The Riot Club di Ms Mary Santiago (/viewuser.php?uid=976451)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Prologo 2.0 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 1 & Selezione OC ***
Capitolo 4: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 19: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Prologo
Hogwarts
-
Anna … Qualcuno di voi sa dove si è cacciata
Anna? –
Gli
studenti del terzo anno sgranarono gli occhi quando Diana
si precipitò all’interno della biblioteca a rotta
di collo guardandosi attorno
alla ricerca dell’amica che sembrava essere scomparsa dalla
faccia della terra.
-
Ehm, veramente -, fece per esordire una ragazzina dalle
lunghe trecce bionde, - mi sembra di averla vista un paio di reparti
più in là.
–
-
Fantastico, ragazzina di cui non conosco il nome, grazie
mille – la liquidò, oltrepassando gli studenti
perplessi e raggiungendo il
reparto indicato.
E
in effetti Anna era proprio lì, il capo chino su un libro il
cui titolo non riusciva a leggere da dove si trovava, ma non aveva
alcun dubbio
su quale fosse l’argomento dello scritto.
-
Ancora persa nel tuo mondo fantastico alla ricerca del tuo
Cappellaio Matto? –
Anna
alzò lo sguardo sorridendo sghemba.
-
Spiritosa, non è mica colpa mia se questo libro causa
dipendenza. –
-
Già, quante volte l’hai letto ormai? –
-
Venti … no, ventuno con questa. –
Diana
rise, togliendole il tomo di mano e riponendolo al suo
posto.
-
Bene, mia cara aspirante Alice, ma adesso dobbiamo proprio
andare altrimenti la delegazione per Ilvermorny ci lascerà
qui. –
-
I ragazzi sono già lì? –
Le
rivolse uno sguardo divertito. – Conoscendo Loki e Caos
saranno ancora nel mondo dei sogni, mi domando se Henrik non stia
cominciando a
rimpiangere la decisione di diventare il loro migliore amico.
–
Anna
arrotolò una ciocca bionda attorno al dito,
giocherellandoci pensierosa, - Non credi che dovremmo andare a vedere a
che
punto sono? –
-
Naaah -, replicò la Grifondoro, - vedere la McGranitt che
sbraita contro di loro è uno spettacolo troppo divertente
per perderselo. –
Henrik
rinunciò all’idea di svegliarli con scossoni e
grida,
perché per tutta risposta quei due avevano affondato il capo
sotto coperte e
cuscini e si erano girati dall’altra parte ignorandolo
bellamente. Così mise
mano alla bacchetta e, puntandola a turno contro uno e contro
l’altro, declamò:
- Levicorpus! –
I
corpi assonnati di Caos e Loki levitarono a mezz’aria,
causando
una serie d’imprecazioni da parte di entrambi i Serpeverde
che avrebbero fatto
arrossire persino l’anziano Aberforth.
Caos
lo osservò a testa in giù, incredulo.
-
Henrik, sei completamente impazzito? –
-
Sì, sono pazzo e armato di bacchetta, perciò vedi
di darti
una mossa e non farci arrivare in ritardo come al solito. –
-
Se mi metti giù giuro che mi sbrigo –
asserì Loki.
Henrik
ruppe l’incantesimo e fece ricadere i due sul materasso
dei rispettivi letti a baldacchino.
-
Ecco fatto, adesso preparatevi, abbiamo dieci minuti per
farci trovare in Sala Grande. –
Dopodichè
sedette sulla sedia nell’angolo e incrociò le
braccia, osservandoli mentre avanzavano come zombie in giro per la
stanza e
radunavano le loro cose per il viaggio.
-
Una mano sarebbe gradita – asserì Caos, mentre
cercava di
afferrare una quantità incredibile di abiti e riporli tutti
insieme nel baule.
-
Molto gradita – convenne Loki, che sbuffava contro lo
specchio e i suoi capelli biondi che avevano assunto la piega del
cuscino e non
volevano saperne di starsene giù.
Henrik
rivolse loro un sorriso furbo.
-
Potrei aiutarvi, ma vedervi scapicollarvi è molto
più
divertente. –
Ilvermorny
-
Scott si può sapere dove hai nascosto la mia mazza da
Battitrice? –
Il
cugino alzò appena lo sguardo dal tema di Storia della
magia Americana che stava ricopiando da una sua compagna di Casa e
sgranò gli
occhioni azzurri fingendo di non avere la minima idea di cosa stesse
parlando.
-
Perché lo chiedi a me, Izzy? –
La
mora mise le mani sui fianchi e gli rivolse un’occhiata
assassina.
-
Perché quando sparisce qualcosa inevitabilmente ci sei di
mezzo tu. Non fraintendermi, sono una fan dei tuoi scherzi ma non
quando si
ripercuotono su di me. –
-
Ragion per cui non te ne farei mai uno, lo sai che ti voglio
troppo bene no cuginetta? –
Isabelle
lo osservò dubbiosa e poco convinta ancora per
qualche secondo, quasi volesse spingerlo a confessare con la sola forza
del
pensiero, ma alla fine rinunciò.
-
Spero che la mazza ricompaia prima del mio allenamento delle
cinque oppure potrei accidentalmente
rompere qualcosa in testa a qualcuno
– concluse, girando sui tacchi e uscendo dalla Sala Comune
dei Wampus.
Rimasti
soli uno dei suoi compagni di Casa emise un debole
fischio.
-
Amico, credo proprio che ti convenga restituirgliela, non
puoi permetterti una commozione cerebrale alla vigilia
dell’inizio del
campionato. –
Jackson
osservò la lista degli studenti che avrebbero trascorso
i mesi seguenti tra le mura di Ilvermorny. Era la prima volta che al
Riot Club
veniva affidato un compito importante come quello di selezionare maghi
e
streghe all’altezza di entrare a far parte della
Confederazione Internazionale
dei Maghi una volta terminati gli studi. E come se la pressione non
fosse
abbastanza si aggiungeva anche quel manipolo di inglesi del tutto
sconosciuti
da dover esaminare con la dovuta cura.
Sospirò
recuperando un pezzo di pergamena pulito e appuntando
distrattamente alcune annotazioni.
La
riunione di quella sera si prospettava decisamente lunga,
sperava solo che i membri del Club si decidessero a presentarsi tutti
puntualmente o avrebbero rischiato di fare le ore piccole anche quella
volta.
Spazio
autrice:
Salve!
Come
saprà chi ha partecipato o ha seguito “Il gioco
degli invisibili” questa long sarà
un sequel della scorsa interattiva, ma ovviamente chi non ha letto la
storia e
volesse comunque provare a partecipare è il benvenuto
poiché non è necessario
essere a conoscenza dei fatti antecedenti per seguirla. Un piccolo
chiarimento:
nessuno degli OC sa che lo scambio culturale è una
“copertura” alla selezione
per il C.I.M (che no, non è il centro d’igiene
mentale ma la Confederazione
Internazionale dei Maghi xD) tranne i membri già effettivi
del Riot Club (che
devono appartenere al VII anno).
Veniamo
quindi alle regole per partecipare:
-
potete
scegliere se proporre due “cavallette” o due membri
del Riot che cureranno le
prove, oppure una “cavalletta” e un membro. Le
uniche limitazioni sono che le “cavallette”
devono essere del VI o del VII anno e possono appartenere a Hogwarts o
Ilvermorny, mentre i membri effettivi devono essere obbligatoriamente
del VII
anno e appartenere ad Ilvermorny.
-
accetterò personaggi provenienti da Hogwarts e Ilvermorny
che appartengano al
VI o al VII anno (i membri effettivi del Riot devono essere
obbligatoriamente
del VII anno);
-
potete
partecipare con al massimo 2 OC a testa purchè appartengano
a scuole diverse
(per cui uno a Hogwarts e uno a Ilvermorny);
-
ovviamente chi ha partecipato alla scorsa interattiva e ha
già un “nipote” può
comunque proporre 2 OC;
-
in
linea temporale ci troviamo nel 2028 e la storia si svolgerà
a Ilvermorny;
-
non
accetterò prestavolto comparsi nella scorsa interattiva (per
cui magari fate un
salto a dare un’occhiata a che faccia avevano) né
attori comparsi nei film
della saga di HP o in quella di Animali Fantastici, inoltre non
accetterò Mary
Sue e Gary Stu, Ibridi, Licantropi, Animagus, Metamorphomagus, etc;
-
sarà
operata una selezione e il termine ultimo per l’invio delle
schede è il 31
ottobre. Le schede andranno inviate solo ed
esclusivamente tramite
messaggio privato.
Scheda
Cavallette
Nome
e
Cognome:
Scuola
di
provenienza (Ilvermorny o Hogwarts):
Anno
e
Casa:
Età
e
data di nascita:
Orientamento
sessuale:
Stato
di
sangue:
Aspetto
fisico:
Prestavolto
(obbligatorio e che sia una persona reale):
Carattere:
Famiglia
e rapporto con essa:
Materie
preferite/odiate:
Materie
scelte (tra quelle facoltative di
Ilvermorny):
Hobby/Passioni/Cosa
ama e cosa odia:
Patronus:
Nahual:
Molliccio:
Paure/Fobie:
Ruolo
(Prefetto, Caposcuola, Quidditch, etc):
Amortentia:
Perché
dovrebbe
essere ammesso nel Riot (i membri del
Riot rientrano solitamente tra le seguenti categorie: studenti
eccezionali, capi
carismatici, ottimi manipolatori, viziosi, ricchi da far schifo,
incredibilmente belli, popolari, ottimi sportivi, ben inseriti
nell’alta
società, vantano origini nobiliari, etc.)?
Nome
in
Codice (con cui verrà chiamato nel
corso
della selezione del Riot):
Animale
domestico (a Ilvermorny sono ammessi
anche i cani mentre a Castelobruxo sono ammessi anche i rettili):
Bacchetta:
Aspirazioni
dopo il diploma:
Amicizie
(indicare il tipo di persona):
Inimicizie
(indicare il tipo di persona):
Amore
(indicare il tipo di persona):
Altro:
Scheda
membri Riot Club
Nome
e
Cognome:
Anno
e
Casa (vi ricordo che si tratta
obbligatoriamente di Ilvermorny perciò saranno al VII anno):
Età
e
data di nascita:
Orientamento
sessuale:
Stato
di
sangue:
Aspetto
fisico:
Prestavolto
(obbligatorio e che sia una persona reale):
Carattere:
Famiglia
e rapporto con essa:
Materie
preferite/odiate:
Materie
scelte (tra quelle facoltative di
Ilvermorny):
Hobby/Passioni/Cosa
ama e cosa odia:
Patronus:
Nahual:
Molliccio:
Paure/Fobie:
Ruolo
(Prefetto, Caposcuola, Quidditch, etc):
Amortentia:
Come
è
entrato nel Riot Club?
Nome
in
Codice all’interno del Riot?
Che
tipo
di persona proporrebbe come “cavalletta” per
l’ingresso nel Riot?
Animale
domestico (a Ilvermorny sono ammessi
anche i cani e i rettili):
Bacchetta:
Aspirazioni
dopo il diploma:
Amicizie
(indicare il tipo di persona):
Inimicizie
(indicare il tipo di persona):
Amore
(indicare il tipo di persona):
Altro:
Materie
studiate a Ilvermorny:
Astronomia;
Controllo
dei Nahual*;
Difesa
contro le Arti Oscure;
Tinture
& Misture;
Incantesimi;
Talismani;
Storia
della Magia Americana;
Trasfigurazione;
Aritmanzia
(a scelta a partire dal terzo anno);
Magia
elementale (a scelta a partire dal terzo anno);
Salvaguardia
delle Creature Magiche (a scelta a partire dal terzo anno);
Sciamanismo (a
scelta a partire dal terzo anno).
*Il
Nahual è considerato uno spirito guardiano che si manifesta
sotto la forma di
un animale. Ogni mago ha un diverso Nahual a seconda del suo giorno di
nascita.
Per far materializzare un Nahual, all'epoca, venivano utilizzati
rituali nella
lingua dei nativi americani, mentre lo sviluppo delle arti sciamaniche
delle
tribù magiche nord-americane ha permesso di poterlo evocare
a seguito di una
preghiera. L'aspetto del Nahual è molto simile ad un
Patronus, anche se esso
non è soggetto a cambiamento come quest'ultimo e non
è un semplice spirito
positivo che non può recare danni. Durante lo studio ad
Ilvermorny, gli
studenti imparano ad interagire con i propri Nahual per aumentare le
doti di
padronanza degli Spiriti. Essi possono essere utilizzati anche in
combattimento
come pratica offensiva o difensiva, anche se il loro uso è
particolarmente
dispendioso in termini di energie magiche. Qui trovate
l’animale di riferimento
a seconda del giorno del mese in cui è nato il vostro OC: http://mhwiki.altervista.org/php5/index.php?title=Nahual
OC
provenienti da Hogwarts
Diana
“Storm” Price (figlia
di Elizabeth Nott e Damon Price)
– VII
anno, Grifondoro. Capitano e Cacciatrice.
Caos
“Scar” Nott
(figlio di Nova e Killian Nott)
– VII
anno, Serpeverde. Capitano e Battitore.
Anna
Victoria “Cloud” Morgan (figlia
di India e Gabriel Morgan)
– VII
anno, Corvonero.
Loki
“Sly” Burke
(figlio di Freya McDermott e Hades Burke) –
VII anno, Serpeverde. Caposcuola e Cacciatore.
Henrik
“Sherlock” Crouch
(figlio di Amaranthe Lundstrom e Lucas
Crouch) – VII anno, Corvonero.
OC
provenienti da Ilvermorny
Isabelle
“Fire” Blackwood (figlia
di Kate Rosier e Ian Blackwood)
– VII
anno, Tuonoalato. Battitrice.
Scott
“Iron” Blackwood (figlio
di Scarlett Rosier e Gavin Blackwood)
– VII
anno, Wampus. Battitore.
Lord
Jackson Eldridge “Majestic”
Riot
– VII anno, Tuonoalato. Capitano, Cacciatore e Caposcuola. Presidente
del Riot Club.
|
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Capitolo 2 *** Prologo 2.0 ***
Prologo
2.0
Salve!
Ovviamente
non si tratta della selezione, ma ho pensato che fosse carino darvi
qualche
informazione in più su Jackson e sulla sua famiglia visto
che la famiglia degli
altri OC è già familiare a quanti hanno letto
“Il gioco degli invisibili” o la
raccolta di OS “The Club”. Sarà pertanto
una sorta di prologo 2.0 come dice il
titolo e al contempo un modo per invitare coloro che desiderano provare
a
partecipare a farsi avanti (trovate tutte le info nel prologo)
… come to the
Riot side, we have cookies and hot bad men xD
Desmond
percorse a passi decisi il lungo corridoio dell’abitazione
nel cuore di New York, osservando con fare distratto la moltitudine di
volti di
Riot appartenenti a questa o quella generazione che seguivano il suo
incedere.
Gli stessi tratti cesellati e decisi, gli zigomi alti e le iridi
chiare, quel
vago sorriso indolente e la consapevolezza di chi aveva tutto il mondo
ai
propri piedi. Sembrava quasi che quel particolare atteggiamento fosse
un
marchio di famiglia, qualcosa che avrebbe permesso loro di essere ben
riconoscibili anche nel bel mezzo di una nutrita folla. Del resto
quando si
poteva allungare una mano e afferrare tutto ciò che si
voleva si veniva
inebriati da quel senso d’onnipotenza … era una
bella sensazione. Bussò appena
contro la porta in mogano dello studio di suo fratello, annunciando la
sua
presenza ma entrando senza aspettare che fosse invitato a farlo.
Bartholomew lo
rimprovera sempre per quella sua abitudine, ma in quel particolare
momento il
suo fratellone era troppo preso dalla conversazione che stava avendo
con la
maggiore dei suoi figli.
Rose
sedeva dritta contro il rigido e alto schienale della
poltrona in pelle di drago, le braccia incrociate sotto al seno e le
gambe
accavallate, un piede che si dondolava ritmicamente avanti e indietro a
tradire
il fatto che la conversazione non stava prendendo una piega di suo
gradimento.
Quando
si voltò verso di lui atteggiò le labbra tornite
colorate con un discreto color corallo in un sorriso tirato.
-
Il mio adorato zio … tu sapevi qualcosa della decisione che
ha preso mio padre? –
Fece
il giro della sua poltrona, accomodandosi sul divano
nell’angolo
e allungando una mano ad afferrare una bottiglia di costosissimo
scotch. Se ne
versò una generosa dose in un calice di cristallo e lo fece
ondeggiare
inspirandone l’aroma. Dopodichè ne prese un sorso,
assaporando la piacevole
sensazione di calore lungo la gola mano a mano che il liquido vi
scorreva
attraverso, e annuì appena.
-
Ne sono stato informato. –
Il
cipiglio di Rose si fece più marcato mentre le sopracciglia
s’inarcavano ad aggrottare la fronte.
-
E non hai provato a farlo desistere da quello che si
preannuncia un disastro assicurato? –
-
Mia cara, quella brutta espressione corrucciata ti procurerà
delle rughe premature se continui di questo passo -, la
rimbrottò, - e su un
faccino delizioso come il tuo sarebbe un vero peccato, non credi?
–
-
Non è burlandoti di me che impedirai a mio fratello e a quel
gruppo d’idioti di combinare qualcosa
d’irreparabile. –
Desmond
sorrise beffardo al di sopra del bicchiere.
-
Mi pare di rammentare che anche tu abbia fatto parte di una
schiera d’idioti ai tempi della scuola o l’hai
già dimenticato? –
Vide
la nipote sgranare le iridi azzurre e fare per
controbattere, ma non seppe mai quale replica avrebbe ricevuto
perché Bartholomew
intervenne, mettendo fine a quella breve schermaglia.
-
Non desidero passare la mia serata osservando mio fratello e
mia figlia che si beccano a vicenda perciò piantatela
entrambi! –
-
Ma … -
-
Ho detto basta, Rose. –
La
ragazza chinò il capo, accettando la momentanea resa, e
riprese a dondolare incessantemente il piede ancora sollevato.
-
Mi sei venuto a trovare per un motivo in particolare,
Desmond? –
Annuì,
allungandogli la busta contenente la missiva che gli
era stata recapitata appena una manciata di minuti prima del suo
ingresso in
quello studio. Il suo strenuo tentativo di difesa di Jackson
l’aveva quasi
distratto dalla ragione originaria che l’aveva condotto
lì.
Osservò
Bartholomew srotolarla e leggerla, le iridi azzurre
che si facevano più cupe di parola in parola.
Quando
ebbe terminato la lettura passò la missiva a Rose.
-
Questo potrebbe rappresentare un ostacolo agli interessi
della Confederazione. Se questo Auror dovesse cominciare a fare troppe
domande …
- iniziò la ragazza.
-
Troveremo il modo di metterlo a tacere, spetta solo a lui
decidere in che modo –, concluse per lei Bartholomew, - ma
fino a quel momento
voglio che continuiate a comportarvi come se nulla fosse. Jackson non
deve
saperne nulla, lo distrarrebbe dai suoi compiti al Riot, e voglio che
nessuno
di voi due agisca senza avere prima ricevuto mie istruzioni in merito
… ci
siamo capiti? –
Non
serviva essere un Legilimens per capire che il commento
finale era rivolto in particolar modo a lui, perciò Desmond
annuì con serietà.
-
Sei stato cristallino. –
*
-
Perché non posso? –
Anne
arricciò le labbra in un broncio insoddisfatto e mise le
mani sui fianchi, fissandolo con intensità come se pensasse
che quell’atteggiamento
potesse portarla da qualche parte con lui.
Era
abituato alle occhiatacce e ai modi da despota di Rose e
la più piccola delle sue sorelle non era neanche minimamente
capace di
eguagliare la primogenita dei Riot.
-
Annie, per favore, non insistere e lasciami perdere o
rischierò di fare tardi alla riunione. –
Quello
sì che sarebbe stato buffo dal momento che lui per
primo aveva dato il tormento ai suoi compagni per essere certo che
fossero
tutti puntuali.
-
Dammi il permesso e ti lascerò andare –
rilanciò,
frapponendosi tra lui e l’uscita della biblioteca.
Jackson
trattenne un sorriso divertito davanti a quella
sfacciata determinazione, gli ricordava così tanto la madre.
Ripensando alla
donna, deceduta tredici anni prima, ebbe una fitta al cuore. Anne era
quella
che più di Rose e di lui aveva ripreso da Aurore: la vivace
curiosità, l’amore
per la cultura e lo studio, la sete d’avventura, il sorriso
dolce … scosse il
capo e tornò a concentrarsi sul presente. Non poteva
permettersi distrazioni in
quel momento.
-
Esattamente come pensi d’impedirmelo se non acconsento? Sei
venti centimetri più bassa di me e pesi trenta chili in
meno, dubito che tu
possa giocartela dal punto di vista fisico. –
-
Forza di volontà –, asserì seria, - e
un adorabile broncio …
per faaaaavoooore, fratellone. –
La
prese per i fianchi, sollevandola di peso e ignorando le
sue proteste indignate, e la spostò di lato quanto bastava
per permettergli di
uscire da quel luogo.
-
Magari tra un paio d’anni, ma sicuramente non oggi
… anche
se volessi, e non voglio, non hai l’età giusta per
partecipare al Club. –
-
Ma … -
La
porta chiusa fu la replica alle rimostranze di Anne, che si
ritrovò da sola ad alzare gli occhi al cielo sbuffando.
Ogni
volta era sempre la stessa storia, detestava l’idea di
essere la piccola di casa.
Lady Rose
Whitney Riot – 21 anni, ex Tuonoalato. Curatrice
delle relazioni internazionali
del MACUSA.
Lady Anne
Lucille Riot – IV anno, Serpecorno.
Lord
Desmond Alcott Riot – 30 anni, ex Tuonoalato,
Vice Primo Ministro del Ministero
della Magia americano.
Lord
Bartholomew
Narcisse Riot – 42 anni, Gran Maestro della
Confederazione internazionale dei
maghi.
|
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Capitolo 3 *** Capitolo 1 & Selezione OC ***
Capitolo
1 & Selezione OC
Salve!
Eccoci
qui con la selezione. Ho ricevuto molte schede, per cui non ho potuto
accettare
tutti gli OC proposti … come sempre chiedo a coloro che sono
stati esclusi di
non aversene a male e di non prenderla sul personale; se i vostri OC
non sono
stati scelti è solo perché avevo già
molti candidati per il Riot (progettavo di
prenderne 6 e alla fine ne ho preso uno in più proprio
perché non sapevo
rinunciare a uno dei selezionati) oppure perché erano fin
troppo simili ad
altri OC. Detto ciò ho preferito concentrarmi prima sugli
yankee del Riot in
modo tale da inquadrarli fin da subito, e dedicarmi alle Cavallette di
entrambe
le scuole nel prossimo capitolo (che comunque non tarderà ad
arrivare). Perciò qui
sotto troverete i selezionati che compariranno nel prossimo capitolo e
poi a
seguire, all’inizio di ogni paragrafo, gli OC selezionati
come membri del Riot.
Cavallette
Khendra
“Sword”
Lancaster
– VI anno,
Serpecorno. Eterosessuale.
Reina
Valencia “Vixen”
Solares
– VI anno,
Serpeverde. Cercatrice. Eterosessuale.
Liam
“Devil” Walker
– VII anno, Corvonero.
Portiere. Eterosessuale.
Marcus
Anthony Richard “Skean” Greengrass
– VI anno, Serpeverde.
Prefetto, Portiere e membro del Club dei Duellanti. Omosessuale.
Brooklyn
Candice “Pixie”
Macmillan
– VII anno,
Tassorosso. Prefetto e membro del Lumaclub. Bisessuale.
Membri
Riot
Esme
“Venus” Cavendish
– VII anno,
Serpecorno. Direttrice del
Giornalino
scolastico e Curatrice della rubrica di gossip. Bisessuale.
Joaquin
“Viper”
Lockwood
– VII anno,
Tuonoalato. Battitore.
Bisessuale.
-
Comincio ad annoiarmi – annunciò Esme,
giocherellando
distrattamente con il filo di perle che portava al collo.
Joaquin
alzò appena lo sguardo dal blocco sul quale stava
disegnando per ingannare il tempo, tenendo sospeso tra indice e medio
un
carboncino e facendolo ondeggiare da un lato e dall’altro.
-
Jackson ha detto di essere puntuali, non ci metterà molto ad
arrivare. –
La
mora arricciò le labbra carnose con disappunto, ripescando
da una delle tasche della divisa un rossetto di un bel rosso vibrante e
uno
specchietto. Lo sistemò con cura, facendo schioccare le
labbra con approvazione
mentre il riflesso che le veniva restituito rivelava uno dei volti
più belli
che fossero mai passati per i corridoi di Ilvermorny.
-
È strano che sia proprio lui a essere in ritardo. Insomma il
fatto che lo siano Anthony ed Edward non mi sorprende, ma il Presidente
è
sempre il primo ad arrivare e l’ultimo ad andarsene.
–
Aveva
ragione, considerò Joaquin, anche perché quel
giorno
avevano avuto una mattinata tutto sommato piuttosto tranquilla e non
riusciva
proprio a immaginare cosa avesse potuto trattenere l’amico.
-
Ti sei fatta un’idea delle candidature di
quest’anno? –
Scrollò
le spalle, tornando a giocherellare con la collana.
Quando Esme era annoiata qualsiasi oggetto poteva diventare fonte di
distrazione per lei purchè fosse un movimento ripetuto e
poco impegnativo,
capace di farla rilassare e permetterle di riposare la mente. E se era
vero il
detto che “non c’era riposo per i
malvagi” allora probabilmente ciò doveva
essere esteso anche ai redattori dei giornali scolastici
perché quei primi
giorni di scuola si prospettavano tremendamente impegnativi e carichi
di
scadenze che dovevano assolutamente essere rispettate.
-
Opterò per le tre “i”. –
Corrugò
la fronte, non avendo la minima idea di cosa stesse
parlando l’amica.
-
Irresistibile, intelligente e irriverente -, chiarì, - in
sostanza qualcuno con cui uscirei senza preoccuparmi di poter sfigurare
accanto
a loro. –
-
Insomma vorresti creare un piccolo esercito di tuoi
personali minions? –
-
Magari ci fossero abbastanza persone così a Ilvermorny per
creare davvero un esercito -, replicò arricciando le labbra
in una smorfia
contrita, - ma temo che persone del genere si possano contare sulla
punta delle
dita di una mano. Confido che a Hogwarts ci sia qualcuno che valga di
più. –
-
Jackson dice che anni fa avevano un club simile al nostro,
lo chiamavano il Club degli Invisibili se non sbaglio. –
-
E cosa ne è stato? –
-
Dissolto dopo il diploma degli ultimi membri rimasti, credo
che abbiano avuto problemi durante una selezione e che i membri rimasti
non
abbiano voluto replicare l’incidente l’anno
successivo. Però quest’anno molti
dei loro figli si uniranno alla delegazione in viaggio per Ilvermorny,
e sembra
che un paio siano già qui, perciò immagino
avranno almeno un po’ della stoffa
dei genitori. –
Quest’ultimo
dettaglio conquistò definitivamente l’attenzione
di Esme, che si sporse verso di lui curiosa.
-
Ah, sì? E chi sarebbero coloro che sono già qui?
–
Joaquin
le rivolse un sorriso da figlio di una buona donna e
alzò un indice a fare un secco gesto di diniego.
-
Scordati che io condivida l’informazione con te. Una dei due
sarà candidata da Jackson e l’altro da me.
–
La
Serpecorno sbuffò, alzando gli occhi al cielo.
-
Il fatto che Jackson condivida con te delle informazioni
riservate non è affatto giusto, dovrebbe rivelarle a tutto
il Club. –
-
Già, perché non provi a farglielo notare?
–
Fece
per rispondere alla frecciatina, ma richiuse la bocca
senza aggiungere altro. Del resto quei due erano migliori amici fin
dall’inizio
della scuola e sperare che includessero anche lei nei loro piani era a
dir poco
utopistico.
Proprio
in quel momento la porta venne aperta a rivelare il
profilo aristocratico di Jackson. Aveva l’aria stanca e
rivolse loro appena un
cenno del capo prima di raggiungere la sua sedia, dall’alto e
rigido schienale
ornato sontuosamente, e scrutare la stanza con cipiglio crucciato.
-
Possibile che non riescano mai ad arrivare in tempo? –
-
Sai come sono fatti quei due -, Joaquin si sporse
leggermente verso di lui scrutandolo con una serietà nelle
profonde iridi blu
che fino a pochi istanti prima non c’era, - Stai bene, Jack?
–
Vide
con la coda dell’occhio che Esme aveva assunto
un’espressione maliziosa, ma Joaquin la ignorò.
Sapeva che la compagna
sospettava già da tempo del fatto che avesse una cotta per
il loro Presidente
ma forse se avesse finto di non capire le sue insinuazioni avrebbe
smesso di
cercare di metterlo in imbarazzo.
-
Sono solo stanco, Jo … e poi oggi ci si è messa
anche Annie.
–
Ah,
la sorellina a cui era praticamente impossibile che
Jackson riuscisse a dire di no. Forse il Riot Club era
l’unica cosa su cui non
aveva finito per cedere con lei, ragion per cui Anne si era messa in
testa di
volerla spuntare comunque e a tutti i costi.
-
Vuoi che provi a parlarle anche io? –
Di
solito Anne finiva con il dargli retta; se lo faceva perché
aveva intuito quello che provava per il fratello oppure per semplice
simpatia
non gli era dato saperlo, ma fintantoché lo assecondava non
trovava rilevante
conoscerne il motivo.
Jackson
rivolse un’occhiata eloquente all’indirizzo di
Esme.
-
Parliamone dopo, quando saremo in Sala Comune. –
-
Non scrivo sui membri del Club, dovreste saperlo ormai –
replicò lei per tutta risposta, visibilmente piccata.
-
Annie non è un membro. –
-
Ma prima o poi lo diventerà. –
-
Dovrà passare prima sul mio cadavere. –
-
Melodrammatico -, sbuffò Esme, - neanche fosse questa gran
cosa. –
Forse
per loro, che erano ormai smaliziati e pronti ad
affrontare tutto e tutti, ma per una ragazza ingenua e innocente come
sua
sorella il Club e tutte le questioni che lo riguardavano potevano
diventare
un’arma a doppio taglio.
La
fissò dritta negli occhi senza battere ciglio, la mascella
serrata e il bel volto dai tratti decisi freddo e imperscrutabile. Dopo
un
attimo di battaglia visiva alla fine la ragazza abbassò lo
sguardo e si arrese
chinando appena il capo in segno di muta sottomissione.
-
Annie resta fuori da tutto, perché l’ho deciso io
… la
questione è chiusa, perciò vedi di fartelo
entrare in testa Esme. –
Anthony
“Ermes” Nitingale
– VII anno,
Wampus. Bisessuale.
Edward
Luke “Wave” Diamond
– VII anno,
Wampus. Capitano e Cacciatore. Eterosessuale.
Quando
entrarono nella sala riunioni del Club l’aria che si
respirava non era affatto piacevole; dal silenzio e dal vago imbarazzo
che si
respirava si capiva che doveva esserci appena stato uno scontro in
piena regola
e non era certo difficile capire chi fosse stato a causarlo. Del resto
quando
Esme e Jackson si trovavano nella stessa stanza era facile che le cose
degenerassero; quando si mettevano nello stesso posto una persona
narcisista
dal temperato passivo aggressivo e un egocentrico con la smania del
controllo
non si poteva ottenere nulla di diverso da uno scontro in piena regola.
-
Cosa ci siamo persi? –
-
Siete in ritardo – fu la replica di Jackson, a indicare che
non aveva alcuna intenzione di rivangare la discussione.
Così
Edward lanciò un’occhiata curiosa a Joaquin.
-
Esme ha provato a ipotizzare il coinvolgimento di Anne. –
-
Ah. –
Certe
volte si domandava se la ragazza lo facesse per il puro
gusto di provocare il Presidente oppure se fosse davvero incuriosita
dalla più
giovane e innocua dei Riot. Del resto un fiore delicato come quello in
una
famiglia di serpi era cosa a dir poco rara e inconsueta, nessuna
meraviglia
quindi che suo fratello fosse tremendamente protettivo nei suoi
confronti.
Anthony
afferrò la prima sedia a disposizione e si
accomodò
lasciando vagare lo sguardo nella stanza per constatare che erano solo
in cinque.
-
Gli altri? –
-
In ritardo come voi, io e Joaquin siamo stati gli unici ad
arrivare puntuali – replicò Esme.
Il
tono vagamente aspro lasciava intuire che non aveva ancora
digerito l’idea di essere stata rimessa al suo posto da
Jackson. Così nel sistemarsi
meglio accanto a lei, le sfiorò appena il fianco. Fu un
gesto rapido, quasi
impercettibile, ma bastò a distogliere
l’attenzione di Esme quanto necessario a
non scatenare l’ennesima provocazione.
-
A meno che tu non voglia indire una nuova votazione ti
consiglio di lasciar perdere questa stupida sfida – le
sussurrò piano
all’orecchio.
-
Non è escluso che lo faccia. –
Anthony
alzò gli occhi al cielo e li roteò con fare
spazientito. – Lui è un Riot e tu non hai
abbastanza voti, non vinceresti mai.
–
-
Li avrò. –
Edward
si voltò verso di loro, incuriosito da quel vociare
lieve, e se anche avesse voluto chiedere qualcosa non lo fece dal
momento che
il compagno di Casa gli rivolse un cenno eloquente: gli avrebbe
raccontato
tutto più tardi, quando fossero stati in territorio
neutrale.
Non
ci voleva molto per capire di cosa potesse trattarsi,
vista la luce battagliera negli occhi della Serpecorno. Esme aveva
sempre
trovato ridicolo il fatto che il Presidente del Club fosse tale solo
per
diritto di sangue e non ne aveva mai fatto mistero, perciò
l’idea di una
richiesta di elezione ufficiale non sarebbe stato nulla
d’inaspettato o
sorprendente. Con la coda dell’occhio notò che
Astrid annuiva all’indirizzo
dell’amica come se stesse implicitamente confermando la sua
disponibilità a
schierarsi dalla sua parte.
Sembrava
che in quel periodo il Riot fosse diviso come non
mai, ma una guerra civile non avrebbe portato da nessuna parte e, che
piacesse
o meno ammetterlo, Jackson era un leader di gran lunga migliore di
Esme.
Arthur
Orion “Adder”
Clarke
– VII anno, Serpecorno. Cercatore e
fotografo
per il giornale scolastico. Bisessuale.
Astrid
Lara “Ice” Reid
– VII anno, Tuonoalato. Cercatrice.
Eterosessuale.
Winona
“Hurricane”
Powaqa
– VII anno,
Wampus. Prefetto e Cercatrice. Eterosessuale.
Mentre
uscivano dalla riunione Arthur notò che Winona non era
rimasta insieme a Jackson e Joaquin come era solita fare, ma aveva
allungato il
passo e si stava avvicinando sempre più rapidamente ad
Astrid ed Esme che
chiacchieravano fittamente tra loro; le teste erano tanto vicine che
sembrava
quasi che l’oro della prima stesse per fondersi con
l’ebano della seconda. C’era
una luce battagliera nello sguardo della ragazza e non era difficile
immaginare
cosa sarebbe accaduto di lì a poco.
Winona
e Jackson si conoscevano fin da piccolissimi ed erano
diventati migliori amici fin da subito tanto che difficilmente si
vedeva una
senza l’altro in giro per i corridoi di Ilvermorny e non era
certo un mistero
che avesse ben poca simpatia per Esme e i suoi modi di fare sibillini.
Perciò
probabilmente aveva atteso con impazienza la fine della riunione solo
per
essere certa di avere modo di “beccare” entrambe
prima che fossero davanti a
occhi indiscreti come quelli di qualche docente.
Di
riflesso la seguì visto che Jackson e Joaquin sembravano
troppo presi dalla loro conversazione per notare quello che sarebbe
accaduto di
lì a pochi istanti.
-
Winnie, dove vai con quell’andatura battagliera? –
-
Indovina un po’. –
-
Attaccare lite con loro non servirà a nulla, Esme non
cambierà certo idea. –
La
Wampus alzò gli occhi al cielo e sbuffò.
-
Questo lo so, ma almeno mi toglierò la soddisfazione di
dirle
in faccia cosa penso di lei e dei suoi giochetti da infida serpe in
seno. –
-
Sono abbastanza sicuro che le altre dieci volte in cui lo
hai fatto le abbiano reso perfettamente chiara la cosa -, sorrise
divertito, -
e poi una volta non erano i ragazzi a indossare le vesti di
scintillanti
cavalieri in armatura pronti a difendere l’onore delle loro
belle? –
-
Mi piace considerarmi alternativa -, lo rimbeccò sorridendo
suo malgrado a sua volta, - ed è già tanto che io
mi limiti a urlarle in faccia
invece di prenderla a pugni una volta per tutte. –
-
Quello sì che sarebbe uno spettacolo che non mi perderei per
nulla al mondo. –
La
voce di Astrid li annunciò di aver parlato con toni fin
troppo alti, perché la bionda Tuonoalato si era voltata
verso di loro con un
sopracciglio curato inarcato in un’espressione incuriosita.
-
Quale spettacolo? –
-
Io che rifaccio la faccia alla tua amica – replicò
impassibile
Winona, quasi stesse discutendo di cose futili come il tempo o il
cambio delle
stagioni.
-
Sarebbe interessante vedertici provare -, rilanciò con un
sorriso tagliente, - ma dubito che accadrà mai. –
Arthur
intervenne, frapponendosi tra le due ragazze e
scherzando: - Quindi anche tu passi al lato oscuro? –
-
Se Esme chiederà delle elezioni ufficiali avrà il
mio voto
-, confermò, - e non penso proprio che sarò
l’unica a votare per lei. –
Winona
fece per aprire bocca, ma un cenno del Serpecorno la
spinse a tenerla chiusa all’ultimo istante.
-
Sicuramente Anthony e … forse Edward? –
Fece
spallucce e rivolse loro un sorriso ambiguo. –
Chissà,
suppongo che vi toccherà aspettare e stare a vedere.
–
Dopodichè
girò i tacchi e tornò a raggiungere
l’amica
lasciandoli soli a meditare sulle sue parole.
-
Tu credi davvero che abbia la possibilità di vincere?
–
-
Di vincere forse no, ma se davvero ha i loro voti allora
potrà spaccare il Club. –
E
allora la differenza l’avrebbero fatta le Cavallette che
avessero passato la selezione; non lo disse, ma
l’implicazione era evidente, e
non prometteva nulla di buono.
Era
una situazione incerta, proprio tutto quello che il Club
non avrebbe mai voluto si verificasse.
|
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Capitolo 4 *** Capitolo 2 ***
Capitolo
2
Quando
ebbero messo piede nell’atrio di Ilvermorny la prima
cosa che saltò allo sguardo di Diana fu la differenza con
Hogwarts. L’ambiente
era più grande e decisamente più arioso e nella
zona principale invece delle
clessidre che avevano loro capeggiavano le gigantesche riproduzioni
delle
creature che davano il loro nome alle varie Case.
-
È impressionante –, mormorò Anna al suo
fianco, - ma devo
ammettere che preferisco lo stile di Hogwarts. Ha un fascino del tutto
diverso,
questa scuola sembra quasi moderna. –
Quello
era poco ma sicuro, così come era completamente nuovo
anche il sistema di arrivo degli studenti che utilizzavano i grandi
camini per
viaggiare direttamente da casa. Una bella comodità rispetto
al farsi ore di
treno, ma personalmente trovava difficile accettare il fatto di
presentarsi il
primo giorno con gli abiti ricolmi di cenere.
-
Finalmente siete arrivate, cominciavo a credere che Anna si
forse persa nel cortile. –
La
voce familiare giunse alle loro spalle, tradendo la
presenza di una ragazza dalle lunghe onde castano scuro e gli occhi
cerulei che
luccicavano allegri.
Indossava
la divisa da Quidditch e aveva l’aria scarmigliata
di chi aveva terminato da poco l’allenamento.
Anna
fu la prima ad annullare la distanza che le separava,
gettandole le braccia al collo e coinvolgendola in un abbraccio
spaccaossa che
ebbe il potere di far scoppiare a ridere Brooklyn.
-
Izzy! –
-
Anna forse dovresti mollare la presa o la tua amica
rischierà il soffocamento – le fece notare
continuando a ridacchiare.
Poi
si fece avanti e porse la mano all’americana con un
sorriso amichevole.
-
Brooklyn Macmillan. –
-
Come il Distretto di New York? –
Annuì
con aria mesta. – Colpa dei miei, ma tu chiamami
semplicemente Brook. –
-
Ricevuto … allora come è andato il viaggio?
–
-
Bene -, replicò cautamente Diana, - anche se credo di
cominciare ad avvertire i primi sintomi del jet lag. –
-
Ma se siamo qui da appena dieci minuti. –
-
Il mio fisico si scombussola facilmente, Brook. –
-
Che tradotto significa che hai già una fame da lupi
–
dedusse la Tassorosso, suscitando l’ennesimo attacco di
risate.
Per
un attimo Brooklyn si era chiesta se trovandosi davanti la
celebre Izzy, complice di mille vacanze passate ideando scherzi e
imprese folli
una dopo l’altra, le sue migliori amiche avrebbero finito con
il metterla da
parte e invece sembrava che il loro trio si fosse esteso al quarto
membro con
una naturalezza impressionante.
-
Devo ancora capire dove metti tutta quella roba, perché con
il fisico minuto che hai sembra quasi che ti alimenti ad acqua e aria.
–
-
I miracoli della genetica -, replicò compiaciuta, - e adesso
perché non ci indirizzi verso il banchetto di benvenuto,
Izzy? –
-
Prima che mi stacchi un braccio a morsi? Mi sembra un’ottima
idea, da questa parte signorine. –
-
Secondo te questa roba è commestibile? –
Liam
osservò la ciotola con aria sospettosa, studiando quella
poltiglia che assomigliava vagamente a della pasta ricoperta di panna e
Merlino
solo sapeva cos’altro. L’odore non era neanche
tremendo, ma l’aspetto avrebbe
fatto passare l’appetito a stomaci molto più forti
del suo e la conferma
sembrava essere che anche Diana Price indugiava con la forchetta in
mano come
se stesse valutando i pro e i contro.
-
Non mi sembra che gli yankee si stiano sentendo male, anzi
mangiano anche con gusto, quindi presumo di sì. –
-
Va bene, Henrik, ma se dovessi sentirmi male e finire con il
lasciarci la pelle sappi che tornerò come fantasma e ti
verrò a tirare i piedi
la notte. –
Il
Corvonero scrollò le spalle alle minacce
dell’amico,
servendosi una buona dose di quella che aveva sentito chiamarsi
mac’n cheese e
li studiò a sua volta. Sembravano essere dei classici
maccheroncini italiani,
coperti da quello che aveva tutta l’aria di essere un mix di
cheddar,
parmigiano e besciamelle.
