Remarkable people

di Alsha
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** In cui si tratta di armature sexy ***
Capitolo 2: *** In cui si respira e si va avanti ***
Capitolo 3: *** In cui si gioca (e si parla) ***



Capitolo 1
*** In cui si tratta di armature sexy ***


La storia partecipa alla Challenge Capricciosa indetta da MissChiara sul forum di EFP.
Primo prompt – genderbend: Tony è una geniale miliardaria… con un’armatura molto sexy
 
 
 
IN CUI SI TRATTA DI ARMATURE SEXY
 
 
Pepper tamburellò le unghie laccate sulla scrivania, fissando con la coda dell’occhio il suo smartphone.
 
Gli Avengers erano fuori per una missione, e Toni aveva promesso di farle sapere appena fosse terminata. Sapeva che JARVIS avrebbe provveduto a informarla di qualunque sviluppo degno di nota, ma non riusciva a evitare di preoccuparsi.
 
Ma se si fosse messa a controllare le notizie ogni singola volta che gli Avengers erano fuori non avrebbe più lavorato a niente, e aveva moltissime cose da fare.
 
Si era giusto rimessa a compilare dei verbali quando sullo schermo del suo computer apparve l’icona di una videochiamata in arrivo da N. Romanoff.
 
-Nathaniel, tutto bene? – salutò, vedendo la spia apparire sullo schermo. Aveva i capelli rossi un po’ arruffati, il viso sudato e la sua abituale tuta attillata era sporca ma non particolarmente danneggiata.
 
-Ciao Pepper. La missione è andata in maniera eccellente.
 
-Ma? – perché c’era un “ma”, se lo sentiva. Non aveva fatto tutta quella strada gestendo le Stark Industries senza essere in grado di leggere tra le righe. Nathaniel sospirò, lanciando un’occhiata di lato.
 
-Credo che tu voglia dare un’occhiata alle registrazioni della conferenza stampa. E contattare il reparto di Pubbliche Relazioni.
 
Come se non avesse già abbastanza da fare.
 
-Grazie Nathaniel, ci vediamo questo weekend al compound?
 
-Certo che sì. – la spia fece un occhiolino, e riagganciò.
 
Con un profondo sospiro per calmarsi, Pepper aprì la banda di ricerca, e non si stupì di trovare il nome di Toni Stark tra le notizie in evidenza.
 
Non fu per niente difficile nemmeno capire a che cosa si riferisse Nathaniel, una volta fatti partire i video.
 
Toni era in prima fila davanti ai reporter, con la visiera dell’elmo sollevata e il suo solito sorriso strafottente mentre rispondeva ad un crescendo di domande ovvie riguardo alla missione appena compiuta. Dietro di lei Stephanie continuava a riaggiustarsi i capelli sudati che le ricadevano sugli occhi, cercando qualunque scusa per evitare di interagire con i reporter.
 
Per quanto la propaganda storica cercasse di proporre Capitan America come una donna sempre educata e di buon carattere, Pepper aveva imparato (alle spese della salute mentale sua e di molti addetti stampa) che il Capitano Rogers aveva una testa calda degna di Hulk quando si impuntava su qualcosa.
 
Dopo il celeberrimo incidente delle scarpe, era stato deciso all’unanimità che Stephanie non avrebbe più avuto a che fare con l’opinione pubblica senza che le sue dichiarazioni potessero essere adeguatamente filtrate in anticipo.
 
Non che Toni fosse meglio, ma dovendo scegliere tra le due…
 
-…signorina Stark! Signorina Stark, ho una domanda per lei! – stava chiamando un giornalista sullo schermo, proprio quando stavano chiudendo la conferenza stampa, per riprendere al cenno affermativo di Iron Woman – Ha mai pensato di creare un’armatura più femminile?
 
Oh.
 
Pepper si fregiava di essere una persona educata, ma se qualcuno fosse stato nel suo studio in quel momento avrebbe sentito la CEO di una delle più grandi industrie al mondo imprecare piuttosto sonoramente.
 
