Lettere alla solitudine

di ShadeOfCool
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***
Capitolo 4: *** 4. ***
Capitolo 5: *** 5. ***
Capitolo 6: *** 6. ***
Capitolo 7: *** 7. ***
Capitolo 8: *** 8. ***
Capitolo 9: *** 9. ***
Capitolo 10: *** 10. ***
Capitolo 11: *** 11. ***
Capitolo 12: *** 12. ***
Capitolo 13: *** 13. ***
Capitolo 14: *** 14. ***
Capitolo 15: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** 1. ***


Caro Dottore,
forse non l’ho dato a vedere, ma avete incontrato perfettamente i miei gusti nel momento in cui avete proposto questo tipo di corrispondenza. Come Voi scherzosamente avete affermato durante uno dei nostri incontri, io vivo nella città della nostalgia: quanto più una cosa può ricordare il passato tanto più sembra piacermi. Trovo ingiusto che con buona probabilità non ci vedremo mai più, anche se Angelica sostiene che vivere nella stessa provincia limiti alquanto la tragicità dell’addio (forse intende che potremmo facilmente incontrarci anche per errore). Io comunque la vivo come un’ingiustizia.
Vi metto in guardia: personalmente ritengo che la corrispondenza epistolare sia un’arma a doppio taglio. Da una parte è un modo teneramente nostalgico per tenersi in contatto, dall’altra fa spesso dire cose che non si pensano. Il fatto è che manca l’immediatezza del “botta e risposta” e le parole iniziano a sembrare così leggere da sceglierle in maniera superficiale.
Ad ogni modo non posso fare del prologo l’unico argomento di questa commedia, quindi tirerò fuori un racconto a caso.
Sapete, nella casa accanto alla nostra stanno facendo dei traslochi. L’uomo che carica i mobili sul camion parla un dialetto così strano e stretto che alle mie orecchie inesperte suona come una remota lingua orientale. Questo mi fa pensare a quella volta che mi avete dato della borghese, perché Vi dissi che in casa mia il dialetto non si era mai masticato. Certo non intendevo disprezzarne l’uso, ma solo fare una costatazione.
Voi cosa ne pensate? Uno dei Vostri colleghi, quello alto e pallido che beve sempre il caffè vicino alla segreteria, ha una particolare predilezione per la glottologia e una volta mi ha parlato per quasi un’ora dei dialetti della nostra zona.
Mi scuserete per la scarsissima fantasia, sono un po’ in apprensione per la Vostra risposta: non per l’argomento, quanto per l’efficienza delle poste. Ho un certo timore che la vostra lettera non arriverà mai nelle mie mani, se ne scriverete una.
Mi mancate già, se posso permettermi di dirlo. Siete un uomo particolare.
Cordialmente,
Clara
 
 
 

 
Gentile Clara,
ho sorriso leggendo la Vostra: non ricordavo ci dessimo del Voi. Forse avete assecondato la mia scherzosa proposta dell’ultima volta. Non abbiate timore, comunque, di non avere idee, non Vi ho chiesto una data di scadenza: potete scrivermi quando e se lo gradite. Per quanto riguarda il dialetto, sapete che non ci ho mai pensato? Suppongo l’argomento mi importi solo perché riguarda la tutela della tradizione, ma davvero non mi turba in nessun altro modo. Invece, datemi il numero dell’uomo dei traslochi, potrei seriamente volerci costruire uno spettacolo teatrale su un tipo del genere!
A parte gli scherzi, vorrei che mi parlaste del Vostro umore, se Vi è possibile. Ero molto in pensiero l’ultima volta. Durante la nostra conversazione sembravate tranquilla, ma dopo Vi ho vista uscire piangendo. State bene ora? C’è nulla che io possa fare?
Con stima,
Ettore