A
giudicare dalla gratinatura erano stati passati in forno per
un po’. Sembravano un mappazzone, ma erano decisamente
più gradevoli alla vista
di altre pietanze che capeggiavano sulla tavolata.
Decise
comunque di attendere che Liam facesse da cavia per
primo, osservando l’espressione dell’amico mentre
assaporava il boccone
lentamente come se stesse cercando di capire se la pietanza fosse o
meno di suo
gradimento. Alla fine deglutì e storse appena il naso.
-
Meno peggio di quello che mi aspettassi, ma se degli
italiani mangiassero questa roba probabilmente dichiarerebbero guerra
agli
Stati Uniti. –
-
Non che la nostra cucina sia molto migliore o più fedele
alle loro tradizioni. –
-
Almeno non mettiamo la besciamelle sulla pasta. –
-
Vero, voi ci mettete direttamente il ketchup – intervenne
una voce femminile alla loro destra.
Doveva
aver sentito i loro commenti, perché li osservava con
l’aria di chi stava pensando che gli inglesi fossero un
gruppo di snob con la
puzza sotto al naso che considerava indegni della loro attenzione i
loro cugini
coloniali.
Henrik
le rivolse un sorriso di scuse visto che Liam la
fissava con espressione crucciata e non sembrava minimamente
intenzionato ad
aprire bocca per scusarsi dei suoi commenti.
-
Non volevamo essere offensivi -, spiegò porgendole la mano,
- è solo che abbiamo bisogno per abituarci ai gusti
differenti. Io sono Henrik
e il musone qui vicino è Liam. –
-
Khendra Lancaster. –
Quello
ebbe il potere di convincere Liam a prendere parte alla
conversazione in modo attivo.
-
Lancaster come il coach Lancaster? –
-
Per Isotta, non dirmi che anche tu sei un giocatore di
Quidditch. –
-
Lo dici come se fosse una cosa brutta – replicò
piccato.
-
Di sicuro non è molto positiva -, replicò
impassibile, - ho
la nausea del Quidditch. –
-
Rimane il miglior sport di sempre. –
Henrik
studiò le espressioni sul volto di entrambi,
comprendendo che quei due non sarebbero mai andati d’accordo,
e decise
d’intervenire prima che ne nascesse una discussione di
proporzioni epocali.
Indicò
una ciotolina nell’angolo e miracolosamente fu sufficiente
a distrarre Khendra dalla conversazione.
-
Questa invece cos’è? –
-
Chi è il tipo con cui sta parlando Isabelle? –
Scott
seguì lo sguardo di Loki fino al tavolo dei Tuonoalato,
individuando la cugina seduta di fronte a Jackson Riot e immersa con
lui in una
fitta conversazione.
-
Ah, quello … Il nostro giovane Lord, Jackson Riot.
–
-
Lord? – gli fece eco Caos, con l’aria di chi non
sapeva se
prendere la cosa sul serio o come uno scherzo.
-
Già, i Riot vantano una lunga discendenza nobiliare per cui
anche da semplici studenti ci tengono a ricordare al mondo quanto
è blu il
sangue che scorre nelle loro vene. –
-
E Izzy frequenta un tipo del genere? –
-
È il Capitano della sua squadra -, chiarì il
rosso, -
convivono pacificamente ma non è che escano insieme o roba
simile. –
-
E ci mancherebbe altro – bofonchiò Loki,
addentando un pezzo
di pane e masticandolo con molto più vigore del necessario.
Scott
si fece immediatamente curioso, scrutandolo dritto negli
occhi.
-
E perché “ci mancherebbe altro”?
–
-
Così, tanto per dire. –
Lo
yankee lanciò un’occhiata a Caos, che li osservava
con
malcelata malizia e l’aria di chi ne sapeva una
più del diavolo.
-
Mi sono perso qualcosa? –
-
Ancora no -, lo rassicurò sottovoce il moro, - ma secondo me
tra un po’ se ne renderà conto anche Loki.
–
Non
aveva la più pallida idea di cosa dovesse rendersi conto
il loro amico e aveva quasi timore nel fare altre domande, per cui si
limitò a
scrollare le spalle e tornare a mangiare. Con la bocca piena era
difficile
impelagarsi in conversazioni imbarazzanti.
-
C’è un bel tipo che guarda fisso da questa parte
– esordì Reina,
dando di gomito a Marcus e accennando appena al ragazzo seduto al
tavolo
accanto al loro.
-
Un ragazzo che ti guarda -, la rimbeccò con un sorrisetto
ironico, - sai che novità. –
Il
sorriso si estese ancora di più sulle labbra carnose della
Serpeverde, assumendo una nota di malizia mista a divertimento che non
sfuggì
affatto al suo compagno di Casa.
-
Il punto è che non credo che stia guardando me. –
Marcus
corrugò la fronte, voltandosi a osservare con
discrezione il ragazzo a cui stava facendo riferimento Reina.
Aveva
la carnagione olivastra, tratti spiccatamente orientali
e anche se era seduto poteva giurare che fosse molto alto e molto
probabilmente
con un fisico asciutto e muscoloso a giudicare dal modo in cui la
divisa dei
Serpecorno gli aderiva al corpo. Un bel tipo, come aveva giustamente
decretato
Reina, e anche popolare visto il modo in cui le persone sedute accanto
a lui
cercavano di attirare la sua attenzione.
-
Chi altri potrebbe guardare? –
Decisamente
non lui, pensò distrattamente prima di infilzare
una patata arrosto.
-
Non saprei, tu cosa ne pensi? –
Che
stava cominciando a innervosirsi, ma questo doveva essere
evidente malgrado il modo di fare di Reina.
-
Non ne ho idea e francamente non me ne importa nemmeno. –
La
mora roteò gli occhi e sbuffò.
-
D’aaaaccordo, prossimo argomento allora. Cosa ti andrebbe di
fare questa sera? –
-
A parte finire di mangiare e poi filarmene a letto? –
-
Sì, Marcus, a parte quello. –
-
Allora nulla. –
-
Non puoi chiuderti così -, sbuffò nuovamente
sporgendosi
verso di lui, - probabilmente è la prima e ultima volta che
visitiamo
Ilvermorny … Potremmo esplorare e magari conoscere qualche
tipo interessante. –
-
Credo che tu mi stia confondendo con Alther -, la rimbeccò
ironico, - ma nel caso l’avessi dimenticato lui è
rimasto a Hogwarts e io non
sono un festaiolo folle. –
Reina
gli rivolse un sorriso tutto denti.
-
Simpatico, ma in terra straniera potresti anche dimenticare
quello che sei e provare a sperimentare qualcosa di nuovo, no?
–
-
No, grazie, sto bene così. –
Sconfitta,
non le rimase che cedere davanti alla
determinazione dell’amico.
-
Va bene, per questa volta ci rinuncio, ma torneremo
sull’argomento.
–
-
Non vedo l’ora – ironizzò.
Poi
finalmente il silenzio calò tra loro e poterono riprendere
a consumare la cena. Intavolare una conversazione con Reina era roba da
ossi
duri, ma fortunatamente per lui aveva tenacia da vendere anche se, ne
era certo
ormai, quell’anno di scambio culturale sarebbe stato veramente lungo.
Spazio
autrice:
Salve!
Eccoci
qui anche con il capitolo dedicato all’introduzione delle
nostre beneamate
Cavallette provenienti un po’ da una scuola e un
po’ dall’altra. Come sempre
spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento e ci sentiamo
orientativamente verso la fine della settimana con il prossimo
aggiornamento.
Stay
tuned.
XO
XO,
Mary
|
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Capitolo 5 *** Capitolo 3 ***
Capitolo
3
Khendra
sistemò meglio la tracolla della borsa sulla spalla e
allungò il passo per infilarsi nell’aula di
Tinture e Misture un attimo prima
che la professoressa Lowndes chiudesse la porta. Ignorò
l’occhiataccia dell’insegnante,
che ormai l’aveva etichettata come un elemento di disturbo
decisamente poco
portato, e raggiunse il suo solito banco nell’ultima fila.
Aggrottò la fronte
con disappunto quando lo vide già occupato da due studenti
di Hogwarts.
La
ragazza dalle lunghe ciocche castane smise di parlare con
l’amico
e le rivolse uno sguardo incuriosito.
-
Scusami, è il tuo posto? –
-
Di solito sì. –
Il
ragazzo dai capelli biondissimi assunse un’espressione
desolata e fece per recuperare i suoi libri e alzarsi.
-
Ah, se vuoi possiamo spostarci … non sapevamo che fosse
già
occupato. –
-
No, non serve. I banchi sono da tre posti comunque e poi
immagino che non possiate essere peggio del resto degli studenti del
mio anno.
Per cui restate pure -, si affrettò a replicare occupando
l’ultima sedia libera
per poi tendere loro la mano, - Khendra Lancaster comunque. –
-
Reina Solares … e lui è Marcus Greengrass. Sei in
Serpecorno? –
-
Già, cosa che la Lowndes trova molto divertente ricordare a
tutti dal momento che dovrei essere una dei cervelloni della scuola ma
nella
sua materia fallisco miseramente ogni volta. –
-
Bene, allora direi che entrambe dovremo fare affidamento su
Marcus. Il nostro piccolo genietto qui presente è
l’unico dei tre a capirci
qualcosa di questa roba. –
-
E io dovrei aiutarvi, perché? –
Le
due ragazze si scambiarono un’occhiata complice prima di
rivolgergli due sorrisoni identici e giungere le mani a mo’
di preghiera.
-
Naturalmente perché siamo adorabili –
asserì Reina convinta.
-
E perché altrimenti saremmo perdute. –
Davanti
a quell’improvvisa intesa femminile provare a
obiettare era inutile, anni d’esperienza maturata al fianco
di Reina glielo
avevano insegnato perfettamente, per cui non gli rimase che scrollare
le spalle
e cedere.
-
Va bene, ma almeno state zitte e fatemi seguire la lezione,
non reggerei a un’altra conversazione da
ragazze. –
-
Si può sapere cosa stai guardando con tanto interesse?
–
Joaquin
sobbalzò, finendo quasi con l’infilare la
bacchetta
nell’occhio del compagno di banco.
– Nulla.
–
-
Se questo nulla rischia di farmi diventare cieco deve essere
un nulla importante – lo rimbeccò Scott con un
sorrisetto divertito.
-
Scusa, ero sovrappensiero, non ricapiterà. Allora vogliamo
cominciare con l’esercitazione? –
Il
rosso osservò dubbioso l’amico, chiedendosi se
fosse stata
una buona idea quella di finire in coppia con Joaquin quella mattina.
Solitamente infatti il Tuonoalato se la cavava alla grande con
Trasfigurazione,
ma in quel momento non era affatto sicuro che sarebbe riuscito a
trasfigurarlo
nel modo corretto.
-
Solo se sei sicuro di non far scomparire qualche pezzo
importante. –
-
Non l’avrei mai fatto -, replicò sorridendo
ironico in
risposta, - ma mi hai dato un’idea niente male. Potrei anche
provare a vedere
come si vive senza certi pezzi … -
-
Sì, certo, come se credessi alle tue minacce. –
-
Libero di non crederci, ma non dire che non ti avevo
avvisato –, alzò una mano per attirare
l’attenzione del docente, - Professore
io e Scott vogliamo provare per primi. –
-
Bene, cominciate pure allora. –
Vedendo
Joaquin che gli puntava contro la bacchetta
improvvisamente la baldanza del rosso svanì come neve al
sole. Dopotutto era
pur sempre un Tuonoalato e non si era mai del tutto sicuri di
ciò che potessero
fare o meno.
-
Joaquin … lo sai che ti ho sempre voluto bene, no?
–
-
Certo. –
-
Quindi, per favore, non far scomparire nulla. –
-
Vedrò cosa posso fare, ma non ti prometto niente. –
Non
proprio la risposta che sperava di ottenere.
Così
non gli rimase altro da fare che chiudere gli occhi e
pregare silenziosamente di ritrovarsi ancora ogni libra di carne ben
attaccata
al corpo al termine di quella lezione infernale.
-
Quindi quello sarebbe il tuo Capitano? –
Isabelle
annuì mentre lei e Diana finivano di risistemarsi la
divisa dopo essersi trasfigurate a vicenda.
-
E dimmi è sempre così corrucciato? –
L’americana
seguì lo sguardo di Brooklyn e dovette riconoscere
che in quel periodo Jackson non aveva affatto un’aria
rilassata. Doveva
sembrare molto poco amichevole agli occhi dei loro visitatori, ma lei
che lo
conosceva fin dal primo anno intuiva che doveva esserci qualcosa che
non
andava; non era mai stato un tipo particolarmente espansivo, del resto
nella sua
famiglia a parte suo zio Desmond gli altri erano sempre stati piuttosto
glaciali, ma dubitava che si sarebbe aperto con lei. Si frequentavano
come
compagni di Casa e di squadra, ma non erano mai andati oltre quel
rapporto di
fredda cortesia che si riservava ai conoscenti.
-
Deve avere qualche problema. Non è un chiacchierone, ma
solitamente è meglio di così. –
-
Non che ci voglia molto ad esserlo -, considerò a sua volta
Diana, - un cadavere ha più vivacità di lui.
–
-
So che lui e i suoi amici organizzano delle gran belle feste
perciò suppongo che quando prende confidenza si sciolga un
po’. –
-
Supponi? Non sei mai andata a una delle loro feste? –
Anna
era sinceramente perplessa. Isabelle era bellissima e a
giudicare dalla quantità di persone che la fermavano nei
corridoi per parlare
anche piuttosto popolare, non riusciva a immaginare come fosse
possibile che
venisse esclusa.
Insomma
era un po’ come se Diana e Brooklyn non fossero
invitate quando si trovavano a Hogwarts; era lei quella fuori posto a
quegli
eventi, la tipa stramba con la testa tra le nuvole, per cui a meno che
a
Ilvermorny non ci fosse tutto un altro codice di frequentazioni non
riusciva a
immaginare perché mai Izzy fosse considerata non gradita.
-
Hanno una cerchia molto ristretta -, spiegò la ragazza, - ed
è raro che permettano a qualcuno che non fa parte del loro
gruppo di
avvicinarsi. –
Una
cricca esclusiva dunque, magari di ricconi con la puzza
sotto al naso e l’ossessione del sangue puro proprio come a
scuola loro,
ipotizzò sondando l’aula alla ricerca
dell’identità di questi misteriosi
privilegiati.
Lo
sguardo le cadde sulle due ragazze sedute a qualche banco
da loro. Una biondissima, che seguiva con attenzione quasi morbosa ogni
dettaglio della spiegazione, e l’altra dalla chioma color
dell’ebano che
appariva annoiata e intenta a osservare la manicure alla ricerca forse
di
qualche imperfezione.
Non
sapeva come mai, ma l’istinto le diceva che quelle due
erano sicuramente parte della celeberrima cerchia d’invitati.
-
Hai deciso chi invitare? –
Esme
annuì, studiando una cuticola con aria critica.
L’ora di
Tinture e Misture del giorno precedente aveva letteralmente ucciso le
sue mani.
-
Ho già le lettere pronte, non resta che consegnarle.
–
-
Inglesi? –
-
Una di loro -, rivelò con un sorriso da cospiratrice, - ma
è
inutile che la cerchi in quest’aula. È al sesto
anno. –
Astrid
fece rapidamente mente locale, riportando alla memoria
le sembianze delle studentesse che erano arrivate pochi giorni prima.
Su tutte
ne spiccava chiaramente una, che indossava la divisa verde argento,
dalle
ciocche castane perfettamente acconciate e una certa sicurezza nei
modi.
-
Quella che passa sempre il suo tempo con il ragazzo biondo? –
-
Precisamente. Lei e la Lancaster dovrebbero rispecchiare
sufficientemente le doti che considero apprezzabili. –
Sulla
seconda non c’erano dubbi, anche perché Esme non
aveva mai
nascosto una certa predilezione per la compagna di Casa, ma sulla prima
aveva i
suoi dubbi. Quell’amico con cui girava sempre non era certo
un tipo che il Club
avrebbe considerato come rispecchiante le caratteristiche che
cercavano. Era
timido, impacciato, e poco propenso al dialogo a quanto le era sembrato.
-
Sei certa che quella Reina non sia un buco nell’acqua?
–
-
Tutti noi, chi prima e chi poi, abbiamo avuto amicizie
discutibili. Inoltre a quanto mi è parso di capire il
biondino è un piccolo genio.
–
Astrid
inarcò un sopracciglio, decisamente scettica, ma non
fece in tempo ad aprire bocca perché Arthur
s’intromise nella loro
conversazione.
-
State parlando di quel piccolo concentrato di bellezza e
tenerezza? –
Se
prima era scettica ora era assolutamente incredula.
Ovviamente
non era la dichiarazione di Arthur, della cui
bisessualità nonché spiccata preferenza per il
genere maschile era ben noto a
tutti a scuola, bensì il fatto che quel Marcus fosse un tipo
che mai avrebbe
pensato di accostargli.
Erano
gli opposti, ma forse aveva ragione sua madre nel dire
che talvolta le persone così diverse si attraevano proprio
per quel motivo.
-
Tiro a indovinare -, rilanciò Esme, - lui è uno
dei tuoi
candidati. –
Il
compagno di Casa le rivolse un sorriso malandrino che era
un’implicita conferma alle sue parole.
-
Potrebbe … -
-
E immagino che invece tu voglia candidarti per infilarti nel
suo letto – concluse la mora.
Questa
volta il sorriso si trasformò in una risata bassa e
virile.
-
Mi conosci troppo bene. –
*
Winona
sedette accanto all’amico, togliendogli da davanti il
libro che stava leggendo e sorridendo innocentemente davanti
all’espressione
omicida che balenò nel suo sguardo.
-
Scusa, ma è tutto il giorno che non fai che leggere e
studiare, comincio a sentirmi trascurata. –
Jackson
mise il segno al capitolo e richiuse il volume,
lasciandosi andare contro lo schienale della poltrona massaggiandosi
lentamente
le tempie con movimenti delicati e circolari.
-
Studiare mi distrae. –
-
Lo so, i libri sono la tua personale valvola di sfogo … ma
ci sono qua io, Jack, parlami. –
Winnie
la faceva facile, a lei veniva naturale confidarsi con
le persone a cui teneva, ma lui era cresciuto sentendosi ripetere che
la
fiducia e i sentimentalismi erano debolezze che potevano rovinare i
Riot.
Aprirsi era complicato, lo esponeva, e aveva il terrore di soffrire
nuovamente
come durante la sua infanzia.
-
Non sono bravo con queste cose. –
-
Davvero? -, si finse scandalizzata, - Jackson Riot che non è
bravo in qualcosa e arriva persino ad ammetterlo? Sta per caso finendo
il
mondo? –
Ridacchiò.
-
Spiritosa, non sono poi così testardo. –
-
Già, sei testardo ed egocentrico, c’è
una bella differenza. –
-
Tu invece sei un agnellino, no? –
Winona
ebbe almeno la decenza di abbozzare un sorrisetto
colpevole prima di tornare all’attacco. – Stavamo
parlando di te, non di me,
perciò non cambiare discorso. Cosa c’è
che non va, Jack? –
-
Sono preoccupato per il Club -, ammise alla fine, - Esme è
sul piede di guerra e forse potrebbe racimolare abbastanza voti da
battermi.
Hai idea di cosa significherebbe se ciò accadesse?
–
Il
primo anno in cui il Riot Club non era guidato da un membro
di quella famiglia.
Una
novità unica nel corso della storia di Ilvermorny.
Suo
padre non l’avrebbe mai perdonato se avesse disonorato in
quel modo il nome di famiglia.
Le
tre affermazioni si susseguirono rapidamente nella testa della
ragazza, spingendola ad allungarsi ad afferrare la mano di Jackson e a
intrecciare le dita con le sue.
Sorprendentemente
l’amico non si tirò indietro.
Doveva
essere davvero sconvolto se si lasciava persino
coccolare.
-
Non pensarci nemmeno, Jack, io ti giuro che vincerai le
elezioni. Non permetteremo a Esme di scavalcarti. –
Le
iridi verdemare del Tuonoalato si specchiarono nelle sue
per alcuni secondi per parvero interminabili, poi quell’alone
di tristezza
scomparve dal suo volto e un po’ dello spirito combattivo e
determinato che l’aveva
sempre contraddistinto tornò a fare capolino.
-
Hai ragione. Siamo in parità e la differenza la faranno le
Cavallette. –
Winona
trasalì come sempre nel sentire quel soprannome. Odiava
il corrispettivo animale e anche il semplice pensiero le suscitava
brividi
freddi lungo la schiena.
-
Per Isotta, si può sapere chi diavolo ha inventato questo
nome orrendo e perché mai non possiamo fare nulla per
cambiarlo? –
Jackson
ridacchiò. – Eppure frequenti anche tu le lezioni
di
Sciamanismo, dovresti saperlo. –
-
Ho rimosso qualsiasi nozione che le riguardi. –
-
La cavalletta nel totem del potere rappresenta la
trasformazione, la forza necessaria a compiere il cambiamento
necessario. –
-
E perché allora non il cavallo, che rappresenta il viaggio
dell’uomo? –
Jackson
ci pensò su prima di rilanciare tra le risate che lo
squassavano. – Va bene, se vinco la votazione propongo di
cambiare il nome in “i
cavallini”. –
-
Lo hai deciso solo perché i cavalli ti piacciono e sei
ossessionato da Spirit fin da quando avevamo cinque anni. –
Ricordava
l’entusiasmo di Jackson quando era venuto a trovarla
a casa la prima volta e aveva scoperto quella diavoleria Babbana
chiamata
televisione. C’era una replica di quel cartone animato quel
giorno e lui aveva
cantato le canzoni e incitato Spirit a combattere contro gli umani con
quanto
fiato aveva in gola, decretando che quella era la cosa più
bella che avesse mai
visto in tutta la sua vita.
Al
solo nominare quell’episodio le guance chiare del ragazzo
assunsero una tonalità di rosso vivo e le risate cessarono
all’istante.
-
Avevi promesso che non avresti più tirato in ballo quella
storia. –
-
E tu che non mi avresti preso in giro per la paura che ho di
quelle immonde bestie e per le azioni che compio quando ne vedo una.
–
-
D’accordo -, alzò una mano e la portò
al cuore, - giuro
solennemente di non prenderti più in giro se tu non farai
parola della storia
di Spirit. –
Winona
annuì soddisfatta.
-
Abbiamo un accordo. –
Spazio
autrice:
Salve!
Non
ho
fatto comparire tutti i personaggi perché ho deciso di
dividere il capitolo a
metà visto che altrimenti sarebbe venuto fuori una roba di
tipo venti pagine,
perciò ne approfitto per farvi una domandina a cui vorrei
che rispondeste
preferibilmente tramite messaggio privato:
-
come
reagirà il vostro OC quando scoprirà di essere
stato selezionato dal Riot?
Come
sempre prima mi giungono le risposte e prima arriverà il
capitolo.
Stay
tuned.
XO
XO,
Mary
|
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Capitolo 6 *** Capitolo 4 ***
Capitolo
4
-
Continuo a non capire perché non possiamo far consegnare
queste lettere da un gufo come fanno tutte le persone civili di questo
mondo –
sbuffò Edward, mentre scivolavano fuori dal dormitorio
maschile stando attenti
a non farsi notare troppo.
Anthony
raddrizzò il blazer della divisa e annuì solidale.
-
Lo so, ma fa parte della tradizione.
–
Calcò
l’ultima parola mettendoci un’enfasi che fece
scoppiare
a ridere l’amico. Gli sembrava quasi di sentire Jackson in
quell’imitazione.
-
Se state prendendo in giro chi penso fareste meglio a non
farvi sentire da Winona. –
Trasalirono,
individuando solo in quel momento Scott Blackwood
sul divanetto in pelle nell’angolo. Aveva l’aria di
chi si era appena
svegliato, a giudicare dallo sguardo assonnato, perciò era
ragionevole supporre
che non avesse capito di cosa stessero parlando.
-
Un po’ di sana ironia non ha mai ucciso nessuno. –
-
Certo, almeno finchè non prendete una librata in testa
–
asserì il rosso.
-
Winona non ci impensierisce – replicò Anthony,
sfoggiando la
migliore delle sue espressioni di supponenza.
Scott
lo conosceva abbastanza da sapere che quello era il suo
modo per mettere termine a una conversazione che non desiderava
protrarre. Così
si limitò a un mezzo cenno del capo, recuperò la
tracolla che aveva lasciato ai
piedi del divano e li oltrepassò per andare alla ricerca
della sua attrezzatura
da Quidditch che, se conosceva bene sua cugina, doveva essere stata
seminata in
giro per tutta la scuola.
Lei
e le sue ripicche erano un classico dopo il periodo delle
vacanze estive in cui lui, c’era da ammetterlo, metteva a
dura prova la sua
pazienza.
Sorrise
quando uscendo dalla Sala Comune sentì Edward che
obiettava che lui era impensierito eccome dagli attacchi di rabbia di
quella
pazza di Winona.
Girovagando
per il piano riuscì a recuperare tutto, malgrado
l’impresa quasi eroica che fu costretto ad affrontare nel
momento in cui
dovette sfilare la mazza dall’armatura canterina accanto
all’arazzo di Isotta
Sawyre, e quando rientrò nella sua stanza la
perlustrò da cima a fondo per
essere certo di trovare un nascondiglio che Isabelle non sarebbe mai
riuscita a
scoprire e che fosse abbastanza sicuro per ospitare la sua attrezzatura
e
proteggerla da eventuali sabotaggi.
Fu
allora che lo sguardo gli cadde sulla busta adagiata sul
cuscino del suo letto a baldacchino.
L’afferrò,
studiando il sigillo con attenzione. Non gli
sembrava di riconoscerlo, ma a giudicare da quanto era elaborato doveva
trattarsi di qualcosa di veramente serio.
L’aprì,
scorrendo la missiva rapidamente.
Congratulazioni
signor Blackwood,
il
Riot Club è lieto d’informarla che è
stato scelto per prendere parte alla
selezione dei nuovi membri. La presente pergamena è
vincolata a un potente
incantesimo che le renderà impossibile parlarne con terze
persone, pertanto le
consigliamo per la sicurezza della sua persona di non tentare nemmeno
di
aggirare l’incanto.
Saremo
noi a contattarla,
Viper
Tutta
quella storia gli era completamente nuova, ma non era
difficile provare a immaginare chi ci fosse dietro quel fantomatico
Riot Club
né cosa stessero facendo Anthony ed Edward quando si erano
comportati in modo
tanto strano e sospetto. Non sapeva ancora cosa pensare a riguardo,
l’unica
cosa di cui era certo era che sarebbe andato in fondo a quella faccenda.
*
Congratulazioni
signor Walker,
il
Riot Club è lieto d’informarla che è
stato scelto per prendere parte alla
selezione dei nuovi membri. La presente pergamena è
vincolata a un potente
incantesimo che le renderà impossibile parlarne con terze
persone, pertanto le
consigliamo per la sicurezza della sua persona di non tentare nemmeno
di
aggirare l’incanto.
Saremo
noi a contattarla,
Hurricane
Liam
rilesse quella pergamena per la seconda volta, cercando
di dare un senso logico a quelle parole. Erano arrivati a Ilvermorny da
poco,
ancora praticamente non conoscevano nessuno se si escludevano i cugini
Blackwood, eppure c’era già chi si mostrava
incuriosito e interessato. Poi
sbirciò sul letto a baldacchino di Henrik, poco distante dal
suo, individuando
sul cuscino dell’amico una busta identica a quella che aveva
rinvenuto lui.
Attese
che uscisse dal bagno per indicargliela con un cenno
del capo.
-
Abbiamo ricevuto posta. –
Henrik
si fece avanti, frizionando i capelli con l’asciugamano,
studiando la busta con l’aria circospetta di chi sembrava
aspettarsi di vederla
esplodere da un momento all’altro.
L’afferrò, rigirandola un paio di volte e
tentennò nel momento di aprirla.
-
Non ti farà saltare in aria -, lo esortò Liam, -
coraggio
aprila. –
-
L’hai ricevuta anche tu? –
Gli
mostrò la sua missiva.
-
Credo ci sia scritta la stessa cosa, perciò sbrigati, sono
curioso. –
Obbedì,
rompendo il sigillo ed estraendo la lettera. La lesse,
sgranando gli occhi mano a mano che procedeva con la lettura, e alla
fine alzò
nuovamente lo sguardo per osservare Liam.
Congratulazioni
signor Crouch,
il
Riot Club è lieto d’informarla che è
stato scelto per prendere parte alla
selezione dei nuovi membri. La presente pergamena è
vincolata a un potente
incantesimo che le renderà impossibile parlarne con terze
persone, pertanto le
consigliamo per la sicurezza della sua persona di non tentare nemmeno
di
aggirare l’incanto.
Saremo
noi a contattarla,
Ice
-
Cosa hai intenzione di fare? –
-
Non lo so, tu invece? –
-
Potremmo anche provare a sentire cosa vogliono. So che ai
tempi della scuola i miei genitori hanno fatto parte di un Club, questo
potrebbe essere qualcosa di simile, perciò ho intenzione di
ascoltarli
perlomeno. –
Liam
ponderò su quelle parole per qualche istante prima di
annuire lentamente.
-
Va bene, sentiremo cosa vogliono, ma se è una qualche strana
setta io non voglio averci nulla a che fare. –
-
Promesso, niente adoratori folli. –
*
Congratulazioni
signor Burke,
il
Riot Club è lieto d’informarla che è
stato scelto per prendere parte alla
selezione dei nuovi membri. La presente pergamena è
vincolata a un potente
incantesimo che le renderà impossibile parlarne con terze
persone, pertanto le
consigliamo per la sicurezza della sua persona di non tentare nemmeno
di
aggirare l’incanto.
Saremo
noi a contattarla,
Ermes
Congratulazioni
signor Nott,
il
Riot Club è lieto d’informarla che è
stato scelto per prendere parte alla
selezione dei nuovi membri. La presente pergamena è
vincolata a un potente
incantesimo che le renderà impossibile parlarne con terze
persone, pertanto le
consigliamo per la sicurezza della sua persona di non tentare nemmeno
di
aggirare l’incanto.
Saremo
noi a contattarla,
Wave
-
Siamo proprio sicuri che non sia un qualche scherzo che
hanno deciso di giocarci mr Capitano pallone gonfiato e la sua cricca?
–
Caos
scrollò le spalle davanti alle riserve dell’amico,
mettendo via la pergamena e riponendo il tutto con cura.
-
Di solito non ti tiri mai indietro quando si tratta di un
invito a qualcosa di esclusivo e potenzialmente assurdo. Sicuro che non
lo fai
solo perché quel Jackson non ti piace? –
-
Ovvio che non mi piace, è così … -
-
Posh? –
Loki
storse il capo all’udire il suggerimento
dell’amico,
guardandolo come se si fosse completamente ammattito tutto
d’un tratto.
-
Non starai mica pensando a quel maledetto film che ci hanno
costretto a vedere le nostre sorelline, spero. –
-
Certo che no, anche perché loro erano in un college Babbano
inglese, noi siamo in una scuola di magia e stregoneria americana.
Ovviamente
le location sono diverse e pregiudicherebbero la trama. –
-
Quando si tratta di cinema tu cominci a preoccuparmi, ma più
di ogni altra cosa quello che mi spaventa sono io che riesco a seguire
i tuoi
ragionamenti perché so di cosa stai parlando –
asserì il biondo, alzando gli
occhi al cielo incredulo.
-
Dovresti ringraziarmi per la cultura che hai assimilato
grazie a me. –
Arricciò
il naso, afferrando il blazer e riponendolo con cura
nell’armadio.
-
Dubito che Posh possa considerarsi cultura. –
Caos
sventolò una mano a mezz’aria come a dire che
tutta
quella conversazione era poco rilevante ai fini della loro decisione.
-
Quindi cosa facciamo, ci andiamo? –
-
Mi darai il tormento se non accetto, vero? –
-
Ovviamente. –
-
Va bene -, sbuffò, - andremo a questa prima riunione ma se
è
una palla leviamo le tende e tanti cari saluti a tutti, ok? –
Caos
mimò un beffardo cenno militare: - Sissignore! –
*
Congratulazioni
signor Greengrass,
il
Riot Club è lieto d’informarla che è
stato scelto per prendere parte alla
selezione dei nuovi membri. La presente pergamena è
vincolata a un potente
incantesimo che le renderà impossibile parlarne con terze
persone, pertanto le
consigliamo per la sicurezza della sua persona di non tentare nemmeno
di aggirare
l’incanto.
Saremo
noi a contattarla,
Adder
Non
aveva la più pallida idea di chi fosse quell’Adder
né del perché
tra tanti studenti inglesi e americani si fosse preso la briga di
invitare
proprio lui a unirsi al loro Club. Insomma lui non era un tipo
festaiolo o
particolarmente esuberante, perlopiù se ne stava sulle sue e
tendeva a
preferire un buon libro al chiasso delle feste, eppure
l’invito era stato
recapitato proprio sul cuscino del suo letto.
E
lui era l’unico Greengrass presente in tutta la scuola.
Non
c’era assolutamente nemmeno la più piccola
possibilità che
si trattasse di un errore.
-
Cosa leggi? –
Trasalì
quando Reina e Khendra lo raggiunsero al tavolo in
biblioteca e di riflesso richiuse la lettera di scatto nascondendola
sotto il
libro d’incantesimi.
-
Nulla, solo una lettera che ho ricevuto. –
Reina
parve immediatamente molto interessata e anche il modo
in cui Khendra lasciava saettare lo sguardo lasciava intendere che
sapesse
qualcosa.
-
Da chi? –
-
Vorrei saperlo, ma a quanto pare va di moda firmarsi in
codice da queste parti. –
Reina
sgranò gli occhi, afferrandolo per un braccio mentre un
sorriso si allargava sul suo volto.
-
Lo sapevo! Te l’avevo detto, no Khendra? –
-
Già -, la Serpecorno sorrise divertita
dall’entusiasmo della
sua nuova amica, - l’avevi detto eccome. –
-
Le avevi detto cosa?
–
-
Che avresti ricevuto la lettera anche tu. Io e Khendra
abbiamo trovato le nostre poco fa, siamo state invitate entrambe dalla
stessa
persona. –
-
Una ragazza che si firma come Venus -, chiarì
l’americana, -
tu invece? –
-
Adder. Impossibile capire se sia un ragazzo o una ragazza. –
-
Chi se ne frega -, Reina era visibilmente euforica, -
l’importante
è che tutti e tre siamo stati invitati. Sarei morta
all’idea di tenervi
nascosta una cosa come questa. –
E
di sicuro non ci sarebbe riuscita, considerò distrattamente
Richard, vista la sua totale incapacità di agire in segreto.
-
Frena l’entusiasmo, non credo che ci andrò.
–
-
Tu ci andrai, non provare nemmeno a pensare il contrario, a
costo di trascinarti fino a lì. È
un’opportunità fantastica! –
Avrebbe
voluto provare a ribattere, ma temeva seriamente che Reina
potesse mettere in atto la sua minaccia perciò si
limitò ad annuire con fare
rassegnato.
*
-
Quindi tu non ne sai davvero nulla? –
Isabelle
scosse il capo, infilzando una patata arrosto con la
forchetta, e allontanò una ciocca castana dal volto con un
soffio.
-
No, Brook. Sinceramente non avevo idea che avessero formato
persino un Club, insomma messa così sembra una cosa grossa.
–
-
Quindi Jackson Riot è un pezzo più grosso di
quello che
sembra -, considerò Diana osservando di sottecchi il
ragazzo, - e non è solo un
bel faccino che gioca a fare il ricco tenebroso. –
-
Esattamente chi sono i Riot? Insomma se si muovono in questo
modo sembra che tengano molto alla segretezza. –
Isabelle
fece per rispondere, ma fu Anna che sorprese tutte
con le sue parole.
-
I Riot sono una famiglia di antiche origini inglesi
trapiantata in America all’arrivo delle prime navi puritane,
da allora hanno
fatto la loro fortuna prima investendo fondi in opere magiche di nuova
generazione e poi giocando di borsa. Hanno intessuto relazioni
diplomatiche con
i potenti di tutta l’America e della Gran Bretagna, hanno
persino ottime
connessioni con il resto dell’Europa. –
Brooklyn
emise un fischio flebile.
-
E questo quando l’hai scoperto? –
-
Questo pomeriggio, dopo che ho trovato la lettera, quando mi
sono chiusa in biblioteca a fare ricerche. Però tutto
ciò che ho trovato era
generico, non c’erano dati e informazioni sicure o
dettagliate. –
-
Non tutti gli affari dei Riot sono limpidi -, replicò
Isabelle, - perciò hanno fatto della segretezza la loro
carta vincente. Nessuno
sa con precisione a quanto ammonti il loro patrimonio o quante siano
esattamente le proprietà in loro possesso …
c’è chi dice che non vogliano
rischiare un esproprio a opera del Ministero. –
Brooklyn
diede voce alla domanda che affollava la mente di
tutte e tre.
-
Quindi vogliamo prendere parte a un Club gestito da qualcuno
di cui non sappiamo nulla oppure facciamo finta di non aver mai
ricevuto gli
inviti? –
Quella
sì che era una bella domanda, considerò Diana, ma
d’altro
canto non c’era nulla che suggerisse che quel Club fosse
pericoloso e tre di
loro venivano da una generazione precedente che si era baloccata con un
Club
alla loro età.
-
Majestic ha invitato me e Isabelle, Adder ha invitato Anna e
Brooklyn è stata invitata da Viper. Questo significa che nel
Club ci sono
almeno tre persone, probabilmente molte di più, e mi risulta
difficile credere
che ci siano tanti personaggi ambigui all’interno di
Ilvermorny. Quindi io
direi di provare a sentire quello che hanno da dire, di sicuro non si
tratta di
nulla che potrebbe farci finire ad Azkaban – concluse con
ironia.
Le
tre ragazze rifletterono sulle sue parole prima di annuire
all’unisono.
Provare
non costava nulla.
Spazio
autrice:
Salve!
Finalmente
i nostri ragazzuoli cominciano a intravedere qualcosina sul Riot,
mentre nel
prossimo capitolo avranno a che fare con la tanto ambita
“serata di gala”.
Perciò chiederei a tutti quanti di inviarmi una descrizione
(o meglio ancora un
link) dell’abito che volete indossi il vostro OC (sia esso
una Cavalletta o un
membro ufficiale del Riot). Tenete presente che sarà un
evento molto formale,
perciò più è elegante e meglio
è.
Ah,
ne
approfitto per fare un po’ di pubblicità a una
nuova interattiva un po’ diversa
dalle mie solite che trovate qui: https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3808170
A
presto.
Stay
tuned.
XO
XO,
Mary
|
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Capitolo 7 *** Capitolo 5 ***
Capitolo
5
-
Continuo a credere che il fatto che non possa indossare uno
smoking anche io sia una vera e propria ingiustizia –
sbuffò Astrid mentre
osservava l’amica indossare l’abito che aveva fatto
realizzare appositamente
per l’occasione da una delle magi stiliste di grido della
scena della moda
americana.
Dire
che fosse oltremodo pomposo era poco, vista la quantità
abnorme di strascico che ricadeva sul pavimento e il colletto alto a
ventaglio
che circondava il collo da cigno di Esme. Un abito da regina, questa
era stata
la prima cosa che aveva pensato quando l’aveva vista estrarlo
dalla scatola
immensa in cui era racchiuso, e il significato metaforico non le era
sfuggito:
Esme voleva il titolo di Presidentessa e non si faceva scrupolo a
sbandierarlo
dritto in faccia a Jackson.
-
Sembra oro liquido – mormorò, accarezzando il
vestito e
sorridendo compiaciuta.
-
Sei mozzafiato. –
-
Lo so … e comunque non dire assurdità, ovviamente
non puoi
indossare uno smoking. Insomma il bello di questi eventi è
proprio lo scegliere
vestiti che di solito non puoi indossare, è un po’
come essere delle regine per
una sera. –
Astrid
si accigliò, per nulla convinta dalle parole della sua
migliore amica. Esme amava quel genere d’eventi, le dava una
sensazione di
potere, e da un certo punto di vista la capiva ma lei continuava a
credere che
un paio di pantaloni e delle scarpe comode fossero la cosa migliore a
cui una
ragazza potesse aspirare quando si trattava di vestiti.
-
Andare in giro con un tendone da circo e su scarpe che più
che altro sembrano trampoli non è mai stato il massimo delle
mie aspirazioni. –
-
Motivo per il quale ho pensato io al tuo vestito. Coraggio,
è nella scatola dentro al mio armadio, vallo a prendere.
–
Si
alzò dal letto a baldacchino, raggiungendo
l’armadio in
mogano con una certa apprensione. Esme la conosceva bene, ma certe
volte tendeva
a essere un po’ troppo plateale nella sua scelta di outfit
per cui non sapeva
cosa aspettarsi.
Trovò
la scatola sul fondo, seminascosta dai vestiti dell’amica,
e la trasportò sul suo letto per poi aprirla lentamente.
Sentiva
su di sé le iridi scure di Esme mentre sfilava
l’abito
e lo studiava.
Era
un semplice tubino a spalla larga che arrivava fino a
terra, di un bel blu che sicuramente le avrebbe fatto risaltare gli
occhi,
accompagnato da una stola ricamata che già adorava.
-
È perfetto … -
Esme
le sorrise compiaciuta.
–
Sapevo che ti sarebbe piaciuto; indossalo, vediamo se ho
indovinato le misure. –
Loki
sorrise ironico mentre osservava il suo migliore amico
alle prese con l’abito che sua cugina gli aveva consigliato
per l’occasione.
Doveva ammettere che se non fosse stato per Diana probabilmente a
quell’ora lui
avrebbe finito con il ritrovarsi ad Azkaban per aver strangolato Caos
perciò
era stato più che lieto di lasciare l’incombenza
modaiola alla ragazza. Però in
quel momento non c’era nessuna Diana in procinto di arrivare
in loro soccorso
perciò Caos non aveva avuto ostacoli nello sbuffare
liberamente per mezz’ora
abbondante mentre fissava l’abito decretando che non
l’avrebbe messo nemmeno
sotto Imperius.
Alla
fine Liam l’aveva minacciato di trascinarlo alla festa in
mutande se non si fosse dato una mossa e così aveva finito
per cedere, rimarcando
però con sonori e continui sbuffi ogni passaggio che
compiva.
-
Hai l’aria di un condannato a morte. –
-
Bene -, sospirò Caos armeggiando con i bottoni del panciotto
in tweed, - perché è esattamente come mi sento.
