You Can Count on Me

di Flos Ignis
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Da solo contro il passato ***
Capitolo 2: *** Lascia che mi prenda cura di te ***



Capitolo 1
*** Da solo contro il passato ***




Da solo contro il passato







C'era aria di tempesta quella notte.

Il profilo di Brooklyn risaltava come un filo di luce in mezzo all'oscurità del cielo, carico di nubi nere e pesanti di pioggia. Aveva avuto decisamente buon gusto a scegliere quel luogo come sua dimora, persino quel panorama notturno e uggioso si addiceva molto a una tale urbana scenografia, tanto sublime e suggestiva da attrarre lo sguardo di uno stregone ultracentenario.

Magnus Bane era stato definito in moltissimi modi dai più disparati generi di persone, alcuni avevano usato termini offensivi e crudeli, altri maliziosi e divertenti, pochissimi affettuosi; senza dubbio, uno dei suoi titoli preferiti era la sua carica di Sommo Stregone, che lo riempiva di orgoglio malcelato per la responsabilità di proteggere la sua gente e... sì, perché no, anche per il fatto che palesasse al mondo intero il potere che abitava le sue vene.

Anche l'aggettivo "edonista" lo trovava piuttosto calzante, a dire il vero: con un bicchiere di un drink decisamente ad alta gradazione alcolica in mano, la vestaglia in velluto viola e porpora adagiata mollemente sulle spalle tornite e circondato dagli oggetti che aveva scelto per arredare quell'appartamento, si sentiva quasi un re. 

Un re solo.

Strinse appena le labbra, cercando di non pensarci, per poi cambiare idea e posare le labbra sul bicchiere che teneva in mano da almeno venti minuti per buttare giù tutto d'un fiato il suo contenuto. Nemmeno ricordava di preciso cosa avesse mescolato lì dentro, ma il sapore era ottimo, amarognolo e corposo come piaceva a lui e soprattutto lo teneva occupato, impedendogli di compiere qualche gesto di cui la mattina dopo si sarebbe vergognato tanto da morirne.

E sono un immortale, non è proprio la più semplice delle imprese.

Ma era certo che l'indomani, con la luce del sole a svelare al mondo le idee che bussavano birichine alla porta della sua mente con un piccolo aiutino da parte di tenebre e alcol, non avrebbe concordato con il se stesso di quella notte se avesse deciso davvero di incamminarsi verso l'Istituto, mettendosi a bussare come un forsennato per chiedere del suo Alexander ben sapendo che entrambi i suoi genitori erano in città.

No, non era mai una mossa saggia entrare volutamente in contatto con Maryse e Robert Lightwood, nossignore, se esisteva una qualche possibilità nell'universo di poter limitare i loro incontri ai minimi storici, e solo per amore di Alexander, allora tutti e tre l'avrebbero colta e assecondata con immane sollievo.

Perciò no, non era ancora così ubriaco da andare a infrangere una regola cosmica solo perché gli mancava da morire il suo ragazzo, che tra l'altro non sarebbe tornato in città prima dell'indomani.

Ragazzo che non vedeva da giorni, preso com'era da alcune missioni estremamente delicate che coinvolgevano diverse razze del Mondo Invisibile e una non discreta dose di demoni. Quella non era mai una buona accoppiata e capiva perfettamente che le doti da leader del suo fidanzato fossero richieste, specialmente perché le sue vicende personali parevano essersi estese a macchia d'olio portando molti Nascosti a fidarsi più di lui che degli altri compagni Nephilim con cui Alec andava in missione.

Il risultato era che Magnus non era riuscito a passare un po' di tempo da solo con lui ultimamente, aveva evitato di ubriacarsi per ammazzare il tempo perché sapeva che al suo Alexander non piaceva, ma quella era una notte diversa.

Poteva percepire la sua magia scalpitare in risposta al suo nervosismo, ma poteva controllarla... lo faceva da più di quattrocento lunghi anni.

Per questo quella mattina, a differenza delle altre, aveva limitato i contatti al minimo con il suo ragazzo, di tutti i giorni quello era l'unico in cui non voleva assolutamente vederlo, perciò aveva iniziato a bere per cercare di tenere le mani impegnate ed evitare di aprire un portale proprio nella camera da letto di Alec per aspettarlo e avere un minimo di conforto. 

Dopo un intero pomeriggio a mescolare alcolici si sentiva leggermente stordito, tanto che per un po' aveva davvero pensato di infrangere la promessa che si era fatto di restarsene da solo, per quel particolare giorno, cercare riparo e sollievo tra le braccia forti e gentili del suo Alexander...

