cui i fatti sono molto più facili da dimostrare. Circa un anno fa, uno dei consiglieri dell’Imperatore è stato trovato morto nel suo letto, ucciso a coltellate. La prima sospettata è stata la moglie, perché l’uomo non faceva mistero di trattarla malissimo: la poveretta è stata rinchiusa in cella quasi senza processo, tanto sembrava banale il caso. Le uniche perplessità erano sul fatto che non si riuscisse a trovare l’arma del delitto, ma conclusero che fosse uno dei tanti coltelli in cucina che la donna aveva semplicemente ripulito. Però poi c’è stato un altro omicidio, esattamente identico, sempre con un nobile. Poi un altro, e poi un altro ancora. A questo punto, la gente ha iniziato a trovare strana questa improvvisa mania delle donne bistrattate di far fuori i propri aguzzini a coltellate, e ha iniziato a ripetere la vecchia leggenda. Dopo il quarto caso, poi, una guardia un po’ più solerte delle altre ha rimarcato sulla continua assenza dell’arma del delitto, e ha cercato di capire dalle ferite che tipo di coltello fosse stato usato. Ha insistito tanto che è riuscito perfino a far convocare un medico Kisnar, e quest’ultimo ha identificato l’arma come un tipo di coltello molto insolito, comunemente usato solo per operazioni di chirurgia di precisione. Non il genere di utensile che una donna di buona famiglia ha abitualmente in casa, per intenderci, figurarsi quattro. Le donne sono state scagionate, e la leggenda della Dama Azzurra è tornata sulla bocca di tutti”

 “Quindi, è passata da una semplice leggenda all’ispirazione di un’assassina vera”

 Sayre sorrise – ne fui molto felice-. “Dici bene, l’ispirazione. Troverai molti disposti a garantire che si tratti di un vero fantasma, ma concordo con te: la nostra assassina è in carne e ossa. E a quanto pare, perfettamente consapevole del mondo in cui viviamo, dato lo scalpore che ha fatto l’assassinio di quel fornaio”

 “Un fornaio? Ma non hai detto che uccideva solo nobili?”

 Ha iniziato uccidendo nobili, i bersagli più scontati per posizione sociale …”

“In che senso, scusa?” intervenni io. “L’assassinio di un poveraccio fa più scalpore di quello di un nobile? Non dovrebbe essere al contrario?”

 “Da dove provieni, le cose funzionano così? Ho sottovalutato il viaggio che hai fatto, avete una logica completamente diversa. Qui nell’Impero, i nobili sono sì privilegiati, hanno gli incarichi più importanti, ricevono un trattamento deferenziale, ma proprio per questo, devono anche dimostrare di esserne degni, comportandosi in modo impeccabile per fungere da esempio alla plebaglia. Un delitto da loro commesso è considerato più grave di quello commesso da un artigiano o un contadino, proprio perché da gente di umile estrazione sociale ci si aspetta un comportamento rozzo e incivile. E di conseguenza, i nobili ricevono anche le punizioni più gravi”

 Credo di essere rimasta a bocca aperta da qualche parte in tutto questo discorso. “Ma … questo posto è una figata! Da noi è tutto il contrario: le persone più in alto nella casta pretendono deferenza e, come parte di questi privilegi, pene più leggere quando commettono crimini, se proprio gli vengono date pene del tutto”

 “Quindi preferisci un sistema che discrimina i ricchi invece di uno che discrimina i poveri, a parità di offesa?”

 “Ovviamente!”

 Sì, lo sapevo che a fare i buonisti la legge sarebbe dovuta essere uguale per tutti, ma se qualcuno riceveva più bonus degli altri, era più che giusto che ricevesse pari malus.

“Niente è ovvio, quando si parla di morale” filosofò lui. “E infatti la Dama Azzurra ne dimostra una ancora diversa. Con l’omicidio del fornaio, ha messo bene in chiaro che per lei la classe sociale non conta nulla: se qualcuno si mostra violento con una donna, lei si mostrerà a suo modo violenta con lui, a prescindere da tutte le circostanze esterne quali la classe sociale. E’ un concetto che molte persone non riescono a comprendere”

 “Immagino” commentai. Posai la mia ciotola ormai vuota. “Bene! E con questo, ho sentito una storia dell’orrore al buio mentre bevevo una roba dolciastra che sembrava sangue. Mi ricorda certe serate che facevo da bambina, e non lo dico come un complimento. E adesso levo il disturbo, che il cielo sembra appena chiaro e probabilmente Dylla è già in piedi a sbraitare”

 “Lieto di averti ricordato tutte le cose sgradevoli dell’infanzia! No, scherzi a parte, mi è piaciuto parlare con te. Buona giornata, e ricordati di non legarti alla persona sbagliata, che la Dama Azzurra potrebbe essere arrestata nel frattempo”

 “Non esattamente l’input di cui avevo più bisogno” commentai, lasciandomi la sua bottega alle spalle.

 

 

 

 

GLOSSARIO (e qualche trivia):

Mekilo: essere simile a uno scoiattolo, solo molto più grande, con zampe molto più lunghe e la coda in fiamme. Essendo un animale legato al fuoco, non è considerato sacro a nessun dio, ma sfruttabile da tutto il genere umano. Viene usato soprattutto per trasportare merci e persone.

Occlo: bovino ricoperto di squame e con protuberanze lunghe e sottili, simili a serpenti che stanno al posto delle corna e da cui esce fuoco. Anch’esso animale legato al fuoco, ma per la sua pericolosità e la capacità di controllare i loro getti di fuoco sono quasi esclusivamente cavalcature da battaglia.

Kutluqun: capre anfibie con alghe al posto della pelliccia. Sono considerate sacre al dio Tumbe, e per questo, per allevarle o catturarne di selvatiche, è necessaria l’autorizzazione di un sacerdote di quel dio.

Lymplis: pesci volanti, con le pinne coperte di piume. Sono sacri alla dea Chicosi, dunque è necessaria l’autorizzazione di un suo sacerdote per possederne uno. Malgrado ciò, sono popolari come animali da compagnia presso la nobiltà.

Kyllu: uccelli simili a cigni, fluorescenti. Sono sacri al dio Achemay, e allevati solo all’interno del palazzo imperiale. Il loro piumaggio è usato per decorare le corone dei sovrani.

Lilque: creature con corpi simili a quelli degli esseri umani, ma con code di serpente al posto delle gambe. Servitori del dio Thumbe, vivono presso il mare, i laghi e in qualche caso i fiumi, quasi mai in corsi d’acqua più piccoli.

 

Shillqui: piante in cui scorre un liquido per aspetto e consistenza simile al miele, che causa a tutto l’albero di agitarsi violentemente. Se bevuto, questo liquido dà gli stessi effetti agi esseri umani, ma è difficilissimo metterci le mani sopra. Pianta sacra a Pachtu, i suoi sacerdoti ne devono bere la linfa durante le cerimonie.

Likri: fiori simili a gigli rossi, dalle temperature bollenti, che esalano un fumo sottile. Se tuffati in acqua gelida e canditi, sono considerati ottimi per la pasticceria, ed essendo legati al fuoco, l’unico limite al coglierli è potersi permettere buoni guanti protettivi.

 

Qillori: cristalli di colore azzurro chiaro, molto usati in oreficeria.

Achemairi: cristalli di colore dorato, anch’essi comuni per l’oreficeria.

 

Notte: entità primordiale da cui tutto il mondo ha avuto origine.

Achemay: dio del sole, entità più importante del pantheon Soqar.

Achesay: dea della terra.

Chicosi: dea dell’aria.

Tumbe: dio del mare, dei fiumi e dei laghi.

Sulema: dea del fuoco.

Pachtu: dio dei fulmini e della vita.

Qisna: dea della morte e delle paludi.

Supay: esseri più collegati al folklore che alla religione vera e propria, sono creature della Notte,

 

incaricati di torturare le anime dei peccatori che lì vengono gettate.

 

 

 

 

 

 

Ladies & Gentlemen,

avevo detto che gli aggiornamenti si sarebbero fatti relativamente brevi! Sto lavorando come una matta per mantenere questo ritmo.

Comunque, cosa ne pensate del capitolo vero e proprio? Vi è piaciuta la tanto attesa riunione di Simay e Corinna? E che ne pensate di Qillalla e dei suoi piani? E per concludere, spero che vi sia piaciuta la parte relativa alla Dama Azzurra, anche perché ci avviciniamo ad Halloween!

Ringrazio di nuovo tutti quelli che hanno letto finora, e un grazie speciale a chi vorrà recensire!

 

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Capitolo 11
*** Dove praticamente tutti hanno secondi fini ***


                                 CAPITOLO 10

DOVE  PRATICAMENTE  TUTTI  HANNO  SECONDI  FINI

 

 

 

 

 

 

 

                                                   

                                                             Dal Manoscritto di Corinna

 

 

Il mio insolito anticipo mi procurò la munifica concessione di un grugnito di approvazione da parte di Dylla. Non ebbi nemmeno particolari incarichi, quel mattino, né qualcuno fece commenti sulla mia sparizione del giorno precedente, né le guardie mi arrestarono per alto tradimento. Non fosse stato per la fifa anche Llyra si rendesse conto della seconda manomissione e iniziasse a indagare seriamente, avrei potuto dire di essermi sognata gli ultimi due giorni.

 Era un bene o un male? Non avrei saputo dirlo. Mi faceva senz’altro piacere non essere giustiziata, ma che fine avrebbe fatto Simay? Di nuovo … avevo fatto tutto quel chiasso per salvargli la vita, avrei voluto almeno sapere di aver avuto successo.

Avessi effettivamente creduto in un dio, avrei detto che le mie preghiere furono esaudite nel primo pomeriggio. Ero in cucina, cercando di convincere uno dei cuochi a darmi qualche avanzo in più, quando mi si avvicinò una ragazza che non avevo mai visto prima.

 “Scusami, sei Corinna?”

Qualcuno chiedeva di me- oh merda, la lettera. Dovetti fare del mio meglio per non guardare questa ragazza con aria terrorizzata.

 “Io. Cosa vuoi?”

“Devo portarti una comunicazione da parte del … Tempio di Achesay” fece un educato gesto con la mano per invitarmi a seguirla in disparte.

 Oh, bene … doveva averla mandata qui Simay. Non era una sacerdotessa, a giudicare dai colori sgargianti della sua tunica, forse una sua nobile parente. Stupida io a pensare che fosse un pericolo: a quanto avevo potuto capire dalle guardie, le donne non portavano armi in quell’Impero, e comunque quella ragazza era decisamente sovrappeso, non qualcuno abituato al combattimento o a trattare con gente pericolosa e pronta alla fuga.

 “Hai un messaggio da Simay?” le chiesi senza troppi giri di parole.

 “Per quello che ne sai tu, potevo essere qualcuno che cercava di estorcerti una confessione, o che stava pensando a tutt’altro” mi ammonì lei. “E avresti causato un sacco di domande. Non essere così spericolata”

 “E questo cosa c’entra?” la guardai male. “Non ho manco detto perché Simay dovrebbe mandarmi un messaggio”

 “Avresti potuto improvvisare su quello per discolparti, è vero” concesse la ragazza. “Ma avresti fatto meglio a non prendere rischi del tutto. Comunque sì, ti sto parlando per conto suo, riguardo a quello che gli hai rivelato ieri”

 Uh, era già andato a raccontarlo a cani e porci? Bene, avevo affidato la mia sicurezza a un’ottima persona. Magari la prossima volta che l’avessi visto avrei risparmiato la fatica a Llyra e l’avrei strozzato io stessa.

 “Non preoccuparti, io sono completamente dalla sua parte” mi disse la ragazza, come leggendomi nel pensiero – o più probabilmente guardandomi in faccia. “Voglio che quel ragazzo viva, esattamente come te. Se non è successo nulla per farti cambiare idea nell’ultimo arco di sole”

 “Perché, la vita di qualcuno sarebbe qualcosa su cui poter cambiare idea a caso?” ribattei, incrociando le braccia.

 Lei strinse le labbra, poi fece un sorriso tirato. “Sono contenta di vedere che ci tieni tanto. Ti fa molto onore, per una schiava” Decisi che la ragazza grassa non mi piaceva. “E proprio per questo, voglio farti una proposta che spero accetterai”

 “Dopo queste lusinghe, come potrei?” replicai, il sarcasmo ben evidente nella voce.

 Lei si accigliò e aprì la bocca come a voler replicare qualcosa, poi la richiuse. Oh, pensava che una schiava non valesse la pena di litigare?

 “E’ molto importante. Vogliamo chiederti di sorvegliare le mosse dell’Imperatrice per noi”

“Come, prego?”

 Puoi notare che la mia primissima reazione non fu particolarmente entusiasta. Avevo corso un rischio allucinante, avevo ancora ben chiara la paura del giorno prima, quando era stato un solo semplicissimo gesto, e questi mi venivano a proporre di diventare una spia? Erano fuori?

 E io non ero quella tanto preoccupata della vita di Simay? Quella che si era ritrovata, come avevo appena pensato, a correre rischi per la salvezza di qualcun altro? Dov’era finito il mio coraggio, nei cessi che Dylla mi aveva fatto pulire il giorno prima?

 Sì, tutto molto bello impegnarsi per il prossimo, specie se alla facciazza delle autorità, ma qui si trattava di mantenere in piedi una specie di attività delicatissima, con una posta in gioco incredibilmente alta, per cui io non avevo nessuna preparazione … tranne una notevole esperienza nel cacciare balle, si intende.

 “Ti stiamo chiedendo di riferirci tutto quello che puoi sapere sulla sovrana. Opinioni, abitudini, caratteristiche, modo di trattare i pericoli che le si sono parati davanti finora, tutto quello che può aiutarci a capire cosa aspettarci da lei. Certo, sentire qualcosa anche dei suoi piani per Simay sarebbe meraviglioso, ma capisco che siano di quei colpi di fortuna che capitano una volta nella vita”

 Così era già un attimino più ragionevole. Di sicuro non avevo le capacità per improvvisarmi infiltrata e scoprire piani segreti, ma memorizzare abitudini e imparare curiosità? Quello si poteva fare benissimo. Forse non mi faceva onore accettare solo una volta appurato che non ci fossero rischi, ma avevo anche il diritto di preoccuparmi un po’ della mia, di pelle.

 Feci per assentire, ma forse quella ragazza fraintese le mie intenzioni, perché si affrettò ad aggiungere “Non temere, non sarà una mancanza di rispetto verso l’autorità imperiale. Darai solo all’Imperatrice la possibilità di non commettere un tragico errore verso un suo suddito leale. Paradossalmente, con la tua attività, le mostreresti devozione …”

 “Va be’, non me ne frega niente di quello …”

 “Ah … no? Be’, allora lasciami dire che non ci mostreremo ingrati nei tuoi confronti. Tu vorresti seguire il culto di Pachtu, vero? Ricordati che Simay è un novizio sacerdote, e proveniente da una famiglia adottiva importante. Se lui mettesse una buona parola per te con la Somma Sacerdotessa di Pachtu …”

 “Non lo sto facendo per la ricompensa” sbottai, fulminandola con lo sguardo – però mi piaceva sapere che nel caso avrei avuto qualche piccolo vantaggio anch’io.

 “Hai già fatto un grande passo, non capisco perché …”

 “Perché non mi lasci finire di parlare, cazzo! E’ un pezzo che sto cercando di dirti che mi sta bene!”

 Mi sarebbe stato bene anche fare una bella urlata, ma non potevo sapere chi stesse passando di lì, e dovetti tenere la mia giusta ira a un livello tristemente contenuto. Ma porca miseria, quella ragazza era esasperante! Se c’era qualcosa che odiavo, erano le persone che cercano di convincerti a fare qualcosa anche quando hai già detto che va bene, e quella ragazza neppure mi lasciava dirlo con il suo blaterare!

 “Oh, va be …”

 “Ecco”

 Lei si accigliò nel guardarmi. Ebbene? Non era abituata a sentirsi rispondere a tono da una schiava? “Sono felice della tua collaborazione. Io sono Qillalla Huarcayi …”

 “E tu sai già come mi chiamo io”

“Sì, lo so, Corinna. Ora, immagino che tu avrai dei problemi a uscire di qui …”

 “Chiedilo a Dylla, quella esce di testa se non rispettiamo al secondo i suoi orari”

 “E né io né tantomeno Simay potremmo venire qui a parlare con te, non senza attirarci l’attenzione di tutto il palazzo. Non di giorno, almeno”

 “Vuoi organizzare scabrosi incontri notturni?”

 Lei mi lanciò un’occhiata strana, che non riuscii bene a identificare. “Sì. Ci saranno di sicuro delle guardie, ma ho qualche idea su come sfruttare le abilità di Simay nella magia di Achesay. Devo solo capire se ne sia capace, altrimenti … ci inventeremo qualcosa, stanne sicura”

 “Molto organizzato” molto ipocrita, da parte mia, ma questa ragazza mi stava antipatica e dunque dovevo criticarla.

“Non ti preoccupare. Tu dovrai solo trovare il modo per segnalarci di avere informazioni. Non hai, cosa posso sapere, un oggetto personale da appendere fuori dalla finestra? Possibilmente una che dia sul Tempio della Grande Madre o sulla Casa dell’Istruzione dove starò per i prossimi mesi”

 “Sono una schiava” le feci notare. “Neanche i miei vestiti sono miei”

 “Il tuo atteggiamento me l’aveva quasi fatto dimenticare. Hai ragione, che insensibile … aspetta” armeggiò con la sua treccia, disfacendo il nastro blu che la teneva legata. Aveva dei capelli incredibilmente lunghi, anche rispetto alle donne del posto.

 “Ecco qui” dichiarò, porgendomi il pezzo di stoffa. “Legalo dove ti ho detto. Quando ti faranno domande, di’ loro … che è un segnale per il tuo innamorato che quella notte avrete via libera”

 “Perché, secondo te me la farebbero passare, una scusa del genere?”

 Tradotto: quell’idea non mi piaceva neanche un po’. Non volevo dare l’impressione a mezzo palazzo di essere una di quelle ragazzette facili, e non volevo che la gente (Sayre) pensasse che io fossi già impegnata.

 “Oh, le schiave lo fanno tutto il tempo”

 “Sei un’esperta, in queste cose?” replicai.

 L’occhiata che Qillalla mi lanciò può essere definita solo come tagliente. “Non importa. Stavo solo facendo un esempio, di’ loro quello che vuoi, dovrai avere un qualche talento per il sotterfugio se sei riuscita a consegnare quella lettera ieri”

 “Lusingata”

 “Non c’è di che. Accetti, allora?”

 “Mi pare di averlo già detto”

 “Ti ringraziamo infinitamente” rispose lei con un cenno del capo appena abbozzato. “Non resterai senza ricompensa, stanne sicura. D’ora in avanti, sarai tu a doverci contattare. Quando ci avrai segnalato che hai informazioni, aspetta di notte nei giardini. Che gli dei ti assistano”

 

 

La scoperta dei manoscritti aveva causato un importante cambiamento nella vita di Choqo: prima riteneva che le feste dell’alta società fossero noiose, ora le trovava intollerabili.

 Fare inchini, forzarsi un sorriso in faccia, dire le solite cose che nessuno pensava davvero e non significavano niente ma per qualche motivo era ritenuto educato dire, era già un fastidio quando a casa non aveva avuto nulla di interessante ad aspettarla; ora che doveva presenziare a un banchetto per il compleanno di una cugina che aveva visto sì e no cinque volte in vita sua prima di allora, e nella sua stanza c’era una storia di segreti e complotti cui aveva accesso solo lei, l’unica cosa che riusciva a pensare era: non vedo l’ora che questa precisa fase della mia vita finisca.

 “Mi auguro che stiate passando una lieta serata, Choqo Duqasi”

 La ragazza stava facendo un così bel lavoro nel passare inosservata nel chiacchiericcio e nei sorrisi generali, che ci mise un paio di secondi per rendersi conto che quella persona stava parlando con lei. Si voltò alla ricerca del suo proprietario, e il suo cuore perse un paio di battiti. Essere approcciata da un Sacerdote della Vita non l’avrebbe entusiasmata in una buona situazione; incontrare lo specifico Sacerdote che l’aveva scoperta e le aveva inviato i diari stava già iniziando a mandarle dei brividi lungo la schiena.

 “Sì” fu tutto quello che riuscì a replicare.

 Il Sacerdote le sorrise, sollevando un po’ la testa per guardarla negli occhi (era parecchio più basso di lei). “Fare la vostra conoscenza mi rende molto …?”

 “Lieto” rispose lei automaticamente. Era la stessa risposta che dava a tutti i Sacerdoti quando le ponevano quel quesito, su che sesso lei li credesse essere. Proprio non ce la faceva, a considerarli come donne, neppure quelli dal viso delicato come appunto quello che le stava davanti. Almeno il collo corto e il torace largo e piatto la assistevano un po’ in questa opinione.

Il Sacerdote annuì. “Lieto. Io sono fratello Itzèn. Mi pare di avervi già incontrata qualche giorno fa, ma non abbiamo avuto modo di comunicare molto approfonditamente”

 Non avevano comunicato proprio, lui l’aveva beccata a infrangere un tabù e invece di denunciarla le aveva inviato del materiale supplementare. Che diamine gli passava per la testa? Cosa voleva fare?

 La ragazza cercò di trovare una risposta, ma le uscì una sorta di grugnito.

 “Sì, proprio così” rispose il Sacerdote. “Sareste disposta a seguirmi nel giardino? Penso che l’isolamento potrebbe aiutarvi con il vostro problema di timidezza”

 Choqo lo fulminò con lo sguardo. Che si aspettava? Che facesse i salti di gioia a vederlo? Che gli dedicasse tutti i salamecchi che chiunque altro pareva sempre rivolgere al suo ordine?

 Itzèn sorrise, limitandosi a farle cenno di seguirlo. Fu un po’ difficile seguire una persona così bassa in mezzo a tutta quella folla, ma infine trovarono un posto che sembrava essere stato ignorato dagli allegri festaioli. C’era soltanto una ragazzina dall’aria molto ansiosa, che filò via non appena li vide avvicinarsi.

 “Bene, Cho …”

“Cosa ti passa per la testa?” sibilò Choqo. Nessuno a portata d’orecchi, poteva dire e fare quello che le pareva. “Perché non mi hai denunciata? Perché mi hai mandato quei diari?”

 “Non volevi che fossi il tuo aiutante?” Itzèn stava chiaramente facendo del suo meglio per avere un tono accorto e un po’ colpevole, peccato che un angolo della bocca continuasse a sollevarglisi all’insù. “Volevi in me un avversario, un ostacolo da superare? Ti chiedo scusa per il mio giudizio errato, provvederò su …”

 “Sta’ seduto lì! Non voglio che tu ti metta tra i piedi. Voglio solo sapere perché mi hai mandato i diari di Chica!”

 “Per aiutarti nella tua ricerca della verità, magari?”

“Ma non ha senso! E’ nell’interesse del tuo ordine nascondere la verità! Se io dovessi rivelare l’esistenza di quei diari, tutta la religione che avete messo in piedi in questo trecento anni crollerebbe, insieme a tutto il controllo che avete sull’Impero! Non avreste più uno straccio di potere, e non è possibile che vogliate questo!”

 Il Sacerdote non era minimamente scomposto dal suo sfogo: l’osservò serenamente, con un mezzo sorriso, per tutto il tempo, poi la guardò dritto negli occhi. “E immagino che tu sia molto informata sullo stato interno del mio ordine, per discutere delle nostre intenzioni così appassionatamente” disse senza minimamente alzare la voce. “Dunque avrai già capito su che posizione mi collochi io tra Vitalismo Attivo e Passivo, cosa ne pensi della questione dei limiti, anche se forse le mie idee sul Fatalismo potrebbero essere considerate un po’ strane …”

 “Eh?!” Choqo si sentì arrossire. Non aveva capito mezza parola di quello che le aveva detto questo Sacerdote, e aveva già un bruttissimo sospetto su quali sarebbero state le conseguenze. Uno dei passi falsi più imbarazzanti della sua vita …

 “No? Non hai capito di cosa io stessi parlando? Molto strano. Dalla conoscenza approfondita che hai mostrato sulle nostre intenzioni, ho presunto che tu fossi un’appassionata di studi religiosi, e dunque informata su tutte le nostre divergenze ideologiche”

 Choqo abbassò lo sguardo a terra, le guance in fiamme e l’ardente desiderio di essere altrove.

 “Evidentemente sbagliavo. Allora posso interpretarti come quel tipo di persona che vuole sentirsi intelligente e anticonformista, ma alla prova dei fatti non è capace di creare idee proprie, e dunque si limita a pensare il contrario di quello che gli altri pensano?”

 “No!” sbottò Choqo. “Tu non mi conosci, e non hai il diritto per sputarmi addosso le tue sentenze”

 “Sputare sentenze è alla base della vita sociale umana. Anche tu, nel preciso istante in cui mi hai visto, mi hai sputato addosso una sentenza, anche se ti sei limitata a pensarla. E ho il forte sospetto che tu sputi la stessa identica sentenza addosso a ogni mio confratello e consorella, come se fossimo un’unica persona che condivide le stesse identiche caratteristiche”

 Choqo aprì la bocca per ribattere, e quasi si morse la lingua: la risposta che stava per dare non avrebbe fatto che confermare le parole di quell’ermafrodita! Itzèn guadagnò prontamente un posto d’onore nella lista di coloro che le stavano antipatici. Più degli altri Sacerdoti della Vita, così dimostrava di saperli distinguere, contento?

 “E questo perché, per l’appunto, tu hai bisogno di qualcuno di cui parlar male per sentirti intelligente – più degli altri, questo è importante. E noi siamo le persone perfette, in una posizione di prestigio, potere e autorità. Ma dimmi, di preciso, quali sarebbero le tue accuse, tanto radicali da coinvolgerci tutti dal primo all’ultimo?”

 Pessima mossa, caro Itzèn. Perché se le domande precedenti l’avevano lasciata a corto di parole, a questa sapeva precisamente cosa rispondere.

 “Perché siete degli ipocriti. Sostenete che la vita vada celebrata, ma non fate altro che imporre vincoli e precetti che dicano come fare. Il vostro ‘amare la vita’ non è altro che un modo per tenere le masse silenziose ad accettare il loro destino, senza lamentarsi, altrimenti guai, sarebbe blasfemia contro quella cosa grandiosa che è la vita. E cosa sarebbe la vita? Nient’altro che un dannato insieme di costrizioni, nessuno può davvero decidere per sé. Ci sei sbattuto dentro senza avere voce in capitolo, ma lo stesso ti trattano come se facendoti vivere ti avessero fatto una concessione magnifica, e tu dovessi ripagarli attaccandoti a una serie di aspettative e obblighi senza neanche pensarci sopra!”

 “Ragioni meglio di quanto pensassi” la ‘gratificò’ Itzèn. “Naturalmente non sono d’accordo con metà delle cose che hai detto, ma del resto, è anche quello il punto. Ma giusto per curiosità … tu hai detto che non facciamo che imporre limiti e costrizioni alla vita? Bene. Allora, quali sono le tue opinioni sui nostri servizi di assistenza ai poveri e alle loro famiglie? E quelle sui nostri ospedali? Le nostre scuole di preparazione per il test dei quattordici anni per le classi meno abbienti? E il fatto che per nostro giuramento, chiunque possa raccontarci qualunque cosa gli causi sofferenza potendo confidare nella riservatezza e nel massimo aiuto che possiamo offrire?”

 “Praticamente delle decorazioni. Vi servono per rendere il popolino contento e pronto a lodare la vita. E a portarvi offerte”

 “Carine queste decorazioni, curano anche gli ammalati e danno migliori possibilità di vita ai poveri e ai loro figli” ribatté l’ermafrodita, molto più piccato. “Hai lo stesso problema della maggior parte dei ragazzi della tua età …”

 “A occhio, sei mio coetaneo”

 “Non è questo il punto. Il punto è che non sei capace di vedere oltre a come le cose si presentano a te, personalmente, senza fare lo sforzo di capire che gli altri potrebbero avere una mente diversa. E’ anche per quello che ti ho procurato i diari di Chica – non ho ancora sentito i tuoi ringraziamenti, tra parentesi -: perché sapevo che avresti avuto a disposizione solo il modo in cui gli Imperatori della Vita videro la loro vicenda, e non avresti avuto modo di sapere, né probabilmente ti sarebbe interessato, sapere cosa l’Imperatrice Llyra, una dei grandi avversari dei due, avesse guardato agli stessi eventi. Il mondo non si divide tra chi è assolutamente nel torto e chi è assolutamente nella ragione, Choqo Duqasi. E mi sembra importante che tu lo impari”

 “E cosa te ne frega?” ribatté la ragazza. “Perché vuoi dirmi cosa devo pensare e cosa no? E che ne sai di me? Come fai a dire tutte queste cose?”

 “Hai una certa reputazione tra noi sacerdoti. Non sei molto brava a nascondere il tuo disprezzo nei nostri confronti, sai? Praticamente tutti quelli che visitano la vostra famiglia tornano con qualche storia interessante a proposito di te”

 Choqo si sentì nuovamente avvampare. Ma chi se ne importava dei Sacerdoti della Vita? Si mettessero pure a ridere e a giudicarla alle sue spalle, questo non li rendeva migliori! Non valevano la pena che arrossisse – cosa che faceva molto di rado, ma Itzèn era riuscito a farglielo fare due volte in una sola serata, che gli venisse qualche accidente!

“Non risponde alla domanda ‘che te ne frega’”

 “Magari perché sono un religioso. Riportare gli infelici sulla retta via è il mio compito”

 “Ma v-“ Choqo si trattenne dal riversargli addosso tutto quello che anni passati ad ascoltare schiave e stallieri le avevano insegnato, ma si ricordò improvvisamente del posto in cui erano. Appartati o no, una simile scenata avrebbe attirato l’attenzione, causato scandalo e pettegolezzi per gli anni a venire, reso lei la vergogna della famiglia, forse fatto sorgere dubbi sul matrimonio, rovinato i già traballanti legami con i genitori, eccetera eccetera. Itzèn, per quanto insopportabile, non valeva il disturbo.

 Il ragazzo fece un mezzo sorriso. “Ecco … vorresti urlarmi addosso, lo capisco dalla tua faccia, ma hai paura delle conseguenze”

 “No, è che non sei abbastanza importante”

“Così ferisci i miei sentimenti! Ma lasciamo perdere la tua vigliaccheria, e torniamo al punto precedente. Ora, pensi che la coppia imperiale e Llyra siano stati gli unici ad avere una qualche opinione su quegli avvenimenti?”

 “Il manoscritto di Corinna menzionava altre fonti” la ragazza decise a malincuore di non rispondere all’insulto per non rendere la conversazione infinita. “La storie umoristiche di Huicui, gli interrogatori della Dama Azzurra, suggeriva che Linca potesse essere viva ma mi pare un attimino improbabile …”

 “Le storie umoristiche: le trovi in ogni libreria. Gli interrogatori: farò in modo di farti avere anche quelli” Choqo se la prese con sé stessa per il piccolo moto di gratitudine che sentì a quelle parole. “Quanto a Linca … sì, fosse stata una ragazzina umana, avresti assolutamente ragione”

 “…Scusa?”

 “Non hai notato che tutti la descrivono come se fosse stata sbozzata nel legno?”

 Choqo ci impiegò qualche istante per capire, ma quando lo fece, le cadde la mascella in modo molto poco signorile. “Stai dicendo che era una Duheviq?!”

 “Non ne hai mai visto uno, vero? Altrimenti, ci avresti messo molto meno a capirlo. E non hai nemmeno la giustificazione di Simay o Corinna o la maggior parte della gente dell’epoca, che al tempo i Duheviq erano rigidamente isolazionisti! Dovresti girare più spesso per i bassifondi”

 “Ma come faceva un artigiano ad avere come schiava una di quelli?”

 Non aveva davvero senso. Anche se spiegava molte cose: il curioso aspetto della schiava, il suo atteggiamento ben poco da ragazzina (le avevano sempre detto che con quello che vivevano gli alberi mutaforma, non era mai un azzardo intelligente indovinare la loro età), e perfino l’antipatia di Capac nei confronti di Sayre.

 Gli uomini-albero erano tuttora creature profondamente legate alla Terra, aveva sentito dire che molti di loro ancora pregavano per il ritorno dell’antica Grande Madre; nei tempi antichi gli umani li consideravano creature a lei sacre, e gli unici ad avere un permesso ufficiale di avvicinarli erano gli stessi Sacerdoti della Terra. Chiunque avesse una di loro come sua schiava personale doveva avere una superbia al limite della blasfemia. Il che rendeva ancor più strano il fatto che il padrone di Linca fosse solo un artigiano, invece di un qualche importante nobile che avrebbe avuto molte più possibilità di vedersi concessa una simile stravaganza. Qual era la storia di Sayre e Linca?

 A sentire Itzèn, avrebbe potuto chiederla alla diretta interessata … trecento anni erano più di qualunque vita umana potesse raggiungere, ma un tempo ragionevolmente breve per i Duheviq. Non c’era nessuno che potesse dire che Linca non fosse ancora lì fuori, chissà dove …

“E chi lo sa?” il Sacerdote echeggiò i suoi pensieri. “Glielo chiederai. Perché posso garantirti che io troverò quella Duheviq”

 “E come intendi seguire una pista di trecento anni?” si accigliò Choqo.

 “Ho già controllato i registri dell’epoca: la schiava è data per scomparsa misteriosamente poco tempo dopo la morte del suo padrone. Ora, saprai almeno che è stato solo nelle generazioni più recenti che i Duheviq hanno iniziato a lasciare le foreste per trasferirsi nelle nostre città …”

“Sì, perché per come ci stiamo ingrandendo non è che gli abbiamo lasciato molta scelta …”

 “Quello è un altro discorso. Comunque, nelle mie chiacchierate con i più giovani, ho sentito queste storie a proposito di una ‘rinnegata’ che già molto prima avrebbe abbandonato Achesay per associarsi agli umani. Sono praticamente sicuro che si tratti della nostra Linca, ma i miei informatori hanno appena una cinquantina d’anni, e hanno sentito solo leggende dai loro procreatori. Dovrei andare dritto nelle foreste e chiedere agli anziani che ancora ci vivono, sono sicuro che molti di loro potrebbero ricordarsi di averla incontrata all’epoca dei fatti o poco più tardi. Potrebbero darmi una buona pista, se non dirmi direttamente dove sia”

 “E di preciso, perché dovresti prenderti tutta questa fatica?” replicò la ragazza. “Solo per rimettermi sulla retta via? Per insegnarmi ad essere più matura e considerare il punto di vista degli altri?”

 “Sì”

 “Non ci credo. Cos’hai in mente?”

 “Non credi di avere un gran bisogno di riflettere davvero sugli altri?”

 “E questo che vorrebbe dire?”

 “Che non mi hai nemmeno chiesto come faccia a sapere di questa storia. Non del tuo ritrovamento dei manoscritti, ma che i manoscritti fossero lì in primo luogo, e che cosa contenessero”

 La ragazza lo fissò. Era vero. Troppo occupata a pensare a come proteggere i propri segreti ed evitare scandali e complicazioni, non si era neanche posta quel problema. Già, come faceva a saperlo? Malitzin aveva rivelato la vera storia, di tutte le persone, ai suoi stessi sottoposti? Glielo chiese.

 “A quanto ho capito, non esattamente” fu la risposta. “Adesso è una storia che viene rivelata praticamente a tutti quando ricevono la consacrazione vera e propria, ma mi è stato detto che Malitzin lo rivelò solo a pochi, quelli che lo-a seguivano da più tempo, quando era ormai anziano-a. Poi furono loro a rivelarla a tutti gli altri, dopo la sua morte. E naturalmente, è la sua storia, interpretata in modo ancora diverso”

 “E tu vorresti raccontarmela?”

 “Se sarai tanto munifica da consentirmelo”

 Voleva sentirla? Leggere i manoscritti di Simay e Corinna li aveva molto rivalutati ai suoi occhi, principalmente in positivo, ma non era sicura di voler concedere lo stesso trattamento al fondatore di quell’ordine di ipocriti. Ma perché, aveva paura di cambiare idea? Aveva paura di perdere un’altra persona che le stava antipatica? No, non pensava sarebbe potuto succedere. Simay e Corinna le erano risultati fastidiosi soprattutto perché avevano permesso al culto degli ermafroditi di prendere piede; cosa poteva essere il fondatore stesso di quell’ordine, se non peggiore di loro? Era abbastanza sicura che a sentire quella storia l’avrebbe odiato di più, anzi.

 Dunque annuì a Itzèn.

 “Lieto della tua concessione!” il ragazzo le regalò un sorriso a trentadue denti, evidentemente convintosi di aver fatto un passo avanti verso il recupero dell’anima perduta. Povero illuso.

 “Immagino che alla tua famiglia non dispiacerà che tu riceva le visite di un Sacerdote, giusto?”

 “Al contrario, saranno entusiasti che io abbia finalmente sviluppato del sano interesse per la religione”

 “Perfetto! Allora mi metterò in contatto io, vuoi? Spedirò un attendente del tempio a chiedere quando siano i momenti migliori … tra parentesi, a che punto sei arrivata con le storie che stai leggendo?”

 “Al momento in cui Qillalla chiede a Corinna di fare da spia presso Llyra” rispose Choqo, con addosso la strana sensazione di star discutendo di letture comuni. “Stavo anzi per riprendere in mano i diari di Chica, per capire di più su queste manomissioni della lettera, e cosa ne sapesse di preciso lei”

“Dovremo rimandare i nostri incontri di un po’, allora: il-la nostro-a glorioso-a fondatore-fondatrice si unirà un po’ più tardi alla festa. Ne approfitterò per le mie indagini su Linca. E a proposito di festa, siamo nel bel mezzo di una. Temo che abbiamo entrambi trascurato gli altri ospiti troppo a lungo”

 Choqo sbuffò – parlare un po’ con tutti, ecco un’altra di quelle norme noiose che non sarebbe mai riuscita a tollerare. Tanto sapeva già che nessuna delle conversazioni che avrebbe intrattenuto con gli altri ospiti sarebbe stata interessante come quella per il giovane Sacerdote.

 Ma lui, da brava persona troppo inesperta della vita sociale per non rispettare alla lettera le sue leggi, la stava già salutando educatamente per poi dirigersi verso un paio di amministratori. Tanto valeva che lei facesse lo stesso.

 

 

                                                               Dal diario di Chica Guchanii

 

                           15  Achesudi  1592

 

In questi giorni mi pare di star vivendo in un incubo.

Vivo nell’ansia da quando la mia signora mi ha convocata per la prima volta, per discutere con me della manomissione della lettera: chi è stato? Cosa vuole fare? Per cosa dobbiamo prepararci? La mia signora potrà uscire illesa da questo problema? E che ne sarà di me? Queste domande non hanno fatto che tormentarmi negli ultimi due giorni. E tutto quel che è successo, a quanto ho capito da mio marito, è stato qualche insignificante disguido con alcuni rifornimenti dal Tempio di Achasay!

 Non ho quasi passato un istante che non fosse in attesa di una nuova convocazione di Llyra, senza risultati dall’altro ieri; ho dovuto fare una gran fatica, oggi, quando una delle ancelle mi ha raggiunta per richiedermi alla presenza dell’Imperatrice, per non sussultare o correre in modo molto poco dignitoso. Le altre donne per fortuna non vi hanno visto nulla di strano, sanno bene che io e la mia signora siamo state molto legate fin dall’infanzia, e gli sguardi che ho da loro ricevuto sono stati al più gelosi, non sospettosi.

La mia ansia è solo cresciuta quando ho notato una guardia al corridoio che portava alle sue stanze. Credo di aver accelerato il passo, anche se ho cercato di contenere la mia ansia. Ho trovato Llyra seduta al suo tavolino da toeletta, a osservare il suo armadietto dei gioielli. Mi è mancato il respiro, nel realizzare dove posava il suo sguardo.

“Grazie per avermi raggiunta, Chica” mi ha sorriso lei. “Ma ho paura di non poterti dare buone nuove”

Ha indicato l’armadietto. Mi è bastato uno sguardo per rendermene conto: i gioielli, di solito ben organizzati, erano disordinatamente accatastati e intrecciati gli uni con gli altri. Sembrava che qualcuno si fosse messo a frugarvi dentro in gran fretta. Ho immediatamente chiesto della lettera. Era di nuovo stata lasciata al suo posto! Di nuovo, il nostro misterioso nemico non ha trafugato nulla. Aveva forse bisogno di una seconda lettura per controllare dei dettagli?

 L’Imperatrice ha sorriso alla mia domanda, e con assoluta calma ha risposto: “Oh, no. Si tratta di una persona differente”

 Dopo una frase simile, ho davvero iniziato a pensare che entro breve l’ancella mi avrebbe svegliata per aiutarmi a vestirmi e iniziare la giornata. Come poteva essere possibile? Già era molto difficile capire come qualcuno fosse venuto a conoscenza del primo nascondiglio della lettera, ma il secondo, e a così breve distanza dal suo spostamento? Llyra lo aveva rivelato solo a me!

 No … mi sentii sbiancare. Agli occhi della mia signora, l’unica risposta possibile era che fossi stata io a manomettere la lettera. No, non potevo crederci, non potevo pensare a un simile tradimento della sua fiducia, non avevo fatto nulla, ma se lei on mi avesse creduta, che sofferenza le avrei dato? Se avessi insistito sulla mia innocenza, mi avrebbe creduta o le sarei parsa ancora più colpevole? E se mi avesse giudicata colpevole, che sarebbe stato di me, della mia famiglia?

 Ma la verità era che io non avevo toccato la lettera, se c’era un nuovo nemico della mia signora a piede libero, non potevo permettermi che lei non lo sapesse, per il bene sia suo che mio.

 Ho fatto per parlare, ma Llyra mi ha prevenuta: “Qualcuno deve avere origliato la nostra conversazione. Dovremo stare ancora più attente, d’ora in avanti, da qui la guardia che hai visto”

 Mi sono sentita come se avessi ripreso a respirare dopo una lunga apnea. La mia signora non dubitava di me, nonostante quella che sarebbe potuta passare per l’evidenza. Ho sentito lacrime pungermi gli occhi, in quel momento. Ho fatto per esprimere la mia gratitudine, ma di nuovo Llyra mi ha prevenuta.

 Mi ha detto che non avrebbe mai potuto dubitare di me, mi conosce da troppo tempo: ero un’amica troppo leale, e una donna troppo intelligente, per tentare una mossa simile. Non saprei descrivere a parole il sollievo e la gratitudine che ho provato in quel momento. Ma se i sospetti non erano su di me, chi poteva essere stato a manomettere la lettera?

Llyra è sicura che si tratti di una persona diversa da chi l’ha letta la prima volta: nel caso precedente, le lettere sopra la nostra erano state risistemate con cura, mentre quelle in cima erano tutte disordinate, come se il nostro nemico fosse stato allertato dell’arrivo di qualcuno e non fosse riuscito a ultimare l’occultamento delle sue azioni; e per la verità, se il nodo non fosse stato rifatto con uno stile diverso, non avremmo neppure pensato che il contenuto della lettera fosse stato scoperto. Chi ha frugato nell’armadietto dei gioielli ha gettato a Chicosi ogni cautela, pareva qualcuno interessato solo alla lettera, e in grande stato di fretta e agitazione. Comprensibile, ha commentato la mia signora, ma privo della cautela e della cura che il primo lettore ha almeno provato ad avere.

 Dunque, dovremo guardarci le spalle da almeno due fronti, entrambi, al momento, non identificati. La mia signora ha comunque teorizzato che si tratti di qualcuno di interno alla corte imperiale: sia la manomissione delle lettere che dei gioielli è avvenuta di giorno – è stata notata alla sera, mentre al mattino era tutto in perfetto ordine -, dunque l’autore doveva essere qualcuno in grado di aggirarsi per il palazzo senza far sorgere domande sulla sua presenza. Certamente, abbiamo concluso, una delle fazioni coinvolte è quella dei parenti di quella Tibisay che ancora mantengono incarichi di importanza: le fortune della famiglia sono state in declino da quando la concubina dell’Imperatore è fuggita, e vedere un giovane della loro famiglia sul trono andrebbe oltre le loro più sfrenate speranze di tornare all’antico prestigio.

 Ma potrebbero non essere stati direttamente loro: magari hanno usato un agente, qualcuno che potevano permettersi di sacrificare nel caso venisse scoperto. Forse un giovane di estrazione umile ma belle speranze, allettato dall’appoggio di un’importante famiglia? Un artigiano o uno schiavo corrotto con promesse di ricchezza? Dovremo pensare a qualcuno di discreto che possa indagare. E questa è solo una delle parti su cui dobbiamo capire di più: l’altra è molto più incerta, ma anche lì abbiamo un sospettato.

Non avevo dato peso a quei disguidi con il Tempio di Achesay, non ne avevo neppure compresa l’entità. Una scelta stupida: proprio da quel Tempio, dove sta il ragazzo, dovrebbero arrivare problemi? E’ possibile che Pacha sappia davvero qualcosa di questa vicenda. Ma in tal caso, nessuna di noi due ha capito bene come il Sommo Sacerdote pensa che affibbiare materiale scadente ai nostri artigiani potrà aiutare la causa del bastardo usurpatore! Né tantomeno riusciamo a pensare a chi possa essere stato inviato a leggere quella lettera da parte sua.

 In realtà, Llyra ha concluso le nostre riflessioni piuttosto in fretta: ha guardato spesso fuori dalla finestra, per poi, a un certo momento, farmi cenno di tacere. Ho obbedito, sapendo che la spiegazione sul perché sarebbe arrivata a breve.

E infatti dopo pochi minuti circa è comparsa la guardia che stava davanti al corridoio, annunciando la persona che ‘era stata richiesta’. Si trattava di una figura femminile avvolta in informi abiti neri, con un velo del medesimo colore a nasconderle il viso. Credo di aver sgranato gli occhi: la Datrice di Morte! In quel contesto, l’abbigliamento era inconfondibile. La guardia è stata immediatamente congedata, e solo a quel punto Llyra ha autorizzato la nuova arrivata a scoprirsi il volto.

 Si trattava effettivamente di una ragazza incredibilmente graziosa, con un bel viso tondo, un bel corpo e capelli notevolmente lunghi e lucidi. Necessità del suo mestiere, suppongo! Ha detto di chiamarsi Qillalla, ma a parte questo, non si sa né il nome del padre né il luogo di provenienza. Ho sentito dire che molte del suo ordine fanno questo, per non portare infamia alle loro famiglie. Sembrava anche incredibilmente nervosa di essere lì. Lo credo bene: una delle più basse servitrici di Qisna, al cospetto dell’Imperatrice! Non poteva essere altrimenti.

 La mia signora l’ha gentilmente invitata ad accomodarsi su un piccolo sgabello, per poi chiederle l’esito dei suoi tentativi di avvicinare Simay. La ragazza ha giocherellato tanto con il sigillo che portava al collo che ho temuto si strangolasse da sola, mentre raccontava ciò che era avvenuto. Ha già incontrato il ragazzo due volte, prima d’ora: nel primo incontro, si è allontanata con solo la convinzione che sarebbe stato un compito difficile, ma nel secondo … non sono sicura che in circostanze normali lasceremmo vivere a lungo questa ragazza.

 Ha imparato troppe cose. Non le era stato detto perché il giovane Simay dovesse essere contaminato, le era stato solo dato l’incarico di farlo; e ora il bastardo stesso ha scoperto la verità sulle sue origini, e lei è riuscita a strappargliela di bocca. Bisogna ammettere che è stata molto abile: ci ha fornito l’identità di almeno una delle persone che sono a conoscenza del nostro segreto.

 Quella piccola intrigante, Corinna! Non ho quasi parole per esprimere il disgusto che provo verso quella miserabile. La mia signora le ha mostrato incredibile compassione, accogliendola quando chiaramente non serviva, solo per risparmiarle il bordello. Cosa ci ha dato quella straniera in cambio? Prima non ha mostrato alcun rispetto, solo un’immensa maleducazione che Dylla è riuscita a farle passare dopo molti sforzi; e quando finalmente pareva vagamente esser stata domata, eccola a origliare in cose infinitamente più grandi di lei, e tradire la fiducia in lei riposta senza alcuna ragione! Temo di non essere riuscita a impedirmi di tremare dalla rabbia.

 La mia signora ha mostrato molto più contegno: è rimasta completamente inespressiva a quelle rivelazioni. La Datrice di Morte ha poi proseguito a raccontare come lei stessa abbia reagito: fingendosi un’attiva alleata del bastardo, e proponendogli di coinvolgere ulteriormente Corinna. Cosa che ha fatto: la schiava sarebbe una spia per conto loro, incaricata di riferire tutto quello che può sull’Imperatrice. Non ho affatto approvato la sua intraprendenza, il suo prendersi responsabilità che nessuno le aveva affidato, ma Llyra è stata di tutt’altra opinione.

 “Hai mostrato ottime capacità di reazione” l’ha lodata. “Era una situazione che richiedeva una buona capacità di improvvisazione, per guadagnare la fiducia del ragazzo e trovare qualcosa per cui fare incriminare seriamente la sua amica schiava. Ti faccio i miei più sentiti complimenti”

 Credo di aver visto gli occhi della ragazza brillare a quelle parole. L’ha ringraziata, naturalmente, ma poi ha tentato di chiedere cosa intendevamo fare riguardo al fatto che lei sapesse tutto. Benedetta ragazza, a quello non poteva aspettarsi una risposta davvero sincera, non se ne è resa conto?

 La mia signora l’ha rassicurata che finché sarebbe rimasta leale, le sarebbe stato permesso di continuare la sua vita al servizio di Qisna, presumibilmente con maggior considerazione presso le sue pari per aver portato a termine un compito così delicato. L’ha anche istruita su come procedere nella situazione: continuare a fingersi alleata del ragazzo, avvicinarsi a lui, sedurlo come da precedenti accordi, e intanto riferire le sue azioni a noi, perché potessimo prendere contromisure. La ragazza è stata poi congedata, dopo altre lodi e raccomandazioni. Solo a quel punto ho chiesto alla mia signora cosa intendesse fare davvero con quella sacerdotessa.

 “La consacrazione a Qisna impedisce di considerarla responsabile per il suo lavoro” ha riflettuto lei. “Ufficialmente, sta promuovendo la volontà della dea. Ma questo significa anche che se dovesse contaminare qualcuno che non è il suo bersaglio, sarebbe condannabile per le stesse ragioni: un insulto alla volontà di Pachtu. A quel punto, sarebbero gli stessi sacerdoti di quel dio a giustiziarla … ironico, non trovi? Dovremo seriamente metterci a cercare una carovana di Kisnar, e trovare qualcuno disposto a portarci uno strumento infetto. Quanto allo sfortunato che ci andrà di mezzo, sceglierò apposta una delle persone meno utili qui a palazzo”

 Ho annuito.

“Ti ringrazio per essermi stata di appoggio, Chica carissima”

 Ho sempre detto alla mia signora di non ringraziarmi: essere in sua presenza e assisterla è sia un dovere che un piacere, non una cortesia che potrei o vorrei rifiutarle. Ma lei ha sempre continuato imperterrita, e io ho perso la voglia di discuterne con lei. Mi ha poi congedata, raccomandandomi di tornare sana dalla famiglia: lei doveva pur trovare un po’ di tempo da dedicare anche a Quisquis, che tra il problema di Simay e quella mezza sommossa che gli artigiani hanno causato con le guardie dopo la faccenda della Dama non le ha permesso di vederlo quanto avrebbe voluto.

 E’ una tristezza vedere come la mia signora sempre si impegni per la sua famiglia e il suo popolo, e non ne ricavi che noie, e minacce a ciò che è suo diritto! Vorrei solo che questi problemi avessero rapida soluzione.

Giuro che quel che potrò fare per alleviare le sue fatiche, lo farò, costi quel che costi.

 

 

 

 

GLOSSARIO (e qualche trivia):

Mekilo: essere simile a uno scoiattolo, solo molto più grande, con zampe molto più lunghe e la coda in fiamme. Essendo un animale legato al fuoco, non è considerato sacro a nessun dio, ma sfruttabile da tutto il genere umano. Viene usato soprattutto per trasportare merci e persone.

Occlo: bovino ricoperto di squame e con protuberanze lunghe e sottili, simili a serpenti che stanno al posto delle corna e da cui esce fuoco. Anch’esso animale legato al fuoco, ma per la sua pericolosità e la capacità di controllare i loro getti di fuoco sono quasi esclusivamente cavalcature da battaglia.

Kutluqun: capre anfibie con alghe al posto della pelliccia. Sono considerate sacre al dio Tumbe, e per questo, per allevarle o catturarne di selvatiche, è necessaria l’autorizzazione di un sacerdote di quel dio.

Lymplis: pesci volanti, con le pinne coperte di piume. Sono sacri alla dea Chicosi, dunque è necessaria l’autorizzazione di un suo sacerdote per possederne uno. Malgrado ciò, sono popolari come animali da compagnia presso la nobiltà.

Kyllu: uccelli simili a cigni, fluorescenti. Sono sacri al dio Achemay, e allevati solo all’interno del palazzo imperiale. Il loro piumaggio è usato per decorare le corone dei sovrani.

Lilque: creature con corpi simili a quelli degli esseri umani, ma con code di serpente al posto delle gambe. Servitori del dio Thumbe, vivono presso il mare, i laghi e in qualche caso i fiumi, quasi mai in corsi d’acqua più piccoli.

Duheviq: piante dalla capacità di mutare il proprio aspetto, assumendo qualsiasi forma desiderino. Originariamente questo veniva usato per catturare prede dei cui fluidi nutrirsi, ma con l’avanzare della società umana, ne hanno approfittato per integrarvisi. Un tempo servitori della dea Achesay, organizzati in tribù-foreste rigidamente isolate dagli esseri umani; solo i sacerdoti della dea potevano avvicinarli senza essere bollati come cibo. Al tempo di Choqo, mentre i più anziani vivono ancora tradizionalmente, i più giovani hanno preso a mescolarsi con le popolazioni umane, finendo spesso vittime di discriminazioni e relegati ai lavori meno nobili o remunerativi. Mantengono comunque un rigido codice di valori, di cui la fedeltà è il più alto.

Shillqui: piante in cui scorre un liquido per aspetto e consistenza simile al miele, che causa a tutto l’albero di agitarsi violentemente. Se bevuto, questo liquido dà gli stessi effetti agi esseri umani, ma è difficilissimo metterci le mani sopra. Pianta sacra a Pachtu, i suoi sacerdoti ne devono bere la linfa durante le cerimonie.

Likri: fiori simili a gigli rossi, dalle temperature bollenti, che esalano un fumo sottile. Se tuffati in acqua gelida e canditi, sono considerati ottimi per la pasticceria, ed essendo legati al fuoco, l’unico limite al coglierli è potersi permettere buoni guanti protettivi.

 

Qillori: cristalli di colore azzurro chiaro, molto usati in oreficeria.

Achemairi: cristalli di colore dorato, anch’essi comuni per l’oreficeria.

 

Notte: entità primordiale da cui tutto il mondo ha avuto origine.

Achemay: dio del sole, entità più importante del pantheon Soqar.

Achesay: dea della terra.

Chicosi: dea dell’aria.

Tumbe: dio del mare, dei fiumi e dei laghi.

Sulema: dea del fuoco.

Pachtu: dio dei fulmini e della vita.

Qisna: dea della morte e delle paludi.

Supay: esseri più collegati al folklore che alla religione vera e propria, sono creature della Notte,

incaricati di torturare le anime dei peccatori che lì vengono gettate.

 

 

 

 

 

Ladies & Gentlemen,

Yeah, un capitolo con tre punti di vista diversi. E il primo di Choqo di una certa lunghezza da un po’ di tempo, visto che serviva a introdurre un Sacerdote della Vita. Ora che avete visto un esemplare di questo tipo di clero, le vostre opinioni su di loro sono cambiate?

A parte questo, immagino che qualcuno sospettasse che Qillalla fosse la Datrice di Morte. Che ne pensate di lei?

Di nuovo grazie a chi ha letto, e un grazie speciale a chi vorrà recensire!

 

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Capitolo 12
*** Dove, per distrarsi dai propri problemi familiari, si ficca il naso in quelli altrui ***


                          CAPITOLO 11

DOVE,  PER  DISTRARSI  DAI  PROPRI  PROBLEMI  FAMILIARI,  SI  FICCA  IL  NASO  IN  QUELLI  ALTRUI

 

 

 

 

 

 

Choqo doveva riconoscere di essere alquanto stranita dall’attaccamento e dalla devozione che Chica mostrava verso Llyra. Sarà che lei non aveva mai provato sentimenti simili verso nessuno, ma le sembrava qualcosa di fin patetico dipendere tanto da qualcuno.

 Poteva sperare in maggior sanità mentale da Corinna? Non aveva molto altro, Simay non sembrava impegnato in nulla di particolarmente degno di nota al momento e Itzèn non si era più fatto sentire per la faccenda del nuovo materiale.

 

 

 

                                                                    Dal Manoscritto di Corinna

 

“Ma non è possibile, porco cazzo, è un’indecenza!”

 Il lettore avrà capito che, in quel circolo di sofisticate dame che chiacchieravano amabilmente, era alquanto raro sentire una frase del genere; e infatti proveniva dal Cortile degli Artigiani. Il fatto che i giardini imperiali fossero di solito ben riparati dai rumori di quest’ultimo è di buona indicazione sull’ira di chi proferì questa frase.

 A me, confesso, sfuggì una risatina, specie dopo aver visto le espressioni imbarazzate e attonite delle nobildonne.

 Tabllay tossicchiò. “Non è compiaciuto” dichiarò, suscitando qualche risatina nervosa.

“Ma chi è?” azzardò Qilla.

 “Corinna, vuoi andare tu a investigare? Sembri molto divertita da tutto questo” interloquì Parinya, con una proposta che, sebbene mi procurò gli sguardi di sufficienza di molte delle donne lì riunite, mi fu molto gradita. Mi alzai senza una parola ed entrai nel Cortile.

 La fonte delle imprecazioni – che nel frattempo erano continuate senza sosta – era il fabbro, uscito dalla sua bottega allo scopo apposito di stramaledire ogni singolo sacerdote di Achesay. Uhm, non era l’ordine di Simay? Che stava succedendo lì?

Notai subito dopo che anche Sayre era uscito dalla sua bottega, e stava cercando di calmarlo; la mia poca esitazione nell’avvicinarmi a chiedere svanì di colpo.

 “Vi sentono fin dal giardino delle dame” li informai.

 Il fabbro impallidì e imprecò di nuovo, dopodiché si schiaffò una mano sulla bocca. Sayre mi sorrise, con l’aria di starsi seriamente impegnando nel non ridere.

 “Ma stai zitto, Hualpa, per l’amore di tutti gli dei!” quest’ultimo era Yzda, il farmacista padre di Alasu. “Capisco la tua frustrazione, ma …”

 “Ma un corno!” sbottò l’omaccione, anche se in tono più basso. “Per te potrà anche essere un disguido di poco conto, ma …”

 “Un disguido di poco conto?! Mi hanno dato erbe mezzo avariate! Vuoi che ti curi con quelle, la prossima volta che starai male?”

 “Io sto producendo armi per una guerra! Non possono darmi i metalli sbagliati, te ne rendi conto?”

 “Io ho solo ricevuto degli achemairi che erano più schegge che pietre vere e proprie” interloquì Sayre. “Se cerchi qualcuno che se la sia cavata meglio di te contro cui urlare, sono a tua disposizione”

 Invece di raccogliere l’invito, il fabbro mugugnò qualcosa di indistinto e guardò a terra, imbarazzato. Il farmacista rivolse all’orafo uno sguardo grato.

“Ma insomma, cosa sta succedendo qui?” insistei.

 “Ci sono stati seri problemi con le distribuzioni di materiale primo al Tempio di Achesay” iniziò a spiegare Yzda.

“Diciamo pure che abbiamo sfiorato la sommossa” aggiunse Sayre. “Poveri Sacerdoti, non so se abbiano davvero ricevuto tributi così grami o abbiano voluto alleviare lo stress di una vita tanto virtuosa facendo un bello scherzo a tutti quanti …”

 “Lo stress di una vita virtuosa!” saltò su Hualpa. “Anche noi facciamo una vita virtuosa! Perché per stare qui a farci il culo per le persone più potenti dell’Impero, realizzare i migliori lavori che si possano vedere nelle nostre arti, con la costante minaccia che da un giorno all’altro salti fuori qualcuno più bravo di noi e ci soffi il posto, e intanto tutti pensano che siamo stupidi perché se siamo qui abbiamo comunque fallito il test, potremmo far sfigurare qualunque paragone di virtù i templi vogliano piazzarci davanti! Ma ce lo riconoscono? No, pensano che saremmo buoni bersagli per uno scherzo …”

“Hualpa, stavo scherzando io!” la voce di Sayre suonava un po’ angosciata a questo punto – o forse era un disperato tentativo di trattenere le risate.

 “Avranno senz’altro passato una brutta settimana” Yzda cercò di calmare gli animi.

 “Sì, ma con ogni singolo prodotto?” brontolò di nuovo il fabbro, prima di alzare la voce di nuovo. “Ehi, Conira! Vieni un attimo a dirci qualcosa!”

 Si stava riferendo a una donna in carne che passava con aria stanca. La donna – artigiana anche lei, ormai li potevo riconoscere dalle vesti nere – si trascinò lì e riuscì a mettere insieme un “Hmm?”

 “Dicci un po’ se i Sacerdoti di Tumbe ti hanno dato problemi con la tua lana di kutluqun!”

 “No” borbottò lei. “La solita quota, e di eccellente qualità. Allora è vero che tutti voi delle Arti di Achesay avete avuto delle rogne?”

 “A quanto pare, sì” sospirò Yzda.

 “Evidentemente, qualcuno di noi ha mosso offesa alla Grande Madre” teorizzò Sayre. “E come è giusto che sia, la dea punisce tutti noi per le sue colpe”

“Se è così, giuro che trovò quel blasfemo di merda e lo uso per alimentarmi la fornace” brontolò Hualpa.

 “Lasciale ai Sacerdoti, queste cose” borbottò Conira. “E’ il loro compito, intercedere tra noi e gli dei e fare la loro volontà. E adesso scusate, ma sono già in ritardo con quel nuovo abito …”

 “Lasciar tutto ai Sacerdoti … fa presto a parlare lei, che ha la sua quota e poco lavoro” brontolò Hualpa.

“Ma ha ragione. Lascia che a trattare con gli dei sia chi ci è consacrato, e torna a fare il tuo lavoro. Abbiamo oziato anche fin troppo, a star qui fermi a parlare”

 Yzda dovette ritenerla una conclusione appropriata per la sua conversazione, perché tornò dritto alla sua bottega. Vidi Alasu sbirciare dalla finestra, e le rivolsi un cenno di saluto, ricambiata. Anche Hualpa tornò ai suoi lavori, seppure in una cacofonia di imprecazioni; rimase solo Sayre, a guardarlo allontanarsi con aria divertita.

 “Hai apprezzato questo ameno spaccato di vita da artigiani?” mi chiese.

 Io sbuffai. “Se ho capito bene, al Tempio di Achesay avrebbero dovuto darvi rifornimenti e invece vi hanno dato delle patacche?”

 “Non avrei saputo esprimermi meglio”

 “Perché la dea della Terra ce l’avrebbe con voi?” fui ben attenta a far trasudare sarcasmo da ogni sillaba. Seriamente, Sayre non era affatto un brutto spettacolo da guardare, ma come si faceva ad essere così indietro?

 Lui sorrise in risposta, infliggendo un brutto colpo alla mia acida superiorità. “Potrebbe essere interpretata così. Ma ho come l’impressione che la causa sia molto più … umana”

 “Ti riferisci al tizio che l’avrebbe offesa? Patetico. Se anche fosse un sacrilego o chissà che, sarebbe colpa della dea decidere di punire tutti voi invece che lui da solo. E a parte questo …” le parole mi morirono in gola. Credo di aver già reso sufficientemente chiaro che avevo un debole per i sorrisi di Sayre, ma quello che mi rivolse in quel momento fu così bello da farmi perdere le parole e battere il cuore all’impazzata.

 “Sono felice che la pensi così!” da dove arrivava la sensazione di starmi strozzando con il battito cardiaco? “E’ così raro riconoscere che gli dei sono padroni delle proprie azioni tanto quanto gli esseri umani. Ma quello che intendo io è anche più inerente alla buona razza umana: nello specifico ai Sacerdoti di Achesay”

 “Pensi che siano stati loro a rifilarvi le peggio cose? Credono che tra voi ci sia un peccatore incallito?”

 “Per una persona così poco religiosa, stai dando loro molto credito. No, mi riferisco ai rapporti non proprio idilliaci tra la nostra Imperatrice e il Sommo Sacerdote Pacha”

 Sentire quelle parole fu come ricevere una piccola scossa elettrica. Informazioni sull’Imperatrice? Esattamente quello che mi serviva! Dovevo proseguire su questa linea di indagine (anche perché guarda un po’, mi permetteva di parlare con Sayre).

 “Come, scusa? Continua a spettegolare, per favore”

 Lui rise. “Agli ordini, ma sappi che ti sto solo riferendo quello che ho sentito io, che sono qui solo da pochi anni. Se ci sono imprecisioni, non prendertela con me”

 “E allora perché le stai raccontando in giro?”

 “Perché è l’essenza del pettegolezzo. Ti hanno già detto che Pacha e la coppia imperiale sono fratellastri, sì?”

 “No. Pacha ambiva al trono?” avrebbe potuto spiegare un’avversione così feroce di Llyra verso qualsiasi competizione.

 “Lui personalmente, tutt’altro. Ma sua madre, una delle pochissime concubine che l’Imperatore Duqas si sia concesso, ha fatto una guerra spietata alla sovrana legittima per insediare suo figlio al posto sul trono al posto di Manco”

 “E quindi Llyra ha rischiato la possibilità di diventare Imperatrice”

 “No. All’epoca era una ragazzina, non era ancora andata in sposa a nessuno. Se Pacha fosse stato scelto come successivo Imperatore, Llyra avrebbe semplicemente sposato lui, anche per contenere la dispersione del sangue degli dei”

 “E allora perché si starebbero tanto sulle scatole?”

 “Pare che Pacha non volesse saperne nulla di diventare Imperatore. Fin da giovanissimo era un fervente devoto alla Grande Madre, e non nutriva alcun interesse per le faccende politiche dell’Impero. Ambiva piuttosto alle alte posizioni che la sua nascita gli avrebbe garantito nell’ordine sacerdotale, e sognava di rendere il Tempio di Achesay un luogo di pura devozione, dove le anime dei fedeli sarebbero state esaltate e quelle dei peccatori ricondotte sulla retta via, in un futuro di fraternità e amore divino”

 Mi ricordava molto Simay. Forse Llyra si accaniva tanto contro di lui perché le ricordava il fratellastro che le stava antipatico?

“E Llyra aveva qualcosa contro tutto questo?”

 “A Llyra non poteva importar di meno delle ambizioni di Pacha. Chiunque avesse sposato, avrebbe avuto il trono. Era Pacha che, tutto preso dalla sua visione sublime della Terra, iniziò, come molti dello stesso sentore, a nutrire un certo disprezzo verso chi aveva ambizioni molto più terra terra”

 “Ti è scappato un pessimo gioco di parole”

 “Chiedo scusa. Comunque, anche prima di ricevere un’iniziazione vera e propria, iniziarono i dissidi con i fratelli interessati al regno. Non tanto con Manco, che venera tutti gli dei e dà in genere l’impressione di volere una vita relativamente tranquilla senza fare troppo chiasso, ma appunto con Llyra, che fin da bambina, ambiva alla grandezza. Aggiungici poi che queste convinzioni del giovane Pacha si sono esacerbate moltissimo durante i suoi tentativi di ricevere l’iniziazione: ha dovuto operare in diretta opposizione alla sua stessa madre, con la matrigna che gli fiatava sul collo cercando di capire cosa volesse fare veramente, e con suo padre che gli mostrava tutt’al più disinteresse, perché aveva già deciso di rendere suo erede Manco e le ambizioni degli altri suoi figli non gli interessavano. Pacha ha dovuto lottare per ottenere quello che voleva, e persone con ideologie opposte alle sue hanno avuto i loro desideri esauditi senza muovere un dito”

 “E quindi sono solo litigi tra fratelli che si rompono le scatole a vicenda?”

 “Esatto. Solo che invece di genitori e altri adulti a dirimere la lite e impedire loro di fare troppi danni, questi fratellini hanno a disposizione un popolo, servitù, e ordini religiosi”

 “Ma non ha senso, che cosa c’entrate voi della gente comune?”

 “C’entriamo perché siamo sotto di loro” replicò Sayre. “Anche i Sacerdoti di Achesay hanno ricevuto le loro beghe dalla sovrana … anche se lo ammetto: non tanto quanto noi, Sua Altezza è una donna pratica che non ama sprecare tempo ed energie in queste piccolezze. Però crede nella necessità di rimettere chi la sfida al suo posto”

 Stavo per lanciarmi in una proclamazione su quanto fossero sfigati gli abitanti di Tahuantinsuyu, che accettavano senza ribellarsi tutte le angherie che i potenti volevano infliggere su di loro nella versione esagerata di un litigio tra fratelli, quando le ultime parole di Sayre portarono una conseguenza molto logica alla mia attenzione.

 “Aspetta, vuoi dire che dopo essersi ritrovata con tutti i dipendenti sabotati, Llyra potrebbe prendere misure contro questi sacerdoti?”

 “Dopo un’offesa come questa, sospetto di sì”

 Quindi avrebbe potuto fare un attacco di qualunque tipo contro … il gruppo di Sacerdoti che comprendeva anche il figlio illegittimo di suo marito. Non avevo la più pallida idea di che ‘contromisure’ avrebbe potuto prendere Llyra, ma non sarebbe stata una buona occasione per creare un tragico incidente? Questa prospettiva non mi piaceva affatto. Accidenti a Pacha, era il superiore di Simay, e si metteva anche lui a dargli guai?

 A meno che … cos’avrebbe potuto fare incazzare la sorella più del proteggere il ragazzo che lei stava cercando di ammazzare? Improvvisamente, la situazione mi sembrò molto più rosea. Per caso avevamo appena guadagnato un alleato?

 Sussultai agli schiocchi.

“Ehi, sei ancora su questo piano dell’esistenza?” era Sayre che mi schioccava le dita sotto il naso. Lo guardai male, per non mostrare il mio imbarazzo all’essermi fatta sorprendere con la testa tra le nuvole.

 “Potrei avere cose più importanti di cui pensare che a te, sai?”

 “Ci credo solo se mi fai un esempio”

 “Se torno in ritardo Dylla mi farà ancora pulire i cessi”

 “Meno male che il mio orgoglio è resistente, quello sarebbe potuto essere un brutto colpo” sospirò drammaticamente. “Le latrine, di tutte le cose! Povero me … e ancor più povero me se non torno a lavorare, c’è già mezzo cortile che ci guarda male”

 “Colpa tua. Io sto procurando informazioni per le mie padrone”

 “Nessuno potrebbe mai pensare il contrario. Passa un sereno pomeriggio in compagnia delle tue latrine, Corinna!”

 Mi salutò con un cenno e si defilò al sicuro nell’oreficeria prima che io riuscissi a pensare a un insulto adeguato. Sbuffai e tornai a mia volta nei giardini, trovando Namina ad aspettarmi sulla soglia.

 “Volevano sapere dove fossi finita” disse atona. “Stavi parlando con l’orafo?”

 “Sì, perché?”

 Lei mi guardò stringendo le labbra. “Ti ha detto nulla a proposito di me?”

 “E perché avrebbe dovuto? Mi stava parlando delle stronzate che combinano i Sacerdoti di Achesay. Che c’entri tu?”

 Non avevo mai pensato davvero al fatto che Sayre potesse interessare anche a qualcun’altra. Certo, con un aspetto simile davo per scontato che gli morissero a dietro in molte, ma le avevo sempre immaginate come uno stereotipato branco di oche giulive da cui differenziarmi (risaltando) per il mio atteggiamento ribelle e spigliato.

 Ma non avevo mai incontrato di persona la mia ‘concorrenza’, e poterle dare una faccia e un nome … non faceva che riempirmi d’astio verso Namina. Chi le aveva detto di mettersi di mezzo? Cosa credeva di avere di tanto speciale più di me? Con quel muso perenne e l’obbedienza passiva a tutto quello che le ordinava un branco di stronze viziate … cos’aveva che sarebbe potuto interessare a Sayre?

 E sì, lo sapevo che era incredibilmente irrazionale da parte mia. Tutta la mia infatuazione per Sayre era irrazionale, io non avevo nessuna intenzione di rimanere in quel mondo, tantomeno per un ragazzo carino che conoscevo a malapena. Avrei trovato il modo di farmi portare a casa da Pachtu, e lui sarebbe rimasto lì a fare l’orafo imperiale, a un universo parallelo di distanza. Non dovevo farmi troppe fantasie, bei ragazzi ce n’erano anche dalle mie parti, quindi non aveva senso che mi mostrassi così aggressiva verso Namina.

 Il problema era che non avevo una grande tendenza alle cose razionali: rimuginai le peggiori cose su di lei per buona parte del pomeriggio.

 Il resto del tempo ebbe fortunatamente un impiego più costruttivo: riflettere bene su quello che avevo imparato a proposito di Pacha e Llyra. Sembravano proprio due bambini troppo cresciuti che si facevano i dispetti … be’, principalmente lui, l’Imperatrice per tutte le sue colpe aveva almeno la testa sulle spalle, e Sayre l’aveva confermato. A ben pensarci, questo andava a nostro vantaggio: se il Sommo Sacerdote era disposto a esporsi a rischi per qualche sciocchezza, ancora di più lo sarebbe dovuto essere per cose davvero serie, come una minaccia alla vita di uno dei suoi novizi.

 Non sapevo se Simay avesse confidato anche a lui la faccenda, ma in ogni caso, questo era esattamente il genere di informazioni che quella Qillalla mi aveva chiesto di riferire. Non appena iniziò a farsi sera, attaccai il nastro blu a una delle finestre delle zone meno frequentate del palazzo.

 

 

 

 

                                                              Dal Manoscritto di Simay  

 

 

Per coronare giustamente quei giorni di rivelazioni sconvolgenti, incertezza, paura, alleanze che non ero certo se mi avrebbero aiutato o invece peggiorato la situazione, la consegna delle scorte agli artigiani non fu il processo ordinato della volta precedente, ma una situazione che pareva uscita dalla Notte stessa.

 Le scorte destinate agli artigiani imperiali erano incredibilmente magre e scadenti. Sulle prime pensai che fosse solo un’impressione data dalla mia inesperienza, forse c’era invece stata sovrabbondanza la volta prima, ma corressi quest’impressione quando vidi le facce confuse e imbarazzate degli altri sacerdoti.

 Chacuti, il sacerdote che coordinava le distribuzioni, fece un sospiro sconfortato.

 “Proseguiremo ugualmente, come tutti i giorni” ordinò. “Speriamo che gli artigiani ci mostrino abbastanza rispetto da non protestare le decisioni del Sommo Sacerdote”

 “Signore, dev’esserci uno sbaglio” obiettò Capac. “Le quote destinate agli artigiani della città sono nettamente superiori, e dovrebbe essere il contrario. Forse il Sommo Sacerdote ha sbagliato le numerazioni …”

 “Prego che gli artigiani non diano problemi, e ti metti a darli tu, Capac?” sbottò Chacuti. “Chi ti credi di essere per contestare le decisioni di Pacha? Non mi interessano i tuoi talenti, non sei migliore degli altri!”

 Capac mormorò una scusa, guardando a terra. Non lo meritava … certo, stavamo parlando del Sommo Sacerdote, ma forse una svista poteva capitare anche a lui. Anche se le distribuzioni fossero state intenzionali, data l’eccezionalità della cosa non sarebbe stato insensato chiedere conferme.

 Rimasi zitto, però: Chacuti sembrava se possibile ancor più confuso e preoccupato di noi, e dubitavo che mi avrebbe ascoltato in uno stato d’animo simile. Come aveva detto lui, c’era da sperare nella comprensione degli artigiani.

 Le loro reazioni furono molto varie: Hualpa protestò rumorosamente e dovette essere minacciato dalle guardie per allontanarsi; l’architetto cercò di mostrarci i suoi disegni per far notare che davvero, aveva bisogno di pietre di una determinata forma e consistenza, non quei sassolini a caso; Sayre si limitò a stringere le labbra senza dire nulla, preferendo chiedermi amichevolmente come me la stessi passando prima che Capac lo scacciasse per far procedere la fila; il farmacista passò diversi secondi a fissare prima le erbe, poi noi, poi di nuovo le erbe, come se volesse chiederci perché diamine gli avessimo dato quella gramigna ma non ne avesse il coraggio.

 E noi ci sentivamo come se stessimo commettendo un’ingiustizia. Il palazzo doveva ricevere le scorte migliori, era assurdo quello che stava succedendo; ma del resto, così era stato deciso da gente più saggia ed esperta di noi. Noi dovevamo solo compiere i loro ordini.

 Ma lo stesso, fummo tutti molto contenti quando le distribuzioni finirono. Capac non cercò di chiacchierare con nessuno, la sgridata di Chacuti lo aveva reso molto meditabondo, e senza di lui io non avevo molte persone con cui parlare. Piuttosto, io avevo problemi più personali di cui occuparmi.

 Qillalla mi aveva annunciato che la cooperazione di Corinna era stata procurata senza alcun problema, e mi aveva descritto il segnale concordato per il ritrovo di informazioni, e cosa fare nel caso fosse comparso. Era una prospettiva che non mi entusiasmava per niente, ma almeno cercavo di farmela piacere: mi avrebbe permesso di occuparmi della situazione personalmente, senza importunare nessuno a parte chi davvero sembrava deciso ad aiutarmi.

 Non mi aspettavo che delle informazioni di rilievo sarebbero state procurate velocemente, fu quasi solo per scrupolo che la sera, appena prima di cena, guardai in direzione del palazzo. E mi si fermò il cuore in petto, perché vidi il nastro blu sventolare ai venti della Rinascita, attaccato a una finestra.

Già quella notte? Che la Grande Madre mi aiutasse, non ero preparato a qualcosa di simile, mi sarei fatto scoprire subito, come mi sarei giustificato davanti ai sacerdoti, la mia famiglia forse ne sarebbe stata informata, e comunque cos’aveva scoperto Corinna di così urgente, di cosa avrei dovuto preoccuparmi – basta!

Non sarebbe servito a nulla andare nel panico. Sarei stato attento a non svegliare nessuno. E avrei attinto al potere di Achesay: osavo confidare che la dea mi avrebbe aiutato, non ero quello cui fino a quel momento aveva prestato con maggior prontezza il suo potere? La magia non poteva essere usata per scopi malvagi o futili, proprio perché erano gli dei a concederla. I sacerdoti avrebbero tenuto conto di questo. Approfittarmene così, senza spiegare nulla, mi lasciava un gusto amaro in bocca, ma non potevo fare altro.

 Rimasi di umore meditabondo per tutta la serata, e durante la cena fu proprio quello a riscuotere Capac dal suo.

“Simay, cos’è quella faccia? Tu hai meno che tutti la responsabilità di quel che è successo. Hai obbedito agli ordini, devi solo andarne fiero”

 “Tu hai fatto lo stesso” obiettai. “Anzi, credo sia anche stato meglio quello che hai fatto tu. Se il Sommo Sacerdote si fosse effettivamente sbagliato, gli avresti evitato un certo imbarazzo” lui fece per replicare, ma io notai che fino a quel momento non aveva toccato cibo. “E di sicuro non c’è bisogno che tu digiuni per penitenza”

Lui ridacchiò. “Cosa? Non lo sto facendo per penitenza. Tutti i Sacerdoti già consacrati digiunano durante il giorno delle distribuzioni, offrendo quella che sarebbe la loro porzione in sacrificio alla Grande Madre. In un giorno in cui noi umani riceviamo i suoi doni, è giusto che i suoi servi le offrano qualcosa in cambio, per non rendere il suo sacrificio troppo amaro”

 Io fissai il mio piatto. Avevo già mangiato qualcosa, ma non troppo … non avevo mancato di rispetto alla dea?

“E se, di nuovo, ti guardassi attorno, noteresti che i novizi sono esonerati da questo dovere, a meno che non lo scelgano volontariamente. Come me, appunto. Lo faccio già da diversi mesi, e del resto, a sentire Pacha, il giorno della mia consacrazione non è troppo distante”

 Non stentavo a crederlo. Capac aveva sempre dimostrato una devozione rara, comprovata dal notevole potere cui poteva regolarmente attingere. E dunque non mi sarebbe convenuto seguire la sua stessa strada? Anche perché nei giorni seguenti avrei avuto molti favori da chiedere ad Achesay: l’ultima cosa che volevo era peccare di ingratitudine.

 Così misi da parte il mio piatto e, una volta che il pasto fu terminato, seguii Capac e i sacerdoti per versarne il contenuto in una buca nel terreno, che fu subito ricoperta di terra. Il novizio più anziano non mi disse nulla, né per lodarmi né per dissuadermi, limitandosi a un cenno di apprezzamento col capo. Onestamente, lo preferii a una lode esplicita.

 Prima aveva ripreso a spiegarmi, mentre gli altri mangiavano, che mostrare fiducia verso le azioni dei superiori, senza porre domande, era un segno di rispetto, quindi quel pomeriggio era stato lui ad essere nel torto. Non ero poi così d’accordo, ma ammiravo la sua volontà di mostrare devozione ai nostri maestri, perciò tacqui in proposito.

 Il momento del pasto e delle chiacchiere finì anche troppo presto per i miei gusti, riconsegnandomi alle mie preoccupazioni per quello che stavo per fare. Rimasi zitto e in disparte per tutto il resto della serata, cercando di cumulare la maggior lucidità mentale che mi era possibile. Attesi che fosse giunta l’ora di dormire sia per i novizi che per i Sacerdoti, e per sicurezza, mi accertai che tutti quelli attorno a me avessero gli occhi ben chiusi e russassero. Quando ebbi la relativa sicurezza che tutti stessero dormendo, mi azzardai a sgattaiolare fuori dal dormitorio.

 Attraversai il cortile, avvicinandomi al tempio. Al suo interno c’era un custode, ma non sarei dovuto entrare. Invece, mi inginocchiai e mormorai una preghiera alla Grande Madre. Poi visualizzai il terreno che si apriva davanti a me, creando un tunnel. Con un tremito e un fruscio, fu esattamente quello che accadde. Bisbigliai un’altra preghiera di ringraziamento, poi attraversai il passaggio che il potere della dea mi aveva appena permesso di realizzare.

 Non avevo mai eseguito niente di così complicato, e ne fui al contempo affascinato e spaventato. Avanzare nelle profondità del terreno, osservando radici di alberi e fondamenta di mura ed edifici mentre li oltrepassavo, era qualcosa che mi faceva desiderare di riprovare ancora, in altri luoghi, ad altre profondità, questo modo di vedere le cose che non avrei nemmeno potuto immaginare; d’altro canto, ero perfettamente consapevole che tutto ciò che stavo vivendo era la generosa concessione di Achesay, e che non avrei dovuto esserle ingrato, peccare di superbia o perdere la concentrazione nelle mie preghiere. A parte il sacrilegio che avrei commesso, c’era anche il pericolo che quel tunnel così intrigante mi crollasse in testa.

 Cercando di rimanere assorto in preghiera, e al contempo immaginare la prosecuzione del tunnel e cercando di capire dove fossi, sbagliai strada un paio di volte. Allora fui assolutamente convinto che fosse stata solo una grazia divina che nessuno nelle due case in cui sbucai si fosse svegliato alla mia invasione dal pavimento.

 Finalmente riuscii a trovare il giusto orientamento e ad emergere senza rischi; non ero esattamente nel punto in cui avrei desiderato spuntare, ossia appena fuori dalle mura del Tempio, ma almeno era un luogo che riconoscevo, non troppo distante. Raggiunsi di corsa le mura: come concordato, trovai Qillalla ad aspettarmi.

 Al vedermi, lei ridacchiò. “Scusami, ma ho visto zappatori più puliti. Domani dovrai faticare non poco a spiegare ai tuoi amici sacerdoti perché tu sia pieno di terra da capo a piedi”

 “Purtroppo non abbiamo altra scelta, l’hai detto tu stessa” le feci notare.

 “E lo ribadisco. Stavo solo scherzando. Ora vieni, è da questa parte per il palazzo”

 Non mi ero mai mosso di notte a quel modo. Un paio di volte ero stato a un ricevimento che si era concluso a tarda sera, ma in quei casi ero sempre stato accompagnato dai miei genitori e da diversi schiavi: camminare a quel modo, con la sola compagnia di Qillalla che conoscevo pochissimo, a un orario in cui non c’era anima viva in giro perché tutte le persone perbene erano impegnate a dormire … già, tutte le persone perbene. Che avremmo fatto, se avessimo incontrato dei criminali?

 Certo, nei quartieri nobiliari della città non era una prospettiva probabile come lo sarebbe stato in altre zone, ma comunque il rischio esisteva. Avrei dovuto ricorrere alla mia magia per difendere me e Qillalla? Io che già faticavo a mantenere la concentrazione sul pregare e scavare un tunnel, processo relativamente statico e controllabile, nello stesso momento, che avrei potuto fare con uno o più uomini, di cui non potevo controllare le mosse, e mentre mi trovavo presumibilmente nel panico? Tutto ciò di cui potevo pregare gli dei era non trovarmi in quella situazione in primo luogo.

 Per fortuna, non incontrammo anima viva, mentre procedevamo per il palazzo. Ci fermammo esattamente fuori dalle mura dei giardini.

“Sei sicura che sia ancora lì fuori?” chiesi alla mia alleata.

 “Se non è stupida, sarà ancora lì”

 Fissai il terreno alla base delle mura. “Non sono convinto che questa sia una buona idea. Ho già avuto problemi a creare un tunnel per me stesso. Se dovessi sbagliare, se dovesse crollare mentre lei è lì dentro …”

“Credi che la tua dea ti abbandonerebbe e sacrificherebbe un’innocente se non la preghi abbastanza?” ribatté Qillalla.

 “No, hai ragione” Non ero ancora davvero tranquillizzato, ma trassi un respiro profondo e ripresi la mia preghiera, nel frattempo immaginando un tunnel che si apriva sotto le mura e creava un passaggio fino ai giardini, senza danneggiare gli edifici o le piante, assolutamente sicuro da percorrere. Non mi azzardai alla minima distrazione, al minimo timore, finché non sentii forte e chiara la voce di Corinna riecheggiare dal tunnel.

“Se questo coso mi crolla in testa, giuro che torno dal mondo dei morti per farvela pagare”

Questo mi fece solo proseguire le mie preghiere con maggiore speranza ed entusiasmo, fino al momento in cui vidi la schiava fare capolino dal buco nel terreno e arrampicarsene fuori.

 “Che figata” fu la primissima cosa che disse. “Cioè, sembrava sempre sul punto di franarmi tutto addosso, però è stato impressionante. L’hai fatto tu?”

 “Per concessione della Grande Madre” mi affrettai a chiarire, rimproverandomi mentalmente per l’orgoglio che le parole della ragazza avevano suscitato in me. Dovevo solo rendere grazie alla dea, non vantarmi delle mie capacità, che non erano neppure eclatanti in confronto a quanto avevo visto fare da Sacerdoti anziani. Ero abbastanza sicuro che quella ragazza non aveva mai visto praticare magia.

 “Scusate se mi intrometto” intervenne Qillalla. “Ma abbiamo poco tempo, sembriamo dei poco di buono a stare qui fuori a quest’ora. Almeno andiamo in quel vicolo così le guardie di ronda non ci vedranno … ecco. Allora, che cos’hai scoperto?”

 “Oggi i Sacerdoti di Achesay hanno consegnato un sacco di roba scadente agli artigiani imperiali …”

 Qillalla la interruppe per girarsi a guardarmi. “E’ vero?”

 “Eravamo molto confusi noi stessi …”

 “Quindi, Corinna, hai messo il segnale per qualcosa che già sapevamo?”

 “Prima di deridere chiudi il becco e ascolta bene, o ci rimedi una figura di merda. Io ho scoperto perché c’è stata questa anomalia, e qualcuno di voi lo sapeva?”

Credo di aver strabuzzato gli occhi, guardandola. “Vuoi dire che non è stato un caso?”

 “Ecco, appunto”

Non avrei mai potuto immaginare la storia che ci riferì. A quanto pareva, un artigiano – non specificò quale – le aveva narrato di un’inimicizia tra Pacha e l’Imperatrice Llyra, nata fin dall’infanzia, e che si trascinava fino a quei giorni, esplicandosi in numerose offese. Io avevo difficoltà a conciliare l’immagine che avevo sempre avuto di Pacha, quello di un uomo saggio e benevolo, impegnato dalle gravi responsabilità del suo compito, con quello che mi stava raccontando Corinna, quello che, mi pareva, erano quasi dispetti da bambini, solo molto dannosi per gli affari di onesti lavoratori che non avevano nulla a che vedere con le sue faide familiari; ma dovevo riconoscere che spiegava molto bene l’anomalia delle consegne.

 Per giunta, non potevo dire di conoscere davvero il Sommo Sacerdote, e da quel che avevo visto e capito del generale carattere delle persone, la sua tendenza alla spiritualità poteva ben tradursi in una difficoltà ad accettare gli affari più mondani dei fratelli.

 Certo, Corinna stessa fu molto coscienziosa, e sottolineò che lei aveva solo sentito dire da qualcuno che a sua volta aveva sentito dire; ma era comunque verosimile. O magari quei pettegolezzi erano legati a verità più gravi, a più profonde cause di rivalità tra i fratelli di cui non potevamo sapere, né fare illazioni con quei pochi elementi che avevamo in mano? Non potevamo essere certi; né, a detta di entrambe le ragazze, era quello che davvero importava.

 “Il punto è che Pacha è disposto ad andare contro i desideri dell’Imperatrice” fu la risposta di Qillalla, quando io feci loro presente queste perplessità.

 “Per di più per una cazzata simile. Figuriamoci a tirargli in ballo la vita di un suo sottoposto” concordò Corinna.

 Qillalla si accigliò. “E’ una divergenza ideologica. Magari a una schiava potrà sembrare una cosa stupida, ma ti assicuro che per chi non ha come sua più alta preoccupazione il raccattare qualcosa da mangiare per la giornata, può essere molto importante. La gente ha bisogno di qualcosa che impieghi le loro giornate, e i – noi ricchi abbiamo questo”

 “Scusa tanto se non capisco la mente profonda delle persone ricche, principessa sul pisello …”

 “Principessa sul che?”

 “Ma la questione non cambia: per quanto gli piaccia blaterare di ideologia e aria fritta, si renderà anche conto che la vita di una persona è anche più importante. Oppure, se è così fanatico, lo vedrà come una conferma di quanto sia una merda sua sorella e sarà ancora più motivato a opporla, ovvero proteggendo il qui presente” mi indicò. Qillalla borbottò un assenso quasi a malincuore.

 Dire, a quel punto, che le due ragazze non si piacevano sarebbe bastato a procurare a chiunque commenti sarcastici sulla capacità di notare l’ovvio; potevo solo sentirmi a disagio in quella situazione, e chiedermi perché Qillalla e Corinna fossero così ostili l’una con l’altra. Forse si conoscevano già da prima? Improbabile, data l’estraneità della schiava a tutto ciò che riguardava Tahuantinsuyu. Era più probabile che le loro differenti condizioni sociali rendessero la loro mentalità e i loro punti di vista inconciliabili.

 Ma io dovevo davvero sorbirmele così per tutto il tempo a insultarsi e litigare?

 No, non dovevo pensare così. Dovevo essere grato a entrambe per essere così determinate ad aiutarmi in primo luogo, non criticare il loro comportamento. O meglio, dovevo aiutarle a pacificarsi tra loro, era questo ciò che un vero Sacerdote avrebbe fatto. Mi schiarii la voce.

 “Dunque suggerite di chiedere aiuto a Pacha?”

 “Che è quello che io ti avevo già detto di fare ieri” puntualizzò Qillalla.

 “E piantala di rompere i coglioni, sta cercando di decidere della sua pelle, non dando peso a ogni cosa che esce dalla tua bocca” la rimbeccò Corinna.

 Qillalla fece per ribattere, e io intervenni. “Ti ringrazio, ma non è un problema per me. Non ho bisogno che tu mi difenda”

 “E chi ti difende? Io dico quello che mi passa per la testa!”

 “Ti chiedo umilmente perdono, non mi ero resa conto che le insistenze di una patetica laica fossero qualcosa degno di parlare di una difesa”

 Volevo renderle più tolleranti l’una verso l’altra, e il risultato era stato trovarmele contro entrambe. Si poteva considerare un accordo, quello? A parte una lieve voglia di ridere per la situazione, non avevo idea di come uscirne, quindi tentai, con la massima discrezione di cui disponevo allora, di cambiare argomento.

“Chiedo scusa a entrambe, non volevo offendervi. Dunque, sarebbe meglio che chiedessimo aiuto a Pacha, ma come? Dovremo portargli delle prove …?”

 “Io non la rubo quella cazzo di lettera una seconda volta”

 “La tua dedizione ad aiutarci è commovente”

 “Disse quella che non sta rischiando niente. E comunque sono sicura che Llyra l’avrà già spostata chissà dove”

 “Non sarà necessario un secondo furto, scusami. E’ vero, avranno anche spostato la lettera. Inoltre, quella da sola non sarebbe neppure una prova sufficiente che Llyra voglia uccidermi, quindi avrebbe solo l’importanza di confermare che non mi sto inventando le mie origini … forse”

 “Scusami se lo chiedo, ma la famiglia imperiale sapeva della tresca dei tuoi genitori?” intervenne Qillalla.

“Io dico di sì, le amanti di Manco sono praticamente sotto gli occhi di tutti a palazzo”

“Che delicatezza …”

 “Ehi, è la realtà dei fatti”

 “La lettera diceva che i genitori di Manco sapevano di mia madre” mi affrettai a intervenire. “E anche Llyra viene menzionata come al corrente”

 “Allora possiamo assumere che anche Pacha sapesse di lei” dichiarò Qillalla. “Ho visto l’Imperatore alle feste, qualche volta: tu non gli somigli molto, quindi avrai preso da tua madre. E se gli dici che hai sedici anni, dovrebbe fare un rapido calcolo e capire che l’età conferma”

 Non era certo fornire una prova schiacciante, ma meglio di nulla. E poi, sarei stato attento a chiarire che io non avevo alcuna mira sul trono, dunque avrebbe solo protetto uno dei suoi sacerdoti, non assistito un sedizioso. Sotto questi nuovi cambi di prospettiva, poteva effettivamente essere sicuro chiedere aiuto a Pacha.

“D’accordo, allora è deciso. Verrete entrambe a supportare la mia versione?”

 Io sicuramente. Non so se una schiava potrebbe …”

 “Mi inventerò qualcosa, le guardie non perdono tempo a controllare le scuse di tutti quelli che escono”

 “Ma tu pensa”

 Corinna sbuffò, ma non la degnò di altra risposta. “A che ora?”

 “Pensavo a dopo l’ora del pasto di mezzogiorno. Noi abbiamo una pausa dalle nostre attività, una volta mia madre mi ha detto che alla Casa dell’Educazione è lo stesso …?”

 “Precisamente”

 “E anche a noi viene dato un momento libero a quell’ora. Di solito lo usiamo per mangiare, ma per questa volta …” Corinna alzò le spalle.

“Ammiriamo moltissimo il tuo spirito di sacrificio. Hai qualcos’altro di cui parlare? No? Allora, Simay, puoi rimandarla nel cortile? Credo che non sia prudente far durare queste riunioni più a lungo del dovuto”

 Corinna sparì minacciandomi di torture degne della notte se avessi smesso di mantenere il tunnel prima di sentire un sasso lanciato contro le mura. Feci esattamente come ordinato, pregando che non fosse stato un rumore casuale. Non fu un pensiero molto confortante, ma cercai di non soffermarmici troppo.

 Offrii a Qillalla di accompagnarla al luogo dove risiedeva, ma lei rifiutò, e insisté invece per accompagnare me, scherzando su questo mio interesse a infiltrarmi a casa sua di notte. Non riuscii a rispondere in altro modo che con balbettii imbarazzati per tutto il tragitto.

 

 

 

Di nuovo, Choqo era molto confusa. Come già sottolineato da molti, era ben strano che l’Imperatrice e il Sommo Sacerdote della Terra facessero quella specie di scambio di dispetti tra fratelli. Contrastava con quello che aveva letto di entrambi fino a quel momento, e ricordava dalle lezioni di storia che la vicenda di Pacha aveva avuto un’evoluzione ben più grave. Proprio in concomitanza del momento in cui Simay stava per chiedergli aiuto?

 Choqo aveva il forte sospetto che i futuri Imperatori – e l’assassina di Llyra – stessero per trovarsi immischiati in qualcosa di molto, molto più grave di quel che si aspettavano.

 

 

 

 

 

 

 

GLOSSARIO (e qualche trivia):

Mekilo: essere simile a uno scoiattolo, solo molto più grande, con zampe molto più lunghe e la coda in fiamme. Essendo un animale legato al fuoco, non è considerato sacro a nessun dio, ma sfruttabile da tutto il genere umano. Viene usato soprattutto per trasportare merci e persone.

Occlo: bovino ricoperto di squame e con protuberanze lunghe e sottili, simili a serpenti che stanno al posto delle corna e da cui esce fuoco. Anch’esso animale legato al fuoco, ma per la sua pericolosità e la capacità di controllare i loro getti di fuoco sono quasi esclusivamente cavalcature da battaglia.

Kutluqun: capre anfibie con alghe al posto della pelliccia. Sono considerate sacre al dio Tumbe, e per questo, per allevarle o catturarne di selvatiche, è necessaria l’autorizzazione di un sacerdote di quel dio.

Lymplis: pesci volanti, con le pinne coperte di piume. Sono sacri alla dea Chicosi, dunque è necessaria l’autorizzazione di un suo sacerdote per possederne uno. Malgrado ciò, sono popolari come animali da compagnia presso la nobiltà.

Kyllu: uccelli simili a cigni, fluorescenti. Sono sacri al dio Achemay, e allevati solo all’interno del palazzo imperiale. Il loro piumaggio è usato per decorare le corone dei sovrani.

Lilque: creature con corpi simili a quelli degli esseri umani, ma con code di serpente al posto delle gambe. Servitori del dio Thumbe, vivono presso il mare, i laghi e in qualche caso i fiumi, quasi mai in corsi d’acqua più piccoli.

Duheviq: piante dalla capacità di mutare il proprio aspetto, assumendo qualsiasi forma desiderino. Originariamente questo veniva usato per catturare prede dei cui fluidi nutrirsi, ma con l’avanzare della società umana, ne hanno approfittato per integrarvisi. Un tempo servitori della dea Achesay, organizzati in tribù-foreste rigidamente isolate dagli esseri umani; solo i sacerdoti della dea potevano avvicinarli senza essere bollati come cibo. Al tempo di Choqo, mentre i più anziani vivono ancora tradizionalmente, i più giovani hanno preso a mescolarsi con le popolazioni umane, finendo spesso vittime di discriminazioni e relegati ai lavori meno nobili o remunerativi. Mantengono comunque un rigido codice di valori, di cui la fedeltà è il più alto.

Shillqui: piante in cui scorre un liquido per aspetto e consistenza simile al miele, che causa a tutto l’albero di agitarsi violentemente. Se bevuto, questo liquido dà gli stessi effetti agi esseri umani, ma è difficilissimo metterci le mani sopra. Pianta sacra a Pachtu, i suoi sacerdoti ne devono bere la linfa durante le cerimonie.

Likri: fiori simili a gigli rossi, dalle temperature bollenti, che esalano un fumo sottile. Se tuffati in acqua gelida e canditi, sono considerati ottimi per la pasticceria, ed essendo legati al fuoco, l’unico limite al coglierli è potersi permettere buoni guanti protettivi.

 

Qillori: cristalli di colore azzurro chiaro, molto usati in oreficeria.

Achemairi: cristalli di colore dorato, anch’essi comuni per l’oreficeria.

 

Notte: entità primordiale da cui tutto il mondo ha avuto origine.

Achemay: dio del sole, entità più importante del pantheon Soqar.

Achesay: dea della terra.

Chicosi: dea dell’aria.

Tumbe: dio del mare, dei fiumi e dei laghi.

Sulema: dea del fuoco.

Pachtu: dio dei fulmini e della vita.

Qisna: dea della morte e delle paludi.

Supay: esseri più collegati al folklore che alla religione vera e propria, sono creature della Notte,

incaricati di torturare le anime dei peccatori che lì vengono gettate.

 

 

 

 

 

Ladies & Gentlemen,

e finalmente, sembra che i nostri eroi abbiano fatto qualche passettino avanti nel raccattare alleati, complice Sayre che è praticamente il Gazzettino di Tahuantinsuyu. E se vi sembra irrealistico che due persone in una posizione di potere si comportino così … ricordiamoci che al momento si paventa una guerra mondiale tra due tizi che si dicono letteralmente ‘sei vecchio’ e ‘sei basso e grasso’. A parte questo, per la prima volta vediamo finalmente della magia praticata in questa storia! Cosa ve ne sembra?

Di nuovo un piccolo avviso, soprattutto per le persone che recensisco a mia volta: nella prossima settimana sarò molto poco attiva su EFP, perché ho fatto un preappello e di nuovo si applica la mia regola di non scrivere e recensire durante i periodi di esami (sto postando questo capitolo perché era già pronto). Quindi il prossimo aggiornamento sarà il 10 invece che il 3. Mi spiace, recupererò recensendo e pubblicando a raffica durante le vacanze natalizie!

Di nuovo grazie a tutti i lettori, e un grazie speciale a chi vorrà recensire!

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Capitolo 13
*** Dove sono dibattute questioni di nascita illegittima ***


                             CAPITOLO 12

DOVE  SONO  DIBATTUTE  QUESTIONI   DI  NASCITA  ILLEGITTIMA

 

 

 

 

 

                                                                  Dal Manoscritto di Simay

 

Ripensando a che persona fossi allora, posso dirmi onestamente sorpreso di aver racimolato il coraggio e l’ ‘arroganza’ necessari a parlare con Pacha. Forse fu la presenza di Corinna e Qillalla ad aiutarmi?

 E’ possibile: ricordo di essermi ripetuto che almeno durante il colloquio vero e proprio ci sarebbero state anche loro, mentre insistevo con Waray per essere ammesso a un’udienza. Il mio maestro sembrò dapprima molto infastidito, poi sempre più irritato alla mia insistenza; quando ormai iniziavo a temere seriamente di aver sbagliato tattica, di aver fatto esattamente quello che l’avrebbe convinto a non chiedere nulla a Pacha, cedette con un sospiro stanco, e si dopo un breve allontanamento, tornò a informarmi che il Sommo Sacerdote era disposto ad ascoltarmi proprio a quell’ora, se ero io a richiederlo con tanta urgenza.

 Forse Pacha pensava che volessi dirgli qualcosa a proposito dell’Incendiario? No, non potevo deluderlo tanto … forse era meglio chiarire? Se anche mi fossi deciso a farlo, Waray se n’era andato a sbrigare le sue faccende. Non mi sembrava il caso di disturbarlo ancora. L’inizio di quel colloquio sarebbe senz’altro stato umiliante, sempre che, con queste premesse, non si fosse adirato e non avesse deciso di cacciarci tutti fuori.

 La due ragazze mi raggiunsero all’orario concordato; Qillalla arrivò prima di Corinna, che sopraggiunse con qualche minuto di ritardo maledicendo il mercato.

 “Dunque?” mi chiese Qillalla. “Andremo semplicemente a parlare con il Sommo Sacerdote?”

 “Esatto” cercai di annuire, ma temo che per il nervosismo sembrò che mi tremasse la testa. “Mi raccomando il modo di parlargli e inchinarvi davanti a lui”

 “Naturalmente. Ci educano apposta per questo” replicò Qillalla, scoccando un’occhiata di traverso a Corinna, che brontolò qualcosa. Sperai che la straniera avesse almeno il buonsenso di imitare noialtri, e tenesse i suoi comportamenti sregolati sotto controllo, almeno per quella volta.

 Troppo nervoso per aggiungere altro, guidai le due ragazze alle stanze di Pacha. Lui fu senz’altro sorpreso di vederle, a giudicare dalla sua espressione, ma non commentò sulla loro presenza, limitandosi a chiedere perché avessi richiesto quell’udienza. Io decisi di cominciare spiegandogli le mie scoperte sulle mie origini. Supponevo che un approccio meno diretto di una richiesta di aiuto sarebbe risultato meno aggressivo, e avrei preferito comunque appellarmi al suo senso di giustizia piuttosto che alle sue faide con la sorella. Qillalla e Corinna mi diedero man forte non appena avevano la possibilità di parlare, quest’ultima raccontando in dettaglio di come avesse scoperto della lettera, e delle disposizioni che Llyra aveva in mente per me.

 “Quindi capirà che questa è roba seria” concluse, scoccandogli un’occhiataccia che trovai molto fuori luogo.

Il Sommo Sacerdote annuì, corrugando appena la fronte. “Cara ragazza, lo comprendo perfettamente. Trovo che ciò che mi hai raccontato sia, purtroppo, in perfetto accordo con il carattere di mia sorella. Due sono le cose che ella ama di più al mondo: suo figlio Quisquis, e il potere. E tu, mio caro Simay, rappresenti una minaccia per entrambe”

 Annuii appena. A cosa doveva far preludio quel discorso? Forse stava per dire che non intendeva coinvolgere il Tempio di Achesay in queste faccende pericolose con la dinastia regnante?

 “Inoltre, mia sorella è una donna cinica: non credo riuscirò a convincerla che tu intendi seguire il sentiero della dea e non quello per il trono. Sebbene io stesso crei un precedente, Sua Altezza rifiuterà di credere che chi si vede offrire il potere supremo possa rifiutarlo”

 Si sfregò la tempia con una mano. “Ragazzo mio, ti prego di notare che la tua situazione è molto delicata. Llyra sta  prendendo misure che una qualsiasi altra Imperatrice, in una situazione di lotta per insediare i propri figli sul trono, reputerebbe eccessive. Tentare di ucciderti sarebbe comprensibile – non giustificabile, non fraintendetemi – se tu fossi un figlio riconosciuto dall’Imperatore, figlio di una donna di famiglia illustre, nobile e potente, di cui il popolo non avrebbe difficoltà a vedere un membro sul trono. Per giunta, in queste condizioni, tu saresti probabilmente stato preparato a un’ascesa al trono fin dalla nascita, ed educato in questo senso; nelle tue reali condizioni, dubito seriamente che sia così”

 “Mio padre adottivo voleva farmi suo erede, prima della nascita di mia sorella” lo informai. “Ho qualche preparazione nell’amministrazione di una provincia …”

 “Di una provincia, appunto, non di quattro tutte insieme. La scelta dell’Imperatore, sebbene favorisca i figli della sposa legittima, è determinata principalmente dall’attitudine a regnare dimostrata dall’erede. E se venisse posto un confronto tra te e il giovane Quisquis, in qualche anno di educazione del bambino lui sarebbe nettamente superiore a te. L’unica possibilità per cui tu potresti essere preferito a lui è qualora la morte dell’Imperatore Manco dovrebbe precedere la maggiore età di Quisquis, ma anche questo non deporrebbe troppo a tuo favore considerato come la tua famiglia materna sia considerata quasi decaduta. Dovresti avere l’appoggio della popolazione, della maggior parte dei nobili e dell’esercito perché una tua pretesa al trono fosse riconosciuta, e data la tua scarsa preparazione, questo sarà quasi impossibile. Più ancora che un sovrano legittimo, la gente vuole un sovrano capace”

 “Ma io non voglio salire al trono” gli ricordai.

 “Lo ricordo, stavo solo osservando la singolare preoccupazione di mia sorella. Somiglia a sua madre, in questo, e non mi sorprende dato il modo in cui è stata cresciuta e le sono state insegnate le politiche di ascesa al trono”

 Rimase zitto per qualche istante, le labbra strette, gli occhi distanti, come se stesse osservando qualcosa di molto lontano. Forse ricordando delle lotte che lui stesso aveva dovuto sostenere per non diventare Imperatore, e della sua lunga faida con la sorella?

“E allora che si fa?” intervenne bruscamente Corinna.

 Pacha sussultò appena e le sorrise. “Ti chiedo scusa, mi ero perso in riflessioni legate in modo tenue a quel di cui stiamo discutendo. Ciò che temo, dicevo, è che se andassi semplicemente a parlarle, lei non mi ascolterebbe. Tenterò lo stesso, non mi piace escludere la possibilità di risolvere la situazione il più pacificamente possibile”

 Corinna fece quello che parve un tentativo di sbuffare senza farsi notare: credo volesse esprimere il suo scontento al vedere qualcuno disposto a rischiare per scherzi e offese di poco conto essere così tentennante quando si trattava di proteggere qualcuno, ma temesse di togliere anche l’appoggio che Pacha intendeva offrire.

 “Dovremmo essere comunque preparati al fallimento delle mie assicurazioni” continuò il sacerdote. “In tal caso, Simay, non potrò che organizzare che Sacerdoti adulti ti facciano da scorta e protezione per le cerimonie pubbliche. Ho ragione di credere che almeno all’interno di queste mura non sarà inviato alcun sicario, se non altro per evitare investigazioni”

 “E questo dovrà andare avanti … fino a quando, per sempre?” interrogò Qillalla.

 “Finché Quisquis non sarà asceso al trono, suppongo” le rispose Pacha. “Una volta incoronato, sarà ritenuto consacrato da Achemay in persona: usurparlo sarebbe sacrilegio. Nessuno appoggerebbe un colpo di Stato, e Llyra dovrebbe ritenersi soddisfatta”

 “Quisquis ha sei anni” obiettò Corinna. “Qual è l’età minima per salire al trono?”

 “Come regnante effettivo, senza reggenti, sedici” fu la risposta di Pacha.

 “E quindi questo si deve fare dieci anni sotto scorta?!”

 Volevo calmarla e dirle che ero pronto ad accettare una situazione del genere, se ciò significava creare il minor disturbo possibile al Tempio, ma lei proseguì imperterrita. “Non vi viene in mente neanche un modo per tenere buona Llyra? Per la miseria, siete Sacerdoti, ditele che se toccherà Simay l’ira della dea si abbatterà su di lei e su tutti i suoi discendenti, che finirà all’inferno o come lo chiamate voi, non è quello che fate di solito?!”

 Di nuovo, feci per intervenire e chiedere perdono per la sua maleducazione, ma di nuovo fui prevenuto, questa volta da Pacha.

“Senz’altro potrei, ma la coppia Imperiale è benedetta dal sovrano degli dei stesso” non sembrava affatto urtato dal tono arrogante e irrispettoso di Corinna, anzi, quasi lievemente divertito. “Per quanto sono sicuro che la Grande Madre proteggerà Simay, nemmeno lei può contravvenire al volere del suo sposo, che è quello dei sovrani. Noi non possiamo attaccare, solo supplicare e proteggere, di fronte alla loro volontà”

 Corinna sbuffò e borbottò qualcosa che suonava come ‘che merda’. Preferii non chiederle di elaborare a un volume udibile da tutti, e mi concentrai sulla risposta di Pacha. “Ma non sarebbe un sacrilegio opporsi alla loro volontà, anche se mi limitassi a restare nascosto …?”

 “Ragazzo mio, se c’è qualcosa che tu e gli altri novizi dovete imparare, è che non sempre l’autorità garantisce la ragione. Dovete portare rispetto a chi è sopra di voi, ma non obbedire senza domande a ogni sua singola parola. E’ anche questa una forma di rispetto. Per farti un esempio pratico, se ieri il tuo amico Capac fosse effettivamente andato da me a chiedermi il motivo di quella singolarità nelle consegne, probabilmente ci saremmo evitati un serio imbarazzo e molti disagi a quei poveri artigiani”

 Allora era stata davvero una svista da parte sua? Quindi tutta la ragione per cui mi ero deciso a chiedere il suo aiuto era fondata su un malinteso … ma si era rivelato molto più nobile, no? Non solo i pettegolezzi evidentemente non erano veri, ma era stato ugualmente disposto a venire in mio soccorso. Potevo solo ammirarlo ancora di più.

 “Finalmente un religioso che dice qualcosa di decente” fui sorpreso dal sentire questo commento da parte di Corinna. La schiava aveva un gran sogghigno: forse aveva interpretato le parole di Pacha a proposito del questionare i superiori in modo più sovversivo di quanto andassero interpretate?

 “Mi dispiace che tu abbia avuto così infelici incontri con il clero” replicò gentilmente il Sommo Sacerdote. “Quello che intendo dire, è che Simay non deve ricevere il trattamento di un sedizioso, se intende vivere da sacerdote. Mia sorella è sempre stata una regnante saggia, senz’altro, ma anche lei può errare. E il primo compito del clero è ricondurre alla ragione chi è nel torto”

 Corinna emise una sorta di sbuffo seccato a queste parole, ma non sembrava più tanto ostile. Qillalla aveva seguito tutti questi scambi senza dire una parola.

 Pacha sospirò, sfiorandosi la tempia con una mano, poi mi sorrise. “Non hai nulla da temere, Simay. Sei sotto la protezione di Achesay, e io mi impegnerò come strumento della dea. Non ho intenzione che a uno qualsiasi dei miei novizi venga fatto alcun male. E sii grato soprattutto alle due ragazze che sono con te: nessuna di loro è assistita da un dio, ma sono accorse ugualmente in tuo aiuto”

 “Naturalmente” mormorai. Non c’era bisogno che me lo raccomandasse: più tardi avrei insistito per parlare con i genitori di Qillalla, e risolvere la faccenda del matrimonio. E avrei chiesto ai novizi più anziani come contattare una sacerdotessa di Energia, e come fare loro una raccomandazione.

 “Ora ti consiglio di tornare alle tue lezioni, Simay. Passa una giornata serena, e non temere: ti farò sapere io del responso di Sua Altezza”

 Ringraziai e mi inchinai, prima di uscire, seguito a ruota da Qillalla e Corinna.

 “Il tuo Sommo Sacerdote era la persona migliore che ci potesse capitare” commentò la prima.

 “Sicuro” concordò Corinna. “Mi piace quel che ha detto dell’autorità. Finalmente qualcuno che usa il cervello, da queste parti”

 Di nuovo, ebbi il forte sospetto che avesse davvero travisato le cose.

 “Ha detto che bisogna mettere in discussione le azioni dei superiori come forma di rispetto” puntualizzai. “Non che bisogna mancargliene del tutto”

 “Certo, data la sua posizione, non poteva dire esattamente quello” rispose allegramente la schiava. “Però ricordiamoci che è la stessa persona che si è messa a sabotare gli artigiani”

 “A quanto pare, no” la corresse Qillalla. “Non hai sentito quel che ha detto? Le consegne sono state un errore. Chiunque ti abbia detto quelle cose, ha preso solo un abbaglio fenomenale. La prossima volta stai più attenta, vuoi? Non possiamo rischiare di muoverci su informazioni errate”

 Il volto di Corinna si contorse dalla rabbia. “Punto primo, io l’avevo specificato che era un sentito dire, siete voi che avete deciso di comportarvi come se fosse una verità assoluta. E poi, non è detto che non sia vero. Anzi, vista la frase con cui è stato preceduto quel discorso, sono abbastanza sicura che quelle consegne non siano state affatto un errore. Ci stava semplicemente dicendo la versione ufficiale, e richiedendo la nostra complicità”

 Non ero ben sicuro di riuscire a seguire quel discorso, né che fosse corretto come la ragazza pareva tanto convinta che fosse.

 “E’ molto maturo il tuo modo di ammettere di essere in torto. In ogni caso, non dobbiamo abbassare la guardia. Adesso, Simay, hai la protezione di un uomo importante, ma Llyra è la massima autorità dell’Impero dopo un marito che non sa nulla di tutto questo. Per favore, continua a informarmi di quello che succede, potrebbe essere utile. E tu, Corinna, continua a fare ciò che ti è stato detto”

 “Agli ordini, Vostra Altezza

 “Senza quel contegno, per cortesia, dato che comunque ci guadagni anche tu. E a proposito, non dovresti evitare di attardarti troppo?”

 “E’ vero, al contrario di certe persone, oso non avere tutto il giorno per cazzeggiare …”

 Non mi sentivo più tanto a disagio in quei battibecchi. Senz’altro, Qillalla e Corinna erano molto diverse e non andavano d’accordo, ma entrambe erano ugualmente decise ad aiutarmi, per ragioni che, a prescindere da eventuali ricompense, originavano dal sincero desiderio di aiutare una persona che a stento conoscevano. Pacha aveva assolutamente ragione anche su quello: ero stato fortunato a trovare alleate simili.

 Questo senso di contentezza e sicurezza che rimase con me per tutto il resto della giornata e per tutta la mattinata successiva fu rovinato, tra tutte le cose possibili, dalla vista del nastro blu che di nuovo sventolava dove l’avevo visto la prima volta.

 Di nuovo? Cosa poteva essere successo per due convocazioni a così breve distanza? Pacha non mi aveva detto nulla, e il mio sospetto che Corinna avesse scoperto l’esito di un confronto tra lui e l’Imperatrice diminuì man mano che le ore passavano e nessuno mi diceva nulla. Ma se Pacha non aveva ancora parlato con Llyra, cosa poteva essere successo? Cos’aveva scoperto Corinna?

 La cosa certa era che quella notte avrei dovuto ripetere le mie fughe dal Tempio. Sperai che Pacha non ne sapesse nulla, non avrei voluto neppure agire alle sue spalle dopo che era stato disposto a soccorrermi con tale prontezza, ma Qillalla aveva ragione: da un punto di vista puramente strategico, era meglio sorvegliare la sovrana in modi più sottili. Achesay avrebbe approvato di quell’impresa, o l’avrebbe vista come una mancanza di fiducia verso il suo più alto sacerdote?

 Per precauzione, digiunai anche quella sera, seppellendo i contenuti del mio piatto alla bell’e meglio dopo il pasto. L’unico ad accorgersi di quello che stavo facendo fu Capac, e non mi disse nulla: evidentemente approvava.

 Questa volta fui più abile nello scavo del mio tunnel: emersi nel punto opposto dell’esterno del Tempio da dove volevo arrivare, ma almeno non invasi  nessuna abitazione. Resi grazie alla dea e corsi verso l’ingresso, dove trovai nuovamente Qillalla ad aspettarmi.

 “E questa volta spero proprio che non sia un pettegolezzo” fu la prima cosa che commentò.

 “Corinna è solerte” tentai di difendere la schiava. “Ha detto qualcosa che effettivamente poteva essere utile. E poi è vero che ha sottolineato che quella fosse solo una voce”

 “Secondo me, sei troppo buono. Fa parte anche quello dell’addestramento dei novizi?”

 “Ci viene detto di rispettare la solerzia altrui nello svolgere il proprio dovere, a prescindere dalla casta sociale. Immagino sia quello che vi dicono anche alla Casa dell’Educazione …?”

 “Oh? Sì, sicuro. Anche se più che solerzia, questa mi sembra esagerazione e incapacità di distinguere le cose importanti dalle piccolezze. Sarò io ad avere alti standard!” mi sorrise.

 Ora posso immaginare che ci fosse un sottinteso che io avessi soddisfatto quegli standard; allora immaginai che volesse solo le mie lodi, e le concessi, dicendo che la precisione era una qualità importante per la futura signora di un’importante casata. Dubito che la risposta la soddisfò.

 Corinna impiegò molto meno tempo a percorrere il tunnel, perché lo fece di corsa. Lo percepii ben prima di vederla, tramite le vibrazioni che la terra mi inviava, e faticai a mantenere la concentrazione necessaria a tenere in piedi quel tunnel – il che scatenò una preoccupazione che mi rese le cose ancora più difficili. Fu una fortuna che ci mise poco tempo, perché quando emerse, ero coperto di sudore freddo.

 “Al …” riuscì appena ad esordire Qillalla.

 “Sì, ho scoperto qualcosa. No, non minaccia direttamente Simay. Ma è una cosa che fa vomitare, e se voi non mi aiutate con questa, ve lo sognate che vi dia altre informazioni”

 

 

Choqo non dovette quasi pensarci su, nel leggere quelle parole, per lasciare il manoscritto di Simay e prendere quello di Corinna.

 Che cosa stava per leggere? Informazioni più esatte su tutta la faccenda tra Lyra e Pacha? Le contromisure prese dall’Imperatrice contro il povero Simay? Il ruolo della stessa Qillalla?

 Qualunque cosa fosse, voleva assolutamente leggerla dal punto di vista dell’allora giovane schiava. Ecco le sue opinioni sull’attraversamento del tunnel magico – la capiva, era stato impressionante solo leggerne! – sulla conversazione notturna con Simay e Qillalla, sulla richiesta di aiuto a Pacha – la ragazza l’aveva identificato come qualcuno che sotto la ‘copertura’ religiosa aveva uno spirito ribelle simile al suo – ed ecco, ecco la parte in cui la giovane tornava al palazzo.

 

 

                                                                    Dal Manoscritto di Corinna

 

Dopo una ‘pausa’ così estenuante speravo almeno in un pomeriggio e una serata un po’ più tranquilli, in cui uccidersi di lavoro, certo, ma senza che ciò coinvolgesse complotti tra clero e Stato e tentati omicidi. Dylla non vide appropriato punirmi di nuovo, appunto perché mi ero assentata durante la pausa concessami per il pranzo; tutto quel che mi successe fu che non mangiai, appunto.

 Non avevo mai davvero digiunato: nel mio mondo di origine, facevo ben tre pasti al giorno, tutti comunque più abbondanti di quello che ricevevo a Tahuantinsuyu, dunque affrontai quel pomeriggio di lavoro a stomaco vuoto completamente impreparata. La ricordo ancora come un’esperienza orribile: la fame, di per sé, è un metodo consolidato per mettere di cattivo umore qualcuno, le chiacchiere di quelle dame mi erano già fastidiose in condizioni normali, e per di più continuavano a farsi portare, e a mangiucchiare distrattamente, quei maledetti, invitanti dolcetti.

 Fu quello a suggerirmi l’idea: farmi inviare nelle cucine, proprio per portarglieli e arraffare qualcosa. Non avevo mai fatto caso a quanto fosse popolare come compito, tra le schiave, e sospettai che fosse proprio per quell’esatta ragione: fu comunque una piccola lotta per ottenere l’incarico.

 La prima volta che la spuntai, ebbi il coraggio di rubare solo un dolce, onde non farmi scoprire e finire di nuovo a pulire le latrine; ma mi parve la cosa migliore che avessi mai mangiato, fragrante, con una punta di aspro oltre al dolce, delizioso, caldo e appena sfornato. Confesso di avere ancora una predilezione particolare per quel tipo di biscotto.

 E più che calmarmi la fame, riuscì a farmene venire ancora, e a fissare con odio le dame che rosicchiavano quelle squisitezze così distrattamente. Fu solo verso sera che mi ricapitò di nuovo un’occasione simile, ma proprio quando avevo il vassoio fumante in mano, e stavo per afferrare uno splendido dolce soffice e coperto di una cosa simile a glassa rosa, fui fermata da una voce femminile.

 “Tu! Corri a chiamare il farmacista, subito!”

 Sussultai, rischiando di far cadere il vassoio. La donna che mi aveva interpellata era chiaramente riconoscibile come una delle concubine dell’Imperatore: non solo perché non l’avevo mai vista tra le dame, ma perché aderiva alla già citata tendenza di ricoprire di gioielli il suo corpo basso e tondeggiante. Faceva quasi male agli occhi alla luce delle torce, non volevo immaginarla in pieno sole.

 Comunque la ignorai: aveva interrotto un momento catartico, e poi io avevo già il mio da fare a servire l’Imperatrice e le sue amiche, non certo quelle come lei. Si affidasse alle sue, di ancelle.

 La donna non gradì questa mia presa di posizione.

“Ti ho detto di andare a chiamare il farmacista” sbottò, afferrandomi per i polsi e facendomi cadere il vassoio. “Gli sfizi di quelle streghe possono aspettare, questa è una cosa seria. Sbrigati, piccola idiota!”

 Dovetti confessare a me stessa … insulti a parte, non potevo nascondere di essere impressionata. Contrariamente alle altre donne dell’harem, non sembrava preoccupata dal fatto che io rispondessi a Llyra, mi aveva dato ordini come se io dovessi servire lei, e soprattutto, non si era fatta remore a insultare le nobildonne. Soprattutto quest’ultima parte mi piaceva.

 E poi aveva detto di chiamare il farmacista, per qualcosa di serio. Magari qualcuna di quelle concubine stava davvero male? Se così fosse stato, sarei stata davvero in torto io a continuare a obbedire alle dame. Meglio non rischiare di prolungare i malesseri di qualcuno: mollai il vassoio lì dov’era e corsi al Cortile degli Artigiani.

 Yzda non aveva ancora chiuso la bottega, ma il mio arrivo lo colse di sorpresa, a giudicare da come rischiò di far cadere il sacchetto di erbe secche che stava preparando.

 “Chiedono di te nell’harem” gli dissi in fretta. “Credo che sia stata male una delle donne, ma non mi hanno detto altro”

 Trovai la sua reazione davvero strana: mi fissò con aria sorpresa, poi abbassò gli occhi a terra e chiamò sua figlia.

 “Alasu! Problemi nelle stanze delle concubine. Credo che sia successo di nuovo … quello che è successo le altre volte” concluse gettandomi una rapida occhiata. Uh? E tutta quella sceneggiata per che cosa stava?

 Alasu corse fuori con un lungo e sottile strumento metallico in mano, mi salutò frettolosamente, raccattò una serie di boccette e sacchetti contenenti sostanze dai colori e odori a me irriconoscibili e me ne porse qualcuno, chiedendomi se potevo assisterla. Sembrava a disagio, ma non era la sua consueta timidezza: sembrava piuttosto ansia e, così avrei pensato se la cosa avesse avuto una logica, senso di colpa. La seguii, comunque: non avevo la più pallida idea di cosa stesse succedendo, ma suonava più serio e urgente degli svaghi di un gruppo di dame che stava comunque per finire di ammazzare la serata.

 Non ero mai stata nelle stanze dell’harem: le rare volte che mi ero presa la briga di pensarci, me le ero immaginate secondo lo stereotipo degli harem che si usavano in epoche lontane nei paesi orientali del mio mondo: letti decorati a motivi sinuosi, bracieri che bruciavano un incenso pesante, tende, tappeti e stoffe pregiate dappertutto, donne che si aggiravano seminude; dovetti pesantemente correggere questa immagine.

 Probabilmente, per un nativo di Tahuantinsuyu quelle stanze avevano la stessa atmosfera di lusso esagerato dello stereotipo che io avevo in mente, e anche a me sembravano decisamente eccentriche, ma in modo molto diverso da quel che mi aspettavo. I mobili erano tipicamente quelli che vedevo nelle sale del palazzo: un basso tavolo per i pasti, attorniato da cuscini, in quella che pareva l’anticamera, e poi stuoie e specchi e mobili da toeletta in quelle che parevano le stanze vere e proprie.

 Però tutto sembrava troppo carico: tavolo e mobili pieni di intarsi, alcuni sembravano fatti in oro e argento, specchi ornati, stuoie di quelle che sembravano stoffe preziose, coperte di ricami, e sovraccarichi di soffici cuscini; i mobili da toeletta erano semplicemente stracarichi di polveri e creme dall’odore pungente. Unico punto davvero in comune con quello che mi aspettavo, c’erano dei bracieri che emanavano un fumo profumato poco respirabile.

 Le donne vere e proprie erano vestite di tutto punto, con tuniche dall’aspetto sorprendentemente semplice, anche se ognuna aveva il suo carico di gioielli; mi sorprese come tutte se ne stessero in disparte, serie e cupe, qualcuna illuminandosi appena al veder passare Alasu. Una donna corse via. Poco dopo fummo raggiunte dalla stessa concubina che mi aveva fermata.

 “Si tratta di Aylla” ci informò. “Accusa vomito, diarrea, ed emorragia”

 Ugh. Avrei preferito continuare a servire dolcetti. Ma ormai ero in ballo: Alasu mi fece cenno di seguirla, e io obbedii. Non me la sentivo di lasciarla da sola in quella situazione, anche se era chiaro che fosse molto più esperta di me.

 Raggiungemmo quelle che dovevano essere le latrine, e l’odore mi fece rimpiangere amaramente i profumi soffocanti di quei bracieri. Per poco non vomitai anch’io. Una ragazza poco più grande di me era rannicchiata su uno dei fori, singhiozzante.

 “Aylla” la richiamò la donna che era con noi. La malata non rispose, continuando ininterrottamente a piangere. “E’ arrivata Alasu. Coraggio, ora …”

 “E’ successo di nuovo” balbettò la malata tra i singhiozzi. “E’ successo di nuovo, perché …”

 Avvicinandomi, notai che era in condizioni assolutamente pietose. La sua veste era lurida di feci e sangue, così come le sue gambe; il volto era una brutta combinazione di pallido e paonazzo, rigato di lacrime mischiate a trucco, e con ancora tracce di bile attorno alla bocca.

 “Respira profondamente” ordinò Alasu. “Innanzitutto, bisogna svestirla. Perché non l’ha ancora fatto nessuno?”

“Non riuscivamo ad avvicinarci. I suoi attacchi di malessere erano troppo frequenti”

Alasu sospirò e procedette verso la donna a terra. “Corinna, vieni qui e aiutami a togliere tutta questa gioielleria. Nuala, tenetevi pronta a sollevarle la testa se … ecco, per l’appunto”

 Aylla era stata colta da un nuovo attacco di vomito. Per fortuna, Nuala fu incredibilmente svelta a spostarle leggermente il capo in una posizione che, pur permettendole di rovesciare l’anima con tutta sé stessa, non ci intralciava mentre le rimuovevamo i gioielli (anche se qualche schizzò di bile mi finì addosso lo stesso; sono piuttosto soddisfatta di come riuscii a stringere i denti e procedere, nonostante fossi completamente nuova a quel tipo di situazione).

 Davvero maledissi la tendenza delle concubine a portarsi tutte quelle gemme addosso: tanto per cominciare, Aylla aveva su una achera (gioiello che mi parve un’assurdità, con le sue catenelle che si avvolgevano sopra le spalle, sulla parte superiore della schiena e sotto i seni) in sottili catene d’oro che sostenevano una pietra rosa al centro del petto, che ci volle un’eternità a slacciare; poi una cintura di fili d’oro intrecciati, e lì, con tempismo perfetto, la ragazza fu colta da un altro attacco di diarrea (credo di aver bestemmiato pesantemente, ma per fortuna nel caos dell’operazione nessuno ci badò); infine riuscimmo a sfilarle un’infinità di bracciali, la veste e la biancheria, lasciandola completamente nuda a tremare sul pavimento.

 “E’ pronta la vasca?” urlò Nuala. Una schiava strillò qualcosa in risposta.

 “Adesso respiri meglio?” chiese Alasu alla paziente. Sembrava di sì, ma la donna era ancora rannicchiata su sé stessa, con l’aria di star morendo di freddo. “Corinna, di’ a Leylla di portare una coperta di lana pesante, e metti a scaldare questo con due tazze d’acqua”

 Mi porse un sacchetto. Io non avevo la più pallida idea di chi fosse Leylla, quindi mi limitai a urlare l’ordine a pieni polmoni sperando che la destinataria recepisse. Tolsi il contenitore dei profumi da uno dei bracieri, ci misi su il contenitore con l’acqua che un’altra schiava prontamente mi consegnò, e ci versai la polvere del sacchetto.

 Si sprigionò un odore pungente, simile a quello dello zenzero. Mi voltai verso la direzione dei bagni, e vidi Alasu e Nuala che conducevano la paziente, avvolta in una coperta di lana stinta, verso un’altra stanza.

 “Togliete quei profumi” stava ordinando la figlia del farmacista. “Qui dentro non si respira. Corinna, quando è pronto l’infuso, portamelo nella sala da bagno”

 Obbedii, facendomi indicare la direzione da altre schiave che portavano secchi d’acqua verso le latrine – almeno quel compito non sarebbe toccato a me! La stanza da bagno aveva una grande vasca al centro, simile a una piscina, con bordi e pareti riccamente decorati e ampie finestre, in quel momento tutte aperte. L’aria fresca della sera entrava a pieni polmoni, sebbene l’acqua nella vasca fumasse.

 Trovai Alasu inginocchiata all’altezza dell’inguine di Aylla, intenta a rimuovere qualcosa con lo strumento di metallo che si era portata a dietro. Uh … non ci tenevo a sapere i particolari della medicina locale, anche perché la povera ragazza sembrava sul punto di vomitare di nuovo. Mi limitai ad annunciare che l’infuso era pronto, stando a distanza di sicurezza.

 “Nuala, vi ricordereste la procedura abbastanza da …?” fu la risposta di Alasu, ancora impegnata nel suo lavoro.

 “Certamente” fu la breve risposta della concubina, che mi ordinò di tener fermo il recipiente mentre le vi mischiava altre erbe, trasformando l’infuso un una specie di poltiglia verde-marrone con un odore da far lacrimare. Ma erano sicuri che queste cose avrebbero fatto bene in caso di vomito?

 Alasu terminò le sue operazioni e mi chiese di aiutare la povera donna a mettersi seduta, mentre Nuala accorreva a consegnare la tazza. La poltiglia le fu fatta mandar giù a piccoli sorsi, dopodiché, tutte insieme, riuscimmo a farla accomodare nella vasca.

 La donna trasse un lungo sospiro tremulo. Sembrava che tutte quelle cure avessero avuto effetto: per lo meno, non vomitò e non ebbe attacchi di diarrea mentre era nella vasca. Il suo umore però sembrò non migliorare affatto: anche se silenziosamente, piangeva ancora, e non ci rivolse la parola, fissando un punto nel vuoto.

 “Questa non era come le altre volte” commentò Nuala, fissando l’altra concubina con le braccia conserte e gli occhi assottigliati. Malgrado il fisico poco imponente, riusciva a emanare una cert’aura intimidatoria, in quel momento. “Di solito, avviene in modo molto più indolore”

 Cosa avveniva in modo più indolore? Il problema intestinale?

 “Hai ragione” convenne Alasu, a voce bassissima. “Che cosa ha mangiato?”

 Queste parole parvero catturare l’attenzione di Aylla.

 “E’ stata colpa mia?” chiese, la voce rotta. “Questa volta è stata colpa mia …?”

 “Non dire sciocchezze” si affrettò a dirle la farmacista. “Non è colpa di nessuno. Sono cose che purtroppo capitano …”

 “Sì, capitano ogni singola volta che una di noi rimane incinta” sputò Nuala. Alasu sussultò come se l’avessero colpita, e sembrò rattrappirsi su sé stessa.

 Io sgranai gli occhi. “E’ incinta?”

 Per la miseria, non ne sapevo molto di gravidanze, ma avevo la forte impressione che un malessere simile superasse di gran lunga le nausee di cui si parlava tanto, e soprattutto che non fosse affatto una buona cosa.

Nuala mi lanciò un’occhiata penetrante. “Adesso, no”

 Appunto.

 Guardai Aylla. Non aveva smesso un secondo di piangere, ma ora il motivo mi era ben chiaro. Non avevo mai riflettuto troppo sulla maternità e tutto quello che comportava: nel mio mondo, ero troppo giovane per avere figli, e dunque l’idea era fuori dalla mia sfera degli interessi. Le uniche cose che avevo sentito riguardo all’aborto era la diatriba su quello volontario, se fosse legale oppure no, e il problema non mi aveva neanche scalfita più di tanto; ora non avevo la più pallida idea di come comportarmi davanti a uno spontaneo.

 Doveva essere stata proprio agli inizi della gravidanza, dato che avevo solo visto del sangue e non un feto morto venire estratto da qualche parte – per fortuna!- ma Aylla sembrava così … vuota per qualunque cosa che non fosse la sofferenza, non saprei come altro descriverla. Sembrava che avesse perso un figlio già nato e cresciuto, e quest’impressione si rifletteva nell’espressione cupa e rabbiosa di Nuala e in quella sconfitta di Alasu.

 Nessuna riuscì a parlare, e per questo, l’intrusione arrivò con un certo annuncio di passi pesanti e affrettati.

 “Chiedo scusa” disse Clallia, squadrandoci tutte con occhi e bocca a una fessura. “Credo che abbiate una delle nostre schiave”

 “Chiedo perdono se l’abbiamo distolta ai suoi sacri doveri nei vostri confronti” con quella frase che trasudava sarcasmo, Nuala fece una rapida ascesa nella mia stima. “Ma le nostre ragazze erano tutte fin troppo indaffarate, e ho ritenuto che il malessere di Aylla fosse più importante dei vostri dolci”

 Clallia rivolse un’occhiata sprezzante alla donna nella vasca. “Ancora un aborto? Non c’era bisogno di fare tutta questa scena. L’Imperatore ha già un figlio legittimo a succedergli”

 Che stronza! Quella ragazza … bastava guardarla mentre cercava di frenare il pianto per capire che non gliene fregava un nulla di avere un figlio da mettere sul trono. Lei voleva un figlio e basta.

 “Ma non abbiamo ancora una futura Imperatrice” replicò Nuala. “E sarebbe stato pur sempre un membro della famiglia imperiale. Sono affascinata dal rispetto che stai dimostrando”

 “Un figlio suo” Clallia indicò la malata con un cenno del capo, come se degnarla di quella considerazione le costasse fatica. “non sarebbe stato che un fastidioso intralcio al figlio della mia signora. In condizioni normali, disprezzerei tutte voi, per non essere abbastanza donne da poter dare alla luce un solo figlio; ma ve ne sono quasi grata. Io so bene dove mantenere le mie lealtà, al contrario di certe famiglie che calpesterebbero l’autorità imperiale pur di accedervi”

 “Tu non sai nulla” replicò Nuala, senza nemmeno suonare offensiva: sembrava stesse constatando un dato di fatto. “Non puoi: tuo padre era un ceramista. Ha già fatto scalpore il tuo matrimonio con il figlio di Huarcay, vederti nell’harem dell’Imperatore in persona sarebbe stato inconcepibile. E questo lo sai benissimo. Altrimenti, perché ti aggrapperesti con le unghie e con i denti a quella poca nobiltà che hai acquisito?”

 Centro perfetto: Clallia assunse un colorito brutto quasi quanto quello di Aylla quando l’avevamo trovata.

“La nobiltà di una sgualdrina esaltata” sibilò tra i denti. “Preferisco un matrimonio onesto, per quanto minore, e la compagnia di donne perbene, in quartieri che non puzzino dei fiori con cui cercate di nascondere il vostro marciume. Corinna, muoviti, non hai più niente da fare qui. Dylla provvederà a te”

 Ecco, per una volta che pensavo di aver schivato punizioni. Clallia girò sui tacchi e uscì in fretta senza un’altra parola. Io chiesi ad Alasu se avesse ancora bisogno del mio aiuto.

 La ragazza sospirò. “Ti ringrazio, Corinna. Io ho da fare, ma di’ a Dylla che ti ho ordinato io di aiutarmi. E’ un po’ meno severa con gli schiavi che sono stati coinvolti nell’assistenza a me e mio padre, sa che non ne abbiamo di nostri”

 Se prima la figlia del farmacista mi era parsa più sicura di sé, quando si era trattato di dare disposizioni per la malata, adesso era l’esatto opposto. Aveva l’espressione più stanca e sconfitta che avessi mai visto a una mia coetanea; e non solo quello, pareva sentirsi in colpa. Perché non era riuscita a prevenire l’aborto? Ma a quanto avevo capito, era un’occorrenza comune nell’harem dell’Imperatore.