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Capitolo 2
*** 2. ***


Caro Dottore,
mi dispiace averVi fatto preoccupare. Queste lettere sono per me uno spazio a noi riservato, e vista la pace che avete la capacità di infondermi in ogni situazione, credo dovremmo tenere fuori i miei frequenti sbalzi di umore.
Piuttosto parliamo di questa nuova estate. Ogni anno giunge carica di aspettative e mi delude puntualmente. Ho sempre provato venerazione per l’estate, per il suo essere così cinematografica e poetica. Ma mi accorgo che mi dona solo una piccola percentuale del suo intero e ciò che resta è solo noia, fastidio e inadeguatezza. Il mare è ad appena sette chilometri da qui ma il solo pensiero di tuffarmi in una folla di persone mi stringe il cuore. Vorrei starmene semplicemente sola, o quantomeno in buona compagnia. Voi cosa fate quando vi sentite così? Ammesso che vi ci sentiate mai. Diverse volte Vi ho sentito parlare di un’amica. Se aveste una relazione con qualcuno me lo fareste sapere, o sbaglio? Non che io debba necessariamente saperlo, ma lo troverei corretto da parte Vostra. Alle volte penso che vi vantiate di avere una grande trasparenza che poi non avete.
Perdonate le mie parole, sono davvero stanca. Andrei a dormire oggi per svegliarmi a settembre, arrabbiata e carica di obblighi. Attendo con una particolare forma d’ansia una Vostra risposta.
Rimetto a Voi i miei pensieri,
Clara
 
 
 
Cara Clara,
dite di non volermi parlare dei Vostri umori, eppure in ciò che avete scritto c’è tutto quello che volevo sapere. Voi non state bene, come non stavate bene quel giorno. Avreste bisogno di una sana compagnia, magari delle frivolezze di un’amica. Ma la verità è che io non so suggerirVi una soluzione, perché anch’io soffro molto la solitudine, anche se in un modo diverso dal Vostro, vista la Vostra giovane età. Non avrei alcun problema, comunque, a riferirVi della presenza di una eventuale compagna di vita. Ma dato che non ce n’è una, non saprei cosa dirVi.
Ciò che però mi preme più di ogni altra cosa nello scrivere questa lettera è il dirVi che Vi ho vista a teatro, l’altra sera. E devo dirvelo perché è stata una strana sensazione, visto che non ho trovato nemmeno la forza per avvicinarmi e scambiare due parole con Voi. Spero non mi abbiate visto, altrimenti avreste tutti i motivi per rimproverarmi. Sono uno stupido, non so cosa mi sia preso. Mi sembravate infinitamente fragile ed io un gigante sbadato che Vi avrebbe messa in pericolo.
È notte fonda mentre Vi scrivo e lo faccio adesso perché so che al mattino mi rimangerei tutto. Prenderei sicuramente questi fogli e li straccerei prima di buttarli, e non lo trovo giusto, Clara. Tutti dovremmo essere sinceri come lo siamo di notte.
Sto leggendo il libro che mi avete regalato. Sembra lo abbiate scritto Voi. È ancora più piacevole leggerlo.
Vostro Ettore

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Capitolo 3
*** 3. ***


Caro Dottore,
scusate il ritardo della mia risposta (in realtà non so nemmeno quando riuscirete ad avere questo pezzo di carta fra le mani) ma sono piuttosto disperata: non trovo più la Vostra ultima lettera e non mi riesce nemmeno di ricordare se al suo interno fosse contenuta una qualche domanda a cui avrei dovuto rispondere.
Per quanto riguarda l’incontro a teatro, siete stato davvero uno sciocco. Potevate senza dubbio avvicinarvi, mi avrebbe fatto un immenso piacere e sicuramente mi avreste allontanato i pensieri che mi annebbiavano la mente. Ultimamente devo ammettere che non mi sento molto bene, e anche se avevo promesso che non avrei riempito la nostra corrispondenza di questa roba, sicuramente non posso fare a meno di ammetterlo.
Il giorno e la notte si susseguono senza significato.
Parlatemi delle Vostre giornate e delle storie meravigliose che eravate solito raccontare quando ci vedevamo praticamente ogni giorno. Ne ho bisogno ora come mai.
Vostra Clara
 