Sono sempre favorevole a fare
festa, ma non capisco perché dobbiamo conciarci in questo
modo ridicolo. –
-
Perché se questo club è effettivamente
così esclusivo è
perfettamente logico che le loro feste siano un po’
pretenziose – replicò pazientemente
Henrik mentre finiva di fare il nodo alla cravatta.
-
Sembro un idiota vestito così. –
-
È vero, ma la colpa non è certo del vestito
– ridacchiò Loki.
-
Non sei divertente. –
-
La verità non è mai divertente. –
Caos
afferrò il cuscino più vicino e lo
lanciò dritto verso di
lui, colpendolo in faccia e ponendo freno alle sue risate.
-
Comunque la cravatta non la metto – asserì alla
fine,
fissando quel pezzo di tessuto come se fosse sua la colpa di tutti i
mali del
mondo.
-
Se non la mette lui non lo faccio nemmeno io – intervenne
Scott.
-
Se non è proprio strettamente necessario allora anche io
… -
Fu
allora che Henrik esplose, tacitando all’istante tutte le
proteste degli amici sotto lo sguardo divertito di Liam.
-
BASTA! Scott e Loki, voi la cravatta dovete metterla per
forza perché il vostro abito è troppo elegante e
stonerebbe senza; Caos se
questo ti fa smettere di lagnarti allora lascia pure la camicia aperta
e non
mettere la cravatta. Mancano venti minuti all’appuntamento,
pensate di riuscire
a chiudere il becco e finire di prepararvi per tempo? –
I
tre annuirono in silenzio, finendo di prepararsi come diligenti
scolaretti dopo aver ricevuto quell’inaspettata strigliata.
-
Però immagino che questo sia un esempio delle direttive di
tua madre – commentò Liam, un sorriso divertito
ancora ben impresso sulle
labbra, - ora capisco perché tu e tuo padre scattate sempre
come soldatini. –
-
Non ci sono proprio possibilità di rimanercene buoni in Sala
Comune a leggere qualcosa? –
-
Nemmeno mezza -, asserì Reina prendendolo sottobraccio, -
perciò rassegnati all’idea di passare una serata
in mezzo a decine di persone,
musica, divertimento e alcool. Vedila così, ci sono
punizioni ben peggiori. –
Marcus
rivolse un’occhiata all’indirizzo di Khendra alla
ricerca di un aiuto che, suo malgrado, sapeva già fin troppo
bene che non
sarebbe giunto.
Infatti
l’americana si limitò a scrollare le spalle con un
sorriso di scuse che sembrava dire “ehy, non guardare me, io
sono più che
favorevole a questa festa”.
Non
c’era niente da fare, considerò rassegnato, era
completamente in balia di quelle despote festaiole. Non gli restava che
adeguarsi all’idea e cercare almeno di non sembrare
completamente un pesce fuor
d’acqua.
Khendra
lo prese sottobraccio dall’altro lato, trasformandoli
in una sorta di bizzarro triangolo che camminava a passo spedito lungo
i
corridoi di Ilvermorny.
-
Considerati molto fortunato, sarai l’unico a fare il suo
ingresso con ben due ragazze al braccio. –
-
Quindi quello è il tipo che hai selezionato? –
Arthur
annuì mentre seguiva lo sguardo di Joaquin fino a
soffermarsi sul ragazzo dai capelli biondissimi scortato dalle sue
amiche.
-
Non mi sembra molto a suo agio -, osservò accigliandosi, -
sei sicuro di quello che fai? –
-
Credo che ci sia molto più di quello che appare in lui, deve
solo tirarlo fuori. –
Joaquin
rise con malizia.
-
Stai ancora parlando del suo carattere? –
Arthur
si unì alle risate del Tuonoalato. Era facile scherzare
con Joaquin, si trovavano spesso sulla stessa lunghezza
d’onda anche se
fortunatamente i loro gusti in fatto di compagnie maschili erano
diversi.
-
Tu ed Esme continuate a fare allusioni sessuali come se
fosse l’unica cosa che mi interessa -, lo
rimbrottò amichevolmente, - sono
forse un tipo tanto prevedibile? –
Joaquin
scosse il capo.
-
Tu sei tutt’altro che prevedibile, Art. E direi che il tuo
nuovo amico ne è la prova lampante, stai solo attento a non
scottarti troppo. –
Scottarsi.
Il
Serpecorno capiva a cosa si stesse riferendo, ma c’era
qualcosa in quell’inglese dal fascino angelico e ingenuo che
l’attirava
irresistibilmente. Era diverso da tutto quello a cui era abituato e
tanto
bastava a intrigarlo come faceva la fiamma con la falena.
Decise
di cambiare argomento, tornando su un terreno più
sicuro per lui.
-
Intendi come hai fatto tu con Jackson? Credevi che non
l’avessi
capito? Anche se non capisco perché non ti sei confidato con
me, di solito lo
fai … -
Joaquin
soffermò appena lo sguardo sul compagno di Casa,
intento a chiacchierare allegramente con Winona a qualche metro da
loro, e
lasciò che un sospiro gli sfuggisse dalle labbra prima di
tornare a voltarsi
verso Arthur.
-
Non è evidente? Lo sanno anche i sassi che nessuno si
dovrebbe mai prendere una cotta per un etero convinto invece io faccio
l’esatto
opposto. Suppongo ci sia una vena masochista in me. –
Arthur
gli battè una mano sulla spalla con fare solidale, si
soffermò sulla camicia dal colletto alla coreana,
raddrizzandogli appena il
papillon nero, e gli sorrise.
-
Ti hanno già detto quanto sei spettacolare questa sera?
–
*
Anna
osservò la sala in cui erano entrare, soffermandosi sui
preziosi intarsi che adornavano le pareti e sulle colonne in marmo
pregiato.
Accarezzò con la punta delle dita la cornice in oro
massiccio che racchiudeva
un dipinto dall’aria antica. Gli uomini ritratti indossavano
abiti sontuosi e
osservavano i presenti con aria altezzosa.
-
Non sembrano molto contenti di vederci qui –
osservò Brooklyn
notando le occhiate sdegnate che rivolgevano al loro gruppo.
-
Immagino che, proprio come tutte le altre società segrete,
un tempo il club fosse interdetto alle donne. –
-
Un gruppo di misogini con la puzza sotto al naso, che
sorpresa … potete anche smetterla di guardarci come se
avessimo due teste –
aggiunse Diana, fulminando con un’occhiataccia gli antichi
rampolli che per
tutta risposta brontolarono aspramente ma infine
l’assecondarono.
Probabilmente
malgrado il fastidio per la loro presenza il
galateo imponeva loro di assecondare le richieste di una signora.
-
Come credete che dovremmo procedere? –
-
Non saprei, Anna, ma immagino che se restiamo impalate qui
attiriamo ancora di più l’attenzione. –
-
Come se non lo facessero già abbastanza i vestiti di queste
due – aggiunse Brook, sorridendo ironicamente.
Diana
scrollò le spalle e allontanò una ciocca di
capelli dal
volto.
-
Non mi lascio sfuggire l’occasione di mettermi in ghingheri
una volta ogni tanto, detesto le divise scolastiche … e
parlando di sguardi,
sembra che qualcuno non riesca a togliere gli occhi di dosso dalla
nostra Izzy.
–
La
ragazza inarcò un sopracciglio con perplessità,
guardandosi
attorno per cercare di capire a chi si stesse riferendo Diana.
-
Sta parlando di Loki – le venne in aiuto Brooklyn.
Scosse
il capo con decisione.
-
Assurdo, ci conosciamo da una vita, figurati se pensa a me
in quel senso. –
Lei
e Diana si scambiarono un’occhiata allusiva … a
quanto
pareva erano in due a ostinarsi a non vedere quello che era chiaro come
il sole
a tutti coloro che li circondavano.
Spazio
autrice:
Salve!
Spero
che
questa prima parte del capitolo vi sia piaciuta e direi che ormai siamo
giunti
al momento più succulento della storia ovvero quello in cui
vi chiedo di
indicarmi un paio di nomi che vedreste bene in una possibile relazione
con il
vostro OC (ovviamente io già so che alcune persone hanno le
idee già chiare per
cui se l’avete indicato nella scheda non occorre che inviate
il messaggio) … ah,
chi ha dei “nipoti” nati dalla precedente storia
può ovviamente suggerire un
partner anche per loro così mi semplificate un po’
il lavoro xD
La
seconda parte della serata arriverà nel prossimo capitolo
orientativamente
martedì.
Qui
sotto
trovate i link degli abiti indossati dagli OC durante la serata di gala
(per
quanto riguarda Khendra e Anthony non avendo ricevuto indicazioni in
merito non
troverete il link qui sotto).
A
presto.
Stay
tuned.
XO
XO,
Mary
Abiti:
Reina
Liam
Marcus
Brooklyn
Esme
Joaquin
Edward
Arthur
Astrid
(immaginate che l’abito sia blu xD)
Winona
Jackson
Isabelle
Scott
Loki
Caos
Henrik
Diana
Anna
|
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Capitolo 8 *** Capitolo 6 ***
Capitolo
6
-
Credo di aver appena cominciato a pensare che questo posto
sia davvero come Posh – constatò Loki mentre
osservavano l’ampia sala sfarzosa
e il lungo tavolo su cui erano stati sistemati in egual misura cibo e
bevande,
alcoliche e non a onor del vero, provenienti un po’ da ogni
angolo dell’America
e non solo.
Liam
aggrottò la fronte, guardandolo come se fosse
improvvisamente impazzito.
-
Identico a chi? –
-
Casomai a cosa -,
intervenne Caos sorridendo raggiante, - e per rispondere alla tua
domanda …
Posh è un film su un gruppo di tizi ricchi e viziati che
fanno parte di una
società segreta ad Oxford. –
Henrik
emise un gemito, passandosi una mano sul volto con
l’aria di chi sapeva benissimo che quando l’amico
cominciava a sproloquiare non
c’era verso di fermarlo, specialmente se il tutto coinvolgeva
una bella dose di
trash e segreti inconfessabili.
-
Ti prego, non un’altra volta. –
-
Sono sempre più confuso – insistè Liam,
lasciando vagare lo
sguardo sul volto di ciascuno dei quattro ragazzi.
Scott
gli battè una mano sulla spalla con tono consolatorio.
–
Vedila così, non sai quanto sei fortunato a non sapere nulla
di Posh e, più in
generale, delle strane ossessioni di Caos. Credo che i suoi deliri
abbiano
turbato non poco la mia infanzia. –
-
L’ho resa molto più divertente -,
bofonchiò il diretto
interessato atteggiando il volto a una comica espressione indignata, -
e mi
domando come avreste mai fatto se non ci fossi stato io. –
-
Io lo so -, Loki gli rivolse un sorriso ironico, - avrei
comprato un gatto … sono pigri, egocentrici e ossessivi
proprio come te perciò
non avrei notato minimamente la differenza. –
Gli
fece la linguaccia per poi alzare il mento con aria
sdegnata e afferrare uno dei calici vicini.
-
Affogo il mio dispiacere nell’alcol, se ne
diventerò
dipendente sarà per causa vostra. –
La
tentazione di rispondergli era forte, ma alla fine Henrik
decise saggiamente di lasciar perdere. C’erano persone che se
fatte ragionare
diventavano pacate e si davano una regolata, ma decisamente non si
trattava di
Caos; anzi se lo si incoraggiava dandogli spago si rischiava di vederlo
dare un
vero e proprio spettacolo per essere certo di essere al centro della
scena e di
rimanere sotto i riflettori il più a lungo possibile.
Diana
corrugò la fronte mentre osservava il cugino afferrare
il secondo bicchiere e vuotarlo allegramente.
-
Si può sapere chi ha avuto la brillante idea di lasciare che
Caos arrivasse ai calici indisturbato? –
-
Non ne ho idea -, replicò Brooklyn con un’aria
vagamente
divertita, - ma se beve abbastanza possiamo essere sicure che la serata
non
sarà affatto noiosa. Ti ricordi la tua festa
dell’anno scorso? –
Certo
che la ricordava e al solo pensarci aveva ancora i
brividi lungo la schiena. Quel pazzo di suo cugino si era scolato
un’intera
bottiglia di whisky incendiario da solo e aveva pensato bene di
mettersi a
ballare la mazurca sul tetto del patio. Ovviamente era caduto,
atterrando
sull’aiuola perfettamente curata che sua madre aveva finito
di sistemare quella
stessa mattina, e le urla di Elizabeth Nott in Price erano echeggiate
in tutta
la zona mentre chiedeva al fratello maggiore se si sarebbe dispiaciuto
particolarmente se avesse fatto fuori il suo primogenito.
-
Mi domando chi sia stato il folle che l’ha candidato
–, considerò
Isabelle meditabonda, - e soprattutto se abbia una vaga idea di
ciò in cui si è
cacciato. –
-
Immagino che lo scopriremo presto … sembra che stia per
iniziare il discorso di benvenuto – constatò Anna,
accennando con il capo
all’angolo opposto della sala dove Jackson Riot si era alzato
in piedi.
L’americano
era appoggiato al bordo del camino, teneva in mano
un bicchiere di quello che sembrava un whisky incendiario piuttosto
vecchio e
costoso e a giudicare dall’intensità dei riflessi
ambrati, e li osservava in
silenzio probabilmente domandandosi quanto ancora ci avrebbero messo
prima di
chiudere la bocca e smettere di conversare tra loro.
Come
a voler confermare la sua supposizione, picchiettò con le
dita contro il bicchiere e accennò un sorriso beffardo.
-
Se siete comodi direi che possiamo anche cominciare, avrete
tempo per fare salotto più tardi. –
Uno
dopo l’altro i presenti smisero di chiacchierare e il
silenzio scese all’interno della sala. Quando Jackson fu
soddisfatto riprese a
parlare: - Alcuni di voi già mi conoscono, altri sono ospiti
qui a Ilvermorny e
forse non sanno chi sono … Lord Jackson Eldridge Riot, ma
anche solo Jackson
andrà bene. –
-
Che gentile concessione – bofonchiò Diana, stando
attenta a
tenere il tono abbastanza basso da farsi udire solo da loro.
Le
tre amiche dovettero faticare per trattenere una risata.
-
Tutti voi avete ricevuto un invito formale a sottoporvi alla
selezione del Riot Club e come avrete notato in calce a ognuno di essi
era
apposto un nome in codice con cui i membri del Club si riferiscono
durante le
riunioni. Immagino siate curiosi di sapere da chi siete stati
candidati, ma
prima di ogni altra cosa sarà meglio che spieghi in cosa
consiste esattamente
-, riprese a parlare lentamente, - qui al Riot vengono accolti solo gli
studenti migliori che passano da Ilvermorny, i più dotati e
i più adatti
all’inserirsi nei contesti sociali a cui il Riot prepara.
Colui che vi ha
candidato si farà garante della vostra preparazione e
dell’esito delle prove a
cui verrete sottoposti, sarà a lui che dovrete rivolgervi in
caso abbiate
qualcosa da chiedere o vi serva aiuto. –
Esme
Cavendish tossicchiò con fare eloquente.
-
Ah, un’ultima cosa, chi di voi verrà ammesso al
Club si
ritroverà con molta probabilità ad affrontare una
votazione da qui alla fine
dell’anno … perciò cominciate a farvi
un’idea – concluse, improvvisamente scuro
in volto.
-
Permettete che vi rubi il vostro affascinante amico per
qualche minuto? –
Reina
e Khendra si scambiarono un’occhiata complice prima di
annuire con una risata e lasciare l’amico in compagnia di
Arthur, colui che tra
l’altro aveva proprio contribuito con la sua scelta a
renderlo partecipe di
quell’incontro.
Si
allontanarono osservandoli con fare discreto mentre
guardavano il Serpecorno intavolare una conversazione con scioltezza
mentre
Marcus, dopo un iniziale momento di incertezza e imbarazzo, cominciava
timidamente a rispondere alle sue domande e si spingeva addirittura a
porne di
sue.
-
Avete sacrificato il vostro amico immolandolo alle
chiacchiere di Arthur? –
Sussultarono,
voltandosi sorprese per fronteggiare il profilo
deciso e attraente di Edward. Il ragazzo le osservava con malcelato
divertimento, lasciando saettare lo sguardo da loro
all’angolo in cui Arthur
aveva stretto il loro amico.
-
Sembrava molto determinato a parlargli – asserì
Reina.
-
Quello è poco ma sicuro, Arthur sa essere molto insistente e
persuasivo quando vuole … Khendra è nella sua
stessa Casa, immagino lo sappia
bene ormai. –
L’americana
annuì, le labbra increspate in un sorriso
divertito, - Già lo conosco bene ormai e proprio per questo
non mi sono messa
sulla sua strada. –
-
Saggia scelta. –
-
A proposito di scelte, qual è stata la tua? –
Edward
indicò il ragazzo moro dalla carnagione olivastra
nell’angolo.
– Quello laggiù. –
Reina
inarcò un sopracciglio, sorpresa.
-
Caos? Sei tu il pazzo che l’ha invitato? –
Edward
ridacchiò, allontanando una ciocca di capelli dalla
fronte sulla quale era ricaduta. – Mi piacciono le persone
esuberanti, gli
spiriti liberi sanno essere molto divertenti. –
-
Non l’avrei mai detto -, ammise Khendra sorpresa, - di
solito sembri una persona che se ne sta sulle sue e lancia frecciatine
sarcastiche. –
-
Oh, lo sono, ma c’è molto più in me di
quello che lascio
vedere agli estranei … sono un ragazzo pieno di soprese
– concluse strizzandole
l’occhio.
-
Perché proprio me? –
Arthur
sorrise davanti all’atteggiamento perplesso e poco
convinto del biondino che lo fronteggiava. Aveva capito
all’istante che quel
ragazzo seppur incredibilmente intelligente diventasse tremendamente
sospettoso
quando qualcuno che non lo conosceva si dimostrava interessato a lui.
Così
decise di rilanciare.
-
Perché non proprio te? –
-
L’ho chiesto prima io – obiettò.
-
Lo so, ma io ti ho ignorato e ti ho chiesto un’altra cosa.
–
Marcus
parve non sapere bene come controbattere e tentennò per
qualche istante prima di mettere su un broncio che, a giudizio di
Arthur, era a
dir poco adorabile.
-
Non si risponde a una domanda con un’altra domanda.
–
-
Vero, faccio mea culpa. Diciamo che è stato un colpo di
fulmine,
mi hai folgorato all’istante. –
Scosse
il capo, alzando gli occhi al cielo consapevole di
essere diventato dello stesso colore dei pomodori maturi.
-
Non riesci proprio a essere serio? –
-
Ma io sono serissimo -, assicurò guardandolo dritto negli
occhi,
- e quando arrossisci sei ancora più carino. –
-
Smettila di prendermi in giro – bofonchiò,
cercando con lo
sguardo le sue amiche.
Di
solito erano loro a trascinarlo in situazioni che lo
facevano morire dall’imbarazzo, ma in quel momento avrebbe
dato praticamente
qualsiasi cosa perché Reina e Khendra arrivassero in suo
soccorso. E invece le
due ragazze erano presissime dalla conversazione con un altro dei
membri del
Club. A quanto pareva doveva cavarsela da solo, pensò
rassegnato.
-
Non volevo farti arrabbiare -, Arthur cambiò
all’istante
approccio, - è che ero sinceramente convinto che fossi a
conoscenza del tuo
potenziale ma a quanto pare ancora non sai bene chi sei e cosa sei in
grado di
fare. –
-
Certo che lo so. –
-
No, è evidente che non ne hai idea, sarà mio
compito in
quanto tuo referente mostrartelo – decretò.
-
Sono un bel gruppo di aspiranti – decretò Winona,
comparendo
al suo fianco e cogliendolo del tutto di sorpresa.
Era
diventato bravo a mascherare le sue emozioni nel corso
degli anni, perciò riuscì a non trasalire e a
rimanere impassibile mentre
studiava il drappello di Cavallette davanti a loro.
-
Non sono male, ma è troppo presto per esserne sicuri.
–
-
Un po’ più di ottimismo non ti ucciderebbe, Jack.
–
-
Non mi piace cantare vittoria troppo presto. –
-
Lo so, ma sta andando tutto bene, puoi rilassarti. –
Jackson
osservò il liquido ambrato che ondeggiava
all’interno
del suo bicchiere e poi prese un tiro dalla sigaretta che teneva
nell’altra
mano.
-
Mi rilasserò dopo la votazione. –
Spazientita,
Winona gli tolse il bicchiere di mano e lo poggiò
sul ripiano del camino poi afferrò la sigaretta stretta tra
le labbra del
ragazzo e la finì di fumare con tre rapidi tiri.
-
Basta deprimersi, vieni a ballare con me – ordinò,
afferrandolo per mano e trascinandolo in mezzo alla pista.
Prima
che Jackson sapesse esattamente come si era ritrovato
lì, a muoversi a tempo di musica tenendo le braccia attorno
ai fianchi della
ragazza, si ritrovò nel bel mezzo di un ballo incalzante con
Winona che gli
cingeva il collo sorridendo.
-
Hai visto che non è così difficile divertirsi per
un po’?
Dopotutto siamo a una festa. –
Già,
forse poteva davvero concedersi qualche attimo di spensieratezza
e tutto ciò che occorreva per vivere il suo ultimo anno di
scuola con almeno un
pizzico della spensieratezza che un ragazzo della sua età
avrebbe dovuto
possedere.
Le
fece fare una piroetta, stringendola a sé con fermezza
prima di inclinarla in un casquè che le strappò
uno strilletto sorpreso.
Le
sorrise.
-
Hai ragione, è il momento di divertirsi un po’.
–
Spazio
autrice:
Salve!
Allora
comincio dicendovi che qui sotto trovate il link dell’abito
di Khendra e
proseguo con una notizia non molto lieta ovvero con
l’esclusione di Anthony da
questa storia. Non essendo ancora a un punto in cui possa giustificare
la
scomparsa con una morte mi limiterò a non nominarlo
più nell’arco della storia.
Detto ciò, ci sentiamo presto.
Stay
tuned.
XO
XO,
Mary
Khendra
|
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Capitolo 9 *** Capitolo 7 ***
Capitolo
7
Joaquin
fece capolino dalle coltri del suo letto a
baldacchino, lasciando che lo sguardo vagasse come sempre verso il
letto alla
sua destra lì dove solitamente trovava il cuscino occupato
dalle ciocche color
bronzo di Jackson ma che in quel momento era vuoto. Si mise a sedere e
osservò
la loro stanza con curiosità, ma quando appurò
che l’amico doveva essersi già
alzato da un pezzo sgattaiolò fuori a sua volta ignorando le
proteste dei suoi
compagni che si lamentavano per tutto quel rumore.
Lo
trovò seduto sul divano davanti al caminetto in cui
scoppiettava allegramente il fuoco, chino su alcune lettere che
dovevano
essergli state recapitate poco prima a giudicare dalla presenza di
Absinth, la
sua poiana americana, appollaiata su bordo del divano come se fosse su
un
improvvisato trespolo.
Tossicchiò
annunciando la sua presenza e gli si avvicinò
sedendosi sul bracciolo della poltrona più vicina, le iridi
blu che lo
osservavano con curiosità.
-
Notizie da casa? –
-
Già, da almeno tre fonti diverse. –
-
Fammi indovinare l’ordine con cui sono arrivate …
lo zio
figo, Lord Riot senior e poi la malvagia strega dell’Est?
–
Rose
era stata soprannominata in quel modo fin dai tempi in
cui era ancora una Tuonoalato, quando anni prima si era accaparrata il
titolo
di Presidentessa del Riot Club e aveva cominciato a spadroneggiare con
i suoi
modi tirannici su tutto e tutti. Inutile dire che anche se erano
passati ormai
tre anni dal giorno del suo diploma coloro che erano abbastanza grandi
da aver
frequentato qualche anno a Ilvermorny durante il suo percorso di studi
la
ricordavano con un curioso mix di terrore e mal sopportazione.
-
Già. Zio Desmond mi avvisa caritatevolmente
dell’arrivo
della lettera della nazi bionda e del fatto che sia sul piede di guerra
per un
non meglio precisato motivo, mio padre comunica la sua presenza alla
serata
delle carriere per gli studenti degli ultimi anni e ci tiene a
ricordarmi che
tutto il Club dovrà comportarsi al meglio … Rose
invece vuole solo rimarcare che
non è contenta di me, nessuna novità insomma.
–
-
Quando mai Rose è stata contenta di qualcosa o qualcuno se
si esclude Malefica? –
In
effetti sembrava che solo la sua ragdoll di razza purissima
riuscisse a strapparle dei sorrisi di tanto in tanto … a
giudizio di Jackson
solo ed esclusivamente perché il felino non aveva il dono
della parola e non
poteva quindi contraddirla in alcun modo.
-
Anne lo sa? –
-
Immagino di sì, figurati se Rose si è lasciata
sfuggire
l’occasione di dare il tormento anche a lei. –
Il
fatto che la sua unica sorella fosse fin troppo in sintonia
con il fratello, infatti, aveva sempre disturbato particolarmente Rose
e non
aveva mai fatto mistero della cosa; non riteneva infatti comprensibile
il fatto
che Anne non la prendesse a modello dal momento che al di là
della palese
bellezza era riuscita anche a conquistare il suo posto in
società con un fidanzamento
a dir poco ambito e che era realizzata in ambito professionale. Insomma
l’idea
di non essere idolatrata da ogni singolo essere vivente sulla faccia
del globo
doveva essere a dir poco frustrante per una come lei, che viveva
d’immagine più
che di ogni altra cosa.
-
Ricordami come si chiama il malato mentale che le ha chiesto
di sposarla? –
-
Joseph Augustus Montgomery Lloyd – Barclay, duca di
Marlborough. –
Joaquin
emise un fischio sommesso. – Pomposo come pochi …
dove
accidenti è Marlborough? –
-
In Inghilterra, da qualche parte nella contea del Wiltshire.
–
-
Speranze che si trasferisca lì? –
Jackson
gli rivolse un’occhiata allusiva.
Sua
sorella in una cittadina che non arrivava neppure alle
diecimila anime? Era a dir poco escluso.
-
Temo che continueremo a doverla sopportare in omnem vitam. –
Winona
venne travolta da un piccolo uragano dai lunghi e lisci
capelli biondi che indossava la divisa dei Serpecorno.
-
Scusa Winnie. –
Lo
sguardo imbronciato di Anne si addolcì all’istante
non
appena ebbe messo a fuoco la persona che aveva finito con
l’investire mentre
marciava risoluta lungo il corridoio e metteva tra sé e sua
sorella il maggior
spazio possibile.
-
Tranquilla, la vecchia Winnie ha la pelle resistente -,
scherzò,
- piuttosto perché hai l’aria di chi vorrebbe
staccare la testa a morsi al
primo che passa? –
-
Rose. –
La
Wampus annuì con aria grave, battendole una mano sulla
spalla con solidarietà.
-
Condoglianze, si fermerà a scuola per molto? –
-
Quanto basta per tartassare Jack e rendere la mia vita un
inferno in terra. Insomma normale amministrazione per la Barbie nazista
che si
spaccia per mia sorella. –
Questa
volta Winona non riuscì a trattenere le risate e
scoppiò, il corpo squassato mentre si chinava su se stessa e
si teneva la
pancia che le doleva per il troppo ridere.
Conosceva
Rose fin da piccolissima e aveva imparato a ignorare
i suoi commenti veleniferi e il suo atteggiamento da primadonna, ma
continuava
a nutrire una sincera ammirazione per il fatto che né Jack
né Anne avessero
ancora attentato seriamente alla sua vita.
-
Nello specifico cosa vuole questa volta? –
-
Che presenzi alla serata per le carriere -, sbuffò tetra, -
e che possibilmente ci vada accompagnata. –
-
La serata per le carriere è dal quinto in poi, hai ancora un
anno di tempo. –
-
Questo secondo la cognizione di una persona sana di mente,
ma si dà il caso che stiamo parlando di Rose …
crede che debba cominciare a
ragionare seriamente sul mio futuro a meno che non voglia ritrovarmi
dopo il
diploma a non avere uno straccio di prospettiva lavorativa o un
fidanzato all’altezza
del retaggio della famiglia. –
Discorsi
a dir poco medievali, ma nulla che le giungesse
nuovo.
-
E tuo padre cosa ne dice? –
Anne
era la piccola di casa, il faccino d’angelo a cui bastava
sbattere le ciglia e fare gli occhi dolci per ottenere da Lord Riot
senior
praticamente qualsiasi cosa, perciò c’erano buone
possibilità che l’uomo fosse
intervenuto per salvarla.
-
Ancora non è arrivato, ma spero che la tenga a freno lui
altrimenti passerò al piano B. –
-
Che sarebbe? –
-
Ucciderla e occultare il cadavere. –
-
Quello non è lo zio di Jackson? –
Esme
seguì lo sguardo dell’amica lungo le fila di
studenti che
si affollavano per l’atrio e individuò il profilo
alto ed elegante di Desmond
Riot.
L’uomo
aveva compiuto da poco trent’anni ed era ancora di una
bellezza devastante, proprio come lo ritraevano le foto impresse
nell’albo d’oro
del Riot Club di dodici anni prima.
Si
aggirava per l’atrio con espressione vagamente nostalgica,
sorridendo con il compiacimento di chi sapeva bene di avere tutti gli
occhi
puntati addosso. Dopotutto non era roba da ogni giorno vedere aggirarsi
per la
scuola il Vice Primo Ministro americano.
-
Sì, è decisamente lui … andiamo a
salutarlo. –
Astrid
venne quasi trascinata di peso verso il giovane uomo,
ritrovandosi a fronteggiarlo con espressione vagamente imbarazzata.
Dopotutto l’aveva
visto appena una manciata di volte a eventi formali e non aveva mai
avuto l’occasione
di parlarci a tu per tu, ma sembrava che Esme non si ponesse
minimamente il
problema perché si alzò sulla punta dei piedi e
depose due rapidi baci sulle
guance fresche di rasatura di Desmond.
Quando
si separarono mormorò con voce bassa e volutamente
sensuale, tenendo ben salda una mano sul suo avambraccio in una lieve
carezza.
-
Ciao Dex, come mai da queste parti? –
Astrid
dovette reprimere un sorrisetto davanti alla
sfrontataggine dell’amica. Che Esme ritenesse Desmond un gran
bell’uomo non era
certo un mistero, ma mai avrebbe pensato di assistere a un flirt tanto
spudorato nel bel mezzo della scuola.
La
sua migliore amica era una pazza, pensò divertita, e la
cosa rendeva il tutto ancora più avvincente.
-
Sostituisco il ministro, ha incombenze ben più pressanti
della serata delle carriere. Tu piuttosto come stai? So di un
po’ di maretta
all’interno del Club. –
Esme
fece una mezza piroetta su se stessa, allusiva.
-
Alla grande, non ti pare? –
Lo
sguardo di Desmond indugiò per un attimo in corrispondenza
delle forme generose che la divisa celava solo in parte, inarcando un
sopracciglio.
-
Direi proprio di sì. Allora stai facendo dannare mio nipote?
–
-
Oh Dex -, arricciò le labbra in un broncio sensuale, - pensi
che potrei mai farlo? –
-
Senza esitare. –
Rise
deliziata, battendogli una mano sul petto con
delicatezza.
-
Sei sempre molto divertente, ma ti assicuro che non faccio
nulla più che difendere il mio posto all’interno
del Club. –
-
Quando è così è doveroso informarti
che non sono venuto da
solo … c’è anche mia nipote. –
Esme
si ritrasse come se si fosse improvvisamente scottata.
-
Rose? –
-
Purtroppo sì. –
Recuperò
in fretta il suo modo di fare civettuolo.
-
Beh se hai bisogno di qualcuno che ti distragga dalle sue
sparate folli sai dove trovarmi. –
Prese
Astrid sotto braccio e dopo che entrambe l’ebbero
salutato si diressero verso la loro prossima lezione.
Rimaste
sole, Astrid ruppe il silenzio: - Cosa pensi di fare
ora che c’è anche lei? –
-
Immagino che dovrò stringere alleanze inaspettate
finchè
quella banshee travestita da bambolina non se ne torna
all’inferno da cui è
venuta. –
-
Intendi collaborare con Jackson? –
-
Precisamente. –
-
Adesso sì che le ho viste tutte –
sentenziò Astrid.
Quella
serata delle carriere si preannunciava un vero e
proprio bagno di sangue.
Spazio
autrice:
Salve!
Dunque
mie care, premetto che con le coppie sono ancora abbastanza in alto
mare perché
avete tutte delle idee diverse perciò prima di vedere un
po’ di romance ci
vorrà qualche capitolo xD Detto ciò come alcune
di voi mi hanno chiesto, dal
prossimo capitolo si entrerà nell’azione delle
“prove di selezione” e si
scaverà nel passato degli OC tramite alcuni flashback.
Perciò vi chiederei di
votare i nomi dei primi due OC di cui volete conoscere il passato
(tramite
messaggio privato) e ovviamente prima arrivano i voti e prima
arriverà il
capitolo … comunque intendo aggiornare sicuramente entro
Natale così mi faccio
perdonare anche per questo capitolo decisamente corto e in cui sono
comparsi
ben pochi personaggi, ma che mi serviva come capitolo di passaggio per
non
appesantire troppo il prossimo.
A
presto.
Stay
tuned.
XO
XO,
Mary
|
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Capitolo 10 *** Capitolo 8 ***
Capitolo
8
Esme
Cavendish
Percorse
i corridoi a passo di carica alla ricerca di Jackson,
chiedendosi come fosse possibile che una volta tanto che lei chinava il
capo e
accettava l’idea di collaborare con lui il Presidente
decideva di sparire dalla
faccia di Ilvermorny.
Intravide
il profilo di Edward in lontananza e allungò il
passo ancora di più, fermandolo prima che avesse modo di
intercettare una delle
ragazze che lei stessa aveva candidato.
-
Ed, mi serve il tuo aiuto. –
-
Io veramente stavo per chiedere a Khendra … -
-
Glielo chiedi dopo – lo interruppe, afferrandolo per un
braccio e trascinandolo con sé ignorando il suo cipiglio
corrucciato.
-
Aspettare qualche minuto ti avrebbe uccisa? –
-
Probabilmente. Hai visto Jackson? –
Questo
ebbe il potere di attirare l’attenzione del ragazzo,
ora sinceramente curioso.
-
Credo sia in cortile con sua sorella, perché? –
-
Quale delle due? –
- Anne … aspetta,
se me
lo chiedi può significare solo che Rose è qui.
–
-
Già. –
Il
Wampus scoppiò a ridere. Ora tutto assumeva improvvisamente
un senso, non si erano tutti rimbambiti dal giorno alla notte.
-
Se continui a ridere giuro su Isotta che ti prendo a calci
con i miei costosissimi stivali. –
-
Capito -, smise all’istante, - ma non puoi negare che ci sia
dell’ironia in tutto ciò. Insomma quante
probabilità c’erano che accadesse una
cosa del genere? –
Lo
mollò lì senza prendersi neppure la briga di
rispondergli.
Quando Edward cominciava a prenderla in giro poteva andare avanti anche
per
ore.
-
Non capisco perché a me non è permesso farlo
– sospirò, osservando i bambini
che giocavano nell’immenso giardino pubblico antistante casa
loro. Teneva i
gomiti sul davanzale e il mento appoggiato alle mani mentre le iridi
scure
osservavano i movimenti della palla che rimbalzava e il rumore delle
risate
gioiose le raggiungevano le orecchie.
-
Sei la giovane duchessa del casato dei Cavendish -, le
ricordò sua nonna
intenta a sorseggiare il the sulla poltrona nell’angolo
opposto, - non serve
che ti ricordi quanto sarebbe sconveniente se giocassi con la
servitù, vero? –
-
No, nonna. –
-
Bene, lieta di non dovere tornare sull’argomento. Ora siediti
e riprendiamo la
lezione, dove eravamo rimaste? –
-
All’elenco degli stemmi e dei motti delle famiglie.
–
Esme
osservò il bambino intento a piangere davanti a lei, alzando
appena il capo con
fare sdegnato. In occasione del suo sesto compleanno suo padre aveva
organizzato un ricevimento per tutte le famiglie altolocate dello
stato,
costringendola a passare il suo tempo in compagnia di decine di suoi
coetanei
che non aveva mai visto prima di quel momento. Aveva indossato il suo
abito
migliore, sorridendo soddisfatta mentre l’elfa le acconciava
i capelli in
morbide onde, e ora quello stupido del figlio del conte di Derby le
aveva
sporcato le scarpette nuove.
-
Non serve che frigni, questo non ripagherà certo il danno
che hai fatto, sei
solo uno stupido. –
-
Ma io … -
-
Zitto, non voglio sentire le tue patetiche scuse. –
-
Non è un comportamento molto signorile. –
Si
voltò verso il nuovo arrivato, un bambino dai capelli dello
stesso colore del
bronzo, che l’osservava con un paio di stupefacenti iridi
verdemare. Riconobbe
il figlio di Lord Riot e rimase in silenzio per qualche istante prima
che il
bambino battesse una mano sulla spalla del giovane conte con fare
rincuorante.
-
Tranquillo, sarà facile rimediare al danno, basta solo una
pezza umida. –
Tolse
il fazzoletto dal taschino e lo inumidì con un po’
dell’acqua dell’immensa
fontana nel cortile, chinandosi poi a pulire le scarpe di Esme con
un’indifferenza
che gli invidiò. Al suo posto nessun altro nobile si sarebbe
abbassato a un
gesto come quello, delegandolo alla servitù, ma Jackson
appariva a suo agio.
-
Ecco fatto, proprio come nuove. –
-
Esme? –
Tra
tutte le persone che potevano capitargli davanti mai
avrebbe immaginato di vedere proprio lei inerpicarsi lungo il sentiero
in
ciottoli per raggiungerlo.
-
Dobbiamo parlare –, decretò sedendosi senza tante
cerimonie
davanti a lui, - visto che la tua adorabile
serpe domestica ha pensato bene di rifarsi viva. –
-
L’hai vista? –
-
Non ho ancora avuto il dispiacere, me lo ha solo detto tuo
zio. Però tu non mi sembri particolarmente sorpreso o
sbaglio? –
-
Lo sapevo già, si è premurata di scrivermi per
ricordarmi
quanto non potessi permettermi di far fare figuracce al Club questa
sera. –
Se
in condizioni normali la mora non si sarebbe sfuggita
l’occasione
per un commento ironico questa volta si limitò a fare
spallucce.
-
Tipico di lei. Cosa hai intenzione di fare in proposito? –
-
Io ho proposto l’omicidio – intervenne Anne con un
sorrisetto che Esme ricambiò.
-
Se non ci facesse finire in prigione l’appoggerei anche come
piano … altre idee? –
-
Tu cosa suggerisci? – rilanciò Jackson.
-
Distruzione e umiliazione totale, giusto per ricordarle un
po’ che fuori da qui potrà anche fare la reginetta
ma questo è il nostro
regno da governare. –
-
Anne? –
-
A me il piano piace, se lo merita dopo tutte le angherie di
questi anni … specialmente nei tuoi confronti, Jack.
–
Il
Presidente meditò sulla questione per qualche secondo prima
di cedere e porgere la mano alla sua storica avversaria.
-
Va bene, ci sto … Fino a quel momento tregua? –
-
Tregua. –
Quando
la statua del Serpecorno si illuminò vide che anche quella
del Tuonoalato aveva
preso a sbattere le ali; sapeva che in occasioni come quelle, seppur
rare, era
lo studente a dover scegliere in quale Casa voler prendere posto.
Tamburellò
con le dita sulle labbra prima che lo sguardo le ricadesse sui membri
del
Tuonoalato. C’era già la sorella maggiore di
Jackson, l’odiosa Rose, ed erano
generazioni che i Riot finivano lì … si diresse
spedita verso il tavolo dei
Serpecorno, sedendosi tra gli applausi educati dei suoi compagni.
Un
ragazzo dagli occhi dal taglio vagamente orientale si sporse verso di
lei,
sorridendole amichevolmente prima di tenderle la mano.
-
Ciao, io sono Arthur … Arthur Clarke. –
Lo
soppesò prima di ricambiare la stretta, mantenendo
però la sua solita
espressione sostenuta.
-
Esme Cavendish. –
-
Non sembri molto impressionata a differenza di tutti noi del primo anno
-,
considerò perplesso, - come mai? –
-
Sono una Cavendish, per sorprendermi ce ne vuole. –
Il
sorriso di Arthur si allargò quasi avesse preso
quell’affermazione come una
sfida personale.
-
Allora la mia missione sarà sorprenderti. –
-
Esme? –
Si
voltò verso la studentessa del suo anno con indosso i colori
dei Tuonoalato con
un sopracciglio perfettamente curato inarcato a lasciar intendere che
la stava
ascoltando.
-
So che non ci conosciamo, ma mi hanno detto che sei la migliore del
nostro anno
quando si tratta di Antidoti e Veleni. Credi che potresti darmi una
mano? –
Non
battè ciglio, consapevole che Arthur seduto accanto a lei
stava osservando la
scena con un sorrisetto sulle labbra. Lui era l’unica persona
con cui avesse
stretto amicizia nel corso di quei primi due anni di scuola, tenendo
sempre a
dovuta distanza gli altri, perciò quella biondina che andava
spedita come se
niente fosse l’aveva suo malgrado incuriosita quanto bastava
a intavolare una
conversazione e non limitarsi a ignorarla.
-
E tu saresti? –
-
Astrid Reid. –
-
Dimmi, Astrid, perché dovrei essere interessata ad aiutarti?
–
-
Perché posso aiutarti con Salvaguardia delle creature
magiche, ho visto come ti
muovi … sembra quasi che tu non voglia spezzarti
un’unghia o peggio ancora
sporcarti con un po’ di terra. –
-
Stai forse insinuando che sia una principessina viziata? –
-
No, so benissimo che sei una duchessina – replicò
a tono, un sorriso ironico
sul bel volto.
Ed
Esme non riuscì a fare a meno di sorridere di rimando,
quell’Astrid aveva
carattere da vendere.
*
Lord
Jackson Eldridge Riot
-
Non capisci proprio niente! –
Era
abituato a sentirselo ripetere da Rose, che con i suoi tre anni in
più pensava
di detenere la verità assoluta su ogni argomento, per questo
davanti all’ennesimo
sfogo della sorella non gli rimase che alzare gli occhi al cielo e
fingere di
non ascoltarla. Anche se aveva solo cinque anni aveva imparato presto
che le
donne della sua famiglia erano abituate a ottenere tutto quello che
volevano
semplicemente sfoggiando un broncio e battendo i piedi, colpa
probabilmente
anche di un padre che pur di non sentire discussioni si prodigava nel
dare loro
tutto quello che volevano. La regola era una sola: non disonorare il
nome di
famiglia, mai e per nessuna ragione al mondo.
-
Mamma! L’ha fatto di nuovo, alza sempre gli occhi al cielo
quando gli parlo –
sbottò inviperita.
