Il tocco di Vincent

di la luna nera
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Il Commissario Fiorini ***
Capitolo 3: *** Iniziano le indagini ***
Capitolo 4: *** Una luce nella Notte Stellata ***
Capitolo 5: *** Un misterioso disegno ed una svolta nelle indagini ***
Capitolo 6: *** Il risveglio ***
Capitolo 7: *** Un nuovo messaggio ***
Capitolo 8: *** Notte al museo ***
Capitolo 9: *** Dubbi ***
Capitolo 10: *** L'identikit ***
Capitolo 11: *** La testimonianza di Perrone ***
Capitolo 12: *** Ik wil respect (Io voglio rispetto) ***
Capitolo 13: *** Caro Vincent.... ***
Capitolo 14: *** Un passato che fa male ***
Capitolo 15: *** Anime ***
Capitolo 16: *** Chi c'è in te? ***
Capitolo 17: *** A fin di bene ***
Capitolo 18: *** Il concerto ***
Capitolo 19: *** Il tocco di Vincent ***
Capitolo 20: *** Sotto il segno di una meravigliosa Notte Stellata ***



Capitolo 1
*** Prologo ***




 
 
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La sera scese sui tetti di Firenze. Man mano che il che il cielo si tingeva delle sfumature della notte, le luci della città si accendevano come mille e più occhi che si specchiavano nelle sonnacchiose acque dell’Arno. Il rumore del traffico delle grandi arterie di collegamento cittadine si mischiava con la movida che andava ad animare il centro storico, affollato di turisti provenienti da ogni parte del mondo e dai fiorentini desiderosi di trascorrere le ore serali fra un aperitivo e uno dei tanti eventi organizzati in città. Nella zona di Campo di Marte le luci dello stadio “Artemio Franchi” spezzavano con prepotenza l’incanto della notte, andando a disturbare la sera di quella parte della città assieme ai nutriti gruppi di tifosi che attendevano l’inizio della partita.

Nel quartiere popolarmente detto Oltrarno, in un’ala di Palazzo Pitti, si spensero le luci sulla prima settimana dell’esposizione dedicata al maestro post impressionista Vincent Van Gogh, un’occasione più unica che rara di poter ammirare contemporaneamente i più grandi capolavori del genio olandese. Laura salutò la professoressa Gherardini, poi uscì dando un’occhiata di soddisfazione all’Autoritratto e si avviò per le strade di Firenze dirigendosi verso il suo piccolo monolocale. La Gherardini era molto soddisfatta dell’andamento della mostra nella prima settimana dall’inaugurazione, c’erano stati molti più visitatori del previsto, prenotazioni per le settimane a venire e una grande accoglienza dagli istituti scolastici che desideravano approfittare dell’occasione per mostrare agli studenti quei capolavori. Era anche orgogliosa di Laura, una delle sue studentesse che aveva seguito con interesse nel corso degli studi universitari sino alla laurea in storia dell’arte, a seguito della quale l’aveva contattata proponendole un’interessante collaborazione per organizzare l’evento sul maestro olandese a Palazzo Pitti. Riordinò le ultime carte del suo ufficio, attese lo spegnimento del computer e se ne andò. Poco più di mezz’ora dopo, all’interno dell’ala del palazzo, restavano solo le quattro donne delle pulizie e i tre vigilantes in servizio per la notte.
“Signore, abbiamo terminato di dar di ramazza?” Bianchini, uno dei tre, appariva piuttosto spazientito.
“Perché? Avete fretta?” Rispose Roberta.
“Certo che sì! Dobbiamo chiudere e alla svelta, dopo gioca la Fiorentina in Europa League!”
“Oh, voi e il pallone! Siete tutti uguali!” Borbottò. “Mio marito monopolizza il televisore quando c’è il calcio, io sono costretta a rinchiudermi in cucina con la TV piccola se voglio vedere “Il Segreto”, vi sembra giusto?”
“Ecco, appunto. Diamoci una mossa, così lei va a sciogliersi in lacrime davanti alla telenovela e noi tifiamo la Viola.” Sbuffò. “Accidenti a questa mostra del cavolo. Ho dovuto cedere i biglietti a mio figlio e alla sua fidanzata, dovevo essere libero stasera.”
“E che ci vuoi fare?” Perrone tentò di consolarlo. “Io il Palermo solo in TV posso vederlo, neanche ricordo com’è fatto lo stadio.”
“Pure tu eri di riposo oggi?”
“Sì, e non solo oggi. Ci chiesi una settimana di ferie proprio per scendere in Sicilia dai miei genitori e per colpa di questo Van Gogh del cavolo non me la diedero.”
“Fate come me.” Intervenne Larino. “Appassionatevi alle donne! Quelle non hanno orari, basta scaricare l’app giusta e il gioco è fatto.”
“Bah, lascia perdere le tue donnine calienti.” Bianchini gli diede poco peso. “Piuttosto, vedi se riesci a trovare quel sito della scorsa settimana in cui trasmettono le partite, fra mezz’ora inizia.”
“Non dovrebbe essere difficile, dammi un solo istante e… infatti. Eccolo qua! Ora non ci resta che attendere il fischio di inizio e poi te la guardi tutta.” Fece una breve pausa. “Intanto inizia a fare il primo giro di ronda. Su, vai!”
“E perché proprio io?”
“A me della Fiorentina non importa nulla, per cui, se dopo vuoi vedere la partita, adesso vai tu. Io e Perrone faremo i giri successivi fino a che non termina l’incontro. Coraggio, muovi le chiappe!”
E Bianchini obbedì borbottando.
“Eccoci, rompiscatole!” Roberta, assieme alle altre colleghe, lasciò le chiavi del loro deposito scope e detersivi sul tavolo delle guardie. “Noi abbiamo finito, queste mettetele al loro posto e non vi azzardate a perderle, altrimenti sono guai. Capito?”
“Agli ordini, marescialla!” Rispose altrettanto scherzosamente Larino.

Uscite le donne delle pulizie, i tre vigilantes restarono soli a presidiare la mostra, con un occhio rivolto alle telecamere di videosorveglianza interna e l’altro alla Fiorentina. Passavano i minuti, fra un gol mancato e azioni dai commenti non riferibili, i tre si alternavano nei giri di ispezione esterna come richiesto dagli organizzatori e tutto sembrava filare liscio come le notti precedenti. Terminò la partita con il punteggio di 0-0, Bianchini non era particolarmente soddisfatto perché avevano sprecato varie occasioni, grazie anche ad un paio di fantastiche parate del portiere avversario. “Ok, ragazzi. Ora vado io a fare il giro, voi intanto preparatemi il caffè.” Sbuffò. “Ma sia chiaro: la prossima partita me la guardo dalla Curva Fiesole, non qui dentro assieme a voi. Mostra del cavolo….” E se ne andò con la torcia accesa in mano. Fatto qualche passo all’esterno, la torcia si spense all’improvviso. “Beh? Che hai?” Si rassegnò a dover tornare indietro e chiederne un’altra ai colleghi, ma anche questa si spense improvvisamente come accaduto poco prima. “Qui c’è qualcosa che non va.” Affermò con sicurezza una volta raggiunti di nuovo i colleghi. “Possibile che si siano entrambe spente all’improvviso?”
“Sarà sfortuna.” Propose Perrone. “Le batterie potrebbero essersi scaricate assieme.” Gettò però l’occhio su alcuni monitor che mostravano due punti opposti della sala principale e notò dei disturbi alla trasmissioni piuttosto evidenti. “Ehi, qui c’è qualcosa che non va come dovrebbe.”
“I topi stanno rosicchiando i cavi?”
“C’è la rete wi-fi, genio.”
“Questa telecamera si è spenta!” Esclamò Larino. “Cazzo, vuoi vedere che… Bianchi’, togli l’allarme, svelto! Io vado ad ispezionare l’esterno; Perrone, tu vai dentro. Teniamoci in contatto radio e avvertite la centrale.”
Bianchini fece quanto detto dal collega ed incollò gli occhi ai monitor seguendo i colleghi in perlustrazione. Ad un tratto vide una finestra spalancarsi senza motivo, chiese spiegazioni a Larino, il quale non aveva notato nulla di strano all’esterno. Non c’era nessuno, neanche un alito di vento, eppure anche lui vide quella finestra aperta. Improvvisamente ci fu uno strano bagliore proveniente dall’interno, poi il buio ed un tonfo secco. Entrambe le guardie giurate chiamarono ripetutamente via radio Perrone che stava all’interno. Non ottennero risposta.
“Bianchini, che diavolo è successo?!” Larino prese a correre verso il collega con cui restava in contatto.
“Io…. Io non lo so!”
“Ma come non lo sai, cazzo?! Hai controllato le telecamere o no?!”
“Si sono spente all’improvviso!” Aveva il volto pallido. “Perrone stava perlustrando le sale, ho visto quella cavolo di finestra aprirsi, poi un bagliore e…..” Era agitatissimo e parlava in modo piuttosto confuso. “Ho avvertito una stranissima sensazione di oppressione, faticavo quasi a respirare e poi appunto i monitor si sono spenti e…..Oddio!!” Lanciò un urlo non appena gli schermi di videosorveglianza ripresero a funzionare mostrando Perrone steso a terra con una brutta ferita alla testa.


Che cosa è accaduto a Palazzo Pitti?











Ciao a tutti!
Felice di ritrovare vecchi e nuovi lettori. Ho lavorato sodo per regalarvi l’inizio della mia nuova long prima della fine dell’anno, detto fra noi anch’io ne sentivo la mancanza.
Restando nel mio stile, vi ho proposto il fatto principale che scatenerà tutta la vicenda in cui incontreremo personaggi che, spero, vi possano accompagnare lungo le settimane a venire.
Ringrazio fin d’ora chiunque voglia seguirmi in questa nuova avventura all’ombra della Cupola del Brunelleschi ed auguro a tutti voi un FELICE NATALE ED UN SERENO 2019.
Ci vediamo a Gennaio!

Un Abbraccio
La Luna Nera
 

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Capitolo 2
*** Il Commissario Fiorini ***


 
 
 

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IL GIORNO SUCCESSIVO
 
 
Laura accese la TV come ogni mattina per ascoltare le notizie, mentre l’aroma del caffè riempiva piacevolmente tutto il suo monolocale. La giornata si preannunciava splendida, il sole era spuntato ed illuminava meravigliosamente i tetti di Firenze, facendo brillare la grande sfera dorata posta sulla sommità della cupola del Duomo. Versò il caffé nella tazzina e si mise seduta, sgranocchiando qualche biscotto, portando l’attenzione sulla notizia di cui stavano parlando al TG:
“Ci colleghiamo adesso con il nostro inviato a Firenze per gli ultimi aggiornamenti sull’aggressione alla guardia giurata in servizio di vigilanza presso Palazzo Pitti. Ricordiamo che una settimana fa, nell’area del palazzo in cui si sono svolti i fatti, è stata inaugurata un’importante mostra su Vincent Van Gogh. A te la linea.”
“Sì, buongiorno. Ci troviamo davanti all’ingresso della mostra, non possiamo andare oltre perché sono in corso i rilievi della Polizia intervenuta per indagare sul caso. Questa la cronaca dei fatti: i tre addetti alla vigilanza hanno notato alcune stranezze a seguito delle quali sono intervenuti all’interno delle sale. Per cause ancora da accertare uno dei tre viglantes, un quarantatreenne di origini siciliane, è stato trovato a terra, con una profonda ferita alla testa, fortunatamente ancora in vita. Immediati i soccorsi, allertati dai colleghi, che lo hanno trasportato all’ospedale di Careggi in codice rosso.”
“Hai altre notizie sulle sue condizioni?”
“No, per il momento gli inquirenti mantengono il massimo riserbo su tutto. A mezzogiorno ci sarà una conferenza stampa per gli aggiornamenti del caso. Per ora è tutto, ti restituisco la linea.”
“Bene, grazie. Passiamo ora alle notizie sportive….”
In quel momento il cellulare squillò: era la Professoressa Gherardini, direttrice della mostra. “Pronto… Sì, buongiorno….Sì, ho appena sentito la notizia in TV….. Naturalmente. Fra dieci minuti sono da lei.”
Laura chiuse la chiamata, rinunciando a malincuore ad una colazione tranquilla, si preparò rapidamente e scese per raggiungere Palazzo Pitti.
Un cordone di polizia teneva a debita distanza curiosi, turisti e giornalisti che tentavano di sbirciare per essere i primi a dare aggiornamenti sull’accaduto. A fatica si fece strada fra la folla, venendo poi bloccata ad un metro dall’ingresso da due agenti.
“Alt. Qui non si può entrare.”
“Sono Laura Torricelli, curatrice dell’esposizione.”
“Mi dispiace, signorina, abbiamo ordine di non far entrare estranei.”
“Io non sono un’estranea.” Si stava innervosendo, aveva buttato anima e corpo in quella mostra. “Sono responsabile di tutte le opere esposte, io ho deciso la loro collocazione all’interno delle sale e devo assolutamente entrare per verificare se ci sono stati danni! Le opere di Van Gogh hanno un valore inestimabile!”
Il piccolo battibecco sorto fra Laura e l’agente aveva richiamato l’attenzione dei presenti. Un uomo dall’età apparente sulla quarantina si avvicinò ai due. “Che sta succedendo?”
Il poliziotto salutò. “Commissario, la qui presente signorina chiede con insistenza di entrare.”
“A quale titolo la signorina vorrebbe entrare?”
La ragazza roteò gli occhi. “Sono Laura Torricelli, curatrice dell’esposizione, ne ho curato tutti i particolari assieme alla Professoressa Giuliana Gherardini, sa, quella signora di mezza età che sta già all’interno del palazzo….”
“La nostra gentile ospite forse non sa con chi sta parlando.”
“Infatti. Io mi sono presentata, cosa che lei non ha fatto.”
Non si aspettava una risposta tale. Assottigliò lo sguardo e sfoderò il classico sorrisetto da mezza canaglia. “Commissario Leonardo Fiorini, dirigo le indagini su quanto accaduto all’interno della mostra, ragion per cui sono io che decido chi entra e chi sta fuori.”
“Ah sì? Vedremo…..” Afferrò il cellulare e chiamò immediatamente la professoressa che, nel giro di un minuto, si affacciò e le fece cenno di raggiungerla. Chiuse la telefonata, ripose il cellulare nella borsa e si voltò verso i due uomini, lanciando loro un’occhiata ricca di soddisfazione accompagnata da un sorriso neanche troppo tirato.
 
“Scusi per la telefonata, il commissario mi impediva di entrare.” Laura raggiunse la professoressa. “Allora? Ho sentito le notizie in TV, parlavano di un vigilantes ferito.”
“Sì, è così.” Confermò. “Ancora dall’ospedale non hanno fatto sapere nulla, non ho notizie sulle sue condizioni.” Fece un attimo di pausa ripensando all’accaduto. “Comunque le opere non hanno subito alcun danno, almeno così sembra ad una prima osservazione.”
“Spero si riprenda presto, poveretto.” Rivolse poi l’attenzione ai quadri esposti. Non era stato semplice riuscire ad avere in prestito quei quindici capolavori per allestire l’esposizione, Laura ci aveva buttato anima e corpo in quanto era il suo primo vero progetto di una certa importanza, poteva diventare il trampolino di lancio verso una brillante carriera nel mondo dell’arte. Purtroppo quell’increscioso episodio avvenuto dopo appena una settimana dall’inaugurazione dell’evento, stava creando non pochi problemi, uno su tutti l’ipotesi maledettamente concreta di chiudere la mostra fino alla soluzione del caso.
Le due donne raggiunsero i responsabili della sicurezza nella sala dove stavano tutti i monitor di videosorveglianza. Cinque persone stavano già visionando i filmati relativi alle ore notturne in cui la guardia ferita era in servizio, sperando di notare qualche dettaglio utile a far luce sull’accaduto.
“Ecco.” Esordì il tenente Valli. “Qui c’è il collega in perlustrazione esterna….” Mandò avanti il filmato. “…e qui si vede nettamente la finestra aperta.”
“Qualcuno può averla aperta.” Il commissario irruppe nella sala assieme ad un uomo dall’aspetto calmo e pacato. “Si vede qualche cosa di sospetto?”
“Ad un primo esame direi di no.” Rispose.
“Mhm, vada avanti con le immagini, prego.”
“Il collega Perrone entra dentro il palazzo da questo ingresso laterale…. Un attimo che passiamo alle telecamere interne…” Digitò con sicurezza i codici di accesso e in una manciata di secondi i monitor mostrarono le sale dell’esposizione. “Ecco qua. Come potete vedere voi stessi non c’è niente di anomalo, però come punta la torcia verso questo dipinto, appare un bagliore, dopodiché il filmato si interrompe. Buio totale.” Tutti osservavano quanto mostrato dai monitor. “Poi riprende come se niente fosse ed ecco Perrone steso a terra.”
“C’è un vuoto di pochissimi secondi.” Osservò il commissario.
“Sì.” Confermò l’altro. “Ed è in questo breve lasso di tempo che è stato colpito.”
“Dovremmo interrogare il vigilantes, lui è l’unico in grado di dirci qualcosa.”
“Spiacente commissa’, quello sta in coma.” Rispose l’accompagnatore di Fiorini, rimasto fin ora in silenzio, con uno spiccato accento napoletano. “’O dottore dice che nun può parlare proprio e manco sappiamo se il poveretto si sveglia.”
“Potete accompagnarmi sul luogo dell’accaduto?”
“Certamente. Prego, da questa parte.” La direttrice Gherardini fece strada fra i corridoi e ben presto giunsero di fronte all’opera Autoritratto nella cui zona antistante Perrone era stato ferito alla testa, sul pavimento erano ancora visibili le tracce di sangue.
“Esposito, è stato repertato tutto?”
“Tutto, commissa’.” Confermò con sicurezza.
“Mhm, ad ogni modo credo sia opportuno sospendere l’esposizione fino a che non capiamo cos’è accaduto. Chiamo il questore per aggiornarlo sui fatti e per ottenere il permesso di…”
“Ma sta scherzando?!” Irruppe Laura furiosamente. “Lei non può chiudere l’esposizione dall’oggi al domani per un arco di tempo imprecisato!”
Fiorini alzò gli occhi al cielo. “Signorina, io ho l’impressione che lei abbia solo voglia di rovinarmi la giornata e….”
“Permette, commissario?” La Gherardini si intromise pacatamente, tentando di calmare gli animi. “Comprendo perfettamente che lei deve portare avanti delle indagini per far luce sull’accaduto ed io non posso certo intromettermi nel suo lavoro, tuttavia….” Rifletté un istante. “Tuttavia posso concederle una settimana di tempo per indagare all’interno dei locali in cui è allestita l’esposizione, durante la quale sospenderemo le visite dei turisti e delle scolaresche, rimandandole per quanto possibile ai giorni successivi.”
“Una settimana?!” Sbottò l’altro. “Spero stia scherzando!”
“Assolutamente no.” Ribatté incrociando le braccia. “Si dia da fare, lei e il suo personale specializzato. So che è in gamba, lo capisco dal suo modo di fare, e so che riuscirà ad ottenere tutti gli elementi utili all’indagine nel tempo che le concediamo. Altrimenti…”
“Altrimenti?”
“Rimborserà lei tutti i biglietti già venduti alle scolaresche e a chi li aveva acquistati via internet. Questa è la nostra offerta: prendere o lasciare.”
 
 
Dall’alto della finestra, Laura osservava con soddisfazione il commissario allontanarsi assieme ai colleghi, facendosi strada fra i cronisti, i turisti e i curiosi accorsi sul posto. La proposta della direttrice era stata accettata con riserva, dopotutto entrambi avevano le loro buone ragioni ed era necessario trovare un punto di convergenza per poter soddisfare le esigenze dell’uno e dell’altra. Una settimana era più che sufficiente per fare sopralluoghi, scovare indizi e capire veramente cos’era accaduto durante quella notte. Almeno era ciò che tutti si auguravano.




 
 
 
 
 
 
 
 


Buon 2019 a tutti e ben ritrovati.
Ringrazio sin d’ora tutti VOI che avete commentato positivamente il capitolo iniziale e VOI che avete inserito la storia nelle liste.
Ancora si capisce poco di quanto è accaduto, intanto iniziamo a conoscere i personaggi che ci faranno compagnia.
Avrete notato la presenza di un personaggio partenopeo: essendo io toscana, potrei commettere qualche piccolo errore nello scrivere in napoletano. Chiedo scusa fin d’ora ai lettori campani per eventuali sbagli, ogni suggerimento è ben accetto. Ho semplicemente voluto fare un piccolo omaggio ad una città meravigliosa e al sole che i suoi abitanti portano nel cuore ovunque essi siano. Uno dei miei amici più cari infatti è originario di Napoli.
 
Grazie a tutti e a presto.
Un abbraccio
La Luna Nera.
 

 

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Capitolo 3
*** Iniziano le indagini ***


 
 
 
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Fiorini spense l’ennesima sigaretta nel posacenere, era quasi pieno, così come l’aria del suo ufficio era intrisa dell’odore del fumo. Pareva non curarsene, ci era abituato e paradossalmente la compagnia di fumo e sigarette lo aiutava a immergersi nel lavoro. Aveva letto e riletto tutte le dichiarazioni rilasciate dal personale di sorveglianza presente a Palazzo Pitti nella notte dell’aggressione, nonché dalle donne delle pulizie che avevano lasciato l’edificio poco dopo le 21:00. Non era emerso un bel niente. Tutto rientrava nella norma, non c’era assolutamente niente di anomalo nelle loro deposizioni: le luci erano state spente durante il giro di controllo serale, quelle di emergenza erano accese come di consueto, le porte erano state chiuse e l’impianto di allarme inserito correttamente.
“Eppure qualcosa non quadra…” Mormorò fra sé e sé. “L’allarme anti intrusione era stato disattivato prima dell’ispezione interna a seguito delle anomalie rilevate dalle telecamere, ma nessuno dei rilevatori volumetrici aveva segnalato persone all’interno e la stessa cosa sembra sia accaduta all’esterno.” Alzò la cornetta del telefono e chiamò Esposito, il suo fido collaboratore, perché lo raggiungesse in ufficio. Proprio un attimo prima del suo arrivo, il cellulare di Fiorini squillò, guardò il numero ed alzò gli occhi al cielo prima di rispondere.
“Sì!” Sbuffò scocciato. “Che cosa vuoi ancora?...No, la casa è mia e non si vende. Io…  io….   Mi fai parlare?!” Batté il pugno sul tavolo proprio mentre Esposito si stava affacciando sulla soglia dell’ufficio del suo capo. “Se vuoi i mobili e tutte le tue cianfrusaglie, chiami chi ti pare, lo paghi e fai portare via ogni cosa! Non me ne frega un…. No! No! No! Paghi te!” Era rosso di collera. “No! Non voglio sentire più st….” Per l’ennesima volta gli era stata chiusa in faccia la chiamata, gettò via il telefono che per fortuna non si ruppe.
“Ancora state discutendo con la guagliona, commissa’?”
Gli rispose con un’occhiataccia, al che Esposito comprese che non era il caso di fare altre domande e si sedette.
Fiorini sbuffò, poi posò la mano sul fascicolo delle deposizioni. “Qui non c’è nulla di utile all’indagine, le informazioni raccolte pur essendo tutte concordi, non ci danno risposte. Dobbiamo verificare alcune cose, ci sono un paio di dettagli che non mi convincono.” Prese il pacchetto delle sigarette, ne estrasse una e la accese. “Convochi la ditta che si è occupata dell’impianto di videosorveglianza e la direttrice della mostra…. Come si chiama….” Cercò il nome fra le migliaia di carte che affollavano il suo tavolo. “Ecco, Giuliana Gherardini, direttrice della mostra su Van Gogh.”
L’uomo annuì, si alzò e dopo aver fatto qualche passo, si voltò. “Scusate, ma non dovremmo convocare pure l’altra signorina?”
L’idea non lo entusiasmava troppo, il battibecco avuto con lei lo aveva infastidito più del dovuto, tuttavia dovette riconoscere che ogni deposizione poteva essere utile alle indagini e diede ordine ad Esposito di procedere.
 
 
 
 
Laura si trovava nel suo monolocale, colta da una profonda nostalgia si era messa a sfogliare la sua tesi di laurea. Pagina dopo pagina davanti ai suoi occhi rivedeva la studentessa che era stata, con il thermos di caffè come alleato per resistere alle lunghe ed interminabili ore di studio, con la voglia di portare a termine quel lavoro su Van Gogh, sua croce e delizia per tutti gli anni di liceo prima ed università poi. In un certo senso era piacevole ripercorrere quel periodo della sua vita, ripensare agli enormi sacrifici dei suoi genitori per permetterle di realizzare il suo sogno, ai loro occhi lucidi e pieni di orgoglio quando finalmente aveva conseguito la laurea in storia dell’arte. Aveva studiato sodo, trascorrendo anche alcuni mesi nei Paesi Bassi proprio per approfondire ulteriormente la figura del maestro olandese, studiarne l’inquieta personalità, il talento unico e la genialità riconosciuta, purtroppo, postuma. Ripensò alle sue amiche in giro a divertirsi, mentre lei era china sui libri, alle tante rinunce e ai fine settimana passati sui libri anziché sul telo nella spiaggia di Viareggio. La soddisfazione però l’aveva ripagata di ogni sacrificio, adesso era felice perché aveva centrato il suo più grande obiettivo: omaggiare il suo adorato Vincent. Vedere tutti quei dipinti meravigliosi esposti assieme, ammirati da migliaia di visitatori affascinati la riempiva di orgoglio e di soddisfazione. Sì, perché lei era stata capace di organizzare tutto questo, nonostante gli ostacoli spuntati nel corso dell’allestimento per la poca fiducia di personaggi artisticamente affermati nei confronti di una semplice neolaureata.
Si perse per una manciata di secondi nel contemplare l’Autoritratto che aveva scelto come immagine di sotto copertina, poi riprese a sfogliare le pagine. Proprio in quell’istante il suo cellulare squillò e ricevette l’invito a presentarsi in Commissariato per deporre la sua testimonianza.
 
Quando giunse a destinazione, notò che la professoressa Gherardini si trovava già nell’ufficio del commissario e stava rispondendo alle sue domande.
“Caffè, signori’?”
Laura si voltò e riconobbe il collaboratore dal simpatico accento partenopeo che l’aveva convocata. “Grazie, molto gentile.” Accettò di buon grado quanto offertole. “Lei dev’essere il signor Esposito, giusto?”
“Sì, ma non chiamatemi signo’ che i’ nun so signo’. Chiamatemi semplicemente Pino.”
“Ok, come desidera, Pino.” Girò la palettina nel bicchiere di carta soffermandosi per alcuni istanti nell’osservare la bevanda mischiarsi con la leggera schiuma in superficie. “Senta, posso…..posso farle una domanda?”
“E come no!”
“Il commiss….”
“Signorina Torricelli?” Fiorini si affacciò sulla soglia del suo ufficio interrompendo bruscamente la conversazione. “Prego, si accomodi.”
Laura salutò con un cenno della testa prima Esposito e poi la Gherardini che se ne stava andando.
“Si accomodi pure.” Il commissario si sedette a sua volta e accese l’ennesima sigaretta. “Allora….” Incrociò le mani con una leggera punta di nervosismo.
Per tutta risposta lei tossì, visibilmente infastidita dalla puzza di fumo.
Lui sospirò e si limitò ad aprire leggermente la finestra.  “Dunque, lei si è occupata dell’organizzazione della mostra, ed è lei che ha provveduto a chiedere in prestito opere dell’artista ad altri musei, è così?”
“Sì, esatto.” Rispose in modo secco e deciso.
“Qualcuno si è mostrato riluttante al prestito dei quadri?”
“No. Chi vive a stretto contatto con l’arte ha a cuore che questa venga divulgata e fatta conoscere ad un pubblico vasto. Sono proprio le occasioni come questa ad offrire l’opportunità di far incontrare artisti come Van Gogh con appassionati e turisti che difficilmente ne avrebbero avuto la possibilità.”
“Certo….” Gli sembravano discorsi troppo intellettuali. “A suo giudizio, qualcuno potrebbe avrebbe avuto motivo di avercela con lei o con qualcuno che ha a che fare con l’esposizione?”
Rifletté un istante tentando di trovare una risposta.
“Non le viene niente in mente?”
“Così su due piedi direi di no. Le persone con cui ho avuto a che fare e che si occupano dell’esposizione non mi hanno dato modo di sospettare nulla.”
“Mhm, capisco.” Spense la sigaretta e prese a sfogliare le carte su cui erano elencati i nomi di tutti i collaboratori.
Laura avvertiva una leggera punta di imbarazzo nel trovarsi lì, da sola, con il commissario che pareva ignorarla, che ogni tanto si massaggiava la fronte su cui piccolissime rughe facevano trapelare la sua età non proprio giovanissima. Probabilmente era vicino ai quarant’anni e sprigionava uno strano ed irresistibile fascino sulla ragazza che di anni ne aveva di meno. “Senta, signorina, per caso il mio collaboratore le ha fatto qualche discorso strampalato?”
“Il signor Esposito intende?” Attese la conferma. “Mi ha solo offerto un caffè.” Non capiva il motivo di tale domanda.
“Meglio così. Vede…ehm… Esposito è un eccellente ispettore, però a volte se ne esce con discorsi insensati quali il malocchio, le fatture e via dicendo. Sono cose che in questo commissariato non sono contemplate, se viene commesso un reato noi dobbiamo trovarne il responsabile con prove concrete, senza rivolgersi ad astrologi e fattucchiere. Ho detto la stessa cosa alla professoressa Gherardini e la stessa cosa ho detto anche a lei perché non tollero stupidaggini del genere. Siamo d’accordo?”
“Certo, assolutamente d’accordo.” Il commissario appariva come un uomo schietto, dedito al lavoro, dal carattere tosto e deciso. Anche Laura non credeva a quelle cose, almeno su quello non avrebbero discusso. “Però… a pensarci bene una cosa mi sarebbe venuta in mente, non so se può essere pertinente ma….” Fiorini la incoraggiò a proseguire. “Per garantire la sicurezza dell’esposizione abbiamo richiesto il servizio di vigilanza armata durante le ore notturne e mi sembra di aver sentito lamentele da parte delle guardie giurate richiamate al lavoro, così come di alcune donne delle pulizie alle quali sono stati chiesti gli straordinari.”
“Quindi qualcuno di loro potrebbe aver escogitato qualcosa per chiudere la mostra, qualcosa che purtroppo gli è sfuggito di mano ed ha provocato il ferimento del vigilantes.”
“Io non ne ho idea, le ho solo riferito ciò che mi era venuto in mente, il commissario è lei, non io.”
Non si aspettava una tale risposta, tuttavia apprezzò il fatto che la ragazza non mostrasse di essere una ficcanaso e che quindi non si sarebbe impicciata nelle indagini. “Bene, la ringrazio.” Si alzò e le porse il suo biglietto da visita. “Qui c’è il mio numero di telefono. Mi chiami se le torna in mente qualcos’altro.”
“Grazie.” Prese quel cartoncino e se lo mise in tasca.
“Mi raccomando, solo cose serie.”
“Tranquillo, Commissario. Le auguro una buona giornata.” E se ne uscì dalla porta salutando con un cenno l’ispettore Esposito.
 