 Magari le donne vivevano in condizioni poco salubri – quell’aria viziata di profumi …- o mangiavano cose inadatte, e date le conoscenze mediche del luogo non si riusciva a capire il motivo? Alasu si sentiva in colpa per quello? Dannazione, perché non ne sapevo di più? Nel mio mondo c’erano conoscenze mediche più avanzate, forse sarei riuscita ad aiutarla in qualche modo …

 Lanciai un’ultima occhiata alle mie spalle. Alasu e Nuala stavano cercando di parlare con Aylla, accarezzandole i capelli e cercando di rassicurarla. Mi venne una gran pena per quelle donne. Costrette ad essere essenzialmente le schiave sessuali di un singolo uomo, quasi certamente perché vendute dalle famiglie o come schiave, e per giunta discriminate dalle ‘dame’ che contavano. Se pensavo che avevo rischiato di diventare una di loro, mi sentii incredibilmente fortunata ad essere solo un’ancella qualsiasi.

 Ma a questo proposito, anche la madre di Simay doveva aver vissuto lì. In quelle condizioni? Ebbi un misto di stima e compassione per lei. Ma lei era chiaramente riuscita ad avere un figlio … perché era scappata. Quindi era proprio colpa dell’atmosfera dell’harem se avvenivano gli aborti, pensai mentre uscivo.

 E chi faticava a crederlo? Non si riusciva a respirare con quei bracieri, le donne erano così coperte di gioielli che faticavano a muoversi, la situazione con l’Imperatrice e le sue sostenitrici doveva essere parecchio stressante … sì, doveva essere tutto quell’insieme di ragioni.

 Il giorno dopo avrei provato a parlarne con Alasu. Magari lei avrebbe potuto fare qualcosa per quelle povere donne, e magari attenuare il suo stesso senso di colpa?

 

 

 

 

 

 

GLOSSARIO (e qualche trivia):

Mekilo: essere simile a uno scoiattolo, solo molto più grande, con zampe molto più lunghe e la coda in fiamme. Essendo un animale legato al fuoco, non è considerato sacro a nessun dio, ma sfruttabile da tutto il genere umano. Viene usato soprattutto per trasportare merci e persone.

Occlo: bovino ricoperto di squame e con protuberanze lunghe e sottili, simili a serpenti che stanno al posto delle corna e da cui esce fuoco. Anch’esso animale legato al fuoco, ma per la sua pericolosità e la capacità di controllare i loro getti di fuoco sono quasi esclusivamente cavalcature da battaglia.

Kutluqun: capre anfibie con alghe al posto della pelliccia. Sono considerate sacre al dio Tumbe, e per questo, per allevarle o catturarne di selvatiche, è necessaria l’autorizzazione di un sacerdote di quel dio.

Lymplis: pesci volanti, con le pinne coperte di piume. Sono sacri alla dea Chicosi, dunque è necessaria l’autorizzazione di un suo sacerdote per possederne uno. Malgrado ciò, sono popolari come animali da compagnia presso la nobiltà.

Kyllu: uccelli simili a cigni, fluorescenti. Sono sacri al dio Achemay, e allevati solo all’interno del palazzo imperiale. Il loro piumaggio è usato per decorare le corone dei sovrani.

Lilque: creature con corpi simili a quelli degli esseri umani, ma con code di serpente al posto delle gambe. Servitori del dio Thumbe, vivono presso il mare, i laghi e in qualche caso i fiumi, quasi mai in corsi d’acqua più piccoli.

Duheviq: piante dalla capacità di mutare il proprio aspetto, assumendo qualsiasi forma desiderino. Originariamente questo veniva usato per catturare prede dei cui fluidi nutrirsi, ma con l’avanzare della società umana, ne hanno approfittato per integrarvisi. Un tempo servitori della dea Achesay, organizzati in tribù-foreste rigidamente isolate dagli esseri umani; solo i sacerdoti della dea potevano avvicinarli senza essere bollati come cibo. Al tempo di Choqo, mentre i più anziani vivono ancora tradizionalmente, i più giovani hanno preso a mescolarsi con le popolazioni umane, finendo spesso vittime di discriminazioni e relegati ai lavori meno nobili o remunerativi. Mantengono comunque un rigido codice di valori, di cui la fedeltà è il più alto.

Shillqui: piante in cui scorre un liquido per aspetto e consistenza simile al miele, che causa a tutto l’albero di agitarsi violentemente. Se bevuto, questo liquido dà gli stessi effetti agi esseri umani, ma è difficilissimo metterci le mani sopra. Pianta sacra a Pachtu, i suoi sacerdoti ne devono bere la linfa durante le cerimonie.

Likri: fiori simili a gigli rossi, dalle temperature bollenti, che esalano un fumo sottile. Se tuffati in acqua gelida e canditi, sono considerati ottimi per la pasticceria, ed essendo legati al fuoco, l’unico limite al coglierli è potersi permettere buoni guanti protettivi.

 

Qillori: cristalli di colore azzurro chiaro, molto usati in oreficeria.

Achemairi: cristalli di colore dorato, anch’essi comuni per l’oreficeria.

 

Notte: entità primordiale da cui tutto il mondo ha avuto origine.

Achemay: dio del sole, entità più importante del pantheon Soqar.

Achesay: dea della terra.

Chicosi: dea dell’aria.

Tumbe: dio del mare, dei fiumi e dei laghi.

Sulema: dea del fuoco.

Pachtu: dio dei fulmini e della vita.

Qisna: dea della morte e delle paludi.

Supay: esseri più collegati al folklore che alla religione vera e propria, sono creature della Notte,

incaricati di torturare le anime dei peccatori che lì vengono gettate.

 

 

Ladies & Gentlemen,

e mentre Simay è aiutato e sostenuto da praticamente chiunque non sia Llyra, Corinna è nella merda in un senso molto più letterale di quello che le piacerebbe. Sperando che non abbiate letto l’ultima parte del capitolo subito dopo mangiato, mi piacerebbe di nuovo sapere cosa ne pensiate dei nuovi personaggi (Nuala in questo caso).

Ancora, grazie a tutti quelli che sono arrivati a leggere fino a questo punto, e grazie a chi vorrà recensire!

 

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Capitolo 14
*** Dove si agisce per il meglio ***


                              CAPITOLO 13

       DOVE  SI  AGISCE  PER  IL  MEGLIO

 

 

 

 

 

 

Alla fine Alasu aveva anche ragione: mi bastò fare il suo nome perché l’espressione assolutamente furiosa di Dylla diventasse una semplicemente scocciata. Non fui picchiata, né mi fu imposto di pulire le latrine: semplicemente, fui informata che il giorno dopo sarei dovuta essere io ad alzarmi due ore prima di tutto il resto del palazzo per lavare gli abiti della sovrana. Sì, dopo una serata così.

Fu Dylla stessa a svegliarmi per spedirmi a lavorare, apparentemente svegliandosi apposta all’orario giusto e riaddormentandosi tranquillamente subito dopo – a tutt’oggi non capisco come facesse. Mai come in quel momento pensai con rimpianto alle lavatrici: nel mio mondo avrei avuto un macchinario troppo complesso da spiegare qui, ma che avrebbe lavato da solo quegli abiti, mentre in quel momento ero in piedi, al buio, nella gelida aria del mattino, a tirare su il secchio del pozzo contenente acqua anche più gelida, a cercare di infilare per bene quelle stoffe delicate nella tinozza, e a strofinarle dopo averci versato su una cosa giallina in un barattolo che mi avevano dato, che non avevo idea di cosa fosse, ma senz’altro non aveva il buon profumo dei detersivi del mio mondo.

 Tutta la mia compagnia erano i fruscii del vento tra gli alberi e i movimento dei pesci volanti e dei cigni fosforescenti, che rendeva l’ambiente molto simile a quello di rappresentazioni di storie dell’orrore che ero solita guardare; più in là, nel cortile degli artigiani, vedevo dalla luce alle finestre che la bottega di Sayre era già aperta, e ciò non faceva che farmi pensare a quella bella possibilità di mollare tutto e andare a parlare con lui che io non potevo cogliere.

 Sarebbe potuta essere la mia definizione di ‘mattinata da dimenticare’, solo che ci fu un risvolto positivo: notai che anche la bottega del farmacista apriva presto. Ottimo: se mi fossi data da fare, avrei avuto abbastanza tempo per quella chiacchierata con Alasu! Mi ritrovai quasi a ridere per la lena che mi accorsi di star mettendo nel compito, dopo quella realizzazione.

 E ne trassi risultati: quando ebbi finito, il cielo aveva appena iniziato a schiarirsi. Dylla, se era già sveglia, doveva essere alle prese con la programmazione dei nostri movimenti per quella giornata. Muovendomi con la maggior cautela a mia disposizione, lasciai la cesta con gli abiti di Llyra davanti ai casermoni degli schiavi, dove qualcuno l’avrebbe recuperata per mettere il contenuto ad asciugare, e corsi verso la farmacia. Ebbi di nuovo fortuna: trovai direttamente Alasu, invece di suo padre.

 “Corinna!” esclamò lei con un gran sorriso, prima di sgranare gli occhi. “Sei rossa come un likri! Ma che è successo?”

 “Lavanderia di prima mattina”

 “Vuoi qualcosa per le mani?”

 “No, non è per quello. Volevo chiedere qualcosa a proposito di ieri sera”

 Fu come se le avessi detto all’improvviso che era morto qualcuno: il sorriso le scomparve dalla faccia, la sua postura si afflosciò. “E’ una cosa triste, sì. Lo so che Aylla è giovane, sarebbe nell’età migliore per aver figli senza complicazioni, ma il suo è un caso particolare. Non è una situazione diffusa, a te probabilmente non succederà nulla del genere …”

 “Eh? Ma no, non volevo chiedere per quello!”

 Oddio, da quelle parti era normale avere figli a quell’età? Non avrebbero insistito perché, che so, sposassi qualcuno e procreassi altri schiavi, vero? No, calma, me ne sarei andata da lì, adesso dovevo concentrarmi su quello che ero venuta a fare, che il tempo era anche poco!

 “Se non ho capito male, è una cosa che succede spesso alle donne dell’harem. Cioè, quella Nuala ha pura detto ‘ogni singola volta’, e non ho visto bambini lì …”

 Alasu teneva lo sguardo fermo a terra.

 “Questo era il secondo per Aylla” confermò – ma quanti anni aveva più di me esattamente, quella ragazza?! – “Ed è una delle più giovani. Nuala ne ha avuti anche di più, e così molte altre donne dell’Imperatore”

 “Appunto, mi pare un po’ strana come cosa”

 Alasu sussultò. Io sospirai. Accidenti, ero venuta lì per aiutare, perché arrivavo dal mondo tecnologicamente più avanzato, ma ero la prima a non sapere come funzionasse quella scienza all’avanguardia di cui vantavamo! Al massimo potevo azzardare un po’ di senso comune, o quello che ogni tanto avevo sentito raccontare a mia madre del periodo in cui era stata incinta di me.

 “Secondo me, c’è qualcosa che non va in quell’ambiente. Tipo, tutti quei profumi, l’hai notato anche tu che non si respira. C’è da farsi venire le nausee anche senza essere incinte!” tentai di sorridere, di fare un mezzo tentativo a uno scherzo. Non riuscii a sorridere sul serio, e nemmeno Alasu lo fece.

 Ma quanto dovevo suonare stupida? Dal suo punto di vista, io, una che non aveva uno straccio di esperienza medica e a malapena sembrava sapere come nascessero i bambini, venivo lì a pontificare su come lei, figlia di un farmacista e istradata alla stessa professione, dovesse gestire la condizione clinica di diverse donne. Che figura di merda stavo facendo?

 Espressi la mia irritazione contro me stessa con uno sbuffo. “O magari è il cibo, non lo so, magari nei primi mesi può fare effetto anche quello, oppure sono continuamente tartassate da quelle maledette dame, dannazione non può fare bene essere insultate ogni giorno mentre sei incinta, magari si potrebbe, non so, rendere l’ambiente più salubre e segregarle lontano da quelle streghe per tutti i nove mesi …”

 Alasu aveva lo sguardo a terra, le braccia strette al petto.

“Okay, sto dicendo cazzate” conclusi. “E’ che … non è normale, porca miseria. E si vede che ci soffrono, e ci soffri anche tu e … magari sto dicendo cose ovvie, lo sai benissimo e io sto facendo la figura della cretina saccente e … oh, cazzo?”

 Alasu piangeva. Senza far rumore, senza singhiozzi o altro, se non l’avessi guardata bene in faccia non me ne sarei neppure accorta. Oddio, oddio, adesso che avevo detto? Ero andata a rigirare il coltello nella piaga?

“Alasu … senti, non volevo … dire o fare qualunque cosa che ti abbia fatta piangere, sono una deficiente, sei libera di pensare che io sia la peggiore rincoglionita che tu abbia mai incontrato e … porca troia, ma che succede?!”

 “Tu sei una persona grandiosa” balbettò tra le lacrime. “Sei in fondo alla scala sociale, e ti preoccupi per gli altri. Io non faccio altro che rovinare la vita alle persone …”

 “Ma che stai dicendo?!” protestai. “Senti, lo so che non si capisce perché quelle donne non riescano a partorire e ti senti in colpa, ma tu stai facendo tutto quello che puoi, se non sono cretine se ne accorgeranno anche loro …”

 “E’ colpa mia” balbettò. “Lo so perché abortiscono, lo sanno tutti, è colpa mia, nostra, noi dobbiamo … non vogliamo … ordini …”

Adesso non piangeva più silenziosamente: singhiozzava così forte e spesso che non riuscivo a capire cosa stesse dicendo. Avevo capito solo che biasimava sé stessa, ma accidenti, aveva solo sedici anni, non era una guaritrice esperta o chissà che, non avrebbero dovuto metterle una simile situazione sulle spalle! Non ci riusciva neanche suo padre, che era il farmacista imperiale vero e proprio!

 Glielo dissi. Lei scosse la testa, cercò di parlare, un nuovo attacco di singhiozzi glielo impedì. Accidenti, non poteva arrivare suo padre, magari lui avrebbe saputo cosa dire per confortarla? Sapevo che i genitori non erano molto affidabili nel prendere sul serio i problemi dei figli, ma almeno in questa circostanza!

 I suoi tentativi di parlare si ripeterono per due volte, prima che riuscisse a calmarsi abbastanza da farlo. “E’ il volere dell’Imperatrice”

 “Che cosa?” che c’entrava Llyra?

 “Lei non vuole che i suoi figli abbiano rivali al trono. E’ normale, è segno della sua devozione come madre, però … impedisce alle altre di diventarlo”

 “Cosa? Vuoi dire che è lei a …”

“Noi conosciamo le erbe” bisbigliò. “Sappiamo che cosa bisogna dare a una donna per ridurre la sua fertilità, e se quelle falliscono, per far sì che …” non riuscì a continuare, ritrovandosi a boccheggiare senza la forza di pronunciare ad alta voce quello che voleva dire.

 Io ero impietrita. Quello che Alasu aveva appena detto collimava perfettamente con quello che sapevamo di Llyra – dannazione, progettava di far addirittura uccidere quel figlio illegittimo che era riuscito a nascere e a crescere! -, e se fosse stato solo qualcosa che avevo sentito dire, avrei pensato che avrebbe avuto senso, c’era fin da aspettarselo.

 Ma io avevo assistito quella Aylla. Quella ragazza così poco più grande di me, che aveva avuto due volte avanti a sé la possibilità di avere un figlio, e per altrettante volte se l’era vista portare via. E così era per tutte le altre donne dell’harem – che a giudicare dai commenti di Nuala, sapevano benissimo il motivo per cui nessuna di loro aveva bambini. Quindi, queste donne: erano schiave sessuali, erano emarginate dalla corte, sapevano che non avrebbero potuto avere figli non per colpa loro ma per intervento di terzi che non potevano prevenire, ed erano insultate e discriminate precisamente perché non avevano figli. Ma che razza di incubo era?

 E i farmacisti, perché non si ribellavano? Alasu non era né contenta né indifferente di star facendo questo, sembrava davvero rosa dai sensi di colpa, ma perché non mandava al diavolo Llyra? Quello che la sovrana stava facendo non era lecito, a quanto avevo capito, quindi non avrebbe potuto punirli per una disobbedienza! Forse era colpa dell’ossessione per l’autorità che pareva affliggere quell’Impero?

 Credo che questa ipotesi mi spinse a interrogare Alasu in proposito con molta più aggressività del necessario.

 “E’ mio padre che dice che dobbiamo fare così” bisbigliò, ritraendosi appena. “Non verremmo puniti, non ufficialmente, ma verremmo cacciati, perderemmo la nostra posizione. E lui ha faticato tanto per ottenerla e mantenerla …”

 “Vi cacciano? Tanto meglio, non dovrete più rimanere qui a fare questa merda!” protestai. “E davvero, tu soffri di questa situazione. Tuo padre non sta facendo altro che sacrificare la tua felicità alle sue ambizioni personali!”

 Alasu sgranò gli occhi in un’espressione inorridita. “No! Mio padre è un uomo buono, non si preoccupa di altri che di me. Ma tu sei straniera, non capisci come funzionino queste cose”

 “E allora spiegamele, così capisco dove stia il problema nel mandare al diavolo tutto!”

 Alasu sospirò. “La situazione per gli artigiani è … complicata, ecco. Se non sei nobile, quando hai quattordici anni, ti fanno fare un test di intelligenza. Viene somministrato a tutti, e se lo passi, significa che hai le capacità adatte a salire nella scala sociale, a prescindere che tu sia il figlio di un farmacista, di un contadino, di un fabbro o di uno schiavo. I maschi sono educati allo studio burocratico e amministrativo, le femmine imparano l’economia domestica adatta a una famiglia di rango e possono andare in spose in famiglie altolocate. Certo, come hai sentito dai commenti di Nuala, nessuno si dimenticherà delle tue umili origini, ma col tempo, i tuoi discendenti si integreranno nella nobiltà vera e propria”

 “E se non lo passi?”

 “Allora resti un artigiano, e impari il mestiere di tuo padre, come è successo a me” si interruppe per un istante, a questo punto, prima di ritrovare la voce. “E se sei un artigiano, significa che non sei stato abbastanza intelligente da passare il test. Si tratta di domande difficili, ma i nobili tendono a trarne la conclusione che siamo stupidi, e dunque … be’, la nostra non è una classe che goda di molto prestigio. A meno che tu non diventi un artigiano imperiale. La corona vuole essere servita solo dai migliori nei rispettivi ambiti, quindi è un livello più alto rispetto agli altri artigiani. Neppure lontanamente quanto un nobile, ma comunque ti viene riconosciuta una superiorità”

“Un po’ come se ti dicessero che sei scemo, ma uno scemo più intelligente rispetto agli altri scemi?”

 Con questa riuscii a farla sorridere, un pochino. “Quasi, sì. Ma è l’unico modo con cui un artigiano può farsi rispettare, e non è definitivo. Ogni giorno che passa, c’è la possibilità che salti fuori qualcuno più abile di te, e che ti sostituisca. E a quel punto tu torneresti ad essere un artigiano come tutti gli altri, anzi, meno considerato degli altri, perché non sei stato abbastanza bravo da mantenere la tua carica”

“Ma non ha senso. Dovreste essere il secondo posto!”

 “E invece no, perché inizieranno a chiedersi perché tu all’improvviso non sia più stato creduto così bravo. Magari c’è stato un tale calo nella tua abilità che i tuoi prodotti non sono più sicuri, o validi? E specialmente con un farmacista, questo sarebbe un problema grave”

 Ah. Iniziavo a capire un po’ meglio il problema di Alasu e di suo padre. Qui non era una questione di perdita di prestigio, era una questione di perdita di mezzi di sostentamento. E un conto è scegliere di fare la cosa giusta invece di quella facile, un altro è fare la cosa giusta invece di quella che ti darà da mangiare.

 E Llyra se ne approfittava. Sapeva benissimo delle difficoltà in cui sarebbero andati incontro Yzda e sua figlia se non obbedivano a delle sue fottute fissazioni, e tutto quello cui poteva pensare era come farci leva. Dannazione, magari sapeva anche delle remore di Alasu (e probabilmente anche di suo padre, non mi era affatto sembrato entusiasta quando aveva chiamato la ragazza la sera prima) e andava avanti lo stesso, anzi, magari aveva usato quell’assicurazione proprio per costringerli a remare contro la propria morale!

 “Non potete dirlo a qualcuno?” cercai di trovarle una soluzione. “Voglio dire, le donne dell’harem lo sanno, ma probabilmente hanno troppa paura di Llyra per parlare. Se tu riuscissi a ottenere un’udienza con Manco …”

 “Pensi davvero che crederebbe a me al di sopra della sua sposa?” rispose lei con un sorriso triste. “E diffamare uno dei sovrani è reato gravissimo. Io potrei essere giustiziata, e se anche mio padre riuscisse a salvarsi, vivrebbe con un dolore che un uomo anziano come lui non potrebbe sopportare”

 Ripensandoci ora, mi sembra quasi che la seconda possibilità preoccupasse Alasu più della prima; ma all’epoca avevo tutt’altri pensieri per la testa. Per esempio, farla pagare a Llyra.

 Se la prima volta che l’avevo vista avevo guadagnato una certa stima per lei, l’avevo persa tutta quando avevo scoperto cosa intendeva fare a Simay; e adesso non aveva fatto che sprofondare. Il fatto che Llyra volesse il trono per i suoi figli? Ci poteva anche stare. Il fatto che stesse rovinando l’esistenza a diverse persone per garantirlo? Per niente.

 Bisognava fare qualcosa … per fermarla, per punirla, non sapevo cosa fosse possibile. Mi sarei inventata qualcosa. Ne avrei parlato con gli altri, quella notte. Non c’entrava niente con Simay – se non indirettamente – ma non volevo permettere che questa stronza approfittasse di un potere che le era arrivato solo perché nata nella posizione giusta per rendere un incubo le vite di molti altri. Magari Pacha avrebbe potuto avere qualche utilità in merito, magari per una volta avremmo potuto convincerlo ad appoggiare gli artigiani, invece che usarli per danneggiare indirettamente sua sorella.

 Intanto, c’era lì Alasu che era ancora uno straccio. Per qualche miracolo, suo padre non era ancora arrivato, ma di sicuro Dylla si era già messa a cercarmi. Ma al diavolo quella vecchia carogna, questa ragazza faceva male a guardarla.

 “Che situazione di merda” fu tutto quello che riuscii a dire. “Scusami per prima … adesso capisco che non è colpa tua, o di tuo padre … l’unica persona da criticare è Llyra, ha praticamente le vostre vite in mano, e ci fa quello che le pare, invece di provvedere a voi!”

 “E’ quello che deve fare” interruppe Alasu, sgranando gli occhi. “E’ il suo diritto in quanto discendente del Sole …”

 “E perché questo dovrebbe darle il diritto di spadroneggiare su di voi?”

 “La casata imperiale discende dal dio supremo, e il loro sangue si è conservato puro per generazioni” di nuovo, che schifo. “Non possono essere considerate persone normali. Hanno un legame speciale con il loro progenitore, ricevono da lui le leggi che poi amministrano sui mortali. Per questo compito, noi dobbiamo loro il massimo rispetto”

 “Sembra più che altro una scusa per farvi fare quello che vogliono loro senza lamentarvi”

 “Non lo dire!” esclamò lei, seriamente preoccupata. “Finirai nella Notte per simili affermazioni”

 “Un’altra minaccia perfetta per tenervi sotto controllo”

 “Non è una minaccia, è la verità!”

 Sbuffai. Sì, sì, potevo immaginare che Alasu fosse stata cresciuta con questi preconcetti fin dalla nascita, che per lei fosse difficile uscirne. Ma che diamine, qui ne andava della felicità sua e di molte altre persone! Davvero intendeva continuare a fare la brava bambina e obbedire alla Sacra Autorità quando questa andava contro ciò in cui lei credeva, solo perché ‘sacra’? Dannazione, quanto poteva essere difficile far capire a qualcuno che la stavano manipolando per farle seguire volontà completamente umane?

 Non sapevo neanche cosa dirle. Non mi ero mai trovata in una situazione simile, di dover cercare di aprire gli occhi a qualcuno sui mali dell’obbedienza cieca perché mi importava davvero qualcosa della persona e non per principio generale. Conclusi che se Alasu aveva questi forti sensi di colpa, mi conveniva far leva su quelli. Anche a costo di essere un po’ dura, che sarebbe anche stato più nel mio stile.

 “Si tratta comunque dell’imporvi qualcosa che non volete” borbottai. “Ma tu e tuo padre non potete fare altro, per questi sacri ordini, e non siete manco capaci di riconoscere che vi stanno usando. A un certo punto, ve lo meritereste quasi”

 Alasu mi guardò con gli occhi sgranati. “Sì, hai ragione …”

 “Se vi rifiutate di pensare con la vostra testa, se non siete capaci di odiare chi vi sta forzando e criticarlo, significa che non ve ne frega poi così tanto della vostra ‘etica’ e della sofferenza di quelle povere donne. Del resto, protestare vorrebbe dire non mostrare la giusta adorazione alla ‘sacra’ Imperatrice!”

 Alasu abbassò gli occhi a terra. Tremava visibilmente, e muoveva le labbra come a voler parlare, solo che non ne usciva alcun suono. Ehi, stava per cambiare idea …? Non avevo esagerato …? Insomma, io volevo solo aprirle gli occhi, non farla stare davvero male …

“Sei davvero una persona speciale” mormorò. “Sei in fondo alla scala sociale, non hai nulla, e rischi le punizioni umane e divine per difendere quelle donne che non conosci? Quanto vorrei poter essere come te, invece che questo fallimento di guaritrice”

 No, non era esattamente il risultato cui miravo – anche se sentirmi dire che qualcuno avrebbe voluto emularmi era lusinghiero -, ma non volevo certo che Alasu parlasse con tutto questo disprezzo di sé stessa. Okay, andava fatta crescere e aiutata a capire il mondo, però … metterla in questa situazione di disagio e odio di sé … non mi piaceva, no. Ma si stava avvicinando a un cambiamento, no? Sarebbe bastato convincerla che non sarebbe rimasta quello che lei voleva un fallimento, che sarebbe potuta cambiare quando l’avesse voluto.

 “Senti, nessuno è un fallito nell’anima, va bene? Tu hai tutte le potenzialità per diventare una persona fantastica. Devi solo iniziare a pensare con la tua testa, e smettere di fare quello che ti dicono gli altri solo perché per un fottuto caso sono nati più in alto di te. Renditi conto di questa cosa, prova a ripeterlo ad alta voce se ti serve: gli ordini di Llyra sono quelli di una stronza egoista, e non sono più sacri di un pezzo di merda”

 “Gli ordini di Llyra sono quelli di una stronza egoista” ripetè sul serio lei. “E non sono più sacri di un pezzo di merda”

“Brava! Vedi che ce la fai?”

Alasu prese un lungo sospiro tremulo, poi scoppiò in una risatina mista a singhiozzi. “Ho detto una delle cose peggiori che un Soqar possa dire” balbettò. “Ma se non l’avessi detta, avresti avuto ragione tu, avrei disprezzato la sofferenza di quelle donne. Immagino che da qualunque parte la si veda, sono una persona sbagliata, eh?”

 No, ma che … non era quello che volevo ottenere! Dannazione, possibile che qualunque cosa dicessi non riuscisse a darle una buona opinione di sé stessa?

 “Dovresti tornare da Dylla, ora, o sarà difficile che ti scusi, anche se sei stata da me” mi consigliò lei.

 Io annuii, le diedi un vago augurio di una buona giornata – come se fosse servito a molto – e tornai al gruppo degli schiavi. La reazione di Dylla fu impedirmi, per tutto il giorno, di portare i vassoi con i dolci e i pasti.

 Raramente avevo fatto incontri che mi avessero scossa come quello con Alasu, quella mattina. Era così dannatamente ingiusto. Alasu era una brava persona che non aveva fatto niente per meritarsi un compito del genere, e tutto il modo in cui riusciva a reagire era piangere e incolpare sé stessa, perché allo stesso tempo non riusciva a venir meno alla sua etica medica e a servire Llyra col sorriso?

 Fosse stata solo una persona di cui avevo sentito parlare, l’avrei bollata come patetica, e avrei commentato che doveva svegliarsi fuori e smetterla di fare lo zerbino, mandare a quel paese qualcuno. Avrei pensato che fosse una debole, che se era in quella situazione, magari meritava di esserlo. Non si può star fermi a subire e aspettare che le autorità provvedano a te, perché non lo faranno. E in generale tutta una gran trafila di sentenze.

 Ma Alasu era stata la prima persona, in quel mondo, a dimostrarmi una gentilezza priva di condiscendenza, addirittura ammirazione, anche se non potevo dire quanto meritata. Avevo visto la sua preoccupazione per le donne dell’harem, il suo senso di colpa per ciò che era costretta a infliggere loro, la sua sofferenza per la situazione di merda assoluta in cui era stata forzata. Era una persona, non qualcuno di astratto su cui emettere giudizi astratti.

 Però c’era anche il fatto che, a parte le emozioni che avevo visto in Alasu, il suo era un atteggiamento che avevo sempre definito debole e disprezzato. E la mia opinione in proposito non riusciva a cambiare. Non sapevo come comportarmi, cosa pensare nei suoi confronti; dunque passai a qualcuno verso cui il mio sentire era molto meno ambiguo.

 Dio, se ero incazzata con Llyra! Quello che stava succedendo alle concubine, ad Alasu e a suo padre, era interamente colpa sua. Gli altri non potevano difendersi contro di lei, e quella se ne approfittava. Ma non era invincibile. Questa gente poteva essere nata e cresciuta con il chiodo fisso che l’autorità imperiale fosse la cosa più sacra del mondo, che non avrebbero potuto nemmeno pensare di opporsi a uno dei sovrani senza che la collera divina si abbattesse su di loro, ma io arrivavo da un altro mondo. Io ne sapevo di più. Io avevo studiato di simili strutture politiche sui libri di storia: nel mio Paese, i governanti venivano eletti dal popolo (circa), ed erano destituibili in ogni momento (di nuovo, circa) e se commettevano crimini, erano perseguibili come chiunque altro (sempre in teoria). E sapevo che Llyra non era diversa.

 Certo, bisognava considerare che gli abitanti di questo mondo erano capaci di praticare vera magia, e io stessa ero stata portata lì da una divinità … che però non avevo visto. Aveva parlato direttamente nel mio cervello, sfruttando i miei processi energetici. Era sembrata più la coscienza di una forza naturale che una vera e propria divinità fisica: forse era così per tutto il resto del pantheon di questi luoghi? In tal caso, tutta quella faccenda del ‘sangue del sole’ sarebbe stata una bugia, una storia a fini propagandistici, esattamente come simili vicende erano state create in passato nel mio mondo. E anche se avessi sbagliato qualcosa, se Llyra in qualche modo fosse stata discendente di una divinità, questo non le dava nessun diritto, non la rendeva automaticamente superiore agli altri. Non le dava il diritto di causare tutta quella sofferenza.

 Decisi che ne avrei parlato con Qillalla e Simay. Eravamo già, tecnicamente, contro l’Imperatrice, ed eravamo d’accordo con Pacha. Magari potevamo fargli indirizzare i suoi scherzi verso qualcosa di più costruttivo?

 Il problema era che, a parte una vaga idea di ‘punire Llyra’, non sapevo neanche cosa fare. Non sapevo cosa saremmo stati in grado di fare, e come, e con quali rischi. Avrei avuto bisogno di qualcuno del luogo per farmelo spiegare, altra ragione, appunto, per parlarne con quegli altri due. Sperai solo che Qillalla non avrebbe rognato troppo perché li avevo avvertiti di qualcosa che non riguardava direttamente Simay … oh, chi se ne importava, sarei stata comunque in grado di metterla al suo posto.

 Non appena ebbi un momento libero, legai il nastro blu alla stessa finestra del giorno prima.

 

Attraversare quel tunnel non fu un’esperienza meno allucinante della prima volta. La mia ammirazione per quel processo soprannaturale rimaneva inalterata, così come il mio timore che da un momento all’altro potesse senza preavviso crollarmi tutto addosso. Solo che mi concentrai molto meno su queste emozioni, come se malgrado la loro intensità avessi potuto metterle in un angolo della mia mente: più concentrata sulle mie scoperte di quel giorno, feci tutto il tunnel di corsa.

 Qillalla riuscì perfino a battere le mie aspettative: iniziò a lamentarsi prima ancora che io avessi aperto bocca. Le prestai quel poco di considerazione sufficiente a zittirla, poi mi affrettai a riferire quello che era successo la notte prima, e ciò che avevo imparato quella mattina.

 Simay mantenne tutta l’aria di voler essere altrove per la prima parte del racconto, e un’espressione sempre più sconvolta durante la seconda; Qillalla fu più coerente, senza abbandonare l’espressione infastidita per tutto il tempo.

“Tutto molto tragico” concluse alla fine. “Ma di preciso, perché dovremmo preoccuparci di …”

“Questo non dovrebbe succedere” mormorò Simay. Qillalla si zittì immediatamente. Faziosa! Gliel’avevano detto che i sacerdoti facevano voto di castità, vero? “Tutti i figli di Manco possiedono il sangue del sole, anche se in misura minore rispetto a un figlio che fosse anche di Llyra” abbassò un istante lo sguardo sulle proprie mani, come se si immaginasse di veder scorrere il sangue divino in questione. “Ma tutti loro possono trasmettere la discendenza degli dei, dunque sono sacri. Sotto quest’ottica, impedire loro di nascere non è meno grave di cercare di uccidere me”

 “Non ci avevo riflettuto” mormorò Qillalla, poggiandogli una mano sulla spalla. “Ti chiedo scusa”

 Veramente se l’era presa con me, ma sospettai che farglielo notare sarebbe stata una causa persa.

 “E il fatto che costringa i farmacisti … quelle pozioni sono preparate da loro, certo, ma le erbe che usano sono fornite dal Tempio di Achesay. Significa implicare il Tempio della Grande Madre in questo sacrilegio!”

 “Ecco!” esclamai. “Abbiamo un modo per impedirglielo! Basta che non forniate più quelle erbe, e il problema è risolto!”

“Non è così semplice”

 “Cosa? E perché? Parlane con Pacha …”

 “No, quello che intendo dire, è che se ho capito che medicina usano, non potremmo proprio impedirne l’invio. Penso che sia il ‘sangue della Terra’”

 “Ah” annuì Qillalla. “Adesso capisco. Mia madre me ne ha parlato …”

 “Be’, io non ho la più pallida idea di cosa sia” obiettai. A giudicare dalla fauna e dalla flora che avevo visto fino a quel momento, dubitavo che una pianta simile esistesse sul mio pianeta.

 Qillalla mi guardò con sufficienza per una simile ignoranza, Simay mi degnò di una spiegazione senza giudizi. “Entro certe dosi, favorisce la gravidanza, aiutando a eliminare le sostanze tossiche e migliorando il flusso del sangue che arriva al bambino; ma se somministrata in modo eccessivo, succede … una sorta di eccesso di sangue. Nelle fasi più avanzate della gravidanza, causa il distacco della placenta, mentre nelle prime, può portare all’aborto, come hai descritto tu”

 “Ecco, perché non potete smettere di inviar …ah, è vero”

 Llyra stessa era incinta. Fosse stato qualsiasi altro momento, forse avrebbero potuto interrompere l’invio, ma in quei mesi, l’Imperatrice avrebbe potuto usare la scusa che quell’erba servisse a lei. E avrebbe potuto muovere accuse di volerla danneggiare se il Tempio avesse rifiutato di consegnargliela.

 “Dovremmo avere delle prove concrete” proseguì Simay. “La testimonianza dei farmacisti da sola non basta, e neppure gli aborti delle donne dell’harem. Si capirebbe solo che i farmacisti hanno impedito a quelle donne di portare a termine le loro gravidanze, e questo di per sé condannerebbe loro, perché non si potrebbe provare chi sia, o se ci sia, un mandante”

 “E certo, perché due persone il cui lavoro è curare la gente si mettono a causare aborti a caso”

 “Immagino che servirebbe qualcosa di tangibile” osservò Qillalla. “Come uno scritto, vergato personalmente da Llyra, che ordini specificamente di impedire che le gravidanze delle sue rivali siano portate a termine”

 “Precisamente” confermò Simay. “Inoltre, Yzda e sua figlia verrebbero condannati lo stesso, in quanto complici del crimine”

 “Ma non avevano altra scelta!”

 “Hanno comunque collaborato in un sacrilegio” a suo onore, anche Simay non sembrava particolarmente entusiasta di quella clausola della legge. Ma nessuno degli altri due sembrava aver compiuto il passo mentale successivo: mandare tutto all’inferno, e fare giustizia autonomamente. Compito che di conseguenza spettava a me.

 “E allora sostituiamo l’erba” replicai. “Non avete, che so, una pianta simile, ma con tutt’altri effetti? Sarebbe meno palese che non inviargliela proprio, e Llyra non potrebbe accorgersene finché non è troppo tardi!”

 Simay aprì la bocca per protestare – me lo aspettavo – quando Qillalla lo prevenne.

 Questa effettivamente non è un’idea malvagia. Sarebbe anche un modo efficace di mandare un messaggio a Llyra: noi siamo in grado di trovare metodi di aggirare la sua autorità, senza lasciare prove del nostro operato, e se le sue azioni infrangono le leggi divine, non saremo troppo timorosi da non opporci a lei”

“Io non intendo fare una dichiarazione di guerra …”

 “Sbaglio o qui ci sono delle regole di mezzo, che Llyra ha infranto? Cos’è, perché una persona ha abbastanza autorità ciò le dà il diritto di infrangere le regole che ami tanto? Mi era parso di capire che da queste parti funzionasse al contrario!”

 Simay esitò.

 “E’ vero” ammise. “Llyra sarebbe tenuta, più di ogni altro, a rispettare le leggi del Sole, proprio perché lei ne è rappresentante. E una sua infrazione dovrebbe essere punita anche più duramente rispetto a quella di chiunque altro”

 “Allora che vuoi fare? Ciò che ti dice un’autorità terrena, o ciò che ti dicono gli dei? Visto anche che sei un novizio sacerdote”

Se avessi dovuto essere sincera, avrei detto che entrambe le opzioni mi sembravano pessime: era sempre un piegare il capo a ciò che ti ordinava qualcun altro. Ma qui la mia priorità non era far finalmente funzionare il cervello a quell’imbranato di Simay, era convincerlo a opporsi a una delle peggiori carognate che avessi mai visto di persona. E infatti, funzionò.

 “E’ vero” mormorò il bersaglio di quell’improvvisato tentativo di manipolazione. “Llyra va punita. E se la legge non può farlo, la responsabilità ricade su di noi che sappiamo dei suoi crimini. Ma ancora, il vostro piano non può funzionare. Quelle erbe non sarebbero consegnate direttamente a Llyra – che seppure abbia ricevuto un’educazione molto completa, non è nella posizione di chi manipola ed esamina erbe tutti i giorni – ma a Yzda, che probabilmente sarebbe in grado di riconoscere a occhio due erbe anche molto simili tra loro. Se è il farmacista imperiale, è perché è il migliore nel suo mestiere, ricordiamocelo”

 “Ma voi gli consegnate direttamente la pianta, perché lui poi provveda a lavorarla in una forma utilizzabile?” inquisì Qillalla. Simay fece in tempo ad annuire, prima che lei lo interrompesse di nuovo. “E allora, se quelle erbe gli venissero proposte, che so, già sminuzzate o preparate in una tisana, lui saprebbe riconoscere la differenza?”

 “ … Credo di no”

 “E allora siamo a posto!” esclamai. “Dobbiamo solo trovare l’erba giusta, e inventarci una balla plausibile su perché gli stiamo dando il preconfezionato”

 “Il pre …?”

 “Credo di aver capito cosa intende” annunciò Qillalla. “Quello che non so, è che erba potrebbe fare al caso nostro, eventualmente. Ma tu, Simay, studi le erbe, giusto?”

 Il ragazzo annuì. “Ma ho iniziato solo da poche settimane. Conosco solo le più comuni, quelle usate per la cucina o le malattie più leggere. I likri ci somigliano abbastanza, come colore … ma sono troppo comuni nei dolci, Llyra riconoscerebbe subito il sapore se quella medicina venisse somministrata anche a lei. Poi ci sono le foglie di certi Duheviq, ma sarebbe estremamente difficile metterci le mani sopra per uno scambio simile … ah! Le radici di zullma. Se triturate in modo molto fine, come di solito viene preparato il sangue della Terra, sarebbero davvero indistinguibili. Se non ricordo male, di solito vengono usate per curare i problemi di digestione”

 “Trovata!” gongolai.

 “Sbaglio o hanno un effetto lassativo?” osservò Qillalla.

 Scoppiai a ridere con una grande dimostrazione di maturità. “Ma allora sono perfette!”

 “Non fare tutto questo chiasso!” mi rimproverò l’altra ragazza. “Comunque, scherzi di cattivo gusto a parte, sembra che abbiamo trovato la nostra punizione ideale. E’ una dichiarazione che non intendiamo permetterle di compiere i suoi soprusi contro la legge solo per la carica di cui è investita, ma che allo stesso tempo, rispettiamo la sacralità della sua persona” qui dovetti contenere un altro accesso di risate. “evitando di somministrarle sostanze veramente dannose” Qillalla concluse lanciandomi un’occhiataccia.

 Io riuscii a tornare seria. “Pensi di coinvolgere anche Pacha in questo piano?”

 Questa domanda della nobile in effetti poneva una questione interessante. Normalmente, sarei stata decisamente contro l’avvertire una qualsiasi autorità di un piano simile. Di sicuro l’avrebbero ostacolato, blaterando di ‘parlare’ e ‘discutere con calma la situazione’, che era un codice segreto per ‘non fare davvero nulla di risolutivo’. Se la cosa poteva essere fatta alle loro spalle, avrei caldamente appoggiato questa possibilità, altrimenti, mi sarei ingegnata a inventare una bugia.

 Ma Pacha aveva già dimostrato di non essere un’autorità convenzionale, non al di sopra di bersagliare chi gli stava antipatico con l’equivalente su larga scala di scherzi infantili. Scherzi infantili, per l’appunto, che prendevano di mira Llyra solo per interposta persona: avrebbe avuto abbastanza fegato da ‘attaccare’ lei, personalmente? Non ne ero così sicura.

 Certo, sarebbe andato da Llyra a parlare di Simay, ma quello poteva essere fatto in molti modi, e da quel che ci aveva anticipato, non sarebbe stato molto deciso in proposito. Un affronto così diretto … no, temevo che non ne avrebbe avuto il coraggio. O forse lo avrebbe avuto, ma meglio non rischiare.

 Simay, come volevasi dimostrare, stava dicendo qualcosa a proposito di come sarebbe stato giusto avvertire Pacha, in quanto capo del Tempio e nostro aiutante. Mi sembrò il caso di intervenire.

 “Ma resta il rappresentante della dea a cui devo obbedienza” obiettò lui. “Nonché il Sommo Sacerdote del Tempio che effettuerà lo scambio. Mi sembra opportuno che ne sia informato, nel caso Llyra lo interrogasse in proposito. Anche a volere considerare ciò da un punto di vista cinico, sarebbe più propenso ad aiutarmi se sapesse che non gli nascondo nulla e confido completamente in lui …”

 “Al contrario” interruppi. “Se sapesse di quello che stiamo per fare, diventerebbe un nostro complice. E se, come hai detto tu, Llyra lo interrogasse, e lo trovasse colpevole di qualcosa per cui può davvero punirlo … che cosa lo aspetterebbe?”

 “L’esilio, a voler essere fortunati” Simay non sembrava più così convinto del nostro piano.

 “Per l’appunto. Se invece emergesse che no, non ne sapeva niente neanche lui, Llyra sarebbe molto più compassionevole nei suoi riguardi. Magari sarebbe anche più disposta ad ascoltarlo!”

 “Ma noi non saremmo i suoi primi sospettati?”

 “Non avrebbe prove certe”

 “Ma a fidarsi meno di noi, anche senza prove certe, sarebbe Pacha – il nostro alleato sicuro”

 “E noi non avremmo che da dirgli perché lo abbiamo fatto. Abbiamo punito un sacrilegio contro il sovrano, non attaccato insensatamente la sovrana. E siamo stati zitti solo per difendere lui”

 Simay annuì, anche se dal suo sguardo perso sospettai che non se ne fosse nemmeno reso conto.

 “E comunque, tutto questo è solo in previsione dell’ipotesi che Llyra si renda conto della sostituzione, e abbia sufficienti basi per accusarcene senza che si scopra perché abbiamo fatto una cosa simile in primo luogo. Se è davvero una donna così cauta come ha detto la mia fonte, probabilmente lascerà perdere, e assumerà un assaggiatore anche per le medicine”

 “Dunque la sua sicurezza sarebbe garantita …”

 “Sì, esatto. Allora, ci stai?”

 Simay esitò ancora qualche istante. “Sì. Potrò effettuare la sostituzione” prese un respiro profondo, come se oltre all’aria volesse inalare anche la risoluzione necessaria a quel piano.

“E’ l’azione migliore che tu potessi prendere” Qillalla lo guardò con aria di approvazione.

 Sarebbe stata una goduria costringerla ad ammettere che l’idea tanto apprezzata era stata mia, ma pensai che per quella sera le mia capacità di persuasione fossero state messe alla prova anche fin troppo. Meglio non tirare troppo la corda, anche perché la stanchezza del giorno appena passato iniziava a piombarmi addosso.

 “Quando potrai effettuare lo scambio?”

 “Fra quattro giorni, alla prossima consegna delle scorte agli artigiani. Intanto, probabilmente riceveremo anche il responso di Pacha sul suo colloquio con l’Imperatrice, quindi potremo decidere se cambiare il corso di azione in base a quello”

 “Basta che quella carogna non la passi liscia” borbottai. Fui guardata male, ma la rabbia che anche loro due provavano verso Llyra si espresse nell’assenza di rimproveri.

 “Questo non può essere permesso” concluse Simay. “In un modo o nell’altro, bisognerà porre fine al sacrilegio”

 Non il modo in cui io avrei posto la questione, ma sempre meglio di niente.

 “Bene! Abbiamo altro di cui discutere?” chiese Qillalla.

 Silenzio.

 “E allora direi di tornarcene tutti a dormire, visto che grazie a qualcuno, negli ultimi giorni è successo ben poco”

 “Chiedo umilmente perdono per aver fatto esattamente quello che mi avete detto di fare” replicai, per poi puntare il dito verso Simay. “Stessa regola dell’altra volta: non azzardarti a far crollare il tunnel prima di aver sentito il sasso!”

 Lui annuì di nuovo, rivolgendomi un mezzo sorriso e un accenno di saluto nel mezzo della sua preghiera (lo fulminai con lo sguardo, perché non mi era affatto piaciuto come in concomitanza con ciò un bel po’ di terra fosse crollata dal soffitto dell’appena ricostruito tunnel). Qillalla non accennò un saluto, e io feci lo stesso, limitandomi a imboccare di nuovo il mio passaggio.

 E anche questa era fatta. Ora, per i quattro giorni successivi, avrei potuto concedermi un po’ di tranquillità, in attesa che la vendetta scattasse.

 

 

 

 

 

GLOSSARIO (e qualche trivia):

Mekilo: essere simile a uno scoiattolo, solo molto più grande, con zampe molto più lunghe e la coda in fiamme. Essendo un animale legato al fuoco, non è considerato sacro a nessun dio, ma sfruttabile da tutto il genere umano. Viene usato soprattutto per trasportare merci e persone.

Occlo: bovino ricoperto di squame e con protuberanze lunghe e sottili, simili a serpenti che stanno al posto delle corna e da cui esce fuoco. Anch’esso animale legato al fuoco, ma per la sua pericolosità e la capacità di controllare i loro getti di fuoco sono quasi esclusivamente cavalcature da battaglia.

Kutluqun: capre anfibie con alghe al posto della pelliccia. Sono considerate sacre al dio Tumbe, e per questo, per allevarle o catturarne di selvatiche, è necessaria l’autorizzazione di un sacerdote di quel dio.

Lymplis: pesci volanti, con le pinne coperte di piume. Sono sacri alla dea Chicosi, dunque è necessaria l’autorizzazione di un suo sacerdote per possederne uno. Malgrado ciò, sono popolari come animali da compagnia presso la nobiltà.

Kyllu: uccelli simili a cigni, fluorescenti. Sono sacri al dio Achemay, e allevati solo all’interno del palazzo imperiale. Il loro piumaggio è usato per decorare le corone dei sovrani.

Lilque: creature con corpi simili a quelli degli esseri umani, ma con code di serpente al posto delle gambe. Servitori del dio Thumbe, vivono presso il mare, i laghi e in qualche caso i fiumi, quasi mai in corsi d’acqua più piccoli.

Duheviq: piante dalla capacità di mutare il proprio aspetto, assumendo qualsiasi forma desiderino. Originariamente questo veniva usato per catturare prede dei cui fluidi nutrirsi, ma con l’avanzare della società umana, ne hanno approfittato per integrarvisi. Un tempo servitori della dea Achesay, organizzati in tribù-foreste rigidamente isolate dagli esseri umani; solo i sacerdoti della dea potevano avvicinarli senza essere bollati come cibo. Al tempo di Choqo, mentre i più anziani vivono ancora tradizionalmente, i più giovani hanno preso a mescolarsi con le popolazioni umane, finendo spesso vittime di discriminazioni e relegati ai lavori meno nobili o remunerativi. Mantengono comunque un rigido codice di valori, di cui la fedeltà è il più alto.

Shillqui: piante in cui scorre un liquido per aspetto e consistenza simile al miele, che causa a tutto l’albero di agitarsi violentemente. Se bevuto, questo liquido dà gli stessi effetti agi esseri umani, ma è difficilissimo metterci le mani sopra. Pianta sacra a Pachtu, i suoi sacerdoti ne devono bere la linfa durante le cerimonie.

Likri: fiori simili a gigli rossi, dalle temperature bollenti, che esalano un fumo sottile. Se tuffati in acqua gelida e canditi, sono considerati ottimi per la pasticceria, ed essendo legati al fuoco, l’unico limite al coglierli è potersi permettere buoni guanti protettivi.

Sangue della Terra: erba che influenza la circolazione sanguigna, usato per diversi effetti nelle gravidanze.

Zullma: pianta le cui varie componenti hanno diversi usi; le radici sono considerate un potente lassativo.

 

Qillori: cristalli di colore azzurro chiaro, molto usati in oreficeria.

Achemairi: cristalli di colore dorato, anch’essi comuni per l’oreficeria.

 

Notte: entità primordiale da cui tutto il mondo ha avuto origine.

Achemay: dio del sole, entità più importante del pantheon Soqar.

Achesay: dea della terra.

Chicosi: dea dell’aria.

Tumbe: dio del mare, dei fiumi e dei laghi.

Sulema: dea del fuoco.

Pachtu: dio dei fulmini e della vita.

Qisna: dea della morte e delle paludi.

Supay: esseri più collegati al folklore che alla religione vera e propria, sono creature della Notte,

incaricati di torturare le anime dei peccatori che lì vengono gettate.

 

 

 

 

 

 

Ladies & Gentlemen,

chiedo scusa per il ritardo nell’aggiornamento, ci sono stati imprevisti problemi di wi-fi. Il che significa che nei prossimi giorni i capitoli usciranno a brevissime distanze, per infilare tutti quelli fino al 18 entro il 7 gennaio (per fortuna sono quasi tutti pronti).

Comunque, spero che questo vi sia piaciuto. Mi auguro che abbiate apprezzato il dialogo tra Corinna e Alasu, e sono proprio interessata alle vostre opinioni sul ‘complotto’ dei ragazzi. Quanti pensano che sia cosa buona e giusta? Quanti pensano che sia una pessima idea?

Di nuovo, grazie a tutti i lettori, e ai recensori in particolar modo!

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Capitolo 15
*** Dove si esplicano le conseguenze di tali azioni ***


                      CAPITOLO 14

DOVE  SI  ESPLICANO  LE  CONSEGUENZE  DI  TALI  AZIONI

 

 

 

 

Per una volta, Choqo avrebbe tanto, tanto voluto che l’opinione di Simay venisse ascoltata.

 Certo, Corinna aveva ragione: un conto era sentire che qualche regnante commetteva atrocità per mantenere il proprio potere, che poteva causare per lo più un’indignazione moralista; tutt’altro era guardare in faccia le vittime, vedere la loro sofferenza. Probabilmente, se si fosse trovata nei panni dell’allora schiava, anche lei avrebbe premuto per una ritorsione – o per una giustizia, come sarebbe stata definita nel contesto.

 Ma lei era solo un’osservatrice di quella vicenda; e in quanto tale, poteva rendersi conto della vastità della fesseria che quei ragazzi stavano combinando. Sapeva che le conseguenze più estreme erano state prevenute: Llyra aveva portato a termine quella gravidanza con successo, abbastanza successo perché anni dopo la giovane Cusi fosse stata in grado di creare un focolaio di ribellione abbastanza importante da essere brevemente menzionato nei libri di storia. Ma allora, quali erano state le vere conseguenze del gesto dei due futuri Imperatori?

 Decise che i diari di Chica sarebbero stati la fonte più affidabile per scoprirlo.

 

 

 

                                                               Dal diario di Chica Guchanii

 

                               18  Achesudi 1592

 

 

Sto scrivendo a un’ora molto più tarda rispetto al mio solito: se avessi iniziato prima, avrei scritto con tanta furia che avrei rovinato le pagine. Mai, mai avrei potuto immaginare un simile affronto verso la mia signora! Cosa sta succedendo a questo mondo, perché la devozione verso il sangue degli dei sia così scarsa? No, mi devo chetare – ho aspettato apposta per non rovinare queste povere pagine!

 Ho già scritto come di questi giorni io sia sempre in allerta per una convocazione della mia signora; dunque, nel momento in cui un’ancella è effettivamente giunta a richiedere la mia presenza, non ho perso tempo ad affrettarmi verso le stanze della mia sovrana. L’ho trovata al tavolo da toeletta, china su alcuni documenti. Mi ha detto che in un attimo sarebbe stata a mia disposizione, e infatti, dopo breve ha messo i fogli da parte (erano alcune carte relative alla fusione di due villaggi in un’unica città, nella provincia di Alaya; voleva approfittare dell’attesa per completare il lavoro, e aveva impiegato più tempo del previsto).

 Mi ha spiegato che la Somma Sacerdotessa di Qisna le aveva inviato una giovane novizia, quel giorno, per dirle che la Datrice di Morte da lei assoldata doveva comunicarle notizie estremamente importanti. E questo mi ha subito allarmata. Quella ragazza non è riuscita nella contaminazione, altrimenti l’avrebbe detto immediatamente; e in un simile frangente, una notizia estremamente importante può solo essere negativa.

 Llyra era del mio stesso parere, anche se è riuscita a mantenersi molto più calma di me; mi ha però confessato che sperava potessi fungerle anche da supporto, ed era uno dei motivi per cui mi aveva fatta chiamare, oltre che perché riteneva avessi il diritto di essere informata quanto lei sulla faccenda.

 La ragazza è arrivata poco dopo, ponendo fine alla nostra attesa. E cosa non ci ha rivelato!

 Alasu ha tradito la nostra fiducia, rivelando a Corinna dell’infertilità causata tra le sgualdrine di Manco; non posso negare di esserne sconvolta e delusa, l’ho sempre vista come una giovane riservata e affidabile, che potesse comprendere la sua posizione e i suoi doveri verso la mia signora. Raccontare di un incarico così delicato e compromettente alla prima schiava che glielo chiede! Inizio onestamente a dubitare che ciò che avviene nell’harem sia così segreto come abbiamo sempre pensato.

 Ma ciò impallidisce in confronto a quel che quell’ingrata schiava ha deciso di fare con le informazioni di cui era entrata in possesso: ha deciso di inventarsi una ‘giustizia’ per cui lei avrebbe il diritto di giudicare le azioni della mia signora, e assegnarle una punizione. Che intende compiere! E ha trascinato in questa follia anche il bastardo.

 La Datrice di Morte ha finto di assecondare il piano, anzi l’ha incoraggiato, al fine di consegnarci una base su cui eventualmente fondare un’accusa contro il ragazzo e la sua stolta alleata. Di nuovo, credo che questa ragazza si stia prendendo un po’ troppe libertà; ma devo riconoscere la sua presenza di spirito.

 La mia signora è riuscita a rimanere completamente imperturbabile durante questo scambio, per poi lasciarsi sfuggire solo un lieve sorriso verso la fine. Ha lodato anche lei la devozione della Datrice di Morte, ma ha immediatamente sottolineato qualcosa cui nessuna di noi aveva pensato: se lei accusasse il ragazzo di aver sostituito la sua medicina, il bastardo potrebbe semplicemente dichiarare di aver agito per giustizia, e denunciare le operazioni svolte nell’harem. Ciò gli attirerebbe qualche simpatia dalla folla (è sempre un giovane novizio che si impegna nell’impedire un sacrilegio); ma soprattutto agiterebbe le famiglie delle concubine, che si affretterebbero ad appoggiare simili voci, screditando la mia signora presso il suo sposo qualora dovesse tornare da Yrchlle.

 Per metterle a tacere, bisognerebbe interrogare il ragazzo sulle cause della sua convinzione, e se lui facesse il nome della figlia del farmacista, l’attenzione si concentrerebbe su di lei: se noi riuscissimo a farla riconoscere come una bugiarda, il popolo vedrebbe lei come un’infingarda, ma avrebbe compassione per l’ingenuo novizio, che nella sua devozione e nella sua determinazione a non permettere che alcun sacrilegio vada impunito, combinate con un’inesperienza intrinseca alla sua età, ha quasi commesso un tragico errore nell’ascoltarla. Tutto ciò che riusciremmo a fare se cercassimo di condannare il bastardo, dunque, è di far accusare la figlia del farmacista, fornendo invece a lui una simpatia popolare di cui davvero non ha bisogno. Far cacciare Alasu e suo padre non vale la pena di un rischio simile, perché sarebbe sufficiente dire che i loro servigi non sono più all’altezza delle nostra aspettative, e nominare un nuovo farmacista imperiale.

 Povera Qillalla: difficile dimenticare la sua espressione nel veder smontato così rapidamente il piano che sperava avrebbe aiutato e impressionato la mia signora! Si è rassegnata a riferire, senza altri spunti personali, l’accaduto. Ed è stato un bene, perché ha compreso un dettaglio molto bizzarro.

 Ci è stato rivelato, infatti, che Pacha ha apertamente promesso il suo aiuto al bastardo, anche se con l’assicurazione che lui non avrebbe tentato un’ascesa al trono; sia io che la mia signora abbiamo pensato fosse semplice senso di responsabilità verso un novizio, invece Qillalla ha rivelato tutt’altro.

Corinna stessa li aveva incoraggiati a chiedere il suo aiuto, perché una fonte interna al palazzo le avrebbe raccontato delle inimicizie che, per ragioni ideologiche, persistono da anni tra la mia signora e il suo fratellastro, e che si esplicano in affronti di varia natura. Inimicizie della cui esistenza io ero completamente all’oscuro e, a giudicare dalla sua espressione, così era la mia signora.

 “Dunque Pacha avrebbe intenzionalmente sabotato i nostri artigiani come ritorsione nei miei confronti” ha ricapitolato. La ragazza ha assentito. “Chi ha dato alla schiava queste informazioni?”

 “Non lo so, Vostra Altezza. La ragazza si è ostinata a non dirlo, e ha sottolineato che anche questa persona stava riportando un sentito dire”

 “Mi interessa solo il nome di questa persona: eventuali indagini su altri diffamatori partiranno da lei. Pensi di essere in grado di rivelarmelo?”

 “Farò tutto ciò che comandate, mia signora”

 Non ha informato la ragazza della falsità di queste voci; una precauzione di sicurezza? O forse vi è un fondo di verità? Sono abbastanza certa che in tal caso l’avrei saputo, e se le lotte per il potere in vista delle quali sono stati cresciuti non hanno reso Llyra e Pacha fratelli affettuosi come avrebbero potuto esserlo due popolani, non hanno mai avuto altro che cortesia e rispetto l’uno verso l’altra. Lo stesso Pacha si è riferito all’incidente delle scorte come a una svista, anche in un contesto in cui avrebbe potuto parlare liberamente. Dunque, chi e perché ha diffuso queste bugie?

 Questi pensieri mi hanno costretta a faticare nel mantenere l’attenzione mentre la Datrice di Morte concludeva il suo rapporto. Pacha non è stato messo al corrente del piano di avvelenare la mia signora: quei ragazzi vogliono fornirgli una protezione. In compenso, lui ha promesso di discutere con la mia signora a proposito della vita del ragazzo.

 “E’ vero che il mio fratellastro mi ha richiesto un’udienza per domani” ha considerato lei. “Quando hai detto che verrà effettuata la sostituzione della medicina?”

 “Fra tre giorni, così da far sostituire anche le medicine che potrebbero finire destinate all’harem”

 “Tre giorni. Mi sembra il caso di avvertirti: tra quattro giorni, Pacha perderà la sua carica. Preparati a reagire adeguatamente al vedere il ragazzo perdere un’importante figura di riferimento, dotata di influenza su di lui e forti possibilità di mantenerlo fedele ai suoi ideali”

 La ragazza ha sgranato gli occhi per la sorpresa in maniera quasi comica, ma a parte questo, non ha fatto domande sui modi o sui motivi: una saggia mossa, la confusione che dovrà simulare davanti ai cospiratori sembrerà più genuina. Immagino che nessuno l’abbia mai coinolta così a fondo nelle operazioni per cui è necessario il suo appoggio, e che di conseguenza abbia una scarsa consapevolezza dei legami tra corona e Templi, o non sarebbe stata così sorpresa. No, io mi chiedevo piuttosto quale sarebbe stata, tra le possibili, la punizione di Pacha. La Datrice di Morte è stata congedata poco dopo, con lodi per la sua abilità nel guadagnarsi la fiducia del bastardo e della sua alleata, e io e Llyra abbiamo potuto conferire in privato.

“Pacha non può essere tenuto a stretto contatto con Simay” è stata la prima cosa che ha detto, iniziando a dare spiegazioni ai miei dubbi in proposito.

 Innanzitutto, il Sommo Sacerdote di Achesay è a conoscenza dell’ascendenza del ragazzo, e questa deve restare un segreto a quante più persone possibili; in più, sta attivamente prendendo le sue difese, ed è stato già deciso che Simay di Dumaya debba morire. Certo, Pacha progetta di assecondare i desideri del ragazzo di rimanere un semplice sacerdote, lontano dal trono, ma questa potrebbe benissimo essere una menzogna. Se il ragazzo diventasse Imperatore, Pacha avrebbe un’influenza diretta su di lui, acquisendo così un potere molto maggiore al suo attuale senza i rischi e le responsabilità che ne derivano. Non è questa la posizione più desiderabile per un uomo? L’ascesa al trono del bastardo andrebbe tutta a suo vantaggio.

 Ma anche se le sue intenzioni fossero davvero quelle di un rispettabile capo religioso che non desidera altro che il benessere dei suoi devoti sottoposti, rimane qualcuno che ha la conoscenza e il potere necessari per proteggere Simay, essendo peraltro amato dalla popolazione: non sarebbe uno sforzo, per lui, far raggiungere una simile popolarità anche al ragazzo, rendendolo dunque un bersaglio più difficile da colpire. In parole semplici, è una persona scomoda da avere attorno, e difficile da rimuovere senza una ragione molto valida … che quegli stolti ragazzi ci hanno generosamente fornito.

 Io non potrei mai dire di essere un’esperta di manovre politiche; ma persino io posso rendermi conto che se una qualsiasi istituzione inviasse a qualcuno un veleno, o una sostanza dannosa, sarebbe il suo capo a risponderne, a meno che non venga individuato un singolo responsabile. Le informazioni rivelateci da Qillalla aprono dunque la strada a due possibilità: o Pacha sceglie di proteggere il ragazzo, non denunciandolo, e viene punito lui stesso – data la sua posizione e la gravità del fatto, l’esilio sarebbe la punizione più lieve che gli si prospetta -; oppure lo denuncia, e questo ci permette di risolvere il problema da lui posto in modo assolutamente legale (e in tal caso, credo che la mia signora insisterebbe per fargli infliggere la pena capitale).

 Per quanto io sia felice e sollevata di una simile risoluzione, non posso non essere alquanto sconvolta da una simile ingenuità da parte di quei ragazzi! La mia sorpresa era tanto palese che ha fatto ridere la mia signora. Lei sostiene che io stia dando loro troppo credito: stiamo parlando di una straniera che viene da chissà quale tribù sperduta tra le montagne e non sembra avere idea di cosa sia un’organizzazione politica, e di un ragazzo cresciuto in un ambiente protetto da Etahuepa, una delle persone più inflessibili sulla correttezza che si siano mai viste in questa corte, e sua moglie, che, dice Llyra, probabilmente inorridirebbe all’idea di insegnare ai suoi figli che al mondo esiste qualcosa o qualcuno che non ha i loro migliori interessi a mente. E Qillalla, che non solo conosce solo ciò che è utile al suo mestiere, ma lavora per noi. Sì, devo esser stata proprio comica nel mio stupore!

 Ed è stata una fortuna, perché poi la mente della mia signora è tornata a ciò che avrebbe rischiato se non fosse stata avvertita per tempo. La radice di zullma! E pensavano che sarebbe stato solo uno scherzo!

 Questa è onestamente molto meno comprensibile rispetto all’incapacità di realizzare il disastro che stanno preparando per il Sommo Sacerdote di Achesay. Il ragazzo sarebbe perdonato, non fosse che è un sacerdote e dovrebbe studiare bene le erbe; Qillalla immagino lo sappia e sia rimasta zitta di proposito, visto che una come lei deve sapere come sbarazzarsi di eventuali inconvenienti del mestiere; e infine Corinna è in età da marito, anche in qualsiasi strano luogo da cui provenga, avrà avuto una madre che le avrà insegnato le virtù e i pericoli delle erbe! Che quelle radici abbiano effetti lassativi è ben noto, sono talmente menzionate nelle commedie comiche di basso livello che anche i più ignoranti ne sono a conoscenza; ma proprio per l’effetto della commedia, queste rappresentazioni glissano sugli effetti che una dose eccessiva può provocare alla digestione: danni così estesi da provocare emorragie interne. Mi vengono i brividi a immaginare una condizione simile nel corso di una gravidanza!

 Se avesse bevuto quella pozione, la mia signora non l’avrebbe portata a termine, ammesso che fosse sopravvissuta. Più ci penso, e più mi infurio contro quei due sciagurati ignoranti! Come si può essere così stupidi da rischiare di uccidere qualcuno per uno stupido scherzo? Specie se quella persona appartiene alla dinastia imperiale! Mi … mi mancano le parole, e di nuovo sto rischiando di bucare la pagina. Se solo la stupidità in sé potesse essere un crimine degno della condanna a morte, prima che i suoi effetti abbiano modo di fare il danno necessario!

 Anche la mia signora … è sempre così calma e composta, ma raramente l’ho vista così furiosa come mentre rifletteva su quanto, esattamente, abbia rischiato. Ho dovuto dirle io di calmarsi, per il benessere del suo bambino! Ma non è difficile comprenderla. Io stessa faticavo a stare calma, e se l’ho fatto, è stato solo per essere di aiuto a lei.

 Quel che è certo, è che al ragazzo ora non può davvero essere permesso di vivere. Se prima il nostro progetto era di contaminarlo, di modo che, seppur esiliato e cacciato dalla comunità umana, potesse continuare a vivere, ora la mia signora non desidera altro che la sua morte. Semplicemente, quel ragazzo è troppo stupido per non rappresentare un pericolo costante solo esistendo; possiamo solo sperare che una simile ignoranza e ingenuità siano anche la sua disfatta.

 Potremmo anche licenziare la Datrice di Morte, il suo tipo di servigi non è più quello richiesto; ma si è dimostrata abile e piena di spirito di iniziativa, è già riuscita a guadagnarsi in qualche misura la fiducia del bastardo, e sarebbe uno spreco mandar via una persona simile per affidarci a un estraneo, magari anche meno competente. Semplicemente, alla prima occasione, le sarà detto che la natura del suo compito è cambiata.

 La presenza di Pacha potrebbe complicare la situazione, certo; ma l’alternativa che ci si presenta è che abbiamo motivo di far esiliare lui o di far condannare il ragazzo secondo ogni legge. La seconda opportunità sarebbe preferibile, ci eviterebbe di perdere molto tempo, ma anche se dovesse verificarsi la prima, possiamo confidare che Waray o chi dovesse essere eletto come nuovo Sommo Sacerdote non sarebbe una protezione altrettanto efficace.

 Sì, oggi mi sono agitata e infuriata, ma sto iniziando davvero a pensare – e la mia signora con me – che questa problematica faccenda sarà presto risolta.

                                

                                 19  Achesudi 1592

 

Questa giornata è stata molto più pacifica della precedente, per fortuna.

 Alla colazione, mio marito ha insistito per sapere dove fossi andata la sera prima, e perché fossi tornata in simile stato di agitazione; alla prima domanda ho potuto rispondere onestamente, non alla seconda. Mi è parso diffidente, ma non me ne preoccupo: se anche avesse dei dubbi sulla mia fedeltà, non avrebbe che da chiedere conto dei miei movimenti alla servitù di palazzo.

 E a proposito di quella classe di persone: quanto autocontrollo mi ci è voluto per non prendere a schiaffi quella maledetta Corinna proprio lì davanti a tutti! Stava facendo un pessimo lavoro nel celare la sua soddisfazione. Potevo ordinarle qualunque cosa, e sarebbe andata a farlo con quell’andatura impettita e con quel sorriso gongolante! E la sua espressione di trionfo, quando abbiamo visto il Sommo Sacerdote Pacha farsi strada verso la sala delle udienze della mia signora! Cosa crede, di aver amministrato della giustizia? Di aver assegnato la debita punizione a una sacrilega? Un verme della terra di padre ignoto come lei, aggrappato alla convinzione di potersi elevare al di sopra del sangue degli dei!

 E’ un essere miserabile, e come tutti gli esseri miserabili, abbandonerebbe qualsiasi ragione pur di sentire di avere un minimo di importanza. Naturalmente la nostra preoccupazione principale è liberarci di Simay, ma dovremo pensare a come liberarci di lei: una schiava arrogante e infedele è una delle piaghe più micidiali e insieme più trascurate che possano capitare a qualcuno.

 Certo, non riesco a vedere come potremo coinvolgerla nell’accusa a Simay di aver sostituito le medicine, dunque la sua condanna non sarà ufficiale, ma sono sicura che la mia signora avrà già studiato un modo. Non sarà difficile, visto come questa ragazza dimentica il suo posto, e che la sua vita è in mano nostra.

 Dopo tutta una mattinata di disposizioni domestiche e un pomeriggio ‘rilassante’ con quell’essere ignobile sempre davanti agli occhi, la convocazione della mia signora è stata un sollievo. Mi ha fatta chiamare subito dopo che Pacha ha ripreso la sua strada verso il Tempio, così ho potuto assisterla nel riordinare i pensieri.

 Il Sacerdote è stato incredibilmente diretto, approfittando che quella fosse stata un’udienza privata: le ha esplicitamente detto di non toccare un ragazzo consacrato alla sua dea. Certo, ha abbellito il suo discorso con la diplomazia: essere una regnante saggia e compassionevole, rispettosa degli dei, fiduciosa che chiunque ascenda al trono sarà colui che è stato prescelto da Achemay. L’unica cosa che non ha rivelato è stato come facessero lui e il ragazzo a sapere di cosa stiamo meditando per lui, accennando a una molto vaga ‘fonte affidabile’. La mia signora ha ammesso di essersi molto divertita a chiedergli se e come questa fonte affidabile fosse più veritiera della discendente del Sole.

 Non sembrava, in effetti, preoccupata: in parte perché sa già che uno tra Pacha e Simay andrà incontro a un inglorioso destino entro pochi giorno, ma anche per la natura delle argomentazioni. Agli occhi di un popolano potrà certo apparire che il dio supremo abbia un disegno che gli uomini sono troppo stolti per comprendere, e che riguarda fin dal principio chi salirà al trono, ma tutta la nobiltà sa fin troppo bene che non è altro che la lotta interna delle madri dei figli dell’Imperatore e delle loro nobili famiglie – qualora ve ne siano – che determina chi salirà al trono. Ed è solo in quel momento preciso che il vincitore sarà davvero chi è investito del potere del Sole in terra: Achemay non consegna il suo potere, ma premia chi è riuscito a conquistarlo. Sembra quasi assurdo che Pacha abbia usato un’argomentazione così debole: sa benissimo anche lui come funzionano le lotte per la successione!

 (Incidentalmente, quella relativa a sua madre e al rifiuto di lui di salire al trono è l’unica parte della storia riportata da Corinna che corrisponda a verità; forse chi ha creato il pettegolezzo l’ha pesantemente storpiata, intenzionalmente o per fraintendimento).

 Questo discorso non avrebbe avuto la minima speranza di distogliere la mia signora dai suoi propositi, anche se fosse arrivato di sorpresa e non avessimo avuto una contromossa pronta. Naturalmente, questa non è stata l’impressione che è stata data a Pacha: Llyra è rimasta assolutamente impassibile sia alle sue accuse che alle sue raccomandazioni, e gli ha dato una serie di risposte che, francamente, potrebbero significare qualunque cosa. Il Sommo Sacerdote si sarà ben accorto di questa vaghezza, ma proprio in virtù di questa, non saprà cosa aspettarsi, e in virtù della posizione della mia signora, non potrà essere troppo insistente nella sua richiesta di chiarimenti.

 Povero Pacha! Tutta la scaltrezza politica che aveva, l’ha impiegata per non salire al trono. Di nuovo, spero davvero che la sua lealtà al ragazzo non si estenda al punto da spingerlo a sacrificarsi per lui. E’ un brav’uomo che ha sempre saputo solo come servire gli dei, e quello ha fatto: mi dispiacerebbe vederlo esiliato.

 Ma a proposito del ragazzo, immaginiamo che tutto questo gli verrà prontamente riferito; questo influenzerà la sua decisione di sostituire la medicina? Si sentirà minacciato? Spererà di ingraziarsi noi rinunciando al suo proposito, o di attirarci in trappola facendoci fare accuse infondate, rinunciando al sabotaggio all’ultimo momento? O sarà spinto a parlarne con Pacha?

 Mi pare di aver capito che quell’azione sarà intrapresa a prescindere dai risultati del colloquio, ma non si può mai essere davvero sicuri; in caso di cambiamenti di programma, però, confido che Qillalla ci avvertirebbe di nuovo.

 Sempre riflettendo sulla medicina, Llyra mi ha chiesto di procurarle scorte di sangue della Terra di provenienza sicura, da una qualche farmacia di città: sarà di qualità inferiore, ma almeno sarà sangue della Terra! Sarà difficile da spiegare a mio marito la spesa improvvisa, temo che dovrò inventarmi qualcosa di un po’ ingarbugliato.

 Ora però voglio solo dormire: sono state due giornate molto stancanti. Ho ancora due giorni di tempo per procurarmi quell’erba.

 

                                 20 Achesudi 1592

 

E’ da non credere cosa mi sia dovuta inventare per mettere le mani su quel sangue della Terra!

 Anzitutto, ho concluso che non ci sarebbe stato modo di nascondere a mio marito anche la mancanza di quella poca farina da portare al farmacista in cambio delle erbe: anche dopo tanti anni che tengo i conti di casa, insiste sempre per una supervisione finale. Dunque oggi ho chiesto in prestito a Tabllay un vecchio balocco che suo figlio non usa più, e solo a quel punto ho mandato la mia ancella più fidata a comprare il sangue della Terra. Quando, a fine giornata, mio marito ha inquisito sulla destinazione della farina, gli ho detto che avevo voluto comprare un regalo a Thumbei, che oggi ha imparato così bene la lezione di storia.

 Pensare che Baquis ha persino voluto interrogarlo, per accertarsi che i soldi fossero stati ben spesi! E qui Thumbei mi ha portato un aiuto insperato, perché, anziché dirgli la lezione di questa settimana – su cui in effetti aveva ancora delle incertezze- gli ha riferito quella della settimana scorsa, memorizzata molto meglio, pur di mantenere il suo giocattolo. E mio marito ha pagato il prezzo di non seguire mai l’educazione di suo figlio.

 Mi rendo conto che questa non è propriamente parte dell’educazione di un onesto cittadino dell’Impero, e temo di averlo solo incoraggiato non rimproverandolo; ma dato il mio stesso inganno, ogni rimprovero suonerebbe ipocrita da parte mia. E temo che l’apprezzamento che sta dimostrando per il balocco sia segno del fatto che non dimenticherà facilmente questa lezione.

 Povera me! Questa mattinata avevo pensato che le mie azioni somigliavano a quelle che facevo da bambina, per provare assieme a Llyra cosmetici che le nostre madri giustamente non ci permettevano di utilizzare, ma allora non avevo la complicazione di trasmettere una cattiva educazione a qualcuno!

Comunque sia, ho l’erba, non ho preso a schiaffi Corinna – mi inquieta un poco come stia diventando una tentazione cui resistere – e ho eluso le domande di mio marito. La mia signora oggi non mi ha convocata, e le faccende domestiche regolari sono procedute senza intoppi. Quanto sembra vuota questa giornata, dopo le due precedenti!

 

             

                                  21 Achesudi 1592

 

Una giornata dominata interamente dal senso di attesa.

 Domani avverrà lo scambio, e tutto quello che ne conseguirà. Intanto sono riuscita a far portare da un’ancella le erbe giuste alla mia signora, così le sue cure procederanno senza intoppi. Mio marito non ha visto motivo di indagare ulteriormente nella mia amministrazione; il precettore ha detto che Thumbei sta facendo buoni progressi nell’aritmetica, ma davvero non vuole impegnarsi a memorizzare le sue poesie. Non appena sarò un po’ più concentrata io stessa gli farò un discorso sull’importanza della letteratura per definirci come popolo.

 Ma oggi ho la testa già a domani! Neppure nel pomeriggio, quando sono andata ai giardini imperiali per distrarmi, sono davvero riuscita ad avere interesse per la conversazione. La mia signora non si è fatta vedere per tutto il giorno: immagino che la sua tensione sarà simile, se non peggiore.

 E io non riesco neppure a scrivere! Lascio perdere, per questa sera; immagino che domani avrò fin troppo di cui rendere conto.

 

                                   22 Achesudi 1592

 

Ho molte meno idee su cosa scrivere di quel che mi aspettavo ieri, per la molto semplice ragione che non ho idea di cosa stia succedendo.

 Ciò che di questo dì mi ha logorato i nervi, è quanto normale sia stato. Per tutta la mattinata e il pomeriggio, non c’è stata alcuna differenza con ieri! Se non che è stato il giorno delle consegne, certo. Gli artigiani erano tranquilli: nessun Tempio ha giocato loro alcun brutto scherzo. Grazie a tutti gli dei, ciò ha significato che non è risuonato alcun linguaggio imbarazzante nel bel mezzo della conversazione.

 Dylla ha ripreso spesse volte Corinna perché era anche più distratta e svogliata del solito: sapendo io benissimo il motivo di ciò, ho internamente molto approvato quando all’intrigante è arrivato qualche schiaffo.

 Ma queste sono state sono momentanee interruzioni a un’agonizzante attesa che si è protratta per tutta la giornata. L’interruzione definitiva che attendevo è arrivata proprio nel bel mezzo del pasto serale, sotto forma di uno schiavo di palazzo che convocava non me, ma mio marito. Come suo solito, Baquis si è alzato ed è uscito subito senza dire nulla, e lo schiavo non ha fatto in tempo a dare spiegazioni, neppure lui. Le schiave e Thumbei hanno guardato me per spiegazioni, che io non sono stata in grado di dare.

 E dunque eccomi qui, a scrivere, senza sapere se Llyra abbia già formalmente accusato il Tempio della Terra, chi abbia risposto delle accuse, e quali siano state le conseguenze. La vera risposta alle mie domande è rimandata di nuovo, a domani – e voglio ben sperare che ci sia!

 

                            23 Achesudi 1592

 

Sì, finalmente il futuro mi mostra qualche certezza.

 Per compensare al mio mancato coinvolgimento ieri sera, la mia signora ha richiesto la mia presenza di prima mattina, e mi ha immediatamente aggiornata sugli sviluppi della situazione.

“Ho mosso un’accusa formale al Tempio della Terra nel primo pomeriggio” ha spiegato. “Naturalmente, sono stata bene attenta a specificare la natura dell’ ‘errore’, e le sue possibili conseguenze sulla mia salute e quella del figlio che porto in grembo. Ho anche preparato una spiegazione su come io abbia potuto rendermene conto. E insieme all’accusa, ho inviato l’ordine che Pacha si presentasse immediatamente a rendere conto del rischiato avvelenamento, prima che avesse modo di confrontarsi con il ragazzo e decidere con lui il corso d’azione”

 Una mossa senz’altro brillante, anche perché, come Llyra ha aggiunto, avrebbe colto Pacha alla sprovvista, gli avrebbe messo pressione e l’avrebbe costretto a prendere decisioni in fretta. E la fretta, è risaputo, è una ben misera consigliera.

 Difatti la reazione del Sacerdote è rientrata perfettamente in una di quelle da noi previste: ha ammesso la responsabilità come propria, e ha chiesto perdono, dichiarandosi disposto ad accettare qualsiasi pena la mia signora ritenesse giusto assegnargli. Non ha fatto il nome del bastardo, né l’ha implicato in qualsiasi modo: ha dichiarato di aver supervisionato alla preparazione delle scorte per gli artigiani, ma che evidentemente i suoi anni gli hanno giocato un brutto tiro, facendogli commettere un errore dalle conseguenze catastrofiche. La mia signora, come era nei piani, gli ha imposto l’esilio.

 In privato, con me, ha potuto ammettere che quella è stata una decisione rischiosa: Pacha è davvero stato abile a enfatizzare l’immagine di uomo onesto e benintenzionato, ma afflitto dai mali della vecchiaia che iniziano a comparire, e imporgli una pena simile per qualcosa che non era sua intenzione ha fatto apparire Llyra tanto dura da essere quasi crudele. Lei ha dovuto impegnarsi, davanti alla corte, a enfatizzare il proprio ruolo di madre del futuro Imperatore, e su come, data l’assenza di una sorella di Quisquis che possa salire al trono assieme a lui, non possa permettere ‘sviste’ che danneggino a tal modo la sua gravidanza.

 I dignitari hanno visto a confronto un uomo che si approssima alla senilità che ha involontariamente commesso un errore potenzialmente tragico, e una donna incinta pronta a tutto per difendere suo figlio, come ogni madre dovrebbe fare. Il popolo riceverà la stessa versione, e paradossalmente nessuno dei due soffrirà di gravi perdite in popolarità. Questo non importa- lo scopo era di allontanare Pacha, e con meno danni possibili per l’immagine della mia signora. Se la gente continua a ricordarlo bene, tanto meglio per lui.

A questo punto siamo state interrotte da un attendente del Tempio di Achesay, giunto a portare la medicina corretta, con la garanzia che è stata controllata dai sacerdoti delle cariche più alte. Llyra ha ringraziato e accettato.

 “Sarà il primo di una lunga serie” ha commentato, quando l’uomo è partito per dove era giunto. “La condanna di Pacha è avvenuta soltanto ieri sera. Quell’uomo deve ancora abbandonare ufficialmente la sua carica e fare i preparativi per la sua partenza. Ad appoggiarlo in questo sarà la sua famiglia materna … sono sicura che quando mio marito tornerà, insisteranno perché la condanna da me emessa sia rievocata”

 “Non ci riusciranno, mia signora?”

 “No, affatto. Nei prossimi giorni dovremo preoccuparci solo di curare le formalità, e di sorvegliare le mosse di un ragazzo ormai privo di protezioni importanti”

 Aveva ragione. La cerimonia con cui Pacha ha abdicato alla sua carica si è svolta nel primo pomeriggio; mio marito è stato chiamato ad attendervi e io l’ho accompagnato insieme a Thumbei. Il mio disgraziato cugino sembrava davvero invecchiato, mentre pronunciava la formula, abbandonava il mantello della sua carica e ne prendeva uno ben più modesto, adatto a un esule.

 Tuttavia, è rimasto serio e composto per tutto il tempo, senza piegare il capo in alcun momento. Tra la folla, non ho visto sguardi di riprovazione, solo tristezza, e qualche frase sussurrata di compassione.

 Ben diversa è stata l’espressione del bastardo stesso. Pareva semplicemente sconvolto, come se qualcuno avesse condannato lui, e in diversi momenti non è riuscito a tenere lo sguardo fisso sulla cerimonia. In un paio di occasioni l’ho colto a osservare Llyra di sottecchi, con pura incredulità dipinta in volto. In altre occasioni, occhieggiava nervosamente la folla intera. Temeva forse che qualcuno, con un effetto scenico di ben poco gusto, interrompesse la cerimonia per accusare lui in vece del precedente Sommo Sacerdote? Deve essere andato a dormire con un minimo di sollievo, allora, perché naturalmente nulla del genere è successo.

 Nel frattempo, il Tempio è rimasto senza Sommo Sacerdote: quasi sicuramente la carica sarà assunta da Waray, ma immagino che ci saranno altri contendenti: la mia signora dovrà tenersi pronta a dirimere questioni tra famiglie nobiliari che si scannano come guquile per la possibilità di avere un loro membro a capo di un Tempio.

 Inoltre, il Tempio dovrà assemblare abbastanza unità tra i suoi membri per porgere delle scuse ufficiali a Llyra, e far procedere le attività di culto con la medesima efficienza di prima, per non scontentare la dea e non lasciar cadere il popolo nell’infedeltà. Ho già sentito discussioni in proposito mentre uscivo, al termine della cerimonia: nei prossimi giorni un duro lavoro aspetta tutti, sia sacerdoti già consacrati che novizi.

 Mi chiedo, che effetto avrà tutto questo sul bastardo?

 

 

 

 

 

 

 

GLOSSARIO (e qualche trivia):

Mekilo: essere simile a uno scoiattolo, solo molto più grande, con zampe molto più lunghe e la coda in fiamme. Essendo un animale legato al fuoco, non è considerato sacro a nessun dio, ma sfruttabile da tutto il genere umano. Viene usato soprattutto per trasportare merci e persone.

Occlo: bovino ricoperto di squame e con protuberanze lunghe e sottili, simili a serpenti che stanno al posto delle corna e da cui esce fuoco. Anch’esso animale legato al fuoco, ma per la sua pericolosità e la capacità di controllare i loro getti di fuoco sono quasi esclusivamente cavalcature da battaglia.

Kutluqun: capre anfibie con alghe al posto della pelliccia. Sono considerate sacre al dio Tumbe, e per questo, per allevarle o catturarne di selvatiche, è necessaria l’autorizzazione di un sacerdote di quel dio.

Lymplis: pesci volanti, con le pinne coperte di piume. Sono sacri alla dea Chicosi, dunque è necessaria l’autorizzazione di un suo sacerdote per possederne uno. Malgrado ciò, sono popolari come animali da compagnia presso la nobiltà.

Kyllu: uccelli simili a cigni, fluorescenti. Sono sacri al dio Achemay, e allevati solo all’interno del palazzo imperiale. Il loro piumaggio è usato per decorare le corone dei sovrani.

Lilque: creature con corpi simili a quelli degli esseri umani, ma con code di serpente al posto delle gambe. Servitori del dio Thumbe, vivono presso il mare, i laghi e in qualche caso i fiumi, quasi mai in corsi d’acqua più piccoli.

Duheviq: piante dalla capacità di mutare il proprio aspetto, assumendo qualsiasi forma desiderino. Originariamente questo veniva usato per catturare prede dei cui fluidi nutrirsi, ma con l’avanzare della società umana, ne hanno approfittato per integrarvisi. Un tempo servitori della dea Achesay, organizzati in tribù-foreste rigidamente isolate dagli esseri umani; solo i sacerdoti della dea potevano avvicinarli senza essere bollati come cibo. Al tempo di Choqo, mentre i più anziani vivono ancora tradizionalmente, i più giovani hanno preso a mescolarsi con le popolazioni umane, finendo spesso vittime di discriminazioni e relegati ai lavori meno nobili o remunerativi. Mantengono comunque un rigido codice di valori, di cui la fedeltà è il più alto.

Shillqui: piante in cui scorre un liquido per aspetto e consistenza simile al miele, che causa a tutto l’albero di agitarsi violentemente. Se bevuto, questo liquido dà gli stessi effetti agi esseri umani, ma è difficilissimo metterci le mani sopra. Pianta sacra a Pachtu, i suoi sacerdoti ne devono bere la linfa durante le cerimonie.

Likri: fiori simili a gigli rossi, dalle temperature bollenti, che esalano un fumo sottile. Se tuffati in acqua gelida e canditi, sono considerati ottimi per la pasticceria, ed essendo legati al fuoco, l’unico limite al coglierli è potersi permettere buoni guanti protettivi.

Sangue della Terra: erba che influenza la circolazione sanguigna, usato per diversi effetti nelle gravidanze.

Zullma: pianta le cui varie componenti hanno diversi usi; le radici sono considerate un potente lassativo.

 

Qillori: cristalli di colore azzurro chiaro, molto usati in oreficeria.

Achemairi: cristalli di colore dorato, anch’essi comuni per l’oreficeria.

 

Notte: entità primordiale da cui tutto il mondo ha avuto origine.

Achemay: dio del sole, entità più importante del pantheon Soqar.

Achesay: dea della terra.

Chicosi: dea dell’aria.

Tumbe: dio del mare, dei fiumi e dei laghi.

Sulema: dea del fuoco.

Pachtu: dio dei fulmini e della vita.

Qisna: dea della morte e delle paludi.

Supay: esseri più collegati al folklore che alla religione vera e propria, sono creature della Notte,

incaricati di torturare le anime dei peccatori che lì vengono gettate.

 

 

 

 

 

 

 

 

Ladies & Gentlemen,

prima di tutto, buon 2018 a tutti! Avete fatto buoni festeggiamenti? Siete felici? Vi siete già pesati?

Scherzi a parte, come promesso, ecco che cominciano gli aggiornamenti a record. In questo capitolo, si dimostra precisamente perché bisogna stare attenti con gli scherzi comprendenti farmaci: la vittima potrebbe far condannare all’esilio te o i tuoi datori di lavoro. Una buona morale da tenere sempre a mente nella vita! Davvero, sono curiosa di sapere le vostre impressioni su quanto accaduto finora.

Ringrazio tantissimo quelli che hanno letto, e soprattutto quelli che vorranno recensire!

 

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Capitolo 16
*** Dove si cerca di capire perchè sia stata fatta la cosa giusta ***


                                  CAPITOLO 15

DOVE  SI  CERCA  DI  CAPIRE  PERCHE’  SIA  STATA  FATTA  LA  COSA  GIUSTA

 

 

 

 

 

                                                     Dal Manoscritto di Simay

 

A quel particolare punto della mia vita, potevo considerare quello scambio di medicinali la cosa più oltraggiosa che avessi mai fatto in vita mia.

 Ero sempre stato orgoglioso della mia obbedienza agli anziani e del mio rispetto per le regole: prendere la legge nelle mie mani, senza dire niente a nessuno, sarebbe stato inconcepibile fino al giorno prima, per me … cosa avrebbero detto i miei genitori, se l’avessero saputo?

 Certo, non avevo altra scelta: Llyra era altrimenti intoccabile. Ed era necessario che venisse fatta giustizia. Anzi, io avevo avuto il coraggio di rispettare le leggi divine, anche se con un gesto minore, in una situazione in cui venivano costantemente infrante: potevo concedermi di essere un poco soddisfatto di me stesso?

 Non dovevo insuperbirmi, facevo solo il mio dovere … ma in una situazione in cui una persona più importante di me vi veniva meno.

 Questo strano guazzabuglio di timore, incredulità per le mie stesse azioni, orgoglio e senso di colpa mi agitò per tutta la mattinata e il pomeriggio, fino a sera; poi le lezioni finirono, e qualcuno, non ricordo chi, mi riferì che Pacha era stato convocato al palazzo imperiale poco prima.

 E questo perché? La convocazione doveva essere giunta da Llyra stessa, un qualsiasi altro nobile avrebbe dovuto recarsi di persona al Tempio. Aveva scoperto la sostituzione! Magari avevamo sottovalutato Alasu e suo padre, loro si erano accorti che quello non era sangue della Terra, e adesso sarebbe stato biasimato un innocente!

 Anche se per poco, certo, Pacha si sarebbe immediatamente discolpato facendo il mio nome. Era solo giusto … no, un momento. Pacha non poteva sapere che fossi stato io. Poteva trattarsi di uno qualsiasi dei sacerdoti che avevano partecipato alla distribuzione delle scorte, magari per una svista.

 E questo non avrebbe cambiato niente. Nel preciso momento in cui Pacha avrebbe chiarito di non saperne nulla, e fossero ufficialmente iniziate le indagini, io mi sarei costituito. Sì, lo sapevo che per quanto l’effetto delle erbe sostitutive fosse triviale, quello che avevo commesso era un crimine grave contro la persona sacra dell’Imperatrice. Per un reato simile la pena più lieve era l’esilio – e non sarebbe stata quella assegnata a me, Llyra non si sarebbe fatta sfuggire l’occasione per eliminarmi – ma non avevo intenzione di permettere che qualcuno prendesse il biasimo per colpa mia. Sarebbe sembrato quasi uno scherzo crudele ai danni del Sommo Sacerdote, di Qillalla e Corinna, ma dovevo fare il mio dovere, impedendo a qualcuno di pagare per i miei sbagli.

 Ridicolo! Non ero davvero capace di vedere la prospettiva della mia morte, solo l’eroismo del dovere rispettato. Avrei capito solo tempo dopo cosa significasse realizzare che qualcosa come la mia vita poteva finire da un istante all’altro. No, quel giorno non pensavo ad altro che ad essere il bravo ragazzo obbediente fino all’ultimo, speranzoso che la mia assunzione di responsabilità avrebbe attenuato la vergogna che i miei genitori avrebbero provato per me e il senso di tradimento che avrebbe provato Pacha.

 Ogni tanto, faceva capolino il pensiero che forse mi stavo completamente sbagliando sui motivi della convocazione. Del resto, pochi giorni prima il Sommo Sacerdote aveva confrontato Llyra a proposito di me, e ne aveva ricevuto in cambio risposte vaghe in una maniera frustrante. Forse era stata colta di sorpresa, si era presa un giorno di tempo per pensare, e adesso avrebbe comunicato il suo vero responso? Era una possibilità. Più che altro una tenue speranza, ma sempre una possibilità.

 L’attesa durò più a lungo del previsto, fino a notte inoltrata. Ci fu addirittura imposto di andare a dormire, prima che Pacha tornasse, e io avrei voluto fare qualunque altra cosa. Avrei dovuto ammettere alle accuse di qualcuno, denunciarmi da solo, o avrei potuto tirare un sospiro di sollievo? Quale delle tre? Non si poteva rimanere sani di mente con un dubbio del genere!

 Non chiusi occhio, e dunque fui il primo ad accorgermi del movimento improvviso. Passi affrettati, un vociare concitato dietro il nostro dormitorio. Pacha era tornato? Qual era il responso della sua convocazione? Cosa sarebbe successo?

 Waray entrò nel dormitorio, parlando a voce forte e chiara per svegliarci tutti. Dovevamo alzarci e recarci immediatamente nel cortile interno. Ecco, aveva qualcosa a che fare con la sostituzione delle medicine. Sospirai. Almeno sapevo cos’avrei dovuto fare. Adesso sarei andato lì, e quando Pacha avrebbe chiesto al colpevole di farsi avanti spontaneamente in rispetto della legge e della giustizia, avrei fatto esattamente quello.

 Il Sommo Sacerdote era ritto in piedi davanti al nostro piccolo altare. Sembrava invecchiato di dieci anni in un solo pomeriggio. L’aveva sconvolto tanto il pensiero che uno dei suoi sottoposti avesse potuto fare una cosa simile? Sperai che la situazione non sarebbe peggiorata quando sarei stato io ad ammettere il crimine.

“Vi chiedo perdono se vi ho sottratti ai vostri letti” esordì. “Ma l’annuncio che devo fare è di vitale importanza. Ho commesso un errore imperdonabile”

 Cosa? Cosa stava dicendo? Era solo un modo di dire …?

 “Può essere definito uno scherzo crudele dei miei anni, ma le conseguenze che il mio gesto avrebbe potuto avere sarebbero state troppo drammatiche per rischiare una ripetizione. Nel sopraintendere alla preparazione delle scorte da destinare agli artigiani imperiali, ho confuso due erbe: il sangue della Terra, da destinare alla nostra Imperatrice, e la radice di zullma”

 L’assemblea dei sacerdoti esplose in una cacofonia sussurrata di invocazioni alla Grande Madre, mormorii sconvolti e sconfortati, e imprecazioni. Ma cosa stava succedendo? Era normale che un semplice errore con un lassativo scatenasse una reazione simile?

 “Se Sua Altezza avesse assunto quelle radici nella misura di solito raccomandata per il sangue della Terra, le conseguenze sul suo corpo sarebbero state tanto gravi da mettere a repentaglio la sua vita, proprio mentre porta in grembo un figlio con il sangue degli dei”

Cosa?! Un errore di dosaggio … che deficiente! Come avevo potuto non rifletterci? Era uno dei principi base della medicina: il dosaggio di una sostanza può fare la differenza tra medicina e veleno. E io sapevo degli effetti lassativi di quella radice principalmente dal senso comune, perché con tutto quello che era accaduto in quei giorni, le lezioni di Waray mi erano fondamentalmente scivolate addosso, a eccezione delle pratiche di magia. Poteva aver benissimo spiegato di quell’erba, con tutti i suoi effetti collaterali, ma io non avevo ascoltato.

Dovetti sforzarmi per non ridere. Per una distrazione in classe! Per l’unico periodo della mia vita in cui avevo avuto qualcosa a distrarmi dall’essere uno studente modello! Quelle erano le conseguenze? Avevo quasi avvelenato l’Imperatrice? Mi ritrovai a pensare a quelle fiabe che si raccontavano ai bambini per far sì che si comportassero bene, con conseguenze esagerate e grottesche per le più banali infrazioni … come somigliava alla mia situazione! E adesso sarei pure morto con la meritatissima reputazione di essere uno stupido!

 No, un momento. Pacha aveva parlato di un suo errore. Aveva persino addotto la propria vecchiaia a scusa. Questo significava che si riteneva colpevole, o si stava addossando la colpa perché uno dei suoi sacerdoti non fosse punito? Allora forse avevo qualche possibilità – no, non avrei fatto nulla del genere! Dovevo farmi avanti e riconoscere la mia responsabilità.

 “Comprendo perfettamente l’entità del mio errore” proseguì lui. Io cercai di farmi strada in mezzo ai sacerdoti, arrancai fino alla prima fila, proprio davanti lui, aprii bocca per accusarmi …

 “E me ne assumo piena responsabilità”

 Mi fulminò con lo sguardo, con quelle ultime parole. O almeno, fu così che interpretai la sua espressione. Sarebbe ben bizzarro sapere che era uno sguardo di sfuggita, con le conseguenze che le mie impressioni hanno avuto.

 Nella fattispecie, mi zittii. Cosa intendeva fare? Assumersi la responsabilità, la punizione di Llyra, anche se sapeva bene che io ero il colpevole? Ma non poteva farlo! Non avrebbe avuto senso! Era illegale, e ingiusto! Io avevo commesso il crimine, io dovevo pagare, quale che fosse il prezzo! La sua promessa di aiutarmi e proteggermi non poteva estendersi fino a quel punto, anche perché io l’avevo ingannato! Provai a parlare di nuovo, ma lui mi prevenne, continuando imperterrito nel suo discorso.

 “Non mi può essere concesso di perseverare in errori simili. Io non posso permettermi di perseverare in errori simili. Non posso più essere una guida per voi, o anche solo un degno servo della Grande Madre. Domani scenderò dalla carica che ricopro sopra di voi, e partirò per l’esilio che mi è stato assegnato in punizione. Posso solo chiedervi umilmente il mio perdono per l’onta che la mia stoltezza ha arrecato al Tempio”

 Era la mia ultima occasione. Dovevo parlare, dovevo impedire tutto questo … di nuovo Pacha mi fissò di sottecchi, e poi fece un lieve cenno con la mano. Di stare calmo, di tacere.

 Davvero voleva arrivare a tanto per proteggermi? Non potevo permettere che lo facesse … ma lui me l’aveva ordinato, sarei dovuto andare contro la sua volontà. Cosa dovevo fare? A chi dovevo obbedire?

 Waray mi ordinò di tornare con gli altri novizi nel dormitorio, e lo feci meccanicamente, senza badare a quello che stavo facendo o al chiacchiericcio degli altri novizi. Certo, ogni passo che facevo mi portava più lontano dalla possibilità di cambiare tutto, spiegare cosa fosse successo davvero, ma era davvero la cosa migliore da fare? Pacha sembrava aver capito tutto in qualche modo, e non voleva che mi denunciassi. E allora?

 Crollai sulla mia stuoia. Osservando la situazione da un punto di vista distaccato, cosa era meglio?

 La morte di una persona fondamentalmente inutile, visto che non ero ancora un vero e proprio sacerdote? Avrebbe portato un notevole imbarazzo alla mia famiglia di adozione. Non abbastanza da far perdere a mio padre la carica che deteneva, ma di sicuro non avrebbe più avuto il prestigio e la rispettabilità di prima. Era stato lui ad allevarmi, del resto; e questo come si sarebbe riflettuto sulla mia sorellina? Potevo pensarci prima di finire invischiato in quel folle complotto punitivo!

 Dall’altra parte, c’era l’esilio di Pacha. Sarebbe significato allontanare una guida saggia e amata dalla popolazione e dagli altri Sacerdoti, aprire la strada a lotte tra le famiglie per accaparrarsi la posizione vacante, impedire a un devoto servo di Achesay di continuare a onorarla, allontanare da Tahuantinsuyu una delle poche persone che sapevano dell’Incendiario …

L’Incendiario.

 Quali erano state le parole di Pacha, quando ci aveva raccontato dell’incarnazione di Sulema? Scoppiavano dei disordini, e prima, o durante essi, le persone di autorità che avrebbero potuto fare qualcosa venivano colpite da accuse infamanti che ne causavano la condanna, o l’esilio. Pacha era un membro della famiglia imperiale, una persona rispettata sia dal clero che dai laici, la sua voce sarebbe senz’altro stata ascoltata in tempi di crisi. Quello che stava succedendo pareva esattamente la situazione da lui descritta.

 Ma tutto quel disastro era stato colpa mia! L’accusa era stata mossa perché io avevo sostituito quelle maledette medicine senza sapere degli effetti collaterali, e Pacha si era assunto la responsabilità dell’errore in quanto capo del Tempio! A meno che io non fossi l’Incendiario senza saperlo, non vedevo proprio come fosse stato possibile un intervento di quell’essere.

 Ma l’idea di sostituire il sangue della Terra non era stata mia. Mi era stata suggerita da una persona che me l’aveva presentata come una forma di sfida in nome della giustizia per un reato che la stessa persona aveva riferito fosse stato commesso – senza altri testimoni. E questa persona era anche la stessa che aveva avanzato l’idea di coinvolgere Pacha nei miei problemi, per via di un pettegolezzo che, di nuovo, sembrava essere l’unica ad aver sentito. E di nuovo, quella persona era la stessa che mi aveva rivelato le mie origini e aveva offerto il proprio aiuto, apparentemente per una straordinaria bontà del proprio cuore. Una persona che si era così stranamente coinvolta in tutta la concatenazione di eventi che aveva portato all’esilio di Pacha, e che per giunta sembrava essere arrivata così dal nulla, senza un luogo di origine specificato o una famiglia, proprio nel momento in cui io, che sarei stato la perfetta causa per una guerra civile per l’ascesa al trono, arrivavo ad Alcanta.

 Non avevo mai seriamente riflettuto su tutte le stranezze che circondavano Corinna, pensando che se non voleva raccontarmi del proprio passato, erano ben affari suoi; così come la sua strana generosità, a dispetto dell’atteggiamento superbo e scorbutico. E pensare che mi ero creduto tanto fortunato ad avere una persona come lei dalla mia parte! E invece ero stato usato tutto il tempo per – no.

 Non potevo giungere a conclusioni affrettate. Certo, tutte queste evidenze denunciavano la schiava straniera come l’Incendiario, ma esisteva la possibilità, per quanto minima, che fossero coincidenze. E poi … pensai seriamente al carattere ostentato da Corinna: superbo al limite del blasfemo, arrogante, aggressivo, ribelle, poco incline a cercare l’affetto e l’approvazione di chi le stava attorno.

 La rabbia di una dea intrappolata in un corpo umano che detestava? Forse. Ma il piano che le avevo attribuito richiedeva una notevole sottigliezza nell’agire, al punto che in un primo momento non avevo neppure notato che vi fosse, e ciascuna delle sue componenti poteva essere interpretata come una coincidenza. E sottigliezza davvero non era una qualità che avrei attribuito a Corinna. Se faceva o pensava qualcosa, pareva essere ansiosa di farlo sapere a tutti, nei termini più trionfanti e aggressivi possibili.

 Inoltre, se avesse creato un piano interamente basato sul persuadere altri che lei era dalla loro parte e stava dando loro buoni consigli e direttive per il giusto, non avrebbe avuto più senso ostentare una personalità più dolce, umile e amichevole? E soprattutto, rispettosa degli dei e delle autorità? Sospettarla sarebbe venuto molto meno spontaneo.

 Certo, ricordavo i racconti sul Terrore di Sulema: se ne poteva dedurre una dea dal carattere incredibilmente violento, iracondo e per nulla incline a piani sofisticati. Ma erano passati millenni da allora, che Sulema aveva trascorso reincarnandosi in innumerevoli corpi umani: doveva aver capito qualcosa di come agire in modo più discreto, se non altro perché si sapeva dell’Incendiario solo tramite ricostruzioni di vicende sempre uguali e non perché fosse mai effettivamente stata catturata una persona che potesse rispondere di questi crimini.

 Ma qual era la verità? Corinna era colpevole o no? O magari non era del tutto colpevole né del tutto innocente: se lei non pareva in grado di manipolare qualcuno, poteva essere stata manipolata dal vero Incendiario.

Questa mi sembrava una tattica più appropriata per l’essere cui davamo la caccia: non esporsi direttamente, ma abbordare qualcuno in una posizione di debolezza (una schiava straniera) e o con la forza, o con belle promesse, o addirittura senza nemmeno farle capire le conseguenze delle azioni che le venivano suggerite, creare qualcuno che compisse il suo volere e potesse prendersi il biasimo, mentre il vero colpevole rimaneva al sicuro e libero di complottare ancora.

 Ma chi poteva essere stato? Come avrei potuto svelarlo, se non ero neppure sicuro che ci fosse? Magari questi miei sospetti erano stati messi in conto, e vi era un piano apposito per sfruttarli in modo da incastrare la persona sbagliata. Magari Corinna era l’Incendiario, e aveva assunto un simile atteggiamento proprio nella speranza di indurmi a riflessioni come quella che avevo appena svolto? Del resto, lei era l’unica persona che sapeva con certezza della mia ascendenza. Certo, a quel che aveva riferito, anche un terzo partito (perché non avevamo riflettuto su questo già da prima?) aveva letto la famosa lettera, ma di nuovo, lei era l’unica testimone. Sembrava un piano davvero fallace e astruso, ma di cosa potevo essere sicuro? Non ero neppure certo di essere stato davvero manipolato, e che tutti i recenti avvenimenti fossero stati più di una serie di disgraziate coincidenze.

 Dovevo parlarne con Pacha, lui era stato coinvolto fin troppo direttamente in questi avvenimenti, e avrebbe saputo cosa fare. Magari sarei anche riuscito a convincerlo a non abdicare alla sua posizione, a lasciare che mi assumessi le mie responsabilità …

Il fuoco.

 Chi non veniva cacciato in seguito alle accuse, incontrava la propria morte per fuoco. L’immagine del Tempio di Achesay in fiamme mi balenò nella mente. Se io fossi riuscito a salvare Pacha da quelle accuse, non l’avrei forse mandato a una sorte ancora peggiore? Dovevo lasciare le cose così come stavano, permettere che lo conducessero in esilio per il resto della sua vita?

 Ma il mio era solo un sospetto! Potevo davvero decidere come una persona avrebbe vissuto, se avrebbe vissuto, in base a sospetti per cui non avevo prove certe? Ma se questi sospetti si fossero rivelati corretti, lui sarebbe morto! Forse avrei dovuto parlarne con Capac, lui avrebbe saputo cosa fare, no, avrebbe coinvolto spiegazioni troppo estensive, non volevo raccontare delle mie origini a più persone di quelle che ne erano correntemente a conoscenza. Ma allora cosa potevo fare? Cosa dovevo fare?

 Parlare con Pacha. Raggiungerlo prima della cerimonia di abdicazione, e spiegargli tutto. Lui aveva esperienza e autorità, era infinitamente più saggio di me, e molto più preparato a compiere indagini sull’Incendiario. E poi, era della sua vita che si parlava. Era più che naturale che questa decisione venisse affidata a lui.

 Aver preso una risoluzione non mi chetò affatto: mi fece semplicemente passare dal panico all’ansia. Sarei riuscito a raggiungere Pacha e a spiegargli tutto in tempo? Lui sarebbe riuscito a creare un piano d’azione in quelle poche ore che gli restavano prima della sua rinuncia formale alla sua carica? Avrebbe accettato di parlarmi, dopo quello che avevo causato? Era troppo sperare che l’alba giungesse più in fretta, per recare risposta alle mie domande?

 

Pacha rifiutò qualunque interazione con i sacerdoti che ormai non si sentiva più in diritto di guidare.

 L’unico che poté comunicare con lui fu Waray, e credo si sia limitato a portargli i pasti. Le mie richieste e le mie suppliche al maestro dei novizi non ebbero alcun effetto: l’uomo rifiutò categoricamente anche solo di informare il Sommo Sacerdote delle mie richieste, ribadendo la sua volontà di non parlare con nessuno. Peraltro, non fui certo l’unico a insistere quel giorno: tra tanti onorati sacerdoti a cui veniva negata la richiesta, perché sarebbe dovuta essere concessa a me?

 Le ore passarono. Pacha uscì solo per entrare nel Tempio e pronunciare la formula di abdicazione, circondato da troppi sacerdoti perché riuscissi ad avvicinarlo. E io non potei fare altro che stare lì, a guardare il disastro che avevo combinato, e a fissare la folla come se sperassi di riconoscere al suo interno un Incendiario molto compiaciuto per il suo trionfo.

 

Come logica conseguenza del caos che regnò incontrastato nei giorni seguenti, non ebbi alcuna occasione di parlare con Corinna o Qillalla. Certo, in quanto novizio, non fui coinvolto nelle operazioni più importanti: come offrire scuse formali alla corona, sciogliere i legami di amicizia che legavano il Tempio di Achesay alla famiglia di Pacha, dibattere chi sarebbe asceso alla carica di Sommo Sacerdote. Furono i Sacerdoti veri e propri a occuparsi di tutte queste faccende; ma c’era bisogno di qualcuno che tenesse alta la fede e la fiducia del popolo nel nostro Tempio, e per quello, ogni giorno noi novizi fummo addetti a lunghe ore di preghiera e digiuno, il nostro cibo offerto in sacrificio per la circostanza eccezionale.

 E da un lato, ne ero contentissimo. Tutto ciò che stava accadendo era colpa mia. Se non fossi stato così avventato, se non fossi stato così superbo da pensare di poter giudicare le azioni del sangue degli dei, se almeno mi fossi consultato con Pacha prima di agire … il Tempio avrebbe ancora avuto un Sommo Sacerdote onorato, e io avrei ancora avuto la mia protezione – non dovevo pensare a quello, non potevo essere egoista, dopo tutto quello che avevo fatto! Dovevo accettare la mia penitenza con gioia, e supplicare il perdono di una dea che avevo privato di un leale servitore.

 Dall’altro, però, la somiglianza di ciò che era appena accaduto – col mio aiuto – all’operato dell’Incendiario non mi dava pace. Più ci riflettevo, e più sembrava fosse accaduto esattamente ciò di cui Pacha ci aveva avvertiti.

 E non sapevo come. Ero stato io a causare, seppur involontariamente, l’esilio del Sommo Sacerdote; ed ero forse l’unica persona ad avere le prove certe di non essere la reincarnazione di Sulema. Ed ero anche la persona che, dal punto di vista di qualcuno che voleva rovinare la nazione, sarebbe stata l’occasione perfetta. Non sarebbe stata certo la prima volta che una guerra civile per il trono avesse portato in ginocchio un Impero, in barba al fatto che il primo dovere di un sovrano dovesse essere garantire il benessere della popolazione. Era anche per questo che io non intendevo fare nulla del genere; e Pacha, oltre ad essere un capo religioso stimato e amato dalla popolazione, mi appoggiava in questa scelta. Se mi fossi ritrovato da solo, senza appoggi e senza guide morali, avrei potuto essere più facilmente manipolabile. L’Incendiario voleva che io fossi causa della mia stessa rovina?

 Non potevo permetterlo. Dovevo vederci chiaro, e in fretta. Dovevo parlare con quella ragazza, indagare su di lei, cercare di capire cosa sapesse di tutta la faccenda. E se, come speravo, si fosse rivelata innocente, avrei dovuto collaborare con lei per risalire al vero Incendiario. Se era davvero là fuori, significava che Pacha sarebbe stata solo la prima vittima, che ne sarebbero seguite gli dei soli sapevano quante altre, perché tutto l’Impero potesse piombare nel caos e nell’anarchia. Con me come causa di tutto, possibilmente.

 Dunque investigare i motivi di Corinna era qualcosa che mi premeva, e il ritardo impostomi da quei giorni di riti, per quanto li ritenessi necessari, era incredibilmente frustrante. Alla fine, furono le due ragazze stesse a recarsi da me, anziché io da loro: il processo di nomina richiese la presenza delle famiglie nobiliari cui appartenevano tutti i candidati, e l’Imperatrice aveva deciso di assistere alle varie riunioni, in segno del rispetto che continuava a nutrire verso il culto della dea (o per accertarsi che non assumesse la carica qualcuno che lei riteneva inadatto, sospetto ora). Uno stuolo di dame da compagnia e ancelle la seguiva; e tra queste ultime aveva trovato posto anche Corinna.

 Quanto a Qillalla, sospettai che si fosse intrufolata a seguito dei suoi ricchi genitori, che comunque non vidi. Lei fu la prima a raggiungermi, grazie alla maggior libertà concessale dalla sua posizione.

“Simay” mi salutò subito, lo sguardo compassionevole, il tono accorato. “Come ti senti?”

 Come uno sporco traditore che forse stava parlando con la persona che l’aveva manipolato per fargli rovinare qualcuno che non gli era mai stato altro che d’aiuto. Sarebbe stato a dir poco catartico rispondere così! Ma per fortuna, quella pallida imitazione di una consapevolezza della mia situazione che avevo mi impose una risposta ben diversa.

 “Pacha è stato cacciato per colpa mia” mi limitai a mormorare. Più o meno sullo stesso sentire, ma espresso in modo molto meno aggressivo.

 “Tu sei stato usato” si accigliò lei, posandomi le mani sulle spalle. Questo sicuramente, ma dubitavo che lei intendesse quello che stavo pensando io. E a questo proposito, come avrei fatto a capire se Corinna fosse davvero l’Incendiario? Avevo solo una vaga idea di questo essere, la conoscenza di come operava. Non era certo una lista di caratteristiche fisiche o mentali di cui verificare la presenza in qualcuno.

“Hai cercato di fare quella che credevi la cosa giusta, e Llyra se ne è accorta e ne ha approfittato per toglierti il tuo appoggio. E’ terribile che sia stato Pacha a pagarne le conseguenze, ma …”

“Ehi” era arrivata anche Corinna. Non aveva il solito atteggiamento arrogante e rabbioso, teneva la testa un po’ più bassa del solito, le labbra strette. “Qualcuno ha idea di come accidente abbiamo fatto a finire in questo bordello?”

 “Magari perché qualcuno si è messo a insistere perché facessimo giustizia senza pensare alle conseguenze” la rimbeccò Qillalla.

 “E’ una decisione che hai appoggiato anche tu!”

 “E’ una decisione che abbiamo preso tutti insieme” intervenni, zittendole entrambe – anche se privatamente, non riuscii a non dar ragione a Qillalla. “Siamo tutti responsabili per la sorte di Pacha”

 Corinna si morse il labbro inferiore. “Sì, è … cazzo, è stato uno schifo. Ma almeno l’hanno esiliato, invece di ucciso …”

 “Bella fortuna, ha perso tutto l’amore e il rispetto che il popolo aveva per lui, la posizione per servire la sua dea, ha disgraziato la sua famiglia materna, e adesso dovrà andare a vivere quel che gli resta in chissà quale paese lontano invece che nei luoghi dove vi sono i suoi affetti. Molto meglio”

 “E’ ancora vivo” sbottò Corinna. “Se l’avessero condannato a morte, gli sarebbero successe tutte queste cose, e lui non avrebbe manco avuto un’opportunità di rifarsi una vita altrove”

 “Sai quante possibilità, alla sua età!”

 “Basta” intervenni. Un magnifico intervento: non avevo idea di cosa dire dopo. Non volevo fomentare la diatriba su quale fosse la sorte migliore che potesse capitare a Pacha (perché mi trovavo a concordare, in una certa misura, con entrambe): c’erano argomenti più gravi di cui discutere

. “Qualunque sia la sua sorte a partire da questo momento, si svolgerà lontano da qui, e possiamo solo sperare che sia per il meglio; ma i nostri problemi non sono affatto risolti”

 Riscrivendolo, mi rendo conto che devo essere suonato davvero senza cuore, ma allora stavo solo pensando a come portare l’argomento a un livello che mi avrebbe permesso di fare indagini che non avevo idea di come condurre. Avrei dovuto procedere con sottigliezza, facendo domande ambigue che avrebbe potuto capire solo la persona direttamente interessata? No, poco probabile che il pensiero di avere me alle calcagna potesse spaventare l’incarnazione di Sulema. Semmai, sarebbe aumentato il mio rischio di prendere fuoco. Allora cosa dovevo fare? Dire alle ragazze tutto quello che mi era stato detto e che avevo dedotto, così che almeno una persona avrebbe potuto portare avanti le indagini in caso mi succedesse qualcosa?

 “Già, il prossimo Sommo Sacerdote non avrà faide stupide con Llyra” meditava intanto Corinna. “Che tu sappia, Pacha aveva dato disposizioni per la tua protezione? Tipo, preparato un servizio di scorta? Il nuovo eletto potrebbe fare domande e …”

 “Non è stato un caso” mi risolsi finalmente per dire.

 “Cosa?”

 “Eh?”

 “Il modo in cui Pacha è stato cacciato per colpa nostra. Non è stata solo una tragica conseguenza a cui non avevamo pensato. Era tutto parte di un piano”

 E raccontai loro tutto. Avevo deciso di gettare la sottigliezza alle ortiche, e l’avrei fatto nel modo più completo possibile. Non tralasciai un singolo dettaglio di quello che mi aveva detto Pacha.

 Non credo di aver mai visto espressioni tanto sconvolte e stupefatte come quelle delle due ragazze in quel momento.

 “Ma che cazzo …” fu la reazione di Corinna quando ebbi finito. “Tutto questo non ha senso! Altro che abile manipolatore, questo dovrebbe essere un fottuto telepate!”

 “Un che cosa?”

 “Una persona capace di leggere nel pensiero … non esistono a quanto mi risulta, sono solo una leggenda. Questo deve essere un caso, non ha senso altrimenti!”

 “Solo noi sapevamo della nostra idea di sostituire le medicine” esordii. Cercai di avere un tono conciliante, ma Corinna colse immediatamente il sottinteso.

 “Che cazzo stai dicendo? Stai pensando che sia io?! Non … io non sono nemmeno di …!”

 “Non c’entra nulla il luogo in cui sei nata” si intromise Qillalla. “Al massimo, è curioso che tu provenga da un luogo che non hai specificato proprio quando qui ad Alcanta arriva un ragazzo con possibili pretese al trono e il potenziale per creare un conflitto civile”

 “Ma vaffa … cioè, io non …” Corinna sbuffò, stringendo i pugni.

 “E va bene” trasalii. “Non avete una qualche prova per dimostrare la mia identità? Un qualche giudizio divino? No, perché io non ho dimostrazioni concrete di essere innocente, così come voi non avete prove concrete per accusarmi. Come la mettiamo?”

 Per un attimo, all’inizio di quel discorso, avevo pensato che stesse per confessare. E invece restava il dubbio, che, come aveva sottolineato lei stessa, non era così facile da fugare.

“Non era un’accusa assoluta” esordii.

 “Sì, come no …”

 “Lasciami finire. Per favore. Pensavo che l’Incendiario potrebbe aver manipolato te per farti avere quest’idea, convincere noi, e insomma non sporcarsi le mani. E’ stata Alasu stessa a dirti che Llyra la obbligherebbe a causare gli aborti?”

 Lei strinse le labbra. “Sì. Ed è stata l’unica persona a parlarmene. Però anche suo padre sembrava nervoso, quando le ha detto di andare a occuparsi della ragazza. E lì c’era anche un’altra delle amanti di Manco, è stata lei a menzionare per prima che nessuna riesce a portare a termine una gravidanza lì dentro”

 “Quindi possiamo dare almeno le parole di Alasu per vere” conclusi. Non cambiava molto: se Corinna fosse stata l’Incendiario, avrebbe semplicemente usato una verità comoda invece di una bugia per farci fare quello che voleva.

“Non vuol dire niente” Qillalla fece eco alle mie opinioni. “Tu avresti potuto sfruttare un fatto reale invece di una bugia. Oppure, per voler proprio dubitare di tutto e di tutti, l’Incendiario potrebbe essere Alasu, e aver fatto questa scenetta del rimorso proprio per spingerti a fare ‘giustizia’”

 “Non disegnare quelle virgolette a mezz’aria, tu non eri affatto contraria all’idea quando l’ho suggerita!”

 “Non è questo ciò di cui stiamo discutendo” le richiamai all’ordine. “Se proprio vogliamo essere perniciosi, il motivo per cui Pacha non mi ha denunciato è che si sentiva il dovere di proteggermi, dopo che gli avevo essenzialmente affidato la mia vita rivelandogli delle mie origini, cosa che ho fatto dietro tuo suggerimento …”

 “Ma non riesci a pensare ad altro che io sia colpevole?!”

 “Non lo sto dando per assunto, di nuovo. Hai detto che hai avuto quest’idea perché qualcuno ti ha detto che Pacha si opponeva all’Imperatrice? Chi era quell’artigiano?”

 Lei si morse il labbro e guardò a terra, prima di rispondere. “L’orafo. Sayre”

 Un altro che aveva la reputazione di essere un superbo, esattamente come Corinna, e all’esatto contrario di Alasu. Qual era il comportamento più probabile per l’Incendiario? Non riuscire a nascondere la sua natura arrogante e odiosa dell’umanità, o il suo risentimento e disprezzo verso gli altri dei, oppure fingere in modo da stornare ogni sospetto?

 “Quindi ci sono due persone che potrebbero averti manipolata” commentò Qillalla. “E contro cui non ci sono prove concrete”

 “Proprio come non ce ne sono contro di me”

 Sentimmo del trambusto dalla stanza del Tempio designata per la riunione: evidentemente, le discussioni erano finite. Llyra e la sua corte se ne sarebbero andate presto.

 Qillalla strinse le labbra. “Sarò breve, visto che dovrai andartene. Se Simay è d’accordo, ti propongo una sorta di patto: tu procurerai prove a favore della tua innocenza, o dato che sei interna al palazzo, indagherai su queste due persone, e cercherai prove della loro colpevolezza o innocenza. Intanto, noi cercheremo il maggior numero di informazioni su di te e sul tuo passato”

 E come intendeva farlo, esattamente? Non ero riuscito a fare un interrogatorio sottile, non sapevo neanche da dove cominciare sull’indagare sulle origini segrete di qualcuno.

 Corinna fece una smorfia a quelle parole. “Tanta fortuna”

 “Non ti conviene davvero essere così supponente, data la tua posizione …”

 “E non penso ci sia bisogno di rinfacciarglielo” intervenni io.

 Qillalla alzò un sopracciglio nella mia direzione, prima di tornare a rivolgersi alla schiava. “Se tieni tanto al tuo passato misterioso, ti conviene impegnarti per quelle indagini. E ti auguro davvero di avere un risultato migliore come investigatrice che come spia”

 “Fottiti” sbottò Corinna. “Fate come vi pare. Fate le vostre indagini, rintracciate gli schiavisti, quello che volete. Metterò fuori il solito nastro quando avrò trovato il vero colpevole”

 Si allontanò verso senza un saluto, pestando i piedi. La stizza di una colpevole rivelata, o la rabbia della vittima di un’accusa ingiusta? Non sapevo più cosa fare. Potevo a malapena dire di potermi fidare di me stesso!

“Incendiario o meno, la trovo qualcuno di sempre più pesante da avere dalla nostra parte” commentò Qillalla.

 “E’ una dei pochi disposti ad esserlo …”

 “E io non conto niente?”

 “Scusami. Non volevo offenderti. E che … io non sono sicuro che sia lei, non sono nemmeno assolutamente sicuro che quanto accaduto sia davvero opera dell’Incendiario e le conseguenze delle nostre idiozie, ed eccomi qui che vado a parlarne e a compromettere l’integrità del gruppo … scusami di nuovo, non volevo farti sentire …”

 Alla faccia del contegno. Ma sembrava quasi troppo faticoso ostentarmi sicuro di me. Probabilmente non ne avevo nemmeno il diritto. Cos’avevo fatto di così buono da esserlo?

 “Va tutto bene” Qillalla mi poggiò una mano su una spalla. “Sei riuscito a creare un piano d’azione” Ma se l’aveva fatto lei! “Confido che in qualche modo, riuscirai a risolvere questa situazione. Non devi preoccuparti di chi offendi nel frattempo, devi fare quello che è necessario …”

 Ma lei prima era stata chiaramente offesa. Mi vedeva come qualcuno da compatire? Non se lo meritava. Non meritava di star lì a cercare di confortare uno stupido che non sapeva neppure quello che faceva, ingoiando le sue emozioni e opinioni.

 Essere sicuro di me era troppo faticoso? Un corno, dovevo almeno avere la decenza di mettere in piedi una bella facciata per quelli che si prendevano la briga di associarsi a me. Scattai in piedi, facendo scivolare la mano via dalla mia spalla.

 “Hai ragione, grazie davvero” dissi troppo in fretta, cercando di sorridere. “E non farti mai problemi a dirmi quando sei offesa. Mi stai aiutando, il minimo che posso fare è rispettarti. E a questo proposito: hai qualche idea su come procedere nelle indagini su Corinna? Perché io sono completamente nuovo a questo genere di cose”

 Lei mi guardò con un’espressione strana: le labbra strette, ma appena tirate in un sorriso. Come se stesse osservando qualcosa che la sorprendeva e al contempo la inteneriva, posso dire ora ripensandoci. All’epoca, sperai semplicemente che non si fosse offesa ancora di più.

 “I miei genitori hanno un certo controllo sul traffico di schiavi” esordì. “Mio padre detiene il loro censo e il conto delle loro compravendite. E’ solo nella zona in cui viviamo, certo, ma conosce molte persone che lavorano nel suo stesso settore. E’ necessario, dato quanto lontano uno schiavo può essere trasportato per una vendita. Sono sicura che troverà qualcosa anche su Corinna, quantomeno un luogo più specifico di ‘sulle montagne’ da dove iniziare le ricerche”

 “Eccellente” le sorrisi, felicemente sorpreso da questa bella coincidenza. “Se conti di tornare da me per portarmi queste notizie, potresti approfittarne per portare qui anche i tuoi parenti. Potremmo finalmente discutere di quella questione del tuo matrimonio”

 Lei sgranò appena gli occhi. “Con tutto quello che ti è successo, ti preoccupi ancora dei miei problemi? Ci proverò, se ci tieni tanto a pareggiare i conti. Grazie. Tornerò qui non appena potrò portarti qualcosa di certo”

 Stavo per chiederle se anche i suoi genitori avessero presenziato alla riunione, dirle che anche quella poteva essere una buona occasione, ma lei fu incredibilmente svelta a sparire nella folla che usciva dal Tempio.

 Bene, ed eccomi lì, da solo, e in una situazione incredibilmente confusa. Nel giro di pochi giorni, ero riuscito a causare l’allontanamento definitivo di uno dei miei alleati e quello molto probabile di un’altra – sempre che Corinna lo fosse mai stata, mia alleata. Non avevo tanta immaginazione da poter concepire una situazione peggiore, al di fuori di una vera e propria sentenza contro di me da parte di Llyra.

 Era quasi patetico, dunque, che quelle poche battute finali di conversazione con Qillalla fossero riuscite a tirarmi su di morale e a darmi una nuova risoluzione. Piangersi addosso, restare fermi sui ‘ma’ e sui ‘forse’, non avrebbe portato a nulla di buono. Se volevo sopravvivere, se volevo evitare che qualcuno si servisse di me e se volevo dare sicurezza a chi per qualche motivo mi prestava appoggio e aiuto, ero io il primo a dover prendere in mano la situazione.

 Mai, in vita mia, mi ero sentito tanto deciso ad agire.

 

 

 

 

Choqo dovette davvero prendersi una pausa nella lettura, per riordinare i pensieri. Aveva afferrato il manoscritto di Simay subito dopo aver letto quella frase di Chica, spinta dalla medesima curiosità. E quello era stato il risultato. Erano stati manipolati dall’Incendiario? Certo, lei aveva visto benissimo che la loro era stata una pessima idea, ma non capiva davvero chi avrebbe potuto spingere quei ragazzi a un risultato così preciso. Forse Simay era davvero paranoico?

 Ma del resto, lei aveva studiato che le prime avvisaglie della crisi religiosa erano partite dal Tempio di Achesay, con una rapida successione di Sommi Sacerdoti di cui non ricordava neppure i nomi … solo che uno era stato sorpreso in una tresca con una delle concubine di Manco. Ma non era decisamente il caso, no? Però, ben due casi che collegavano Tempio della Terra e harem imperiale … l’Incendiario poteva essere una di quelle donne?

 Era comunque una teoria più plausibile rispetto a Corinna, non avrebbe avuto senso che Sulema si incarnasse in un altro mondo. E a questo proposito, decise di riprendere il manoscritto di quest’ultima: quali sarebbero state le sue considerazioni su tutto questo?

 

 

 

 

GLOSSARIO (e qualche trivia):

Mekilo: essere simile a uno scoiattolo, solo molto più grande, con zampe molto più lunghe e la coda in fiamme. Essendo un animale legato al fuoco, non è considerato sacro a nessun dio, ma sfruttabile da tutto il genere umano. Viene usato soprattutto per trasportare merci e persone.

Occlo: bovino ricoperto di squame e con protuberanze lunghe e sottili, simili a serpenti che stanno al posto delle corna e da cui esce fuoco. Anch’esso animale legato al fuoco, ma per la sua pericolosità e la capacità di controllare i loro getti di fuoco sono quasi esclusivamente cavalcature da battaglia.

Kutluqun: capre anfibie con alghe al posto della pelliccia. Sono considerate sacre al dio Tumbe, e per questo, per allevarle o catturarne di selvatiche, è necessaria l’autorizzazione di un sacerdote di quel dio.

Lymplis: pesci volanti, con le pinne coperte di piume. Sono sacri alla dea Chicosi, dunque è necessaria l’autorizzazione di un suo sacerdote per possederne uno. Malgrado ciò, sono popolari come animali da compagnia presso la nobiltà.

Kyllu: uccelli simili a cigni, fluorescenti. Sono sacri al dio Achemay, e allevati solo all’interno del palazzo imperiale. Il loro piumaggio è usato per decorare le corone dei sovrani.

Lilque: creature con corpi simili a quelli degli esseri umani, ma con code di serpente al posto delle gambe. Servitori del dio Thumbe, vivono presso il mare, i laghi e in qualche caso i fiumi, quasi mai in corsi d’acqua più piccoli.

Duheviq: piante dalla capacità di mutare il proprio aspetto, assumendo qualsiasi forma desiderino. Originariamente questo veniva usato per catturare prede dei cui fluidi nutrirsi, ma con l’avanzare della società umana, ne hanno approfittato per integrarvisi. Un tempo servitori della dea Achesay, organizzati in tribù-foreste rigidamente isolate dagli esseri umani; solo i sacerdoti della dea potevano avvicinarli senza essere bollati come cibo. Al tempo di Choqo, mentre i più anziani vivono ancora tradizionalmente, i più giovani hanno preso a mescolarsi con le popolazioni umane, finendo spesso vittime di discriminazioni e relegati ai lavori meno nobili o remunerativi. Mantengono comunque un rigido codice di valori, di cui la fedeltà è il più alto.

Shillqui: piante in cui scorre un liquido per aspetto e consistenza simile al miele, che causa a tutto l’albero di agitarsi violentemente. Se bevuto, questo liquido dà gli stessi effetti agi esseri umani, ma è difficilissimo metterci le mani sopra. Pianta sacra a Pachtu, i suoi sacerdoti ne devono bere la linfa durante le cerimonie.

Likri: fiori simili a gigli rossi, dalle temperature bollenti, che esalano un fumo sottile. Se tuffati in acqua gelida e canditi, sono considerati ottimi per la pasticceria, ed essendo legati al fuoco, l’unico limite al coglierli è potersi permettere buoni guanti protettivi.

Sangue della Terra: erba che influenza la circolazione sanguigna, usato per diversi effetti nelle gravidanze.

Zullma: pianta le cui varie componenti hanno diversi usi; le radici sono considerate un potente lassativo.

 

Qillori: cristalli di colore azzurro chiaro, molto usati in oreficeria.

Achemairi: cristalli di colore dorato, anch’essi comuni per l’oreficeria.

 

Notte: entità primordiale da cui tutto il mondo ha avuto origine.

Achemay: dio del sole, entità più importante del pantheon Soqar.

Achesay: dea della terra.

Chicosi: dea dell’aria.

Tumbe: dio del mare, dei fiumi e dei laghi.

Sulema: dea del fuoco.

Pachtu: dio dei fulmini e della vita.

Qisna: dea della morte e delle paludi.

Supay: esseri più collegati al folklore che alla religione vera e propria, sono creature della Notte,

incaricati di torturare le anime dei peccatori che lì vengono gettate.

 

 

 

 

 

Ladies & Gentlemen,

quanti avevano notato le somiglianze dell’accaduto con l’operato dell’Incendiario? Quanti si ricordavano che l’Incendiario esistesse?

A parte questo … avrà davvero ragione Simay, o è un tentativo di quei tre disperati di togliersi di dosso le responsabilità per la loro cazzata? Chi vedete più probabile come Incendiario?

Spero proprio che questo capitolo vi sia piaciuto, e che i prossimi siano all’altezza di eventuali aspettative!

 

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Capitolo 17
*** Dove, sorprendentemente, ci si informa prima di agire ***


                    CAPITOLO 16

DOVE,  SORPRENDENTEMENTE,  CI  SI  INFORMA  PRIMA  DI  AGIRE

 

 

 

 

                                                                  Dal Manoscritto di Corinna

 

 

A seguito di giornate in cui, come ho già detto, non avevo fatto altro che scacciare i sensi di colpa con tentativi di spostare il biasimo su chiunque non fosse me, e desiderare di poter finalmente entrare in contatto con quegli altri due, ecco il bel sollievo che mi arrivava dal tanto atteso confronto.

 Avevo una voglia disperata di urlare, prendere a pugni qualcosa, prendere a calci qualcosa, trovare una maledetta valvola di sfogo. Non solo non avevamo risolto niente, non solo le mie possibilità di diventare Sacerdotessa di Pachtu non erano neppure state discusse, ma era anche saltato fuori uno stramaledetto essere soprannaturale che controllava il fuoco e causava scontri civili e ci aveva appena coinvolti nel primo passo per uno, e io ero accusata di esserlo! Dopo che avevo salvato le chiappe a Simay portandogli quella lettera, dopo che avevo accettato il compito di Qillalla di tenere d’occhio il palazzo imperiale, ne ricavavo accuse del genere?!

 E adesso non ero più ‘senza la possibilità di migliorare la mia situazione sociale e alla fine tornare a casa’, ero proprio ‘bloccata in una situazione in cui potevano concretamente saltare le teste, alle prese con uno psicopatico dai poteri magici e senza protezioni o alleati’.

 Che poi, questa cosa dell’Incendiario: davvero esisteva qualcuno in grado di manipolare il fuoco a proprio piacimento? Nel mio mondo, qualcosa del genere sarebbe stato concepibile solo nei romanzi fantastici o nelle leggende. Quella che aveva raccontato Simay sembrava, appunto, una storia inventata a bella posta per togliere il biasimo di case distrutte e vittime da normalissimi incendiari, o da costruzioni poco sicure. Se fosse stata limitata a un posto solo.

 Invece, Pacha sosteneva che fosse un mito diffuso, una serie di avvenimenti ben specifici che si ripetevano secondo uno schema preciso. E questo, dovevo tenerlo ben presente, era anche il mondo dove avevo visto pesci volanti e scoiattoli infiammabili, e dove avevo visto una persona far materializzare dei tunnel nel terreno solo pregando. Il mondo in cui ero stata letteralmente trasportata da una divinità. Che ne esistessero, e fossero in tante, era dimostrato anche dalla magia che avevo visto praticare a Simay. Qui a Tahuantinsuyu, una dea condannata ai domiciliari all’interno di un corpo umano non era affatto da escludere.

 Benissimo! Comprovato che mi sarei trovata davanti a un pirocinetico in carne ed ossa. Evviva la mia fortuna. Ora avevo due possibilità diverse per morire: giustiziata o arsa viva.

 Non volevo essere in quella situazione, dannazione! Volevo tornare nel mio mondo, essere a casa, con la mia famiglia e la relativa sicurezza che lo Stato o le forze della natura non volessero attivamente farmi del male!

 Non sarebbe servito a niente. Piagnucolare non mi avrebbe materializzata in camera mia. Mi trovavo in una posizione scomoda molto concreta, e dovevo darmi da fare per non incorrere in una ben misera fine. Che iniziassi, allora!

 Dunque, la prima cosa da fare era riguadagnarmi l’appoggio di Simay e Qillalla. Li avrei volentieri presi a sberle, ma purtroppo il novizio era la migliore possibilità che avessi per un’udienza con una sacerdotessa di Energia. E poi sì, certo, c’era tutta la faccenda del salvargli la vita. Ero furiosa, ma non ero arrivata al punto di non darmi alcun pensiero di quel che voleva fargli Llyra.

 Loro avevano detto che avrebbero indagato su di me, e non avrebbero trovato assolutamente nulla, perché mi ero letteralmente materializzata su una delle loro montagne senza avere il minimo passato in quel mondo. Chissà come avrebbero preso questa rivelazione. Comunque, avere loro impegnati a cacciarsi in un vicolo cieco significava che io ero l’unica a poter effettivamente indagare, visto che mi trovavo stabilmente a palazzo. Alla faccia di quel che aveva detto Energia, se fossi venuta a capo di quella faccenda sarei stata davvero straordinaria, altro che storie.