Ma non era ancora tanto ubriaco da non ricordare le probabili conseguenze. Se lo avesse chiamato, se lo avesse avuto accanto a lui nulla avrebbe impedito a quei meravigliosi occhi blu di scandagliare la sua anima immortale per capire che qualcosa lo stava tormentando e sarebbe stato costretto a vuotare il sacco, perché a quelle iridi oltremare non avrebbe mai e poi mai mentito. Forse omesso, ma con tutto l'alcool che aveva in circolo non era certo che se la sarebbe cavata con la sua solitamente impeccabile retorica.

Se Alexander avesse saputo tutto quello che era stato e aveva fatto... 

E di nuovo, dopo aver tentato inutilmente di arginarli, i ricordi lo assalirono.

I campi di battaglia delle centinaia di guerre che aveva calpestato si fusero, facendogli quasi percepire l'odore caratteristico misto di polvere da sparo e sangue. I volti degli uomini che aveva ucciso volteggiavano intorno a lui come fantasmi privi di requie, infiltrandosi nella sua vita anche al di fuori degli incubi in cui abitavano.

I volti degli amanti cui era sopravvissuto, invece, apparivano più vividi, quasi che la colpa per averli abbandonati al loro destino mortale- cosa per la quale era consapevole di non avere responsabilità alcuna, ma il cuore segue le sue convinzioni con una testardaggine maggiore della ragione - fosse il suo peccato capitale.

Gli amici che aveva tradito, gli ideali che aveva permesso venissero calpestati, gli anni di solitudine e quelli di sregolatezza senza limiti...

Tutto questo e molto altro abitava la sua anima, ma per poter sopravvivere a un tale peso doveva obbligarsi a non pensarci, a dimenticare il sangue che gli macchiava le mani e i morti che gravavano sulla sua coscienza.

Tirava fuori tutti i suoi ricordi solo per quel determinato giorno all'anno, in una data impossibile da scordare per lui.

Era l'anniversario del suicidio di sua madre.

Nonostante lo aspettasse sempre, il momento in cui gli tornava vivido nella memoria quel particolare ricordo, chiaro come il momento in cui lo aveva vissuto, Magnus avvertiva sempre l'urgenza di vomitare per il dolore e al tempo stesso di rannicchiarsi a piangere come un bambino.

Non fece nessuna delle due cose, non quella volta.






Alla fine era uscito di casa, ma non si era diretto all'Istituto: pur a un passo dall'essere ubriaco, ancora manteneva quel barlume di ragione che lo tratteneva dal dirigersi volontariamente incontro alla sua disfatta.

Doveva solo superare le ultime ore di quella giornata, quell'unica giornata che si era concesso per ricordare con tutto se stesso gli errori e le perdite, le ferite e le guerre.

Aveva bisogno di passare qualche ora a crogiolarsi in quel dolore nella solitudine della sua mente, ma a poche ore dalla fine del giorno, con il ricordo del corpo ormai freddo e immobile di sua madre stampato a fuoco nella mente, la sua magia si era fatta talmente irrequieta e violenta da necessitare uno sfogo per poter essere nuovamente imbrigliata.

Quando delle scintille erano partite a razzo contro la sua volontà, andando a rompere metà dei soprammobili del suo salotto, aveva capito che era il caso di uscire e sperare che la leggera brezza autunnale lo aiutasse a darsi una calmata.

Adorava il suo appartamento e voleva averne ancora uno in cui vivere l'indomani mattina, quando tutti i demoni cui aveva dato dimora nella sua mente si fossero nuovamente assopiti per un altro anno.

Perso com'era nei suoi pensieri aveva prestato ben poca attenzione alla strada che aveva percorso e al tempo che era passato, indifferente a lui come era sempre stato.

Lo sorprese non poco perciò ritrovarsi davanti ad uno dei locali preferiti di Alexander. Avevano avuto moltissimi appuntamenti in quel luogo, perché al giovane cacciatore piaceva l'atmosfera quasi familiare data dal legno scuro e dalle luminarie bianche, ma soprattutto apprezzava la discrezione data dai vari paravento in vimini sparsi ovunque e dalla clientela mediamente tranquilla e rilassata.

Magnus aveva sempre preferito luoghi più vivaci e pieni di suoni e luci, ma da quando si era messo insieme a quel ragazzo che gli aveva fatto perdere la testa aveva iniziato ad apprezzare maggiormente anche atmosfere simili.