-…Prego? – aveva sbottato Toni dal suo computer. Al suo fianco, Stephanie aveva voltato la testa tanto di fretta che doveva esserle venuto il colpo di frusta.
 
-Ma sì, un’armatura che esalti le sue forme, che sia piacevole da guardare… Una donna deve presentarsi in un certo modo, non crede? Dopotutto, non vorremmo dimenticarci di com’è il suo corpo, signorina Stark, con tutto il tempo che passa a nasconderlo sotto tutto quel metallo.
 
Pepper si tormentò le mani al pensiero della catastrofe che stava per avvenire sul suo schermo. Toni era furibonda, e dietro di Stephanie sembrava pronta a attraversare la folla per mettere il giornalista al suo posto.
 
-Una donna deve presentarsi unicamente nel modo che preferisce, razza di schifoso… - le parole successive erano censurate, ma poteva bene immaginarle – Oltretutto, razza di imbecille che non sei altro, la mia armatura è costruita per essere funzionale, per proteggermi e per permettermi di svolgere il mio lavoro. Se avessi più di due neuroni e questi non fossero concentrati unicamente a far funzionare il tuo – altra censura – te ne saresti accorto da solo, ma è evidente che non è così. Altrimenti, forse, avresti pensato a quanto fossero sessiste e ignoranti queste affermazioni e avresti tenuto chiusa quella tua fogna.
 
Detto ciò, aveva richiuso l’elmo e si era allontanata, il rimbombo dei suoi passi particolarmente accentuato nel silenzio attonito. Stevie aveva lanciato un’ultima occhiataccia al giornalista prima di seguirla. Nathaniel si era affacciato un secondo davanti a tutti, annunciando la chiusura della conferenza stampa prima di defilarsi, seguito a ruota da Thor e Banner.
 
Il video si bloccò pochi secondi dopo, e Pepper si lasciò cadere indietro contro lo schienale.
 
Si prospettava una tremenda giornata.
 
 
Diverse ore e decine di telefonate dopo, Pepper stava scalciando via le scarpe con il tacco, rientrando nell’appartamento suo e di Toni nella Stark Tower. Aveva un principio di emicrania, e non poteva nemmeno biasimare la sua fidanzata perché, onestamente, se si fosse trovata nella stessa situazione avrebbe reagito allo stesso modo.
 
Magari con termini più educati e passando subito alle vie legali invece di scatenare una tempesta mediatica, ma era riuscita a fissare un’intervista per Toni con un giornalista di fiducia e a sfruttare l’onda delle sue dichiarazioni per dare il via a una campagna di sensibilizzazione contro le molestie, il che non era male.
 
Anche se aveva un’orribile emicrania.
 
-Toni? Sei qui? – chiamò stancamente – JARVIS ti prego dimmi che non si è chiusa nel suo laboratorio.
 
-Sono in camera! Com’è andata la giornata?
 
-Sarebbe andata meglio se non avessi dovuto affrontare delle minacce di querela, e se magari avessi avuto un po’ di preavviso nel dover fissare interviste e organizzare iniziative. – si slegò i capelli, mentre faceva un salto in cucina per prendere un bicchiere d’acqua.
 
-Scuuuuusa Pep. Ma quel verme mi ha fatto veramente arrabbiare e… - piagnucolò Toni dall’altra stanza mentre lei beveva.
 
-Non dico che hai sbagliato! È solo stato stancante.
 
-Mi dispiace! E sono sincera se ti dico che non ho smesso di pensarci tutto il giorno. Combattere in un’armatura sexy, neanche fossimo in uno di quei cartoni animati giapponesi! Però…
 
La voce di Toni si era affievolita mentre Pepper si avvicinava alla loro stanza. Aveva il sospetto che ci fosse qualcosa che bolliva in pentola, e dopo una giornata del genere non sapeva se i suoi nervi potevano gestire qualunque cosa fosse venuta in mente alla sua fidanzata.
 
-Però? – le luci all’interno della stanza erano soffuse, e stanca com’era ci mise un attimo a registrare la figura della sua fidanzata sdraiata contro le lenzuola scure, i suoi riccioli neri sparsi sui cuscini.
 
