Of wooden birds, onion rings and red wine

di LadyPalma
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** First meetings ***
Capitolo 2: *** To the rescue ***
Capitolo 3: *** Dating ***



Capitolo 1
*** First meetings ***


OF WOODEN BIRDS, ONION RINGS AND RED WINE


 
1. First meetings

La porta d’ingresso si aprì e il canto meccanico dell’uccellino il legno attaccato alla maniglia interna segnalò l’arrivo del primo cliente della giornata. La giovane Sansa Stark, da dietro il bancone, alzò lo sguardo dalle brioches che stava sistemando per gettare uno sguardo dapprima all’orologio – solo le 7.33 – e poi al nuovo arrivato – un uomo altissimo, dalla muscolatura massiccia. In quel primo istante, la ragazza lo giudicò attraente e dovette ammettere che gli occhiali da sole, l’informale abbigliamento total black e i capelli lunghi e scuri che gli ricadevano sul volto aumentavano la curiosità che quell’uomo le suscitava. “Buongiorno signore!” salutò con il suo solito tono cordiale e allegro.
Ma il sorriso radioso con cui accompagnò le parole si congelò improvvisamente quando l’uomo si tolse gli occhiali e si scostò  un ciuffo di capelli dagli occhi, rilevando un’orrenda cicatrice. Sansa tentò di contenere la sua reazione, ma il suo primo impulso fu di distogliere lo sguardo, peggiorando inevitabilmente la situazione. Tuttavia, l’uomo non sembrò farci caso e con un tono burbero ordinò brevemente un caffè nero da portare via. Sansa annuì e cominciò in silenzio a preparare la bevanda, non osando alzare lo sguardo. Non per il disgusto verso quel volto, ma per la vergogna della propria reazione.
“Quale nome devo scrivere?” chiese, riuscendo a mantenere la sua voce gentile, dopo aver chiuso il bicchiere d’asporto.
“Mastino”
A dispetto delle sue intenzioni, Sansa si scoprì a sorridere e ad alzare di scatto lo sguardo. “Questo non può essere il suo nome!” E dopo l’iniziale atto di guardarlo involontariamente, decise di fissarlo negli occhi, scuri e profondi, come per rimediare alla precedente totale mancanza di tatto.
“Non quello anagrafico, ma tutti mi chiamano in questo modo” replicò lui, senza sorridere ma non sottraendosi al contatto tra i loro occhi. E fu proprio quel legame visivo che in qualche modo lo spinse a proseguire anche quello verbale. “Credo che in fondo ad ogni essere umano si nasconda l’anima di un animale. A me purtroppo è toccata quella di un cagnaccio”
“Non direi purtroppo. I cani sono degli animali splendidi, fedeli e a loro modo affettuosi” dissentì lei, continuando a sorridere. “Però è una teoria interessante… Io che animali sarei, secondo lei?”
Quella domanda colse l’uomo di sorpresa, ma riuscì anche a strappargli un piccolo sorriso. 
“E’ facile. Tu sei un uccelletto. La tua voce cinguetta più di quell’affare alla porta” rispose poi, indicando l’uccellino di legno il cui suono lo aveva accolto nel locale.
Sansa ridacchiò. Quella risposta le piaceva; del resto era stata proprio lei a scegliere quell’uccellino come segnale. Con la coda dell’occhio vide la proprietaria del locale avvicinarsi verso il bancone e quindi, con leggero imbarazzo, scelse di non aggiungere altro, limitandosi a scrivere il nome – o meglio, il soprannome – sul bicchiere, per poi porgerlo all’uomo.
“Arrivederci, signore”
La bevanda che passava di mano in mano e un sorriso che stavolta non era solo pro-forma.
“Non sono un signore”
I soldi posati sul bancone e un rimprovero bonario.
“Allora arrivederci, Mastino”
“Buon lavoro, Uccelletto”
Un lungo sguardo che sembrava contenere davvero la promessa di rivedersi di nuovo e infine la porta che si chiudeva con l’uccellino di legno che riprendeva a cantare.
“Wow, ho forse appena assistito al primo incontro d’amore tra la Bella e la Bestia?”
La voce di Melisandre la fece riscuotere e il sorriso malizioso che le trovò stampato sulla faccia la fece arrossire all’istante.
“Oh, andiamo Sansa, ti sto solo prendendo in giro! E’ comunque molto meglio del tuo ultimo ragazzo… Com’è che si chiamava? Come uno dei giudici di MasterChef, se non sbaglio…”
“Ramsey, Ramsey Bolton” rispose, non potendo evitare il brivido di paura che provò nel solo pronunciare quel nome.
Mentre osservava la sua datrice di lavoro allontanarsi per pulire i tavoli, si ritrovò però a darle ragione. Il Mastino era molto diverso da tutti i ragazzini per cui di solito si prendeva una sbandata – il possessivo Joffrey, il dolce ma poco etero Loras e il violento Ramsey.
Sì, il Mastino era molto diverso e anche molto più affascinante, cicatrici comprese.
Del resto di cicatrici ora ne aveva anche lei.

