Awkward First Meeting

di MadamoiselleArel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Umbrella ***
Capitolo 2: *** Underwear ***



Capitolo 1
*** Umbrella ***


 

Sentì un’improvvisa ondata di freddo sotto i propri vestiti, non appena il vento le fece alzare la gonna ed espose le sue gambe in modo che tutto il mondo potesse vederle. Piangendo, cercò di risolvere il problema con una mano, mentre con l’altra era impegnata a cercare nella borsa l’ombrello che le avevano regalato per Natale l’anno prima.

Era febbraio. L’inverno era quasi finito, ma al tempo non sembrava interessare molto la cosa, visto che continuava a piovere a dirotto.Coprendosi meglio che poteva, corse verso la fermata dell’autobus, sperando di non aver perso l’ultimo. Erano le 22:05 e tutti i negozi stavano lentamente chiudendo.

Armeggiò con la cerniera della borsa e, infine, riuscì a trovare il suo ombrello. Pensò che, in fondo, la cosa non aveva molta importanza visto che era completamente inzuppata.

La strada era buia, illuminata solamente dai fari delle macchine che passavano. Strinse gli occhi, cercando di vedere qualcosa e trovò il piccolo bottoncino al lato dell’ombrello che serviva per aprirlo.

Se lo poteva chiamare ombrelloperché, quando cercò di aprirlo, fu immediatamente colpita dal fatto che fosse bloccato. Grande. Provò ancora una volta, con le mani bagnate che non facevano altro che scivolare, tanto da esser diventate rosse a causa del contatto prolungato con quel metallo freddo. Imprecando, mise tutta la forza che aveva dentro di sé per fare un altro tentativo e, quando finalmente ci riuscì, sentì uno strano suono. Un suono che non avrebbe mai dovuto provenire da un ombrello.

"Ow!"

Abbassando l’oggetto verso il basso, guardò che cosa avesse colpito. L’espressione sul suo volto cambiò letteralmente quando notò un uomo, rannicchiato a terra, che ovviamente si stava lamentando per il dolore. Solo in quel momento si rese conto di averlo colpito.

"Oh mio Dio!"

In preda al panico, si avvicinò verso l’uomo, senza rendersi conto che il suo ombrello gli colpì la guancia. Il tipo riuscì comunque a spostarsi in modo da evitare di perdere un occhio.

Si portò la mano fredda e umida sugli occhi, desiderando di poter sparire dalla faccia della terra… per sempre. Quando la tolse, l’uomo era ancora lì, cercando di ricomporsi dopo aver ricevuto un colpo… sul cavallo dei pantaloni? Oh mio Dio

Fece un passo verso di lui, ma fu immediatamente fermata da quell’uomo, che le disse: "Metti giù quell’affare prima di avvicinarti ancora a me."

Capì che stava scherzando dal ghigno dipinto sul suo volto, ma questo non le impedì comunque di arrossire ed abbassare l’ombrello prima di continuare a camminare.

"Mi dispiace tanto! Stai bene?"

Senza pensarci due volte, gli mise una mano sulla guancia e ispezionò il piccolo taglio rosso che aveva appena sotto l’occhio. Il viso della ragazza sbiancò quando si rese conto che avrebbe anche potuto accecarlo.

"Non ti preoccupare, sono ancora vivo."

Era quasi riuscito a mettersi in piedi ormai, visto che il dolore si stava via via attenuando.

Solo quando l’uomo si voltò per guardarla in faccia, la mora si rese conto di quanto vicina a lui si trovasse e rapidamente indietreggiò, ma l’andare così veloce le costò ancora più caro. Sentì il tacco della sua scarpa conficcarsi nel terreno, inciampando e perdendo così l’equilibrio.

Proprio nel momento in cui si rese conto di stare per sbattere la faccia contro il marciapiede e che, probabilmente, la sua testa poteva venir fracassata da qualche macchina, sentì due forti braccia stringerle la vita e tirarla indietro. Si ritrovò subito contro il corpo dello sconosciuto, con le sue braccia che la stavano proteggendo dalla caduta.

Quel giorno non poteva andare più storto di così

Riaprendo gli occhi, notò che lui le stava sorridendo, mentre continuava a stringerla contro di sè.

"Stai bene?"