Un piccolo sorriso triste gli nacque sulle labbra. Avrebbe voluto Alexander vicino, ma l'idea di raccontargli il motivo dei suoi tormenti lo riempiva di terrore.

No, molto meglio tenersi per sé quei fantasmi che lo tormentavano da secoli.

Pesavano sul suo vecchio cuore con tutto il peso dato dalla loro gravità e lui a malapena poteva sopportarlo, lui che quei demoni li aveva visti nascere e dava loro dimora nella sua anima.

Come poteva chiedere ad Alexander, un giovane dall'anima innocente di nemmeno vent'anni, di vivere con simili tormenti?

Lo amava troppo per fargli un torto simile.

Un drink... Aveva bisogno di altro alcool nelle vene in cui annegare il dolore e la magia che stava scoppiettando fremente.

Stava per entrare in quel bar che per lui e il suo ragazzo aveva tanta importanza, ma un uomo di mezza età proprio in quel momento stava per uscire, finendo per prendersi una violenta botta sul naso per la veemenza con cui Magnus aveva spalancato l'anta del pub.

L'uomo avrà avuto più di quarant'anni, i capelli castani erano corti e ricci e la corporatura massiccia indicava una forma straordinariamente buona per la sua età. Una mano era corsa a coprirsi il viso dove era stato colpito, quindi Magnus non riusciva a vedere nessun altro dei suoi lineamenti.

Ma poi egli emise un grugnito dolorante, mostrandogli uno sguardo scuro fiammeggiante di dolore e irritazione, dovuti probabilmente al naso sanguinante.

Il Sommo Stregone si rendeva conto che avrebbe probabilmente dovuto chiedergli scusa e defilarsi, ma l'espressione assolutamente sconvolta e i versi che stava emettendo, soffocati dal sangue, erano abbastanza buffi da provocare in Magnus solo una sonora risata.

Quasi non sentì il colpo arrivargli sullo zigomo, tanto si stava sbellicando... ma poi si ritrovò per terra, sul cemento di quella piccola stradina quasi deserta a quell'ora della notte, senza essere del tutto consapevole di come fosse stato possibile.

L'uomo che aveva colpito per sbaglio troneggiava su di lui e gli occhi liquidi, uniti alla postura un po' traballante, fecero capire allo stregone che quella specie di armadio a due ante era decisamente ubriaco.

E provocare una persona fuori dal pieno controllo delle sue facoltà mentali non era mai una buona idea.

Quattrocento anni e ancora non aveva capito quella semplice lezione...

-Hai aggredito un pubblico ufficiale, stronzo!-

Ora che glielo faceva notare, l'uomo portava il distintivo del dipartimento di polizia di New York appuntato alla cintura, nonostante non fosse in divisa.

Probabilmente era venuto a cercare di dimenticare una brutta giornata di lavoro in quel bar, finendo per alzare un po' troppo il gomito.

Siamo in due, amico.

Avrebbe provato empatia per quell'uomo, se gliene avesse dato il tempo, ma un altro colpo al viso lo distrasse dall'analisi delle sue emozioni per farlo concentrare sul suo atteggiamento, tutto teso in una posa aggressiva e nervosa.

Si trattava di un semplice mondano, non poteva andarci troppo pesante con lui, ma si preparò comunque a difendersi con la sua magia, sperando che non sfuggisse dal suo controllo proprio in quel momento, dopo tutta la giornata passata a cercare di tenerla imbrigliata.

Non ebbe bisogno di preoccuparsene troppo, però.

Una mano pallida, dalle dita forti si era serrata in una morsa d'acciaio intorno al polso dell'uomo, bloccando il pugno che stava per abbattersi su Magnus, il quale guardò con sincero stupore il suo salvatore.

Alexander, fasciato nella sua divisa nera da Cacciatore, con arco e faretra in spalla e un paio di lame angeliche agganciate alla cintura, se ne stava lì, in piedi, alto e fiero con il braccio destro scoperto teso a bloccare il poliziotto ubriaco, le rune che spiccavano come inchiostro nero su quella pelle pallida che a malapena conteneva la furia che emanavano i suoi muscoli tesi.

Null'altro però rivelava la rabbia che aveva provato a trovare quell'uomo a incombere sul suo fidanzato, il suo volto rimaneva impassibile, gli occhi come laghi ghiacciati fissi sul poliziotto. L'espressione sul suo viso diceva chiaramente che il cacciatore aveva agganciato la sua preda.

