The Riot Club

di Ms Mary Santiago
(/viewuser.php?uid=976451)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Prologo 2.0 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 1 & Selezione OC ***
Capitolo 4: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 19: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

 

 

 

 

 

 

 

Hogwarts

 

 

 

 

 

- Anna … Qualcuno di voi sa dove si è cacciata Anna? –

Gli studenti del terzo anno sgranarono gli occhi quando Diana si precipitò all’interno della biblioteca a rotta di collo guardandosi attorno alla ricerca dell’amica che sembrava essere scomparsa dalla faccia della terra.

- Ehm, veramente -, fece per esordire una ragazzina dalle lunghe trecce bionde, - mi sembra di averla vista un paio di reparti più in là. –

- Fantastico, ragazzina di cui non conosco il nome, grazie mille – la liquidò, oltrepassando gli studenti perplessi e raggiungendo il reparto indicato.

E in effetti Anna era proprio lì, il capo chino su un libro il cui titolo non riusciva a leggere da dove si trovava, ma non aveva alcun dubbio su quale fosse l’argomento dello scritto.

- Ancora persa nel tuo mondo fantastico alla ricerca del tuo Cappellaio Matto? –

Anna alzò lo sguardo sorridendo sghemba.

- Spiritosa, non è mica colpa mia se questo libro causa dipendenza. –

- Già, quante volte l’hai letto ormai? –

- Venti … no, ventuno con questa. –

Diana rise, togliendole il tomo di mano e riponendolo al suo posto.

- Bene, mia cara aspirante Alice, ma adesso dobbiamo proprio andare altrimenti la delegazione per Ilvermorny ci lascerà qui. –

- I ragazzi sono già lì? –

Le rivolse uno sguardo divertito. – Conoscendo Loki e Caos saranno ancora nel mondo dei sogni, mi domando se Henrik non stia cominciando a rimpiangere la decisione di diventare il loro migliore amico. –

Anna arrotolò una ciocca bionda attorno al dito, giocherellandoci pensierosa, - Non credi che dovremmo andare a vedere a che punto sono? –

- Naaah -, replicò la Grifondoro, - vedere la McGranitt che sbraita contro di loro è uno spettacolo troppo divertente per perderselo. –

 

 

 

 

 

Henrik rinunciò all’idea di svegliarli con scossoni e grida, perché per tutta risposta quei due avevano affondato il capo sotto coperte e cuscini e si erano girati dall’altra parte ignorandolo bellamente. Così mise mano alla bacchetta e, puntandola a turno contro uno e contro l’altro, declamò: - Levicorpus! –

I corpi assonnati di Caos e Loki levitarono a mezz’aria, causando una serie d’imprecazioni da parte di entrambi i Serpeverde che avrebbero fatto arrossire persino l’anziano Aberforth.

Caos lo osservò a testa in giù, incredulo.

- Henrik, sei completamente impazzito? –

- Sì, sono pazzo e armato di bacchetta, perciò vedi di darti una mossa e non farci arrivare in ritardo come al solito. –

- Se mi metti giù giuro che mi sbrigo – asserì Loki.

Henrik ruppe l’incantesimo e fece ricadere i due sul materasso dei rispettivi letti a baldacchino.

- Ecco fatto, adesso preparatevi, abbiamo dieci minuti per farci trovare in Sala Grande. –

Dopodichè sedette sulla sedia nell’angolo e incrociò le braccia, osservandoli mentre avanzavano come zombie in giro per la stanza e radunavano le loro cose per il viaggio.

- Una mano sarebbe gradita – asserì Caos, mentre cercava di afferrare una quantità incredibile di abiti e riporli tutti insieme nel baule.

- Molto gradita – convenne Loki, che sbuffava contro lo specchio e i suoi capelli biondi che avevano assunto la piega del cuscino e non volevano saperne di starsene giù.

Henrik rivolse loro un sorriso furbo.

- Potrei aiutarvi, ma vedervi scapicollarvi è molto più divertente. –

 

 

 

 

 

Ilvermorny

 

 

 

 

 

- Scott si può sapere dove hai nascosto la mia mazza da Battitrice? –

Il cugino alzò appena lo sguardo dal tema di Storia della magia Americana che stava ricopiando da una sua compagna di Casa e sgranò gli occhioni azzurri fingendo di non avere la minima idea di cosa stesse parlando.

- Perché lo chiedi a me, Izzy? –

La mora mise le mani sui fianchi e gli rivolse un’occhiata assassina.

- Perché quando sparisce qualcosa inevitabilmente ci sei di mezzo tu. Non fraintendermi, sono una fan dei tuoi scherzi ma non quando si ripercuotono su di me. –

- Ragion per cui non te ne farei mai uno, lo sai che ti voglio troppo bene no cuginetta? –

Isabelle lo osservò dubbiosa e poco convinta ancora per qualche secondo, quasi volesse spingerlo a confessare con la sola forza del pensiero, ma alla fine rinunciò.

- Spero che la mazza ricompaia prima del mio allenamento delle cinque oppure potrei accidentalmente rompere qualcosa in testa a qualcuno – concluse, girando sui tacchi e uscendo dalla Sala Comune dei Wampus.

Rimasti soli uno dei suoi compagni di Casa emise un debole fischio.

- Amico, credo proprio che ti convenga restituirgliela, non puoi permetterti una commozione cerebrale alla vigilia dell’inizio del campionato. –

 

 

 

 

 

Jackson osservò la lista degli studenti che avrebbero trascorso i mesi seguenti tra le mura di Ilvermorny. Era la prima volta che al Riot Club veniva affidato un compito importante come quello di selezionare maghi e streghe all’altezza di entrare a far parte della Confederazione Internazionale dei Maghi una volta terminati gli studi. E come se la pressione non fosse abbastanza si aggiungeva anche quel manipolo di inglesi del tutto sconosciuti da dover esaminare con la dovuta cura.

Sospirò recuperando un pezzo di pergamena pulito e appuntando distrattamente alcune annotazioni.

La riunione di quella sera si prospettava decisamente lunga, sperava solo che i membri del Club si decidessero a presentarsi tutti puntualmente o avrebbero rischiato di fare le ore piccole anche quella volta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Salve!

Come saprà chi ha partecipato o ha seguito “Il gioco degli invisibili” questa long sarà un sequel della scorsa interattiva, ma ovviamente chi non ha letto la storia e volesse comunque provare a partecipare è il benvenuto poiché non è necessario essere a conoscenza dei fatti antecedenti per seguirla. Un piccolo chiarimento: nessuno degli OC sa che lo scambio culturale è una “copertura” alla selezione per il C.I.M (che no, non è il centro d’igiene mentale ma la Confederazione Internazionale dei Maghi xD) tranne i membri già effettivi del Riot Club (che devono appartenere al VII anno).

Veniamo quindi alle regole per partecipare:

- potete scegliere se proporre due “cavallette” o due membri del Riot che cureranno le prove, oppure una “cavalletta” e un membro. Le uniche limitazioni sono che le “cavallette” devono essere del VI o del VII anno e possono appartenere a Hogwarts o Ilvermorny, mentre i membri effettivi devono essere obbligatoriamente del VII anno e appartenere ad Ilvermorny.

- accetterò personaggi provenienti da Hogwarts e Ilvermorny che appartengano al VI o al VII anno (i membri effettivi del Riot devono essere obbligatoriamente del VII anno);

- potete partecipare con al massimo 2 OC a testa purchè appartengano a scuole diverse (per cui uno a Hogwarts e uno a Ilvermorny);

- ovviamente chi ha partecipato alla scorsa interattiva e ha già un “nipote” può comunque proporre 2 OC;

- in linea temporale ci troviamo nel 2028 e la storia si svolgerà a Ilvermorny;

- non accetterò prestavolto comparsi nella scorsa interattiva (per cui magari fate un salto a dare un’occhiata a che faccia avevano) né attori comparsi nei film della saga di HP o in quella di Animali Fantastici, inoltre non accetterò Mary Sue e Gary Stu, Ibridi, Licantropi, Animagus, Metamorphomagus, etc;

- sarà operata una selezione e il termine ultimo per l’invio delle schede è il 31 ottobre. Le schede andranno inviate solo ed esclusivamente tramite messaggio privato.

 

Scheda Cavallette

 

Nome e Cognome:

Scuola di provenienza (Ilvermorny o Hogwarts):

Anno e Casa:

Età e data di nascita:

Orientamento sessuale:

Stato di sangue:

Aspetto fisico:

Prestavolto (obbligatorio e che sia una persona reale):

Carattere:

Famiglia e rapporto con essa:

Materie preferite/odiate:

Materie scelte (tra quelle facoltative di Ilvermorny):

Hobby/Passioni/Cosa ama e cosa odia:

Patronus:

Nahual:

Molliccio:

Paure/Fobie:

Ruolo (Prefetto, Caposcuola, Quidditch, etc):

Amortentia:

Perché dovrebbe essere ammesso nel Riot (i membri del Riot rientrano solitamente tra le seguenti categorie: studenti eccezionali, capi carismatici, ottimi manipolatori, viziosi, ricchi da far schifo, incredibilmente belli, popolari, ottimi sportivi, ben inseriti nell’alta società, vantano origini nobiliari, etc.)?

Nome in Codice (con cui verrà chiamato nel corso della selezione del Riot):

Animale domestico (a Ilvermorny sono ammessi anche i cani mentre a Castelobruxo sono ammessi anche i rettili):

Bacchetta:

Aspirazioni dopo il diploma:

Amicizie (indicare il tipo di persona):

Inimicizie (indicare il tipo di persona):

Amore (indicare il tipo di persona):

Altro:

 

 

Scheda membri Riot Club

 

Nome e Cognome:

Anno e Casa (vi ricordo che si tratta obbligatoriamente di Ilvermorny perciò saranno al VII anno):

Età e data di nascita:

Orientamento sessuale:

Stato di sangue:

Aspetto fisico:

Prestavolto (obbligatorio e che sia una persona reale):

Carattere:

Famiglia e rapporto con essa:

Materie preferite/odiate:

Materie scelte (tra quelle facoltative di Ilvermorny):

Hobby/Passioni/Cosa ama e cosa odia:

Patronus:

Nahual:

Molliccio:

Paure/Fobie:

Ruolo (Prefetto, Caposcuola, Quidditch, etc):

Amortentia:

Come è entrato nel Riot Club?

Nome in Codice all’interno del Riot?

Che tipo di persona proporrebbe come “cavalletta” per l’ingresso nel Riot?

Animale domestico (a Ilvermorny sono ammessi anche i cani e i rettili):

Bacchetta:

Aspirazioni dopo il diploma:

Amicizie (indicare il tipo di persona):

Inimicizie (indicare il tipo di persona):

Amore (indicare il tipo di persona):

Altro:

 

 

Materie studiate a Ilvermorny:

Astronomia;

Controllo dei Nahual*;

Difesa contro le Arti Oscure;

Tinture & Misture;

Incantesimi;

Talismani;

Storia della Magia Americana;

Trasfigurazione;

Aritmanzia (a scelta a partire dal terzo anno);

Magia elementale (a scelta a partire dal terzo anno);

Salvaguardia delle Creature Magiche (a scelta a partire dal terzo anno);

Sciamanismo (a scelta a partire dal terzo anno).

 

 

*Il Nahual è considerato uno spirito guardiano che si manifesta sotto la forma di un animale. Ogni mago ha un diverso Nahual a seconda del suo giorno di nascita. Per far materializzare un Nahual, all'epoca, venivano utilizzati rituali nella lingua dei nativi americani, mentre lo sviluppo delle arti sciamaniche delle tribù magiche nord-americane ha permesso di poterlo evocare a seguito di una preghiera. L'aspetto del Nahual è molto simile ad un Patronus, anche se esso non è soggetto a cambiamento come quest'ultimo e non è un semplice spirito positivo che non può recare danni. Durante lo studio ad Ilvermorny, gli studenti imparano ad interagire con i propri Nahual per aumentare le doti di padronanza degli Spiriti. Essi possono essere utilizzati anche in combattimento come pratica offensiva o difensiva, anche se il loro uso è particolarmente dispendioso in termini di energie magiche. Qui trovate l’animale di riferimento a seconda del giorno del mese in cui è nato il vostro OC: http://mhwiki.altervista.org/php5/index.php?title=Nahual

 

 

OC provenienti da Hogwarts

 

Diana “Storm” Price (figlia di Elizabeth Nott e Damon Price) – VII anno, Grifondoro. Capitano e Cacciatrice.

 

Caos “Scar” Nott (figlio di Nova e Killian Nott) – VII anno, Serpeverde. Capitano e Battitore.


 

Anna Victoria “Cloud” Morgan (figlia di India e Gabriel Morgan) – VII anno, Corvonero.

 

Loki “Sly” Burke (figlio di Freya McDermott e Hades Burke) – VII anno, Serpeverde. Caposcuola e Cacciatore.

 

Henrik “Sherlock” Crouch (figlio di Amaranthe Lundstrom e Lucas Crouch) – VII anno, Corvonero.


 

 

OC provenienti da Ilvermorny

 

Isabelle “Fire” Blackwood (figlia di Kate Rosier e Ian Blackwood) – VII anno, Tuonoalato. Battitrice.


 

Scott “Iron” Blackwood (figlio di Scarlett Rosier e Gavin Blackwood) – VII anno, Wampus. Battitore.


 

Lord Jackson Eldridge “Majestic” Riot – VII anno, Tuonoalato. Capitano, Cacciatore e Caposcuola. Presidente del Riot Club.


 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Prologo 2.0 ***


Prologo 2.0

 

 

 

 

 

Salve!

Ovviamente non si tratta della selezione, ma ho pensato che fosse carino darvi qualche informazione in più su Jackson e sulla sua famiglia visto che la famiglia degli altri OC è già familiare a quanti hanno letto “Il gioco degli invisibili” o la raccolta di OS “The Club”. Sarà pertanto una sorta di prologo 2.0 come dice il titolo e al contempo un modo per invitare coloro che desiderano provare a partecipare a farsi avanti (trovate tutte le info nel prologo) … come to the Riot side, we have cookies and hot bad men xD

 

 

 

 

 

Desmond percorse a passi decisi il lungo corridoio dell’abitazione nel cuore di New York, osservando con fare distratto la moltitudine di volti di Riot appartenenti a questa o quella generazione che seguivano il suo incedere. Gli stessi tratti cesellati e decisi, gli zigomi alti e le iridi chiare, quel vago sorriso indolente e la consapevolezza di chi aveva tutto il mondo ai propri piedi. Sembrava quasi che quel particolare atteggiamento fosse un marchio di famiglia, qualcosa che avrebbe permesso loro di essere ben riconoscibili anche nel bel mezzo di una nutrita folla. Del resto quando si poteva allungare una mano e afferrare tutto ciò che si voleva si veniva inebriati da quel senso d’onnipotenza … era una bella sensazione. Bussò appena contro la porta in mogano dello studio di suo fratello, annunciando la sua presenza ma entrando senza aspettare che fosse invitato a farlo. Bartholomew lo rimprovera sempre per quella sua abitudine, ma in quel particolare momento il suo fratellone era troppo preso dalla conversazione che stava avendo con la maggiore dei suoi figli.

Rose sedeva dritta contro il rigido e alto schienale della poltrona in pelle di drago, le braccia incrociate sotto al seno e le gambe accavallate, un piede che si dondolava ritmicamente avanti e indietro a tradire il fatto che la conversazione non stava prendendo una piega di suo gradimento.

Quando si voltò verso di lui atteggiò le labbra tornite colorate con un discreto color corallo in un sorriso tirato.

- Il mio adorato zio … tu sapevi qualcosa della decisione che ha preso mio padre? –

Fece il giro della sua poltrona, accomodandosi sul divano nell’angolo e allungando una mano ad afferrare una bottiglia di costosissimo scotch. Se ne versò una generosa dose in un calice di cristallo e lo fece ondeggiare inspirandone l’aroma. Dopodichè ne prese un sorso, assaporando la piacevole sensazione di calore lungo la gola mano a mano che il liquido vi scorreva attraverso, e annuì appena.

- Ne sono stato informato. –

Il cipiglio di Rose si fece più marcato mentre le sopracciglia s’inarcavano ad aggrottare la fronte.

- E non hai provato a farlo desistere da quello che si preannuncia un disastro assicurato? –

- Mia cara, quella brutta espressione corrucciata ti procurerà delle rughe premature se continui di questo passo -, la rimbrottò, - e su un faccino delizioso come il tuo sarebbe un vero peccato, non credi? –

- Non è burlandoti di me che impedirai a mio fratello e a quel gruppo d’idioti di combinare qualcosa d’irreparabile. –

Desmond sorrise beffardo al di sopra del bicchiere.

- Mi pare di rammentare che anche tu abbia fatto parte di una schiera d’idioti ai tempi della scuola o l’hai già dimenticato? –

Vide la nipote sgranare le iridi azzurre e fare per controbattere, ma non seppe mai quale replica avrebbe ricevuto perché Bartholomew intervenne, mettendo fine a quella breve schermaglia.

- Non desidero passare la mia serata osservando mio fratello e mia figlia che si beccano a vicenda perciò piantatela entrambi! –

- Ma … -

- Ho detto basta, Rose. –

La ragazza chinò il capo, accettando la momentanea resa, e riprese a dondolare incessantemente il piede ancora sollevato.

- Mi sei venuto a trovare per un motivo in particolare, Desmond? –

Annuì, allungandogli la busta contenente la missiva che gli era stata recapitata appena una manciata di minuti prima del suo ingresso in quello studio. Il suo strenuo tentativo di difesa di Jackson l’aveva quasi distratto dalla ragione originaria che l’aveva condotto lì.

Osservò Bartholomew srotolarla e leggerla, le iridi azzurre che si facevano più cupe di parola in parola.

Quando ebbe terminato la lettura passò la missiva a Rose.

- Questo potrebbe rappresentare un ostacolo agli interessi della Confederazione. Se questo Auror dovesse cominciare a fare troppe domande … - iniziò la ragazza.

- Troveremo il modo di metterlo a tacere, spetta solo a lui decidere in che modo –, concluse per lei Bartholomew, - ma fino a quel momento voglio che continuiate a comportarvi come se nulla fosse. Jackson non deve saperne nulla, lo distrarrebbe dai suoi compiti al Riot, e voglio che nessuno di voi due agisca senza avere prima ricevuto mie istruzioni in merito … ci siamo capiti? –

Non serviva essere un Legilimens per capire che il commento finale era rivolto in particolar modo a lui, perciò Desmond annuì con serietà.

- Sei stato cristallino. –

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

- Perché non posso? –

Anne arricciò le labbra in un broncio insoddisfatto e mise le mani sui fianchi, fissandolo con intensità come se pensasse che quell’atteggiamento potesse portarla da qualche parte con lui.

Era abituato alle occhiatacce e ai modi da despota di Rose e la più piccola delle sue sorelle non era neanche minimamente capace di eguagliare la primogenita dei Riot.

- Annie, per favore, non insistere e lasciami perdere o rischierò di fare tardi alla riunione. –

Quello sì che sarebbe stato buffo dal momento che lui per primo aveva dato il tormento ai suoi compagni per essere certo che fossero tutti puntuali.

- Dammi il permesso e ti lascerò andare – rilanciò, frapponendosi tra lui e l’uscita della biblioteca.

Jackson trattenne un sorriso divertito davanti a quella sfacciata determinazione, gli ricordava così tanto la madre. Ripensando alla donna, deceduta tredici anni prima, ebbe una fitta al cuore. Anne era quella che più di Rose e di lui aveva ripreso da Aurore: la vivace curiosità, l’amore per la cultura e lo studio, la sete d’avventura, il sorriso dolce … scosse il capo e tornò a concentrarsi sul presente. Non poteva permettersi distrazioni in quel momento.

- Esattamente come pensi d’impedirmelo se non acconsento? Sei venti centimetri più bassa di me e pesi trenta chili in meno, dubito che tu possa giocartela dal punto di vista fisico. –

- Forza di volontà –, asserì seria, - e un adorabile broncio … per faaaaavoooore, fratellone. –

La prese per i fianchi, sollevandola di peso e ignorando le sue proteste indignate, e la spostò di lato quanto bastava per permettergli di uscire da quel luogo.

- Magari tra un paio d’anni, ma sicuramente non oggi … anche se volessi, e non voglio, non hai l’età giusta per partecipare al Club. –

- Ma … -

La porta chiusa fu la replica alle rimostranze di Anne, che si ritrovò da sola ad alzare gli occhi al cielo sbuffando.

Ogni volta era sempre la stessa storia, detestava l’idea di essere la piccola di casa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lady Rose Whitney Riot – 21 anni, ex Tuonoalato. Curatrice delle relazioni internazionali del MACUSA.


 

Lady Anne Lucille Riot – IV anno, Serpecorno.


 

Lord Desmond Alcott Riot – 30 anni, ex Tuonoalato, Vice Primo Ministro del Ministero della Magia americano.


 

Lord Bartholomew Narcisse Riot – 42 anni, Gran Maestro della Confederazione internazionale dei maghi.


 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 1 & Selezione OC ***


Capitolo 1 & Selezione OC

 

 

 

 

 

Salve!

Eccoci qui con la selezione. Ho ricevuto molte schede, per cui non ho potuto accettare tutti gli OC proposti … come sempre chiedo a coloro che sono stati esclusi di non aversene a male e di non prenderla sul personale; se i vostri OC non sono stati scelti è solo perché avevo già molti candidati per il Riot (progettavo di prenderne 6 e alla fine ne ho preso uno in più proprio perché non sapevo rinunciare a uno dei selezionati) oppure perché erano fin troppo simili ad altri OC. Detto ciò ho preferito concentrarmi prima sugli yankee del Riot in modo tale da inquadrarli fin da subito, e dedicarmi alle Cavallette di entrambe le scuole nel prossimo capitolo (che comunque non tarderà ad arrivare). Perciò qui sotto troverete i selezionati che compariranno nel prossimo capitolo e poi a seguire, all’inizio di ogni paragrafo, gli OC selezionati come membri del Riot.

 

 

 

 

 

Cavallette

 

Khendra “Sword” LancasterVI anno, Serpecorno. Eterosessuale.


 

Reina Valencia “Vixen” SolaresVI anno, Serpeverde. Cercatrice. Eterosessuale.


 

Liam “Devil” WalkerVII anno, Corvonero. Portiere. Eterosessuale.


 

Marcus Anthony Richard “Skean” GreengrassVI anno, Serpeverde. Prefetto, Portiere e membro del Club dei Duellanti. Omosessuale.


 

Brooklyn Candice “Pixie” MacmillanVII anno, Tassorosso. Prefetto e membro del Lumaclub. Bisessuale.


 

 

 

 

 

Membri Riot

 

 

 

 

 

Esme “Venus” CavendishVII anno, Serpecorno. Direttrice del Giornalino scolastico e Curatrice della rubrica di gossip. Bisessuale.


 

Joaquin “Viper” LockwoodVII anno, Tuonoalato. Battitore. Bisessuale.


 

 

 

 

 

- Comincio ad annoiarmi – annunciò Esme, giocherellando distrattamente con il filo di perle che portava al collo.

Joaquin alzò appena lo sguardo dal blocco sul quale stava disegnando per ingannare il tempo, tenendo sospeso tra indice e medio un carboncino e facendolo ondeggiare da un lato e dall’altro.

- Jackson ha detto di essere puntuali, non ci metterà molto ad arrivare. –

La mora arricciò le labbra carnose con disappunto, ripescando da una delle tasche della divisa un rossetto di un bel rosso vibrante e uno specchietto. Lo sistemò con cura, facendo schioccare le labbra con approvazione mentre il riflesso che le veniva restituito rivelava uno dei volti più belli che fossero mai passati per i corridoi di Ilvermorny.

- È strano che sia proprio lui a essere in ritardo. Insomma il fatto che lo siano Anthony ed Edward non mi sorprende, ma il Presidente è sempre il primo ad arrivare e l’ultimo ad andarsene. –

Aveva ragione, considerò Joaquin, anche perché quel giorno avevano avuto una mattinata tutto sommato piuttosto tranquilla e non riusciva proprio a immaginare cosa avesse potuto trattenere l’amico.

- Ti sei fatta un’idea delle candidature di quest’anno? –

Scrollò le spalle, tornando a giocherellare con la collana. Quando Esme era annoiata qualsiasi oggetto poteva diventare fonte di distrazione per lei purchè fosse un movimento ripetuto e poco impegnativo, capace di farla rilassare e permetterle di riposare la mente. E se era vero il detto che “non c’era riposo per i malvagi” allora probabilmente ciò doveva essere esteso anche ai redattori dei giornali scolastici perché quei primi giorni di scuola si prospettavano tremendamente impegnativi e carichi di scadenze che dovevano assolutamente essere rispettate.

- Opterò per le tre “i”. –

Corrugò la fronte, non avendo la minima idea di cosa stesse parlando l’amica.

- Irresistibile, intelligente e irriverente -, chiarì, - in sostanza qualcuno con cui uscirei senza preoccuparmi di poter sfigurare accanto a loro. –

- Insomma vorresti creare un piccolo esercito di tuoi personali minions? –

- Magari ci fossero abbastanza persone così a Ilvermorny per creare davvero un esercito -, replicò arricciando le labbra in una smorfia contrita, - ma temo che persone del genere si possano contare sulla punta delle dita di una mano. Confido che a Hogwarts ci sia qualcuno che valga di più. –

- Jackson dice che anni fa avevano un club simile al nostro, lo chiamavano il Club degli Invisibili se non sbaglio. –

- E cosa ne è stato? –

- Dissolto dopo il diploma degli ultimi membri rimasti, credo che abbiano avuto problemi durante una selezione e che i membri rimasti non abbiano voluto replicare l’incidente l’anno successivo. Però quest’anno molti dei loro figli si uniranno alla delegazione in viaggio per Ilvermorny, e sembra che un paio siano già qui, perciò immagino avranno almeno un po’ della stoffa dei genitori. –

Quest’ultimo dettaglio conquistò definitivamente l’attenzione di Esme, che si sporse verso di lui curiosa.

- Ah, sì? E chi sarebbero coloro che sono già qui? –

Joaquin le rivolse un sorriso da figlio di una buona donna e alzò un indice a fare un secco gesto di diniego.

- Scordati che io condivida l’informazione con te. Una dei due sarà candidata da Jackson e l’altro da me. –

La Serpecorno sbuffò, alzando gli occhi al cielo.

- Il fatto che Jackson condivida con te delle informazioni riservate non è affatto giusto, dovrebbe rivelarle a tutto il Club. –

- Già, perché non provi a farglielo notare? –

Fece per rispondere alla frecciatina, ma richiuse la bocca senza aggiungere altro. Del resto quei due erano migliori amici fin dall’inizio della scuola e sperare che includessero anche lei nei loro piani era a dir poco utopistico.

Proprio in quel momento la porta venne aperta a rivelare il profilo aristocratico di Jackson. Aveva l’aria stanca e rivolse loro appena un cenno del capo prima di raggiungere la sua sedia, dall’alto e rigido schienale ornato sontuosamente, e scrutare la stanza con cipiglio crucciato.

- Possibile che non riescano mai ad arrivare in tempo? –

- Sai come sono fatti quei due -, Joaquin si sporse leggermente verso di lui scrutandolo con una serietà nelle profonde iridi blu che fino a pochi istanti prima non c’era, - Stai bene, Jack? –

Vide con la coda dell’occhio che Esme aveva assunto un’espressione maliziosa, ma Joaquin la ignorò. Sapeva che la compagna sospettava già da tempo del fatto che avesse una cotta per il loro Presidente ma forse se avesse finto di non capire le sue insinuazioni avrebbe smesso di cercare di metterlo in imbarazzo.

- Sono solo stanco, Jo … e poi oggi ci si è messa anche Annie. –

Ah, la sorellina a cui era praticamente impossibile che Jackson riuscisse a dire di no. Forse il Riot Club era l’unica cosa su cui non aveva finito per cedere con lei, ragion per cui Anne si era messa in testa di volerla spuntare comunque e a tutti i costi.

- Vuoi che provi a parlarle anche io? –

Di solito Anne finiva con il dargli retta; se lo faceva perché aveva intuito quello che provava per il fratello oppure per semplice simpatia non gli era dato saperlo, ma fintantoché lo assecondava non trovava rilevante conoscerne il motivo.

Jackson rivolse un’occhiata eloquente all’indirizzo di Esme.

- Parliamone dopo, quando saremo in Sala Comune. –

- Non scrivo sui membri del Club, dovreste saperlo ormai – replicò lei per tutta risposta, visibilmente piccata.

- Annie non è un membro. –

- Ma prima o poi lo diventerà. –

- Dovrà passare prima sul mio cadavere. –

- Melodrammatico -, sbuffò Esme, - neanche fosse questa gran cosa. –

Forse per loro, che erano ormai smaliziati e pronti ad affrontare tutto e tutti, ma per una ragazza ingenua e innocente come sua sorella il Club e tutte le questioni che lo riguardavano potevano diventare un’arma a doppio taglio.

La fissò dritta negli occhi senza battere ciglio, la mascella serrata e il bel volto dai tratti decisi freddo e imperscrutabile. Dopo un attimo di battaglia visiva alla fine la ragazza abbassò lo sguardo e si arrese chinando appena il capo in segno di muta sottomissione.

- Annie resta fuori da tutto, perché l’ho deciso io … la questione è chiusa, perciò vedi di fartelo entrare in testa Esme. –

 

 

 

 

 

Anthony “Ermes” NitingaleVII anno, Wampus. Bisessuale.


 

Edward Luke “Wave” DiamondVII anno, Wampus. Capitano e Cacciatore. Eterosessuale.


 

 

 

 

 

Quando entrarono nella sala riunioni del Club l’aria che si respirava non era affatto piacevole; dal silenzio e dal vago imbarazzo che si respirava si capiva che doveva esserci appena stato uno scontro in piena regola e non era certo difficile capire chi fosse stato a causarlo. Del resto quando Esme e Jackson si trovavano nella stessa stanza era facile che le cose degenerassero; quando si mettevano nello stesso posto una persona narcisista dal temperato passivo aggressivo e un egocentrico con la smania del controllo non si poteva ottenere nulla di diverso da uno scontro in piena regola.

- Cosa ci siamo persi? –

- Siete in ritardo – fu la replica di Jackson, a indicare che non aveva alcuna intenzione di rivangare la discussione.

Così Edward lanciò un’occhiata curiosa a Joaquin.

- Esme ha provato a ipotizzare il coinvolgimento di Anne. –

- Ah. –

Certe volte si domandava se la ragazza lo facesse per il puro gusto di provocare il Presidente oppure se fosse davvero incuriosita dalla più giovane e innocua dei Riot. Del resto un fiore delicato come quello in una famiglia di serpi era cosa a dir poco rara e inconsueta, nessuna meraviglia quindi che suo fratello fosse tremendamente protettivo nei suoi confronti.

Anthony afferrò la prima sedia a disposizione e si accomodò lasciando vagare lo sguardo nella stanza per constatare che erano solo in cinque.

- Gli altri? –

- In ritardo come voi, io e Joaquin siamo stati gli unici ad arrivare puntuali – replicò Esme.

Il tono vagamente aspro lasciava intuire che non aveva ancora digerito l’idea di essere stata rimessa al suo posto da Jackson. Così nel sistemarsi meglio accanto a lei, le sfiorò appena il fianco. Fu un gesto rapido, quasi impercettibile, ma bastò a distogliere l’attenzione di Esme quanto necessario a non scatenare l’ennesima provocazione.

- A meno che tu non voglia indire una nuova votazione ti consiglio di lasciar perdere questa stupida sfida – le sussurrò piano all’orecchio.

- Non è escluso che lo faccia. –

Anthony alzò gli occhi al cielo e li roteò con fare spazientito. – Lui è un Riot e tu non hai abbastanza voti, non vinceresti mai. –

- Li avrò. –

Edward si voltò verso di loro, incuriosito da quel vociare lieve, e se anche avesse voluto chiedere qualcosa non lo fece dal momento che il compagno di Casa gli rivolse un cenno eloquente: gli avrebbe raccontato tutto più tardi, quando fossero stati in territorio neutrale.

Non ci voleva molto per capire di cosa potesse trattarsi, vista la luce battagliera negli occhi della Serpecorno. Esme aveva sempre trovato ridicolo il fatto che il Presidente del Club fosse tale solo per diritto di sangue e non ne aveva mai fatto mistero, perciò l’idea di una richiesta di elezione ufficiale non sarebbe stato nulla d’inaspettato o sorprendente. Con la coda dell’occhio notò che Astrid annuiva all’indirizzo dell’amica come se stesse implicitamente confermando la sua disponibilità a schierarsi dalla sua parte.

Sembrava che in quel periodo il Riot fosse diviso come non mai, ma una guerra civile non avrebbe portato da nessuna parte e, che piacesse o meno ammetterlo, Jackson era un leader di gran lunga migliore di Esme.

 

 

 

 

 

Arthur Orion “Adder” ClarkeVII anno, Serpecorno. Cercatore e fotografo per il giornale scolastico. Bisessuale.


 

Astrid Lara “Ice” ReidVII anno, Tuonoalato. Cercatrice. Eterosessuale.


 

Winona “Hurricane” PowaqaVII anno, Wampus. Prefetto e Cercatrice. Eterosessuale.


 

 

 

 

 

Mentre uscivano dalla riunione Arthur notò che Winona non era rimasta insieme a Jackson e Joaquin come era solita fare, ma aveva allungato il passo e si stava avvicinando sempre più rapidamente ad Astrid ed Esme che chiacchieravano fittamente tra loro; le teste erano tanto vicine che sembrava quasi che l’oro della prima stesse per fondersi con l’ebano della seconda. C’era una luce battagliera nello sguardo della ragazza e non era difficile immaginare cosa sarebbe accaduto di lì a poco.

Winona e Jackson si conoscevano fin da piccolissimi ed erano diventati migliori amici fin da subito tanto che difficilmente si vedeva una senza l’altro in giro per i corridoi di Ilvermorny e non era certo un mistero che avesse ben poca simpatia per Esme e i suoi modi di fare sibillini. Perciò probabilmente aveva atteso con impazienza la fine della riunione solo per essere certa di avere modo di “beccare” entrambe prima che fossero davanti a occhi indiscreti come quelli di qualche docente.

Di riflesso la seguì visto che Jackson e Joaquin sembravano troppo presi dalla loro conversazione per notare quello che sarebbe accaduto di lì a pochi istanti.

- Winnie, dove vai con quell’andatura battagliera? –

- Indovina un po’. –

- Attaccare lite con loro non servirà a nulla, Esme non cambierà certo idea. –

La Wampus alzò gli occhi al cielo e sbuffò.

- Questo lo so, ma almeno mi toglierò la soddisfazione di dirle in faccia cosa penso di lei e dei suoi giochetti da infida serpe in seno. –

- Sono abbastanza sicuro che le altre dieci volte in cui lo hai fatto le abbiano reso perfettamente chiara la cosa -, sorrise divertito, - e poi una volta non erano i ragazzi a indossare le vesti di scintillanti cavalieri in armatura pronti a difendere l’onore delle loro belle? –

- Mi piace considerarmi alternativa -, lo rimbeccò sorridendo suo malgrado a sua volta, - ed è già tanto che io mi limiti a urlarle in faccia invece di prenderla a pugni una volta per tutte. –

- Quello sì che sarebbe uno spettacolo che non mi perderei per nulla al mondo. –

La voce di Astrid li annunciò di aver parlato con toni fin troppo alti, perché la bionda Tuonoalato si era voltata verso di loro con un sopracciglio curato inarcato in un’espressione incuriosita.

- Quale spettacolo? –

- Io che rifaccio la faccia alla tua amica – replicò impassibile Winona, quasi stesse discutendo di cose futili come il tempo o il cambio delle stagioni.

- Sarebbe interessante vedertici provare -, rilanciò con un sorriso tagliente, - ma dubito che accadrà mai. –

Arthur intervenne, frapponendosi tra le due ragazze e scherzando: - Quindi anche tu passi al lato oscuro? –

- Se Esme chiederà delle elezioni ufficiali avrà il mio voto -, confermò, - e non penso proprio che sarò l’unica a votare per lei. –

Winona fece per aprire bocca, ma un cenno del Serpecorno la spinse a tenerla chiusa all’ultimo istante.

- Sicuramente Anthony e … forse Edward? –

Fece spallucce e rivolse loro un sorriso ambiguo. – Chissà, suppongo che vi toccherà aspettare e stare a vedere. –

Dopodichè girò i tacchi e tornò a raggiungere l’amica lasciandoli soli a meditare sulle sue parole.

- Tu credi davvero che abbia la possibilità di vincere? –

- Di vincere forse no, ma se davvero ha i loro voti allora potrà spaccare il Club. –

E allora la differenza l’avrebbero fatta le Cavallette che avessero passato la selezione; non lo disse, ma l’implicazione era evidente, e non prometteva nulla di buono.

Era una situazione incerta, proprio tutto quello che il Club non avrebbe mai voluto si verificasse.

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

 

 

 

 

 

Quando ebbero messo piede nell’atrio di Ilvermorny la prima cosa che saltò allo sguardo di Diana fu la differenza con Hogwarts. L’ambiente era più grande e decisamente più arioso e nella zona principale invece delle clessidre che avevano loro capeggiavano le gigantesche riproduzioni delle creature che davano il loro nome alle varie Case.

- È impressionante –, mormorò Anna al suo fianco, - ma devo ammettere che preferisco lo stile di Hogwarts. Ha un fascino del tutto diverso, questa scuola sembra quasi moderna. –

Quello era poco ma sicuro, così come era completamente nuovo anche il sistema di arrivo degli studenti che utilizzavano i grandi camini per viaggiare direttamente da casa. Una bella comodità rispetto al farsi ore di treno, ma personalmente trovava difficile accettare il fatto di presentarsi il primo giorno con gli abiti ricolmi di cenere.

- Finalmente siete arrivate, cominciavo a credere che Anna si forse persa nel cortile. –

La voce familiare giunse alle loro spalle, tradendo la presenza di una ragazza dalle lunghe onde castano scuro e gli occhi cerulei che luccicavano allegri.

Indossava la divisa da Quidditch e aveva l’aria scarmigliata di chi aveva terminato da poco l’allenamento.

Anna fu la prima ad annullare la distanza che le separava, gettandole le braccia al collo e coinvolgendola in un abbraccio spaccaossa che ebbe il potere di far scoppiare a ridere Brooklyn.

- Izzy! –

- Anna forse dovresti mollare la presa o la tua amica rischierà il soffocamento – le fece notare continuando a ridacchiare.

Poi si fece avanti e porse la mano all’americana con un sorriso amichevole.

- Brooklyn Macmillan. –

- Come il Distretto di New York? –

Annuì con aria mesta. – Colpa dei miei, ma tu chiamami semplicemente Brook. –

- Ricevuto … allora come è andato il viaggio? –

- Bene -, replicò cautamente Diana, - anche se credo di cominciare ad avvertire i primi sintomi del jet lag. –

- Ma se siamo qui da appena dieci minuti. –

- Il mio fisico si scombussola facilmente, Brook. –

- Che tradotto significa che hai già una fame da lupi – dedusse la Tassorosso, suscitando l’ennesimo attacco di risate.

Per un attimo Brooklyn si era chiesta se trovandosi davanti la celebre Izzy, complice di mille vacanze passate ideando scherzi e imprese folli una dopo l’altra, le sue migliori amiche avrebbero finito con il metterla da parte e invece sembrava che il loro trio si fosse esteso al quarto membro con una naturalezza impressionante.

- Devo ancora capire dove metti tutta quella roba, perché con il fisico minuto che hai sembra quasi che ti alimenti ad acqua e aria. –

- I miracoli della genetica -, replicò compiaciuta, - e adesso perché non ci indirizzi verso il banchetto di benvenuto, Izzy? –

- Prima che mi stacchi un braccio a morsi? Mi sembra un’ottima idea, da questa parte signorine. –

 

 

 

 

 

- Secondo te questa roba è commestibile? –

Liam osservò la ciotola con aria sospettosa, studiando quella poltiglia che assomigliava vagamente a della pasta ricoperta di panna e Merlino solo sapeva cos’altro. L’odore non era neanche tremendo, ma l’aspetto avrebbe fatto passare l’appetito a stomaci molto più forti del suo e la conferma sembrava essere che anche Diana Price indugiava con la forchetta in mano come se stesse valutando i pro e i contro.