 Dovevo esaminare dunque i principali sospettati: la cosa più simile a un’amica che avessi avuto da molto tempo, e il tipo che mi piaceva e che sembrava a sua volta interessato a me.

 No, gli indizi che puntavano a Sayre erano quasi ridicoli: aver riportato un pettegolezzo. Era Alasu quella che aveva più prove a suo carico.

 Mi aveva raccontato lei delle malefatte di Llyra, anzi, il suo chiamarmi a supporto, quando avrebbe potuto dare disposizioni a qualsiasi altra schiava sul posto, pareva ben strano. Certo, le parole di Nuala implicavano che lei fosse benissimo a conoscenza degli ordini di Llyra … ma di nuovo, a quelle concubine bastava non essere completamente stupide per accorgersi di essere avvelenate, e forse avevano semplicemente biasimato la mandante più probabile.

 Perfino quel piccolo incidente con del fuoco il giorno in cui avevo conosciuto Alasu ora mi appariva sospetto. Per caso ero entrata proprio mentre lei si preparava a minacciare o arrostire qualche nobile che aveva fatto lo spocchioso con la persona sbagliata? Per la miseria, tutto poteva essere reinterpretato per indicarla come colpevole.

 E non volevo, non volevo! Alasu era stata la prima persona che non mi aveva mostrato condiscendenza da quando ero arrivata su quel mondo, la prima persona che mi aveva mostrato rispetto e ammirazione, la persona che sembrava disposta ad avere un legame di amicizia con me, che mi aveva confidato il suo segreto, la sua sofferenza per quello che Llyra la costringeva a fare … e se tutto quello fosse stato parte integrante dell’inganno? Ogni singola azione calcolata ed attentamente eseguita al singolo scopo di rendermi complice dell’esilio di Pacha?

 No, non poteva essere così … non volevo che fosse così. La mia felicità al parlare con Alasu, il mio senso di conforto nell’essere riuscita a trovare qualcuno che mi accettasse e a cui piacesse, anche in quella situazione assurda, anche in quel mondo folle … era strano.

 Volevo che lei fosse stata sincera. Volevo che i miei tentativi di aiutarla avessero significato davvero qualcosa, volevo che il sollievo e la gratitudine che mi aveva dimostrato fossero genuini come la simpatia che io avevo provato per lei. Non ero nemmeno sicura se volessi questo per lei o per me stessa, era la prima volta che mi trovavo a confrontare emozioni simili.

 E poi, diamine, non sapevo come procedere nei suoi riguardi. Piombarle nella farmacia e accusarla apertamente? Mi avrebbe fatta accusare di essere pazza, a prescindere che fosse colpevole e innocente. Dovevo agire in modo più sottile. Parlare con lei, analizzare ogni sua singola parola, trovare incongruenze nelle sue storie, segnali di menzogne … avrei avuto bisogno di una scusa per avvicinarla: le avrei detto che non sapevo molto delle erbe locali, di cosa era curativo e cosa velenoso, e non avevo nessuna voglia di confondere le due cose. Se era davvero l’Incendiario, avrebbe concluso che volessi evitare un errore come quello con Pacha, ma non aveva in mano nulla per pensare che io sospettassi della sua identità. Santa pace, queste cose si prospettavano degne di un gran mal di testa.

 Comunque, eccomi con il mio piano d’azione bell’e pronto. Era stato elaborato nel corso di un pomeriggio di servizio intenso per le dame: si fermarono a chiacchierare anche più a lungo del solito, mentre Llyra era alle prese con qualcuno che aveva già una parente come Somma Sacerdotessa di Tumbe e adesso voleva anche un suo parente sacerdote di Achesay alla massima posizione. Le nobili dovevano star parlando proprio delle imminenti elezioni, le parenti dei candidati a fare il tifo e bisticciare tra loro, quelle senza legami familiari ad appoggiare le posizioni delle varie amiche o a esaminare concretamente i pregi e i difetti dei vari sacerdoti.

 Io non ci avevo neppure badato, tutta intenta nelle mie riflessioni, facendomi riprendere più volte da Dylla per reagire sempre dopo qualche istante; ma ero troppo sovrappensiero anche per risponderle a tono o ribellarmi, dunque evitai punizioni fisiche, restando con un cuoco che mi diede curiosamente pochi avanzi per colazione il mattino dopo. Se qualcuna delle dame stesse notò il mio strano comportamento, io ero troppo sovrappensiero per accorgermene.

 Al primo istante di libertà che riuscii a strappare – finendo la mia parte di pulizie prima di tutte le altre – mi fiondai alla bottega del farmacista. Piombai lì di corsa e feci sobbalzare sia Alasu che suo padre, che stavano esaminando alcune foglie essiccate.

 “Corinna! E’ successo di nuovo …?” fu la ragazza la prima a reagire.

 “No, no, non c’è nessun problema” mi affrettai a tranquillizzarla. “Nessuno ha bisogno di medicine”

 “E allora perché sei qui?” chiese giustamente Yzda.

 “Volevo chiedere ad Alasu, ecco …” la presenza del padre mi rendeva difficile trovare le parole giuste. Avevo paura che trovasse la mia richiesta strana, o inappropriata per una semplice schiava, uno spreco del tempo della sua figlia e apprendista. Se ci fosse stata lei da sola, di sicuro sarei stata molto più convincente.

 “Se poteva insegnarmi qualcosa sulle erbe mediche” finii per borbottare. “Io non sono di queste parti, ci sono piante che non ho mai sentito nominare, non so cosa facciano, e vorrei evitare di ammazzarmi per sbaglio, o confondermi i nomi e portare le medicine sbagliate a chi me le chiede”

 L’espressione confusa di Yzda svanì solo a queste ultime parole: lo sapevo che quella della servetta scrupolosa sarebbe stata la carta vincente, specie dopo quel che era successo con Pacha.

 Alasu sembrava molto più felice, ma aveva ancora un ombra di dubbio. “Ma tu non hai giornate molto piene?”

 “Mi chiedevo, forse posso venire qui a un’ora come qualche giorno fa, quando non ci sono ancora clienti per voi e il nostro lavoro non è ancora iniziato”

 “E’ perfetto!” rispose Alasu. Suo padre fece per dire qualcosa, ma lei si limitò a sorridere e ad annuire appena, e lui tacque.

 Uhm, non era un controllo un po’ strano da una figlia sul proprio genitore? Se Alasu era l’Incendiario, Yzda cosa ne sapeva? Che legame avevano? Lui ne aveva paura, o le era ugualmente affezionato e avrebbe cercato di proteggerla, sviandomi le indagini? Oppure ero io che stavo decisamente diventando paranoica?

 “Allora ti aspetto per domani”

 “Grazie, sei fantastica! Adesso scusa, ma ho proprio rubato questi istanti, è meglio se torno fuori …”

Detto fatto. Bene, avevo la mia base per cominciare le investigazioni. Stavo concretamente facendo qualcosa. Malgrado la prospettiva che l’amicizia di Alasu fosse stata tutta una bugia mi fosse piacevole come uno scalpello sui denti, non potei fare a meno di ritrovarmi a sorridere, almeno un po’. Stavo facendo passi avanti per ottenere risultati. Nessuno diceva che non sarei venuta a capo di quella faccenda. Avrei trovato l’Incendiario (non Alasu, non Alasu …) e mi sarei discolpata, e avrei finalmente avuto accesso a quel dannato sacerdozio. Me ne sarei tornata a casa, e avrei archiviato il tempo passato a Tahuantinsuyu come un incubo che potevo lasciarmi alle spalle.

 Quella fu la mia serata: che sentimenti diversi, quando giunse quella mattinata con Alasu!

 Lei mi accolse con un gran sorriso e l’assenza di suo padre: era stato allontanato perché lei potesse avere via libera nel manipolarmi ancora? Le risposi con qualche generica piacevolezza. Ne avrebbe dedotto il mio nervosismo?

Lei mi fece avvicinare alla zona del tavolo da lavoro: sopra di esso, erano appesi al soffitto diversi mazzi di erbe perché seccassero. Mi indicò lunghi aghi di colori gialli, arancioni, rossi e bruni: rarissime foglie di Duheviq.

 “Sono alberi mutaforma. Possono assumere l’aspetto di qualsiasi essere vivente della taglia giusta: è una strategia che usano per cacciare. Si fanno passare dagli animali per membri della loro specie, e poi li attaccano, assorbendo i loro fluidi vitali per sostenersi”

 “No, scusa, fammi capire: avete alberi mutaforma succhiasangue?”

 “Ponendola così, li fai suonare come dei veri mostri, ma in realtà, sono creature consacrate ad Achesay e a lei profondamente leali. Infatti, solo ai suoi sacerdoti è permesso avvicinarli e, previo consenso, prelevarne le foglie. Contengono un sacco di nutrienti e sono un ricostituente eccezionale, ma cerchiamo di usarle solo in casi estremi, visto che sono così rare e difficili da procurare”

 “Uh …” che schifo. “Non stento a crederlo. Per caso possono assumere anche la forma di esseri umani?”

 “Qualunque essere vivente, sì”

 “E cosa ne sappiamo che uno di loro non è là fuori pronto ad attaccarci appena gli viene fame?”

 “Oh, non lo farebbero mai! Vivono molto isolati dalle comunità umane, proprio perché la Grande Madre vuole proteggere da questo rischio i suoi figli prediletti!”

 Era un accenno di sarcasmo quello che sentivo nella sua voce?

“Evviva la Grande Madre” borbottai in risposta. Chissà se Simay aveva mai visto uno di quegli alberi vampiri?

 “E questi invece” Alasu indicò un mazzetto di erbe blu scuro. “Sono kiquicos. Parassiti dei Duheviq, hanno anche loro qualche grado di senzienza, visto che si ingraziano gli alberi portando loro prede”

 “Come ‘portando loro prede’?!”

“Si muovono sotto i piedi o le zampe della vittima, e la disorientano in modo da portarla al Duheviq. E’ il motivo per cui i mutaforma permettono loro di crescere nei loro dintorni”

 Lo disse con lo stesso tono che io avrei potuto usare per descrivere i comportamenti del gatto che avevo da bambina. Sul serio questi vivevano con tutta questa tranquillità in un mondo dove gli alberi e perfino l’erba volevano farli fuori?!

 “Per questo, ricordati che allo stato naturale non è così scura, questo è solo un effetto dell’essicazione. Se vedi una qualsiasi erba blu, semplicemente, evitala, a meno che tu non la stia cercando di proposito”

 “E a che cosa serve?”

 “Ha molti utilizzi. Placa la fame, allevia la fatica, e in battaglia dà maggior coraggio ai soldati”

 Praticamente una droga. “Quindi almeno si fa valere. Altro?”

 “Questo è il famoso ‘sangue della Terra’” indicò delle erbe rosso cupo. “Sai, quella che il Sommo Sacerdote di Achesay ha confuso, con tutte le brutte conseguenze del caso”

 Com’era il suo tono a parlare di quella specifica erba? Nervoso? Vagamente eccitato? Un po’ tremante, quello sicuro, ma per quale ragione? Avrei dovuto pressarla?

 “Se preso entro certe dosi, ha un effetto benefico sulla gravidanza, ma anche per qualsiasi caso di cattiva circolazione sanguigna – è per questo che ne abbiamo sempre un po’ da parte” aveva abbassato gli occhi – senso di colpa? Oppure era tutto parte della recita? Dannazione, poteva essere qualunque cosa!

 “E se eccedi le dosi?” inquisii. Ecco, prendere finalmente un’azione decisa per valutare la sua reazione – lei mi lanciò un’occhiata talmente angosciata che mi lasciò senza parola, e ne approfittò per passare all’erba successiva.

 “Questa è la guyla” disse in fretta – per cosa stava quel cambio repentino di argomento? “Fa passare i dolori alla testa. In eccesso, provoca soltanto una forte sonnolenza”

 La guyla somigliava a un asparago, non ci prestai neanche troppa attenzione, come facevo a tornare sull’argomento di prima? Ma l’occhiata che mi aveva lanciato … e se fosse stata davvero solo una ragazza costretta a usare le sue capacità con le erbe a fini schifosi? Non avrebbe peggiorato il suo trauma e il senso di colpa? E se invece fosse stata tutta una tattica per accaparrarsi la mia compassione? Qual era la risposta giusta, dannazione, qual era?

 “E infine questa è la tably” indicò quello che sembrava un piumino secco azzurrognolo. “Bisogna riempirne un sacchetto da mettere sotto il cuscino per la notte, in caso di incubi persistenti” okay, questa era solo cara vecchia superstizione. “Queste sono tutte e piante che vanno fatte essiccare prima di utilizzarle, altre vanno usate fresche o mescolate con altre in poltiglia”

 “Come quella cosa che avevi dato ad Aylla” ricordai. Forse aveva qualche significato che l’avesse tirata in ballo proprio ora?

 “Esattamente, è un rimedio contro la nausea. Te lo spiegherò nei prossimi giorni, intanto domani penso di parlarti dei minerali, saranno tra le cose più comuni che vedrai in giro …”

 “Minerali? Cioè … usate i sassi a scopo medico?”

 “Dalle tue parti non ne hanno?” Alasu sembrava genuinamente esterrefatta. “Che strano … comunque sì, abbiamo minerali che se tenuti a lungo a contatto con la persona, o nell’ambiente in cui vive, possono avere influssi benigni o maligni”

 Somigliava a una cosa di cui avevo sentito parlare nel mio mondo, ma piuttosto come una specie di pseudoscienza dall’effettivo valore discutibile. Valeva anche per le pietre di Tahuantinsuyu, o qui c’era davvero un fondamento scientifico a queste storie?

 “Va bene” era il congedo, a quanto mi era parso di capire. In effetti, Dylla avrebbe iniziato a cercarmi entro breve. E cosa avevo ottenuto da quell’incontro? Niente … potevo sperare di raccattare qualcosa con le ultime parole?

 “Grazie per l’aiuto. E’ stato molto illuminante”

 “Figurati! Sono felice di poterti essere utile! A domani!” rispose lei con un gran sorriso. Perché quelle parole? Mi aveva detto altre balle, e sperava che agissi di conseguenza in chissà quale piano? O era solo una giovane farmacista lusingata dal poter trasmettere la propria conoscenza a qualcuno di interessato? Non ci stavo capendo più niente!

 Bene, quella maledetta lezione mi aveva almeno illuminata a una cosa: non ero affatto familiare a quel tipo di incontri, e non avevo la più pallida idea di come comportarmi.

 Certo, non era la prima volta che confrontavo qualcuno dalla doppia faccia: Sofia e le sue amiche, di cui ho parlato all’inizio di questa vicenda, avevano un approccio sorprendentemente diretto. Tra le ragazze in Italia – così come a Tahuantinsuyu, e così come nel resto dell’universo, io credo – non era ‘appropriato’ mostrarsi apertamente aggressive: la strategia di gran lunga preferita per confrontare una persona sgradita era rivolgerle sorrisi, carinerie e cortesie, e poi dirne il peggio possibile fuori dalla portata di orecchio del soggetto. Naturalmente questo si sarebbe reso conto della doppiezza, per suo intuito o perché i confidenti dell’antagonista non erano così affidabili, ma se avesse provato a confrontare la nemica, sarebbe passata automaticamente dalla parte del torto: lei non era mai stata altro che gentile nei suoi confronti! Era una buona componente di come mi ero guadagnata la mia reputazione di ragazza aggressiva e ribelle.

 Ma questi erano imbrogli e manipolazioni comuni, da quattro soldi, che chiunque fosse abbastanza vigliacco da non voler fare brutta figura affrontando direttamente chi gli aveva fatto un torto avrebbe potuto mettere in atto. Quello che era successo a noi era di tutt’altro livello: qualcuno era riuscito a dirigere le nostre azioni nella direzione da lei/lui desiderata, per ottenere risultati cui noi non avevamo neppure pensato, e tutto senza che noi ce ne rendessimo conto. Cosa potevo aspettarmi da una persona così?

 Come minimo, avrebbe previsto la mia indagine, e avrebbe detto tutte le parole giuste per sviare i miei sospetti su qualcun altro, senza che io ne avessi il minimo sentore, naturalmente. La mia strategia di essere quella ‘cazzuta’ e confrontare direttamente tutti a suon di urla e insulti non mi sarebbe stata di alcun aiuto. Non avrei saputo che fare, come difendermi. E se i dubbi che mi fossero venuti sul mio eventuale interlocutore fossero programmati come parte integrante del piano per sfuggirmi? E se le conclusioni cui sarei giunta fossero state accuratamente calcolate?

 Questo Incendiario che stavo tentando di scoprire mi appariva sempre di più come un’entità soprannaturale, onnisciente e onnipotente, capace di controllare tutto. E aggiungendovi il fatto che a quanto mi era stato riferito da Simay era qualcuno che non si poneva problemi nell’uccidere, e aveva il controllo assoluto dell’elemento del fuoco … posso dire senza troppo imbarazzo che più ci pensavo, più me ne nasceva un sacro terrore.

 E questa persona poteva essere Alasu, quella che io avevo sempre visto come una ragazza timida e un po’ impacciata, poi stritolata dal senso di colpa per essere costretta a qualcosa più grande di lei: una persona innocua, che faceva tenerezza e compassione. Non mi ero particolarmente sorpresa che lei mi ammirasse, anche se ne ero lusingata. Ma era stata tutta una finzione? Lei come mi vedeva davvero? Come una persona che apprezzava e ammirava e che dimostrava interesse e affetto verso di lei? O come una pedina che faceva comodo tenere attorno, nel caso servisse di nuovo? O ancora, come una pedina che aveva capito di essere stata usata, e di cui bisognava sviare i sospetti? E se fosse stata una delle ultime due possibilità, come avrei potuto accorgermi e difendermi dalle sue bugie e manipolazioni?

 Quel giorno mi sforzai onestamente di concentrarmi nei miei doveri di servigi alle dame e pulizie in giro per il palazzo: avevo un disperato bisogno di qualcosa per distrarmi da quei pensieri, prima di impazzire.

 Il mattino mi svegliai perfino più di controvoglia del solito. Davvero non volevo tornare alla bottega di Alasu; non per quei motivi. Presa da questo rimuginare che durava da tutto un giorno, con lo sguardo fisso sulla bottega del farmacista, non badavo nemmeno a dove stavo mettendo i piedi, e dunque fu a sorpresa che misi un piede su qualcosa di caldo e morbido, che strillò e si mosse, facendo cadere e strillare me di rimando. Un animale? No, una persona!

 Sdraiato lì per terra, a guardarmi con gli occhi sgranati, c’era un ragazzetto di circa tredici anni. La primissima cosa che mi colpì, nel guardarlo, fu che aveva i capelli tagliati cortissimi, contrariamente a tutte le usanze di quei luoghi; poi che era davvero magro – non scheletrico, ma di sicuro non sembrava un ragazzino ben accudito – e incredibilmente sporco. E non solo perché era stato sdraiato sul terreno: certe incrostazioni di sporcizia sulla sua pelle sembravano essere lì da diverso tempo. Il suo odore pungente di sudore e corpo non lavato non faceva che confermare quest’impressione.

 Saltai all’indietro non appena ebbi realizzato tutte queste cose.

 “Come se tu fossi molto meglio di me” commentò lui.

 “Io mi lavo” ribattei, fulminandolo con lo sguardo e facendo una gran scena di sventolarmi sotto il naso. “E tu cosa …”

 “Perché te lo lasciano fare, i nobili non vogliono schiavi sporchi” fu la sua risposta. “Ed è il motivo per cui sono qui. Magari, se riesco a passare da moccioso di strada a moccioso del Cortile delle Arti, vorranno che anch’io sia pulito, per non disturbarli col mio odore mentre sfilo loro i gioielli!”

 Quindi io stavo parlando con … e certo. In quelle condizioni, non sembrava qualcuno abituato ad avere un posto fisso dove dormire ed essere accudito: perché me l’ero presa con lui per il suo odore? Lui non poteva certo farci nulla.

 A mia discolpa, non avevo mai davvero parlato con un ragazzino di strada: nel mio paese quel problema era stato quasi interamente debellato grazie a servizi sociali che, bisognava ammetterlo, erano abbastanza attivi da non lasciare i bambini sulle strade. Al massimo potevo pensare ai bambini zingari, appartenenti a gruppi di nomadi, che talvolta vedevo mendicare o suonare strumenti per strada, ma anche loro sembravano tenuti meglio di questo ragazzetto che mi trovavo ora davanti. Quindi non avevo davvero la minima idea di come comportarmi in quella situazione. Dovevo immediatamente passare ad essere carina e gentile, far sfoggio della mia compassione per le condizioni miserevoli in cui viveva?

 “Ah, la conosco quella faccia” dichiarò lui con aria saputa, strappandomi a quell’imbarazzo. “Stai compatendo la mia vita triste, così giovane, senza una casa e senza genitori che mi insegnino un lavoro onesto. E indovina un po’?” sfoderò un sorriso a trentadue denti. “A me tutto questo va benone!”

 “Cosa?” ehm, da dove gli era venuta l’ispirazione per questo discorso? Espressione o no, io non gli avevo ancora detto nulla!

 “Della vostra rispettabilità, non me ne può fregar di meno!” proclamò orgogliosamente. “Non ho una casa? Vado dove voglio! Non ho genitori? Non ho nessuno che mi comandi a bacchetta e mi colpevolizzi per esistere! Non ho una posizione sociale? Non ho obblighi verso nessuno” Sogghignò. “E nessuno ha autorità di costringermi a far nulla, se non con la buona vecchia maniera di un fracco di botte”

 Era una mia impressione, o aveva lanciato un’occhiata obliqua verso la bottega del farmacista, su queste parole? Un altro elemento che non riuscivo a collocare, esattamente come tutto il resto della sua dichiarazione di indipendenza.

 Non mi era mai capitato che qualcuno si lanciasse in un discorso così, senza la minima provocazione! O forse non era esatto: dovevo aver fatto una qualche espressione di pietà, stupore, o tenerezza, qualcosa a cui il ragazzino doveva essere abituato. Sospettai che facesse quel tipo di discorso praticamente a chiunque.

“Molto interessante” replicai in tono quasi annoiato. “Non ho pensato nessuna di queste cose”

 “Ah, allora sei una di quelli profondamente schifati dalla mia esistenza” concluse lui, prima di mettersi a saltellare davanti a me. “Ebbene, eccomi qui! Ti traumatizzo tanto, vero?”

Seriamente, cosa stava passando per la testa a questo ragazzino?

 “Come se fossi tanto migliore di me” chiosò. “Sono sicuro che se tutti i tuoi segreti venissero spiattellati in giro, la gente ti guarderebbe con lo stesso schifo che tu tiri a me”

 “Che?”

 Il mio primo pensiero corse al mio arrivo in quel mondo. Come faceva quel ragazzino a sapere – no, non aveva senso! Aveva senso, invece, che tutti mi avrebbero additata come traditrice se avessero scoperto la mia collaborazione con Simay! Ma come faceva questo qui a saperlo? Ci aveva spiati durante qualche conversazione? Era l’unico a saperlo? Cosa avrebbe fatto di queste informazioni?

 “E non rispondermi con la tirata ‘io sono una persona perbene’. Tutti hanno dei segreti” dichiarò il ragazzino con aria saputa. Ah, meno male! Era un discorso generale.

 Allargò le braccia. “Pensi che queste siano le botteghe di brava gente? Siamo circondati da segreti sporchi! La sarta?” indicò la bottega della donna in questione, Conira. “Cornifica regolarmente il marito, con uomini molto più giovani di lei. Il fabbro? No, questo non è un segreto, le lamentele di quella povera moglie trascurata le sentono tutti”

 Aspetta, se chiacchierava così tanto sugli affari di tutti, poteva forse confermare …? Indicò la bottega del farmacista.

 “Il buon vecchio farmacista e la sua dolce figliola! Pronti a curare tutti, meno chi scopa l’Imperatore senza chiamarsi Llyra. E quel giovane e talentuoso orafo?”

 “Ehi, che hai detto del farmacista?” lo interruppi (chissà quale sarebbe stata la denuncia a Sayre?).

 Il ragazzino sghignazzò. “Non lo sai? Non ci arrivi neanche da sola? Sei proprio stupida!”

 “Sputa quelle informazioni, moccioso”

 Devo essere sembrata stranamente minacciosa, perché il mio bizzarro informatore cambiò subito registro, mostrandosi esitante e nervoso.

“Ehi, datti una calmata, non sei nella posizione di fare minacce” balbettò.

 “Non hai detto qualcosa a proposito dell’avere segreti? Fidati, per quanto ne sai, potrei sapere molte cose su come far parlare la gente”

 Sospetto di aver visto, nel mio mondo, troppi spettacoli in cui quel genere di minaccia funzionava. Naturalmente, non avrei avuto idea di cosa fare se il ragazzino mi avesse riso in faccia e giustamente concluso che stavo mentendo senza ritegno. Per mia fortuna, le mie parole ebbero effetto: il ragazzino mi fissò per qualche istante, come valutando quanto potessi essere effettivamente essere pericolosa, dopodiché parve concludere che sì, lo ero.

 “Le fanno abortire quando rimangono incinte” bofonchiò. “E’ che l’Imperatrice non vuole rivali per suo figlio, capisci, no? Non sorprende nessuno”

 “Vuoi dire che lo sanno altre persone?”

 Tutti lo sanno, qui in giro. Le concubine dopo un po’ ci sono arrivate da sole, e da lì non hanno fatto che spiegarlo a quelle che arrivavano dopo di loro. Le amiche di Llyra l’avranno sentito dire dalle loro famiglie nobili, la maggior parte delle concubine proviene da famiglie di quel calibro e quelle si conoscono tutte tra loro. E ogni tanto qualcuna si fa sentire dagli schiavi mentre ne parla, e quelli spettegolano con altri schiavi, artigiani e gente di strada. Io stesso, un paio di volte, ho sentito una schiava riferire al farmacista i nomi delle donne cui far avere la pozione”

 “Ma non dovrebbe essere una cosa proibita? Sangue del sole e tutte quelle storie?”

 Il ragazzino si strinse nelle spalle. “E chi è che ha le palle di andare ad accusare Llyra?”

 Grugnii in approvazione: ottimo ragionamento. Bene, per provare che la storia che mi aveva raccontato Alasu era vera, avrei solo dovuto dire a Simay e Qillalla di chiedere in giro. Ma come avevano detto loro, quello non mi assolveva automaticamente dalle accuse: avrei potuto manipolarli anche sfruttando fatti reali.

 “Grazie tante delle informazioni”

 “Mi lascerai andare?” il ragazzino non riuscì a celare la nota ironica, facendomi sospettare che tutta la sua paura precedente fosse stata una finta e avrebbe spifferato tutto in ogni caso.

 “Solo se rubi qualcosa anche alla ragazza di nome Uyella”

 Lui ghignò. “Furto su commissione! Lo farò. E adesso mi piange il cuore ad abbandonare la tua affascinante conversazione, ma devo guadagnarmi un buon posto intanto che non mi vede nessuno. Ciao ciao!”

 Trotterellò via, in direzione delle porte. Era stato decisamente l’incontro più bizzarro e sconcertante che avessi mai fatto in vita mia. Questo ragazzino era partito su una strana tangente sul perbenismo mio e di tutti quelli che abitavano nel nostro raggio visivo senza che io avessi fatto nulla per provocarlo. Certo, era la prima volta che parlavo con una persona di quelle condizioni: magari la gente di strada in genere si comportava tipicamente così?

 Be’, pace. Intanto avevo la possibilità di provare che la storia degli aborti era vera anche se non avrebbe dimostrato la mia innocenza a loro perché erano due stronzi precisini. Però questo significava che Alasu aveva detto a me la verità. Sì, sì, era stata ventilata la possibilità che fosse lei stessa ad avvelenare quelle donne e poi il biasimo ricadesse sull’Imperatrice per ragionamento logico, ma andiamo, quel ragionamento non stava in piedi. A quanto avevo capito dai discorsi di quelle donne, questa storia andava avanti da anni, da ben prima che Simay arrivasse ad Alcanta. Se io fossi stata Llyra, probabilmente avrei iniziato a dare quelle disposizioni non appena fossi salita al trono, quindi probabilmente ancor prima che Alasu iniziasse ad assistere suo padre in quella professione. A questo punto, avremmo dovuto imputare Yzda di essere l’Incendiario? Di nuovo, non avrebbe avuto senso, perché se quella lettera era davvero stata manomessa dall’Incendiario, avrebbe dovuto scoprire dell’identità di Simay da poco più tempo di me. Dunque?

 I farmacisti non erano le persone che stavamo cercando noi!

 Mi ritrovai a star ferma a sorridere stupidamente per qualche istante, quando lo realizzai. Nessuno dei miei timori del giorno prima era fondato! Alasu non aveva mai finto niente. La stima e la gentilezza che mi aveva mostrato non avevano nulla a che fare con il volermi usare.

A pensarci bene, anche sospettarla era stato stupido in primo luogo, esattamente per le ragioni che avevo appena pensato. La questione delle tempistiche? Era stato il commento di Nuala stessa a implicare che non fosse la prima volta che una concubina abortiva!

 Fu con un gran sorriso che entrai nella bottega – ora le indagini su di lei non erano più necessarie, ma mi ero messa d’accordo, e poi potevo almeno togliermi il gusto di parlare con una persona che non mi considerasse un mostro.

 “Ciao!” di nuovo, lei sembrava proprio contenta di vedermi. “Hai avuto problemi, per la nostra chiacchierata di ieri?”

 “Finchè teniamo le lezioni rapide, Dylla non avrebbe niente di cui lamentarsi anche volendolo” sogghignai.

 Lei mi sorrise. “Ti avevo detto ieri che avremmo parlato dei minerali, giusto? Bene, ti mostro di nuovo i più comuni”

 Mi fece cenno di seguirla verso un armadietto. Aperto, metteva in effetti in bella mostra una bella serie di sassi e quarzi di vari colori. “Innanzitutto, questo è un ‘ago di luce’”

 Fedele al nome, l’oggetto che Alasu stava indicando sembrava un cristallo lungo e affilato, di colore giallo vivido.

 “Non è propriamente un cristallo, anche se è sacro ad Achesay. Crediamo sia una sorta di incrocio tra animale e minerale …”

 “Eh?!” stavo per commentare sull’implausibilità scientifica di una cosa del genere, poi mi ricordai che ormai vedevo passare tutti i giorni per le strade scoiattoli dalla coda che andava a fuoco.

 “Neppure noi abbiamo grandi conoscenze sulla sua esatta natura, quella è conoscenza per i sacerdoti. Ora, vedi quel forellino che ha sulla sommità?” Mi avvicinai e osservai bene quel coso. Sì, guardando bene, si notava che non terminava con una vera e propria punta, ma piuttosto con un forellino, anche se talmente piccolo che non ce ne si accorgeva. “Gli aghi di luce lo usano per aderire alla pelle della vittima e succhiare loro il sangue, di cui si alimentano”

 Storsi la bocca e mi allontanai dall’ago di luce. “Ma è molto pericoloso o …”

 “Solo se ti attaccano in gran numero. Possono succhiare solo una certa quantità di sangue, ma è comunque qualcosa che si nota. Per di più, sono molto difficili da staccare di dosso a forza: o succhiano finché sono sazi, o trovi loro una preda più appetibile, oppure usi certi strumenti speciali”

 Indicò un paio di gigantesche tenaglie appese al muro. Quella specie di arma letale per un ago così piccolo? Dovevano davvero essere tenaci.

“Però hanno anche un loro uso medico. Li usiamo quando qualcuno è malato per sangue cattivo o eccesso di bile: succhiano buona parte e la persona, con un po’ di tempo a disposizione, si rimette molto velocemente”

 Sapevo che nel mio mondo, nei tempi antichi, i medici facevano cose simili con animali chiamati ‘sanguisughe’: e se anche una ragazza ignorante e poco studiosa come me lo sapeva, era perché questa pratica era regolarmente portata a esempio di quanto fossero dannose e retrograde le conoscenze mediche di quell’epoca in confronto a quelle attuali. Avrei dovuto dirlo ad Alasu? Fui molto tentata, ma mi resi conto che probabilmente l’avrei solo confusa, e ottenuto domande a cui non avrei saputo rispondere perché, per l’appunto, avrei parlato per conoscenze comuni invece che effettivi studi in materia.

“D’accordo. Così non darò troppo di matto se mai dovrete attaccarmi uno di quei cosi” fu tutto quello che mi sentii di dire in proposito. Lei sorrise. Si avvolse la mano in uno scampolo di tessuto e prese una gemma rosa, stando ben attenta a non farla entrare in contatto con la sua pelle.

 “Questa non era quella pietra al centro di quel gioiello strano che aveva Aylla?” notai. Come notato prima, era molto più grezza, ma il colore era lo stesso.

 Alasu soffocò una risata. “No, direi proprio di no. Sayre di sicuro non farebbe molti affari con questa. Doveva essere una tablyk, ci assomiglia molto ed è usatissima in gioielleria”

 “Uh. E questa?”

 “E’ una kislyk. Emana energie molto dannose per l’organismo, se tenuta a contatto con esso per lunghi periodi di tempo. Non è velenosa, ma può causare crisi di rigurgito, diarrea, emorragia, febbre e …”

 “Come, scusa?”

 “Da dove provieni tu non ci sono pietre così dannose?”

 Non era quello il punto. Il punto era che … doveva essere una coincidenza, vero? Era assurdo. Era stata Alasu a causare … ma Nuala aveva notato che la situazione di Aylla non era normale, anche per gli aborti che regolarmente avvenivano lì dentro. Alasu aveva chiesto se avesse mangiato qualcosa di strano. A quanto aveva detto Simay, gli risultava che il sangue della Terra provocasse emorragie con rischio di aborto, non diarrea, vomito o quant’altro. No, non aveva senso.

 “Corinna, mi segui?” chiese Alasu.

 Sussultai. “Sì … scusami, ma adesso ho paura di dover andare. Dylla inizierà a berciare tra poco”

 Alasu guardò fuori al cielo (era a malapena schiarito) ma non denunciò l’evidente bugia, limitandosi ad abbassare la testa. “Scusami, non voglio farti punire. Non aver problemi a correre fuori quando vuoi”

 “Ti dispiace se ripasso domani?”

 “No …”

 “Ottimo, allora ci si vede!”

 Mi fiondai fuori e, senza neanche preoccuparmi di controllare che Alasu non mi stesse seguendo con lo sguardo, mi rifugiai nei giardini. Avevo bisogno di qualche istante in cui non fare null’altro che pensare, senza urla di superiori o ordini da eseguire.

 Allora, era stata accennata la possibilità che fosse Sayre l’Incendiario, per la semplice ragione che era stato lui a rivelarmi dell’inimicizia tra Pacha e Llyra. In pratica, aveva anche meno possibilità rispetto ad Alasu, visto che a quanto pareva stava riportando un sentito dire, ma adesso c’era un altro indizio a suo carico. Pensandoci, il malessere di Aylla aveva molti più punti in comune con quelli causati da quelle maledette pietre rosa che dall’erba che aveva detto Simay.

 Ma non aveva senso! Certo, si sarebbe potuto dire che Sayre aveva causato il malore a quella donna solo per mettermi sul sentiero della vendetta e farmici trascinare tutti gli altri, ma come faceva a sapere il momento preciso in cui proprio io sarei passata da quelle parti? C’era una ressa infernale per portare i vassoi dei dolci! Non aveva uno straccio di senso. No. No.

 Non poteva essere lui – aveva ben due indizi a suo carico – non mi sarei nemmeno dovuta scomodare a indagare, a dirlo agli altri due … oh, cazzo, pensai. Non volevo che fosse lui. Alasu era quel che di più simile avevo a un’amica in quei luoghi, e ho già ampiamente descritto come mi fossi sentita al tentare di indagare su di lei; ma qui stavo pensando al ragazzo che mi piaceva.

 Riguardandomi indietro, posso riconoscere che quello non era neanche lontanamente amore, neppure del genere tempestoso e rapido a svanire che si attribuisce ai giovani: era semplicemente un’infatuazione, poco più che semplice attrazione fisica. Ma all’epoca non lo sapevo.

 Avevo già avuto interessi sentimentali per qualcuno, circa due anni prima degli eventi che sto narrando; ma era stato poco più che un gioco, un voler sentirmi innamorata perché tutte le mie coetanee attorno a me sembravano innamorate di qualcuno, e quel ragazzo aveva semplicemente un aspetto gradevole. A confronto, quello che provavo per Sayre era una passione devastante.

 E così mi comportavo di conseguenza: non riuscivo a passare in rassegna nella mia mente tutte le volte che avevamo chiacchierato, i sorrisi che mi aveva rivolto, i suoi tentativi di sapere qualcosa di più su di me anche se essenzialmente continuavo a ringhiargli in risposta … era tutto parte di un piano per conquistarsi la mia fiducia e farmi mettere in moto una catena di eventi che portasse all’eliminazione di una persona a lui sgradita?

 No, io volevo che quel legame … di qualunque natura fosse … significasse qualcosa, accidenti. Non volevo essere un mezzo per un fine!

 No, calma, ora stavo correndo troppo. C’erano un sacco di altre persone che, seguendo quei tenui fili logici, potevano essere l’Incendiario. Perché non la concubina che mi aveva ordinato di andare a prendere Alasu? Era stata lei a coinvolgermi direttamente nella faccenda, acchiappandomi nel bel mezzo del corridoio. E aveva scelto proprio me, non un'altra schiava: non era un chiaro segno di volermi far vedere la bastardaggine di cui era capace Llyra? O magari una delle schiave, che aveva manipolato le offerte delle altre per far sì che fossi io ad andare a prendere quei dolci! Tutto questo era ridicolo, ma dannazione, anche pensare che Sayre fosse dietro a tutto solo per quei due indizi …

 Un momento. Qui avevamo tutta una serie di persone che avevano collegamenti molto deboli con gli eventi che ci avevano spinti a muoverci … tante persone, ma che insieme formavano un ingranaggio ben preciso … poteva essere? C’era davvero una sorta di ‘mente maestra’ che manovrava tutti questi? Non ero solo io che non volevo pensare di essere stata usata dalle pochissime persone a cui avevo potuto concedere un po’ di fiducia?

 Solo un modo per accertarmene: esaminare bene i vari elementi.

 Alasu era ormai da anni costretta da Llyra a far abortire le donne dell’harem. Era una conoscenza comune, perfino un ladruncolo di strada lo sapeva, e aveva sottolineato che una simile conoscenza era diffusa in giro da nobili pettegoli. Tanto che poteva essere non coinvolta del tutto … aveva chiesto che io la seguissi, ma era vero che lei e suo padre non avevano schiavi.

 Poi c’era Sayre: aveva indagato su come ritenessi giusta una logica di vendetta, mi aveva spifferato della situazione tra Llyra e Pacha per convincermi che sì, chiedere aiuto al Sommo Sacerdote sarebbe stata una grande idea, e aveva creato il gioiello con la pietra malefica al centro. Ma aveva anche lui approfittato della conoscenza comune di cui sopra, e non era stato nemmeno nei paraggi quando io ero stata tirata in mezzo ai soccorsi di Aylla.

 Poi ancora c’era Nuala, di famiglia nobile ma non per questo dalla vita serena, che tra tutte le schiave possibili aveva fermato proprio me, ordinandomi di chiamare Alasu – che poi mi aveva chiesto di assistere, altro punto che la implicava.

 Sì, ci avevo visto giusto: presi separatamente, gli indizi a carico di queste persone erano troppo inconsistenti, ma se messi insieme, tutto quadrava in modo molto più efficace. L’Incendiario aveva dei complici. Probabilmente si trattava di un – o una – nobile: chi altri sarebbe potuto essere nella posizione di minacciare degli artigiani? Il sistema di attribuzione delle leggi poteva anche essere diverso, ma da che mondo era mondo, in un tribunale la parola di un ricco valeva più di quella di un povero.

 E a quanto avevo capito, l’esistenza dell’Incendiario era un segreto noto a pochi: se anche gli artigiani avessero denunciato, avrebbero riso loro in faccia.

Sì, lo sapevo che l’Incendiario poteva nascere nel corpo di chiunque e in qualsiasi ceto sociale, ma qui la possibilità di salire di rango c’era, con quel test dei quattordici anni. L’incarnazione di Sulema, se fosse stata figlia di un artigiano o schiavo, probabilmente ce l’avrebbe messa tutta per superarlo, e non sarebbe stato difficile, se aveva i ricordi di così tante vite. Tutto questo escludeva dalla lista dei sospettati sia Alasu (se ancora ce ne fosse bisogno) che Sayre.

Nuala? Nata in una nobile famiglia, con una certa attitudine al comando, amante dell’Imperatore in persona e quindi con una possibile influenza su di lui … certo, la sua posizione era molto limitata da Llyra e dalle sue dame da compagnia, ma questo avrebbe potuto renderla meno sospettabile. Tra le persone coinvolte, era quella che sarei stata più inclinata a sospettare.

Bene, avevo finalmente fatto una deduzione decente. Adesso, non mi restava che informare e convincere quei due idioti che sospettavano di me.

 

“Quindi adesso ci stai tirando in ballo tutta una congiura” commentò Qillalla, braccia conserte e sopracciglio alzato. Simay era seduto pressoché appallottolato su se stesso, con un dito poggiato alle labbra.

“E’ la cosa più ovvia. Hai bisogno che te lo ripeta? Questi indizi hanno senso solo se combinati insieme”

 “Tranne quelli contro di te”

 “Ah sì? E che cosa siete riusciti a scoprire del mio misterioso passato, sentiamo”

 “Abbiamo rintracciato gli schiavisti che ti hanno catturato. Ora sono in … viaggio d’affari, ma appena saranno tornati, provvederemo a interrogarli”

 “Ah, e il fatto che io sia stata catturata da quei tre invece che da chiunque altro è un indizio?”

 “Non sto dicendo que …”

 “Ha senso” mormorò Simay. Qillalla si bloccò a guardarlo.

 “Come?”

 “Che l’Incendiario sia spalleggiato da più persone. Un po’ di fuoco da solo non scatena una guerra civile, ha bisogno di pedine e alleati che approfittino del caos scatenato dai suoi omicidi, o magari gli creino degli alibi per renderlo irrintracciabile. Siamo stati stupidi a cercare sue tracce senza pensare a questo”

 “Uh, hai ragione”

 Il discorso di Simay non aveva fatto altro che farmi sorridere; l’espressione di Qillalla nel proferire quelle due parole fu la frutta sul dolce.

 “Bene. E ora, vi pare che una schiava appena catturata e venduta possa avere tutto questo potere su tutte queste persone?”

 “Sì. A quanto ne so, quella di prendere fuoco è una paura che trascende gli strati sociali”

 Ma di nuovo, che accidenti aveva Qillalla contro di me?

 “E quindi mi credi così intelligente da scoprire l’identità di Simay, decidere quali persone potrebbero calmare la situazione e studiare il piano per eliminarle, individuare le persone giuste da costringere ad aiutarmi, e mettere in azione il piano, il tutto nelle poche settimane che sono qui? Sono lusingata”

“Hai appena usato l’argomentazione più convincente a tua difesa che abbia mai sentito finora”

“E’ vero” concordò Simay. Lo fulminai con lo sguardo, lui mi guardò confuso e dopo un istante sgranò gli occhi. “Non lo intendevo in quel senso! Cioè … anche con una specie di genio, ci vorrebbe tempo per imparare come funziona la società di Tahuantinsuyu, scoprire i suoi punti deboli, conoscere le persone importanti e trovare il modo giusto di sbarazzarsene … è molto più facile che questa persona non solo abbia una buona posizione sociale, ma sia nativa di Alcanta”

 “Assolta, allora” borbottò Qillalla guardandomi.

“I tuoi festeggiamenti mi commuovono”

 “Scusa se abbiamo sospettato di te” il sorriso di Simay pareva proprio sincero. “Ma non potevamo assumerci rischi in questo. Vuoi ancora aiutarci …?”

 “Voglio mollare un pugno in faccia a tutti e due” dichiarai. “Però sì. Tu stai ancora rischiando la pelle. E se a reputazione di questo Incendiario è meritata, adesso la rischiano anche un sacco di persone. Non mi va di stare con le mani in mano mentre succede questo”

 “Hai sentimenti incredibilmente nobili per una schiava!”

 “Alla faccia della condiscendenza” brontolai. “Allora, abbiamo appurato che il problema si è moltiplicato per ogni persona compresa in quella bastardata. Avete già pensato a cosa fare o devo pensare io anche a quello?”

 “Non sia mai che ti imponiamo eccessive fatiche” interloquì Qillalla. “Simay, hai qualche idea?”

 “Penso che dovremmo confrontare uno tra Alasu o Sayre” borbottò nervosamente l’interessato. “Se Corinna ha ragione, e l’Incendiario è un nobile che li costringe a lavorare per lui, non gli saranno affatto affezionati. Forse non sapevano chi avrebbe potuto aiutarli, ma io sono un novizio sacerdote. Sono al servizio di una dea, e non una esiliata in un corpo umano. Potrò riferire tutto alle alte sfere dei Templi, e …”

 “E rivelare la questione della tua nascita” intervenne Qillalla. “Oltre che rendere pubblica la questione degli aborti. La tua famiglia ti vedrà come l’occasione di tornare al potere e farà di tutto per metterti in trono, le famiglie delle concubine nobili potrebbero scatenare una vera e propria rivolta che l’Imperatore non sarà qui per sedare …”

 “E l’Incendiario avrebbe lo stesso quello che vuole” finì Simay in un sussurro.

“Merda” commentai. “Non possiamo garantire loro proprio niente per convincerli a parlare”

 Simay si prese la testa tra le mani. “Non lo so. Potremmo fare appello al loro senso do giustizia, promettere che collaboreremo con loro … che pagheremo l’Incendiario con la sua stessa moneta e creeremo un piano per levargli tutta l’autorità che ha …”

 “E a quel punto comincerebbe a dar fuoco alle cose, suppongo” replicai. “A quel punto che si fa? Lo ammazziamo?”

 “Non ho mai combattuto contro nessuno …” mormorò Simay.

 “Figurati noi” ribatté Qillalla. “Nessuno di noi sa usare armi, tu hai appena iniziato il tuo servizio ad Achesay e il potere che ti è stato concesso, per quanto impressionante mi sembri, non credo supererà un certo limite. E non abbiamo idea di che poteri sul fuoco abbia questo maledetto, o come li usi”

“Siamo in un fottuto vicolo cieco” contribuii alla fiera della positività.

 “Ma ci deve essere qualcosa che possiamo fare!” Simay quasi ringhiò. “Se almeno sapessimo chi sia questa persona, avremmo qualcosa su cui appoggiarci …”

 “E’ proprio per ottenere quello che dobbiamo essere convincenti con gli artigiani” replicai. “O pensi di mentire loro spudoratamente?”

 Ci fu un attimo di silenzio. Il mio pensiero immediato fu che la risposta sarebbe stata ‘sì’. Feci a malapena in tempo a processare questa conclusione e sorprendermi, che arrivò la risposta vera.

 “No, Saremo assolutamente onesti su quello che possiamo e non possiamo fare. Gli ricorderemo i loro doveri verso la giustizia sia umana sia divina, e voglio sperare che basti per portarli sulla retta via”

 Contro la minaccia di avere la vita socialmente rovinata o fisicamente annullata? Molto probabilmente, quasi sicuramente avremmo fallito. Mi sarebbe piaciuto dargli dello scemo e venirmene fuori con un’idea migliore, solo che non ne avevo nessuna.

 Qillalla sospirò. “Si può sempre provare”

 “Non possiamo fare altro. Non interrogherei Alasu: stando a come l’ha descritta Corinna, sembra una ragazza molto in colpa per quello che fa e che potrebbe crollare sotto un interrogatorio diretto, ma ha già confessato di lavorare per Llyra, ciò è quasi di sicuro anche la verità e non ci sono prove concrete per accusarla di lavorare anche per qualcun altro. Non avremmo nulla su cui farle pressione”

 Meglio così, quella povera ragazza si era già tormentata abbastanza per tutta quella vicenda. Il bello di quella giornata era stato proprio pensare di poterla lasciare in pace!

 “Quindi ci appelleremo all’orafo?”

 Ecco, quella era la parte non bella di quella giornata. Di solito sarei stata più che contenta di parlare con Sayre, ma dopo aver scoperto quelle cose sul suo conto? Certo, era stato costretto a far del male a quella donna, non potevo prendermela con lui per quello più di quanto potessi prendermela con Alasu, ma … insomma, fino a quel momento avevo parlato con lui, in barba alle posizioni sociali, da pari a pari.

 Ritrovarmi a interrogarlo su qualcosa che lui era obbligato a fare … era sbagliato, ecco. Mi sembrava di star ficcando il naso. Cosa avrebbe pensato di me, durante quell’interrogatorio? Avrei dato oro per non trovarmi mai in quella situazione, ma ormai avevo assicurato a quei due il mio appoggio, che, per inciso, si rivelò imprescindibile: Qillalla ebbe la brillante idea di effettuare quell’interrogatorio di notte, piombando nella casa di Sayre senza alcun preavviso, e io avrei dovuto segnalare loro quando tutti sarebbero stati addormentati e la via sarebbe stata libera.

 Era molto chiaro perché volesse procedere in quel modo – non avere nessuno che entrasse a commissionare un braccialetto a un momento cruciale, nessuno a chiedersi perché tre persone di classi sociali così diverse si recassero insieme dall’orafo – e credo di aver già chiarito che per me non era un problema l’idea di fare irruzione in casa di qualcuno di notte; solo, progettare una simile effrazione rendeva l’idea di quello che stavamo per fare molto più reale e inevitabile.

 Senza più nulla da discutere, l’interrogatorio fu stabilito per la notte successiva, e io potei tornarmene a dormire, maledicendo il mondo e cercando di aggrapparmi al pensiero che almeno io non ero più sospettata.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

GLOSSARIO (e qualche trivia):

Mekilo: essere simile a uno scoiattolo, solo molto più grande, con zampe molto più lunghe e la coda in fiamme. Essendo un animale legato al fuoco, non è considerato sacro a nessun dio, ma sfruttabile da tutto il genere umano. Viene usato soprattutto per trasportare merci e persone.

Occlo: bovino ricoperto di squame e con protuberanze lunghe e sottili, simili a serpenti che stanno al posto delle corna e da cui esce fuoco. Anch’esso animale legato al fuoco, ma per la sua pericolosità e la capacità di controllare i loro getti di fuoco sono quasi esclusivamente cavalcature da battaglia.

Kutluqun: capre anfibie con alghe al posto della pelliccia. Sono considerate sacre al dio Tumbe, e per questo, per allevarle o catturarne di selvatiche, è necessaria l’autorizzazione di un sacerdote di quel dio.

Lymplis: pesci volanti, con le pinne coperte di piume. Sono sacri alla dea Chicosi, dunque è necessaria l’autorizzazione di un suo sacerdote per possederne uno. Malgrado ciò, sono popolari come animali da compagnia presso la nobiltà.

Kyllu: uccelli simili a cigni, fluorescenti. Sono sacri al dio Achemay, e allevati solo all’interno del palazzo imperiale. Il loro piumaggio è usato per decorare le corone dei sovrani.

Lilque: creature con corpi simili a quelli degli esseri umani, ma con code di serpente al posto delle gambe. Servitori del dio Thumbe, vivono presso il mare, i laghi e in qualche caso i fiumi, quasi mai in corsi d’acqua più piccoli.

Duheviq: piante dalla capacità di mutare il proprio aspetto, assumendo qualsiasi forma desiderino. Originariamente questo veniva usato per catturare prede dei cui fluidi nutrirsi, ma con l’avanzare della società umana, ne hanno approfittato per integrarvisi. Un tempo servitori della dea Achesay, organizzati in tribù-foreste rigidamente isolate dagli esseri umani; solo i sacerdoti della dea potevano avvicinarli senza essere bollati come cibo. Al tempo di Choqo, mentre i più anziani vivono ancora tradizionalmente, i più giovani hanno preso a mescolarsi con le popolazioni umane, finendo spesso vittime di discriminazioni e relegati ai lavori meno nobili o remunerativi. Mantengono comunque un rigido codice di valori, di cui la fedeltà è il più alto.

Shillqui: piante in cui scorre un liquido per aspetto e consistenza simile al miele, che causa a tutto l’albero di agitarsi violentemente. Se bevuto, questo liquido dà gli stessi effetti agi esseri umani, ma è difficilissimo metterci le mani sopra. Pianta sacra a Pachtu, i suoi sacerdoti ne devono bere la linfa durante le cerimonie.

Likri: fiori simili a gigli rossi, dalle temperature bollenti, che esalano un fumo sottile. Se tuffati in acqua gelida e canditi, sono considerati ottimi per la pasticceria, ed essendo legati al fuoco, l’unico limite al coglierli è potersi permettere buoni guanti protettivi.

Sangue della Terra: erba che influenza la circolazione sanguigna, usato per diversi effetti nelle gravidanze.

Zullma: pianta le cui varie componenti hanno diversi usi; le radici sono considerate un potente lassativo.

Kiquicos: erba di colore blu, parassitaria dei Duheviq. Pericolosa per le sue capacità di depistare animali e viandanti, ma molto ricercata per le sue molteplici virtù.

Guyla: praticamente un Moment.

Tably: erba che secondo le credenze popolari risolve l’insonnia e i problemi di incubi frequenti.

Ago di Luce: essere a metà tra lo stato animale e quello vegetale, si nutre di sangue, ma può essere utilizzato per aspirare anche altri fluidi corporei.

 

Qillori: cristalli di colore azzurro chiaro, molto usati in oreficeria.

Achemairi: cristalli di colore dorato, anch’essi comuni per l’oreficeria.

Tablyk: pietra di colore rosato, usata nell’oreficeria.

Kislyk: pietra dall’aspetto simile alla tablyk, ma molto più dannosa.

 

Notte: entità primordiale da cui tutto il mondo ha avuto origine.

Achemay: dio del sole, entità più importante del pantheon Soqar.

Achesay: dea della terra.

Chicosi: dea dell’aria.

Tumbe: dio del mare, dei fiumi e dei laghi.

Sulema: dea del fuoco.

Pachtu: dio dei fulmini e della vita.

Qisna: dea della morte e delle paludi.

Supay: esseri più collegati al folklore che alla religione vera e propria, sono creature della Notte,

incaricati di torturare le anime dei peccatori che lì vengono gettate.

 

 

 

 

Ladies & Gentlemen,

e con l’aiuto di un provvidenziale(?) ragazzino di strada, Corinna ha scartato Alasu dalla lista dei sospetti, estendendola a molte più persone. Avrà ragione? Avrà torto? Lo si scoprirà nel prossimo capitolo; intanto, spero che questo sia stato apprezzato! Grazie di nuovo ai lettori, a quelli che hanno inserito la storia tra preferite/seguite/ricordate, e ai recensori!

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Capitolo 18
*** Dove non si può agire concretamente ***


                  CAPITOLO 17

   DOVE  NON  SI  PUO’  AGIRE  CONCRETAMENTE

 

 

 

 

 

                                                          Dal Manoscritto di Corinna

 

E i giorni precedenti ero stata in pensiero all’idea di confrontarmi con Alasu? Quello che stavo passando in quei momenti era molto peggio.

 Ma forza, c’era la possibilità che anche se Sayre era coinvolto, non fosse colpa sua. Un artigiano non avrebbe certo avuto l’influenza politica necessaria a beneficiare dell’esilio di Pacha. Forse era costretto da qualche nobile. A quanto aveva detto Simay, l’Incendiario poteva essere chiunque, nato in qualsiasi classe sociale; ma Alasu aveva chiarito che un modo per acquisire maggior potere, ascendere a incarichi prestigiosi, esisteva a prescindere dallo status di nascita.

 L’incarnazione di Sulema non avrebbe forse fatto il possibile per mettersi nella posizione più influente che poteva acquisire? Avrebbe avuto molto più senso: già Llyra ci aveva dimostrato che bastava un minimo di potere e riconoscimento sociale per avere in mano la vita degli artigiani. E infatti noi non stavamo andando da Sayre per un’accusa, ma per un interrogatorio. Avevo ancora qualche possibilità.

 L’importante era non far trasparire quanto fossi nervosa … grazie tante, stavo facendo fatica a non dare di matto mentre lavoravo per le dame e fingevo di dormire mentre aspettavo il momento giusto per sgattaiolare fuori a incontrare i ragazzi, figuriamoci quando sarei davvero stata davanti a lui.

 Finalmente, finalmente il tunnel si aprì sotto le mura: ero così nervosa che quasi lo attraversai come ero solita fare, prima di ricordarmi che questa volta sarebbero stati loro a passare nei giardini. Passò un’eternità prima che sentissi le preghiere mormorate di Simay, e lunghi, interminabili secondi prima che lui e Qillalla si arrampicassero fuori dal tunnel.

 “Quello sì che era qualcosa di straordinario” commentò la ragazza mentre il tunnel crollava alle loro spalle, prima di rivolgersi a me. “La via è libera?”

“Altrimenti, vi pare che sarei qui?” brontolai. Volevo fare qualcosa, risolvere quella situazione, quella lì che si ostinava a darmi contro mi faceva venir voglia di prenderla a pugni! Simay ebbe il buon senso di starsene zitto, e io potei fare loro strada senza dire una parola.

 Va bene, stavo per piombare a notte fonda a casa del tizio che mi piaceva per interrogarlo se, per caso, fosse l’incarnazione umana di una divinità psicopatica o fosse da questa costretto ad agire come suo agente. Giusto il genere di situazione normale di cui avevo bisogno!

 Seriamente, mi veniva quasi da pensare a quegli spettacoli in cui il protagonista si trovava in un mondo magico, viveva avventure che lasciavano lo spettatore a bocca aperta, e poi alla fine si scopriva che era in coma o un pazzo. Ma quasi mi sarebbe piaciuto risvegliarmi in un ospedale o in un reparto psichiatrico: voleva dire che sarei potuta tornare a una vita di tutti i giorni, con problemi di una ragazza normale … del mio particolare tipo di normalità, s’intendeva. Chissà che risate si sarebbe fatto Energia, se mi avesse sentita sperare per la normalità.

 “Non avevi detto che c’era via libera?” sibilò Qillalla.

 Dalla bottega di Sayre filtrava una luce che ero sicura di non aver visto mentre mi recavo nei giardini. Lo sapevo che era un mattiniero folle, ma non era un po’ esagerato? L’alba era molto lontana!

 “Non importa” bisbigliò Simay, anche se suonava parecchio nervoso. “Tanto avremmo dovuto svegliarlo lo stesso”

 Sì, ma perché era in piedi a quell’ora? Fui la prima a farmi avanti e scostare la tenda d’ingresso.

 Sayre, appoggiato al suo tavolo di lavoro come in attesa, si illuminò al vederci.

 “Eccovi” ci sorrise. “In perfetto orario”

 Noi avevamo avuto tutti un sussulto a quel benvenuto inaspettato – Qillalla aveva perfino fatto un piccolo salto all’indietro. Oh, questo non era un inizio promettente, no. Come faceva a sapere che saremmo venuti lì? Perché lo sapeva? Aprii la bocca per rispondere, ma mi resi conto di non sapere cosa dire. Anche Simay e Qillalla sembravano essere in una situazione analoga. Ci fu un silenzio che durò alcuni secondi.

 “Avete intenzione di star lì a guardarvi nelle palle degli occhi tutta la serata?” gracchiò finalmente qualcuno.

 “Si vede che non sono abituati a simili situazioni. Sii paziente con loro, Linca”

 Sayre suonava divertito o imbarazzato? O colpevole? Perché non riuscivo a distinguerlo? Poteva fare tutta la differenza del mondo, dannazione!

 “Sappiamo di quell’achera” riuscì finalmente a sputar fuori Simay. “La pietra che ci hai messo al centro era una kislyk”

“Precisamente” confermò Sayre. Non suonava affatto in colpa: sembrava semmai interessato a sentire dove Simay sarebbe andato con quel ragionamento. “E questo fa di me un sacrilego, ma uno come tanti, del resto. Vicende simili sono tutto fuorché straordinarie nelle corti imperiali. La cosa più logica da fare, per un novizio, una schiava e una … nobile? Sarebbe stata denunciarmi ai Sacerdoti di rango più alto, che mi avrebbero riempito la bottega di guardie, portato al palazzo di giustizia per un interrogatorio e infine valutato se colpevole o innocente. E invece mi piombate in casa nel cuore della notte. Anche in questo caso è una procedura di giustizia alternativa?”

 “Sappiamo dell’Incendiario” la voce di Simay era un po’ più decisa. “Sappiamo del piano con cui siamo stati usati per far cacciare Pacha, e di tutte le persone coinvolte, te compreso”

 Finalmente Sayre parve preso in contropiede, a giudicare da come sgranò leggermente gli occhi.

 “Avete capito che era un piano concertato, e da chi? Complimenti. Chi ci ha pensato?”

 “Io” gracchiai. Cercai di allungargli un’occhiataccia, ma temo di non aver fatto un gran lavoro. C’era qualcosa che davvero non tornava, in quella conversazione. Se Sayre era stato, come avevo ipotizzato, costretto a collaborare, come mai il suo atteggiamento era così rilassato? Non aveva proprio nulla dei sensi di colpa di Alasu … magari era solo bravo a nasconderlo?

 “Molto brava” mi gratificò lui, con uno dei suoi soliti sorrisi. Non mi fece saltare il cuore in gola come al solito. Linca sbuffò e fece per dire qualcosa, ma un nuovo intervento di Simay la prevenne.

 “Devi dirci chi è. Lo so che non possiamo garantirti nessuna sicurezza, che non possiamo assicurarti che potremo davvero consegnare l’Incendiario alla giustizia, o darti qualunque onore per aver collaborato alla sua disfatta … ma ci proveremo. Qui non si tratta di sicurezze personali, si tratta di evitare una guerra civile. Si tratta di fare la cosa giusta, il nostro dovere verso gli dei”

 “Non siete qui perché avete assunto che fossi io?” di nuovo, Sayre parve sinceramente stupito.

 “Mi sembrava più logico che fosse un nobile” questa volta fui io a parlare. Dubito seriamente di essere riuscita a tenere la voce ferma, ma al momento ero troppo impegnata solo a infilare tutte le parole per preoccuparmene. “E’ la posizione che permette di spadroneggiare sugli altri e di avere maggior credito, e qui la si può ottenere passando un test, quindi anche se l’Incendiario fosse nato in una classe inferiore avrebbe fatto di tutto per salire di livello …”

 “E’ un modo sottile di darmi dello stupido?”

 “Non è questo il punto!” scattai. Dannazione, era una situazione seria … volevo solo sentirmi dire che lui non c’entrava niente, e che ci facesse il nome dell’Incendiario, così che potessimo concentrarci su di lui! Non aveva nessun motivo valido per esitare, no? No?

 “Scusa, scusa. In effetti, è un ragionamento molto logico, quindi ti garantisco che hai la mia più sincera stima. Sfortunatamente” tese una mano davanti a sé. “E’ anche completamente errato”

 Una fiammella si materializzò sul suo palmo, danzando allegramente in un bel colore aranciato. Non riuscii a fare altro che fissarla per alcuni secondi. Cioè … no. Non aveva senso. Era un incubo.

 “Che!” Simay fu il primo a reagire, peccato che lo fece con l’incoerenza più totale. “Tu –cosa –come- perché- che …”

 “Calmati, Simay di Dumaya” la fiammella si spense. “Una reazione simile non è quel che si dice di aiuto. Buon per te che non intendo farti alcun male, o a questo punto avrei avuto gioco facile!”

 E grazie al cavolo. Insomma, avevamo pensato di confrontare l’Incendiario … ma ci aspettavamo qualcuno di apertamente antagonistico. L’atteggiamento rilassato di Sayre ci prendeva molto in contropiede.

 “Il tuo era un ottimo ragionamento” continuò lui, sorridendo questa volta a me. “Ma purtroppo, anche uno molto comune. Pensi a qualcuno che voglia manipolare la politica e controllare una vasta rete di collaboratori? Pensi a un nobile, o a un borghese ricco e ambizioso. Non certo a un semplice lavoratore manuale. E per semplice virtù di eccesso di logica, una persona come me ha una copertura perfetta”

 “E allora perché non hai continuato a fingere?” obiettò Qillalla. “Perché rivelarti a noi in questo modo?”

 “Perché non sono interessato a depistarvi” grazie tante, adesso quello che andava avanti senza nessuna logica era lui! “Non intendo farvi alcun male, ne nascondervi alcunché. Voglio solo farvi una proposta, e di certo non avrei potuto farlo con la mia copertura integra”

 “Tu non … non intendiamo neppure ascoltarti” balbettò Simay. “Sappiamo chi sei, cosa fai, e lo riferiremo dritto a … a …”

 La voce del ragazzo si spense. E certo, avevamo già discusso di quello.

“Non sprecare il fiato in minacce che non puoi concretizzare” suggerì Sayre. “Non avresti modo di parlare di quello che sta succedendo con chicchessia senza rivelare la tua ascendenza. E con la tua intelligenza, sono sicuro che tu lo sappia benissimo. Dunque? Che intendi fare, davanti a un problema che non puoi risolvere con l’aiuto dell’autorità?”

 Ma che? Adesso si metteva a filosofeggiare? Perché? Insomma … sapevamo della sua identità, eravamo una minaccia per lui, no? Almeno avesse attaccato, o minacciato, una qualunque cosa che rispondesse alle nostre aspettative!

Simay, comunque, era completamente a corto di parole. Oh per la miseria, era così abituato ad ascoltare quello che un superiore gli diceva di fare che non sapeva cosa rispondere a questo interrogatorio da due soldi? Be’, dovevo intervenire.

 “Che ne dici se ti ripaghiamo con la tua stessa moneta e creiamo accuse contro di te?” sbottai. “Oppure, che ne dici se questo qui chiede aiuto alla sua dea e ti seppellisce sotto tre metri di terra?”

 “Non potrei farlo!” rispose immediatamente Simay.

“Adesso non farti scrupoli proprio con lui, tanto si reincarna …”

 “Non è per quello, è che non ho ancora abbastanza potere da sostenere un combattimento!”

 “Si sono distratti con facilità impressionante” commentò Linca. “Mio signore, siete proprio sicuro di voler piazzare questo tizio sul trono?”

 “Ne sono sempre più sicuro”

 “Lo prendo come un insulto” ringhiò Simay.

 Sayre sospirò. “Non essere così certo che io voglia il tuo male …”

 “Io voglio essere sacerdote, non Imperatore” ribatté Simay. “E soprattutto, non intendo causare nessuna guerra civile”

 “Sacerdote! Ebbene, posso chiederti cosa pensi del concetto di egoismo?”

 “Cosa cazzo c’entra?” sbottai io.

 Odiavo la piega che stava prendendo quella conversazione. Andasse affanculo, Sayre! Dopo tutti i miei tentativi di convincermi che lui doveva essere stato costretto, che tutta la simpatia nei miei confronti doveva essere stata genuina e non un semplice strumento per farmi fare quello che voleva, che fosse stata una delle poche persone in quello schifo di mondo a non guardarmi dall’alto al basso, eccolo lì che faceva bella mostra dei suoi poteri del fuoco e ammetteva tutto con la massima noncuranza. E a me niente? Era così concentrato su Simay, senza risparmiare un pensiero per me e cosa stessi passando?

 “Razza di … coso, tu ci hai manipolati, ci hai riempiti di balle e costretti ad allontanare il nostro unico alleato, e appena lo scopriamo, tutto quello che fai è blaterare di robe astratte?”

 “E cos’altro dovrei fare, se non offrirvi le mie motivazioni, o almeno tentare di farlo?” replicò lui con una faccia calma da prendere a schiaffi. “E vorrei correggerti riguardo al ‘costringervi’. Io non vi ho mai obbligati a fare nulla. Io ho detto alcune cose; voi le avete ritenute vere e avete agito di conseguenza”

 “Tu le hai dette apposta!” strillai.

 “E voi avete fatto quello che mi aspettavo”

 “Cos’è, adesso è colpa nostra? Perché abbiamo creduto a qualcosa che non avevamo ragione di dubitare?”

 “Volenti o nolenti, vi state immischiando nella politica di Tahuantinsuyu” chiosò lui. “Quindi sì, se credete a tutto quello che vi viene detto, le conseguenze sono colpa vostra. Simay, non sei riuscito a rispondere alla mia domanda”

 E mi ignorava così? Cioè … di tutte le persone, qui, ero quella con cui aveva parlato più spesso. Quella che aveva usato come strumento per manipolare gli altri due. E adesso che gli avevo portato la persona che gli interessava, mi metteva da parte così, come se non importassi niente? Che andasse affanculo, all’inferno, nella Notte, dove diavolo poteva star peggio!

 Volevo urlare, mentre Simay rispondeva, volevo urlargli cosa ne pensavo esattamente di lui, farlo sentire come il verme che era … non avrebbe funzionato. Sarei solo sembrata patetica. Mi aveva usata con la massima disinvoltura: se era un essere che si reincarnava, chissà quante altre volte lo aveva fatto, in passato? Con quante altre persone? Probabilmente ciascuna di loro gli aveva urlato contro, e ciò non aveva nessun effetto. Io potevo davvero sperare di fare una differenza? Certo, potevo urlare più forte degli altri, mostrare più spina dorsale, ma mi rendevo conto che quasi di sicuro non l’avrei impressionato. No, dovevo ricorrere ad altri mezzi, se volevo avere la mia rivincita.

 Non avevo neanche ascoltato la risposta di Simay, ma Sayre non doveva averla approvata, perché adesso stava discutendo di quanto fosse egoistico, da parte di una persona brillante, dotata di capacità creativa e spirito critico come il giovane novizio, voler usare queste qualità a favore di una dea astratta e lontana invece che degli esseri umani che lo circondavano. Simay sembrò prendere queste parole come un insulto – secondo me ne aveva ben d’onde, ma più che altro perché non aveva nessuna di queste caratteristiche.

 “Io devo servire gli dei, perché se ho una qualsiasi di queste qualità che mi attribuisci, è stata un loro dono. Anche se non ho la più pallida idea del perché tu voglia lusingarmi in questo modo, visto che mi hai visto due volte prima d’ora”

 “Di persona? Questa è la terza volta, in effetti. Ma la tua fama ti ha preceduto”

 Come? C’era qualcun altro ancora che sapeva che Simay fosse il figlio di Manco? E chi? Come la mettevamo con lui? Come facevamo a gestire tutte queste persone?

 “Come …?” balbettò Simay.

“Mi pare che tu avessi sette od otto anni quando hai costruito un marchingegno che portava alternativamente rami di shillqui e ullqui sotto il naso di chiunque avesse la disgrazia di averlo addosso, per controllarne lucidità e comportamento. Lo hai usato prima su dei poveri schiavi e poi su lymplis e kyllu, per portare loro di nascosto cibo e medicine extra a mo’ di scusa. Alla stessa età, hai realizzato un fischietto che simulava i suoni di diverse correnti d’aria, depistando interi stormi di fylles e facendo impazzire i sacerdoti di Chicosi. Eri ancora più giovane, quando hai progettato e fatto costruire una pista per biglie alternando legno di shillqui e soribo, e steli di kiquicos”

 “Cosa? Come fai a sapere tutte queste cose?”

 “Non c’è miglior spia di un genitore orgoglioso. Etahuepa aveva viaggiato nel luogo in cui vivevo all’epoca per regolare qualche contratto di affari, e per farla breve, io ero nella posizione di incontrarlo. Se ho scoperto di te, è stato in modo completamente casuale: gli ho fatto qualche domanda di cortesia sulla sua famiglia, e ho scoperto che aveva questo figlio adottivo che non la smetteva di creare oggetti bizzarri”

 “Io non …” balbettò Simay. Io lo stavo guardando con tanto d’occhi. Davvero era così da bambino? Sembrava una piccola calamità! Peccato che fosse cresciuto in un imbranato noioso. Almeno avevamo la consolazione che nessun partito ignoto avesse letto quella dannata lettera. “Io non sapevo di stare errando in quel modo contro gli dei e …”

 “Per favore, non rimangiarti le tue stesse parole” replicò Sayre. “Mettere in atto le idee che puoi formare con le capacità donate dagli dei? Non era un modo di onorarli? Rischi di risultare abbastanza contraddittorio nel tuo fervore di essere la persona più devota del mondo, mio giovane amico”

 Simay balbettò per qualche istante, alla ricerca di qualcosa con cui replicare. “Questo non spiega perché tu voglia vedermi sul trono” concluse alla fine. “Potrei adottare esattamente il pensiero che hai appena esposto, e realizzare queste cose anche come Sacerdote. Il potere politico non è importante. E poi realizzare oggetti nuovi non indica nessuna attitudine al governo”

 “Hai perfettamente ragione” ammise Sayre. “E infatti una delle mie idee iniziali era simile. Avrei potuto renderti il fondatore di una nuova corrente religiosa. Oppure uno scienziato, o un consigliere dell’autorità imperiale … purtroppo, avevo molti dubbi su che strada sarebbe stata la più adatta per te, non avendo potuto seguire la tua crescita. All’epoca avevo un ruolo più prestigioso, e ho provato a persuadere tuo padre ad assegnarti a me come allievo, ma ha categoricamente rifiutato …”

“Senz’altro, mio padre è un uomo lungimirante”

“Permettimi di dissentire. E dati i tuoi legami a una famiglia nobiliare, portarti via sarebbe stato fuori discussione. Ho dovuto viaggiare e stabilirmi in questa capitale, in attesa di incontrarti una volta che tu fossi giunto qui per la tua istruzione, e intanto preparare un buon terreno per coltivare le tue abilità. E qui, ho scoperto di quella lettera. Non riuscivo a credere neppure io alla fortunata coincidenza! E naturalmente, una volta che si è palesata la possibilità di innalzarti alla massima carica, anche i miei obiettivi si sono fatti più ambiziosi. Del resto, talvolta non sono tanto importanti le azioni, quanto la mente che sottendono. Tu, con la carica di Sacerdote, potresti certo dichiarare che la tua mente brillante e le tue doti creative sono un dono degli dei, e tutti ti crederebbero per il mantello che indosseresti; ma a lungo andare, ciò non aiuterebbe davvero nessuno. Questo Impero, anche se avesse una visione più favorevole delle capacità umane, resterebbe completamente asservito agli dei e ai loro rappresentanti terreni”

 “Ed è come le cose dovrebbero essere”

 “Fai una cortesia a te stesso e non parlare in quei termini. ‘Dovere’ è una parola vigliacca. Ciò che si chiama ‘dovere’ non è altro che ciò che qualcuno vuole, ma decorato di necessità – per farlo compiere agli altri – o di sacrificio – per far apparire più nobile la persona stessa”

 “Il dovere è tutto quello che tiene in piedi la società” ribatté Simay. “C’è un motivo se viene impartito da dei e sovrani: per impedire alla gente di essere sviata da persone come te, per impedire loro di fare tutto quello che vogliono, senza legge, senza giustizia. Per impedire a chi lo vuole di uccidere, rubare, tradire, violentare, e assicurarsi che vi sia una punizione per chi trasgredisce”

 “Non ho mai negato nulla di tutto questo” fu la risposta. “Ho solo detto che il concetto di dovere, di per sé, non esiste: è solo una manifestazione del volere, nel caso che tu hai menzionato, di sovrani e divinità. Ma obiettivamente, perché il loro volere dovrebbe essere superiore al tuo?”

 “Ma perché è quello degli dei e dei loro discendenti! Io sono solo un essere umano come tanti!”

 “Se dai così tanta importanza al sangue divino, stai contraddicendo la tua stessa logica”

 “E allora cambierò idea: gli dei vogliono ciò che è meglio per la razza umana. I sovrani rappresentano le loro leggi, se non sono sviati. E io, anche volendo, non sarei mai un buon sovrano, finché rischio di essere influenzato da te”

Sayre, paradossalmente, sembrò apprezzare quella risposta. “Quindi, non perché l’obbedienza è richiesta dalla stessa natura divina, ma perché concordi con i loro ideali. Va già molto meglio. Ma dimmi, se gli dei tengono tanto all’umanità, come ti piace sostenere, pensi che disapproverebbero tanto che tu voglia usare le qualità da loro concesse per migliorare la vita dei tuoi simili?”

 “Bel ragionamento” brontolò Simay. “E viene proprio da qualcuno che ha a cuore i migliori interessi dell’umanità. Pensi che io non abbia mai sentito parlare del Terrore di Sulema?”

 Gran goduria: finalmente Sayre smise di sorridere con quell’aria pacifica. Non parve molto agitato, ma acquisì una certa rigidità nel muoversi e nel parlare … potevo dire che non era affatto felice che fosse stato portato in ballo quel particolare argomento.

 “Sicuramente te ne hanno parlato” fu la sua risposta. “E ne hanno ben d’onde. Voi umani fate bene a non dimenticare …”

 “Scoppiava un incendio? Il fuoco avrebbe preso una coscienza propria e avrebbe dato la caccia a qualsiasi essere umano si trovava nei paraggi, senza fermarsi finché non l’avesse ucciso; avrebbe distrutto fino alle fondamenta qualsiasi tipo di insediamento fossero in grado di mettere in piedi allora. Mekilo e occli erano cacciatori attivi della nostra razza, sotto i tuoi ordini. Questo è quello di cui mi hanno parlato”

 “E hanno fatto benissimo, perché è tutto assolutamente vero” rispose piano Sayre.

 Mi resi conto di avere la pelle d’oca. La mia rabbia di poco prima sembrò di colpo insignificante. Qui si andava completamente fuori scala. Qui stavamo parlando con una divinità, e una per nulla favorevole al genere umano. Qualcuno che aveva tentato un vero e proprio genocidio, non con una razza sola, ma con l’intera specie. E se non continuava a farlo, era perché qualcuno era stato abbastanza pietoso da togliergliene i mezzi, costringendolo ad arrangiarsi manipolando persone per causare la massima infelicità possibile sulla più grande scala che si potesse raggiungere. Come era appena successo a noi. Seriamente poco prima ero riuscita a pensare alla mia infatuazione delusa? Adesso volevo solo infilare la porta e scappare il più lontano possibile.

 Non fui l’unica ad avere questa reazione: anche Simay, che pure aveva portato la questione in ballo in primo luogo, rimase a boccheggiare per qualche istante, con gli occhi sgranati, prima di ritrovare le parole.

 “Quindi, quindi capirai, non sto esattamente pensando di essere a colloquio con un grande campione dell’umanità”

 “Infatti non sono nulla del genere” si affrettò a rispondere Sayre, “Non ce n’è bisogno. L’umanità produce i suoi stessi campioni: il suo problema è che al tempo stesso, non si fida di loro. Crea questione di classi, leggi, dovere, cos’è appropriato per una specifica razza, ceto sociale, sesso. Inutili catene che costringono una persona che avrebbe le capacità per cambiare le sorti di popoli interi, talvolta infiltrandosi nella sua mente e convincendoli che le loro doti sono un peccato, qualcosa da nascondere e di cui provare vergogna” lanciò un’occhiata molto eloquente a Simay. “Ed è a questo punto che intervengo io”

 “Per assicurarti che di queste abilità venga fatto l’uso peggiore”  rispose l’altro a denti stretti.

 “E perché dici questo? Pacha ti ha fatto esempi specifici?”

 “Mi ha detto abbastanza”

 “E’ una risposta molto incerta. Ti avrà parlato di guerre civili, sommosse, sconvolgimento dell’ordine sociale. Nella maggior parte dei luoghi in questione, le parole usate sono rivoluzione, progresso, cacciata dei tiranni …”

 “E’ ovvio che direbbero questo, se sono guidati da qualcuno imbottito delle tue bugie!”

 “Così come è ovvio che Pacha dipinga questi eventi in luce negativa, dal momento che è un rappresentante di quei vecchi poteri che verrebbero abbattuti, dovesse verificarsi qualcosa di simile”

 “Pacha era un servo leale della Grande Madre” ringhiò Simay. “Avrebbe saputo quel che era meglio per il popolo, per me, per chiunque. Avrebbe saputo cosa farsene di te. Ed è per questo che l’hai fatto cacciare, vero? Anche se era innocente? Che razza di modo sarebbe per guadagnarti la mia lealtà?”

 “Pacha Duqasi era davvero una brava persona” concesse Sayre. “Quel che ho architettato per spingere Llyra a esiliarlo? E’ stato perché era completamente privo di segreti poco puliti o tragici difetti che lo rendessero indegno della sua carica, e ho dovuto creargliene uno. La sua faida con l’Imperatrice? Inventata di sana pianta, sfruttando una seria di coincidenze comprendenti l’incompetenza di chi ha preparato le razioni di materiale e le serie difficoltà di Hualpa nel non comunicare le sue disgrazie a chiunque capiti a portata d’orecchio”

 Il suo sorriso fu uno breve, indirizzato a me. E io non avevo indagato su quello … mi ero fatta mille paranoie sulla faccenda delle erbe, ma non avevo neanche per un attimo messo in dubbio quell’affermazione … ma non aveva senso!

“Quindi il tuo piano era campato per aria, e ha avuto successo solo perché Pacha è stato abbastanza decente da aiutarci e per puro caso la tua diceria non è stata menzionata esplicitamente. Andare a botta di culo non ti fa molto onore, se vuoi proporti come un grande manipolatore!” commentai. Sì, lui poteva replicare che concretamente ci aveva infinocchiati tutti quanti, ma volevo solo dargli sui nervi … avere la riprova che non era un genio le cui trappole erano inevitabili, dannazione!

“Oh, la fortuna mi ha favorito meno di quanto tu creda. Voi avreste avuto il preconcetto che Pacha era in una faida più o meno segreta con l’Imperatrice: se anche avesse negato, avreste pensato che mentisse per non trasformarla in un conflitto aperto, o per apparire migliore ai vostri occhi” … che era esattamente quello che avevo pensato quando Pacha aveva menzionato che gli errori nelle distribuzioni erano state, appunto, errori. “Ed ero sicuro che il Sommo Sacerdote vi avrebbe aiutati perché, come già detto, è una brava persona. Sfortunatamente, era facile per tutti accorgersene: era benvoluto, la gente si fidava di lui, obbediva con la massima devozione alle sue direttive …”

 “E avrebbe riportato tutti sulla via della ragione qualora fosse sorto un conflitto!”

 “Li avrebbe riportati sulla via dell’obbedienza cieca e della completa sottomissione. Era un brav’uomo, ma questo non lo rendeva necessariamente adatto a favorire lo sviluppo ideale di questo Impero”

 “Sviluppo ideale? E’ un eufemismo per ‘completo collasso nell’anarchia’?”

 “Ma non so neppure io cosa voglia dire! Tu cosa pensi che voglia dire?”

 “Cosa?”

 “Quale sarebbe la tua idea di migliorare le condizioni di questo Impero? Se tu avessi il potere assoluto, cosa faresti?” Scosse la testa. “Vorrei davvero avere  abilità pari alle tue, o a quelle degli altri che ti hanno preceduto. Vorrei poter essere di effettivo servizio all’umanità, poterle offrire anche un misero risarcimento per quello che ha sofferto a causa mia e dei miei antichi pari. Ma io sono, fondamentalmente, un incapace. Posso capire di che genere di persone l’umanità abbia bisogno di essere guidata per raggiungere il suo massimo potenziale, ma non sono una di quelle persone. Ho qualche capacità creativa, di discorso e di ragionamento, ma arrivo solo fino a un certo punto. Tutto ciò in cui posso dire di essere bravo, è trovare le persone di cui c’è bisogno, e manipolare gli eventi perché queste possano dispiegare al massimo le loro capacità. Pensaci bene, Simay. Se tu riuscissi a pensare a un qualsiasi progresso per questo Impero, io sarò a tuo completo servizio per aiutarti a realizzarlo. Questa è la mia offerta”

 Simay rimase zitto per diversi secondi. Io e Qillalla non ci azzardammo a fiatare, gli occhi fissi su di lui e sulle varie espressioni – interesse, sorpresa, rabbia, timore, di nuovo rabbia – che gli attraversavano il volto. Infine il novizio riuscì a mettere insieme una risposta.

 “Non cambierei assolutamente nulla. Tahuantinsuyu si è retto immutato per secoli, è la prova che il governo del sangue degli dei e delle leggi divine è corretto. Non cambierei una lettera di queste leggi”

Mi sfuggì un sospiro di sollievo.

 “Ecco, quello è l’esatto opposto di ‘sviluppo’” sospirò Sayre. “E’ un peccato, davvero. Se solo tu avessi avuto il coraggio di valutare la tua intelligenza di qualsiasi aiuto agli altri, e pensato a un qualunque miglioramento, io avrei fatto tutto ciò che è in mio potere per permetterti di realizzarla …”

 “Sì, e assicurandoti un buon numero di persone morte e offese agli dei nel frattempo. Non mi stai esattamente presentando quella che si dice la tentazione del potere”

Ecco, bravo Simay. Per un attimo, guardandolo mentre elaborava la sua risposta, avevo temuto seriamente che avrebbe acconsentito alla proposta di quel bastardo …

“Peggio per me. Mi considererai un nemico, dunque? No, io non farò lo stesso. Sei giovane, hai molte occasioni per cambiare idea: ucciderti, farti esiliare, permettere che tu sia danneggiato in alcun modo sarebbe assolutamente controproducente. Puoi stare sicuro che da me non ti giungerà alcun male”

 Davvero non era la più tranquillizzante delle garanzie. Aveva parlato di danni fisici: non aveva giurato che non ci avrebbe di nuovo coinvolti nei suoi piani, che quella sarebbe stata l’ultima volta che ci avrebbe usati, che ci avrebbe lasciati in pace. Anzi, aveva implicato l’esatto opposto.

 E questo ci lasciava senza possibilità di difenderci. Se ci avesse fisicamente attaccati … no, non avremmo avuto i mezzi per ricambiare, o forse anche solo proteggerci, ma avrebbe fatto un gran chiasso in un cortile pieno di artigiani: praticamente si sarebbe denunciato da solo. Eravamo in una perfetta situazione di stallo, in cui nessuno poteva concretamente fare una qualunque cosa.

 “Non finirà qui” rispose piano Simay. “Tu non hai intenzione di smettere … quello che stai facendo per rovinare l’Impero. E io non intendo permetterlo. Ho una prova della tua colpevolezza. Basterà che venga esaminata quella collana …”

“Per trovare una normalissima achera con una tablyk al centro. Davvero credi che non vi fosse un duplicato regolare del gioiello, di modo che la mia assistente potesse effettuare una sostituzione nel momento in cui la kislyk avesse esaurito il suo scopo?”

“Questo non vuol dire niente” borbottai, cercando di non dare a vedere quanto poco sicura mi sentissi. “Basterà provare il coinvolgimento di Nuala …”

“Povera Nuala, e lei che c’entra? Non è lei l’assistente”

“E’ stata lei a portarmi da Aylla!”

“Corinna, per essere qualcuno che cerca disperatamente di farsi notare, sottovaluti la reputazione che ti sei guadagnata. A Nuala è stato detto, da un’altra donna di cui non farò il nome per ragioni di sicurezza, che sei una schiava particolarmente avversa alle donne per cui devi lavorare, e dunque più bendisposta delle tue colleghe ad aiutare loro. E con quei capelli mezzi blu, non sei facile da confondere”

Avevo la nausea. A parte la frecciatina iniziale, mi dava il voltastomaco sentire esattamente come fosse stato programmato il mio coinvolgimento nella faccenda. Sembrava davvero che io non fossi altro che un oggetto.

“Dunque non abbiamo nulla con cui accusarti, e non sappiamo chi sia la tua aiutante” riassunse Simay. “Non importa. Non smetto di volerti fermare. Sta’ sicuro, realizzerò un piano per non lasciarti distruggere nulla. Lo giuro su tutti gli dei”

“Approvo di tutto cuore!” rispose Sayre con un gran sorriso. “Creare nuove strade per affrontare le difficoltà invece che arrendersi ad esse: è la cosa migliore che un essere umano possa fare. Fai quello che vuoi, dunque. Diventa potente con la tua magia della Terra, e prova a uccidermi. Inventa accuse credibili a mio carico per spedirmi lontano da qui. Trova alleati in qualsiasi posizione dell’Impero ti sembri la più adatta. Racconta di questa conversazione a chi vuoi” e qui mi parve che il suo sguardo si spostasse brevemente su Qillalla. “Individua i miei prossimi progetti, i miei prossimi bersagli, e prova a sventarli e salvarli. Te lo posso dire in tutta onestà, sarei felicissimo di tutti questi tuoi tentativi”

 Simay non replicò: lo fulminò con un’ultima occhiataccia, e poi uscì dalla bottega. Qillalla lo seguì a ruota. Io rimasi ferma lì, a fissare Sayre.

 Avevo appena visto una persona lontana mille miglia, e al tempo stesso orribilmente familiare, a quella che credevo di conoscere. L’atteggiamento amichevole e scherzoso, la tendenza a filosofeggiare? Ecco qualcosa che riconoscevo. Ma l’assoluto disinteresse che aveva mostrato nei miei confronti? Di certo, non da una delle prime persone a dimostrarmi complicità e gentilezza a me. Davvero tutta la mia importanza stava in quanto fossi uno strumento utile, e talmente stupido da rendersi conto di essere usato?

 Lui si rese conto di come lo fissavo, e mi guardò di rimando con aria interrogativa, come sfidandomi a dirgli in faccia quello che pensavo di lui, dopo tutte le rivelazioni che c’erano state. E dio, se avrei voluto farlo. Avrei voluto urlargli addosso quanto fossi ferita, trovare le parole giuste per farlo sentire una merda, umiliarlo, farlo vergognare di sé stesso … ma onestamente, che avrei potuto fare io? Le mie opinioni sulle mie capacità non erano cambiate. E anche se ci fossi riuscita, davvero avevo voglia di vedere come avrebbe reagito qualcuno che poteva manipolare il fuoco senza neanche sforzarsi e non aveva la minima remora nell’uccidere?

No. L’unico modo per cavarmela con un minimo di dignità era, come in molti casi, buttarla sul sarcasmo.

 “Volevo solo chiederti se sono stata abbastanza facile da manipolare” replicai dunque. “Spero che le mie prestazioni non abbiano deluso, e soprattutto che siano sufficienti, perché sono poco inclinata a concederne altre”

 Sayre sorrise amabilmente. “Lieto che anche tu abbia un’impresa da tentare. La prenderò come una sfida, dunque!”

 Mi girai di scatto e uscii dalla bottega, non potevo stare lì dentro un minuto di più. Non con quell’indifferenza e quel divertito disprezzo, dopo la facciata amichevole in cui avevo confidato, su cui mi ero anche fatta certe illusioni … solo illusioni, tutte illusioni!

Non era il fatto che non fosse interessato a me, lo sapevo che anche se lo fosse stato non saremmo mai andati da nessuna parte, ma … quella cotta, quei tentativi di nascondere i miei veri sentimenti e al contempo cercare di conoscerlo meglio e fare buona impressione, quelle chiacchierate amichevoli sempre con quel potenziale … erano state tra le cose più normali di cui avessi avuto esperienza negli ultimi tempi. Il genere di cose che avrei potuto fare con un qualsiasi ragazzo carino del mio mondo. La conferma che non ero poi così fuori posto, così aliena da non poter essere apprezzata, e che gli abitanti di quel mondo non erano così estranei a me da non potermene far piacere qualcuno. E l’aver avuto qualcuno che offrisse calore umano e amicizia in quella situazione delirante in cui mi trovavo.

 Tutto quello non era mai stato altro che una sfilza di bugie, e mi erano appena state portate via, con la massima indifferenza, e l’interesse rivolto a qualcun altro. Davvero non contavo nemmeno la considerazione di veder riconosciuta la mia sofferenza?

 Ma che pensieri patetici! Io non potevo essere così debole, non dovevo permettermi di pensare a quel modo! Dovevo piantarla di frignarmi addosso e darmi un contegno e …

“Corinna, cosa …” esordì Simay.

Lui e Qillalla erano rimasti ad aspettarmi fuori dalla bottega. Io feci per dire qualcosa, per suggerire un piano d’azione, ma mi mancavano le parole. Mi sentivo un nodo in gola, e la pressione delle lacrime agli occhi. No, mi rifiutavo di farmi vedere da loro in quello stato.

“Pensiamoci domani” borbottai. “Adesso siamo tutti troppo stanchi, non servirebbe a niente. Ci vediamo”

 Mi affrettai verso i capannoni degli schiavi. Nessuno degli altri due mi disse niente, o provò a seguirmi. Ottimo.

 Raggiunsi la mia stuoia, mi ci rannicchiai sopra, e mi sforzai di non fare troppo rumore nel piangere e nel maledirmi per la mia debolezza.

 

 

 

 

Choqo mise da parte il tomo, ritrovandosi a fissare la parete opposta per diversi secondi. Aveva letto quelle parti del manoscritto tutte d’un fiato, e si sentiva come fisicamente stanca.

 Dunque Sayre, di tutte le persone possibili, si era rivelato essere la reincarnazione di Sulema, e per di più intenzionato a mettere Simay sul trono, con quel pretesto di far progredire l’umanità … ma allora aveva vinto? Simay era diventato Imperatore. Che storia stava per leggere? Quali erano gli effettivi rapporti della famiglia imperiale con quell’entità … e a proposito dell’Incendiario.

No, questa cosa non aveva senso. Bastava un semplice conto matematico per rendersi conto che se Sayre fosse stato l’incarnazione umana di Sulema, sarebbe dovuto essere un ragazzo giovane, poco più che un bambino, all’epoca in cui Simay aveva creato quegli strani giocattoli. Di sicuro, anche se fosse nato in realtà in una famiglia prestigiosa, non sarebbe stato nella posizione di fare da maestro a chicchessia. E poi questa insistenza sull’aiutare il genere umano, come a volersi redimere del Terrore … e come, ammazzando altra gente? Che razza di ragionamento era? C’erano così tante cose che non tornavano!

 Ma lei aveva anche un’informazione in più che a Simay e Corinna non era semplicemente sfuggita, non potevano proprio avere: Llyra sapeva tutto della conversazione appena avvenuta. Era inconcepibile che Qillalla non fosse corsa a riferirle ogni dettaglio non appena ne avesse avuta la possibilità. Forse nei diari di Chica avrebbe trovato qualche chiarimento?

 

 

 

 

 

 

 

GLOSSARIO (e qualche trivia):

Mekilo: essere simile a uno scoiattolo, solo molto più grande, con zampe molto più lunghe e la coda in fiamme. Essendo un animale legato al fuoco, non è considerato sacro a nessun dio, ma sfruttabile da tutto il genere umano. Viene usato soprattutto per trasportare merci e persone.

Occlo: bovino ricoperto di squame e con protuberanze lunghe e sottili, simili a serpenti che stanno al posto delle corna e da cui esce fuoco. Anch’esso animale legato al fuoco, ma per la sua pericolosità e la capacità di controllare i loro getti di fuoco sono quasi esclusivamente cavalcature da battaglia.

Kutluqun: capre anfibie con alghe al posto della pelliccia. Sono considerate sacre al dio Tumbe, e per questo, per allevarle o catturarne di selvatiche, è necessaria l’autorizzazione di un sacerdote di quel dio.

Lymplis: pesci volanti, con le pinne coperte di piume. Sono sacri alla dea Chicosi, dunque è necessaria l’autorizzazione di un suo sacerdote per possederne uno. Malgrado ciò, sono popolari come animali da compagnia presso la nobiltà.

Kyllu: uccelli simili a cigni, fluorescenti. Sono sacri al dio Achemay, e allevati solo all’interno del palazzo imperiale. Il loro piumaggio è usato per decorare le corone dei sovrani.

Lilque: creature con corpi simili a quelli degli esseri umani, ma con code di serpente al posto delle gambe. Servitori del dio Thumbe, vivono presso il mare, i laghi e in qualche caso i fiumi, quasi mai in corsi d’acqua più piccoli.

Duheviq: piante dalla capacità di mutare il proprio aspetto, assumendo qualsiasi forma desiderino. Originariamente questo veniva usato per catturare prede dei cui fluidi nutrirsi, ma con l’avanzare della società umana, ne hanno approfittato per integrarvisi. Un tempo servitori della dea Achesay, organizzati in tribù-foreste rigidamente isolate dagli esseri umani; solo i sacerdoti della dea potevano avvicinarli senza essere bollati come cibo. Al tempo di Choqo, mentre i più anziani vivono ancora tradizionalmente, i più giovani hanno preso a mescolarsi con le popolazioni umane, finendo spesso vittime di discriminazioni e relegati ai lavori meno nobili o remunerativi. Mantengono comunque un rigido codice di valori, di cui la fedeltà è il più alto.

Shillqui: piante in cui scorre un liquido per aspetto e consistenza simile al miele, che causa a tutto l’albero di agitarsi violentemente. Se bevuto, questo liquido dà gli stessi effetti agi esseri umani, ma è difficilissimo metterci le mani sopra. Pianta sacra a Pachtu, i suoi sacerdoti ne devono bere la linfa durante le cerimonie.

Likri: fiori simili a gigli rossi, dalle temperature bollenti, che esalano un fumo sottile. Se tuffati in acqua gelida e canditi, sono considerati ottimi per la pasticceria, ed essendo legati al fuoco, l’unico limite al coglierli è potersi permettere buoni guanti protettivi.

Sangue della Terra: erba che influenza la circolazione sanguigna, usato per diversi effetti nelle gravidanze.

Zullma: pianta le cui varie componenti hanno diversi usi; le radici sono considerate un potente lassativo.

Kiquicos: erba di colore blu, parassitaria dei Duheviq. Pericolosa per le sue capacità di depistare animali e viandanti, ma molto ricercata per le sue molteplici virtù.

Guyla: praticamente un Moment.

Tably: erba che secondo le credenze popolari risolve l’insonnia e i problemi di incubi frequenti.

Ago di Luce: essere a metà tra lo stato animale e quello vegetale, si nutre di sangue, ma può essere utilizzato per aspirare anche altri fluidi corporei.

 

Qillori: cristalli di colore azzurro chiaro, molto usati in oreficeria.

Achemairi: cristalli di colore dorato, anch’essi comuni per l’oreficeria.

Tablyk: pietra di colore rosato, usata nell’oreficeria.

Kislyk: pietra dall’aspetto simile alla tablyk, ma molto più dannosa.

 

Notte: entità primordiale da cui tutto il mondo ha avuto origine.

Achemay: dio del sole, entità più importante del pantheon Soqar.

Achesay: dea della terra.

Chicosi: dea dell’aria.

Tumbe: dio del mare, dei fiumi e dei laghi.

Sulema: dea del fuoco.

Pachtu: dio dei fulmini e della vita.

Qisna: dea della morte e delle paludi.

Supay: esseri più collegati al folklore che alla religione vera e propria, sono creature della Notte,

incaricati di torturare le anime dei peccatori che lì vengono gettate.

 

 

 

 

 

 

Ladies & Gentlemen,

mai più con la deadline! Porca troia, ho lavorato come un mulo sotto steroidi per pubblicare tutto questo in tempo!

Ehm. Quale commento migliore da mettere alla fine di questo capitolo. No, ma davvero, ho passato mesi a preoccuparmi di non potercela fare in tempo: mea culpa, è stata una mia idea, ma ho imparato la lezione e difficilmente mi piazzerò da sola sfide simili.

Passando finalmente al capitolo vero e proprio … posso solo sperare che vi sia piaciuto, perché ci ho lavorato sopra parecchio. Quanti avevano capito che Sayre fosse l’Incendiario? Perché lo sospettavano? Come vi pare come antagonista?

E detto questo, signori miei, si entra nella tanto anticipata pausa da esami. Questo vale anche per le recensioni, se qualcuno è autore di una storia che seguo non si preoccupi che riprenderò a recensirlo a febbraio. Le pubblicazioni invece riprenderanno a marzo, giusto per darmi il tempo di preparare i nuovi capitolo sia per questa storia che per una fanfiction (la buona notizia è che quest’ultima è in fase di conclusione, quindi potrò dedicarmi completamente a questa e non lasciare tanto spazio tra gli aggiornamenti come nei primi tempi). Posso solo ringraziarvi per aver letto la storia fin qui, e soprattutto grazie a tutti quelli che hanno recensito!

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Capitolo 19
*** Dove si fa chiarezza su molti punti lasciati in sospeso ***


                      CAPITOLO 18

 

DOVE  SI  FA  CHIAREZZA  SU  MOLTI  PUNTI  LASCIATI  IN  SOSPESO

 

 

 

 

 

 

 

                                                      Dal diario di Chica Guchanii

 

 

                                   31 ACHESUDI 1593

 

 

 

Che gli dei ci proteggano, ora più che mai. Non mi capacito ancora di come la situazione, nel giro di pochi giorni, sia passata dallo sbarazzarsi di un bastardo al fronteggiare un abominio maledetto dagli dei per sventare il collasso del nostro Impero!

Il bastardo alla fine ha scoperto l’identità dell’Incendiario, e Qillalla è corsa a riferircelo. L’orafo imperiale! Per tutti questi anni, abbiamo avuto sotto gli occhi l’incarnazione umana della dea più terribile, e nessuno si è neppure avvicinato a sospettarlo! E’ sempre stato solo un bravo artigiano, come tutti coloro ammessi nel cortile del palazzo! Metà dei gioielli che possiedo sono opera sua!

 Temo di essere entrata in una sorta di stato di sconvolgimento all’udire queste notizie; come sempre, la mia signora ha avuto una reazione esemplare, ascoltando in silenzio il resoconto della Datrice di Morte sugli eventi di quella sera.

 “Ebbene, questo senz’altro ci complica le cose” è stato il suo commento alla fine. “Proprio quando pensavamo di aver tolto al bastardo il suo protettore, ecco che ne compare uno nuovo, molto più pericoloso e potente” è rimasta in silenzio per qualche istante. “Lui ti ha proprio guardata, quando ha detto al giovane di raccontare l’accaduto?”

 Qillalla ha annuito.

 “Dunque sa con chi siano le tue vere lealtà. Ma nonostante ciò, non ha rivelato nulla al ragazzo, lasciando una spia tra i suoi alleati …”

 Ciò non aveva senso. Non erano le azioni di qualcuno che voleva la sicurezza del ragazzo! Lo dissi alla mia signora, ma lei aveva già trovato una risposta: semplicemente, Sayre riteneva improbabile l’essere creduto.

 Per quel che sa Simay, Qillalla è una sua alleata che non è mai stata altro che d’aiuto; Sayre è l’Incendiario, che l’ha già usato una volta per i suoi schemi. Effettivamente, sarebbe uno stolto se si aspettasse che la sua parola fosse stimata più di quella della ragazza; invece di allertarlo, lo alienerebbe ancora di più.

 La mia signora ritiene che l’Incendiario o presenterà prove incontrovertibili dell’identità di Qillalla (e ciò sarebbe difficile, data la segretezza che avvolge quella particolare setta del culto di Qisna) o cercherà di sbarazzarsi della ragazza in modo più violento e definitivo, e possibilmente che implichi noi come responsabili. Qillalla, povera ragazza, non è parsa felice di sentirsi dire ciò, ma le è anche stato osservato che dovrebbe approfittare dell’impossibilità di Sayre di denunciarla per conquistare ancora di più la fiducia del bastardo. Riuscire nell’impresa malgrado il pericolo alla sua vita sarebbe senz’altro testamento alla sua abilità e devozione alla dea.

 Del resto, in quanto diretta avversaria, è la mia signora che corre il maggior pericolo: è anzi sorprendente che lei e i suoi eredi legittimi non siano stati ancora uccisi per spianare la strada al bastardo. Forse Sayre vuole che la sua ascesa al trono appaia il più regolare possibile; probabilmente ora sta solo attendendo il ritorno dell’Imperatore, per fargli in qualche modo avere la lettera e assicurarsi che sia lui stesso a nominare ufficialmente il proprio erede, rendendo la mia signora senza poteri in proposito. O forse, come ci è sembrato di capire dal suo discorso, l’Incendiario ritiene che il ragazzo non sia ancora quello che lui vuole per assumere la carica.

 L’unica cosa che alla mia signora è parsa chiara, è che la morte di Manco debba avvenire il più in fretta possibile, anche se il bambino che nascerà non dovesse essere femmina: l’importante è che Quisquis salga al trono, poi si potrà provvedere a trovargli una sposa adeguatamente nobile anche se parzialmente priva del sangue degli dei. Ho dovuto stare attenta a non sospirare: avevo sperato di convincere la mia signora a dei ripensamenti almeno su questa parte del suo piano! Come se mi mancassero ragioni di odiare qualcosa come l’Incendiario.

 Su cui, ha concluso la mia signora, è necessario sapere il più possibile, specie il modo in cui opera. La povera Qillalla è stata sottoposta a un interrogatorio estenuante riguardo a quel che Sayre ha rivelato su come abbia causato l’esilio di Pacha, una descrizione che mi ha fatto venire i brividi. Prevedere le azioni di così tante persone –comprese noi!- di modo che si combinassero tra loro per portare ai risultati desiderati, senza errore … sembra davvero inumano, come faremo a fare qualunque cosa senza sapere se stiamo andando in accordo o contro ai suoi piani? La mia signora è invece giunta a tutt’altra conclusione.

 “Dunque aveva dei piani di riserva”

 Ha sorriso alla mia espressione esterrefatta. “L’hai creduto anche tu, Chica carissima? Non sono possibili simili livelli di manipolazione. Un essere umano non è come un oggetto, le cui funzioni sono limitate dalla forma che gli è stata data. Mille cose possono governare le azioni e il pensiero umano, cose imprevedibili di cui anche il manipolatore più accorto non potrebbe avere il minimo sentore. Quando quella Corinna l’ha accusato di aver avuto successo solo grazie alla fortuna, è arrivata molto vicina alla verità … o più vicina alla verità di quanto lui abbia ammesso. Rifletti bene su quanto è accaduto, e sulle varie conseguenze che avrebbero potuto avere le stesse azioni.

 Per quanto riguarda quelle sostituzioni: non credo nelle coincidenze, prepariamoci a scoprire un suo alleato tra i sacerdoti della Terra. Corinna avrebbe potuto decidere che questo rendeva Pacha un buon alleato, come è accaduto, ma sarebbe anche potuta essere più diffidente e decidere che un simile infantilismo lo rendeva troppo poco affidabile per aiutare in qualsiasi modo, o ancora sarebbe potuta essere molto stupida e non capire le implicazioni di un possibile aiuto. Se il suo primo piano fosse fallito, Sayre non avrebbe comunque sofferto alcun danno: avrebbe semplicemente riferito un pettegolezzo sulla casa regnante, e avrebbe ottenuto ulteriori informazioni sul carattere di Corinna. Anzi, se la ragazza avesse deciso che Pacha era inaffidabile, il ragazzo probabilmente avrebbe perso qualche misura di fiducia in lui, e per estensione nell’autorità religiosa.

 Lo stesso dicasi per la sostituzione delle erbe: ha sondato il terreno raccontando quella leggenda a Corinna, e poi ha causato il malessere di Aylla, mettendo la schiava in posizione di aiutare … poteva essere relativamente sicuro che l’avrebbe fatto, avendola già vista disposta a rischiare la vita per uno sconosciuto. Corinna avrebbe potuto dimostrarsi coerente con la logica di vendetta che aveva già dimostrato, cercando di danneggiarmi con l’aiuto degli altri due ragazzi (e in tal caso la ritorsione avrebbe quasi certamente coinvolto il Tempio della Terra, poiché Simay ne è adepto, dunque coinvolgendo Pacha), oppure da sola, e in tal caso sono sicura che avrebbe avuto una scusa pronta per tirarla fuori dai guai se fosse stata scoperta; o ancora, la ragazza avrebbe potuto dimostrarsi un’ipocrita e non fare nulla. In nessuno di questi casi Sayre ne avrebbe sofferto in alcun modo: a prima vista, non ha nulla a che vedere con gli incidenti nell’harem. Mi sento abbastanza sicura a indovinare che se questo primo piano non avesse funzionato, nel futuro sarebbero state gettate molteplici esche sia al bastardo che alla sua amica schiava”

 “Pacha avrebbe potuto rifiutarsi di aiutare Simay, o addirittura consegnarlo a voi …” la voce mi è morta in gola mentre realizzavo l’improbabilità della cosa.

“Anche nella rara possibilità che Pacha rifiutasse il suo aiuto a Simay, avrebbe tutt’al più potuto lasciarlo indifeso davanti a miei assassini, non fare nulla personalmente, anche perché il ragazzo non ha commesso alcun crimine. In tal caso sono sicura che ci sarebbero stati altri piani”

 “Pacha avrebbe potuto rifiutare di assumersi le responsabilità dell’avvelenamento”

 “A meno che molteplici testimoni non avessero visto il ragazzo effettuare la sostituzione, l’inchiesta che ne sarebbe conseguita non avrebbe portato prove della sua colpevolezza. Il ragazzo avrebbe potuto confessare, ma ciò avrebbe portato alla rivelazione dei motivi del suo gesto, e delle sue origini. Tirando le somme, Sayre potrebbe essere molto più pericoloso di quanto non abbia lasciato intendere: non un manipolatore infallibile, ma uno stratega previdente”

 Nonché detentore di poteri sul fuoco che non richiedono il tempo di una preghiera per essere utilizzati, come ho fatto notare. La mia signora mi ha complimentata per lo spirito di osservazione, e ha concordato con me: in uno scontro con dei Sacerdoti, l’Incendiario avrebbe un netto vantaggio in puri termini di tempistica. A volerlo uccidere, nella speranza che si reincarni da qualche parte lontano da qui, dovremmo impiegare come minimo un gran numero di potenti ed esperti Sacerdoti di Achesay, Tumbe o Chicosi.

 La mia signora ha anche posto attenzione sul molto semplice fatto che apparentemente sapesse di Qillalla: come già notato, per la sua stessa natura la setta delle Datrici di Morte è avvolta nella più totale segretezza, eppure Sayre era a conoscenza dell’identità e del compito della ragazza. Dunque possiamo supporre che abbia ‘assistenti’ non solo nell’harem imperiale e tra i Sacerdoti di Achesay, ma anche nel culto di Qisna e presumibilmente in molti altri strati sociali. Compresi i nostri schiavi, nella posizione perfetta per spiarci? Compresi i dignitari, gli amministratori, gli uomini di fiducia che assistono nel governo dell’Impero? Comprese le donne del nostro circolo?

“Ne sono quasi certa” è stata la poco confortante risposta della mia signora. “Un nuovo Imperatore avrà bisogno di esperti di politica che lo sostengano all’inizio, dopotutto. Specie considerata la sua impreparazione”

 Non farò mai più alcuna confidenza, neppure alle mie più care amiche, neppure al mio sposo! Oh, che gli dei mi aiutino, se avessi già stoltamente rivelato qualcosa alla persona sbagliata? Forse neppure parlando di politica, anche solo una parola sbadata sul carattere o le opinioni di qualcuno …

 La mia signora nel frattempo era rimasta in silenzio, e il suo commento alla fine mi ha sorpresa. A quanto pare, si è concentrata non solo sui nobili, ma anche sul ragazzetto di strada che ha assolto Alasu agli occhi di Corinna. “E’ ben strano che un ladruncolo simile sia riuscito a introdursi nel nostro palazzo, o ne abbia anche solo avuto il coraggio. Rubare una proprietà mia o del mio consorte sarebbe una blasfemia punibile con la morte, e se avesse voluto derubare una di voi, si sarebbe introdotto nelle vostre case. Dunque sono più incline a credere che avesse ulteriori motivi, nella fattispecie impedire ulteriori indagini sulla figlia del farmacista. Corinna aveva un’espressione stranita nel riferire quella conversazione? Lo credo bene: per quel che posso comprendere da una conversazione riferita di terza mano, il suo modo di andare sull’argomento è tanto palese da essere quasi inascoltabile. Se davvero Sayre vuole prendersi la briga di distrarre le guardie per introdurre qui una sua spia, almeno lo faccia per un attore che meriti, dovessi consigliargliene uno io stessa!”

 Mi è parso uno scherzo un poco di cattivo gusto; ho dunque preferito ignorarlo e chiedere perché la presenza di quel ragazzetto fosse tanto rilevante. Secondo la mia signora, può significare due cose: Alasu è un’altra delle spie di Sayre, che lui vuole ancora nelle buone grazie di quei due disgraziati, o davvero non c’entrava nulla, e l’Incendiario ha abbastanza decenza da non voler mettere qualcuno in una situazione difficile se ciò non gli porterà alcun beneficio. Solo il tempo, ho paura, ci rivelerà quale delle nostre ipotesi è corretta.

E poi Llyra ha menzionato un dettaglio cui io davvero non avevo badato: Sayre ha menzionato che all’epoca del fatidico incontro con Etahuepa, viveva in un altro regno ove occupava un’importante carica, sufficientemente importante da essere un potenziale mentore per un giovane nobile; vedendo rifiutata questa proposta, si è stabilito qui, per preparare in anticipo una situazione favorevole al bastardo.

 Ma stando ai censimenti, ora Sayre ha ventitré anni, e ne aveva diciotto quando è giusto ad Alcanta. Era sorprendentemente giovane per essere un maestro orafo, figurarsi qualcuno con un importante carica politica! E questo è senza considerare che sembra esserci stato uno stacco temporale di alcuni anni tra l’incontro con Etahuepa e l’arrivo ad Alcanta. Se davvero l’Incendiario si reincarna, certo, quella poteva forse essere un’incarnazione precedente; ma allora avrebbe dovuto rinascere in un altro corpo, ed essere anche più giovane di Simay, non più vecchio.

 Dunque, i testi sacri sono in errore almeno su una cosa! Non vi è nessuna reincarnazione: è più probabile che lo spirito di Sulema cambi corpo trasferendosi in persone già in vita, dell’età e nella posizione che più le sono convenienti. Questo non solo complicherebbe le cose in un tentativo di abbattere l’Incendiario (se uccidessimo l’ospite corrente, lo spirito della dea potrebbe semplicemente trasferirsi in un altro corpo, adulto e pronto all’uso, invece di rinascere come infante e affrontare nuovamente tutto il processo della crescita prima di tornare ad essere una minaccia), ma pone un altro, inquietante interrogativo: se i testi sacri sono in errore su un aspetto relativamente importante del nostro nemico, su cos’altro errano? Di che aspetti della vicenda di Sulema possiamo fidarci e quali invece no?

 Inoltre, le recenti rivelazioni rendono assolutamente sconcertante la presenza di Linca. Nessuno aveva mai sospettato che potesse essere una Duheviq: il suo aspetto era insolito per un essere umano, ma non abbastanza da destare sospetti, e a quanto pare non si è esposta attaccando alcuna persona. Abbiamo solo capito che fine abbiano fatto i vari animali misteriosamente scomparsi nel giardino.

 Ma i Duheviq sono i più leali servitori della Grande Madre! E’ risaputa la loro fedeltà ad Achesay, ho sentito molte storie su come molti di loro abbiano preferito morire piuttosto che tradire la loro madre, e nessuno di loro si abbasserebbe mai a mettersi al servizio di un essere umano. E questa Linca non solo la tradisce, ma si pone al servizio di un essere nemico degli dei e degli uomini? Di sua spontanea volontà, senza alcuna minaccia? E’ chiaro che sia così, l’invariabile mancanza di rispetto che Linca porta al suo padrone non parla certo di una vittima intimorita e forzata.

 Le nostre informazioni sull’Incendiario sono incerte, ma Linca è un vero mistero. Nessuno dei nostri sforzi di venire a capo di questa strana alleanza ha dato frutti; la mia signora ha cambiato argomento con un sospiro.

 “Stando a quel che ha riferito il bastardo, solo pochi eletti sono consci dell’esistenza dell’Incendiario: il Sommo Sacerdote di ogni divinità, suppongo, e i loro fedelissimi più esperti o promettenti. Dovrei indire una riunione con tutti loro, e sarebbe impossibile farlo in segreto; perderemmo l’elemento della sorpresa, unico nostro vantaggio, e dovrei comunque portare prove certe per motivare un attacco simile. E ad eccezione della parola di Qillalla, non ne possiedo”

 “Potremmo ingannarlo di modo da costringerlo a rivelare i suoi poteri davanti a dei testimoni?” suggerii.

“Con un solido piano, sarebbe possibile” ha concesso Llyra. “Ma l’idea di rivelare al mondo l’esistenza di un mostro simile non mi rallegra affatto. Se il popolo sapesse che lo spirito di Sulema vive ancora, può possedere neonati o adulti … pensa alla vicenda della figlia del nobiluomo di Achy, ed estendila a tutto il regno”

 La mia signora parlava di un caso che sentimmo da ragazzine, da un ambasciatore straniero: un superstizioso nobile delle sue terre, avendo visto la sua giovane figlia comportarsi in modo strano e disordinato, la credette posseduta da uno spirito maligno e, nel tentativo di cacciarlo, la uccise. Il sacerdote che ne preparò il corpo per la sepoltura la esaminò e scoprì che era semplicemente ubriaca, e le amiche della giovane ammisero di averla aiutata a uscire di soppiatto la notte per andare in una taverna a festeggiare un buon matrimonio concordato per una di loro.

 Se l’esistenza dell’Incendiario fosse resa di pubblico dominio, quanto dovremmo aspettare prima di trovarci tra le mani vere e proprie stragi di bambini pestiferi, ragazzi negli anni turbolenti della crescita, uomini o donne che cambiano improvvisamente comportamento per una qualunque ragione tra le più banali? Il popolo vivrebbe nel terrore di essere vittima della possessione, o che ne sia vittima un loro caro, o un figlio. La loro paura li porterebbe ad azioni sconsiderate, l’Impero crollerebbe nel caos. E’ curioso che l’Incendiario non abbia mai rivelato la sua esistenza pubblicamente: se volesse far sprofondare la civiltà umana nell’anarchia, potrebbe farlo senza muovere un dito!

 Davvero, sono stata stupida a suggerire una cosa simile. Non secondo Llyra – la mia signora è troppo buona: sarebbe sufficiente che i testimoni in questione fossero Sacerdoti, quegli stessi scelti per ucciderlo. Il problema diviene ora come creare questo inganno: la mia signora me ne ha parlato dopo aver congedato Qillalla, ammettendo che, se l’Incendiario dovesse catturare la ragazza, lei non dovrebbe essere in grado di informarlo delle nostre contromosse neppure sotto tortura.

 L’idea è quella di sfruttare proprio la sua spia nell’harem dell’Imperatore: dovranno pur comunicare in qualche modo, scambiarsi lettere con ordini o rapporti dell’esecuzione dei suddetti, sappiamo per certo che è stato fatto passare di nascosto almeno un gioiello…a un occhio esterno, privo delle nostre conoscenze, non sembrerebbero chiari indici di una tresca?

 Del resto, l’eunuco che fa la guardia all’harem inizia a risentire della vecchiaia, sarebbe sempre più facile per la ragazza uscire o far entrare qualcuno di nascosto. E quelle donne sono proprietà esclusiva dell’Imperatore: chiunque le tocchi commetterebbe un sacrilegio che può essere punito solo con la morte. Se anche Manco, o i familiari della concubina, volessero indagare, scoprirebbero solo la vera natura di quel legame, e ciò li convincerebbe semmai ad affrettare l’esecuzione di entrambi.

 Certo, il piano ha una falla: non sappiamo chi sia la spia. Sayre ha negato che fosse Nuala, ma per Llyra ciò non la esclude dai sospetti: sarebbe perfettamente ragionevole per l’Incendiario voler nascondere l’identità di una sua agente, per preservarne l’utilità. L’unica certezza che abbiamo è che il loro tramite è Linca, che in quanto donna, ha il permesso di entrare nell’harem per raccogliere le commissioni di gioielli o consegnare quelli già realizzati. Avremmo bisogno di qualcuno di fidato per sorvegliarla; il problema è che le recenti rivelazioni hanno completamente messo in discussione le nostre possibilità di fidarci di chicchessia. Se solo ci fosse uno schiavo appena arrivato, o un giovane fresco di studi al suo primo incarico!

 Sfortunatamente, siamo in un momento in cui non vi è nessuno che corrisponda a queste descrizioni, e ancor più sfortunatamente, in questo punto della conversazione è sopraggiunto un messaggio dalla mia casa, da parte di mio marito che richiedeva la mia presenza data l’ora tarda. La mia signora mi ha congedata con la promessa di informarmi non appena avrà deciso chi sarà il suo agente.

 Tra le lunghe ore che ho passato a palazzo e il tempo che ho impiegato a scrivere, è davvero notte inoltrata e sono sfinita; spero che il domani porti notizie migliori.

 

 

E bene, le domande di Choqo riguardo a Sayre avevano trovato, se non una risposta, almeno un riscontro. Aveva immaginato che Llyra fosse la persona più adatta a notare i dettagli della discordanza di età e di Linca: Simay e Corinna erano stati troppo presi dagli aspetti rispettivamente ideologici e sentimentali della situazione per prestarvi attenzione.

 Purtroppo sembrava fosse stata, all’estremo opposto, troppo pragmatica: si era concentrata su come Sayre operasse, quali vantaggi aveva e come poteva essere sconfitto, ma non sembrava aver dedicato molte riflessioni alla sua dichiarazione di agire per il bene dell’umanità, per redimere le colpe sia sue che dei suoi antichi pari. Forse aveva dato per scontato che mentisse? Strano, era stata proprio lei a notare le incongruenze del mito, e a chiedersi se non ce ne fossero altre!

 Ma se aveva capito qualcosa dei protagonisti di quella vicenda, prima o poi Simay ci aveva riflettuto; ed essendo anche il principale oggetto delle attenzioni di Sayre, le pareva opportuno riprendere in mano il suo manoscritto.

 

 

 

                                                        Dal Manoscritto di Simay

 

 

Sorprenderei qualcuno rivelando che quella notte non chiusi occhio? Non feci altro che girarmi e rigirarmi nella stuoia, tentando di elaborare tutto quello che era appena successo. Avevamo rivelato, non per nostro merito, l’identità dell’Incendiario: un artigiano assolutamente stimato e rispettato, contro cui non esistevano prove concrete. Neppure noi l’avevamo sospettato più di tanto, credevamo che fosse un nobile!

 Eppure … che significato diverso assumeva ora la sua prima conversazione con me. Non era un giovane eccentrico le cui riflessioni sfioravano il blasfemo, ma interessato a chiacchierare con me, era un nemico giurato di tutti gli dei che stava cercando di capire se fossi abbastanza malleabile da essere indotto a un’alleanza! E dire che i primi giorni avevo perfino accarezzato l’idea di continuare quelle conversazioni, di riportarlo sulla retta via! Neanche l’uomo più saggio del mondo, benedetto da Achemay in persona, ci sarebbe riuscito.

 E come suonava diversa quell’offerta di aiuto, per qualunque problema avessi avuto! Dovevo averlo davvero deluso, quando avevo preferito l’assistenza di Qillalla e Corinna. Almeno avevo qualcosa di cui congratulare me stesso, anche se non l’avevo certo fatto con cognizione di causa.

 Ma non era del passato che dovevo preoccuparmi. Quali sarebbero state le sue prossime mosse? Era riuscito a causare l’esilio di Pacha solo con alcune frasi e storie inventate che non avevano alcuna apparente correlazione col caso: come potevo essere sicuro che una qualunque mia azione non fosse stata in realtà prevista da lui proprio per portarmi al trono, anche se io credevo che avrebbe avuto l’effetto contrario? La situazione era ridicola … la prima persona delle cui azioni non potevo fidarmi ero io stesso. E non vedevo una via d’uscita, non sapevo cosa fare, nessuno mi aveva mai preparato a una cosa simile!

 Avevo dalla mia parte Qillalla e Corinna, certo, ma loro erano come me, due normali ragazze che si erano improvvisamente trovate coinvolte nei piani di una divinità folle. Che fine aveva fatto tutta la sicurezza che avevo ostentato, quando avevo chiuso la conversazione sfidandolo? Stavo praticamente appallottolato a tremare sul pavimento, la vera immagine di un futuro Imperatore.

 Tutte le possibilità che erano state considerate … diventare un grande esperto della magia della Terra e ucciderlo seppellendolo vivo? Avrei reso un grande servizio alla mia dea, dando prova della mia devozione … e se qualcuno avesse saputo la mia impresa, mi avrebbe acclamato come un eroe, la persona più adatta ad assumere le redini dell’Impero!

 Se avessi inventato false accuse contro di lui, come aveva suggerito Corinna? Probabilmente stava già considerando tutto quello che avremmo potuto fare, e trovando un modo da volgerlo a ‘mio’ vantaggio.

 Se avessi cercato aiuto? Capac sapeva dell’Incendiario, ma era uno di pochissimi. Sayre aveva già menzionato una spia al suo servizio, esisteva una molto concreta possibilità che ve ne fossero altre, probabilmente all’interno dello stesso Tempio di Achesay: quelle sostituzioni di materie prime capitavano un po’ troppo a proposito per essere una fortunata coincidenza. Pensare che la sua corruzione avesse raggiunto anche la casa della Grande Madre … mi veniva la nausea al pensiero. E anche da un punto di vista di più fredda logica, questo significava che non potevo davvero fidarmi di nessuno, se non di chi era già dalla mia parte.

 Cosa fare, cosa fare? Niente? Forse deludere le sue aspettative sarebbe servito a farmi bollare come un inetto, e gli avrebbe fatto cambiare idea? Non c’era la possibilità che mi uccidesse una volta non gli fossi più parso utile?

 No, anche quello sarebbe stato preferibile all’allearmi con lui. Al cedere alla sua proposta … quel giorno avrei dovuto fare penitenza, per quegli stupidi pensieri e fantasie che mi avevano attraversato la mente, nel momento in cui aveva promesso i suoi servigi se avessi tentato di raggiungere il potere. Immaginarmi come Imperatore, immaginare quello che avrei potuto cambiare o migliorare se solo ne avessi avuta la possibilità, era quasi un crimine in sé e per sé. Il trono apparteneva a Quisquis, io ero votato al servizio di Achesay. Era l’ordine delle cose, come esse dovevano essere. Io non avevo il diritto di esercitare una volontà contraria.

 E anche se fossi stato un sovversivo, che garanzie avrei avuto che Sayre volesse davvero aiutarmi? Era l’Incendiario, mentire e traviare persone e interi popoli era semplicemente quello che faceva. Aiutare l’umanità? Voler espiare per i crimini di Sulema? Menzogne adatte per accattivarsi una persona devota.

 E come aveva menzionato ‘i suoi antichi pari’, poi! Come se la Madre Achesay o il Padre Tumbe, o il grande Achemay, progenitore della stirpe reale, o Chicosi, che aveva sconfitto Sulema e donato il fuoco all’umanità, avessero compiuto azioni anche solo paragonabili al Terrore. Davvero aveva tentato di gettare nel dubbio la mia devozione?

 Esaminando tutti i miti che conoscevo, non potevo trovare nulla di paragonabile. Forse la trasformazione degli antichi Kisnar? Ma anche quello era stato un atto di giustizia contro dei superbi! Un monito di quello che gli dei, pur amorevoli verso la razza umana, potevano fare se questa mancava loro del giusto rispetto. Serviva soprattutto a me, in quel momento.

 Perché, anche con tutti i miei sforzi di non pensarci, di metterla a tacere, sembrava che una piccola parte della mia mente si fosse ribellata alla mia volontà, chiedendosi insistentemente cosa volesse dire davvero Sayre con quelle parole …

 No, questo non doveva succedere! Non dovevo dare ascolto alle sue parole. Chissà quanti, prima di me, erano stati uomini virtuosi e devoti, che avevano permesso all’Incendiario di insinuare il dubbio nelle loro menti e ne erano stati soggiogati, per percorrere il sentiero dell’ingiustizia e della blasfemia?

 Non dovevo essere come loro. Dovevo essere l’immagine opposta, l’immagine, almeno ai miei occhi perché sarei stato l’unico a saperlo, di qualcuno che aveva saputo resistere alla tentazione.

 Certo, sarebbe stato molto più facile se avessi saputo come legare le mani a Sayre. Di nuovo, come potevo fare una qualunque cosa senza la certezza di non stare in realtà facendo quel che voleva lui? E dovevo considerare che, se pure fossi riuscito a ucciderlo, di mia mano o consegnandolo alla giustizia, si sarebbe semplicemente reincarnato in qualcun altro, da qualche altra parte, pronto a cominciare daccapo in quella disgraziata fetta di mondo.

 La mia lealtà di suddito andava a Tahuantinsuyu, certamente, ma non potevo non pensare che altrove nel mondo non vi fossero altri giusti e pii. Altre persone la cui vita sarebbe stata rovinata dall’Incendiario. E di questi, io era uno dei pochi ad avere una possibilità di ribellarmi a lui: a quanto avevo capito, era anche peggio di quel che pensava Pacha, queste persone erano corrotte nell’infanzia, allontanate, talvolta a forza, da famiglie che avrebbero insegnato loro la retta via … io ero l’unico cui fosse stato insegnato diversamente.

 Non potevo permettere che qualcosa di simile si ripetesse. Se avessi attaccato non l’incarnazione di Sayre, ma lo spirito stesso di Sulema? Sarebbe andato contro il volere stesso degli dei, certo, ma ora non era stato provato con più che certezza che la punizione della dea non aveva fatto nulla per mitigarne la crudeltà e la superbia? Forse avrei dovuto chiedere consiglio in preghiera, un segno, qualcosa che mi comunicasse la volontà divina che avrei dovuto seguire … sì, mi risolsi a una mattinata di preghiere più intensa del solito.

 Mentre mi dibattevo tra questi pensieri (che non seguivano peraltro il corso lineare che ho esposto, ma si ripresentavano più volte senza che io riuscissi a venirne a capo), avevo fatto in tempo a vedere il cielo rischiararsi sempre di più, finché non era sopraggiunto Waray per svegliarci tutti. In altre parole, non ero riuscito a chiudere occhio tutta la notte, malgrado mi sentissi effettivamente stanco.

 Non andai neppure alla colazione con gli altri: mi recai direttamente al Tempio, e lì pregai ininterrottamente, senza farmi distrarre dall’arrivo degli altri per le loro preghiere, finché qualcuno mi scosse e mi disse di andare a sorvegliare le quantità dei piatti che sarebbero stati messi a disposizione del popolo, il giorno della consacrazione del nuovo Sommo Sacerdote.

 Ormai la delibera era stata conclusa: Waray era il candidato migliore. Tra la stanchezza e la fame, per poco non persi il controllo per dichiarare che non sarebbe stato all’altezza di Pacha. Che idiota! Come potevo permettermi di giudicarlo? Io non ero nessuno per condannare la decisione presa dal consiglio dei Sacerdoti più anziani, non avevo una briciola della loro esperienza e saggezza.

 Pacha era stato un uomo devoto, dignitoso, sempre pronto a prestare aiuto a chiunque lo richiedesse, fosse anche l’ultimo dei novizi. Waray poteva apparire più apatico, privo di quei tratti di pace e serena autorità che caratterizzavano Pacha a prima vista, ma ciò non significava che sarebbe stato meno devoto o meno competente come Sommo Sacerdote. E lo avevo quasi detto ad alta voce! Che imbarazzo sarebbe stato per tutti. Dovevo controllarmi meglio.

 Cacciai via questi pensieri, e mi affrettai a fare ciò che mi era stato richiesto. Ero stato in preghiera così tanto che mi venne un lieve capogiro ad alzarmi, ma lo ignorai e passai le due ore successive a controllare che i conti delle cibarie fossero corretti: di tutta la grande folla che si sarebbe riversata nel cortile per la celebrazione, nessuno doveva rimanere a corto di cibo e di cila. Il compito fu tanto impegnativo che ci impiegò l’intera mattinata, al termine della quale preferii non approfittare della pausa e tornare in preghiera.

 Nel mattino non avevo ricevuto i consigli o i segni che avevo sperato, forse avevo sbagliato qualcosa, forse avevo usato l’approccio errato, forse avevo commesso qualche involontaria mancanza di rispetto … d’improvviso ero a faccia in giù sul pavimento, con almeno due persone che dicevano qualcosa.

 Ora, leggendo ciò che ho descritto, molte persone dotate di una minima conoscenza medica mi staranno dando dell’imbecille: hanno perfettamente ragione. Non ero abituato alla veglia ininterrotta, e questo aveva già provato il mio fisico, non avevo mangiato, e avevo trascorso la mattinata immerso senza sosta in calcoli, discussioni e preghiere. Il mio corpo era troppo abituato alla comodità, e non aveva retto. Appena capii cosa fosse successo, maledissi la mia incapacità, mi ripromisi che mi sarei abituato a sopportare periodi di penitenza anche più lunghi, e mi sfuggì un borbottio in proposito.

 La mia risoluzione non fu accolta con l’approvazione che si potrebbe immaginare: le due persone erano un Sacerdote più anziano, che mi intimò di non usare la devozione per giustificare l’idiozia, e Capac, che mi accompagnò al dormitorio dei novizi a riposare, e cercò di sapere per tutto il tragitto che Supay mi avesse spinto a un’azione così deleteria. Quella giornata ebbe un prosieguo molto deprimente, almeno per me: mi fu imposto il riposo – tormentato da incubi-, di mangiare, e mi fu proibito di tornare al lavoro, con un altro Sacerdote che arrivò a un certo punto a farmi una più lunga lezione su come l’eccessiva devozione potesse nascondere in realtà la superbia nello spirito. Se solo avesse saputo!

 Per giunta, la mia condizione di riposo mi impedì di incontrare Qillalla, che aveva tentato di accedere al Tempio per parlarmi dei recenti avvenimenti.

 “Quella giovane ha perfino cercato di accedere alle aree riservate ai Sacerdoti, e si è allontanata non per rispetto o pentimento delle sue azioni, ma perché le è stato detto che eri malato” disse il Sacerdote che venne a riferirmelo, voce e sguardo colmi di disapprovazione come se la condotta di Qillalla fosse colpa mia.

 Sì, di norma avrei condannato anch’io l’introdursi senza invito nel cortile interno del Tempio, ma iniziavo a pensare che quelle circostanze giustificassero qualsiasi lieve condotta indisciplinata. “Perché voleva tanto parlarti, comunque?”

 Stavo per riferirgli della faccenda del suo matrimonio indesiderato, quando mi venne l’idea. Certo, sarebbe stato irrispettoso mentire a un Sacerdote, ma era per una buona causa, una che lui probabilmente avrebbe visto come indifferente a sé. E poi, era da tempo che dovevo fare onore al mio debito con Corinna.

 “Si tratta di una schiava, signore” risposi. “La ragazza ora è stata donata al palazzo, ma la sua giovane padrona le è rimasta affezionata. Sapendo del suo desiderio di consacrarsi al servizio del divino Pachtu, ha chiesto a me, in quanto novizio sacerdote e figlio di un governatore, di portare la sua causa alla Somma Sacerdotessa del dio”

 “Era per questo che ti affrettavi a finire i tuoi doveri di organizzazione e preghiera?”

 “Sì, signore. Vi chiedo perdono se non sono stato efficiente quanto avrei dovuto”

 Il Sacerdote sospirò. “Avevi buoni motivi … anche se la lealtà alla tua dea dovrebbe avere la precedenza sugli altri, non c’è nulla di male nel voler procurare devoti anche a loro”

 “Mi chiedevo … se proprio non posso andarci io …”

 “Non puoi”

 “Se potessi chiedere a qualcuno di sostituirmi. Si tratterebbe di poco, il tempo di recarsi all’altro Tempio e parlare della ragazza e di dove possa essere trovata …”

 “Ragazzo, hai notato che siamo tutti un poco occupati?”

 “I doveri degli attendenti al tempio non aumenteranno fino alla consacrazione vera e propria”

 “Non ti saranno grati di aver modificato la situazione” il Sacerdote sorrise appena. “Ma inviarne uno non sarà di troppo danno. Chi è la ragazza?”

 “Si chiama Corinna, correntemente lavora al servizio dell’Imperatrice assistendo le sue ospiti. Sarà necessario avvertire le Sacerdotesse che ha un carattere strano, brusco, senz’altro dovuto alle sue origini selvagge, ma è diventata una fervente devota del dio dell’Energia da quando le è stato mostrato il suo culto. E come tutti, merita una possibilità di accedere al suo servizio, se così desidera”

 Il Sacerdote concordò e se ne andò. Quando i novizi rientrarono, quella sera, Capac mi riferì che un attendente era stato effettivamente inviato al Tempio dell’Energia, ed era tornato con la notizia che le Sacerdotesse si sarebbero interessate al caso.

 Sospirai. Certo, non avrei dovuto essere tanto soddisfatto per un inganno, avrei dovuto fare altra penitenza – possibilmente un po’ più discreta – ma potevo dire di essere felice di essere finalmente riuscito a tenere fede alla mia parola, e a ricambiare l’aiuto che qualcuno mi aveva dato così spontaneamente. Con tutti i suoi difetti, Corinna era una ragazza abbastanza coraggiosa e altruista da voler rischiare la vita per un perfetto sconosciuto e per portare giustizia ad altre sconosciute: meritava una possibilità di accedere al sacerdozio che più le si addiceva.

 

 

 

 

GLOSSARIO (e qualche trivia):

Mekilo: essere simile a uno scoiattolo, solo molto più grande, con zampe molto più lunghe e la coda in fiamme. Essendo un animale legato al fuoco, non è considerato sacro a nessun dio, ma sfruttabile da tutto il genere umano. Viene usato soprattutto per trasportare merci e persone.

Occlo: bovino ricoperto di squame e con protuberanze lunghe e sottili, simili a serpenti che stanno al posto delle corna e da cui esce fuoco. Anch’esso animale legato al fuoco, ma per la sua pericolosità e la capacità di controllare i loro getti di fuoco sono quasi esclusivamente cavalcature da battaglia.

Kutluqun: capre anfibie con alghe al posto della pelliccia. Sono considerate sacre al dio Tumbe, e per questo, per allevarle o catturarne di selvatiche, è necessaria l’autorizzazione di un sacerdote di quel dio.

Lymplis: pesci volanti, con le pinne coperte di piume. Sono sacri alla dea Chicosi, dunque è necessaria l’autorizzazione di un suo sacerdote per possederne uno. Malgrado ciò, sono popolari come animali da compagnia presso la nobiltà.

Kyllu: uccelli simili a cigni, fluorescenti. Sono sacri al dio Achemay, e allevati solo all’interno del palazzo imperiale. Il loro piumaggio è usato per decorare le corone dei sovrani.

Lilque: creature con corpi simili a quelli degli esseri umani, ma con code di serpente al posto delle gambe. Servitori del dio Thumbe, vivono presso il mare, i laghi e in qualche caso i fiumi, quasi mai in corsi d’acqua più piccoli.

Duheviq: piante dalla capacità di mutare il proprio aspetto, assumendo qualsiasi forma desiderino. Originariamente questo veniva usato per catturare prede dei cui fluidi nutrirsi, ma con l’avanzare della società umana, ne hanno approfittato per integrarvisi. Un tempo servitori della dea Achesay, organizzati in tribù-foreste rigidamente isolate dagli esseri umani; solo i sacerdoti della dea potevano avvicinarli senza essere bollati come cibo. Al tempo di Choqo, mentre i più anziani vivono ancora tradizionalmente, i più giovani hanno preso a mescolarsi con le popolazioni umane, finendo spesso vittime di discriminazioni e relegati ai lavori meno nobili o remunerativi. Mantengono comunque un rigido codice di valori, di cui la fedeltà è il più alto.