Toni sorrise, accavallando le gambe per mettere in mostra lo scintillio di placche metalliche della cortissima gonna che indossava e raddrizzando le spalle per fare sfoggio del suo corsetto rosso e oro.
 
-Ho pensato che c’è una situazione in cui avrei potuto usare un’armatura del genere.
 
E davvero, Pepper non poteva dissentire.
 
 
 
 
NOTE:
>Il nome Toni sarebbe l’abbreviazione di Antonia Stark, il modo in cui ho potuto trasporre al meglio Tony/Anthony
>Stephanie e Nathaniel sono semplicemente la trasposizione di Steven e Natalia/Nathasha
>
Le storie avranno quasi tutte una collocazione non meglio precisata nell'MCU a meno che non sia diversamente affermato

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Capitolo 2
*** In cui si respira e si va avanti ***


QUESTA STORIA È UNA WHAT IF DEL FINALE DI ENDGAME,
SE NON L’AVETE ANCORA VISTO, FATE SUBITO RETROMARCIA
 
 La storia partecipa alla Challenge Capricciosa indetta da MissChiara sul forum di EFP.
Primo prompt – azione specifica: mangiare hamburger
 
 
IN CUI SI RESPIRA E SI VA AVANTI
 
Fuori dalla finestra, ci sono tutti.
 
La quantità di persone che si è radunata in questi anni è impressionante, la quantità di amici che ha adesso è impressionante.
 
Peter attraversa il prato inseguendo Morgan, che corre per mano con Harley. È sorpreso da quanto poco ci sia voluto perché facessero amicizia anche se in realtà non è sorpreso per nulla.
 
(“I suoi ragazzi” non può fare a meno di definirli, anche se solo dentro la sua testa.)
 
E a proposito dei suoi ragazzi, Nebula lo scorge dietro al vetro, salutandolo con la sua mano robotica. Appena avrà capito come aggirare il problema del suo braccio distrutto dall’uso delle gemme, dovrà fabbricarle qualcosa di più resistente, visto che insiste a fare la piratessa spaziale con il procione e i suoi amici.
 
Potrebbe chiedere aiuto alla principessa di Wakanda, in modo da sapere se trattenerla ancora un po’. Senza neanche pensarci, istruisce FRIDAY per mandarle una mail.
 
Vicino a Nebula, Peter Quill sta facendo ascoltare a Carol (intenta a grigliare gli hamburger a mani nude, è non è inquietante che dopo tutti questi anni sembra una cosa normale?) della musica sul suo walkman, mentre gesticola ampiamente su quelli che devono essere i meriti della musica anni ’80, mentre Danvers difende fieramente gli anni ’90. Su un walkman.
 
Deve mostrare loro le meraviglie tecnologiche del nuovo millennio.
 
Ma nemmeno quel pensiero riesce a farlo schiodare da dentro casa.
 
Nemmeno Rodhey e Natasha, riportata indietro da Steve in cambio della pietra dell’anima, che stanno giocando a carte su un grosso plaid con Clint, o Bruce nella sua enormità, appoggiato contro un albero con un libro e Thor vicino a lui.
 
Sa che dovranno parlare, tutti quanti, che non resisterà a lungo all’urgenza di riparare quello che si è rotto mentre sono stati lontani, e che è rimasto a deteriorarsi per troppi anni. Ma vede anche che a poco a poco si stanno riparando tra loro, nello spostamento lieve della spalla di Bruce perché il dio del tuono si metta più comodo a leggere con lui, e nell’imbarazzo palese sui loro volti quando Valchiria si avvicina per stuzzicarli, con una bottiglia di birra in mano.
 
C’è il modo in cui Steve e Bucky stanno seduti, cercando di toccarsi costantemente per il terrore che l’altro sparisca di nuovo, eppure sempre a combattere l’impulso di avvicinarsi di più. L’ha sospettato da sempre, non è un idiota, e nella sua lista mentale di cose da fare si aggiunge anche organizzare un appuntamento per i loro pensionati locali, che lo vogliano oppure no. Forse conviene chiedere a Pepper.
 