- Non mi sembra che gli yankee si stiano sentendo male, anzi mangiano anche con gusto, quindi presumo di sì. –

- Va bene, Henrik, ma se dovessi sentirmi male e finire con il lasciarci la pelle sappi che tornerò come fantasma e ti verrò a tirare i piedi la notte. –

Il Corvonero scrollò le spalle alle minacce dell’amico, servendosi una buona dose di quella che aveva sentito chiamarsi mac’n cheese e li studiò a sua volta. Sembravano essere dei classici maccheroncini italiani, coperti da quello che aveva tutta l’aria di essere un mix di cheddar, parmigiano e besciamelle.

A giudicare dalla gratinatura erano stati passati in forno per un po’. Sembravano un mappazzone, ma erano decisamente più gradevoli alla vista di altre pietanze che capeggiavano sulla tavolata.

Decise comunque di attendere che Liam facesse da cavia per primo, osservando l’espressione dell’amico mentre assaporava il boccone lentamente come se stesse cercando di capire se la pietanza fosse o meno di suo gradimento. Alla fine deglutì e storse appena il naso.

- Meno peggio di quello che mi aspettassi, ma se degli italiani mangiassero questa roba probabilmente dichiarerebbero guerra agli Stati Uniti. –

- Non che la nostra cucina sia molto migliore o più fedele alle loro tradizioni. –

- Almeno non mettiamo la besciamelle sulla pasta. –

- Vero, voi ci mettete direttamente il ketchup – intervenne una voce femminile alla loro destra.

Doveva aver sentito i loro commenti, perché li osservava con l’aria di chi stava pensando che gli inglesi fossero un gruppo di snob con la puzza sotto al naso che considerava indegni della loro attenzione i loro cugini coloniali.

Henrik le rivolse un sorriso di scuse visto che Liam la fissava con espressione crucciata e non sembrava minimamente intenzionato ad aprire bocca per scusarsi dei suoi commenti.

- Non volevamo essere offensivi -, spiegò porgendole la mano, - è solo che abbiamo bisogno per abituarci ai gusti differenti. Io sono Henrik e il musone qui vicino è Liam. –

- Khendra Lancaster. –

Quello ebbe il potere di convincere Liam a prendere parte alla conversazione in modo attivo.

- Lancaster come il coach Lancaster? –

- Per Isotta, non dirmi che anche tu sei un giocatore di Quidditch. –

- Lo dici come se fosse una cosa brutta – replicò piccato.

- Di sicuro non è molto positiva -, replicò impassibile, - ho la nausea del Quidditch. –

- Rimane il miglior sport di sempre. –

Henrik studiò le espressioni sul volto di entrambi, comprendendo che quei due non sarebbero mai andati d’accordo, e decise d’intervenire prima che ne nascesse una discussione di proporzioni epocali.

Indicò una ciotolina nell’angolo e miracolosamente fu sufficiente a distrarre Khendra dalla conversazione.

- Questa invece cos’è? –

 

 

 

 

 

- Chi è il tipo con cui sta parlando Isabelle? –

Scott seguì lo sguardo di Loki fino al tavolo dei Tuonoalato, individuando la cugina seduta di fronte a Jackson Riot e immersa con lui in una fitta conversazione.

- Ah, quello … Il nostro giovane Lord, Jackson Riot. –

- Lord? – gli fece eco Caos, con l’aria di chi non sapeva se prendere la cosa sul serio o come uno scherzo.

- Già, i Riot vantano una lunga discendenza nobiliare per cui anche da semplici studenti ci tengono a ricordare al mondo quanto è blu il sangue che scorre nelle loro vene. –

- E Izzy frequenta un tipo del genere? –

- È il Capitano della sua squadra -, chiarì il rosso, - convivono pacificamente ma non è che escano insieme o roba simile. –

- E ci mancherebbe altro – bofonchiò Loki, addentando un pezzo di pane e masticandolo con molto più vigore del necessario.

Scott si fece immediatamente curioso, scrutandolo dritto negli occhi.

- E perché “ci mancherebbe altro”? –

- Così, tanto per dire. –

Lo yankee lanciò un’occhiata a Caos, che li osservava con malcelata malizia e l’aria di chi ne sapeva una più del diavolo.

- Mi sono perso qualcosa? –

- Ancora no -, lo rassicurò sottovoce il moro, - ma secondo me tra un po’ se ne renderà conto anche Loki. –

Non aveva la più pallida idea di cosa dovesse rendersi conto il loro amico e aveva quasi timore nel fare altre domande, per cui si limitò a scrollare le spalle e tornare a mangiare. Con la bocca piena era difficile impelagarsi in conversazioni imbarazzanti.

 

 

 

 

 

- C’è un bel tipo che guarda fisso da questa parte – esordì Reina, dando di gomito a Marcus e accennando appena al ragazzo seduto al tavolo accanto al loro.

- Un ragazzo che ti guarda -, la rimbeccò con un sorrisetto ironico, - sai che novità. –

Il sorriso si estese ancora di più sulle labbra carnose della Serpeverde, assumendo una nota di malizia mista a divertimento che non sfuggì affatto al suo compagno di Casa.

- Il punto è che non credo che stia guardando me. –

Marcus corrugò la fronte, voltandosi a osservare con discrezione il ragazzo a cui stava facendo riferimento Reina.

Aveva la carnagione olivastra, tratti spiccatamente orientali e anche se era seduto poteva giurare che fosse molto alto e molto probabilmente con un fisico asciutto e muscoloso a giudicare dal modo in cui la divisa dei Serpecorno gli aderiva al corpo. Un bel tipo, come aveva giustamente decretato Reina, e anche popolare visto il modo in cui le persone sedute accanto a lui cercavano di attirare la sua attenzione.

- Chi altri potrebbe guardare? –

Decisamente non lui, pensò distrattamente prima di infilzare una patata arrosto.

- Non saprei, tu cosa ne pensi? –

Che stava cominciando a innervosirsi, ma questo doveva essere evidente malgrado il modo di fare di Reina.

- Non ne ho idea e francamente non me ne importa nemmeno. –

La mora roteò gli occhi e sbuffò.

- D’aaaaccordo, prossimo argomento allora. Cosa ti andrebbe di fare questa sera? –

- A parte finire di mangiare e poi filarmene a letto? –

- Sì, Marcus, a parte quello. –

- Allora nulla. –

- Non puoi chiuderti così -, sbuffò nuovamente sporgendosi verso di lui, - probabilmente è la prima e ultima volta che visitiamo Ilvermorny … Potremmo esplorare e magari conoscere qualche tipo interessante. –

- Credo che tu mi stia confondendo con Alther -, la rimbeccò ironico, - ma nel caso l’avessi dimenticato lui è rimasto a Hogwarts e io non sono un festaiolo folle. –

Reina gli rivolse un sorriso tutto denti.

- Simpatico, ma in terra straniera potresti anche dimenticare quello che sei e provare a sperimentare qualcosa di nuovo, no? –

- No, grazie, sto bene così. –

Sconfitta, non le rimase che cedere davanti alla determinazione dell’amico.

- Va bene, per questa volta ci rinuncio, ma torneremo sull’argomento. –

- Non vedo l’ora – ironizzò.

Poi finalmente il silenzio calò tra loro e poterono riprendere a consumare la cena. Intavolare una conversazione con Reina era roba da ossi duri, ma fortunatamente per lui aveva tenacia da vendere anche se, ne era certo ormai, quell’anno di scambio culturale sarebbe stato veramente lungo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Salve!

Eccoci qui anche con il capitolo dedicato all’introduzione delle nostre beneamate Cavallette provenienti un po’ da una scuola e un po’ dall’altra. Come sempre spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento e ci sentiamo orientativamente verso la fine della settimana con il prossimo aggiornamento.

Stay tuned.

XO XO,

Mary

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

 

 

 

 

 

Khendra sistemò meglio la tracolla della borsa sulla spalla e allungò il passo per infilarsi nell’aula di Tinture e Misture un attimo prima che la professoressa Lowndes chiudesse la porta. Ignorò l’occhiataccia dell’insegnante, che ormai l’aveva etichettata come un elemento di disturbo decisamente poco portato, e raggiunse il suo solito banco nell’ultima fila. Aggrottò la fronte con disappunto quando lo vide già occupato da due studenti di Hogwarts.

La ragazza dalle lunghe ciocche castane smise di parlare con l’amico e le rivolse uno sguardo incuriosito.

- Scusami, è il tuo posto? –

- Di solito sì. –

Il ragazzo dai capelli biondissimi assunse un’espressione desolata e fece per recuperare i suoi libri e alzarsi.

- Ah, se vuoi possiamo spostarci … non sapevamo che fosse già occupato. –

- No, non serve. I banchi sono da tre posti comunque e poi immagino che non possiate essere peggio del resto degli studenti del mio anno. Per cui restate pure -, si affrettò a replicare occupando l’ultima sedia libera per poi tendere loro la mano, - Khendra Lancaster comunque. –

- Reina Solares … e lui è Marcus Greengrass. Sei in Serpecorno? –

- Già, cosa che la Lowndes trova molto divertente ricordare a tutti dal momento che dovrei essere una dei cervelloni della scuola ma nella sua materia fallisco miseramente ogni volta. –

- Bene, allora direi che entrambe dovremo fare affidamento su Marcus. Il nostro piccolo genietto qui presente è l’unico dei tre a capirci qualcosa di questa roba. –

- E io dovrei aiutarvi, perché? –

Le due ragazze si scambiarono un’occhiata complice prima di rivolgergli due sorrisoni identici e giungere le mani a mo’ di preghiera.

- Naturalmente perché siamo adorabili – asserì Reina convinta.

- E perché altrimenti saremmo perdute. –

Davanti a quell’improvvisa intesa femminile provare a obiettare era inutile, anni d’esperienza maturata al fianco di Reina glielo avevano insegnato perfettamente, per cui non gli rimase che scrollare le spalle e cedere.

- Va bene, ma almeno state zitte e fatemi seguire la lezione, non reggerei a un’altra conversazione da ragazze. –

 

 

 

 

 

- Si può sapere cosa stai guardando con tanto interesse? –

Joaquin sobbalzò, finendo quasi con l’infilare la bacchetta nell’occhio del compagno di banco.

 – Nulla. –

- Se questo nulla rischia di farmi diventare cieco deve essere un nulla importante – lo rimbeccò Scott con un sorrisetto divertito.

- Scusa, ero sovrappensiero, non ricapiterà. Allora vogliamo cominciare con l’esercitazione? –

Il rosso osservò dubbioso l’amico, chiedendosi se fosse stata una buona idea quella di finire in coppia con Joaquin quella mattina. Solitamente infatti il Tuonoalato se la cavava alla grande con Trasfigurazione, ma in quel momento non era affatto sicuro che sarebbe riuscito a trasfigurarlo nel modo corretto.

- Solo se sei sicuro di non far scomparire qualche pezzo importante. –

- Non l’avrei mai fatto -, replicò sorridendo ironico in risposta, - ma mi hai dato un’idea niente male. Potrei anche provare a vedere come si vive senza certi pezzi … -

- Sì, certo, come se credessi alle tue minacce. –

- Libero di non crederci, ma non dire che non ti avevo avvisato –, alzò una mano per attirare l’attenzione del docente, - Professore io e Scott vogliamo provare per primi. –

- Bene, cominciate pure allora. –

Vedendo Joaquin che gli puntava contro la bacchetta improvvisamente la baldanza del rosso svanì come neve al sole. Dopotutto era pur sempre un Tuonoalato e non si era mai del tutto sicuri di ciò che potessero fare o meno.

- Joaquin … lo sai che ti ho sempre voluto bene, no? –

- Certo. –

- Quindi, per favore, non far scomparire nulla. –

- Vedrò cosa posso fare, ma non ti prometto niente. –

Non proprio la risposta che sperava di ottenere.

Così non gli rimase altro da fare che chiudere gli occhi e pregare silenziosamente di ritrovarsi ancora ogni libra di carne ben attaccata al corpo al termine di quella lezione infernale.

 

 

- Quindi quello sarebbe il tuo Capitano? –

Isabelle annuì mentre lei e Diana finivano di risistemarsi la divisa dopo essersi trasfigurate a vicenda.

- E dimmi è sempre così corrucciato? –

L’americana seguì lo sguardo di Brooklyn e dovette riconoscere che in quel periodo Jackson non aveva affatto un’aria rilassata. Doveva sembrare molto poco amichevole agli occhi dei loro visitatori, ma lei che lo conosceva fin dal primo anno intuiva che doveva esserci qualcosa che non andava; non era mai stato un tipo particolarmente espansivo, del resto nella sua famiglia a parte suo zio Desmond gli altri erano sempre stati piuttosto glaciali, ma dubitava che si sarebbe aperto con lei. Si frequentavano come compagni di Casa e di squadra, ma non erano mai andati oltre quel rapporto di fredda cortesia che si riservava ai conoscenti.

- Deve avere qualche problema. Non è un chiacchierone, ma solitamente è meglio di così. –

- Non che ci voglia molto ad esserlo -, considerò a sua volta Diana, - un cadavere ha più vivacità di lui. –

- So che lui e i suoi amici organizzano delle gran belle feste perciò suppongo che quando prende confidenza si sciolga un po’. –

- Supponi? Non sei mai andata a una delle loro feste? –

Anna era sinceramente perplessa. Isabelle era bellissima e a giudicare dalla quantità di persone che la fermavano nei corridoi per parlare anche piuttosto popolare, non riusciva a immaginare come fosse possibile che venisse esclusa.

Insomma era un po’ come se Diana e Brooklyn non fossero invitate quando si trovavano a Hogwarts; era lei quella fuori posto a quegli eventi, la tipa stramba con la testa tra le nuvole, per cui a meno che a Ilvermorny non ci fosse tutto un altro codice di frequentazioni non riusciva a immaginare perché mai Izzy fosse considerata non gradita.

- Hanno una cerchia molto ristretta -, spiegò la ragazza, - ed è raro che permettano a qualcuno che non fa parte del loro gruppo di avvicinarsi. –

Una cricca esclusiva dunque, magari di ricconi con la puzza sotto al naso e l’ossessione del sangue puro proprio come a scuola loro, ipotizzò sondando l’aula alla ricerca dell’identità di questi misteriosi privilegiati.

Lo sguardo le cadde sulle due ragazze sedute a qualche banco da loro. Una biondissima, che seguiva con attenzione quasi morbosa ogni dettaglio della spiegazione, e l’altra dalla chioma color dell’ebano che appariva annoiata e intenta a osservare la manicure alla ricerca forse di qualche imperfezione.

Non sapeva come mai, ma l’istinto le diceva che quelle due erano sicuramente parte della celeberrima cerchia d’invitati.  

 

 

- Hai deciso chi invitare? –

Esme annuì, studiando una cuticola con aria critica. L’ora di Tinture e Misture del giorno precedente aveva letteralmente ucciso le sue mani.

- Ho già le lettere pronte, non resta che consegnarle. –

- Inglesi? –

- Una di loro -, rivelò con un sorriso da cospiratrice, - ma è inutile che la cerchi in quest’aula. È al sesto anno. –

Astrid fece rapidamente mente locale, riportando alla memoria le sembianze delle studentesse che erano arrivate pochi giorni prima. Su tutte ne spiccava chiaramente una, che indossava la divisa verde argento, dalle ciocche castane perfettamente acconciate e una certa sicurezza nei modi.

- Quella che passa sempre il suo tempo con il ragazzo biondo? –

- Precisamente. Lei e la Lancaster dovrebbero rispecchiare sufficientemente le doti che considero apprezzabili. –

Sulla seconda non c’erano dubbi, anche perché Esme non aveva mai nascosto una certa predilezione per la compagna di Casa, ma sulla prima aveva i suoi dubbi. Quell’amico con cui girava sempre non era certo un tipo che il Club avrebbe considerato come rispecchiante le caratteristiche che cercavano. Era timido, impacciato, e poco propenso al dialogo a quanto le era sembrato.

- Sei certa che quella Reina non sia un buco nell’acqua? –

- Tutti noi, chi prima e chi poi, abbiamo avuto amicizie discutibili. Inoltre a quanto mi è parso di capire il biondino è un piccolo genio. –

Astrid inarcò un sopracciglio, decisamente scettica, ma non fece in tempo ad aprire bocca perché Arthur s’intromise nella loro conversazione.

- State parlando di quel piccolo concentrato di bellezza e tenerezza? –

Se prima era scettica ora era assolutamente incredula.

Ovviamente non era la dichiarazione di Arthur, della cui bisessualità nonché spiccata preferenza per il genere maschile era ben noto a tutti a scuola, bensì il fatto che quel Marcus fosse un tipo che mai avrebbe pensato di accostargli.

Erano gli opposti, ma forse aveva ragione sua madre nel dire che talvolta le persone così diverse si attraevano proprio per quel motivo.

- Tiro a indovinare -, rilanciò Esme, - lui è uno dei tuoi candidati. –

Il compagno di Casa le rivolse un sorriso malandrino che era un’implicita conferma alle sue parole.

- Potrebbe … -

- E immagino che invece tu voglia candidarti per infilarti nel suo letto – concluse la mora.

Questa volta il sorriso si trasformò in una risata bassa e virile.

- Mi conosci troppo bene. –

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Winona sedette accanto all’amico, togliendogli da davanti il libro che stava leggendo e sorridendo innocentemente davanti all’espressione omicida che balenò nel suo sguardo.

- Scusa, ma è tutto il giorno che non fai che leggere e studiare, comincio a sentirmi trascurata. –

Jackson mise il segno al capitolo e richiuse il volume, lasciandosi andare contro lo schienale della poltrona massaggiandosi lentamente le tempie con movimenti delicati e circolari.

- Studiare mi distrae. –

- Lo so, i libri sono la tua personale valvola di sfogo … ma ci sono qua io, Jack, parlami. –

Winnie la faceva facile, a lei veniva naturale confidarsi con le persone a cui teneva, ma lui era cresciuto sentendosi ripetere che la fiducia e i sentimentalismi erano debolezze che potevano rovinare i Riot. Aprirsi era complicato, lo esponeva, e aveva il terrore di soffrire nuovamente come durante la sua infanzia.

- Non sono bravo con queste cose. –

- Davvero? -, si finse scandalizzata, - Jackson Riot che non è bravo in qualcosa e arriva persino ad ammetterlo? Sta per caso finendo il mondo? –

Ridacchiò.

- Spiritosa, non sono poi così testardo. –

- Già, sei testardo ed egocentrico, c’è una bella differenza. –

- Tu invece sei un agnellino, no? –

Winona ebbe almeno la decenza di abbozzare un sorrisetto colpevole prima di tornare all’attacco. – Stavamo parlando di te, non di me, perciò non cambiare discorso. Cosa c’è che non va, Jack? –

- Sono preoccupato per il Club -, ammise alla fine, - Esme è sul piede di guerra e forse potrebbe racimolare abbastanza voti da battermi. Hai idea di cosa significherebbe se ciò accadesse? –

Il primo anno in cui il Riot Club non era guidato da un membro di quella famiglia.

Una novità unica nel corso della storia di Ilvermorny.

Suo padre non l’avrebbe mai perdonato se avesse disonorato in quel modo il nome di famiglia.

Le tre affermazioni si susseguirono rapidamente nella testa della ragazza, spingendola ad allungarsi ad afferrare la mano di Jackson e a intrecciare le dita con le sue.

Sorprendentemente l’amico non si tirò indietro.

Doveva essere davvero sconvolto se si lasciava persino coccolare.

- Non pensarci nemmeno, Jack, io ti giuro che vincerai le elezioni. Non permetteremo a Esme di scavalcarti. –

Le iridi verdemare del Tuonoalato si specchiarono nelle sue per alcuni secondi per parvero interminabili, poi quell’alone di tristezza scomparve dal suo volto e un po’ dello spirito combattivo e determinato che l’aveva sempre contraddistinto tornò a fare capolino.

- Hai ragione. Siamo in parità e la differenza la faranno le Cavallette. –

Winona trasalì come sempre nel sentire quel soprannome. Odiava il corrispettivo animale e anche il semplice pensiero le suscitava brividi freddi lungo la schiena.

- Per Isotta, si può sapere chi diavolo ha inventato questo nome orrendo e perché mai non possiamo fare nulla per cambiarlo? –

Jackson ridacchiò. – Eppure frequenti anche tu le lezioni di Sciamanismo, dovresti saperlo. –

- Ho rimosso qualsiasi nozione che le riguardi. –

- La cavalletta nel totem del potere rappresenta la trasformazione, la forza necessaria a compiere il cambiamento necessario. –

- E perché allora non il cavallo, che rappresenta il viaggio dell’uomo? –

Jackson ci pensò su prima di rilanciare tra le risate che lo squassavano. – Va bene, se vinco la votazione propongo di cambiare il nome in “i cavallini”. –

- Lo hai deciso solo perché i cavalli ti piacciono e sei ossessionato da Spirit fin da quando avevamo cinque anni. –

Ricordava l’entusiasmo di Jackson quando era venuto a trovarla a casa la prima volta e aveva scoperto quella diavoleria Babbana chiamata televisione. C’era una replica di quel cartone animato quel giorno e lui aveva cantato le canzoni e incitato Spirit a combattere contro gli umani con quanto fiato aveva in gola, decretando che quella era la cosa più bella che avesse mai visto in tutta la sua vita.

Al solo nominare quell’episodio le guance chiare del ragazzo assunsero una tonalità di rosso vivo e le risate cessarono all’istante.

- Avevi promesso che non avresti più tirato in ballo quella storia. –

- E tu che non mi avresti preso in giro per la paura che ho di quelle immonde bestie e per le azioni che compio quando ne vedo una. –

- D’accordo -, alzò una mano e la portò al cuore, - giuro solennemente di non prenderti più in giro se tu non farai parola della storia di Spirit. –

Winona annuì soddisfatta.

- Abbiamo un accordo. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Salve!

Non ho fatto comparire tutti i personaggi perché ho deciso di dividere il capitolo a metà visto che altrimenti sarebbe venuto fuori una roba di tipo venti pagine, perciò ne approfitto per farvi una domandina a cui vorrei che rispondeste preferibilmente tramite messaggio privato:

- come reagirà il vostro OC quando scoprirà di essere stato selezionato dal Riot?

Come sempre prima mi giungono le risposte e prima arriverà il capitolo.

Stay tuned.

XO XO,

Mary

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

 

 

 

 

 

- Continuo a non capire perché non possiamo far consegnare queste lettere da un gufo come fanno tutte le persone civili di questo mondo – sbuffò Edward, mentre scivolavano fuori dal dormitorio maschile stando attenti a non farsi notare troppo.

Anthony raddrizzò il blazer della divisa e annuì solidale.

- Lo so, ma fa parte della tradizione. –

Calcò l’ultima parola mettendoci un’enfasi che fece scoppiare a ridere l’amico. Gli sembrava quasi di sentire Jackson in quell’imitazione.

- Se state prendendo in giro chi penso fareste meglio a non farvi sentire da Winona. –

Trasalirono, individuando solo in quel momento Scott Blackwood sul divanetto in pelle nell’angolo. Aveva l’aria di chi si era appena svegliato, a giudicare dallo sguardo assonnato, perciò era ragionevole supporre che non avesse capito di cosa stessero parlando.

- Un po’ di sana ironia non ha mai ucciso nessuno. –

- Certo, almeno finchè non prendete una librata in testa – asserì il rosso.

- Winona non ci impensierisce – replicò Anthony, sfoggiando la migliore delle sue espressioni di supponenza.

Scott lo conosceva abbastanza da sapere che quello era il suo modo per mettere termine a una conversazione che non desiderava protrarre. Così si limitò a un mezzo cenno del capo, recuperò la tracolla che aveva lasciato ai piedi del divano e li oltrepassò per andare alla ricerca della sua attrezzatura da Quidditch che, se conosceva bene sua cugina, doveva essere stata seminata in giro per tutta la scuola.

Lei e le sue ripicche erano un classico dopo il periodo delle vacanze estive in cui lui, c’era da ammetterlo, metteva a dura prova la sua pazienza.

Sorrise quando uscendo dalla Sala Comune sentì Edward che obiettava che lui era impensierito eccome dagli attacchi di rabbia di quella pazza di Winona.

Girovagando per il piano riuscì a recuperare tutto, malgrado l’impresa quasi eroica che fu costretto ad affrontare nel momento in cui dovette sfilare la mazza dall’armatura canterina accanto all’arazzo di Isotta Sawyre, e quando rientrò nella sua stanza la perlustrò da cima a fondo per essere certo di trovare un nascondiglio che Isabelle non sarebbe mai riuscita a scoprire e che fosse abbastanza sicuro per ospitare la sua attrezzatura e proteggerla da eventuali sabotaggi.

Fu allora che lo sguardo gli cadde sulla busta adagiata sul cuscino del suo letto a baldacchino.

L’afferrò, studiando il sigillo con attenzione. Non gli sembrava di riconoscerlo, ma a giudicare da quanto era elaborato doveva trattarsi di qualcosa di veramente serio.

L’aprì, scorrendo la missiva rapidamente.

 

Congratulazioni signor Blackwood,

il Riot Club è lieto d’informarla che è stato scelto per prendere parte alla selezione dei nuovi membri. La presente pergamena è vincolata a un potente incantesimo che le renderà impossibile parlarne con terze persone, pertanto le consigliamo per la sicurezza della sua persona di non tentare nemmeno di aggirare l’incanto.

Saremo noi a contattarla,

Viper

 

Tutta quella storia gli era completamente nuova, ma non era difficile provare a immaginare chi ci fosse dietro quel fantomatico Riot Club né cosa stessero facendo Anthony ed Edward quando si erano comportati in modo tanto strano e sospetto. Non sapeva ancora cosa pensare a riguardo, l’unica cosa di cui era certo era che sarebbe andato in fondo a quella faccenda.

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Congratulazioni signor Walker,

il Riot Club è lieto d’informarla che è stato scelto per prendere parte alla selezione dei nuovi membri. La presente pergamena è vincolata a un potente incantesimo che le renderà impossibile parlarne con terze persone, pertanto le consigliamo per la sicurezza della sua persona di non tentare nemmeno di aggirare l’incanto.

Saremo noi a contattarla,

Hurricane

 

Liam rilesse quella pergamena per la seconda volta, cercando di dare un senso logico a quelle parole. Erano arrivati a Ilvermorny da poco, ancora praticamente non conoscevano nessuno se si escludevano i cugini Blackwood, eppure c’era già chi si mostrava incuriosito e interessato. Poi sbirciò sul letto a baldacchino di Henrik, poco distante dal suo, individuando sul cuscino dell’amico una busta identica a quella che aveva rinvenuto lui.

Attese che uscisse dal bagno per indicargliela con un cenno del capo.

- Abbiamo ricevuto posta. –

Henrik si fece avanti, frizionando i capelli con l’asciugamano, studiando la busta con l’aria circospetta di chi sembrava aspettarsi di vederla esplodere da un momento all’altro. L’afferrò, rigirandola un paio di volte e tentennò nel momento di aprirla.

- Non ti farà saltare in aria -, lo esortò Liam, - coraggio aprila. –

- L’hai ricevuta anche tu? –

Gli mostrò la sua missiva.

- Credo ci sia scritta la stessa cosa, perciò sbrigati, sono curioso. –

Obbedì, rompendo il sigillo ed estraendo la lettera. La lesse, sgranando gli occhi mano a mano che procedeva con la lettura, e alla fine alzò nuovamente lo sguardo per osservare Liam.

 

Congratulazioni signor Crouch,

il Riot Club è lieto d’informarla che è stato scelto per prendere parte alla selezione dei nuovi membri. La presente pergamena è vincolata a un potente incantesimo che le renderà impossibile parlarne con terze persone, pertanto le consigliamo per la sicurezza della sua persona di non tentare nemmeno di aggirare l’incanto.

Saremo noi a contattarla,

Ice

 

- Cosa hai intenzione di fare? –

- Non lo so, tu invece? –

- Potremmo anche provare a sentire cosa vogliono. So che ai tempi della scuola i miei genitori hanno fatto parte di un Club, questo potrebbe essere qualcosa di simile, perciò ho intenzione di ascoltarli perlomeno. –

Liam ponderò su quelle parole per qualche istante prima di annuire lentamente.

- Va bene, sentiremo cosa vogliono, ma se è una qualche strana setta io non voglio averci nulla a che fare. –

- Promesso, niente adoratori folli. –

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Congratulazioni signor Burke,

il Riot Club è lieto d’informarla che è stato scelto per prendere parte alla selezione dei nuovi membri. La presente pergamena è vincolata a un potente incantesimo che le renderà impossibile parlarne con terze persone, pertanto le consigliamo per la sicurezza della sua persona di non tentare nemmeno di aggirare l’incanto.

Saremo noi a contattarla,

Ermes

 

Congratulazioni signor Nott,

il Riot Club è lieto d’informarla che è stato scelto per prendere parte alla selezione dei nuovi membri. La presente pergamena è vincolata a un potente incantesimo che le renderà impossibile parlarne con terze persone, pertanto le consigliamo per la sicurezza della sua persona di non tentare nemmeno di aggirare l’incanto.

Saremo noi a contattarla,

Wave

 

- Siamo proprio sicuri che non sia un qualche scherzo che hanno deciso di giocarci mr Capitano pallone gonfiato e la sua cricca? –

Caos scrollò le spalle davanti alle riserve dell’amico, mettendo via la pergamena e riponendo il tutto con cura.

- Di solito non ti tiri mai indietro quando si tratta di un invito a qualcosa di esclusivo e potenzialmente assurdo. Sicuro che non lo fai solo perché quel Jackson non ti piace? –

- Ovvio che non mi piace, è così … -

- Posh? –

Loki storse il capo all’udire il suggerimento dell’amico, guardandolo come se si fosse completamente ammattito tutto d’un tratto.

- Non starai mica pensando a quel maledetto film che ci hanno costretto a vedere le nostre sorelline, spero. –

- Certo che no, anche perché loro erano in un college Babbano inglese, noi siamo in una scuola di magia e stregoneria americana. Ovviamente le location sono diverse e pregiudicherebbero la trama. –

- Quando si tratta di cinema tu cominci a preoccuparmi, ma più di ogni altra cosa quello che mi spaventa sono io che riesco a seguire i tuoi ragionamenti perché so di cosa stai parlando – asserì il biondo, alzando gli occhi al cielo incredulo.

- Dovresti ringraziarmi per la cultura che hai assimilato grazie a me. –

Arricciò il naso, afferrando il blazer e riponendolo con cura nell’armadio.

- Dubito che Posh possa considerarsi cultura. –

Caos sventolò una mano a mezz’aria come a dire che tutta quella conversazione era poco rilevante ai fini della loro decisione.

- Quindi cosa facciamo, ci andiamo? –

- Mi darai il tormento se non accetto, vero? –

- Ovviamente. –

- Va bene -, sbuffò, - andremo a questa prima riunione ma se è una palla leviamo le tende e tanti cari saluti a tutti, ok? –

Caos mimò un beffardo cenno militare: - Sissignore! –

 

 

 

 

 

*

 

 

Congratulazioni signor Greengrass,

il Riot Club è lieto d’informarla che è stato scelto per prendere parte alla selezione dei nuovi membri. La presente pergamena è vincolata a un potente incantesimo che le renderà impossibile parlarne con terze persone, pertanto le consigliamo per la sicurezza della sua persona di non tentare nemmeno di aggirare l’incanto.

Saremo noi a contattarla,

Adder

 

Non aveva la più pallida idea di chi fosse quell’Adder né del perché tra tanti studenti inglesi e americani si fosse preso la briga di invitare proprio lui a unirsi al loro Club. Insomma lui non era un tipo festaiolo o particolarmente esuberante, perlopiù se ne stava sulle sue e tendeva a preferire un buon libro al chiasso delle feste, eppure l’invito era stato recapitato proprio sul cuscino del suo letto.

E lui era l’unico Greengrass presente in tutta la scuola.

Non c’era assolutamente nemmeno la più piccola possibilità che si trattasse di un errore.

- Cosa leggi? –

Trasalì quando Reina e Khendra lo raggiunsero al tavolo in biblioteca e di riflesso richiuse la lettera di scatto nascondendola sotto il libro d’incantesimi.

- Nulla, solo una lettera che ho ricevuto. –

Reina parve immediatamente molto interessata e anche il modo in cui Khendra lasciava saettare lo sguardo lasciava intendere che sapesse qualcosa.

- Da chi? –

- Vorrei saperlo, ma a quanto pare va di moda firmarsi in codice da queste parti. –

Reina sgranò gli occhi, afferrandolo per un braccio mentre un sorriso si allargava sul suo volto.

- Lo sapevo! Te l’avevo detto, no Khendra? –

- Già -, la Serpecorno sorrise divertita dall’entusiasmo della sua nuova amica, - l’avevi detto eccome. –

- Le avevi detto cosa? –

- Che avresti ricevuto la lettera anche tu. Io e Khendra abbiamo trovato le nostre poco fa, siamo state invitate entrambe dalla stessa persona. –

- Una ragazza che si firma come Venus -, chiarì l’americana, - tu invece? –

- Adder. Impossibile capire se sia un ragazzo o una ragazza. –

- Chi se ne frega -, Reina era visibilmente euforica, - l’importante è che tutti e tre siamo stati invitati. Sarei morta all’idea di tenervi nascosta una cosa come questa. –

E di sicuro non ci sarebbe riuscita, considerò distrattamente Richard, vista la sua totale incapacità di agire in segreto.

- Frena l’entusiasmo, non credo che ci andrò. –

- Tu ci andrai, non provare nemmeno a pensare il contrario, a costo di trascinarti fino a lì. È un’opportunità fantastica! –

Avrebbe voluto provare a ribattere, ma temeva seriamente che Reina potesse mettere in atto la sua minaccia perciò si limitò ad annuire con fare rassegnato.

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

- Quindi tu non ne sai davvero nulla? –

Isabelle scosse il capo, infilzando una patata arrosto con la forchetta, e allontanò una ciocca castana dal volto con un soffio.

- No, Brook. Sinceramente non avevo idea che avessero formato persino un Club, insomma messa così sembra una cosa grossa. –

- Quindi Jackson Riot è un pezzo più grosso di quello che sembra -, considerò Diana osservando di sottecchi il ragazzo, - e non è solo un bel faccino che gioca a fare il ricco tenebroso. –

- Esattamente chi sono i Riot? Insomma se si muovono in questo modo sembra che tengano molto alla segretezza. –

Isabelle fece per rispondere, ma fu Anna che sorprese tutte con le sue parole.

- I Riot sono una famiglia di antiche origini inglesi trapiantata in America all’arrivo delle prime navi puritane, da allora hanno fatto la loro fortuna prima investendo fondi in opere magiche di nuova generazione e poi giocando di borsa. Hanno intessuto relazioni diplomatiche con i potenti di tutta l’America e della Gran Bretagna, hanno persino ottime connessioni con il resto dell’Europa. –

Brooklyn emise un fischio flebile.

- E questo quando l’hai scoperto? –

- Questo pomeriggio, dopo che ho trovato la lettera, quando mi sono chiusa in biblioteca a fare ricerche. Però tutto ciò che ho trovato era generico, non c’erano dati e informazioni sicure o dettagliate. –

- Non tutti gli affari dei Riot sono limpidi -, replicò Isabelle, - perciò hanno fatto della segretezza la loro carta vincente. Nessuno sa con precisione a quanto ammonti il loro patrimonio o quante siano esattamente le proprietà in loro possesso … c’è chi dice che non vogliano rischiare un esproprio a opera del Ministero. –

Brooklyn diede voce alla domanda che affollava la mente di tutte e tre.

- Quindi vogliamo prendere parte a un Club gestito da qualcuno di cui non sappiamo nulla oppure facciamo finta di non aver mai ricevuto gli inviti? –

Quella sì che era una bella domanda, considerò Diana, ma d’altro canto non c’era nulla che suggerisse che quel Club fosse pericoloso e tre di loro venivano da una generazione precedente che si era baloccata con un Club alla loro età.

- Majestic ha invitato me e Isabelle, Adder ha invitato Anna e Brooklyn è stata invitata da Viper. Questo significa che nel Club ci sono almeno tre persone, probabilmente molte di più, e mi risulta difficile credere che ci siano tanti personaggi ambigui all’interno di Ilvermorny. Quindi io direi di provare a sentire quello che hanno da dire, di sicuro non si tratta di nulla che potrebbe farci finire ad Azkaban – concluse con ironia.

Le tre ragazze rifletterono sulle sue parole prima di annuire all’unisono.

Provare non costava nulla.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Salve!

Finalmente i nostri ragazzuoli cominciano a intravedere qualcosina sul Riot, mentre nel prossimo capitolo avranno a che fare con la tanto ambita “serata di gala”. Perciò chiederei a tutti quanti di inviarmi una descrizione (o meglio ancora un link) dell’abito che volete indossi il vostro OC (sia esso una Cavalletta o un membro ufficiale del Riot). Tenete presente che sarà un evento molto formale, perciò più è elegante e meglio è.

Ah, ne approfitto per fare un po’ di pubblicità a una nuova interattiva un po’ diversa dalle mie solite che trovate qui: https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3808170

A presto.

Stay tuned.

XO XO,

Mary

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5

 

 

 

 

 

- Continuo a credere che il fatto che non possa indossare uno smoking anche io sia una vera e propria ingiustizia – sbuffò Astrid mentre osservava l’amica indossare l’abito che aveva fatto realizzare appositamente per l’occasione da una delle magi stiliste di grido della scena della moda americana.

Dire che fosse oltremodo pomposo era poco, vista la quantità abnorme di strascico che ricadeva sul pavimento e il colletto alto a ventaglio che circondava il collo da cigno di Esme. Un abito da regina, questa era stata la prima cosa che aveva pensato quando l’aveva vista estrarlo dalla scatola immensa in cui era racchiuso, e il significato metaforico non le era sfuggito: Esme voleva il titolo di Presidentessa e non si faceva scrupolo a sbandierarlo dritto in faccia a Jackson.

- Sembra oro liquido – mormorò, accarezzando il vestito e sorridendo compiaciuta.

- Sei mozzafiato. –

- Lo so … e comunque non dire assurdità, ovviamente non puoi indossare uno smoking. Insomma il bello di questi eventi è proprio lo scegliere vestiti che di solito non puoi indossare, è un po’ come essere delle regine per una sera. –

Astrid si accigliò, per nulla convinta dalle parole della sua migliore amica. Esme amava quel genere d’eventi, le dava una sensazione di potere, e da un certo punto di vista la capiva ma lei continuava a credere che un paio di pantaloni e delle scarpe comode fossero la cosa migliore a cui una ragazza potesse aspirare quando si trattava di vestiti.

- Andare in giro con un tendone da circo e su scarpe che più che altro sembrano trampoli non è mai stato il massimo delle mie aspirazioni. –

- Motivo per il quale ho pensato io al tuo vestito. Coraggio, è nella scatola dentro al mio armadio, vallo a prendere. –

Si alzò dal letto a baldacchino, raggiungendo l’armadio in mogano con una certa apprensione. Esme la conosceva bene, ma certe volte tendeva a essere un po’ troppo plateale nella sua scelta di outfit per cui non sapeva cosa aspettarsi.

Trovò la scatola sul fondo, seminascosta dai vestiti dell’amica, e la trasportò sul suo letto per poi aprirla lentamente.

Sentiva su di sé le iridi scure di Esme mentre sfilava l’abito e lo studiava.

Era un semplice tubino a spalla larga che arrivava fino a terra, di un bel blu che sicuramente le avrebbe fatto risaltare gli occhi, accompagnato da una stola ricamata che già adorava.

- È perfetto … -

Esme le sorrise compiaciuta.

– Sapevo che ti sarebbe piaciuto; indossalo, vediamo se ho indovinato le misure. –

 

 

 

Loki sorrise ironico mentre osservava il suo migliore amico alle prese con l’abito che sua cugina gli aveva consigliato per l’occasione. Doveva ammettere che se non fosse stato per Diana probabilmente a quell’ora lui avrebbe finito con il ritrovarsi ad Azkaban per aver strangolato Caos perciò era stato più che lieto di lasciare l’incombenza modaiola alla ragazza. Però in quel momento non c’era nessuna Diana in procinto di arrivare in loro soccorso perciò Caos non aveva avuto ostacoli nello sbuffare liberamente per mezz’ora abbondante mentre fissava l’abito decretando che non l’avrebbe messo nemmeno sotto Imperius.

Alla fine Liam l’aveva minacciato di trascinarlo alla festa in mutande se non si fosse dato una mossa e così aveva finito per cedere, rimarcando però con sonori e continui sbuffi ogni passaggio che compiva.

- Hai l’aria di un condannato a morte. –

- Bene -, sospirò Caos armeggiando con i bottoni del panciotto in tweed, - perché è esattamente come mi sento. Sono sempre favorevole a fare festa, ma non capisco perché dobbiamo conciarci in questo modo ridicolo. –

- Perché se questo club è effettivamente così esclusivo è perfettamente logico che le loro feste siano un po’ pretenziose – replicò pazientemente Henrik mentre finiva di fare il nodo alla cravatta.