 
Dolce Clara,
incontrarVi oggi è stata una boccata d’aria pulita. Non me lo aspettavo e questo ha accresciuto la gioia. Siete dimagrita, e non lo dico per compiacervi, perché Voi siete sempre in ottima forma e sempre in ordine. Lo dico piuttosto perché in quell’abito bianco sembravate giusto un angelo, posto di proposito sulla mia strada. Anche la Vostra voce sembra cambiata: da quanto non ci vedevamo? Due, tre secoli? Mi dispiace non essere riuscito a dirVi tutte queste cose di presenza, sembravate così di fretta che non ho osato ostacolarVi.
Quello che vorrei sapeste, però, è che Voi potete parlarmi del Vostro umore come e quando lo preferite. Anzi, magari potessi passare le mie giornate ad ascoltare le Vostre lamentele, che sicuramente sono molto più interessanti dei discorsi che sento ogni giorno al lavoro.
Vorrei inoltre che smettessimo di darci del Voi. È senza dubbio elegante e divertente all’occasione, ma ci allontana terribilmente dalla realtà. Vorrei che senza indugi mi dessi del tu, come desidero fare io. Dimmi se questo è in qualche modo possibile.
Tienimi informato,
te ne prego.
Ettore

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Capitolo 4
*** 4. ***


Caro Ettore,
(è così che devo chiamarVi adesso, giusto?). Avevo pensato qualche giorno fa di scriverVi e mi maledico per non averlo fatto subito, dal momento che adesso ho perso il filo di ciò che avevo in mente di dire.
Ciò che mi chiedevo, piuttosto, è: ma Voi ci pensate mai che siamo uguali sotto innumerevoli aspetti? È una cosa che penso ormai da un po’ di tempo, e che potrei scriverVi tranquillamente in qualsiasi altra lettera, dato che è un pensiero ricorrente e non puntuale (parola il cui significato ho imparato recentemente). Mi riferisco comunque alle nostre preferenze ed inclinazioni, ai nostri gusti letterari, a quelli pittorici, cinematografici, musicali. Io non ci dormo la notte ma Voi immagino conduciate una vita piuttosto serena.
Certe volte mi sento così connessa a Voi che penso qualcuno abbia legato i nostri pensieri con dei fili trasparenti. Fatto sta che qualcuno ha le forbici ben affilate sempre in tasca e i fili si rompono con fin troppa facilità. Così Voi tornate a non capirmi, sembriamo vivere in epoche diverse, in zone diverse del mondo, sembriamo parlare lingue diverse, perché Voi iniziate a guardarmi con sospetto e non capite più quello che dico.
Ma io Vi penso sempre, sapete? Alle volte con forte desiderio, tanto forte che se Vi avessi davanti, non so, probabilmente Vi abbraccerei. Altre volte, invece, il pensiero di Voi mi nausea, ne provo vergogna e provo a scacciarlo, per non dover rivedere quelle immagini ininterrottamente. Forse perché somigliate vagamente a mio padre, o forse perché ne avete praticamente l’età.
Comunque devo salutarVi, si è fatto tardi e devo correre a far finta di dormire per coltivare queste borse sotto gli occhi che richiedono tanta cura per mostrarsi ogni mattina di questo splendente color indaco.
Mi mancate, come ogni domenica, perché il lunedì non significa più niente da quando abbiamo smesso di vederci.
Vi prego di odiarmi per questa stucchevolezza.
Un dolce saluto,
la Vostra Clara
 
