L'ospite.

di Fujiko91
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** I° Capitolo. ***
Capitolo 3: *** II°Capitolo. ***
Capitolo 4: *** III° Capitolo ***
Capitolo 5: *** IV° Capitolo. ***
Capitolo 6: *** V°Capitolo. ***
Capitolo 7: *** VI°Capitolo ***
Capitolo 8: *** VII° capitolo. ***
Capitolo 9: *** VIII° Capitolo. ***
Capitolo 10: *** IX° Capitolo. ***
Capitolo 11: *** X°Capitolo. ***
Capitolo 12: *** XI°Capitolo. ***
Capitolo 13: *** XII° Capitolo. ***
Capitolo 14: *** Epilogo. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Note: ringrazio Crazy Lion per le sue correzioni dei piccoli errori.
Per questa storia ho usato due presta volto per i due personaggi principali! Scoprirete tutto nell'angolo dell' autrice! :*


 




Sono nata il 15 maggio del 1925. I miei genitori erano borghesi, abitavamo in una villa nella campagna inglese. 

Londra durante il 1940 aveva subito gravi danni da parte dei tedeschi. I quali poi il 31 ottobre 1940 si ritirarono e noi inglesi vincemmo.

Io avevo appena quindici anni eppure quella sera, pur facendo molto freddo, uscii fuori e andai dalla mia migliore amica per abbracciarla e insieme piangemmo.

Fino ad allora era stata dura per tutti.

Un conflitto sanguinoso, per fortuna per noi inglesi la seconda guerra mondiale si era conclusa, ma non per il mondo, per quello ci sarebbero voluti ancora alcuni anni.

Mi ricordo che nelle campagne inglesi tra i borghesi non si parlava molto di queste cose, soprattutto davanti a noi bambini.

 

Ma in questa storia vi parlerò della mia prima cotta, era l’estate del 1950, quando mio padre annunciò all'intera famiglia che sarebbe arrivato un ospite, che veniva da un paese lontano e che non gli avremmo dovuto fare alcuna domanda. Io avevo venticinque anni, oramai ero una ragazza, ma passavo il mio tempo con le mie amiche a fantasticare sul ragazzo più carino del nostro villaggio.

 

Mi vestivo alla moda, mia madre si faceva mandare dei vestiti direttamente da Parigi dall’allora stilista famoso Dior, il quale faceva degli abitini e cappelli da signora davvero molto graziosi.

 

Il nostro villaggio si era di nuovo popolato di giovani ragazzi, quindi io e la mia amica avevamo il nostro bel da fare. Si andava per pub e ci si divertiva, la mia amica aveva già fatto le sue prime esperienze, io non ancora. Non mi interessava, volevo solo passare il mio tempo nella campagna inglese a dipingere i vari angoli, poi avevo iniziato a prendere delle lezioni di fotografia. E devo ammettere che mi piacevano, le trovavo interessanti.

Ma continuavo a pensare che con la pittura si riuscivano a catturare anche i vari sentimenti, invece con la fotografia non si riusciva a catturare nulla e a trasmettere qualche tipo di sentimento.

Ed era stato in quel periodo che avevo conosciuto Annie quella che sarebbe divenuta la mia confidente e unica vera amica per la vita.

Con lei andai alla mostra di Picasso, i suoi quadri mi colpirono davvero molto, scatenarono in me mille sentimenti. Fu una sensazione davvero strana.

 

Poi arrivò l’estate e tutto cambiò, quell'ospite cambiò ogni cosa...

Angolo dell'autrice:

questo era solo il prologo quindi è normale che sia breve e senza alcun dialogo, la protagonista della storia racconta un po in generale gli avvenimenti avvenuti prima di conoscere il misterioso ospite.
Dal prossimo capitolo ci saranno più dettagli e più dialoghi! 
Ad ogni modo come già detto ho voluto usare due attori famosi come presta volto per i due personaggi principali:
per Catherine è Mia Wasikowska e per Adam Wood è Richard Armitage! Ma come già detto sono solo due presta volto e niente di più u.u
Eccovi qui un collage fatto da me:


Fatemi sapere cosa ne pensate! E a presto! Fuji.

 

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Capitolo 2
*** I° Capitolo. ***


Ringrazio Crazy Lion per la sua correzione dei piccoli errori! :*


 

Non me lo posso scordare, era la prima sera d’estate. Io ed Annie eravamo appena rientrate in casa dal pub, stavamo parlando tra di noi, quando entrambe ci zittimmo. Davanti a noi c’era un uomo con i capelli neri, la carnagione bianchissima e gli occhi di un bellissimo blu. La mia amica venne rapita da quello sguardo così profondo, io invece dentro vi lessi un  enorme senso di vuoto e di tristezza, l’uomo aveva sicuramente sui quarant’anni. Non chiesi nulla, mi andai ad accomodare sul divano accanto a mia madre, la quale stava tranquillamente ricamando. Annie mi salutò e se ne tornò a casa sua.

Invece mio padre si alzò e fece le varie presentazioni.

“Signor Wood, le presento mia figlia  Catherine.”

“Piacere signorina. Il suo nome oltre tutto ha un bel significato.”

“Sì lo so!”

Capii di averlo detto con troppa enfasi dallo sguardo severo di mio padre.

Così non continuai, ma lasciai la parola al signor Wood.

“Thomas, avrei sonno, mi puoi mostrare la mia camera?”

“Vieni pure con me, Adam.”

Mi ero come imbambolata perché mia madre dovette picchiettare sulla mia spalla per farmi tornare alla realtà.

“Perdonatemi madre, è solo che non avevo mai visto nessuno dare una tale confidenza a papà, pare che lui e il signor Wood si conoscano da molto non vi pare?”

“Già… ma dimmi, com’è andata la tua serata al pub, cara?”

Quella sera continuava a darmi colpi di scena, dopo mio padre e il suo amico, ora mia madre che voleva sapere della mia serata al pub , pur di non parlare di mio padre… una cosa davvero strana.

Alla fine cedetti e gliela raccontai, ma presto lei si stancò e si ritirò nella sua camera.

Io non avevo sonno, così me ne andai in biblioteca dove lessi finché non mi sentii così stanca da addormentarmi sul divano.

Erano già le due di notte quando venni svegliata da un rumore, mi alzai e accesi la luce della lampada che stava sul tavolino al fianco del divano. Dopo un paio di minuti ricordai di essermi appisolata in biblioteca e dal buio capii che doveva ormai essere notte.

Dopo un po’ risentii quegli strani rumori, così mi alzai, afferrai la lampada e mi incamminai verso la mia stanza da letto. Quando passai accanto alla porta dello studio di mio padre, mi accorsi che le voci provenivano dall’interno, così accostai l’orecchio alla porta e ascoltai.

Una voce a me sconosciuta diceva con enfasi:

“Mi hai fatto venire fin qui, solo per mostrarmi la tua vita felice?”

“Certo che no, lo sai meglio di me che non potevi restare nel tuo paese! Il mio matrimonio non funziona più come un tempo e mia figlia, l’hai vista, ormai è una donna!”

Non ci potevo credere. La seconda voce era quella di mio padre, quindi quella sconosciuta non poteva essere che del signor Wood…

Mi sentivo davvero troppo stanca per rimanere ancora un po’ ad ascoltare quella strana conversazione, così me ne andai nella mia stanza. Appena in tempo perché dopo poco la porta dello studio si aprì ed entrambi fecero ritorno nelle loro rispettive camere da letto.

Io alla fine crollai e mi addormentai, dormii fino alle dieci del mattino.

Quando mi svegliai mi alzai , andai allo specchio e mi spazzolai i capelli, poi mi vestii. Indossai il mio vestitino giallo a pois bianchi, con una cintura che rendeva la mia vita ancora più sottile. Mi misi un paio di calzini bianchi e un paio di ballerine di  color nero e cerate.

Scesi le scale con enfasi, ma quando arrivai nella sala da pranzo, c’era il nostro ospite e ogni tipo di felicità in me si spense di colpo. Improvvisamente la mia mente ricordò quella strana conversazione tra lui e mio padre. 

 

Il signor Wood con i suoi bellissimi occhi tentò come di penetrarmi nell’anima, per leggervi i miei pensieri.

“Signorina Catherine, venga si accomodi qui accanto a me.”

“No grazie, mangio di fretta. Devo andare ad incontrare un’amico alla stazione.”

“E chi sarebbe?” chiese mio padre distogliendo lo sguardo dal suo giornale.

“Scusate padre, ieri sera per la sorpresa del signor Wood non vi ho detto  che hanno finalmente dimesso dalla clinica di feriti di guerra Angus!”

“Interessante, uno scozzese.”

“Già, proprio così. Qualche problema, signor Wood?”

“Non dire sciocchezze, ad Adam non importa nulla della nazionalità del tuo amico cara. Ora vai pure.”

 

Me ne andai via, non avevo nemmeno più fame, mi ero sentita in dovere di difendere Angus, visto che lui non era presente per farlo. E poi quell'uomo mi dava sui nervi.

Alla fine arrivai alla stazione con due minuti di ritardo, ma per mia fortuna Angus mi stava aspettando seduto sulla panchina accanto all'uscita della piccola stazione.

“Catherine, come al solito in ritardo!”

“Angus! Non sai la gioia nel rivederti. Non sei cambiato poi così tanto.”

In realtà mentii, perché il suo sguardo era così cambiato! Del ragazzo pieno di vita che era e così sicuro di se, non ne era rimasto molto. Al solo pensiero delle sofferenze che doveva aver patito e dell’orrore che aveva visto ebbi la sensazione che qualcuno mi stesse piantando un coltello nel petto, anche se non potevo nemmeno immaginare quel che aveva vissuto. Mi sentii davvero male nel constatare che quella guerra l’avesse reso tanto diverso, spegnendogli la vivacità degli occhi e facendo sì che il suo debole sorriso non arrivasse ad essi.

“Non dire assurdità! Invece sono cambiato e non in meglio. Vorrei non essere mai partito, tu non sai quante crudeltà ho dovuto vedere. Ma non parliamone più, piuttosto parlami di te. Come va?”

“Io come vedi non sono poi così cambiata, però c’è una novità. Sai, in casa nostra abbiamo un ospite, chiama per nome mio padre. Magari una sera di queste potresti venire a cena da noi. A mio padre farebbe piacere rivedere il suo vecchio assistente.”

“In realtà vorrei riprendermi il mio vecchio posto di lavoro, se per tuo padre va bene. Quindi penso proprio che accetterò il tuo invito, mia cara Catherine.”

 

Appena rividi in lui quell’antico sorriso, divenni rossa e annui.

 

Dopo averlo salutato, corsi a casa dove mi stavano attendendo per il pranzo.

Mentre stavamo pranzando, mio padre mi chiese:

“Allora, come sta il caro Angus?

“La guerra l’ha cambiato davvero molto, ma mi ha detto che rivorrebbe il suo vecchio lavoro. E così l’ho invitato a cena una sera di queste!”

Mio padre diede un pugno sul tavolo.

“Non dovevi! Abbiamo anche un’ospite, non voglio che venga qui!”

“Ma padre, che state dicendo, è Angus.”

“Lo so! M-” venne interrotto dal signor Wood.

“La trovo un'idea davvero molto bella, oggi signorina però mi dedica un po’ del suo tempo, vero?”

Ora mi ritrovavo nella fastidiosa condizione di essere in debito con lui per il suo intervento nel salvare il povero Angus, così gli dissi di sì.

In fondo aveva convinto mio padre.

Mangiai e infine mi alzai. E con il signor Wood andammo alla grande quercia. vicina al laghetto.

“Meraviglioso! Qui sarebbe perfetto, fare un bel dipinto.”

“Lei dipinge signor W-”

“Non mi chiami più così, mi fa sentire vecchio, mi chiami Adam.”

“Va bene. E dimmi Adam, tu sai dipingere?”

“Mi piace davvero molto, anche se non lo faccio da parecchio. Ma lo sa che lei è bellissima, i suoi capelli biondi, la sua pelle bianca e i suoi occhi di quel color azzurrino. Sì, lei è la perfezione!”

“Io cosa sarei?”

“Lei è di una razza perfetta.”

Rimasi senza fiato. Aveva davvero usato il termine razza? non poteva essere, si era sicuramente una coincidenza. Adam dovette riconoscere il suo errore, così

“Ti chiedo scusa per aver usato un termine così, poco gentile. Non volevo, non so proprio a cosa stessi pensando!”

“Tranquillo. Si è fatto tardi e siamo entrambi molto stanchi. E’ meglio tornare.”

Ma mentre il signor Adam si sentiva sicuro di sé, io cominciavo ad essere preoccupata. Quello strano ospite mi stava turbando e non ne capivo ancora la ragione...

Angolo dell'autrice:

prima di tutto ecco l'entrata in scena di Adam e di una una bellissima Catherine! 
La storia è ambientata nell'Inghilterra degli anni '50!

Dimenticatevi l'Inghilterra aperta dei giorni nostri, no tutte le leggi per un Inghilterra migliore e più aperta vennero fatte nel 1967! Negli anni '50 invece era una paese pieno di leggi molto severe e alcune davvero ingiuste che scoprirete pian piano...

Con la parola "razza" Catherine rimane terrorizzata perchè vi ricordo che sono passati pochi anni dalla fine della guerra e in quegli anni se si parlava di razza si pensava fin da subito ad essere paragonati alla razza ariana come nel caso di Catherine.
E non era una bel complimento da fare ad una ragazza! ;.;

Trattandosi degli anni'50 la storia toccherà vari argomenti , quindi malattie psicologiche come il povero Angus che porta su di se gli orrori della seconda guerra mondiale. Poi nei prossimi capitoli ho voluto toccare anche argomenti inerenti alle varie leggi ingiuste legate a quell'epoca! u.u
Fatemi sapere cosa ne pensate! Grazie! :*
Fuji.



 

 

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Capitolo 3
*** II°Capitolo. ***


Note: ringrazio Crazy Lion per la sua correzione! :*
 




Quella sera quasi non cenai e me ne andai subito nella mia stanza. Non mi sentivo affatto bene.

Il signor Wood creava in me davvero una forte ansia.

Mi ero appena cambiata e avevo indossato la mia camicia da notte, quando sentii un leggero bussare. Andai ad aprire la porta e mi trovai davanti lui.

“Signorina Catherine, mi volevo scusare per ciò che ho detto sulle razze, so di averla turbata nell’usare quella espressione, risvegliando in lei dei tristi ricordi.”

“Scuse accettate Adam. Sono sicura che non fosse sua intenzione farlo. In fondo la guerra qui è finita nel 1940!”

“Già, ma in Europa signorina, si ricordi che l’inferno si è concluso da soli cinque anni.”

“Cosa vorrebbe far intendere, che io sia una ragazzina viziata , che non sa quante sofferenze abbia causato la guerra?”

“Non intendevo questo… perché deve sempre travisare le mie parole?”

“Non so il perché.”

Mi accorsi che il signor Wood c’era rimasto male , quindi gli chiesi se avremmo potuto darci del tu, sperando che questo avrebbe placato la tensione fra noi. Quando mi disse di sì, gli chiesi:

“Mi hai detto che sai dipingere, non è così?”

