Do You Think It Makes Sense?

di jaykayess
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Trasferimenti bruschi ***
Capitolo 2: *** Sproni ***
Capitolo 3: *** Ragazzino ***
Capitolo 4: *** Ringraziamenti ***
Capitolo 5: *** La partenza di Bulma ***
Capitolo 6: *** Provocazioni ***
Capitolo 7: *** Tormenti ***
Capitolo 8: *** Incidenti di percorso ***
Capitolo 9: *** Vecchie(e nuove) conoscenze ***
Capitolo 10: *** Drammi familiari ***
Capitolo 11: *** Problemi... e soluzioni? ***
Capitolo 12: *** Di prime esperienze, sentimenti e serate al chiaro di luna ***
Capitolo 13: *** Il ritorno di Bulma ***
Capitolo 14: *** Quando ti piace davvero qualcuno ***
Capitolo 15: *** Soli ***
Capitolo 16: *** A pranzo con Chichi ***
Capitolo 17: *** Il piano di Bulma ***
Capitolo 18: *** Momenti preziosi ***
Capitolo 19: *** Vittime dell’ambiente ***
Capitolo 20: *** La grande V ***
Capitolo 21: *** Do you think it makes sense? ***
Capitolo 22: *** Squadra? ***
Capitolo 23: *** Imperativi ***
Capitolo 24: *** Di serate e risvegli ***
Capitolo 25: *** Problemi ***
Capitolo 26: *** Di rivelazioni, malanni e preoccupazioni ***
Capitolo 27: *** Viaggio nel futuro ***
Capitolo 28: *** La vendetta è un piatto che va servito freddo ***
Capitolo 29: *** Troppi problemi, troppi casini ***
Capitolo 30: *** Non funziona così ***
Capitolo 31: *** Distruggere ***
Capitolo 32: *** Crying Over You ***
Capitolo 33: *** Heartbeat ***



Capitolo 1
*** Trasferimenti bruschi ***




Era ormai passata una settimana da quando nell’universo si era finalmente ristabilito l’ordine. 
Era passata una settimana da quando Goku, dopo essersi fatto attendere per quasi un mese, aveva di nuovo fatto la sua comparsa sul pianeta Terra, tornato dal suo eroico viaggio nello spazio dopo esser finalmente riuscito a sconfiggere quel mostro di Freezer.
Ed era passata una settimana da quando aveva visto Chichi per l’ultima volta.
La giovane donna, infatti, non aveva affatto preso bene il ritorno del marito, non accogliendolo esattamente a braccia aperte. Ed il motivo era più che palese.
Si sentiva tradita, trascurata, messa continuamente da parte dell’uomo che avrebbe dovuto metterla al primo posto, anche al di sopra del pianeta che si era messo in testa di salvare.

«Sei impossibile!» aveva urlato, lanciandogli contro l’ultimo piatto rimasto intatto che, come quello prima e come anche quello precedente, era andato rovinosamente a spaccarsi contro il muro «Non pensi mai a me, non pensi mai alla nostra famiglia! Sei tornato da un viaggio senza meta, e la prima cosa che sai dirmi è che esci ad allenarti! Di nuovo! Ed io sono qui ad aspettarti da brava casalinga mentre nostro figlio adempie ad i suoi doveri di studente! Non te ne importa proprio niente di me, Goku, me lo hai già dimostrato troppe volte, ed io sono stanca!»
Dopodiché, aveva preso la sua borsa e, senza proferire più parola-e senza dare realmente il tempo al marito di rispondere-era uscita di casa, decidendo di non tornare per un bel po’.

Era tornata soltanto quel giorno, e non per chiarire le cose, no affatto, sembrava ormai aver preso una decisione sulla quale probabilmente aveva rimuginato per tanto, troppo tempo.
Chichi era tornata, ma non certo per Goku.
Anzi, era proprio per lasciarsi la storia con lui alle spalle che era tornata.
Aveva raccolto le poche cose di suo marito e le aveva messe in una valigia, che aveva portato immediatamente al piano di sotto, porgendogliela con molta poca grazia.
Poi, silenziosamente, aveva aspettato che il suo amato figlioletto li raggiungesse, e non per tenerlo con sé, perché sapeva che Gohan non avrebbe mai abbandonato il padre. Ma soltanto per salutarlo, per spiegargli la situazione, per non farsi odiare dal sangue del suo sangue.

«Mammina...» aveva detto il piccolo Gohan, il capo chino e gli occhi pieni di lacrime «Ci stai cacciando via di casa?»
Chichi, alla vista di quella scena, si era leggermente ammansita e, carezzando dolcemente i capelli perfettamente ordinati del suo bambino, gli aveva sorriso teneramente.
«Oh no, tesoro mio...» aveva risposto «Io sto cacciando tuo padre. Io sto lasciando tuo padre. Ma non sto cacciando te, non ti sto allontanando da me, tu potrai tornare qui tutte le volte che vuoi, potrai stare con la mamma ogni volta che ne avrai bisogno. Ma so già che deciderai di rimanere con papà, ed io rispetterò questa tua decisione. Ma ricorda che la mamma ti vuole bene, e che non ti vuole fuori dalla sua vita.»

A niente erano servite le suppliche del piccolo Gohan, ed a niente era servito il discorso che Goku avrebbe tanto voluto farle ma che lei continuava in ogni modo ad interrompere. Chichi era irremovibile, ormai aveva preso la sua decisione, ed oltre a quella, si era presa anche la casa, lasciando il suo ormai ex marito e suo figlio in mezzo a una strada, indecisi su cosa fare e su dove andare.
Il bambino, probabilmente, dopo il discorso della madre secondo il quale sarebbe potuto tornare a trovarla tutte le volte che voleva, stava anche peggio di prima. Ed a poco era servito il caldo abbraccio che Goku gli aveva offerto nel tentativo di consolarlo. 

«Ma ora dove andremo, papà?» aveva chiesto il bambino, ancora stretto fra le sue braccia «Questa era l’unica casa che avevamo. Adesso dove andremo a finire?»
«Ancora non lo so, figliolo... ma vedrai, troveremo una soluzione. Non preoccuparti.»

In realtà, c’era ben poco da stare sereni.
Ma Goku non aveva avuto né il coraggio, né tantomeno il cuore di dire al suo povero, disperato bambino che lui molto probabilmente stava peggio.
Adesso, avevano cose molto più importanti a cui pensare.
Inizialmente, il giovane saiyan aveva pensato di trasferirsi temporaneamente sull’isola del suo vecchio maestro, ma poi l’idea gli era sembrata una buffonata: non solo quella casa era già stracolma di gente, ma i commenti decisamente poco adatti ad un bambino di Genio nei confronti delle donne non avrebbero fatto granché bene a Gohan. Così aveva deciso di trovare un’alternativa.
Alternativa che, dopo intere ore di volo attorno al pianeta, ancora non aveva trovato.
Cioè, sì, in realtà una l’aveva trovata eccome. Ma era davvero il caso di correre da Bulma ad elemosinare un tetto sopra la testa? Certo, lei non gli avrebbe mai detto di no, in fondo erano cresciuti insieme, erano come fratelli, ma gli sembrava terribilmente sgarbato andare a vivere tra i ricchi e fare il mantenuto. 
Eppure, più per il bene di Gohan che per sé stesso, quella gli sembrava la soluzione migliore.
Così, sentendosi già tremendamente in colpa per la sua migliore amica e per la sua famiglia, aveva deciso di fare rotta verso la Capsule Corporation, seguito da suo figlio che, senza aver ancora proferito parola, lo seguiva in completo silenzio.

Erano atterrati sul bel prato ben curato del cortile di casa Brief dopo soltanto alcuni minuti di volo e, nonostante Goku non fosse assolutamente un tipo schizzinoso, doveva ammettere che, tra lo smog e i rumori assordanti della città, si sentiva già abbastanza fuori luogo.
Avrebbe tanto voluto fare retromarcia e tornare nella sua casetta sperduta tra le montagne, immerso nella natura, ad implorare Chichi di ripensarci e di dargli una seconda occasione, ma non gli sembrava giusto. Non solo nei confronti della sua ormai ex moglie, ma anche nei propri ed in quelli di suo figlio.
In fondo, la donna aveva già preso la sua decisione, e Goku dubitava ardentemente che potesse anche solo contemplare l’idea di ripensarci; e lui, nonostante negli anni avesse imparato ad apprezzare la sua compagnia ed a provare un profondo affetto nei suoi confronti, non era mai stato realmente sicuro di averla amata sul serio, e costringere il proprio bambino a vivere in una soluzione assolutamente non conveniente non era affatto sua intenzione, anzi, era l’ultima delle sue intenzioni.
Così, dopo aver preso un bel respiro ed essersi fatto coraggio, aveva deciso di avanzare verso l’ingresso della buffa abitazione circolare, suonando un paio di volte il citofono.

«Amico mio!»

Una Bulma festante, ignara di tutto ciò che era successo, lo aveva accolto con un caldo abbraccio, non escludendo da quest’ultimo neanche il piccolo Gohan, che si era lasciato volentieri stritolare dalla dolce stretta della sua amica dai capelli turchini.

«Qual buon vento vi porta qui?»
«Ciao, Bulma...» aveva proferito Goku, imbarazzato più che mai, e completamente preso dallo sconforto «Ti spiegherò tutto con calma. Ti andrebbe di parlare in privato?»

E così, senza neanche che il giovane eroe potesse chiederlo una seconda volta, la giovane gli aveva permesso di entrare, osservando il piccolo Gohan prendere d’improvviso il volo, senza alcuna logica spiegazione. Sul momento, aveva pensato di fermarlo e chiedergli per quale motivo se ne stesse andando, ma dopo aver visto lo sguardo affranto del suo migliore amico, Bulma aveva deciso di non insistere, ed aveva fatto accomodare Goku sul divano del suo immenso salotto, aspettando che le desse una spiegazione.

Probabilmente approfittando del fatto che suo figlio non ci fosse, o probabilmente perché era arrivato al limite, il saiyan si era immediatamente lanciato tra le braccia di quella che per lui era come una sorella, cedendo al turbinio di emozioni che gli stavano appesantendo il petto e scoppiando in lacrime, singhiozzando rumorosamente.
«Chichi mi ha lasciato... ci ha lasciati.» aveva iniziato «Si è presa la casa, si è presa... tutto! Ed io non so più cosa fare, Bulma! Non so più dove andare! In realtà non so più neanche perché sono ancora vivo! In fondo Gohan ha ancora sua madre, io sono rimasto da solo, e... e...»
Non era riuscito a continuare, ma non ce n’era stato bisogno. Bulma aveva capito perfettamente, ed era rimasta di sasso. Davvero Chichi aveva deciso di buttarlo fuori casa? Certo, poteva capire la rottura di un rapporto, ma non riusciva a comprendere la ragione per cui avesse letteralmente cacciato via a calci la sua intera famiglia. 
Intenerita, la giovane donna aveva stretto a sé il ragazzone che in quel momento aveva tanto bisogno di affetto, pattandogli la schiena, cercando di farlo calmare nel migliore dei modi.
«Goku, ascoltami adesso.» aveva detto, con il tono di una madre che, esasperata, cercava di far ragionare il proprio figlio «Vedi, queste cose possono capitare. Può capitare che una coppia non vada più d’accordo e decida di separarsi, e soprattutto non mi stupisce il fatto che sia accaduto proprio a voi due. Vedi, Goku, tu non eri fatto per stare con una donna come Chichi, non sei mai stato fatto per lei. Io la capisco, vedi, non posso biasimarla per la decisione che ha preso, anche se penso sia ingiusto che ti abbia cacciato fuori di casa. Ora... non so come tu prenderai la separazione, ma di una cosa sono certa: tu sei il mio migliore amico, e se hai bisogno di aiuto, sono più che felice di tenderti la mano. Potrai stare qui tutto il tempo che vuoi, e anzi, sarò felice di avere te e tuo figlio in giro per casa. Adesso hai solo bisogno di schiarirti le idee e di riposarti. Al resto penserò io, tu non devi preoccuparti di niente. Siamo intesi?» 
Il ragazzo, sconsolato, aveva annuito debolmente, staccandosi infine dall’abbraccio della propria amica.


A quello, erano seguiti dei giorni a dir poco strazianti.
In relativamente poco tempo, la notizia della separazione di Goku e Chichi aveva fatto il giro della loro cerchia di amici, ed ormai le telefonate al povero malcapitato erano diventate frequenti.
«Mi dispiace tanto, figliolo.» aveva detto Genio, con fare paterno «Ma vedrai, tutto si sistemerà. Non è la fine del mondo, in fondo ci sono così tante belle ragazze!»
«E non sei contento?» aveva proferito Crilin «Se un’oca del genere fosse uscita dalla mia vita, probabilmente avrei dato una festa! Non deprimerti, amico, meriti decisamente di meglio!»
Ma, nonostante le parole di tutte le persone a cui voleva bene fossero leggermente di conforto, Goku non si sentiva affatto meglio. Anzi, ogni giorno che passava si sentiva sempre di più scivolare in un baratro da cui difficilmente sarebbe uscito.
E non perché Chichi l’aveva lasciato, oh no.
Ma perché non aveva più una famiglia, non aveva più una moglie, non aveva più una casa, non aveva più radici. In pratica, non aveva più nessun punto di riferimento, non aveva più nessuno da proteggere.
Certo, c’era Gohan, la luce della sua vita, ma ormai il suo adorato bambino stava crescendo e, grazie agli allenamenti intensificati di Junior, stava diventando ogni giorno più forte. Ed un giorno, forse, avrebbe superato persino suo padre, e non ci sarebbe stato più bisogno di proteggerlo.
Ormai, Goku sentiva di non avere più uno scopo nella vita.
Così si era praticamente trasferito nella sua nuova camera, e passava le giornate a guardare in tv smielate e deprimenti telenovelas e a piangersi addosso. Ormai mangiava pochissimo, e beveva quanto bastava per sopravvivere; si alzava dal letto soltanto per lavarsi, e poi tornava dritto da dov’era venuto.
Non era neanche sicuro che in quella casa si ricordassero ancora della sua presenza, ormai.

*

«Cosa?!»

A quella rivelazione, Vegeta si era lasciato schiacciare dalla potente forza di gravità sotto la quale si stava allenando, rovinando pericolosamente al suolo, e finendo per incrinare qualche mattonella al contatto col suo corpo.
Non voleva crederci, questo era veramente troppo.

«Mi rifiuto categoricamente di pensare anche solo alla possibilità di dover condividere lo stesso tetto con quell’essere, donna!»

Accidenti, era già troppo difficile per lui condividere lo stesso pianeta con Kaharoth, figuriamoci il tetto di casa. Poteva sentire la puzza del suo cervello in putrefazione dall’interno della gravity room. 
Non gli interessava per quale motivo fosse diventato un senzatetto, ma era convinto che se lo meritasse, dato il suo essere tremendamente idiota. Probabilmente quella santa donna della sua ex moglie si era stancata di avere un perdigiorno come marito, e giustamente aveva deciso di abbandonare lui e quel pappamolle di suo figlio in mezzo ad una strada. Ma perché, per i problemi sentimentali di quegli stupidi terrestri, doveva rimetterci lui?!

«Credo proprio che dovrai farci l’abitudine invece, mio caro.» aveva risposto Bulma, parlandogli dal monitor «O temo che il prossimo a venire cacciato di casa sarai tu.»
«Come osi parlarmi in questo modo?!» aveva sbottato Vegeta «Io sono il principe dei saiyan, maledetta donna! Non il tuo stupido mantenuto! Per quanto mi riguarda, posso togliere le tende anche subito!»
«Okay, ma poi non venire a lamentarti se finirai in mezzo a una strada a chiederti dove potrai allenarti senza i miei macchinari! Ti consiglio di pensarci molto bene prima di togliere le tende, vostra maestà!»

Il principe dei saiyan, a quelle parole, non aveva risposto. Aveva semplicemente ringhiato impercettibilmente, rialzandosi soltanto per poter nuovamente azzerare la gravità, e decidendo che, almeno per il momento, il suo allenamento avrebbe potuto considerarsi concluso. 
Proprio non riusciva a credere che la sorte fosse così maligna nei suoi confronti. Lui e Kaharoth che condividevano lo stesso tetto. Lui che doveva trattenersi nell’uccidere Kaharoth. Lui che avrebbe incontrato Kaharoth nei corridoi, e quell’idiota che l’avrebbe probabilmente salutato con quel sorriso da pesce lesso e quella sua aria da perdente. 
No, questa era una cosa che non poteva accadere.
E non poteva accadere perché era lui, il grande Vegeta, il principe di tutti i saiyan, a non volere che accadesse.
Mai nella vita si sarebbe abbassato a tanto.

 *

Dopo aver abbandonato su due piedi suo padre e la sua migliore amica sulla porta di casa, comportandosi da gran maleducato, il piccolo Gohan aveva volato a tutta velocità in direzione dell’unica aura che in quel momento avesse voglia di percepire. Quella dell’unica persona che avrebbe saputo come calmarlo da quell’orrenda crisi di nervi che lo stava colpendo dal momento in cui sua madre aveva deciso di dare il benservito a lui ed al suo adorato papà.
Certo, Gohan era piccolo ma non stupido, capiva perfettamente che, alcune volte, forse, era meglio mettere un punto finale a quelle storie tra adulti, ma non riusciva proprio ad accettare che proprio le due persone che più amava al mondo fossero dovute arrivare a tanto.
Perché, poi? Cosa c’era che non andava nella loro famiglia?
Forse, era proprio Gohan il problema.
Il povero bambino si era sentito tremendamente di troppo, nel momento in cui aveva visto sua madre guardare suo padre con quello sguardo glaciale. Si era sentito tremendamente di troppo, nel momento in cui la sua mamma aveva iniziato, furiosa, a lanciare i piatti contro il suo papà. E si era sentito tremendamente di troppo, quando la sua mamma gli aveva detto che gli avrebbe sempre voluto bene e che avrebbe potuto tornare a trovarla ogni volta che ne avesse avvertito il bisogno.

Furioso con sé stesso, e preso da una tristezza che mai nella sua vita avrebbe voluto provare, il piccolo saiyan era atterrato nei pressi di un grosso deserto roccioso al centro del quale era seduta la possente figura di Junior, intenta a meditare.
Ignorando il fatto che il suo amato amico namecciano avesse da fare, Gohan gli era immediatamente saltato al collo, preso dallo sconforto più totale, stringendolo come probabilmente mai aveva fatto in tutta la sua vita, e scoppiando in un pianto disperato.

«La mamma ci ha cacciati via!» aveva urlato, in preda alle lacrime «Ha lasciato papà e ci ha cacciati via!»

Junior, dal canto suo, non sapendo esattamente cosa fare, si era limitato a stringere il suo piccolo allievo fra le braccia, carezzandogli dolcemente la schiena, e permettendogli di sfogarsi.

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ℌ𝔢𝔦𝔩à, 𝔰𝔞𝔩𝔳𝔢 𝔞 𝔱𝔲𝔱𝔱𝔦 ^^

𝔅𝔢𝔥, 𝔠𝔬𝔪𝔢 𝔡𝔦𝔯𝔢, 𝔮𝔲𝔢𝔰𝔱𝔞 è 𝔩𝔞 𝔭𝔯𝔦𝔪𝔞 𝔰𝔱𝔬𝔯𝔦𝔢𝔩𝔩𝔞 𝔠𝔥𝔢 𝔪𝔦 𝔪𝔢𝔱𝔱𝔬 𝔞 𝔰𝔠𝔯𝔦𝔳𝔢𝔯𝔢. 𝔈𝔰𝔞𝔱𝔱𝔞𝔪𝔢𝔫𝔱𝔢, 𝔩’𝔦𝔡𝔢𝔞 𝔪𝔦 è 𝔳𝔢𝔫𝔲𝔱𝔞 𝔡𝔬𝔭𝔬 𝔞𝔳𝔢𝔯𝔫𝔢 𝔩𝔢𝔱𝔱𝔞 𝔮𝔲𝔞𝔩𝔠𝔲𝔫𝔞 𝔠𝔥𝔢 𝔪𝔦 𝔥𝔞 𝔣𝔞𝔱𝔱𝔞 𝔩𝔢𝔱𝔱𝔢𝔯𝔞𝔩𝔪𝔢𝔫𝔱𝔢 𝔦𝔪𝔭𝔞𝔷𝔷𝔦𝔯𝔢, 𝔢𝔡 𝔬𝔳𝔳𝔦𝔞𝔪𝔢𝔫𝔱𝔢 𝔦 𝔭𝔯𝔬𝔱𝔞𝔤𝔬𝔫𝔦𝔰𝔱𝔦 𝔢𝔯𝔞𝔫𝔬 𝔭𝔯𝔬𝔭𝔯𝔦𝔬 𝔦 𝔭𝔢𝔯𝔰𝔬𝔫𝔞𝔤𝔤𝔦 𝔡𝔦 𝔠𝔲𝔦 𝔪𝔦 𝔯𝔦𝔱𝔯𝔬𝔳𝔢𝔯ò 𝔞 𝔭𝔞𝔯𝔩𝔞𝔯𝔢 𝔦𝔫 𝔮𝔲𝔢𝔰𝔱𝔬 𝔭𝔦𝔠𝔠𝔬𝔩𝔬 𝔩𝔞𝔳𝔬𝔯𝔢𝔱𝔱𝔬 𝔠𝔥𝔢 𝔰𝔭𝔢𝔯𝔬 𝔭𝔦𝔞𝔠𝔢𝔯à 𝔞 𝔮𝔲𝔞𝔩𝔠𝔲𝔫𝔬. 𝔖𝔦𝔤𝔥.

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-JAY

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Capitolo 2
*** Sproni ***


Eraormai passata una settimana da quando quell’idiota ed il suo marmocchio si erano trasferiti alla Capsule Corporation, iniziando a fare altro che niente. 

Fortunatamente, Vegeta non aveva mai incrociato Kaharoth, né in casa, né tantomeno fuori. Gli era capitato soltanto una volta di incontrare accidentalmente il moccioso sulla strada per uno degli innumerevoli bagni di casa Brief.

 

«Oh... b-buonasera, Vegeta.» aveva biascicato quello, con la faccia da pesce lesso e gli occhi sgranati, probabilmente temendo un’onda di energia dritta in faccia «Non... non credevo tu fossi ancora ospite qui. Sai, non ti vedo mai in giro...»

Inutile dire che il principe dei saiyan non l’aveva neanche degnato di uno sguardo, superandolo e dirigendosi verso il bagno solo con l’intenzione di farsi una doccia dopo il duro allenamento al quale si era sottoposto.

 

Era sul serio una situazione strana, però.

Fosse stato al massimo delle sue forze, probabilmente Kaharoth non ci avrebbe messo niente a raggiungerlo all’interno della gravity room per assillarlo con uno dei suoi soliti, inutili ed idioti discorsi su quanto fosse importante allenarsi con altre persone, spronandolo a combattere contro di lui.

Invece, da quando lui ed il marmocchio erano arrivati, Vegeta non aveva mai, neanche una volta, sentito la voce del decerebrato.

Non che si preoccupasse per lui, ma se Kaharoth non avesse continuato ad allenarsi seriamente, molto probabilmente il principe dei saiyan non avrebbe mai potuto misurarsi con lui per dimostrare di essere superiore, e di poter finalmente raggiungere lo stadio di super saiyan.

 

Così, quella sera, mentre tutti erano impegnati con uno di quegli incontri serali da stupidi terrestri che tutti chiamavano cena in tavola, sua maestà aveva deciso di trascinarsi in giardino quella stupida donna che aveva stupidamente deciso di metterlo sotto il suo stesso tetto, soltanto per poterle riferire qualche domanda.

 

«Che?» aveva chiesto quella, incredula «Mi stai davvero chiedendo come sta Goku? E come mai? Siete diventati amici, per caso?»

A quella domanda, al principe dei saiyan venne da vomitare.

«Ma che diavolo vai a pensare, donna?» aveva infatti ribattuto, stizzito «Non mi preoccupo affatto della salute mentale di Kaharoth. La cosa non mi tocca per niente. Ma se quel nullafacente, oltre a trascurare letteralmente qualsiasi cosa lo circondi, iniziasse anche a trascurare gli allenamenti, i MIEI di allenamenti risulterebbero totalmente inutili. Non voglio distruggere un avversario facendo leva sul suo scarso allenamento, sarebbe giocare sporco, ed io, a differenza di voi stupidi terrestri, non faccio il gioco sporco.»

«Quindi...» Bulma continuava a non capire «Tu vorresti spronarlo ad allenarsi? E come pensi di fare? È distrutto, e se non vuole dar retta ai suoi amici, come pretendi che dia retta a te?»

Quella stupida donna lo stava, come sempre, sottovalutando. Certo, Vegeta era un guerriero, era bravo con le prove di forza ed era bravo a far del male fisico agli altri. Ma, al buon bisogno, era ancora più bravo a trovare le parole giuste. E considerato che Kaharoth, come lui, era un saiyan, avrebbe capito il suo principe molto più di quanto avrebbe mai potuto capire le parole di quegli idioti dei suoi inutili amici.

«Tu e quel branco di inetti rivolete indietro Kaharoth?» ghignò soddisfatto «Allora sarò io a riportarvelo indietro. E, te lo assicuro, una volta riportato indietro, allora sì che finirà all’altro mondo. Per mano mia.»

 

E, essendo il principe dei saiyan un uomo di parola, esattamente il giorno dopo, si era ritrovato a girovagare per i corridoi, alla ricerca di quella che era la stanza di Kaharoth. Ovviamente, non riuscendo subito a trovarla: quella casa era un labirinto, un enorme agglomerato di corridoi che, alla fine, si rivelavano essere dei completi vicoli ciechi.

Alla fine, stanco di cercare a vuoto, aveva deciso di tornare al piano terra, incontrando, in modo piuttosto fortunato, il figlio del deficiente che si apprestava ad uscire, con tanto di uniforme da allenamento e coda di cavallo. Fortunatamente, quei capelli da idiota stavano crescendo, e sarebbe risultato alle persone meno idiota.

 

«Hey, marmocchio.»

Quello, irrigidendosi, si era voltato nella sua direzione, bianco in volto, proprio come se avesse visto un fantasma. Che voleva Vegeta da lui? Gli aveva per caso, involontariamente, fatto un torto?

Sicuro del contrario, si era girato completamente verso l’altro saiyan, schiarendosi la voce «S-sì?»

«Dov’è la stanza di tuo padre?»

Il piccolo Gohan era completamente incredulo: Vegeta gli aveva appena chiesto dove si trovasse la stanza del suo papà. Che volesse ucciderlo nel sonno? Da quel che ne sapeva, in fondo, suo padre a quell’ora del mattino era ancora nel mondo dei sogni. Sempre che ancora riuscisse a dormire.

Così, incerto se rispondergli o meno, aveva iniziato a grattarsi nervosamente la nuca, inarcando un sopracciglio, assumendo un’espressione tra il confuso e lo spaventato.

«Allora?» aveva insistito il principe dei saiyan «Sei diventato muto, per caso? Oppure le tue sinapsi non sono riuscite a collegare bene la mia domanda?»

Gohan deglutì. Vegeta, a volte, sapeva essere davvero cattivo.

«Beh... ecco...»

«Smettila di biascicare, cavolo! Ma tu e tuo padre vi impegnate per essere dei completi idioti, oppure vi viene naturale?!»

A quel punto il bambino, sentendosi sotto pressione ed avvicinandosi un po’ di più alla porta, pronto a premere il pulsante in modo che si aprisse e potesse scappare via, rispose, tutto d’un fiato: «Si trova al terzo piano! Vicino al bagno! O-ora devo andare, ci vediamo, Vegeta!»

E, detto questo, fece velocemente aprire la porta automatica, per poi volare via a tutta velocità, diretto verso il luogo in cui lui e Junior si erano dati appuntamento per allenarsi.

 

 

Vegeta si chiedeva per quale motivo, su quel maledetto pianeta, si comportassero tutti in quel modo assurdo.

 

Nel momento in cui era entrato nella stanza del decerebrato, lo aveva trovato steso di schiena sul letto, con dei vestiti logori addosso, a fissare il soffitto. Era sveglio, eppure, nel momento in cui il principe dei saiyan era entrato, gli aveva rivolto soltanto uno sguardo annoiato.

Vegeta era completamente in disappunto: come osava quell’inetto di terza classe ignorarlo così? Avrebbe dovuto prostrarsi ai suoi piedi! Come si permetteva di ignorare il suo principe in quel modo?

Maledetta terza classe.

«Si può sapere che cazzo stai facendo?!» era stata l’esclamazione di Vegeta, che stava in tutti i modi cercando di mantenere la calma. Se voleva farsi ascoltare, avrebbe dovuto essere il più controllato possibile. In fondo, faceva parte anche del processo per raggiungere lo stadio di super saiyan, giusto? Mantenere il proprio cuore calmo e puro.

 

Goku, dal canto suo, a quell’esordiente da parte dell’altro saiyan, si era voltato una seconda volta in sua direzione, osservandolo meglio: quel giorno, Vegeta non indossava la solita, orribile tutina aderente. Portava invece addosso un paio di pantaloni larghi e grigi, simili a quelli del suo gi, ed una t-shirt nera che, nonostante fosse un po’ larga, gli donava comunque tantissimo. Niente da fare, in quanto ad estetica, il principe dei saiyan superava chiunque gli fosse intorno.

«Ciao, Vegeta...» si limitò a dire, con aria annoiata.

 

Questa risposta fece montare ancora di più il nervosismo in quest’ultimo che, minaccioso, aveva preso ad avvicinarsi al suo interlocutore, stringendo i pugni.

«Sarebbe questo il modo di rispondere al tuo principe, razza di deficiente irrispettoso?! E sarebbe questo il modo in cui si comporta un saiyan?! Un super saiyan? Te ne stai tutto il giorno a crogiolarti nelle tue lacrime come una donnetta! Svegliati, accidenti!»

«Parli bene, tu.» aveva risposto Goku «Non hai mai avuto nessuno da proteggere. Non ti sei mai interessato a niente. Adesso che Chichi mi ha lasciato e che Gohan sta diventando ogni giorno più forte, non ho più niente da proteggere, non posso più difendere nessuno. Sono diventato completamente inutile alla causa. A che serve allenarsi, se non ho nessuno da proteggere?»

«Forse dovresti smettere di pensare a proteggere gli altri e cominciare a pensare un po’ più a te stesso, non credi?»

Sì, stava andando bene, quelle erano decisamente le parole adatte.

E lo capì proprio nel momento in cui, preso probabilmente dalla curiosità, l’idiota si era alzato a sedere sul letto, incrociando le gambe.

«Non fai altro che fare l’altruista.» aveva continuato Vegeta «E a me non interessa, qualsiasi cosa pur di vedere un saiyan tenere alto l’onore della sua razza. Ma quando non c’è da parare il culo a nessuno, allora ti trasformi in uno straccio. Ci hai mai pensato che, forse, nell’essere un po’ egoisti non c’è nulla di sbagliato? Vedendoti così, probabilmente, tuo padre si sta rivoltando nella tomba che non ha. E non solo lui, anche tutto il resto della razza saiyan. Cosa credi di poter fare, sdraiato tutto il giorno su quel maledettissimo letto? E se si presentasse un mostro del calibro di Freezer, che faresti? Te ne resteresti lì a pensare ‘ma tanto non fa niente, la maledettissima cornacchia che mi ha lasciato ormai non è più con me, quindi che distrugga pure questa caccola di pianeta’? È così che si comporta uno della nostra razza? Sei veramente un fallimento, Kaharoth. Lasciatelo dire.» 

«Io sono un fallimento, ma voi tutti non fate altro che continuare a ricordarmelo!» aveva esclamato il povero Goku, esasperato, alzandosi di scatto dal letto «E a te, poi, cosa dovrebbe interessare? Tu mi detesti, e adesso a quanto pare, mi detesta persino Chichi! Sai, dovresti proprio sposarla, siete fatti della stessa pasta!»

 

A quelle ultime parole, il principe dei saiyan aveva completamente perso la pazienza: come osava, quell’idiota di infimo livello, paragonarlo ad un’oca ingrata che non aveva neanche ringraziato per aver avuto continuamente salva la vita?

No, questo non poteva accettarlo.

Ringhiando, aveva avanzato in direzione del decerebrato, colpendolo con una ginocchiata al mento, che l’aveva inevitabilmente scaraventato contro il muro, buttandolo giù.

 

«Vegeta!» aveva esclamato il giovane saiyan, riuscendo a frenare la sua caduta librandosi in volo «Ma sei completamente impazzito?!»

«Preparati a combattere, Kaharoth, perché non mi risparmierò!» era stata la risposta dell’altro saiyan, mentre lo raggiungeva, pronto a colpirlo di nuovo «Ti distruggerò! Fosse l’ultima cosa che faccio!»

 

A niente erano servite le iniziali suppliche di Goku perché, nel giro di pochi minuti, entrambi si erano ritrovati a molti metri dal suolo, a battersi con tutte le loro forze.

Forse, un po’, ma solo un pochino, Vegeta aveva ragione: pensare un po’ a sé stesso lo avrebbe sicuramente aiutato.

 

~

 

𝔢𝔶𝔩à, 𝔪𝔦𝔢𝔦𝔠𝔞𝔯𝔦!

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𝔘𝔫𝔟𝔞𝔠𝔦𝔬𝔫𝔢!

 

-JAY

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Capitolo 3
*** Ragazzino ***


Avevaraggiunto Junior più in fretta del solito, quella mattina.

Durante tutta la durata del suo volo, il piccolo Gohan si era chiesto continuamente come mai proprio Vegeta, il grande principe dei saiyan, gli fosse venuto a chiedere dove si trovasse la camera del suo papà, e per un attimo aveva addirittura pensato di tornare indietro a fermarlo, nel caso l’avesse sorpreso a tentare di disintegrarlo nel sonno. Ma poi, sicuro del fatto che Bulma lo avrebbe sicuramente fermato prima che potesse accadere il misfatto, aveva deciso di continuare per la sua strada.

Le condizioni di suo padre lo preoccupavano, non soltanto perché Goku sembrava non voler più neanche allenarsi, ma anche perché mangiava di gran lunga molto meno rispetto a prima, e tutti sapevano quanto i saiyan potessero essere affamati ed inclini alla lotta.

Sperava soltanto che Vegeta non l’avesse buttato giù più di quanto già non lo fosse. La lingua di quel ragazzo feriva molto più delle sue onde di energia. 

 

Da quando la sua mamma aveva deciso di abbandonarli, il piccolo Gohan non aveva fatto altro che cercarsi continuamente modi per non pensarci. Durante la giornata si allenava in modo intensivo e quasi folle con Junior, per poi la sera tornare a casa e sbattere il muso sui libri, dedicandosi invece agli studi.

Certo, gli faceva male il fatto che sua madre avesse lasciato suo padre, ma forse Chichi aveva fatto addirittura qualcosa di peggio: aveva lasciato lui. Era ormai più di una settimana che si sentivano soltanto al telefono, e lei gli sembrava felice, quasi rinata. Era come se, in un certo senso, abbandonare la sua famiglia fosse stata una sorta di liberazione. E questo, a Gohan, faceva tremendamente male.  

 

«Cosa? Vegeta?»

 

Il namecciano ed il suo giovane allievo, dopo aver passato tutta la mattinata in allenamento, avevano deciso di raggiungere il palazzo del Supremo, per fare una pausa, uno spuntino, e rilassarsi.

Ed era proprio in quel momento che il piccolo saiyan aveva raccontato al suo maestro dell’incontro ravvicinato del terzo tipo avvenuto quella mattina col giovane principe.

 

«Già.» aveva risposto Gohan, annuendo «Proprio Vegeta. Mi fa ancora un po’ paura, ma non come prima. Sembra si sia tanto calmato dall’ultima volta.»

«Mh.» Junior era pensieroso «Chissà... magari la strigliata che gli ha dato Freezer gli è servita di lezione.»

«Junior!» certo, Vegeta non era simpatico a nessuno, ma certi scherzi non piacevano affatto al bambino, in fondo era pur sempre-più o meno- un essere umano «Ma che dici?»

Il namecciano sorrise, bieco: era orgoglioso di quel piccolo mezzosangue che ormai considerava un figlio. Nonostante tutto ciò che aveva fatto Vegeta, Gohan nutriva ancora del rispetto nei suoi confronti, esattamente come nei confronti di qualsiasi altro essere vivente. Era una qualità che non tutti avevano, e poteva considerarsi di gran lunga un vanto.

Così, decise di cambiare discorso «E Goku? Come se la sta passando?»

Il piccolo Gohan abbassò la testa, rabbuiandosi «Papà non sta bene. Mangia pochissimo, se ne sta quasi tutto il giorno chiuso nella sua stanza a non fare niente... ogni tanto lo sento piangere, Junior. Non è bello vederlo così. La cosa peggiore è che non vuole più neanche allenarsi, e non mi ha detto neanche perché.»

«Mh...»

 

Era praticamente impossibile che Goku, proprio Goku, l’eroe che aveva più volte salvato il mondo, il super saiyan che aveva sconfitto quel mostro sanguinario di Freezer, si fosse ridotto così soltanto per colpa di Chichi.

No, Chichi non era l’unico motivo, e anzi, probabilmente lei non era neanche un motivo, Junior se lo sentiva.

 

«Te lo dico io, perché.» disse improvvisamente, attirando l’attenzione del suo piccolo allievo «Non è tua madre il problema, anche se mi dispiace dirtelo. Il problema di tuo padre è che, ora che non ha più una moglie, non si sente più in dovere di proteggere nessuno. Ed è così: quando era ancora giovanissimo, tutto ciò che faceva era proteggere Bulma e gli altri, e dopo essersi sposato con tua madre, la sua priorità eravate tu e lei. Ma ora che lei l’ha lasciato e tu stai diventando sempre più forte, Goku si sente inutile. Non sono uno psicologo, ma penso proprio sia così.»

 

*

 

«Si può sapere che diavolo ti ha preso, di punto in bianco?!»

 

Ormai erano più di dieci minuti che Vegeta aveva deciso di sedersi sulle scale esterne della struttura semi-circolare, con una bottiglia d’acqua in mano e lo sguardo rivolto al vuoto.

Goku proprio non lo capiva: prima lo sgridava, poi lo colpiva, lo costringeva a battersi, ed ora aveva deciso di troncare quello che a tutti gli effetti stava per diventare un vero e proprio allenamento.

 

«Mi chiedi che mi è preso?» ribatté, accavallando le gambe «Mi è preso che tu stai diventando un pappamolle, Kaharoth, ecco che mi è preso. Il mio obiettivo era quello di superarti, di diventare anch’io super saiyan, ma di questo passo comincio a pensare che tu non abbia mai superato me. Sei distratto, sei lento, stai diventando debole. In fondo, a questo punto, il super saiyan non è niente di così speciale, no?»

 

Ci stava provando. Ci stava provando in tutti i modi a spronarlo, a cercare di convincerlo a rialzarsi in piedi. L’obiettivo del principe dei saiyan era soltanto quello di superare il suo acerrimo rivale, e non avrebbe potuto mai farlo se quello si fosse ridotto ad uno straccio sopra a un letto.

In più, come avrebbe potuto sconfiggerlo e divertirsi nel farlo, se Kaharoth non faceva altro che rammaricarsi? 

 

«Non ha senso quello che mi stai dicendo.» si limitò a dire Goku «Ci tenevi tanto a superarmi? Bene, forse l’hai fatto. Dovresti gioirne, non venire qui a farmi la paternale. Non ti si addice affatto, Vegeta»

«Sei tu a non avere senso, razza di cretino!» il principe dei saiyan stava pian piano perdendo la pazienza, di nuovo «Un saiyan dovrebbe avere sempre la vocazione per la lotta, dovrebbe sempre rispondere agli stimoli provenienti da un avversario, ma tu hai smesso di farlo! Non credere che tu sia un comune terrestre, perché non lo sei! Non lo sei mai stato, e mai lo sarai! Mettitelo in testa, Kaharoth. E invece che pensare a ciò che hai perso, che è veramente poco, credimi, pensa a quello che hai ancora. Hai ancora te stesso. E vedere un saiyan buttarsi via così mi fa perdere la pazienza.»

 

Goku era rimasto senza parole. 

Non sapeva proprio come ribattere, davanti a quelle affermazioni: Vegeta lo stava accusando, per l’ennesima volta, di  essere la vergogna della razza saiyan. Ma questa volta era esattamente d’accordo con lui.

Aveva sempre pensato di essere migliore di loro, e questo perché aveva un posto in cui stare, perché aveva conosciuto i sentimenti, perché aveva degli amici e perché aveva una famiglia da proteggere. Ma ora che quest’ultima cosa non esisteva più bella sua vita, si sentiva esattamente come Vegeta lo descriveva: uno scherzo della natura. Un essere di infimo livello che non sapeva neanche a quale mondo appartenere.

 

«Sai cosa?» si affrettò a dire, prima che l’altro saiyan potesse colpirlo con un’onda di energia «Hai ragione.»

Vegeta spalancò gli occhi, interdetto, per la prima volta in vita sua incapace di rispondere a tono.

«Come sarebbe a dire che ho ragione?»

«Hai ragione. Sono la vergogna della nostra razza. Hai vinto tu, Vegeta. Se il tuo intento era quello di farmi sentire inutile, ci sei riuscito alla grande.»

 

*

 

Erano seduti attorno al tavolo. Il silenzio che regnava sovrano.

Gli unici che sembravano voler mandare avanti un qualche tipo di conversazione erano i signori Brief e Bulma, che avevano preso a parlare del nuovo progetto che avevano iniziato a mandare avanti in laboratorio.

Si trattava di un nuovo prototipo di navicella spaziale, molto più potente e veloce delle precedenti, e capace di raggiungere distanze enormi con pochissimi giorni di viaggio.

Gohan, preso dal discorso, aveva iniziato a prestare attenzione, mentre Goku era completamente assente, la mente da un’altra parte. 

Il principe dei saiyan, come al solito, non si era degnato neanche di aprir bocca, e si stava limitando a mangiare in silenzio, non dando neanche la minima attenzione a ciò che Bulma ed i suoi genitori stavano dicendo. Un quadretto piuttosto singolare, insomma.

 

«Goku caro, ma...» aveva esordito l’allegra signora Brief, con uno sguardo preoccupato «Non stai mangiando praticamente niente, in questi giorni. Sembri un uccellino. Che ti succede, tesoro? Sembri così sciupato, hai per caso la febbre?»

«Si è già mangiato il suo cervello, ecco perché non mangia niente. Sempre se ne ha mai avuto uno.»

La voce aspra e fredda di Vegeta aveva fatto voltare tutti, interdetti, nella sua direzione. Ma possibile che quel ragazzo dovesse per forza essere così crudele con chiunque? Era incredibile.

Arrivati a quel punto, il povero Goku aveva iniziato a perdere le staffe e, alzandosi bruscamente dalla sedia, si era voltato verso Vegeta, assumendo uno sguardo strano, non consono alla sua persona, probabilmente ancora più cupo di quello del saiyan che aveva di fronte.