 
Dolce Clara,
ho riflettuto un po’ prima di scriverti. Sono successe diverse cose, l’imbarazzo quasi mi impedisce di tenere la penna con mano ferma. Se un diavolo ha deciso di indurmi in questa tentazione, non mi avrà facilmente. Ho perso alcuni giorni a leggere e rileggere la tua ultima lettera e da poco, non so con quale forza, ho preso la decisione.
Vedi Clara, io apprezzo molto il modo che hai di esprimere la tua stima nei miei confronti – sarei un folle se non ti ringraziassi per la fiducia che riponi in me – e d’altro canto anch’io ho dimostrato di rispettarti e di onorare quello che c’è fra di noi, qualunque cosa sia. Ma non è giusto che queste labbra abbiano le tue, candide e giovani. Mi sembra una grossa bestemmia il solo pensarti al mio fianco, nonostante sia tutto ciò di cui ho bisogno. Non faccio che pensare a te e a quel bacio che mi ha ridato la vita. Ma non deve essere così. Ti prego, posa il tuo corpo accanto a quello di un’altra creatura bella e giovane come te. Oppure infliggimi un dolore mortale che mi allontani da te con il corpo e con la mente.
Tutto questo è una perversione, un capriccio divino.
Se vuoi, non rispondermi, non mi farebbe che bene.
Tuo Ettore

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Capitolo 5
*** 5. ***


Caro Ettore,
avevo deciso di non scriverti più, ma oggi sono tanto disperata da farlo comunque. Ho iniziato la giornata pensando che sarebbe stata un pezzo raro di serenità e leggerezza, e ho continuato a pensarlo fino alla buona metà del giorno. Ora, invece, il peso delle cose mi soffoca.
È strano che ci impegniamo tanto a scriverci lettere e poi se hai da chiedermi qualcosa di importante mi chiami al cellulare. Mi ha fatto un po’ impressione – ma solo per questo motivo – sentire la tua voce. Per il resto sono contenta che ci vedremo, ho un gran desiderio di chiarire, e di capire cosa sento.
Ho litigato con mia madre, perché sostiene non serva a nulla studiare ciò che studio. Sono molto arrabbiata, mi sento come se la mia opinione non contasse nulla: anche la più mia delle decisioni, non è mia.
Non c’entra – in realtà nessuno dei periodi di questa lettera connette benissimo con il precedente o con il successivo – ma pensavo al mio insolito modo di estraniarmi dai momenti migliori. Per quanto mi riguarda, dato ciò che provo nei tuoi confronti – che non è amore, per essere chiari – dopo quello che c’è stato tra noi, avrei potuto sognare ad occhi aperti per giorni, vista anche la mia “giovane età”, come dici tu.
E invece non lo ricordo nemmeno. Non ricordo di aver sentito il tuo profumo. Le tue mani grandi e leggere sulla mia schiena c’erano ed io non le ricordo. Cosa mi succede, Ettore? (Che infinita ebbrezza è chiamarti per nome) Vivo momenti che dimentico nel momento stesso in cui li sto vivendo. Le persone vengono a stringermi la mano per presentarsi e io dopo venti secondi non ricordo il loro nome o se ho risposto dicendo il mio. Non ricordo i complimenti, perché non li sento miei, perché mi sembrano falsità. Ma le cose orribili, le cose dolorose, invece, le ricordo tutte benissimo.
Al mattino, appena sveglia, dopo aver realizzato che non ha senso la gioia immotivata che provo, sento un chiodo, grande come quelli che incorniciarono il Cristo in croce, premermi spaventosamente sullo sterno, nel tentativo metafisico di sfondarlo.
L’altro giorno ho avuto all’improvviso la terrificante consapevolezza di essere sola. Consapevolezza tinta delicatamente della nostalgia per qualcosa che non ho mai avuto: la tua mano nella mia, in pubblico.
Invece, tu ti vergogni di me.
Smettila di chiamarmi Tua. Non lo sono per niente, non finché non riconoscerai che senti qualcosa che non è semplice stima.

Clara

Clara,
dolce, giovane e gentile Clara, io non potrei mai vergognarmi di te. Mi sembra più corretto dire che mi vergogno di me stesso.
Perché mi sento perso, Clara, mi sento perso con e senza di te. Quando non ci sei ti cerco senza volerti trovare, perché quando ti trovo ho paura di te, del senso di eternità che mi fai sperimentare. Dopo una carezza ne vorrei un’altra e un’altra ancora, e il desiderio non si placa. Dio come avevi ragione: “c’è sempre quello che c’è e mai quello che dovrebbe esserci”. Io sono un uomo, Clara, un uomo adulto. Ma pensando a te mi sento piccolo che potrei stare dentro una mano. Non merito la tua poesia, la tua schiena liscia e giovane dovrebbe coltivarla una mano pura. Io non faccio che sporcarla delle mie frustrazioni e finisco il fiato prima di dirti quanto tu sia straordinariamente più grande di me.
Come se non avessi mai amato, così ti amo: goffo e sincero.
Mille e mille volte tuo
Ettore