Shillqui: piante in cui scorre un liquido per aspetto e consistenza simile al miele, che causa a tutto l’albero di agitarsi violentemente. Se bevuto, questo liquido dà gli stessi effetti agi esseri umani, ma è difficilissimo metterci le mani sopra. Pianta sacra a Pachtu, i suoi sacerdoti ne devono bere la linfa durante le cerimonie.

Likri: fiori simili a gigli rossi, dalle temperature bollenti, che esalano un fumo sottile. Se tuffati in acqua gelida e canditi, sono considerati ottimi per la pasticceria, ed essendo legati al fuoco, l’unico limite al coglierli è potersi permettere buoni guanti protettivi.

Sangue della Terra: erba che influenza la circolazione sanguigna, usato per diversi effetti nelle gravidanze.

Zullma: pianta le cui varie componenti hanno diversi usi; le radici sono considerate un potente lassativo.

Kiquicos: erba di colore blu, parassitaria dei Duheviq. Pericolosa per le sue capacità di depistare animali e viandanti, ma molto ricercata per le sue molteplici virtù.

Guyla: praticamente un Moment.

Tably: erba che secondo le credenze popolari risolve l’insonnia e i problemi di incubi frequenti.

Ago di Luce: essere a metà tra lo stato animale e quello vegetale, si nutre di sangue, ma può essere utilizzato per aspirare anche altri fluidi corporei.

 

Qillori: cristalli di colore azzurro chiaro, molto usati in oreficeria.

Achemairi: cristalli di colore dorato, anch’essi comuni per l’oreficeria.

Tablyk: pietra di colore rosato, usata nell’oreficeria.

Kislyk: pietra dall’aspetto simile alla tablyk, ma molto più dannosa.

 

Notte: entità primordiale da cui tutto il mondo ha avuto origine.

Achemay: dio del sole, entità più importante del pantheon Soqar.

Achesay: dea della terra.

Chicosi: dea dell’aria.

Tumbe: dio del mare, dei fiumi e dei laghi.

Sulema: dea del fuoco.

Pachtu: dio dei fulmini e della vita.

Qisna: dea della morte e delle paludi.

Supay: esseri più collegati al folklore che alla religione vera e propria, sono creature della Notte,

incaricati di torturare le anime dei peccatori che lì vengono gettate.

 

 

 

 

Ladies & Gentlemen,

Urgh.

(Traduzione: gli ultimi mesi sono stati un delirio e non farò più nulla del genere. D’ora in avanti cercherò di evitare situazioni del genere, anche se con la disperata ricerca di un tirocinio e la preparazione della tesina in vista non posso promettere nulla.

Comunque, un capitolo piuttosto di transizione, come potete vedere, perché dopo tutto questo tempo mi sembrava più il caso di fare un ‘riassunto delle puntate precedenti’ invece di sganciare una bomba. Quella arriverà nel prossimo capitolo.

A parte questo, un altro annuncio importante: questa storia si sta avvicinando alle 100 recensioni. Non ho davvero mai visto una mia storia arrivare a una simile popolarità, e per festeggiare e ringraziare tutti voi del sostegno, voglio scrivere uno spin-off di pochi capitoli che esplori le vicende passate della storia, relative a un personaggio di vostra scelta. Qui di seguito le alternative possibili: vincerà quella che raccoglie democraticamente il maggior numero di richieste:

1°: spin-off su Llyra e sulla sua ascesa al potere. Permetterà una migliore indagine sul carattere della nostra Imperatrice, e sul ‘gioco dei troni’ della generazione precedente, con tutte le sue conseguenze attuali.

2°: spin-off su Etahuepa e sul suo legame con Simay. Permetterà di esplorare un legame che nella storia principale passa un po’ in sordina, oltre a come funzioni a livello amministrativo l’Impero di Tahuantinsuyu.

3°: spin-off su Waray e sulle gioie della vita sacerdotale.

Detto questo, ringrazio nuovamente tutti quelli che hanno seguito la storia, e che malgrado l’immenso hiatus, vogliono continuare a seguirla!

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Capitolo 20
*** Dove emerge l'importanza della controversia sulla mobilità sociale ***


                     CAPITOLO  19

 

DOVE  EMERGE  L’IMPORTANZA  DELLA  CONTROVERSIA  SULLA  MOBILITA’  SOCIALE

 

 

 

 

                                                              Dal Manoscritto di Simay

 

Nei giorni successivi la frenesia regnò incontrastata.

 Io al Tempio di Achesay ero occupatissimo con i preparativi della consacrazione ormai imminente, che per un novizio consisteva principalmente nel pregare per buoni auspici per una buona reggenza sacerdotale di Waray, e aiutare gli attendenti nel lavori più manuali, come l’allestimento del Tempio, la preparazione dei tavoli per il banchetto, il trasporto delle vivande. Erano tutti compiti che impegnavano tutta la giornata, e che al suo termine mi facevano crollare esausto: riunioni notturne in quelle condizioni sarebbero già state la penitenza per averle compiute.

 Qillalla tornò il giorno successivo a cercare di parlarmi, ma gli attendenti la allontanarono subito, dicendole che qualunque cosa poteva aspettare a dopo le celebrazioni e di tornare quando la situazione si sarebbe calmata. Io non riuscii a scambiare neppure una parola con lei, e non ne vidi traccia nei giorni successivi. Per coincidenza, il giorno dopo al mio crollo da eccessiva penitenza, giunse un messaggero dall’Imperatore Manco: la guerra era conclusa, e il regno di Yrchlle, ormai caduto, era nostro. Il ritorno del sovrano era imminente.

 Qualcuno si starà interrogando sui miei pensieri al vedere, per la prima volta in vita mia, il mio padre biologico? In qualsiasi altra situazione, forse ne sarei stato incuriosito, forse mi sarei chiesto che tipo di padre sarebbe stato, o come sarebbe cambiata la mia vita se fossi stato cresciuto riconosciuto da lui. In quel momento, queste domande erano le ultime cose nella mia mente: l’ingresso di Manco sulla scena di intrighi in cui ci eravamo invischiati non mi risultava per niente comodo.

Anzitutto il ritorno richiedeva, al palazzo e a tutta la città, preparativi molto più sfarzosi di quelli correntemente in atto al nostro Tempio: probabilmente non sarebbe giunto prima di un paio di settimane, ma si trattava di preparativi impressionanti, mi diceva chi aveva già assistito al ritorno di una campagna militare. Tutti gli schiavi del palazzo, compresa dunque Corinna, sarebbero stati cooptati a questo scopo, a prescindere dalle loro mansioni precedenti; e a sua volta, il Tempio di Pachtu avrebbe dovuto organizzare le necessarie danze e sacrifici per celebrare il ritorno dei soldati (e soprattutto del sovrano) sopravvissuti, senza presumibilmente avere tempo per una dei tanti schiavi che volevano diventare novizi.

 Un risvolto positivo della faccenda era che anche Llyra sarebbe stata indaffarata nei giorni successivi: presiedere ai già menzionati preparativi, decidere quale popolazione alleata potesse essere trasferita nei territori di Yrchlle e i cui territori sarebbero stati adatti a confinare gli yrchllesi in attesa che trovassero la loro armonia all’interno dell’Impero, gestire l’adattamento e il corretto utilizzo di queste popolazioni l’una nei territori dell’altra, stimare i cambiamenti che i nuovi possedimenti avrebbero portato nella nostra economia. Questo in aggiunta a quelli che di norma erano i suoi compiti. Potevo intuire già all’epoca che lasciasse pochissimo tempo libero, in questo caso tempo che lei avrebbe potuto usare per pianificare contro di noi.

 Sfortunatamente, se sacerdoti e potenti erano così impegnati, gli artigiani non lo erano affatto, almeno per il momento; tutto quello che Sayre si sarebbe trovato a gestire sarebbe stato un cambio nelle mode dei gioielli commissionati, che per un certo periodo avrebbero assunto tutti le caratteristiche dell’oreficeria di Yrchlle, ma probabilmente sarebbe stato un cambiamento solo qualitativo e non quantitativo, da svolgersi comunque solo dopo il ritorno di Manco.

 Mentre tutti noi eravamo preoccupati in altre faccende, l’Incendiario era la persona più libera e tranquilla da quelle parti, e la situazione diventava la più pericolosa che avessimo affrontato fino a quel momento. Il ritorno dell’Imperatore, mio padre biologico? Con me nella stessa città, pronto per un’osservazione che rivelasse eventuali somiglianze e interrogatori sulle circostanze della mia adozione? Sarei stato immediatamente riconosciuto come primogenito di Manco, colui che probabilmente sarebbe stato nominato suo erede.

 La cosa più imprevedibile che Sayre avrebbe potuto fare sarebbe stato non approfittare della situazione, non inviando in qualche modo la famigerata lettera al sovrano … sempre che Llyra non si fosse stancata di vedersela rubare da pressochè chiunque e non l’avesse distrutta, facendomi involontariamente un gran favore.

 Come evitare ciò? Avrei potuto denunciare la lettera come un falso? C’era la possibilità che dopo sedici anni l’Imperatore non ricordasse la grafia di mia madre. Ma nessuno della mia famiglia avrebbe potuto rivelare vere origini alternative, dunque la mancata conferma non sarebbe stata uguale a una completa negazione.

 Forse cercando di rifiutare chiaramente la posizione di potere, sarei riuscito a ingraziarmi Llyra? Sarebbe stata la cosa migliore: lei era non solo la persona che mi voleva morto, ma anche quella più esperta nel gestire le faccende della corte. Inoltre, era discendente del Sole, il tramite tra il volere di Achemay e il mondo degli uomini insieme al suo consorte: forse lei avrebbe saputo, meglio di tutti, come affrontare la minaccia dell’Incendiario. Averla come alleata anziché nemica sarebbe stata la cosa migliore. Certo, lei stessa si era rivelata una sacrilega, se anche non avesse avuto nulla contro di me non sarei stato felice di collaborare con lei; ma a confronto con l’Incendiario, diventava decisamente il male minore.

 Ma avrei potuto convincerla? Io ero un semplice novizio, non sarei mai neppure stato ammesso alla sua presenza. Avrei potuto inviare semmai il Sommo Sacerdote, se fossi riuscito a spiegargli la situazione: avevo a disposizione Waray, che a prima vista sembrava meno propenso ad aiutare di Pacha … che aveva comunque fallito.

 Cosa potevo fare? Le persone peggiori erano in libertà, e quelle migliori per occuparsene, ne erano all’oscuro e non avrebbero collaborato con me. Che ero troppo stupido per trovare una soluzione …quanto avrei voluto potermi confrontare con le sue alleate certe che mi erano rimaste.

 Accolsi dunque con gran sollievo il giorno in cui finalmente Waray avrebbe assunto la carica di Sommo Sacerdote: praticamente tutta Alcanta si sarebbe riunita, chi prima chi dopo, nel cortile principale del Tempio, a recare i propri omaggi. Finalmente avrei potuto rivedere le ragazze, cercare di stabilire un piano d’azione, fare una qualunque cosa che non mi lasciasse addosso un senso di incredibile impotenza e inutilità.

 I preparativi che ci avevano massacrati nei giorni precedenti erano conclusi: adesso il cortile era colmo di novizi e Sacerdoti che approfittavano della pausa prima della cerimonia per riunirsi con le loro famiglie e gli amici rimasti laici. La prima a raggiungermi fu Qillalla.

 “Stai bene?” fu la primissima cosa che mi chiese. “Mi è stato detto che hai avuto un mancamento proprio il giorno dopo … quello che abbiamo scoperto. Sei sicuro di non esserti sconvolto troppo?”

 “Non avevo dormito e mangiato per una penitenza” risposi, reprimendo la tentazione di aggiungere: se la malattia fosse stata la mia reazione allo scoprire di qualcuno che mi minacciava, a quel punto sarei stato già morto da tempo. “Tu sei stata bene? Non ti è successo niente di … strano, in questi ultimi giorni?”

 “Credo che se l’Incendiario volesse manipolare gli eventi attorno a noi, sembrerebbero cose perfettamente normali” replicò lei, per poi sorridere appena. “Voglio che tu stia tranquillo, sai”

 Mi ritrovai a sorridere a mia volta.

 “Finalmente, cazzo!” il brontolio annunciò il sopraggiungere dell’ultimo membro del nostro gruppo. “Non credereste a tutto quello che quelle maledette pazze vogliono nel bel mezzo di questa calca. Passami il ventaglio, trova il mio specchio, voglio sapere se il mio trucco non sembra troppo eccessivo, il mio non è sufficiente, passami le mie polveri, aggiustami la spilla, è di mezzo millimetro troppo a destra … chi credono che se ne freghi, siamo in mezzo a una ressa, la gente si preoccupa che tu non la schiacci, mica delle tue spille!”

 “E’ bello risentire le tue soavi opinioni sul resto di noi” sospirò Qillalla. “E soprattutto vedere che stai bene. Sembravi singolarmente scossa dopo aver parlato con l’Incendiario”

 Effettivamente il suo attardarsi, seguito da un’uscita così furiosa, aveva lasciato perplesso anche me; ma lo sguardo a dir poco omicida che la ragazza ci rivolse mi fece desistere dall’inquisire ulteriormente. Anzi, fui felice di avere notizie più liete su cui dirottare la sua attenzione.

 “Sono finalmente riuscito a mettermi in contatto con la Somma Sacerdotessa di Pachtu, Dolina” esordii, catturando immediatamente la sua attenzione. “Schiavi e liberi sono uguali in quel culto: se passerai determinate prove, potrai essere accettata come novizia”

 La ragazza emise un suono tra un sospiro e uno sbuffo.  “Sembra una fiaba: passa le prove, per vivere per sempre felice e contenta senza servire delle arpie” non mi era ben chiaro di che stesse parlando. “E quali sono queste prove?”

 “Ti verranno comunicate da un emissario del Tempio dei Fulmini, a tempo debito. Quando le celebrazioni per il ritorno dell’Imperatore saranno finite” chiarii.

 Lei sospirò. “Non farmici pensare. Non poteva starsene in guerra a vita? Cioè, senza offesa …” mi lanciò un’occhiata preoccupata.

 Io mi schiarii la voce. “Già, uhm. Il suo ritorno sarebbe un’occasione di gioia per molte persone. Capita sempre che a un sovrano di ritorno dalla guerra, i suoi sottoposti vogliano recare omaggi”

 In questo caso, una particolare lettera. Sperai che le ragazze capissero: discutere pubblicamente dell’Incendiario e delle mie vere origini non era un’idea che mi sorridesse.

 “Sì, tra gli schiavi si discute già di come gestire il flusso di doni da mezzo Impero” commentò Corinna. “I più vecchi mi hanno detto che è un lavoraccio. Bisogna distinguere quali siano i doni più utili e inviati dalle persone più importanti da quelli degli alleati di seconda categoria, cercare di sistemare tutto quanto, e nella confusione generale, capita sempre che qualcosa vada perso”

 Almeno una delle due aveva non solo capito, ma aveva anche improvvisato un vero e proprio codice dalle mie allusioni. Mi vergognai di aver stimato così poco le ragazze.

“Spero per loro che almeno gli artigiani che vivono a palazzo abbiano metodi più veloci e sicuri di consegna” commentò Qillalla con un sorriso incredibilmente falso. “Insomma, vivono proprio lì, sarebbe un’ingiustizia altrimenti!”

 “Se sono lì, è perché sono gli artigiani migliori. E infatti esiste un sistema speciale per loro.” sospirò Corinna. “Non sono nobili e quindi non possono portargli direttamente le loro cose davanti al naso, quindi si accordano con un pezzo grosso che commissioni loro un dono e lo presenti al sovrano, ufficialmente solo a nome proprio ma in pratica a titolo di entrambi. Perché a quanto pare un dono presentato da un riccone fa meno schifo di quello portato da chi l’ha fatto”

 Per me era naturale che i semplici artigiani non potessero presentarsi al sovrano come se nulla fosse, ma Corinna pareva crederla un’ingiustizia. Di nuovo, da dove veniva?

 “Ma se sono tanto bravi, nessun nobile si farà problemi con questo incarico” commentò Qillalla. “Specie se l’artigiano è lì da tempo e ben conosciuto”

 “E queste transazioni spesso sono assistite dagli schiavi personali dell’artigiano, se ne ha” concluse Corinna con uno sbuffo. “Quelli della corte possono metterci le mani sopra solo a dono effettuato, per sistemarlo”

 “Ma se il dono è, ad esempio, una scatola che contiene qualcosa d’altro? Lo schiavo potrebbe prenderla prima che Sua Altezza si accorga della sua presenza? E’ un pensiero che mi preoccupa” intervenni.

 Entrambe le ragazze mi guardarono con vaga esasperazione: credo non ritenessero le mie allusioni tanto sottili. Fui quasi tentato di far notare la loro strana concordia su qualche cosa, prima che Corinna riprendesse.

 “Nessuno sarebbe tanto stupido da farlo. A meno che non sia un contenuto segreto, o talmente leggero da non essere percepibile o lasciare segni nella scatola, e non vedo perché dovrebbe essere una qualunque di queste cose, ci si accorgerebbe subito che è stato involato. E a quanto pare rubare dall’Imperatore è questo grande sacrilegio che ti fa letteralmente saltare la testa, quindi se qualcuno di prova meriterà la punizione”

 “Una scatola è solo un esempio” notò Qillalla. “Ci sono tanti modi di nascondere qualcosa in un oggetto, se qualcuno ha un po’ di immaginazione. Pensate solo a tutti i casi di omicidi in cui l’arma era stata nascosta anche alle perquisizioni più accurate! Sarebbe spaventoso se succedesse anche al nostro Imperatore”

 “Hai ragione. Preghiamo solo che non ci siano sacrilegi che attentino alla sua persona” che frase inutile, sapevamo benissimo che persona simile ci fosse in giro.

 Corinna sbuffò. “E a proposito di sacrilegi, qui come li punite? Da dove vengo io, si usa qualcosa di calzante a una vendetta degli dei, tipo … seppellirli sottoterra, o magari si potrebbe fare un attacco con dell’acqua, non dico che si sciolga tipo la Malvagia Strega dell’Ovest, però …”

 “Scusa?!” Qillalla mi aveva tolto le parole di bocca, non avevo capito la nuova direzione del discorso.

 “Vuoi fargli lo scherzo della secchiata d’acqua a sorpresa? Sì, ti prego, lo odia!”

 Grazie, Linca”

 Sobbalzammo tutti. A nemmeno tre passi da noi, Sayre e Linca ci stavano osservando, il primo con un’espressione indispettita, la seconda con un gran sogghigno, ed entrambi con l’aria di chi è lì già da un po’.

 “E per tua informazione, no, posso compatire questa sfortunata signora che è stata in qualche modo sciolta con dell’acqua, ma non condividere la sua sorte. Sono un comune essere umano, dopotutto, e non ho all’acqua reazioni diverse dalle vostre” proseguì lui, tranquillissimo.

 “L’ultima volta che ci siamo beccati un temporale fuori casa ho sentito letteralmente tre ore di lamentele ininterrotte”

 “Non è quello il punto. Il punto è che, se voi tre state per chiedermi da quanto tempo io sia qui, o come sia arrivato …”

 “Esattamente” lo interruppi, con lo sguardo più freddo che mi riuscì.

 “Ricordatevi che questa è una celebrazione pubblica. Tutta Alcanta cercherà di essere qui, anche solo per pochi minuti: per assistere alla cerimonia, per poter fare bella figura dicendo di esserci stato, o, nella stragrande maggioranza dei casi, per accaparrarsi cibo senza pagare. E chi lavora al palazzo è abbastanza rispettato per non avere guardie che gli ordino di fare spazio ad altri dopo poco”

 “E noi eravamo così concentrati che sarebbe potuta arrivare Llyra in persona e non ce ne saremmo accorti” sospirai.

 “Spero che vi serva di lezione. Bei discorsi in codice, comunque: fossi stato estraneo ai fatti, non avrei capito nulla”

 “Grazie, sentivamo un bisogno indispensabile della tua approvazione” ribatté Corinna, fulminandolo con lo sguardo.

 “Di nulla” rispose lui con un sorriso.

 “Che sei venuto a fare qui?”

 “Ma a godermi la festa, come tutti. E portare i miei rispetti al nuovo tramite della Grande Madre con noi poveri mortali”

 Ebbi la sensazione che mi si stessero rivoltando le viscere. Dopo quello che aveva fatto, aveva la faccia tosta …!

“Lo stesso trucco non funzionerà due volte. Giuro che piuttosto che permetterti di usarmi come un pupazzo per distruggere la vita di uomini devoti, io mi ammazzo”

 Il sorriso di Sayre, da sereno che era, divenne vagamente malizioso. “Uomini devoti. Me ne ricorderò, ma temo che questo sia un discorso per un altro giorno. Piuttosto, per qualcuno che ama tanto l’idea di ‘dovere’, sembri singolarmente avverso a quella di ‘responsabilità’”

 “Come?”

 “C’è Yzda che salta come se avesse bevuto una pinta di latte di Shillqui” ci avvertì Linca. Spostai lo sguardo, ed effettivamente vidi il farmacista che saltellava facendo cenno di avvicinarsi, mentre Alasu guardava a terra, alquanto mortificata.

 “Non disturbatevi, sta chiamando me” sospirò Sayre. “Scusatemi, ma devo andare a prendermi cura di una faccenda. Godetevi la festa”

 Si defilò con la sua schiava al seguito. Noi tenemmo lo sguardo fisso su di loro.

 “Secondo voi cos’ha a che fare quello stronzo con i farmacisti?” mormorò Corinna.

 Qillalla alzò un sopracciglio. “Sei molto amica di quella ragazza?”

 “Che …”

“Simay!” Capac sbucò dalla folla, afferrandomi per un braccio. “Corri, sta per iniziare la cerimonia. Ci servi nelle linee dei novizi”

 Mi ero quasi dimenticato di cosa eravamo lì a fare! Salutai frettolosamente le ragazze, e presi il mio posto, dentro al Tempio, nel recinto interno dedicato ai Sacerdoti e ai novizi, dietro ai miei superiori. Era stato tutto predisposto con ordine: piante sacre sull’altare sistemate ai lati di un tripode per bruciarle in sacrificio. Un gruppo di musici iniziò a suonare un inno ad Achesay, la folla si zittì, per iniziare a sciamare (i pochi tra i nobili e i ricchi che riuscirono a farsi spazio) all’interno del Tempio, o fu costretta a rimanere fuori.

 Da una porta laterale entrò Waray, scortato da altri Sacerdoti di alto rango, con indosso una semplice tunica nera. Tutti si inginocchiarono, meno l’Imperatrice; nel chinarmi, colsi l’espressione di quello che era stato il mio maestro e me ne sorpresi molto. Erano piccoli cambiamenti nella sua espressione solitamente pensosa ai limiti dell’apatia, ma i suoi occhi parevano brillare, le labbra erano tese come se stesse cercando di sopprimere un sorriso. Non era una grande emotività, ma era la maggiore che avesse dimostrato da quando lo avevo visto per la prima volta. Era solo naturale, mi dissi. Chiunque sarebbe stato emozionato al pensiero di assumere un simile servigio per la Grande Madre.

 Waray avanzò fino a trovarsi esattamente davanti all’altare, ove si inginocchiò davanti alla statua della dea.

 “Il consiglio degli uomini mi ha eletto, o dea, come tuo sommo rappresentante su questa terra” esordì con la formula rituale. “Signora e Madre di tutte le cose, il giudizio dei tuoi figli è imperfetto, la nostra natura ottenebra la giusta ragione: mai un mortale potrebbe raggiungere in saggezza un dio. Eppure, così è stato deciso; questo il dovere che i tuoi figli che ti venerano hanno imposto sulle mie spalle. Posso solo supplicarvi, mia signora, di avere compassione di me e assistermi nel mio servigio, sopperendo con la vostra natura sublime le mancanze della mia sì limitata. Come la madre che guida il figlioletto mentre muove i primi passi è per tutti una buona madre, e le azioni del fanciullo prima e dell’uomo poi le renderanno onore, così voi guidatemi in questa vita che consacro a voi, così che i miei atti possano sempre esaltare la vostra gloria”

 Si alzò in piedi, afferrando la fiaccola accanto all’altare. “Eccovi la prima offerta di questa mia nuova vita come vostro tramite con il resto dei vostri figli” Appiccò il fuoco alle erbe. “Accetta, madre, l’umile omaggio dei tuoi figli”

 “Accetta, Madre, l’umile omaggio dei tuoi figli” ripeté l’intera congregazione, io con loro.

 Le fiamme si levarono subito alte e vivide, il profumo delle erbe riempì il luogo santo: l’offerta era stata accettata. Waray era stato accettato come Sommo Sacerdote.

 Lasciai un piccolo sospiro di sollievo. Perché l’avevo trattenuto? Avevo temuto che qualcosa sarebbe andato storto?

 I Sacerdoti che lo avevano accompagnato all’altare gli si accostarono e deposero sulle sue spalle il mantello dai colori della terra che era stato di Pacha. Waray si voltò a guardare tutti, e i presenti nel Tempio si inginocchiarono, questa volta a lui, nuovo rappresentante della volontà di Achesay nel mondo dei mortali. Un paio di attendenti infilarono con discrezione la porta, per avvertire chi era rimasto fuori che la consacrazione era avvenuta e intimare che si inginocchiassero a loro volta. Chissà se l’avrebbe fatto anche Sayre, per salvare le apparenze.

 I musici si lanciarono nell’esecuzione di un nuovo inno, uno che solitamente si usava nelle cerimonie di buon augurio per le messi, ma era stato reputato adatto a tutti i nuovi inizi, come in questo caso. Il suo tono gioioso me ne fece ben capire il perché, e mi ritrovai incredibilmente sollevato, e felice, nel cantare con tutti gli altri. Sarebbe andato tutto bene, era quello che sembravano dire le parole.

 Questa sensazione di felicità e benessere si protrasse per tutta la durata del canto; poi la musica cessò, e si diffuse il silenzio: la congregazione aspettava per il primo discorso del nuovo Sommo Sacerdote. Mi sporsi appena, per un’occhiata migliore al volto di Waray: il suo sorriso era più marcato, ora, lo sguardo negli occhi più fiero e soddisfatto.

 L’avrei detta quasi un’espressione di trionfo, che mal si accordava all’umiltà dinnanzi al divino richiesta dalla sua posizione … ma la volevo smettere di pensar male di quel pover’uomo? Prima criticavo le sue doti di insegnante, adesso speculavo sulle sue espressioni di neoeletto Sommo Sacerdote. Aveva ben diritto ad essere felice di poter dare un servigio così grande ad Achesay, no? Semmai ero io il superbo, per sentirmi in diritto di giudicare qualcuno che era stato manifestamente approvato dalla dea. Credevo il mio giudizio superiore al suo? Quello che dovevo fare era prestare attenzione, e dare a Waray la stessa ammirazione e obbedienza che avevo dato a Pacha (con risultati migliori, speravo).

 L’uomo si schiarì la voce. “Questo giorno mi consacra come primo tra i servi della grande Achesay; incarico che porterò con me fino al giorno della mia morte o quello in cui, come già in altri casi avvenuto, ne sia ritenuto indegno”

 Il silenzio dell’assemblea fu rotto da qualche colpetto di tosse, addirittura qualche bisbiglio subito zittito. Mi dispiacque per Waray: quasi di sicuro aveva detto quella frase con completa innocenza, ma il ricordo di Pacha, di quanto fosse stato amato e benvoluto da tutti, e delle circostanze del suo esilio erano ancora fresche nella mente di tutti. Purtroppo la devozione non faceva per forza un gran diplomatico.

 “Affronto questo incarico con una grande consapevolezza: che la fede si è affievolita. Il mio predecessore è stato un uomo buono e misericordioso, ma spesso la misericordia, invece di invitare gentilmente alla rettitudine morale, ne favorisce la mollezza. Siamo stati troppo docili con i peccatori: ricordate, tutti voi, che d’ora in avanti la bestemmia contro gli dei avrà un grave prezzo. Siamo stati troppo docili con chi metteva in discussione la nostra autorità: tutti voi, ricordate che d’ora in avanti la protesta contro il Tempio sarà protesta contro la dea”

 Sentii un mormorio fuori: sospettai che gli artigiani lesi da quel famoso errore nelle distribuzioni non fossero molto entusiasti di questo discorso. Mi sembrava che tutti, qui in giro, non fossero entusiasti di questo discorso: di nuovo, Waray non era un diplomatico, e forse far sì che le sue primissime parole come Sommo Sacerdote fossero di condanna forse non era un’idea delle più brillanti.

 “E siamo stati troppo docili anche con noi stessi. Noi richiediamo rispetto, ma dobbiamo, a nostra volta, non esaltarci nell’arroganza. Il mio predecessore ha fatto molte incaute concessioni: abbreviare il noviziato di giovani che lui riteneva meritevoli, concedere a giovani anche di umili origini la speranza di poter accedere a una carica quale il maestro dei novizi, solo perché li riteneva dotati di una devozione superiore”

 Al mio fianco, sentii Capac irrigidirsi. Oh … aveva detto queste cose apposta per lui? Non avevo mai sentito di arrangiamenti particolari tra lui e Pacha, ma li ritenevo possibilissimi e anche giusti: Capac si era realmente mostrato un vero devoto. Ma Waray lo credeva un superbo …?

 “Non vi è modo a un uomo, anche al rappresentante della dea, di conoscere ciò che vi è davvero nel cuore di un altro uomo. Le convinzioni di un Sommo Sacerdote sono passibili di errore come quelle di qualsiasi altro uomo. Il nostro Impero è dotato di una struttura sociale ben consolidata, tramandato dai nostri padri, che ha sorretto la nostra potenza da tempo immemorabile: perché sovvertirlo? Salvo rare eccezioni, contadini e artigiani non sono, per loro natura, capaci di amministrare il potere: se ne ricevono in misura superiore a quanto sia loro lecito, si insuperbiscono e si corrompono. Noi non accetteremo corruzione all’interno del nostro Tempio. La Grande Madre saprà riconoscere i suoi devoti, e premiarne il valore dell’animo quando si saranno congiunti a lei nel mondo degli dei; nel frattempo, non induciamo in tentazione con il potere quelli che sarebbero uomini buoni”

 Non sapevo come sentirmi nei confronti di quel discorso. Da un lato, lo approvavo. Il potere era cosa da non affidare ciecamente: era un elemento di corruzione sufficientemente valido perché l’Incendiario lo avesse reso parte integrante della sua strategia. Se qualcuno nasceva senza potere, e improvvisamente lo riceveva senza alcun merito, avrebbe potuto credere a una sua superiorità intrinseca su quelli che fino a un istante prima erano i suoi pari, e avrebbe finito con l’abusarne in un modo che se fosse rimasto un uomo umile, egli sarebbe stato il primo a condannare.

 D’altro canto, qui non si stava parlando di regalare ciecamente potere: si stava parlando di affidarlo a chi si era dimostrato in grado di riceverlo. Stavamo parlando di devozione, e anche se Waray era molto umile ad ammettere che anche il Sommo Sacerdote poteva sbagliare in merito, io mi ero fidato abbastanza che Pacha fosse in grado di discernere chi era già consacrato alla dea nel proprio cuore da chi lo era soltanto come formalità.

 Ma che ci pensavo a fare? Waray era il Sommo Sacerdote. Era più anziano di me, più esperto di me, e soprattutto la dea aveva scelto lui, non certo me, per rappresentarla. Da quel momento, la sua parola sarebbe stata per me indiscutibile quanto quella della Grande Madre. Se avessi iniziato a dubitare, se avessi iniziato a credere il mio giudizio superiore a quello di un dio, quanto mi ci sarebbe voluto a cedere a Sayre? Non volevo scoprirlo.

 Il sermone, intanto, continuava. “Ma l’eccessiva debolezza non è stata l’unica delle nostre colpe. Siamo anche stati indifferenti. Siamo stati indifferenti alla condotta del popolino nelle loro umili case, dei potenti nei loro grandi palazzi, dei Sacerdoti nei santi Templi di altri dei”

 Cosa? Era accettabile che volesse che il culto di Achesay avesse un ruolo più prominente nella vita di tutti gli abitanti di Tahuantinsuyu, ma immischiarsi negli altri Templi? No, forse non era un immischiarsi, forse voleva trovare un maggiore accordo e coinvolgimento nelle rispettive celebrazioni, o qualcosa di quel genere, se solo avesse continuato il suo discorso in modo più sciolto …

 “Che la vita del laico sia costantemente preda del vizio e della corruzione, questo è ben noto. Ma poco si è riflettuto sul vizio e sulla corruzione che possono dominare i Sacerdoti di un dio, e ammorbando un intero culto; e quando questo avviene, cosa possano fare i Sacerdoti di altri culti. Gli dei non sono immuni alla corruzione: Sulema era la figlia perfetta del Supremo Achemay, creata da lui solo, ma ciò finì per insuperbirla e renderla folle di odio, abbattendola infine al di sotto di tutti gli dei e di tutti i mortali” e chissà cosa stava pensando, proprio là fuori. “Un Sacerdote è ancora più fallibile; un intero culto può deviarsi e smettere di rendere onore al dio quanto crede. Contro Sulema agì un’altra dea, la grande Chicosi, e Achemay stesso sancì la sua condanna. Contro dei Sacerdoti, chi meglio può agire se non dei Sacerdoti? Noi vediamo molte cose che fanno vacillare i Templi. Il culto delle Datrici di Morte di Qisna ormai non è altro che un bordello infame; il culto di Achemay è padrone assoluto e superbo nella capitale, ma concentrato sul suo potere qui lascia che i suoi Templi nel resto dell’Impero cadano nell’incuria e i suoi ministri nella sregolatezza; il culto di Pachtu ha, ormai da molto tempo, ufficializzato la trasgressione all’ordine sociale, ammettendo che miseri schiavi abbandonino la posizione di servitù che gli dei hanno loro consegnato per elevarli a membri dei loro ranghi”

 Le prime parti del suo discorso erano state accolte dal silenzio: un silenzio confuso e spiazzato, a giudicare dai volti degli astanti. Questo si era protratto fino a quando Waray non aveva lanciato le sue accuse contro il culto di Achemay: se le Datrici di Morte di Qisna erano una piccola setta molto malvista, ora si tirava in ballo in culto del dio supremo, antenato della stirpe imperiale, i cui Sacerdoti erano quelli che probabilmente avevano più importanza all’interno della corte.

 Davvero erano colpevoli di essere troppo concentrati su questo potere? Più un tempio distava da quello principale ad Alcanta, più diventava difficile controllarlo, con il rischio che si diffondessero eresie o i Sacerdoti cadessero nella dissolutezza; ma mi risultava che fosse un problema comune a tutti i culti, non a quello di Achemay nello specifico. Perché Waray aveva scelto di biasimare un culto particolare, invece di promettere migliori controlli sui templi di Achesay nelle regioni più lontane dell’Impero?

 Il bisbiglio aumentò in un vero e proprio vocio, più insistente, ma nei limiti del tollerabile, di cui erano responsabili in particolare i rappresentanti dei Sacerdoti del Sole, e quei nobili che, più vicini alla famiglia imperiale, davano particolare importanza al loro antenato. Llyra, invece, che pure ne era la discendente più diretta, non aveva proferito verbo o battuto ciglio: fissava Waray con un’espressione di assoluta calma ed educato interesse che aveva mantenuto fin dall’inizio della cerimonia.

 Che stava pensando? Di sicuro ci sarebbero stati scontri, lei avrebbe dovuto dirimere liti tra sacerdoti, forse anche tra il popolo, notoriamente più rissoso e pronto a cadere nel disordine, come faceva a restare così calma?

 Questi pensieri furono bruscamente interrotti dall’ultima parte del discorso. Come? Waray voleva opporsi alle politiche del Tempio di Pachtu? Ma non aveva senso! Sarebbe andato contro ai precetti del dio: tutti gli esseri viventi erano uguali innanzi a lui, e tutti dovevano avere il diritto di servirlo, se così desideravano! Questa non era una corruzione successiva, era parte dei fondamenti del culto stesso! E lui era il Sacerdote di un’altra dea, che diritti credeva di poter avanzare? E Corinna, cosa ne sarebbe stato del suo sogni di diventare Sacerdotessa?

 Il Tempio di Achesay era potente e influente, in un’eventuale disputa contro quello di Pachtu non sarebbe rimasto senza sostenitori. Specie se queste erano le parole del Sommo Sacerdote. Io poi avrei dovuto lottare per una causa opposta alla sua, non potevo farlo, dopo tutto quello che aveva fatto per me …!

 No, che idiota. Non dovevo disobbedire al Sommo Sacerdote. Di nuovo, lui era stato scelto dalla dea. I suoi sacrifici accettati, da lei che sapeva prima di tutti noi cosa meditava nel suo cuore. E questo poteva significare solo che Waray era nel giusto. Forse ciò che sarebbe successo sarebbe stato lo specchio sul piano umano di una disputa tra Achesay e Pachtu, ma io non potevo giudicare chi tra due dei avesse ragione. Io avevo giurato la mia lealtà e devozione alla Grande Madre, e non sarei mai, per nessuna ragione, venuto meno al giuramento con cui ero diventato novizio. Fino a un istante prima mi ero impegnato per dare a Corinna la possibilità di diventare Sacerdotessa; ora mi sarei battuto per l’esatto opposto.

 No, non ne ero felice. Avrei voluto essermi solo mosso prima, che Corinna per ora fosse già novizia, dove sarebbe stato più difficile attaccarla! La sua brutta situazione era colpa mia, ma non potevo fare nulla per rimediare. Avrei voluto che di tutte le parole che Waray avrebbe potuto proferire, quelle fossero state le ultime.

 Ma questo suo ordine era un ordine della dea. Noi eravamo mortali, i suoi figli che le dovevamo rispetto e obbedienza. Era questo che significava essere Sacerdoti: sacrificare alla dea tutto quello che dovevamo, inclusi i nostri ideali e quello che avremmo desiderato per le persone a noi care. Corinna stessa, se davvero voleva diventare Sacerdotessa per devozione e non per sfuggire alla schiavitù, lo avrebbe capito. Sarebbe stata una devota seguace di Pachtu anche da laica, e il dio l’avrebbe compensata alla sua morte. Avrei capito il suo dolore all’inizio, ma non si poteva fare diversamente.

 Il mio sconvolgimento mi aveva impedito di prestare la dovuta attenzione a ciò che accadeva intorno a me. Il Tempio era letteralmente esploso nelle discussioni: se quello che Waray aveva detto fino a quel momento era condivisibile, la sua ultima frase doveva apparire incomprensibile.

 Gli attendenti dovettero darsi il loro daffare a calmare gli astanti, in particolare la rappresentante inviata dal Tempio dei Fulmini, che protestava con … veemenza, per dirla in parole che rendessero giustizia al suo rango. Mi ritrovai a pensare che forse Corinna non sarebbe stata così fuori posto come Sacerdotessa, in mezzo a loro – un pensiero che castigai subito: non dovevo pensare a ciò che andava contro la volontà della dea.

 Restare calmo e composto. Waray aveva ragione. Non potevo permettermi di pensare diversamente. Se avessi iniziato a dubitare degli dei … Sayre era proprio là fuori. Quanto ci avrei messo a cedere alle sue lusinghe? No, io di tutte le persone non potevo muovermi dalle mie posizioni. Non potevo, non dovevo, non importava quanto mi sembrasse di sentire le proteste di Corinna anche da là fuori.

 Waray parlava di nuovo: dettava i termini delle richieste che sarebbero state inviate agli altri Templi e all’autorità imperiale. Il rappresentante di Achemay lo fulminò con lo sguardo, la rappresentante di Pachtu quasi ringhiò, la rappresentante di Qisna e l’Imperatrice rimasero, ognuna a modo proprio, impassibili.

 Dovetti sforzarmi per seguire il resto del discorso: più quello che mi aspettavo da un discorso del nuovo Sacerdote: benedizione alla coppia imperiale, specie la sovrana gravida; promesse di sostegno agli artigiani che traevano i propri materiali dai doni di Achesay; promesse di mutuo scambio con i contadini, che dalle risorse della madre avrebbero provveduto il nutrimento per tutto l’Impero. Ormai riuscivo solo a capire a grandi linee: come avrei affrontato Corinna, una volta uscito da lì? Come l’avrebbe presa? Come avrei potuto confortarla? Mi avrebbe ancora aiutato?

 No, quello era un pensiero egoista. Già non avrei dovuto avere di quelle riflessioni durante il discorso, figuriamoci pensieri ancora più indegni.

 La ripresa degli inni festanti dei musici mi segnalò la fine del discorso e l’inizio della celebrazione. Il nuovo Sommo Sacerdote si recò fuori, ad esporsi alla vista anche del popolo, seguito via via dai Sacerdoti più importanti, da quelli più umili e infine dai novizi. La corte imperiale, Llyra compresa, solo ed esclusivamente per queste occasioni doveva camminare dietro di noi.

 L’accoglienza che ci attendeva non era quella esultante che avrei immaginato. Certo, persone come contadini e certi artigiani festeggiavano, ritenevano che controversie con i gemelli della vita e della morte non li toccassero, e forse pensavano che castigare il culto deviante di Achemay avrebbe ricevuto l’approvazione del dio; altri, non sembravano condividere la loro opinione.

 La mia attenzione fu calamitata da un gruppo di schiavi che discuteva animatamente, alcuni agitandosi come in preda al morso di un serpente, altri addirittura in lacrime, altri urlanti di rabbia: tra loro c’era Corinna. Appena la ragazza mi vide, marciò spedita verso di me. Cerimonia terminata, avrei potuto parlare con chi volevo … mi preparai alla sua ira.

 “Che cazzo è questa storia?!” furono le prime parole che le uscirono di bocca. “Quel coglione all’ingresso si è sbagliato a riferire il messaggio? Che c’entra il vostro Tempio, che diritto ne hanno, che …”

 “Calmati” mi sorpresi io stessi di quanto freddo suonassi. Non era quello che volevo, ma come potevo spiegarmi in altro modo? “Mi dispiace. Non avevo previsto che questa sarebbe stata la volontà della dea …”

 “La volontà della dea un paio di palle! Perché Pacha non ha mai detto niente di simile, sentiamo!”

 “Noi non siamo nessuno per mettere in discussione i rappresentanti degli dei”

 “Sì, ma questa è una cazzata. Quello era classista fin dall’inizio, lo si capisce come parla! Sta rappresentando sé stesso, non la tua adorata dea”

 “La Grande Madre lo ha scelto, tu non hai visto che la sua offerta è stata accettata, te lo assicuro io …”

 “Senti, a proposito di te …” per la prima volta da quando la conoscevo, lo sguardo che mi rivolse fu puramente angosciato. “Tu non stai sostenendo questa … cosa? Cercherai di ficcare un po’ di buonsenso nella zucca di quell’idiota?”

 “Non posso farlo!” mi sfuggì subito. Chi si ricordava la diplomazia, dopo una richiesta così oltraggiosa. “E’ lui che rappresenta la dea, non io. Seguirò la sua volontà”

 “Ma che cazzo …” Corinna guardò a terra. Sembrava così persa e spaventata, come se avesse visto realizzarsi un incubo. Davvero non potevo fare nulla per lei? No, per le stesse ragioni che le avevo appena detto! “Vaffanculo. Vai … mi fai davvero dare ragione a quella merda di Sayre? Sei completamente sottomesso agli dei, hai buttato nel cesso la tua stessa capacità di pensare. Io ho rischiato la pelle per te, tu non vuoi rischiare una brutta figura con i tuoi superiori!”

 Precisamente quello che avevo temuto. E non potevo neppure darle torto. Fossi stato una persona più blasfema, avrei criticato la dea, chiesto perché avesse scelto di mettermi contro una delle uniche due persone che potevano davvero fare qualcosa per aiutarmi, che razza di prova doveva essere … ma no, non potevo mettere in discussione nulla.

 “E’ la volontà della dea” non potei fare altro che replicare. Ed era la pura verità, per quanto potevo capire.

 Corinna alzò gli occhi di scatto, uno sguardo così furioso che quasi mi spaventò. “E va bene, seguila, la tua dea. O meglio, continua a leccare il culo acriticamente a tutti quelli che ti dicono di seguirla. Già che ci sei, chiedile di passarti informazioni su quello che succede a palazzo. Perché stai solo fresco se ti aspetti che io ti faccia da schiava”

 “Tecnicamente, in effetti, saresti …” si intromise Qillalla.

 “E vai a fanculo pure tu, con la tua puzza sotto il naso. Per tutte le arie che ti dai, hai mai fatto qualcosa di davvero utile?”

 “Non mi sono fatta usare dall’Incendiario”

 “No! E allora inizia ad alzare il culo, principessina! Poi voglio vedere, se ve la caverete bene come prima!”

 Si voltò di scatto e marciò via, pestando forte i piedi sul suolo. Avrei dovuto seguirla, cercare di confortarla … ma non avrei potuto fare davvero nulla per lei. Aveva deciso di rompere il nostro accordo, e per quanto mi dispiacesse, per quanto potessi perfettamente vedere le sue ragioni e desiderassi fare qualcosa per aiutarla, magari era meglio troncare ogni legame del tutto.

 “Ecco la grande, nobile e disinteressata aspirante sacerdotessa” commentò Qillalla, mettendomi una mano su una spalla. Non era appropriato, ma non ci pensai subito. “Non è una cosa bella, ma nel Tempio di Pachtu molti schiavi vedono solo la strada per la libertà. Se questa è la sua reazione, lei è probabilmente una dei loro. E’ meglio così, magari Achesay voleva terminare questa tradizione proprio per questo”

 Sarebbe stato bello crederci, ma come esserne sicuro? La reazione di Corinna poteva essere sia quella di una schiava che si vedeva sottrarre la via di fuga, sia di un’aspirante Sacerdotessa che si vedeva sottrarre la possibilità di adorare il suo dio.

 “Forse hai ragione” fu tutto quello che potei concedere al tentativo di Qillalla di confortarmi. Alzai gli occhi da terra con un sospiro, pronto a far finta che andasse tutto bene e riprendere i miei doveri di assistenza ai Sacerdoti più anziani.

 La prima cosa che vidi fu Sayre, tranquillamente appoggiato al muro di fronte a me, che sorseggiava chomwa da una ciotola con un sorriso distratto. Si accorse del mio sguardo, mi sorrise, e alzò appena la ciotola come in un brindisi.

 Tornai a guardare il suolo.

 

 

GLOSSARIO (e qualche trivia):

Mekilo: essere simile a uno scoiattolo, solo molto più grande, con zampe molto più lunghe e la coda in fiamme. Essendo un animale legato al fuoco, non è considerato sacro a nessun dio, ma sfruttabile da tutto il genere umano. Viene usato soprattutto per trasportare merci e persone.

Occlo: bovino ricoperto di squame e con protuberanze lunghe e sottili, simili a serpenti che stanno al posto delle corna e da cui esce fuoco. Anch’esso animale legato al fuoco, ma per la sua pericolosità e la capacità di controllare i loro getti di fuoco sono quasi esclusivamente cavalcature da battaglia.

Kutluqun: capre anfibie con alghe al posto della pelliccia. Sono considerate sacre al dio Tumbe, e per questo, per allevarle o catturarne di selvatiche, è necessaria l’autorizzazione di un sacerdote di quel dio.

Lymplis: pesci volanti, con le pinne coperte di piume. Sono sacri alla dea Chicosi, dunque è necessaria l’autorizzazione di un suo sacerdote per possederne uno. Malgrado ciò, sono popolari come animali da compagnia presso la nobiltà.

Kyllu: uccelli simili a cigni, fluorescenti. Sono sacri al dio Achemay, e allevati solo all’interno del palazzo imperiale. Il loro piumaggio è usato per decorare le corone dei sovrani.

Lilque: creature con corpi simili a quelli degli esseri umani, ma con code di serpente al posto delle gambe. Servitori del dio Thumbe, vivono presso il mare, i laghi e in qualche caso i fiumi, quasi mai in corsi d’acqua più piccoli.

Duheviq: piante dalla capacità di mutare il proprio aspetto, assumendo qualsiasi forma desiderino. Originariamente questo veniva usato per catturare prede dei cui fluidi nutrirsi, ma con l’avanzare della società umana, ne hanno approfittato per integrarvisi. Un tempo servitori della dea Achesay, organizzati in tribù-foreste rigidamente isolate dagli esseri umani; solo i sacerdoti della dea potevano avvicinarli senza essere bollati come cibo. Al tempo di Choqo, mentre i più anziani vivono ancora tradizionalmente, i più giovani hanno preso a mescolarsi con le popolazioni umane, finendo spesso vittime di discriminazioni e relegati ai lavori meno nobili o remunerativi. Mantengono comunque un rigido codice di valori, di cui la fedeltà è il più alto.

Shillqui: piante in cui scorre un liquido per aspetto e consistenza simile al miele, che causa a tutto l’albero di agitarsi violentemente. Se bevuto, questo liquido dà gli stessi effetti agi esseri umani, ma è difficilissimo metterci le mani sopra. Pianta sacra a Pachtu, i suoi sacerdoti ne devono bere la linfa durante le cerimonie.

Likri: fiori simili a gigli rossi, dalle temperature bollenti, che esalano un fumo sottile. Se tuffati in acqua gelida e canditi, sono considerati ottimi per la pasticceria, ed essendo legati al fuoco, l’unico limite al coglierli è potersi permettere buoni guanti protettivi.

Sangue della Terra: erba che influenza la circolazione sanguigna, usato per diversi effetti nelle gravidanze.

Zullma: pianta le cui varie componenti hanno diversi usi; le radici sono considerate un potente lassativo.

Kiquicos: erba di colore blu, parassitaria dei Duheviq. Pericolosa per le sue capacità di depistare animali e viandanti, ma molto ricercata per le sue molteplici virtù.

Guyla: praticamente un Moment.

Tably: erba che secondo le credenze popolari risolve l’insonnia e i problemi di incubi frequenti.

Ago di Luce: essere a metà tra lo stato animale e quello vegetale, si nutre di sangue, ma può essere utilizzato per aspirare anche altri fluidi corporei.

 

Qillori: cristalli di colore azzurro chiaro, molto usati in oreficeria.

Achemairi: cristalli di colore dorato, anch’essi comuni per l’oreficeria.

Tablyk: pietra di colore rosato, usata nell’oreficeria.

Kislyk: pietra dall’aspetto simile alla tablyk, ma molto più dannosa.

 

Notte: entità primordiale da cui tutto il mondo ha avuto origine.

Achemay: dio del sole, entità più importante del pantheon Soqar.

Achesay: dea della terra.

Chicosi: dea dell’aria.

Tumbe: dio del mare, dei fiumi e dei laghi.

Sulema: dea del fuoco.

Pachtu: dio dei fulmini e della vita.

Qisna: dea della morte e delle paludi.

Supay: esseri più collegati al folklore che alla religione vera e propria, sono creature della Notte,

incaricati di torturare le anime dei peccatori che lì vengono gettate.

 

 

Ladies & Gentlemen,

come promesso, ecco un capitolo piuttosto importante, le cui conseguenze si faranno sentire per tutta la prima parte della storia. Cosa ne pensate di Waray? E del comportamento di Simay?

Per quanto riguarda lo spin-off: siccome ho ricevuto due votazioni (grazie Spettro94 e Old Fashioned), ognuna delle quali sceglieva un’opzione diversa, la decisione finale è stata affidata al lancio di una moneta: è risultata vincitrice l’opzione 2, lo spin-off su Etahuepa e Simay. Il primo capitolo uscirà in concomitanza con il prossimo di questa storia. Le opzioni perdenti, invece, riceveranno una seconda possibilità nel caso la storia dovesse arrivare a 200 recensioni, insieme a una nuova proposta.

Detto questo, chiudo ringraziando tutti i lettori e soprattutto i recensori!


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Capitolo 21
*** Dove inizia la lotta per la libertà ***


                        CAPITOLO 20

         DOVE  INIZIA  LA  LOTTA  PER  LA  LIBERTA’

 

 

 

                                                      Dal Manoscritto di Corinna

 

Il resto della giornata fu semplicemente orribile.

 Dovemmo restare in quel maledetto cortile di Tempio, mentre l’Imperatrice discuteva con Waray e le donne al suo seguito non facevano fondamentalmente nulla, ma mantenevano una grande aria di importanza in tutto ciò. Sembrava che non fossero lì per la festa religiosa quanto per riaffermare il loro potere e prestigio, discutendo di politica e religione in termini così vaghi e superficiali che avrei potuto riderne anch’io, parlando di chi e come fosse imparentata con un Sacerdote di alto rango, e come Waray avesse assolutamente ragione a voler proibire a quei miserabili schiavi di diventare addirittura Sacerdoti (‘Mi sorprendo come il nostro Impero sia durato tanti secoli con simili leggi!’).

 La peggiore di tutte era una donna che avevo visto alcune volte nel circolo di Llyra, accompagnata dai suoi gemellini lamentosi: uno degli altri schiavi mi spiegò in quell’occasione che era la sorella di Waray. Quindi non solo ci toccava continuare nei nostri lavori di schiavi dopo aver visto dare un brutto colpo alle nostre possibilità di uscire da quella vita, dovevamo pure farlo per questa donna che lo sapeva benissimo e ci elargiva un sorriso arrogante a ogni singolo ordine. Almeno in questa circostanza scoprii un buon numero di miei ‘colleghi’, sia del palazzo che di altre famiglie, che avevano sperato nel mio stesso riscatto e ne erano stati delusi, e si applicò parzialmente il principio del ‘mal comune mezzo gaudio’.

 Parzialmente, dico, perché loro non erano appena stati buttati via come stracci vecchi da qualcuno che avevano rischiato la vita per aiutare. Quasi non riuscivo a credere a quello che avevo sentito da Simay. Davvero non c’erano possibilità che io avessi frainteso, o che non avessi mai davvero parlato con lui e che quella fosse una mia allucinazione paranoica?

 A scriverla, mi rendo conto che fosse una teoria davvero stupida, ma volevo disperatamente crederci. Tutte le mie possibilità di tornare a casa, dalla mia famiglia, alla mia vita normale, dipendevano da quel sacerdozio. L’idea di morire lì, come una schiava tra tante, per il capriccio di un dio, mi toglieva quasi il respiro per la paura. E malgrado tutto questo, io avevo fatto proprio le cose più pericolose che avessi fatto in vita mia! Mi ero infiltrata in uno intrico politico come non ne avevo mai visti, avevo derubato un’Imperatrice che aveva diritto di vita e di morte su di me, mi ero ritrovata faccia a faccia con una persona capace di controllare il maledettissimo elemento del fuoco con la forza del pensiero. Avevo rivelato a Simay di quella lettera perché non mi andava di lasciar morire una persona, non per una qualsiasi ricompensa: erano stati lui e Qillalla a offrirmela.

 E dopo tutto quello che avevo passato, dopo tutti i rischi che avevo corso per aiutarli, all’improvviso decidevano che darmi quella ricompensa non era più conveniente, e me la facevano sparire da sotto gli occhi. E il modo in cui me l’avevano detto, poi – come se fosse impensabile da parte mia aspettarmi che mantenessero la parola, a prescindere dal cambio di circostanze! Simay a blaterare della sua dea, Qillalla a rinfacciarmi di non essere una vera devota … bella posizione da cui criticarmi, quella di nobili che non erano stati altro che serviti e non avevano idea di cosa volesse dire essere privati della propria vita, della propria famiglia e libertà, ed essere ridotti al rango di oggetti di cui qualcuno potesse usufruire a piacimento.

 Chissà, magari progettavano una cosa simile fin dall’inizio. Non avevano mai davvero considerato di aiutarmi, serviva una spia a palazzo e una ricompensa sarebbe stata più sicura dell’affidarsi al mio buon cuore, tanto non era che le emozioni di una schiava importassero o … no, stavo esagerando. Appena prima della nomina di Waray e tutto quello che ne era seguito, Simay mi aveva detto di aver contattato il Tempio di Pachtu, e raccomandato il mio nome. E se avessero voluto rinunciare ai miei servizi di spia, quel preciso momento, con un nuovo Sommo Sacerdote che era un’emerita incognita per la sicurezza di Simay, Llyra sempre decisa a farlo fuori e l’Incendiario in piena attività, sarebbe stato il momento peggiore. Se fossero stati così scemi da farlo intenzionalmente, avrebbero meritato di farsi ammazzare da uno qualsiasi di quelli menzionati sopra.

 Ma alla fine, non aveva importanza. Io avevo chiuso con loro. Basta, erano un vicolo cieco per quanto riguardava il ritorno a casa, ora mi sarei dedicata a quell’obiettivo senza ulteriori distrazioni.

 C’era stato, in quel giorno, qualcosa che mi aveva lasciato un poco di speranza: l’atteggiamento assolutamente furioso di quella che avevo capito essere una Sacerdotessa del Tempio di Pachtu alle dichiarazioni di Waray. Certo, probabilmente si preoccupava più delle ingerenze di un altro Tempio negli affari del suo e della relativa perdita di potere che non dei diritti di noi schiavi, ma l’avevo vista soppesare me e gli altri con espressione seria e interessata. A pensarci bene, se io avessi voluto riaffermare il mio potere contro qualcuno che si fosse intromesso in mie competenze, avrei fatto esattamente quello che lui voleva impedirmi di fare, in questo caso aiutare gli schiavi. Potevo sperare in qualche rappresentante di quel Tempio che mi avvicinasse per informarmi di cosa ne sarebbe stato della mia richiesta?

 Simay aveva detto qualcosa a proposito di ‘dopo il ritorno dell’Imperatore’. Oh, splendido. Quindi ero costretta ad aspettare e sperare, senza fare nulla. Anzi, non è esatto: godermi le occhiate di derisione e disprezzo e ascoltare le frecciatine delle amiche di Llyra per tutto il pomeriggio costituisce un qualcosa da fare nell’attesa.

 Per giunta Dylla decise di rendere nota la sua posizione in merito dandomi anche meno tregua del solito, e per motivi che non seppi spiegarmi, Namina abbandonò la sua solita posizione di apatia nei miei confronti per adottarne una di aggressività mai vista; quasi arrivammo alle mani, e io naturalmente fui punita molto più severamente di lei.

 Il mio unico conforto fu scoprire che una delle altre aspiranti al sacerdozio dell’Energia, una ragazza poco più grande di me di nome Atna, viveva a sua volta al palazzo, anche se in un casermone diverso e con compiti diversi. Almeno avrei avuto qualcuno che facesse da eco alle mie lamentele.

 Ma complessivamente, il resto della giornata della consacrazione di Waray fu un disastro per me.

 

Quasi non ci credetti quando scoprii che la mia attesa sarebbe durata così poco. Del resto, Simay aveva parlato di preparativi per il rientro di Manco, di questioni più pressanti per le Sacerdotesse di Pachtu; ma effettivamente era logico aspettarsi che i recenti eventi avessero cambiato le cose.

 Il mattino stesso dopo quell’orribile giorno della consacrazione, un inviato del Tempio dei Fulmini avvicinò sia me che Atna, strappandoci alle angherie di nobili e superiori con loro sommo scorno.

 “Rendetevi conto delle circostanze eccezionali” fu la primissima cosa che ci disse. “La nostra autorità, il nostro privilegio di cambiare le posizioni sociali non aveva mai ricevuto una simile sfida prima d’ora, né da un potere terreno né sacro. Non abbiamo idea di cosa sia saltato in testa a Waray, non sappiamo come intende procedere, sappiamo solo che dobbiamo mantenere alta la nostra dignità. Il che significa che voi due dovrete passare la prova. Non ne va solo della vostra libertà, ne va del potere di tutto il Tempio, dell’onore del dio”

 Potrete indovinare di quale delle due parti mi importasse di più, e tutto quello che avevo tratto da quel discorso era che non solo il Tempio aveva abbreviato le liste di attesa, ma probabilmente avremmo potuto aspettarci qualche aiutino nelle nostre imprese. Mi sentii improvvisamente molto più rincuorata. Magari l’elezione di Waray non era stato un disastro completo, dopotutto!

“Ci rendiamo conto della gravità della situazione” Atna stava intanto rispondendo. Mi concentrai di nuovo sull’inviato. “Faremo del nostro meglio per non incasinare questa … cioè …”

 “Non ci serve essere ordinati per fare onore al dio al massimo delle nostre capacità” la interruppi con il mio migliore sorriso. Atna mi guardò male. Certo, non era stato molto cortese interromperla a quel modo, ma almeno io sapevo fingere un linguaggio forbito. L’inviato si limitò ad annuire.

 “Come mi auguro sappiate, avrete delle prove da superare, per dimostrare la vostra attitudine e la benevolenza che il dio ha per voi. Se siete nelle sue grazie, dovreste riuscirvi senza difficoltà. Per ognuna vi sarà richiesto di portare al Tempio una prova del vostro successo, che offrirete come sacrificio. Se verrà accettato, vi sarà comunicata la prova successiva”

 Bene, c’era da aspettarsi che volessero delle prove. Fin qui, potevo sentirmi relativamente tranquilla.

 “Il tempo massimo che avrete per portare a termine tutte le prove sarà un ciclo lunare. Amministrate con saggezza questo tempo”

 “E se non facciamo in tempo?” chiesi io.

 “Significa che non siete in grazia del dio, e la prova verrà considerata fallita. Tornerete alla vostra vita di schiavi”

 “Uh. Ci sarà permesso di riprovare?”

 “L’anima dell’uomo è in completo mutamento, chi non può comunicare con il sacro può sempre imparare a farlo. E’ un sì”

 “A distanza di dieci anni, però” mugugnò Atna. Io la guardai inorridita. L’inviato non negò.

 Mi pareva ben strano avere tutta quella fortuna! Già mi infastidiva dover ritardare il ritorno a casa di un altro mese, figurarsi un decennio. Dovevo passare quella prova al primo tentativo.

 “Se non ci sono altre domande, vi esporrò ora il vostro primo compito” continuò l’uomo. Io ascoltai, attentissima, con un lieve principio di tachicardia. “Riempite tre tazze di linfa di shillqui e portatele al Tempio”

 Ehm, bene. Non avevo idea di cosa fossero gli shillqui, alberi a giudicare dalla frase, ma non sembrava un compito particolarmente arduo. No, un momento, Atna aveva afflosciato le spalle e assunto un’espressione decisamente intimorita. Non era un buon segno, affatto. Preferii però non mostrare la mia ignoranza all’inviato del Tempio, e annuire con tutta l’aria di chi sa a cosa sta andando incontro e non ne è intimorita.

 “Non si accettano acquisti commerciali, dovrete essere voi stessi a incidere l’albero e a farla stillare. Saremo a conoscenza di ogni infrazione alla regola. Sgarrate, e la vostra richiesta di iniziazione sarà immediatamente scartata”

 No, non era possibile che il compito fosse così semplice. Non ci sarebbe stata tutta questa insistenza sul rispetto delle regole, altrimenti.

 “Pregherò il dio affinché possa trovarvi degne” concluse l’inviato, e se ne andò, mollandoci lì con vari gradi di preoccupazione e confusione.

 Mi voltai subito verso Atna. “Che accidente sono gli shillqui?”

 Lei mi guardò incredulo. “Come fai a non conoscerli? Da dove vieni tu li chiamano con un altro nome?”

 “Come faccio a saperlo se non mi spieghi quali sono?”

 “Sono quegli alberi che si muovono incessantemente”

 Oh. Li ricordai immediatamente dal mio viaggio verso Alcanta, quando ancora ero in mano agli schiavisti. Ricordai che era stato necessario creare tunnel in pietra per proteggere i viaggiatori dai loro attacchi.

 E io sarei dovuta andare da sola, senza alcuna assistenza, da uno di quei cosi, avvicinarmi abbastanza da tagliare la corteccia, e stare in qualche modo ferma abbastanza perché quella colasse in quattro tazze. Ma non avrebbero dovuto cominciare con un compito facile? Dannazione, Waray non avrebbe dovuto neppure preoccuparsi della mobilità sociale, mi sarei sorpresa se qualcuno fosse mai riuscito a passare quelle prove!

 “Li conosci” concluse Atna, guardandomi con simpatia. “Ti capisco benissimo. Purtroppo non possiamo aiutarci a vicenda: è una prova in cui ognuna sarà singolarmente giudicato da Pachtu”

 “Fammi indovinare, avranno un modo di sapere pure quello”

 “Senz’altro”

 Non vedevo come fosse possibile a meno di non mettere spie accanto a ogni singolo albero shillqui della zona, ma dopo un breve dibattito interiore, decisi di non cercare di convincere Atna a ignorare le regole e lavorare in coppia. Con tutti i fanatici religiosi che avevo incontrato fino a quel momento, probabilmente sarei solo riuscita ad alienarmela, e probabilmente farmi denunciare alle Sacerdotesse. Meglio non rischiare.

 E così sospirai, e tornai ai miei soliti lavori prima che qualcuno si mettesse a strepitare, la mente tutta presa da strategie di guerra contro delle piante.

 

La prima cosa da fare era capire dove fossero gli shillqui.

 Ovviamente non ne avrei trovati nel bel mezzo di quella grande città, quindi avrei dovuto assentarmi da palazzo abbastanza a lungo, tra andata, raccolta e ritorno. Questo nel bel mezzo di quei folli preparativi, che dovevano durare ancora per un paio di settimane. Non avevo nessuna intenzione di aspettare fino a quando si fossero calmate le acque: se quella era la prima prova, probabilmente le altre sarebbero state anche più lunghe da sbrigare. Decisi quindi di chiedere aiuto all’unica persona amica che mi fosse rimasta in quel maledetto mondo.

 Già incontrare Alasu fu un’impresa, altro che raggiungere gli shillqui. Le dame furono una vera tortura quel giorno: gli ordini arrivavano sempre a me, spesso e volentieri nello stesso momento, tutte pretendevano di essere servite per prima, Tabllay aveva portato il malefico pargolo e pretendeva che lo intrattenessi, ma questo cozzava contro gli ordini di assentarmi che ricevevo, e nessuna sembrava realizzare quanto fosse ridicola la situazione. Fu un pomeriggio semplicemente d’inferno.

 Quale frutto sulla torta, chi fu l’artigiano presso cui dovetti portare e ritirare il maggior numero di ordini? Ma Sayre, naturalmente. E a quel punto della giornata ero così distrutta che non riuscii neppure a insultarlo o a fare del sarcasmo, potei stare solo il più silenziosa possibile e guardarlo storto.

 Lui cercò di atteggiarsi a un’assoluta normalità, come se non fosse mai successo nulla, azzardandosi addirittura a chiedermi come stessi: fu l’unico momento in cui riuscii a fulminarlo con lo sguardo, e lui decise saggiamente di tacere e limitarsi a consegnarmi i gioielli che erano stati richiesti. E ciò non fece altro che peggiorare ancora di più il mio umore, ricordandomi di come fino a poco tempo prima le visite alla sua officina fossero tra le più divertenti che potessi fare. Tutte bugie … non avevo raccolto altro, da quando avevo messo piede a Tahuantinsuyu. Che vita orribile.

 L’unico momento di sollievo venne alla sera, quando Namina piombò sul gruppo annunciando qualcosa riguardo a un’infestazione di fylles sulla parete destra del muro del giardino. Una delle dame ebbe un vero e proprio attacco isterico, urlando e balbettando e cercando di raccattare in fretta le sue cose con l’unico risultato di sparpagliarle dappertutto, altre si misero a rimproverarla per lo scarso contegno, altre ancora rimproverarono le critiche perché una fobia così grave non è una da trattare con leggerezza, e insomma si scatenò il caos. A me fu prontamente ordinato di andare a gestire le fylles, ma prima che potessi anche solo protestare che non avevo idea di che cosa fossero, Namina intervenne assumendosi la responsabilità dell’infestazione (curare il giardino era una delle sue responsabilità principali, dopotutto) e andando al posto mio.

 Tra un incarico improvvisamente sfumato e la troppa confusione perché me ne fossero dati altri, mi ritrovai temporaneamente ignorata da quelle donne e dalle altre schiave: ne approfittai subito per correre verso la bottega degli artigiani. Alasu e suo padre stavano chiudendo bottega; il farmacista si affrettò a dire che a meno che non fosse un’emergenza non poteva darmi nulla, Alasu si illuminò e si limitò a salutarmi. Dopo l’isolamento che avevo sentito negli ultimi due giorni, un benvenuto così allegro e sentito fu un vero toccasana.

 “Nessuna ordinazione” risposi con il mio miglior sorriso. “Volevo solo chiedere un’informazione ad Alasu”

 Yzda si limitò a scrollare le spalle e a fare un cenno a sua figlia. Lei gli sorrise e mi accompagnò fuori dalla bottega. “Che cosa ti serve?”

 “Sai, io avevo fatto domanda per accedere al sacerdozio di Energia” esordii.

 Lei sgranò gli occhi. “Davvero? Ma … scusa, non avevo pensato che fossi una persona religiosa”

 “Diciamo che dipende dal tipo di culto” non era bello mentire così all’unica persona che ancora mi sorridesse, ma dato il fanatismo religioso di Tahuantinsuyu mi conveniva non rischiare. “Per fortuna l’annuncio di Waray li ha messi tutti sul piede di guerra, adesso sono più determinati che mai a far entrare gli schiavi. Ma per accedere al noviziato, è necessario superare un certo numero di prove”

 “Lo so, l’ho visto succedere abbastanza spesso”

 “Ottimo, così puoi farmi da informatrice. Il mio primo compito è riempire quattro tazze di linfa di shillqui”

 “Sì, è tradizione. Devo avvertirti, ho visto pochi passare effettivamente quelle prove, per quanto ci abbiano provato …”

 “E io andrò a incrementare quei pochi. Il piccolo problema è che finora non ho visto molto di Alcanta a parte il palazzo, non ho idea di dove trovare gli shillqui. Non se li terranno nei cortili di casa, no?”

 “Davvero no. Però crescono abbastanza vicini al Tempio dei Fulmini. Segui la terza via sulla destra che parte dalla piazza davanti al Tempio, e arriverai in poco meno di mezz’ora”

 “Ma io non so neppure dove sia il Tempio di Pachtu! …Ho fatto portare la richiesta a un novizio di Achesay a cui ho fatto un favore, se è quello che ti sorprende”

 “Oh. Giusto. Dunque … sarebbe tutto molto più facile se avessimo una mappa … aspetta, tu conosci la strada per il Tempio della Terra?”

 “Fin troppo bene” brontolai.

 Lei non fece commenti. “Bene. Quando sarai arrivata innanzi all’ingresso principale, gira sulla strada principale sulla sinistra: ti porterà al Tempio di Tumbe. Da lì troverai una biforcazione: prendendo la strada sulla destra arriverai al Tempio dei Fulmini, prendendo la sinistra invece al Tempio di Qisna, che ti consiglio caldamente di evitare”

 Ricordai quello che, settimane prima, Simay mi aveva raccontato della religione locale. “Avete connesso le strade tra i Templi in base alle parentele?”

 “Esatto. I Templi sono il modo più semplice di orientarsi nella città, se sei nuovo. In effetti, ci sarebbe una strada più veloce per raggiungere il bosco sacro degli shillqui a partire dal Tempio di Achesay, ma dovresti infilarti in un vero labirinto di viuzze strette”

 “Vada per quella più lunga” decisi. “Sono contenta di averti aiutata! Ti serve altro?”

 Ora, Alasu aveva detto quella frase certamente in completa innocenza, ma mi fece improvvisamente sentire una persona davvero egoista. Ora che ci pensavo, quasi tutte le nostre interazioni recentemente avevano coinvolto lei che perdeva tempo e impegno per aiutare me. Certo, mi ero trovata nel bel mezzo di una situazione incredibilmente caotica, ma neppure lei doveva starsela passando troppo bene. Del resto, siccome il nostro intervento, salvo i danni a Pacha, era stato completamente inutile, lei sarebbe stata ancora costretta a dare quelle erbe alle donne dell’harem qualora l’Imperatore fosse tornato …

 “No, grazie. Piuttosto, come stai tu?”

 Lei sgranò appena gli occhi, in un’espressione di gradita sorpresa che mi fece sentire ancora più in colpa. Poi sospirò. “E’ … difficile da dire, ecco. Mio padre sta cercando di combinarmi un matrimonio …”

 “Come?!” intervenni. “Perché? Ma quanti anni hai?”

 Reazione piuttosto stupida, in retrospettiva: nel mio mondo non ero aliena al concetto di ‘matrimonio combinato’, fino a non molti anni prima si usava anche nella mia Italia e ancora nel momento della mia scomparsa si usava in altre parti del mondo. Ma era caduto in disuso, e io ero molto più familiare a matrimoni basati esclusivamente sull’amore. Non avevo mai incontrato qualcuno che avesse un promesso sposo o sposa, o nel processo di procurarseli.

 “Quest’autunno compirò diciassette anni” mi spiegò lei, guardandomi con tanto d’occhi a un simile commento. “E’ solo naturale, ormai ho l’età giusta per avere figli. Dalle tue parti non si combinano i matrimoni?”

 “No” su questo potevo essere sincera. “Sono i diretti interessati che decidono di sposarsi tra loro. La famiglia può approvare o meno, ma questo conta solo su un piano sentimentale, non giuridico o cose simili”

 “Ma pensa …” commentò lei, come se non avesse mai sentito nulla di così strano. Scosse appena la testa. “Io non riuscirei mai a procurarmi un marito, da sola. Per fortuna ho mio padre che mi aiuta, perché il candidato principale finora non si è mostrato esattamente entusiasta”

 “Cazzi suoi, è lui che ci perde” evviva me, ero riuscita a portarle un accenno di sorriso in volto. “Ma onestamente, che te ne frega se questo non ti vuole? Chiedi a tuo padre di trovartene uno più intelligente! Oppure il problema è che non vuoi sposarti proprio?”

 “Io devo sposarmi” replicò lei. “E’ la legge”

 “Come, scusa?”

 “L’Impero ha bisogno di offrire nuove braccia e menti per mantenere la sua struttura, e di devoti perché gli dei continuino ad accordarci il loro favore. E le famiglie hanno bisogno di eredi legittimi a cui lasciare il proprio posto nella società, o per avere la possibilità di elevarsi. Quindi non è possibile restare non sposati, nel senso che se tu o la tua famiglia non riuscite a trovare un buon partito, esiste un organo burocratico apposito che in base alla tua famiglia di origine e posizione sociale ti organizzerà un matrimonio con una persona adatta”

 Anche nel mio mondo, non avevo mai sentito parlare di un sistema simile. La cosa che più vi si avvicinava erano gruppi di persone che combinavano appuntamenti tra persone in cerca d’amore in base a caratteristiche comuni, ma era quasi un gioco, nulla di vincolante! Essere costrette dalla famiglia a sposare uno sconosciuto non pareva una bella prospettiva, ma essere obbligate per legge, dallo Stato … bene, qui a Tahuantinsuyu erano riusciti a inventarsi qualcosa di peggiore.

 “Sembri sconvolta” osservò Alasu. “Abbiamo davvero tradizioni diverse … se ti può consolare, in questi casi ti danno una sorta di periodo di prova in cui vivere insieme, per capire se riuscirete ad andare abbastanza d’accordo, se non proprio ad amarvi. Se non funziona, gli addetti ai censimenti ti troveranno qualcun altro”

 Un poco meno peggio di quel che avessi immaginato, ma lo stesso, la situazione non era ideale. Anche perché qui era Alasu a non volere un matrimonio così presto, legge o non legge. Rifiutava di opporsi perché, come al solito, in questo mondo le regole erano tutto … davvero, dovevo insegnare a vivere un po’ a questa ragazza.

 “Senti, se vuoi la mia opinione … puoi anche fregartene”

 “Come?”

 “Senza offesa, ma tu sei decisamente troppo docile. Aiuti tuo padre tutto il santo giorno, te la sbrighi con clienti deficienti, ti assumi colpe che non sono tue … non pensare che mi sia dimenticata di quel piccolo incidente il primo giorno che ti ho vista”

 “Te ne ricordi?” sembrava genuinamente stupita.

 “E’ stato poco più di cosa, un mese fa? Comunque, devi pensare anche a te stessa. Sbaglio, o non ti ho mai vista divertirti o fare casino con qualcuno della nostra età, al massimo dare loro delle medicine. Davvero il tuo lavoro ti lascia così poco tempo?”

 “La bottega deve restare aperta dall’alba al tramonto per tutti i giorni …” rispose lei con una certa esitazione.

 “E la sera?”

 “Devo rassettare la casa e cucinare la cena per mio padre”

 Buttai un’occhiata alla bottega del farmacista. Da quel che avevo capito, casa e bottega coincidevano per tutti gli artigiani, e a giudicare dalle dimensioni delle case, lo spazio abitativo non poteva essere più di una stanza.

 “Mi sembra qualcosa che può facilmente sbrigarsi lui da solo” commentai.

 “Ma lui si prende cura di me. Non mi sembra giusto non ripagarlo in qualche modo”

 “Da dove vengo io, occuparsi dei figli è un dovere dei genitori. E comunque lavori come una matta tutto il giorno, qualche momento di libertà la sera non gli causerà danni atroci!”

 “Non lo so” dannazione, sembrava ancora così insicura. Come faceva a non rendersi conto di che ragionamenti autolesionistici stesse facendo, pensavo? “Lui mi ha sempre detto che non gli sarebbe dispiaciuto se fossi andata a chiacchierare e svagarmi con altre ragazze della mia età” ragionò lei. “Ha solo detto che avrei dovuto evitare luoghi equivoci come le locande e taverne, e ovviamente rifiutare la compagnia maschile”

 E a questo punto tacque, mordendosi il labbro. Aha! Avevo capito tutto.

“E tu hai trovato un ragazzo che ti piace” Lei sgranò gli occhi e mi guardò allarmata. “E che non è il promesso sposo che tuo padre ha in mente”

 “E’ una cosa che succede a molte ragazze …” mormorò lei, guardando a terra imbarazzatissima.

 “E allora corri a provarci! Goditi un po’ la vita prima di farti cacciare nella casa di un qualche sconosciuto! Te lo meriti!”

 “Non lo so” fu la risposta. “Mio padre ha sempre detto che avrei dovuto svagarmi di più, trovare amiche tra le ragazze, forse anche qualche innocuo corteggiatore … ma quando gli rispondevo che queste cose non mi interessavano lui mi riempiva di complimenti, su come fossi saggia e giudiziosa e non avrei mai dovuto perdere queste qualità, sarebbero state la gioia di ogni marito …”

 “Uno sporco trucchetto per poterti punire e dare una lezione su cose che lui stesso ti ha incoraggiata a fare” commentai.

 “No, lui …”

 “Non vedo altra spiegazione per il suo comportamento. Senti, io sarò completamente onesta con te: sei una ragazza fantastica, dolce e gentile, e queste caratteristiche le avrai a prescindere da quello che fai. Ma mostra un po’ di spina dorsale, per carità! Così, a stare sempre chiusa tra casa e bottega, sembri una vera noia, e non lo sei”

 “Quindi tu mi preferiresti se fossi più frivola …”

 “Divertirsi una volta tanto non è essere frivole! E comunque sì, saresti al tuo meglio così. E ci tengo ad aggiungere che in quanto ragazza tua coetanea, la mia opinione è chiaramente superiore!”

 Lei sorrise con un po’ più di sicurezza. “E va bene. Proverò a fare come dici tu”

 Con tempismo impeccabile, dalla bottega provenne la voce di Yzda, che ordinava alla figlia di tornare dentro. Lei guardò nella sua direzione, mosse un mezzo passo verso di essa, poi si voltò con decisione a guardarmi.

 “Bene, spero che la tua missione vada bene. Tienimi informata, mi raccomando”

 “Alasu!”

 “Stanne sicura. E se tu dovessi avere bisogno di qualche aiuto … sono disposta a fornire tutto quello possibile a una schiava”

 “Alasu?”

 “Grazie. Ne avrò bisogno, credo”

 Yzda fece capolino dalla bottega, guardandoci storto; Alasu sospirò e mi rivolse un cenno di saluto, prima di dirigersi verso il padre. Io ricambiai l’occhiataccia dell’uomo. Tanto quel bacchettone avrebbe avuto presto molte più gatte da pelare di una mancata risposta.

 

Procurarmi la strumentazione necessaria alla mia impresa fu decisamente meno piacevole.

 Innanzitutto, l’unico posto in cui avrei potuto procurarmi facilmente tazze e coltelli erano le cucine: ma quando le chiesi in prestito al cuoco, spiegandogli la situazione, lui mi disse semplicemente di no. Passò poi a distribuire cibo agli altri schiavi, senza più degnarmi di uno sguardo o fornirmi uno straccio di motivazione malgrado le mie proteste.

 Tutte le mie conclusioni all’epoca furono ‘stronzo’ e la decisione di rispolverare i talenti da scassinatrice che avevo rivelato con quella benedetta lettera. Neppure a dirlo, fu un processo lungo e laborioso anche quello: per i due giorni successivi parve che le donne della corte si stessero impegnando a mandarmi a fare qualunque commissione che non fosse portare loro cose dalla cucina.

 La notte del primo giorno tentai una sortita mentre tutti dormivano: per fortuna vidi la guardia prima che lei potesse vedere me, e potei tornare difilato nel mio capannone. Ma era normale che ce ne fosse una? Quando ero rimasta a lavorare di notte o prima dell’alba, non ricordavo di averne viste.

 Fu a quel punto che iniziai seriamente a sospettare che qualcuno stesse cercando di sabotarmi. Tutte quelle coincidenze sfortunate … chi aveva abbastanza potere in quel palazzo da poterselo permettere? La risposta più logica era Llyra, ma perché mai avrebbe voluto farlo? Ero solo una schiava come tante … vero? Lei non sapeva, in qualche modo, che ero stata io a portare via la lettera?

 No, non aveva senso: se l’avesse saputo, sarei morta a quel punto. Se non giustiziata ufficialmente, perlomeno in un tragico incidente … ma che pensiero confortante. Non mi avrebbe lasciata libera di fare quello che volevo, soprattutto non avrebbe cercato di trattenermi in una posizione dove avessi potuto spiare la corte, se ancora mi credeva in combutta con Simay.

 No, una spiegazione più decente era di tipo politico: la presa di posizione di Waray aveva ricevuto appoggi dai più classisti, ma anche opposizioni dal Tempio di Pachtu e dalle persone legate ad esso: magari l’Imperatrice cercava di mantenere le cose in stallo, intanto che capiva come muoversi. Così aveva molto più senso.

 Sì, ma io intanto rimanevo senza armamentario! Forse avrei potuto convincere uno degli altri schiavi ad aiutarmi, ma in primo luogo, stavo pagando lo scotto di non essermi fatta neppure un amico tra loro, e in secondo, anche se li avessi avuti l’amore di Tahuantinsuyu per le regole si sarebbe comunque messo di mezzo. Passai tutto il giorno successivo a lavorare come una bestia da soma e al contempo cercare di capire come eludere la guardia: magari creare un diversivo? No, probabilmente si sarebbe aspettato qualcosa del genere … ma potevo sempre provare, no? Forse se fossi piombata lì all’improvviso avvertendolo di un cambio nei suoi doveri sarebbe stato troppo ansioso di obbedire per riflettere seriamente …

 Non ce ne fu neppure bisogno. Quando tentai di mettere in atto il mio piano, il solerte vigilante si era addormentato. Finalmente una piccola botta di fortuna! Ne avevo tanto bisogno che mi accontentai della sua esistenza, senza proteste per il ritardo.

 E benedissi anche l’usanza locale di usare tende al posto delle porte: fu molto più facile intrufolarsi nella cucina senza far rumore. Ci vedevo pochissimo, ma riuscii a discriminare un coltello e tre belle coppe – quelle in bronzo, non pregiate come quelle d’oro la cui scomparsa sarebbe stata notata e non fragili come quelle in ceramica, considerato quello cui dovevo andare contro. Nel giro di dieci minuti ero di nuovo nel mio letto, gli tensili nascosti nel cuscino. Più facile del previsto, e dati i miei sospetti di sabotaggio non riflettei più di tanto sulla mia buona sorte: era prevedibile non averne.

 Il mio brillante piano di evasione guardie mi tornò utile pochi giorni dopo: erano arrivati nuovi ordini, l’arrivo dell’Imperatore era ormai imminente, le ultime preparazioni fervevano, e in tutto questo il viavai fuori e dentro le porte era così inteso che notai perfino quel ladruncolo che aveva involontariamente rivelato l’innocenza di Alasu sgattaiolare nel cortile senza che nessuno lo notasse. Gli rivolsi un cenno di salutò e lui ricambiò con un sorriso a trentadue denti. Dopo quello che avevo passato negli ultimi giorni, non potevo che augurargli fruttuose ruberie.

 Avendo passato gli ultimi giorni a rimuginare le indicazioni di Alasu, mi fu abbastanza facile orientarmi anche nel caos della città e raggiungere il bosco degli shillqui. A quel punto di sicuro a palazzo si erano accorti della mia assenza, ma era un problema che avrei potuto gestire dopo. Adesso ero più preoccupata dalla foresta di alberi in preda alle convulsioni che mi trovavo davanti.

 Per quanto mi sforzassi, non riuscii a distinguere alcun ciclo ripetitivo nei loro movimenti: completamente erratici, spesso interrotti e deviati a metà, quasi sempre si colpivano tra loro in quella frenesia, non sembravano mai diminuire il ritmo. Pareva stessero cercando di esprimere un’energia sconfinata senza esploderne: mi fu molto chiaro perché fossero sacri a quella particolare divinità.

 Bene, la mia possibilità migliore era lanciarmi verso il tronco e restare il più appiccicata possibile ad esso mentre raccoglievo la linfa. Almeno lì sarei dovuta essere al sicuro, quei dannati cosi non erano così invasati da voler colpire anche sé stessi. Un piano meraviglioso in teoria, in pratica fui centrata in pieno da un ramo e scagliata a due metri di distanza al primo tentativo.

 Per alcuni istanti non riuscii a fare assolutamente nulla, paralizzata dal dolore. E avevo pensato che le frustate degli schiavisti e le botte di Dylla fossero una brutta cosa? Essere beccata da un albero di quelle dimensioni era mille volte peggio. Mi riscossi solo quando vidi un altro ramo pronto ad abbattersi su di me, rotolando verso l’esterno in modo da esserne solo sfiorata.

 Imprecai. Mi trovavo appena fuori dalla portata dei rami, e quelli continuavano ad agitarsi come una cortina di fruste davanti al mio obiettivo. Ritentai.

 Questa volta il ramo mi colpì sul fianco, mandandomi dritta contro un altro che mi rispedì nella direzione da cui ero venuta. Mi ritrovai distesa a pancia a terra, e un ramo ritenne opportuno schiantarsi sulla mia schiena. Cacciai un urlo, non mi ero mai sentita così male in vita mia, ero sicura di essermi rotta qualcosa. Non ne sarei mai uscita viva – no, dovevo continuare a provarci, era la mia unica possibilità. Di avere successo in quell’impresa, e tornare a casa. Presi a strisciare verso i tronchi, con una lentezza esasperante e la sensazione che mi si stesse per spezzare la schiena a ogni passo. Sobbalzai ogni volta che un ramo si schiantava al suolo vicino a me, ma per qualche istante, fui miracolosamente ignorata.

 Poi, quando decisi che forse potevo azzardarmi a rialzarmi e correre più velocemente, un ramo mi centrò sul lato destro della faccia, ricacciandomi all’indietro. E prima avevo pensato di non aver mai provato tanto dolore fisico in vita mia? Dovevo solo aspettare che mi prendessero la faccia.

 Per qualche istante rimasi lì a terra, incapace di concretizzare qualunque cosa non fosse quel bruciore folle. Poi cercai di farmi forza e rialzarmi, e scoprii che non vedevo più niente dall’occhio destro. Mio Dio no, non era possibile, cosa sarebbe successo, cos’avrei fatto, non potevo andare avanti così – dovevo calmarmi. Il panico non mi avrebbe portata da nessuna parte. E neppure stare lì impalata come ad aspettare che il mio occhio guarisse o le tazze si riempissero da sole.

 Non era detto che fosse un danno davvero grave: durante le ore di ginnastica alla mia vecchia scuola avevo visto diversi ragazzi colpiti violentemente da una palla su un occhio, non riuscivano a vedere per qualche minuto, e poi la loro condizione tornava alla normalità. Il mio era uno di quei casi, cercai di dirmi, mentre cercavo di allontanare le informazioni riguardo a un cantante che dopo una pallonata particolarmente forte era rimasto cieco a vita.

 Quei dannatissimi rami continuavano ad agitarsi imperterriti. Forse uno doveva proprio mettersi a pregare per oltrepassarli? Sembrava avere senso, per una futura Sacerdotessa …

 Ehi, stronzo! Iniziai i miei devoti pensieri. Sono in questa merda per colpa tua. Mi sono ficcata in un casino dinastico, mi sono fatta mollare come uno straccio vecchio da quelli che credevo miei amici, mi sono trovata davanti quel tuo parente psicopatico che va in giro a dare fuoco alle cose. Sto cercando di consacrarmi al tuo servizio, e mi sto facendo picchiare da delle piante. L’esperimento è riuscito? Ti sei divertito abbastanza? E allora ti va di darmi una mano, porco cazzo?

 Dovevo solo tentare, a questo punto. Ripresi la corsa, un ramo mi centrò in pieno il lato sinistro del corpo. Feci in tempo a percepire un crack e un dolore lancinante prima di ritrovarmi per l’ennesima volta a terra. Pareva che la mia umile preghierina non avesse funzionato, anzi, semmai aveva reso Pachtu ancora più sadico.

 Forse avrei dovuto tentare con qualcosa di davvero devoto, ma non ne avevo ne la voglia né l’energia. Tutto quello che mi sentii disposta a fare fu rotolare verso gli alberi dalla mia posizione distesa a terra.

 E sì! Ce l’avevo fatta! Per qualche botta di fortuna nessun altro ramo mi aveva lanciata via, ed ero riuscita a raggiungere il tronco. Evviva! Ora dovevo fare in fretta: incidere la corteccia e raccogliere i frutti del mio lavoro.

 Ci volle semplicemente un’eternità. Suppongo che in realtà la linfa scorresse abbastanza in fretta, ma io volevo solo togliermi da lì e raggiungere un qualche posto con un medico: non appena ero stata in condizione di rilassami mi ero resa conto di avere la faccia bagnata, e mi era bastato portarci la mano per un attimo per scoprire che stavo sanguinando. Oh, bene, una ferita alla testa. Probabilmente il mio viso sembrava una maschera di sangue … non sarebbe stata un’emorragia troppo grave, vero? Non sarei svenuta lì, per poi morire per assenza di soccorsi, vero? Perché quel dannato liquido non scorreva più in fretta?

 Una tazza completa, la seconda da riempire. Forza, potevo resistere, dovevo finire quel maledetto compito … seconda tazza finita, la terza … era un certo miracolo non essere ancora svenuta, perché iniziavo a sentirmi la testa leggera. No, non sarei crollata lì, non sarei crollata finché non fossi arrivata al Tempio e avessi compiuto quel sacrificio. Stava per finire la terza, c’ero quasi … finito!

 Ora dovevo solo tornare indietro, ripetendo il percorso tra i rami. Mi venne di nuovo da piangere al pensiero, ma per la prima volta in tutta la giornata, qualcosa mi andò davvero bene. A quanto pareva, perdere tanta linfa in un colpo non aveva fatto troppo bene al mio albero: i suoi rami si agitavano ancora, ma molto più debolmente rispetto a prima. I rami dei suoi vicini ovviamente mantenevano il loro vigore inalterato, ma erano abbastanza lontani per poter essere evitati con un po’ di attenzione. Mi lanciai di corsa, destreggiandomi tra i rami che, a parte un patetico colpetto, non riuscirono neanche a toccarmi.

 Ed ero libera! Ora dovevo solo correre al Tempio. Lì mi avrebbero curata, giusto? Malgrado le mie condizioni, non riuscii a smettere di correre per un attimo, raggiungendo in fretta la piazza e oltrepassando la folla di credenti che mi guardavano con vari gradi di disgusto o simpatia. Nel tempio c’erano solo un paio di attendenti in tunica candida, che sgranarono gli occhi al vedermi.

 “Ho passato la prima prova!” annunciai. “Ecco qui, vi giuro che non ho barato …”

 “Quello lo vediamo da noi” disse una con un filo di voce.

 L’altra, più anziana e probabilmente più abituata a vedere entrare gente mezzo massacrata, prese le redini della situazione. “Versa una sola delle tue tazze sull’altare, sarà il tuo primo sacrificio. Le altre tienile, ti serviranno per le prove successive. Poi segui Seqa, ti porterà in infermeria. Ti serve una mano per camminare?”

 Mi sentivo stranamente bene data la situazione, quindi cedetti all’orgoglio e rifiutai. Raggiunsi con successo l’altare e vi versai sopra il contenuto di una di quelle sudate tazze, cercando di pensare ad Energia nei termini più devoti possibile. Non accadde nulla di particolarmente mistico: tutto quello che vidi fu una lastra di pietra bagnata.

 “Da questa parte, forza” il tono dolce di Seqa mi sorprese, era una bella differenza da quello altezzoso che avevo spesso sentito ai Sacerdoti fino a quel momento.

 Non ebbi problemi a obbedirle, se non che crollai a metà strada. Per quanto mi sforzassi, non riuscii a rimettermi in piedi: faticavo perfino a tenere gli occhi aperti. Volevo solo mettermi lì a dormire sul pavimento … sentii la voce agitata di Seqa, quella dell’attendente più anziana che commentava qualcosa a proposito di ‘non avere più bisogno del supporto del dio’, e poi le due donne mi afferrarono per le braccia e iniziarono a trasportarmi di peso in infermeria. Andavano a mettermi le mani proprio su qualche ferita, ma non avevo la forza di protestare.

 Dallo stato confusionale in cui mi trovavo, ricordo vagamente qualcuno che mi ripuliva il volto con acqua fresca, grattando via il sangue rappreso, qualcuno che mi ricopriva di bende l’occhio ferito, qualcun altro che mi tastava le braccia e le gambe, dicendo che non c’era niente di rotto lì. Non sarebbe stato neanche necessario cercare un Kisnar: ero solo piena di lividi, e lo sarei stata per molto tempo. L’unica cosa che rischiava seriamente era l’occhio: mi dissero di farmi controllare quotidianamente dal primo farmacista su cui potessi fare affidamento, per capire se sarebbe guarito o sarebbe stato necessario rimuoverlo per evitare un’infezione.

Ero così stravolta che non mi soffermai neppure sul rischio di rimanere guercia a vita. Ero stanca, volevo solo crollare da qualche parte, ma ero anche distratta dal fatto che … dopo tanto tempo ad essere trattata come uno scarto della società, da punire in caso di errori e ignorare in caso di servizi impeccabili, sentirmi rivolgere parole e raccomandazioni tanto gentili mi fece quasi venire un groppo in gola.

 Mi sforzai di non farlo notare e prendere lo stesso la parola. “E la prossima prova? Potrò farla in queste condizioni?”

 “Ti avremmo detto di tentarla in ogni caso” rispose la Sacerdotessa che mi faceva da infermiera. “Ma siamo felici di vederti tanto intenzionata a riuscire. Dunque, questa sarà la tua seconda prova: cacciare un huytey, strappargli la testa e portarla qui come offerta”

 “Eh?”

 “Lo so che non ti senti in grado di tagliare una verdura al momento” disse la donna con un sorriso incoraggiante. “Ed è per questo che ti servirà una delle tue tazze di latte di shillqui. Ti infonderà l’energia necessaria”

 Cioè mi sarei dovuta drogare? Quella roba non dava dipendenza, vero? No, perché oltre ai soliti problemi, avrei rischiato di ritrovarmi nel mio mondo con crisi di astinenza per qualcosa che letteralmente non esisteva lì … no, inutile fasciarsi la testa prima di essersela rotta. Era solo una tazza, dopotutto, e le Sacerdotesse qui sembravano perfettamente lucide e in controllo di sé. Piuttosto, il problema sarebbe stato dare la caccia all’huytey, specie perché non avevo la minima idea di che cosa fosse. Altre informazioni da chiedere ad Alasu, poveretta … qui come minimo avrei dovuto presentarla al più figo della città (escluso Sayre ovviamente) per sdebitarmi.

 Certo che ‘strappare’ una testa …

 “Ma potrò usare un’arma, vero? Un coltello da cucina o …”

 “No, no” si affrettò a correggermi la Sacerdotessa. “Dovrai strapparla a mani nude”

 Io la fissai senza riuscire a dire niente.

 Lei mi sorrise incoraggiante.

 In quel momento giunsi all’insindacabile conclusione che quel culto fosse pieno di pazzi furiosi, e che la cosa mi piacesse molto meno di quanto avrebbe fatto in circostanze più sicure.

 

La cosa più sorprendente fu l’assenza di punizioni fisiche al mio ritorno.

 Dylla si era fermata non appena mi aveva guardata bene, per sospirare e commentare che quando gli schiavi cercavano di affrontare le prove di Pachtu senza permesso andava sempre a finire così: non le restava molto di intero da punire. Si limitò a consegnarmi un enorme carico di lavanderia, che riuscii a svolgere senza fiatare malgrado il dolore a tutti gli arti. Se fossi riuscita a superare tutte quelle dannate prove, sarei stata definitivamente fuori di lì, lamentarsi e ribellarsi non aveva più neppure senso …

 E naturalmente, il giorno dopo dovetti assistere al trionfale ingresso dell’Imperatore in città. Dovevo ammettere, ero curiosa, Non aiutavo più Simay, ma avevo passato diverse settimane a cercare di gestire i risultati degli sbalzi ormonali di quell’uomo: volevo vedere almeno che faccia avesse, che tipo fosse. Forse ci sarebbe stata una somiglianza con Simay abbastanza forte da fornire di per sé una prova della loro parentela?

 Fui così sollevata quando la parata imperiale fece il suo ingresso nel palazzo: fino a quel momento avevo dovuto correre in giro portando rinfreschi e riferendo messaggi tra gente che non riusciva a trovarsi a vicenda, ma ora si richiedeva a tutti di accalcarsi rispettosamente ai margini del cortile degli Artigiani, senza intralciare il percorso. Certo, in quanto schiava io dovevo stare in fondo alla fila, praticamente schiacciata contro il muro dalla massa di persone davanti, ma i Mekilo erano abbastanza alti da permettermi una buona visuale. L’Imperatore Manco fu il primo a fare il suo ingresso.

 Era davvero poco impressionante. Non era particolarmente alto o imponente. Non aveva alcunché di carismatico, non emanava alcuna aria di forza e potere se lo guardavi escludendo lo sfarzo da cui era circondato. Sembrava qualcuno che si stesse sforzando di mantenere un aspetto regale senza essere ben sicuro di cosa fosse la regalità: la sua postura impettita e la sua espressione seria sembravano decisamente forzate. Avevo visto Llyra di persona solo poche volte da quando avevo preso a lavorare lì, ma erano state sufficienti per mettermi in chiaro che suo marito non poteva neanche essere paragonato a lei. Era così strano vedere un uomo dall’aspetto così comune seduto in una portantina così sfarzosa, osannato da una popolazione festante!

 Ebbene, quello era il padre di Simay. Probabilmente la processione era sfilata presso il Tempio di Achesay, e lui aveva avuto modo di vederlo. Chissà che ne aveva pensato?

 Al passo saltellante dei Mekilo, Manco si allontanò dal mio campo visivo, rimpiazzato da altri componenti della sfilata. Su portantine dall’aspetto molto più sobrio, rivestite di placche di metallo, vedevo uomini in armatura, evidentemente i generali. Mi colpì il fatto che ognuno sembrava avere un’armatura diversa: simboleggiava differenze di rango, o questo impero non aveva un’uniforme standard per i suoi soldati? Comunque stessero le cose, molti di quegli uomini sembravano molto più imponenti dell’Imperatore stesso.

 Finiti gli ufficiali, fu il turno delle spoglie di guerra: in una serie di esclamazioni affascinate dagli astanti, vidi passare Mekilo con gabbie cariche di armi, abiti dai colori sgargianti, monili e gemme molto più stravaganti di quelli che di solito si vedevano a Tahuantinsuyu, oltre a un certo numero di oggetti che non avevo mai visto in vita mia. E soprattutto, schiavi.

 Uomini dall’aria incredibilmente forte, donne che dovevano essere considerate molto belle (alcune anche più giovani di me, a quanto potevo vedere), perfino alcuni bambini: tutti si stringevano attorno a tutti, cercando di farsi coraggio come meglio potevano. La folla li indicava e commentava non diversamente da come aveva fatto con gli oggetti. Dovetti letteralmente mordermi la lingua per non mettermi a insultare tutti.

 E quello spettacolo di squallore umano riuscì a far risaltare ancora di più il carico dell’ultima gabbia. Conteneva un singolo schiavo, cosa di per sé già strana, ma se venivano presi in considerazione i gioielli che ancora indossava e i colori vivaci dell’unico indumento che portava, una specie di gonnellino, si poteva concludere che fosse un prigioniero importante. Un personaggio altolocato da qualunque posto fosse appena stato conquistato, lasciato adorno per far meglio risaltare i suoi carcerieri, non lui stesso.

 Ma la cosa che più colpiva era l’aria di assoluta calma che lo circondava: stava seduto composto in ginocchio, a spalle dritte, e osservava i soggetti che lo segnavano a dito come se fosse lui a osservare qualche curiosità. Be’, conclusi, quel soggetto si era piazzato decisamente in alto nella mia stima per il contegno, ma c’era da vedere quanto avrebbe retto alla vera e propria schiavitù di Tahuantinsuyu, povero disgraziato …

 O disgraziata? Sulle prime avevo pensato che fosse un uomo, era a torso nudo e lì non c’era niente che facesse pensare il contrario, ma a vederne la figura più da vicino … aveva un che di esile e delicato, fin troppo per essere considerata davvero mascolina. A guardare bene il viso … niente barba, un certo genere di lineamenti che sembravano adattarsi perfettamente a comunque volessi interpretarli. Magari era una donna davvero molto piatta? La spiegazione non mi convinceva completamente.

 Ma insomma, era un uomo o una donna? Sarei sembrata molto stupida a chiederglielo …?

 

 

 

 

 

GLOSSARIO (e qualche trivia):

Mekilo: essere simile a uno scoiattolo, solo molto più grande, con zampe molto più lunghe e la coda in fiamme. Essendo un animale legato al fuoco, non è considerato sacro a nessun dio, ma sfruttabile da tutto il genere umano. Viene usato soprattutto per trasportare merci e persone.

Occlo: bovino ricoperto di squame e con protuberanze lunghe e sottili, simili a serpenti che stanno al posto delle corna e da cui esce fuoco. Anch’esso animale legato al fuoco, ma per la sua pericolosità e la capacità di controllare i loro getti di fuoco sono quasi esclusivamente cavalcature da battaglia.

Kutluqun: capre anfibie con alghe al posto della pelliccia. Sono considerate sacre al dio Tumbe, e per questo, per allevarle o catturarne di selvatiche, è necessaria l’autorizzazione di un sacerdote di quel dio.

Lymplis: pesci volanti, con le pinne coperte di piume. Sono sacri alla dea Chicosi, dunque è necessaria l’autorizzazione di un suo sacerdote per possederne uno. Malgrado ciò, sono popolari come animali da compagnia presso la nobiltà.

Kyllu: uccelli simili a cigni, fluorescenti. Sono sacri al dio Achemay, e allevati solo all’interno del palazzo imperiale. Il loro piumaggio è usato per decorare le corone dei sovrani.

Lilque: creature con corpi simili a quelli degli esseri umani, ma con code di serpente al posto delle gambe. Servitori del dio Thumbe, vivono presso il mare, i laghi e in qualche caso i fiumi, quasi mai in corsi d’acqua più piccoli.

Duheviq: piante dalla capacità di mutare il proprio aspetto, assumendo qualsiasi forma desiderino. Originariamente questo veniva usato per catturare prede dei cui fluidi nutrirsi, ma con l’avanzare della società umana, ne hanno approfittato per integrarvisi. Un tempo servitori della dea Achesay, organizzati in tribù-foreste rigidamente isolate dagli esseri umani; solo i sacerdoti della dea potevano avvicinarli senza essere bollati come cibo. Al tempo di Choqo, mentre i più anziani vivono ancora tradizionalmente, i più giovani hanno preso a mescolarsi con le popolazioni umane, finendo spesso vittime di discriminazioni e relegati ai lavori meno nobili o remunerativi. Mantengono comunque un rigido codice di valori, di cui la fedeltà è il più alto.

Shillqui: piante in cui scorre un liquido per aspetto e consistenza simile al miele, che causa a tutto l’albero di agitarsi violentemente. Se bevuto, questo liquido dà gli stessi effetti agi esseri umani, ma è difficilissimo metterci le mani sopra. Pianta sacra a Pachtu, i suoi sacerdoti ne devono bere la linfa durante le cerimonie.

Likri: fiori simili a gigli rossi, dalle temperature bollenti, che esalano un fumo sottile. Se tuffati in acqua gelida e canditi, sono considerati ottimi per la pasticceria, ed essendo legati al fuoco, l’unico limite al coglierli è potersi permettere buoni guanti protettivi.

Sangue della Terra: erba che influenza la circolazione sanguigna, usato per diversi effetti nelle gravidanze.

Zullma: pianta le cui varie componenti hanno diversi usi; le radici sono considerate un potente lassativo.

Kiquicos: erba di colore blu, parassitaria dei Duheviq. Pericolosa per le sue capacità di depistare animali e viandanti, ma molto ricercata per le sue molteplici virtù.

Guyla: praticamente un Moment.

Tably: erba che secondo le credenze popolari risolve l’insonnia e i problemi di incubi frequenti.

Ago di Luce: essere a metà tra lo stato animale e quello vegetale, si nutre di sangue, ma può essere utilizzato per aspirare anche altri fluidi corporei.

AQI: esseri simili a tassi dal pelo violaceo, che emanano ormoni che fanno marcire le sostanze inorganiche attorno a loro. Soggetti a disinfestazioni a tappeto e contenuti in gabbie speciali, sono frequentemente offerti in sacrificio, con la testa dedicata a Chicosi, il cuore ad Achemay, e il resto del corpo, a seconda che l’animale sia maschio o femmina, a Tumbe o Achesay.

Fylles: insetti con ali a forma di fiore e polline al centro del corpo. Poiché si nutrono di altri insetti, sono molto usati dagli agricoltori, anche se prima necessitano di un permesso di un Sacerdote di Chicosi.

 

Qillori: cristalli di colore azzurro chiaro, molto usati in oreficeria.

Achemairi: cristalli di colore dorato, anch’essi comuni per l’oreficeria.

Tablyk: pietra di colore rosato, usata nell’oreficeria.

Kislyk: pietra dall’aspetto simile alla tablyk, ma molto più dannosa.

 

Notte: entità primordiale da cui tutto il mondo ha avuto origine.

Achemay: dio del sole, entità più importante del pantheon Soqar.

Achesay: dea della terra.

Chicosi: dea dell’aria.

Tumbe: dio del mare, dei fiumi e dei laghi.

Sulema: dea del fuoco.

Pachtu: dio dei fulmini e della vita.

Qisna: dea della morte e delle paludi.

Supay: esseri più collegati al folklore che alla religione vera e propria, sono creature della Notte,

incaricati di torturare le anime dei peccatori che lì vengono gettate.

 

 

 

 

 

 

Ladies & Gentlemen,

vorrei attirare l’attenzione su due cose di questo capitolo. La prima è che abbiamo avuto la prima scena d’azione in più di un anno e mezzo di pubblicazioni, e consiste nella protagonista che si fa picchiare da delle piante. La seconda è che finalmente, dopo più di un anno e mezzo di gente che ne diceva peste e corna di lui/lei, da Yrchlle con furore arriva finalmente Malitzin, che avrà per intero tutto il prossimo capitolo. Sono davvero curiosa di sapere cosa ne penserete di lui/lei … e preparatevi, perché ha ufficialmente inizio la Tragicommedia dei Pronomi.

Annuncio inoltre che il primo capitolo dello spin-off dedicato a Simay ed Etahuepa, intitolato Family Man (sì, il titolo della storia principale è in italiano e quelli degli spin-off in inglese, perché chissenefrega della logica) è appena uscito. Detto questo, ringrazio davvero tutti quelli che avranno voluto leggere e recensire!

 


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Capitolo 22
*** Dove Tahuantinsuyu accoglie un/a nuovo/a schiavo/a ***


                                  CAPITOLO 21

 

DOVE  TAHUANTINSUYU  ACCOGLIE  UN/A  NUOVO/A  SCHIAVO/A

 

 

 

Choqo non aveva più avuto notizie di Itzèn dalla loro primissima conversazione durante quella festa. Sulle prime la cosa le aveva anche dato fastidio – tutto quell’impegno per importunarla alla festa, e poi non si faceva neanche più sentire? -, ma gli ultimi risvolti della storia l’avevano poi completamente distratta da lui.

 Adesso però era necessario andare a cercarlo: Malitzin aveva appena fatto il suo ingresso sulla scena. Choqo conosceva a malapena i dati salienti della vita del primo Sommo Sacerdote: uno dei figli del re di Yrchlle, condotto a Tahuantinsuyu come schiavo dopo la conquista della sua terra d’origine, aveva presto iniziato a predicare l’imminente scomparsa dei vecchi dei e la necessità di considerare la massima certezza, la Vita, come unica cosa degna di venerazione. Inizialmente lui e i suoi primi seguaci avevano rischiato la condanna per blasfemia, peccato poi che si fosse rivelato che almeno al primo punto avevano ragione. E Simay e Corinna gli avevano permesso di innalzare la sua piccola setta a religione ufficiale dell’Impero di conseguenza.

 Davvero, il suo interesse in materia religiosa era tanto scarso, che era soddisfatta di non saperne di più, con somma disperazione dei suoi genitori. E adesso stava per apprendere una parte della storia sconosciuta a tutti, meno che agli stessi Sacerdoti. Che ironia!

 Le reazioni dei suoi familiari al suo annuncio di volersi recare al Tempio della Vita furono miste: una metà fu felicissima della sua ritrovata coscienza religiosa, l’altra metà ordinò al conducente del suo Mekilo di tenerla bene d’occhio, nel caso quello fosse un tentativo di fuga per evitare le nozze. C’era da aspettarselo, davvero.

 Il Tempio della Vita, come al solito, ferveva di attività. Se c’era qualcosa che secondo Choqo, ora che ne sapeva di più della vecchia religione, dava qualche credito al loro culto, era la loro disponibilità a prestare aiuto a chi lo chiedesse quando e come capitava, a prescindere da chi fosse il postulante: bastava che fosse vivo, e avrebbe ottenuto tutto l’aiuto di cui chiedeva, fosse stato un mendicante o l’Imperatore in persona. Il rovescio della medaglia era l’assoluto caos che regnava nella loro istituzione: supplici che vi si affollavano a tutte le ore del giorno avanzando tutte le richieste pensabili, Sacerdoti che correvano a procurare loro il conforto emotivo o il sostegno materiale di cui necessitavano, attendenti sconfortati che cercavano di mettere un po’ in ordine gli uni e gli altri. In retrospettiva, era stata una pessima idea non farsi annunciare: probabilmente Itzèn era già occupato con qualcun altro.

 E infatti: non appena ebbe richiesto del giovane Sacerdote a un attendente, la risposta fu di aspettare il suo turno; e così fece, per circa tre quarti d’ora in cui dovette impegnarsi a non mettersi tra i piedi a nessuno. Quando Itzèn si degnò di palesarsi, la ragazza aveva un mal di testa feroce e un umore perfino peggiore di quello con cui solitamente affrontava i Sacerdoti della Vita.

“Era ora” scattò. “Per essere quello che mi ha contattata per prima, non ti sei curato molto della mia strada verso la verità”

 “Stai facendo critiche con frasi scelte a caso perché il loro contenuto suona vagamente religioso?” replicò Itzèn con tutta la calma del mondo.

 Choqo rispose sbuffando. “Allora, questa storia?”

 “Dovrai anche imparare un po’ di seria retorica, cambiare argomento è una strategia piuttosto deprimente. Comunque, hai raggiunto il punto dell’arrivo di Malitzin a palazzo?”

 “Sì, con Corinna che non riesce a decidere se sia un uomo o una donna”

“Immagino sia capitato a moltissime persone. Dunque, per cominciare, tu cosa sai di Malitzin?”

 Choqo riferì.

 “Le basi, a malapena. Per una nostra così ardente critica, mi sarei aspettato una conoscenza più approfondita …”

 “E infatti sto parlando con te. Allora?”

 

 

                                                                     Dal racconto di Itzèn

 

Partiamo dalla considerazione del fatto che, una situazione del genere, Malitzin non se l’era aspettata neanche per sbaglio.

 Innanzitutto, solo i più paranoici avevano potuto prevedere l’attacco di Tahuantinsuyu. Secoli di coesistenza pacifica, patti di non belligeranza, alleanze commerciali, collaborazioni militari non appena qualcuno pareva voler minacciare entrambi i territori, accordi matrimoniali tra le diverse nobiltà. La famiglia reale aveva qualche goccia del sangue del Sole nelle vene, e più di un nobile di Tahuantinsuyu aveva antenati yrchllesi.

 Il popolo e la nobiltà erano talmente abituati a questo stato delle cose, che avevano finito per ignorare due importanti fattori: primo, l’espansione di Tahuantinsuyu fin proprio ai loro confini, e secondo, la convinzione che ogni Imperatore fosse in obbligo di espandere i confini del suo dominio anche solo di un poco di terra in più. Sì, come dici tu, erano degli storditi; ma c’è da considerare che avevano trascorso il tempo da quando Manco era salito al trono a vederlo affaccendarsi in piccole campagne e trattative per acquistare provincie relativamente insignificanti. Yrchlle era tutto, meno che una provincia relativamente insignificante.

 Tlalok, il padre di Malitzin, era rimasto semplicemente di stucco nel ricevere il messo che decantava i vantaggi del diventare provincia di Tahuantinsuyu, e invitava a una resa pacifica; non aveva impiegato una lunga riflessione a rifiutare. L’Impero aveva la maggioranza numerica, ma quella poteva essere facilmente raggiunta tramite alleanze con gli storici nemici delle loro politiche espansionistiche, forse anche sobillando ribellioni interne; l’Impero aveva Sacerdoti che usavano la magia divina nel combattimento, Yrchlle aveva macchine belliche che un Soqar non si sarebbe neppure sognato; l’Impero aveva soldati valorosi e generali brillanti, ma quelli li aveva anche Yrchlle. Lo stesso primogenito del re aveva un’eccellente reputazione come combattente e stratega, e fu presto promosso a generale di tutte le armate. Quanto alla secondogenita, fu data in sposa al sovrano di un regno vicino, e fece ottenere un sostanziale numero di truppe aggiuntive come aiuto alla sua patria.

 Tlalok ebbe qualche difficoltà a sistemare il suo terzo erede, ovvero il nostro Malitzin: non potendo essere definito un uomo, non era stato addestrato alle armi, e non potendo essere definita una donna, davvero non era adatta a siglare alleanze matrimoniali. Non avendo alcuna idea su che farsene, Tlalok decise di tenerlo presso di sé mentre governava il regno in quel tempo di guerra: avrebbe potuto almeno prepararlo a diventare un buon consigliere per quando suo fratello sarebbe salito al trono.

 Piccola falla nei suoi piani: invece di trionfare con la sua forza e intelligenza, il primogenito del re si fece catturare e tenere come ostaggio dalle armate di Tahuantinsuyu dopo aver riportato una spettacolare sconfitta. Neanche il tempo di elaborare bene la notizia, e Tlalok scoprì che i generali di Manco non avevano agito solo su quel versante: il regno con cui era stata stipulata l’alleanza matrimoniale era stato convinto a consegnarsi spontaneamente a Tahuantinsuyu, con la promessa di un numero imprecisato di privilegi che Yrchlle non poteva ragionevolmente garantire; gli amici erano ora nemici, la figlia del re era stata ripudiata e, da regina che era, tenuta come prigioniera.

 Questo fu l’unico momento in tutta la guerra in cui Malitzin, invece di guardare e imparare, cercò di assumere un ruolo più attivo, consigliando a suo padre una resa spontanea: il regno avrebbe senz’altro ricevuto delle sanzioni per la resistenza iniziale, ma nettamente inferiori a quelle che avrebbe ricevuto in caso di conquista forzata; Tlalok avrebbe potuto sperare di mantenere il trono, i suoi figli sarebbero stati liberati, la popolazione non sarebbe stata deportata. Non era la soluzione ideale, ma circondati com’erano, era quella che avrebbe permesso di salvare il salvabile.

 Peccato solo che Tlalok volesse la soluzione ideale: decise di scatenare una nuova offensiva contro le truppe di Tahuantinsuyu, ma quelli nel frattempo si erano procurate rinforzi e armi migliori: quello che doveva essere un attacco si trasformò nella resistenza a un assedio nella capitale Sakana. Assedio si fa per dire: tempo cinque giorni, e le mura furono abbattute.

 Da quel momento in avanti, per Yrchlle fu il disastro: le truppe di Tahuantinsuyu si scatenarono su persone e proprietà, saccheggiando, prendendo schiavi, e massacrando chiunque ancora tentasse di opporre resistenza. Ho controllato alcuni registri dell’epoca, sai: pare che un terzo degli abitanti sani della città, tra uomini e donne, furono uccisi nel giorno della conquista.

 L’Imperatore Manco, però, non si dimostrò completamente spietato: condannò Tlalok all’esecuzione per essersi opposto a Tahuantinsuyu, ma gli permise di contrattare la sorte almeno della propria famiglia. E Tlalok fece il contratto che più gli parve vantaggioso: il suo primogenito sarebbe rimasto come governatore del territorio in cui sarebbero stati inviati metà degli yrchllesi espatriati, sua figlia avrebbe sposato in seconde nozze il generale cui sarebbe stato affidato il controllo dell’altra metà dei deportati. Quanto a Malitzin, sarebbe rimasto come prigioniero dell’Imperatore, per bilanciare le libertà concesse agli altri due.

 E così Malitzin si ritrovò a passare, senza soluzione di continuità, dalla vita di palazzo allo stare segregato in una gabbia montata su un Mekilo, in mano a schiavisti che parlavano in una lingua a lui ignota, lasciando dietro di sé una patria distrutta e una famiglia dispersa.

 Non si lamentò: ciò era quel che la Vita aveva deciso di assegnargli, quella era la situazione in cui avrebbe di buon grado accettato di muoversi da quel momento in avanti. Non avvertì il rimpianto per la patria perduta, né la nostalgia per la famiglia: quando rivide i fratelli, molti anni dopo, li accolse come se la loro separazione non avesse portato con sé alcuna tragedia … sì, esatto, loro lo mandarono a quel paese, ma non erano ancora stati illuminati dalla consapevolezza nella Vita … ah, secondo te avevano ragione loro? Bene, vedremo se alla fine del mio resoconto sarai ancora dello stesso parere.

 Dunque, eravamo rimasti al viaggio verso Tahuantinsuyu. Impiegò circa due settimane, durante le quali Malitzin fu a confronto con Manco in una sola occasione, tramite un interprete: apprese così che Manco era particolarmente lieto di aver acquisito come bottino di guerra proprio un curioso caso della natura come lui, e che aveva già pensato come sistemarlo tra la sua servitù, come nuovo guardiano del suo harem. Del resto, il suo corpo lo rendeva la persona più adatta a quell’incarico: aveva la mente superiore e più affidabile di un uomo, atta a non farsi ingannare dalle eventuali trame di quelle donne, e al contempo era naturalmente privo di altre parti che avrebbero potuto renderlo preda del fascino e delle tentazioni delle ingannatrici.

 Malitzin replicò di non aver mai sentito una simile interpretazione della sua condizione, ma che ciò non faceva che comprovare, da parte dell’Imperatore, un particolare tipo di intelligenza e di consapevolezza sulla natura degli uomini e delle donne.

 L’interprete tradusse fedelmente, per poi sussultare e guardar storto il prigioniero, ma Manco si rallegrò della lode, dichiarò Malitzin il più saggio all’interno della sua famiglia, gli promise un trattamento di favore tra i suoi schiavi, e lo riconsegnò ai suoi custodi, raccomandando loro di istruirlo nella lingua dei Soqar.

 Costoro, semplici soldati che non erano molto entusiasti di essere assegnati al ruolo di guardiani degli schiavi, eseguirono al meglio delle loro capacità; il che significa che sia a Malitzin che agli altri schiavi della carovana furono insegnate solo parole relative agli ordini che avrebbero ricevuto, e il resto dovettero ricostruirlo da sé origliando le loro conversazioni.

 Chiedi se Malitzin abbia provato a mantenersi in contatto con gli altri schiavi della sua terra, dici? Tentò durante il viaggio di conversare con loro, esponendo le sue idee sull’accettazione della vita per confortarli; ma il fatto che fosse stato uno dei principi, che tuttora gli fossero state lasciate le vesti del suo rango, e che viaggiasse in una gabbia personale anziché stipato come loro in una con troppe persone non lo ingraziarono molto a quella che era stata la sua gente, sebbene il trattamento a loro riservato dai soldati fosse pressochè lo stesso.

 Quando finalmente arrivarono ad Alcanta, dopo due settimane di viaggio e un lungo tramestio, alle porte della città, per disporre adeguatamente tutti in una parata trionfale, il nostro fondatore non ne fu particolarmente impressionato. Quanto a conformazione e attività, non gli pareva tanto diversa da Sakana e da altre grandi città che aveva visitato; l’unica cosa che lo sorprese fu il numero di Templi, la loro posizione nel bel mezzo della città, e soprattutto la serenità con cui la gente vi si recava.

 Pareva che Tahuantinsuyu avesse una visione della divinità molto più positiva di quel che vigeva a Yrchlle; forse, pensò, quello sarebbe stato terreno più fertile per la sua predicazione?

Non fu un pensiero su cui potesse soffermarsi, nell’immediato; presto fu raggiunto il palazzo reale. Questo fu più una sorpresa: a giudicare dal cortile in cui la parata fece il suo ingresso, la nobiltà di Tahuantinsuyu non disdegnava di vivere accanto ai propri schiavi e artigiani, al contrario di quella di Yrchlle che segregava i servitori del palazzo a vivere lontano dal palazzo stesso; le differenze di classe erano comunque visibili, con i nobili riccamente vestiti a contemplare in prima fila il trionfo dell’Imperatore, e via via fino agli schiavi schiacciati contro le pareti, che allungavano i colli per riuscire a scorgere qualcosa.

 Malitzin si trovò soggetto della maggiore attenzione tra tutti gli schiavi, lì come per tutto il resto della processione; la cosa non lo turbò, era abituato fin dall’infanzia alla confusione di chi interagiva con lui. La curiosità sfacciata del popolo di Tahuantinsuyu era anzi, a modo suo, preferibile agli sguardi di disagio e ai bisbigli dei nobili di Yrchlle.

 Dal cortile polveroso da cui erano entrati, la processione sfociò in un giardino più familiare al concetto che Malitzin aveva di ‘palazzo’; lì la processione si fermò, e tra gli inchini generali, il sovrano fu fatto scendere dalla sua portantina, per poi entrare nel palazzo. La gente si accalcò dietro di lui; visti dall’alto, parevano un brulicare di insetti sempre in procinto di schiacciarsi a vicenda. Alcuni schiavi dovettero faticare non poco a tenerli a bada abbastanza da permettere l’ingresso anche ai generali.

 I soldati, invece, iniziarono il trasporto del bottino: grandi ceste in cui portare i preziosi, l’apertura delle gabbie degli schiavi, che vennero legati in modo da essere trascinati tutti assieme all’interno del palazzo (con l’unica eccezione dello stesso Malitzin, che si ritrovò sì legato, ma sempre da solo).

 All’interno del palazzo, Manco stava in piedi in un’ampia sala, dando le spalle a un elaborato scranno in oro. Teneva un discorso che Malitzin non fu in grado di afferrare nella sua interezza, ma diede per scontato riguardare o le imprese eroiche compiute durante la conquista di Yrchlle, o la ricchezza dei territori conquistati e la gloria che avrebbero portato all’Impero, o entrambe le cose. Accanto a lui, su un trono leggermente più piccolo e semplice, stava una donna in avanzato stato di gravidanza, il cui sguardo sembrava analizzare ogni aspetto della sala. Malitzin non seppe neppure spiegarsene la ragione, sulle prime, ma quella che era evidentemente la sovrana lo turbava molto più dell’Imperatore stesso.

 Il discorso terminò, in un’ovazione generale, e le spoglie di guerra furono spinte in avanti, a sfilare sotto gli occhi di tutti, mentre quello che sembrava un ufficiale decantava il pregio delle merci e le qualità degli schiavi. Malitzin fu fatto svestire, perché tutti i presenti potessero effettivamente osservare la sua natura a metà, dai genitali una via di mezzo tra maschili e femminili. Solo alla fine del discorso gli fu consegnata una tunica e dei calzoni di lana grezza, identici a quelli che portavano gli schiavi maschi (udì la donna che glieli aveva consegnati lamentarsi che non aveva idea se dargli abiti da uomo o da donna, decidendosi sui primi solo per il suo ruolo di custode dell’harem).

 La donna lo condusse poi attraverso il giardino, brontolando troppo in fretta perché Malitzin potesse capirla. Gli fece raggiungere un ingresso decorato, forse il più eccentrico di quel poco che aveva visto del palazzo, e lì lo lasciò, entrando per chiamare a gran voce qualcuno. Tornò dopo pochi minuti, accompagnata da un vecchio schiavo che si reggeva in piedi con un bastone e alcune giovani donne, che di per sé sarebbero state belle ma erano coperte da una tale esagerazione di gioielli da farle apparire quasi deformi.

 La donna robusta che l’aveva portato lì gli urlò qualcosa che finalmente era comprensibile: il vecchio era il guardiano dell’harem, sarebbe stato il suo maestro, e avrebbe dovuto fare come diceva lui. Il vecchio, dal canto suo, protestava l’ingiustizia di licenziarlo così, da un giorno all’altro, per rimpiazzarlo con uno straniero, e che avrebbe dovuto fare ora data la sua età; sottolineò queste ultime parole tentando di colpire Malitzin col suo bastone. Una delle donne dovette bloccargli i polsi e urlargli in faccia la verità della situazione per fargliela comprendere e finalmente accettare la presenza del nuovo arrivato.

 “Uno è sordo e l’altro non capisce un cazzo” la donna robusta brontolò finalmente qualcosa di interamente comprensibile. “Perfetti come maestro e allievo”

 Una delle donne intervenne suggerendo di fare da interprete, ma ciò le fu proibito per ragioni che non furono subito chiare. La donna robusta se ne andò, l’uomo richiamò l’attenzione di Malitzin con una bastonata sugli stinchi.

 “No fare uscire loro” sbraitò, indicando le donne e l’esterno, per poi fare gesti di diniego. “No fare entrare uomo. Chiaro? No uomini dentro!”

 Dopodiché si accucciò sull’uscio, si sfilò qualcosa dalla tasca, e iniziò a masticarlo senza degnare il suo allievo di un’altra occhiata. Le donne nell’edificio ridacchiarono, prima di ritirarsi negli interni delle stanze. Malitzin si lasciò cadere a terra a sua volta.

 Bene, il compito di guardiano dell’harem sembrava semplice e singolarmente noioso, a giudicare di come, malgrado le celebrazioni all’esterno, le donne non avessero messo piede fuori, né qualcuno sembrava intenzionato ad avvicinarsi alle loro stanze. Di ciò si poteva esser grati: forse, se avesse saputo giocare bene le sue possibilità, avrebbe potuto uscire, parlare con i locali, imparare qualcosa sulla loro religione.

 Aveva già notato che sembravano avere un rapporto con la divinità molto più positivo rispetto agli abitanti di Yrchlle, e questo poteva essere sia un vantaggio che uno svantaggio. Avrebbero potuto accogliere l’idea di venerare solo la Vita stessa come una naturale evoluzione del loro credo, o ritenerla un’eresia e far fare al suo profeta una ben misera fine. Certo, tutto questo sempre assumendo che non si fosse sbagliato.

 Intanto, la sua scarsa conoscenza degli usi e costumi locali non gli permetteva di capire se nella folla recatasi a rendere omaggio all’Imperatore trionfante vi fossero religiosi, e nel caso, che accoglienza fosse a questi riservata. Quegli uomini e donne riccamente vestiti, a cui venivano rivolti profondi inchini, erano capi religiosi o nobili laici? Gli invitati che guardavano altri in cagnesco e parlavano loro freddamente, era perché quelli erano in contatto con divinità ostili, o erano semplici antipatie personali tra i conversatori? Impossibile a capirsi, tra la confusione e la sua scarsa conoscenza della lingua.

 E poi, nel bel mezzo della festa, un altro genere di incomprensibile si palesò: che ci faceva lì una Yateveo? E nelle vesti di una schiava, per giunta!

 Sì, apparentemente Malitzin era più familiare con i Duheviq- o come appunto venivano chiamati in yrchllese, Yateveo- della maggior parte dei cittadini di Tahuantinsuyu. Quegli esseri erano, come tutte le creature sacre a una qualche divinità, parte dell’educazione di ogni cittadino di Yrchlle: dovevano pur essere riconosciuti ed evitati. La maggior parte degli yrchllesi ne aveva solo sentito descrizioni e visto illustrazioni, ma i giovani delle famiglie nobili venivano, almeno per una volta, accompagnati da un sacerdote in un luogo sacro, dove quegli esseri potevano essere osservati direttamente.

 Malitzin ricordava ancora di come quelli che sulle prime erano sembrati grossi e contorti arbusti, dalle strane foglie filamentose, si erano mossi spontaneamente e riarrangiati in figure umane, che li chiamavano invitandoli a raggiungerli. Naturalmente lui e i suoi fratelli erano stati troppo terrorizzati per farlo, e la situazione era stata sul punto di degenerare quando alcuni degli Yateveo più intraprendenti avevano cercato di assalire la piattaforma mobile su cui si trovavano; il loro maestro li aveva cacciati agitando una torcia, spiegando loro l’alta infiammabilità di quegli alberi mutaforma.

 Malitzin, che allora aveva circa sette anni, aveva passato settimane a indovinare in ogni sconosciuto il volto di un Yateveo; sua sorella aveva avuto incubi per tutto un mese; suo fratello aveva dato a entrambi dei vigliacchi, ma da allora aveva evitato accuratamente ogni territorio che confinasse con quello degli alberi. Quindi, vedersene venire una incontro, come se fosse stata la cosa più normale del mondo, fu senz’altro l’esperienza più bizzarra di tutta quella giornata, battendo di gran lunga la sua nuova condizione.

 “Lascia passare lei” urlò il vecchio, facendo voltare qualche testa infastidita nella loro direzione. “Schiava di orafo. Però controlla porti soli gioielli”

 “Solo questo, e un messaggio” replicò la Yateveo, con la classica voce arrochita che usciva alla sua razza quando ne imitava una umana, mostrando l’involto di stoffa che reggeva tra le mani. Il vecchio si limitò a scatarrare e a far cenno a Malitzin di seguire la pianta.

 Quella entrò disinvolta nell’edificio, squadrando il suo accompagnatore da capo a piedi. “Nobile di Yrchlle” lo interpellò poi – sapeva che lui sapeva che era una Yateveo, bel gioco di parole – “Io autorizzata, ma gente superstiziosa. No parlare di me”

 Di questo, Malitzin aveva i suoi dubbi. Non appena avesse imparato meglio la lingua locale, si ripromise di indagare sulle eventuali scoperte di cadaveri disseccati nella città.

 “Linca!” l’albero succhiasangue fu allegramente e con la massima tranquillità salutato dalle donne dell’harem. “Allora, cosa possiamo aspettarci …”

 “Un bel niente per le prossime settimane” tagliò corto Linca. Malitzin non riuscì a capire se l’Imperatore avesse ordinato la fusione e riforgiatura di lastre decorative in oro di Yrchlle, o avesse ordinato la creazione di lastre d’oro con raffigurazioni che celebrassero la sua impresa, o tutte e due le cose assieme. Comunque, quel che era certo era che il progetto avrebbe completamente assorbito l’attenzione dell’orafo, e dunque nessuna di loro avrebbe potuto ordinare gioielli fino a nuova comunicazione; quelle che l’avevano già fatto, si aspettassero un ritardo nella consegna.

 Una delle donne protestò qualcosa a proposito di un diadema, e Linca confermò che sì, era l’unico lavoro che era stato ultimato per tempo, e lo estrasse dal suo involucro. Ignorando i brontolii delusi delle sue compagne, la donna ammirò il gioiello, poi annuì, e se lo pose immediatamente in capo.

 “Calza perfettamente” dichiarò con un sorriso stanco. “Ottimo lavoro come al solito”

 La schiava disse qualcosa a proposito di organizzare una festa privata che lì era un mortorio, una delle donne brontolò qualcosa di incomprensibile con voce bassa e rabbiosa. Linca annuì, e si avviò verso l’uscita, con Malitzin al seguito.

“Ehi, yrchllese” gli disse a bassa voce. “Non scocciare se festeggiano. Hanno vita difficile”

 Il nuovo guardiano annuì, lungi da lui impedire un qualsiasi tipo di celebrazione.

 E quello fu l’evento più peculiare della giornata: il resto trascorse di guardia alla porta, a osservare i festeggiamenti altrui. Questi si protrassero fino a notte inoltrata, ma non appena gli ultimi invitati se ne furono andati, ecco comparire l’Imperatore stesso, dall’andatura furtiva e nervosa come se stesse compiendo un sotterfugio anziché esercitando un suo diritto. Il vecchio si alzò e si defilò in una stanzetta poco lontana dalla porta, nella quale erano stati sistemati due pagliericci: potevano dormire per quella notte, Manco avrebbe ben saputo provvedere al dovere di guardiano nelle ore a venire.

 Questa fu la prima giornata di Malitzin a Tahuantinsuyu. Il mattino dopo, il guardiano si installò nelle stanze delle donne a controllare le loro attività, relegando il nuovo arrivato a sorvegliare la porta. Non si trovava lì che da una manciata di minuti, quando sopraggiunse una donna: alta, sulla trentina, ben vestita, una delle attendenti dell’Imperatrice, a quanto gli era parso di capire.

 “Tu” esordì, per poi dire qualcosa a proposito di un incarico supplementare. Poteva essere un occasione di imparare di più sulla cultura locale?

 “Ai vostri ordini, signora” rispose Malitzin con un sorriso. O meglio, credette di aver risposto così: all’udirlo la donna prima sbiancò, un’espressione esterrefatta in viso, poi contorse il volto in un’espressione furiosa, urlando qualcosa che il nostro non riuscì a capire.

 Alle urla fece eco una voce più giovane, e una ragazza sui sedici anni piombò sulla scena. La ragazza era chiaramente una schiava straniera, ma di certo non di Yrchlle: Malitzin non avrebbe saputo dove collocare i suoi capelli neri con ciocche azzurrognole. La cosa che però risaltava maggiormente di lei era l’impressionante mosaico di lividi bluastri che sfoggiava su tutta la pelle scoperta che aveva, escludendo con ciò metà del volto, avvolto in bende. Il nostro fu subito in allerta: non aveva mai visto segni di percosse così feroci sugli schiavi a Yrchlle, neppure nei casi più estremi. E questa, concia com’era, cercava di mettersi tra lui e una nobile? L’avrebbero ammazzata!

 La ragazza stava dicendo qualcosa, troppo in fretta perché si potesse capire qualcosa più che ‘straniero’ e ‘soldati’. Poi gli allungò una gomitata, chiedendogli una conferma che Malitzin si affrettò a dare, cercando di assumere l’espressione più compita e dispiaciuta che gli riuscì. Per alcuni lunghissimi, snervanti momenti la donna alta non fece che osservarli, accigliata. Poi sospirò e disse qualcosa accompagnato da un cenno noncurante della mano, prima di andarsene.

 La giovane schiava tirò un rumoroso sospiro di sollievo. Poi si voltò a guardare l’altro schiavo, con un gran sogghigno. “Davvero non sai come l’hai chiamata?”

 “Uh?”

 “Quella …” indicò la direzione in cui la donna era scomparsa. “Nobile”

 Malitzin ripeté le ultime parole, ma il risultato fu un accesso di risatine della ragazza.

 “Tu imparato nostra lingua da soldati, sì?”

 Cenno di assenso. La ragazza scrollò il capo.

“No, dico …” la ragazza indicò di nuovo la direzione della nobile, poi sé stessa, poi il proprio petto, per poi assumere un’espressione tra l’imbarazzato e l’infastidito e ripetere una parola già pronunciata. Finalmente il nostro ebbe l’illuminazione: la parola per dire ‘donna’ era, a Tahuantinsuyu, completamente diversa da quella che aveva usato a tale scopo nella conversazione con la nobile.

 “Quindi io non avere dire ‘nobile donna’?” rispose, in un soqar stentato.

 “No. Tu hai detto … tu dire … ‘nobile… nobile donna che fa sesso per soldi’”

 Un istante di silenzio.

 “Meno male che io non incontrato prima Imperatrice” commentò poi Malitzin.

 La ragazza a questo punto scoppiò sonoramente a ridere, rivolgendogli poi uno strano gesto di pugni chiusi con pollici alzati. “Lei meritare, ma tu no uscire vivo … uh, viva? Scusa se chiedo … ma sei uomo o donna?”

 “Tu decidi”

 Sì, è da qui che ha origine la nostra tradizione. Malitzin era abituato a queste domande fin da bambino, era cresciuto senza alcuna direttiva in proposito perché di casi come lui non se ne erano mai sentiti, e aveva dovuto inventare una soluzione per sé. Per quanto lo riguardava, pensava di essere uomo e donna allo stesso tempo - come tutti noi del resto - e aveva dunque deciso di lasciare ai suoi interlocutori libertà di decisione in proposito. Del resto, con quale altro tipo di persona avrebbero avuto questo diritto?

 La schiava reagì allo stesso modo in cui la maggior parte delle persone reagiva a udire queste parole: con assoluta confusione.

 “Come ‘io decido’?!”

 “Cosa preferisci io essere?”

 La ragazza lo fissò per alcuni istanti, poi assunse un’espressione più riflessiva, e concluse “Donna? Se non ti offende …?”

 “Io ti ho chiesto, perché offendere?”

 “Sì, hai ragione. Mai sentito un ragionamento simile. Dicevo, tu non uscire viva da insulti a Imperatrice, capisci?”

 “Io sì. Tu non rispettare padroni?” Malitzin accompagnò a questo un’occhiata significativa ai lividi della ragazza, che si limitò a scrollare le spalle.

“Rispetto Imperatrice, o mi ammazzano. Per le altre picchiano solo, ma non così tanto. Questi sono per shillqui di merda”

 “Shillqui? Cosa …?”

 La ragazza disse qualcosa di riguardava un ‘agitarsi’, per poi fissarlo. Malitzin scosse la testa. La ragazza marciò a tamburellare sulla pianta più vicina.

 “Albero. Che agita … così” Imitò i movimenti rapidi e violenti di quelli che Malitzin conosceva come takague.

 “Uh, spiace” mormorò il nuovo schiavo, chiedendosi come accidente venissero considerati gli schiavi a Tahuantinsuyu, perché una ragazzetta nemmeno ventenne venisse spedita per chissà che ragione a quelle piante infernali.

 “No problema. Lividi guariranno. Forse terrò occhio”

 “Perché ti mandare da shillqui?”

 “Prova … passare. Per … fare … sacerdotessa. Tu non dovere andare da shillqui, non preoccupa te”

 Da quel poco che aveva capito, questa era interessante. Primo, la gente poteva accedere alla casta sacerdotale, invece di nascerci dentro ed essere destinati unicamente a quella vita, o esservi costretti come punizione per qualche crimine. E ricollegandosi a quest’ultimo punto, il sacerdozio era qualcosa di desiderabile, o almeno in una posizione superiore a quella di uno schiavo, al punto che era necessario superare delle prove per accedervi come ad un premio. Terzo, la ragazza poteva essere un’ottima fonte di informazioni sulla religione di Tahuantinsuyu, barriera linguistica permettendo.