«Dico, ma qual è il tuo problema?!» aveva esclamato, alzando il tono della voce «È da stamattina che non fai altro che starmi addosso! Che ti succede, Vegeta? La tua invidia nei miei confronti è salita a tal punto?!»

«Stammi bene a sentire, razza di idiota!» aveva ribattuto il principe dei saiyan, doppiamente furioso «Se vuoi piangerti addosso per quell’oca di tua moglie fai pure, ma non osare mai più rivolgerti a me con quel tono! Sono stato abbastanza chiaro o devo farti un disegnino per fartelo capire, dato che sembra che l’unico neurone che ti è rimasto non riesce a farti ragionare neanche sulla più semplice delle questioni?!»

«Per lo meno il mio unico neurone mi fa ancora pensare che è meglio starti alla larga! Non capisco per quale motivo Bulma abbia accettato di farti stare dentro questa casa a dettare ordini! Sei veramente una persona impossibile!» 

 

Vegeta dovette trattenersi dal ridere. Il suo piano stava riuscendo piuttosto bene: stava facendo arrabbiare Kaharoth, e a quanto pareva, gli stava facendo un grosso favore.

Certo, odiava il modo in cui gli si stava rivolgendo, e in condizioni normali lo avrebbe probabilmente disintegrato, ma in quel momento l’unica cosa che voleva era che il super saiyan reagisse. E lui lo stava facendo reagire nel migliore dei modi: facendolo innervosire.

 

Ilpiccolo Gohan, dal canto suo, in un primo momento era rimasto sbigottito dalle reazioni di suo padre, quasi non riconoscendolo più, ma poi, dopo aver incontrato lo sguardo di Vegeta, aveva capito dove quest’ultimo volesse andare a parare: il principe dei saiyan lo stava facendo apposta. Stava facendo arrabbiare il suo papà apposta, e nonostante questo non fosse proprio il più consono dei metodi per spronarlo a reagire, a quanto pareva stava funzionando.

Così, maledicendosi per aver anche solo pensato di poter fare una cosa del genere, decise di rincarare la dose, alzandosi bruscamente da dov’era seduto e serrando i pugni, assumendo pericolosamente la stessa espressione di Chichi nei suoi momenti peggiori.

 

«Papà! Ma insomma, si può sapere che diavolo ti prende?!» aveva così esclamato, scuro in volto «Siamo a casa d’altri, e tu non puoi permetterti di fare certe uscite, non davanti a Bulma e ai suoi genitori che sono stati così gentili con noi! E soprattutto, non puoi continuare a comportarti così! Pensi che a me non dispiaccia che la mamma ci abbia abbandonati? Pensi che io non soffra? Ma sembra che la tua sofferenza conti più di quella di tuo figlio! Esisto anch’io, sai?!»

 

A quelle parole, il principe dei saiyan aveva dovuto fare ammenda a tutte le sue forze per non ghignare compiaciuto.

Diavolo, per la prima volta quel marmocchio piagnucoloso si stava comportando come un vero saiyan, nonostante fosse soltanto un misero mezzosangue.

Di lui sì, che sarebbe stato fiero suo nonno. Vegeta ne era più che sicuro.

Aveva capito il suo gioco, e contro ogni sua aspettativa, lo stava appoggiando in tutto e per tutto, recitando come soltanto uno stratega avrebbe saputo fare. Anche se era convinto che, almeno in parte, tutte le cose che il moccioso stava tirando fuori, fossero esattamente i suoi pensieri.

 

Goku, dal canto suo, si stava sentendo un verme.

Le parole di Vegeta facevano male, questo lo aveva sempre saputo. Sapeva di certo che la lingua di quel ragazzo era più velenosa di un serpente a sonagli.

Ma il suo Gohan? Pensava davvero tutte quelle brutte cose che gli stava dicendo?

Pensava davvero che Son Goku, il grande eroe che aveva salvato prima la Terra e poi tutto l’universo, fosse un completo fallimento come persona e come padre? Pensava davvero quelle brutte cose del suo papà, oppure faceva tutto parte di uno stupido scherzo, e poi sarebbero tutti tornati a farsi i propri porci comodi?

 

«Gohan...» aveva detto, con una punta di delusione nella voce «Tu... pensi davvero tutte quelle cose che mi stai dicendo?»

«Oh, eccome se le pensa.» aveva risposto Vegeta, più velenoso di un serpente «Se non vuoi che tuo figlio ti veda come un completo fallimento, Kaharoth, allora ti converrà non comportarti come tale.»

 

«Basta!»

 

La voce di Bulma, alzatasi improvvisamente dalla sedia aveva dissolto la tremenda discussione che si stava andando a creare come un fulmine che squarcia il ciel sereno.

La giovane turchina, con uno sguardo truce, aveva diretto a Vegeta un gesto della testa, convincendolo silenziosamente a seguirla fuori in giardino.

Era ormai completamente calata la sera, ed il fresco di fine estate si faceva sentire. Eppure, gli sguardi di entrambi erano talmente glaciali che nessuno dei due sembrava accorgersene.

 

«Lo stai facendo apposta, vero?» aveva chiesto lei, aria risoluta e mani puntate sui fianchi «Anzi, lo state facendo apposta entrambi. Hai davvero convinto il bambino a partecipare a questa stupida farsa?»

«Io non ho convinto proprio nessuno, il marmocchio sta facendo tutto da solo. E devo dire che non se la sta cavando affatto male.»

 

«Ragazzino.»

 

Quella parola, pronunciata non dalla donna di fronte a lui ma da un’irritante voce maschile fin troppo familiare, fece trasalire il principe.

Come osava Kaharoth chiamare in quel modo il grande Vegeta? In quel momento, avrebbe tanto voluto disintegrare lui e quel maledettissimo pianeta, per poi andarsene lontano e non guardarsi più indietro.

E si chiedeva per quale motivo non l’avesse ancora fatto, in effetti.

 

«Come, prego?» aveva invece esordito, inarcando un sopracciglio.

«Sei veramente un ragazzino, Vegeta.» ripeté Goku «L’hai fatto apposta? Ti sembrava un modo per spronarmi a combattere?»

«Tsk. E se così fosse?»

 

A quel punto, la giovane dai capelli turchini, arrivata alla conclusione che, a onor del vero, fossero entrambi due ragazzini troppo cresciuti, decise di tornare in casa, lasciando i due saiyan ad i loro affari e preparandosi ad offrire al piccolo Gohan tutti i dolcetti che desiderava.

 

«’E se così fosse’? Sul serio?»

 

Una volta vista Bulma rientrare in casa, sul volto apparentemente arrabbiato e deluso di Goku, apparve un ghigno che Vegeta decifrò immediatamente, e che ricambiò quasi subito.

 

«Beh...» esordì, facendosi avanti «Hai proprio fatto centro.»

«Preparati, Kaharoth.» disse il principe «Perché questa volta si fa sul serio. E spero proprio che tu non ti sia rammollito e che i tuoi muscoli non siano diventati deboli come il tuo cervello.»

 

*

 

Bulma, dal canto suo, appoggiata alla ringhiera del balcone, li osservava mentre si apprestavano a consumare un sano combattimento.

Già, erano due ragazzini immaturi, forse uno più difettoso dell’altro.

Ma aveva come l’impressione che sarebbero ben presto cresciuti insieme.

 

~

 

 

 

𝕮𝖎𝖆𝖔𝖌𝖊𝖓𝖙𝖊~~~

 

𝕰𝖍𝖘ì, 𝖔𝖌𝖌𝖎𝖉𝖔𝖕𝖕𝖎𝖔𝖈𝖆𝖕𝖎𝖙𝖔𝖑𝖔𝖌𝖎𝖚𝖘𝖙𝖔𝖕𝖊𝖗𝖈𝖍é 𝖒𝖎𝖆𝖓𝖉𝖆𝖛𝖆𝖉𝖎𝖗𝖔𝖒𝖕𝖊𝖗𝖊𝖚𝖓𝖕𝖔’ 𝖑𝖊𝖚𝖔𝖛𝖆𝖓𝖊𝖑𝖕𝖆𝖓𝖎𝖊𝖗𝖊𝖆𝖑𝖑𝖆𝖈𝖔𝖒𝖚𝖓𝖎𝖙à 𝖉𝖎𝖊𝖋𝖕.

 

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𝕭𝖆𝖓𝖉𝖔𝖆𝖑𝖑𝖊𝖈𝖎𝖆𝖓𝖈𝖊𝖈𝖗𝖊𝖉𝖔𝖘𝖎𝖆𝖔𝖗𝖆𝖕𝖊𝖗𝖒𝖊𝖉𝖎𝖙𝖎𝖗𝖆𝖗𝖊𝖑𝖊𝖙𝖊𝖓𝖉𝖊.

𝕬𝖑𝖑𝖆𝖕𝖗𝖔𝖘𝖘𝖎𝖒𝖆!

 

-JAY

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Capitolo 4
*** Ringraziamenti ***


Era stata una lotta senza esclusione di colpi.

Vegeta aveva colpito, Goku aveva schivato e colpito a sua volta. Le loro auree si erano sprigionate potenti l’una contro l’altra, e nessuno dei due sembrava voler smettere.

Ma, ad un certo punto, la notte finisce, il sole comincia a salire e la gente comincia ad uscire dalle case; e fu proprio in quel frangente che i due saiyan decisero di ritenere conclusa quella battaglia.

 

Erano sdraiati sul grande e verde prato del cortile di casa Brief, all’ombra del grande albero che spiccava in mezzo a quello spiazzo immenso.

Vegeta teneva la schiena poggiata alla pianta, Goku invece se ne stava sdraiato di schiena, lo sguardo rivolto al cielo ed un largo sorriso sulle labbra. 

 

«Urca, Vegeta!» aveva esclamato il saiyan di terza classe «È stato fantastico! Mi è proprio tornato il buonumore, non pensavo che saresti stato proprio tu ad aiutarmi!»

«Non fraintendermi.» era stata la risposta secca di un Vegeta distratto «Non l’ho fatto mica per te. Ma se ti dovessi rammollire, poi io non avrei nessuno da distruggere.»

A quelle parole, Goku era sembrato leggermente deluso. In fondo, sperava che col tempo quel risentimento che il principe dei saiyan provava nei suoi confronti si fosse ammansito. Però, in quel momento, il giovane eroe era felice, e lo era perché finalmente aveva ripreso contatto con la realtà, o per lo meno stava ricominciando a farlo, e doveva tutto a quello stronzo che si ritrovava seduto al suo fianco.

«Hey.» aveva a un certo punto esordito il suddetto stronzo «Che ti prende? Non dirmi che speravi nella mia amicizia.»

«No, è che... mi sono sempre chiesto una cosa.»

Il principe dei saiyan aveva distolto lo sguardo, visibilmente disinteressato.

«Com’era la vita lì? Intendo sul nostro pianeta d’origine.»

 

In un primo momento, dopo aver pronunciato quella domanda, Goku si era aspettato un pugno in pieno viso.

Pugno che però non era arrivato. Anzi, Vegeta si era addirittura girato completamente nella sua direzione, facendo incrociare i loro sguardi, salvo poi distogliere il proprio dopo qualche secondo.

«Non ci ho mai vissuto troppo a lungo.» era stata la risposta «Ero quasi sempre in missione. Vedevo mio padre sì e no due ore al giorno.»

«Ah, sì?» il giovane super saiyan era molto sorpreso da questa risposta: quindi, anche quando era soltanto un bambino, Vegeta compiva già missioni di sterminio? Doveva essere molto più potente di lui quando aveva la sua età «Urca! Quindi avrai visto un sacco di altri pianeti! Quasi ti invidio!»

«Già, ma non erano un granché.» disse Vegeta «O almeno, non erano come questo.»

«In che senso? Erano più belli o più brutti della Terra?»

«La Terra è un pianeta insulso. E i suoi abitanti lo sono ancora di più. Ma se c’è una cosa positiva di questo pianeta sono proprio le condizioni adatte per vivere. La maggior parte dei pianeti che ho saccheggiato da piccolo non erano altro che pianetucoli da quattro soldi, e sicuramente non adatti alla vita come questo.» mentre parlava, il giovane principe sembrava completamente assorto nei propri ricordi «Il nostro pianeta, invece, era molto simile a questo. Ma aveva una rotazione differente, quindi la notte durava decisamente più del giorno; non siamo mai stati troppo abituati alla luce del sole.»

«Ecco perché sembrate tutti così cupi!»

«Non fare l’idiota.»

«E...» Goku era titubante sul fare la prossima domanda «E mio padre? Tu lo conoscevi, per caso?»

«Tutti lo conoscevano.» era stata la risposta di Vegeta «Era uno dei guerrieri più talentuosi al servizio di mio padre. Ovviamente non ci ho mai parlato, ma lui e Nappa erano spesso in missione assieme. Ed essendo Nappa il consigliere di mio padre... beh...»

«Urca!» aveva esclamato Goku «E dimmi, com’era fatto? E come si chiamava?»

 

Niente da fare, il principe dei saiyan non si sarebbe mai abituato all’entusiasmo e alla genuinità di quel deficiente.

 

«Mi pare Bardock, o Bardack, non ricordo bene come si pronunciasse.» mentiva. Se lo ricordava bene, ma non voleva sembrare troppo interessato all’argomento «Ed era esattamente identico a te. Radish te lo ha detto più volte, che sei la sua fotocopia. Ma a quanto pare il tuo cervello da idiota ha completamente rimosso quelle informazioni per mancanza di spazio.»

«Già... Radish.» Goku aveva abbassato per un attimo lo sguardo «Sai, un po’ mi dispiace che sia morto. Se solo fosse stato un po’ come te, l’avrei sicuramente risparmiato.»

 

A quelle parole, a Vegeta sembrava di essere leggermente arrossito. Che diavolo significava? Forse quel rimbambito di Kaharoth intendeva dire che Radish fosse stato più difficile da sopraffare? Ma no, cos’andava a pensare, Radish in confronto a lui era il nulla.

Ma allora che diavolo voleva intendere?

 

«Come, scusa?»

«Beh...» il super saiyan aveva preso a grattarsi la nuca, ridacchiando «Tu sei intrattabile, e sicuramente sei stronzo. Hai un sacco di difetti, ma non sei affatto cattivo, anche se ti ostini a far finta di esserlo. Radish, invece, era cattivo sul serio. È stato lui a costringermi ad ucciderlo.»

 

Vegeta non aveva risposto. Ma se avesse potuto farsi colpire da un fulmine proprio in quel momento, probabilmente lo avrebbe fatto.

 

*

 

Era passata solo qualche ora da quella bizzarra conversazione avvenuta con il principe dei saiyan, e Goku ormai si sentiva decisamente meglio. Non vedeva l’ora di raccontare tutto al suo bambino e vederlo di nuovo fiero di lui.

In quelle ultime settimane aveva completamente dimenticato i sentimenti di Gohan, e se ne vergognava da morire; adesso che aveva capito quali fossero le sue reali priorità, finalmente avrebbe potuto recuperare il tempo perduto con suo figlio.

Mentre aiutava Bulma ad apparecchiare la tavola in assenza dei signori Brief che erano partiti per una vacanza, Goku si era ritrovato a pensare e ripensare a suo padre: Vegeta aveva detto che si chiamava Bardack-o Bardock-, e che era esattamente la sua fotocopia; avrebbe tanto voluto incontrarlo e chiedergli se pensava a lui dopo averlo spedito sulla Terra. Avrebbe voluto anche conoscere sua madre, a dirla tutta. Ed avrebbe voluto sapere di più sul passato del burbero principe, del quale non parlava mai.

 

«Ti vedo meglio, sai?» aveva esordito Bulma, raggiante «A quanto pare, la strigliata di Vegeta ti è servita più delle mie mille parole! Mi sento un po’ tradita!»

Colpito e affondato. La sua migliore amica era dannatamente intuitiva ed intelligente: avrebbe capito cosa facesse star meglio Goku anche a chilometri di distanza.

Lui aveva ridacchiato, leggermente in imbarazzo «Ma no, Bulma! Non sentirti così! In fondo io sono un saiyan, e anche Vegeta lo è! Certo, siamo diversissimi, ma sono convinto che infondo infondo, lui mi capisca davvero tanto!»

A quelle parole, la turchina aveva sorriso: già, Goku e Vegeta erano senza se e senza ma due persone davvero molto simili. Con la differenza che il primo non si faceva problemi ad ammetterlo, mentre l’altro, se solo lo avesse sentito con le proprie orecchie, molto probabilmente avrebbe fatto saltare in aria l’intero pianeta.

«Goku, ascolta...» aveva detto ad un certo punto «So che stai ancora molto male per tutto quello che è successo con Chichi, e forse non è il caso che io ti faccia una richiesta del genere, ma... ma ti dispiacerebbe badare alla casa per un mesetto? Sai, vorrei prendermi una pausa dal lavoro, ed andare un po’ al mare non mi dispiacerebbe affatto. E poi, qui ci sarebbero Gohan e Vegeta a farti compagnia, anche se Vegeta non è proprio di grande compagnia, e-»

«Stop!» l’aveva interrotta Goku, sorridente «Non dire altro! Hai fatto tantissimo per noi, Bulma! E sia io che Gohan te ne siamo molto riconoscenti! Perciò, una pausa è proprio quello che ti meriti! Non preoccuparti, prometto che per quando sarai tornata, la casa non sarà ancora saltata in aria!»

La giovane dai capelli turchini aveva teneramente sorriso. Il suo migliore amico era davvero una stella caduta dal cielo. Davvero non capiva come Chichi avesse potuto trattar così male un angelo come lui.

 

*

 

Quella sera aveva deciso di non scendere a mangiare. Aveva lo stomaco completamente chiuso, ed il motivo era perfettamente comprensibile.

Lui non era cattivo.

Kaharoth glielo aveva detto senza fare troppi giri di parole, mettendolo addirittura al confronto con il suo stesso fratello. 

Lui non era cattivo? Era davvero questo quello che si pensava di lui, dopo tutte le angherie che aveva compiuto durante il corso della sua vita?

Quell’inetto di terza classe doveva essere davvero impazzito, se pensava sul serio quelle cose sul suo conto.

Eppure, Vegeta non credeva di essere cattivo. No, non lo aveva mai creduto, ma nonostante questo, si era sempre comportato da tale.

 

Il corso dei suoi pensieri venne interrotto da un timido bussare alla sua porta, che di certo non apparteneva a quella svitata di Bulma. E non apparteneva neanche a Kaharoth, figuriamoci se quel cretino sapeva bussare alle porte!

Così, curioso di sapere di chi si trattasse, il principe dei saiyan diede allo sconosciuto il permesso di entrare, e rimase particolarmente sorpreso di ritrovarsi di fronte il figlio del deficiente, con un vassoio in mano e con un sorriso da ebete in faccia.

 

«Ciao, Vegeta.»

 

Il piccolo Gohan, dopo aver passato tutta la giornata ad allenarsi con Junior e poi a studiare, aveva avuto modo di parlare con suo padre e trovarlo molto meglio di come lo aveva lasciato la sera prima. Dapprima si era chiesto come fosse possibile, ma poi si era ricordato di come si fosse comportato il ragazzo che tutti tanto odiavano nei suoi confronti, ed aveva capito.

Era stato Vegeta a spronarlo. Era stato Vegeta a farlo rialzare. E sarebbe stato sempre Vegeta a farlo sentire meglio. Gohan ne era convinto.

Ed era per questo che, per ringraziarlo, aveva deciso di prendere ciò che era stato lasciato della grande cena che lui, Goku e Bulma avevano consumato, e di portarlo al giovane principe, che quella sera non ne aveva proprio voluto sapere di scendere.

 

«Ho visto che non sei venuto a cena.» aveva continuato, permettendosi di poggiare il vassoio sulla scrivania «Così ho pensato che magari ti potesse venire fame. Bulma ha preparato gli spaghetti, e  le sono venuti davvero bene!»

Non ricevendo risposta, aveva deciso di continuare col suo discorso, avvicinandosi un poco di più.

«Ascolta, Vegeta...» aveva preso a tormentarsi le mani, imbarazzato «So che non lo hai fatto per lui, ma... ma volevo, ecco... volevo ringraziarti per ciò che hai fatto a mio padre. Certo, ha ancora il morale un po’ giù, ma rispetto a ieri sembra davvero un altro! E il merito è tutto tuo! Nessuno avrebbe potuto fare meglio di te! Ti sei dimostrato il migliore come al solito!»

 

A quelle parole, il principe dei saiyan non aveva potuto non trattenere un ghigno soddisfatto. Ovvio che era il migliore! Nessuno avrebbe mai potuto superare il grande Vegeta, neanche nel rimettere a nuovo una stupida terza classe che non faceva altro che rammaricarsi!

 

Non ricevendo una seconda volta risposta, il piccolo Gohan aveva allora deciso di togliere le tende, un po’ deluso. Certo, non si aspettava di certo i salti di gioia da uno come Vegeta, ma neanche la completa indifferenza.

Cosi, aveva girato i tacchi e, lentamente, aveva preso a dirigersi nuovamente verso la porta.

 

«Bardack.» aveva ad un certo punto detto il principe, costringendolo a voltarsi di nuovo, confuso «Tuo nonno. Si chiamava Bardack.»

 

Gohan non sapeva perché, ma era convinto che quell’affermazione stesse a significare una sorta di buffo ringraziamento da parte di Vegeta.

 

~

 

Ciao a tutti!

Sono tornata con questo capitolo un po’ breve, ma che mi è piaciuto molto scrivere!

 

Mi sono sempre chiesta come fosse effettivamente il pianeta Vegeta(dato che nell’anime lo fanno intravedere davvero poco, e persino durante lo spin-off ambientato lì, non si capisce molto come sia fatto e come sia lì la vita).

 

Vegeta ha appena scoperto di non essere affatto considerato un cattivo da Goku, e non sa evidentemente cosa pensare. Ma tranquillo, Goku, gli fa piacere!

Per quanto riguarda Gohan, il bambino sta piano piano mettendo da parte la paura che prova per il principino, e di questo ne siamo tutti felici, tesoro, tutti felici!

 

A quanto pare, Bulma partirà per un bel viaggetto! E starà via non una settimana, non pochi giorni, ma per ben un mese! Che cosa succederà durante questi trenta giorni? La Capsule Corporation sarà ancora intera, dato che sarà messa in mano ben a due saiyan e mezzo? Lmao.

Beh, non ci basterà che andare avanti per scoprirlo!

 

Alla prossima!

 

-JAY

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Capitolo 5
*** La partenza di Bulma ***


Quella mattina, Bulma si era alzata di buon grado, felice come una pasqua e pronta ad organizzare i preparativi per il suo imminente viaggio. Dopo aver passato quasi tutta l’estate su Namecc, ora, alla fine di quest’ultima, aveva deciso di meritarsi un po’ di sole e di mare, senza stupidissimi alieni nelle vicinanze.

La giovane turchina si era fatta promettere più volte da Goku che al suo ritorno avrebbe trovato la casa esattamente come l’aveva lasciata; ma considerando l’ordine e l’organizzazione del suo migliore amico, aveva chiesto poi conferma anche al piccolo Gohan, che a differenza del padre ci teneva a fare bella figura con la famiglia della loro amica.

I suoi genitori erano già partiti per le Hawaii qualche giorno prima, e lei era prontissima a seguire il loro esempio, ed aveva prenotato un volo di prima classe per le Maldive. Solo lei, sé stessa ed il sole che finalmente avrebbe abbronzato la sua pelle fin troppo pallida per i suoi gusti.

Da quando lei e Yamcha si erano bruscamente lasciati, la ragazza si sentiva decisamente più libera, e non vedeva l’ora di trovare un vero uomo che l’avrebbe adorata molto più di quanto avrebbe mai fatto quella sottospecie di idiota, che non aveva fatto altro che tradirla costantemente con la prima che passava. 

A Vegeta, ovviamente, non aveva detto niente. E lui a dir la verità non ci aveva nemmeno fatto caso. Ed andava bene così: finalmente avrebbe avuto un po’ di respiro anche da quella sorta di infatuazione a senso unico che la opprimeva costantemente.

Prima di partire, Bulma, che partiva sempre premunita, aveva chiamato il caro amico Crilin, chiedendogli di passare ogni tanto da casa sua a controllare se andasse tutto bene, o se per lo meno la struttura fosse ancora in piedi, considerando che la stava lasciando in mano a due saiyan e mezzo.

 

«Urca!» aveva esclamato Goku, vedendola con tutti quei bagagli «Vuoi una mano? Sembrano super pesanti!»

Bulma sorrise: il suo migliore amico era proprio un tesoro.

«Sei proprio sicura di aver bisogno di tutta questa roba?»

«Oh, Goku, non capirai mai le esigenze di una donna!» aveva esclamato lei, scherzosa «Uomini! Tutti uguali!»

 

«Che succede, qui?»

 

La voce tranquilla e vagamente ironica del principe dei saiyan li aveva distolti dalla loro conversazione e da ciò che stavano facendo.

 

«Kaharoth ha finalmente deciso di privarmi del supplizio di vivere sotto lo stesso tetto e se ne sta andando?» aveva chiesto, ghignando.

A quella domanda, Goku aveva risposto con una linguaccia, mentre poggiava tutte le valigie nell’auto di Bulma «È lei che se ne sta andando! Per un mese, ad essere precisi! A quanto pare rimarrai soltanto con me!»

«Che?!» la grossa vena sulla fronte di Vegeta aveva iniziato a pulsare pericolosamente «Donna! Vieni subito qui!»

 

Niente da fare. Quel ragazzo era veramente intrattabile.

Bulma, incrociando le braccia al petto e sbuffando sonoramente, lo aveva raggiunto, assumendo uno sguardo di sfida. Se quello stupido alieno pensava di poterle rovinare la vacanza aveva capito davvero molto male.

 

«Che ti prende? Non dirmi che ti mancherò!»

«Non farti strane idee, sei completamente fuori strada.» aveva risposto Vegeta «Solo che non capisco per quale assurdo motivo io sia costretto a starmene qui da solo con quell’inetto in giro per casa! È già tanto se sopporto di respirare la sua stessa aria!»

«Se non vuoi stare con Goku, vattene! Sono sicura che non mancherai né a lui né a Gohan!»

A quelle parole, il principe dei saiyan aveva risposto con un sonoro ‘tsk’, per poi incrociare le braccia al petto ed allontanarsi, tornando in casa, senza neanche rivolgerle un accenno di saluto. 

Per lo meno sarebbe stato per un po’ alla larga da quella donnaccia fastidiosa e da quell’oca di sua madre, che sembravano provarci gusto nell’importunarlo continuamente.

 

«Non lo sopporto!» aveva quasi urlato Bulma «Non cambierà proprio mai!»

«Dai, non arrabbiarti!» Goku le aveva dolcemente sorriso «Pensa a goderti la vacanza, a tenere a bada Vegeta ci penserò io! Lo farò allenare così tanto che a fine giornata non avrà più neanche la forza di parlare!»

«Bene!»

Le parole di Goku le facevano sempre tornare il buonumore. Passare del tempo col suo migliore amico sarebbe stato salutare per chiunque, persino per uno stronzo come Vegeta.

E Bulma era convinta che al suo ritorno, il principe dei saiyan sarebbe già diventato un agnellino obbediente e docile. In fondo, era con Goku e Gohan che avrebbe avuto a che fare per un mese da quella parte, e quei due erano le persone più buone e gentili di tutto il mondo.

 

Così, senza più convenevoli, la turchina era salita in auto, pronta a sfrecciare verso l’aeroporto. 

Un mese di completo relax la stava aspettando dall’altra parte del mondo.

 

*

 

Con Kaharoth.

Con Kaharoth e suo figlio.

Il grande principe dei saiyan, il fiero Vegeta, avrebbe passato un mese intero in casa soltanto con Kaharoth e quel piagnucolone di suo figlio.

Com’era caduto in basso. Suo padre si stava rivoltando nella tomba che non aveva.

Per lo meno, il moccioso tornava sempre a casa a sera inoltrata, e una volta lì si metteva subito sui suoi stupidi libri. E lui avrebbe passato gran parte delle giornate chiuso nella gravity room a tenersi impegnato, in modo da incrociare lo sguardo dell’inetto il meno possibile.

 

Sì, Vegeta avrebbe fatto proprio così.

Se soltanto quello stupido decerebrato, in soli cinque minuti, non avesse bruciato per ben quattro volte il pranzo che stava disperatamente cercando di preparare.

In un primo momento, il principe dei saiyan stava osservando la scena, divertito dal fatto che Kaharoth fosse un completo fallimento in tutto ciò che tentava di fare.

Ma poi, la fame aveva iniziato a farsi sentire, e dato che il bamboccio non era in casa e non si sarebbe potuto mettere a cucinare, aveva deciso di spingerlo bruscamente da una parte, mettendosi lui stesso ai fornelli.

 

«Ma che fai?!» si era lamentato il deficiente, rimettendosi in piedi «Perché mi hai spinto?! Mi tratti sempre male! Sei proprio cattivo!»

«Chiudi quella boccaccia e apparecchia la tavola. Penso tu sia capace di farlo, no?»

 

In un primo momento Goku aveva pensato di ribattere, ma poi, spaventato dal tono tanto serio e deciso di Vegeta, aveva deciso di fare ciò che gli era stato chiesto, mettendosi ad apparecchiare la tavola per due. 

Certo che era una situazione piuttosto strana.

Chi avrebbe potuto immaginare, soltanto un anno addietro, che coloro che si erano quasi ammazzati sul campo di battaglia, si sarebbero ritrovati assieme a cucinare e ad apparecchiare la tavola?

 

Una volta sistemati piatti e bicchieri, il giovane super saiyan si era fermato un attimo ad osservare le movenze di Vegeta ai fornelli, così diverse dalle proprie: precise, pulite, con una grazia degna davvero di un principe. E sembrava non avere alcuna difficoltà a preparare il pranzo.

Che in passato Vegeta avesse cucinato per qualcuno?

Ma no, era praticamente impossibile. Ma allora, dove aveva imparato a farlo così bene?

 

«Dì un po’.» aveva esordito il ragazzo, visibilmente seccato «Cos’hai da guardare?»

A quella domanda, il deficiente aveva preso a grattarsi fastidiosamente la nuca come faceva ogni volta che si trovava in una situazione d’imbarazzo, e a ridacchiare come un’ebete. Senza neanche volerlo, Vegeta aveva imparato a riconoscere comportamenti ed atteggiamenti di Kaharoth dei quali assolutamente non gliene importava nulla.

Aveva imparato a riconoscere, anche quando non erano l’uno di fronte all’altro, quando l’idiota si fermava senza motivo a  fissarlo, ed aveva imparato a riconoscere quando suddetto idiota provava imbarazzo, tristezza, felicità e altre emozioni analoghe. Era come se ormai condividessero un cervello.

 

A quell’ultimo pensiero, Vegeta si era quasi strozzato con la pietanza che stava assaggiando con tanta cura.

 

«Vegeta, posso chiederti una cosa?»

«Tanto me la chiederai comunque.» il principe dei saiyan aveva iniziato a riempire i loro piatti di quelli che sembravano gustosi spaghetti al pomodoro, e che a Goku fecero letteralmente venire la bava alla bocca.

«Secondo te... secondo te dovrei chiedere a Chichi di tornare con me? Insomma, lo farei soltanto per Gohan. Penso che gli manchi sua madre, anche se non mi ha mai chiesto di accompagnarlo da lei, ma...»

 

«Tu vuoi starci assieme?»

 

Era stata questa la domanda perentina di Vegeta, mentre si sedeva al suo posto, iniziando a mangiare.

A quelle parole, Goku era rimasto per un attimo senza parole: possibile che proprio il principe dei saiyan gli avesse fatto una domanda del genere? Si aspettava una risposta brusca, un pugno in faccia, si era addirittura aspettato la totale indifferenza. Ma mai una domanda del genere.

 

«Cosa?» aveva infatti-giustamente-chiesto.

«Quello che ho detto.» rispose Vegeta «Tu vuoi starci assieme?»

«Beh... io non ne sono sicuro.» Goku aveva iniziato a mangiare nervosamente «In realtà non ne ero sicuro neanche quando eravamo sposati. Non credo di averla mai veramente amata, ma... ma c’è Gohan, e-»

«Tuo figlio non è stupido come te.» l’aveva interrotto il principe «È insopportabile, ma non è stupido. Lo ha capito da un bel pezzo che tra te e quell’oca non andava, e non credo che a un saiyan farebbe tanto piacere che si facessero le cose soltanto per pietà di lui. Impara a far funzionare l’unico neurone che ti è rimasto.»

«Urca, Vegeta! Sei proprio intelligente! Adesso capisco perché hai la testa tanto grossa!»

 

A quelle parole, il principe dei saiyan si era irrigidito.

Come osava quel maledetto idiota dirgli che aveva la testa grossa?! Anzi, come osava anche solo pensare che aveva la testa grossa?!

In un attimo, aveva sollevato il piatto ghermito di spaghetti che fino a un secondo prima stava tranquillamente gustando, e glielo aveva lanciato in faccia, sporcandolo completamente di pomodoro e rompendo il piatto in mille pezzi.

 

«Come osi rivolgerti a me in questo modo, razza di cretino?!» aveva urlato, alzandosi dalla sedia ed afferrandolo per la collottola «Non ti disintegro soltanto perché mi servi per raggiungere lo stadio di super saiyan!»

 

E nel giro di dieci minuti, senza neanche sapere come e perché, il povero Goku si era ritrovato a correre per tutta la casa, scappando dalla furia distruttrice di un Vegeta che non faceva altro che lanciargli contro tutto ciò che si ritrovava sottomano.

«Dai!» aveva esclamato ad un certo punto, schivando l’ennesimo mobile che si era andato inevitabilmente a piantare contro il muro «Calmati! Ho solo detto che hai la testa grossa!»

«Io ti ammazzo!» aveva urlato Vegeta «Te la do io la testa grossa!»

 

Non si erano neanche accorti che, da una decina di minuti, un Crilin completamente sconvolto, li stava osservando con gli occhi sbarrati e la faccia completamente bianca.

Bulma gli aveva chiesto di andare a controllare se la casa fosse ancora in piedi, ma a quanto pareva, molto probabilmente, sarebbe crollata fin troppo presto.

 

~

 

Heylà amici~

 

Eccomi tornata con questo breve ma allo stesso tempo carinissimo(spero) capitolo.

 

Bulma è partita per le Maldive(e beata lei), lasciando definitivamente casa sua in mano a Goku e a Vegeta. A quanto pare a Gohan toccherà fare il badante!

 

Povero Crilin! Si è ritrovato davanti ad una scena letteralmente coniugale tra i due saiyan. E povero Goku! Lmao

 

Beh, io vi saluto, non c’è esattamente molto da dire.

 

Alla prossima!

 

-JAY

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Capitolo 6
*** Provocazioni ***


Era passata una settimana da quando Bulma aveva deciso di partire per la sua meritata vacanza.

Settimana durante la quale Goku e Vegeta non avevano fatto altro che bisticciare, allenarsi, fare le faccende di casa-che cosa disonorevole per un principe come lui-, allenarsi, bisticciare di nuovo ed allenarsi ancora.

Non si erano fermati neanche per un minuto, e questo aveva piacevolmente sorpreso il piccolo Gohan, che finalmente poteva dire di riavere di nuovo il suo adorato papà con sé. Ed il merito, per quanto questo possa suonare buffo, era tutto di quel burbero di Vegeta.

 

Era passata una settimana, eppure sembravano esser passate soltanto poche ore. In fondo, quella convivenza forzata con l’inetto e suo figlio non era poi così male-ma questo non lo avrebbe mai ammesso, neanche sotto tortura-. 

Il marmocchio continuava ad uscire la mattina presto per andarsi ad allenare assieme al namecciano, e lui e l’idiota ne approfittavano per spostarsi in un’area desertica ed allenarsi a loro volta; poi, nel pomeriggio, Gohan tornava, ma non dava apparentemente alcun fastidio.

Anzi, era come se non ci fosse mai, in realtà.

Quel ragazzino non faceva altro che starsene in camera sua o in salotto a studiare e a guardare fuori dalla finestra, e le uniche cose che uscivano dalla sua bocca troppo larga erano soltanto dei sospiri rassegnati.

 

All’inizio Vegeta non capiva per quale assurdo motivo si comportasse in quello strambo modo. Ma poi, quella mattina, finalmente-e con suo grande disappunto- aveva capito: Kaharoth gli aveva detto che non si sarebbero potuti allenare, ma non aveva affatto specificato il motivo, e questo aveva fatto montare una buona dose di nervosismo in Vegeta.

 

«Che diavolo avresti da fare di così importante da dover trascurare i tuoi allenamenti?!» aveva esclamato, interdetto «Per un saiyan, l’allenamento è una cosa fondamentale! Mettitelo in testa!»

 

A quelle parole, ed anche alla strana reazione del principino, Goku decise che era arrivato il momento di provocarlo un po’. Giusto per divertirsi.

Magari dopo avrebbe ricevuto un mobile in testa, ma non gli importava. Vegeta voleva che rimanesse? Bene, lo avrebbe accontentato.

Prese ad avvicinarsi al divano sul quale era seduto il principe dei saiyan, e si sedette a debita distanza da lui, allungando le gambe sul tavolo e poggiando invece la testa al dorso della mano, incrociando il suo sguardo scuro ma confuso. 

 

«Che ti prende, Vegeta?» chiese, inarcando un sopracciglio «Per caso ti dispiace non passare la mattinata in mia compagnia?»

 

Se diventare una pentola a pressione in quel momento fosse stato possibile, probabilmente Vegeta lo sarebbe diventato. Che diavolo pensava di fare, quell’idiota? Provocarlo in quel modo non gli avrebbe giovato affatto. Anzi, avrebbe soltanto alimentato il suo nervosismo.

Già, avrebbe. Se solo quello seduto accanto a lui non fosse stato Kaharoth ma soltanto uno qualunque.

Ma, purtroppo per lui, quello seduto accanto a lui era proprio Kaharoth. Quel bastardo infame di Kaharoth.

E l’istinto del principe dei saiyan, in quel momento, fu quello di avvicinarsi di poco, strusciandosi sul divano e permettendo all’inetto di seguire perfettamente il suo movimento con lo sguardo, ben puntato nel suo. 

 

Abbassando leggermente il tono della voce, come se avesse paura che le pareti potessero sentirlo, si era avvicinato al suo orecchio. La sua mano ben stretta alla collottola dell’idiota.

«Sai, Goku, non dovresti provocarmi in questo modo.» aveva scandito bene le sillabe della breve ma tagliente parola ‘Goku’, nome con cui gli si riferiva soltanto quando voleva schernirlo o provocarlo «Potresti essere tu quello a perdere, perché non si gioca affatto di muscoli.»

Detto questo, dopo essersi allontanato il più lentamente possibile, e dopo aver passato una mano fra i suoi capelli, prese a tirargli questi ultimi, alzandolo da terra e costringendolo a dimenarsi per liberarsi dalla sua presa, forte e decisa.

Dopodiché, Vegeta, con altrettanta forza e decisione, aveva letteralmente lanciato il deficiente contro una delle vetrate, infrangendola, e facendogli sbattere inevitabilmente il deretano contro la ringhiera del balcone.

 

«Ahia!» si era lamentato il cretino, massaggiandosi il fondoschiena «Ma si può sapere che diavolo ti è preso?! Pensavo non si giocasse di muscoli!»

«Chiudi il becco e sparisci di qui, Kaharoth.»

 

*

 

Erano interi minuti ormai che Goku si rifiutava di aumentare la velocità di volo per arrivare più velocemente da Chichi, ed il piccolo Gohan aveva anche ben capito il perché: il suo papà aveva paura, una paura terribile di scoprire cos’avrebbe trovato una volta raggiunta la donna che fino a soltanto poche settimane prima era stata sua moglie.

Ed anche lui aveva paura. Paura che lei in realtà non lo volesse lì, paura di trovarla con un altro uomo senza esser stato neanche avvertito della sua esistenza, paura un po’ di tutto.

Eppure, dall’altro lato, il piccolo mezzosangue era al settimo cielo: finalmente, dopo settimane di sole telefonate-che erano molto diminuite negli ultimi giorni-, avrebbe rivisto la sua adorata mamma, ed avrebbe passato un’intera giornata con lei e con il nonno.

 

«Papà.» aveva provato a dire, avvicinandosi di più a Goku «Se vuoi puoi anche tornare indietro. Ci vado da solo dalla mamma. Non dev’essere facile, per te, e poi credo che allenarsi con Vegeta sia molto più divertente che accompagnare me! Non credi?»

 

Lo allettava da morire l’idea di poter tornare indietro e mandare suo figlio avanti, certo che lo allettava. Ma non poteva fare la figura del padre che non accompagna il proprio figlio a far visita alla sua ex moglie. In più, Vegeta quella mattina gli era sembrato particolarmente irritabile e violento, e forse sarebbe stato meglio lasciarlo perdere. 

Dio solo sapeva cosa passasse nella mente di quel ragazzo.

 

Arrivarono di fronte la loro vecchia casa, che ormai era diventata casa di Chichi, dopo una mezz’oretta di viaggio, e si ritrovarono davanti ad una scena straziante. O almeno, straziante per Goku: la sua ex moglie non si era soltanto presa casa sua, ma la stava trasformando in un’autentica reggia. Gli operai stavano lavorando proprio in quel momento a quella che sarebbe stata una grossa piscina, e la sua povera casetta stava diventando più grossa, con un piano in più, e sicuramente era stato cambiato anche l’interno.

Diavolo, Chichi aveva proprio cambiato ogni cosa della sua vita.

 

«Gohan!»

 

Una voce terribilmente familiare e squillante aveva interrotto il suo guardarsi attorno, ed una Chichi che ormai non era più Chichi, era uscita dall’abitazione, correndo incontro a Gohan ed abbracciandolo forte. Si erano mancati, era più che evidente: la mamma è sempre la mamma.

Ed era anche bellissima, quel giorno: capelli sciolti lungo le spalle e perfettamente in piega, tubino nero, scarpe rosse e perle al collo ed alle orecchie. Una vera e propria visione, se solo non fosse stata una versione ripristinata della vecchia Chichi.

 

«Oh, amore mio!» aveva esclamato la donna, stritolando il figlio «Mi sei mancato tantissimo! Fatti guardare! Oh, come ti sei alzato! E come ti stanno bene i capelli un po’ più lunghi! E che muscoli! Dimmi, stai studiando? Mangi? Dormi a sufficienza?»

«Mammina!» Gohan era felicissimo di tutte quelle premure: nonostante avesse lasciato suo padre, nonostante avesse cambiato look e nonostante lui si fosse sentito messo da parte, la sua mamma lo amava esattamente come prima, se non di più «Mi sei mancata tanto! E sì! Mangio, dormo, studio e mi alleno con Junior! E adesso che Bulma è in vacanza, in casa c’è molta meno confusione!»

«Sono contenta che tu stia bene, piccolo mio! Adesso andiamo, però, si sta facendo tardi, e nonno ci sta aspettando a casa sua!» 