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Capitolo 6
*** 6. ***



Caro Ettore,

ti scrivo mentre ti guardo dormire, intenerita come una giovane madre. Vorrei leggessi questa lettera davanti a me: io mi sentirei come ad affidarti un regalo molto importante, che tu apriresti sotto i miei occhi ansiosi. Ho avuto paura quando ho visto le tue lacrime, questa sera: non contemplavo l’idea che un uomo come te potesse piangere. A dire il vero non contemplavo nemmeno l’idea che un uomo come te potesse provare dolore. Ma mi rendo conto di aver peccato terribilmente di superficialità.
Io non so consolare le lacrime, mio Ettore, non l’ho mai saputo fare. Ho visto molti amici piangere, e non ho mai saputo dir loro la parola giusta, quella che potesse placare la loro tristezza. Mi sento in colpa per un mucchio di cose, quasi per tutte le cose, anche per le cose che non ho fatto, anche per i bambini che fanno i capricci al supermercato, anche per gli assassini, per i ladri, per i cattivi tutti. E questa sera mi sono sentita un po’ in colpa a non trovare una soluzione al tuo umore. Per questo ti scrivo questa lettera, perché tu possa insegnarmi a cullare il tuo dolore e a mischiarlo con il mio. Di certo non si risolverà così, ma chissà che bella poesia verrà fuori.
Ora devo andare, le tue braccia calde hanno ormai preso la forma del mio corpo, e prima che la perdano è lì che devo tornare, è lì il mio posto.

Folle, folle d’amore per te,

Clara

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Capitolo 7
*** 7. ***


Mia dolce Clara,
non ti sento da una settimana e dire che sono allarmato è dire troppo poco. Ho provato a telefonarti di continuo, ma questo lo sai, visto che non hai mai risposto. Non sono arrabbiato con te, non riesco mai ad esserlo. Forse sono solo uno stupido, perché ho pensato che, dopo tutte quelle telefonate, tu avresti risposto ad una misera lettera. Non so nemmeno dove abiti, non so dove cercarti. Prego ardentemente ogni notte di incontrarti al mattino chissà dove, persino in ufficio. Scambio le passanti per te, ti vedo nelle vetrine delle boutique di questa città così triste, leggo e rileggo questo libro per trovarti fra le righe. Ringrazio Dio che tu abbia lasciato questa sciarpa rossa a casa mia, altrimenti non sarei sopravvissuto alla tua mancanza.
Ti prego, ti prego, scrivimi. O lascia anche il foglio in bianco, ma fammi sapere che mi leggi.
Tuo e disperato,
Ettore

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Capitolo 8
*** 8. ***


Sono ormai due settimane che non ti vedo, due settimane che mi sento l’unico superstite di un terribile naufragio su un’isola sperduta e dimenticata da Dio. Del resto lui si è dimenticato di me, oppure se ne ricorda soltanto quando vuole togliermi tutto ciò che mi dà gioia.
Dolce ed eterna Clara, luce del mio cuore, anima mia, dove sei? Si è fermato il tempo, io mi sento schifosamente vecchio e tu non sei qui. È finita la tua magia su di me ed è finito tutto. Il cielo mi ha punito per quando ti dissi che ti avrei preferita nelle braccia di qualcun altro, qualcuno migliore di me. Ma tu sapevi che era un’ignobile menzogna.
Sono ad un passo dalla follia, Clara. E per fortuna nessuno a parte te conosce i miei deliri, altrimenti ti scriverei dal manicomio. Non faccio che rileggere le tue lettere, cerco disperatamente un motivo, un segnale che mi avrebbe dovuto aprire gli occhi. Ma non trovo niente. Ci sei solo tu, per me, solo tu nei miei sogni, solo tu nei miei scritti, solo tu nel mio lavoro, nella mia vita, in tutto. Ci sei tu al mattino mentre guardo il muro bianco della mia camera e non solo penso di odiare la mia vita ma anche che dovrei cambiare quel colore del diavolo e che di sicuro lo farei scegliere a te, mia musa, mia felicità. Ci sei tu sempre, sempre, sempre. Non credo di potercela più fare.
Senza speranza,
Ettore