La
voce di Arielle lo raggiunse dall’altra sala a rimbrottarlo
come sempre per
aver fatto perdere la calma a quel gioiellino che era la sua
primogenita.
-
Jackson, non è un comportamento da gentiluomo. –
Per
tutta risposta li alzò nuovamente e per buona misura li
roteò anche, sorridendo
quando Rose gonfiò le guance e battè il piede a
terra.
-
Sei proprio un maleducato. –
Le
fece la linguaccia, voltandole poi le spalle e uscendo fuori ignorando
le urla
di Rose e i rimproveri materni.
Isabelle
e Diana ascoltarono in silenzio l’annuncio di
Jackson, annuendo di tanto in tanto a confermare che avevano compreso
alla
perfezione l’importanza della serata.
-
Perciò la serata delle carriere sarà la nostra
prima prova? –
Annuì.
– Dovrete dimostrare di essere in grado di affrontare
una conversazione con persone influenti provenienti da qualsiasi parte
dell’America.
Non è solo una questione personale, riguarda tutto il Club,
se sfigurate allora
anche tutti noi faremo una pessima figura. –
Diana
aggrottò la fronte, dando voce all’implicita
considerazione che un discorso del genere portava con sé.
-
E immagino che ce la farete pagare in un modo o nell’altro.
–
-
Non conosci ancora Esme perciò non hai idea di quanto
potrebbe diventare ostica come nemico e voi siete nella sua lista nera.
–
Isabelle
tossicchiò attirando l’attenzione. –
Ostica? Stronza
vorrai dire. –
-
Anche. –
-
E perché siamo sulla sua lista nera? –
Fu
la Tuonoalato a rispondere per lui.
Conosceva
le dinamiche tra lui ed Esme dal loro primo anno,
erano sotto gli occhi di ogni studente di Ilvermorny dopotutto,
perciò sapeva
che tra loro due non correva buon sangue e la rivalità era
accesissima.
-
Sono come cane e gatto. Se noi falliamo allora fallisce
anche Jackson perciò ne sarebbe molto compiaciuta.
–
-
Bene -, Diana si rassettò la divisa, - allora cominciamo a
prepararci
per questa serata. Non vorremo mica dargliela vinta, no? –
-
Vuoi restare per cena, Jack? –
Distolse
lo sguardo dalla televisione mentre Winona metteva in pausa il dvd che
trasmetteva le avventure di Spirit, voltandosi verso la donna che
faceva
capolino dal corridoio.
-
Certo, signora Powaqa, mi lasci solo avvertire i miei genitori.
–
-
Jack, ti ho già detto che puoi chiamarmi semplicemente
Tallulah e che non serve
che tu mi dia del lei. –
-
Sì, signo … Tallulah, lo farò
– si corresse in fretta con un sorriso
imbarazzato.
A
casa di Winona le cose erano molto diverse rispetto a come era abituato
ed era
per questo che si trovava tanto bene con loro.
-
Sbrigati ad avvisarli, Jack, così possiamo riprendere a
vedere il cartone … tra
poco c’è la scena migliore. –
Annuì,
affidando il messaggio al gufo di casa dei Powaqa e tornando a sedersi
sul
tappeto accanto all’amica.
Il
dvd venne messo nuovamente in azione, lasciando Spirit libero di
cantarne
quattro allo stalliere che stava cercando di tagliargli la criniera e
di
imprimergli il marchio a fuoco.
Risero
mentre l’uomo cadeva nell’abbeveratoio, colpito da
un micidiale calcio dello
stallone.
-
Pensa se ci fosse Rose al suo posto -, le iridi scure di Winona
luccicarono
divertite, - sarebbe fantastico. –
-
Già, lo sarebbe. –
-
Rose? –
Arthur
corrugò la fronte con sorpresa quando si ritrovò
davanti il profilo freddo e attraente della sorella maggiore di
Jackson. Era
molto tempo che non aveva a che fare con lei, ma ricordava con
esattezza quanto
aveva reso loro la vita dura durante i loro anni di scuola.
Lei
gli rivolse un sorriso pigro, probabilmente lo stesso del
serpente pronto a divorare il topolino, soffermando lo sguardo prima su
di lui
e poi su Anna e Marcus.
-
Ciao, Arthur. Queste sono le tue giovani leve? –
-
Sì. Anna, Marcus … lei è Rose, la
sorella di Jackson. –
Anna
accennò un sorriso intimidito mentre Marcus fece un cenno
del capo e si prese qualche istante per studiarla. Aveva notato che la
sfrontatezza e l’allegria di Arthur erano scemati rapidamente
mano a mano che
quella giovane donna aveva fatto la sua comparsa e la cosa lo
incuriosiva. Se
aveva il potere di mettere a disagio uno come lui, che appariva sempre
sicuro e
deciso, non osava immaginare come sarebbe stato per lui averci a che
fare.
-
Non credo di avervi mai visti prima d’ora. –
-
Siamo studenti di Hogwarts, siamo a Ilvermorny per … -
-
Lo scambio culturale, sì lo so – lo interruppe.
Le
iridi verdi continuavano a sondarli dalla testa ai piedi
come se volesse valutare quanto potessero effettivamente valere. Si
sentì
arrossire sotto il peso di quello sguardo e distolse il suo, non prima
di aver
notato un certo divertimento sul suo volto.
-
Spero che siano meglio di come sembrano … ci vediamo questa
sera – tagliò corto, girando i tacchi.
Quando
fu sufficientemente lontana da non udirlo, Arthur si
chinò verso le sue due Cavallette sorridendo con fare
rassicuratore.
-
Non date peso a quello che dice, vuole solo intimorirvi,
sono sicuro che andrete entrambi alla grande. –
Dal
canto suo Marcus non condivideva affatto tutto
quell’ottimismo.
-
Giuro che finirò con lo strapparle ogni singolo capello
biondissimo, sarà
costretta ad andare in giro con una parrucca se non vuole mostrarsi
completamente pelata. –
Jackson
rise mentre lui, Joaquin e Winona uscivano dalla biblioteca e si
dirigevano verso
la sala principale per cenare. Winona non aveva mai fatto mistero del
fatto di
disprezzare Rose, sentimento condiviso anche dai due ragazzi, e quando
Jackson
le raccontava qualcosa che combinava non poteva fare a meno di perdere
la
calma.
-
Non capisco proprio come tu faccia a sopportarla trecentosessantacinque
giorni
l’anno –, convenne Joaquin, - finisce sempre con il
darti la colpa di tutto. –
-
Mio padre lo sa, per questo non le dà mai retta. –
-
Ma tua madre sì – obiettò Winona.
-
Molto meno da quando ha potuto cominciare a usare Anne come sua
personale
bambolina da acconciare. –
-
Poverina, deve essere la sua versione dell’inferno.
–
-
Più o meno … l’altro giorno non voleva
nemmeno che partissi per scuola. –
Del
resto una bambina di soli nove anni lasciata alle prese con quella
situazione
non poteva certo venire biasimata.
-
Ci credo … bene, ci vediamo dopo mangiato, se riuscite a
sottrarvi dal
controllo della nazi Barbie. –
-
A dopo, Winnie – confermarono all’unisono,
separandosi una volta giunti al loro
tavolo.
Rose
ed Esme andavano avanti a urlarsi contro da quasi mezz’ora
ormai, proprio nel
bel mezzo dell’atrio di Ilvermorny, con la prima che
l’accusava di averle
rubato il ragazzo e la seconda che le dava della paranoica. E Joaquin
lo aveva
avvisato dello spettacolo, trascinando sia lui che Winona a osservarle.
Inutile
dire che il commento di Winnie era giunto prontamente.
- Posso prendere dei pop
corn oppure sarebbe
troppo sconveniente? –
Ed
in effetti sembrava proprio che le due fossero intenzionate a mettersi
le mani
addosso perché Esme urlò spazientita: - Figurati
se mi abbasso a uscire con uno
così disperato da sopportare la tua presenza pur di avere
una ragazza! –
Un
“oh” si levò tra tutti i presenti, ormai
in febbrile attesa di vedere cosa
sarebbe successo.
Rose
si scagliò contro di lei, afferrandola per i capelli.
-
Razza di ragazzina impertinente, adesso ti do una lezione una volta per
tutte! –
Jackson
scoppiò a ridere, continuando a farlo mentre i presenti
cominciavano a urlare “botte,
botte, botte!”, domandosi distrattamente che faccia avrebbe
fatto la madre
quando avesse scoperto che la sua rampolla prediletta si era messa a
fare a
botte nel bel mezzo dell’atrio scolastico. Probabilmente le
sarebbero venuti i
capelli bianchi per lo scompenso, cosa che lo avrebbe divertito ancora
di più.
Poi
si ricordò di quello che doveva assolutamente fare e fece
per allontanarsi.
-
Dove vai, Jack? –
-
Devo cercare Anne, non può perdersi questa scena. –
Spazio
autrice:
Salve!
Come
sempre ogni volta che scrivo i pezzi dei flashback dei vari OC finisco
sempre
con l’allargarmi troppo e occupare un sacco di pagine ma
meglio così, almeno
date uno sguardo più da vicino al loro passato. Comunque per
ovvi motivi ho
dovuto tagliare il capitolo in due (essendo già a dieci
pagine di Word) per non
farlo chilometrale. Ah, piccola comunicazione di servizio: per il
prossimo
capitolo mi occorre solo il nome di un OC per i flashback
perché Winona e
Jackson erano secondi ex aequo perciò uno dei due POV del
prossimo capitolo
spetterà a lei.
Non
credo
che riuscirò ad aggiornare questa storia prima di
giovedì perciò auguro a tutti
voi e ai vostri cari un Buon Natale con tutto il cuore.
Stay
tuned.
XO
XO,
Mary
|
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Capitolo 11 *** Capitolo 9 ***
Capitolo
9
Winona
Powaqa
-
Winnie? Winnie dove ti sei cacciata? –
La
voce di Nahuel la raggiunse proprio mentre stava finendo di
arrampicarsi sulla
grande quercia secolare ai margini della loro proprietà,
facendola trasalire e
quasi spingendola a mollare la presa. Fortunatamente
l’appiglio al ramo era
saldo e non corse il rischio di rotolare giù come un sacco
di patate.
-
Sono qui! –
Con
i suoi undici anni Nahuel era il maggiore dei suoi fratelli e colui che
in un
modo o nell’altro aveva sempre finito con il tenere
d’occhio i più piccoli e in
special modo Winona, che sembrava essere nata per combinare disastri e
cacciarsi in ogni sorta di guaio possibile.
-
Cosa stai facendo appesa lì sopra come una scimmia?
–
-
Mi arrampico. –
-
Questo lo vedo, ma perché non sei in camera tua a
prepararti? Lo sai che i
nostri ospiti arriveranno tra poco. –
-
Ma io non voglio mettere il vestito nuovo, mi pizzica e mi
dà fastidio ovunque.
–
Nahuel
l’afferrò, tirandola giù dal ramo come
se non pesasse nulla, e la strinse a sé.
-
Facciamo così, se ti prometto che convinco mamma a farti
indossare l’abito che
vuoi tu in cambio ti comporterai bene per tutta la sera? –
Annuì
con un sorriso raggiante.
-
Se riesci a farlo starò buonissima. –
-
Winnie con chi stavi parlando? –
Si
voltò verso Jackson corrugando la fronte con
perplessità e indicò un punto a
qualche centimetro da dove si trovavano loro.
-
Non lo vedi anche tu? Il bambino vicino al cespuglio, dice che si sente
molto
solo così gli ho chiesto se volesse giocare con noi.
–
Il
suo migliore amico parve meditare sul fatto che lo stesse o meno
prendendo in
giro, ma Winona non era certo il tipo che si inventava le cose o che
mentiva e
di sicuro non lo faceva con le persone a cui voleva bene.
Così Jackson mutò l’iniziale
incredulità in sincera curiosità.
-
Io non lo vedo -, ammise, - ma cosa ti ha detto? –
-
Dice che gli è proibito giocare con noi. –
-
E perché? –
-
Dice che quelli che vengono da dove si trova lui non possono avere a
che fare
con i terreni. –
Entrambi
i bambini erano decisamente perplessi circa quell’ultima
parola, così fecero
ciò che facevano sempre quando volevano conoscere la
risposta a un dilemma:
corsero dalla nonna di Winona, la matriarca della famiglia Powaqa, la
sciamana
Aylen.
-
Nonna, nonna, cosa sono i terreni? –
L’anziana
donna smise di lavorare e alzò lo sguardo sui due bambini,
soffermandosi sulla
nipote con espressione sorpresa e al contempo compiaciuta.
-
Dove avete sentito quella parola? –
-
Me l’ha detta il bambino biondo che sta vicino al cespuglio
accanto al pozzo. –
Quelle
piccole indicazioni che per i due bambini non avevano alcun senso
fecero
brillare di comprensione le iridi della donna.
-
Questo bambino ti ha per caso detto come si chiama, Winnie cara?
–
-
Certo, si chiama Jasper … però aveva degli abiti
molto strani, un po’ come
quelli delle vecchie foto nel libro di storia. –
Winona
continuava a parlare a briglia sciolta, tratteggiando una descrizione
sempre
più accurata di un bambino vissuto più di un
secolo prima e che era morto all’età
di sette anni affogando proprio in quel pozzo. Una descrizione
così accurata
poteva significare solo una cosa: avevano finalmente capito chi fosse
l’erede
designata nella loro numerosissima famiglia.
-
Nonna Powaqa -, chiese Jackson con educazione, - perché io
non l’ho visto e
Winnie invece sì? –
-
Perché, piccolo lord, la nostra Winona è una
Sciamana proprio come me. –
Khendra
finì di acconciare i
capelli e poi corse in soccorso di Reina, aiutandola a chiudere la
cerniera
dell’abito che aveva scelto per quella serata.
-
Credi che sarà presente molta
gente questa sera? –
L’americana
annuì.
-
Ogni anno si radunano tutti gli
esponenti delle professioni più rilevanti del mondo magico,
non è escluso che
sia presente anche mio padre. –
-
Quindi sarà un bene che Edward
ti giri alla larga questa sera. –
Le
gote di Khendra si tinsero di
una vivace sfumatura di rosa, ma la ragazza doveva essere ben decisa a
negare perché
finse di non capire.
-
Che intendi? –
-
Oh andiamo -, rise con malizia
Reina, - non dirmi che non te ne sei accorta? Certe volte sei quasi
peggio di
Marcus. –
-
Non so di cosa tu stia parlando
quindi come faccio a sapere se me ne sono accorta o meno? –
-
Edward pende letteralmente
dalle tue labbra, è evidente, così come
è chiaro come il sole che Arthur si sia
preso una sbandata per il nostro amico. Non capisco perché
vi ostiniate tutti a
negarlo, l’amore è bello. –
-
Stiamo parlando della stessa
persona, Edward Diamond dallo spirito libero? Da quando è a
Ilvermorny non ha
mai avuto una relazione stabile e duratura, non sono nemmeno sicura che
la
voglia. –
-
C’è sempre una prima volta. –
-
Questa volta stai prendendo un
abbaglio, Reina, ma sono d’accordo con te per quanto riguarda
Arthur e Marcus. –
La
Serpeverde le battè una mano
sulla spalla con fare eloquente.
-
Imparerai presto che io ho
sempre ragione, ma fino a quel momento concentriamoci su quei due.
–
-
Quindi la temibile strega
sarebbe quella? Decisamente molto graziosa per essere così
pericolosa – osservò
Caos con fare scettico, mentre uno dopo l’altro entravano
nella mensa adibita per
l’occasione a sala ricevimento.
-
Le apparenze ingannano -,
replicò Scott, - e posso assicurarti che se
l’aspetto di Rose assomiglia al
delicato fiore di cui porta il nome è altrettanto vero che
la sua anima è
quella del serpente che vi si nasconde al di sotto. –
-
Qualcuno cita Shakespeare -,
commentò Henrik con ironia, - potrei quasi esserne
impressionato. –
-
Non credi di essere un po’
melodrammatico, Scott? –
-
No, Liam. Se la sorte sarà
abbastanza gentile non dovrete avere a che fare con lei, ma in caso
contrario
te ne renderai conto da solo molto presto. –
-
Ha perfettamente ragione. –
La
voce di Anne fece sussultare
il gruppetto, che si voltò come un sol uomo per ritrovarsi
davanti la più
giovane dei Riot.
La
quattordicenne rivolse loro un
sorrisetto.
-
Tranquilli, io sono la sorella
buona … però mi associo al rosso quando dice che
girare al largo da mia sorella
è una buona idea. –
Poi,
rapida come era arrivata, si
allontanò con passo leggiadro e raggiunse un drappello di
quelli che dovevano
essere suoi parenti a giudicare dalla somiglianza.
Liam
aggrottò la fronte davanti a
quel mare di facce che sembravano tutte uguali.
-
Ma quanti Riot ci sono questa
sera? –
-
Credo che siano più o meno … -,
Scott fece un rapido computo mentale, - Cinque Riot ormai diplomati
più Jackson
e Anne perciò al momento sono in sette, ma potrebbero sempre
aumentare. –
-
Che gioia. –
-
Crede che sia possibile conferire con lei, oh somma e importantissima
giovane
Sciamana? –
Winona
aprì la porta della sua camera, trovandosi faccia a faccia
con Jackson che
sorrideva allegro e che era accompagnato da un ragazzino della loro
età con i
capelli neri e i grandi occhi dello stesso colore del mare.
-
Molto spiritoso, entra prima che ti prenda a pugni …
comunque lui chi è? –
Decisamente
poco propenso a dare un taglio allo scherzo, l’amico si
gettò sul suo letto
rimbalzando contro il materasso e si mise comodo incrociando le braccia
dietro
al collo.
-
Come, non lo sai? –
-
Sono una Sciamana, non uno Jedi, Jack. –
-
Sono Joaquin -, si presentò lo sconosciuto con un sorriso
vagamente
imbarazzato, - e mi scuso se mi sono presentato così senza
avvisare, ma Jack
diceva che per te non sarebbe stato un problema. –
-
Non preoccuparti, quello che sembra aver dimenticato le buone maniere
qui è
soltanto Jack -, lo rassicurò sorridendo e invitandolo a
sedersi, - a proposito
perché ti comporti come un selvaggio invece che come il
giovane rampollo
beneducato che sei di solito? –
Jackson
le fece la linguaccia, facendo ridacchiare Joaquin, e le
mostrò vittorioso la
lettera che aveva ricevuto quella mattina.
-
A settembre frequenterò ufficialmente Ilvermorny –
annunciò con fare solenne.
Questo
ebbe il potere di attirare finalmente l’attenzione di Winona
che prese a compiere
un rapido calcolo mentale e poi sorrise.
-
Tra sei mesi arriverà anche la mia … pensi che
finiremo nella stessa Casa? –
-
Non credo; penso che io e Joaquin potremmo anche finire in Tuonoalato,
ma non
credo sia la Casa che fa al caso tuo. –
-
Ah … -
L’entusiasmo
scemò in fretta. Improvvisamente quel nuovo arrivato che
minacciava di passare
molto più tempo di lei con Jack non le andava più
così tanto a genio.
Era
forse gelosia quella?
Winona
scostò una ciocca di capelli, osservando di sottecchi
Joaquin mentre finivano
di preparare l’antidoto richiesto. Quella mattina Jackson era
rimasto in camera
a causa di una violenta influenza e così si erano ritrovati
a lavorare solo in
due. Con il passare degli anni il rapporto tra i tre si era rinsaldato
incredibilmente e ormai la Wampus poteva dire di conoscere i
“suoi ragazzi”
come le sue tasche. Perciò le era stato chiaro fin dagli
albori del loro quinto
anno che c’era qualcosa che non andava in Joaquin. Appariva
più pensieroso,
quasi tetro, e decisamente meno gioviale del solito.
-
Jojo. –
-
Mh? –
-
Va tutto bene? So che te lo abbiamo già chiesto molte volte,
ma credo che tu
non abbia mai detto cosa ti preoccupa davvero. –
-
Ci sono un po’ di problemi a casa – rispose vago.
Quello
l’aveva capito già durante l’estate
visto che Joaquin aveva passato più tempo
possibile fuori casa ed era stato ospite sia suo che di Jackson per
quasi l’intera
durata delle vacanze estive.
-
Lo so, ma io intendevo … sei proprio sicuro che non ci sia
altro di cui non
vuoi parlarci? –
Joaquin
rimase in silenzio, continuando a lavorare alacremente.
-
Sai quando eravamo al primo anno ero gelosa di te -, la
buttò lì nella speranza
che quella confessione lo spingesse ad aprirsi a sua volta, - e di
tutto il
tempo che passavi con Jack. –
L’amico
si voltò verso di lei, sinceramente sorpreso.
-
Gelosa? E perché mai? –
-
Eravate nella stessa Casa, andavate d’accordo, e poi eravate
entrambi maschi.
Temevo che l’avresti portato via da me. –
-
Eri innamorata di lui? –
Winona
scosse il capo con una risatina.
-
No. C’è stato un periodo in cui credevo di
esserlo, durante il terzo anno, ma
mi sono accorta che quello che c’è tra noi
è più simile all’affetto che si
prova per un fratello o una sorella. Ci vogliamo bene, ma stare insieme
in quel
senso sarebbe … disgustoso. –
Joaquin
rise a sua volta, per poi tornare a rabbuiarsi tutto d’un
tratto. E fu allora
che Winona intuì quale fosse il vero problema.
-
Tu invece sei innamorato di lui, vero? –
-
Credo di sì. –
Winona
avanzò verso il padre di Jackson tenendo sottobraccio
sia lui che Joaquin e si stampò un sorriso sul volto che
riuscì a non far
vacillare nemmeno quando vide che tra loro c’era anche Rose.
-
Lord Riot, è sempre un piacere vederla. –
-
La nostra giovane Sciamana -, le sorrise garbatamente, -
dimmi cara Winona, come procedono le tue lezioni? –
-
Piuttosto bene, in realtà, e anzi mi domandavo se fosse
possibile per Jackson unirsi a me e alla mia famiglia per il mio ritiro
natalizio. –
Era
certa che se non fosse stato considerato poco decoroso
Jack avrebbe finito con l’abbracciarla e farla roteare in
giro per tutta la
sala ricevimento solo per aver proposto una valida scappatoia al
passare le
vacanze a casa.
-
Non vedo impedimenti, sono certo che Jackson ne sarà lieto.
–
-
Ovviamente – aggiunse il diretto interessato, che come
sempre non era minimamente stato consultato nella decisione paterna, -
Ma forse
è il caso che cominciamo a parlare con gli altri ospiti o
non finiremo mai il
giro prima della mezzanotte – aggiunse.
Si
congedarono dal padre e dalla sorella, trovando una via di
fuga a qualche passo da loro e intavolarono una garbata conversazione
con il reporter
della Gazzetta magica americana.
*
Arthur
Orion Clarke
Arthur
venne svegliato dalla voce dei suoi genitori, che parlavano in salone
cercando
di mascherare l’argomento della conversazione con il rumore
del televisore.
Saltò giù dal letto e sgattaiolò verso
lo stretto corridoio che collegava la
zona notte a quella giorno della loro villetta, stando attento a non
farsi
cogliere sul fatto mentre origliava. Sua madre gli diceva sempre che
non stava
bene che un bambino di otto anni ascoltasse le conversazioni degli
adulti, ma
la curiosità era troppo forte e lui non poteva fare a meno
di volerne sapere di
più.
Sentì
sua madre domandare con una certa apprensione nella voce.
-
Ti hanno già comunicato il giorno della partenza? –
-
Non ancora, ma sicuramente sarà entro la fine del mese, mi
hanno solo detto di
tenermi pronto. –
-
Dovremo trovare il modo di spiegare la cosa ad Arthur … -
-
Già, è solo un bambino, sarà dura per
lui accettare di non vedermi per chissà
quanto tempo. –
Quelle
parole misero il piccolo in allarme. Sapeva che alcuni dei suoi
compagni di
scuola avevano i genitori che vivevano separati perché non
si amavano più e l’idea
che una cosa del genere fosse successa anche alla sua famiglia lo
terrorizzava.
Così corse in salone, incurante della ramanzina a cui
sarebbe potuto andare
incontro, e strinse le gambe del padre in un abbraccio.
-
No, papà, non andartene. Perché tu e la mamma non
volete più vivere insieme? È colpa
mia? Prometto che farò il bravo, lo giuro, basta che resti
con noi. –
Vide
lo sconcerto negli occhi dei genitori, che si tramutò poi in
un accenno d’ilarità.
Orion
scompigliò i capelli del figlio, sorridendogli con dolcezza,
e lo prese in
braccio.
-
Certo che io e la mamma ci amiamo e vogliamo continuare a vivere
insieme, ma tu
sai che lavoro fa il papà vero? –
Annuì
con fare solenne.
-
Sei un soldato. –
-
Esatto e i soldati quando ricevono gli ordini devono obbedire.
Dovrò andare via
per lavoro per un po’, ma tornerò. –
-
E poi resterai sempre con noi? –
-
Sempre. –
-
Allora va bene – asserì dopo un attimo,
decisamente più rincuorato, anche se
non capiva perché mai sua madre fosse ancora tanto triste.
Dopotutto
il papà aveva promesso che sarebbe tornato da loro, no?
-
Arthur, entra in casa, c’è posta per te.
–
Smise
di scattare foto con la macchinetta che sua madre gli aveva regalato
quella
mattina per il compleanno e corse dentro. Ogni settimana dalla sua
partenza il
padre inviava loro una lettera e ogni volta in cui era possibile
telefonava o
andava in videochiamata, e immaginava che per il giorno del suo
compleanno le
cose non sarebbero cambiate.
-
La manda papà? –
Vide
che sua madre aveva un’aria strana mentre gliela passava e
per un attimo lo
assalì il timore che fossero brutte notizie. Dopotutto
quella del padre non era
una missione facile e in zona di guerra le brutte notizie viaggiavano
rapidamente.
-
Non è successo nulla di male, vero? –
-
No, stai tranquillo, papà sta benissimo. –
-
Allora perché … -
-
Apri prima questa lettera, poi leggerai quella di tuo padre –
replicò enigmatica,
passandogli quello che sembrava un foglio di pergamena e che recava un
sigillo
alquanto bizzarro.
La
scorse rapidamente, assimilando il contenuto con sempre maggior stupore.
Lui
un mago? Era impossibile, non aveva mai fatto nulla che potesse essere
considerato fuori dall’ordinario.
-
È uno scherzo? –
-
No, tesoro, è tutto vero. Ilvermorny è una scuola
di magia e tu sei iscritto lì
fin dalla nascita, proprio come è accaduto a me. –
Mollò
la lettera sul tavolo e corse in camera sua, chiudendosi la porta alle
spalle e
lanciandosi a peso morto sul letto. Affondò la testa sotto
al cuscino e
continuò a ripetersi che era assurdo, che non aveva alcun
senso che sua madre
non glielo avesse mai detto, che era tutto così strano e
impossibile e che non
voleva che la sua vita venisse stravolta di punto in bianco.
Lui
voleva continuare a essere il solito Arthur, quello che a settembre
avrebbe
cominciato la scuola media insieme ai suoi compagni delle elementari e
che
presto avrebbe rivisto suo padre, di Ilvermorny non gliene importava un
fico
secco.
-
Carino l’abito, sai se ne hanno anche taglie più
piccole? –
Esme
era prossima a tirare fuori gli artigli e recidere la
carotide di quella serpe dai capelli biondi quando l’arrivo
di Astrid e Arthur
non la tolse d’impaccio prima che potesse commettere un
brutale omicidio che le
avrebbe reso praticamente impossibile intraprendere una qualsiasi
carriera
prestigiosa che esulasse da quella della detenuta.
-
Ecco dove ti eri cacciata -, saltò su l’amica
prendendola
sottobraccio, - ti stavamo cercando ovunque. Buonasera, Rose.
–
-
Astrid -, la salutò asciutta, - cosa ti è
successo? –
Perplessa
la ragazza storse il capo.
-
Come scusa? –
-
Ai capelli intendo, sembra che tu abbia fatto a botte con
qualcuno – chiarì Rose con un sorriso candido.
-
Non è escluso che qualcun altro non si ritrovi con una mano
stretta attorno al collo molto presto – replicò
Esme, in difesa dell’amica,
scoccando un’occhiata poco cordiale alla loro fastidiosa
ospite.
-
L’ultima volta non è andata molto bene da che mi
ricordi. –
-
C’è sempre una seconda volta. –
Arthur
tossicchiò, interrompendo quello scambio di minacce tra
le due, e accennò con il capo al resto dei presenti.
-
Perché non ci liberiamo della reciproca fastidiosa presenza
e non andiamo altrove? –
-
Mi sembra un’ottima idea, dovresti ascoltare il tuo amico,
è
più salutare. –
Astrid
fece per afferrare il braccio libero di Esme e
trascinarla via con sé prima che potesse agire, ma la mora
riuscì comunque a
versare il calice sull’abito della maggiore dei Riot.
-
Ops, le mie scuse, sono così maldestra –
cinguettò, per poi
lasciarsi guidare via dagli amici consapevole che Rose non avrebbe mai
compromesso la sua reputazione davanti a tante persone per lasciarsi
coinvolgere in un altro duello alla No Mag.
-
Per caso è rimasto un posto libero? –
Un
ragazzo dai capelli scuri che doveva avere la sua stessa età
fece capolino nella
sala d’attesa in cui li avevano sistemati prima che avesse
inizio la cerimonia
dello Smistamento, accennando alle sedie nella sua fila.
-
Sì -, gli indicò quella vicino, - accomodati
pure. –
-
Grazie … a proposito, io sono Edward. –
Gli
strinse la mano rispondendo al suo sorriso.
-
Arthur. –
-
Quale Casa speri che ti reclami? –
Rimase
in silenzio non sapendo bene come rispondere. Sua madre aveva aspettato
per
qualche giorno che sbollisse la rabbia e finisse con
l’accettare la cosa e alla
fine gli aveva raccontato qualcosa sulla scuola ma non troppo
perché, così gli
aveva detto, non voleva rovinargli la sorpresa.
-
Non saprei con precisione. –
Le
iridi scure di Edward si illuminarono di comprensione.
-
Sei un Nato Nomag? –
-
No -, cercò di ricordare la parola che aveva usato sua madre
e che d’impatto
non gli era piaciuta molto, - mia madre è una strega. Sono
un Mezzosangue. –
-
Ah, allora immagino che per te sarà tutto nuovo, deve essere
ancora più
emozionante. –
-
Immagino di sì … tu in quale Casa speri di
andare? –
-
Wampus -, replicò all’istante, - la Casa dei
guerrieri. –
-
Le altre sono Magicospino, Tuonoalato e Serpercorno, giusto? –
Edward
annuì.
-
Per i curatori, gli avventurieri e gli studiosi. Ogni Casa rappresenta
anche
una parte del corpo umano; per i Wampus è il corpo, per i
Magicospino il cuore,
i Tuonoalato rappresentano l’anima e infine i Serpecorno
rappresentano la
mente. –
Soppesò
le informazioni. Sapeva che sua madre era stata una Magicospino, ma non
ci si
vedeva lì … alla fine decretò: - Credo
che mi piacerebbe stare tra i
Serpecorno. –
Arthur
lanciò un’occhiata a Esme e Astrid mentre finivano
i rispettivi temi,
attendendo che posassero la piuma prima di esporre
l’argomento che gli stava
più al cuore in quel momento. Avevano trovato ognuno una
convocazione per quel
fantomatico Riot Club e non ci voleva certo una mente particolarmente
brillante
per capire che dietro tutto ciò ci fosse la famiglia di
Jackson anche se a
essere onesto non gli era ancora chiaro esattamente che ruolo avessero
in tutta
quella storia né quale compito svolgessero.
-
Allora vogliamo continuare a ignorare la cosa o decidere il da farsi?
–
Esme
inarcò un sopracciglio perfettamente curato e
scrollò le spalle.
-
Tu cosa pensi di fare? –
-
Io credo che andrò, sono curioso e so che lo sei anche tu
anche se ti sforzi di
fare la sostenuta – aggiunse.
La
conosceva bene ormai e sapeva perfettamente cosa le passava per la
testa quando
si comportava con quella studiata nonchalance.
Anche
Astrid tamburellò le dita contro il banco e annuì
il suo assenso.
-
Già, Esme, è chiaro che sei curiosa quanto noi e
non è certo da te ignorare
un’opportunità
prestigiosa come questa. E poi non vuoi sapere chi è questo
Royal che ti ha
invitata? –
-
Credo sia abbastanza chiaro chi sia … insomma sono rimasti
solo tre Riot a
scuola e ce ne è uno solo all’ultimo anno.
–
Baron
Riot.
Probabilmente
la sua prima cotta in assoluto, il ragazzo che gli aveva fatto capire
che
sebbene apprezzasse entrambi i sessi preferiva decisamente gli uomini.
-
Beh, un motivo in più per andare … dopotutto
Baron è sexy – insistè la bionda.
-
Decisamente più che sexy, direi disumanamente bello,
praticamente divino –
convenne suscitando le risate complici delle amiche.
Alla
fine Esme cedette: - D’accordo, andiamo a questo incontro.
–
Brooklyn
rivolse un’occhiata curiosa ad Anna, accennando con
il capo al ragazzo dai capelli biondi che stava chiacchierando
allegramente con
Isabelle.
-
Quello chi è? –
-
Credo sia l’ex ragazzo di Izzy … mi sembra che si
chiami
Baron, so che fa l’Auror e che è un membro della
scorta dei piani alti
ministeriali. –
-
Però. Che ci sia un ritorno di fiamma in atto? –
Loki
fece capolino dietro di loro, rischiando di far strozzare
Anna con lo champagne che stava sorseggiando.
-
Figurarsi. E poi non dovreste concentrarvi sui colloqui
invece di fare gossip da quattro soldi? Abbiamo una prova da superare.
-
Loki! Mi hai quasi fatto prendere un colpo. –
Il
biondo scrollò le spalle con fare noncurante, continuando a
fissare quei due finchè Isabelle non si allontanò
da Baron e non li raggiunse.
-
Di che parlavate? –
-
Normale conversazione -, replicò con disinvoltura, - siamo
rimasti buoni amici malgrado la rottura. –
-
Amici? –
-
Sì, Loki … amici, un po’ come lo siamo
tutti noi. Cosa c’è
di strano? –
-
Nulla -, si affrettò a replicare, - assolutamente nulla.
Siamo tutti amici. –
Poi
le lasciò da sole, tornando a raggiungere il resto dei
ragazzi, sotto lo sguardo perplesso della mora.
-
Quel ragazzo certe volte mi preoccupa sul serio. –
Spazio
autrice:
Salve!
Eccoci
qui con l’attesa serata delle carriere. Spero che il capitolo
vi sia piaciuto e
volevo dirvi che mi servirebbero un paio d’informazioni per
il prossimo
capitolo ovvero:
-
come
sempre due voti per i flashback dei personaggi;
-
il
vostro voto per chi si aggiudicherà la vittoria della
partita Wampus vs Tuonoalato
e in particolare sapere per chi tiferà il vostro OC;
Nel
caso
foste curiose vi lascio qui sotto il prestavolto di Baron.
Infine
visto che sicuramente ci sentiremo con l’anno nuovo
… vi auguro un Buon
Capodanno.
A
presto.
Stay
tuned.
XO
XO,
Mary
Lord
Baron Rochefort Riot –
19 anni, ex Wampus. Membro della task force
Auror a protezione del Primo Ministro e del suo Vice.
|
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Capitolo 12 *** Capitolo 10 ***
Capitolo
10
Joaquin
Lockwood
Nascose
la testa sotto al cuscino, chiudendo gli occhi e sforzandosi
d’ignorare le urla
che provenivano dal piano inferiore. Suo padre era tornato tardi anche
quella
sera, completamente ubriaco come sempre da quando aveva perso il
lavoro, e non
c’era verso di farlo uscire da quella spirale di
autodistruzione in cui era precipitato.
-
Basta, sono stufa, tutte le sere è la stessa storia!
–
Joaquin
era un bambino di appena cinque anni, ma aveva imparato presto cosa
succedeva
quando la mamma si arrabbiava in quel modo, così premette
con maggior vigore il
cuscino contro le orecchie. Il rumore degli oggetti che venivano
mandati
all’aria da suo padre, le urla di dolore della mamma, le
minacce … tutto questo
penetrava malgrado la modesta protezione del cuscino. Si
rintanò sotto le
coperte, le lacrime che sgorgavano dalle iridi verdemare identiche a
quelle
della mamma, pregando silenziosamente che tutto finisse e che la mamma
stesse
bene.
Sussultò
quando sentì la porta di casa sbattere con vigore seguita
poco dopo dal rumore
dei passi lungo le scale.
-
Jojo, tesoro, lo so che sei sveglio. –
Emerse
dalle coperte, osservando il volto rigato dalle lacrime della mamma,
notando il
gonfiore che si stava rapidamente formando sulla sua guancia.
-
Papà è andato via? –
-
Sì, tesoro, e adesso ce ne andiamo anche noi. Prendi le tue
cose, ce ne andiamo
dai nonni. –
-
Posso portare Mr Snow con noi? –
-
Certo che puoi portarlo, tesoro, ma cerca di sbrigarti abbiamo poco
tempo. –
Joaquin
annuì, afferrando il peluche a forma di orsetto che gli era
stato regalato per
il compleanno, poi tese la manina alla mamma e si lasciò
condurre via da quella
che fino a quel momento era stata la loro casa.
-
Jojo, sei pronto? –
-
Quasi, mamma, non riesco a mettere la cravatta. –
Erano
passati due anni da quando avevano lasciato il papà e la
loro vecchia casa e la
mamma aveva trovato finalmente una nuova persona con cui stare. Era un
uomo
simpatico, che trattava Joaquin con dolcezza come se fosse figlio suo,
perciò
quando gli aveva chiesto se fosse disposto ad accettarlo come nuovo
papà lui
aveva annuito con entusiasmo. Lo aveva persino portato con
sé a scegliere le
bomboniere per il matrimonio e gli aveva permesso di decidere quale
abito da
cerimonia volesse indossare in qualità di paggetto.
Perciò quella mattina,
mentre tutte le donne della loro nuova grande famiglia si
affaccendavano per
aiutare la madre con l’abito da posa, il trucco e
l’acconciatura lui si era
messo d’impegno per vestirsi in tutto e per tutto da solo
come tutti gli
ometti. Peccato solo che il cravattino fosse più complicato
da allacciare di
quanto avesse immaginato. Erano venti minuti che cercava di fare il
nodo
inutilmente e quando decise di dichiararsi sconfitto si
rassegnò a scendere in
salone per farsi aiutare da uno dei suoi nuovi zii.
-
Vieni qui, campione, ti aiuto io – decretò lo zio
Armand, aiutandolo con il
cravattino e sistemandogli meglio la cera sui capelli, - Ecco fatto,
guardati,
sei vestito proprio come uno di noi grandi. –
Esaminò
il riflesso dello specchio sorridendo compiaciuto.
Lo
zio Armand aveva ragione, sembrava proprio uno di loro. –
Anne
si materializzò accanto a suo fratello prendendo
sottobraccio da un lato lui e dall’altro Joaquin, li
dirottò verso il bancone
dei cocktail e lanciò un’occhiata supplichevole ad
entrambi.
-
Chi di voi due strappa qualcosa di molto alcolico al tipo
serio e intransigente che mi ha liquidata con un’occhiataccia
quando ho chiesto
un whisky incendiario? –
Jackson
le rivolse un’occhiataccia, districandosi dalla sua
presa e accennando poi un sorrisetto beffardo.
-
Che te ne pare di nessuno? –
-
E dire che eri il mio fratello maggiore preferito. –
-
Sono il tuo unico fratello. –
-
Appunto, un motivo in più per acconsentire alle richieste
della tua adorabile sorellina -, sorrise angelicamente, - dovresti
apprezzare
che io non sia una mini Rose. –
-
Credo ci sia una via di mezzo tra una mini Rose e una mini
alcolizzata. –
Joaquin
osservò i due battibeccare con un sorriso stampato sul
volto, poi si diresse verso il bancone e ordinò un cocktail
molto più leggero
di quello originariamente chiesto dalla quattordicenne.
Tornò sui suoi passi
porgendoglielo e ottenendo per tutta risposta un abbraccio spaccaossa.
-
Grazie, Jojo, sei sempre il migliore … -
Jackson
d’altro canto sgranò gli occhi incredulo.
-
Ma che accidenti … si può sapere da che parte
stai tu? –
-
Un cocktail non la ucciderà e di sicuro non la
trasformerà
in un’alcolizzata. E poi con una serata del genere credo che
tutti ne abbiano
bisogno. –
-
Ma … -
-
Anche tu – tagliò corto, afferrando un bicchiere
di whisky
da un cameriere di passaggio e piazzandoglielo in mano, -
perciò prosit! –
Edward
diede di gomito ad Arthur e insieme si accostarono al
terzetto poco distante da loro.
Tese
un flûte verso Khendra, sorridendole di rimando quando la
ragazza lo accettò con un misto di compiacimento e
imbarazzo.
-
Stai veramente bene, ti stai divertendo? –
-
Diciamo che è una serata interessante, anche se il fatto che
mio padre sia tra gli invitati è piuttosto imbarazzante.
–
-
Lo capisco, immagino sia stressante stare sotto il controllo
dei genitori anche alle feste … è per questo che
non ami il Quidditch? –
-
Come fai a sapere che non lo amo? –
-
Non ti ho mai vista alle partite -, replicò scrollando le
spalle, - perciò ne deduco che non sia uno sport che ami
particolarmente. –
-
Non molto – ammise alla fine.
-
Perciò non ci sono proprio speranze di convincerti ad
assistere alla partita di domani? È la più
avvincente del campionato. –
Tuonoalato
contro Wampus, un classico che infiammava tutti gli
studenti amanti dello sport e della rivalità tra le due
Case, Jackson Riot
contro Edward Diamond. Insomma uno spettacolo degno di nota.
-
Ci sarà – replicò per lei Reina,
inserendosi nel discorso
quanto bastava a dare l’assenso e poi sgattaiolando via per
impedire all’amica
di tirarsi indietro.
-
Anche Reina gioca a Quidditch – spiegò, non
sapendo come
altro giustificare quell’uscita, - e mi ha fatto promettere
di accompagnarla ad
assistere. –
-
Bene, allora mi auguro che tiferai per me. –
Prese
un sorso dal flûte, annuendo appena e cercando di
mascherare il rossore con l’alcool.
-
Devo proprio venire anche io? –
Da
quando sua madre aveva sposato Trevor Lockwood la loro vita era
cambiata
radicalmente e con essa erano comparsi tutta una serie di obblighi e
privilegi.