-Sparisci dalla mia vista.-

Alexander aveva praticamente sibilato mentre serrava le dita intorno al polso del poliziotto, torcendolo in un movimento tanto veloce che un occhio umano non avrebbe potuto vederlo. Magnus sentì un urlo a seguito del rumore delle ossa che si rompevano, prima di capire che il suo ragazzo aveva rotto il braccio dell'uomo e l'aveva lanciato contro il muro dall'altro lato della strada.

Alec fissò ancora per un secondo l'uomo che aveva osato importunare lo stregone, decretando che da svenuto e ridotto com'era non sarebbe più stato un pericolo per nessuno; inoltre, da quel momento in avanti ci avrebbe pensato su due volte prima di molestare la gente da ubriaco.

Soddisfatto per aver sfogato la rabbia che gli era ruggita nelle vene quando aveva assistito a quella scena, si chinò verso lo stregone, controllando che non avesse ferite oltre all'ematoma sul volto.

Avrebbe dovuto disinfettarlo e metterci sopra del ghiaccio, ma a parte quello non notò ulteriori ferite. Non fisiche, per lo meno.

-Alexander, che ci fai qui?-

Lo Shadowhunter lo guardò come se la risposta fosse ovvia, ma vedendo che lo stregone non ci arrivava si decise a rispondere a parole.

-Ti cercavo, ovviamente.-

-Ma non eri in missione? E come mi hai trovato?-

-Che ne dici di parlarne all'Istituto, dove potrò curarti e staremo al caldo?-

Alec gli tese la mano per aiutarlo ad alzarsi, aiuto che Magnus accolse con piacere e da cui non aveva alcuna intenzione di staccarsi.

Perché quando le loro dita si erano intrecciate, i fantasmi del suo passato si erano volatilizzati dalla sua mente, messi a tacere dal calore di quella stretta gentile e protettiva.








 

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Capitolo 2
*** Lascia che mi prenda cura di te ***


Lascia che mi prenda cura di te





Si rifugiarono nella camera da letto di Alec.

Magnus aveva quasi scordato quanto il pub in cui era avvenuto quel piccolo "contrattempo" fosse vicino all'Istituto, sicuramente più del suo appartamento: aveva camminato molto prima di fermarsi, ma era stato talmente perso tra i suoi pensieri che non ci aveva fatto caso fino a quel momento.

Era stato abbastanza umiliante confessare ad Alexander che non era il caso di tentare la sorte aprendo un portale, non con destinazione la casa degli Shadowhunter, non quella sera, non con la sua magia sull'orlo dell'ammutinamento.

Il più giovane l'aveva guardato con preoccupazione, ma si era limitato ad affermare che camminare non sarebbe stato un problema.

A quell'ora di notte i colleghi di Alec erano tutti a dormire o di ronda, quindi fu facile passare inosservati: nonostante ormai tutti sapessero della loro storia, molti guardavano con disapprovazione il fatto che un nascosto, niente di meno che il Sommo Stregone di Brooklyn, potesse entrare e uscire indisturbato quando voleva e in quel momento Alec aveva troppi pensieri in testa per preoccuparsi anche delle malelingue con cui condivideva la missione dell'Angelo.

Recuperò il kit di pronto soccorso di cui erano dotate tutte le camere da letto, per poi voltarsi verso il fidanzato, stranamente silenzioso e immobile, seduto sul suo letto singolo, nel quale tra l'altro non dormiva più da diverse settimane. Quando non era in missione passava ogni notte con l'uomo dagli occhi felini che in quel momento lo scrutava con vago timore e appena un pizzico dell'ironia che componeva una buona parte del suo carattere.

-Vuoi farmi da infermiere sexy? Non sapevo di questo tuo desiderio inconfessato, tesoro, avresti potuto dirmelo anche prima.-

Eccola, infatti. L'ironia.

Nonostante sapesse che l'altro stava tentando, per la milionesima volta, di sviare un argomento che reputava scomodo Alec non riuscì a impedirsi di arrossire per le parole dell'altro, immaginando loro due nella situazione sopra citata. 

Non era decisamente quello il momento di pensarci, nossignore.

-Brucerà un po', ma meglio questo che farti usare la magia quando sei ubriaco.- ignorando palesemente la provocazione, iniziò a curarlo.