- Sembro un idiota vestito così. –

- È vero, ma la colpa non è certo del vestito – ridacchiò Loki.

- Non sei divertente. –

- La verità non è mai divertente. –

Caos afferrò il cuscino più vicino e lo lanciò dritto verso di lui, colpendolo in faccia e ponendo freno alle sue risate.

- Comunque la cravatta non la metto – asserì alla fine, fissando quel pezzo di tessuto come se fosse sua la colpa di tutti i mali del mondo.

- Se non la mette lui non lo faccio nemmeno io – intervenne Scott.

- Se non è proprio strettamente necessario allora anche io … -

Fu allora che Henrik esplose, tacitando all’istante tutte le proteste degli amici sotto lo sguardo divertito di Liam.

- BASTA! Scott e Loki, voi la cravatta dovete metterla per forza perché il vostro abito è troppo elegante e stonerebbe senza; Caos se questo ti fa smettere di lagnarti allora lascia pure la camicia aperta e non mettere la cravatta. Mancano venti minuti all’appuntamento, pensate di riuscire a chiudere il becco e finire di prepararvi per tempo? –

I tre annuirono in silenzio, finendo di prepararsi come diligenti scolaretti dopo aver ricevuto quell’inaspettata strigliata.

- Però immagino che questo sia un esempio delle direttive di tua madre – commentò Liam, un sorriso divertito ancora ben impresso sulle labbra, - ora capisco perché tu e tuo padre scattate sempre come soldatini. –

 

 

 

- Non ci sono proprio possibilità di rimanercene buoni in Sala Comune a leggere qualcosa? –

- Nemmeno mezza -, asserì Reina prendendolo sottobraccio, - perciò rassegnati all’idea di passare una serata in mezzo a decine di persone, musica, divertimento e alcool. Vedila così, ci sono punizioni ben peggiori. –

Marcus rivolse un’occhiata all’indirizzo di Khendra alla ricerca di un aiuto che, suo malgrado, sapeva già fin troppo bene che non sarebbe giunto.

Infatti l’americana si limitò a scrollare le spalle con un sorriso di scuse che sembrava dire “ehy, non guardare me, io sono più che favorevole a questa festa”.

Non c’era niente da fare, considerò rassegnato, era completamente in balia di quelle despote festaiole. Non gli restava che adeguarsi all’idea e cercare almeno di non sembrare completamente un pesce fuor d’acqua.

Khendra lo prese sottobraccio dall’altro lato, trasformandoli in una sorta di bizzarro triangolo che camminava a passo spedito lungo i corridoi di Ilvermorny.

- Considerati molto fortunato, sarai l’unico a fare il suo ingresso con ben due ragazze al braccio. –

 

 

 

- Quindi quello è il tipo che hai selezionato? –

Arthur annuì mentre seguiva lo sguardo di Joaquin fino a soffermarsi sul ragazzo dai capelli biondissimi scortato dalle sue amiche.

- Non mi sembra molto a suo agio -, osservò accigliandosi, - sei sicuro di quello che fai? –

- Credo che ci sia molto più di quello che appare in lui, deve solo tirarlo fuori. –

Joaquin rise con malizia.

- Stai ancora parlando del suo carattere? –

Arthur si unì alle risate del Tuonoalato. Era facile scherzare con Joaquin, si trovavano spesso sulla stessa lunghezza d’onda anche se fortunatamente i loro gusti in fatto di compagnie maschili erano diversi.

- Tu ed Esme continuate a fare allusioni sessuali come se fosse l’unica cosa che mi interessa -, lo rimbrottò amichevolmente, - sono forse un tipo tanto prevedibile? –

Joaquin scosse il capo.

- Tu sei tutt’altro che prevedibile, Art. E direi che il tuo nuovo amico ne è la prova lampante, stai solo attento a non scottarti troppo. –

Scottarsi.

Il Serpecorno capiva a cosa si stesse riferendo, ma c’era qualcosa in quell’inglese dal fascino angelico e ingenuo che l’attirava irresistibilmente. Era diverso da tutto quello a cui era abituato e tanto bastava a intrigarlo come faceva la fiamma con la falena.

Decise di cambiare argomento, tornando su un terreno più sicuro per lui.

- Intendi come hai fatto tu con Jackson? Credevi che non l’avessi capito? Anche se non capisco perché non ti sei confidato con me, di solito lo fai … -

Joaquin soffermò appena lo sguardo sul compagno di Casa, intento a chiacchierare allegramente con Winona a qualche metro da loro, e lasciò che un sospiro gli sfuggisse dalle labbra prima di tornare a voltarsi verso Arthur.

- Non è evidente? Lo sanno anche i sassi che nessuno si dovrebbe mai prendere una cotta per un etero convinto invece io faccio l’esatto opposto. Suppongo ci sia una vena masochista in me. –

Arthur gli battè una mano sulla spalla con fare solidale, si soffermò sulla camicia dal colletto alla coreana, raddrizzandogli appena il papillon nero, e gli sorrise.

- Ti hanno già detto quanto sei spettacolare questa sera? –

 

 

*

 

 

Anna osservò la sala in cui erano entrare, soffermandosi sui preziosi intarsi che adornavano le pareti e sulle colonne in marmo pregiato. Accarezzò con la punta delle dita la cornice in oro massiccio che racchiudeva un dipinto dall’aria antica. Gli uomini ritratti indossavano abiti sontuosi e osservavano i presenti con aria altezzosa.

- Non sembrano molto contenti di vederci qui – osservò Brooklyn notando le occhiate sdegnate che rivolgevano al loro gruppo.

- Immagino che, proprio come tutte le altre società segrete, un tempo il club fosse interdetto alle donne. –

- Un gruppo di misogini con la puzza sotto al naso, che sorpresa … potete anche smetterla di guardarci come se avessimo due teste – aggiunse Diana, fulminando con un’occhiataccia gli antichi rampolli che per tutta risposta brontolarono aspramente ma infine l’assecondarono.

Probabilmente malgrado il fastidio per la loro presenza il galateo imponeva loro di assecondare le richieste di una signora.

- Come credete che dovremmo procedere? –

- Non saprei, Anna, ma immagino che se restiamo impalate qui attiriamo ancora di più l’attenzione. –

- Come se non lo facessero già abbastanza i vestiti di queste due – aggiunse Brook, sorridendo ironicamente.

Diana scrollò le spalle e allontanò una ciocca di capelli dal volto.

- Non mi lascio sfuggire l’occasione di mettermi in ghingheri una volta ogni tanto, detesto le divise scolastiche … e parlando di sguardi, sembra che qualcuno non riesca a togliere gli occhi di dosso dalla nostra Izzy. –

La ragazza inarcò un sopracciglio con perplessità, guardandosi attorno per cercare di capire a chi si stesse riferendo Diana.

- Sta parlando di Loki – le venne in aiuto Brooklyn.

Scosse il capo con decisione.

- Assurdo, ci conosciamo da una vita, figurati se pensa a me in quel senso. –

Lei e Diana si scambiarono un’occhiata allusiva … a quanto pareva erano in due a ostinarsi a non vedere quello che era chiaro come il sole a tutti coloro che li circondavano.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Salve!

Spero che questa prima parte del capitolo vi sia piaciuta e direi che ormai siamo giunti al momento più succulento della storia ovvero quello in cui vi chiedo di indicarmi un paio di nomi che vedreste bene in una possibile relazione con il vostro OC (ovviamente io già so che alcune persone hanno le idee già chiare per cui se l’avete indicato nella scheda non occorre che inviate il messaggio) … ah, chi ha dei “nipoti” nati dalla precedente storia può ovviamente suggerire un partner anche per loro così mi semplificate un po’ il lavoro xD

La seconda parte della serata arriverà nel prossimo capitolo orientativamente martedì.

Qui sotto trovate i link degli abiti indossati dagli OC durante la serata di gala (per quanto riguarda Khendra e Anthony non avendo ricevuto indicazioni in merito non troverete il link qui sotto).

A presto.

Stay tuned.

XO XO,

Mary

 

 

Abiti:

 

 

Reina


 

Liam


 

Marcus


 

Brooklyn


 

Esme


 

Joaquin



Edward


 

Arthur


 

Astrid (immaginate che l’abito sia blu xD)



Winona


 

Jackson


 

Isabelle


 

Scott


 

Loki


 

Caos


 

Henrik


 

Diana


 

Anna

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6

 

 

 

 

 

- Credo di aver appena cominciato a pensare che questo posto sia davvero come Posh – constatò Loki mentre osservavano l’ampia sala sfarzosa e il lungo tavolo su cui erano stati sistemati in egual misura cibo e bevande, alcoliche e non a onor del vero, provenienti un po’ da ogni angolo dell’America e non solo.

Liam aggrottò la fronte, guardandolo come se fosse improvvisamente impazzito.

- Identico a chi? –

- Casomai a cosa -, intervenne Caos sorridendo raggiante, - e per rispondere alla tua domanda … Posh è un film su un gruppo di tizi ricchi e viziati che fanno parte di una società segreta ad Oxford. –

Henrik emise un gemito, passandosi una mano sul volto con l’aria di chi sapeva benissimo che quando l’amico cominciava a sproloquiare non c’era verso di fermarlo, specialmente se il tutto coinvolgeva una bella dose di trash e segreti inconfessabili.

- Ti prego, non un’altra volta. –

- Sono sempre più confuso – insistè Liam, lasciando vagare lo sguardo sul volto di ciascuno dei quattro ragazzi.

Scott gli battè una mano sulla spalla con tono consolatorio. – Vedila così, non sai quanto sei fortunato a non sapere nulla di Posh e, più in generale, delle strane ossessioni di Caos. Credo che i suoi deliri abbiano turbato non poco la mia infanzia. –

- L’ho resa molto più divertente -, bofonchiò il diretto interessato atteggiando il volto a una comica espressione indignata, - e mi domando come avreste mai fatto se non ci fossi stato io. –

- Io lo so -, Loki gli rivolse un sorriso ironico, - avrei comprato un gatto … sono pigri, egocentrici e ossessivi proprio come te perciò non avrei notato minimamente la differenza. –

Gli fece la linguaccia per poi alzare il mento con aria sdegnata e afferrare uno dei calici vicini.

- Affogo il mio dispiacere nell’alcol, se ne diventerò dipendente sarà per causa vostra. –

La tentazione di rispondergli era forte, ma alla fine Henrik decise saggiamente di lasciar perdere. C’erano persone che se fatte ragionare diventavano pacate e si davano una regolata, ma decisamente non si trattava di Caos; anzi se lo si incoraggiava dandogli spago si rischiava di vederlo dare un vero e proprio spettacolo per essere certo di essere al centro della scena e di rimanere sotto i riflettori il più a lungo possibile.

 

 

 

Diana corrugò la fronte mentre osservava il cugino afferrare il secondo bicchiere e vuotarlo allegramente.

- Si può sapere chi ha avuto la brillante idea di lasciare che Caos arrivasse ai calici indisturbato? –

- Non ne ho idea -, replicò Brooklyn con un’aria vagamente divertita, - ma se beve abbastanza possiamo essere sicure che la serata non sarà affatto noiosa. Ti ricordi la tua festa dell’anno scorso? –

Certo che la ricordava e al solo pensarci aveva ancora i brividi lungo la schiena. Quel pazzo di suo cugino si era scolato un’intera bottiglia di whisky incendiario da solo e aveva pensato bene di mettersi a ballare la mazurca sul tetto del patio. Ovviamente era caduto, atterrando sull’aiuola perfettamente curata che sua madre aveva finito di sistemare quella stessa mattina, e le urla di Elizabeth Nott in Price erano echeggiate in tutta la zona mentre chiedeva al fratello maggiore se si sarebbe dispiaciuto particolarmente se avesse fatto fuori il suo primogenito.

- Mi domando chi sia stato il folle che l’ha candidato –, considerò Isabelle meditabonda, - e soprattutto se abbia una vaga idea di ciò in cui si è cacciato. –

- Immagino che lo scopriremo presto … sembra che stia per iniziare il discorso di benvenuto – constatò Anna, accennando con il capo all’angolo opposto della sala dove Jackson Riot si era alzato in piedi.

L’americano era appoggiato al bordo del camino, teneva in mano un bicchiere di quello che sembrava un whisky incendiario piuttosto vecchio e costoso e a giudicare dall’intensità dei riflessi ambrati, e li osservava in silenzio probabilmente domandandosi quanto ancora ci avrebbero messo prima di chiudere la bocca e smettere di conversare tra loro.

Come a voler confermare la sua supposizione, picchiettò con le dita contro il bicchiere e accennò un sorriso beffardo.

- Se siete comodi direi che possiamo anche cominciare, avrete tempo per fare salotto più tardi. –

Uno dopo l’altro i presenti smisero di chiacchierare e il silenzio scese all’interno della sala. Quando Jackson fu soddisfatto riprese a parlare: - Alcuni di voi già mi conoscono, altri sono ospiti qui a Ilvermorny e forse non sanno chi sono … Lord Jackson Eldridge Riot, ma anche solo Jackson andrà bene. –

- Che gentile concessione – bofonchiò Diana, stando attenta a tenere il tono abbastanza basso da farsi udire solo da loro.

Le tre amiche dovettero faticare per trattenere una risata.

- Tutti voi avete ricevuto un invito formale a sottoporvi alla selezione del Riot Club e come avrete notato in calce a ognuno di essi era apposto un nome in codice con cui i membri del Club si riferiscono durante le riunioni. Immagino siate curiosi di sapere da chi siete stati candidati, ma prima di ogni altra cosa sarà meglio che spieghi in cosa consiste esattamente -, riprese a parlare lentamente, - qui al Riot vengono accolti solo gli studenti migliori che passano da Ilvermorny, i più dotati e i più adatti all’inserirsi nei contesti sociali a cui il Riot prepara. Colui che vi ha candidato si farà garante della vostra preparazione e dell’esito delle prove a cui verrete sottoposti, sarà a lui che dovrete rivolgervi in caso abbiate qualcosa da chiedere o vi serva aiuto. –

Esme Cavendish tossicchiò con fare eloquente.

- Ah, un’ultima cosa, chi di voi verrà ammesso al Club si ritroverà con molta probabilità ad affrontare una votazione da qui alla fine dell’anno … perciò cominciate a farvi un’idea – concluse, improvvisamente scuro in volto.

 

 

 

- Permettete che vi rubi il vostro affascinante amico per qualche minuto? –

Reina e Khendra si scambiarono un’occhiata complice prima di annuire con una risata e lasciare l’amico in compagnia di Arthur, colui che tra l’altro aveva proprio contribuito con la sua scelta a renderlo partecipe di quell’incontro.

Si allontanarono osservandoli con fare discreto mentre guardavano il Serpecorno intavolare una conversazione con scioltezza mentre Marcus, dopo un iniziale momento di incertezza e imbarazzo, cominciava timidamente a rispondere alle sue domande e si spingeva addirittura a porne di sue.

- Avete sacrificato il vostro amico immolandolo alle chiacchiere di Arthur? –

Sussultarono, voltandosi sorprese per fronteggiare il profilo deciso e attraente di Edward. Il ragazzo le osservava con malcelato divertimento, lasciando saettare lo sguardo da loro all’angolo in cui Arthur aveva stretto il loro amico.

- Sembrava molto determinato a parlargli – asserì Reina.

- Quello è poco ma sicuro, Arthur sa essere molto insistente e persuasivo quando vuole … Khendra è nella sua stessa Casa, immagino lo sappia bene ormai. –

L’americana annuì, le labbra increspate in un sorriso divertito, - Già lo conosco bene ormai e proprio per questo non mi sono messa sulla sua strada. –

- Saggia scelta. –

- A proposito di scelte, qual è stata la tua? –

Edward indicò il ragazzo moro dalla carnagione olivastra nell’angolo. – Quello laggiù. –

Reina inarcò un sopracciglio, sorpresa.

- Caos? Sei tu il pazzo che l’ha invitato? –

Edward ridacchiò, allontanando una ciocca di capelli dalla fronte sulla quale era ricaduta. – Mi piacciono le persone esuberanti, gli spiriti liberi sanno essere molto divertenti. –

- Non l’avrei mai detto -, ammise Khendra sorpresa, - di solito sembri una persona che se ne sta sulle sue e lancia frecciatine sarcastiche. –

- Oh, lo sono, ma c’è molto più in me di quello che lascio vedere agli estranei … sono un ragazzo pieno di soprese – concluse strizzandole l’occhio.

 

 

 

- Perché proprio me? –

Arthur sorrise davanti all’atteggiamento perplesso e poco convinto del biondino che lo fronteggiava. Aveva capito all’istante che quel ragazzo seppur incredibilmente intelligente diventasse tremendamente sospettoso quando qualcuno che non lo conosceva si dimostrava interessato a lui. Così decise di rilanciare.

- Perché non proprio te? –

- L’ho chiesto prima io – obiettò.

- Lo so, ma io ti ho ignorato e ti ho chiesto un’altra cosa. –

Marcus parve non sapere bene come controbattere e tentennò per qualche istante prima di mettere su un broncio che, a giudizio di Arthur, era a dir poco adorabile.

- Non si risponde a una domanda con un’altra domanda. –

- Vero, faccio mea culpa. Diciamo che è stato un colpo di fulmine, mi hai folgorato all’istante. –

Scosse il capo, alzando gli occhi al cielo consapevole di essere diventato dello stesso colore dei pomodori maturi.

- Non riesci proprio a essere serio? –

- Ma io sono serissimo -, assicurò guardandolo dritto negli occhi, - e quando arrossisci sei ancora più carino. –

- Smettila di prendermi in giro – bofonchiò, cercando con lo sguardo le sue amiche.

Di solito erano loro a trascinarlo in situazioni che lo facevano morire dall’imbarazzo, ma in quel momento avrebbe dato praticamente qualsiasi cosa perché Reina e Khendra arrivassero in suo soccorso. E invece le due ragazze erano presissime dalla conversazione con un altro dei membri del Club. A quanto pareva doveva cavarsela da solo, pensò rassegnato.

- Non volevo farti arrabbiare -, Arthur cambiò all’istante approccio, - è che ero sinceramente convinto che fossi a conoscenza del tuo potenziale ma a quanto pare ancora non sai bene chi sei e cosa sei in grado di fare. –

- Certo che lo so. –

- No, è evidente che non ne hai idea, sarà mio compito in quanto tuo referente mostrartelo – decretò.

 

 

 

- Sono un bel gruppo di aspiranti – decretò Winona, comparendo al suo fianco e cogliendolo del tutto di sorpresa.

Era diventato bravo a mascherare le sue emozioni nel corso degli anni, perciò riuscì a non trasalire e a rimanere impassibile mentre studiava il drappello di Cavallette davanti a loro.

- Non sono male, ma è troppo presto per esserne sicuri. –

- Un po’ più di ottimismo non ti ucciderebbe, Jack. –

- Non mi piace cantare vittoria troppo presto. –

- Lo so, ma sta andando tutto bene, puoi rilassarti. –

Jackson osservò il liquido ambrato che ondeggiava all’interno del suo bicchiere e poi prese un tiro dalla sigaretta che teneva nell’altra mano.

- Mi rilasserò dopo la votazione. –

Spazientita, Winona gli tolse il bicchiere di mano e lo poggiò sul ripiano del camino poi afferrò la sigaretta stretta tra le labbra del ragazzo e la finì di fumare con tre rapidi tiri.

- Basta deprimersi, vieni a ballare con me – ordinò, afferrandolo per mano e trascinandolo in mezzo alla pista.

Prima che Jackson sapesse esattamente come si era ritrovato lì, a muoversi a tempo di musica tenendo le braccia attorno ai fianchi della ragazza, si ritrovò nel bel mezzo di un ballo incalzante con Winona che gli cingeva il collo sorridendo.

- Hai visto che non è così difficile divertirsi per un po’? Dopotutto siamo a una festa. –

Già, forse poteva davvero concedersi qualche attimo di spensieratezza e tutto ciò che occorreva per vivere il suo ultimo anno di scuola con almeno un pizzico della spensieratezza che un ragazzo della sua età avrebbe dovuto possedere.

Le fece fare una piroetta, stringendola a sé con fermezza prima di inclinarla in un casquè che le strappò uno strilletto sorpreso.

Le sorrise.

- Hai ragione, è il momento di divertirsi un po’. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Salve!

Allora comincio dicendovi che qui sotto trovate il link dell’abito di Khendra e proseguo con una notizia non molto lieta ovvero con l’esclusione di Anthony da questa storia. Non essendo ancora a un punto in cui possa giustificare la scomparsa con una morte mi limiterò a non nominarlo più nell’arco della storia. Detto ciò, ci sentiamo presto.

Stay tuned.

XO XO,

Mary

Khendra

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7

 

 

 

 

 

Joaquin fece capolino dalle coltri del suo letto a baldacchino, lasciando che lo sguardo vagasse come sempre verso il letto alla sua destra lì dove solitamente trovava il cuscino occupato dalle ciocche color bronzo di Jackson ma che in quel momento era vuoto. Si mise a sedere e osservò la loro stanza con curiosità, ma quando appurò che l’amico doveva essersi già alzato da un pezzo sgattaiolò fuori a sua volta ignorando le proteste dei suoi compagni che si lamentavano per tutto quel rumore.

Lo trovò seduto sul divano davanti al caminetto in cui scoppiettava allegramente il fuoco, chino su alcune lettere che dovevano essergli state recapitate poco prima a giudicare dalla presenza di Absinth, la sua poiana americana, appollaiata su bordo del divano come se fosse su un improvvisato trespolo.

Tossicchiò annunciando la sua presenza e gli si avvicinò sedendosi sul bracciolo della poltrona più vicina, le iridi blu che lo osservavano con curiosità.

- Notizie da casa? –

- Già, da almeno tre fonti diverse. –

- Fammi indovinare l’ordine con cui sono arrivate … lo zio figo, Lord Riot senior e poi la malvagia strega dell’Est? –

Rose era stata soprannominata in quel modo fin dai tempi in cui era ancora una Tuonoalato, quando anni prima si era accaparrata il titolo di Presidentessa del Riot Club e aveva cominciato a spadroneggiare con i suoi modi tirannici su tutto e tutti. Inutile dire che anche se erano passati ormai tre anni dal giorno del suo diploma coloro che erano abbastanza grandi da aver frequentato qualche anno a Ilvermorny durante il suo percorso di studi la ricordavano con un curioso mix di terrore e mal sopportazione.

- Già. Zio Desmond mi avvisa caritatevolmente dell’arrivo della lettera della nazi bionda e del fatto che sia sul piede di guerra per un non meglio precisato motivo, mio padre comunica la sua presenza alla serata delle carriere per gli studenti degli ultimi anni e ci tiene a ricordarmi che tutto il Club dovrà comportarsi al meglio … Rose invece vuole solo rimarcare che non è contenta di me, nessuna novità insomma. –

- Quando mai Rose è stata contenta di qualcosa o qualcuno se si esclude Malefica? –

In effetti sembrava che solo la sua ragdoll di razza purissima riuscisse a strapparle dei sorrisi di tanto in tanto … a giudizio di Jackson solo ed esclusivamente perché il felino non aveva il dono della parola e non poteva quindi contraddirla in alcun modo.

- Anne lo sa? –

- Immagino di sì, figurati se Rose si è lasciata sfuggire l’occasione di dare il tormento anche a lei. –

Il fatto che la sua unica sorella fosse fin troppo in sintonia con il fratello, infatti, aveva sempre disturbato particolarmente Rose e non aveva mai fatto mistero della cosa; non riteneva infatti comprensibile il fatto che Anne non la prendesse a modello dal momento che al di là della palese bellezza era riuscita anche a conquistare il suo posto in società con un fidanzamento a dir poco ambito e che era realizzata in ambito professionale. Insomma l’idea di non essere idolatrata da ogni singolo essere vivente sulla faccia del globo doveva essere a dir poco frustrante per una come lei, che viveva d’immagine più che di ogni altra cosa.

- Ricordami come si chiama il malato mentale che le ha chiesto di sposarla? –

- Joseph Augustus Montgomery Lloyd – Barclay, duca di Marlborough. –

Joaquin emise un fischio sommesso. – Pomposo come pochi … dove accidenti è Marlborough? –

- In Inghilterra, da qualche parte nella contea del Wiltshire. –

- Speranze che si trasferisca lì? –

Jackson gli rivolse un’occhiata allusiva.

Sua sorella in una cittadina che non arrivava neppure alle diecimila anime? Era a dir poco escluso.

- Temo che continueremo a doverla sopportare in omnem vitam. –

 

 

 

 

 

Winona venne travolta da un piccolo uragano dai lunghi e lisci capelli biondi che indossava la divisa dei Serpecorno.

- Scusa Winnie. –

Lo sguardo imbronciato di Anne si addolcì all’istante non appena ebbe messo a fuoco la persona che aveva finito con l’investire mentre marciava risoluta lungo il corridoio e metteva tra sé e sua sorella il maggior spazio possibile.

- Tranquilla, la vecchia Winnie ha la pelle resistente -, scherzò, - piuttosto perché hai l’aria di chi vorrebbe staccare la testa a morsi al primo che passa? –

- Rose. –

La Wampus annuì con aria grave, battendole una mano sulla spalla con solidarietà.

- Condoglianze, si fermerà a scuola per molto? –

- Quanto basta per tartassare Jack e rendere la mia vita un inferno in terra. Insomma normale amministrazione per la Barbie nazista che si spaccia per mia sorella. –

Questa volta Winona non riuscì a trattenere le risate e scoppiò, il corpo squassato mentre si chinava su se stessa e si teneva la pancia che le doleva per il troppo ridere.

Conosceva Rose fin da piccolissima e aveva imparato a ignorare i suoi commenti veleniferi e il suo atteggiamento da primadonna, ma continuava a nutrire una sincera ammirazione per il fatto che né Jack né Anne avessero ancora attentato seriamente alla sua vita.

- Nello specifico cosa vuole questa volta? –

- Che presenzi alla serata per le carriere -, sbuffò tetra, - e che possibilmente ci vada accompagnata. –

- La serata per le carriere è dal quinto in poi, hai ancora un anno di tempo. –

- Questo secondo la cognizione di una persona sana di mente, ma si dà il caso che stiamo parlando di Rose … crede che debba cominciare a ragionare seriamente sul mio futuro a meno che non voglia ritrovarmi dopo il diploma a non avere uno straccio di prospettiva lavorativa o un fidanzato all’altezza del retaggio della famiglia. –

Discorsi a dir poco medievali, ma nulla che le giungesse nuovo.

- E tuo padre cosa ne dice? –

Anne era la piccola di casa, il faccino d’angelo a cui bastava sbattere le ciglia e fare gli occhi dolci per ottenere da Lord Riot senior praticamente qualsiasi cosa, perciò c’erano buone possibilità che l’uomo fosse intervenuto per salvarla.

- Ancora non è arrivato, ma spero che la tenga a freno lui altrimenti passerò al piano B. –

- Che sarebbe? –

- Ucciderla e occultare il cadavere. –

 

 

 

 

 

- Quello non è lo zio di Jackson? –

Esme seguì lo sguardo dell’amica lungo le fila di studenti che si affollavano per l’atrio e individuò il profilo alto ed elegante di Desmond Riot.

L’uomo aveva compiuto da poco trent’anni ed era ancora di una bellezza devastante, proprio come lo ritraevano le foto impresse nell’albo d’oro del Riot Club di dodici anni prima.

Si aggirava per l’atrio con espressione vagamente nostalgica, sorridendo con il compiacimento di chi sapeva bene di avere tutti gli occhi puntati addosso. Dopotutto non era roba da ogni giorno vedere aggirarsi per la scuola il Vice Primo Ministro americano.

- Sì, è decisamente lui … andiamo a salutarlo. –

Astrid venne quasi trascinata di peso verso il giovane uomo, ritrovandosi a fronteggiarlo con espressione vagamente imbarazzata. Dopotutto l’aveva visto appena una manciata di volte a eventi formali e non aveva mai avuto l’occasione di parlarci a tu per tu, ma sembrava che Esme non si ponesse minimamente il problema perché si alzò sulla punta dei piedi e depose due rapidi baci sulle guance fresche di rasatura di Desmond.

Quando si separarono mormorò con voce bassa e volutamente sensuale, tenendo ben salda una mano sul suo avambraccio in una lieve carezza.

- Ciao Dex, come mai da queste parti? –

Astrid dovette reprimere un sorrisetto davanti alla sfrontataggine dell’amica. Che Esme ritenesse Desmond un gran bell’uomo non era certo un mistero, ma mai avrebbe pensato di assistere a un flirt tanto spudorato nel bel mezzo della scuola.

La sua migliore amica era una pazza, pensò divertita, e la cosa rendeva il tutto ancora più avvincente.

- Sostituisco il ministro, ha incombenze ben più pressanti della serata delle carriere. Tu piuttosto come stai? So di un po’ di maretta all’interno del Club. –

Esme fece una mezza piroetta su se stessa, allusiva.

- Alla grande, non ti pare? –

Lo sguardo di Desmond indugiò per un attimo in corrispondenza delle forme generose che la divisa celava solo in parte, inarcando un sopracciglio.

- Direi proprio di sì. Allora stai facendo dannare mio nipote? –

- Oh Dex -, arricciò le labbra in un broncio sensuale, - pensi che potrei mai farlo? –

- Senza esitare. –

Rise deliziata, battendogli una mano sul petto con delicatezza.

- Sei sempre molto divertente, ma ti assicuro che non faccio nulla più che difendere il mio posto all’interno del Club. –

- Quando è così è doveroso informarti che non sono venuto da solo … c’è anche mia nipote. –

Esme si ritrasse come se si fosse improvvisamente scottata.

- Rose? –

- Purtroppo sì. –

Recuperò in fretta il suo modo di fare civettuolo.

- Beh se hai bisogno di qualcuno che ti distragga dalle sue sparate folli sai dove trovarmi. –

Prese Astrid sotto braccio e dopo che entrambe l’ebbero salutato si diressero verso la loro prossima lezione.

Rimaste sole, Astrid ruppe il silenzio: - Cosa pensi di fare ora che c’è anche lei? –

- Immagino che dovrò stringere alleanze inaspettate finchè quella banshee travestita da bambolina non se ne torna all’inferno da cui è venuta. –

- Intendi collaborare con Jackson? –

- Precisamente. –

- Adesso sì che le ho viste tutte – sentenziò Astrid.

Quella serata delle carriere si preannunciava un vero e proprio bagno di sangue.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Salve!

Dunque mie care, premetto che con le coppie sono ancora abbastanza in alto mare perché avete tutte delle idee diverse perciò prima di vedere un po’ di romance ci vorrà qualche capitolo xD Detto ciò come alcune di voi mi hanno chiesto, dal prossimo capitolo si entrerà nell’azione delle “prove di selezione” e si scaverà nel passato degli OC tramite alcuni flashback. Perciò vi chiederei di votare i nomi dei primi due OC di cui volete conoscere il passato (tramite messaggio privato) e ovviamente prima arrivano i voti e prima arriverà il capitolo … comunque intendo aggiornare sicuramente entro Natale così mi faccio perdonare anche per questo capitolo decisamente corto e in cui sono comparsi ben pochi personaggi, ma che mi serviva come capitolo di passaggio per non appesantire troppo il prossimo.

A presto.

Stay tuned.

XO XO,

Mary

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8

 

 

 

 

 

 

 

Esme Cavendish


 

 

 

 

 

Percorse i corridoi a passo di carica alla ricerca di Jackson, chiedendosi come fosse possibile che una volta tanto che lei chinava il capo e accettava l’idea di collaborare con lui il Presidente decideva di sparire dalla faccia di Ilvermorny.

Intravide il profilo di Edward in lontananza e allungò il passo ancora di più, fermandolo prima che avesse modo di intercettare una delle ragazze che lei stessa aveva candidato.

- Ed, mi serve il tuo aiuto. –

- Io veramente stavo per chiedere a Khendra … -

- Glielo chiedi dopo – lo interruppe, afferrandolo per un braccio e trascinandolo con sé ignorando il suo cipiglio corrucciato.

- Aspettare qualche minuto ti avrebbe uccisa? –

- Probabilmente. Hai visto Jackson? –

Questo ebbe il potere di attirare l’attenzione del ragazzo, ora sinceramente curioso.

- Credo sia in cortile con sua sorella, perché? –

- Quale delle due? –

 - Anne … aspetta, se me lo chiedi può significare solo che Rose è qui. –

- Già. –

Il Wampus scoppiò a ridere. Ora tutto assumeva improvvisamente un senso, non si erano tutti rimbambiti dal giorno alla notte.

- Se continui a ridere giuro su Isotta che ti prendo a calci con i miei costosissimi stivali. –

- Capito -, smise all’istante, - ma non puoi negare che ci sia dell’ironia in tutto ciò. Insomma quante probabilità c’erano che accadesse una cosa del genere? –

Lo mollò lì senza prendersi neppure la briga di rispondergli. Quando Edward cominciava a prenderla in giro poteva andare avanti anche per ore.

 

 

- Non capisco perché a me non è permesso farlo – sospirò, osservando i bambini che giocavano nell’immenso giardino pubblico antistante casa loro. Teneva i gomiti sul davanzale e il mento appoggiato alle mani mentre le iridi scure osservavano i movimenti della palla che rimbalzava e il rumore delle risate gioiose le raggiungevano le orecchie.

- Sei la giovane duchessa del casato dei Cavendish -, le ricordò sua nonna intenta a sorseggiare il the sulla poltrona nell’angolo opposto, - non serve che ti ricordi quanto sarebbe sconveniente se giocassi con la servitù, vero? –

- No, nonna. –

- Bene, lieta di non dovere tornare sull’argomento. Ora siediti e riprendiamo la lezione, dove eravamo rimaste? –

- All’elenco degli stemmi e dei motti delle famiglie. –

 

 

 

Esme osservò il bambino intento a piangere davanti a lei, alzando appena il capo con fare sdegnato. In occasione del suo sesto compleanno suo padre aveva organizzato un ricevimento per tutte le famiglie altolocate dello stato, costringendola a passare il suo tempo in compagnia di decine di suoi coetanei che non aveva mai visto prima di quel momento. Aveva indossato il suo abito migliore, sorridendo soddisfatta mentre l’elfa le acconciava i capelli in morbide onde, e ora quello stupido del figlio del conte di Derby le aveva sporcato le scarpette nuove.

- Non serve che frigni, questo non ripagherà certo il danno che hai fatto, sei solo uno stupido. –

- Ma io … -

- Zitto, non voglio sentire le tue patetiche scuse. –

- Non è un comportamento molto signorile. –

Si voltò verso il nuovo arrivato, un bambino dai capelli dello stesso colore del bronzo, che l’osservava con un paio di stupefacenti iridi verdemare. Riconobbe il figlio di Lord Riot e rimase in silenzio per qualche istante prima che il bambino battesse una mano sulla spalla del giovane conte con fare rincuorante.

- Tranquillo, sarà facile rimediare al danno, basta solo una pezza umida. –

Tolse il fazzoletto dal taschino e lo inumidì con un po’ dell’acqua dell’immensa fontana nel cortile, chinandosi poi a pulire le scarpe di Esme con un’indifferenza che gli invidiò. Al suo posto nessun altro nobile si sarebbe abbassato a un gesto come quello, delegandolo alla servitù, ma Jackson appariva a suo agio.

- Ecco fatto, proprio come nuove. –

 

 

- Esme? –

Tra tutte le persone che potevano capitargli davanti mai avrebbe immaginato di vedere proprio lei inerpicarsi lungo il sentiero in ciottoli per raggiungerlo.

- Dobbiamo parlare –, decretò sedendosi senza tante cerimonie davanti a lui, - visto che la tua adorabile serpe domestica ha pensato bene di rifarsi viva. –

- L’hai vista? –

- Non ho ancora avuto il dispiacere, me lo ha solo detto tuo zio. Però tu non mi sembri particolarmente sorpreso o sbaglio? –

- Lo sapevo già, si è premurata di scrivermi per ricordarmi quanto non potessi permettermi di far fare figuracce al Club questa sera. –

Se in condizioni normali la mora non si sarebbe sfuggita l’occasione per un commento ironico questa volta si limitò a fare spallucce.

- Tipico di lei. Cosa hai intenzione di fare in proposito? –

- Io ho proposto l’omicidio – intervenne Anne con un sorrisetto che Esme ricambiò.

- Se non ci facesse finire in prigione l’appoggerei anche come piano … altre idee? –

- Tu cosa suggerisci? – rilanciò Jackson.

- Distruzione e umiliazione totale, giusto per ricordarle un po’ che fuori da qui potrà anche fare la reginetta ma questo è il nostro regno da governare. –

- Anne? –

- A me il piano piace, se lo merita dopo tutte le angherie di questi anni … specialmente nei tuoi confronti, Jack. –

Il Presidente meditò sulla questione per qualche secondo prima di cedere e porgere la mano alla sua storica avversaria.

- Va bene, ci sto … Fino a quel momento tregua? –

- Tregua. –

 

 

Quando la statua del Serpecorno si illuminò vide che anche quella del Tuonoalato aveva preso a sbattere le ali; sapeva che in occasioni come quelle, seppur rare, era lo studente a dover scegliere in quale Casa voler prendere posto. Tamburellò con le dita sulle labbra prima che lo sguardo le ricadesse sui membri del Tuonoalato. C’era già la sorella maggiore di Jackson, l’odiosa Rose, ed erano generazioni che i Riot finivano lì … si diresse spedita verso il tavolo dei Serpecorno, sedendosi tra gli applausi educati dei suoi compagni.

Un ragazzo dagli occhi dal taglio vagamente orientale si sporse verso di lei, sorridendole amichevolmente prima di tenderle la mano.

- Ciao, io sono Arthur … Arthur Clarke. –

Lo soppesò prima di ricambiare la stretta, mantenendo però la sua solita espressione sostenuta.

- Esme Cavendish. –

- Non sembri molto impressionata a differenza di tutti noi del primo anno -, considerò perplesso, - come mai? –

- Sono una Cavendish, per sorprendermi ce ne vuole. –

Il sorriso di Arthur si allargò quasi avesse preso quell’affermazione come una sfida personale.

- Allora la mia missione sarà sorprenderti. –

 

 

 

- Esme? –

Si voltò verso la studentessa del suo anno con indosso i colori dei Tuonoalato con un sopracciglio perfettamente curato inarcato a lasciar intendere che la stava ascoltando.

- So che non ci conosciamo, ma mi hanno detto che sei la migliore del nostro anno quando si tratta di Antidoti e Veleni. Credi che potresti darmi una mano? –

Non battè ciglio, consapevole che Arthur seduto accanto a lei stava osservando la scena con un sorrisetto sulle labbra. Lui era l’unica persona con cui avesse stretto amicizia nel corso di quei primi due anni di scuola, tenendo sempre a dovuta distanza gli altri, perciò quella biondina che andava spedita come se niente fosse l’aveva suo malgrado incuriosita quanto bastava a intavolare una conversazione e non limitarsi a ignorarla.

- E tu saresti? –

- Astrid Reid. –

- Dimmi, Astrid, perché dovrei essere interessata ad aiutarti? –

- Perché posso aiutarti con Salvaguardia delle creature magiche, ho visto come ti muovi … sembra quasi che tu non voglia spezzarti un’unghia o peggio ancora sporcarti con un po’ di terra. –

- Stai forse insinuando che sia una principessina viziata? –

- No, so benissimo che sei una duchessina – replicò a tono, un sorriso ironico sul bel volto.

Ed Esme non riuscì a fare a meno di sorridere di rimando, quell’Astrid aveva carattere da vendere.

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Lord Jackson Eldridge Riot


 

 

 

- Non capisci proprio niente! –

Era abituato a sentirselo ripetere da Rose, che con i suoi tre anni in più pensava di detenere la verità assoluta su ogni argomento, per questo davanti all’ennesimo sfogo della sorella non gli rimase che alzare gli occhi al cielo e fingere di non ascoltarla. Anche se aveva solo cinque anni aveva imparato presto che le donne della sua famiglia erano abituate a ottenere tutto quello che volevano semplicemente sfoggiando un broncio e battendo i piedi, colpa probabilmente anche di un padre che pur di non sentire discussioni si prodigava nel dare loro tutto quello che volevano. La regola era una sola: non disonorare il nome di famiglia, mai e per nessuna ragione al mondo.

- Mamma! L’ha fatto di nuovo, alza sempre gli occhi al cielo quando gli parlo – sbottò inviperita.