“Sì.”

“Allora domani verrai con me, Adam! Andremo in un incantevole luogo, che conosco solo io.”

“Sarebbe magnifico, ma prima dovrò chiederlo a Thomas.”

Non replicai, perché il signor Wood se ne andò, lasciandomi senza parole. Ma come doveva chiedere il permesso a mio padre?

 

Richiusi la porta della camera e mi infilai sotto le coperte. Verso mezzanotte venni svegliata dal brontolio del mio stomaco, il quale chiedeva cibo.

Mi dovetti alzare, indossai la mia vestaglia, mi misi le ciabatte e accesi la lampada ad olio. Poi mi incamminai giù per le scale e andai verso la cucina.

Lì aprii il frigo e ne tirai fuori un piatto con su scritto un biglietto di mia madre:

Per Catherine, la prossima volta mia cara scendi per la cena!

La ringraziai mentalmente. Richiusi il frigo , appoggiai la lampada sul tavolo, mi presi una forchetta e mangiai quel porridge.

Era davvero molto buono. Appena finito, presi il piatto e lo misi nel lavandino, poi ripresi la lampada e stavo per tornare nella mia camera, quando risentii quel rumore della notte prima.

Nello studio mio padre e il signor Wood stavano parlando molto animatamente.

Ma stavolta non mi soffermai ad ascoltare, me ne tornai in camera mia e mi rimisi a dormire.

 

Il mattino dopo mi vestii e poi scesi, era davvero molto presto. Ma mia madre era già sveglia ad impartire vari ordini alle cameriere.

“Cara! Devi andare al villaggio.”

“Perché?”

“Ovvio, questa sera tuo padre vuole dare un ricevimento per presentare Adam all’alta società inglese. Bisogna comprare un bel po’ di cose!” 

“Capisco, ma madre, in realtà io dovevo andare a dipingere con il signor Wood...”

“Non se ne parla! Adam deve stare con me, dobbiamo parlare di alcune cose importanti” intervenne mio padre.

Annuii, e alla fine presi le chiavi della mia macchina.

A quel tempo avevo una graziosa Spider di colore rosso. Per me era il massimo della bellezza degli anni ‘50.

Mi diressi a gran velocità verso il  villaggio, ma appena passai una curva per poco non investii Angus. Dovetti sterzare e andai quasi a sbattere contro una quercia. Mi girava la testa e il mio cuore batteva all’impazzata. Avrei voluto urlare ma raccolsi tutte le forze per trattenermi.

“Catherine! Stai bene?” Angus era corso verso di me. Appena mi ripresi dallo shock gli risposi:

“Sì, sto bene! Ma che diavolo stavi facendo, in mezzo alla strada?”

“Nulla. E invece a te pare il modo di guidare?”

Aveva volutamente cambiato argomento per spostare tutta l’attenzione su di me. Compresi perfettamente che non voleva parlare di lui e di ciò che stava facendo.

“Vuoi un passaggio?”

“Dove vai?”

“Vado al villaggio. Ah, prima che me ne dimentichi, questa sera mio padre darà una festa, che ne dici di venirci? Così gli parlerai.”

“Ottima idea, verrò di certo.”

“Perfetto, ora sali che devo anche andare ad incontrare Annie.”

Angus non ebbe alcuna reazione, ci rimasi quasi male. E pensare che io, lui e Annie eravamo un trio molto accanito prima della guerra... 

 

Per fortuna il viaggio durò poco, lo lasciai davanti a casa sua ed io raggiunsi Annie al pub. Parcheggiai la macchina e scesi.

Il pub all’interno era davvero molto accogliente, un bancone con il solito barista un tipo assai divertente, i soliti avventori che parlavano delle solite cose davanti ad una bella e buona birra. E poi seduta ad un tavolo lei, Annie.

“Catherine, ma si può sapere cosa ti è successo?”

Le raccontai di Angus, di come l'avevo trovato a vagare per i campi. E che per puro miracolo non l’avevo investito.

“Poveretto! I miei genitori hanno parlato con i suoi, dicono che è impazzito, sai soffre di quella malattia di cui soffrono quasi tutti i soldati tornati dal fronte.”

“Lo sospettavo… mi dispiace così tanto per lui. Comunque questa sera ci sarà una festa per presentare Adam all’alta società.”

“Adam?”

Mi andò di traverso la birra fresca.

“Scusa, non mi ricordavo che tu l’avessi visto solo quella sera. Sì, Adam, il nostro ospite…”

“Il tipo super carino? Allora verrò di sicuro!” Rise. “Ma dimmi, cosa c’è che non va?”

“Ecco, ieri mentre camminavamo mi ha detto una parola… non so se sia il caso di parlarne…”

“Sono la tua migliore amica!”

“Va bene, ma non dirlo a nessuno e poi si è scusato. Comunque mi ha detto che faccio parte di una bella razza…”

“Oh! Ma no mia cara, sono sicura che intendesse che sei davvero una bellissima ragazza. Siamo ancora tutti molto suscettibili, ma sono certa che lui non intendesse in quel senso, perché tu sei bionda e tutte quelle cose!”

“Già, ma ci sono rimasta male. Avrebbe potuto farmi un apprezzamento diverso… e poi chiama mio padre per nome!”

Annie scoppiò a ridere.

“Questo sì che è strano! Nemmeno mio padre chiama il tuo per nome. Eppure sono vecchi amici d’infanzia.”

“Pensa che ieri sera l’ho invitato per andare a dipingere, nel mio luogo. E lui se ne esce che deve chiedere a Thomas.”

“In poche parole intendi dire che lui deve chiedere a tuo padre il permesso? Oddio!”

“Sì, e questa mattina mio padre mi dice che non se ne parla.”

“Forse è solo una coincidenza. E tua madre cosa dice?”

“A me nulla, a tua madre ha detto qualcosa?”

“Che io sappia niente. Ma se vuoi glielo chiedo.”

“Grazie, devo andare sennò faccio tardi e devo comprare un mucchio di cose, Poi devo portarle alle cuoche. Allora a questa sera.”

Mi alzai e le diedi un bacio sulla guancia, poi la salutai con affetto. Uscii dal pub e salii in macchina.

 

Andai dritta al negozio di alimentari e comprai tutto ciò che c’era scritto sulla lista, poi tornai alla villa e lasciai ogni cosa nelle mani di mia madre.

Io me ne tornai in camera , presi il mio cavalletto e tutto il necessario per la pittura, scesi e mi feci preparare il pranzo in una borsa di vimini, la presi e uscii.

 

Camminai verso la grande quercia al limitare del antico bosco. Ad un certo punto sentii dei passi dietro di me, così mi voltai di scatto e con mia grande sorpresa era il signor Wood.

“Adam! Avrei potuto colpirti con il cavalletto!”

“Scusami, ma volevo venire con te, sai ti ho sentita parlare con tua madre, di quel Angus e mi sono preoccupato. Purtroppo chi soffre di quella malattia non è più lo stesso.” 

“E pensare che il povero Angus era un così bravo e bel ragazzo! Visto che ormai sei qui, è meglio che tu venga con me.”

“E’ un invito, signorina Catherine?”

“Se ci diamo del tu non c’è bisogno che mi chiami signorina, non ti pare?”

“Hai ragione. Allora, Catherine, dove andiamo?”

“Lo vedrai.”

Dopo aver parlato con Annie, ora mi sentivo più sicura di me stessa con il signor Wood, o meglio con Adam - mi dovevo ancora abituare a chiamarlo per nome -, quindi stavo iniziando ad aprirmi e la sua compagnia mi stava facendo piacere.

 


Angolo dell'autrice:
ringrazio chi la sta recensendo! Per ora grazie tesoro! :*

Cosa ne pensate di questo nuovo capitolo? Il povero Angus porta su di se gli orrori della seconda guerra mondiale. Più avanti approfondirò la sua malattia ;.;
Tra Adam e Catherine le cose stanno migliorando *-* Ora si danno del tu... :3

Ancora grazie e a presto! :*
Fuji.

 

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Capitolo 4
*** III° Capitolo ***


Betato: ringrazio Crazy Lion per la sua correzione dei piccoli errori! :*

 

Alla fine giungemmo nel luogo che più amavo in vita mia. Appoggiai il mio cavalletto sul terreno e tirai fuori la tela. Ero pronta per dipingere, quando alzai lo sguardo e incontrai quegli occhi blu. “Adam! Scusa, ma non sapendo che saresti venuto con me non ho preso nulla per te… Facciamo così, per stavolta ti faccio usare tutta la mia roba.”

“No grazie, a me piace guardare.”

“Va bene.”

Tornai al mio dipinto, tirai fuori i vari pennelli e un piccolo contenitore di vetro per poterli sciacquare ogni volta.

Nel frattempo con la coda dell’occhio intravidi lui  tirare fuori una specie di taccuino e una matita e disegnare qualcosa.

“Se posso sapere, cosa stai facendo?”

“Disegno queste meravigliose orchidacee.”

“Oh, amo le orchidee.”

“Anche a me piacciono molto, sono fiori perfetti!”

Ripresi il mio dipinto, cercai di non pensare a quell'ennesima stranezza, ma la mia mente non poteva non rifletterci sopra. Alla fine glielo chiesi:

“Adam, perché ci tieni così tanto alle perfezioni? E alle razze?”

“Cosa? Non è come pensi! Non mi conosci affatto. È meglio tornare a casa, questa sera Thomas ha organizzato per me un ricevimento” disse in fretta.

Aveva voluto evitare il discorso e io non insistetti.

“Lo sai che sei l’unico a chiamarlo per nome?”

“Chi?”

“Mio padre, davvero nemmeno io o mia madre lo facciamo.”

“Io e Thomas siamo… è meglio andare” tagliò corto.

Si spostò e se ne andò verso la direzione che avevamo seguito. Cercai di fermarlo ma non ci riuscii. Così finii il mio dipinto. Appena lo completai  presi tutta la mia roba e mi incamminai verso casa. Una volta raggiunta, lì davanti alla porta c’era Adam ad attendermi.

“Non dica a Thomas che ero con lei, grazie.”

Misteriosamente era tornato a darmi del lei. Annuii in assenso, così lui entrò, invece io mi sedetti sul dondolo per riposarmi un po’ dopo quel pomeriggio tanto particolare.

 

Quando rincasai, mia madre mi attendeva. Salimmo insieme in camera e lei mi diede il vestito da indossare. Un abito molto elegante fatto di pizzi bianchi, con una graziosa cintura di fiori gialli sempre ricamati e un paio di ballerine con i lacci , di colore nero.

Mi andai a fare un bagno, poi mi vestii e infine scesi per dare una mano. Ma mia madre mi fece capire che non aveva bisogno di me.

Così la lasciai fare.

Io me ne tornai in camera mia, e lì attesi fino a che mia madre non mi fece chiamare da una delle cameriere.

Quando scesi le scale, mi sentivo già stanchissima. Non avevo molta voglia di incontrare quegli ospiti che trovavo davvero noiosi. Ma per mia fortuna venne verso di me Annie che mi prese a braccetto.

“Allora dimmi, dov’è l’ospite?” mi chiese subito, curiosa.

“Non nominarlo!” risposi prontamente. “Ora voglio solo godermi la festa.”

“Capisco che debba essere successo qualcosa di nuovo, domani mi racconterai. Andiamo da quella parte, ho appena visto dei bellissimi ragazzi.”

Mia madre aveva trasformato uno dei tanti salotti in una sala da ballo per noi giovani, questo mi fece tornare il sorriso. Perché non mancava nulla. La sala era in stile americano. Le cameriere portavano sui loro vassoi dei mini hot dog, con dei bicchieri di coca cola. E poi non potevano mancare i buonissimi Milkshake. Io ero entusiasta, per non parlare del mitico juke box con le canzoni di Elvis e altre di quel genere.

“Tua madre si è battuta! Non pensi?” mi disse Annie prima di gettarsi nella mischia e ballare.

“Sì in effetti… se l’avessi saputo avrei indossato degli abiti adatti…” ma prima di poter finire la frase qualcuno mi prese per mano e mi tirò nella mischia.

Con mia grande sorpresa era Adam, la musica ora era un lento davvero molto romantico.

Ci stavamo tenendo uno stretto all’altra. Non riuscivo a staccarmi da lui, emanava davvero un buon profumo. I rumori intorno a noi mi arrivavano ovattati.

Adam faceva apprezzamenti sul mio vestito, poi disse qualcosa sui miei capelli e sul mio sguardo. So solo che arrossii. E mi strinsi maggiormente a lui, quando ad un certo punto qualcuno mi afferrò per il polso e mi strappò dalle sue braccia. Mi girai infuriata verso quella persona che aveva osato interrompere un momento tanto bello. Come si era permessa? Non ci potevo credere, era mio padre!

“Catherine! Ti pare il caso di dare un tale spettacolo?”

“Io e Adam stavamo solo danzando!” protestai.

“Oh, vi date del tu… allora chiedo scusa di aver disturbato, continuate pure. Devo andare a bere.”

Me ne tornai accanto ad Adam e lo stavo per abbracciare di nuovo, quando lui esclamò:

“Scusa ma devo raggiungerlo!”

“Chi?”

“Thomas.”

“Aspetta, perché? Gli passerà! Cosa ti importa di mio padre?”

“Molto. Non posso. Mi dispiace, Catherine.”

 

Venni abbandonata nel bel mezzo della sala davanti ad un mucchio di invitati, quando per fortuna mi raggiunse Annie.

“Ma dov’è andato?”

“Da Thomas. Non commentare, te ne prego. Dai, troviamoci un posto tranquillo e sediamoci.”

“Perdonami Catherine, ma io ho appena trovato della compagnia, mi capisci vero?”

“Sì tranquilla, e buona fortuna.”

Proprio così, ero stata abbandonata da tutti. Stavo per tornarmene in camera mia, decisa a lasciare quella festa, quando vidi un volto famigliare tra la folla.

Non potevo credere ai miei occhi!

Scesi velocemente le scale ed entrai nel salotto , mi guardai in torno, appena vidi Annie andai verso di lei, l'afferrai per il polso e la tirai verso di me.

Protestò, ma io la trascinai in cucina

“Catherine, ma che ti prende?”

“Scusa, è solo che ho appena visto Tom… lo so che non può essere lui, ma lo sembrava…”

Annie sbiancò, si allontanò da me e dopo un po’ si accese una sigaretta

“ora andiamo di là a controllare! Ovvio che non può essere lui, ma controllare non ci costa nulla.”

Tremava come una foglia, la sigaretta le cadde a terra e con la punta della scarpa la spense.

Uscimmo dalla cucina e tornammo dagli ospiti.

Per un bel po’ di tempo Annie entrò e uscì da varie stanze come impazzita, invece io mi sentivo felice, perché forse Tom era tornato dalla guerra!

Il che significava che fosse vivo.

Ad un certo punto venimmo bruscamente interrotte da mio padre e da Adam.

Stavano per chiederci qualcosa quando un grido interruppe la festa, 

“È Annie!” dissi guardandomi intorno preoccupata, insieme io e Adam andammo nel giardino e lì trovammo una Annie su di giri e Tom.

