I.SoulStone
PARTE I
«C’è un divino sapore nel sangue versato.
…
Ma l’altro sangue, il vostro sangue, non lo conosco così bene.
So che è per voi vita e destino»
⁓“Il lago” da “Dialoghi con Leucò”, Cesare Pavese
L’acqua
lambiva dolcemente il suo corpo intorpidito, non le dava fastidio, anzi
era riposante, rassicurante come se venisse cullata da braccia
amorevoli, una sensazione di cui lei non aveva quasi memoria.
Natasha
Romanoff aprì lentamente gli occhi di giada, dapprima il suo
sguardo fu vacuo, totalmente assente, poi lentamente una scintilla di
consapevolezza baluginò nell’oscurità della sua
pupilla.
Fu
improvvisamente consapevole del peso del suo corpo, i suoi sensi si
attivarono con la stessa velocità di una marea che monta.
Natasha
impiegò qualche momento per rendersi conto di essere immersa
nell’acqua, si tirò a sedere; i suoi movimenti erano
incredibilmente lenti ma armoniosi, senza peso eppure perfettamente
controllati, non sentiva fatica, non sentiva nulla. Si accorse che il
livello dell’acqua era ridicolmente basso, alzandosi in piedi il
fluido le accarezzava placido le caviglie.
Il
suo sguardo abbracciò il paesaggio che la circondava: le pareva
di essere su una spiaggia infinita, il terreno sotto i suoi piedi nudi
era morbido e lievemente affossante; l’impressione era che la
luce giungesse dall’orizzonte mentre il cielo dalle sfumature
calde lo avvertiva pesare su di lei con le sue tinte rossastre, come si
trovasse in un perenne tramonto.
Ricordava
tutto: quella folle lotta fra lei e Clint per sacrificarsi,
l’ultimo tentativo di lui, l’essersi lasciata cadere…
“Va bene…”
Ma dove si trovava? Era l’aldilà?
«Finalmente ti sei svegliata.» le disse una voce infantile alle sue spalle.
Natasha
ruotò su se stessa e il suo corpo ricevette una stilettata, il
cuore parve fermarsi - per la seconda volta - nel vedere la bambina
davanti a lei.
«Non
è possibile...» la sua voce sembrò provenire dal
fondo di un pozzo, tanto le parve lontana alle sue orecchie.
Natasha sconcertata fissò se stessa bambina che la guardava di rimando con una certa severità.
«Tu non puoi-»
«Essere te?» replicò con una certa impazienza.
Natasha
faticava a riconoscersi nell’aspetto innocente della bambina. I
suoi ricordi d’infanzia le risultavano lontani, come se tra lei e
loro ci fosse un sottile velo che le impedisse di rimembrare con
chiarezza. Eppure lo sguardo cristallino con cui se stessa la fissava
era troppo consapevole, troppo disincantato, troppo suo.
«Chi sei?» domandò con voce tremante.
La bambina piegò il capo di lato osservandola da sotto in sù, un gesto che sapeva fin troppo da lei.
«Io sono te» ripeté con più calma «La tua parte più segreta, sono parte della tua anima, Natalia».
«Dove sono? Dove ci troviamo?» si guardò intorno, ma i suoi occhi vedevano solo l’orizzonte sconfinato.
«Nel
Soul World. - rispose prontamente, non pareva spaventata dal trovarsi
lì - La dimensione all’interno della Gemma
dell’Anima».
Natasha
cercò di pensare rapidamente, di connettere frammenti di
informazioni, di ricordi, ma non c’era nulla che sapesse che
potesse aiutarla.
«Sono
morta giusto?» le chiese come se avesse bisogno di conferme. Il
volto della piccola Natalia si corrucciò, assumendo
un’espressione pensosa.
«Sì e no. Dipende...» replicò vaga.
Il respiro della russa si ruppe, e il suo sguardo si dilatò incredulo.
«Come sarebbe a dire? Dipende… Da cosa?»
«Da te.» disse la bambina con tono incolore.
«No. Il Guardiano su Vormir è stato chiaro: un’anima per un’anima, io mi sono sacrificata-»
«Quello
che non ha detto è che la Gemma è molto più di una
semplice pietra magica, è senziente, ha un mondo al suo interno,
lo stesso in cui ti trovi in questo momento...».
«Menti.»
la interruppe brusca «Cos’è tutto questo?
L’inferno? Pensavo che offrendo la mia vita per riavere quella di
coloro a cui è stata tolta bastasse per espiare» Natasha
crollò in ginocchio, ma non era il suo fisico ad essere stanco.
«Espiare?» disse la bambina, i suoi occhi scintillarono di un barlume misterioso.
«E’ questo che volevi “espiare”? Quella nota rossa non è mai andata via, vero? Non per te» Natalia bambina sembrava arrabbiata ora.
Natasha
avrebbe voluto scoppiare a ridere, sarebbe stata una risata amara,
isterica, sprezzante… Cosa voleva sentirsi dire? Lei era quella
nota rossa. Era nata nel gelo della Russia, era stata forgiata da
sangue e ombra: era stata spia, assassina e poi agente.
L’oscurità era sempre stata la sua amica, amante e madre;
nell’ombra aveva agito e nell’ombra era vissuta.
«Non sei stata solo questo...» disse triste la bambina leggendole dentro; «Sei stata un Avenger».
Un
sorriso mellifluo nacque sulle labbra della Natasha adulta: era vero.
Non aveva mai avuto nulla, e poi aveva avuto loro… gli Avengers.