La voce di Arielle lo raggiunse dall’altra sala a rimbrottarlo come sempre per aver fatto perdere la calma a quel gioiellino che era la sua primogenita.

- Jackson, non è un comportamento da gentiluomo. –

Per tutta risposta li alzò nuovamente e per buona misura li roteò anche, sorridendo quando Rose gonfiò le guance e battè il piede a terra.

- Sei proprio un maleducato. –

Le fece la linguaccia, voltandole poi le spalle e uscendo fuori ignorando le urla di Rose e i rimproveri materni.

 

 

Isabelle e Diana ascoltarono in silenzio l’annuncio di Jackson, annuendo di tanto in tanto a confermare che avevano compreso alla perfezione l’importanza della serata.

- Perciò la serata delle carriere sarà la nostra prima prova? –

Annuì. – Dovrete dimostrare di essere in grado di affrontare una conversazione con persone influenti provenienti da qualsiasi parte dell’America. Non è solo una questione personale, riguarda tutto il Club, se sfigurate allora anche tutti noi faremo una pessima figura. –

Diana aggrottò la fronte, dando voce all’implicita considerazione che un discorso del genere portava con sé.

- E immagino che ce la farete pagare in un modo o nell’altro. –

- Non conosci ancora Esme perciò non hai idea di quanto potrebbe diventare ostica come nemico e voi siete nella sua lista nera. –

Isabelle tossicchiò attirando l’attenzione. – Ostica? Stronza vorrai dire. –

- Anche. –

- E perché siamo sulla sua lista nera? –

Fu la Tuonoalato a rispondere per lui.

Conosceva le dinamiche tra lui ed Esme dal loro primo anno, erano sotto gli occhi di ogni studente di Ilvermorny dopotutto, perciò sapeva che tra loro due non correva buon sangue e la rivalità era accesissima.

- Sono come cane e gatto. Se noi falliamo allora fallisce anche Jackson perciò ne sarebbe molto compiaciuta. –

- Bene -, Diana si rassettò la divisa, - allora cominciamo a prepararci per questa serata. Non vorremo mica dargliela vinta, no? –

 

 

- Vuoi restare per cena, Jack? –

Distolse lo sguardo dalla televisione mentre Winona metteva in pausa il dvd che trasmetteva le avventure di Spirit, voltandosi verso la donna che faceva capolino dal corridoio.

- Certo, signora Powaqa, mi lasci solo avvertire i miei genitori. –

- Jack, ti ho già detto che puoi chiamarmi semplicemente Tallulah e che non serve che tu mi dia del lei. –

- Sì, signo … Tallulah, lo farò – si corresse in fretta con un sorriso imbarazzato.

A casa di Winona le cose erano molto diverse rispetto a come era abituato ed era per questo che si trovava tanto bene con loro.

- Sbrigati ad avvisarli, Jack, così possiamo riprendere a vedere il cartone … tra poco c’è la scena migliore. –

Annuì, affidando il messaggio al gufo di casa dei Powaqa e tornando a sedersi sul tappeto accanto all’amica.

Il dvd venne messo nuovamente in azione, lasciando Spirit libero di cantarne quattro allo stalliere che stava cercando di tagliargli la criniera e di imprimergli il marchio a fuoco.

Risero mentre l’uomo cadeva nell’abbeveratoio, colpito da un micidiale calcio dello stallone.

- Pensa se ci fosse Rose al suo posto -, le iridi scure di Winona luccicarono divertite, - sarebbe fantastico. –

- Già, lo sarebbe. –

 

 

- Rose? –

Arthur corrugò la fronte con sorpresa quando si ritrovò davanti il profilo freddo e attraente della sorella maggiore di Jackson. Era molto tempo che non aveva a che fare con lei, ma ricordava con esattezza quanto aveva reso loro la vita dura durante i loro anni di scuola.

Lei gli rivolse un sorriso pigro, probabilmente lo stesso del serpente pronto a divorare il topolino, soffermando lo sguardo prima su di lui e poi su Anna e Marcus.

- Ciao, Arthur. Queste sono le tue giovani leve? –

- Sì. Anna, Marcus … lei è Rose, la sorella di Jackson. –

Anna accennò un sorriso intimidito mentre Marcus fece un cenno del capo e si prese qualche istante per studiarla. Aveva notato che la sfrontatezza e l’allegria di Arthur erano scemati rapidamente mano a mano che quella giovane donna aveva fatto la sua comparsa e la cosa lo incuriosiva. Se aveva il potere di mettere a disagio uno come lui, che appariva sempre sicuro e deciso, non osava immaginare come sarebbe stato per lui averci a che fare.

- Non credo di avervi mai visti prima d’ora. –

- Siamo studenti di Hogwarts, siamo a Ilvermorny per … -

- Lo scambio culturale, sì lo so – lo interruppe.

Le iridi verdi continuavano a sondarli dalla testa ai piedi come se volesse valutare quanto potessero effettivamente valere. Si sentì arrossire sotto il peso di quello sguardo e distolse il suo, non prima di aver notato un certo divertimento sul suo volto.

- Spero che siano meglio di come sembrano … ci vediamo questa sera – tagliò corto, girando i tacchi.

Quando fu sufficientemente lontana da non udirlo, Arthur si chinò verso le sue due Cavallette sorridendo con fare rassicuratore.

- Non date peso a quello che dice, vuole solo intimorirvi, sono sicuro che andrete entrambi alla grande. –

Dal canto suo Marcus non condivideva affatto tutto quell’ottimismo.

 

 

- Giuro che finirò con lo strapparle ogni singolo capello biondissimo, sarà costretta ad andare in giro con una parrucca se non vuole mostrarsi completamente pelata. –

Jackson rise mentre lui, Joaquin e Winona uscivano dalla biblioteca e si dirigevano verso la sala principale per cenare. Winona non aveva mai fatto mistero del fatto di disprezzare Rose, sentimento condiviso anche dai due ragazzi, e quando Jackson le raccontava qualcosa che combinava non poteva fare a meno di perdere la calma.

- Non capisco proprio come tu faccia a sopportarla trecentosessantacinque giorni l’anno –, convenne Joaquin, - finisce sempre con il darti la colpa di tutto. –

- Mio padre lo sa, per questo non le dà mai retta. –

- Ma tua madre sì – obiettò Winona.

- Molto meno da quando ha potuto cominciare a usare Anne come sua personale bambolina da acconciare. –

- Poverina, deve essere la sua versione dell’inferno. –

- Più o meno … l’altro giorno non voleva nemmeno che partissi per scuola. –

Del resto una bambina di soli nove anni lasciata alle prese con quella situazione non poteva certo venire biasimata.

- Ci credo … bene, ci vediamo dopo mangiato, se riuscite a sottrarvi dal controllo della nazi Barbie. –

- A dopo, Winnie – confermarono all’unisono, separandosi una volta giunti al loro tavolo.

 

 

Rose ed Esme andavano avanti a urlarsi contro da quasi mezz’ora ormai, proprio nel bel mezzo dell’atrio di Ilvermorny, con la prima che l’accusava di averle rubato il ragazzo e la seconda che le dava della paranoica. E Joaquin lo aveva avvisato dello spettacolo, trascinando sia lui che Winona a osservarle. Inutile dire che il commento di Winnie era giunto prontamente.

 - Posso prendere dei pop corn oppure sarebbe troppo sconveniente? –

Ed in effetti sembrava proprio che le due fossero intenzionate a mettersi le mani addosso perché Esme urlò spazientita: - Figurati se mi abbasso a uscire con uno così disperato da sopportare la tua presenza pur di avere una ragazza! –

Un “oh” si levò tra tutti i presenti, ormai in febbrile attesa di vedere cosa sarebbe successo.

Rose si scagliò contro di lei, afferrandola per i capelli.

- Razza di ragazzina impertinente, adesso ti do una lezione una volta per tutte! –

Jackson scoppiò a ridere, continuando a farlo mentre i presenti cominciavano a urlare “botte, botte, botte!”, domandosi distrattamente che faccia avrebbe fatto la madre quando avesse scoperto che la sua rampolla prediletta si era messa a fare a botte nel bel mezzo dell’atrio scolastico. Probabilmente le sarebbero venuti i capelli bianchi per lo scompenso, cosa che lo avrebbe divertito ancora di più.

Poi si ricordò di quello che doveva assolutamente fare e fece per allontanarsi.

- Dove vai, Jack? –

- Devo cercare Anne, non può perdersi questa scena. –

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Salve!

Come sempre ogni volta che scrivo i pezzi dei flashback dei vari OC finisco sempre con l’allargarmi troppo e occupare un sacco di pagine ma meglio così, almeno date uno sguardo più da vicino al loro passato. Comunque per ovvi motivi ho dovuto tagliare il capitolo in due (essendo già a dieci pagine di Word) per non farlo chilometrale. Ah, piccola comunicazione di servizio: per il prossimo capitolo mi occorre solo il nome di un OC per i flashback perché Winona e Jackson erano secondi ex aequo perciò uno dei due POV del prossimo capitolo spetterà a lei.

Non credo che riuscirò ad aggiornare questa storia prima di giovedì perciò auguro a tutti voi e ai vostri cari un Buon Natale con tutto il cuore.

Stay tuned.

XO XO,

Mary

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9

 

 

 

 

 

Winona Powaqa


 

 

 

- Winnie? Winnie dove ti sei cacciata? –

La voce di Nahuel la raggiunse proprio mentre stava finendo di arrampicarsi sulla grande quercia secolare ai margini della loro proprietà, facendola trasalire e quasi spingendola a mollare la presa. Fortunatamente l’appiglio al ramo era saldo e non corse il rischio di rotolare giù come un sacco di patate.

- Sono qui! –

Con i suoi undici anni Nahuel era il maggiore dei suoi fratelli e colui che in un modo o nell’altro aveva sempre finito con il tenere d’occhio i più piccoli e in special modo Winona, che sembrava essere nata per combinare disastri e cacciarsi in ogni sorta di guaio possibile.

- Cosa stai facendo appesa lì sopra come una scimmia? –

- Mi arrampico. –

- Questo lo vedo, ma perché non sei in camera tua a prepararti? Lo sai che i nostri ospiti arriveranno tra poco. –

- Ma io non voglio mettere il vestito nuovo, mi pizzica e mi dà fastidio ovunque. –

Nahuel l’afferrò, tirandola giù dal ramo come se non pesasse nulla, e la strinse a sé.

- Facciamo così, se ti prometto che convinco mamma a farti indossare l’abito che vuoi tu in cambio ti comporterai bene per tutta la sera? –

Annuì con un sorriso raggiante.

- Se riesci a farlo starò buonissima. –

 

 

 

- Winnie con chi stavi parlando? –

Si voltò verso Jackson corrugando la fronte con perplessità e indicò un punto a qualche centimetro da dove si trovavano loro.

- Non lo vedi anche tu? Il bambino vicino al cespuglio, dice che si sente molto solo così gli ho chiesto se volesse giocare con noi. –

Il suo migliore amico parve meditare sul fatto che lo stesse o meno prendendo in giro, ma Winona non era certo il tipo che si inventava le cose o che mentiva e di sicuro non lo faceva con le persone a cui voleva bene. Così Jackson mutò l’iniziale incredulità in sincera curiosità.

- Io non lo vedo -, ammise, - ma cosa ti ha detto? –

- Dice che gli è proibito giocare con noi. –

- E perché? –

- Dice che quelli che vengono da dove si trova lui non possono avere a che fare con i terreni. –

Entrambi i bambini erano decisamente perplessi circa quell’ultima parola, così fecero ciò che facevano sempre quando volevano conoscere la risposta a un dilemma: corsero dalla nonna di Winona, la matriarca della famiglia Powaqa, la sciamana Aylen.

- Nonna, nonna, cosa sono i terreni? –

L’anziana donna smise di lavorare e alzò lo sguardo sui due bambini, soffermandosi sulla nipote con espressione sorpresa e al contempo compiaciuta.

- Dove avete sentito quella parola? –

- Me l’ha detta il bambino biondo che sta vicino al cespuglio accanto al pozzo. –

Quelle piccole indicazioni che per i due bambini non avevano alcun senso fecero brillare di comprensione le iridi della donna.

- Questo bambino ti ha per caso detto come si chiama, Winnie cara? –

- Certo, si chiama Jasper … però aveva degli abiti molto strani, un po’ come quelli delle vecchie foto nel libro di storia. –

Winona continuava a parlare a briglia sciolta, tratteggiando una descrizione sempre più accurata di un bambino vissuto più di un secolo prima e che era morto all’età di sette anni affogando proprio in quel pozzo. Una descrizione così accurata poteva significare solo una cosa: avevano finalmente capito chi fosse l’erede designata nella loro numerosissima famiglia.

- Nonna Powaqa -, chiese Jackson con educazione, - perché io non l’ho visto e Winnie invece sì? –

- Perché, piccolo lord, la nostra Winona è una Sciamana proprio come me. –

 

 

 

Khendra finì di acconciare i capelli e poi corse in soccorso di Reina, aiutandola a chiudere la cerniera dell’abito che aveva scelto per quella serata.

- Credi che sarà presente molta gente questa sera? –

L’americana annuì.

- Ogni anno si radunano tutti gli esponenti delle professioni più rilevanti del mondo magico, non è escluso che sia presente anche mio padre. –

- Quindi sarà un bene che Edward ti giri alla larga questa sera. –

Le gote di Khendra si tinsero di una vivace sfumatura di rosa, ma la ragazza doveva essere ben decisa a negare perché finse di non capire.

- Che intendi? –

- Oh andiamo -, rise con malizia Reina, - non dirmi che non te ne sei accorta? Certe volte sei quasi peggio di Marcus. –

- Non so di cosa tu stia parlando quindi come faccio a sapere se me ne sono accorta o meno? –

- Edward pende letteralmente dalle tue labbra, è evidente, così come è chiaro come il sole che Arthur si sia preso una sbandata per il nostro amico. Non capisco perché vi ostiniate tutti a negarlo, l’amore è bello. –

- Stiamo parlando della stessa persona, Edward Diamond dallo spirito libero? Da quando è a Ilvermorny non ha mai avuto una relazione stabile e duratura, non sono nemmeno sicura che la voglia. –

- C’è sempre una prima volta. –

- Questa volta stai prendendo un abbaglio, Reina, ma sono d’accordo con te per quanto riguarda Arthur e Marcus. –

La Serpeverde le battè una mano sulla spalla con fare eloquente.

- Imparerai presto che io ho sempre ragione, ma fino a quel momento concentriamoci su quei due. –

 

 

 

- Quindi la temibile strega sarebbe quella? Decisamente molto graziosa per essere così pericolosa – osservò Caos con fare scettico, mentre uno dopo l’altro entravano nella mensa adibita per l’occasione a sala ricevimento.

- Le apparenze ingannano -, replicò Scott, - e posso assicurarti che se l’aspetto di Rose assomiglia al delicato fiore di cui porta il nome è altrettanto vero che la sua anima è quella del serpente che vi si nasconde al di sotto. –

- Qualcuno cita Shakespeare -, commentò Henrik con ironia, - potrei quasi esserne impressionato. –

- Non credi di essere un po’ melodrammatico, Scott? –

- No, Liam. Se la sorte sarà abbastanza gentile non dovrete avere a che fare con lei, ma in caso contrario te ne renderai conto da solo molto presto. –

- Ha perfettamente ragione. –

La voce di Anne fece sussultare il gruppetto, che si voltò come un sol uomo per ritrovarsi davanti la più giovane dei Riot.

La quattordicenne rivolse loro un sorrisetto.

- Tranquilli, io sono la sorella buona … però mi associo al rosso quando dice che girare al largo da mia sorella è una buona idea. –

Poi, rapida come era arrivata, si allontanò con passo leggiadro e raggiunse un drappello di quelli che dovevano essere suoi parenti a giudicare dalla somiglianza.

Liam aggrottò la fronte davanti a quel mare di facce che sembravano tutte uguali.

- Ma quanti Riot ci sono questa sera? –

- Credo che siano più o meno … -, Scott fece un rapido computo mentale, - Cinque Riot ormai diplomati più Jackson e Anne perciò al momento sono in sette, ma potrebbero sempre aumentare. –

- Che gioia. –

 

 

 

 

 

- Crede che sia possibile conferire con lei, oh somma e importantissima giovane Sciamana? –

Winona aprì la porta della sua camera, trovandosi faccia a faccia con Jackson che sorrideva allegro e che era accompagnato da un ragazzino della loro età con i capelli neri e i grandi occhi dello stesso colore del mare.

- Molto spiritoso, entra prima che ti prenda a pugni … comunque lui chi è? –

Decisamente poco propenso a dare un taglio allo scherzo, l’amico si gettò sul suo letto rimbalzando contro il materasso e si mise comodo incrociando le braccia dietro al collo.

- Come, non lo sai? –

- Sono una Sciamana, non uno Jedi, Jack. –

- Sono Joaquin -, si presentò lo sconosciuto con un sorriso vagamente imbarazzato, - e mi scuso se mi sono presentato così senza avvisare, ma Jack diceva che per te non sarebbe stato un problema. –

- Non preoccuparti, quello che sembra aver dimenticato le buone maniere qui è soltanto Jack -, lo rassicurò sorridendo e invitandolo a sedersi, - a proposito perché ti comporti come un selvaggio invece che come il giovane rampollo beneducato che sei di solito? –

Jackson le fece la linguaccia, facendo ridacchiare Joaquin, e le mostrò vittorioso la lettera che aveva ricevuto quella mattina.

- A settembre frequenterò ufficialmente Ilvermorny – annunciò con fare solenne.

Questo ebbe il potere di attirare finalmente l’attenzione di Winona che prese a compiere un rapido calcolo mentale e poi sorrise.

- Tra sei mesi arriverà anche la mia … pensi che finiremo nella stessa Casa? –

- Non credo; penso che io e Joaquin potremmo anche finire in Tuonoalato, ma non credo sia la Casa che fa al caso tuo. –

- Ah … -

L’entusiasmo scemò in fretta. Improvvisamente quel nuovo arrivato che minacciava di passare molto più tempo di lei con Jack non le andava più così tanto a genio.

Era forse gelosia quella?

 

 

 

Winona scostò una ciocca di capelli, osservando di sottecchi Joaquin mentre finivano di preparare l’antidoto richiesto. Quella mattina Jackson era rimasto in camera a causa di una violenta influenza e così si erano ritrovati a lavorare solo in due. Con il passare degli anni il rapporto tra i tre si era rinsaldato incredibilmente e ormai la Wampus poteva dire di conoscere i “suoi ragazzi” come le sue tasche. Perciò le era stato chiaro fin dagli albori del loro quinto anno che c’era qualcosa che non andava in Joaquin. Appariva più pensieroso, quasi tetro, e decisamente meno gioviale del solito.

- Jojo. –

- Mh? –

- Va tutto bene? So che te lo abbiamo già chiesto molte volte, ma credo che tu non abbia mai detto cosa ti preoccupa davvero. –

- Ci sono un po’ di problemi a casa – rispose vago.

Quello l’aveva capito già durante l’estate visto che Joaquin aveva passato più tempo possibile fuori casa ed era stato ospite sia suo che di Jackson per quasi l’intera durata delle vacanze estive.

- Lo so, ma io intendevo … sei proprio sicuro che non ci sia altro di cui non vuoi parlarci? –

Joaquin rimase in silenzio, continuando a lavorare alacremente.

- Sai quando eravamo al primo anno ero gelosa di te -, la buttò lì nella speranza che quella confessione lo spingesse ad aprirsi a sua volta, - e di tutto il tempo che passavi con Jack. –

L’amico si voltò verso di lei, sinceramente sorpreso.

- Gelosa? E perché mai? –

- Eravate nella stessa Casa, andavate d’accordo, e poi eravate entrambi maschi. Temevo che l’avresti portato via da me. –

- Eri innamorata di lui? –

Winona scosse il capo con una risatina.

- No. C’è stato un periodo in cui credevo di esserlo, durante il terzo anno, ma mi sono accorta che quello che c’è tra noi è più simile all’affetto che si prova per un fratello o una sorella. Ci vogliamo bene, ma stare insieme in quel senso sarebbe … disgustoso. –

Joaquin rise a sua volta, per poi tornare a rabbuiarsi tutto d’un tratto. E fu allora che Winona intuì quale fosse il vero problema.

- Tu invece sei innamorato di lui, vero? –

- Credo di sì. –

 

 

 

Winona avanzò verso il padre di Jackson tenendo sottobraccio sia lui che Joaquin e si stampò un sorriso sul volto che riuscì a non far vacillare nemmeno quando vide che tra loro c’era anche Rose.

- Lord Riot, è sempre un piacere vederla. –

- La nostra giovane Sciamana -, le sorrise garbatamente, - dimmi cara Winona, come procedono le tue lezioni? –

- Piuttosto bene, in realtà, e anzi mi domandavo se fosse possibile per Jackson unirsi a me e alla mia famiglia per il mio ritiro natalizio. –

Era certa che se non fosse stato considerato poco decoroso Jack avrebbe finito con l’abbracciarla e farla roteare in giro per tutta la sala ricevimento solo per aver proposto una valida scappatoia al passare le vacanze a casa.

- Non vedo impedimenti, sono certo che Jackson ne sarà lieto. –

- Ovviamente – aggiunse il diretto interessato, che come sempre non era minimamente stato consultato nella decisione paterna, - Ma forse è il caso che cominciamo a parlare con gli altri ospiti o non finiremo mai il giro prima della mezzanotte – aggiunse.

Si congedarono dal padre e dalla sorella, trovando una via di fuga a qualche passo da loro e intavolarono una garbata conversazione con il reporter della Gazzetta magica americana.

 

 

*

 

 

Arthur Orion Clarke


 

 

 

Arthur venne svegliato dalla voce dei suoi genitori, che parlavano in salone cercando di mascherare l’argomento della conversazione con il rumore del televisore. Saltò giù dal letto e sgattaiolò verso lo stretto corridoio che collegava la zona notte a quella giorno della loro villetta, stando attento a non farsi cogliere sul fatto mentre origliava. Sua madre gli diceva sempre che non stava bene che un bambino di otto anni ascoltasse le conversazioni degli adulti, ma la curiosità era troppo forte e lui non poteva fare a meno di volerne sapere di più.

Sentì sua madre domandare con una certa apprensione nella voce.

- Ti hanno già comunicato il giorno della partenza? –

- Non ancora, ma sicuramente sarà entro la fine del mese, mi hanno solo detto di tenermi pronto. –

- Dovremo trovare il modo di spiegare la cosa ad Arthur … -

- Già, è solo un bambino, sarà dura per lui accettare di non vedermi per chissà quanto tempo. –

Quelle parole misero il piccolo in allarme. Sapeva che alcuni dei suoi compagni di scuola avevano i genitori che vivevano separati perché non si amavano più e l’idea che una cosa del genere fosse successa anche alla sua famiglia lo terrorizzava. Così corse in salone, incurante della ramanzina a cui sarebbe potuto andare incontro, e strinse le gambe del padre in un abbraccio.

- No, papà, non andartene. Perché tu e la mamma non volete più vivere insieme? È colpa mia? Prometto che farò il bravo, lo giuro, basta che resti con noi. –

Vide lo sconcerto negli occhi dei genitori, che si tramutò poi in un accenno d’ilarità.

Orion scompigliò i capelli del figlio, sorridendogli con dolcezza, e lo prese in braccio.

- Certo che io e la mamma ci amiamo e vogliamo continuare a vivere insieme, ma tu sai che lavoro fa il papà vero? –

Annuì con fare solenne.

- Sei un soldato. –

- Esatto e i soldati quando ricevono gli ordini devono obbedire. Dovrò andare via per lavoro per un po’, ma tornerò. –

- E poi resterai sempre con noi? –

- Sempre. –

- Allora va bene – asserì dopo un attimo, decisamente più rincuorato, anche se non capiva perché mai sua madre fosse ancora tanto triste.

Dopotutto il papà aveva promesso che sarebbe tornato da loro, no?

 

 

 

- Arthur, entra in casa, c’è posta per te. –

Smise di scattare foto con la macchinetta che sua madre gli aveva regalato quella mattina per il compleanno e corse dentro. Ogni settimana dalla sua partenza il padre inviava loro una lettera e ogni volta in cui era possibile telefonava o andava in videochiamata, e immaginava che per il giorno del suo compleanno le cose non sarebbero cambiate.

- La manda papà? –

Vide che sua madre aveva un’aria strana mentre gliela passava e per un attimo lo assalì il timore che fossero brutte notizie. Dopotutto quella del padre non era una missione facile e in zona di guerra le brutte notizie viaggiavano rapidamente.

- Non è successo nulla di male, vero? –

- No, stai tranquillo, papà sta benissimo. –

- Allora perché … -

- Apri prima questa lettera, poi leggerai quella di tuo padre – replicò enigmatica, passandogli quello che sembrava un foglio di pergamena e che recava un sigillo alquanto bizzarro.

La scorse rapidamente, assimilando il contenuto con sempre maggior stupore.

Lui un mago? Era impossibile, non aveva mai fatto nulla che potesse essere considerato fuori dall’ordinario.

- È uno scherzo? –

- No, tesoro, è tutto vero. Ilvermorny è una scuola di magia e tu sei iscritto lì fin dalla nascita, proprio come è accaduto a me. –

Mollò la lettera sul tavolo e corse in camera sua, chiudendosi la porta alle spalle e lanciandosi a peso morto sul letto. Affondò la testa sotto al cuscino e continuò a ripetersi che era assurdo, che non aveva alcun senso che sua madre non glielo avesse mai detto, che era tutto così strano e impossibile e che non voleva che la sua vita venisse stravolta di punto in bianco.

Lui voleva continuare a essere il solito Arthur, quello che a settembre avrebbe cominciato la scuola media insieme ai suoi compagni delle elementari e che presto avrebbe rivisto suo padre, di Ilvermorny non gliene importava un fico secco.

 

 

 

- Carino l’abito, sai se ne hanno anche taglie più piccole? –

Esme era prossima a tirare fuori gli artigli e recidere la carotide di quella serpe dai capelli biondi quando l’arrivo di Astrid e Arthur non la tolse d’impaccio prima che potesse commettere un brutale omicidio che le avrebbe reso praticamente impossibile intraprendere una qualsiasi carriera prestigiosa che esulasse da quella della detenuta.

- Ecco dove ti eri cacciata -, saltò su l’amica prendendola sottobraccio, - ti stavamo cercando ovunque. Buonasera, Rose. –

- Astrid -, la salutò asciutta, - cosa ti è successo? –

Perplessa la ragazza storse il capo.

- Come scusa? –

- Ai capelli intendo, sembra che tu abbia fatto a botte con qualcuno – chiarì Rose con un sorriso candido.

- Non è escluso che qualcun altro non si ritrovi con una mano stretta attorno al collo molto presto – replicò Esme, in difesa dell’amica, scoccando un’occhiata poco cordiale alla loro fastidiosa ospite.

- L’ultima volta non è andata molto bene da che mi ricordi. –

- C’è sempre una seconda volta. –

Arthur tossicchiò, interrompendo quello scambio di minacce tra le due, e accennò con il capo al resto dei presenti.

- Perché non ci liberiamo della reciproca fastidiosa presenza e non andiamo altrove? –

- Mi sembra un’ottima idea, dovresti ascoltare il tuo amico, è più salutare. –

Astrid fece per afferrare il braccio libero di Esme e trascinarla via con sé prima che potesse agire, ma la mora riuscì comunque a versare il calice sull’abito della maggiore dei Riot.

- Ops, le mie scuse, sono così maldestra – cinguettò, per poi lasciarsi guidare via dagli amici consapevole che Rose non avrebbe mai compromesso la sua reputazione davanti a tante persone per lasciarsi coinvolgere in un altro duello alla No Mag.

 

 

 

- Per caso è rimasto un posto libero? –

Un ragazzo dai capelli scuri che doveva avere la sua stessa età fece capolino nella sala d’attesa in cui li avevano sistemati prima che avesse inizio la cerimonia dello Smistamento, accennando alle sedie nella sua fila.

- Sì -, gli indicò quella vicino, - accomodati pure. –

- Grazie … a proposito, io sono Edward. –

Gli strinse la mano rispondendo al suo sorriso.

- Arthur. –

- Quale Casa speri che ti reclami? –

Rimase in silenzio non sapendo bene come rispondere. Sua madre aveva aspettato per qualche giorno che sbollisse la rabbia e finisse con l’accettare la cosa e alla fine gli aveva raccontato qualcosa sulla scuola ma non troppo perché, così gli aveva detto, non voleva rovinargli la sorpresa.

- Non saprei con precisione. –

Le iridi scure di Edward si illuminarono di comprensione.

- Sei un Nato Nomag? –

- No -, cercò di ricordare la parola che aveva usato sua madre e che d’impatto non gli era piaciuta molto, - mia madre è una strega. Sono un Mezzosangue. –

- Ah, allora immagino che per te sarà tutto nuovo, deve essere ancora più emozionante. –

- Immagino di sì … tu in quale Casa speri di andare? –

- Wampus -, replicò all’istante, - la Casa dei guerrieri. –

- Le altre sono Magicospino, Tuonoalato e Serpercorno, giusto? –

Edward annuì.

- Per i curatori, gli avventurieri e gli studiosi. Ogni Casa rappresenta anche una parte del corpo umano; per i Wampus è il corpo, per i Magicospino il cuore, i Tuonoalato rappresentano l’anima e infine i Serpecorno rappresentano la mente. –

Soppesò le informazioni. Sapeva che sua madre era stata una Magicospino, ma non ci si vedeva lì … alla fine decretò: - Credo che mi piacerebbe stare tra i Serpecorno. –

 

 

 

Arthur lanciò un’occhiata a Esme e Astrid mentre finivano i rispettivi temi, attendendo che posassero la piuma prima di esporre l’argomento che gli stava più al cuore in quel momento. Avevano trovato ognuno una convocazione per quel fantomatico Riot Club e non ci voleva certo una mente particolarmente brillante per capire che dietro tutto ciò ci fosse la famiglia di Jackson anche se a essere onesto non gli era ancora chiaro esattamente che ruolo avessero in tutta quella storia né quale compito svolgessero.

- Allora vogliamo continuare a ignorare la cosa o decidere il da farsi? –

Esme inarcò un sopracciglio perfettamente curato e scrollò le spalle.

- Tu cosa pensi di fare? –

- Io credo che andrò, sono curioso e so che lo sei anche tu anche se ti sforzi di fare la sostenuta – aggiunse.

La conosceva bene ormai e sapeva perfettamente cosa le passava per la testa quando si comportava con quella studiata nonchalance.

Anche Astrid tamburellò le dita contro il banco e annuì il suo assenso.

- Già, Esme, è chiaro che sei curiosa quanto noi e non è certo da te ignorare un’opportunità prestigiosa come questa. E poi non vuoi sapere chi è questo Royal che ti ha invitata? –

- Credo sia abbastanza chiaro chi sia … insomma sono rimasti solo tre Riot a scuola e ce ne è uno solo all’ultimo anno. –

Baron Riot.

Probabilmente la sua prima cotta in assoluto, il ragazzo che gli aveva fatto capire che sebbene apprezzasse entrambi i sessi preferiva decisamente gli uomini.

- Beh, un motivo in più per andare … dopotutto Baron è sexy – insistè la bionda.

- Decisamente più che sexy, direi disumanamente bello, praticamente divino – convenne suscitando le risate complici delle amiche.

Alla fine Esme cedette: - D’accordo, andiamo a questo incontro. –

 

 

 

Brooklyn rivolse un’occhiata curiosa ad Anna, accennando con il capo al ragazzo dai capelli biondi che stava chiacchierando allegramente con Isabelle.

- Quello chi è? –

- Credo sia l’ex ragazzo di Izzy … mi sembra che si chiami Baron, so che fa l’Auror e che è un membro della scorta dei piani alti ministeriali. –

- Però. Che ci sia un ritorno di fiamma in atto? –

Loki fece capolino dietro di loro, rischiando di far strozzare Anna con lo champagne che stava sorseggiando.

- Figurarsi. E poi non dovreste concentrarvi sui colloqui invece di fare gossip da quattro soldi? Abbiamo una prova da superare.  

- Loki! Mi hai quasi fatto prendere un colpo. –

Il biondo scrollò le spalle con fare noncurante, continuando a fissare quei due finchè Isabelle non si allontanò da Baron e non li raggiunse.

- Di che parlavate? –

- Normale conversazione -, replicò con disinvoltura, - siamo rimasti buoni amici malgrado la rottura. –

- Amici? –

- Sì, Loki … amici, un po’ come lo siamo tutti noi. Cosa c’è di strano? –

- Nulla -, si affrettò a replicare, - assolutamente nulla. Siamo tutti amici. –

Poi le lasciò da sole, tornando a raggiungere il resto dei ragazzi, sotto lo sguardo perplesso della mora.

- Quel ragazzo certe volte mi preoccupa sul serio. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Salve!

Eccoci qui con l’attesa serata delle carriere. Spero che il capitolo vi sia piaciuto e volevo dirvi che mi servirebbero un paio d’informazioni per il prossimo capitolo ovvero:

- come sempre due voti per i flashback dei personaggi;

- il vostro voto per chi si aggiudicherà la vittoria della partita Wampus vs Tuonoalato e in particolare sapere per chi tiferà il vostro OC;

Nel caso foste curiose vi lascio qui sotto il prestavolto di Baron.

Infine visto che sicuramente ci sentiremo con l’anno nuovo … vi auguro un Buon Capodanno.

A presto.

Stay tuned.

XO XO,

Mary

 

 

Lord Baron Rochefort Riot – 19 anni, ex Wampus. Membro della task force Auror a protezione del Primo Ministro e del suo Vice.  


 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capitolo 10 ***


 

Capitolo 10

 

 

 

 

 

Joaquin Lockwood


 

 

 

Nascose la testa sotto al cuscino, chiudendo gli occhi e sforzandosi d’ignorare le urla che provenivano dal piano inferiore. Suo padre era tornato tardi anche quella sera, completamente ubriaco come sempre da quando aveva perso il lavoro, e non c’era verso di farlo uscire da quella spirale di autodistruzione in cui era precipitato.

- Basta, sono stufa, tutte le sere è la stessa storia! –

Joaquin era un bambino di appena cinque anni, ma aveva imparato presto cosa succedeva quando la mamma si arrabbiava in quel modo, così premette con maggior vigore il cuscino contro le orecchie. Il rumore degli oggetti che venivano mandati all’aria da suo padre, le urla di dolore della mamma, le minacce … tutto questo penetrava malgrado la modesta protezione del cuscino. Si rintanò sotto le coperte, le lacrime che sgorgavano dalle iridi verdemare identiche a quelle della mamma, pregando silenziosamente che tutto finisse e che la mamma stesse bene.

Sussultò quando sentì la porta di casa sbattere con vigore seguita poco dopo dal rumore dei passi lungo le scale.

- Jojo, tesoro, lo so che sei sveglio. –

Emerse dalle coperte, osservando il volto rigato dalle lacrime della mamma, notando il gonfiore che si stava rapidamente formando sulla sua guancia.

- Papà è andato via? –

- Sì, tesoro, e adesso ce ne andiamo anche noi. Prendi le tue cose, ce ne andiamo dai nonni. –

- Posso portare Mr Snow con noi? –

- Certo che puoi portarlo, tesoro, ma cerca di sbrigarti abbiamo poco tempo. –

Joaquin annuì, afferrando il peluche a forma di orsetto che gli era stato regalato per il compleanno, poi tese la manina alla mamma e si lasciò condurre via da quella che fino a quel momento era stata la loro casa.

 

 

 

- Jojo, sei pronto? –

- Quasi, mamma, non riesco a mettere la cravatta. –

Erano passati due anni da quando avevano lasciato il papà e la loro vecchia casa e la mamma aveva trovato finalmente una nuova persona con cui stare. Era un uomo simpatico, che trattava Joaquin con dolcezza come se fosse figlio suo, perciò quando gli aveva chiesto se fosse disposto ad accettarlo come nuovo papà lui aveva annuito con entusiasmo. Lo aveva persino portato con sé a scegliere le bomboniere per il matrimonio e gli aveva permesso di decidere quale abito da cerimonia volesse indossare in qualità di paggetto. Perciò quella mattina, mentre tutte le donne della loro nuova grande famiglia si affaccendavano per aiutare la madre con l’abito da posa, il trucco e l’acconciatura lui si era messo d’impegno per vestirsi in tutto e per tutto da solo come tutti gli ometti. Peccato solo che il cravattino fosse più complicato da allacciare di quanto avesse immaginato. Erano venti minuti che cercava di fare il nodo inutilmente e quando decise di dichiararsi sconfitto si rassegnò a scendere in salone per farsi aiutare da uno dei suoi nuovi zii.

- Vieni qui, campione, ti aiuto io – decretò lo zio Armand, aiutandolo con il cravattino e sistemandogli meglio la cera sui capelli, - Ecco fatto, guardati, sei vestito proprio come uno di noi grandi. –

Esaminò il riflesso dello specchio sorridendo compiaciuto.

Lo zio Armand aveva ragione, sembrava proprio uno di loro. –

 

 

 

Anne si materializzò accanto a suo fratello prendendo sottobraccio da un lato lui e dall’altro Joaquin, li dirottò verso il bancone dei cocktail e lanciò un’occhiata supplichevole ad entrambi.

- Chi di voi due strappa qualcosa di molto alcolico al tipo serio e intransigente che mi ha liquidata con un’occhiataccia quando ho chiesto un whisky incendiario? –

Jackson le rivolse un’occhiataccia, districandosi dalla sua presa e accennando poi un sorrisetto beffardo.

- Che te ne pare di nessuno? –

- E dire che eri il mio fratello maggiore preferito. –

- Sono il tuo unico fratello. –

- Appunto, un motivo in più per acconsentire alle richieste della tua adorabile sorellina -, sorrise angelicamente, - dovresti apprezzare che io non sia una mini Rose. –

- Credo ci sia una via di mezzo tra una mini Rose e una mini alcolizzata. –

Joaquin osservò i due battibeccare con un sorriso stampato sul volto, poi si diresse verso il bancone e ordinò un cocktail molto più leggero di quello originariamente chiesto dalla quattordicenne. Tornò sui suoi passi porgendoglielo e ottenendo per tutta risposta un abbraccio spaccaossa.

- Grazie, Jojo, sei sempre il migliore … -

Jackson d’altro canto sgranò gli occhi incredulo.

- Ma che accidenti … si può sapere da che parte stai tu? –

- Un cocktail non la ucciderà e di sicuro non la trasformerà in un’alcolizzata. E poi con una serata del genere credo che tutti ne abbiano bisogno. –

- Ma … -

- Anche tu – tagliò corto, afferrando un bicchiere di whisky da un cameriere di passaggio e piazzandoglielo in mano, - perciò prosit! –

 

 

 

Edward diede di gomito ad Arthur e insieme si accostarono al terzetto poco distante da loro.

Tese un flûte verso Khendra, sorridendole di rimando quando la ragazza lo accettò con un misto di compiacimento e imbarazzo.

- Stai veramente bene, ti stai divertendo? –

- Diciamo che è una serata interessante, anche se il fatto che mio padre sia tra gli invitati è piuttosto imbarazzante. –

- Lo capisco, immagino sia stressante stare sotto il controllo dei genitori anche alle feste … è per questo che non ami il Quidditch? –

- Come fai a sapere che non lo amo? –

- Non ti ho mai vista alle partite -, replicò scrollando le spalle, - perciò ne deduco che non sia uno sport che ami particolarmente. –

- Non molto – ammise alla fine.

- Perciò non ci sono proprio speranze di convincerti ad assistere alla partita di domani? È la più avvincente del campionato. –

Tuonoalato contro Wampus, un classico che infiammava tutti gli studenti amanti dello sport e della rivalità tra le due Case, Jackson Riot contro Edward Diamond. Insomma uno spettacolo degno di nota.

- Ci sarà – replicò per lei Reina, inserendosi nel discorso quanto bastava a dare l’assenso e poi sgattaiolando via per impedire all’amica di tirarsi indietro.

- Anche Reina gioca a Quidditch – spiegò, non sapendo come altro giustificare quell’uscita, - e mi ha fatto promettere di accompagnarla ad assistere. –

- Bene, allora mi auguro che tiferai per me. –

Prese un sorso dal flûte, annuendo appena e cercando di mascherare il rossore con l’alcool.