La luce della luna non permetteva di vederlo bene, ma io lo riconobbi dallo sguardo, mi precipitai verso di lui per abbracciarlo. 

“Non avvicinarti!”

“Ma cosa dici Annie, non vedi che è tuo fratello Tom?”

“Non è lui, Tom è morto!”

Adam venne con una torcia che puntò sul volto del giovane.

Un grande orrore si impadronì dei presenti, quel volto un tempo così bello, ben curato, dolce e di un bel colore, ora era sfigurato da una bruciatura dovuta ad un acido, l'occhio destro era di vetro, le labbra rosse, l’occhio sano era vuoto e segnato dalle molte sciagure che aveva veduto.

Venni sopraffatta dal dolore. Il mio Tom, il mio primo amore di gioventù, era un corpo senz’anima, ci guardava ma non ci riconosceva.

Mio padre chiamò subito un’ambulanza, che lo venne a prendere e lo portò via, anche Annie se ne andò per dirlo ai genitori.

 

Gli ospiti tornarono alla loro festa come se nulla fosse successo, 

Corsi nella grande sala e urlai con tutto il fiato che avevo in corpo:

“Non vi vergognate a tornare alla vostra vita, dopo aver visto ciò che la guerra ha fatto al povero Tom?”

Ero davvero infuriata e la disperazione accresceva ancora di più la mia rabbia.

La musica si fermò, gli occhi di tutti erano puntati su di me, ma io continuai:

“Vorrei che ve ne andaste tutti via! Voi e i vostri cuori di pietra!”

E feci aprire la porta da una delle cameriere, i miei genitori non protestarono Alla fine la gente raccolse i propri soprabiti e se ne andò a casa propria.

 

Appena la porta si chiuse, salii in fretta le scale ma venni seguita da Adam.

“Catherine, stai bene?”

“No! Tom era un bravo ragazzo. Non meritava ciò che gli è capitato, è il fratello della mia migliore amica e penso che un giorno sarebbe stato un buon marito…”

“Oh, non lo sapevo, chiedo scusa. Se vuoi ti faccio portare un Tè da una delle cameriere.”

Non so cosa mi prese, ma lo afferrai per il polsino della camicia,  e con un filo di voce dissi:

“No. Non te ne andare, ti prego. Resta con me per questa notte.”

“Va bene”

E insieme ci ritirammo in camera mia...

Angolo dell'autrice:

come immaginate sono stata in vacanza e in queste vacanze mi sono rilassata e riposata! u.u
Non ho fatto nulla xD

Ma ora sono tornata e finirò questa long e nel frattempo scriverò altre storie, le idee sono di nuovo molte. Il tempo non molto, ma farò del mio meglio per finire almeno questa storia! 

A presto! :*
Fuji.

 

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Capitolo 5
*** IV° Capitolo. ***


Betato:ringrazio  Crazy Lion per la correzzione dei piccoli errori! :*

 

Un raggio di sole penetrava dalla finestra e raggiungeva il mio viso. Mi voltai  sul fianco, solo per notare Adam il quale per tutta la notte era stato seduto sulla poltrona a vegliare su di me. Ma non si era voluto spingere oltre, poiché io ero sconvolta dal povero Tom e quindi vulnerabile e lui non avrebbe mai approfittato del mio stato d’animo. Inoltre non ci conoscevamo di certo ancora così bene da fare un passo del genere. Alla fine mi sedetti sul mio letto, indossai le ciabatte e la mia vestaglia e senza fare troppo rumore mi alzai.

“Catherine.”

“Scusa non volevo svegliarti, ho fatto più piano che potevo.”

“Tranquilla, sono io che ho il sonno leggero. Vecchie abitudini che faticano a morire. Vuoi che ti porti la colazione in camera?”

“No, penso che scenderò, farò colazione e poi uscirò. Sai, devo andare da Annie…”

“Allora dammi il tempo di vestirmi, magari posso accompagnarti.”

“Sarebbe meglio di no!”

Aprii la porta della camera e gli voltai la schiena per poi scendere le scale.

Adam mi seguì. Appena facemmo la nostra entrata nella sala, mio padre si staccò dal suo giornale e mia madre venne verso di me.

“Cara! Dimmi, come ti senti?” mi chiese in tono apprensivo.

“Un po’ meglio madre, vi ringrazio. Adam ha vegliato sul mio sonno.”

Mia madre spostò il suo sguardo su di lui e dopo alcuni secondi mormorò:

“Ti ringrazio.”

Nel frattempo mi accorsi che mio padre aveva semplicemente bofonchiato ed era tornato alla sua lettura. Anche Adam l’aveva notato e dopo che mi ero seduta al fianco di mia madre, lui si avvicinò a mio padre.

“Thomas, dev’essere davvero molto interessante quel giornale!”

Mio padre lo ripose immediatamente.

“In realtà non molto, preferisco la tua compagnia. E Catherine, dopo colazione se passi a trovare i parenti di Tom, fa’ sapere loro che io sono a loro disposizione per qualunque cosa.”

“Grazie padre, siete molto gentile. Lo dirò ad Annie.”

“Povera ragazza…” sussurrò mia madre.

Bevuto il tè e mangiata la torta e altri pasticcini, mi alzai. Salii in camera e indossai un vestito accollato e di tinta scura, come se andassi ad un funerale. Ma volevo dimostrare il mio dolore alla famiglia di Tom e Annie.

Scesi e Adam mi venne incontro.

“Mi dispiace non poter venire con te, ma Thomas mi vuole mostrare alcune carte.”

“Non importa, e poi è meglio così.”

Salii sulla mia macchina e me ne andai; mentre guidavo pensavo a quante cose erano già cambiate in quelle settimane. E poi il rapporto tra mio padre e Adam si stava facendo sempre più strano, ma non potevo parlarne con Annie.

Finalmente raggiunsi la villetta della mia amica, parcheggiai la macchina, scesi e arrivata al cancelletto suonai il campanello.

Le mie mani erano sudate, mi sentivo a disagio e quando Annie uscì di casa mi sembrò passata un’eternità. Mi venne incontro ed io mi sentii un po’ meglio.

“Voglio andare al pub! Scusa, ma ti devo parlare” disse solo, senza nemmeno salutarmi.

L’ansia iniziò a farsi sentire unita ad un forte senso di nausea e la ragazza mi accompagnò fino al pub. Appena arrivate ordinammo due boccali di birra.

Ci accomodammo nella saletta privata, appena mi sedetti Annie mi si avvicinò.

“Tom verrà ricoverato in un centro specializzato nel suo disturbo.”

“Questa è una buona notizia!”

“Da un lato sì, ma è a Londra” sospirò.

“Oh! Aspetta, cosa mi stai tenendo nascosto?”

“Cath, mi trasferirò… Lo so, Londra è lontana. Mi mancherai, ma Tom è mio fratello!”

Mi mancò il respiro. Ero pronta a starle vicino, a consolarla, ma non ero preparata a questo.

“Cath, ti prego, dimmi qualcosa!”

“Ecco, è che sei la mia migliore amica e te ne stai per andare così lontano, Tom è malato e anche Angus lo è. Il gruppo non esisterà più. Mi mancherai da morire!” dissi affranta.

L’abbracciai forte e piansi.

Annie non disse nulla ma ricambiò il mio abbraccio e pianse anche lei, poi ci separammo per bere le nostre birre, le dissi ciò che mi aveva detto mio padre e infine la lasciai andare via.

Salii di nuovo in auto e arrivai a casa, non mi cambiai, ma raccolsi i miei oggetti per dipingere e me ne andai nel mio luogo magico.

 

Dipinsi me e Annie da piccole mentre le mostravo la mia quercia, in quel momento sentii un rumore e mi voltai.

“Adam!”

“Catherine, com’è andata?”

Mi voltai verso il dipinto e mentre dipingevo gli risposi:

“Se ne va a Londra. Sai, là c’è una clinica per curare Tom.”

“So cosa si prova quando le persone a noi care se ne vanno via, ma poi si ci ritrova” disse.

Comprendeva il mio dolore e ciò mi diede un po’ di sollievo, come se qualcuno mi avesse tolto almeno in parte un peso dal cuore.

“Parli di mio padre?”

“Già! So che sarà difficile per te da accettare e che forse ci considererai dei pazzi, ma io e lui ci amiamo.”

Rimasi senza parole né fiato per un lungo momento. Tutto mi sarei aspettata fuorché una rivelazione come quella.

“Vi eravate lasciati? Perché? Per mia madre?”

Azzardai quella domanda, me ne stavo per pentire quando Adam si accomodò su di un tronco e si accese un mini sigaro, poi si voltò verso di me ed io mi ero girata verso di lui, per incontrare i suoi occhi.

“Viviamo in un’epoca sbagliata. Tua madre accettò di sposare Thomas, pur di aiutarci…”

“C’è il carcere per questo, lo sai?”

Adam annuì e diede una nuova boccata al suo sigaro.

“Siamo negli anni ‘50 e pur amandolo con tutto me stesso non posso starci insieme perché sennò entrambi verremmo “curati” o peggio… Catherine, io volevo dirtelo, ma Thomas non aveva intenzione di ferirti.”

“Ferirmi? Capisco, devo ammettere di essermi innamorata di te, ma non sono una stupida e so cosa sia l’amore tra due uomini! Ammetto che la cosa mi ha lasciata disorientata all’inizio, ma se voi siete felici…”

“Lo dirai a Thomas?”

“No, per ora non lo farò. Sono sfortunata con gli uomini: due hanno la malattia del soldato e tu sei un omosessuale. Non so, per ora è meglio che mi lasci sola, devo solo riordinare le idee.”

“Ma certo. Che idiota, Annie ti ha appena detto che si trasferirà a Londra e io ti vengo a raccontare queste cose, scusami.”

“No anzi, apprezzo la tua sincerità!”

Adam se ne andò, io finii il mio quadro e poi mi incamminai verso casa.

Ripercorrendo la strada ripensai al fatto che era vero, molte cose erano cambiate, ma tante altre sarebbero capitate solo che in quel momento non sapevo che quelli erano nulla in confronto ai veri problemi che stavamo per affrontare e che ciò avrebbe cambiato per sempre la mia vita...


Angolo dell'autrice:

dovete sapere che negli anni 50 in Inghilterra si andava in carcere o si veniva "curati" in quanto l'omosessualità era vista come una malattia ed era considerato anche un reato grave. 
Solo nel 1967 la corte di Canterbury legalizzò l'omosessualità.
Io sono rimasta al quanto sconvolta nel leggere ciò che veniva fatto in passato agli omosessuali in Inghilterra ;.;

Ve lo volevo spiegare del perché Adam e Thomas hanno dovuto nascondere il loro amore. E perché Thomas ha dovuto sposarsi.

Al prossimo capitolo! :*

Fuji.

 



 

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Capitolo 6
*** V°Capitolo. ***


Betato: ringrazio Ciuffettina per la correzione dei piccoli errori :*


 

In un mese tutta la mia vita era cambiata, la mia migliore amica se n’era andata ad abitare a Londra, i miei amici d'infanzia erano entrambi malati della malattia del soldato e ricoverati in un manicomio.

Adam mi piaceva davvero molto, sì forse per alcune frasi da lui dette avrei dovuto averne paura. Ma in realtà erano tutte cose che lo rendevano interessante.

E ora che sapevo che lui e mio padre avevano una storia d’amore… mi sentivo presa in giro.

Non volevo vederlo, così gli ultimi giorni di giugno li passai alzandomi presto, facevo colazione in fretta e poi prendevo la macchina e me ne andavo in qualche luogo lontano e dipingevo.

 

Così era trascorso un mese ed io e Adam non ci eravamo più incontrati.

 

Un giorno qualcuno suonò alla porta, andai ad aprire davanti a me un giovane postino mi porse una lettera, lo salutai, chiusi la porta e l’aprii.

Cara signorina Catherine,

il mio caro amico Adam Wood mi ha gentilmente inviato alcuni dei suoi dipinti.

Sa io sono una figura molto importante nel mondo dell’arte, quindi la volevo informare che trovo i suoi quadri stupendi. Detto ciò, la informo che vorrei aprire una sua personale galleria. La invito qui in Scozia per parlarne meglio. Mi faccia sapere se è d’accordo o no.

Cordialmente Alan Campbell”

Mi sentivo arrabbiata, ma anche felice perché i miei quadri erano piaciuti a quel critico d’arte. Ma volevo andare a dire qualche parola ad Adam e così feci, salii le scale e mi diressi verso la sua camera.

Non bussai, aprii la porta in piedi accanto al letto seminudo c’era Adam che si stava per vestire, improvvisamente divenni rossa, ma non dissi nulla gli feci solo vedere la lettera.

“Ma è meraviglioso, Catherine, mi fa davvero piacere per te!”

“Potevi dirmelo o almeno chiedermi il permesso. Chi ti dice che io volessi una cosa simile?”

“Se non la vuoi allora puoi dirgli di no. O magari ignorarlo come stai facendo con me da un mese!”

“È diverso… e tu lo sai.”

“Già lui non ti ha detto di essere gay e innamorato di tuo padre. Scusa se ti credevo più aperta di così.”

“Ma io lo sono è solo che… ti amo. Ma tu ami mio padre… hai la minima idea di come mi sento?”

“Lo so perché anch’io mi sento così verso di te. Ma non posso farlo a Thomas.”

“Non te lo chiederei mai! È mio padre gli voglio bene, non potrei mai e poi mai portargli via il suo amore. Non sono quel genere di persona…”

“Catherine sei una donna meravigliosa e così pura. Se solo ti avessi conosciuto prima, magar-”

“Non dirlo, ti prego! Accetterò l’invito del signor Campbell, andrò in Scozia ad aprire la mia galleria.”

“Che cosa mi stai dicendo?”

“Che me ne vado!”

Prima che Adam aggiungesse qualcos’altro e prima che io potessi cambiare idea, uscii dalla stanza e andai nella mia stanza.

Tirai fuori la mia valigia e iniziai a prepararla, poi aspettai che i miei genitori scendessero per la colazione, a quel punto scesi anch’io.

Raggiunsi i miei per la colazione, mi accomodai e iniziare a dire:

“Madre e padre, un mese fa Adam inviò, su mia richiesta, a un suo amico alcuni miei quadri, a questo critico d’arte sono piaciuti, tanto da dirmi di voler aprire una mia galleria.”

“O mia cara io e tuo padre siamo davvero molto fieri di te.”

“Sì madre, solo che ho deciso di partire per andare in Scozia…”

“Tu cosa?”

“Sì, hai capito bene madre. Ti prego, padre, di astenerti da qualunque tipo di disappunto, ormai ho deciso.”

“E facci capire, tu te ne andresti in casa di un perfetto sconosciuto?” domandò lui.

“No, me ne andrei in un hotel, ma per chi mi hai preso padre?” 

Prima che lui potesse controbattere intervenne Adam: “Thomas, ormai Catherine è una donna, e poi Allan è un ragazzo di una buona famiglia scozzese. Quindi non vedo alcun problema.”

“Va bene, mi fido della tua parola, Adam.”