Che poi, come fanno a non accorgersene quando si guardano con lo stesso sguardo di Scott e Hope? E loro sì che sono innamorati, disgustosamente aggiungerebbe, se solo non sapesse che anche lui ha quel sorriso quando guarda sua moglie e sua figlia.
 
Gli ci vuole un momento, mentre guarda Sam Wilson arbitrare una partita di pallavolo tra i piccoli Barton, Cassie Lang, Wanda, Wong e gli altri disadattati spaziali, per rendersi conto che in un modo o nell’altro si è affezionato a tutti quanti.
 
E la cosa è terrificante.
 
-Tony? – la voce di Pepper lo coglie di sorpresa, facendolo sobbalzare. Sua moglie tiene in braccio delle bibite, con quella piega preoccupata del viso che ha imparato a conoscere –Come mai non sei fuori? Stai bene?
 
-Io… Sì, credo. Non lo so. Non riesco a trovare un motivo per uscire. – fa un gesto con la mano, e Pepper mette giù le bottiglie per abbracciarlo.
 
-Se ti interessa, Harley e Peter stanno progettando un’armatura per Morgan. Hanno già in mente il suo alterego da supereroina e tutto il resto. E gli hamburger sono pronti, se hai fame.
 
-Ho fame. – sospira, dandole un bacio sulla guancia prima di staccarsi - Andiamo.
 
Escono abbracciati, Tony nascosto dietro a Pepper, stringendola attorno alla vita con il suo braccio, cercando di capire se sia normale che tutto ciò per loro sia normale, mentre Morgan in braccio a Peter sta facendo finta di volare grazie ad un’armatura che magari avrà e Happy impersona suo malgrado il cattivo della situazione, e un’eroina spaziale porge loro degli hamburger che ha cucinato scaldando la griglia a mani nude.
 
Mentre un dottore magico discute di fisica quantistica con due che si rimpiccioliscono quotidianamente, e un gigante verde legge un romanzo ad un dio, e si può giocare a pallavolo con una strega, un albero, un procione un mago e due alieni, sotto la sorveglianza di un soldato con le ali.
 
Mentre si mangia hamburger, tutti assieme, seduti in un prato dopo aver salvato -di nuovo- il mondo.
 
Ci sarà tempo per far ripartire l’universo, ma per il momento può sedersi con sua moglie, prendere in giro i futuri signori Rogers, tenere d’occhio sua figlia (e i suoi quasi figli), mangiare un hamburger e riposare.
 
-Anche se, - commenta con la bocca piena – ci sarebbe proprio voluto un cheeseburger.
 
 
 
NOTE
>La storia è ambientata palesemente post-Endgame
>Sia Tony che Natasha sono sopravvissuti, e Steve, dopo aver riportato le gemme al loro posto è passato a concedere quell’ultimo ballo a Peggy, ma poi è tornato a casa. Sì, Sam prenderà comunque il suo posto come Cap.
>L’ultima battuta vuole essere un rimando al primo Iron Man, quando dopo essere tornato a casa per prima cosa Tony chiede di farsi prendere un cheeseburger (la cosa è ripresa anche nel finale di Endgame, che ignorerò ufficialmente – sapete tutti il perchè).

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Capitolo 3
*** In cui si gioca (e si parla) ***


 La storia partecipa alla Challenge Capricciosa indetta da MissChiara sul forum di EFP.
Primo prompt – oggetto misterioso: martello
 

IN CUI SI GIOCA (E SI PARLA)
 
 
Peter ha preso residenza sul soffitto della camera degli ospiti che condivide con zia May, con una rivista in mano e le cuffie nelle orecchie. Il signor Stark, la signora Potts e May sono usciti per fare delle commissioni (anche se sospetta che sua zia intenda abbandonare gli altri due appena arrivati in città per uscire con le sue amiche), quindi sono rimasti soli nella casa di campagna.
 
Potrà incominciare a recuperare tutto quello che si è perso nel corso dei cinque anni per cui è stato morto, e solo ripensare al terrore di quando ha iniziato a disgregarsi e all’ultima battaglia gli fa tremare le mani.
 
La rivista.
 
