Chiedo di Vivere, non di essere Felice

di Asia Dreamcatcher
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte I ***
Capitolo 2: *** Parte II ***



Capitolo 1
*** Parte I ***


I.SoulStone PARTE I

«C’è un divino sapore nel sangue versato.

Ma l’altro sangue, il vostro sangue, non lo conosco così bene.

So che è per voi vita e destino»

⁓“Il lago” da “Dialoghi con Leucò”, Cesare Pavese


L’acqua lambiva dolcemente il suo corpo intorpidito, non le dava fastidio, anzi era riposante, rassicurante come se venisse cullata da braccia amorevoli, una sensazione di cui lei non aveva quasi memoria.

Natasha Romanoff aprì lentamente gli occhi di giada, dapprima il suo sguardo fu vacuo, totalmente assente, poi lentamente una scintilla di consapevolezza baluginò nell’oscurità della sua pupilla.

Fu improvvisamente consapevole del peso del suo corpo, i suoi sensi si attivarono con la stessa velocità di una marea che monta.

Natasha impiegò qualche momento per rendersi conto di essere immersa nell’acqua, si tirò a sedere; i suoi movimenti erano incredibilmente lenti ma armoniosi, senza peso eppure perfettamente controllati, non sentiva fatica, non sentiva nulla. Si accorse che il livello dell’acqua era ridicolmente basso, alzandosi in piedi il fluido le accarezzava placido le caviglie.  

Il suo sguardo abbracciò il paesaggio che la circondava: le pareva di essere su una spiaggia infinita, il terreno sotto i suoi piedi nudi era morbido e lievemente affossante; l’impressione era che la luce giungesse dall’orizzonte mentre il cielo dalle sfumature calde lo avvertiva pesare su di lei con le sue tinte rossastre, come si trovasse in un perenne tramonto.

Ricordava tutto: quella folle lotta fra lei e Clint per sacrificarsi, l’ultimo tentativo di lui, l’essersi lasciata cadere…

“Va bene…”

Ma dove si trovava? Era l’aldilà?

«Finalmente ti sei svegliata.» le disse una voce infantile alle sue spalle.

Natasha ruotò su se stessa e il suo corpo ricevette una stilettata, il cuore parve fermarsi - per la seconda volta - nel vedere la bambina davanti a lei.

«Non è possibile...» la sua voce sembrò provenire dal fondo di un pozzo, tanto le parve lontana alle sue orecchie.

Natasha sconcertata fissò se stessa bambina che la guardava di rimando con una certa severità.

«Tu non puoi-»

«Essere te?» replicò con una certa impazienza.

Natasha faticava a riconoscersi nell’aspetto innocente della bambina. I suoi ricordi d’infanzia le risultavano lontani, come se tra lei e loro ci fosse un sottile velo che le impedisse di rimembrare con chiarezza. Eppure lo sguardo cristallino con cui se stessa la fissava era troppo consapevole, troppo disincantato, troppo suo.

«Chi sei?» domandò con voce tremante.

La bambina piegò il capo di lato osservandola da sotto in sù, un gesto che sapeva fin troppo da lei.

«Io sono te» ripeté con più calma «La tua parte più segreta, sono parte della tua anima, Natalia».

«Dove sono? Dove ci troviamo?» si guardò intorno, ma i suoi occhi vedevano solo l’orizzonte sconfinato.

«Nel Soul World. - rispose prontamente, non pareva spaventata dal trovarsi lì - La dimensione all’interno della Gemma dell’Anima».

Natasha cercò di pensare rapidamente, di connettere frammenti di informazioni, di ricordi, ma non c’era nulla che sapesse che potesse aiutarla.

«Sono morta giusto?» le chiese come se avesse bisogno di conferme. Il volto della piccola Natalia si corrucciò, assumendo un’espressione pensosa.

«Sì e no. Dipende...» replicò vaga.

Il respiro della russa si ruppe, e il suo sguardo si dilatò incredulo.

«Come sarebbe a dire? Dipende… Da cosa?»

«Da te.» disse la bambina con tono incolore.

«No. Il Guardiano su Vormir è stato chiaro: un’anima per un’anima, io mi sono sacrificata-»

«Quello che non ha detto è che la Gemma è molto più di una semplice pietra magica, è senziente, ha un mondo al suo interno, lo stesso in cui ti trovi in questo momento...».

«Menti.» la interruppe brusca «Cos’è tutto questo? L’inferno? Pensavo che offrendo la mia vita per riavere quella di coloro a cui è stata tolta bastasse per espiare» Natasha crollò in ginocchio, ma non era il suo fisico ad essere stanco.

«Espiare?» disse la bambina, i suoi occhi scintillarono di un barlume misterioso.

«E’ questo che volevi “espiare”? Quella nota rossa non è mai andata via, vero? Non per te» Natalia bambina sembrava arrabbiata ora.