 

Goku, dal canto suo, aveva deciso di allontanarsi lentamente, salutando Gohan con una mano. Quella non era più la sua famiglia, e lui si sentiva tremendamente di troppo, ecco qual era la cruda verità. 

E verità era pure che avrebbe dovuto seguire il consiglio di suo figlio e restarsene alla Capsule Corporation a picchiarsi duro e litigare con Vegeta.

Invece no, aveva fatto di testa propria, ed ora era tornato ad essere lo straccio che era durante i suoi primi giorni da padre single.

 

*

 

Era stravaccato sul divano a guardare un po’ di televisione, quando si era visto il decerebrato di fronte, proprio all’ingresso di casa, con un muso più lungo di un film di Quentin Tarantino con tanto di titoli di testa e di coda.

Nel vederselo piombare di fronte in quello stato, il principe dei saiyan si mise più composto, come a fargli involontariamente spazio sul divano.

E questa involontaria volontà, il decerebrato l’aveva colta subito-capirai, si accorgeva sempre delle cose più idiote-, e si era buttato a peso morto esattamente ai piedi di Vegeta, che ormai, abituatosi ad i suoi sbalzi d’umore continui, era tornato a concentrarsi sul film.

 

«Chichi non mi ha neanche guardato.» aveva detto, con il broncio, iniziando a tormentarsi le mani «Non mi ha neanche salutato... nulla. Ha preso Gohan e si è girata dall’altra parte.»

 

Ora, se Vegeta avesse potuto sparire, o diventare acqua, o ancor meglio esplodere e portare all’inferno con lui anche il deficiente, probabilmente l’avrebbe fatto. Che cosa gliene avrebbe dovuto fregare del fatto che quell’oca della sua ex non l’avesse neanche calcolato? Tra l’altro, era anche una cosa naturale, dato che era stata lei a lasciarlo, e ovviamente non avrebbe potuto mica accoglierlo a braccia aperte.

 

«Non so neanche a che ora dovrei andare a prendere Gohan. Non so nulla, non so nemmeno perché sono vivo, non so se ho fame, se ho sete, se ho sonno, se-»

«Certo che non sai, Kaharoth.» lo aveva interrotto il principe, con aria seccata «Non hai un cervello. Non puoi sapere le cose. Penso tu abbia una sorta di meccanismo che assimila informazioni basilari e poi le riproduce, ma non puoi di certo fare ragionamenti troppo complicati. Ti esploderebbe la testa.»

 

«Non essere cattivo con me!»

 

Ed ovviamente, come se i supplizi del poveri Vegeta non fossero già abbastanza, il cretino aveva iniziato a urlare come un marmocchio, con quei fastidiosissimi lacrimoni agli occhi e quello sguardo da cucciolo abbandonato. Ed aveva iniziato ad implorarlo di non essere cattivo! Dannazione, aveva iniziato a implorare lui di non essere cattivo! Era come implorare il diavolo di diventare un bravo ragazzo!

Ma il principe dei saiyan non era il diavolo, purtroppo, e disponeva-altro purtroppo- di un certo codice morale. Particolare, ma ne disponeva.

Così si era seduto in maniera più composta e, incrociando lo sguardo da cane bastonato di quell’idiota, si era poi alzato dal divano ed aveva composto un numero telefonico.

 

*

 

Erano stati in silenzio davanti al televisore per circa una ventina di minuti, ed il povero Goku non aveva fatto altro che sospirare e lanciare sguardi furtivi al principe dei saiyan, che si stava limitando ad ignorarlo.

Probabilmente era la prima volta che coesistevano nella stessa stanza senza provocarsi o litigare o picchiarsi. Sarebbe stato quasi un passo in più, se non fosse stato che era così soltanto perché Goku sembrava volersi soltanto suicidare.

Alla fine, dopo interi minuti di silenzio assordante, il campanello aveva suonato, e solo in quel momento Goku aveva capito che, forse, Vegeta non era poi così cattivo e stronzo. E non lo era perché chi aveva suonato al campanello era niente poco di meno che il ragazzo delle pizze, e Vegeta ne aveva ordinate ben quattro, tutte per loro.

 

«Urca!» aveva esclamato, tornando improvvisamente in sé «Vegeta, le hai ordinate tu? Cavolo, tu sì che sai come farmi star meglio!»

 

Il principe dei saiyan dovette trattenersi dal ridere divertito. Certo, divertirsi con Kaharoth era fuori discussione, piuttosto avrebbe preferito tornare a fare lo schiavo di Freezer, ma ci voleva davvero poco per farlo contento.

Un paio di pizze di fronte ai suoi occhi, e si era trasformato in un bambino all’interno di un negozio di caramelle.

 

«Non fraintendere.» si affrettò a dire il principe, poggiando le pizze sul tavolo di fronte al divano «Non l’ho fatto per te. Ma non avevo voglia di mettermi a cucinare, e quando mangi rompi meno le palle.»

 

Però, Goku gli aveva sorriso lo stesso. Lo sapeva che Vegeta era un ragazzo d’oro. Doveva soltanto imparare ad ammetterlo.

E a quanto pareva, suddetto ragazzo d’oro sembrava avergli appena letto nel pensiero perché, aprendo il suo primo cartone di pizza, gli aveva detto: «Smettila di guardarmi come se fossi la persona più carina del mondo. Ti ho già detto che non l’ho fatto per te.»

«Lo hai fatto involontariamente per me, ammettilo.» lo aveva allora punzecchiato Goku «Sono adorabile e non sai resistermi.»

 

A quelle parole, la vena sulla fronte di Vegeta aveva iniziato a pulsare. Non solo si preoccupava per lo stato d’animo di quell’idiota-si preoccupava? Cosa?-, ma gli faceva anche dei favori. E lui che faceva? Lo ripagava trattandolo in quel modo.

Come diavolo osava, quell’inetto?! Come osava trattare in quel modo il principe dei saiyan? Oh, ma gliel’avrebbe fatta pagare. Eccome se gliel’avrebbe fatta pagare.

Così, senza neanche starci a pensare, agendo semplicemente d’istinto, Vegeta aveva allungato la mano verso la pizza del decerebrato e, con molta poca grazia, ne aveva staccato un pezzo enorme, per poi ficcarselo tutto in bocca.

 

«Hey!» si era lamentato quello, come un bimbo a cui veniva tolto il ciuccio «Quella era la mia pizza!»

«E con ciò?» 

Era proprio grande. Era riuscito a fargli tornare quel broncio da cane bastonato, e con questo gli aveva anche dimostrato di non essere affatto la persona caritatevole che Kaharoth pensava stesse diventando.

 

Ma, contro ogni sua aspettativa, il deficiente aveva preso tutta la pizza che gli rimaneva e, senza alcun preavviso, gliel’aveva spalmata in fronte, facendo diventare la sua regale pelle un ammasso di pomodoro e mozzarella che volavano giù lungo tutta la sua nobile faccia.

E, come ciliegina sulla torta, il decerebrato aveva allungato una mano verso suddetta nobile faccia, aveva prelevato qualche pezzo di mozzarella, e se lo era mangiato.

Se lo era mangiato.

Kaharoth aveva letteralmente appena mangiato sulla sua faccia.

Questo era assolutamente imperdonabile.

 

«Io ti ammazzo!» 

 

Si era alzato in piedi, correndo all’inseguimento dell’idiota lungo tutta l’abitazione, mentre gli lanciava pezzi di pizza addosso, riempiendo i suoi vestiti di pomodoro, salame piccante e mozzarella calda.

Aveva passato almeno una decina di minuti ad inseguirlo per tutta casa, urlando minacce di morte varie ed eventuali. Fino a quando, di nuovo senza alcun preavviso, Kaharoth non si era fermato e, ancora più inaspettatamente, lo aveva afferrato per le spalle, finendo per sbilanciare il peso di entrambi, e facendolo cadere esattamente sopra di lui.

Sopra a Kaharoth.

Si trovava sopra a quell’idiota di Kaharoth.

Letteralmente a cavalcioni sopra il suo più acerrimo nemico.

E la cosa che lasciava il principe interdetto, era il fatto di non riuscire assolutamente ad alzarsi. No, non ci riusciva proprio.

Così passò al piano B: provocazioni.

Le provocazioni spiazzavano Kaharoth, e lo mettevano tremendamente in imbarazzo. Ed era così che Vegeta aveva deciso di giocare, quando non si allenavano. 

Così piantò i gomiti a terra, esattamente dietro la testa del deficiente, e si abbassò, facendo toccare forse fin troppo bene i loro corpi, e portando la lingua dietro il suo orecchio, leccando via un pezzo di mozzarella rimasto appiccicato proprio lì.

«Giuro che ti strangolo.» aveva sussurrato, viscido, trattenendo un ghigno «Ti strangolo e poi ti disintegro. Ti sta bene?»

 

Se gli stava bene? Cazzo, in quel momento gli sarebbe stato bene tutto.

Aveva fatto quella mossa con il solo obiettivo di bloccare la corsa di Vegeta, non certo per ritrovarselo sopra, mentre lo provocava in quella maniera così... così... Dio! Ma quel principino lo voleva per caso morto? 

Perché Goku, in quel momento, stava perdendo completamente il nesso tra realtà e fantasia, e nell’attimo in cui aveva sentito la lingua calda e umida del ragazzo sopra di lui a contatto con la sua pelle, non ci aveva capito più niente.

Ed era per questo che non era riuscito a rispondere a una tale provocazione, e neanche il tempo di riprendersi, che Vegeta si era già alzato da terra e si era allontanato, dirigendosi verso il bagno, probabilmente per farsi una doccia.

 

E Goku, in quel momento, aveva bisogno di una doccia bella fredda.

 

~

 

Heylà!

Sono tornata con questo capitolino un po’ così, in cui mi sono divertita a osare di più con i comportamenti dei nostri due saiyan preferiti ;)

 

A quanto pare, ad entrambi piace giocare con le emozioni dell’altro(e anche a noi piace che voi lo facciate, credetemi!), ma nessuno dei due resiste più di quanto voglia. Vegeta più di tutti, considerando poi la sua indole.

 

Bene, bando alle ciance, ci vediamo al prossimo capitolo!

 

-JAY

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Capitolo 7
*** Tormenti ***



Era contento di essere di nuovo assieme alla sua mamma. Certo, stare con suo padre era bello, soprattutto dopo che Goku si era ripreso, ma era tanto tempo che non passava una giornata soltanto con sua madre-e con suo nonno-, e il piccolo Gohan voleva che fosse tutto perfetto.
O almeno, lo avrebbe voluto.
Ed era stato tutto perfetto, finché assieme al nonno e alla mamma, non avevano raggiunto quel ristorante in riva al mare.
E non era certo il ristorante il problema, anche perché, una volta all’interno, si poteva sentire un odorino di pesce piuttosto invitante. Oh, no. Il ristorante non era affatto un problema.
Il problema era la persona che c’era ad aspettarli al loro tavolo.
Una volta lì, infatti, un uomo sulla trentina, con capelli castani perfettamente in ordine e vestito elegantemente, si era alzato, sorridendo cordialmente in loro direzione.
Chi era quello sconosciuto? E perché avrebbe pranzato con lui e la sua famiglia?

«Ciao, David!» aveva salutato Chichi, felice come una pasqua «Scusa se ti abbiamo fatto aspettare!»
«Oh, Chichi cara, per te potrei aspettare anche un mese seduto a questo tavolo!»

Quindi le supposizioni del piccolo Gohan, infine, erano esatte. Non solo sua madre aveva evidentemente un altro uomo, ma lo aveva incastrato alla grande, facendogli credere che il pranzo di quel giorno sarebbe stato soltanto un semplice momento condiviso con lei e con Giuma.
Ma il bambino era stato educato ad essere sempre gentile e cordiale, e non si era scomposto. In fondo, come continuava a ripetere quello svitato di Vegeta, lui era un saiyan, ed anche davanti alle difficoltà si sarebbe dovuto far valere.
E quel David, per lui, era alla stregua di quello che era Freezer per suo padre o per Vegeta: un avversario da battere. E purtroppo, non combattendolo fisicamente, ma con la forza dell’intelletto e della buona educazione.

«Gohan, saluta!» gli aveva intimato la sua mamma, sorridendogli teneramente.
E lui, dimostrando di avere una grande forza d’animo, si era avvicinato all’uomo e, mantenendo il sorriso sulle labbra, gli aveva teso la mano «È un piacere conoscerla! Io mi chiamo Gohan!»
Era sicuro di aver percepito Chichi sorridere orgogliosa. Per lo meno, nonostante fosse un’imbrogliona, sua madre continuava ad essere ogni minuto più fiera di lui. 
«Oh, per favore piccolo, dammi del tu!» aveva risposto quello, stringendogli la mano e ricambiando il suo largo sorriso «Ma bando ai convenevoli, signori, sediamoci. Si sente un odorino piuttosto invitante dalla cucina, non trovate?»

In quel momento, Gohan trovava molto più invitante scappare da quel posto con la scusa del bagno e tornare alla Capsule Corporation a farsi sgridare da Vegeta.

*

Quel giorno, il principe dei saiyan non ne aveva voluto sapere proprio di uscire dal bagno, e Goku era sicuro di averlo sentito chiudere e riaprire l’acqua della doccia quattro o cinque volte. Chiamatelo intuito, chiamatelo istinto, al giovane super saiyan era sembrato che il suo coinquilino stesse allungando il brodo soltanto per evitare di parlare o anche solo incrociare lo sguardo con lui.
Perché poi? Era stato proprio Vegeta a provocarlo in maniera tutto fuorché minacciosa, ed era stato sempre Vegeta a lasciarlo lì a terra come uno stoccafisso a boccheggiare nella sua direzione. Conoscendolo, avrebbe dovuto uscire dal bagno e deriderlo per la faccia da pesce lesso che aveva assunto dopo l’accaduto.
Invece, ciò non era ancora successo, e Goku aveva fatto addirittura in tempo a farsi una doccia-bella fredda- a sua volta, e a rimuginare su ciò che era accaduto da relativamente poco.
Forse a Vegeta non aveva fatto alcun tipo di effetto, anche perché pensare che una cosa del genere avrebbe potuto fare effetto ad uno come lui era veramente da stolti, ma lui, nel preciso istante in cui quel maledetto principe si era ritrovato ad abbassarsi, a letteralmente allungarsi sopra il suo corpo, e a portare quella lingua così calda e piacevole-e per niente velenosa, quando non parlava- dietro il suo orecchio, si era sentito quasi morire. E non di certo dal dispiacere. Anzi, avrebbe voluto che quel momento durasse molto più di quello che era durato. 
Aveva sentito dei tremendi brividi attraversargli tutta la spina dorsale, il suo cuore accelerare copiosamente la sua corsa ed il suo corpo accaldarsi a dismisura. E per un breve ma allo stesso tempo lunghissimo attimo, il povero Goku aveva pensato che sarebbe morto d’infarto.
Avrebbe tanto voluto essere assieme a Gohan, in quel momento. Di sicuro, la presenza di Chichi era meno preoccupante per lui della presenza di Vegeta, in quel frangente.


Era rimasto sotto la doccia per tanto, troppo tempo, e non aveva la benché minima intenzione di uscire. Prima di tutto perché fuori dal bagno avrebbe di nuovo incontrato quell’idiota decerebrato di Kaharoth, e chissà in quali condizioni: quello lì non si faceva nessuno scrupolo a girare per casa nudo dopo essersi lavato, e in quel frangente vedere Kaharoth nudo non gli avrebbe fatto granché bene.
Ma che cosa gli era venuto in mente? Che diavolo andava a pensare?
Non gli erano mai piaciuti quei giochetti che aveva fatto pochi minuti prima steso sul corpo del deficiente. Perché l’istinto gli aveva detto di fare una cosa del genere? Che lo avesse colpito qualche virus letale e lui non se ne fosse accorto?
Già, un virus. Uno stupidissimo virus terrestre. Doveva essere questo, non c’era altra spiegazione.
Perché altrimenti avrebbe sentito il suo corpo formicolare ed accaldarsi a dismisura, mentre pensava a ciò che era appena accaduto?
Nonostante l’acqua gelida, Vegeta non si sentiva affatto rigenerato.

*

Nulla.
Sulla situazione che si era andata a creare con quel David, sua madre non gli aveva ancora spiegato nulla.
Era ovvio anche per lui che nessuna mamma avrebbe subito presentato un uomo al proprio bambino come suo nuovo fidanzato, ma le effusioni tra i due erano così evidenti, che il piccolo Gohan ed il povero Giuma si sentivano tremendamente di troppo ed anche un po’ in imbarazzo.
Anzi, Gohan si sentiva tanto in imbarazzo, ad essere precisi.
Non aveva quasi neanche toccato l’invitante risotto agli scampi che aveva ordinato, e non aveva fatto altro che ascoltare quelle conversazioni tra adulti in completo silenzio.
Da quello che aveva capito, David era un chirurgo, ed anche uno molto bravo e rinomato, considerando le cose che stava raccontando alla sua mamma. E a giudicare dal suo modo di fare e di vestire, era anche ricco. Insomma, era quello che le donne avrebbero definito ‘un buon partito’.

«Allora, Gohan!» aveva ad un certo punto esclamato il nonno, probabilmente per rompere il ghiaccio e cessare l’imbarazzo terribilmente palpabile del bambino «Come se la passa Goku? Ti stai prendendo cura di quel ragazzone di tuo padre?»
«Oh, papà sta abbastanza bene!» aveva esclamato il ragazzino, riconoscente a suo nonno per essere così terribilmente intuitivo «Certo, abbiamo avuto qualche problema, all’inizio. Ma Bulma con noi è stata molto gentile, ed anche i suoi genitori!»
E anche Vegeta, a modo suo. Ma questo, di fronte a sua madre, non voleva dirlo.
«Ah, lo sapevo che questo cambiamento non lo avrebbe buttato giù! Quel ragazzo è forte!» Giuma aveva fatto un largo sorriso «E dimmi, il ragazzo che abita in quella casa vi ha dato problemi?»
A quella domanda, sia David che Chichi avevano iniziato a mostrare un grosso interesse. Come se Vegeta fosse la prima pagina di un giornale di news.
«Chi, Vegeta?» Gohan era sembrato parecchio nervoso «Ma no! Ha un caratteraccio, ma non è una persona che crea problemi! Anzi!»

Quell’anzi pronunciato da suo figlio non era affatto piaciuto a Chichi. Anzi, non era tanto quello, quanto il fatto che Goku permettesse a Gohan di passare il suo tempo con quel pazzo di Vegeta.
Quell’alieno, neanche un anno addietro, aveva cercato di farli tutti fuori, aveva quasi ucciso Goku, e lui, da incosciente qual era, lo aveva lasciato tranquillamente vivere, come se non fosse affatto una minaccia per l’umanità.
Non le faceva piacere che suo figlio condividesse la casa con un essere del genere, ma a quanto pareva, a Gohan non stava dando alcun tipo di problema.
Ma cos’erano, i saiyan? Portatori di pace e di buoni sentimenti? Nonostante fossero una razza di killer, venivano perdonati di tutte le loro malefatte. Chichi avrebbe voluto urlare, in quel momento. 

*

Erano nella stessa stanza, ma era come se non lo fossero. Vegeta si stava limitando a preparare quella che sarebbe stata la loro cena senza spiccicare parola, e Goku se ne stava tranquillamente seduto sulla poltrona con lo sguardo rivolto alla televisione, ma la mente altrove. Non sapeva neanche che film stesse guardando, in realtà: avrebbe potuto anche essere un porno, per quanto lo riguardava. Non riusciva proprio a concentrarsi su ciò che aveva di fronte agli occhi.
Si stava soltanto chiedendo costantemente perché il principe dei saiyan lo stesse ignorando in quel modo. Che gli aveva fatto? Forse era ancora arrabbiato per la storia della pizza? 
Probabile, dato che Vegeta era uno che riservava parecchio rancore. Ma avrebbe potuto rimediare! In fondo era solo una pizza spalmata in fronte! 

Stava quasi per correre da lui soltanto per inginocchiarsi, chiedergli scusa ed implorarlo di tornare a parlare, perché quel silenzio glaciale lo stava letteralmente uccidendo. Ma poi, improvvisamente, la porta automatica d’ingresso si era aperta, facendo entrare un Gohan completamente distrutto che, quasi in lacrime, era corso immediatamente tra le braccia del suo papà.

«Hey, piccolo!» aveva esclamato Goku, preso alla sprovvista «Che ti prende? Che è successo?»
Ma Gohan non aveva risposto. Si era limitato a piangere tra le braccia del suo papà, completamente tormentato e distrutto da qualcosa di cui il super saiyan ignorava l’origine. Ma c’entrava Chichi, era chiaro come l’acqua.
Che cos’avesse fatto la sua ex moglie per far comportare il bambino in quel modo, proprio non lo capiva. Si potevano attribuire tanti difetti a Chichi, ma non che fosse una cattiva mamma.
Goku doveva andare in fondo a quella storia. E lo avrebbe fatto.

~

Buonasera a tutti!

Eccomi tornata con questo settimo capitolo, nel quale finalmente-o purtroppo- è tornata Chichi, più antipatica di prima!
Ed abbiamo anche fatto la conoscenza di un caro amico della nostra donnina preferita. Che sia più di un amico? 
Beh, questo lo scopriremo solo più avanti.

Nel frattempo, i due poveri saiyan, lasciati soli alla Capsule Corporation, stanno dando il meglio di sé. Non so quale dei due mi faccia più pena! Poveracci!

Ma in fondo, credo che quello più incasinato sia Goku. Lo sto rendendo veramente confuso, questo povero ragazzo!

Beh, io, come al solito, vi saluto.
Alla prossima!

-JAY

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Capitolo 8
*** Incidenti di percorso ***


Erano due giorni, ormai, che evitava Kaharoth come la peste. E non lo evitava come faceva di solito, no, non era il solito comportamento da burbero principe dei saiyan, quello.
Ma il modo in cui si era sentito nel momento in cui si era ritrovato sul corpo del deficiente non gli era piaciuto affatto. Era una sensazione che non capiva, e Vegeta evitava quel tipo di sensazioni finché non si sarebbero annullate. Ma più stava alla larga dal decerebrato di terza classe che gli aveva causato quella reazione, più quell’orrenda-ma non troppo- sensazione saliva a dismisura, facendolo sentire come un rammollito ed un inetto.
Era completamente inesperto di quel tipo di impulsi, ma sapeva esattamente cosa fossero, e provarli per Kaharoth era assolutamente fuori discussione. No. Non si poteva fare. E doveva essere davvero impazzito per pensare quel tipo di cose nei confronti di un suo sottoposto.
Sottoposto che, però, continuava ad andarsene in giro per casa mezzo nudo come se niente fosse, il suo senso del pudore sotto lo zero, e la voglia di suicidarsi del povero principe assolutamente sopra la media. 
Era come se quell’infame di terza classe lo stesse facendo apposta. Anzi, Vegeta era assolutamente sicuro di questo. Kaharoth lo stava facendo apposta.
Ma perché? Forse per vendicarsi di quella provocazione? Ma no, Kaharoth non era vendicativo; tra i due, quello vendicativo era lui. Ma allora perché si comportava in quel modo assurdo?

Se ne stavano seduti sul divano, schiena contro schiena. Non sapevano neanche come fossero arrivati a starsene in quella posizione, a dire la verità, ma nessuno dei due osava aprire questo argomento; anzi, nessuno dei due osava aprire alcun argomento. Se ne stavano semplicemente in quel modo, in silenzio, ognuno con i suoi pensieri.
Ma Goku, quel silenzio perenne, non lo sopportava più. E non capiva come Vegeta potesse starsene intere giornate senza parlare con nessuno. Non si sentiva in imbarazzo da solo? Anzi, non si sentiva solo?
Diavolo, dimostrare una tale forza d’animo da riuscire a non parlare con nessuno doveva richiedere un grande coraggio.

«Basta!»

Ma, al contrario delle aspettative del giovane super saiyan, quest’ultima parola l’avevano esclamata insieme, quasi con un accenno di esasperazione nella voce, ma rimanendo comunque schiena contro schiena. Vegeta con le braccia incrociate al petto, Goku invece con le mani che si tormentavano in modo imbarazzato fra di loro.

«Non ne posso più.» aveva ammesso candidamente il principe dei saiyan, guardando dritto di fronte a sé.
«Lo dici a me?» era stata la risposta perentoria di Goku «Non sono abituato a non parlare con nessuno.»
Sì, ma non era questo quello che Vegeta intendeva.
Lui voleva allenarsi, non stare a tenere il muso a quel cretino. Cioè, voleva tenere il muso a quel cretino, ma voleva farlo mentre si allenavano, non mentre non facevano altro che niente.
Ma questo aveva deciso di non specificarlo.
«Hey.» aveva invece esordito «Andiamo ad allenarci.»
Il silenzio di Goku era stato un grosso assenso.

*

Dopo essersi allenati fino allo sfinimento, e fino a dover addirittura ricorrere ad un paio di Senzu, i due guerrieri saiyan erano tornati alla Capsule Corporation, più affamati e rinvigoriti che mai.
Vegeta era ancora taciturno, ma Goku era sicuro che avesse sbollito la rabbia, o qualsiasi cosa stesse provando mentre lo ignorava.

Era ormai sera inoltrata quando erano tornati a casa, ma di Gohan non c’era nessuna traccia. Quel ragazzino sembrava come essersi dissolto nel nulla.
Certo, poteva anche essere che si fosse trattenuto un po’ di più col namecciano, ma ciò non spiegava l’assenza quasi completa della sua aura: sembrava come se si stesse trattenendo da uno scatto d’ira improvviso.
Ovviamente, quel deficiente di Kaharoth non se ne stava neanche accorgendo. Ma di cosa si stupiva? Quel decerebrato non sapeva neanche fare 2+2.

«Urca!» si era limitato ad esclamare, con un sorriso da ebete sulla faccia «Chissà dov’è finito Gohan! Junior deve aver intensificato l’allenamento!»
Detto questo, si portò due dita alla testa, sparendo completamente dalla vista del principe dei saiyan. 
In un primo momento si chiese dove fosse finito, poi si ricordò del teletrasporto.

«Ah! E io che mi preoccupo anche.»

A quelle parole, Vegeta si strozzò con la sua stessa saliva. Che cos’aveva appena detto? Che si preoccupava?
Si preoccupava per Kaharoth?
Stava cadendo proprio in basso. Non poteva aver appena ammesso una sua possibile preoccupazione per quell’inetto. Oh, no. Doveva agire prima che suo padre potesse definitivamente risorgere dal regno dei morti per venirlo ad ammazzare.

*

Non avrebbe mai pensato che il teletrasporto lo avrebbe portato proprio lì.
Certo, era apparso accanto a Gohan, ma anche di fronte a Chichi, anzi, all’interno di quella che ormai era la casa di Chichi. E la sua ex moglie, in quel momento, era in compagnia di un altro uomo: uno con i capelli castani, il gel che li teneva ben fermi ed ordinati, ed un vestito piuttosto elegante, che se ne stava fermo immobile ad osservarlo, chiedendosi probabilmente da dove fosse apparso.

«Goku!» aveva urlato la donna, in preda alla rabbia «Vuoi imparare ad entrare dalle porte come le persone normali?! Non ne posso più di te! Sei ovunque! Cosa sei venuto a fare?!»
«Hey, calmati!» il saiyan aveva alzato le mani, cercando di far sbollire la rabbia della sua ex moglie con uno dei suoi soliti sorrisi «Ero solo preoccupato per Gohan, ma ora che so che è con te posso stare tranquillo! Giusto, figliolo?»

Non aveva fatto neanche in tempo a formulare l’ultima frase che il piccolo Gohan, visibilmente arrabbiato e deluso, gli aveva preso la mano, stringendola forte.
A quanto pareva, la visita di quell’uomo non gli aveva fatto per niente piacere.

«Papà, torniamo alla Capsule Corporation?» gli chiese, con voce flebile «Voglio mangiare, adesso.»

“Non credo ci sarà il tempo di farlo.”

Quella voce, udibile soltanto a Goku, lo distolse completamente da tutta quella situazione. Avrebbe voluto parlare con suo figlio, chiedergli cosa gli fosse successo, ma se Re Kaioh si stava prendendo la briga di contattarlo, allora voleva dire che non fosse davvero il momento adatto.

“Re Kaioh?”
“Sì, figliolo. È successa una cosa terribile nel regno degli inferi: qualcuno è riuscito a trovare un modo per uscirne! Si è aperto un varco per la Terra, stanno tutti tornando lì! Anche i tuoi vecchi nemici, se proprio vuoi saperlo! È un disastro, né io né Re Yammer siamo riusciti a far nulla per fermarli!”

Un varco che collegava la Terra col regno dell’aldilà. Era davvero possibile una cosa del genere?
A quanto pareva sì, dato che stava succedendo un vero e proprio disastro.
Non c’era scelta: doveva intervenire, o con tutti quei criminali in giro sarebbe successa una catastrofe.

Il giovane eroe, così, dispiacendosi per il proprio bambino, si portò due dita alla fronte.

«Gohan, rimani con tua madre.» gli aveva ordinato, perentorio, assumendo un’espressione forse un po’ troppo dura.
«Ma papà...!»
«Ma niente, Gohan. Rimani con tua madre.» aveva ripetuto, stavolta ottenendo l’ubbidienza sperata da parte del bambino «C’è un problema molto più grande di noi, e che va risolto alla svelta. Tornerò a prenderti, ma ora fai il bravo, per favore.»

*

Si stava maledicendo da solo da un’ora, mentre si preparava dei toast per cena e si chiedeva quanto tempo ci avrebbe messo l’idiota per tornare a casa. Non che si preoccupasse per lui e per quell’altro scansafatiche del figlio, ma doveva sapere per quante persone dovesse preparare la cena. Odiava sprecare ingredienti inutili, e se avesse dovuto farlo, la colpa sarebbe stata tutta di Kaharoth.
Il grande principe dei saiyan che si riduceva a cucinare e ad aspettare il ritorno del grande eroe dei perdenti come una donnicciola aspettava il maritino. Oh, suo padre stava di certo vomitando. Sperava soltanto che dal regno dell’aldilà non assistessero a tutto ciò che succedeva sulla Terra, o avrebbe fatto di tutto per non finire all’inferno. Anche aiutare le vecchie ad attraversare la strada, se fosse servito.

Proprio mentre si accingeva a dare il primo morso al suo adorato panino, si ritrovò a fare un balzo all’indietro, ritrovandosi il decerebrato proprio di fronte. Maledetto Kaharoth e maledetto il suo stupido teletrasporto! Gli sarebbe venuto un infarto, in uno di quei giorni!

«Ma sei completamente-»
«Andiamo!»

Non aveva fatto neanche in tempo ad insultarlo come di consueto, che il deficiente gli aveva afferrato il braccio, provocando in lui un’innalzamento spaventoso dell’aura.
Come osava quell’idiota mettergli le mani addosso in quel modo?! Lui era il principe dei saiyan, non un comune mortale, ed un inetto di terza classe come Kaharoth avrebbe dovuto portargli rispetto!

«Si può sapere che diavolo credevi di fare?!» gli inveì contro, una volta apparsi da tutt’altra parte «Tu e questo dannato teletrasporto! Giuro che un giorno di questi ti-»
«Vegeta, guarda lì.»

Ed ora si permetteva addirittura di interromperlo mentre parlava! Maledetto Kaharoth!
Ma, nonostante la rabbia che sentiva montare ogni minuto di più, il principe si voltò comunque, seguendo lo sguardo dell’idiota e puntando il suo esattamente dove avrebbe dovuto essere puntato: un enorme... non sapeva neanche come definirlo. Una sorta di luminosissimo buco nero si estendeva proprio sulla sommità dei palazzi della Città dell’Ovest, ed ormai era da un bel po’ che giornalisti e curiosi avevano iniziato a farsi tutt’intorno a quell’oggetto sconosciuto.

«Che diavolo è?»
«Un varco.» aveva candidamente risposto Goku «Re Kaioh dice che si è aperto nel regno degli inferi, e che ora tutti i defunti cercheranno di tornare sulla Terra.»
«Tutti?» 
Era finita.
Ormai tutte le sue preoccupazioni erano venute a galla: suo padre sarebbe apparso sulla Terra e, una volta visto suo figlio, il grande Vegeta, il principe di tutti i saiyan, ridotto in quello stato da comune terrestre cretino, se lo sarebbe riportato all’inferno con sé. Ne era convinto.
«Già, in pratica dovremo ucciderli tutti una seconda volta.»

«Goku!»

Una voce particolarmente familiare aveva distolto i due saiyan da quella che sembrava una conversazione senza capo né coda. E quando il giovane saiyan di terza classe si ritrovò ad alzare la testa, un largo sorriso si dipinse sul suo bel volto.
Crilin, Tensing e Rif erano accorsi immediatamente sul posto, dimostrando ancora una volta di essere dei guerrieri coraggiosi e pronti ad ogni guaio.

«Ragazzi!» aveva esclamato Goku, felice di vederli «Re Kaioh ha avvertito anche voi?»
«Già!» rispose Crilin «Sicuramente anche Junior si farà vivo presto. Era al palazzo del Supremo, perciò Dende lo avrà avvertito sicuramente.»
«Bene! Ci servirà un po’ d’aiuto in più!»

Solo in quel momento, i tre amici d’infanzia di Goku, avevano notato la presenza del principe dei saiyan, esattamente alle spalle del loro amico ed eroe.
Crilin aveva semplicemente sorriso, comprendendo che l’aiuto di uno come Vegeta li avrebbe soltanto che avvantaggiati. Quel ragazzo era forte, negarlo sarebbe stato ipocrita e controproducente, e nonostante gli costasse ammetterlo, aveva molto più cervello di tutti loro messi assieme.

«E lui che diavolo ci fa qui?!»

Era stata la voce di Tensing a lasciare tutti interdetti. Tranne ovviamente Vegeta, che non si era mosso di una virgola: figuriamoci se le parole di uno stupido terrestre dal terzo occhio lo avrebbero scalfito. Avrebbe potuto staccargli la testa anche solo toccandolo. Ma poi, chi li avrebbe sentiti i lamenti di quell’idiota di Kaharoth?

«Già!» gli aveva fatto eco Rif «Che ci fa qui Vegeta?»
«Che vi prende, sono diventato l’oggetto dei vostri pensieri?» la voce dura e severa del principe dei saiyan li aveva fatti indietreggiare «Vi ricordo che abbiamo un problema più grosso, ed è proprio di fronte a noi.»
«’Abbiamo’?» aveva chiesto Tensing «E da quando ti interessano le sorti della Terra? L’anno scorso eri tu quello che la metteva in pericolo.»
«E se continui a rivolgerti a me con quel tono, terrestre, potrei tornare a rappresentare un pericolo. Quindi chiudi quella fogna. Il tuo alito putrido si sente da qui.»

«Dai, ragazzi!» si era intromesso Goku, mettendosi al fianco di Vegeta «Non litigate! Perché non pensiamo a fare gioco di squadra, invece?»
«Già!» gli aveva fatto eco Crilin «E poi, senza una delle sue tute saiyan, Vegeta non è poi così spaventoso!»

A quella affermazione, il principe era finito in un bivio: far esplodere il terrestre dalla testa calva oppure decapitarlo e lanciare suddetta testa calva in preda agli squali?
Ma poi si rese davvero conto di ciò che il terrestre aveva appena detto: non indossava la sua battle suit?
Quando abbassò lo sguardo, si rese conto che Crilin aveva ragione: addosso, il grande Vegeta, colui che avrebbe dovuto sfoggiare quelle armature con orgoglio, portava soltanto un paio di pantaloni della tuta ed una t-shirt, e la cosa che lo lasciava ancora più sconvolto, era il fatto che entrambe sfoggiassero il logo della Capsule  Corporation.
Solo Dio sapeva quanto avrebbe voluto uccidersi, in quel momento.

«Guardate lì!»

La voce preoccupata del piccolo Rif li aveva distolti dai convenevoli, portandoli tutti a puntare lo sguardo verso il varco, dal quale pian piano stavano uscendo gruppi di persone. Tutte persone assolutamente non raccomandabili, per inciso. E la maggior parte, erano delle vecchie, sgradevoli conoscenze.

A quanto pareva, iniziava il divertimento.

~

Buonasera a tutti!

Finalmente ho avuto la possibilità di pubblicare questo capitolo. È da quando ho cominciato a scrivere questa storia che aspetto di farlo: la pace eterna non fa proprio per me.
E infatti, è appena successo un gran casino, e nonostante sia un casino decisamente di margine, è necessario per mandare avanti la trama. È stata una buona scappatoia per fare quello che vorrò fare, e fortunatamente c’è Dragon Ball GT che mi ha ispirato per questa cosa.
Certo, non è canonico, ma diamo a Cesare quel che è di Cesare, no?

Devo dire che è una scappatoia piuttosto veloce e messa lì, ma dato che funziona, ce l’ho lasciata. Spero di non venir presa a legnate lmao

Certo, c’è ancora il problema di Gohan da elaborare, ma non preoccupatevi, lo faremo~

Detto questo, vi do la buonanotte!
Bacini!

-JAY

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Capitolo 9
*** Vecchie(e nuove) conoscenze ***


«Dividiamoci.»

Era stata questa la proposta di Vegeta prima che tutti, assolutamente concordi, si alzassero in volo verso direzioni diverse. 
Tutta la gente che stava uscendo dal varco, era gente che Goku aveva già incontrato e sconfitto in passato, ma c’erano anche persone che non conosceva affatto. 
Era pieno di saiyan: tutta la sua razza ora era lì, sulla Terra, e con suo grande dispiacere, erano tutti stati condannati al regno degli inferi. Ed erano tutti così deboli che era bastato un suo pugno a rispedirli esattamente da dov’erano venuti.
Perché uno forte come Freezer temesse tanto la forza della sua razza, a quel punto, era diventato un mistero. Gli unici veramente forti rimasti in carreggiata erano lui ed il principe dei saiyan.

Vegeta, dal canto suo, si era diretto esattamente dove Goku era sicuro si sarebbe diretto.
Era proprio a pochi metri da lui, di fronte a quella che un tempo era stata l’infallibile squadra Ginew. 
Ginew escluso, ovviamente, dato che su Namecc era stato ridicolmente trasformato in rana.

«Hey, guardate!» era stata l’esclamazione di Rekoom «C’è Vegeta!»
«Oh, il piccolo Veggy!» gli aveva fatto eco Burter, schernendolo.

Il principe dei saiyan, di rimando, aveva ghignato soddisfatto. Quei quattro idioti non immaginavano neppure quanto la sua forza fosse aumentata, dall’ultima volta che l’avevano visto.
Adesso, la squadra Ginew non era formata da nient’altro che buoni a nulla.
E dire che era passato soltanto un mese e mezzo da quando aveva vissuto quella mirabolante avventura sul pianeta Namecc. Era ironico, il destino.

«Salve.» aveva esordito il giovane principe, avanzando in loro direzione «Avrei preferito non rivedere mai più le vostre brutte facce, ma a quanto pare la sorte non è molto buona, con me.»
«Dì un po’, ma Freezer non ti aveva fatto fuori?» lo aveva schernito Jeeth, sistemandosi la lunga chioma bianca.
«Già, ma a differenza vostra, ho avuto le sfere del drago dalla mia parte.» si era limitato a rispondere lui «Ed ora vi rimanderò esattamente da dove siete venuti.»

In un attimo, gli si erano fatti tutti attorno, pronti ad attaccarlo da tutti i fronti. 
Il primo a perire, esattamente come la prima volta, era stato Guldo, che aveva tentato inutilmente di prendere fiato per fermare il tempo e permettere a sé stesso di colpire, per la prima volta in vita sua, il principe dei saiyan. Ma quest’ultimo non gli aveva dato il tempo di farlo e, molto più velocemente di lui, gli era apparso alle spalle, colpendolo con un pugno letale che era andato a trapassare il piccolo alieno verde da parte a parte.
Poi, era stato il turno di Jeeth e Burter: l’inseparabile coppia di alieni, infatti, aveva provato ad attaccare Vegeta con la loro mossa speciale in coppia, ma il saiyan era riuscito senza alcun problema a far scontrare le loro teste l’una contro l’altra, provocandogli un danno così grave da rimandarli all’altro mondo.
Arrivati a quel punto, prendersi la sua rivincita su Rekoom non sarebbe stato tanto difficile.  

«Ah! Sei diventato più forte dall’ultima volta!» aveva esclamato il grosso uomo dai capelli rossi «Ma i miei colleghi sono delle pippe, ed è ovvio che sia andata così! Adesso dovrai scontrarti con quello che l’ultima volta ti ha fatto un cu-»
Si era bloccato, capendo di star parlando con il nulla: Vegeta, infatti, perentinamente, si era spostato esattamente dietro di lui, colpendolo con una forte ginocchiata alla schiena, per poi, una volta lanciato in aria, disintegrarlo con un ki blast.

«Hey, Vegeta!»

La voce di Kaharoth, apparso esattamente al suo fianco grazie al teletrasporto, l’aveva dissuaso dai suoi pensieri da vincitore, facendogli digrignare i denti. Possibile che quell’idiota non avesse altro da fare, con tutta quella gente improvvisamente resuscitata che se ne stava in giro a distruggere case e palazzi?

«Come te la stai passando?» gli aveva chiesto il deficiente «Io qua ho quasi finito! Mi mancano solo pochi saiyan e-»
Si era bloccato, la faccia diventata bianca all’improvviso, gli occhi e la bocca spalancati per lo stupore.
«E adesso che ti prende?»
«G-guarda.»
Neanche Vegeta poté credere ad i propri occhi: tutti i criminali che avevano rispedito all’altro mondo stavano di nuovo attraversando il portale, tornando a fare tutto ciò che avevano fatto fino a pochi minuti prima.
Ma come diavolo era possibile, una faccenda del genere? Questo voleva dire che, se non si fosse chiuso il varco, avrebbero continuato a tornare a fiotti?

“Goku, Vegeta!”

La voce di Re Kaioh, probabilmente, sarebbe stata la soluzione a tutti i loro problemi.
L’ultimo allenatore di Goku, infatti, si era preso la briga di farsi sentire anche dal principe dei saiyan, in modo da rendere chiara la situazione ad entrambi. In fondo, in Vegeta aveva sempre visto del buono, e probabilmente, in quel momento, contribuendo a risolvere quel grosso problema, stava dimostrando quanto la divinità non si fosse sbagliata.

“Ascoltate! Re Yammer ha trovato un modo per chiudere il varco! Ma ci vorrà del tempo, e prima di allora, tutti quelli che eliminerete torneranno imperterriti ed in continuazione! Teneteli occupati per un po’, mentre qui ci occupiamo del problema! Non dovrebbe essere difficile per voi, giusto?"

«Già, non sarebbe un problema, se soltanto tra i defunti non ci fosse anche quel pazzo di Freezer!» era stata la risposta gelida di Vegeta.
Ma nessuno dei due, né Re Kaioh, né tantomeno Goku, aveva avuto il coraggio di ribattere: aveva ragione. Si erano completamente dimenticati di Freezer.
Il problema era che nessuno dei loro, in quel lasso di tempo, lo aveva visto. Ed era strano, dato che uno come lui, probabilmente, sarebbe stato il primo a farsi vedere, in una situazione come quella.

