Northern Lights

di Damnatio_memoriae
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Non ragioniam di lor, ma guarda e passa ***
Capitolo 2: *** E chi avesse voluto conoscer Amore, fare lo potea mirando lo tremar degli occhi miei ***
Capitolo 3: *** E quindi uscimmo a riveder le stelle ***
Capitolo 4: *** Vien dietro a me, e lascia dir le genti: sta come torre ferma, che non crolla già mai la cima per soffiar di venti ***
Capitolo 5: *** Nessun maggior dolore che ricordarsi del tempo felice ne la miseria ***



Capitolo 1
*** Non ragioniam di lor, ma guarda e passa ***


- Non ti curar di lor,
ma guarda e passa -


 
Speravo davvero fossi diversa da me.
Ho sperato sinceramente che fossi più furba, più orgogliosa, più menefreghista, più egoista, più risoluta, più pretenziosa di come lo sono stata io.
Ho sperato fossi abbastanza lucida, retta, cosciente da abbandonare la nave quando imbarcava acqua e non quando stava affondando.
Ho sperato riuscissi a vedere chiaramente come sarebbe andare a finire – male – così come riuscivo a vederlo io, che ci ero già passata molti anni prima e per molto più tempo.
Avrei voluto vederti più forte, avrei voluto sentirti dire «Adesso basta! Se torna lo meno» anziché vederti ferma ad aspettare un suo messaggio, una sua chiamata, una presenza, un’attenzione, delle scuse che non sarebbero mai state sincere.
E invece sei ancora ferma nella stessa posizione e ti stupisci che siano già passati due anni dall’ultimo ultimatum che gli avevi dato – che poi non è mai davvero l’ultimo – e sono passati due anni e un mese da quando ti avevo messa in guardia, senza credere davvero che tu mi avresti dato retta, perché nemmeno io avevo dato retta a nessuno, certa di avere la verità in tasca. E due anni e un mese è anche il tempo che è passato da quando tu, ridendo, mi hai detto: «Ma va! Io non ci casco in queste cose. Vedrai, massimo tre mesi e se non cambia atteggiamento lo cancello dalla mia vita».
E invece hai rischiato di cancellare la tua vita per lui, perché da queste situazioni non puoi sperare di uscirne vincitrice.
Ti vedo rassegnata. Rassegnata perché lo hai già capito che non avrai mai la forza di chiudergli la porta in faccia, rassegnata perché non sarai mai abbastanza fredda da trattarlo male senza poi sentirti in colpa, rassegnata perché sai già che finirà per commettere gli stessi errori, rassegnata perché ti muovi aspettandoti una pugnalata da un momento all’altro e rassegnata perché sei felice quando a fine giornata pensi “Ah, oggi non mi ha fatto male…si, ma domani?”.
Con queste persone non ne esci mai tutta intera. Hanno l’insana capacità di prosciugarti l’anima, di strapparti il sorriso dalla faccia, di prendere il bene che gli hai dato e gettarlo via, di rientrare nella tua vita senza neanche scansare i cocci che non sei ancora riuscita a raccogliere, di pretendere senza mai dare, di guardarti negli occhi senza provare rimorso. Ma ci riescono. Ed io speravo davvero fossi più furba di così. Speravo capissi che è bene tenersi a distanza da chi crede che tutto gli sia dovuto, da chi chiede scusa e commette sempre lo stesso errore, da chi non fa attenzione alle frasi che dice pur sapendo che dalle sue parole dipende il tuo umore, da chi ti da per scontata, da chi aspetta che tu guarisca prima di tornare a riaprirti le ferite, da chi chiede con leggerezza un’altra possibilità senza capire quanta fatica possa costarti.
E invece siamo uguali, perché gli opposti si attraggono ma sono i simili che rimangono insieme.
Siamo uguali e, grazie a Dio, siamo diverse da loro.
 