 “Per che dio vuoi … sacerdotare?”

La ragazza rise. “Diventare sacerdotessa, anche se ‘sacerdotare’ è troppo bello. Pachtu. Dio energia, fulmini, vita”

 Ecco, a questo Malitzin decise di prestare la massima attenzione. Qui c’era un dio della vita, ed era visto come un’entità positiva, non un essere terribile da tenere a bada. Era già qualcosa.

 “Perché volere diventare sacerdotessa?”

 La ragazza fece per rispondergli, esitò un istante, poi disse: “Perché grande dio, voglio …” disse qualcosa di incomprensibile, lo guardò, scosse la testa, e fece diversi gesti di preghiera.

 “Che dio essere? Perché lui? Perché così grande?”

 La ragazza lo guardò per qualche istante, un’espressione quasi imbarazzata, poi concluse “Io dovere lavorare. Ci vedremo dopo … chi sei? Nome?”

 “Malitzin. Tu?”

 “Corinna. Ciao!”

 Corinna si rivelò in breve essere la sua fonte più preziosa di informazioni sul mondo esterno. La donna alta la cui virtù era accidentalmente stata messa in discussione non si fece più vedere, chissà perché. Il vecchio guardiano dell’harem era poco incline alla conversazione anche considerato il suo scarso udito. Quanto alle donne, stavano principalmente segregate nei loro alloggi, e le rare volte che mettevano piede nei giardini o nelle altre aree del palazzo, Malitzin doveva seguirle a breve distanza e senza fiatare. Tutto quel che imparò in quelle circostanze, fu il sacro terrore che le donne nutrivano per l’Imperatrice e la sua corte: era una fuga precipitosa al solo vederle, una situazione che al palazzo di Yrchlle non si era veramente mai vista.

 Una situazione decisamente noiosa, insomma, in cui proprio Corinna portò una ventata di novità: a qualche giorno da quella conversazione Malitzin, nel suo turno di guardia alla porta dell’harem, si vide correre davanti una schiava spaventatissima, che urlava … o che Corinna era stata ammazzata, o che Corinna aveva ammazzato qualcuno, il nostro eroe non riuscì a capirlo così su due piedi. Quale delle due cose fosse successa, non si sarebbe potuto certo immaginare un epilogo così tragico basandosi su quella prima e stentata conversazione, non certo per la ragazza che l’aveva salvato da quel brutto equivoco!

 Qualcosa fu più comprensibile quando entrò nel cortile una Corinna vivissima e coperta di sangue da capo a piedi, che urlava a gran voce qualcosa a proposito di Pachtu … un momento, in quell’Impero non si praticavano sacrifici umani, giusto? Sarebbe stata una delle più gravi violazioni alla Vita pensabili, sanzionata addirittura dallo Stato e dal clero …

 La schiava robusta che a quanto pareva li capitanava tutti corse fuori, mentre Corinna fu fatta sedere a terra, fumante di rabbia, sotto lo sguardo vigile di due guardie armate. La situazione così di per sé non era chiara, ma per fortuna il chiasso aveva attirato alle finestre le concubine imperiali, inclusa quella che aveva dichiarato di parlare yrchllese, e per una volta Malitzin poté ottenere chiarimenti veri e propri.

 La ragazza coperta di sangue era ovviamente sospettata di aver scannato qualcuno, ma lei dichiarava di essere reduce dalla seconda prova per essere ammessa al culto di Pachtu, che comprendeva trangugiare una tazza di linfa di takague e scannare vivo un koomal (noto a Tahuantinsuyu come huytey), cosa che avrebbe spiegato il sangue bene quanto la prima opzione. Dylla, capo della servitù, era appena andata al Tempio di Pachtu a investigare. La donna in questione tornò dopo circa mezz’ora, in cui le rabbiose imprecazioni di una Corinna sempre sporca di un sangue che iniziava a coagularlesi addosso non avevano fatto altro che aumentare, e recò il verdetto finale: sì, era solo un huytey, la testa era appena stata consegnata al Tempio.

 Corinna tuonò quella che era probabilmente una lode a Pachtu, e si lanciò nel pozzo con tutti i vestiti, sotto il naso di Dylla, guardie, e tutte le dame di corte, strofinandosi vigorosamente il sangue via di dosso. Dylla prese a urlarle contro, dopodiché si risolse ad allontanare le guardie –due che ridevano come dei forsennati-, le dame si allontanarono infastidite e un po’schifate con le loro schiave al seguito. Le concubine, dopo essersi permesse qualche risata ai loro danni, si ritirarono, e Malitzin rimase unico spettatore di una Corinna largamente ripulita e bagnata fradicia che riemergeva dal pozzo, litigando con la tunica bagnata che le si appiccicava addosso.

 “Uh, ciao” commentò la ragazza, vedendolo. “Meno male che ti conto come femmina”

 “Ciao Corinna” fu la risposta. “Bello che non ammazzato persona!”

 “Sì, bellissimo, già loro volere giustiziarmi …”

 “Adesso tu essere sacerdotessa?”

 “No. Resta una prova” la ragazza lo squadrò da capo a piedi, pensierosa. “…, loro chiedere … per quella”

 “Cosa?” C’erano almeno due parole incomprensibili.

 “Guardare prova, e dire a sacerdoti che io passata”

 Testimone?” sfuggì a Malitzin in yrchllese.

 “Se vuol dire testimone, sì. Mi sa che hai capito. Vuoi tu fare da testimone?”

 “Io stare qui. Dovere”

 Peccato, una splendida occasione buttata. Avesse potuto osservare lo svolgimento della prova, avrebbe anche dovuto recarsi al Tempio per parlare con i Sacerdoti …

 “Sì, posso fare prova anche qui”

 Che fortuna? Sembrava troppo bello per essere vero!

“Fare testimone, ci sto! Cosa essere prova?”

 

 

 

GLOSSARIO (e qualche trivia):

Mekilo: essere simile a uno scoiattolo, solo molto più grande, con zampe molto più lunghe e la coda in fiamme. Essendo un animale legato al fuoco, non è considerato sacro a nessun dio, ma sfruttabile da tutto il genere umano. Viene usato soprattutto per trasportare merci e persone.

Occlo: bovino ricoperto di squame e con protuberanze lunghe e sottili, simili a serpenti che stanno al posto delle corna e da cui esce fuoco. Anch’esso animale legato al fuoco, ma per la sua pericolosità e la capacità di controllare i loro getti di fuoco sono quasi esclusivamente cavalcature da battaglia.

Kutluqun: capre anfibie con alghe al posto della pelliccia. Sono considerate sacre al dio Tumbe, e per questo, per allevarle o catturarne di selvatiche, è necessaria l’autorizzazione di un sacerdote di quel dio.

Lymplis: pesci volanti, con le pinne coperte di piume. Sono sacri alla dea Chicosi, dunque è necessaria l’autorizzazione di un suo sacerdote per possederne uno. Malgrado ciò, sono popolari come animali da compagnia presso la nobiltà.

Kyllu: uccelli simili a cigni, fluorescenti. Sono sacri al dio Achemay, e allevati solo all’interno del palazzo imperiale. Il loro piumaggio è usato per decorare le corone dei sovrani.

Lilque: creature con corpi simili a quelli degli esseri umani, ma con code di serpente al posto delle gambe. Servitori del dio Thumbe, vivono presso il mare, i laghi e in qualche caso i fiumi, quasi mai in corsi d’acqua più piccoli.

Duheviq: piante dalla capacità di mutare il proprio aspetto, assumendo qualsiasi forma desiderino. Originariamente questo veniva usato per catturare prede dei cui fluidi nutrirsi, ma con l’avanzare della società umana, ne hanno approfittato per integrarvisi. Un tempo servitori della dea Achesay, organizzati in tribù-foreste rigidamente isolate dagli esseri umani; solo i sacerdoti della dea potevano avvicinarli senza essere bollati come cibo. Al tempo di Choqo, mentre i più anziani vivono ancora tradizionalmente, i più giovani hanno preso a mescolarsi con le popolazioni umane, finendo spesso vittime di discriminazioni e relegati ai lavori meno nobili o remunerativi. Mantengono comunque un rigido codice di valori, di cui la fedeltà è il più alto.

Shillqui: piante in cui scorre un liquido per aspetto e consistenza simile al miele, che causa a tutto l’albero di agitarsi violentemente. Se bevuto, questo liquido dà gli stessi effetti agi esseri umani, ma è difficilissimo metterci le mani sopra. Pianta sacra a Pachtu, i suoi sacerdoti ne devono bere la linfa durante le cerimonie.

Likri: fiori simili a gigli rossi, dalle temperature bollenti, che esalano un fumo sottile. Se tuffati in acqua gelida e canditi, sono considerati ottimi per la pasticceria, ed essendo legati al fuoco, l’unico limite al coglierli è potersi permettere buoni guanti protettivi.

Sangue della Terra: erba che influenza la circolazione sanguigna, usato per diversi effetti nelle gravidanze.

Zullma: pianta le cui varie componenti hanno diversi usi; le radici sono considerate un potente lassativo.

Kiquicos: erba di colore blu, parassitaria dei Duheviq. Pericolosa per le sue capacità di depistare animali e viandanti, ma molto ricercata per le sue molteplici virtù.

Guyla: praticamente un Moment.

Tably: erba che secondo le credenze popolari risolve l’insonnia e i problemi di incubi frequenti.

Ago di Luce: essere a metà tra lo stato animale e quello vegetale, si nutre di sangue, ma può essere utilizzato per aspirare anche altri fluidi corporei.

AQI: esseri simili a tassi dal pelo violaceo, che emanano ormoni che fanno marcire le sostanze inorganiche attorno a loro. Soggetti a disinfestazioni a tappeto e contenuti in gabbie speciali, sono frequentemente offerti in sacrificio, con la testa dedicata a Chicosi, il cuore ad Achemay, e il resto del corpo, a seconda che l’animale sia maschio o femmina, a Tumbe o Achesay.

Fylles: insetti con ali a forma di fiore e polline al centro del corpo. Poiché si nutrono di altri insetti, sono molto usati dagli agricoltori, anche se prima necessitano di un permesso di un Sacerdote di Chicosi.

 

Qillori: cristalli di colore azzurro chiaro, molto usati in oreficeria.

Achemairi: cristalli di colore dorato, anch’essi comuni per l’oreficeria.

Tablyk: pietra di colore rosato, usata nell’oreficeria.

Kislyk: pietra dall’aspetto simile alla tablyk, ma molto più dannosa.

 

Notte: entità primordiale da cui tutto il mondo ha avuto origine.

Achemay: dio del sole, entità più importante del pantheon Soqar.

Achesay: dea della terra.

Chicosi: dea dell’aria.

Tumbe: dio del mare, dei fiumi e dei laghi.

Sulema: dea del fuoco.

Pachtu: dio dei fulmini e della vita.

Qisna: dea della morte e delle paludi.

Supay: esseri più collegati al folklore che alla religione vera e propria, sono creature della Notte,

incaricati di torturare le anime dei peccatori che lì vengono gettate.

 

 

 

Ladies & Gentlemen,

bene, credo siano necessari un paio di chiarimenti riguardo a Malitzin. Prima di tutto, la sua condizione non ha nulla di soprannaturale: è una disgenesia gonadica, un difetto nella produzione degli ormoni sessuali (una persona che noi chiameremmo intersex). E in un contesto come quello di Yrchlle e Tahuantinsuyu, dove i cromosomi manco sanno cosa siano e analizzarli per capire che accidenti sia Malitzin è fuori discussione, questi/a viene considerato/a un essere a metà tra maschio e femmina. Il fatto che lui/lei stesso/a sia bigender non li aiuta molto a chiarirsi le idee.

E a questo proposito, tenete presente che intersex e bigender, o genderfluid, o agender, o qualunque altra cosa non sia ‘cis’ non sono equivalenti. Ci sono persone intersex che si identificano come completamente uomini o completamente donne, ci sono uomini e donne tali a livello genetico e fenotipico che si identificano come il sesso opposto, o tutti e due, o nessuno, etc. Sto descrivendo un personaggio e il suo modo di pensare, non una verità assoluta riguardo a un argomento complesso come l’identità sessuale.

Finita la parentesi scientifica, passiamo a quella linguistica: Malitzin è appena arrivato/a a Tahuantinsuyu, e ha praticamente ricostruito la lingua per conto suo basandosi sulle conversazioni che ha sentito. Migliorerà, certo, ma adesso è ancora agli inizi. Per quanto riguarda il termine ‘yateveo’ con cui definisce i Duheviq, è stato tratto da una creepypasta che tratta di un albero con caratteristiche molto simili, che ho letto solo di recente. E questo albero dovrebbe trovarsi in America Centrale, che sarebbe un po’ l’equivalente del nostro mondo di Yrchlle.

Fine di tutte le parentesi, che ancora un po’ e superavano il capitolo stesso: grazie a tutti quelli che hanno commentato o anche solo letto!

 

 


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Capitolo 23
*** Dove si scopre l'importanza del vantaggio numerico quando lo si è perso ***


                                    CAPITOLO 22

 

 

DOVE  SI SCOPRE L’IMPORTANZA DEL VANTAGGIO NUMERICO  QUANDO  LO  SI  E’  PERSO

 

 

 

 

 

“Ebbene sì, principessina, per oggi ci tocca concludere qui. Non hai notato che è pieno di gente? La storia è certo istruttiva, ma non la si può raccontare in un giorno solo, specie con molti altri bisognosi. Passa un buon pomeriggio! … Ah, un’ultima cosa, prima che me ne dimentichi. Ho rintracciato Linca. Passa di qui il mattino presto del prossimo fine settimana se vuoi parlare con lei”

 Non ci avrebbe mai creduto che Itzèn non avesse interrotto il suo racconto a quel punto di proposito. Avrebbe almeno potuto rivelarle la prova di Corinna! E buttare quell’ultima menzione a Linca, così di sfuggita … certo, certo, il Sacerdote le era utile, ma era una delle persone più snervanti che conoscesse!

 C’era da dire, però, che la sorprendeva quel che le aveva detto. Malitzin e Corinna sembravano partiti abbastanza bene, soprattutto per merito della seconda che continuava a dimostrarsi troppo generosa per il suo stesso bene. Quei toni amichevoli stonavano decisamente con quanto era stato scritto dall’Imperatrice tanti anni dopo: si era mai pentita di aver salvato il nuovo schiavo da quel lapsus?

 Questo, certo, ammettendo che Itzèn fosse stato sincero con lei. Avrebbe dovuto verificare se lo scritto di Corinna coincideva … ma prima doveva recuperare gli altri. Per quanto fosse curiosa sulla terza prova, doveva sapere che stessero combinando Simay e Llyra nel frattempo.

 

 

 

                                                         Dal Manoscritto di Simay

 

 

 

Una delle tante cose che imparai sotto la seppur breve carica di Waray, fu che l’incertezza di un pericolo era spesso ben peggiore del pericolo stesso.

 Eccomi lì, al Tempio, ad ascoltare le lezioni del nuovo maestro dei novizi, ad aiutare Capac nelle distribuzioni agli artigiani, a praticare nuove forme di magia e a prepararmi ad assistere i Sacerdoti anziani nelle nuove missioni che si proponevano. Senza Corinna, non avevo più la minima idea di cosa stesse pianificando Llyra, se fosse ancora concentrata su di me o il ritorno del marito e il problematico nuovo Sommo Sacerdote le avessero dato problemi più pressanti, oppure ancora se avesse trovato il modo di usare la nuova politica di Waray contro di me. Senza Corinna, avevo perso ogni possibilità di sorvegliare Sayre, di sapere che cosa stesse consegnando a chi e tentare di intuire i suoi piani.

 Da un punto di vista puramente logico, smettere di aiutare Corinna era stata davvero una pessima idea: mi ero giocato l’alleata più utile che avessi al momento. Ma che potevo fare, oppormi alla volontà divina?

 Con questo non intendo certo sminuire Qillalla. La ragazza si dimostrò davvero assidua nell’assistermi, fin dal giorno immediatamente successivo alla cerimonia di consacrazione. Venne a trovarmi nell’ora di riposo dopo pranzo, con una semplicissima domanda: “Cosa facciamo?”

 Peccato solo che non avessi uno straccio di risposta.

“Comprensibile” fu il suo commento alla mia ammissione di ignoranza. “Del resto, adesso siamo anche a corto di informazioni, visto che qualcuno ci ha piantati in asso perché non ha avuto quel che voleva. Comunque. Non pensi anche tu che la situazione possa diventare … caotica, con il nuovo programma di Waray?”

 In altre parole, potevamo pensare ‘l’Incendiario non vorrà certo approfittarne’ senza scoppiare a ridere subito dopo? Sì, anziché Corinna, era quello che avrebbe dovuto preoccuparmi. Ci sarebbe stato un litigio che avrebbe coinvolto almeno quattro Templi diversi, la popolazione avrebbe probabilmente preso delle parti e forse anche smesso di venerare certe divinità in favore di altre. La nostra unica speranza era che i Sommi Sacerdoti mantenessero il necessario rispetto gli uni per gli altri e trattassero la questione con tutta la diplomazia che richiedeva, e come dire, Waray aveva appena dimostrato di non essere il migliore dei diplomatici.

 “Forse dovrei richiedere un colloquio con lui” conclusi. “Ricordargli il pericolo dell’Incendiario, di certo ne è a conoscenza lui stesso …”

 “E magari spiegargli la tua situazione con Llyra e chiedere per la protezione che Pacha voleva accordarti” suggerì lei.

 “Sì, ma … vedi, sono indeciso se rivelargli l’identità dell’Incendiario o meno. Non esiste alcuna prova concreta contro Sayre, e se dicessi a Waray di quel che è successo: accuserei un rispettato artigiano senza alcuna prova, accuserei un confratello di eresia senza sapere chi sia, ammetterei io stesso di essere stato la causa dell’esilio di Pacha … mi meriterei qualsiasi punizione, ma vorrei la certezza che serva a qualcosa”

 “Tra l’altro, rivelare il tuo coinvolgimento nelle sostituzioni ti dipingerebbe solo come una persona inaffidabile” aggiunse lei. “Io so benissimo che tu non lo sei, ma Waray non può avere il quadro completo della situazione. Ti consiglio di lasciar perdere le rivelazioni sull’Incendiario per il momento, non c’è nulla con cui tu possa provarlo”

 “E intanto se ne resta a piede libero” commentai. “Non so, durante il colloquio, potrei invitare Waray alla prudenza, convincerlo a ridurre il conflitto al minimo possibile … magari Sayre sarà costretto a esporsi di più per fomentare il disordine che vuole, se questo non si produce spontaneamente?”

 “Può essere un’idea” concordò Qillalla. “Di sicuro migliore delle accuse infondate, non fosse che lui cercherà in tutti i modi di esporre la tua identità nel frattempo. Credo che la cosa più sicura in realtà sia incoraggiare Waray ad ascoltare l’autorità imperiale: Incendiario o meno di mezzo, Llyra non può volere disordini civili nella sua capitale. Probabilmente se Waray si rimettesse maggiormente al suo giudizio, non ci saranno tanti problemi … e aiuterebbe te a dipingerti come un devoto servitore dell’autorità imperiale che davvero non ha mire sul trono”

 “Hai ragione. Davvero, è la soluzione migliore”

 Meno male che c’era lei. Da solo, non mi ero dimostrato capace di trovare la giusta direzione, il che faceva un po’ ridere se pensavo ai progetti di Sayre di mettermi sul trono; Qillalla invece era stata non solo un supporto morale, ma anche una stratega più abile di me.

 “E per quel tuo matrimonio? Vorrei poter fare qualcosa, almeno per te …”

 “Oh, la questione si è risolta da sé” replicò in fretta lei. “I miei genitori hanno avuto un disaccordo piuttosto importante con la famiglia del mio promesso, una questione di terre, e tutti i patti sono stati cancellati con un fluire di insulti da ambo le parti. Probabile che di me finisca per occuparsi l’Ufficio Censimenti, e spero davvero che facciano un lavoro più oculato della mia famiglia!”

 Mi sentii subito in colpa per essere rimasto un po’ male a quelle parole. Avevo sperato di poter aiutare Qillalla con la sua situazione, poter ricambiare il suo aiuto in un modo che mi era stato impossibile per Corinna; adesso non avevo più alcun modo per farlo. Potevo solo essere ricevente dei suoi sforzi, senza impegnarmi a mia volta per lei, e quello semplicemente non era giusto. Peccato che la ragazza si ostinasse a non volere niente in cambio. Seriamente, in che razza di famiglia l’avevano cresciuta?

 Senza darmi alcuna soddisfazione, lei dovette andarsene per la ripresa delle mie attività, e io restai lì a cercare di raccogliere il coraggio necessario a chiedere un’udienza a Waray, sebbene in un momento così impegnato della sua vita. Chiesi al nuovo maestro quella sera stessa, l’uomo acconsentì con un sorriso amichevole (era un uomo giovane, non sembrava neppure essere stato ordinato da molti anni, e più disponibile verso noi novizi di quanto fosse stato Waray), ma poi non fui ricontattato per ore.

 Il maestro tornò solo poco prima che noi fossimo mandati a dormire, con l’aria un po’ imbarazzata, e mi spiegò che Waray non avrebbe accettato udienze da semplici novizi, e che se proprio avessi avuto qualche problema, di parlarne con il maestro apposito. Mi azzardai a replicare che erano faccende che competevano il Sommo Sacerdote, e la risposta fu, molto semplicemente, che uno come me non poteva saperne abbastanza per parlare con qualcuno in quella posizione.

 Ecco, quello era qualcosa che non avevo previsto. Dannazione, Pacha era stato infinitamente più aperto e disponibile, perché Waray doveva decidere di cambiare registro proprio in quel momento … no, non dovevo giudicarlo. Pacha probabilmente era stato un’eccezione, era normale che un uomo del calibro di un Sommo Sacerdote non si interessasse a quelli che tipicamente erano i problemi dei novizi. Solo che rifiutando di ascoltarmi non poteva avere nessuna idea che i miei problemi non fossero affatto ‘tipici’!

 Ma recriminare interiormente fu inutile: il piano mio e di Qillalla era andato completamente in fumo, e non avevo idea di che altro fuori.

 Waray, dal canto suo, rivelò di avere le idee molto chiare: nel giro di pochi giorni iniziò a istituire veri e propri comizi di predicatori, che denunciavano le vie corrotte e quasi eretiche dei Templi già menzionati al momento della sua nomina, a beneficio del popolo che si fermava devotamente ad ascoltarli. Ecco qui, non precisamente quello che io avrei sperato come ‘diplomazia’.

 I risultati non tardarono ad arrivare: fu quasi subito ritenuto necessario inviare dei novizi ad assistere i Sacerdoti oratori, più per aiutarli a mantenere l’ordine che a imparare come fare prediche alla folla. Sì, naturalmente io fui compreso tra i ragazzi inviati, ma imbattermi in Corinna esattamente alla prima di queste uscite fu qualcosa che non potei che considerare come un eccezionale colpo di sfortuna.

 L’avevo anche sperato, prima di partire: dovevamo predicare proprio nei pressi del Tempio di Pachtu, temevo che la ragazza si fosse recata lì: i Sacerdoti dell’Energia, avevo saputo, avevano deciso di affrettare il processo di ammissione degli schiavi tra i loro ranghi, riferendo subito le prove a gente che altrimenti avrebbe dovuto aspettare dei mesi, proprio come affermazione della loro opinione contro Waray. Era già passata più di una settimana delle tre concesse a Corinna: chissà se era riuscita a ultimare qualche prova.

 Ma ricacciai questi pensieri non appena il Sacerdote con noi iniziò a parlare: il mio compito richiedeva concentrazione, e i sensi di colpa non facevano per una buona concentrazione.

 “Affermare che tutti gli uomini siano uguali è un’offesa alla legge umana e divina!” esordì il Sacerdote. “Il Sommo Achemay amò solo una donna mortale al pari della sua sposa legittima, e i suoi figli furono investiti del potere sugli uomini. Coloro che li riconobbero furono uomini saggi e pii, e formarono il nostro popolo, benedetto da tutti gli dei. Coloro che li rifiutarono e combatterono, furono destinati alla conquista e alla sottomissione. Ne avete appena visto l’esempio con gli Yrchlle: eccoli ora, deportati e schiavi, i discendenti di coloro che si opposero a Talhas e Shilla! E voi ritenete che chi ha sangue empio nelle vene, sia persona gradita per servire un dio? Mi sorprende che Pachtu stesso non abbia folgorato i suoi disgraziati seguaci da molto tempo!”

 “Magari perché ogni uomo vivente è uguale davanti a lui, e affermare il contrario è eresia?” tuonò una Sacerdotessa dell’Energia, piombando fuori dal suo Tempio con tre o quattro sue consorelle al seguito. “I discorsi su Achemay tienili per quando andrai a trattare con la Consacrata al Sole! I nostri culti non c’entrano niente gli uni con gli altri …”

 “E nessuno ha ben capito perché debba essere così. Achemay non è forse il dio supremo? Perché la volontà di un altro dio dovrebbe essere venerata al di sopra della sua?”

 “Pachtu è per sua definizione un’eccezione tra gli dei. Ma questi bei discorsi, invece di farli davanti al popolo perché possa confonderli, perché non li fai alla nostra Somma Sacerdotessa? Si trova proprio nei suoi alloggi, una breve spiegazione di quel che sta succedendo e sarà più che disposta a prestarvi ascolto e a chiarire i vostri dubbi …”

 “Spetta al Sommo Sacerdote Waray il confronto con altri del suo rango, noi non siamo degni di …”

 “Ma a quanto pare siete degni di venire a strillare come honcoi sotto il nostro Tempio. Il vostro capo del culto, dite? Curioso, da quando è stato eletto non ha fatto che mandare in giro voi drappelli di strilloni, ma non ha mosso un dito per richiedere un confronto con la nostra Somma Sacerdotessa, o quella di Qisna, o ancora quella di quell’Achemay cui fate tanto riferimento …”

 Quel che aveva detto la donna era vero, e aveva sorpreso anche me: mi aspettavo che Waray passasse il suo tempo immerso in concili teologici con coloro che aveva attaccato, eppure finora non gli avevo mai visto inviare messaggeri agli altri Templi … esclusi i nostri oratori, s’intende. Probabilmente era colpa delle sue scarse competenze diplomatiche o della mole di lavoro amministrativo che gli spettava in quanto neoeletto Sommo Sacerdote, ma di sicuro non lo dipingeva in una buona luce.

 Soprattutto agli occhi del popolino: se finora si erano creati due veri e propri schieramenti di gente che mugugnava, tra vari ‘me l’ero sempre chiesto perché il culto di Pachtu dovesse essere pieno di straccioni e stranieri’ e ‘il culto di Achesay non ha alcun diritto di intromettersi nella devozione altrui’, ora la prima fazione stava nervosamente perdendo terreno contro quel che venne quasi unanimemente interpretata come la vigliaccheria di Waray. Lo stesso Sacerdote che stavamo accompagnando fu preso in contropiede, distolse per un attimo lo sguardo come a cercare una risposta altrove, e in effetti la individuò.

 “Ecco, ecco quel che intendevamo! Vi sembra una donna Soqar quella?”

 Seguii le indicazioni del suo braccio, come tutti i presenti del resto, e vidi una ragazza che si avvicinava. Chiaramente una schiava, metà del volto bendato, coperta di sangue da capo a piedi, con in mano la testa di un huytey e il passo barcollante di qualcuno che sta esaurendo gli effetti della linfa di shillqui. In effetti aveva la pelle davvero molto chiara, e osservandola attentamente, notai le ciocche azzurrognole (un blu ormai sbiadito) che aveva tra i capelli.

 Non credo di essermi mai sentito tanto nel posto sbagliato. Era come aver fatto un ulteriore affronto a Corinna: non solo le avevo rifiutato ulteriore aiuto, stavo attivamente partecipando alle campagne per negarle la vita che desiderava. Era la volontà della dea, certo, ma desiderai molto vigliaccamente essermene rimasto al Tempio.

 La folla non rimase indifferente alla sua comparsa: i sostenitori di Pachtu esplosero in acclamazioni e incoraggiamenti a farsi valere per la sua devozione, quelli che il Sacerdote manteneva dalla sua parte … diedero inizio ai disordini, devo ammetterlo. Una robusta contadina marciò verso di lei, tuonando che non avrebbe permesso a una sguattera straniera di contraddire il volere della dea che nutriva lei e la sua famiglia, e cercò di strapparle la testa dell’animale di mano. Lei la schivò con un salto all’indietro, goffo ma sorprendentemente potente, che la portò a diversi metri dalla sua attaccante; due uomini accorsero in sua difesa, bloccando la donna; e da lì in avanti scoppiò il putiferio.

 Il marito della contadina accorse in suo soccorso, qualcuno che non c’entrava nulla con nessuno gli fece lo sgambetto e lo mandò a sbattere contro qualcun altro, che prese ciò come un’offesa e reagì con un pugno. Intanto la contadina aveva ricevuto manforte da altri membri della sua famiglia, e così i due uomini, e aveva avuto inizio una vera e propria scazzottata.

 I due novizi che erano con me si gettarono a terra e iniziarono a pregare in preparazione di una magia, gettandomi un’occhiataccia perché facessi lo stesso. Limitarci a difendere quelli che dimostravano di esserci devoti, senza dedicare troppo pensiero agli altri: erano state le direttive dei Sacerdoti anziani prima che ci avviassimo a quel comizio, ma l’idea non mi piaceva per niente.

 Un Sacerdote non avrebbe dovuto essere giusto con tutti? Chi si schierava con Pachtu seguiva semplicemente un altro dio, non era un empio. Ci erano state consigliate mosse quali l’innalzamento di muri, lo spostamento del terreno sotto i piedi di chi ‘combatteva contro di noi’ perché i nostri sostenitori potessero avere la meglio su di loro; io rivolsi altre preghiere alla Grande Madre.

 La terra iniziò presto a muoversi sotto i piedi dei litiganti, facendoli sì cadere a terra indiscriminatamente, ma anche separandoli gli uni dagli altri. Presto la piazza e le vie più prossime furono disseminate di persone, tutte a buona distanza di sicurezza, che si guardavano attorno attonite e cercavano di rimettersi in piedi.

 “Perché hai fatto così?” mi gridò uno dei miei compagni novizi. “Non era quello che ci avevano chiesto!”

 “Ha fatto bene!” urlò in risposta la Sacerdotessa di Pachtu. “Se aveste attaccato quella gente, vi avrei fulminati tutti. Ora vieni, ragazza, potrai offrire il tuo sacrificio indisturbata …”

 Corinna, che aveva trovato riparo appiattendosi contro una parete del Tempio, si diresse al suo ingresso. Prima di entrare, si voltò semplicemente a fissarmi per un istante, poi sparì all’interno dell’edificio.

 Quella sola occhiata mi tormentò nei sensi di colpa per i giorni a venire, più di qualsiasi parola.

 

Naturalmente ricevetti una sonora lavata di capo per aver disobbedito agli ordini, malgrado le parole di quelle Sacerdotesse.

 Sorprendentemente, non mi sentii in colpa quanto avrei temuto: il solo pensiero di quanto Sayre avrebbe apprezzato una bella rissa che oltre ai popolani coinvolgesse i Sacerdoti bastava a farmi sentire particolarmente virtuoso per le mie azioni non offensive. Certo, se già la situazione iniziava a degenerare fino a quel punto … non erano neppure passate due settimane, che Achesay ci aiutasse!

 Potevo solo sperare che l’autorità imperiale intervenisse, ma durante quella breve lotta non si era fatta viva neppure una guardia, e se ci fu un’inchiesta in seguito, io non ne seppi nulla. Certo, immaginavo che Manco e la sua consorte fossero occupati a gestire i territori di Yrchlle e la sua popolazione deportata, ma qui iniziavano ad esserci problemi seri nella capitale, per la miseria!

 Anche i miei familiari, a Dumaya, avevano sentito quel che era appena successo, e mi scrissero per delucidazioni; ma che potevo dire loro? Scrissi semplicemente che qualunque cosa fosse successa, avrei fatto il mio dovere e la volontà della dea. L’unica con cui potessi parlare davvero era Qillalla.

 Tornò tre o quattro giorni dopo l’incidente al Tempio di Pachtu, scusandosi dicendo che la sua famiglia l’aveva spedita in giro a parlare con varie altre proposte matrimoniali, e no, non aveva bisogno di un aiuto con quelle. Alla fine sarebbe semplicemente finita all’Ufficio Censimenti, stava solo passando un periodo molto impegnato.

 Io mi sentii ancora una volta deluso di non poterla aiutare, ma non riflettei troppo a fondo sui suoi impegni improvvisi. Invece le raccontai tutto quel che era successo negli ultimi tempi, dal rifiuto di Waray di parlare con me all’incidente con il Tempio dei Fulmini.

 “Pazzesco” commentò lei. “E’ assolutamente folle. E tutti questi idioti che si sentono in dovere di recriminare!”

 “Ho pur sempre disobbedito ai Sacerdoti più anziani …” cercai di farle notare, anche se non suonavo troppo convinto neppure alle mie stesse orecchie.

 “Permettimi il linguaggio, ma disobbedito un beato accidente. Quella Sacerdotessa l’ha detto: se voi aveste attaccato il popolo, lei avrebbe attaccato voi, e le sue colleghe probabilmente avrebbero fatto lo stesso. Gliel’hai spiegato, sì?”

 Feci appena in tempo ad annuire.

 “E allora! Tu hai salvato tutti, altro che disobbedito. Innanzitutto, non hai usato la magia su gente che non avrebbe avuto modo di difendersi, ti sei limitato a separarli senza fare male a nessuno, che è già un uso molto più responsabile del potere che ti è stato concesso. E poi, hai capito il rischio di un conflitto più pericoloso e l’hai evitato, pensi davvero che quel Sacerdote e tre novizi avrebbero retto a lungo contro quattro Sacerdotesse esperte? Per non parlare delle polemiche che ne sarebbero nate, e poi il popolo? Se già i Sacerdoti si azzuffano tra loro, chi siamo noi per tirarci indietro, avrebbero pensato! Come frutta sul dolce, hai dato una grossa delusione all’Incendiario. Non c’è nessun motivo per cui tu debba biasimarti”

 Sembrava di stare ad ascoltare l’incarnazione vivente della parte più superba di me. In quanto tale, era difficile non concordare in una certa misura con le sue parole, ma sapevo di dover rimanere umile. Essere rimproverato per aver fatto la cosa migliore era decisamente un’esperienza nuova per me, ma avrei dovuto abituarmi ad accettare e sopportare. Se avessi iniziato a recriminare contro i miei superiori, se avessi perso rispetto per il tramite con la dea … probabilmente Sayre non sperava altro.

 “Ho pur sempre disobbedito alle direttive di chi comunica il volere di Achesay” replicai. “Tu non sei una Sacerdotessa, quindi non puoi …”

 “Sarò pure una laica” scattò lei, guardando a terra per un brevissimo istante prima di spostare uno sguardo quasi furioso su di me. “Ma ho una lezione che la vita mi ha insegnato forte e chiara: non permettere a chi non riesce ad ascoltarti di giudicarti. E soprattutto, non fare tuo il loro giudizio. Se lo fai, è la fine”

 Io non riuscii a fare altro che fissarla per qualche secondo. La sua espressione, un misto tra il rabbioso e il sofferente … non era qualcosa che avrei associato a una nobile dalla vita agiata e tranquilla, figurarsi poi associato a parole del genere. Semplicemente, non quadravano con l’idea che io avevo della situazione di Qillalla.

 Vittima di un giudizio imparziale e ingiusto? Quando, come? Riguardava quella faccenda del suo matrimonio? Forse i suoi familiari avevano ricavato una cattiva opinione di lei dal suo rifiuto? Ma che stavo qui a chiedere, qui quello che bisognava fare era indagare presso lei stessa, scoprire se potevo fare qualcosa per lei!

 Fui interrotto da lei stessa appena aprii bocca. “Scusami, mi è davvero sfuggito, ma non è questo il punto della situazione. Non volevo turbarti. Piuttosto, dovremo capire come procedere ora che sappiamo che Waray non si abbassa a cose indegne come parlare con i novizi, giusto?”

 Io la guardai ancora per qualche istante, cercando qualcosa da dire. Le sue parole mi avevano già dipinto un’infinità di scenari problematici per lei, davvero non mi andava di lasciar cadere l’argomento.

 Lei capì il mio sguardo, aggrottò la fronte e sospirò. “Senti, lasciamo perdere. Non è un problema, davvero …oh, e va bene. Ma te ne parlerò solo una volta che ci saremo liberati dell’Incendiario e assicurati che Llyra non abbia più nulla contro di te, va bene?”

 “E che modo avremmo per farlo?” sbuffai. “Waray non ascolterà. Potremmo tentare con Llyra, ma vorrà ascoltare un misero novizio anche meno. Forse dovrei parlare con il capitano delle guardie?”

 “Per tenere d’occhio chi, il popolo o i Sacerdoti?”

 “Tutti, direi. Finchè Waray non si risolverà a conferire con gli altri Sommi Sacerdoti e si ostinerà a mandare oratori ad arringare la folla, non possiamo aspettarci altro che disordini. Se parlassi con il capitano … e questo non dovrebbe essere tanto difficile, specie se metto avanti il nome di mio padre … potrei comunicargli date e luoghi dei prossimi comizi, convincerlo a concentrare lì la sicurezza, per evitare che si arrivi alla rissa in partenza”

 “Pensi di riuscire a convincere qualcuno con cui non abbiamo mai parlato?”

 “Dumaya ha la reputazione di essere la provincia più sicura dell’Impero, quella in cui avvengono meno crimini e in cui la giustizia è portata a termine più rapidamente. Potrebbe interpretare il mio consiglio come quello di qualcuno che se ne intende. O quello, o mi sbatte fuori accusandomi di essere un arrogante ficcanaso”

 La mia ultima battuta strappò una risatina a Qillalla. “Avrai bisogno di un’autorizzazione per uscire, immagino. Posso aiutarti io, inventerò che la mia famiglia deve trasferirsi presso Dumaya e vuole spiegazioni su come raggiungere il Tempio locale. Non hai nuove imprese da affrontare nei prossimi giorni, no? E allora, possiamo farlo direttamente domani”

 L’idea di mentire ai miei superiori non mi sorrideva affatto, ma ormai mi ero rassegnato all’idea che non ci fosse altro da fare.

 “Mi sembra un’ottima idea. Grazie” le sorrisi. “Non so veramente cosa farei senza il tuo aiuto. A prescindere da quello che chiunque altro possa dire di te, sei una persona davvero meravigliosa”

 Lei mi fissò stupefatta, come se non avesse mai sentito parole più strane; poi abbassò appena il capo a terra, l’espressione smarrita; e quando stavo per chiederle cosa ci fosse che non andava, se avevo detto qualcosa di sbagliato, alzò il capo di scattò, con un gran sorriso, mi ringraziò con voce stranamente tremula, e si scusò dicendo che la sua famiglia doveva starsi chiedendo dove accidente fosse andata a cacciarsi.

 Una ragazza davvero strana, pensai avviandomi verso le lezioni pomeridiane. Non sembrava avere il minimo concetto di reciprocità, parlava di giudizi errati con un’amarezza che cozzava sonoramente contro l’immagine di sé che aveva presentato fino a quel momento, e reagiva alle lodi come se fossero qualcosa di mai sentito prima d’ora. E nonostante il fatto che le lodi le meritasse eccome: per aiutare così un perfetto sconosciuto, mantenendo salda la sua posizione di fronte a una minaccia così terribile!

 Davvero, una ragazza meravigliosa, ma molto, molto strana.

 Se solo avessi saputo in che modo avrei ricevuto la luce sui suoi bizzarri comportamenti!

 

 

 

 

 

GLOSSARIO (e qualche trivia):

Mekilo: essere simile a uno scoiattolo, solo molto più grande, con zampe molto più lunghe e la coda in fiamme. Essendo un animale legato al fuoco, non è considerato sacro a nessun dio, ma sfruttabile da tutto il genere umano. Viene usato soprattutto per trasportare merci e persone.

Occlo: bovino ricoperto di squame e con protuberanze lunghe e sottili, simili a serpenti che stanno al posto delle corna e da cui esce fuoco. Anch’esso animale legato al fuoco, ma per la sua pericolosità e la capacità di controllare i loro getti di fuoco sono quasi esclusivamente cavalcature da battaglia.

Kutluqun: capre anfibie con alghe al posto della pelliccia. Sono considerate sacre al dio Tumbe, e per questo, per allevarle o catturarne di selvatiche, è necessaria l’autorizzazione di un sacerdote di quel dio.

Lymplis: pesci volanti, con le pinne coperte di piume. Sono sacri alla dea Chicosi, dunque è necessaria l’autorizzazione di un suo sacerdote per possederne uno. Malgrado ciò, sono popolari come animali da compagnia presso la nobiltà.

Kyllu: uccelli simili a cigni, fluorescenti. Sono sacri al dio Achemay, e allevati solo all’interno del palazzo imperiale. Il loro piumaggio è usato per decorare le corone dei sovrani.

Lilque: creature con corpi simili a quelli degli esseri umani, ma con code di serpente al posto delle gambe. Servitori del dio Thumbe, vivono presso il mare, i laghi e in qualche caso i fiumi, quasi mai in corsi d’acqua più piccoli.

Duheviq: piante dalla capacità di mutare il proprio aspetto, assumendo qualsiasi forma desiderino. Originariamente questo veniva usato per catturare prede dei cui fluidi nutrirsi, ma con l’avanzare della società umana, ne hanno approfittato per integrarvisi. Un tempo servitori della dea Achesay, organizzati in tribù-foreste rigidamente isolate dagli esseri umani; solo i sacerdoti della dea potevano avvicinarli senza essere bollati come cibo. Al tempo di Choqo, mentre i più anziani vivono ancora tradizionalmente, i più giovani hanno preso a mescolarsi con le popolazioni umane, finendo spesso vittime di discriminazioni e relegati ai lavori meno nobili o remunerativi. Mantengono comunque un rigido codice di valori, di cui la fedeltà è il più alto.

Shillqui: piante in cui scorre un liquido per aspetto e consistenza simile al miele, che causa a tutto l’albero di agitarsi violentemente. Se bevuto, questo liquido dà gli stessi effetti agi esseri umani, ma è difficilissimo metterci le mani sopra. Pianta sacra a Pachtu, i suoi sacerdoti ne devono bere la linfa durante le cerimonie.

Likri: fiori simili a gigli rossi, dalle temperature bollenti, che esalano un fumo sottile. Se tuffati in acqua gelida e canditi, sono considerati ottimi per la pasticceria, ed essendo legati al fuoco, l’unico limite al coglierli è potersi permettere buoni guanti protettivi.

Sangue della Terra: erba che influenza la circolazione sanguigna, usato per diversi effetti nelle gravidanze.

Zullma: pianta le cui varie componenti hanno diversi usi; le radici sono considerate un potente lassativo.

Kiquicos: erba di colore blu, parassitaria dei Duheviq. Pericolosa per le sue capacità di depistare animali e viandanti, ma molto ricercata per le sue molteplici virtù.

Guyla: praticamente un Moment.

Tably: erba che secondo le credenze popolari risolve l’insonnia e i problemi di incubi frequenti.

Ago di Luce: essere a metà tra lo stato animale e quello vegetale, si nutre di sangue, ma può essere utilizzato per aspirare anche altri fluidi corporei.

AQI: esseri simili a tassi dal pelo violaceo, che emanano ormoni che fanno marcire le sostanze inorganiche attorno a loro. Soggetti a disinfestazioni a tappeto e contenuti in gabbie speciali, sono frequentemente offerti in sacrificio, con la testa dedicata a Chicosi, il cuore ad Achemay, e il resto del corpo, a seconda che l’animale sia maschio o femmina, a Tumbe o Achesay.

Fylles: insetti con ali a forma di fiore e polline al centro del corpo. Poiché si nutrono di altri insetti, sono molto usati dagli agricoltori, anche se prima necessitano di un permesso di un Sacerdote di Chicosi.

 

Qillori: cristalli di colore azzurro chiaro, molto usati in oreficeria.

Achemairi: cristalli di colore dorato, anch’essi comuni per l’oreficeria.

Tablyk: pietra di colore rosato, usata nell’oreficeria.

Kislyk: pietra dall’aspetto simile alla tablyk, ma molto più dannosa.

 

Notte: entità primordiale da cui tutto il mondo ha avuto origine.

Achemay: dio del sole, entità più importante del pantheon Soqar.

Achesay: dea della terra.

Chicosi: dea dell’aria.

Tumbe: dio del mare, dei fiumi e dei laghi.

Sulema: dea del fuoco.

Pachtu: dio dei fulmini e della vita.

Qisna: dea della morte e delle paludi.

Supay: esseri più collegati al folklore che alla religione vera e propria, sono creature della Notte,

incaricati di torturare le anime dei peccatori che lì vengono gettate.

 

 

 

 

 

Ladies & Gentlemen,

capitolo un po’ più breve del solito, giusto per dare un’idea di quel che sta combinando Waray e creare giusto un po’ di aspettativa. Sì, ormai si avvicinano le spiegazioni su chi accidenti sia Qillalla, cosa faccia di preciso e da dove arrivi … anche se credo resterete un po’ sorpresi dalla fonte. Vi andrà comunque meglio che al povero Simay.

Grazie di nuovo a tutti quelli che vorranno leggere e recensire!

 


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Capitolo 24
*** Dove a qualcuno va indiscutibilmente meglio che ad altri ***


                             CAPITOLO 23

 

 

 

DOVE  A  QUALCUNO  VA  INDISCUTIILMENTE  MEGLIO  CHE  AD  ALTRI

 

 

 

 

 

                                                                Dal diario di Chica Guchanii

 

                           14 CHICOSUDI 1593

 

 

Finalmente, finalmente ho ricevuto una convocazione! L’ansia di questi giorni si stava facendo insopportabile, non so cos’avrei fatto se fossi rimasta ancora all’oscuro dei pensieri della mia signora su tutto ciò che sta accadendo.

 Ma ormai le riunioni sono finite, Sua Maestà Manco è tornato al suo legittimo trono, e la mia signora non sarà più tanto coinvolta negli affari di Stato come nei tempi di guerra. Almeno ufficialmente: se ho imparato a conoscerla un minimo, in un momento come questo vorrà soprattutto consigliare e guidare il suo sposo. Il sovrano, a volerla dire tutta, ha preferito godere di un certo riposo dopo la difficile campagna contro Yrchlle, riposo che purtroppo ha ampiamente coinvolto quelle donne maledette. Speriamo che i figli che la mia signora avrà presto gli ricordino delle sue più grandi responsabilità e di chi debba essere l’erede al trono!

 Ma sto divagando. Naturalmente, non appena lo schiavo mi ha riferito il messaggio, sono pressochè corsa a palazzo. Llyra mi attendeva nelle sue stanze private, come al solito, e temo di averla quasi assalita con le mie domande: che posizione avrebbe preso nella diatriba creata da Waray? Come pensava di procedere? Come pensava di proseguire i suoi progetti contro il bastardo? Pensava che dietro a tutto questo ci fosse l’Incendiario? E in mezzo a questa burrasca di problemi, riteneva ancora opportuno agire contro il proprio sposo?

 Fu la sua risata alla mia foga a mettermi a tacere, alquanto imbarazzata.

 A suo dire, la situazione era stata senz’altro organizzata dall’Incendiario. Per la sua parentela con la famiglia imperiale, un cugino di secondo grado degli attuali sovrani, era la persona di rango più nobile all’interno di quel Tempio, quella che sarebbe quasi sicuramente eletta al rango di Sommo Sacerdote una volta che Pacha se ne fosse andato. Sapevamo già che l’Incendiario ha un infiltrato all’interno del Tempio della Terra, quello che ha sabotato le distribuzioni agli artigiani: se supponiamo che questa persona fosse Waray, non solo il sabotaggio diventerebbe possibile, nessuno andrebbe a protestare l’operato di un Sacerdote di rango elevato, ma avrebbe anche senso l’orchestrazione della cacciata di Pacha. Diventerebbe non più un semplice creare caos fine a sé stesso, screditando nel mentre una figura di autorità, ma un primo passo in piano più complesso che coinvolge molti più Templi e un popolo intero. Non sono neppure passate due settimane complete dalla sua elezione, e già abbiamo risse per le strade! Achemay solo sa cosa succederà se non interveniamo immediatamente!

 Dunque, il Tempio di Achesay dovrà uscire perdente da queste lotte, ma non dovrà essere disonorato: non vogliamo offendere la dea, solo sbarazzarci di un suo servo corrotto. D’altro canto, le polemiche suscitate da Waray portano alcuni vantaggi.

 Primo tra tutti, l’occasione di liberarci di Corinna: quel ragazzo è stato tanto dissennato da ripudiare il suo aiuto dopo le nuove linee adottate dal suo Sommo Sacerdote, visto che a quanto pare la ragazza contava di farsi liberare da Pachtu. Una presa di posizione davvero stolta, visto che ha perso la sua spia, ma a sua volta la ragazza resta indifesa: prima non volevamo liberarci di lei perché la strana coincidenza non lo facesse sospettare di Qillalla, ma ormai le Datrici di Morte non sono più affidabili, dato come Waray le ha minacciate; la mia signora ha licenziato quella ragazza pochi giorni fa, e ora non ci sarà davvero più nulla che possa legarla a loro.

 Bisognerà dunque stare attenti a impedire a quella ragazza di raggiungere il sacerdozio, ma al contempo permettere alle altre schiave che lo desiderano di raggiungerlo: sembrerà una responsabilità della giovane pigra e poco devota, anziché una presa di posizione dei sovrani. Dopodiché, sarà sufficiente mandare una schiava davvero fidata a creare le prove di un furto, da parte sua, di gioielli appartenenti alla corona. La sua parola non sarà mai creduta davanti alle prove evidenti di un crimine così grave, e verrà giustiziata immediatamente.

 Questo, purtroppo, si avvicina sgradevolmente alla sola teoria, perché la ragazza è in qualche modo riuscita ad eludere i nostri tentativi di osteggiarla, e a portare a termine con successo le prime due prove. Abbiamo il forte sospetto che qualcuno la stia aiutando: creando scuse per lei, addormentando o distraendo le guardie. La mia signora ha considerato per un istante la figlia del farmacista, che si è dimostrata amica della schiava ribelle, ma ha scartato quasi subito l’ipotesi: Alasu è troppo timorata dell’autorità imperiale per fare consapevolmente qualcosa del genere.

 L’ipotesi più logica attribuirebbe la responsabilità a Sayre, ma a me è parsa solo di poco più sensata: se odia tanto l’autorità religiosa, perché favorire l’ascesa di qualcuno a un rango sacerdotale? Da quanto abbiamo capito, poi, le sue promesse di potere si estendevano al solo Simay!

 La mia signora aveva naturalmente la risposta: certo, le mie obiezioni erano molto sensate, ma potrebbe darsi che abbia avvicinato la ragazza sola e delusa dagli amici per prometterle la fuga dal suo ruolo di schiava, in cambio di spionaggio e sabotaggio presso il Tempio di Pachtu, senza contare che una schiava effettivamente salita di posizione, in barba alle predicazioni di Waray, renderebbe la diatriba molto più accesa. La ragazza, in cambio di un sostegno che le è stato negato altrove, potrebbe aver messo da parte la sua acrimonia nei suoi confronti e aver accettato un accordo. In tal caso, impedirle di accedere al sacerdozio diventa ancora più imperativo.

 Il secondo aspetto positivo, è che ci offre un pretesto per agire contro il bastardo stesso: probabilmente sarà coinvolto in altri disordini, la gente sta diventando irrequieta, non sarebbe sorprendente che qualcuno di loro tirasse fuori una lama e assalisse il povero ragazzo che non fa altro che obbedire agli ordini dei suoi superiori. Più diretto che usare una Datrice di Morte, ma quasi altrettanto sicuro e forse più facile.

 Bisognerà solo fare attenzione a che l’assassino sia un sicario infiltrato tra la folla dei popolani: un Purificatore di Qisna svolgerebbe certo il lavoro con altrettanta solerzia, ma un Sacerdote che ne uccide un altro scatenerebbe infinite complicazioni politiche e religiose.

 Ci sbarazzeremo di Waray, ha concluso la mia signora, solo una volta che quei due ragazzi saranno morti, le minacce a Quisquis eliminate e chi ha minacciato il suo figlio non ancora nato punito. In questo ci sarà di grandissimo aiuto la Consacrata al Sole: quella giovane non è tanto isolata come la gente crede, avrà già ricevuto notizia di Waray e della campagna intrapresa contro il suo culto, e starà cercando di ideare una contromossa.

 E’ molto giovane, per nostra fortuna, e facilmente controllabile: la convinceremo a inviare a Waray una convocazione per un dibattito pacifico, e se quest’ultimo dovesse rifiutare, la sola possibilità che la Consacrata sia costretta a lasciare la Sala della Prima Pietra dovrebbe suscitare l’indignazione popolare abbastanza da costringerlo a ripensarci. La fanciulla sarà poi istruita, una volta che il Sommo Sacerdote si sarà trovato al suo cospetto, di invocare su di lui il Giudizio di Luce: se è stato corrotto dall’Incendiario, la situazione si risolverà comodamente da sé, e noi dovremo solo disporre di eventuali complici … incluso lo stesso Sayre, probabilmente.

 Sarebbe la soluzione perfetta a tutti i nostri problemi, una che garantirebbe a lungo la pace in tutto l’Impero, ma proprio per questo dovremo stare in guardia dalle difese dell’Incendiario. Molto probabilmente avrà messo in conto un ragionamento pari a quello che abbiamo fatto, e si sarà prevenuto in qualche modo …forse farà tirar fuori a Waray prove schiaccianti di corruzione contro il culto del Sole, tanto che farlo giudicare a loro parrà corrotto e fazioso, forse avrà delle spie tra gli attendenti della Consacrata che ci impediranno di comunicare con lei, forse darà più banalmente fuoco al Tempio, uccidendo la fanciulla e costringendoci ad eleggere al suo posto qualcuno che davvero non potrebbe emettere un giudizio suo, figurarsi invocare quello divino.

 Dovremo dunque ordinare a Surne di investigare con la massima segretezza ogni singolo Sacerdote del Sole, portarci tutte le prove di corruzione che riesce a trovare su chiunque, inclusi i membri della famiglia imperiale, e posizionare un drappello di guardie a impedire l’avvicinamento al luogo del culto (la loro presenza sarà facilmente spiegabile con i recenti disordini, e i Sacerdoti potranno amministrare le celebrazioni presso la popolazione nella piazza esterna. Sarebbe uno spettacolo imbarazzante se dovesse mettersi a piovere, ho notato, anche se la mia signora ne ha riso).

 Ma per quel che riguarda l’agire contro l’Incendiario stesso?

 La mia signora qui si è fatta pensierosa: non ha ancora trovato qualcosa che possa incastrare Sayre con una donna dell’harem. Linca fa anche meno avanti e indietro del solito, a causa delle lastre commemorative che Manco ha avuto l’involontario buon senso di commissionare, la notte quelle donne sono tenute sotto … stretto controllo dall’Imperatore stesso, e il nuovo guardiano (nuova guardiana?) dell’harem, sebbene calzi i nostri criteri di essere uno schiavo appena arrivato e di essere del tutto all’oscuro delle trame dell’Incendiario, ha il difetto di non capire nulla della nostra lingua. Spero per lui … o lei … che non capisca nulla della nostra lingua. Non sono mai stata tanto insultata per vedere il colpevole farla franca a quel modo!

 Dunque no, le nostre indagini in tal senso sono a un punto morto: possiamo sperare che Malitzin impari in fretta la nostra lingua, o rimpiazzarlo (rimpiazzarla?) con uno schiavo più istruito – ma questo sarà difficile da giustificare, Manco è convinto che quello scherzo di natura sia la guardia perfetta per quelle sgualdrine – o sperare che il Giudizio di Luce sveli le sue colpe. Finora, l’ultima possibilità pare la più probabile.

 Purtroppo non abbiamo potuto discutere molto su questo argomento: il momento del parto si avvicina per la mia signora, e diventa sempre più stanca ogni giorno che passa. E lo stesso, continua a occuparsi come al solito degli affari di governo!

So che dovrei avere cieca devozione in lei, ma devo dire che non ha mai accettato di comportarsi come le altre donne nobili, e lasciare gli affari più importanti al suo sposo. Certo, la sua posizione glielo impone, ed è cresciuta fin dalla più tenera infanzia per questo … ma temo davvero per il futuro che certe sue decisioni potranno comportare.

 Ma non devo permettere ai miei timori di offuscare la mia lealtà: seguirò e obbedirò la mia signora, ad ogni costo!

 

 

La scusa di Choqo era ufficialmente un pellegrinaggio.

 In un certo senso, non era neanche una bugia, dato che stava viaggiando in compagnia di un Sacerdote verso quello che era effettivamente un luogo molto importante della loro Storia. Il monte Ayamarca, quello da cui Simay e Corinna, ormai coppia imperiale, erano scesi annunciando che gli dei avevano lasciato il mondo dei mortali, che non vi sarebbe più stata magia, e che sarebbe stato instaurato un nuovo culto a seguito di queste rivelazioni.

 Dunque Linca si trovava proprio lì! Sempre ammesso che fosse stata proprio quella particolare Duheviq e Itzèn non si fosse tirato fuori da una ricerca troppo difficile ingaggiando un’altra di quelle piante per impersonarla … un pensiero che non la attirava per nulla, visto che non aveva elementi per verificare.

 Partirono due ore prima dell’alba, come previsto: una partenza quasi furtiva, su un mekilo che condividevano con grosso scorno della ragazza, su una grossa sella di legno dotata solo di qualche cuscino consunto e un telo piuttosto resistente da issare in caso di pioggia. Era Itzèn a guidarlo, non c’era nessun altro con loro.

 A Choqo era già capitato di viaggiare di primissima mattina, ma solitamente era in comode portantine che permettevano di recuperare il sonno desiderato, e in compagnia dei genitori o di ragazze della sua età che, se notavano qualcun altro sveglio oltre a loro, si sentivano in dovere di intavolare una conversazione inevitabilmente vuota e noiosa. Non aveva mai davvero osservato la sua città dormiente, non davvero, presa in quelle conversazioni; ma Itzèn, che sembrava contento di guidare in perfetto silenzio (troppo insonnolito per fare le due cose contemporaneamente?), le lasciava la possibilità di essere sola con i suoi pensieri e il paesaggio che la circondava.

 Le case, ora quasi tutte a più piani, immerse in un’oscurità da cui faceva capolino, di tanto in tanto, la finestra illuminata di una povera anima che doveva mettersi a lavorare presto; le locande e le botteghe vuote e sbarrate ai piani inferiori; i cantieri di costruzione affollati di macchinari che avevano sostituito la magia della terra nell’incastrare pietra su pietra, con i primi lavoratori che vi si trascinavano; le occasionali ronde di guardie, che sollevavano le torce per guardarli con sospetto prima di rasserenarsi alla vista di un Sacerdote.

 Via via che si allontanavano dal centro cittadino, gli edifici si facevano più vecchi e male in arnese, i locali aperti diventavano più numerosi ma dall’aria meno raccomandabile, e le ronde di guardie erano rimpiazzate da gente male in arnese che prometteva loro una scorta o guida, chiedeva loro del denaro (al che Itzèn li indirizzava puntualmente al suo Tempio) o salutavano allegramente il Sacerdote come se lo conoscessero da tanto.

 Poi anche quelle poche costruzioni si diradarono, sostituite da campi aperti con qualche cascina qua e là, e infine, proprio mentre il cielo iniziava appena a schiarirsi all’orizzonte, il mekilo scomparve nella foresta, lasciando a Choqo l’impressione di aver appena visto un mondo completamente inesplorato.

 E di stare per gettarsi in un altro: era da quando era bambina che non godeva della vista sulla foresta offerta dalle finestre di vetro ad alta resistenza al calore che, da qualche parte negli ultimi trecento anni, erano venute a sostituire la pura pietra nel tunnel per i mekilo. Sua madre riteneva che prestare attenzione al panorama anziché alla gente che viaggiava con lei fosse, appunto da bambina.

 Fu proprio per festeggiare questa ritrovata libertà che quando Itzèn iniziò a dare segni di ritorno tra i viventi, chiedendole come se la stesse passando in questi giorni e a che punto fosse arrivata nelle altre storie, si premunì di rispondergli nel modo più succinto possibile, facendogli chiaramente capire che poteva anche starsene zitto. Cosa che fece, almeno quello gli andava riconosciuto.

 L’avvicinamento alla loro destinazione, in tarda mattinata, fu annunciato da un discreto cambio nel paesaggio: la foresta iniziò a diradarsi, per essere sostituita da una spettacolare pianura coperta di likri: come aveva scritto Corinna tanti anni prima, pareva di correre su un mare di fuoco. L’effetto sul monte Ayamarca, poi, era ancora più spettacolare: i fiori si estendevano fino a dove la terra si faceva troppo sterile per loro, dando l’impressione che quello che era effettivamente un vulcano ormai inattivo stesse in realtà rilasciando tuttora la sua colata lavica.

 Un villaggio di medie dimensioni sorgeva ai piedi del monte, e lì Itzèn decise di fermarsi: lei poteva dire quel che voleva, ma lui aveva guidato tutta la mattinata sostenuto solo da una leggera colazione prima di partire e ora stava morendo di fame. Choqo, che per dare l’impressione di maggior preparazione spirituale non aveva fatto neanche la leggera colazione, non aveva mai digiunato tanto a lungo ed era probabilmente messa anche peggio di lui, ma era una questione di orgoglio: concordò al pranzo come una munifica concessione, per poi rischiare di cadere a terra per un capogiro. Fu Itzèn a riacchiapparla al volo, cosa quanto mai imbarazzante, tanto più che ritenne ciò una ragione sufficiente per tenersi stampato in faccia un ghigno odioso finché non si sedettero al tavolo.

 Il Sacerdote si fermò letteralmente alla prima locanda che trovarono, salutando amichevolmente gli osti e piazzandosi al primo tavolo libero: niente controlli e accertamenti che quello fosse un posto raccomandabile, niente disposizioni dettagliate ai gestori per mettere in chiaro il proprio rango e il riguardo con cui dovevano essere serviti, niente ricerca del tavolo migliore. Choqo non aveva mai mangiato in modo così rude e strano, ma la cosa le parve molto intrigante.

 Fu solo quando la cameriera (una ragazza graziosa e sorridente che portò loro la ‘specialità del giorno’ ovvero la purea di verdure più semplice e dannatamente piccante che Choqo avesse mai assaggiato) si fu allontanata che Itzèn si decise a discutere di cose di effettivo interesse.

 “Linca è andata a piazzarsi proprio sulla cima del monte, almeno quando è in forma arborea” spiegò. “Di tanto in tanto scende per andare a cacciare animali nella foresta o chiacchierare con la gente dei villaggi vicini, ma noi la troveremo lì”

 “E la gente di qui la accetta?”

 “Non sanno della sua vera identità. Vedono solo una strana ragazza che arriva, chiacchiera un po’ con tutti, fa qualche lavoretto per i commercianti locali in cambio di qualche loro prodotto, e la sera se ne va da dove è venuta. Probabilmente pensano che sia la figlia di qualche boscaiolo, ma nessuno le ha mai cavato informazioni certe sulle sue origini, chissà perché”

 “Chissà perché non è tornata con gli altri della sua razza” commentò Choqo. “Sembra un’esistenza davvero solitaria. Se non è più tenuta a servire Sayre, perché non torna da loro?”

 “Perché sarebbero loro a cacciarla. I Duheviq sono creature con un codice di valori tutto loro, sai, e la lealtà è la loro massima legge morale. Linca ha tradito la Terra schierandosi con il suo nemico, quali che siano le sue ragioni, e neanche a distanza di svariate generazioni le sarebbe permesso di tornare tra loro. La ucciderebbero subito. E se anche così non fosse, ho l’impressione che sarebbe lei stessa a non aver nessuna voglia di tornare da loro”

 “E perché?”

 La spiegazione aveva chiarito le idee a Choqo solo fino all’ultima frase. Perché Linca non avrebbe voluto tornare dalla sua famiglia a prescindere? Chi avrebbe preferito la solitudine a, be’, qualunque cosa non fosse la morte? Forse era stato Itzèn a fraintendere?

 “Immagino che dopo aver passato svariati millenni in compagnia di qualcuno che riteneva di stare aiutando la razza umana, si sia ritrovata più abituata a quella razza che alla sua. Affezionata, credo si possa dire”

 Millenni?”

 “Ricordati che era pur sempre la serva dell’Incendiario, non di un orafo ventenne” fu la replica, a voce molto più bassa rispetto a prima, di Itzèn.

 Choqo aveva sempre dato per scontato che la Duheviq fosse in qualche modo legata alla famiglia umana cui apparteneva l’incarnazione di Sulema, ma in effetti, era una supposizione che non reggeva molto alla familiarità con cui si rivolgeva al suo padrone, con la perfetta consapevolezza di chi fosse. Esattamente, con che razza di persona (albero) stava per parlare?

 Fu quasi solenne l’atmosfera con cui lei e Itzèn uscirono dalla locanda per farsi strada verso la cima del monte. Dopo aver letto tanti diari, ascoltato testimonianze di e su persone che erano ormai morte da secoli … stava per parlare con qualcuno di cui aveva letto e ascoltato in quelle storie, qualcuno che aveva visto con i propri occhi tutto ciò che era stato narrato. Il pensiero la spaventava quasi.

 Il Sacerdote la guidò fino a un mucchio di rocce, nei pressi della sommità del monte, su cui stava abbarbicato un arbusto: la corteccia marrone chiaro, lunghe foglie filamentose e giallastre, non sembrava avere nulla di speciale.

 “Buongiorno” esordì Itzèn, con quella che a Choqo parve una voce un po’ stentata. “Sono tornata. Ho portato quella ragazza”

 Choqo, per circa un millisecondo, si sorprese di sentire Itzèn riferirsi a sé stesso al femminile; poi l’arbusto catturò tutta la sua attenzione. Il tronco iniziò a contorcersi e dividersi alla base, i rami furono riassorbiti dalla corteccia, eccetto due che divennero braccia umane; una forma sempre più simile a un volto iniziò a sbozzarsi nel legno, le foglie giallastre vi si raggrupparono sopra come se fossero state capelli, la corteccia cambiò colore e consistenza, fino ad assomigliare a una pelle umana pallida e un po’ ruvida, con la sola eccezione di quella sul busto e le gambe.

 Ed eccola: davanti a lei, c’era quella che sembrava in tutto e per tutto una ragazzina, dai lineamenti insolitamente duri per la sua età, e indosso uno strano vestito di corteccia.

 “Hai fatto in fretta, ragazzina, a malapena mi sono accorta che te n’eri andata. La tipa con la mascella dislocata è la nobile di cui mi parlavi?”

 Choqo si affrettò a richiudere la bocca. “Sono Choqo Duqasi, erede di …”

 “Sei una discendente di quel Simay e sua moglie” tagliò corto lei. “Me l’ha già spiegato la tua amica Sacerdotessa … non somigli manco per sbaglio a nessuno dei due, ma dopo trecento anni immagino sia scontato. Ma senti un po’, tu avresti trovato dei manoscritti? Con le loro versioni della storia?”

 Choqo annuì. Linca sogghignò.

 “Quanto mi piacerebbe metterci le mani sopra. Chissà gli insulti che avranno lanciato al mio signore …” scoccò un mezzo sorriso verso la cima del monte, un’espressione che Choqo non riuscì a decifrare.

 Fu Itzèn a richiamare la sua attenzione. “Ecco, a proposito del tuo padrone. Vorremmo cominciare chiedendoti i dettagli del vostro coinvolgimento nella faccenda di Waray”

 “Lui? Va bene. Era un vecchio trombone ipocrita e vittimista come pochi al mondo, e ne abbiamo approfittato per primi. Fine”

 “Dobbiamo chiederti di essere più specifica”

 “Volevo solo godermi la faccia di questa qui al pensiero che avrei detto solo quello”

 


                                                                       Dal racconto di Linca

 

Il giorno della consacrazione di Waray ci fu una grande festa, tutti congratularono il nuovo Sommo Sacerdote, si ingozzarono di cibo gratuito, bevvero come delle spugne e si azzuffarono sulle conseguenze ideologiche. Solo verbalmente, voglio dire, troppe guardie, per quello avremmo dovuto aspettare ancora un po’.

 E poco meno di due settimane dopo questa piacevole giornatina, a me toccò stare impalata nel bel mezzo del mercato di Alcanta per un’ora e mezza, perché il particolare assistente che dovevo incontrare quel giorno era in ritardo per motivi suoi, e davvero, dopo un così lungo viaggio faceva brutto lasciarlo senza un comitato di accoglienza. Quello, e non volevamo pensasse che avevamo allentato la presa su di lui non facendoci trovare al luogo convenuto.

 Ma pensate voi, fermi ad aspettare qualcuno in mezzo a quella calca di gente che spingeva in giro e urlava come un branco di honcoi, qualcuno che oltre ad avervi fatto incazzare è grasso e che dunque, quando si palesa, vi fa venire una voglia matta di mangiarvelo sul posto come compenso … no? Mai avuta una simile tentazione? Curioso.

 Però il mio signore aveva procurato un paio di lymplis particolarmente grossi per me, mangiare Taquis mi avrebbe guastato l’appetito, e tutto sommato avevamo abbastanza bisogno delle informazioni che portava.

 “Finalmente!” mi rassegnai a commentare quando fu abbastanza vicino da sentirmi. “Il mio signore iniziava a pensare che te la fossi filata a portare quel progetto a qualche altro orafo”

“L’avessi fatto, avrei meritato la bancarotta” replicò il mercante, con un largo sorriso. “Il tuo padrone è probabilmente l’unico che saprebbe offrire una collaborazione così vantaggiosa. Qui, ho dei nuovi modelli …” abbaiò l’ordine di allestire la bancarella agli schiavi che lo accompagnavano, e mi fece cenno di seguirlo nel retro della bottega vera e propria.

 “Allora?” lo apostrofai una volta che fummo soli. “Questi bellissimi nuovi modelli?”

 Traduzione, che si estende a tutto il discorso di cui sopra: cos’hai scoperto su Qillalla?

 Ehi, calma, calma. Ci arriviamo, a Waray. Era solo uno dei tanti progetti che il mio signore stava mandando avanti: tra gli altri, vi era il raccattare il numero maggiore di informazioni possibile sulle ‘alleate’ del nostro raggio di speranza per il futuro dell’umanità.

 Qillalla si era rivelata più ostica di quel che avevamo previsto: avevamo scoperto che era una Datrice di Morte nel giro di un paio d’ore da quando una delle nostre spie l’aveva per la prima volta vista assieme a Simay, era il resto che non eravamo riusciti a rintracciare. Non era nativa di Alcanta, ma nemmeno le nostre fonti interne al Tempio di Qisna erano riuscite a darci un luogo d’origine.

 Qillalla era semplicemente apparsa sulla loro soglia un giorno, una ragazzetta di undici anni singolarmente alta e prosperosa per la sua età, e aveva chiesto di essere consacrata come Datrice di Morte. Non aveva offerto nessuna ragione per questa scelta di vita, né informazioni sulla sua casa o sulla sua famiglia. Non aveva dato loro neppure il proprio secondo nome, era solo Qillalla.

 Una qualsiasi altra ragazza che si fosse presentata con queste premesse sarebbe stata sicuramente accompagnata dalle guardie perché la riconsegnassero alla famiglia, ma questa qui: aveva un corpo che prometteva un magnifico sviluppo e un servizio efficiente per la dea, e in combinazione a quello aveva veramente un’aria da poveraccia, così scarmigliata e vestita di stracci. I devoti di Qisna giunsero alla conclusione che se l’avessero riportata alle guardie non avrebbe avuto nemmeno avuto una famiglia a cui tornare, probabilmente avrebbe finito per scappare e infilarsi in qualche bordello … dove non sarebbero stati tanto schizzinosi.

 Per farla breve, non tentennarono neanche tanto, e ogni dubbio svanì quando, durante gli esami preliminari a un possibile noviziato, scoprirono che non era vergine. Sì, a undici anni. Tutto un programma, vero?

 La conclusione inevitabile delle Sacerdotesse della Morte fu che quella fosse la vita migliore che si potesse offrire a una giovane disonorata così presto, e procedettero a farla novizia; la conclusione inevitabile del mio signore fu che se volevamo avere qualche leva su Qillalla, se volevamo avere qualche arma di persuasione o ricatto per convincerla ad abbandonare Simay senza doverla uccidere, dovevamo indagare sul suo misterioso passato.

 Taquis ci era parso la persona più adatta a investigare: mercante di stoffe, contrabbandiere a tempo perso, in una particolare occasione aveva rischiato di farsi beccare a rubare e smerciare fuori oggetti appartenenti al palazzo reale. Il mio signore l’aveva tirato fuori dai guai quando ormai tutto sembrava perduto per lui, in alcune occasioni l’aveva aiutato a fare uscire qualche altra cosuccia che non sarebbe dovuta uscire da palazzo, ed ecco qui, ci eravamo procurati un agente che avrebbe avuto una pratica scusa per muoversi in giro per tutto l’Impero e ben pochi problemi a varcare il confine dell’illegalità.

Lui non sapeva nulla di chi fossimo davvero, naturalmente: pensava che il mio signore fosse un agente di qualcuno con un giro di contrabbando molto più grosso del suo, per cui gli conveniva fare il pesce piccolo. E certo che potevamo fidarci di un tipo del genere. Del resto, avevamo trattenuto le prove a suo carico con cui ricattarlo.

 E come dicevo, eccolo qui, dopo aver passato qualche settimana a scorrazzare per mezzo Impero in cerca di informazioni su quella ragazza.

 “Qillalla Talasi è nata a Kino, un villaggio sperduto nella provincia di Ichiraya, a mezza giornata di viaggio dalla sua capitale. Una famiglia di allevatori di honcoi, poveri da far ridere, ma in quel villaggio è la norma, quindi erano considerati individui piuttosto rispettabili. Una vita misera ma tranquilla, senza grosse scosse nella vita di comunità, se non che quando Qillalla aveva dieci anni si è scoperto che aveva una tresca con lo zio”

 “Aveva una tresca, hai detto”

 “Sto ripetendo quel che mi ha detto la vecchia comare con cui ho parlato. Era molto compiaciuta di starmene parlando: ha fatto uno sproloquio irripetibile su come la madre di Qillalla fosse un’incompetente, che chissà che libertà le aveva concesso per farla diventare disposta a disonorarsi a un’età così precoce, e con un parente per giunta. Tra una disquisizione sul malcostume dei giovani d’oggi e l’altro, sono riuscito a capire come sia partita la faccenda: la piccoletta aveva confessato alla mamma che lo zio la costringeva a fare certe cose, la madre l’ha immediatamente messa a tacere per evitare uno scandalo sulla famiglia, ma lo zio ha capito che Qillalla aveva parlato, ha preso paura, ed è filato dai Sacerdoti di Chicosi a chiedere ammenda per i suoi peccati, dichiarando di essere caduto nella seduzione messa in atto dalla nipote, e di aver avuto diversi rapporti con lei negli ultimi due anni. In quanto primo a confessare ufficialmente, è stato guardato con maggior benevolenza rispetto alla piccola seduttrice: lui ha potuto continuare la sua vita più o meno normalmente, penitenze a parte, ma lei è diventata oggetto della riprovazione collettiva. I genitori hanno finito per segregarla in casa per mettere a tacere lo scandalo, ma la tattica non è riuscita granché. Qualche tempo dopo, la ragazza è scappata, e al villaggio tutti danno per scontato che sia andata a prostituirsi da qualche parte. In un certo senso hanno ragione, solo che ha puntato a una meta ben precisa: da quel che sono riuscito a ricostruire del suo percorso, è andata dritta filata al Tempio, a piedi … il che immagino spieghi lo stato in cui è arrivata”

 Che è quella faccia schifata, ragazzina? E’ la prima volta che senti una storia del genere? Be’, io no. Storie come quella di Qillalla sono esistite da quando ha avuto inizio l’umanità, e continueranno a esistere finché qualcosa non distruggerà la specie.

 Credi che la mia risposta sia cinica? D’accordo, allora ti dico anche che Taquis se l’è bevuta, quella faccenda che sarebbe stata lei a sedurre lo zio, o perlomeno ci ha dato il beneficio del dubbio. Qualcosa come: “Non fare quella faccia, non è detto che quella fosse una povera vittima innocente. Tu di sicuro sei più vecchia di quel che sembri, ma ti assicuro che ci sono certe bambine che sono peggio di donne adulte!”

 … Se devi vomitare, vai a farlo giù, qui ci devo mettere radici.

 Comunque, era tutto quello che c’era da sapere su Qillalla. Una storia squallida e triste, ma abbastanza su cui lavorare. Mi congedai da Taquis con il suggerimento di mettere da parte stoffe blu e di tirarle fuori quando saremmo riusciti a trovare achemairi adatti (tradotto: per il momento poteva fare i suoi comodi in tutta tranquillità, lo avremmo ricontattato noi in caso di bisogno), e finalmente tornai a casa a riferire tutto al mio signore.

 Lui ascoltò attentamente, passandomi nel mentre i miei lymplis e sistemando per sé una ciotola con l’abominevole risultato del suo tentare di cucinare da solo.

 “Immaginavo qualcosa del genere” commentò poi. “Società come questa non lasciano molta altra scelta alle bambine violentate. Quel che mi incuriosisce, è perché proprio una Datrice di Morte come primissima scelta anziché ultima spiaggia”

 “Le sarebbe andata meglio se fosse diventata una normale prostituta” convenni. “E’ carina, avrebbe potuto avere dei ricchi amanti, farsi una bella vita, mettere da parte abbastanza soldi da sostenersi anche nella vecchiaia … pensate che a modo suo sia ferventemente religiosa quanto il ragazzo?”

 “Penso piuttosto che abbia voluto punirsi. Tutto quello che hai appena detto è perfettamente sensato, Linca: immagina una ragazzina che passa l’infanzia ad essere umiliata e abusata, viene biasimata per questo, e si convince di non poter essere null’altro che una poco di buono. Pensa che tutto quel che importi di lei sia il bell’aspetto che tanti guai le ha causato, e decide che tutto quel che potrà fare nella vita è sfruttarlo. Scappa di casa, inizia a prostituirsi, e inizia a ricevere tutti i benefici che hai appena elencato: non pensi che la vedrebbe come un’occasione di riscatto? E’ stata denigrata come ‘puttana’, ma ora quella qualifica la rende più ricca e corteggiata di tutte coloro che l’hanno insultata. Si sentirà come una vincitrice morale. Sarà felice, almeno fino a quando la vecchiaia non arriverà a portarle via la bellezza e i clienti che la fanno sentire amata”

 “E se la ragazzina è sveglia, saprà prevedere tutto questo e sceglierà il mestiere di proposito?”

 “Credo che il ragionamento sia quello … o l’esatto inverso, come la nostra Qillalla. Aveva davanti a sé questa scintillante occasione di rivincita, e ha scelto di affiliarsi a un culto malvisto, farsi iniettare una sostanza che renderà un Kisnar qualunque uomo abbia rapporti con lei, e non le concederà mai ammirazione e vantaggi particolari, ma anzi la vita austera di una Sacerdotessa. E quando sarà troppo vecchia per il suo incarico, sarà uccisa in sacrificio a Qisna. Una prospettiva di vita amabile, non trovi?”

 “Dite che si sia convinta di essere responsabile dello stupro?”

 “A giudicare dalla reazione della famiglia e del resto del villaggio, è stata cresciuta per pensare quelle cose fin da quando è nata. Suo zio ha detto che quella storia andava avanti da anni? Probabilmente la piccola non l’ha ammesso prima perché si vergognava e temeva il biasimo dei genitori. E quando la faccenda è saltata fuori lo stesso, ecco che abbiamo l’undicenne Qillalla, sola e disprezzata da tutti, che si interroga sul suo futuro, e giunge alla risposta che una pratica così degradante sia l’unica strada possibile per una persona orribile come lei”

 “Va bene, quindi questa ragazza odia sé stessa. Cosa farà, quando Waray avrà compiuto il suo attacco?”

 “Innanzitutto, non è detto che odi ancora sé stessa. Quella di cui abbiamo parlato finora è la Qillalla di cinque anni fa: probabilmente la ragazza attuale ne conserva ancora molti tratti, e la sua convinzione di essere in colpa non andrà mai via del tutto, ma è possibile che in questo tempo abbia riflettuto e iniziato a riconoscere l’ingiustizia della sua famiglia, che ha condannato lei e perdonato il suo aguzzino”

 “E allora?”

 “Dipende molto dalle azioni di Simay quando la scoprirà. Nuala ci ha assicurati di aver convinto Waray a portarsi dietro i novizi per la sua pubblica condanna alle Datrici di Morte, quindi i due si incontreranno faccia a faccia. Non posso prevedere come reagirà il ragazzo: certo si sentirà tradito allo scoprire che la sua alleata era in realtà un sicario di Llyra, ma se la attaccherà sul versante dell’essere una ‘disonorata’ oltre a quello della fiducia tradita … staremo a vedere”

“E poi? Volete che il ragazzo scopra tutto questo?”

 “Sì. Qillalla deve stare alla larga da Simay, su questo non ci sono dubbi, ma può anche tornarci utile per distruggere le sue idee più arretrate. Quasi di certo sarà rimpatriata al suo villaggio una volta esposta pubblicamente, sarà rimandata in pasto alla famiglia ostile e allo zio stupratore … Simay sarebbe disposto ad andare in soccorso di una persona simile?”

 “E ne fu così disposto che se ne innamorò, se ne fregò dei rischi di diventare un Kisnar, e voi vi ritroverete a cercare di ficcare in trono uno che avrà l’epiteto di Imperatore Putrefatto”

 “A riuscirci ci sarebbe da ridere in faccia a tutti, ma sfiorerebbe l’impossibile, e a noi non serve l’impossibile. Qillalla uscirà di scena … scapperà verso terre lontane che non sanno chi sia, oppure morirà, preferibilmente a causa dell’autorità imperiale. Questo ammesso che il ragazzo sia disposto a salvarla, s’intende. Altrimenti saremo noi a salvarla”

“E cosa ce ne faremo?”

“La spingeremo a vendicarsi. Ufficialmente o no, resta comunque qualcuno che si è consacrato a Decadimento, le sue preghiere saranno sufficienti a garantirle del potere. E Simay si troverà a confronto con una persona distrutta, che odia un mondo completamente ostile in cui nessuno le ha portato un aiuto genuino, e dotata di poteri che la rendono molto, molto pericolosa. Dovrà affrontare il fatto che se solo avesse giudicato con imparzialità, se fosse stato disposto a ignorare sia le convenzioni che condannavano la ragazza sia il fatto che abbia minacciato lui stesso, quel problema non si sarebbe verificato. Ma in ogni caso, Qillalla non sarà più dei suoi, neppure per finta. E’ uno dei motivi per cui voglio che si riavvicini a Corinna”

 “Avete già scelto anche l’Imperatrice?”

 “Non dico necessariamente quello … ma la ragazza è una valida alleata. Non è affatto stupida, solo immatura, superficiale e presuntuosa. Una volta che l’avremo liberata di queste fastidiose caratteristiche, resteranno la sua intelligenza, la sua generosità e la sua volontà di affermare le proprie idee, anche a discapito delle autorità. Qillalla è intelligente, ma bloccata da idee arcaiche: anche se non fosse una Datrice di Morte, trascinerebbe Simay indietro, mentre Corinna lo costringerebbe costantemente a questionare il suo modo di vedere le cose”

 “Sì, però non sapete dove abbia pescato tutte queste virtù e difetti”

 Il mio padrone sbuffò. Ecco, un’altra cosa da aggiungere: se Qillalla era stata ostica, Corinna era il mistero più assoluto.

 Eravamo riusciti a rintracciare gli schiavisti che l’avevano venduta a palazzo, eravamo riusciti a rintracciare il luogo dove l’avevano trovata mentre vagava da sola, ma da lì in poi, vuoto cosmico. Nessuno dei villaggi vicini la conosceva o l’aveva vista passare, idem per quelli lungo la strada che sembrava aver percorso per trovarsi lì, anche fino a una notevole distanza … niente. E con quella pelle chiara, gli occhi tondi e i capelli mezzi blu, non era tipo da passare inosservato!

 Sembrava comparsa lì dal nulla. Non sapevamo dove fosse nata, chi fossero i suoi genitori, in che contesto culturale fosse cresciuta, quali eventi avessero segnato la sua crescita e dato particolari atteggiamenti e convinzioni. E il mio signore odiava non sapere le cose.

 Con lei, avevamo davvero avuto fortuna con quell’infatuazione, ma quel vantaggio era andato a farsi benedire. Era stato inevitabile, certo, ma adesso avevamo solo Namina per tenere d’occhio le sue attività. Era stato tramite lei che … senti, cara la mia ragazza, se sto qui a raccontarti come abbiamo rastrellato ogni singolo nostro assistente finiamo tra un mese. E voi non dovete andarvene abbastanza presto? Quindi, se vuoi tutti i dettagli su Waray, sta’ zitta e lasciami continuare.

 Dicevo, tramite Namina avevamo scoperto dei tentativi di Corinna di accedere al noviziato di Energia, e questo era già stato abbastanza per mandare in campana il mio padrone. I suoi rapporti con Energia erano … complicati, mettiamola così, anche peggio che con la maggior parte della famiglia, e quel particolare Elemento era già stato preso in considerazione parlando di Corinna: una volta esclusi tutti i circondari, avevamo iniziato a considerare che la ragazza fosse davvero comparsa dal nulla. Erano in tre che teoricamente avrebbero potuto fare una cosa simile: Luce, Oscurità, e appunto Energia.

 E siccome i primi due tendevano a farsi i cazzi propri, mentre l’ultimo non se li faceva mai, e se a tutto questo aggiungiamo il desiderio di Corinna di consacrarsi a lui … ecco, avevamo un Elemento completamente imprevedibile cui far fronte, molto vicino all’unica vera alleata di Simay.

 Nel corso dei secoli, avevamo imparato che l’unico modo per trattare con Energia era tenerlo interessato: guardava agli umani come si guarda agli attori in un teatro, e se fossimo riusciti a travestire i nostri progetti da copioni interessanti, ci avrebbe lasciati fare.

 Non eravamo certi che avesse davvero portato lui quella ragazza, o perché gli fosse saltato in mente di farlo, ma probabilmente si aspettava che avremmo fatto di tutto per impedire a qualsiasi persona di fare un servizio a qualsivoglia divinità, ci conosceva bene ormai. Ebbene, saremmo andati contro le sue aspettative: non appena avevamo notato che Llyra stava ostacolando le prove di Corinna, ci eravamo impegnati in un contrattacco: mandato Namina ad assumersi incarichi al posto suo, drogato le guardie delle cucine per addormentarle, distratto quelle regolari per permetterle di uscire.

 La nostra ragazza del mistero aveva ripagato gli sforzi, e aveva già passato con successo le prime due prove. Restava solo l’ultima, e per quella, sospettavamo che Llyra avrebbe fatto qualcosa di davvero drastico, tipo inventare false accuse contro di lei; il mio signore aveva già preparato le scuse per diversi possibili scenari. Una volta che la ragazza fosse stata nel Tempio, avremmo usato un’altra nostra assistente, una bambina di strada che riceveva spesso la carità delle Sacerdotesse, di tenere d’occhio le sue attività, possibilmente anche facendosela amica.

 Scusate, da dove eravamo partiti con questo discorso? Dal mio signore scazzato perché per una volta non sapeva tutti i dettagli della vita di qualcuno? Giusto.

 “So che ha chiesto l’aiuto dello-della yrchllese che fa la guardia all’harem per la terza prova, e adesso si stanno organizzando per svolgerla proprio nei quartieri delle concubine. Non trovi che il nuovo guardiano, o nuova guardiana, sia davvero una persona amichevole e disponibile?”

 Oh sì che lo era. Prima se ne fregava dei suoi doveri e aiutava Nuala a raggiungere Waray, poi accettava di fare da testimone a Corinna, non avremmo potuto trovare persona migliore che potesse ricevere quell’incarico!

 E sì, adesso ve lo spiego, di Waray.

 Prima di tutto, un paio di notizie biografiche su quell’uomo: parente di secondo grado della coppia imperiale, nato in un palazzo come terzo o quarto figlio di un generale che si era fatto un nome più che discreto. Non so se si usa ancora, ma all’epoca, per non ritrovarsi con i palazzi degli antichi Imperatori sovraffollati dai discendenti dei figli cadetti, si tratteneva lì il primogenito a ereditare la carica paterna, e gli altri o erano spediti come governatori di terre appena conquistate perché si riproducessero altrove, o venivano mandati in qualche Tempio.

 Waray era stato uno di questi ultimi casi, e una delle primissime cose che avevo trovato, quando eravamo appena arrivati ad Alcanta e stavamo controllando che aria tirasse da quelle parti, era stato un vecchio schiavo della sua famiglia che era stato contentissimo di raccontarmi, nel dettaglio, le epiche scenate che un giovane Waray aveva fatto pur di non farsi ordinare Sacerdote.

 Il piccoletto credeva di meritare una vita come quella di suo padre, carica di trionfi, onori, cariche prestigiose, comodità, buon cibo, belle donne da ogni parte dell’Impero. Il padre gli aveva risposto che era un cretinetto che non aveva capito nulla degli oneri di un condottiero, e proprio per quello aveva spedito praticamente a calci nel Tempio di Achesay un Waray incredibilmente astioso.

 Il ragazzo aveva continuato a dare problemi: si era inimicato la stragrande maggioranza degli altri novizi con il suo atteggiamento arrogante e altezzoso, la sua magia era pressochè nulla, e finiva in punizione con regolarità imbarazzante. Pare che ci abbia messo l’anno regolare a farsi ordinare Sacerdote, anziché più tempo, solo per intercessione di suo padre: aveva concesso generose donazioni al Tempio, e minacciato suo figlio di disconoscerlo e buttarlo in mezzo alla strada se non avesse obbedito.

 A quanto pareva, Waray non era poi così sicuro delle sue capacità di farsi un nome per sé stesso, perché aveva iniziato a impegnarsi il minimo indispensabile per ricoprire cariche sempre più elevate, fino ad arrivare a quella di maestro dei novizi: persona più importante dopo il Sommo Sacerdote, e con buone probabilità di essere eletto al suo posto se quello dovesse passare di carica.

 Ora, avevamo già in programma di corrompere almeno un membro del clero di alto rango in ogni singolo Tempio, e Waray era stato uno dei più facili: le interazioni che riuscii a strappargli con qualche scusa rivelarono una persona meschina, che non avrebbe avuto bisogno di essere convinta di stare agendo nell’interesse dell’Impero a mandare informazioni fuori dal Tempio: ci sarebbe bastata una donna. Una di alto rango e difficile accesso, possibilmente, che lo facesse sentire un privilegiato, che gli facesse credere che gli dei lo stessero finalmente ricompensando per tutto quello che aveva ‘sacrificato’ per loro.

 In pratica, qualcuno che potesse estorcergli informazioni, e potesse anche essere causa della sua rovina: Nuala era stata la persona semplicemente perfetta.

 Dopo un anno di ricerca di possibili candidate, delle possibili conseguenze di una loro scoperta e di come attirarle dalla nostra parte, una delle stressatissime e annoiate a morte donne dell’harem di Manco era riuscita a trovarsi un amante. Ora, non mi ricordo neanche chi fosse il tizio, ma credo il marito della sarta imperiale, uno che comunque non richiedeva un grosso spostamento, e quella era stata la cazzata di Nuala, perché una delle schiave l’aveva vista e contava di denunciarla. Il mio signore era riuscito a convincere la schiava a starsene zitta, ma alla nobile erano stati richiesti dei favori in cambio.

No, non le piacevamo affatto. Non lavorava per noi sua sponte, e lo faceva solo perché rischiava troppo grosso a denunciarci. E anche perché spesso era ricompensata con qualche bel gioiello gratis.

 Che? Il mio signore aveva detto a Simay che la sua assistente nell’harem non era Nuala? E tu ci hai creduto? Ti pare che potesse dar via tanto facilmente l’identità di una persona ancora utile?

 Tornando a noi, erano ormai anni che la storia andava avanti, e regolarmente aiutavo quella donna a eludere l’attenzione del vecchio e ormai sordo guardiano. Waray era stato così pieno di sé da non farsi troppe domande su una donna che dichiarava di essersi innamorata di lui dopo averlo visto a una processione, e soprattutto da non considerare i rischi: chi anche solo toccava le donne dell’Imperatore sarebbe stato messo a morte. Non male come fine per un Sommo Sacerdote, non trovi?

 Ecco perché ci eravamo impegnati tanto ad allontanare Pacha per primo, sapete. Il Tempio era, per coincidenza, proprio quello in cui Simay era coinvolto direttamente. Certo, avevamo altri piani, se il ragazzo fosse diventato un Purificatore di Qisna o un Sacerdote di Chicosi avremmo avuto le nostre sorprese pronte anche lì, ma scoprire che il Sommo Sacerdote a cui lui aveva obbedito ciecamente non dava i suoi ordini perché devoto alla dea, ma per apparire autorevole e potente a una donna umanissima che gli faceva qualche moina sarebbe stato il modo più rapido ed efficace per sradicare a fondo la devozione acritica che Simay nutriva verso l’autorità sacerdotale.

 Nel mentre, ne avremmo approfittato per fargli scoprire l’identità di Qillalla, facendogli capire l’importanza di valutare con attenzione i suoi alleati, e per creare una situazione in cui Llyra potesse ritenere sicuro attentare alla sua vita, con quei disordini. No, Simay non avrebbe rischiato nulla, credi davvero che non ci saremmo appostati nei pressi di ogni manifestazione per fermare chiunque tirasse fuori un’arma in sua presenza?

 Ma comunque l’attentato sarebbe stato scoperto, e a quel punto: o gli inquirenti si sarebbero concentrati su Simay stesso, e a quel punto qualcuno sarebbe inevitabilmente riuscito a risalire alle sue origini, oppure lo si sarebbe imputato alla posizione di novizio del ragazzo, e i rapporti tra i Templi sarebbero nettamente peggiorati. Oltre a spingere la gente a riflettere sulla religione che stavano seguendo, questo avrebbe richiesto la piena attenzione di Llyra, dando tempo a noi di far arrivare a suo marito qualunque cosa volessimo. In un modo o nell’altro, le cose sarebbero andate a nostro vantaggio.

 E se Llyra non avesse mandato nessun sicario? Le avremmo dato molte altre occasioni, almeno finché non si fosse decisa a far indagare e deporre Waray, cosa che avrebbe, per l’appunto, distolto la sua attenzione.

 Ora, il nostro problema principale era un altro: Waray sarebbe sicuramente morto, e quasi di per certo lo avrebbero trascinato davanti alla Consacrata al Sole per passarlo al Giudizio di Luce … come non sai cos’è?

 Era un incantesimo che solo la Consacrata poteva lanciare, che passava in rassegna tutta la vita della sua vittima e ne rivelava veramente tutti i dettagli. Usato in casi eccezionali come appunto quelli di crimini riguardanti il clero, e una delle pochissime occasioni in cui la Consacrata potesse interagire con qualcuno che non fossero i suoi attendenti. Waray era convinto che Nuala agisse di sua spontanea volontà, quindi saremmo usciti illesi da qualunque processo gli sarebbe stato intentato … ma Nuala no.

 Una delle amanti dell’Imperatore, che lo aveva tradito concedendosi a un altro: sarebbe morta anche lei. E la sua morte non ci tornava di alcun vantaggio. Non era neanche uno svantaggio, per carità: se anche avesse cercato di accusarci, noi avremmo semplicemente distrutto le prove del ricatto, e negato tutto. Sarebbe stata la parola di un rispettabile artigiano contro quella di una traditrice sacrilega, secondo voi come sarebbe andata?

 No, semplicemente, la morte di Nuala era inutile. E poi sarebbe stato cattivo gusto, rovinare la vita a una persona per costringerla a servirci, e poi abbandonarla a una brutta morte nel momento in cui non ci fosse stata più utile. Avevamo già arrangiato una sistemazione per lei in una delle città-stato della regione di Choomà, presso i confini meridionali dell’Impero: il problema stava solo nel farla uscire dall’harem. E qui entrava in gioco Malitzin.

Interessantissima persona, che fin da subito aveva fatto finta di non notare Nuala che sgattaiolava puntualmente fuori dall’harem. Non ne aveva parlato con nessuno, e non aveva tentato ricatti: ciò aveva aperto la strada alle speculazioni.

 “Linca, tu sei l’unica ad averci parlato: credi che disobbedisca agli ordini perché non li ha capiti, o per questioni di valori suoi?”

 “Valori. Non fare entrare o uscire nessuno tranne l’Imperatore e alcuni schiavi non sono concetti così difficili da afferrare. Quanto a quali siano questi valori, poi … boh”

 “Stando a Namina, si è dimostrato interessato alla religione” considerò il mio signore. “Insolito, per un nobile. Ma null’affatto negativo. La rivoluzione religiosa della nostra Lycue è stata un successo a suo tempo, ma gli yrchllesi si sono fossilizzati su quella modalità di pensiero. Se Malitzin ha valori religiosi, sono valori di una religione che si è creato lui, o lei”

 “E che cosa promuove questa religione? Edonismo libero per tutti?”

 “Vai a chiederglielo, non appena avremo più tempo libero. Del resto, la tua razza è tradizionalmente molto legata alla Terra. Ti vedrà come una valida fonte di informazioni”

 “State pensando di reclutare lui-lei per tenere d’occhio quelle concubine, una volta che Nuala se ne sarà andata?”

 “Pensavo piuttosto di farne un alleato di Simay, anziché mio. Malitzin è stato cresciuto con la prospettiva di diventare consigliere e aiutante di suo fratello, un futuro re: ha idee più chiare su come mandare avanti un governo rispetto al ragazzo. Certo, dovremo elevarlo dal rango di schiavo, ma dato il suo il suo interesse per la religione, non sarà difficile farlo sembrare un profeta, o profetessa, di un nuovo e rivoluzionario culto nel caso Simay riuscisse finalmente a ultimare lo Strumento Più Brutto Che Esista, ce ne sarà bisogno almeno nei primi tempi, non possiamo far rinunciare subito l’umanità all’idea degli dei …” e la cosa gli rodeva molto, se non si fosse notato.

 “E se non ce la facesse? Esclusi noi, sarebbe la quarta persona a provare a metter mano a quel progetto” lo richiamai all’ordine.

 “Spezzerebbe comunque questa devozione stolida che vige a Tahuantinsuyu” fu la risposta. “Per non parlare del fatto che venendo da Yrchlle, è abituato a tecnologie molto più raffinate per quando i miei fratelli inizieranno a dare di matto per le differenze di devozione. O almeno conosce le persone giuste per costruirli … se hanno retto a una crisi come quella di Lycue, saranno utili anche a Tahuantinsuyu”

 “Quindi dovremmo convincere Corinna a presentarlo a Simay?”

 “Quella persona si è già messa su una buona strada da sola, e non dimentichiamoci che sorveglia l’harem. Se c’è qualcuno in grado di rintracciare – o distruggere a seconda dei casi – prove sull’identità dei ragazzi, sarebbe lei”

 “E se Malitzin resta affascinato dalla religione di Tahuantinsuyu e decide di aderirvi?”

 “Vedrà le stesse cose che vedrà il ragazzo, e il resto dell’Impero. E con tutto quel che vedrà nei mesi a venire, è più probabile che si affezioni a un’ideologia piuttosto che a un culto. Il che non ci disturba affatto. Al contrario, Linca: il rischio più grosso è che al momento abbia idee troppo positive sugli dei, e dopo aver probabilmente lottato per affermarle in un ambiente come Yrchlle, scoprire di essersi sbagliato lo scoraggi completamente, al punto da fargli ritenere ogni resistenza come inutile. A quel punto, potrebbero essere Simay o Corinna a risollevarlo … no, inutile rompersi la testa con così poche informazioni. Fagli le tue brave domande a proposito, e poi ne riparleremo …” fece una pausa, in cui fissò la sua ciotola vuota per qualche istante.

 “Sai, Malitzin potrebbe anche capire cosa sta succedendo. Lycue ci ha fatto una sorta di buona pubblicità, a suo Tempo, e i pochi yrchllesi che sanno dell’Incendiario mi credono un’entità domata e costretta a servire gli interessi dell’umanità, anche se in modo molto violento. Se Malitzin si facesse qualche domanda sui recenti disordini, potrebbe essere lui stesso a cercare il nostro appoggio”

 “Ti allei con lui e poi lo spedisci ad allearsi con Simay”

 “Dipende dalla sua segretezza. Quel ragazzo mi detesta e mi detesterà ancora di più, non vorrà qualcuno che possa essere in combutta con me tra i suoi alleati. In tal caso, utilizzeremo Malitzin semplicemente come spia”

 “Come volete. Adesso, siamo qui sotto a parlare da due ore: ci sono altre possibilità che vanno soppesate, o torniamo a quelle lastre malefiche?”

 “No, no, Linca, c’è ancora un dilemma di vitale importanza da risolvere: realismo o adulazione?”

 “Siete ancora più palloso del solito, mio signore, e adesso vi mettete pure a dire cose senza senso?”

 “Voglio dire: nella rappresentazione dell’ingresso trionfale ad Alcanta, dovrei mettere in chiaro che Manco ha un paio di orecchie che fanno per una provincia autonoma?”

 

 

 

 

 

GLOSSARIO (e qualche trivia):

Mekilo: essere simile a uno scoiattolo, solo molto più grande, con zampe molto più lunghe e la coda in fiamme. Essendo un animale legato al fuoco, non è considerato sacro a nessun dio, ma sfruttabile da tutto il genere umano. Viene usato soprattutto per trasportare merci e persone.

Occlo: bovino ricoperto di squame e con protuberanze lunghe e sottili, simili a serpenti che stanno al posto delle corna e da cui esce fuoco. Anch’esso animale legato al fuoco, ma per la sua pericolosità e la capacità di controllare i loro getti di fuoco sono quasi esclusivamente cavalcature da battaglia.

Kutluqun: capre anfibie con alghe al posto della pelliccia. Sono considerate sacre al dio Tumbe, e per questo, per allevarle o catturarne di selvatiche, è necessaria l’autorizzazione di un sacerdote di quel dio.

Lymplis: pesci volanti, con le pinne coperte di piume. Sono sacri alla dea Chicosi, dunque è necessaria l’autorizzazione di un suo sacerdote per possederne uno. Malgrado ciò, sono popolari come animali da compagnia presso la nobiltà.

Kyllu: uccelli simili a cigni, fluorescenti. Sono sacri al dio Achemay, e allevati solo all’interno del palazzo imperiale. Il loro piumaggio è usato per decorare le corone dei sovrani.

Lilque: creature con corpi simili a quelli degli esseri umani, ma con code di serpente al posto delle gambe. Servitori del dio Thumbe, vivono presso il mare, i laghi e in qualche caso i fiumi, quasi mai in corsi d’acqua più piccoli.

Duheviq: piante dalla capacità di mutare il proprio aspetto, assumendo qualsiasi forma desiderino. Originariamente questo veniva usato per catturare prede dei cui fluidi nutrirsi, ma con l’avanzare della società umana, ne hanno approfittato per integrarvisi. Un tempo servitori della dea Achesay, organizzati in tribù-foreste rigidamente isolate dagli esseri umani; solo i sacerdoti della dea potevano avvicinarli senza essere bollati come cibo. Al tempo di Choqo, mentre i più anziani vivono ancora tradizionalmente, i più giovani hanno preso a mescolarsi con le popolazioni umane, finendo spesso vittime di discriminazioni e relegati ai lavori meno nobili o remunerativi. Mantengono comunque un rigido codice di valori, di cui la fedeltà è il più alto.

Shillqui: piante in cui scorre un liquido per aspetto e consistenza simile al miele, che causa a tutto l’albero di agitarsi violentemente. Se bevuto, questo liquido dà gli stessi effetti agi esseri umani, ma è difficilissimo metterci le mani sopra. Pianta sacra a Pachtu, i suoi sacerdoti ne devono bere la linfa durante le cerimonie.

Likri: fiori simili a gigli rossi, dalle temperature bollenti, che esalano un fumo sottile. Se tuffati in acqua gelida e canditi, sono considerati ottimi per la pasticceria, ed essendo legati al fuoco, l’unico limite al coglierli è potersi permettere buoni guanti protettivi.

Sangue della Terra: erba che influenza la circolazione sanguigna, usato per diversi effetti nelle gravidanze.

Zullma: pianta le cui varie componenti hanno diversi usi; le radici sono considerate un potente lassativo.

Kiquicos: erba di colore blu, parassitaria dei Duheviq. Pericolosa per le sue capacità di depistare animali e viandanti, ma molto ricercata per le sue molteplici virtù.

Guyla: praticamente un Moment.

Tably: erba che secondo le credenze popolari risolve l’insonnia e i problemi di incubi frequenti.

Ago di Luce: essere a metà tra lo stato animale e quello vegetale, si nutre di sangue, ma può essere utilizzato per aspirare anche altri fluidi corporei.

AQI: esseri simili a tassi dal pelo violaceo, che emanano ormoni che fanno marcire le sostanze inorganiche attorno a loro. Soggetti a disinfestazioni a tappeto e contenuti in gabbie speciali, sono frequentemente offerti in sacrificio, con la testa dedicata a Chicosi, il cuore ad Achemay, e il resto del corpo, a seconda che l’animale sia maschio o femmina, a Tumbe o Achesay.

Fylles: insetti con ali a forma di fiore e polline al centro del corpo. Poiché si nutrono di altri insetti, sono molto usati dagli agricoltori, anche se prima necessitano di un permesso di un Sacerdote di Chicosi.

 

Qillori: cristalli di colore azzurro chiaro, molto usati in oreficeria.

Achemairi: cristalli di colore dorato, anch’essi comuni per l’oreficeria.

Tablyk: pietra di colore rosato, usata nell’oreficeria.

Kislyk: pietra dall’aspetto simile alla tablyk, ma molto più dannosa.

 

Notte: entità primordiale da cui tutto il mondo ha avuto origine.

Achemay: dio del sole, entità più importante del pantheon Soqar.

Achesay: dea della terra.

Chicosi: dea dell’aria.

Tumbe: dio del mare, dei fiumi e dei laghi.

Sulema: dea del fuoco.

Pachtu: dio dei fulmini e della vita.

Qisna: dea della morte e delle paludi.

Supay: esseri più collegati al folklore che alla religione vera e propria, sono creature della Notte,

incaricati di torturare le anime dei peccatori che lì vengono gettate.

 

 

 

 

Ladies & Gentlemen,

okay, parecchie cose da dire su questo capitolo. Innanzitutto, vorrei far notare che è il primo interamente dedicato agli antagonisti, senza spazio per Simay o Corinna (o Malitzin che al momento non ha ancora una fazione ben precisa), e infatti mi è parso appropriato farlo uscire ad Halloween.  Diciamo che, almeno per me, è stato molto divertente fare confronti tra Sayre e Llyra, e vorrei davvero sapere che similitudini e differenze avete trovato nel loro modo di pensare e agire.

Secondo, e molto importante, la faccenda di Qillalla e di quello che ha passato. Nel capitolo il tutto è certamente trattato senza troppa sensibilità, ma considerate che le persone che ne hanno discusso sono uno che segue la logica del ‘se l’è cercata’, una creatura non umana, e un mezzo psicopatico. Nei capitoli a venire la questione sarà scoperta da persone capaci di cacciar fuori una briciola di empatia, e lì le reazioni saranno molto diverse. Lo so che è un argomento molto delicato, e mi impegnerò a trattarlo al meglio.

Infine, una parentesi più umoristica: mi sono resa conto solo scrivendo delle somiglianze della storia di Waray con quella della Monaca di Monza. Secondo questa logica, Nuala sarebbe Egidio (un Egidio non esattamente entusiasta) e Sayre l’Innominato? E le somiglianze direi che si fermano qui, perché non c’è alcun don Rodrigo e di certo nessun cardinale Borromeo che tenga.

Concludo l’interminabile parentesi augurando un buon Halloween a tutti!

 

 


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Capitolo 25
*** Dove tutti affrontano una prova ***


                      CAPITOLO 24

    DOVE  TUTTI  AFFRONTANO  UNA  PROVA

 

 

 

Era ormai pomeriggio inoltrato quando Choqo e Itzèn si rimisero in viaggio verso casa.

 Era stata Linca stessa a sloggiarli, ricordando loro gli orari e chiedendo loro se le famiglie non avrebbero dato problemi per il tardivo rientro che si sarebbero garantiti. Dopo essersi accordata con Itzèn per altri incontri in un altro fine settimana (“Fate un po’ voi. Vi pare che qui si riesca a calcolare bene lo scorrere del tempo?”), la Duheviq era tornata alla sua forma arborea, chiudendo tutte le comunicazioni.

 A Choqo pareva quasi di aver appena avuto un’allucinazione molto lunga, e di aver passato le ultime ore a parlare con un qualsiasi arbusto. Nel tragitto di ritorno la ragazza fu silenziosa, cercando di elaborare più quel che era appena successo che quel che aveva appena sentito –parlare direttamente con una delle persone coinvolte nell’ascesa di Simay e Corinna! – e rimuginare su alcune cose su cui, dopo più approfondita considerazione, ritenne opportuno non rimuginare. E quando finalmente si ricordò di qualcosa da chiedere, qualcosa che avrebbe già dovuto venirle in mente tempo prima, il risultato le provocò ancora più confusione.

“Ehi, Itzèn. Hai detto che Linca era al servizio dell’Incendiario, e lo è stata per millenni. Come mai adesso è lì che vive da eremita invece di assistere la sua attuale incarnazione?”

 “Perché non è più necessario”

 “Come non è più necessario?”

 “Ti avverto che dovrai arrivare fin proprio alla fine della storia per scoprirlo”

 

                                                                      

                                                               Dal Manoscritto di Simay

 

 

Il capitano delle guardie in effetti arrivò molto vicino allo sbatterci fuori.

 Pover’uomo, era anche comprensibile: probabilmente il caos scatenato da Waray stava iniziando a dargli grattacapi seri, ed ecco un paio di ragazzini di buona famiglia che sentivano il bisogno di andargli a dire di prestare particolare attenzione. Ripensandoci, probabilmente è stato anche educato nel non mandarci immediatamente alla Notte; allora il suo comportamento ci lasciò semplicemente con l’amaro in bocca e una gran sensazione di fallimento.

 Ricordo quel colloquio, privo di particolari conseguenze, non tanto per l’importanza della nostra azione, quanto perché quella fu l’ultima volta che vidi Qillalla in termini davvero amichevoli.

 Due giorni dopo, fui tirato giù dal letto alle prime ore del mattino dal mio nuovo maestro, assieme ad altri cinque ragazzi.

 “Tutti al refettorio per la colazione” ordinò. “Vi verrà spiegato tutto mentre mangiate. Non esagerate con il cibo: probabilmente vi sarà richiesto il vostro massimo sforzo magico finora … no, solo quelli che ho detto io, voialtri potete continuare a dormire”

 Non ci stavo capendo nulla. Il mio primo pensiero fu che si trattasse di un nuovo comizio, ma nessuno mi aveva detto che ci sarebbe stato, e a giudicare dalle occhiate confuse dei miei compagni, era una situazione diffusa. Poi sospettai che si trattasse di una qualche emergenza, un terremoto o il crollo di una casa, ma scartai anche quell’ipotesi: anche se quelle erano situazioni in cui la nostra magia sarebbe stata richiesta, se fosse stato il caso ci avrebbero portati immediatamente sul luogo, senza preoccuparsi di farci mangiare prima. Ma insomma, che stava succedendo?

 Fu Waray stesso a mettere in chiaro le cose, e noi e a una più numerosa manciata di Sacerdoti già seduti ai propri tavoli.

 “Questo è un giorno di immane importanza per la nostra Storia” enunciò. “Questo è il giorno in cui il corrotto ordine delle Datrici di Morte sarà eradicato dal nostro Impero”

 Non potendo parlare, novizi e Sacerdoti si scambiarono occhiate confuse. Eradicare le Datrici di Morte? Sì, Waray ne aveva parlato, proprio nel suo discorso iniziale, appena consacrato. Ma in che modo contava di farlo? Sarebbe dovuta essere una mossa politica che avrebbe richiesto tempo e pianificazione, nulla a che vedere con un pugno di religiosi radunati di prima mattina!

 “Troppo a lungo quelle donne infami hanno tradito il loro scopo. Erano mani della giustizia divina, incaricate di privare della sua umanità chi se ne rendeva indegno; ormai da tempo immemorabile sono diventate l’equivalente di assassine prezzolate, obbedienti non al volere della dea Qisna, ma al denaro a loro consegnato. Noi porremo fine a questo scempio. Oggi marceremo fino al loro Tempio e invaderemo i loro quartieri, le trascineremo fuori e le esporremo agli occhi della folla. Tutti vedranno non soltanto i segni dei loro vizi, ma i loro volti. E chi più vorrà essere avvicinato da loro? Diverranno inutili per un compito che non sono più degne di adempiere, inutili a servire la loro dea”

 Sul serio? Non era un pensiero rispettoso, ma … sul serio? Se le Datrici di Morte erano tanto corrotte, era perché c’era qualcuno che le pagava in primo luogo perché seducessero i suoi nemici. E chi poteva permettersi qualcosa del genere, se non qualcuno di particolarmente ricco e potente? Importanti burocrati e amministratori, certo, ma soprattutto, qualche membro della famiglia imperiale sarà stato nel loro novero.

 Waray si sarebbe inimicato persone potenti e spregiudicate: se erano disposti ad assoldare Datrici di Morte per sbarazzarsi dei propri nemici, che avrebbero fatto a un Sommo Sacerdote che ostacolasse i loro affari? Non dubitavo che questa fosse la volontà della dea, era l’esecuzione che ne stava dando Waray che mi confondeva. Ma come avrei potuto protestare senza commettere peccato?

 Una mano alzata, seppur con esitazione, dal tavolo dei novizi: Capac. Forse sarebbe riuscito a porre meglio le stesse domande che frullavano nella mia testa?

 “E i Purificatori, mio signore?” chiese invece. “Che faremo se interverranno in loro aiuto? Loro sono veri devoti …”

 “Non interverranno” tagliò corto Waray. “Già da tempo i loro rapporti con l’altra setta del loro culto sono difficili. Sono certo che molti di loro approveranno della nostra azione, e anche quei pochi che ci disapproveranno, non potranno muoversi contro la maggioranza dei loro confratelli”

 Sì, ma le ripercussioni a livello politico? Se il Tempio avesse dovuto trovarsi a fronteggiare un assassinio, così presto dopo l’esilio di Pacha …? Un assassinio tramite incendio, magari, visto chi si sarebbe dimostrato particolarmente entusiasta di assistere a un simile delitto? Oppure, Sayre avrebbe potuto essere più sottile, e indirizzare eventuali complottisti a lamentarsi presso l’Imperatore. E se un’indagine sul Tempio avesse portato alla luce la mia identità?

 No, tutto questo piano, questo attacco, era una pessima idea … ma era il volere della Grande Madre, reso noto a noi tramite il suo Sommo Sacerdote. Dovevo solo pregare, solo affidarmi alla lungimiranza e alla provvidenza divina. E prepararmi a fare il mio dovere, perché il momento di avviarsi al Tempio della Morte era giunto.

 Un’altra prova dell’eccentricità di Waray fu che quello non assomigliò minimamente a un gruppo di religiosi che si avviava a punire una setta corrotta in nome della divinità, sembrava una sortita militare. Ci muovevamo quasi furtivamente (come se il nostro numero e le nostre vesti potessero farci passare in qualche modo inosservati: se non altro, ci procuravano occhiate perplesse dai mendicanti sulle soglie delle case e dai primi lavoratori che uscivano), i Sacerdoti più anziani in testa, noi novizi in mezzo, e Waray e i suoi assistenti in fondo al corteo.

 A noi venivano sussurrate raccomandazioni: non attaccare le donne a meno che non fossero loro stesse ad agire per prime contro di noi, limitarci a muovere la terra sotto i loro piedi per spingerle fuori dall’edificio, come io avevo fatto nella Piazza dei Fulmini. Se le sacerdotesse avessero usato la loro magia contro di noi, saremmo poi stati assistiti dai Purificatori che ne avrebbero cancellato gli effetti … certo che l’avrebbero fatto, altrimenti avrebbero dichiarato la loro lealtà alle Datrici di Morte, e si sarebbero attirati l’accusa di voler favorire la svendita del giudizio della loro dea. Molto probabilmente non avremmo subito danni seri come la completa e permanente necrosi di vari arti.

 Eccoci lì davanti. Il Tempio di Qisna era un edificio molto diverso da quello di Achesay: spiccava tra quelli circostanti perché era più basso, non più alto, e le pareti erano in roccia scurissima: un Sacerdote ci spiegò che la maggior parte dell’edificio era incassata nel terreno. Le mura nere erano incise di raffigurazioni di scheletri intenti in varie attività della vita quotidiana, rappresentativi di ogni singolo rango sociale, con l’unica eccezione di quello imperiale. Tutti sarebbero morti e si sarebbero decomposti, ma gli Imperatori avrebbero continuato a regnare al fianco del loro grande antenato Achemay, millenni dopo la loro morte.

 Una speranza a dir poco ingenua, posso dire oggi, ma allora quella visione mi provocò un altro, brevissimo, turbamento: e se anche a me fosse capitato un destino simile …?

 Allontanai subito quel pensiero. Ma che mi passava per la testa? Io sarei diventato un Sacerdote, e il massimo onore che avrei ricevuto sarebbe stato in virtù dell’onore che io stesso avrei reso alla dea. Basta pensieri, ora: era arrivato il momento di agire.

 Non entrammo nel Tempio, ma scendemmo per la scala che conduceva agli alloggi sotterranei delle Sacerdotesse: facile riconoscerla, perché i simboli sull’ingresso la distinguevano nettamente da quella degli alloggi dei Purificatori. I Sacerdoti avanzarono per primi, e noi novizi, al nostro arrivo, fummo accolti dalle urla e dalle proteste delle donne. Nessuno parlò: Waray ci aveva imposto di farlo solo davanti alla folla.

 Le Datrici di Morte si rivelarono uno spettacolo impressionante: tutte con corpi bellissimi e prospersi, dai capelli lunghi e lucenti, indosso sobri abiti neri, e il volto dipinto in polveri nere e bianche, che ricalcavano il teschio sotto: pareva di avere a che fare con esseri soprannaturali, vere messaggere della Dea della Morte in terra, non con donne qualsiasi, tantomeno corrotte. E loro non avevano ricevuto nessun ordine al silenzio: l’aria risuonava delle grida e delle maledizioni di quelle donne. Mi sforzai di escludere quei suoni, ignorare il loro aspetto affascinante e spaventoso, e di concentrarmi sulla preghiera.

 Che tutto questo sia in tuo onore, Grande Madre, pregai. Ti supplico di sostenerci nell’essere strumenti della tua giustizia. Che lo sradicamento di questo culto sia un sacrificio a te gradito.

 Percepii la terra vibrare leggermente, in risposta alle mie preghiere. Sempre meditando invocazioni, spostai parte della mia concentrazione su una donna sulla ventina che cercava di attraversare il corridoio davanti a me: la terra sotto i suoi piedi si mosse, facendola cadere, poi il primo strato di terreno iniziò a slittare, trascinandola verso l’uscita. Lei mi lanciò una serie di insulti e maledizioni, per poi, vedendo che non mi piegavo, tacere e concentrare il suo sguardo su di me. Anche lei si stava raccogliendo in preghiera.

 Waray ci aveva rassicurati, e anche se i Purificatori ci avrebbero probabilmente guariti, presentarci alla folla mezzo decomposti dopo la nostra missione non ci avrebbe attirato le simpatie della folla. Come minimo, avrebbero protestato che chiaramente Qisna era contraria a quell’azione. Perciò rivolsi un’altra preghiera ad Achesay, e una nuvola di polvere investì il volto della Datrice di Morte, oscurandone la vista e interrompendone la concentrazione.

 Feci una fatica terribile a pregare, concentrarmi sullo spostare la donna su per le scale, e proteggermi nello stesso tempo. Uno dei Sacerdoti che erano rimasti nel cortile del Tempio mi venne in soccorso, afferrando la donna con la sua stessa magia, e io potei tornare a cercare qualche altra ‘vittima’. Scansai altre Datrici di Morte che venivano trascinate verso l’uscita e gli scudi di Sacerdoti che avevano le mie stesse idee, mi infilai in un dormitorio, ci trovai una ragazzina anche più giovane di me che doveva essere una novizia e pregai la terra per fare uscire anche lei.

 Qui ebbi più difficoltà a concentrarmi, con gli strilli e le suppliche di quella ragazza: molte altre erano donne adulte, sarebbero state diffamate, ma in grado di provvedere a sé stesse una volta che il culto le avesse allontanate … quella sarebbe stata svergognata in giovanissima età, e si sarebbe trovata sola, senza appoggi. Che fine avrebbe fatto? Probabilmente non era ancora stata contaminata con la pelle dei Kisnar, ma l’umiliazione pubblica l’avrebbe perseguitata per il resto della vita. Che le sarebbe successo? La sua famiglia sarebbe stata disposta a riaccoglierla?

 Non era a quello che dovevo pensare, dovevo eseguire la volontà di purificazione della Grande Madre. Gli dei avrebbero provveduto a quella ragazzina nel modo che avrebbero giudicato più appropriato, e che a un essere umano non era dato giudicare. Mandai su la novizia, che ormai singhiozzava disperatamente, e tornai a cercare altre Datrici di Morte.

 I miei confratelli ormai le avevano mandate fuori quasi tutte, e più che un attacco quello era diventato più un setaccio delle poche superstiti che erano riuscite a nascondersi da qualche parte. Ogni tanto, uno strillo segnalava la vittoria di uno dei nostri Sacerdoti.

 Io controllai il dormitorio delle novizie, ormai vuoto, poi passai in rassegna le stanze delle Sacerdotesse di rango più elevato. Anche quelle sembravano vuote: le avevamo mandate fuori tutte?

 Un altro urlo un un’altra stanza, evidentemente la mia ispezione non era stata così accurata.

 Controllai meglio i luoghi dove ero già passato, e notai una cassa dal coperchio appena sollevato, come per permettere a qualcuno all’interno di respirare. Marciai verso di essa e la sollevai di scatto. Dentro c’era Qillalla.

 Rimasi impalato a fissarla, senza riuscire a dire o pensare niente. Proprio lei, i lineamenti del volto chiaramente distinguibili nonostante i paramenti sacerdotali di quella sua setta. Ma non era possibile! Qillalla era una nobile in età da marito! Aveva detto di essere una nobile in cerca di marito … le Datrici di Morte spesso assumevano false identità per avvicinare i loro bersagli.

 Ma come? Perché? Lei, che mi aveva tanto aiutato? E dietro ordine di chi, Llyra? Ma non aveva senso … non aveva esplicitamente cercato di sedurmi, era piuttosto stata un costante appoggio! Lei, dal canto suo, restò per un istante impietrita, a fissarmi, poi distolse lo sguardo, senza dire una parola.

 In quella situazione di stallo irruppe Capac. “Simay! Ce n’è una anche lì dentro? Ti serve aiuto a tirarla fuori?”

 Un istante dopo, la terra si smosse, ribaltando la cassa e sbattendo Qillalla a terra. Lei si rannicchiò su sé stessa, ma non urlò, non supplicò, non ci maledisse, non cercò di scappare.

 “Ehi, ma non è quella ragazza che aveva chiesto il tuo aiuto?” Capac, a giudicare dalla sua reazione, non si aspettava una risposta affermativa. “Cosa?! Ma che? Tu non hai infranto il voto, vero?”

 Scossi la testa, ma non riuscii a guardarlo in faccia. Dopo la confidenza e la fiducia che avevo riposto in Qillalla, mi sentivo quasi come se l’avessi fatto.

 Per fortuna il mio confratello non interpretò quel gesto come una menzogna. “Bisogna avvertire subito il Sommo Sacerdote. Pensare che qualcuno abbia voluto infiltrare queste puttane ad adescare membri del nostro ordine! Se qualcuno avesse dubbi sulla giustizia di quel che abbiamo fatto, questo li toglierà tutti. Tu non preoccuparti, Simay, non ti sarà data la colpa”

 Nel bel mezzo di questo discorso, aveva iniziato a trascinare Qillalla in avanti, dimostrando peraltro una notevole abilità nella magia. Non diedi alla questione il peso che vi avrei dato normalmente: avevo finalmente visto Qillalla in faccia, per un attimo, e aveva gli occhi arrossati e le guance rigate di lacrime che le rovinavano lo strato di trucco. Mi accorsi che la ragazza tremava, pur non facendo nulla per ribellarsi.

 Ma che stava succedendo? Perché quel pianto? Era per la pubblica vergogna cui stava andando incontro? O era per me, in qualche modo? Non avrebbe avuto senso, ma potevo sperare che fosse stata anche solo un minimo mia amica sincera, che quello fosse il rimorso di avermi mentito?

 No, cosa speravo a fare? Non era possibile. Qillalla era stata inviata per distogliermi dalla retta via e rendermi un Kisnar, la creatura più abietta che esistesse, un destino peggiore della morte stessa. Inviata da Llyra, probabilmente: eccone una, di quei ricchi e potenti abbastanza da poter comprare i servigi di quella setta.

 E io avevo confidato in lei, per tutto quel tempo! Llyra sapeva … semplicemente tutto. Sapeva che mi ero reso conto delle mie origini, sapeva che avevo scambiato io quelle erbe, sapeva delle mie preoccupazioni e dei miei piani per difendermi da lei. Avevo avuto anche solo una speranza, in quella vicenda?

 Mi fermai. “Capac? Me ne occupo io”

 Non so se Qillalla sia stata ancora più abbattuta da quella frase, o se abbia sperato che quello fosse un tentativo di liberarla; se il caso è l’ultimo le ho purtroppo dato un’amara delusione.

 Immaginai di prendere l’affetto e l’amicizia che mi avevano legato a lei, e di rinchiuderli in un angolo separato e lontano della mia mente. Poi mi raccolsi in preghiera.

 Concedimi il tuo sostegno, Grande Dea. D’ora innanzi, riconosco che siete l’unico appoggio che posso avere. Vi supplico di aiutarmi a cancellare le distrazioni dalla mia mente. Non smisi la preghiera neanche per un istante, mentre Qillalla veniva trascinata lungo i corridoi e su per le scale, fuori da quella che era stata la sua vera casa (forse fu trascinata con più velocità e forza rispetto alle altre donne. Ero troppo concentrato sulla preghiera per badarci davvero).

 Fuori si era già radunata una piccola folla: le Datrici di Morte erano state raggruppate in un cerchio al centro della piazza, tenute a bada dai novizi che impedivano loro i movimenti. I Sacerdoti più anziani erano disposti a semicerchio intorno a Waray, mentre i Purificatori di Qisna si tenevano in disparte, pur osservandoci con assoluta serietà: evidentemente aveva avuto ragione chi ci aveva detto che non sarebbero intervenuti. Quanto al popolo, si era creata una vera e propria folla, che rumoreggiava, indicava le ex Sacerdotesse e ondeggiava sotto le spinte di quelli che cercavano di portarsi avanti per vedere.

 “Cittadini di Alcanta!” esordì Waray. Tutti si zittirono, ansiosi di non perdersi una parola. “Qui davanti a voi stanno le empie sgualdrine che hanno fatto mercimonio della punizione divina. Troppo a lungo queste donne infami si sono vendute al miglior offerente, portando la dannazione dei Kisnar non a chi lo meritava, ma a chi era designato dal denaro del suo nemico. Osservatele. Imprimetevi i loro volti nella memoria. Ricordatevene come dei volti di nemiche vostre e degli dei”

  La folla riprese a bisbigliare. ‘Era ora che qualcuno facesse finalmente qualcosa per quelle donnacce! Ma era legale fare una cosa simile? L’Imperatore aveva approvato? Non spettava comunque ai Sacerdoti di Achesay metter becco in queste cose. No, spettava a chiunque avesse un minimo di decenza come essere umano, e Waray finalmente l’aveva! Ma i Purificatori non dicevano nulla? Evidentemente approvavano’.

 Io stavo facendo del mio meglio per concentrarmi nell’ostacolare i tentativi di fuga delle Sacerdotesse, e senz’altro non pensare a Qillalla, non pensare neanche per sbaglio a Qillalla, lei non doveva disturbare la mia preghiera, e in tutto questo mi persi Capac che rompeva la formazione e correva a sussurrare qualcosa a Waray, troppo rapido perché qualcuno potesse rimproverarlo. Tornò sempre di corsa al suo posto, Waray fece per dire qualcosa, ma fu interrotto da un manipolo di guardie.

 “Sommo Sacerdote Waray. Vorreste spiegare il significato di questa azione?” il capitano Surne in persona era andato a interpellare la nostra guida, inchinandosi rispettosamente davanti a lui, ma usando un tono brusco che contrastava di molto con l’atteggiamento deferente.

 “Esattamente quel che ho già detto a questa gente” fu la risposta.

 “Siamo arrivati tardi. Non abbiamo sentito. Ripetete, per cortesia, e ricordate che queste saranno le parole che verranno riferite a Sua Altezza Manco”

 Ero tanto nervoso che mi pareva di faticare a respirare. Dovevo solo sperare che Waray gestisse bene la situazione, senza offendere nessuno e creare dissidi, ma visti i precedenti …

 “Abbiamo compiuto la volontà e giustizia divina” fin qui tutto bene … “Ormai le Datrici di Morte non erano più neppure degne dell’incarico sacerdotale. Dite, Capitano della Guardia, quante persone oneste avete visto tramutate in Kisnar per colpe semplicemente risibili? Quante volte voi e i vostri uomini siete stati impediti nel condurre quella che sapevate essere giustizia umana, perché le azioni di queste criminali erano interpretate come volontà di Qisna, a prescindere dalle transazioni economiche che sapevate esserci dietro?”

 Il capitano Surne e le sue guardie tacquero, continuando a fissarlo.

 “Voi agite per pregiudizio!” urlò una Datrice di Morte. “Non sapete nulla di quel che accade nel nostro Tempio!”

 La protesta fu accolta da una salva di fischi, e un distratto “Taci, donna blasfema” da parte di un Sacerdote.

 “Voi siete blasfemi, che costringete la vostra dea a invadere il Tempio di un’altra …”

 “Noi?” intervenne Waray, un sorrisetto compiaciuto come se la donna avesse appena detto quello che lui sperava. “E che mi dite, allora, della ragazza dei vostri ranghi che avete inviato a cercare di sviare uno dei miei novizi dalla retta via?”

 Questo non me l’aspettavo. Così come non mi aspettavo che la terra si smuovesse a separare leggermente Qillalla dalle sue consorelle, appena abbastanza da metterla in risalto agli occhi della folla. Lei si raggomitolò ancora di più su sé stessa, nascondendo il volto nelle ginocchia che teneva abbracciate.

 “Ah! Puttane!” rise qualche giovane, e l’eco non si fece attendere.

 “Schifose! Ve lo meritate questo!”

 “Siete brave a tenervi la bocca occupata, no? Quindi state zitte!”

 “Baldracche ipocrite!”

 “E tu cos’hai da rannicchiarti, troietta? Mi sembra che a quelle come te piaccia stare aperte!”

 “Perché queste cose sono state permesse? Avrebbero dovuto mandarle in un bordello, altro che tentare bravi giovani degli altri Templi …”

 “Che schifo”

 “Seppellitele sotto terra, altro che esporle davanti a tutti!”

 “Ordine, ordine! Silenzio!” queste naturalmente erano le guardie.

 Io stavo lì come uno stoccafisso, avevo pure perso la concentrazione e fu necessaria una spallata di Capac per riportarmi all’ordine. Che fallì, tra l’altro: non riuscivo che a cercare di elaborare quello che era appena successo. Tutta quell’acrimonia della folla, tutti quegli insulti rivolti verso Qillalla, una persona che fino a un’ora prima avevo visto come un’amica preziosa, avevano un che di sbagliato, fin repellente. Avrei quasi voluto che nulla del genere fosse mai successo, che quella sortita non fosse stata fatta … ma cosa stavo pensando?

 Era la volontà della dea che si compiva, come ero costretto a ricordarmi ormai ogni cinque minuti da quando Waray era stato eletto. Non potevo volere diversamente.

 Piuttosto, c’erano altre implicazioni in quello che il Sommo Sacerdote aveva rivelato pubblicamente: se si fosse saputo che una Datrice di Morte aveva come obiettivo un qualsiasi novizio, doveva esserci già stata qualche persona sveglia che si era chiesta ‘ehi, ma perché?’. Magari ne avrebbe parlato in giro, avrebbe fatto nascere una curiosità verso di me, oppure a chiederselo sarebbe stata una guardia, e sarebbe partita un’investigazione … no, senz’altro sarebbe partita un’investigazione, con tutti i ragazzi di famiglie nobili che si trovavano tra i novizi. Quasi sicuramente sarebbero arrivati a me, e a quel punto sarebbe sorta la domanda: che avevo fatto perché qualcuno mi facesse prendere di mira da una Datrice di Morte?

 E se Llyra avesse fatto qualcosa per insabbiare le indagini, o impedito a Manco di prendere misure, la gente avrebbe parlato. Il rischio che le mie vere origini fossero scoperte aumentava spropositatamente.

 E cos’avrei fatto? Cos’avrei potuto fare, da solo? Perché Capac era andato a parlarne, accidenti a lui? Perché Waray aveva sentito il bisogno di rivelarlo come parte del suo argomento contro la setta? Era una qualche prova a cui la Grande Madre mi stava sottoponendo?

 Basta. Mi focalizzai completamente nella preghiera. Era l’azione migliore da compiere, soprattutto in vista di simili difficoltà. Non avrei più fatto affidamento completo su una persona umana per aiutarmi: Achesay sarebbe stata l’unica in tutto il creato a cui avrei affidato le mie speranze. E non potevo farlo se non mettevo da parte le distrazioni e non mi concentravo sull’agire come da lei indicato.

 Compresi solo confusamente cosa stava succedendo: a quanto pareva il capitano aveva accettato che il Tempio di Qisna avesse mosso offesa per primo a quello di Achesay, e che ciò avrebbe riferito al sovrano quando gli avesse riferito della vicenda; ma avrebbero dovuto attendere nuovi accertamenti, e un’investigazione sulla vittima. Le Sacerdotesse, ormai inutili al loro culto, sarebbero state prese in custodia dalle guardie imperiali e ricondotte ai loro luoghi d’origine, presso le loro famiglie, ma costantemente tenute d’occhio dagli agenti locali, perché non contaminassero nessuno con il nucleo del peccato che portavano in loro.

 Gli uomini si avvicinarono per sollevare le ex Datrici di Morte da terra e allontanarle, proteggendole al contempo dalla folla che continuava a schernirle. Io potei smettere la mia preghiera, e rialzarmi a contemplare la scena. Quelle che all’inizio erano apparse come ministre di un culto terribile e misterioso, strumenti di feroce punizione divina, non erano più che un gruppo di donne dalle vesti strappate e sporche di terra, alcune piangenti, alcune dallo sguardo fisso a terra, altre ancora ancora a testa alta e orgogliose.

 Ci provai anche, a non concentrarmi su Qillalla. Non potei non notare che si era morsa le mani a sangue.

 Ma che … scoprire la verità su di lei? Ebbi di colpo la consapevolezza di non esserci arrivato neppure vicino. Certo, mi ero appena deciso a non pensarci, probabilmente non l’avrei neanche più rivista, ma non potevo cancellare, così di colpo, tutto il sostegno che mi aveva dato in quel mese, anche se falso.

 Noi osservammo mentre le Sacerdotesse venivano condotte via, e la folla si diradava per seguirle: non eravamo certo noi, i giustizieri, la fonte di interesse principale. Rimasero nella piazza solo un paio di persone, che mi fecero strabuzzare gli occhi: Sayre e Linca. Che ci facevano lì? Con tutte le conseguenze che l’inchiesta avrebbe avuto su di me … era possibile che fosse stato lo stesso Sayre a incaricare Qillalla di avvicinarsi a me, per poi farla fallire di proposito?

 Del resto, aveva ancora una talpa nel nostro Tempio di cui ignoravo l’identità. Poteva essere stato lui a suggerire quell’attacco a Waray … ma no, il Sommo Sacerdote esprimeva solo il volere della dea, senza coinvolgimenti umani!

 “Che spettacolo edificante, mio signore!” commentò allegramente l’Incendiario, rivolto a Waray. “Una vera manifestazione della giustizia divina. Possiamo sperare in un bis?”

 Per tutte le mie preoccupazioni riguardo a Waray, semplicemente adorai l’occhiata di puro disprezzo con cui questi rispose. “Artigiano, se non sai distinguere quello che tu stesso ha definito come la manifestazione della giustizia divina da uno spettacolo di strada, quel che posso dirti è tornare al tuo lavoro e non immischiarti in faccende che non capisci”

 Sayre rispose con l’inchino più falso del mondo, mentre alle sue spalle Linca annuiva vigorosamente e rivolgeva gesti di approvazione a Waray, procurandosi sguardi ancora più disgustati da quest’ultimo.

 “Chiedo umilmente perdono se vi ho offeso, mio signore. Volevo semplicemente esprimere, con la scarsa cultura che mi ritrovo, tutta la mia ammirazione per la vostra integrità di servo divino, e per il coraggio che voi e i vostri aiutanti qui state dimostrando nel proseguire la vostra opera”

 Waray, che pover’uomo, non sapeva nulla di chi aveva davanti, annuì più compiaciuto. “Tu rimani sulla retta via, artigiano, e nulla di tutto questo ti coinvolgerà. Il Tempio di Qisna è stato solo il primo in cui abbiamo svolto l’ordine di riforma della nostra signora: gli altri seguiranno a breve, e renderemo Tahuantinsuyu un vero luogo di onore per gli dei”

 “Le vostre riforme non saranno gradite a tutti” avvertì Sayre. “Confido solo … che abbiate qualcuno che vi protegga” aveva parlato a Waray, ma l’occhiata che aveva accompagnato queste frasi era indubbiamente rivolta a me. Così come un sorriso che non riuscivo a non vedere come beffardo.

 “Che il vostro giorno si concluda pacificamente, buoni Sacerdoti!”

 E su queste parole, ci fece la cortesia di defilarsi. Qualcuno gli rivolse segni di benedizione, rallegrato da un simile supporto popolare, qualcun altro, come un Capac veramente furibondo, parve trattenersi a stento dal maledirlo a voce abbastanza alta perché si sentisse in tutta Alcanta.

 Mi resi improvvisamente conto che se Qillalla era stata una spia tutto il tempo, adesso di sicuro anche Llyra sapeva della sua identità. E non si era mossa contro di lui? Certo, avrà avuto il mio stesso problema della mancanza di prove, ma dalla sua posizione, avrebbe potuto incastrarlo per qualunque reato e nessuno avrebbe messo in discussione la sua parola. Potevo sperare che Sayre e Llyra, con i loro obiettivi discordanti, si distraessero a vicenda abbastanza perché potessi escogitare una soluzione che mi proteggesse da entrambi?