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Capitolo 9
*** 9. ***


Caro Ettore,
ho dovuto risolvere certe questioni, nella mia vita. Mio padre è venuto a conoscenza dei nostri incontri e la sua non è stata la migliore delle reazioni che potessi aspettarmi. Ho avuto paura. I genitori non dovrebbero mai porre degli ultimatum, loro sono l’unica certezza, l’unica base stabile nella vita, e quando questa trema, trema tutto. Finito il terremoto, però, volerò da te, se ancora mi vorrai, con le ali che mi farò crescere per la gioia di rivederti.
Sto studiando, adesso: ho letto parecchi libri, per un esame. Non vedo l’ora di farmeli raccontare da te, che li conosci tutti tutti tutti.
Perdonami ancora per l’attesa, per il silenzio, per il mio essere imperdonabile.
Ci vediamo prestissimo,
Clara
 
PS: domenica farò una cosa in teatro, mi piacerebbe che tu ci fossi. Non posso più stare senza le tue mani, mani sapienti, Mie mani.

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Capitolo 10
*** 10. ***


Caro Ettore,

mi sembra così superfluo scriverti, dopo ieri sera: le tue carezze erano piene della tua poesia più di qualunque parola. Come Emil Sinclair, mi sembra di aver camminato per alcune eternità, e di aver trovato Casa solo ora. Dio, il Dio che ti manca, il tuo Dio, il Dio che c’è sempre o che non c’è mai, proprio lui, benedica le tue mani, che dopo il lavoro di un’intera giornata, hanno la forza – anche se con il loro tremore - di calmare la mia angoscia. Non ho vissuto ancora niente, ma mi sembra di portare a spasso il dolore di tutto il mondo, chiuso in una ventiquattrore. Credevo che condividere il dolore con qualcuno, a lungo andare, lo eliminasse; invece lo fa diventare sopportabile, gli dona significato, e lo rende letterario. Forse senza il dolore ti amerei un po’ di meno.
Si è alzato un vento così leggero che mi commuove: so che sono le tue mani, da non molto lontano, a mandarlo. E con questa carezza, la mia anima è pronta per andare a dormire: i tormenti al fianco, la gioia sul grembo.
Che bella è la vita, un po’ più bella quando ti so qui con me.

Finalmente salva,
Clara

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Capitolo 11
*** 11. ***


Come, come mi sei mancata, Clara mia. Mi sentivo come chi non ha casa, e il mio cuore senzatetto dormiva ogni sera in un quartiere diverso. Era come se la gioia che tu mi doni restasse divisa da tutto il resto. Quando non ci sei, il mio lavoro mi punisce come un fratello minore cui ho rubato la ragazza, e nessun Dio sembra aleggiare nella mia vita. Sei tu l’unico sole che splende sempre.

Non posso credere che tu abbia rinunciato. Che tremendo errore, Clara mia: in due cose soltanto ho una fede cieca e religiosa, ed una di queste è la tua dedizione nei confronti del teatro. Tu sei fatta per lui come le finestre sono fatte per dar luce alle stanze e il giorno per succedersi con la notte. Non c’è una sola delle tue parole, uno solo dei tuoi gesti, che non sprigioni arte, che non sia degno di plauso.

Ti costruirei un palcoscenico, ovunque tu desideri, solo per vederti di nuovo cantare e raccontare, per avere un appuntamento fisso con la pace che doni alla mia anima. Era il vestito di seta, erano i tuoi capelli profumati, chissà cos’era, che mi ha fatto smarrire il senso dell’orientamento. Mi sento nato adesso, dietro l’angolo, d’improvviso e senza previsione alcuna. Magica e potente Clara, sono inebriato dal tuo stare al mondo. Insegnami.