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Capitolo 2
*** E chi avesse voluto conoscer Amore, fare lo potea mirando lo tremar degli occhi miei ***


- E chi avesse voluto conoscer Amore,
fare lo potea mirando lo tremar
degli occhi miei - 

 

 
Vorrei confessarti che mi manchi e che, quando sono insieme a te, mi avvicino perché non posso fare a meno di annullare le distanze.
Vorrei farti sapere che capisco come per te possa essere indifferente scegliere su quale sgabello sederti, ma che diventa importante se decidi di lasciare un posto vuoto accanto a me.
Vorrei dirti che noto la mano che non afferra la mia anche se ce l’ha vicino e che vedo l’attenzione che ci metti a non toccarmi quando ti cammino di fianco.
Vorrei spiegarti il peso che può avere il sedile posteriore, quando mi releghi in fondo alla macchina pensando di poterti dimenticare della mia presenza.
Vorrei confidarti che popoli i miei sogni, quando cerco di raggiungerti oltre una porta chiusa, o alla fine di un corridoio che una fine nemmeno la contempla, e mi sveglio più frustrata di quando mi sono addormentata.
Vorrei chiederti il senso dei messaggi chilometrici inviati in piena notte, ora che le tue azioni li contraddicono uno per uno.
Vorrei sapere a chi credere: se a quelli che dicono che sai mentire troppo bene o a quelli che affermano che deve esserci stata sincerità nei tuoi continui ritorni.
Vorrei rivelarti che quando ti abbraccio non riesco a sentirmi a casa, ma che la stretta di qualcun altro mi farebbe sentire vuota, perché non sarebbe la tua.
Vorrei.
Ma ti ho dato così tanto, anche se quel tanto non l’hai afferrato, che questa verità non te la voglio lasciare.
Almeno questa mi rimane.

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Capitolo 3
*** E quindi uscimmo a riveder le stelle ***


- Salimmo sù, el primo e io secondo, 
tanto ch'i' vidi de le cose belle 
che porta 'l ciel, per un pertugio tondo.
E quindi uscimmo a riveder le stelle -

 


Cara me,
me di qualche tempo fa,
ti scrivo per dirti come procedono le cose qui, un po' più in là negli anni. Ti scrivo perché tutti dovremmo scriverci qualche volta, perché tutti dovremmo ricevere una lettera; ti scrivo perchè tutti dovremmo essere rassicurati su quel baratro che tanto ci spaventa e perché tutti ci meritiamo qualcuno che ci dica che non si muore, anche quando fa male da morire.
So che sei curiosa, questo non è cambiato. Adesso siamo qua, io e te, proprio dove hai sempre sperato, dove ti sei impegnata per arrivare, anche se ci è voluto più tempo del previsto.
Sai già qual è il tuo percorso, l'hai sempre saputo, e ora ti posso dire che è bello, più bello di quanto te lo immaginassi. Certo, sempre con i suoi alti e bassi, ma comunque stupendo. Cerca di non organizzare troppo, le cose, le persone, la vita, perchè qui tutto si evolve molto in fretta. Alla fine le cose vanno come vogliono loro e tendono a cambiare quando meno te lo aspetti.  Alcuni amici arriveranno, altri se ne andranno, altri ancora ritorneranno. Lo so che lo sai, ma ricordati che c'è sempre un motivo dietro qualsiasi persona, lo devi solo trovare.
Lasciati stupire se puoi, se ancora ci riesci, e se non ci riesci circondati di persone che ti facciano ridere, ridere tanto, senza freni, e andrà bene. Tranquilla, le riconoscerai, sono più simili a te di quanto immagini. 
Ricordati che le giornate brutte finiscono, anche quelle che ti sembrano infinite. E la notte prova a darti pace, sei perfetta così come sei. Solo, non si può essere perfetti per tutti. Impara a lasciarti andare e a lasciare andare... non fa meno male trattenere chi non vuol restare. 
Lo so cosa vorresti sapere più di tutto. Vorrei davvero poterti dare una risposta diversa da quella che possiedo e dimostrarti che si sbagliava. Posso solo dirti che mi dispiace. Ci hai provato, sei stata brava a non mollare, hai fatto tutto quello che potevi, tutto quello che sapevi, tutto quello che sentivi. Lo so che non ti piace, ma a volte “tutto” non è sufficiente. Si, è ingiusto, ma lo devi accettare. É necessario che tu vada avanti, per te stessa. Almeno questo te lo devi. Ci vorrà tempo e ce ne vorrà tanto e farà male. Farà male e farà paura, ma non ti ucciderà. Solo, ti cambierà. In meglio, penso. Aggrappati a questo e datti respiro, datti spazio, datti tempo e quando sarai pronta troverai da te il coraggio di dire "basta". Ma non guardarti indietro: non c'è nulla che tu non abbia già visto. 
So che non è quello che avevi sperato, ma va bene anche così. Tu aspetta, vedrai. Saprai dimenticare, saprai ignorare e di perdonare non ce ne sarà più  bisogno.
Grazie, comunque, per aver tentato anche senza aver avuto certezze. Non saresti riuscita a fare nulla di più. Nessuno ci sarebbe riuscito. Sei stata coraggiosa. Testarda, ma coraggiosa.  
Credo che le cicatrici ti donino. Non disperare, arriverà qualcuno che saprà sanare le ferite e che ti dimostrerà che quello che ti avevano detto essere impossibile era in realtà molto semplice.
Non credere mai alle bugie, alle incoerenze, alle giustificazioni. Non credere che dare e non ricevere sia uno scambio equo, non credere alle parole – nemmeno a quelle belle, nemmeno a quelle giuste – se le azioni le contraddicono e non credere agli amori che ti tolgono il sorriso.
Un amore che fa male non può spacciarsi per amore.