 “La nostra opera qui è conclusa” dichiarò Waray, riportandomi al presente. “Torniamo al Tempio, e vediamo di essere pronti per la nostra prossima missione”

 

 

Choqo sospirò, richiudendo il manoscritto. Da quando aveva scoperto che Qillalla era una Datrice di Morte, aveva solo sperato che fosse scoperta e allontanata da Simay, e se avesse letto quel brano senza prima aver parlato con Linca, avrebbe esultato alla sua pubblica umiliazione. Ma dopo quel che aveva scoperto di lei, di quella faccenda da voltastomaco che era stata la sua infanzia, le pareva quasi di aver letto qualcosa di sporco, che non sarebbe mai dovuto succedere.

 Che era successo poi a Qillalla? Simay l’avrebbe più rivista? L’Incendiario sembrava avere ancora degli usi per lei: come si era conclusa quella vicenda?

 Choqo temeva che non l’avrebbe scoperto molto presto. E da quel che aveva capito, forse stava per trovare informazioni più interessanti nel manoscritto di Corinna.


                                                                      Dal Manoscritto di Corinna

 

Dopo quello strazio che era stata la seconda prova – tanto per aver incrociato Simay quanto per l’aver effettivamente cacciato l’animale più dannatamente veloce che avessi mai visto – mi sentivo piuttosto ambivalente verso la terza.

 A confronto con le altre due, ballare per ventiquattro ore ininterrotte era una cosa tranquilla e davvero poco violenta; d’altro canto … ballare per ventiquattro ore ininterrotte.

 La linfa di shillqui, avevo avuto modo di verificare, aveva effetti davvero terrificanti, ma anche con l’energia concessami da quella specie di droga, non ero sicura che sarei riuscita a completare la missione. Certo, avevo qualche vantaggio: per conto mio non avevo mai fatto che balli di gruppo estremamente semplici e ripetitivi, quindi avevo una scusa per evitare mosse complicate che mi stancassero troppo, e poi potevo sempre provare a centellinare la linfa, bevendone piccoli sorsi ogni tanto per mandarmi avanti.

 Inoltre, una volta che avessi iniziato a ballare sarebbe stato un sacrilegio interrompermi, quindi non dovevo temere l’interferenza di Dylla e delle dame di Llyra. Malitzin era stata sorprendentemente ben disposta ad aiutarmi, ma avrei dovuto vedere anche le reazioni delle donne dell’harem (nel quale avrei dovuto svolgere la prova) e poi quella di Manco. Praticamente tutto il palazzo aveva notato le sue incredibilmente regolari visite alle sue concubine, e da quel che avevo capito dagli schiavi veterani, quest’occorrenza era la norma in tempo di pace. Se fosse arrivato lì sperando in una bella festa con quelle poveracce, e io mi fossi trovata lì a danzare senza poter smettere un attimo … sarebbe stato strano. Per non dire che non avevo nessuna voglia di vedere quel che faceva Manco con il suo harem. Ma era l’unico posto in cui Malitzin avrebbe potuto guardarmi senza che nessuno obiettasse, e avrei dovuto farmelo bastare.

 Dovetti fare una vera alzataccia per non farmi bloccare da Dylla, concedendomi così pochissime ore di sonno e recendomi nelle stanze dell’harem già esausta. Si cominciava bene!

 “Corinna!” mi salutò Malitzin, già sveglia. “Manco non essere qui. Vicino a porta, così controllo te e loro”

 Trovare un’altra persona minimamente decente da quelle parti era stato un vero sollievo, ma non ero ben sicura di potermi fidare di lei. Certo, non pensavo che fosse una spia di Llyra o cose simili, i suoi problemi linguistici erano quasi certamente genuini (quel ‘ai vostri ordini, nobile troia’ lo ricorderò per il resto della vita) e per questo mi faceva anche un po’ pena (non avevo mai pienamente apprezzato la traduzione facilitata che mi aveva concesso Energia fino a quel momento), ma dopo le spettacolari delusioni di Sayre e Simay in rapida successione, non me la sentivo di dare confidenza a qualcun altro. Alasu era un’eccezione, ma non ne avrei fatte altre, e tutte quelle persone sarebbero state solo un ricordo quando sarei tornata a casa. Comunque, non potevo fare a meno di sentirmi un po’ grata per la nuova schiava.

 Entrai nella prima stanza dell’harem, ignorando le tre donne addormentate, presi un respiro profondo, e cominciai.

 La mia ‘danza’ non era veramente nulla di più di qualche saltello e agitamento di braccia, terribilmente sgraziato e noioso, e per di più avevo una sorta di ansia da prestazione per Malitzin che mi guardava fissa, a malapena battendo le palpebre. Dopo qualche minuto poi urtai un mobiletto, svegliando una delle concubine, che mi fissò perplessa e inquisì su che accidenti stesse succedendo, e una volta ottenuta risposta, decise di non rimettersi a dormire e mettersi a guardare anche lei lo spettacolo. Adesso avevano due persone che fissavano le mie pallide imitazioni di balletti che avevo visto in località di vacanza: che potevo chiedere di più?

 Riuscii a resistere addirittura un’ora e mezza prima di chiedere il primo sorso di linfa di shillqui: ero fin sorpresa di essere durata così a lungo, ma iniziavo già ad avere braccia e gambe davvero indolenzite. Fu una vera impresa per Malitzin, cui era stata affidata la tazza, versarmene un po’ in bocca mentre continuavo a ballare, e un po’ se ne andò sprecato cadendomi addosso; ma la carica di vigore che mi garantirono quelle poche gocce fu molto gradita.

 Contrariamente alla volta prima, in cui mi ero tracannata tutta la tazza quasi d’un fiato e mi era sembrato sul punto di esplodere per l’energia che mi sentivo scorrere dentro impazzita, in quell’occasione mi sentii piacevolmente rinvigorita, proprio come se avessi ricevuto un po’ di forza e leggerezza in più nel muovermi, e mi fosse stata sollevata la fatica di dosso. Magari era così che le Sacerdotesse la assumevano regolarmente … ma avvertirmi costava loro troppo sforzo? O davano per scontato che, in quanto aspirante Sacerdotessa, lo sapessi già?

 Nel lasso di tempo che durò l’aiutino chimico di quel sorso, la maggior parte delle concubine si svegliò, e tutte ritennero molto interessante quel che stavo facendo: mi ritrovai presto con un vero e proprio pubblico di diverse persone. Solo che, al contrario di Malitzin che si limitava a guardare con la massima attenzione, queste decisero che avrei avuto bisogno di consigli.

“Ma perché ti muovi sempre in quel modo? Una piroetta, così …” seguì dimostrazione. “Chinati e ruota velocemente su te stessa, adesso ti faccio vedere!”

 “No, no, quando ti chini, fai questo gesto con le braccia”

 “Credo che voglia risparmiare le forze” intervenne Aylla. Sussultai nel riconoscere la ragazza che aveva subito quell’aborto. Stava decisamente meglio rispetto all’ultima volta che l’avevo vista, ma aveva ancora un’aria generalmente stanca e stressata, come se avesse dormito poco in quei giorni. Però mi sorrideva quasi con affetto: forse ricordava che l’avevo assistita, e ne era in qualche modo riconoscente?

 “Non assillatela tanto, ragazze, dovrà farlo ancora per tutto il giorno”

 “Almeno potrebbe mettere un po’ di attenzione ai piccoli dettagli, se proprio non vuole fare niente di esagerato!” commentò una donna sulla ventina, chiudendo le mani a coppa e poi facendo movimenti velocissimi con le dita. “Qui, vedi come muovo le dita? Puoi farlo mentre ti abbassi piano, così …”

 “Quella è la mossa più scontata e noiosa della danza tradizionale!” la rimbeccò un’altra. “Non darle ascolto, ragazzina, e guarda me!”

 La concubina in questione gettò allegramente alle ortiche tutte le raccomandazioni sul ‘non sprecare energia’ e si gettò in uno spettacolare salto che non avevo visto neppure nei pochi spettacoli di danza classica a cui avessi mai assistito.

 “Per quello dovrà buttar giù tutta la tazza, poveretta!”

 “E l’hai pure fatto male! Guarda, così si fa!” un’altra donna eseguì lo stesso tipo di salto, solo con ancor più leggerezza … non fosse stato che nell’atterraggio abbattè uno sgabello.

“Ahia!”

 “Ben ti sta a fare la saputella!”

 “Cosa fate? Cosa succede qui dentro? Perché tutto questo chiasso?!” sbraitò un vecchietto, piombando nella stanza agitando selvaggiamente un bastone nodoso. Le concubine erano troppo occupate a ridere per rispondere, perciò quello strillò e sputacchiò qualcosa a Malitzin, cercando di tirarle una bastonata; lei schivò come se ci avesse fatto l’abitudine e spiegò a grandi linee, nel suo soqar stentato, quello che stava succedendo.

 Il vecchio mi guardò malissimo, poi, sbuffando come se avesse un grave attacco d’asma, si piazzò a sorvegliare l’ingresso esterno dell’harem. Le donne risero ancora di più.

 “E’ il vecchio guardiano” mi spiegò Aylla. “Lui e Malitzin sono un po’ alle strette, qui dentro. Per fortuna non gli è neanche passato per la testa di provare a interromperti…”

 “Per fortuna per lui, intendete” borbottai. “Ci metto niente a prenderlo a calci mentre ballo”

 Ci fu una risata generale.

 “Allora lo sa anche lei che il suo stile di ballo sembra una rissa da taverna!” commentò allegramente una concubina, suscitando altre risate. Mi trattenni un momento dal sospirare. Ma perché mi era capitato proprio quel branco di honcoi starnazzanti? Il contegno silenzioso di Malitzin ora mi pareva quasi confortante.

 Le donne iniziarono poi a chiacchierare dei loro istruttori di danza, a ricordare lezioni passate insieme nel caso questi fosse lo stesso per due o più di loro, e confrontare i loro talenti. Una ex schiava, che era un tempo stata una danzatrice professionista, divertì molto tutte con i suoi racconti di sabotaggi tra rivali invidiose e stratagemmi per sfuggirvi, e bizzarrie di ammiratori infatuati. Poi parlarono degli spettacoli di danza che avevano visto, della spettacolare esibizione che alcune schiave donate da una famiglia yrchllese avevano un tempo dato al palazzo della famiglia di una (“E’ uno stile molto comune dalle tue parti, Malitzin?”), o di come uno spettacolo di ballerini di strada di Alaya una volta fosse stato completamente rovinato dalla pioggia (“E dire che quei poverini hanno anche provato a danzare sotto l’acqua, ed erano anche bravi! Peccato che nessuno abbia voluto fermarsi a vederli …”). E ancora, se fosse meglio la danza o un’esibizione puramente musicale (“Senza neppure un po’ di movimento? Capisco in occasioni solenni, ma per una festa!”), o perfino teatrale (“Datemi una storia per carità, ore di persone che si limitano a saltare mi ucciderebbero dalla noia!”).

 Il tutto mentre le ore passavano e io continuavo ininterrotta i miei patetici saltelli, sforzarmi di non farmi deconcentrare dalle loro ciarle e ogni tanto facendomi aiutare da Malitzin per qualche sorso di linfa di shillqui.

 A un certo punto della giornata, quella che doveva essere una prova iniziatica per accedere al sacerdozio si trasformò in un vero e proprio spettacolo: altre mie compagne tra le schiave vennero a dare un’occhiata, Dylla si fermò giusto il tempo di commentare che non pensava sarei durata tanto a lungo, perfino la figlia di qualche nobile si avvicinò per rubare un’occhiata, di nascosto alla madre. Alasu, nelle prime ore del pomeriggio, piombò di corsa e rossa in viso nelle stanze dell’harem, dichiarò di aver temporaneamente abbandonato il negozio e suo padre per dirmi che stavo facendo un lavoro eccezionale e augurarmi buona fortuna, fece esattamente quello, e poi scappò via di nuovo.

 Bene, una ribellione durata il tempo complessivo di due minuti, ma purtroppo non si poteva avere tutto e subito.

 Arrivò anche Linca, a un certo punto, in un gruppetto di alcuni schiavi di artigiani: i suoi colleghi se ne andarono quasi subito, lei si trattenne ancora un po’, per rivolgermi uno sguardo di approvazione e commentare sulla mia ottima idea nell’andare a esibirmi proprio lì.

 Credo che chiunque tu sia, lettore, potrai molto facilmente immaginare la mia paranoia: perché lì? Si stava riferendo alla spia di Sayre nell’harem?

 Già, l’avevo quasi dimenticato, una di quelle donne così frivole che mi circondavano era in realtà in combutta con quel bastardo, probabilmente gli avrebbe riferito ogni dettaglio della mia prova, per che scopo al momento non lo potevo neanche immaginare, ma avesse anche solo provato a impedirmi di diventare Sacerdotessa e avrei rintracciato ogni sua singola incarnazione per scannarlo …un momento. Molte delle concubine avevano risposto con sorrisi a quella frase di Linca. Se la donna era una sola, perché …?

 Dio, che stupida. Ero riuscita a dimenticare dove, di preciso, mi trovassi.

 In una specie di gabbia dorata dove donne con la sfiga di essere troppo belle venivano vendute, da schiavisti o dalla loro stessa famiglia, per essere i giocattoli sessuali di un maniaco. Dove vivevano senza quasi contatti con l’esterno, a parte quelle poche sortite per parlare con altri nobili, che comunque si concludevano non appena una del corteo di Llyra si faceva vedere. Dove rimanevano incinte, magari speravano davvero di avere un bambino, e venivano fatte abortire perché la loro felicità non rientrava nei piani di varie persone.

 Non avevo fatto caso a come tutte quelle storie di divertimenti e curiosità, feste e lezioni e spettacoli con gli amici, fossero al passato, spesso venivano menzionati anni da quei momenti. Da quanto tempo quelle poverine erano rinchiuse lì, in quell’aria viziata dai profumi e quel clima depresso, senza distrazioni che non fossero Manco? Era davvero probabile che quella mia involontaria e improvvisata esibizione di un ballo ridicolo fosse la cosa più interessante che fosse successa in quell’harem da molto, molto tempo.

 E io le avevo criticate? Le avevo paragonate alle ragazze vacue i cui chiacchiericci mi infastidivano a scuola? Avrei dovuto cercare di ballare meglio solo per loro.

 Ci provai anche, copiando alla meglio le mosse che mi avevano mostrato quel mattino, solo che continuavo a inciampare nei mobili e a impigliare le dita nei tendaggi: più che uno spettacolo di danza sembrò quello di un buffone. Ne risultarono le risate di tutte le presenti, Malitzin compresa, e ciò mi colse alla sprovvista perché di tanto in tanto mi dimenticavo di lei. Era stata così immobile e silenziosa per tutto il mattino, concentratissima nel suo compito! La testimone perfetta, davvero.

 Il pomeriggio trascorse serenamente, tra chiacchiere allegre e rilassate come sospettavo non si sentissero da tempo in quelle stanze, e io che, rinunciati i tentativi di diventare una grande danzatrice, riprendevo i miei saltelli. Le concubine, tutte stipate in quella stanza, si fecero portare lì il cibo dalle loro schiave e cercarono anche di offrirmene un po’ (raramente in vita mia ho avuto tanta fame come quella volta: ventiquattro ore di esercizio fisico, e niente cibo), ma rischiavo di strozzarmi a mangiare mentre ballavo.

 Quando finalmente calò il sole (solo poche ore di quello strazio, ormai il grosso era fatto, dovevo solo resistere un poco), arrivò l’unico serio rischio in tutta la giornata: nientemeno che Sua Maestà l’Imperatore Manco. Precisamente quello che temevo, chi si aspettava che sarebbe successo davvero? Pachtu me lo doveva il ritorno a casa, oh se me lo doveva …

Per alcuni istanti, l’unica cosa che in quella stanza si mosse fui io che continuavo a ballare. No, non ci pensavo neanche a buttare all’aria le mie possibilità di ritorno per una stupida testa coronata!

 Le concubine lo guardarono nervosamente, Malitzin tenne gli occhi fissi su di me con una costanza a dir poco ammirevole. Quanto a Manco stesso, si limitò a fissare il quadretto davanti a lui con una sorta di educata perplessità, prima di illuminarsi.

 “Stai svolgendo una delle prove per il noviziato di Pachtu. Non è così?”

 Non mi aspettavo una domanda e un tono così gentili ed educati.

 “Sì, mio signore” mi limitai a rispondere nel mio miglior tono formale.

 “Non interferirò. Continua il tuo impegno, fanciulla, e sarai ricompensata”

 Detto questo, uscì come era arrivato. Mi sembrò di sentire un collettivo sospiro di sollievo dalle concubine alle mie spalle, ma stavo ancora cercando di elaborare la cosa. Avevo appena visto l’Imperatore, di tutte le persone presenti in quell’angolo di mondo, offrirsi di lasciarmi in pace nella mia prova e darmi anche un mezzo augurio di buona fortuna? Wow.

 Questo contrastava incredibilmente con l’immagine che finora mi ero costruita di lui, quella di un regnante inetto, disorganizzato, guerrafondaio e incapace di gestire la sua stessa famiglia. La sua risposta era stata quella che mi sarei invece aspettata da una guida saggia e comprensiva: non aveva neanche chiesto perché mi fossi messa proprio lì, o preteso che mi allontanassi. Aveva accettato la mia presenza lì come un fatto, e aveva deciso di non disturbare. Perché? Sembrava … qualcosa che Simay avrebbe potuto fare, data la sua ossessione per la religione, se non si fosse fatto abbindolare da Waray.

 O forse ero io che stavo ricamando troppo su una semplice concessione di generosità. Non doveva essere tanto comune, per Manco, avere riguardi verso gli altri, se il sollievo delle sue amanti al vederlo andarsene era di qualche suggerimento. A meno che … questo tizio lo sapeva che le Sacerdotesse avevano voto di castità, vero? Perché considerato che quei maledetti schiavisti che mi avevano portata lì contavano inizialmente di vendermi proprio al suo harem, perché mi ritenevano abbastanza bella da interessargli … non è che avrei ricevuto qualche ‘richiesta di gratitudine’ in cambio?

 Il pensiero fu quasi orribile che quasi smisi di ballare, riprendendo velocità solo per l’avvertimento di Malitzin. Ancora poche ore, ancora poche ore. Mi sarei occupata di tutto il resto quando la mia ultima prova fosse finita, pensai, ingoiando i miei ultimi sorsi di linfa di shillqui.

 Il tempo passò, qualche concubina annunciò che si sarebbe ritirata nella sua stanza per dormire, dopo avermi augurato un’ultima volta buona fortuna. Qualcun'altra sopravvalutò la sua capacità di resistere al sonno, perché si addormentò seduta o sdraiata lì dov’era, su un letto o un tappeto o il pavimento. Pochissime mostrarono la grande determinazione di vedermi ballare fino all’ultimo, e questo sacrificando l’energia che avevano per chiacchierare. La stanza piombò nel silenzio più assoluto.

 Era una vista che mi suscitò una certa tenerezza: in quel momento quelle donne, dalla vita così difficile, non sembravano altro che un gruppo di adolescenti che si fossero riunite per una festicciola notturna a casa di un’amica, per poi non reggere al sonno e addormentarsi dove capitava. Avevano passato una giornata serena? Magari per merito mio?

 Non avevo per niente pensato a loro, dopo lo spettacolare fiasco dello scambio di erbe, ma ero stranamente felice di esser servita a distrarle.

 Verso le prime ore del mattino Malitzin prese a scrutare continuamente il cielo, quel mondo effettivamente non conosceva orologi ed era l’unico modo per sapere quando avrei dovuto fermarmi. Dovevo farmi forza per ancora qualche passo, ormai era quasi finita … quasi finita … ma quando si decideva a finire? Un ultimo sforzo, non potevo crollare proprio ora. L’effetto di quegli ultimi sorsi si stava già esaurendo o era solo una mia impressione? Le braccia e le gambe erano o indolenzite o intorpidite … sarebbe finito presto …

“Un intero arco solare” annunciò Malitzin. “Finito. Potere smetti”

 Mi lasciai cadere a terra di peso. E subito dopo il sole entrava chiaro e forte dalle finestre, la stanza era piena di gente, e una Malitzin molto preoccupata mi scuoteva.

 “Corinna. Sveglia. Tu accusata”

 “Buh?” fu la mia intelligentissima risposta. A malapena ricordavo dove fossi, la luce improvvisa mi accecava, e ogni singolo arto mi doleva come mai prima d’ora in vita mia, neanche dopo tutto il lavoro da schiava dell’ultimo mese e mezzo.

 “Fatela uscire!” urlò una voce maschile all’esterno.

 “Sveglia, presto” mi sollecitò Malitzin, cercando di sollevarmi. Ma non mi avevano lasciata dormire neanche un minuto!

 “Ma è stata qui a ballare tutto il giorno, ieri!” una voce femminile, una delle concubine. Ehi, stava parlando di me? A chi? “Non può aver rubato nulla”

 Ci misi qualche secondo a comprendere appieno il significato di quelle parole, ma poi … accusata? Rubato? Era la voce di una guardia quella che avevo sentito prima? Chi mi aveva accusata di aver rubato cosa? Era per quelle tazze, vero? Era per quelle stupide tazze? Le avrei restituite subito, e poi avevo appena passato la terza prova, non potevano accusarmi proprio ora, doveva esserci qualche legge in proposito!

Perché speravo mi avessero accusata del furto delle tazze … se qualcuno a caso mi avesse accusato di aver preso, non so, gioielli o documenti imperiali o roba simile …

Stavo già iniziando a uscire, seguita a ruota da Malitzin, quando Dylla arrivò di corsa e mi diede uno spintone che mi buttò a terra.

 “Alzati, criminale!” urlò. “Ladra! Ti rendi conto di quello che hai fatto? Ringrazia che sarai interrogata prima, ucciderti subito sarebbe la cosa più giusta da fare!”

 Oh cazzo, pensai a ripetizione. Non poteva aver reagito così per quelle tazze, vero?

 “Cosa avrei fatto?” protestai. “Non ho mai rubato niente di valore, non ho idea di cosa stia succedendo!”

 Dylla fece per scagliarsi di nuovo su di me, ma fu la guardia a trattenerla.

 “Ha diritto a un processo, come tutti” spiegò lui. “Se sarà trovata colpevole, a lei ci penserà il boia. Sappiamo che ci sei fedele anche se non sei così … esuberante nel dimostrarlo”

 Il minuscolo frammento di gratitudine che sentii per questa guardia fu immediatamente annegato dalla preoccupazione. Boia? Si parlava già di esecuzione? No, no, non potevo morire lì! Non quando ero così vicina al mio obiettivo! Non potevo morire proprio, dannazione!

 Ero così terrorizzata che mi sentivo costantemente sul punto di svenire mentre mi lasciavo condurre dalla guardie verso i capannoni degli schiavi. Sentii passi di corsa, un vecchio che urlava, e la guardia si voltò.

 “E tu?”

 “Io testimone” rispose Malitzin, che aveva continuato a seguirci. “Io visto lei ballare tutto giorno. No rubato”

 La guardia sospirò e le fece cenno di seguirci. Io mi rimproverai immediatamente per l’ondata di sollievo che sentii. Se qualcuno, come ormai era chiaro, mi aveva incastrata, probabilmente si sarebbe inventato una storia che non avrebbe potuto essere smontata da ogni singola donna dell’harem e la loro custode.

 Davanti a quello che era stato il mio alloggio si era radunato un vero e proprio capannello di persone, al cui centro stava Namina, che reggeva una collana di placche d’oro su cui erano incastonati disegni in gemme azzurre e bianche. Alla mia vista, si incupì, e poi iniziò a ripetere le sue accuse.

 “Era nascosto tra le sue coperte. Un gioiello della compianta Imperatrice Cusi”

 “Che cazzo stai dicendo?” urlai. “Io non l’ho toccato! Non mi sono avvicinata agli alloggi imperiali per tutto il giorno, lo sa tutto il benedetto palazzo, ho un’infinità di testimoni!”

 “Ma la refurtiva è stata trovata nel tuo letto” intervenne una guardia con una voce calma che mi diede incredibilmente sui nervi. “Riesci a pensare a qualcuno che, per una qualunque ragione valida, abbia voluto incastrarti? Condannandoti ingiustamente a morte?”

 Sì che ce l’avevo, il problema era che questo qualcuno aveva le chiappe sul trono. Non potei fare altro che scuotere la testa. L’uomo sospirò di nuovo, per rivolgersi al gruppo degli schiavi lì radunato.

“Ascoltate bene le mie parole: se nessuno dichiarerà di aver impiantato false accuse, questa ragazza sarà uccisa. Per te, che hai commesso il delitto, una giovane innocente morirà. Rifletti bene sul peso delle tue azioni”

 Nessuno si mosse, nessuno parlò. Altro sospiro dalla guardia. “Vieni, ragazza. La gravità del tuo gesto è sufficiente da richiedere un’udienza immediata”

 Meraviglioso, dovevo ancora metabolizzare la cosa e cercare di preparare una difesa …

 “Chi dovrà giudicarmi?”

 “Per un crimine contro l’autorità imperiale, è questa stessa il giudice”

 Llyra. Oh … doveva succedere un miracolo. Sarei stata condannata. Non mi avrebbero giustiziata sul posto, vero? Avrebbero dovuto almeno chiamare il boia, preparare gli strumenti … sarei dovuta scappare in quel lasso di tempo.

 Grazie tante, come? I miei tentativi di fuga da qualsiasi posto fino a quel momento erano stati un fiasco! E poi di sicuro la mia cella sarebbe stata la più sorvegliata di sempre. Sperare in un miracolo di Pachtu? E quando mai mi aveva aiutata, quel bastardo? Mi aveva portata lì proprio per usarmi come ‘esperimento’, se fossi morta al massimo avrebbe cercato un rimpiazzo! Non volevo essere lì, non volevo. Volevo tornare a casa, dai miei genitori, in un Paese dove nessuno aveva nulla contro di me e non ero invischiata in nessuna congiura e non esisteva la pena di morte!

 Volevo vivere.

 La stanza in cui si doveva tenere l’udienza era la sala del trono, la stessa dove Manco aveva tenuto il suo discorso dopo la parata trionfale per Yrchlle. La stanza mi sembrò immensamente più grande, svuotata di tutta quella folla, e io mi sentii ancora più piccola e insignificante. Cosa ci avrei scommesso che era stato quello l’intento dell’architetto.

 Mi sorpresi nel vedere che Manco era presente, sul suo trono grande e ornato, e Llyra era nel suo, al fianco dello sposo. Non sarebbe stata lei a giudicarmi, dunque, ma quello che la sera prima era parso tanto ragionevole …

 Stupida, non dovevo permettermi di sperare! Probabilmente le prove contro di me erano troppo gravi, l’esito di un processo dato dalla persona più giusta ed equa in quelle circostanze sarebbe stato negativo.

 “Vostra Altezza” esordì la guardia, prostrandosi a terra e spingendomi a fare altrettanto. “Abbiamo portato l’imputata. Nessuno schiavo ha dichiarato colpevolezza, ma abbiamo un testimone che dichiara di averla vista impegnata in tutta la giornata di ieri”

 “Danzava nella sua prova per il Sacerdozio, certo” confermò Manco. “L’ho vista io stesso. Ma dunque, se questa fanciulla ha danzato ininterrottamente per tutto un giorno e poi è crollata addormentata, come può confermare il guardiano e, suppongo, le mie spose inferiori, quando sarebbe avvenuto il furto, e perché è stato impiegato tanto tempo a scoprirlo?”

 “Tu” la guardia richiamò l’attenzione di Namina, che sussultò. “Raccontagli quello che hai visto”

 “V-vostra Altezza, sono stata io a trovare la refurtiva” esordì. “Stamane ero andata a portare alcuni avanzi di cibo presso il letto della mia compagna: sapevo che aveva faticato molto e probabilmente non era riuscita a mangiare nulla in tutta la giornata, e volevo darle un segno della mia stima”

 Ma se a malapena ci eravamo mai calcolate prima?

 “Ho notato che il suo letto era sfatto, ho cercato di riordinarlo un poco, e quel … la collana dell’Imperatrice vostra madre è scivolata fuori. Avrete molti testimoni pronti a dichiarare che io abbia immediatamente allertato la vostra guardia, Altezza”

 Manco sospirò. “Non è prova sufficiente. La giovane non si è avvicinata al proprio letto per una giornata intera, in cui chiunque avrebbe potuto entrare nel dormitorio degli schiavi e nascondere la refurtiva, per incastrarla. Con la controversia che ha avvolto il Tempio dei Fulmini, non mi sorprenderei di qualcuno disposto a sacrificare una schiava innocente pur di metterlo ulteriormente in cattiva luce”

 Oh? Possibile che avessi davvero qualche magra speranza di cavarmela?

 “Mio signore e mio sposo” Llyra intervenne per la prima volta nella conversazione. “Come avete giustamente detto, ricordate i recenti disordini. Questa ragazza non avrà forse sufficienti prove della sua colpevolezza, ma neppure della sua innocenza: è evidente che si sia recata molto presto a iniziare la sua prova, e avrebbe potuto compiere il suo furto prima ancora. Sarebbe stata una copertura perfetta: nessuno avrebbe sospettato nulla di una giovane così ardentemente religiosa che affrontava una prova in onore del suo dio”

 “Ma in tal caso, il furto avrebbe dovuto essere notato ben prima” obiettò Manco. “Chi è lo schiavo che si occupa della tesoreria?”

 Llyra aggrottò appena la fronte. “Rayllu, mio signore e sposo. Ma Rayllu è ormai anziana, la sua vista e memoria sono ormai scemate tanto che eravamo prossime a sostituirla con uno schiavo più giovane”

 “Sì, ora ricordo. E’ già stata interrogata?”

 Ci fu qualche istante di silenzio.

 “Non siamo riusciti a trovarla, Vostra Altezza” si decise ad ammettere Dylla. “Ha abbandonato la tesoreria, ed è stata sostituita immediatamente, ma lei sembra proprio essere sparita”

“Certuni, nella vecchiaia, possono cadere in stato confusionale” osservò Manco.

 “Mio signore e sposo, può una vecchia in stato confusionale compiere azioni tanto precise quali rubare un prezioso cimelio, nasconderlo nel letto di una schiava più giovane convenientemente assente per l’intera giornata, e poi sparire tanto abilmente in modo da lasciar ricadere la colpa su di lei?”

 “E per nessun motivo!” scattò Dylla, per poi impallidire. “P-perdona-t-temi, Vostra Altezza. Ma conosco Rayllu da tanti anni, e so che nessuna più di lei è più fedele alla vostra stirpe. Rayllu morirebbe per voi, morirebbe pur di non tradirvi”

 “Sfortunatamente, il tuo cameratismo è fuori luogo in questa situazione” la freddò Llyra. “Ma dobbiamo essere lucidi, e muoverci con cautela in una situazione che potrebbe avere conseguenze ben più importanti di un paio di schiave. Rayllu dev’essere ritrovata e interrogata; nel frattempo, Corinna verrà trattenuta in custodia della guardia imperiale”

 Non era una vera e propria condanna a morte, ma stranamente la cosa mi logorò ancora di più i nervi. Avevo qualche speranza, e una tentata fuga l’avrebbe rovinata? Non ne avevo nessuna, e la fuga era l’unica via di salvezza? Quanto avrei voluto sapere!

 La guardia si mosse per risollevarmi da terra, ma due persone piombarono improvvisamente nella stanza.

 “Cosa credi di …” esordì la guardia, mentre i due intrusi si prostravano a terra davanti alla coppia imperiale. Erano Sayre e Linca. Ma che …? Di preciso, di quanto era appena peggiorata la mia situazione?

 “Vostra Altezza, vi supplico di perdonarmi per l’improvvisa invasione” esordì l’Incendiario. “Ma la situazione lo rendeva necessario. Non potevo permettere che venisse commesso un grave errore giudiziario ai danni di una brava e devota ragazza”

 Ora non ci stavo capendo più nulla. Sayre stava … facendo cosa, cercando di scagionarmi? A che gli serviva? Perché? O stava per dire cose che avrebbero peggiorato ancora di più la mia situazione, o mi avrebbero rimesso in libertà ma impedito di accedere al sacerdozio? Non capivo più nulla, dannazione!

 “E hai delle prove a sostegno della sua affermazione?” chiese Llyra, impassibile.

 “Sì, Vostra Altezza, le ho. Consistono nel fatto che il gioiello ritrovato nella stanza della ragazza non sia quello rubato a voi, e che anzi questo non sia probabilmente mai stato rubato”

 “E su cosa fondi questa tua dichiarazione?”

 “Nessuno ha controllato davvero la tesoreria. Se non erro, l’allarme è scattato perché il gioiello è stato ritrovato nelle coperte di questa schiava, dunque nessuno si è preoccupato di verificare la mancanza della collana nella gioielleria. Vi supplico di mandare qualcuno a farlo, Vostra Altezza: ritroverete lì il vostro gioiello”

 “E dunque, come spieghi la collana in possesso della ragazza?” intervenne Manco, con l’aria di qualcuno che cerca di dissimulare di non aver capito assolutamente nulla.

 “Un ragazzo di Ichiraya, un ex schiavo che ha passato il test dei quattordici anni, mi ha chiesto di prenderlo come apprendista. Per dimostrarmi le sue belle speranze, mi ha inviato alcune sue creazioni ispirate a gioielli portati dall’Imperatrice Cusi, e ha usato Corinna come tramite per contattarmi. Ho chiesto a lei di tenere i campioni a causa del disordine che regna attualmente nella mia bottega, e lei ha gentilmente acconsentito”

 Ovviamente non era vera una singola parola. Che stava succedendo? Cosa ci guadagnava l’Incendiario a mentire per me? E poi, c’era qualche sostegno a questa sua bugia? O voleva farsi scoprire apposta per chissà quale suo piano?

 Le prove c’erano, si scoprì. Manco mandò immediatamente Dylla a controllare la tesoreria, e finalmente si scoprì che sì, quella collana per cui era stato fatto tanto chiasso era rimasta al suo posto per tutto il santissimo tempo. E non era neanche identica a quella che era stata trovata nel mio letto, solo simile per il metallo e le pietre usate.

Non avevo capito nulla di quel che stava succedendo, ma feci del mio meglio per non darlo a vedere, e comportarmi come sollevata che la giustizia avesse davvero fatto il suo corso (sarebbe sembrato strano altrimenti). Llyra sospirò.

“Tanto disturbo e il rischio di condanna a morte di un’aspirante Sacerdotessa per nulla. Rayllu dev’essere sostituita al più presto, e tu, Namina, cerca di indagare più a fondo prima di lanciare accuse. Abbiamo sfiorato una grave ingiustizia e un disastro diplomatico, quest’oggi. Che nessuno di voi lo dimentichi”

 Ma … la sfacciataggine di quella donna! Ero sicura che fosse stata lei a orchestrare tutto l’incidente, e anzi l’intervento di Sayre le fosse decisamente tornato scomodo, ma eccola lì a fare la giusta sovrana che riconosceva la giustizia e impartiva una lezione a quei deficienti dei suoi sudditi. Perfino Manco non poté fare altro che essenzialmente ripetere le sue parole, e tutti noi fummo lasciati uscire.

 Sayre e Linca si diressero verso la loro bottega, tranquilli, come se non fosse successo nulla di eccezionale. Dopo tutto il caos tutti stavano cercando di capire cosa fosse successo da fonti terze, a parte qualche occhiata curiosa nessuno badava a me, presi immediatamente la decisione strategica di correre loro a dietro.

 “Si può sapere perché l’hai fatto?” sibilai.

 “Quel che è giusto è giusto, Corinna. Mi hai tanto aiutato con quel ragazzo, avrei dovuto farti ammazzare così per nulla? Vieni con me un attimo, ti spiego cosa rispondergli quando sarai uscita da qui”

 Ecco, di sicuro lui aveva più esperienza nel parlare in codice di me. Avrei dovuto chiedergli di darmi lezioni, se avessi continuato a infilarmi in quei casini. Certo che andarmi a cacciare nella sua bottega, senza nessun altro … non era molto probabile che mi avrebbe ferita o uccisa, avrebbe fatto troppo chiasso, esattamente come la notte in cui noi avevamo scoperto la sua identità. Però poteva inventarsi qualcosa per fregarmi. Per quel che ne sapevo, stavo camminando dritta dritta verso il suo nuovo piano.

 “Allora?” lo aggredii non appena ebbe richiuso la tenda di ingresso. “Che vuoi da me?”

 Sì, ero spaventata. Ma non avevo nessuna intenzione di darglielo a vedere, proprio come quando ero stata infatuata di lui. E proprio come allora, lui non si lascò fregare per un istante dalla mia recita.

 “Niente di più che una curiosità” rispose col suo solito fare tranquillo e amichevole. “Perché Energia ti ha portata qui?”

 Cosa? Come sapeva che ero stata portata qui da un dio? Alla Notte quello, perché gli interessava tanto? Cosa voleva ancora fare con me?

 Lui non aggiunse nulla, limitandosi a fissarmi sorridendo in attesa di una risposta. Mi resi conto, a scoppio ritardato, di aver appena buttato alle ortiche la mia possibilità di fingere ignoranza di quel che stava succedendo, la mia reazione era stata troppo palese. Sarei sempre potuta uscire senza rispondergli niente, non era esattamente nella posizione di trattenermi … a meno che non volesse ricorrere a sua volta a un ricatto e farmi condannare per qualcosa. Un’esperienza del genere bastava e avanzava.

 Ma poi, mi conveniva interrompere quella conversazione? Certo, stavo parlando con l’Incendiario, quello che avrei potuto definire come un terrorista, uno che non si sarebbe fermato a nulla pur di proseguire quali che fossero i suoi piani … ma anche incarnazione umana di un’entità divina, come quella che mi aveva trascinata in quel mondo. Magari avrebbe potuto darmi informazioni utili lui stesso?

 Non mi era sfuggito che fino a quel momento era stato l’unico a non usare il nome di Pachtu, ma quello di Energia, quello con cui il mio rapitore stesso si era presentato. Che altre nozioni avrei potuto imparare sul dio che avrei servito, forse ignote o male interpretate dai suoi fedeli?

 Non potevo certo fidarmi di Sayre, ma onestamente, non mi sembrava di avere molte altre scelte al momento per capire quel che mi era successo.

 “Ha detto che era un esperimento” ammisi. “Voleva prendere qualcuno e trapiantarlo improvvisamente in … un contesto culturale molto diverso, e vedere cosa sarebbe successo. Mi ha solo detto dove mi trovavo, dato la capacità di capire la vostra lingua, e poi non si è più fatto sentire, neanche quando ho cercato di pregarlo”

 No, non gli avrei detto di provenire addirittura da un altro mondo. Non ero sicura che perfino Sayre avrebbe potuto credere a una cosa simile. Onestamente, ero spaventata all’idea che non avrebbe potuto credere a tutto il resto: sembrava un comportamento così insensato!

 “Sembra precisamente il genere di cose che Energia potrebbe fare” sospirò Sayre. Oh, buono a sapersi. “Tu stia cercando di diventare Sacerdotessa per contattarlo e farti rimandare a casa tua, vero?”

 Non risposi, limitandomi a guardarlo male. C’era un limite alle cose che avrei rivelato … e poi, mi resi conto che era l’unica spiegazione logica per il mio comportamento. E infatti Sayre continuò a parlare, con uno sguardo che mi parve vagamente compassionevole.

 “Non ci riuscirai. Se vuoi tornare al tuo luogo d’origine, chiedi aiuto a qualche mercante, lavora in cambio di passaggi da carovane, ma affidarti a Energia sarebbe completamente inutile”

 Io sbuffai. “Certo. E adesso vado a dare retta a uno che avrebbe tutti i motivi per evitare un maggior numero di Sacerdoti”

 “Credi quello che preferisci, Corinna. Ma siccome nutri tanta devozione, ti aiuterò svelandoti un piccolo mistero teologico su ciò cui stai per consacrare la tua vita”

 Io sbuffai ancora, iniziai a muovere un passo per andarmene, poi fui trattenuta dal pensiero: e se fosse stata un’informazione rilevante?

 “Tutti i membri della mia famiglia non causano altro che problemi all’umanità. Quello che cambia è il motivo. Io lo faccio in vista di portare loro vantaggi più grandi. Altri lo fanno perché non si sentono abbastanza venerati. Altri ancora perché pensano sia loro dovere, per istruire la vostra razza. Altri ancora non se ne rendono neppure conto, tanto poco vi considerano. Energia è un caso a parte, come me. Lui si rende perfettamente conto delle conseguenze delle sue azioni su di voi. E compie unicamente quelle che lo divertiranno di più”

 

 

 

 

GLOSSARIO (e qualche trivia):

Mekilo: essere simile a uno scoiattolo, solo molto più grande, con zampe molto più lunghe e la coda in fiamme. Essendo un animale legato al fuoco, non è considerato sacro a nessun dio, ma sfruttabile da tutto il genere umano. Viene usato soprattutto per trasportare merci e persone.

Occlo: bovino ricoperto di squame e con protuberanze lunghe e sottili, simili a serpenti che stanno al posto delle corna e da cui esce fuoco. Anch’esso animale legato al fuoco, ma per la sua pericolosità e la capacità di controllare i loro getti di fuoco sono quasi esclusivamente cavalcature da battaglia.

Kutluqun: capre anfibie con alghe al posto della pelliccia. Sono considerate sacre al dio Tumbe, e per questo, per allevarle o catturarne di selvatiche, è necessaria l’autorizzazione di un sacerdote di quel dio.

Lymplis: pesci volanti, con le pinne coperte di piume. Sono sacri alla dea Chicosi, dunque è necessaria l’autorizzazione di un suo sacerdote per possederne uno. Malgrado ciò, sono popolari come animali da compagnia presso la nobiltà.

Kyllu: uccelli simili a cigni, fluorescenti. Sono sacri al dio Achemay, e allevati solo all’interno del palazzo imperiale. Il loro piumaggio è usato per decorare le corone dei sovrani.

Lilque: creature con corpi simili a quelli degli esseri umani, ma con code di serpente al posto delle gambe. Servitori del dio Thumbe, vivono presso il mare, i laghi e in qualche caso i fiumi, quasi mai in corsi d’acqua più piccoli.

Duheviq: piante dalla capacità di mutare il proprio aspetto, assumendo qualsiasi forma desiderino. Originariamente questo veniva usato per catturare prede dei cui fluidi nutrirsi, ma con l’avanzare della società umana, ne hanno approfittato per integrarvisi. Un tempo servitori della dea Achesay, organizzati in tribù-foreste rigidamente isolate dagli esseri umani; solo i sacerdoti della dea potevano avvicinarli senza essere bollati come cibo. Al tempo di Choqo, mentre i più anziani vivono ancora tradizionalmente, i più giovani hanno preso a mescolarsi con le popolazioni umane, finendo spesso vittime di discriminazioni e relegati ai lavori meno nobili o remunerativi. Mantengono comunque un rigido codice di valori, di cui la fedeltà è il più alto.

Shillqui: piante in cui scorre un liquido per aspetto e consistenza simile al miele, che causa a tutto l’albero di agitarsi violentemente. Se bevuto, questo liquido dà gli stessi effetti agi esseri umani, ma è difficilissimo metterci le mani sopra. Pianta sacra a Pachtu, i suoi sacerdoti ne devono bere la linfa durante le cerimonie.

Likri: fiori simili a gigli rossi, dalle temperature bollenti, che esalano un fumo sottile. Se tuffati in acqua gelida e canditi, sono considerati ottimi per la pasticceria, ed essendo legati al fuoco, l’unico limite al coglierli è potersi permettere buoni guanti protettivi.

Sangue della Terra: erba che influenza la circolazione sanguigna, usato per diversi effetti nelle gravidanze.

Zullma: pianta le cui varie componenti hanno diversi usi; le radici sono considerate un potente lassativo.

Kiquicos: erba di colore blu, parassitaria dei Duheviq. Pericolosa per le sue capacità di depistare animali e viandanti, ma molto ricercata per le sue molteplici virtù.

Guyla: praticamente un Moment.

Tably: erba che secondo le credenze popolari risolve l’insonnia e i problemi di incubi frequenti.

Ago di Luce: essere a metà tra lo stato animale e quello vegetale, si nutre di sangue, ma può essere utilizzato per aspirare anche altri fluidi corporei.

AQI: esseri simili a tassi dal pelo violaceo, che emanano ormoni che fanno marcire le sostanze inorganiche attorno a loro. Soggetti a disinfestazioni a tappeto e contenuti in gabbie speciali, sono frequentemente offerti in sacrificio, con la testa dedicata a Chicosi, il cuore ad Achemay, e il resto del corpo, a seconda che l’animale sia maschio o femmina, a Tumbe o Achesay.

Fylles: insetti con ali a forma di fiore e polline al centro del corpo. Poiché si nutrono di altri insetti, sono molto usati dagli agricoltori, anche se prima necessitano di un permesso di un Sacerdote di Chicosi.

 

Qillori: cristalli di colore azzurro chiaro, molto usati in oreficeria.

Achemairi: cristalli di colore dorato, anch’essi comuni per l’oreficeria.

Tablyk: pietra di colore rosato, usata nell’oreficeria.

Kislyk: pietra dall’aspetto simile alla tablyk, ma molto più dannosa.

 

Notte: entità primordiale da cui tutto il mondo ha avuto origine.

Achemay: dio del sole, entità più importante del pantheon Soqar.

Achesay: dea della terra.

Chicosi: dea dell’aria.

Tumbe: dio del mare, dei fiumi e dei laghi.

Sulema: dea del fuoco.

Pachtu: dio dei fulmini e della vita.

Qisna: dea della morte e delle paludi.

Supay: esseri più collegati al folklore che alla religione vera e propria, sono creature della Notte,

incaricati di torturare le anime dei peccatori che lì vengono gettate.

 

 

 

Ladies & Gentlemen,

ci ho messo più tempo di quel che sperassi, ma alla fine eccolo qui, il nuovo capitolo. In compenso, il prossimo dovrebbe uscire la settimana prossima: due capitoli al mese, ma non posso garantire su una distanza regolare, non quando non solo dovrò iniziare a lavorare sulla tesi triennale, ma visto che non avevo già abbastanza roba da fare, mi sono unita a un’associazione di volontariato. Dovrò fare i salti mortali per scrivere, nei prossimi mesi.

Ma a parte questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi siano interessate entrambe le sue parti: grazie davvero a tutti quelli che vorranno commentare, inserire nelle preferite/seguite o anche solo leggere silenziosamente!

 


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Capitolo 26
*** Dove si fanno scoperte illuminanti ***


                          CAPITOLO 25

        DOVE  SI  FANNO  SCOPERTE  ILLUMINANTI

 

 

 

 

                                                                   Dal Manoscritto di Corinna

 

Rayllu fu trovata quel pomeriggio.

 Era morta in un angolo molto piccolo e intimo dei giardini, che per questo veniva visitato assai poco dalla popolosa corte imperiale, e che dunque offriva una certa complicità nel lasciar riposare una vecchia schiava senza che qualcuno arrivasse a trascinarla ai suoi doveri. A quanto pareva, si era addormentata troppo vicino a un braciere, ci era caduta sopra, e aveva preso fuoco. Probabilmente aveva anche picchiato la testa o qualcosa di simile, visto che il piccolo dettaglio di essere in fiamme non l’aveva svegliata, ma sarebbe stato necessario chiamare un Kisnar per esaminare un cadavere così bruciato da essere a malapena riconoscibile, e francamente una vecchia serva non valeva il fastidio. Almeno ci poteva essere sollevati che le pareti rocciose che decoravano quell’angolo di giardino avevano evitato che l’incendio si propagasse!

 Dylla ebbe la più forte reazione emotiva che non fosse rabbia che le avessi mai visto: non riuscì a smettere di urlare e singhiozzare per ore, ripetendo che non era giusto, non era possibile, Rayllu era sempre stata così precisa e attenta, una lavoratrice eccezionale, per tutta la sua vita, non era possibile che fosse morta in quel modo stupido, non era possibile!

 Una delle schiave più anziane mi spiegò che Rayllu era stata a capo della servitù prima di Dylla, e a suo tempo aveva accolto quest’ultima quando era ancora una bambina spaventata appena venduta a palazzo, e le aveva fatto da mentore.

 Quanto a me, se anche qualcuno mi vide vomitare probabilmente lo attribuì allo sforzo del ballo ininterrotto seguito rapidamente dal terrore dello sfiorato arresto.

 Non riuscivo pienamente a capire le dinamiche dell’accaduto, ma avevo la netta sensazione che quella vecchietta fosse stata coinvolta nel piano per incastrarmi: forse sarebbe stata lei a dover ‘scoprire’ il mio furto nei piani di Llyra, e Sayre l’aveva intercettata, oppure era stata lei a effettuare la sostituzione con la collana falsa per conto di lui, e allora era stata silenziata. Non cambiava il fatto che fosse morta per me, in un certo senso. Avevo per caso bisogno di ricordarmi con che psicopatici avessi a che fare, e quanto valesse per loro la vita di una schiava?

 Certo, io non sapevo neanche chi fosse Rayllu, non sapevo niente delle loro macchinazioni, avevano sbrigato tutto tra di loro e io non avevo fatto altro che affrontare le mie prove, quindi non era molto razionale sentirmi in colpa … però a quanto pareva non ero razionale. Se per il mio tentativo di fuga fossero morte altre persone?

 No, qui si stava parlando di Llyra e Sayre: qualunque cosa fosse successa, i morti ci sarebbero scappati comunque, perché non erano tipi da fermarsi davanti a simili piccolezze per ottenere quel che volevano. Tutto quel che potevo fare era cercare di scappare da quella pazzia prima che potevo, e nulla di quel che l’Incendiario mi aveva appena rivelato mi aveva fatto cambiare idea. Dubitare, forse, ma avrei comunque provato quella strada. Dannazione, erano le parole di qualcuno che odiava palesemente gli dei, quanto potevano essere affidabili?

 Mi accordai con Malitzin per andare a raccontare della mia impresa quel pomeriggio stesso. Appena finito tutto il trambusto della terza prova, evidentemente non ero più considerata una schiava, perché nessuno si era azzardato a darmi ordini, o anche solo considerare la mia esistenza. Faceva un effetto un po’ strano, non era così che ero abituata a percepire il palazzo … ma era un cambiamento decisamente in positivo. Soprattutto, nessuno mi disse niente quando uscii per recarmi al Tempio, e neppure a Malitzin dato che era con me.

 Finimmo per metterci molto più tempo del solito a raggiungere il luogo di culto, perché la mia testimone si dimostrò molto più curiosa nei confronti di Tahuantinsuyu di quanto non fossi stata io al mio arrivo, fermandosi a osservare qualunque cosa, dalle bancarelle del mercato ai nobili o Sacerdoti di passaggio, spesso chiedendomi spiegazioni e informazioni che non ero neanche in grado di darle. A un certo punto, ebbe pure la bella trovata di discutere la faccenda di Rayllu e Dylla.

 “Io pensare che persone non dovere soffrire per morti. Non avevo credere che qui si facesse tanto”

 “Come, prego?”

 “Qui sono dei benevoli?”

 Questo dipendeva molto da a chi si lo chiedeva, ma come aspirante novizia, ritenni che fosse più saggia una conferma.

“In Yrchlle, dei sono visti crudeli. Non amano umanità, vogliono noi distrutti. Sacerdoti impediscono loro e infilano loro forze in magia. Morti pianti perché vanno da dei”

 “Quindi secondo te siccome gli dei qui sono benevoli, non abbiamo ragione di piangere i morti?”

 “Meno ragione”

 “Ma il fatto non è che vanno dagli dei, è che … insomma, perché hai perso qualcuno a cui vuoi bene! Come fai a non saperlo, non ti è mai morto nessuno?”

 “Sì. Mia madre da bambina. Mio padre e amici durante guerra”

 “E allora!”

 Nel momento stesso in cui lo dicevo, capii che stavo per ricevere una risposta assurda. Voglio dire, conoscevo persone che fin da anziane non si erano lasciate dietro il trauma di un genitore morto quando erano bambine, e se questo era l’atteggiamento che Malitzin assumeva a poche settimane dalla morte del padre e degli amici …

 “Loro sono vissuti. Io potere incontrare loro. Adesso morti, non più. Bene così”

 “Ma che cazzo stai dicendo?”

 Dovevo essermi persa qualche parola nelle difficoltà linguistiche. Cioè … per questa qui le persone avevano valore solo fino a quando lei le conosceva, e una volta morte, poteva dimenticarsene tranquillamente?

 “Non capisco perché piangere i morti. Loro vissuto, no? Tu felice con loro?”

 “Appunto per questo li si piange!” sbottai. “Perché adesso non lo sono più, vivi, e non potrai più stare con loro!”

 “Ma tu già stato con loro”

 “Oh … lascia perdere, siamo arrivate” in effetti avevamo appena raggiunto l’ingresso del Tempio dei Fulmini. “Solo, non dire queste cose a Dylla”

 Sorpresi? Anch’io, in una certa misura: non avevo nessun affetto per quella stupida vecchia manesca che si credeva chissà chi perché controllava un pugno di schiavi, ma sentirsi dire quelle cose quando aveva appena perso una carissima amica … non l’avrei augurato davvero a nessuno. Per un secondo temetti che Malitzin si sarebbe offesa e avrebbe rifiutato di continuare ad aiutarmi, ma si limitò ad annuire e a entrare a curiosare nel cortile del Tempio.

 Buttai qualche occhiata in giro anch’io: era strano, ma durante le prime due prove ero stata troppo stravolta per osservare davvero il luogo che sarebbe diventato la mia nuova casa. Per certi versi somigliava al Tempio di Achesay che conoscevo bene: un cortile cinto da mura, in questo caso decorato con strisce zigzaganti che probabilmente volevano essere fulmini, e un Tempio principale in cui si trovavano l’altare e la statua del dio.

 Pachtu era raffigurato come un giovane dall’aspetto piacente, intento in una danza in cui delle folgori venivano fatte roteare come birilli: decisamente lontano dalla voce disincarnata che avevo udito dalla mia stessa testa, e non sembrava suggerire neanche il sadico che Sayre sosteneva che fosse. Che razza di divinità mi sarei trovata a servire?

 “Sei già qui? E’ la tua testimone quell ..o? Scusa, non avevo capito se … è un uomo o una donna?”

 “Voi decidete”

 “Che?”

 Seqa, che ormai era quasi una mia vecchia conoscenza, fu quella che ci accolse all’ingresso. Superati i momenti di pura confusione che parevano introdurre regolarmente Malitzin, si rassegnò a non capirci nulla e correre a chiamare la Somma Sacerdotessa, che avrebbe ascoltato il nostro resoconto della prova e verificato la sincerità di entrambi.

 Ora che ci pensavo, come avrebbe fatto? Non sarebbe stata un’ordalia come mettere la mano sui carboni ardenti o, dato il contesto, toccare pura corrente elettrica rimanendone illesi? Forse il test sarebbe stato magico, visto che in quel mondo quelle cose erano possibili e ne avevo già avuto ampia dimostrazione. Non importava, comunque, noi dicevamo la verità, sicuramente avremmo passato la prova!

 La Somma Sacerdotessa arrivò in gran fretta. Era una donna di mezz’età, minuta, con i capelli lunghi e scompigliati, e una veste bianca con un mantello giallo ricamato a coprirle il corpo rotondeggiante.  Aveva uno sguardo molto penetrante, che si puntava su di me come se mi stesse valutando (ma il risultato di quella valutazione personale fu qualcosa che non riuscii mai a capire bene del tutto).

 “Dunque tu sei Corinna”

 Annuii, prima di ricordarmi che magari sarebbe stato più formale dire qualcosa. “Sì, mia signora”

 “Dichiari di aver superato la terza prova, e richiedi che l’accesso alla nostra comunità ti sia dato di diritto”

 “Sì, mia signora?”

 Non sarei suonata arrogante con una risposta simile? Non era forse una domanda trabocchetto? Pareva di no.

 “Bene. Abbiamo già fin troppi imbecilli che vogliono toglierci i nostri diritti!” scattò, per poi continuare con più calma. “Quella … persona è il tuo testimone?”

 “Sì, santa donna

 Dovetti sforzarmi di trattenere una risata, grazie a Dio si era ricordata il termine corretto (anzi, avevo l’impressione che avesse posto la frase in quei termini proprio per fare una sorta di scherzo).

 “Inginocchiati davanti a me” le fu ordinato. Malitzin obbedì prontamente, e la Sacerdotessa le pose entrambe le mani sulla testa. La mia testimone mi lanciò un’occhiata perplessa, io risposi con una altrettanto perplessa, la donna ci ignorò entrambe e ordinò il racconto di quel che era successo il giorno prima.

 Dove si era svolta la prova? Perché proprio lì? C’erano stati intoppi? Che metodo era stato usato per calcolare lo scorrere del tempo? Avevo eseguito passi di danza particolari? Avevano assistito altre persone? Perché Malitzin aveva accettato di farmi da testimone? Era consapevole della punizione che avrebbe ricevuto se avesse mentito?

 La guardiana dell’harem rispose a tutto con assoluta sincerità (incluse ammissioni di ignoranza all’ultima domanda), sforzandosi di tirar fuori il suo miglior soqar. La Somma Sacerdotessa restò qualche istante in silenzio, poi sollevò le mani dal suo capo con un sorriso.

 “Il nostro ordine ti ringrazia, per averci portato un nuovo membro” disse a Malitzin; e poi, rivolta a ,me: “La tua onestà è stata accertata. Hai passato tutte le tre prove, dimostrando sia la tua fede sia l’approvazione che il dio ha per te. Mi rallegro del tuo successo. Alla faccia di quel vecchio idiota di Waray!”

 Ce l’avevo fatta. Ce l’avevo fatta. Ero fuori, mi ero davvero sbarazzata della schiavitù. Avevo finalmente ottenuto il noviziato, avevo finalmente fatto quel passo avanti verso il mio ritorno! Seriamente, per poco non abbracciai la Somma Sacerdotessa, tanto ero contenta. Riuscii a malapena a balbettare un “Vi ringrazio, mia signora” che avesse una qualche dignità.

 “Il mio nome è Dolina. Tu continuerai a riferirti a me con il dovuto rispetto, ma mi sembra giusto che tu lo sappia. Ora torna al palazzo: verrai qui domani all’alba, e riceverai una breve cerimonia di liberazione ufficiale dalla schiavitù e consacrazione come novizia. La giornata sarà dedicata a illustrarti il funzionamento del nostro Tempio e dei tuoi futuri compiti; le lezioni inizieranno dal giorno dopo. Trascorri serenamente il tuo ultimo giorno da laica”

 Era un congedo. Io e Malitzin uscimmo insieme dal Tempio, e non appena fummo fuori in strada, non riuscii a trattenermi dal lanciarmi in una specie di balletto della vittoria, esultando alla faccia di chi mi aveva voluta fuori di lì (ciao, Simay!).

 “Balli ancora” notò Malitzin. “E’ importante in culto di Pachtu?”

 “Penso proprio di sì, se me l’hanno fatto fare per ventiquattr’ore filate” replicai. “Dalle tue parti non c’è un culto di Energia che fa ballare?”

 “No. Sacerdoti di tutti dei torturati per placare divinità”

  Mi fermai a fissarla. “Ma che razza di tradizioni di merda avete?”

 “Tradizioni di merda. Anche io pensare così” annuì Malitzin. “Però funzionare, loro può fare magie. Come voi che pensate altri dei e avete altri riti. Curioso”

 Sì, in un altro momento, quel che aveva detto Malitzin mi avrebbe dato da pensare: religioni diverse, modi diverse di adorare la divinità (o anche solo tenersela buona), ma i risultati erano gli stessi. Sicuramente la questione avrebbe dovuto attirare il mio interesse, e in seguito ebbi di che pentirmi che così non fosse stato; all’epoca, però, tutto quello cui riuscivo a pensare era la speranza di libertà che mi ero finalmente guadagnata. Così mi limitai a un vago cenno di assenso, e a dimostrarmi molto più tollerante verso Malitzin che insisteva a voler curiosare in giro.

Non so come definire la sensazione che provai in quelle ore di ‘limbo’ tra l’uscita dalla vera e propria condizione di schiava e l’accesso a quella di novizia. Mi sembrava di essere un’estranea in quel luogo dove avevo vissuto per un mese e mezzo: nessuno che mi urlava più ordini, nessuno che mi dicesse anche solo cosa fare. Era quasi come se fossi ospite nel capannone.

 In effetti, molti schiavi si comportarono come se non esistessi, e quei pochi che riconobbero la mia esistenza, per lo più altri ragazzi giovani che mi auguravano una permanenza felice come Sacerdotessa, sembravano farlo più per formalità che per altro. Perfino Namina, che si spinse addirittura a portarmi del cibo come aveva cercato di fare il giorno prima, lo fece solo con qualche frase di circostanza e andandosene subito dopo. Tipa strana, fu tutto quello che pensai. Ma del resto, forse avrei dovuto aspettarmi un comportamento simile: non avevo davvero legato con nessuno dei miei colleghi nel tempo che avevo trascorso lì.

 Passai una serata tranquilla, ma in quasi totale silenzio, visto che Malitzin era stata richiamata ai suoi doveri. L’unico momento degno di nota fu quando Alasu piombò di corsa nel mio capannone per abbracciarmi e augurarmi la miglior fortuna. Io ci rimasi di sasso a vederla così espansiva, ma lei spiegò che doveva fare in fretta, perché suo padre ce l’aveva ancora con lei per la sua fuga per vedermi ballare e stava sottraendo tempo alla prima sorta di punizione che avesse mai ricevuto.

 “Ottimo, stai facendo progressi!” commentai.

 Lei rise, occhi bassi e una mano davanti alla bocca. “Sono così felice che tu ci sia riuscita! Te lo meriti davvero, sei una delle persone migliori che conosca …”

 “Allora la tua vita sociale dev’essere peggio di quanto pensassi”

 Lei rise ancora. “Sarai sicuramente una Sacerdotessa straordinaria. L’unica cosa che mi dispiace, sarà di non poterti più vedere da queste parti, e non sarà facile visitare il Tempio. Mio padre non ti vede molto di buon occhio, probabilmente capirà che ci vado per te e non per pregare Pachtu”

 “E’ per questo che stai praticando l’arte della fuga?”

 Lei rise fino alle lacrime. Fui abbastanza sorpresa: sapevo che fosse una ragazza piuttosto aperta nelle sue emozioni, ma non mi era mai capitato di vederla così scossa, e in senso positivo. Sembrava davvero che avesse deciso di lasciarsi andare per la felicità, e la cosa mi lasciò sia confortata che curiosa.

 Eppure mi conosceva da così poco! Seriamente, che avevo detto per meritare tutto quell’affetto? Davvero, la ragazza doveva essere piuttosto isolata.

 “A proposito” continuò. “Mi sa che devo ancora scappare. Buona fortuna, Corinna, e grazie per tutto!”

 Sì, tutto sommato, ricordo quella come una buona serata.

 


Per una volta ringraziai le abitudini mattiniere degli schiavi di palazzo: fui inevitabilmente svegliata con loro, ed ebbi tutto il tempo di prepararmi ad essere al Tempio precisamente all’alba.

 Di norma non ero persona da dare molto peso alla puntualità, ma non avevo nessuna voglia di fare brutta figura presso un gruppo di persone da cui stavo davvero cercando di farmi prendere seriamente, almeno finché non le avessi piantate in asso. E la mia perfetta quanto insolita puntualità fu adeguatamente compensata da un appropriato comitato d’accoglienza.

 Waray era andato a piazzarsi preciso in linea parallela all’ingresso del Tempio, così che mi toccasse vedere lui anziché la via della mia salvezza; gli altri Sacerdoti della Terra erano raccolti circolarmente intorno a lui in ordine di rango. Simay era in prima fila, perfettamente visibile, e sembrava star facendo uno sforzo fisico per riuscire a guardarmi. Un nutrito gruppo di curiosi mattinieri osservava la scena da strade, porte e finestre.

 “Popolo di Alcanta!” tuonò Waray. “Guardando la giovane che si avvicina, chi scegliete di vedere? Una Sacerdotessa, colei che amministrerà presso di voi la volontà del dio? O una straniera, la discendente di qualcuno che rise in faccia a Talhas e Shilla, che approfitta della molto abusata misericordia di un dio per imporsi su di voi?”

 Qualcuno rise, sentii incitazioni a tornarmene a servire in una taverna se sapevo ballare così bene. Altri si incupirono e tacquero, guardando male i miei accusatori, ma non parlarono in mia difesa.

 Eh no. Non avevo fatto tutta quella fatica, non mi ero fatta pestare a sangue, non avevo rischiato di perdere un occhio, non mi ero cacciata in corpo chissà quali sostanze e non avevo ballato fino a perdere sensibilità a tutti gli altri per essere cacciata da un gruppo di idioti che avevano avuto l’ingresso garantito dalle loro belle famiglie!

 Continuai ad avanzare imperterrita. Li avrei aggirati, se fosse stato necessario ne avrei spinto qualcuno a terra, ma avrei raggiunto quel benedetto ingresso.

 “Non si difende” osservò Waray. “Mi chiedo, cosa pensa la straniera? Che le parole di un Soqar, anche chi è al di sopra di lei, non vadano ascoltate, né siano degne di una risposta? Non sa come controbattere alle nostre accuse, perché sa, in cuor suo, che sono giuste? Oppure non sa nemmeno la nostra lingua, e ha fatto quelle prove e guadagnato l’accesso al sacerdozio per caso?”

 Risate generali a quest’ultima, brillante battuta. Qualcuno mi urlò una trafila di insulti, per poi sfidarmi a dimostrare di aver capito cosa fosse stato detto. La voglia di rispondere con insulti anche peggiori era tanta, ma se, come sospettavo, la cosa che più li avrebbe indispettiti fosse stata il silenzio, avrei dovuto impegnarmi a fondo a fare esattamente quello.

 Un ragazzo cercò di tirarmi addosso quello che pareva uno strano frutto un po’ avariato, dicendo che, se anche non avessi saputo nulla della loro lingua, quello sarebbe stato linguaggio universale. Lo schivai, ormai ero abbastanza vicina alla linea dei Sacerdoti, feci per aggirarla … e sentii la terra scivolarmi via da sotto i piedi, facendomi cadere a terra. Questa volta il frutto che mi veniva tirato contro non sbagliò mira, e mi finì contro la schiena tra l’ilarità generale, ma non ci badai neanche, perché i maledetti ersero un vero e proprio muro davanti al Tempio dei Fulmini. Questo zittì tutti, perché evidentemente non era solo un insulto a me: era una vera e propria dichiarazione di guerra santa, in pratica.

 “Noi ci vediamo costretti ad assumere un compito che le Sacerdotesse di Pachtu hanno a lungo rifiutato, in nome di un’applicazione troppo liberale dei loro dettami” chiosò Waray. “Noi siamo qui per scegliere chi è davvero degno di servire un dio”

 “Ma quelli sono ancora lì fuori che rompono i coglioni?!” si sentì tuonare dall’interno quella che a me parve quasi una voce celeste. Finalmente stava arrivando la riscossa.

 Mi rialzai, e vidi avanzare verso di noi, in rapido ordine, Seqa, una Sacerdotessa che non conoscevo, e Dolina in persona.

 “Waray” disse seccamente quest’ultima. “Noto con piacere che ti sei degnato di metterti a urlare qui sotto di persona, invece che inviare qualche novizio. Lo ritengo un onore”

 “Io faccio quel che devo, Dolina” replicò lui, con una strana enfasi sul nome proprio. “La mia signora ha deciso questo, e io obbedisco. Se tu ascoltassi veramente il tuo dio, anziché crogiolarti nella tua convinzione di superiorità, obbediresti a tua volta”

 “Io mi sto senz’altro crogiolando nella mia superiorità!” disse lei in tono assolutamente sprezzante. “Io, che ho trascorso la mia vita a studiare i testi sacri e profetici, che ho affrontato minacce e pretese da nobilastri ben più potenti di me o te, per difendere i dettami del Creatore di Vita! Sì, sono senz’altro io la superba. Non certo un giovane cadetto che appena raggiunge un potere di cui uomini più saggi avrebbero avuto un sacro terrore, subito ne è insoddisfatto, e macchia la reputazione della sua dea come giustificazione della sua ingordigia”

 Si udì qualche risata e qualche grugnito di approvazione.

 “Non fai che dimostrarmi corretto” dichiarò Waray. “Menzioni questioni di nascita: la tua posizione ti porta forse a crederti più importante del dio stesso, per cambiare la stazione di chicchessia a tuo piacimento?”

 “Pensavo che la nascita fosse il tuo punto forte” commentò Dolina. “Sono sinceramente dispiaciuta che la mancanza di una posizione elevata ti abbia fatto sentire tanto inadeguato da spingerti a sostituirti al giudizio divino, ma non posso permettere che il tuo orgoglio ferito vada a danno di questa devota ragazza che ha affrontato e superato tutte le prove poste innanzi a lei. Abbassa immediatamente quel muro”

 “Non siamo tenuti ad obbedire a chi è sordo alle voci degli dei”

 “Ma siete tenuti a obbedire alle leggi imperiali. Quel che avete fatto contro le Datrici di Morte è stato ammesso perché il loro culto era piccolo e malvisto, e anche lì avete dovuto renderne conto alla guardia imperiale. Ostruire il nostro Tempio vi costerà caro”

 “Sono certo che Sua Maestà Manco saprà riconoscere a chi sta la ragione”

 “Waray. Nel caso tu non l’abbia capito, se non toglierai quel muro e i tuoi accoliti dal nostro ingresso, invocheremo la forza del nostro dio per fartelo fare”

 In tutto quel battibecco, non mi ero accorta che nel frattempo erano arrivate altre Sacerdotesse. Tante altre Sacerdotesse. Di sicuro abbastanza da tenere testa a quelli di Waray: se fosse esploso lo scontro, non avrei saputo su chi scommettere. Waray non si mosse, né fece cenno ai suoi di abbassare il muro.

 Si scatenò il caos.

 Dolina si limitò a tendere un braccio, e da esso un fulmine si sprigionò dritto verso i novizi davanti a lei. Quelli si piegarono e si sparpagliarono, strillando, e lasciando i Sacerdoti immobili alla mercé della scarica elettrica. Urla, imprecazioni, insulti ai novizi che non si erano sacrificati, e sopra tutti Waray che ordinava il contrattacco.

 Il muro era crollato, causa la perdita di concentrazione di chi lo teneva su, però adesso l’ingresso era ostruito da un campo di battaglia. La battaglia più strana che avessi mai visto: non fisica, perché i combattenti erano prostrati a terra a pregare, ma tra elementi.

 La terra sotto i piedi delle Sacerdotesse di Pachtu si spostava facendole cadere, o cambiava consistenza facendole sprofondare; piccole pietre e zolle di terra, in certi casi provenienti dalle mura stesse del cortile del Tempio, schizzavano a colpirle; altre, più strette mura di terreno si innalzavano attorno alle singole Sacerdotesse, rinchiudendocele dentro.

 Le mie future consorelle però non se ne stavano esattamente con le mani in mano: Sacerdoti e novizi cadevano in preda a convulsioni, altri venivano colpiti da fulmini, altri ancora si mettevano a saltellare stupidamente intorno come se non avessero più il controllo del proprio corpo. Per un paio di secondi, riuscii a pensare a quanto sarebbe stato figo se anch’io avessi imparato a fare quelle cose. Poi il popolo decise di entrare nella mischia.

 Qualcuno mi mise un braccio attorno al collo, da dietro, farneticando qualcosa riguardo al dare una lezione agli stranieri che volevano spadroneggiare sui Soqar. Io non ero affatto abituata a un simile tipo di aggressioni, quelle da strada che mi sarebbero potute capitare anche nel mio mondo, andai completamente nel panico, e cominciai a dimenarmi come una forsennata, tirando colpi alla cieca. Ovviamente con questa tecnica non feci al mio aggressore neanche un graffio, e mi salvai solo perché qualcun altro aggredì lui da dietro, dandogli del blasfemo.

 Schizzai via più veloce che potei, andai a sbattere contro qualcuno che, ritenendosi aggredito, mi tirò un pugno in faccia senza neanche stare a guardarmi bene, barcollai all’indietro, e sentii lo strillo dietro di me giusto in tempo per evitare che una donnina mi colpisse con un bastone. Fui costretta a un ridicolo balletto per evitare i suoi colpi, a cui io e lei davamo il tempo scambiandoci insulti, e poi un sasso mi colpì su un braccio. Non era opera dei Sacerdoti della Terra, quelli erano troppo presi dalle avversarie che sapevano effettivamente usare la magia, ma era quello di tre ragazzi che sembravano godersi il putiferio e aizzarlo lanciando sassi in base a principi assolutamente egualitari. Dovetti schivarne altri da parte loro, e così la mia avversaria, ed ebbi il tempo di allontanarmi da lei.

 Bene, non potevo andare avanti così, dovevo trovare un posto dove nascondermi. Vidi un ragazzino di strada accucciato dietro l’uscio di una locanda lasciata incustodita, evidentemente il proprietario era da qualche parte nella mischia; sembrava un buon punto da dove seguire l’andamento della situazioni senza riportarne danni fisici. Feci qualche passo in quella direzione, ma fui interrotta da una guardia che mi puntò la lancia contro.

 Quei bei soggetti erano appena arrivati sul posto, ed evidentemente avevano ritenuto che arrestare indiscriminatamente chiunque si muovesse fosse una bella tattica per calmare la situazione.

 “Tutti fermi e contro i muri. Venerabili Sacerdoti, fermate immediatamente quel che state facendo, state mettendo disordine nella popolazione …”

Nessuno se li stava filando di striscio. Io fui seriamente tentata di provare a disobbedire, di protestare la mia situazione (dopo la fatica che avevo fatto, la mia consacrazione dava luogo a una rissa!), ma decisi di essere docile: non avevo nessuna colpa, ma ribellarmi a una guardia armata non avrebbe aiutato di molto la mia posizione. Così feci come ordinato, andai tranquillamente ad appiattirmi contro un muro, la guardia decise che non avrei dato problemi e quindi poteva concentrarsi altrove, presso persone più violente, e un bestione decise che era il momento perfetto per dimostrare ‘che succedeva agli stranieri che violavano il volere degli dei’.

 Almeno, lui la pose così, poi io riuscii a schivare il suo colpo e a mandarlo dritto contro il muro, ma questo non fece altro che farlo infuriare. Fece per avventarsi su di me un’altra volta, io mi voltai per scappare gettando al vento gli ordini delle guardie, e all’improvviso una muraglia di terreno si erse attorno a me, bloccandomi completamente.

 In un primo momento cacciai un urlo, pensai che un Sacerdote di Achesay avesse deciso di finire la controversia facendomi fuori, ma poi notai che: avevo dei buchi per respirare, un minimo di spazio da non andare in completa claustrofobia, e i pugni del mio aggressore si abbattevano inutilmente sulle pareti di terra compatta. Chiunque fosse stato, probabilmente voleva fermarmi e forse proteggermi da un’aggressione diretta invece di uccidermi, e già questo pensiero mi diede un minimo di conforto.

 Poggiai l’occhio sano a uno dei buchi nella mia ‘custodia’, e quel che vidi fu un putiferio completamente inalterato. Per quanto ancora sarebbe andata avanti così? Qualche minuto: tra preghiere, urla di guardie, imprecazioni, insulti, gente che sbatteva o tirava cose contro il mio cubicolo, la situazione divenne quasi monotona nel suo caos.

 “E tu cosa credi di fare?!” fu quella voce tristemente ben nota a spezzare la monotonia, perché la mia custodia si distrusse subito dopo, lasciandomi coperta di terriccio, l’aria si riempì di suppliche oltre che imprecazioni, e la gente si calmò quel che bastava da vedere la fonte di quella deviazione dal trambusto precedente.

 La prima cosa che notai fu Simay, chiappe a terra, che si guardava attorno con assoluto terrore. Davanti a lui, Sayre teneva più o meno fermo un tizio dalla corporatura nervosa e scattante che si divincolava come un forsennato, mentre delle guardie accorrevano ad aiutarlo. Alcuni novizi abbandonarono le loro postazioni per tirare su Simay e nasconderlo dietro di loro. Non capii appieno il significato della scena finché una guardia non sollevò il coltello da terra e lo mostrò a tutti. Quello era un tentato assassinio.

 Llyra ne aveva approfittato, dannazione! In qualche modo aveva saputo che cosa voleva fare Waray, previsto il caos che ne sarebbe conseguito, e approfittato per mandare un sicario a far fuori Simay. Eh già … agli occhi di tutti sarebbe stato un caso, una semplice tragedia causata dalla violenza collettiva, tra tutti i presenti magari non sarebbe stato neanche l’unico morto che ci sarebbe scappato, e il colpevole magari avrebbe potuto scappare confondendosi tra la folla. Che le venisse un colpo, a quella donna maledetta! A lei con i suoi schemi, a Waray che con la sua idiozia stava mettendo in pericolo Simay, e a Simay stesso per non rendersi conto dei rischi che avrebbe corso!

 Almeno, come potevo constatare essendomi avvicinata di corsa al gruppetto di novizi, era illeso: Sayre aveva agito giusto in tempo, almeno la sua fissazione per il volerlo mettere in trono era stata utile in qualche modo.

 “L’hanno ingaggiato le Sacerdotesse di Pachtu!” urlò qualcuno. “Adesso diranno che è una punizione divina per ..”

 “Ma che stronzate, ma che stronzate!” berciò qualcun altro.

 “E che cazzo ci faceva allora …”

 “Attaccare un novizio ..”

 “SILENZIO!” il capo delle guardie letteralmente tuonò. “Chiunque non sia un Sacerdote di Pachtu o di Achesay si disperda, immediatamente, o faremo quello che avremmo dovuto fare dall’inizio e arresteremo tutti i presenti. Che fate ancora lì? Muoversi, via, circolare!”

 Con queste parole e qualche incoraggiamento dalle lance delle altre guardie, la folla sciamò o nelle proprie case, o nelle vie adiacenti, o in quella locanda che avevo avvistato. Immaginai non fosse esattamente quel che il capitano aveva in mente, ma comunque meglio di prima. Senza nessuno ad impedirmelo, io corsi verso le Sacerdotesse di Pachtu, ricevendo una mano sulla spalla da una di loro.

Il capitano stava interrogando Sayre (dall’aria seria e compita come non gliel’avevo mai vista) su quel che era successo: lui era passato di lì attratto dal clamore dello scontro dei Sacerdoti, si era ritrovato invischiato in una rissa, aveva cercato di uscirne, ma nel mentre aveva intravisto il coltello. Non aveva neanche badato a chi lo teneva e contro chi veniva rivolto, aveva solo reagito d’istinto strappandoglielo di mano e attirando l’attenzione generale. Non conosceva l’attentatore, aveva visto qualche volta la mancata vittima al Tempio di Achesay, ma niente di più. Un resoconto di cui mi sarei sorpresa se ci fosse stato effettivamente qualcosa di vero, ma non potevo certo mettermi a spiegare il perché.

 “Questa è persecuzione” annunciò Waray. “Questo ragazzo che ha rischiato di morire era stato preso di mira da una Datrice di Morte, pur senza conseguenze. Esigo che si svolga un’inchiesta, e che si porti alla luce l’alleanza dei Templi degli dei gemelli a danno del nostro …”

 “E perché avremmo dovuto prendere di mira un novizio qualsiasi, sentiamo!” protestò Dolina. Waray non aveva palesemente la minima idea di cosa rispondere a quella protesta, quindi si limitò a impettirsi e a dichiarare che l’inchiesta avrebbe chiarito tutto.

 “Ci sarà senz’altro un’inchiesta” chiosò il capitano delle guardie. “Mentre le circostanze potrebbero spiegare il perché i Sacerdoti di Achesay siano stati presi di mira, è sospetto questo accanimento su un ragazzo solo. Ma per il momento, consideriamo le Sacerdotesse di Pachtu al di sopra di ogni sospetto”

 “E vorreste spiegare perché?” chiese seccamente Waray.

 “Perché i primi a dimostrare intento aggressivo verso di loro siete stati voi, Sommo Sacerdote. L’autorità imperiale non era stata, di nuovo, informata di questo attacco, e assumo che abbiate contato sul sorprendere queste donne per impedire alla ragazza qui di venire ordinata. Non avrebbero potuto contattare anzitempo un sicario per prendere di mira i vostri uomini. Lasciatemi finire-”

 “Come osate!” Waray lo interruppe lo stesso.

 “Non solo questo attenua i possibili sospetti verso di loro, ma crea aggravanti contro di voi. Eravate stato avvertito, Sommo Sacerdote. Avete agito all’insaputa dell’autorità e al di fuori di ogni regolamentazione, avete causato una grave offesa all’ordine pubblico. Le disposizioni sono chiare: sarete trattato come ogni altro laico, e condotto a giudizio come tale. I vostri uomini possono tornarsene al Tempio, perché l’essere stati sotto il vostro comando li assolve dai loro reati, ma che rimangano lì fino a che la questione non sarà risolta. Voi vogliate seguirci, per cortesia”

 “Volete opporvi alla volontà divina?”

 “La volontà divina agisce per caso di soppiatto, come per commettere un delitto? Non aggiungete ai capi d’imputazione la resistenza alla guardia pubblica”

 Waray sembrava sul punto di scoppiare dalla rabbia, ma ebbe abbastanza cervello da scegliere l’opzione dignitosa: abbandonò la protettiva schiera dei suoi sottoposti e marciò a testa alta in mezzo alle guardie. Quanto ai restanti Sacerdoti della Terra, privati della loro guida, conclusero la loro missione dall’alto filandosela alla chetichella. Non riuscii a fare altro che fissare Simay, mentre se ne andavano.

 Cos’era appena successo? Quel che intendo è … sapevo che quasi di certo quel sicario era stato mandato da Llyra, probabilmente si aspettava qualcosa di simile visti i precedenti e aveva deciso di approfittare della confusione. Ma c’era già stato un attentato ai suoi danni? Da una ‘Datrice di Morte’, qualunque cosa fosse? E le guardie avevano deciso di aprire un’inchiesta su di lui? Male, le cose si mettevano davvero molto male.

 Un’indagine abbastanza approfondita avrebbe probabilmente rivelato le sue origini (e in effetti iniziavo a sospettare che Sayre fosse coinvolto in qualche modo), e che ne sarebbe stato della sua speranza di restare un novizio qualsiasi? Se avessero fatto conoscere la sua vera identità a suo padre, come avrebbe reagito Manco? E Llyra, che avrebbe fatto a quel punto?

 Non avrebbe dovuto importarmi tanto, ormai non avevo più niente a che fare con lui, specie dopo la bella sorpresa che mi aveva fatto … ma come sempre, c’era il piccolo problema che ne andava di mezzo la vita di qualcuno. Certo, avrebbe dovuto pensarci anche lui prima di cercare di attaccarmi in cambio di tutto quello che avevo fatto per lui … e dopotutto avevo Qillalla.

 “Ragazzina?”

 “Uh?”

 Naturalmente, le Sacerdotesse di Pachtu non erano rimaste sovrappensiero quando me, anzi, sembravano piuttosto compiaciute da quella piega degli eventi. In effetti, c’era da considerare che per un po’ Waray si sarebbe levato dai piedi, come minimo.

 “La tua iniziazione. Tutta questa fatica per arrivarci, e poi ti distrai proprio sul più bello?”

 “Certo! Cioè, no, certo! Voglio dire … cosa devo fare adesso?”

 Ci fu una risata collettiva. Per quanto di solito mi imbarazzasse essere oggetto dell’ilarità generale, dovevo dire che almeno il culto dell’Energia sembrava molto più rilassato rispetto a quello della Terra. Non sarei rimasta lì a lungo, se tutto andava secondo i miei piani, ma almeno non sarei rimasta bloccata con un branco di bacchettone.

 “Vieni, nel cortile interno” mi fece strada Dolina. “Avrai anche l’assistenza di tutte quante, pensa un po’. Di solito le iniziazioni sono eventi semplici e privati, ma con tutto il trambusto che hanno fatto quei deficienti, ovviamente tutte vorranno guardare”

 E almeno la capa di tutta la baracca non era imbalsamata come Waray, né aveva l’aria di mite e un po’ inutile benevolenza di Pacha. Magari Tahuantinsuyu mi stava davvero concedendo un po’ di tregua?

 Attraversai di nuovo il Tempio, questa volta uscendo da una porticina che conduceva in un cortile piuttosto ampio, sul quale si affacciavano vari edifici. Al centro vi era un piccolo altare, con polveri di diversi colori e una tunica bianca appoggiata sopra. Le attendenti del Tempio mi aiutarono a indossarla: dopo tanto tempo passato con i ruvidi panni di una schiava, quella lana più morbida mi parve la cosa migliore che avessi mai indossato.

 Dolina intinse le dita in quelle ciotole e mi tracciò un simbolo sulla fronte, un cerchio bianco con dentro una saetta gialla. “Da questo momento, apprenderai i segreti della vita e dell’energia che in tutto scorre. Padroneggiali bene in onore di colui che tutti li governa, fino al giorno in cui deciderai di consacrargli ogni tuo respiro”

 “Lo farò di sicuro” fu la mia risposta. Qualche sorriso dalle astanti mi rivelò che probabilmente non era proprio la risposta di rito, ma non si aspettavano che una schiava la conoscesse.

 E tu, mi hai sentita? Pensai rivolta al dio. Fin qui ci sono arrivata. Capirò come si usa questa tua magia, e tu mi riporterai a casa. Chiaro?

 E questa fu la mia iniziazione, segnata da risse per strada, interventi delle guardie armate e pensieri non esattamente devoti. Ripensandoci nei giorni seguenti, conclusi che calzava alla perfezione con la mia vena ribelle.

 

Il resto della giornata trascorse tranquillamente e senza scosse. Mi furono mostrati il refettorio, le aule per le lezioni di magia, e il dormitorio delle novizie. Lì trovai Atna, che era diventata novizia per conto suo già da parecchi giorni e senza scossoni che non fossero quelli normali (come testimoniava la quantità di lividi e bende che la ricopriva). Fui presentata alla maestra delle novizie, una donna mingherlina di nome Qiri, e mi fu detto che le lezioni sarebbero iniziate il giorno dopo, lasciandomi il resto del pomeriggio per ambientarmi.

 In realtà, le lezioni non ebbero inizio che diversi giorni dopo. Le Sacerdotesse furono infatti tutte occupate a rendere testimonianza e a tutelare gli interessi del loro Tempio nel caos che seguì all’interrogatorio di Waray.

 Sottoposto a qualcosa chiamato ‘Giudizio di Luce’ da una Sacerdotessa del Sole, era infatti saltato fuori che tutte quelle idee elitarie e gli attacchi agli altri Templi non gli erano state sussurrate dalla voce della dea, ma da quella di una sua amante. E che amante: una delle concubine dell’Imperatore Manco, che in qualche modo era riuscita a eludere i controlli dei suoi guardiani per infilarsi nel letto di un Sacerdote di alto rango.

 Ai Templi di Qisna, Achemay e Pachtu erano stati promessi risarcimenti per l’ingiusta persecuzione.

 I Sacerdoti di Achesay continuavano ad essere confinati nel loro Tempio, per capire cosa ne sapessero esattamente della faccenda.

 La donna, che sarebbe dovuta essere condannata a morte, si era come volatilizzata ed era ora ricercata per tutto l’Impero.

 Waray, che non si era volatilizzato, era stato condannato a morte, e tutta Alcanta era invitata allo spettacolo.

 

 

 

 

 

 

 

GLOSSARIO (e qualche trivia):

Mekilo: essere simile a uno scoiattolo, solo molto più grande, con zampe molto più lunghe e la coda in fiamme. Essendo un animale legato al fuoco, non è considerato sacro a nessun dio, ma sfruttabile da tutto il genere umano. Viene usato soprattutto per trasportare merci e persone.

Occlo: bovino ricoperto di squame e con protuberanze lunghe e sottili, simili a serpenti che stanno al posto delle corna e da cui esce fuoco. Anch’esso animale legato al fuoco, ma per la sua pericolosità e la capacità di controllare i loro getti di fuoco sono quasi esclusivamente cavalcature da battaglia.

Kutluqun: capre anfibie con alghe al posto della pelliccia. Sono considerate sacre al dio Tumbe, e per questo, per allevarle o catturarne di selvatiche, è necessaria l’autorizzazione di un sacerdote di quel dio.

Lymplis: pesci volanti, con le pinne coperte di piume. Sono sacri alla dea Chicosi, dunque è necessaria l’autorizzazione di un suo sacerdote per possederne uno. Malgrado ciò, sono popolari come animali da compagnia presso la nobiltà.

Kyllu: uccelli simili a cigni, fluorescenti. Sono sacri al dio Achemay, e allevati solo all’interno del palazzo imperiale. Il loro piumaggio è usato per decorare le corone dei sovrani.

Lilque: creature con corpi simili a quelli degli esseri umani, ma con code di serpente al posto delle gambe. Servitori del dio Thumbe, vivono presso il mare, i laghi e in qualche caso i fiumi, quasi mai in corsi d’acqua più piccoli.

Duheviq: piante dalla capacità di mutare il proprio aspetto, assumendo qualsiasi forma desiderino. Originariamente questo veniva usato per catturare prede dei cui fluidi nutrirsi, ma con l’avanzare della società umana, ne hanno approfittato per integrarvisi. Un tempo servitori della dea Achesay, organizzati in tribù-foreste rigidamente isolate dagli esseri umani; solo i sacerdoti della dea potevano avvicinarli senza essere bollati come cibo. Al tempo di Choqo, mentre i più anziani vivono ancora tradizionalmente, i più giovani hanno preso a mescolarsi con le popolazioni umane, finendo spesso vittime di discriminazioni e relegati ai lavori meno nobili o remunerativi. Mantengono comunque un rigido codice di valori, di cui la fedeltà è il più alto.

Shillqui: piante in cui scorre un liquido per aspetto e consistenza simile al miele, che causa a tutto l’albero di agitarsi violentemente. Se bevuto, questo liquido dà gli stessi effetti agi esseri umani, ma è difficilissimo metterci le mani sopra. Pianta sacra a Pachtu, i suoi sacerdoti ne devono bere la linfa durante le cerimonie.

Likri: fiori simili a gigli rossi, dalle temperature bollenti, che esalano un fumo sottile. Se tuffati in acqua gelida e canditi, sono considerati ottimi per la pasticceria, ed essendo legati al fuoco, l’unico limite al coglierli è potersi permettere buoni guanti protettivi.

Sangue della Terra: erba che influenza la circolazione sanguigna, usato per diversi effetti nelle gravidanze.

Zullma: pianta le cui varie componenti hanno diversi usi; le radici sono considerate un potente lassativo.

Kiquicos: erba di colore blu, parassitaria dei Duheviq. Pericolosa per le sue capacità di depistare animali e viandanti, ma molto ricercata per le sue molteplici virtù.

Guyla: praticamente un Moment.

Tably: erba che secondo le credenze popolari risolve l’insonnia e i problemi di incubi frequenti.

Ago di Luce: essere a metà tra lo stato animale e quello vegetale, si nutre di sangue, ma può essere utilizzato per aspirare anche altri fluidi corporei.

AQI: esseri simili a tassi dal pelo violaceo, che emanano ormoni che fanno marcire le sostanze inorganiche attorno a loro. Soggetti a disinfestazioni a tappeto e contenuti in gabbie speciali, sono frequentemente offerti in sacrificio, con la testa dedicata a Chicosi, il cuore ad Achemay, e il resto del corpo, a seconda che l’animale sia maschio o femmina, a Tumbe o Achesay.

Fylles: insetti con ali a forma di fiore e polline al centro del corpo. Poiché si nutrono di altri insetti, sono molto usati dagli agricoltori, anche se prima necessitano di un permesso di un Sacerdote di Chicosi.

 

Qillori: cristalli di colore azzurro chiaro, molto usati in oreficeria.

Achemairi: cristalli di colore dorato, anch’essi comuni per l’oreficeria.

Tablyk: pietra di colore rosato, usata nell’oreficeria.

Kislyk: pietra dall’aspetto simile alla tablyk, ma molto più dannosa.

 

Notte: entità primordiale da cui tutto il mondo ha avuto origine.

Achemay: dio del sole, entità più importante del pantheon Soqar.

Achesay: dea della terra.

Chicosi: dea dell’aria.

Tumbe: dio del mare, dei fiumi e dei laghi.

Sulema: dea del fuoco.

Pachtu: dio dei fulmini e della vita.

Qisna: dea della morte e delle paludi.

Supay: esseri più collegati al folklore che alla religione vera e propria, sono creature della Notte,

incaricati di torturare le anime dei peccatori che lì vengono gettate.

 

 

 

 

 

Ladies & Gentlemen,

e così, finalmente Corinna è riuscita a diventare novizia: dopo mazzate, assunzioni di stupefacenti, rischi di accuse ingiuste e morti, ma ce l’ha fatta. Per contro, mo’ per Simay sono cazzi amari, mentre a Sayre va tutto benissimo. Seriamente. Neanche un intoppo. Potrà mai durare questa situazione?

A parte le mie osservazioni, vorrei fare qui un cenno alla recensione che la mitica KarenHumbert ha dedicato a questa storia nel suo blog: mi ha resa davvero felice riceverla, e se qualcuno volesse dare un’occhiata a quella o al blog in genere, ecco il link: http://karehumbert.altervista.org/genere-fantasy-storico-recensione-a-limpero-della-vita/

Detto questo, ringrazio nuovamente tutti quelli che vorranno recensire o mettere la storia tra seguite o preferite, o anche solo leggere in silenzio!

 


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Capitolo 27
*** Dove si va nuovamente a capo di tutta la vicenda ***


                                   CAPITOLO 26

DOVE  SI VA NUOVAMENTE A CAPO DI TUTTA LA VICENDA

 

 

 

                                                                   Dal Manoscritto di Simay

 

Quella che normalmente era la piazza del mercato era completamente priva di bancarelle. Nessun’esibizione di utensili luccicanti o stoffe colorate o cibi profumati, solo una pedana al centro, con un palo dove era legato il condannato.

 Se la vista non era quella abituale, il livello di rumore pareva inalterato: ma invece che le proposte, controproposte, assensi e proteste della compravendita, le voci che riempivano la piazza erano tutti commenti sull’accaduto. Chi non riusciva a crederci, chi ci avrebbe scommesso fin dall’inizio, chi riteneva che a prescindere da dove avesse tratto le idee Waray non avesse poi tutti i torti, chi riteneva ogni sua parola nulla, e dichiarava che avrebbero dovuto purificare l’intero Tempio che l’aveva eletto come Sommo Sacerdote.

 L’oggetto di queste discussioni, di per sé, non diceva nulla, fissando la folla circostante, la sua pedana e la piazza come se non riuscisse a credere di essere lì, battendo regolarmente le palpebre e tenendo la bocca semiaperta in un’espressione stolida.

 Chissà cosa stava pensando Waray. Forse stava chiedendo mentalmente perdono alla dea per i suoi peccati? Forse stava cercando di capire quale fosse stato il suo errore in quella vicenda? O forse gli stavo dando troppo credito.

 Era più probabile che fosse incredulo che una persona intelligente come lui, che era riuscito a farla in barba a tutti fino a quel momento, fosse stato scoperto. Oppure indignato che una persona del suo rango potesse essere condannata a morte come un criminale qualsiasi. Magari stava lamentando un’ingiustizia rispetto a Pacha, che era ‘solo’ finito in esilio! Oppure, ancora, non riusciva a credere che potessero condannarlo per qualcosa che gli spettava di diritto. Pensieri del genere. Ormai io stesso non sapevo più cosa pensare.

 Io stesso non ci avevo creduto, quando il nuovo maestro dei novizi ci aveva spiegato cosa fosse successo! Il mio primo pensiero era andato a uno scherzo di cattivo gusto! Waray era sì stato scelto dagli uomini per essere il loro tramite con la dea, ma Achesay aveva gradito il suo sacrificio, aveva confermato la scelta! Cosa aveva voluto comunicare la dea, eleggendo a Sommo Sacerdote un blasfemo che era tale da anni, senza un segno di pentimento?

 Qualcuno mormorava che fosse una punizione per l’esilio di Pacha, che era stato un uomo buono e ligio al suo dovere: forse avrebbero dovuto richiamarlo dal suo esilio e ricondurlo alla sua precedente posizione. Per quanto la trovassi una soluzione meravigliosa, trovavo assai improbabile che ciò si verificasse: altri avrebbero pensato che richiamare qualcuno che aveva quasi danneggiato la dinastia imperiale dopo un caso come quello di Waray sarebbe stato proprio cercarsela, la punizione divina, e i sovrani probabilmente avrebbero dato retta a questa voce.

 Al momento, ci ritrovavamo senza Sommo Sacerdote, guardati storto da tutta la popolazione per aver obbedito agli ordini di qualcuno che si faceva consigliare dall’amante invece che dalla dea, e con dei ‘risarcimenti’ ancora da specificare da consegnare ai Templi che erano stati danneggiati dalla crociata di Waray. Davvero, non avrei saputo immaginare condizione peggiore.

 Per non parlare poi dei danni spirituali che la breve guida di Waray ci aveva portato: qual era l’entità dei peccati che avevamo commesso contro gli altri dei? Era stato davvero giusto cacciare a quel modo le Datrici di Morte? Certo, mi aveva permesso di scoprire Qillalla e dove stessero le sue vere lealtà, ma era stato davvero giusto?

 E naturalmente c’erano le manifestazioni contro gli schiavi che accedevano al culto di Pachtu. Ovvero Corinna, la ragazza che aveva dovuto sopportare di essere coinvolta in due risse per poter svolgere il suo dovere. Perché, perché avevo creduto a Waray?

 “Ehi”

Mi girai di scatto. Certo, sapevo che Corinna sarebbe stata lì, tutta Alcanta sarebbe stata lì, e i Sacerdoti di altri Templi avrebbero assistito probabilmente a tutta l’esecuzione. Non mi ero aspettato, però, che venisse a parlarmi. Voleva rinfacciarmi di essere stata nel giusto tutto il tempo? Ne avrebbe avuto il diritto, e avrei sopportato.

 “Come te la passi?” chiese invece.

 “Eh?”

 “Ma sì” rispose lei in fretta, come se inquisire sul mio benessere la irritasse molto. “Sai, tipo … vi hanno condannato a morte il capoccia, e vi siete beccati uno scandalo. E tu ti sei preso un’inchiesta. Seriamente, sembra che gli dei si siano accaniti su di voi!”

 Certo, non potevamo discutere di Llyra in pubblico. Ma lo stesso, rimasi di stucco a sentirle chiedere quelle cose. L’avevo abbandonata nel momento del bisogno, avevo attivamente ostacolato la sua iniziazione, e lei era ancora lì a chiedermi come stessi. Eccone un’altra che sembrava non aver mai sentito parlare del concetto di ‘reciprocità’! Ma era decisamente improbabile che fosse anche lei un’emissaria di Llyra. O almeno, speravo che non lo fosse.

 “Non hanno avuto il tempo di iniziare alcuna inchiesta su di me” le risposi. “Lo scandalo di Waray ha sconvolto tutti. Hanno passato gli ultimi giorni a interrogarci per capire se qualcuno di noi ne sapesse qualcosa e se ne fosse stato zitto. Tutti innocenti, tranne Waray stesso”

 “Ah” commentò lei. “Allora hai un po’ di tregua”

 “Già”

 Silenzio.

 “Mi dispiace” mi sentivo incredibilmente fuori luogo, mi sembrava che le scuse fossero inutili e non avrebbero risolto niente, ma gliele dovevo, no? Almeno come segno di rispetto. Poi sarebbe stata liberissima di mandarmi a quel paese. “Sono stato un ingrato e uno stupido, e ho dato per scontato che Waray agisse nel nostro migliore interesse, che esprimesse davvero la volontà divina. Avrei dovuto dare retta alla legge della reciprocità, ma ho fatto una pessima scelta e tu ne hai pagato le conseguenze. Mi dispiace, davvero, per quello che può servire”

 Lei sembrò sorpresa, molto sorpresa in effetti, come se fosse raro che la gente si scusasse con lei.

“Va bene …” mormorò. “Cioè, è vero che hai fatto una cazzata, e ho passato la maggior parte delle ultime settimane a sperare di scuoiarti vivo, ma … credo che tu sia finito abbastanza nei casini per quello … non intendo avercela con te a vita, ecco”

 Sembrava impacciata e a disagio quanto me. Dal canto mio, da una parte ero felice di aver avuto il suo perdono, dall’altra pensavo che non era giusto che la passassi liscia così. Aprii bocca, sentivo di dover dire qualcosa anche se non sapevo neanche cosa, ma Capac arrivò a passo svelto a riportarmi tra il gruppo dei novizi: stava per aver luogo l’esecuzione. Anche Corinna si defilò nel posto che ormai le spettava tra le Sacerdotesse di Pachtu. Chissà cos’avrebbe provato, nel veder condannato quello che aveva agito contro di lei …

 La folla sciamò ai lati della piazza per fare largo alla processione. Apriva la strada uno dei Purificatori di Qisna, seguito dal Sommo Sacerdote di Chicosi con un suo assistente. Dietro di loro camminavano tre schiavi. La coppia imperiale prese una strada diversa, andando a sedere negli scranni montati in fondo alla piazza, attorniati dai loro attendenti. Li osservai per qualche istante: Manco sembrava molto accigliato, Llyra impassibile come al solito. Poi riportai la mia attenzione sul gruppo di Sacerdoti.

 “Waray, Sommo Sacerdote della Grande Madre Achesay, tu hai commesso il peggiore abuso di potere” iniziò a declamare il Sommo Sacerdote di Chicosi. “La madre di tutti gli uomini ti ha scelto come suo rappresentante tra gli uomini, ma tu hai distolto la tua attenzione da lei. Ti sei insuperbito, credendo che la tua posizione ti elevasse al di sopra dell’autorità divina, e invece di obbedirvi hai violato le sue leggi, peccando di lussuria. E di più, hai violato ciò che era proprietà dell’erede di Achemay per il tuo peccato. Le tue colpe sono troppo profonde e immonde perché l’autorità umana possa restituirti la purezza di spirito. Dunque ti sarà sottratta l’anima dal corpo, e consegnata al giudizio degli dei. Prega nella loro misericordia, ma preparati ad essere accolto dalla Notte…” il Sacerdote si interruppe.

Waray stava gorgogliando qualcosa. Dapprima non si capì, ma non appena tutti si resero conto che stava cercando di parlare, calò nella piazza un silenzio in cui si sarebbe potuto sentir cadere uno spillo. Nessuno voleva perdersi le ultime parole del Sommo Sacerdote caduto.

“Non ha senso” stava farfugliando, il capo chino, gli occhi fissi nel vuoto. “Non ha senso. Gli dei non si curano di noi e di quel che facciamo, sono lontani, non ci guardano, non ci ascoltano. Puro e impuro, bene e male sono dell’uomo, nessun dio li ha mai comandati. Quindi perché mi punite? Non ho fatto nulla di male, non c’è il male, c’è se le persone potenti decidono che c’è e io lo ero, potente, nessun dio se la prenderà davvero con me, quindi perché voi …”

 “Basta così!” tuonò il Sommo Sacerdote di Chicosi, improvvisamente molto meno disposto ad ascoltare e più ansioso di evitare che la folla ascoltasse quelle bestemmie. “Qori, procedi”

 Il Sacerdote dell’Aria si raccolse in preghiera. Waray lo guardò stralunato.

 Un attimo dopo, iniziò a sussultare e boccheggiare, come se stesse cercando di trattenere qualcosa dentro di sé. In un certo senso, era vero. Io non avevo mai assistito a una simile esecuzione, ma il maestro ci aveva spiegato in che cosa sarebbe consistita: sottrarre l’aria dai polmoni del condannato, lasciandolo a morire per asfissia.

 Gli spasmi e i rantoli di Waray si fecero sempre più strozzati e disgustosi, mentre il suo viso assumeva una sfumatura bluastra. Poi diede un sospiro orribile, stanco, e poi più nulla. Il suo corpo si accasciò al palo cui era legato.

 “E’ finita” annunciò il Sacerdote che aveva eseguito la sentenza.

 Io credo di non aver vomitato sul posto solo perché ero troppo scioccato. Era la prima volta in vita mia che vedevo qualcuno morire, e in un modo che non era compassionevole quanto la decapitazione, per giunta. Quel Sacerdote ci aveva impiegato alcuni minuti!

 E vedere il cadavere di Waray, dopo averlo conosciuto in vita, sembrava terribilmente sbagliato. Come se avesse dovuto rialzarsi e riprendere la sua vecchia aria apatica, o altezzosa dopo la nomina, da un momento all’altro. Invece a lui si appressò il Purificatore, e compì il suo dovere: accelerò il processo di decomposizione al punto che, nel giro di pochi minuti, i resti di Waray furono poco più che un mucchietto d’ossa e di liquidi sparsi per la pedana, pronti ad essere ripuliti dagli schiavi. Li avrebbero gettati nella fossa comune dei criminali, anziché nei sepolcri destinati ai Sacerdoti o nella cripta della famiglia di Waray.

 Ecco come si concludeva la breve carica di quel Sommo Sacerdote che, nel giro di poche settimane, aveva creato una frattura completamente inutile fra i Templi e all’interno del popolo.

 “Non sarebbe mai dovuto nemmeno entrare in quel Tempio” commentò qualcuno accanto a me.

 Feci un mezzo salto all’indietro, e per poco non andai a sbattere contro Linca. Come avevano fatto lei e il suo padrone ad avvicinarsi senza che nessuno lo notasse?

 “Questo non sta a te deciderlo, artigiano” sbottò Capac, fulminandolo con un’occhiata.

 “E’ quel che penso della faccenda, non una legge indiscutibile … anche se a giudicare dall’esito, ho come l’impressione che gli dei o il destino o chi per loro concordino con me”

 “E’ stato comunque un Sommo Sacerdote. Non gli mancherai di rispetto”

 “Lungi da me. E tu come stai, Simay? Si è scoperto perché quel pazzo aveva preso di mira proprio te?”

 Lo guardai male per un istante, poi sospirai. Non c’era modo di levarselo di torno, vero?

 “Andiamo un momento da qualche parte, non è bene parlarne così in mezzo alla gente …” i Sacerdoti erano immersi in varie discussioni tra loro: nessuno badava a quel che facevano i novizi. Capac mi guardò con una certa preoccupazione, ma lo tranquillizzai semplicemente chiedendogli di avvertirmi quando sarebbe stato il momento di andarsene.

 Eleggemmo a luogo del nostro concilio un vicolo nei pressi della piazza: non il luogo più nascosto del mondo, ma non c’era un’anima, tutti si erano affollati a osservare il grande evento.

 Corinna ci raggiunse di corsa.

“E tu che pensi di fare?” attaccò immediatamente. “Cos’hai da dirgli? Cos’hai a che fare con questa faccenda?”

 “Siete di nuovo alleati? Ottima cosa, Simay. Ne sei rimasto un po’ a corto, e alienarti l’unica rimasta non sarebbe stata un’idea degna della tua intelligenza”

 “Come ‘ultima rimasta’? Ehi … non ho visto Qillalla, ora che ci penso. Che le è successo?”

 Ah, quindi non aveva saputo. E certo … se anche aveva sentito dell’attacco alle Datrici di Morte, non avrebbe potuto certo scoprire che Qillalla era una di loro.

 “Era una spia di Llyra”

 Cosa?! Oh cazzo! Siamo fottuti! Ecco come faceva a sapere …”

 “Sapere cosa?”

 “Ha cercato di ostacolarmi mentre compivo le mie prove … credo. Sovraccarico di lavoro, guardie che bloccavano ingressi e uscite, anche una falsa accusa verso la fine. Doveva essere veramente disperata di tenermi lì sotto il suo controllo e punibile”

 “Ha cercato di essere sottile, ma la cosa non le è riuscita proprio benissimo” commentò Sayre. “Di nulla, comunque”

 “Di nulla cosa?”

 “I non proferiti ringraziamenti di Corinna per essermi preso la briga di alleviare un po’ il suo lavoro, addormentare le guardie, creare una copertura per la falsa accusa, e darle un consiglio … di cui tra parentesi si è bellamente infischiata, ma del resto, è un suo diritto”

 Corinna sembrava sul punto di vomitare. Che Supay le aveva detto Sayre?

 “Sbrigati solo a dirci … qualunque cosa tu debba dire” ringhiò.

 “Come desideri!” fu la risposta, in tono odiosamente allegro. “Dunque, che ne pensate dello spettacolo di cui tutta Alcanta si è deliziata oggi?”

 “Che c’è da dire?” sospirai. “Waray si è allontanato dalla retta via, ha peccato, e ha quasi portato alla rovina tutti creando una faida tra culti. Ora ne è stato punito, ma gli altri Templi vorranno risarcimenti. Immagino che tu ne sia molto contento, vero?”

 “Di sicuro la situazione attuale è preferibile alla precedente” rispose lui. “Al punto che mi stupisce che tu non abbia fatto il collegamento”

 “Il collegamento a cosa?” protestai. “Waray è stato sviato da una donna dell’harem, non gli è stato promesso potere e non è stato minacciato fisicamente …”

 “E a chi credi che rispondesse Nuala?”

 Lo fissai per qualche istante. Oh, per la Notte … avevo appena commesso una grossa svista.

 “La tua spia nell’harem. Era lei, vero? Nuala! Ma avevi detto che …”

 “Lei?! Ma … oh, non importa. Lì siamo stati fessi noi ad averci creduto” brontolò Corinna.

 “Brava. Sì, la mia assistente era Nuala … non potevo certo dirlo a voi, non mentre avevo ancora qualche uso per lei”

 “E adesso che fine ha fatto? Si è accidentalmente data fuoco anche lei?” ringhiò Corinna. Chi era stato a darsi ‘accidentalmente’ dato fuoco?!

 “Per quella vecchia, è stato necessario per ottenere i risultati desiderati” chiosò Sayre. “Se anche ci fossimo limitati a stordirla o addormentarla di modo che non completasse la sua missione, sarebbe stata Llyra a occuparsi di lei. Ormai sapeva troppe cose per essere lasciata in vita. Nuala, d’altro canto, non porta alcun vantaggio a nessuno, morendo. E soprattutto, è stata un valido aiuto: come credete abbia fatto a scappare tanto bene?”

 Personalmente, non credetti a una parola. Quel dettaglio di Nuala era stato una lezione in sé e per sé: non credere a nulla di quello che ci veniva detto, come già lo stesso Incendiario ci aveva ribadito. Aveva anche voluto darci una dimostrazione pratica, che maestro diligente. Diedi Nuala per morta carbonizzata da qualche parte.

 Dannazione, qui stavano iniziando davvero a crescere le vittime umane. A Pacha era andata bene con l’esilio, in confronto! Dovevamo fermarlo. Dovevamo fermarlo assolutamente, non più solo per me, ma per evitare una vera e propria strage.

 “Ma perché proprio Waray?” sbottai. “Che colpe aveva? Perché indurre in tentazione a quel modo un uomo buono?”

 “Un uomo devoto, come tu hai detto non troppo tempo fa?”

 Avevo quasi dimenticato quella conversazione. Ecco cosa intendeva … chissà che risate si stava facendo, sapendo quel che stava per succedere.

 “Sì” sbottai. “Un uomo devoto, quello che sarebbe stato se tu non l’avessi fatto deviare dalla retta via!”

 Sayre scrollò il capo. Linca sbuffò.

“Pessima mossa, ragazzino” mi bisbigliò. “Adesso ti becchi una predica che non finisce più”

 “Waray era un debole, come molti altri che si trovano nei ranghi sacerdotali” esordì l’Incendiario, scoccando un’occhiataccia alla sua schiava. “La vita religiosa non è stata una sua scelta, lo sapevi? No? E’ stato costretto dal padre, si usa spesso con i figli delle famiglie importanti che rischiano di creare impicci nelle successioni. Costretto … si fa per modo di dire. Non sarebbe morto se avesse rifiutato. Suo padre avrebbe potuto disconoscerlo, cacciarlo di casa, ma a quel punto Waray si sarebbe trovato libero. Senza agi, senza appoggi, ma completamente padrone della sua vita. E a questa prospettiva, come molti che la affrontano, si è spaventato. Del resto, chi accetterebbe una vita difficile di cui si è interamente responsabili, quando si può scegliere una vita soffocante e sgradita, ma comoda, e di cui si può attribuire la colpa a qualcun altro?”

 “E quindi cos’è … hai voluto punirlo perché non aveva scelto per sé?” intervenne Corinna.

 “Non avrei potuto punirlo per una cosa del genere. Perché vedi … Waray aveva scelto per sé. Aveva solo compiuto la scelta che gli avrebbe impedito di riconoscerlo. Biasimava il padre che l’aveva mandato lì, ma lui non si era ribellato. Biasimava i suoi maestri che non avevano un minimo di riguardo per lui, ma non metteva alcun impegno nello studio. Biasimava il sistema che l’aveva costretto in quella posizione, ma non aveva mai provato a contrastarlo. In un modo o nell’altro, la responsabilità di sé stessi è una scelta inevitabile! Ma Waray, come già menzionato, era debole e vigliacco. La sua apatia, quel fastidio di essere lì a svolgere i suoi compiti che di sicuro avrai notato? Erano il suo modo di lamentarsi per il destino ingiusto che gli era spettato. Della sua vita, non aveva fatto altro che un patetico piagnisteo”

 Ah. Ora non avrei potuto fare altro che ammetterlo … sì, Waray non mi era mai parso una persona davvero devota. Avevo sempre soppresso quei pensieri per non mancare di rispetto all’autorità religiosa, ma … del resto, mi era già stato detto, vero?

 Ragazzo mio, se c’è qualcosa che tu e gli altri novizi dovete imparare, è che non sempre l’autorità garantisce la ragione’. Se solo avessi ricordato gli insegnamenti di Pacha! Ma non avevo davanti una persona ben intenzionata come il vecchio Sommo Sacerdote: non potevo darla vinta a Sayre.

“E con davanti uno così, che avrebbe potuto comunque ritrovare la sua forza e la sua fede a prescindere da come era iniziato, hai deciso di rovinarlo ancora di più invece di permettergli di salvarsi”

 “Io gli ho solo presentato la tentazione” replicò lui. “Lui avrebbe potuto rifiutare Nuala, ed evitarsi tutto questo. Non l’ha fatto. In qualsiasi momento avrebbe potuto decidere di smetterla di piangersi addosso e amare quella vita, o fuggire dal Tempio, ma non l’ha fatto. Non era solo debole, vedete: era anche incapace di giudicare sé stesso. Se lamentava un’ingiustizia, era perché si credeva troppo dotato per essere costretto a una vita sacerdotale, perché non riusciva a vedere quanto soggiogato, pigro e passivo fosse in realtà. E dunque, non ha mai cercato di superare i propri limiti. L’avesse fatto, forse si sarebbe salvato da me, ma è rimasto nella sua mediocrità ad attendere che gli si presentasse, dal nulla, ciò che ‘gli era dovuto’. Il rispetto di cui godeva come Sacerdote di alto rango gli dava qualche piacerucolo per il giorno, ora aveva anche Nuala a dargli qualche piacerucolo per la notte: e poi ecco che gli si presenta l’occasione di diventare Sommo Sacerdote, di imporre le sue idee senza schiodarsi dalla sua debolezza. Davvero credete che avrebbe potuto resistere?”

Ripensai al giorno del rituale. Se c’era qualcosa che stonava con quel che era successo, era che la dea avesse accettato il sacrificio, anche se sapeva che Waray era un peccatore … a meno che …

 “Sei stato tu” compresi. “Achesay non ha mai accettato il sacrificio. Quella fiammata era opera tua, non un segno del suo gradimento”

 “No, per niente” rispose l’Incendiario con un sorrisetto. “Io non ho messo mano a quelle erbe. Non le hai osservate bene da vicino, vero?”

 “Cosa? Ma come è successo allora?”

 “Erano lievemente secche. Non abbastanza perché fosse vistoso, ma abbastanza perché bruciassero più rapidamente di erbe fresche. Ed è una cosa che avviene regolarmente nelle consacrazioni dei Sommi Sacerdoti. Hai idea di tutta la politica che c’è dietro? Delle decisioni di quale famiglia dovrebbe avere l’onore di un suo membro in una posizione così elevata? Delle lotte di potere che potrebbero nascerne? C’è un motivo per cui la scelta del Sommo Sacerdote impiega giorni. E sarebbe a dir poco imbarazzante se, una volta che quei buoni Sacerdoti hanno fatto la loro scelta così accurata, questa venisse respinta dalla divinità! Ed ecco che arriva il trucco delle erbe secche. Controlla bene, quando sarà eletto il prossimo. O qualora un qualsiasi altro Tempio dovesse eleggere un nuovo Sommo Sacerdote”

 Questo non poteva essere vero. Il Sommo Sacerdote doveva essere confermato dalla scelta della divinità. Sayre sicuramente stava mentendo … anche se durante la cerimonia di consacrazione di Waray era rimasto fuori dal Tempio e dunque non avrebbe avuto modo di vedere il momento preciso in cui il sacrificio veniva offerto … ma non era neanche pensabile che la volontà degli dei fosse violata così!

 Non gli credetti. Lui stesso ci aveva detto di non credergli, ma se avesse avuto ragione … ebbi una piccola idea, su cui avrei dovuto elaborare in seguito.

 “La Grande Madre non lo permetterebbe mai” replicai. “Anche se quelle erbe fossero state davvero secche, Achesay avrebbe inviato un segno …” capii la fallacia anche prima che me la sottolineasse lui.

 “Eppure non la fatto. E sai perché? Alla Terra importa solo di essere venerata. Certo, Waray non lo stava facendo, ma non è una che si interessi di gerarchie. Hai mai visto Waray compiere una magia? Immagino non ne fosse capace da molto tempo, ma il suo rango gli permetteva di nasconderlo facendo lavorare effettivi devoti, come te, il tuo amico Capac, quali altri Sacerdoti siano lì per fede sincera, al posto suo”

 “Ma gli dei devono avere un tramite con i mortali! Non capisco …”

 “Alcuni li hanno” confermò Sayre. “L’Acqua, per esempio: vai a parlare con la sua Somma Sacerdotessa, e vedrai che è lamentosa e ipocrita quanto lui. Oppure Decadimento, quella che voi conoscete come Qisna, anche se credo si esprima più tramite le Datrici di Morte che i Purificatori. Ma tutti gli altri? Non fosse per la politica umana, ogni Sacerdote, o anche solo laico con sufficiente fede, è apprezzato – o ignorato – secondo gli stessi criteri”

 “Quindi tutto il sistema dei Templi che avete qui …” mormorò Corinna.

 “Non serve praticamente a nulla. Forse ne avrai parlato con quel, o quella, yrchllese: ti avrà detto che la loro concezione degli dei e del modo giusto di adorarli è radicalmente diverso. Eppure anche loro hanno avuto un regno fiorente, anche i loro Sacerdoti sanno usare la magia”

 “Non importa” sbottai. “Quello che hai detto non intacca la mia fede nella Grande Madre. Anzi, l’ha alimentata: d’ora in avanti seguirò quello che è davvero il volere degli dei, quello che è nei testi sacri e nelle tradizioni, non più le azioni di uomini che possono fallire. La mia venerazione sarà per gli dei stessi, non per chi li serve”

 “E come farai a sapere che quella che stai seguendo è la volontà divina e non la tua?”

 Stavo per rispondergli che l’avrei saputo, ma … non sarebbe stato peccare di superbia? Pretendere di conoscere istintivamente quel che voleva la divinità, di saperlo distinguere dal mio volere … ero umano anch’io, e se mi fossi confuso?

 “Risposta semplice: te ne freghi e fai quello che vuoi tu” commentò Corinna.

 “Ottima soluzione” approvò Sayre. “Ancora migliore se tu la mettessi effettivamente in pratica”

 “Cazzo dici? Io faccio solo quello che mi pare!”

 “Ma non sei diventata novizia?” la interruppi.

 Lei sbuffò. “Senti … è una storia lunga”

 Ebbi il fortissimo sospetto che almeno su una cosa Qillalla avesse avuto ragione, e Corinna non avesse in sé tanta fede quanto desiderio di libertà, ma fummo interrotti da Capac che accorreva a chiamarmi: i nostri Sacerdoti sarebbero tornati al Tempio.

 “Temo che la nostra conversazione si concluda qui” mormorò l’Incendiario. “Kino, comunque”

 “Kino? Cosa vuol dire Kino?”

 “E’ il nome del villaggio d’origine di Qillalla”

 Mi sentii come se il mio cuore avesse saltato un battito.

 “Cosa? Come? Come fai a saperlo? E perché me lo stai dicendo?”

 “Perché volevo dirlo. E’ stata una conversazione interessante … passate una buona giornata, tutti e due”

 E con questo si allontanò con tutta la calma del mondo, Linca alle calcagna.

 Corinna si voltò a guardarmi. “Che è successo con Qillalla?”

 “Simay? E tu … la tua maestra ti sta cercando!” urlò Capac, rivolgendosi a Corinna con un certo fastidio.

 Lei sbuffò. “Senti, non credo che riusciremo a incontrarci di nascosto come prima. Ti lasciano ricevere lettere, vero?”

 “Sì …”

 “Bene. Allora me ne mandi una e mi spieghi tutto. Magari riesco a darti una mano con qualcosa, ora che non sono più solo una schiava …”

 Non avevo la più pallida idea di cosa avrebbe potuto fare concretamente Corinna, anche come novizia di Pachtu, ma sentii lo stesso un groppo in gola. Da dove usciva quella ragazza, per starmi aiutando con tanto impegno anche dopo che l’avevo osteggiata? Doveva essere una persona veramente straordinaria … oppure un’altra spia di Llyra.

 Ma sarebbe stato eccessivo averne due, specie se una era una Datrice di Morte, e se Corinna fosse stata davvero al soldo dell’Imperatrice, non si sarebbe allontanata da me dopo essere stata osteggiata da Waray. A meno che Llyra stessa non l’avesse istruita così, per una maggiore credibilità … mai come in quel momento mi era tanto pesata la situazione, non come quando mi resi conto di non potermi davvero fidare di nessuno.

 L’Imperatrice Llyra, cui avevo sempre portato il rispetto di un suddito fedele, progettava di uccidermi solo per le circostanze della mia nascita. Sayre, l’orafo tanto amichevole, si era rivelato essere l’Incendiario. Qillalla, la ragazza che mi aveva sempre sostenuto senza nulla in cambio? Una Datrice di Morte.

 Chi era Corinna? Potevo davvero fidarmi di lei?

 Non avevo molta altra scelta, se volevo qualcuno in cui confidare. Ma sarei stato attento. Avrei pensato bene a cosa dirle e come, e sarei stato sempre preparato a un tradimento. E con quella decisione, almeno uno dei miei dubbi si quietò.

E così anche i miei dubbi riguardo a Waray. In un certo, discutere con Sayre mi aveva aiutato a schiarirmi le idee.

 Avevo cercato di rispettare le leggi divine, avevo dovuto scegliere tra il dovere dell’obbedienza e quello della reciprocità, e avevo scelto il primo. Affidarmi a un essere umano, quello era stato il mio sbaglio. Mi era sempre stato insegnato che il Sommo Sacerdote di un dio ne era la voce stessa in terra, il tramite la cui volontà andava obbedita perché divina. Ma un uomo non è un dio. Può esserne in vicina comunanza, può ascoltarne le parole, ma può anche sentire male. O decidere di smettere del tutto di ascoltare, senza che gli altri se ne accorgano.

 Quando avevo dovuto scegliere tra seguire un ideale, o un uomo che ne portava un altro, avevo scelto male. Un uomo può mentire, un valore no. Che quell’evento mi fosse di lezione: seguire qualcosa che approvavo, qualcosa che ritenevo giusto ed era confermato da secoli come il comando degli dei, perché le parole di una guida anche spirituale potevano portare al disastro. Avevo ritrovato la mia strada, e l’Incendiario non l’aveva avuta vinta.

 Ma avevo ancora tanti altri dubbi a tormentarmi! Che avrei fatto con l’imminente inchiesta? Come avrei fatto ad accertarmi di compiere il volere degli dei, e non i miei desideri egoistici? E perché l’Incendiario mi aveva detto il luogo d’origine di Qillalla? Cosa nascondeva quella ragazza, oltre a quello che avevo già scoperto?

 

 

Choqo richiuse il libro con un sospiro.

 Di nuovo, aveva letto in fretta e furia, alternandosi tra i vari manoscritti. E quindi, ora anche Simay e Corinna avevano scoperto il coinvolgimento dell’Incendiario, si erano rappacificati, e si erano trovati senza Qillalla. Da una parte era senz’altro un bene, almeno sarebbero stati liberi dalla spia di Llyra, ma aveva la sensazione che la storia di quella Datrice di Morte non fosse affatto conclusa. Ma quel che più le dava da pensare erano due cose.

 Quella più attinente alla vicenda, era il modo di Sayre di riferirsi agli dei: non usava i nomi della mitologa, ma definizioni di quel che sembravano essere, come Energia, Terra, Acqua, Decadimento. E richiamava la stessa presentazione di chi aveva portato lì Corinna, come la ragazza stessa aveva notato.

 Cosa voleva dire? I comportamenti degli dei nella religione che le era stata descritta erano molto umani, e così i loro legami familiari: era possibile che quegli esseri fossero in realtà più affini a pure forze naturali, e le vicende di Achemay e di tutta la famiglia pure supposizioni basate su una mentalità puramente umana?

 Del resto, erano già state riscontrate incongruenze con il metodo di reincarnazione dell’Incendiario. Ma allora, su quante cose gli abitanti di Tahuantinsuyu si sbagliavano completamente, riguardo ai loro dei?

 La seconda era … quello che era stato detto di Waray. Già quando aveva parlato con Linca questo dettaglio aveva catturato la sua attenzione, ma solo ora aveva abbastanza informazioni da riflettervi a fondo.

Una persona che era stata costretta dalla sua famiglia a una vita da lui non voluta, pena la perdita di ogni affetto e sostegno … una situazione terribilmente simile alla sua. E per quello, Sayre pensava che fosse un debole, addirittura indegno di vivere! Se lei fosse vissuta all’epoca di quelle vicende, sarebbe rientrata anche lei nella lista dei ‘sacrificabili’ dell’Incendiario?

 Da una parte non avrebbe dovuto preoccuparsene: Sayre era un pazzo, uno che aveva idee per il futuro dell’umanità poco comprensibili e di sicuro una ‘morale’ sballata. Era il cattivo, probabilmente il fatto che lui l’avrebbe considerata degna di morire non voleva dire niente. Dall’altra però … Choqo aveva sempre dato per scontato di essere una vittima della situazione, costretta da poteri superiori al suo a una vita che non voleva. Ma di preciso, che le sarebbe successo se avesse rifiutato di sposare Atahuani? Sarebbe morta? Sarebbe stata picchiata, abusata, ridotta in schiavitù?

 Nulla di tutto questo … nella più seria delle ipotesi, sarebbe stata cacciata di casa, nella migliore i suoi l’avrebbero a malapena degnata di uno sguardo mentre arrangiavano matrimoni su matrimoni, in attesa che lei cedesse e si decidesse a sposare qualcuno dei candidati. Non avrebbe avuto alcun danno fisico, e se anche fosse stata cacciata, non si sarebbe trovata sulla strada, il Tempio della Vita probabilmente l’avrebbe accolta finché non fosse riuscita a trovare un’occupazione.

 Ma non sapeva fare niente, era cresciuta nella bambagia, sarebbe … avrebbe sempre potuto imparare qualcosa. Oppure avrebbe potuto far sì che il suo talento con la spada non fosse più solo un orpello per compiacere un futuro marito, e arruolarsi in qualche divisione dell’esercito o delle guardie. Ormai era permesso, alle donne. Ma si sarebbe trattato di cambiare radicalmente la sua vita …

C’era anche l’altra possibilità: essere fatta passare di accordo in accordo, trattata nel frattempo col più completo sdegno. Una prospettiva quasi peggiore, i suoi genitori non irritati come al solito, che almeno era un modo di riconoscere la sua presenza, ma indifferenti, a contattare diversi possibili ‘compratori’ … certo, forse così avrebbe avuto la vaga speranza di incontrare uno che le piacesse, ma quanto era probabile prima di cedere per sfinimento?

 Non si era mai soffermata troppo a pensare alle conseguenze di un suo rifiuto del suo promesso, si era limitata a lamentarsi della costrizione della sua famiglia … eppure l’abbandono da quella stessa famiglia le appariva così orribile! Ma come poteva essere tanto legata a una famiglia che non aveva a cuore la sua felicità?

 Perché non aveva amici, non aveva altri legami, ecco perché … come influiva quello sulla sua libera scelta? Sayre diceva che tutti erano comunque responsabili di sé stessi … ciò voleva dire che lei non era costretta a nulla, ma anzi, era responsabile del male che avrebbe scelto, perché non riusciva a capire una scelta positiva tra le due! Come poteva essere che quella non fosse costrizione? Doveva esserlo!

 Qualunque altro pensiero … lo scegliere un destino difficile … le faceva paura.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

GLOSSARIO (e qualche trivia):

Mekilo: essere simile a uno scoiattolo, solo molto più grande, con zampe molto più lunghe e la coda in fiamme. Essendo un animale legato al fuoco, non è considerato sacro a nessun dio, ma sfruttabile da tutto il genere umano. Viene usato soprattutto per trasportare merci e persone.

Occlo: bovino ricoperto di squame e con protuberanze lunghe e sottili, simili a serpenti che stanno al posto delle corna e da cui esce fuoco. Anch’esso animale legato al fuoco, ma per la sua pericolosità e la capacità di controllare i loro getti di fuoco sono quasi esclusivamente cavalcature da battaglia.

Kutluqun: capre anfibie con alghe al posto della pelliccia. Sono considerate sacre al dio Tumbe, e per questo, per allevarle o catturarne di selvatiche, è necessaria l’autorizzazione di un sacerdote di quel dio.

Lymplis: pesci volanti, con le pinne coperte di piume. Sono sacri alla dea Chicosi, dunque è necessaria l’autorizzazione di un suo sacerdote per possederne uno. Malgrado ciò, sono popolari come animali da compagnia presso la nobiltà.

Kyllu: uccelli simili a cigni, fluorescenti. Sono sacri al dio Achemay, e allevati solo all’interno del palazzo imperiale. Il loro piumaggio è usato per decorare le corone dei sovrani.

Lilque: creature con corpi simili a quelli degli esseri umani, ma con code di serpente al posto delle gambe. Servitori del dio Thumbe, vivono presso il mare, i laghi e in qualche caso i fiumi, quasi mai in corsi d’acqua più piccoli.

Duheviq: piante dalla capacità di mutare il proprio aspetto, assumendo qualsiasi forma desiderino. Originariamente questo veniva usato per catturare prede dei cui fluidi nutrirsi, ma con l’avanzare della società umana, ne hanno approfittato per integrarvisi. Un tempo servitori della dea Achesay, organizzati in tribù-foreste rigidamente isolate dagli esseri umani; solo i sacerdoti della dea potevano avvicinarli senza essere bollati come cibo. Al tempo di Choqo, mentre i più anziani vivono ancora tradizionalmente, i più giovani hanno preso a mescolarsi con le popolazioni umane, finendo spesso vittime di discriminazioni e relegati ai lavori meno nobili o remunerativi. Mantengono comunque un rigido codice di valori, di cui la fedeltà è il più alto.

Shillqui: piante in cui scorre un liquido per aspetto e consistenza simile al miele, che causa a tutto l’albero di agitarsi violentemente. Se bevuto, questo liquido dà gli stessi effetti agi esseri umani, ma è difficilissimo metterci le mani sopra. Pianta sacra a Pachtu, i suoi sacerdoti ne devono bere la linfa durante le cerimonie.

Likri: fiori simili a gigli rossi, dalle temperature bollenti, che esalano un fumo sottile. Se tuffati in acqua gelida e canditi, sono considerati ottimi per la pasticceria, ed essendo legati al fuoco, l’unico limite al coglierli è potersi permettere buoni guanti protettivi.

Sangue della Terra: erba che influenza la circolazione sanguigna, usato per diversi effetti nelle gravidanze.

Zullma: pianta le cui varie componenti hanno diversi usi; le radici sono considerate un potente lassativo.

Kiquicos: erba di colore blu, parassitaria dei Duheviq. Pericolosa per le sue capacità di depistare animali e viandanti, ma molto ricercata per le sue molteplici virtù.

Guyla: praticamente un Moment.

Tably: erba che secondo le credenze popolari risolve l’insonnia e i problemi di incubi frequenti.

Ago di Luce: essere a metà tra lo stato animale e quello vegetale, si nutre di sangue, ma può essere utilizzato per aspirare anche altri fluidi corporei.

AQI: esseri simili a tassi dal pelo violaceo, che emanano ormoni che fanno marcire le sostanze inorganiche attorno a loro. Soggetti a disinfestazioni a tappeto e contenuti in gabbie speciali, sono frequentemente offerti in sacrificio, con la testa dedicata a Chicosi, il cuore ad Achemay, e il resto del corpo, a seconda che l’animale sia maschio o femmina, a Tumbe o Achesay.

Fylles: insetti con ali a forma di fiore e polline al centro del corpo. Poiché si nutrono di altri insetti, sono molto usati dagli agricoltori, anche se prima necessitano di un permesso di un Sacerdote di Chicosi.

 

Qillori: cristalli di colore azzurro chiaro, molto usati in oreficeria.

Achemairi: cristalli di colore dorato, anch’essi comuni per l’oreficeria.

Tablyk: pietra di colore rosato, usata nell’oreficeria.

Kislyk: pietra dall’aspetto simile alla tablyk, ma molto più dannosa.

 

Notte: entità primordiale da cui tutto il mondo ha avuto origine.

Achemay: dio del sole, entità più importante del pantheon Soqar.

Achesay: dea della terra.

Chicosi: dea dell’aria.

Tumbe: dio del mare, dei fiumi e dei laghi.

Sulema: dea del fuoco.

Pachtu: dio dei fulmini e della vita.

Qisna: dea della morte e delle paludi.

Supay: esseri più collegati al folklore che alla religione vera e propria, sono creature della Notte,

incaricati di torturare le anime dei peccatori che lì vengono gettate.

 

 

 

 

Ladies & Gentlemen,

niente da dire su questo capitolo, se non che a livello di trama Corinna e Simay sono finalmente tornati una squadra. E che sia loro che Choqo hanno finalmente iniziato a trovarsi alle prese con tutto l’esistenzialismo che ho voluto riversare in questa storia. Tra l’Incendiario il cui intero personaggio è basato sul pensiero di un certo filosofo (vediamo se qualcuno indovina, nel suo discorso in questo capitolo ho pure infilato una mezza citazione!) e Choqo che viene forzatamente cacciata fuori dalla malafede sartriana.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, e ringrazio chiunque abbia voglia di recensire, mettere nelle preferite/ricordate o anche solo leggere!


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Capitolo 28
*** Dove si danno e ricevono consigli sul da farsi ***


                                CAPITOLO 27

DOVE  SI  DANNO  E  RICEVONO  CONSIGLI  SUL  DA  FARSI

 

 

                                                        Dal Diario di Chica Guchanii

 

 

                        27  CHICOSUDI  1593

 

Non ci capisco più nulla, povera me!

 Sia i nostri piani contro quella spregevole schiava che contro il bastardo sono falliti. L’Incendiario li ha fatti fallire: avevamo previsto che avrebbe cercato di aiutare Corinna, ma non siamo riuscite lo stesso a fermarlo; e per fortuna ci è andata di mezzo solo una schiava ormai molto anziana.

 Ma il fallimento più terribile è stato quello dell’attentato al ragazzo: la situazione era perfetta, una piena sommossa popolare dove sarebbe potuto benissimo saltare fuori un coltello, e ovviamente quel mostro era lì, pronto a intercettare la lama. Come abbiamo fatto a non pensarci? E ciò si è andato a sommare alla scoperta di Qillalla, quindi le guardie hanno notato il curioso accanimento su Simay. Hanno iniziato un’inchiesta, che Achemay ci protegga!

 Certo, credo abbiamo ancora qualche opportunità per scamparla, il ragazzo è pur sempre figlio di un governatore, potremmo accusare qualcuno di avere dei vecchi rancori con Etahuepa … e per fortuna tutti sono stati troppo distratti con l’affare di Waray, finora. Ma adesso quel Sacerdote è morto, ne sarà eletto un altro, e le questioni dei risarcimenti saranno sbrigate tra i Templi. Surne e i suoi uomini saranno liberi di indagare sul bastardo.

 E in tutto questo io non posso neppure consultarmi con la mia signora: il momento del parto è ormai imminente, passa il tempo nelle sue stanze con la sola compagnia delle sue ancelle più fedeli e della giovane farmacista. Non sarà nello stato di occuparsi di simili faccende. Dovrò impegnarmi a investigare gli eventi in autonomia. Che gli dei tutti mi aiutino!

                            

                         28 CHICOSUDI 1593

Oggi ho potuto parlare con la moglie di Surne. Non è una nobile, non è del nostro circolo, e dunque ho avuto qualche difficoltà a trovarla: ho dovuto recarmi al mercato senza nessuna serva ad accompagnarmi, non voglio certo che sospettino qualcosa!

 Lei stessa è stata molto sorpresa dal vedermi, ma ha capito che ero semplicemente in cerca di pettegolezzi succulenti da riferire alle altre dame della corte: non mi è parsa molto compiaciuta di ciò. A riferire le sue esatte parole, sono state ‘un attentato ai danni di un ragazzino non è certo materia di chiacchiere da giardino’.

 E’ stata un’impresa ardua continuare malgrado il mio imbarazzo (ripresa da una donna di rango inferiore! Non avrebbe dovuto parlarmi così, ma ammetto che avrei pensato le stesse cose di qualcuno che cercasse di spettegolare su qualcosa di tanto grave, in altre circostanze), ma sono riuscita a placarla e a convincerla che la mia era solo preoccupazione per il figlio di quel brav’uomo di Etahuepa. Non ha rivelato molto lo stesso, immagino che siano faccende di una certa riservatezza, ma sono riusciti a scoprire che il ‘popolano in preda a un accesso d’ira’ era in realtà un sicario che si era già guadagnato una certa notorietà.

 Pensano che sia stato ingaggiato da un nobile, così come la Datrice di Morte (che, interrogata, non ha detto praticamente nulla, limitandosi a piangere quando non rimaneva in silenzio). Non hanno ancora un sospettato principale, ma credono sia qualcuno che nutre rancori contro Etahuepa o la sua famiglia, forse qualcuno che aveva ambito al governatorato di Dumaya.

 Quanto al ragazzo stesso, gli interrogatori non hanno portato a nulla: continua a dichiarare di non avere idea di chi possa prenderlo di mira. Naturalmente, se si azzardasse ad accusare Llyra sarebbe incarcerato sul posto. Sarebbero state necessarie indagini più approfondite, ma al momento è sorta un’altra faccenda che li sta preoccupando: Sua Altezza Manco ha ordinato una vera e propria investigazione all’interno del suo harem.

 Bisogna scoprire come abbia fatto Nuala a uscire regolarmente, cosa ne sapessero i guardiani, e se altre donne fossero riuscite ad avere tresche. Pare che le indagini si stiano concentrando soprattutto sugli artigiani di corte, dato che erano quelli geograficamente più vicini alle donne. La moglie del capo delle guardie mi ha raccontato questo con l’evidente speranza di darmi qualcosa su cui fosse più facile spettegolare, e di distogliere la mia attenzione da un’indagine così seria, ma io vi ho letto tutt’altro: la mia signora ha finalmente colto l’occasione di iniziare la sua offensiva contro l’Incendiario, perfino dallo stato in cui si trova. Ha davvero una tempra di ferro!