-Non sono poi così ubriaco!-

-E allora perché non sei riuscito neppure a difenderti da quel mondano?-

Silenzio. Magnus chiaramente non voleva parlargli, per evitare di mentire o perché stava cercando un modo di farlo Alec non lo sapeva, ma il cacciatore aveva qualcosa da dirgli, perciò si assicurò di avere tutta la sua attenzione prima di aprire bocca.

Finì di ripulirgli il volto, posandogli del ghiaccio sullo zigomo violaceo e ignorando la flebile protesta dell'uomo. 

-Magnus, tu... eri strano al telefono stamattina. Ho temuto ci fosse qualcosa che non andava, perciò ho concluso in fretta il mio lavoro e sono corso al tuo appartamento. Quando ho visto i soprammobili rotti ho pensato al peggio, perciò ho recuperato il tuo foulard preferito e ti ho cercato con la Runa di Rintracciamento.-

Tirò fuori dalla tasca il sopra citato indumento, mettendo tra le mani dello stregone la pregiata seta azzurra glitterata di verde con fini ricami dorati.

-Non sono stato attaccato... ho perso per un attimo il controllo della mia magia e ho rotto alcune cose, per cui sono uscito a passeggiare.-

Non era esattamente una bugia, per cui Magnus la disse tranquillamente osservando il fidanzato negli occhi, scorgendo un barlume di sollievo nel sapere che non era stato attaccato in casa sua.

-Ed è sempre questo il motivo per cui non mi sono difeso... temevo di fargli del male, non volevo certo farlo finire affumicato per sbaglio solo per un paio di lividi... inoltre, il viola mi dona incredibilmente, non trovi?- gli fece uno scherzoso occhiolino, vedendo apparire sul volto del suo Cacciatore preferito quel ghigno asimmetrico che tanto lo faceva impazzire.

-Tu stai bene con tutto, Magnus, ma il viola dona più sui vestiti che sulla pelle.-

-Vuoi controllare di persona?-

Alexander gli lanciò una delle sue occhiatacce, una della serie "non me la bevo", per poi sospirare a occhi chiusi.

Si sedette al suo fianco, preparandosi per una lunga e difficoltosa chiacchierata.

-Magnus, io lo so che c'è qualcosa che non va. Sei stato tu a dirmi di non tagliarti fuori quando le cose si fanno difficili, ma poi sei tu stesso a farlo con me. So che avevamo concordato che mi avresti parlato del tuo passato mano a mano che ti saresti sentito pronto, ma.. ora è evidente che qualcosa ti turba e io non so cosa fare per aiutarti. E vederti così, che cerchi di mandarmi via mentre è evidente che stai soffrendo, mi ferisce e mi fa stare male.-

Magnus sentì il cuore sul punto di scoppiare per quanto amava quel ragazzo. Ogni volta che credeva di aver raggiunto il punto di non ritorno il ragazzo diceva o faceva qualcosa che lo smentiva, portandolo ad innamorarsene ogni volta più della precedente. Anche i suoi occhi erano gonfi di lacrime ora, le stesse che premevano per uscire da tutto il giorno, ma quando fece per ricacciarle indietro finalmente qualcosa giunse ad impedirglielo.

Le braccia muscolose e salde del suo Fiorellino si erano avvolte intorno a lui, trascinando entrambi distesi. Siccome il letto era troppo stretto per due uomini adulti, Alec fece in modo che lo stregone potesse appoggiarsi per intero su di lui, assicurandosi di agganciargli i fianchi per impedirgli di cadere. Il suo respiro spezzato dalla sorpresa e dall'emozione gli fece il solletico sul collo, ma Alec lo ignorò, come stoicamente resistette alla tentazione che quel corpo al profumo di sandalo esercitava su tutti i suoi sensi.

-Resta qui. Puoi dirmi tutto quello che vuoi... un altro giorno. Adesso, permettimi solo di occuparmi di te.-

E Magnus si sentì al sicuro per la prima volta in tutta la sua lunga vita, grazie a un ragazzo tanto più giovane di lui da rasentare l'assurdo, che lo abbracciava stretto su quel letto troppo stretto per due, in quella stanza asettica e impersonale tipica dei soldati come il suo amato. Finalmente, riuscì a lasciarsi andare e pianse fino ad addormentarsi, gli incubi tenuti lontani dalle tenere carezze del suo Alexander, il suo personalissimo angelo custode.




Alec osservava Magnus dormire, celando l'ansia che lo aveva divorato dall'interno fin dal giorno prima. 

Cosa mai poteva ridurre il suo fidanzato in quello stato? 