«Hey, Vegeta!»

In un primo momento aveva pensato che quell’idiota di Kaharoth si fosse messo a gracchiare come un’oca, per dire il suo nome.
Ma poi, dopo essersi completamente voltato, aveva capito da chi provenisse quel richiamo: Nappa e Radish se ne stavano lì, a braccia conserte, a ghignare come se non fosse appena giunta la loro ora. Cosa pensavano? Di potersi vendicare, per caso? Nappa era stato letteralmente disintegrato da Vegeta quando ancora non era forte neanche la metà di quello che era ora, mentre Radish era stato ammazzato dal namecciano.
Namecciano che, in quel momento, stava combattendo con un branco di saiyan inferociti.

«Ah! Ma guarda un po’ chi si fa vivo!» aveva esclamato il principe dei saiyan, ironico come non mai «Cosa siete venuti a fare, di vostra spontanea volontà? A farvi ammazzare di nuovo?»
«No, in realtà siamo venuti per dissipare ogni tuo dubbio.» era stata la risposta di Radish «Anzi, vostro, dato che ora sembrate entrati improvvisamente in confidenza.»
Quell’affermazione aveva fatto arrossire Vegeta fino alla cima dei capelli.
«Freezer è vivo!»

Entrambi i saiyan, a quella rivelazione, si erano scambiati uno sguardo allampanato. Goku era completamente sbiancato, mentre la faccia di Vegeta era letteralmente diventata blu.
Freezer era vivo. Questo aveva detto Nappa.
Freezer non era morto su Namecc.
Freezer era soltanto stato indebolito dal super saiyan.
Freezer non aveva ancora ricevuto la lezione che si meritava.

«Come fate ad esserne così sicuri?» Goku era stato il primo dei due ad avere il coraggio di rispondere a tale, sicura affermazione.
Ed il suo fratello maggiore, in risposta, aveva riso divertito, avvicinandosi ad entrambi ed incrociando le braccia al petto.
«Prima di tutto, perché io e Nappa abbiamo seguito tutto il combattimento dal regno dei morti.» aveva risposto «Rubare la sfera di cristallo a quella megera è stato un gioco da ragazzi.»
«Secondo, perché quel giorno, nessuno col nome di Freezer è stato registrato nell’ufficio di Re Yammer.» aveva continuato il saiyan senza capelli «Ed io dubito che si siano sbagliati. Sono sempre così dannatamente fiscali, laggiù!»
«Tsk. E per quale motivo lo stareste dicendo a noi?»
«Perché, Vegeta, questo è un momento conveniente per noi due.» rispose Radish «Noi vi diamo questa preziosissima informazione, e voi in cambio ci lasciate vivere. E potremmo unire le forze per sconfiggere Freezer. Perché dubito che dopo l’affronto subito lascerà in pace questo pianeta da strapazzo.»
«Unire le forze.» Vegeta aveva assunto un’aria fastidiosamente ironica «Per sconfiggere Freezer. Con voi due, che siete due mezze seghe. Che diavolo vi fa pensare che due saiyan molto più qualificati di voi possano accettare una richiesta del genere?»
«Oh, ma noi non vi abbiamo ancora raccontato tutta la storia!» aveva esclamato Nappa «Lasciate tutto il resto della combriccola dell’aldilà ad i vostri amici e stateci un attimo a sentire! Tanto, col namecciano con loro, non se la caveranno male!»

Ma, proprio in quel momento, come se il destino non si stancasse mai di lanciargli tiri mancini, il varco che collegava il regno dei vivi con quello dei morti si chiuse definitivamente, bloccando nell’aldilà chi ci era stato appena rimandato, ma bloccando anche sulla Terra chi invece era riuscito a tornare in tempo tra i vivi.
Fortunatamente per loro, Crilin e gli altri avevano fatto un buon lavoro, ed erano rimasti relativamente in pochi.
Erano tutti saiyan, e bastò la voce di una sola persona, a fermarli da tutto ciò che stavano facendo.

«Adesso basta!»

Quella voce austera, severa e tuonante aveva fatto sì che tutti i saiyan che si accingevano a fare qualsiasi tipo di cosa, si fermassero.
Erano in pochi, oltre a Radish e Nappa. Quattro o cinque. E stavano tutti ancora combattendo contro Junior e gli altri.
E quella voce così familiare per tutti i saiyan escluso Goku, aveva attirato l’attenzione di una persona in particolare.
Il principe, infatti, aveva immediatamente alzato la testa al cielo, incontrando lo sguardo di quello che era nient’altri che suo padre.

«Vegeta!» aveva infatti esclamato l’uomo, scendendo a terra ed andando immediatamente incontro al figlio «Vedo che sei cresciuto. Somigli sempre più a tua madre.»

Suo padre.
Suo padre era lì davanti a lui. E gli stava parlando come se nulla mai fosse successo; gli stava parlando come se, quando era soltanto un bambino, non lo avesse venduto a Freezer.
A Vegeta non importava che lo avesse fatto soltanto per proteggerlo. Non gliene importava assolutamente niente.
Quel bastardo aveva osato prenderlo e, a soli quattro anni, venderlo ad un tiranno. E questo non glielo avrebbe mai perdonato.
E non gli avrebbe mai perdonato neanche il modo in cui gli stava parlando in quel momento: come osava nominare sua madre? Proprio lui, che l’aveva sempre trattata come spazzatura? 

«Che ti prende, figlio? Hai perso l’uso della parola?»
«Non parlarmi.» era stata la risposta di un Vegeta sull’orlo di una crisi di nervi «Non devi parlarmi! Hai capito?! Non aprire bocca di fronte a me!»

«Kaharoth!»

Era troppo concentrato sulla reazione del principe dei saiyan nel rivedere il padre per concentrarsi su ciò che gli stava succedendo intorno. E grazie al cielo, perché le due persone che vide subito dopo, scatenarono in lui una reazione a catena di emozioni contrastanti: quello era suo padre, era identico a lui, avrebbe riconosciuto quella chioma singolare che lo caratterizzava ovunque; ma colei che aveva esclamato il suo nome, sorridente, era sua madre, che gli stava correndo incontro.
La donna si era fermata nel momento in cui si era ritrovata a mettergli entrambe le mani sulle spalle. Il suo sguardo era lo stesso di Chichi che, avendo rivisto Gohan dopo settimane di lontananza, era felicissima di vederlo. Il problema era che la madre di Goku, era tutta la vita che non vedeva suo figlio.

«Oh, Kaharoth!» aveva ripetuto la donna «Sei proprio tu! Sei tu! Come sei cresciuto! Sono così felice di vederti!»
Mentre gli girava attorno, quasi con le lacrime agli occhi, Goku si chiese come avesse potuto Re Yammer destinare quella saiyan così amorevole con suo figlio al regno degli inferi. Probabilmente anche lei, durante la sua breve vita, aveva soggiogato e sterminato pianeti, senza neanche sapere per chi in realtà lo facesse. Oppure sapendolo, ma fidandosi ciecamente di quel mostro di Freezer.
«Sono tua madre!» aveva specificato soltanto poi «Gine! Mi chiamo Gine!»
«Oh...» il giovane super saiyan non sapeva cosa dire. Era la prima volta che incontrava sua madre, e non sapeva per nulla come comportarsi «Io... sono... sono felice di conoscerti. Sul serio, ma... non so che dire... io-»
«Lasciamo i convenevoli familiari a dopo.» li aveva interrotto Radish, mettendosi tra di loro «Adesso dobbiamo parlare di Freezer.»

«Già, saiyan.» era intervenuto Junior, raggiungendoli «Parliamo di Freezer.»
Erano tutti così presi da quel momento, che si erano completamente dimenticati del resto del gruppo: Crilin e gli altri, infatti, avevano deciso di raggiungerli, meravigliandosi del fatto che quella che sembrava la madre di Goku, si comportasse in maniera così ‘umana’.

«Freezer è vivo. Credo sia questo che conti, non pensi?» 

Era stata questa la risposta di Vegeta mentre, visibilmente infastidito, e forse anche un po’ spaventato, si era andato a posizionare esattamente dietro a Goku, allontanandosi il più che poteva da suo padre, che lo aveva guardato con uno sguardo indecifrabile.
Non che avesse paura della sua forza, ovviamente; ormai era anni luce superiore a suo padre, ma quella era stata una reazione dettata dall’istinto: il fatto che, quando era soltanto un bambino, venisse continuamente punito dal padre in modi non proprio ortodossi, lo aveva segnato particolarmente. E l’unica cosa che gli venisse in mente di fare, con lui attorno, era quella di allontanarcisi, o in quel caso, di cercare inconsciamente un riparo.

E se n’erano accorti tutti. Ma avevano preferito non fiatare, concentrandosi invece su quello che avesse da dire Radish.

«Già, è vivo. Ma, purtroppo, non è soltanto lui il vostro piccolissimo problema, Vegeta.» era stata la risposta del fratello maggiore di Goku «Ma tutta la sacra famiglia, dato che l’hanno raccattato suo padre e suo fratello.»
«Padre? Fratello?» Crilin era diventato viola. Erano finiti. Se uno forte come Freezer si fosse portato appresso, invece dei suoi scagnozzi, gente come un padre ed un fratello, erano ufficialmente finiti.
«Cooler e Cold.» aveva esordito Vegeta, serio come mai prima di allora «Sono davvero riusciti a ritrovarlo?»
«Già! E Re Cold era davvero moooolto arrabbiato!» era stata l’esclamazione di Nappa «Sai, Vegeta, io se fossi in te mi suiciderei! Di sicuro tornerà per ammazzarti una seconda volta!»
«Ti conviene chiudere quella fogna, se non vuoi morire tu per primo. E non certo per mano di Freezer.»
«Sappiamo tutti chi l’ha sconfitto.» aveva esordito Re Vegeta, lisciandosi la barba con le dita «E se è vivo, tornerà sicuramente per vendicarsi. E non credo che questo pianeta rimarrebbe in piedi, se dovesse riuscirci.»
«Quindi?» era stata la domanda di Tensing «Che cos’abbiamo intenzione di fare?»
«Abbiamo un super saiyan, no?» chiese Radish «Si è già occupato di Freezer una volta, quindi suppongo possa farlo ancora. Quanto a noi, sappiamo tutti che i saiyan, unendo le forze, diventano imbattibili. Senza contare che abbiamo quasi tutti ancora la coda, e questo è un grande vantaggio. Un gruppo si occuperà di Cooler, mentre l’altro gruppo farà fuori Re Cold. Penso che come piano possa funzionare, no?»
«Già, ma non credo che Freezer verrà sulla Terra soltanto per vendetta, a questo punto.» Vegeta aveva spostato lo sguardo, incontrando quello di Goku. Quasi nessuno aveva capito il perché di quell’affermazione, e quei due sembravano come star parlando telepaticamente. Non c’era bisogno di parole, era evidente.
«In che senso?» aveva chiesto Rif, non capendo dove il principe dei saiyan volesse arrivare.
«Le sfere del drago.» era stato Goku a parlare al posto suo «Voleva le sfere del drago su Namecc. Adesso vorrà quelle terrestri.»
«Ascoltate.» aveva esordito Junior «È inutile star a parlare qui. Che ognuno vada ad allenarsi. Non possiamo più perdere tempo.»
«Ha ragione.» gli aveva fatto eco Crilin «Non possiamo più perdere tempo in chiacchiere. Freezer non si occuperà di quelle. Si occuperà di fatti.»


E così era stato fatto. 
I terrestri si erano divisi, tornando ognuno alle proprie abitazioni per conseguire l’allenamento, mentre tutto il resto della combriccola, aggrappandosi a Goku per utilizzare il teletrasporto, si era diretta alla Capsule Corporation.
Avrebbero dovuto avvertire la padrona di casa dell’improvvisa comparsa di altri ospiti. Certo, Goku era sicuro che Bulma non si sarebbe fatta alcun problema, ma bisognava comportarsi adeguatamente con una persona così gentile da prendersi la briga di ospitare tutti coloro che non avevano una casa. 

Freezer sarebbe tornato. Ormai era una certezza.
E le certezze, a volte, spaventano più dei dubbi. 

~

Heylà, gente!
Rieccomi qui(prestissimo cazzo), con questo nuovo capitolo. 
Ho molto tempo per pubblicare in quest’ultimo periodo, dato che ho seguito l’esempio della nostra Bulma e me ne sono andata in vacanza, e così ho pensato di aggiornare presto.

La faccenda comincia a farsi interessante, finalmente: abbiamo rincontrato delle vecchie conoscenze, come abbiamo invece conosciuto nuovi personaggi: il padre di Vegeta, finalmente, ha un ruolo, ed a quanto pare anche la mamma di Goku. Andranno d’accordo, i due saiyan, con i rispettivi genitori? Questo è tutto da vedere.

Radish e Nappa ci danno la mirabolante notizia che Freezer non è affatto morto su Namecc- alla faccia di Trunks del futuro!- e che si porterà appresso tutta la sacra famiglia. 
Ce la faranno i nostri eroi, aiutati da un nutritissimo gruppi di anti-eroi, a sopraffare la loro potenza?
Questo lo vedremo. Nel frattempo, bentornati saiyan!

Bacioni!

-JAY

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Capitolo 10
*** Drammi familiari ***


Si era chiuso in camera, senza la benché minima intenzione di uscire.
Si spostava soltanto per andare in bagno e per rifornirsi di cibo e acqua, e si assicurava di farlo durante le ore notturne, quando più nessuno girava per casa. 
Certo, nessuno tranne Kaharoth, che aveva cercato di parlargli più di una volta, ovviamente non ricevendo alcuna risposta.
La presenza di suo padre lo disturbava; Vegeta non riusciva più neanche a trovare la forza per allenarsi. Era una seccatura il fatto che dovesse farlo per forza in vista del possibile arrivo di Freezer.
Ed era soltanto per quel motivo che, quella mattina, aveva deciso di alzarsi dal letto per dirigersi nella gravity room, restandoci per buona parte della giornata. Non voleva incontrare suo padre, era l’ultimo dei suoi desideri.
Si era sempre vantato di essere il principe dei saiyan, ed aveva sempre parlato di suo padre come un re potente ed orgoglioso, perché alla fin fine era questo ciò che era: un re potente ed orgoglioso che pensava più a sé stesso che alla sua razza ed al suo stesso figlio.

Dopo l’estenuante allenamento al quale si era sottoposto, il giovane principe aveva preso in considerazione soltanto l’opzione di tornarsene nella sua stanza.
Ma, come se il destino si divertisse a fargli tiri mancini, o come se Kaharoth si fosse appostato fuori dalla gravity room tendendogli un agguato, venne trascinato da quest’ultimo esattamente dietro la navicella circolare e sbattuto contro il freddo metallo di quest’ultima.

«Ma sei completamente impazzito?!» era stata la sua esclamazione, mentre l’idiota lo teneva ben puntato contro la gravity room, senza nessuna intenzione di lasciarlo libero «Lasciami andare, brutto coglione! Giuro che ti ammazzo! Anzi, giuro che distruggerò questo pianeta ancora prima che possa farlo Freezer! Io ti disintegro, ti-»
«Vuoi spiegarmi perché stai evitando tutti come la peste?» non si era affatto scomposto, Goku, e gli stava parlando con una tranquillità che non gli apparteneva «Non è da te, Vegeta. È come se avessi paura.»
«Paura? Ma ti senti, quando parli? Sei soltanto un-»
«Idiota, deficiente, testa di rapa, lo so.» lo aveva interrotto il super saiyan «Ma non voglio parlare di me, o avrei parlato al mio riflesso nello specchio. Mi spieghi che hai?»
«E perché ti interessa?» era stata la domanda di Vegeta, che si era visibilmente calmato.
«Perché, a differenza tua, agli amici ci tengo. E non dirlo, lo so che non sono tuo amico, ma sono la cosa più simile a quella che al momento tu abbia. Quindi non mi muoverò da qui finché non mi avrai detto cosa ti frulla per la testa.»

Non sapeva come rispondere.
Avrebbe potuto dirgli che non erano affatto amici, che come al solito aveva preso un granchio, ma non aveva avuto il coraggio neanche per fare quello. 
Se n’era stato soltanto a guardarlo negli occhi, ma sentendosi per forse la prima volta in tutta la sua vita, completamente al sicuro. Era come se Kaharoth, in un certo senso, riuscisse a captare tutte le sue emozioni, e quando gli arrivavano emozioni negative, si preoccupasse a tal punto che dimenticava tutto ciò che gli stava intorno.
E Vegeta non sapeva come sentirsi.  

«È mio padre, il problema.»

Lo aveva detto. Così, d’istinto.
Sapeva che Kaharoth non l’avrebbe mai deriso, non era nella sua natura, era come se all’improvviso un criceto si mettesse a ballare. Ma il principe dei saiyan si sentiva ugualmente troppo esposto, e non era una bella sensazione.
Ma ormai era andata. Aveva ammesso una sua debolezza. Forse la debolezza più grande che avesse mai avuto.

«Perché?» aveva chiesto Goku, preoccupato.
Aveva visto quanto Vegeta si ostinasse ad evitare il padre, e all’inizio aveva pensato che si trattasse soltanto di un modo usato dai saiyan per reprimere i sentimenti. Ma poi, osservando i comportamenti del suo amico in quelle due giornate, era arrivato a convincersi che molto probabilmente ci fosse dell’altro.
Non gliene andava bene una, in quei giorni: Gohan aveva deciso di rintanarsi in camera, senza né mangiare troppo, né parlare, e Vegeta aveva preso a comportarsi in quei modi assurdi. 
Perché le persone a cui teneva lo allontanavano in quel modo?
Il giovane super saiyan aveva addirittura cominciato a pensare di essere lui, il problema.

«Perché è così e basta.» era stata la risposta del principe «Mio padre è un bastardo. Ma sai, Kaharoth, anche in questo sei stato più fortunato di me: il tuo non lo è affatto. Perché, invece che preoccuparti di come stia io, non pensi a conoscerlo un po’ meglio? In fondo, adesso ne hai la possibilità.»
«Perché mi preoccupo per te.» aveva ammesso candidamente Goku «E se sono preoccupato, evitare di pensarci mi risulta difficile. Non riesco a comportarmi come se nulla fosse, capisci? E poi, c’è anche il problema di Gohan.»
«Tu ti preoccupi per me.» l’aria nella voce di Vegeta era vagamente ironica «Divertente, dato che meno di un anno fa ti preoccupavi soltanto di come fare per uccidermi.»
«Che c’è, adesso mi stai dando la colpa anche di quello? Dai, Vegeta, hai agito da esaltato! Hai quasi distrutto tutto il pianeta!»
«Già. E ci sarei anche riuscito, se non fosse stato per te e quegli stolti dei tuoi amichetti.»
Al che, il super saiyan gli aveva fatto una linguaccia «Sei impossibile!»

Dopotutto, se Vegeta avesse avuto voglia di parlargliene, lo avrebbe fatto. Adesso aveva soltanto bisogno di un po’ di tempo per abituarsi alla nuova situazione.
Situazione che, a dirla tutta, anche a Goku risultava difficile. In fondo, si era messo in casa lo stesso saiyan che soltanto due anni addietro aveva fatto fuori con l’aiuto di Junior. 
Eppure, quel saiyan era suo fratello.
Il suo unico fratello, e forse avrebbe dovuto fare uno sforzo e cercare di conoscerlo. In fondo, oltre al suo amato nonnino Gohan, Goku non aveva mai avuto una famiglia. Magari Vegeta aveva ragione? Magari avrebbe dovuto sforzarsi di conoscere i suoi genitori e perdonare suo fratello?

«Hey.»

Era stata proprio la voce di suddetto fratello, appoggiato ad un albero, a richiamare la sua attenzione.
Radish se ne stava lì, con vestiti puliti addosso e senza quella logora armatura da lurido soldato di Freezer. Sembrava proprio un vero terrestre, in quel frangente, fatta eccezione per la coda, che si muoveva frenetica.

«Avete proprio fatto amicizia, eh? Non è mai stato così docile, nei miei confronti. Eppure io e Nappa l’abbiamo praticamente cresciuto.»
«Parli di Vegeta?» aveva chiesto Goku, confuso «Hai sentito tutto?»
«Solo qualcosa. Ma tanto è una vecchia storia che so già.» 
Inconsciamente, il saiyan più giovane si era seduto accanto al fratello, a gambe incrociate. In fondo, era curioso di sapere un bel po’ di cose sul conto dei saiyan: Vegeta gli aveva detto solo qualcosa, e lui non aveva avuto il coraggio di chiedergli altro. Non si sapeva mai come avrebbe reagito, quel ragazzo.
«Se vuoi un consiglio, lascialo stare.» aveva continuato Radish «Gli passerà.»
«Avete passato proprio tanto tempo assieme, eh?» Goku aveva abbassato la testa «Per anni, sono stato completamente all’oscuro della mia natura. E voi tre avete tirato avanti per quel che potevate. Mi sento un po’ in colpa.»
«Io e Nappa eravamo già adulti, non è stato un gran problema.» aveva ammesso il più grande «Ma Vegeta era troppo piccolo per capire completamente quello che stava succedendo. Anche se i saiyan hanno un’indole orgogliosa, i bambini restano bambini. E Freezer provava un certo piacere nel deviare le menti giovani, perché sono le più facili da manipolare.»
A quelle parole, il giovane super saiyan restò di sasso. Certo, sapeva che Freezer fosse un pazzo, un assassino, ed anche un folle esaltato, ma non sarebbe mai arrivato a pensare che traesse addirittura piacere nel manipolare bambini. Quella di Freezer era una mente deviata dall’odio e dalla pazzia, e Goku si chiedeva che cosa l’avesse portato ad essere così.
D’altronde, i cattivi non nascono cattivi, no?
«E come... come...»
«Come faceva, dici?» Radish sorrise bieco. Un sorriso amaro, che probabilmente diceva già tutto, ma Goku voleva sapere a chiare lettere che cosa succedesse mentre lui si divertiva a girare il mondo in cerca delle sfere del drago «Quando un bambino si ribellava, mandava via noi adulti. E si chiudeva con lui in una stanza. Probabilmente neanche Dio sa che cosa succedesse lì dentro. Ogni volta, io e Nappa non sentivamo altro che strilli disperati.»

‘Io e Nappa’. Queste erano state le parole, dettate dall’amarezza, di Radish.
Questo voleva dire che, tra loro tre, quello ad aver sofferto di più era Vegeta. Colui che avrebbe dovuto portare alto l’onore della razza di cui era il principe.
E con quelle semplici parole, si spiegavano tante cose. Vegeta non era nato per arrivare quasi a distruggere la Terra; o forse sì, ma non in quel modo. Non con soltanto l’odio negli occhi, non con quel viso così giovane segnato nel profondo soltanto da brutti ricordi.
Nessuno meritava un fato del genere, neanche il peggiore dei criminali.

«Che state facendo?»

Una voce maschile, parecchio familiare a Radish ma per niente familiare a Goku, aveva interrotto la loro interessante conversazione.
Bardack, il loro padre, il nonno di Gohan, li aveva raggiunti, seguito da quella che, fin dal primo momento, si era dimostrata una madre che ad altro non teneva se non ai suoi figli, che le erano stati brutalmente strappati via dal destino.
Un bel quadretto familiare: gli assassini e l’eroe della famiglia. Mancava soltanto Gohan, e sarebbero stati al completo.
Goku aveva osservato per un attimo suo padre: era identico a lui, in tutto e per tutto. L’unica cosa che li differenziava era una cicatrice. Una grossa cicatrice che il saiyan più anziano aveva sulla faccia.
Ma non lo rendeva affatto brutto, anzi. Questo significava che era stato un guerriero. Ed un guerriero anche molto forte, da quello che gli aveva raccontato Vegeta settimane addietro.

«Oh, padre!» aveva esclamato Radish «Stavo semplicemente spiegando un po’ di nozioni al mio fratellino. Certo, mi ha ammazzato, ma è pur sempre mio fratello.»
«Sono contenta che voi due abbiate sistemato le cose!» era stata l’esclamazione di Gine, che si era seduta accanto a Goku «Oh, Kaharoth! Sono così felice di vederti così cresciuto e forte! Quel tiranno di Freezer ci ha separati, ma ora che il destino mi ha dato un’altra occasione, non voglio sprecarla, sai? Sei mio figlio, e non aver potuto vederti crescere, per me, è stato un dolore più grande della morte.»
«Oh. Beh, io...»
«Kaharoth.» gli aveva intimato suo padre, decisamente più severo e meno espansivo di sua madre «Alzati.»
E come rifiutare tale richiesta così gentile?
Deglutendo rumorosamente, il giovane super saiyan si era alzato da terra, mettendosi esattamente di fronte a suo padre. Era tremendamente bizzarro: era come guardarsi allo specchio.
«Sai, prima che Freezer distruggesse il pianeta Vegeta, io e la mia squadra avevamo saccheggiato un pianeta abitato da sensitivi.» aveva iniziato a raccontare Bardack «Uno di loro, per vendicarsi di ciò che gli avevamo fatto, mi passò in qualche modo parte del suo potere, e mi rese capace di prevedere qualche frammento di futuro.»
«Urca!» aveva esclamato Goku, sorpreso «Ma è fantastico! Piacerebbe anche a me avere un potere del genere! Potrei prevedere tutte le mosse del mio avversario soltanto pensandolo!»
Ma suo padre sembrava non averlo neanche sentito.
«Mentre quel tiranno distruggeva il nostro pianeta, ebbi la visione che mi perseguitò per tutto il tempo che venne dopo la morte. C’eri tu, di fronte a Freezer, pronto ad affrontarlo. Ed io... io dentro di me sapevo che quello sarebbe stato il tuo destino. Che tu avresti sconfitto quel bastardo. E così è stato.»
Il saiyan cresciuto sulla Terra non capiva tutto quel discorso. Dove voleva arrivare, suo padre? Era forse come Vegeta? Si era forse messo in testa di volerlo per forza superare?
Ma, contro ogni sua aspettativa, Bardack gli aveva messo una mano sulla spalla, rivolgendogli un sorriso carico d’orgoglio «Mi hai reso fiero di te, Kaharoth. Hai vendicato la nostra razza. Ed anche se Freezer è ancora vivo, non importa. Tu... tu lo hai sconfitto. Gli hai dimostrato chi è che comanda. Sei stato un vero saiyan.»
«Tsk. Avrei potuto farlo benissimo anch’io.»
«Sta zitto, Radish!» lo aveva preso per un orecchio «E quante volte ti ho detto che, davanti a me, devi stare in piedi? Sono io a dirti quando devi sederti, ragazzino! Alzati!»

«Tu sei mio nonno?»

Nel momento in cui aveva visto il suo adorato bambino apparire alle spalle di Bardack, finalmente di nuovo alla luce del sole, Goku si era sentito davvero bene. Finalmente il suo adorato Gohan era uscito dalla sua stanza e forse, dopo aver conosciuto il resto di quella singolare famiglia, si sarebbe aperto con suo padre su quelli che erano i suoi problemi.

Bardack, dal canto suo, si era voltato in direzione di quella vocina flebile, trovandosi di fronte al bambino più docile che avesse mai incontrato in tutta la sua vita.
Il figlio di Kaharoth lo stava guardando speranzoso, i grandi occhi che lo scrutavano con curiosità, ma anche con un pizzico di timore. 
Eppure, non sembrava completamente indifeso. Probabilmente, anche quel bambino aveva imparato l’arte della lotta.
Apparentemente impassibile, l’uomo si era abbassato in ginocchio, in modo da poter essere faccia a faccia con quello che era suo nipote, e sempre con apparente impassibilità, gli aveva posato una mano sulla testa.

«Dì un po’, moccioso.» gli aveva detto «Sei soltanto un viziatello terrestre, o hai ereditato qualcosa dai saiyan?»
«Ho ereditato molto, dai saiyan!» il piccolo Gohan aveva esclamato quella frase con orgoglio «E se vuoi, posso darti un assaggio della mia forza!»
«Bene, ragazzino. Vediamo un po’ che sai fare.»

E, sotto gli occhi attoniti di Goku, Radish e Gine, il saiyan ed il piccolo mezzo saiyan, avevano improvvisato un allenamento nel bel mezzo del cortile di casa Brief.

*

Aveva assistito a quella scena senza né battere ciglio, né tantomeno intervenire. Non era un momento adatto a lui, quello. Era un momento che soltanto Kaharoth si sarebbe potuto-e dovuto- godere, il momento in cui tutta la sua famiglia era stata riunita.
Perché non aveva avuto quelle fortune? Perché non aveva avuto un padre fiero di lui? Perché soltanto lui aveva dovuto patire? Che cos’aveva fatto di tanto sbagliato, oltre ad essere un saiyan come tutti quelli che gli erano intorno?
Non incolpava Kaharoth per essere più fortunato di lui, in fondo non l’aveva mai fatto sul serio. Incolpava soltanto sé stesso per essere stato così debole, per essersi fatto plagiare prima da suo padre e poi da Freezer, per non aver avuto il coraggio di correre dietro a sua madre e pregarla di non andarsene, di non abbandonarlo. Perché non aveva mai avuto il coraggio di fare niente.
Si sentiva un verme, e probabilmente niente e nessuno sarebbe riuscito a farlo sentire meglio.

«Smettila di farti gli affari degli altri.» 

La voce di suo padre, esattamente alle sue spalle, l’aveva fatto sobbalzare.
Immediatamente il principe dei saiyan, guidato dall’istinto, si era messo sulla difensiva.
Era tutta una questione mentale, questo lo sapeva. Ormai suo padre, in confronto a lui, era debole come una stupida gallina, gli sarebbe bastato un colpo per farlo fuori. Ma il suo cervello gli gridava di continuare a scappare, di non provare ad affrontarlo, perché sarebbe stato soltanto peggio.
E questo perché non aveva ancora superato il trauma. Forse non l’avrebbe mai fatto del tutto. 

«Non scappare da me, Vegeta.» gli aveva detto il re, avanzando verso di lui «Non voglio farti del male. Perché dovrei?»
«Perché dovresti...» il principe dei saiyan era furioso «Perché dovresti?! Mi hai fatto del male per tutta la mia vita, maledetto bastardo! Come pretendi che io adesso faccia finta di niente?! Come lo pretendi?»
«Tu sei stato perdonato da questi terrestri per le malefatte compiute nei loro confronti.» era stata la risposta del padre «Tu stesso hai dimostrato che agli errori si può rimediare. Permettimi di spiegarti i motivi dei miei comportamenti.»
«Tu... tu non... non osare paragonare quello che ho fatto io ad un branco di sconosciuti a quello che hai fatto tu a me! Non ne hai il diritto! Come non avevi il diritto di costringere mia madre a lasciarmi in tua custodia! Non hai il diritto di niente, è chiaro?!»
Il re lo aveva guardato con un misto fra amarezza e rassegnazione «Sei proprio la fotocopia di tua madre. Non hai ereditato nulla da me, a parte le fattezze fisiche. E questo mi ferisce.»
«Ah, sì? A me per niente.»
«Vegeta, ascoltami...» aveva iniziato il re, avvicinandosi inutilmente al figlio, che  aveva preso di nuovo ad allontanarsi «So che non mi sono comportato come il padre che speravi. Non ti ho mai dimostrato di essere fiero di te, ma questo non significa niente. Io sono sempre stato fiero di te, ed ho sempre cercato soltanto di proteggerti. Sapevo che Freezer ci avrebbe distrutti tutti, prima o poi, ed io ti ho venduto a lui soltanto per garantirti la sopravvivenza. Ho cercato di garantirti una rivalsa, a te che eri così giovane; avevi tutta la vita davanti, non potevo lasciare che te la strappassero via.»

Sperava davvero che, con quel discorso, si sarebbe riconquistato la fiducia di suo figlio?
Suo padre sapeva.
Suo padre aveva sempre saputo che Freezer avrebbe fatto strage della loro razza, suo padre se l’era immaginato fin dall’inizio.
E nonostante questo, non aveva fatto niente. Non aveva cercato di fermarlo, aveva soltanto accettato il crudele destino del suo pianeta e della sua razza.
Suo padre era un debole. Un debole che si spacciava da grande guerriero.
E questo, Vegeta non lo avrebbe mai accettato.
Ferito nell’orgoglio ed arrabbiato come mai prima di allora, aveva ringhiato, senza neanche rispondergli e, velocemente, aveva raggiunto la gravity room, chiudendocisi dentro e cominciando a sfogare la sua rabbia con un ennesimo, intensivo, allenamento.

*

Si stava allenando da più di un’ora a gravità 2000, e la stanchezza stava iniziando a farsi sentire.
Ma il principe dei saiyan non aveva la benché minima intenzione di fermarsi, non prima di aver completamente sbollito la rabbia scaturita dalla rivelazione fattagli da suo padre.
Stava colpendo, senza eccezioni, tutti i macchinari costruiti da Bulma, distruggendoli uno dopo l’altro con una serie di ki blast.
I muscoli stavano però cominciando a far male, ed andando avanti così, probabilmente sarebbe collassato al suolo.
E quasi si ritrovò a ringraziare il destino, quando qualcuno entrò nella gravity room, riportando la gravità al suo normalissimo stadio, e facendolo sentire immediatamente meglio. Non era certo piacevole sentirsi le membra pesanti come macigni.
E, così come si era rimesso in piedi fin troppe volte durante il corso di quell’allenamento, il principe dei saiyan si ritrovò quasi a cozzare al suolo, sfinito, venendo bloccato soltanto da due braccia forti almeno quanto le proprie, che lo sollevarono, mettendolo davanti all’unica persona che si sarebbe mai presa la briga di preoccuparsi sul serio per uno come lui.

«Kaharoth?»

Il deficiente era proprio di fronte a lui, con uno sguardo quasi indecifrabile, non molto consono alla sua persona, ed un sorriso da idiota sulle labbra. Vegeta non sapeva perché si fosse fatto vivo, ma in qualche modo ne era sollevato. Certo, questo non lo avrebbe ammesso neanche sotto tortura, ma ne era dannatamente sollevato.

«Che diavolo sei venuto a fare?»
«Ad assicurarmi che tu non ti uccidessi.»

Non era riuscito a parlare con suo figlio. Non era riuscito a tirare fuori dalle labbra del suo adorato bambino il motivo per cui, in quei giorni, fosse così irrequieto. In un primo momento aveva pensato che c’entrasse Freezer ed il fatto che probabilmente sarebbe tornato a far strage di innocenti, ma no, Gohan era così da prima che si sapesse. Ed era così dall’ultima volta in cui era uscito a pranzo con sua madre. Quindi, in tutto quello, c’entrava Chichi, ma suo figlio non aveva voluto parlargliene.
Ed il fatto che la seconda persona alla quale attualmente Goku teneva di più si rifiutasse anch’essa di parlare con lui, lo faceva sentire un completo incapace.
Voleva aiutare Vegeta, il suo obiettivo era soltanto quello. Ma allora perché quel ragazzo si rifiutava di accettare aiuti esterni? Perché cercava di andare avanti soltanto con le sue forze?

«Dai, Vegeta, tu non sei così!» aveva esclamato il giovane super saiyan «Non puoi buttarti giù in questo modo! Non è da te! Dimostra a tuo padre che invece hai imparato a fregartene!»
«Io me ne frego, Kaharoth!» gli stava per tirare un pugno, ma non aveva di certo le forze per farlo andare a segno «Smettila di pensare a me come un ragazzino indifeso, perché non lo sono!»
«No, tu fai finta di fregartene, è diverso.» era stata la risposta di Goku «Puoi fare così davanti agli altri, ma non davanti a me. Non sono stupido come pensi.»

A quel punto il principe dei saiyan, preso dalla più completa esasperazione, aveva lasciato cadere la sua testa, che si era andata inevitabilmente a poggiare sul petto del cretino, che di rimando gli aveva stretto un po’ di più le spalle.
Dio solo sa quanto avrebbe voluto abbracciare quello stronzo, in quel momento, ma se lo avesse fatto, probabilmente Vegeta si sarebbe rifiutato di sfogarsi, e Goku non voleva che succedesse. Sapeva che lo sfogo era importante, e sapeva che farlo lo avrebbe soltanto aiutato.

«Non riesco neanche a guardarlo in faccia.» aveva ammesso, quasi sull’orlo del pianto «Non ci riesco. Ed è perché per anni non ha fatto altro che buttarmi giù. Anche dopo la sua morte, ha continuato a farlo. Radish è stato cresciuto da Bardack, Nappa da sua madre, e io? Io sono stato cresciuto da Freezer, perché mio padre mi ha venduto a lui. Riesci a capire quello che significa?»
«No.» Goku era stato sincero «No, non riesco a capirlo. Io sono stato cresciuto da una persona fantastica, ho avuto fortuna. Ma poi sono stato proprio io ad ucciderla. Sono stato io a uccidere mio nonno, e per questo non mi perdonerò mai. Ma non mi butto giù, perché so che in fondo non è mai stata colpa mia, ma della mia debolezza. Non mi sapevo controllare, ero debole, e la mia natura saiyan mi ha completamente schiacciato. 
Ma tu non sei debole, Vegeta, non lo sei mai stato. Sei sopravvissuto alle angherie di Freezer, e questo dimostra una gran forza d’animo. Sei sempre stato molto più forte di me.»
A quelle parole, Vegeta non aveva risposto. Si era limitato a sbattere debolmente un pugno sul petto di Goku, rimanendo esattamente nella medesima posizione di prima. Non si era mosso di una virgola, era come se si fosse scordato che fosse letteralmente appiccicato a lui. Di nuovo.
«Non è colpa tua.» aveva continuato Goku «Non è mai stata colpa tua. Tu hai sempre fatto del tuo meglio, ti sei sempre impegnato per diventare il guerriero che sei ora. E adesso ti butti giù per una cosa appartenente al tuo passato? No, Vegeta, questo non te lo permetto.»

Al contrario di quello che pensava Goku, Vegeta si era accorto eccome di quello che stava facendo, e se ne rendeva perfettamente conto.
E si sentiva anche un completo fallito.
Si era appena spogliato di tutto il suo orgoglio, cercando addirittura conforto nell’unica persona che sarebbe mai accorsa in suo aiuto in quel modo. E quella persona era proprio il guerriero contro il quale si era scontrato soltanto un anno addietro, quella persona era proprio il super saiyan che si era messo in testa di superare a tutti i costi.
Ma, in quel momento, colui che stava saggiamente evitando di andare oltre quel semplice contatto così umano, non era niente di tutto ciò: in quel momento, il cretino che probabilmente avrebbe tanto voluto abbracciarlo, era soltanto Kaharoth. Era soltanto Goku.
E Vegeta si sentiva un completo idiota, uno stupido. Ma si sentiva anche inspiegabilmente meglio. Era una sensazione che non aveva mai provato in tutta la sua vita, ed era completamente incomprensibile il fatto che si stesse ritrovando a provare quella sensazione proprio tra le braccia di quel deficiente che si stava preoccupando così tanto per lui.

E si sarebbe abbandonato completamente a quella sensazione, se solo non avesse sentito qualcosa formicolare lungo tutto il suo corpo.
Senza neanche che se ne accorgesse, il decerebrato di terza classe aveva cominciato a fargli il solletico.
A lui.
Stava facendo il solletico a lui.
In un altro momento, probabilmente, si sarebbe fatto esplodere, ma in quello, si era limitato soltanto a cercare in tutti i modi di non ridere. Andava bene rinunciare leggermente al proprio orgoglio, ma non così tanto.
Ma l’idiota non aveva smesso fin da subito come lui aveva sperato. Anzi, aveva continuato in maniera ancora più insistente, costringendolo a lasciarsi andare ad una grassa risata.

«D-dai!» era riuscito a dire, tra una risata e l’altra «Smettila, brutto idiota! Smettila, Kaharoth! Basta!»

Senza neanche accorgersene, i due saiyan si erano ritrovati a terra, l’uno sopra all’altro, con Vegeta che si contorceva disperatamente contro il pavimento gelido della gravity room.
Goku sembrava irrimediabilmente divertito da quella situazione: il grande principe dei saiyan che soffriva il solletico. Era a dir poco ironica, come scenetta.

«Smettila, Kaharoth!» aveva ripetuto il principe, prima di riuscire ad afferrargli i polsi, assumendo uno sguardo perentorio «Ho detto smettila.»
A quel punto, Goku si aspettava un ki blast dritto in faccia. Ma, a differenza delle sue orrende aspettative, il principe dei saiyan si era limitato a portargli due mani al petto, spingendolo quanto bastava per ribaltare le posizioni, ritrovandosi a cavalcioni su di lui.
«Dovrei seriamente disintegrarti, dopo quest’affronto.» gli aveva detto, ghignando «Ti strangolerei.»
«Già!» aveva esclamato il super saiyan, sorridente «Ma ancora non lo hai fatto!»
«Tsk. Soltanto perché mi servi a sconfiggere Freezer.»
«Ah, sì?» Goku si era alzato sui gomiti, ritrovandosi esattamente a pochi millimetri dal viso del principe dei saiyan, che era arrossito in modo quasi repentino «Dimostralo.»
«Falla finita.» 
«No!»

A quella risposta data in modo così deciso davanti a quella che per un inetto di terza classe come lui sarebbe dovuta essere un’autorità, Vegeta si era avvicinato pericolosamente per poi, dopo aver fatto volutamente sfiorare i loro nasi in maniera assolutamente poco minacciosa, mordergli il collo, costringendolo a strillare e a pregarlo di lasciarlo, mentre il sapore del
sangue cominciava ad inebriare la bocca del principe dei saiyan, che si era staccato soltanto dopo qualche secondo, soddisfatto.

«Questo è per non aver ubbidito al tuo principe.» aveva ghignato «Che ti serva di lezione.»
«Urca, Vegeta!» era stata l’esclamazione di Goku «I tuoi denti fanno anche più male dei tuoi pugni!»

A quello, Vegeta non aveva risposto. Si era semplicemente rialzato da terra, visibilmente sollevato, ed era uscito dalla gravity room, rivolgendo al suo eterno rivale un gesto della testa.



Heylà, amici!

Sono tornata con questo decimo capitolo, e ho deciso in questo caso di parlarvi un po’ di come stanno le situazioni familiari saiyan!
Abbiamo fatto finalmente la conoscenza di Bardack e Gine, e Radish ha raccontato a Goku un bel po’ di cose sul loro passato sotto il dominio di Freezer. Per non parlare del povero, piccolo Gohan, che vorrebbe tanto sfogarsi con il padre, ma non ci riesce!

Per quanto riguarda Vegeta, non va molto d’accordo con il padre. O meglio, forse sarebbe più corretto dire che non vuole andare d’accordo con il padre. E come biasimarlo! Re Vegeta ha fatto delle bruttissime cose, nei suoi confronti!

Spero vivamente che quando tornerà Bulma, non si ritroverà la casa fatta completamente in frantumi(lmao)!

Alla prossima!