 
**

All’ingresso, Cersei Lannister riuscì a reprimere uno sbuffo seccato nel sentire lo stupido cinguettare di un uccello che da un paio di settimane turbava, a suo dire, l’atmosfera del suo bar di fiducia. In fila, tentò di nascondere un sorriso divertito vedendo l’ex di suo figlio Joffrey darsi il cambio con la proprietaria al bancone per evitare di servirla. Ma l’unica reazione che le uscì pura ed esplicita fu a pochi passi dalla cassa, quando l’uomo in camice – probabilmente un dottore – che si trovava davanti a lei prese l’ultimo pezzo di red velvet.
“La vuole lei? Gliela lascio volentieri” disse l’uomo in camice, voltandosi verso di lei con un sorriso solo accennato ma estremamente gentile.
Cersei fu inevitabilmente confusa. Sebbene fosse abituata a ricevere le attenzioni degli uomini, nessuno le si era mai rivolto in modo così affabile, senza secondi fini. E specialmente non dopo lo scandalo del suo divorzio con l’ex sindaco della città, Robert Baratheon, che aveva reso il suo nome noto in tutta America probabilmente e non in modo lusinghiero.
“Ma no, si figuri, lei era prima di me in fila. Prenderò… la cheesecake ai frutti di bosco” declinò, cercando di ricambiare il tono gentile e gettando un’occhiata casuale ai dolci esposti.
“Cece, tu odi i frutti di bosco”
Cersei alzò lo sguardo verso Melisandre dietro al bancone e in quel momento desiderò di tutto cuore strangolare la sua migliore amica.
“Allora è deciso. Dia pure a me la cheesecake ai frutti di bosco” disse l’uomo, chiudendo la discussione. “Per favore, da portare via. Ho una visita tra soli quindici minuti”
La bionda decise di cogliere quel dettaglio come pretesto per continuare a parlare con quell’uomo che la buona educazione le imponeva di ringraziare.
“Quindi lei è un dottore?”
“Sì, chirurgo plastico. Dottor James Qyburn” si presentò, tendendole la mano.
“Cersei Lannister, avvocato”
Se, cosa molto probabile, l’uomo aveva riconosciuto la sua identità, ebbe tatto a sufficienza per non darlo a vedere.  La sua mano era lunga e affusolata e la stretta salda e calda.
“Splendido, stavo proprio pensando di farmi qualche ritocco. Ora so a chi rivolgermi”
Mentre Cersei sorrideva per la propria frase, il sorriso sparì improvvisamente dal volto del dottor Qyburn che assunse invece un’espressione seria.
“Non farei mai una cosa del genere. Sono specializzato nel correggere difetti e imperfezioni, non vedo nessuna imperfezione in lei.”
Oltre la cortesia, stavolta si trattava di un effettivo complimento estetico. Eppure il modo in cui la stava guardando faceva passare il tutto come una semplice constatazione e non come un tentativo di flirtare con lei, o peggio ancora come una banale frase di circostanza. Fisicamente non c’era nulla di eccezionale nel dottor Qyburn, anzi oltre a non essere né bello né carismatico, doveva avere anche almeno una quindicina d’anni più di lei. E considerato che lei aveva da poco superato la quarantina, non era poco. Eppure quel
modo di fare quasi vellutato l’aveva decisamente colpita.
“Grazie”
Qyburn si fermò sulla soglia del locale e si voltò indietro per guardarla. “E di cosa, signora Lannister?”
“Di avermi salvato da un pessimo spuntino” replicò con un sorriso che a posteriori avrebbe ritenuto malizioso.
E forse da una pessima giornata – pensò ma non lo disse ad alta voce.
I suoi pensieri si stavano già riannodando verso tutte le seccature che aveva ricevuto fino alle cinque del pomeriggio tra famiglia e lavoro, quando una red velvet e un bicchiere di vino rosso si posarono davanti a lei.
“Che c’è, dopo essertela fatta per anni con tuo fratello, ora ti interessi a uomini dell’età di tuo padre?”
Cersei lanciò un’occhiataccia alla sua amica, prima di cominciare a sorseggiare il vino.
“Ah, sta’ zitta Mel!”