 

 

 

- Devo proprio venire anche io? –

Da quando sua madre aveva sposato Trevor Lockwood la loro vita era cambiata radicalmente e con essa erano comparsi tutta una serie di obblighi e privilegi. All’inizio Joaquin era troppo piccolo per capire esattamente cosa avrebbe comportato essere il figlio adottivo di un consigliere del M.A.C.U.S.A ma adesso che era alla soglia dei suoi undici anni aveva compreso alla perfezione il tenore della loro posizione sociale e si era ormai abituato alle serate di gala e ai ricevimenti a cui venivano invitati i genitori. Alle volte riusciva anche ad evitarli, ma sembrava che quello in particolare fosse impossibile da ignorare.

- Il figlio di Bart ha la tua stessa età e la festa è in onore del suo compleanno, i Riot sono persone importanti e poi so che Jackson è un ragazzo molto a modo, potreste diventare amici – replicò Trevor con un sorriso incoraggiante.

Avrebbe voluto condividere il suo stesso entusiasmo, ma in mezzo a tutta quella gente si sentiva sempre un pesce fuor d’acqua.

- E se a lui non piaccio? –

- Non dire sciocchezze, Jojo, tu piaci sempre a tutti. Hai un dono nel suscitare la simpatia delle persone. –

Annuì poco convinto, ma seguì i genitori fuori dalla Cadillac e lungo il sentiero in ghiaia bianchissima che portava alla residenza dei Riot. Alzò lo sguardo ad esaminare quell’immensa struttura, una villa che al confronto avrebbe fatto sfigurare qualsiasi altra avesse mai visto in tutta la sua vita, e all’improvviso si sentì tremendamente piccolo e fuori posto.

Trevor gli posò una mano sulla spalla quasi avesse letto nei suoi pensieri e gli sorrise.

- Andrà bene, Jojo, te la caverai alla grande. –

Incrociò le dita, seguendolo all’interno della villa e lasciando il soprabito all’elfo domestico che li accolse.

Fu allora che lo sguardo gli cadde sul ragazzino dai capelli color del bronzo che stava seduto davanti al pianoforte e accarezzava con espressione assorta e totalmente presa i tasti in avorio.

Prima ancora di rendersene conto lo aveva raggiunto, sedendosi accanto a lui, e gli aveva sorriso timidamente.

- Posso suonare con te? –

Il ragazzo annuì, facendogli spazio e lasciandogli la metà dei tasti.

- Cosa vuoi suonare? –

- La conosci la nona sinfonia di Beethoven? –

Gli rivolse un sorriso smagliante. – Vuoi scherzare? Certo, la adoro! –

Rincuorato, gli sorrise di rimando e gli tese la mano. – Comunque io sono Joaquin. –

- Il figlio di Trevor? –

Annuì.

Gli strinse la mano di rimando. – Jackson, piacere di conoscerti. –

- Sei il festeggiato … Jackson Riot? –

- Già. –

- Allora auguri. –

- Sei il primo ad avermeli fatti tra tutti gli ospiti arrivati. –

Gli rivolse un sorriso a metà tra l’incredulo e il triste. Sembrava che anche in quella famiglia malgrado la fama e la ricchezza le cose non fossero troppo diverse da quelle che aveva vissuto durante i primi anni con il suo padre biologico.

- Trevor aveva ragione – disse alla fine.

 - Su cosa? –

- Aveva detto che mi saresti piaciuto … aveva ragione. –

- Anche tu mi piaci. –

 

 

 

- Jack? Jack sei qui? –

Fece capolino nello spogliatoio di Quidditch, guardandosi attorno alla ricerca del suo migliore amico che era letteralmente sparito dalla faccia di Ilvermorny da ore. Sapeva che lui e Amelia si erano lasciati quella mattina e si era detto che prima o poi sarebbe andato a cercarlo per raccontargli tutto, ma non l’aveva fatto e una parte di sé si era sentita ferita. Così alla fine aveva deciso di essere lui a cercarlo. Aveva perlustrato ogni singolo centimetro dei possedimenti scolastici e alla fine aveva optato per dirigersi verso il campo. Non l’aveva trovato in sella alla scopa e aveva puntato tutte le sue ultime speranze nello spogliatoio maschile. E così si era rivelato essere.

- Sono sotto la doccia, dammi un minuto. –

Mormorò un assenso di rimando, lasciandosi ricadere sulla panca nell’angolo e tamburellando con i piedi contro il pavimento.

Esattamente un minuto dopo Jackson comparve, un asciugamano stretto in vita con il torace pallido e definito in bella mostra e i capelli ancora leggermente umidi. Si sforzò di distogliere lo sguardo e finse di trovare particolarmente interessante un punto imprecisato degli armadietti in metallo attaccati al muro.

- Ti ho cercato praticamente ovunque. –

- Lo so, scusa, ma avevo voglia di volare un po’. –

- E non volevi sentirti dire da Winnie che lei ti aveva detto che Amelia era una pessima idea – aggiunse con appena un accenno di acredine nella voce.

Non era stata solo Winnie a pensare una cosa del genere, ma lui aveva preferito tacere per non esporsi troppo … per non confessare la gelosia che l’aveva attanagliato quando li aveva visti insieme per la prima volta. La stessa sgradevole sensazione che aveva provato quando Winona gli aveva confessato di aver pensato, anni prima e per un brevissimo periodo, di poter avere una cotta per Jackson.

- Anche – ammise con un sorrisetto.

- Stai male? –

Aveva bisogno di saperlo, poco importava che la risposta potesse ferirlo ancora di più, ma lui doveva saperlo.

- Sorprendentemente no. Volevo schiarirmi le idee per capire cosa mi stesse passando per la testa e poi ho capito: Amelia non significava nulla per me. Immagino che sia stato meglio averlo capito adesso piuttosto che dopo anni, no? –

- Decisamente. –

- Se mi aspetti finisco di rivestirmi e andiamo a cena insieme, sto morendo di fame. –

Gli voltò le spalle senza attendere una sua risposta e prese a vestirsi al di là del separè, ignaro del fatto che l’umore di Joaquin fosse migliorato incredibilmente da quando aveva messo piede lì dentro.

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Caos Nott


 

 

 

- Sei nervoso? –

Scott annuì appena mentre giocherellava svogliatamente con il cibo che aveva nel piatto. Tutte le volte che aveva una partita sentiva lo stomaco chiudersi e improvvisamente perdeva ogni traccia dell’appetito che lo contraddistingueva di solito.

- Non hai motivo di esserlo, sei un bravissimo Battitore – lo rincuorò Henrik.

- Già –, Liam si inserì dando il suo sostegno, - anche se non ti ho mai visto giocare conosco l’opinione di tutti gli altri. Sono tutti concordi nel dire che sei uno dei migliori in circolazione nei campionati studenteschi. –

- Siete gentili, ma quello che mi preoccupa non è tanto l’idea di perdere quanto piuttosto … -

- Piuttosto? –

Isabelle fece capolino tra di loro, già vestita di tutto punto con i colori dei Tuonoalato, con tanto di mazza da Battitrice in bella vista.

- Pronto a una sconfitta con i fiocchi, cuginetto? –

Non servì parlare per chiarire che il “piuttosto” era proprio lei.

- Questo è ancora tutto da vedere, se non sbaglio siamo a tre vittorie, due sconfitte e un pareggio per noi. –

- Casomai per noi -, lo contraddì, - e con questa arriveremo a quattro. –

- La troppa sicurezza non è mai una cosa carina – fece notare Liam.

- Lo è quando è motivata -, lo rimbeccò Isabelle, - ma saranno i fatti a parlare. Piuttosto ricordati la penitenza per chi perde. –

E con quelle ultime parole fece dietrofront e raggiunse il resto della sua squadra.

- Che penitenza? –

- Non volete saperlo … fidatevi. –

 

 

 

- Quindi questa è una delle prime partite a cui assisti? –

Khendra annuì mentre s’inerpicava sulle gradinate e cercava un posto libero dal quale avessero una visuale soddisfacente. Mentre era impegnata nella ricerca vide una mano alzarsi e attirare la loro attenzione.

- Da questa parte. –

La voce di Arthur le indirizzò a tre posti liberi accanto a lui; si strinsero di modo tale da lasciare Marcus tra il bordo della gradinata e il corpo del Serpecorno.

Accarezzò il bordo del maglione del ragazzo, soffermandosi in corrispondenza del petto, e sorrise di fronte al suo imbarazzo.

- Non sei vestito un po’ leggero? –

- Sto bene così -, bofonchiò di rimando, - grazie per l’interessamento. –

- Figurati … se senti freddo non preoccuparti e stringiti pure addosso a me quanto vuoi. –

Khendra tossicchiò nascondendo una risata e scosse le lunghe ciocche.

Quel ragazzo era sempre il solito e il suo amico non sapeva in che gioco si era andato a cacciare nel momento stesso in cui Arthur l’aveva puntato.

- Esme non c’è? –

Reina giunse in soccorso di Marcus stemperando quella tensione sessuale malcelata e dirottando il discorso altrove.

- Sì, ma è seduta dall’altro lato -, indicò la poltrona degli ospiti sulla gradinata opposta, sulla quale avevano occupato un posto sia Desmond che Baron Riot, - Credo che abbia deciso di prendere due piccioni con una fava. Dopotutto non può non tifare per Astrid, ma anche passare del tempo con Desmond ha il suo fascino. –

Sgranarono gli occhi all’unisono.

- Lo zio di Jackson? –

- Esme non detesta tutti i Riot -, rise malizioso, - ce ne è almeno uno che le è sempre piaciuto molto. –

Certo era un uomo indubbiamente attraente, ma Reina non riusciva a immaginare una ragazza poco più grande di loro desiderosa di iniziare una relazione stabile con lui.

- Ma … non è vecchio? –

- A Esme sono sempre piaciuti un po’ … stagionati. E poi ha trent’anni e lei a breve ne compirà diciotto, sono solo dodici anni di differenza. –

- De gustibus – mormorò Marcus.

- Giusto … e i tuoi di gusti nello specifico quali sono? –

- Sta iniziando la partita – replicò, le guance nuovamente chiazzate di rosso.

 

  

 

- Possibile che tu non riesca mai a stare fermo per mezzo secondo? –

Ridacchiò mentre sua madre lo costringeva a mettersi seduto e a tirarsi su la gamba dei pantaloni per scoprire il ginocchio destro.

- Non c’è nulla da ridere, Caos, guarda come ti sei ridotto. Ho perso il conto delle cicatrici che ti sei procurato negli ultimi sette anni. –

- Sto bene, mamma, è solo un graffio. –

Nova gli scoccò un’occhiataccia e continuò imperterrita ad imbevere di disinfettante il cotone. Glielo appoggiò sulle escoriazioni e strofinò delicatamente. Sentì il figlio sussultare, ma tenere saldamente chiusa la bocca per non lasciarsi sfuggire neppure un gemito.

- Si può sapere come ha fatto a venirti in mente che arrampicarti su quell’albero in piena notte fosse una buona idea? –

- Diana dice che lì sopra c’è un nido. Volevo vedere i piccoli. –

- E non potevi aspettare che facesse giorno prima di farlo? –

Il bambino soppesò le parole della madre in silenzio, un’espressione buffa dipinta sul volto, e infine annuì con un sorriso solare.

- Giusto, non ci avevo pensato! –

- Tu non pensi mai -, sospirò, - un giorno questo comportamento ti farà finire nei guai. –

- Papà dice che ho ripreso da te. –

Nova sgranò gli occhi.

- Ah, è questo che dice papà? Bene … Killian?! –

- Oh oh – mormorò con sentimento il piccolo prima di districarsi dalla presa della madre e correre in camera sua.

Aveva la netta sensazione che quell’ultima considerazione avrebbe fatto meglio a tenerla per sé.

 

 

 

Caos fece capolino all’interno dello scompartimento occupato dai suoi amici, trovando Loki ed Henrik seduti sulla destra e Diana e Anna invece sulla sinistra.

- Ci hai messo una vita, si può sapere dove ti eri cacciato? –

- Ero a fare provviste – replicò, estraendo una scorta di dolciumi non indifferente e piazzandola sul tavolino al centro.

- Api Frizzole! –

Diana fece per allungarsi ad afferrare il pacco, ma il cugino la bloccò prima che giungesse alla meta.

- Prima dillo. –

I loro tre amici li guardarono con fare perplesso. Da un lato erano certamente curiosi, ma dall’altro avevano capito già da tempo che mettersi tra le discussioni di Diana e Caos non era mai una scelta saggia.

La ragazzina alzò gli occhi al cielo, sbuffò sonoramente e poi lo folgorò con un’occhiataccia.

- Devo proprio farlo? –

- Sì se le vuoi. –

- Sei uno sporco ricattatore. –

- Lo so, ma voglio comunque sentirtelo dire. Capita così di rado che tu mi dia ragione su qualcosa, sarei un pazzo a fare finta di nulla. –

- Va beeeene. Lo ammetto, questo è lo scompartimento migliore, avevi ragione. –

 

 

 

Isabelle saltellò allegramente mentre usciva dallo spogliatoio femminile e trovò le ragazze che l’attendevano sorridenti sul prato antistante.

- Congratulazioni per la vittoria, anche se ammetto che un po’ mi dispiace per Scott – ammise Anna, occhieggiando verso lo spogliatoio maschile dal quale i Wampus avevano cominciato a uscire con aria affranta.

- Oh, ti dispiacerà ancora di più quando vedrai cosa ho architettato come penitenza. –

Diana scoppiò a ridere davanti all’espressione fintamente diabolica della ragazza, prendendola sottobraccio mentre si incamminavano lungo il sentiero che conduceva all’ingresso della scuola.

- Qualche anticipazione? –

- Oh, lo vedrai a cena. –

 

 

 

- Bel completino Blackwood, ti dona particolarmente. –

Il commento dello studente di Magicospino più vicino all’ingresso della sala mensa fu quello che diede l’inizio alle danze. Da lì fu tutto un susseguirsi di studenti che cercavano di sporgersi il più possibile per individuare la fonte delle risate collettive.

Scott infatti aveva indossato una divisa femminile dei Falmouth Falcons, nello specifico quella di Isabelle che per l’occasione era stata allargata a colpi di bacchetta per adattarla, e saltellava armato di pon pon mettendo in mostra un paio di gambe decisamente mascoline sotto al corto gonnellino bianco.

La suddetta cugina ne approfittò per alzarsi in piedi, sventolando un bicchiere colmo di succo di zucca con la veemenza che avrebbe adottato il più accanito degli ultras, e urlò a gran voce: “Vinceremo … ma se non vinciamo spacchiamo almeno un po’ di teste!”

Un misto di acclamazioni, provenienti da chi come lei teneva per i Falcons, e di risa accompagnarono quelle parole e l’avanzata di Scott verso il tavolo dei Wampus.

- Il bianco e il grigio sono proprio i tuoi colori -, aggiunse Caos mentre l’amico prendeva posto, - ti risaltano gli occhi. –

- Caos, posso dirti una cosa dal profondo del cuore? –

Con le lacrime agli occhi per le risate, il moro annuì.

- Ucciditi. –

 

 

 

- Henrik devi assolutamente darmi una mano con questa roba, non ci capisco nulla! –

L’amico smise di mangiare il suo pudding, dopo aver quasi rischiato di strozzarsi con una cucchiaiata, e si rassegnò ad affrontare per l’ennesima volta la questione di Storia della magia con Caos.

- Ti ho già spiegato che farmi andare di traverso la cena facendomi prendere un infarto non servirà a farti capire la materia, vero? –

- Vero, ma vado di fretta. –

- Perché vai di fretta, cosa dovrai mai fare in piena serata? –

Sorrise malandrino.

- In effetti adesso che me lo chiedi penso proprio che posso confidarti i piani che abbiamo in serbo io e Loki per il nostro amato custo … -

- No, basta, non voglio più saperlo. Non posso correre il rischio di essere accusato di complicità; sono un Prefetto, quelli come voi dovrei farli punire e non coprirli, volete mettervelo in testa? –

- Che noia. Liam tu sei dei nostri? –

Il biondo soppesò la proposta, evidentemente tentato di prenderla in considerazione, ma lo sguardo supplichevole di Henrik lo convinse a desistere.

- Spiacente, per questa volta passo anche io. –

- Pazienza … però con il tema mi date una mano comunque, no? –

- Certo, anche perché so per esperienza che non cederai finchè non avrai ottenuto quello che vuoi. –

- Esattamente – confermò compiaciuto.

 

 

 

Loki lo seguì lungo il sentiero che dall’Emporio degli Scherzi di Zonko conduceva verso il Black Unicorn, ai margini del villaggio, trascinandosi dietro un quantitativo notevole di buste e inveendo contro Caos e i suoi piani di spionaggio malsani.

- Mi spieghi perché lo stiamo facendo? –

- Non è ovvio? Diana ha un appuntamento con un tipo del settimo anno. –

- Che ha solo un anno più di noi, non è esattamente un grande scandalo, sai? –

- Resta il fatto che ha un appuntamento con mia cugina, ma come diavolo si è permesso di fare una cosa del genere? –

- Diana è carina, intelligente, ed è divertente. Non vedo cosa ci sia di strano se piace ai ragazzi. –

- Questo lo so -, lo rimbeccò con fare ovvio, - ma doveva ovviamente chiedermi il permesso prima di compiere un’azione così scellerata. Insomma chi gli ha detto che poteva farlo? –

- Sono quasi del tutto sicuro che sia stata proprio Diana a dirgli che andava bene, ma potrei sempre sbagliarmi – ironizzò.

- Beh, è comunque del tutto inaccettabile, Diana è troppo giovane. –

- Un pazzo … io sto cercando di ragionare con un pazzo – sospirò Loki, bloccando l’amico prima che potesse entrare nel pub e fare una scenata, - Se entri Diana ucciderà prima te e poi me per non avertelo impedito perciò perlomeno rimani a spiarli da fuori. –

- Fifone – bofonchiò, ma diede retta all’amico e si sistemò vicino alla vetrata sul retro.

- Quando si tratta di Diana e delle sue sfuriate assolutamente sì e non me ne vergogno affatto. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Salve!

Comincio augurandovi un buon anno (seppure in ritardo xD) e una buona Epifania!

Come avrete notato il voto questa volta ha favorito i Tuonoalato, perciò congratulazioni a chi ha un OC in quella Casa, e nel caso dei flashback ha prodotto nuovamente un ex aequo tra Caos ed Edward per cui per il prossimo capitolo troverete il flashback sul nostro Wampus … quindi vi chiedo un solo voto per il flashback del prossimo capitolo, che arriverà sicuramente non prima di giovedì. Ah inoltre vi annuncio che il prossimo capitolo sarà ambientato durante le vacanze di Natale per cui vi pongo una domanda:

- il vostro OC tornerà a casa o rimarrà a scuola? Volete che festeggi in modo particolare?

Detto ciò vi saluto, al prossimo aggiornamento.

Stay tuned.

XO XO,

Mary

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11

 

 

 

 

 

Edward Luke Diamond


 

 

 

 

 

- Sei proprio sicura di non voler tornare per le vacanze? –

Isabelle annuì davanti allo sguardo perplesso delle tre amiche, lasciandosi cadere sul materasso e sorridendo.

- Certo, ho già scritto a mia madre e lei ha capito perfettamente … ha detto che neanche lei avrebbe mai lasciato da sole le sue amiche a Natale, specialmente se sono costrette a stare lontane da casa per le feste. –

- Quando è così … che si fa di solito qui a Ilvermorny durante le vacanze natalizie? –

- Di solito non sono moltissime le persone che rimangono a scuola -, replicò voltandosi verso Anna, - ma quelle poche che lo fanno devono prepararsi psicologicamente alla più grande festa che sia mai stata organizzata nella storia della scuola. –

Brooklyn inclinò leggermente il capo, perplessa.

- Mi sembrava di aver capito che Jackson andasse a casa di Winona insieme a Joaquin … il Riot organizza anche senza di loro? –

- Non esattamente. Edward non torna mai a casa se può evitarlo, perciò si fa carico lui dell’organizzazione della festa di Natale più epica della storia di modo che anche chi rimane qui abbia modo di passare un bel periodo. –

Anna sfoggiò un’espressione triste.

- Non riesco a immaginare come debba essere per lui. Eppure da come si comporta non lascia mai trasparire un disagio. –

- È un tipo forte, indipendente, non ha mai detto a nessuno perché non vuole tornare. –

- Allora non saremo certo noi a rovinare l’atmosfera festaiola -, saltò su Diana dirigendosi verso l’armadio nell’angolo e spalancando entrambe le ante, - perciò coraggio: la caccia all’abito adatto è ufficialmente aperta! –

- Mi sa tanto che ci trascinerà tutte alla festa – ridacchiò Brooklyn.

- Oh, puoi scommetterci che lo farò. –

 

 

- La mamma sta piangendo. –

Edward venne accolto al suo ritorno a casa dalla semplice constatazione di Kate. La sua sorellina doveva aver passato dei mesi interminabili in compagnia di una donna piangente, perché il modo rassegnato in cui l’aveva detto era tipico di chi ormai sa bene che non ci sia più nulla da fare. Persino a Natale, ora che il padre era stato cacciato via dopo l’ennesimo tradimento, quella casa diventava una valle di lacrime.

- A settembre sarai a Ilvermorny con me, avrai modo di fuggire da tutto questo per almeno un po’ – la rincuorò, accarezzandole il viso e incamminandosi lungo la rampa di scale che portava al piano superiore.

- Mamma, sono tornato a casa. –

Non giunse nessuna risposta.

Non che se l’aspettasse davvero.

Sospirò, trascinando il baule nella sua camera e chiudendosi la porta alle spalle.

 

 

- Che significa che quest’anno non torni a casa per le vacanze? –

Kate mise le mani sui fianchi e gli rivolse un’occhiata piccata.

Per tutta risposta lui si limitò a scrollare le spalle con noncuranza. Avevano già affrontato quel discorso innumerevoli volte da quando dicembre aveva cominciato ad avvicinarsi e lui era sempre stato irremovibile a riguardo: ora che anche Kate era a scuola lui non sarebbe tornato a casa per le festività.

- Te l’ho già detto, kitty cat, tornavo a casa solo per non lasciarti con la mamma. –

- Ma lo stai facendo comunque! –

- No, adesso sei tu che hai deciso di voler tornare a casa da lei. Non sei obbligata, è una tua libera scelta, così come io posso decidere di rimanere qui con i miei amici. –

- Ma … -

- Non voglio discuterne ancora, sorellina. –

Rassegnata, la ragazzina scrollò le spalle e appose la sua firma sull’elenco di coloro che ripartivano per casa.

- Va bene, mi inventerò qualcosa per giustificare la tua assenza. –

Certo, come se sua madre se ne sarebbe mai accorta.

 

 

Edward afferrò l’ultimo malloppo di inviti e puntò dritto verso il gruppetto di studenti inglesi con un sorriso gioviale sul volto.

- Ciao, ragazzi! Vi interessa una festa natalizia? –

Caos fu il primo a ricambiare il sorriso, visibilmente incuriosito, e accettò l’invito che gli veniva porto.

- La organizza il Riot? –

- No, ci penso io; la maggior parte dei membri del Club parte, a scuola rimaniamo solo io e Arthur. –

- Verremo sicuramente -, asserì, - dopotutto stare lontani da casa per le vacanze è una novità un po’ per tutti noi. –

Il sorriso sul volto del Wampus vacillò appena e Scott diede una gomitata nello stomaco all’amico, che per tutta risposta non capì cosa avesse detto di male.

- Bene, allora ci vediamo lì – decretò alla fine Edward, voltando loro le spalle e tornando sui suoi passi per raggiungere Esme e Astrid poco distanti.

Rimasti soli, Caos lanciò un’occhiataccia al rosso.

- Ehy, mi hai fatto male! –

- Bene, è proprio quello che volevo. Non connetti mai il cervello prima di aprire bocca, vero? –

- Eh? –

Liam alzò gli occhi al cielo e intervenne. – Quello che Scott intende dire è che deve esserci un motivo se Edward, che ha la possibilità di tornare a casa, rimane qui. Evidentemente non vuole tornare a casa dai suoi. –

- Insomma sei stato tremendamente indelicato – concluse Henrik, mentre Scott annuiva con vigore.

- Esattamente, è quello che intendevo. –

- E questo dovrebbe essere un buon motivo per picchiarmi? –

Loki gli passò un braccio attorno alle spalle e lo stritolò leggermente.

- Come dice Diana, c’è sempre un buon motivo per picchiarti. –

 

 

- Hai preso tutto? –

Astrid annuì incamminandosi insieme all’amica verso il pianterreno.

- Tu invece? Non vedo bagagli nei paraggi -, esaminò l’aria circostante con perplessità, - chi hai incastrato per portarli? –

Esme sorrise prima di accennare pigramente a qualche metro dietro di loro, dove uno studente del loro anno arrancava sotto il peso del suo baule e si sforzava di tenere il loro passo.

- Si è offerto di accompagnarmi lungo il tragitto, non avevo cuore di dirgli di no. –

Alla bionda non rimase che gettare il capo indietro e scoppiare a ridere sonoramente.

Tipico di Esme sfruttare il suo cospicuo numero di corteggiatori spingendoli persino ad offrirsi volontari per quel ruolo di facchini personali.

- Se solo sapesse che ti piacciono quelli stagionati -, ammiccò maliziosa, - e a proposito di questo … Mi è sembrato di sentire che quest’anno anche un certo vice primo ministro va ad Aspen a sciare. Sarà forse una casualità? –

Esme sbattè le lunghe e folte ciglia scure con fare vezzoso.

- E chi lo sa, immagino lo scoprirai al mio ritorno. –

 

 

Edward notò con la coda dell’occhio un movimento alla sua sinistra e rallentò per sincerarsi di cosa fosse. Dopotutto era fuori dal letto ben oltre il coprifuoco e non voleva certo correre il rischio di venire scoperto. Aveva già passato le ultime tre settimane in punizione, non aveva davvero bisogno di accumularne altre.

Quando sbirciò dietro l’angolo tuttavia vide che non era affatto un sorvegliante né il custode, bensì una ragazza del suo anno dalle lunghe onde corvine e la carnagione ambrata: Esme Cavendish. Sebbene fossero entrambi al quinto anno Edward non aveva mai scambiato più di un paio di parole con lei. Esme era la classica principessa dalle ottime e ricche frequentazioni, i migliori della scuola, e lui apparteneva alla categoria dei ribelli scapestrati. Insomma non avevano nulla in comune se non il fatto di trovarsi fuori a quell’ora della notte.

La vide trasalire quando gli venne incontro e si accorse della sua presenza.

Aveva le iridi scure solitamente altere arrossate e il volto gonfio di chi doveva aver pianto a lungo.

- Se dici a qualcuno di avermi visto in questo stato giuro che renderò la tua vita un inferno. –

- Come se fosse possibile peggiorarla -, replicò ripensando alla madre in depressione e al padre fedifrago finito chissà dove, - ma se vuoi provarci accomodati. –

Quel commento parve spiazzare Esme, che perse l’aria aggressiva e tornò ad assumere quell’aspetto fragile di pochi istanti prima.

- Benvenuto nel club della vita di schifo, vuoi una tessera da socio? –

- Perché no, credo mi farà comodo. –

Senza sapere bene nemmeno come si trovarono entrambi seduti a terra con le gambe incrociate; Esme riassunse i suoi problemi, raccontandogli delle pressioni a cui era sottoposta dai suoi genitori e in generale da chi credeva che la sua vita fosse perfetta e senza alcuna preoccupazione.

Dal canto suo gli venne naturale aprirsi a sua volta, raccontandole dei quattordici anni di tradimenti di suo padre e delle sue frequenti ubriacature, di sua madre che alla fine aveva raccolto il coraggio e l’aveva cacciato e di come lui e sua sorella non avessero più visto il padre da quel giorno.

- Abbiamo più in comune di quanto potessimo immaginare -, constatò Esme alla fine, - e se tu non fai parola dei miei problemi io farò altrettanto. –

Si strinsero solennemente la mano.

- Consideralo fatto. –

 

 

- Ti ha vomitato sulla camicia? Di classe. –

Il commento di Esme lo spinse ad abbandonare il tentativo di pulire la camicia nel lavandino e a voltarsi verso di lei.

- È ancora troppo presto per scherzarci sopra. –

Per tutta risposta la Serpecorno scoppiò a ridere e si avvicinò ancora di più a lui per studiare la situazione con cipiglio professionale.

- Succede questo quando ci provi con le ragazzine che non sanno reggere l’alcool. Se la lavi in quel modo finirai con il rovinarla, è seta. –

- Non avevo la minima idea che fosse ubriaca e, se proprio sei tanto esperta, perché non provi tu a sistemarla? –

- Mi hai preso forse per una governante o per un’elfa domestica? Arrangiati da te. –

Sospirò, gettandola in un angolo rassegnato.

- La porterò alla lavanderia scolastica domani mattina. –

- Oppure puoi metterla in conto alla piccola vomitatrice seriale che sta di là. –

- La cosa ti diverte davvero così tanto? –

Annuì riprendendo a ridere.

- Il seduttore di Ilvermorny che si ritrova coperto di vomito? Puoi giurarci che mi diverte, continuerò a prenderti in giro per settimane. –

Non seppe nemmeno lui perché lo fece, ma semplicemente si sporse verso di lei e l’attirò a sé per baciarla. Esme ricambiò brevemente, separandosi poco dopo quanto bastava per guardarlo negli occhi e decretare: - Sia chiaro che non significa assolutamente nulla, è solo una parentesi di una festa noiosa. –

- Non avrei saputo dirlo meglio. –

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Astrid Lara Reid


 

 

 

 

 

Astrid tese una manina verso la lapide in freddo marmo davanti alla quale si erano fermati, accarezzando appena l’incisione che riportava la data di nascita e quella di morte. C’era la foto di una donna giovane e bellissima, sorrideva come se avesse tutta la vita davanti. Eppure quella donna era morta cinque anni prima, lo stesso giorno in cui lei era venuta al mondo.

- Papino, tu credi che la mamma mi guardi dal cielo? –

- Certo che ti guarda, piccola mia, ed è fiera della signorina che stai diventando di anno in anno. –

- Sicuro? –

- Certo che ne sono sicuro. Vuoi rimanere ancora un po’ qui o preferisci tornare a casa? –

- Qui … ancora un po’ per favore. –

Le sedette accanto sull’erba umida.

- Va bene, tesoro. –

 

 

Astrid osservò la lettera che suo padre le aveva porto. L’aveva letta tutta d’un fiato assimilando ogni singola parola con estrema cura. Suo padre le aveva raccontato di come sua madre fosse una strega Mezzosangue e avesse frequentato Ilvermorny quando aveva la sua età. E adesso, il giorno del suo undicesimo compleanno, la lettera era arrivata anche per lei.

- Sono come la mamma –, mormorò rigirandosela tra le dita, - c’è davvero una parte di lei in me. –

- Certo che c’è, ti ho sempre detto che sei speciale proprio come lo era lei. Le uniche due donne della mia vita sono fantastiche per forza di cose. –

Fu allora che alzò lo sguardo sul padre, improvvisamente preoccupata.

- Ma se … se io vado a Ilvermorny tu rimarrai da solo. –

- Sono abbastanza grande da cavarmela da solo per qualche mese -, scherzò accarezzandola, - e poi tornerai per le vacanze di Natale. Sono solo tre mesi, posso farcela. –

- Sicuro? –

Il padre annuì con risolutezza.

- Certo, è la tua vita ed è giusto che tu la viva. Sono fiero di te, Astrid, e so che anche la mamma lo è. –

 

 

- Papà? Sono a casa! –

Fece appena in tempo a fare capolino dentro l’abitazione che l’uomo la raggiunse, l’afferrò per la vita e la fece volteggiare attorno a sé come se non pesasse nulla.

- Ecco la mia biondina preferita. –

Rise, abbracciandolo a sua volta e tenendolo stretto a sé. Gli era mancato così tanto durante quei tre mesi.

- Metto su il caffè e mi racconti tutto, sono curioso di sapere come è quest’anno da membro del Riot, come vanno le cose con gli studenti inglesi e cosa ha combinato Esme questa volta. –

- Dovrai metterne su un bel po’, sono un sacco di cose da raccontare.

- Ho tutto il tempo del mondo e ho fatto scorta di caffè. –

 

 

- Papà? Sono arrivata … c’è anche la mia amica Esme. –

Inizialmente aveva avuto qualche perplessità sull’invitare Esme a casa per le vacanze estive, consapevole che la sua migliore amica fosse abituata a un lusso sfrenato che di sicuro il piccolo e spoglio monolocale in cui viveva con suo padre non poteva neppure ricordare nemmeno nelle più sfrenate fantasie di un folle. Ma Esme come sempre si era dimostrata incredibilmente insistente e convincente e così si erano ritrovate lì, sull’uscio della porta di casa sua, con suo padre che le accoglieva con un sorriso smagliante.

- Ciao Esme, e piacere di fare finalmente la tua conoscenza. –

- Il piacere è tutto mio, signor Reid. –

- Non state sulla porta, ragazze. Ho fatto la limonata e c’è una bella torta che ci aspetta in frigo. Ti piace la cheesecake, Esme? –

- La adoro – assicurò, prendendo sottobraccio Astrid e seguendolo nel piccolo soggiorno.

- Tuo padre è un uomo veramente dolce, sei fortunata – le sussurrò all’orecchio mentre si accomodavano.

L’affetto per l’amica e per l’uomo che l’aveva cresciuta da solo per anni zampillò nel suo petto con vigore.

- Lo so, sono molto fortunata ad avere un padre come lui. –

 

 

Aveva accettato di passare l’estate prima dell’inizio del loro ultimo anno nella residenza estiva dei Cavendish negli Hamptons, ma questo prima di rendersi conto di cosa avrebbe voluto significare girare con Esme in pantaloncini corti, zeppe dal tacco vertiginoso e crop top.

- Girare con te dovrebbe essere illegale, non fanno altro che guardarci. –

- Guardano entrambe –, replicò la mora, - e fanno benissimo a farlo perché siamo due bellezze stratosferiche. –

Si soffermò sulle sue scarpe basse, i jeans leggermente strappati e la t shirt. Non c’era molto di sexy in lei.

Esme doveva aver capito cosa le stava passando per la testa perché non appena ebbero varcato l’ingresso della piscina puntò dritta verso uno dei bagnini nell’angolo e parlottò fittamente con lui. Mentre il suo collega sistemava loro i lettini il biondo si diresse verso di lei con un sorriso smagliante.

- Ciao, sono Andrew. –

- Astrid. –

- Posso offrirti qualcosa da bere … Margarita, un mojito? –

- Io … ti ringrazio, ma non bevo quando sono solo le dieci di mattina. –

Il sorriso tentennò appena, ma il bagnino tornò alla carica poco dopo.

- Un succo d’arancia con ghiaccio allora? –

- Perché no, grazie. –

Approfittò del suo allontanarsi per raggiungere Esme e rivolgerle un’occhiataccia.

- Si può sapere cosa gli hai detto? –

- Di farsi sotto se gli piaci e di smetterla di perdere tempo, sono giorni che ti guarda tipo stalker. –

- Ma io non voglio un ragazzo, Esme. –

L’amica prese un sorso di margarita e si strinse nelle spalle.

- Magnifico, perché i bei bagnini sono come kleenex: li usi una volta e li getti via. –

Fece per replicare, ma la comparsa di un uomo di poco meno di trent’anni che puntava dritto verso di loro tacitò le sue rimostranze.

- Desmond Riot? –

- Già -, sporse appena gli occhiali per guardarlo meglio, - ed in forma come non mai aggiungerei. Des, mi aiuteresti con l’olio? Astrid lo detesta perché le lascia le mani appiccicaticce, ma io voglio comunque un’abbronzatura perfetta e ci sono punti in cui proprio non arrivo … -

Fece del suo meglio per non ridacchiare.

Quelle vacanze si preannunciavano tutto fuorchè noiose.

 

 

- Pronti ad immergervi nell’universo Powaqa? –

Joaquin e Jackson annuirono mentre entravano nella proprietà della famiglia di Winona e venivano accolti dalle urla dei più piccoli che annunciavano a gran voce agli adulti che finalmente Winnie, Jojo e Jack erano arrivati e si poteva cominciare con i festeggiamenti.

In una frazione di secondo si ritrovarono sommersi dagli abbracci, i baci e le pacche sulle spalle di ogni singolo componente del clan senza poi contare i bambini più piccoli che cercavano di reclamare con insistenza la loro attenzione in ogni istante possibile.

- Ancora sicuri di voler rimanere qui? –

- Piuttosto che tornare a casa mia? Puoi giurarci, tanto ormai qui ho praticamente preso la residenza – replicò Jackson, afferrando al volo una delle nipoti più piccole dei Powaqa che aveva pensato bene di arrampicarsi lungo le sue gambe per farsi abbracciare.

- E i miei sono in crociera per cui non ti libererai nemmeno di me – asserì Joaquin.

- Bene, ma non dite che non vi avevo avvisati. –

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Edward osservò lo svolgimento della festa con sguardo attento, compiaciuto del successo che aveva riscosso anche quell’anno. Poi lo sguardo gli cadde sul profilo di Khendra, che aveva deciso di trattenersi a scuola almeno per la durata della festa, e non potè fare a meno di studiarla dalla testa ai piedi con fare rapito.

- Dovresti andare da lei. –

La voce di Arthur lo riscosse e lo riportò alla realtà.

Si voltò verso l’amico inarcando un sopracciglio.

- Tu credi? –

- Assolutamente sì. E poi non sei tu il rubacuori della scuola? –

Certo che lo era, ma quella ragazza era diversa. Khendra non era frivola come tutte le altre che avevano atteso nulla più che un suo cenno per saltargli addosso, era di tutt’altra pasta e la cosa lo rendeva insicuro.

Una ragazza tanto fantastica poteva volere uno come lui?

Decise di buttarsi, dopotutto quella era l’occasione perfetta per imputare un eventuale comportamento poco fruttuoso all’alcool.

Si fece strada tra le coppie che ballavano e coloro che barcollavano già completamente ubriachi o fatti e raggiunse la sua tanto ambita meta.

- Ti stai divertendo? –

Khendra si voltò verso di lui sorridendo allegramente.

- Certo, questa festa è fantastica. –

- Bene, mi fa piacere … e sono anche molto contento che tu abbia deciso di venire invece di partire subito per casa. –

- Ero curiosa -, ammise, - e poi mi avevi invitato e non mi piace deludere le aspettative altrui. –

Vide le labbra muoversi, consapevole che stava ancora continuando a parlare ma che lui era troppo preso per rendersi conto di cosa gli stesse dicendo.

Tutto in lui gridava a gran voce perché agisse e alla fine decise di abbandonarsi al suo istinto. Si chinò verso le sue labbra e le catturò in un bacio delicato ma deciso. Attese qualche istante e quando sentì Khendra che gli cingeva il collo attirandolo maggiormente a sé e rispondeva al bacio si rilassò e la strinse a sé.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Salve!

Sono riemersa momentaneamente dallo studio per la sessione invernale quanto basta per aggiornare e rendere finalmente canon la prima coppia della storia. Inoltre volevo approfittarne per fare un po’ di pubblicità a questa mia interattiva: https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3817650

In aggiunta a tutto ciò come sempre vi chiedo di esprimere due voti per i flashback del prossimo capitolo e vi annuncio che mancano ufficialmente cinque capitoli + l’epilogo (quindi in totale 6) alla fine della storia, al termine della quale pubblicherò una raccolta di OS dedicate ai vari personaggi e (questo nel caso vi interessi e siate favorevoli alla cosa) un possibile sequel con i loro futuri pargoletti.

Per ora è tutto.

A presto.

Stay tuned.

XO XO,

Mary

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Capitolo 12 ***


Capitolo 12

 

 

 

 

Diana Price


 

 

- Tio, tio! –

Diana corse a braccia aperte verso Killian, appena arrivato insieme a moglie e figli a carico, gettandosi contro di lui non appena ebbe varcato l’ingresso del salone di casa loro.

Killian l’afferrò al volo, facendola volteggiare e baciandole le guance.

- Ciao, principessa, come siamo allegri questa sera. –

- Sì, Caos gioca? –

- Certo che gioca, ma mi raccomando tornate qui in tempo per la cena o tua madre infilerà voi due nel forno come secondo. –

Diana ridacchiò e, preso per mano il cugino, sfrecciò verso le scale per condurlo in camera sua e mostrargli i nuovi giocattoli che aveva ricevuto per il compleanno.

Gli adulti rimasti al piano di sotto non poterono che scambiarsi un’occhiata eloquente, per poi scuotere il capo non appena sentirono i primi battibecchi provenire dal piano di sopra.

- No, non così. –

- Uffa, sei una dittatice. –

Elizabeth inarcò un sopracciglio, rivolgendo un’occhiata a Nova che per tutta risposta stava guardando il marito con cipiglio minaccioso.