Natasha avrebbe voluto scoppiare a ridere, sarebbe stata una risata amara, isterica, sprezzante… Cosa voleva sentirsi dire? Lei era quella nota rossa. Era nata nel gelo della Russia, era stata forgiata da sangue e ombra: era stata spia, assassina e poi agente. L’oscurità era sempre stata la sua amica, amante e madre; nell’ombra aveva agito e nell’ombra era vissuta.

«Non sei stata solo questo...» disse triste la bambina leggendole dentro; «Sei stata un Avenger».

Un sorriso mellifluo nacque sulle labbra della Natasha adulta: era vero. Non aveva mai avuto nulla, e poi aveva avuto loro… gli Avengers. Il suo cuore perse un battito fra i dolci ricordi. Non era stato perfetto, niente lo è mai, ma erano stati una famiglia, assolutamente disfunzionale ma si erano voluti bene; lei in particolare aveva imparato a dare un nome a ciò che provava, l’amore sopra gli altri sentimenti.

«L’ho fatto per loro» mormorò dolcemente, osservò se stessa, che non accennava a distogliere lo sguardo dal suo «Non posso pentirmi di questa scelta. Meritano di vivere quella vita che spesso è sembrata solo un miraggio».

«E tu?» chiese Natalia, la sua voce aveva assunto un tono diverso puro ed innocente «Non meriti anche tu un’altra possibilità? Hai avuto paura Natalia».

«Mi puoi biasimare?»

«L’hai detto tu stessa, tutti meritano la possibilità di vivere in pace».

Natasha tentennò ma poi scosse il capo con serena rassegnazione

«Per me ormai è tardi-»

«No. E’ quello che sto cercando di dirti. Non è tardi, se lo vuoi puoi tornare».

Natasha la guardò attenta, come se cercasse dei segnali che indicassero la menzogna nelle sue parole.

Ma non vi era nulla di tutto ciò.

L’anima poteva mentire?

«Io sono te, non ha senso cercare di ingannarti… un’anima non mente mai.» affermò solenne la piccola. I suoi occhi inchiodarono la donna, il suo sguardo era penetrante, non severo, solo incredibilmente sincero; a Natasha ricordò uno specchio: limpido e onesto riflettente solo la verità nuda e semplice.

«La domanda importante è solo una: tu vuoi tornare? Tu vuoi una seconda possibilità?».

A quella domanda così semplice e spietata Natasha tremò. La possibilità era concreta se la sentiva fin dentro le osse.

Tornare…

Quando Natasha aveva deciso di gettarsi e sacrificare se stessa per la sua famiglia, una parte intima di sé si era quasi sentita sollevata. Era vero, lei aveva gli Avengers, che aveva imparato ad amare sopra ogni altra cosa, forse qualcuno anche più del dolce amore fraterno; ma ognuno di loro aveva a sua volta qualcuno da amare e da cui tornare.

Lei invece aveva loro sì, ma la sua vita quale sarebbe stata dopo che fossero riusciti nella loro missione? In quei cinque anni si era spesa anima e corpo per salvaguardare il mondo, mai una volta che avesse pensato a se stessa.

Lei dopo che cosa avrebbe fatto di se stessa?

Pensò a Clint e Laura, Tony che era riuscito ad essere il padre che non aveva mai avuto, alla piccola Morgan, a Thor e al suo dolore e alla sua gente, a Bruce che era venuto a patti con se stesso, a Steve… e il suo cuore singhiozzò.

Forse la verità era che aveva sempre avuto paura di vivere se stessa così com’era, non come assassina o spia, e nemmeno come Avenger, ma semplicemente come Natalia Romanoff senza Vedova Nera, solo lei una donna con il proprio passato, i propri dolori e le proprie emozioni.


Si era preclusa quella possibilità, per paura, perché pensava di non meritarlo o che gli altri lo meritassero più di lei. Eppure in lei non si era mai sopita quella piccola scheggia di vita, quel baluginio luminoso che urlava: voglio vivere! Voglio vedere la mia famiglia vivere ed essere felice, voglio esserci per quando soffriranno e gioire con loro.

Ripensò agli ultimi cinque anni della sua vita e si guardò per quello che era stata: forte, coraggiosa. Dove perfino Steve era caduto, esausto, abbattuto per aver fallito ancora una volta, perdendo quell’aura sicura e fiduciosa per un’amara rassegnazione, lei aveva resistito. Aveva lottato tenendo tutto insieme coraggiosamente, assumendo il comando, diventando luce, un faro sicuro per chiunque ne avesse avuto bisogno. Vide tutto questo e si trovò bella, bella per davvero.

La piccola Natalia sorrise, i suoi occhi finalmente si rasserenarono e divennero cristallini e puri.