 
**
 
“Ecco qui la sua ultima porzione di anelli di cipolla” Melisandre proclamò, calcando percettibilmente l’aggettivo.
Poteva tranquillamente affermare che nei due anni dall’apertura del suo bar, l’uomo che le stava di fronte era uno dei soggetti più strani che vi avessero messo piede. Non che fosse un uomo dall’aspetto eccentrico, ma era rimasto almeno cinque ore seduto da solo al tavolo in fondo al locale con il laptop davanti, ordinando di continuo porzioni di anelli di cipolla. Finora lo aveva solo osservato di tanto in tanto da dietro il bancone scambiando qualche battuta in proposito con Sansa, ma adesso a un quarto d’ora dalla chiusura lei era rimasta l’unica lavorante, mentre gli ultimi clienti rimasti erano appena usciti.
“Pensavo di aver trovato un locale tranquillo per lavorare, ma se posso permettermi, la Ragazza Rossa, è molto più gentile di lei, dato che trovo abbastanza maleducato far notare la quantità di cibo assunta da un cliente”
“La Ragazza Rossa?”
“Sì, la sua cameriera. Lei invece è chiaramente la Donna Rossa” rispose l’uomo con un tono vagamente divertito, indicando con il capo prima la divisa del locale e poi i capelli. E nel farlo la guardò per la prima volta in faccia rivelando un luccichio divertito negli occhi azzurri, a dispetto della serietà dell’espressione. “Devo pur riferirmi in qualche modo a lei, non sapendo il suo nome”
Melisandre alzò un sopracciglio, ma scelse di non commentare. Del resto non poteva essere d’accordo con lui, dato che per tutto il pomeriggio e tutta la serata non aveva fatto altro che riferirsi a quello sconosciuto come l’Uomo delle Cipolle. Intanto, nel momento di silenzio, lo sguardo dell’uomo aveva lasciato il volto della donna per fissarsi insistentemente al di sotto del collo.
“Melisandre è un bel nome. E fa pensare al rosso in qualche modo”
L’iniziale irritazione di Melisandre per quel ben poco volato fissare si tramutò improvvisamente in autentica sorpresa. Forse era la prima volta nella sua vita che incontrava un uomo che le fissava il petto non per guardarle le tette, ma per scoprire il suo nome sulla piccola targhetta della divisa.
“E lei invece, si chiama qualcosa tipo Cavaliere delle Cipolle o ha un nome effettivo?”
Lui ridacchiò leggermente per quell’originale soprannome. “Davos. Davos Seaworth”
Nell’udire quel nome, Melisandre spalancò letteralmente gli occhi.
“Lo scrittore di romanzi? Non credevo che-“
“Che uno scrittore potesse essere senza dita?” la interruppe lui, alzando in aria la mano destra dove tutte le dita, ad eccezione del pollice, erano chiaramente delle protesi. “Devo ringraziare l’esistenza delle tastiere e la bravura del dottor Qyburn”
“In realtà intendevo dire che non credevo uno scrittore di storie su pirati e sirene scrivesse in un bar. Me lo immaginavo più su una barca”
Fu il turno di Davos di rimanere sorpreso e finalmente le sue labbra si curvarono in un sorriso.
“E così la Donna Rossa ha letto i miei romanzi?”
Prima che lei potesse replicare, restringendo notevolmente la portata reale del suo apprezzamento per i suoi scritti, sulla parete un uccellino uscì dall’orologio a cucù in cui era bloccato, iniziando a gridare la fine della giornata lavorativa. Un’altra diavoleria di Sansa che richiamò Melisandre al suo intento originario.
“Quando dicevo che si trattava dell’ultima porzione mi riferivo semplicemente al fatto che mancava poco alla chiusura”
L’uomo lanciò un’occhiata all’orologio al polso e apparve contrariato. “Ma sono solo le dieci. Di solito i bar restano aperti più a lungo”
“Non l’Azor Ahai. Non so se lo sa ma la notte è oscura e piena di terrori”
Stavolta Davos ridacchiò apertamente per l’assurdità della frase e ancor di più per la solennità con cui era stata pronunciata. Era un uomo affabile e aveva varie amicizie, ma non gli capitava da tempo di trovarsi così a proprio agio con una persona appena conosciuta, specialmente una donna. Forse fu per questo che si ritrovò improvvisamente a tentare di prolungare quell’incontro.
“Senta, non credo di riuscire a finire questi anelli di cipolla entro breve tempo e di certo lei non può mandarmi via prima… Quindi perché non mi fa compagnia?”
Melisandre considerò la proposta per qualche secondo e alla fine si sedette davanti a lui.
“Perché no?”
Mentre si sedeva di fronte a lui, lanciò un’occhiata per tutto il locale e sorrise tra sé e sé. Se il karma esisteva, quella sera doveva essersi preso una vacanza. Fu grata che non c’era più nessuno nel locale che potesse prenderla in giro, come aveva fatto lei con Sansa e Cersei durante la giornata.








NDA: Questa storia è stata concepita nella mia mente questa mattina sull'autobus verso l'università e non c'era modo di mandarla via. Spesso trovo difficoltà a scrivere storie con più coppie contemporaneamente perchè inevitabilmente ho la coppia preferita che stimola maggiormente la mia ispirazione. Non è questo il caso: sono tre coppie (di cui molto improbabili lo so) che mi incuriosiscono esattamente allo stesso modo (Davos e Melisandre sono la mia OTP, ma il distacco è minimo). Spero davvero che possa piacervi l'idea, perchè mi sono divertita davvero tanto a scrivere questo capitolo e mi piacerebbe scrivere presto i successivi, approfittando della strana congiunzione astrale di pausa della scrittura della tesi + entusiasmo per l'inizio di GOT + vacanze pasquali. Un saluto a tutti e al prossimo capitolo!

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Capitolo 2
*** To the rescue ***