Lei riuscì a fargli un cenno con il capo, ancora troppo sconvolta per quello che era appena successo. Liberandosi da quell’abbraccio,cercò di guardare verso il basso come meglio poteva per evitare che lui notasse che il suo volto era diventato dello stesso colore del suo rossetto.

Oh Dio! Oh Dio! Oh Dio!

Era molto più che imbarazzata. Non solo aveva colpito quel ragazzo all’inguine e poi lo aveva quasi accecato, ma ora lui aveva evitato che cadesse e battesse la tesa. Era quello il modo con cui si scusava? Oh Dio

Diede una rapida occhiata al volto dell’altro, per poi distogliere nuovamente lo sguardo, fingendo di giocherellare con l’ombrello.Era alto, spalle larghe e mani forti. Che cosa poteva dirgli mentre i suoi occhi azzurri la fissavano? Sbirciò di nuovo ed ebbe la conferma: aveva gli occhi più belli che avesse mai vistoL’unica cosa che non capiva era il motivo per il quale stava sorridendo mentre la guardava. Non era davvero molto discreto.

"Prima volta?"

Distolta dai suoi pensieri, tornò a concentrarsi su di lui, notando le sue fossetteSembrava davvero stupendo… oh smettila Regina!

"Huh?"

"E’ la prima volta che usi un ombrello?"

Sorrise nell’udire quella battuta, un tentativo per rilassarla che funzionò perfettamente.

"Sembrerebbe di sì."

Lui la osservò mentre le sue labbra si piegavano in un sorriso, facendo anche lui la stessa cosa. 

"Ecco…" Disse, prendendo l’ombrello tra le sue mani. "Dallo a me."

Con una mossa rapidaaprì l’ombrello e lo tenne in alto, proteggendoli entrambi dalla pioggia, ma ormai era troppo tardi visto che erano già completamente bagnati.

"Grazie mille!Rispose lei mentre afferrava il manico con le mani.

Le sue dita tremarono per quel contatto.

Dopo qualche momento di silenzio, l’uomo chiese. "Stai aspettando l’autobus?"

"Lo stavo aspettando, ma immagino di averlo perso ormai."

"Lo credo anch’io." 

Avrebbe tanto voluto che lei non avesse quello sguardo così deluso dipinto sugli occhi.

"Oh…"

"Vuoi condividere un taxi con me?"

La ragazza rimase in silenzio e lo guardò

Condividere un taxi? Con luiE se fosse un serial killer? O uno stupratore? Ma forse era solo un semplice ragazzo. Era sposato? No?Aveva qualche anello? E se fosse stato quel ragazzo che aveva visto il giorno prima davanti al suo luogo di lavoro e ammirato con nostalgia? O era solo frutto della sua immaginazione? L’aveva già visto prima?

L’uomo notò il lieve disagio che la ragazza stava provando e si maledisse per averla spaventato offrendole di condividere con lui un taxi così velocemente

"Mi spiace! Noi non…"

"Mi piacerebbe molto." Lo interruppe con un sorriso sulle labbra.

Lui sospirò sollevato.

Allora lei allungò la mano verso di lui e disse: "Io mi chiamoRegina."

"Ciao Regina! Io sono Robin."

 

 

 

Salve a tutti! Visto che oggi è la “Festa della donna”, ho deciso di fare un piccolo regalino a tutte le lettrici oq pubblicando questa piccola OS. Cosa ne pensate? Io l’ho trovata davvero molto divertente e adorabile, ma quando loro due non lo sono?

Per chi volesse, questo è il link originale:

https://www.fanfiction.net/s/11035064/1/Awkward-First-Meetings

Ringrazio infinitamente la mia beta e tutte voi che avete letto la storia, sperando che qualcuna trovi qualche secondo per farmi sapere che cosa ne pensate.

Alla prossima.

MaDiSte

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Capitolo 2
*** Underwear ***


