Tu sei la mia cura

di SkyMe
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Io e me stessa ***
Capitolo 2: *** In mille pezzi ***
Capitolo 3: *** Robert. ***
Capitolo 4: *** Quel freddo negli occhi ***
Capitolo 5: *** Tu ci sarai? ***
Capitolo 6: *** Io ci sarò, promesso ***
Capitolo 7: *** Una dose d'amore ***
Capitolo 8: *** Tutto è fermo ***
Capitolo 9: *** Fragili. ***
Capitolo 10: *** Insaziabile. ***
Capitolo 11: *** Maledicimi ***
Capitolo 12: *** Amari saluti ***
Capitolo 13: *** Amiamoci. ***
Capitolo 14: *** Prometti di chiamarmi sempre così. ***
Capitolo 15: *** Al punto di partenza ***
Capitolo 16: *** A volte ritornano ***
Capitolo 17: *** Io, Ian ***
Capitolo 18: *** Io, forse, Sky ***



Capitolo 1
*** Io e me stessa ***


''Siamo costretti, per rendere la realtà sopportabile, a coltivare in noi qualche piccola follia.''

                                                                                                                                   E.A.Poe
 



-Quando e se vi inizierò a parlare di me sarà perché sarò troppo ubriaca o troppo fatta.-

Così inizia il suo discorsetto una biondona di un metro e novanta, con tacchi a spillo  e borchie , con un rossetto da far invidia a Moira Orfei. E rideva, altro che se rideva. Ma che c’hai da ridere dico io. Forse non ha capito che la sezione malati di mente si trova  in un  altro edificio, qui siamo solo  dei AA.
Quando sento il mio nome  mi alzo  di scatto, quasi come se volessi scappare di corsa. Il dott. Petersen  tutto sembrava fuorchè uno psicologo/psichiatra/ciarlatano/ o come lo volete chiamare voi. La prima domanda è quella classica.Ed io odio le domande, ma soprattutto chi le fa.

-Presentati a noi e racconta la tua storia cara-.

Eh, quali sono le uscite di sicurezza? Da dove si scappa? 

-Mi chiamo Skye, ho 21 anni, e non ho bisogno di voi per stare meglio. Ma mia madre sì, quindi sono qui per lei. Io non bevo- bugiarda diceva la mia vocina - io dimentico.

Quando presi la mia prima sbronza avevo 16 anni e avevo litigato con mia madre per  andare ad un concerto. Avevo deciso di andarci, e non avevo dubbi a riguardo. L’intoppo era lei, la mia  super-iper-mega ossessiva convulsiva paranoica madre. Io e mia sorella Marleen, piu’ grande di me di due anni, decidemmo di andarci a vedere questo mega gruppo di Los Angeles in uno stadio poco lontano dalle periferie di Manhattan, nei sobborghi più brutti e bui che io abbia mai visto. Ma c’erano loro, i Seventeen e mi facevo piacere tutto, persino il tizio ubriaco marcio che ci provava con me. Insomma, parti con una birra e sei su di giri perché non avendo mai bevuto quello ti sembra gia troppo. Poi la musica, l’eccitazione e il volume troppo alto erano dei buoni amici di bevuta e Marleen lo era anche di più. Quando eravamo piccole non facevo altro che picchiarci e urlarci contro come indemoniate. Una volta mi ha tirato contro il phon con cui si stava asciugando i capelli, io lo scansai per poco, ma di contro, le tirai la spazzola che invece la prese in pieno in faccia. – Stupida cretina-  urlò - te la farò pagare-. Annui e me ne andai sbattendo la porta del bagno.
Solo ora  ho capito che stavamo litigando per una cretinata e la spazzola potevo pure evitarla, ma c’est la vie, non si può tornare indietro. Lo scorso anno, quando Marleen è stata lasciata da quello stronzo maniaco del fidanzato, io e lei ci siamo avvicinate molto, l’ho confortata con qualche birra e le ho dato quello che le serviva, il silenzio. La sera del concerto supplicammo mia madre di non rompere più del solito, ma non ci fu’ verso. Iniziò ad imprecare in aramaico antico, ad urlare e più urlava più avevo voglia di prendere una padella e zittirla, ma d’altronde  bisogna comprenderla. Noi, due figlie, adolescenti, in piena fase ormonale contro lei che la menopausa aveva reso più acida del normale. Le promettemmo di non fare tardi, la rigirammo come un calzino e in  trenta secondi eravamo già per via. Quando iniziarono a cantare i Seventeen era già mezzanotte, la prima birra stava facendo effetto su di me e la terza su Marleen. Mentre ballavamo due tizi iniziarono a ballarci , non vicino, ma addosso,  puzzavamo di gin,controe e sudore, un mix letale al mio naso. Credo non mi ricordi neanche quanto spendemmo per tutti i giri di vodka e rhum che ci facemmo, fatto sta che io la mattina dopo quando mi alzai giurai a me stessa che non sarebbe successo più e invece eccomi qui, davanti a quindici persone che non se ne fregano un cavolo di me a raccontare la storia della mia vita  da alcolista.

-Perchè vuole dimenticare Skye?- aggiunse il dottore.

-Non mi ha chiesto cosa voglio dimenticare dottore.- dissi io.

Lo scrutai a fondo dopo la mia domanda, aveva una ruga sulla fronte, segno che si stava facendo mille domande e non ne veniva a capo neanche di una. A vederlo bene, il dottor  Ian Stephen Petersen non era nemmeno tanto male, poteva avere massimo 30 anni, capelli scuri e corti ed occhi neri come il petrolio. Vestiva bene, segno di un portafoglio non vuoto, e probabilmente si era fatto un culo enorme per lo studio vedendo fin dove era arrivato. Ma mi colpì la sua mano sinistra , intenta a scrivere geroglifici sul foglio, nervosa e sudata che neanche lei sapeva cosa scrivere più.

-Che cosa vuoi dimenticare Skye?-

-Ho dimenticato dottore, non posso risponderla.-

Skye 1 - Dottorino 0.
Il mio bel grillo questa volta ha avuto ragione, accetto sempre i suoi consigli e mi fa sempre compagnia. Si chiama Vir. Ma si è un bel nome in fondo. Ci siamo conosciuti alcuni anni fa, quando io ero attaccata alla bottiglia e lui cercava di strapparmela. Insomma ci siamo odiati per un pò, poi ho capito che in fondo, se pinocchio avesse dato alcolto al grillo , il gatto e la volpe non lo avrebbero raggirato, e così mi rassegnai alla sua presenza. Ad oggi non riusciamo a separarci.
La  mano dell'uomo che stava tenendo quell'incontro, in giorno così buio,si era fermata e i suoi occhi mi guardavano, anzi mi studiavano. Era preoccupato e curioso allo stesso tempo. Io dal canto mio non avevo la minima intenzione di dire al  primo che passa il motivo per cui tanto dolore mi porta a bere, ma sapevo che prima o poi lo avrei detto a quegli occhi color pece. E chissà se mi avrebbero curato dal mio male.



---> RAGAZZI, SONO TORNATA SULLE MIE ORME DOPO UN BEL LASSO DI TEMPO. HO DOVUTO RITROVARE ME STESSA E LA ME SCRITTRICE POICHE' SON BEL ALTRO AL MOMENTO. CERCHERO' DI CORREGGERE UN PAIO DI ERRORI CHE RILEGGENDOMI HO TROVATO QUA E LA. ARMATEBVI DI PAZIENZA. TORNERO', COME LA FENICE, PIù FORTE DI PRIMA.<----

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Capitolo 2
*** In mille pezzi ***


Folle è l'uomo che parla alla luna. Stolto chi non le presta ascolto.”
                                                                                
 
WILLIAM SHAKESPEARE



Quando tornai a casa  mi sentivo talmente stanca che non diedi da mangiare neanche al mio gatto. Poverino lui aveva sempre delle coccole pronte per me ed io che mi dimenticavo di nutrirlo a sufficienza. Come una mamma che si dimentica il figlio all’asilo. Domani provvederò mi dissi e sprofondai nel sonno più assoluto. Ecco è i proprio  di dormire che ho più paura, se chiudo gli occhi io vedo tutto. Sento tutto. E mi spaventa.

-Non voglio essere qui- urlai- Che cosa vuoi da me-

Ma quell’ombra non mi rispondeva mai. In fondo sapevo che era un incubo, e come tale se mi facevo coraggio prima o poi sarebbe finito. Ma il punto è che io ero codarda, talmente codarda che lasciai che quell’ombra mi terrorizzasse per ore prima di svegliarmi in un bagno di sudore.
Ero sobria da più di un anno ormai, per questo i miei incubi tornavo a farsi sentire più spesso del solito, e ogni volta erano più terrificanti. Quando il telefono squillò mi precipitai dal letto nella speranza che fosse Margaret che mi faceva sapere del posto di lavoro. Lei era la mia migliore amica dai tempi dell’asilo, quello che c’era tra di noi andava ben oltre l’amicizia, era qualcosa di trascendentale di cui non potevo fare a meno.

-Tesoro di mamma, dormi troppo sono ore che ti chiamo.-

Bene solo mia madre ci mancava. Continua a darmi addosso senza tregua. Neanche dormire era più concesso.

-Ciao madre, anche io sono felice di sentirti-
-Che succede Skye perché non sei andata dal Dott. Petersen?-

Di ben in meglio. Il Dott. Petersen mi aspettava per un colloquio entre –nous, un tet-a-tet, insomma due chiacchere che lui chiamava di conoscenza. Lo aveva fissato mia madre dopo che il caro dottore dei miei stivali  gli ha raccontato dell’ultima seduta fatta insieme agli altri. Non è che io sia restia a questo tipo di cose, sono cosciente del fatto che mi serve aiuto, che ho bisogno di qualcuno che mi segua, ma mia madre a volte riusciva a  farmi odiare anche una semplice passeggiata. Non ho deciso io di dormire fino a tardi, i miei incubi hanno deciso per me.

-Mamma prometto di andarci domani, oggi sono troppo stanca e sospetto di avere qualche decimo di febbre, nulla di grave ma preferisco restare in casa. Tra poco dovrebbe venire Margaret a tenermi compagnia.-

La liquidai subito, tranquillizzandola sul mio impegno col il dottorino. In effetti Margaret doveva già essere qui, quella è più puntuale  di un orologio, quasi detestabile per come fa. I suoi genitori si sono separati appena dopo la sua nascita, tuttavia i soldi fanno la felicità e lei lo sa benissimo. Non ne ha mai sofferto della separazione, otteneva tutto ciò che desirava solo facendo gli occhi dolci e ahimè questo valeva anche nella nostra amicizia. Suo fratello invece, più grande di lei di tre anni ,aveva qualche cicatrice nascosta, segno della sofferenza tenuta in silenzio. Intraprese la carriera militare all’età di 18 anni, e dire che era un gran figo con la divisa è dir poco. Oh se ancora ci penso al giorno in cui , per via di una sfida con la sorella bastarda, dovetti baciarlo, e lui ancora più bastardo della sorella acconsentì ridendo sotto i baffi. Per fortuna per me il giorno dopo partì per il Nevada , diretto alla sua base, in attesa di un incarico.
Quando sentì il rumore delle chiavi capii che era finalmente arrivata. E per giunta con una colazione tra le mani.

-Oh finalmente sei sveglia!- disse quasi offesa.
- Ringrazia mia madre che mi ha svegliato, altrimenti starei ancora a sognare un bel fusto biondo da fustigare e neanche un cannone riusciva a svegliarmi più-

Quanto avrei voluto davvero sognare un bel biondo con occhi verdi che si prostra ai miei piedi in attesa di ordini alquanto sconci.

-Certo cara sogna tu, e qui c’è gente che lavora per te. Tieni, questo è il numero del tizio del bar qui vicino, con un paio di trucchetti dei miei mi son fatta promettere di farti un colloquio. Prego.-

Non avevo dubbi che lei riuscisse ad ottenere quel numero anche solo sbattendo un po’ le palpebre. L’idea di lavorare in un bar non mi allettava molto, ma a mali estremi ,estremi  rimedi. L’affitto non si paga da solo.

-Grazie Mar, quando devo andare?-
-Anche stasera, vorrebbe conoscerti, sai com’è deve fidarsi prima di affidare un lavoro e bla bla bla-
-Mar domattina ho un appuntamento con il dottor Petersen, credi di riuscire ad accompagnarmi?-
-Vorrei davvero tesoro ma devo andare a prendere mio fratello all’aeroporto, torna per un congedo e i miei sono troppo occupati a spassarsela ergo il taxi di turno sono io.-


Credo che non sapevo cosa fosse peggio, se l’incontro con il dottorino che già iniziavo ad odiare oppure il ritorno del tizio che avevo baciato e seppellito nei miei ricordi. Decisi di optare per il dottore, tutto sommato non lo avevo baciato e non  desideravo se non prenderlo a calci.

-Va bene, vorrà dire che andrò dal dottore e poi a fare shopping da sola!-
-Stronza che non sei altro, lo sai che io lascerei mio fratello all’aeroporto pur di venire a fare shopping con te!-


Cosciente del fatto che lei poteva veramente lasciare il suo povero fratello da solo in aeroporto pur di fare shopping le promisi che saremmo andate insieme il pomeriggio stesso, dopo pranzo. Tanto fino a cena c’era un sacco di tempo. E lei lo avrebbe usato tutto.

-Salve, cerco Mike, sono Skye un’amica di Margaret, sono qui per il colloquio.-
-Ciao Skye sono Mike, non mi aveva detto Margaret che eri così carina.-


Livello di rattusaggine pari a 100. Certo ad essere carino era carino, sembrava uno di quei modelli della H&M scolpiti a dovere  che al posto dei muscoli avevano due palloncini. Decisi di fare la brava e non mordere, ascoltai la sua proposta di lavoro e accettai. Senza se e senza ma. Accettai perché dovevo mettere dei soldi da parte per un sogno nel cassetto. Tutto quello che dovevo fare era la barista, per tre volte a settimana, dalle 18 fino alla chiusura alternando i sabati e le domeniche. Potevo farcela, dovevo sopravvivere in qualche modo.

-Allora com’è andata?-  mi chiese Mag.
-Bene, quel Mark forse è un po’ troppo gentile con me, ha detto che sono più bella di quanto si aspettasse. Tutto sommato mi ha dato un lavoro che cercherò di mantenere a tutti i costi.-
-Brava la mia Skye, così ti  voglio. Adesso ceniamo che il mio verme solitario non ha più scorte!-

Sapevo già che la giornata di domani sarebbe stata più difficile del solito. Dopo l’appuntamento con il dottore avrei fatto shopping con Mag e poi sarei andata al mio primo giorno di lavoro. Decisi quindi di andare a letto presto, portando con me la mia carinissima tazza di Hello Kitty con dentro un’intruglio alle erbe rilassante.
Quando sentii la sveglia mi alzai come fanno di solito i vampiri nei film che sembrano avere una molla dietro la schiena che li scaglia in alto. Avevo due occhi da far paura, e lo stomaco sotto sopra. Chissà che cavolo ho bevuto ieri sera.

-Eccolo è qui, prego entri signorina, vuole qualcosa da bere?-
-No grazie-
Dissi con gentilezza alla segretaria del Dott petersen.
-Skye che bello vederti da me oggi, scusami per il ritardo ma avevo un paziente in crisi e dovevo fare qualcosa per evitare il peggio.-
-Non si preoccupi dottore, non aspettavo da molto. Sa com’è noi donne non siamo mai puntuali.-
-Allora di cosa vogliamo parlare oggi?-
-Perché mi ha fatto venire qui?-
Chiesi io stizzita.
-Per aiutarla- Disse prontamente.
-Alcune cose semplicemente non si aggiustano ,dottore, si rompono e restano così, a pezzi.-
-Chi glielo dice Skye, tutto si aggiusta, con il giusto mezzo.-
-Le anime non si curano dottore, e lei dovrebbe saperlo. Se una persona è rotta dentro, deve solo imparare a sopravvivere con il suo male, sperando che sia un buon inquilino.-


Ed era così purtroppo. Ero rotta da troppo tempo che avevo imparato a conviverci, a convivere insieme a me stessa, i pezzi erano sempre tutti li, io lasciavo stare a loro e loro non rompevano a me. Come un contratto pre-matrimoniale di comune accordo.

-Skye io le confesso che i suoi occhi  racchiudono forse più parole di quelle che mi sta dicendo. Le assicuro che se  solo mi desse la possibilità di porre fine a ciò che le fa del male sono sicuro di riuscire a guarirla, ma deve fidarsi di me. Non stiamo parlando di esorcismi o sette sataniche. Stiamo parlando di incanalare sul verso giusto tutta la rabbia che lei ha dentro e farla scorrere via.-

Ma di che diavoleria sta parlando questo tizio? Mi avevano detto che era un ciarlatano, ma non a questi livelli. “Incanalare la rabbia?” “Farla scorrere via”. Dove si è laureato a casa di Gandhi?  Ancora non ha capito che io rabbia non ne ho più?
-Dottore, non mi serve a niente incanalare questa rabbia. Non ne ho. Non provo rabbia. Solo disgusto e disprezzo verso me stessa e sono cose che difficilmente si alleviano. Mi guardi negli occhi e mi dica che posso guarire, mi dica che farà di tutto per attaccare tutti i pezzi, mi dica che lei ci sarà sempre e mi  dica che in fondo io non faccio poi così schifo. Ma quando me lo dice cerchi di essere convincente il più possibile, perché io non ci credo più.-

I suoi occhi, i suoi bellissimi occhi mi guardavano ammaliati. Non so descrivere quei minuti che passammo a guardarci , ma so che furono davvero eterni. Il mio dottore in fondo aveva capito quanto fossi rotta dentro e cercava di ripararmi. Ma già sapevo che se  io non fossi guarita avrei fatto rompere anche lui in mille pezzi, e non potevo permetterlo. Prima di provare qualcosa per  quella bocca color rosa antico, dovevo fermarmi e impedire a me stessa di commettere questo sbaglio. Eppure dentro di me  si stava muovendo qualcosa, ed io decisi di scappare per non darmi il tempo di pensarci su.

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Capitolo 3
*** Robert. ***


“C'è sempre un grano di pazzia nell'amore, così come c'è sempre un grano di logica nellapazzia.” 
                                                                                                                                                              Nitche


Dovevo correre, più veloce  dei miei pensieri , più veloce del suo sguardo. La mia borsa, rossa con un camaleonte, si shekerava a destra e sinistra facendo risuonare i tintinnio delle chiavi di casa ed altre centinaia di cose che avevo chiuso nella borsa. Compresa la mia faccia. Quando il mio fiato iniziò a diminuire, rallentai e mi appoggiai al vetro di una banchina del pullman. Guardai in aria e il cielo era così blu da togliere il fiato, ed io non mi ero mai fermata a guardarlo. Le persone continuavano a camminare intorno a me, quasi come se non esistessi, chi parlava col cellulare ,chi con il collega ,chi con l’amica e correvano. Ma dove diavolo correte tutti? Che avete da parlare e parlare? Quando il numero 12 arrivo’ lo presi senza pensarci due volte, due fermate dopo sarei scesa e dopo quasi trecento metri dopo mi sarei trovata a casa. L’esperienza appena vissuta mi aveva fatto venire voglia di tornare a bere, un solo bicchierino di vodka, uno shottino  veloce. La tentazione era talmente forte, che il Vir aveva indossato i guantoni da pugilato pronto a prendermi a scazzottate pur di farmi cambiare idea. Ma non volevo ricaderci e così filai dritta a casa.

-Ciao Skye! Sono felice di rivederti! Come sei cambiata!-

Sbarrai gli occhi e non mossi un arto quando venne ad abbracciarmi, e quando ripresi  a respirare mi resi conto che Rob e Meg erano nella mia cucina a preparare qualcosa di delizioso a sentire dal profumo. Se qualcuno avrebbe avuto la possibilità di immortalarmi in quel momento si sarebbe scompisciato dalle risate per cinque  generazioni successive.  Dopo  aver corso di fiato nel polmoni non avevo,  e dopo aver visto lui nella mia cucina credo mi si sia chiusa definitivamente  la trachea.