 
“Esposito!”
“Comandi, commissa’!” L’uomo sobbalzò non appena si sentì chiamare.
“Indaghi su tutti gli uomini della vigilanza che hanno prestato servizio alla mostra, sulle donne delle pulizie, sugli elettricisti, manutentori, pure gli addetti alle macchinette del caffè. Voglio sapere chi e quanto si è lamentato per essere stato coinvolto per l’esposizione, controlli se avevano prenotato vacanze o cose simili. Le do due giorni di tempo, poi voglio tutto nel mio ufficio.”
“Due giorni, commissa’? E come faccio?!”
“Come vuole.” E se ne andò per il corridoio con il cellulare in mano.
 
 
 









 
 
Buon mercoledì a tutti!
A costo di essere ripetitiva, desidero ringraziare di tutto cuore VOI meravigliosi recensori ed i lettori silenziosi, nonché chi ha inserito la storia in una delle liste.
Allora… l’indagine è iniziata e il commissario sembra avere già una possibile traccia da seguire. E’ un tipo tutto d’un pezzo, un tipo che non ammette i fenomeni paranormali al contrario del buon Pino Esposito che sembra aver già preso in simpatia Laura.
Che succederà?
 
Un abbraccio
La Luna Nera

 

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Capitolo 4
*** Una luce nella Notte Stellata ***






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La professoressa Gherardini era tornata nel suo piccolo ufficio di Palazzo Pitti a due giorni dagli incresciosi fatti di cronaca accaduti a seguito dei quali l’esposizione su Van Gogh era stata momentaneamente sospesa. Stava cercando di limitare i danni, posticipando al meglio tutte le visite prenotate nella settimana di chiusura, mentre nell’area ospitante la mostra andavano avanti i sopralluoghi della Polizia per raccogliere quante più informazioni possibili e far luce sulla misteriosa aggressione a Perrone.
Proprio mentre era intenta a controllare gli elenchi dei visitatori prenotati, Laura bussò alla porta dell’ufficio.
“Permesso?”
“Oh, vieni, entra pure.” Si tolse gli occhiali. “Sono felice che tu sia venuta subito.”
“C’è qualche problema?”
“Beh, a dire il vero, sì. Ho cercato di accontentare tutte le richieste dei visitatori, purtroppo alcuni gruppi facevano parte di tour organizzati e si sarebbero trovati qui per un’escursione durante una crociera. L’unica soluzione consiste nel proporre loro una visita a Palazzo Pitti e al Giardino di Boboli con un biglietto cumulativo al prezzo pattuito in precedenza. Se non accettano, saremo costrette a rimborsare l’intero importo già versato e non si tratta di qualche Euro.”
“L’offerta mi sembra buona e poi questa sospensione dell’evento è per causa di forza maggiore.”
“Hai ragione, ma quando si tratta di business c’è chi non guarda in faccia nessuno, neanche una persona in fin di vita.”
C’era del vero nelle parole della Gherardini. “Ha avuto notizie del vigilantes ferito?”
“E’ sempre in coma, lo hanno sottoposto ad un delicato intervento neurochirurgico che fortunatamente è andato bene, ma ancora non hanno sciolto la prognosi.” Fece una breve pausa durante la quale il suo pensiero volò dritto all’ospedale di Careggi. “Coraggio, andiamo a dare un’occhiata alla mostra.”
 
Era piacevole e allo stesso tempo deprimente percorrere i corridoi che mostravano opere d’arte di altissimo livello. Ma le mostravano a chi? A nessuno, poiché la mostra restava ancora interdetta al pubblico. Poco più in là gli agenti della scientifica stavano perlustrando ogni millimetro dell’area in cui Perrone era stato trovato a terra, lavoravano senza sosta sotto lo sguardo vigile del commissario Fiorini e dell’ispettore Esposito.
“A che punto sono con i rilievi?” Laura sperava di poter riaprire presto l’esposizione.
“Credo siano a buon punto.” Rispose la Gherardini, muovendo alcuni passi verso i due uomini. “Buongiorno commissario, ispettore.”
“Oh, buongiorno a voi, signore.” Esposito ricambiò il saluto in modo cordiale. “Tutto bene?”
“Sì, grazie. Mi porta novità?”
“I nostri uomini lavorano giorno e notte per fare tutto quello che c’è da fare nel pochissimo tempo a disposizione.” Fiorini si intromise nella conversazione.
“Confido in lei, commissario, so che ha tutte le carte in regola per arrivare in alto.” La professoressa non lo vedeva di buon occhio, in quanto per lei era troppo pieno di sé, arrogante e presuntuoso, per cui non mancava di ribattere in maniera decisa. “Laura, mi sono dimenticata di una telefonata urgente con il professor Nenci su quell’evento per la fine dell’anno, ricordi?” Fece capire alla ragazza di assecondarla. “Resti tu con il commissario, per favore?”
“Certo….” Non era troppo entusiasta, ma accettò.
“Mi raccomando, aggiornatemi se ci sono novità.” Salutò e se ne andò.
“La professoressa è una tipa tosta.” Anche Fiorini non nutriva troppa simpatia.
“Si è fatta da sola, con le sue sole forze.” Aggiunse Laura. “Può sembrare fredda e scontrosa, ma ha un animo nobile.”
“Scommetto che è zitella.” Ridacchiò lui.
“Sbagliato, è felicemente sposata da quasi quarant’anni. Scommetto piuttosto che lo scapolo è lei.” Ribatté lei prontamente. “Ha un modo di relazionarsi con gli altri piuttosto freddo.”
“E’ il mio lavoro.” Sibilò visibilmente scocciato. “Io devo essere diretto nei confronti delle persone, anche se si tratta di dare brutte notizie.”
“Scusate, commissa’.” L’intromissione di Esposito fu provvidenziale. “Ci sta nu problema laggiù, appresso ‘o quadro llà. Venite, ja’!”
“La Notte stellata?!” Laura corse precipitosamente verso l’opera forse più nota del maestro olandese. “Che succede?”
C’erano due agenti la cui faccia era bianca. Avevano lasciato tutti i loro strumenti a terra e si erano allontanati dalla parete su cui era appeso il quadro. “Che sta succedendo?” Tuonò Fiorini.
“L-lì…..” Uno degli agenti indicò tremando il campanile della chiesetta presente sul dipinto. “Quelle due finestre…. Quelle nere… Si… Si sono accese delle luci!”
“Cosa? Ma per cortesia! Sia serio, Marchetti!”
“Commissario….” Biascicò l’altro. “L’ho visto anche io.”
Fiorini sospirò, scuotendo la testa.
“Commissa’, io ve lo dicevo che certe cose ci stanno veramente. ‘O pittore Van Gogh era bravo assai, ma poveretto è pure morto giovane. Zia Maria mi diceva sempre che…
“Ispettore Esposito, non mi interessa un accidente di zia Maria! Quante volte devo dirle le stesse cose?! Noi ci occupiamo di reati commessi dai vivi, non dai morti! Le ripeto per l’ennesima volta che i defunti non fanno più niente tranne che starsene buoni nelle loro tombe a riposare per l’eternità! Oh!” Sbottò furioso. Si avvicinò alla finestra accendendo una sigaretta e circondandosi di fumo, tentando di calmarsi almeno un po’.
Laura aveva assistito in silenzio. Pensava a quanto accaduto, a quanto era stato duro con il povero ispettore, a quanto quell’uomo poteva essere dotato di uno strano fascino e farsi detestare appena un attimo dopo. Esposito sembrava essere abituato a queste cose, se n’era rimasto in silenzio, in disparte, aspettando con pazienza che il suo capo si calmasse. “Bah, ‘o commissario può dire quello che vuole, ma ‘sti guaglioni se so’ spaventati assai. Qualche cosa di strano ci sta, nun tengo dubbi.” Si era avvicinato alla ragazza. “Fiorini è fatto così, è un ottimo commissario, ma è pure una capa tosta, non accetta troppi consigli dai suoi collaboratori.”
“A me ha detto che non tollera cose strane, tipo manifestazione paranormali e cose simili.”
“Già, lui non ci crede affatto ed è libero di pensarla come meglio crede, però il rispetto per i morti lo deve portare, questo diceva sempre zia Maria. Vincenzo Van ‘e Gogh è morto e merita rispetto. Tutto qua.”
Laura si lasciò sfuggire un sorriso per il modo in cui aveva chiamato l’artista. “Certo, ha perfettamente ragione. Per questo spero di poter riaprire presto l’esposizione e rendergli il tributo che merita. E poi….” La ragazza smise improvvisamente di parlare poiché la sua attenzione cadde casualmente su “Notte Stellata” e notò che le due finestrelle poste sotto il campanile della chiesa erano gialle, quando nel dipinto erano sempre state nere, esattamente come avevano riferito i due agenti impegnati nei rilievi. “Non è possibile….” Stava iniziando a tremare. “Lì! Guardi! Guardi, ispettore!”
“Per favore, signorina Torricelli! Non inizi anche lei a sparare stupidaggini!” Il commissario li aveva raggiunti.
Lei lo guardò con fulmini e saette che le uscivano dagli occhi. “Io conosco bene quell’opera e so con certezza che le due finestrelle sono di colore nero. Poco fa erano gialle, come se si fosse accesa una luce! Io le ho viste!”
“E allora? Potrebbe essersi sbagliata.”
“Lei non ha mai studiato arte, vero commissario?”
“Per il mio lavoro non servono tempere e pennelli.”
“Ecco, quindi non contraddica chi dell’arte ne ha fatto il pane quotidiano per anni. Conosco Van Gogh e le sue opere alla perfezione e se le dico che quelle finestre sono sempre state nere, deve credermi!”
“Va bene!” Sbottò lui. “Ammettiamo che sia così. Mi spieghi ora perché sono gialle!”
“Arancio, commissa’, mo’ sono arancio!” Esposito aveva notato un improvviso cambiamento di colore.
“Non è che per caso le hanno rifilato un falso, signorina?”
Era pressoché impossibile. “Notte Stellata” era arrivata direttamente dal Museum of Modern Art di New York, era l’originale dipinto del maestro nel 1889. “No.” Rispose lei con un groppo in gola. Non poteva e non voleva crederci.
“Torniamo in commissariato. Venga anche lei, ho bisogno di alcune informazioni.”
Seguirono Fiorini in silenzio, mentre le due finestrelle del dipinto tornarono nuovamente nere.  
 
 
 
 
Buongiorno a tutti.
Chiedo umilmente scusa per il ritardo con cui aggiorno. Purtroppo a volte capita che la vita reale non contempli quella parte di noi dedita alla lettura e alla scrittura. Approfitto anche per scusarmi con gli autori di cui seguo le storie per il mio silenzio.
 
Qua i battibecchi sembrano all’ordine del giorno, gli unici a non discutere, per ora, sono Laura ed il buon ispettore Esposito. Però qualcosa di strano accade sul serio, Fiorini non ne vuole sapere, ma purtroppo per lui, siamo solo all’inizio. Non vi dico altro, se non GRAZIE per il vostro supporto. A presto!
 
Un abbraccio
 
La Luna Nera

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Capitolo 5
*** Un misterioso disegno ed una svolta nelle indagini ***





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DUE GIORNI DOPO


 
 
“Posso entrare, commissa’?”
“Venga, venga pure.”
Esposito posò sul tavolo un enorme faldone. “Qua ci stanno le informazioni che avevate chiesto sulle persone che sono state appresso alla mostra.”
“Bene, ottimo lavoro.” Si alzò dalla sedia e sbirciò fuori dalla finestra prima di riportare l’attenzione sul collega. “Ha rilevato qualcosa di interessante?”
“Forse.” L’uomo frugò fra i documenti ed estrasse una paio di fogli. “Perrone, o’ vigile in coma, voleva una settimana ‘e ferie per scendere a Palermo. ‘O tenente nun ce l’ha data pecché ci stava la mostra.”
“Perrone è la vittima, non credo si sia ferito da solo.”
“Infatti. Poi ci sta ‘o collega che voleva andare allo stadio e pure iss è stato richiamato in servizio.”
“Capisco.” Sfogliò gli altri documenti trovando ciò che cercava. “Il tenente?”
“Stava in casa da solo quella sera, almeno così ha detto. E’ scapolo e nun tiene l’alibi. In molti ce l’hanno con lui perché privilegia alcuni dipendente e se ne fotte di altri.”
“Lo convochi.”
Fiorini aveva già una possibile pista da seguire.
“Ah, commissa’! Ho avuto conferma pure dalla dogana che i quadri esposti sono tutti originali, nun ci stanno falsi.”
 
La mattina seguente Laura uscì dalla doccia, canticchiando una delle tante canzoni dei Coldplay, la sua band preferita. Mancava poco più di un mese al loro concerto al Nelson Mandela Forum, purtroppo non era riuscita ad acquistare il biglietto perché non appena avevano aperto le prevendite, come per incanto tutti i tagliandi disponibili si erano polverizzati e ne restavano solo alcuni dal prezzo improponibile per le sue finanze. Ascoltare i loro brani era l’unica consolazione, poi se il destino le avesse sorriso, magari sarebbe andata ad un loro concerto e magari proprio in Inghilterra.
Stava ancora con l’asciugamano in testa, quando il cellulare squillò: era la Gherardini.
“Professoressa, buongiorno…. Che cosa? Sta scherzando?! ……. Capisco, capisco. Sì, sì, vado io, non si preoccupi…… Ok, la tengo aggiornata….. Bene, arrivederci.”
Si asciugò i capelli rapidissimamente, si vestì e si precipitò a Palazzo Pitti. E lì, fuori dall’ingresso della mostra, c’erano il commissario Fiorini, l’ispettore Esposito e due agenti.
“Oh, ben arrivata signorina.”
“Buongiorno commissario.” Laura aveva il fiato corto. “Allora ha tolto veramente i sigilli? Possiamo riaprire al pubblico?”
“Sì, ha visto che abbiamo risolto il caso impiegando ancora meno tempo di quanto ci era stato concesso dalla prof?” Si guardò attorno. “Come mai non è ancora arrivata?”
“Ha una brutta infreddatura, ha incaricato me di fare le sue veci per i prossimi giorni.”
“Bene, ora sarà felice, giusto?”
“Naturalmente. Sapevo che lei è in gamba così come i suoi uomini.” Si lasciò sfuggire il commento positivo, tanto era entusiasta della riapertura. “Ma…. Allora avete individuato il colpevole?”
“Sì, abbiamo raccolto prove sufficienti. Adesso dobbiamo andare, il dovere ci chiama, però, se vuole, più tardi l’aspetto in commissariato.”
Si congedò con un cenno della mano, salì in auto con gli altri e scomparve nel traffico.
Laura entrò nell’ufficio della Gherardini e trovò molte carte sparse sul pavimento. Strano. Pensò fra sé e sé. Lei è sempre precisa e ordinata. Eppure nessuno era entrato in quella stanza. Si mise a raccogliere ciò che stava per terra, riordinò poi tutte le carte in cui c’erano gli elenchi delle prenotazioni delle visite, le e-mail dei musei che avevano concesso in prestito le opere e la rubrica in cui erano annotati i nomi di tutti coloro che collaboravano all’esposizione. La sfogliò e non appena aprì la pagina relativa all’Istituto di Vigilanza, cadde un pezzo di carta. Lo raccolse, lo aprì e restò a bocca aperta. C’era un disegno dal tratto inconfondibile: c’era il panorama di Firenze così come lo sia ammira dal Piazzale Michelangelo, con l’imponente cupola del Duomo e l’elegante campanile di Giotto. Erano stati riprodotti con un contorno nero piuttosto marcato, dannatamente simile, per non dire uguale, al piccolo villaggio di “Notte Stellata”. Il cielo notturno poi era pressoché identico a quello vorticoso su Saint-Rémy-de-Provence, il probabile paesello del noto dipinto di Van Gogh.
Chi diavolo aveva fatto quel disegno?!
Chi poteva essere così abile da dipingere esattamente come il grande Vincent?
Mise quel misterioso pezzo di carta lì dove lo aveva trovato ed uscì dall’ufficio, nelle sale c’era bisogno di lei.
 
 
 
All’imbrunire Laura, stanca ma soddisfatta, raggiunse il commissariato. Venne accolta con un luminoso sorriso dall’Ispettore Esposito.
“We, signori’, che piacere vedervi!”
“Buonasera Pino.” Ricambiò il sorriso. “Non l’ho ancora ringraziata per tutto quello che lei ha fatto per la mostra. E’ stato fantastico.”
“Io n’agg fatto niente, solo ‘o dovere mio.”
“C’è modo e modo di fare il proprio dovere.” Lo aveva sempre sostenuto. “Il commissario è in ufficio?”
“No, ma dovrebbe stare qui a momenti. E’ uscito un’ora fa, sa, si sta separando.”
La cosa non mi sorprende. Pensò lei lasciandosi sfuggire un lievissimo sorriso.
“’O commissario non ama molto parlare dei fatti suoi, però da quello che so, posso dirvi che conviveva con una guagliona che nun era affatto simpatica. I’ l’ho conosciuta, sapete, ma mo’ che si sono lasciati i’ so’ cuntento che cca’ nun verrà chiù.”
“Oh, dev’essere davvero una tipa tosta.”
“Esatto, siete intelligente voi. E pure mo che si sono lasciati chella continua a scassa’, lo chiama per telefono, sta sempre a chiedere e…”
“Ha finito di fare il resoconto della mia vita privata?” Fiorini comparve all’improvviso, con la faccia piuttosto tirata.
“Stavamo parlando di un nostro conoscente in comune che è stato lasciato dalla fidanzata. Se anche lei si trova nella stessa situazione, mi dispiace.” Laura intervenne, ma ebbe l’impressione che il commissario non l’avesse bevuta.
“Venga nel mio ufficio.” Fece cenno alla ragazza di seguirlo senza dimenticare di lanciare un’occhiata non troppo amichevole all’ispettore. “Prego, si accomodi.” Si sedette anche lui. “Gradisce un caffè? Un thè?”
Vista l’ora, un aperitivo sarebbe stato più indicato. “Grazie, sono a posto così.” Sorrise nonostante avvertisse un leggerissimo disagio. “Allora… voleva aggiornarmi sul caso?”
“Sì.” Prese un fascicolo fra i tanti impilati su di un tavolo laterale. “Abbiamo messo in stato di fermo il tenente Valli, il capo servizi della vigilanza.”
“Cosa?!” Era sorpresa. “E’ stato lui ad aggredire uno dei suoi uomini?!”
“Durante la sua deposizione aveva dichiarato di trovarsi in casa all’ora dell’aggressione. Nessuno poteva confermare il suo alibi perché vive solo, ma dai nostri controlli è emerso che si trovava nei pressi di Palazzo Pitti, il suo cellulare ha agganciato la cella di quell’area.”
“Ah sì?” Aveva ascoltato con interesse la spiegazione. “E il movente?”
“Ha ammesso di essersi trovato lì per un’ispezione ai suoi dipendenti, non l’aveva detto perché era solo e tali controlli possono essere fatti solo se accompagnati da un delegato sindacale.”
“Quindi non era in regola.”
“Esatto. Ce l’ha taciuto per non incorrere in sanzioni e cose simili. Noi però sapevamo dei battibecchi con i suoi uomini per le ferie revocate, permessi saltati e via dicendo, quindi lui e Perrone sono venuti ai ferri corti per una settimana di ferie non concessa e il vigilantes ha avuto la peggio.”
“Ma tu guarda….” Il ragionamento del commissario non faceva una piega, tuttavia non era del tutto convinta che le cose fossero andate proprio a quel modo.
“Come vede, signorina….” Fiorini si alzò e sbirciò fuori dalla finestra. “Come vede abbiamo risolto il caso in tempi rapidissimi e la mostra è di nuovo aperta, senza contare la pubblicità indiretta che c’è stata.” Guardò un istante lei, poi di nuovo fuori e ancora lei. “Ragion per cui la invito a prendere un aperitivo. Le va?”
 
 







 
Ciao a tutti!
Devo dire che siete tutti meravigliosi! Sono davvero onorata dei vostri commenti e spero di non deludervi.
Colpo di scena: il tenete della vigilanza viene messo in stato di fermo e la mostra riaperta al pubblico. Sarà davvero lui il colpevole?
E poi c’è il misterioso disegno comparso fra le carte della professoressa. Ho tentato di rielaborare la cosa realizzando il banner che vedere ad inizio capitolo, magari non è il massimo, ma spero di aver reso l’idea.
Un grazie speciale a ineedofthem per il ....supporto linguistico! Di nuovo grazie a tutti!
A presto!
 
Un abbraccio
La Luna Nera
 

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Capitolo 6
*** Il risveglio ***



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Era trascorsa una settimana dalla riapertura della mostra ed avendo finalmente un po’ di tempo libero, Laura accettò l’invito delle sue amiche Paola e Ilaria per trascorrere un piacevole pomeriggio a “La Rinascente” in centro.
Le tre ragazze, entrando al pian terreno dove si trova il reparto profumeria e cosmesi, furono avvolte da una moltitudine di fragranze provenienti dalle innumerevoli confezioni di profumi esposte.
“Ci fermiamo qui?” Propose Ilaria. “Voglio vedere se c’è il nuovo di Christian Dior.”
“Certo, ma sbrigati che tutti ‘sti profumi mi fanno venire il mal di testa.” Ribatté Paola scherzosamente mentre iniziava a gironzolare fra i banchi espositivi.
“Questa trousse somiglia a certe tue croste dell’anno scorso.” Ilaria portò l’attenzione sul prodotto per il make-up dal design estremamente futuristico, non capiva molto di arte, specie quella moderna, e non mancava occasione di lanciare qualche battutina nei confronti dell’amica.
“Io non faccio croste, dipingo! O almeno ci provo.” Ribatté Laura scherzosamente riprendendo a gironzolare fra creme e profumi. “Ehi, che carina questa bottiglietta!” Stava per voltarsi e mostrare alle amiche ciò che aveva notato, ma finì per scontrarsi involontariamente con una tipa molto elegante dall’aspetto estremamente curato. I suoi capelli castani con mèches terminavano con morbidi ciuffi poco sotto le spalle. Il trucco non era particolarmente pesante, metteva però in risalto i suoi splendidi occhi azzurri e le labbra carnose parevano dipinte. Gli abiti erano rigorosamente griffati, così come la borsa che portava e le scarpe con probabile tacco 12. “Ops, chiedo scusa, signora.”
“Signorina, prego.” Rispose l’altra visibilmente stizzita.
“Scusi….” Mamma mia, che personaggio! Bellissima e acidissima. Laura era rimasta meravigliata negativamente dalla sua reazione, ma la cosa che la infastidiva di più era che la tipa continuava a fissarla in modo continuato. “Beh, cos’ha da guardarmi così? Posso fare qualcosa per lei?”
“Noi ci siamo già viste.”
“Dice?” Ripassò mentalmente le sue conoscenze. “A me non pare.”
“Tu, una settimana fa, eri a fare l’aperitivo con Leonardo al Bar sul Lungarno Soderini!”
“Cosa?”
“Sì, tu sei la sua nuova fiamma, quella di cui voleva tenermi all’oscuro! Ad ogni modo io ti ho vista assieme a lui e non puoi assolutamente negarlo.”
“Non è che mi ha scambiata per un’altra persona?”
“No. Ti riconoscerei fra mille. Tu eri assieme a Leonardo.”
“Leonardo chi?” Poi si accese la lampadina. “Il commissario Fiorini?!”
“Ah, sei perspicace!”
“Abbiamo bevuto un drink assieme, ma questo non significa che ci sia una relazione fra noi. E poi, mi perdoni, ma lei chi è?”
“Innanzi tutto modera i termini quando parli con me. Io sono la sua ex compagna, non te ne ha parlato?”
“Mi sono interfacciata con lui per motivi di lavoro, non mi sono impicciata della vita privata del commissario. Adesso, se vuole scusarmi ho altro da fare che perdere tempo con lei.” Raggiunse rapidamente le amiche, lasciandola davanti al bancone del make-up di un noto marchio di Parigi. Ripensò rapidamente a quanto le aveva confidato Esposito circa la ex di Fiorini: il buon Pino non aveva sbagliato di una virgola.
“Ehi, Lauretta, ma cos’è ‘sta storia? Chi è quella suonata?” Incalzò Ilaria quando si furono allontanate.
“E’ una suonata, l’hai detto tu stessa.”
“E chi è Leonardo?”
“Perché non ce ne hai parlato?”
“Certo che ve ne ho parlato.” Laura si fermò. “E’ il commissario di Polizia che ha condotto le indagini sull’aggressione al vigilante a Palazzo Pitti.”
“E dell’aperitivo?” C’era malizia e curiosità nel tono della voce di Paola.
“Non si può accettare un invito ogni tanto?”
“Oh sì, ma certo.” Paola era molto divertita. “Anzi, ne sono ben felice perché finalmente sei uscita con uno vivo e vegeto e ti sei tolta dalla testa Van Gogh.”
“Ha ragione.” Incalzò Ilaria. “Sai, a volte abbiamo avuto l’impressione che tu sia innamorata del caro vecchio Vincent.”
“Ma che dite?!” Eppure dentro di sé sapeva benissimo che Van Gogh era molto presente nella sua vita.
“Sentite, stasera ci facciamo una pizza tutte assieme così Laura ha modo di raccontarci tutto del commissario Leonardo, che ne dite?”
“Ci sto!” Ilaria accettò immediatamente e di buon grado.
“Vada per la pizza ma…” Il suono del cellulare impedì a Laura di terminare la frase. Era la Gherardini. “Scusate.” Si allontanò di qualche passo dalle amiche. “Pronto, sì. Come?!.... Sta scherzando?!  Sì, sì, arrivo subito.” Riattaccò congedandosi frettolosamente dalle amiche. “La pizza è rinviata! Devo andare!”