«Allora?» chiese dolcemente allargando le braccia tese verso la donna.

Natasha la guardò meravigliata e si rialzò in piedi;

«Sì! Lo voglio».

La bambina le corse incontro e lei fu pronta ad accoglierla, fu un attimo e si sentì davvero completa. Poi tutto divenne luce, potente e purissima.


«Chiedo di vivere, non di essere felice»

⁓“Il lago” da “Dialoghi con Leucò”, Cesare Pavese

____________________________________________________________________________________Asia's Corner

Salve a tutti! Questa è la prima parte di una minilong che avrà in tutto due capitoli.
Ho sentito il bisogno di scrivere questo, perché Natasha, era sì il mio personaggio preferito per una serie infinita di motivi differenti, ma a mio parere meritava più rispetto e la sua morte mi è parsa così ingiusta che ci sono stata malissimo.

Sentivo che su di lei c'era ancora qualcosa da dire, lei stessa aveva ancora qualcosa da dire e sì, per mia scelta di darle un'altra possibilità! 
Tra l'altro ho scoperto, anche grazie ad altri scrittori, che la Soul Stone è molto più complessa e ha effettivamente all'interno un suo mondo da cui qualcuno è pure riuscito ad uscire.
A voi l'ardua sentenza... 
Grazie a chiunque sia arrivato fin qui e spero di vedervi alla seconda e ultima parte! 

Baci,

Asia


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Capitolo 2
*** Parte II ***


ParteII

PARTE II


«Che per nascere occorra morire, lo sanno anche gli uomini.»

⁓“Il fiore” da “Dialoghi con Leucò”, Cesare Pavese


La particella Pym si esaurì e Steve apparve su Vormir che pareva avvolto da una notte perenne.

Un’atmosfera di pace opprimente regnava su quel mondo dall’aspetto desertico e roccioso.

Il cuore del capitano era gonfio di emozioni contrastanti: paura, speranza, ansia e aspettativa sembravano appesantire ogni suo passo.

Aveva lasciato la gemma dell’Anima per ultima, perché sperava di poterla rivedere, sperava di poterla portare a casa con sé.

Se fosse accaduto avrebbe fatto le cose in modo diverso, non avrebbe più tentennato. Le avrebbe detto la verità.

«Sapevo che prima o poi le nostre strade si sarebbero nuovamente incrociate, Steven figlio di Joe».

Il supersoldato trattenne il fiato nel sentire quella voce proveniente da un passato terribile e oscuro.

Si trovò faccia a faccia con Johan Schmidt, Teschio Rosso, o almeno quello che ne rimaneva.

«Non è possibile, sei davvero tu?».

«Credici capitano - replicò senza alcuna espressione in particolare - Dopo che il cubo mi ha assorbito la mia anima si è legata per sempre a Vormir, sono il Guardiano della gemma, che presumo tu sia venuto a rendere».

Steve dovette lottare contro ciò che sentiva. Aveva combattuto contro di lui, aveva sofferto, così come molti altri, a causa sua, Bucky era stato fatto prigioniero ed era diventato il Soldato d’Inverno, che era stato a sua volta e contro la sua volontà l’assassino dei genitori di Tony.

Ogni cosa era iniziata con lui.

Come poteva? Come poteva accettare inerme tutto questo?

«Placa la tua ira Steven, accanirti su di me non porterà a nulla, io sono l’ombra dell’uomo che fu e che tu contrastasti. Rendimi la gemma e vattene» disse con durezza.

Steve serrò le labbra, reprimendo i suoi oscuri istinti, estrasse la potente gemma: era liscia e calda al tatto. La percepì pesante come non mai contro la sua mano, la maneggiava con attenzione, quasi con riverenza conscio che Natasha si era sacrificata per essa.

«Se la restituisco Natasha tornerà?» chiese nervoso, tenendo la pietra saldamente nella sua mano.

«Non rientra fra i miei poteri restituire un’anima».

«Che stai dicendo!? Non hai appena detto di esserne il guardiano!?» scattò il capitano.

«Esatto. Io ne sono il custode, io conduco chi la desidera e li pongo davanti alla nuda verità, al semplice e spietato sacrificio. Ma la gemma è un’entità senziente, non serve solo ad adornare un guanto, ha una sua precisa volontà. Si rapporta come ritiene più opportuno con le anime che ghermisce»

«Cosa significa?»,

«Riavere quella donna non dipende né da me né da te. Dipende solo da lei.» tese la mano scheletrica «La gemma ora».

Steve si sentì perso, non riusciva a comprendere a fondo cosa Schmidt gli stesse dicendo, cosa poteva fare?

Davvero non c’era nulla che potesse fare?

A malincuore porse la mano, mostrandogli la gemma. Il suo cuore doleva: non poteva riaverla, si sentì sconfitto. Cosa avrebbe fatto?