Mi alzai dal tavolo e ringraziai, andai su in camera mia, presi le valigie in una c’erano i vestiti e nell’altra i miei nuovi dipinti.

Scesi tutta vestita con indosso un cappotto morbido di pelle e un cappellino decorato da varie piume di pavone.

“Ma Catherine, te ne vai di già?” disse mia madre venendomi incontro.

“Sì madre, prenderò il primo treno per il paese scozzese indicato sulla busta, appena arriverò a destinazione vi chiamerò” li salutai tutti, ma Adam mi salutò da lontano con un leggero cenno del capo.

 

Mentre percorrevo in macchina  la strada che mi avrebbe condotta in stazione, mi sentivo felice.



Angolo dell'autrice:

mi scuso per la mia lunga assenza, ma ho avuto davvero molto da fare, comunque eccomi qui con un nuovo capitolo della mia FF e poi ne ho scritti molti altri, quindi ora le uscite saranno settimanali ;3


Christine parte per la Scozia ed ecco che subentrerà un nuovo personaggio dai prossimi capitoli quindi la storia si farà più interessante!

Fatemi sapere cosa ne pensate, e grazie a chi la recensisce e chi la legge solo! :*

Al prossimo capitolo! Fuji.

 



 

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Capitolo 7
*** VI°Capitolo ***


Betato: Ciuffetta mi ha corretto i piccoli errori! :*



 

Arrivata in stazione parcheggiai la macchina, scesi e andai verso il treno.

Salita, presi posto vicino al grande finestrino, in quel momento c’ero solo io e le mie valigie, alla seconda fermata si aggiunse un signore di una certa età, ben vestito con una valigetta da lavoro, il viso pieno di rughe, sembrava un pendolare abituato a quei tipi di viaggi in treno.

Alla terza fermata si aggiunsero una donna con una bambina, la quale, incuriosita, iniziò a chiacchierare con me, mentre la madre dormiva: voleva sapere perché stavo andando in Scozia.

Andando avanti con il viaggio, mi appisolai, quando mi risvegliai la cabina era piena di gente. Aprii il finestrino per far svanire l’odore di sigaro, una signorina incinta mi ringraziò. Guardai fuori il paesaggio era cambiato, ora c’erano vari villaggi che si affacciavano sul mare. Poi dopo un po’ ancora colline sempre più verdi, chiusi il finestrino perché l’aria si faceva sempre più fredda.

Finalmente raggiungemmo Melrose nella regione di Scottish Borders.

Quando scesi dal treno, ormai il sole era del tutto tramontato, l’aria era piuttosto fresca, ma per fortuna appena fuori dalla stazione c’erano dei taxi che portavano nei vari hotel.

Dissi all’autista che non conoscevo il luogo, ma gli mostrai la busta, appena lesse il nome disse: “Oh, il signor Campbell abita nell’Eildon Hills, sono delle colline molto belle. Ora la porto in una locanda e domani mattina la porterò da lui.”

“Sì perfetto.”

Non avevo afferrato tutto di quella lingua, per me davvero molto diversa dall’inglese, gli assomigliava un po’ ma era alquanto più dura.

 

La locanda era davvero carina una casa dal tetto grigio e la parete bianca, con un’insegna di legno su cui vi era scritto il nome in gaelico scozzese.

Entrai e l’interno era tutto in legno, una signora mi chiese se volessi cenare, ma risposi che volevo solo dormire. Mi portò al secondo piano dove c’erano delle stanze, ognuna di loro aveva un camino, un letto a una piazza e un mobile con specchiera e il bagno.

La salutai e mi coricai.

Al mattino mi sentivo davvero bene, l’aria fresca penetrava dalla finestra.

Mi vestii, mi lavai il viso mi spazzolai i capelli, e infine presi le mie valige e scesi le scale, feci colazione e poi presi il taxi che mi condusse nella valle di Eildon Hills.

Una valle davvero maestosa e tutta verde, dopo un bel po’ raggiungemmo una villetta tipica della zona, con pareti bianche e tetto grigio, il taxi vi si fermò davanti. “Signorina siamo arrivati” annunciò il tassista.

Scesi, e lo pagai, appena lui se ne andò, io mi voltai verso la villetta, il cancelletto era in ferro bianco, il giardino era pieno di fiori, tutto intorno c’era un bosco.

Suonai il campanello, e il cancelletto mi venne aperto. Entrai nel giardino e lo attraversai, raggiunsi il portone di casa e suonai nuovamente un altro campanello, ad aprirmi venne un uomo alto, con capelli corti di un colore rossiccio, la pelle bianca e con indosso un kilt.

“Buongiorno, signorina…?”

“Io sono Catherine, l’artista amica di Adam Wood.”

“Non mi aspettavo una sua visita così presto.”

“Lo so, avrei dovuto avvertirla, signor Campbell, le chiedo scusa.”

“Oh no, tranquilla, è solo che sono rimasto sorpreso, ma sono felice e non mi chiami signore, ho solo due o tre anni in più di lei. Mi chiami solo Alan. Ma entri e si accomodi.”

Entrai all’interno, la casa non era molto ordinata da quello capii che non vi era alcuna signora Campbell, mi accomodai su una sedia libera.

“Mi sono portata dietro alcuni miei quadri… sa per la galleria.”

“Ma certo, ovviamente. Apprezzo davvero molto il tuo entusiasmo.”

Parlammo del più e del meno, quando a un certo punto la conversazione si era spostata tutta su Adam.

“Ma tu e Adam come vi siete conosciuti?” gli domandai.

Alan si era acceso una pipa e se la stava fumando “Mi ero appena arruolato” mi rispose, fra una tirata e l’altra, “e venni mandato in Francia.”

“Immagino che hai visto cose terribili.”

“Immagini bene, ma fu lì che incontrai Adam. Io ero stato catturato da dei tedeschi, e lui era lì.”

“Aspetta non capisco…”

“Adam era un soldato tedesco, per lo meno indossava un'uniforme nazista. Lui apprezzava l’arte, così appena scoprì che ero un critico d’arte, mi fece rilasciare. Io ritornai immediatamente qui! Ecco ora sai tutta la storia, ma non sapevo che abitava in Inghilterra…”

“Nemmeno io sapevo che fosse tedesco. E devo dirti la verità, Alan, sono rimasta alquanto scioccata.”

“Mi dispiace, alcune volte parlo troppo, è meglio che ti mostro la tua camera, così ti riposi e poi domani mattina parleremo dei tuoi quadri.”

Mi sentivo così piena di domande, volevo saperne di più, ma avevo anche molta paura, ora temevo per la vita della mia famiglia, che potessero venir arrestati per aver aiutato un nazista.

Ma mi fidavo di Adam e del suo amore per mio padre. 

Alan mi accompagnò in una stanzetta adibita agli ospiti, mi fece vedere anche il bagno. Poi ci salutammo, mi sentivo davvero troppo agitata per poter dormire, infatti, pur essendomi sciolta i capelli e messa in camicia da notte, non vi era modo di prendere sonno, mi rigiravo nel letto e pensavo ad Adam e mille domande si facevano largo nella mia mente.

 

La notte passò velocemente, quando mi alzai ero davvero molto provata, profonde occhiaie solcavano il mio pallido viso, quando andai in cucina Alan mi si avvicinò con fare apprensivo.

“Mi dispiace molto averti turbata, parlando così liberamente di Adam.”

“No, anzi ho apprezzato la tua sincerità, solo che non posso dire che non mi sento sconvolta. Ma dimmi che cos’altro sai su di lui?”

“Ecco, mi aveva scritto che doveva lasciare la Germania per via dei processi contro i nazisti e perché lui era gay e mi pare che mi abbia detto che il suo fidanzato fosse inglese e che l’avrebbe nascosto.”

“Sì ma se qualcuno scoprisse la verità, cosa ne sarebbe della mia famiglia?”

“Verrebbero processati per aver tradito la propria patria, per non parlare di ciò che capiterà ad Adam e al suo fidanzato, essere gay è purtroppo visto come un reato ben peggiore…”

Mi dovetti sedere, mi sentivo così debole, dentro di me pensavo che mio padre non avrebbe retto, che mia madre, per non far scandalo, sarebbe tornata dalla sua famiglia.

Non sapevo più cosa fare, quando Alan mi disse: “Ma non devi essere così negativa, Catherine, Adam è un uomo intelligente, se avesse solo pensato di potervi mettere in pericolo sarebbe andato in Sud America o in Svizzera!”

“Forse, ma l’amore alcune volte fa fare alla gente cose folli…”

“Già, ma non ad Adam. A proposito mangia qualcosa, che tra poco usciamo per andare a Maolros per vedere la sua galleria.”

“Dove?”

“Scusami mi sono dimenticato che tu non parli il gaelico scozzese. Dicevo che andiamo a Melrose.”

“Capisco, forse è stata una pazzia venire qui.”

“No non l’è stata, hai semplicemente seguito il tuo cuore d’artista.”

Con quella frase mi convinse, così mi sono seduta e ho mangiato la colazione.

Poi sono tornata in camera, mi sono vestita e infine siamo usciti.

Alan si era vestito elegante, con il suo kilt,  con un cilindro e un bastone.

Mentre camminavamo, mi parlava di quella valle, dei suoi racconti e di come lo scrittore James Hogg abbia riportato le gesta di Re Artù in un suo romanzo.

Ascoltavo come una bambina affascinata, da ogni piccolo particolare.

Quando finalmente arrivammo al villaggio, lui mi spiegò che il nome significava la nuda penisola.

“Là c’è il fiume Tweed e da quella parte un antico monastero. Ma dimmi ti sto annoiando?”

“No! Anzi ti trovo davvero molto colto, sai molte cose sulla tua zona di nascita. Io non so tutto ciò sulla mia…”

“Scusa se sto ridendo, ti sto solo dicendo le cose che si leggono sui libri su questa zona. Volevo farti una buona impressione.”

“E ci sei riuscito!” dissi ridendo.

Mi prese sottobraccio e mi portò davanti a un’antica struttura, aprì la porta e mi fece entrare. “Questa sarà la tua galleria, cosa ne pensi?”

“È molto grande, non so se avrò tutti questi quadri.”

“Mia cara Catherine, sei davvero una fanciulla modesta, ovviamente non devi per forza riempirlo, i tuoi quadri sono unici e meravigliosi.”

“Ti ringrazio, così dicendo mi fai arrossire” e infatti ero arrossita leggermente, mentre Allan rideva.

 

Lasciammo la struttura, per dirigerci a una sala da tè.

“Catherine, so che sei inglese e così ti invito qui.”

“Immagino che tu, da buon scozzese, non ami il tè vero?”

“Non molto, preferisco un buon bicchiere di Drambuie”

“E cosa sarebbe?”

“È una ricetta segreta per un liquore fatto in una locanda sull'isola Skye.”

“Ci sono stata da piccola sull'isola Skye è davvero molto bella!”

Nel frattempo, ci eravamo accomodati a uno dei tavolini, una simpatica signorina si ci era avvicinata e ci aveva chiesto cosa volevamo bere.

“Per lei porta un buon tè e da parte del latte e un piatto dei nostri deliziosi Shortbread, per me invece un bicchiere del vostro liquore.”

“Va bene, Alan, arrivano subito!”

Appena la signorina se ne andò, domandai: “Allora ci vieni spesso qui?”

“Sì, è l’unico pub della zona dove non fanno solo birra.”

“Oltre al tè, che cos’hai ordinato?”

“Un dolce tipico della scozia: dei biscotti al burro, spero che ti piacciano.”

“Sono sicura che mi piaceranno.”

Mentre ognuno di noi beveva e mangiava ciò che gli era stato portato, parlammo delle nostre rispettive vite.

Poi Alan pagò il conto e ce ne tornammo a casa sua...



Angolo dell'autrice:

Catherine è finalmente arrivata in Scozia a Melrose è un paese che sitrova negli Scottish Borders.
Alan appare come un uomo affascinante di cui la nostra protagonista da quasi subito del tu...
E oltre tutto si scopre una cosa sconcertante sul conto di Adam.
I prossimi capitoli si faranno un poco più piccanti di fatti diverrà una storia a rating arancione per via di alcune scene di sesso piccanti.
Ma non vi svelerò altro.

-Mi sono informata molti nazisti passavano per la Svizzera e poi scappavano in Sud America.
-James Hogg menzionato da Alan è davvero esistito era un poeta e uno scrittore scozzese, famoso nel 1800.
Lui riporta nel suo romanzo del 1823 il poema che parla anche di Re Artù "The Lay of the last Minstrel" di Michael Scot del 1805.
- Il fiume Tween e il monastero esistono davvero. Il fiume si trova nella valle di Eildon Hill e il monastero a Melrose.
-Il Drambuie è davvero un liquore scozzese creato in una locanda sull' Isola Skye.
Ingredienti: whisky, miele di brugo e una miscela segreta di erbe e spezie.
Aroma: di miele e di erbe.
Sapore: rimanda a zafferano,miele,anice,noce moscata ed erbe.
-Shortbread: è un biscotto tipico scozzese. Di forma rettangolare, allungata e molto spessi. E particolarmente friabili "short" è un termine ora in disuso per friabile.
Ingredienti:
una parte di zucchero
due di burro
tre di farina.
Ecco questto è tutto ciò che ho inserito nel capitolo! :*
Al prossimo capitolo e grazie per chi legge e recensisce! :*
Fuji.

 



 

 

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Capitolo 8
*** VII° capitolo. ***


Betato: ringrazio Ciuffettina per il suo aiuto nella correzione dei piccoli errori! :*
 

Dopo aver saputo che Adam fosse un nazista, avevo trascorso il tempo a riflettere su ogni minimo particolare. Più ci pensavo e più mi sentivo smarrita, mio padre non solo aveva messo in pericolo la nostra famiglia, ma tra lui e Adam c'era amore.

Non ci volevo nemmeno pensare, Alan dal canto suo tentava in ogni modo di farmi sentire bene, ogni giorno mi portava a visitare luoghi meravigliosi.

Il tempo in Scozia era uggioso.

Mi alzai dal letto con poca voglia di fare qualsiasi cosa, guardai fuori dalla finestra e vidi Alan parlare con una ragazza.

Indossai la vestaglia e mi precipitai in salotto, e appena lui rientrò, gli domandai: "Chi era?"

"Una ragazza" rispose con un sorriso divertito.

"Se non vuoi dirmelo, tranquillo, non mi offendo." Sapevo che il mio sguardo faceva trapelare la verità.

"Siamo già al punto di essere gelosi l'uno dell'altro. Capisco… lei era una ex voleva sapere come stavo, le ho detto di te."

"Mi fa piacere" dissi avvicinandomi a lui e baciandolo.

"Quando tornerai in Inghilterra, anch'io sarò geloso."

"Allora vieni con me!"

"Non posso e poi tu e Adam dovete chiarire, mi sentirei di troppo…"

"Capisco. Vado a vestirmi, mentre tu prepari la colazione."

Lo lasciai a pensare. Avevamo parlato molto del mio ritorno a casa, sarei tornata solo per sistemare le faccende lasciate in sospeso e infine sarei tornata da lui.