UNDERWEAR





"Papà! Possiamo uscire a prendere un gelato?"
"Ma se siamo appena tornati a casa dopo aver fatto la spesa."
Robin abbassò lo sguardo e osservò il broncio dipinto sul volto di suo figlio Roland.
"Okay, forse più tardi, dopo cena."
Con questo il bimbo tornò a sorridere, iniziando a saltellare.
Robin aveva organizzato tutta la giornata per filo e per segno. Visto che il piccolo trascorreva la maggior parte del suo tempo al asilo, aveva pensato di passare il sabato nel loro appartamento cucinando insieme e guardando un film. Roland aveva iniziato a lamentarsi del fatto che lavorava troppo, quindi immaginava che sarebbe stato felicissimo di vedere Il re leone insieme.
Afferrando due buste della spesa dal bagagliaio della propria auto, osservò Roland saltellare felice di fronte a lui. Quando arrivarono alla porta di casa, strinse entrambi i sacchetti con una mano in modo da cercare le chiavi con l’altra. Si bloccò però quando sentì un rumore all’interno della loro abitazione. Sembrava come… un vetro rotto.
"Roland, stai indietro," avvertì suo figlio.
Appoggiò quindi tranquillamente le buste sul pavimento, inserendo la chiave nella serratura e aprendo lentamente la porta. Con movimenti felpati, afferrò un vaso, la prima cosa che era riuscito  a trovare varcando la soglia, e iniziò a camminare in direzione della cucina.
"Papà!"
Il grido di suo figlio fece in modo che il loro gatto, Whiskers, saltasse giù dal divano e iniziasse a correre verso la camera da letto con un pezzo di stoffa che gli pendeva dalla bocca.
Tutto quello che accadde dopo fu al quanto confuso.
Vide una donna familiare, con addosso solamente un asciugamano e i capelli umidi, emergere da dietro il tavolo e tentare di rincorrere il gatto, immobilizzandosi quando si rese conto della sua presenza.
Si guardarono l’un l’altra senza dire nulla. Fu la donna la prima a parlare, o almeno ci provò.
"Err.. Salve…"
Proprio mentre Robin stava per farle la domanda più ovvia, vide suo figlio correre verso di lei e abbracciare le gambe della donna.
"Gina!"
"Roland, ciao!" salutò lei, stringendo quel piccolo asciugamano cose se da esso dipendesse tutta la sua vita.
L’uomo poteva vedere la piccola apertura che si era creata al livello della coscia, la quale gli donava una piccola visuale delle sue mutandine nere. Spostò velocemente lo sguardo e concentrò tutte le sue attenzioni su suo figlio.
"Roland, conosci questa signora?"
"Sì! E’ Gina! Mi dà sempre le caramelle!" rispose Roland eccitato, non rendendosi conto che la donna, in quel momento, non era nelle condizioni di donargli qualche dolciume.
Robin sospirò.
"Accettare le caramelle dagli sconosciuti è…"
"No, no!" intervenne finalmente Regina. "Qualche volta gli do un lecca lecca quando lo vedo tornare a casa da scuola. Non volevo… voglio solo dire…" s’interruppe e sospirò. "Mi spiace. Mi chiamo Regina. Vivo al piano di sotto."
"Lo so," rispose l’uomo. "Ma questo non spiega il perché… uhm…"
"Oh…" Regina si guardò intorno, cercando di ricomporre quello che restava della sua dignità mentre alzava una mano sopra i suoi capelli ancora bagnati.
Si voltò a guardare in direzione della porta della camera da letto. Robin seguì il suo sguardo e vide il suo gatto mordicchiare felicemente quello che sembrava un… un… reggiseno!
"Oh cielo!" esclamò l’uomo scusandosi, per poi avvicinandosi rapidamente al gatto.
Vedendolo arrivare, Whiskers emise un suono acuto e iniziò a correre per il soggiorno, con il reggiseno ancora stretto tra i denti.
"Vieni qui piccolo…"
"Papà, non fargli del male!" urlò Roland, continuando a stringere forte le gambe nude della donna mentre osservava suo padre correre dietro al loro animale domestico.
"Non devi…" cercò di dire Regina, ma fu interrotta dal tonfo provocato da Robin mentre cadeva sul pavimento, con il gatto sotto di lui.  
"Papà?" chiamò il bambino.
Aveva troppa paura di guardare oltre il tavolo.
Seguì un momento di silenzio, poi il gatto miagolò nuovamente e saltò sopra il piano del bancone con l’indumento intimo nero ancora stretto tra i denti.
"Giuro che questa volta ti cucino al forno!" gridò Robin, lanciandosi verso il felino.
"No!" esclamò Roland.