-Ciao Rob. Che piacere rivederti.-
-Che entusiasmo  Spooky, a saperlo non mi fermavo.-
-No davvero Rob scusami…-


 Come mi aveva appena chiamata? Quel nome risale a decine di anni fa e lo detestavo più di me stessa e lui ora richiamarmi così? Vir prepara la mazza, un colpo secco, dritto sui denti e finisce qua.

-Evita di chiamarmi con quel nome e sarò più gentile con te, magari cibandoti.-

Ridemmo e scherzammo per una serata intera. Ringrazia Dio di avermi mandato Marghe, ottima cuoca non chè lavapiatti d'eccellenza.  Rob ci raccontò le sue disavventure durante l’incarico ad est dell’Afghanistan, e noi ridevamo come non facevamo da parecchio tempo. Io ridevo di più per le sue facce, il modo in cui raccontava era degno di un oscar.  Ci sedemmo sul divano, lui con la birra ed io con il mio intruglio.

-Rob perché sei tornato?- Gli domandai.

Si rattristò. Ebbi come l’impressione di aver toccato un tasto dolente. Vidi i suoi occhi guardare le mani che nervosamente di scrutavano in cerca di qualcosa da prendere.

-Rob, non sei tenuto a dirmelo, quando vorrai , senza fretta.-
- Skye è difficile digerire tutto quello che ho passato, vi ho fatto ridere, ma li la situazione è tragica. Vedevo morti ogni santo giorno, perloppiù bambini. Mamme disperate e padri vendicativi, ed io… io non potevo fare nulla- Deglutii- Dovevamo solo pattugliare e stare attenti a non saltare con una mina. Se socializzavamo venivamo sgridati, agivamo senza sapere il motivo, e uccidevamo anche persone innocenti.-
Vidi i suoi occhi e senza parlare già mi avevano detto tutto. L’orrore di una guerra non lo puoi cancellare. E lui doveva conviverci a vita, un po’ come me con i  miei cocci. Lo guardai e senza parlare gli feci capire che non doveva raccontarmi oltre, che bastava quello per essere disgustati e arrabbiati.

-Ci vediamo domani Skye, ti vengo a prendere e andiamo a pranzo da mio padre e la sua nuova famiglia, va bene?-
-Certo Rob, ho conosciuto Maya e non mi spiace per niente!-
Dissi sorridente.

Ma dentro morivo. Lui dentro moriva. Condividevamo qualcosa. Ed entrambi volevamo solo dimenticare. Credo che fin oggi, non ho fatto altro che voler dimenticare. Ma dimenticare non aiuta ad annullare il dolore, Vir lo dice sempre. Ed ha ragione. Quante volte mi son sbucciata un ginocchio da piccola, passava, ma la cicatrice, è quella che ti fotte. Ti fa ricordare il dolore che avevi dimenticato. Insomma, è una ruota in continuo movimento, ricordi, stai male, dimentichi. E poi di nuovo. L’unico modo per fermarla è fermare il motore, ed in questo caso io al mio cervello ci tengo. Anche se non sembra, dato i mesi che ho passato a devastarmi il fegato, io a me stessa ci tengo. Lei a me ci teneva, e io lo devo a lei. 

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Capitolo 4
*** Quel freddo negli occhi ***


''A volte sono talmente fuori di me che, se busso per rientrare, ho paura e non mi apro.” 

Dopo il pranzo a casa del padre di Rob mi sentivo come un tacchino durante la festa del Ringraziamento. Imbottito. Praticamente aspettavo di essere fatta a fettine. Avevo la testa che mi scoppiava per quante informazioni avevo dovuto assimilare in due ore, tutte riguardo  tread, investimenti e hot  point. Che poi  ho solo capito che il lavoro del padre di Rob non era altro che un mal di testa continuo e tante persone che rompono i coglioni. Tutto qui.  Ed io  potevo quasi fargli concorrenza per quante persone conoscessi che rompevano i marones senza neanche pagarmi. Alla fine è stata una bella domenica, la matrigna di Rob era un’ottima cuoca, soprattutto quando si trattava di dolci, ed il mio stomaco non voleva altro che quelli per addolcirmi un po’ il sangue, che ultimamente tutto era tranne  che dolce.  Alle quattro mi congedai, promettendo loro che prima o poi sarei ritornata con Rob, in effetti non aspettavano altro che io e lui ci mettessimo insieme, al contrario di sua sorella che voleva che mirassi a ben altro. Biondo, occhi azzurri e possibilmente ricco. Ma  non si può avere tutto dalla vita.

-Ti accompagno a  casa Sky- disse  Rob.
-No Rob, lasciami  al parco, vorrei fare una passeggiata ed arrivare da mia madre per un saluto. Altrimenti domani  mi tocca sentirla sbraitare perché son due giorni che non ci vediamo.-
-Certo , allora, prego signorina salga in carrozza.-


Dopo un bacio sulla guancia mi congedo anche da lui. E’ dolce. Quasi più dolce del tiramisù di Marta. E quasi mi dispiace lasciarlo li ed andarmene. Ma devo. In questo periodo dell’anno il parco tutto sembra fuorchè un parco. E’ vuoto, spoglio, inutile azzarderei. Fa freddo e le persone tendono a stare dentro casa attorno ad un camino o attorno al proprio partner.  In lontananza vedo qualcuno e quando mi rendo conto di chi si tratta faccio una veloce giravolta sperando di non essere stata vista e aumento la velocità dei miei passi. Quando si avvicina, correndo, mi sorride a 54 denti, forse di più, ed io , bhè io bho.

-Skye, che bello vederti.-

Cazzo allora m’ha visto. Mi rigiro e sorr
ido, e dentro di me impreco, ed impreco ed impreso come una forsennata affinchè non mi si rovini del tutto  questa bella giornata che di suo già è uggiosa e ci mancava solo il dott. Petersen a peggiorarla.

-Dott. Petersen io…-
-Per piacere chiamami Ian fuori dal mio studio, mi sentirei troppo vecchio altrimenti.-


Annuisco. In effetti i suoi occhi sono belli. Più che belli. Stupendi. Oh cazzo che diamine sto dicendo. Skye , bella mia, riprenditi. Vir strangolami ti prego.

-Ian, certo.-
-Che ci fai da queste parti?-
-Ho pranzato a casa di un amico che abita qui vicino e dato che devo andare da mia madre non lontano da qui ho preferito camminare e passare un po’ di tempo in questo bellissimo parco.-


Ma poi a te che frega? Saranno pure cazzi miei no? Potrei essere una stalker che perseguita  mori muscolosi per poi portarli a casa e farli a pezzettini, a te che cambia?

-Brava, camminare rilassa e calma le idee.-
-Che fai il dottore adesso?-


Ride, e cazzo che bel sorriso che ha. Fuori da quello studio sembra quasi una persona normale. Umana.
AAA cercasi Skye  persa nel sorriso del bel dottorino. La mia vocina interiore mi stava avvisando,  Vir urlava col megafono, e decisi di ascoltarlo, di calmarmi, che di film mentali adesso non ne avevo proprio bisogno. Lui non mi conosceva. Io non lo conoscevo. Noi non ci conoscevamo. Eppure quest’uomo mi trasmette qualcosa. Sarà la sua aria da bel dottorino, il suo sorriso o quelle mani così delicate che mi fanno  venire la voglia di parlargli.

-Skye, perché non ridi mai quando vieni alle riunioni?-

Eh e come cazzo fai a ridere  in una stanza dove tutti a modo loro soffrono e tu peggio di loro?

-Rido quando voglio ridere, quando mi fanno ridere. Non rido a comando. E poi non credo che ridere li dentro risolverebbe qualcosa, e tu lo sai meglio di me.-

Certo si ride per una battuta, per un momento di ilarita’, ma in un incontro tra AA in cui quello che sta meglio ha occhiaia fino alle scapole, non penso riesca a ridere.

-Ridere non implica la risoluzione di qualcosa, e di sicuro non risolverà i tuoi problemi. Ma ti rilassa, ti alleggerisce i pensieri e ti fa più bella.-

Voglio ridere. Voglio straridere. Ed invece lo guardo a bocca aperta. Come se avessi avuto una paralisi facciale a causa del freddo. Il mio allarme sta scattando e prima che i miei neuroni dichiarino guerra al muscolo del mio torace, decido di andarmene.

-Adesso devo andare, mia madre mi starà aspettando e sono in ritardo. Ci vediamo Ian.-
-Perché stai scappando? Non t’ho mica offeso?-


Non m’hai offeso, è quello il problema. Senza neanche risponderlo vado, scappo. Inizio a correre più veloce che posso. E quando mi fermo sembra quasi che una lacrima si sia congelata sulla mia guancia. Cosa mi prende? Sto cazzo di grillo parlante quando serve non lavora mai? Chiudo gli occhi e quando li riapro rivedo i suoi.

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Capitolo 5
*** Tu ci sarai? ***


“Alcune persone non impazziscono mai. Che vite davvero orribili devono condurre.” 

Quel blu mi ricordava il mare della mia città natale. Le coste della California mi hanno regalato  le migliori viste e le migliori giornate della mia vita. Un giorno, nel fiore dei miei sedici anni, marinai la scuola con quella pazza di Margaret e suo fratello Rob. Credo di non essermi mai sentita così felice, così rilassata come  allora. Fu la sera , e il casino a casa con i miei e mia sorella che mi fece pentire di  essere tornata e non essere rimasta dov’ero stata tutta la mattina. Il mare era calmo. Anche io ero calma. Una calma mentale. Pace. Quel mare, quel blu mi lasciava senza parole. Ed è così che mi lasciano adesso i suoi occhi.

-Cazzo come corri, ma che sei parente al Gonzales?-

Avevamo il fiatone. Tutti e due piegati in avanti con le mani ai fianchi ed il cuore a tremila. La mia bocca si rifiutava di parlare, di emettere un qualsiasi tipo di suono. E lui era li, davanti a me, a scrutarmi. Mi sentivo come quei gorilla negli zoo quando i turisti li guardano da dietro un muro in attesa di un movimento. Ed io odiavo lo zoo.

-Perché sei qui?- gli chiedo- Non ti ho mica chiesto di seguirmi-

Sono arrabbiata. Volevo andare e doveva lasciarmi andare via. Doveva farlo.

-Non ti ho seguito, ti volevo fermare. Ti ho detto una cosa e scappi ed io non sopporto chi scappa. Se non volevi che lo dicessi dovevi dirmelo subito e mi sarei scusato. Ma devi dirmelo in faccia, adesso.-

E come faccio a dirti che ciò che mi hai detto non mi è piaciuto. Molto di più. Talmente che mi è piaciuto che  il mio cuore a momenti sfondava il torace e iniziava a correre da solo.
Come quando Paul, un coglione di prima qualità, mi baciò al mio primo anno di liceo. Prima il bacio, poi lo schiaffo e poi la corsa. E’ automatico. Mi partono le gambe prima ancora del pensiero.

-Mi spiazzi. Sei un dottore. Il mio dottore. Dovresti aiutarmi e non dirmi che sono carina quando rido. Non capisci che questo tuo comportamento mi mette in confusione. Ed io secondo te non sono già confusa di mio?- 

Gli urlerei in faccia tante di quelle cattiverie che neanche Gordon Ramsey riuscirebbe a dire in una sola volta, ma evito. Mi fermo e respiro. Il mantra è inspira-espira Sky. Forza inspira-espira. Dentro-Fuori. Fallo Sky, fallo per te, fallo per le tue corde vocali, fallo per i tuoi occhi pieni di lacrime amare, fallo e basta.

-Devo guarire. Devo farlo per me stessa, per la mia famiglia e anche per chi mi conosce perché se mi conoscessi sul serio capiresti che non sono così. Io sono un’altra persona diversa da questo manichino che ti è di fronte. Io adoro i colori vivaci e mi ritrovo a vestire sempre di marrone o di nero. Io adoro l’estate eppure mi sono rintanata in casa per gli ultimi 5 mesi. Tu che mi complichi la vita non mi servi.-

Ho le mani fredde, il naso a forma di calotta polare e due scimmie urlatrici nel cervello che sbattono i piatti a ripetizioni. Eppure non smetto di guardarlo e perdermi nel mare nei suoi occhi.

-Sky non ti ho fatto una proposta nè tantomeno ora ci tengo. Ho espresso un opinione, ti ho fatto un complimento, tutto qui. E tu scappi. Io e te ci conosciamo da tre settimane e le nostre conversazioni sono state sempre legate all'ambito psicologico. Mi faceva piacere conoscerti al di fuori perché io sono convintissimo che tu  non sia  la persona qui di fronte a me. Per questo ti ho detto che volevo guarirti. Vorrei che tu avessi più fiducia in me , non ti sto chiedendo del sesso o un rapporto sadomaso. Non voglio portarti a fare orge o cos’altro ancora. Voglio farti solo capire quanto sei speciale. Vorrei  proporti di far parte di un programma di reinserimento sociale. –

Ah. Ok. Insomma  chi mi presta una busta per nascondere la mia faccia? 

-Intendo dire che ho sviluppato un progetto tempo fa, con una casa famiglia non lontano da qui. Mi piacerebbe che tu mi aiutassi a gestirla. Renderti utile ed aiutare gli altri faranno salire la tua autostima e ti faranno capire quanto davvero sei importante.-
- In che cosa consiste?-
-4 ore al giorno per 5 giorni a settimana. Sarai la mia aiutante, il mio braccio destro. Mi aiuterai con le persone che ospitiamo. Perloppiù sono ragazzini minorenni abbandonati dai genitori alcolisti o drogati.-


Tutto qui? Ho fatto 400 metri in trenta secondi sono per questo? Ah povera me, ed io che mi facevo i film sul possibile amore e su tutte le possibili scene di sesso alla Christian Grey. Mi piace quest’idea. Ho solo paura di non avere tempo a sufficienza per farlo.

-Tu sarai sempre lì con me?-
-Non sempre. Dovrò anche lavorare. Ma tu sarai remunerata con un compenso adeguato. Intorno agli 800 $ al mese.-


Si blocca e mi  guarda. Ritorno ad essere un gorilla allo zoo. Anzi peggio ancora un pinguino data la temperatura del mio corpo. Mi sembra sincero. Vuole davvero aiutarmi. E per farlo si è fatto una bella corsa. Grillo che dici gliela la diamo una chanche?

-Ci penserò Ian.-
-Mi fa piacere Skye. Ma posso farti una domanda adesso?-


Eccolo. -Spara-  dico.

-A cosa hai pensato quando ti ho fatto quel complimento che ti ha fatto scappare a gambe levate?-
-A niente. Solo non ne avevo bisogno e non lo volevo. Mi dispiace di essere scappata Ian.-
-Ok. Non preoccuparti. Correre fa bene alla salute.-
E sorride. Di nuovo.
-Adesso vado per davvero. Ti sarei grata se non mi seguissi  di nuovo.-
-Tranquilla io vado dall’altra parte. A domani Skye, ore 9 nel mio studio e discuteremo i dettagli.-
-Va bene Ian a domani.-
-Buona giornata-
-Anche a te- 


E la mia manina si agita a mezzaria per un accenno di saluto. Che scema , manco i bambini salutano più così.
Quasi sono delusa. Tanti film e poi nulla. Un lavoro. Un programma di reinserimento. Ah povera me, sto messa proprio male. Eppure qualcosa non mi convince. Ian , tu non me la conti giusta. Già è bello, proprio bello. Troppo bello. Ho bisogno di un bagno caldo e di una tisana alle erbe per dormire. Domani alle 9 nel suo studio. Zitto Vir, fammi fantasticare.
Mai stata così felice di svegliarmi presto e andare.

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Capitolo 6
*** Io ci sarò, promesso ***


La mia Keisha suona alle sette e mezzo. Quando apro gli occhi la città è ancora tutta silenziosa. Decido di prendere il mio fantastiglioso tablet e controllare la posta, il meteo e le notizie principali. Più o meno un anno fa, la prima cosa che avrei fatto una volta sveglia sarebbe stata bere. Oppure inveire contro le signore delle pulizie che venivano a rompere a casa di mia madre presto al mattino per pulire come se non ci fosse un domani. Da poco, quando mi sveglio lucida e pimpante, voglio informarmi su cosa mi succede intorno. Bhe, la buona notizia è che nel weekend non pioverà. La cattiva è che sta piovendo proprio adesso ed io sono a piedi. Chiamasi  “ciorta”(sfiga).
Quando mi squilla il telefono rispondo senza neanche guardare chi è.

-Sky sono Mike. Vorrei chiederti di venire un po’ prima oggi per mostrarti come funziona il bar e cosa ti serve sapere.-
-Certo Mike , appena riesco vengo. Grazie.-
-Ok a dopo.-


Uomo di poche parole. Attacca senza neanche dare il tempo di rispondere. Adesso ho proprio voglia di telefonare a Marghe per dirle tutto quello che mi frulla per la testa. E’ via da un po’, e non so il perché.

-Tesoro mio che bello risentirti.-
-Marghe mi manchi, quando vieni a trovarmi?-
-Appena torno da San Francisco baby.-  eh?
-Per quale remoto motivo sei a San Francisco?-
-Collin-
-Quel Collin?-


Collin, un nome, una storia. Professore universitario  di filosofia. E ho detto tutto. Ah e poi , una moglie e un figlio. Non aggiungo altro.

-Si, è qui per un convegno e mi ha chiesto di raggiungerlo.-
-Gli mancano le tipe da scopare? Ma che sei imbecille Marghe?-
-Smettila Sky, lo sai che la situazione è difficile. Non farti spiegare sempre tutto.-
-Difficile è risolvere il cubo di rubik, non questa storia. Ti rendo conto che gli servi solo per consumare condom? –
-Non dire così ti prego, mi fai sentire ancora più una deficiente.-
-Ma lo sei che vuoi da me.-
-E’ l’ultima volta promesso. Lo amo troppo.-
-Si ma lui no. E’ questo il problema amica mia. Finirai per autodistruggerti. Ed io finirò in galera per averlo ammazzato di botte.-
-Ti voglio bene.-
- Anche io cretina.-


Io non augurerei del male neanche al mio peggior nemico. Ma non mi dispiacerebbe se Collin soffrisse delle sindrome del “pisello cadente”. Non mi aspetto mai niente da nessuno ed è per questo che in qualche modo ho sempre salvaguardato il mio cuore da eventuali rotture. Collin prometteva e prometteva. Prima di lasciare la moglie, poi di trasferirsi e vivere con Marghe e poi che addirittura l’avrebbe sposata. Se non sei così accecata da un sentimento capiresti da sola che pinocchio a confronto è  un santo. Mi dispiaceva e sapevo che prima o poi l’avrei gonfiato di botte. Misà che devo iniziare un po’ di palestra, sai com’è due muscoli in più faranno la loro parte. Quando vedo l’orologio mi sfugge un “cazzo” dalla bocca. Non era possibile che fossi sempre in ritardo per qualunque cosa dovessi fare. Jeans , felpa e superga. Casual ma soprattutto comoda .E codino perché come sempre i miei capelli non volevano stare tranquilli. Come me insomma.
Quando arrivo davanti al suo studio, ho un sorriso così grande da far vedere anche i denti del giudizio. La sua segretaria mi aprì la porta ed io sembravo una bambina al giorno di natale che scarta una delle barbie più belle al mondo. Mi avvicino alla sua porta e mi appare barbie in carne ed ossa. Bionda, tettona e rifatta. Era la biondona della prima seduta che feci, quella che sembrava un po’ troia e un po’ cretina. O forse solo troia.
Livello di zoccolaggine 100%.
Strusciati strusciati pensavo,  manco i cani in calore lo fanno.

-Ciao Dott.Petersen- e parte l’occhiolino a pedofila.
-Arrivederci Charlotte. Signorina Sky entri prego
.-  Mi ha vista. Mi ha vista ed è diventato serio.

Mi sento come se dovessi entrare nell’ufficio del preside dopo aver fatto una bravata a scuola.

-Dott. Petersen  buongiorno.- cerco di essere alquanto cordiale.
-Sempre in ritardo Signorina Sky. Così non  andiamo bene.-


Ecco adesso mi dimentico di essere cordiale e me lo mangio a mo’ di vaffanculo.