2. To the rescue
 
Quel sabato pomeriggio di ordinario lavoro all'Azor Ahai fu turbato improvvisamente. La porta d'ingresso si aprì infatti con una tale violenza che l'uccellino di legno per poco non cadde a terra e le urla che seguirono coprirono del tutto il suo breve canto. Tutto accadde troppo velocemente per poter ricostruire la precisa dinamica, ma l'effetto certo fu che Cersei Lannister si ritrovó nel giro di qualche istante con la camicia interamente coperta dalla red velvet che stava mangiando.
"Finalmente ti ho trovata, sudicia donna! Dovresti solo vergognarti!"
Cersei fu talmente sconvolta dalla velocità degli eventi che non riuscì a fare altro che rimanere a fissare la donna che era responsabile di quell'aggressione. Solo ora riconosceva Unella, la presidentessa della Chiesa del suo quartiere che aveva già tentato in tutti i modi di screditarla per via del suo divorzio e della relazione con il suo fratellastro Jaime.
"Lei sarà anche sudicia di torta, ma tu sei sudicia nell'anima. Almeno Cersei puó tornare pulita" intervenne Melisandre, nel suo solito tono fermo e calmo, decisa a difendere l'amica e anche la quiete del resto della clientela.
"Oh, oh. Avete sentito? A parlare di pulizia è proprio la più grande puttana che questa città abbia mai conosciuto!" ribattè Unella, rivolgendosi ai tre giovani uomini della congrega che si era portata dietro.
Nel frattempo, la situazione aveva naturalmente attirato l'attenzione di tutto il locale e alcuni clienti si erano avvicinati pronti a cercare di contenere la situazione. Tra questi, figuravano in particolare l'uomo conosciuto come il Mastino, che si era alzato dal suo tavolo e piazzato forse in maniera involontaria proprio tra il nuovo gruppetto e la cameriera Sansa, e Davos Seaworth che era giunto appena in tempo per sentire l'ultima frase.
"Come osate rivolgervi in questo modo alla proprietaria di un rispettabile locale? E pensate di essere persone di Chiesa!" esclamò lo scrittore, visibilmente innervosito dalla piega degli eventi. "Dovreste proprio togliervi dai piedi" aggiunse, scambiandosi quasi inconsapevolmente uno sguardo d'intesa con l'imponente uomo che gli stava proprio di fronte.
Quell'occhiata non passò inosservata ad Unella. A dispetto delle circostanze non proprio favorevoli, la donna scoppiò a ridere dopo aver osservato bene i due uomini che circondavano lei e i suoi.
"Splendido, un vecchio senza dita e uno sfigurato come guardie del corpo!" commentò, tornando poi a fissare con uno sguardo di ghiaccio la sua preda iniziale. "Non preoccupatevi, ce ne andiamo. Vorrei vederti fuori da questa città, Cersei Lannister, ma ora che vedo questa bettola, capisco che non si può estirpare un'intera comunità di reietti..."
Con quella enfatica ultima frecciatina, la spedizione uscì di scena, così in fretta com'era venuta. Il canto dell'uccellino fu l'unico suono nel silenzio attonito che seguì.

 
**
 
Cersei provò dapprima a rimuovere i residui di panna dai lunghi capelli biondi con i fazzoletti e poi a smacchiare in qualche modo la camicia con l'acqua e il sapone. Ovviamente fu tutto inutile: un grosso alone era rimasto impresso sul tessuto bianco e l'unico risultato che ottenne fu di bagnarsi completamente. Lacrime di puro nervosismo sgorgavano dai suoi occhi mentre osservava nello specchio il modo in cui quella sciocca di Unella l'aveva ridotta. L'acqua continuava a scorrere nel lavandino, stavolta con nessuno scopo preciso se non quello di coprire i suoi involontari singhiozzi. Tuttavia, se il rumore era sufficiente a quello scopo, non lo fu ababstanza per impedirle di ascoltare due improvvisi colpi alla porta.
"È occupato!" gridò con voce seccata.
"Lo so, signora Lannister. Volevo chiederle se posso aiutarla in qualche modo..."
Quella voce le era famigliare, anche se non era quella che si sarebbe mai aspettata di sentire. Sorpresa, esitò prima di rispondere; invece, si sciacquò un'ultima volta il viso e si decise ad aprire la porta.
"Sto bene, Dottor Qyburn. La ringrazio" rispose con la voce più neutra che riuscì a tirare fuori.
L'uomo la guardò semplicemente per qualche istante; nei suoi occhi non c'era compassione, per fortuna, ma uno strano miscuglio di simpatia e comprensione.
"Non può restare con quella camicia così bagnata addosso. È certo che si prenderà un malanno" le disse, per poi sfilarsi il proprio camice e porgerglielo. "Non ho altro da darle ma potrebbe andare bene in mancanza d'altro"
Cersei alzò un sopracciglio, quasi diffidente.
"Su, lo prenda. Ho finito il mio turno per oggi e ho almeno altri due camici, in ogni caso"
La donna accennò un sorriso e afferrò finalmente l'indumento, tornando a rinchiudersi in bagno. In verità il suo lavoro non era stata affatto la causa di quella reticenza, quello che l'aveva bloccata era stata invece di nuovo la confusione nel vedere qualcuno - lo stesso qualcuno - disposto ad essere gentile con lei in modo gratuito.
Due minuti dopo era di nuovo fuori la porta, con la camicia sporca in mano e un lungo camice bianco addosso. Le stava largo, ma era pulito e la copriva del tutto. Una camminata della vergogna per tutto il locale e poi dal locale a casa le era risparmiata.
"Sta molto bene, dottoressa Lannister" commentó l'uomo sorridendole.
Cersei si riguardó in quei nuovi abiti. Non le dispiaceva il nuovo titolo, sarebbe anche stato credibile se non fosse stato per la targhetta con il nome J. Qyburn. Indugió su quel nome per qualche istante, prima di rialzare lo sguardo e ricambiare finalmente il sorriso.
Era la seconda volta che vedeva quell'uomo. E per la seconda volta si ritrovava a ringraziarlo.