All’inizio Joaquin era troppo piccolo per capire esattamente
cosa avrebbe
comportato essere il figlio adottivo di un consigliere del M.A.C.U.S.A
ma
adesso che era alla soglia dei suoi undici anni aveva compreso alla
perfezione
il tenore della loro posizione sociale e si era ormai abituato alle
serate di gala
e ai ricevimenti a cui venivano invitati i genitori. Alle volte
riusciva anche
ad evitarli, ma sembrava che quello in particolare fosse impossibile da
ignorare.
-
Il figlio di Bart ha la tua stessa età e la festa
è in onore del suo
compleanno, i Riot sono persone importanti e poi so che Jackson
è un ragazzo
molto a modo, potreste diventare amici – replicò
Trevor con un sorriso
incoraggiante.
Avrebbe
voluto condividere il suo stesso entusiasmo, ma in mezzo a tutta quella
gente
si sentiva sempre un pesce fuor d’acqua.
-
E se a lui non piaccio? –
-
Non dire sciocchezze, Jojo, tu piaci sempre a tutti. Hai un dono nel
suscitare
la simpatia delle persone. –
Annuì
poco convinto, ma seguì i genitori fuori dalla Cadillac e
lungo il sentiero in
ghiaia bianchissima che portava alla residenza dei Riot.
Alzò lo sguardo ad
esaminare quell’immensa struttura, una villa che al confronto
avrebbe fatto
sfigurare qualsiasi altra avesse mai visto in tutta la sua vita, e
all’improvviso si sentì tremendamente piccolo e
fuori posto.
Trevor
gli posò una mano sulla spalla quasi avesse letto nei suoi
pensieri e gli
sorrise.
-
Andrà bene, Jojo, te la caverai alla grande. –
Incrociò
le dita, seguendolo all’interno della villa e lasciando il
soprabito all’elfo
domestico che li accolse.
Fu
allora che lo sguardo gli cadde sul ragazzino dai capelli color del
bronzo che
stava seduto davanti al pianoforte e accarezzava con espressione
assorta e
totalmente presa i tasti in avorio.
Prima
ancora di rendersene conto lo aveva raggiunto, sedendosi accanto a lui,
e gli
aveva sorriso timidamente.
-
Posso suonare con te? –
Il
ragazzo annuì, facendogli spazio e lasciandogli la
metà dei tasti.
-
Cosa vuoi suonare? –
-
La conosci la nona sinfonia di Beethoven? –
Gli
rivolse un sorriso smagliante. – Vuoi scherzare? Certo, la
adoro! –
Rincuorato,
gli sorrise di rimando e gli tese la mano. – Comunque io sono
Joaquin. –
-
Il figlio di Trevor? –
Annuì.
Gli
strinse la mano di rimando. – Jackson, piacere di conoscerti.
–
-
Sei il festeggiato … Jackson Riot? –
-
Già. –
-
Allora auguri. –
-
Sei il primo ad avermeli fatti tra tutti gli ospiti arrivati.
–
Gli
rivolse un sorriso a metà tra l’incredulo e il
triste. Sembrava che anche in
quella famiglia malgrado la fama e la ricchezza le cose non fossero
troppo
diverse da quelle che aveva vissuto durante i primi anni con il suo
padre
biologico.
-
Trevor aveva ragione – disse alla fine.
- Su cosa? –
-
Aveva detto che mi saresti piaciuto … aveva ragione.
–
-
Anche tu mi piaci. –
-
Jack? Jack sei qui? –
Fece
capolino nello spogliatoio di Quidditch, guardandosi attorno alla
ricerca del
suo migliore amico che era letteralmente sparito dalla faccia di
Ilvermorny da
ore. Sapeva che lui e Amelia si erano lasciati quella mattina e si era
detto
che prima o poi sarebbe andato a cercarlo per raccontargli tutto, ma
non
l’aveva fatto e una parte di sé si era sentita
ferita. Così alla fine aveva
deciso di essere lui a cercarlo. Aveva perlustrato ogni singolo
centimetro dei
possedimenti scolastici e alla fine aveva optato per dirigersi verso il
campo.
Non l’aveva trovato in sella alla scopa e aveva puntato tutte
le sue ultime
speranze nello spogliatoio maschile. E così si era rivelato
essere.
-
Sono sotto la doccia, dammi un minuto. –
Mormorò
un assenso di rimando, lasciandosi ricadere sulla panca
nell’angolo e
tamburellando con i piedi contro il pavimento.
Esattamente
un minuto dopo Jackson comparve, un asciugamano stretto in vita con il
torace
pallido e definito in bella mostra e i capelli ancora leggermente
umidi. Si
sforzò di distogliere lo sguardo e finse di trovare
particolarmente
interessante un punto imprecisato degli armadietti in metallo attaccati
al
muro.
-
Ti ho cercato praticamente ovunque. –
-
Lo so, scusa, ma avevo voglia di volare un po’. –
-
E non volevi sentirti dire da Winnie che lei ti aveva detto che Amelia
era una
pessima idea – aggiunse con appena un accenno di acredine
nella voce.
Non
era stata solo Winnie a pensare una cosa del genere, ma lui aveva
preferito
tacere per non esporsi troppo … per non confessare la
gelosia che l’aveva
attanagliato quando li aveva visti insieme per la prima volta. La
stessa
sgradevole sensazione che aveva provato quando Winona gli aveva
confessato di
aver pensato, anni prima e per un brevissimo periodo, di poter avere
una cotta
per Jackson.
-
Anche – ammise con un sorrisetto.
-
Stai male? –
Aveva
bisogno di saperlo, poco importava che la risposta potesse ferirlo
ancora di
più, ma lui doveva saperlo.
-
Sorprendentemente no. Volevo schiarirmi le idee per capire cosa mi
stesse
passando per la testa e poi ho capito: Amelia non significava nulla per
me.
Immagino che sia stato meglio averlo capito adesso piuttosto che dopo
anni, no?
–
-
Decisamente. –
-
Se mi aspetti finisco di rivestirmi e andiamo a cena insieme, sto
morendo di
fame. –
Gli
voltò le spalle senza attendere una sua risposta e prese a
vestirsi al di là
del separè, ignaro del fatto che l’umore di
Joaquin fosse migliorato
incredibilmente da quando aveva messo piede lì dentro.
*
Caos
Nott
-
Sei nervoso? –
Scott
annuì appena mentre giocherellava svogliatamente con il
cibo che aveva nel piatto. Tutte le volte che aveva una partita sentiva
lo
stomaco chiudersi e improvvisamente perdeva ogni traccia
dell’appetito che lo
contraddistingueva di solito.
-
Non hai motivo di esserlo, sei un bravissimo Battitore – lo
rincuorò
Henrik.
-
Già –, Liam si inserì dando il suo
sostegno, - anche se non
ti ho mai visto giocare conosco l’opinione di tutti gli
altri. Sono tutti
concordi nel dire che sei uno dei migliori in circolazione nei
campionati
studenteschi. –
-
Siete gentili, ma quello che mi preoccupa non è tanto
l’idea
di perdere quanto piuttosto … -
-
Piuttosto? –
Isabelle
fece capolino tra di loro, già vestita di tutto punto
con i colori dei Tuonoalato, con tanto di mazza da Battitrice in bella
vista.
-
Pronto a una sconfitta con i fiocchi, cuginetto? –
Non
servì parlare per chiarire che il
“piuttosto” era proprio
lei.
-
Questo è ancora tutto da vedere, se non sbaglio siamo a tre
vittorie, due sconfitte e un pareggio per noi. –
-
Casomai per noi -, lo contraddì, - e con questa arriveremo a
quattro. –
-
La troppa sicurezza non è mai una cosa carina –
fece notare
Liam.
-
Lo è quando è motivata -, lo rimbeccò
Isabelle, - ma saranno
i fatti a parlare. Piuttosto ricordati la penitenza per chi perde.
–
E
con quelle ultime parole fece dietrofront e raggiunse il
resto della sua squadra.
-
Che penitenza? –
-
Non volete saperlo … fidatevi. –
-
Quindi questa è una delle prime partite a cui assisti?
–
Khendra
annuì mentre s’inerpicava sulle gradinate e
cercava un
posto libero dal quale avessero una visuale soddisfacente. Mentre era
impegnata
nella ricerca vide una mano alzarsi e attirare la loro attenzione.
-
Da questa parte. –
La
voce di Arthur le indirizzò a tre posti liberi accanto a
lui; si strinsero di modo tale da lasciare Marcus tra il bordo della
gradinata
e il corpo del Serpecorno.
Accarezzò
il bordo del maglione del ragazzo, soffermandosi in
corrispondenza del petto, e sorrise di fronte al suo imbarazzo.
-
Non sei vestito un po’ leggero? –
-
Sto bene così -, bofonchiò di rimando, - grazie
per l’interessamento.
–
-
Figurati … se senti freddo non preoccuparti e stringiti pure
addosso a me quanto vuoi. –
Khendra
tossicchiò nascondendo una risata e scosse le lunghe
ciocche.
Quel
ragazzo era sempre il solito e il suo amico non sapeva in
che gioco si era andato a cacciare nel momento stesso in cui Arthur
l’aveva
puntato.
-
Esme non c’è? –
Reina
giunse in soccorso di Marcus stemperando quella tensione
sessuale malcelata e dirottando il discorso altrove.
-
Sì, ma è seduta dall’altro lato -,
indicò la poltrona degli
ospiti sulla gradinata opposta, sulla quale avevano occupato un posto
sia
Desmond che Baron Riot, - Credo che abbia deciso di prendere due
piccioni con
una fava. Dopotutto non può non tifare per Astrid, ma anche
passare del tempo
con Desmond ha il suo fascino. –
Sgranarono
gli occhi all’unisono.
-
Lo zio di Jackson? –
-
Esme non detesta tutti i Riot -, rise malizioso, - ce ne è
almeno uno che le è sempre piaciuto molto. –
Certo
era un uomo indubbiamente attraente, ma Reina non
riusciva a immaginare una ragazza poco più grande di loro
desiderosa di
iniziare una relazione stabile con lui.
-
Ma … non è vecchio?
–
-
A Esme sono sempre piaciuti un po’ … stagionati. E poi ha trent’anni
e lei a breve ne compirà diciotto,
sono solo dodici anni di differenza. –
-
De gustibus – mormorò Marcus.
-
Giusto … e i tuoi di gusti nello specifico quali sono?
–
-
Sta iniziando la partita – replicò, le guance
nuovamente
chiazzate di rosso.
-
Possibile che tu non riesca mai a stare fermo per mezzo secondo?
–
Ridacchiò
mentre sua madre lo costringeva a mettersi seduto e a tirarsi su la
gamba dei pantaloni
per scoprire il ginocchio destro.
-
Non c’è nulla da ridere, Caos, guarda come ti sei
ridotto. Ho perso il conto
delle cicatrici che ti sei procurato negli ultimi sette anni.
–
-
Sto bene, mamma, è solo un graffio. –
Nova
gli scoccò un’occhiataccia e continuò
imperterrita ad imbevere di disinfettante
il cotone. Glielo appoggiò sulle escoriazioni e
strofinò delicatamente. Sentì
il figlio sussultare, ma tenere saldamente chiusa la bocca per non
lasciarsi
sfuggire neppure un gemito.
-
Si può sapere come ha fatto a venirti in mente che
arrampicarti su quell’albero
in piena notte fosse una buona idea? –
-
Diana dice che lì sopra c’è un nido.
Volevo vedere i piccoli. –
-
E non potevi aspettare che facesse giorno prima di farlo? –
Il
bambino soppesò le parole della madre in silenzio,
un’espressione buffa dipinta
sul volto, e infine annuì con un sorriso solare.
-
Giusto, non ci avevo pensato! –
-
Tu non pensi mai -, sospirò, - un giorno questo
comportamento ti farà finire nei
guai. –
-
Papà dice che ho ripreso da te. –
Nova
sgranò gli occhi.
-
Ah, è questo che dice papà? Bene …
Killian?! –
-
Oh oh – mormorò con sentimento il piccolo prima di
districarsi dalla presa
della madre e correre in camera sua.
Aveva
la netta sensazione che quell’ultima considerazione avrebbe
fatto meglio a
tenerla per sé.
Caos
fece capolino all’interno dello scompartimento occupato dai
suoi amici, trovando
Loki ed Henrik seduti sulla destra e Diana e Anna invece sulla
sinistra.
-
Ci hai messo una vita, si può sapere dove ti eri cacciato?
–
-
Ero a fare provviste – replicò, estraendo una
scorta di dolciumi non
indifferente e piazzandola sul tavolino al centro.
-
Api Frizzole! –
Diana
fece per allungarsi ad afferrare il pacco, ma il cugino la
bloccò prima che
giungesse alla meta.
-
Prima dillo. –
I
loro tre amici li guardarono con fare perplesso. Da un lato erano
certamente
curiosi, ma dall’altro avevano capito già da tempo
che mettersi tra le
discussioni di Diana e Caos non era mai una scelta saggia.
La
ragazzina alzò gli occhi al cielo, sbuffò
sonoramente e poi lo folgorò con
un’occhiataccia.
-
Devo proprio farlo? –
-
Sì se le vuoi. –
-
Sei uno sporco ricattatore. –
-
Lo so, ma voglio comunque sentirtelo dire. Capita così di
rado che tu mi dia ragione
su qualcosa, sarei un pazzo a fare finta di nulla. –
-
Va beeeene. Lo ammetto, questo è lo scompartimento migliore,
avevi ragione. –
Isabelle
saltellò allegramente mentre usciva dallo spogliatoio
femminile e trovò le ragazze che l’attendevano
sorridenti sul prato antistante.
-
Congratulazioni per la vittoria, anche se ammetto che un po’
mi dispiace per Scott – ammise Anna, occhieggiando verso lo
spogliatoio
maschile dal quale i Wampus avevano cominciato a uscire con aria
affranta.
-
Oh, ti dispiacerà ancora di più quando vedrai
cosa ho
architettato come penitenza. –
Diana
scoppiò a ridere davanti all’espressione
fintamente
diabolica della ragazza, prendendola sottobraccio mentre si
incamminavano lungo
il sentiero che conduceva all’ingresso della scuola.
-
Qualche anticipazione? –
-
Oh, lo vedrai a cena. –
-
Bel completino Blackwood, ti dona particolarmente. –
Il
commento dello studente di Magicospino più vicino
all’ingresso
della sala mensa fu quello che diede l’inizio alle danze. Da
lì fu tutto un
susseguirsi di studenti che cercavano di sporgersi il più
possibile per
individuare la fonte delle risate collettive.
Scott
infatti aveva indossato una divisa femminile dei
Falmouth Falcons, nello specifico quella di Isabelle che per
l’occasione era
stata allargata a colpi di bacchetta per adattarla, e saltellava armato
di pon
pon mettendo in mostra un paio di gambe decisamente mascoline sotto al
corto
gonnellino bianco.
La
suddetta cugina ne approfittò per alzarsi in piedi,
sventolando un bicchiere colmo di succo di zucca con la veemenza che
avrebbe
adottato il più accanito degli ultras, e urlò a
gran voce: “Vinceremo …
ma se non vinciamo spacchiamo almeno un po’ di
teste!”
Un
misto di acclamazioni, provenienti da chi come lei teneva
per i Falcons, e di risa accompagnarono quelle parole e
l’avanzata di Scott
verso il tavolo dei Wampus.
-
Il bianco e il grigio sono proprio i tuoi colori -, aggiunse
Caos mentre l’amico prendeva posto, - ti risaltano gli occhi.
–
-
Caos, posso dirti una cosa dal profondo del cuore? –
Con
le lacrime agli occhi per le risate, il moro annuì.
-
Ucciditi. –
-
Henrik devi assolutamente darmi una mano con questa roba, non ci
capisco nulla!
–
L’amico
smise di mangiare il suo pudding, dopo aver quasi rischiato di
strozzarsi con
una cucchiaiata, e si rassegnò ad affrontare per
l’ennesima volta la questione
di Storia della magia con Caos.
-
Ti ho già spiegato che farmi andare di traverso la cena
facendomi prendere un
infarto non servirà a farti capire la materia, vero?
–
-
Vero, ma vado di fretta. –
-
Perché vai di fretta, cosa dovrai mai fare in piena serata?
–
Sorrise
malandrino.
-
In effetti adesso che me lo chiedi penso proprio che posso confidarti i
piani
che abbiamo in serbo io e Loki per il nostro amato custo … -
-
No, basta, non voglio più saperlo. Non posso correre il
rischio di essere
accusato di complicità; sono un Prefetto, quelli come voi
dovrei farli punire e
non coprirli, volete mettervelo in testa? –
-
Che noia. Liam tu sei dei nostri? –
Il
biondo soppesò la proposta, evidentemente tentato di
prenderla in
considerazione, ma lo sguardo supplichevole di Henrik lo convinse a
desistere.
-
Spiacente, per questa volta passo anche io. –
-
Pazienza … però con il tema mi date una mano
comunque, no? –
-
Certo, anche perché so per esperienza che non cederai
finchè non avrai ottenuto
quello che vuoi. –
-
Esattamente – confermò compiaciuto.
Loki
lo seguì lungo il sentiero che dall’Emporio degli
Scherzi di Zonko conduceva
verso il Black Unicorn, ai margini del villaggio, trascinandosi dietro
un
quantitativo notevole di buste e inveendo contro Caos e i suoi piani di
spionaggio malsani.
-
Mi spieghi perché lo stiamo facendo? –
-
Non è ovvio? Diana ha un appuntamento con un tipo del
settimo anno. –
-
Che ha solo un anno più di noi, non è esattamente
un grande scandalo, sai? –
-
Resta il fatto che ha un appuntamento con mia cugina, ma come diavolo
si è
permesso di fare una cosa del genere? –
-
Diana è carina, intelligente, ed è divertente.
Non vedo cosa ci sia di strano
se piace ai ragazzi. –
-
Questo lo so -, lo rimbeccò con fare ovvio, - ma doveva
ovviamente chiedermi il
permesso prima di compiere un’azione così
scellerata. Insomma chi gli ha detto
che poteva farlo? –
-
Sono quasi del tutto sicuro che sia stata proprio Diana a dirgli che
andava
bene, ma potrei sempre sbagliarmi – ironizzò.
-
Beh, è comunque del tutto inaccettabile, Diana è
troppo giovane. –
-
Un pazzo … io sto cercando di ragionare con un pazzo
– sospirò Loki, bloccando
l’amico prima che potesse entrare nel pub e fare una scenata,
- Se entri Diana
ucciderà prima te e poi me per non avertelo impedito
perciò perlomeno rimani a
spiarli da fuori. –
-
Fifone – bofonchiò, ma diede retta
all’amico e si sistemò vicino alla vetrata
sul retro.
-
Quando si tratta di Diana e delle sue sfuriate assolutamente
sì e non me ne
vergogno affatto. –
Spazio
autrice:
Salve!
Comincio
augurandovi un buon anno (seppure in ritardo xD) e una buona Epifania!
Come
avrete notato il voto questa volta ha favorito i Tuonoalato,
perciò
congratulazioni a chi ha un OC in quella Casa, e nel caso dei flashback
ha
prodotto nuovamente un ex aequo tra Caos ed Edward per cui per il
prossimo
capitolo troverete il flashback sul nostro Wampus … quindi
vi chiedo un solo
voto per il flashback del prossimo capitolo, che arriverà
sicuramente non prima
di giovedì. Ah inoltre vi annuncio che il prossimo capitolo
sarà ambientato
durante le vacanze di Natale per cui vi pongo una domanda:
-
il
vostro OC tornerà a casa o rimarrà a scuola?
Volete che festeggi in modo
particolare?
Detto
ciò
vi saluto, al prossimo aggiornamento.
Stay
tuned.
XO
XO,
Mary
|
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Capitolo 13 *** Capitolo 11 ***
Capitolo
11
Edward
Luke Diamond
-
Sei proprio sicura di non voler tornare per le vacanze? –
Isabelle
annuì davanti allo sguardo perplesso delle tre
amiche, lasciandosi cadere sul materasso e sorridendo.
-
Certo, ho già scritto a mia madre e lei ha capito
perfettamente … ha detto che neanche lei avrebbe mai
lasciato da sole le sue
amiche a Natale, specialmente se sono costrette a stare lontane da casa
per le
feste. –
-
Quando è così … che si fa di solito
qui a Ilvermorny durante
le vacanze natalizie? –
-
Di solito non sono moltissime le persone che rimangono a
scuola -, replicò voltandosi verso Anna, - ma quelle poche
che lo fanno devono
prepararsi psicologicamente alla più grande festa che sia
mai stata organizzata
nella storia della scuola. –
Brooklyn
inclinò leggermente il capo, perplessa.
-
Mi sembrava di aver capito che Jackson andasse a casa di
Winona insieme a Joaquin … il Riot organizza anche senza di
loro? –
-
Non esattamente. Edward non torna mai a casa se può
evitarlo, perciò si fa carico lui
dell’organizzazione della festa di Natale più
epica della storia di modo che anche chi rimane qui abbia modo di
passare un
bel periodo. –
Anna
sfoggiò un’espressione triste.
-
Non riesco a immaginare come debba essere per lui. Eppure da
come si comporta non lascia mai trasparire un disagio. –
-
È un tipo forte, indipendente, non ha mai detto a nessuno
perché
non vuole tornare. –
-
Allora non saremo certo noi a rovinare l’atmosfera festaiola
-, saltò su Diana dirigendosi verso l’armadio
nell’angolo e spalancando
entrambe le ante, - perciò coraggio: la caccia
all’abito adatto è ufficialmente
aperta! –
-
Mi sa tanto che ci trascinerà tutte alla festa –
ridacchiò Brooklyn.
-
Oh, puoi scommetterci che lo farò. –
-
La mamma sta piangendo. –
Edward
venne accolto al suo ritorno a casa dalla semplice constatazione di
Kate. La
sua sorellina doveva aver passato dei mesi interminabili in compagnia
di una
donna piangente, perché il modo rassegnato in cui
l’aveva detto era tipico di
chi ormai sa bene che non ci sia più nulla da fare. Persino
a Natale, ora che
il padre era stato cacciato via dopo l’ennesimo tradimento,
quella casa
diventava una valle di lacrime.
-
A settembre sarai a Ilvermorny con me, avrai modo di fuggire da tutto
questo
per almeno un po’ – la rincuorò,
accarezzandole il viso e incamminandosi lungo
la rampa di scale che portava al piano superiore.
-
Mamma, sono tornato a casa. –
Non
giunse nessuna risposta.
Non
che se l’aspettasse davvero.
Sospirò,
trascinando il baule nella sua camera e chiudendosi la porta alle
spalle.
-
Che significa che quest’anno non torni a casa per le vacanze?
–
Kate
mise le mani sui fianchi e gli rivolse un’occhiata piccata.
Per
tutta risposta lui si limitò a scrollare le spalle con
noncuranza. Avevano già
affrontato quel discorso innumerevoli volte da quando dicembre aveva
cominciato
ad avvicinarsi e lui era sempre stato irremovibile a riguardo: ora che
anche
Kate era a scuola lui non sarebbe tornato a casa per le
festività.
-
Te l’ho già detto, kitty cat, tornavo a casa solo
per non lasciarti con la
mamma. –
-
Ma lo stai facendo comunque! –
-
No, adesso sei tu che hai deciso di voler tornare a casa da lei. Non
sei
obbligata, è una tua libera scelta, così come io
posso decidere di rimanere qui
con i miei amici. –
-
Ma … -
-
Non voglio discuterne ancora, sorellina. –
Rassegnata,
la ragazzina scrollò le spalle e appose la sua firma
sull’elenco di coloro che
ripartivano per casa.
-
Va bene, mi inventerò qualcosa per giustificare la tua
assenza. –
Certo,
come se sua madre se ne sarebbe mai accorta.
Edward
afferrò l’ultimo malloppo di inviti e
puntò dritto
verso il gruppetto di studenti inglesi con un sorriso gioviale sul
volto.
-
Ciao, ragazzi! Vi interessa una festa natalizia? –
Caos
fu il primo a ricambiare il sorriso, visibilmente
incuriosito, e accettò l’invito che gli veniva
porto.
-
La organizza il Riot? –
-
No, ci penso io; la maggior parte dei membri del Club parte,
a scuola rimaniamo solo io e Arthur. –
-
Verremo sicuramente -, asserì, - dopotutto stare lontani da
casa per le vacanze è una novità un po’
per tutti noi. –
Il
sorriso sul volto del Wampus vacillò appena e Scott diede
una gomitata nello stomaco all’amico, che per tutta risposta
non capì cosa
avesse detto di male.
-
Bene, allora ci vediamo lì – decretò
alla fine Edward,
voltando loro le spalle e tornando sui suoi passi per raggiungere Esme
e Astrid
poco distanti.
Rimasti
soli, Caos lanciò un’occhiataccia al rosso.
-
Ehy, mi hai fatto male! –
-
Bene, è proprio quello che volevo. Non connetti mai il
cervello prima di aprire bocca, vero? –
-
Eh? –
Liam
alzò gli occhi al cielo e intervenne. – Quello che
Scott
intende dire è che deve esserci un motivo se Edward, che ha
la possibilità di
tornare a casa, rimane qui. Evidentemente non vuole tornare a casa dai
suoi. –
-
Insomma sei stato tremendamente indelicato – concluse Henrik,
mentre Scott annuiva con vigore.
-
Esattamente, è quello che intendevo. –
-
E questo dovrebbe essere un buon motivo per picchiarmi? –
Loki
gli passò un braccio attorno alle spalle e lo
stritolò
leggermente.
-
Come dice Diana, c’è sempre un buon motivo per
picchiarti. –
-
Hai preso tutto? –
Astrid
annuì incamminandosi insieme all’amica verso il
pianterreno.
-
Tu invece? Non vedo bagagli nei paraggi -, esaminò
l’aria circostante
con perplessità, - chi hai incastrato per portarli?
–
Esme
sorrise prima di accennare pigramente a qualche metro
dietro di loro, dove uno studente del loro anno arrancava sotto il peso
del suo
baule e si sforzava di tenere il loro passo.
-
Si è offerto di accompagnarmi lungo il tragitto, non avevo
cuore di dirgli di no. –
Alla
bionda non rimase che gettare il capo indietro e
scoppiare a ridere sonoramente.
Tipico
di Esme sfruttare il suo cospicuo numero di
corteggiatori spingendoli persino ad offrirsi volontari per quel ruolo
di
facchini personali.
-
Se solo sapesse che ti piacciono quelli stagionati -,
ammiccò maliziosa, - e a proposito di questo … Mi
è sembrato di sentire che
quest’anno anche un certo vice primo ministro va ad Aspen a
sciare. Sarà forse
una casualità? –
Esme
sbattè le lunghe e folte ciglia scure con fare vezzoso.
-
E chi lo sa, immagino lo scoprirai al mio ritorno. –
Edward
notò con la coda dell’occhio un movimento alla sua
sinistra e rallentò per
sincerarsi di cosa fosse. Dopotutto era fuori dal letto ben oltre il
coprifuoco
e non voleva certo correre il rischio di venire scoperto. Aveva
già passato le
ultime tre settimane in punizione, non aveva davvero bisogno di
accumularne
altre.
Quando
sbirciò dietro l’angolo tuttavia vide che non era
affatto un sorvegliante né il
custode, bensì una ragazza del suo anno dalle lunghe onde
corvine e la
carnagione ambrata: Esme Cavendish. Sebbene fossero entrambi al quinto
anno Edward
non aveva mai scambiato più di un paio di parole con lei.
Esme era la classica
principessa dalle ottime e ricche frequentazioni, i migliori della
scuola, e
lui apparteneva alla categoria dei ribelli scapestrati. Insomma non
avevano
nulla in comune se non il fatto di trovarsi fuori a quell’ora
della notte.
La
vide trasalire quando gli venne incontro e si accorse della sua
presenza.
Aveva
le iridi scure solitamente altere arrossate e il volto gonfio di chi
doveva
aver pianto a lungo.
-
Se dici a qualcuno di avermi visto in questo stato giuro che
renderò la tua
vita un inferno. –
-
Come se fosse possibile peggiorarla -, replicò ripensando
alla madre in
depressione e al padre fedifrago finito chissà dove, - ma se
vuoi provarci
accomodati. –
Quel
commento parve spiazzare Esme, che perse l’aria aggressiva e
tornò ad assumere
quell’aspetto fragile di pochi istanti prima.
-
Benvenuto nel club della vita di schifo, vuoi una tessera da socio?
–
-
Perché no, credo mi farà comodo. –
Senza
sapere bene nemmeno come si trovarono entrambi seduti a terra con le
gambe
incrociate; Esme riassunse i suoi problemi, raccontandogli delle
pressioni a
cui era sottoposta dai suoi genitori e in generale da chi credeva che
la sua
vita fosse perfetta e senza alcuna preoccupazione.
Dal
canto suo gli venne naturale aprirsi a sua volta, raccontandole dei
quattordici
anni di tradimenti di suo padre e delle sue frequenti ubriacature, di
sua madre
che alla fine aveva raccolto il coraggio e l’aveva cacciato e
di come lui e sua
sorella non avessero più visto il padre da quel giorno.
-
Abbiamo più in comune di quanto potessimo immaginare -,
constatò Esme alla
fine, - e se tu non fai parola dei miei problemi io farò
altrettanto. –
Si
strinsero solennemente la mano.
-
Consideralo fatto. –
-
Ti ha vomitato sulla camicia? Di classe. –
Il
commento di Esme lo spinse ad abbandonare il tentativo di pulire la
camicia nel
lavandino e a voltarsi verso di lei.
-
È ancora troppo presto per scherzarci sopra. –
Per
tutta risposta la Serpecorno scoppiò a ridere e si
avvicinò ancora di più a lui
per studiare la situazione con cipiglio professionale.
-
Succede questo quando ci provi con le ragazzine che non sanno reggere
l’alcool.
Se la lavi in quel modo finirai con il rovinarla, è seta.
–
-
Non avevo la minima idea che fosse ubriaca e, se proprio sei tanto
esperta, perché
non provi tu a sistemarla? –
-
Mi hai preso forse per una governante o per un’elfa
domestica? Arrangiati da
te. –
Sospirò,
gettandola in un angolo rassegnato.
-
La porterò alla lavanderia scolastica domani mattina.
–
-
Oppure puoi metterla in conto alla piccola vomitatrice seriale che sta
di là. –
-
La cosa ti diverte davvero così tanto? –
Annuì
riprendendo a ridere.
-
Il seduttore di Ilvermorny che si ritrova coperto di vomito? Puoi
giurarci che
mi diverte, continuerò a prenderti in giro per settimane.
–
Non
seppe nemmeno lui perché lo fece, ma semplicemente si sporse
verso di lei e l’attirò
a sé per baciarla. Esme ricambiò brevemente,
separandosi poco dopo quanto
bastava per guardarlo negli occhi e decretare: - Sia chiaro che non
significa
assolutamente nulla, è solo una parentesi di una festa
noiosa. –
-
Non avrei saputo dirlo meglio. –
*
Astrid
Lara Reid
Astrid
tese una manina verso la lapide in freddo marmo davanti alla quale si
erano
fermati, accarezzando appena l’incisione che riportava la
data di nascita e
quella di morte. C’era la foto di una donna giovane e
bellissima, sorrideva
come se avesse tutta la vita davanti. Eppure quella donna era morta
cinque anni
prima, lo stesso giorno in cui lei era venuta al mondo.
-
Papino, tu credi che la mamma mi guardi dal cielo? –
-
Certo che ti guarda, piccola mia, ed è fiera della signorina
che stai diventando
di anno in anno. –
-
Sicuro? –
-
Certo che ne sono sicuro. Vuoi rimanere ancora un po’ qui o
preferisci tornare
a casa? –
-
Qui … ancora un po’ per favore. –
Le
sedette accanto sull’erba umida.
-
Va bene, tesoro. –
Astrid
osservò la lettera che suo padre le aveva porto.
L’aveva letta tutta d’un fiato
assimilando ogni singola parola con estrema cura. Suo padre le aveva
raccontato
di come sua madre fosse una strega Mezzosangue e avesse frequentato
Ilvermorny
quando aveva la sua età. E adesso, il giorno del suo
undicesimo compleanno, la
lettera era arrivata anche per lei.
-
Sono come la mamma –, mormorò rigirandosela tra le
dita, - c’è davvero una
parte di lei in me. –
-
Certo che c’è, ti ho sempre detto che sei speciale
proprio come lo era lei. Le
uniche due donne della mia vita sono fantastiche per forza di cose.
–
Fu
allora che alzò lo sguardo sul padre, improvvisamente
preoccupata.
-
Ma se … se io vado a Ilvermorny tu rimarrai da solo.
–
-
Sono abbastanza grande da cavarmela da solo per qualche mese -,
scherzò
accarezzandola, - e poi tornerai per le vacanze di Natale. Sono solo
tre mesi,
posso farcela. –
-
Sicuro? –
Il
padre annuì con risolutezza.
-
Certo, è la tua vita ed è giusto che tu la viva.
Sono fiero di te, Astrid, e so
che anche la mamma lo è. –
-
Papà? Sono a casa! –
Fece
appena in tempo a fare capolino dentro l’abitazione che
l’uomo
la raggiunse, l’afferrò per la vita e la fece
volteggiare attorno a sé come se
non pesasse nulla.
-
Ecco la mia biondina preferita. –
Rise,
abbracciandolo a sua volta e tenendolo stretto a sé. Gli
era mancato così tanto durante quei tre mesi.
-
Metto su il caffè e mi racconti tutto, sono curioso di
sapere come è quest’anno da membro del Riot, come
vanno le cose con gli
studenti inglesi e cosa ha combinato Esme questa volta. –
-
Dovrai metterne su un bel po’, sono un sacco di cose da
raccontare.
-
Ho tutto il tempo del mondo e ho fatto scorta di caffè.
–
-
Papà? Sono arrivata … c’è
anche la mia amica Esme. –
Inizialmente
aveva avuto qualche perplessità sull’invitare Esme
a casa per le vacanze
estive, consapevole che la sua migliore amica fosse abituata a un lusso
sfrenato che di sicuro il piccolo e spoglio monolocale in cui viveva
con suo
padre non poteva neppure ricordare nemmeno nelle più
sfrenate fantasie di un
folle. Ma Esme come sempre si era dimostrata incredibilmente insistente
e
convincente e così si erano ritrovate lì,
sull’uscio della porta di casa sua,
con suo padre che le accoglieva con un sorriso smagliante.
-
Ciao Esme, e piacere di fare finalmente la tua conoscenza. –
-
Il piacere è tutto mio, signor Reid. –
-
Non state sulla porta, ragazze. Ho fatto la limonata e
c’è una bella torta che
ci aspetta in frigo. Ti piace la cheesecake, Esme? –
-
La adoro – assicurò, prendendo sottobraccio Astrid
e seguendolo nel piccolo
soggiorno.
-
Tuo padre è un uomo veramente dolce, sei fortunata
– le sussurrò all’orecchio
mentre si accomodavano.
L’affetto
per l’amica e per l’uomo che l’aveva
cresciuta da solo per anni zampillò nel
suo petto con vigore.
-
Lo so, sono molto fortunata ad avere un padre come lui. –
Aveva
accettato di passare l’estate prima dell’inizio del
loro ultimo anno nella
residenza estiva dei Cavendish negli Hamptons, ma questo prima di
rendersi
conto di cosa avrebbe voluto significare girare con Esme in
pantaloncini corti,
zeppe dal tacco vertiginoso e crop top.
-
Girare con te dovrebbe essere illegale, non fanno altro che guardarci.
–
-
Guardano entrambe –, replicò la mora, - e fanno
benissimo a farlo perché siamo
due bellezze stratosferiche. –
Si
soffermò sulle sue scarpe basse, i jeans leggermente
strappati e la t shirt.
Non c’era molto di sexy in lei.
Esme
doveva aver capito cosa le stava passando per la testa
perché non appena ebbero
varcato l’ingresso della piscina puntò dritta
verso uno dei bagnini nell’angolo
e parlottò fittamente con lui. Mentre il suo collega
sistemava loro i lettini
il biondo si diresse verso di lei con un sorriso smagliante.
-
Ciao, sono Andrew. –
-
Astrid. –
-
Posso offrirti qualcosa da bere … Margarita, un mojito?
–
-
Io … ti ringrazio, ma non bevo quando sono solo le dieci di
mattina. –
Il
sorriso tentennò appena, ma il bagnino tornò alla
carica poco dopo.
-
Un succo d’arancia con ghiaccio allora? –
-
Perché no, grazie. –
Approfittò
del suo allontanarsi per raggiungere Esme e rivolgerle
un’occhiataccia.
-
Si può sapere cosa gli hai detto? –
-
Di farsi sotto se gli piaci e di smetterla di perdere tempo, sono
giorni che ti
guarda tipo stalker. –
-
Ma io non voglio un ragazzo, Esme. –
L’amica
prese un sorso di margarita e si strinse nelle spalle.
-
Magnifico, perché i bei bagnini sono come kleenex: li usi
una volta e li getti
via. –
Fece
per replicare, ma la comparsa di un uomo di poco meno di
trent’anni che puntava
dritto verso di loro tacitò le sue rimostranze.
-
Desmond Riot? –
-
Già -, sporse appena gli occhiali per guardarlo meglio, - ed
in forma come non
mai aggiungerei. Des, mi aiuteresti con l’olio? Astrid lo
detesta perché le
lascia le mani appiccicaticce, ma io voglio comunque
un’abbronzatura perfetta e
ci sono punti in cui proprio non arrivo … -
Fece
del suo meglio per non ridacchiare.
Quelle
vacanze si preannunciavano tutto fuorchè noiose.
-
Pronti ad immergervi nell’universo Powaqa? –
Joaquin
e Jackson annuirono mentre entravano nella proprietà
della famiglia di Winona e venivano accolti dalle urla dei
più piccoli che
annunciavano a gran voce agli adulti che finalmente Winnie, Jojo e Jack
erano
arrivati e si poteva cominciare con i festeggiamenti.
In
una frazione di secondo si ritrovarono sommersi dagli
abbracci, i baci e le pacche sulle spalle di ogni singolo componente
del clan
senza poi contare i bambini più piccoli che cercavano di
reclamare con
insistenza la loro attenzione in ogni istante possibile.
-
Ancora sicuri di voler rimanere qui? –
-
Piuttosto che tornare a casa mia? Puoi giurarci, tanto ormai
qui ho praticamente preso la residenza – replicò
Jackson, afferrando al volo
una delle nipoti più piccole dei Powaqa che aveva pensato
bene di arrampicarsi
lungo le sue gambe per farsi abbracciare.
-
E i miei sono in crociera per cui non ti libererai nemmeno
di me – asserì Joaquin.
-
Bene, ma non dite che non vi avevo avvisati. –
*
Edward
osservò lo svolgimento della festa con sguardo attento,
compiaciuto del successo che aveva riscosso anche quell’anno.
Poi lo sguardo
gli cadde sul profilo di Khendra, che aveva deciso di trattenersi a
scuola
almeno per la durata della festa, e non potè fare a meno di
studiarla dalla
testa ai piedi con fare rapito.
-
Dovresti andare da lei. –
La
voce di Arthur lo riscosse e lo riportò alla
realtà.
Si
voltò verso l’amico inarcando un sopracciglio.
-
Tu credi? –
-
Assolutamente sì. E poi non sei tu il rubacuori della
scuola? –
Certo
che lo era, ma quella ragazza era diversa. Khendra non
era frivola come tutte le altre che avevano atteso nulla più
che un suo cenno per
saltargli addosso, era di tutt’altra pasta e la cosa lo
rendeva insicuro.
Una
ragazza tanto fantastica poteva volere uno come lui?
Decise
di buttarsi, dopotutto quella era l’occasione perfetta
per imputare un eventuale comportamento poco fruttuoso
all’alcool.
Si
fece strada tra le coppie che ballavano e coloro che
barcollavano già completamente ubriachi o fatti e raggiunse
la sua tanto ambita
meta.
-
Ti stai divertendo? –
Khendra
si voltò verso di lui sorridendo allegramente.
-
Certo, questa festa è fantastica. –
-
Bene, mi fa piacere … e sono anche molto contento che tu
abbia deciso di venire invece di partire subito per casa. –
-
Ero curiosa -, ammise, - e poi mi avevi invitato e non mi
piace deludere le aspettative altrui. –
Vide
le labbra muoversi, consapevole che stava ancora
continuando a parlare ma che lui era troppo preso per rendersi conto di
cosa
gli stesse dicendo.
Tutto
in lui gridava a gran voce perché agisse e alla fine
decise di abbandonarsi al suo istinto. Si chinò verso le sue
labbra e le
catturò in un bacio delicato ma deciso. Attese qualche
istante e quando sentì
Khendra che gli cingeva il collo attirandolo maggiormente a
sé e rispondeva al
bacio si rilassò e la strinse a sé.
Spazio
autrice:
Salve!
Sono
riemersa momentaneamente dallo studio per la sessione invernale quanto
basta
per aggiornare e rendere finalmente canon la prima coppia della storia.
Inoltre
volevo approfittarne per fare un po’ di pubblicità
a questa mia interattiva: https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3817650
In
aggiunta a tutto ciò come sempre vi chiedo di esprimere due
voti per i
flashback del prossimo capitolo e vi annuncio che mancano ufficialmente
cinque
capitoli + l’epilogo (quindi in totale 6) alla fine della
storia, al termine
della quale pubblicherò una raccolta di OS dedicate ai vari
personaggi e
(questo nel caso vi interessi e siate favorevoli alla cosa) un
possibile sequel
con i loro futuri pargoletti.
Per
ora è
tutto.
A
presto.
Stay
tuned.
XO
XO,
Mary
|
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Capitolo 14 *** Capitolo 12 ***
Capitolo
12
Diana
Price
-
Tio, tio! –
Diana
corse a braccia aperte verso Killian, appena arrivato insieme a moglie
e figli
a carico, gettandosi contro di lui non appena ebbe varcato
l’ingresso del
salone di casa loro.
Killian
l’afferrò al volo, facendola volteggiare e
baciandole le guance.
-
Ciao, principessa, come siamo allegri questa sera. –
-
Sì, Caos gioca? –
-
Certo che gioca, ma mi raccomando tornate qui in tempo per la cena o
tua madre
infilerà voi due nel forno come secondo. –
Diana
ridacchiò e, preso per mano il cugino, sfrecciò
verso le scale per condurlo in
camera sua e mostrargli i nuovi giocattoli che aveva ricevuto per il
compleanno.
Gli
adulti rimasti al piano di sotto non poterono che scambiarsi
un’occhiata
eloquente, per poi scuotere il capo non appena sentirono i primi
battibecchi
provenire dal piano di sopra.
-
No, non così. –
-
Uffa, sei una dittatice. –
Elizabeth
inarcò un sopracciglio, rivolgendo un’occhiata a
Nova che per tutta risposta
stava guardando il marito con cipiglio minaccioso.