-Dottore mi perdoni, stamattina sono stata incasinata. Cercherà di essere puntuale in futuro.-
-Lo spero. Allora Sky vogliamo andare?-
-Aspetta, dove?-
-Come dove? Volevo mostrarti la casa dove alloggiano questi ragazzi. Devi incontrarli, ne resterai stupefatta.-
-Dove si trova?-
-Non lontano da qui.-
-Tornerò in tempo per le 5?-
-Certo che si. Forza andiamo.-


Nike, Jeans e polo. Mai visto una persona che sapesse portare le polo meglio di lui. In fondo Ian era proprio bello. Quel bello che ti cattura. Quel bello non costruito. Quel bello non biondo ed occhi azzurri. Ma scuro ed occhi color nero di seppia. Certo che nero di seppia non è proprio grazioso come pa
ragone, ma è la prima cosa che mi è saltata in mente. Vir ne sarà contento. Bello e basta. Mi guardava come se sapesse quello che sto pensando. Che leggesse nel pensiero? Quest’ascensore quanto diavolo ci mette a scendere? Mi state per caso torturando. La sua vicinanza mi mette ansia. Una brutta ansia. Com’ero prima l’avrei  baciato senza esitazioni. Avrei fatto la prima mossa, perché io sono da prima mossa. E lui mi guarda, e mi gurda ancora, come per convincermi ed io pregavo Dio di far precipitare quest’ascensore più in fretta possibile. Sudo. Sudo troppo. Si sente proprio l’odore della mia eccitazione. L’odore della mia voglia. E mi vergogno. Lui è li, che mi sta offrendo un posto di lavoro e un offerta di redenzione ed io che mi eccito per la sua vicinanza e desidero baciare ogni millimetro di quella faccia. Bing. Il suono dell’arrivo dell’ascensore mi fa rinsavire. Respira Sky. Vir calmati che siamo fuori e  non fa neanche così tanto freddo.  La sua macchina è un’Audi Q5 grigia. Cazzo, allora prende proprio un bel stipendio il dottorino per curare queste menti malate. Mentre guida guardo le sue mani. Sono curate, lisce e senza una ruga. Si dice che solo i medici hanno le mani curate per via del loro lavoro. Ma le sue sono perfette. Porta un anello al pollice destro. Uno di quelli per il rosario credo. Che sia un cattolico incallito?  Credo che se mai entrassi di nuovo in una chiesa, Gesù scenderebbe dalla croce per cacciarmi via. L’ultima volta che mi sono confessata era per la cresima di mia sorella. Da allora neanche un ave maria.

-Sei pensierosa?-
-Si nota tanto?-
-Molto. Hai un viso molto espressivo. Ed è un complimento. Adesso non puoi scappare, a meno che non salti dal finestrino. E ti faresti molto male, non te lo consiglio.-


Voleva fare lo spiritoso?

-Accetto il complimento. E fa troppo freddo per saltare fuori. Quindi se non ti dispiace vorrei accendere un po’ di musica.-
-Fai pure.-

Dalla radio passano i Coldplay con Magic. Mi piace. E gli piace. La sta cantando. Quando finisce la canzone ci fermiamo davanti ad un palazzone. Si vede che è molto vecchio. Scendo e cerco di captare quanti più indizi possibili. Quando la porta si apre un piccolo marmocchio corre incontro ad Ian. Non mi sono mai piaciuti i bambini , ma quello dalla pelle color cioccolato, era a dir poco incredibile. Altri 2 si affacciarono alla porta. Potevano avere al massimo dieci anni.

-Sky ti presento Tod, Anika e Phil. Lui è il più piccolo della banda. Ha 4 anni. Anika ne ha 9 e Phil 11.-
-Ciao Tod, io mi chiamo Sky.-


Ma non parla. Quando Ian mi guarda capisco che c’è una storia dietro e un giorno capirò. Quegli occhi tutto mi trasmettevo tranne che tristezza. Erano occhi che non conoscevano odio e dolore. Occhi puri e frizzanti. Quelli di Anika ePhli invece sapevano tutto. E in quel momento sentii una forte stretta al cuore. Inspiegabile e mai provata prima. Ian mi stava facendo conoscere un nuovo lato del dolore. Quello invisibile. Un po’ come il mio. Lo guardo e gli sorrido. Voglio che sappia che ci metterò tutta me stessa affinchè questi bambini conoscano la gioia e la voglia di vivere e giocare. Lui mi sorride e ci incamminiamo tenendo per mano Tod.
Sarà un nuovo inizio. Per me e per loro. Te lo giuro Ian.
Cazzo sono le 5. Mike perdonami.

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Capitolo 7
*** Una dose d'amore ***


Armata di cuffie e la cover di James Arthur di Impossible  cammino lungo la strada che mi porta al mio lavoro. Cazzo e che giornata. Pure il mio  grillo s’è stancato.  A pensare che ora mi tocca stare fino a notte fonda in quel locale. Vorrei puntarmi un chiodo nella gamba e dire che sono accidentalmente caduta. Oggi Ian mi ha raccontato un sacco di cosa sul suo lavoro. Come ha cominciato e perché. Dove e quando. Mi ha raccontato di Anika, e di come la mamma l’abbia scaricata in ospedale dopo una notte insonne. Pensava avesse la rabbia, diceva, perché piangeva sempre. Ecco se solo fossi stata li, le avrei preso la faccia a sprangate, ed avrei fatto uscire il peggio di me a parole.  Lui invece era calmo e placato mentre parlava, quasi come se fosse stato aiutato da un monaco buddista per la calma interiore.  La storia di Phil è più triste di quella precedente, entrambi i genitori sono stati sparati. Liti tra gang, o qualcosa del genere. Lui aveva 6 anni quando è andato da solo dai poliziotti reclamando aiuto per sé e sua sorella più piccola. Della sorellina non sappiamo nulla, se non che si trova in un’altra casa. L’ultimo, Toddino, alla morte della mamma per overdose, quell’imbecille del padre non l’ha voluto con sé, credendo che il bambino dato che non ancora parla sia un demente. Padre dell’anno direi. Ognuno dei tre, a detta di Ian, aveva qualcosa di speciale. Anika sapeva  scrivere delle storie fantastiche, Phil conosceva benissimo la matematica, e Tod, bhe, tra un po’ lo scopriremo. Ian dal canto suo, ha accettato subito la proposta fattagli da un suo ex docente universitario di prendersi cura di loro. Ed io non ho esitato un solo istante a rendermi disponibile a migliorare la vita di questi meravigliosi tre bambini. E mentre lui parlava, io continuavo a perdermi nei suoi occhi. Ho letto che relazioni tra dottori e pazienti  non sono etici, moralmente sbagliati. Quindi io sono  moralmente deficiente ed eticamente incasinata perché non faccio altro che pensare a lui, nudo, tra le mie gambe. Vir , come uno stratega, cerca in tutti i modi di distrarmi, poverino, neanche tom cruise riuscirebbe a vincere  in questa mission impossible.  Quando arrivo al locale, vuoto, mi sento meglio. almeno riuscirò a distrarmi per tutta la serata.

-Mike, davvero perdonami per il fottuto ritardo, ma avevo davvero una cosa urgentissima di cui occuparmi. Se ti dicessi tra la vita e la morte , mi capiresti?-

Certo proprio tra vita e morte. Magari sua non mia. Quel dottorino di quattro soldi mi aveva aperto una finestra sul mondo che io non sapevo neanche di avere in casa.

-Muoviti vai dietro il bancone. La divisa è lì dietro, indossala e fai quello che ti dico.-
-Agli ordini capo!
- Ecco, forse con un po’ più di gentilezza guadagneresti più punti.

Chiamarla divisa non era neanche il nome giusto. Era un grembiule che allacciava dietro la nuca. Di un nero brillante. Non ci poteva essere di peggio.

-Lezione numero 1: la prossima volta indossa una camicia bianca con il pantalone nero. Il fisico ce l’hai e quindi mostralo. Lezione numero 2: il cliente ha sempre ragione. Quindi se ti fanno delle avances tu falli fare. Non ti sto dicendo di essere una troia, ma di fingere. Il lavoro funziona così cara mia. Adesso, ti ho lasciato dei bigliettini  delle ricette di ogni cocktail. Se ti chiedono di improvvisare, fallo, ma non usare mai delle bottiglie dell’ultimo ripiano. Rischiamo di uccidere qualcuno. –

Non dovevi di certo dirmelo tu che le cose andavano così. Il mio primo lavoro in un bar lo mandai a puttane dopo aver versato del latte bollente sulla mano di un tizio che mi aveva palpato la chiappa sinistra. Ma se così doveva andare, bhe proviamoci.

-Io ti aiuterò per queste prime sere, dopo di che sarai da sola al bar. Naturalmente avrai dei camerieri che serviranno e prenderanno nota degli ordini. Tu devi solo preparare e servire a chi si siede al bancone. Ordine e professionalità Skye, non chiedo altro. Il bar sta andando bene e non voglio guai di nessun genere. Ti presento Molly e Caitlyn. Saranno il braccio destro e sinistro.-

Eh più che due bracci mi sembrano due stecchini. Ammazza. Mi chiedo se sappiano fare due più due.
Sono appena le nove e qui dentro a stento ci si muove e si respira. Al bancone si siedono sempre i cascamorti che fanno il filo alla barista, in questo caso a me medesima. Ho imparato subito   a fare i cocktail più noti, anche se ancora mi chiedo che diamine di motivo c’è nel mettere il sale sul bordo del margarita. Combino sempre un pasticcio e andrà a finire che devo pure ricomprargli pure il pacco di sale a Mike. Quando finalmente il deejay stacca quel fracasso infernale che  sta trapanando da ore i miei poveri timpani mi dedico alle pulizie. Non ho mai visto tutto questo schifo in vita mia. Quando Molly urla di aver trovato due preservativi usati shekerandoli con la manina destra mi si rivolta decisamente lo stomaco ed il mio grillo mi tira per la felpa pur di uscire da quel porcile. Lo dicevo io che queste non sanno neanche come si scrivi preservativo.
Finalmente alle 4 e 35 minuti esatti sono fuori dal locale. Non ero mai rimasta in piedi fino a quell’ora e la calma che dominava in città mi faceva venire voglia di una bella passeggiata in centro. Ma quante cose si possono scoprire invece di dormire! Tralasciando il fatto che dormire  era di vitale importanza per un bradipo come me. La strada fino a casa mia era davvero lunga a quell’ora, ma volevo godermela tutta. Due o tre barboni dormono a terra su cartoni aperti e mi chiedo se davvero sia comodo. Per dormire così di sicuro non sono scomodi. Ero sempre stata abituata alle belle cose che non mi sono mai fatta dei problemi alla vista dei barboni. Adesso invece, non che mi senta Madre Teresa di Calcutta, ma mi dispiace  a vederli così perché ci sono così tanti posti in cui andare, dormitori per esempio, e invece loro scelgono di stare li. Imbecilli direi. Oppure adorano guardare le stelle. Come me. Come Phil ed Anika. Quei ragazzini mi avevano turbato. Mi rendevano inquieta, triste. Come me hanno perso qualcuno di caro, ma non avevano avuto la fortuna di avere due genitori e un  paio di amici su cui contare. Ian era convinto di potermi salvare da me stessa, di attaccare i miei mille pezzi. Io ,mai come stasera, sentivo il bisogno di augurarlo a me stessa. Mi ha trascinato in quella nuova casa, con tre bambini, un cane ed un assistente sociale che sembrava la signorina Rottermaier.  Ma io non ne avevo bisogno. Come diamine posso pensare di far stare bene qualcun altro se  sono io  la prima a non stare bene? Il mio bisogno di stare con qualcuno mi sta portando a  voler stare con Ian, e stare con lui non è semplice.  Anzi mi correggo è impossibile.
Va bene miei cari neuroni, il pigiama l’ho indossato, ora dormiamo. Domani sarà ancora peggio di oggi.

-Svegliati-  disse qualcuno vicino al mio orecchio. Sembrava una mosca. Ma quelle di solito ronzano, non parlano.
-Sta zitto, lasciami in pace.- Furono le parole che riuscii a sbiascicare infilando la testa sotto al cuscino.
-Eddai Skye, non fare storie, alza quel culo dal letto, fatti una doccia e vestiti che dobbiamo uscire.-

Ma chi ca…… che mi rompe i coglioni di domenica mattina alle dieci dopo che si e no ho dormito quattro ore??? Fermi tutti. Riconosco questa voce. Era nel mio sogno prima. Ian? Ian????Damn!

-Ian.-
-Dimmi.-
-Sei davvero tu?-
-Chi deve essere Skye? Hai passato la notte con qualcuno?-
-Certo che no. Ho finito di lavorare alle 4.-


Quando mi giro lui è li. Seduto alla mia scrivania. Jeans e camicia bianca. No dico, ma quante ragazze sognano di svegliarsi così? Io non sono tra quelle. Quando mi alzo dal letto non rivolgo la parola a nessuno e vederlo lì che mi ordina di alzarmi mi fa venire voglia di rispedirlo a calci in culo nel mio sogno e riaddormentarmi.

-Che diavolo ci fai qui?-
-Buongiorno anche  a te. Mi ha fatto entrare la tua amica.-


Certo dovevo ricordarmi che Maggie era a casa a dormire ieri sera. Il portone non si mica apriva da solo.

-Allora ti aspetto in cucina. Tu fai alla svelta e vestiti comoda.-

Ha un abilità incredibile di ispirare violenza  e dolcezza allo stesso momento quest’uomo che non me ne capacito neanche io. Certo prima lo prendere a seggiate in faccia, e poi forse con dolcezza lo curerei. Quando finalmente mi alzo e con la velocità di una lumaca ferma ad un pit stop mi vesto e vado in cucina.
Vederlo seduto sulla sedia vicino all’isoletta della mia cucina con in mano una tazza di caffè e un sorriso stampato in volto mi fece ripensare al sogno fatto poco prima. Di cui vi risparmierò i dettagli che voglio solo ed esclusivamente tenere per me.

-La tua amica è così gentile. Mi chiedevo invece cosa mangiassi tu per essere così rude alle volte.-

E ridono. Volete vedere come rido io se accidentalmente stacco la lampada e ve la rompo in testa?

-Non mi avevi detto che avevo un amico così ,stronza.-
-Lui è il mio psicologo ,puttana.-


Sempre con amore. E tieniti questa Maggie!

-Veramente stamani non sono in vesti ufficiali,  più ufficiose. Sei pronta?-
-Si ma dove andiamo?-
-Prendiamo i ragazzi e andiamo in barca. Che te ne pare?-
-Possiedi una barca?-
-Due veramente. Ma oggi prenderemo quella più grande. Ah, stai bene, davvero. Quella maglia mi piace. Forza andiamo.-


Quando varca la porta mi guardo con Maggie. E’ diventata verde di invidia, e presto mi torturerà con tutte le domande possibili su questa faccia della terra.

-Ma quanto è bello Maggie?- i miei occhi a cuoricino e le farfalle nello stomaco.
-Cretina, questa me la paghi. Corri che ti sta aspettando. E Skye per piacere non farti del male. E non intendo in barca.-

E lei mi conosceva. Troppo bene anche. Bastava guardarmi negli occhi per capire quello che provavo. Per lei ero un libro aperto. Fin troppo delle volte. Fidati amica mia è solo una cotta da adolescente, tutto qui. Lo adotto come mantra della giornata. Ma il mio grillo mi precede e inizia la sua litania domenicale.
 Cara Skye è il tuo dottore, non fa per te, possiede due barche e dio solo sa cos’altro, è troppo bello, ha un fisico bestiale e due occhi brillanti.
Cara Skye è una cotta da sedicenni in balia di ormoni pazzi.
 Cara Skye non pensare ti togliergli quella camicia solo con la curiosità di sbirciare se c’è una tartaruga al di sotto. Fidati ce ne sono due.
 Cara Skye  per lui non sei niente, solo lavoro.
Caro Vir fatti un po’ i cazzi tuoi e lascia che ammiri la sua camicia, i suoi pantaloni , le sue scarpe, e prega che mi sia rimasta un po’ di forza di volontà e soprattutto amor proprio prima che inizia a desiderare di togliere  tutto e supplicare per una dose d’amore.

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Capitolo 8
*** Tutto è fermo ***


Ecco i pazzi. Il disadattati. I ribelli. I facinorosi. Le spine nei fori quadrati. Quelli che vedono le cose diverse. Non sono appassionati di regole. E non hanno alcun rispetto per lo status quo.
Si possono citare, essere in disaccordo con loro, glorificarli o denigrarli. L’unica cosa che non si può fare è ignorarli. Perché cambiano le cose. Spingono la razza umana nel futuro.
Mentre alcuni possono vederli come pazzi, noi li vediamo come geni. Perché le persone che sono abbastanza folli da pensare di poter cambiare il mondo, sono quelli che lo fanno davvero
(Apple, Think different)

 

Due barche. Una casa in montagna nel Montata. Una catene d’industrie che prima o poi erediterà dal nonno. Un cane di nome Argo , un pastore tedesco dal pelo liscio e marrone, che al momento è a casa di  sua sorella torturato da  sua nipote.Povero. Ah e una Ferrari, che non usa mai perché la  macchina su cui viaggiamo va più che bene per lui. Certo. Uno ha una Ferrari e non la usa, come avere internet e poi fare ricerche sull’enciclopedia Treccani che si ha in casa stipata in chissà quale libreria. Ho saputo più cose di lui in viaggio di 40 minuti, che in tre mesi che lo conosco. Io a confronto sembro una poverella senza dimora , se non fosse per i due pesciolini rossi che albergano della mia stanza e una madre che è perennemente in ansia. Forse doveva andarci lei dallo psicologo ora che penso, e non io . Ma  la ringrazio infinitamente per avermici costretto.
Ian possedeva un sacco di cose. Ma non aveva un padre, morto con un male incurabile. Non aveva uno sport da vedere la sera  incollati alla tv con una bustona di pop corn. Non aveva un cantante preferito. Sua mamma l’aveva cresciuto in una bolla di cristallo, era infatti diventato psicologo perché era il suo sogno. Ma di sogni suoi, lui non me ne ha mai parlato. Mi ha detto che a breve è il compleanno, ben 32 anni. Ma non lo festeggia mai.  Questa cosa mi rende triste. Se penso che a casa mia festeggiare il compleanno è  d’obbligo quasi come festeggiare il Natale ogni anno, mi viene da dirgli : che problema c’è lo festeggiamo insieme! Ma non posso. Ian è il mio dottore e da un giorno anche il mio capo. Oltre Mike.

-Quindi hai una sorella e una nipotina?-
-Sì, ma non le vedo spesso. -   Noto che si è rattristato, non che prima sprizzasse gioia , ma ora è ancora peggio.


Quando parcheggiamo la macchina vicino alla casa dove risiedono i bambini resto in macchina ad aspettarli. Corrono e sono felici come non mai. Per loro una gita è un qualcosa di nuovo. Anika ha persino  chiesto se ci sono regole da seguire e come bisogna comportarsi. Divertiti , le o detto. Divertiti e non pensare a questa vita di merda che ti tiene rinchiusa in una casa famiglia senza  genitori a cui raccontare tutto.

-Dove stiamo andando  dottore?- chiede  Phil.
-Phil non mi chiamare dottore, oggi non lo sono ok?-
-Ok-
-Andiamo in barca ragazzi, andiamo a divertirci e vedere il tramonto sul mare.-


L’espressione dei loro volti quasi annullava tutti gli anni di dolore che ho attraversato. I loro occhi erano così sinceri  che quasi avevo voglia di abbracciarli  ed iniziare a saltare sul sedile al posto loro. Erano bambini ma allo stesso tempo erano cresciuti così velocemente che bambini non è esattamente la parola che gli si addice.
Tempo dieci minuti e cadono come pere cotte nel sonno più profondo.