Giusto.
 
Ci vuole qualche secondo perché rimetta a fuoco le parole, cercando di capire quali sono gli eventi più importanti successi mentre era via e chiedendosi se non sia meglio saltare alla lista dei film da recuperare.
 
All’improvviso, sente la parete vibrare contro i suoi piedi nudi, e il rumore di passi in avvicinamento nel corridoio.
 
Quando Harley bussa alla porta e si affaccia è seduto sul letto, come se fosse stato lì da sempre.
 
-Hey amico. Hai bisogno di qualcosa?
 
-Vuoi venire di sotto? Ho finito di sistemare una delle vecchie macchine da sala giochi che Tony ha raccattato in giro e io e le ragazze volevamo provarla prima di fargliela vedere.
 
Ah, già.
 
Perché, nei cinque anni in cui è stato via, il signor Stark ha avuto una figlia, e fatto amicizia con una cyborg spaziale, correntemente al piano di sotto. E non è che abbia alcuna ragione di essere offeso, se c’è qualcuno che ha diritto di avere una vita serena quello è Tony Stark.
 
E poi adora Morgan, e Nebula è simpatica anche se lo terrorizza.
 
Quindi no, non è rabbia quella che sente nello stomaco da quando è stato invitato a trascorrere qualche settimana a casa Stark-Potts e ha visto con quanta naturalezza interagiscono tra loro tutti quanti, il rapporto intimo e rilassato che il signor Stark ha con Nebula e con il suo pupillo di cui Peter non sapeva niente, e perché avrebbe dovuto?
 
Ha conosciuto il signor Stark per così poco tempo, e lo ha trascorso tutto ad essere un fastidio e un fallimento e l’ultima volta che si sono visti gli è morto tra le braccia.
 
È normale che voglia avere a che fare il meno possibile con lui.
 
-Pete? Ci sei?
 
-Uh?
 
-Ci sei? Vuoi venire di sotto a giocare?
 
-Sì, certo che sì. – replica alzandosi, e seguendolo giù per le scale – Che gioco è?
 
-Acchiappa la talpa. – e sinceramente, Peter può essere un po’ di parte ma Acchiappa la talpa non merita quel sorrisetto soddisfatto. Soprattutto perché sono due settimane che Harley fa il misterioso con il signor Stark sul suo lavoro, e se “il suo lavoro” è Acchiappa la talpa una parte piccola e maligna di Peter non può fare a meno di chiedersi che cosa abbia Harley Keener più di lui.
 
In garage, Nebula li aspetta con Morgan in braccio che regge un grosso martello di gomma. Harley ne afferra uno identico dal tavolo, mettendosi in posizione.
 
-Come meccanico, il primo turno spetta a me. – annuncia premendo il pulsante di avvio.
 
-Posso chiederti cosa ti rende così soddisfatto? – non riesce a trattenersi dal domandare quando il turno di Harley è finito, ed è Morgan, in piedi su una sedia, a sbattere con entusiasmo il martello di gomma contro le talpe. Certo, i meccanismi sono un po’ più fluidi, e ha ripulito e sistemato tutto l’esterno, ma non è che sia questa grande innovazione.
 
-Il ragazzo ragno ha ragione. – Nebula non si muove nemmeno dal suo trespolo su uno dei banconi, tesa come se si aspettasse di essere attaccata da un momento all’altro (o magari, come se temesse che Morgan si possa fare male dovesse anche solo battere le palpebre) – Questo gioco terrestre non è per nulla impressionante. Tony aveva decantato la tua abilità, ma immagino che il contatto con le Gemme abbia annebbiato il suo giudizio.
 
-Crudele, dirò a Tony che lo credi impazzito. Peter, ho bisogno di te per mostrare la prima magnifica modifica che ho apportato a questo gioco.
 
-Tieni Petey! – squittisce Morgan, dalle braccia di Harley, porgendogli il martello – Ho fatto tantissimi punti!
 
-Ho visto, Mo. Sei stata bravissima. – ha come il sospetto che il suo sorriso non sia troppo credibile. Non lo è mai di questi tempi – Harley?
 