 
**

Dopo la spiacevole visita di Unella e compagni, mentre Cersei fuggiva in bagno cercando di ricomporsi, Melisandre aveva già ripreso a servire i clienti come se nulla fosse. Era un modo per riprendere la calma e non alimentare quel patetico teatrino, ma forse anche evitare di parlare con l'uomo delle Cipolle. Alla fine però, dopo una buona mezz'oretta, fu proprio lei ad avvicinarsi al tavolo dov'era seduto.
"Ehi, Davos, volevo ringraziarla per il suo intervento, ma non era necessario"
Aveva usato le parole che la buona educazione imponeva, ma anche un tono neutro che non sembrava accordarsi ad una sincera riconoscenza. Davos abbassò lo schermo del suo laptop per prestare completa attenzione alla donna. Si era reso ben conto dei suoi tentativi di sfuggirgli e ora che lei gli stava finalmente parlando, si ritrovò a fraintendere il motivo di quella freddezza.
"Melisandre, le chiedo scusa per essermi intromesso. Sono certo che avrebbe potuto risolvere perfettamente da sola la situazione ma non potevo rimanere indifferente a sentire simili calunnie sul suo conto..."
"È questo il punto. Non erano calunnie" lo interruppe la donna. L'espressione vagamente seccata sembrò divenire stanca di fronte alla confusione dell'uomo. Sospirando, si siede una rapida occhiata intorno e poi si sedette dall'altro lato del tavolo.
"Sono stata una prostituta per un paio di anni quando ero più giovane. Ho anche lavorato in un night club e beh, sì, ho sempre avuto una vita sessuale abbastanza promiscua. Credo che aver fatto parte  della setta del Signore della Luce non ha aiutato con questo… Ora che ci penso, Unella deve detestarmi anche solo per la mia passata fede religiosa"
Fu impossibile per Davos restare neutrale davanti a una simile rivelazione, dove tutta una vita gli era stata portata su un piatto d’argento in sole poche brevi frasi. Dopo la sua prima serata al locale che si era conclusa con una lunga e interessante chiacchierata con la proprietaria, aveva iniziato a frequentare con regolarità quel bar, dove parte dell'attrattiva erano sicuramente le loro interazioni. Provava una inevitabile attrazione per lei e un passato così movimentato non era esattamente quello si era aspettato. Tuttavia, quando mise termine al lungo silenzio non fu per formulare un giudizio su di lei.
"Perchè me lo sta dicendo? Non era tenuta a farlo"
Melisandre si protrasse verso di lui e piegò la testa leggermente come se stesse studiando un caso strano. Poi sorrise, in una maniera più maliziosa che dolce.
"Perché tu mi vuoi, Davos, e a me tu piaci" disse con tranquillità, passando direttamente al tu. Ma l'inaspettato passo avanti in quella breve conoscenza serviva solo per farne tre indietro. E si ritrasse da lui anche fisicamente. "Ma questo non è un gioco che può continuare... Non sei il tipo d'uomo che mi piace scottare"
Prima che lui potesse dire altro, Melisandre si alzò in piedi e si allontanò come una perfetta femme fatale.

 
**
 
L'uomo sfigurato approfittò della generale confusione per uscire dal locale senza che nessuno se ne accorgesse. O perlomeno così credeva, dato che aveva appena compiuto qualche passo fuori dal locale che una voce squillante lo richiamò indietro.
"Scusi signore, ha dimenticato il suo caffè"
Egli esitò qualche istante prima di voltarsi e trovarsi davanti, come previsto, la bella cameriera del locale.
"Ti ho già detto che non sono un cazzo di signore. E smettila anche di darmi del lei, già che ci sei"
Sansa sussultò leggermente udendo quel tono così brusco, ma si ricompose rapidamente, interpretando quella mancanza di eleganza come una reazione dettata dall'offesa ricevuta da Unella e non come un atteggiamento abituale. Del resto, in due giorni si era rivolto a lei esclusivamente in modo gentile.
"Ok, Mastino. Ecco il caffè" replicò, tentando di ricominciare da capo, mentre lo raggiungeva con il bicchiere di plastica. "Vedi, quella congrega è solo un gruppo di pazzi. Non dovresti dare troppo peso a quello che ti hanno detto"
A quelle ultime parole, l'uomo scoppiò in una risata senza allegria. "Cosa? Che sono uno sfigurato... Fidati, Uccelletto, mi hanno detto di peggio"
"Beh, non è carino" commentò la ragazza, stringendosi nelle spalle.
Stavolta, il Mastino la fissò con uno scintillio divertito negli occhi. Quella ragazza era una delle persone più notevoli che avesse mai incontrato, con quel suo chiacchiericcio dolce e delicato e quella gentilezza esagerata che rivolgeva perfino ad un uomo come lui. Tuttavia, decise di reprimere la tenerezza che si trovò a provare e a sostituirla con una più usuale irritazione.
"Non c'è niente di carino nell'essere sfigurati. Ed è inutile che fai tanto la carina, anche tu l'altro giorno non riuscivi a guardarmi in faccia!''
Di fronte all'accusa, Sansa distolse lo sguardo, proprio come quella volta. Di nuovo non per il disgusto, ma per la vergogna.
"La cicatrice mi ha sorpresa e non riuscivo a guardarti perché mi vergognavo della mia reazione!'' esclamò poi, fissandolo invece dritto  negli occhi. ''Non è neanche una cicatrice così brutta...''
''Grazie, avresti dovuto vederla due anni fa, prima dell' intervento del dottor Qyburn''replicò l'uomo in tono ironico.
Sansa lo studiò per qualche istante e quell'attimo di riflessione le servì per ricacciare indietro il banale mi dispiace che stava affiorando sulle sue labbra. La sincerità negli occhi dell'uomo meritava decisamente qualcosa di più. Meritava in qualche modo una confessione in ritorno.
"Non importa" disse invece. "Non sono le cicatrici a descrivere chi sei. Probabilmente saresti sorpreso anche tu nel vedere le mie cicatrici... Non sono più carina solo perché non le ho sul viso"
"Mi dispiace, Uccelletto"
Il Mastino non disse altro, non le fece domande. Disse solamente quelle semplici parole, ma dette da lui riuscivano a produrre un forte effetto, sulla sua bocca non sarebbero mai potute suonare come vuote parole di circostanza.
"Sansa. Mi chiamo Sansa" disse la ragazza, accogliendo quella manifestazione di empatia con una nuova concessione. Il suo nome.
Il Mastino apparve sorpreso.
"Proprio un nome da Uccelletto" commentò poi. E sorrise, senza però ancora concedere il suo di nome.
 