 Nel pomeriggio ho riferito tutto questo alle mie pari, sperando che qualcuna potesse fornire informazioni aggiuntive, ma è stato l’esatto inverso. Nessuna sapeva dell’indagine nell’harem, e tutto quel che ne ho ricavato sono stati insulti all’indirizzo di quelle donne infami e speculazioni su chi potesse essere l’amante di chi.

 Ripensandoci ora, mi sento una stupida ad essermi incupita pensando al fallimento delle mie speranze e non averne approfittato per scatenare sospetti anche su Sayre: si fossero fatti abbastanza insistenti, avrebbero potuto essere usati come base per un interrogatorio! Spero che domani non sia già troppo tardi. Se solo avessi la mia signora ad aiutarmi!

 

                      29  CHICOSUDI  1593

Pare che qualcosa stia cominciando ad andare per il verso giusto. Le donne di corte oggi parlavano ancora dello scandalo dell’harem, e delle nuove teorie che erano venute in mente loro solo la sera. Io ho avanzato i miei sospetti su Sayre, e sono stati accolti molto favorevolmente: del resto Sayre è un bell’uomo, non avrebbe problemi a conquistare una donna, ed è davvero strano che qualcuno della sua età e status economico non sia ancora sposato. Probabilmente presto sarebbe intervenuto l’Ufficio Censimenti!

 Questo potrebbe significare che è preso a pensare a una donna irraggiungibile … ma anche che ha la casa libera senza mogli di mezzo. A ciò, qualcuna ha osservato che anche Yzda ha la bottega libera senza mogli di mezzo, e tutte sono scoppiate a ridere immaginando il buon vecchio farmacista nella parte del seduttore.

 Tabllay ha osservato che Yzda ha comunque la figlia, ma è stata subito ripresa da Uyella: pare che Alasu abbia preso la pessima abitudine di sgattaiolare fuori dal palazzo, nottetempo, per andarsene chissà dove con un gruppo di ragazze popolane. Da lì, il discorso è purtroppo passato alle giovani d’oggi soggette a tante tentazioni se non le si tiene bene d’occhio, e sarebbe un vero peccato che una ragazza finora così dolce e buona finisse per rovinarsi la reputazione proprio mentre entra nell’età da marito.

 Io ho pensato a tutte le volte che ho notato la figlia del farmacista in compagnia di Corinna: non mi sorprenderebbe che quella ragazza grossolana, volgare e insolente avesse traviato la coetanea! Forse questo potrebbe essere usato contro di lei, per rovinare la reputazione di quella che ormai è una novizia fuori dal nostro controllo?

 Dovrei, di nuovo, parlarne alla mia signora, ma ciò mi è impossibile.

 Abbiamo parlato molto anche di lei, quel che alcune sono riuscite a capire dai farmacisti è che sembra preannunciarsi come un parto difficile: possiamo solo sostenerla con preghiere alla Grande Madre, e sperare che la dea non voglia punire il nostro popolo con la morte della sua sovrana. Davvero, che la dea non lo voglia! E’ forse possibile che sia una manifestazione della sua ira per aver attentato a un suo giovane Sacerdote? Ma noi stiamo facendo tutto per necessità, per assicurarci che il sangue del Sole rimanga puro sul trono: se la mia signora morisse, chi difenderebbe il diritto di Quisquis al trono? Specie con un nemico come l’Incendiario!

 No, la mia signora deve assolutamente rimanere in vita. Che ciò abbia il benestare di Achesay, qualunque siano state le azioni di Waray non può permettere che il regno cada nelle mani di qualcuno controllato da Sulema!

 Certo, so che è superbo pensare cosa gli dei dovrebbero o non dovrebbero fare, ma lo prego con tutta me stessa: che la mia signora sopravviva …

 

                      30 CHICOSUDI 1593

Ieri temevo che le mie preghiere sarebbero suonate superbe alle orecchie della dea: ora temo che qualsiasi mio ringraziamento potrebbe essere insufficiente!

 La mia signora è sopravvissuta, e non solo: ha dato alla luce due gemelli, maschio e femmina, entrambi sani! Non abbiamo perso il sostegno degli dei, e la nostra causa è giusta: come è stato confermato dalla nascita di questa bambina, una futura Imperatrice per il principe che dimostrerà di meritare la corona.

 Non ho potuto vedere la mia signora, il parto l’ha comunque molto provata, ma si terrà presto una celebrazione per la nascita dei due nuovi principi, e per allora aspetteranno che si sia ristabilita. Finalmente potrò riferirle quel che ho scoperto, se non lo sa già, e ascoltare da lei ciò che dovrà essere fatto per liberarci del possibile usurpatore.

 Nel frattempo, ho contattato i cacciatori di aqi per un sacrificio di ringraziamento ad Achesay, nel numero più abbondante possibile. Per una volta, mio marito era completamente d’accordo, e non ha neppure protestato: un bel sollievo che si aggiunge alla mia gioia!

 

                        31 CHICOSUDI 1593

Contrattare con i cacciatori di aqi è stato un lavoraccio: naturalmente, tutti hanno avuto la nostra stessa idea, e i prezzi sono schizzati alle stelle mentre gli animali si facevano più difficili da trovare. Alla fine sono stata costretta ad accettare un numero molto inferiore di quel che volevo inizialmente, e dire che sono anche stata tra le prime a rivolgermi a loro!

 Ho idea che presto al Tempio di Achesay avverranno più sacrifici di quanti ne siano avvenuti da tempo: sarà un buon modo per risollevarne la reputazione, dopo il disastro di Waray. Purtroppo non si sa ancora chi sia stato eletto come nuovo Sommo Sacerdote, ma dovranno accelerare le cose per poter accettare i sacrifici e presenziare alla presentazione dei principi. Spero solo che non facciano una scelta troppo affrettata, che quel Tempio ha già dato fin troppi guai!

 Per quanto riguarda le inchieste, coi miei mezzucci dei pettegolezzi sono riuscita a scoprire solo che sia Sayre che il marito di Conira sono stati sospettati di attività illecite con le concubine, ma dovrò aspettare per i dettagli degli interrogatori. Ma ho saputo che è sul primo che si sono incentrati i sospetti: non solo per i motivi da noi ipotizzati, ma perché dagli interrogatori nell’harem è risultato che l’ultima volta che Nuala è stata vista, era stato quando la sua schiava Linca le aveva portato un involucro il cui contenuto è rimasto misterioso a tutti. Conteneva un gioiello, o qualcos’altro che aiutasse una donna molto in vista a scappare?

 Se lo stanno chiedendo tutti, e potrei interpretare anche questo come un buon segno; ma intanto la mia signora non mi ha ancora convocata, immagino debba ancora riprendersi. Spero solo che questa attesa finisca presto!

 

                           1 NECHISUDI 1593

Finalmente ho qualche certezza!

 Innanzitutto, stamane Clallia ha riferito tra le risate gli esiti degli interrogatori: il nulla assoluto. Il marito di Conira è stato una frana balbettante, sospettano che fosse ubriaco, quindi la moglie si è trovata a garantire per lui che no, non c’era stato alcun viavai da lì alle stanze dell’harem o viceversa, e se anche ci fosse stato l’intervento delle guardie sarebbe stato inutile, perché ci avrebbe pensato lei a massacrare tutti i coinvolti.

 Sayre è stato quello che ha suscitato la maggiore ilarità, perché prima ha pensato che Surne fosse lì per accusarlo di aver avuto una tresca con sua moglie e negando con la massima convinzione, per poi ammettere di aver scherzato e dichiarare che, per quanto ne sapeva, nessuna delle svariate ragazze che aveva in città aveva nulla a che fare con l’harem imperiale; ma non era poi un così bravo matematico, quindi se qualcuno di loro voleva aiutarlo a farne un censimento, sarebbe stato grato.

 Gli hanno detto di andarsene alla Notte, e molto esasperati hanno proseguito chiedendogli cosa avesse inviato a Nuala: era un copricapo tempestato di gemme, una richiesta di gioielli consueta per quelle donne. Poteva essere usato per nascondere i lineamenti della donna? Possibile, gli era stato richiesto con delle frange.

 All’epoca non aveva pensato a nulla di strano, ma alla luce della scomparsa della donna, aveva ammesso con più serietà, ne era rimasto piuttosto inquieto. E no, a lui non era stato detto niente di ciò a cui sarebbe servito.

 Le guardie non hanno ricavato altro, e hanno concluso che, data l’assenza di prove concrete di un suo coinvolgimento (lo sospettavano per le stesse ragioni che avevamo osservato noi), il fatto che prendesse le accuse tanto sul ridere non indicava certo una coscienza sporca.

 E questa è stata la poco soddisfacente conclusione del tentativo della mia signora di incastrarlo, dato che negli effetti personali di Nuala non è stato trovato nulla che lasciasse pensare a una comunicazione tra i due (evidentemente, quella donnaccia distruggeva subito tutto). E noi dovremo trovare qualcosa di diverso per potercene sbarazzare senza problemi.

 Ma la cosa più importante è stata che, nel tardo pomeriggio, la mia signora mi ha finalmente convocata. Era ancora molto stanca e provata, ma lucida come sempre, e informata su tutti gli ultimi avvenimenti.

 “Certo, siamo state sfortunate nel nostro progetto di incastrare l’Incendiario. Tutt’al più, potremo sperare di avergli procurato una distrazione momentanea … ma era solo il primo dei possibili piani, quello che sembrava più probabile allora. La nascita della mia Cusi ha cambiato tutto”

 “Avete dato alla bambina il nome di vostra madre, mia signora?” chiesi con un sorriso.

 “Mia madre era una grandissima sovrana, e voglio augurarmi che mia figlia sarà lo stesso. Lei sarà la prossima Imperatrice, del resto. Ora che ne abbiamo la certezza … Chica carissima, ricordi che avevo detto che certe persone non sarebbero più state necessarie?”

 L’aveva detto, certo … che gli dei ci aiutassero, potevamo davvero fare qualcosa di simile? Uccidere l’Imperatore? Llyra sarebbe rimasta come reggente, il sangue del Sole sarebbe rimasto sul trono, ma non sarebbe stato un sacrilegio?

 La mia signora ritiene che gli dei ignorino le lotte per il trono tra i discendenti di Achemay: la scelta di un nuovo sovrano, anche tra i figli legittimi, è spesso un bagno di sangue, e non è mai intervenuto un miracolo divino a fermare esili ingiusti e fratricidi. Purché si dimostri un sovrano capace e meritevole della discendenza dal Sommo Dio, un erede del Sole può agire come più gli aggrada verso chiunque.

 E io … appartengo alla famiglia, quello stesso sangue scorre nelle mie vene, ma la mia signora discende da sovrani più meritevoli ed è, a sua volta, più meritevole di me: a lei obbedirò, qualunque cosa lei mi chieda. Non ho espresso a voce alta nessuna di queste mie riflessioni: ho già cercato di dissuadere la mia signora dai suoi intenti, e ne ho potuto ammirare i risultati questa sera.

 Considerando la situazione e tutte le persone che vi sono rimaste inaspettatamente coinvolte, la mia signora è giunta a una conclusione: sfrutteremo la Dama Azzurra.

 Nel caos che è sorto attorno alle vicende di Waray, il suo più recente omicidio è passato quasi sotto silenzio, ma ciò non toglie che sia meno attiva. Chiunque ella sia, quella donna non ha pietà per nessuno: nobili, artigiani, contadini, burocrati. Purché siano conosciuti come uomini violenti, che maltrattano le loro donne, lei troverà il modo di ucciderli.

 Ora, secondo la mia signora, questa donna agisce per puro idealismo (nelle case dove ha agito non sono stati trovati oggetti mancanti, dunque non è un travestimento per delle rapine) né probabilmente un’assassina prezzolata, date le somiglianze in ciascuno dei suoi delitti. Inoltre deve essere sorprendentemente brava nell’infiltrarsi e nell’uscire di nascosto dalle case, dal momento che nessuno l’ha mai colta sul fatto, e o dotata di una forza fisica sorprendente per una donna, o un’abile attrice in grado di fingersi innocua per poter bene attaccare a sorpresa (le sue vittime sono solo uomini, che per loro natura dovrebbero essere più forti di lei).

 Abbiamo una pericolosa assassina in grado di infiltrarsi ovunque senza essere vista e che non si pone differenze di rango pur di vendicare donne maltrattate, e poi abbiamo Nuala: misteriosamente scomparsa dopo lo scandalo che l’ha coinvolta. Nessuno ha idea di dove sia: chi potrebbe aver fatto sparire una donna altolocata così, senza che nessuno la rivedesse più? Fosse stato un suo familiare o amico, avrebbe dovuto avere una quantità incredibile di denaro per corrompere le guardie, o mezzi e aiutanti molto efficienti per trasportare la donna lontana da Alcanta.

 L’esistenza di una persona simile è improbabile, dunque si apre una terza possibilità: che Nuala non se ne sia mai andata da palazzo, e che il sovrano, offeso, l’abbia imprigionata per sottoporla a torture che un processo e un’esecuzione le avrebbero pietosamente risparmiato.

 Quanto sarebbe facile diffondere questa voce? Non avremmo neppure bisogno di mettere il sovrano in cattiva luce, molti vedrebbero come giustificate le sue azioni. Molti, s’intende, tranne la Dama Azzurra. Sarà lei a liberarci dall’Imperatore per conto nostro.

 Ma il mio compito questa volta potrebbe rivelarsi difficile: oltre a iniziare a spargere questa voce in giro, dovrò recarmi presso la famiglia di Nuala per discuterne. Traditrice o no, disonore su di loro o meno, quella donna resta pur sempre una loro figlia e sorella: almeno qualcuno che sarà furioso a questo sospetto e si riterrà in dovere di vendicarla ci sarà. Saranno loro, nel caso ce ne fosse bisogno, a cercare di mettersi personalmente in contatto con la Dama Azzurra e richiedere il suo aiuto.

 Ma naturalmente l’assassinio dell’Imperatore non potrà andare impunito, e da quel momento in avanti, catturare la Dama richiederà la massima attenzione di guardie e soldati, senza nessuno che perda tempo dietro indagini minori, ad esempio perché un novizio presso il Tempio di Achesay sia stato vittima di due tentativi di omicidio premeditato, o preoccuparsi eccessivamente della protezione di un soggetto così a rischio.

 E l’Incendiario, ho chiesto io? Non saprà prevedere, ostacolare tutto questo?

 Certo, tenterà tutto il possibile. Ma noi controlleremo attentamente la situazione, presteremo attenzione a ogni più piccolo cambiamento e modificheremo il nostro piano per meglio adattarlo alle circostanze. Gli metteremo pressione: tutti, sotto pressione, commettono errori. Uno di questi errori, quale che esso sia, diverrà la sua rovina.

 La settimana prossima, vi sarà una celebrazione a palazzo per la nascita dei nuovi eredi: la mia signora si accerterà che nessun membro della famiglia di Nuala venga invitato, a eccezione delle donne sposate in altre famiglie: questo darà a loro l’impressione di essere ostracizzati, ma con i giusti suggerimenti, anche che l’Imperatore non voglia rischiare che vedano qualcosa. A questo dovrò provvedere io, spargendo il pettegolezzo nei giorni a venire: sia io che la mia signora confidiamo di avere a disposizione abbastanza donne chiacchierone perché una voce simile faccia il giro della città in pochi giorni.

 Certo, ciò significa che dovrò aspettare ancora, prima di veder risolta questa brutta faccenda e poter avere sonni tranquilli; ma almeno so che devo fare per assicurare la vittoria della mia signora.

 


                                                                   Dal Manoscritto di Corinna

 

Per la seconda volta dal mio arrivo a Tahuantinsuyu, mi ero dovuta adattare a una realtà completamente nuova.

 I primi giorni come novizia erano stati una vera pacchia: con tutti i casini che erano successi con Waray, le Sacerdotesse erano occupatissime a dare alle guardie le loro versioni degli eventi, a cercare di contrattare un buon risarcimento dal Tempio della Terra, e a mandare avanti le funzioni religiose richieste presso il popolo.. Quest’ultima cosa era l’unica che avesse coinvolto noi novizie, ma si trattava per lo più di assistere la Sacerdotessa che officiava sacrifici e preghiere passandole vari utensili necessari. Per il resto, fummo abbandonate a noi stesse, senza lezioni o altro.

 Ne approfittai per fare la conoscenza delle mie nuove consorelle.

 Le Sacerdotesse erano delle pazze scatenate: spesso per loro la predica, ovvero la narrazione delle imprese di Pachtu e dei fondamenti del culto, era interrotta da urla a caso, balli e canti che sembravano completamente improvvisati. E vedere tutti i fedeli ballare con loro, sebbene non sapessero le mosse, era uno spettacolo abbastanza impressionante.

 Quanto alle novizie, erano, per la maggior parte, un po’ più sane di mente: ritrovai Atna, che fu fastidiosamente sorpresa di trovarmi lì, conobbi qualche altra schiava entrata lì per convenienza, qualche schiava che per la liberazione era diventata genuinamente devota al dio, qualche ragazzetta rabbiosa che era stata spedita lì da genitori che non potevano darle la dote per sposarsi e non volevano perdere altri soldi a mantenerla, e infine qualcuna (rara) entrata lì per fede sincera senza alcun condizionamento esterno e senza ricevere nulla in cambio. Mi ricordavano parecchio Simay, queste ultime, e furono parte del motivo per cui pensai così insistentemente a lui in quei giorni.

 Infine, c’erano i mendicanti. Era un continuo viavai di uomini e donne di tutte le età, spesso sporchissimi e segnati da varie malattie, vestiti di stracci logori e muniti di tazze o piattini sbeccati, che supplicavano per avere una moneta, dell’acqua, del cibo. L’incarico di rifornirli era spesso dato a noi novizie, con la raccomandazione di non essere avare: Pachtu era un dio generoso con tutti gli esseri viventi, e non badava alle differenze sociali.

 Fu abbastanza strano, per me: i miei genitori mi avevano educata a dare cose solo a chi mostrava di meritarsele, lavorando in qualche modo, perché chissà quanti mendicanti erano truffatori che semplicemente non avevano voglia di fare nulla. E poi non ero abituata ad avere a che fare con gente così malconcia: dovevo sempre trattenere un certo ribrezzo quando porgevo loro qualcosa. Notai che questa mia era una reazione piuttosto diffusa tra le ragazze di buona famiglia, mentre le altre ex schiave erano felicissime di aiutarli.

 Quanto ai mendicanti stessi, le loro reazioni variavano: da una maggioranza che si profondeva in ringraziamenti per qualsiasi cosa, a quelli che chiedevano ancora di più, a quelli che, assenti le Sacerdotesse adulte, cercavano di aggredirci per avere più cose. Di solito erano tenuti a bada da qualche leggera scossa dalle novizie più prossime alla consacrazione definitiva. E infine, qualcuno che mi riconobbe.

 Era il ragazzino che si era infiltrato a rubare a palazzo, quello che aveva accidentalmente rivelato l’innocenza di Alasu: si chiamava Huicui, scoprii, ed era un grande estimatore della vita di strada, per l’esasperazione delle Sacerdotesse che speravano di potergli trovare un lavoro da persona onesta. Ad accompagnarlo c’era spesso Guancho, un altro ragazzino dai lineamenti delicati e l’aria fragile, più pacato e taciturno, che col tempo sembrò sviluppare una sorta di simpatia istantanea per me, spesso passando di lì solo per scambiare quattro chiacchiere e chiedermi come stavo. Poveretto, temevo proprio che nella sua situazione fosse difficile trovare della compagnia decente!

 Oltre alla popolazione del Tempio, ne approfittai per scoprire qualcosa di più sul culto: alle Sacerdotesse che in origine erano schiave straniere come me non sembrò troppo strano dovermene spiegare addirittura le basi. I fondamenti più semplici del culto erano la venerazione della vita e dell’energia in qualunque forma si presentassero: per questo, le celebrazioni spesso coinvolgevano danze sfrenate ma anche battute di caccia e sacrifici: l’importante era che gli animali sacri fossero sacrificati ‘in movimento’, a volte anche in modo molto cruento, non lasciandoli deperire come avveniva invece nel culto di Qisna.

 A questa informazione, dovetti mascherare il mio disgusto ripensando alla mia seconda prova, quando mi era toccato dare la caccia a quella specie di incrocio tra una capra e una pantera, e strappargli la testa a mani nude come mi era stato ordinato. Alla faccia della crudeltà sugli animali … non ero mai stata vegana o ferventemente a favore dei diritti degli animali, ma sperai davvero di potermene andare di lì prima di dover fare altri sacrifici del genere.

 Oltre a queste pratiche, la magia permetteva, nelle sue forme più basilari, di creare fulmini e scariche elettriche, e nei livelli un po’ più avanzati, di controllare il movimento degli esseri viventi. Solo le Sacerdotesse più abili, poi, erano in grado di influenzare le energie della mente e dell’anima degli esseri viventi, e risultavano in grado di fare cose come capire cosa qualcuno stesse pensando (ecco come avevano fatto a scoprire che Malitzin diceva la verità!), e addirittura di dominarne in questo modo non solo le azioni ma i pensieri stessi. Le massime vette di cui una Sacerdotessa poteva essere capace, casi umani rarissimi che non si presentavano certo ogni generazione, erano creare e distruggere vita dal nulla. Nel Tempio, al momento, c’era solo una persona in grado di fare una cosa simile, ed era Dolina.

 Bene, tutto molto interessante e carino, ma i viaggi interdimensionali? Quando provai a chiederle se la magia di Pachtu potesse essere in qualche modo usata per viaggiare, la risposta fu che sì, avrei certamente imparato a correre a velocità inumane: ma era una pratica molto rischiosa da praticarsi solo in ambienti protetti, durante le celebrazioni. Dunque o le Sacerdotesse non sapevano nulla e i cambi di dimensioni erano fuori dalla loro portata, o erano un segreto dedicato a poche elette.

 Be’, chi se ne fregava: io sapevo che era possibile, e l’avrei fatto. Fossi anche dovuta arrivare ai livelli di Dolina, ma ce l’avrei fatta. Chissà quanto si sarebbe divertito Energia, quando l’avrei costretto a rispedirmi a casa?

 Ma quei giorni, per quanto adesso avessi buoni pasti caldi assicurati, un letto decente, pochissimi obblighi e nessuna donna viziata e pretenziosa da accontentare, non furono esattamente sereni: continuavo a pensare a Simay. Mi ero ripromessa di non aiutarlo più, lui mi aveva voltato le spalle, ma aveva anche creato quella custodia protettiva durante la sommossa, e c’era stato quel tentato assassinio, e adesso sarebbe partita un’inchiesta su di lui: non potevo non chiedermi come stesse affrontando tutto questo, come sarebbe sopravvissuto (un tentato assassinio, dannazione, la mossa più esplicita che Llyra avesse fatto fino a quel punto, e se non avevo capito male non era neanche stato l’ultimo!), cosa contava di fare da ora in avanti.

 Volente o nolente, mi ero invischiata fin troppo nella sua storia per infischiarmene. E poi con quello che era stato scoperto su Waray … in qualunque altra situazione sarei andata a gongolargli in faccia, quello in cui riponeva tanta fiducia era un patetico assatanato che cercava solo di farsi bello con la sua amante, ma questo comportava che Simay si trovasse in un Tempio che aveva subito un brutto danno di immagine e probabilmente avrebbe avuto materie più pressanti a cui pensare di un ragazzino che qualcuno voleva far fuori.

 Fu per questo che il giorno dell’esecuzione cercai di avvicinarlo … più o meno con delicatezza. E dovevo ammettere, la sua scusa mi aveva davvero sorpresa. L’essere tornata ad aiutarlo non era qualcosa che avessi pianificato: piuttosto, non potevo lasciarlo nelle grinfie di Sayre, che adesso aveva pure un’inchiesta su cui lavorare, non ora che Qillalla si era rivelata una fetentissima voltafaccia ed era sparita dalla circolazione. Sì, ero decisamente troppo buona per questo mondo crudele.

 Solo l’annuncio da parte della mia maestra che una volta risolto il grosso dei problemi le lezioni sarebbero riprese il giorno dopo riuscì a scuotermi da quelle riflessioni. Insomma … vere e proprie lezioni di magia. Certo, erano l’unico modo che avevo per tornare a casa, ma… magia. Qualcosa che nel mio mondo era completamente impossibile. Ci sarei riuscita? Per caso non c’era una fregatura, per cui solo i nativi di questo mondo potevano praticarla? E se per quel motivo, o per pura bastardaggine di Energia, non fossi riuscita a fare il più piccolo incantesimo? A parte il fatto che non sarei riuscita a tornare, ma mi avrebbero accettata lo stesso all’interno del Tempio?

 Passai tutta la serata con una certa ansia, malgrado continuassi a riprendermi con il ragionamento ‘inutile fasciarsi la testa prima di essersela rotta’. L’esordio al mattino non mi tranquillizzò particolarmente: aprimmo con una lezione di mitologia (che strano effetto, dopo quei due mesi di lavoro da schiava, tornare in un certo senso ad ascoltare una lezione!), quella sull’origine dei Kisnar.

 La Sacerdotessa approfondì quello che Simay mi aveva raccontato quando l’avevo incontrato per la prima volta: narrò che gli dei gemelli avevano rischiato l’ira del progenitore Achemay per aver agito senza il suo consenso esplicito, ed erano stati accusati da Achesay di essere simili in superbia alla loro madre Sulema, e si erano salvati solo perché Chicosi aveva interceduto per loro. Un po’ dei ribelli anche loro, dunque: mi stettero un poco più simpatici.

 Questa simpatia svanì quando l’argomento ‘Kisnar’ fu trattato più approfonditamente: a quanto pareva, Qisna li aveva maledetti in modo che i loro corpi decadessero come se fossero morti, mentre Pachtu manteneva attiva l’energia che permetteva loro di agire e pensare. Già messa così, sembrava una vita orribile, avere il corpo che si decomponeva mentre eri ancora vivo e cosciente, ma il resto della popolazione ‘sana’ faceva che isolarli e schifarli dovunque mettessero piede. Simay me l’aveva già detto, certo, e lì mi ero indignata, ma questa Sacerdotessa ci teneva a farci sapere i dettagli.

 Anzitutto, ai Kisnar non era permesso fermarsi in un luogo solo, pena l’essere cacciati; cosa che sarebbe successa anche nel caso i Soqar avessero voluto creare città o avamposti o anche solo case in luoghi già occupati dai morti viventi.

 E i metodi di cacciarli? Siccome non avevano organi vitali propriamente funzionanti, potevano essere affrontati o uccisi solo o appiccando loro fuoco, o facendoli a pezzi, o accelerando i loro processi di decomposizione al punto da consumarli completamente. Di questo compito si occupavano specificamente i Purificatori di Qisna e, nel caso di insediamenti particolarmente grossi, le Sacerdotesse di Pachtu che avessero padroneggiato la magia del controllo dei corpi e della distruzione.

 In rarissimi casi, ai Kisnar era permesso di entrare nelle città, ma sempre sotto strettissima sorveglianza da parte di Purificatori e Sacerdotesse del nostro culto: era quando venivano incaricati di guarire malati troppo gravi per i farmacisti Soqar, oppure di fornire consulenza come quelli che nel mio mondo si sarebbero chiamati ‘medici legali’, identificando cause e orari di morte di vittime di omicidi particolarmente complessi.

 Avrebbero però richiesto un pagamento per questi loro servigi – la nostra maestra si premurò di specificare come questo li rendesse creature miscredenti, che invece di servire volontariamente i superiori Soqar che li prendevano a calci in faccia pretendevano pure qualcosa in cambio – che poteva variare da cose come utensili, vestiti, tessuti pesanti per tende a pretendere, nei casi più delicati, che il malato guarito o il capo delle guardie che necessitavano del loro intervento acconsentissero a farsi infettare e a diventare dei loro, e a trasferire tutte o buona parte delle proprie ricchezze alla tribù nomade. Questioni di avere maggior forza lavoro e risorse con la vita difficile che conducevano, sostenevano i Kisnar; la Sacerdotessa che ci stava insegnando sapeva benissimo che in realtà volevano solo diffondere la propria piaga nel mondo perché erano dei bastardi nell’animo.

 Infine, nel caso un Kisnar avesse aggredito o ucciso un Soqar, qualunque fosse la ragione, lui e tutta la sua tribù sarebbero dovuti andare distrutti.

 Mi ci volle uno sforzo immane per non insultare pesantemente la donna durante tutto quel discorso. A quel che avevo capito, i Kisnar erano persone normalissime che si erano pure prese una pessima condizione di vita; e quelle carogne ritenevano di dover approfondire ulteriormente la punizione degli dei, trattandoli in quel modo orribile?

 Ma gli insulti non mi avrebbero portata da nessuna parte, di certo solo a un’altra punizione. Trovai però un altro sistema: una discussione più pacata e ragionata di quanto meritassero.

 “Scusate, ma in un certo senso, i Kisnar non potrebbero essere considerati sacri a Pachtu? Sono morti, però pensano e agiscono: non sarebbero la prova vivente del grandissimo potere del nostro dio?”

 Sia la Sacerdotessa che le altre mie compagne mi guardarono con assoluta perplessità.

 “Innanzitutto, c’è una differenza tra l’essere puniti da una divinità e l’essere dimostrazione della sua potenza” dichiarò la maestra una volta che si fu ripresa abbastanza. “I Kisnar dei tempi antichi peccarono terribilmente contro gli dei, e i loro discendenti continuano a peccare rifiutando l’autorità dei discendenti di Talhas e praticando arti blasfeme la cui trattazione non è adatta a questa sede. In secondo luogo, Corinna, tu con quale autorità parli?”

 “Era solo una domanda” mugugnai.

 “Un’osservazione avventata, ma che potrebbe avere dei meriti. Se tu dimostrassi di avere il favore del dio, più che ogni altra Sacerdotessa mai nata, se tu per darti un esempio concreto divenissi capace dell’arte del dare e distruggere la vita, allora le tue parole potrebbero essere prese seriamente in considerazione”

 Quelle parole mi fecero uno strano effetto.

 Da una parte, mi abbatterono non poco: arrivare a quei livelli di potere per qualcosa che non era nemmeno sicuro? Non ci sarei mai riuscita. A me, poi, interessava solo tornarmene a casa, e già mi ero invischiata fin troppo con Simay, figurarsi mettermi pure a fare l’attivista per i diritti degli zombie.

 Dall’altro, mi galvanizzarono. Ehi, avevo la possibilità di fare qualcosa? Di dimostrare a questi palloni gonfiati che non erano superiori a nessuno solo perché erano il risultato di un dio che aveva messo le corna a sua moglie? Di migliorare la vita di centinaia di poveri disgraziati sparsi per il mondo? E allora che cavolo, l’avrei fatto! Ero io, del resto, avevo affrontato cose che fino a due mesi prima avrei ritenuto impensabili, avrei vinto anche quella sfida!

 “Ma ora sarai costretta a cominciare con degli esercizi di base, temo” la maestra riprese, completamente ignara del mio conflitto interiore. “Tu, Atna e Ichene, che siete appena arrivate, inizierete con la meditazione. Concentratevi solo sul grande Pachtu. Pregatelo, e impegnatevi a riconoscere la sua presenza tutt’attorno a voi. Riconoscete che tutto è Energia, e siate in grado da crearne, anche in minima parte. Sono pur sempre i vostri primi tentativi. Rassegnatevi al fatto che non riuscirete subito”

 Be’, grazie tante, ma io dovevo sviluppare quei poteri il più in fretta possibile. A parte … tutte le cose fighe che avrei dovuto farci, volevo verificare di esserne effettivamente capace, e che il provenire da un altro mondo non fosse un handicap di sorta.

 Mi sedetti come si stavano sedendo le altre due ragazze, a gambe incrociate e le mani poggiate davanti a me, mentre la Sacerdotessa dava istruzioni alle allieve di livello più avanzato su come dirigere i propri fulmini, e alle due che avevano quasi completato il proprio addestramento come costringere a muoversi alcuni animali in gabbia secondo la loro volontà. Io feci del mio meglio per ignorarle, e cacciare fuori una preghiera, nel più assoluto raccoglimento che mi riuscì.

 Ehi, coso. Lo so che questo non è esattamente il modo più rispettoso di rivolgersi a te, ma apprezza almeno la differenza da tutte le altre che ti stanno supplicando della loro vita. Lo so anche che alla prova dei fatti non ho uno straccio di devozione per te e anzi mi stai alquanto sui coglioni. Però a te non piacciono le cose divertenti? Quindi, non sarebbe davvero divertente se diventassi la Sacerdotessa più spaccaculi mai esistita, in grado di rivoluzionare tutto questo sistema di bacucchi razzisti in nome naturalmente tuo, e poi svanire misteriosamente nel nulla perché me ne sarò tornata a casa? Non ti sembra uno spettacolo molto più esaltante di una povera cretina che cerca di non farsi ammazzare in un mondo che non conosce e che è pieno di psicopatici? Ecco! E allora dammi una mano per cortesia.

 L’assoluta mancanza di chiarezza nelle indicazioni della nostra maestra su come avremmo dovuto sapere di essere pronte a fare magie non fu particolarmente d’aiuto. Ripetei le mie suppliche due o tre volte, cercando di ignorare il chiasso delle altre studentesse, prima di rendermi conto di un concetto fondamentale.

 La nostra maestra ci aveva detto di prestare attenzione all’energia che ci circondava: questa non era la meditazione come la si intendeva nel mio mondo, incentrata sulla calma e sulla ricerca interiore bloccando fuori tutto il mondo esterno, al contrario, consisteva proprio nel riconoscere quel mondo esterno. Nel prendere nota di tutto quello che si muoveva, tutto nello stesso momento, e riconoscere l’energia che guidava e creava quei movimenti.

 Sì, avevo capito: l’energia concentrata nei palmi delle ragazze che cercavano di creare fulmini, che poi veniva scagliata in sentieri elettrici per tutta la stanza (anche se accuratamente lontano da noi); l’energia degli animaletti che si dimenavano nelle loro gabbie, cercando di lottare contro le costrizioni operare dalle novizie; i movimenti delle novizie stesse, la tensione dei loro muscoli nello scagliare i fulmini, la concentrazione delle loro menti sui comandi da imprimere agli animali o all’energia pura. E l’energia nel corpo delle mie compagne, ferme in meditazione, e nel mio stesso corpo, la tensione generale, la concentrazione che il mio cervello stava mettendo in quel compito.

 Sì, avevo trovato la strada giusta. Percepivo così tanta di quell’energia in una stanza sola da essere quasi intollerabile, e soprattutto, la percepivo dentro di me. Percepivo di poterla fare uscire, in qualche modo, di poterla materializzare nel mondo reale. Senza alterare minimamente la mia concentrazione, tesi un braccio davanti a me e visualizzai l’energia che vi crepitava, prendendo forma, visibile a tutti.

 Non accadde assolutamente nulla. Rimasi lì per alcuni istanti, col braccio fermo e teso come una perfetta idiota, mentre non si vedeva proprio niente. Eppure mi sembrava di poter materializzare quella dannata energia …!

 Niente. Persi la concentrazione, frustrata com’ero. Sentii le risatine delle mie compagne, e gli ammonimenti della maestra a non prendermi in giro, riuscire al primo colpo era difficilissimo. Sarebbe stato molto confortante, non fosse stato per il tono divertito che aveva a sua volta.

 Sospirai, rimettendomi nella posizione originale, e cercando di ripetere la presa di consapevolezza che mi aveva portata fino a quel punto. Risentii di nuovo quelle sensazioni, l’energia quasi opprimente che sentivo nella stanza, che immaginavo nel mondo esterno, e ogni volta era come se potessi materializzarla, controllarla – eppure niente. Quel ridicolo spettacolo dei miei tentativi falliti si ripetè tre o quattro volte, prima dell’ora di pranzo.

 Dannazione, ma che problemi aveva Energia? Stavo sbagliando qualcosa io, qualcosa che nessuno si stava gentilmente prendendo la briga di correggere, o Sayre aveva ragione, e correntemente il dio trovava molto divertenti i miei ripetuti fallimenti? Dannazione, non era come se potessi andare a chiedere alla maestra ‘scusatemi, ho sentito che il nostro dio è un gran burlone, non è mai capitato che si mettesse a prendere la gente per il culo rifiutando la magia anche se avevano svolto tutto correttamente?’

 Uffa. Altro che bei progetti di fuga o rivoluzione, qui sembravo non riuscire proprio a prendere le basi. Certo, c’era da dire che né Atna né Ichene erano riuscite a produrre risultati concreti, ma io ero quella che aveva fatto più scena, perché ero così dannatamente sicura di stare per riuscire, e quindi mi ero attirata le maggiori prese in giro da quelle già più esperte.

 Trangugiai il mio pranzo ancora nervosissima, e poi, durante la pausa prima delle lezioni pomeridiane, mi dedicai all’altro problema: Simay. Chiesi alla maestra se ci fossero carta e inchiostro per scrivere a persone fuori dal Tempio, mi furono concessi, e io passai il mio tempo a cercare di imparare a scrivere con un maledetto bastoncino da intingere nell’inchiostro invece della penna cui ero abituata. Venne fuori una cosa atroce, a malapena leggibile, che mi faceva sembrare analfabeta, ma supposi che fosse credibile per una ex schiava non saper scrivere troppo bene e che dunque nessuno ci avrebbe fatto troppo caso. Consegnai la lettera a una delle attendenti del Tempio, descrivendole la persona a cui avrebbe dovuto portarla, e passai il resto del pomeriggio in attesa.

 Le lezioni pomeridiane furono del tutto diverse: lezioni di danza. A quanto pareva, era una delle massime dimostrazioni di ciò che l’energia in un corpo umano era in grado di compiere, dunque una parte molto importante del culto. E che danza … le avevo ben viste le Sacerdotesse adulte che si tenevano in allenamento: salti fino ad altezze folli, contorsioni che non avrei creduto alla portata di un essere umano, acrobazie e figure incredibilmente complesse … se pensavo ai goffi saltelli che avevano costituito la mia terza prova, non riuscivo a decidermi tra ridere e piangere.

 Per fortuna, la maestra investigò prima sul mio livello di preparazione, per poi sospirare sconfortata e assegnarmi alcune piroette e giravolte molto semplici. Tutte le altre ragazze erano già più abili di me, alcune erano state danzatrici anche prima dell’iniziazione, altre semplicemente avevano un poco più di allenamento nel Tempio. Mi sentivo molto stupida a eseguire quelle piroette così, da sola, ma almeno questa volta le attendenti provvedevano della musica vera e propria a cui muoversi, e avevo direttive che non erano completamente improvvisate.

 Nel giro di circa un paio d’ora non solo riuscii a padroneggiarle, ma anche a mostrare una grazia superiore a quella di un mekilo ubriaco, e la mia maestra mi insegnò una breve sequenza con alcune delle mosse che avevo appena imparato di fila. A fine giornata ero appena decente, probabilmente se avessi avuto bisogno di ballare in qualche festa nei prossimi giorni mi avrebbero tenuta proprio come sfondo.

 In tutto, fu una giornata non proprio soddisfacente, e andai a dormire stanca e indolenzita.

 La giornata seguente fu pressochè identica in tutta la mattinata (tranne per il fatto che Ichene riuscì a cacciar fuori una piccole sfera di energia elettrica nel palmo della mano) e nel pomeriggio, dove perfezionai la mia banalissima sequenza.

 La cosa più interessante avvenne nel pomeriggio, ovvero che arrivò un inviato dal Tempio della Terra con una lettera per me. Era da parte di Simay, con una sintesi di quel che era avvenuto negli ultimi giorni: Waray qualche settimana prima aveva guidato una specie di attacco contro le Datrici di Morte, che erano praticamente prostitute usate come armi chimiche viventi a quel che avevo capito, e Simay aveva trovato proprio Qillalla nel loro covo. La ragazza era così uscita di scena, rispedita con le cattive a casa sua (Kino, come Sayre ci aveva tenuto a specificare).

 E questo era il primo tentato omicidio ai suoi danni, che Waray si era premunito di sbandierare come parte della sua propaganda; con il secondo le guardie avevano iniziato a preoccuparsi sul serio, e pensare che quella non fosse una scaramuccia tra nobili o Sacerdoti che non si sarebbe più ripetuta. E grazie, alla buon’ora!

 A causa della faccenda di Waray, però, l’inchiesta era stata sospesa, ma adesso avevamo perso quel margine di respiro: Surne, il capo delle guardie, si era già accordato con i Sacerdoti anziani per un interrogatorio a Simay. E lui ammetteva senza problemi di non avere la più pallida idea di cosa fare.

 Io meditai sulla risposta per tutto il pomeriggio, mentre cercavo di ballare. Soppesai le varie possibilità e i diversi fattori in gioco, raggiunsi le mie conclusioni, continuai a fare errori nei miei passi per la distrazione finché finalmente non mi furono automatici, e infine, la sera dopo cena, scrissi la mia lettera, per consegnarla a una delle attendenti la mattina dopo.

 Va bene, ho capito che siamo nella merda fin qua. Al momento, tutto quello che mi viene in mente è sfruttare Qillalla: fai lo gnorri più assoluto, dichiara che non ne sai niente, ma menziona il luogo da cui veniva la ragazza: probabilmente tutto quello cui dovranno aggrapparsi sarà lei. E a quel punto, quella lì o dice la verità e si fa ammazzare per aver accusato l’Imperatrice, o mente e ci pensa lei a depistare le indagini. In un modo o nell’altro, tu non sarai più al centro dell’attenzione.

 Il problema più grosso che vedo con questo piano è che Sayre ovviamente vuole che andiamo dietro a Qillalla o che facciamo ricerche su di lei per qualche motivo: il che potrebbe portarci dritti in un’altra delle sue trappole. Però potrebbe anche voler dire che quella tipa ha informazioni utili e che ci converrebbe andare da lei.

 Quindi, secondo me dovresti usare la ricerca delle guardie per saperne qualcosa tenendoti personalmente a distanza: poi fai un po’ tu. Non sono mica responsabile di te, del resto.

 

 

 

 

 

 

 

GLOSSARIO (e qualche trivia):

Mekilo: essere simile a uno scoiattolo, solo molto più grande, con zampe molto più lunghe e la coda in fiamme. Essendo un animale legato al fuoco, non è considerato sacro a nessun dio, ma sfruttabile da tutto il genere umano. Viene usato soprattutto per trasportare merci e persone.

Occlo: bovino ricoperto di squame e con protuberanze lunghe e sottili, simili a serpenti che stanno al posto delle corna e da cui esce fuoco. Anch’esso animale legato al fuoco, ma per la sua pericolosità e la capacità di controllare i loro getti di fuoco sono quasi esclusivamente cavalcature da battaglia.

Kutluqun: capre anfibie con alghe al posto della pelliccia. Sono considerate sacre al dio Tumbe, e per questo, per allevarle o catturarne di selvatiche, è necessaria l’autorizzazione di un sacerdote di quel dio.

Lymplis: pesci volanti, con le pinne coperte di piume. Sono sacri alla dea Chicosi, dunque è necessaria l’autorizzazione di un suo sacerdote per possederne uno. Malgrado ciò, sono popolari come animali da compagnia presso la nobiltà.

Kyllu: uccelli simili a cigni, fluorescenti. Sono sacri al dio Achemay, e allevati solo all’interno del palazzo imperiale. Il loro piumaggio è usato per decorare le corone dei sovrani.

Lilque: creature con corpi simili a quelli degli esseri umani, ma con code di serpente al posto delle gambe. Servitori del dio Thumbe, vivono presso il mare, i laghi e in qualche caso i fiumi, quasi mai in corsi d’acqua più piccoli.

Duheviq: piante dalla capacità di mutare il proprio aspetto, assumendo qualsiasi forma desiderino. Originariamente questo veniva usato per catturare prede dei cui fluidi nutrirsi, ma con l’avanzare della società umana, ne hanno approfittato per integrarvisi. Un tempo servitori della dea Achesay, organizzati in tribù-foreste rigidamente isolate dagli esseri umani; solo i sacerdoti della dea potevano avvicinarli senza essere bollati come cibo. Al tempo di Choqo, mentre i più anziani vivono ancora tradizionalmente, i più giovani hanno preso a mescolarsi con le popolazioni umane, finendo spesso vittime di discriminazioni e relegati ai lavori meno nobili o remunerativi. Mantengono comunque un rigido codice di valori, di cui la fedeltà è il più alto.

Shillqui: piante in cui scorre un liquido per aspetto e consistenza simile al miele, che causa a tutto l’albero di agitarsi violentemente. Se bevuto, questo liquido dà gli stessi effetti agi esseri umani, ma è difficilissimo metterci le mani sopra. Pianta sacra a Pachtu, i suoi sacerdoti ne devono bere la linfa durante le cerimonie.

Likri: fiori simili a gigli rossi, dalle temperature bollenti, che esalano un fumo sottile. Se tuffati in acqua gelida e canditi, sono considerati ottimi per la pasticceria, ed essendo legati al fuoco, l’unico limite al coglierli è potersi permettere buoni guanti protettivi.

Sangue della Terra: erba che influenza la circolazione sanguigna, usato per diversi effetti nelle gravidanze.

Zullma: pianta le cui varie componenti hanno diversi usi; le radici sono considerate un potente lassativo.

Kiquicos: erba di colore blu, parassitaria dei Duheviq. Pericolosa per le sue capacità di depistare animali e viandanti, ma molto ricercata per le sue molteplici virtù.

Guyla: praticamente un Moment.

Tably: erba che secondo le credenze popolari risolve l’insonnia e i problemi di incubi frequenti.

Ago di Luce: essere a metà tra lo stato animale e quello vegetale, si nutre di sangue, ma può essere utilizzato per aspirare anche altri fluidi corporei.

AQI: esseri simili a tassi dal pelo violaceo, che emanano ormoni che fanno marcire le sostanze inorganiche attorno a loro. Soggetti a disinfestazioni a tappeto e contenuti in gabbie speciali, sono frequentemente offerti in sacrificio, con la testa dedicata a Chicosi, il cuore ad Achemay, e il resto del corpo, a seconda che l’animale sia maschio o femmina, a Tumbe o Achesay.

Fylles: insetti con ali a forma di fiore e polline al centro del corpo. Poiché si nutrono di altri insetti, sono molto usati dagli agricoltori, anche se prima necessitano di un permesso di un Sacerdote di Chicosi.

 

Qillori: cristalli di colore azzurro chiaro, molto usati in oreficeria.

Achemairi: cristalli di colore dorato, anch’essi comuni per l’oreficeria.

Tablyk: pietra di colore rosato, usata nell’oreficeria.

Kislyk: pietra dall’aspetto simile alla tablyk, ma molto più dannosa.

 

Notte: entità primordiale da cui tutto il mondo ha avuto origine.

Achemay: dio del sole, entità più importante del pantheon Soqar.

Achesay: dea della terra.

Chicosi: dea dell’aria.

Tumbe: dio del mare, dei fiumi e dei laghi.

Sulema: dea del fuoco.

Pachtu: dio dei fulmini e della vita.

Qisna: dea della morte e delle paludi.

Supay: esseri più collegati al folklore che alla religione vera e propria, sono creature della Notte,

incaricati di torturare le anime dei peccatori che lì vengono gettate.

 

 

 

 

 

 

 

Ladies & Gentlemen,

e per festeggiare un buon Natale, eccovi Chica che riceve ordini su come fare ammazzare la gente e Corinna che infila un fiasco negli studi dopo l’altro. Trasmette perfettamente lo spirito festivo, giusto? Più o meno quanto le nostre bilance tra qualche giorno, suppongo.

Ma scherzi a parte, auguro a tutto voi un buon Natale, con ottimo cibo in grado di compensare per il dovervi sorbire i parenti, oppure adorabili parenti in grado di compensare per la pessima cucina, o … ah, avete tutti e due? E che volete gli auguri a fare allora?


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Capitolo 29
*** Dove diversi piani vengono mandati all'aria, o magari no ***


                             CAPITOLO 28

DOVE DIVERSI PIANI VENGONO MANDATI ALL’ARIA, O MAGARI  NO

 

 

 

 

Choqo questa volta ebbe la brillante idea di farsi annunciare prima di recarsi al Tempio della Vita: fu ricompensata da un Itzèn che ci mise solo dieci minuti per districarsi tra le varie richieste e raggiungerla.

 “Salve, Choqo. Sei stata bene in questi ultimi giorni?”

 La ragazza grugnì in risposta. Gli ultimi giorni erano stati tormentati da quel nuovo, dannatissimo dubbio: era davvero così in balìa degli eventi come credeva? Avrebbe potuto davvero ribellarsi alla sua famiglia, ribellarsi sul serio, in qualcosa di importante e determinante per la sua vita? Che prezzo ne avrebbe pagato? Sarebbe riuscita, nel caso, a sopportarlo a testa alta?

 Per certi versi, era tentata di dirlo a Itzèn: in quanto Sacerdote, non avrebbe certo rifiutato di ascoltare le sue turbe spirituali. Il problema era che, in quanto Sacerdote, probabilmente sarebbe partito da lì per cercare di indirizzarla dove più conveniva a lui, magari con qualche tipo di ricatto morale o roba del genere.

 Choqo avrebbe voluto qualcuno disposto semplicemente a starla a sentire, senza giudizi o sentenze che le venissero fatti pendere sul capo, e non era sicura che il suo interlocutore fosse la persona adatta. Il problema era che non riusciva a pensare a nessun altro. Familiari no di sicuro, non vedevano l’ora che un’altra femmina si levasse dalle finanze di famiglia, amici … non ne aveva di veri amici, solo qualche sua nobile coetanea, ragazzette superficiali con cui fingeva di andare d’accordo per quieto vivere. Era da sola, porca di quella miseria. E doveva trovare il modo di distogliere l’attenzione di Itzèn, prima che notasse che c’era qualcosa che non andava.

 “Allora? Malitzin capì qualcosa di tutto questo bordello con Waray, oltre a fare da testimone alla prova di Corinna?”

 “Naturalmente ebbe un ruolo. Innanzitutto, come pensi che sia scappata Nuala?

                                                                     

                                                                      Dal racconto di Itzèn

Quello che dava sul giardino era l’ingresso principale dell’harem, quello che si dava per scontato venisse usato da chi volesse entrare e uscire. C’erano però altri modi di muoversi dall’interno all’esterno: le stanze delle schiave dell’harem.

 Vivevano separate dal resto della servitù, e spesso per la loro posizione fungevano da custodi non ufficiali; però dovevano avere vie alternative per spostarsi a svolgere i loro compiti, giusto per non passare in giro mentre il sovrano era, per dirla in maniera pudibonda, ‘impegnato’. E se una donna dell’harem riusciva a cogliere il momento giusto sia mentre usciva che mentre rientrava, per un certo lasso di tempo era libera di uscirsene a fare quel che le pareva.

 Certo, qualcun’altra se ne sarebbe pure accorta, ma l’antagonismo generalizzato che Llyra e la sua corte avevano nei loro confronti, il vivere comune e le difficoltà simili avevano creato una sorta di cameratismo tra quelle donne: nessuna avrebbe detto niente di qualcun'altra che riusciva ad avere il coraggio di uscire.

 Siccome Malitzin e il vecchio guardiano si davano dei turni, uno sorvegliava mentre l’altro riposava, ci mise un po’ per rendersi conto delle fughe di Nuala: quando poi iniziò a notare la sua assenza prolungata per alcune ore, decise di lasciar correre. L’intera corte sembrava detestare quelle povere donne: che male c’era se qualcuna di loro riusciva a uscire a prendere un po’ d’aria pulita? Avevano il diritto di condurre la loro vita come loro garbava. Quanto alla discrezione, dovevano esserlo per forza, dal momento che quelle uscite sembravano un’abitudine e nessuna era mai stata scoperta.

 Questo, finché Nuala una sera sparì del tutto. Tutti gli abitanti dell’harem (a parte le serve perennemente distratte dal lavoro o il vecchio che ormai aveva perso il conto di quante donne ci fossero lì dentro) avevano ormai imparato che una donna sarebbe uscita di soppiatto in piena notte ma entro il mattino dopo sarebbe ricomparsa. E poi un giorno Malitzin vide arrivare la serva Yateveo di quel famigerato orafo.

 La scortò, come suo solito, ma la pianta aveva in questa occasione un carico particolare, un dono specifico per Nuala che la donna voleva prima controllare molto in privato. Era per una sorpresa all’Imperatore, dicevano. Naturalmente con queste premesse le donne vollero tutte affollarsi per vedere di che si trattasse, e Malitzin dovette fare da buttafuori non ufficiale alla stanza adibita come camerino, finché la Yateveo non ne uscì, gratificandolo delle fatiche compiute contro una mandria di donne curiose tramite una strizzata d’occhio.

 Nuala si negò agli sguardi delle sue compagne, tra la grande delusione di tutte, perché era andata a infilarsi chissà dove. Mentre le donne cercavano, Malitzin tornò al suo dovere di guardia alla porta; in tempo per vedersi sfilare davanti al naso una Nuala con un bel diadema ingioiellato in testa, con frange che ne nascondeva parzialmente il volto. Era l’ora in cui le donne della corte della sovrana, terminate le loro chiacchiere e i loro passatempi, tornavano alle rispettive dimore, e Nuala riuscì a confondersi tra di loro, trattenuta solo per pochi attimi da una ragazza che voleva complimentarla sull’originale acconciatura. Era insolito che quella donna uscisse di nascosto a quell’ora, invece che molto più tardi, ma forse era parte di quella ‘sorpresa’, oppure era stata costretta da necessità esterne.

 Fu l’ultima volta che Malitzin vide Nuala.

 Il mattino dopo, contrariamente al solito, la donna non era affatto ricomparsa: le prime ad accorgersene furono le serve che avrebbero dovuto svegliarla, poi le sue compagne di stanza, poi le altre donne che si accorsero che non solo non era tornata a dormire, ma non era proprio in nessuna delle stanze dell’harem. Sulle prime, non ci furono reazioni davvero agitate: ci fu l’imbarazzo generale. Che aveva fatto, era scappata? Davvero scappata? Era qualcosa di mai successo, non ci riuscivano quasi a credere …!

 E, un momento, se non era mai successo era perché un atto simile era considerabile come tradimento. Punibile con la morte. Punizione che sarebbe potuta essere inflitta anche a chiunque fosse giudicato corresponsabile, ad esempio guardiani incompetenti o amiche complici. E qui, oltre all’imbarazzo per aver permesso che qualcosa di tanto anomalo avvenisse, nell’harem iniziò a serpeggiare il panico.

 Ora, a Malitzin sarebbe piaciuto esaminare con calma e razionalità la situazione, cercare di capire cosa fosse davvero successo, e come fosse meglio muoversi, solo che il vecchio custode dell’harem aveva altre idee. Mai il bastone della vendetta si abbatté con tanta rapidità sugli stinchi del nostro eroe, costringendolo a un balletto ben più movimentato di quello di Corinna alcuni giorni prima. Ciò che fu poi detto verbalmente dal vecchio non può essere riferito del tutto per motivi di decenza, comunque Malitzin si beccò tutta la colpa della fuga. Il vecchio era sicuro di aver dormito per tutto il tempo in cui questa era avvenuta. Era effettivamente così, ma il nostro eroe ritenne che confermare sarebbe stato controproducente ai fini della sua sopravvivenza.

 Sì, di certo non la cosa più onesta da fare, ma sii onesta tu stessa: se tu avessi avuto una missione che eri fermamente decisa a compiere, e ti si fosse parata davanti la possibilità di una condanna a morte (noto impiccio per qualsiasi tipo di piano) tu avresti ammesso ugualmente la tua colpevolezza? Grazie.

 Malitzin dunque negò senza alcun ritegno di aver visto alcunché, il vecchio se ne infischiò altamente e continuò a cercare di bastonarlo, le donne li ignorarono entrambi discutendo animatamente se fosse il caso di andare a denunciare la scomparsa proprio in quel momento, e a chi. Dannazione, non poteva essere che Nuala fosse stata trattenuta da qualcosa, e ancora sulla via del ritorno? Del resto, lì si andava a dormire tardi e ci si alzava tardi, la ‘fuggiasca’ poteva aver contato su quello, magari avevano ancora un margine di tempo e se avessero aspettato un poco non sarebbe stato punito nessuno.

 Oppure Nuala aveva proprio squagliato, e in tal caso un ulteriore ritardo nel denunciare avrebbe portato loro ulteriori sospetti.

 E più o meno su questo punto un manipolo di guardie armate fece irruzione nell’harem, tutti smisero di fare quel che stavano facendo e si voltarono a guardarli, e in quelle stanze regnò il silenzio più assoluto. Che vuoi che ti dica, erano un buon fattore di motivazione alla calma.

 “Dov’è Nuala?” esordì il loro capo. Sguardi confusi e preoccupati da parte di tutti.

 Che stava succedendo? A rigor di logica, l’unico modo in cui le guardie avrebbero potuto sapere che Nuala era scappata senza che qualcuno nell’harem l’avesse denunciata era un crimine in cui la donna stessa fosse stata colta in flagrante, il che avrebbe reso a dir poco ridondante andare nell’harem per chiedere dove fosse. Quindi, cosa ci faceva lì?

 “Sappiamo che è scappata” proseguì il capo delle guardie, vedendo che nessuno rispondeva. “E’ inutile che cerchiate di nasconderlo. E sappiamo anche che ha fatto fughe continue in quelli che possono essere stati mesi o anche anni. Non crederò neppure per un istante che nessuno in questa stanza l’abbia mai vista andare via, e non credo che non ci sia proprio nessuno che non sappia dove andava. Chiunque sia quel qualcuno, si faccia avanti, ora, e confessi volontariamente. E’ la sua unica possibilità per avere uno sconto di pena e salvarsi la vita”

 Nessuna delle donne parlò.

 Ora, Malitzin l’aveva vista benissimo uscire, ma a che sarebbe servito parlare? Quella donna sarebbe stata ricatturata, e conseguentemente condannata per qualunque cosa avesse fatto … ma appunto, cos’aveva fatto? Era solo scappata da quella gabbia dorata.

 A che gli risultava, quella donna non aveva fatto del male a nessuno, anzi, si era solo allontanata da del male fatto a lei. Denunciarla … avrebbe potuto aiutarlo, ma se non avesse mai detto nulla, chi avrebbe potuto sapere che aveva assistito alla fuga della donna?

 Forse una delle donne della corte che uscivano con lei avrebbe potuto riconoscerla retroattivamente, ma ammettere ciò avrebbe significato mettersi nei guai per non aver fermato la fuggiasca: probabilmente, se anche qualcuna era riuscita a riconoscerla a viso coperto e nella semioscurità probabilmente non si sarebbe fatta avanti. Dunque, Malitzin se ne stette zitto.

 L’uomo strinse le labbra, con l’aria lievemente sconfortata. “E va bene. E’ stata una vostra scelta, non mia. Voi donne diete legate al sovrano, non potrei toccarvi se non con a sua autorizzazione formale. Ma tutti gli schiavi qui dentro: seguiteci senza fare storie, o le nostre armi non saranno qui solo per decorazione”

 

Checché se ne possa pensare di Malitzin, bisogna riconoscergli che non fiatò neanche sotto le frustate delle guardie. Sul perché, in realtà, ho sentito due versioni dai Sacerdoti anziani: c’è chi sostiene che l’abbia fatto senza pensare ad altro che a preservare la vita di Nuala, e chi sostiene che si fosse reso conto che per quanto dolorose, le torture non l’avrebbero ucciso se avesse continuato a dichiararsi ignorante – la condanna a morte invece sì.

 Gli altri schiavi, che in tutta onestà non sapevano niente della fuga di Nuala, o continuarono a urlare la loro innocenza sincera, oppure reagirono come il vecchio custode, che nella speranza di ingraziarsi i suoi torturatori iniziò a bersagliare le povere guardie di una sfilza di informazioni su Nuala. La sua famiglia d’origine, la sua età, i suoi interessi, il suo numero di aborti, alcuni episodi in cui era stata coinvolta all’interno del harem e prima ancora nella sua vita precedente, e il numero approssimativo di volte in cui aveva ‘goduto dei favori dell’Imperatore’. Sì, significa esattamente quello che stai pensando. No, non ho idea di come facesse quel vecchio a saperlo. Non l’ho mai chiesto, ho idea che nessuno dei Sacerdoti cui è stata raccontata la storia fin da Malitzin l’abbia mai chiesto, ho idea che Malitzin stesso non l’abbia chiesto al vecchio. Che dire, l’ignoranza sa essere una gran bella cosa.

 Quei poveretti a cui invece fu riferita, naturalmente, ebbero scarsissimo uso per simili informazioni, e andò a finire che lo lasciarono andare per primo, giusto per liberarsene. Ho sempre pensato che, se questo esito era stato premeditato, il vecchietto diventerebbe il personaggio più intelligente di questa vicenda, più degli Imperatori della Vita, Malitzin, Llyra e l’Incendiario messi assieme, perché è riuscito a celare il suo genio e vivere una vita lunga e relativamente tranquilla in sordina.

Ma tornando a noi: alla fine le guardie si rassegnarono alla conclusione che no, nessuna delle persone che stavano frustando sapeva nulla. Non poterono fare altro che lasciarli andare, incredibilmente pesti e doloranti, con uno dei loro servi ad accompagnarli fuori dalla loro sede fino alla bottega del farmacista. E malgrado tutti i lividi e le ferite, nel preciso istante in cui uscirono riuscirono a scatenare il caos.

 Gente che si chiedeva dove fosse finita Nuala, se stesse bene, altre che si chiedevano perché fosse scappata, se si fosse solo stancata di vivere lì o ci fosse qualcosa di più grosso in ballo, se la sua sicura tresca fosse stata scoperta, e che ripercussioni avrebbe avuto sulle altre concubine. Qualcuna suggerì che potesse essere rimasta incinta e scappata per avere il figlio in pace, lontana dalle minacce di Llyra: da ragazzina aveva sentito una storia simile da un’amica di sua madre. Un vociare e una vitalità che impressionò profondamente Yzda, dato che proveniva da un mucchio di persone che stavano pressochè strisciando nella sua bottega per chiedere unguenti da mettere sulle ferite.

 Malitzin fu l’unico ad avere abbastanza informazioni da pensare alla schiava dell’orafo: era stata l’ultima persona ad aver visto Nuala, la concubina poi era scappata da sola ma con un diadema ingioiellato che prima non le aveva mai visto, e soprattutto la schiava era una stramaledetta Yateveo. Chi accidenti si sarebbe preso uno di quegli esseri come servitore personale?

 Avrebbe dovuto capirlo subito che qualcosa non andava con la bottega di quell’orafo. Non aveva mai visto l’uomo in questione, prendeva e consegnava ordinazioni solo tramite la sua schiava, ma o qui gli artigiani imperiali provenivano da famiglie estremamente altolocate, o era assurdo che un lavoratore manuale potesse tenere una creatura tanto pericolosa al suo servizio. E se la pianta lavorava per lui con tutti gli altri all’insaputa della sua natura, come sembrava fosse il caso, allora la faccenda si faceva ancora più preoccupante. Che stava facendo questo tizio? Perché aveva aiutato Nuala a scappare? Che fine aveva fatto la donna? Era diventata cibo per il suo albero carnivoro?

 Malitzin aveva avuto le migliori intenzioni quando aveva ignorato le fughe di quella donna, ma adesso iniziava a chiedersi seriamente se Nuala non si fosse cacciata in qualche impiccio di non precisata natura, e che lui avrebbe potuto prevenire vietandole l’uscita.

 Quell’harem restava pieno di donne che sarebbero state contentissime di sgattaiolare via di tanto in tanto, e in quel momento erano sotto la sua responsabilità: decise dunque di investigare la faccenda, e di raccogliere eventuali prove concrete da portare alle guardie. Perché non ci è andato direttamente, chiedi? Ti pareva che avrebbero dato retta a uno straniero che a malapena parlava e capiva la loro lingua piuttosto che a un Soqar in una posizione rispettata? Servivano prove tangibili e inequivocabili anche solo per essere preso in considerazione.

 Iniziò cercando di capire perché mai le guardie stessero cercando Nuala in primo luogo: quello non fu difficile, entro poche ore le altre schiave dell’harem riuscirono a procurarsi l’informazione dalle loro colleghe della corte.

 Le recenti dispute tra il culto di Achesay e quello di Pachtu avevano raggiunto il culmine con una vera e propria manifestazione in cui i primi avevano cercato di impedire a quella schiava che aveva fatto la prova, Corinna, l’ingresso al Tempio per la sua iniziazione. Era scoppiata una vera e propria rissa che aveva coinvolto sia Sacerdoti che popolani, aveva richiesto l’intervento delle guardie, e Waray era stato coinvolto in un’inchiesta sulla sua condotta. L’autorità imperiale aveva ritenuto appropriato sottoporlo al Giudizio di Luce (Malitzin dovette farsi ripetere questa parola un paio di volte prima di afferrarne il senso) per valutare se fosse davvero adatto alla massima carica religiosa, la prova era avvenuta quel mattino all’alba, e il risultato era stato … per dirla in parole semplici, la povera Consacrata ne aveva viste di tutti i colori.

 Il famoso amante di Nuala di cui tutte loro avevano fatto mezzi accenni quando erano sicure che nessun altro fosse a portata d’orecchi? Lui. Un Sacerdote, e il Sommo Sacerdote, non un pivello qualunque. La cosa andava avanti da anni, e lei aveva tanta influenza su di lui, che le famose dispute che avevano segnato la carica dell’uomo erano state da lei istigate. Altro che volontà della dea!

 A questo punto divenne davvero difficile capire qualcosa, perché le donne iniziarono a parlare tutte insieme – chi accusava l’ambizione di qualche parente di Nuala che doveva averla costretta a una cosa simile, qualcuna se la prendeva con Waray per la sua debolezza, qualcuna criticava aspramente le scelte di Nuala (che aveva contro le schiave? E Corinna, che le aveva aiutate e intrattenute più volte, e si era impegnata tanto per quella sua prova!) – e nel risultato finale i pochi progressi che Malitzin aveva fatto nella comprensione del soqar furono completamente inutili.

 Dovette aspettare che si calmassero le acque per chiedere che altro fosse successo alla schiava: Waray era stato arrestato e condannato a morte per aver infranto il suo voto di castità sacerdotale ed essere venuto meno ai suoi doveri di servitore della dea preferendole una creatura terrena, e Nuala avrebbe dovuto fare la stessa fine per aver tradito il suo signore, solo che ovviamente se l’era squagliata la sera prima.

 L’esecuzione sarebbe stata pubblica e sotto gli occhi di tutta Alcanta, sia per il traditore che per la traditrice, se fossero riusciti a trovarla in quel lasso di tempo. I Templi si stavano rappacificando alla luce delle recenti rivelazioni, la famiglia di Nuala avrebbe dovuto porgere scuse ufficiali e probabilmente affrontare un gran brutto periodo. Non brutto come quello che stava passando il Tempio di Achesay, però.

 “Che periodo brutto? Che altro successo?” chiese Malitzin.

 “Questo Sommo Sacerdote è in carica da poco più di un mese” gli spiegò la schiava. “L’altro, un gran brav’uomo, è stato condannato all’esilio perché il suo Tempio ha quasi avvelenato accidentalmente Sua Altezza Llyra. Magari fossero stati più clementi, ci saremmo evitati tanti guai con lui …”

 Già, tanti guai. Un Tempio colpito da due scandali in rapida successione, uno dei quali aveva coinvolto e danneggiato anche altri culti …

“Leylla, scusami, perché questo uomo scelto Sommo Sacerdote?”

 “Perché è il rampollo di qualche nobile … un cugino di secondo grado della coppia imperiale, mi pare di ricordare. Figlio minore, l’hanno cacciato al Tempio per impedire che sovraffollasse il palazzo del padre – quei posti saranno anche grandi, ma a quanto pare non reggono a troppe generazioni di gente che scopa - e per dare lustro alla famiglia con una posizione prestigiosa nel clero. Sembrava ci fossero riusciti, invece è successo questo”

 “Posizione prestigiosa? Qui i Sacerdoti molto rispettati?”

 “E che altro dovrebbero essere? Sono i tramiti della volontà e del favore divino presso noi poveri disgraziati! Se voi a Yrchlle non li rispettavate, non mi sorprendo che vi abbiamo conquistati!”

 Già, a Yrchlle i Sacerdoti non erano affatto rispettati. Era un lavoro per criminali che venivano condannati a compiacere e tenere a bada gli dei, o poveri sciagurati loro figli. Il tramite degli uomini con gli dei? Semmai, offerte date a malincuore perché le divinità non distruggessero il regno. Come era possibile che due sistemi così diversi di concepire e rapportarsi agli dei generassero gli stessi risultati?

 Forse bisognava ritornare alla radice del culto a Yrchlle: la regina Lycue.

 Nata in condizioni umili, aveva realizzato fin da giovanissima il reale pericolo che gli dei, capricciosi ed esigenti, rappresentavano per la razza umana; quanto indegni fossero di venerazione e rispetto, e soprattutto, quanto poco meritassero sottomissione e dipendenza. Crescendo, la giovane era riuscita a procurarsi un’eccellente educazione, malgrado gli scarsi mezzi di partenza; da adolescente, aveva iniziato a intessere alleanze politiche ed economiche, attirandosi i favori di uomini illustri e potenti con la sua bellezza e il suo fascino, fino a diventare la gran favorita del re; e quando la sua sposa legittima fu cacciata a seguito di uno scandalo, riuscì a prendere il suo posto, sebbene non fosse nobile.

 Dal trono, aveva iniziato il suo programma di riforme, illuminando alle sue conclusioni il resto della popolazione, riducendo sempre di più l’influenza della casta sacerdotale, e incentivando opere ingegneristiche per sopperire alla magia con la pura abilità e intelligenza umana. Era stata osteggiata, naturalmente … ma quello si era rivelato un periodo di grave crisi religiosa.

 Lycue era riuscita a svelare la corruzione del sistema sacerdotale, portando alla luce i crimini commessi dai religiosi e punendo adeguatamente i colpevoli (il che di solito significava esilio o condanna a morte), e ciò aveva a sua volta prodotto lotte intestine tra il clero, con l’opposizione che si tramutava via via nel disperato tentativo di nascondere le proprie malefatte e ingraziarsi la micidiale sovrana denunciando le colpe degli altri. In pochi erano riusciti non solo a dimostrarsi al di sopra di ogni sospetto e condanna, ma anche a proseguire la loro campagna contro Lycue, e questi pochi erano stati ironicamente vittime della troppa fiducia nel potere divino che la donna protestava: erano periti quando le loro case, troppo instabili, erano state vittime di incendi, e tutta la loro magia non era riuscita a salvarli.

 Sì, incendi. E in quanto membro della famiglia reale, Malitzin sapeva benissimo dell’esistenza dell’Incendiario.

 I testi sacri yrchllesi ritenevano che l’anima del dio del fuoco Ometechtuli fosse stata imprigionata in una statua, che era poi stata distrutta liberando il mondo dalla minaccia dei tormenti che aveva recato all’umanità, ma la realtà era ben diversa: essendo impossibile annientare una divinità, la dea della terra Choate aveva creato una statua identica in tutto e per tutto a un essere umano, in grado di muoversi e parlare al pari di un uomo, e lì il dio del fuoco fu imprigionato. La statua era intrisa di una potente magia che non solo limitava i poteri del dio, ma faceva sì che essa si riparasse immediatamente quando veniva danneggiata o distrutta, di modo che egli non potesse scapparne e ritornare alla sua antica forza.

 Sì, una versione appena un poco diversa da quella diffusa a Tahuantinsuyu. Come, ‘qual’era quella giusta’? Eh no, non voglio rovinarti la sorpresa. Solo, pensa un poco a quale calza meglio alla natura dell’Incendiario per come è stato descritto finora.

 Tornando a quel che Malitzin stava cercando di capire dalla faccenda, questa statua non aveva particolarmente gradito la sua nuova condizione, e la sua perenne ricerca di un metodo per tornare alla sua antica gloria lo aveva reso più un nemico degli dei che lo avevano ridotto così, che degli umani che un tempo aveva tanto perseguitato. Nel passare delle epoche, aveva anzi finito per divenire un valido alleato contro la tirannia degli dei.

 Nessuno doveva fraintendere, restava una creatura pericolosa e ambigua, pronta ad innalzare e abbattere chiunque a seconda di quel che gli garbava al momento; aveva aiutato Lycue, questo la regina non ebbe remore ad ammettere ai suoi eredi, ma era possibilissimo che un giorno tornasse per abbattere il loro dominio. La sovrana aveva conosciuto quell’essere fin da quando era bambina, da quando era stato il suo maestro, ma non era mai riuscita a capire davvero, fino in fondo, quali fossero i suoi piani per lei e per il resto del suo regno. L’Incendiario avrebbe saputo aiutare contro gli dei, ma questo non significava che ci si potesse fidare di lui.

 E ora, tutte queste vicende che stavano travolgendo Tahuantinsuyu … non somigliavano fin troppo a quelle che avevano segnato l’inizio del regno di Lycue? Possibile che l’Incendiario fosse proprio lì? E se questo era il caso, era possibile farlo lavorare a proprio vantaggio?

 Fuori scala, dici? Pensare di manipolare l’Incendiario … sì, per quello che Simay e Corinna hanno visto di lui, è davvero più facile il contrario.

 Ma Malitzin era un discendente di Lycue, una che, a quanto pareva, ci era riuscita. La prospettiva non sembrava così fuori dal mondo. Il problema principale era che Malitzin non sapeva da dove mettersi a cercare, e di conseguenza, come sapere se ci avesse visto giusto o meno. Poteva solo supporre che l’identità in incognito dell’Incendiario fosse qualcuno di collegato alla corte: possibilmente un nobile, qualcuno che avrebbe saputo sia chi fosse Nuala e come potesse essere fatta uscire dal palazzo, sia come esercitare un qualche tipo di potere sugli artigiani, di modo che l’orafo fosse disposto ad aiutarlo. Sempre ammesso che non fosse lui: una schiava Yateveo non era esattamente roba da persona qualsiasi.


Nei giorni a venire, Malitzin diede fondo a tutte le sue conoscenze di soqar per ascoltare i discorsi delle concubine e delle loro schiave, per sapere se ci fosse qualcun'altra coinvolta e che potesse lasciarsi sfuggire anche solo un mezzo indizio; sorvegliò gli andirivieni di donne e uomini della corte per il cortile, cercando di origliare chi parlava con chi. Soprattutto, tenne d’occhio la schiava dell’orafo; e nel giorno dell’esecuzione di Waray, riuscì a notare lei e il suo padrone che si allontanavano in compagnia di Corinna e di quello che sembrava essere un novizio dei Sacerdoti della Terra.

 Una persona direttamente coinvolta nei disordini, e un appartenente all’ordine che più aveva dato problemi. Possibile che fossero sue spie, interni ai Templi incaricati di sorvegliare la situazione e di spingere gli eventi verso certi esiti?

 Avrebbe potuto chiederlo a Corinna, ma purtroppo era ben al di fuori della sua portata. Se anche avesse sacrificato le ore di sonno che gli sarebbero spettate mentre il vecchio faceva la guardia, i custodi dell’ingresso non avrebbero lasciato uscire uno schiavo senza permesso.

 Certo, in quel gruppo vi era qualcuno che lui avrebbe potuto raggiungere senza bisogno di uscire da palazzo: l’orafo stesso. Se anche qualcuno l’avesse visto entrare nella sua bottega, avrebbe dato per scontato che stesse andando a riferire un’ordinazione per conto di una delle concubine. Altri problemi con questo piano?

 Be’, avrebbe potuto prendere un granchio clamoroso. Magari c’era una vicenda complessa, dietro la schiava Yateveo, che non coinvolgeva minimamente qualcuno come l’Incendiario (anche perché gli Yateveo erano celebri per la loro devozione alla Terra. Che poteva essere successo, perché una di loro passasse dalla parte del più acerrimo nemico di tutti gli dei?), magari l’orafo era coinvolto in qualche losco affare di una banalità disarmante, magari era davvero un seguace dell’Incendiario ma non sarebbe riuscito a capire né lo yrchllese né il suo soqar stentato, e l’avrebbe scambiato per un oppositore anziché aspirante alleato e facendogli fare una ben misera fine.

 In tutto questo, il nostro eroe aveva capito soltanto di essere in una situazione molto delicata, e che il minimo errore avrebbe rischiato di farlo ammazzare. Ma dall’altro piatto della bilancia, c’era la possibilità di avere un valido aiuto nel rovesciare il sistema corrente e instaurare al suo posto uno che incoraggiasse la gente a vivere appieno la propria vita, senza restrizioni od obblighi verso qualsivoglia autorità ultraterrena a limitarle. Come procedere?

 La risposta, sfortunatamente, fu che Malitzin non procedette di per sé: fu la Yateveo a contattarlo per prima.

 “Eh, tu!” lo apostrofò, in un momento in cui se ne stava per andare a dormire e facendogli magicamente passare la stanchezza in un colpo. Parlava yrchllese, ebbe modo di notare subito. “Come vi sta andando il dì?”

“Bene, grazie” rispose immediatamente – col fischio che si lasciava sfuggire un’opportunità di cavarle fuori informazioni. “Ho avuto una discreta fortuna, e lo scandalo della povera Nuala non ha avuto ripercussioni né su di me né sul mio collega e le altre donne”

 “Eh, certamente. Del resto, tu non avete dato ad alcuno motivo di dubitare della vostra integrità, vero?”

 Malitzin non aveva la minima idea di che cosa rispondere a questa palese provocazione –e alla strana alternanza di pronomi; la schiava sbuffò, e gli fece cenno di seguirla nella stanzetta destinata ai guardiani dell’harem. Malitzin si accomodò in casa propria, e lì tutti furono liberi di parlare.

 “Dunque, tu ci hai aiutati. Perché?”

 “Scappare o meno è stata una scelta di quella donna” replicò Malitzin. “Credevo fosse qualcosa di temporaneo, come al solito. L’avessi saputo, probabilmente l’avrei trattenuta, per evitare problemi alle altre donne e alle schiave”

 “Quindi, tu siete per la libertà a tutti, finché a qualcuno non viene fisicamente a nuocere. Non v’importa di acquisire credito presso l’Imperatore, o di svolgere bene un lavoro”

 “Perché dovrei? Sono uno schiavo. Questo lavoro è ciò che la vita mi ha dato e quindi lo accetto di tutto cuore, ma non l’ho scelto personalmente. Non aderisco all’idea di qualcuno che vorrebbe essere il perfetto carceriere per queste donne. E dunque, svolgerò questo lavoro applicandovi i miei principi”

 “Quello che la vita vi ha dato? Che sarebbe, fatalismo?”

 “Nient’affatto. Questa non è la posizione che ho scelto, ho idee ben precise su quel che voglio fare, e mi impegnerò ad attuarle. Ma questo è quel che mi sta capitando ora. Fa parte della mia vita, che è mia e solo mia, e non si ripeterà mai più, in alcun essere vivente. E’ la cosa più preziosa che io possa avere, e pur non rinunciando alla mia volontà, accetterò con gioia tutto quello che ne farà parte”

 “E quali sarebbero questi vostri ideali?”

 “Queste domande mi sembrano un poco sbilanciate. Mi stai bersagliando di domande sui miei motivi e ideali, ma non mi stai rivelando nulla dei tuoi, o di quelli di chi ti manda. Questa è una conversazione tra pari, o tra un superiore e un inferiore?”

 La Yateveo sorrise: approvava la risposta? Malitzin aveva passato un qualche tipo di test?

 “La vostra pausa dura ancora a lungo?”

 “Abbiamo ancora circa quattro ore”

 “Perfetto. Seguimi, allora, se vuoi le tue risposte”

 Lo accompagnò fuori dalla loro stanzetta, e lo condusse dritto alla bottega del suo padrone.

 “Cambio di programma, mio signore” annunciò, sempre in yrchllese. “Sono richieste informazioni in cambio di informazioni. E io sono troppo pigra per gestire a lungo questo tipo di conversazione, quindi ve lo pigliate voi”

 “Non vorrei mai importi compiti così gravosi. Ce la faresti quantomeno a prepararci della chomwa?” replicò l’orafo, in un tono afflitto allegramente contraddetto dal sorriso divertito.

 “Spero tu possiate perdonarmi il caos, ma non mi stavo davvero aspettando che Linca avrebbe portato una visita. Prego, accomodatevi dove preferite … e non ci siano una dozzina di cose … poveri noi” soggiunse, contemplando la quantità di attrezzi da lavoro e gioielli più o meno ultimati disseminati ovunque.

 Malitzin si sedette in un angolo libero del pavimento, soppesando l’orafo. Sembrava un poco più giovane di lui, con lineamenti abbastanza insoliti per quelle terre. Non certo yrchllese, ma non aveva l’aria di un soqar: forse era discendente di schiavi stranieri? Aveva gli occhi molto tirati per essere un locale, e le labbra sottili e curiosamente livide …ah, ecco qualcosa di più interessante dell’aspetto fisico.

 L’orafo aveva un sorriso cortese, certo … ma gli occhi non ne facevano parte.

 Malitzin doveva prepararsi a finire in una gran brutta situazione? Non sapeva davvero chi fosse quest’uomo, la vaga possibilità che l’aveva spinto a chiedere chiarimenti alla Yateveo avrebbe potuto benissimo essere un abbaglio, e se anche non lo fosse stato, la situazione sarebbe stata molto, molto delicata.

 “Io sono Sayre Tupachi, lieto di fare la vostra conoscenza. Tu, se la memoria non mi inganna, siete il nobile Malitzin … figlio o figlia del re?”

 “Sono solo la persona che sorveglia l’harem. E se chiedete se io sia uomo o donna, la scelta è vostra”

 “Mi lasciate scegliere la vostra identità? Perché mai?”

 “’Lasci scegliere’? Anche se io non vi avessi detto nulla, anche se fossi stato chiaramente un uomo o una donna, voi avreste ugualmente deciso la mia identità. Voi avrete una visione di me che sarà unica e non condivisa completamente da nessun altro: per chiunque mi guardi, sarò una persona diversa. E così voi per me sarete una persona, per altri una anche completamente diversa. E’ inevitabile per ogni essere umano cambiare completamente a seconda dell’interlocutore, ma non ho mai incontrato nessun altro che voglia riconoscerlo. La mia condizione mi permette di dichiarare le mie idee in proposito, o tramite domande esplicite come la vostra, o semplicemente facendo riflettere chi ho davanti”

 “Ci siete mai riuscito?”

“Secondo voi?”

 Sayre sbuffò una risata. “Ma immagino tu vogliate conoscere qualcosa di più pressante. Linca vi ha dimandato perché tu ci abbiate soccorsi con la fuga di Nuala?”

 La schiava, impegnata a far bollire una bevanda rossastra, replicò in fretta qualcosa in soqar. L’orafo annuì.

 “Una concezione della libertà come non ne troverete a Tahuantinsuyu, e una concezione della vita come ammetto di averne sentite poche. Dunque, anche quando vi impone sofferenze e schiavitù, la vita dev’essere accettata con gioia?”

 “Non vedo come altrimenti, senza farvi una grave offesa”

 “Un’offesa. Un’offesa a chi, Malitzin? Ai genitori? Alla società che ti ha fatto nascere e crescere? Agli dei, che ti hanno concesso di venire al mondo? O alla vita stessa?”

 “Alla vita stessa, naturalmente. Cos’altro di più importante potrebbe avere un essere umano?”

 “Ognuno ha la sua risposta?”

 “Già, ognuno ha la sua risposta. E la tua qual è? Richiedo uno scambio di informazioni, ti chiederei di ricordartelo”

 “La volontà. Un essere umano non è niente, niente, se non decide per sé qualcosa da volere e non lotta per ottenerlo. La volontà lo spinge a progredire, e spesso, con le sue azioni, a far progredire tutti quelli che lo circondano. La volontà di cambiare sé stessi, di cambiare il mondo, è la vera anima dell’uomo. Senza volontà, la vita non potrebbe essere accettata e amata come tu proponi; senza volontà, la vita di un uomo non diverrebbe diversa dalla sua morte. Chi rifiuta la volontà, è nemico della vita, ma siccome almeno biologicamente continua a funzionare, rischia di trascinare anche altrui su questa strada”

 “E’ pronta la chomwa!”

 L’orafo guardò la sua schiava di sottecchi. “L’hai fatto apposta” si lamentò. “Hai aspettato che io finissi questa parte del mio confronto per uscirtene con la frase più prosaica che si potesse dire!”

 “Mi sembra solo educato aspettare che la gente finisca di parlare prima di intervenire” replicò candidamente la Yateveo, porgendo ciotole di liquido rosso cupo al suo padrone, che poi ne mise una in mano a Malitzin.

 “Dunque, avete fatto fuggire Nuala per questo vostro credo nella volontà?” Malitzin cercò di riportare il discorso in carreggiata.

 “No. Se ora posso essere io a porgervi una domanda, e se tu vorrete provvedermi una risposta, questa è: Malitzin, tu che cosa volete?”

 “Io voglio diffondere l’amore per la vita. Voglio che tutti riconoscano che dono meraviglioso è l’essere vivi, che abbiano rispetto e fin venerazione per la propria esistenza. E che tramite questo amore e rispetto, raggiungano la propria felicità”

 “Un obiettivo peculiare. Non il far raggiungere la felicità all’umanità intera, quello è in realtà abbastanza comune, ma i metodi tramite cui vuoi che si raggiunga. Venerare la vita … Malitzin, tu vi considerate una persona devota agli dei?”

 “Lo sono, secondo te?”

 L’orafo sorrise. “No, secondo me no. Siete di Yrchlle, i vostri dei non sono buoni e giusti, e anche se lo fossero, la vostra devozione per la vita supererebbe quella per loro. Sbaglio?”

 “No, affatto”

 Ora, durante questa conversazione, i sospetti di Malitzin su chi si trovasse davanti erano sempre più diminuiti. Quella frase finale era semplicemente l’ultimo tassello.

 La gente di Tahuantinsuyu aveva normalmente un rispetto fortissimo per gli dei, come il nostro eroe non era abituato a vedere; adesso le possibilità erano due. O quest’orafo gli aveva teso una trappola per tutto il tempo e ora l’avrebbe denunciato per blasfemia, se una cosa simile fosse stata possibile, o si sarebbe trovato davanti all’Incendiario. Nel qual caso … forse era appena arrivato un po’ più vicino al coronamento del suo obiettivo.

 “E ne hai ben ragione. Gli dei, che pretendono sacrifici e che con il loro comandamento del dovere impongono sensi di colpa e mortificazioni di sé ai loro seguaci, sono un ostacolo tanto alla vita quanto alla volontà. Se tu dovessi opporti a loro … giungeresti infinitamente più vicino al tuo scopo che non venerandoli”

 Malitzin fissò il suo interlocutore, il suo sorriso deciso e sicuro, e più sincero di quanto non fosse stato all’inizio della loro conversazione. Per un istante ponderò come porre la questione, e il risultato fu: “Sei l’Incendiario, non è vero?”

 Sayre, in quel momento, aveva avuto la disgraziata idea di bere una sorsata della sua chomwa: quasi si soffocò per l’accesso di risate.

 “Chiedo scusa” riuscì a spiegare tra i colpi di tosse. “Ma mai, in tutta la mia vita, qualcuno me l’ha chiesto in tono così conversazionale. E comunque sì” la mano dell’uomo andò in fiamme, che si levarono un poco per poi estinguersi senza lasciare un singolo danno. “lo sono. Vedo che la mia cara Lycue ha istruito bene i suoi discendenti”

 Malitzin non poteva dire di non esserselo aspettato, tutt’altro. Ma trovarsi di fronte al fatto concreto era tutta un’altra cosa. La creatura che gli stava davanti un tempo aveva portato la sua antenata al potere, in nome del mostrare all’umanità la verità sulla natura crudele degli dei; e in un tempo infinitamente più remoto, era stato Ometechtuli, il persecutore della razza umana, una divinità troppo folle e pericolosa persino per i suoi pari. Che cosa poteva aspettarsi di preciso da lui?

 “E’ stata un’azione saggia, considerate tutte le circostanze. E bene, ora che so con chi sto parlando … cosa diresti sia meglio per me, per poter esercitare la mia volontà?”

 Farlo parlare, cercare di capire dove volesse andare a parare, in che situazione si stesse andando a cacciare Malitzin e quale fosse la posta in gioco. La situazione era spinosa, ma nulla di male poteva venire dal conoscerla bene.

 “Tu avete molte doti che mi interessano, Malitzin” esordì l’altro. “Avete la vostra personale concezione del mondo e di cosa sia giusto e sbagliato, e siete deciso ad affermarla a dispetto di chiunque voglia impedirvelo, umano o divino che sia. Non avete idea di che qualità rara e preziosa sia. In secondo luogo, avete un modo di pensare profondamente alieno per Tahuantinsuyu, e che verte attorno allo spingere questa gente a pensare e porre in discussione le loro convinzioni. Sarebbe riduttivo dire che ce ne sia un bisogno disperato. E, ultimo ma non ultimo, siete stata cresciuta per essere il consigliere di vostro fratello che sarebbe dovuto ascendere al trono. Sono sicuro che tu abbiate ricevuto un’educazione pari alla sua, e che siate esperta … se non nella politica di Tahuantinsuyu … nel considerare le situazioni con lungimiranza per i loro effetti e nel trattare e persuadere uomini della corte e del popolo allo stesso modo. E sì, anche questa è una caratteristica che tornerà molto utile per quello che ho in mente per te, se accetterai la mia assistenza”

No, i pronomi altalenanti non sono un errore mio. Erano effettivamente il modo in cui Sayre aveva deciso di rivolgersi a Malitzin. Piuttosto originale, devo dire, a me di sicuro nessuno si è mai rivolto così. Ma torniamo a noi.

 “A giudicare da quanto bene sarebbe accettato un governante straniero, incapace di riprodursi e che non si capisce se sia uomo o donna, suppongo che cerchiate i miei talenti da consigliere per una terza persona?”

 “Siete perspicace. Non amo particolarmente questa monarchia, vedete: secoli e secoli di sovrani più interessati a mantenere sé e i propri eredi prescelti sul trono che a migliorare e innovare concretamente questo Impero. Ho già visto nazioni simili commettere lo stesso errore: per come stanno andando le cose, Tahuantinsuyu si espanderà, continuerà a espandersi, finché qualche sovrano non cercherà di evitare lotte tra i suoi figli spartendo il territorio tra loro, i figli combatteranno lo stesso per le terre altrui, e qualche popolazione confinante non riuscirà ad approfittare di lotte e frammentazioni di potere per vincere militarmente e accattivarsi i favori di qualche divinità con il suo ardire. Tahuantinsuyu crollerà, e questo grande Impero con le sue possibilità di controllo territoriale e capacità di mantenere al proprio interno molteplici culture diverse si dissolverà in pagine di trattati storici che studenti svogliati dimenticheranno appena le avranno voltate”

 “E pensate che mettere qualcuno di vostra scelta sul trono, come avete fatto con Lycue, risolverà il problema?”

 “Precisamente, e conosco la persona adatta a questo ruolo. E’ solo questione di … aiutarla a uscire dai suoi schemi mentali troppo ristretti. Una volta che così avrà fatto, avremo un sovrano alle prese con cambiamenti epocali in questo Impero, ma ben poca preparazione al governo. Ed è qui che entrerà in scena il suo fedele consigliere, che avrà peraltro la posizione perfetta per impartire alla popolazione la sua … filosofia di vita? Religione? Quel che riterrete più appropriato”

 “E queste sono le vostre condizioni?”

 “Se vorrete accettarle, sì”

 “Ma voi dovrete accettare le mie, se è per questo”

 L’Incendiario osservò Malitzin con una certa curiosità e interesse, come se non fosse abituato a sentirsi imporre condizioni.

 “Non ci saranno morti. Come vi ho già spiegato, per me la vita è il massimo valore: non calpesterò quella di alcuno, quale che sia il prezzo”

 “Un fervente oppositrice dell’omicidio … certo, è solo naturale. E cosa ne pensereste del concetto di legittima difesa?”

 Malitzin sospirò. Aveva sperato di poter porre un freno all’essere che aveva davanti, perlomeno evitare incendi ‘misteriosi’, ma quest’ultima osservazione … non avrebbe potuto negare che quello fosse l’unico caso in cui uccidere fosse ammissibile, anche se non certo una buona cosa. Ma come avrebbe distorto l’Incendiario quella sua richiesta? Quali sarebbero stati i suoi parametri per definire ‘legittima difesa’? Avrebbe potuto rifiutare, a quel punto?

 No, sapeva troppo: l’Incendiario l’avrebbe ucciso, se si fosse tirato indietro a questo punto. E se Malitzin fosse morto, non solo quell’essere avrebbe potuto fare indisturbato quel che voleva, ma la sua visione della vita non si sarebbe mai diffusa presso nessuno. La gente non avrebbe mai compreso appieno il proprio valore di esseri unici la cui vita non andava assolutamente sprecata. Si poteva considerare un sacrificio giusto …?

 No, per niente. Ma era quello che era necessario fare.

 Un ragionamento ipocrita? La nostra religione, che predica l’assoluta importanza della vita sopra ogni altra cosa, si basa su qualche omicidio strategico? Sì, immagino che Simay e Corinna abbiano menzionato qualcosa riguardo a rivelazioni che potrebbero scuotere la nostra Devozione fin nelle fondamenta, ma no, non si riferivano a questo. Tu potresti andare a raccontarlo a chi vuoi, ma se moltissimi condannerebbero certamente Malitzin e la sua ipocrisia, altrettanti lo difenderebbero e ne loderebbero il pragmatismo. Non è di quello, che gli Imperatori della Vita stavano parlando.

 Comunque, Malitzin arrivò a quello che riteneva una sorta di compromesso: probabilmente non avrebbe posto freno a tutti i delitti dell’Incendiario, ma avrebbe limitato quelli a esclusivo scopo politico. Sayre era, per la cronaca, convinto che il nostro eroe avesse fatto un’ottima scelta.

 “Credetemi, neppure a me piace uccidere gratuitamente. E nel caso che ci si prospetta ora, non solo non sarete coinvolto nell’assassinio di nessuno: mi aiuterete a salvare due vite”

 “Salvare?”

 “Quella persona che intendo far salire al trono … il figlio illegittimo dell’Imperatore in carica, avuto da una delle sue prime concubine. E’ il più anziano dei suoi figli, e dunque quello a cui molti si rivolgerebbero per una successione rapida e indolore, nel caso suo padre dovesse morire improvvisamente. La nostra Imperatrice Llyra ha altri programmi: non solo gradirebbe, naturalmente, che il trono andasse a uno dei suoi figli, ma vorrebbe anche che l’Imperatore termini il corso della sua esistenza giusto in tempo per concedere a lei un po’ di regno autonomo, prima che uno dei suoi figli sia nell’età giusta per succedere al padre. E data la recente nascita di una principessina che possa essere sposa a qualsiasi principe ereditario, temo che questo avvenimento non sia poi troppo lontano”

 “L’Imperatrice vuole uccidere suo marito? Ma non è anche suo fratello, a quanto ho capito?”

 “Sono secoli che l’ascesa al trono è un bagno di sangue tra gli eredi dell’Imperatore, la dinastia imperiale non sa cosa sia l’amore fraterno da quando questo sistema è stato stabilito. Ora vedi, se il ragazzo fosse riconosciuto per tempo, e questa congiura esposta, l’intera faccenda della successione sarebbe gestita senza spillare una sola goccia di sangue”

 Malitzin annuì. Il suo piano, stabilito in quei brevi momenti, era seguire le direttive dell’Incendiario solo qualora lui stesso le avesse approvate, e sabotare le operazioni con più discrezione possibile in caso contrario; salvare la vita di due persone era decisamente il primo caso.

 “Che ruolo avrò io in tutto questo?”

 “Vedete, il piano della nostra diletta sovrana ruota attorno al far svolgere il lavoro sporco a un’assassina che da qualche mese affligge Alcanta. Delitti ideologici, li si potrebbe definire: aggredisce solo uomini che abusano le loro donne, senza trarne alcun profitto materiale. Un’altra delle mie assistenti, Cocha, mi ha fatto sapere che …”

 “Era Taquis” intervenne la schiava. “Abbiamo affidato l’incarico a Cocha, ma ci ha risposto tramite Taquis”

 “E’ vero, ora che me lo ricordi. Spero solo che abbia delegato perché la sua attività sta finalmente prendendo piede e non per qualche motivo più grave. Quel che stavo dicendo, è che uno dei miei assistenti in città mi ha fatto sapere che è stata sparsa una voce in giro, che l’Imperatore abbia ricatturato Nuala e ora la tenga prigioniera per sottoporla a torture e sevizie da cui la legge la proteggerebbe. Noi possiamo garantirvi che così non è, certo, ma è quantomeno curioso che questa voce si sia sparsa proprio mentre la Dama Azzurra, così si chiama la nostra donna, è in piena attività”

 “E sia voi che l’Imperatrice credete che un’omicida si spinga al punto da assassinare il suo sovrano per un’ideologia sconnessa dal potere?”

 “Potremmo argomentare che i delitti della Dama Azzurra abbiano molto a che fare con il potere, a loro modo”

“Capisco, ma ora temo che il nostro tempo stia giungendo al termine. Vorreste dunque spiegarmi che ruolo dovrei avere nella faccenda, o se il continuo errore nel pronome di seconda persona singolare era un test per la mia attenzione da parte vostra e della vostra schiava”

L’Incendiario lo fissò. “Errore? Il ‘tu’ non è l’espressione usata nel linguaggio formale?”

“Una volta lo era, adesso è diventato colloquiale … andava comunque coniugato nelle forme verbali che avete usato, ma ora è stato sostituito dal voi e ha acquisito le proprie coniugazioni”

Il suo interlocutore si schiaffò una mano sul volto. “Odio le lingue di voi umani! Cambiano anche più in fretta delle vostre morali!”

Be’, aveva la sua logica, dato quanto doveva aver vissuto quell’essere, ma problemi linguistici e l’imbarazzo conseguente non erano esattamente attributi che avesse mai pensato per l’Incendiario.

“Ma sorvolando sui miei strafalcioni” proseguì l’altro, sempre con un’aria alquanto sconfortata. “Passiamo a quello che voi dovrete fare. Vi ricordate di Corinna?”

 “La ragazza che ho aiutato nella sua prova per accedere al sacerdozio? Certamente”

 “Bene. Avvicinatela, senza naturalmente spiegarle chi vi manda. Raccontatele questa voce, e poi osservatene le strane coincidenze, nel caso ce ne fosse bisogno”

 “E’ anche lei una vostra assistente? Ci aiuterà a fermare l’assassina?”

 “Direi proprio che non è una mia assistente. E non ci aiuterà a fermare l’assassina, perché non saremo noi a farlo. L’eroe di turno sarà quel ragazzo, naturalmente: qual miglior sistema per presentarsi al proprio padre che salvargli la vita?”

 

 

 

 

 

 

GLOSSARIO (e qualche trivia):

Mekilo: essere simile a uno scoiattolo, solo molto più grande, con zampe molto più lunghe e la coda in fiamme. Essendo un animale legato al fuoco, non è considerato sacro a nessun dio, ma sfruttabile da tutto il genere umano. Viene usato soprattutto per trasportare merci e persone.

Occlo: bovino ricoperto di squame e con protuberanze lunghe e sottili, simili a serpenti che stanno al posto delle corna e da cui esce fuoco. Anch’esso animale legato al fuoco, ma per la sua pericolosità e la capacità di controllare i loro getti di fuoco sono quasi esclusivamente cavalcature da battaglia.

Kutluqun: capre anfibie con alghe al posto della pelliccia. Sono considerate sacre al dio Tumbe, e per questo, per allevarle o catturarne di selvatiche, è necessaria l’autorizzazione di un sacerdote di quel dio.

Lymplis: pesci volanti, con le pinne coperte di piume. Sono sacri alla dea Chicosi, dunque è necessaria l’autorizzazione di un suo sacerdote per possederne uno. Malgrado ciò, sono popolari come animali da compagnia presso la nobiltà.

Kyllu: uccelli simili a cigni, fluorescenti. Sono sacri al dio Achemay, e allevati solo all’interno del palazzo imperiale. Il loro piumaggio è usato per decorare le corone dei sovrani.

Lilque: creature con corpi simili a quelli degli esseri umani, ma con code di serpente al posto delle gambe. Servitori del dio Thumbe, vivono presso il mare, i laghi e in qualche caso i fiumi, quasi mai in corsi d’acqua più piccoli.

Duheviq: piante dalla capacità di mutare il proprio aspetto, assumendo qualsiasi forma desiderino. Originariamente questo veniva usato per catturare prede dei cui fluidi nutrirsi, ma con l’avanzare della società umana, ne hanno approfittato per integrarvisi. Un tempo servitori della dea Achesay, organizzati in tribù-foreste rigidamente isolate dagli esseri umani; solo i sacerdoti della dea potevano avvicinarli senza essere bollati come cibo. Al tempo di Choqo, mentre i più anziani vivono ancora tradizionalmente, i più giovani hanno preso a mescolarsi con le popolazioni umane, finendo spesso vittime di discriminazioni e relegati ai lavori meno nobili o remunerativi. Mantengono comunque un rigido codice di valori, di cui la fedeltà è il più alto.

Shillqui: piante in cui scorre un liquido per aspetto e consistenza simile al miele, che causa a tutto l’albero di agitarsi violentemente. Se bevuto, questo liquido dà gli stessi effetti agi esseri umani, ma è difficilissimo metterci le mani sopra. Pianta sacra a Pachtu, i suoi sacerdoti ne devono bere la linfa durante le cerimonie.

Likri: fiori simili a gigli rossi, dalle temperature bollenti, che esalano un fumo sottile. Se tuffati in acqua gelida e canditi, sono considerati ottimi per la pasticceria, ed essendo legati al fuoco, l’unico limite al coglierli è potersi permettere buoni guanti protettivi.

Sangue della Terra: erba che influenza la circolazione sanguigna, usato per diversi effetti nelle gravidanze.

Zullma: pianta le cui varie componenti hanno diversi usi; le radici sono considerate un potente lassativo.

Kiquicos: erba di colore blu, parassitaria dei Duheviq. Pericolosa per le sue capacità di depistare animali e viandanti, ma molto ricercata per le sue molteplici virtù.

Guyla: praticamente un Moment.

Tably: erba che secondo le credenze popolari risolve l’insonnia e i problemi di incubi frequenti.

Ago di Luce: essere a metà tra lo stato animale e quello vegetale, si nutre di sangue, ma può essere utilizzato per aspirare anche altri fluidi corporei.

AQI: esseri simili a tassi dal pelo violaceo, che emanano ormoni che fanno marcire le sostanze inorganiche attorno a loro. Soggetti a disinfestazioni a tappeto e contenuti in gabbie speciali, sono frequentemente offerti in sacrificio, con la testa dedicata a Chicosi, il cuore ad Achemay, e il resto del corpo, a seconda che l’animale sia maschio o femmina, a Tumbe o Achesay.

Fylles: insetti con ali a forma di fiore e polline al centro del corpo. Poiché si nutrono di altri insetti, sono molto usati dagli agricoltori, anche se prima necessitano di un permesso di un Sacerdote di Chicosi.

 

Qillori: cristalli di colore azzurro chiaro, molto usati in oreficeria.

Achemairi: cristalli di colore dorato, anch’essi comuni per l’oreficeria.

Tablyk: pietra di colore rosato, usata nell’oreficeria.

Kislyk: pietra dall’aspetto simile alla tablyk, ma molto più dannosa.

 

Notte: entità primordiale da cui tutto il mondo ha avuto origine.

Achemay: dio del sole, entità più importante del pantheon Soqar.

Achesay: dea della terra.

Chicosi: dea dell’aria.

Tumbe: dio del mare, dei fiumi e dei laghi.

Sulema: dea del fuoco.

Pachtu: dio dei fulmini e della vita.

Qisna: dea della morte e delle paludi.

Supay: esseri più collegati al folklore che alla religione vera e propria, sono creature della Notte,

incaricati di torturare le anime dei peccatori che lì vengono gettate.

 

 

 

 

 

 

Ladies & Gentlemen,

sì, la mia abitudine di sospendere le pubblicazioni per concentrarmi sugli esami ha colpito ancora. Ma state felici, perché questa volta gli esami che mi aspettano sono due o tre (dipende se l’ultimo l’ho passato o meno), e anche con la preparazione della tesi dovrei avere comunque abbastanza tempo per continuare ad aggiornare. Anzi, per recuperare gli aggiornamenti di gennaio, mi impegnerò a dare a febbraio la bellezza di quattro capitoli.

Comunque, spero che vi sia piaciuto il grande ritorno all’insegna di discussioni filosofiche tra Malitzin e Sayre. Diciamo che gli interessi di questi due coincidono … per il momento, e che Mal è quantomeno sollevato/a di aver trovato qualcuno che parla la sua lingua (più o meno) e non lo/a considera un invasato/a.

Concludo con un più serio: felice anno nuovo, soprattutto ai sventurati che in questo dovranno vedersela con maturità o laurea!


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Capitolo 30
*** Dove vengono trasmesse informazioni ***


                                  CAPITOLO 29

     DOVE  VENGONO  TRASMESSE  INFORMAZIONI

 

 

 

 

 

 

 

Ormai Choqo ne era sicura: Itzèn interrompeva ad arte le sue narrazioni sulla vicenda di Malitzin. Era arrivato a quel punto, che gli sarebbe costato raccontare quel che aveva in mente l’Incendiario per salvare la vita a Manco?

 Che poi, quel piano … Llyra era stata spodestata dagli Imperatori della Vita proprio con la motivazione che avesse fatto uccidere il marito. Ma allora non erano riusciti a salvarlo? Oppure ce l’avevano fatta, e l’Imperatrice aveva avuto successo in un’occasione successiva?

 Quel che era chiaro, era che a Sayre non fossero sfuggiti i movimenti di quest’ultima per attirare l’attenzione della Dama Azzurra. Adesso tutto quel che poteva fare per capire cosa fosse successo era: leggere il diario di Chica per capire come fossero state trasmesse quelle false informazioni, e poi riprendere in mano il manoscritto di Simay per scoprire come avesse gestito l’inchiesta e come avesse preso la notizia che avrebbe dovuto salvare suo padre.

 Dannazione, la faccenda iniziava davvero a farsi nebulosa …

 

 

 

                                                        Dal Diario di Chica Guchanii

 

 

                             11 NECHISUDI 1593

 

 

Ho deciso che la data di oggi, a tre giorni di distanza dalla celebrazione della nascita dei principi, dovesse essere il momento migliore per andare a parlare con i familiari di Nuala.

 In quel palazzo devono aver avuto il tempo di rimuginare sull’affronto del mancato invito, e negli ultimi giorni perfino le donne sposate in altre famiglie sono naturalmente state escluse dal nostro circolo, portando a disagi a non finire presso i loro sposi. Mi sento sinceramente dispiaciuta per loro, ma si tratta di un male necessario: e sono certa che la mia signora saprà ben ricompensare almeno loro delle sofferenze passate e quelle che arriveranno. Perché la famiglia principale, ormai l’ho capito, è destinata a farci da capro espiatorio quando il delitto sarà scoperto.

 In questo clima di isolamento, quando ho cercato di parlare con Korila sono stata accolta da un misto di sollievo e diffidenza. La sorella minore di Nuala è evidentemente una delle persone che più ha sofferto della situazione: cercava di essere riservata, ma glielo si leggeva negli occhi. E non appena ho menzionato quella possibile teoria su cosa possa essere successo alla concubina fuggiasca, mi ha immediatamente invitata a pranzo presso la sua famiglia.

 Voglio solo sperare che suo padre, sua madre e i suoi fratelli siano altrettanto ben disposti, ma anche se così non fosse … forse posso convincere la giovane Korila a cercare da sola l’aiuto della Dama Azzurra? Spero che ne abbia l’intraprendenza.

 Domani dovrò mettere alla prova le mie doti di oratrice: quant’è strano, pensare che ciò che ho sempre usato per intrattenere gli ospiti e dar lustro alla mia famiglia possa essere usato per scopi tanto gravi!

 

                                12 NECHISUDI 1593

 

Un passo avanti, un vero passo avanti! Che gli dei mi aiutino, mi sento così eccitata … non dovrei, pur obbedendo alla mia signora sto causando un danno a degli innocenti … oh, spero che scriverne mi aiuti a inquadrare gli eventi nella giusta prospettiva.

 Per poco non mi è stato impedito, peraltro: tra le persone che hanno notato l’ostracismo della famiglia di Nuala c’è purtroppo anche mio marito, e ho dovuto penare non poco per convincerlo a lasciarmi fare una visita di cortesia per il pranzo presso di loro. Ho dovuto assicurargli che era una visita di convenienza, richiesta dalla mia signora per verificare, con il pretesto di pettegolezzi femminili, che quella famiglia non stesse nascondendo la fuggiasca; e giurare che Thumbei non avrebbe avuto nulla a che fare i bambini dei fratelli di Nuala. Sarebbe stato ridicolo se un compito così importante per le sorti dell’Impero mi fosse stato impedito dal desiderio di rispettabilità di mio marito!

 Di per sé, l’incontro è iniziato in una terribile atmosfera di disagio. La famiglia di Nuala discende dal figlio di un governatore di Alaya che ha avuto un grande successo come legislatore e consigliere di un Imperatore, mantiene un notevole status sociale, e Nuala stessa ha due sorelle e quattro fratelli: i suoi genitori erano considerati benedetti dagli dei per la loro fertilità.

 Adesso … i simboli della loro prosperità ci sono ancora, nel bel palazzo e nelle vesti eleganti con cui mi hanno accolta, ma i loro volti mostrano i segni dei tempi bui. Tutti mi sembravano stanchi, la madre di Nuala ha chiaramente fatto un tentativo malriuscito di nascondere pesanti occhiaie col trucco, uno dei fratelli ha chiaramente bevuto di recente, la giovane Korila e uno dei suoi fratelli maggiori hanno dato chiari segni di impazienza per tutto il pranzo.

 Le vivande offerte erano senz’altro deliziose, la conversazione iniziale sarebbe stata educata e cortese in qualunque altra circostanza, ma in questa suonava terribilmente forzata. Avevo davvero voglia di affrontare subito l’argomento Nuala, ma mi rendevo conto di quanto sarebbe suonato indelicato e fuori luogo: avrei dovuto avvicinarvisi gradualmente, lasciandolo scivolare con più naturalezza nella conversazione, anche se sarebbe stato ugualmente difficile da affrontare. Certo, non sto dicendo che fosse un compito facile: ho rischiato più volte di fare scivoloni imbarazzanti, altro che tutta l’eloquenza che mi sarebbe servita per un compito simile!

 La mia grazia salvifica è stata Korila: perfino più impaziente di me, ha pensato bene di affrontare di petto l’argomento, con un sonoro “E allora, mia sorella? Qualcuno si decide a parlare di lei? Si tratta di sapere dove sia finita, per il buon Achemay!”

 I genitori e i fratelli maggiori si sono subito alternati tra rimproveri a lei e scuse al mio indirizzo, ma io ho immediatamente colto l’occasione. Ho sorriso con indulgenza, e ho detto che quella piccola esplosione emotiva non mi ha per nulla offesa: mi ha anzi confortata, perché dimostra che la ragazza è leale alla sua famiglia anche nelle avversità. E certo non si può negare che sua sorella maggiore, per quanto poi si sia rivelata una traditrice, sia sicuramente stata una figura amorevole e affettuosa nell’infanzia di Korila.

 “Erano molto unite, sì” ha borbottato il padre. “Nuala sembrava … così posata e sofisticata, da giovane. Speravamo che avrebbe influenzato Korila, all’epoca era una piccola canaglia … quando Nuala è stata scelta per l’harem dell’Imperatore, la nostra piccola è stata inconsolabile, allora aveva solo sette anni, non poteva capire l’onore destinato alla sorella …”

 “E temo non l’abbia capito ancora adesso” è intervenuta la madre in tono tagliente. “Nostra figlia ha ricevuto un così grande onore, e ha tradito la fiducia e la stima di tutti! Di Sua Altezza, certo, ma anche la nostra: confidavamo tanto che sarebbe stata di buon servizio. La sua folle manipolazione di quello sciagurato Sacerdote di Achesay e la sua fuga ci hanno gettati nel disonore, ma ciò non significa che condanniamo le sue azioni meno di chiunque altro! Noi siamo sempre stati leali alla corona, noi , noi …!”

 Il suo discorso è degenerato in singulti incoerenti, e la sua figlia più anziana è corsa ad aiutarla. Ha spiegato che quello di Nuala restava un argomento molto delicato per sua madre e la scomparsa l’aveva scossa molto, quindi forse sarebbe stato preferibile passare ad argomenti più conviviali – nel frattempo squadrandomi come la peggiore delle bifolche.

 A quel punto è intervenuta Korila, dall’alto della sua impulsività ed egoismo giovanili, e ha protestato che no, non si poteva far finta che Nuala fosse solo una disgrazia che per fortuna era sparita, era la loro sorella, bisognava sapere dove fosse andata a finire! A farle eco è accorso il fratello a lei più vicino per età, meno autorizzato ad impulsività ed egoismo ma che se ne infischia bellamente di tutto ciò, a protestare che è un’indecenza che sua sorella non sia ancora stata ritrovata, che loro non abbiano avuto la possibilità di rivederla un’ultima volta, e di accertarsi che la donna vista dalla Consacrata nel Giudizio di Luce fosse davvero lei: del resto, quella fanciulla non ha mai visto anima viva a parte i suoi attendenti e gli imputati che ha il compito di giudicare!

 Il padre è intervenuto a zittirlo, intimando loro a voce molto alta di non urlare così davanti all’ospite, e dichiarando che Nuala è scappata prima che venisse fatta l’accusa formale verso di lei, e già questo basta a dichiararla come colpevole. E per quanto riguarda il fatto che nessuno l’abbia trovata, non bisogna addossare alle guardie colpe che appartengono solo alla loro familiare.

 Mi sono affrettata ad approvare: bisogna riconoscere le colpe a chi le ha commesse, ed è molto coraggioso, da parte loro, riconoscere quelle operate dalla loro figlia e sorella. Bisogna affrontare la realtà, ho dichiarato, non buttarsi su tenui speranze o pigri pettegolezzi su una finta fuga!

 A giudicare da come tutti mi hanno guardata, nessuno aveva ancora sentito di quella voce che ho sparso. Ecco un lato negativo del loro isolamento, almeno per noi …

 Quisque, il fratello di mezzo, mi ha subito interrogata su che cosa intendessi; io ho dichiarato che era una voce talmente improbabile e insensibile verso tutti che mi rifiutavo perfino di riferirla. Naturalmente questa frase ha fatto sì che alla richiesta di parlare si associasse, più o meno esplicitamente, tutta la famiglia. Ho insistito ancora un poco nella mia ritrosia, finché uno sconfortato capofamiglia ha rinunciato a calmare i suoi figli e si è unito alle richieste, anche se in tono più cortese.

 E allora ho raccontato la versione concordata con la mia signora.

 Le reazioni sono state varie: il padre ha inveito indignato contro chiunque avesse messo in giro una voce così orrenda e offensiva, ora capiva perché non avessi voluto parlarne, la madre ha abbassato lo sguardo, immersa nei suoi pensieri, e così è rimasta per diversi minuti; la sorella maggiore ha dichiarato che se anche qualcosa del genere fosse successo, non avrebbe cambiato nulla, perché era diritto del sovrano disporre di vita e morte di chi l’aveva tradito; il fratello più anziano e quello più piccolo hanno ribadito, in toni diversi, che ciò è troppo al di sotto della nobiltà di Sua Altezza; e Quisque e Korila sono stati, di nuovo, quelli più propensi a darmi ascolto e pronunciarsi a difesa della sorella.

 Il padre li ha nuovamente zittiti in tono brusco, si è scusato con me per il loro comportamento, e io mi sono affrettata a ribadire che semmai sarei dovuta essere io a scusarmi, non avrei dovuto riferire qualcosa che chiaramente avrebbe rigirato il coltello nella piaga di quei due ragazzi. Sono stata prontamente rassicurata dalla sorella maggiore che la colpa era loro, erano stati loro a insistere perché lo raccontassi.

 Io li ho rassicurati che era normale voler sapere una cosa del genere, si trattava della sorte di una persona a loro molto cara, ed era naturale che qualcuno rimanesse turbato. Del resto, anche se così fosse stato, non si potrebbe fare nulla: già una donna deve stare sempre alla mercé del suo uomo e accettare le sue parole e azioni come leggi, quali che esse siano, se poi si tratta anche dell’Imperatore … chi mai potrebbe andare contro di lui?

 A questo punto la madre si è finalmente riscossa, e ha commentato che questi sono argomenti davvero inadatti da discutere a cena: avevamo offerto davvero un pessimo spettacolo alla loro ospite. Mi promise che la prossima volta che sarei stata invitata avremmo pranzato in circostanze più liete, e si dispiaceva davvero che quello fosse andato a finire su quei discorsi.

Ho preso il non troppo velato invito ad andarmene al volo, ho ringraziato sentitamente e augurato una buona giornata a tutti, richiamato le mie due schiave e me ne sono tornata a casa.

 Ora, Korila e Quisque mi sembrano quelli che più probabilmente faranno quello che speriamo che facciano: sono giovani, impulsivi, critici dell’autorità, e amano con tutto il cuore quella loro sorella indegna. Il fratello più piccolo potrebbe aiutarli: è abbastanza giovane da essere facilmente manipolabile dalle argomentazioni più sentimentali, anche per una sorella che ricorda a malapena.

 Il padre e la sorella maggiore, al contrario, mi sembrano quelli più ligi al dovere e pronti ad accettare il volere del sovrano, quale che esso sia; in qualunque altra occasione li avrei lodati, ma adesso la loro lealtà ci torna alquanto a svantaggio.

 Non riesco a capire cosa pensino invece la madre e il fratello maggiore: il secondo mi ha dato l’impressione di star leggendo da un copione di cortesia, la seconda non ha proprio detto nulla in proposito davanti a me, anzi mi ha proprio cacciata via. Chiaramente voleva esprimere la sua opinione al riguardo lontana da orecchie indiscrete, ma in quale senso? Avrebbe potuto riconfermare la sua lealtà all’Imperatore anche davanti a me, le avrebbe anzi fatto più onore … vuole forse esprimere un piano per accertarsi della verità più concreto rispetto a quello dei suoi figli? O è riuscita a subodorare le mie intenzioni, e mi ha allontanata per parlarne in libertà con il resto della famiglia?

 Non posso esserne sicura. Oggi ho portato a termine questa impresa, ma era un incarico tanto delicato, e non ho idea, al momento, del suo successo. Nei prossimi giorni, dovrò stare molto attenta a ogni singola voce che viene fatta passare, e obbedire prontamente a ogni tentativo di contatto da parte di quella famiglia. Che tutti gli dei mi assistano!

 

                                  13 NECHISUDI 1592

 

Oggi ho riferito alla mia signora gli esiti del colloquio di ieri. Ne è stata compiaciuta e mi ha lodata, ma mi è parsa singolarmente distratta: ha dato la colpa al dover gestire le balie e le schiave che accudiscano i nuovi principi, e affrontare con Quisquis la questione dei suoi fratelli e di quel che la loro nascita comporterà per loro.

 E’ un poco preoccupata per come il piccolo sia più geloso del suo affetto che della possibilità che il fratello minore possa diventare Imperatore al posto suo, ma spera di poter reindirizzare queste preoccupazioni, o quantomeno di far leva su esse per far sì che il piccolo si impegni maggiormente negli studi.

 Ho osservato che è naturale per un bambino così piccolo preoccuparsi di non perdere l’attenzione della madre piuttosto che un trono che appare lontano e nebuloso, e che comunque è già il bambino più capace e dotato con cui il suo precettore abbia mai avuto a che fare, a detta di quest’ultimo; ma Llyra ha giustamente osservato che con la situazione in corso non può permettersi che suo figlio si disinteressi al trono.

 Naturalmente, ha ragione lei. Mi sento davvero dispiaciuta per il povero Quisquis, quel bastardo doveva proprio venire qui a minacciargli il diritto al trono!

 Per il resto, con le giornate che si fanno sempre più calde il numero delle donne che viene a rinfrescarsi nei giardini della corte sta aumentando, e in tutto questo io spero davvero di poter sentire qualcosa di più sulle attività della famiglia di Nuala. Per oggi purtroppo nulla, solo discussioni sulla voce che io stessa ho messo in giro.

 Spero almeno che continui ad assillare quella gente!

 

                              14 NECHISUDI 1592

 

Finalmente, qualche buona nuova.

 Anzitutto, ho avuto modo di parlare nuovamente con la moglie di Surne: ormai devo apparirle come un tormento, e mi imbarazzo davvero ad assillare una popolana a questo modo, ma almeno è bastata la speranza di liberarsi di me a farle scucire qualcosa a proposito dell’inchiesta sul ragazzo che si è spostata a cercare di rintracciare il mittente della Datrice di Morte – noi siamo al sicuro, Qillalla non può certo parlare – e il fatto che le indagini sulla Dama Azzurra siano a un punto morto. Una notizia che mi conforta più di quanto dovrebbe, temo.

 Durante i nostri svaghi, la giovane Qilla ha rivelato di avere qualche grado di confidenza con Korila, e l’altra ragazza le ha rivelato di avere avuto per diversi anni una corrispondenza segreta con la sorella tramite una sarta, che però era stata interrotta bruscamente con la scomparsa della concubina. E certo, ha commentato Uyella, se avesse continuato a scrivere, la sua posizione sarebbe stata certamente denunciata dalla sarta, o dai membri della famiglia ancora leali all’Imperatore … oppure, come ha suggerito qualcun'altra, Nuala non può fisicamente scrivere nulla, perché è tenuta prigioniera, o magari è morta lontano dagli occhi di tutti … la conversazione si è interrotta su un generale rassicurarsi vicendevolmente del proprio rispetto per l’Imperatore, ma sono certa che se Qilla è in buoni rapporti con Korila, l’altra ragazza ne verrà a sapere, e i suoi timori saranno rinfocolati.

 

                          15 NECHISUDI 1592

 

Oggi anche la sorella maggiore di Nuala (Ralya, ho scoperto chiamarsi) ha partecipato alle nostre conversazioni.

 Non è stata inclusa nell’esilio non ufficiale di Llyra, essendo sposata in un’altra famiglia, ma di sicuro è stata una giornata difficile, per lei: quasi nessuna ha voluto rivolgerle la parola, e quando si azzardava a intervenire lei, era al massimo fissata per un istante e poi ignorata come se non avesse proferito verbo. Le sue poche parole, peraltro, non hanno fatto altro che portare il discorso su come la sua famiglia avesse sofferto per la perdita della sorella maggiore, pur rammaricandosi profondamente per le sue azioni.

 Dal canto mio, ho cercato di darle qualche sorriso di incoraggiamento e di farle sentire la mia vicinanza con poche parole, pur non mettendomi troppo in mostra per non essere coinvolta perché le altre donne non discriminassero anche me come simpatizzante.

 Qualcuno che, con mia grande sorpresa, ha ignorato tutte le minacce sociali e si è presa la briga di parlare davvero con lei, anche distaccandosi dalla conversazione principale per discutere di Nuala, è stata Parinya: ho sempre considerato quella ragazza sciocca e vanitosa, incapace di vedere oltre l’aspetto fisico, ma questa sua presa di posizione me l’ha fatta davvero ammirare. Certo, le sue azioni potrebbero ridurre il senso di isolamento della famiglia della traditrice e renderli meno propensi a cercare giustizia altrove … ma del resto, hanno parlato soprattutto di Nuala, e hanno anche accennato a quella diceria sulla sua sorte: chissà che non abbia accidentalmente incoraggiato la loro sete di vendetta?

 Voglio proprio sperare che così sia …

 

 

Choqo scorse rapidamente le pagine a venire del diario di Chica: nei giorni successivi, c’erano annotazioni solo su eventi domestici e pettegolezzi che non sembravano andare concretamente da nessuna parte.

 Se anche la famiglia di Nuala aveva deciso di rivolgersi alla Dama Azzurra, evidentemente avevano deciso che la tipa affamata di pettegolezzi e per nulla intenzionata a supportarli in pubblico non era la persona ideale a fare loro da confidente. La faccenda andava avanti ancora per dei mesi, finché non si trovava un riferimento a una particolare partenza: a quel punto Choqo decise che, per seguire adeguatamente la linea temporale, era il momento di passare al manoscritto di Simay.

 


                                                                Dal Manoscritto di Simay

                                                                                                                              

Nei giorni seguenti, dovetti gestire allo stesso tempo diverse novità.

 Innanzitutto, la mia inchiesta era finalmente stata affrontata sul serio, ora che l’indagine su Waray e i suoi possibili complici si era conclusa. Nuala non si era ancora trovata e le ricerche su di lei fervevano (inutilmente, ne ero sicuro), ma Surne era stato abbastanza diligente da mettere qualcuno a badare a me.

 Il consiglio di Corinna si era rivelato provvidenziale: l’avevo seguito, pregando Achesay che non ci fosse una trappola sotto, e in effetti le ricerche delle guardie si erano concentrate sul rintracciare Qillalla per interrogarla di nuovo. Intanto, avevano discusso con i Sacerdoti più anziani perché io e gli altri novizi fossimo tenuti sotto stretto controllo: probabilmente il mio misterioso nemico avrebbe riprovato a colpire ora che il Tempio era così malvisto e privo di un Sommo Sacerdote dalla famiglia importante, e questo era un pericolo sia per me che per altre possibili vittime accidentali.

 Naturalmente queste notizie raggiunsero anche mio padre, e mi arrivò una lunga lettera da Dumaya per interrogarmi a fondo sull’accaduto, chiedere perché non avessi detto niente, intimarmi di non farmi problemi a parlare se avevo qualche idea del colpevole, e chiedermi se per il momento preferissi brevemente tornare a casa, al sicuro da chiunque volesse attentare a me qui ad Alcanta. Io obbedii al primo punto, ammisi di non aver voluto farli preoccupare al secondo, mentii spudoratamente sul terzo dichiarando di non conoscere nessuno qui ad Alcanta che avesse potuto odiare me e loro al punto da tentare di uccidermi, e al quarto … per qualche istante ci pensai, tornare a Dumaya sarebbe stato un modo semplice e veloce di rimuovermi dai giochetti di potere di Llyra e Sayre.

 Ma rinunciai: non solo quei problemi si sarebbero riaffacciati quando inevitabilmente sarebbe giunto il momento di tornare al Tempio, ma avrei rischiato di perdermi l’opportunità di sorvegliarli da vicino, capire cosa stesse succedendo. E poi, se Corinna era stata presa di mira da Llyra … chi avrebbe potuto dire che la sovrana offesa si sarebbe fermata lì? Che non ci sarebbero stati altri tentativi di ostacolarla? Che non sarebbe stata uccisa, magari per attirarmi di nuovo a Dumaya?

 Non potevo essere completamente sicuro che quella ragazza fosse dalla mia parte, ma se lo fosse stata, non potevo lasciarla al suo destino. Sarei rimasto, e avrei cercato di sopravvivere e restare fedele alla Grande Madre, come avevo fatto fino a quel momento.

 Intanto che io mi dibattevo tra questi problemi e incertezze, i Sacerdoti Anziani cercavano di eleggere il prossimo Sommo Sacerdote. Mai come in quel momento la scelta si rivelò difficile: anzitutto era necessario scegliere con estrema cautela, qualcuno di provata moralità per evitare scandali come quello di Waray, famiglia illustre per riguadagnare appoggio e finanziamenti, e grande carisma, intelligenza e diplomazia per guidare il Tempio in un momento così difficile. Tutto questo da risolversi nel minor tempo possibile, perché al momento eravamo subissati dalle richieste di risarcimento degli altri Templi, le donazioni che ricevevamo erano pochissime e non era accertato che avremmo ricevuto appoggi dal palazzo imperiale dato il coinvolgimento di una concubina, e ci ritrovavamo senza nessuno a guidarci in un momento così delicato.

 Il giovane maestro dei novizi, che era stato assegnato a quella posizione in vista di una lunga tenuta di Waray che gli avrebbe dato il tempo di maturare e fare esperienza, fu scartato, e dopo deliberazioni che impiegarono giorni interi, fu scelto un nobile minore, tale Achedy, erede di una famiglia di legislatori: la sua famiglia non rispondeva pienamente alla nostra richiesta di ricchezza, ma era illustre e rispettata, e soprattutto, il tizio era incredibilmente abile nelle trattative diplomatiche. Fece un vero e proprio piccolo miracolo quando, tramite una combinazione di richieste di perdono e ritratto di Waray come di un vero e proprio despota a cui non si potesse neppure obiettare, e la richiesta spontanea di essere sottoposto al Giudizio di Luce prima di ascendere alla carica, riuscì a far recuperare al nostro Tempio un po’ di sostegno popolare e a far ridurre di una cifra non indifferente le richieste di risarcimento, almeno quelle provenienti dal Tempio di Achemay.

 Questo ero abbastanza sicuro non fosse affiliato in alcun modo con Sayre, ma la cosa mi tranquillizzava solo relativamente: se con Waray la sua influenza all’interno del nostro Tempio era finita, ciò poteva voler dire solo che aveva altre brutte sorprese in serbo per gli altri, e che noi ne saremmo stati coinvolti comunque. Tra l’altro, intravidi sia lui che Corinna alla consacrazione di Achedy, ma non riuscii ad avere conversazioni significative con nessuno dei due, solo a dire alla ragazza che avevo seguito il suo consiglio.

 In compenso, dalla mia posizione feci del mio meglio per osservare bene le erbe che venivano gettate in sacrificio: sì, a guardarle attentamente se ne poteva distinguere la secchezza, e la bella fiammata allegra che produssero fu ulteriore conferma. Bene, a quanto pareva Sayre diceva il vero almeno su quello (avevo tenuto bene d’occhio la folla: lui e tutti gli artigiani erano rimasti fuori, e il loro unico tramite con quel che succedeva all’interno del Tempio era il Sacerdote che riferiva loro gli avvenimenti).

 Certo, era solo naturale che in particolare in quella circostanza nessuno voleva che la divinità respingesse il nuovo Sommo Sacerdote scelto con tanta pena … ma il volere della dea dove andava a finire così? Sayre aveva ragione anche su quello, e davvero le importava solo di ricevere venerazione, senza preoccuparsi delle gerarchie? La posizione degli uomini, che venisse scelto come suo tramite qualcuno davvero vicino ai primi Soqar, era per lei indifferente? Andava contro tutto quello che mi avevano sempre insegnato, ma che altro potevo pensare?

 L’assenza di proteste a questa elezione, e soprattutto a quella di Waray, ne erano la conferma. Tra le leggi interpretate dagli umani e il volere manifesto della divinità, avrei sempre obbedito a quest’ultima: avrei conservato quella lezione.

 Nei giorni successivi all’elezione, regnò una strana calma: certo, la situazione difficile si leggeva ancora sui volti dei Sacerdoti e nelle loro conversazioni a mezza voce, ma le lezioni progredivano regolarmente per noi novizi. Io continuai a progredire nella mia magia: imparai a usare il potere della Terra non solo per ripari improvvisati come quello che avevo creato per Corinna, ma anche come crearne di più elaborati e funzionali, imparando le proporzioni giuste per non farli crollare su sé stessi.

 Il maestro dichiarò che erano i primi passi verso l’apprendimento dell’uso della magia a scopo edilizio o minerario, e se avessi perfezionato quel potere, avrei potuto contribuire allo sforzo di costruzione e architettura di tutto l’Impero, compiendo fatiche impossibili per un costruttore normale. In quell’ambito, ero il migliore del gruppo di novizi, ma non certo il più bravo in assoluto: Capac, per esempio, stava perfezionando le sue capacità di alterare la composizione del terreno per renderla più favorevole all’agricoltura, qualcosa che per me risultava invece in sonori fiaschi. Forse aveva a che fare con ciò che ritenevo più importante imparare in fretta? Realizzare difese non sembrava affatto una cattiva idea, in quei frangenti … e se magari avessi trovato una composizione di terreno che rendesse gli edifici immuni al fuoco?

 Certo, nessuno aveva mai sentito parlare di qualcosa di simile, c’era un motivo per cui gli incendi erano abbastanza frequenti perché ci fosse voluto del tempo a riconoscere un pattern nelle azioni dell’Incendiario, ma se c’erano composizioni del terreno che potevano rendere la Terra più fertile, non era ragionevole pensare che ve ne fossero altre in grado di creare mattoni ignifughi?

 Certo, mettermi a sperimentare sulla Grande Madre … non ero sicuro che fosse esattamente la più grande manifestazione di rispetto verso la dea. Per certo, nessuno ci aveva mai provato. Ma sarebbe stato estremamente utile per rendere ogni tipo di edificio, inclusi quelli a Lei dedicati, immuni ad eventuali attacchi di Sayre. Avrei potuto? Come avrei dovuto fare, pregare per alterazioni del tipo di terreno su diversi piccoli campioni e poi provare a metterli in un fuoco, per vedere come ne uscivano?

 Un processo piuttosto lungo, specie perché in ambito di alterazioni, come ho già detto, ero molto meno bravo di altri come Capac. Se anche avessi chiesto a un Sacerdote consiglio in materia, e fossi stato tranquillizzato che no, non erano azioni blasfeme, probabilmente mi sarebbe stato giustamente intimato di applicarmi maggiormente allo studio prima di provare. E fu esattamente quello che, anche senza incitazioni esterne, provai a fare; non fosse che appena agli esordi di questo processo tornarono le guardie di Surne, di ritorno dal piccolo villaggio di Qillalla.

 Erano riusciti a rintracciare e interrogare la ragazza, e finalmente, con la minaccia di torturarla pubblicamente, erano riusciti a strapparle qualche informazione: la ragazza aveva dichiarato di non avere lei stessa idea di chi fosse il suo committente, in quanto aveva agito tramite un intermediario, senza rivelare il proprio nome. Avevo mai visto questo intermediario, un uomo magro e dal viso lungo, naso diritto, occhi curiosamente all’ingiù, non troppo alto, tagli di capelli nella media?

 No, mai. Chissà chi era, forse un qualche nobile in cerca di favori presso la corte o magari uno schiavo particolarmente fedele?

 A sentire le guardie, questo poteva significare due cose: o la ragazza diceva la verità, e allora sarebbe iniziata una caccia aperta a un qualunque uomo corrispondesse a questa descrizione, oppure mentiva, e quello era il caso peggiore: significava che il mio nemico era qualcuno di così potente che la Datrice di Morte preferiva rischiare la tortura piuttosto che rivelarne l’identità.

 Naturalmente quest’ultimo doveva essere il caso, era estremamente probabile che con tutto quello che Qillalla aveva scoperto, Llyra avesse interagito direttamente con lei, per meglio convincerla a tenere la bocca chiusa. A pensarci bene, quell’uomo probabilmente nemmeno esisteva.

 La guardia fece un commento analogo subito dopo: “Se ci ha mentito, avrebbe dovuto avere almeno un po’ più di fantasia: la descrizione sembra quella di suo zio”

 “Suo zio?” mi sfuggì.

 “Sì, dev’esserci rimasta fissata su questo uomo. Non ne hai saputo niente?”

 “Non credo che abbia voluto farlo sapere ai suoi bersagli, non l’avrebbe esattamente dipinta come una pura e delicata fanciulla” commentò l’altra guardia. “Pare che la tua bella amica abbia sedotto suo zio, quando era ancora una bambinetta. Vammi a parlare dell’iniziare presto, eh? Lui alla fine si è pentito, è riuscito a rifarsi una vita, lei è stata prima chiusa in casa dai genitori e poi è scappata, per dedicarsi a Qisna. I poveri genitori ne sono rimasti distrutti, naturalmente: la cosa stava iniziando ad essere dimenticata, quando voi avete attaccato quel Tempio e gli avete rispedito la figliola, disonorata, carica di germi di Kisnar e completamente inutile per un matrimonio. Mi sa che non avete fatto loro un grande servizio”

 Io ci rimasi di sasso.

 Certo, Qillalla mi aveva già sconvolto con il suo tradimento, ma … era come se avessi cercato di pensarci il meno possibile, concentrandomi su quello che avrei potuto concretamente fare per salvarmi. Sapere quelle … cose che aveva fatto … come avevo potuto essere amico di una persona del genere? Qualcuno capace già a una giovanissima età di sedurre suo zio, di fargli fare qualcosa di così disgustoso … era veramente una fortuna che non si fosse concentrata troppo sul sedurre anche me, preferendo il ruolo di spia, o non ne sarei uscito vivo.

 Chissà poi perché la cosa mi urtava tanto? Non avevo davvero pensato alle vicende passate di Qillalla, era come se avessi dato per buona una versione ‘onorevole’: magari la figlia di qualche nobile che si era votata a una vita di quello che a modo suo era pur sempre sacerdozio. In qualche modo, ciò l’avrebbe resa una persona a suo modo decente, che agiva contro di me esclusivamente per obbedire a un comando superiore: qualcuno che si sporcava le mani solo perché era il suo dovere, e che qualora ne fosse stata rimossa, magari sarebbe stata anche un’ottima persona, che non avrebbe fatto nulla contro di me o altri … ma che pensiero assurdo era? Come mai non avevo riflettuto con più attenzione su che razza di donna avrebbe potuto voler diventare Datrice di Morte? Perché avevo avuto bisogno di pensare qualcosa del genere, e perché, al sentirmi dire quello, era come se il suo tradimento fosse improvvisamente peggiorato?

 “Brutta storia, eh?” commentò la guardia con un sorriso – i miei pensieri dovevano essersi palesati sul mio volto in modo a dir poco imbarazzante. “Mi sa che questo alla tentazione non ci si avvicina più neanche per sbaglio. Tornando a noi. Hai contattato la tua famiglia? Qualcuno di voi ha la minima idea di qualche dettaglio che potrebbe far progredire minimamente le indagini?”

 Dovetti, nuovamente, negare. Le guardie non si trattennero oltre, e io rimasi lì, a rimuginare su quel che avevo appena imparato e sforzarmi inutilmente di non pensarci concentrandomi sullo studio.

 Quello stesso pomeriggio, mi fu recapitata una lettera di Corinna, che richiedeva un incontro di persona al più presto. Era scritto in una sorta di codice di eufemismi e vaghe allusioni che potevamo capire solo noi, e quando fui riuscito a decifrarne il senso, rimasi di sasso per la seconda volta nella giornata: Llyra stava per fare la sua prossima mossa, e questa volta, il bersaglio sarebbe stato l’Imperatore in persona.

 

 

 

 

GLOSSARIO (e qualche trivia):

Mekilo: essere simile a uno scoiattolo, solo molto più grande, con zampe molto più lunghe e la coda in fiamme. Essendo un animale legato al fuoco, non è considerato sacro a nessun dio, ma sfruttabile da tutto il genere umano. Viene usato soprattutto per trasportare merci e persone.

Occlo: bovino ricoperto di squame e con protuberanze lunghe e sottili, simili a serpenti che stanno al posto delle corna e da cui esce fuoco. Anch’esso animale legato al fuoco, ma per la sua pericolosità e la capacità di controllare i loro getti di fuoco sono quasi esclusivamente cavalcature da battaglia.

Kutluqun: capre anfibie con alghe al posto della pelliccia. Sono considerate sacre al dio Tumbe, e per questo, per allevarle o catturarne di selvatiche, è necessaria l’autorizzazione di un sacerdote di quel dio.