-
Caro, toglimi una curiosità … -
-
Quando dici caro in quel modo sento il sangue che mi si gela nelle
vene. –
-
Come fa Caos a sapere cosa significhi la parola
“dittatrice”? Non sarà mica che
tu l’abbia usata parlando di me … vero? –
-
Io … credo che andrò a controllare i bambini -,
tagliò corto Killian
inerpicandosi a sua volta lungo le scale, - piccoli sto venendo a
giocare con
voi! –
-
Mamma? Sto per uccidere il tuo secondogenito. –
Derek
le rivolse una linguaccia e continuò a saltellare
imperterrito sul suo letto,
sgualcendo il copriletto che tanto faticosamente aveva sistemato poco
prima.
-
Mamma?! Lo sta facendo ancora. –
-
Fai come ti pare, Diana, non mi interessa … io ho
già avuto la mia buona dose
di drammi stando dietro al mio di fratello –
replicò alla fine Elizabeth,
affacciandosi nella stanza della figlia e rivolgendo una scrollata di
spalle all’indirizzo
del figlio che appariva ormai decisamente allarmato.
-
Bene, hai sentito piccolo mostro? La mamma mi ha dato il permesso di
farti
fuori. –
-
Nooooo! Pietà, aiutoooo … aiutooo. –
Derek
saltò giù dal letto e fece per correre fuori
dalla stanza, ma la sorella lo
intercettò e lo afferrò stringendolo a
sé in una morsa ferrea.
-
Lasciami, lasciami! –
-
No, ti solleticherò a morte. –
-
Noooo! Papààààà
… mammaaaaa. –
-
Se proprio devi ucciderlo, Diana, almeno cerca di farlo in silenzio
perché tuo
padre sta lavorando al piano di sotto. –
Derek
sgranò gli occhioni e rivolse un’occhiata
supplichevole alla sorella, giungendo
le mani a mo’ di preghiera.
-
Ti prego, Di, non entrerò più in camera tua senza
permesso. –
-
E? –
-
E non salterò più sul tuo letto. –
-
E? –
Derek
tentennò, non sapendo bene cosa aggiungere come promessa per
sottrarsi a quella
tortura a base di solletico.
-
Cos’altro vuoi? –
-
La tua porzione di patate arrosto della cena di stasera. –
-
Va bene, adesso mi risparmi? –
Annullò
la presa e lo lasciò libero di scappare via.
Aveva
imparato bene da sua madre come gestire i capricci del moccioso.
Diana
rivolse uno sguardo incuriosito all’indirizzo del
ragazzo che camminava verso di lei. Sapeva che si chiamava Baron e che
era uno
dei cugini di Jackson, ma non riusciva a capire cosa ci facesse a
Ilvermorny
durante quei giorni post feste natalizie.
Il
biondo doveva essersi accorto dei suoi sguardi perché le
sorrise di rimando e ruppe gli indugi porgendole la mano.
-
Ciao, sei una delle ragazze inglesi vero? –
-
Già, Diana piacere. –
-
Ne ero certo, mi sarei ricordato di te se ti avessi già
vista per i corridoi di Ilvermorny. Io sono Baron. –
-
Lo so. –
Davanti
allo sguardo vagamente compiaciuto del ragazzo,
precisò con puntiglio: - Intendo dire che so chi sei
perché il resto dei membri
del Club mi ha detto che eri il presidente fino all’anno
scorso. –
Il
compiacimento vacillò appena.
-
Ah, e io che credevo ti fossi informata perché avevo fatto
irrimediabilmente colpo. –
Quei
Riot erano una sorpresa continua, dubitava che ci fossero
due membri della famiglia che avessero il medesimo carattere
lì in mezzo.
-
Spiacente di smontarti l’ego, ma non mi sei rimasto
particolarmente impresso. –
Oltre
per il fatto che era disgustosamente attraente, un po’
come tutti i Riot del resto, e che la divisa da Auror gli stava
tremendamente
bene.
Non
lo disse tuttavia e sperò che il suo volto non lasciasse
trapelare quelle considerazioni. Quel Baron sembrava essere
già
sufficientemente consapevole del suo bell’aspetto e non aveva
certo bisogno di
altri complimenti.
-
Ahia -, finse di portarsi una mano sul cuore, - bella e
crudele. –
-
Solo brutalmente sincera. –
Baron
ammiccò appena prima di rivolgerle un sorriso sghembo e
fascinoso.
-
Strano, deve essere la prima volta che mi capita di non
rimanere impresso a una ragazza. –
Diana
emise un fischio flebile.
-
Però, la modestia non sai proprio dove sia di casa.
–
-
La modestia è per le persone brutte. –
Scosse
il capo, incredula dalla piega che stava assumendo
quella breve e inaspettata conversazione.
-
A ogni modo, cosa ci fa un Auror da queste parti? –
-
Stavo cercando … -
-
Ehy, Di, ecco dove ti eri cacciata. –
Caos
arrivò in gran carriera verso di loro, passandole un
braccio attorno alle spalle con fare protettivo e folgorando il biondo
con un’occhiata
poco amichevole.
-
Io e il resto dei ragazzi stavamo pensando di fare una
battaglia a palle di neve, ti unisci a noi? –
-
Certo. Ti auguro di trovare qualsiasi cosa ti servisse,
Baron – aggiunse rivolgendogli un cenno del capo e seguendo
il cugino verso il
parco.
Diana
sorrise all’indirizzo del ragazzo prima di prendere un lungo
sorso di calda
Burrobirra. Per un attimo aveva creduto che Caos si sarebbe inventato
una delle
sue solite spedizioni altamente imbarazzanti per guastarle
l’appuntamento, ma era
più di mezz’ora che erano all’interno
del Black Unicorn e del cugino ancora non
si era vista l’ombra. Forse, se Godric fosse stato molto
generoso, sarebbe
riuscita a termine un appuntamento senza ricavarne una colossale
figuraccia.
-
Ehy, cosa fa quel tipo arrampicato sul tetto? –
Il
commento di uno dei frequentatori del pub attirò la sua
attenzione, ma prima
che potesse convincersi di essere diventata paranoica, le giunse alle
orecchie
il proseguimento della conversazione.
-
È uno degli studenti di Hogwarts. Questi Serpeverde ne
combinano sempre una
delle loro – rincarò la dose la donna che
l’accompagnava.
E
il sospetto crebbe abbastanza da spingerla ad alzarsi e scusarsi con il
suo
accompagnatore, sostenendo di avere un pessimo presentimento.
Uscirono
fuori dal locale trovando Caos inalberato sul tetto, intento a spiarli
dalla
finestrella più alta, e Loki che lo sorreggeva per le gambe
per permettergli di
mantenere l’equilibrio.
-
NON CI POSSO CREDERE! –
Loki
sobbalzò, mollando la presa sull’amico e facendo
finire Caos a gambe all’aria
nella neve.
-
PER LE SACROSANTE MUTANDE DI MERLINO, SIETE COMPLETAMENTE FUORI DI
TESTA?!? –
-
Non è come sembra, Di … - fece per iniziare Caos,
ma la cugina lo interruppe
all’istante.
-
Ah, no? E allora cosa stavi facendo sul tetto del pub? Prendevi il
sole?! –
-
Sarebbe una cosa
così strana? –
-
IN PIENO FEBBRAIO CON DUE GRADI SOTTO ZERO E LA NEVE CHE CADE?!
–
Caos
rivolse un’occhiata supplichevole all’indirizzo
dell’amico, ma Loki si strinse
nelle spalle e fece per indietreggiare.
-
Spiacente amico, ma quando si tratta di lei … ognuno per
sé. –
-
Ho quasi paura di chiedere cosa tu stia facendo –
asserì Brooklyn mentre la
osservava preparare una torta con gli ingredienti che le avevano
procurato gli
elfi dalle cucine del castello. O meglio rimestare a
velocità folle uova, latte
e farina per creare non sapeva bene nemmeno lei cosa.
-
La ricetta l’ha trovata Anna. –
-
Questo non mi rassicura particolarmente – replicò
la Tassorosso per tutta
risposta.
-
Stiamo parlando di una torta, quanti danni potrà mai
causare? –
-
Meglio non chiedere … sai che ti voglio bene, Di, ma non sei
esattamente quello
che si chiama una cuoca provetta. –
Diana
sbuffò, allontanando una ciocca dal volto.
-
Oh, andiamo, da come parli sembra quasi che io sia
un’avvelenatrice seriale. –
-
L’altra settimana, quando eravamo a casa tua per le feste,
hai fatto bruciare
il latte – le ricordò.
-
Non era colpa mia, mi sono solo distratta un attimo. –
Brooklyn
rinunciò alle sue obiezioni e si limitò a finire
d’osservare la preparazione
della torta per il compleanno di Caos senza proferire
un’altra parola.
Dopotutto non toccava certo a lei mangiare quella roba.
Dopo
una lunga cottura, finalmente Diana estrasse trionfante la teglia. Il
sorriso
si gelò sul suo volto davanti a quell’ammasso duro
come un mattone e all’incirca
dello stesso colore.
-
Non credo che sia commestibile – mormorò
timidamente Anna.
-
Certo che non lo è, ma manca pochissimo all’inizio
della festa a sorpresa, non
ho il tempo di farne un’altra. Che razza di festa di
compleanno è senza una
torta?! –
Si
prese il volto tra le mani, incredula, maledicendo qualsiasi dio ci
fosse
dietro l’arte della pasticceria. Almeno finchè
Brooklyn non tossicchiò ed
estrasse un cartone da dietro la schiena.
-
E quello cos’è? –
L’aprì
mostrando una torta dall’aspetto delizioso.
-
Non che non avessi fiducia nelle tue abilità di pasticcera
-, chiarì l’amica, -
ma per sicurezza ho chiesto agli elfi domestici di prepararne una per
conto loro.
–
Diana
l’abbracciò di scatto, stringendola fin quasi a
soffocarla.
-
Grazie mille, Brook, mi hai salvata! –
Jackson
individuò il profilo del cugino all’istante,
allungando il passo per raggiungerlo.
-
Hai l’aria un po’ stordita, che succede? –
Baron
parve riscuotersi dalle sue considerazioni e smise di
fissare l’ingresso del castello per voltarsi verso di lui.
-
Ehy, Jack … nulla, ho solo appena avuto un incontro
piuttosto interessante. –
-
E chi sarebbe questa persona? –
-
Castana, alta più o meno così -, mimò
un punto dieci
centimetri sotto la sua spalla, - con incredibili occhi da gatta.
–
Era
facile giungere alla conclusione di chi si trattasse.
-
Diana Price? –
-
Non mi ha detto il suo cognome, ma immagino di sì.
–
-
Stai alla larga dalla mia candidata, Baron, almeno finchè
non passa la selezione – lo ammonì.
-
Ricevuto. –
-
Tanto non mi darai ascolto, vero? –
-
Certo che no. –
Tipico
di lui, come se non lo conoscesse.
-
Sorvoliamo … di cosa volevi parlarmi? –
Baron
gli passò un braccio intorno alle spalle con fare
cameratesco e lo dirottò lontano dall’atrio.
-
Non qui, troviamo un posto più riservato, è una
cosa seria. –
*
Khendra
Lancaster
Edward
passò un braccio attorno alla vita della sua neo
fidanzata e l’attirò verso di lui, intromettendosi
nella conversazione in corso
tra lei e Reina.
-
Cosa confabulate? –
-
Stavamo parlando del nostro amico e del tuo – gli
confidò,
appoggiandosi contro il suo petto muscoloso per stare più
comoda.
-
Arthur e Marcus? –
-
Già. L’interesse di Marcus è evidente
-, intervenne Reina, -
e sono certa che anche Marc sia attratto da lui solo che non vuole
ammetterlo a
sé stesso. Credo che abbia paura di dimostrare di provare
qualcosa per un altro
ragazzo. –
-
E quindi cosa avevate in mente? –
-
Una delle cose più classiche, chiuderli da soli in una
stanza e stare a vedere che succede. –
Sorrise
divertito.
Una
cosa del genere sarebbe di certo stata sfruttata alla
grande da Arthur e del resto lui gli doveva un grosso favore per averlo
spronato a farsi avanti con Khendra durante la festa natalizia.
-
Potrebbe tornarvi utile un altro complice? –
-
Certo. –
-
Allora dite a Marcus che Arthur ha chiamato i suoi aspiranti
per una riunione in vista della seconda prova … io
dirò ad Art che Marcus ha
bisogno di chiedergli dei suggerimenti per la selezione. –
Khendra
annuì con vigore.
-
Fantastico, ma dove possiamo chiuderli? –
Edward
ponderò la questione in silenzio per qualche secondo
prima di decretare: - L’aula di astronomia. A
quest’ora è vuota. –
-
Ed è tremendamente romantica visto che tra poco
tramonterà –,
concluse Reina con fare sognante, - perfetto allora entriamo in azione.
–
Isabelle
rabbrividì quando la palla di neve la centrò in
pieno
infilandole qualche particella ghiacciata all’interno della
divisa.
-
Credo che mi arrenderò, sto congelando e sono mezza bagnata,
devo togliermi questa roba e piazzarmi davanti a un bel caminetto.
–
Loki
si fece avanti a sua volta.
-
Già, anche io sto cominciando a sentire freddo, vengo con
te. –
Il
resto dei loro amici, dal canto loro, prestarono
scarsissima attenzione alle loro parole e continuarono a scontrarsi sui
due
fronti a colpi di palle senza alcuna sosta.
-
Credo che andranno avanti così fino all’ora di
cena –
considerò Isabelle mentre camminavano lungo il sentiero in
ciottolato.
-
Sicuramente, lo sai come sono fatti Caos e Diana quando
diventano competitivi. Anzi è strano che tu non abbia voluto
affrontare ancora
Scott. –
-
L’avrei fatto, ma sono davvero congelata …
preferisco una
ritirata in buon ordine rispetto a un’ipotermia grave
– ammise ridendo.
Si
sfilò il mantello e glielo adagiò sulle spalle,
avvolgendola per bene.
-
Credevo avessi detto che anche tu avevi freddo. –
-
Certo, ma tremi come un pulcino, è evidente che ne hai
più
bisogno di me. –
-
Ma … -
-
Niente obiezioni, tanto siamo quasi arrivati. –
Richiuse
la bocca e continuò a camminare al suo fianco, il
viso nascosto contro il colletto per ripararsi dal vento freddo. Fu
allora che
avvertì quell’aroma pungente di muschio misto a
qualcosa che assomigliava al patchouli.
Conosceva
quell’odore, realizzò ricordando la lezione di
Antidoti e Veleni dell’anno precedente.
Quell’odore
era nella sua Amortentia.
Avvampò
leggermente al ricordo e si sforzò di fare finta di
nulla, ma le sue guance rosse dovevano essere ben evidenti
perché Loki le
rivolse uno sguardo perplesso.
-
Cosa hai, ti senti la febbre? –
-
No -, scosse il capo risolutamente, - stavo solo pensando a
una cosa … e forse mi renderò ridicola, ma credo
di dovertelo chiedere. –
Il
biondo si fermò e si voltò a fronteggiarla.
-
Chiedi pure. –
-
Tu … tu hai mai pensato a me in quel
senso? –
Notò
che anche le gote di Loki si erano chiazzate di un rosa
acceso e pregò silenziosamente affinchè
significasse quello che sperava lei.
-
Mi prendi in giro? –
-
Io … -
-
Ovviamente ho pensato a te in quel
senso, ma credevo che tu non lo avessi mai fatto e quindi non
ho detto nulla. –
-
Ci conosciamo da sempre e le nostre madri sono amiche dai
tempi della scuola, non ho mai pensato davvero a questa cosa
perché credevo che
sarebbe stato strano ma … -
-
Ma potremmo sempre provare a fare una cosa e vedere se è
strano o meno, no? –
Annuì,
osservandolo poi chinarsi verso di lei e baciarla
delicatamente.
Si
alzò in punta di piedi per colmare il divario che li
separava e lo baciò a sua volta con trasporto.
Quando
si separarono Loki domandò: - Allora, è stato
strano? –
Scosse
il capo con decisione.
-
È stato fantastico. –
-
Bene, perché non avrei sopportato una risposta diversa
–
replicò, tornando a baciarla.
Khendra
sgattaiolò fuori dal box in cui l’aveva sistemata
suo padre, percorrendo tutto
il salotto stando attenta a non farsi vedere e si nascose dietro la
grande
poltrona nell’angolo. Aveva capito fin da subito che ogni
volta che suo padre non
la trovava cominciava una sorta di caccia in tutta la casa e la cosa
dalla
tenera età di tre anni la faceva sempre ridere moltissimo.
-
Khendra? Dove ti sei cacciata, principessa? –
La
voce del padre la raggiunse mentre l’uomo tornava in salone
ed esaminava il box
ormai vuoto.
-
Ragazzi, avete visto vostra sorella? –
La
voce di Logan, che dall’alto dei suoi dodici anni era il
più grande dei suoi
fratelli, negò di averla vista.
-
Ti sei nascosta un’altra volta, Khen? –
Provò
a trattenere le risate, ma quando lo sentì cercare a tentoni
nei posti più
disparati non riuscì oltre e scoppiò a ridere con
quella sua risata allegra e
argentina.
Suo
padre la raggiunse, afferrandola e tirandola su. Se la
sistemò in braccio e la
guardò dritta negli occhioni verdi.
-
Cosa ti ho detto sul nasconderti, Khen? –
-
Gioco. –
-
Sì, è un gioco ma devi dirmelo quando vuoi
cominciare a giocare sennò come so
quando devo venirti a cercare? –
Annuì
con serietà sorprendente per una bambina tanto piccola.
-
’Kay. –
Khendra
studiò la foto sul comodino del padre, accarezzando
distrattamente la cornice
argentata che la racchiudeva. Sua madre era stata una donna bellissima,
portata
via troppo presto da quel tremendo male che aveva segnato la loro
famiglia, e
da quel momento nessuna donna aveva mai messo piede dentro casa loro
… nemmeno
dopo nove anni dalla sua morte.
-
Papà? –
L’uomo
alzò lo sguardo dalla lista che stava ricontrollando per
essere certo che
avessero comprato tutto in vista della sua partenza per Ilvermorny e le
rivolse
un’occhiata incuriosita.
-
Sì, principessa? –
-
Mi domandavo … pensi che ti innamorerai mai di
un’altra donna? –
Rise
scuotendo il capo e le si avvicinò dandole un buffetto sulla
guancia.
-
No, tesoro. La mamma era l’unica donna per me,
l’unica che sia stata capace di
rubarmi il cuore, non amerò mai nessun’altra.
–
Lo
abbracciò, rincuorata e allo stesso tempo colpita da quella
dichiarazione d’amore
eterno. Anche lei, si disse, un giorno avrebbe cercato una storia
d’amore come
quella dei suoi genitori.
Marcus
entrò nell’aula di astronomia guardandosi attorno
alla
ricerca di Anna, ma non la vide da nessuna parte. La cosa era a dir
poco strana
visto che entrambi erano stati scelti da Arthur, ma dopotutto non era
la prima
volta che Anna finiva con il perdere la cognizione del tempo e arrivare
in
ritardo.
Così
quando vide solo la sagoma alta del Serpecorno si limitò
a raggiungerlo, ignaro del fatto che tre paia di occhi li stessero
osservando
con trepidazione.
-
Ciao. –
Arthur
gli rivolse un sorriso affascinante che ebbe il potere
di fargli correre un brivido lungo la schiena.
Era
la prima volta che si trovavano da soli e per giunta in un
luogo isolato come quello e sforzarsi di negare le sensazioni che
l’assalivano
quando gli si trovava vicino era quasi impossibile in quella
circostanza.
-
Ciao … aspettiamo Anna oppure cominciamo subito? –
Il
ragazzo gli rivolse un’occhiata perplessa.
-
Anche lei ha delle domande? –
-
Domande? –
Proprio
in quell’istante la porta dell’aula si chiuse alle
loro spalle e venne sigillata con un incantesimo.
-
Non sei qui perché dovevi spiegarmi qualcosa riguardo la
prossima prova? –
-
No -, Arthur trattenne una risata a fatica, - e tu non
volevi pormi delle domande a riguardo immagino. –
-
No. –
-
Perciò ci hanno incastrato alla grande.
-
Credo che siano state Reina e Khendra – mormorò
fissando la
porta chiusa ermeticamente.
-
E immagino che Edward abbia aiutato la sua ragazza -,
convenne Arthur, - ma perché mai le tue amiche dovrebbero
fare una cosa del
genere? –
Perché
evidentemente volevano farlo morire d’imbarazzo, poco
ma sicuro, ma quando fosse uscito di lì avrebbe detto loro
quattro paroline.
-
Loro credono … che io possa essere attratto da te
– disse tutto
d’un fiato sforzandosi d’ignorare gli occhi scuri
del ragazzo che lo fissava
con sincera allegria.
-
E tu sei attratto da me? –
-
No … Forse … Sì. –
-
Scegline una delle tre, pulcino. –
-
Non sono un pulcino – sbuffò.
-
Certo che lo sei e sei adorabile, ma non hai ancora risposto
alla mia domanda: quale delle tre è la risposta giusta?
–
Con
il volto rosso e bollente per l’imbarazzo,
mormorò: - L’ultima
delle tre. –
-
Quindi “sì”? –
Annuì
rigidamente.
Gli
si avvicinò lentamente, studiandolo dall’alto in
basso con
interesse.
-
Strano, perché hai sempre cercato di far capire
l’esatto
opposto. –
-
Non è facile accettarlo per me, vengo da una famiglia in cui
una cosa del genere è a dir poco impensabile; se i miei
genitori lo sapessero
loro … -
-
Quindi hai paura di ammettere di essere attratto da un uomo
…
di essere attratto da me. –
-
Non ho paura. –
-
Certo che ce l’hai, pulcino, sei terrorizzato. –
-
No -, asserì con decisione, - non ho paura e smettila di
chiamarmi in quel modo. –
Arthur
gli rivolse un sorriso di sfida: - Allora dimostralo. –
Non
seppe cosa lo spinse, forse la voglia di dimostrare quello
che era in grado di fare o era perché fin dalla prima volta
in cui l’aveva
visto aveva desiderato di farlo, fatto sta che si alzò in
punta di piedi, lo
afferrò per il bavero della camicia e lo trasse a
sé stampandogli un bacio
deciso sulle labbra.
-
Mi raccomando, se c’è qualcuno che ti
dà fastidio tu scrivici subito e noi
arriviamo. –
Khendra
alzò gli occhi al cielo e li roteò sbuffando. Era
l’ennesima volta che sentiva
Cole e Shane, i gemelli di mezzo di casa, ripeterle quel discorso.
Avevano cominciato
quando era partita per la prima volta per Ilvermorny, malgrado il fatto
che
avesse appena undici anni, e avevano ripetuto la ramanzina ogni singolo
anno.
-
Parlate come se ci fossero ragazzi pronti a saltarmi addosso a ogni
angolo. –
-
Hai quindici anni ormai e, per quanto mi dispiaccia ammetterlo, sei
maledettamente carina – replicò Cole mentre Shane
annuiva.
-
Già, ha ragione, e i ragazzi si gettano addosso a ogni
ragazza carina che
passa. –
Khendra
scoppiò a ridere.
-
Sono abbastanza sicura che non siano proprio tutti come voi due.
–
Si
scambiarono un’occhiata che significava quello che ben
sapeva: pensavano che
fosse un’ingenua bisognosa di protezione.
-
Saprò cavarmela, ma nel remoto caso in cui dovessi essere in
difficoltà vi
scriverò. Siete più tranquilli ora? –
-
Assolutamente sì – replicarono
all’unisono prima di abbracciarla e permetterle
di unirsi al resto degli studenti prossimi alla partenza.
-
Ma è una notizia favolosa! –
Abbracciò
con vigore Logan prima di dedicarsi alla sua cognata preferita e,
momentaneamente, unica.
-
Sapete già quando nascerà e che sesso ha?
–
Rebecca
scosse il capo mentre accarezzava l’accenno di pancia dei
primi mesi di
gravidanza con affetto materno.
-
No, siamo tradizionali sotto questo punto di vista, non abbiamo voluto
sapere
il sesso ma nascerà approssimativamente intorno a
metà marzo. –
Khendra
arricciò le labbra in un vago broncio.
-
Peccato che io non sarò qui quando nascerà. Mi
manderete delle foto, vero? –
-
Certo -, la rassicurò la cognata con un sorriso, - dopotutto
è la tua prima
volta da zia ed è giusto che te la goda. –
Sfregò
le mani soddisfatta e poi si voltò verso i gemelli,
sogghignando.
-
Voi due invece quando trovate due brave ragazze e mettete la testa a
posto? –
-
MAI! –
-
Ceeeerto, so già che mi farò un miliardo di
risate quando accadrà e vi vedrò
trasformarvi da dongiovanni in due dolci fidanzati romantici.
–
Quando
Joaquin mise piede all’interno della Sala Comune dei
Tuonoalato tutto si sarebbe aspettato fuorchè di trovare
Jackson seduto sulla
poltrona in pelle nell’angolo e intento a fissare le fiamme
che ardevano all’interno
del caminetto.
-
Non sei venuto a cena. –
-
Non avevo fame. –
-
Sciocchezze, tu hai sempre fame. –
Gli
sedette accanto, appoggiandosi al bracciolo della
poltrona, e gli piazzò tra le mani un paio di sandwich.
-
Tieni, mangia almeno questi, te ne ho fatto uno con il roast
beef e l’altro con il maiale sfilacciato. –
Li
afferrò, tenendoli tra le mani e continuando a fissare il
fuoco.
-
Magari li mangio dopo, comunque grazie per il pensiero. –
Joaquin
sbuffò, abbandonando il bracciolo e mettendosi in
ginocchio sul pavimento proprio davanti alle gambe dell’amico.
Lo
osservò dal basso verso l’alto fissandolo con
decisione.
-
Dimmi cosa ti preoccupa. Parlami, Jack, sono qui per te. –
-
Baron è venuto a scuola questo pomeriggio, aveva detto che
doveva parlarmi di una cosa … -
-
Qualcosa di grave? –
-
Molto grave. –
-
Qualcuno sta male? –
Scosse
il capo.
-
No, al momento stanno tutti bene. Riguarda mio padre e i
suoi affari. Baron dice che ci sono degli eventi poco chiari e dei
movimenti di
capitali che hanno insospettito gli Auror di un reparto e che si sono
messi ad
indagare in modo molto deciso. –
-
Hanno qualche prova? –
-
Questo Baron non è riuscito a scoprirlo, ma se scavano a
fondo è altamente probabile che qualcosa salti fuori. Sai
che mio padre non mi
parla mai dei problemi, dice che non vuole distrarmi dalla scuola e dal
Club,
ma sono certo che ci sia qualcos’altro sotto. –
-
Ehy -, Joaquin gli prese una mano e la strinse continuando a
fissarlo negli occhi, - lo sai che puoi fare sempre affidamento su di
me anche
se si tratta di un casino di proporzioni epocali, no? –
-
Lo so, resteresti al mio fianco anche se ci fosse
l’apocalisse.
–
-
Certo, questo è quello che fanno gli amici, e poi tu faresti
lo stesso per me. –
-
Senza esitare. –
-
Allora non pensarci, si risolverà tutto, te lo prometto.
–
Jackson
annuì lasciandosi coinvolgere nell’abbraccio in
cui
Joaquin, alzatosi nuovamente in piedi, l’aveva avvolto.
Spazio
autrice:
Salve!
Vi
ho
fatto attendere parecchio per le coppie ed eccole che iniziano a
spuntare come
funghi un po’ ovunque xD
Se
da un
lato abbiamo Loki e Isabelle che si dichiarano, dall’altro
troviamo Arthur e
Marcus con un passionale avvicinamento … come andranno a
finire le cose tra
questi due, si eviteranno come la peste per quello che resta del
periodo di
permanenza degli inglesi in terra yankee o troveranno il modo per
convolare
anche loro verso il tramonto mano nella mano?
Nell’attesa
di scoprire la loro sorte romantica, e quella di un altro po’
di gente, vi
lascio due domande (e come sempre prima ho le risposte e prima
riuscirò ad
aggiornare, esami permettendo):
-
Chi
volete che si aggiudichi la vittoria della partita Corvonero vs
Serpeverde?
-
Un
segreto del quale il vostro OC si vergogna tantissimo, al punto che
nessuno ne
è a conoscenza (può essere di qualsiasi natura:
sentimentale, legato alla
famiglia, una paura irrazionale o una debolezza di qualsiasi tipo, etc).
A
presto.
Stay
tuned.
XO
XO,
Mary
|
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Capitolo 15 *** Capitolo 13 ***
Capitolo
13
Scott
Blackwood
-
Scott?! –
Il
bambino si sentì chiamare con voce allarmata e fece capolino
dalla porta
finestra che conduceva all’ampio terrazzo con
un’espressione incuriosita.
-
Cosa c’è, mammina? –
Scarlett
indicò quelli che a un occhio adulto dovevano sembrare una
sorta di primitivi
disegni rupestri malamente realizzati con il rossetto rosso sul candido
muro
del loro salone.
-
Cosa sono quelli? –
-
Ho disegnato – replicò sorridendo soddisfatto.
-
Questo lo vedo -, sospirò la donna imponendosi di mantenere
la calma e non
strangolare il suo figlioletto, - ma perché lo hai fatto sul
muro e non su dei
fogli? –
-
Papà non me li ha dati – ammise candidamente.
Fu
allora che il vulcano Scarlett emise la sua eruzione anche se quelle
furono urla
piuttosto che lava.
Si
precipitò nello studio del marito e si fermò
sulla soglia a fissarlo con
espressione omicida.
-
Gavin! –
-
Sì, tesoro? – rispose lui, continuando a esaminare
gli schemi d’allenamento che
gli aveva consegnato il coach con fare assorto.
-
Non dovevi dare qualcosa a Scott? –
-
Ah, sì giusto … i fogli sono lì.
–
-
Non servono più visto che TUO figlio ha deciso
d’improvvisarsi Picasso sui muri
del salone. –
Gavin
sembrò fiutare il pericolo solo in quel momento,
perché posò lo sguardo sulle
mani di Scott che se ne stava in piedi accanto alla mamma con
l’espressione di
chi non aveva ancora capito con esattezza cosa avesse fatto di male.
-
Ha solo quattro anni, Scar, non ha senso arrabbiarsi così.
–
-
Infatti io non sono arrabbiata con Scott, ma con te –
chiarì.
-
Ah … spiacente piccolo, ma temo che dovrò
sacrificarti se non voglio essere io
quello a venire ucciso dalla mamma. La colpa è tutta sua, a
quattro anni è
perfettamente in grado di capire cosa sta facendo. –
Davanti
all’espressione ironica di Gavin non potè fare a
meno di alzare gli occhi al
cielo e sforzarsi di trattenere una risata; fu del tutto inutile
perché, a
dispetto della furia iniziale, suo marito sapeva sempre come farle
passare le
arrabbiature e suo figlio aveva gli occhioni più dolci e
innocenti
dell’universo. Così gettò il capo
all’indietro scoppiando a ridere per poi
scompigliare le ciocche rosse di Scott.
-
Vieni tesoro, adesso la mamma ti fa continuare a disegnare un
po’ … questa
volta però sui fogli. –
-
Scarlett hai visto per caso il nuovo modello di Firebolt che mi ha
inviato la
casa di produzione per pubblicizzarlo? –
Scosse
il capo senza neppure prendersi la briga di smettere di leggere la sua
rivista.
-
No, spiacente. –
-
Ne sei sicura? –
-
Gavin, mia sorella mi ha chiesto di aiutarla a scegliere un tema per la
festa
che terrà questo fine settimana e io non ho ancora nemmeno
un’idea, secondo te
posso perdere tempo dietro a un ammasso di legno e saggina? –
Gavin
fece per aprire bocca per protestare, indignato dal suo sminuire la
migliore
scopa che avessero mai prodotto, quando vide una figura sfrecciare
fuori dalla
finestra.
Si
sporse in giardino, lì dove avevano creato un piccolo campo
da Quidditch
casalingo, solo per vedere suo figlio che volava bellamente ignaro di
tutto
quello che gli accadeva intorno.
Meditò
seriamente sull’uscire e sgridarlo, ma quando lo vide piegare
l’aria in una
serie di volteggiamenti rapidi e precisi cambiò idea.
Quello
era vero e proprio talento naturale, il che per un bambino di nove anni
era
assolutamente straordinario.
-
Allora come procede con la tua immensa difficoltà
decisionale? –
Scott
si voltò verso la cugina rivolgendole un sorriso tirato.
-
Abbastanza male in realtà, sto cominciando a chiedermi se
non sia molto meglio che propenda per la neutralità in
perfetta modalità
svizzera. –
Del
resto con Loki e Caos sul fronte Serpeverde ed Henrik e
Liam su quello dei Corvonero era praticamente impossibile decidere di
schierarsi per gli uni o per gli altri.
-
Mi sembra una mossa saggia. –
-
Già, ora non resta che dirlo a Caos e agli altri. –
-
In bocca al lupo con quello, non credo che la nostra
primadonna la prenderà molto bene … ti lascio ad
affrontarlo – concluse,
alzandosi quando vide che proprio il sopracitato moro stava avanzando
verso di
loro con la divisa dei Serpeverde già saldamente indosso.
Caos
gli sedette accanto e afferrò una fetta di pane tostato
sbocconcellandola mentre lo osservava con le penetranti iridi castane.
-
Allora hai preso la tua decisione? Sei con noi o passi al
lato chiaro della forza? –
Oh
per le mutande di Isotta, tutto ma non un’altra volta
quella storia dei film e delle citazioni a loro annesse.
-
Non posso reggere un’altra ora di Star Trek. –
-
Non è Stark Trek, razza d’ignorante profano, ma
Star Wars! –
-
Fa lo stesso, sempre di stelle si parla. –
-
Fa lo stesso? -, Caos boccheggiò, - Dillo chiaramente se
vuoi uccidermi Scott perché con queste dichiarazioni sembra
proprio di sì. –
-
Il lato chiaro non erano i buoni una volta? Credo che la
citazione sia più adatta come “passare al lato
oscuro della forza” – intervenne
la voce allegra di Winona, che giunse prontamente a salvare il compagno
di
Casa.
Caos
le rivolse un’occhiata colpita.
-
Una ragazza che conosce Star Wars? Sono impressionato. –
-
I miei migliori amici sono tutti maschi e ho parecchi
fratelli -, spiegò stringendosi nelle spalle, -
perciò sono piuttosto informata
a riguardo. –
-
Comunque hai ragione, la citazione corretta sarebbe con il
lato oscuro, ma sono un fan dei Signori Oscuri Sith. Mille volte meglio
Anakin
di suo figlio – concluse.
Approfittando
della distrazione dell’amico, Scott lasciò il
suo posto alla tavolata dei Wampus e sgattaiolò fuori.
Almeno
per il momento sembrava che Caos avesse altro per la
testa.
Khendra
seguì Edward e Arthur lungo la gradinata alla ricerca
del posto migliore da cui assistere alla partita di Quidditch.
-
Non ci hai più detto come è andata a finire
l’altro giorno –
disse d’un tratto, rivolgendosi al Serpercorno, con un
sorrisetto divertito.
-
Intendi quando tu, il tuo fidanzato e la tua compagna di
crimini mi avete chiuso nell’aula di astronomia con Marcus?
–
-
Precisamente. –
Arthur
ridacchiò davanti alla sfacciataggine della compagna di
Casa.
-
L’influenza di Edward ti sta facendo male -, le
annunciò
prima di ammettere, - ma sono molto grato a tutti e tre per quello che
avete
fatto. Se non altro adesso so di non essergli affatto indifferente.
–
-
E? –
-
E credo proprio che gli chiederò di venire con me alla
prossima uscita in paese – concluse.
Edward
aggrottò la fronte davanti a quell’informazione e
rivolse un’occhiata perplessa all’indirizzo della
fidanzata che sorrideva come
se avesse appena ricevuto la migliore notizia possibile.
-
Perché sei così euforica? –
-
La prossima uscita è a San Valentino. Insomma non
c’è cosa
più tenera di chiedere a qualcuno di uscire per la prima
volta quel giorno.
Ottimo lavoro, siamo tutti fieri di te, Art. –
Isabelle
si alzò in punta di piedi per depositare un bacio
sulle labbra del suo fidanzato.
-
Un bacio prima della partita e un altro dopo … sempre
ammesso che tu vinca – concluse, sorridendo furba.
-
E se dovessi perdere? –
-
Ti suggerisco di fare tutto il possibile perché
ciò non
accada. –
L’allusività
nella sua voce fece sorridere a sua volta il
biondo che ammiccò prima di voltarle le spalle e raggiungere
il resto della
squadra annunciando: - Ragazzi, se perdiamo vi faccio fuori uno per
uno. –
-
Ho avuto un’idea! –
Scott
rivolse un’occhiata allarmata all’indirizzo di
Henrik e Loki. Da quando li
aveva raggiunti in Gran Bretagna per la prima estate dopo
l’inizio delle
rispettive scuole aveva perso il conto delle volte in cui Caos aveva
pronunciato quella frase.
-
Sono il solo che prova un brivido gelido lungo la schiena tutte le
volte che
dice quelle semplici quattro parole? –
-
Molto spiritoso mio riccio e rosso amico -, lo rimbeccò lui
con una smorfia, -
ma si dia il caso che questa volta è davvero una buona idea.
–
-
L’hai detto anche la settimana scorsa e tua madre ti ha
tirato dietro oggetti
per mezz’ora – gli rammentò Henrik.
-
Questa volta sarà diverso. –
-
Certo, questa volta farà tirare oggetti anche contro di noi.
–
Caos
rivolse un’occhiataccia al suo migliore amico. –
Ehy, Loki, si può sapere da
che parte stai tu? –
-
Dalla parte della sopravvivenza così come ogni buon
Serpeverde provvisto di
saggezza e raziocinio. –
Scott
scoppiò a ridere davanti al loro battibeccare, che
così tanto gli ricordava lui
e Izzy. Un senso di nostalgia l’assalì mentre
pensava alla cugina che aveva
passato dieci giorni in California con le sue amiche invece di partire
con lui.
Henrik parve capirlo al volo perché gli battè una
mano sulla spalla e sorrise
con fare comprensivo.
-
Lei ti manca molto, vero? –
-
Già. Le nostre madri sono sorelle e i nostri padri sono
fratelli, per certi
versi è quasi come se fossimo fratello e sorella piuttosto
che cugini. –
-
Domani sarà qui, devi resistere solo per qualche ora, e poi
sarà esattamente
come tutte le altre estati. –
Annuì
sorridendogli riconoscente per quel sostegno.
Aveva
ragione, poteva resistere per dodici ore.
-
Si può sapere cosa prende a Henrik? –
Isabelle
gli rivolse un’occhiata eloquente.
-
Non ti è chiaro? Eppure è piuttosto palese.
–
Aggrottò
la fronte e riflettè su quelle parole, ma continuava a non
avere idea di cosa
stesse parlando sua cugina.
-
No -, ammise, - non lo so. –
Izzy
gli rivolse un’occhiata eloquente mentre metteva il segno al
libro che stava
leggendo e puntava lo sguardo su Henrik che stava chiacchierando con
Anna
seduto a bordo piscina.
-
Passa meno tempo con voi ragazzi quest’estate
perché ha altro per la testa e
credo che se ne stia pian piano accorgendo. Henrik è
innamorato, Scott. –
-
Innamorato? – le fece eco incredulo.
-
Certo, è palese. –
-
E di chi? –
Si
battè una mano sulla fronte e sospirò.
-
Certe volte mi domando se passare tanto tempo in compagnia di Caos non
t’intacchi i neuroni per osmosi. È innamorato di
Anna, lo vedrebbe chiunque! –
-
Di Anna … la nostra Anna? –
-
No, l’Anna dei vicini – replicò ironica.
-
Ok, ho capito, non c’è bisogno di essere
così sarcastica … è solo che
è
piuttosto inaspettato. Insomma, Henrik non parla quasi mai di ragazze.
–
-
Perché non è un Dongiovanni, il che è
un’ottima cosa. Anna ha bisogno di un
ragazzo come lui, dolce e intuitivo, qualcuno che la tenga con i piedi
per
terra e che sappia starle vicino. –
-
Ma lei ti ha mai parlato di Henrik in quel senso? –
Isabelle
scosse il capo arrotolando una ciocca castana intorno
all’indice.
-
No, credo che ancora non se ne sia resa conto, ma sono certa che
finiranno
insieme entro la fine dell’anno e averli con noi a Ilvermorny
potrà essere un
modo per spingere in questo senso. –
Henrik
rivolse un’occhiata intenerita all’indirizzo di
Anna
che sembrava alquanto indaffarata nel tentare di allacciarsi le
stringhe al di
sopra delle protezioni da Battitrice che aveva appena indossato.
-
Vuoi una mano? –
-
Magari, queste stupide cose non vogliono saperne di
collaborare. –
-
Ecco fatto –, annunciò dopo averle legate con cura
ed
essersi sincerato che tenessero a qualsiasi urto o strattone, - ora sei
a
posto. Credo che posso anche tornarmene sulle tribune se non ti serve
altro. –
Anna
lo scrutò con i suoi occhioni azzurri per qualche istante
prima di annuire con un sorriso.
-
Mi hai già salvata abbastanza per oggi, non vorrei
approfittare troppo del tuo spirito da cavaliere in armatura
scintillante. Ci
vediamo dopo la partita, fammi gli auguri. –
-
Il mio spirito da cavaliere è sempre al tuo servizio. A dopo
e auguri per la partita, sono certo che giocherai alla grande come
sempre. –
*
Reina
Valencia Solares
-
Yo me llamo Reina Valencia Solares – recitò
lentamente la bambina, stando
attenta a pronunciare correttamente ogni singola parola della breve
sentenza
che aveva imparato poco prima.
-
Bravissima -, si complimentò suo padre accarezzandole i
capelli scuri con un
sorriso fiero, - e ti ricordi anche l’altra frase che abbiamo
studiato? Come si
dice che hai sei anni? –
- Yo tengo seis años –
replicò
prontamente.
- Tu eres fenomenal. –
La vide arrossire vistosamente, segno che
aveva compreso il suo complimento e ne era tremendamente compiaciuta.
Del resto
Reina era una bambina molto intelligente e avere due genitori
provenienti da
paesi diversi era un’opportunità che avrebbe
sfruttato per imparare al meglio
una seconda lingua.
- Papà? –
- Sì, tesoro? –
- Ti manca mai la Spagna? –
- Se non fossi venuto qui non avrei mai
conosciuto la mamma e non avremmo avuto te -, replicò con un
sorriso venato di
una punta di nostalgia, - ma devo ammettere che Valencia mi manca
molto. –
- Per questo è il mio secondo nome?
–
Annuì.