Era sempre stato incredibilmente energico, positivo, controllato pur nelle sue particolarità. Gli era parso invincibile anche se aveva conosciuto i suoi limiti, perché lo stregone ne era consapevole e non ne faceva un dramma, era capace di conviverci serenamente come lui mai sarebbe riuscito a fare.

Non sarebbe mai stato capace di mandare al diavolo il mondo intero ostentando la sua personalità come faceva Magnus, lui era solo un ordinario Shadowhunter, non il più forte o intelligente, eccessivamente cauto nelle missioni e fin troppo riflessivo e chiuso, poco propenso all'interazione col prossimo.

Non riusciva ancora a capire cosa avesse visto in lui l'uomo che in quel momento aveva iniziato a muovere le palpebre, in procinto di svegliarsi, ma giurò sul suo Angelo che avrebbe fatto tutto il possibile, per tutta la vita che gli rimaneva, per impedire al dolore di attanagliare nuovamente Magnus come la sera precedente. Voleva solo che fosse al sicuro e felice.

Possibilmente, avrebbe voluto essere lui a proteggerlo e essere fonte della sua felicità come lo stregone lo era per lui, ma sapeva benissimo di non meritarselo.

Ma finché l'altro gli avesse concesso di restargli accanto, avrebbe fatto del suo meglio sperando che il giorno dell'addio giungesse il più tardi possibile.

-Buongiorno, Fiorellino.-

-Ben svegliato, Magnus. Come ti senti?-

L'altro parve rifletterci sopra un attimo, per poi tornare a sorridere come non lo vedeva fare da prima di partire per la missione che li aveva tenuti separati tanto a lungo.

-Meravigliosamente! Del resto, ho dormito addosso al mio fidanzato... tutti quei muscoli sotto le mie mani che guizzavano sotto la pelle calda...- lo fissò con una malizia palese, leccandosi addirittura il labbro inferiore.

Come se le sue parole non fossero bastate a far arrossire come un peperone il Lightwood...

-M-Ma-Magnus!-

-Sì, Alexander?-

-Potresti essere serio per un minuto?- quasi lo supplicò, ma non notò il divertimento dell'altro alle sue parole finché non gli rispose con un tono roco e carezzevole che gli sciolse le ginocchia. Fortuna che era ancora seduto ai piedi del letto...

-Mi ferisci, Alexander! Io sono serio e sai che posso esserlo molto più a lungo di un minuto...E te lo dimostro subito se vuoi!-

Fece sparire le coperte che li tenevano distanti prima di salire a cavalcioni sul suo fidanzato per il suo bacio del buongiorno, coinvolgendo labbra, lingua e denti al posto delle parole.

Ci furono solo sospiri e carezze per parecchi minuti di cui preoccuparsi, ma poi Alec riacquistò il controllo, capendo che lo stregone stava facendo ciò che meglio gli riusciva: distrarlo e sviare i discorsi scomodi.

Stavolta non te la caverai così facilmente.

Con un colpo di reni rovesciò l'amante sul letto, stringendogli i polsi con una presa ferma ma delicata, sedendosi sul suo stomaco e fissandolo con una serietà inamovibile nelle iridi azzurre e a quel punto Magnus capì di non avere scampo, proprio come aveva previsto il giorno prima.

Non posso mentire a questi begli occhioni blu.

Erano stati la prima cosa che aveva notato di Alexander e a quelli non avrebbe mai saputo resistere.

-Lo so che non ci siamo visti per giorni, che ultimamente sono stato molto impegnato, ma questo non ti autorizza a smettere di prenderti cura di te stesso. Quando hai mangiato l'ultima volta? E quando ti sei fatto qualche ora di sonno decente?-

Eeeeeee diamo il via all'interrogatorio in stile Lightwood: domande che paiono stilettate, precise come i colpi delle sue frecce.

-...stanotte? Davvero, non ho mentito prima, ho dormito splendidamente abbracciato al tuo corpo. A proposito, sappi che mi stai rendendo difficile concentrarmi in questa posizione.-

Alec arrossì, ma non si spostò. Mantenne la connessione tra i loro sguardi, deciso ad andare fino in fondo a quella faccenda. Sentiva nelle ossa che era di fondamentale importanza che il suo fidanzato capisse di potersi davvero fidare di lui, che poteva condividere con lui il peso che si portava sulle spalle e che lui lo avrebbe sopportato più che volentieri pur di alleggerire un po' il cuore del suo amato stregone. 