-JAY

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Capitolo 11
*** Problemi... e soluzioni? ***


Non aveva ancora detto niente a suo padre, nonostante lui continuasse imperterrito a chiedergli cosa fosse successo. Avrebbe voluto sfogarsi, ma con tutta quella storia di Freezer, pensava che dare un peso in più al suo povero papà non fosse la soluzione migliore.
E non voleva parlarne neanche con Junior, essendo anche lui coinvolto in tutta la faccenda.
Così, il piccolo Gohan si era limitato a restarsene chiuso nella sua stanza, a rotolarsi nel letto e a guardare tristemente la televisione, pensando a quanto fosse orrenda per lui tutta quella situazione.
Certo, conoscere suo nonno e combattere un po’ con lui gli aveva fatto piacere, ma non gli aveva di certo risollevato il morale. In mezzo a tutti quei guerrieri determinati, non ce n’era nessuno che potesse davvero capirlo.

Tranne forse uno.

Infatti, il bambino, sempre tenendo i suoi occhi curiosi e vispi aperti, aveva notato degli strani comportamenti da parte del principe dei saiyan: Vegeta sembrava molto più assente e taciturno del solito, mangiava poco, e se ne stava tutto il giorno rintanato prima nella gravity room, e poi nella sua camera. Era come se stesse cercando in tutti i modi di evitare qualcuno.
E non si trattava del suo papà, no, in diverse occasioni li aveva visti allenarsi assieme, e non sembravano affatto arrabbiati l’uno con l’altro. Per la prima volta, la rivalità col super saiyan non c’entrava.
Gohan era invece convinto che Vegeta stesse cercando di evitare il proprio, di padre. E avrebbe tanto voluto sapere perché, e magari confrontarsi con una persona che stava, in un certo senso, vivendo una situazione analoga alla sua.
In fondo, anche lui stava cercando in tutti i modi di evitare sua madre. Non rispondeva neanche più alle sue telefonate, ormai.

Ed era stato così che, neanche volendolo-o forse sì-, era finito nel campo visivo del principe dei saiyan, mentre quest’ultimo si apprestava a prepararsi una colazione. Era presto, erano ancora tutti a dormire, e Vegeta usciva dalla sua stanza soltanto durante le ore in cui sapeva che non avrebbe trovato nessuno sveglio.
Ma Gohan se n’era accorto e, veloce come un fulmine, si era alzato dal letto, raggiungendolo ‘casualmente’ in cucina, e fingendo un incontro fortunato-per quanto di fortuna potesse trattarsi.

«Oh!» aveva esclamato, fingendosi sorpreso «Buongiorno, Vegeta! Che ci fai già alzato?»
«No.» era stata la risposta del principe «Tu che ci fai già alzato. Moccioso, sono le 6. Non dovresti essere a sognare unicorni o cose del genere?»
Il bambino non ne era sicuro, ma aveva come l’impressione che Vegeta sapesse per quale motivo fosse già sveglio.
«Gohan.» aveva infatti detto, dopo qualche istante, sedendosi vicino a lui «Che c’è?»
Ma quel ragazzo, per caso, leggeva nel pensiero? Riusciva sempre a capire i motivi per cui una certa persona si comportasse in un certo modo. I saiyan avevano doti sensitive e lui non ne era al corrente, o cosa? 
«Beh... ecco...» aveva cominciato a tormentarsi le mani, imbarazzato e sconfortato allo stesso tempo. Come aveva potuto pensare che uno come Vegeta potesse ascoltarlo o anche solo guardarlo in faccia mentre raccontava una cosa del genere? Lo avrebbe sicuramente deriso, e poi avrebbe cominciato a ricordargli che i saiyan non si buttavano giù per cose del genere; gli avrebbe detto che era la vergogna della sua razza, che avrebbe dovuto suicidarsi ed altre cose così. Ne era sicuro. 
«Gohan, per favore, falla finita di borbottare.» era stato l’ordine perentorio del principe dei saiyan «Quante volte ti avrò detto di non farlo? Sei fastidioso. Parla e basta, lo so che sei venuto qui per parlare con me. Quindi fallo.»
«La mamma ha un fidanzato.» il bambino lo aveva detto tutto d’un fiato, tenendo la testa bassa «E non è che lei non possa rifarsi una vita, ma è come se... se avesse aspettato soltanto di togliersi me e papà dai piedi per ricostruirsi una vita in cui io non sono il benvenuto. Quando sono andato a pranzo con lei mi sono sentito escluso e fuori luogo, e come se non bastasse, quelle poche volte che parliamo al telefono, non fa altro che parlar male del mio papà! E non è solo questo! Non ha aspettato affatto che si calmassero un po’ le acque, prima di presentarmi quest’uomo, lo ha fatto e basta! E io mi sento ancora più escluso! Non riesco neanche a parlarne con papà, non voglio dargli un altro peso da portare. C’è già Freezer, e poi-»
«Sai che dovresti fare?»

Vegeta lo aveva interrotto.
Lo aveva interrotto bruscamente, come se non avesse affatto seguito il filo del discorso.
Ora gli avrebbe consigliato di andarsi a suicidare. Gohan ne era sicuro.

«Dovresti smettere di aspettare che si faccia avanti tuo padre.» aveva invece detto, contro ogni aspettativa del bambino «Ora, io non me ne intendo di queste cose, e non che mi interessino particolarmente; ma tuo padre non è proprio una cima, questo lo sappiamo tutti. Mentre tu sei piuttosto intelligente, no? Tua madre non fa altro che ripeterlo. Ho visto quella donna due volte in tutta la mia vita e in entrambe le occasioni non ha fatto altro che vantarsi della tua intelligenza. Ma lei è stupida come una gallina, e pensa che l’intelligenza si misuri soltanto dai problemi di geometria. Non è così. Dimostra di essere intelligente, e soprattutto di essere un saiyan, e affrontala. Spiegale le cose come le hai spiegate a me. Possibile che vi risulti così difficile parlare con quella donna?»

Mai il piccolo Gohan si sarebbe aspettato un consiglio così prezioso. Non da parte di Vegeta.
Certo, non si aspettava la totale indifferenza, ma si era immaginato un crudo rifiuto, non di certo delle parole così accorate.
Quando voleva, il principe dei saiyan sapeva essere davvero un buon mentore.

«Grazie, Vegeta!» aveva esclamato, con un largo sorriso «Pensi... pensi che dovrei dirlo a papà?»

Il giovane principe si era ritrovato a pensare, senza neanche volerlo, a quello che era successo con Kaharoth nella gravity room.
L’idiota lo stava-più o meno- abbracciando, mentre gli spiegava che si sentiva escluso, che si sentiva inutile, e questo perché né lui né suo figlio volevano dirgli che cosa gli passasse nella testa e che cosa non andasse nelle loro vite.
In fondo, per farlo sentire di nuovo parte di qualcosa, ci voleva talmente poco. Al marmocchio sarebbe bastato raccontargli tutto, e Kaharoth sarebbe tornato ad essere felice come una pasqua.
E poi, nonostante il cervello di gallina, non era così male a risollevare il morale della gente. Ma questo Vegeta non lo avrebbe mai ammesso, neanche sotto la più crudele delle torture cinesi.

«Sì, fallo.» aveva repentinamente risposto «Ma non per avere qualcuno che parte al posto tuo. Impara a farti sostenere da tuo padre, non lasciare che succeda il contrario. Hai capito?»
«Ho capito, grazie!» il bambino sembrava come rinato «Sei veramente bravo a dare consigli! Ma...»
«Cosa?»
«Ma dovresti imparare anche a seguirli.» aveva concluso Gohan «Lo so che non stai bene, non sono stupido. Segui anche tu il consiglio che mi hai dato. Affronta tuo padre, non scappare. Promesso?»

Vegeta non lo avrebbe mai detto, ma in quel momento, stava facendo ammenda a tutte le sue forze per non sorridere, compiaciuto da quanto quel moccioso imparasse in fretta. Fortunatamente, non aveva ereditato l’intelligenza da Kaharoth; ma da quel che il principe aveva potuto vedere, neanche da sua madre. 
Gohan sapeva pensare con la sua testa, ed aveva un suo carattere ed un suo pensiero ben precisi. E questo era proprio degno del migliore dei saiyan.

«Fila a letto, moccioso.»
«Vado!» il bambino si era alzato di scatto ma, prima di andarsene, si era voltato un’ultima volta in sua direzione «L’ho preso come un sì! Non deludermi!»
 
*

Goku si era alzato di buon’ora, quella mattina. Non aveva alcuna voglia di fare colazione con tutti quei saiyan.
Certo, aver fatto la conoscenza della sua famiglia ed aver-per quanto riguardava lui, almeno- sistemato le cose con Radish lo rendeva felice, ma stare in compagnia di tutti quei saiyan stava diventando un po’ pressante. Tra di loro parlavano soltanto di lotta, e nessuno osava nominare neanche per scherzo il loro pianeta: sembrava come se facessero di tutto per non rivangare il passato. E questo, il giovane super saiyan poteva perfettamente capirlo. In fondo, era un capitolo della storia che tutti, incluso lui, avrebbero voluto dimenticare.
Ma non era un po’ ingiusto far finta che non fosse mai successo?

L’unico saiyan con cui voleva davvero stare, fatta eccezione per suo figlio, era quel ragazzo stronzo ed impertinente che soltanto il giorno prima si era ritrovato a sfogarsi fra le sue braccia. 
Quello, per Goku, era stato un momento speciale, e non si sarebbe mai sognato di raccontarlo a nessuno. Era come un piccolo segreto che si era messo in testa di mantenere.
E questo perché, giorno dopo giorno, notava quanto Vegeta si stesse avvicinando a lui. Ed anche lui si stava avvicinando a Vegeta, in maniera quasi viscerale a dire il vero.
Aveva iniziato a provare un turbinio di emozioni che, durante le ore notturne, non facevano altro che perseguitarlo.
Era confuso, il nostro Goku, ma allo stesso tempo felice. Perché non aveva mai provato niente del genere per nessuno, neanche per Chichi, e lo scoprire di poter provare anche lui, come tutti gli altri esseri umani, un sentimento del genere, lo portava letteralmente al settimo cielo.

Ogni tanto, il giovane eroe, senza alcun motivo, si ritrovava a sorridere e ad alzare gli occhi al cielo. Ed ogni volta che lui ed il principe dei saiyan si allenavano assieme, sentiva il disperato bisogno di toccarlo, di stargli vicino.
E questa, per il saiyan di terza classe, era una cosa completamente nuova.
Non era sicuro che Vegeta provasse le stesse cose quando gli era vicino, anzi, era quasi completamente sicuro del contrario.
Ma se invece si sbagliasse? Se invece Vegeta provasse esattamente le stesse cose che provava lui?
In fondo, era stato sempre Vegeta ad avvicinarglisi per provocarlo, era stato sempre Vegeta a lasciargli quel morso sul collo, che si stava già cicatrizzando, lasciando in evidenza il segno dei denti, ed era stato sempre Vegeta a dimostrargli-in modo molto indiretto, certo- di avere in qualche modo bisogno della sua vicinanza.
Magari erano cose inconsce. Magari il principe dei saiyan non lo faceva neanche apposta. Ma a Goku piaceva pensare il contrario. Oh, eccome se gli piaceva farlo. 

Non avrebbe mai immaginato che, nel bel mezzo di quei pensieri, mentre percorreva il corridoio che l’avrebbe portato alle scale, avrebbe incontrato proprio l’oggetto di tutte quelle elucubrazioni, che si apprestava ad uscire dalla stanza, con qualcosa che lo rendeva terribilmente appariscente.
Il principe dei saiyan, infatti, si era cambiato, ma non si era affatto infilato roba tipicamente da saiyan, come si divertiva a definirla lui. No, affatto. In quel caso, Goku non avrebbe certo rischiato un arresto cardiaco.
Vegeta portava infatti addosso una canottiera rossa, accompagnata da un gilet smanicato in pelle blu scuro e da un paio di pantaloni aderenti, molto aderenti, troppo aderenti, dello stesso materiale e colore di quest’ultimo; senza contare gli stivali ed i soliti guanti, che però, a differenza di quelli bianchi che portava di consueto, avevano dei buchi per le dita.
E stava bene. Stava terribilmente bene.
Quel repentino cambio di look aveva lasciato Goku completamente sconvolto, la mascella che rischiava di cadergli dalla faccia e gli occhi sgranati. 
Ne era sicuro. Era sicuro che gli sarebbe venuto un infarto.

«Dì un po’.»

La voce aspra-ma molto, davvero molto piacevole- del principe dei saiyan lo aveva distratto da quei pensieri decisamente poco ortodossi, facendogli scuotere la testa e riportandolo nel mondo reale.

«Che hai da guardare?»
«Niente, Vegeta!» aveva esclamato il super saiyan, grattandosi la nuca e ridacchiando fra sé e sé «È solo che stai mooooolto meglio vestito così!»

A quelle parole, al principe dei saiyan era sembrato che la sua faccia dovesse andare a fuoco da un momento all’altro.
Non si sarebbe mai abituato alla genuinità di quel decerebrato, e non si sarebbe mai abituato neanche agli sguardi che gli lanciava ultimamente.
Certo, doveva ammettere che, ogni tanto, anche a lui cadesse l’occhio, magari mentre il deficiente evitava di guardarlo, ma era soltanto perché voleva assicurarsi che l’idiota non lo stesse fissando, no? Era sicuramente per questo.
Non era possibile che lui, il grande Vegeta, il principe di tutta la stirpe saiyan, potesse guardare un inetto di terza classe come Kaharoth in altro modo. No. Era completamente escluso.
Eppure il modo in cui sorrideva, in cui si grattava la nuca, in cui ridacchiava imbarazzato, il modo in cui gli si avvicinava e tutte le attenzioni che gli riservava, gli facevano un piacere quasi spaventoso.
Vegeta non lo avrebbe mai ammesso, ma tutta quella premura che aveva Kaharoth nei suoi confronti gli piaceva. Nonostante lo confondesse fino a fargli venire mal di testa, gli piaceva. E questo lo preoccupava da morire.

«Tsk.» era stata la sua risposta, mentre gli dava velocemente le spalle per non farlo accorgere del rossore sulle sue guance «A me sta bene tutto. Sei tu che sei un completo disastro.»
«Perché devi essere sempre così cattivo con me?» Goku gli aveva fatto una linguaccia, iniziando inconsciamente a seguirlo.
«Non sono cattivo, sono realista.» aveva risposto il principe dei saiyan «Piuttosto, vedi di far lavorare il tuo corpo flaccido. Non è possibile che ti alzi così tardi.»
«Ma se è prestissimo!» aveva esclamato l’altro «Hai due occhiaie tremende! Sei tu che dovresti svegliarti più tardi!»

Vegeta si chiedeva ogni giorno di più come una mente così limitata come quella di Kaharoth potesse assorbire tante informazioni tutte assieme: era come se il suo cervello si svegliasse soltanto quando era in sua compagnia. E sinceramente, il principe dei saiyan non sapeva se prenderla come una cosa negativa o come una cosa altamente positiva.

«Dì un po’, com’è che ti accorgi di tutte queste cose? Il criceto che cerca inutilmente di far girare la rotellina nella tua testa ha accelerato, per caso?»


«Hey, Kaharoth!»

La voce quasi spaventata di Nappa li aveva dissuasi dai loro discorsi, ed il saiyan dalla testa calva stava correndo in loro direzione, come se stesse scappando da qualcuno o da qualcosa.
Che Freezer fosse già atterrato? 
Ma no, era impossibile. Uno di loro due se ne sarebbe sicuramente accorto: l’aura di uno come Freezer non passava di certo inosservata.

«C’è una donna inferocita che ha cercato di farmi mangiare vivo da quell’energumeno che si porta appresso!» aveva esclamato il colosso, fermandosi esattamente dietro agli altri due saiyan «Dice di voler parlare con Kaharoth!»

E fu solo in quel momento che i due capirono: Chichi. Non poteva essere altri che lei. E l’energumeno di cui aveva parlato Nappa era sicuramente Giuma, l’uomo più buono di tutto il mondo. Ma ovviamente il saiyan, questo non poteva saperlo.
E non c’era voluto molto prima che lo sguardo confuso di Goku incontrasse quello furioso della sua ex moglie, che aveva fatto irruzione in casa seguita da suo padre, che stava cercando in tutti i modi di placarla. Era come se lo spirito di qualche demone si fosse impossessato del suo corpo: era su tutte le furie, e l’ira la stava letteralmente accecando.
Ma cos’era successo, per spingerla ad irrompere in casa Brief e spaventare addirittura un guerriero del calibro di Nappa? Che fosse successo qualcosa di brutto a Gohan ad insaputa di Goku?
Ma no, l’aura di suo figlio era perfettamente rintracciabile, e sembrava stare benone. Forse un po’ su di giri, ma benone.

«Goku!» aveva urlato la donna, in preda alla rabbia «Sei stato tu! Lo sapevo! Lo sapevo che avresti avuto effetti negativi sulla crescita di nostro figlio! Non solo sei un marito orribile, ma anche un padre sconsiderato! Giuro che questa volta ti denuncio! Ti denuncio, Son Goku! Fosse l’ultima cosa che faccio!»
Quest’ultimo, preso dalla confusione più totale, aveva guardato prima Chichi, poi Giuma, poi Nappa ed infine Vegeta, che aveva fatto un’alzata di spalle, forse addirittura più confuso di lui.

«E voi due piantatela di spalleggiarlo!» 

Vegeta era rimasto di sasso. Davvero quell’oca aveva appena provato a dare ordini a lui e a Nappa? 

«Tsk. Stupida donna! Come se un saiyan potesse obbedire a-»
Ma non aveva fatto neanche in tempo a finire la frase, che il suo ex collega-ed anche ex babysitter- dalla testa pelata, aveva battuto in ritirata, alla velocità della luce.
«Maledizione, Nappa!»

«Mio figlio» aveva cominciato Chichi, in preda alla rabbia «È venuto da me ad accusarmi di essere una manipolatrice! Ha cominciato a dirmi che mi sono comportata male nei suoi confronti, ha cominciato ad arrabbiarsi con me! Il mio Gohan non avrebbe mai assunto un comportamento del genere nei miei confronti! Non sopporto che qualcuno manipoli la mente del mio povero bambino!»

Se prima Goku era confuso, ora il suo cervello era completamente andato. Perché mai Gohan avrebbe dovuto arrabbiarsi in quel modo con sua madre? Che c’entrasse la storia che si era rifiutato per giorni di raccontargli?
Ma sì, c’entrava per forza quella. Non c’era altra spiegazione.
Soltanto che il giovane eroe, essendo all’oscuro di tutto, non sapeva proprio come controbattere ad un’accusa del genere. Era ovvio che nessuno, lì, stesse cercando di manipolare la mente del suo adorato bambino: se si fosse accorto di una cosa del genere, lui stesso avrebbe preso provvedimenti.
Evidentemente, c’era una ragione più che valida per la quale Gohan avesse reagito in quella maniera.

«Se un rammollito come tuo figlio è riuscito a sputarti veleno addosso, donna, dovresti essere la prima a farsi quattro domande.»

Okay, non erano affari suoi, Vegeta se ne rendeva conto. Ma si sentiva comunque preso in causa in tutta quella storia, perché era stato lui a consigliare a Gohan di affrontare sua madre a testa alta.
Chi avrebbe mai pensato che quella donna si sarebbe dimostrata una completa svitata? Certo, aveva capito che un po’ lo fosse, ma non immaginava in quel modo così tragico.
Certe situazioni gli facevano bollire il sangue nelle vene. Quel tipo di presuntuosi che si sentivano come se tutto gli fosse dovuto anche dalla propria famiglia, che non accettavano il fatto che avessero potuto comportarsi male, e che scaricavano la colpa sugli altri, al principe dei saiyan non piacevano affatto.

«E tu che c’entri?!» aveva tuonato Chichi «Cosa ne puoi sapere, tu, di come si comporta un genitore?! I tuoi sono schiattati quando portavi ancora il pannolino!»

A quelle parole, Goku era rimasto di sasso. 
Era arrabbiata con lui? Bene. Ci era abituato, non era un granché, alla fine sarebbe riuscito, come sempre, a risolvere le cose.
Ma prendersela con Vegeta in quel modo? No. Chichi non si doveva permettere. Anzi, non si sarebbe dovuta permettere di rivolgersi in quella maniera a una persona in nessun caso.
Ma lì si parlava di Vegeta, e l’importanza che aveva assunto quest’ultimo per Goku era di gran lunga superiore a quella di un completo estraneo.
La sua ex moglie avrebbe dovuto imparare un po’ di buone maniere.

«Chichi, ma come ti permetti?!» aveva così esclamato, interdetto «Non solo entri in casa d’altri senza neanche bussare, ma ti permetti di insultare le persone a gratis! Prima di parlare di menti deviate e ragazzini maleducati, pensa ad imparare tu un po’ d’educazione!»
«Lascia perdere.» Vegeta gli aveva messo una mano sulla spalla, per la prima volta senza indugiare nel farlo «Stammi a sentire, oca. Non è stato questo deficiente del tuo ex marito a mandare Gohan da te. Lui non saprebbe neanche collegare due sillogismi assieme, figurati consigliare al figlio di affrontarti di persona. Se avesse saputo di ciò che stavi facendo, sarebbe venuto lui a difenderlo. 
Sono stato io a consigliare a Gohan di affrontarti. Perché si presuppone che gli 
adulti dovrebbero ascoltare i più giovani e capire le loro esigenze, ma a quanto pare tu sei rimasta all’asilo.»
«Tu?!» se Chichi fosse stata un saiyan, probabilmente in quel momento si sarebbe trasformata nel leggendario guerriero dai capelli dorati, guidata soltanto dalla rabbia «Come ti sei permesso di ficcare il naso in faccende che non ti riguardavano?! Altro che principe! Principe delle mie mutande! Ti impicci degli affari altrui come un comune paesano lezzo e puzzolente!»
Goku aveva fatto per dire qualcosa, ma Vegeta lo aveva interrotto di nuovo: «In realtà è stato tuo figlio a venire da me in cerca di aiuto, donna. Se tenessi di più gli occhi su di lui e non sulle mie gambe che stai guardando da mezz’ora, ti accorgeresti di quello che ha tuo figlio. Credimi. E adesso veditela con tuo marito.»
«Cosa?!» Goku era completamente impreparato «Vegeta, aspetta! Dove vai?! Spiegami almeno cos’ha Gohan!»

«Te lo spiego io, cos’ha Gohan.»

Chichi non era cieca, e non era neanche stupida. Si era accorta degli sguardi che quello pseudo-principe lanciava al suo ex marito, e non erano certo gli sguardi di un amico o di un compare. 
Era convinta che anche Goku nascondesse qualcosa a Gohan, ma non era il momento di passare dalla padella nella brace.
Così si era avvicinata, mani sui fianchi e sguardo deciso, ed aveva mandato via suo padre, pregandolo di aspettarla fuori.

«Mi sono fidanzata, Goku.» aveva ammesso candidamente «O almeno, mi sto vedendo con un uomo. E l’ho invitato a pranzo fuori proprio nel giorno in cui ci ho portato anche Gohan. Non avrei mai pensato che sarebbe arrivato a quella conclusione così presto, così ho colto la palla al balzo e gli ho presentato questo ragazzo come mio fidanzato.»

Il giovane eroe era completamente sconcertato. Ma che cuore aveva, quella donna, per poter fare una cosa del genere ad un bambino i cui genitori si erano appena separati?
Era un’azione così irresponsabile che persino uno come lui non avrebbe mai commesso l’errore di fare. Era imperdonabile, dal punto di vista di un bambino dell’età di Gohan.
Ed il fatto che suo figlio fosse andato a parlarne proprio con Vegeta la diceva lunga sulla faccenda: questo voleva forse dire che il suo adorato Gohan aveva sentito di provare per Chichi lo stesso sentimento che il principe dei saiyan provava nei confronti del re?
Fosse stato così, probabilmente la sua ex moglie non sarebbe stata perdonata. Quello era poco ma sicuro. 

«Ma ti rendi almeno conto di ciò che hai fatto?» le aveva chiesto il saiyan «Tu puoi avere la tua vita, Chichi. Puoi fare ciò che vuoi con chi vuoi, ormai sei una donna libera. Ma Gohan è appena uscito dalla situazione in cui si è trovato a vivere con due genitori separati, e tu che fai? Gli presenti un uomo come tuo fidanzato? E poi sarei io, quello irresponsabile?»
«Oh, andiamo, Goku, non fare il santo!» Chichi era rabbiosa «Ho visto come lo guardavi, ti sembro scema? Siamo nella stessa situazione!»
Il giovane super saiyan aveva capito immediatamente a cosa si riferisse la donna con quelle parole, e si era anche affrettato a risponderle.
«No, Chichi, non lo siamo. Io potrò anche guardare Vegeta in un certo modo, come dici tu, ma non l’ho mai toccato con un dito. Non in quel senso, almeno. Io non ho una relazione proprio con nessuno, quella che deve delle spiegazioni a nostro figlio sei tu e soltanto tu.»

Non si sarebbe mai aspettata, da parte di suo marito, un esordio così pieno di maturità. Il Goku che aveva lasciato non era quello che le stava parlando in quel momento, no, il Goku che aveva lasciato non avrebbe mai parlato in quel modo.
E Chichi, per quanto fosse ancora infuriata, si ritrovò per la prima volta a pensare che non era stata affatto lei il motivo per cui il suo ex marito fosse così maturo. Ma l’essere un genitore ormai single lo stava evidentemente aiutando a diventare una persona più matura, una persona che pensava alle proprie responsabilità, ed un padre che molto probabilmente avrebbe parlato di quella storia con suo figlio al più presto.

«Sistema le cose con Gohan, Chichi.» aveva continuato il saiyan, non ricevendo risposta «Lui ti vuole bene, ha soltanto bisogno di sua madre. Vai a cercare lui, non venire a cercare me.»

*

Non era possibile che tutto il resto della sua razza fosse formata da un branco di idioti. Nessuno di loro era stato in grado di allenarsi senza creare danni, e questo lo aveva dimostrato il fatto che Radish e Nappa, dopo aver utilizzato la gravity room senza il suo permesso, l’avessero addirittura gravemente danneggiata, costringendo il principe dei saiyan a chiudersi in laboratorio.
Senza Bulma in giro per casa, quelle cose si complicavano: neanche lui, in fondo, ci capiva molto in pratica di meccanica. Forse in teoria, ma nella pratica perdeva colpi.
Erano almeno venti minuti che se ne stava sotto quella maledetta macchina, ed erano almeno venti minuti che non combinava niente di buono: ogni volta che pensava di aver finalmente aggiustato il danno, quello tornava imperterrito ad infastidirlo.

«Maledetto ammasso di ferraglia!»

Aveva colpito, utilizzando ben poca forza, il motore della macchina con un pugno, e quello gli aveva risposto con una meravigliosa fuoriuscita di grasso, che era andata a posizionarsi esattamente sulla sua regale faccia.
A quel punto, decise di spingersi leggermente fuori, iniziando ad osservare il soffitto. 
Si chiedeva come se la stesse cavando Kaharoth con sua moglie. Magari lei aveva tentato di ucciderlo, o magari si era convinta che forse sarebbe stato meglio lasciar perdere ed andarsene. Fatto stava che nessuno di quei due ne risentiva. Possibile che non capissero che quello con cui dovevano parlare fosse Gohan?

«Ma che ci pensi a fare.» si era detto, ringhiando «Ti sei ridotto a fare l’avvocato difensore di un moccioso, Vegeta? Cazzo, sei proprio un rammollito, ecco cosa sei.»

«Ma con chi parli?»

Dopo essere riuscito a liquidare Chichi, e sperando che quest’ultima andasse direttamente a parlare con Gohan, Goku aveva raggiunto l’unica persona che aveva avuto il coraggio e-nonostante non lo avrebbe mai ammesso- la premura di mettersi in mezzo a tutta quella storia, trovandolo, inaspettatamente, in laboratorio.
A quanto pareva, la gravity room aveva subito dei danni, perché Vegeta se ne stava sdraiato a terra, con metà del suo corpo che faceva capolino da sotto alla grossa macchina circolare, i capelli scompigliati, una delle tute da lavoro del dottor Brief addosso ed il naso completamente sporco di grasso.
In quella situazione, sembrava quasi completamente un essere umano, se non fosse stato che si stava dando-Goku non sapeva perché- del rammollito da solo.

«Ah, non lo so, Kaharoth, sto parlando con il soffitto.» aveva risposto il principe dei saiyan, ironico «Hey, soffitto, sei proprio un rammollito! Ma la buona notizia è che hai più rotelle di Kaharoth!»
«Ma perché devi sempre essere così cattivo? E io che ero venuto per ringraziarti!»
«Per?» 

Fingeva indifferenza, Vegeta. Ma sapeva benissimo per quale motivo quello che ormai era diventato il centro dei suoi pensieri-negativi e non- fosse venuto a ringraziarlo. E non era la prima volta che succedeva.
Senza volerlo, il principe dei saiyan stava diventando una persona esperta nell’aiutare gli altri, e non sapeva se vomitare o andarsi ad impiccare con una catena d’acciaio per questo. Come diavolo si era ridotto così? Finché viveva con quella sfigata di Bulma pensava solo e sempre a diventare super saiyan, non certo a dare consigli e a spronare gli altri a tirarsi su.

«Per aver parlato con Gohan.» aveva detto il saiyan cresciuto sulla Terra, andandosi a sedere esattamente accanto alla testa dell’altro «Sembra strano, ma lui sembra fidarsi più di te che di me.»
«No, è solo che tu sei stupido, e non riusciresti a dargli un consiglio come si deve.»

A quelle parole, Goku aveva risposto con una linguaccia. 
Lo sapeva che Gohan si stava davvero affezionando a Vegeta, e lui lo accettava di buon grado: la presenza del principe dei saiyan si era dimostrata veramente salutare, sia per Goku che per il suo adorato bambino. Nonostante si mascherasse da stronzo omicida, Vegeta era a sarebbe rimasto un vero toccasana.

«Sai cosa?» gli aveva poi detto, cercando di pulirgli il naso dal grasso con il pollice «Anche tu sei stupido. Stai cercando di riparare questa cosa da solo senza neanche provare a chiamare Bulma e chiederle come si faccia.»
«Non osare rivolgerti a me con quel tono.» 
«Ah, sì? Sennò che fai? Distruggi il pianeta?»

A quella provocazione, il principe dei saiyan era tornato repentinamente sotto al macchinario, soltanto per poter prelevare una buona quantità di grasso dal motore, tornare fuori e spalmarlo con molta poca grazia sulla guancia del decerebrato, che si limitò a fargli l’ennesima linguaccia.

«Te la taglierei, quella maledetta lingua.» sibilò, irritato «Con i denti.»
«Provaci.»
«Bene.»

Non sapeva neppure quale tipo di istinto lo stesse guidando in quel momento. Sapeva soltanto che era giusto così.
Afferrando i capelli del decerebrato, aveva fatto avvicinare il viso di quest’ultimo al suo e, più veloce dei suoi stessi pensieri, aveva fatto toccare le loro labbra.
Non avrebbe mai pensato che proprio lui, il grande principe di tutti i saiyan, si sarebbe ritrovato a baciare un suo sottoposto. Ma in quel momento non gli interessava più di tanto.
Anzi, sarebbe stato più corretto dire che non gli interessava per niente.
L’unica cosa che importava a Vegeta in quel momento erano le labbra del deficiente che si stava impegnando a divorare con una passione ed un ardore che non aveva mai provato. Neanche durante i suoi estenuanti allenamenti.

~

Heylà, gente~~
Oggi doppio capitolo perché mi sento particolarmente allegra, soprattutto perché finalmente questa sera ci sarà una festa in spiaggia, wow, Bulma mi ha mandato un po’ della sua energia positiva!

Ho scritto questo capitolo di botto, e finalmente posso dirlo SI SONO BACIATI!
O meglio, è stato Vegeta a baciare Goku, e noi tutti lo ringraziamo per questo, grazie principe dei saiyan!

Ovviamente non sono mancate le scenette della nostra Chichi, che come sempre si è dimostrata una donna affatto dotata di pazienza. 
Ma qui l’importante è il paragrafo finale, non scherziamo. Finalmente succede qualcosa tra i nostri due saiyan. Che succederà, dopo quest’azione da parte di Vegeta?

Questo lo vedremo!

-JAY

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Capitolo 12
*** Di prime esperienze, sentimenti e serate al chiaro di luna ***


Lo stava baciando.

Vegeta lo aveva preso per i capelli, ed ora lo stava baciando.

Era stato tutto così rapido che il povero Goku, una volta realizzata la situazione, aveva rischiato di avere un infarto.

Il suo grande cuore, infatti, aveva cominciato a battere in modo frenetico, per poi fermarsi improvvisamente, e riprendere la sua corsa soltanto nel momento in cui aveva deciso di portare le mani attorno ai fianchi del principe dei saiyan ed approfondire quel bacio, facendo finalmente incontrare e scontrare le loro lingue, conducendole in una danza che, a causa di Vegeta, diventò ben presto una lotta.

 

Il ragazzo, infatti, succhiava, mordeva e baciava quelle labbra come se fossero la cosa più preziosa, ed allo stesso tempo più fragile, che esistesse al mondo.

Non aveva mai provato un’emozione del genere in vita sua. Era confuso, era furioso con sé stesso per aver gettato via così il suo orgoglio, ma allo stesso tempo era felice di averlo fatto; il suo cuore, poi, non lo stava aiutando, compiendo una corsa frenetica, mentre il suo stomaco aveva preso a fare delle continue capriole.

Aveva portato le braccia attorno al collo dell’idiota che aveva avuto il coraggio di baciare, aprendo le gambe e sistemandosi esattamente sopra a Goku, che l’aveva stretto più forte, mantenendo, senza fermarsi nemmeno per un minuto, quel contatto così sentito, che entrambi avevano desiderato per fin troppo tempo.

 

Goku si era staccato soltanto per poter sorridergli, incontrando poi il suo sguardo. 

Si stavano scrutando con complicità ed un velato atteggiamento di sfida, mentre rimanevano in quella posizione bizzarra.

«Alla fine, non me l’hai staccata la lingua.»

«Sta’ zitto.»

«Fammici stare tu.»

 

E Vegeta non se l’era fatto ripetere due volte, tornando a fare esattamente quello che stava facendo fino a pochi secondi prima, alleggerendo il contatto con una serie di baci casti lungo tutto il collo. Un gesto decisamente troppo dolce per uno come lui, ma che poteva farci? Non era colpa sua, ma di Kaharoth.

 

Istintivamente, quest’ultimo aveva ricambiato il favore, portando le labbra al collo del principe e lasciandovi degli umidi baci, prima di osare, cominciando a succhiare la pelle del suo collo, trovando finalmente il suo punto debole.

 

Vegeta, a quel gesto, aveva trattenuto un gemito, portando indietro la testa e stringendo i capelli di Goku con una mano, mentre quest’ultimo gli lasciava una serie di evidenti succhiotti lungo tutto il collo. 

 

«Cristo...» gli era uscito dalla bocca.

Questo aveva fatto impercettibilmente sorridere il giovane super saiyan, mentre tornava lentamente su, ritrovando il contatto con le labbra del principe, che si era lasciato completamente andare a lui, lasciandosi stendere sul pavimento, con il cretino a cavalcioni sul suo corpo. 

 

Era veramente riprovevole il fatto che il principe di tutta la stirpe saiyan si fosse lasciato sottomettere così da un inetto di terza classe, ma quello non era un inetto di terza classe qualsiasi. Quello era il suo inetto di terza classe, ed in quel momento era suo più che mai prima di allora.

Aveva spinto con un piede la chiave inglese che fino a pochi minuti prima stava utilizzando per riparare la gravity room, portando le braccia al collo di Goku e stringendolo di più, facendogli capire che lo voleva più vicino. Si sentiva così ridicolo, in quel momento. Si sentiva così leggero, in quel momento.

Aveva interrotto il bacio solo nel momento in cui quell’idiota aveva provato, inutilmente, a togliergli di dosso la tuta da lavoro del padre di Bulma, mordendogli la lingua e facendone uscire una piccola quantità di sangue.

 

«Te la stacco sul serio, se ci riprovi.» aveva detto, minaccioso, mentre Goku gli sorrideva come un ebete.

«Scusa...» 

«Tsk.»

 

Sarebbe tornato volentieri a baciarlo, ma sapeva che prima o poi quel deficiente avrebbe nuovamente tentato di andare oltre, e lui non si sentiva ancora pronto, nonostante i suoi ormoni impazziti continuassero ad urlargli contro.

Così, per punirlo, lo aveva spinto, ribaltando nuovamente le posizioni e tornando ad essere lui quello sopra.

 

«Basta così.» aveva sentenziato, senza però alzarsi.

Anzi, tutto il contrario: Vegeta, docile come un cucciolo di gatto, si era accoccolato sul petto di Goku, stringendolo, facendogli in questo modo capire che non era ancora pronto per andare oltre quel contatto che avevano appena avuto.

 

Ed il super saiyan sembrava averlo accettato.

A quanto pareva, il giovane principe era molto inesperto riguardo quel tipo di cose, ed al momento avrebbe voluto soltanto stargli vicino.

E a Goku andava bene così: avrebbe aspettato Vegeta anche in eterno, se glielo avesse chiesto.

Così, sorridendo al soffitto, aveva portato un braccio attorno alla vita del ragazzo, stringendolo forte a sé e cominciando a carezzargli dolcemente i fianchi con il pollice.

 

«È un po’ scomodo il pavimento, però.» aveva commentato, con aria delusa, prima di portarsi due dita alla fronte e teletrasportarsi in camera sua, esattamente sul letto «Adesso va moooolto meglio!»

«Sei proprio cretino.» Vegeta si era stretto un po’ di più a lui «Quando imparerai ad avvisarmi di questo dannato teletrasporto?»

«Se ti avvisassi, dove sarebbe il divertimento?»

«Giuro che ti strangolo.»

«Naaaah, non lo farai!»

 

*

 

Chichi, dopo aver ricevuto da Goku quel consiglio così accorato, ed anche una buona dose di umiliazione, era tornata sui suoi passi, indecisa sul da farsi.

Non sapeva dove si fosse cacciato il suo ometto, non sapeva neanche se stesse bene, in realtà. Non sapeva niente, e tutto per colpa di quello scimmione di Vegeta!

Certo, da una parte aveva ragione, ma non doveva permettersi di mettersi in mezzo ad affari che non lo riguardavano. Era fuori discussione. Quel viscido saiyan gliel’avrebbe pagata cara.

Ma ora, la priorità doveva darla al suo bambino.

Erano ore che girava in tutti i luoghi conosciuti e frequentati da Gohan in macchina con suo padre, alla ricerca del bimbo e, dopo quasi un pomeriggio intero di ricerche, fortuna volle che si imbattesse proprio in Junior: quel maledetto alieno verde che soltanto un anno prima aveva tentato di deviare la mente del suo amato bambino.

 

«Hey, tu!» aveva gracchiato, furiosa «Muso verde!»

«Uh?» Junior aveva alzato un sopracciglio, vedendola arrivare «Chichi?»

 

Il namecciano si chiedeva come mai una donna come lei, che l’aveva sempre disprezzato, lo fosse venuto a cercare. Magari era successo qualcosa a Gohan?

Ma no, il bambino se n’era andato da lì soltanto poco prima. Certo, gli aveva raccontato di aver avuto una lite con sua madre, ma per Junior non era niente che non si potesse risolvere in modo piuttosto tranquillo.

 

«A cosa devo la visita?» aveva chiesto l’alieno, sforzandosi di essere cordiale. In fondo, bisognava sempre mettersi dalla parte della ragione, giusto?

«Non fingere di non sapere!» lei era scesa dalla macchina, furibonda «Dov’è mio figlio? L’hai ucciso, per caso?! Giuro che se gli hai fatto del male, io-»

«Stai calma, Chichi. Non farei mai del male a Gohan.» l’aveva interrotta lui «Anzi, se n’è andato di qui giusto qualche minuto fa. È stata una sfortuna, per te, non incontrarlo. Se ne stava tornando a casa.»

«Vuoi dire al manicomio!» aveva strillato lei «Mio figlio sta crescendo in mezzo ad un branco di saiyan! Ma che ho fatto di male, nella vita, per meritarmelo?!»

 

Detto questo, era risalita in macchina, ripartendo a tutta velocità, mentre Giuma salutava cordialmente Junior, ringraziandolo per l’informazione.

Se quel branco di alieni si erano messi in testa di deviare suo figlio, avrebbero subito un grosso cataclisma. E stavolta sarebbe stata lei a causarlo.

 

*

 

Era stato svegliato dallo squillo intermittente di un cellulare, che recava una famosa canzone di quello che gli esseri umani definivano ‘il re del pop’. Ovviamente, il cellulare non era il suo, ed il principe dei saiyan, per un attimo, si chiese di chi potesse essere.

Aveva aperto stancamente gli occhi, sbuffando: stranamente, aveva dormito più comodamente del solito, ed era stato soltanto un riposino pomeridiano.

Soltanto quando, sotto la sua testa, avvertì un respiro profondo e regolare, si ricordò di tutto quello che era successo soltanto qualche ora prima, arrossendo copiosamente e maledicendosi in modo silenzioso, cercando di non destare dal suo sonno il decerebrato che dormiva profondamente sotto di lui.

Lui e Kaharoth si erano baciati.

Anzi, sarebbe stato più corretto dire che fosse stato lui a baciare Kaharoth. 

E la cosa che lo rendeva ancor più schifato, era che non si pentiva per niente; la cosa che lo rendeva ancor più esterrefatto, era che lo avrebbe rifatto altre mille volte, se avesse potuto.

 

Decise di scuotere la testa, allontanando quegli strani pensieri e, allungando un braccio verso il comodino del deficiente, afferrò quello che doveva essere il suo cellulare, e che continuava a squillare in modo quasi fastidioso, mandando avanti quella cantilena che quel terrestre dalla voce acuta continuava a cantare.

Senza pensare che la persona dall’altra parte avrebbe potuto insospettirsi del fatto che fosse lui a rispondere, decise istintivamente di accettare la chiamata, portandosi poi l’aggeggio all’orecchio.

 

«Goku! Finalmente hai risposto!»

 

La voce gracchiante di quella gallina di Bulma lo aveva fatto sobbalzare. Ma non era in vacanza, quella lì? Che diavolo voleva? E perché chiamava Kaharoth al cellulare?

Maledette donne. In uno di quei giorni, l’avrebbero fatto impazzire.

 

«Spiacente.» aveva risposto il principe, assonnato ed ironico «Kaharoth non è disponibile, al momento.»

E non era disponibile in tutti i sensi. Sempre se quella donna avesse avuto bisogno di qualcuno che glielo ricordasse.

«Vegeta?» Bulma sembrava assai sorpresa «Perché rispondi tu? Non ti sarai messo a rubare i telefoni altrui, vero?»

«Ma sei completamente svitata, donna?!» aveva sibilato lui «Sono il principe dei saiyan, non un comune ladruncolo!»

Lei aveva sospirato «Tanto vai bene anche tu. Ascolta, qui c’è stato un piccolo... incidente di percorso. Perciò sarò di ritorno domani. Avverti Goku, e vedete di farmi trovare una casa decente.»