Ma Alan si era ostinato nel dire che io provassi ancora dei sentimenti per Adam e quindi non sarei più tornata da lui. Non tentai nemmeno di smentire tale illazione, perché forse aveva ragione, provavo ancora qualcosa per Adam, ma non potevo lasciarmi sopraffare da un sentimento che avrebbe fatto soffrire mio padre.

Mi andai a vestire, raggiunsi Alan in cucina per la colazione e infine uscimmo.

 

La galleria stava prendendo forma, ci avevo lavorato con parsimonia e ogni dettaglio mi rappresentava a pieno.

Invece Alan aveva scelto le opere da esporre e aveva anche preparato le locandine per l'inaugurazione.

Aveva scelto il mio primo dipinto con la quercia, mi ricordavo bene quella giornata come fosse stato ieri.

" Era un giorno di sole, Annie mi portò nel suo luogo segreto. E mi chiese di dipingerlo. Eravamo entrambe così felici, con noi c'erano Tom e Angus." 

Allan interruppe i miei ricordi. "Allora cara, cosa ne pensi ti piace?"

Vidi che mi fissava pensieroso, solo allora mi accorsi che alcune lacrime stavano rigando le mie guance. Mi affrettai ad asciugarle. "Scusa, mi ero persa in un ricordo."

Alan mi strinse dolcemente a lui.

 

Prima che venisse troppo buio, ci incamminammo verso casa.

"Prima mi sono venuti in mente alcuni miei amici. Annie e suo fratello Tom si sono trasferiti a Londra. Angus invece…" scoppiai in lacrime, non era da me.

Allan capì e mi strinse a sé.

"Oh Alan, a rovinare Tom e Angus sono stati i nazisti, come Adam. Non so cosa dirgli o come comportarmi." Feci un lungo respiro per calmarmi, ma mi sentivo male "io li ho traditi!"

"Ma cosa stai dicendo, tu non sapevi che Adam fosse nazista. Non hai colpe."

Lo strinsi, per fargli capire che il solo stargli accanto mi faceva, sentire al sicuro.

Appena arrivammo a casa, andammo in camera da letto, e dopo esserci messi in pigiama ci mettemmo sotto le coperte.

Iniziammo a baciarci, Alan mi diede un bacio sulla bocca, poi altri piccoli baci sul collo, sulla pancia e infine la sua testa scomparve del tutto. Ed io provai un piacere, che fino ad allora non avevo mai provato. Quella notte facemmo l'amore. 

Il mattino dopo sarei partita per tornare a casa e sistemare le faccende in sospeso...

 


Angolo dell'autrice:

lo so è un capitolo breve, ma volevo spiegare meglio il rapporto che si era creato tra i due personaggi.

Oltre tutto come ben vedete il rapporto tra Alan e Catherine è diventato più stretto.
Ma lei pensa ancora molto ad Adam... le cose si fanno più interessanti! Cosa ne pensate? Alan vi piace? *u*
Ringrazio chi recensisce e chi semplicemente legge! :*
Al prossimo capitolo! Fuji.


 

 

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Capitolo 9
*** VIII° Capitolo. ***


Betato: ringrazio Ciuffettina per la correzione dei piccoli errori! :*

 

Il mattino dopo mi sono svegliata presto, Alan stava ancora dormendo.

Non me la sentii di svegliarlo così con la massima attenzione mi alzai dal letto e andai in bagno, lì riempii la vasca di acqua tiepida e sali da bagno.

Mi svestii e mi ci immersi, dopo alcuni secondi mi insaponai i capelli con lo shampoo. Siccome ero bionda, ne usai uno al miele e camomilla per schiarirli, come si usava in quell’epoca. Infatti dopo averli lasciati in posa per alcuni minuti, li ho sciacquati aiutandomi con un pentolino. Infine mi alzai e uscii dalla vasca. Indossai l'accappatoio, mi avvicinai allo specchio e accesi il phon dopo circa un'oretta finalmente i miei capelli erano asciugati ed io ero pronta per andarmi a vestire e poi sarei partita.

Quando tornai in camera ad attendermi c'era Alan.

"Ma come sei già vestito?" gli domandai.

"Sì, sai devo accompagnare qualcuno in stazione…"

"E dimmi… la conosco?"

"Sì, è bionda, profuma di miele e di camomilla e se non si sbriga perderà il treno!"

"Oddio! Smetti di ridere, vai a preparare la colazione intanto io mi vesto" lo sbattei fuori dalla stanza. 

Mi vestii e presi le mie valigie per fortuna preparate il giorno prima.

Andai in cucina, ad attendermi una deliziosa colazione, bevvi il tè e mangiai dei biscotti, Allan aveva già finito e così uscimmo e ci dirigemmo in stazione.

Per fortuna arrivammo in tempo. Io ero sollevata, invece Alan era triste così lo abbracciai e lo baciai. Poi andai a fare il biglietto e andammo sul primo binario ad aspettare.

Alan si era acceso la sua pipa ed io lo guardavo attentamente e scorgevo nel suo sguardo tutto il suo dolore nel vedermi andare via.

"Ho promesso che tornerò. Mantengo sempre la parola data."

"Lo so, ma non riesco a essere allegro, mi dispiace."

"Ma non ti chiedo di esserlo per forza, ma di fidarti di me!"

"Ed è quello che faccio. Ma non mi fido di Adam, te l'ho detto ieri sono geloso di te."

"Lo so ma io amo te. Quindi non ti devi preoccupare. Oh guarda arriva il treno!"

E dopo averlo esclamato, ho preso le valigie e ho salutato Alan con un bel bacio sulle labbra.

 

Mi ero andata ad accomodare vicino al finestrino per salutare ancora Alan, ma lui se n'era già andato via.

Ci rimasi male, ma dovevo tornare a casa e parlare con Adam per risolvere ogni cosa.

Così appena il treno partì, in un certo senso, mi sentii sollevata.

Davanti a me si erano seduti una famiglia, al mio fianco c'erano due bambini un maschio e una femmina. Stavano giocando e di tanto in tanto la bambinaia, li riprendeva e chiedeva scusa ai presenti.

Il viaggio sembrava non finire mai.

Ma finalmente il treno giunse a destinazione, presi le valigie e scesi. 

L'aria era fresca, così mi tirai fuori la mia giacchetta, dopo averla indossata raggiunsi la mia macchina. Era proprio dove l'avevo lasciata, pagai il custode del parcheggio e mi misi in viaggio per casa.

Quando giunsi davanti alla villa oramai era buio, scesi e mi aprii il cancello e infine finalmente ero in piedi davanti al portone di casa.

Bussai e ad aprirmi venne la cameriera la quale dopo avermi aperto, corse in sala da pranzo.

"Signora è tornata!" esclamò.

Sentii mia madre urlare di gioia, senza far tornare la cameriera, chiusi la porta e raggiunsi mia madre in sala da pranzo appena mi vide, mi strinse a sé con tanto affetto.

"Allora dimmi com'è la Scozia?"

"È davvero molto bella, dove sono papà e Adam?"

"Sono su nell'altro studio di tuo padre, ma cara, spogliati e accomodati. Sarai stanca e affamata!"

Mi tolsi la giacca e mi accomodai su di una sedia, dopo un paio di secondi mi venne servita la cena. Mangiai senza farmi dire nulla.

Appena ebbi finito mia madre domandò: "E dimmi quel Alan com'era?"

"Ecco… ci siamo fidanzati. Ti prego di non urlare o dirmi qualcosa di offensivo sul suo conto, perché io lo amo e non lo accetterei!"

"Capisco. In effetti è uno scozzese, lo so che lo ami. Ma questo non cambia il fatto che tu sia una borghese e inglese e lui un poveraccio scozzese… non continuerò solo perché ti voglio bene."

La ringraziai abbracciandola, poi mi alzai e le feci capire che ero stanca e volevo solamente andare, in camera mia.

La salutai. Salii le scale e mi chiusi in camera.

Appoggiai la valigia e mi cambiai, ma prima di coricarmi mi resi conto che sarebbe stato da maleducata non andare a salutare Adam e mio padre.

Così visto che ero già in camicia da notte, indossai la mia vestaglia.

Uscii dalla camera e mi diressi verso lo studio. Visto che la porta non era chiusa, l'aprii senza bussare.

Una scena che non mi aspettavo si palesò davanti al mio sguardo, mio padre coricato sul divano e sopra di lui Adam che lo stava baciando, dalla vita in giù entrambi erano nudi. Nessuno dei due si accorse di me, perché troppo eccitati dall'amplesso.

Mi sentii fuori posto, così con delicatezza richiusi la porta, per mia fortuna nessuno si era accorto di nulla.

Scesi le scale, il sonno mi era passato, mi sentivo una stupida perché era ovvio che anche loro come me e Allan facessero l'amore.

Eppure mi sentivo turbata, oltre tutto mi vennero in mente due distinti pensieri, nel primo mi ero immaginata io al posto di mio padre e nel secondo invece mi venne in mente che Adam era nazista.

Alla fine mi chiusi nella stanza da lettura e lì telefonai ad Alan.

Mi rispose il centralino: "Sì mi dica che numero vuole chiamare?"

Gli dissi il numero e aggiunsi: "È scozzese, spero che non mi costi troppo."

"Tranquilla signorina, ora la metto in linea con il numero, arrivederci."

Mi rispose una voce impastata dal sonno. "Si può sapere chi è a quest'ora?"

"Perdonami Alan."

"Catherine, è successo qualcosa?" 

Sentendo la sua preoccupazione, mi resi conto di aver sbagliato.

"Mi dispiace averti chiamato, tu devi venire! Io non ci riesco, mi sento male e qui tutti e tutto mi appaiono come degli estranei, ti prego."

"Parto subito con il primo treno e sarò da te domani, cara."

"Grazie." Riattaccai, in realtà non ero stata sincera, avevo paura di me stessa: quel pensiero di fare sesso con Adam mi terrorizzava. Non potevo tradire Alan e non potevo far soffrire mio padre. Quindi avevo deciso di sistemare subito il problema.

Salii le scale e tornai in camera mia. E mi addormentai.

 

Il giorno dopo, mi svegliai felice, mi vestii come sempre, poi andai in bagno e dopo essermi preparata, scesi per la colazione.

Seduti al tavolo c'erano Adam e mio padre, mia madre stava arrivando.

"Oh Catherine, che bella sorpresa" mi disse Adam venendomi in contro. Da gentiluomo mi fece accomodare. 

Dopo essersi seduto mi chiese: "Allora com'è andata?"

Mio padre aveva chiuso il giornale e si era messo ad ascoltare.

"La Scozia è davvero molto bella, la mia galleria è in via d'apertura."

"Capisco e Alan?"

"Io e Alan ci siamo piaciuti."

"Che cosa vuoi dire?" chiese mio padre.

"Ci siamo conosciuti, mi ha parlato molto di sé e della sua zona. Poi abbiamo abitato insieme, ma non prima di fidanzarci."

Tutti i presenti rimasero ammutoliti, a rompere il silenzio fu mio padre: "Si sa sono quelle cotte estive, intanto lui è la."

In quel preciso momento qualcuno suonò alla porta, mi affrettai ad alzarmi e andai ad aprire. Era proprio lui. Lo feci entrare e spogliare del cappotto, infine lo portai in sala.

"Vi presento Alan, sai mio padre stava giusto dicendo, di volerti conoscere."

"Buongiorno, scusate per non avervi avvisato prima, ma quando la tua amata ti chiama nel pieno della notte, bisogna correre. Ed eccomi qui, mia cara" dopo averlo detto mi baciò.

Dopo esserci staccati approfittai del silenzio. "Appena avrò sistemato alcune cose, io e lui torneremo a casa nostra."

"Come sarebbe a dire? Questa è casa tua, non quella con quello scozzese."

"Padre, Alan non è uno scozzese qualunque." Sentii la mano di lui stringere la mia per darmi la forza. "Lui è il tuo futuro genero. Sono maggiorenne so perfettamente cosa sto facendo."

Mia madre interruppe il discorso chiedendo se qualcuno volesse un bicchierino di liquore.

Mio padre e Adam annuirono. Alan invece si accomodò accanto a me, insieme aspettavamo una risposta.

E venne da Adam: "Di’ la verità, stai facendo tutto questo, solo perché ho scelto di stare con Thomas."

Mi sentii umiliata, mi stavo per alzare e rispondere ma intervenne Alan: "Ma come ti permetti! Chiedile scusa."

Intervenni: "Tu Adam ami mio padre. Sì è vero, la prima volta che me l'hai detto mi sono sentita ferita. Ma poi con il tempo e soprattutto grazie ad Alan, ho capito che era una semplice cotta estiva ed è passata."

Adam non disse nulla, mio padre era più sollevato.

Io feci colazione e poi avrei portato Alan a visitare i luoghi dei miei dipinti...



Angolo dell'autrice:

 il telefono degli anni 50: generalmente era di colore nero, con cornetta e con al suo centro una rotella con su scritto i numeri che andavano dall'uno allo zero. Per comporre un numero si ci metteva davvero molto tempo, bastava infilare ogni volta il dito nel buco dove c'era il numero e girare fino a quando no si sentiva un drin e ripetere il gesto per ogni numero finché non si era digitato il numeror telefonico completo.Io lo so perché i miei nonni materni  lo usavano.

Il centralino: in Inghilterra si chiamava lei o lui per chiamare altri paesi, in quanto c'erano diversi prefissi e diversi costi. Mi sono documentata.

In questo capitolo Alan alla fine chiamato da una turbata Catherine decide di andare da lei.
Mentre Catherine è ancora un bel po' confusa per ciò che prova realmente per Adam...
Voi cosa ne pensate? Ringrazio chi recensisce :*
A presto! Fuji.

 
 

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Capitolo 10
*** IX° Capitolo. ***


Betato: ringrazio Ciuffettina per la sua correzione dei piccoli errori! Grazie :*


 

Alan era andato in camera sua e poi avrebbe fatto una doccia.

Mio padre stava parlottando con Adam, così io raggiunsi mia madre, nel roseto dietro casa.

"Mamma mi dispiace averti turbato."

"Ma no mia cara, ho sempre saputo le inclinazioni di tuo padre. Io e lui siamo amici, l'epoca in cui viviamo è chiusa, mi chiedo se cambierà mai!"

"Me lo chiedo anch'io. Oggi pomeriggio vado con Alan a fare una gita."

"Allora dirò alla cuoca di preparare una merenda al sacco."

E se ne andò. Appena mi girai mi ritrovai Adam.

"Mi hai spaventata!"

"Non devi farlo."

"Che cosa non dovrei fare?"

"Sposarlo."

"Perché?"

"Perché per me ciò che provo per te non è una semplice cotta estiva è molto di più."

"E Thomas?"

"Io vi amo entrambi. Credo che si chiami bisessualità, una volta lo lessi su di un libro."

"Cosa vuoi che ti dica? Che lascio Alan? Lo sai che non lo farò."

Lo vidi cambiare, lo sguardo che mi piantò addosso mi oltrepassò e mi fece sentire male. Ma non mi scomposi anzi. "So cosa sei."

"E cosa sarei?"