- Sì, è la città
in cui ho passato più di
metà della mia vita e dove ho chiesto alla mamma di
sposarmi. É un nome
importante. –
Reina assottigliò lo sguardo
mentre cercava d’individuare lo sfarfallio dorato del Boccino
nei meandri del
campo da Quidditch.
Quel ruolo la rilassava sempre
molto, tenendole la mente concentrata, consapevole di non avere nulla
di cui
preoccuparsi perchè se Caos era sbadato e un po’
esagitato nella vita di tutti
i giorni quando giocava come Battitore prendeva sempre molto sul serio
il suo
ruolo.
Svolazzò intorno alla porta
dei Corvonero, incrociando lo sguardo di sfida di Liam.
- Ancora nulla, Solares? Non
ti starai per caso rammollendo? –
- Ti piacerebbe Walker -,
replicò continuando a perlustrare l’area, - ma
sfortunatamente per te non è
ancora arrivato il giorno in cui mi lascio soffiare il Boccino dal
vostro
ridicolo Cercatore. –
- Scommettiamo? –
Quella singola domanda accese
ancora di più lo spirito competitivo in lei.
Abbandonò la perlustrazione
quanto bastava per replicare con una proposta.
- Chi perde paga da bere? –
- Ci sto. –
Reina
smise di dipingere e rivolse un’occhiata al banco da lavoro
sul quale la madre
era ancora immersa tra colori e tele. Decise di sfruttare quel momento
per
darle il suo regalo.
Pulì
le mani con uno straccio e le si avvicinò, picchiettandole
gentilmente sulla
spalla per attirarne l’attenzione.
-
Mamma? –
-
Sì, cara? –
-
Ho una cosa per te -, le porse il dipinto che aveva realizzato e che
ritraeva
una sua versione di una foto dei suoi genitori da giovani il giorno in
cui si
erano fidanzati ufficialmente, - Spero di essere riuscita a dipingerlo
bene …
non sono brava tanto quanto te. –
La
madre lo prese, studiandolo con un sorriso impresso sulle labbra e poi
lo
adagiò con cautela sul banco da lavoro.
Le
cinse le spalle e l’attirò a sé,
tenendola stretta e baciandole una guancia.
-
Sei la figlia migliore che potessimo mai sognare di avere, Reina. Sei
una
persona speciale e lo dimostri ogni giorno, sono veramente orgogliosa
di te. –
-
Quindi ti piace? –
-
L’adoro e lo conserverò gelosamente per sempre.
–
Reina
era rannicchiata sul divano nella Sala Comune di Serpeverde, teneva le
ginocchia strette contro il petto e piangeva sommessamente. Il resto
dei suoi
compagni era andato a dormire quasi un’ora prima e la Sala
era ormai deserta.
Per questo si era sistemata lì, a piangere lontana da
sguardi indiscreti.
Quando
la Preside l’aveva fatta chiamare durante la lezione di
Storia della magia
aveva avuto il presentimento che ci fosse qualcosa che non andava, ma
mai
avrebbe immaginato a una cosa tanto tremenda.
La
donna, con l’aria desolata di chi mai avrebbe voluto dare una
notizia del
genere a una ragazzina di dodici anni, le aveva spiegato che
c’era stato un
tremendo incidente e che purtroppo entrambi i suoi genitori vi erano
rimasti
coinvolti. Avevano fatto tutto il possibile per salvarli, ma non
c’era stato
nulla da fare. I funerali si sarebbero tenuti il sabato e la mattina
seguente
avrebbero predisposto una Passaporta per lei che le permettesse di
raggiungere
i suoi nonni e partecipare alla cerimonia.
Aveva
pianto tutte le sue lacrime su quel divano almeno finchè non
aveva sentito il
rumore di passi in avvicinamento.
-
Chi c’è? –
-
Sono Marcus – mormorò la voce timida del suo
compagno di Casa, facendo capolino
da dietro la porta che conduceva al dormitorio maschile, - non riuscivo
a
dormire e così ho pensato di scendere qui per non svegliare
i miei compagni di
stanza … Però se vuoi rimanere da sola me ne vado
– aggiunse in fretta.
-
No -, si fece un po’ più in là per
dargli modo di sedersi accanto a lei, -
vieni qui o finirai con il congelarti … si muore dal freddo
questa sera. –
Marcus
l’assecondò, sedendole accanto e rimanendo in
silenzio per minuti che parvero
interminabili.
-
Marcus, posso chiederti un favore? –
-
Certo. –
-
Puoi abbracciarmi? Ne ho bisogno. –
Il
compagno non era certo il tipo da sdolcinatezze o contatti fisici, ma
in
quell’occasione decise di fare un’eccezione. Le
cinse le spalle e l’attirò a sé
facendole poggiare il capo sulla sua spalla e accarezzandole
ritmicamente la
schiena.
Esme
si alzò in piedi battendo le mani quando il Boccino venne
catturato da Serpeverde con un compiacimento che sorprese molto Astrid.
-
Non credevo che il Quidditch ti entusiasmasse così tanto.
–
-
Già, ma mi piace sempre quando le persone su cui ripongo le
mie aspettative mi dimostrano che ho ragione. Reina è
veramente in gamba. –
Nel
frattempo il conteggio dei punti operato dal loro Cronista
annunciò la vittoria dei verde argento, sancendo la
classifica provvisoria che
vedeva in quel momento la squadra dei Tuonoalato e quella dei
Serpeverde a pari
punti.
-
Mi domando se la finale verrà disputata proprio tra noi e
loro – soppesò la bionda mordicchiandosi il labbro
inferiore.
Per
tutta risposta Esme l’abbracciò.
-
Tranquilla, in quel caso tiferò comunque per te. –
-
Ne sono onorata. –
Esme
le strizzò un occhio con fare complice.
-
E fai bene, non mi arrampico qui sopra a prendere freddo mica
per tutti. –
Loki
entrò nella sala ricreativa guardandosi attorno con fare
perplesso, nell’evidente ricerca di qualcuno
perciò Liam alzò appena il mento
al suo indirizzo con fare incuriosito.
-
Chi cerchi? –
-
Henrik e Caos, non li vedo da quando abbiamo finito la
partita. –
-
Henrik era con Anna, credo siano andati a cercare qualcosa
di caldo da mettere sotto i denti. Sai che Anna quando è
triste affoga i
dispiaceri nei dolciumi. –
Annuì.
Sì,
quello era ovvio e confermava la teoria amorosa che
Isabelle gli aveva rivelato qualche giorno prima, ma non spiegava dove
accidenti si fosse cacciato il suo migliore amico.
-
E la nostra folle primadonna? –
Fece
spallucce, allungando le mani verso il camino per
scaldarle.
-
Non ne ho idea, anzi è strano che non sia qui a gongolare
per la vittoria. –
Già,
in condizioni normali
Fu
Scott, appena giunto sul posto e ancora avvolto nella
pesante sciarpa blu, a replicare con un sorrisetto: - Sta parlando con
Winnie
di non so cosa … roba di serie tv credo, ho smesso di
seguirli dopo un paio di
minuti e me ne sono andato. Sembra che si capiscano. –
-
Buon per loro … e anche per noi se ce lo leva di torno di
tanto in tanto. –
I
due ragazzi ridacchiarono davanti alla battuta di Liam e si
accomodarono sul divano poco distante.
-
Certo che è strano … Henrik cotto di Anna, tu che
stai con
Izzy, Liam che accetta di portare al pub Reina e adesso anche Caos che
passa il
suo tempo a fare conversazione con Winnie. Credo che l’aria
di inizio febbraio
stia facendo andare in ebollizione gli ormoni un po’ a tutti
– considerò il
rosso.
Loki
gli battè una mano sulla spalla con fare solidale.
-
Non temere, io e tua cugina troveremo una bella ragazza con
cui farti passare il San Valentino. –
-
Ma io non intendevo dire questo … -
-
Spiacente -, convenne Liam sorridendo complice, - ormai sei
incastrato anche tu. –
-
Ma io non voglio. –
-
Vedi di fartelo andare lo stesso … con chi potremmo farlo
uscire? –
Loki
meditò in silenzio prima di proporre, suonando poco
convinto persino alle sue stesse orecchie, - Non saprei …
forse Diana? –
-
Nah … non ce li vedo insieme, Diana finirebbe con il
metterlo in riga più di quanto non abbia fatto Izzy in tutti
questi anni. –
-
Allora forse Brooklyn. Dopotutto se spingiamo Henrik a
invitare Anna e io ovviamente vado con Izzy lei rimarrebbe da sola.
–
Il
Corvonero annuì improvvisamente molto convinto.
-
Aggiudicato, andrà con lei. –
Con
un tossicchiare discreto, Scott si intromise nella
conversazione.
-
Sarebbe carino se chiedeste anche a me se sono d’accordo o
meno visto che l’invito dovrei farlo io. –
-
Perché -, Liam lo scrutò con serietà
nelle iridi chiare, -
hai qualcosa in contrario sull’uscire con Brook? –
-
No, non direi. –
-
Bene, allora è deciso, la inviterai. –
-
Pensi di riuscire a sbrigarti? Non ho nessunissima voglia di passare
tutta
l’estate qui al castello in compagnia della McGranitt, Pix e
i fantasmi. –
Soffocò
uno sbadiglio e avvolse in un tovagliolo il toast che non aveva ancora
mangiato, decisa a portarlo con sé lungo il viaggio in treno
visto che sembrava
che Marcus andasse tremendamente di fretta quella mattina.
-
Come mai tutta questa fretta di tornare a casa? –
-
Andrò a trovare mia nonna per tre settimane –
spiegò Marcus sorridendo allegro.
-
Ah, adesso si spiega tutto. –
Marcus
era molto legato alla nonna e Reina lo capiva perfettamente,
perché da quando i
suoi genitori erano morti aveva passato tutti i mesi fuori dalla scuola
in compagnia
dei suoi nonni materni; senza di loro sarebbe stata persa ed era
tremendamente
riconoscente per il modo in cui si prendevano cura di lei.
-
Mi prometti che scriverai almeno un giorno sì e uno no?
–
-
Va bene, lo giuro. –
-
Certo -, la ragazza alzò gli occhi al cielo, - tanto so
già che ti
dimenticherai esattamente come tutte le estati. Però questa
volta se non ti fai
sentire vengo a darti la caccia e ti rapisco. –
-
Signorsì, signora. –
Reina
l’abbracciò stingendolo con tanta forza da quasi
stritolarlo.
-
Ti voglio bene, Marcus, e non vedo l’ora di rivederti il
giorno della partenza
per Ilvermorny. –
-
Te ne voglio anche io. Ci vediamo a settembre, Reina. –
Spazio
autrice:
Salve!
Eccoci
qui con il nuovo capitolo; pensavo d’inserire sia la partita
che la seconda
prova del Club ma sarebbe venuta fuori una quantità di
pagine mostruosa perciò
ho deciso di dividere il capitolo in due parti. Per quanto riguarda i
voti per
i flashback, invece, non vi chiedo nulla perché sto
smaltendo poco a poco gli
OC che erano giunti a pari voto la volta scorsa perciò nel
prossimo capitolo i flashback
saranno quelli di Brooklyn e di Henrik.
A
presto.
Stay
tuned.
XO
XO,
Mary
|
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Capitolo 16 *** Capitolo 14 ***
Capitolo
14
Henrik
Crouch
-
Mammina? –
-
Sì, tesoro? –
-
Mi manca tanto papà. –
Amaranthe
smise di lavorare al suo romanzo e si voltò verso il bambino
di sei anni,
prendendolo in braccio e mettendolo a sedere sulle sue gambe.
-
Papà deve stare ancora qualche giorno via per lavoro, ma
tornerà venerdì sera e
sabato ti porterà al luna-park come ti ha promesso.
–
Sgranò
gli occhioni azzurri con fare supplichevole.
-
E potrò andare anche sul bruco? –
-
Certo, ma questa volta ci andrai prima di mangiare. Ti ricordi cosa
è successo
l’ultima volta? –
Ridacchiò
al pensiero del disastro che aveva combinato quando, deciso a non
lasciare il
parco senza essere salito ancora una volta sul bruco, aveva preteso di
fare un
giro appena dopo aver mangiato.
-
Non c’è nulla da ridere. –
-
Scusa mammina. Prometto che ci salirò solo quando arriviamo.
–
Gli
scompigliò i capelli affettuosamente.
-
Bravo il mio bambino. –
-
Non voglio andarci! –
-
Henrik, sii ragionevole, tutti i bambini devono imparare a nuotare
prima o poi.
–
-
Io no. L’acqua è fredda, profonda … e
bagnata. –
-
Ne abbiamo già parlato, devi andare in piscina, è
la tua prima lezione perciò è
normale che tu sia spaventato ma devi affrontare la cosa. –
Scosse
il capo con decisione, pestando un piede.
-
No, no e ancora no! –
Amaranthe
alzò gli occhi al cielo e proprio nel momento in cui
sembrava essere prossima a
perdere del tutto la calma suo marito comparve alle sue spalle e
l’allontanò
gentilmente.
-
Vai di là, ci penso io. Ometto, sei pronto a una
chiacchierata tra uomini? –
Brontolando
contro quell’assurda storia della
“solidarietà maschile”, Amaranthe
annunciò
che andava a mettere in moto la macchina e che li avrebbe aspettati sul
vialetto.
Rimasti
soli, Lucas si chinò per essere alla stessa altezza del
figlio e gli sorrise.
-
Vuoi essere un vero uomo, Henrik? –
-
Certo. –
-
Allora per essere tale devi imparare a vincere le tue paure. Tutti
hanno paura
la prima volta che fanno qualcosa di nuovo, è normale, ma io
so che sei un
ometto molto speciale e che quando ti impegni puoi fare qualsiasi cosa.
–
Poco
convinto, aggrottò la fronte.
-
Davvero? –
-
Certo … e se fai il bravo dopo ti compro un gelato, ma
questo alla mamma non lo
diciamo. –
-
Alla fragola? –
-
Certo. –
-
Va bene -, asserì improvvisamente deciso, - lo
farò per il gelato. –
-
Ci pensate? Praticamente questo è il primo San Valentino in
cui ognuna di noi ha un appuntamento – decretò
Isabelle mentre finivano di
prepararsi per l’uscita al villaggio.
-
Il mio non è un appuntamento – chiarì
Diana, selezionando
con cura un maglione verde bosco da abbinare ai pantaloni in pelle di
drago che
erano da sempre il suo capo d’abbigliamento preferito.
-
Già e sono pronta a scommettere che Scott mi abbia invitata
solo per non lasciarmi da sola –, asserì Brooklyn,
- visto che le uniche qui ad
essere state invitate fin da subito siete tu e la nostra Anna dai
capelli d’oro.
–
Per
tutta risposta la bionda arrossì come un peperone e smise
di spazzolarsi i capelli.
-
Devo dire che non mi aspettavo un invito da parte di Henrik.
–
Con
un sospiro davanti ai commenti delle amiche, Isabelle
prese in mano il discorso e ricapitolò con fare pratico.
-
Nell’ordine: sì, Diana, tu e Baron avete un
appuntamento e
poco importa se ti ha convinta con la scusa di presentarti un suo amico
che può
procurarti uno stage subito dopo il diploma. Brook, ti assicuro che se
mio
cugino non ti avesse trovata carina non ti avrebbe mai e poi mai
invitata,
quindi non buttarti giù. Infine, Anna, era chiaro
praticamente a tutti che
Henrik ti morisse dietro da più di un anno e finalmente si
è dato una
svegliata. Rendiamo grazie a ogni entità divina esistente e
finiamo di
prepararci! –
-
Ma se … -
-
Ho detto finiamo di prepararci, basta paranoie, grazie! –
-
Ripetimi un’altra volta: come è possibile che tu
abbia avuto
un appuntamento senza l’aiuto di nessuno mentre noi per
organizzarci abbiamo
dovuto mettere su una vera e propria coalizione? –
Caos
rivolse un sorrisetto all’indirizzo di Liam e si strinse
nelle spalle.
-
Ovviamente perché io sono a dir poco adorabile e nessuno
è
in grado di resistermi. –
-
Io invece propendo per un’altra ipotesi -, intervenne Loki,
- ovvero che Winona è fuori di testa quanto lui e quindi per
chissà quale legge
cosmica hanno finito con l’attrarsi a vicenda in modo del
tutto naturale. –
-
Sì -, confermò Liam ridendo, - questa ha molto
più senso
della teoria di Caos. –
Era
tutta la mattina che si muoveva da una parte all’altra della
casa senza sosta,
affacciandosi repentinamente dalla finestra e scrutando
l’orizzonte.
-
Sembri un’anima in pena -, gli fece notare sua sorella, - e
oltretutto mi stai
facendo venire il mal di mare. Quella stupida spilla da Prefetto
arriverà.
Insomma sei il secchione più secchione di tutti i secchioni
della scuola messi
insieme … a chi altri potrebbero darla? –
-
Non credevo fosse umanamente possibile inserire la parola
“secchione” tutte
queste volte in una frase, è incredibilmente ridondante.
–
La
sorellina alzò gli occhi al cielo e li roteò con
uno sbuffo.
-
Appunto SECCHIONE! Ah, comunque quello deve essere uno dei barbagianni
di
scuola. –
E
in effetti il rapace era proprio uno di quelli scolastici e teneva ben
stretta
tra le zampe la cordicella che trasportava una lettera recante il
marchio di
Hogwarts.
L’aprì,
leggendola in fretta e furia, e poi esplose in un’esultazione
che molto
probabilmente venne udita in ogni angolo della Gran Bretagna: - Ce
l’ho fatta,
sono il nuovo Prefetto di Corvonero! –
-
Perché sembri vestita come una di quelle conigliette di
playboy? –
Esme
si voltò verso l’amica con un sopracciglio
perfettamente
curato leggermente inarcato.
-
Vestita come una cosa
di cosa? –
-
Una di quelle tizie in bikini o vestitini succinti sulle
riviste per uomini -, chiarì accennando all’abito
che aveva scelto per quell’uscita,
- e la cosa non ha senso visto che so che hai accettato
l’invito di Malcom solo
perché non avevi nulla di meglio da fare. –
-
E perché ha un amico single ed era un modo per organizzare
un’uscita a quattro – aggiunse Esme.
-
Potrei aver saputo che al villaggio c’è una certa
persona …
-
-
Che non ti ha invitata a uscire e perciò hai intenzione di
ripagarlo facendolo ingelosire? –
-
Forse. –
-
Sai che ti adoro, ma credi davvero che ingaggiare una lotta
di scaramucce con Desmond Riot sia un buon piano? –
-
Non mi interessa che sia un buon piano, solo che funzioni …
e adesso andiamo a far sbavare un po’ i nostri
accompagnatori. –
I
capelli di Anna erano della stessa sfumatura dell’oro. La
prima volta che si
ritrovò a pensare una cosa del genere era in biblioteca e in
teoria avrebbe
dovuto lavorare con Liam a un tema sulle rivolte dei goblin, ma non
riusciva a
staccare gli occhi dal tavolo a cui era seduta l’amica.
-
Henrik ma si può sapere dove stai guardando? Sei con la
testa da tutt’altra
parte. –
Alle
parole dell’amico si riscosse, voltandosi verso Liam con un
sorriso di scuse
dipinto sul volto.
-
Ero sovrappensiero … dicevi? –
-
Dicevo che se non ci diamo una mossa non finiremo mai il tema per Ruf.
–
-
Ce la faremo … alla fine ce la facciamo sempre, anche a
costo di passare la
notte in bianco. –
-
Ecco è proprio quello che vorrei evitare, la notte mi piace
trascorrerla sotto
le coperte e con la testa ben salda sul cuscino. –
-
Rilassati, ho tutto sotto controllo. –
Liam
lo osservò con scarsa convinzione, consapevole che
c’era qualcosa che non andava
in lui da quando avevano cominciato il sesto anno ma che Henrik
sembrava
ostinarsi a negare.
-
Non mi dirai mai di cosa si tratta, vero? –
-
Non so di cosa stai parlando. –
-
Sei stralunato, ti perdi a fissare chissà cosa o chi, sembri
sempre con la testa
da un’altra parte e a volte sorridi come uno scemo senza
alcun motivo -, Liam
si interruppe di scatto voltandosi verso di lui, - Oh per
l’amore di Morgana …
sei innamorato?! –
-
Non essere ridicolo, di chi dovrei mai essere innamorato? –
-
Questo non lo so, ma rimango della mia idea: tu sei cotto amico mio e
prima o
poi scoprirò di chi. –
*
Brooklyn
Candice Macmillan
-
Sam, Step … aspettatemi! –
La
piccola di casa arrancava dietro ai fratelli maggiori cercando di
tenere il
passo con loro mentre correvano nell’ampio appezzamento di
terreno che
circondava la proprietà dei Macmillan.
-
Coraggio, Brook, sei lenta. –
-
Non sono lenta -, protestò la bambina di sei anni, - siete
voi che avete le
gambe troppo lunghe. –
I
gemelli si fermarono a sorriderle, dall’alto della loro
statura piuttosto
impressionante dati i loro otto anni, attendendo che la sorellina li
raggiungesse.
Si
fermò a pochi passi da loro, le mani sui fianchi e il fiato
corto, una fitta
lancinante alla milza per la troppa foga che ci aveva messo.
-
Credo di stare per morire – annunciò seriamente,
scatenando un attacco di
risate particolarmente violento nei fratelli.
-
Non stai per morire, hai solo il sedere pesante – rise
Stephan.
Per
tutta risposta Brooklyn ignorò la fitta e si
lanciò nuovamente verso i gemelli,
rincorrendoli decisa a fargliela pagare per quella presa in giro,
cullata dalle
risate dei due che sfruttavano le gambe più lunghe per
mettere quanti più metri
di distanza possibili.
-
Non ci prenderai mai! –
-
Tanto prima o poi dovrete fermarvi, non potete correre per sempre.
–
Brooklyn
osservò i suoi fratelli finire di fare le valigie. Non
riusciva a credere che
non li avrebbe visti fino alla fine dell’anno scolastico e
tutto perché
seguendo la madre in America avrebbero finito con il non incrociarsi
praticamente mai. Strinse i pugni, scuotendo il capo con decisione
mentre
chiudevano i bauli e facevano per uscire dalla loro camera.
-
Non è giusto. Perché se a sbagliare è
stato nostro padre siamo noi a doverci
rimettere? –
Stephan
allungò le braccia e la tirò verso di loro,
stringendola in un abbraccio
congiunto e cameratesco.
-
La mamma non lo vuole più vedere dopo quella storia del
tradimento -, mormorò
contro la sua testa, - e comunque non è come se fossimo
destinati a non vederci
mai più. Verrai a trovarci per le vacanze estive, saranno
tre mesi lunghissimi
… -
-
E noi faremo in modo di renderteli moooolto pieni d’eventi
– concluse Samuel
con un sorrisetto malandrino che la spinse a sorridere a sua volta.
-
Mi mancherete così tanto … voi andate in America
e io devo sorbirmi la megera
ancora per una settimana. –
Fece
un lieve broncio.
-
Pensa a questo, hai un’intera settimana per renderle la vita
un inferno. –
Improvvisamente
un sorriso si dipinse sulle sue labbra.
Sì,
rendere la vita impossibile alla sua futura matrigna si prospettava
davvero
molto interessante.
-
Non riesco ancora a credere di essermi lasciato convincere a
uscire con te e per di più nel giorno di San Valentino
– asserì Marcus mentre
avanzavano lungo il sentiero in ghiaia che li avrebbe condotti verso il
centro
del paese.
Arthur
gli sorrise di rimando.
-
Diciamo che te l’ho chiesto in un momento in cui i pianeti
si erano allineati, c’era una congiunzione astrale fortunata
e tu non hai
potuto dire di no. –
-
Eh? –
-
Sto scherzando -, ridacchiò dandogli un buffetto sulla
guancia, - ma sei adorabile quando fai quell’espressione
perplessa e non ho
resistito all’idea di prenderti un po’ in giro.
–
-
Ma che cosa carina, proprio da primo appuntamento – lo
rimbrottò.
-
E dai -, lo attirò a sé per poi stampargli un
bacio a fior
di labbra a farlo arrossire ancora di più, - sono solo
felice che tu abbia
accettato. –
Si
rilassò nella sua stretta, sorridendo a sua volta.
-
Anche io sono felice di averlo fatto. –
-
Posso chiederti una cosa? –
Scott
smise di camminare e si voltò verso la ragazza al suo
fianco, annuendo con sorpresa.
-
Naturalmente, di che si tratta? –
-
Perché mi hai invitata a uscire? –
Il
rosso parve tentennare per qualche istante, alla ricerca
delle parole giuste, prima di replicare: - Ti ho vista spesso in giro
in questi
mesi e c’è sempre stato qualcosa che mi ha
incuriosito. Mi piace chiarire le
cose non appena ne ho la possibilità e quando si
è presentata l’opportunità di
invitarti l’ho colta. Mi incuriosisci, Brooklyn, e mi
piacerebbe conoscerti
meglio se vorrai darmene l’opportunità. –
La
Tassorosso gli rivolse un sorriso smagliante prima di
accettare il braccio che le porgeva e farsi scortare verso il
villaggio.
-
Non avresti potuto darmi una risposta migliore … ci sto,
Scott, anche io ho voglia di cominciare a conoscerti meglio. –
Diana
si lasciò cadere sul letto dell’amica, rimbalzando
appena sul materasso prima
di sdraiarsi su un fianco e rivolgerle un’occhiata vagamente
incuriosita.
-
L’arrampicatrice sociale dov’è?
–
-
Vanessa è a fare compere a Diagon Alley con le sue minions
– replicò, facendo
riferimento al gruppetto di amiche che la matrigna era solita avere al
suo
seguito ogni volta che lasciava l’abitazione per uno dei suoi
costosissimi
svaghi.
-
Bene, quindi immagino che avremo abbastanza tempo per fare quello che
ho in
mente. –
-
E sarebbe? –
-
Riequilibrare un po’ le cose visto che il karma sembra
prendersela molto comoda
-, le mostrò una boccetta contenente del liquido verde acido
dall’aspetto molto
poco attraente, - e questo ci aiuterà nell’opera.
–
Brooklyn
la studiò con attenzione.
-
Cos’è? –
-
Essenza di yak. Innocua, ma dalla puzza tremenda. Ne versiamo un
po’ in ogni
suo prodotto cosmetico, avrà un odore nauseabondo per giorni
e non saprà neppure
da cosa è causato. –
Scosse
il capo, ridendo incredula prima di scambiarle un cinque a
mezz’aria.
-
Step e Sam sarebbero debitamente impressionati dalla tua
capacità di elaborare
piani malvagi. –
Abbozzò
un mezzo inchino.
-
I tuoi fratelli sono fonte di grande ammirazione per me, per cui ne
sono
lusingata. –
Reina
prese un sorso di cioccolata calda e storse il capo
davanti all’accenno di divertimento sul volto di Liam.
-
Cosa c’è? –
-
È solo che -, si allungò a passarle un pollice
all’angolo
della bocca prima di mostrarle le tracce di panna e cioccolata che vi
erano
rimaste sopra, - ti eri sporcata ed eri buffa. –
-
Buffa? Te lo faccio vedere io cosa è buffo. –
Intinse
un dito nella tazza e si sporse verso di lui,
toccandogli la punta del naso e depositandovi sopra una lunga traccia.
-
Ah sì? Bene, allora è guerra. –
Mentre
Liam faceva per ricambiare il gesto, sotto gli sguardi
curiosi e al contempo divertiti del resto degli avventori del locale,
Reina
afferrò il piattino su cui era rimasto un po’ di
zucchero a velo e glielo
soffiò addosso.
-
Ahia, mi è finito negli occhi … brucia
– mormorò il
Corvonero, facendo per sfregarsi il volto.
Sentendosi
in colpa Reina si avvicinò, afferrandogli il volto
per spingergli il capo all’indietro e guardare meglio.
-
Io veramente non vedo proprio nu … -
Non
riuscì a terminare la frase perché le labbra di
Liam si
posarono sulle sue in un bacio casto.
Quando
si separarono il Corvonero mormorò imbarazzato: -
Scusa, ma non ho saputo resistere. –
-
Bene … neanche io – replicò, baciandolo
a sua volta.
Erano
seduti sulla panchina davanti al negozietto d’antiquariato
da qualche minuto quando Henrik si decise a prendere finalmente la
parola e
rompere quel silenzio che si stava facendo via via sempre
più imbarazzante.
-
Anna? –
-
Sì? –
-
Era da un po’ di tempo che volevo dirti una cosa, ma non ho
mai trovato il coraggio per farlo e credo che questa potrebbe essere la
volta
buona. Insomma tra qualche mese finiremo scuola e ognuno
prenderà una
specializzazione diversa, potremmo non vederci più per molto
e non voglio
bruciare questa possibilità. –
-
Io … credo di volerti dire una cosa anche io –
ammise, rossa
in volto, mentre si tormentava le mani con nervosismo.
-
Oh … allora dopo di te. –
-
Io … tu mi sei sempre piaciuto moltissimo, Henrik. Insomma
non te l’ho mai detto prima perché avevo paura che
mi vedessi solo come un’amica
e non volevo rovinare tutto, perché a te ci tengo veramente
moltissimo … Però
questa volta tu mi hai invitata a uscire e anche il resto delle ragazze
è
convinto che la cosa abbia senso, perciò … ecco,
te lo dico e basta, tu mi
piaci moltissimo. Mi piaci in quel senso e non solo come amico e spero
che
quello che volevi dirmi fosse questo perché se
così non fosse mi sentirei
veramente una grandissima stupida e … -
-
E quando sei nervosa diventi logorroica –, la interruppe
sorridendo intenerito, - perciò se la smetti per un attimo
posso dirti quello
che volevo. –
Annuì,
tacitandosi all’istante.
Henrik
la prese per mano, fissandola dritta negli occhi.
-
Sono innamorato di te … lo sono da più di un anno
ormai. –
Gli
gettò le braccia al collo, stringendolo a sé
d’impulso,
rilassandosi solo quando si scambiarono il loro primo bacio.
-
Brook? Era ora, cominciavamo a pensare che non saresti mai arrivata
– l’accolse
Samuel, abbracciandola non appena ebbe messo piede
all’interno della casa
materna.
-
Oh, che carini, state ammettendo che vi sono mancata? –
-
Naaaah, quella è roba da femminucce -, replicò
Stephan, - eravamo solo un po’
perplessi. –
-
Ho passato un periodo a casa della mia amica Diana e siamo partite per
l’America insieme visto che lei voleva andare a trovare dei
suoi amici. Ecco
perché sono arrivata più tardi del solito.
–
-
Tu e Diana non vi separate praticamente mai, eh? –
-
Già, è un po’ come avere una sorella.
–
-
Beh, spero proprio di no … insomma Diana è sexy e
sarebbe strano pensare una
cosa del genere di una sorella. –
Brooklyn
sgranò gli occhi davanti all’esternazione di
Stephan mentre Samuel sghignazzava
divertito.
-
Diana è off limits per entrambi -, ricordò loro,
- perciò toglietevi dalla
testa qualsiasi pensiero strano. Non divido le mie amiche con voi due
buzzurri!
–
-
Oh, andiamo, potresti anche condividerla con uno dei due. –
-
Lo faccio solo per il vostro bene -, ridacchiò, -
perché nessuno di voi due è
in grado di gestirla e uscire incolume dalla cosa. –
-
Ma … -
-
Niente ma … e adesso volete sapere cosa ci siamo inventate
con l’arrampicatrice
sociale? –
Il
cambio d’argomento fu sufficiente a spostare la loro
attenzione, che al pari
della sorella desideravano vedere Vanessa in costante
difficoltà.
-
D’accordo, per questa volta chiudiamo qui il discorso Diana
… avanti,
raccontaci di quella. –
-
Quel tuo amico? –
Baron
rise davanti all’espressione corrucciata della
Grifondoro, per poi sorseggiare il suo whiskey incendiario.
-
Ah, non te l’ho detto? Aveva da fare con la sua ragazza, ha
rimandato il colloquio alla prossima uscita. –
Diana
incrociò le braccia al petto e lo fissò con un
cipiglio
ancora più duro.
-
Quindi in altre parole mi hai fregata. –
-
O per dirla in un altro modo ti ho invitata a passare San
Valentino con me -, replicò sorridendo sfrontato, - e devo
dire che questo batte
dieci a uno l’offerta di qualsiasi stage. –
-
Sei proprio un borioso imbecille, lo sai vero? –
-
Lo so -, confermò continuando a sorridere, - ma almeno ho un
po’ del tuo tempo. –
-
Solo perché sono troppo ben educata per prenderti a sberle
davanti
a tutti non significa che questo è un vero appuntamento.
Siamo semplicemente io
e te seduti a bere una cosa perché tu
mi
hai attirata qui con l’inganno e in modo molto poco galante e
cavalleresco. –
-
Suppongo che come inizio sia meglio che nulla. –
Esme
sorrise con un pizzico di compiacimento quando vide
Desmond entrare al Black Unicorn in compagnia di un gruppetto di quelli
che
dovevano essere dei suoi colleghi e il sorriso si allargò
ancora di più quando
lo vide soffermarsi su di lei con sguardo d’apprezzamento e
poi irrigidirsi
quando si rese conto che non era seduta solamente con Astrid.
Ma
mai si sarebbe aspettata di vederlo puntare dritto verso il
loro tavolo.
-
Esme, posso parlarti un attimo? I tuoi compagni di classe ci
scuseranno immagino – aggiunse, fissando Malcom come
sfidandolo a ribattere.
Annuì
alzandosi in piedi e rassettando l’abito prima di
seguirlo fuori dal locale.
Incrociò
le braccia sotto al seno e gli rivolse uno sguardo di
sfida.
-
Cosa c’è? –
-
Non senti freddo? Sei un po’ leggera.
–
-
Sto benissimo, grazie per l’interessamento. Di cosa volevi
parlarmi? Il mio accompagnatore si domanderà dove sono se
sparisco per troppo
tempo. –
-
Oh, per favore, come se credessi davvero che tu possa
accontentarti di un bamboccio come quello. –
-
Eppure sei qui in perfetto stile fidanzato geloso. –
-
Ammetto che, per un secondo o due, vederti a un appuntamento
con qualcuno che non sono io mi ha dato un pizzico di fastidio.
–
-
E? –
-
E non posso fare quello che vorrei in questo momento, tu sei
una studentessa e io il vice ministro, sarebbe molto inappropriato.
–
-
Ma? –
-
Ma ho un’immagine molto vivida di quel vestito ai piedi del
mio letto – concluse.
-
Hai ragione -, sorrise maliziosa, - sarebbe molto
inappropriato, ma per tua fortuna io adoro le cose
inappropriate. –
Spazio
autrice:
Salve!
Chiederei
a tutti coloro che vogliono partecipare alla raccolta OS di cominciare
a
inviarmi le informazioni circa il futuro dei propri OC (eventuali
specializzazioni dopo il diploma, lavoro che intraprenderanno,
matrimonio e
figli, etc.) così che possa mettermi a lavoro. Inoltre
ringrazio coloro che
hanno già provveduto a spedirle e vi annuncio che vista
l’ampia adesione che la
mia proposta ha raccolto nei capitoli scorsi: confermo che ci sarà un
sequel!
Detto
ciò
per quanto riguarda la questione dei flashback uno dei due del prossimo
capitolo sarà dedicato a Loki mentre per l’altro
vi chiederei di votare tra:
Liam;
Isabelle;
Anna;
Marcus.
Per
ora é
tutto, a presto.
Stay
tuned.
XO
XO,
Mary
|
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Capitolo 17 *** Capitolo 15 ***
Capitolo
15
Loki
Burke
Kate
osservò il piccolo Loki mentre
gattonava sul pavimento insieme alla sua Isabelle. Giocavano senza
sosta da più
di due ore e sembravano decisi a continuare ancora per molto.
-
Non è incredibile quanta energia
abbiano? E dire che sono dei piccoletti alti mezzo metro. –
Freya
annuì, accarezzando
distrattamente le ciocche castane di Izzy quando la piccola si
voltò verso di
lei con un sorriso sdentato.
-
Sono contenta che abbiano modo di
vedersi durante le vacanze, mi piace pensare che da grandi avranno un
rapporto
saldo come il nostro. –
-
O magari finiranno con il
fidanzarsi, chi può dirlo – rise Kate.
-
Quello sì che sarebbe divertente, da
migliori amiche a consuocere. –
-
Loki, hai visto per caso il vaso
che ci ha portato la nonna per Natale? –
Aveva
sei anni, ma sapeva riconoscere
più che bene il tono di sua madre e quello era uno che
diceva chiaramente “sei
nei guai, vatti a nascondere”.
-
Uhm … no? –
-
Non è una domanda a cui puoi
rispondere facendone una a tua volta. O l’hai visto oppure
no. –
-
Potrei averlo visto, ma potrei
anche sbagliarmi … dov’era l’ultima
volta in cui l’hai visto tu? –
Freya
alzò gli occhi al cielo, imponendosi
di mantenere la calma. Il loro primogenito era esattamente
l’incarnazione dell’astuzia
Serpeverde nel rigirare ogni singola situazione a suo vantaggio.
-
L’ho visto nel salone dove è sempre
stato finchè questa mattina non siete entrati tu e Caos.
Avete giocato lì ed il
vaso è magicamente sparito nel nulla. –
-
Non ne ho idea, mammina, ma sono
certo che se il vaso si fosse rotto e i pezzi fossero nascosti sul
retro del
giardino la colpa sia di Caos. –
-
Tu invece sei innocente, giusto? –
Le
rivolse un sorriso angelico.
-
Certo. –
-
Bene, allora come ricompensa per la
tua innocenza sei condannato alle pulizie forzate della tua camera per
le prossime
due settimane. –
Winona
prese posto accanto a Joaquin e Jackson, attirando le occhiate
palesemente
divertite dei due, e storse il capo perplessa.
-
Cosa avete da ridacchiare sotto i baffi? –
-
Nulla, ci stavamo solo chiedendo quando saresti tornata tra noi
… -
-
E ci avresti degnato di un pizzico di attenzione visto che ultimamente
sembri
persa in un fantastico universo parallelo dominato dal Caos
– concluse Joaquin facendo scoppiare a ridere i due ragazzi
non appena ebbe terminato la frase.
L’amica
sentì le guance avvamparle, ma si sforzò di
mantenere la serietà e si limitò ad
alzare gli occhi al cielo e rotearli.
-
Battutine utilizzando il nome, ma che cosa intelligente e matura
… -
-
E dai, è solo che non ti abbiamo mai vista così
presa da un ragazzo che non
fosse uno di noi due o un membro della tua famiglia. –
-
C’è sempre una prima volta … e forse
è arrivata anche per me visto che gli ho
chiesto che programmi avesse per l’estate – ammise.
-
Aaaw, è una cosa maledettamente carina –,
sospirò Joaquin, - e sappi che non
vedo l’ora di vederlo alle prese con la tua famiglia. Se non
scappa dopo un’estate
passata a casa Powaqa allora è davvero quello giusto.
–
Jackson
prese un sorso di caffè e poi annuì.
-
Già, sai che adoro la tua famiglia e tutto il resto, ma
certe volte sono un po’
impegnativi da gestire. –
-
Ordinerò loro di trattare bene Caos e voi due mi darete una
mano, perché non
crederete mica che vi lascerò passare l’estate da
qualche altra parte, no? –
Joaquin
rivolse un’occhiata divertita a Jackson, che
ricambiò con un sospiro fintamente
melodrammatico.
-
E cosa abbiamo fatto di male per meritarci un’intera estate
incastrati con voi
due che fate i piccioncini? –
-
Siete i miei migliori amici. –
-
L’ho sempre saputo che prima o poi questa storia si sarebbe
ritorta contro di
noi. –
-
Chi ti scrive? –
Esme
alzò lo sguardo dalla lettera che le era appena stata
recapitata per voltarsi
verso Astrid con un’espressione corrucciata dipinta sul bel
viso.
-
Desmond. –
-
E perché hai quella faccia da funerale? Da dopo San
Valentino ti ha scritto
regolarmente tutti i giorni, ti ha persino invitata nella villa in
Toscana per
l’estate, quindi cosa può esserci che non va?
–
-
Nulla, almeno nulla che riguardi noi due, ma a quanto sembra ci sono un
po’ di
problemi nell’ambito della Confederazione. –
La
bionda le prese la lettera dalle mani e la scorse velocemente.
Desmond
le raccontava in modo breve e appena accennato dei problemi che
c’erano in quel
periodo tra lui, sua nipote e il fratello e del fatto che la tensione
che si
respirava ai piani alti era palpabile, ma non diceva quale fosse il
problema
forse perché temeva che in caso la lettera fosse stata
intercettata sarebbero
trapelate informazioni che avrebbero dovuto rimanere segrete.
-
Quanto credi che sia grave? –
-
Non ha fatto nemmeno un’allusione sessuale in questa lettera,
perciò deve
essere davvero molto preoccupato. –
Astrid
arricciò il naso. – Avrei preferito non essere a
conoscenza delle allusioni
sessuali in questione, non guarderò mai più la
tua posta con gli stessi occhi
da oggi in poi. –
-
Io ti
distruggo! –
-
Mamma? Mamma,
aiuto! –
Persephone
corse
lungo il corridoio e saltò i gradini della scala di due in
due, suo fratello
maggiore che le correva dietro con l’espressione di un
indemoniato.
-
La mamma è uscita,
piccola peste, non c’è nessuno a salvarti.
–
-
Ti ho già detto
che non l’ho fatto di proposito, è stato un
incidente, non volevo bruciare il
tuo tema di Storia della magia. –
Si
nascose dietro
la poltrona, facendo capolino da un lato con le mani in alto come in
segno di
resa.
-
E io ti ho già
detto che non me ne importa nulla. Ci ho messo una vita a scrivere quel
maledetto tema, l’unica cosa che potrà ripagarmi
della perdita è la tua morte. –
Persephone
giunse
le mani in segno di preghiera e sbattè gli occhioni chiari
mettendo su la sua espressione
più dolce e pentita.
-
Fratellone
prometto che non metterò mai più piede nella tua
camera e mi dispiace se ho
distrutto il tema, puoi perdonarmi … per faaaaavooooreeee?
–
Era
una mossa
sleale, Loki non riusciva mai a rimanere arrabbiato con lei per troppo
tempo
quando sfoggiava quell’espressione.
-
Solo per questa
volta e solo perché sei la mia unica sorella. –
-
Centouno rose rosse, però … devo dire che Baron
Riot sa decisamente come
corteggiare una ragazza – asserì Isabelle mentre
annusava l’enorme mazzo di
rose che era stato recapitato a Diana in occasione del suo diciottesimo
compleanno.
-
Oppure, molto più semplicemente, si potrebbe dire che non ha
la minima idea di
come si accetti un rifiuto. –
Brook
e Anna ridacchiarono davanti allo sbuffo di Izzy.