 
CONTEMPORANEAMENTE AL COMMISSARIATO


“Permesso Commissa’.”
“Venga Esposito.”
“Commissario, ci stanno queste denunce da firmare.”
Fiorini prese a sfogliare le carte: un paio di scippi, truffe telefoniche, un presunto stalker. “Porti tutto agli uffici competenti e passi la denuncia contro questo mezzo maniaco alla psicologa. Attivi immediatamente le indagini, questa ragazza va protetta ad ogni costo. So fin troppo bene quanto può essere devastante un femminicidio.” La sua voce si fece sottile, lasciando trapelare tutta l’amarezza di chi non ha potuto fare nulla.
“Ah, vi ricordate la simpatica vecchietta che era stata derubata da quelle due fetenti mariuole che si erano presentate a casa sua per conto della parrocchia? Sono state prese e portate a Sollicciano.”
“Bene. La refurtiva?”
“Ci stava solo la catenina d’oro con la foto del marito della signora, i soldi non ci stavano più.” Fece un attimo di silenzio. “Però lei era contenta assai, la catenina era un ricordo della buon’anima dell’uomo che ha avuto appresso per più di cinquant’anni. Ma vi rendete conto di quanto sono cinquant’anni, commissa’? Oggi le coppie scoppiano dopo due mesi e….” Lo sguardo fulminante di Fiorini lo fece tacere all’istante.
Firmò le denunce dopo averle controllate una per una e le riconsegnò all’ispettore. “Vada ora, indaghiamo per tentare di trovare il colpevole per ognuno di questi reati.”
Accese una sigaretta, aspirandone il fumo per poi espellerlo tutto d’un fiato. Si lasciò andare sulla poltrona della sua scrivania reclinando la testa all’indietro. Nonostante fare il poliziotto era sempre stato il suo sogno, quando arrivava a sera la stanchezza prendeva sempre il sopravvento: non era semplicissimo indagare su casi intricati, stare sempre a contatto con persone vittime di raggiri e truffe, di molestatori, pure psicopatici e, peggio ancora, con persone a cui dover dare la notizia dell’uccisione di un familiare. Aspirò di nuovo e soffiò con forza, come a volersi liberare dall’amarezza di quella sera. Lo squillo del telefono sulla scrivania interruppe quel breve momento di relax. Sbuffò e rispose.
“Fiorini.”
“Ciao Leonarduccio!”
Roteò gli occhi: era la sua ex. “Che accidenti vuoi?! Sai che non devi chiamarmi, specialmente al telefono dell’ufficio!”
“Se tu rispondessi al cellulare ogni tanto, eviterei di chiamarti a questo numero.” Ridacchiò. “Ti faccio perdere poco tempo, mio caro. Ho incontrato per caso la tua nuova fiamma oggi in centro. Devo farti i complimenti, è un’ottima attrice, ma potevi sceglierti di meglio. E’ evidente che sei proprio messo male.”
“Senti Arianna, io sto lavorando e non ho tempo da perdere dietro a queste cazzate, è chiaro?!” Chiuse in malo modo la telefonata, imprecando a bassa voce contro di lei.
Il telefono squillò di nuovo. Fulminò l’apparecchio con lo sguardo, afferrò la cornetta ben deciso a dirgliene quattro. “Senti, io……”
“Chiedo scusa, commissario.”
Era Menna dal centralino. “No, no…. Scusami tu. Dimmi.”
“Commissario, hanno appena chiamato dall’Ospedale di Careggi: la guardia giurata ferita a Palazzo Pitti si è svegliata dal coma.”
 
 
 








 
Buon martedì a tutti.
 
Avrei voluto aggiornare prima, ma proprio non è stato possibile, spero non me ne vogliate.
Capitolo di transizione che ci permette di sbirciare nella vita di Laura e del commissario, in più compare la sua ex che dà sfoggio del suo carattere non particolarmente cordiale. Vi lascio con un finale “cattivo”: finalmente la guardia giurata ferita si è svegliata dal coma e può raccontare quanto accaduto. Confermerà la colpevolezza del tenente o si apriranno nuovi scenari?
Un immenso GRAZIE a tutti voi recensori e pure a tutti i lettori, inclusi i silenziosi. Grazie davvero e a presto.
 
Un abbraccio
La Luna Nera

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Capitolo 7
*** Un nuovo messaggio ***


 


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OSPEDALE DI CAREGGI
 
 
“Dottore, mi perdoni, secondo lei Perrone può aver subìto danni a livello cerebrale o neurologico?”
“E’ ancora presto per dirlo, commissario, dobbiamo sottoporre il paziente ad esami clinici più approfonditi e specifici. Tutto quello che posso dirle allo stato attuale è che non è più in pericolo di vita. Adesso ha bisogno di stare tranquillo, le ho concesso dieci minuti per interrogarlo proprio perché capisco la situazione, se ha bisogno di altre informazioni deve aspettare che le condizioni del paziente migliorino. Dopo tutto è ancora in terapia intensiva, lei mi capisce, vero?”
“Certo.” Fiorini non era entusiasta. “Mi tenga costantemente aggiornato, dottor Ronchetti, mi raccomando.”
“Naturalmente. Ora mi perdoni, il dovere mi chiama.” E si congedò cordialmente.
Fiorini uscì all’esterno, raggiungendo uno dei terrazzi della struttura ed accese una sigaretta. Aspirò rapidamente e ripetutamente il fumo manifestando un evidente nervosismo. “Porca puttana, è tutto da rifare.” Sibilò massaggiandosi la fronte. Gettò la cicca nel posacenere, infilò le mani in tasca e si diresse a passo svelto verso l’ispettore Esposito e i due agenti che lo avevano accompagnato a Careggi. “Tutti in commissariato.” L’ordine fu lapidario.
 

 

PALAZZO PITTI


Intanto a Palazzo Pitti, Laura aveva raggiunto la professoressa Gherardini, la quale l’aveva messa al corrente delle ultime novità. Nelle sale in cui erano esposti i capolavori di Van Gogh, i visitatori non mancavano e grazie alla veloce riapertura i disagi si erano ridotti davvero al minimo.
“Sai una cosa?” La professoressa era tornata nel suo ufficio porgendo a Laura il caffè. “Fra l’influenza e la sessione di esami all’università mi sembra di mancare da questa stanza da mesi.” Sorrise leggermente. “Meno male che è tutto in ordine. Detesto le carte e i documenti messi a caso, non riesco a trovare mai ciò che mi serve.”
“Eppure… Eppure qui deve essere entrato qualcuno prima della riapertura.” Confessò la ragazza. “Lei mi aveva detto di occuparmi personalmente di tutto quando era influenzata, ricorda?” Pausa brevissima. “Io sono entrata qui nel suo ufficio ed ho trovato carte sparse ovunque.”
“Potrebbero essere stati i poliziotti.”
Era possibile. “E questo? L’ha fatto lei?” Laura prese la rubrica relativa all’esposizione, sfogliò le pagine sino a trovare quelle su cui era raffigurata Firenze sotto il cielo vorticoso di Notte Stellata.
“No, assolutamente no.” La donna prese in mano l’oggetto ed osservò quel disegno con grande attenzione. “Mi domando chi possa averlo fatto.”
“Sa qual è la cosa assurda?” Laura si avvicinò e indicò il disegno. “Sembra lo abbia fatto Van Gogh in persona! Lo stile è inconfondibile ed il cielo è quello della sua opera più famosa!”
“Hai ragione, ma è impossibile.” Rifletté la professoressa. 
“Infatti. Van Gogh non ha mai visitato Firenze in vita sua: come avrebbe potuto fare una cosa del genere? Qui è entrato qualcuno, qualcuno talmente bravo che è riuscito ad imitare alla perfezione il suo modo di dipingere.”
“Non so che dirti.” Estrasse dalla borsa il cellulare e scattò una foto. “Voglio inviare questa cosa a Conti e Giovannelli, i miei colleghi del corso di storia dell’arte contemporanea, sono curiosa di sapere cosa ne pensano….. Ok, fatto. Vieni, andiamo di là.”
Le due donne chiusero l’ufficio a chiave e raggiunsero le sale affollate di visitatori. Tutto sembrava tranquillo e normale, c’erano un gruppo di giapponesi che, probabilmente, commentavano nella loro lingua Ramo di mandorlo in fiore, opera realizzata nel 1890 ed ispirata dalle stampe caratteristiche del paese del Sol Levante. C’erano poi due scolaresche davanti a I Girasoli e Notte stellata sul Rodano, un gruppo di crocieristi e molti altri visitatori muniti di guide turistiche. Il via vai di persone era continuo e le ore trascorrevano veloci, veloci e tranquille ma poco prima della chiusura ecco comparire sulla soglia di ingresso il commissario Fiorini e l’ispettore Esposito.
“Buonasera, scusate l’ora ma devo parlare con voi immediatamente.” Fiorini salutò in modo secco come era il suo solito.
“Che succede?” La Gherardini non era entusiasta della cosa.
“Il vigilantes ferito si è svegliato dal coma, alcune ore fa lo abbiamo interrogato.” Respirò profondamente. “E’ tutto da rifare, almeno così sembra.”
“Che significa? Cos’ha detto?”
“Sostiene di non essere stato aggredito dal tenente Valli, il capo servizi della vigilanza. Dice di averlo visto fuori Palazzo Pitti con l’auto di servizio e di averci scambiato due parole velocemente. Valli non è mai entrato all’interno della mostra, soprattutto nel momento dell’aggressione.”
“Quindi la vittima fornirebbe un alibi al presunto aggressore.” Osservò Laura.
“Esattamente.” Si massaggiò il mento. “Ciò che non mi convince è che Perrone sostiene di essere stato da solo all’interno della mostra, respirava affannosamente prima di cadere a terra e di non aver udito i passi in avvicinamento di chi poi lo avrebbe colpito.”
“E’ strano, sembra il racconto di certa gente che sostiene di aver visto i fantasmi.”
Il commissario roteò gli occhi. “Signorina Torricelli, i fantasmi non esistono.”
“Lo so, infatti non ho detto questo. E poi sono i vivi che compiono reati, non i morti o i fantasmi, giusto?”
“Brava, così ci capiamo.” Si guardò attorno. “Avete notato qualcosa di strano dalla riapertura?”
“No.” Poi la professoressa si ricordò del disegno. “Anzi, ora che ci penso c’è una cosa che vorrei mostrarle. Laura poco fa mi ha riferito di aver trovato il mio ufficio sottosopra, forse a seguito di una perquisizione da parte dei suoi uomini. Riordinando tutto ha trovato qualcosa a parer mio piuttosto singolare.” La Gherardini estrasse dalla borsa la rubrica e mostrò il disegno di Firenze sotto il cielo di Notte Stellata. “Questo chi l’ha fatto? Uno dei suoi, commissario?”
“Ah, lo escludo a priori. Noi siamo poliziotti, non pittori.”
“E dunque?”
Mentre Fiorini lo stava osservando, inspiegabilmente si staccò un foglio che andò a posarsi ai piedi di Esposito. “E questo che è? Da dove esce?” Lo raccolse e notò che, se in un primo momento appariva bianco, iniziavano a comparire delle parole. “Maronn’, che è ?!”
Davanti agli occhi di tutti su quel pezzo di carta comparve la scritta
 

 
Ik ben hier

V
 

“Che diavoleria è mai questa?!” Fiorini era incredulo. Raccolse lentamente quel pezzetto di carta dopo aver indossato i guanti appositi per non contaminare l’oggetto senza mai smettere di osservarlo. “Esposito, faccia in modo che tutti i visitatori escano di qui nella normalità più assoluta. Nessuno, e ripeto nessuno, deve sospettare nulla. Non creiamo panico, siamo intesi?”
“Agli ordini commissa’.” L’ispettore fece due passi, poi si voltò verso la Gherardini. “Scusate professoressa, già stiamo all’ora di chiusura?”
“Sì, mancano più o meno quindici minuti.”
“Vabbuo’. E allora potete venire appresso a me e mi date una mano. Sta bbuono?”
“Andate ora.” Acconsentì Fiorini. “Io credo di dover passare la notte qui assieme alle guardie giurate in servizio e ai miei uomini di piantone all’esterno.”
“Laura, tu dovresti restare con lui.” Sentenziò l’altra donna. Notò immediatamente il disappunto della ragazza. “Io devo tornare a casa, domani ho lezione in facoltà e qui deve restare assolutamente qualcuno dei responsabili per affiancare il commissario, potresti essergli utile.”
“Lei crede?” Il solo pensiero di dover passare la notte lì in quel museo, con tutti gli strani fenomeni accaduti, assieme a Fiorini non la riempiva di entusiasmo. Tuttavia la professoressa aveva ragione: era meglio restare per verificare di persona lo svolgimento delle attività ed evitare possibili danni all’ambiente.
Così, una volta chiusi battenti, Esposito fece ritorno in commissariato con i nuovi elementi acquisiti lasciando Laura e Fiorini a Palazzo Pitti.
 
 



 
 
 
 
Buon venerdì a tutti!
A costo di essere ripetitiva, permettetemi di ringraziare ognuno di VOI recensori e tutti i lettori silenziosi che seguono costantemente la storia.
Dunque, dopo un misterioso disegno, compare un biglietto con una scritta che lascia molte perplessità, tant’è che qualcuno dovrà trascorrere la notte nel museo. Riusciranno a scoprire qualcosa o il mistero si farà ancora più intricato?
 
Di nuovo grazie a tutti e ci vediamo (spero) fra una decina di giorni.
 
Un abbraccio
La Luna Nera
 
PS. La vita a volte mette di fronte a eventi troppo grandi per essere compresi ed elaborati. Chiedo scusa agli autori se ancora non mi sono fatta viva commentando le loro storie e poesie, non ero dello stato d’animo adatto. Sono riuscita ad aggiornare solo perché il capitolo era già pronto.
 

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Capitolo 8
*** Notte al museo ***






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Laura si avvicinò al distributore automatico ed attese la preparazione del caffè, sapeva già che sarebbe stato il primo di una lunga serie, erano appena le 23:00 e iniziava ad accusare segni di stanchezza. Prese il bicchierino, si voltò e vide Fiorini intento a digitare messaggi sul cellulare. “Vuole un caffè, commissario?”
Lui distolse l’attenzione dall’apparecchio che teneva in mano. “Grazie, volentieri.” Lo ripose nella tasca della sua giacca e prese il bicchierino quando lei glielo porse con un sorriso tirato.
“Allora…. Che cosa ha intenzione di fare?”
“Qui mi sembra tutto tranquillo, ad ogni modo vorrei incontrare le guardie giurate in servizio, dove si trova la loro postazione?”
“Da questa parte.” Gli fece strada e giunsero assieme presso l’ingresso principale dove, in un vano adiacente, c’era la sala operativa con i monitor di videosorveglianza e i tre uomini in servizio. Mentre il commissario parlava con loro, Laura si allontanò un istante per controllare i messaggi sul telefono: le amiche erano molto dispiaciute di non aver potuto trascorre la serata in pizzeria con lei, ma quella era stata una causa di forza maggiore. Uscì dalla chat, poi fece cenno al commissario che sarebbe rientrata all’interno della mostra.
Autoritratto, Notte stellata, Girasoli, Ramo di mandorlo in fiore, Notte stellata sul Rodano, Terrazza del caffè la sera, La camera di Vincent ad Arles, La chiesa di Auvres, Campo di grano con volo di corvi, Iris…. Laura passò in rassegna tutti quei capolavori dal valore inestimabile che con tanta dedizione era riuscita ad avere per l’esposizione. Che soddisfazione personale! In molti, troppi forse, l’avevano derisa credendo che una neo laureata non fosse in grado di organizzare e gestire un evento di tale portata, ma quando si parlava di Van Gogh, lei diventava una tigre piena di grinta e determinazione. Niente e nessuno l’avrebbero fermata, neanche gli esperti benpensanti e presuntuosi che ritenevano Palazzo Pitti una location inopportuna per quel genere di opere. Li aveva messi tutti a tacere ed ora poteva godersi il risultato.
“Allora…. Laura, giusto?” Fiorini la richiamò alla realtà.
“Sì, che cosa c’è?” Sussultò leggermente poiché era la prima volta che la chiamava per nome. E le aveva provocato una strana sensazione.
“L’impianto d’allarme non verrà inserito questa notte, i tre vigilantes si alterneranno nei giri di ronda interni ed esterni. In più qua fuori c’è un’auto della Polizia a presidiare il piazzale. Se qualcuno entra anche solo per giocare un brutto scherzo, lo becchiamo.”
“Bene.” Era piacevolmente fastidioso trovarsi da sola con lui in quella bizzarra circostanza. “Mi dica la verità, non vorrà sospendere di nuovo l’esposizione?”
“Ci sono buone possibilità che ciò non accada, dalle nostre indagini sono emersi elementi utili ed interessanti.”
“Tipo?”
“Gli strani fenomeni hanno avuto luogo solo in orario notturno, quando qui c’erano solo le guardie in servizio, per cui se durante il giorno non accade nulla non vedo alcun motivo per sospenderla. In precedenza sono stato costretto a chiuderla perché è proprio nelle primissime ore successive al reato che possiamo raccogliere la maggior parte degli indizi, tracce organiche e quant’altro utili alle indagini. Non potevo permettere la contaminazione della scena dell’aggressione ed era mio dovere acquisire ogni minimo dettaglio. Mi capisce, non è vero?” Attese il lievissimo cenno di assenso della ragazza. “La cosa fondamentale per me è tutelare l’incolumità di tutti coloro che vengono qui, sia per lavoro che per svago. Una guardia è stata aggredita e questo non deve assolutamente ripetersi: essendo tre in servizio, ho disposto che vadano sempre in due a fare i giri di ronda, mentre il terzo resta a controllare i monitor di videosorveglianza. Purtroppo il capo servizi ha mostrato alcune pecche, non ha formato adeguatamente i suoi uomini per questo tipo di servizio. Se Perrone fosse andato in perlustrazione con uno dei colleghi, probabilmente non sarebbe stato ferito o potevamo sapere con certezza chi lo ha colpito.” Si avvicinò ad una delle porte di sicurezza che dava sull’esterno, la aprì, poi estrasse una sigaretta dal pacchetto e la accese. “Comunque….” Inspirò profondamente per poi espellere tutto il fumo. “Comunque credo che fra noi due ci sia troppa tensione, dovremmo collaborare di più per risolvere prima il caso, la cosa sarebbe proficua per entrambi.”
“In che senso?”
“Ecco…” Aspirò per l’ultima volta prima di gettare la cicca nel posacenere. “Innanzitutto potremmo darci del tu e abbattere questa barriera di diffidenza, darci del lei mi fa sentire vecchio.”
“D’accordo, se questo deve servire a far tornare tutto alla normalità, ci sto.” E le venne in mente una cosa. “Senta…ehm….senti, volevo raccontarti una cosa.” Si sentiva leggermente infastidita dai suoi occhi puntati addosso. “Ho incontrato la tua ex oggi in centro, bellissima ragazza ma di un’acidità pazzesca.”
Lui sogghignò. “Sì, me l’ha detto.”
“Ah, non ha perso tempo. E cos’è ‘sta storia secondo cui io sarei la tua nuova fiamma?”
“Una delle sue paranoie. Basta che scambi due parole con una ragazza o la inviti a bere un caffè che subito pensa male. Era gelosa anche del questore di Pisa, la dottoressa Cerruti, che potrebbe essere mia madre. Quando le ho detto che saremmo andati insieme ad una colazione di lavoro, mi ha fatto tante di quelle scenate da bastarmi per anni ed anni.”
Si immaginò la scena lasciandosi sfuggire un sorriso divertito. “Capisco.”
“E poi…” Un rumore improvviso interruppe la frase. “Cos’è stato?”
Laura si affacciò sulla porta che dava verso il corridoio di accesso alle sale. “Che siano state le guardie?”
“Andiamo a vedere.” La prese per mano portandola con sé, avanzando con attenzione nel locale, aiutato dalla luminosità evanescente delle luci di sicurezza.
All’improvviso le piccole luci a led che illuminavano le sale presero ad accendersi e spegnersi ad intermittenza. “Ma che diavolo…? Chi accidenti avete preso come elettricista? Il mago Houdini?!”
“L’impianto è stato controllato prima dell’apertura della mostra ed era tutto ok. Non credo che….” La ragazza si interruppe e lo tirò leggermente per la giacca.
“Che c’è? Hai paura?”
“Non dire stronzate. Guarda là.” Indicò Girasoli e quello che videro lasciò entrambi senza fiato. Sembrava che una mano invisibile stesse dipingendo i petali dei fiori, era possibile distinguere nettamente le pennellate che andavano a formare strisce di colore giallo più o meno intenso, ma la cosa più strabiliante consisteva nel fatto che, una volta completati, i petali si staccavano e planavano delicatamente a terra per poi svanire a contatto con il pavimento.
Fiorini non credeva ai suoi occhi. “Se non l’avessi visto di persona, avrei pensato ad uno scherzo. Ma che cos’hanno questi quadri?”
Laura si guardava attorno con aria smarrita, non riusciva a darsi una spiegazione logica, sentiva improvvise correnti fredde sfiorarle i capelli, poi tutto un tratto si facevano calde, di nuovo fredde e ancora calde. Ebbe un lieve capogiro, si mise seduta su una poltroncina a poco più di un metro dall’opera Iris ed iniziò a percepire il gradevole profumo dei fiori dipinti sul quadro vicino.
“Ehi, tutto bene?” L’uomo le si avvicinò, solo allora avvertì nell’aria lo strano odore. Iniziò a guardarsi attorno, gli unici fiori presenti erano quelli del dipinto e sembrava che quella piacevole fragranza provenisse proprio da lì. “No, tutto questo non è possibile…” Aiutò Laura ad alzarsi e rientrarono assieme nell’ufficio della Gherardini.
Chiuse la porta alle sue spalle, non prima di aver lanciato un’occhiata attorno, aiutò la ragazza a mettersi comoda e restò lì con lei per lunghi minuti.
“Tieni.” Le porse un caffè. “Ho messo più zucchero, ti farà passare il capogiro.”
“Grazie.” Accettò il bicchiere di plastica, le sue mani tremanti erano gelate e il contatto con l’oggetto ben caldo le provocò una lieve fastidio alle dita. “E ora dove vai?” Sussurrò vedendo Leonardo aprire la porta.
“Dalle guardie. Devo accertarmi se hanno notato qualcosa e se sì, cosa.” Si voltò un istante prima di uscire. “Tranquilla, tornerò prestissimo.”
Laura restò sola, si avvicinò alla lampada da tavolo situata sopra la scrivania, unica fonte di luce dell’ambiente e contemporaneamente unica fonte di coraggio. Iniziò a guardarsi intorno: conosceva perfettamente tutti gli angoli della stanza, vi aveva trascorso lunghe giornate mentre organizzava l’esposizione, eppure non si sentiva troppo tranquilla. Erano forse le ombre proiettate sulle pareti? Cosa aveva fatto muovere leggermente la tenda della finestra? Era forse rimasta aperta? Si fece coraggio, si alzò per controllare ma era perfettamente chiusa. Fuori era buio, Piazza Pitti era deserta, c’era solo l’auto della Polizia. Scendeva una leggera pioggerellina, lieve e silenziosa, ma capace di provocarle brividi a non finire lungo la schiena. Si sentiva osservata, eppure non aveva sentito rientrare Leonardo. Di nuovo una corrente fredda le sfiorò i capelli, seguita immediatamente da una calda, poi un brivido lungo la schiena: che stava succedendo? Con la coda dell’occhio le parve di intravedere un’ombra vicino alla porta.
“S-sei t-tu? Leonardo, sei…. Sei tu?”
Silenzio.
Si voltò: era un uomo con un cappello simile ad un colbacco, almeno così le sembrava. Forse aveva la barba? Non riuscì a capirlo perché improvvisamente la lampada si spense, poi si riaccese dopo due-tre secondi.
Non c’era più nessuno.
Fu invasa dal terrore, si accasciò sulle gambe, avrebbe voluto urlare, chiamare aiuto, ma il fiato le moriva in gola. Tremava, tremava ogni sua cellula e non riusciva quasi a respirare. Leonardo la trovò in quella situazione quando, dopo neanche un minuto, aprì la porta.
“Che accidenti è successo?!” Si precipitò da lei, aveva il viso pallidissimo. “Laura, cazzo! Di’ qualcosa!” La strattonò varie volte, la sentiva tremare, provava a muovere le labbra ma non usciva nessun suono. Decise allora di stringerla forte. “Calmati ora, ci sono qui io, stai tranquilla.” Tremava ancora, il suo corpo era freddo.
“Port…Portami via….. Ti prego.”
Finalmente era riuscita a parlare. Lui la guardò in faccia, sembrava avesse visto un fantasma, ma preferì tenere quella considerazione per sé. L’aiutò a rimettersi in piedi sorreggendola con non poca fatica e si avviarono verso la porta: proprio lì davanti, per terra, c’era un foglietto con su scritto
 

 

Ik ben hier

V





 
 
 
Buon mercoledì a tutti.

Ecco un nuovo capitolo: la tensione fra Laura ed il commissario si sta pian piano abbassando ed entrambi sono spettatori di fenomeni incredibili durante la notte al museo. In più Laura sembra aver visto un fantasma e scommetto che molti di voi hanno idea di chi possa essere, giusto?
Non smetterò mai di ringraziarvi abbastanza per tutto il supporto mostratomi fin ora, spero di non deludervi! Grazie ancora a tutti e continuate a commentare!

Un abbraccio
La Luna Nera

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Capitolo 9
*** Dubbi ***





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Fiorini osservava il via vai di motorini e pedoni nella strada che si snodava sotto la finestra del suo ufficio, vedeva gente frettolosa che procedeva a passo svelto, qualche distratto concentrato sullo smartphone, uno, due, tre, quattro motorini, maledetti motorini, che sfrecciavano a velocità un po’ troppo sostenuta, un fattorino di quelli che consegnano pasti a domicilio ed un paio di auto. Era una visione monotona, tipica delle strade secondarie delle grandi città, esattamente come le sue giornate, sempre monotone e scandite da denunce, scartoffie e casi da risolvere. Firenze si preparava alla notte e ben presto anche lui se ne sarebbe tornato a casa dopo la pesante giornata di lavoro, esattamente come ieri e il giorno prima di ieri. Viveva solo da quando lui e Arianna avevano troncato la loro relazione che, pur zoppicando, era andata avanti chissà come per poco meno di un anno. La solitudine non lo spaventava, ci era abituato oramai, sapeva come tirare avanti anche nel ménage domestico e quella ritrovata libertà era quanto di meglio desiderava dopo i mesi di una storia quasi soffocante. Si voltò verso il suo tavolo da lavoro, era pieno di documenti ammassati ovunque. Si mise seduto stropicciandosi la fronte, frugò in tasca in cerca del pacchetto di sigarette, ne estrasse una e l’accese prima di riconcentrarsi nuovamente sul lavoro. Aprì il fascicolo sull’aggressione a Palazzo Pitti, da circa una settimana non aveva avuto più notizie di Laura, l’ultima volta che l’aveva sentita era la mattina successiva alla notte trascorsa al museo, durante la quale erano accaduti fatti senza spiegazioni logiche.
“Permesso, commissa’.” L’ispettore Esposito aveva bussato alla porta e si era affacciato chiedendo di entrare. Attese il permesso del suo capo, si accomodò davanti a lui e gli porse una cartella con dei documenti. “Commissa’, cca ci stanno i risultati delle analisi dei foglietti che abbiamo preso alla mostra, ricordate?”
“Quelli con la scritta comparsa dal nulla?”
“Sì! Date un’occhiata: secondo loro, i foglietti so’ vuoti, so’sempre stati vuoti, ma la scritta ci stava. Io l’ho vista, voi l’avete vista! E pure tutti quelli che stavano appresso a noi l’hanno vista! Chista è ‘na stregoneria!”
“Si sieda per favore.” Era nervoso. “Senta, noi lavoriamo assieme da anni oramai e sa bene quanto io la stimi.” Si stropicciava le mani quasi senza sosta. “Sa che io sono scettico riguardo fenomeni paranormali e fattucchiere, spesso abbiamo pure discusso, tuttavia….” Esposito lo fissava in silenzio. “Tuttavia l’altra notte, quando sono rimasto al museo con Laura….ehm… voglio dire la Torricelli, sembrava che tutti i quadri esposti si fossero animati.”
“Veramente dite?” Era sorpreso.
“Già, ho visto coi miei occhi il quadro dei girasoli animarsi. Era come se ci fosse stata una mano invisibile a dipingere i petali che poi si staccavano, cadevano a terra e scomparivano.”
“Incredibile.” Non sapeva che dire. “Chist’è proprio ‘na stregoneria.”
“E c’è dell’altro. Avevo lasciato da sola la ragazza per potermi interfacciare con le guardie in servizio e quando sono tornato da lei era sconvolta. Sembrava che avesse visto un fantasma!”
“E mo’ come sta?”
“Non lo so, non l’ho più sentita.”
“Ah, commissa’, voi proprio con le femmine nun ci sapete fare. Voi mo’ la chiamate e ci chiedete come sta. Ja, veloce!”
 