"Un nazista, uno di quelli che ha fatto del male a Tom e ad Angus! Ho smesso di amarti in quel preciso momento."

Quello era vero, non avrei mai potuto stare con uno di loro, non avrei mai tradito Annie, Tom e Angus. Loro meritavano il mio rispetto.

Adam entrò in casa come una furia, mi resi conto che voleva fare del male ad Alan chiamai mio padre, salimmo le scale. 

Mio padre faticò non poco, per staccare le mani di Adam dal collo di Alan. Quando ci riuscì, corsi dal mio amato "scusa scusa, scusa…" lo ripetevo come se fossi stata io.

Alan riprese colore. "Non ti devi scusare."

"Invece sì. Sai glielo detto…"

"Oh! E dimmi Adam avresti ucciso un amico solo per averlo detto a Catherine?"

"Sì perché non dovevi dirglielo."

"Sì invece, lei aveva il diritto di saperlo. Anche se non lo feci apposta, credevo che lo sapesse!"

"È vero, me lo disse prima che ci innamorammo. Alan pensava che io fossi al corrente di tutto."

"Thomas lei sa tutto!"

Mio padre scese le scale e si andò ad accomodare su di una delle poltrone e si prese la testa tra le mani poi disse: "Tua madre non lo sa. Non accetterebbe un fatto simile. Perse molti amici e sua sorella per mano dei nazisti."

"Anche tu padre, come fai ad amarlo?"

Potevo sembrare cattiva, ma volevo sapere ogni cosa.

"Lo amo e basta. Adam non ha fatto nulla di orribile. L'avrebbero giustiziato ed io non potevo perdere il mio amato, così lo portai qui in Inghilterra."

"E in questi anni dove abitava?"

"A Londra." 

"Capisco."

"Cosa farai ora?" mi chiese Adam.

"Nulla, volevo solo sapere la verità, ma di certo non vi denuncerei mai, siete la mia famiglia!"

Dopo averlo detto presi per mano Alan e insieme prendemmo il cibo e, indossato i nostri cappotti, ce ne andammo a visitare i luoghi della mia infanzia.

Mentre attraversavamo un bosco mi chiese: "Tu mi ami?"

"Ma certo e tu mi ami ancora, Alan?"

"Che domande fai. Certo, non sono arrabbiato con te. Solo che sono sicuro che anche lui ti ama."

Era inutile mentirgli così glielo dissi.

"Capito, quindi mi lasci?" mi domandò.

"No! Ho scelto te. Perché ti amo, non capisco perché devi essere così."

"Perché vivo nella paura di perderti."

Ci abbracciammo e ci coricammo lì sul prato bagnato. Tolsi la maglia ad Allan e lui mi tolse l'abito, eravamo entrambi affamati d'amore e così lo facemmo lì.

Ormai era sera, quando tornammo a casa.

Dal canto interno provenivano degli strani rumori, dopo poco qualcuno venne ad aprirci, con nostro orrore era Angus armato di una pistola.

La stava puntando alla testa di Adam.

"Ma cosa stai facendo!" urlai.

"Tu non lo sai, ma Adam è un nazista. Cath, è uno di loro!"

Mia madre guardò mio padre, e comprese che era vero, quindi scoppiò in lacrime. "Come hai potuto, Thomas!"

"Stai zitta!"

"Avevo rispetto per lei e invece lei porta un nazista e in casa sua. Mi dica almeno il perché?"

Adam lo implorava di non dire nulla, invece mio padre lo fece. "Io lo amo."

Sul viso di Angus si fece largo una smorfia di disgusto per quel uomo che per anni considerava come un padre.

Ora non era solo un traditore ma anche un deviato...


Angolo dell'autrice:

allora questo è capitolo un po' duro. Tratta una tematica molto delicata il nazismo, Catherine non sa cosa fare, riesce ad accettare abbastanza bene l'omosessualità di Adam, ma non può proprio accettare il fatto che lui sia un nazista e come dargli torto!
Ha perso molte persone a lei care per causa della seconda guerra mondiale.

Ma Adam è diverso lui non ha fatto cose malvagie, come le dice il padre. Però pur essendo una semplice ideologia, era sbagliata, Adam però può essere perdonato per il suo passato? Ed è a questo punto che arriva Angus un ragazzo che ha perso tutto in guerra e che ha visto con i suoi occhi ciò che facevano i nazisti, lui non può perdonare Adam e purtroppo visto gli anni, non può nemmeno accettare l'omosessualità di Thomas che considerava un padre.

Mi scuso per il termine deviato, ma volevo far capire quanto odio provasse Angus in quel preciso momento dopo aver sentito le parole di Thomas.


Al prossimo capitolo! :*

Fuji.

 

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Capitolo 11
*** X°Capitolo. ***


Betato: ringrazio Ciuffettina per la correzione dei piccoli errori! :*


 

Nella stanza regnava il silenzio. Era passato solo un secondo da quando Angus aveva sparato, sentivo un fischio nelle mie orecchie. Istintivamente avevo chiuso gli occhi per non vedere, il momento in cui il colpo avesse raggiunto mio padre.

Ma quando li riaprii con orrore compresi che il corpo a terra non era il suo bensì quello di mia madre. Sotto shock mi avvicinai, anche se sentivo come ovattata la voce di Angus che mi diceva, di stare dov'ero altrimenti mi avrebbe sparato. Ma non potevo, caddi in ginocchio accanto al suo corpo e toccandolo capii che era già freddo.

Mi voltai verso di lui e dissi con odio: “È morta! Hai ucciso mia madre, ti odio!" Mi chino ulteriormente su di lei e piango.

«Io non volevo, si è messa in mezzo... oddio cos'ho fatto! Cath, ti prego perdonami."

Non mi staccai dal corpo di mia madre, ma sentii il colpo di pistola e un liquido caldo colpirmi metà viso e ricoprirmi gli abiti. Poi le urla di disperazione di mio padre, la voce di Adam che lo rincuorava e infine due mani calde che tentavano di staccarmi da mia madre.

Alzai la testa e vidi Alan. "Cath, non puoi più fare nulla per lei, dai vieni tra poco arriverà la polizia."

Alcune domande si fecero largo in me.

Chi l'aveva chiamata? E quante ore erano già passate?

"Ma non posso lasciarla sola."

"È morta, non puoi più far nulla, Cath."

Mi alzai, anche se ancora oggi non so dove trovai la forza per farlo, infatti mi aggrappai ad Alan.

Mentre stavamo uscendo, lo vidi, il corpo di Angus a terra con il cranio sfondato. 

E compresi, con un gesto di follia corsi fuori, raggiunsi la fontana e lì mi gettai al suo interno, volevo lavar via il suo sangue dal mio corpo.

Alan e Adam mi corsero incontro, temendo il peggio.

Ma no non mi sarei mai suicidata, anche se mi sentivo straziata dal dolore.

 

Passarono alcuni minuti e Adam disse: "Quando arrivano dobbiamo raccontare tutti la stessa verità."

"Verità, è un parolone! Di' pure la stessa bugia" disse con sarcasmo Alan.

Mio padre era giù di morale, ma non abbastanza.

Non so per la prima volta, compresi che c'era solo un'amicizia tra di lui e mia madre. Infatti il solo fatto di avere Adam al suo fianco lo faceva sentire meglio.

Tutto ciò mi rendeva triste. 

Così mi voltai e strinsi Alan. "Ora non litighiamo, il suo corpo è ancora caldo."

Adam ci disse di dire che Angus voleva dei soldi da mio padre e alla fine aveva ucciso mia madre e preso dal rimorso si era ucciso.

Annuimmo in accordo.

 

Alla fine i bobbies arrivarono e ci fecero le solite domande di routine.

E misero la villa sotto sequestro, io e Alan decidemmo di andare a dormire in una delle locande del villaggio, invece mio padre e Adam rimasero a casa.

 

Quella sera dopo essermi fatta una bella doccia calda dissi: "Alan, sono felice di averti accanto."

"Oh cara, non sai quanto mi dispiace per tua madre."

"Anche a me. Ora ci saranno i funerali e poi… non so cosa fare."

"Ti rimarrò accanto. Facciamo il funerale e ce ne torniamo in Scozia."

"Guarda che è morto anche Angus… lo so è un assassino, ma…"

"Ma cosa?"

"Ma il vero colpevole è Adam!" Non volli aggiungere altro, mi sentivo così debole. Mandai Alan a ordinare la cena e portarla in camera.

Mentre lui era via, presi il telefono, alzai la cornetta e chiamai Annie.

"Pronto chi parla?"

"Sono io Catherine, volevo dirti che è successa una cosa terribile" piansi.

"Cath calmati, cos'è successo?"

"Angus ha ucciso mia madre e si è suicidato."

Sentii il silenzio dall'altra parte della cornetta e infine disse: "Parto subito, sarò lì da te domani!"

Misi giù la cornetta, in quel momento entrò Alan, di ritorno con la cena.

Mi sentivo più sollevata perché stava per arrivare, la mia migliore amica da Londra.

Anche se la circostanza era molto triste, rivedere Annie mi rallegrava il cuore.

Non riuscii a mangiare molto, ma per fortuna avvolta tra le braccia di Alan riuscii a dormire.

 

Il mattino dopo, mi vestii con un abito nero, volevo che la gente sapesse che ero in lutto.

Per strada la terribile notizia era sulla bocca di tutti. E tutti mi fermavano per farmi le loro condoglianze.

 

Arrivai alla fermata dell'autobus e attesi. Alla fine la mia attesa venne premiata, Annie mi venne incontro e mi strinse forte a sé.

Era cambiata, ora si vestiva più elegantemente, i suoi capelli erano corti a caschetto.

"Sono passati solo alcuni mesi, ma sei cambiata davvero molto."

"Già, sai Londra è diversa e poi mi sono fidanzata. Ma non parliamo di me, parlami se vuoi di te."

La presi sottobraccio e andammo al solito Pub.

Appena entrammo i mormorii si zittirono.

 

Ci andammo ad accomodare allo stesso tavolo, in cui c'eravamo dette addio.

"Prima di parlarti di mia madre, vorrei dirti che anch'io mi sono fidanzata, con uno scozzese."

"Bello, immagino la faccia di tuo padre!"

"Già... mio padre… lo odio!"

"Cosa? E perché?"

Prima di risponderle, feci un cenno al cameriere, che ci portò due birre.

Ne bevvi quasi metà. Annie mi guardava preoccupata.

"Tranquilla sto bene. È solo che si tratta di Adam e di mio padre. Quello che ti sto per dire deve rimanere tra di noi, me lo prometti?"

"Lo prometto! Allora dimmi."

"Mio padre e Adam stanno insieme."

Anche Annie bevve metà della sua birra. "Questa non me l’aspettavo, immagino il tuo shock, ma dimmi ha qualcosa a che vedere con la morte di tua madre e di Angus?"

"Sì! È tutto collegato, ma c'è di peggio."

Allora non pensai quale peso avrebbero avuto le mie parole e soprattutto mi fidavo di Annie, ma ci sono cose che è meglio non dire nemmeno alle amiche.

Lo compresi nel modo peggiore.

"Tipo?" Chiese Annie.

"Adam è un nazista" lo dissi a mo' di sussurro.

Annie impallidì. "Cosa pensi di fare?"

"Nulla."

"Ma come sarebbe a dire, non hai visto che cosa hanno fatto a Tom?"

"Ma Annie, Adam non è così e poi fa parte della famiglia!"

"Dovrai scegliere."

"Che cosa vuoi dire?"

"Che un giorno dovrai scegliere tra la tua famiglia o la tua patria!"

"Dove vai?"

"Me ne torno a Londra, scusa Cath, ma non posso stare con te…"

"Annie, non andare!" La vidi uscire e scomparire dietro l'angolo, gli avventori del pub mi fissavano.

Così mi alzai e dopo aver pagato, tornai in albergo.

Lì preparai i bagagli.

Alan non c'era, sicuramente era andato dal prete con mio padre per preparare il funerale.

In quel momento entrò Adam. "Ti ho vista con Annie, cosa stai facendo?" mi domandò.

"Annie era solo passata per un saluto veloce. Sto preparando le valigie, finito il funerale io e Alan torniamo a casa."

"Tu non puoi, lasciare Thomas"

"Ma non è solo, ci sei tu. Questa faccenda mi ha fatto capire che per lui sei molto importante. E io non voglio essere la cattiva della storia."

"La verità è che non mi hai mai amato."

"Sì infatti! Ora raggiungi gli altri. Io finisco qui e arrivo."

Dopo che la porta si chiuse e non udii più alcun passo, caddi sul letto in lacrime.

In realtà l'amavo, ma volevo bene anche a mio padre ed era per questo motivo che avevo deciso di mettere da parte i miei sentimenti.

Anche se ora mi sentivo davvero a pezzi, forse un giorno avrei potuto amare allo stesso modo anche Alan, mi rialzai e mi ripulii il viso e finii di preparare le valigie, stavo per uscire, quando Alan sudato e stanco mi raggiunse dicendo: "Li hanno arrestati!"


Angolo dell'autrice:

per capire al meglio questo capitolo consiglio di leggervi quello precedente!

Detto questo, in questo capitolo succedono molte cose, tipo purtroppo muore la madre di Catherine per mano del suo migliore amico che si suicida subito dopo, poi la migliore amica che la tradisce voi cosa ne pensate? Annie come si è comportata con Catherine? Si lo sto rendendo un bel po' drammatico, un po' di drammaticità secondo me ci stava bene.

Secondo voi chi è stato arrestato? Si l'ho voluto terminare così per lasciare un po' di suspance, ma tranquilli l'altro capitolo l'ho già scritto.


Curiosità:
- bobbies: sono poliziotti non armati presenti in Inghilterra fino a qualche anno fa, ora anche i poliziotti inglesi hanno avuto in dotazioni delle armi. Negli anni 50 ogni commissariato aveva un commissario e i bobbie che ci lavoravano. 
I bobbie avevano anche il compito di fare delle ronde notturne. In questo caso raccolgono le testimonianze dei protagonisti.


- vestirsi di nero era usato in segno di lutto, negli anni 50 veniva ancora usato in Inghilterra sopratutto nei villaggi di campagna, a Londra non molto.

Ringrazio chi recensisce e te che recensisci sempre grazie tesoro! :*
E anche chi legge solamente grazie! ;3

Al prossimo capitolo!
Fuji.

 

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Capitolo 12
*** XI°Capitolo. ***


Betato:ringrazio Ciuffettina per la correzione dei piccoli errori! :*


 

Mi dovetti sedere per non cadere, improvvisamente mi mancavano le forze.

Nemmeno il tempo di seppellire mia madre e Angus, che mio padre e Adam venivano arrestati.

Alan dopo avermi dato la notizia, si era messo al telefono a chiamare dei suoi amici, tra cui un avvocato.

Feci su uno scialle e la mia borsetta. Feci un cenno ad Alan e uscii di corsa e andai alla stazione di polizia.

 

Lì andai da un bobbies che si occupava dell'accoglienza. "Mi scusi, sto cercando mio padre e Adam Wood."

Lo vidi uscire dal gabbiotto ed entrare in un ufficio, per poi tornare e dirmi: "l’ispettore la sta aspettando, venga con me."