Sempre, sempre tuo
Ettore

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Capitolo 12
*** 12. ***


Mio Ettore,

non vedo l’ora che sia domani. Non ho mai amato le vacanze estive con la mia famiglia né tantomeno l’estate, ma in questa nuova luce l’estate si prepara ad essere la mia stagione preferita: l’idea di poterti vedere sempre, ogni giorno, quando desidero, l’idea di sgattaiolare furtivamente ogni notte per incontrarti, mi attraversa sin nelle viscere e non mi fa dormire. Vorrei fosse domani, vorrei fosse sempre domani.

Un ospite a casa nostra questa sera profumava come te e io ho creduto di impazzire. Ma tranquillo: non desidero né ambisco ad avere corpo che non sia il tuo. Ora che ci penso mi sento come Orfeo, con la follia che gli impedì di aspettare l’ultimo istante senza voltarsi per rivedere la sua Euridice. Ora lo capisco, povero, e piango con lui dell’impazienza, di tutta l’impazienza, senza risparmiarmi.

Ho un brutto mal di stomaco, ma sarà l’emozione. È comunque l’ultimo dei miei problemi, se penso che le tue mani sono capaci di guarire i mali del mondo e riusciranno senza dubbio ad avere la meglio su una sciocca manifestazione d’ansia.

Fremo e tremo,

consapevole di essere

Tua,

Clara

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Capitolo 13
*** 13. ***


Non dovrei dirtelo, Clara mia, ma l’idea di non scriverti lettere solo perché ci vedremo più spesso mi fa pensare che ci dissolveremo nell’aria come polvere, senza lasciare traccia.
Io, sinceramente, non credo di potercela – e di volercela – fare. Voglio materia su cui piangere, su cui riflettere, ma soprattutto voglio materia che non sia tu quando tu non ci sei e che comunque ti sostituisca degnamente.

Che infinita fatica scrivere questa lettera mentre tu, nuda fra le mie braccia, tenti di sbirciare, pensando io scriva ad un’amante! È soltanto una scusa il mio tentare di respingerti: il moto che si crea fra la mia resistenza e la tua tenacia fa strisciare la tua pelle sulla mia delicatamente, e le imprime il tuo profumo che mai, mai vorrei togliere via. Come il ricordo di questa serata.

Mi hai cantato la tua canzone, quella del pezzo che ho visto a teatro, e non so più su quale cerchio paradisiaco io mi trovi comodamente adagiato. È durato fin troppo poco. Alla fine, con un grosso inchino, hai chiesto rose e applausi al tuo pubblico immaginario ed io non ho applaudito di proposito, solo per subire la tua clemente punizione, che consta sempre di due parti: la prima in cui mi guardi con disapprovazione e fai per andartene, la seconda in cui ha inizio l’assurda danza che va dal mio pregarti di tornare al tuo riempirmi lentamente di baci solleticandomi il viso con i capelli. 

Sono diventato un uomo noioso, Clara, forse non sono più quello che desideravi. Un giorno mi spiegherai perché tanta fortuna è toccata tutta a me, tutta insieme: il tuo corpo, la tua poesia, tu.

Tuo Ettore

PS: Non è decoroso di notte fare l’amore con gli sconosciuti sulla spiaggia. Sarò costretto a riferirlo ai tuoi genitori. Chissà che festa ci faranno

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Capitolo 14
*** 14. ***


Oggi è il giorno più brutto della mia vita, per molti motivi, troppi, più di quelli che sarebbero consentiti ad un uomo. Sono passato davanti ad almeno venti chiese e ad ognuna ho promesso che alla seguente sarei entrato e mi sarei buttato piangente ai piedi dell’altare. Non l’ho fatto.

Forse avrei dovuto.

Forse chiedendogli scusa avrebbe smesso di rigirare il suo grande coltello onnipotente nelle mie piaghe.