-Ian quanto tempo ci manca per arrivare?-
-Almeno altre due ore Sky, perché?-
-Sei così silenzioso. A volte arrivo a  pensare che sia la mia compagnia a farti ammutolire.-
-Ma che dici sciocca. E’ solo che mi concentro sulla strada, tutto qui.-
-Ian perché lo fai?-
-Cosa Sky? – 
La domanda la conosce troppo bene. Lo so.
-Perché dedicare una giornata a portare loro a mare? Perché portare anche me?-
-Sky non tutti hanno avuto le possibilità che ho avuto io, ho soldi, palazzoni, catene industriali. E loro cos’hanno? Hanno una bel  sorriso ed una storia triste da raccontare. Voglio , invece, che  domani loro raccontino una storia bella ,di una giornata passata in barca a guardare il tramonto. Tutti i bambini hanno il diritto di essere bambini. E tu. Tu sei il mio punto interrogativo.-


Si porta la mano nei capelli e allenta un po’ la cintura di sicurezza al collo. E’ irrequieto. Nervoso. In questa vita mi hanno chiamato in tutti i modi possibili, coloriti e non, ma mai mi hanno chiamato “punto interrogativo”.

-Ian è il tuo mestiere quello di interpretare le parole altrui, non il mio. Spiegati.-
-Sky io non so definirti. Non so definire quello che mi ha spinto a venire a casa tua per portarti con me. Voglio curarti. Anche se curarti non è la parola giusta. Voglio che tu  sorrida di più. Sei così bella quando ridi.-


Beccato! Tutte queste parole da dove vengono?

-Mia sorella ed io eravamo uscite per un concerto. Io la spinsi a venire. Abbiamo ballato e cantato tutta la serata come due pazze da manicomio. Abbiamo fatto il filo a due modelli per quasi un ora, senza concludere niente, e abbiamo bevuto come spugne. Non dovevamo guidare, ma Marghe ci sarebbe venuta a prendere. Lei è la mia ancora di salvezza. Molly era fantastica. Stava per laurearsi in medicina. Non era proprio una secchiona , ma amava da morire tagliare e cucire corpi come se non ci fosse un domani. Io avevo appena finito il mio 5 superiore, gli esami erano terminati, il voto era ottimo, e volevo solo divertirmi. Un tir mi ha tolto il sorriso. Il divertimento. Lei. La voglia di vivere.-
-Mi fa piacere che tu ti sia aperta Skye. Il dolore se resta dentro non va via, solo se ne parli, se lo dici, lui capisce che non è più il benvenuto. Ti molla, fa le valige e va via. Di lui resta il ricordo. Quello non se ne va neanche sotto tortura.-
-Lo so. Io ho iniziato a bere, a prendere pillole di cui non ricordo neanche il nome. Ho fatto disperare Marghe che ogni volta mi recuperava in qualsiasi posto sperduto. Ho persino fatto un viaggio. Sono andata via. Ma non è servito a niente. E quando mia mamma mi ha visto ridotta peggio di una pezza , mi ha iscritta. Aveva deciso lei. Ma per un anno non sono venuta, ho pensato di fare da sola. Ho smesso di bere eh, ma sono diventata un fantasma. Sai quando mi sono convinta?-
-Spara.-

-Ad una puntata di beautiful. Quando mi sono riconosciuta in uno ubriaco per colpa di una perdita che veniva schifato dal mondo intero. Ecco io non voglio essere schifata ed etichettata come alcolista. Ho 22 anni e tutta la vita davanti. Mi iscriverò a Medicina questo autunno. Ho deciso. E non lo faccio per lei. Ma per me.-
-Sei fantastica. Ma adesso andiamo con calma. Ti sei aperta, e c’è ancora tanta strada da fare. Noi due siamo una squadra. Io voglio stare con te.-


Adesso quella ammutolita sono io, passo il resto del viaggio rannicchiata nel mio sedile a guardare fuori. Mi sto complicando la vita e non ho nemmeno Vir  con cui parlare. Oggi gli ho dato la giornata libera. Vedo gli alberi scorrere e la mia vita fa lo stesso. Va avanti, come deve  essere, sono io quella ferma.  Quando alla radio passano Adele con Turning Tables alzo il volume, rischiando di far svegliare i bambini. Ma la adoro. Letteralmente. Ed inizio a cantarla. Non ho vergogna di cantare davanti a lui, anzi mi diverte. Gli sorrido e lui ricambia.

-Dai vecchietto, canta che ti fa bene. –
-Vecchietto a me? Come hai osato?-


E rido, rido che a  momento mi si smonta la mascella. Neanche ricordavo che si potesse ridere così.

-Siamo arrivati. Ciurma si scende!-

Se penso che la barca più grande che ho visto è  una barca a vela di un  amico anni fa, adesso  mi sembrava una barchetta telecomandata in un  lago a vedere quella di Ian. Grande è dir poco. Maestosa forse ci azzecca di più. Quando saliamo a bordo il comandante ci lascia. Come il comandante ci lascia? Quello che porta la barca se ne va. Andiamo bene. Mi sfugge qualcosa

-Tranquilla  ho preso lezioni quando avevo la tua età, ormai sono un veterano.-

Ecco proprio tranquilla non lo sono. Possiamo essere rapiti da pirati fantasmi, o spappolati da una piovra gigante.  Quindi speriamo che almeno sappia guidare questo coso enorme. Ci spingiamo al largo,  mi  giro e mi rigiro e vedo solo mare. Se dovesse succede qualcosa spero  di trovare ospitalità nella tana di qualche pesce. Al di sotto della felpa porto un toppino,  di colore blu. Decido di togliermi la maglia e prendere il sole. I pantaloncini vanno bene, non ho intenzione di scandalizzare quei poveri bambini. Li guardo, giocano sulla prua. Giocano spensierati e questo mi fa stare bene.
Di Ian invece nessuna traccia. Decido di alzarmi e affacciarmi nella  cabina e lo vedo al telefono. Quanto può essere pallosa la vita ,se la passi a telefono ,in un giorno di sole a bordo di uno yatch, sperduti nel mare? Mi fa segno con la mano per dire “cinque minuti e sono li”, e penso che questa frase la dico spesso io, e   ne passeranno sicuramente altri 20 di minuti. Quando torna infatti avevamo finito con i bambini due turni di monopoli.

-Ehm… Ian?-
-Dimmi Anika.-
-Perché hai gettato quella cosa enorme nell’acqua?-
-Si chiama ancora Anika, serve per non far muovere la nave da qui. Sai le correnti trascinano la nave a largo e chissà dove finiremmo se non  la usassi.-
-Ma non uccidi  molti pesci con quella cosa?-
-No stai tranquilla, sono molto veloci.-


Passarono circa una mezzoretta a discutere del mare, dei pesci, di chi morde e chi no. Con la conclusione che prima o poi prenderanno un pesciolino rosso. Mia madre aveva pensato che due pesciolini rossi mi aiutavano a sentirmi meno sola.  Inutile dire che queste teorie non sono fondate.  Quando mi raggiunge lo capisco dal suo profumo. E’ così forte che prima arriva la scia di profumo e dopo lui.

-A cosa pensi?-
-A te- Rispondo. Vediamo come reagisce il dottorino.
-Perché mi pensi?-
-Perché sei diventato importante, e questa cosa mi spaventa.-
-Non dovrebbe Skye e mi dispiace. Non avevo intenzione di mettere più confusione di quanta già ce ne sia nel tuo cervellino.-
-Non è del mio cervello che dovresti preoccuparti Ian.-


Se solo potesse, il mio cervellino mi affogherebbe qui all’istante pur di evitarmi di fare cazzate.

-Io….-
-Tuffiamoci Ian. Sei troppo noioso. Devi pur divertiti in qualche modo.-
-Ma tu sei pazza.-
-Si Ian, fattene una ragione.-


E mi tuffo. Splash. Acqua nelle orecchie, nel naso. Ma quel blu e quella leggerezza sono impagabili. Splash di nuovo. Si è tuffato. Lo raggiungo e mi mantengo a lui con le mani sulle spalle. E lo guardo. Blu come il mare e blu come i suoi occhi. Rosso come le mie guance alla sua vicinanza. Verde come il pesciolino che ci sta accarezzando. Rosa come la mano che gli poggio sulla guancia. Viola come le labbra che vorrei baciare. Siamo così vicini. Forza Ian, diventiamo una cosa sola. Io la tua ancora e tu la mia. Non affonderemo lo prometto. E lo bacio. Lo bacio come se mi mancasse l’ossigeno e dovessi rubarlo da lui. Come se fosse l’ultima cosa che faccio.

-Sky io….-

Quegli occhi blu trasmettevano terrore. Lo avevo bloccato, imbalsamato. Per la prima volta faccio qualcosa che il mio cuore desidera e poi vedo la sua faccia  e lo prenderei a sberle da qui fino al ritorno a casa.

-Sì, Ian, ho capito.-

Sono arrabbiata. Ma con me stessa. A saperlo davo retta a al grillo e me ne stavo a casa mia. Mi scende una lacrima ma non si nota, e quando risalgo sullo yatch mi chiudo in camera nel mio silenzio. Quando ritorno da loro per il pranzo, indosso la maschera della felicità, questi bambini non hanno  bisogno di vedermi così, in fondo è per loro che siamo qui. Perché io da domani ci lavorerò con loro. E lavorerò per Ian. Tutto qui. 

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Capitolo 9
*** Fragili. ***


Da quella mattina in barca Ian non diede segno di vita. Io frequentavo le mie classiche sedute e andavo dai ragazzi, ma di lui neanche l’ombra. Intanto era tornato Robert. E questa volta era tornato per restare. Quando Marghe me lo disse  il mio grillo gioiva a mo’ di samba. Eppure qualcosa mi stava stringendo il cuore per spremere tutto il sangue che circolava. Nel mio appartamento ho tappezzato un intero armadio di foto mie , con mia sorella, Marghe e Robert. Avevo fatto tanti sacrifici per permettermi l’affitto di quella casa così da poter diventare una volta per tutte indipendente. Senza il fiato di mia madre sul collo e le raccomandazioni di mio padre sempre onnipresenti. Dopo la morte di mia sorella, io volevo stare da sola. Non che prima fossi piena di persone con cui condividere le mie giornate. Ma Stare con lei me le riempiva. Sapevo con chi parlare e con chi litigare. E poi una mattina mi sveglio in un ambiente asettico e bianco e lei non c’è. Non m’ha neanche salutato. Se n’è solo andata. Forse aveva capito che potevo benissimo farcela da sola. Ma io non volevo assolutamente farcela da sola. Allora, la psicologa dell’ospedale mi disse che scrivere un diario potesse essermi d’aiuto. Certo. Come se il diario potesse rispondermi o litigare con me. Consigliarmi su cosa è giusto oppure sbagliato. Solo semplicemente consigliarmi una maglia da indossare.
Voglio  dedicarmi alla pittura. Della mia stanza. Il turno al bar inizia alle sei, che per la cronaca andava da dio, avendo imparato in fretta tutto quello che c’era da sapere,  quindi ho tutto il tempo per uscire e scegliere un colore adatto a me. Dopo più o meno due ore passate al negozio per prendere pennelli, rulli e tutto l’occorrente che probabilmente non avrei mai usato in vita, scelsi che la mia stanza sarebbe diventata blu. Quel blu chiaro, e per farlo avrei mescolato il blu con il bianco.
Dopo aver messo i  teloni sopra il letto, la scrivania e l’armadio ,mi legai i capelli con una bandana. Vediamo cosa sai fare Sky. Ogni rullata mi faceva sentire meglio, come un vaffanculo ad ogni cosa che mi stava accadendo. Alzai il volume della musica, e proprio Lily Wood accompagnava i miei pensieri. Quando una parete finalmente aveva preso le sembianze  blu, decido di colorarla ancora più schizzando col pennello il blu scuro. Sembravo onde del mare. Quei squarci di blu scuro graffiavano il colore chiaro che c’era sotto, proprio come mi sentivo io, graffiata. Fantastica, pensai. Quando bussano alla mia porta, io avevo più pittura addosso che sulla parete. Apro e mia madre mi salta al collo. Quasi come se non mi vedesse da secoli e fossi ritornata  dopo mesi di tortura da parte dell’Isis.

-Figlia mia, sei dimagrita ancora di più-
-Mamma ti supplico non iniziare, è per questo che abito da sola, ricordi?-
-Certo. Bhe io passavo da queste parti e sono venuta a trovarti perché non mi rispondi mai al telefono.-


Se non ti rispondo un motivo c’è. Però vabbè.

-Mamma ho lavorato molto, perdonami.-
-Che cosa fai combinata così?-
-Sto dipingendo la mia stanza, vieni a vedere.-


Aveva gli occhi lucidi. Forse il fatto che stessi facendo qualcosa per andare avanti, qualsiasi cosa, come per esempio dipingere, la faceva stare meglio. Era quasi sollevata che non fossi ricaduta nel baratro dell’alchool di nuovo, riducendomi ai minimi termini.

-Tesoro della mamma, che bella questa parete. Le farai tutte così?-
-Non lo so mamma. Oggi mi sento meglio. –
-Sono felice per te. Lo so che sei forte. –
-Sì mamma, lo sono. Devo solo capire come fare.-
-Non devi capirlo, lo sai, devi solo ricordarlo. Abbi fiducia in te stessa.-
-Mamma, ascolta, prima che mi passi la voglia, vorrei iniziare a studiare per i test di medicina. Lo sai che ho sempre sognato di diventare chirurgo, credo che sia il tempo di iniziare.-


Credo di non averla zittita  mai in vita mia come ora. I suoi occhi da lucidi diventarono pieni di lacrime. Ed una le scappò i viso.

-Mamma, non c’è bisogno di farsi prendere dal panico e piangere.- Le dissi per farla ridere.
-Credimi, figlia mia, non sono mai stata così felice di piangere come ora.-
-Adesso che te l’ho detto, mi sento meglio. Forse avevo bisogno di dirlo ad alta voce per avere la giusta convinzione a farlo.-
-Quando c’è il test?-
-Fra un paio di mesi. Cercherò di farcela.-
-Ne sono sicura. Io e tuo padre ti aiuteremo!-


E dopo un abbraccio stritolatorio ed una carezza, mia madre va via. Ed io sono felice. Felice di averla fatta stare meglio come non capitava da tempo. Neanche faccio a tempo a tornare in camera mia che ribussano alla porta.

-Cosa hai dimenticato mamma?-

E quando apro questa volta sono io che salto al collo di qualcuno. Robert era davanti alla mia porta con un sorriso stampato in faccia e due caffè latte in mano che caddero non appena mi prese. E’ passato del tempo da quando andai a pranzo a casa del padre e mi mancava. Non so dire se mi mancava come amico o altro. Ian si era infiltrato nei miei pensieri senza neanche chiedere il permesso ed io non sapevo come farlo andare via. Robert invece aveva sempre chiesto e gli ho sempre negato il permesso.

-Dio come sei dimagrita Skye-
-Ahhh mo inizi pure tu. Ti sei consultato con mia madre?-
-A proposito di tua madre, che cosa le hai detto per farla piangere? Mi ha salutato con le lacrime agli occhi prima.-
-Rob  le ho solo detto che ho intenzione di fare il test per medicina.-


Non ho neanche il tempo di lasciare il bicchiere d’acqua che mi ero presa che lui mi prende di peso e mi fa girare come una trottola. Non capisco come tutti siamo più elici di me quando dico queste parole.

-Che bella notizia Skye. Sono davvero felice di sentirtelo dire. Pensavo avessi perso le speranza.-
-Rob perché sei tornato?-
-Se la metti così posso anche andarmene.- E fa l’offeso.
-Ma dai scemo, è che ti sapevo in qualche regione sperduta della Siria, a fare il tuo lavoro.-
-Io ho sei mesi di congedo Sky, perché ho rinunciato ad un incarico .-
-Capisco e perché?-
-Che ne dici di venire con me ad una festa stasera? Ci divertiremo!-


Capisco che non ne vuole parlare, ed è giusto così. Verrà il momento in cui mi racconterà tutto senza che gli faccia alcuna domanda.

-Vada per questa festa allora!-
-Passo a prenderti alle nove cara, non farmi aspettare!-
-E quando mai l’ho fatto?.-
-Tipo sempre?-
-Sbruffone! Fuori da casa mia bugiardo!-


E ridiamo. Mi mancava tutto. E sono stata così stupida a non accorge mene prima. Quando varca la soglia della mia porta per andare via decido di dargli un casto bacio sulla guancia.

-A stasera Rob.-
-A stasera Sky.-


Quel gesto così spontaneo e naturale, comune tra noi poveri mortali, lo ha lasciato di stucco. Ed io l’ho fatto proprio per questo. Da quel baci infantile, non ho mai pensato a Rob come fidanzato. Forse l’idea che lui stesse via non mi avrebbe entusiasmato.
La mia camera, giustamente, dopo tutte queste interruzioni non è finita. Chiamo Mike per chiedergli un cambio, stasera lui e domani io tutto il giorno. Accetta anche se mal-volentieri. Dopo essermi pulita tutta pittura da dosso, chiamo Marghe.

-Sei proprio una cessa. Ci hai messo troppo a chiamarmi per dirmi che hai deciso di fare il test per medicina.-

Due sono le cosa: o Rob l’aveva chiamata, oppure lei era dappertutto come un fantasma. Opto per la prima.

-Ho dovuto fare una doccia, Rob mi ha invitato ad una festa.-
-Lo so. Sono fottutamente felice per te, amica mia. –
-Ci sbronzeremo per dimenticare.-
-Ehm…-
-Ops, scusa. Vabbè festeggeremo comunque.-
-Ne sono sicura.-
-A stasera.-


Indossai il vestito nero sbrilluccicoso che avevo. Semplice e un po’ bombata la gonna. Almeno sembravo meno magra di quanto sono in realtà. Rob mi aspettava giu vicino alla portiera della macchina.

-Ci siamo messe in tiro stasera?-
Disse divertito.- Io sono sempre in tiro. Solo che non te ne sei mai accorto.-
-Forse hai ragione. Sei bellissima Skye.
-Andiamo marpione. Divertiamoci.-


Non parlammo durante il tragitto, ma una volta arrivati ci scatenammo in pista come due adolescenti insieme a Marghe. Avevo voglia di stare bene. Me lo meritavo dopo tutto il dolore che mi sono provocata da idiota che sono. Lo guardavo muoversi e sorridere e mi sentivo bene. Certo se non fosse stato per la puzza di sudore e per tutte le mani che  volevano toccare qualcosa di me, forse  mi sarei divertita ancora di più. Allungai le mani e lo chiamai.

-Rob vieni.-
-Cosa? Non ti sento!!-


Certo che sentirci era impossibile con quella musica. Eppure eravamo così vicini che i nostri nasi si toccavano. Respiravamo insieme quasi come la manovra di pronto soccorso. Marghe ci aveva visti e mi sorrideva con il pollice in su. Mi bacia. Questa volta senza chiedere il permesso. Ed io mi lascio andare. Con desiderio. Come se il resto delle persone in quella discoteca non esistessero Come se non aspettavamo altro. Come se non ci fosse un domani. Forse colpa dell’essere brilli e sudati, o forse colpa della chimica che c’era quella sera. Fatto sta che quando ci stacchiamo la sua vicinanza mi fa ricordare il bacio in acqua dato ad Ian. Come rovinare un bel momento eh?  Oh Rob, che ti sto facendo. Che mi sto facendo. Ma continua a ballare, non curante dell’incredibile quantità di pensieri che inondano la mia testa senza lasciarmi tregua. Balliamo fino a notte fonda. Fino a quando non riusciamo neanche a sentire i nostri pensieri. Stremati torniamo a casa.

-Rob io…-Mi sembro Ian.
-Skye sono stato bene, mi mancavi.-

Io non me la sento di farlo stare una schifezza ,come me, dopo quello che mi aveva detto Ian.

-Anche io Rob. Sono felice del tuo ritorno.-

Mi ribacia. Questa volta più dolcemente. Il suo cuore batte velocemente e riesco a percepirlo solo avvinandomi al suo petto.

-Il tuo cuore sta correndo una maratona.-
-Spero non si fermi proprio ora.-


Lo spero anche io. Anche se sarò io a mettere un cartello con scritto Stop. Ma non stasera. Non voglio rovinare un momento che sia io che lui aspettavamo da anni. Forse io un po’ di meno adesso che Ian circolava nel mio sangue.
Quando ritorno nella mia camera che puzza di vernice, riaccendo il mio pc. Un bip mi avvisa dell’arrivo di una nuova mail.
 