Entrammo in un ufficio, mi fece accomodare su di una sedia, seduto alla scrivania c'era un uomo giovane, avrà avuto più o meno l'età di Adam. Era vestito elegante, da quello capii che non era del luogo.

"Mi presento, sono il nuovo ispettore, vengo da Londra. Mi chiamo Colin."

"Io mi chiamo Catherine, piacere. Allora perché avete arrestato mio padre e Adam?"

"Una soffiata anonima ci ha detto che hanno una relazione e che Adam è nazista."

"E chi è stato a fare una cosa simile? Era una voce maschile o femminile?"

"Femminile."

Impallidii, ma tentai di non farmi notare dall’ispettore. Pensai immediatamente ad Annie, e mi sentii tradita. "Capisco, magari una a cui Adam ha ferito i sentimenti" tentai di dire con noncuranza.

"Forse, comunque dovrò indagare."

In quel momento entrò un bobbies con Adam e mio padre.

Istintivamente feci un gesto di cui non mi pento: andai verso Adam e lo baciai sulla bocca. "Caro, stai bene?"

"Sì" Adam rimase un attimo senza capire, anche mio padre.

Ma io semplicemente mi voltai verso Colin: "Sa, ero tornata da poco, per sposarmi con Adam, ma poi è capitata la tragedia."

In quel momento arrivò anche Alan e ci vide, ma non disse nulla di inappropriato.

"Mi scusi lei sarebbe?" chiese l’ispettore.

Risposi io: "Lui è il cugino di Adam, sì ecco l'unico segreto che ha Adam è di essere scozzese." Tentai di ridere, per placare un po' gli animi.

Alan capendo il mio gioco, parlò: "Sì è tutto vero ispettore, anzi sta per arrivare l'avvocato di mio cugino, per mostrare tutto ciò di cui avrà bisogno."

Il bobbies accompagnò fuori tutti, tranne me.

Mi accomodai di nuovo e a quel punto l'ispettore Colin tirò fuori una cartella. "La facevo più furba."

"In che senso?"

"Non volevo offenderla, ma dopo la soffiata ho fatto delle chiamate e, sa già cos'è saltato fuori, vero?"

Abbassai lo sguardo, non potevo crederci li stavo per perdere per sempre, avrei fatto di tutto per poter tornare in dietro e non dire nulla ad Annie.

"Lei, signorina Catherine, è giovane, non sa davvero tutto su Adam, non sa di come abbia assassinato degli innocenti, di come si sia macchiato di vari reati. Lei sa solo che lo ama, non è così?"

Non risposi, in fondo quel Colin non voleva alcuna risposta, si alzò e continuò a parlare: "Suo padre invece sa tutto. Ma non gli importa, Adam è il suo giovane marito, oh non lo sapeva?"

Ci fu un interminabile pausa, quando finì lui riprese a parlare: "Già si sono sposati in un paese che lo permette. Poi sono venuti qui in Inghilterra. A questo punto cosa pensa di fare?"

"Non intendo parlare o dire altro, se permette me ne andrei."

"Certo vada pure, ma non lasci il paese."

Ero appena uscita dal suo studio, quando venni accompagnata in una delle celle. Lì ad aspettarmi c'erano tutti.

A parlare fu Alan: "Sanno tutto non è così?"

"Già…"

"Tu e lei dovete andare in Scozia, una volta lì sarete al sicuro."

"Io non ci sto! Non voglio abbandonarvi."

"Lo sappiamo, Cath, ma non posso perdere anche te."

"Oh padre…" lo abbracciai forte.

Io e Alan fummo accompagnati fuori.

 

Una volta fuori, Alan si accese la sua pipa, era il suo modo per alleviare la tensione.

"Ti sembra il momento giusto per fumare?"

"Sì! Non so più cosa pensare."

"Che cosa intendi?"

"Il bacio che hai dato ad Adam" prima che potessi controbattere, mi premette un bacio sulle labbra. Sapeva di tabacco. Mi parlò a fior di labbra: "Era un bacio vero, tu lo ami e mi stai ferendo." Si staccò, per tornare alla sua pipa.

Nel suo sguardo lessi tutte le sue paure e le sue fragilità.

"Alan, non so cosa dirti."

"Mentimi, dimmi che mi ami e che le mie sono paure infondate."

Invece io dissi semplicemente: "Ho bisogno di te."

Non volli mentire sui miei sentimenti verso Adam, ma non volli nemmeno perdere Alan.

Mi sentivo terribilmente stanca.

"Rimarremo qui fin dopo il processo" disse serio e continuò: "poi ognuno tornerà alla propria vita."

"Alan io…" 

"Non aggiungere altro, ti prego."

Ora il suo sguardo era triste, anche se le sue labbra erano increspate da un falso sorriso.

Mi prese per mano. E sentii quanto le sue erano sudate.

"Sono una persona orribile, vero?" domandai.

Ma la risposta non venne, sapevo di esserlo perché l'avevo usato pur non amandolo.

Arrivati nella locanda, Alan andò al bancone, e si fece dare un secondo mazzo di chiavi.

Tornò da me per darmi le mie.

"Ora dormiremo in camere separate?" chiesi allibita.

"Ma cosa vuoi da me, Cath?"

"Voglio te!"

"No, tu stai ripiegando su di me perché non puoi avere Adam!"

Presi le chiavi e salii le scale. Una volta nella mia stanza, mi buttai sul letto. Mi sentivo esausta, e in colpa.

Alan aveva ragione, ma non potevo dirglielo.

Mi addormentai, era notte quando qualcuno bussò alla mia porta.

Mi alzai, ero andata a dormire vestita, aprii la porta e davanti a me c’era una donna.

"Signorina, può scendere un attimo? Si tratta del suo amico" mi disse.

Capii e così mi richiusi la porta alle spalle e la seguii, fino al bar.

Lì Alan ubriaco, si teneva un asciugamano sul labbro.

Gli andai vicino, appena mi vide esclamò: "Visto? Ecco come riduci gli uomini che ami."

"Non dire assurdità."

Si tirò su. "Vedete questa donna” disse indicandomi, “per lei avrei dato la mia vita. Per poi trovarla tra le braccia di un altro!"

"Sai cosa ti dico, tornatene in Scozia. Di un ubriacone non so che farmene!"

E lo spinsi, forse perché era davvero molto ubriaco o forse perché esagerai comunque cadde su dei tavolini.

Corsi accanto a lui.

Ma stava piangendo.

"Ti amo. Non posso farci niente. Anche se tu ami lui. Ma voglio starti accanto, permettimi di starti accanto, Cath."

"Ma certo Alan, ora tirati su che andiamo a dormire."

La locandiera mi aiutò a portarlo in camera.

 

La mattina dopo mi alzai presto, solo per fargli portare il caffè.

"Alan, come ti senti?"

"Come uno appena investito da una macchina."

"Allora meglio di quello che temevo."

"Sono pur sempre uno scozzese!" 

Mi misi a ridere, poi però mi afferrò la mano. "Senti Cath, per ieri sera io…"

"Tranquillo, capisco perfettamente. Piuttosto ti ricordi la tua promessa?" Gliela sussurrai in un orecchio.

Alan divenne leggermente rosso. "Mi vergogno ad ammetterlo ma è vero. Ti amo sul serio."

"Ora pensiamo al processo e poi torneremo sull'argomento."

Il processo sarebbe durato un bel po' di tempo.




Angolo dell'autrice:
allora eccoci qui alla svolta drammatica della storia, si perché l'amica di Catherine Annie l'ha tradita, svelando alle autorità dell'epoca che Adam è un nazista e che è gay entrambi dei reati gravi! 
L'essere gay ricordo per chi non lo sa che all'epoca in Inghilterra era visto come un reato e veniva punito con il carcere. Legge poi abolita per fortuna nel 1967.
Alan soffre nel scoprire la verità che Catherine ama Adam, devo ammettere che mentre scrivevo mi dispiaceva per lui, voi cosa ne pensate invece? Fatemi sapere.

Ti ringrazio tesoro perché recensisci sempre e le tue recensioni mi riempiono di gioia! :*

Al prossimo capitolo!
Fuji.

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Capitolo 13
*** XII° Capitolo. ***


Betato:ringrazio Ciuffettina per la correzione dei piccoli errori! :*


 

Io e Alan eravamo tornati ad abitare nella mia casa.

Per fortuna, i domestici avevano pulito per bene, e avevano eliminato tutte le macchie di sangue.

Eppure, potevo ancora vedere il cadavere di Angus e quello di mia madre, ma ora non potevo pensarci. Stavo aspettando una notizia importante dall'avvocato preso da Alan per difendere mio padre e Adam.

La giornata era fredda, in casa avevo fatto accendere il riscaldamento.

Le cuoche cucinavano, i giardinieri si occupavano delle siepi e delle rose di mia madre, i domestici pulivano la casa per tutti loro era una giornata normale di lavoro. Sospirai ripensando alla mia spensieratezza di molti mesi fa, quando il mio problema più grave era non trovare un nuovo luogo da disegnare; ora quel tempo era finito e davanti a me c'era una realtà che non volevo accettare.

Volevo scappare, ma non l'avrei mai fatto, avrei affrontato gli sguardi e le parole d'odio solo perché Adam e mio padre erano la mia famiglia, però ero felice che Alan mi sarebbe rimasto accanto nonostante tutto.

Venne servita la colazione, scesi pigramente le scale, ancora avvolta nella mia vestaglia di lana.

Mi andai ad accomodare al tavolo, Alan era al telefono.

Bevvi il mio thè e mangiai un pasticcino.

Appena sentii il click della cornetta del telefono gli chiesi: "Allora, che cosa dice l'avvocato?"

"Ci sono buone notizie, ha convinto i lord della Royal Courts of Justice di tenere il processo in una semplice Corte di Contea."

"Ma è una splendida notizia!"

"Sì l'avvocato ha detto che sarà più semplice."

"Speriamo."

Continuai la mia colazione, anche Alan iniziò la sua.

Alan per me stava facendo molto, ed io non me lo meritavo. Lui mi amava, ma io no. La mia mente pensava solo ad Adam, non riuscivo a pensare ad altro. Volevo solo riaverlo qui, accanto a me.

Dopo ogni pasto, Alan si rintanava nello studio di mio padre, invece io andavo nella biblioteca, ma nessuno dei due avrebbe mai avuto la forza di mettere fine a una relazione così insalubre. Quella relazione ci avrebbe logorati per molti altri anni a venire.

 

Il processo iniziò a ottobre. Le foglie gialle e arancioni rendevano il tribunale della nostra Contea un luogo migliore, come se un pittore l'avesse fatto apposta.

Il cuore mi batteva forte, le mani mi sudavano ma alla fine entrai, i giornalisti scattarono varie foto a me, ad Alan e ad altri.

Arrivai alla porta, respirai ed entrai.

Varcata quella porta li vidi: mio padre era dimagrito lo si capiva dalle guance leggermente scavate e ad Adam invece era cresciuta la barba. Non stava male, i suoi occhi verdi erano ancora attenti.

Mi andai ad accomodare appena dietro all'avvocato Mooris, il quale aveva indossato la sua toga e la parrucca bianca.

Si alzò: "Miei cari lord, siamo qui riuniti per due casi ben differenti, il primo vede entrambi i miei assistiti accusati di sodomia, il secondo invece solo il signor Adam accusato di essere un nazista."

Il giudice aveva semplicemente annuito, era vestito con una toga rossa, indossava una particolare parrucca bianca e molto elaborata con vari tipi di boccoli. Indossava dei piccoli occhialini da lettura tondi.

"I suoi assistiti come si proclamano?"

"Innocenti fino a prova contraria."

"Iniziamo il processo, prima la difesa presenterà i suoi testimoni, poi l'accusa farà lo stesso, a quel punto la corte dei lord deciderà il verdetto!"

A quel punto ebbe inizio il processo.

Il primo a deporre fu Alan.

"Allora signor Campbell, lei è scozzese vero?"

"Sì."

"Ha una relazione con la signorina Catherine vero?"

"Sì."

"Conosce il signor Wood da molto tempo?"

"Sì da molto tempo e vi posso dire che un brav'uomo."

"Si limiti a rispondere sì per ora."

L'avvocato Mooris era bravo, ma io ero preoccupata per il contro interrogatorio.

E infatti dopo che il nostro avvocato ebbe finito, si avvicinò l'avvocato dell'accusa, un uomo non troppo alto, un po' robusto e non più giovane. "Quindi lei sapeva che il signor Wood fosse un nazista?"

Vidi Alan agitarsi, in quel momento intervenne il giudice: "Si ricordi che lo spergiuro le costerà la galera."

"Sì" rispose Alan tenendo lo sguardo sul pavimento.

"E sapeva della sua relazione con il signor Thomas?"

"Sì."

"Ma pur sapendo queste cose, non li ha mai traditi?"

"No."

"Pur sapendo che alla signorina Catherine piace Adam?"

"Sì, perché l'amo."

"Ho finito."

A quel punto il nostro avvocato chiamò me. "Signorina Catherine, lei sapeva che tra suo padre e Adam ci fosse qualcosa?"

"Sì."

"Sapeva del loro matrimonio?"

"No, l'ho saputo dall'ispettore Colin."

"Sapeva che Adam fosse un nazista?"

"Sì."

"L'ha mai detto a qualcuno?"

"No."

"È tutto."

A quel punto mi si avvicinò l'altro avvocato. "Signorina, ha appena mentito, dica la verità, ha detto alla sua amica Annie che il signor Adam fosse nazista?"

"Sì." Alzai lo sguardo e lo puntai su Adam e mio padre. "L'ho fatto perché, in quel momento, penso di averli odiati per la morte di mia madre e del mio amico Angus."

Era vero, quel giorno avevo perso una parte del mio cuore, mi sentivo così priva d'amore quando lo dissi ad Annie.

"E che cosa si aspettava?"

"Che la mia migliore amica avrebbe tenuto il segreto. Adam non è cattivo, durante la guerra non si è reso responsabile di quelle atrocità naziste!"

"Lei lo ama?"

"Sì."

"Lui l’ha mai amata?"

"Sì, una volta ci siamo baciati, ma non era giusto."

"Perché sta con il signor Alan?"

"Perché mi ama, lui sa ma continua a volermi bene. L'amore è un sentimento complicato."

"Per me è tutto."

Tornai a sedermi accanto ad Alan il quale cercava di non lasciar trasparire gli occhi leggermente lacrimosi.

Volevo dirgli qualcosa di dolce, ma non potevo mentire.

A quel punto al banco venne chiamata Annie.

Iniziò a interrogarla l'avvocato dell'accusa. "Signorina Annie, da quanto tempo conosce la signorina Catherine?"

"Da quando avevamo sette anni."

"Conosceva anche Angus?"

"Sì, il nostro gruppo era composto da mio fratello Tom, da Angus, da me e da Catherine."

"Mi dica, suo fratello Tom dov'è?"

"In una clinica a Londra, per farsi curare dalla sindrome del soldato. I nazisti gli hanno tolto la voglia di vivere."

"È tutto, passo la test a lei, collega."