Durante i suoi viaggi, si era ritrovato a pensare più volte a come sarebbe stata la sua vita una volta terminata quella missione, si era soffermato a pensare anche a Peggy: avrebbe potuto tornare da lei e restare, quanto sarebbe stato più semplice. Tornare nel passato e dimenticare ciò che era stata la sua vita, relegare Natasha ad un dolce-amaro ricordo, lasciare tutti alle loro vite malconce, vivere senza coscienza di ciò che sarebbe avvenuto.

Dolorosamente si rese conto, che, come Natasha sarebbe potuta non tornare, il passato non poteva essere cambiato a suo piacimento, tornare indietro sarebbe stato come rinnegare se stesso e le proprie scelte.

Immerso nei suoi pensieri ci mise qualche istante ad accorgersi che la gemma, ancora in suo possesso, aveva iniziato a surriscaldarsi.

Il calore divampò e in un attimo divenne insopportabile per Steve che fu costretto a lasciarla cadere. Il danno era stato fatto: la sua mano era quasi interamente bruciata, le sue dita ricoperte di sangue ed annerite sull’estremità non rispondevano alla sua volontà.

Non ebbe il tempo di registrare quel dolore violento o chiedersi che cosa stesse succedendo, venne investito da una potentissima luce e poi tutto divenne buio.


Tornò presente a se stesso, dopo un lasso di tempo che non seppe quantificare. Il suo sguardo ceruleo vagò assente nel cielo di Vormir finché una voce non lo scosse nel profondo.

«Steve?»

Quella voce… lui la conosceva, avrebbe saputo riconoscerla ovunque, perché in quegli anni l’aveva accompagnato ovunque, confortato, spronato, divertito. Era come la dolce ninnananna che lo conduceva al sicuro nel mondo dei sogni.

Il suo corpo reagì di scatto, come se avesse obbedito ad un comando, si inginocchiò e osservò senza fiato la donna davanti a lui;

«Natasha?» chiese emozionato mentre i suoi occhi si accendevano di dolce meraviglia, «Siamo morti entrambi?» probabilmente gli sarebbe andato bene ugualmente.

Natasha si lasciò sfuggire un sorriso a metà fra il divertito e l’incredulo.

«No… Anzi penso di essere appena resuscitata o qualcosa del genere».

Steve a quel punto poté finalmente permettersi di crollare, il singhiozzo dapprima controllato divenne un pianto liberatorio e desiderato. Poco dopo sentì le braccia di Natasha abbracciarlo delicatamente, lui al contrario se la strinse addosso con forza, aggrappandosi a lei.

«Steve-»

«Dio! Mi sei mancata tanto! Non farlo mai più Nat…».

La donna si permise di poggiare la testa sulla sua spalla e godersi quel calore, mentre con la mano gli accarezzava i corti capelli biondo grano.

«Mi dispiace» bisbigliò «Volevo solo che la mia famiglia vivesse».

«Natasha! E’ stata dura, non sai quanto… Tony- Tony-».

La russa si scostò appena con sguardo allarmato cercando nei suoi occhi la risposta.

«Ce l’avete fatta? Cosa è succ-?»

«Abbiamo vinto, ma Tony si è sacrificato, lui l’ha fatto e così Pepper… Morgan... avrei dovuto esserci io al suo posto… Non sono stato in grado».

Natasha sentì il suo cuore incrinarsi sofferente, tanto che le sue labbra tremarono e il suo corpo si ribellò fremendo con violenza. Prese il volto del capitano fra le mani e cercò di asciugargli amabilmente le lacrime.

«Ssh, Steve sono sicura che hai fatto il possibile. Va bene, va bene così… Riposo capitano» sussurrò con dolcezza.

Il supersoldato sorrise tristemente, cercò di accarezzarla ma si accorse che qualcosa non andava.

«La tua mano-?».

Natasha la osservò sconcertata; Steve si rese conto che la sua mano non era minimamente guarita e sembrava non accennare a migliorare, quasi il siero non stesse agendo.

«Non importa, davvero Nat, sto bene» replicò poggiandole l’altra mano sulla sua guancia fresca.

Steve e Natasha restarono a guardarsi, felici di essere di nuovo insieme, di essersi ritrovati ancora una volta.

La donna gli baciò il dorso irrimediabilmente ferito e lui poggiò castamente le labbra sulla fronte di lei.

«Torniamo a casa?»

«Sì, andiamo a casa».

________________________________________________________________________________Asia's Corner

Eccomi qui con la seconda ed ultima parte. 

Spero che questo piccolo sfogo vi sia piaciuto, vi aspetto nell'altra mia storia "Dark Eagle" che ormai è alle battute finali. 
Risponderò presto alle recensioni. Grazie a tutti voi!

A presto!


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