- Caro, toglimi una curiosità … -

- Quando dici caro in quel modo sento il sangue che mi si gela nelle vene. –

- Come fa Caos a sapere cosa significhi la parola “dittatrice”? Non sarà mica che tu l’abbia usata parlando di me … vero? –

- Io … credo che andrò a controllare i bambini -, tagliò corto Killian inerpicandosi a sua volta lungo le scale, - piccoli sto venendo a giocare con voi! –

 

 

- Mamma? Sto per uccidere il tuo secondogenito. –

Derek le rivolse una linguaccia e continuò a saltellare imperterrito sul suo letto, sgualcendo il copriletto che tanto faticosamente aveva sistemato poco prima.

- Mamma?! Lo sta facendo ancora. –

- Fai come ti pare, Diana, non mi interessa … io ho già avuto la mia buona dose di drammi stando dietro al mio di fratello – replicò alla fine Elizabeth, affacciandosi nella stanza della figlia e rivolgendo una scrollata di spalle all’indirizzo del figlio che appariva ormai decisamente allarmato.

- Bene, hai sentito piccolo mostro? La mamma mi ha dato il permesso di farti fuori. –

- Nooooo! Pietà, aiutoooo … aiutooo. –

Derek saltò giù dal letto e fece per correre fuori dalla stanza, ma la sorella lo intercettò e lo afferrò stringendolo a sé in una morsa ferrea.

- Lasciami, lasciami! –

- No, ti solleticherò a morte. –

- Noooo! Papààààà … mammaaaaa. –

- Se proprio devi ucciderlo, Diana, almeno cerca di farlo in silenzio perché tuo padre sta lavorando al piano di sotto. –

Derek sgranò gli occhioni e rivolse un’occhiata supplichevole alla sorella, giungendo le mani a mo’ di preghiera.

- Ti prego, Di, non entrerò più in camera tua senza permesso. –

- E? –

- E non salterò più sul tuo letto. –

- E? –

Derek tentennò, non sapendo bene cosa aggiungere come promessa per sottrarsi a quella tortura a base di solletico.

- Cos’altro vuoi? –

- La tua porzione di patate arrosto della cena di stasera. –

- Va bene, adesso mi risparmi? –

Annullò la presa e lo lasciò libero di scappare via.

Aveva imparato bene da sua madre come gestire i capricci del moccioso.

 

 

Diana rivolse uno sguardo incuriosito all’indirizzo del ragazzo che camminava verso di lei. Sapeva che si chiamava Baron e che era uno dei cugini di Jackson, ma non riusciva a capire cosa ci facesse a Ilvermorny durante quei giorni post feste natalizie.

Il biondo doveva essersi accorto dei suoi sguardi perché le sorrise di rimando e ruppe gli indugi porgendole la mano.

- Ciao, sei una delle ragazze inglesi vero? –

- Già, Diana piacere. –

- Ne ero certo, mi sarei ricordato di te se ti avessi già vista per i corridoi di Ilvermorny. Io sono Baron. –

- Lo so. –

Davanti allo sguardo vagamente compiaciuto del ragazzo, precisò con puntiglio: - Intendo dire che so chi sei perché il resto dei membri del Club mi ha detto che eri il presidente fino all’anno scorso. –

Il compiacimento vacillò appena.

- Ah, e io che credevo ti fossi informata perché avevo fatto irrimediabilmente colpo. –

Quei Riot erano una sorpresa continua, dubitava che ci fossero due membri della famiglia che avessero il medesimo carattere lì in mezzo.

- Spiacente di smontarti l’ego, ma non mi sei rimasto particolarmente impresso. –

Oltre per il fatto che era disgustosamente attraente, un po’ come tutti i Riot del resto, e che la divisa da Auror gli stava tremendamente bene.

Non lo disse tuttavia e sperò che il suo volto non lasciasse trapelare quelle considerazioni. Quel Baron sembrava essere già sufficientemente consapevole del suo bell’aspetto e non aveva certo bisogno di altri complimenti.

- Ahia -, finse di portarsi una mano sul cuore, - bella e crudele. –

- Solo brutalmente sincera. –

Baron ammiccò appena prima di rivolgerle un sorriso sghembo e fascinoso.

- Strano, deve essere la prima volta che mi capita di non rimanere impresso a una ragazza. –

Diana emise un fischio flebile.

- Però, la modestia non sai proprio dove sia di casa. –

- La modestia è per le persone brutte. –

Scosse il capo, incredula dalla piega che stava assumendo quella breve e inaspettata conversazione.

- A ogni modo, cosa ci fa un Auror da queste parti? –

- Stavo cercando … -

- Ehy, Di, ecco dove ti eri cacciata. –

Caos arrivò in gran carriera verso di loro, passandole un braccio attorno alle spalle con fare protettivo e folgorando il biondo con un’occhiata poco amichevole.

- Io e il resto dei ragazzi stavamo pensando di fare una battaglia a palle di neve, ti unisci a noi? –

- Certo. Ti auguro di trovare qualsiasi cosa ti servisse, Baron – aggiunse rivolgendogli un cenno del capo e seguendo il cugino verso il parco.

 

 

Diana sorrise all’indirizzo del ragazzo prima di prendere un lungo sorso di calda Burrobirra. Per un attimo aveva creduto che Caos si sarebbe inventato una delle sue solite spedizioni altamente imbarazzanti per guastarle l’appuntamento, ma era più di mezz’ora che erano all’interno del Black Unicorn e del cugino ancora non si era vista l’ombra. Forse, se Godric fosse stato molto generoso, sarebbe riuscita a termine un appuntamento senza ricavarne una colossale figuraccia.

- Ehy, cosa fa quel tipo arrampicato sul tetto? –

Il commento di uno dei frequentatori del pub attirò la sua attenzione, ma prima che potesse convincersi di essere diventata paranoica, le giunse alle orecchie il proseguimento della conversazione.

- È uno degli studenti di Hogwarts. Questi Serpeverde ne combinano sempre una delle loro – rincarò la dose la donna che l’accompagnava.

E il sospetto crebbe abbastanza da spingerla ad alzarsi e scusarsi con il suo accompagnatore, sostenendo di avere un pessimo presentimento.

Uscirono fuori dal locale trovando Caos inalberato sul tetto, intento a spiarli dalla finestrella più alta, e Loki che lo sorreggeva per le gambe per permettergli di mantenere l’equilibrio.

- NON CI POSSO CREDERE! –

Loki sobbalzò, mollando la presa sull’amico e facendo finire Caos a gambe all’aria nella neve.

- PER LE SACROSANTE MUTANDE DI MERLINO, SIETE COMPLETAMENTE FUORI DI TESTA?!? –

- Non è come sembra, Di … - fece per iniziare Caos, ma la cugina lo interruppe all’istante.

- Ah, no? E allora cosa stavi facendo sul tetto del pub? Prendevi il sole?! –

-  Sarebbe una cosa così strana? –

- IN PIENO FEBBRAIO CON DUE GRADI SOTTO ZERO E LA NEVE CHE CADE?! –

Caos rivolse un’occhiata supplichevole all’indirizzo dell’amico, ma Loki si strinse nelle spalle e fece per indietreggiare.

- Spiacente amico, ma quando si tratta di lei … ognuno per sé. –

 

 

- Ho quasi paura di chiedere cosa tu stia facendo – asserì Brooklyn mentre la osservava preparare una torta con gli ingredienti che le avevano procurato gli elfi dalle cucine del castello. O meglio rimestare a velocità folle uova, latte e farina per creare non sapeva bene nemmeno lei cosa.

- La ricetta l’ha trovata Anna. –

- Questo non mi rassicura particolarmente – replicò la Tassorosso per tutta risposta.

- Stiamo parlando di una torta, quanti danni potrà mai causare? –

- Meglio non chiedere … sai che ti voglio bene, Di, ma non sei esattamente quello che si chiama una cuoca provetta. –

Diana sbuffò, allontanando una ciocca dal volto.

- Oh, andiamo, da come parli sembra quasi che io sia un’avvelenatrice seriale. –

- L’altra settimana, quando eravamo a casa tua per le feste, hai fatto bruciare il latte – le ricordò.

- Non era colpa mia, mi sono solo distratta un attimo. –

Brooklyn rinunciò alle sue obiezioni e si limitò a finire d’osservare la preparazione della torta per il compleanno di Caos senza proferire un’altra parola. Dopotutto non toccava certo a lei mangiare quella roba.

Dopo una lunga cottura, finalmente Diana estrasse trionfante la teglia. Il sorriso si gelò sul suo volto davanti a quell’ammasso duro come un mattone e all’incirca dello stesso colore.

- Non credo che sia commestibile – mormorò timidamente Anna.

- Certo che non lo è, ma manca pochissimo all’inizio della festa a sorpresa, non ho il tempo di farne un’altra. Che razza di festa di compleanno è senza una torta?! –

Si prese il volto tra le mani, incredula, maledicendo qualsiasi dio ci fosse dietro l’arte della pasticceria. Almeno finchè Brooklyn non tossicchiò ed estrasse un cartone da dietro la schiena.

- E quello cos’è? –

L’aprì mostrando una torta dall’aspetto delizioso.

- Non che non avessi fiducia nelle tue abilità di pasticcera -, chiarì l’amica, - ma per sicurezza ho chiesto agli elfi domestici di prepararne una per conto loro. –

Diana l’abbracciò di scatto, stringendola fin quasi a soffocarla.

- Grazie mille, Brook, mi hai salvata! –

 

 

Jackson individuò il profilo del cugino all’istante, allungando il passo per raggiungerlo.

- Hai l’aria un po’ stordita, che succede? –

Baron parve riscuotersi dalle sue considerazioni e smise di fissare l’ingresso del castello per voltarsi verso di lui.

- Ehy, Jack … nulla, ho solo appena avuto un incontro piuttosto interessante. –

- E chi sarebbe questa persona? –

- Castana, alta più o meno così -, mimò un punto dieci centimetri sotto la sua spalla, - con incredibili occhi da gatta. –

Era facile giungere alla conclusione di chi si trattasse.

- Diana Price? –

- Non mi ha detto il suo cognome, ma immagino di sì. –

- Stai alla larga dalla mia candidata, Baron, almeno finchè non passa la selezione – lo ammonì.

- Ricevuto. –

- Tanto non mi darai ascolto, vero? –

- Certo che no. –

Tipico di lui, come se non lo conoscesse.

- Sorvoliamo … di cosa volevi parlarmi? –

Baron gli passò un braccio intorno alle spalle con fare cameratesco e lo dirottò lontano dall’atrio.

- Non qui, troviamo un posto più riservato, è una cosa seria. –

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Khendra Lancaster


 

 

Edward passò un braccio attorno alla vita della sua neo fidanzata e l’attirò verso di lui, intromettendosi nella conversazione in corso tra lei e Reina.

- Cosa confabulate? –

- Stavamo parlando del nostro amico e del tuo – gli confidò, appoggiandosi contro il suo petto muscoloso per stare più comoda.

- Arthur e Marcus? –

- Già. L’interesse di Marcus è evidente -, intervenne Reina, - e sono certa che anche Marc sia attratto da lui solo che non vuole ammetterlo a sé stesso. Credo che abbia paura di dimostrare di provare qualcosa per un altro ragazzo. –

- E quindi cosa avevate in mente? –

- Una delle cose più classiche, chiuderli da soli in una stanza e stare a vedere che succede. –

Sorrise divertito.

Una cosa del genere sarebbe di certo stata sfruttata alla grande da Arthur e del resto lui gli doveva un grosso favore per averlo spronato a farsi avanti con Khendra durante la festa natalizia.

- Potrebbe tornarvi utile un altro complice? –

- Certo. –

- Allora dite a Marcus che Arthur ha chiamato i suoi aspiranti per una riunione in vista della seconda prova … io dirò ad Art che Marcus ha bisogno di chiedergli dei suggerimenti per la selezione. –

Khendra annuì con vigore.

- Fantastico, ma dove possiamo chiuderli? –

Edward ponderò la questione in silenzio per qualche secondo prima di decretare: - L’aula di astronomia. A quest’ora è vuota. –

- Ed è tremendamente romantica visto che tra poco tramonterà –, concluse Reina con fare sognante, - perfetto allora entriamo in azione. –

 

 

Isabelle rabbrividì quando la palla di neve la centrò in pieno infilandole qualche particella ghiacciata all’interno della divisa.

- Credo che mi arrenderò, sto congelando e sono mezza bagnata, devo togliermi questa roba e piazzarmi davanti a un bel caminetto. –

Loki si fece avanti a sua volta.

- Già, anche io sto cominciando a sentire freddo, vengo con te. –

Il resto dei loro amici, dal canto loro, prestarono scarsissima attenzione alle loro parole e continuarono a scontrarsi sui due fronti a colpi di palle senza alcuna sosta.

- Credo che andranno avanti così fino all’ora di cena – considerò Isabelle mentre camminavano lungo il sentiero in ciottolato.

- Sicuramente, lo sai come sono fatti Caos e Diana quando diventano competitivi. Anzi è strano che tu non abbia voluto affrontare ancora Scott. –

- L’avrei fatto, ma sono davvero congelata … preferisco una ritirata in buon ordine rispetto a un’ipotermia grave – ammise ridendo.

Si sfilò il mantello e glielo adagiò sulle spalle, avvolgendola per bene.

- Credevo avessi detto che anche tu avevi freddo. –

- Certo, ma tremi come un pulcino, è evidente che ne hai più bisogno di me. –

- Ma … -

- Niente obiezioni, tanto siamo quasi arrivati. –

Richiuse la bocca e continuò a camminare al suo fianco, il viso nascosto contro il colletto per ripararsi dal vento freddo. Fu allora che avvertì quell’aroma pungente di muschio misto a qualcosa che assomigliava al patchouli.

Conosceva quell’odore, realizzò ricordando la lezione di Antidoti e Veleni dell’anno precedente.

Quell’odore era nella sua Amortentia.

Avvampò leggermente al ricordo e si sforzò di fare finta di nulla, ma le sue guance rosse dovevano essere ben evidenti perché Loki le rivolse uno sguardo perplesso.

- Cosa hai, ti senti la febbre? –

- No -, scosse il capo risolutamente, - stavo solo pensando a una cosa … e forse mi renderò ridicola, ma credo di dovertelo chiedere. –

Il biondo si fermò e si voltò a fronteggiarla.

- Chiedi pure. –

- Tu … tu hai mai pensato a me in quel senso? –

Notò che anche le gote di Loki si erano chiazzate di un rosa acceso e pregò silenziosamente affinchè significasse quello che sperava lei.

- Mi prendi in giro? –

- Io … -

- Ovviamente ho pensato a te in quel senso, ma credevo che tu non lo avessi mai fatto e quindi non ho detto nulla. –

- Ci conosciamo da sempre e le nostre madri sono amiche dai tempi della scuola, non ho mai pensato davvero a questa cosa perché credevo che sarebbe stato strano ma … -

- Ma potremmo sempre provare a fare una cosa e vedere se è strano o meno, no? –

Annuì, osservandolo poi chinarsi verso di lei e baciarla delicatamente.

Si alzò in punta di piedi per colmare il divario che li separava e lo baciò a sua volta con trasporto.

Quando si separarono Loki domandò: - Allora, è stato strano? –

Scosse il capo con decisione.

- È stato fantastico. –

- Bene, perché non avrei sopportato una risposta diversa – replicò, tornando a baciarla.

 

 

 

 

Khendra sgattaiolò fuori dal box in cui l’aveva sistemata suo padre, percorrendo tutto il salotto stando attenta a non farsi vedere e si nascose dietro la grande poltrona nell’angolo. Aveva capito fin da subito che ogni volta che suo padre non la trovava cominciava una sorta di caccia in tutta la casa e la cosa dalla tenera età di tre anni la faceva sempre ridere moltissimo.

- Khendra? Dove ti sei cacciata, principessa? –

La voce del padre la raggiunse mentre l’uomo tornava in salone ed esaminava il box ormai vuoto.

- Ragazzi, avete visto vostra sorella? –

La voce di Logan, che dall’alto dei suoi dodici anni era il più grande dei suoi fratelli, negò di averla vista.

- Ti sei nascosta un’altra volta, Khen? –

Provò a trattenere le risate, ma quando lo sentì cercare a tentoni nei posti più disparati non riuscì oltre e scoppiò a ridere con quella sua risata allegra e argentina.

Suo padre la raggiunse, afferrandola e tirandola su. Se la sistemò in braccio e la guardò dritta negli occhioni verdi.

- Cosa ti ho detto sul nasconderti, Khen? –

- Gioco. –

- Sì, è un gioco ma devi dirmelo quando vuoi cominciare a giocare sennò come so quando devo venirti a cercare? –

Annuì con serietà sorprendente per una bambina tanto piccola.

- ’Kay. –

 

 

Khendra studiò la foto sul comodino del padre, accarezzando distrattamente la cornice argentata che la racchiudeva. Sua madre era stata una donna bellissima, portata via troppo presto da quel tremendo male che aveva segnato la loro famiglia, e da quel momento nessuna donna aveva mai messo piede dentro casa loro … nemmeno dopo nove anni dalla sua morte.

- Papà? –

L’uomo alzò lo sguardo dalla lista che stava ricontrollando per essere certo che avessero comprato tutto in vista della sua partenza per Ilvermorny e le rivolse un’occhiata incuriosita.

- Sì, principessa? –

- Mi domandavo … pensi che ti innamorerai mai di un’altra donna? –

Rise scuotendo il capo e le si avvicinò dandole un buffetto sulla guancia.

- No, tesoro. La mamma era l’unica donna per me, l’unica che sia stata capace di rubarmi il cuore, non amerò mai nessun’altra. –

Lo abbracciò, rincuorata e allo stesso tempo colpita da quella dichiarazione d’amore eterno. Anche lei, si disse, un giorno avrebbe cercato una storia d’amore come quella dei suoi genitori.

 

 

Marcus entrò nell’aula di astronomia guardandosi attorno alla ricerca di Anna, ma non la vide da nessuna parte. La cosa era a dir poco strana visto che entrambi erano stati scelti da Arthur, ma dopotutto non era la prima volta che Anna finiva con il perdere la cognizione del tempo e arrivare in ritardo.

Così quando vide solo la sagoma alta del Serpecorno si limitò a raggiungerlo, ignaro del fatto che tre paia di occhi li stessero osservando con trepidazione.

- Ciao. –

Arthur gli rivolse un sorriso affascinante che ebbe il potere di fargli correre un brivido lungo la schiena.

Era la prima volta che si trovavano da soli e per giunta in un luogo isolato come quello e sforzarsi di negare le sensazioni che l’assalivano quando gli si trovava vicino era quasi impossibile in quella circostanza.

- Ciao … aspettiamo Anna oppure cominciamo subito? –

Il ragazzo gli rivolse un’occhiata perplessa.

- Anche lei ha delle domande? –

- Domande? –

Proprio in quell’istante la porta dell’aula si chiuse alle loro spalle e venne sigillata con un incantesimo.

- Non sei qui perché dovevi spiegarmi qualcosa riguardo la prossima prova? –

- No -, Arthur trattenne una risata a fatica, - e tu non volevi pormi delle domande a riguardo immagino. –

- No. –

- Perciò ci hanno incastrato alla grande.

- Credo che siano state Reina e Khendra – mormorò fissando la porta chiusa ermeticamente.

- E immagino che Edward abbia aiutato la sua ragazza -, convenne Arthur, - ma perché mai le tue amiche dovrebbero fare una cosa del genere? –

Perché evidentemente volevano farlo morire d’imbarazzo, poco ma sicuro, ma quando fosse uscito di lì avrebbe detto loro quattro paroline.

- Loro credono … che io possa essere attratto da te – disse tutto d’un fiato sforzandosi d’ignorare gli occhi scuri del ragazzo che lo fissava con sincera allegria.

- E tu sei attratto da me? –

- No … Forse … Sì. –

- Scegline una delle tre, pulcino. –

- Non sono un pulcino – sbuffò.

- Certo che lo sei e sei adorabile, ma non hai ancora risposto alla mia domanda: quale delle tre è la risposta giusta? –

Con il volto rosso e bollente per l’imbarazzo, mormorò: - L’ultima delle tre. –

- Quindi “sì”? –

Annuì rigidamente.

Gli si avvicinò lentamente, studiandolo dall’alto in basso con interesse.

- Strano, perché hai sempre cercato di far capire l’esatto opposto. –

- Non è facile accettarlo per me, vengo da una famiglia in cui una cosa del genere è a dir poco impensabile; se i miei genitori lo sapessero loro … -

- Quindi hai paura di ammettere di essere attratto da un uomo … di essere attratto da me. –

- Non ho paura. –

- Certo che ce l’hai, pulcino, sei terrorizzato. –

- No -, asserì con decisione, - non ho paura e smettila di chiamarmi in quel modo. –

Arthur gli rivolse un sorriso di sfida: - Allora dimostralo. –

Non seppe cosa lo spinse, forse la voglia di dimostrare quello che era in grado di fare o era perché fin dalla prima volta in cui l’aveva visto aveva desiderato di farlo, fatto sta che si alzò in punta di piedi, lo afferrò per il bavero della camicia e lo trasse a sé stampandogli un bacio deciso sulle labbra.

 

- Mi raccomando, se c’è qualcuno che ti dà fastidio tu scrivici subito e noi arriviamo. –

Khendra alzò gli occhi al cielo e li roteò sbuffando. Era l’ennesima volta che sentiva Cole e Shane, i gemelli di mezzo di casa, ripeterle quel discorso. Avevano cominciato quando era partita per la prima volta per Ilvermorny, malgrado il fatto che avesse appena undici anni, e avevano ripetuto la ramanzina ogni singolo anno.

- Parlate come se ci fossero ragazzi pronti a saltarmi addosso a ogni angolo. –

- Hai quindici anni ormai e, per quanto mi dispiaccia ammetterlo, sei maledettamente carina – replicò Cole mentre Shane annuiva.

- Già, ha ragione, e i ragazzi si gettano addosso a ogni ragazza carina che passa. –

Khendra scoppiò a ridere.

- Sono abbastanza sicura che non siano proprio tutti come voi due. –

Si scambiarono un’occhiata che significava quello che ben sapeva: pensavano che fosse un’ingenua bisognosa di protezione.

- Saprò cavarmela, ma nel remoto caso in cui dovessi essere in difficoltà vi scriverò. Siete più tranquilli ora? –

- Assolutamente sì – replicarono all’unisono prima di abbracciarla e permetterle di unirsi al resto degli studenti prossimi alla partenza.

 

 

- Ma è una notizia favolosa! –

Abbracciò con vigore Logan prima di dedicarsi alla sua cognata preferita e, momentaneamente, unica.

- Sapete già quando nascerà e che sesso ha? –

Rebecca scosse il capo mentre accarezzava l’accenno di pancia dei primi mesi di gravidanza con affetto materno.

- No, siamo tradizionali sotto questo punto di vista, non abbiamo voluto sapere il sesso ma nascerà approssimativamente intorno a metà marzo. –

Khendra arricciò le labbra in un vago broncio.

- Peccato che io non sarò qui quando nascerà. Mi manderete delle foto, vero? –

- Certo -, la rassicurò la cognata con un sorriso, - dopotutto è la tua prima volta da zia ed è giusto che te la goda. –

Sfregò le mani soddisfatta e poi si voltò verso i gemelli, sogghignando.

- Voi due invece quando trovate due brave ragazze e mettete la testa a posto? –

- MAI! –

- Ceeeerto, so già che mi farò un miliardo di risate quando accadrà e vi vedrò trasformarvi da dongiovanni in due dolci fidanzati romantici. –

 

 

Quando Joaquin mise piede all’interno della Sala Comune dei Tuonoalato tutto si sarebbe aspettato fuorchè di trovare Jackson seduto sulla poltrona in pelle nell’angolo e intento a fissare le fiamme che ardevano all’interno del caminetto.

- Non sei venuto a cena. –

- Non avevo fame. –

- Sciocchezze, tu hai sempre fame. –

Gli sedette accanto, appoggiandosi al bracciolo della poltrona, e gli piazzò tra le mani un paio di sandwich.

- Tieni, mangia almeno questi, te ne ho fatto uno con il roast beef e l’altro con il maiale sfilacciato. –

Li afferrò, tenendoli tra le mani e continuando a fissare il fuoco.

- Magari li mangio dopo, comunque grazie per il pensiero. –

Joaquin sbuffò, abbandonando il bracciolo e mettendosi in ginocchio sul pavimento proprio davanti alle gambe dell’amico.

Lo osservò dal basso verso l’alto fissandolo con decisione.

- Dimmi cosa ti preoccupa. Parlami, Jack, sono qui per te. –

- Baron è venuto a scuola questo pomeriggio, aveva detto che doveva parlarmi di una cosa … -

- Qualcosa di grave? –

- Molto grave. –

- Qualcuno sta male? –

Scosse il capo.

- No, al momento stanno tutti bene. Riguarda mio padre e i suoi affari. Baron dice che ci sono degli eventi poco chiari e dei movimenti di capitali che hanno insospettito gli Auror di un reparto e che si sono messi ad indagare in modo molto deciso. –

- Hanno qualche prova? –

- Questo Baron non è riuscito a scoprirlo, ma se scavano a fondo è altamente probabile che qualcosa salti fuori. Sai che mio padre non mi parla mai dei problemi, dice che non vuole distrarmi dalla scuola e dal Club, ma sono certo che ci sia qualcos’altro sotto. –

- Ehy -, Joaquin gli prese una mano e la strinse continuando a fissarlo negli occhi, - lo sai che puoi fare sempre affidamento su di me anche se si tratta di un casino di proporzioni epocali, no? –

- Lo so, resteresti al mio fianco anche se ci fosse l’apocalisse. –

- Certo, questo è quello che fanno gli amici, e poi tu faresti lo stesso per me. –

- Senza esitare. –

- Allora non pensarci, si risolverà tutto, te lo prometto. –

Jackson annuì lasciandosi coinvolgere nell’abbraccio in cui Joaquin, alzatosi nuovamente in piedi, l’aveva avvolto.

 

 

 

 

Spazio autrice:

Salve!

Vi ho fatto attendere parecchio per le coppie ed eccole che iniziano a spuntare come funghi un po’ ovunque xD

Se da un lato abbiamo Loki e Isabelle che si dichiarano, dall’altro troviamo Arthur e Marcus con un passionale avvicinamento … come andranno a finire le cose tra questi due, si eviteranno come la peste per quello che resta del periodo di permanenza degli inglesi in terra yankee o troveranno il modo per convolare anche loro verso il tramonto mano nella mano?

Nell’attesa di scoprire la loro sorte romantica, e quella di un altro po’ di gente, vi lascio due domande (e come sempre prima ho le risposte e prima riuscirò ad aggiornare, esami permettendo):

- Chi volete che si aggiudichi la vittoria della partita Corvonero vs Serpeverde?

- Un segreto del quale il vostro OC si vergogna tantissimo, al punto che nessuno ne è a conoscenza (può essere di qualsiasi natura: sentimentale, legato alla famiglia, una paura irrazionale o una debolezza di qualsiasi tipo, etc).

A presto.

Stay tuned.

XO XO,

Mary

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Capitolo 13 ***


Capitolo 13

 

 

 

 

 

 

Scott Blackwood


 

 

- Scott?! –

Il bambino si sentì chiamare con voce allarmata e fece capolino dalla porta finestra che conduceva all’ampio terrazzo con un’espressione incuriosita.

- Cosa c’è, mammina? –

Scarlett indicò quelli che a un occhio adulto dovevano sembrare una sorta di primitivi disegni rupestri malamente realizzati con il rossetto rosso sul candido muro del loro salone.

- Cosa sono quelli? –

- Ho disegnato – replicò sorridendo soddisfatto.

- Questo lo vedo -, sospirò la donna imponendosi di mantenere la calma e non strangolare il suo figlioletto, - ma perché lo hai fatto sul muro e non su dei fogli? –

- Papà non me li ha dati – ammise candidamente.

Fu allora che il vulcano Scarlett emise la sua eruzione anche se quelle furono urla piuttosto che lava.

Si precipitò nello studio del marito e si fermò sulla soglia a fissarlo con espressione omicida.

- Gavin! –

- Sì, tesoro? – rispose lui, continuando a esaminare gli schemi d’allenamento che gli aveva consegnato il coach con fare assorto.

- Non dovevi dare qualcosa a Scott? –

- Ah, sì giusto … i fogli sono lì. –

- Non servono più visto che TUO figlio ha deciso d’improvvisarsi Picasso sui muri del salone. –

Gavin sembrò fiutare il pericolo solo in quel momento, perché posò lo sguardo sulle mani di Scott che se ne stava in piedi accanto alla mamma con l’espressione di chi non aveva ancora capito con esattezza cosa avesse fatto di male.

- Ha solo quattro anni, Scar, non ha senso arrabbiarsi così. –

- Infatti io non sono arrabbiata con Scott, ma con te – chiarì.

- Ah … spiacente piccolo, ma temo che dovrò sacrificarti se non voglio essere io quello a venire ucciso dalla mamma. La colpa è tutta sua, a quattro anni è perfettamente in grado di capire cosa sta facendo. –

Davanti all’espressione ironica di Gavin non potè fare a meno di alzare gli occhi al cielo e sforzarsi di trattenere una risata; fu del tutto inutile perché, a dispetto della furia iniziale, suo marito sapeva sempre come farle passare le arrabbiature e suo figlio aveva gli occhioni più dolci e innocenti dell’universo. Così gettò il capo all’indietro scoppiando a ridere per poi scompigliare le ciocche rosse di Scott.

- Vieni tesoro, adesso la mamma ti fa continuare a disegnare un po’ … questa volta però sui fogli. –

 

 

- Scarlett hai visto per caso il nuovo modello di Firebolt che mi ha inviato la casa di produzione per pubblicizzarlo? –

Scosse il capo senza neppure prendersi la briga di smettere di leggere la sua rivista.

- No, spiacente. –

- Ne sei sicura? –

- Gavin, mia sorella mi ha chiesto di aiutarla a scegliere un tema per la festa che terrà questo fine settimana e io non ho ancora nemmeno un’idea, secondo te posso perdere tempo dietro a un ammasso di legno e saggina? –

Gavin fece per aprire bocca per protestare, indignato dal suo sminuire la migliore scopa che avessero mai prodotto, quando vide una figura sfrecciare fuori dalla finestra.

Si sporse in giardino, lì dove avevano creato un piccolo campo da Quidditch casalingo, solo per vedere suo figlio che volava bellamente ignaro di tutto quello che gli accadeva intorno.

Meditò seriamente sull’uscire e sgridarlo, ma quando lo vide piegare l’aria in una serie di volteggiamenti rapidi e precisi cambiò idea.

Quello era vero e proprio talento naturale, il che per un bambino di nove anni era assolutamente straordinario.

 

 

- Allora come procede con la tua immensa difficoltà decisionale? –

Scott si voltò verso la cugina rivolgendole un sorriso tirato.

- Abbastanza male in realtà, sto cominciando a chiedermi se non sia molto meglio che propenda per la neutralità in perfetta modalità svizzera. –

Del resto con Loki e Caos sul fronte Serpeverde ed Henrik e Liam su quello dei Corvonero era praticamente impossibile decidere di schierarsi per gli uni o per gli altri.

- Mi sembra una mossa saggia. –

- Già, ora non resta che dirlo a Caos e agli altri. –

- In bocca al lupo con quello, non credo che la nostra primadonna la prenderà molto bene … ti lascio ad affrontarlo – concluse, alzandosi quando vide che proprio il sopracitato moro stava avanzando verso di loro con la divisa dei Serpeverde già saldamente indosso.

Caos gli sedette accanto e afferrò una fetta di pane tostato sbocconcellandola mentre lo osservava con le penetranti iridi castane.

- Allora hai preso la tua decisione? Sei con noi o passi al lato chiaro della forza? –

Oh per le mutande di Isotta, tutto ma non un’altra volta quella storia dei film e delle citazioni a loro annesse.

- Non posso reggere un’altra ora di Star Trek. –

- Non è Stark Trek, razza d’ignorante profano, ma Star Wars! –

- Fa lo stesso, sempre di stelle si parla. –

- Fa lo stesso? -, Caos boccheggiò, - Dillo chiaramente se vuoi uccidermi Scott perché con queste dichiarazioni sembra proprio di sì. –

- Il lato chiaro non erano i buoni una volta? Credo che la citazione sia più adatta come “passare al lato oscuro della forza” – intervenne la voce allegra di Winona, che giunse prontamente a salvare il compagno di Casa.

Caos le rivolse un’occhiata colpita.

- Una ragazza che conosce Star Wars? Sono impressionato. –

- I miei migliori amici sono tutti maschi e ho parecchi fratelli -, spiegò stringendosi nelle spalle, - perciò sono piuttosto informata a riguardo. –

- Comunque hai ragione, la citazione corretta sarebbe con il lato oscuro, ma sono un fan dei Signori Oscuri Sith. Mille volte meglio Anakin di suo figlio – concluse.

Approfittando della distrazione dell’amico, Scott lasciò il suo posto alla tavolata dei Wampus e sgattaiolò fuori.

Almeno per il momento sembrava che Caos avesse altro per la testa.

 

 

Khendra seguì Edward e Arthur lungo la gradinata alla ricerca del posto migliore da cui assistere alla partita di Quidditch.

- Non ci hai più detto come è andata a finire l’altro giorno – disse d’un tratto, rivolgendosi al Serpercorno, con un sorrisetto divertito.

- Intendi quando tu, il tuo fidanzato e la tua compagna di crimini mi avete chiuso nell’aula di astronomia con Marcus? –

- Precisamente. –

Arthur ridacchiò davanti alla sfacciataggine della compagna di Casa.

- L’influenza di Edward ti sta facendo male -, le annunciò prima di ammettere, - ma sono molto grato a tutti e tre per quello che avete fatto. Se non altro adesso so di non essergli affatto indifferente. –

- E? –

- E credo proprio che gli chiederò di venire con me alla prossima uscita in paese – concluse.

Edward aggrottò la fronte davanti a quell’informazione e rivolse un’occhiata perplessa all’indirizzo della fidanzata che sorrideva come se avesse appena ricevuto la migliore notizia possibile.

- Perché sei così euforica? –

- La prossima uscita è a San Valentino. Insomma non c’è cosa più tenera di chiedere a qualcuno di uscire per la prima volta quel giorno. Ottimo lavoro, siamo tutti fieri di te, Art. –

 

 

Isabelle si alzò in punta di piedi per depositare un bacio sulle labbra del suo fidanzato.

- Un bacio prima della partita e un altro dopo … sempre ammesso che tu vinca – concluse, sorridendo furba.

- E se dovessi perdere? –

- Ti suggerisco di fare tutto il possibile perché ciò non accada. –

L’allusività nella sua voce fece sorridere a sua volta il biondo che ammiccò prima di voltarle le spalle e raggiungere il resto della squadra annunciando: - Ragazzi, se perdiamo vi faccio fuori uno per uno. –

 

 

- Ho avuto un’idea! –

Scott rivolse un’occhiata allarmata all’indirizzo di Henrik e Loki. Da quando li aveva raggiunti in Gran Bretagna per la prima estate dopo l’inizio delle rispettive scuole aveva perso il conto delle volte in cui Caos aveva pronunciato quella frase.

- Sono il solo che prova un brivido gelido lungo la schiena tutte le volte che dice quelle semplici quattro parole? –

- Molto spiritoso mio riccio e rosso amico -, lo rimbeccò lui con una smorfia, - ma si dia il caso che questa volta è davvero una buona idea. –

- L’hai detto anche la settimana scorsa e tua madre ti ha tirato dietro oggetti per mezz’ora – gli rammentò Henrik.

- Questa volta sarà diverso. –

- Certo, questa volta farà tirare oggetti anche contro di noi. –

Caos rivolse un’occhiataccia al suo migliore amico. – Ehy, Loki, si può sapere da che parte stai tu? –

- Dalla parte della sopravvivenza così come ogni buon Serpeverde provvisto di saggezza e raziocinio. –

Scott scoppiò a ridere davanti al loro battibeccare, che così tanto gli ricordava lui e Izzy. Un senso di nostalgia l’assalì mentre pensava alla cugina che aveva passato dieci giorni in California con le sue amiche invece di partire con lui. Henrik parve capirlo al volo perché gli battè una mano sulla spalla e sorrise con fare comprensivo.

- Lei ti manca molto, vero? –

- Già. Le nostre madri sono sorelle e i nostri padri sono fratelli, per certi versi è quasi come se fossimo fratello e sorella piuttosto che cugini. –

- Domani sarà qui, devi resistere solo per qualche ora, e poi sarà esattamente come tutte le altre estati. –

Annuì sorridendogli riconoscente per quel sostegno.

Aveva ragione, poteva resistere per dodici ore.

 

 

- Si può sapere cosa prende a Henrik? –

Isabelle gli rivolse un’occhiata eloquente.

- Non ti è chiaro? Eppure è piuttosto palese. –

Aggrottò la fronte e riflettè su quelle parole, ma continuava a non avere idea di cosa stesse parlando sua cugina.

- No -, ammise, - non lo so. –

Izzy gli rivolse un’occhiata eloquente mentre metteva il segno al libro che stava leggendo e puntava lo sguardo su Henrik che stava chiacchierando con Anna seduto a bordo piscina.

- Passa meno tempo con voi ragazzi quest’estate perché ha altro per la testa e credo che se ne stia pian piano accorgendo. Henrik è innamorato, Scott. –

- Innamorato? – le fece eco incredulo.

- Certo, è palese. –

- E di chi? –

Si battè una mano sulla fronte e sospirò.

- Certe volte mi domando se passare tanto tempo in compagnia di Caos non t’intacchi i neuroni per osmosi. È innamorato di Anna, lo vedrebbe chiunque! –

- Di Anna … la nostra Anna? –

- No, l’Anna dei vicini – replicò ironica.

- Ok, ho capito, non c’è bisogno di essere così sarcastica … è solo che è piuttosto inaspettato. Insomma, Henrik non parla quasi mai di ragazze. –

- Perché non è un Dongiovanni, il che è un’ottima cosa. Anna ha bisogno di un ragazzo come lui, dolce e intuitivo, qualcuno che la tenga con i piedi per terra e che sappia starle vicino. –

- Ma lei ti ha mai parlato di Henrik in quel senso? –

Isabelle scosse il capo arrotolando una ciocca castana intorno all’indice.

- No, credo che ancora non se ne sia resa conto, ma sono certa che finiranno insieme entro la fine dell’anno e averli con noi a Ilvermorny potrà essere un modo per spingere in questo senso. –

 

 

Henrik rivolse un’occhiata intenerita all’indirizzo di Anna che sembrava alquanto indaffarata nel tentare di allacciarsi le stringhe al di sopra delle protezioni da Battitrice che aveva appena indossato.

- Vuoi una mano? –

- Magari, queste stupide cose non vogliono saperne di collaborare. –

- Ecco fatto –, annunciò dopo averle legate con cura ed essersi sincerato che tenessero a qualsiasi urto o strattone, - ora sei a posto. Credo che posso anche tornarmene sulle tribune se non ti serve altro. –

Anna lo scrutò con i suoi occhioni azzurri per qualche istante prima di annuire con un sorriso.

- Mi hai già salvata abbastanza per oggi, non vorrei approfittare troppo del tuo spirito da cavaliere in armatura scintillante. Ci vediamo dopo la partita, fammi gli auguri. –

- Il mio spirito da cavaliere è sempre al tuo servizio. A dopo e auguri per la partita, sono certo che giocherai alla grande come sempre. –

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Reina Valencia Solares


 

 

- Yo me llamo Reina Valencia Solares – recitò lentamente la bambina, stando attenta a pronunciare correttamente ogni singola parola della breve sentenza che aveva imparato poco prima.

- Bravissima -, si complimentò suo padre accarezzandole i capelli scuri con un sorriso fiero, - e ti ricordi anche l’altra frase che abbiamo studiato? Come si dice che hai sei anni?

- Yo tengo seis años – replicò prontamente.

- Tu eres fenomenal. –

La vide arrossire vistosamente, segno che aveva compreso il suo complimento e ne era tremendamente compiaciuta. Del resto Reina era una bambina molto intelligente e avere due genitori provenienti da paesi diversi era un’opportunità che avrebbe sfruttato per imparare al meglio una seconda lingua.

- Papà? –

- Sì, tesoro? –

- Ti manca mai la Spagna? –

- Se non fossi venuto qui non avrei mai conosciuto la mamma e non avremmo avuto te -, replicò con un sorriso venato di una punta di nostalgia, - ma devo ammettere che Valencia mi manca molto. –

- Per questo è il mio secondo nome? –

Annuì.