Da: Dottor Ian P.
A: Sky
Oggetto: Non ci sono perchè.


“Siamo fragili se tutti ci toccano.
Siamo fatti di sogni che non ci fanno dormire..
..Cosa che non si possono dire.”

I.

 
Ecco ci mancava solo Arisa a non farmi dormire stanotte.  Tre versi ed una I puntata. Come se non capissi che Ian sta cercando di farmi ammattire. Settimane che non si fa vedere sé sentire, e poi se ne esce con questa mail. Come diavolo ha il mio indirizzo mail? Forse non dovrei preoccuparmi di come ce l’ha, ma del perché di quella strofa. La canzone la conosco bene. La ascoltammo in macchina lungo il tragitto per arrivare al porto. E dopo tutto quello che era successo con Rob, avevo proprio voglia di andare sotto casa sua , sfasciarci quel macchinone a sprangate e  picchiarlo a sangue. Il non sapere è una cosa bruttissima. Non so cosa gli passa per la testa. Non so come sta. Non so dove sta. Non so cosa ha fatto in questi giorni. Non so se mi ha pensato. Ma soprattutto non so come farò con Rob domani. Al momento una cosa la so, la via  della casa di Ian. Prego di trovare la macchina, altrimenti a calci sarò costretta a prenderci lui.

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Capitolo 10
*** Insaziabile. ***


La pazzia è l’orgasmo cerebrale più bello che ci sia.
(Oscar Wilde)

 

Le dita della mia mano destra  tamburellavano sulla custodia del cellulare in attesa della telefonata da parte di Ian. Solo stasera gli avrò lasciato 50 messaggi vocali, 100  messaggi su whats app e una 30 di squilli. Mi evitava. O era troppo impegnato. Ma a meno che non sia impegnato in opere caritatevoli, raccogliendo barboni per strada per ospitando a casa sua alle undici di sera, allora mi stava evitando.  In realtà quella che evitava sempre tutto ero io. Ero l’evitatrice per eccellenza. Evitavo i brutti voti, non andando a scuola. Evitavo di uscire con i miei fingendo un improvviso mal di testa. Evitavo di restare da sola con un ragazzo invitando quante più persone possibili ala nostra uscita. Insomma evitavo le situazioni imbarazzanti, che sapevo che prima o poi avrei affrontato. Solo le rimandavo di qualche giorno. Ma stasera non permetterò ad Ian di evitarmi. Mi ha sconvolto. Nel giro di pochi mesi da mio dottore è diventato il mio incubo. Dal momento che per dormire la notte mi serviva una botta in testa alla braccio di ferro, all’ addormentarmi e sognare lui preferisco stare sveglia e contare le pecorelle. Poche sono state le notti che ho passato insonne per colpa di un ragazzo. All’epoca però avevo poco più di 15 anni, e il tutto era giustificato dalla mia inesperienza in fatto di stronzi patentati.  Nel momento in cui mi colpì con i suoi occhioni da tigrotto strabico, Moozie si fissò nei miei pensieri.  Mi ci vollero notti insonni, urla isteriche verso mia madre, un fiume di parolacce a mia sorella e una bionda di un metro per un metro per cancellarlo dalla mia vista e dal mio cuore. Più dal mio cuore perché per cancellarlo dalla vista sarebbe servito un cecchino con armi ad alta precisione. Tutt’oggi lo vedo, e mi saluta. Sta ancora insieme alla botte, soprannome tra i più decenti per quella panda  4x4  di chioma bionda che a confronto un lottatore di sumo farebbe più bella figura con una minigonna. Non mi pento affatto  di esserci stata male, perché così ho capito che al contrario di noi donne gli uomini sono molto più lascivi, vogliono l’essere donna  docile e consenziente, che muta si siede al fianco loro e dice sempre di si, piuttosto che affrontare un discorso con annessi tutti i congiuntivi preferiscono rimpizzarsi di birra e vedere le partite. Io di uomini così non ne ho bisogno. Mi basto da sola.  Di ragionamenti ne faccio abbastanza sotto la doccia.
 Un giorno un tizio mi paragonò ad uno yogurt scaduto. La situazione fu questa: lui insieme ad un collega si reca nel bar dove io con mia sorella stavamo per prendere un caffè in santa pace per spettegolare un pò dell’ex ragazzo, ormai abbandonatosi alle canzoni tristi per via della loro rottura, e lui mi guarda dalla testa ai piedi con  nonchalance , fottendosene dei conti che gli stava facendo quel poveretto dell’amico suo. Mia sorella se ne accorse, ed io la stroncai sul colpo, prima ancora che potesse iniziare un film su una possibile ,ma alquanto improbabile, storia d’amore con figli, un cane un gatto. 

-Bellezza, ce la facciamo a farci un caffè noi due?-  Ecco allora, a questa domanda la bestia che è in me, urlava pur di uscire fuori e riempirlo di brutte parole.
-Credo che ce la faccia anche da sola.- Fù la mia risposta.
-Non ti facevo così acida.-
-Non ti facevo così poco interessante.-


Insomma me ne andai. Pur di non prenderlo a sberle, girai i tacchi e via.
Ian non lo avrebbe mai fatto. E’ troppo sofisticato. Non avvicinerebbe mai una donna in un bar solo per fare il marpione. Ne sono sicura. La sua casa si trovata in Marloe Street, quasi vicino alla boulevard principale ove si concentra la movida dei giovani che escono la sera. Questa sera fa un po’ freschetto e di persone in giro ce ne sono poche.  E’ un enorme palazzone, quasi di 20 piani, con il solito portiere vecchio che invece di lavorare se ne sta a dormire, e un ascensore a dir poco dell’epoca della guerra civile. Mi impuntai di aspettarlo sulle scale dal momento che ,quando devo sgattaiolare su per il palazzo io ,il portiere stranamente sono svegli. Seduta sul gradino più in alto osservavo la gente passare. Coppie che ridevano e si davano la mano, ragazzi con gli skate che facevano acrobazie alle undici di sera invece di stare a letto, che domani c’è scuola ,e ragazzine che con minigonne cercavano di far colpo sullo skeattaro per una lezione gratis ed uno slinguazzamento serale. Intenta a pensare altre trecento cattiverie da scrivergli lo vedo comparire da dietro l’angolo, da solo, con cellulare in mano ed un aria cupa.

-Bene , ci siamo ritirati a quanto pare.-
-Sky, io…-
-Io cosa, egocentrico del cazzo! Pensi che io sia cretina? Hai davvero così poca intelligenza? Ci siamo baciati Ian, non abbiamo firmato un contratto. Non ci siamo promessi amore eterno. Eppure tutto è cambiato.  Tu sei cambiato. Dovresti essere più maturo di me, dovresti ragionarci sulle cose prima di farle. Perché quella canzone Ian, eh perché? Volevi dirmi qualcosa? Prima sparisci per settimane, poi ti rifai vivo con una cazzo di canzone. Tu mi uccidi così. Preferirei centomila volta che mi dicessi che tra me e te non c’è nulla, che ho immaginato tutto, che mi sono illusa e che tu non provi un cazzo. Dimmelo Ian! Forza! Sono forte io,  mando giu il groppone e vado avanti, ma tu sei capace di rendermi inerme con una sola cazzo di mail. Non voglio questo, non voglio soffrire, l’ho sempre evitato e  voglio farlo anche adesso. Ian cazzo!-


Gli avevo vomitato tutto addosso, volevo che sentisse tutto prima di poter proferire parola. Il mio grillo sembrava un incitatore di boxe , “destro, e poi sinistro, mettilo ko” continuava a dire.

-Skye io c’ho provato credimi. Non ho proprio voglia di farti stare male e sono andato via. Io sono il tuo medico cazzo! Io dovrei consigliarti di liberarti delle cose che ti fanno soffrire. Ed una di queste sono io. Dovrei consigliarti di fare un bel viaggio per ritrovare te stessa, ma al mare io ho perso me stesso nei tuoi occhi. Dovrei essere in grado di prendermi cura del tuo cervello in momenti di squilibrio ed io invece ho pensato al mio cuore e ti ho offerto un cazzo di posto di lavoro pur di starti affianco. Skye io non so che diavolo sta succedendo so solo che quella canzone quando l’ho ascoltata mi ha fatto pensare a te. Sei così fragile. Potresti romperti in qualsiasi istante ed io crollerei con te, ma non voglio.-

Io non mi ero immaginata tutto. Io sapevo quello che stava succedendo. Eppure i film che ho visto l’hanno sempre descritto in maniera diversa. Non assomigliava per niente ai soliti cuori che battono all’unisono o occhi che si guardano in un atmosfera di musica strappalacrime. C’eravamo io , lui e il nulla. Ian si era fatto crescere la barba, indossava un paio di jeans ed una polo rossa. A dir la verità tutto ispirava tranne che atmosfere strappalacrime, al massimo strappacoglioni se restava ancora immobile lì senza baciarmi.

-Non è più facile romperci insieme e poi unire i pezzi, invece di scappare come un coglione?-

Mi meravigliai anche io di quella risposta. Sto solo buttando alchool sul fuoco. Prima o poi mi brucerò, io che scappo da tutto, che negli ultimi mesi non ho fatto altro che bere e combinarmi come uno straccio, io che allontanavo tutti come un cane rabbioso, mi ero addestrata per non picchiarlo, per restare a guardarlo mentre dice assurdità invece di abbracciarmi e ripararmi dal freddo con uno di quei baci pieni di fuoco. Quel fuoco di passione, quello che arde ma non ti scotta.
Mi avvinghiai al suo collo, come se dovessi scappare da qualcosa, in preda al panico di perderlo. Desideravo quel bacio, desideravo divorargli quella bocca e succhiare tutto l’ossigeno disponibile. Volevo lasciarlo senza fiato per rispondere, senza la forza di staccarsi prima di esserci gustati al meglio. Io volevo entrargli dentro, e non solo con la lingua, o con le unghie. Volevo che le labbra mi diventassero violacee, e le guance rosse. Non volevo assolutamente staccarmi e ritornare sulla terra.
Mi sollevò ed io incrocia le gambe dietro la sua schiena, sembravo una piuma nella sua braccia. Mi sentivo forte nelle sue braccia.

-Non farlo mai più Ian. Non ridurmi così. Non farmi desiderare di scappare pur di non rivederti. –
-Ci stiamo complicando Skye, tu non ne hai bisogno.-
-Complichiamoci Ian, che si fottano tutti. Io , te e questo bacio.-


Io, te e la consapevolezza che il mondo non finisce oggi e che domani è un altro giorno. Io , te e il desiderio di restare attaccati per sempre invece di alzarci da quel letto che con tanto affanno ha saziato i nostri desideri. Io, te e i marchi che ci siamo lasciati sulla pelle. Io e te questa mattina, in questo letto, in questo momento di lucidità dobbiamo pensare come  andare avanti per non farci del male.
Abbiamo fatto l’amore in un modo che neanche credevo fosse possibile. Mi ha esplorato ogni centimetro del corpo. Mi ha insegnato ad esplorarlo. Le mie relazioni sessuali fin allora era ridotte ad una notte di sesso, alcune volte addirittura con sconosciuti. Lui mi rendeva così esposta che ogni micro particella del mio povero corpo implorava di averne ancora. Non so quanto tempo durammo prima di crollare, ma so che fù quasi impossibile staccarci. Le mie urla erano unite con i suoi movimenti,  le mie mani si lasciavano guidare su ogni muscolo. Bruciavo di passione ad ogni bacio, ad ogni stoccata di ventre, in ogni posizione conosciuta e non. I suoi occhi si incrociavano con i miei e iniziavano lunghe conversazioni in silenzio, quasi come non riuscissimo più a parlare tanto dal piacere e loro lo facessero per noi. Ho goduto come mai prima, e non me ne vergogno affatto. Anzi godremo ogni volta di più.

 Io e me stessa quando apro gli occhi. Di Ian neanche l’ombra di nuovo. Panico.

-Piccola, che ne dici di un caffè?-
-Che ne dici invece di un po’ di me e te e queste lenzuola, invece?-


Piccola spudorata. Insaziabile. Chiudi gli occhi Vir.
  

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Capitolo 11
*** Maledicimi ***


Ci sono abissi che l'amore non può superare, nonostante la forza delle sue ali.

Balzac, Honoré 


Mi sveglio ogni giorno con la sacrosanta paura che quello che mi sta accadendo sia solo un sogno.
Questa notte ho sognato la regina di cuori ed il cappellaio matto che ci davano dentro a suon di schioccate di frusta e manette.  Se andassi da un buon psicologo mi rinchiuderebbe all’istante, e butterebbe via la chiave, eppure tutta quella follia mica mi meravigliava. Sentivo che in qualche modo la protagonista ero io. Quello che stava succedendo con Ian non era affatto normale. Io ero ancora una sua paziente, indi per cui non potevamo farci vedere insieme. Ciliegina sulla torta, ero anche sua collega di lavoro in quella casa di accoglienza.
Appena la sveglia suona, salto giù dal letto e mi precipito nella doccia. Il test di medicina non ci aspetta mica, prima di fare ritardo come il mio solito è bene che mi parta da casa almeno tre ore prima. Non si sa mai cosa può capitarci, e dato che di sfortune ne attiro a volontà, meglio prevenire che curare!
Test. Test . Test . Calmati. Calmati. Calmati. Oh cazzo. Oh cazzo. Oh cazzo.
Ho minacciato il grillo  che se non mi avesse aiutato mi sarei cosparsa di insetticida per farlo schiattare nel peggiore dei modi. Sì, signori sono proprio crudele. Ma a mali estremi, estremi rimedi.
La sala dove ci mettono è esageratamente grande. Sembra uno di quei posti in cui si fanno i concerti, solo che al posto del palco ci sono i banchi. Ci dispongono a fare alternate, due no e una si. Io per giunta sto in mezzo a due tizie amiche che non fanno altro che parlarsi a 7 metri di distanza, rompendo i coglioni a me. Il test dura in tutto tre ore. Ci fanno lasciare borsa e telefono in un posto a parte. Alle 10 in punto il presidente si presenta e ci augura un buon test. Come se stessa augurando buon natale.  Sembravamo uno squadrone sull’attenti con la penna in mano ed aspettavamo il tizio che dicesse “al mio via scatenate l’inferno.” Tutte le domande erano scritte con un determinato criterio. Quelle vero o falso dovevano mandare in confusione chi le leggeva, per non parlare delle risposte multiple a cui vorrei aggiungere sempre una quarta risposta con scritto “compro una vocale”.
Dopo quelle tre ore ero sempre più convinta che chi avesse fatto  le domande avrebbe fatto una fine di quelle atroci e dolorose. Magari per mano mia.
Il sollievo di aver terminato quel periodo di studio matto e disperatissimo mi portò a voler festeggiare con Ian. Ma prima mi diressi dai miei tre ragazzi. Dico miei non perché adesso voglio fare la mammina. Ma perché sento il bisogno di fargli capire che a qualcuno interessano. Sono stati sfortunati da quando sono sulla faccia della terra, adesso hanno bisogno di qualcuno a cui aggrapparsi e, per quanto io non riesca a reggermi in piedi da sola, sono l’unica che può farli rialzare. Magari aiuteranno anche a me a non cadere.

-Buongiorno ragazzi miei.- urlai aprendo la porta e portando con me brioches e cioccolata.
-Ciao Skye, oggi sei felice proprio come Il dottor Ian.-
-Ah, davvero? E’ passato di qui prima?.- eppure mi aveva detto di no. Mi aveva detto di avere una conferenza. Mi aveva detto di fidarmi.
-Sì sì, è venuto a salutarci con un’altra signora. Dice che è una sua collega.-
Fidarsi è proprio una parola adesso a me sconosciuta.
-Bene, ma non parliamo di Ian, che vogliamo fare insieme oggi?-
- Io ho i compiti Skye, ma li odio, li odio e li odio. Non voglio studiare, voglio solo essere come il Dottor Ian.-

Mica facile caro mio. Anche io voglio essere miliardaria senza lavorare o sporcarmi le mani. Qui tutti vorrebbero un genio delle lampada che offra desideri illimitati facendo un piccolo abbonamento mensile. Ma non si può.

-Vediamo questi compiti su, Phil. Prima finiamo e prima giochiamo.-
-Va bene, ma solo se mi prometti che mi aiuti.-
-Certo, io sono qui per questo.-


L’unica materia che ho sempre odiato è la geometria. Per il resto a scuola me la cavavo egregiamente. Mia madre con me non ha mai urlato quando lo faceva con mia sorella. Io portavo i buoni voti, lei una pagellina pessima. Io finivo per ricevere sempre regali. Eppure non mi impegnavo così tanto a studiare, mi veniva naturale e semplice. Studiavo e capivo ciò che c’era da capire a scuola. Il pomeriggio se mi ci applicavo due ore era tutto il mondo. Capivo quasi sempre tutto e subito. Tranne la geometria. Un giorno ricordo che il mio professore quasi mi odiò dopo avergli chiesto per la quarta volta di spiegarmi  le formule dei poligono inscritti e circoscritti. Tuttora non ricordo una beata minchia.
Quando il mio cellulare vibra, mi scosto da Phil  e rispondo.

-Pronto.-
-Stronza come stai?-
-Certo che tu sei la maestra del saluto, amica mia.-
-Sono dimostrazioni d’affetto queste.-
-Pensa tu se invece mi odiassi.-
-Allora che hai da raccontarmi?-


Avevo sempre il sospetto che lei potesse leggere nella mia mente a chilometri di distanza.  Tipo mago Forester.  Oppure aveva un radar che le si accendeva ogni qual volta c’era qualcosa che doveva sapere.

-Amica mia sono una sciocca.-
-Al massimo sei stronza, e così ti ci posso chiamare solo io, che cosa è successo?-
-Ho passato la notte con Ian, e prima che tu mi ripudi come amica, sappi che è stata una delle notti più belle e piena di orgasmi della mia vita. Quell’uomo è…-
-E’ un uomo Skye, hai detto bene. Ti ci voleva. Prima frequentavi solo ragazzini. Tu meriti qualcuno che ti spezzi quelle cornacce che hai in testa e che ti metta in riga.-
-Grazie. Questo sempre perché mi vuoi bene?-


E ridiamo. Rido perché sto bene. Lei non mi giudica. D’altronde è stata la prima a farsela con uno più grande di lei e sposato.

-Ti amo amica mia. –
-Anche io Marghe. A dopo!-
-Skye! Skye! Si trova! Ho finito!-
-Ottimo, vedi che quando ti impegni ci riesci sempre?-
-Ti voglio bene Skye-


E quando parte quell’abbraccio , quello vero, quello che ti circonda la vita, quello che stritola, io mi sciolgo. L’abbraccio di questo bambino che ha provato tanto dolore nella sua vita , mi fa sentire piccola. Lui mi sta insegnando a ringraziare il cielo di averli trovati. Un abbraccio che vale più di mille parole. Io mi inginocchio e lo guardo negli occhi. Vorrei che potessero parlare al posto mio come fanno i suoi, i nostri visi sono rigati da lacrime. Quelle che fin ora ci siamo tenuti dentro. Un bambino cresciuto troppo in fretta  ed io , una ragazzina che invece ancora non vuole crescere.

-Perché piangi Phil.-
-Skye, perché mia mamma non mi ha voluto?-


Sapere che qualcuno non ti ha voluto  amare di sua spontanea volontà è peggio che ricevere una pugnata dritta al cuore.

-Phil, magari non l’ha scelto lei, magari gli è stato imposto. I grandi a volte fanno delle scelte che possono cambiare le loro vite. E ne devono subire le conseguenze. Un po’ come se tu non avessi fatto i compiti e la maestra ti metteva una nota. Le note a noi grandi ce le mette la vita. Phil tu meriti il meglio.-
-Skye è vero che non mi lascerai mai. Giuramelo?-


E ridiamo mente incrociamo i nostri mignoli mentre cantiamo “giurin giurello”. Io te lo prometto. Me lo prometto. Prometto di prendermi cura di voi. Prometto di essere presente. Prometto di difenderli a costo di perdere me stessa. E le promesse fatte con il cuore sono quelle che si manterrai  per certo.
Il nostro momento viene interrotto dall’arrivo di Ian. Oggi è in giacca e cravatta.  Per quanto affascinante sia, io da oggi in poi lo preferirò sempre nudo  nel suo letto, o nel mio. Non fa differenza.  Ah testa mia chiudi quel sipario che ora non mi sembra il momento.