Il suo cuore perse un battito fra i dolci ricordi. Non era stato
perfetto, niente lo è mai, ma erano stati una famiglia,
assolutamente disfunzionale ma si erano voluti bene; lei in particolare
aveva imparato a dare un nome a ciò che provava, l’amore
sopra gli altri sentimenti.
«L’ho
fatto per loro» mormorò dolcemente, osservò se
stessa, che non accennava a distogliere lo sguardo dal suo «Non
posso pentirmi di questa scelta. Meritano di vivere quella vita che
spesso è sembrata solo un miraggio».
«E
tu?» chiese Natalia, la sua voce aveva assunto un tono diverso
puro ed innocente «Non meriti anche tu un’altra
possibilità? Hai avuto paura Natalia».
«Mi puoi biasimare?»
«L’hai detto tu stessa, tutti meritano la possibilità di vivere in pace».
Natasha tentennò ma poi scosse il capo con serena rassegnazione
«Per me ormai è tardi-»
«No. E’ quello che sto cercando di dirti. Non è tardi, se lo vuoi puoi tornare».
Natasha la guardò attenta, come se cercasse dei segnali che indicassero la menzogna nelle sue parole.
Ma non vi era nulla di tutto ciò.
L’anima poteva mentire?
«Io
sono te, non ha senso cercare di ingannarti… un’anima non
mente mai.» affermò solenne la piccola. I suoi occhi
inchiodarono la donna, il suo sguardo era penetrante, non severo, solo
incredibilmente sincero; a Natasha ricordò uno specchio: limpido
e onesto riflettente solo la verità nuda e semplice.
«La domanda importante è solo una: tu vuoi tornare? Tu vuoi una seconda possibilità?».
A
quella domanda così semplice e spietata Natasha tremò. La
possibilità era concreta se la sentiva fin dentro le osse.
Tornare…
Quando
Natasha aveva deciso di gettarsi e sacrificare se stessa per la sua
famiglia, una parte intima di sé si era quasi sentita sollevata.
Era vero, lei aveva gli Avengers, che aveva imparato ad amare sopra
ogni altra cosa, forse qualcuno anche più del dolce amore
fraterno; ma ognuno di loro aveva a sua volta qualcuno da amare e da
cui tornare.
Lei
invece aveva loro sì, ma la sua vita quale sarebbe stata dopo
che fossero riusciti nella loro missione? In quei cinque anni si era
spesa anima e corpo per salvaguardare il mondo, mai una volta che
avesse pensato a se stessa.
Lei dopo che cosa avrebbe fatto di se stessa?
Pensò
a Clint e Laura, Tony che era riuscito ad essere il padre che non aveva
mai avuto, alla piccola Morgan, a Thor e al suo dolore e alla sua
gente, a Bruce che era venuto a patti con se stesso, a Steve… e
il suo cuore singhiozzò.
Forse
la verità era che aveva sempre avuto paura di vivere se stessa
così com’era, non come assassina o spia, e nemmeno come
Avenger, ma semplicemente come Natalia Romanoff senza Vedova Nera, solo
lei una donna con il proprio passato, i propri dolori e le proprie
emozioni.
Si
era preclusa quella possibilità, per paura, perché
pensava di non meritarlo o che gli altri lo meritassero più di
lei. Eppure in lei non si era mai sopita quella piccola scheggia di
vita, quel baluginio luminoso che urlava: voglio vivere! Voglio vedere
la mia famiglia vivere ed essere felice, voglio esserci per quando
soffriranno e gioire con loro.
Ripensò
agli ultimi cinque anni della sua vita e si guardò per quello
che era stata: forte, coraggiosa. Dove perfino Steve era caduto,
esausto, abbattuto per aver fallito ancora una volta, perdendo
quell’aura sicura e fiduciosa per un’amara rassegnazione,
lei aveva resistito. Aveva lottato tenendo tutto insieme
coraggiosamente, assumendo il comando, diventando luce, un faro sicuro
per chiunque ne avesse avuto bisogno. Vide tutto questo e si
trovò bella, bella per davvero.
La piccola Natalia sorrise, i suoi occhi finalmente si rasserenarono e divennero cristallini e puri.
«Allora?» chiese dolcemente allargando le braccia tese verso la donna.
Natasha la guardò meravigliata e si rialzò in piedi;
«Sì! Lo voglio».
La
bambina le corse incontro e lei fu pronta ad accoglierla, fu un attimo
e si sentì davvero completa. Poi tutto divenne luce, potente e
purissima.
«Chiedo di vivere, non di essere felice»
⁓“Il lago” da “Dialoghi con Leucò”, Cesare Pavese
____________________________________________________________________________________Asia's Corner
Salve a tutti! Questa è la prima parte di una minilong che avrà in tutto due capitoli.
Ho sentito il bisogno di scrivere questo, perché Natasha, era
sì il mio personaggio preferito per una serie infinita di motivi
differenti, ma a mio parere meritava più rispetto e la sua morte
mi è parsa così ingiusta che ci sono stata malissimo.
Sentivo
che su di lei c'era ancora qualcosa da dire, lei stessa aveva ancora
qualcosa da dire e sì, per mia scelta di darle un'altra
possibilità!
Tra l'altro ho scoperto, anche grazie ad altri scrittori, che la Soul
Stone è molto più complessa e ha effettivamente
all'interno un suo mondo da cui qualcuno è pure riuscito ad
uscire.
A voi l'ardua sentenza...
Grazie a chiunque sia arrivato fin qui e spero di vedervi alla seconda e ultima parte!
Baci,
Asia
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