Mio padre diceva sempre che raschiato il fondo si può solo risalire, che anzi il fondo spesso e volentieri ha le molle e ti da una bella spinta verso su. Mio padre diceva anche che non si inizia un discorso con “Mio padre diceva sempre”, soprattutto se si vuole far colpo su una donna. Ma oggi mi ha detto che gli hanno diagnosticato una leucemia, quindi scusami se per oggi non tento di far colpo su di te.

Il medico dice che, con le cure che farà, potrà “rompere le scatole ancora per molto”. A me non hanno mai fatto ridere i medici che tentano di fare gli attori comici nelle situazioni tragiche. Mio padre non hai mai “rotto le scatole” a nessuno, men che meno a me. Mio padre non fuma, non beve, va a correre ogni giorno da quando è in pensione e – cosa che gli invidio più di tutte – mi vuole ancora bene.

Mi vuole ancora bene dopo che trent’anni fa ho rotto il mio primo motorino appena uscito dalla concessionaria, dopo che con i soldi del mio primo stipendio ho comprato un cane costosissimo che ho fatto scappare in un paio di giorni, dopo che gli ho sbattuto porte in faccia e detto parole che non si possono ripetere.

Ma questo non conta niente, non conta che si sia svegliato alle cinque per quarant’anni, solo per darmi i soldi per fare questo lavoro di merda. Non conta che gli devo i vestiti che indosso, il caffè che bevo ogni mattina, la mia casa, il mio lavoro, tutta la mia vita, persino te. Sì Clara, perché se sto con te – o stavo, visto come vanno le cose – è solo perché, in mezzo alla rabbia che ho sempre inspiegabilmente riservato alla vita, lui è riuscito ad insegnarmi non l’amore ma la pazienza, la gentilezza e il rispetto.   

Sono arrabbiato. Tu dormi in un letto di ospedale per colpa mia e tuo padre mi odia.

Se non morirò questa notte mi alzerò con delusione.

Ti amo lo stesso, ti amo sempre e disperatamente.

Ettore

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Capitolo 15
*** Epilogo ***


Caro Ettore,

ho aspettato un po’ prima di scrivere questa lettera. Diciamo che prima ho aspettato di svegliarmi, poi ho aspettato di poter utilizzare di nuovo la mia mano destra danneggiata nell’incidente e poi – Dio solo sa perché – ho aspettato degli anni inutili, in cui nulla mi impediva davvero di scrivere.

Il fatto è che ogni volta che provavo a prendere in mano la penna, qualcosa mi diceva che stavo per fare il passo falso più falso di sempre. E ancora non so dire con certezza quale fosse la verità.

Ho saputo che ti sei sposato. Bene, anch’io.

E sono felice di una cosa: io avevo ragione. Quando ti ho detto che ti avrei amato per sempre, forse non sapevo cosa significasse, come non lo so adesso, nonostante io abbia detto un sì che promette di durare per sempre. Ma credo che per sempre significhi questo: davanti all’altare, mentre mia madre piangeva in prima fila e il mio futuro marito mi guardava con occhi teneri, io ho sperato che tu, da qualche parte, stessi bene. Ti ho pensato con qualcuno che non ero io a tenerti la mano, a baciarti il viso, a cantarti canzoni. E te lo giuro sulla grazia che tiene vivo il mio cuore, insieme al dolore che mi devastava il petto, ho provato una strana pace nel saperti felice. Io ti amerò per sempre, amore mio, se per sempre significa “stranamente nei momenti che non ti aspetti”. Non ti ho mai amato quando te lo dicevo. Ti ho amato invece quando più credevo di non doverlo fare.

Ora non temere, sarò sempre tua nella città della nostalgia, di cui io e te siamo re e regina. Lì ci vedo danzare, in un cielo rosa di nuvole chiare, ed è vera la poesia, ed è vera l’eternità.

Ti amo sempre, amore mio. E se non so cosa vuol dire, allora ti amo insensatamente.

Non mi dimenticare,
non mi dimenticare mai,
Clara

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