- Sì, è la città in cui ho passato più di metà della mia vita e dove ho chiesto alla mamma di sposarmi. É un nome importante. –

 

 

Reina assottigliò lo sguardo mentre cercava d’individuare lo sfarfallio dorato del Boccino nei meandri del campo da Quidditch.

Quel ruolo la rilassava sempre molto, tenendole la mente concentrata, consapevole di non avere nulla di cui preoccuparsi perchè se Caos era sbadato e un po’ esagitato nella vita di tutti i giorni quando giocava come Battitore prendeva sempre molto sul serio il suo ruolo.

Svolazzò intorno alla porta dei Corvonero, incrociando lo sguardo di sfida di Liam.

- Ancora nulla, Solares? Non ti starai per caso rammollendo? –

- Ti piacerebbe Walker -, replicò continuando a perlustrare l’area, - ma sfortunatamente per te non è ancora arrivato il giorno in cui mi lascio soffiare il Boccino dal vostro ridicolo Cercatore. –

- Scommettiamo? –

Quella singola domanda accese ancora di più lo spirito competitivo in lei.

Abbandonò la perlustrazione quanto bastava per replicare con una proposta.

- Chi perde paga da bere? –

- Ci sto. –

 

 

Reina smise di dipingere e rivolse un’occhiata al banco da lavoro sul quale la madre era ancora immersa tra colori e tele. Decise di sfruttare quel momento per darle il suo regalo.

Pulì le mani con uno straccio e le si avvicinò, picchiettandole gentilmente sulla spalla per attirarne l’attenzione.

- Mamma? –

- Sì, cara? –

- Ho una cosa per te -, le porse il dipinto che aveva realizzato e che ritraeva una sua versione di una foto dei suoi genitori da giovani il giorno in cui si erano fidanzati ufficialmente, - Spero di essere riuscita a dipingerlo bene … non sono brava tanto quanto te. –

La madre lo prese, studiandolo con un sorriso impresso sulle labbra e poi lo adagiò con cautela sul banco da lavoro.

Le cinse le spalle e l’attirò a sé, tenendola stretta e baciandole una guancia.

- Sei la figlia migliore che potessimo mai sognare di avere, Reina. Sei una persona speciale e lo dimostri ogni giorno, sono veramente orgogliosa di te. –

- Quindi ti piace? –

- L’adoro e lo conserverò gelosamente per sempre. –

 

 

Reina era rannicchiata sul divano nella Sala Comune di Serpeverde, teneva le ginocchia strette contro il petto e piangeva sommessamente. Il resto dei suoi compagni era andato a dormire quasi un’ora prima e la Sala era ormai deserta. Per questo si era sistemata lì, a piangere lontana da sguardi indiscreti.

Quando la Preside l’aveva fatta chiamare durante la lezione di Storia della magia aveva avuto il presentimento che ci fosse qualcosa che non andava, ma mai avrebbe immaginato a una cosa tanto tremenda.

La donna, con l’aria desolata di chi mai avrebbe voluto dare una notizia del genere a una ragazzina di dodici anni, le aveva spiegato che c’era stato un tremendo incidente e che purtroppo entrambi i suoi genitori vi erano rimasti coinvolti. Avevano fatto tutto il possibile per salvarli, ma non c’era stato nulla da fare. I funerali si sarebbero tenuti il sabato e la mattina seguente avrebbero predisposto una Passaporta per lei che le permettesse di raggiungere i suoi nonni e partecipare alla cerimonia.

Aveva pianto tutte le sue lacrime su quel divano almeno finchè non aveva sentito il rumore di passi in avvicinamento.

- Chi c’è? –

- Sono Marcus – mormorò la voce timida del suo compagno di Casa, facendo capolino da dietro la porta che conduceva al dormitorio maschile, - non riuscivo a dormire e così ho pensato di scendere qui per non svegliare i miei compagni di stanza … Però se vuoi rimanere da sola me ne vado – aggiunse in fretta.

- No -, si fece un po’ più in là per dargli modo di sedersi accanto a lei, - vieni qui o finirai con il congelarti … si muore dal freddo questa sera. –

Marcus l’assecondò, sedendole accanto e rimanendo in silenzio per minuti che parvero interminabili.

- Marcus, posso chiederti un favore? –

- Certo. –

- Puoi abbracciarmi? Ne ho bisogno. –

Il compagno non era certo il tipo da sdolcinatezze o contatti fisici, ma in quell’occasione decise di fare un’eccezione. Le cinse le spalle e l’attirò a sé facendole poggiare il capo sulla sua spalla e accarezzandole ritmicamente la schiena.

 

 

Esme si alzò in piedi battendo le mani quando il Boccino venne catturato da Serpeverde con un compiacimento che sorprese molto Astrid.

- Non credevo che il Quidditch ti entusiasmasse così tanto. –

- Già, ma mi piace sempre quando le persone su cui ripongo le mie aspettative mi dimostrano che ho ragione. Reina è veramente in gamba. –

Nel frattempo il conteggio dei punti operato dal loro Cronista annunciò la vittoria dei verde argento, sancendo la classifica provvisoria che vedeva in quel momento la squadra dei Tuonoalato e quella dei Serpeverde a pari punti.

- Mi domando se la finale verrà disputata proprio tra noi e loro – soppesò la bionda mordicchiandosi il labbro inferiore.

Per tutta risposta Esme l’abbracciò.

- Tranquilla, in quel caso tiferò comunque per te. –

- Ne sono onorata. –

Esme le strizzò un occhio con fare complice.

- E fai bene, non mi arrampico qui sopra a prendere freddo mica per tutti. –

 

 

Loki entrò nella sala ricreativa guardandosi attorno con fare perplesso, nell’evidente ricerca di qualcuno perciò Liam alzò appena il mento al suo indirizzo con fare incuriosito.

- Chi cerchi? –

- Henrik e Caos, non li vedo da quando abbiamo finito la partita. –

- Henrik era con Anna, credo siano andati a cercare qualcosa di caldo da mettere sotto i denti. Sai che Anna quando è triste affoga i dispiaceri nei dolciumi. –

Annuì.

Sì, quello era ovvio e confermava la teoria amorosa che Isabelle gli aveva rivelato qualche giorno prima, ma non spiegava dove accidenti si fosse cacciato il suo migliore amico.

- E la nostra folle primadonna? –

Fece spallucce, allungando le mani verso il camino per scaldarle.

- Non ne ho idea, anzi è strano che non sia qui a gongolare per la vittoria. –

Già, in condizioni normali

Fu Scott, appena giunto sul posto e ancora avvolto nella pesante sciarpa blu, a replicare con un sorrisetto: - Sta parlando con Winnie di non so cosa … roba di serie tv credo, ho smesso di seguirli dopo un paio di minuti e me ne sono andato. Sembra che si capiscano. –

- Buon per loro … e anche per noi se ce lo leva di torno di tanto in tanto. –

I due ragazzi ridacchiarono davanti alla battuta di Liam e si accomodarono sul divano poco distante.

- Certo che è strano … Henrik cotto di Anna, tu che stai con Izzy, Liam che accetta di portare al pub Reina e adesso anche Caos che passa il suo tempo a fare conversazione con Winnie. Credo che l’aria di inizio febbraio stia facendo andare in ebollizione gli ormoni un po’ a tutti – considerò il rosso.

Loki gli battè una mano sulla spalla con fare solidale.

- Non temere, io e tua cugina troveremo una bella ragazza con cui farti passare il San Valentino. –

- Ma io non intendevo dire questo … -

- Spiacente -, convenne Liam sorridendo complice, - ormai sei incastrato anche tu. –

- Ma io non voglio. –

- Vedi di fartelo andare lo stesso … con chi potremmo farlo uscire? –

Loki meditò in silenzio prima di proporre, suonando poco convinto persino alle sue stesse orecchie, - Non saprei … forse Diana? –

- Nah … non ce li vedo insieme, Diana finirebbe con il metterlo in riga più di quanto non abbia fatto Izzy in tutti questi anni. –

- Allora forse Brooklyn. Dopotutto se spingiamo Henrik a invitare Anna e io ovviamente vado con Izzy lei rimarrebbe da sola. –

Il Corvonero annuì improvvisamente molto convinto.

- Aggiudicato, andrà con lei. –

Con un tossicchiare discreto, Scott si intromise nella conversazione.

- Sarebbe carino se chiedeste anche a me se sono d’accordo o meno visto che l’invito dovrei farlo io. –

- Perché -, Liam lo scrutò con serietà nelle iridi chiare, - hai qualcosa in contrario sull’uscire con Brook? –

- No, non direi. –

- Bene, allora è deciso, la inviterai. –

 

 

- Pensi di riuscire a sbrigarti? Non ho nessunissima voglia di passare tutta l’estate qui al castello in compagnia della McGranitt, Pix e i fantasmi. –

Soffocò uno sbadiglio e avvolse in un tovagliolo il toast che non aveva ancora mangiato, decisa a portarlo con sé lungo il viaggio in treno visto che sembrava che Marcus andasse tremendamente di fretta quella mattina.

- Come mai tutta questa fretta di tornare a casa? –

- Andrò a trovare mia nonna per tre settimane – spiegò Marcus sorridendo allegro.

- Ah, adesso si spiega tutto. –

Marcus era molto legato alla nonna e Reina lo capiva perfettamente, perché da quando i suoi genitori erano morti aveva passato tutti i mesi fuori dalla scuola in compagnia dei suoi nonni materni; senza di loro sarebbe stata persa ed era tremendamente riconoscente per il modo in cui si prendevano cura di lei.

- Mi prometti che scriverai almeno un giorno sì e uno no? –

- Va bene, lo giuro. –

- Certo -, la ragazza alzò gli occhi al cielo, - tanto so già che ti dimenticherai esattamente come tutte le estati. Però questa volta se non ti fai sentire vengo a darti la caccia e ti rapisco. –

- Signorsì, signora. –

Reina l’abbracciò stingendolo con tanta forza da quasi stritolarlo.

- Ti voglio bene, Marcus, e non vedo l’ora di rivederti il giorno della partenza per Ilvermorny. –

- Te ne voglio anche io. Ci vediamo a settembre, Reina. –

 

 

 

Spazio autrice:

Salve!

Eccoci qui con il nuovo capitolo; pensavo d’inserire sia la partita che la seconda prova del Club ma sarebbe venuta fuori una quantità di pagine mostruosa perciò ho deciso di dividere il capitolo in due parti. Per quanto riguarda i voti per i flashback, invece, non vi chiedo nulla perché sto smaltendo poco a poco gli OC che erano giunti a pari voto la volta scorsa perciò nel prossimo capitolo i flashback saranno quelli di Brooklyn e di Henrik.

A presto.

Stay tuned.

XO XO,

Mary

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Capitolo 14 ***


Capitolo 14

 

 

 

 

 

Henrik Crouch


 

 

- Mammina? –

- Sì, tesoro? –

- Mi manca tanto papà. –

Amaranthe smise di lavorare al suo romanzo e si voltò verso il bambino di sei anni, prendendolo in braccio e mettendolo a sedere sulle sue gambe.

- Papà deve stare ancora qualche giorno via per lavoro, ma tornerà venerdì sera e sabato ti porterà al luna-park come ti ha promesso. –

Sgranò gli occhioni azzurri con fare supplichevole.

- E potrò andare anche sul bruco? –

- Certo, ma questa volta ci andrai prima di mangiare. Ti ricordi cosa è successo l’ultima volta? –

Ridacchiò al pensiero del disastro che aveva combinato quando, deciso a non lasciare il parco senza essere salito ancora una volta sul bruco, aveva preteso di fare un giro appena dopo aver mangiato.

- Non c’è nulla da ridere. –

- Scusa mammina. Prometto che ci salirò solo quando arriviamo. –

Gli scompigliò i capelli affettuosamente.

- Bravo il mio bambino. –

 

 

- Non voglio andarci! –

- Henrik, sii ragionevole, tutti i bambini devono imparare a nuotare prima o poi. –

- Io no. L’acqua è fredda, profonda … e bagnata. –

- Ne abbiamo già parlato, devi andare in piscina, è la tua prima lezione perciò è normale che tu sia spaventato ma devi affrontare la cosa. –

Scosse il capo con decisione, pestando un piede.

- No, no e ancora no! –

Amaranthe alzò gli occhi al cielo e proprio nel momento in cui sembrava essere prossima a perdere del tutto la calma suo marito comparve alle sue spalle e l’allontanò gentilmente.

- Vai di là, ci penso io. Ometto, sei pronto a una chiacchierata tra uomini? –

Brontolando contro quell’assurda storia della “solidarietà maschile”, Amaranthe annunciò che andava a mettere in moto la macchina e che li avrebbe aspettati sul vialetto.

Rimasti soli, Lucas si chinò per essere alla stessa altezza del figlio e gli sorrise.

- Vuoi essere un vero uomo, Henrik? –

- Certo. –

- Allora per essere tale devi imparare a vincere le tue paure. Tutti hanno paura la prima volta che fanno qualcosa di nuovo, è normale, ma io so che sei un ometto molto speciale e che quando ti impegni puoi fare qualsiasi cosa. –

Poco convinto, aggrottò la fronte.

- Davvero? –

- Certo … e se fai il bravo dopo ti compro un gelato, ma questo alla mamma non lo diciamo. –

- Alla fragola? –

- Certo. –

- Va bene -, asserì improvvisamente deciso, - lo farò per il gelato. –

 

 

- Ci pensate? Praticamente questo è il primo San Valentino in cui ognuna di noi ha un appuntamento – decretò Isabelle mentre finivano di prepararsi per l’uscita al villaggio.

- Il mio non è un appuntamento – chiarì Diana, selezionando con cura un maglione verde bosco da abbinare ai pantaloni in pelle di drago che erano da sempre il suo capo d’abbigliamento preferito.

- Già e sono pronta a scommettere che Scott mi abbia invitata solo per non lasciarmi da sola –, asserì Brooklyn, - visto che le uniche qui ad essere state invitate fin da subito siete tu e la nostra Anna dai capelli d’oro. –

Per tutta risposta la bionda arrossì come un peperone e smise di spazzolarsi i capelli.

- Devo dire che non mi aspettavo un invito da parte di Henrik. –

Con un sospiro davanti ai commenti delle amiche, Isabelle prese in mano il discorso e ricapitolò con fare pratico.

- Nell’ordine: sì, Diana, tu e Baron avete un appuntamento e poco importa se ti ha convinta con la scusa di presentarti un suo amico che può procurarti uno stage subito dopo il diploma. Brook, ti assicuro che se mio cugino non ti avesse trovata carina non ti avrebbe mai e poi mai invitata, quindi non buttarti giù. Infine, Anna, era chiaro praticamente a tutti che Henrik ti morisse dietro da più di un anno e finalmente si è dato una svegliata. Rendiamo grazie a ogni entità divina esistente e finiamo di prepararci! –

- Ma se … -

- Ho detto finiamo di prepararci, basta paranoie, grazie! –

 

 

- Ripetimi un’altra volta: come è possibile che tu abbia avuto un appuntamento senza l’aiuto di nessuno mentre noi per organizzarci abbiamo dovuto mettere su una vera e propria coalizione? –

Caos rivolse un sorrisetto all’indirizzo di Liam e si strinse nelle spalle.

- Ovviamente perché io sono a dir poco adorabile e nessuno è in grado di resistermi. –

- Io invece propendo per un’altra ipotesi -, intervenne Loki, - ovvero che Winona è fuori di testa quanto lui e quindi per chissà quale legge cosmica hanno finito con l’attrarsi a vicenda in modo del tutto naturale. –

- Sì -, confermò Liam ridendo, - questa ha molto più senso della teoria di Caos. –

 

 

Era tutta la mattina che si muoveva da una parte all’altra della casa senza sosta, affacciandosi repentinamente dalla finestra e scrutando l’orizzonte.

- Sembri un’anima in pena -, gli fece notare sua sorella, - e oltretutto mi stai facendo venire il mal di mare. Quella stupida spilla da Prefetto arriverà. Insomma sei il secchione più secchione di tutti i secchioni della scuola messi insieme … a chi altri potrebbero darla? –

- Non credevo fosse umanamente possibile inserire la parola “secchione” tutte queste volte in una frase, è incredibilmente ridondante. –

La sorellina alzò gli occhi al cielo e li roteò con uno sbuffo.

- Appunto SECCHIONE! Ah, comunque quello deve essere uno dei barbagianni di scuola. –

E in effetti il rapace era proprio uno di quelli scolastici e teneva ben stretta tra le zampe la cordicella che trasportava una lettera recante il marchio di Hogwarts.

L’aprì, leggendola in fretta e furia, e poi esplose in un’esultazione che molto probabilmente venne udita in ogni angolo della Gran Bretagna: - Ce l’ho fatta, sono il nuovo Prefetto di Corvonero! –

 

 

- Perché sembri vestita come una di quelle conigliette di playboy? –

Esme si voltò verso l’amica con un sopracciglio perfettamente curato leggermente inarcato.

- Vestita come una cosa di cosa? –

- Una di quelle tizie in bikini o vestitini succinti sulle riviste per uomini -, chiarì accennando all’abito che aveva scelto per quell’uscita, - e la cosa non ha senso visto che so che hai accettato l’invito di Malcom solo perché non avevi nulla di meglio da fare. –

- E perché ha un amico single ed era un modo per organizzare un’uscita a quattro – aggiunse Esme.

- Potrei aver saputo che al villaggio c’è una certa persona … -

- Che non ti ha invitata a uscire e perciò hai intenzione di ripagarlo facendolo ingelosire? –

- Forse. –

- Sai che ti adoro, ma credi davvero che ingaggiare una lotta di scaramucce con Desmond Riot sia un buon piano? –

- Non mi interessa che sia un buon piano, solo che funzioni … e adesso andiamo a far sbavare un po’ i nostri accompagnatori. –

 

 

I capelli di Anna erano della stessa sfumatura dell’oro. La prima volta che si ritrovò a pensare una cosa del genere era in biblioteca e in teoria avrebbe dovuto lavorare con Liam a un tema sulle rivolte dei goblin, ma non riusciva a staccare gli occhi dal tavolo a cui era seduta l’amica.

- Henrik ma si può sapere dove stai guardando? Sei con la testa da tutt’altra parte. –

Alle parole dell’amico si riscosse, voltandosi verso Liam con un sorriso di scuse dipinto sul volto.

- Ero sovrappensiero … dicevi? –

- Dicevo che se non ci diamo una mossa non finiremo mai il tema per Ruf. –

- Ce la faremo … alla fine ce la facciamo sempre, anche a costo di passare la notte in bianco. –

- Ecco è proprio quello che vorrei evitare, la notte mi piace trascorrerla sotto le coperte e con la testa ben salda sul cuscino. –

- Rilassati, ho tutto sotto controllo. –

Liam lo osservò con scarsa convinzione, consapevole che c’era qualcosa che non andava in lui da quando avevano cominciato il sesto anno ma che Henrik sembrava ostinarsi a negare.

- Non mi dirai mai di cosa si tratta, vero? –

- Non so di cosa stai parlando. –

- Sei stralunato, ti perdi a fissare chissà cosa o chi, sembri sempre con la testa da un’altra parte e a volte sorridi come uno scemo senza alcun motivo -, Liam si interruppe di scatto voltandosi verso di lui, - Oh per l’amore di Morgana … sei innamorato?! –

- Non essere ridicolo, di chi dovrei mai essere innamorato? –

- Questo non lo so, ma rimango della mia idea: tu sei cotto amico mio e prima o poi scoprirò di chi. –

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Brooklyn Candice Macmillan


 

 

- Sam, Step … aspettatemi! –

La piccola di casa arrancava dietro ai fratelli maggiori cercando di tenere il passo con loro mentre correvano nell’ampio appezzamento di terreno che circondava la proprietà dei Macmillan.

- Coraggio, Brook, sei lenta. –

- Non sono lenta -, protestò la bambina di sei anni, - siete voi che avete le gambe troppo lunghe. –

I gemelli si fermarono a sorriderle, dall’alto della loro statura piuttosto impressionante dati i loro otto anni, attendendo che la sorellina li raggiungesse.

Si fermò a pochi passi da loro, le mani sui fianchi e il fiato corto, una fitta lancinante alla milza per la troppa foga che ci aveva messo.

- Credo di stare per morire – annunciò seriamente, scatenando un attacco di risate particolarmente violento nei fratelli.

- Non stai per morire, hai solo il sedere pesante – rise Stephan.

Per tutta risposta Brooklyn ignorò la fitta e si lanciò nuovamente verso i gemelli, rincorrendoli decisa a fargliela pagare per quella presa in giro, cullata dalle risate dei due che sfruttavano le gambe più lunghe per mettere quanti più metri di distanza possibili.

- Non ci prenderai mai! –

- Tanto prima o poi dovrete fermarvi, non potete correre per sempre. –

 

 

Brooklyn osservò i suoi fratelli finire di fare le valigie. Non riusciva a credere che non li avrebbe visti fino alla fine dell’anno scolastico e tutto perché seguendo la madre in America avrebbero finito con il non incrociarsi praticamente mai. Strinse i pugni, scuotendo il capo con decisione mentre chiudevano i bauli e facevano per uscire dalla loro camera.

- Non è giusto. Perché se a sbagliare è stato nostro padre siamo noi a doverci rimettere? –

Stephan allungò le braccia e la tirò verso di loro, stringendola in un abbraccio congiunto e cameratesco.

- La mamma non lo vuole più vedere dopo quella storia del tradimento -, mormorò contro la sua testa, - e comunque non è come se fossimo destinati a non vederci mai più. Verrai a trovarci per le vacanze estive, saranno tre mesi lunghissimi … -

- E noi faremo in modo di renderteli moooolto pieni d’eventi – concluse Samuel con un sorrisetto malandrino che la spinse a sorridere a sua volta.

- Mi mancherete così tanto … voi andate in America e io devo sorbirmi la megera ancora per una settimana. –

Fece un lieve broncio.

- Pensa a questo, hai un’intera settimana per renderle la vita un inferno. –

Improvvisamente un sorriso si dipinse sulle sue labbra.

Sì, rendere la vita impossibile alla sua futura matrigna si prospettava davvero molto interessante.

 

 

- Non riesco ancora a credere di essermi lasciato convincere a uscire con te e per di più nel giorno di San Valentino – asserì Marcus mentre avanzavano lungo il sentiero in ghiaia che li avrebbe condotti verso il centro del paese.

Arthur gli sorrise di rimando.

- Diciamo che te l’ho chiesto in un momento in cui i pianeti si erano allineati, c’era una congiunzione astrale fortunata e tu non hai potuto dire di no. –

- Eh? –

- Sto scherzando -, ridacchiò dandogli un buffetto sulla guancia, - ma sei adorabile quando fai quell’espressione perplessa e non ho resistito all’idea di prenderti un po’ in giro. –

- Ma che cosa carina, proprio da primo appuntamento – lo rimbrottò.

- E dai -, lo attirò a sé per poi stampargli un bacio a fior di labbra a farlo arrossire ancora di più, - sono solo felice che tu abbia accettato. –

Si rilassò nella sua stretta, sorridendo a sua volta.

- Anche io sono felice di averlo fatto. –

 

 

- Posso chiederti una cosa? –

Scott smise di camminare e si voltò verso la ragazza al suo fianco, annuendo con sorpresa.

- Naturalmente, di che si tratta? –

- Perché mi hai invitata a uscire? –

Il rosso parve tentennare per qualche istante, alla ricerca delle parole giuste, prima di replicare: - Ti ho vista spesso in giro in questi mesi e c’è sempre stato qualcosa che mi ha incuriosito. Mi piace chiarire le cose non appena ne ho la possibilità e quando si è presentata l’opportunità di invitarti l’ho colta. Mi incuriosisci, Brooklyn, e mi piacerebbe conoscerti meglio se vorrai darmene l’opportunità. –

La Tassorosso gli rivolse un sorriso smagliante prima di accettare il braccio che le porgeva e farsi scortare verso il villaggio.

- Non avresti potuto darmi una risposta migliore … ci sto, Scott, anche io ho voglia di cominciare a conoscerti meglio. –

 

 

Diana si lasciò cadere sul letto dell’amica, rimbalzando appena sul materasso prima di sdraiarsi su un fianco e rivolgerle un’occhiata vagamente incuriosita.

- L’arrampicatrice sociale dov’è? –

- Vanessa è a fare compere a Diagon Alley con le sue minions – replicò, facendo riferimento al gruppetto di amiche che la matrigna era solita avere al suo seguito ogni volta che lasciava l’abitazione per uno dei suoi costosissimi svaghi.

- Bene, quindi immagino che avremo abbastanza tempo per fare quello che ho in mente. –

- E sarebbe? –

- Riequilibrare un po’ le cose visto che il karma sembra prendersela molto comoda -, le mostrò una boccetta contenente del liquido verde acido dall’aspetto molto poco attraente, - e questo ci aiuterà nell’opera. –

Brooklyn la studiò con attenzione.

- Cos’è? –

- Essenza di yak. Innocua, ma dalla puzza tremenda. Ne versiamo un po’ in ogni suo prodotto cosmetico, avrà un odore nauseabondo per giorni e non saprà neppure da cosa è causato. –

Scosse il capo, ridendo incredula prima di scambiarle un cinque a mezz’aria.

- Step e Sam sarebbero debitamente impressionati dalla tua capacità di elaborare piani malvagi. –

Abbozzò un mezzo inchino.

- I tuoi fratelli sono fonte di grande ammirazione per me, per cui ne sono lusingata. –

 

 

Reina prese un sorso di cioccolata calda e storse il capo davanti all’accenno di divertimento sul volto di Liam.

- Cosa c’è? –

- È solo che -, si allungò a passarle un pollice all’angolo della bocca prima di mostrarle le tracce di panna e cioccolata che vi erano rimaste sopra, - ti eri sporcata ed eri buffa. –

- Buffa? Te lo faccio vedere io cosa è buffo. –

Intinse un dito nella tazza e si sporse verso di lui, toccandogli la punta del naso e depositandovi sopra una lunga traccia.

- Ah sì? Bene, allora è guerra. –

Mentre Liam faceva per ricambiare il gesto, sotto gli sguardi curiosi e al contempo divertiti del resto degli avventori del locale, Reina afferrò il piattino su cui era rimasto un po’ di zucchero a velo e glielo soffiò addosso.

- Ahia, mi è finito negli occhi … brucia – mormorò il Corvonero, facendo per sfregarsi il volto.

Sentendosi in colpa Reina si avvicinò, afferrandogli il volto per spingergli il capo all’indietro e guardare meglio.

- Io veramente non vedo proprio nu … -

Non riuscì a terminare la frase perché le labbra di Liam si posarono sulle sue in un bacio casto.

Quando si separarono il Corvonero mormorò imbarazzato: - Scusa, ma non ho saputo resistere. –

- Bene … neanche io – replicò, baciandolo a sua volta.

 

 

Erano seduti sulla panchina davanti al negozietto d’antiquariato da qualche minuto quando Henrik si decise a prendere finalmente la parola e rompere quel silenzio che si stava facendo via via sempre più imbarazzante.

- Anna? –

- Sì? –

- Era da un po’ di tempo che volevo dirti una cosa, ma non ho mai trovato il coraggio per farlo e credo che questa potrebbe essere la volta buona. Insomma tra qualche mese finiremo scuola e ognuno prenderà una specializzazione diversa, potremmo non vederci più per molto e non voglio bruciare questa possibilità. –

- Io … credo di volerti dire una cosa anche io – ammise, rossa in volto, mentre si tormentava le mani con nervosismo.

- Oh … allora dopo di te. –

- Io … tu mi sei sempre piaciuto moltissimo, Henrik. Insomma non te l’ho mai detto prima perché avevo paura che mi vedessi solo come un’amica e non volevo rovinare tutto, perché a te ci tengo veramente moltissimo … Però questa volta tu mi hai invitata a uscire e anche il resto delle ragazze è convinto che la cosa abbia senso, perciò … ecco, te lo dico e basta, tu mi piaci moltissimo. Mi piaci in quel senso e non solo come amico e spero che quello che volevi dirmi fosse questo perché se così non fosse mi sentirei veramente una grandissima stupida e … -

- E quando sei nervosa diventi logorroica –, la interruppe sorridendo intenerito, - perciò se la smetti per un attimo posso dirti quello che volevo. –

Annuì, tacitandosi all’istante.

Henrik la prese per mano, fissandola dritta negli occhi.

- Sono innamorato di te … lo sono da più di un anno ormai. –

Gli gettò le braccia al collo, stringendolo a sé d’impulso, rilassandosi solo quando si scambiarono il loro primo bacio.

 

 

- Brook? Era ora, cominciavamo a pensare che non saresti mai arrivata – l’accolse Samuel, abbracciandola non appena ebbe messo piede all’interno della casa materna.

- Oh, che carini, state ammettendo che vi sono mancata? –

- Naaaah, quella è roba da femminucce -, replicò Stephan, - eravamo solo un po’ perplessi. –

- Ho passato un periodo a casa della mia amica Diana e siamo partite per l’America insieme visto che lei voleva andare a trovare dei suoi amici. Ecco perché sono arrivata più tardi del solito. –

- Tu e Diana non vi separate praticamente mai, eh? –

- Già, è un po’ come avere una sorella. –

- Beh, spero proprio di no … insomma Diana è sexy e sarebbe strano pensare una cosa del genere di una sorella. –

Brooklyn sgranò gli occhi davanti all’esternazione di Stephan mentre Samuel sghignazzava divertito.

- Diana è off limits per entrambi -, ricordò loro, - perciò toglietevi dalla testa qualsiasi pensiero strano. Non divido le mie amiche con voi due buzzurri! –

- Oh, andiamo, potresti anche condividerla con uno dei due. –

- Lo faccio solo per il vostro bene -, ridacchiò, - perché nessuno di voi due è in grado di gestirla e uscire incolume dalla cosa. –

- Ma … -

- Niente ma … e adesso volete sapere cosa ci siamo inventate con l’arrampicatrice sociale? –

Il cambio d’argomento fu sufficiente a spostare la loro attenzione, che al pari della sorella desideravano vedere Vanessa in costante difficoltà.

- D’accordo, per questa volta chiudiamo qui il discorso Diana … avanti, raccontaci di quella. –

 

 

- Quel tuo amico? –

Baron rise davanti all’espressione corrucciata della Grifondoro, per poi sorseggiare il suo whiskey incendiario.

- Ah, non te l’ho detto? Aveva da fare con la sua ragazza, ha rimandato il colloquio alla prossima uscita. –

Diana incrociò le braccia al petto e lo fissò con un cipiglio ancora più duro.

- Quindi in altre parole mi hai fregata. –

- O per dirla in un altro modo ti ho invitata a passare San Valentino con me -, replicò sorridendo sfrontato, - e devo dire che questo batte dieci a uno l’offerta di qualsiasi stage. –

- Sei proprio un borioso imbecille, lo sai vero? –

- Lo so -, confermò continuando a sorridere, - ma almeno ho un po’ del tuo tempo. –

- Solo perché sono troppo ben educata per prenderti a sberle davanti a tutti non significa che questo è un vero appuntamento. Siamo semplicemente io e te seduti a bere una cosa perché tu mi hai attirata qui con l’inganno e in modo molto poco galante e cavalleresco. –

- Suppongo che come inizio sia meglio che nulla. –

 

 

Esme sorrise con un pizzico di compiacimento quando vide Desmond entrare al Black Unicorn in compagnia di un gruppetto di quelli che dovevano essere dei suoi colleghi e il sorriso si allargò ancora di più quando lo vide soffermarsi su di lei con sguardo d’apprezzamento e poi irrigidirsi quando si rese conto che non era seduta solamente con Astrid.

Ma mai si sarebbe aspettata di vederlo puntare dritto verso il loro tavolo.

- Esme, posso parlarti un attimo? I tuoi compagni di classe ci scuseranno immagino – aggiunse, fissando Malcom come sfidandolo a ribattere.

Annuì alzandosi in piedi e rassettando l’abito prima di seguirlo fuori dal locale.

Incrociò le braccia sotto al seno e gli rivolse uno sguardo di sfida.

- Cosa c’è? –

- Non senti freddo? Sei un po’ leggera. –

- Sto benissimo, grazie per l’interessamento. Di cosa volevi parlarmi? Il mio accompagnatore si domanderà dove sono se sparisco per troppo tempo. –

- Oh, per favore, come se credessi davvero che tu possa accontentarti di un bamboccio come quello. –

- Eppure sei qui in perfetto stile fidanzato geloso. –

- Ammetto che, per un secondo o due, vederti a un appuntamento con qualcuno che non sono io mi ha dato un pizzico di fastidio. –

- E? –

- E non posso fare quello che vorrei in questo momento, tu sei una studentessa e io il vice ministro, sarebbe molto inappropriato. –

- Ma? –

- Ma ho un’immagine molto vivida di quel vestito ai piedi del mio letto – concluse.

- Hai ragione -, sorrise maliziosa, - sarebbe molto inappropriato, ma per tua fortuna io adoro le cose inappropriate. –

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Salve!

Chiederei a tutti coloro che vogliono partecipare alla raccolta OS di cominciare a inviarmi le informazioni circa il futuro dei propri OC (eventuali specializzazioni dopo il diploma, lavoro che intraprenderanno, matrimonio e figli, etc.) così che possa mettermi a lavoro. Inoltre ringrazio coloro che hanno già provveduto a spedirle e vi annuncio che vista l’ampia adesione che la mia proposta ha raccolto nei capitoli scorsi: confermo che ci sarà un sequel!

Detto ciò per quanto riguarda la questione dei flashback uno dei due del prossimo capitolo sarà dedicato a Loki mentre per l’altro vi chiederei di votare tra:

Liam;

Isabelle;

Anna;

Marcus.

Per ora é tutto, a presto.

Stay tuned.

XO XO,

Mary

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Capitolo 15 ***


Capitolo 15

 

 

 

 

 

Loki Burke


 

 

Kate osservò il piccolo Loki mentre gattonava sul pavimento insieme alla sua Isabelle. Giocavano senza sosta da più di due ore e sembravano decisi a continuare ancora per molto.

- Non è incredibile quanta energia abbiano? E dire che sono dei piccoletti alti mezzo metro. –

Freya annuì, accarezzando distrattamente le ciocche castane di Izzy quando la piccola si voltò verso di lei con un sorriso sdentato.

- Sono contenta che abbiano modo di vedersi durante le vacanze, mi piace pensare che da grandi avranno un rapporto saldo come il nostro. –

- O magari finiranno con il fidanzarsi, chi può dirlo – rise Kate.

- Quello sì che sarebbe divertente, da migliori amiche a consuocere. –

 

 

- Loki, hai visto per caso il vaso che ci ha portato la nonna per Natale? –

Aveva sei anni, ma sapeva riconoscere più che bene il tono di sua madre e quello era uno che diceva chiaramente “sei nei guai, vatti a nascondere”.

- Uhm … no? –

- Non è una domanda a cui puoi rispondere facendone una a tua volta. O l’hai visto oppure no. –

- Potrei averlo visto, ma potrei anche sbagliarmi … dov’era l’ultima volta in cui l’hai visto tu? –

Freya alzò gli occhi al cielo, imponendosi di mantenere la calma. Il loro primogenito era esattamente l’incarnazione dell’astuzia Serpeverde nel rigirare ogni singola situazione a suo vantaggio.

- L’ho visto nel salone dove è sempre stato finchè questa mattina non siete entrati tu e Caos. Avete giocato lì ed il vaso è magicamente sparito nel nulla. –

- Non ne ho idea, mammina, ma sono certo che se il vaso si fosse rotto e i pezzi fossero nascosti sul retro del giardino la colpa sia di Caos. –

- Tu invece sei innocente, giusto? –

Le rivolse un sorriso angelico.

- Certo. –

- Bene, allora come ricompensa per la tua innocenza sei condannato alle pulizie forzate della tua camera per le prossime due settimane. –

 

 

Winona prese posto accanto a Joaquin e Jackson, attirando le occhiate palesemente divertite dei due, e storse il capo perplessa.

- Cosa avete da ridacchiare sotto i baffi? –

- Nulla, ci stavamo solo chiedendo quando saresti tornata tra noi … -

- E ci avresti degnato di un pizzico di attenzione visto che ultimamente sembri persa in un fantastico universo parallelo dominato dal Caos – concluse Joaquin facendo scoppiare a ridere i due ragazzi non appena ebbe terminato la frase.

L’amica sentì le guance avvamparle, ma si sforzò di mantenere la serietà e si limitò ad alzare gli occhi al cielo e rotearli.

- Battutine utilizzando il nome, ma che cosa intelligente e matura … -

- E dai, è solo che non ti abbiamo mai vista così presa da un ragazzo che non fosse uno di noi due o un membro della tua famiglia. –

- C’è sempre una prima volta … e forse è arrivata anche per me visto che gli ho chiesto che programmi avesse per l’estate – ammise.

- Aaaw, è una cosa maledettamente carina –, sospirò Joaquin, - e sappi che non vedo l’ora di vederlo alle prese con la tua famiglia. Se non scappa dopo un’estate passata a casa Powaqa allora è davvero quello giusto. –

Jackson prese un sorso di caffè e poi annuì.

- Già, sai che adoro la tua famiglia e tutto il resto, ma certe volte sono un po’ impegnativi da gestire. –

- Ordinerò loro di trattare bene Caos e voi due mi darete una mano, perché non crederete mica che vi lascerò passare l’estate da qualche altra parte, no? –

Joaquin rivolse un’occhiata divertita a Jackson, che ricambiò con un sospiro fintamente melodrammatico.

- E cosa abbiamo fatto di male per meritarci un’intera estate incastrati con voi due che fate i piccioncini? –

- Siete i miei migliori amici. –

- L’ho sempre saputo che prima o poi questa storia si sarebbe ritorta contro di noi. –

 

 

- Chi ti scrive? –

Esme alzò lo sguardo dalla lettera che le era appena stata recapitata per voltarsi verso Astrid con un’espressione corrucciata dipinta sul bel viso.

- Desmond. –

- E perché hai quella faccia da funerale? Da dopo San Valentino ti ha scritto regolarmente tutti i giorni, ti ha persino invitata nella villa in Toscana per l’estate, quindi cosa può esserci che non va? –

- Nulla, almeno nulla che riguardi noi due, ma a quanto sembra ci sono un po’ di problemi nell’ambito della Confederazione. –

La bionda le prese la lettera dalle mani e la scorse velocemente.

Desmond le raccontava in modo breve e appena accennato dei problemi che c’erano in quel periodo tra lui, sua nipote e il fratello e del fatto che la tensione che si respirava ai piani alti era palpabile, ma non diceva quale fosse il problema forse perché temeva che in caso la lettera fosse stata intercettata sarebbero trapelate informazioni che avrebbero dovuto rimanere segrete.

- Quanto credi che sia grave? –

- Non ha fatto nemmeno un’allusione sessuale in questa lettera, perciò deve essere davvero molto preoccupato. –

Astrid arricciò il naso. – Avrei preferito non essere a conoscenza delle allusioni sessuali in questione, non guarderò mai più la tua posta con gli stessi occhi da oggi in poi. –

 

 

- Io ti distruggo! –

- Mamma? Mamma, aiuto! –

Persephone corse lungo il corridoio e saltò i gradini della scala di due in due, suo fratello maggiore che le correva dietro con l’espressione di un indemoniato.

- La mamma è uscita, piccola peste, non c’è nessuno a salvarti. –

- Ti ho già detto che non l’ho fatto di proposito, è stato un incidente, non volevo bruciare il tuo tema di Storia della magia. –

Si nascose dietro la poltrona, facendo capolino da un lato con le mani in alto come in segno di resa.

- E io ti ho già detto che non me ne importa nulla. Ci ho messo una vita a scrivere quel maledetto tema, l’unica cosa che potrà ripagarmi della perdita è la tua morte. –

Persephone giunse le mani in segno di preghiera e sbattè gli occhioni chiari mettendo su la sua espressione più dolce e pentita.

- Fratellone prometto che non metterò mai più piede nella tua camera e mi dispiace se ho distrutto il tema, puoi perdonarmi … per faaaaavooooreeee? –

Era una mossa sleale, Loki non riusciva mai a rimanere arrabbiato con lei per troppo tempo quando sfoggiava quell’espressione.

- Solo per questa volta e solo perché sei la mia unica sorella. –

 

 

- Centouno rose rosse, però … devo dire che Baron Riot sa decisamente come corteggiare una ragazza – asserì Isabelle mentre annusava l’enorme mazzo di rose che era stato recapitato a Diana in occasione del suo diciottesimo compleanno.

- Oppure, molto più semplicemente, si potrebbe dire che non ha la minima idea di come si accetti un rifiuto. –

Brook e Anna ridacchiarono davanti allo sbuffo di Izzy.