Nel frattempo Laura si trovava nel suo monolocale in compagnia delle sue amiche Paola e Ilaria. Le due, di ritorno dal lavoro, si erano fermate ad acquistare qualcosina da sgranocchiare in compagnia dell’amica che, da qualche giorno, stava chiusa in casa a seguito di un’infreddatura. Almeno era ciò che lei aveva detto.
“Ma sei andata dal medico?” Chiese Ilaria versando la tisana in tre tazze.
“No, tanto cosa vuoi che mi dica? Stia a riposo e prenda un’Aspirina prima di andare a dormire.” Rispose fingendosi il dottore.
“E come fai con la mostra?”
“Ci pensa la prof. Per fortuna adesso è tutto tranquillo, i visitatori continuano a frequentarla e… tutto bene insomma.”
“Hanno preso l’aggressore della guardia?”
“Non credo, non ho avuto notizie.” Sorseggiò la piacevole bevanda. “Avevano messo in stato di fermo il capo servizi della vigilanza, ma è stato scagionato proprio dalla guardia ferita.”
“Uh, guardate qua!” Paola cambiò radicalmente argomento. “Ci sono ancora una decina di biglietti per il concerto dei Coldplay al Mandela Forum del prossimo mese!”
“Fa’ vedere!” Laura quasi le strappò il cellulare di mano. “Ottocento Euro?! Ma sono impazziti?!” Quel prezzo esagerato aveva spento l’ultima flebile possibilità di andare ad ascoltare la band che, assieme a Van Gogh, era la sua passione. “Che bastardi… Quando iniziarono le prevendite tentai di comprare un biglietto a prezzi da comuni mortali, ma appena entrata nell’area del sito dedicata all’acquisto, si esaurirono in cinque secondi.” Era sempre stata alterata dal sistema poco chiaro orbitante attorno al giro dei biglietti per i concerti.
“Se ci facessimo trovare davanti al Mandela Forum prima del concerto, potremmo trovarne qualcuno dai bagarini, che ne dite?”
“Mhm, non lo so. Sarebbero capaci di chiederti un’enormità.”
“Capito. Li ascoltiamo da casa, però…” Il cellulare di Laura squillò, guardò il numero sul display e le parve di riconoscerlo. Guardò le facce curiose delle amiche, si alzò ritirandosi in disparte e rispose. Si sentiva gli occhi delle ragazze incollati addosso ed era certa di doversi subire un interrogatorio una volta terminata la conversazione. Cosa che puntualmente avvenne.
“Allora? Chi era, Van Gogh?”
“Certo che era lui, il suo fidanzato segreto, chi altro poteva essere?”
“Era il commissario, care le mie impiccione. Contente?”
“Davvero? Quello dell’aperitivo?”
“Sì, quello dell’aperitivo.”
“Quello belloccio che sta sempre con la sigaretta in bocca e in compagnia di quello simpatico di Napoli?”
“Sì, quello lì.”
“E che voleva?” C’era malizia in quell’innocente domanda.
“Niente di particolare.”
“E allora perché ti ha chiamata?”
“Voleva sapere come sto, tutto qua.”
“Tu non me la racconti giusta!”
“Quand’è che uscite a cena? Da, dai, parla, non farti pregare!”
“Ma va’!” Scoppiò a ridere iniziando un’innocente battaglia a colpi di cuscino, quanto mai provvidenziale e distensiva.
 
 
 


La mattina successiva Laura passò frettolosamente da Palazzo Pitti prima di recarsi ad acquistare del materiale che le serviva per dipingere. L’esposizione andava avanti tranquillamente, tuttavia iniziavano a circolare voci su strani fenomeni occorsi durante le notti scorse. Qualcuno sosteneva si trattasse di una trovata pubblicitaria, qualcuno temeva di fare brutti incontri e infatti il numero delle prenotazioni registrò un lieve calo. Se la Polizia non era in grado di trovare una soluzione, lei avrebbe indagato per conto suo, non poteva permettere che il suo omaggio a Van Gogh facesse questa fine. Passeggiando per le vie di Firenze, rifletteva su quanto accaduto, cercando di darsi una spiegazione plausibile, spiegazione che non arrivava a meno che si accettasse l’intervento soprannaturale. Si soffermò davanti alla vetrina di un fioraio, notò che avevano utilizzato una riproduzione di Girasoli come complemento di arredo che dava un tocco di luce molto particolare a tutto l’insieme. Sorrise nell’ammirare un’opera del suo Vincent, ma ad un tratto le parve di vedere un volto materializzarsi al centro del dipinto. Somigliava tantissimo all’ombra intravista una settimana prima al museo quando, durante la notte, era rimasta pochi minuti da sola nell’ufficio della Gherardini: vi riconobbe i lineamenti di Vincent Van Gogh, praticamente uguale a quelli dell’Autoritratto.

Possibile?!

Il suo respiro si fece affannoso, iniziò a guardarsi attorno notando però la totale indifferenza dei passanti, si sentiva agitata, i battiti cardiaci stavano impazzendo, fece un piccolo passo indietro barcollando pericolosamente, tentando al contempo di allontanarsi dalla vetrina. Ma quando lanciò un’ultima occhiata al quadro, vide solo i grandi fiori gialli.
Del volto di Van Gogh non c’era più alcuna traccia.

Era stata solo suggestione?
 







 
 
 
Buon mercoledì a tutti!
Vorrei intanto ringraziarvi nuovamente per il sostegno che continuate a mostrare alla storia che, pur fra mille difficoltà, tento di portare avanti.
Fiorini inizia ad avere qualche dubbio sull’esistenza degli spiriti, dopo quanto occorso durante la notte al museo doveva per forza cedere almeno un po’ all’evidenza.
Laura invece fa un nuovo strano incontro e questa volta riconosce perfettamente il volto di chi sembra la stia seguendo nell’ombra. Sarà davvero Van Gogh? E perché è tornato dall’al di là?
Attendo con ansia il vostro parere e ringrazio fin d’ora chi vorrà lasciarne.
Ah, per i “non addetti ai lavori” il Mandela Forum è una grande struttura che si trova vicino allo stadio di Firenze che ospita concerti, spettacoli ed eventi di vario genere. Nella nostra storia ospiterà a breve un concerto dei Coldplay.
 
Un abbraccio
La Luna Nera
 

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Capitolo 10
*** L'identikit ***





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Quella tela era maledettamente bianca. Laura sentiva il bisogno di dipingere ed aveva infatti deciso di dedicare il pomeriggio alla pittura, tentando di pensare a qualcosa che non fosse inerente alla mostra, alle indagini e alle strane esperienze che l’avevano vista protagonista. Ma quella tela restava immacolata. Non aveva idee, spunti, ispirazioni. Cosa voleva dipingere? Dove erano finite tutte le idee, tutta la vitalità, tutta la creatività che l’avevano portata a creare opere apprezzate da una buona parte della critica? Era inutile, posò mestamente la matita accanto al pennello ancora pulito sulla tavolozza, anch’essa pulita, richiuse l’astuccio dei colori e si mise a guardare fuori dalla finestra, fissando lo sguardo in un punto imprecisato. Sentì una lacrima calda rigarle il volto freddo, era una sensazione snervante e maledettamente fastidiosa, rischiava di crollare nell’apatia e in quel senso di soffocamento per non sentirsi in grado di uscire da una situazione assurda. Non aveva raccontato a nessuno dell’improbabile apparizione del volto di Van Gogh di alcuni giorni prima, temeva di essere presa in giro. Non voleva raccontare nulla a mamma e papà, l’ultima cosa che voleva era affliggerli con i suoi problemi. Le amiche? Già la sfottevano in continuazione credendola innamorata del pittore, meglio non dar loro altri motivi di credere una cosa del genere. Fiorini? Escluso a priori. Restava il buon Pino Esposito che, sotto certi aspetti, somigliava moltissimo a suo padre.
 


La sera di quello stesso giorno, Laura si presentò puntuale di fronte all’ingresso dell’esposizione, mentre il cielo di Firenze si tingeva dei colori del tramonto e si riempiva del melodioso suono delle campane del Duomo. Mancava poco meno di un quarto d’ora alla chiusura della mostra, all’interno restavano solo alcuni visitatori, la Gherardini, le tre guardie giurate in servizio per la notte e le donne delle pulizie.
“Signorina Laura, buonasera! Chiedo scusa per il ritardo, spero di non avervi fatto aspettare troppo.”
Si voltò. “Buonasera Pino. Non si preoccupi, sono arrivata da un paio di minuti.” Salutò con un luminoso sorriso l’ispettore e l’altra persona che si avvicinava con lui.
“Vi presento don Gastone, ci aiuterà a capire meglio quello che mi avete detto.”
“Buonasera padre.” Salutò il religioso con una stretta di mano di cortesia e rispetto, non capendo cosa potesse fare di così utile un prete.
“Don Gastone è esorcista, sente pure le anime dei defunti, ci parla e ci chiede le cosa. Si cca ce sta ‘o spirito dd’o pittore, lui lo sente.”
“Ah…. Capisco.” Ci mancava pure il prete esorcista. “Ma… il commissario che ne pensa?”
Quello agitò velocemente le mani. “No, no! Lui non sa niente! Non ce lo dite, per carità, che chillo m’accir!”
La ragazza era leggermente perplessa, tuttavia invitò l’ispettore ed il prete ad entrare. Per quanto l’idea le apparisse strampalata, tutto poteva essere lecito: c’era qualcosa di logico in ciò che era accaduto?

 
Una volta all’interno, attesero con tranquillità l’uscita degli ultimi visitatori. Don Gastone osservava con aria pacata l’ambiente e senza dire una parola, si sedette su un divanetto non distante dall’ufficio della Gherardini, estrasse dalla tasca della sua giacchetta un libriccino, lo aprì e si mise a leggere, forse a pregare. Passarono forse quindici minuti, questi si alzò e si mise a passeggiare sempre con fare pacato e tranquillo.
“Fidatevi signori’.” Bisbigliò l’ispettore. “Lui sa il fatto suo.”
Laura sorrise: evidentemente il buon Pino aveva colto tutte le sue perplessità. Non nutriva troppa simpatia per preti e monache, entrava nelle chiese unicamente per motivi professionali e faticava discretamente nel riporre la propria fiducia in quel tizio vestito di nero col breviario fra le mani. Lo seguiva a debita distanza mentre vagava per le sale della mostra, non si fidava più di tanto ed essendo la curatrice dell’esposizione, voleva vedere coi suoi occhi che quel prete non danneggiasse in alcun modo le opere. Lo sentiva bisbigliare cose incomprensibili, forse stava recitando delle preghiere, forse sparlava, forse comunicava con qualche entità? Esposito si teneva ad alcuni passi di distanza dalla ragazza, lui si fidava di don Gastone, non era un ciarlatano, non chiedeva denaro per esercitare quell’attività a cavallo fra il sacro e l’improbabile, ma sapeva che qualora ci fosse stata l’anima di qualcuno, questi l’avrebbe individuata.
All’improvviso il prete chiuse il libricino che teneva in mano e si voltò verso le due persone che lo seguivano. “Ebbene, miei cari figlioli, qui vaga un’anima inquieta.” Aveva il volto piuttosto rilassato.
“Co-come dice?” Laura era incredula.
“Sì, qui vaga un’anima inquieta.”
“Che significa?”
“Semplicemente che fra queste mura un uomo che da anni dorme il sonno eterno chiede che gli venga riconosciuto ciò che in vita non ha avuto. E’ un uomo timoroso di Dio, un uomo che non lo ha potuto servire come avrebbe desiderato e che ha trovato altrove consolazione.”
Laura aveva ascoltato con attenzione le parole pronunciate da don Gastone, guardava Esposito sperando in una delucidazione da parte sua. Lei non aveva mai creduto ai fantasmi fino a quel momento, eppure quel prete sosteneva con fermezza che lì ce n’era uno. E dalla descrizione lei aveva pure un’idea di chi poteva essere.
“Vedi figliuola,” Il religioso si avvicinò a lei e le prese le mani. “Le tue emozioni sono forti e genuine, non sono passate inosservate. Lui è qui grazie a te e di questo devi esserne orgogliosa.” Laura taceva, tanta era la sorpresa. “Dopo la morte corporale non finisce ogni cosa, l’anima sopravvive e cerca la pace, specialmente se in vita non ne ha trovata.” Le lasciò le mani e sia avviò verso l’uscita salutando cordialmente l’ispettore Esposito. Ma proprio quando stava per varcare la soglia, un’ombra concreta gli sbarrò la strada.
“Esposito!” Era Fiorini. “Mi spiega perché non risponde al telefono?! L’avrò chiamata un milione di volte!”
“Scusate commissa’, non tenevo la suoneria appicciata.” Tentò di giustificarsi. “Che è? Stanno problemi?”
“E lui chi è? Che ci fa un prete qui con voi in questa maledetta mostra coi visitatori già usciti?”
“Posso spiegare tutto io!” Laura intervenne in difesa dell’ispettore.
“Ah, bene. Allora? State giocando a Don Matteo?” C’era evidente scherno e ironia nelle sue parole. “Ci fingiamo Carabinieri e recitiamo la nostra parte? Adesso spuntano pure la perpetua ed il sacrestano?”
“Ah-ah. Molto divertente.” Era ferma e decisa. “Possiamo parlare in privato?” Lo invitò a seguirla nell’ufficio della Gherardini. “Senti,” Esordì dopo aver chiuso la porta. “Io ho chiesto aiuto ad Esposito perché sapevo di potermi fidare di lui, sapevo che non mi avrebbe presa per stupida come qualcuno di mia conoscenza.”
“Insomma?” Non gli era affatto piaciuto essere messo in secondo piano.
“Ti ricordi la notte che abbiamo passato qui io e te? Ricordi di avermi lasciata sola qui in questa stanza per andare a parlare con le guardie?”
“Certo, certo che mi ricordo! Quindi?”
“Ricordi in che condizioni ero quando sei tornato qui?!” Stava per piangere nel ripensare a quei momenti. “In questa stanza, lì, vicino alla porta, io ho visto un’ombra. E non era una persona in carne ed ossa!”
Si lasciò sfuggire un sorrisetto. “Laura, tu sei un po’ troppo tesa in questo periodo e…”
“No!” Aveva un nodo alla gola. “Vedi che avevo ragione? E’ per questo che non te ne ho mai parlato. Sapevo che mi avresti presa per stupida e che mi avresti consigliato di farmi curare da uno bravo….”
Non l’aveva mai vista in tali condizioni. Anche se si conoscevano da poco tempo, gli era sempre apparsa come una ragazza tutta d’un pezzo, con qualche pregio e molti difetti. “Calmati adesso, calmati.” Le posò le mani sulle spalle. “Dove vuoi arrivare?”
“Qui, fra queste mura, c’è uno spirito, il prete ha fornito prove sufficienti a convincere una scettica come me.” Respirava con un lieve affanno. “E non si tratta di uno spirito qualunque.” Deglutì. “Qui c’è Vincent Van Gogh.”
Lui non sembrava troppo convinto.
“Tutti gli indizi portano a lui: quel prete mi ha tracciato il suo identikit alla perfezione, il disegno trovato fra le carte della prof presenta uno stile riconducibile a lui e soltanto a lui. E c’è dell’altro. Ricordi quei foglietti su cui abbiamo trovato scritto Ik ben hier V? Lì sul momento non ci avevo pensato, ma tale frase è scritta in olandese. Ho vissuto ad Amsterdam proprio per approfondire gli studi su Van Gogh, conosco un po’ la lingua e quella frase significa Io sono qui. E la V sta sicuramente per Vincent. L’altro giorno ho visto il suo volto comparire in una riproduzione di una sua opera esposta nella vetrina di un fioraio!” Si fermò per riprendere fiato. “Cosa cazzo deve ancora accadere per convincerti che lui è qui?!”

Lui la fissava: il ragionamento filava alla perfezione. L’unico dettaglio per prenderla sul serio era ammettere l’esistenza degli spiriti.

E non l’aveva ancora ammesso.
 
 
 
 



 
 
Ciao a tutti!
Stavolta sono stata brava, vero? Ecco infatti un nuovo capitolo in cui entra in scena un personaggio che ha facoltà particolari. A modo suo fornisce prove circa la presenza dello spirito di Van Gogh fra i corridoi della mostra a lui dedicata e sembra sia giunto fino lì grazie a Laura e alla sua stima smisurata. Ma Fiorini ancora tace.
Spero le frasi in napoletano siano facilmente comprensibili anche da chi non conosce il dialetto della splendida città all’ombra del Vesuvio e a tal proposito permettetemi di ringraziare ineedofthem per la preziosa consulenza.
E naturalmente ringrazio tutti voi lettori (inclusi i silenziosi), in particolar modo che commenta regolarmente.

Grazie ancora e a presto.

 

Un abbraccio

La Luna Nera

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Capitolo 11
*** La testimonianza di Perrone ***



 


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Fiorini era seduto nel suo ufficio in attesa di interrogare Perrone convocato in Commissariato, ricontrollava per la trecentesima volta le deposizioni ed i referti sul ferimento, oramai aveva imparato tutto a memoria, tanto aveva letto e riletto quelle carte. Frugando e rifrugando, trovò le analisi sulla probabile arma usata dall’aggressore della guardia giurata: si trattava di un proiettore che era stato staccato con violenza dalla parete con l’intento di colpire. Erano state rinvenute tracce organiche appartenenti alla vittima, macchie di sangue compatibili, ma nessuna impronta digitale. Era scritto nero su bianco, così come la mancanza di spiegazioni logiche sul motivo di tale assenza. Quel proiettore non si poteva esser staccato da solo dal supporto, qualcuno lo aveva fatto di proposito, lanciandolo poi verso il malcapitato vigilante.
“Commissa’, è permesso?”
Lui alzò la testa da quei documenti. “Venga, Esposito, venga.”
“Commissa’, ci sta Perrone, ‘o vigilante ferito.”
“Lo faccia passare.” Era arrivato il momento. Si alzò in piedi accogliendo con cortesia l’uomo. “Prego, si accomodi pure.” Attese che l’altro fosse seduto prima di rimettersi a sua volta seduto. Notò ancora evidenti segni del ferimento: i capelli erano cortissimi, glieli avevano sicuramente tagliati a zero per l’intervento chirurgico e portava sempre un cerotto non troppo piccolo là dove era stato colpito. “Come sta?”
“Da come mi spiegò il dottore, fortunato sono stato. Potevo pure non svegliarmi più.” Il suo volto era sereno, nonostante l’accaduto, perché pur avendo visto la morte in faccia, poteva raccontare quella tremenda espserienza.
“Già, meglio così.” Inspirò profondamente. “Senta… Lei è l’unico in grado di far chiarezza su quanto le è capitato. Abbiamo indagato a lungo, ma non riusciamo a dare un volto a chi le ha fatto del male. Cosa mi può raccontare?”
“Stavo in servizio con i colleghi Bianchini e Larino e ci siamo accorti di alcune stranezze. U collega Larino fuori ad ispezionare se ne andò ed io invece dentro andai. Commissario, mi deve credere, non c’era nessuno, vuote erano le sale. Però un fatto strano accadde: io tenevo la torcia con questa mano e come ce la puntai sul ritratto di quel fetuso della mostra, ci vidi un lampo e….”
“Un attimo, per favore. Allora… lei ha detto di aver puntato la torcia accesa verso ehm…. Chi intende con l’espressione fetuso della mostra?”
“Iddu… u pittore olandese. Per colpa sua non sono potuto scendere a Palermo!”
“Suppongo che quel termine abbia un significato offensivo, mi perdoni ma non comprendo perfettamente il dialetto della sua terra d’origine.”
“Sì, commissario, questo è.”
“Mhm, ad ogni modo non è certo colpa di Van Gogh se proprio adesso gli hanno dedicato la mostra. E poi credo si debba comunque portare rispetto ad un defunto a prescindere da chi era e cosa ci ha lasciato.” Si interruppe un istante: stava parlando come Esposito per certi aspetti. Era il caso di tornare sull’argomento chiave. “Ad ogni modo lei sostiene con certezza di essere stato completamente solo nell’attimo in cui è stato colpito.”
“Solo ero e nessun rumore in quelle sale sentii.”
“L’oggetto che l’ha colpita alla testa è con ogni probabilità il proiettore che vede in questa foto. Qualcuno deve per forza averlo staccato dal supporto.”
“Naturalmente, ma quello in alto era appeso e cu’ mmia nessuno stava.” Si avvicinò leggermente a Fiorini. “Commissario, mi creda, lì solo una mano invisibile lo poté staccare.”
Per quanto assurdo, quel ragionamento era compatibile con la totale assenza di impronte digitali sulla presunta arma del delitto. “Grazie, signor Perrone, è stato di grande aiuto.” Si alzò e salutò l’uomo con cordialità.
Non appena fu di nuovo solo nel suo ufficio, prese una sigaretta dal pacchetto e l’accese, mentre si mise ad osservare il via-vai quotidiano fuori dalla finestra. Aveva bisogno di riflettere e tentare di trovare una connessione fra tutti gli indizi raccolti e, se fosse risultato vero quanto detto da Laura relativamente alle percezioni del prete, qualcosa aveva già ideato. Per quanto improponibile, era pure sempre una traccia. Gettò la cicca nel posacenere, spense il computer e, preso il suo soprabito, si avvicinò alla porta del suo ufficio. Come la aprì, vide Esposito assieme alla dottoressa Marina Zavagli, la psicologa, e a Laura. Aveva consigliato a quest’ultima di fare una chiacchierata con la dottoressa per tentare di ridonarle un po’ di serenità, ne aveva davvero bisogno. Nonostante non fosse troppo entusiasta di ciò, si lasciò convincere apprezzando il gesto.
“Salve commissario.” La Zavagli, una donna di quasi cinquant’anni, lo salutò con un bel sorriso. “Ho qui una breve relazione per te: desideri consultarla adesso?”
“Grazie, ma ho la testa che mi sta per esplodere. Lasciala pure nel mio ufficio, la leggerò domani.”
“Come credi.” Si avvicinò a lui. “Prenditi una serata libera, ne hai bisogno sia tu che la tua amica.” Gli lasciò intendere abbastanza chiaramente che si riferiva a Laura. Poi si congedò, tornando a riordinare le sue cose nella sua stanza.
Fiorini scese le scale, seguito a pochi metri da Laura. Si soffermò sulla porta, frugò in tasca in cerca del pacchetto di sigarette e ne estrasse una.
“Dovresti fumare di meno.”
Lui si voltò, aveva la sigaretta spenta fra le labbra e l’accendino fra le dita.
“Non sai che il fumo fa male?”
“Sì, lo so.” Rimise la bionda nel pacchetto, assecondando Laura. “E’ solo che quando sono stanco o nervoso, fumare mi aiuta.”
“A proposito di aiuto… Volevo ringraziarti per avermi consigliato di parlare con la vostra psicologa, mi ha fatto molto bene.”
Piegò le labbra in un sorriso non troppo tirato. “Mi fa piacere. Marina è una donna in gamba, ha aiutato tanta di quella gente che meriterebbe un premio alla carriera.”
“Ha detto che dovrei allontanarmi per un po’ dalla mostra, a suo giudizio mi sono lasciata coinvolgere più del dovuto.” E forse era vero. “Il fatto è che questo è il mio primo grande traguardo, ho fatto tutto da sola e vederne i risultati mi galvanizza ogni giorno di più. E poi tutti quei professoroni che mi ritenevano una stupidina perché sono giovane e per qualcuno pure inesperta, ambiziosa, saccente e…” Aveva iniziato a parlare a raffica senza controllo, lo capì dallo sguardo meravigliato e spiazzato di Fiorini che la fissava con un sorrisetto sulle labbra.
“Ok, ho parlato troppo.” Scoppiarono entrambi a ridere, l’ideale per spezzare la tensione.
“Già, e per farti stare un po’ zitta che ne diresti di andare a mangiare un pezzo di pizza?”
Ebbe un sussulto, non si aspettava l’invito. “Mhm, dato che il mio frigo è quasi completamente vuoto…. Andata.”
 
Fu una cena molto informale e per questo piacevole e distensiva. Non fecero alcun accenno alla mostra, né a Van Gogh, né tantomeno alle indagini. Laura iniziò a pensare che lui poi non era così tanto male, l’idea che si era fatta sul suo conto era sbagliata: lo aveva conosciuto nelle vesti del commissario freddo, deciso e pignolo ora stava iniziando a conoscerlo nelle vesti dell’uomo che la vita e il lavoro avevano reso duro e insensibile. Fare il poliziotto era sempre stato il suo sogno, sin da piccolo detestava i bulli che se la prendevano coi deboli ed aveva giurato a se stesso che da grande li avrebbe presi e sbattuti dentro per un bel po’. Così dopo il diploma aveva partecipato al concorso per accedere all’Accademia di Polizia di Stato, riuscendovi alla grande. Aveva superato brillantemente gli accertamenti psicofisici e medici e una volta terminati tutti i vari iter, aveva iniziato a fare il poliziotto a Savona, poi era stato trasferito in Sardegna ad Oristano e lì aveva iniziato a studiare per diventare commissario. Non era stato troppo semplice, ma era suo grande desiderio e finalmente i suoi sforzi erano stati ripagati: ricordava sempre con grande nostalgia gli occhi lucidi e pieni di orgoglio dei suoi genitori quel giorno a Campobasso in occasione del suo ingresso come commissario. Finalmente era riuscito ad ottenere il trasferimento nella sua città natale, la sua Firenze, da poco più di due anni ed era potuto stare vicino a sua madre, spentasi per una brutta malattia poco dopo il suo ritorno. Questo era Leonardo Fiorini, un uomo determinato a raggiungere i propri obiettivi, un uomo che si era dovuto costruire una corazza contro i dolori della vita, contro gli insulti per l’apparente incapacità nel trovare i colpevoli, per non sapere da che parte iniziare ad indagare, contro lo strazio di genitori davanti al corpo di un figlio caduto nelle mani di un pedofilo assassino, contro tutto quello che la mente umana era in grado di creare. A volte appariva insensibile, freddo, quasi inumano, ma era il suo lavoro e l’aveva accettato senza riserve.
Quella sera si era aperto con Laura, le aveva raccontato molte cose, ben più di quelle raccontate ad Arianna, sempre troppo impegnata in impegni mondani per ascoltarlo. Laura lo aveva ascoltato in silenzio, capendolo e lasciandolo vuotare quel sacco che si portava appresso da chissà quanto, perché quella corazza ogni tanto si sgretolava e lasciava uscire l’uomo, mettendo da parte il commissario. Ebbe anche l’impressione che dentro ci fosse molto di più di quanto avesse conosciuto quella sera, un qualcosa di cui ancora lui non voleva parlare.
 
 
 





 
 
Buon venerdì a tutti.

Dopo le parole del prete esorcista, adesso ha detto la sua anche la guardia giurata ferita e tutto converge nel medesimo punto, cioè l’intervento di una mano invisibile. Tutto ciò mentre la tensione fra Laura e Fiorini si abbassa sempre di più, fino a trovarsi ad un livello prossimo allo zero.
Chiedo scusa a voi eventuali amici lettori di Sicilia per il mio maldestro tentativo di omaggiare la vostra meravigliosa terra e il vostro dialetto simpaticissimo. Non abitandovi, mi sono lasciata ispirare da un collega di Palermo e dal suo modo di esprimersi, se qualcuno desidera darmi qualche dritta, consiglio, correzione è il benvenuto!

Spero di riuscire a regalarvi un nuovo capitolo prima di Pasqua, intanto vi ringrazio di tutto cuore per essere ancora qui e per i vostri meravigliosi commenti.


Un abbraccio
La Luna Nera

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Capitolo 12
*** Ik wil respect (Io voglio rispetto) ***





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“Leonardo?” Silenzio. “Leonardo, mi stai ascoltando?”
“Ehm, sì, naturalmente.” La dottoressa Zavagli non ne era troppo convinta e lui se n’era reso conto. “Scusami Marina, stavo pensando ad un’altra cosa.” Giocherellava con uno scontrino.
Lei abbassò il viso per non farsi vedere sorridere. “Immagino. Ad ogni modo posso garantirti che la guardia ferita alla mostra su Van Gogh da un punto di vista psicologico sta benissimo, ha solo una voglia matta di trascorrere un po’ di tempo a casa sua a Palermo.” Piegò le labbra. “Non posso certo biasimarlo, la Sicilia è una terra meravigliosa, però posso fare ben poco per soddisfare il suo desiderio.”
“Capisco.” Estrasse il referto medico. “Anche qui c’è scritto che a livello neurologico sta bene.” Poi fissò la donna seduta di fronte a lui. “Sai cosa fatico a concepire? Tutte le dichiarazioni rilasciate, le deposizioni, gli indizi raccolti e via dicendo, confluiscono tutti nello stesso punto: Perrone è stato colpito da una mano invisibile. Non lo trovi assurdo?”
“Cosa vuoi che ti dica? Nel mio lavoro ho fronteggiato situazioni che mai avevo ritenuto possibili e non mi stupisco più di niente oramai.” Fece una breve pausa, posò il gomito sul tavolo e si avvicinò leggermente a lui. “Leonardo, se lì ci fosse davvero lo spirito di Van Gogh, io non posso confermartelo, però potresti chiedere lumi ad un’esperta in materia e a chi percepisce le anime.” Gli strizzò l’occhio.
“Il prete esorcista e la Gherardini?”
“Il prete esorcista e la Torricelli.” Si alzò, raccolse la sua borsa e si avviò verso la porta. “Chiamala.” E se ne andò con un sorrisetto a tratti malizioso.
 