 
 
 
 
 
NDA: Ecco il secondo capitolo, in cui ho cercato di trasportare in un universo moderno la famosa scena della camminata della vergogna di Cersei, con tanto di immediato intervento di Qyburn che invece del mantello le porge il camice! Ho approfittato della situazione anche per permettere a Sansa e Sandor di parlare (e fare qualche passo avanti nella loro conoscenza) e a Davos di scoprire qualcosa del passato di Melisandre (e fare qualche passo indietro, perchè non possono non avere un po' di conflitti questi due, andiamo ahah). Devo dire che mi sto divertendo abbastanza a giocare con questo universo alternativo e già ho varie idee per i prossimi capitoli. Spero che finora la storia vi stia piacendo, al prossimo capitolo!
 
 
 

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Capitolo 3
*** Dating ***


3. Dating

Dopo il primo ingresso, il Mastino aveva continuato a frequentare il locale tutti i giorni, e per la giovane cameriera era ormai diventata abitudine vederselo comparire come primo cliente della mattina. La pausa pranzo del sabato era stata un'eccezione che probabilmente non si sarebbe più ripetuta, del resto dopo quanto accaduto non c'era da aspettarsi diversamente. Evidentemente non doveva essere facile per l'uomo esibire la sua cicatrice e affrontare una simile confusione proprio nel suo tentativo non doveva essere stato un incentivo. A dispetto dell'affronto a Cersei Lannister e degli insulti alla sua datrice di lavoro, la preoccupazione di Sansa era rivolta interamente a quell'uomo. Così burbero e brusco, eppure così fragile; non la fragilità che si poteva vedere in una reazione aggressiva o nello scoppiare in pianto, ma quanto più quella più pericolosa che poteva concretizzarsi in un isolamento silenzioso dal mondo. Fu per questo che la mattina immediatamente successiva alla loro conversazione fuori dal locale, Sansa non potè evitare di tirare un sospiro di sollievo nel vederlo alla solita ora. Se aveva avuto ulteriore motivo per diffidare del mondo, almeno non aveva smesso di fidarsi in qualche modo di lei. 
"Buongiorno" lo salutó, regalandogli un sorriso radioso. "Il solito?" 
Lui annuì, senza sorridere ma fissando la ragazza negli occhi per alcuni istanti. Si ritrovó a ridere interiormente, cosa che non gli succedeva da tempo, quando si rese conto che era stato lui e non lei ad abbassare lo sguardo alla fine. La guardó di nuovo allora, spiandola mentre preparava la bevanda e sottovoce canticchiava una canzone non meglio identificata. 
"Canti anche, Uccelletto?" le chiese ironicamente, forse più per necessità di scambiare qualche altra parola che per intenzione di prenderla in giro. 
Sansa ridacchió leggermente e tornó a guardarlo a sua volta; aveva già il bicchiere chiuso in una mano e la penna nell'altra.
"A dire il vero mi dicono che sono una brava cantante. Almeno nei karaoke" precisó in tono scherzoso. 
La loro conoscenza era partita con il piede sbagliato, proseguita con un curioso scambio di soprannomi e arrivata al punto di una routine fatta di casuali e scherzose battute. Ma per Sansa non era ancora abbastanza. Voleva sapere qualcosa di più di lui, voleva approfondire quella strana connessione che la spingeva verso di lui. 
"Posso sapere il tuo nome?" domandó, prendendo come pretesto il compito di scrivere sul bicchiere. 
"Mastino, pensavo lo sapessi Uccelletto" 
La ragazza scosse la testa. "Il tuo vero nome intendo. Io ti ho detto di chiamarmi Sansa, penso di aver diritto di sapere il tuo, che dici?" 
L'uomo rimase in silenzio per un po', soppesando la domanda. Per qualsiasi altra persona non si sarebbe trattata di una domanda difficile, eppure per lui il suo vero nome rappresentava una sorta di segreto, l'ultimo baluardo della sua umanità e un primo segno di reale fiducia verso qualcuno. 
"Sandor, Sandor Clegane" concesse, quasi in un sussurro. E fu il rossore sulle guance della ragazza più che le sue parole a convincerlo alla fine. 
La ragazza annuì e non fece commenti, iniziando a scribacchiare sul bicchiere. Ma i caratteri che stava incidendo erano decisamente più di sei e di fatti quando finalmente gli porse la bevanda, quello che l'uomo vide non furono le lettere del suo nome ma piuttosto una serie di numeri. 
"Bene Sandor. Questo è il mio numero. Se ti va possiamo vederci anche fuori, qualche volta..."
L'espressione sul volto del Mastino fu di autentica sorpresa. Quella ragazza stava chiedendo di uscire... A lui? Una cosa del genere non gli era ancora mai capitata; d'istinto fu pronto a considerarlo un gesto di compassione o derisione, ma quel dannato rossore era ancora sulle sue guance ed era sintomo di un imbarazzo sincero. 
"Ci sentiamo, allora, Uccelletto"
Afferró la bevanda, indugiando per qualche istante con le sue grandi mani sulle sue piccole e delicate e poi si avvió verso la porta.
Voltandosi indietro, una volta. 
L'uccellino di legno canticchió brevemente e Sansa, riempita di una nuova allegria, gli canticchió sopra. Si sentiva felice, felice di non essere più la ragazzina timorosa di fare il primo passo. 