E non c'era battuta maliziosa o supplica silenziosa che potesse fargli cambiare idea. In fondo, a quanto pareva, l'inflessibilità dei suoi genitori l'aveva ereditata anche lui, anche se la applicava a contesti molto diversi.

-Davvero, Magnus. Ti prego, dimmi cosa c'è che non va. Resterò qui con te finché non me lo dirai, non vado da nessuna parte, né me ne andrò quando mi dirai qualsiasi cosa ti turba così tanto da far impazzire la tua magia. Lo sai: puoi contare su di me. Voglio che tu conti su di me.-

Aveva un'espressione così fragile, il suo Magnus, in quel momento...

Alec avrebbe voluto abbracciarlo come la notte prima, tenerselo stretto fino a fondersi con lui, facendolo nascondere nel suo petto per proteggerlo come l'altro aveva sempre fatto. Voleva diventare la sua casa, il suo rifugio, qualunque cosa di cui l'altro avesse bisogno, perché per lui era questo lo stregone: tutto ciò che contava, tutto ciò su cui sentiva di poter fare affidamento.

Se glielo avesse chiesto, avrebbe fermato il proprio cuore per donarne i battiti a quello di Magnus, tanto più grande e meraviglioso di quello di chiunque altro, tanto più amorevole e caloroso di quanto non volesse dare a vedere.

Ma Alec lo sapeva, che non c'era posto migliore al mondo in cui risiedere che in quel cuore così tanto grande, immenso come suggeriva il nome del bellissimo uomo che stava tremando sotto di lui, sotto il peso delle ferite che avevano fatto sanguinare quello stesso organo che il Cacciatore avrebbe tanto voluto proteggere per sempre.

Ma noi non abbiamo un per sempre, non mi sarà concessa più di una parentesi nella vita di quest'uomo che amo più di me stesso.

Ma non gli importava la differenza di età, di razza, di destino: che lui fosse destinato alla morte l'aveva ormai accettato, sarebbe stato felice e orgoglioso nel sapere che, almeno per un po', aveva avuto in dono qualcosa di tanto prezioso come l'amore di quello stregone dagli occhi felini che lo avevano letteralmente incantato.




Magnus non trovava le parole adatte per dire ad Alexander quanto quelle parole lo avessero colpito, quanto lo amasse, quanto gli fosse grato per la premura e la preoccupazione, per il suo convincerlo a parlare rispettando al tempo stesso i suoi tempi.

Era un dono del cielo, quel ragazzo. L'erede dell'Angelo e il figlio di un Principe Infernale, insieme...

-Non sono sicuro di sapere come spiegartelo, dolcezza. Non ho mai trovato le parole nemmeno per pensarlo...- gli rivolse un mezzo sorriso, sperando che percepisse la sincerità e la frustrazione che lo animavano.

Quei gentili occhi blu, capaci di infondere lo stesso senso di pace che si provava davanti la placida immensità dell'oceano come di far tremare di terrore di fronte alla potenza della natura, erano completamente concentrati su di lui e Magnus si sentì più potente che mai, perché quegli occhi erano fissi nei suoi, avevano scelto di guardare proprio lui in mezzo ad otto miliardi di persone in quel mondo e non c'era dono di cui era mai stato più grato in tutta la sua lunga vita immortale.

-Magnus... vorrei aiutarti a togliere il peso che ti porti sulle spalle. Non devi affrontarlo da solo. Finché mi permetterai di restare al tuo fianco, non ci sarà nulla che dovrai affrontare da solo, nemmeno il peso dei ricordi, se è questo a tormentarti. Conta su di me, te ne prego.-

Gli diede un bacio sfiorandogli gentilmente le labbra, appena un lieve tocco, ma entrambi ne sentivano un gran bisogno. Sulle labbra rimase il ricordo di quel bacio gentile, simbolo della promessa che Alexander gli aveva appena fatto.

"Conta su di me"... è tutto qui, quindi? Devo solo affidarmi a lui?

Non c'era nulla di più semplice e difficile al contempo per Magnus... gli aveva affidato il suo cuore fin dal primo giorno, con una spontaneità e semplicità tale da rasentare il ridicolo, ma al tempo stesso non si era mai affidato a qualcuno tanto da condividere il peso di determinati ricordi.

Se c'era la possibilità di affidarsi a qualcuno, però, chi meglio del suo Alexander? 

Lui, con i suoi dolci occhi blu e i suoi baci gentili, dietro cui nascondeva una forza inarrestabile.