 




L’attesa lo stava innervosendo più del solito, eppure Esposito aveva assecondato immediatamente l’ordine di convocare le due persone. Scrutava fuori dalla finestra del suo ufficio, dove la solita monotonia scandiva le sue giornate: auto, motorini, pedoni, ciclisti e un paio di quelle moto dal rumore odioso ed assordate. “Maledetti voi….” Il ricordo collegato a moto e motociclisti gli faceva ancora male. Richiuse la tenda, controllò il cellulare, poi l’orologio e infine si mise seduto. La sua attenzione cadde sullo scontrino con cui aveva giocherellato prima: era quello della cena informale con Laura di alcune sere fa. Era stato bene, come da tempo non gli accadeva, una delle poche sere in cui il lavoro e i suoi mille grattacapi non lo avevano seguito fino al tavolo della pizzeria.
Qualcuno bussò alla porta, istintivamente nascose quel pezzetto di carta nella tasca della giacca e si alzò in piedi. “Avanti.” Era Laura.
“Permesso?”
“Vieni, entra pure.” Come la ragazza entrò, lui eresse la sua corazza difensiva che lo rendeva freddo e professionale.
“Ho fatto prima possibile, spero di non averti fatto attendere troppo.”
“Oh, no, assolutamente. Fra l’altro il prete ancora non c’è, ha detto Esposito che doveva terminare una funzione, poi sarebbe venuto qui.”
“Ah, hai convocato anche lui?”
“Sì, ho bisogno di confrontare alcune cose: tu sei esperta di Van Gogh e conoscerai vita, morte e miracoli del pittore; lui, se davvero percepisce gli spiriti, può fornirmi l’identikit di quello che si aggira a Palazzo Pitti.”
“Quindi non escludi l’intervento soprannaturale in quanto accaduto alla guardia giurata?”
Non rispose, perché rispondere affermativamente significava ammettere l’esistenza dei fantasmi. E ancora non ne era convinto.
Lei comprese che non voleva sbilanciarsi troppo. “Ok, allora intanto che aspettiamo, ti racconto qualcosa di lui.” Si mise seduta, come lui l’aveva invitata a fare. “Van Gogh è unanimemente riconosciuto come uno dei più grandi artisti di tutti i tempi e questo credo lo sappia anche tu.” Notò la sua espressione sospesa a metà fra l’offeso e il divertito. “Non tutti sanno però che voleva diventare un pastore, era di religione protestante, ma fallì gli esami per cui divenne un predicatore laico.” Rifletté un istante. “Il prete mi ha detto una cosa che avvalora l’ipotesi sull’identità dello spirito.”
“In che senso?”
“Lo spirito appartiene ad un uomo timoroso di Dio che purtroppo non lo ha potuto servire come avrebbe voluto.”
“Il fatto coincide con la mancata carriera ecclesiastica di Van Gogh.” Notò il gesto di assenso di Laura. “Che carattere aveva?”
“Inquieto, Vincent era terribilmente inquieto e questo aspetto lo ha segnato per praticamente tutta la sua breve esistenza. Viaggiò molto fra l’Inghilterra, il Belgio ed i Paesi Bassi prima di dedicarsi alla pittura. Una grande figura di riferimento fu il fratello Theo e fu grazie a lui che Vincent si iscrisse all’Accademia di Belle Arti di Bruxelles. Da lì non si è più fermato, ha iniziato a dipingere, mostrando a tutti il suo enorme talento. Entrò in contatto con l’ambiente Neo Impressionista, siamo nella seconda metà del 1800, e rianimato da questa novità, si trasferì nel sud della Francia per cercare la luce giusta e qui dipinse ininterrottamente gran parte delle sue opere più famose, inclusi i vari autoritratti, pure quello con l’orecchio bendato. Tu sai cosa gli era accaduto?”
“No. Qualcuno gli aveva sfondato il timpano a forza di urlargli nelle orecchie?” Era semi serio e in quel momento il suo portapenne si rovesciò senza che nessuno lo avesse sfiorato. Si alzò di scatto, in preda alla sorpresa e allo spavento. “Sei stata tu?”
“Assolutamente no!” Anche lei si era alzata e allontanata dalla scrivania. E le soprese non erano finite. “Guarda… guarda lì.” Indicò il block-notes: sulla prima pagina stava comparendo l’ormai famosa frase

 

 Ik ben hier

      V



“Che mi prenda un accidente…. Lui è qui.” D’istinto strinse Laura come a volerla proteggere.
Il primo foglio si staccò, sul secondo comparve una nuova parola


 
 Ik wil respect

 
“E questa che cosa vuol dire?” Laura trovava sicurezza fra le braccia di Leonardo, erano praticamente con le spalle alla porta dell’ufficio.
“Vieni, usciamo di qui.” Afferrò la maniglia ed aprì, in un attimo erano nel corridoio. Si passò una mano fra i capelli e sbuffò, tentando di buttare fuori la tensione. “Vieni, andiamo a vedere se il prete è arrivato.” E di nuovo la prese per mano, una mano che trovò fredda come un pezzo di ghiaccio.
Giunsero non lontano dall’ingresso. “Commissa’, ci sta don Gastone.” Esposito venne loro incontro con il religioso.
“Meno male…” Sussurrò Fiorini. “Padre, venga, presto.” Lo invitò a seguirlo sino alla soglia del suo ufficio. “Poco fa la signorina mi stava parlando della vita di Van Gogh, quando all’improvviso il mio portapenne si è rovesciato, poi su due pagine del mio block-notes sono comparse due frasi dal nulla.”
Don Gastone aprì la porta, vide le penne fuoriuscite dal loro contenitore sparse sul tavolo e i due foglietti su cui si leggevano molto bene delle parole. Li prese fra le mani e si voltò verso le tre persone che stavano alle sue spalle. “Qualcuno di voi conosce il significato di queste frasi?”
“Io ….credo di sì.” Laura si fece coraggio e rispose con un filo di voce. “Il primo significa Io sono qui, il secondo credo significhi Io voglio rispetto.”
L’uomo annuì in silenzio, posò i due foglietti sul tavolo, estrasse dalla tasca della sua giacca un libricino, lo aprì e si mise a leggere in silenzio. Non c’era nessun rumore in quell’ufficio, stranamente pure il telefono taceva e quel silenzio perdurava, la tensione era palpabile, nessuno osava fare un solo movimento.
Dopo interminabili minuti don Gastone chiuse il libretto, fece il Segno della Croce, seguito a ruota dagli altri tre presenti, poi si voltò e si avvicinò a Laura. “Cara figliola, è lo stesso spirito che vagava a Palazzo Pitti. Stai tranquilla, lui non vuole farti del male, comprende che la sua presenza non è troppo gradita da parte tua, non è così?” Vide un leggero movimento delle labbra della ragazza. “Pure l’altro giorno nella vetrina del fioraio l’hai visto e ti sei spaventata, vero?”
Restò a bocca aperta dallo stupore: come faceva quel prete a saperlo?
“Stai tranquilla, vuole solo ringraziarti per l’omaggio che gli stai facendo.”
“E…non poteva…. Non poteva starsene dove stava? E ringraziarmi da lì?” Che diavolo di discorso aveva fatto?!
“Le anime si muovono, vagano dove le emozioni le spingono. Tu veneri l’artista olandese, è fisso nei tuoi pensieri e questo a lui non è passato inosservato.” Poi fissò il commissario. “Tu porti dentro un peso enorme e credo questa esperienza potrà giovarti moltissimo, tornerai quello che eri un tempo. Ricordati di portare rispetto per chi dorme il sonno eterno, non scherzare con le anime che cercano pace e serenità. Questo include anche il ricordo di chi ci ha preceduto.” Alzò l’indice della mano destra ammonendo Fiorini. “Il rispetto, commissario, per i vivi e per i morti. Ricòrdatelo sempre, perché ciò che loro sono, tu sarai.” Poi se ne andò. “Che Dio vi benedica.”
“Mamma d’o Carmine…” Esposito si lasciò sfuggire una frase per esprimere il grande stupore. “Chist’ ci è andato pesante assaje.”
Laura decise di correre dietro a don Gastone, avrebbe voluto chiedergli molte più cose di quante ne aveva dette prima. Fiorini la seguì, anche lui voleva capirci di più.
“Padre, aspetti per favore!” Lo raggiunse in prossimità dell’uscita. “Mi sta forse dicendo che lui mi insegue notte e giorno?” La prospettiva era inquietante.
“Ti resterà accanto fin quando gli sarà possibile.”
“Che significa?” Percepì la presenza di Fiorini a pochi centimetri.
“Capirete tutto nei giorni a venire. Siate sereni, figlioli.”
Restarono sulla soglia dell’ingresso del commissariato, in silenzio, mentre don Gastone si incamminava verso casa con le mani in tasca.
“Ah, allora la faccenda è più seria del previsto!” Una voce piuttosto antipatica fece tornare entrambi alla realtà. “Se c’è di mezzo pure il prete, il matrimonio ci sarà a breve. Cos’è, la tua nuova fidanzatina ti renderà presto papà?”
“Mancavi solo tu e le tue cazzate per terminare la giornata in bellezza.” L’uomo roteò gli occhi come vide avvicinarsi Arianna.
“Ero passata solo per avvisarti che nei prossimi giorni verranno a prendere le mie cose dal tuo appartamento.”
“Ah, alla buon’ora.”
“E ho detto loro che essendo tu il proprietario, intestino a te la fattura.”
“Che cosa?!” Sentì il sangue ribollirgli nelle vene. “Ti ho detto un milione di volte che è tutto a carico tuo! Mi hai riempito casa di schifezze inguardabili e pretendi pure che io paghi per farle portar via?!”
“Su, dai, non fare il taccagno.”
“So io cosa fare invece, lancio tutto in mezzo alla strada, così quando passano a portar via la spazzatura, si prendono anche quella robaccia!”
“Non ti azzardare a fare una cosa del genere altrimenti…”
“Che fai? Mi denunci? Coraggio, sali su! I miei colleghi ti accoglieranno a braccia aperte!” Le fece cenno di entrare in commissariato.
“Sei uno stronzo senza cuore, Leonardo! A volte mi chiedo come abbia fatto a vivere per mesi e mesi assieme a te!”
“Io dovrei dire la stessa cosa! Maledetto il giorno in cui sei entrata in casa mia!” Era furibondo e mentre si allontanava, le lancio il classico gesto utilizzato per mandare a quel paese, continuando a borbottare frasi poco cortesi nei suoi confronti.
Laura, che aveva assistito in silenzio, si incamminò verso casa stretta nel suo giubbino.
 
 
 





 
Buongiorno a tutti!
Come promesso, ecco un nuovo capitolo in cui Van Gogh torna a farsi vivo (più o meno) e questa volta fuori da Palazzo Pitti. La prospettiva che segua Laura giorno e notte seguendo le sue emozioni è piuttosto inquietante, a me toglierebbe completamente il sonno.
Prima di salutarvi, vi dico che probabilmente il prossimo aggiornamento non arriverà prima di maggio. Complici tutte le varie festività dei prossimi giorni, difficilmente riuscirò ad aggiornare, per cui avete tutto il tempo per leggere con calma e commentare. Naturalmente ringrazio di tutto cuore chi lo sta facendo con costanza e simpatia ed auguro a tutti VOI Buona Pasqua e Buon 25 Aprile.
A presto!
 
Un abbraccio
La Luna Nera
 
 

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Capitolo 13
*** Caro Vincent.... ***





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“E tu credi davvero a quello che ha detto il prete?” La Gherardini chiuse il cassetto della sua scrivania dopo avervi riposto dei documenti. Aveva ascoltato con attenzione il racconto di Laura e non era particolarmente convinta di ciò che le aveva riferito.
“Considerando l’evoluzione dei fatti, sembra l’unica strada possibile. Ho fatto di Van Gogh la mia ragion di vita, il suo mito mi ha accompagnata sin dai tempi delle scuole medie e se davvero esistono gli spiriti e se davvero seguono le emozioni della gente, non vedo perché Vincent mi abbia dovuta snobbare.”
“Bah, se lo dici tu.” Tolse gli occhiali e si alzò in piedi. “A me interessa solo che quel commissario antipatico non abbia voluto sospendere di nuovo la mostra, avremmo avuto un danno non indifferente, sia in denaro che in immagine.”
“Lui fa il suo lavoro, deve tutelare l’incolumità delle persone.”
“Che fai, lo difendi adesso?” Era meravigliata. “Credevo non nutrissi troppa simpatia nei suoi confronti.”
“Oh beh, diciamo che potrei aver cambiato leggermente idea.”
“Senti, io devo tornare in facoltà, ci sono alcuni progetti di ricerca interessanti, magari te ne parlo e vediamo che si può fare dopo la chiusura della mostra. Resti tu qui?”
“Ma certo.” A volte la professoressa appariva un po’ troppo burbera, non le dispiaceva restare da sola ad occuparsi dell’esposizione.
Così non appena la Gherardini se ne fu andata, Laura si mise seduta in un angolo, confondendosi fra i visitatori, osservando quanta gente fosse accorsa per omaggiare il grande artista olandese. E la sua mente divenne un fiume di pensieri.

Caro Vincent, sei qui, lo so. Non comprendo esattamente sotto quale forma tu sia potuto tornare su questa terra e non sono neanche certa che tu possa capire le mie parole. Conosco pochissimo la tua lingua natale, ma so che le emozioni vanno ben oltre le parole. Se davvero sei tornato per ringraziarmi, sappi che ne sono onorata, per me omaggiarti in questo modo è una cosa minuscola in confronto a ciò che tu hai fatto per l’arte e per l’umanità intera.
Potrò sembrarti stupida, caro Vincent, ma il solo pensiero che tu mi sia vicino in questi istanti mi fa battere forte il cuore. Non so se è la dannata paura di poterti vedere o il desiderio che mi lega a te…
 
Sentì una calda corrente d’aria avvolgerle il corpo, come se qualcuno la stesse abbracciando da dietro. E nelle sue orecchie una voce rauca bisbigliò la ben nota frase Ik ben hier..
Sì, sei qui. Ora percepisco la tua presenza. Sorrise come una ragazzina al primo appuntamento. Perché sei qui? Ti prego, dimmelo.
E di nuovo quella voce rauca rispose Ik ben hier voor jou.
Tu sei quei per me? Abbassò lo sguardo, fissando il pavimento. Sentì le sue guance arrossarsi. Dank, Vincent. Grazie.

Si spostò in una saletta non troppo distante dalla biglietteria, sentiva sempre quella calda corrente presso di lei, lui era lì, oramai lo sapeva, la stava seguendo, glielo aveva detto lui stesso, aveva percepito il suono della sua voce, una cosa che andava ben oltre le sue più grandi aspettative. Decise di restarsene seduta in quella stanza, percepiva forte il bisogno di solitudine e di quiete, un desiderio di volersi isolare dal mondo e bearsi di quella visita inaspettata lontana da occhi indiscreti. Nonostante tutto, non aveva paura.

E i minuti passavano, mutavano in ore, lei stava sempre lì seduta su quel divanetto comodo ed accogliente, con quella sensazione di protezione, di calore, di estrema tranquillità.

Il sole era sceso dietro l’orizzonte, gli ultimi visitatori erano usciti da Palazzo Pitti già da oltre un’ora, le donne addette alle pulizie stavano già facendo il loro lavoro, così come i tre vigilantes in servizio, fra cui proprio Perrone. Nessuno aveva notato la presenza di Laura in quella stanza, nessuno fino a che Antonella, una delle donne, non vi entrò per svuotare il cestino. Trovò Laura accasciata sul divano, pareva profondamente addormentata, l’espressione del suo volto era rilassata e tranquilla, teneva l’avambraccio e la mano sinistra sotto la testa a mo’ di cuscino, mentre l’altro arto penzolava fino al pavimento.

“Signorina…” Antonella provò a svegliarla. “Signorina, va tutto bene?” Non ottenne risposta. “Ehi, mi sente?!” Alzò leggermente la voce mentre scuoteva senza successo la ragazza. “Oh! Aiuto! Questa sta male! C’è nessuno?!” Si mise ad urlare richiamando così l’attenzione di Nannucci, una delle guardie in servizio.
“Che succede?” Si affacciò nella stanza e vide. “Madonnina Santa! Ma che è morta?!” Si mise le mani nei capelli.
“No, respira ancora ma non si sveglia!” Panico. “Chiama qualcuno, svelto!”
L’uomo afferrò il cellulare e chiamò immediatamente il 118. Nel frattempo anche gli altri accorsero richiamati dalle voci. “Il polso debole è.” Sentenziò Perrone. “Miiii…. Pure la faccia cadaverica ha.”
“Io avverto anche la Polizia.” Settembrini, il terzo vigilante, ritenne doveroso informare anche coloro che stavano indagando sui tanti, troppi fatti occorsi fra quelle mura.
 


 
 
Fiorini arrivò due minuti dopo l’ambulanza, era preoccupatissimo. Esposito lo seguiva a fatica e quando lo raggiunse, vide che era lì con la ragazza, presso la quale già stavano gli addetti al soccorso. Restò fuori dalla stanza per non intralciare le operazioni, ritenendo opportuno cercare di capire cosa era accaduto.
“Noi s’era lì nella nostra stanza.” Nannucci prese a raccontare. “Un ci siamo accorti di nulla, mi creda ispettore, un s’era nemmen visto che la ragazza l’era lì dentro.”
“Ma scusate, ‘o giro ‘e chiusura lo fate voi o le guaglione che stanno a pulì?”
“Si fa noi, sì, ma quando l’hanno finito di spazzare e dare i’ cencio, sennò chi le sente quelle!”
“E cca nun è entrato nisciuno.”
“No, solo noi tre e loro a pulire. Unn’è entrato nessuno, glielo giuro.”
“Avete sentito urla?”
“No, assolutamente no. Né urla, né tonfi o rumori. Io credo che la ragazza si sia sentita male, un mi sembra ferita, un c’è sangue in terra.” Affermò con sicurezza sbirciando nella stanza.

I soccorritori portarono dentro la barella, vi posero sopra Laura ancora incosciente e si prepararono a raggiungere l’ospedale. “Non presenta segni di colluttazione e ad un primo esame escluderei il malore. Dobbiamo portarla via per accertamenti clinici. Così su due piedi non capiamo cosa possa esserle accaduto.”
“L’accompagno io.” Fiorini si offrì immediatamente, non voleva lasciarla da sola. “Avviserò prima possibile i genitori.” Mentì spudoratamente, ma era l’unico modo per non farsi allontanare.

L’ambulanza partì a sirene spiegate verso l’Ospedale di Careggi, sfrecciando per le caotiche vie di Firenze. Il volto di Laura appariva sereno seppur pallido, respirava impercettibilmente e infatti le avevano messo la maschera dell’ossigeno per essere pronti in caso la situazione fosse precipitata. Era monitorata costantemente, i suoi parametri vitali apparivano deboli, così come era il battito del suo cuore. La pressione sanguigna era bassissima e la mano che Fiorini stringeva sembrava un pezzo di ghiaccio.

Quanto cazzo ci vuole per arrivare al Pronto Soccorso?!

Il tempo sembrava immobile, quanto era passato dalla partenza da Palazzo Pitti? Un minuto? Due? Tre? Aveva perso totalmente la cognizione del tempo, sapeva solo che quella maledetta ambulanza avrebbe dovuto raggiungere la destinazione prima di subito.

E finalmente arrivarono a Careggi. I soccorritori scesero dal mezzo mentre un’infermiera ed un medico si fecero incontro, estrassero la barella con la ragazza ed entrarono precipitosamente dentro. “Lei resti qui!” Il medico bloccò Fiorini sbattendogli in faccia quella porta maledetta: per un incredibile scherzo del destino era la stessa porta che molti anni prima si era visto sbattere in faccia. Stavano visitando Laura proprio nella stanza in cui avevano portato Cecilia.

E di lì Cecilia non era più uscita.
 









 
Ben ritrovati!
Chiedo scusa per il ritardo con cui ho aggiornato, purtroppo sapevo che non avrei avuto la possibilità di farlo durante le varie festività dei giorni scorsi. A proposito, tutto bene?   : )
Passando alla storia, Laura non appare troppo spaventata dalla vicinanza del buon Vincent, tutt’altro, quasi gli dichiara il suo amore. Ma amare uno spirito non è così semplice ed ecco che subito accade qualcosa di preoccupante. Fiorini non la lascia sola e la segue fino in ospedale, dove rivive qualcosa che lo ha segnato in passato. Di cosa si tratta lo scoprirete continuando a seguire la vicenda.
Grazie a tutti per il Vostro costante supporto, in particolare ai recensori.
A presto!
 
Un abbraccio
La Luna Nera
 

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Capitolo 14
*** Un passato che fa male ***







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Che ore erano?

Mezzanotte?

L’una?

Quel dannato orologio alla parete si era forse fermato?
Da quanto quella porta maledetta restava chiusa?
Che stava succedendo oltre quella soglia?
Il commissario Fiorini, lì semplicemente Leonardo, aveva paura. Sì, aveva una tremenda paura di rivivere l’incubo del lontano giorno d’estate di tanti anni fa, quando lui aveva appena 18 anni ed era stato trasportato lì assieme a Cecilia.

Lui se l’era cavata con graffi e contusioni, lei non ne era uscita viva.


Quel bastardo non si era rassegnato al fatto che lei non volesse più uscire con lui. Cecilia aveva scelto Leonardo e lui non lo aveva digerito. Quel giorno li aveva inseguiti a bordo della sua moto, assieme agli altri della sua banda, li aveva speronati mentre loro stavano tranquillamente facendo un giro in motorino sulle colline di Firenze. Leonardo era caduto, riuscendo ad aggrapparsi ad un arbusto mentre il suo motociclo rotolava giù per la scarpata…rotolava giù assieme a Cecilia.
Le condizioni della ragazza erano apparse subito disperate e a nulla erano serviti i soccorsi, seppur tempestivi. Avevano provato a rianimarla in tutti i modi lì sul posto, dopo un recupero piuttosto difficoltoso, ma le sue condizioni erano apparse immediatamente critiche. La trasportarono d’urgenza in ospedale e la sottoposero ad un disperato intervento, ma le emorragie interne erano troppe e inarrestabili. Nonostante tutti gli sforzi, quando quella porta si aprì, lui comprese di averla persa per sempre.


Affondò il viso nelle mani esattamente come allora, percependo il vuoto sotto i piedi, come se il pavimento fosse scomparso all’improvviso e quel baratro lo stesse trascinando dentro un pozzo senza fine per la seconda volta. Chiuse gli occhi e quando tirò su la testa riconobbe il dottore di allora, con il volto serio e tirato, pronto a dargli una nuova terribile notizia. Era come un incubo quell’uomo, con lo stesso camice, gli stessi pantaloni verdi, la stessa faccia di allora. Gli si avvicinò in silenzio, poi aprì bocca per comunicargli la situazione, ma stranamente la voce pareva femminile, non maschile. Leonardo continuava a fissare la persona davanti a lui, sembrava ipnotizzato e solo dopo molti secondi quella mano che ripetutamente passava davanti ai suoi occhi riuscì a destarlo dal torpore in cui era caduto. Fu allora che si rese conto di non avere quel medico di fronte, bensì un’infermiera non proprio giovanissima.
“Ehi! Si sente bene?”
“Io…Sì, sì, sto bene grazie.” Iniziava a riprendere contatto con la realtà.
“Può entrare adesso, sua moglie si è svegliata e sta benino.”
“Mia…cosa?” Si sentiva ancora stordito e non era certo di aver capito bene.
“Su, coraggio, vada da lei!”
“Veramente lei non….” Ma l’infermiera si era già allontanata.
Ad ogni modo si avvicinò con passo felpato alla porta della camera in cui si trovava Laura, aprì in silenzio e scivolò dentro senza fare rumore. Lei era distesa sul letto, teneva una flebo al braccio e pareva assopita. Prese una sedia per starle vicino, notò ancora un forte pallore nel suo volto. Lei si accorse della presenza di qualcuno, girò il capo ed aprì leggermente gli occhi.
“Ciao….” Vederla sveglia fu un enorme sollievo. “Come stai?”
Lei sorrise. “Sei l’ultima persona che avrei immaginato di trovare qui al mio risveglio.” La sua voce era debolissima.
Nascose una risata di sollievo e ricacciò in dentro le lacrime che stavano tentando di inumidirgli gli occhi, tanti erano stati la tensione e lo spavento. “Come stai?” Ripeté la domanda a cui lei non aveva ancora risposto.
“Mi sento stanchissima, come se avessi scalato l’Everest ed il K2 assieme.” Era distrutta, ma felice di vedere Leonardo al suo fianco. “Mi hai portato tu qui?”
“Non ricordi cosa ti è accaduto?” Il silenzio che ne seguì fu un chiaro segnale. “Ti hanno trovata priva di sensi in una stanza della mostra, sei stata trasportata qui da un’ambulanza.”
“Davvero?” Non ricordava nulla. “E tu perché sei qua?”
“Le guardie hanno ritenuto opportuno comunicare l’accaduto alla Polizia, viste le indagini in corso.”
“Capisco.” C’era delusione, per un attimo aveva sperato di sentire una spiegazione diversa. “Dunque sei venuto per lavoro.”
“Diciamo di sì.” Era più forte di lui, non riusciva assolutamente a far emergere il suo stato emotivo, le avrebbe voluto dire la verità e cioè che era salito con lei sull’ambulanza, le aveva tenuto stretta la mano, divorato dalla preoccupazione e dalla tremenda paura di perderla. Ma non ci riusciva, era più forte di lui: quella corazza puntualmente spuntava ogni qual volta l’uomo tentava di sostituirsi al commissario. “Cerca di ricordare cosa stavi facendo: parlavi con qualcuno? Eri sola?”
“Io…” Aveva mal di testa e sforzarsi di ripercorrere quei minuti era fastidiosissimo. “Pensavo a lui…. Parlavo con lui… E lui mi ha risposto. Ha detto di essere qui per me. Me lo ha detto lui in un orecchio.”
Drizzò la testa. “Lui chi?”
“Vincent.” Le sue labbra si piegarono in un sorriso sognante.
“Vincent… Van Gogh?” Possibile?
“Certo, chi altri può essere così meraviglioso con me?”
Si sentì quasi offeso, ma d’altronde lui e il romanticismo vivevano da un’eternità su galassie distanti anni luce. “Ho capito. Ora è meglio che vada, tu hai bisogno di riposare. Ci vediamo quando starai meglio.” La salutò con un sorriso prima di alzarsi e scomparire dietro la porta. Prese il telefono e chiamò Esposito perché venisse a prenderlo, poi si avviò verso l’uscita, frugandosi in tasca alla ricerca di accendino e pacchetto.
“Che fa? Se ne va?”
Si voltò e riconobbe l’infermiera di prima.
“Lascia sua moglie da sola?”
Non le rispose.
“Ma tu guarda che tipo!”
Alzò gli occhi al cielo, visibilmente seccato. “Senta.” La bloccò prima che si allontanasse. “Se me ne vado, sono affari miei. Qui nessuno mi ha ancora detto cos’ha Laura!”
“Ah, ho capito.” Incrociò le braccia. “Lei è il classico uomo che scarica tutta la famiglia sulle spalle della donna e infatti sua moglie ha avuto un calo di energie impressionante, come mai avevo visto prima d’ora. Mi faccia indovinare: avete quattro, forse cinque figli, lei se ne sta sempre fuori fra il lavoro e le partite di calcetto, disinteressandosi di chi sta a casa a sgobbare dalla mattina alla sera! Ora che sua moglie è qui, tocca a lei rimboccarsi le maniche e la cosa non le va giù. Ho indovinato?”
“Ma lei non ha altro da fare che sparare stronzate con uno che neanche conosce?! Innanzitutto Laura non è mia moglie, non ho figli né con lei, né con altre donne e… Non sono affatto tenuto a dirle i cazzi miei.”
In quel momento arrivò Esposito sull’auto di servizio. “Tempismo perfetto.” Bisbigliò al suo fido collaboratore salendo sul veicolo.
“Tutto bene, commissa’?” Vide il suo capo stanchissimo. “Come sta la signorina Laura?”
“Ha avuto un calo di energie fortissimo, almeno così mi è stato riferito da quell’impicciona antipatica pettegola.” Sbuffò ripensando all’accaduto. “Ad ogni modo Laura mi ha detto cose strane, come se avesse parlato con Van Gogh in persona.”
“Azz, qui la cosa si sta facendo seria.”
“Dove lavora quel prete? Come si chiama, non mi ricordo….”
“Don Gastone? Sta nella canonica di Santa Maria del Carmine, appress a noi.”
“Mi porti lì.”
“We commissà, stiamo in piena notte.”
“Ah già…” Non se ne era reso conto.
“Vi porto a casa e ne riparliamo dimane, vabbuono?”
Annuì in silenzio. “Domani pensi lei ad avvertire i familiari della ragazza, io arriverò più tardi.”
 