Lymplis: pesci volanti, con le pinne coperte di piume. Sono sacri alla dea Chicosi, dunque è necessaria l’autorizzazione di un suo sacerdote per possederne uno. Malgrado ciò, sono popolari come animali da compagnia presso la nobiltà.

Kyllu: uccelli simili a cigni, fluorescenti. Sono sacri al dio Achemay, e allevati solo all’interno del palazzo imperiale. Il loro piumaggio è usato per decorare le corone dei sovrani.

Lilque: creature con corpi simili a quelli degli esseri umani, ma con code di serpente al posto delle gambe. Servitori del dio Thumbe, vivono presso il mare, i laghi e in qualche caso i fiumi, quasi mai in corsi d’acqua più piccoli.

Duheviq: piante dalla capacità di mutare il proprio aspetto, assumendo qualsiasi forma desiderino. Originariamente questo veniva usato per catturare prede dei cui fluidi nutrirsi, ma con l’avanzare della società umana, ne hanno approfittato per integrarvisi. Un tempo servitori della dea Achesay, organizzati in tribù-foreste rigidamente isolate dagli esseri umani; solo i sacerdoti della dea potevano avvicinarli senza essere bollati come cibo. Al tempo di Choqo, mentre i più anziani vivono ancora tradizionalmente, i più giovani hanno preso a mescolarsi con le popolazioni umane, finendo spesso vittime di discriminazioni e relegati ai lavori meno nobili o remunerativi. Mantengono comunque un rigido codice di valori, di cui la fedeltà è il più alto.

Shillqui: piante in cui scorre un liquido per aspetto e consistenza simile al miele, che causa a tutto l’albero di agitarsi violentemente. Se bevuto, questo liquido dà gli stessi effetti agi esseri umani, ma è difficilissimo metterci le mani sopra. Pianta sacra a Pachtu, i suoi sacerdoti ne devono bere la linfa durante le cerimonie.

Likri: fiori simili a gigli rossi, dalle temperature bollenti, che esalano un fumo sottile. Se tuffati in acqua gelida e canditi, sono considerati ottimi per la pasticceria, ed essendo legati al fuoco, l’unico limite al coglierli è potersi permettere buoni guanti protettivi.

Sangue della Terra: erba che influenza la circolazione sanguigna, usato per diversi effetti nelle gravidanze.

Zullma: pianta le cui varie componenti hanno diversi usi; le radici sono considerate un potente lassativo.

Kiquicos: erba di colore blu, parassitaria dei Duheviq. Pericolosa per le sue capacità di depistare animali e viandanti, ma molto ricercata per le sue molteplici virtù.

Guyla: praticamente un Moment.

Tably: erba che secondo le credenze popolari risolve l’insonnia e i problemi di incubi frequenti.

Ago di Luce: essere a metà tra lo stato animale e quello vegetale, si nutre di sangue, ma può essere utilizzato per aspirare anche altri fluidi corporei.

AQI: esseri simili a tassi dal pelo violaceo, che emanano ormoni che fanno marcire le sostanze inorganiche attorno a loro. Soggetti a disinfestazioni a tappeto e contenuti in gabbie speciali, sono frequentemente offerti in sacrificio, con la testa dedicata a Chicosi, il cuore ad Achemay, e il resto del corpo, a seconda che l’animale sia maschio o femmina, a Tumbe o Achesay.

Fylles: insetti con ali a forma di fiore e polline al centro del corpo. Poiché si nutrono di altri insetti, sono molto usati dagli agricoltori, anche se prima necessitano di un permesso di un Sacerdote di Chicosi.

 

Qillori: cristalli di colore azzurro chiaro, molto usati in oreficeria.

Achemairi: cristalli di colore dorato, anch’essi comuni per l’oreficeria.

Tablyk: pietra di colore rosato, usata nell’oreficeria.

Kislyk: pietra dall’aspetto simile alla tablyk, ma molto più dannosa.

 

Notte: entità primordiale da cui tutto il mondo ha avuto origine.

Achemay: dio del sole, entità più importante del pantheon Soqar.

Achesay: dea della terra.

Chicosi: dea dell’aria.

Tumbe: dio del mare, dei fiumi e dei laghi.

Sulema: dea del fuoco.

Pachtu: dio dei fulmini e della vita.

Qisna: dea della morte e delle paludi.

Supay: esseri più collegati al folklore che alla religione vera e propria, sono creature della Notte,

incaricati di torturare le anime dei peccatori che lì vengono gettate.

 

 

 

 

 

Ladies & Gentlemen,

prima che partano i linciaggi per quello che è scritto nella parte di Simay: tenete conto che questo ragazzo è un figlio del suo tempo. A Tahuantinsuyu vige la mentalità del ‘se l’è cercata’, e non come mentalità criticata come dalle nostre parti: è proprio la base di partenza, suggerire che la colpa sia dello stupratore e non della vittima sarebbe il concetto strano e ridicolo, da quelle parti. E nemmeno nel caso di pedofilia si fa eccezione. Simay, pur essendo una persona gentile e pronta a impegnarsi per gli altri, è stato cresciuto fin da bambino in questo contesto. Da qui, la reazione che disgusterebbe chiunque abbia una mentalità come la nostra (aspettate solo che lo senta Corinna). La faccenda, e le sue implicazioni, saranno discusse meglio nei prossimi capitoli.

E dopo questo – e un inizio capitolo che dia gioia e gaudio ai fan di Chica – posso solo ringraziare tutti quelli che hanno recensito, o messo tra preferite o seguite!

 


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Capitolo 31
*** Dove si sceglie tra due opzioni, entrambe pessime ***


                           CAPITOLO 30

 

DOVE  SI  SCEGLIE  TRA  DUE OPZIONI,  ENTRAMBE  PESSIME

 

 

 

 

 

 

                                                                 Dal Manoscritto di Corinna

 

 

Nei giorni a seguire, i miei progressi possono ben essere definiti come inesistenti. E non riuscivo a capire perché.

 Sentivo quel maledetto flusso di energia, lo sentivo nell’ambiente circostante, lo sentivo nelle altre ragazze, lo sentivo in me stessa, il problema era comunicare al mondo che lo sentivo. Quando cercavo di concentrarlo nelle mie mani, non usciva nemmeno la più miserevole scintilla elettrica.

 Le altre due ex schiave, Atna e Ichene? Avevano iniziato a produrre i loro primi, piccoli, poco carichi fulmini. Le altre allieve mi guardavano con vari gradi di compassione e disprezzo, e la maestra mi riservava pura esasperazione. Sembrava trattenersi a stento dal chiedermi davanti a tutte cosa c’era che non andasse in me. E grazie tante, avrei davvero voluto saperlo anch’io!

 Gli unici miglioramenti erano nella danza. Ormai sapevo eseguire le routine più semplici senza sembrare un occlo che tentasse di danzare, anzi, mi stavo ritrovando ad acquisire una certa grazia; la maestra aveva iniziato ad assegnarmene anche di più complicate, anche se non certo al livello delle Sacerdotesse vere e proprie. Dovevo ammettere, anzi, che la cosa stava iniziando a piacermi: non solo perché era l’unica delle mie lezioni in cui davvero non fossi l’ultima, ma perché era un modo abbastanza semplice di sfogare lo stress tramite il movimento fisico (che non fosse lo sgobbare agli ordini di dame viziate).

 E ne ebbi, in quei giorni, di stress da sfogare, perché proprio mentre stavo iniziando ad adattarmi sul serio alla mia nuova vita, ecco che arrivò Malitzin.

 Ora, avevo certo ripensato ai miei amici, se così li si può chiamare, rimasti a palazzo; soprattutto Alasu, che speravo stesse procedendo imperterrita nell’uscire dal suo guscio, ma anche quella donna che mi aveva aiutato tanto senza nulla in cambio … a meno che non si contasse come compenso il dover ascoltare le sue idee strampalate sulla religione, la vita e la morte. Ma non mi ero aspettata di rivederne qualcuno presto, soprattutto non per una qualche visita di cortesia: non perché avevano commissioni da svolgere al Tempio e coglievano l’occasione per venirmi a salutare, ma proprio perché volevano sapere come me la passassi. E invece era precisamente quello che aveva fatto Malitzin.

 “Salve, Corinna!” mi salutò allegramente. “Come è tuo sacerdozio?”

 Eravamo nel cortile esterno del Tempio, un posto dove un sacco di gente si radunava a parlare e quindi non avremmo dato troppo nell’occhio. Dettaglio interessante, da tenere a mente per future conversazioni.

 La guardiana dell’harem era rimasta pressochè identica a come la ricordavo, a parte un leggero miglioramento nel suo soqar: la cosa non avrebbe dovuto sorprendermi, non la vedevo da poche settimane, ma del resto lo scandalo di Nuala si sarebbe abbattuto in primo luogo sull’harem e sui custodi che in qualche modo non avevano notato le fughe notturne della donna. Ero sollevata nel vedere che stesse bene.

 “Sopravvivo” mi limitai a rispondere. “Un sacco di lezioni difficili, ma niente che non possa superare dopo quelle tre prove infernali. Tu stai bene?”

 “Accetto con gioia tutto quello che vita a me regala” replicò Malitzin. “Nobiltà, schiavitù, indagini delle guardie su tutti noi ad harem”

 “Nuala, vero?”

 Malitzin annuì. “Guardie averci interrogati. Nessuno sa dove sia, però. Non so se qualcuno l’ha vista uscire”

 “Spero non vi abbiano dato troppi problemi” commentai. “E dire che Nuala sembrava una tipa a posto …”

 “Non sei arrabbiata con lei? Lei suggerito Waray sue riforme, quelle contro schiavi”

 “In effetti mi fa strano pensarci. Sembrava così interessata a vedermi riuscire, gentile … e poi alle spalle di tutti ha fatto questa gran cosa. Chissà cosa le passava per la testa?”

 In realtà quelle domande mi erano frullate per la testa solo per i primi giorni, poi Sayre aveva gentilmente fornito la risposta. Ma non potevo certo dirlo così a Malitzin … iniziavo a capire come si sentisse Simay, a sapere gli affari sporchi dell’Imperatrice e a non poterli mai usare per spiegazioni razionali a cose su cui gli altri si spaccavano la testa.

 “Però da tono non la odi. Non avere sentito quel che si dice …?”

 “Quel che si dice cosa?”

 “Cosa che ho sentito da donne di harem. Non so se vera o meno. Che Nuala non sia mai andata”

 “No? E dove sarebbe finita secondo loro?”

 Malitzin si guardò attorno, per assicurarsi che nessuno facesse caso a noi, abbassò la voce (esordio promettente, pensai) e spiegò.

 “Dicono che Imperatore fatta lei prigioniera. Per vendicarsi di tradimento. Farla torturare fuori di legge, rinchiusa da qualche parte”

 “Eeeee questa è strana” commentai. “E’ il fottutissimo Imperatore. La sua parola è legge. Basterebbe che ordinasse ai giudici di assegnare a quella poveraccia ergastolo e tortura invece della condanna a morte, e nessuno potrebbe dirgli niente. E poi, sembra un tipo a posto, no? Mi ha ascoltata quando sembrava che avessi rubato quel gioiello …”

 “Sì, strana. Però chi lo dice sostiene che Imperatore consideri Nuala come solo sua proprietà, e che per aver tradito abbia perso diritto a processo. E poi non vuole dimostrarsi spietato quanto è”

 “Lo stesso, non mi convince particolarmente. Voglio dire, dovrebbe avere un buon livello di segretezza per fare questa roba, e invece la sanno … cani e porci? O è solo una voce che gira nell’harem?”

 “Cosa sono cani e porci?”

 “Lascia perdere. Voglio dire, è un pettegolezzo diffuso, no?”

 “Lo dicono in harem, tra schiavi e tra dame di Llyra” mi informò Malitzin con precisione da esattore. “Credo anche qualcuno del popolo. Se Tahuantinsuyu come Yrchlle, tra settimana lo sa tutto Impero”

 Ridacchiai. “Ecco, appunto. Un Imperatore dovrebbe sapersi scegliere assistenti fidati proprio per risparmiarsi fughe di notizie sui peggiori cavoli suoi, no …?”

 La voce mi morì un po’ in gola sull’ultima frase, perché avevo iniziato a far caso ad alcuni dettagli.

 Innanzitutto, la stranezza della fuga di notizie, come avevo fatto notare a Malitzin: era difficile che si diffondesse così senza problemi una voce tanto scandalosa sull’Imperatore, specie se conteneva anche solo il minimo fondo di verità. Manco sarebbe stato attentissimo a scegliere persone assolutamente fidate e a nascondere Nuala in qualche buco introvabile, se quello fosse stato il caso, e di sicuro ci sarebbero state retribuzioni per chiunque avesse diffuso la voce, probabilmente interrogatori con garanzia di tortura per trovare il colpevole originario. Se nulla del genere stava succedendo … cosa stava pensando Manco, che così facendo il pettegolezzo sarebbe morto per i cavoli suoi?

 E poi c’era la natura del pettegolezzo in sé: Manco sembrava un uomo relativamente mite e giusto, a quel che avevo avuto modo di vedere le sue colpe principali erano l’essere troppo malleabile dalla moglie, i nativi dell’Impero probabilmente lo conoscevano da più tempo di me e quindi lo sapevano ancora meglio, e poi era appena tornato da una vittoriosa campagna militare che doveva avergli fruttato un certo prestigio. Un uomo simile avrebbe o potuto fare tutto quello che gli pareva senza ricorrere a sotterfugi, oppure non l’avrebbe fatto proprio, e avrebbe lasciato che Nuala fosse giustiziata esattamente come Waray.

 Tutto questo faceva sembrare quella diceria sempre più un’oziosa voce di corridoio, per quanto crudele e poco rispettosa verso tutti i coinvolti … ma c’era anche il momento preciso in cui si era diffusa.

 Tutto quello che era successo era riuscito a far passare in secondo piano, per me e per tutto l’Impero, un’assassina seriale a piede libero. Una che, per la precisione, si accaniva su uomini di qualsiasi status sociale, purché maltrattassero le loro donne. La Dama Azzurra avrebbe avuto tanto fegato da tentare di ammazzare il suo stesso sovrano, se avesse ritenuto quella voce veritiera?

 Se la risposta si fossa anche solo avvicinata a ‘sì’, quella faccenda sembrava molto meno un innocuo pettegolezzo, e sempre più un tentativo di far fuori il sovrano. E chi conoscevamo, noi, che avrebbe potuto fare una cosa simile?

 “Ehi, Malitzin” mi ripresi. “Per caso hai idea di chi abbia fatto partire questo pettegolezzo?”

 La guardiana dell’harem si strinse nelle spalle. “Forse in harem stesso? Pensavo che fosse stata una delle donne, che avesse pensato così perché nessuno ha visto andar via Nuala. Forse schiave di harem hanno detto a schiave di resto di palazzo? Però non interagiscono tanto. Forse la voce è arrivata da fuori? Ma non so chi possa averla detta”

 Io sì che lo sapevo. Llyra avrebbe avuto tutti i mezzi per far diffondere in fretta questa voce – non personalmente, ero abbastanza sicura che avesse affidato il compito a qualche suo lacchè- e soprattutto per evitare che si fermasse: se avesse suggerito al marito di lasciar correre, lasciar perdere la ricerca dei responsabili, una voce così stupida sarebbe morta da sé se lui non avesse rinfocolato i sospetti facendo indagini che lo facessero apparire desideroso di insabbiare tutto …

 Per un attimo considerai anche Sayre, lui con i suoi ‘assistenti’ che sospettavamo essere sparpagliati in tutta la città avrebbe avuto anche meno problemi a diffondere la voce, ma non avrebbe avuto motivo di accelerare la dipartita di Manco quando Simay non era ancora stato riconosciuto. O forse stava solo cercando di mettere pressione a Simay per costringerlo ad accettare il ruolo di erede, o a Llyra per farle commettere degli errori?

 Dannazione, qui non si capiva più un accidente. Quel che era chiaro, era che avrei dovuto parlare direttamente con Simay, alla faccia delle restrizioni dei rispettivi Templi. Magari avremmo potuto rifare quella sua cosa dei tunnel sotterranei …

 “Corinna?”

 “Ah? Sì, scusa, stavo solo pensando che è strano che la gente dica così. Per loro la famiglia imperiale è praticamente sacra, non mi sembra il tipo di situazione in cui sparleresti a cuor leggero …”

 “No sparlare. Per molti Imperatore è giustificato. Tranne che per famiglia di Nuala”

 “E vorrei ben vedere. A proposito, mi sa che tra poco dovrò ricominciare con le lezioni. Ciao, e grazie per la visita!”

 “Sempre felice di vederti”

 Sì, era decisamente necessario un colloquio diretto al più presto.

 

Simay accettò senza alcuna riserva il mio suggerimento di incontrarci di persona, il che, devo dire, mi sorprese un poco. Davvero il loro Tempio lasciava una sicurezza così bassa, dopo i recenti scandali? E nessuno aveva pensato che forse era il caso di sorvegliare lui, specificamente?

 Ma questa mia sorpresa iniziale prese il secondo posto a quella che ebbi solo guardandolo bene in faccia. Aveva semplicemente l’espressione più scossa che gli avessi mai visto, quasi più scossa che all’esecuzione di Waray o quando gli avevo rivelato le sue vere origini.

 “Ma che ti è successo?” fu la primissima cosa che gli dissi.

 “Eh?”

 “Hai una faccia …”

 “Niente di importante” pure una bugia spudorata. “Cos’hai saputo su Llyra?”

 Una volta che avremmo risolto la faccenda più pressante, gli avrei strappato di bocca quale fosse il problema. Dannazione, non potevamo metterci a nasconderci le cose a vicenda!

 Io gli spiegai quel che mi aveva riferito Malitzin e le mie conclusioni, prima in sintesi, poi, su sua richiesta, sempre più nel dettaglio. Il risultato fu fargli sostituire l’espressione turbata con una semplicemente disperata.

 “D’accordo. Ci sono pochissime probabilità che tutto questo sia solo una coincidenza, ma … siamo fregati. Non possiamo spiegare la situazione alle guardie o a Manco, non avremmo abbastanza prove senza raccontare loro tutta la storia. Sono abbastanza sicuro che dietro a questa diffusione ci sia Sayre, cerca di mettermi pressione per farmi rivelare come figlio di Manco in modo da mandare in fumo in un colpo solo tutti i piani di Llyra … ma allora perché mi avrebbe detto di Kino?”

 “Kino? Non è il villaggio dove viveva Qillalla? Cosa c’entra?”

 “Non lo so neanche io” ammise lui. “Me lo ha semplicemente detto, così, io ho pensato che volesse dirmi qualcosa e ho dirottato le guardie in quella direzione, perché indagassero per conto mio …”

 “Un mio suggerimento, se non ricordo male. E cos’hai scoperto?”

 “Le vicende passate di Qillalla. Una cosa disgustosa, mi sento in imbarazzo a parlartene …”

 “E per la miseria. Così mi stai rendendo solo più curiosa, te ne rendi conto?”

 “E va bene, aveva sedotto lo zio quando era ancora una bambina”

 “Cosa?! Suo zio l’aveva …?”

 “No, lei aveva tentato lo zio per prima. Ti rendi conto di che schifo di persona fosse?”

 “Certo che me ne rendo conto! Adesso andiamo a Kino e facciamo un culo così a quello zio in nome di tutti gli dei …”

 “No, aspetta, cosa c’entra quel povero zio?”

 “… stai scherzando, vero? Prima … eri ironico quando hai detto che lei aveva sedotto lo zio, vero?”

 “No! Ti pare che si possa scherzare su una faccenda così grave?”

 Ora, io ho passato ogni anno del mio regno a cercare di far prendere al popolo una migliore coscienza degli abusi sui bambini, e se questo diario viene letto in un distante futuro, prego che da ora le cose non abbiano fatto che migliorare. Il fatto è che questa consapevolezza mi veniva tutta dal contesto in cui ero cresciuta.

 Certo, non ho mai davvero capito come chiunque possa credere che una bambina di appena dieci anni possa ‘sedurre’ un uomo adulto al punto che questo sia completamente incapace di controllare sé stesso, o anche solo come mai nessuno abbia pensato che una ragazzina non fosse capace di opporre resistenza a un uomo fatto, o che una persona capace di approfittare di una bambina sia capace anche di mentire alla società e ai Sacerdoti per salvarsi la pelle. Ma quel che è certo, è che se anche nel mio mondo c’era una forte corrente di pensiero che predicava la responsabilità della vittima in caso di stupro, perlomeno esisteva anche la corrente opposta: quella che dava l’intera responsabilità del gesto a chi l’aveva commesso, come in qualsiasi altro crimine.

 E anche in quei casi estremi, di solito non si estendeva la mentalità del ‘se l’è cercata’ alle bambine preadolescenti … di solito, e chi si distingueva da questa corrente era prontamente distrutto dall’opinione pubblica. Da qui il mio semplice rifiuto di credere che Simay, ragazzo imbranato e fissato con la religione, un po’ tonto e noioso ma di carattere chiaramente gentile, potesse credere a un simile abominio.

 Cioè … no. Era semplicemente una cosa troppo disgustosa e orrenda, pensare a quello che doveva aver sofferto Qillalla quando era una bambina così piccola, e poi dover anche pensare che la società le desse la colpa, senza starci a riflettere, inclusi i suoi membri più decenti.

 Qualunque cosa avesse poi fatto quella ragazza, tutta l’inimicizia che c’era stata tra noi, il fatto che fosse stata una spia di Llyra e avesse contribuito a rovinare i nostri piani e tentativi di evadere da quella situazione impallidì davanti alla consapevolezza del suo passato. Fui incredibilmente tentata di mollare un ceffone lì sul posto a Simay, ma non avrebbe aiutato. Invece, cercai di prendere dei respiri profondi, calmarmi, e non urlare.

 “No, fammi capire bene … tu credi che una bambina di dieci anni abbia sedotto un uomo adulto”

 “E’ quello che lui ha confessato ai Sacerdoti di Chicosi” spiegò lui. “Ha ricevuto la sua penitenza ed è stato reintegrato nella società, ma lei no, anzi è scappata e si è unita a quel culto …”

 “Uomo adulto. Individuo presumibilmente robusto, se lavora nei campi o a contatto con gli animali, a prescindere più forte di una bambina. Persona che sicuramente sa cos’è il sesso e dovrebbe avere abbastanza maturità da sapersi controllare. Versus. Bambina di dieci anni. Esemplare della specie umana piuttosto piccolo e debole, di sicuro più di un adulto, e incapace di opporre resistenza se attaccato in qualunque modo da questo. Persona che … saprà cos’è il sesso? Boh? A che età si spiega la riproduzione ai bambini da queste parti? E anche se lo sa, non è certo nell’età in cui queste cose interessano, e quasi di sicuro non avrà capito tutte le implicazioni emotive e sociali che ne conseguono. Oppure non lo sa, e non capisce nemmeno cosa le stia succedendo”

 Simay mi guardò con questa detestabile espressione di uno che non capiva neanche dove stessi andando a parare. “Appunto, una bambina non dovrebbe sapere o interessarsi a queste cose. Qillalla è stata per questo contro natura, perché …”

 “E’ stata violentata, pezzo di cretino!” sbottai. “Possibile che tu non riesca ad arrivarci? Si tratta di una ragazzina contro un adulto, porca troia!”

 “Non è possibile” replicò Simay, con una ridicola espressione perplessa e un tono lento e supponente, come se stesse parlando con l’ultima degli stupidi. “La confessione è stata fatta dallo zio ai Sacerdoti, la dea ne ha riconosciuto la veridicità, e la penitenza è stata assegnata di conseguenza. Lo zio di Qillalla era un brav’uomo, un onesto lavoratore, senza alcun crimine alle spalle o anche solo mancanze nel lavoro: impossibile che un uomo del genere abbia commesso un simile peccato senza essere indotto in tentazione, o che abbia mentito ai Sacerdoti in proposito”

 Tirai un ceffone a Simay. Credo di averlo colto di sorpresa, o di essere stata veramente arrabbiata, perché lo feci ruzzolare per terra dalla sua posizione seduta.

 “Ma che …?” fece in tempo a balbettare lui.

 “Colpa tua” replicai. “Mi hai indotta in tentazione con la tua idiozia. Dannazione, ma tu che ne sai di queste cose? Quanti ne hai visti di casi simili, eh? Perché da dove vengo io erano notizie costanti! Si conoscono questi casi, si sa chi è il responsabile! Un bambino non le capisce queste cose, la storia del ‘è stata lei a tentarmi’ è una delle più comuni in queste situazioni, da parte di criminali che vogliono passarla liscia per le loro azioni, e la maggior parte delle volte ci riescono! Tranne quando la vittima è una bambina, lì almeno tutta la mia gente aveva la decenza di riconoscere che no, i bambini non le capiscono queste cose, e non ha la capacità di opporsi a un adulto bastardo! Qui neanche quello! E fammi indovinare, questa tua è stata la reazione di tutta la comunità?”

 “Certo” replicò Simay, anche se più scosso e meno sicuro rispetto a prima – e grazie tante. “E’ normalmente accettato che un uomo può essere molto debole verso le arti di una donna …”

 “Quindi se succede qualcosa è colpa di lei, vero? Adesso capisco da dove esce la Dama Azzurra. Comunque, mettiti un attimo nei panni di Qillalla: lei si ritrova con addosso una colpa non sua, che probabilmente le viene rinfacciata ogni giorno, ed è ancora una ragazzina e non sa cosa farsene di sé stessa. Si convince che fare sesso sia tutto quello che sia buona a fare, di essere una pericolosissima seduttrice senza speranza di redenzione, e conosce questo bel culto che le permetterebbe di praticare queste sue arti a uno scopo, in teoria, socialmente utile, e le garantirebbe un futuro lontano dalla famiglia che la disprezza. Che dovrebbe fare, secondo te?”

 “Prendersi le proprie responsabilità e sopportare tutte le sue sofferenze, invece che perseguire nella sua perdizione! Corinna, diventerai anche tu una Sacerdotessa, dovrai capirlo anche tu che chi non si pente non merita pietà o salvezza, perché lui stesso è troppo superbo per richiederla agli dei!”

 “Invece uno che fa finta di pentirsi è lasciato libero con una pacca sulla spalla”

 “Lui ha chiesto la penitenza. Non puoi dire che non fosse sincero, solo perché ai tuoi occhi cedere è imperdonabile”

 “Cedere un cazzo, lui è stato quello che ha agito!”

 “Non puoi saperlo! Non puoi ritenere che il tuo giudizio sia superiore a quello di una divinità! Non ti bastano Sayre e Waray, come esempi?”

“E la volete smettere di urlare?! Ubriaconi di merda, tornatevene in osteria, se volete fare tanto casino per una donna!”

Oh. Ci era sfuggito di mente il piccolo fatto che eravamo per strada, di notte, a urlare, e le case attorno non avevano imposte. Ci dividemmo, correndo a nasconderci agli angoli dei vicoli nel caso a qualcuno fosse venuto in mente di affacciarsi. Se avessero beccato due novizi fuori dai Templi a quell’ora … no, per fortuna la cessazione delle urla aveva placato il nostro ascoltatore a sufficienza, non aveva voglia di controllare, e Simay mi richiamò non appena fu passato un ragionevole tempo di sicurezza.

Ma questa piccola parantesi non eliminava il problema. Non potevo crederci, era come parlare a un muro! Le avevo provate tutte per convincerlo, e lui continuava imperterrito sulle sue idee malate!

 E intanto Qillalla rimaneva prigioniera della sua famiglia, senza nessuno che avesse il cervello di andare ad aiutarla. Perché doveva essere aiutata, io mi rifiutavo di lasciare qualcuno in una simile situazione. Sì, anche se era stata la spia di Llyra, anche se aveva dato all’Imperatrice informazioni che avrebbero potuto far uccidere me e Simay: per me, il suo passato si traduceva automaticamente nella rivelazione che fosse stata costretta, che non avesse visto altra scelta nella sua vita disperata, che se avesse potuto non avrebbe mosso un dito contro di noi. E che sarebbe stata salva solo se qualcuno fosse arrivato lì, a portarla via da quella sua famiglia mostruosa e dirle che non era stata colpa sua, che lei era stata solo la vittima delle circostanze e di persone più forti e bastarde di lei.

 E costasse quel che costasse, ci sarei andata, e avrei convinto o costretto Simay a fare lo stesso, a seconda di quale delle due sarebbe stata necessaria. Doveva capirlo che non era stata colpa di Qillalla!

 Ma ragioni di decenza non mi avrebbero portata da nessuna parte: avrei dovuto porre una base logica e utilitaristica. Che schifo doverlo fare in un contesto del genere.

 “E va bene” esordii, a voce molto più bassa rispetto a prima. “Pensa quello che ti pare, ma pensa almeno a una cosa: perché Sayre ci ha detto dove trovarla e messi nelle condizioni di sapere le sue origini?”

 “Forse allontanarci ancora di più da Llyra, mostrandoci il genere di persone di cui è disposta a circondarsi?”

 Ebbi una gran voglia di tirargli un ceffone. Rinunciai, e mi portai una mano alle tempie, mettendo bene in chiaro ciò che pensavo della sua perspicacia. “No. Perché potrebbero essere informazioni utili, magari! Perché Qillalla potrebbe essere disposta a raccontare a noi i piani di Llyra, se la salviamo! Riflettici un attimo: la sua datrice di lavoro la abbandona al suo destino, senza muovere un dito per reintegrarla nella società o almeno tenerla lontana dal suo stupratore. E poi arriviamo noi, i suoi nemici con cui malgrado tutto ha passato del tempo, e la portiamo via da quell’inferno. A chi pensi sarebbe più leale, dopo tutto questo?”

 Simay assunse un’espressione dubbiosa, mi fissò per qualche istante senza dire nulla, poi concluse: “Potresti avere ragione, ma non potremmo essere sicuri con una persona simile”

 Ebbi un moto di fortissima invidia per Sayre, che almeno quando si trovava davanti un imbecille aveva la possibilità di arrostirlo senza farsi troppi problemi.

 “E anche se fosse” proseguì Simay mentre io indulgevo nelle mie riflessioni vagamente psicotiche. “noi non avremmo nessun potere di agire. Abbiamo i nostri doveri di novizi, qui ad Alcanta, non possiamo semplicemente metterci in viaggio, trovare Kino che credo sia in un’altra provincia, e poi inventarci un modo per portar via Qillalla senza uno straccio di autorità per farlo. Come minimo, ci ritroveremmo cacciati dai rispettivi Templi per una simile disobbedienza ai Sommi Sacerdoti”

 E lì mi toccava pure ammettere che aveva ragione. “Quindi, riassumiamo: abbiamo una scelta tra salvare l’Imperatore, cosa che non possiamo fare senza attirare troppo l’attenzione su noi stessi, e salvare Qillalla, cosa che non possiamo fare per divieti sociali …”

 “In un modo o nell’altro, abbiamo le mani legate” mi fece eco Simay. “A meno che …” si interruppe, e scosse la testa con una smorfia.

 “A meno che cosa?”

 “E’ un’idea ridicola, e ci procurerà ancora più problemi di quanti già ne abbiamo”

 “Spara”

 “Uh?”

 “Voglio dire, dilla lo stesso. Magari se ci pensiamo su in due scopriamo che funziona”

 Lui mi lanciò un’occhiata molto dubbiosa – quello sì che si chiamava saper lusingare le persone – ma alla fine cedette. “Chiedere a Sayre”

 “Ehm, che?”

 “Visto che anche tu non avresti potuto reagire in altro modo? Pensavo solo, l’Incendiario è abituato a muoversi nella politica da quando esiste l’umanità, ha una rete di spie di cui noi non sappiamo neanche le dimensioni ma sospetto decisamente spropositata per una persona normale, e soprattutto, ha il controllo sul fuoco. E vuole che noi salviamo Qillalla, per qualche ragione. Se lo facessimo, faremmo esattamente il suo gioco, però questo vorrebbe dire che sarebbe dispostissimo a facilitarci le cose. Potrebbe darci consigli su come persuadere i nostri Sommi Sacerdoti a lasciarci partire per Kino, e cosa ancora più importante, se controlla un elemento potrebbe fornire un’ottima protezione a Manco, e darebbe anche meno nell’occhio di noi visti che vive già all’interno del palazzo. Sarebbe la soluzione perfetta”

 “Merda, allora, perché scommetto che era proprio quello che lui voleva”

 “Sì, appunto per quello sarebbe un’idea stupida. Chiediamogli consigli su come trattare con delle autorità religiose: probabilmente ci renderà le cause di una guerra santa”

 “A meno che noi non troviamo una soluzione ai divieti per conto nostro, e gli presentiamo il fatto compiuto, implicando che seguiremo le sue direttive solo se lui seguirà le nostre”

 “E come, di grazia?”

 “Che ne so? Cerchiamo di ragionarci su, magari, invece di lamentarci di quanto sia impossibile!”

 Simay sospirò, questa volta massaggiandosi lui le tempie. “E va bene. Se io fossi un Sommo Sacerdote … e per qualunque ragione dovessi spedire dei novizi in un villaggio sperduto …”

 Rimase in silenzio per diversi minuti. Così anch’io: mi impegnai a trovare un qualsiasi buon argomento per convincere Dolina a lasciarmi partire.

 Redimere le Datrici di Morte facendole passare al culto della vita? Magari avremmo potuto trovare una cura per la loro condizione, o riconoscere il loro contributo nella creazione di Kisnar come un omaggio rivolto anche a Pachtu, oltre che a Qisna?

 L’idea poteva avere qualche validità, non fosse che a suggerirla sarebbe stata una novizia che fino a quel momento si era rivelata completamente impedita con la magia. Non avrei avuto uno straccio di autorità per avanzare suggerimenti e richieste; un secchioncello come Simay sì, però, quindi magari sarebbe potuto essere lui a dare l’idea al suo nuovo Sommo Sacerdote, che l’avrebbe a sua volta passata alla mia …

“Forse potremmo sfruttare lo scandalo di Waray” mormorò Simay.

 “Che?”

 “Finora il nostro Sommo Sacerdote se l’è cavata bene con la situazione economica, ma il danno è anche d’immagine. Waray non solo ha agito consigliato da un’amante invece che da una dea, ma ha creato discordie inutili con diversi Templi e ha anche lanciato veri e propri attacchi, senza il consenso dell’autorità imperiale. E visto che abbiamo obbedito ai suoi ordini, noi siamo visti come quasi altrettanto responsabili. Quindi, ora che tramite scuse varie il danno in soldi è stato più o meno arginato, il nuovo Sommo potrebbe trovare utile anche l’idea di porre rimedio alle scelleratezze di Waray. E dunque potrebbe essere convinto a recuperare le Datrici di Morte e a provvedere per loro una sistemazione più dignitosa, nel rispetto di quello che era comunque un servizio agli dei da loro prestato, come segno di scuse verso il Tempio di Qisna”

 “E magari coinvolgere attivamente quello di Pachtu nelle nuove azioni, per dare nuovo lustro anche a loro in segno di scuse?”

 “E come ammissione di umiltà, soprattutto”

 “Bene, vedi che l’idea l’abbiamo avuta?” migliore della mia, mi toccava ammetterlo. E avrebbe dato anche ai novizi la scusa di muoversi in giro a raccattare le ex Datrici di Morte, a prescindere dai talenti probabilmente.

 “Sì, il problema è come suggerirlo. Non credo di poter esattamente andare dal Sommo Sacerdote e dirgli ‘salve, volevo dirvi, dalla mia posizione di giovane novizio, che per un corretto governo del Tempio in questo periodo in cui ci odiano tutti dovreste fare questo e quello’”

 “Hai appena fatto dell’umorismo?”

 “Perché, la cosa ti sorprende? Qui è o ridere, o uccidersi picchiando la testa contro un muro …”

 “Devo farti deprimere più spesso, ti rende più divertente. Tornando al punto, adottiamo lo stile di Llyra: mettiamo delle voci in giro”

 “E in che modo spettegolare ci aiuterebbe a …”

 “Non in quel modo! Dico solo … inizia a diffondere questa idea tra i novizi. Se sei il cocco del maestro che dovresti essere con il tuo talento, cerca di prospettargli l’idea, che so, come una domanda, o un’ipotesi. Metti tarli in testa alla gente il più possibile. Io cercherò di fare lo stesso, ormai mi sono guadagnata la reputazione di quella dalle idee strambe …”

 “Perché, cos’hai fatto?”

 “Lascia perdere. Comunque, vedi che uno straccio di piano ce l’abbiamo? E’ stato così difficile?”

 “No, affatto. Il difficile arriva adesso: dobbiamo metterlo in pratica. E ci toccherà pure contattare Sayre, per chiedergli di occuparsi della faccenda dell’Imperatore”

 

Anche pensandoci ora, era una gran cosa che Sayre non dormisse per niente.

 Non ho mai capito perché: forse era in qualche modo compreso nel pacchetto del suo bizzarro funzionamento biologico, forse soffriva d’insonnia (interpretazione tanto banale da fare ridere), fatto sta che per tutto il tempo in cui durò il nostro conflitto con temporanee alleanze ci trovammo a piombargli regolarmente in casa agli orari più disparati e a non coglierlo mai di sorpresa.

 Le guardie di palazzo potevano essere eluse con il caro vecchio tunnel sotterraneo, e quanto agli altri artigiani e schiavi, bastava muoversi un minimo di soppiatto per non svegliare nessuno. Nel complesso, infiltrare il palazzo imperiale era di una facilità imbarazzante.

 Trovammo l’Incendiario intento a lavorare su un paio di orecchini.

 “Molto gentile da parte vostra passare a trovarmi, ma dovrete aspettare un momento …” borbottò.

 “Visto che quando vuole ci sente?” ghignò Linca. Sayre emise uno sbuffo irritato, ma non distolse gli occhi dal suo lavoro per quella che a noi, nervosi e ansiosi per qual confronto, parve una vera eternità. Quando finalmente si decise a metter via quello che sembrava un sottilissimo scalpellino, Simay non perse tempo ad avanzare le nostre richieste, con quella che per lui era quasi una certa aggressività.

 “Tu sapevi tutto di Qillalla, giusto?”

 “Certo. Ma preferivo che foste voi stessi a fare le vostre ricerche. Ricevere sempre le informazioni su un piatto d’argento, senza impegnarsi a cercarle, è una pessima preparazione per affrontare la politica. Oltre che avvilente per la mente umana in generale”

 “Sì. E siamo giunti alla conclusione di recuperarla, per ottenere le informazioni su quel che ha riferito a Llyra e quel che può sapere dei suoi piani”

 “Oh? E’ per quello che avete deciso di ritrovarla?”

 Si aspettava che Simay cacciasse fuori un po’ di decenza? Povero illuso.

 “E cos’altro ti aspettavi facessimo?”

 “Di tutto, Simay. La mente umana non è un monolite, ogni persona, nella stessa situazione, può prendere decisioni diverse, per ragioni diverse. Tu hai deciso di salvare una ragazza dalla vergogna e da una famiglia tirannica per puro tornaconto personale. E’ una scelta che certo molti altri hanno compiuto dall’inizio dei tempi, e altri compiranno in futuro”

 Ah, che sbiancata. Cioè … questo bastardo non aveva nessun diritto di rinfacciare nulla a nessuno, ma non potevo negare di starci godendo al vedere Simay messo di fronte alla propria meschinità a quel modo.

 Lui ebbe quantomeno la decenza di sembrare imbarazzato per un istante, poi si affrettò a cambiare discorso. “Lei stessa non avrebbe avuto obiezioni a uccidermi. Il motivo per cui ti abbiamo cercato è un altro. Noi sappiamo come convincere i nostri superiori a lasciarci partire, ma nel frattempo, ci sarebbe un altro problema qui ad Alcanta che dovremmo affrontare. Hai sentito quel pettegolezzo su cosa l’Imperatore avrebbe fatto a Nuala?”

 “Entro due giorni non troverai una singola persona in città che non l’abbia sentito”

 “E certo, tu ci hai chiarito che era falso, ma la maggior parte della gente qui non ha fonti così attendibili” intervenni. Nessuna reazione al sarcasmo, purtroppo.

 “Il fatto è che pensiamo sia un piano di Llyra per convincere la Dama Azzurra a far fuori suo marito per lei”

 “Su che prove?”

 Gli esponemmo una versione molto succinta delle nostre deduzioni. Lui annuì con approvazione.

 “Ragionamenti validi. E presumo che anche in caso tutto questo si rivelasse un abbaglio, sarete abbastanza cauti nel sorvegliare l’Imperatore che nessuno se ne accorgerà e vi verrà a nuocere”

 “Non potremo essere noi!” sbottò Simay. “Noi dovremo andare a Kino, a occuparci di Qillalla”

 “Hm, giusto. Il villaggio è piuttosto distante, a quanto mi risulta. Impieghereste un mese, ammettendo che viaggiate nelle condizioni migliori e riusciate a farvi restituire immediatamente la ragazza. Dunque vi si pone la scelta tra lei e Manco …”

 “Ed è per questo che stiamo chiedendo a te” mugugnò Simay, come se parlare gli costasse una gran fatica. “Ci serve che controlli l’Imperatore, grazie”

 “Come, prego?”

 Capivo perfettamente quanto schifo potesse fare chiedere un favore all’Incendiario, ma se Simay avesse continuato a mugugnare a quel modo, saremmo rimasti lì tutta la notte.

 “Devi essere tu a tenere d’occhio Manco e impedire che lo ammazzino” intervenni. “Sei qui, hai alleati, hai poteri. Sarebbe facilissimo per te impedire che la Dama Azzurra vada anche solo vicino a lui, o magari sgamarla direttamente prima che agisca … quante persone hai a disposizione, di preciso?”

 “Quello era un onesto tentativo di estorcermi il numero dei miei assistenti?”

 “Hmf. Comunque il punto resta. Anche se restassimo qui, tu saresti in una posizione migliore per evitare l’assassinio”

 “Un buon ragionamento. E’ un’offerta interessante, ma … paese che vai, usanze che trovi, giusto?”

 “Che vuoi dire?”

 “Che qui a Tahuantinsuyu è molto importante il concetto di reciprocità. A ogni aiuto, deve corrisponderne un altro. Non è forse la base di un corretto vivere civile, se non ho capito male?”

 “Questa cosa va già a tuo favore!” si stizzì Simay. “Non intendi mettermi sul trono? Ecco, dare tempo a Manco di vivere abbastanza da riconoscermi potrebbe tornarti utile!”

 “Il che dovrebbe significare che stai considerando la mia proposta?”

 “No, significa che evitare che Llyra assuma il pieno potere rientra nell’interesse di tutti”

 “Un ottimo tentativo. Ma lo stesso, mi state richiedendo un favore: ogni norma richiederebbe che voi due me ne dobbiate uno in cambio”

 

 “E saresti disposto a compromettere i tuoi stessi piani, nel caso dovessimo rifiutare?”

 Sayre mi rispose con un gran sorriso. “Una differenza tra me e voi è, al momento, che io ho molte strade da prendere per ottenere ciò che desidero. Voi potete dire altrettanto?”

 “Fanculo”

 “Lo conto come un no. Dunque?”

 Lanciai un’occhiata a Simay. Non mi piaceva per niente non essere quella che prendeva le decisioni, ma mi rendevo conto che la faccenda riguardava soprattutto lui: era giusto che fosse lui a scegliere, visto che in ballo c’era anche una robetta tipo … la vita del suo padre biologico … ma che cretina ero a considerarlo solo in quel momento?

 Era una cosa importante, per gli dei! Era già sorprendente che avesse accettato di recuperare Qillalla piuttosto che salvare Manco? Non era forse stata colpa mia, ero stata troppo insistente …?

 “E va bene” sbottò Simay, interrompendo il mio tentativo di recuperare tutto quello che avevo trascurato di considerare. “Ci stiamo. Che cosa vuoi?”

 “Di quello potremo preoccuparci solo una volta che Manco sarà sicuro e vivo sul suo trono, la minaccia della Dama eliminata. Non voglio mettervi altri pensieri per la testa, non con la difficile missione che vi siete addossati” ma brutto bastardo, così ci saremmo beccati la sorpresa. “Partite pure con l’anima in pace: tornerete per trovare un Imperatore vivo”

 “Voglio ben sperarlo” borbottò Simay, per uscire di scatto. Io feci per seguirlo, senza un accenno di saluto a chi ci lasciavamo dietro, quando fu lui stesso a richiamarmi.

“Corinna?”

Girai appena la testa per guardarlo.

“Simay starà anche cercando di salvare quella ragazza per puro opportunismo, ma la tua motivazione è ben diversa, o sbaglio?”

“Sì, be’, qui c’è bisogno di almeno una persona che mostri un minimo di decenza verso il prossimo” replicai, per poi finalmente uscire senza un’altra parola. Simay mi aspettava fuori.

 “Dicevo, spero proprio che troveremo un sovrano vivo” continuò, senza commentare sul mio ritardo “Perché quel suo discorso sull’avere più strade per avere ciò che vuole … potrebbe anche voler dire che ha un piano su come costringermi sul trono anche con Manco morto”

 

 

 

 

GLOSSARIO (e qualche trivia):

Mekilo: essere simile a uno scoiattolo, solo molto più grande, con zampe molto più lunghe e la coda in fiamme. Essendo un animale legato al fuoco, non è considerato sacro a nessun dio, ma sfruttabile da tutto il genere umano. Viene usato soprattutto per trasportare merci e persone.

Occlo: bovino ricoperto di squame e con protuberanze lunghe e sottili, simili a serpenti che stanno al posto delle corna e da cui esce fuoco. Anch’esso animale legato al fuoco, ma per la sua pericolosità e la capacità di controllare i loro getti di fuoco sono quasi esclusivamente cavalcature da battaglia.

Kutluqun: capre anfibie con alghe al posto della pelliccia. Sono considerate sacre al dio Tumbe, e per questo, per allevarle o catturarne di selvatiche, è necessaria l’autorizzazione di un sacerdote di quel dio.

Lymplis: pesci volanti, con le pinne coperte di piume. Sono sacri alla dea Chicosi, dunque è necessaria l’autorizzazione di un suo sacerdote per possederne uno. Malgrado ciò, sono popolari come animali da compagnia presso la nobiltà.

Kyllu: uccelli simili a cigni, fluorescenti. Sono sacri al dio Achemay, e allevati solo all’interno del palazzo imperiale. Il loro piumaggio è usato per decorare le corone dei sovrani.

Lilque: creature con corpi simili a quelli degli esseri umani, ma con code di serpente al posto delle gambe. Servitori del dio Thumbe, vivono presso il mare, i laghi e in qualche caso i fiumi, quasi mai in corsi d’acqua più piccoli.

Duheviq: piante dalla capacità di mutare il proprio aspetto, assumendo qualsiasi forma desiderino. Originariamente questo veniva usato per catturare prede dei cui fluidi nutrirsi, ma con l’avanzare della società umana, ne hanno approfittato per integrarvisi. Un tempo servitori della dea Achesay, organizzati in tribù-foreste rigidamente isolate dagli esseri umani; solo i sacerdoti della dea potevano avvicinarli senza essere bollati come cibo. Al tempo di Choqo, mentre i più anziani vivono ancora tradizionalmente, i più giovani hanno preso a mescolarsi con le popolazioni umane, finendo spesso vittime di discriminazioni e relegati ai lavori meno nobili o remunerativi. Mantengono comunque un rigido codice di valori, di cui la fedeltà è il più alto.

Shillqui: piante in cui scorre un liquido per aspetto e consistenza simile al miele, che causa a tutto l’albero di agitarsi violentemente. Se bevuto, questo liquido dà gli stessi effetti agi esseri umani, ma è difficilissimo metterci le mani sopra. Pianta sacra a Pachtu, i suoi sacerdoti ne devono bere la linfa durante le cerimonie.

Likri: fiori simili a gigli rossi, dalle temperature bollenti, che esalano un fumo sottile. Se tuffati in acqua gelida e canditi, sono considerati ottimi per la pasticceria, ed essendo legati al fuoco, l’unico limite al coglierli è potersi permettere buoni guanti protettivi.

Sangue della Terra: erba che influenza la circolazione sanguigna, usato per diversi effetti nelle gravidanze.

Zullma: pianta le cui varie componenti hanno diversi usi; le radici sono considerate un potente lassativo.

Kiquicos: erba di colore blu, parassitaria dei Duheviq. Pericolosa per le sue capacità di depistare animali e viandanti, ma molto ricercata per le sue molteplici virtù.

Guyla: praticamente un Moment.

Tably: erba che secondo le credenze popolari risolve l’insonnia e i problemi di incubi frequenti.

Ago di Luce: essere a metà tra lo stato animale e quello vegetale, si nutre di sangue, ma può essere utilizzato per aspirare anche altri fluidi corporei.

AQI: esseri simili a tassi dal pelo violaceo, che emanano ormoni che fanno marcire le sostanze inorganiche attorno a loro. Soggetti a disinfestazioni a tappeto e contenuti in gabbie speciali, sono frequentemente offerti in sacrificio, con la testa dedicata a Chicosi, il cuore ad Achemay, e il resto del corpo, a seconda che l’animale sia maschio o femmina, a Tumbe o Achesay.

Fylles: insetti con ali a forma di fiore e polline al centro del corpo. Poiché si nutrono di altri insetti, sono molto usati dagli agricoltori, anche se prima necessitano di un permesso di un Sacerdote di Chicosi.

 

Qillori: cristalli di colore azzurro chiaro, molto usati in oreficeria.

Achemairi: cristalli di colore dorato, anch’essi comuni per l’oreficeria.

Tablyk: pietra di colore rosato, usata nell’oreficeria.

Kislyk: pietra dall’aspetto simile alla tablyk, ma molto più dannosa.

 

Notte: entità primordiale da cui tutto il mondo ha avuto origine.

Achemay: dio del sole, entità più importante del pantheon Soqar.

Achesay: dea della terra.

Chicosi: dea dell’aria.

Tumbe: dio del mare, dei fiumi e dei laghi.

Sulema: dea del fuoco.

Pachtu: dio dei fulmini e della vita.

Qisna: dea della morte e delle paludi.

Supay: esseri più collegati al folklore che alla religione vera e propria, sono creature della Notte,

incaricati di torturare le anime dei peccatori che lì vengono gettate.

 

 

 

 

Ladies & Gentlemen,

ed ecco che quelli che avrebbero voluto prendere a sberle Simay lo scorso capitolo hanno avuto la loro soddisfazione, tramite Corinna. Se questo porterà poi a dei risultati concreti, è ancora da vedere.

Grazie ancora a tutti quelli che vorranno recensire e inserire tra preferite/ricordate!

 


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Capitolo 32
*** Dove tutto va assolutamente a favore di due novizi ***


                              CAPITOLO 31

DOVE TUTTO VA ASSOLUTAMENTE A FAVORE DI DUE NOVIZI

 

 

 

 

 

Dopo quella visita, tornai alla mia routine assolutamente deprimente.

 Giorni e giorni di tentativi di praticare la magia, completamente fallimentari. Ormai entrambe le altre nuove arrivate si erano dimostrate capaci di creare piccoli fulmini: ero ufficialmente quella più indietro di tutti. Quando avevo provato a chiedere alla maestra per eventuali correzioni o aiuti, si era limitata a dirmi che se avessi avuto più fede non avrei avuto alcun problema. Grande aiuto, quanto le ero grata!

 E in tutto questo, le altre ragazze avevano interpretato la mia incapacità e le risposte della maestra come il via libera allo sfottò e all’insulto nei miei riguardi. In realtà, non facevano che darmi occasione per mettere alla prova la mia lingua tagliente, nel caso avesse perso il filo dopo mesi di schiavitù, ma … non è esattamente facile reggere uno scontro sarcastico se le tue avversarie non fanno che ripetere, per controbatterti, la singola frase: “Io però sono capace di magie”

 E almeno a me stessa, potevo ammettere che non sentire altro dalle uniche persone con cui potevo interagire non era esattamente il massimo per il mio morale. Oh, nella danza in realtà stavo facendo progressi, iniziavo anche ad essere un po’ più brava di Atna e Ichene che erano partite al mio livello, ma di quello ovviamente non fregava nulla a nessuno. E di conseguenza, anche per me era difficile trarne soddisfazione.

 Ma che voleva Pachtu? Non facevo che pregarlo tutto il tempo! Avevo anche provato a sembrare effettivamente umile e devota, con pensieri formali e nessun insulto e tutto! Ma niente. Forse percepiva che non ero davvero sincera … avevo anche provato a fargli notare che io e Simay eravamo l’unica linea di difesa contro l’Incendiario, quello che li odiava tutti e se avesse potuto avrebbe distrutto i loro culti … niente. Nemmeno una risposta, esattamente come non ne avevo ricevute i primi tempi, quando l’avevo supplicato di riportarmi a casa.

 E non sapevo dove stessi sbagliando! La mia situazione era talmente unica e irreale, anche per quel mondo, che non potevo chiedere consiglio alle altre Sacerdotesse e capire se ci fosse qualcos’altro che potessi fare, cosa dovessi correggere. La situazione stava diventando persino più intollerabile del mio periodo da schiava, e questo era tutto dire.

 Tanto più che la voce stava iniziando a spargersi anche presso le altre Sacerdotesse che non avevano nulla a che fare coi nostri addestramenti: proprio io, la novizia che tanto chiasso aveva seppur involontariamente prodotto con la manifestazione di Waray, non riuscivo a fare anche mezza magia. La Sacerdotesse anziane bisbigliavano alle mie spalle quando passavo, chiedendosi cosa potesse voler dire, se fosse un segno del dio o semplice mia pigrizia e mancanza di fede. Era palesemente quello cui tutte pensavano quando cercavo di parlare con loro, senza neanche stare a sentire quello che dicevo. Di quel passo, come avrei potuto influenzare chicchessia?

 Almeno Simay si stava dando da fare: solo qualche giorno dopo la nostra decisione iniziai a sentir dire che il Tempio di Achesay stava prendendo ulteriori misure riparatrici per quello che era successo sotto Waray, e questo includeva anche occuparsi delle Datrici di Morte. Ritrattando su quel che era stata la precedente posizione del culto, il nuovo Sommo Sacerdote aveva dichiarato che mercenarie o no, quelle erano pur sempre Sacerdotesse, e quell’assalto era stata una gravissima mancanza di rispetto, tanto più che le aveva rimosse dalla loro posizione.

 Si era dunque accesa una trattativa con la Somma Sacerdotessa di Qisna per reintegrare la setta con nuove leve, e reintrodurre le Datrici cacciate al culto nella posizione eccezionale di Purificatrici. Questo però aveva coinvolto solo il Tempio della Morte, appunto, non altri: potevo immaginarmi Simay, lì tranquillo come primo della classe al suo Tempio, che aspettava che anch’io facessi la mia parte.

 E grazie al cavolo! Potevo provare a chiacchierare dei recenti eventi con le mie compagne novizie, chiedere alla mia maestra se il nostro Tempio della Vita non avrebbe fatto nulla, così, giusto per farsi riconoscere un po’ di autorità da quei fetenti di Achesay – ma niente, a malapena mi davano retta quando parlavo di cosa c’era per cena, figuriamoci di politica tra i Templi!

 In tutto questo io iniziavo davvero a non poterne più. Almeno quando ero schiava potevo dirne peste e corna dell’essere lì, non era certo qualcosa che avessi scelto … ma avevo lottato per entrare in quel Tempio. E i risultati erano … quelli. Mi faceva più che mai venire voglia di ribellarmi, di rompere qualche dannata regola, di dimostrare a me stessa che c’ero ancora, ero sempre la ragazza spigliata e ribelle che era stata spedita in quel mondo sotto la novizia stressata e infiacchita dai fallimenti e dalla derisione altrui.

 E infine, l’occasione arrivò.

 Fu appena un paio di giorni dopo che mi fu arrivata la splendida notizia che il Tempio di Achesay aveva fatto le sue prime mosse verso un accordo con quello di Pachtu, verso un’operazione significativa come il recupero delle Datrici. Evidentemente Simay si era stancato di aspettare che io agissi e aveva proceduto per conto suo, probabilmente chiedendosi che accidenti stessi facendo – ma non mandando neanche una lettera per chiedermi se ci fossero stati problemi.

 La cosa riuscì ad aumentare la mia rabbia, malgrado il piccolo fatto che anch’io avrei potuto scrivergli una lettera per spiegargli i miei problemi –ad oggi sospetto di aver avuto quell’idea, ma di averla respinta per orgoglio. Non mi serviva che un’occasione papabile per sfogarmi. E i piani alti del Tempio furono abbastanza sprovveduti da assegnarmela.

 “Devo visitare un vecchietto moribondo?” ripetei, cercando di capire se la mia maestra mi stesse chiedendo un tentativo di mantenerlo in vita o meno. “E fare che cosa, di preciso?”

 “Offrigli il conforto del dio, aiutalo a congedarsi da questa vita il più serenamente possibile. Rifletti con lui sulla natura dell’esistenza: chissà che non aiuti anche te a trovare la giusta devozione”

 Mi trattenni a stento dal mandarla a quel paese. Era stata come al solito maledettamente poco chiara, e con una sana aggiunta di condiscendenza. Ma seriamente, io che avrei dovuto farci con questo vecchio? Uno che stava per passare a miglior vita, tra l’altro.

 Quando ancora vivevo nel mio mondo avevo visitato qualche prozio all’ospizio, avevo idea di come fosse una persona anziana prossima alla morte: completamente andata, incapace di infilare un pensiero coerente, la cosa più sconfortante che si potesse mai vedere. Perché mai avrei dovuto beccarmelo? Che cosa avrebbe potuto ricavarne lui? Magari era per dare qualche illusione ai parenti?

 Capirete dunque che già in partenza non avevo nessuna voglia di adempiere a quell’incarico; mi stavo praticamente trascinando attraverso la piazza del Tempio, diretta all’indirizzo che mi era stato consegnato e cercando di capire che strada si intendesse esattamente, quando sentii qualcuno appellarmi a gran voce.

 “Qorina! Ehi, Qorina!”

 Guancho: mi aveva chiaramente presa in simpatia, ma non aveva ancora imparato a pronunciare il mio nome giusto. Dato che i mendicanti erano tra i pochi che non mi considerassero come una fallita, era qualcosa su cui potevo sorvolare.

 “Cos’è quell’espressione? Ti è successo qualcosa?”

 “Niente, solo una missione terribilmente noiosa e deprimente per conto del Tempio” sospirai in risposta.

 “Uh. Mi dispiace. Posso fare qualcosa per aiutarti?”

 Quel ragazzetto era qualcosa di fuori dal mondo: con la situazione squallida in cui era costretto a vivere, riteneva di essere lui a far qualcosa per me! Bel confronto con le dame ingioiellate che pretendevano che sgobbassi per loro gratis e senza dire niente.

 “Nah, non darti disturbo. Sono sopravvissuta a Waray, sopravvivrò anche a questo”

 “A proposito di Waray” si ostinava a seguirmi? Almeno fare il tragitto chiacchierando sarebbe stato molto gradito. “Come vi sta trattando adesso il Tempio della Terra? Qualcuno ha detto qualcosa riguardò a risarcimenti milionari e accordi che riguardano enormi favoritismi presso l’Imperatore, ma la mia fonte non ha detto molto di più … a parte i farfuglii ubriachi, intendo”

 “Ehm, immagino” seriamente, non c’era nessuno che tenesse questi ragazzini fuori dalla portata degli ubriaconi? “E infatti ha esagerato di parecchio. Risarcimenti ce ne sono stati, ma non certo milionari … anzi, pare che il loro nuovo Sommo Sacerdote sia una vecchia volpe e sia riuscito a strappare molto meno di quanto pattuito inizialmente”

 “Una vecchia che?!”

 “Voglio dire che è peggio di un usuraio esperto. Gli ‘enormi favoritismi presso l’Imperatore’, poi, non so proprio dove li abbia pescati. Tutto quel che succederà, è un piano per recuperare le Datrici di Morte e ridare loro una posizione dignitosa, a quanto pare coinvolgerà mezza Alcanta …”

 “Ah. L’avevo sentito dire, ma non l’avevo detto perché mi sembrava troppo strano”

 “Andiamo bene”

 “Quindi andrete tutti a cercare le Datrici in giro per l’Impero?”

 “Esattamente”

 “Oh. Dovrete fare dei viaggi lunghi allora. Ci andrai anche tu?”

 “Naturalmente, cosa potrebbero mai fare senza di me?”

 “Tutto!”

 “Huicui, lasciala in pace!”

 “Non preoccuparti, piccoletto, me la sbrigo da me. Cosa vorresti dire con quello, nanerottolo?”

 “Un attimo, perché lui è piccoletto e io sono nanerottolo? Lui è anche più basso di me!”

 “Sì, ma rompe meno”

 Ah, cari vecchi bisticci. Che bello sentirsi più a proprio agio tra due ladruncoli di strada che nel posto in cui vivevi.

 “Ma quindi è vero che vi spediscono in giro per tutto l’Impero a cercare quelle donne infette? E se qualcuno si lascia tentare lo stesso?”

 “E’ per questo che credo spediranno più di una persona. A meno che una non sia una bomba tale da kisnarizzare ogni singolo componente”

 “Aaah, lì sì che ci sarebbe da ridere!”

 “Ed è per quello che manderanno delle Sacerdotesse di Pachtu oltre a quelli di Achesay?” intervenne Guancho, provocando una risatina di Huicui. “Nel senso che li terranno d’occhio, non per altro, idiota! Piuttosto, ci vorrà tanto a trasportare tutti questi novizi in giro per l’Impero: guide, mekilo, provviste … come farete a organizzare tutto?”

 “Questo non lo dicono certo a me, sono solo una novizia”

 “Quindi possono anche spedirvi in culo a un Supay in compagnia dei primi che capitano?”

 Eh … in effetti non mi risultava che il Tempio avesse mezzi di trasporto a dispozione. Contrariamente alla reggia, non aveva scuderie per i mekilo, e non avevo visto altro modo per spostarsi che non fosse andare a piedi, non molto adatto alle lunghe distanze da ricoprire in meno tempo possibile. Non sapevo ancora come avremmo viaggiato. Perciò dovetti assentire a questa illuminante domanda.

 “Che lusso” commentò Huicui.

 Guancho strinse le labbra. “Senti, se può servire a qualcosa, io conosco qualcuno che viaggia spesso. Magari può darti buoni consigli da portare al Tempio. Ma dovremo sbrigarci, o rischiamo di trovarci un sacco di gente davanti …”

 Esitai. Avevo il mio incarico, certo.

 Quello di veder crepare un vecchio.

 Ma era quello che mi avevano detto di fare, e di sicuro le Sacerdotesse più anziane avrebbero trovato un mezzo sicuro e semplice di viaggiare per le novizie, specie se le avessero mandate in compagnia di quelli che in un certo senso erano stati nemici … ma da quando io facevo quello che mi veniva detto di fare? E poi, avere queste informazioni in anticipo mi avrebbe magari aiutata a fare una buona figura davanti alle Sacerdotesse.

 E soprattutto, mi avrebbe dato la possibilità di fare qualcosa. Di dimostrare a Simay che anch’io stavo facendo la mia parte, che non stavo impigrendo a fare chissà che cosa e che non ero per niente inutile. Certo, c’era la possibilità che le Sacerdotesse si infuriassero se non avessi assolto al compito assegnatomi … ma di preciso, quante possibilità c’erano che l’avrebbero saputo? Le persone che avevano richiesto di me le avrebbero contattate per lamentarsi? A giudicare da quanto succubi dell’autorità religiosa sembravano i Soqar, non ci avrei giurato.

 E poi avrei comunque potuto inventare una scusa, ero brava in quello. Magari poi sarei riuscita a fare entrambe le cose – non era detto che il vecchio schiattasse proprio mentre ero a chiedere per quei trasporti, magari sarei comunque arrivata per tempo.

 Decisi.

 “E andiamo da questa persona”

 La persona in questione si rivelò essere un mercante di mezz’età, un individuo basso, tarchiato e con un sorriso tanto largo da essere più disturbante che amichevole.

 “Ehi, Taquis! Ti abbiamo portato qualcu …” fece a malapena in tempo a iniziare Huicui.

 “Servono le mie stoffe per il Tempio? Sarò assolutamente lieto di provvederle, non siete i primi a chiederlo, ve lo garantisco! Abiti, paramenti …?”

 “Niente del genere, ti hanno presentato come qualcuno in grado di dare informazioni su come muoversi per Tahuantinsuyu”

 “Ah. Ah, certo! Le missioni per ritrovare le Datrici di Morte. Perdonatemi, ma credevo che fosse una diceria, o uno di quei bei progetti di cui si parla tanto ma alla fine non si realizzano mai. Recuperare donne come quelle, ma guarda un po’! E ricreare il loro culto … un bel colpo per quelli che con le azioni di Waray credevano di essersi perlomeno messi al sicuro. Ma poi dove le rimetteranno? Ormai sono inutili, le hanno viste in faccia tutti, sapranno evitarle …”

 “Saranno impiegate in via eccezionale come Purificatrici. Il culto sarà ricostruito con nuove leve” spiegai.

 “Purificatrici? E quindi condivideranno gli alloggi dei Purificatori …? Ah, be’, giusto. Si potrebbe pensar male in qualunque altro caso, ma con la rogna che portano quelle donne, direi proprio che nessuno dei loro compagni Sacerdoti sarà indotto in tentazione. Furbi loro!”

 “Spero che siano in tanti a pensarla come te. Perché questo qui è andato a raccontarlo a Quitzè” brontolò Guancho, indicando Huicui.

 Taquis scoppiò in una sonora risata. “Oh, che Qisna li protegga … sono spacciati. Adesso Quitzè si farà venire fantasie strane di quelle sue, e appena alzerà un po’ troppo il gomito ecco che andrà a raccontarle a tutta Alcanta. Poveri Sacerdoti, rischia di crearsi un imbarazzo da tramandare per generazioni …”

 “Almeno ci sarà qualcuno che potrà ridere della faccenda” borbottai. “Ma per quei trasporti?”

 “Ah. Ehm, sì, giusto, sei qui per quelli. Dunque, è abbastanza raro che dei Sacerdoti dai Templi principali si spostino verso quelli più remoti. Di solito è il contrario, e in quel caso, la santa gente si aggrega a carovane mercantili, viaggiando nelle posizioni più comode che riesce a recuperare. Per mandare qualcuno dal Tempio ad Alcanta … no, credo proprio che faranno lo stesso. E’ il motivo per cui di mekilo di proprietà dei Templi non ne hanno … potrebbero comprarne o noleggiarne, certo, ma dubito che con queste premesse la santa gente abbia le capacità di guidarli. No, finiranno per scroccare passaggi a noialtri come al solito … io trasporto stoffe, per la cronaca, con me viaggerete a meraviglia!”

 “Oh dei … è così abituato a vendere cose che adesso cerca di farlo pure con i passaggi” borbottò Huicui.

 “Capisco. E se uno volesse andare a Kino?”

 “Kino?”

 “E’ un villaggio nella provincia di Ichiarya, a quel che mi risulta”

 “Oh, sì, conosco benissimo Kino. E’ più che altro un punto di sosta per me, per riposare decentemente in una locanda invece di mettere campo in mezzo alla strada, ma la gente lì non ha le risorse per stoffe come le mie, se capisci quello che intendo. Un buco abbastanza sperduto … davvero una delle Datrici di Morte di Alcanta è venuta da lì? Pensavo solo ragazze della città, quelle provenienti dai villaggi si fermano nei Templi minori … che mi sorprende Waray non abbia mai preso di mira, quelli sì che somigliano a veri e propri bordelli per deviati che vogliono diventare Kisnar per chissà che loro ragioni malate … ne hai mai sentito parlare? C’è gente che vuole farlo davvero”

 Volevo rispondere, ma temo che la mia espressione schifata l’abbia fatto per me.

 “Ah, non ne avevi mai sentito parlare? Pensavo che, da ex schiava … a quanto pare ho ancora un po’ di innocenza da turbare, benedetta te. Chiedo scusa”

 “Puoi scusarti chiarendo come arrivare a Kino” replicai, cercando di non far trasparire troppo la mia esasperazione. Ma quanto accidenti divagava questo qui?

 “Ah, eh, giusto. Quanto alle distanze … dipende molto da che mekilo usi. In media, direi tre settimane”

 “Tre settimane? Ma so che delle guardie hanno fatto andata e ritorno in una al massimo!”

 “Guardie, la parola chiave è guardie. Il corpo armato ha bestie completamente diverse da quelle di noi poveri mercanti: scelte tra le più scattanti fin da piccoli e addestrati alla velocità e alla prontezza di riflessi. In più sono abituate a mangiare e dormire il minimo indispensabile, e le guardie che ci stanno sopra fanno tutto a bordo, sempre per ridurre il più possibile il tempo di viaggio. Devono raggiungere posti alla svelta e inseguire delinquenti, quelli! I nostri devono trasportare carichi e persone: sono animali scelti per robustezza e resistenza, non per velocità … perché sarebbe inutile, sarebbero comunque appesantiti dalle merci. E oltre a queste, trasportano anche comuni mortali, che hanno bisogno di fermarsi per dormire e mettere sotto i denti qualcosa, preferibilmente a una qualche locanda invece che sotto il cielo. Quindi sì: una settimana andata e ritorno per gli animali delle guardie, tre di sola andata per i viaggiatori regolari”

 Tre maledette settimane in cui lasciare Qillalla nelle mani della sua famiglia, e l’Imperatore sorvegliato solo dall’Incendiario, della cui lealtà non avremmo messo certo la mano sul fuoco … giuro che l’ho scritto senza pensarci. Che battuta orribile.

 Quel che sto cercando di dire, era che non ero affatto contenta della situazione. Ma anche così, che avrei potuto farci? Dubitavo che le guardie avrebbero concesso i loro mekilo per far da scorta a un gruppo di novizi sacerdoti che andava a cercare quelle che comunque la si rigirasse erano donne dalla pessima reputazione. Non quando in città c’erano stati tanti disordini di recente e un’assassina ancora a piede libero. Ci saremmo dovuti beccare mekilo mercantili.

 “E quindi tu saresti disposto a fare questo viaggio?”

 “Naturalmente! Anzi, sono contento di essere stato io a parlartene: tutti vorranno l’onore di accompagnare dei Sacerdoti in missione divinamente ispirata, e io mi sono già messo in mostra con la mia disponibilità. Se le vendite delle mie stoffe non aumenteranno dopo questo!”

 Ah be’, non potevo certo pretendere che tutti al mondo agissero per la bontà dei loro cuori. Tanta grazia che questo aveva voglia di scortarci, semmai.

 “Sei una vera benedizione, allora” cercai davvero di non suonare troppo sarcastica. “Mi ricorderò di riferire al Tempio il tuo tempestivo desiderio di assistere. E nel frattempo, ti ringrazio infinitamente per le informazioni che ci hai offerto”

 Mi congedai dal mercante su queste frasi.

 “Sembravi quasi una Sacerdotessa fatta, quando gli hai parlato a quel modo!” mi gratificò Guancho.

 “Enfasi sul quasi” aggiunse subito Huicui. Elargii al primo un sorriso e al secondo un’occhiataccia.

 “E grazie anche a voi, credo che mi tocchi dirlo. Domani passate per le distribuzioni, cercherò di ripagarvi in qualche modo”

 “Certo che lo farai. Perché altrimenti il nostro Guancho ti avrebbe aiutata?”

 Guancho gli pestò un piede. Io feci del mio meglio per non ridere, mentre cercavo di recuperare la strada, con quei ragazzini che mi litigavano a dietro.

 Dunque, avevo preso strade che non conoscevo, che furba, e anche andando a memoria le sbagliai un paio di volte, e se non persi tempo ulteriore fu solo grazie ai miei accompagnatori. E una volta lì, non dovevo tornare direttamente al Tempio, ma sbrigarmi a tornare da quella famiglia … secondo indicazioni che, con tutto quello che era successo, adesso ricordavo solo parzialmente, e lì Guancho e Huicui non potevano aiutarmi. In parole povere, a quella casa ci arrivai più per caso che per intenzione.

 E quello che trovai ad accogliermi … è difficile anche a distanza di tanto tempo scriverne. Fu una delle primissime volte nella mia vita in cui provai un senso di vergogna e fallimento tanto bruciante.

 Quel che vidi quando fui in prossimità della casa, fu un uomo in piedi a braccia conserte di fronte all’uscio, che guardava in tutte le direzioni come a voler fulminare con lo sguardo qualunque essere vivente passasse di lì. E poi mi individuò. Si staccò immediatamente dal muro e marciò a larghi passi verso di me, con l’espressione più furiosa che avessi mai visto a un essere umano. Feci a malapena in tempo a intuire quel che fosse successo, che la sfuriata dell’uomo mi fu immediata conferma.

 “Dov’eri?!” urlò. “E’ questo il rispetto che il Tempio di Pachtu mostra ai suoi devoti? Perché ci avete messo tanto, si può sapere?!”

 “S-si calmi” riuscii a mettere insieme con la massima faccia tosta che mi riuscì. “Ci sono stati dei disguidi. Mi porti dal …”

 No, speranza vana. La risata amara dell’uomo fu la conferma definitiva. “L’avrei fatto anche prima di parlare con te, ma sbaglio, o voi non avete una magia che permetta di riportare in vita i morti?”

 “E’ arrivata? E’ arrivata?” chiese una donna, praticamente lanciandosi fuori dall’abitazione. Aveva l’aria a dir poco spiritata, e non appena mi vide, cacciò un urlo acutissimo e si lanciò verso di me, trattenuta solo dall’uomo.

 “Non servirà a niente” le disse lui in fretta, parandosi tra me e lei. “Siamo dei poveracci, Conira. Se anche tu spaccassi la faccia a questa novizia, saremmo noi a beccarci il risarcimento, capisci? E tuo padre finirebbe nel dimenticatoio. Manderemo una lamentela al Tempio, ci ignoreranno, ma almeno non ci costringeranno a sborsare niente …”

 “E lasciamela!” urlava la donna. “Non voglio permettere che se ne dimentichino ancora! Non me ne frega niente dei soldi! Se anche la ammazzo, almeno ne parleranno, di mio padre!”

 “Ne parleranno male” replicò l’uomo, ormai impegnato in un vero e proprio corpo a corpo per tenerla ferma. “Si inventeranno che era un miscredente pur di salvarsi il culo, diranno che la sua fede non era sincera e che la tua reazione lo dimostra nel modo in cui ti ha cresciuta. Se anche solo sfiori questa marmocchia, perdiamo ogni speranza di avere giustizia”

 “Ad avercela in primo luogo” ringhiò la donna.

 “Voglio credere che il dio non ci abbia completamente abbandonati, e che i suoi servi sapranno almeno renderci il debito …”

 “Come se questo potesse aiutare mio padre! Adesso è nel regno di Qisna, e prima di morire non ha neanche potuto …!”

 “Lo so, lo so. Adesso ci parlo io. Tu torna in casa a vegliarlo. Avrà bisogno delle tue preghiere, non della tua vendetta”

 La donna mi lanciò un’occhiata che mise bene in chiaro quanto le sarebbe piaciuto ottenere entrambe, ma obbedì all’uomo.

 Ora, io me ne ero rimasta lì impalata per tutto il tempo di questa conversazione, mentre cose che prima non avevo considerato mi crollavano addosso. Tutte riconducibili alla realizzazione che, attaccato al concetto di ‘vecchio moribondo’ che tanto mi aveva repulsa, c’era anche un essere umano vero e proprio.

 Oh, questa volta l’avevo fatta davvero grossa. E non lo pensavo preoccupandomi della punizione che avrei ricevuto.

 Una volta che la donna fu rientrata, l’uomo marciò di nuovo verso di me. Non aveva l’aria di volermi attaccare fisicamente, ma in genere non sembrava molto più rassicurante.

“Ragazzina” esordì. “Prima che tu inizi con le tue scuse e i tuoi dispiaceri, sappi che non me ne frega un accidente. Quel che mi frega, è che mio suocero è sempre stato, fin da giovane, un uomo estremamente devoto a Pachtu. Se il culto fosse stato aperto agli uomini, non ho dubbi che l’avrebbe seguito; non potendo, si limitava a offrire sacrifici e partecipare alle danze e alle celebrazioni ogni volta che poteva. Aveva assoluta venerazione per la vita e l’energia, e il dio l’ha sempre ricompensato: uomini di decenni più giovani di lui rimanevano esterrefatti della sua vitalità e del suo entusiasmo. Ma anche per lui si è avvicinato il momento della morte, e ha deciso di congedarsi dalla vita da lui tanto amata con il conforto di una Sacerdotessa ad essa dedicata. Voi gli avete negato questo diritto. Vi ha aspettati fino alla fine, posso assicurarvelo, io c’ero, lì a fare la spola tra il suo letto e l’uscio a controllare se c’era qualcuno in vista. La sua ansia, il suo terrore di andarsene senza aver per un’ultima volta reso omaggio al dio, erano il suo terrore più grande. E voi l’avete fatto avverare. E’ morto così, in quella spasmodica attesa. Che altro vi posso dire? Se tu fosti un essere umano decente, non proveresti altro che vergogna per te stessa per il resto dei tuoi giorni. Non permetterò che finisca qui, sappilo, andrò a protestare a quel tempio. E ora, devo andare da mia moglie. E’ l’unica che abbia ancora bisogno di conforto, e per cui non ci sia bisogno di scomodare un importantissimo Tempio dai suoi affari”

 Ciò detto, mi voltò le spalle, e sparì in casa sua.

 Merda. Merda, porca di quella merda, perché non ci avevo pensato? Perché tutto quello su cui ero riuscita a concentrarmi era stata la questione di Qillalla? Ero stata anche felice quando i ragazzini mi avevano offerto una scusa per lasciar perdere quell’incarico! Mi ero detta che vedere qualcuno moribondo era disgustoso, che comunque in qualche modo avrei fatto in tempo. E invece no. Quel moribondo, quella persona che era arrivata alla fine della sua vita, di tempo non ne aveva. E io l’avevo lasciato morire ansioso e stupito dall’apparente tradimento di quella fede che aveva sempre portato, quando avrei potuto lasciarlo morire felice, sodfisfatto del compimento della sua esistenza. Quella era, senza esagerazioni, la cosa peggiore che avessi mai fatto fino a quel momento.

 Un dettaglio che se possibile rende ancor più deprimente questa faccenda, è che non ho mai scoperto il nome di quel vecchio. Ho provato a chiederlo, ma la Sacerdotessa a cui mi sono rivolta mi ha guardata con un’aria semplicemente disgustata, e ha rifiutato di rispondermi. Probabilmente pensava di negarmi un modo facile per sentirmi meno in colpa, fatto sta che adesso non posso nemmeno mettere qui un nome vero e proprio, così che tu, lettore, possa dare un’identità ben precisa a una persona morta molto tempo fa, la cui vita è stata forse una serie di annotazioni sui registri ufficiali di censimenti, ma che ha amato ed è stata profondamente amata e rispettata dalla sua famiglia, e che spero abbia, nonostante tutto, un posto nei tuoi pensieri.

 Non avrebbe senso riportare la sfuriata che mi rivolse Dolina: differì da quello che mi aveva già detto la coppia in quella casa solo per l’enfasi che poneva sul fallimento che fino ad allora ero stata come aspirante Sacerdotessa, sia nella pratica della magia sia nei doveri più pietosi che il mio compito implicava. Di sicuro, diceva, non era quello che si sarebbe aspettata da qualcuno che aveva messo tanto impegno nelle sue prove di iniziazione, in barba agli ostacoli posti da Waray.


Non capiva, diceva: il mio superamento delle prove indicava che avevo avuto, almeno per la loro durata, il favore del dio, e avevo anche avuto l’apprezzamento della Soma Sacerdotessa stessa per la mia tenacia e dedizione. Forse era stato quello il motivo dei miei errori? Mi ero insuperbita, e ora credevo di poter avere tutto ciò che desideravo dal lavoro sacerdotale pur venendo meno nella mia fede?

 Bene, si sarebbe accertata di far capire la lezione che così non era. Innanzitutto mi ricordò che in qualità di novizia, non avevo ancora preso i voti veri e propri, e facevano sempre in tempo a cacciarmi se non me ne fossi dimostrata degna; poi mi spedì a fare lavori di assistenza alle attendenti fino a quando lei avesse deciso altrimenti, in aggiunta naturalmente alle mie solite lezioni.

 Pensai che questa fosse una punizione anche troppo leggera, finchè non capii effettivamente cosa comportasse: oltre alle lezioni (da svolgersi in un clima di assoluto sdegno, perché voce della mia mancanza era arrivata anche alle orecchie della maestra e delle compagne) adesso avevo il carico di lavoro di un’attendente del Tempio in un giorno libero da altri impegni: in altre parole, dovevo infilare nei momenti di pausa in cui non mi sfinivo mentalmente cercando di manifestare la magia e fisicamente ballando il lavoro che una donna fa normalmente quando è tutto quello a cui può dedicare la giornata.

 Andò a finire che ero completamente priva di momenti di pausa se non quando trangugiavo il più in fretta possibile i miei pasti (o meglio, a volte li saltavo anche, per poter avere più tempo in cui lavorare) e dovetti andare a dormire più tardi e alzarmi più presto di tutte le altre novizie. E generalmente erano tutti incarichi piuttosto impegnativi: pulizie intensive dell’interno del Tempio o delle aree in cui vivevano le Sacerdotesse, incarichi di lavanderia delle tuniche, quando possibile anche dare una mano in cucina. Dunque, non credo di poter parlare nel dettaglio di quelle giornate: ero semplicemente troppo stravolta anche solo per pensare, di solito.

 L’unica che sembrava avere una qualche pietà di me era Seqa, che sospetto mi ritenesse più che sufficientemente pentita per come stavo prendendo quel carico di lavoro assurdo. E fu tramite lei che, un giorno, ricevetti gli orecchini.

“Ehi, Corinna” mi chiamò, mentre mi stavo impegnando a spazzare il pavimento del Tempio durante la pausa pranzo. “Hai ricevuto un regalo”

 “Eeeh?” gorgogliai, sfinita dal lavoro e dalla fame.

 “Qualche tuo vecchio amico si è preso la briga di mandarti … qualunque cosa ci sia dentro questo sacchetto, non voglio guardare. Animo, c’è qualcuno che ti sostiene lo stesso!”

 Credo che renda molto l’idea delle facoltà mentali in mio possesso in quel momento il fatto che reagii biascicando un grazie e infilando il sacchetto nella cintura che chiudeva la mia tunica, riprendendo poi a lavorare e dimenticandomene completamente. Realizzai il piccolo fatto che ehi, avevo appena ricevuto un regalo da chissà chi e non l’avevo neanche guardato solo quando mi svegliarono il mattino dopo per la lavanderia.

 Improvvisamente molto allarmata, mi affrettai a controllare il contenuto del grazioso sacchetto di stoffa scura, prima che qualcun altro potesse accorgersene. Erano orecchini.

 Circolari, con incisioni sottilissime: a esporli ai primi raggi dell’alba, brillavano come se fossero fatti di saette. Feci appena in tempo a chiedermi chi accidenti li avesse mandati, quando mi ricordai chi tra le mie conoscenze faceva l’orafo, e appena ci pensai, notai anche il biglietto. In omaggio a una leale e devota Sacerdotessa di Energia.

 Ma che …? Come aveva fatto a saperlo? Una spia, certo, ma chi? Dove? Qualche Sacerdotessa del Tempio, uno dei ragazzini di strada (no, a quello non potevo credere!), il mercante, addirittura uno dei membri di quella coppia? E perché gli interessava tanto, al punto da creare gioielli apposta per commemorare l’occasione? Cosa voleva comunicarmi con quello?

 Da fuori, una Sacerdotessa mi chiamò, decisaente irritata. Rimisi gli orecchini del sacchetto, che nascosi nella mia stuoia.

 Non appena quel folle periodo di penitenza fosse finito, avrei avuto tante spiegazioni da chiedere.

 

 

                                                                 Dal Manoscritto di Simay

 

Scoprii che la parte più difficile del mio compito era pensare alle giuste idee da mettere in testa alla gente; mettergliele in testa, di per sé, fu facilissimo.

 Mi bastò farne parola con gli altri novizi alla mia età, in particolare il gruppo di Capac; ricevetti l’amichevole ammonimento di ricordare che ero un novizio, non più il figlio di un governatore, e che avrei dovuto piuttosto concentrarmi sullo studio, ma comunque i ragazzi ne discussero. E così la faccenda arrivò anche alle orecchie del nostro maestro, il quale, sospetto, avesse un disperato desiderio di mostrarsi all’altezza della carica di Sommo Sacerdote dopo esser stato scavalcato per inesperienza. Se sia stato lui stesso a esporre le ‘sue’ idee al Sommo in carica, o se ne abbia parlato a qualcun altro che gli ha rubato il merito, questo non lo so. So soltanto che nel giro di un paio di settimane, le trattative con gli altri Templi per la missione di recupero delle Datrici di Morte erano in pieno fervore.

 Sempre dietro mio suggerimento, per inciso: non avevo idea di cosa stesse combinando Corinna, perché il Tempio di Pachtu non mostrò inizialmente il minimo interesse per le nostre attività, e fu sempre per mio indiretto suggerimento che furono coinvolti da noi di Achesay in segno di rispetto. In tutto questo, non una parola da Corinna, quantomeno per spiegare perché mai non stesse muovendo un dito dopo aver insistito per mettere la salvezza di Qillalla al di sopra di quella dell’Imperatore in persona. Io mi ritenni troppo occupato per contattarla per primo.

 Fu solo quando, con mia somma irritazione, dovetti occuparmi anche di accertarmi che finissimo entrambi per la giusta destinazione, che ricevetti sia delle risposte sia un minimo di aiuto. A quanto pareva, Corinna si era ribellata ai suoi doveri, ed era stata punita di conseguenza; riuscii a convincere i miei superiori che, conoscendo quella ragazza, mi sarei impegnato per riportarla sulla retta via, e data la mia reputazione di studente modello, non fu troppo difficile convincerli. La ragazza stessa poi fece la sua parte, informando di conoscere sia la residenza di una delle Datrici di Morte, sia il modo per arrivarci.

 La prima informazione era abbastanza inutile, visto che era tutto negli archivi del censimento, ma la seconda, date le emicranie che l’organizzazione dei trasporti stava procurando ai piani alti, fu un’informazione molto benvenuta. E poi, noi eravamo vicini per età a quella particolare Datrice di Morte, quindi saremmo probabilmente stati più efficaci nel tenerla a bada.

 E dunque eccoci: appollaiati in mezzo alle stoffe di un mercante incredibilmente chiacchierone, con la prospettiva di tre settimane di viaggio, e la vita dell’Imperatore nelle mani della divinità peggiore a cui arebbe potuta essere affidata.

 Corinna era insolitamente cupa e silenziosa: mi rivolse a malapena un saluto a testa bassa, e poi si rannicchiò tra il carico di mercanzia, le braccia avvolte attorno alle ginocchia. Cos’erano, rimorsi per quella sua disobbedienza? Per non aver saputo aiutare? In tal caso, aveva ciò che si meritava, le avrebbe impartito una buona lezione … certo, magari non mi rendeva esattamente onore, pensarla così dopo tutto quello che lei aveva fatto per me. Almeno la lezione l’avrebbe aiutata a diventare una persona (ancora) migliore?

 E altro che pensare e pensare, io come avrei dovuto comportarmi nei suoi confronti? Voleva che mantenessi le distanze? Avrei dovuto rassicurarla o confortarla? Dannazione, cos’era necessario fare in quei frangenti? Perché non l’avevo mai imparato prima?

 Il mekilo si mise in moto, e i suoi balzi scossero Corinna abbastanza da farla imprecare mentre finiva tra le stoffe. Dal canto mio, cercai di rimettermi in piedi dalla poco dignitosa posizione contro le sbarre in cui ero finito, e feci del mio meglio per arrancare verso di lei. Il nostro viaggio sarebbe stato lungo, e non aveva molto senso trascorrerlo in silenzio.

 

 

 

 

GLOSSARIO (e qualche trivia):

Mekilo: essere simile a uno scoiattolo, solo molto più grande, con zampe molto più lunghe e la coda in fiamme. Essendo un animale legato al fuoco, non è considerato sacro a nessun dio, ma sfruttabile da tutto il genere umano. Viene usato soprattutto per trasportare merci e persone.

Occlo: bovino ricoperto di squame e con protuberanze lunghe e sottili, simili a serpenti che stanno al posto delle corna e da cui esce fuoco. Anch’esso animale legato al fuoco, ma per la sua pericolosità e la capacità di controllare i loro getti di fuoco sono quasi esclusivamente cavalcature da battaglia.

Kutluqun: capre anfibie con alghe al posto della pelliccia. Sono considerate sacre al dio Tumbe, e per questo, per allevarle o catturarne di selvatiche, è necessaria l’autorizzazione di un sacerdote di quel dio.

Lymplis: pesci volanti, con le pinne coperte di piume. Sono sacri alla dea Chicosi, dunque è necessaria l’autorizzazione di un suo sacerdote per possederne uno. Malgrado ciò, sono popolari come animali da compagnia presso la nobiltà.

Kyllu: uccelli simili a cigni, fluorescenti. Sono sacri al dio Achemay, e allevati solo all’interno del palazzo imperiale. Il loro piumaggio è usato per decorare le corone dei sovrani.

Lilque: creature con corpi simili a quelli degli esseri umani, ma con code di serpente al posto delle gambe. Servitori del dio Thumbe, vivono presso il mare, i laghi e in qualche caso i fiumi, quasi mai in corsi d’acqua più piccoli.

Duheviq: piante dalla capacità di mutare il proprio aspetto, assumendo qualsiasi forma desiderino. Originariamente questo veniva usato per catturare prede dei cui fluidi nutrirsi, ma con l’avanzare della società umana, ne hanno approfittato per integrarvisi. Un tempo servitori della dea Achesay, organizzati in tribù-foreste rigidamente isolate dagli esseri umani; solo i sacerdoti della dea potevano avvicinarli senza essere bollati come cibo. Al tempo di Choqo, mentre i più anziani vivono ancora tradizionalmente, i più giovani hanno preso a mescolarsi con le popolazioni umane, finendo spesso vittime di discriminazioni e relegati ai lavori meno nobili o remunerativi. Mantengono comunque un rigido codice di valori, di cui la fedeltà è il più alto.

Shillqui: piante in cui scorre un liquido per aspetto e consistenza simile al miele, che causa a tutto l’albero di agitarsi violentemente. Se bevuto, questo liquido dà gli stessi effetti agi esseri umani, ma è difficilissimo metterci le mani sopra. Pianta sacra a Pachtu, i suoi sacerdoti ne devono bere la linfa durante le cerimonie.

Likri: fiori simili a gigli rossi, dalle temperature bollenti, che esalano un fumo sottile. Se tuffati in acqua gelida e canditi, sono considerati ottimi per la pasticceria, ed essendo legati al fuoco, l’unico limite al coglierli è potersi permettere buoni guanti protettivi.

Sangue della Terra: erba che influenza la circolazione sanguigna, usato per diversi effetti nelle gravidanze.

Zullma: pianta le cui varie componenti hanno diversi usi; le radici sono considerate un potente lassativo.

Kiquicos: erba di colore blu, parassitaria dei Duheviq. Pericolosa per le sue capacità di depistare animali e viandanti, ma molto ricercata per le sue molteplici virtù.

Guyla: praticamente un Moment.

Tably: erba che secondo le credenze popolari risolve l’insonnia e i problemi di incubi frequenti.

Ago di Luce: essere a metà tra lo stato animale e quello vegetale, si nutre di sangue, ma può essere utilizzato per aspirare anche altri fluidi corporei.

AQI: esseri simili a tassi dal pelo violaceo, che emanano ormoni che fanno marcire le sostanze inorganiche attorno a loro. Soggetti a disinfestazioni a tappeto e contenuti in gabbie speciali, sono frequentemente offerti in sacrificio, con la testa dedicata a Chicosi, il cuore ad Achemay, e il resto del corpo, a seconda che l’animale sia maschio o femmina, a Tumbe o Achesay.

Fylles: insetti con ali a forma di fiore e polline al centro del corpo. Poiché si nutrono di altri insetti, sono molto usati dagli agricoltori, anche se prima necessitano di un permesso di un Sacerdote di Chicosi.

 

Qillori: cristalli di colore azzurro chiaro, molto usati in oreficeria.

Achemairi: cristalli di colore dorato, anch’essi comuni per l’oreficeria.

Tablyk: pietra di colore rosato, usata nell’oreficeria.

Kislyk: pietra dall’aspetto simile alla tablyk, ma molto più dannosa.

 

Notte: entità primordiale da cui tutto il mondo ha avuto origine.

Achemay: dio del sole, entità più importante del pantheon Soqar.

Achesay: dea della terra.

Chicosi: dea dell’aria.

Tumbe: dio del mare, dei fiumi e dei laghi.

Sulema: dea del fuoco.

Pachtu: dio dei fulmini e della vita.

Qisna: dea della morte e delle paludi.

Supay: esseri più collegati al folklore che alla religione vera e propria, sono creature della Notte,

incaricati di torturare le anime dei peccatori che lì vengono gettate

 

 

 

Ladies & Gentlemen,

ho una buona notizia e una cattiva. La buona, è che questo sarà uno degli ultimi capitoli ‘piatti’: dal prossimo, le cose dovrebbero riprendere a movimentarsi un po’. Quella cattiva, è che probabilmente si passerà a un solo aggiornamento al mese, perché la tesi e gli ultimi esami si stanno rivelando un carico più difficile da gestire del previsto. Recupererò una volta che avrò la laurea in mano, prometto.

E su questa nota non molto promettente, ringrazio chi vorrà commentare, o mettere in seguite o preferite!


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Capitolo 33
*** Dove ci si occupa di sgridare una ragazzina e prevenire un omicidio politico ***


                              CAPITOLO 32

 

DOVE CI SI OCCUPA DI SGRIDARE UNA RAGAZZINA E PREVENIRE UN OMICIDIO POLITICO

 

 

 

 

 

C’era solo da aspettarselo, ma Choqo non poté fare a meno di sentirsi un po’ delusa quando il suo secondo viaggio di primissima mattina per Alcanta non le diede tutta la sensazione di novità del primo.

 Il che era anche abbastanza ridicolo, era solo ovvio … ormai aveva già visto quel nuovo aspetto della sua città, e ora le sembrava solo un’ora scomoda e fredda in cui alzarsi. Chissà se, col tempo, la sensazione di familiarità sarebbe tornata a portarle una qualche contentezza ad essere lì?

 Trovò molto più gradevole la corsa per la foresta: quei paesaggi, con le piante e i fiori e gli animali che, in momenti particolarmente fortunati, riusciva a scorgere, erano qualcosa che aveva agognato tanto a lungo che non riusciva a trovarli noiosi. E di nuovo, il trucco delle risposte secche funzionò quando Itzèn fu abbastanza sveglio da poter tentare una conversazione mentre guidava; il Sacerdote sbuffò, ma la lasciò in pace a godersi il paesaggio.

 Diversamente accadde invece quando arrivarono al villaggio, e si fermarono alla locanda della volta precedente; lì non aveva proprio niente a distrarla dalla conversazione, se non i piatti piccanti del luogo.

 “Sei andata avanti sulla storia di Corinna, giusto?”

 “Sono andata avanti più o meno con la storia di tutti quanti”

 “No, quello che volevo chiederti è … sei arrivata alla parte degli orecchini?”

 “Eh? Sì, ma non so ancora che senso abbiano. Suppongo che me lo spiegherà direttamente Linca, no?”

 “Sperando che se li ricordi. Per Corinna è stato un episodio importante, per Linca una delle tante cose successe nei millenni che ha vissuto. Peccato che tu non abbia pensato di portarli, magari l’avrebbero aiutata a ricordarseli”

 “Portati? E da dove avrei dovuto tirarli fuori, scusa?”

 “Se non ricordo male, sono stati ereditati dal tuo ramo della famiglia. Uno dei miei superiori mi ha raccontato di aver visto tua madre indossarli per il suo matrimonio, e –“

 “No, aspetta” Choqo si sentì come se il suo cervello fosse sul punto di fondersi. “Mi stai dicendo che quegli orecchini di cui mia madre non fa che vantarsi e che mi costringe a indossare quando vuole sottolineare che sono imparentata con Corinna …?”

 “Quelli”

 Li aveva avuti alle orecchie. Aveva avuto attaccati alle orecchie un paio di orecchini menzionati da Corinna stessa nella sua storia, come dono da parte dell’Incendiario, e presumibilmente creati da lui stesso. Non ci aveva manco pensato che la descrizione calzava, per lei erano sempre stati solo un fastidioso simbolo dell’attaccamento di sua madre al loro passato invece che alla sua vita presente!

 Dannazione, perché non li aveva portati, aveva ragione Itzèn … no, un attimo, Itzèn non poteva avere ragione (a prescindere), lei non poteva andarsi a immaginare la storia di ogni singolo orpello che la sua famiglia valutava più di lei. Lui non sapeva niente di come funzionavano le cose in quella famiglia, e se si aspettava che lei fosse come i suoi genitori, più estasiata da persone morte da secoli che da quelle vive e vegete, si sbagliava di grosso.

 Però stava di fatto che, la prossima volta che sua madre l’avesse costretta a indossare quegli orecchini, non si sarebbe più potuta sentire insofferente come prima.

 “Sono solo oggetti, alla fine” sbuffò con una scrollata di spalle, e si rese conto nello stesso momento in cui le parole lasciavano la sua bocca di che patetico tentativo di nascondere l’effetto che la scoperta le aveva fatto fosse. Infatti ottenne come risultato di far ridacchiare Itzèn così forte che quasi si rovesciò addosso la zuppa. Quasi, purtroppo.

 La camminata fino al monte Ayamarca fu silenziosa, e quella volta, l’essere già stata in quella situazione non le diede alcuna familiarità. Una situazione provata più volte perdeva il fascino della novità, ma più andava avanti nella lettura, più Linca le appariva come una leggenda vivente. Dal contegno del Sacerdote che la accompagnava, poteva dire che per lui era lo stesso.

 “Siete già qui?” si accigli Linca, una volta che fu a una forma abbastanza umanoide da poterlo fare. “Non ci eravamo accordati per due settimane?”

 “Sono passate appunto due settimane”

 “Oh. Sentite, ve l’avevo detto che qui tenere la cognizione del tempo è un’impresa, specie adesso che non ho umani ossessionati dalle date attorno ogni giorno che passa … oh be’, se continua così, credo che vi porterò a quei livelli in fretta. Sì, era il mio piano per tutto questo tempo. Dunque, dove eravamo rimasti? Ah, siete andati avanti con la storia? Malitzin? Gli orecchini? Oh, se me la ricordo quella! Troppo divertente per dimenticarsela! …”

 

                                                              Dal racconto di Linca

 

Prima però credo di dover fornire qualche piccolo antefatto.

 Poiché al mio signore faceva profondamente schifo l’idea di semplificarsi la vita, invece di spedire Simay dritto a salvare suo padre, farsi riconoscere, e installare in trono senza troppo chiasso, aveva deciso di piazzargli la bella scelta sadica: salvare la vita all’Imperatore che guarda caso era anche suo padre biologico, o andare ad assicurarsi la lealtà di qualcuno che era stato precedentemente al soldo della sua nemica principale e avrebbe presumibilmente potuto fornire un buon numero di informazioni su di lei, che guarda caso era anche stata la vittima di maltrattamenti atroci?

 In altre parole: prevenire sia i suoi problemi personali sia una crisi di potere che avrebbe danneggiato tutto l’Impero, o pensare esclusivamente al proprio tornaconto o alla difesa dei propri limitati ideali?

 Sì, era stato un vero e proprio test. Il mio signore aveva mostrato disappunto perché la scelta di Simay era stata salvare Qillalla su basi di tornaconto? No, non mi pare, il mio signore non era tipo da farsi simili problemi. Hai letto quella parte dal diario di Corinna? Mi ricordo che lei non faceva che guardare il suo compare come se volesse scuoiarlo vivo, magari quello ha colorato le sue interpretazioni.

 Tornando a noi, c’è da dire che la terza scelta non ce l’eravamo aspettata. Non avevamo neanche preso in considerazione che Simay e Corinna potessero fidarsi di noi al punto da affidarci la difesa di Manco, e il mio signore si era ritrovato a improvvisare. Però era stata una piacevole sorpresa: i ragazzi si erano mostrati abbastanza intelligenti da rendersi conto della validità di entrambe le opzioni, abbastanza spregiudicati da volerci chiedere aiuto, e abbastanza abili da tirar fuori argomenti convincenti: tutte doti che sarebbero tornate comode a dei futuri regnanti … non si poteva lasciare proprio tutto il lavoro a Malitzin, poverina.

 E in più questo avrebbe lasciato Simay in debito con noi: adesso dovevamo trovare solo un buon uso per quel debito … e possibilmente crearne altri?

 Ehi, che è quella faccia? Che ti aspettavi, che non avremmo approfittato di ogni occasione possibile per raggiungere i nostri obiettivi? Si vede che non hai mai davvero voluto qualcosa, ragazzina … che tristezza. Ah no? Ragioni morali, dici? Se il mio signore fosse stato a farsi scrupoli morali, a questo punto voi umani sareste ancora prostrati a venerare esseri cui non frega un dannato accidente di voi!

 …Hm, già, Sacerdotessa, abbiamo poco tempo, e dimostrerò meglio le mie ragioni raccontando. Tu però potevi anche portarmi qualcuno di più intelligente!

 Comunque, questo, oltre a offrirci tante belle nuove possibilità, ci dava anche due nuove incombenze: organizzare la protezione di Manco, e occuparci seriamente di Corinna.

 Per quanto riguarda la prima parte: no, noi non avevamo la più pallida idea di chi fosse la Dama Azzurra. Avevamo già cercato di condurre le nostre indagini: conoscere l’identità di un’assassina a piede libero per Alcanta ci sarebbe tornata soltanto utile, sia per assicurarci che persone a noi utili non ci finissero di mezzo, sia nel caso avessimo bisogno di ingraziarci le forze dell’ordine con una soffiata, sia per avere materiale da ricatto nel caso avessimo bisogno di un’esperta in assassinio con mezzi normali, senza bisogno di appiccare fuoco a interi edifici o di mangiare la disgraziata vittima.

 Ma con tutti i nostri sforzi, i nostri agenti non erano riusciti a trovare assolutamente nulla: raccogliere più informazioni possibili su chi si diceva abusasse la propria moglie ci aveva portati ad avere sui delitti le stesse informazioni delle guardie, molto più di quanto sapesse il cittadino medio di Alcanta, ma l’identità di quella donna rimaneva un vero mistero. L’unica pista che avevamo avuto, per qualche tempo, era dovuta all’insolita arma del delitto.

 Riguardava una famiglia nobile, cugini di terzo grado dell’attuale famiglia imperiale, che avevano la reputazione di gente parecchio eccentrica – quella cui apparteneva Parinya, se hai sentito parlare di lei -, abbastanza da vantare una vasta collezione di strani utensili: da quelli provenienti da paesi lontani, a quelli utilizzati dai Kisnar. E sì, nella loro collezione figurava proprio un coltello del tipo di quello usato per gli omicidi: la famiglia era stata tenuta d’occhio, il loro coltello sequestrato, ma gli omicidi erano continuati imperterriti e quel sospetto era stato abbandonato da tutti, noi compresi.

 L’assassina avrebbe potuto essere in combutta con Kisnar veri? Ragazza, tu ci hai mai parlato con dei Kisnar? A quanto mi risulta, adesso hanno l’autorizzazione a vivere nelle città … ma finiscono quasi sempre nei ghetti o a fare i lavori più umili, un po’ come i miei simili che cercano di integrarsi tra gli umani. Figurati come doveva essere la situazione trecento anni fa!

Una qualsiasi Soqar avrebbe avuto un attacco di vomito al solo pensiero di avvicinarsi a un Kisnar, a meno che non fosse una questione di vita o di morte. E se anche fosse stata di mentalità abbastanza aperta, c’era da considerare l’altro lato della medaglia. Una comunità Kisnar non avrebbe nemmeno lasciato avvicinare un’umana sana, a meno che non fosse lì per conto di un parente che necessitava delle loro cure. Se avesse chiesto un loro coltello per fare la giustiziera misteriosa? L’avrebbero visto come un tentativo di spalare la colpa su di loro e l’avrebbero cacciata a calci.

 In pratica, tutto quel che concretamente avevamo era la quasi assoluta certezza che si sarebbe fatta viva per un caso simile: aveva ampiamente dimostrato che la sua ideologia trascendeva le limitazioni di classe. C’era solo da chiedersi: era il tipo di ‘giustiziera’ che compiva i suoi delitti solo dopo accurate indagini sull’effettiva colpevolezza dell’imputato, o caricava a testa bassa assumendo che le voci popolari fossero le voci degli dei?

 Il mio signore era propenso a credere alla seconda. Di preciso, chi poteva avere prove certe che le vittime maltrattassero le proprie mogli?

 Avevamo rintracciato le origini dei pettegolezzi attorno a loro a donne dello stesso ceto delle mogli, loro amiche e confidenti. In solo un paio di casi c’era una persona identica. Loro avrebbero sentito tutto dalla viva voce di quelle poverine, forse anche visto dei lividi, ma non si conoscevano tra loro, erano donne diverse in tutti i casi. Stesso dicasi per una farmacista che avrebbe potuto vendere loro pomate curative: avrebbe certo visto i segni, ma la farmacista che possono permettersi delle nobili e quella che può permettersi una fornaia sono spesso persone molto diverse.

 Avevamo brevemente considerato la possibilità della figlia di una guardia, ma l’ipotesi era stata scartata: non era reato picchiare la moglie, avrebbero perfino potuto ammazzarla se avessero dimostrato un valido movente come l’adulterio, e cavarsela semplicemente con una multa. Sì, orribile quanto vuoi, ma era così che le cose funzionavano allora.

 Questo aveva aperto le possibilità che la ‘Dama Azzurra’ fosse in realtà un’identità collettiva, composta da più persone in vari strati della società unite da un’unica causa; ma in tal caso sarebbe stato veramente strano se noi non ne avessimo saputo niente. Avete idea di quanto sia difficile stabilire e mantenere un’organizzazione spionistica di quelle dimensioni? Trovare e mantenere le persone giuste, avere i mezzi per persuaderle o ricattarle, e accertarsi che non abbiano lealtà precedenti ad altri gruppi criminali che avrebbero potuto acquisire potere su di noi invece?

 Nei giri giusti c’era chi sapeva l’identità di alcuni nostri informatori … solo che non sapevano per chi lavorassero. E viceversa: noi sapevamo chi nei bassifondi facesse l’informatore … e anche per conto di chi, di solito, erano solo alcuni millenni che facevamo quel lavoro. E non avevamo saputo niente di un’ ‘Organizzazione Dama Azzurra’.

 O qui si trattava di un vero e proprio genio del male, o di una persona sola che aveva l’intelligenza e l’abilità per portare a compimento i suoi crimini ma non per controllare le sue fonti e assicurarsi di non stare andando in giro a scannare innocenti. Il che, fidatevi, non è così contraddittorio o insolito come può sembrare.

 Tutto questo discorso ci porta alla conclusione: considerare possibili piste di indagine che la Dama Azzurra avrebbe potuto seguire nei suoi accertamenti (ad esempio cercare la persona da cui erano partite le voci, corrompere o trovare altri modi di far parlare le guardie o gli esperti di tortura o i custodi delle carceri) non ci avrebbe condotti a nulla. Più probabile che cercasse immediatamente il modo di avvicinarsi a Manco abbastanza da piantargli un coltello in corpo.

 Stabilito questo probabile modus operandi, non ci restava che organizzare le nostre contromosse attorno ad esso. Iniziammo col sacrificare le ore libere di Malitzin.

 Andai ad acchiapparlo non appena il vecchio le ebbe dato il cambio, la mattina seguente all’inaspettata irruzione di Simay e Corinna nella nostra bottega; magari non sarà stato il massimo averlo lì mezza addormentata, ma la riportammo sul nostro stesso piano di coscienza con una buona dose di foglie chora.

“Ma cosa mi avete dato? E’ come se mi fossi appena alzato dopo una buona notte di riposo … aspettate, sono quelle cose che ogni tanto ho visto masticare ai vostri soldati?”

 “Foglie di chora, pianta esclusiva di queste parti, a quanto mi risulta. Diminuiscono il senso di stanchezza e fame, aumentano la concentrazione. Ora che non siamo più in guerra e le produzioni non saranno tutte indirizzate al fronte, inizierai a vederne circolare tra gli schiavi”

 “Una sostanza meravigliosa. Eventuali effetti collaterali tipici delle sostanze meravigliose?”

 “Nessuno, a meno che tu non decida di mangiarne diversi chili al giorno. Ma temo che al momento abbiamo faccende più pressanti di una lezione di botanica. I ragazzi hanno fatto la loro scelta”

 “Ebbene? Cos’hanno deciso?”

 “Una terza opzione”

 Malitzin fu rapidamente portata al corrente di quanto era accaduto, e informata sulla Dama Azzurra e le nostre conclusioni in proposito.

 “Sarà davvero necessario in primo luogo?” osservò Malitzin. “Stiamo parlando dell’Imperatore, non di un fornaio o di un nobile di bassa lega. L’unica persona che possa immaginare più protetta di lui è l’erede al trono”

 “E hai ragione, ma anche quei nobili erano protetti. Il loro rango permetteva loro di avere dei veri e propri soldati a difesa delle loro case … e nonostante questo, non solo li hanno trovati morti, ma l’assassina non è mai stata rintracciata. Chiunque sia questa donna, sa il fatto suo … e devo dire, questo mi rende ancora più curioso di scoprire chi sia: non riesco a immaginare come una persona del genere possa aver avuto le risorse e la possibilità di sviluppare le sue doti di infiltrazione e omicidio. Ma torniamo a noi: per come la vedo io, la nostra donna ha tre possibili modi per entrare a palazzo: infiltrarsi passando per le stanze delle schiave dell’harem, scavalcare i muri, o presentarsi alle guardie all’ingresso e chiedere educatamente di essere lasciata entrare”

 “… come?”

 “Ah, nella tua educazione da consigliere, ti avranno insegnato che quando sono date loro poche informazioni su una situazione, spesso le persone danno per scontata l’ipotesi che a loro pare più logica, e in base ad essa agiscono, giusto?”

 “Senz’altro. Pensi che funzionerà anche con una donna probabilmente estranea alla corte che richieda un’udienza privata con l’Imperatore? Di notte, magari, visto che a quanto ho capito tutti i precedenti delitti si sono svolti col favore del buio?”

 “Mi stai chiedendo se le guardie troveranno qualcosa di strano in una donna, probabilmente giovane e tutta abbellita, che si presenta chiedendo ‘udienza privata’ con un Imperatore che vanta un harem dei più rispettabili visti finora?”

 “Ma se fosse davvero così facile, sarebbe stato già assassinato da un pezzo. Non faranno almeno una perquisizione, per accertarsi che la donna non abbia armi con sé?”

 “Oh, certo che la faranno” rispose il mio signore con un gran ghigno. “E infatti, se dovesse scegliere quel percorso, la donna sarà molto probabilmente disarmata”

 “Vuoi dire che cambierà modus operandi, e lo avvelenerà o soffocherà con un cuscino”

 “Ne dubito fortemente. Raramente gli assassini come lei cambiano il loro modo di agire, soprattutto se vogliono mandare un messaggio chiaro con i loro delitti. Se Manco fosse trovato morto come tu hai suggerito, si penserebbe a un qualche tentativo di indebolire l’Impero da un regnante destituito o che teme di essere aggredito per prossimo … o potresti essere accusata anche tu: la tua vendetta per la tua patria conquistata o la tua famiglia distrutta”

 “Per fortuna che la Dama Azzurra mi proteggerà, suppongo. Hai ragione, se cambiasse modo di agire, nessuno capirebbe che quella è la punizione per ciò che sarebbe successo a Nuala. Ma allora, come farebbe ad agire senza portare con sé armi?”

 “L’arma sarebbe già nascosta all’interno del palazzo. E’ l’unico modo in cui potrebbe farlo, seguendo questa possibilità … il che ci fornirebbe anche un indizio sulla sua identità: se lo facesse, sarebbe o una donna nobile o avrebbe un complice nascosto nella nobiltà disposto a sistemare l’arma. Questa sarebbe davvero la possibilità a noi più favorevole … e dunque, secondo le leggi naturali, quella che probabilmente non si verificherà. Un’altra possibilità è quella che scali le mura del giardino, il che le permetterebbe di infiltrarsi con tutte le armi che vuole. Quel lato del giardino è protetto in modo davvero patetico, dovresti solo vedere tutte le volte che Simay e Corinna sono riusciti a raggiungere la mia bottega di notte passando da lì, ma c’è un buon motivo per quella mancanza di protezione: le mura sono pressochè invalicabili: troppo alte per essere scavalcate con puro sforzo fisico, e assolutamente lisce e prive di qualsivoglia appiglio. Quei ragazzi hanno usato il potere di un Sacerdote della Terra per passarvi sotto, e che un sant’uomo volesse infiltrarsi di nascosto nel palazzo è qualcosa che quegli abili costruttori non hanno considerato. Reputo estremamente improbabile che la Dama Azzurra riesca in qualche modo a passare di lì”

 “Potrebbe essere una Sacerdotessa lei stessa” suggerì Malitzin. “Potrebbe usare a sua volta la magia della Terra, o usare quella dell’Aria per volare … le possibilità non mancano, quando si tratta di invocare il potere degli dei”

 “Ed è per questo che pur ritenendola improbabile, non mi sento di escludere completamente la possibilità. Certo, che usi la magia dell’Aria o della Terra è impossibile, i Sacerdoti di quei culti sono esclusivamente maschi, ma una Sacerdotessa dell’Acqua potrebbe invocare quella delle fontane per farsi sollevare e trasportare all’interno … certo che se fosse una Sacerdotessa dell’Acqua, dovrei trovarla solo per potermi inchinare al suo cospetto per averla fatta in barba a quell’essere odioso che hanno come Somma Sacerdotessa”

 “Sono sicura che Malitzin qui è molto contento delle divagazioni” lo richiamai all’ordine.

 “Giusto. Una Sacerdotessa di Energia potrebbe fare appello alle straordinarie capacità fisiche garantitele dal suo culto per sorpassare le mura saltando, e una di Decadimento … avrebbe potuto far erodere la pietra a velocità immensamente superiore a quella naturale, ma sono state tutte cacciate. Questo, naturalmente, senza considerare come e perché una Sacerdotessa si sia voluta porre su questa strada, ma è una domanda che le porremo noi stessi dovesse rivelarsi questo il caso. Infine, la nostra terza possibilità, è che cerchi di introdursi tramite le stanze delle schiave dell’harem”

“Che potrebbe essere effettivamente la più facile” commentò Malitzin. “In quelle stanze è il caos totale, tra donne che hanno effettivamente bisogno di assistenza e altre che hanno solo un bisogno disperato di una distrazione. Oppure potrebbe arrivare abbastanza tardi la notte perché tutti stiano già dormendo, ma in tal caso, ha già ampiamente dimostrato il suo talento nel muoversi silenziosamente”

 “Pensi che schiave e concubine non noterebbero una perfetta estranea tra loro?” obiettai.

“Non dico questo, quelle donne si conoscono tra loro, ma nel viavai generale, se qualcuna dovesse farsi strada, magari con il viso molto truccato e poco distinguibile, non ci farebbero troppo caso, darebbero per scontato che sia una delle loro”

 “Ottimo ragionamento. Ora, queste tre possibilità si sistemano facilmente. La posizione della mia bottega la rende perfetta per osservare chi entra ed esce dalle porte principali; Linca assumerà la sua forma arborea e sorveglierà il giardino; tu, Malitzin, ovviamente baderai a chi entra o esce dall’harem. Prenditi tutti i turni di guardia, anche quelli del vecchio, ci penseremo noi a provvederti di foglie chora se ne avrai bisogno. Fra tutti e tre, dovremmo coprire tutti i possibili ingressi. Ma la quarta possibilità è dove nascono i problemi: nel caso in cui la Dama Azzurra riesca a introdursi nel palazzo di giorno e a rimanere lì, potrebbe essere nascosta veramente ovunque. Io mobiliterò tutti i miei assistenti nel palazzo, a qualunque rango essi appartengano, perché tengano gli occhi bene aperti, ma non è garanzia di successo”

 “E dunque?”

 “E dunque, passata una certa ora, la mia assistente tra la servitù baderà a posizionarsi nei pressi delle camere dell’Imperatore. Nessuno baderà a una schiava che tira a lucido i pavimenti, e se qualcuno dovesse questionare l’ora tarda, lei dovrà usare come scusa una punizione di Dylla. Non appena vedrà una persona sospetta avvicinarsi, me lo segnalerà accendendo una particolare lanterna che io le avrò consegnato, e io a mia volta allerterò voi due”

 “E i rischi collaterali?” intervenne Malitzin. “Stiamo parlando di una persona fermamente convinta della sua missione. Chi ci garantisce che non ucciderà innocenti schiave che puliscono … o guardiani dell’harem che fanno il loro lavoro … pur di arrivare a Manco?”

 “Nessuno, e in effetti è molto probabile che lo faccia” replicò il mio signore con un sorriso sereno che probabilmente suscitò al suo interlocutore pensieri poco consoni a un sostenitore della non violenza. “Ed è per questo che avrai una dotazione particolare per questo lavoro. Una lanterna come quella della mia assistente, per avvertirmi dell’arrivo del nostro bersaglio, e … a te non è stato dato addestramento nelle armi, vero?”

 “Non ero un uomo. Quindi, no”

 “Bene, cosa dare a qualcuno che non sa usare assolutamente nulla … lei sarà armata di coltello … qualcosa di piccolo, che possa essere facilmente nascosto … ah, sì. Linca, portami il pigliatutto, per favore”

 Il pigliatutto era un falcetto. Era utilizzato nei rituali di un culto strampalato in un’isola sperduta dall’altra parte del globo, aveva un suo nome specifico … noi non ce lo ricordavamo, e lo chiamavamo il pigliatutto per le notevoli capacità di presa della sua lama ricurva.

 “E’ maneggevole” osservò Malitzin, provando l’oggettino come se fosse un esperto di armi. “Non pesa troppo, e si può nascondere facilmente. Direi che va bene”

 “Anche perché è l’unica cosa adatta a te qui dentro. Tieni però a mente che la primissima cosa che dovrai fare sarà accendere la lanterna, altrimenti ti giocherai il nostro soccorso”

 “Certamente, capisco. E l’altra ragazza?”

 “Lei, una volta accesa la lanterna, dovrà semplicemente allontanarsi. Se la nostra Dama è intelligente, si avvicinerà alle stanze imperiali con la massima tranquillità e senza alzare un dito su di lei: verrebbe naturale interpretarla come l’ennesima delle amanti di Manco che si avvia a fare il proprio lavoro”

“E qui c’è qualcosa che vale anche per una possibile perquisizione: questa donna non si farà problemi a esporre il proprio viso a qualcuno che potrebbe ricordarla e riconoscerla?”


“Domanda più che giusta, ci ho riflettuto anch’io. Il punto rimane che fino a questo momento nessuno l’ha ancora presa: ciò può voler dire che questa donna non si è fatta vedere da nessuno, o che è riuscita a farsi vedere ma non notare. Non sono esattamente la stessa cosa”

“Nemmeno con un omicidio di mezzo?”

“La mente umana ha questa curiosa tendenza a ignorare ciò che si inserisce perfettamente in un contesto. Chiedi a una qualsiasi delle dame della corte di Llyra la descrizione di una specifica schiava che la serve quotidianamente: ti sentirai dare una descrizione estremamente generica, con al massimo le caratteristiche più salienti. Chiedi a un’artigiana se ricorda una specifica tra le varie decine di clienti che le sono capitate in una giornata: molto probabilmente non riceverai neanche la descrizione generica, a meno che la donna non abbia avuto un comportamento molto fuori dalla norma. E sono sicuro che la nostra Dama lo sappia benissimo, così come sappia che differenti trucchi, accessori e addirittura una diversa postura possono completamente trasformare l’aspetto di una persona. Se un testimone dovesse vedere la stessa donna in un diverso contesto, dubito la riconoscerebbe”

 “Dunque, considerando che uscire dall’harem sarebbe davvero un comportamento fuori dalla norma, l’unica posizione davvero a rischio è la mia? Quale onore. Ma una volta che ci troveremo a confronto con la Dama, cosa faremo?”

 “Dipende dal luogo. Se l’incontro avverrà nei giardini, confido che Linca sarà perfettamente capace di trattenerla, potendo sfruttare anche il vantaggio della sorpresa. Se invece quella donna dovesse riuscire a eluderci abbastanza da raggiungere Manco, sarai tu a entrare in azione, perché avrai la perfetta conoscenza che quella donna nasconde un’arma … naturalmente, se ti chiederanno come fai a saperlo, dichiarerai che ti è stato detto da un giovane novizio di Achesay. Infine, qualora la donna dovesse riuscire a sfuggire a entrambi, mi occuperò io stesso di fermarla. Temo però che i miei metodi non saranno propriamente adatti ad essere rivelati al pubblico. Cercherò di mantenerla in vita, così da poterla convincere a testimoniare a favore di una congiura contro Manco, ma se non dovessi riuscirci, sarà la giusta punizione divina che la tentata regicida sia andata a sbattere contro uno dei bracieri nella sua fuga”

 Malitzin non sembrava propriamente entusiasta della possibilità: ma del resto, qui era una vita contro una vita, solo che una delle due sarebbe tornata vantaggiosa per proteggerne altre, mentre un’altra era quella di un’omicida. Non sarebbe stato difficile convincerlo che eravamo nel giusto, se avesse presentato rimostranze.

 “Dunque, la vita dell’Imperatore è … ben sorvegliata, non parlo di certezze di sopravvivenza nel caso siate superstiziosi. E per quel che riguarda il ragazzo? E’ già stato istruito su cosa dire quando gli sarà attribuito il merito della salvezza del sovrano?”

 “Sopravvaluti la docilità con cui Simay sarebbe disposto a seguire i nostri piani. No, lui non sa neppure che gli verrà attribuito il merito; al massimo potrà immaginarlo, se ha capito il nostro modo di ragionare. Ma non contraddirà le nostre affermazioni, saranno i suoi stessi superiori a impedirglielo, proprio ora che il Tempio della Terra ha disperatamente bisogno di risollevare la propria reputazione. Farà un bell’esercizio di creatività inventandosi una scusa per giustificare la sua conoscenza”

 “Capisco. E riusciremo a far risalire la responsabilità di questo attentato all’Imperatrice?”

 “Temo di no. Llyra ha scelto una mossa astuta, in questo genere di pettegolezzi non si riesce mai a risalire al vero responsabile. Quel che otterremo, sarà il favore di Manco per Simay”

 “Quando inizieranno i nostri turni di sorveglianza?”

 “Oggi stesso. Mi dispiace di doverti imporre delle notti in bianco senza preavviso, ma se può servire a farmi perdonare, hai il diritto a tutte le mie foglie di chora”

 “E non faremo indagini preventive? Credo ci sarebbe estremamente utile avere un’idea di chi sia la Dama prima che colpisca”

 “Lieto di vedere che nonostante la stanchezza non hai perso la lucidità. I miei poveri assistenti stanno lavorando come dei disperati per tenere traccia di chi dà particolarmente credito alla voce su Nuala. Nel caso dovessero esserci sviluppi, sarai la prima a saperli dopo di noi”

 “Un piano solido. E adesso, se vorrete scusarmi, credo di dover crollare a dormire, specie se stanotte dovrò generosamente offrirmi di fare anche i turni del mio collega”

 “Eccoti la chora”

 E bene: una volta riassunte le nostre ore di discussioni su come fosse meglio organizzare le sorveglianze e le comunicazioni e aver introdotto un povero principe in disgrazia all’uso delle droghe, ci restava solo da aspettare.

 Non avete idea di quanto il nostro lavoro fosse composto di attese. Attese che i nostri informatori comunicassero quel che avevano scoperto, attese che certe persone si decidessero a fare esattamente quel che avevamo progettato facessero … e in questo caso, attesa che una certa novizia Sacerdotessa si facesse viva.

 E infatti.

 “Okay, che cazzo vogliono dire questi?!” arrivò alle nostre orecchie qualche giorno dopo, mentre il mio signore stava finendo i rilievi sulla placca d’oro di una collana.

 “Dammi solo un momento …”                       

 “Un momento un bel cazzo!”

 Un tentativo di distrarlo agitandogli una mano sotto gli occhi risultò in detta mano quasi colpita da uno scalpellino. La ragazza dovette rassegnarsi a guardarlo furiosa, brontolando espressioni decisamente oscene a mezza voce. E sì, adesso ci arriviamo alla faccenda degli orecchini!

 Il mio signore, da bravo bastardo infame qual era, se la prese pure comoda nel finire quella placca: Corinna sembrava letteralmente sul punto di esplodere dalla rabbia.

 “Bene!” concluse lui alla fine, mettendo la placca da parte con un gran sorriso. “Temo che questo sia un reclamo? Non è solito, da queste parti, farne su regali …”

 “Togliti quella faccia di merda e rispondimi seriamente: perché cazzo me li hai mandati? Come facevi a sapere di quell’incidente? Cosa te ne frega?”

 “Quale incidente? Ho mandato gli orecchini in omaggio a un’aspirante Sacerdotessa che, quali che siano le sue motivazioni, svolge il suo compito con tutta la serietà e la dedizione che la situazione richiede, senza farsi sviare da ripicche infantili …”

 Corinna continuò a guardarlo male, e lui sospirò. Il suo sorriso si attenuò decisamente.

 “Corinna. Tu ti consideri una sorta di … ribelle alle regole, giusto?”

 “E che cazzo stai dicendo con questo?” protestò lei, a voce più bassa rispetto a prima. “Tu sei decisamente l’ultima persona che può farmi una ramanzina in merito”

 “Io sono esattamente la prima persona che può farti osservazioni in merito” replicò lui. “Perché se c’è una cosa che disprezzo quasi quanto un’obbedienza cieca e stolida, è una ribellione acritica e insensata”

 “Acritica e insensata? Ma che cazzo? Da che parte stai?”

 “Che cosa stai cercando di affermare, quando insulti chi per gerarchia ti è superiore, quando ignori i loro ordini e agisci direttamente contro di loro?”

 “Io sono fatta così! Ho un carattere ribelle, perché dovrei reprimerlo per delle stupide regole?”

 “Un carattere ribelle, dici! Una vera e propria carica distruttiva, verso le leggi e le autorità che vorrebbero costringerti!”

 Corinna annuì appena, guardandolo accigliata.

 “E che cosa crei?”

 “Eh?”

 “Una volta che hai affermato la tua volontà al di sopra di queste norme e di questi capi che vorrebbero comandarti … con cosa sostituisci le loro leggi? Che valori affermi, una volta ignorati quelli di chi ti circonda?”

 Corinna rimase a boccheggiare. “Ma –ma questo cosa c’entra? Chi sei tu per giudicami?”

 “Io sono uno che ha vissuto più di quanto tu sia capace di contare, e che ha visto un’infinità di ragazzetti che si ribellavano senza motivo, che spaccavano e distruggevano ogni vestigia di civiltà attorno a loro – e poi restavano lì impalati a guardarsi attorno, cercando di capire cosa farsene di sé e della propria vita una volta tolto ogni limite, finché non arrivava qualcuno con idee e volontà precise a toglierli di mezzo per costruire qualcosa dalle macerie. Il caso di ieri è stato solo un esempio: hai visto l’ordine di assistere quell’uomo morente come un ordine fastidioso, qualcosa che tu normalmente avresti evitato, e ti sei resa conto che dietro all’ordine c’era un essere umano solo quando ti sei ritrovata davanti alla sua famiglia. Non è stata una sensazione molto piacevole, o sbaglio?”

 Corinna lo guardava ancora male, ma annuì impercettibilmente, e continuò ad ascoltare quel che il mio signore aveva da dire.

 “E se ciò è successo, abbiamo un motivo ben preciso: per te l’infrazione agli ordini è l’ideologia in sé, non uno strumento per raggiungere i tuoi scopi. A prescindere da ogni altra moralità, per te un ordine, qualcosa che un superiore ti dice di fare, è da contraddire. E questo è perché, semplicemente, non sei affatto la ribelle che credi di essere”

 “Ma insomma, il mio problema è che sono ribelle o no? Ti vuoi decidere?” protestò lei, ma il tuo tono molto più fiacco del solito e la sua postura, come se non desiderasse altro che voltarsi e uscire di lì, non diedero una grande impressione di convinzione.

”Le tue ribellioni … ho osservato il modo in cui agisci e parli, lo sai? Non fai altro che disobbedire a qualcosa solo perché si può definire come ordine, insultare persone solo perché ricoprono figure di autorità … è semplicemente un’immagine stereotipata di quel che una persona ‘ribelle’ dovrebbe fare, o sbaglio? Non vedo altra spiegazione, dal momento che sei priva di convinzioni tue”

 La ragazza strinse le labbra e i pugni, mi aspettavo che ci avrebbe mandati alla Notte, ma non disse nulla, di nuovo. Magari c’era qualche speranza, per lei.

 “Non ti interessa davvero essere oppositrice di un sistema troppo chiuso o corrotto o una qualsiasi altra ragione per opporlo, vuoi soltanto apparire tale: attribuirti l’aura affascinante e trasgressiva di un ribelle, senza assumerti la fatica di creare, di porre una scala di valori che sia tua e solo tua e affermarla al di sopra degli altri. Il motivo di ciò è molto semplice: tu non sei latro che una ragazzina insicura, come se ne vedono molte in giro”

 Corinna fece una risata forzatissima. “Insicura? Io? Oddio, qui hai davvero toppato! Senti, coso, questo discorso non ha senso. Io sono felice di me stessa!”

 “Tu non vedi alcun valore in te stessa” fu la risposta. “Ti vedi come debole e insignificante, hai paura di essere trascurata e vista come poco importante da chi ti circonda. Credi di non aver valore se gli altri non te ne daranno uno, ed eccoti qui, ad essere il perfetto stereotipo di una ribelle per avere la loro attenzione e, al contempo, dare l’idea che tu sia migliore e più sicura degli altri. Ed è questo quel che più mi diverte, è che non riesci neppure a pensare a un modo personale di ribellarti: ho visto capi rivoluzionari legittimare le pretese della propria fazione sfruttando null’altro che la burocrazia a loro favore, senza spargimenti di sangue su alcun fronte, altri che non hanno mai rivolto un’arma o neppure un insulto personale contro le autorità cui si opponevano, ottenendo vittorie a suon di scioperi e resistenze pacifiche … tu lanci insulti e ignori gli ordini senza neppure criticarli, perché è quello che un ribelle dovrebbe fare. A modo tuo, sei legata all’idea di ‘dovere’ far qualcosa tanto quanto il disgraziato Simay che tanto critichi”

 Ah, questa sì che aveva colpito nel segno. Corinna arrossì violentemente, fece per dire qualcosa, non ci riuscì, rimase a fissarci un altro paio di secondi, poi ringhiò ‘fanculo’ e uscì.

 “Mi aspettavo qualcosa di più con quella crisi di rabbia preliminare” commentai. “Credete di aver ottenuto quello che volevate, mio signore?”

 “Assolutamente, Linca” rispose lui. “Ormai quella ragazza non potrà fare altro che meditare sulle proprie azioni. Dovesse cercare di proseguire nel suo percorso di ribellione cieca, non riuscirebbe a pensare ad altro che alle mie parole, e si renderebbe conto che tale insistenza non ha altro scopo che disprezzare il sottoscritto, che non è esattamente un grande ideale per il quale vivere. Oppure diventerà improvvisamente una fanciulla docile e obbediente, giusto per provarmi in errore … ma a quel punto si renderà conto che, di nuovo, sta agendo senza alcun ideale a sostenerla. Oppure andròà dritta al corso di azione cui anche i precedenti dovrebbero portarla: rifletterà seriamente su sé stessa e sulla propria vita, si deciderà a creare dei propri valori da affermare, e ogni sua azione successiva sarà n virtù di essi”

 “Oppure si vedrà in un vicolo cieco ideologico e, credendo di non poter fare qualcosa che non sia un qualche modo un obbedire, si suiciderà”

 “Davvero non credo che questo sia il suo caso, Linca. E’ giovane, si è dimostrata superficiale, ma ha anche dimostrato di saper avere delle buone priorità, quando non si distrae per fare la trasgressiva”

 “Avevate detto questo anche per Durnie …”

 “E allora varrà lo stesso discorso che è valso per lui: sarà stata un errore, non valeva la pena del mio tempo fin dall’inizio, sarà stato debole e si sarebbe suicidato lo stesso in seguito perché non adatto alla vita …”

 Rimasi a fissarlo.

 “Hai ragione tu” ammise. “Quello che mi fa morire, è che non so nulla di questa ragazza. Non so come si sia formata queste convinzioni, questo desiderio di ribellione, che importanza abbia esattamente per lei sentirsi tale … Energia mi ha rifilato una bella lama a doppio taglio, con lei. Ma al fianco di Simay ci serve un’Imperatrice che ne condivida gli ideali avendo contemporaneamente una mente autonoma e la volontà di aiutarlo, e siccome non sono Myangan Nüdtei né ce l’ho a portata di mano, non ho che questo test per far sì che lo diventi”

 “E se dovesse notare la vostra considerevole ipocrisia e mandarvi alla Notte prima che arrivi al punto da voi desiderato?”

 “Oh, essere definito un ipocrita è più o meno il punto. Ricordati, Linca, io non sono tra gli umani per guidarli: io sono qui per dar loro qualcosa da superare”

 

 

 

 

 

GLOSSARIO (e qualche trivia):

Mekilo: essere simile a uno scoiattolo, solo molto più grande, con zampe molto più lunghe e la coda in fiamme. Essendo un animale legato al fuoco, non è considerato sacro a nessun dio, ma sfruttabile da tutto il genere umano. Viene usato soprattutto per trasportare merci e persone.

Occlo: bovino ricoperto di squame e con protuberanze lunghe e sottili, simili a serpenti che stanno al posto delle corna e da cui esce fuoco. Anch’esso animale legato al fuoco, ma per la sua pericolosità e la capacità di controllare i loro getti di fuoco sono quasi esclusivamente cavalcature da battaglia.

Kutluqun: capre anfibie con alghe al posto della pelliccia. Sono considerate sacre al dio Tumbe, e per questo, per allevarle o catturarne di selvatiche, è necessaria l’autorizzazione di un sacerdote di quel dio.

Lymplis: pesci volanti, con le pinne coperte di piume. Sono sacri alla dea Chicosi, dunque è necessaria l’autorizzazione di un suo sacerdote per possederne uno. Malgrado ciò, sono popolari come animali da compagnia presso la nobiltà.

Kyllu: uccelli simili a cigni, fluorescenti. Sono sacri al dio Achemay, e allevati solo all’interno del palazzo imperiale. Il loro piumaggio è usato per decorare le corone dei sovrani.

Lilque: creature con corpi simili a quelli degli esseri umani, ma con code di serpente al posto delle gambe. Servitori del dio Thumbe, vivono presso il mare, i laghi e in qualche caso i fiumi, quasi mai in corsi d’acqua più piccoli.

Duheviq: piante dalla capacità di mutare il proprio aspetto, assumendo qualsiasi forma desiderino. Originariamente questo veniva usato per catturare prede dei cui fluidi nutrirsi, ma con l’avanzare della società umana, ne hanno approfittato per integrarvisi. Un tempo servitori della dea Achesay, organizzati in tribù-foreste rigidamente isolate dagli esseri umani; solo i sacerdoti della dea potevano avvicinarli senza essere bollati come cibo. Al tempo di Choqo, mentre i più anziani vivono ancora tradizionalmente, i più giovani hanno preso a mescolarsi con le popolazioni umane, finendo spesso vittime di discriminazioni e relegati ai lavori meno nobili o remunerativi. Mantengono comunque un rigido codice di valori, di cui la fedeltà è il più alto.

Shillqui: piante in cui scorre un liquido per aspetto e consistenza simile al miele, che causa a tutto l’albero di agitarsi violentemente. Se bevuto, questo liquido dà gli stessi effetti agi esseri umani, ma è difficilissimo metterci le mani sopra. Pianta sacra a Pachtu, i suoi sacerdoti ne devono bere la linfa durante le cerimonie.

Likri: fiori simili a gigli rossi, dalle temperature bollenti, che esalano un fumo sottile. Se tuffati in acqua gelida e canditi, sono considerati ottimi per la pasticceria, ed essendo legati al fuoco, l’unico limite al coglierli è potersi permettere buoni guanti protettivi.

Sangue della Terra: erba che influenza la circolazione sanguigna, usato per diversi effetti nelle gravidanze.

Zullma: pianta le cui varie componenti hanno diversi usi; le radici sono considerate un potente lassativo.

Kiquicos: erba di colore blu, parassitaria dei Duheviq. Pericolosa per le sue capacità di depistare animali e viandanti, ma molto ricercata per le sue molteplici virtù.

Guyla: praticamente un Moment.

Tably: erba che secondo le credenze popolari risolve l’insonnia e i problemi di incubi frequenti.

Ago di Luce: essere a metà tra lo stato animale e quello vegetale, si nutre di sangue, ma può essere utilizzato per aspirare anche altri fluidi corporei.

AQI: esseri simili a tassi dal pelo violaceo, che emanano ormoni che fanno marcire le sostanze inorganiche attorno a loro. Soggetti a disinfestazioni a tappeto e contenuti in gabbie speciali, sono frequentemente offerti in sacrificio, con la testa dedicata a Chicosi, il cuore ad Achemay, e il resto del corpo, a seconda che l’animale sia maschio o femmina, a Tumbe o Achesay.

Fylles: insetti con ali a forma di fiore e polline al centro del corpo. Poiché si nutrono di altri insetti, sono molto usati dagli agricoltori, anche se prima necessitano di un permesso di un Sacerdote di Chicosi.

Chora: foglie contenenti una sostanza chimica che, assunta in piccole quantità, fa passare fame e stanchezza, e aumenta la concentrazione (liberamente ispirata alle foglie di coca).

 

Qillori: cristalli di colore azzurro chiaro, molto usati in oreficeria.

Achemairi: cristalli di colore dorato, anch’essi comuni per l’oreficeria.

Tablyk: pietra di colore rosato, usata nell’oreficeria.

Kislyk: pietra dall’aspetto simile alla tablyk, ma molto più dannosa.

 

Notte: entità primordiale da cui tutto il mondo ha avuto origine.

Achemay: dio del sole, entità più importante del pantheon Soqar.

Achesay: dea della terra.

Chicosi: dea dell’aria.

Tumbe: dio del mare, dei fiumi e dei laghi.

Sulema: dea del fuoco.

Pachtu: dio dei fulmini e della vita.

Qisna: dea della morte e delle paludi.

Supay: esseri più collegati al folklore che alla religione vera e propria, sono creature della Notte,

incaricati di torturare le anime dei peccatori che lì vengono gettate

 

 

 

 

Ladies & Gentlemen,

altro capitolo in cui si preparano i casini a venire! Lo so che vi sto facendo penare per un po’ di azione vera, ma tra il salvataggio di Qillalla da una parte e l’indagine sulla Dama Azzurra dall’altra le cose dovrebbero farsi interessanti abbastanza presto. Di sicuro Corinna ha imparato una lezione che tornerà in gioco in futuro.

Grazie a chi vorrà commentare il capitolo, o mettere la storia tra le preferite/seguite!


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