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Capitolo 4
*** Vien dietro a me, e lascia dir le genti: sta come torre ferma, che non crolla già mai la cima per soffiar di venti ***


- Vien dietro a me, e lascia dir le genti:
sta come torre ferma, che non crolla
già mai la 
cima
 per soffiar di venti -
 


Non sono mai andata d'accordo con la frase "O tutto o niente".
Il troppo stroppia e il niente manca, ma anche se mi sono sempre impegnata a ricercare costantemente una via di mezzo, ora posso dire che al poco preferisco il nulla.
Le briciole aprono lo stomaco e aumentano la fame", la legge dell'equilibrio non conta poi molto in amore: se è vero che il niente manca, il poco manca di più. È un concetto strano, specie se ti hanno sempre insegnato che il minimo è meglio del nulla. E forse con l’appetito potrà anche funzionare, ma con la fame d’amore no, quella è un’altra storia.
In amore quel “poco” riesce a fare una drastica differenza: ti tiene legato ad una persona con uno dei fili più resistenti al mondo, quello della speranza; è sufficiente a farti restare, ma non a farti sentire appagato. È l’unico compromesso che non guarisce ma ammala, perché ci si ammattisce a cercare di sfamare il proprio amore con quelle briciole.

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Capitolo 5
*** Nessun maggior dolore che ricordarsi del tempo felice ne la miseria ***


- Nessun maggior dolore
che ricordarsi del tempo felice
ne la miseria -


Ricordo.

Ricordo l’inizio per caso, un po’ per scherzo, un po’ per noia, nessuna pretesa, nessuna smania, nessuna attesa. Un inizio semplice, conciso, pulito, preambolo falsato di una parentesi estiva che si prospettava essere lineare, piacevole, breve, senza ripercussioni, esente dal male.

Ricordo la prima discussione, più stupida della ragione che l’aveva causata, e il silenzio ostinato e orgoglioso che ne era seguito senza riuscire a trovare un accordo. Qualsiasi cosa fosse ciò che si era creato tra di noi, finì con un accenno di delusione, una punta di rammarico per un gioco durato forse troppo poco, ma che mi scalfì appena, facendomi credere che l’amore fosse una cosa superficiale al punto da non lasciare il segno. Invitai la vita a dimostrarmi quanto mi stessi sbagliando e lei mi mandò te.

Ricordo che tornasti a farti sentire dopo qualche mese, rendendomi stranamente contenta, e che rimanesti fino alla litigata successiva, quando reiterammo il nostro arrivederci, che non so perché trattavamo sempre come se fosse un addio, forse per renderlo più drammatico, più definitivo, più doloroso, o forse perché credevamo davvero che ogni virgola fosse un punto.