Lui non aveva risposto, aspettando qualche secondo prima di riattaccare, sicuro che lei avesse qualcos’altro da dire. Ormai, nonostante non fosse nel suo interesse, conosceva troppo bene quell’oca.

«Vegeta, ci sei?» aveva infatti sentenziato, dopo qualche secondo.

«Che altro vuoi?»

«Ascolta, vedete di tenere a bada quel branco di saiyan che si sono introdotti in casa mia. Non vorrei trovarmi con brutte sorprese. Chiaro?»

«Se ti dovessi trovare con brutte sorprese, la colpa sarebbe di Kaharoth, dato che è stato lui ad invitarli qui.»

«Vabbè!» aveva tagliato corto Bulma «Ci siamo detti tutto! A domani, Vegeta!»

Lui, a quel ‘a domani’ aveva risposto con un sonoro ‘tsk’, per poi riattaccare e rimettere il cellulare esattamente dove l’aveva trovato.

 

Solo in quel momento si era-di nuovo- ricordato di essere ancora avvinghiato a quell’idiota, che lo stava abbracciando come se niente fosse, e non stava neanche provando a spostarsi. No, il grande Vegeta stava provando piacere nell’avere un contatto umano con un suo sottoposto. Roba da non credere.

 

«Kaharoth.» aveva chiamato una prima volta.

«Kaharoth.» aveva riprovato una seconda.

«KAHAROTH!» alla terza, gli aveva morso ferocemente la guancia, costringendo il povero Goku a svegliarsi tra urla ed imprecazioni, mentre si divincolava per sottrarsi alla morsa del principe dei saiyan.

«Vegeta!» aveva esclamato, urlando «Vegeta, lasciami! Mi stai facendo malissimo! Ti prego! Vegeta!»

A quelle preghiere, quest’ultimo aveva staccato velocemente i suoi denti dalla carne di quell’inetto, che finalmente si era destato dal suo sonno eterno. Probabilmente, se non ci fosse stato lui a svegliarlo, sarebbe rimasto a dormire con la faccia sporca di grasso motore fino al giorno dopo.

 

«Maledetto idiota.» era stato il commento del principe, che lo aveva scavallato, arrivando a sdraiarsi al suo fianco «Ha chiamato Bulma.»

«Ah, sì?» Goku gli si era avvicinato un po’ di più, cingendogli nuovamente la vita con un braccio e temendo un ki blast che però non arrivò «E che voleva?»

«Torna domani.» Vegeta aveva spostato delicatamente il braccio dell’idiota, per poi alzarsi dal letto.

Il saiyan cresciuto sulla Terra sembrava piuttosto deluso «Dove vai?»

«A farmi una doccia.» aveva sentenziato il principe «Non so se te ne sei accorto, ma sono completamente sporco. E anche tu.»

 

Non avevano fatto parola di ciò che fosse successo appena un’ora-due, al massimo- prima. In fondo, non ce n’era neanche troppo bisogno. Sapevano entrambi che la storia avrebbe fatto il suo corso, e che inevitabilmente avrebbero iniziato ad avvicinarsi, confermando quegli strani ma bellissimi sentimenti che entrambi avevano provato in quegli splendidi momenti.

E poi, Goku aveva notato una cosa fondamentale: Vegeta non si era lamentato di ciò che fosse successo. Anzi, a giudicare dai suoi comportamenti, per lui era perfettamente normale.

 

*

 

Aveva raggiunto la sua stanza controvoglia. Avrebbe voluto restare con quel cretino ancora per un po’, soltanto per rilassarsi, o anche solo per poter ascoltare il suono ritmico del suo respiro mentre dormiva, o per poter assaporare ancora una volta quelle morbide, carnose, bellissime labbr-

 

«Vegeta, datti un contegno, cazzo!» si era detto, all’affiorare di quei pensieri «Ti sarai pure lasciato baciare, ma sei pur sempre il principe dei saiyan!»

 

In realtà, non si era affatto lasciato baciare da Kaharoth. Era questa la verità che bruciava di più. 

Era stato lui ad aver baciato Kaharoth, era stata tutta una sua iniziativa, nonostante la situazione lo avesse portato inevitabilmente a compiere quel gesto.

E gli era piaciuto.

Anzi, non gli era soltanto piaciuto. Non era mera attrazione fisica, quella che aveva provato. Era qualcosa di diverso, di più profondo, di più puro.

E quel qualcosa, il giovane principe, non l’aveva mai provata nei confronti di nessuno. Non gli era mai capitato di provare un sentimento del genere: si era sentito umiliato, confuso, arrabbiato, ma dannatamente leggero e felice. Ed era una sensazione totalmente nuova, una novità di cui non avrebbe fatto per niente a meno, in quel momento. E lui detestava le novità.

 

«Maledetto Kaharoth.»

 

Senza neanche starci a pensare, Vegeta si era buttato sotto la doccia, lavando via tutto quello sozzume di grasso motore e olio, senza però cercare di togliersi di dosso l’odore del decerebrato, che era inevitabilmente restato sulla tuta da lavoro che aveva inizialmente pensato di prendere in prestito, ma che ora era sua. Oh, no. Non l’avrebbe mai ridata al padre di quella gallina. Era troppo preziosa per essere restituita.

E non certo perché Vegeta fosse un tipo sentimentale, proprio no, non era nella sua indole. Semplicemente, avere qualcosa che gli potesse ricordare Kaharoth lo aiutava a ripensare a quanto, in pochissimo tempo, la sua vita stesse subendo quel repentino cambiamento: non era passato molto tempo dalla sconfitta di Freezer su Namecc, eppure in quel momento gli sembrava che fossero passati anni.

Stava crescendo, Vegeta, e neanche se ne rendeva conto. 

Stava crescendo, e piano piano, l’immagine del ragazzino che era stato, stava svanendo dalla sua mente.

Forse, presto, sarebbe stato pronto ad affrontare suo padre.

 

Inconsciamente, tornò ad indossare i vestiti che tanto erano piaciuti al deficiente, quella mattina. In fondo, non dispiacevano neanche a lui: erano molto più comodi della sua solita battle suit, ed effettivamente, se avesse dovuto camminare tra gli umani, con quelli addosso avrebbe dato meno nell’occhio senza passare però per un comune mortale, e mantenendo comunque la sua regalità e la sua autorevolezza.

Sì, li avrebbe indossati davvero molto spesso. Sia in battaglia che non.

 

«Che fai?»

 

La voce calma e pacata di Radish, appoggiato allo stipite della porta, l’aveva fatto sobbalzare. Come aveva potuto dimenticarsi di chiuderla? E perché quello lì si divertiva a spiare gli altri? 

Aveva sempre saputo che Radish fosse un po’ strano, in fondo era pur sempre il fratello di Kaharoth, ed i geni parlavano chiaro. Ma, allo stesso tempo, non riusciva a mostrare completa indifferenza nei suoi confronti: il figlio di Bardack, uno dei pochi saiyan sopravvissuti all’esplosione del loro pianeta, in termini umani, per lui era stato come un fratello maggiore. Lo aveva sopportato durante ogni suo capriccio, e si era sempre offerto di allenarsi con lui per misurare i loro livelli di forza; ogni volta che Vegeta aveva avuto bisogno delle classiche cure di un cucciolo, Radish le aveva messe in pratica, ed ogni volta che Vegeta gli chiedeva di misurare la sua altezza contro il muro della piccola stanza che condividevano lui, il principe e Nappa all’interno della base di Freezer, Radish lo aveva fatto.

Lo aveva praticamente cresciuto, e far finta che non fosse nella stanza, al principe proprio non riuscì. 

 

«Non vedi?» aveva risposto, torvo «Mi sto mettendo le scarpe.»

«No.» era stata la risposta del saiyan più grande «Intendo, che fai, con tuo padre? Hai intenzione di tenergli il muso ancora per molto?»

Lui non aveva risposto.

«Vegeta, te ne abbiamo parlato tutti. Persino Kaharoth e suo figlio hanno speso parole con te riguardo questa storia, e tu vuoi davvero ignorarci? Non puoi continuare a scappare come un coniglio.»

«Ho bisogno di tempo, okay?» Vegeta era agitato, ma allo stesso tempo amareggiato: sapeva che era nel torto. Sapeva che tutti loro avevano ragione, e che avrebbe dovuto parlare con suo padre, affrontarlo, capire esattamente come stessero le cose. Ma ancora non ci riusciva.

No, doveva ancora capire cosa provasse davvero. E non solo nei confronti di suo padre, ma in generale.

Era un periodo di totale confusione, per lui.

 

Forse, solo una persona era certa. E in quel momento, il principe avrebbe voluto soltanto essere insieme a quel deficiente, al momento.

Ma non poteva abituarsi ad aggrapparsi a Kaharoth, o sarebbe stato tutto inutile. Era il principe dei saiyan, diamine! Aveva sempre combattuto da solo, ed anche questa volta, sarebbe uscito da quella situazione da solo.

 

*

 

Il piccolo Gohan aveva fatto il giro del mondo non una, non due, ma ben dieci volte, prima di decidersi a tornare alla Capsule Corporation al tramonto, sicuro che sua madre, a quell’ora, avesse già abbandonato le sue ricerche. In fondo, era convinto che quello fosse stato il primo posto setacciato da sua madre.

Il suo unico obiettivo, una volta a casa, era quello di andarsene in camera, buttarsi sotto le copertine e dormire sopra a tutta quella storia, senza ovviamente farsi notare da nessuno-cosa quasi impossibile, dato che quella casa pullulava di saiyan.

Ma destino-o agguato- volle che, non appena si trovò ad entrare dalla grande porta automatica dell’ingresso, si ritrovò a sbattere contro una figura massiccia, alta, dalla buffa tuta arancione.

Non ci volle un genio per capire di chi si trattasse.

Suo padre, molto probabilmente, si era messo ad aspettarlo sulla porta soltanto per tendergli un agguato e parlargli. E lui era stato così stupido da usare l’ingresso principale, mettendosi nei guai da solo.

A volte, Vegeta aveva proprio ragione: lui e suo padre erano proprio due ingenui.

 

«Ciao, figliolo.» aveva detto Goku, mani sui fianchi e sguardo accigliato «Si può sapere dov’eri finito?»

«Ero solo ad allenarmi con Junior, papà!»

Sapeva che quella risposta non lo avrebbe salvato. Era soltanto questione di tempo, prima che anche il suo papà iniziasse a sgridarlo. Ma come aveva potuto seguire il consiglio di quel burbero del principe dei saiyan? Sapeva che non avrebbe portato a nulla di buono.

Eppure, non se ne pentiva per davvero.

«Gohan...» il super saiyan era diventato più pacato, mentre lo prendeva per mano e lo trascinava fino al divano, dove si sedettero entrambi, l’uno sulle gambe dell’altro «È venuta qui tua madre. E poi ho parlato con Vegeta. E ho saputo tutto. Perché non ne hai parlato con me?»

 

Arrivati a quel punto, il povero, piccolo Gohan, si stava sentendo davvero un verme. Aveva escluso suo papà, il suo adorato papà, da una situazione che, in fondo in fondo, riguardava anche lui: il bambino non era stupido, sapeva perfettamente che, se una persona appena separatosi dal consorte possiede un fidanzato, quello molto probabilmente era stato il suo amante in passato. E forse era proprio per questo che aveva evitato di parlarne a Goku. Solo per questo.

Ma in quel momento si rese conto di quanto il suo papà si stesse preoccupando per lui. Non poteva continuare a non parlare. Doveva dirgli come si sentiva, e doveva farlo perché quello era suo padre, e gli voleva bene.

 

«Mamma mi ha presentato il suo nuovo fidanzato.» aveva detto, abbassando la testa e cominciando a tormentarsi nervosamente le mani «Mi sono sentito escluso, non mi ha fatto piacere questa cosa, soprattutto perché l’ho trovata irrispettosa nei tuoi confronti, papà... mi dispiace se ti ho fatto preoccupare, non volevo tenerti all’oscuro di tutto. Ma volevo affrontare la mamma da solo, senza l’aiuto di nessuno.»

«E così ne hai parlato con Vegeta.» 

«Già.» aveva paura che suo padre si arrabbiasse, per quello, invece lo vide sorridergli «Non sei arrabbiato, papà?»

«No, piccolo, non sono arrabbiato.» gli aveva detto Goku, carezzandogli dolcemente la testa «Sei stato bravissimo, hai dimostrato di avere fegato, ed io non potrei essere più fiero di te. Vedrai che sistemerai le cose con la mamma, non preoccuparti.»

 

«Hey, Kaharoth.»

 

La voce calda e tranquilla di Bardack li aveva distratti dai loro discorsi, ed il saiyan più anziano si era avvicinato ai due, poggiandosi alla spalliera del divano. 

 

«Mi lasci mio nipote per qualche ora?» aveva chiesto, poggiando una mano sulla spalla di Gohan.

Il bambino, improvvisamente risollevato, aveva sorriso: suo nonno voleva passare un po’ di tempo con lui, magari allenandosi, e lui avrebbe potuto fargli vedere quanto stesse migliorando grazie agli allenamenti di Junior.

 

Nonostante non lo conoscesse ancora troppo bene, Goku era felice che suo padre avesse deciso di essere presente per Gohan. Era sicuro che la vicinanza di suo nonno avrebbe fatto soltanto bene al bambino; anzi, era sicuro che la vicinanza di tutti quei saiyan avrebbe fatto bene al bambino. Facevano parte della sua storia, del suo sangue, della sua razza. E questo, neanche Chichi avrebbe potuto cambiarlo. 

 

*

 

Lo aveva trovato affacciato al balcone, a guardare assorto il pedaggio cittadino, con un mano un bicchiere d’acqua fredda. 

A quanto pareva, il principe dei saiyan, anche quella sera, non aveva alcuna voglia di cenare assieme a loro, e Goku aveva ben pensato di portare nella sua stanza due vassoi con sopra le loro porzioni, approfittando di quello anche per stare un po’ di tempo con lui e per parlare.

In fondo, non avevano parlato di ciò che era successo tra loro, e il giovane super saiyan non era certo il tipo di persona che faceva finta di niente. Doveva sapere cosa realmente provasse quel burbero d’un principe, e doveva capire cosa provasse lui, perché non ne era ancora troppo sicuro, anche se, effettivamente, una mezza idea ce l’aveva.

 

«Ciao.» gli aveva detto, sedendosi a terra, proprio accanto a lui «Perché non sei venuto giù?»

«Non mi andava.» fu la risposta secca del principe dei saiyan «E poi lo sapevo che saresti venuto qui.»

Goku ridacchiò «Avevo voglia di stare un po’ con te.»

«Mh... Gohan?»

 

Il saiyan cresciuto sulla Terra rimase parecchio sorpreso, da quella domanda: a Vegeta interessava dove fosse Gohan? Oppure aveva timore che li vedesse in una situazione inconveniente? O forse gli stava indirettamente chiedendo se Gohan sapesse di loro due e di tutto ciò che era successo in quelle ultime ore?

Ci mise un po’ per elaborare quella domanda, ma poi arrivò alla conclusione che la prima opzione fosse la più plausibile-in realtà, conoscendo il principe, anche la seconda-, e si accomodò meglio accanto a lui.

 

«È con mio padre e Radish.» aveva risposto «Hanno detto che dovevano insegnargli delle cose. Spero non parlino di come sbudellare un innocente, o cose simili.»

 

Dopo quella breve risposta, non avevano più parlato di Gohan. Anzi, non avevano più parlato e basta. Si erano limitati a mangiare lì, seduti a terra, sul balcone, e a stare in silenzio, ma senza alcun tipo di astio o di imbarazzo.

Goku aveva potuto passare un po’ di tempo con il principe dei saiyan senza dover per forza prenderlo a pugni, e Vegeta si era lasciato addirittura abbracciare e, ogni tanto, anche baciare.

 

Era stata la serata più piacevole che il saiyan dai capelli a palma avesse potuto passare, in quegli ultimi tempi. Ed era convinto sempre di più che non fosse confuso, ma che provasse davvero qualcosa di speciale nei confronti di quel burbero saiyan di prima classe che si stava ritrovando ad abbracciare timidamente. 

Certo, non sapeva se quei sentimenti fossero ricambiati, in realtà non riusciva nemmeno a capirlo, ma era ovvio che, da parte di Vegeta, non ci fosse indifferenza.

 

E questa, per Goku, era l’unica cosa che contava.

 

~

 

Salve a tutti!

Eccomi tornata con questo dodicesimo capitolo, molto soft, molto incentrato sulle emozioni e sui sentimenti dei personaggi, e soprattutto su quello che si sta andando a creare tra Goku e Vegeta.

Non so che dirvi, ragazzi, io per questi due sono proprio in un brodo di giuggiole: non solo si sono finalmente baciati, ma hanno addirittura dormito un po’ insieme, ed io non so se piangere, oppure andare in giro per la città a distribuire cuoricini!

 

E così, Bulma sta per tornare! Chissà che si ritroverà al suo ritorno, considerando la presenza sia di Nappa che di Goku in quella casa! 

 

Per quanto riguarda Gohan, sono molto fiera di lui, come se fossi la sua mamma >.< Gohan vieni, ti adotto io, Chichi non ti merita!

 

Oddio, sto sorvolando, meglio che vada

 

Bacini :3

 

-JAY

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Capitolo 13
*** Il ritorno di Bulma ***



Trovare Neo-Namecc era stata una vera fortuna, per lei e sua figlia.
La sua piccola stava dormendo placidamente sull’unica cuccetta di cui la loro navicella leggermente antiquata era fornita: solitamente, per far star meglio la sua bambina, lei dormiva a terra.
Avrebbe tanto voluto fermarsi, smettere di fuggire, e trovare una casa in cui vivere insieme a Jinjer, ma non poteva. E la cosa peggiore, era che sentiva il pericolo ogni giorno più vicino, non riuscendo neanche a dormire.
Da quando aveva lasciato il suo pianeta d’origine, scappando come una codarda, la donna aveva incontrato soltanto guai e peripezie; l’unica cosa positiva che quel viaggio pieno di pericoli le aveva portato, era proprio Jinjer, quella piccola meraviglia dai lunghi capelli corvini che stava dormendo abbracciando il logoro cuscino.
Si era ripromessa di proteggere sua figlia a costo della vita, ed era per questo che, stando ben attenta che non ci fossero navicelle ad inseguirla, era approdata su Neo-Namecc. Aveva sentito che i namecciani fossero una razza gentile e cordiale con ogni tipo di straniero, e che a causa di questo, non molto tempo prima, si erano ritrovati a dover cercare un nuovo pianeta, a seguito della distruzione del Namecc originale.

Dopo esser scesa dalla navicella ed essersi caricata sua figlia in braccio, aveva raggiunto a piedi, per evitare di spaventare qualcuno librandosi in volo, uno dei numerosi villaggi namecciani, trovando con suo grande piacere soltanto pace e felicità, su quel piccolo quanto bellissimo pianeta.
Uno di loro, una volta accortosi di lei, le si era avvicinato, sorridendo cordialmente.
Sembrava anziano, e si muoveva aiutandosi con un bastone di legno: era sicuramente il capo del villaggio.

«Buongiorno, bella signorina!» aveva esclamato «Sei una visitatrice? O hai forse bisogno di aiuto? Saremo ben lieti di offrirti una mano!»
«Salve.» aveva risposto lei «Sono in viaggio da molti, molti anni. La mia navicella stava cominciando a fare i capricci, e non sono riuscita a trovare pezzi sufficienti per farla andare avanti ancora per un po’. Purtroppo, sono senza una casa, e mi sono imbattuta in questo pianeta. Ho una figlia, e non sappiamo davvero dove andare.»
«Oh, ma prego, seguimi.»

E si era fidata ad occhi chiusi. Sapeva che quella razza non era affatto offensiva, i namecciani non erano un popolo guerriero od ostile, ed era stata davvero fortunata ad imbattersi proprio in loro.

«Ti porterò dall’Anziano Saggio.» aveva continuato il vecchio «Lui acconsentirà sicuramente a darti una casa, dei vestiti puliti e cibo a sufficienza. Non devi preoccuparti.»

E così era stato fatto. La donna era stata portata, assieme a sua figlia, da Moori, che le aveva offerto i deliziosi frutti del loro pianeta-utilizzati esclusivamente dai loro ospiti-, dei vestiti tirati a lucido sia per lei che per la bambina, ed il piano inferiore della sua grande casa, che era rimasto vuoto ed inutilizzato.
Si erano così seduti a tavola, lui con una grande scorta d’acqua come cena, mentre lei e la bambina con verdure e frutta di ogni tipo.

«Dimmi, mia cara» le aveva fatto Moori «Da dove venite?»
«Dal pianeta Vegeta.»

Soltanto a quelle parole, il vecchio Moori si era accorto della coda della bambina, che si muoveva frenetica, mentre la piccola mangiava senza proferire parola-forse, era troppo piccola persino per poter parlare-, mentre quella della madre non c’era. Probabilmente, qualcuno gliel’aveva tagliata via.

«Siete saiyan, quindi.» aveva constatato «Siete sopravvissute alla furia di Freezer.»
«Freezer?» lei sembrava non capire «Cos’ha fatto Freezer? Che c’entra lui?»
L’Anziano Saggio aveva spalancato gli occhi «Non sai nulla? Proprio niente di niente?»
Lei, a quella domanda, aveva negato con il capo «Ormai, ho lasciato il mio pianeta d’origine da tanto, troppo tempo. Non so cos’abbia fatto Freezer, non so neanche cosa c’entri nella mia storia.»
«Beh... ecco, vedi...» questa non ci voleva proprio: come avrebbe fatto, il povero namecciano, a raccontare tutta la storia ad una saiyan che sembrava ignara di tutto? «Freezer ha... distrutto il pianeta Vegeta da tempo, ormai. Pochissimi saiyan sono riusciti a sopravvivere, purtroppo. Ha sterminato tutta la razza, senza esclusione di colpi.»

Al sentire quelle parole, Rosicheena si era alzata di scatto dalla sua sedia, facendola cadere. Freezer aveva distrutto il suo pianeta d’origine, aveva ucciso suo figlio, aveva sterminato la sua razza, e lei era scappata come una codarda. Lei, che avrebbe dovuto proteggere il suo popolo, se l’era data ridicolmente a gambe.
Si sentiva uno schifo. Come avrebbe potuto guardare di nuovo sua figlia negli occhi? 
Non le aveva mai parlato di suo fratello, sapeva che la piccola avrebbe soltanto desiderato vederlo, ma ora, pensava fosse arrivato il momento di parlarne. Perché suo figlio, il suo primogenito, era morto, e lei non ne era mai venuta a conoscenza.

«E... e la famiglia reale? Che ne è stato della famiglia reale?»
«Purtroppo, so che il re è morto nell’esplosione.» era stata la risposta di Moori «Ma suo figlio sta più che bene, per quel che mi riguarda. Credo che in questo momento si trovi sulla Terra.»

Suo figlio era vivo.
Suo figlio non era morto come gli altri, era riuscito a salvarsi, ed ora si trovava su un altro pianeta. Un pianeta che non aveva mai sentito nominare, e che quindi non era mai stato nei piani di sterminio di Freezer.
Ma questo cosa significava? Significava forse che suo figlio avesse sterminato l’intera popolazione di quel pianeta, per poi viverci stabilmente? Oppure lo aveva lasciato stare?
C’erano tante cose che avrebbe voluto sapere, in quel momento. E quel namecciano sembrava saperne parecchie.
Così, dopo aver raccolto la sedia, si rivolse a sua figlia, che aveva appena finito di mangiare.

«Jinjer, vai a dormire, adesso.» le aveva detto, perentoria «La mamma ti raggiungerà tra poco.»
Fortunatamente, la sua piccola cucciola saiyan, aveva imparato molto in fretta a dar retta agli ordini di sua madre, e non aveva fatto storie, dirigendosi silenziosamente verso quella che sarebbe stata la sua camera, chiudendosi la porta alle spalle.

«Immagino tu voglia farmi delle domande.» l’aveva incalzata Moori, osservando la bambina sparire dal suo raggio visivo «Sono forse troppo delicate per una bambina?»
«Lei non sa quasi nulla, del mio passato.» aveva risposto la donna, abbassando lo sguardo «Le ho detto che avevo un marito cattivo, che mi ha portata a scappare via, e che il suo papà non la voleva. Ma non sa altro. Non voglio sappia ancora tutto. Deve ancora crescere, per capire.»
«Qual è il tuo nome?»
«Mi chiamo Rosicheena.» aveva detto «E sono stata la regina del pianeta Vegeta.»

A quelle parole, il namecciano era rimasto di sasso. Quella era l’ultima regina dei saiyan, la moglie del re, e la madre di un saiyan che lui e la sua gente conoscevano fin troppo bene.
Aveva potuto vedere Vegeta cambiare costantemente punti di vista e posizioni, prima attaccandoli, e poi schierandosi dalla loro parte. Nonostante si fosse comportato male, l’Anziano Saggio aveva sempre visto del buono in lui. Buono che, però, faticava ad uscire a causa della sua indole, fortemente plagiata.

«Sei la madre di Vegeta, vero?»

Lei aveva sussultato, spalancando gli occhi.
Quel vecchio conosceva suo figlio, quindi. Era incredibile. Aveva vagato per così tanti anni nello spazio, e voci del genere non le erano mai giunte all’orecchio. La gente parlava della sparizione del pianeta Namecc per mano di Freezer, ma non era mai scesa nel dettaglio. Non aveva mai capito perché Freezer potesse arrivare a sporcarsi le mani distruggendo lui stesso un pianeta che, conoscendolo, avrebbe considerato inutile.

«Ho conosciuto tuo figlio poco meno di un mese e mezzo fa.» aveva ammesso Moori «È un ragazzo intelligente, ma ci ha dato molto filo da torcere. Vedi, noi namecciani abbiamo un tesoro molto grande a nostra disposizione... un tesoro che, purtroppo, in quel periodo, era entrato nei voleri di Freezer. E non solo suoi. Non ci ho capito molto, ma ti dirò quel che so, se è quello che vuoi.»
«Ti prego.» l’aveva incalzato la saiyan «Parla.»
«Non so se hai mai sentito parlare delle sfere del drago.»

Le sfere del drago, ma sì, certo.
Ne aveva sentito parlare da alcuni stranieri conosciuti su un pianeta su cui aveva sostato: si trattava di sette sfere che, se riunite tutte, potevano esaudire dei desideri. 
Rosicheena non aveva tentato di mettersene alla ricerca: dopotutto, mettersi a cercare un tesoro del genere, solitamente portava solo guai, e lei aveva una figlia da proteggere. Non se lo poteva permettere.
Quindi, quelle sfere, erano tutta opera dei namecciani.

«Sì.» aveva risposto lei «Sì... più o meno, so cosa sono.»
«Bene.» continuò l’anziano «Vedi, Freezer aveva scoperto della loro esistenza, ed era approdato sul nostro vecchio pianeta soltanto per prenderle e desiderare l’immortalità. Ha cominciato a saccheggiare uno dopo l’altro tutti i nostri villaggi, ordinando ai suoi uomini di uccidere chiunque incontrassero sulla loro strada. Hanno fatto una strage: ho visto morire tutta la mia gente di fronte ai miei occhi, per colpa di quel mostro.»
Era incredibile: un mostro potente come Freezer, che aveva ai suoi piedi mezzo universo, era diventato ancor più esaltato da desiderare l’immortalità. Rosicheena era senza parole.
«Proprio in quello stesso periodo, della gente venuta dal pianeta Terra, era venuta a farci visita proprio per lo stesso motivo.» aveva continuato il namecciano «Erano persone perbene, ed avevano obiettivi nobili: volevano riportare in vita i loro compagni, morti eroicamente in battaglia. Mentre tuo figlio, da quel che ho potuto capire, era venuto per spodestare i piani di Freezer. Voleva evitare in tutti i modi che quell’assassino diventasse immortale. Non so se lo stesse facendo per un tornaconto personale oppure no, fatto sta che è riuscito a dare un gran filo da torcere a Freezer e i suoi uomini. Probabilmente, è stato il loro problema più grande.»
L’ex regina sorrise: Vegeta era riuscito, nonostante tutto, a voltare le spalle a colui che per anni non aveva fatto altro che schiavizzarli. Era fiera di lui, e sperava davvero che non si fosse dimenticato di lei, che la pensasse ancora, di tanto in tanto.
«Poi...» incalzò Moori «La situazione si è fatta più complicata. Vegeta e i terrestri si sono alleati contro Freezer e sono riusciti ad evitare che esprimesse il suo desiderio, ma... ma alla fine, quel mostro è riuscito lo stesso a far esplodere il pianeta. È stato sconfitto, ma nonostante questo, ha lasciato tutti noi con l’amaro in bocca.»
«Capisco...» era stata la risposta di Rosicheena «E ora? Mio figlio dove si trova?»
«Probabilmente sulla Terra. L’ultima volta che l’ho visto, era lì. Dubito si sia spostato.»

*

«Giuro che ti faccio esplodere!»

Quella lotta stava continuando imperterrita da più di mezz’ora, sotto gli occhi attoniti dei saiyan, che stavano seguendo con lo sguardo ogni movimento dei due avversari.
Vegeta colpiva, Goku schivava e Vegeta colpiva di nuovo. Era una battaglia senza precedenti, quella a cui stavano assistendo.
Peccato che tutti i loro piatti, a causa del principe dei saiyan, erano andati a infrangersi contro il muro, sporcandolo di pietanze, e lasciandoli a bocca asciutta.

«E dai, Vegeta! Ho solo aggiunto un po’ di sale alla zuppa che stavi preparando!»
«Un po’ di sale?! Un po’ di sale?!» il principe aveva lanciato l’ennesimo piatto in direzione del deficiente, stavolta colpendolo sul serio, e sporcandolo completamente del ketchup che Gohan aveva accuratamente spremuto sulle patatine «L’hai fatta diventare totalmente immangiabile, razza di idiota! Non posso credere che uno come me si sia-» 
Si era bloccato improvvisamente, portandosi una mano di fronte alla bocca.
Sapeva perfettamente che cosa stesse per dire, e quello che effettivamente stava per dire lo avrebbe prima sconvolto, poi lo avrebbe fatto vomitare, e poi lo avrebbe portato ad odiare sé stesso fino a suicidarsi.
E in più, stava per dire quella frase non solo di fronte ad un branco di altri saiyan, ma anche di fronte a Gohan, mettendo a rischio letteralmente tutto.

«Si sia cosa?»

Goku proprio non lo capiva. Prima Vegeta lo attaccava con tutta la sua rabbia, gli scaricava addosso tutto il suo ristretto vocabolario di insulti, lo minacciava di morte, ed ora se ne stava lì a guardare il vuoto, quasi sconvolto.
Non avrebbe mai capito come si fosse ritrovato a provare qualcosa per uno come lui. Ma in quel momento era così bello e vulnerabile che avrebbe voluto rubargli un bacio proprio lì, di fronte a tutti. Di fronte anche a Gohan.
Fortunatamente, il suo buonsenso era diventato leggermente più forte del suo istinto, e si era trattenuto, limitandosi ad avvicinarglisi, per poi spingerlo leggermente fuori dalla porta, sparendo dal campo visivo degli altri, ed esclamando un: «Che ne dici se andiamo a regolare i conti fuori, invece che distruggere la casa?»

«Tu sei completamente-» 

Si era bloccato soltanto nel momento in cui, in modo totalmente inaspettato, il deficiente l’aveva sbattuto contro il muro esterno della casa, avvicinandoglisi pericolosamente, e facendolo arrossire fino alla cima dei capelli.
Perché diavolo doveva comportarsi così, quell’idiota? Lui voleva litigare, non certo scambiarsi effusioni amorose!

«Eddai!» era stata l’esclamazione, detta a voce molto bassa, di Goku «Mi perdoni? Era solo un po’ di sale!»
«Tsk.» rispose lui «Deficiente.»

Nessuno li aveva visti, e nessuno avrebbe mai potuto confermarlo ma, esattamente un secondo dopo aver espresso quella dolcissima parola piena d’amore e di buoni sentimenti, il principe dei saiyan aveva permesso a Goku di rubargli un bacio a fior di labbra, diventando letteralmente viola fino alla cima dei capelli.

«Hey, ragazzi!»

Quel momento così intimo venne interrotto dalla voce di una festosa Bulma che, con la sua auto volante, stava raggiungendo la Capsule Corporation.
Fortunatamente, era impossibile che li avesse visti: Vegeta di certo non era incline a sbandierare ai quattro venti quella sorta di relazione che si stava andando a creare con il decerebrato, e Goku non voleva ancora che si sapesse, soprattutto per Gohan. In fondo, doveva ancora sistemare le cose con sua madre per un motivo molto simile.
La giovane turchina ci aveva messo meno di un minuto ad atterrare in giardino, scendendo e scaricando tutti i bagagli: la sua vacanza era durata meno del previsto, e nessuno sapeva bene perché, mentre i suoi genitori se ne stavano ancora a crogiolarsi sotto il sole scottante delle Hawaii.

«Bulma!» aveva esclamato Goku, correndole incontro «Bentornata! Come mai così presto?»
Lei si era crucciata, incrociando le braccia al petto «È colpa di quei due idioti dei miei! Hanno fissato una riunione d’azienda dopodomani, e me lo hanno detto soltanto l’altroieri! Renditi conto! Ed io dovrò prepararmi almeno dei discorsi! Ci metterò dei secoli, e non ho nessuno che mi aiuta né in laboratorio, né tantomeno in azienda! Sono proprio stanca!»
«Urca!» esclamò il saiyan «Non so perché, ma pensavo c’entrasse Yamcha! Sai, sono mesi che non lo vedo! Che fine ha fatto?»
«Ah! Non nominarmelo nemmeno, Goku!» lei sembrava ancora più irritata «Non ha fatto altro che tradirmi con la prima che passava, e l’ho cacciato di casa! Non so che cos’abbia combinato, dopo! E non sono certo affari miei!»

La turchina era piacevolmente sorpresa di trovare quella casa ancora in piedi, e visibilmente in buone condizioni. A quanto pareva, quando ci si mettevano d’impegno, i saiyan sapevano essere anche educati e tranquilli. Soltanto una cosa mancava all’appello: la gravity room, che non era in nessun angolo del giardino.
Le sembrava strano che l’avessero portata da qualche altra parte: in fondo, dove poteva essere?
Alla fine, la ragazza fece due più due, arrivando alla conclusione che, ancora una volta, avrebbe dovuto ripararla. 
Ma che aveva fatto di male, per meritarsi un destino simile?

«Vegeta» si era allora rivolta al maggior consumatore di controllo gravitazionale «Che fine ha fatto la gravity room?»
«È in laboratorio.» ammise candidamente il principe dei saiyan «Radish e Nappa sono riusciti a rompere qualcosa anche qui. Ci ho provato, a ripararla, in fondo serve anche a me, ma non sono un povero meccanico da strapazzo, io.»
«Radish e Nappa!» a quel punto, lei sembrava rinvigorita «Non vedo l’ora di conoscere tutti quei saiyan! Allora? Sono diventati dei bravi ragazzi?»
«Tsk.» era stata la risposta di Vegeta «Sono un branco di rammolliti. Così erano, e così sono rimasti.»

Bulma e Goku erano così entrati in casa e Vegeta, seppur riluttante, aveva deciso di seguirli: in fondo, le donne erano pericolose, e non gli andava a genio che una gallina del genere si attaccasse tanto a Kaharoth. E non certo perché pensava che potesse surclassarlo, ma perché non gli andava a genio e basta. E il principe dei saiyan, ogni volta che qualcosa non gli andava a genio, non se ne stava fermo a guardare.
Volente o nolente, stava imparando ad avvicinarsi ogni giorno di più a quell’idiota di terza classe, e più si avvicinava, più quello lo attraeva con una forza quasi magnetica che lo avrebbe lasciato attaccato a lui finché una qualche forza esterna non li avrebbe separati. E Vegeta dubitava succedesse.

«Ciao a tutti!»

Una voce squillante, allegra e femminile li aveva distratti dai loro soliti discorsi sulla lotta e, mentre il piccolo Gohan si impegnava a ripulire i danni di suo padre e del principe dei saiyan, aveva visto entrare Bulma, tornata prima dal suo viaggio alle Maldive, sorridente e prestante come sempre. Quella ragazza diventava più arzilla ogni giorno che passava.

A Radish, invece, sembrava di aver appena visto un angelo: quella donna era in assoluto la più bella che avesse mai visto in tutta la sua vita. E lui ne aveva viste, di donne aliene. 
Sembrava direttamente discesa dal cielo, come una cometa che squarciava il blu della notte; quei meravigliosi capelli turchini, lunghi sino le spalle, le donavano in maniera quasi regale, e quei grandi occhi dello stesso colore del mare l’avevano lasciato a bocca aperta.
Se avesse saputo prima dell’esistenza di donne del genere, sarebbe sbarcato sulla Terra molto tempo prima, quando era ancora sotto il dominio di Freezer.

«Io sono Bulma, la padrona di casa!» aveva trillato, avvicinandosi al tavolo «È un piacere conoscervi! Anche se alcune facce, le avevo già viste durante l’attacco dei saiyan alla Terra!»
«Cosa?» la voce di Bardack era carica di sorpresa «Qualcuno di voi ha attaccato la Terra? Quando?»
«Ah, sì.» Radish aveva alzato la mano «Sono stato io, il primo.»
«Cosa?!» il saiyan più anziano aveva preso il figlio per l’orecchio, costringendolo ad alzarsi dalla sedia «E me lo dici solo adesso?! Siamo stati nell’aldilà insieme per non si sa quanto, e tu non mi hai mai detto di aver incontrato tuo fratello prima di me! Ragazzino, ti sembro forse uno sconosciuto?! Pretendo rispetto da parte tua, è chiaro?!»

Bulma sorrise, divertita. In fondo, non erano così diversi dai terrestri.
Quella scenetta padre-figlio si sarebbe potuta ripetere in qualsiasi momento, lì sulla Terra, e non c’era bisogno di due saiyan per riprodurla.
Si ritrovò poi ad osservare quello che doveva essere il padre di Goku: era identico a lui. Radish non somigliava per niente né al padre, né tantomeno al fratello. Era incredibile come, osservando con meno attenzione il saiyan più anziano, quello si potesse tranquillamente scambiare per Goku.

«Tu devi essere la fidanzata del mio Kaharoth!» aveva esclamato Gine, avvicinandosi a Bulma «Sei proprio un buon partito per un guerriero saiyan come lui!»

La povera donna non poteva sapere che in quel momento, la vena sulla fronte di Vegeta, aveva cominciato a pulsare in modo spaventoso.

«Cosa?» la turchina era scoppiata a ridere «Ma no! Io e Goku siamo cresciuti insieme! Siamo solo buoni amici!»

Ma, in quel momento, le preoccupazioni di Bulma erano altre: aveva bisogno di qualcuno che l’aiutasse con il lavoro, ed in assenza dei suoi genitori, non poteva fare affidamento soltanto sugli assistenti: doveva trovare dei veri e propri colleghi.
Ci stette a pensare un attimo, poi, ricordandosi che tutti quei saiyan non facevano altro che fare i mantenuti a casa sua, decise che forse era arrivato il momento, per loro, di darsi davvero da fare. E non soltanto sul campo di battaglia, ma nella vita.

«Adesso, però, ascoltatemi tutti.» aveva così detto, sorridendo «Devo fare una proposta a tutti voi.»

~

Hi hi hi hi~~

Sono tornata con questo nuovo capitolo, ed è tornata anche la nostra Bulma, più solare che mai!
Ma quanto si respira, senza Chichi intorno? È fantastico?

Finalmente(mio Dio, aspettavo questo momento dal primo capitolo) ho introdotto la figura più interessante della storia, ovvero la mamma di Vegeta, ed anche quella che sembrerebbe essere la sua sorellina, che però, figlia di Re Vegeta non è. E allora di chi è figlia quella bambinozza saiyajjjjin con la coda? 
Quest’apparizione vorrà forse significare che Freezer non è il nostro unico problema? Chi lo sa, ragazzi, chi lo sa ;)

Goku e Vegeta nel frattempo amoreggiano che non c’è male, e questo è soltanto l’inizio di una luuuuunga serie di effusioni che arriveranno inevitabilmente a sì dai avete capito zumpate zumpate zumpappà-

Ma non dilunghiamoci in questi discorsi e passiamo all’ultima parte della storia, perché a quanto pare la nostra Bulma ha fatto colpo su Radish. Eccome se ha fatto colpo, se l’è mangiata letteralmente con gli occhi! 
E insomma, potrebbe anche essere che Radish diventi il nuovo Yamcha ma non nel senso che diventa antipatico come lui ma cioè sì dai avete capito zumpate zumpate zump-EEEE INSOMMA Bulma sta, a quanto pare, per proporre un lavoro a tutti questi saiyan. E loro che faranno? Accetteranno, oppure continueranno a usare la Capsule Corporation come un hotel a cinque stelle?

Questo lo vedremo molto presto perché mi piace pubblicare in fretta e sono una rottura di Dragon Balllssssss.

Alla prossima!

-JAY

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Capitolo 14
*** Quando ti piace davvero qualcuno ***


Nessuno si sarebbe aspettato una proposta del genere, in nessun caso, neanche se a un certo punto il pianeta fosse esploso. Eppure, quella terrestre aveva parlato chiaro.

Aveva promesso a tutti di costruire una gravity room ciascuno per allenarsi in vista dell’arrivo di Freezer, a patto però che cominciassero a lavorare nella sua azienda assieme a lei. E con ‘assieme a lei’ si intendeva ‘sotto di lei’. 

Ovviamente, la prima cosa che Vegeta aveva fatto dopo quella proposta, era stato sbraitare che lui era il principe dei saiyan e che non si sarebbe messo a lavorare come un comune, stupido, inetto terrestre, ma era bastato uno sguardo di Goku ed un ricatto ben costruito di Bulma, a fargli cambiare idea. 

Il re dei saiyan, per quanto gli riguardava, aveva deciso che quel discorso non facesse affatto per lui, ed aveva asserito che avrebbe preferito vivere nel deserto, piuttosto che lavorare per una stolta donna come lei, e se n’era andato nella sua stanza, affermando che sarebbe stato lui ad uccidere Freezer, con o senza gravity room.

Goku, dal canto suo, aveva immediatamente accettato: con i soldi ricavati da quel lavoretto, sarebbe riuscito molto presto a comprare una nuova casa per lui e per Gohan-e, se tutto fosse andato bene, anche per il principe dei saiyan, che gli era stato appiccicato per tutto il tempo, dopo il ritorno della turchina.

Radish non se l’era fatto ripetere due volte: tutto, pur di osservare più da vicino le curve morbide e sinuose di quella terrestre; Nappa faceva tutto quello che faceva Radish. Quanto a Bardack e Gine, per loro dare una mano non era mai stato un problema, ed avevano accettato di buon grado quella proposta.