 
 
Infilò la chiave nella serratura, aprì, accese la luce e trovò il suo appartamento quasi completamente vuoto: evidentemente Arianna aveva fatto portar via più cose del dovuto. Quel bel divano su cui si rilassava nei rari momenti di relax guardando la TV era scomparso, così come la stessa TV. Restavano a mala pena i mobili della cucina, fortunatamente ancora pieni, il tavolo e le quattro sedie. Andò in camera da letto per liberarsi del soprabito, dato che anche l’attaccapanni non c’era più, lo gettò sul letto che non era stato saccheggiato così come la sua parte del guardaroba, si tolse le scarpe e stanco com’era, accettò l’invito del materasso sprofondando in un sonno profondo e rimandando la doccia al mattino.
 
 
 
Ehi Leo!
Spero questa volta tu riesca a sentirmi, sei sempre così ottuso che non ti sei mai accorto della mia presenza.
Sei cambiato, Leo, non sei più quel casinista meraviglioso di tanti anni fa, adesso sei così duro e freddo.
Hai visto quanti anni mi ci sono voluti per rientrare in contatto con te?
Torna quello che eri, Leo, togli il gelo dal tuo cuore! Lascia spazio a quella poverina, fa’ che ti renda felice come fossi io!
A presto, amore mio.
 

Si svegliò di soprassalto, agitato e sudato. Si mise seduto sul letto massaggiandosi la fronte e guardandosi attorno. Il sole filtrava fra le tapparelle, gettò un’occhiata al telefono e vide che erano quasi le nove del mattino.
“Quella voce…..” Bisbigliò fra sé. “Cecilia…” Aveva sognato sicuramente, non c’era altra spiegazione. “Impossibile. Cecilia non c’è più da anni.”
Si mise in piedi e si avviò verso il bagno: una buona doccia gli sarebbe servita a svegliarlo per bene e a togliersi dalla testa voci e suggestioni.
 
 
 



 




 
Buon venerdì a tutti!
Chi è Cecilia: questa è la domanda che in molti hanno posto. Bene, immagino che adesso abbiate le idee più chiare: Cecilia era la fidanzatina di Leonardo ai tempi della scuola superiore, deceduta purtroppo in un incidente causato da un ex che non si era rassegnato. Ed ecco perché Fiorini è diventato freddo e apparentemente insensibile, perché ancora non ha superato il colpo subìto e non vuole altra sofferenza addosso. Ha in sintesi costruito una corazza per difendersi e proteggersi, ma qui sembra stia iniziando a sgretolarsi. Sarà davvero così?

Non voglio rubarvi altro tempo, desidero ringraziare tutti VOI che seguite e commentate la storia e vi auguro un buon fine settimana.
 
Un abbraccio
La Luna Nera

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Capitolo 15
*** Anime ***





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Posò il palmo della mano sulla porta e spinse: da quanto tempo non metteva piede in una chiesa? Non lo ricordava più, non ne sentiva il bisogno da anni ed anni, specialmente da quando aveva visto coi suoi occhi quanto male esiste e continua ad esistere senza che quel Dio che parla di pace e amore muova un solo dito. Non c’era nessuno, dalle finestre filtrava la calda luce del mattino e l’aria immobile era leggermente disturbata dal brusio proveniente dall’esterno. Percepiva il caratteristico odore di candele accese, del fumo impalpabile, del leggero tocco di incenso misto al gradevole profumo dei fiori che ornavano l’altare maggiore e parte degli altari laterali.
Leonardo fece distrattamente il Segno della Croce, guardandosi attorno con una certa circospezione e con la speranza di veder apparire don Gastone alla svelta, senza dover vagare troppo a lungo in quel luogo. Si sedette su una delle prime panche, mettendosi ad osservare l’altare, la ricchezza del Tabernacolo, dei candelieri e di tutte le opere d’arte che arricchivano in maniera esponenziale il luogo di culto. Nonostante non rientrasse fra i “must” di Firenze, trovò quella chiesa meritevole di una visita.
 
“Ti stavo aspettando, commissario.”
Si voltò e riconobbe don Gastone. “Buongiorno padre.” Si alzò immediatamente. “Esposito le ha detto che sarei venuto da lei?”
“No.” Rispose l’altro con grande serenità sul volto, mettendosi seduto accanto a lui. “Pino non mi ha detto nulla, l’ho percepito io stesso. La tua anima ha bisogno di aiuto e questo tu lo sai bene, per questo sei venuto qui ed io ne sono lieto. Ci sono molte persone pronte ad offrirti un valido sostegno, basta tu lo permetta loro.”
Era incredibile come quel prete fosse capace di penetrargli l’anima! Era forse il suo sguardo magnetico? Oppure un qualcosa di arcano e misterioso, un’aura magnetica invisibile all’occhio umano?
“Tu stanotte hai percepito una voce, non è così?”
“Come…come lo sa?” Era sempre più incredulo e stupito dalle sue capacità.
Quello piegò l’angolo destro delle labbra in un sorriso. “Vedi, figliolo, tu temi ciò che ti circonda perché vedi tanto male, tanta sofferenza e tanta disperazione. Il tuo lavoro ti porta sempre a contatto con questi sentimenti negativi, sentimenti che tu in prima persona porti nel cuore da anni.” Lo osservò profondamente. “Abbatti la corazza che hai creato per difenderti dal mondo, stai tenendo lontana anche colei che finalmente stanotte ti ha parlato dopo anni ed anni di silenzio.”
“Cosa intende?”
“Tu non la vedi, ma Cecilia sta sempre accanto a te.”
Abbassò la testa. “Cecilia è morta, padre, è morta tanti anni fa ed io non ho potuto fare niente per salvarla. Voi preti usate tante belle parole di speranza, ma mi spieghi una volta per tutte come posso credere in un Dio che strappa la vita ad una ragazza di appena diciassette anni! Come posso credere che l’anima sopravviva quando sento solo il silenzio attorno a me?! Me lo spieghi, accidenti! Cecilia è sotto un cumulo di terra da anni, di lei non resta che una fotografia che mi guarda….” Stava per scoppiare in lacrime, ma non voleva mostrarsi debole. “La morte cancella tutto, nessuno è mai tornato indietro.”
“Hai ragione, figliolo. A volte sembra che Dio sia insensibile al nostro dolore, che ci ponga di fronte ostacoli assurdi e insormontabili. Non pretendo tu accetti ciò che è accaduto a Cecilia senza incolpare l’Onnipotente, ma vedrai che la sua misericordia ti aiuterà a lenire il dolore che ancora porti nel cuore e che ti ha investito quando eri solo un ragazzo pieno di speranze.” La sua voce era calma e pacata. “Il commissario ha preso il posto dell’uomo troppo spesso, finendo quasi per annientarlo assieme alle emozioni, ai sentimenti e alla gioia di vivere. La notte scorsa finalmente l’uomo è riaffiorato, spinto dal sentimento che inizia a nutrire per quella ragazza.”
Era incredibile come fosse capace di leggergli l’anima. “Laura si salverà, non è vero?”
“Certo che si salverà, stai tranquillo.” Gli prese le mani. “Tu però dovrai fare molta attenzione e gestire con grande cautela il caso dell’aggressione alla guardia giurata. Ti trovi di fronte ad un colpevole molto particolare, un colpevole che non potrai mai arrestare, ma che dovrai trattare come lui esige e merita.”
Leonardo lo fissava in silenzio, mentre rifletteva e ripercorreva mentalmente le parole udite. “Mi sta forse dicendo…che…il colpevole è Van Gogh?”
“Io non ho fatto nomi, so solo che quell’anima cerca la pace, il rispetto e la serenità. E’ molto sensibile alle emozioni e ne segue la scia fino alla fonte per farla sua. Tu devi proteggere la fonte, hai capito?”
“Cosa intende?”
“Sei intelligente ed hai la capacità di capire ogni cosa. Rammenta le mie parole e fanne tesoro, se sei venuto qui da me significa che un po’ di fiducia nei miei confronti inizi a nutrirla.” Si alzò. “Non lasciare più che il commissario prenda il posto dell’uomo, ricordalo. Cecilia sta tentando di farti capire che ti è vicina ed ora che ci sta riuscendo dopo tanti anni, non chiudere il tuo cuore.” Fece la genuflessione, il Segno della Croce e scomparve in silenzio attraverso una porta laterale.

Leonardo restò lì, immobile, con gli occhi fissi sul punto in cui don Gastone era uscito di scena. Nella sua mente ancora si affollavano pensieri e interrogativi, sperava di trovare risposte, aveva invece trovato nuove domande. Aveva sofferto molto per la perdita di Cecilia e vedere Laura in quel letto d’ospedale senza avere notizie sulle sue condizioni, lo aveva fatto ripiombare nell’incubo di perdere di nuovo una persona importante.

Però se quella voce apparteneva a Cecilia, e lui ne era certo, allora le anime esistevano sul serio.

E quindi……





 
 
 
Laura fu dimessa due giorni dopo. Le avevano prescritto riposo assoluto ed una quantità non indifferente di ricostituenti. Imputarono il suo malore allo stress, al notevole dispendio di energie nell’organizzare e seguire la mostra. In effetti si sentiva stanca e spossata, ma non le era parso di aver mai lavorato in maniera tale da ridursi in quello stato. Ritenne comunque opportuno trascorrere qualche giorno in più a casa, lasciando alla Gherardini l’onore e l’onere di continuare a seguire la mostra e dedicando del tempo alle sue passioni, in primis la pittura. Effettivamente stava sentendo nascere dentro di sé un fortissimo desiderio di dipingere, come non le era mai accaduto in passato. Teneva sempre a portata di mano dei fogli da disegno ed una matita ed ogni istante era buono per tracciare linee, segni, curve, creare spazi e volumi, soggetti vari che potevano spaziare da ciò che osservava dalle finestre del suo appartamento a paesaggi lontani dal suo mondo, da angoli della sua camera da letto ad oggetti o fiori del balcone della vicina. Aveva la mente in piena attività, non sentiva altri stimoli esterni, non aveva badato neanche al segnale acustico del telefono che segnalava la batteria quasi scarica, finendo così per lasciarlo spegnere senza aver notato i messaggi delle amiche, dei familiari e le numerose chiamate non risposte. A lei interessava solo l’arte.
Se ne stava sempre chiusa in casa, usciva solo per acquistare il materiale da disegno quando ne aveva necessità, finendo per riempire il suo piccolo appartamento di fogli e carte ammucchiati ovunque e le pareti con un numero consistente di tele che coprivano quasi totalmente l’intonaco. La vista di tutte quelle opere da lei realizzate la faceva sentire bene come mai prima di allora. “Sì, bene così. Hai trascurato troppo a lungo la pittura, Lauretta. Ora è tempo di rimediare e quindi….” Il suo breve monologo solitario venne interrotto dal suono del campanello: c’era qualcuno fuori, lì, sul pianerottolo, ma non aspettava visite. Sbuffando, posò il pennello che teneva in mano, si pulì frettolosamente con uno strofinaccio e andò ad aprire, trovandosi davanti Esposito in compagnia di don Gastone.
“We, signori’. State bene?”
Roteò gli occhi. “Salve ispettore, padre.” Salutò entrambi sforzandosi di mostrare cortesia. “Sto bene, sì, sto benone.”
“C’avete fatto preoccupare assaje, tenite o’ cellulare spento, nun vi vediamo cchù n’do o commissariato e a' mostra e Van Gogh.”
“Oh beh, i medici mi hanno raccomandato di riposare il più possibile, allontanarmi dalla mostra per un po’ di tempo e quindi ho deciso di restarmene a casa e dedicarmi alla pittura, tutto qui.”
“Vabbuo’, se lo dite voi…” L’ispettore non era affatto convinto.
“Senti, figliuola….” Don Gastone si intromise con il suo solito modo pacato e cortese. “Credo che una passeggiata all’aria aperta non ti affatichi troppo, anzi, potrebbe giovarti e donarti nuove ispirazioni per dipingere. Non trovi?”
Restò per un attimo in silenzio, riflettendo sulle parole del prete: effettivamente l’idea non era affatto da scartare, sebbene l’andare in giro con un ispettore prossimo alla pensione ed uno vestito come un corvo non era proprio il massimo. Ma fuori c’erano tante di quelle idee da cui poter attingere per creare nuovi lavori che si lasciò convincere. “Sì, ha ragione. In fin dei conti è una bella giornata oggi e un po’ di aria fresca non può certo farmi male.”
“Meraviglioso!” Esclamò Esposito. “Accompagno don Gastone alla chiesa che fra poco ci sta la Messa, poi vi vengo a prendere.”
“D’accordo.” Acconsentì tranquillamente. Almeno il prete non sarebbe stato più fra i piedi.
“Passiamo pure in commissariato, se non vi scoccia. Chiediamo pure al commissario si vuole venire appresso a noi, magari ci facciamo due passi sul Lungarno, ci prendiamo l’aperitivo, poi pure ‘na pizza da Gennaro o’pizzaiuolo che è l’amico mio…”
“Calma, calma, ispettore…. Non corra troppo per favore. Una cosa alla volta, ok?”
“Eh-eh… chiedo scusa signori’!” Si era lasciato prendere un po’ troppo dall’entusiasmo e risolse tutto con una risata.
“Accompagni pure il padre, io mi cambio d’abito e andiamo.”
Attese che entrambi si fossero allontanati, poi fece una doccia veloce e terminò di prepararsi.
 
 


 
 




 



 
Buon venerdì a tutti!
Ecco un nuovo capitolo: ora sembra che Fiorini si sia veramente convinto dell’esistenza delle anime, sia quella di Cecilia che quella di Van Gogh. La cosa non lo lascia affatto tranquillo e fa bene a preoccuparsi, tant’è vero che Laura inizia a tenere strani comportamenti.
 
Un enorme GRAZIE a tutti per il sostegno dimostrato fin ora, in particolare ai recensori. Un grazie speciale a Ineedofthem per la consnsulenza. 😁 Coraggio, fatevi avanti!
 
Un abbraccio
La Luna Nera

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Capitolo 16
*** Chi c'è in te? ***







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Esposito bussò all’ufficio di Fiorini senza ottenere risposta. “’O commissario nun ci sta?” Chiese guardandosi attorno.
“Interrogatorio, Ispettore. Sta là dentro da quasi un’ora con Arcangelo, hanno beccato in flagrante quel tipo che si spacciava per tecnico della società elettrica e truffava gli anziani. La nostra esca ha funzionato alla grande.” Rispose Menna.
“Fetente….” Borbottò all’indirizzo di quel disonesto. “Vabbuo’, e allora c’assettam llà e l’aspettamm.”
“Intende che…ehm… ci accomodiamo nel suo ufficio e lo aspettiamo?”
“Sì, mo vi faccio il corso di napoletano, così quanno scendete a Napoli non terrete problemi.”
“Magari!” In effetti l’idea di visitare Napoli non le sarebbe affatto dispiaciuta.
“Io fra poco me ne vado in pensione, sapete, e vi invito fin d’ora a venire da me, mia moglie Francesca vi accoglierà come una figlia.”
“Troppo gentile, magari trovo un hotel, non vorrei mai disturbarvi.”
“Ma quando mai! Nel nostro appartamento ci stanno tre camere vuote, tre come i nostri figli che mo se ne sono andati per le loro strade. Mia figlia maggiore Maria Vittoria sta a Londra da anni, studia e lavora all’università. Poi ci sta Antonio, il secondo, che è poliziotto a Trieste e il terzo figlio, Nicola, si è aperto la pizzeria a Fuorigrotta, il quartiere di Napoli dove sta lo Stadio San Paolo. Vive lì con la moglie Anna e i miei due nipotini, Giuseppe come me, anche se mi faccio chiamare Pino, e la femminuccia Rosalba.”
“Complimenti, ha proprio una bellissima famiglia.”
“Eh, peccato che quelle belle tavolate per le ricorrenze non le possiamo fare più. Stanno quasi tutti lontani.” Volse lo sguardo verso la finestra, Laura vi scorse tanta nostalgia per i bei tempi andati, per i figli lontani, per la sua terra e per la sua città. “Sto bene a Firenze, ma Napoli è Napoli e sta sempre dint’o core mio.”
La ragazza sorrise, anche lei aveva sentito la mancanza della sua città quando si trovava nei Paesi Bassi per studiare. Lui mancava da Napoli da anni ed anni, chissà quanta nostalgia scorreva nelle sue vene. Gliela leggeva negli occhi, era impossibile non notarla e si sentiva impotente nel non poter far niente per essergli d’aiuto.
“Vabbuo’, accomodatevi pure, mo devo andare a prendere dei documenti per il commissario, dovrebbe aver quasi finito di interrogare quel fetente.” Uscì dall’ufficio di Fiorini, lasciandovi Laura. Nell’aria c’era sempre quell’odore di fumo sgradevole, nonostante il posacenere fosse vuoto. Accanto ad esso, sulla scrivania, c’erano montagne di carte e documenti, sugli scaffali troneggiavano faldoni su faldoni contenenti chissà cosa, non aveva mai notato quante scartoffie facessero da cornice a Leonardo. Mente osservava tutto questo, la sua attenzione cadde su un blocco di fogli bianchi posizionati vicino al telefono: qualcosa dentro di lei le chiedeva sempre con maggior insistenza di prendere quelle carte e disegnare, disegnare qualsiasi cosa le passasse per la testa. Non ci pensò più di tanto, afferrò una penna e iniziò a tracciare segni, linee, forme che andavano a comporre delle figure piuttosto sinuose. Stava ritraendo un angolo della stanza in maniera molto particolare, con tratti decisi e discretamente marcati per delineare gli spazi occupati dagli scaffali, il pavimento sembrava non perfettamente orizzontale e la finestra lasciava intravedere un cielo denso di nubi vorticose. Tutto questo era stato creato nel giro di pochissimi minuti, non più di cinque, da quando Esposito era uscito dalla stanza. Quella mano si muoveva senza sosta, in maniera quasi incontrollata, pareva non desiderare altro che disegnare come se non ci fosse un domani. I suoi occhi iniziarono a farsi pensanti, così come la testa che, abbassandosi, arrivò quasi a sfiorare il tavolo. Ma la mano continuava imperterrita a disegnare, nonostante le palpebre avessero quasi completamente privato gli occhi della luce.
Così la trovò Fiorini di ritorno nel suo ufficio, seguito dall’ispettore, dopo aver concluso l’interrogatorio. “Esposito, trasmetta tutto al PM, poi mi porti i documenti di cui mi diceva prima e…..” Si bloccò all’istante. “Laura!”
Lei sussultò, tornando repentinamente alla normalità. “Buongiorno… No, aspetta, ma che ore sono?” Sembrava appena uscita da uno stato di trance.
“Ehi, va tutto bene?” SI avvicinò a lei, visibilmente preoccupato. “Hai fatto tu questi disegni?” Chiese non appena li ebbe notati.
“Sì,….sì, li ho fatti io. Scusa se ho usato i fogli senza chiedertelo, ti ripago tutto.” Si rese conto di aver forse esagerato, utilizzando cose non sue. “E’….è stato strano, non sono riuscita a controllarmi, credimi, non mi era mai accaduto prima d’ora.”
“Stai tranquilla, non c’è problema.” Il problema c’era eccome e lui lo sapeva molto bene. “Senti, Esposito mi diceva della proposta di andare a mangiare una pizza dal suo amico Gennaro. “Buttò l’idea per farla parlare di altro, mentre con un piccolo apparecchio, di nascosto, registrava la sua voce.
“Sì, ma a dirla tutta non ne ho tanta voglia. Sai cosa vorrei fare?” Piegò le labbra in un luminoso sorriso. “Vorrei andare a Palazzo Pitti.” Notò la preoccupazione del volto di Leonardo, ma non se ne curò. “Non ci ho rimesso piede da troppi giorni e….. tu mi capisci, non è vero? Mi accompagni, per favore?”
“Non credo sia una buona idea.”
“Perché? Voglio solo andare a vedere la mia mostra. Se ti avessi chiesto di portarmi agli Uffizi me lo avresti negato lo stesso?”
Rifletté un istante in silenzio. “No, tuttavia credo tu debba stare lontano da quel luogo.”
“Ah, questa poi!” Sbottò contrariata. “Io lì ci ho buttato l’anima, te lo sei dimenticato?”
“No, ma fino a che non chiudo le indagini sull’aggressione alla guardia giurata tu devi fare quello che dico io.” Era fermo e deciso.
“Che cosa?!” Si alzò in piedi di scatto. “Nessuno mi dà ordini! Tantomeno tu!”
“Laura, è pericoloso, Cristo Santo, lo vuoi capire o no?!” Sbatté un pugno sul tavolo facendo sobbalzare tutte le penne sparse lì attorno.
“Non me ne frega un cazzo, io devo andare lì, che ti piaccia o no.”
“D’accordo. Facciamo così: ci andiamo insieme per non più di dieci minuti. Saluti la tua amica prof e poi ce ne andiamo in pizzeria o se non hai fame, torniamo qui. Siamo intesi?”
Lo fissava con aria di sfida. “Va bene. Così vedrai coi tuoi occhi che lì di pericoloso non c’è nulla.” Si avviò verso la porta senza aspettarlo.
Lui prese il mini registratore e la seguì, ma giusto un attimo prima di uscire lo consegnò ad Esposito. “Lo faccia pervenire immediatamente al Gruppo CICAP, voglio un’analisi di questa registrazione audio massimo entro un’ora.”
L’uomo capì subito la gravità della situazione e non perse neanche un minuto, si precipitò nel suo ufficio, cercò i contatti richiesti da Fiorini e in pochi secondi trasmise tutto agli esperti del settore. Solo loro potevano fornire prove scientifiche sul sospetto della presenza dello spirito di Van Gogh in Laura o qualcosa di simile.
 
 
Laura camminava a passo svelto in direzione di Palazzo Pitti, Leonardo quasi faticava a starle dietro. Era consapevole del suo grande amore per l’arte, ma sembrava esagerata tutta quella foga di raggiungere l’esposizione. Ma quando furono a poche decine di metri dall’ingresso, notarono una troupe televisiva e riconobbero una di quelle giornaliste ficcanaso tanto care al pubblico amante del gossip estremo. Si guardarono in faccia, decidendo di avvicinarsi con discrezione mischiandosi fra gli altri curiosi presenti.
“La vostra Ornella Azzurrini in collegamento da Firenze per Caccia allo Scoop per darvi gli ultimi aggiornamenti su quello che oramai viene descritto come Caso Van Gogh. Continuano a susseguirsi le voci sui fenomeni inspiegabili che si sono verificati nelle sale in cui è in corso un’esposizione dedicata al grande artista olandese. Sarà solo una trovata pubblicitaria per aver maggiore visibilità? Ci sono dei marchingegni in grado di riprodurre voci, immagini e rumori simili a quelli di uno spirito? Oppure c’è dell’altro?” Si avvicinò ad un gruppo di presenti. “Abbiamo qui alcune persone che hanno a che fare con la mostra e che potranno dire la loro su quanto hanno visto coi loro occhi. La signora Roberta è la responsabile delle pulizie. Signora, cosa ci può raccontare?”
“Ah, guardi, io non avevo mai visto cose del genere. I quadri si muovono, le luci si spengono da sole e poi si riaccendono…  Mi dica lei se è normale!”
“E secondo lei chi o cosa può esserci dietro tutto questo?”
“Mah, che le devo dire? Io mi faccio i fatti miei, però so che c’è una stanza in cui non fanno entrare nessuno, neanche noi a pulire. Io non lo so se lì c’è il fantasma o qualcuno a fare gli scherzi, però quella stanza è sempre chiusa. Veda lei!”
Era evidente il suo disappunto per non poter ficcare il naso dappertutto e con le sue dichiarazioni voleva lasciar intendere che dietro a quanto accaduto c’erano persone in carne ed ossa volte ad ottenere pubblicità gratuita per l’esposizione. Laura sarebbe esplosa, se non fosse stato per il provvidenziale intervento di Leonardo che la trascinò a debita distanza dal luogo.
“Quella è solo una pettegola impicciona! Sta sparando cazzate su cazzate! Ci butterà tanto di quel fango addosso che diventeremo lo zimbello d’Italia!”
“Cerca di stare calma e lascia fare a me!”
“Calma io?! Sono calmissima! Ho o non ho il diritto di difendere la mia creatura?!”
Leonardo comprese che quel comportamento irruento ed improvviso era una nuova conferma dei suoi sospetti. Doveva assolutamente tenerla a distanza sia dalle indagini che dalla mostra. “Vieni, andiamocene via. Chiamo Esposito così mi faccio spiegare dove si trova il suo amico pizzaiolo.”
“Non mi va, non ho fame.”
“D’accordo, torniamo in Commissariato allora, così ti spiego cosa ho intenzione di fare.” Poi si sarebbe inventato qualcosa, intanto era riuscito a trascinarla via da lì.
 
 























 
 




 
 
 
Buongiorno a tutti!
Sono stata indecisa fino all’ultimo se aggiornare così rapidamente o meno, ma visto che il capitolo era pronto mi sono lanciata.
Dopo un paio di capitoli in cui sono uscite cose sul passato di Fiorini, adesso torniamo ad affrontare quello che potrebbe trovarsi in Laura. Il commissario richiede analisi al CICAP che, per chi non lo sa, è l’acronimo di Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze. Si prefigge di analizzare ed eventualmente smascherare fatti all’apparenza inspiegabili, fornendo prove scientifiche su manifestazioni di vario genere. Leonardo riuscirà ad avere le prove sulla presenza di Van Gogh in Laura?

Grazie a tutti VOI che seguite costantemente la vicenda, grazie anche e soprattutto ai recensori, sono felice che abbiate apprezzato la parte del capitolo precedente in cui Fiorini parla con don Gastone sulla morte e sulla sopravvivenza delle anime: non è stata facile da scrivere per la delicatezza dell’argomento “morte”.
Un grazie particolare a Emmastory per il suggerimento dell'espressione Caso Van Gogh.

 
Grazie a tutti e a presto!

Un abbraccio
La Luna Nera
 
 
 
 
 

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Capitolo 17
*** A fin di bene ***






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Laura batteva ritmicamente il dito sul tavolo, era nervosa ed impaziente di sentire come Leonardo avrebbe gestito la questione. Lui se ne stava in silenzio, concentrato nella lettura di alcuni documenti che, a suo dire, erano inerenti il caso Van Gogh.
“Credo sia opportuno fare un sopralluogo assieme a quelli della scientifica.”
“E perché?” Appariva totalmente insoddisfatta. “Cosa speri di trovare?”
“Indizi.”
“Indizi?!” Sbottò. “Hai rigirato come un calzino tutta l’ala del museo e non hai trovato un tubo! Cosa cerchi ancora?!”
“Appunto: investigheremo sull’altra parte di Palazzo Pitti, quella extra mostra, diciamo così. Dopo di ché…” Qualcuno bussò alla porta, interrompendo la frase. “Sì, avanti.”