Regina lo strinse protettiva con un braccio, mentre con l’altro continuava a reggere l’asciugamano intorno al suo corpo seminudo.
Mentre osservava l’uomo carino che viveva al piano superiore del suo correre dietro al gatto per salvare il suo reggiseno, non poté fare a meno di ridacchiare. Non aveva mai immaginato di potersi ritrovare in una situazione del genere.
Robin riuscì finalmente ad afferrare Whiskers per la coda e riuscì a strappargli l’indumento dai denti. Il gatto ringhiò e corse verso la camera da letto.
Orgoglioso per quel piccolo trionfo, l’uomo cercò di sistemare il reggiseno al meglio che poteva, notando il bel pizzo che lo decorava. Sospirando, raggiunse la donna e glielo porse con un sorriso di scuse dipinto sul volto.
"Il mio eroe…" disse Regina sarcastica, ridacchiando leggermente. Quindi aggiunse, "Mi spiace. Non so come sia successo. Stavo facendo la doccia e probabilmente aveva lasciato la finestra aperta, quando ho visto il vostro gatto scappare via con il mio reggiseno e…"
"Va bene," l’interruppe l’uomo. "Non è la prima volta che fa una cosa del genere," lanciò quindi un’occhiata arrabbiata in direzione del suo gatto. "Immagino che abbia una vera attrazione per le belle donne…" mormorò sottovoce, non volendo che lei lo sentisse, cosa che comunque accadde.
Arrossendo, Regina lo ringraziò nuovamente mentre rimaneva goffamente immobile, chiedendosi se probabilmente fosse arrivato il momento d’andare. Proprio mentre stava per fare un passo in direzione della porta, fu fermata da delle piccole braccia che strinsero l’orlo del suo asciugamano.
"Gina! Non andare!"
La donna si fermò, incapace di muoversi, visto che, se lo avesse fatto, il bambino le avrebbe praticamente strappato l’asciugamano di dosso.
"Tesoro…" si chinò. "Ho bisogno d’andare a casa e cambiarmi."
Robin guardò la donna accovacciata di fronte a suo figlio. L’aveva vista altre volte, quando si recava a lavoro o tornava a casa. A volte s’incrociavano nel parcheggio, salutandosi velocemente prima di andar via. Era abbastanza certo di averla vista una volta anche alla riunione di condominio; lei di solito evitava quel genere di cose. Da quello che sapeva, viveva sola.
"Non devi andare," disse, senza nemmeno pensarci.
La donna voltò il viso verso di lui, guardandolo con un’espressione interrogatoria.
"Voglio dire… dopo che… lo sai… ti sei vestita… potresti venire con noi a prendere un gelato."
"Ma papà, hai detto che ci saremmo andati dopo…"
"Roland ne sarebbe molto felice," disse Robin, interrompendo suo figlio. "Non è vero, Roland?"
Si sentì sollevato nel vedere il bambino annuire felicemente.
Regina si alzò in piedi e osservò padre e figlio e come le stessero sorridendo. Per qualche secondo poté sentire il suo cuore sciogliersi.
"Ne siete sicuri?"
"Assolutamente!" sentì l’uomo rispondere e Roland urlare adorante. "Per favore!"
Con un sorriso, si arrese e acconsentì. Era contenta di aver risposto di sì mentre osservava il volto del padrone di casa aprirsi a un sorriso ancora più ampio.
"Va bene! Allora, vado un attimo…" non terminò la frase perché si rese conto che l’uomo stava cercando di guardare ovunque tranne che in direzione del suo corpo coperto solamente da un asciugamano.
"Certo, certo…" mormorò lui, accompagnandola alla porta.
"Grazie ancora, Robin," disse lei mentre usciva dall’appartamento, sottolineando il fatto che conoscesse il suo nome..
"Oh e Regina?"
"Sì?"
"Come sei entrata?"
"Dalla scala antincendio. Avevi lasciato anche tu la finestra aperta" rispose Regina ridacchiando.
Quindi si diresse verso il suo appartamento, lanciando a Robin un’ultima occhiata.

 



 
Salve a tutti!
Dopo anni torno ad aggiornare questa raccolta di os. Per questo devo ringraziare Nao e Harriet perché, grazie alle loro raccolte che ho letto in questi mesi, mi è venuta voglia di continuare questa.
Che cosa ne pensate di questa seconda storia?
Personalmente, io l’ho adorata e l’ho trovata davvero molto divertente. Sarebbe stato davvero bello vedere una scena del genere in tv.
Ringrazio tutti quelli che leggeranno questo capitolo, soprattutto chi lascerà qualche riga per farmi sapere il loro pensiero.
A prestissimo,
Maddie

 

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