-Dammi un secondo. – borbotta l’altro chinandosi dietro al gioco – Ecco, vai. – annuncia una volta finito di armeggiare – Questa la chiamo ‘modalità Spidey’.
 
Gli ci vuole un attimo a capire cosa sia cambiato. Le talpe sono più veloci, innanzitutto, e i meccanismi più scorrevoli, per reagire meno al suo senso di ragno che si basa principalmente sulle vibrazioni.
 
-Accidenti! – esclama, agitando il martello, quando il gioco finisce troppo presto, e non senza averlo fatto faticare per quello che risulta essere un punteggio nella media.
 
-Così ora ti tocca giocare alla pari con noi. – e il modo in cui Harley lo dice sembra implicare che voglia avere ancora a che fare con lui, che è sinceramente ridicolo.
 
-Non si bara! – lo redarguisce Morgan, prima di lanciare un gridolino entusiasta – Adesso tocca a Neb! Datele il martello!
 
-Già Peter! Dalle il martello!
 
-Dammi il martello. – la voce di Nebula è priva di inflessione, ma osservando con attenzione si potrebbe intuire un leggero sorriso sulle sue labbra. Forse.
 
Con le mani che gli tremano, Peter le lancia il martello. Nonostante il tiro sia storto, Nebula lo afferra al volo per poi farlo roteare in aria un paio di volte prima di riprenderlo, e Morgan, in braccio ad Harley, lancia un grido di gioia.
Peter rimane immobile, con le mani semiaperte e le spalle rigide, a guardarli avviare il gioco. Sotto il fruscio sempre più forte del sangue nelle sue orecchie, riesce a malapena a sentire Harley che spiega come abbia elaborato un meccanismo così complesso per regolare la comparsa delle talpe che Nebula non sarebbe riuscita a rilevare nessuno schema, e l’aliena che grugnisce battendo con il martello più forte del necessario.
 
Sono così presi dal gioco che quando Peter retrocede in silenzio verso la porta nessuno se ne accorge. Nessuno lo va a cercare mentre corre fuori dal garage e si arrampica rapidamente sul tetto della casa, nascondendosi dietro il comignolo.
 
Vuole tornare a casa con May, nel loro appartamentino nel Queens, vuole costruire lego con Ned, e rivedere MJ. Gli manca persino Flash, gli manca la sua vita normale dove è solo uno dei tanti studenti della sua classe. Non vuole più rimanere qui a vedere lo sguardo deluso del signor Stark ogni volta che sono nella stessa stanza o il modo in cui lo evita, mentre con Harley e Nebula interagisce senza problema.
 
Non ha più scuse da inventare per giustificare le ore trascorse da solo e i pianti nella notte quando si rivede morire, o quando vede le persone a cui tiene morire.
 
Non ce la fa più.
 
-Peter? – la finestra del solaio si apre cigolando, e ne spunta la testa di Harley.
 
All’improvviso si rende conto di avere il viso bagnato di lacrime, fa di tutto per asciugarle con la maglietta prima che l’altro lo veda, ma di sicuro noterà la faccia gonfia e arrossata, come se non fosse già uno spettacolo pietoso.
 
-Hey. – Harley si incammina con cautela sulle tegole del tetto per raggiungerlo, e Peter a volte dimentica che lui non è più normale, ma gli altri sì.
 
-Mh.
 
-Vuoi parlare? – chiede, mentre si puntella con un piede contro il comignolo, aggiustando la felpa perché il martello di gomma non cada dalla tasca dove è precariamente infilato – Perché altrimenti parlo io. Credevi che non ce ne saremmo accorti che te eri andato? – quanto Peter scrolla le spalle, Harley si incupisce – Senti Pete, non capisco che cosa ti abbiamo fatto perché tu non ci sopporti. Pensavo stessimo diventando amici, all’inizio, e invece…
 
-Non è che non vi sopporto. Vi sto facendo un favore.
 
-Ma che diavolo stai dicendo?
 