Ricordo il tempo che passava e il malessere che cresceva ad ogni tua riapparizione. Capii di aver oltrepassato il limite quando era ormai troppo tardi per ritrattare la mia sfida con la vita, quando tutti i tuoi ritorni e tutti i tuoi addii superarono la mia capacità di contarli.

Ricordo la gioia, il sollievo, l’ossigeno che tornavo a respirare quando in una noiosa giornata qualsiasi mi scrivevi e quelle poche parole erano forti al punto da cancellare tutte le brutture dei mesi passati in silenzio, vuoti, tutti uguali e tremendamente lunghi. A volte mi chiedo come faccia una cosa simile a non essere sufficiente.

Ricordo i messaggi che pagavi, quando ancora pensavi che valessimo quei cinque centesimi a pagina. Erano lunghi al punto da arrivare scomposti sul mio telefono, ma li salvavo ugualmente, alla pari del tesoro più prezioso, dentro una cartella con sopra il tuo nome. Ricordo quelli più belli, inviati quando ci ritrovavamo – senza che fosse diventata una sporca abitudine - e riconciliarsi dopo mesi di assenza sembrava essere destino. Eravamo tremendamente sbagliate, eppure mi sembrava lo fossimo di più quando non stavamo insieme.

Ricordo la sensazione di poter continuare in questo modo in eterno, forte di una resistenza che credevo inesauribile. Eppure qualcosa sembrava perdersi giorno dopo giorno, gettato via, dimenticato non so dove. Mi scaricavo, mi spegnevo, mi scurivo quando i giorni passavano senza avere tue notizie, a volte per settimane pesanti come macigni, e mi ricaricavo, sorridevo, brillavo quando mi arrivava un tuo messaggio, anche se breve, anche se di circostanza, anche se inviato per dovere e non per voglia. E di nuovo così, in un circolo vizioso, in un’altalena senza fine.
 
Ricordo che a diciotto anni sembrava essere un piano infallibile, il mio: aspettarti, aspettarti sempre, aspettarti comunque, nonostante tutto, anche invano, anche a vuoto. O venirti a prendere. A diciotto anni ero convinta che combattere per una persona fosse la cosa più giusta da fare, sempre e comunque. Non so con quale coraggio ero riuscita ad illudermi che, se non fosse stato per loro, avremmo potuto essere qualcosa. Non so con quale coraggio riuscii a credere che non fosse tutto solo nella mia testa.
 
Ricordo lo sconforto nel sentirti scivolare dalle mani e la frustrazione nel percepire che ti stavi allontanando e il dubbio, strisciante, che in realtà non fossi mai stata veramente vicina. Ricordo le avances di sconosciuti che mi facevano sentire ancora più sola, il desiderio che ogni abbraccio fosse il tuo, il cuore che mancava un battito se qualcuno, per strada, chiamava il tuo nome e io pensavo che sarebbe stato bello, sì, sarebbe stato bello girare l’angolo e trovarti lì, per caso o per me.  
 
Ricordo gli errori reiterati all’infinito e puntualmente perdonati, le giustificazioni per le disattenzioni più clamorose, le scuse per la noncuranza, l’incoerenza, l’assenza, l’egoismo, le omissioni, la superficialità. Ricordo le scuse che avrei voluto porgerti per le mie colpe, per i miei continui dubbi, per i messaggi che non mi bastavano mai, per la gelosia incondizionata. Ricordo di aver scelto di ignorare il mio intuito, il buonsenso, la logica, la decenza, i consigli di chi mi voleva bene, pur di credere che non ti fossi stufata di me.
 
Ricordo quando mi resi conto che i messaggi, anche quelli più belli, non ci avrebbero salvate, che non saremmo più rimaste sveglie a parlare tutta la notte, che non ci saremmo più chiamate con i soprannomi che avevamo sempre usato, che non ci sarebbe più stata alcuna emozione nel ritrovarsi, perché ritrovarsi era diventata un’abitudine e non richiedeva neanche più l’impegno per evitare di perdersi.

C’eravamo solo noi: due sconosciute che non avevano più nulla in comune tranne la consapevolezza di non avere più nulla in comune. E solo la vita lo sa se c’è mai stato qualcosa di vero prima di arrivare al capolinea.

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