"Signorina Annie, quindi è questo sentimento ad averla condotta a tradire la fiducia della sua migliore amica?"

"Sì."

A quel punto l'avvocato tirò fuori un fascicolo. "Ma, da questa testimonianza presa a suo fratello Tom, emerge che lui sia stato torturato dagli americani, perché ritenuto un traditore, lei lo sapeva signorina?"

"No!"

"E se l'avesse saputo, che cos'avrebbe fatto?"

Annie mi guardò, i suoi occhi chiedevano scusa. "Cath mi ha detto che Adam era nazista, ma non aveva ucciso nessuno, era solo uno dei tanti soldati. Che poi si era innamorato e aveva deciso di abbandonare un qualcosa in cui non credeva, ma io ero troppo accecata dall'odio, per ascoltare la verità."

"Quindi lei signorina, ora cosa pensa di Adam?"

"Che è un brav'uomo e spero che la corte dei lord lo capisca." Annie si alzò e non disse nulla, uscì semplicemente dall'aula.

A quel punto a parlare fu il giudice. "My lord, potete ritirarvi e deliberare."

Ci fecero uscire, mi andai ad accomodare su una panchina ricoperta di foglie.

"Una volta finita, tornerai con me in Scozia?"

Non c'era bisogno che alzassi lo sguardo, per sapere che era Alan.

"Tornerò." Guardai due foglie portate via dal vento, che si ricorrevano, senza mai raggiungersi. Proprio come me e Adam, i nostri erano stati attimi fuggenti. 

Alan si era acceso la pipa, non potevo vederlo, ma ne sentivo il profumo.

Forse erano passate ore. Comunque finalmente la corte dei lord aveva deliberato.

Camminai lentamente. Mi accomodai di nuovo dietro all'avvocato Mooris.

In quel momento, un lord aveva consegnato una pergamena al giudice.

"Alzatevi signor Adam e signor Thomas. Per il reato di sodomia, siete stati ritenuti colpevoli. Invece lei, signor Adam, per il reato di nazismo è stato ritenuto innocente. La corte di Contea ha così deciso."

"Quanti anni passeranno in prigione per il reato di sodomia?"

"Due anni di carcere."

Poteva andare peggio, ma non lo trovavo giusto.

Fuori dall'edificio c'era l'auto dell'ispettore Colin che li avrebbe condotti al penitenziario situato vicino a Londra.

Mi avvicinai all'auto trattenendo le lacrime. "Oh papà! Io non so cosa fare."

"Ti starà accanto Alan, io e Adam ce la caveremo."

"Mi perdonate?"

"Catherine, ti abbiamo creato del dolore. Ci dispiace" mi disse Adam era così dispiaciuto che non sapevo cosa fare, ma decisi di non abbracciarlo perché c'era Alan e poi mi sarei sentita in colpa.

Un bobby mi allontanò dalla vettura, che partì.

In quel momento crollai a terra e piansi, Alan si chinò accanto a me e mi strinse a lui.

 

Tornammo a casa, mi sentivo persa. Ma volli partire per tornare in Scozia.

Diedi istruzioni varie ai domestici di prendersi cura della casa.

Il mio non era un vero addio, ma solo un arrivederci.

Con l'auto, Alan ripercorse tutti i luoghi della mia infanzia, della mia adolescenza e giovinezza.

Per poi giungere alla stazione. Mi ricordai Adam che mi venne a prendere, mi ricordai la mia felicità del mio primo viaggio in Scozia.

Salimmo sul treno, e ci accomodammo uno di fronte all'altro. Non eravamo più gli stessi, lui si mise a leggere un libro, io mi appisolai e sognai di essere felice. 

Mi sentivo così vuota, quando arrivammo a Melrose era tutto uguale. In fondo erano passati solo pochi mesi.

Prendemmo un taxi che ci riportò nella nostra piccola villetta. Appena vi entrai mi sentii sbagliata e venni assalita dai sensi di colpa.

Eppure finsi che tutto andava bene. Ma Alan se ne andò nella sua stanza e io nella mia.




Angolo dell'autrice:
lo so è passato un anno dal mio ultimo aggiornamento e anche qualche mese... mi dispiace ç.ç

Non è stato un bel periodo per me e la voglia di scrivere mi era passata, poi da un mese mi è tornata e ora ho scritto questo nuovo capitolo e poi l'epilogo, perché non me la sento di proseguire la storia, e allungarla , perché secondo me si rovinerebbe... ti ringrazio tesoro e fammi sapere cosa ne pensi di questo capitolo e del fatto che poi dopo questo ci sarà già l'epilogo, grazie! :*
Al prossimo capitolo che uscirà la prossima settimana! :*
Fuji.

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Capitolo 14
*** Epilogo. ***


Betato: ringrazio Ciuffettina per la corezzione dei piccolir errori! :*

 




1957 avevo appena compiuto trentadue anni.

Mio padre e Adam avevano già scontato i loro anni di carcere, ma io non volli, tornare a casa.

Restai a Melrose, in Scozia. 

Un anno dopo essere tornata, mi ero sposata con Alan, non so perché lo feci.

Grazie a quel matrimonio presi la cittadinanza scozzese, il che per me era molto importante per poter continuare la mia carriera di pittrice.

Alan, dal canto suo, continuò la sua di scovare sempre dei nuovi talenti, aveva avuto delle relazioni con delle giovani pittrici.

Mi ricordavo il tempo in cui ero stata gelosa e in cui ridevamo.

Ora invece eravamo due estranei sposati. Non c'era amore, eppure lo dipingevo, ma sotto forma di Adam. Ricevevo le sue lettere, ogni volta mi pregava di tornare da lui, ogni volta gli rispondevo che non potevo perché era sposato con mio padre.

No, il mio amore paterno superava quello per Adam.

A un certo punto, mi trasferii nell'appartamento sopra la mia galleria.

E lì, di tanto in tanto, ricevevo visite di alcuni gentiluomini che volevano vedere la mia arte e, più di volta, ci avevo fatto sesso.

Mi era piaciuto, sapeva di peccato.

Dopo il sesso mi sentivo rinata, e dipingevo. Un giorno dipinsi me stessa nuda avvolta nelle lenzuola, con il viso arrossato per i postumi del sesso e Adam al mio fianco.

Non lo esposi mai, no, lo tenni davanti al mio letto.

Quando lo guardavo, sognavo che lui fosse lì accanto a me.

Tenni dei corsi sulla pittura per giovani fanciulle. Era divertente dipingere di nuovo dei paesaggi. Ero appena tornata da una di quelle passeggiate, quando trovai Alan seduto sul mio letto a fissare, il quadro.

"È bello, perché non mi chiedi il divorzio?"

"Perché non lo voglio. Sto bene così."

"Io no, bevo e fumo oppio. Eppure penso a te e a lui."

"Mi odi?"

"Non posso, ti amo ancora, eppure ci facciamo del male."

"Puoi odiarmi"

"Non ci riesco, anche ora, davanti a questo quadro, io ti amo."

"È solo un dipinto di fantasia. Vuoi fare sesso con me?"

"Sì."

Mi ero spogliata e distesa sul letto.

Alan si stava spogliando, una volta che fu nudo, si mise con il viso premuto tra le mie gambe. "Come quella volta nel bosco."

Mentre arrivavo all'orgasmo guardavo il viso di Adam nel quadro. I suoi occhi verdi, li adoravo.

Alan non andò oltre. Sì alzò e si rivestì, io mi accesi una sigaretta.

"Non sarà più come allora."

Lui uscì. Sapevo di averlo ferito, sapevo di averlo usato.

Il mattino dopo, venni svegliata dal suono del campanello. Indossai la mia vestaglia, e scesi.

Aprii la porta solo per vedere un giovane in uniforme della polizia scozzese.

"Signora Campbell, la devo informare che è stato rinvenuto il cadavere di suo marito Alan Campbell."

"Com'è morto?"

"Impiccato, signora, nella sua abitazione. Accanto al suo cadavere c'era questa lettera per lei."

Il giovane me la porse, io la presi e chiusi la porta.

Piansi, ma non crollai nel dolore.

Rimasi in casa, fino al funerale ci andai vestita di nero.

Per poi tornare a casa. Quella notte pensai, la lettera non la lessi.

Alla fine decisi, di voler partire e andare a Parigi.

Feci incartare tutti i miei quadri e li feci spedire, in un mono locale che avevo affittato a Montmartre.

Il quadro davanti al letto me lo portai dietro.

Ero indecisa su come viaggiare, alla fine decisi in aereo.

Fu un bel viaggio. E fu su un aereo che lessi la lettera del mio defunto marito.

"Cara Cath,

spero che il mio suicidio non ti rovini la vita.

Sono sicuro che non lo farà, non mi hai mai amato, ma io ti ho amato. È per questo, che ho deciso di farlo. Uno di noi doveva, mettere la parola fine alla nostra storia. Ti auguro di trovare ciò che cerchi. Il tuo per sempre Alan"

 

Era il tipico comportamento di Alan, persino all'ultimo mi aveva amato. Ne ero felice.

 

Arrivai dopo due giorni di viaggio a Parigi. Una città stupenda, con i suoi viali, i suoi locali alla moda e di nudi. Per non parlare della Torre Eiffel, che stava lì in mostra, e io la fissavo. 

Presi un taxi e mi feci portare all'indirizzo a Montmartre.

"Signorina, lei è un'artista?"

"Sono vedova e sono una pittrice."

"Condoglianze per suo marito. La collina degli artisti è il luogo adatto."

Mi lasciò al mio piccolo e umile stabile. Un'antica villa trasformata in piccoli appartamenti.

Venni accolta da un uomo. "Lei è la nuova vicina?"

"Mi chiamo Catherine, sono una pittrice e lei?" 

"Uno scrittore, mi chiamo Albert."

Lo salutai, salii le scale ed entrai nella mia nuova casa. Disfai i quadri e li misi dentro in una stanza con un'ampia porta finestra che dava su in un piccolo balcone.

Decisi che sarebbe stata ideale per dipingere.

Invece il quadro di me e Adam lo appesi davanti al mio letto.

Infine c'erano cucina e sala da pranzo insieme e un bagno.

Tutto molto semplice.

Mi ero stancata così mi spogliai e mi coricai e dormii.

Fino al mattino dopo.

 

La mia vita lì partì decisamente bene, misi a frutto tutte le mie esperienze lavorative, soprattutto come insegnante d'arte. Trovai un posto in una piccola scuola di artisti.

Un giorno, lo scrittore Albert mi venne a fare visita.

Gli avevo detto di essere una vedova.

Quindi appena entrò nella camera da letto e vide il quadro. "Lui era tuo marito?"

"No."

"Oh, quindi chi è?"

"Adam, il mio amante. Alan lo vide la sera del suicidio. Perché sei entrato qui?"

"Pensavo che facendo sesso, mi sarebbe passato il blocco che mi impedisce di scrivere."

"Non voglio più fare sesso, vorrei essere amata. Alan mi amava, mi era devoto, tanto da suicidarsi per porre fine a un rapporto a cui non riuscivo a mettere la parola fine io."

"Interessante, penso di aver trovato qualcosa di meglio del sesso, una musa."

La divenni, finché lui non s’innamorò di me. Essere amata di nuovo, mi rese felice. Quindi lo sposai.

Non mi diceva mai nulla del quadro, lo lasciò lì dov'era.

 

Era ottobre, quando mi venne recapitata una lettera.

"Cara Cath,

purtroppo Thomas si è ammalato, ti vuole qui per darti il suo ultimo saluto.

Arrivederci. Adam"

 

Partii, portandomi dietro Albert.

Non avevo ancora avvertito Adam o mio padre, del mio nuovo marito.

Quando arrivai in quella casa, capii che ogni cosa mi mancava e non volevo più tornare a Parigi.

Durante la cena, Adam non scese, accompagnai in camera Albert e io andai in quella di mio padre.E lì c'era Adam.

"Cath, lui sta morendo" piangeva era distrutto dal dolore quello era vero amore. Io cercavo quello. Eppure non lo trovavo, perché ero stata stupida. Ce l'avevo ed era Adam, Alan e ora Albert erano stati degli stupidi capricci.

Uscii dalla stanza, andai da Albert.

"Cara, cos'hai?"

"Tornatene a Parigi, ti manderò le carte del divorzio. Non voglio nulla."

"Non so cosa fai agli uomini, ti dovrei odiare eppure non ci riesco. Sii felice."

Albert si vesti e se ne andò, ma prima mi domandò: "Ti devo rimandare qualcosa?"

"Sì, i miei quadri."

"Va bene."

Non gli dissi che il mio quadro con Adam l'avevo portato con me a casa in Inghilterra.

Andai in camera mia e indossai uno dei miei vecchi abiti, poi tornai in camera da letto e mi sedetti accanto al letto di mio padre.

 

Pioveva, pioveva anche durante il funerale di mia madre e di Angus e anche in quello di Alan.

E ora stava piovendo a quello di mio padre.

Adam piangeva e mi stringeva la mano, anch'io piangevo. Piangevo così tanto, non solo per mio padre, ma anche per Alan le lacrime che non avevo versato quel giorno, caddero in una volta sola.

Mentre eravamo in macchina e percorrevamo la strada di casa mi  sembrava di percorrere la strada della nostra vita.

"Cath, ti sei sposata di nuovo?"

"Da ieri sono divorziata, perché?"

"Pensavo… vuoi vivere con me?"

"Sì lo voglio."

Percorremmo quella strada, finalmente insieme e uniti per sempre.

Continuai la mia carriera d'artista, dipingevo di nuovo la natura , circondata dai ricordi dolci e tristi, ma soprattutto con Adam.

Lui andava sulla tomba di papà, ma poi tornava sempre da me. E io ora non mi sentivo più in colpa per nulla. Ricevetti una lettera di Albert in cui mi diceva che si era sposato di nuovo, ma soprattutto mi voleva mandare il libro che aveva scritto, pensando a me. La protagonista mi assomigliava, mi sentii felice.

Lo dissi ad Adam, finalmente il mio quadro non era più una semplice fantasia.

Ogni giorno ero amata e felice.



Angolo dell'autrice:
ed eccoci qui alla fine della storia! Devo ammettere che mi è piaciuto davvero molto in cimentarmi in questa avventura! Aver scritto un intera storia originale per me è stata un'esperienza davvero molto bella u.u
Mi fa anche piacere che sia piaciuta! *w*

Ringrazio per averla sempre recensita -ThorinOakenshield grazie tesoro! :*

Ringrazio per averla inserita tra le seguite:
-LadyTsuky
E tra le ricordate:
-Narciso_

Grazie! :*
Perché essendo una storia originale non è mai facile ricevere molte recensioni a me meno che non parlino d'amore ecc. la mia invece era anche drammatica e toccava molti temi difficili per l'epoca in cui era ambientata, quindi mi fa piacere che sia piaciuta ad alcuni. Per ora mi dedicherò a continuare la mia raccolta di one shot sopranaturali originali e su una nuova raccolta AU dedicata alla serie tv The Walking Dead e poi penso che tornerò a scrivere qualcosa sullo Hobbit perché mi manca u.u
Si ci vede su altre storie!
Fuji.

 

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