“Scusate Commissa’.” Era Esposito. “Ci stanno queste carte da firmare e questa comunicazione dalla Prefettura.” Porse tutto al suo capo che prese ad esaminare ogni cosa.
“Ah, quello stronzo finalmente va davanti al giudice.” Era soddisfatto nel constatare che lo stalker denunciato dalla ex fidanzata era stato colto in flagrante e mandato a processo. “Gli auguro di trovare il giudice Mazzaretto, così si becca un bel po’ di anni di galera.” Firmò ancor più felice. “E questo?” Prese la comunicazione della Prefettura. “Perché dobbiamo pensarci noi? Il Mandela Forum è dall’altra parte della città, ci sono altri commissariati a Firenze, in più ci sono anche i Carabinieri!”
“’O saccio, però chill vuole rinforzi. Tengono paura per l’ordine pubblico, si aspetta tanta di quella gente pe’vedere ‘sta banda inglese che manco fosse nu conciert’e Nino D’Angelo.”
Fiorini lo guardò con perplessità mentre usciva dal suo ufficio. “Scommetto ci saranno orde di ragazzine starnazzanti per vedere ‘sti Coldplay.”
“Che?!” Laura si alzò di scatto, sembrava svegliatasi dal sonno. “Tu hai la possibilità di andare al concerto dei Coldplay?!”
Comprese al volo che quello era un argomento perfetto per distoglierla dai pensieri su Van Gogh e la mostra. “Sì, ma solo per lavoro. Non venirmi a dire che anche tu fai parte delle ragazzine starnazzanti.”
“Mettiamo subito le cose in chiaro: i Coldplay non sono quattro pseudo cantanti messi assieme a tavolino dalle case discografiche. Sono quattro musicisti talentuosi che sanno far musica come pochi e stanno sulla cresta dell’onda da più di vent’anni. Ti sembra poco?” Notò lo sguardo divertito di lui. “E se io non vado al concerto è solo perché non sono riuscita a trovare i biglietti ad un prezzo onesto da comuni mortali.”
“Altrimenti ci saresti andata, giusto?”
“Certo che sì, non so se torneranno a breve a Firenze.” Era visibilmente dispiaciuta. “Sono una loro fan da anni, aspettavo un concerto in città da non so quanto e per colpa dei soliti stronzi, puf! Svanisce la mia unica possibilità di godermi lo spettacolo a due passi da casa.” Sbuffò. “Dovresti indagare, sai? Dovresti proprio capire come mai i biglietti spariscono appena aprono le prevendite e poi ricompaiono a prezzi gonfiatissimi. Faresti un favore a me e a tanta altra gente.”
Sorrise con un cenno di assenso. “Ok, vedrò che posso fare.” La sua mente però stava già pensando ad un’altra cosa, un colpo veramente basso ma forse era il giusto pretesto per allontanarla dal pericolo. “Senti Laura…” Si alzò avvicinandosi alla ragazza. “Facciamo un patto: io ti porto con me al concerto facendoti passare per una della mia squadra…”
Restò a bocca aperta. “Stai scherzando?” Era incredula e con un filo di voce, tanta era la sorpresa.
“Assolutamente no.” Ribatté prontamente lui con aria seria e composta.
“Cioè…. Tu mi porti a vedere i Coldplay?!”
“Sì, però mi devi giurare qui, adesso, che starai lontana dalla mostra e dalle indagini, da Van Gogh insomma.” Era una bastardata, lo sapeva bene, ma era l’unico modo per proteggerla.
Ripiombò nella realtà. “Che cosa?” Era rimasta spiazzata. “Tu mi porti con te al concerto ma io devo rinunciare a Vincent?”
“Esatto.” La fissava con determinazione in attesa di una risposta. “Allora? Che fai? Accetti?”
“Ma come puoi chiedermi questo?”
“E’ la mia offerta: prendere o lasciare.”

In quel momento Esposito entrò di nuovo nell’ufficio di Fiorini e senza dire una parola si avvicinò al suo capo e sottopose alla sua attenzione il documento che aveva appena ricevuto dal CICAP. “Commissa’, altre analisi richiedono cchiù tiempo, ce le faranno avere, ma chiste parlano chiaro.”
Leonardo leggeva in silenzio quelle parole scritte nero su bianco, tentando di capacitarsi della grigia realtà: dalle analisi della voce di Laura emergeva la presenza di un’altra voce le cui frequenze non erano udibili dall’orecchio umano. C’era un’alta probabilità che tale voce appartenesse ad un uomo, ma la certezza sarebbe arrivata con analisi più approfondite. Ma lui aveva visto giusto: nel corpo di Laura era presente un’entità che a volte prendeva il controllo sulla personalità della ragazza. E sapeva con buona certezza di chi poteva trattarsi. Doveva assolutamente fare in modo che Laura pensasse ad altro e il concerto dei Coldplay era un’occasione da non perdere.

Ringraziò Esposito e tornò vicino alla ragazza. “Allora?”
La vide terribilmente indecisa, era il caso di fare pressione perché decidesse come lui voleva. “Sappi che io rischio tantissimo nel portarti con me, ma è un rischio che sono disposto a correre. Tu però devi decidere alla svelta.”
Lei titubava vistosamente e nella sua mente si susseguivano quei due nomi: Coldplay, Vincent, Coldplay, Vincent, Coldplay, Vincent…, Coldplay, Vincent….
“Allora? Hai deciso?” Incalzò lui di nuovo. “Avanti Laura, davvero vuoi rinunciare a vedere la tua band preferita?”
Coldplay, Vincent, Coldplay, Vincent, Coldplay, Vincent…, Coldplay, Vincent…. “Mhmmmm evabenehaivinto!” Sbottò finalmente. “Accetto la tua proposta!”
“Meraviglioso.” Sorrise soddisfatto. “Non te ne pentirai, stanne certa.” Almeno per mezza giornata non penserai a quello. C’era una punta di gelosia nel suo pensiero. “Tu devi solo fare quello che ti dirò io, ricorda che nelle ore prima, durante e dopo il concerto tu sarai l’agente Torricelli in forza presso questo Commissariato da due settimane, siamo intesi?” Attese l’assenso della ragazza. “Tu fatti trovare sotto casa alle 16:00 il giorno del concerto, passo a prenderti io e ti spiego ogni cosa. Indossa abiti comodi, preferibilmente casual, siamo in borghese e dobbiamo mischiarci con gli spettatori per non dare nell’occhio.”
“Ho capito.” Era leggermente nervosa e lui se n’era accorto.
“Dai che ti porto a vedere i tuoi idoli da una posizione privilegiata!” Le diede una leggera pacca sulle spalle. “Non sei contenta?”
Lei si girò, lo guardò regalandogli un sorriso tirato. “Sì, sono contenta…” Poi sembrò svegliarsi dal torpore e realizzare la cosa. “Cazzo…. Vado a vedere i Coldplay…” Il suo volto si illuminò letteralmente, anche perché ci sarebbe andata con lui, con quel tipo maledettamente affascinante davanti a lei che le aveva offerto un’opportunità più unica che rara
.
 
 
 
 
 





Ciao a tutti!
A costo di essere ripetitiva, desidero ringraziare tutti VOI che continuate a seguire questa vicenda. Un grazie speciale naturalmente va a chi commenta regolarmente ed invito anche i lettori silenziosi a dire la loro.
Fiorini ha le prove scientifiche della presenza di Van Gogh in Laura, ma ha anche un buon pretesto per allontanare i suoi pensieri dall’artista, tentare di diminuire la usa influenza sulla ragazza e indurlo ad andarsene. Basterà un concerto dei Coldplay? Io adoro la band inglese, li trovo capaci di creare brani uno più bello dell’altro….
 
Attendo i vostri commenti!
Un abbraccio
La Luna Nera
 

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Capitolo 18
*** Il concerto ***







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Il gran giorno era arrivato. Laura era elettrizzata all’inverosimile, le era costato tantissimo dover tacere la cosa alle amiche, ma non poteva fare altrimenti. Fatto sta che nel giro di poco meno di mezz’ora Leonardo sarebbe passato a prenderla per andare al Nelson Mandela Forum a vedere i Coldplay. Aveva appena terminato di asciugarsi i capelli, scelse di raccoglierli in una coda come raramente faceva, le sembrava più opportuno data l’occasione, si truccò in maniera leggera e prima di scendere si guardò allo specchio per un controllo finale: jeans chiari e maglietta di sua creazione, Converse e giubbino. Fece un paio di respiri profondi. “Ok, ci siamo.” Spense le luci di casa ed uscì.
 
Fiorini sarebbe arrivato a momenti, Laura guardava con evidente nervosismo ora a destra, ora a sinistra, non sapendo da quale direzione sarebbe comparso. Era elettrizzata al solo pensiero di andare ad assistere ad un concerto della sua band preferita, ancora non le sembrava vero, ma a peggiorare il suo stato emotivo facendolo precipitare pericolosamente vicino alla soglia dell’infarto era l’allettante prospettiva di passare la serata con quello che a bordo di una BMW Serie 1 nera fiammante, aveva appena accostato a meno di un metro da lei.
“Non è possibile, ha pure una delle auto che più mi piacciono….” Bisbigliò fra sé e sé aprendo la portiera della vettura con un sorriso ebete sulle labbra. Si accomodò sorridendogli senza smettere di guardarlo.
“Ciao!” Esordì lui. La osservava mentre prendeva posto sul sedile accanto al suo, notando al contempo lo sguardo della ragazza inchiodato addosso. "Perché mi fissi così?”
“Perché ti fisso così?” Ripercorse la sua figura per la centesima volta nell’arco di un minuto: non l’aveva mai visto in jeans, polo e giacchetto nero in similpelle. Portava i capelli sbarazzini e sistemati col gel e diffondeva un fresco profumo di dopobarba. "Perché stasera sei un figo da paura, commissario…..” Era semplicemente la sacrosanta verità.
Lui abbassò lo sguardo, visibilmente imbarazzato, con il viso rosso. “Lei invece, agente Torricelli, dovrebbe portare più spesso i capelli legati a quel modo.” Rispose guardandola di sbieco. “Sta molto bene anche con quella maglietta, però il pittore avrebbe dovuto lasciarlo a casa almeno oggi.”
“Oh, no, lui non c’entra nulla, questa l’ho fatta io.” Aveva infatti realizzato un mix di girasoli gialli ed arancio concentrati sul lembo inferiore del capo che invece era di color antracite. In fondo però si era ispirata a Girasoli.
“Davvero l’hai fatta tu?” Apprezzava moltissimo il suo talento. “Prima o poi me ne dovrai fare una, ma senza ispirazioni olandesi.”
“Molto volentieri, ma ti ripeto che lui non c’entra nulla.” Mentiva palesemente.
“Adesso andiamo, altrimenti facciamo tardi.” Partì con direzione Mandela Forum, riportando così l’attenzione alla guida. “Ascoltami bene: tu oggi sei l’agente Torricelli. Dovrai stare sempre vicino a me, non allontanarti per nessun motivo e fai solo quello che ti dico io, ok?” Attese il consenso della ragazza prima di proseguire. “Non appena giunti sul posto ci incontreremo con i colleghi per un breve briefing e poi ognuno prenderà la propria posizione. Pensi di farcela senza problemi?”
“Ce la metterò tutta, non ti deluderò.”


Giunsero presso la struttura. Come Laura vide il manifesto gigantesco dei Coldplay, sentì l’adrenalina crescere in maniera esponenziale, non le pareva ancora possibile di trovarsi lì, in quel momento, per vivere un concerto che sognava dall’attimo in cui, per la prima volta, aveva conosciuto la loro musica.
Oltrepassarono i cancelli d’ingresso, guardando con una certa soddisfazione tutti i fan in fila da ore, fra i quali a Laura sembrò di scorgere le sue amiche che, evidentemente, speravano di trovare un biglietto dai bagarini. Leonardo parcheggiò l’auto, scesero e si avvicinarono agli altri addetti alla sicurezza. Rapidamente ognuno prese conoscenza degli ordini di servizio ed altrettanto rapidamente si disposero nel luogo designato.
“Ecco.” Leonardo fece accomodare Laura in un vano mediamente grande in cui c’erano solo quattro sedie ma un’ampia apertura sull’interno della struttura, dalla quale si dominava tutto il palco, buona parte dell’area spettatori e l’accesso al backstage. “Noi stasera lavoreremo qui. Allora? Che te ne pare?”
“Io….” Aveva gli occhi lucidi. “Non mi sembra vero, ancora non ci credo…”
“Io sono un uomo di parola e quando faccio le cose, le faccio in grande.” Era felice di vederla così entusiasta e quella sera non avrebbe permesso a Van Gogh di rovinare tutto. “Vado a prendere qualcosa da mangiare e da bere, tu aspettami qui.”
“E chi si muove!” Lo guardò uscire dalla stanza con il sorriso sulle labbra, poi si concentrò di nuovo sul palco dove a breve i Coldplay si sarebbero esibiti.
 
 
 
La platea era gremita all’inverosimile, non c’era un solo posto libero. All’improvviso le luci si spensero, i riflettori illuminarono il palco su cui, dal fumo, comparvero Chris Martin, Guy Berryman, Will Champion e Jonny Buckland: semplicemente i Coldplay. Il boato dei fan riempì ogni centimetro della struttura, Laura si unì a loro, non era riuscita a controllarsi e Leonardo la osservava con sguardo divertito. Fra giochi di luce ed effetti speciali di altissimo livello i quattro artisti iniziarono la loro performance fra il delirio dei fan, regalando loro uno dopo l’altro molti dei loro successi. Iniziarono con A head full of dreams, poi riscaldarono il pubblico con l’energia di Every teardrop is a waterfall, Hymn for the weekend, Viva la vida, A sky full of star, passando poi per pezzi come God put a smile upon your face, Yellow, Paradise, Clocks e scivolando verso il finale con brani decisamente più soft e romantici, tipo The scientist, True love, Princess of China, Amanzing day.

Laura aveva perso quasi totalmente la voce, tanto aveva urlato e cantato. I ripetuti richiami di Fiorini non erano stati ascoltati più di tanto, fortunatamente nessuno aveva notato il comportamento poco professionale della ragazza dato che era rimasta sempre all’interno della piccola saletta come da programma. Lui invece era costantemente in contatto con gli altri colleghi, non vi erano stati problemi di ordine pubblico neppure all’esterno che, comunque, era presidiato da uomini e mezzi.
“Prima di questo concerto mi sono informato su di loro, ho ascoltato qualche brano e devo dire che non sono male.”
“Non sono male?” Laura si voltò, aveva gli occhi pieni di stelle. “Dopo questo spettacolo impagabile sai solo dire che non sono male?!”
“Ok, se dico che sono forti sei contenta?”
Ridacchiò massaggiandosi la faccia. “Se sono contenta? Tu mi hai regalato una serata che non dimenticherò mai. Io….bah… non so che dire, è tutto….tutto perfetto, meraviglioso, incredibile. Ho solo il terrore di aprire gli occhi e trovarmi nel mio letto e…. scoprire che è tutto un sogno.”
“Davvero?” Era sorpreso dalle sue parole. “Non immaginavo ci tenessi tanto.”
“Tu non hai sogni, Leo?”
Il battito del suo cuore accelerò improvvisamente: Leo… Lo aveva chiamato Leo per la prima volta, proprio come faceva Cecilia. Era forse un segnale da parte sua? “Sogni? Io?” Restò leggermente spiazzato, mentre l’aria si riempiva delle note, sempre accompagnate dall’acclamazione del pubblico, della ballata romantica per eccellenza, ovvero In my place. “Beh, forse qualcuno.”
“Questo è uno dei miei sogni ed è grazie a te che è diventato realtà.”
Si sentì in colpa poiché dietro questa sua apparente generosità c’era un ricatto. Era per una giusta causa, sì, ma era pur sempre un ricatto. “Non mi devi ringraziare.” Tentò di rispondere in modo secco, sentiva che l’uomo stava prendendo il posto del commissario, voleva e non voleva che ciò accadesse. Oltre tutto Laura gli si era fatta pericolosamente vicina, li separavano sì e no due-tre centimetri.
“E perché no?” Lo guardava in faccia sorridendogli dolcemente.
“Perché sono uno stronzo.” Anche lui faticava a non fissarla.
“Questo lo so bene. E so anche che sei antipatico, inflessibile, brontolone e un gran rompiscatole.” Sentiva un nodo alla gola che tuttavia non le impedì di parlare. “Però mi piaci, commissario, accidenti se mi piaci .”
Lui restò spiazzato, spiazzato ma felice di aver sentito quelle parole, il suo cuore aveva ripreso a battere dopo anni di calma piatta, in cui nessuna forte emozione lo aveva scalfito. Doveva arrivare quel momento perfetto, lì, con lei, con quelle luci soffuse e quella musica dolcissima a far da colonna sonora, per far avvicinare le loro mani, a far in modo che le loro dita di intrecciassero delicatamente. Le sue labbra si piegarono in un sorriso ed avvicinò leggermente la testa alla ragazza che pure gli stava vicinissima. Ed accadde ciò che entrambi tacitamente desideravano: un bacio, un semplicissimo bacio li unì per pochi istanti, pochi ma sufficienti per creare uno sconvolgimento tale da lasciarli quasi senza fiato.
Fu lo squillo del telefono a destarli dal torpore del momento. “Scusa…” Sussurrò lui per poi allontanarsi di qualche passo e rispondere.

Scusa per cosa? Per il bacio? Per dover interrompere tutto e rispondere al telefono?

Laura si voltò verso il palco, ancora incredula e stordita. “Porca puttana, ma che cavolo sta succedendo stasera?” Portò le dita fino a sfiorarsi le labbra, forse cercando una traccia concreta di ciò che era appena accaduto. “Sono impazzita?”

“Torricelli, venga.” Si voltò e vide Leonardo di nuovo in veste ufficiale di commissario. “Suoneranno ancora due pezzi, poi il concerto termina e noi dovremo sorvegliare l’uscita del pubblico dalla struttura.”
Fece come lui aveva ordinato, seguendolo in totale silenzio assieme agli altri poliziotti, agenti veri, non come lei che si era trovata lì per altre vie. Raggiunsero la zona che portava alle uscite, già presidiata dagli stewards, mentre altri agenti stavano all’esterno pronti a sorvegliare gli spettatori che iniziavano a defluire all’esterno. Tutto filava regolarmente, c’era solo qualche gruppetto di fan a cantare a squarciagola i brani ascoltati durante il concerto, ubriachi solo di musica ed euforici per lo spettacolo di cui avevano goduto.



Mancavano poco più di dieci minuti alle tre del mattino, era tutto finito. Fiorini e l’agente Torricelli si congedarono dai colleghi e se ne andarono via senza dire una sola parola. Attraversarono quasi tutta la città, immersa nel silenzio della notte, bella e misteriosa come solo Firenze può essere. L’Arno rifletteva sulle sue acque la luce dei lampioni che ornavano il suo corso, incorniciando Ponte Vecchio a quell’ora vuoto e silenzioso. E silenziosi erano pure loro, quel silenzio era rotto solo dalla musica soffusa dello stereo che sembrava volerli accompagnare in punta di piedi.
Leonardo fermò l’auto sotto casa della ragazza, l’imbarazzo era tangibile.
“Allora…grazie per la serata.” Laura ruppe finalmente il silenzio.
“Figurati, è stato un piacere.”
Seguì un silenzio carico di imbarazzo, lei voleva affrontare la questione del bacio, capire se lui provava qualcosa nei suoi confronti o era stato solo qualcosa dovuto al contesto in cui era accaduto. “Senti… Riguardo a quello che è successo prima, io…”
“Ne riparliamo un’altra volta, ti va?” Rispose in modo secco, come era solito fare. Notò la sorpresa nei suoi occhi. “Immagino tu sia stanca, vorrai riposare un po’.”
“Beh, un po’ sì.”
“Io domani, voglio dire, fra qualche ora dovrò recarmi al lavoro ed ho bisogno di dormire almeno un paio di ore.” Sapeva già che invece non avrebbe chiuso occhio. “Magari mangiamo un boccone assieme per pranzo, ti va?”
“D’accordo.” Non era entusiasta, ma accettò la sua proposta. “Mi chiami tu?”
“Certo. Buonanotte.” La guardò scendere dall’auto e non se ne andò fino a che non vide il portone chiudersi alle sue spalle.

Poi, invece di dirigersi verso casa, prese la strada che conduceva nella località di Trespiano, fuori città, dove si trova il grande cimitero di Firenze. Si fermò di fronte all’ingresso monumentale, ovviamente chiuso, immergendosi nel silenzio totale di quel luogo. Cecilia era lì da anni, raramente le faceva visita e quelle poche volte che si recava sulla sua tomba era una nuova coltellata al cuore. Non voleva dimenticarla, ma doveva trovare il modo di superare quel grande dolore, imparare ad amare di nuovo senza temere di ferirla. Forse ci stava riuscendo con Laura, non certamente con Arianna poiché per lei aveva avvertito solo una ruvida attrazione fisica, nient’altro. Quella sera Laura lo aveva chiamato Leo per la prima volta, nessuno lo faceva più da anni e forse era il segnale che attendeva, che era giunto il momento di voltare pagina.
Fece il Segno della Croce e gettò un bacio in direzione delle tombe, rivolto a lei. Aprì la portiera dell’auto e proprio in quel momento nella sua mente udì la sua voce: Grazie Leo. Io voglio vederti felice, solo questo ti chiedo. Tu sai cosa fare per essere felice, vero?  Vai, Leo! Non fermarti, per favore. Ti starò sempre vicino e veglierò per sempre su di voi, non temere.
Capì che doveva andare avanti, era ciò che Cecilia voleva e mentre il cielo ad est iniziava a tingersi dei colori dell’alba, ripartì per tornare a casa con la consapevolezza di essere riuscito a superare in buona parte quell’ostacolo che da anni gli impediva di amare.
 
 
 




 
 
Buon lunedì a tutti!
Il caldo è arrivato in modo improvviso e dirompente, almeno dalle mie parti, ma questo non mi ha impedito di regalarvi un nuovo capitolo. Oramai manca poco al finale, penso di chiudere la vicenda con altri due capitoli che sono quasi pronti, quindi state all’erta.
Allora che mi dite? Concerto del Coldplay, luci, musica, atmosfera…. Accade qualcosa che probabilmente qualcuno di voi sperava, mentre Van Gogh sembra momentaneamente assente. Se ne starà buono a veder cadere Laura fra le braccia di Fiorini?

Scatenatevi con i vostri commenti!!

Grazie a tutti per il vostro supporto! Siete meravigliosiii!!!!
A presto!
 
Un abbraccio
La Luna Nera

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Capitolo 19
*** Il tocco di Vincent ***








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L’orologio segnava le cinque del pomeriggio, Leonardo non aveva ricevuto nessuna risposta da parte di Laura, né un messaggio, eppure l’aveva chiamata un sacco di volte verso l’ora di pranzo. L’ultimo suo accesso a Whatsapp risaliva al giorno precedente, possibile che stesse ancora dormendo? Provò a contattarla di nuovo ma il suo telefono con ogni probabilità era spento. Decise quindi di recarsi di persona a casa sua, voleva sincerarsi che fosse tutto a posto, ma soprattutto voleva chiarire la situazione fra di loro dopo quanto accaduto al concerto.
Si avviò verso la strada in cui abitava la ragazza con una mano in tasca, sigaretta nell’altra mano ed occhiali da sole. Fumava quando era nervoso e infatti non si sentiva affatto tranquillo: quel prolungato silenzio non gli piaceva per niente. Citofonò un paio di volte senza ottenere risposta, provò a richiamarla sul cellulare senza successo. Scoprì poi dalla vicina di casa che Laura era scesa in tarda mattinata, ma non l’aveva sentita rientrare. Ringraziò la signora e riprese il cammino verso quel luogo. Aveva il maledetto sospetto che si fosse recata là dove non doveva, vale a dire Palazzo Pitti. Non fu un problema entrare, oramai lo conoscevano bene, ma anche lì non trovò la ragazza. Non era presente neanche la professoressa Gherardini, uno degli addetti alla sicurezza riferì che se n’era andata circa mezz’ora prima. Riferì anche che in tarda mattinata era venuta anche la curatrice Torricelli, era passata frettolosamente per le sale come a voler controllare che tutto fosse in ordine, poi si era chiusa nell’ufficio della Gherardini, dopodiché se n’era andata con una cartellina sottobraccio senza dire una sola parola. Ringraziò per le informazioni ed uscì. Estrasse per l’ennesima volta il telefono di tasca ed avviò la chiamata. Guardava con preoccupazione il nome Laura visualizzato sul display: Dove sei? Andiamo, rispondi per favore!
Niente. Per l’ennesima volta rispose la segreteria telefonica. Sbuffò mentre riponeva l’apparecchio in tasca, frugando nell’altra alla ricerca di accendino e pacchetto. Laura era sicuramente in giro per la città, ma dove? Voleva risolvere la situazione senza coinvolgere nessuno, per cui si incamminò senza una meta ben precisa mischiandosi fra la gente come uno fra tanti.
 
 


Laura era seduta sulla balaustra di Ponte Vecchio rivolta verso ovest, con la schiena appoggiata al muro di una delle tante gioiellerie affacciate su uno dei monumenti simbolo di Firenze. A terra, vicino ai suoi piedi, stava la cartellina aperta. Teneva fra le mani un blocco da disegno le cui pagine erano piene di forme, linee, chiaroscuri. Girava quei fogli senza sosta e come individuava uno spazio vuoto, afferrava la matita da disegno, mettendosi a riempirlo con qualsiasi particolare le venisse in mente. Unico filo conduttore era la presenza di uccelli in volo, esattamente come in quella che universalmente era riconosciuta come l’ultima opera di Van Gogh, vale a dire Campo di grano con volo di corvi. Poi l’artista, secondo le cronache dell’epoca, si era tolto la vita.
Laura se ne stava col capo chino su quei fogli, concentrata sul disegno, tanto che non si era resa conto del tempo che passava, che il cielo da azzurro si era fatto arancio. Le sue palpebre parevano immobili, come se volessero evitare di chiudersi e privare gli occhi di contemplare per una frazione di secondo ciò che era stato fatto su quei fogli di carta. Così la trovò Leonardo, dopo una passeggiata dalla durata indefinita e dalla meta imprecisata. Il sole era piuttosto basso, lambiva i tetti della città con la sua luce calda, i cui raggi si tuffavano silenziosi nelle acque dell’Arno.
Si avvicinò a lei, visibilmente sollevato di averla trovata, ma non del tutto tranquillo poiché sembrava totalmente concentrata sul blocco da disegno tanto che non si era resa conto della sua presenza. Attese invano per qualche minuto, poi si vide costretto a chiamarla: sembrava si fosse svegliata dal sonno, tanto appariva strana e stralunata.
“Stai bene?” Si sedette accanto a lei con attenta preoccupazione.
“Sì, sto bene. Perché me lo chiedi?” Aprì gli occhi, fissandoli su di lui.
Fu allora che Leonardo notò l’iride di un colore diverso da quello che ricordava: Laura non aveva gli occhi celesti! “Dovevamo vederci oggi a pranzo e non avendo avuto tue notizie, mi sono preoccupato.” Mantenne la calma, era abituato a questo, sebbene quel segnale era estremamente inquietante.
“Ah già….” Si portò la mano alla fronte. “Cavolo, ecco di cosa mi ero dimenticata.” Lo guardò mortificata. “Sono uscita di casa in tarda mattinata e quando sono arrivata vicino a Palazzo Pitti improvvisamente non ricordavo più il motivo per cui ero in giro, così sono entrata alla mostra perché ero certa di dovermi recare lì, ma ora che mi ci fai pensare non era questo il mio programma.”
“Sei stata al museo?! Avevamo fatto un patto, te lo sei dimenticata?”
“Io lì ci lavoro! Non posso starne lontana!”
“Lascia tutto nelle mani della tua amica prof, manca poco alla chiusura e può tranquillamente gestire tutto lei. Prenditi qualche giorno di riposo, magari andiamo assieme da qualche parte.” La sua voce era calda e suadente.
“Cosa? Qualche giorno di riposo?! Stai scherzando?! Chi sei tu per dirmi cosa devo e non devo fare?!” Lei invece rispose in modo brusco.
“Avevamo fatto un patto, Laura! Io ti ho portato a quel concerto correndo rischi che neanche immagini e tu mi hai promesso che saresti stata alla larga da Van Gogh e da quella cavolo di mostra!”
“Tu mi hai estorto la promessa, sembravi uno sbirro ad interrogare un delinquente! Io non avrei mai accettato una cosa del genere! Non ti permetto di tenermi lontano da lui!”
“Ti rammento che io sono uno sbirro e sappi che sto solo cercando di proteggerti!”
“Da chi? Da Vincent? Ma fammi il piacere!” Scoppiò a ridere. “Tu sei geloso, ammettilo!” L’azzurro inquietante dei suoi occhi era sempre più intenso. “Ci siamo baciati, è vero, non so nemmeno come sia potuto accadere, ma questo non significa nulla. Almeno per me.” Si alzò, raccolse la cartellina con tutti i disegni realizzati e si allontanò a passo veloce.
“Ehi, dove credi di andare adesso?”
“Dall’unico uomo degno di me. Guarda.” Indicò il cielo infuocato del tramonto attraversato da uno stormo di uccelli. “E’ il segnale: lui ha dipinto dei corvi in volo sul campo di grano prima di raggiungere la serenità. Io ho disegnato delle rondini in volo sull’Arno ed ora è giunto il momento di congiungermi a lui.” Scappò a corsa, dileguandosi fra la folla. Leonardo tentò di rincorrerla senza successo. Qualcuno sembrava averlo scambiato per uno stalker che tormentava la sua vittima. Avvertì immediatamente i suoi uomini perché si attivassero nelle ricerche, ma nonostante gli innumerevoli sforzi quando rientrò a casa, a notte fonda, Laura non era ancora stata trovata.
 