-
Oh, andiamo Di, non puoi sul serio dirmi che non è un gesto
molto carino e
romantico. –
-
Lo sarebbe se non avessi già chiarito abbondantemente che
non voglio avere
nulla a che fare con lui. È insistente, talmente gonfio di
ego da meravigliarmi
di come riesca ancora a tenere i piedi ancorati al terreno, e ha la
fama dell’impenitente
dongiovanni e … –
-
Ed è tanto bello da sembrare quasi disumano –
concluse Izzy interrompendo lo
sproloquio dell’amica.
-
Precisamente e poi non … aspetta, cosa hai detto? –
Diana
s’interruppe arrossendo furiosamente mentre realizzava che
l’amica non aveva
elencato un difetto, ma una caratteristica fisica che lei
d’istinto aveva
prontamente confermato.
-
Ho detto che Baron ti piace, e non provare a negare che sia
così, ma sei una testona
e non vuoi ammetterlo. –
-
Se dovessi scegliere tra Baron e il suo dobermann …
sceglierei il cane senza
esitare. –
Tra
una risata e l’altra Izzy incrociò le braccia
sotto al seno e asserì risoluta:
- Ne riparleremo prima o poi. –
-
Chi è quel
tizio che non smette di parlare con Izzy nemmeno per un attimo?
–
-
Un vicino di
casa -, replicò Scott con fare distratto, - si chiama Blake.
–
-
Non mi piace,
ha una faccia a dir poco ambigua. –
Caos
ridacchiò e
Scott sbuffò di rimando.
-
Che strano,
sbaglio o è da un po’ di tempo a questa parte che
non ti piace assolutamente
nessun essere maschile che parli con mia cugina per più di
mezzo secondo? –
-
Solo perché la
conosco da sempre, è come se fossimo tutti legati, dobbiamo
proteggerci a vicenda.
–
-
Ceeeerto,
comunque Blake è moro perciò fossi in te starei
tranquillo. –
Rivolse
un’occhiata
perplessa al rosso.
-
E cosa c’entra?
–
-
Izzy ha un
debole per i biondi. –
*
Isabelle
Blackwood
-
Mammina?
Guarda. –
Isabelle
scese i
gradini a passo lento e strappò una risata a tutti i
presenti. Indossava una
maglietta della madre che le stava tanto lunga da farle da mini abito,
un paio
di scarpe decisamente troppo grandi per lei, e aveva indossato una
decina di
bracciali diversi adornando anche il collo e le dita con molti
più gioielli di
quanto non fosse strettamente necessario. A completare il tutto aveva
le labbra
impiastricciate di rossetto rosso e doveva aver usato anche del blush
perché le
guance erano di un rosa acceso.
-
Tesoro, hai
giocato di nuovo con le mie cose? –
-
Non ho giocato
-, protestò gonfiando le guanciotte, - sto facendo la
modella. –
-
E sei una
modella bellissima, ma le cose della mamma non si toccano -, la prese
per mano
e la condusse nuovamente al piano superiore ignorando il faccino
imbronciato, -
perciò adesso ci diamo una bella ripulita e poi ti aiuto a
fare la modella con
i tuoi vestiti, va bene? –
La
proposta
cancellò il broncio all’istante.
La
piccola battè
le mani deliziata.
-
Sì, va bene. –
Quella
mattina
suo padre si era preso una giornata libera dal consueto impegno come
allenatore
della nazionale americana e l’aveva accompagnata allo zoo.
Dopo aver visitato
ogni singola gabbia presente lei aveva chiesto un gelato nella sua
gelateria
preferita e come sempre suo padre non era stato in grado di negarle
nulla. Così
adesso stava seduta su una panchina del parco, mangiando il suo cono, e
ascoltava suo padre che rispondeva garbatamente alle insistenti domande
di una
signora che aveva smesso di fare jogging e si era fermata a cercare di
fare
conversazione.
-
Sei proprio una
bambina bellissima, scommetto che tuo padre te lo dice sempre.
–
Isabelle
la degnò
appena di un’occhiata.
-
Sì, dice che
sono bella proprio come la mia mamma. –
-
Sono certa che
anche il tuo papà abbia contribuito, è molto
bello anche lui non credi? –
Da
insofferente l’espressione
di Izzy si fece decisamente ostile.
-
Tu invece sei
decisamente brutta, sembri la befana. –
La
donna sgranò
gli occhi, incredula dopo la risposta ricevuta, e si
allontanò stizzita quando
vide che suo padre non apriva bocca e anzi era scoppiato a ridere di
cuore.
Rimasti
soli Ian
accarezzò il capo della figlia e le sorrise con affetto.
-
Quando torniamo
a casa lo raccontiamo alla mamma, sarà molto fiera di quello
che hai detto a
quella signora, è esattamente ciò che avrebbe
fatto lei al tuo posto. –
Reina
soffocò uno sbadiglio mentre insieme a Khendra, Marcus e
Liam uscivano dalla
sala mensa a passo di carica.
-
Siete proprio sicuri che nessuno dei vostri ragazzi si sia lasciato
sfuggire
qualcosa sulla prova che dovremmo affrontare? –
-
No, Edward è stato molto determinato nel non lasciarsi
sfuggire nemmeno una
parola. –
-
E Arthur mi ha distratto ogni volta che sollevavo l’argomento
– aggiunse Marcus,
per poi arrossire come un peperone non appena le amiche ammiccarono con
aria
eloquente.
-
Nemmeno Winona ha voluto parlarne con Caos -, intervenne Liam, - sembra
proprio
che non ci sia nulla che possa corromperli quando si tratta delle
questioni del
Club. –
-
Allora non ci resterà che affrontare la prova alla cieca
come sempre … anche se
confesso che l’idea che manchi ormai poco più di
un mese alla fine di quest’esperienza
mi suscita emozioni contrastanti. –
Marcus
annuì con un’espressione nostalgica: –
Già, Ilvermorny è diventata una seconda
casa al pari di Hogwarts. –
-
Se riusciamo a essere ammessi tutti quanti rimarremmo tutti legati
comunque -, intervenne
Khendra, - perciò mettiamoci sotto e conquistiamo un posto
nel Club. Non voglio
finire come quegli amici della scuola che promettono di sentirsi anche
dopo il
diploma, ma dopo qualche anno finiscono con l’essere
assorbiti ognuno dalla
propria vita e scompaiono nel nulla. –
Reina
l’abbracciò d’impulso, stringendola a
sé con un sorriso intenerito.
-
Non accadrà, rimarremmo amiche per sempre, anche
perché dovremmo essere le
damigelle d’onore quando Marcus e Arthur si sposeranno
… dopotutto siamo state
noi a rendere possibile il tutto, perciò quando
accadrà riscuoteremo il nostro
doveroso riconoscimento. –
Marcus
rivolse un’occhiata a Liam, che si teneva la pancia dalle
risate, - Sembrano
anche a te delle pazze invasate quando parlano di cose che potrebbero o
meno
avverarsi tra mezza dozzina d’anni? –
-
Certo che sì. –
-
Ho finito di sistemare tutto – asserì Edward
mentre si univa agli amici e
varcava l’ingresso della mensa con il fiato corto.
-
Appena in tempo, non manca molto all’inizio della prova.
–
-
Già, avrei fatto prima se qualcuno non si fosse messo a
sbaciucchiare il suo
ragazzo e avesse perso la cognizione del tempo arrivando in ritardo
all’appuntamento.
–
Arthur
fece spallucce.
-
Cose che capitano, l’importante è che sia tutto a
posto … dopotutto è l’ultima
prova a cui devono sottoporsi. –
-
Già e credo che … che diavolo ci fanno loro a
Ilvermorny? –
Astrid
accennò con il capo al drappello di Auror che erano entrati
nella scuola.
Indossavano la divisa del M.A.C.U.S.A. e procedevano spediti come se
stessero
cercando qualcuno con precisione.
Esme
rivolse un’occhiata eloquente alla bionda.
Aveva
un pessimo presentimento e non c’erano dubbi sul fatto che
Desmond ne sapesse a
riguardo molto più di loro.
-
Come è bello –,
sospirò osservando dalla tribuna su cui era seduta gli
allenamenti della
nazionale statunitense, - ha i capelli dello stesso colore
dell’oro e quegli
occhi sono così azzurri … sembrano dello stesso
colore del cielo. –
Anna
e Diana
seguirono il suo sguardo, che si era fermato su uno dei Cacciatori; era
il più
giovane della squadra, si era appena diplomato a Ilvermorny ed era
stato un
Tuonoalato, e Izzy che era prossima ad iniziare il suo terzo anno lo
aveva
intravisto più volte in Sala Comune e a mensa. Da
lì al prendersi una cotta
gigantesca il passo era stato breve, così aveva passato
tutta l’estate
assistendo agli allenamenti della squadra, rifornendo di bottigliette
d’acqua
il piccolo frigo portatile e assicurandosi che ci fossero sempre
asciugamani
puliti negli spogliatoi.
-
Hai passato qui
tutti i giovedì da quando è finita la scuola?
–
-
Sì, Di. –
-
E lui ti ha
almeno rivolto la parola ogni tanto? –
-
Certo, mi
ringrazia sempre. –
Diana
ridacchiò. –
Bene, se non altro sappiamo che è ben educato, ma da qui a
pensare a una storia
d’amore. –
-
I nostri figli
saranno bellissimi e biondissimi. –
-
Okay, come non
detto, è completamente andata. –
-
Non può
piacergli sul serio quella. –
Scott
seguì lo
sguardo della cugina, scoprendo che “quella” era
una ragazza dai lunghi capelli
castani che stava avvinghiata al braccio muscoloso di Loki come se
fosse una
sorta di piovra e che doveva essere prossima a sviluppare un tic
nervoso a
giudicare dalla velocità con cui sbatteva le ciglia e
ammiccava ogni volta che
Loki le rivolgeva la parola.
La
sentirono
scoppiare a ridere per l’ennesima volta in un modo stridulo
che ebbe il potere
di provar loro l’accenno di un mal di testa.
-
Vado a salvarlo
– sentenziò d’un tratto Izzy, marciando
risoluta verso i due sotto lo sguardo
divertito di Scott.
Prese
la mano di
Loki e al contempo lanciò un’occhiata gelida alla
ragazza dalla risata
micidiale, attirandolo a sé e decretando che aveva voglia di
ballare e che
quella era la sua canzone preferita perciò Loki non poteva
certo negarle un
ballo.
Con
un sorriso
sollevato il biondo la seguì sulla pista e le cinse i
fianchi, assecondando i
suoi movimenti a tempo di musica.
-
Grazie mille,
altri cinque minuti e sarei impazzito. –
-
Figurati, non
avevo dubbi che ti servisse il mio aiuto. –
-
Jackson e Anne Riot? Vi prego di seguirci. –
Il
comandante della delegazione Auror che aveva messo piede
all’interno della
scuola si fermò davanti ai due fratelli. Aveva
l’espressione seria e
determinata di chi avrebbe portato a termine il proprio compito a tutti
i
costi.
-
Il motivo, Capitano? –
-
Non credo sia saggio parlarne qui, ma riguarda vostro padre e vostra
sorella …
ne parleremo nello studio messo a disposizione dalla preside.
Seguitemi. –
Joaquin
gli si accostò, posandogli una mano sulla spalla con il
volto carico d’apprensione.
-
Jack … -
-
Va tutto bene, sono sicuro che non ci metteremo molto, fate come se
niente
fosse. –
Non
gli sfuggì il significato di quelle parole: continuate la
selezione come se non
fosse accaduto nulla, portatela a termine, non importa cosa abbiano da
dirci.
Eppure
gli sembrava tremendamente sbagliato fare una cosa simile senza di lui.
Scoccò
un’occhiata a Winona e vide che anche lei si mordeva il
labbro inferiore con
espressione corrucciata.
Sembrava
che quella fosse destinata a passare alla storia come la serata in cui
per la
prima volta avevano ignorato una delle richieste di Jackson.
Spazio
autrice:
Salve!
Essendo
ormai il
prossimo l’ultimo capitolo prima dell’epilogo va da
sé che avrà come
protagonisti i flashback di Anna, Liam e Marcus. Vi chiederei di votare
tra chi
volete che vinca la partita di Quidditch tra Tuonoalato e Serpeverde.
A
presto.
Stay
tuned.
XO
XO,
Mary
|
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Capitolo 18 *** Capitolo 16 ***
Capitolo
16
-
Possiamo vederlo? –
Aurore
camminava avanti e indietro lungo il corridoio dell’ospedale
e si bloccò non
appena vide comparire suo padre. In virtù del suo essere la
primogenita della
famiglia fu lei a esternare la richiesta che premeva terribilmente a
tutte le
ragazze. Quando avevano scoperto che avrebbero avuto un fratellino le
cinque
ragazze avevano tirato un sospiro di sollievo, perché
l’idea dell’ennesima
figlia femmina ad affollare casa le preoccupava non poco … e
soprattutto perché
sapevano fin troppo bene quanto i loro genitori avessero desiderato a
lungo un
maschio che portasse avanti il nome di famiglia.
-
Certo, potete entrare. –
In
religioso silenzio avanzarono una dopo l’altra, sistemandosi
attorno al letto
della camera privata del San Mungo in cui era stata sistemata la madre
e
osservarono quel fagottino dagli occhi sgranati e
l’espressione curiosa.
-
Come avete deciso di chiamarlo? – chiese Rose.
-
Marcus … Marcus Anthony Richard Greengrass. –
-
Marc? Marc vieni a giocare con me e Alyssa? –
La
voce di Rachel, di solo un anno più grande di lui, lo
distolse dalla
spiegazione dettagliata che Melissa gli stava fornendo. Con i suoi
dodici anni
e la sua indole da maschiaccio Melissa era diventata un po’
il punto di
riferimento delle sue sorelle più piccole e di suo fratello.
-
Meli mi sta raccontando della partita finale del campionato scolastico,
arrivo
tra poco. –
Rachel
sbuffò, roteando gli occhi al cielo.
-
Ma l’ha già raccontata tre volte da quando
è tornata a casa … abbiamo capito
che hai tirato un Bolide micidiale a quel tipo di Grifondoro e hai
permesso al
Cercatore di Serpeverde di conquistare il Boccino. Possibile che non vi
stanchiate mai di parlarne? –
Marcus
e Melissa si scambiarono un’occhiata complice prima di
ridacchiare e scuotere
il capo.
-
Non ci stancheremo mai, rassegnati Rach. –
L’uscita
di Jackson e Anne non era sfuggita a nessuno dei
presenti e da quel momento nella sala mensa di Ilvermorny era calata
una certa
tensione generale. C’era chi chiacchierava cercando di
smorzare l’attesa di
scoprire se i due ragazzi sarebbero tornati indietro o se avrebbero
lasciato il
castello, chi invece insinuava che si fossero cacciati in guai tanto
tremendi
da finire con l’essere arrestati, e chi aveva ipotizzato una
tragedia in
famiglia.
Diana
rifilò un’occhiataccia in direzione del gruppetto
di
ragazze Wampus del quarto anno che spettegolavano tirando una
supposizione
assurda dopo l’altra.
-
Qualcuno dovrebbe proprio imparare a chiudere il becco
quando non ha la minima idea di ciò di cui sta parlando.
–
-
Ma veramente … - fece per ribattere una, ma
l’amica le fece
cenno di tacere.
-
È l’inglese che era al villaggio con Baron Riot
… immagino
sia la sua ragazza, ne saprà sicuramente qualcosa.
–
Non
si diede nemmeno la pena di confutare quell’assurda
diceria, ma si rese suo malgrado conto che quelle parole non erano
sembrate
affatto strane a chi le aveva sentite.
Imprecò
silenziosamente.
Per
le mutande di Merlino, ci mancava solo che tutti
pensassero che lei e Baron se la intendevano.
E
proprio come se l’avesse evocato dal nulla l’alto,
biondissimo e terribilmente attraente Baron fece capolino in mensa al
fianco
dello zio Desmond.
Le
venne automatico raggiungerlo, incuriosita dalle
espressioni tetre che sfoggiavano, e notò che Esme aveva
compiuto il medesimo
gesto anche se lei era diretta verso il più grande dei due.
-
Cosa succede? –
-
E perché gli Auror hanno scortato in presidenza Jackson e
Anne? –
-
È una storia lunga e complicata … - fece per
cominciare
Baron, ma suo zio lo interruppe.
-
Esme, raduna il resto del Club e vediamoci nel parco tra
dieci minuti, vi spiegheremo tutto. –
Marcus
fece capolino nel corridoio che conduceva al salone, attirato dal
rumore di una
conversazione particolarmente vivace che stava avvenendo tra Alyssa e i
loro
genitori.
Rivolse
un’occhiata perplessa all’indirizzo di Rachel, che
si strinse nelle spalle.
-
Cosa succede? –
-
Alyssa ha annunciato che alla cena di questa sera porterà
una persona … e la
cosa ha suscitato un bel po’ di scalpore –
replicò Melissa.
-
Ci spingono spesso ad intrecciare legami durante le loro cene -,
osservò Marcus
corrucciato, - quindi se per una volta portiamo noi una persona cosa
c’è di
male? Ha risparmiato loro la fatica di trovarle un ragazzo, no?
–
Melissa
scosse il capo ridacchiando.
-
Il punto è questo, Marc … Alyssa
porterà una ragazza alla cena, per la
precisione la sua ragazza. –
Sapeva
della bisessualità di sua sorella, ma Alyssa aveva sempre
evitato di portare le
ragazze che frequentava a casa, limitandosi a far incontrare ai
genitori i suoi
ragazzi, perciò quell’inaspettata presa di
posizione lo spiazzò e insieme fece
nascere un sentimento di forte ammirazione e orgoglio nei confronti
della
sorella. Lei non si nascondeva, non si sforzava di farsi piacere a
tutti i
costi le persone che i suoi genitori le presentavano, non fuggiva da se
stessa
come invece faceva lui.
Per
un attimo si ritrovò a desiderare ardentemente di possedere
il suo medesimo
coraggio.
-
Mi raccomando Marcus, tienici costantemente informati durante il tuo
soggiorno
a Ilvermorny – disse sua madre prima di abbracciarlo e
lasciarlo libero di
salutare sia le sue sorelle che suo padre.
Il
che altro non significava che informarli nel caso avesse conosciuto una
bella e
rispettabile ragazza di origini Purosangue capace di conquistare il suo
cuore.
-
Certo, mamma. –
-
E ricordati del fascino di noi Greengrass, sono certo che saprai
distinguerti
lì – rincarò la dose suo padre.
Gli
rivolse un sorriso forzato nella speranza che sembrasse abbastanza
convincente.
Non riusciva proprio a capire di che razza di fascino stesse parlando
suo
padre, ma l’esperienza gli aveva insegnato che era sempre
saggio essere
accondiscendente con lui.
-
Forse sarà il caso di lasciarlo partire -, intervenne
sorridendo Rachel, - o
rischierà di restare qui in Inghilterra per tutto
l’anno. –
Finì
il giro d’abbracci e poi si ritrovò a sorridere
involontariamente quando Rachel
mentre lo stringeva gli mormorò all’orecchio: - Mi
raccomando, non stare a
sentirli, concentrati piuttosto nel trovare un gran bel ragazzo.
–
*
-
Liam? –
La
vocina di sua sorella gli annunciò che Emma era sgusciata
fuori dal suo letto e
si trovava sulla soglia della sua camera.
Aprì
un occhio dopo l’altro soffocando uno sbadiglio e sorrise
all’indirizzo della
bambina di cinque anni.
-
Cosa c’è, piccoletta? –
-
Ho fatto un brutto sogno e ho paura … posso dormire con te
solo per questa
volta? –
Annuì,
spostandosi di lato e tirando via le coperte. Battè sul
materasso con una mano,
invitandola ad arrampicarsi, - Coraggio, infilati sotto. –
Emma
si accoccolò con la testa contro il suo petto e
annunciò con voce triste.
-
Mi mancano tanto mamma e papà. –
-
Torneranno presto a casa, questo lavoro non può durare
ancora molto – la
rassicurò.
-
Perché non possono dire a nessuno dove sono? –
Le
accarezzò il capo con dolcezza.
-
Ne abbiamo già parlato, Emma, il loro è un lavoro
importante e della massima
segretezza. Non possono dire nemmeno a noi dove vengono mandati in
missione. –
-
E tu sei sicuro che torneranno presto? –
-
Certo, non stanno mai via troppo a lungo. –
Emma
si mordicchiò il labbro inferiore, incerta, prima di
decidersi ad annuire e
rilassarsi.
-
Va bene, ti credo. –
-
Ehy, mr fight club, sicuro che sia una buona idea attaccare rissa con
la
McGranitt in procinto di arrivare in aula? –
Liam
si voltò verso lo studente di Serpeverde dai mossi capelli
scuri che gli
sorrideva divertito dall’altro lato del corridoio. Non lo
conosceva
personalmente, ma sapeva che era un amico d’infanzia di
Henrik perciò non
doveva essere troppo male.
-
Com’è che mi hai chiamato? –
-
Fight club … è un film del 1999 diretto da David
Fincher. A quanto ne so sei un
picchiatore, perciò mi sembrava una citazione appropriata
… anche se ammetto di
essere stato indeciso anche tra Rambo e Rocky – concluse
pensieroso.
Accanto
a lui un ragazzo dal fisico piazzato e una zazzera di capelli biondi
alzò gli
occhi al cielo e sbuffò sonoramente.
-
Non un’altra volta con quell’ossessione cinefila.
–
Suo
malgrado Liam si ritrovò a sorridere di riflesso davanti a
quel buffo siparietto.
-
Voi siete amici di Henrik, giusto? –
Annuirono
all’unisono.
-
E anche tu per quanto ne sappiamo … Liam? –
-
Già. –
Gli
tesero la mano uno dopo l’altro.
-
Io sono Caos … e questo biondastro è Loki.
–
Caos
teneva un braccio attorno alle spalle di Winona mentre
stavano seduti sulle panchine nel parco e ascoltavano il minuzioso
racconto di
Desmond. Percepiva chiaramente la preoccupazione della ragazza e la
capiva, lui
stesso avrebbe reagito in quel modo se a essere coinvolti fossero stati
due dei
suoi più vecchi amici.
-
Quindi il padre e la sorella di Jackson sono stati arrestati
per intimidazione e corruzione di pubblico ufficiale e per
appropriazione
indebita ed evasione fiscale -, ricapitolò Arthur con voce
grave, - e questo
cosa significa per noi? –
-
Significa che almeno per il momento ogni attività del Club
dovrà cessare con effetto immediato. –
-
Ma … e la selezione? –
Baron
e Desmond si scambiarono un’occhiata eloquente.
-
Consideratela terminata … congratulazioni, aspiranti, siete
tutti membri a pieno titolo. –
-
Il che significa che se il Club va a fondo voi andate giù
con lui – concluse Desmond.
E
all’improvviso la strategia dell’uomo fu chiara a
tutti i
presenti.
Se
qualcuno avesse voluto provare a salvarsi dicendo di non
saperne nulla o peggio ancora denunciando l’esistenza del
Club questo si
sarebbe ripercosso anche su di lui in quanto membro.
Arthur
sorrise davanti all’astuzia dell’uomo.
Desmond
Riot sembrava essere pronto a tutto pur di difendere
quanti di loro erano ancora in grado di salvarsi.
Jackson
uscì dall’ufficio della preside emettendo un
sospiro
profondo. Quella conversazione era stata lunga e faticosa e doveva
ammettere
che le domande del drappello di Auror l’avevano provato
molto; era stato
complicato uscire da quella situazione senza nemmeno una macchia sulla
propria
reputazione, ma il fatto che suo padre lo avesse sempre tenuto
all’oscuro di
tutto l’aveva senz’altro aiutato.
Quando
rientrò nella sua sala comune trovò Joaquin
seduto sul
divano ad attenderlo.
-
Cosa ti hanno detto? –
Si
lasciò cadere accanto a lui e accettò il whiskey
che gli
porgeva. Ne prese un lungo sorso e si godette la sensazione del calore
bruciante dell’alcol lungo la gola.
-
Io e Annie siamo salvi così come Baron e Desmond. Mio zio ha
organizzato le cose in modo tale che nessuno possa mai avere un
ragionevole
motivo per continuare a indagare. Quanto a mio padre e Rose
… beh, loro non
sono stati altrettanto fortunati. Al momento sono latitanti,
probabilmente
nascosti in un qualche paradiso fiscale, ma sono sulle loro tracce e
non penso
ci metteranno molto a trascinarli davanti al M.A.C.U.S.A. –
-
E le proprietà di famiglia? –
-
Il mio fondo e quello di Anne sono vincolati perciò sono al
sicuro, quanto alla villa è stata requisita e con essa
l’elicottero privato e
lo yacht. Gli altri conti sono stati tutti congelati in attesa della
loro
cattura e del processo. –
-
Wow, è proprio un bel casino. –
-
Non dirlo a me, per fortuna Desmond è riuscito a contenere i
danni e non saremo investiti in pieno da questo sciame di merda che
hanno
sollevato quei due. –
La
mano di Joaquin si adagiò sulla sua spalla e gli rivolse un
sorriso sincero.
-
Lo sai che puoi sempre fare affidamento su di me, vero? –
Sorrise
di rimando.
-
Lo so. –
-
Si può sapere perché mi stai evitando? –
Emma
incrociò le braccia al petto e lo osservò dal
basso verso l’alto con
espressione decisa.
-
Non ti sto evitando. –
-
E invece sì, lo fai da quando è cominciato
l’anno; credevo che saresti stato
contento del mio arrivo a Hogwarts e invece non mi vieni mai a trovare.
–
Liam
sospirò e le tese una mano, invitandola a raggiungerlo sul
gradino dell’atrio.
-
Credo che tu abbia capito ormai che non ho esattamente una bella
reputazione
qui a scuola … -
-
Hai un carattere difficile, sei chiuso e spesso perdi la calma, questo
l’ho
sempre saputo. –
-
Bene, non voglio che ti associno solo ed esclusivamente a me e pensino
che anche
tu sia così. Sei dolce e affettuosa, Emma, non è
giusto che finiscano per
paragonarti a me o per etichettarti come la sorellina di quello che
attacca
sempre rissa. –
-
Stai dicendo un mucchio di idiozie –, replicò
duramente, - e a me non importa
nulla se qualche stupido si fa un’idea sbagliata. Io voglio
stare con te, Liam,
e non rinuncerò a passare del tempo in compagnia di mio
fratello solo perché la
gente parla male di lui. Non preoccuparti della mia reputazione.
–
-
Non è un discorso troppo serio fatto da
un’undicenne? – scherzò abbracciandola.
-
Forse, ma quest’undicenne sa essere testarda tanto quanto te
perciò mettiti
l’anima in pace e continua a comportarti come sempre
… anzi, magari cerca di
essere un pochino più gentile. –
-
Gentile? Ma sentila un po’ – rise, afferrandola e
solleticandole i fianchi.
Emma
emise un piccolo urlo sorpreso prima di dimenarsi tra le risate.
-
Perché hai quell’espressione da serial killer e
soprattutto con chi ce l’hai? –
Liam
accennò con il capo all’indirizzo di uno studente
del secondo anno che
chiacchierava allegramente con sua sorella.
-
Credo che dovrò far sparire il cadavere di un dodicenne se
non la pianta di
fare qualsiasi cosa stia facendo. –
Henrik
seguì lo sguardo dell’amico e aggrottò
la fronte perplesso.
-
Intendi rivolgerle la parola e farla ridere? Wow, questo sì
che è un crimine
imperdonabile. –
-
Non far finta di non capire. La conosco quella tecnica, l’ho
usata anche io e
probabilmente qualunque altro ragazzo del mondo. –
-
Credevo che Caos fosse sufficientemente geloso e protettivo nei
confronti delle
donne della sua famiglia, ma tu concorri tranquillamente per il titolo
di pazzo
fratello iperprotettivo. –
-
Emma ha solo undici anni. –
-
E lui ne ha dodici, non è che ci sia questo grande divario
anagrafico
insormontabile. –
-
Lo uccido comunque. –
-
Oppure potresti fare qualcosa di più adatto alla situazione
e morigerato. –
-
Già –, annuì con
un’espressione che Henrik non seppe se interpretare come
ironica o seria, - ucciderlo magari è troppo solo per una
chiacchierata, posso
limitarmi a spezzargli le mani così da essere sicuro che non
le usi in alcun
modo inappropriato nel prossimo futuro. –
-
E io continuo a chiedermi come mai siamo diventati amici, sappilo.
–
*
Anna
si avvicinò alla madre, intenta a preparare il pranzo
domenicale al quale si
sarebbero uniti i loro amici, sgranando gli occhioni e giungendo le
mani a mo’
di preghiera.
-
Mammina? –
-
Sì, tesoro? –
-
Posso chiederti una cosa? –
Improvvisamente
sospettosa, la donna smise di tagliare le verdure e dedicò
la propria totale
attenzione alla bambina di sei anni che la stava guardando. Se aveva
ereditato
qualcosa da Gabriel questo era di certo il suo saper giocare sul suo
aspetto
affettuoso e dolce per ottenere ciò che voleva.
-
Cosa vuoi chiedermi? –
-
Vorrei avere un animaletto. –
Sorrise
intenerita.
E
lei che aveva subito pensato a qualcosa d’assurdo.
-
Dobbiamo parlarne con papà, ma non penso ci sia nulla in
contrario … che
animaletto vorresti? –
-
Un cavallo. –
Ed
eccola lì la bomba appena sganciata.
-
Anna, viviamo in un appartamento, dove lo vorresti mettere questo
cavallo? –
-
In terrazza. –
Scoppiò
a ridere davanti al tono ovvio della figlia, poi le
accarezzò il capo.
-
Tesoro, un cavallo non può vivere in terrazza …
perché non pensi a un altro
animaletto? –
-
Un cagnolino? –
-
E cagnolino sia, questo pomeriggio andremo a prenderne uno. –
La
notizia dell’arresto di Riot senior e di sua figlia
sconquassò Ilvermorny per settimane, ma mano a mano che si
avvicinava il giorno
dell’attesa finale tra Serpeverde e Tuonoalato le chiacchiere
passarono oltre e
si dedicarono ai possibili pronostici.
E,
ora che la partita era terminata sancendo la vittoria dei
Tuonoalato e il termine ufficiale delle lezioni, tutti erano
semplicemente
troppo presi dai propri progetti estivi per pensare a quello scandalo
che
sembrava già essere lontano.
-
Riesci a credere che siano già passati nove mesi dal nostro
arrivo a Ilvermorny? –
Marcus
scosse il capo.
-
Domani si torna a Hogwarts e poi saremo nuovamente a casa
per le vacanze estive, credo che tutto questo mi mancherà
tremendamente. –
-
Ho sentito che Arthur ti ha invitato da lui per le vacanze
-, rivelò Reina con fare da cospiratrice, - e so che hai
accettato anche se ti
preoccupa come potranno prenderla i tuoi. –
-
Credo che sia arrivato il momento di smetterla di vivere
solo in funzione di ciò che i miei si aspettano da me. Devo
rincorrere la mia
felicità, non quella che loro immagino sia adatta a me.
–
-
Più che d’accordo -, convenne prendendolo a
braccetto, - e
adesso andiamo al party per festeggiare la vittoria del campionato dei
Tuonoalato.
–
-
E io che credevo non avresti mai digerito il fatto di aver
perso contro di loro. –
Reina
fece spallucce.
-
Dopotutto questa è la loro scuola, trovo sia giusto che sia
finita così … e noi abbiamo sempre
l’anno prossimo per vincere il campionato
no? –
Già,
un altro anno e poi sarebbe cominciata la loro vera vita
fuori dalle mura scolastiche. Una vita che al fianco di Arthur si
prospettava
tremendamente emozionante e che non vedeva l’ora di vivere.
-
Mi leggi una storia? –
Gabriel
sedette sul bordo del letto della figlia e le scompigliò i
capelli prima di
allungare una mano per accendere la piccola lampada da lettura
nell’angolo.
-
Certo, cosa vorresti sentire? –
-
Alice nel Paese delle Meraviglie. –
-
Ma l’hai già sentita almeno venti volte.
–
-
Ventidue veramente, ma mi piace moltissimo –
precisò Anna mentre sprofondava
sotto le coperte e posava la chioma bionda sul cuscino.
-
Non c’è nulla che possa dire che ti faccia
cambiare idea, vero? –
-
Nulla. –
Con
un sospiro rassegnato afferrò il libro e lo aprì
cominciando a leggere.
-
Alice cominciava a essere stufa di starsene seduta vicino a sua sorella
sulla
riva del fiume … -
Diana
osservò di sottecchi l’amica mentre studiava al
tavolo della biblioteca che
stavano condividendo.
Notando
che continuava a guardarla come se fosse in procinto di assistere a un
qualche
spettacolo, Anna alzò lo sguardo e le rivolse
un’occhiata interrogativa.
-
Mi dici cosa ti aspetti di vedere? –
-
Nulla, volevo solo capire quanto ci avresti messo a dire a me e a Brook
che hai
ricevuto un invito per il ballo di Halloween. –
Arrossì
come un peperone e giocherellò con una ciocca di capelli.
-
Va bene, Cormac Johnson mi ha invitata, ma non so ancora se
accetterò o meno. –
-
Perché non dovresti accettare? –
domandò Brooklyn perplessa.
Cormac
era uno studente brillante, dal carattere amabile, e un ottimo
conversatore.
Inoltre era di bell’aspetto la qual cosa di certo non
guastava.
-
Speravo che m’invitasse un’altra persona
– ammise.
Le
due amiche esclamarono all’unisono: - E chi?! –
-
Non ha importanza, tanto non credo che mi inviterà.
–
-
Pensi che quest’anno ti deciderai a dirglielo? –
Anna
si voltò verso la madre, che le sorrideva con
l’aria di chi la sapeva lunga.
-
Cosa dovrei dire di preciso … e soprattutto a chi?
–
-
Non credere che non abbia capito che hai una cotta per Henrik. Lo
guardi nello
stesso modo in cui io guardavo tuo padre ai tempi della scuola.
–
Consapevole
che il rossore sul suo volto equivaleva a una confessione,
chinò il capo e
prese tempo imburrando lentamente la sua fetta di pane tostato.
-
Forse ho una piccola cotta per lui, ma non credo che mi ricambi.
–
-
Questo non puoi saperlo se prima non glielo dici. Inoltre io ho la
netta
sensazione che questa esperienza a Ilvermorny vi riserverà
delle belle novità. –
-
Tu credi? –
-
Ne sono certa, tesoro, e il mio famoso intuito di mamma non sbaglia
mai. –
Spazio
autrice:
Salve!
Eccoci
finalmente con il penultimo capitolo di questa storia. Conto di
pubblicare l’epilogo
e anche la prima OS della raccolta nel corso della prossima settimana.
Fino a
quel momento vi auguro un buon weekend e ci sentiamo presto.
Stay
tuned.
XO
XO,
Mary
|
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Capitolo 19 *** Epilogo ***
Epilogo
Esme
volse lo sguardo verso Astrid, scostando appena gli
occhiali da sole mentre camminavano lungo quello stesso viale che
avevano
percorso innumerevoli volte durante le ultime sette estati.
-
Riesci a credere che non torneremo a Ilvermorny quest’anno?
È così strano pensarci. –
-
Già, tu sarai impegnata a girare per il mondo con Desmond e
io … -
-
Tu sarai chiusa in un’officina a riempirti di sporco e
grasso con indosso terribili vestiti da uomo – concluse per
lei l’amica,
sorridendo a metà tra il divertito e l’incredulo.
Non
riusciva proprio a capire come Astrid potesse desiderare
di passare un anno intero immersa in un’officina puzzolente e
circondata da
omoni che l’avrebbero guardata dall’alto in basso.
-
Lo sai che ho sempre amato i motori. –
-
Altra cosa assolutamente inspiegabile, ma ormai ho
rinunciato a cambiarti e mi faccio andare bene così come sei
– asserì,
prendendola a braccetto e dirottandola verso una di quelle vetrine
estremamente
costose a cui in condizioni normali Astrid non si sarebbe mai fermata
nemmeno
per sbaglio.
Eppure,
proprio come aveva detto Esme, entrambe avevano ormai
imparato a rassegnarsi e adattarsi alle rispettive
personalità agli antipodi.
Caos
esitò un attimo prima di scendere dall’auto che li
aveva
condotti ai margini della proprietà di casa Powaqa e il
gesto non sfuggì a
Jackson, che gli battè una mano sulla spalla e gli sorrise
incoraggiante.
-
Tranquillo, se non ti lasci spaventare dal numero e dalla
confusione sei già a buon punto. –
-
Non è quello che mi spaventa, ma a quanto ho capito quella
che porta i pantaloni in famiglia è nonna Powaqa
…. E se non dovessi piacerle?
–
-
Winnie il tuo ragazzo se la sta facendo sotto -, intervenne
Joaquin sghignazzando, - ti consiglio di tenergli la mano mentre
entrate in
casa. –
La
ragazza si voltò verso il terzetto, le mani sui fianchi e
un’espressione risoluta, - Cosa gli avete detto per
spaventarlo? –
Sorrisero
con fare angelico.
-
Assolutamente nulla. –
-
Certo -, Winona sbuffò roteando gli occhi, - come se le
vostre
facce angeliche potessero mai fregarmi. Coraggio, Caos, ti assicuro che
la
nonna non ha mai mangiato nessuno. –
Jackson
si sporse verso Joaquin, mormorando: - Finora. –
Arthur
strinse a sé Marcus, chinandosi a baciarlo
un’ultima
volta prima di lasciarlo libero di afferrare la sua valigia.
-
Spero davvero che quest’anno finisca il prima possibile,
l’estate è volata ed è così
ingiusto che tu debba tornare in Gran Bretagna per
altri nove mesi. –
-
O forse solo tre – replicò Marcus mordicchiandosi
il labbro
inferiore.
-
Tre? –
-
Se tornassi per le vacanze di Natale sarebbero solo tre
mesi. –
Arthur
si aprì in un sorriso smagliante prima di stringerlo e
baciarlo nuovamente con passione.
-
Sembra proprio che abbiamo un piano, pulcino. –
-
Non smetterai mai di chiamarmi in quel modo? –
-
Assolutamente no, non ti resta che rassegnarti all’idea.
–
*
Diana
sgranò gli occhi davanti alla sagoma alta e affascinante
di Baron, che si stagliava sull’ingresso di casa sua.
Non
era possibile, l’aveva persino seguita lì a Londra.
-
Sei ufficialmente uno stalker, spero che tu lo sappia. –
-
Mi hanno detto di peggio -, replicò scrollando le spalle, -
ma io preferisco definirmi come molto motivato ad ottenere quello che
voglio. –
-
E sarebbe? Portarmi sull’orlo di una crisi di nervi?
–
Le
sorrise sghembo.
-
Non era esattamente dove avrei voluto portarti, ma potrei
anche accontentarmi per il momento. –
-
Se era un’allusione sconcia giuro che … -
Baron
alzò le mani in segno di resa.
-
Frena, frena, tigre. Non stavo insinuando nulla di osceno,
intendevo solo dire che sono qui per portarti a quel famoso colloquio
per lo
stage che ti avevo promesso a San Valentino. –
Diana
lo osservò con fare dubbioso.
-
Va bene, ma ho bisogno di prepararmi come si deve … vuoi
entrare? –
-
Cominciavo a perdere la speranza che me l’avresti mai
chiesto. –
Khendra
emise un trillo deliziato che attirò all’istante
l’attenzione di Edward.
Il
ragazzo si sporse dalla cucina per osservare la sua
fidanzata e si arrischiò a domandare: - Cosa è
successo? –
-
Reina e Liam andranno a vivere insieme non appena termina
l’anno, lui glielo ha appena chiesto. –
-
E tu hai pensato bene che ciò meritasse un urlo da spaccarmi
i timpani? –
-
No, volevo solo distrarti dalla cucina in realtà, sei
pessimo ai fornelli e io vorrei mangiare qualcosa di commestibile come
ultima
cena prima del mio rientro a scuola. –
L’afferrò
per i fianchi, tirandola verso di lui e
solleticandola senza pietà.
-
Sei tremenda. –
Scott
rimase in silenzio davanti alle occhiate inquisitorie
dei fratelli di Brooklyn. Sapeva che non c’era nulla di
peggiore che l’esame
dei membri maschi della famiglia e da quello che Diana le aveva
raccontato quei
due non erano affatto dei tipi quieti e pacati.
-
Allora la smettete di fissarlo e vi decidete a dire cosa ne
pensate? – sbottò d’un tratto Brook, che
sembrava conoscerli abbastanza bene da
aver capito già cosa stessero pensando.
-
Diciamo che ci fidiamo e ce lo facciamo andare bene –
iniziò
uno dei gemelli.
-
Ma se sgari scappare dal paese e cambiare identità non
sarà
sufficiente a salvarti la vita – concluse l’altro.
Bene,
minacce di morte … quei due dovevano aver studiato la
parte del fratello maggiore iper protettivo nello stesso posto in cui
era
andato Caos.
-
A ogni modo … benvenuto in famiglia, Scott –
conclusero
all’unisono, abbracciandolo uno dopo l’altro e
lasciandolo poi libero di
affrontare la matrona di casa.
Quando
Loki entrò in casa e vide sua madre e quella di Izzy
confabulare sedute sul divano, chinandosi di tanto in tanto a osservare
ritagli
di giornale, seppe già che c’era qualcosa che non
andava.
Così
quando salì al piano superiore ed entrò nella
stanza
della sua ragazza diede voce alle sue perplessità.
-
Cosa stanno combinando quelle due? –
-
Sono su di giri da quando hanno scoperto che stiamo insieme,
si vedono già consuocere pronte ad accudire una vagonata di
nipotini. –
-
Ma se ci siamo appena diplomati. –
-
Vallo a dire a loro, continuano a dire quanto sia bello
essere dei genitori giovani ed energici. –
Loki
si lasciò ricadere sul letto accanto a lei e le cinse i
fianchi attirandola a sé per poi baciarla.
-
Sai -, sorrise malizioso, - per sfornare nipotini è sempre
meglio allenarsi con largo anticipo. –
Spazio
autrice:
Salve!
Siamo
giunti anche al termine di questa storia e come sempre io sono ancora
tremendamente legata a ogni singolo personaggio e mi rincuoro pensando
che ho
ancora modo di scrivere di loro tramite la raccolta di OS (che per la
cronaca
uscirà qualche minuto dopo questo capitolo). Ovviamente
tutto questo non
sarebbe stato possibile se non fosse stato per voi, che avete creato i
vari OC,
perciò un sentito grazie a tutti i partecipanti ma anche a
chi ha letto,
recensito, inserito nelle preferite, nelle ricordate o nelle seguite.
Ci
sentiamo
prestissimo con la prima OS della raccolta e tra un paio di settimane
con il
sequel.
Buon
weekend.
XO
XO,
Mary
|
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