 

«Anche lavorare fa parte dell’allenamento.» aveva asserito il padre di Goku «Tiene impegnata la mente, e nel caso di lavori manuali, anche i muscoli, e soprattutto rafforza il senso di responsabilità. Ecco perché ho sempre sbattuto Radish nei campi, quando non era in missione.»

«Perché devi sempre riaprire queste vecchie ferite?» gli aveva fatto eco il primogenito, arrossendo fino alla cima dei capelli.

«Sta’ zitto, ragazzino! Dovresti essere orgoglioso di aver avuto un’educazione esemplare e da vero saiyan!»

«Oh, il nostro Radish era un buon guerriero fin da bambino, ma anche un contadino esemplare!» era stata l’esclamazione di Gine «Portava sempre a casa il raccolto migliore, e grazie anche alla sua costanza, le coltivazioni del pianeta Vegeta erano rigogliose e fertili!»

«Ah, ecco perché pelavi così bene le patate, quando vivevamo alla base di Freezer!» aveva esclamato Nappa, battendogli una pacca sulla schiena «Amico mio, pensavo ci dicessimo tutto!»

 

Gohan era strabiliato da tutte quelle persone che, nonostante venissero da un altro pianeta e da tutt’un altro mondo, si stavano comunque impegnando ad adattarsi ad i modi di fare e alle abitudini terrestri. Fatta eccezione per Re Vegeta, ovviamente, al quale era molto probabile che il figlio non avesse ancora parlato. Era una situazione complicata, quella che c’era tra principe e re, questo il bambino lo aveva capito subito, e gli dispiaceva da morire per Vegeta. Avrebbe voluto fare qualsiasi cosa per aiutarlo, considerando poi quanto il principe dei saiyan avesse aiutato lui.

Sperava solo che questa cosa non complicasse la battaglia che si sarebbe probabilmente andata a creare contro Freezer, o sarebbero stati guai seri.

 

«Bene!» aveva sentenziato Bulma «Allora siamo d’accordo! Non immaginavo avreste accettato così facilmente!»

«Non montarti la testa, donna.» era stata la risposta di Vegeta «Lo faccio solo per avere una nuova gravity room tutta mia.»

«Oh, a me sta bene!» gli disse la turchina, sorridente e raggiante «Allora, Gohan! Tu sei molto intelligente! Vorresti dare una mano anche tu?»

 

Al bambino si erano illuminati gli occhi: era sempre stato affascinato dal lavoro della famiglia Brief, soprattutto perché si occupavano per la maggior parte di fisica e meccanica, e lui aveva sempre adorato studiare quel tipo di materie. Era ovvio che avrebbe acconsentito nel dare una mano! E quello sarebbe stato un ottimo argomento per aprire la discussione che, di lì a poco, avrebbe dovuto affrontare con sua madre.

 

«Oh, mi piacerebbe un sacco, Bulma!» era stata l’esclamazione del bimbo, che stava dimostrando ancora una volta di essere pronto a tutto, pur di dimostrare la sua responsabilità e pur di imparare qualcosa di nuovo «Grazie!»

 

«Allora è deciso! Domani cominceremo a lavorare sui vostri compiti! Sono sicura che ne troveremo di perfetti per ognuno di voi!»

 

La turchina era al settimo cielo: tutti quegli uomini forti avrebbero soltanto giovato al suo lavoro in laboratorio, e soprattutto, se avessero imparato qualcosa di meccanica e di elettronica, lei avrebbe dovuto faticare molto meno, e suo padre l’avrebbe sicuramente promossa ad amministratrice. Era un sogno che si avverava.

 

*

 

Non riusciva a credere di essersi fatto plagiare in quel modo e così facilmente. Da una gallina come Bulma, poi! Era una cosa completamente inaudita.

Avrebbe dovuto fare come suo padre: rifiutarsi categoricamente e dimostrare di essere in grado di combattere contro quei mostri anche senza gravity room, ma la verità era che, in vista di quella che sarebbe diventata ben presto una vera e propria guerra, tutti loro avevano bisogno di un allenamento intenso. E non era certo con soltanto un deserto e la propria forza a disposizione che si affrontava un allenamento serio. E questo, Vegeta lo aveva imparato soltanto stando sulla Terra.

In più, non gli andava a genio che quella donna continuasse a definirli degli inutili mantenuti, e neanche il fatto che si allisciasse fin troppo spesso quel buono a nulla di Kaharoth, che neanche si accorgeva degli sguardi che gli lanciava. Quella donna era pericolosa su ogni fronte, era questa la verità. E Vegeta avrebbe fatto di tutto per tenerla alla larga da ciò che era suo.

 

«Dannazione!»

 

Aveva davvero appena pensato a Kaharoth come qualcosa di suo? Lui, che non aveva mai avuto bisogno di pensare a certe cose? Lui, che aveva sempre disprezzato gli inetti come quello?

Stava proprio cadendo in basso. Oh, sì, stava sprofondando in un baratro dal quale difficilmente sarebbe risalito. Stava pian piano diventando la vergogna della sua razza, se lo sentiva. Se lo sentiva nel profondo.

 

«Vegeta, giuro che ti ammazzo.» si era detto, mentre si rivestiva dopo la doccia «Giuro che ti faccio esplodere. Anzi, no, prendo un cappio e ti impicco al primo albero che trovo. Sei veramente un-»

«Si può sapere perché parli sempre da solo?»

 

Goku, dopo aver parlato per un po’ con la sua migliore amica ed aver chiarito tutta quella faccenda del lavoro, aveva raggiunto Vegeta nella sua stanza-che ormai, da due serate a quella parte, sembrava essere diventata la loro stanza, anche se si erano sempre ritrovati a dormire a terra o fuori il balcone-, avvicinandosi al letto e prendendo i suoi vestiti puliti, perfettamente ripiegati. 

Aveva paura di sapere che cosa pensasse davvero il principe di lui. Aveva paura che, per Vegeta, tutto quel buffo teatrino che si stava andando a costruire fra di loro, fosse soltanto attrazione puramente fisica. Aveva paura che, se avesse esternato davvero ciò che provava, avrebbe ricevuto un grosso palo in risposta.

Ma non riusciva a stare per così tanto tempo in silenzio senza dire niente, e stava esplodendo, sotto tutti i punti di vista: Vegeta si faceva toccare, baciare, si faceva addirittura guardare per lassi di tempo troppo prolungati per i suoi gusti, ma a parte quello, non era mai stato lui a fare il primo passo. Cioè, una volta sì, baciandolo, ma anche quella volta aveva deciso di darsi-di dargli- dei limiti.

 

«Perché, Kaharoth, a rigor di logica, sono l’unica persona intelligente con la quale abbia voglia di intavolare un discorso.»

 

Maledetto idiota di terza classe. In uno di quei giorni lo avrebbe sicuramente beccato in situazioni sconvenienti-e con ‘situazioni sconvenienti’, Vegeta intendeva mentre si ritrovava a fantasticare su di lui come una ragazzina alla prima cotta-, e questo, il principe dei saiyan non avrebbe potuto permetterlo.

Okay, si era avvicinato a lui. Okay, si faceva toccare. Okay, gli permetteva di baciarlo. Ma oltre questo? Niente.

E perché niente? Perché Vegeta aveva chiaramente paura di fare un passo in più, e questo non lo vedeva soltanto lui stesso, ma era sicuro che anche quell’idiota di Kaharoth ci fosse arrivato. O forse anche no, dato che anche quest’ultimo sembrava aver paura di qualcosa.

Probabilmente aveva paura della stessa cosa.

Non sapevano cosa ci fosse tra di loro, fondamentalmente in quelle poche ore non avevano fatto altro che scambiarsi strane effusioni e comportarsi in modo più appiccicoso l’uno con l’altro, ma a parte questo, non che fosse cambiato granché nel loro rapporto. E l’unica paura di Vegeta era che, magari, quel maledetto cretino, lo vedesse soltanto come uno sfogo dopo la rottura con la moglie. Una specie di bambolina da utilizzare a suo piacimento.

E no, lui non avrebbe mai permesso a un inetto di terza classe di usarlo come bambolina. Anche se questo avrebbe significato passare più tempo con lui e far luce su quelle che erano le sue, di emozioni. Che lui ancora non aveva ben compreso.

 

«Hey, Vegeta...»

 

Il saiyan dai capelli a palma, nonostante la sua palpabile confusione in situazioni come quella, aveva percepito chiaramente il disagio del principe, ed aveva anche capito a cosa si collegasse.

Vegeta non gli avrebbe mai parlato, no, quello avrebbe significato mettersi troppo a nudo, ed uno come lui non l’avrebbe mai e poi mai sopportato, ma di una cosa era certo: lui era Goku. E Goku esterna le proprie emozioni. Goku esterna i suoi sentimenti. Perché Goku è fatto così.

Si era quindi seduto sul letto, a gambe incrociate, invitando il suo interlocutore a sedersi di fronte a lui.

Cosa che, contro ogni sua più rosea aspettativa, Vegeta aveva fatto senza replicare, incatenando gli occhi nei suoi ed aspettando che parlasse.

 

«Senti...» aveva preso a tormentarsi le mani, Goku. Non sapeva davvero come iniziare un discorso del genere. Probabilmente, nella sua vita, non aveva mai pensato di dover essere costretto a farlo.

«Non borbottare.» gli aveva intimato il principe, seccato «Possibile che tu e tuo figlio non facciate altro che questo? Un giorno di questi vi faccio saltare la testa. A tutti e due.»

«Io... ascolta...» aveva abbassato lo sguardo, tornando a guardarlo solo nel momento in cui aveva preso la decisione giusta: quella di essere schietto «Tu mi piaci. Cioè, sul serio, non nel senso... sì, insomma, hai capito, credo. È... è un problema? Ti da fastidio?»

 

A quelle parole, il principe dei saiyan non sapeva come rispondere. Non sapeva se avrebbe dovuto rispondergli che non era un problema e che anche lui, in un certo senso, ricambiava questo tipo di sentimento, oppure se avrebbe dovuto semplicemente mandarlo a farsi benedire, mandando così all’aria quella sottospecie di rapporto che da fin troppo poco tempo si stava andando a creare.

La verità era che aveva bisogno di tempo per pensarci, Vegeta, e non poteva rispondere così su due piedi. Non si era mai ritrovato di fronte ad una situazione del genere, e mai nella vita avrebbe pensato di dovercisi trovare.

Così, senza rispondere a ciò che gli era stato detto, aveva invece mormorato un ‘dobbiamo andare a lavorare’, per poi uscire in fretta e furia dalla stanza, lasciando un Goku completamente distrutto e confuso sul letto, a guardare il vuoto.

 

A quel punto, il saiyan dai capelli a palma aveva capito che avrebbe dovuto chiarire i suoi dubbi parlando con l’unica persona della quale si fidava più di quanto si fidasse di sé stesso.

 

*

 

Fortunatamente per lui, Bulma gli aveva dato-sperava che il suo orgoglio l’avrebbe perdonato- un incarico piuttosto lontano dal lavorare in mezzo a troppa gente, sporcandosi troppo, e soprattutto, gli aveva dato un incarico che lo teneva completamente a distanza da Kaharoth, al quale erano stati affidati i lavori manuali.

Lui, era stato sbattuto assieme al moccioso in uno dei laboratori più piccoli, in cui avrebbero sfruttato il loro ingegno per ideare dei nuovi macchinari e trovare dei modi per potenziare e migliorare quelli già esistenti. Non era facile, ma era un lavoro interessante, e soprattutto che si adattava alle capacità sia dell’uno che dell’altro saiyan.

Perché Gohan, seppur ancora piccolo, possedeva un’intelligenza quasi sconfinata per la sua età, e questo era a dir poco un vanto. Non era certo da tutti. Considerando poi di chi fosse figlio.

 

«Oh, i progetti del dottor Brief sono così interessanti!» aveva esclamato il bambino, totalmente al settimo cielo: aveva sempre sognato di ritrovarsi, un giorno, anche solo a dare una mano all’interno di un laboratorio, ma non si sarebbe mai aspettato che quel giorno sarebbe arrivato così presto.

E per questo, doveva soltanto ringraziare i genitori di Bulma, che avevano lasciato la figlia totalmente sola all’interno di un’azienda fin troppo grande.

 

«Chiudi il becco e aiutami con tutti questi, bamboccio.» lo aveva richiamato alla realtà Vegeta, poggiando su un tavolo tutti i progetti che Bulma aveva ritenuto ‘da sistemare’ «Ce li dividiamo, okay? Se non ti è chiaro qualche concetto, chiedi pure, e vedi di farti venire in mente buone idee. Non voglio ritrovarmi con un lavoretto insulso tra le mani, è chiaro?»

Nonostante odiasse tutta quella storia del lavoro terrestre, il principe dei saiyan non faceva mai qualcosa di insulso o di poco curato, non era nella sua natura. Per quanto ciò che stesse facendo non gli piacesse, avrebbe fatto di tutto pur di fare un buon lavoro ed essere soddisfatto di sé stesso. Ed era per questo che, seppur titubante, aveva deciso di impegnarsi al massimo, e voleva che anche il marmocchio lo facesse. In fondo, Gohan era un saiyan, e queste cose gli andavano insegnate.

«Bene!» il bambino sembrava aver capito al volo «Allora prendiamone quattro ciascuno!»

«Vedo che impari in fretta.»

 

E così, avevano iniziato a lavorare, in un silenzio che, in un altro momento, avrebbe messo terribilmente in soggezione il piccolo mezzosangue. Ma non in quel frangente.

Anzi, il piccolo Gohan si sentiva completamente a suo agio in compagnia del principe dei saiyan, e non si sarebbe mai aspettato un tale impegno da parte di Vegeta, su un lavoro prettamente terrestre. Stava proprio cambiando, si vedeva.

Ed anche lui, per rendere il principe orgoglioso, si era messo silenziosamente al lavoro, cominciando ad apportare delle modifiche ad una delle auto volanti firmate Capsule Corporation: era sicuro che Bulma sarebbe stata ben felice di vedere i loro progetti.

 

A lavoro fatto, entrambi alzarono la testa dai fogli, scambiandosi uno sguardo indecifrabile.

Poi, all’unisono, presero i fogli l’uno dell’altro, prendendo ad esaminarli con attenzione.

Lo sguardo soddisfatto che affiorò sui visi di entrambi diceva tutto.

 

«Gohan...»

«Vegeta...»

«È perfetto!» esclamarono, all’unisono, per poi mettere insieme i fogli.

«Cavolo, ragazzino.» era stato il commento del principe «Ma sei sul serio figlio di tuo padre?»

 

*

 

Considerata la sua poca ingegnosità, e considerato anche il fatto che, ovunque andasse, facesse sempre danni-o almeno, questa era una cosa che Vegeta spesso e volentieri gli rinfacciava-, Goku era stato spedito da Bulma ai lavori manuali: tutto ciò che avrebbe dovuto fare il giovane super saiyan era semplicemente trasportare i pezzi pesanti dei macchinari. Non che gli dispiacesse, per carità, almeno non avrebbe dovuto mettere alla prova il suo cervello e le sue ben poche abilità nella fisica e nella meccanica, ma il fatto di essere così lontano dal principe dei saiyan proprio quel giorno lo aveva costretto a stare completamente con la testa da un’altra parte.

Ed era per questo che, una volta finito quello che era il suo turno ed aver passato il lavoro a Nappa, al quale era stato rifilato il suo stesso compito, Goku si era teletrasportato immediatamente altrove.

 

 

Crilin e il Genio si stavano godendo una giornata in tutta tranquillità: il giovane dalla testa calva si era allenato fino allo sfinimento, in quegli ultimi giorni, ed ora si era finalmente concesso una pausa assieme al suo vecchio maestro, con un buon pranzo a base di pesce e quattro chiacchiere.

Mai si sarebbero aspettati di ritrovarsi davanti proprio Goku che, apparso direttamente in piedi sul loro tavolo, li aveva fatti sobbalzare e cadere violentemente all’indietro.

 

«Goku!» aveva esclamato Crilin, pallido come se avesse visto i fantasma «Che ci fai qui?»

«Figliolo, potevi avvisare! Avremmo preparato il pranzo anche per te!» gli aveva fatto eco Genio, felice di vederlo «Come te la passi, ragazzo mio?»

 

Il giovane saiyan rimaneva sempre piacevolmente sorpreso dall’ospitalità e dall’affetto che i suoi amici non facevano altro che riservargli. Ma lui, in quel momento, aveva lo stomaco chiuso, e non aveva alcuna voglia di mangiare tutto quel ben di Dio che i due uomini si stavano permettendo.

L’unica persona con cui voleva parlare, in quel momento, era il suo migliore amico che, dopo lo spavento iniziale, era tornato ad essere quello di sempre.

 

«Già, come stai?» aveva chiesto quest’ultimo, avvicinandoglisi «Ti trovo molto meglio! Finalmente hai superato la separazione da quella gallina starnazzante!»

«Vi racconterò tutto più tardi.» era stata la risposta dell’eroe «Adesso, posso parlarti un minuto, Crilin?»

 

*

 

Erano ore che seguiva attentamente la spiegazione della bella terrestre su come si riparassero le macchine più semplici. Essendo lui uno dei saiyan più inclini all’uso dei neuroni in mezzo ad un branco di scimmioni ignoranti, Radish era stato messo al chiodo da Bulma, che l’aveva costretto a seguire una sua lezione su come usare l’ingegno, per poi arrivare ad aiutarla con guasti meccanici e tecnici.

Non era male, come lavoro: da quel che aveva capito, lì sulla Terra, la Capsule Corporation era l’azienda più rinomata, e per far fronte a tutte le altre compagnie rivali, si impegnava affondo per essere sempre un passo avanti.

E si vedeva: per quel che ne sapeva lui, i terrestri non avevano mai avuto una tecnologia così avanzata, ma quella donna sembrava aver inventato un sacco di macchinari ingegnosi ed utili, che fruttavano un sacco di soldi. E pensare che anche lui avrebbe potuto finalmente provvedere da solo, smettendo di dipendere da qualcun altro, lo aveva spronato ad imparare.

E poi, Bulma era così bella che avrebbe spronato probabilmente chiunque a seguirla. Aveva già incontrato quella donna una volta, quando era approdato sulla Terra per reclutare Kaharoth, ma non aveva affatto fatto caso alla sua smisurata bellezza. Ma ora che erano tutti-più o meno- in pace, avrebbe potuto concentrarsi su quel ben di Dio che il pianeta Terra aveva deciso di tenersi per sé.

Non era solo infinitamente bella, ma anche dannatamente intelligente ed intuitiva, e questo la rendeva una donna interessante sotto tutti i punti di vista. E Radish ne era totalmente incantato.

 

«Allora?» aveva esordito lei «Hai capito?»

«Più o meno.» era stata la sua risposta «Non sembra difficile. Me la caverò sicuramente.»

«Bene!» esclamò la turchina «Facciamo una pausa? Che ne dici?»

E come avrebbe potuto rifiutare tale proposta?

 

Dopo aver messo a posto tutto ciò che avevano tirato fuori per la lezione, si erano diretti in giardino, sedendosi sulle sdraio che si trovavano all’ombra di uno dei due grandi alberi.

Una volta seduta, Bulma decise di concedersi una sigaretta. Non aveva ancora preso il vizio, si limitava a fumarne una di tanto in tanto: di certo, non voleva diventare come suo padre. Quell’uomo aveva sempre una sigaretta in bocca.

 

«Cos’è quell’affare?»

 

La domanda di Radish l’aveva lasciata perplessa: davvero non sapeva cosa fosse una sigaretta? Okay, era un saiyan, ma davvero loro non avevano nessun vizio del genere? Davvero erano un popolo di persone sane che non si lasciava soggiogare da certe tentazioni?

 

«Oh? Una sigaretta.» aveva risposto lei «Dentro c’è una cosa che si chiama tabacco. La aspiri e ti rilassi. Ma non fa affatto bene, anzi, è sempre meglio non farne uso.»

«Ah. E perché diavolo ne stai facendo uso, allora?»

Lei ridacchiò «Perché noi terrestri siamo deboli, e ci facciamo tentare dalle cose più assurde. Succede anche con le persone, a volte. Tu ti fidi, e loro ti deludono.»

La ragazza sembrava malinconica: sicuramente, stava parlando per esperienza personale.

«Sono abituato a disintegrare chi mi delude.» aveva detto il saiyan «Siete proprio diversi da noi.»

 

Bulma era affascinata dai saiyan. Per quanto ostentasse indifferenza e li trattasse esattamente come esseri umani, sapeva di aver molto da imparare da loro. Un po’ come loro avevano molto da imparare dai terrestri.

Era rimasta colpita da come si comportassero: ognuno di loro, seppur possedessero tutti la loro indole, si comportava in modo diverso dall’altro. Non erano tutti come Vegeta, come lei invece aveva pensato prima di incontrare gli altri. Anzi, a differenza di quel burbero d’un principe, gli altri sembravano avere ognuno i propri affetti, ognuno i propri valori, ognuno la sua storia. Ed era curiosa di conoscere quella del capellone che si ritrovava davanti: la prima volta che aveva visto Radish, aveva pensato che non avesse nulla da spartire con Goku, ma non era così. Anzi, nel ragazzo curioso che si ritrovava davanti in quel momento, rivedeva molto quel Goku bambino che non sapeva nemmeno dell’esistenza delle donne.

Era sorprendente quanto in realtà si somigliassero.

 

*

 

Crilin ci aveva messo un po’, prima di elaborare le parole del suo migliore amico.

 

«Quando tu piaci davvero a una persona... in che modo lo capisci?»

 

Era stata questa la domanda impostogli dal giovane eroe che aveva più volte salvato la Terra. Goku conosceva la lotta, conosceva la giustizia, l’affetto per i propri cari, ma non aveva mai conosciuto l’amore.

L’amore quello inteso come affetto reciproco tra due persone, quello classico, quello di cui tutti i libri e film parlavano. Nonostante fosse stato sposato, il suo migliore amico non aveva mai davvero amato la persona con la quale stava per passare tutto il resto della sua vita e con la quale aveva addirittura avuto un figlio.

Questo, Crilin lo aveva sempre saputo: Goku voleva bene a Chichi, ma non era mai stato realmente innamorato di lei. L’amore era tutta un’altra cosa. Una cosa di cui, a dire la verità, neanche lui sapeva molto, non avendo mai avuto una fidanzata.

Per cui, non capiva per quale motivo il suo amico si fosse riferito proprio a lui. Ma vedendolo così buttato giù, così speranzoso di ricevere una risposta, come poteva Crilin dirgli che non era proprio la persona adatta a cui rivolgersi?

 

«Beh...» aveva fatto il pelato, grattandosi nervosamente la nuca «Quando piaci a una persona... solitamente, quella cerca sempre di stare con te, credo. Trova dei pretesti per starti vicino, si mostra gelosa se qualcun altro prova le stesse cose per te... questo tipo di cose, insomma.»

 

A quelle parole, il Son era sembrato ancor più sconsolato di prima: uno come Vegeta non avrebbe mai dimostrato questo tipo di cose, neanche se fosse stato sinceramente innamorato. No, ci dovevano essere altri segnali, non potevano esistere soltanto quelli.

Ma, in fondo, Crilin non sapeva di chi lui stesse parlando, e di certo Goku avrebbe evitato di dirglielo, almeno per il momento.

Certo, sapeva che il suo migliore amico non lo avrebbe mai giudicato, e anzi, si sarebbe mostrato sicuramente positivo e lo avrebbe sostenuto in ogni sua scelta, ma per il momento, il giovane super saiyan preferiva evitare di fare nomi.

 

«E... e se invece quella persona avesse paura di mostrare tutte queste cose?» o fosse troppo orgogliosa per farlo, avrebbe voluto dire. Ma non lo aveva fatto.

«Beh, in quel caso... credo che si mostrerebbe schiva, e cercherebbe in tutti i modi di tenere le distanze. O almeno, questo è quello che farei io, se avessi paura di non essere ricambiato.»

 

Ecco, quello era sicuramente Vegeta. Senza volerlo, Crilin aveva fatto l’esatta descrizione del principe dei saiyan. Ma sarebbe potuto davvero essere così? Lui piaceva a Vegeta, oppure era un sentimento a senso unico? Perché quel ragazzo non era meno complicato?

 

«Ma mi spieghi come mai tutte queste domande?» aveva chiesto il ragazzo dalla testa calva «Che ti succede? Ti sei preso una cotta per qualcuno, bel provolone? Qualcosa mi dice che si tratta di Bulma!»

«Cosa?» Goku era scoppiato a ridere, tenendosi la pancia «Ma che dici, Crilin? Bulma? Non ci ho mai neanche pensato!»

«E allora chi...»

«Bene!» lo aveva interrotto di nuovo il suo amico «Grazie per la delucidazione, amico mio! Adesso devo proprio scappare! È quasi finito il turno del mio collega, e devo sostituirlo! A presto!»

 

E, detto questo, si era portato due dita alla fronte, sparendo dal raggio visivo del suo amico d’infanzia. 

Turno? Collega?

Era più plausibile che il suo migliore amico si fosse preso una cotta per una sconosciuta, piuttosto che il fatto che si potesse essere messo a lavorare.

 

~

 

Salve a tutti!

 

Eccomi di nuovo con questo capitoletto nuovo di zecca, che mi sono davvero molto divertita a scrivere uwu.

 

Goku e Vegeta sono davvero carini, non c’è nulla da fare, sono proprio i miei figli. E Goku che si “dichiara” a Vegeta è ufficialmente la cosa più tenera del mondo! Sono proprio in un brodo di giuggiole! :3

Ma il nostro amato principino non sembra ancora pronto a spronare i suoi veri sentimenti, ma non preoccuparti Goku, gli piaci eccome, te lo dice la tua cara Jay ;)

 

Per quanto riguarda Radish e Bulma, scusate, non ho proprio resistito. Penso che questi due, assieme, possano stare davvero bene, e in un certo senso li shippo da morire!

 

A quanto pare, tutti i nostri saiyan(fatta eccezione per quel gran stronzo del re) si sono messi al lavoro sotto la supervisione della turchina! Riusciranno a far volare in alto la Capsule Corporation senza farla saltare in aria? Lo vedremo molto presto!

 

Alla prossima!

 

-JAY

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Capitolo 15
*** Soli ***


Goku non aveva fatto neanche in tempo a tornare a casa.

Avrebbe voluto tanto fermarsi a parlare con Vegeta di tutto quello che gli passava per la testa in quei giorni, avrebbe tanto voluto fargli qualche domanda per capire cosa effettivamente ci fosse tra di loro, ma il principe dei saiyan non l’aveva lasciato neanche iniziare.

Anzi, una volta ritrovatoselo davanti, lo aveva preso per il polso e gli aveva ordinato perentoriamente di teletrasportarsi in qualche luogo deserto, perché aveva bisogno di allenarsi e non voleva farlo né in giardino, né nella sua gravity room nuova di zecca-che lui e Gohan si erano guadagnati alla grande, tra l’altro.

Spaventato dal tono di voce del principe, il saiyan cresciuto sulla Terra aveva fatto quanto gli era stato chiesto, teletrasportando entrambi nel bel mezzo di un deserto a pochi chilometri dalla città.

 

Una volta lì, Vegeta non gli aveva dato neanche il tempo per respirare, lanciandoglisi addosso con tutta la rabbia e la forza che aveva. Goku davvero non capiva cosa gli fosse preso: soltanto qualche ora prima lo stava evitando come la peste, ed ora aveva messo in gioco un combattimento completamente corpo a corpo. Mentre il saiyan dai capelli a palma tentava in tutti i modi di difendersi e rispondere a quelle provocazioni, infatti, l’altro non gli aveva lasciato neanche il tempo per allontanarsi. E anzi, stava facendo in modo che fossero più vicini possibile, che potesse sentire il suo respiro ed il battito del suo cuore, che potesse sentire quello che il principe non sapeva esprimere a parole.

 

Vegeta, infatti, gli stava indirettamente dicendo che voleva stargli vicino. Che non disprezzava la sua presenza, che non gli dava fastidio il fatto che provasse qualcosa per lui, che provava le stesse cose, che non voleva mantenere le distanze. Stava cercando di farglielo capire, ma quell’idiota, a quanto pareva, non capiva: sul volto aveva infatti stampata un’espressione ai limiti della confusione e della perplessità mentre, con tutta la sua forza, tentava in tutti i modi di rispondere a quegli attacchi così efferati.

 

«Che ti succede, Kaharoth?» lo aveva provocato, ringhiando «Sei diventato un rammollito all’improvviso, per caso? Difenditi!»

 

E così aveva fatto.

Dopo un primo momento di smarrimento, Goku si era lasciato completamente andare a quello che era di lì a poco diventato non un allenamento, ma un combattimento a tutti gli effetti.

Due eterni rivali che si sfidavano, che si colpivano, che si ferivano, ma che si dimostravano allo stesso tempo dei sentimenti che, a parole, non erano mai stati capaci di dimostrare.

Sorrideva soddisfatto, Vegeta. Sorrideva soddisfatto, Goku.

E niente, in quel momento, si sarebbe messo in mezzo a loro. Niente e nessuno, neanche la più potente delle divinità, avrebbe potuto interrompere quel momento così intimo, così sentito.

E questo, al saiyan dai capelli a palma, era bastato, per capire cosa davvero il principe provasse. Quel combattimento era stata la risposta a tutte le sue sciocche domande.

Nonostante non fosse ancora un super saiyan, Vegeta sapeva dimostrare di essere un grande combattente, che non si faceva buttar giù da niente e nessuno, e questa caratteristica lo rendeva ancora più attraente ed affascinante, agli occhi di Goku.

 

Avrebbero continuato quella battaglia ancora per tante ore, ma dopo un po’, i muscoli cominciano a far male, e la stanchezza comincia a farsi sentire. Così, ormai a notte inoltrata, i due saiyan si erano adagiati al suolo, sedendosi sul terreno brullo di quel deserto roccioso, sotto il chiarore della grande luna piena e delle stelle, quella sera così luminose da squarciare il nero di quel cielo profondo e sconfinato.

Erano sole, le stelle. Sole come lo era stato il principe dei saiyan per tanto, troppo tempo.

Viste dalla Terra, sembravano così piccole e vicine, ma lui, che aveva viaggiato per anni nei meandri dell’universo, sapeva che non era così. Lui, che aveva sempre vissuto da nomade, vagando di pianeta in pianeta, di galassia in galassia, sapeva che quelle stelle così belle, in realtà vivevano sole, nel silenzio assordante di quello spazio troppo grande, troppo lontane l’una dall’altra anche solo per toccarsi, troppo roventi e letali anche solo per toccarle.

Per anni, fin da quando era solo un cucciolo, Vegeta si era sentito esattamente come le stelle: solo nell’universo, senza nessuno che potesse realmente capirlo, abbandonato al suo destino nelle mani di un pazzo assassino.

Eppure, in quel momento, guardando negli occhi il decerebrato seduto esattamente di fronte a lui, si stava sentendo leggermente meno solo. In quel momento, gli sembrava di aver trovato quel qualcuno che potesse capirlo, anche solo un pochino, anche solo un minimo. Perché anche Kaharoth era stato abbandonato, anche Kaharoth aveva dovuto affrontare la vita da solo, anche Kaharoth era stato tenuto all’oscuro delle peripezie che avevano realmente colpito la sua giovane vita, ed anche Kaharoth, in quel momento, lo stava guardando negli occhi con la medesima espressione, con il medesimo bisogno. Quello di sentirsi dire realmente ciò che provavano, quello di mettere luce sulla loro situazione.

 

«Guarda che bella.» aveva a un certo punto fatto Goku, riferendosi alla luna «Se avessi ancora la coda, non potrei godermi una visuale così piacevole.»

«Che vuoi dire?»

Vegeta non capiva. Giustamente: i saiyan abbastanza forti, di solito, erano in grado fin da cuccioli di controllare la trasformazione in oozaru, e Kaharoth non era certo quello che si poteva definire un saiyan debole. Nonostante gli bruciasse, il principe doveva ammettere che, fino a quel momento, Goku fosse il saiyan più forte che avesse mai incontrato.

Lo aveva sentito sospirare. Poi, lo aveva visto abbassare lo sguardo. Era malinconico, come se avesse appena ricordato qualcosa di spiacevole, qualcosa che avrebbe voluto dimenticare.

«Sai... quando sono stato spedito sulla Terra, da neonato, sono stato trovato dal mio nonnino.» aveva allora detto il saiyan dai capelli a palma, stringendo i pugni «Si chiamava Gohan. Ecco perché ho chiamato mio figlio così. Per rendergli onore.»

Vegeta non aveva risposto. Si era limitato a guardarlo negli occhi, come a fargli capire che lo stava ascoltando.

«Si è sempre preso cura di me. È stato lui ad insegnarmi le basi della lotta, e quando ho battuto la testa, è stato lui a curarmi. Mi ha accolto nella sua casa come se fossi stato davvero il suo nipotino, e non ha mai fatto riferimento alla navicella, o al fatto che fosse inusuale avere la coda, per un bambino. Ha sempre fatto sembrare tutto normale, mi ha fatto sentire normale e mi ha fatto crescere come una persona normale.» aveva continuato Goku, quasi sull’orlo del pianto «Ma poi... poi una notte... una notte di luna piena, proprio come questa... a causa di quella maledetta coda, io... io ho perso il controllo. E l’ho ucciso. Ho ucciso l’unica persona che si fosse mai presa cura di me. Ho ucciso mio nonno, e quel che è peggio è che non l’avevo mai capito. Non avevo mai capito di essere stato io, perché non me ne ricordavo. Finché non sei arrivato tu.»

«Io?» il principe non capiva. Cosa c’entrava lui, con la morte del nonno adottivo di Kaharoth?

«Sei stato tu a farmi capire che soltanto i saiyan si potessero trasformare in oozaru, durante le notti di luna piena. Solo in quel momento... solo allora, ho capito di essere stato io. Ho capito che era stata tutta colpa mia.» aveva stretto maggiormente i pugni, quasi conficcandosi le unghie nella carne «Ho cominciato a rinnegare il mio essere saiyan, ho cominciato a schifare la mia stirpe, la mia razza... tutto. Finché... finché non sei arrivato tu.»

«Ancora? Cosa c’entro, io? Perché mi metti in mezzo?»

«Perché sei stato tu a farmi capire che non era colpa mia, e che non dovevo rinnegare ciò che ero. Che non devo rinnegare ciò che sono.» aveva risposto, dimostrando una maturità che mai aveva mostrato di fronte a qualcun altro, dimostrando una sensibilità che nessuno si era mai accorto avesse «Io ti vedevo. Eri lì, in punto di morte, e mi parlavi dei saiyan, mi dicevi che sarei dovuto essere io a vendicarti. A vendicarvi tutti. E lì ho capito. Ho capito che non era colpa mia, ma della mia debolezza. Ho capito che io sono un terrestre, ma non sono soltanto quello, non sono mai stato soltanto quello. Io sono un terrestre, ma sono anche un saiyan. E soltanto tu sei riuscito a farmelo capire, a farmelo accettare. E, non volendo, sei riuscito a capirmi, a dimostrarmi che abbiamo molte più cose in comune di quanto immaginiamo. È solo grazie a te, se ho sconfitto Freezer. Ed è solo grazie a te, che sono diventato un super saiyan.

Forse, è anche per questo che mi piaci tanto.»

 

A quell’ultima frase, il principe dei saiyan era arrossito, ringraziando in parte il buio della notte, che probabilmente stava mascherando il colorito che avevano assunto le sue guance. 

Kaharoth si stava aprendo con lui come mai aveva fatto prima di quel momento. Stava indirettamente-ma anche direttamente- aprendo il suo cuore all’ultima persona che si sarebbe mai immaginata di trovarsi lì, in quel momento, a provare le stesse cose.

E dire che soltanto un anno prima, proprio in un deserto roccioso come quello, si erano quasi ammazzati a vicenda. E dire che soltanto un anno prima, il principe dei saiyan era arrivato assieme a Nappa a distruggere quel pianeta sul quale, in quel momento, entrambi avevano trovato una sorta di casa.

Chi mai avrebbe immaginato, che si sarebbero ritrovati in quella situazione? Chi mai avrebbe immaginato che un ex nemico della Terra, sarebbe diventato un suo pseudo-abitante, cominciando addirittura a provare qualcosa per quello che era stato un suo nemico?

 

«Avevo tre anni, quando mio padre decise di vendermi a Freezer.» aveva incalzato il principe dei saiyan, attirando completamente l’attenzione dell’inetto, che aveva nuovamente alzato lo sguardo in sua direzione «Mia madre se n’era andata l’anno prima. Aveva deciso di lasciare mio padre e se n’era andata, e io non gliene ho mai fatto una colpa. Quell’uomo ha sempre trattato male la sua regina, la trattava come un oggetto di arredo, la buttava via come fosse spazzatura, ed ogni volta che se la prendeva con me per qualcosa, lei mi difendeva, perché io ero il suo unico figlio. Ma poi, non ha retto, e se n’è andata. 

Non sono mai stato un tipo da piagnistei inutili, e non ho pianto, non ho neanche mai dimostrato di soffrirne, in realtà. L’avevo pregata di non andarsene, ma lei lo aveva fatto comunque, e non aveva potuto fare niente, quando mio padre l’aveva costretta ad andarsene senza di me. Quando l’aveva costretta a lasciarmi in sua custodia.»

 

Goku era rimasto sorpreso, da come il principe avesse iniziato a parlare. Non avrebbe mai pensato che uno come Vegeta potesse esporsi a tal punto. Eppure, di fronte a lui, lo stava facendo. Questo voleva dire che, forse, lo ricambiava sul serio? Oppure stava semplicemente ingigantendo il suo punto di vista? 

 

«Ho passato pochi mesi, da solo con mio padre. Poi, un bel giorno, gli uomini di Freezer vennero da me e mi presero con loro, portandomi via da casa mia, dicendomi che il re, quello che avrebbe dovuto preservare la nostra razza, quello che avrebbe dovuto proteggere il suo erede, lo aveva venduto al miglior offerente. Miglior offerente che, in quel caso, era il dominatore dell’universo.» aveva continuato, volgendo prima lo sguardo alla luna, e poi al cretino seduto di fronte a lui «Zarbon e Dodoria non ci erano andati piano, con me. Mi dicevano che un bambino doveva subire le stesse cose che subiva un adulto, perché, nella base di Freezer, non c’era spazio per l’infanzia. Sarei dovuto crescere, e avrei dovuto farlo subito. O mi avrebbero ucciso senza pietà, e di certo quella lucertola schifosa non mi avrebbe difeso.»

«Urca...» il saiyan dai capelli a palma non sapeva che dire, di fronte a tutte quelle rivelazioni: non immaginava che un ragazzo orgoglioso e forte come Vegeta avesse subito così tanto, o almeno, non in quel modo.

«Poi... arrivò il giorno in cui feci la conoscenza di Freezer. Quel bastardo mi disse che ero un ragazzino troppo ribelle, e che per questo avrei subito una punizione più dura rispetto agli altri, perché più e più volte, nonostante la tenera età, avevo provato a scappare, avevo provato ad oppormi. E così... proprio quel primo giorno, mi portò in una stanza. Oh, ancora me ne ricordo l’odore. Puzzava dannatamente di morte, ed era così buia da far soltanto intravedere le pareti sporche di sangue. Ma, con me, fu molto più crudele: non mi uccise, non voleva farlo. Mi diceva che ero troppo prezioso, che ero un bambino troppo bello per essere ucciso, che mi meritavo qualcosa di gran lunga peggiore. E allora, decise di fare quello che mai, mai nella vita, un bambino, neanche un saiyan, dovrebbe subire. Non mi ferì, non mi colpì con delle sfere d’energia, no... fece molto di peggio. E non sto qui a specificare cosa facesse, Kaharoth, perché la tua testa vuota può arrivarci anche da sola.»

 

Soffriva, Vegeta, mentre si metteva a nudo di fronte al suo eterno rivale, raccontando ciò che nessuno aveva ed avrebbe mai saputo. Il principe dei saiyan era sicuro che Kaharoth non avrebbe mai fatto parola con nessuno di quello che si stavano dicendo, perché il suo sguardo parlava chiaro: stava facendo tesoro di tutto ciò che usciva dalla bocca del compagno, pendendo dalle sue labbra, curioso di sapere di più.

E lui avrebbe continuato a raccontare, perché glielo doveva. Perché anche Goku aveva rinunciato a quel briciolo di orgoglio saiyan che gli rimaneva, rendendolo partecipe di un pezzo del suo passato che aveva preferito seppellire.

 

«E fu in quel momento che mi accorsi di non avere speranze.» disse «Non avevo speranze, né contro Freezer, né contro i suoi uomini, non in quel momento, almeno. Non quando ero soltanto un moccioso. Ma decisi di crescere, di rinunciare a quella che sarebbe dovuta essere l’infanzia di un principe, di rinunciare a tutti i lussi e alle ricchezze, perché non erano quelli che contavano, non nella base di Freezer. Lì dentro, ciò che contava era rimanere vivi. Ed io riuscii ad entrare nelle sue grazie molto presto. Ed ogni volta che provavo a ribellarmi, mi infliggeva la stessa e identica punizione che mi inflisse quel primo giorno. Ha cominciato a deviarmi, Kaharoth, a plasmarmi a suo piacimento, ha cominciato ad usarmi come un burattino e a prendersi gioco di me. Ero la sua pedina preferita, e lui godeva nel vedere che tra le sue mani ci fosse una creatura così piccola, una creatura così potente nonostante l’età e la stazza. Freezer era contento, e mi metteva a capo di molte missioni. E io? Io ubbidivo, perché era l’unica cosa che mi era rimasta da fare.

Poi, venni a sapere della distruzione del mio pianeta. Era stato un meteorite, o almeno questo mi avevano detto, e gli unici due saiyan superstiti sembravano essere Radish e Nappa, che erano stati incaricati di crescermi, di prendersi ‘cura’ di me, e di affiancarmi durante le missioni. In fondo, sono stati bravi. Sono riusciti a farmi uscire per un po’ dal mio inferno personale, ma soltanto per costruire un nuovo inferno da vivere. Stavolta in tre.»

 

Ripensando a ciò che gli aveva detto suo fratello riguardo Vegeta, Goku sorrise amaramente: in fondo sapeva che il principe era grato a quei due per non averlo abbandonato nonostante tutto. C’erano stati, per lui, come non c’era stato suo padre. Erano stati una sorta di bizzarra famiglia. Forzata, ma pur sempre una famiglia. O almeno, vista dall’ottica di un terrestre, quella situazione appariva esattamente così.