-Non faccio altro che rovinare tutto, di sicuro te ne sarai accorto, no? I miei sono morti, mio zio Ben è morto, e mia zia May si è ammazzata di lavoro per potermi crescere da sola. E per ringraziamento? Sono diventato un… un mostro quando un ragno geneticamente mutato mi ha morso, e invece che fare qualcosa di buono ho messo in pericolo un sacco di persone, sono stato d’intralcio al signor Stark e agli Avengers, così metà dell’universo è stato ucciso. E sono morto anche io, così mia zia è rimasta da sola, e il signor Stark è rimasto abbandonato nello spazio. Poi, ora che si sono rifatti tutti una vita, sono tornato qui a rovinargliela. Ora mia zia dovrà fare i salti mortali per farmi tornare a scuola, e fino a che non troviamo un appartamento devo rimanere qui a fare la ruota di scorta alla vostra famigliola felice mentre tutti mi guardano come se fossi un monumento costante alle cose brutte che sono successe.
 
Quando finisce, ha la gola secca e la voce che trema. Nuove lacrime gli gocciolano dal mento e dalla punta del naso, e a malapena riesce a respirare tra i singhiozzi.
 
-Okay, qui ci sono un sacco di cose da spacchettare. Prima di tutto, respira. Piano, e profondamente. Non posso venire giù da te, devi accontentarti. Peter, fratello, respira. E spiegami perché lo chiami ancora ‘signor Stark’ perché me lo sto chiedendo da quando ti ho conosciuto.
 
L’indignazione è tale da interrompere i singhiozzi.
 
-E come dovrei chiamarlo?
 
-Tony? Come una persona normale?
 
-Ma è Iron Man, il mio mentore, e io sono solo un amichevole Spiderman di quartiere, non posso prendermi tutta questa confidenza. Io non sono nessuno! Dovrei essere grato perché ancora mi parla dopo che… dopo quello che…
 
-Se mi ammazzo, è colpa tua. – Peter solleva di istinto gli occhi giusto un momento prima che Harley scivoli sulle tegole praticamente tra le sue braccia – Tu sei un idiota. – annuncia il meccanico, sottolineando ogni parola con un leggero colpo del martello contro la sua fronte.
 
-Lo so.
 
-Ma non per quello che pensi tu. Idiota. Sei l’unico a pensare queste cose nei tuoi confronti. Se Tony ti guarda in modo strano e noi non sappiamo come coinvolgerti è perché siamo preoccupati. – pietosamente, Harley non sta guardando nella sua direzione, anche se ha mantenuto una mano appoggiata contro la sua gamba per conforto – Non posso nemmeno immaginare quello che stai passando. E credo che Tony si senta responsabile per questo. Ma devi parlarne, amico. Non possiamo aiutarti se non sappiamo che cosa sta succedendo.
 
-Harley… - la sua voce trema, e la sua vista è di nuovo appannata per le lacrime. L’altro gli dà un’ultima pacca sul ginocchio e gli porge il martello di gomma, sorridendo come se non fosse successo nulla.
 
-Sai che mi devi portare giù tu, vero? Io non ho idea di come scendere da qui.
 
 
Peter finisce con il caricarsi Harley in braccio per rientrare dalla finestra del solaio.
 
Nebula non fa nemmeno finta di non essere stata lì ad origliare con Morgan in braccio, si limita a dargli una pacca imbarazzata sulla spalla e commentare distrattamente che “Tony parlava sempre di te, mentre non eri qui”.
 
Morgan, invece, ci mette giusto il tempo di vedere il suo viso gonfio di pianto per aggrottare la fronte come fa sempre quando è dispiaciuta e precipitarsi tra le sue braccia per riempirlo di baci perché “così non sei più triste, mai più”.
 
Da fuori, sentono il rumore della macchina che arriva e si ferma, e la voce di Pepper che li chiama.
 
E mentre scendono le scale, pianificando di non parlare al sign- a Tony delle modalità avanzate prima di fargliele provare per vedere la sua reazione, non si rendono conto di aver dimenticato il martello di plastica sulle tegole del tetto.
 
 
NOTE:
>La storia è ambientata successivamente a Endgame, e può essere intesa come sequel del capitolo precedente.
 


 

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