- Oh, andiamo Di, non puoi sul serio dirmi che non è un gesto molto carino e romantico. –

- Lo sarebbe se non avessi già chiarito abbondantemente che non voglio avere nulla a che fare con lui. È insistente, talmente gonfio di ego da meravigliarmi di come riesca ancora a tenere i piedi ancorati al terreno, e ha la fama dell’impenitente dongiovanni e … –

- Ed è tanto bello da sembrare quasi disumano – concluse Izzy interrompendo lo sproloquio dell’amica.

- Precisamente e poi non … aspetta, cosa hai detto? –

Diana s’interruppe arrossendo furiosamente mentre realizzava che l’amica non aveva elencato un difetto, ma una caratteristica fisica che lei d’istinto aveva prontamente confermato. 

- Ho detto che Baron ti piace, e non provare a negare che sia così, ma sei una testona e non vuoi ammetterlo. –

- Se dovessi scegliere tra Baron e il suo dobermann … sceglierei il cane senza esitare. –

Tra una risata e l’altra Izzy incrociò le braccia sotto al seno e asserì risoluta: - Ne riparleremo prima o poi. –

 

 

- Chi è quel tizio che non smette di parlare con Izzy nemmeno per un attimo? –

- Un vicino di casa -, replicò Scott con fare distratto, - si chiama Blake. –

- Non mi piace, ha una faccia a dir poco ambigua. –

Caos ridacchiò e Scott sbuffò di rimando.

- Che strano, sbaglio o è da un po’ di tempo a questa parte che non ti piace assolutamente nessun essere maschile che parli con mia cugina per più di mezzo secondo? –

- Solo perché la conosco da sempre, è come se fossimo tutti legati, dobbiamo proteggerci a vicenda. –

- Ceeeerto, comunque Blake è moro perciò fossi in te starei tranquillo. –

Rivolse un’occhiata perplessa al rosso.

- E cosa c’entra? –

- Izzy ha un debole per i biondi. –

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Isabelle Blackwood


 

 

- Mammina? Guarda. –

Isabelle scese i gradini a passo lento e strappò una risata a tutti i presenti. Indossava una maglietta della madre che le stava tanto lunga da farle da mini abito, un paio di scarpe decisamente troppo grandi per lei, e aveva indossato una decina di bracciali diversi adornando anche il collo e le dita con molti più gioielli di quanto non fosse strettamente necessario. A completare il tutto aveva le labbra impiastricciate di rossetto rosso e doveva aver usato anche del blush perché le guance erano di un rosa acceso.

- Tesoro, hai giocato di nuovo con le mie cose? –

- Non ho giocato -, protestò gonfiando le guanciotte, - sto facendo la modella. –

- E sei una modella bellissima, ma le cose della mamma non si toccano -, la prese per mano e la condusse nuovamente al piano superiore ignorando il faccino imbronciato, - perciò adesso ci diamo una bella ripulita e poi ti aiuto a fare la modella con i tuoi vestiti, va bene? –

La proposta cancellò il broncio all’istante.

La piccola battè le mani deliziata.

- Sì, va bene. –

 

 

Quella mattina suo padre si era preso una giornata libera dal consueto impegno come allenatore della nazionale americana e l’aveva accompagnata allo zoo. Dopo aver visitato ogni singola gabbia presente lei aveva chiesto un gelato nella sua gelateria preferita e come sempre suo padre non era stato in grado di negarle nulla. Così adesso stava seduta su una panchina del parco, mangiando il suo cono, e ascoltava suo padre che rispondeva garbatamente alle insistenti domande di una signora che aveva smesso di fare jogging e si era fermata a cercare di fare conversazione.

- Sei proprio una bambina bellissima, scommetto che tuo padre te lo dice sempre. –

Isabelle la degnò appena di un’occhiata.

- Sì, dice che sono bella proprio come la mia mamma. –

- Sono certa che anche il tuo papà abbia contribuito, è molto bello anche lui non credi? –

Da insofferente l’espressione di Izzy si fece decisamente ostile.

- Tu invece sei decisamente brutta, sembri la befana. –

La donna sgranò gli occhi, incredula dopo la risposta ricevuta, e si allontanò stizzita quando vide che suo padre non apriva bocca e anzi era scoppiato a ridere di cuore.

Rimasti soli Ian accarezzò il capo della figlia e le sorrise con affetto.

- Quando torniamo a casa lo raccontiamo alla mamma, sarà molto fiera di quello che hai detto a quella signora, è esattamente ciò che avrebbe fatto lei al tuo posto. –

 

 

Reina soffocò uno sbadiglio mentre insieme a Khendra, Marcus e Liam uscivano dalla sala mensa a passo di carica.

- Siete proprio sicuri che nessuno dei vostri ragazzi si sia lasciato sfuggire qualcosa sulla prova che dovremmo affrontare? –

- No, Edward è stato molto determinato nel non lasciarsi sfuggire nemmeno una parola. –

- E Arthur mi ha distratto ogni volta che sollevavo l’argomento – aggiunse Marcus, per poi arrossire come un peperone non appena le amiche ammiccarono con aria eloquente.

- Nemmeno Winona ha voluto parlarne con Caos -, intervenne Liam, - sembra proprio che non ci sia nulla che possa corromperli quando si tratta delle questioni del Club. –

- Allora non ci resterà che affrontare la prova alla cieca come sempre … anche se confesso che l’idea che manchi ormai poco più di un mese alla fine di quest’esperienza mi suscita emozioni contrastanti. –

Marcus annuì con un’espressione nostalgica: – Già, Ilvermorny è diventata una seconda casa al pari di Hogwarts. –

- Se riusciamo a essere ammessi tutti quanti rimarremmo tutti legati comunque -, intervenne Khendra, - perciò mettiamoci sotto e conquistiamo un posto nel Club. Non voglio finire come quegli amici della scuola che promettono di sentirsi anche dopo il diploma, ma dopo qualche anno finiscono con l’essere assorbiti ognuno dalla propria vita e scompaiono nel nulla. –

Reina l’abbracciò d’impulso, stringendola a sé con un sorriso intenerito.

- Non accadrà, rimarremmo amiche per sempre, anche perché dovremmo essere le damigelle d’onore quando Marcus e Arthur si sposeranno … dopotutto siamo state noi a rendere possibile il tutto, perciò quando accadrà riscuoteremo il nostro doveroso riconoscimento. –

Marcus rivolse un’occhiata a Liam, che si teneva la pancia dalle risate, - Sembrano anche a te delle pazze invasate quando parlano di cose che potrebbero o meno avverarsi tra mezza dozzina d’anni? –

- Certo che sì. –

 

 

- Ho finito di sistemare tutto – asserì Edward mentre si univa agli amici e varcava l’ingresso della mensa con il fiato corto.

- Appena in tempo, non manca molto all’inizio della prova. –

- Già, avrei fatto prima se qualcuno non si fosse messo a sbaciucchiare il suo ragazzo e avesse perso la cognizione del tempo arrivando in ritardo all’appuntamento. –

Arthur fece spallucce.

- Cose che capitano, l’importante è che sia tutto a posto … dopotutto è l’ultima prova a cui devono sottoporsi. –

- Già e credo che … che diavolo ci fanno loro a Ilvermorny? –

Astrid accennò con il capo al drappello di Auror che erano entrati nella scuola. Indossavano la divisa del M.A.C.U.S.A. e procedevano spediti come se stessero cercando qualcuno con precisione.

Esme rivolse un’occhiata eloquente alla bionda.

Aveva un pessimo presentimento e non c’erano dubbi sul fatto che Desmond ne sapesse a riguardo molto più di loro.

 

 

- Come è bello –, sospirò osservando dalla tribuna su cui era seduta gli allenamenti della nazionale statunitense, - ha i capelli dello stesso colore dell’oro e quegli occhi sono così azzurri … sembrano dello stesso colore del cielo. –

Anna e Diana seguirono il suo sguardo, che si era fermato su uno dei Cacciatori; era il più giovane della squadra, si era appena diplomato a Ilvermorny ed era stato un Tuonoalato, e Izzy che era prossima ad iniziare il suo terzo anno lo aveva intravisto più volte in Sala Comune e a mensa. Da lì al prendersi una cotta gigantesca il passo era stato breve, così aveva passato tutta l’estate assistendo agli allenamenti della squadra, rifornendo di bottigliette d’acqua il piccolo frigo portatile e assicurandosi che ci fossero sempre asciugamani puliti negli spogliatoi.

- Hai passato qui tutti i giovedì da quando è finita la scuola? –

- Sì, Di. –

- E lui ti ha almeno rivolto la parola ogni tanto? –

- Certo, mi ringrazia sempre. –

Diana ridacchiò. – Bene, se non altro sappiamo che è ben educato, ma da qui a pensare a una storia d’amore. –

- I nostri figli saranno bellissimi e biondissimi. –

- Okay, come non detto, è completamente andata. –

 

 

- Non può piacergli sul serio quella. –

Scott seguì lo sguardo della cugina, scoprendo che “quella” era una ragazza dai lunghi capelli castani che stava avvinghiata al braccio muscoloso di Loki come se fosse una sorta di piovra e che doveva essere prossima a sviluppare un tic nervoso a giudicare dalla velocità con cui sbatteva le ciglia e ammiccava ogni volta che Loki le rivolgeva la parola.

La sentirono scoppiare a ridere per l’ennesima volta in un modo stridulo che ebbe il potere di provar loro l’accenno di un mal di testa.

- Vado a salvarlo – sentenziò d’un tratto Izzy, marciando risoluta verso i due sotto lo sguardo divertito di Scott.

Prese la mano di Loki e al contempo lanciò un’occhiata gelida alla ragazza dalla risata micidiale, attirandolo a sé e decretando che aveva voglia di ballare e che quella era la sua canzone preferita perciò Loki non poteva certo negarle un ballo.

Con un sorriso sollevato il biondo la seguì sulla pista e le cinse i fianchi, assecondando i suoi movimenti a tempo di musica.

- Grazie mille, altri cinque minuti e sarei impazzito. –

- Figurati, non avevo dubbi che ti servisse il mio aiuto. –

 

 

- Jackson e Anne Riot? Vi prego di seguirci. –

Il comandante della delegazione Auror che aveva messo piede all’interno della scuola si fermò davanti ai due fratelli. Aveva l’espressione seria e determinata di chi avrebbe portato a termine il proprio compito a tutti i costi.

- Il motivo, Capitano? –

- Non credo sia saggio parlarne qui, ma riguarda vostro padre e vostra sorella … ne parleremo nello studio messo a disposizione dalla preside. Seguitemi. –

Joaquin gli si accostò, posandogli una mano sulla spalla con il volto carico d’apprensione.

- Jack … -

- Va tutto bene, sono sicuro che non ci metteremo molto, fate come se niente fosse. –

Non gli sfuggì il significato di quelle parole: continuate la selezione come se non fosse accaduto nulla, portatela a termine, non importa cosa abbiano da dirci.

Eppure gli sembrava tremendamente sbagliato fare una cosa simile senza di lui. Scoccò un’occhiata a Winona e vide che anche lei si mordeva il labbro inferiore con espressione corrucciata.

Sembrava che quella fosse destinata a passare alla storia come la serata in cui per la prima volta avevano ignorato una delle richieste di Jackson.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Salve!

Essendo ormai il prossimo l’ultimo capitolo prima dell’epilogo va da sé che avrà come protagonisti i flashback di Anna, Liam e Marcus. Vi chiederei di votare tra chi volete che vinca la partita di Quidditch tra Tuonoalato e Serpeverde.

A presto.

Stay tuned.

XO XO,

Mary

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Capitolo 16 ***


Capitolo 16

 

 

 

 


 

 

- Possiamo vederlo? –

Aurore camminava avanti e indietro lungo il corridoio dell’ospedale e si bloccò non appena vide comparire suo padre. In virtù del suo essere la primogenita della famiglia fu lei a esternare la richiesta che premeva terribilmente a tutte le ragazze. Quando avevano scoperto che avrebbero avuto un fratellino le cinque ragazze avevano tirato un sospiro di sollievo, perché l’idea dell’ennesima figlia femmina ad affollare casa le preoccupava non poco … e soprattutto perché sapevano fin troppo bene quanto i loro genitori avessero desiderato a lungo un maschio che portasse avanti il nome di famiglia.

- Certo, potete entrare. –

In religioso silenzio avanzarono una dopo l’altra, sistemandosi attorno al letto della camera privata del San Mungo in cui era stata sistemata la madre e osservarono quel fagottino dagli occhi sgranati e l’espressione curiosa.

- Come avete deciso di chiamarlo? – chiese Rose.

- Marcus … Marcus Anthony Richard Greengrass. –

 

 

- Marc? Marc vieni a giocare con me e Alyssa? –

La voce di Rachel, di solo un anno più grande di lui, lo distolse dalla spiegazione dettagliata che Melissa gli stava fornendo. Con i suoi dodici anni e la sua indole da maschiaccio Melissa era diventata un po’ il punto di riferimento delle sue sorelle più piccole e di suo fratello.

- Meli mi sta raccontando della partita finale del campionato scolastico, arrivo tra poco. –

Rachel sbuffò, roteando gli occhi al cielo.

- Ma l’ha già raccontata tre volte da quando è tornata a casa … abbiamo capito che hai tirato un Bolide micidiale a quel tipo di Grifondoro e hai permesso al Cercatore di Serpeverde di conquistare il Boccino. Possibile che non vi stanchiate mai di parlarne? –

Marcus e Melissa si scambiarono un’occhiata complice prima di ridacchiare e scuotere il capo.

- Non ci stancheremo mai, rassegnati Rach. –

 

 

L’uscita di Jackson e Anne non era sfuggita a nessuno dei presenti e da quel momento nella sala mensa di Ilvermorny era calata una certa tensione generale. C’era chi chiacchierava cercando di smorzare l’attesa di scoprire se i due ragazzi sarebbero tornati indietro o se avrebbero lasciato il castello, chi invece insinuava che si fossero cacciati in guai tanto tremendi da finire con l’essere arrestati, e chi aveva ipotizzato una tragedia in famiglia.

Diana rifilò un’occhiataccia in direzione del gruppetto di ragazze Wampus del quarto anno che spettegolavano tirando una supposizione assurda dopo l’altra.

- Qualcuno dovrebbe proprio imparare a chiudere il becco quando non ha la minima idea di ciò di cui sta parlando. –

- Ma veramente … - fece per ribattere una, ma l’amica le fece cenno di tacere.

- È l’inglese che era al villaggio con Baron Riot … immagino sia la sua ragazza, ne saprà sicuramente qualcosa. –

Non si diede nemmeno la pena di confutare quell’assurda diceria, ma si rese suo malgrado conto che quelle parole non erano sembrate affatto strane a chi le aveva sentite.

Imprecò silenziosamente.

Per le mutande di Merlino, ci mancava solo che tutti pensassero che lei e Baron se la intendevano.

E proprio come se l’avesse evocato dal nulla l’alto, biondissimo e terribilmente attraente Baron fece capolino in mensa al fianco dello zio Desmond.

Le venne automatico raggiungerlo, incuriosita dalle espressioni tetre che sfoggiavano, e notò che Esme aveva compiuto il medesimo gesto anche se lei era diretta verso il più grande dei due.

- Cosa succede? –

- E perché gli Auror hanno scortato in presidenza Jackson e Anne? –

- È una storia lunga e complicata … - fece per cominciare Baron, ma suo zio lo interruppe.

- Esme, raduna il resto del Club e vediamoci nel parco tra dieci minuti, vi spiegheremo tutto. –

 

 

Marcus fece capolino nel corridoio che conduceva al salone, attirato dal rumore di una conversazione particolarmente vivace che stava avvenendo tra Alyssa e i loro genitori.

Rivolse un’occhiata perplessa all’indirizzo di Rachel, che si strinse nelle spalle.

- Cosa succede? –

- Alyssa ha annunciato che alla cena di questa sera porterà una persona … e la cosa ha suscitato un bel po’ di scalpore – replicò Melissa.

- Ci spingono spesso ad intrecciare legami durante le loro cene -, osservò Marcus corrucciato, - quindi se per una volta portiamo noi una persona cosa c’è di male? Ha risparmiato loro la fatica di trovarle un ragazzo, no? –

Melissa scosse il capo ridacchiando.

- Il punto è questo, Marc … Alyssa porterà una ragazza alla cena, per la precisione la sua ragazza. –

Sapeva della bisessualità di sua sorella, ma Alyssa aveva sempre evitato di portare le ragazze che frequentava a casa, limitandosi a far incontrare ai genitori i suoi ragazzi, perciò quell’inaspettata presa di posizione lo spiazzò e insieme fece nascere un sentimento di forte ammirazione e orgoglio nei confronti della sorella. Lei non si nascondeva, non si sforzava di farsi piacere a tutti i costi le persone che i suoi genitori le presentavano, non fuggiva da se stessa come invece faceva lui.

Per un attimo si ritrovò a desiderare ardentemente di possedere il suo medesimo coraggio.

 

 

- Mi raccomando Marcus, tienici costantemente informati durante il tuo soggiorno a Ilvermorny – disse sua madre prima di abbracciarlo e lasciarlo libero di salutare sia le sue sorelle che suo padre.

Il che altro non significava che informarli nel caso avesse conosciuto una bella e rispettabile ragazza di origini Purosangue capace di conquistare il suo cuore.

- Certo, mamma. –

- E ricordati del fascino di noi Greengrass, sono certo che saprai distinguerti lì – rincarò la dose suo padre.

Gli rivolse un sorriso forzato nella speranza che sembrasse abbastanza convincente. Non riusciva proprio a capire di che razza di fascino stesse parlando suo padre, ma l’esperienza gli aveva insegnato che era sempre saggio essere accondiscendente con lui.

- Forse sarà il caso di lasciarlo partire -, intervenne sorridendo Rachel, - o rischierà di restare qui in Inghilterra per tutto l’anno. –

Finì il giro d’abbracci e poi si ritrovò a sorridere involontariamente quando Rachel mentre lo stringeva gli mormorò all’orecchio: - Mi raccomando, non stare a sentirli, concentrati piuttosto nel trovare un gran bel ragazzo. –

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 


 

 

- Liam? –

La vocina di sua sorella gli annunciò che Emma era sgusciata fuori dal suo letto e si trovava sulla soglia della sua camera.

Aprì un occhio dopo l’altro soffocando uno sbadiglio e sorrise all’indirizzo della bambina di cinque anni.

- Cosa c’è, piccoletta? –

- Ho fatto un brutto sogno e ho paura … posso dormire con te solo per questa volta? –

Annuì, spostandosi di lato e tirando via le coperte. Battè sul materasso con una mano, invitandola ad arrampicarsi, - Coraggio, infilati sotto. –

Emma si accoccolò con la testa contro il suo petto e annunciò con voce triste.

- Mi mancano tanto mamma e papà. –

- Torneranno presto a casa, questo lavoro non può durare ancora molto – la rassicurò.

- Perché non possono dire a nessuno dove sono? –

Le accarezzò il capo con dolcezza.

- Ne abbiamo già parlato, Emma, il loro è un lavoro importante e della massima segretezza. Non possono dire nemmeno a noi dove vengono mandati in missione. –

- E tu sei sicuro che torneranno presto? –

- Certo, non stanno mai via troppo a lungo. –

Emma si mordicchiò il labbro inferiore, incerta, prima di decidersi ad annuire e rilassarsi.

- Va bene, ti credo. –

 

 

- Ehy, mr fight club, sicuro che sia una buona idea attaccare rissa con la McGranitt in procinto di arrivare in aula? –

Liam si voltò verso lo studente di Serpeverde dai mossi capelli scuri che gli sorrideva divertito dall’altro lato del corridoio. Non lo conosceva personalmente, ma sapeva che era un amico d’infanzia di Henrik perciò non doveva essere troppo male.

- Com’è che mi hai chiamato? –

- Fight club … è un film del 1999 diretto da David Fincher. A quanto ne so sei un picchiatore, perciò mi sembrava una citazione appropriata … anche se ammetto di essere stato indeciso anche tra Rambo e Rocky – concluse pensieroso.

Accanto a lui un ragazzo dal fisico piazzato e una zazzera di capelli biondi alzò gli occhi al cielo e sbuffò sonoramente.

- Non un’altra volta con quell’ossessione cinefila. –

Suo malgrado Liam si ritrovò a sorridere di riflesso davanti a quel buffo siparietto.

- Voi siete amici di Henrik, giusto? –

Annuirono all’unisono.

- E anche tu per quanto ne sappiamo … Liam? –

- Già. –

Gli tesero la mano uno dopo l’altro.

- Io sono Caos … e questo biondastro è Loki. –

 

 

Caos teneva un braccio attorno alle spalle di Winona mentre stavano seduti sulle panchine nel parco e ascoltavano il minuzioso racconto di Desmond. Percepiva chiaramente la preoccupazione della ragazza e la capiva, lui stesso avrebbe reagito in quel modo se a essere coinvolti fossero stati due dei suoi più vecchi amici.

- Quindi il padre e la sorella di Jackson sono stati arrestati per intimidazione e corruzione di pubblico ufficiale e per appropriazione indebita ed evasione fiscale -, ricapitolò Arthur con voce grave, - e questo cosa significa per noi? –

- Significa che almeno per il momento ogni attività del Club dovrà cessare con effetto immediato. –

- Ma … e la selezione? –

Baron e Desmond si scambiarono un’occhiata eloquente.

- Consideratela terminata … congratulazioni, aspiranti, siete tutti membri a pieno titolo. –

- Il che significa che se il Club va a fondo voi andate giù con lui – concluse Desmond.

E all’improvviso la strategia dell’uomo fu chiara a tutti i presenti.

Se qualcuno avesse voluto provare a salvarsi dicendo di non saperne nulla o peggio ancora denunciando l’esistenza del Club questo si sarebbe ripercosso anche su di lui in quanto membro.

Arthur sorrise davanti all’astuzia dell’uomo.

Desmond Riot sembrava essere pronto a tutto pur di difendere quanti di loro erano ancora in grado di salvarsi.

 

 

Jackson uscì dall’ufficio della preside emettendo un sospiro profondo. Quella conversazione era stata lunga e faticosa e doveva ammettere che le domande del drappello di Auror l’avevano provato molto; era stato complicato uscire da quella situazione senza nemmeno una macchia sulla propria reputazione, ma il fatto che suo padre lo avesse sempre tenuto all’oscuro di tutto l’aveva senz’altro aiutato.

Quando rientrò nella sua sala comune trovò Joaquin seduto sul divano ad attenderlo.

- Cosa ti hanno detto? –

Si lasciò cadere accanto a lui e accettò il whiskey che gli porgeva. Ne prese un lungo sorso e si godette la sensazione del calore bruciante dell’alcol lungo la gola.

- Io e Annie siamo salvi così come Baron e Desmond. Mio zio ha organizzato le cose in modo tale che nessuno possa mai avere un ragionevole motivo per continuare a indagare. Quanto a mio padre e Rose … beh, loro non sono stati altrettanto fortunati. Al momento sono latitanti, probabilmente nascosti in un qualche paradiso fiscale, ma sono sulle loro tracce e non penso ci metteranno molto a trascinarli davanti al M.A.C.U.S.A. –

- E le proprietà di famiglia? –

- Il mio fondo e quello di Anne sono vincolati perciò sono al sicuro, quanto alla villa è stata requisita e con essa l’elicottero privato e lo yacht. Gli altri conti sono stati tutti congelati in attesa della loro cattura e del processo. –

- Wow, è proprio un bel casino. –

- Non dirlo a me, per fortuna Desmond è riuscito a contenere i danni e non saremo investiti in pieno da questo sciame di merda che hanno sollevato quei due. –

La mano di Joaquin si adagiò sulla sua spalla e gli rivolse un sorriso sincero.

- Lo sai che puoi sempre fare affidamento su di me, vero? –

Sorrise di rimando.

- Lo so. –

 

 

- Si può sapere perché mi stai evitando? –

Emma incrociò le braccia al petto e lo osservò dal basso verso l’alto con espressione decisa.

- Non ti sto evitando. –

- E invece sì, lo fai da quando è cominciato l’anno; credevo che saresti stato contento del mio arrivo a Hogwarts e invece non mi vieni mai a trovare. –

Liam sospirò e le tese una mano, invitandola a raggiungerlo sul gradino dell’atrio.

- Credo che tu abbia capito ormai che non ho esattamente una bella reputazione qui a scuola … -

- Hai un carattere difficile, sei chiuso e spesso perdi la calma, questo l’ho sempre saputo. –

- Bene, non voglio che ti associno solo ed esclusivamente a me e pensino che anche tu sia così. Sei dolce e affettuosa, Emma, non è giusto che finiscano per paragonarti a me o per etichettarti come la sorellina di quello che attacca sempre rissa. –

- Stai dicendo un mucchio di idiozie –, replicò duramente, - e a me non importa nulla se qualche stupido si fa un’idea sbagliata. Io voglio stare con te, Liam, e non rinuncerò a passare del tempo in compagnia di mio fratello solo perché la gente parla male di lui. Non preoccuparti della mia reputazione. –

- Non è un discorso troppo serio fatto da un’undicenne? – scherzò abbracciandola.

- Forse, ma quest’undicenne sa essere testarda tanto quanto te perciò mettiti l’anima in pace e continua a comportarti come sempre … anzi, magari cerca di essere un pochino più gentile. –

- Gentile? Ma sentila un po’ – rise, afferrandola e solleticandole i fianchi.

Emma emise un piccolo urlo sorpreso prima di dimenarsi tra le risate.

 

 

- Perché hai quell’espressione da serial killer e soprattutto con chi ce l’hai? –

Liam accennò con il capo all’indirizzo di uno studente del secondo anno che chiacchierava allegramente con sua sorella.

- Credo che dovrò far sparire il cadavere di un dodicenne se non la pianta di fare qualsiasi cosa stia facendo. –

Henrik seguì lo sguardo dell’amico e aggrottò la fronte perplesso.

- Intendi rivolgerle la parola e farla ridere? Wow, questo sì che è un crimine imperdonabile. –

- Non far finta di non capire. La conosco quella tecnica, l’ho usata anche io e probabilmente qualunque altro ragazzo del mondo. –

- Credevo che Caos fosse sufficientemente geloso e protettivo nei confronti delle donne della sua famiglia, ma tu concorri tranquillamente per il titolo di pazzo fratello iperprotettivo. –

- Emma ha solo undici anni. –

- E lui ne ha dodici, non è che ci sia questo grande divario anagrafico insormontabile. –

- Lo uccido comunque. –

- Oppure potresti fare qualcosa di più adatto alla situazione e morigerato. –

- Già –, annuì con un’espressione che Henrik non seppe se interpretare come ironica o seria, - ucciderlo magari è troppo solo per una chiacchierata, posso limitarmi a spezzargli le mani così da essere sicuro che non le usi in alcun modo inappropriato nel prossimo futuro. –

- E io continuo a chiedermi come mai siamo diventati amici, sappilo. –

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 


 

 

Anna si avvicinò alla madre, intenta a preparare il pranzo domenicale al quale si sarebbero uniti i loro amici, sgranando gli occhioni e giungendo le mani a mo’ di preghiera.

- Mammina? –

- Sì, tesoro? –

- Posso chiederti una cosa? –

Improvvisamente sospettosa, la donna smise di tagliare le verdure e dedicò la propria totale attenzione alla bambina di sei anni che la stava guardando. Se aveva ereditato qualcosa da Gabriel questo era di certo il suo saper giocare sul suo aspetto affettuoso e dolce per ottenere ciò che voleva.

- Cosa vuoi chiedermi? –

- Vorrei avere un animaletto. –

Sorrise intenerita.

E lei che aveva subito pensato a qualcosa d’assurdo.

- Dobbiamo parlarne con papà, ma non penso ci sia nulla in contrario … che animaletto vorresti? –

- Un cavallo. –

Ed eccola lì la bomba appena sganciata.

- Anna, viviamo in un appartamento, dove lo vorresti mettere questo cavallo? –

- In terrazza. –

Scoppiò a ridere davanti al tono ovvio della figlia, poi le accarezzò il capo.

- Tesoro, un cavallo non può vivere in terrazza … perché non pensi a un altro animaletto? –

- Un cagnolino? –

- E cagnolino sia, questo pomeriggio andremo a prenderne uno. –

 

 

 

La notizia dell’arresto di Riot senior e di sua figlia sconquassò Ilvermorny per settimane, ma mano a mano che si avvicinava il giorno dell’attesa finale tra Serpeverde e Tuonoalato le chiacchiere passarono oltre e si dedicarono ai possibili pronostici.

E, ora che la partita era terminata sancendo la vittoria dei Tuonoalato e il termine ufficiale delle lezioni, tutti erano semplicemente troppo presi dai propri progetti estivi per pensare a quello scandalo che sembrava già essere lontano.

- Riesci a credere che siano già passati nove mesi dal nostro arrivo a Ilvermorny? –

Marcus scosse il capo.

- Domani si torna a Hogwarts e poi saremo nuovamente a casa per le vacanze estive, credo che tutto questo mi mancherà tremendamente. –

- Ho sentito che Arthur ti ha invitato da lui per le vacanze -, rivelò Reina con fare da cospiratrice, - e so che hai accettato anche se ti preoccupa come potranno prenderla i tuoi. –

- Credo che sia arrivato il momento di smetterla di vivere solo in funzione di ciò che i miei si aspettano da me. Devo rincorrere la mia felicità, non quella che loro immagino sia adatta a me. –

- Più che d’accordo -, convenne prendendolo a braccetto, - e adesso andiamo al party per festeggiare la vittoria del campionato dei Tuonoalato. –

- E io che credevo non avresti mai digerito il fatto di aver perso contro di loro. –

Reina fece spallucce.

- Dopotutto questa è la loro scuola, trovo sia giusto che sia finita così … e noi abbiamo sempre l’anno prossimo per vincere il campionato no? –

Già, un altro anno e poi sarebbe cominciata la loro vera vita fuori dalle mura scolastiche. Una vita che al fianco di Arthur si prospettava tremendamente emozionante e che non vedeva l’ora di vivere.

 

 

 

- Mi leggi una storia? –

Gabriel sedette sul bordo del letto della figlia e le scompigliò i capelli prima di allungare una mano per accendere la piccola lampada da lettura nell’angolo.

- Certo, cosa vorresti sentire? –

- Alice nel Paese delle Meraviglie. –

- Ma l’hai già sentita almeno venti volte. –

- Ventidue veramente, ma mi piace moltissimo – precisò Anna mentre sprofondava sotto le coperte e posava la chioma bionda sul cuscino.

- Non c’è nulla che possa dire che ti faccia cambiare idea, vero? –

- Nulla. –

Con un sospiro rassegnato afferrò il libro e lo aprì cominciando a leggere.

- Alice cominciava a essere stufa di starsene seduta vicino a sua sorella sulla riva del fiume … -

 

 

Diana osservò di sottecchi l’amica mentre studiava al tavolo della biblioteca che stavano condividendo.

Notando che continuava a guardarla come se fosse in procinto di assistere a un qualche spettacolo, Anna alzò lo sguardo e le rivolse un’occhiata interrogativa.

- Mi dici cosa ti aspetti di vedere? –

- Nulla, volevo solo capire quanto ci avresti messo a dire a me e a Brook che hai ricevuto un invito per il ballo di Halloween. –

Arrossì come un peperone e giocherellò con una ciocca di capelli.

- Va bene, Cormac Johnson mi ha invitata, ma non so ancora se accetterò o meno. –

- Perché non dovresti accettare? – domandò Brooklyn perplessa.

Cormac era uno studente brillante, dal carattere amabile, e un ottimo conversatore. Inoltre era di bell’aspetto la qual cosa di certo non guastava.

- Speravo che m’invitasse un’altra persona – ammise.

Le due amiche esclamarono all’unisono: - E chi?! –

- Non ha importanza, tanto non credo che mi inviterà. –

 

 

- Pensi che quest’anno ti deciderai a dirglielo? –

Anna si voltò verso la madre, che le sorrideva con l’aria di chi la sapeva lunga.

- Cosa dovrei dire di preciso … e soprattutto a chi? –

- Non credere che non abbia capito che hai una cotta per Henrik. Lo guardi nello stesso modo in cui io guardavo tuo padre ai tempi della scuola. –

Consapevole che il rossore sul suo volto equivaleva a una confessione, chinò il capo e prese tempo imburrando lentamente la sua fetta di pane tostato.

- Forse ho una piccola cotta per lui, ma non credo che mi ricambi. –

- Questo non puoi saperlo se prima non glielo dici. Inoltre io ho la netta sensazione che questa esperienza a Ilvermorny vi riserverà delle belle novità. –

- Tu credi? –

- Ne sono certa, tesoro, e il mio famoso intuito di mamma non sbaglia mai. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Salve!

Eccoci finalmente con il penultimo capitolo di questa storia. Conto di pubblicare l’epilogo e anche la prima OS della raccolta nel corso della prossima settimana. Fino a quel momento vi auguro un buon weekend e ci sentiamo presto.

Stay tuned.

XO XO,

Mary

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Epilogo ***


Epilogo

 

 

 

 

 

Esme volse lo sguardo verso Astrid, scostando appena gli occhiali da sole mentre camminavano lungo quello stesso viale che avevano percorso innumerevoli volte durante le ultime sette estati.

- Riesci a credere che non torneremo a Ilvermorny quest’anno? È così strano pensarci. –

- Già, tu sarai impegnata a girare per il mondo con Desmond e io … -

- Tu sarai chiusa in un’officina a riempirti di sporco e grasso con indosso terribili vestiti da uomo – concluse per lei l’amica, sorridendo a metà tra il divertito e l’incredulo.

Non riusciva proprio a capire come Astrid potesse desiderare di passare un anno intero immersa in un’officina puzzolente e circondata da omoni che l’avrebbero guardata dall’alto in basso.

- Lo sai che ho sempre amato i motori. –

- Altra cosa assolutamente inspiegabile, ma ormai ho rinunciato a cambiarti e mi faccio andare bene così come sei – asserì, prendendola a braccetto e dirottandola verso una di quelle vetrine estremamente costose a cui in condizioni normali Astrid non si sarebbe mai fermata nemmeno per sbaglio.

Eppure, proprio come aveva detto Esme, entrambe avevano ormai imparato a rassegnarsi e adattarsi alle rispettive personalità agli antipodi.

 

 

Caos esitò un attimo prima di scendere dall’auto che li aveva condotti ai margini della proprietà di casa Powaqa e il gesto non sfuggì a Jackson, che gli battè una mano sulla spalla e gli sorrise incoraggiante.

- Tranquillo, se non ti lasci spaventare dal numero e dalla confusione sei già a buon punto. –

- Non è quello che mi spaventa, ma a quanto ho capito quella che porta i pantaloni in famiglia è nonna Powaqa …. E se non dovessi piacerle? –

- Winnie il tuo ragazzo se la sta facendo sotto -, intervenne Joaquin sghignazzando, - ti consiglio di tenergli la mano mentre entrate in casa. –

La ragazza si voltò verso il terzetto, le mani sui fianchi e un’espressione risoluta, - Cosa gli avete detto per spaventarlo? –

Sorrisero con fare angelico.

- Assolutamente nulla. –

- Certo -, Winona sbuffò roteando gli occhi, - come se le vostre facce angeliche potessero mai fregarmi. Coraggio, Caos, ti assicuro che la nonna non ha mai mangiato nessuno. –

Jackson si sporse verso Joaquin, mormorando: - Finora. –

 

 

Arthur strinse a sé Marcus, chinandosi a baciarlo un’ultima volta prima di lasciarlo libero di afferrare la sua valigia.

- Spero davvero che quest’anno finisca il prima possibile, l’estate è volata ed è così ingiusto che tu debba tornare in Gran Bretagna per altri nove mesi. –

- O forse solo tre – replicò Marcus mordicchiandosi il labbro inferiore.

- Tre? –

- Se tornassi per le vacanze di Natale sarebbero solo tre mesi. –

Arthur si aprì in un sorriso smagliante prima di stringerlo e baciarlo nuovamente con passione.

- Sembra proprio che abbiamo un piano, pulcino. –

- Non smetterai mai di chiamarmi in quel modo? –

- Assolutamente no, non ti resta che rassegnarti all’idea. –

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Diana sgranò gli occhi davanti alla sagoma alta e affascinante di Baron, che si stagliava sull’ingresso di casa sua.

Non era possibile, l’aveva persino seguita lì a Londra.

- Sei ufficialmente uno stalker, spero che tu lo sappia. –

- Mi hanno detto di peggio -, replicò scrollando le spalle, - ma io preferisco definirmi come molto motivato ad ottenere quello che voglio. –

- E sarebbe? Portarmi sull’orlo di una crisi di nervi? –

Le sorrise sghembo.

- Non era esattamente dove avrei voluto portarti, ma potrei anche accontentarmi per il momento. –

- Se era un’allusione sconcia giuro che … -

Baron alzò le mani in segno di resa.

- Frena, frena, tigre. Non stavo insinuando nulla di osceno, intendevo solo dire che sono qui per portarti a quel famoso colloquio per lo stage che ti avevo promesso a San Valentino. –

Diana lo osservò con fare dubbioso.

- Va bene, ma ho bisogno di prepararmi come si deve … vuoi entrare? –

- Cominciavo a perdere la speranza che me l’avresti mai chiesto. –

 

 

Khendra emise un trillo deliziato che attirò all’istante l’attenzione di Edward.

Il ragazzo si sporse dalla cucina per osservare la sua fidanzata e si arrischiò a domandare: - Cosa è successo? –

- Reina e Liam andranno a vivere insieme non appena termina l’anno, lui glielo ha appena chiesto. –

- E tu hai pensato bene che ciò meritasse un urlo da spaccarmi i timpani? –

- No, volevo solo distrarti dalla cucina in realtà, sei pessimo ai fornelli e io vorrei mangiare qualcosa di commestibile come ultima cena prima del mio rientro a scuola. –

L’afferrò per i fianchi, tirandola verso di lui e solleticandola senza pietà.

- Sei tremenda. –

 

 

Scott rimase in silenzio davanti alle occhiate inquisitorie dei fratelli di Brooklyn. Sapeva che non c’era nulla di peggiore che l’esame dei membri maschi della famiglia e da quello che Diana le aveva raccontato quei due non erano affatto dei tipi quieti e pacati.

- Allora la smettete di fissarlo e vi decidete a dire cosa ne pensate? – sbottò d’un tratto Brook, che sembrava conoscerli abbastanza bene da aver capito già cosa stessero pensando.

- Diciamo che ci fidiamo e ce lo facciamo andare bene – iniziò uno dei gemelli.

- Ma se sgari scappare dal paese e cambiare identità non sarà sufficiente a salvarti la vita – concluse l’altro.

Bene, minacce di morte … quei due dovevano aver studiato la parte del fratello maggiore iper protettivo nello stesso posto in cui era andato Caos.

- A ogni modo … benvenuto in famiglia, Scott – conclusero all’unisono, abbracciandolo uno dopo l’altro e lasciandolo poi libero di affrontare la matrona di casa.

 

 

Quando Loki entrò in casa e vide sua madre e quella di Izzy confabulare sedute sul divano, chinandosi di tanto in tanto a osservare ritagli di giornale, seppe già che c’era qualcosa che non andava.

Così quando salì al piano superiore ed entrò nella stanza della sua ragazza diede voce alle sue perplessità.

- Cosa stanno combinando quelle due? –

- Sono su di giri da quando hanno scoperto che stiamo insieme, si vedono già consuocere pronte ad accudire una vagonata di nipotini. –

- Ma se ci siamo appena diplomati. –

- Vallo a dire a loro, continuano a dire quanto sia bello essere dei genitori giovani ed energici. –

Loki si lasciò ricadere sul letto accanto a lei e le cinse i fianchi attirandola a sé per poi baciarla.

- Sai -, sorrise malizioso, - per sfornare nipotini è sempre meglio allenarsi con largo anticipo. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Salve!

Siamo giunti anche al termine di questa storia e come sempre io sono ancora tremendamente legata a ogni singolo personaggio e mi rincuoro pensando che ho ancora modo di scrivere di loro tramite la raccolta di OS (che per la cronaca uscirà qualche minuto dopo questo capitolo). Ovviamente tutto questo non sarebbe stato possibile se non fosse stato per voi, che avete creato i vari OC, perciò un sentito grazie a tutti i partecipanti ma anche a chi ha letto, recensito, inserito nelle preferite, nelle ricordate o nelle seguite.

Ci sentiamo prestissimo con la prima OS della raccolta e tra un paio di settimane con il sequel.

Buon weekend.

XO XO,

Mary

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3797913