 
**
 
"Vino rosso?" 
Cersei posó il suo calice sul tavolo e alzó lo sguardo verso l'uomo che le aveva appena rivolto quella scettica domanda. 
"Dottor Qyburn, non vorrà anche lei farmi una predica sul fatto che non dovrei bere vino alle 5 del pomeriggio..."
Il dottore si sedette al tavolo accanto al suo dal lato opposto, in modo da potersi trovare in diagonale rispetto a lei. Con un sorriso, alzó il suo calice mostrando che la sua scelta di bibita non era stata troppo diversa. 
"Non ho nulla contro l'orario, quanto sul colore del vino. Siamo in primavera inoltrata, trovo che un rosè o un bianco belli freschi siano più adatti alle attuali temperature" 
Cersei alzó un sopracciglio stupita e poi ridacchió leggermente, alzando il calice verso di lui. Senza dire nulla, lui a sua volta mosse il calice verso di lei, mimando un cin cin. 
Sansa Stark giunse proprio in quel momento con una fetta di red velvet. Con un'aria stranamente allegra e trasognata, a dispetto della non simpatia per la madre del suo ex fidanzato, posó il piatto davanti alla donna e spostó lo sguardo tra i due. 
"Volete che unisco che i tavolini?" chiese con un'aria maliziosa che stonava con il suo solito atteggiamento. 
"Sansa, credo proprio che non dovresti-" 
"Non si preoccupi, signorina. Mi sposteró io" 
I due si parlarono l'uno sopra l'altra e quando la cameriera se ne andó ancora con un sorrisino enigmatico sulle labbra, Qyburn si era alzato e spostato esattamente di fronte a Cersei. 
"Spero non le dispiaccia, Signora Lannister"
"Niente affatto"
Ed era vero: c'erano molte compagnie che le davano fastidio, ma lui di certo non rientrava tra quelle. Specialmente se, insieme alla sua presenza aveva portato con sè anche la red velvet e l'aveva piazzata strategicamente proprio al centro del tavolo con l'esplicito intendo a dividerla. 
"Pensavo che in quanto medico, fosse contrario all'uso di bevande alcoliche" 
"Al contrario, ogni medico consiglierebbe un bicchiere di vino al giorno... In più, sto scoprendo che una combinazione particolare di vino e altre sostanze ad alta temperatura puó creare un intruglio davvero prezioso per curare alcune malattie della pelle" 
"Davvero?" 
"Assolutamente. Ho un'intera collezione di vini e intrugli nel mio laboratorio nella clinica. Potrebbe venire a dare un'occhiata uno di questi giorni se le va" 
Cersei lo studió per un po', indecisa se cogliere quell'invito come un semplice sfoggio del proprio lavoro e delle proprie conoscenze, oppure come un invito sincero che mirava ad approfondire la loro conoscenza su un altro piano. Per quanto ne sapeva, guardare la collezione di intrugli poteva essere il nuovo guardare la collezione di farfalle. L'espressione dell'uomo era cordiale, ma oltre quello del tutto indecifrabile. 
"Sarei interessata. Dovrei anche riportarle il camice effettivamente" rispose lei, cogliendo al balzo la scusa per poter accettare. 
Ancora non sapeva se il suo interesse era il per il vino, per gi intrugli chimici o per l'uomo, ma di certo la considerava una buona occasione per capirlo. 
"Certo che è proprio un uomo pieno di sorprese lei" aggiunse poco dopo, prendendo l'ultimo sorso di vino. 
James Qyburn sorrise e finì anche il suo rosè, osservandola con la consueta espressione affabile ma enigmatica. 
"Dice? Mai quanto lei, peró" 