-Ciao Ian.- Mi avvicino per baciarlo. Per dirgli che ieri mi sono svegliata nel suo letto e non mi sono immaginata la notte  in cui i nostri corpi si aggrovigliavano come serpi nel periodo dell’amore. Eppure lui si scosta, freddo.

-Ian che succede?-  Perchè quando io mi sveglio la mattina col presentimento che sia stata solo un bel sogno, ci devo credere. Ho sognato. Ho sognato la notte d’amore. Ho sognato i baci infuocati. Ho sognato le sua mani dappertutto.
-Skye io…. Non mi sembra il caso di parlarne qui.-
-E dove allora? Ian quello che mi dirai non mi ucciderà, né tanto meno mi porterà ad ammazzarti di botte davanti ai bambini. Non sono una ragazzina.-

Mi prende per il braccio e quasi trascinandomi mi porta nell’altra stanza. Chiude la porta con una forza inaudita, ed io resto senza parole.

-Quello che c’è stato tra di noi non può ripetersi Skye. Né oggi, né domani né mai più. Tu sei mia paziente e mia collega. Io non posso , in questo momento, incasinare tutto solo per una stupida cotta.  Sono un dottore, ho faticato per diventarlo e per aiutare le persone. Questa cosa mi manda in confusione.  Tu mi mandi in confusione.-
Prima di farlo finire di parlare, le mie lacrime che prima erano pronte a scendere ora sono rientrate e dichiarano guerra.
-Ti rendi conto di quanto decelebrato tu sia? Un buon psicologo serve a te adesso. La carriera e la confusione non sono delle buone scuse per dire ad una persona che non ci si può frequentare, per evitarla e comportarsi come una merda. Tutto quello che esce dalla tua bocca almeno lo pensi prima?-
-Non urlare Skye, ti prego, ci sono i bambini di là. Non voglio farti del male, ed essere causa del tuo nervosismo. Ti prego cerca di capire. Non voglio essere un bastardo e lasciarti con una frase stupida e stereotipata, voglio farti capire che non è il momento adatto per noi.-

-Se non volevi essere etichettato come un bastardo dovevi pensarci prima di far uscire tutte queste puttanate dalle tua bocca. Non meno di 24 ore fa mi hai portato un caffè a letto. Dopo aver fatto l’amore. Ian non ci sarà mai un momento giusto. Sarà sempre il giorno sbagliato, nel momento sbagliato, in un luogo sbagliato. Ma chi ti dice che le cose debbano accadere solo nei giorni giusti? Io e te ci siamo conosciuti in un giorno sbagliato per me, eppure mi hai cambiato la vita. Non ti facevo così stronzo. La mia amica mi ha appena detto che avevo bisogno di una persona adulta per rientrare in carreggiata e rialzarmi, ma tu tutto sembri tranne che adulto. La paura prende a tutti. Ma qui sei tu che decidi. Certo è che la notte che abbiamo passato insieme non la dimenticherò mai. Ma vorrei dimenticare di conoscerti. Non volevi rompermi, e fidati, non l’hai fatto. Tu sei rotto Ian, e neanche lo sai. Non permetti neanche all’amore di cucirti.-

Detto questo esco da quella stanza con la soddisfazione di averlo annientato prima che lui annientasse me. Raccolgo gli stracci e me ne torno a casa. Saluto i bambini come se niente fosse successo e prometto loro di portarli al parco domani. Ringrazio il mio grillo , sempre presente quando si tratta di fare bei discorsi. Ringrazio me stessa per aver avuto la forza di non crollare davanti a lui, alle sue parole. Adesso indosso le vesti di una che deve andare avanti, che sa che queste batoste servono a crescere. Ma dentro muoio per l’ennesima fregatura. E sai chi non ti delude mai? Chi beve, perché sa che vuole bere e lo fa per un motivo, e prende sempre il solito.
Cara me, unisci le forza da supersayan , legati i capelli, indossa quella camicetta scollata e va a guadagnarti il pane con le tue mani. Oh, sorella mia, ovunque tu sia maledicimi per  averlo fatto entrare nella mia vita. Maledicimi perché si è inoltrato così sotto pelle che vorrei strapparmi tutto di dosso. Maledicimi perché  quando avevo l’opportunità di prenderlo a cazzotti ,e rovinargli quel bel naso, non l’ho fatto perché solo 24 ore prima quel naso lo baciavo nuda nel suo letto. 

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Capitolo 12
*** Amari saluti ***


'' La follia è come il paradiso, quando arrivi al punto in cui non te ne freg nulla di ciò che dicono gli altri, sei al cielo.''
 J. Hendrix




Sono tutti fatti con lo stampino. Se trovi quello bello allora è gay. Se trovi quello bello e non gay ne cambia una al giorno come le mutande della nonna. Poi c’è quello bello ma timido, e lì devi rinunciarci subito. Il figo è quello che mi piace di più, brutto ma intelligente, corretto uso dell’italiano, congiuntivi al loro posto, ma poca fantasia, a letto diventerebbe un bradipo. Se proprio ti va bene trovi quello che ti dice che vuole una relazione non impegnativa ma solo una scopata, come un guanto una e getta. Ma se ti incappa proprio quello difficile, quello complicato, quello sfuggente, con un buon lavoro e un bel faccino, fidati, fai prima ad andare a Lourdes e accendere un lumino.
Marghe e Collin stavano passando l’ennesimo weekend al mare, lontano dalla famiglia di lui ed occhi indiscreti. Io e Robert ci vedevamo quasi ogni giorno. Dal bacio neanche più una parola. Mi riempiva di messaggi carini e tanti smiles che io odiavo a morte, non capendone il significato. Questa mattina quando ho aperto gli occhi era presto. Credo che la voglia di dormire non è mai stata una mia grande alleata, alcune volte mi lasciava da sola a pensare invece di venirmi a trovare.

 Ho aperto tutte le finestre dell’appartamento e ancora mi stupisco ogni volta che vedo la mia vicina di casa con il suo nuovo compagno. Quella donna, Rosie, l’adoro come una mamma. E’ stata sfortunata dalla vita, da orfana a vedova in pochi mesi. Suo unico amore è il figlio della mia età, triste e solitario. In effetti Mirko è stato sempre di poche parole, studia e dorme. Tutto qui. Credo che sia il ragazzo più timido che abbia mai conosciuto, non mi ha mai rivolto la parola, neanche per un ciao. Eppure abitiamo ad un metro di distanza.  Rosie da un po’ di tempo ha trovato un uomo. Dico uomo perché amore non mi sembra appropriato. Ogni mattina l’aspetta davanti al portone per portare a spasso Billy, il cagnolone di tre anni che ha Rosie, e così girano e girano fino alle nove. Probabilmente lui lavorerà da quell’ora in poi, e tutte le mattine dalle sette e mezza alle nove sono insieme. In giro per l’isolato. Credo che se mi chiedessero cos’è l’amore, risponderei svegliarsi presto la mattina, col freddo ed il gelo, e girare l’ isolato che conosco a memoria solo per stare con lui.
La mia stanza è così asettica,  ho tolto tutto quando sono tornata a casa. Poco prima di decidere di andare in nuova casa.  I miei genitori hanno sofferto molto, ma pur di non farmi soffrire più del dovuto , lo hanno sempre fatto in silenzio. Pochi mesi dopo adottai la politica dell’autodistruzione. Solo io potevo farmi del male, io e basta. Nessun altro. Né Marghe, né Rob. Dovevo lacerarmi da sola. Soffrire da sola. Perché me lo meritavo. Se non avessi insistito così tanto per quel concerto, ad oggi chissà dove sarei con lei invece che con il mio grillo. E non voglio neanche trovare una scusa per tutto l’alcool ingerito, l’ho fatto ed ero consapevole di farlo. Più lo facevo, più ne volevo. Ero ubriaca quasi ogni sera, mi sballavo a casa di persone conosciute per caso. Facevo sesso come se non esistesse un domani. Puntualmente andavamo al Marylin, bar della periferia, lontano da occhi indiscreti che potessero conoscermi. Uno, due tre shot ed io ero partita. Dimenticavo tutto. Perché ero li e con chi. Se mi piaceva un tizio gli andavo vicino e al 90% delle volte me lo facevo a casa mia, o nel bagno del bar. Il restante 10% o era gay o maniaci.  Mi sono ridotta ai minimi termini solo per farmi del male. C’è chi mi chiamerebbe masochista e  vi dirò di più. Ebbi un’esperienza bondage. La proposta fu immediata e la mia risposta anche. Erano due ragazzi del North Carolina, in giro per nuove esperienze, un po’ come me che volevo dimenticare quelle vecchie, di esperienze. Il posto  era quello che era. Mi andava bene tutto tranne che mi filmassero. Se qualcuno avesse avuto il video e fosse caduto in mani sbagliate non so come avrei reagito. Insomma, è durata in tutto 4 ore. Tra preliminari, spiegazioni e sesso. Se mai lo consiglierò? Sì. Piansi molto quella volta. Per tutto forse. Metà per il dolore fisico e l’altra metà per  come mi ero ridotta. Loro non facevano altro che torturarmi con vibratori, pinzette , piselli abnormi di gomma e schiaffi. Ero alla loro mercè. Ero legata e non potevo liberarmi neanche urlando. Continuavano a sbattermi come se non gli importasse che stessi supplicando di smettere, che la mia vagina urlasse di usare del ghiaccio, che i miei occhi fossero inondati di lacrime. Dopo quella sera decisi di smettere di fare la cazzona. Ero schiava del mio dolore. Incatenata ai bar senza via d’uscita. Ma l’avevo deciso io e così ,come diedi due calci a quei due stronzi dopo il sesso,  decisi di prendermi a cazzotti e svegliarmi. Il sesso non mi piaceva più. E neanche la mia vita.

E adesso mi ritrovo incatenata di nuovo. Ad un uomo che non mi fa dormire la notte.  Ad un uomo che mi ha fatto godere dopo tanto tempo. A pensieri distruttivi.
Il bip del computer mi segnala una nuova mail. Che sia lui? Che si stia scusando? Lo perdonerò?
 No! Urla il mio grillo. Apro la mail e  leggo.

Cara Sig.ina Sky Stophenber,
con molto piacere le comunichiamo il  superamento del test che ha effettuato in questa facoltà. La invitiamo, dunque, presso i nostri uffici , lunedì prossimo per un colloquio finale.
In attesa di un suo riscontro, Arrivederci.
In fede,
Dorian Kingston, VicePresidente Università di Yale.
 
Lei ne sarebbe contenta. Danzerebbe sui tavoli a mo’ di concerto rock. Io mi limito ad un sorriso e due lucciconi.
Voglio scriverglielo. Deve saperlo. Deve sapere che vado avanti anche senza di lui. Che  sto in piena forma e pronta a farmi il culo per diventare qualcuno.
 
Da: Sky strcolour.Sky@gmail.com
A:Dottor Ian P. Ian.P@psicologydott.com
Oggetto: Annullare le sedute.
Caro Dottor Ian,
sono felice di comunicarle che mi hanno accettato a Yale e che per questo sarò impossibilitata a frequentare le sue sedute.  Mi dispiace comunicarglielo con un così poco preavviso, pregherò la mia cara madre di pagarle le sedute che mancano ,anche se non le teniamo.  Cercherò di ascoltare i suoi consigli quanto più possibile, ho constatato che sorridere mi fa stare bene, adesso so quello che voglio per me stessa, sono gli altri a non sapere quello che vogliono. Deve sapere dottore che morto un papa se ne fa un altro. Le cose belle della vita non sono semplice da ottenere, ma non per questo ci si deve arrendere subito. Gli ostacoli aiutano a crescere e maturare e a svolgere al meglio il proprio lavoro.  Lei stesso una volta mi ha detto che bisogna prendere appunti dai propri sbagli , per non commetterne più. Io l’ho fatto.
Con amari saluti, Sky.


Io devo uscirne vittoriosa. Devo rialzarmi e dimostrare a tutti che non cadrò di nuovo . Robert mi è vicino, più di un amico, e piano piano forse riuscirò a provare per lui ciò che provo per Ian. E’ brutto forzarsi a stare bene con qualcuno solo perché non puoi avere un ‘altra persona. Voglio essere come Rosie. Voglio qualcuno che ogni mattina si svegli all’alba solo per portare a spasso il cane con me. Voglio qualcuno che mi dica “ci sentiamo dopo” oppure “ti chiamo appena arrivo”. Voglio la sicurezza di bacio. Di un abbraccio. Voglio lui. Ma come dice mia madre, “figlia mia, l’erba voglio non cresce neanche nei giardini del re”. E mai come questa volta ha proprio ragione.

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Capitolo 13
*** Amiamoci. ***


''La suprema felicità della vita è essere amati per quello che si è o, meglio, essere amati a dispetto di quello che si è.''



Sono passati esattamente due mesi che non vedo Ian. Di lui neanche l’ombra. Non che mi aspettassi che mi venisse a cercare come in Pretty Woman su una limousine con un fascio di rose. Ma un messaggio , almeno di congratulazioni, quello sì me lo sarei aspettato. Le mie lezioni si susseguono una dopo l’altra senza tregua, la professoressa di biologia sembra un alieno alla ricerca delle propria nave e quello di dermatologia sembra essere uscito da un film di Harry Potter. Insomma sono super ultra impegnata. Mia mamma non mi da tregua, e Marghe mi fa disperare dopo l’ennesimo periodo di pausa tra lei e Collin.
In compenso ho chiarito tutto quello che avevo da chiarire con Rob. Una sera ci siamo seduti a tavolino e abbiamo discusso tutta la notte, su noi, il suo lavoro, il mio, i bambini ed il mio studio. E siamo finiti nello stesso letto. Insomma mi sarei meravigliata se alla fine della nostra conversazione mi avesse detto “ no non posso, sei come una sorella ” sarei finita nella friendzone a vita, senza speranza, e  invece il signorino moriva dalla voglia di entrare nelle mie mutande.  Ecco quella sera mi è passato da militare fratello di marghe a trottolino amoroso dududadada in un nanosecondo. Non che mi dispiaccia la cosa, anzi, ma questo suo lato tremendamente romantico mi era sfuggito in tutti questi anni. Marghe per ovvie ragioni  ancora non lo sa.  Quest’oggi mi tocca alzarmi presto e andare dai ragazzi per accompagnarli a scuola. Avevo promesso a Phil di portarli ed  andarli a prendere per passare una giornata insieme. Loro mi fanno stare bene, iniziamo a crescere insieme. Comunichiamo come  una vera famigliola e risolviamo quanti problemi ci sono, o almeno ci proviamo. Ogni giorno che vado  li trovo sempre più cambiati e pronti per nuove sfide. Stare insieme ci fa bene. Ma Ian a quanto pare non si fa vedere da un bel po’.

-Sky perché il dottore non sta venendo più, è colpa nostra?-
-Certo che no Anika, Alcune volte gli adulti si perdono e prima di trovare la strada giusta ci vuole del tempo.-
-Ma non ha senso, perché si sarebbe perso?-
-Vedi Phil, noi adulti non sempre usiamo il cervellino. Svariate volte  ci serve una pausa per poter ricominciare e forse il dottore si sta riposando per tornare al meglio.-

Certo mentire a loro è come mentire a me stessa. Una pausa, e da chi? Mi rendo conto che il lavoro è mio, ma lui è pur sempre la persona che gestisce questo posto e sarebbe almeno professionale farsi vedere  ogni tanto.

-Oggi vi presento una persona.-
Quando vado incontro a Rob mi guardano tutti col fare sospetto.
-Ragazzi lui è Rob, il mio fidanzato.-
Ecco non che mi aspetti una reazione da stadio , ma almeno un salutino ino ino ci voleva.
-Non vi mordo eh.- disse Rob, in pieno imbarazzo.
- Io sono Tod, tu che lavoro fai?-
-Ciao Tod, io sono un militare, difendo il paese.-
-Wow amico mio sei forte- Urlò Phil.

E per tutto il viaggio, per mia fortuna e mio sollievo, parlarono solo con Rob. Mi fa piacere che condividano questa mia scelta, loro sono parte della mia vita e anche Rob lo è. Devono convivere ed io devo stare tranquilla col cervellino e studiare. A breve infatti ho la mia prima prova e voglio passarla col massimo dei voti. Lei da lassù tifa per me lo so e glielo devo. La giornata passa tranquilla. Dopo la scuola il pranzo, i compiti e un pomeriggio intero al parco con Rob. Si dedica totalmente a loro, gioca a Baseball con Phil e Tod ed io gioco con Anika nella sabbia. Ridiamo e scherziamo come se fossimo tutti realmente felici. Quando li salutiamo le loro faccine tristi mi fanno venire voglia di portarli tutti a casa e dormire insieme, ma ancora non posso e poi Rob non perderebbe un secondo di più per portarmi  a letto. Il sesso in effetti è qualcosa di eccezionale. E’ instancabile, premuroso, possente e fottutamente bello. Ma l’amaro ricordo della notte passata con Ian mi torna in mente ogni singolo secondo. Il groviglio dei nostri corpi ed il modo in cui abbiamo goduto , non eguaglia neanche da lontano ciò che ogni notte facciamo io e Rob. Dopo la prima tranche di sesso sfrenato, mi alzo per bere e controllare il telefono. Le mie guance si infiammano quando capisco  che Ian mi ha scritto una mail.
 
Da: Dottor Ian P. Ian.P@psicologydott.com  
A: Sky strcolour.Sky@gmail.com
Oggetto: Sappilo.
Mi congratulo con te. Davvero. Mi dispiace che tu abbia mie notizie solo ora , ma sono stati mesi molto impegnativi per me e per il mio lavoro. Mi piacerebbe sapere come stai ed avere tue notizie riguardo l’università. Questa sera i bambini  mi hanno raccontato di Robert. Perché ti butti in una storia che non ti appartiene? Perché credi che quest’uomo  sia necessario per farti stare bene? Io , da stupido ho permesso che tu mi sfuggissi dalle mani dopo averti avuta. Non so che pensieri tu nutra nei miei confronti, ma credimi, non sono mai stato così male come in questi due stramaledetti mesi.  Sky tu mi sei entrata in testa, e non solo con quel corpo o quelle mani. Ma con i tuoi occhi e la tua voglia di migliorare. Io dal canto mio ho sempre e dico sempre cercato di allontanarti, senza riuscirci. Ed ora a distanza di 60 giorni mi rendo conto quanto tu mi sia vitale. Quanto desideri il tuo corpo più dell’aria che respiro. Mi dispiace buttarti addosso tutto solo ora, ma non so come cazzo andare avanti. Amami Sky, ti supplico.  
Perdonami.
Ian.
 
Certo è che non solo è uno stronzo patentato, ma ha un tempismo da far schifo. Me l’ha mandata un quarto d’ora fa, cosa che indica che sia a casa. Voglio e devo vederlo. Quando metto il giubbino Rob entra in cucina.

-Dove stai andando Sky a quest’ora?-
-Torno subito, tu dormi, non mi aspettare, un’urgenza con i bambini.-

Non di certo potevo dirgli che scappavo dal coglione che m’aveva spezzato il cuore dopo una notte di libidine e baci. La strada è  libera e silenziosa ma nel mio cervello frullano tante di quelle parole che devo urlargli contro che solo Dio lo sa. Il coglione pensa che una cazzo di mail dopo due mesi di merda io torni strisciando? Gli faccio vedere io cosa significa soffrire per un calcio nelle palle, perché è proprio quello che penso di dargli. Dolore, deve provare dolore. Come quello che ha fatto provare a me.  Busso, busso nervosamente alla sua porta come se dovessi buttarla giù a suon di manate e poi lui mi apre. In preda al nervosismo lo spingo dentro e lo sbatto al muro. Il suo sguardo incredulo mi appaga del primo 10% della rabbia, il restante 90 deve ancora arrivare.