Era lo scudo a difesa delle persone che amava, impenetrabile come le mura di un castello e avvolgente come l'oceano che accoglieva la gente tra le sue placide onde, tacitando i pensieri con il suo sciabordio dolce.

Era la spada - o meglio, la freccia - che trafiggeva l'ombra nemica partendo dalle retrovie da cui proteggeva tutti quelli che poteva abbracciare con lo sguardo, soffocando il pericolo come l'improvvisa marea che travolge ogni cosa con l'ira furibonda di una natura oltraggiata.

Alexander nascondeva in quegli occhi tutta la forza e la gentilezza dell'acqua, ne possedeva la natura placida, fluida, avvolgente e implacabile, condividendone persino l'essenza dualistica di amorevole protezione e pericolo inarrestabile.

Magnus si arrese a quel blu, a quell'amore che gli stava trasmettendo il suo ragazzo con ogni fibra del suo essere, tanto che lo stregone si sentì soffocare; aveva bisogno di ossigeno, ma l'unico che desiderava respirare era quello che passava dalle labbra invitanti dell'amore della sua esistenza.

Lo baciò con tutto se stesso, lasciando entrambi senza fiato, con l'unico desiderio di respirare e al tempo stesso non volerlo se questo significava staccarsi l'uno dall'altro.

Fu confuso e doloroso, appassionato e liberatorio in un modo inimmaginabile.

Non voleva rimettersi la maschera di inscalfibile giovialità che gli era tipica, ma tutto ciò che desiderava Magnus in quel momento era fare l'amore con lo splendido, giovane uomo sopra di lui. 

Voleva fargli capire di essere amato in modo assoluto e immutabile, perché lo sapeva che, nonostante tutto, Alec ancora non gli credeva quando affermava che lui era tutto ciò che aveva sempre desiderato e che non ci sarebbe stato mai più nessuno dopo di lui.

Non era stato abituato a sentirsi dire quanto era importante, bellissimo e desiderabile come pochi, dotato di un'anima genuina e pura come nessun'altra.

Ci avrebbe pensato lui a farglielo capire, anche se ci avesse messo l'intera durata della loro vita insieme non avrebbe desistito perché un'anima unica come quella di Alexander meritava di essere amata e venerata come si deve.

E forse, un giorno, si sarebbe convinto di essere meritevole dell'amore che leggeva in quegli occhi blu come l'oceano, ancora più profondi, infinitamente più dolci e in cui era decisamente troppo semplice affogare.

-Un giorno, Alexander, te lo prometto. Ti racconterò ogni cosa. Forse già domani... non trovo le parole, per ora, ma potrei metterle per iscritto e poi farti leggere delle guerre che ho visto, degli amori che ho vissuto, degli amici che ho perso, dei peccati che ho commesso... ma fino ad allora, resta con me. Voglio solo questo.-

E mentre si baciavano, trasmettendo l'amore e il desiderio con tocchi sempre più approfonditi, entrambi pensarono la stessa cosa.

Si sarebbero presi cura l'uno dell'altro, sanando le ferite e riparando le crepe delle loro anime, insieme.








Note:

Sì, finisce così. Immagino vi sareste aspettati Magnus che confessa un sacoc di cose al suo Alec, e in effetti questa era l'intenzione.
Ma non sarebbe stato reale.
Tutti quelli tra voi che hanno letto Città del Fuoco Celeste sanno che Magnus scrive un taccuino con alcuni fatti salienti della sua vita, che poi donerà ad Alec... ho deciso di rimandare a quella scena, perchè mi ha fatta commuovere troppo la loro meravigliosa riunione.
E poi, vi ricordo che il nostro stregone preferito ha quattrocento anni... Vorrei vedere voi a raccontare tutte le sue avventure in una sola fanfiction!!! ahhahaha
Perciò, mi sono limitata ad accennare al dolore per il suicidio della madre, universalmente e dolorosamente saputo, nel cui anniversario sceglie di concentrare i brutti ricordi che ha accumulato nel tempo.
Ho voluto dare rilevanza soprattutto alla decisione che prende di affidarsi al suo Alec. Perchè per ora non ha rivelato nulla, ma ha SCELTO di farlo... domani. Perchè l'oggi è dedicato solo alla loro vicinanza e all'amore che li travolge.
Spero vi sia piaciuto questo mio piccolo tributo ad una coppia ceh mi ha rapito il cuore, e sembra non voglia darmelo indietro manco morta... va beh, alla prossima!
Flos Ignis

 

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