 
**
 
"Sì, ho capito... Ma lo sai che non è nulla di grave, lui se ne va e tu lo riporti sempre indietro: la vostra relazione è interamente così!... Sì, lo so com'è Beric, è mio cugino, ti ricordo!" 
Con un telefono in una mano e le chiavi nell'altra, Melisandre diede un'ultima occhiata al locale prima di chiudere la porta. Si sentiva stanca, non solo per dover ascoltare l'ennesimo litigio tra suo cugino e il suo fidanzato di lunga data, ma anche perché era stata una lunga giornata in cui aveva dovuto sbrigare le ultime due ore di lavoro da sola. Sansa Stark aveva infatti chiesto un permesso per via di un misterioso appuntamento e normalmente questa sarebbe stata un'ottima occasione per punzecchiare la sua sottoposta, se non fosse stato per il malumore che inevitabilmente provava per la completa assenza dello scrittore per la seconda giornata consecutiva.
Un'assenza più che prevedibile, del resto, dato che era stata lei ad allontanarlo. 
Ció che peró giunse del tutto imprevedibile fu il vederselo apparire proprio al di fuori del locale, appoggiato ad un lampione che lo illuminava come un riflettore. La donna, che dopo aver riposto le chiavi nella borsa, aveva inserito il telefono precariamente tra la testa e la spalla per potersi accendere una sigaretta con l'accendino, per poco non fece cadere tutte e tre le cose dalla sorpresa. 
"Okay, Thoros, devo proprio andare. Ci sentiamo" disse sbrigativamente, chiudendo la chiamata e riportando la completa attenzione sull'inaspettata visita. 
"Il locale è chiuso" gli disse semplicemente, con tono neutrale, aspirando una prima boccata di fumo e imponendosi di dirigersi verso la sua auto rosso fiammeggiante senza troppa esitazione. 
"Lo so bene. Sono venuto per parlare con te, Melisandre" le disse lui prontamente, seguendola e afferrandole delicatamente un braccio per farla voltare verso di lui. 
"Molto bene, Cavaliere delle Cipolle. Sono tutta orecchi" 
L'ironia della donna fece affiorare un rapido sorriso sulle labbra dell'uomo. Intanto infatti si era fermata e lo stava fissando dritto negli occhi e questo era pur sempre un indizio di apertura al dialogo. 
"Credo che l'ultima volta che ci siamo parlati non sia terminata nel migliore dei modi, soprattutto perché non mi hai lasciato molto spazio per ribattere..."
"Non c'era nulla da ribattere, secondo me" 
"Potresti lasciarmi finire?" 
"Prego" 
"Di certo noi due siamo molto diversi. Hai avuto un passato, ma anche io ne ho avuto uno. Insomma, sono cresciuto in un quartiere poco residenziale di immigrati irlandesi e ho perso le dita in una lotta tra gang diverse... Ho rischiato la prigione per frodi fiscali... Quindici anni fa ho perso mia moglie e mio figlio in un incidente e-"
"Lo so" lo interruppe lei, stavolta in modo quasi dolce, graziandolo dal rivivere momenti tristi che del resto lei conosceva già. "Sei uno scrittore abbastanza conosciuto. Basta una ricerca su google per ottenere queste informazioni... E semplicemente confermano che i tuoi errori sono molto blandi rispetto ai miei e che ora sei un uomo totalmente diverso e completamente rispettabile!"
Davos rimase in silenzio per un po', lasciando intanto forse in maniera inconsapevole scivolare la mano che ancora teneva sul braccio di lei verso il suo polso, accarezzandolo dolcemente.
"Ti sbagli nel pensare che io abbia paura di te. È vero che sembri una donna forte, difficile e forse anche pericolosa e non saresti di solito il mio tipo, ma su una cosa avevi ragione... Io sono attratto da te"
Se Melisandre fosse stata un altro tipo di donna, magari come Sansa, sarebbe arrossita di fronte a una simile dichiarazione, oppure come Cersei, avrebbe fatto un sorriso malizioso e cercato di farsi desiderare ulteriormente. Ma la Donna Rossa era una donna di fuoco, fatta per flirtare e vivere casuali notti di passione cancellate poi il giorno dopo. Se lei non era il suo tipo, neanche lui lo era per lei, ma la sua implicita dolcezza e la sua calma erano qualcosa che sentiva di desiderare come raramente le era successo prima. Forse perchè in fondo lei era anche fragile, troppo fragile per poter dire di no alla possibilità di un vero contatto significativo. 
"Di che cosa avete paura allora, se non di me, Cavaliere delle Cipolle?"
"Non di molto, forse solo della notte"
Lei alzó un sopracciglio, cui lui rispose con un sorriso enigmatico.
"Beh qualcuno mi ha detto una volta che la notte è oscura è piena di terrori"
Melisandre sorrise a sua volta, divertita e maliziosa.
"Allora nessuno di noi due dovrebbe stare da solo"
Si scambiarono un'occhiata complice e due minuti dopo sfrecciavano insieme sulla macchina rossa di Melisandre. 









NDA: Eccoci al secondo capitolo, in cui ho deciso di far smuovere un po' le cose, portando tutte e tre le coppie in modo diverso fuori dal locale. Nel frattempo ho considerato che i capitoli in tutto saranno 7 e che ho intenzione di esplorare la storia fino all'affermazione o meno di una possibile relazione delle tre coppie, perchè l'aspetto che mi interessa di più è proprio vedere in che modo i personaggi potrebbero trovarsi con ruoli e in situazioni diverse.
Tralasciando ora la storia, mi prendo qualche riga per piangere prima del tempo i miei due piccoli cupcake preferiti (Davos e Melisandre) che sento proprio moriranno male stanotte. Anche Sandor non lo vedo al 100% sicuro, quindi faccio partire la catena di preghiere anche per lui. L'unica cosa che mi consola è che l'altra mia ship adorata (Cersei e Qyburn) si trova da tutt'altra parte rispetto a Winterfell e quindi dovrebbero sopravvivere almeno a questa puntata. E con questo parziale totomorte, vi saluto e mi prendo qualche oretta di sonno per affrontare la diretta!

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