-Che cazzo credi di fare mandando una mail alle 2 di notte eh Ian?-
-Sky io non sapevo come fare per riaverti.-
-E quindi, te ne vai e scompari per due mesi e poi pensi che io ritorni ai tuoi piedi per una mail?-
-No io sono stato un codardo, un coglione che non ha saputo prendere una cazzo di decisione, ma ha scelto la strada più facile, ecco cosa sono. E tu ora sei qui ed io non penso che a quelle labbra.-

-Io… io… Ian…- Scoppio in lacrime. Piango  e mi siedo a terra accovacciata. Piango perché tutto il dolore che mi ha  provocato ha bisogno di uscire fuori e picchiarlo a sangue. Lui si siede accanto a me. Siamo due beoti, due coglioni che non sanno amarsi.Perchè è questo il problema, l’incapacità di amarsi. Il mio grillo sembra distrutto come dopo un incontro di boxe, sventola bandiera bianca e si arrende.

-Perdonami Sky. Deficenti più deficenti di me non esistono. Sono riuscito a ridurmi uno schifo pur di non voler stare bene con te. Ti chiedo scusa, e prego Dio che tu abbia la forza di perdonarmi. Amiamoci e basta. Da oggi , da stasera. Ripartiamo da noi.-

Mi abbraccia e quel profumo mi avvolge. Mi stravolge. Ho talmente tanta voglia di consolarmi con quelle labbra che sarei capace di mangiargliele. Mi siedo a cavalcioni su di lui e inizio a baciarlo. Ci amiamo, ci spogliamo dei vestiti e da noi stessi. Lasciamo che i nostri corpi si amino , si godano a vicenda. Tra gocce di sudore e urla di piacere consumiamo quella notte e quelle lenzuola. Io e Ian. Il mio corpo con il suo. Rob a casa. Ecco appunto Rob  è a casa.
 
 

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Capitolo 14
*** Prometti di chiamarmi sempre così. ***


"Sappiate dire agli altri che amare e pur sempre una bella cosa."
 



Il mattino ha l’oro in bocca. Io stamattina ho solo il sapore dei suoi baci. Mi risveglio in un alone di ricordi, circondata dalle sue braccia ferree. Cerco di fare un ripasso generale, per capire se è tutto veramente accaduto. Parto dalla  sua mail, alla mia sfuriata davanti al suo portone, per finire all’aggroviglio di lenzuola. Ci siamo amati, stanotte come non mai. Sentivo tutto di lui, la sua bocca, i suoi polmoni quando respirava, il suo cuore che batteva a mille. E mi son sentita piena, come non mai. Soddisfatta. Esausta dopo tutte le capriole fatte. Lui è davvero bravo. Cazzo se lo è. Tra i miei e i suoi orgasmi credo che staremo bene per un mesetto circa. Ha cura di ogni particolare, di ogni minimo piacere, di ascoltare i miei  sussulti ad ogni colpo di bacino. Ho goduto dopo tanto tempo, forse come non avevo mai goduto prima. Ci insegnano che fare l’amore è solo un atto fisico, che il vero amore si dimostra dai comportamenti dopo l’atto espletorio. Non è vero. Son tutte cazzate. Boiate dette per farti odiare l’amore, per farti diventare quella che non sei. Quella che poi scrive frasi umoristiche su facebook per innalzare il proprio ego del tipo “gli uomini tutti uguali e le donne tutte puttane”, poi scopa col primo miserabile, fa dei figli, e continua a scrivere frasi mentre suo figlio chatta con chissà chi e suo marito beve birra davanti ad una partita. Ecco io non mi ci vedo così, per l’amor di Dio,  una prole ,una casa ed un cane, ma a vedere la partita voglio esserci anche io e tifare peggio di lui. Ho passato nottate ad adorare anche il dolore, a convincermi che poi tutto si sarebbe sistemato. La rivincita è arrivata anche per me. Ma la strada sarà lunga, in salita e piena di ostacoli.

-Skye, figliola, non credi di correre troppo.-
-Buongiorno Vir. Dormito bene?-
-Meglio de te de sicuro. Tieni a questo appioppato dietro che nun te molla.-
-Fantastico Vir, che ne sai tu.-
-Ah la gioventù, arroganza allo stato puro.-


Rido, mentre lui dorme ancora come un ghiro. Si sarà stancato stanotte?



Rob , cazzo Rob, cazzo Rob. Vaffanculo. L’ultima persona che voglio ferire è a casa mia, nel mio letto da solo. Cazzo. Cazzo. Cazzo.
Prendo il telefono e chiamo Marghe. Lei ne verrà fuori.

-Marghe, svegliati.-
-Cazzo di ore sono?-
-Le sette, ho bisogno di te.-
-Ma io stavo dormendo, Skye.-
-Lo so, ma è questione di vita o mazzate che vuoi fa?-
-Che succede?-
-Devi andare a casa mia, ci troverai Rob, devi dirgli che ho avuto un problema e dopo gli spiegherò tutto. Ti prego. Prometto di dirti tutto, solo non ora.-
-Ti stai facendo mio fratello Skye? Hai intenzione di fargli del male?-
-Marghe, si l’abbiamo fatto, ma io ora sono con Ian. Ti spiego tutto promesso.-
-Ti prego Skye, non fargli del male.-
-Non lo farò, promesso.-


Marghe mi ha assicurato che andrà a casa mia tra poco. Io adesso lo sveglio. Magari assaporandolo un po’.

-Ehi dormiglione.-
-Skye.-
-Buongiorno a te.-


Togliamo queste lenzuola, togliamo via tutto. Il mio desiderio vuole trasformarmi in Cicciolina, ma non mi sembra proprio questo il caso.

-Ci siamo svegliati di buon umore.-
-Merito tuo, dottorino.-


E gemo ancora e ancora, sotto di lui , sopra di lui, come se tra mezzora non dovessimo andare a lavoro. A cinque minuti dalla sveglia, pare che  le mie gambe non vogliano alzarsi dal letto e camminare verso il bagno. Allungo il braccio e prendo il telefono, dopo questa ennesima sessione di sesso mattutino, la prima di una lunga serie, guardo il telefono. E leggo il messaggio di Rob.

“Ho capito Skye. Tutto. Mi dispiace che tu abbia dovuto mandare Marghe a dirmelo. Non provo rancore verso di te, siamo stati bene ed io sono stato bene. Spero ne sia valsa la pena. Però per un paio di giorno, giusto così, non mi cercare. Sai com’è, io con te volevo starci davvero.”

Ed io, io… Cazzo e che magone che ho. Mi vien quasi da piangere. Non so se lui si senta come quando Ian mi lasciò. Se è così mi merito tutte le brutte parole di questo mondo. Eppure lui è stato così calmo che quasi mi preoccupo.
Dall’altra parte della casa, giunge la sua voce, grande come sempre e carica del sesso appena fatto.

-Skye sei pronta?-
-Si amore solo un attimo.-


Lo vedo comparire nella stanza in cui mi sto cambiando , in giacca  e cravatta, con lo sguardo cupo e folgorante. Mi chiedo  cosa voglia adesso, e quali parole deve dirmi di così terribili. Sono pronta ad armarmi di spranghe.

-Come mi hai chiamato?-

Cazzo lo ha sentito. E si. Io quella parola non l’avevo mai detta. Ma forse lui mi ha ispirato. E quando identifichi una persona così, poi te lo porti avanti a  vita, cambiando così il suo nume anche sulla rubrica telefonica.

-Io… Ti ho chiamato… Amore.-

Ecco mi aspetto un ruggito di rabbia. Un “come cazzo a fai a chiamarlo amore dopo così poco tempo” un “te l’avevo detto di non innamorarti di me”, ed invece nulla. Il silenzio.

-Non ti sta bene?-

E ci pensa, e pensa. Quasi quasi lo sveglio a paccheri se non parla adesso.

-A dir la verità mi piace. Prometti di chiamarmi sempre così.-

Boom, fuochi d’artificio. Come il 4 luglio. Come capodanno. Lo dicevo io Vir che le cose belle accadono prima o poi, devi solo saper aspettare.

-Promesso.-

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Capitolo 15
*** Al punto di partenza ***


 Et j’ai tenté d’te haïr mais la colère est partie


Mi son sempre chiesta se davvero i neuroni nel cervello tendessero a strozzarsi a vicenda ad ogni cazzata detta. Immaginate di incontrare una vecchia conoscenza, un’amica delle superiori di qualche chilo in sovrappeso, e immaginate di dirle “uh è maschietto o femminuccia? ”, in quel momento non ti viene voglia di strozzarti da sola? Stamattina mi sono svegliata di  buon umore, ultimamente gli esami stanno andando da dio e la storia tra me e il dottorino non dà segni di squilibrio. Certo litighiamo come due forsennati, sulla qualità dello yogurt, su che film vedere, ma si finisce sempre avvinghiati a fare pace. Sembra uno  di quei periodi  in cui tutto va a gonfie vele ma il pericolo è dietro l’angolo.

-Allora lamponi o banana?-
-Lamponi.-
-Sei silenziosa oggi.-
-Non so, mi son svegliata storta-.
-Rimediamo?-


Ecco il suo sorrisetto è qualcosa che mi porterei di stampato in qualsiasi parte vada. Come un poster. Lui sta benissimo, i ragazzi stanno bene, e stiamo progettando la prossima vacanza. Non appena mi finisce la sessione d’esami.  Un suono attira la mia attenzione, proviene dai pantaloni di Ian. Non iniziate ad essere maliziose, è solo il suo telefono.

-Rispondi dai.
-Non è nulla di importante.
-Se dovessi telefonare a qualcuno mi piacerebbe che  rispondesse senza pensarci. Su rispondi.


Non l’avessi mai fatto. Ho la netta impressione che il fatto di accettare questa telefonata abbia scombinato i piani di una giornata intera e della vita avvenire. Ian va via di corsa, ci mettiamo in macchina , corre come un disperato, non mi racconta nulla e mi sloggia a casa. Siamo ritornati al punto di partenza in un nanosecondo.
E’ tutto il pomeriggio che non si fa sentire, sembra sia stato rapito dagli alieni. Io non capisco perché gli uomini hanno questo brutto vizio di sparire in men che non si dica, dopo giornate fantastiche, come se avessero il radar per evitare che tutto diventi più serio di quanto sembri. Quando squilla il telefono salto dalla sedia, è lui , è lui, penso, e invece è quella rompiballe di Marghe.

-Dobbiamo parlare.
-Quando vuoi ma non adesso.
-Perché, che succede?
-Ian succede.
-Ah… capisco. Senti perchè l’hai ferito?
-Ian? Ma che scherzi?
-Non parlo di Ian.
-Marghe, Rob è capitato nel posto sbagliato al momento sbagliato, in un periodo di merda. Tutto qui. Non avevo intenzione di ferirlo, e spero l’abbia capito, e anche tu.
-Menomale che lo so che non sei così stronza. Bhè è andata così per lui, se ne farà una ragione. Lo ami?
-Penso proprio di si, ma da stamattina è scomparso. E’ andato via come una furia e non si è fatto più sentire. Ho un brutto presentimento.
-Tornerà vedrai. Ti lascio che devo farmi le unghie.
-Ciao Marghe.


Neanche il tempo di dirle ciao. Ma lei è così. Insomma questo brutto magone non  mi vuole lasciare. Come quando all’ultimo anno di superiori, il mio fidanzatino storico mi lasciò per una puttana troglodita che non sapeva neanche leggere. E gliela feci conoscere io. Era nel mio tutorato, lei doveva praticamente recuperare tutte le materie, e lo faceva strusciandosi sui professori, ma non ha avuto successo, poi li presentai, e una settimana dopo mi lasciò perché aveva capito di amare lei. Le sue tette ami, non lei. Venne bocciata. Quando si dice Karma.
Ma che fine avrà fatto? Gli ho lasciato 10 messaggi in segreteria e una trentina di whatsapp ma niente di niente. Voglio addormentarmi sperando almeno che stia bene. Ma un altro squillo del telefono mi fa sussultare, l’ansia con cui vado a rispondere trasuda da tuytto il corpo, come se sapessi che fosse lui.

''Sky  mi son divertito, ma ora devo smettere con te. Sono troppo incasinato e tu non sei quella per me. Io ho bisogno di altro. Starò fuori per un paio di mesi, prenditi cura dei ragazzi.''

Uno specchio in frantumi, ecco com’è il mio cuore. Ma esigo delle spiegazioni, cazzo se le voglio, in capo al mondo vengo li ti prendo a bastonate e torno a casa. Promesso.

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Capitolo 16
*** A volte ritornano ***


" Ho amato molto a causa tua."


Avevo capito che alla fine dei conti non riuscivo ad ottenere neanche una gioia. Mi son sempre chiesta come e quando la vita mi avrebbe ridato quel poco di felicità che mi spettava. La verità è che non lo avrebbe mai fatto. Ecco perchè dovevo essere io quella che si alzava le maniche e se la cercava, quel briciolo essenziale per vivere e alzarsi la mattina. Dopo che Ian mi aveva abbandonato come una buccia di una banana in un cassenetto, e dopo che mi ero disperata un paio di mesi cercando di inventare l'impossibile, estorcendo informazioni a tutti, a partire dai bambini per i quali adesso do l'anima vivendo con loro, a finire con qualche amico che di sfuggita avevo incontrato, ho messo a posto l'anima e continuato per la mia strada.
Marghe è partita per New York, insieme a Darrel, nuovo boyfriend come a lei piace chiamarlo. Mia madre frequente sempre le sue sedute terapeutiche di yoga, con il maestro, da soli. Sono pur sempre terapeutiche.Non sento mio padre da quando sono andata a vivere da sola, quindi ad occhio e croce un anno, e non mi sono neanche chiesta se fosse morto in qualche modo.
Rob, oh Rob. Dopo il palo che ha preso ha deciso di ripartire in missione. Non lo sento e non vedo da allora, ho qualche notizia solo da Marghe e pare che abbia trovato una sottoufficiale carina. Più che essere felice per lui, posso solo sperare che non sia un altro due di picche. E io. Io sono al secondo anno di medicina, sono solo passati  12 mesi ,2 settimane e 5 giorni da quando non ho più l'odore di Ian sulla pelle. Vir è stato parecchio d'aiuto a non farmi perdere la testa, come una sveglia che ogni giorno mi portava alla realtà, e la realtà è che lui non c'è. Non ha dato più sue notizie, nè un messaggio nè una chiama e io la sera, dopo il lavoro al bar, dopo che cento uomini mi hanno guardato in modo a dir quanto spiacevole che solo lo sguardo di Ian poteva distruggerli in un nano secondo, mi fermo e leggo le innumerevoli mail che gli ho scritto. Per le prime settimane si susseguono, giorno dopo giorno, poi inizio a saltare dei giorni, poi salto delle settimane e adesso è più di un mese che non gli scrivo parolacce via email. Un passo avanti no? Da tutto questo casino, dalle lacrime che non vogliono più uscire e dal groppone in gola che non vuole scendere mi desta il cellulare che squilla e il viso di mia madre che vibra.

- Skye tesoro vieni con tua madre al centro commerciale? 
- Mamma, grazie ma devo studiare, sai che ho l'esame domani.
- Hai ragione, che dici vengo li a cucinarti qualcosa?


Ho imparato davvero a volerle bene di nuovo. A mio modo.

- Va bene mamma. Potresti prendere del minestrone? E una busta di patate congelate per me. Grazie.
- Certo tesoro. A dopo.
-Ah mamma-
Devo dirglielo - Grazie, come sempre.

I rapporti con mia madre erano migliorati da quando di notte mi svegliavo urlante per il dolore sulla pelle lasciato da Ian. Lei era li, ha dormito sul mio divano, ha guardato le mie guance rigate dalle lacrime, e non ha detto nulla. Nulla. Se supero l'esame di domani inizio il tirocinio, sarò tirocinante in medicina, e Marleen potrebbe ballare le macumbe ovunque essa sia. 
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Mi rendo conto di aver superato il mio esame e mi giro a cercare qualcuno nei banchi che non è li con me a festeggiare. Ci rimango male, ma vale comunque la pena di sorridere. Lo stesso giorno vado a fare richiesta per iniziare il tirocinio presso il Mercy Memorial  Hospital. Decideranno loro in quale reparto buttarmi, ma non ci penso più di tanto. 

- Grandioso baby, così ti voglio!
- Che scema, a te come va a New York con D?
- Oh mi conosci, io mi adatto a tutto, Specialmente al lusso. -
Ridendo spacciatamente. Non posso negarlo, aveva una certa calamita per quelli con il portafoglio pieno e senza cervello, ma Darrel era diverso. Aveva cervello. -Piuttosto, a te come va? -
- Va Mer, come non dovrebbe andare, ma va. Respiro, mangio, dormo. Tutto nella norma. 
- Oh tesoro, quanto vorrei vederti sollevata. I bambini ?
- Oh stanno bene. Tod ha iniziato a parlare bene, scandisce le parole, ma fa ancora la pipì a letto. Credo che faccia dei brutti sogni, non capita spesso. Anika ha fatto tanto amicizia a scuola. E' sempre sui libri, studia, legge, scrive. Un piccolo geniaccio. Phill è quello che al momento da più problemi. Ha appena compiuto 12 anni e se parli di scuola diventa il diavolo in persona. Purtroppo gli ho dovuto mollare un ceffone lo scorso lunedì, la professoressa mi ha comunicato che si comporta male in classe. Credo che sia in quella fase di ribellione, ci sono passata anche io. Ma il problema è che non vedono Ian. Son passati troppi mesi, loro che già sono vittime di abbandono che vengono abbandonati di nuovo. Un paradosso-
- Hai ragione, è assurdo. Ma tu sei li, non li hai lasciati un minuto. Tornerà lo sai?
-Lo so. Tornerà e mi troverà qui. Sono pronta.
-Sei sicura? 

- Fidati. 