 



 
Il suono del telefono squarciò il silenzio della notte. Fiorini sobbalzò svegliandosi di soprassalto, aveva dormito forse mezz’ora, crollando sul divano quando il sonno lo aveva vinto. Afferrò l’apparecchio e rispose immediatamente riconoscendo il numero del commissariato: ascoltò in silenzio ciò che gli stavano riferendo, mentre il suo respiro si faceva sempre più debole. Chiuse la telefonata, afferrò la giacca, le chiavi dell’auto e partì come un tornado dirigendosi verso Palazzo Pitti.
“Salve commissario.” Uno degli agenti già sul posto si avvicinò a lui salutandolo. “La situazione è molto delicata, venga.” Lo accompagnò all’ingresso, dove si trovava una delle tre guardie giurate in servizio.
“Dove sono i suoi colleghi?” Fiorini esigeva un quadro completo della situazione.
“Sono all’interno, commissario.” Rispose Bianchini. “Hanno messo al sicuro i quadri giusto in tempo mentre io e un paio dei suoi uomini bloccavamo la ragazza. Pensi che voleva dipingere sopra a tutte quelle opere, sosteneva di esserne l’autore e in quanto tale nessuno poteva impedirglielo. I miei colleghi le hanno chiuse in una stanza blindata nel seminterrato, mentre la Torricelli dovrebbe trovarsi in una delle sale della mostra.”
“Ottimo lavoro, signori.” Nel frattempo anche gli altri due vigilantes li avevano raggiunti. “Portatemi da lei.” Poi si rivolse ai suoi uomini. “Voi chiamate l’ispettore Esposito e ditegli di raggiungermi immediatamente.” Ed entrò nel corridoio a passo svelto fino ad arrivare alla sala dove si trovava Laura. Era viva, per fortuna, ma aveva un aspetto da brividi: passino i capelli estremamente disordinati, passino i piedi nudi e le maniche della maglia arrotolate in malo modo, ma il suo volto era quanto di più inquietante potesse immaginare. Quegli occhi erano dannatamente azzurri, proprio come Van Gogh li aveva, due profonde occhiaie le scavavano le guance più del dovuto, scorse qua e là dei graffi, la sua bocca era piegata in una smorfia di disgusto e disappunto, ma il peggio consisteva in una lieve peluria simile a barba dal color rame che, ne era certo, stava iniziando a spuntarle sul volto.
“Laura, stai tranquilla, sistemeremo ogni cosa, va bene?” Si avvicinò con estrema cautela.
“Ah, mancavi giusto tu! Che diavolo vuoi?”
“Sono venuto perché qui c’è qualcosa che non va, non è così?” Adesso l’uomo doveva tacere e lasciare spazio al commissario.
“Direi proprio di sì!” Si mise dritta davanti a lui, puntandogli gli occhi addosso con aria di sfida. “Questi stronzi hanno osato togliere tutta la mia arte immortale dalle pareti. Io devo terminare quei lavori, così come sono fanno schifo! Schifooo!!” Muoveva le braccia disordinatamente. “Io devo modificarli, tu mi capisci, vero? Io ne sono l’autore e sono io che decido del loro destino.” Si appoggiò alla parete, colpita da un lieve capogiro.
“Ascolta…..ehm… forse è meglio uscire da questo palazzo, vuoi?” Fece per aiutarla a rimettersi in piedi sorreggendola, per tutta risposta ricevette un forte spintone.
“Non mi toccare tu!! Stammi lontano!!” Iniziò a respirare con affanno e ad emettere qualche ringhio. “Tu hai fatto una cosa ignobile, hai tentato di allontanarmi da lei, ma io e lei siamo destinati a stare uniti per l’eternità tramite l’arte che è eterna.” Vaneggiava apertamente. “Lei è l’arte ed io sono l’arte e l’arte è me! Nessuno lo ha mai compreso veramente, mi reputano un pazzo schizzato e tu…tu!! Tu sei come tutti gli altri! Mi vuoi portare in manicomio, ammettilo! Io sono l’arte e l’arte è libera, tu non devi neanche pensare a sbattermi fra i pazzi che io non sono pazzo!!!” Cadde all’indietro, sbattendo la testa a terra e perdendo i sensi.
Fiorini si avvicinò immediatamente per accertarsi delle sue condizioni: il polso era debole così come il respiro. “Dobbiamo portarla via.” Aveva notato che poco prima le sue frasi erano espresse al maschile e non al femminile, segno che l’entità nel suo corpo stava prendendo sempre più forza e controllo di lei. “Mister Van Gogh, non le permetterò di fare questo a Laura.”
“Attenzione commissa’!”
Si girò appena in tempo per evitare di essere colpito da un estintore lanciatogli contro da una mano invisibile. “Grazie Esposito….” Se l’era vista brutta, l’arrivo del buon ispettore era stato quanto mai provvidenziale.
“Maronn…. Ccà è nu maciell…” Vide la scena: sulla parete erano visibili i danni provocati dall’impatto dell’estintore destinato a Fiorini. “Fuori ci stanno pure un paio di giornalisti, chist’vogliono sapere che sta succedendo.”
“Li mandi tutti a fanculo. Ora c’è altro da fare: chiami immediatamente don Gastone, non m’importa se sono le cinque del mattino o se deve pregare quando spunta il sole, lo voglio qui prima di subito!”
 



 
 
Il prete arrivò dopo circa venti minuti, portava con sé il solito libriccino ed un Crocifisso dal legno visibilmente usurato.
“Padre, perdoni l’ora ma qui la situazione è preoccupante.”
“Che sta succedendo? Perché la ragazza è svenuta?”
“E’ caduta all’indietro, si è sbilanciata più del dovuto mentre diceva cose sull’arte, sul fatto che volessi chiuderla in manicomio…. Farneticava cose assurde, ma la cosa peggiore è che parlava al maschile.”
“Mhm. Sai se ha avuto qualche contatto significativo con Van Gogh?”
“Non ne ho la certezza, ma credo gli abbia quasi dichiarato il suo amore.”
“Accidenti, questa non ci voleva. Il tocco dell’artista ha raggiunto il suo cuore, spero non la sua anima. E’ un fenomeno che colpisce chi venera in modo spropositato un personaggio trapassato. Quell’anima inquieta si è infiltrata in lei, la sta facendo sua e la sta trascinando verso di sé.”
“Eh, no! Ne ho già vista morire una, questa volta non permetterò a niente e nessuno di portarmi via anche lei!” La prese fra le braccia. “Padre, la prego, faccia quello che deve fare.”
“Il tocco di Vincent può essere letale, ti prende e ti trascina via senza che tu te ne renda conto.” Don Gastone si inginocchiò, aprì il libretto ed iniziò a recitare le Litanie dei Santi. Laura aprì gli occhi, realizzò di trovarsi fra le braccia di Leonardo ed immediatamente iniziò ad agitarsi, dare segnali di disgusto poiché era infastidita dal contatto con lui. “Via! Via queste luride mani! Non osare toccarmi, schifoso che non sei altro!” Con una mossa ed una forza sovrumane sferrò due calci nello stomaco all’uomo che fu scaraventato con violenza ad alcuni metri di distanza. Poi, barcollando per alcuni istanti, si alzò in piedi e mosse qualche passo verso il prete che stava ancora recitando preghiere. Fiorini stava sempre a terra, teneva le mani sullo stomaco, non riusciva ad alzarsi, bloccato dal dolore e dal fiato corto. Don Gastone si era reso conto della situazione, ma appariva sereno e tranquillo, aveva ogni cosa sotto controllo e sapeva perfettamente cosa fare.
“Fermatevi Vincent, fratello in Cristo!” Tese il braccio verso di lui, nella mano teneva il Crocifisso, glielo pose davanti bloccando Laura e l’entità in lei all’istante. “Fermatevi, ve lo chiedo nel Nome del Signore.”
“Anche tu, prete cattolico, mi vuoi sbattere fra i pazzi? Anche tu vuoi bloccare la mia arte? Non sai che è un dono di Dio? Nessuno lo capisce a fondo! Mi ritengono un pazzo, uno squilibrato, un fallito! Io non sono così, io sono un artistaaaaa…..!”
“Certo che lo so, fratello. Lo so io e lo sa Laura, ma vi prego di lasciarla libera. Lei non vi ha mai mancato rispetto, vi venera come meritate, ha organizzato una mostra per rendervi omaggio e non è giusto farle passare questi guai, non credete, maestro?”
“Lei è mia, me lo ha dichiarato ed io voglio vivere con lei, dentro di lei, essere una cosa sola con lei.”
“Ebbene, fratello…” Sempre tenendo quel Crocifisso proteso verso la ragazza, mosse qualche piccolo passo sotto lo sguardo attento e preoccupato di Fiorini. “Questo non è possibile, poiché l’Onnipotente vi ha già chiamato a sé anni or sono. Voi dovete accettare il fatto che il vostro corpo adesso è polvere e solo la vostra anima e la vostra arte sono immortali. Lasciatevi andare alla misericordia di Dio e Lui vi donerà la pace perché possiate essere felice in eterno. Lasciate la ragazza, ve ne prego, maestro. Lei appartiene al presente.”
“Lo so bene, ma la farò appartenere al passato.” La leggera peluria sul volto di Laura si stava facendo più spessa ed evidente. “I corvi in volo sul campo di grano: e poi fu il nulla. Rondini in volo sull’Arno: e poi sarà il nulla.” Prese a correre per le sale del museo, Fiorini si alzò in piedi di scatto e la rincorse, dando l’allarme ai presenti di bloccare uscite, finestre e qualsiasi via di fuga. Grazie alla collaborazione di tutti, riuscì a circoscriverla in un angolo cieco e dopo una breve ma intensa colluttazione riuscì a bloccarle le mani dietro la schiena. “Padre, la prego, cacci via questa entità, che non so quanto potrò resistere!”
Sfogliò rapidamente il libretto fino a cercare ciò che voleva, poi prese a recitare delle preghiere in latino, bisbigliando e facendo di tanto in tanto Segni della Croce con il Crocifisso che stringeva con fermezza nella mano destra. Poi lo posò sulla fronte della ragazza, pareva paralizzata. “Maestro, fratello Vincent, tornate fra le braccia di Dio, lasciate che la vostra arte immortale non sia offuscata dal rancore. Rammentate che per uno che non vi apprezza ce ne sono cento che vi adorano. Non permettete all’odio di vincere!” Poggiò il Crocifisso sul libretto chiuso, poi con il pollice della mano destra fece dei segni sulla fronte, sulle labbra e sul cuore della ragazza. “Riposate in pace, maestro, ritrovate la serenità che meritate. Non seguite più questa giovane, siate benedetto, fratello. Così sia. Amen.”
Laura cadde a terra come peso morto, trascinando anche Leonardo. Era tutto finito. Stranamente don Gastone non appariva distrutto, tutt’altro: fu lui a chiamare i soccorsi perché portassero i due in ospedale per accertamenti. Fiorini era stremato. “Grazie padre....” Era distrutto ma felice divedere che quell’orrenda peluria sul viso di Laura stava pian piano scomparendo.
“Una cosa da nulla, figliolo. Era solo un’anima smarrita da ricondurre verso la pace eterna. Aveva seguito la grande scia di emozioni prodotta da Laura. Sei stato bravo a proteggerla, hai fatto il tuo dovere sin dove hai potuto. Bravo.”
Attese che entrambi fossero caricati sulle ambulanze, poi ripose in tasca il libretto ed il Crocifisso avviandosi verso la chiesa con la solita serenità sul volto.
 
 






 
 
 
Buon Venerdì a tutti!
E’ finita. Adesso è finita sul serio e il maestro Van Gogh ha fatto ritorno là dove doveva stare grazie all’intervento di don Gastone. Questi ha effettuato una sorta di esorcismo sulla ragazza che era posseduta dallo spirito dell’artista. Di solito tali pratiche liberano le vittime dal demonio, ma qui ho optato per una cosa più soft. Spero di aver reso bene la scena e di avervi trasmesso un pizzico di tensione.
Per dovere di cronaca, l’opera citata (Campo di grano con volo di corvi) è considerata l’ultima realizzata da Vincent. Questi è morto suicida il 29 luglio 1890 ad Auvers-sur-Oise a seguito delle ferite riportate da un colpo di arma da fuoco sparato da lui stesso due giorni prima. Aveva 37 anni.
 
 
Non voglio occupare oltre il vostro tempo, vi do appuntamento al prossimo capitolo che devo ancora terminare di scrivere e controllare, per cui non garantisco l’aggiornamento per la prossima settimana, ma ci proverò. Ancora grazie a tutti per essere giunti sin qui e buon fine settimana.
 
Un abbraccio
La Luna Nera

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Capitolo 20
*** Sotto il segno di una meravigliosa Notte Stellata ***





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DUE SETTIMANE PIU’ TARDI
 
 
 

Il brusio dei giornalisti su placò di colpo non appena il Commissario Fiorni, l’Ispettore Esposito e l’Ispettore Dal Molin comparvero davanti ai microfoni.

“Buongiorno a tutti. Grazie per essere intervenuti a questa conferenza stampa.” Attese un istante prima di proseguire. “Come già sapete l’esposizione su Vincent Van Gogh è stata chiusa con alcune settimane di anticipo sulla data prevista a causa di episodi su cui dovevamo far luce per evitare ulteriori danni a cose e persone. Innanzi tutto voglio smentire categoricamente tutte le voce infondate su trovate pubblicitarie e cose del genere volte ad ottenere visibilità: Van Gogh non ha bisogno di farsi conoscere in quanto uno dei nomi più grandi dell’arte a livello mondiale. Detto questo…” Rivolse una rapida occhiata ai suoi collaboratori. “Sicuramente farete fatica a prendere per vero quanto sto per dirvi, ma è la verità, per quanto assurda vi potrà sembrare. Le voci circa presenze non meglio identificate fra queste mura hanno un fondamento e l’individuazione di tali entità è stato oggetto di indagini sia da parte nostra che da parte di esperti del settore. Ebbene, signori, alla luce dei risultati ottenuti posso affermare con sicurezza che le presenze sovrannaturali sono una realtà.”
Si alzò un brusio, poi una giornalista chiese di intervenire. “Mi scusi, Commissario, ha veramente prove concrete di quanto sta affermando?”
“Certo, non mi sarei mai esposto così in prima persona. Qui ho dei documenti che certificano la cosa, a supporto della quale sono state prodotte prove scientifiche.” Posò la mano su una pila di fogli presenti sul tavolo. “Abbiamo perfino rilevato la presenza di un’entità nel corpo di una persona, per di più posso affermare con certezza che il signor Perrone, la guardia giurata ferita da un corpo contundente settimane fa, è stata vittima di una mano invisibile. La sua testimonianza non ha fatto altro che confermare le nostre ipotesi ed è stata di fondamentale importanza per far luce sul caso. A conferma di ciò sull’arma del delitto non sono state rinvenute impronte digitali, così come tracce organiche del potenziale assalitore. Il caso può quindi considerarsi chiuso con la conclusione che la vittima è stata colpita da una mano invisibile.”
“Ci dica di più, faccia qualche nome.”
“No. Vi dico solo che tutti, me compreso, dovremmo portare più rispetto per tutte le persone che ci stanno attorno, siano esse in vita o decedute. Un’entità è stata oggetto di parole irriguardose ed essendo particolarmente sensibile si è fatta giustizia da sé. Che ci crediate o no, questi sono i fatti. E’ tutto. Signori, grazie per la vostra attenzione, vi auguro una buona giornata.”
Nonostante le incalzanti domande dei cronisti e gli inviti a restare, i tre uomini uscirono dalla sala come se nulla fosse.



“Lei è qui da pochi giorni, forse mi sta prendendo per pazzo sentendomi parlare di anime, spiriti e cose simili.” Fiorini si rivolse a Dal Molin, il nuovo ispettore che a breve avrebbe preso il posto di Esposito, oramai prossimo alla pensione
“Mi, no, comisario! Mi son de Venezia e ve posso asicurar che le maledizioni esiston, cio’! A Venezia esiste la Ca’Dario, s’è l palazzo maledeto, che chi lo compra, crepa!”
“Ah, però.” Aveva sentito parlare vagamente di quella casa maledetta. “Vorrà dire che mi racconterà qualche dettaglio in più.”
“Con piaser!”
Gli diede un’amichevole pacca sulla spalla mentre si incamminavano per tornare nei loro uffici. “Così piano piano mi abituerò al veneziano dopo aver appreso il napoletano.”
“We’, commissa’, e non ve scurdat’e’me! Che io vi aspetto a Napoli, e non solo voi….”
Abbassò il volto nascondendo un sorriso. “Faremo il possibile per accontentarla.” Comprese benissimo a chi si riferiva. “E’ stata dimessa dall’ospedale una settimana fa, ci siamo sentiti, sta benino e sicuramente verrà alla sua festa di pensionamento.”
“Ah, chist me fa piacere. E pure voi non potete mancare: vi aspetto sabato sera al Piazzale Michelangelo, ci sta un locale carino assaje con un bel terrazzo sulla città, festeggeremo lì. Nun ve scurdate, eh.”
 


 
E GIUNSE SABATO SERA
 
 
“Un brindisi a Pino!!”
“Goditi la pensione, guaglio’!”
“Permettetemi di dire due cosette.” Esposito prese la parola nonostante l’emozione. “Lavorare con voi è stato un onore, cca nun ci stanno solo colleghi, ma amici, amici veri che porterò sempre dint ‘o core mio.” E partì l’applauso spontaneo. “Altra cosa… Mi mancherete tutti assaje, guaglio’….” Di nuovo tutti i presenti gli regalarono il loro affetto, la loro stima e la loro riconoscenza. Sì, perché lui non era mai stato solo l’ispettore Esposito, era Pino, uno sempre pronto e disponibile ad aiutare chiunque, una persona vera, di cuore, sincera come poche. Gli consegnarono una bella targa ricordo ed una fotografia incorniciata che ritraeva tutta la squadra con cui per anni aveva lavorato. C’era Menna, l’insostituibile addetto al centralino, Arcangelo e Fattori, compagni di appostamenti ed interrogatori, poi Zappalà, Minturni, Gradasca, Del Verde e tutti gli agenti della squadra. E poi la dottoressa Zavagli e il dottor Peruzzi, il medico legale. Non mancava ovviamente Fiorini, non solo un superiore e compagno di mille inchieste, ma un amico vero, sincero e leale.
“Guaglio’, me vulite fa muri’ stasera…” Era visibilmente commosso, non riusciva a mascherare le lacrimucce che gli bagnavano gli occhi perché comunque un pezzo di cuore a Firenze ce lo lasciava. Passò ad abbracciare praticamente tutti i presenti, fra i quali c’era naturalmente Laura ma non Fiorini. “Ma ‘o commissario nun ci sta? Proprio lui?”
“Non lo so, l’ultima volta che ci siamo sentiti mi ha detto che sarebbe venuto.”
“Strano, non è da lui.” Era visibilmente dispiaciuto. “Vabbuo’, sicuramente arriverà, nun me può tradi’ accussi! Voi divertitevi, ja, prendetevi un altro poc’e’pizza che è buona. Bando alla malincunia stasera!” Ed incitò tutti i presenti a mangiare, a ballare, ad unirsi al cantante che con la sua musica dalla forte impronta neomelodica aveva trasportato tutti virtualmente sul lungomare di Mergellina.


 
Era quasi mezzanotte, la festa volgeva al termine e già molti se n’erano andati, Fiorini non si era fatto vivo. Laura stava sulla soglia della porta che immetteva sul terrazzo panoramico da cui si godeva una vista mozzafiato sulla città. Inutile dire che aveva sperato di trascorrere una serata diversa, ma evidentemente non doveva andare così. Fece cenno ad Esposito che sarebbe uscita all’esterno per scattare qualche foto e restarsene un po’ da sola, preda di una leggera malinconia che non desiderava condividere con gli altri. Durante la degenza in ospedale si era sentita spesso con Leonardo, le era parso piuttosto preoccupato per le sue condizioni e non aspettava altro che vederlo di persona perché constatasse il netto miglioramento del suo stato di salute. Però il destino sembrava averle voltato le spalle e quella sera preferì ritirarsi in disparte ad ammirare il panorama di Firenze in completa solitudine.
 
 
 
 
“Maronn, commissa’! E mo venite!” Esposito vide comparire Fiorini quando oramai aveva perso le speranze.
“Scusi…” Era visibilmente dispiaciuto. “Due stronzi hanno fatto a botte in un ristorante, sono finiti al Pronto Soccorso e poi in Commissariato, sa come vanno certe cose…”
“Eh, ‘o saccio… Mannaggia, proprio stasera…”
Si guardò attorno. “Se ne sono già andati tutti?”
“Quasi, ma lei ci sta ancora.” Aveva capito a chi si riferiva. “Sta là fuori.” Indicò il terrazzo dove stava Laura. “Commissa’, voi siete come un figlio per me e mo che me ne torno a Napoli, voglio che mio figlio sia felice.”
Gli regalò un sorriso e due pacche sulla spalla, poi uscì sul terrazzo.
 

 

 
“Posso importunarla, signorina?”
Lei si voltò e lo vide, incredula. Soffocò la voglia di abbracciarlo abbassando lo sguardo e mordendosi il labbro per non sorridergli e sciogliersi davanti a lui. “Sei arrivato tardi, commissario. Non c’è rimasto più nulla da mangiare, niente pizza, niente casatielli, né sfogliatelle e babà. E mi sono mangiata pure l’ultimo pezzo di pastiera della signora Francesca.”
“Ah però. Tu pensa che per farmi perdonare del ritardo avevo pensato di portarti a mangiare un croissant caldo alla Nutella. Ho scovato un chiosco lungo l’Arno che li fa strepitosi, ma se hai mangiato tutta quella roba non credo tu abbia ancora appetito.”
“Dipende.” Si voltò verso di lui. “E poi devi comunque farti perdonare del ritardo, per cui non pensare che mi accontenterò di un semplice croissant.”
“Devo iniziare a preoccuparmi allora.” Si misero entrambi a ridere. “Si vede che stai molto meglio, ne sono felice.”
“Beh, sì, adesso mi sono ripresa in modo soddisfacente.” Si abbuiò un istante. “Comunque sono io quella che deve farsi perdonare, ho combinato un casino!” Si nascose la faccia nelle mani. “Ti giuro che mai avrei pensato ad un tale caos! Volevo solo organizzare una mostra e invece che ho ottenuto? Ho fatto finire uno in rianimazione, ho sollevato un polverone a livello mediatico che…bah, non so che pensare.”
“Non devi sentirti responsabile, a conti fatti tu hai solo voluto rendere omaggio ad un grande personaggio che stimi moltissimo e che forse…… Forse ti ha fatto battere il cuore più del dovuto.”
Sorrise sentendo quelle parole che le causarono un improvviso arrossamento in volto. “Me lo dicevano sempre le mie amiche, io non lo ritenevo possibile però…. Non lo so, probabilmente avevano ragione.”
“Una soluzione ci sarebbe.” Tirò fuori dal passato il sorriso da latin lover. “Potresti trovarti un uomo vivo e vegeto, ce ne sarebbero disponibili, sai?”
“Davvero?” Aveva capito il gioco. “E allora perché stasera non avevo neanche uno straccio di uomo accanto?”
“Semplicemente perché un paio di stronzi hanno fatto perdere del tempo a quello straccio di uomo che ti avrebbe fatto compagnia con grande piacere.”
“Davvero?” Il suo cuore batteva sempre più forte. “E quell’uomo non ha paura che gliele suoni di nuovo come già ho fatto?”
“E’ pronto a correre il rischio.” Le scostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. “E poi so che quel tipo che ti faceva fare cose strane ora ha trovato la sua serenità e se ne starà buono buono.”
“Chi ti dice che era lui? Magari posso essere io ad opporre resistenza.” Si allontanò da lui che prontamente prese ad inseguirla: era ciò che voleva e più si avvicinava, più lei si sottraeva al suo abbraccio, trascinandolo in un gioco di dita che si sfiorano e di sguardi che si cercano, fino a che non decise di arrendersi. Si lasciò catturare alle spalle, avvolta fra quelle braccia calde e rassicuranti.
“Signorina” Sussurrò all’orecchio. “La dichiaro in arresto per resistenza a pubblico ufficiale.”
“Allora sono nei guai fino al collo.” Poi si voltò a guardarlo, le punte dei loro nasi si sfioravano. “E se tentassi di corromperla con un bacio?”
“Mhm, non lo so… Potrei rilasciarla, ma rischia una condanna durissima.”
“E sarebbe?”
“Quella di restarmi accanto per tutta la vita.” Si era buttato, si era buttato esattamente come un paracadutista al primo lancio dopo aver superato la paura.
“Se è per questo, è un rischio che sono disposta a correre.”
Basta, il tempo delle parole era terminato. Era il tempo di lasciarsi alle spalle tutti i fantasmi del passato, le paure e di mettere da parte l’orgoglio. Si sentivano desiderati l’uno dall’altra, quel bacio era la prova concreta che quel muro di diffidenza reciproca era scomparso definitivamente. Laura si staccò per qualche secondo, si mise davanti a lui, gli prese il viso fra le mani e gli soffiò dolcemente sulle labbra. “Io credo di amarti commissario….” E gli regalò tutta la dolcezza di cui era capace. Lui la strinse forte, era felice, era felice come non mai. Affondò il viso nei suoi capelli beandosi del suo profumo e del suo calore. Rimasero immobili, stretti l’uno nell’altra come se temessero che lo scorrere del tempo potesse rovinare tutto.
“Dimmi che lui se n’è andato sul serio, dimmi che non rovinerà mai ciò che sta nascendo stasera.”
“Tranquillo.” Sorrise ricevendo un bacio. “Pochi istanti prima di abbandonare il mio corpo mi ha detto: Avrei voluto renderti felice, ma non posso. Lui può. Si riferiva a te.”
In quell’istante il cielo sopra Firenze si incendiò: assunse i colori vorticosi e le stelle tremolanti di Notte Stellata. Era incredibile lo spettacolo di cui stavano godendo, era esattamente ciò che era stato raffigurato in quel foglietto comparso fra le carte della Gherardini quando ancora non avevano compreso di aver a che fare con lo spirito dell’artista. Somigliava tantissimo ad un’aurora polare e probabilmente tale sarebbe stato considerato quel fenomeno, ma loro sapevano che era il tocco del grande artista, il suo augurio di felicità e un modo per farsi perdonare degli, ehm, scherzetti.
“Può stare tranquillo là dove si trova adesso, maestro. Onorerò la cosa come si deve.” Leonardo stringeva Laura, godendosi con lei quelle luci nel cielo che illuminavano la città ai loro piedi e la loro storia nata sotto il segno di una meravigliosa Notte Stellata.
 
 
 



Esistono le anime?
Io non posso dirlo con certezza, ma mi piace pensare che la morte non è la fine di tutto. A prescindere dal fatto che si professi o meno una qualsiasi religione, credo che qualcosa resti, in una forma diversa dal corpo materiale, ma resti. Non si tratta del classico fantasma dal candido lenzuolo che infesta i castelli, quanto più di entità percepibili da persone e strumenti estremamente sensibili che vogliono rassicurarci del fatto che stanno bene e che, nonostante tutto, ci sono sempre vicine. Quando perdiamo una persona cara è naturale sentire il vuoto attorno a noi, ci vuole del tempo per elaborare l’accaduto e a volte non basta una vita intera.
 

Anche se Vincent Van Gogh qui ha giocato un ruolo assimilabile al “cattivo”, ho voluto rendergli un piccolo omaggio basandomi sulla sua personalità inquieta che lo ha portato a gesti estremi, come l’automutilazione dell’orecchio dopo una lite con un altro grande artista (Paul Gauguin) a seguito di cui è stato ricoverato in un ospedale psichiatrico. Oggi Van Gogh è considerato uno dei mostri sacri dell’arte, ma in vita è riuscito a vendere solo una delle sue opere, opere che oggi hanno un valore inestimabile.

Prima di salutarvi, permettetemi di ringraziare ognuno di VOI che avete commentato regolarmente la storia. Invito anche i lettori silenziosi a farsi sentire con una recensione piccola piccola e chiedo scusa agli amici veneti per il mio maldestro tentativo di scrivere nel vostro poetico dialetto.
Ok, stavolta vi saluto sul serio, vi auguro un’estate di relax e ci vediamo dopo le ferie. Con cosa? Ancora non lo so, ma vedrò di escogitare qualcosa.

A presto e grazie ancora!
 

Un abbraccio
La Luna Nera
 
 
 

 
 
 

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