Io sono brava a dire le bugie, lo disse anche Vir.  La realtà è che non so come comportarmi se ritorna. Non so neanche se è vivo. Che l'abbimo mangiato leoni? Coccodrilli? 
Quando mi avviino alla mia macchina noto un fogliettino sul parabrezza. Una bella scrittura, un anonimo e una scritta. "My sunshine" recitava il fogliettino. Mi giro intorno per capire se chi lo ha messo li fosse ancora nei paragi ma non vedo nessuno. Con un pizzico di malizia inizio a pensare a chi potrebbe essere, se Sam il pompiere di pochi giorni fa conosciuto nel bar. Oppure Jo cameriere di un pub dove spesso vado a pranzare e che ha atto sempre tante moine, come cuori con la mayo nel piatto o insalata a mazzo di rose. Poi ripenso a Douglas. L'ho conosciuto pochi mesi fa al corso di anatomia. Lui è il classico figlio di medici che a sua volta diventa medico senza una vera vocazione se non quella di far felice i genitori e occupare il loro posto.
Ci siamo conosciuto quando mi son caduti i libri durante una corsa disperata per entrare in aula prima della chiusura delle porte. Mi ha raccolto tutti i libri e mi ha fatto un sorriso. Vir mi ha subito messo in allarme, per carità moro occhi verdi. Ma Vir ha ragione io non ho la testa per questo. Da allora ci siamo presi qualche caffè insieme al campus, abbiamo scambiato quattro chiacchere sul futuro tirocinio e ci siamo sorpresi per aver scelto lo stesso ospedale. Ma lui per forza, i genitori sono li, ha la strada spianata, io invece dovrò cambiare pannoloni prima di fare qualcosa di serio.
Torno a casa, prendo dei libri e vado dai miei bambini. Chiamo mia mamma velocemente per ringraziarla del dolce post esame che mi ha lasciato in cucina e corro. I miei bambini sono quello che al momento mi rendono fiera di quello che sono.
-Tu lavorerai in ospedale? - mi chiese Anika curiosa di come potesse anche lei un giorno diventarlo.
- Si Ann, ma continuerò a venire da voi, magari più tardi ma comunque ci sarò tutti i giorni. Phil com'è andata oggi?
-La prof di matematica ormai mi ha mirato, sa che non faccio bene i compiti e mi chiama sempre. La odio. -
ma non avevo dubbi. 
- Phil ne abbiamo già parlato, c'è solo bisogno di un pò d'impegno. Ti ho promesso quello che volevi, ora impegnati. Non voglio essere così dura con te ma io so come ci si sente alla tua età, a me sono servite le romanzine di mio padre e io ora le faccio a te.- Nel suo volto c'era qualcosa di indecifrabile. Qualcosa che non ero in gradodi comprendere bene, probabilmente qualcosa che non voleva dirmi. Non riesco a decifrare bene il suo volto, ma sono sicura che non mi dica la verità. Per la miseria. Ora capisco quando mia madre era così con me dopo le innumerevoli volte in cui l'ho fatta preoccupare.
-Phil devi dirmi qualcosa?- E lo guardai bene negli occhi. Lucidi. Era successo qualcosa per forza. -Phil non mi far ripetere il tuo nome, lo so che è successo qualcosa. Devi chiederlo ad Ann?- So che quei due si dicono sempre tutto. Sono l'uno l'ombra dell'altro. Sanno vita morte e miracoli, quello che fanno a scuola, con chi parlano, con chi no.
-No no, ti prego no. Io... Io... Non voglio andare a scuola.Non mi piace.- Deve esserci per un motivo in particolare. Sono diventata brava a scrutare gli indizzi per la miseria.
-.Phill io ti voglio un bene dell'anima. Io se solo sapessi cosa passa per questa testolina- dissi accarezzandogli i capelli - sarei meno preoccupata. Dimmi la verità. Non succederà nulla Phill, sono io , sono Skye. -
E lui crollò, in qualcosa che non era neanche paragonabile ad un pianto. Una cascata in piena, di lacrime ed emozioni. Un rubinetto di parole farfugliate, gesti e rabbia. 
Così capiì il motivo di tanta sofferenza. E mi confrontai con Anika la quale mi confermo tutto. Lui veniva schernito dai compagni più grandi. Episodi di bullismo che mi facevano ribollire il sangue nelle vene. Io che mi trasformavo in super sayan, che scatenavo tespeste e fulmini. 
Il giorno dopo andai dal preside, mi sedetti e con una calma che neanche Madre Teresa, gli spiegai tutto quello che era successo aggiungendo che avrei sporto denuncia a lui e i genitori di questi tre ragazzi.
Gli raccontai del giorno in cui è iniziato tutto, quando hanno iniziato a rubargli le cose, libri ,quaderni ,penne. Gli raccontai del giorno in cui veniva  fotografato dall'alto in bagno mentre faceva pipì. Del giorno in cui, con la minaccia di far vedere la fotografia a tutta la scuola , lo costrinsero ad abbassarsi i pantaloni e a turno lo toccaro nelle parti intime con schiaffi e pugni. Gli raccontai dell'ultimo giorno, quello della tempesta, quando lo costrinsero in bagno a fare una sega ad uno di loro con annessa eiaculazione. Ma quanto ignobili possono essere tali gesti? Ma una scuola non dovrebbe insegnare all'educazione tra pari? Gli vomitai addosso tutte le parole che avevo dentro, anche quelle che spettavano a Ian. Mi sentivo invincibile, con i superpoteri. Io quei bambini li devo proteggere e il presida li manda in pasto ai lupi. 
Il giorno stesso gli cambiai scuola, andai da un avvocato e sporsi denuncia con nomi e cognomi. Tutto mi devono ridare, anche i sorrisi che hanno tolto a Phill.
Dopo averli messi a dormire, con più difficoltà delle altre dì sere, accendo il mio computer e noto che la richiesta di tirocinio era stata accettata e dovrò iniziare il primo lunedì del mese prossimo. In piena estate.
Clicco sull'icona della posta e inizio a scrivere una mail. 
 

Da: Sky strcolour.Sky@gmail.com
A:Dottor Ian P. Ian.P@psicologydott.com
Oggetto: Brutto imbecille

Non ho azionato il cervello quando ho iniziato a premere sui tasti. E meno male. Sei un imbecille. E non te lo dico con la rabbia  di una che prima di essere stata lasciata aveva fatto il miglior sesso sella sua vita. Lo dico con una rabbia che neanche Maciste vince contro di me. Ci hai abbandonati, hai abbondonato loro. Questi piccoli esseri che Dio solo sa quello che hanno vissuto e tu sei andato via. Hai preso quello che restava del tuo organo maschile e sei andato via, a fare chissà cosa. Sei un imbecille. Cosa abbiamo dovuto affrontare tu non lo sai. Sei troppo imbecille. E ora che Phill è stato vittima di bullismo, ma quello cattivo, quello che si fa fare una sega da un dodicenne, tu che ci saresti d'aiuto più di tutti, non ci sei. E io devo combattere di nuovo da sola. E lo farò. Per loro. Di te non me ne frega più nulla.
Sei da solo Ian. 
Solo. Attorno a te non cresce nulla, neanche sentimenti.

E non ho contato neanche quante volte ho scritto che era imbecille.
Invia.
Ciao Vir è stato bello, ma ora spostati.

 
" ALLORA. SONO TORNATA. AGGUERRITA.
DIO SOLO SA QUANTO HO DA SCRIVERE. NON ABBIATE PIETà. "

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Capitolo 17
*** Io, Ian ***


"IT COMES AND GOES IN WAVES, IT ALWAYS DOES"
 

Da: Ian P. Ian.P@psicologydott.com
A:Sky strcolour.Sky@gmail.com
Oggetto: Ti racconterò di me


Ti parlerò di me come non ho mai fatto in vita mia a nessuno. La mia vita prima di te era una stupida monotonia tra il mio lavoro e il sesso con qualche ragazza che cadeva nelle mie braccia. Non è mai stato difficile ed ho sempre ottenuto quello che cercavo senza fare il minimo sforzo. Poi sei arrivata tu.Quel giorno mi è crollato tutto addosso. Le mie convinzioni, il mio modo di vivere, la mia professione si è logorata come mi sono logorato io dal primo momento che hai alzato gli occhi su di me. Quando ho conosciuto mia moglie avevo 18 anni, testa di cazzo, cervello nei pantaloni. Lei ne aveva 17, abitava vicino la casa dei miei nonni in Astoria. Ti sarebbe piaciuta la loro casa. Aveva un caminetto che faceva luce in tutta la sala e delle poltrone così vecchie che non ti ci potevi sedere senza alzare la polvere. Ma era la loro storia, le loro sedie intrinse del loro amore. Megan abitava in una casa affianco, i suoi genitori avevano un negozio molto umile di cianfrusaglie e utensili per la pesca e suo fratello si era appena diplomato come me e stringemmo una bella amicizia. Francis si chiamava, e con Megan erano inseparabili. La portava ovunque , così ha imparato a conoscermi e io ascoltavo tutto quello che aveva da dirmi. Passavamo le serate al molo, ci ubriacavamo come se non ci fosse un domani, prendevamo in giro le smanie romantiche di Megan verso un ragazzo del posto ed io diventavo ogni giorno più geloso. Una sera, pensa quanto eravamo scemi, abbiamo rovesciato un cartone intero di birre in acqua solo con lo scopo di fare a gara a chi ne riprendesse di più. Vince Francis ovviamente. Poi arrivò l’autunno, io dovevo andare all università e Francis voleva a tutti i costi entrare nella marina militare. Nella mia indecisione scelsi psicologia, ma quello che ho sempre voluto fare è il veterinario. Mio padre aveva per me grandi aspettative ma io al suo contrario non ho la stoffa per fare quello che fa lui. Mia madre in realtà era italiana, si chiamava  Beatrice e credimi non assomigliava per niente alla Beatrice di Dante. Una cameriera, una delle tante che hanno a casa, l’aveva soprannominata la Strega e sono convinto che era un soprannome azzeccato. Mio padre ha sempre vissuto a Los Angeles, e la sua famiglia era abbastanza umile. Loro due sono stati una forza della natura. Hanno creato un impero, dalle loro mani, hanno saputo mandare avanti un azienda e crearne un patrimonio gigantesco grazie soprattutto all’aiuto di mio nonno Mario, il papà di mia mamma. Quando sono venuto al mondo mia madre è morta dandomi alla luce. Mio padre non ci ha pensato due volte ed ha sposato una compagna di mia madre, e quasi un anno dopo è venuta al mondo Iris. Oh, ringrazio qualcuno che è lassù perché mia sorella ha sempre dato filo da torcere a mio padre che poi non ha più calcolato le mie scelte. Iris è sempre stata contraria alle scelte che volevano per lei mio padre e sua madre, io ho sempre appoggiato le sue e sono fiero di come è diventata. Lei adesso ha un bambino, un marito e un cane e vive da dio. Io ho rivisto Megan 5 anni fa. Avevo 24 anni, mi dovevo laureare e lei era così bella. Era in visita a Washington con delle amiche e io ero li per un tirocinio. Non so se fosse stato il fato, o se gia tutto era stato programmato, ma quando la rividi non le diedi neanche il tempo di dirmi qualcosa che posai le mie labbra sulle sue sigillando quello come il primo nostro vero bacio. Un anno dopo avevo la fede al dito. La nostra casa era stata interamente arredata da lei, che nel frattempo era diventata interior design. L’ho sempre adorata, come una Dea. Era la mia Dea. Era disponibile al confronto, amante della bella musica e credimi un ottima amante nel letto. Non te lo sto dicendo per offenderti Sky, Voglio che tu sappia cosa mi ha spinto ad essere così diffidente nel prossimo e cosa invece mi hai risvegliato tu. Il mondo attorno si era annullato con lei, avevo tagliato i ponti con tutti i miei amici stronzi con cui cercavo sempre ragazze per fare sesso, avevo rivisto la mia famiglia e mia sorella si era appena fidanzata, Avevamo degli amici, con cui passavamo delle belle serate. Un giorno mi mostrò un test di gravidanza. E’ stato il mio inizio e la mia fine. Di tutto. Passavamo le domeniche a fantasticare il nome perfetto per quella creatura, alternavamo giorno in cui facevamo delle belle scampagnate a casa dei suoi genitori e delle scorpacciate di vestiti e cose che potevano servire in futuro e non desideravo altro. Non ti so dire cosa è effettivamente successo ma un giorno la mia creatura ha smesso di vivere. E con lei anche io. E anche il mio matrimonio. Ogni cellula dei nostri corpi si decomponeva, vivevamo spinti dalla frenesia di non fermarci a pensare. Facevamo sesso quasi ogni sera, per dimenticare, per abbattere con il piacere il dolore che ci stava schiacciando. Non ha funzionato, lei si è arresa al dolore. Ad oggi ci combatte ancora, ed io con lei. Io sono un uomo diverso, quella creatura ha scatenato in me un fuoco ardente e l’ha spento il giorno in cui è volata via. Io dal quel giorno aiuto gli altri a superare le perdite, perché la mia ancora vive dentro di me. Ho trovato nel mio lavoro fin ad adesso un motivo per odiarmi di meno, per odiare la vita di meno. E poi sei arrivata tu. Con la tua perdita che per me è diventato un macigno. Megan è il motivo per cui sono scappato via. Perché tu mi sei entrata talmente dentro che è difficile persino controllare le email tutti i giorni sperando che non ce ne sia una tua. Quello che ho letto fin adesso mi ha devastato, ma mi hanno convinto che avevo fatto bene ad andarmene. Tu non puoi lasciarti coinvolgere in qualcosa che neanche io so cos’è. Tu sei un’anima così bella che devi essere portata in salvo dalla mia. Megan è ricoverata in un istituto psichiatrico. Ha smesso di parlare da un lunedì di due anni fa , ed io mi sto prendendo cura di lei. Quando sono scappato via è perché voleva raggiungere la nostra creatura ma per fortuna è ancora qui. Non ti so spiegare bene quello che provo per lei, ma quello che ho provato per te non eguaglia neanche lontanamente quello che ho provato per lei prima. E tutto questo mi spaventa cazzo. Da quando Megan è in quell’istituto io non ho fatto altro che abbandonarmi al mondo del lavoro e del sesso. Ho cominciato a trastullarmi in questi covi dove tutto era possibile anche piangere quando si provava piacere. Ho provato esperienze che mi davano la forza di non disperarmi ancora. Poi tu. Ho iniziato a immaginarmi con te e tutto si alleviava. Quel giorno nel parco, volevo tanto baciarti, ma tu sei scappata via. Aveva ragione su di me, ti avrei fatto del male. La scelta di allontanarmi da te è stata una delle più difficili che io abbia preso. La scelta invece di prendermi cura di quei tre marmocchi non devo spiegartela. Oh Sky, non sono qui per supplicarti di amarmi. Per quanto è una della cose che desidero di più al mondo, tu devi permettermi di vederti. Vienimi a trovare. Fatti ripetere queste parole e guardami negli occhi. Ci vedremo un’ultima volta, poi devi promettermi che ti rifarai una vita. Quella che meriti. Lontano da me. Ti ho amato dal primo sguardo. Non ho smesso ma devo. Non posso trascinarti con me nel mio uragano.
 

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Capitolo 18
*** Io, forse, Sky ***


"Più giù ti sento
Più su ti prendo
Dentro ad un brivido che bussa sotto al letto"

Nigiotti.


 
Ho sempre pensato di aver avuto poco tempo per vivere e fare esperienze, che non potevo così aiutare il prossimo. Chi se ne dovrebbe fregare dei miei consigli quando io stessa non li seguo e faccio esattamente l’opposto. Nella mia breve vita, dopo la morte di mia sorella, non ho avuto occasione di andare al cimitero per portarle una camelia, il fiore che adorava. Lei era così non me. Così l’opposto. Così viva. Io più che viva sono una che sopravvive. Ricordo ancora quando scoprimmo che la camelia era il suo fiore preferito. Eravamo a scuola, ed era il giorno di san valentino. Nick, uno degli ultimi superstiti del filtro bellezza di mia sorella le chiese di uscire. Se dovessi descrivervi la sua faccia, non troverei le parole giuste. Dopo la pausa pranzo, nell’aula di storia una camelia primeggiava sul suo banco, come a dire “forza son qui prendimi che ti porto al ballo e sarà la serata più bella della tua vita” o almeno è il riassunto che ne fece lei. Fatto sta nessuno, me compresa, sapeva che la camelia era il suo fiore, tranne Thomas. Thomas era il suo migliore amico. Quello timido, introverso e piagnucolone verso i belli. Si conoscevano dall’asilo e lui ormai era di famiglia quanto Bob il cane di mia mamma. Io dall’alto della mia ignoranza mi domandai come abbia fatto Nick a sapere dei sui gusti, ma d’altronde il giro di parole è più forte di un manifesto(cit). Per non tirarla a lungo, Nick dopo l’allenamento era negli spogliatoi femminili e Rebecca gli faceva una visita alla prostata. In un solo giorno mia sorella ha capito 4 cose: Nick era un fottuto pezzo di niente, Thomas era perdutamente innamorato di lei, la camelia era il suo fiore preferito e in fine San valentino faceva schifo. In compenso coronò la sua unione con Thomas, che d’un tratto si trasformò nell’unione tra Brad Pitt e Leonardo di Caprio ed io devo ancora capire come. Esattamente dopo aver letto la mail di Ian ho deciso di scambiare due chiacchere con mia sorella. La vista del cimitero mi ha sempre destato un po' di pesantezza, ho sempre pensato che li ci fosse solo il suo corpo, nulla di più. La sua tomba, scelta rigorosamente da mia mamma, è sempre addobbata a festa, segno che i miei passano molto tempo qui. In una delle ultime sedute il dottorino mi spiegò che parlare con le persone che non ci sono più in qualche modo ci alleggerisce dal pensiero che non possano mai sapere quello che noi pensiamo e che quindi restino allo scuro dei nostri sentimenti. Quindi sorella, come butta li? C’è lo Chanel n 5? Fate a gara a chi ha le ali più lunghe?
Io amo Ian. Lo so che l’hai visto da lassù quindi non far finta di cadere da una nuvola. Allo stesso tempo lo odio. Il problema è che ha lui più problemi di me e invece di curare i miei devo assorbire i suoi. Mi ha raccontato tante cose e non nego che la mia forza di repulsione nei suoi confronti è un po' diminuita ma è diversamente proporzionale alle cazzate che fa.  La sua vita giro intorno alla moglie e al pargolo perduto, la mia gira intorno a te. Che stupida che sono a parlare con una fotografia su una lastra di marmo. Devo prendere una decisione, e questa decisione deve essere giustificata dai fatti. Mi ha fatto del male, mi ha reso inerme di fronte al provare dei sentimenti per lui ed io come al solito mando a puttane i rapporti con chiunque quando voglio solo un'unica persona. Se ripenso a Rob, mi mangerei le mani per quello che gli ho fatto. Ma come posso io competere con un sentimento così forte. E’ come se tutta la parte del cervello buono fosse bombardato con armi nucleari dal cuore che vuole solo ed esclusivamente Ian. Certo ha i suoi perché. Bacia da dio. Fa sesso da dio. Ho bisogno di capire che lui non ha un effetto positivo su di me e tu devi essermi d’aiuto. Quindi muovi il culo da quella nuvola e vola qui. Quando finalmente sono andata via  un po' più leggera mi sentivo. Non so se fosse stata lei a infondermi la fiducia di cui avevo bisogno ma tornata a casa ho preso il pc, ho riletto la sua e-mail, notando che era ormai passata una settimana e mi sono messa a scrivere.
 
Da:Sky strcolour.Sky@gmail.com
A:Ian P. Ian.P@psicologydott.com

Oggetto: Dimentica tutto
 
Quando finalmente ho tirato giu almeno l’oggetto della mail, e quando il mio cervello stava partorendo una quantità enorme di brutte parole, bussano alla porta.
-Un attimo!
E i pugni sulla porta sono così forti che per 5 secondi ho pensato che mi stessero demolendo casa.
-Ho detto un attimo!
Metto la vestaglia e faccio un nodo alla vita. Sbatto la porta della stanza infuriata e pronta a scagliarmi sulla feccia disumana che alle 22 di sera sta buttando giù la mia porta. E apro.
-Sky
-Ian, cosa diavolo ci fai qui a quest’ora?

E non faccio in tempo a chiudere la porta che si scaglia contro di me in modo famelico, come se stesse bramando di mangiarmi a partire dalle labbra. In quel bacio ho sentito tutto il dolore che si porta dietro. Tutta la sofferenza che gli ha provocato lo starmi lontano. Come se mi stesse portando a provarlo anche io, così doloroso, così inaspettato.
-Sky, tu non mi hai risposto, ed io sono andato in confusione. Scusami.
-Ian io non so sinceramente cosa dirti. Stavo per risponderti. Ero li seduta pronta a buttare giù due righe per dirti di lasciarmi andare, che facendo così entrambi avremmo vissuto meglio.
-Hai ragione sky, hai del tutto ragione. Tutto questo è insano. Io sono insano per te. Io.. Io..

E lo bacio. Lo bacio per lenire quella sofferenza negli occhi. Lo bacio per lenire il dolore che provo al cuore. Lo porto in camera da letto. Lo spoglio dei vestiti e della sua sofferenza. Io chi sono per dare la colpa a lui di tutto quello che mi sta succedendo? Chi sono per arrocarmi il diritto di stare male quando lui ha perso un figlio che dio non ti ridarà mai? Chi sono per dirgli di andar via se il mio cuore lo seguirebbe in capo al mondo? Sono Sky, e ti sto servendo il mio cuore in un piatto d’argento. Ti sto servendo me stessa in questa vasca, mentre lavo il tuo corpo e lavo le nostre paure. Vorrei prometterti che supereremo tutto insieme, ma non ne sono certa. Sono solo certa che questa notte ci apparterrà.
-Sky, io lunedì ritorno al mio lavoro. Ho saputo che ti sei presa cura dei bambini e te ne sono enormemente grato. Io non volevo Sky. Mi sei caduta addosso e non so saputo lasciarti andare. La verità è che tra mille dolori, la tua lontananza non l’ho saputa sopportare. Il mio angelo sa quanto sono stato male per lui, ma sono sicuro che non vuole vedermi così.
-Come farai con tua moglie?
-E’ sotto controllo. Sono corso via perché pensavo che era tutta colpa mia e che quindi in questo dolore dovevo starle accanto. Poi sono rinsavito e tu mi mancavi come l’aria. Raccontami tutto, anche quanto sono stato stronzo.

Quante cose avrei da dirti. Ma adesso voglio che questa vasca si ricordi l’amore che abbiamo provato.
 

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