 

«Per anni, sono stato convinto di essere l’unico saiyan rimasto in grado di diventare il leggendario super saiyan che avrebbe sconfitto Freezer. Per anni, non ho fatto altro che pensare alla mia vendetta personale nei suoi confronti, ma poi ho incontrato te. Ho incontrato te, e ho capito che, nonostante tutto, non bisogna mai abbassare la guardia. Qualcuno che può tenerti testa si trova sempre.» si era avvicinato un po’ di più al suo interlocutore, ritrovandosi a pochi centimetri dal suo viso «E poi, quando Dodoria ha confessato, quando mi ha detto che era stato Freezer a distruggere il mio pianeta, ad uccidere la mia gente, non ci ho visto più. Quella che era una vendetta personale, era diventata una vendetta un po’ più importante. Io ero il principe, ed avrei dovuto vendicare il mio popolo. E ti giuro, Kaharoth, ci ho provato. Ci ho provato con tutte le mie forze, ma mentre lottavo, ti confesso che non facevo altro che sperare che tu ti facessi vivo, perché quel mostro mi faceva ancora paura. Quel mostro mi fa ancora paura. E quando ti ho visto arrivare, l’ho capito. Ho capito che, finalmente, la mia vendetta sarebbe arrivata, ma sarebbe passata in mano a qualcun altro. E ti ho passato il testimone. Ti ho passato il testimone perché, mentre ero in fin di vita, ho capito che non ero solo. Quando ho conosciuto te ho capito di non essere solo. Ma non quando ho conosciuto Kaharoth. Io l’ho capito quando ho conosciuto Goku. E sono due cose ben diverse, fidati. E-che l’orgoglio mi perdoni e che Dio possa fulminarmi in questo momento-, forse è proprio per questo... che mi piaci tanto.»

 

A quelle parole, il saiyan dai capelli a palma ebbe un sussulto, seguito poi da una sorta di arresto cardiaco, seguito poi da una capriola-o due, o tre- del suo stomaco, che aveva cominciato a fargli dei brutti scherzi.

Vegeta glielo aveva appena detto. Gli aveva appena confermato ciò per cui lui si era tormentato per tutta la giornata. 

Lo ricambiava.

Il principe dei saiyan lo ricambiava, e non solo, gli aveva appena fatto capire che lui era stato importante anche prima, che era stato lui, in parte, la ragione per la quale stava pian piano crescendo, stava pian piano salutando per sempre quel ragazzino che lavorava per Freezer, stava pian piano compiendo dei piccoli passi per cambiare. E lo aveva appena dimostrato mettendo da parte il suo orgoglio, e raccontandogli un doloroso pezzo del suo passato.

E di questo, Goku, non poteva essere più felice.

 

Senza aggiungere altro, perché non c’erano parole per esprimere la gratitudine che provava per quello stronzo un po’ ribelle che non faceva altro che insultarlo e minacciarlo di morte durante tutto l’arco della giornata, aveva azzerato la breve distanza che li divideva, prendendolo per i fianchi e baciandolo. Baciandolo come se fosse quella la prima volta, come se il loro primo bacio avvenuto soltanto pochi giorni prima all’interno di quel laboratorio non fosse mai esistito. Baciandolo più consapevole dei suoi sentimenti, più consapevole di ciò che provavano entrambi, e più consapevole, finalmente, di ciò che si era andato a creare tra di loro. Quello stranissimo ma bellissimo rapporto che Goku avrebbe deciso di portare avanti con le unghie e con i denti, se necessario, perché stava imparando a tenere a quel bastardo più di ogni altra cosa al mondo. Perché stava scoprendo ciò che per Chichi non aveva mai provato. Perché, per la prima volta, dopo quel mese e mezzo di fallimenti, si sentiva davvero felice, si sentiva davvero leggero.

 

E Vegeta, approfittando del fatto che fossero completamente soli, senza nessuno che potesse assistere ad un momento così intimo, ne aveva fatto tesoro, portando entrambe le braccia al collo di quello stupido reietto di terza classe e ricambiando quel bacio così sentito, forse anche più sentito del primo, perché per la prima volta, entrambi sapevano di non essere soli. Certo, erano incasinati, ma non erano soli. Erano incasinati, ma lo erano insieme. E quello, per quanto potesse suonare assurdo, era il punto più importante della storia.

Perché il principe dei saiyan, dopo un’intera vita di fallimenti, si stava sentendo finalmente un po’ felice.

 

 

Non potevano sapere che, da qualche parte nell’universo, anche qualcun altro si era ritrovato a non essere completamente solo.

Non potevano sapere che, di lì a poco, tutto ciò che conoscevano, tutto il mondo che si stavano costruendo, tutto ciò che di bello esistesse nel cosmo, stava per essere spazzato totalmente via.

 

~

 

Buongiorno a tutti!

 

Eccomi tornata con quello che è, secondo me, il capitolo più bello che abbia scritto finora. Ho scaricato su tutti i paragrafi di questo capitolo tutte le mie emozioni e sinceramente sono abbastanza soddisfatta di ciò che ne è uscito fuori uwu.

Mi scuso per il leggerissimo OOC di Vegeta, ma mi serviva per mandare avanti il tutto, spero non si noti molto T.T

 

A quanto pare abbiamo scoperto qualcosa di più sull’infanzia del nostro ptincipino preferito, e siamo venuti a sapere che Freezer è stato più bastardo di quanto ci immaginassimo. Che cosa succederà, ora? Manca poco o tanto all’inizio della battaglia?

E soprattutto, è davvero Freezer il problema principale?

 

Questo lo vedremo.

 

Bacioni!

 

-JAY

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Capitolo 16
*** A pranzo con Chichi ***


Si era svegliato solo a causa del caldo che, afoso, aveva iniziato ad indispettirlo. Non aveva aperto subito gli occhi, ma non era ben sicuro di dove si trovasse. Cioè, era sicuro di trovarsi addosso a Kaharoth, dato che l’idiota lo stava stringendo come una bambola di pezza, ma non sapeva se si trovassero a casa, nel letto, oppure avessero passato tutta la nottata nel deserto.

Fu solo quando allungò una mano dietro di sé, scoprendo il terreno roccioso, che si era accorto che no, il cretino non aveva usato il teletrasporto per tornare a casa, e che sì, avevano sul serio passato tutta la notte nel deserto.

Ma cosa si era ridotto a fare, a causa di quel deficiente. Adesso, il principe dei saiyan, si trovava bene a dormire in un deserto? Inaudito. Semplicemente vergognoso.

E quel che era peggio, era che non aveva alcuna voglia di alzarsi. Anzi, avrebbe tanto voluto tornare a dormire. Ma non lì, non sotto il sole cocente di ottobre che, nonostante la stagione, continuava a picchiare e ad infastidirlo.

 

«Hey.» approfittando di essere attaccato all’idiota, il principe aveva iniziato a muoversi, scuotendolo, sperando di svegliarlo.

«Mh?» aveva mugugnato Goku, ancora nel mondo dei sogni.

«Teletrasporto.» disse Vegeta, stringendosi di più a lui «Adesso.»

Senza fiatare, il saiyan dai capelli a palma aveva eseguito di buon grado l’ordine, teletrasportando entrambi sul letto della stanza di Vegeta che, a differenza del suo-o di quello che inizialmente era stato suo-, era un grosso e comodissimo matrimoniale.

 

A quel punto, più rilassato e decisamente rinfrescato dall’aria del condizionatore-che aveva appositamente lasciato acceso il giorno prima per passare una notte tranquilla-, Vegeta aveva sbadigliato, nascondendo poi la testa nell’incavo del collo di Goku, che era tornato tranquillamente a dormire.

Si vergognava di sé stesso, in quel momento. Ma, in fondo, chi avrebbe potuto vederli? Erano da soli, le tapparelle erano abbassate e la porta chiusa. Quindi poteva fare tutto quello che gli pareva, addosso a Kaharoth, anche le capriole, se gli fosse venuta voglia di farle.

Ma, proprio nel momento in cui era riuscito a prendere nuovamente sonno, il cellulare del perdente iniziò a squillare, disturbandolo nuovamente-anzi, disturbando entrambi, considerando l’espressione piuttosto scocciata di Goku-, e facendogli rischiare una crisi di nervi.

 

«Chi cazzo è, a quest’ora?» ed era una domanda legittima, dato che erano le sette del mattino «E vuoi cambiare questa suoneria? Quel terrestre che canta è più fastidioso della tua ex mog-»

«È Chichi.» lo aveva interrotto il deficiente, facendolo cascare dalle nuvole «Devo rispondere, o verrà direttamente qui a prendermi a calci.»

 

A quelle parole, Vegeta aveva ringhiato impercettibilmente. Detestava quella donna, e non perché fosse la ex moglie di Kaharoth, quello era l’ultimo dei problemi, ma oltre ad essere la ex moglie di Kaharoth, era anche una palla al piede bella grossa, e francamente non capiva come Gohan potesse essere la progenie di un idiota e di una gallina, essendo venuto fuori così bene.

 

«Come sarebbe a dire che devi rispondere?!» aveva sbottato il principe, puntandogli un gomito nel petto «Giuro che ti ammazzo! Ammazzo te e lei, tutti e due! E poi faccio esplodere questo pian-»

Era stato bloccato dalla mano di Goku che, prepotente, si era andata a parare davanti alla sua regale faccia, tappandogli la bocca.

 

«Pronto, Chichi?» aveva risposto, assonnato, sistemandosi di forza il principe sotto un ascella per evitare che fiatasse «Come mai chiami a quest’ora?»

«Secondo te perché ti chiamo a quest’ora?!» aveva sbottato la donna dall’altro capo del telefono «Ti chiamo perché sono giorni che Gohan non si fa né vedere né sentire! Hai intenzione di portarmi mio figlio, ogni tanto, oppure ti sei scordato che ha anche una madre?!»

«No, che non me ne sono scordato!» era stata la risposta del Son «Ma non avendo io la sfera di cristallo, non posso sapere quando e dove portarti Gohan. Devi essere tu a metterti d’accordo con tuo figlio, non pensi?»

«Bene!» aveva quasi urlato la donna, stizzita «Oggi a pranzo. Al ristorante italiano del centro. E voglio che ci siate entrambi, mi sono spiegata? Tredici in punto. Ciao.»

E, detto questo, gli aveva riattaccato in faccia, lasciandolo sbigottito.

Avrebbe pensato volentieri all’attuale situazione con Chichi, se soltanto qualcuno di sua conoscenza non gli avesse appena morso la mano, facendogli vedere le stelle e liberandosi dalla stretta che l’aveva tenuto fermo e zitto per un po’.

Ed ecco un altro problema: come spiegare a quella furia di Vegeta che sarebbe andato a pranzo con la sua ex moglie?

 

«Si può sapere che diavolo ti è saltato i mente, brutto deficiente?! Stavo soffocando!»

 

Non riusciva a credere al fatto che Kaharoth, dopo ormai così tanto che lo conosceva, si permettesse ancora di fare certi azzardi con lui. Okay, avevano una sorta di relazione, ma non gli sembrava di esagerare un po’ troppo? Lui era il principe dei saiyan, per la miseria!

Principe dei saiyan che, però, si era appena messo a cavalcioni sul suo sottoposto, poggiandosi al suo petto e guardandolo negli occhi con uno sguardo quasi impenetrabile.

 

«Che diavolo voleva?» chiese, arrivando dritto al sodo.

«Beh... ecco... lei... ehm...»

«Parla, idiota!» lo stava, come sempre, mettendo sotto pressione «Ho la faccia da cretino, forse? Sputa il rospo!»

«Mi ha... CI ha. Ha invitato me e Gohan a pranzo fuori!»

 

Adesso, se pensate che Vegeta fosse diventato soltanto rosso dalla rabbia, vi sbagliate di grosso. Perché sulla faccia del principe dei saiyan, in quel momento, iniziarono a susseguirsi tutte le tonalità di rosso, viola ed infine blu. E non era di certo un buon segno.

Come osava quella cornacchia invitare a pranzo Kaharoth? Kaharoth e il figlio, poi, giusto per non dare troppo nell’occhio. Come se non bastassero le occhiatine che gli lanciava quella decerebrata di Bulma! Ci mancava questa, adesso. E dire che era stata lei a lasciare lui. Vegeta aveva paura di immaginare come sarebbe stato se fosse successo il contrario.

 

«Giuro che ti ammazzo.» aveva mormorato, per poi alzarsi di scatto dal letto e cominciare a camminare minacciosamente verso l’uscita della stanza «Ammazzo te e ammazzo anche lei. Vi ammazzo entrambi. Ma prima comincio da lei.»

 

Il Son, a quel punto, sinceramente spaventato che il principe potesse fare sul serio-accidenti, era letteralmente blu dalla rabbia, chiunque avrebbe pensato che facesse sul serio-, lo aveva seguito in fretta e furia, prendendolo per il braccio e trascinandolo nuovamente sul letto, per poi tenerlo saldamente per la vita in modo da non farlo scappare.

 

A nulla erano servite le minacce di morte e le manovre pericolose che Vegeta aveva fatto per liberarsi, perché la morsa di Goku, in quel momento, sembrava più stretta di quella che praticava in allenamento. Ma ci teneva così tanto, a quell’oca? Che gli sarebbe cambiato, se l’avesse ammazzata?

 

«E dai! Calmati! Vorrà sicuramente parlare di quel piccolo inconveniente successo con Gohan! Smettila di essere suscettibile!»

«Suscettibile?!» Vegeta si era girato in sua direzione, ritrovandosi ridicolmente in braccio al deficiente, con le gambe attorcigliate al suo busto «Suscettibile io?! È lei che è pazza, non sono io ad essere suscettibile! Sei veramente un... un...»

«Un idiota, sì.» aveva completato la frase Goku «Ma adesso calmati, okay? Alla fine, Chichi è fidanzata, e poi è stata lei a lasciarmi. Cosa credi che possa fare?»

«Tsk. Per quanto mi riguarda, sarebbe capace anche di decapitare suo figlio. È capace di tutto, quella lì.»

«Eheheheh! Già!» il Son aveva preso a grattarsi la nuca «Ma io non mi preoccuperei così tanto, sai?»

«Tsk. E chi si preoccupa.»

 

*

 

Dopo aver appreso la notizia del pranzo da suo padre, il piccolo Gohan si era prima rintanato per un’ora nella sua stanza, per poi uscire, raggiungendo in fretta il suo maestro.

Avrebbe davvero voluto allenarsi con Junior per tutta la giornata, in modo da evitare di dover affrontare sua madre. Non si sentiva ancora pronto ad ascoltare ciò che aveva da dire, perché sapeva che la sua mamma non gli avrebbe mai chiesto scusa.

Sapeva che Chichi gli voleva bene, sapeva di essere la luce della sua vita, ma il fatto che si fosse comportata in quel modo nei suoi confronti lo aveva ferito, ed il povero bambino si era sentito messo da parte. Era per questo che si era arrabbiato tanto.

Ma, quando aveva chiesto al namecciano di allenarsi con lui ed avergli spiegato il motivo di quella visita, il piccolo Gohan aveva ricevuto un netto rifiuto, che lo aveva buttato giù ulteriormente.

 

«Devi imparare ad essere responsabile, Gohan.» gli aveva detto il suo maestro «Prima parla con tua madre. E poi, se vorrai, potremo allenarci anche per tutta la giornata. Adesso, dimostra di essere un ragazzo abbastanza maturo da poter chiarire con Chichi.»

 

E così aveva fatto, seppur dannatamente titubante e spaventato.

La situazione non gli piaceva per niente: okay voler chiarire la questione con lui, ma perché invitare anche suo padre a pranzo? Non gli quadrava proprio. Che la sua mamma ci avesse ripensato e volesse tornare con suo marito?

Certo, se un fatto del genere fosse accaduto durante le prime due settimane di separazione, il piccolo Gohan avrebbe fatto i salti di gioia. Ma ora? Era davvero sicuro che sarebbe stato contento di una situazione simile?

In fondo, aveva visto suo padre molto più leggero, e soprattutto lo aveva visto anche più maturo e responsabile, nonostante rimanesse comunque il solito bambinone. Gli dimostrava affetto, gli chiedeva come stesse, cercava in tutti i modi di rimediare agli errori da padre che Chichi gli aveva sempre rinfacciato. 

Ed era sicuro che, se i suoi fossero tornati insieme, non sarebbe stata la stessa cosa di prima. No, le cose stavano cambiando, Gohan se ne rendeva conto, ed anche lui stava cambiando con esse. Si sentiva più grande, più responsabile, e soprattutto, si sentiva in dovere di dover allargare i suoi orizzonti. Non poteva continuare a pensare a quando i suoi genitori erano ancora insieme. No, doveva voltare pagina esattamente come la stava voltando suo padre, esattamente come l’aveva voltata sua madre trovando quel David.

E non era sperando che tornassero insieme, che avrebbe voltato pagina.  

 

Non sapeva, però, se questo suo modo di pensare, lo avrebbe portato sulla retta via. E non poteva confrontarsi con suo padre, no, Goku non era il tipo da questo genere di cose: il suo papà viveva alla giornata, era una persona genuina sotto ogni aspetto, ed affrontava i problemi solo nel momento in cui si presentavano. Non era di certo il tipo che si metteva a riflettere razionalmente sui problemi che si sarebbero potuti creare in futuro.

Così, seppur titubante, il bambino aveva raggiunto l’unica persona che, in quel momento, avrebbe potuto dargli una mano.

Fortunatamente, la camera del principe dei saiyan non era tanto lontana dalla sua, e sapeva che lui si trovasse ancora lì, non avendolo visto girovagare per casa.

Aveva bussato un paio di volte, prima di sentirsi dire un ‘avanti’ strascicato ed anche un po’ seccato, entrando di buon grado nella stanza.

 

«Ah, moccioso.» era stato il commento di Vegeta che, ancora steso sul letto, si era voltato in sua direzione «Ancora non sei uscito?»

 

Maledetta la sua boccaccia.

Aveva fatto una domanda di troppo, e lo sapeva. E quel marmocchio fin troppo intuitivo non se l’era certo lasciata scivolare addosso, anzi, aveva preso a guardarlo in modo confuso.

Ed aveva ragione. Come poteva lui, il principe dei saiyan, sapere che il figlio del demente con il quale aveva dormito, sarebbe dovuto uscire?

 

Si maledì silenziosamente, per poi correggersi «Per allenarti col namecciano. Non sei ancora uscito?»

«Oh? No, oggi non mi allenerò con Junior.» era stata la risposta del bambino che, sconsolato, aveva abbassato lo sguardo «Senti, Vegeta... devo chiederti un consiglio.»

A quel punto, il principe aveva tirato un sospiro esasperato, alzandosi a sedere ed incrociando le gambe «Gohan, vieni qui.»

 

Il bimbo non se l’era fatto ripetere due volte e, parzialmente risollevato, aveva raggiunto velocemente il letto, mettendosi a sedere accanto al principe dei saiyan, imitando la sua posizione.

 

«La mamma ha invitato me e papà a pranzo.» aveva detto, sconsolato «Sono contento di uscire con mamma, anzi, contentissimo. Ma ancora non abbiamo sistemato le cose, e dubito che una orgogliosa come lei possa arrivare a chiedermi scusa... penso che questo pranzo sia una sorta di... beh, penso che voglia farmi le sue scuse con questo pranzo, ecco.»

«E?» Vegeta si era voltato completamente in sua direzione, con la testa poggiata al palmo della mano «Qual è il problema?»

«Il problema è... perché invitare anche papà?»

 

Colpito e affondato.

A quelle parole, Vegeta aveva preso a mangiarsi nervosamente l’unghia del pollice, cercando in tutti i modi di non esplodere.

Persino il bambino se n’era accorto. Persino al bambino pareva una cosa strana, ma per quel rimbambito di Kaharoth era tutto perfettamente normale. Perché diavolo per quel rimbambito di Kaharoth era tutto perfettamente normale?!

Avrebbe tanto voluto prendere a craniate il muro, in quel momento.

 

«Cioè..» aveva ripreso il piccolo Gohan, non ricevendo risposta «Mi fa piacere pranzare di nuovo con entrambi i miei genitori, ma non ne capisco il motivo. Mia madre parla sempre male di mio padre, vorrebbe evitare persino di sentirlo al telefono o di averci qualcosa a che fare. Perché invitarlo a pranzo?»

A quella domanda, il principe dei saiyan sapeva dare soltanto una risposta «Mi verrebbe da dirti ‘perché vuole tornare assieme a lui’, ma non sono esperto di questo tipo di cose. Non ti sembra meglio andare a cercare la gall-Bulma?»

«Ci ho pensato, a quell’opportunità. In realtà, è la prima cosa a cui ho pensato. Secondo te... è possibile che tornino insieme?»

«Improbabile.» quella risposta gli era uscita spontanea. Proprio non ce l’aveva fatta, a trattenersi.

«Sai...» aveva fatto il bambino «Io spero che sia davvero improbabile.»

 

Quelle parole avevano lasciato Vegeta di stucco. Davvero il figlio di Kaharoth gli aveva appena detto che sperava che i suoi non tornassero insieme?

Da quel che ne sapeva lui, i terrestri tenevano davvero tanto alla famiglia. Era la cosa che mettevano al primo posto, era tutto ciò a cui puntavano per letteralmente tutta la vita.

Eppure, quel moccioso gli aveva appena detto che non voleva che i suoi tornassero insieme. Perché?

 

«Mio padre è felice. Io lo vedo, ho visto come si sente. A parte lo shock iniziale, mio padre così è felice. E anch’io lo sono.» disse «Non puoi immaginare quanto sia disturbante assistere ogni giorno alle liti dei propri genitori.»

«Oh, posso immaginare eccome, invece.»

«Oh! Scusa! Io non intendevo-»

«Non fa niente.» lo interruppe «Continua.»

«Beh...» il bimbo si rannicchiò su sé stesso «Io... io non vorrei che mia madre pensasse che, per farmi contento, loro due debbano tornare insieme. Io non voglio che vada così, non è così che funziona, o almeno, non da quello che mi è stato insegnato!»

«Se tu o tuo padre non volete che succeda, non succederà.» gli aveva detto il principe dei saiyan, secco «Tua madre non mi va a genio, ma questo non significa che sia una stupida e che non possa capire le tue esigenze o quelle di quell’altro imbecille. Non penso possa arrivare a costringere qualcuno, non lo penso affatto. E poi, se vuoi far fronte a cose come questa, sei tu il primo a dover fare il primo passo. Sei tu il primo a dover dire ‘mamma, io non voglio che vada così’, punto. È inutile mandare avanti gli altri, Gohan. Perché la vita di quei due gira tutta attorno a te, e tu lo sai.»

 

Lo sapeva, certo che lo sapeva. Ed era proprio per quel motivo che si stava preoccupando. Ma la presenza di Vegeta lo rendeva inspiegabilmente più tranquillo... ormai, quel burbero principe dei saiyan, era diventato una sorta di sicurezza: era l’unica persona che, seppur staccata completamente dalla situazione, ci stava più dentro degli altri, perché riusciva a capire i suoi problemi, perché anche lui aveva avuto-ed aveva tuttora- problemi con i suoi genitori.

 

«Mi sei sempre d’aiuto, Vegeta.» gli aveva detto, sorridendogli, leggermente sollevato «Ti ringrazio. Un giorno troverò il modo per sdebitarmi, promesso!»

 

*

 

Era agitata.

Non aveva mai affrontato in modo così aperto suo figlio. Vivendo insieme a lui, era sempre stata in grado di farsi perdonare con le piccole cose, magari preparandogli una merenda speciale, o portandolo in qualche luogo di suo gradimento, ma ora che non vivevano più nella stessa casa, la situazione si era a dir poco complicata.

Era bellissima, Chichi, nel suo tubino nero e nelle sue décolleté rosse, perfettamente in tinta con il rossetto, eppure, nonostante la sua bellezza sconfinata, si sentiva comunque tremendamente in imbarazzo, mentre camminava su e giù per la via principale, aspettando l’arrivo del suo bambino e del suo ex marito.

Stava davvero facendo la cosa giusta? 

Se lo augurava, perché, se non fosse stato così, probabilmente avrebbe preferito che la sua vita finisse all’istante. L’unica cosa che voleva, in quel momento, era riacquistare la fiducia del suo amato Gohan. 

 

*

 

«Papà» lo aveva incalzato il suo bambino, mentre si aggrappava a lui per fargli eseguire il teletrasporto «E se andasse male? Se la mamma si arrabbiasse? Se ci avesse chiamati soltanto per dirci che tu hai la custodia esclusiva e che non vuole più saperne di me?»

 

Il povero Goku aveva provato in tutti i modi a calmare suo figlio, da quella mattina. Prima, Gohan si era rintanato in camera, poi era andato da Junior, e alla fine, non contento, era sparito per almeno mezz’ora, tornando leggermente più motivato, ma comunque agitato e tormentato. Certo, il fatto che fosse tornato da lui con meno timori di prima aveva particolarmente sorpreso il Son, che credeva che suo figlio gli stesse nascondendo qualcosa.

Ma non era decisamente quello il momento di parlarne, dato che il suo bambino era in crisi, e lui non sapeva davvero come tranquillizzarlo: in fondo, Vegeta aveva ragione. Da una come Chichi, ci si poteva aspettare di tutto. Quella donna era imprevedibile, e molte volte, nella sua imprevedibilità, compiva azioni troppo avventate ed a volte scortesi.

Ma non credeva che la sua ex moglie volesse liberarsi di Gohan: Chichi amava suo figlio, quella era l’unica cosa certa di quella donna. 

 

«Sta’ tranquillo, tesoro.» aveva detto Goku, carezzandogli dolcemente la testa «Sono sicuro che le cose andranno per il meglio. Non preoccuparti.»

La verità? Era più agitato di suo figlio.

 

Si erano teletrasportati in un vicolo non troppo affollato, in modo da non spaventare i passanti e, a piedi, si erano poi diretti al ristorante dell’appuntamento, un grazioso locale del centro-anche abbastanza costoso, aveva potuto notare Goku mentre lo cercava su internet-, che vantava di avere la miglior cucina italiana di tutta la Città dell’Ovest. E questa era una buona cosa, dato che lo stomaco del giovane super saiyan stava facendo i capricci da un bel po’: a causa del lavoro improvvisato che aveva dovuto fare con Radish in laboratorio, non aveva potuto fare colazione, ed ora non ci vedeva più dalla fame.

 

«Oh! Eccovi!»

 

La voce leggermente agitata, ma piuttosto pacata-stranamente-di Chichi li aveva accolti, assieme al profumo di pizza e lasagne che proveniva dall’interno del ristorante. La donna era da sola, niente fidanzati in giro. Da quel che Goku aveva potuto vedere, sarebbe stata una chiacchierata tra genitori e figlio.

In fondo, quello poteva considerarsi un buon inizio, no?

 

*

 

La curiosità lo stava logorando. Se lo stava letteralmente mangiando per colazione, pranzo e cena.

Aveva provato a distrarsi con un po’ d’allenamento, ma aveva dovuto interrompere per via di un malfunzionamento-provocato da lui stesso- della gravity room, poi ne aveva approfittato mettendosi a riparare suddetta macchina, ma aveva buttato in un angolo la chiave inglese dopo cinque minuti, spinto dalla svogliatezza. Poi, con suo grande piacere-per la prima volta-, Radish lo aveva chiamato in laboratorio per svolgere qualcosa di cui non aveva capito il genere. Ma, pur di evitare di pensare a cosa stessero combinando Kaharoth, il figlio e la ex moglie a pranzo, era disposto persino a tornare ad essere lo schiavo di Freezer.

 

«Vegeta, vuoi stare attento?»

 

Ovviamente, neanche quel metodo stava funzionando, perché Radish, dall’alto della sua bassezza sociale, lo aveva richiamato più e più volte, tentando di farlo rinsavire da quella sottospecie di trance nel quale era caduto.

Ma era possibile che quel decerebrato dovesse perseguitarlo anche quando non c’era?

Anzi, no, non era Kaharoth a perseguitarlo, ma Chichi. Quella chiacchierata con Gohan non aveva fatto per niente bene alla salute mentale del principe dei saiyan, al quale si era infilata la pulce nell’orecchio, e se non si fosse andato ad accertare di persona di ciò che stava accadendo, non si sarebbe sentito affatto meglio. Questo lo sapeva.

 

«Che diavolo ti prende, amico?» gli aveva fatto eco il saiyan più grande, non ricevendo risposta «Sei completamente da un’altra parte, accidenti.»

«Hey.» incalzò Vegeta, spostando lo sguardo su di lui «Sei mai stato in un bar?»

«Un che?»

«È arrivato il momento di farti abituare ai terrestri.»

 

E così, tra la confusione di Radish, il principe dei saiyan aveva trascinato l’ex collega verso il centro della città, alla ricerca di quello che era il ristorante italiano nel quale sarebbero andati a pranzare l’idiota, la pazza e il bambino. Lo aveva costretto ad infilarsi un paio di occhiali da sole, e gli aveva fatto girare tutto il centro, per trovare quel ristorante.

Si vergognava tremendamente di ciò che stava facendo, ma non poteva farci niente: la curiosità lo stava uccidendo, e se Chichi avesse provato a fare qualcosa, sapeva che non avrebbe risposto delle sue azioni. Doveva avere la situazione sotto controllo, o sarebbe esploso.

 

*

 

«Allora, tesoro mio, come procedono gli studi?»

 

Era ormai più di mezz’ora che erano seduti a quel tavolo, con una Chichi che non faceva altro che bombardare suo figlio di domande. Goku se ne stava semplicemente in disparte, cercando in tutti i modi di infondere sicurezza al piccolo Gohan, che rispondeva alla madre in modo sconsolato ed incerto. Ormai sarebbe dovuta arrivare dritta al punto, ma sembrava star mandando la faccenda per le lunghe, e i due poveri saiyan non sapevano più dove mettere le mani. 

Entrambi non vedevano l’ora che quella tortura psicologica finisse, il più anziano per tornare da quella furia di Vegeta che lo avrebbe sicuramente preso a sganascioni, il più piccolo per correre ad allenarsi con Junior.

 

«Bene!» aveva ad un certo punto esclamato Chichi, ricevendo il suo piatto «Penso sia arrivato il momento di spiegare a Goku il motivo del mio invito a pranzo!»

 

*

 

Alla fine, i due saiyan erano stati colpiti dalla fortuna, trovando un bar proprio di fronte al ristorante italiano nel quale Kaharoth era andato a mangiare e, fatalità del destino, il tavolo dei tre era proprio fuori, sotto il grande gazebo color ocra.

Non avrebbe mai pensato di essere così fortunato, solitamente veniva perseguitato dalla sfortuna, ma quella volta, doveva ammettere di essere stato letteralmente baciato dalla stessa, e così, trascinando velocemente Radish per un braccio, si erano diretti ad i tavoli esterni del bar di fronte, afferrando due giornali e nascondendo le teste dietro di essi.

 

«Mi spieghi che diavolo stiamo facendo?» gli aveva chiesto il più grande, inarcando un sopracciglio, per poi sbiancare, alla vista di ciò che si ritrovava di fronte «Non mi avrai portato qui soltanto per pedinare mio fratello, vero?!»

Aveva alzato troppo la voce e, a causa di questo, aveva ricevuto un fulmineo calcio sullo stinco, che lo aveva quasi fatto gridare per il dolore. 

«E se così fosse?» aveva replicato il principe dei saiyan «Cosa dovevi fare, a casa? Aspettare come un cagnolino che tornasse Bulma?»

Il capellone, a quel punto, era arrossito copiosamente, per poi nascondere di nuovo la faccia nel giornale «Mi spieghi che diamine c’entra lei adesso?!»

«Oh, ma per favore, le sbavi dietro come un cane sbaverebbe dietro a un pezzo di carne. Pensi che non l’abbia notato?»

«Anche se fosse, a te cosa interessa?» era stato il botta e risposta di Radish «Non credo tu abbia interesse per lei, dato che hai sempre gli occhi puntati su mio fratello.»

«Tu, maledetto-»

 

«Zio Radish! Vegeta! Che ci fate qui?»

 

La vocina confusa del piccolo Gohan li aveva distratti dalla loro conversazione, e i due saiyan si erano voltati, letteralmente blu in viso, verso il piccolo mezzosangue, che li guardava con occhi confusi, spostando lo sguardo prima sullo zio, e poi sul principe dei saiyan, che aveva preso ad agitarsi.

 

«Gohan, come diavolo ci sei arrivato, qui?»

 

A quella domanda, il piccolo si era irrigidito. Quando sua madre aveva annunciato che avrebbe spiegato il motivo di quell’invito a pranzo, l’aveva interrotta con la scusa di andare in bagno e, notando i due all’altro capo della strada, senza farsi notare, era riuscito a raggiungerli, nascondendosi dietro il loro tavolo.

 

Aveva preso a tormentarsi le mani «Beh... ecco... non riuscivo a parlare con mamma. Ha detto... ha detto che doveva spiegarci perché ha invitato anche papà a pranzo, e...»

«E che diavolo aspetti?!» aveva tuonato Vegeta, impaziente di conoscere tutte le risposte «Vai a sentire la sua risposta, moccioso! Di quel mentecatto di tuo padre non mi fido, è un manipolatore, sei l’unica persona in cui ripongo un minimo di fiducia!»

La verità? Il principe dei saiyan stava letteralmente schiattando a causa della curiosità e-non lo avrebbe mai ammesso, neanche se un fulmine lo avesse colpito proprio in quel momento- della gelosia. E non si fidava di Chichi. E Kaharoth era un idiota. E Gohan stava lì, e avrebbe potuto dire a quei due che li aveva visti in qualsiasi momento.

 

Il bambino, dal canto suo, non capiva davvero per quale motivo quei due-ma Vegeta in particolar modo- fossero così curiosi di sapere cos’avrebbe detto sua madre. Ma, considerando l’espressione parecchio intimidatoria del principe dei saiyan, non se l’era fatto ripetere due volte e, voglioso di dimostrargli che non era un vigliacco, aveva deciso di tornare sui suoi passi, stando sempre ben attento a non farsi notare dai suoi genitori che, seduti al tavolo, lo stavano aspettando in silenzio.

 

«Ah, Gohan.» lo aveva richiamato Vegeta «Se proverai a dire a tuo padre che ci hai visti, ti darò una bella lezione. Chiaro?»

 

*

 

«Eccomi, scusate il ritardo!»

 

Spronato in modo dolcissimo dal principe dei saiyan, il piccolo Gohan aveva nuovamente raggiunto i suoi genitori al tavolo, tra i quali-fortunatamente- regnava un religioso quanto imbarazzante silenzio. Nessuno dei due aveva osato aprire bocca, dopo che il loro bambino aveva deciso di abbandonarli per correre in bagno, e Goku non poteva sentirsi più in disparte di così. Non vedeva l’ora che quell’inferno finisse. Non vedeva l’ora di tornarsene a casa da Vegeta, anche per litigarci, non gli importava, voleva soltanto vederlo.

 

«Non importa, amore mio!» esclamò Chichi, carezzandogli dolcemente la testa «Ascolta. Ti piacerebbe frequentare una scuola pubblica?»

L’aveva buttata lì così, senza neanche pensarci. In fondo, gli sembrava un buon metodo per farsi perdonare: Gohan si lamentava sempre dell’ammontare delle ore di studio con il maestro privato, e con una scuola pubblica, quelle sarebbero sicuramente diminuite, ed il bambino avrebbe avuto più tempo per pensare ai suoi interessi. Certo, a Chichi non piaceva molto l’idea che dovesse studiare in una scuola frequentata da cani e porci, ma che poteva farci? Era l’unico modo che le fosse venuto in mente per poter chiedere scusa al suo adorato bambino.

 

Al sentire quelle parole, Goku sorrise: l’idea di una scuola pubblica non era mai passata nemmeno per l’anticamera del cervello a Chichi, eppure, pur di dimostrare al suo bambino che era disposta a fare di tutto per lui, aveva messo da parte i suoi desideri, proponendo a Gohan un’alternativa a quelle noiosissime e lunghissime lezioni col suo maestro privato.

Non c’era nulla da fare, Chichi era davvero una brava mamma, e lo stava dimostrando proprio in quel frangente. In quel momento, il Son era molto fiero di come si stesse comportando la sua ex moglie, ed era forse la prima volta che succedeva, da tutti quegli anni.

«Urca! È un’ottima idea, Chichi!» aveva esclamato, mentre divorava l’ultima fetta della sua pizza «Allora, figliolo! Che ne dici?»

 

Il piccolo Gohan non aveva potuto credere alle sue orecchie. La sua mamma gli aveva davvero appena proposto di frequentare una scuola pubblica, con delle lezioni normali, insieme ad altri bambini normali? Davvero gli aveva proposto, per la prima volta, di vivere come un bambino comune?

Aveva passato tutta la sua vita fino a quel momento ad impegnarsi a fondo nello studio con il suo maestro privato, almeno per nove ore al giorno, ed aveva imparato a combattere, aveva viaggiato nello spazio, aveva vissuto avventure incredibili, ma non aveva mai vissuto una vita da bambino normale. E quello, per lui, era un sogno che si realizzava.

La sua adorata mamma aveva appena messo da parte i suoi interessi personali per dargli l’opportunità che desiderava: quella di poter studiare in un orario normale, per poi avere tutto il tempo anche per giocare ed allenarsi con Junior. Gli aveva appena dimostrato di volergli bene e di tenere a lui più di ogni altra cosa al mondo.

 

Così, senza neanche pensarci, le era saltato al collo, abbracciandola più forte che poteva, felice come non lo era mai stato «Oh, sì che lo voglio! Grazie, mammina! Grazie! Ti voglio bene! Sei la mamma migliore del mondo!»

 

Goku osservò la scena senza intromettersi. In fondo, quello era un momento tra madre e figlio, e Chichi sapeva che lui era perfettamente d’accordo nel mandare Gohan in una scuola pubblica. Era stato invitato a pranzo solo per quel motivo, solo per essere messo al corrente di quella novità, e ne era felice. E forse, avrebbe anche evitato un piatto in faccia da parte di Vegeta. Quella giornata avrebbe potuto forse essere migliore di così?

 

*

 

Grazie all’elevata vicinanza dalla quale stavano osservando la scena, Radish e Vegeta avevano potuto sentire tutto.

Certo, erano a dir poco disgustati da tutte quelle dimostrazioni d’affetto in pubblico, ma entrambi non avrebbero potuto essere, in fondo, più fieri, sia di Gohan, che era riuscito ad affrontare sua madre a testa alta, ottenendo anche ciò che a quanto pareva voleva, sia di Goku, che stava dimostrando una maturità mia dimostrata prima, facendosi da parte e non mettendosi in mezzo tra madre e figlio.

Era una scena a dir poco illuminante.

 

«Hey.» asserì Vegeta, leggermente sollevato «Andiamo?»

«Ah! Mio nipote diventerà un grande saiyan, un giorno!» esclamò l’altro, alzandosi dalla sedia «Ma ancora non mi hai spiegato per quale motivo siamo venuti qui.»

«Non ti riguarda. Muoviti.»

E, così com’erano arrivati, se n’erano andati, lasciando quella che un tempo era stata una famiglia unita, ad i suoi affari. 

 

~

 

Buonasera a tutti!

Eccomi tornata con questo sedicesimo capitolo. Capitolo in cui Chichi, incredibilmente, si è dimostrata essere, in fondo, un personaggio positivo.

Ho pensato molto a come la donna avrebbe potuto farsi perdonare dal figlio, ed alla fine ho deciso che Gohan DEVE avere degli amici, e deve imparare a vivere come un normale bambino della sua età. E così TAC, Chichi ha deciso che il suo figlioletto frequenterà una scuola pubblica.

 

Per quanto riguarda Radish e Vegeta, mio Dio, sono proprio due impiccioni! E Vegeta è morto di gelosia per tutta la durata del capitolo! Oh, piccolo principe, tranquillo che Goku non va da nessuna parte senza di te!

E Radish, tutti ci siamo accorti della cotta che ti sei preso per Bulma! Ma a chi vuoi darla a bere? A ME NO DI CERTO!

 

A questo punto, mi chiedo: qualcuno inizierà a pensare seriamente a Freezer e soci? No! Perché il miglior modo di affrontare una minaccia, è proprio quello di dimostrare al nemico positività e, in questo modo, superiorità! Ho ragione?

 

Beh, le vacanze, amici miei, per me sono quasi finite, ed ora sto tornando lentamente alla noiosissima vita quotidiana del centro Italia *sigh* che efp e questa storia mi stiano vicino T.T

 

Alla prossima! Bacioni!

 

-JAY

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Capitolo 17
*** Il piano di Bulma ***


«Che cosa?»

 

Bulma era scoppiata in una risata divertita, al sentire le parole del saiyan che, in quel momento, stava riparando assieme a lei il motore dell’auto di un cliente. Radish le aveva raccontato per filo e per segno ciò che era successo durante la sua assenza-lei era ad una noiosissima riunione e loro si divertivano così, accidenti-, e la turchina, alla fine del racconto, non sapeva se essere più divertita o sorpresa.

 

«Vegeta ti ha costretto a pedinare Goku!» aveva esclamato, tra una risata e l’altra «Non posso crederci! Non voglio immaginare la tua faccia, quando ti ha chiesto di farlo!»

«Tu non dovresti saperlo, in teoria. Ma lui mi ha detto solo di non farne parola con mio fratello, quindi...»

 

Radish non poteva proprio farci niente. Ogni volta che la bellissima Bulma sorrideva o rideva a causa sua, si ritrovava involontariamente ad essere il saiyan più felice sulla faccia dell’intero universo. Non capiva davvero come qualcuno potesse buttare via una creatura del genere, così dolce, così determinata, così bella... eppure, da quel che la turchina gli aveva raccontato, c’era stato un uomo che, dopo averla usata, l’aveva buttata via come se nulla fosse.

Sicuramente un vigliacco. Un povero, inutile verme che non aveva avuto il coraggio di prendersi le proprie responsabilità. Che schifo.

 

«Chissà come mai me lo ha chiesto, poi...» aveva aggiunto il saiyan, mentre tornava al suo lavoro.

 

Bulma, in realtà, una mezza idea se l’era fatta, in quegli ultimi giorni. Vedeva Goku decisamente fra le nuvole, ogni tanto lo beccava a sorridere senza motivo, e non prestava attenzione agli altri, era come se avesse la testa da tutt’altra parte; mentre Vegeta... oh, lui stava subendo un cambiamento quasi radicale: si era ammansito, ormai lo sentiva nominare quell’ossessione che era il super saiyan soltanto di rado, con Gohan si comportava in modo esemplare, il che era un fatto strano, conoscendo i modi sicuramente non educati e non adatti ai bambini del principe. Certo, potevano di sicuro ingannare un branco di scimmioni ignoranti come gli altri saiyan, ma non potevano di certo fregare una donna.

E Bulma aveva deciso che avrebbe visto in fondo a tutta quella storia. Non si sarebbe lasciata ingannare tanto facilmente.

 

«Io credo di saperlo.» aveva sentenziato, invitandolo ad uscire in balcone e mettendosi una sigaretta fra le labbra «Ma non dirò nulla, finché non ne sarò completamente sicura.»

Radish era rimasto esterrefatto: l’istinto di quella donna era proprio acuto.

 

L’occasione della turchina di dissipare i suoi dubbi era arrivata in tempo record. Bulma, infatti, al ritorno dei due Son dal pranzo, aveva appreso che il piccolo Gohan era stato autorizzato da Chichi a cominciare a frequentare una scuola pubblica, l’anno successivo. 

Il piccolo era al settimo cielo, e la giovane scienziata aveva automaticamente iniziato a pensare ad un modo per usare quella situazione a suo vantaggio. Ed alla fine, l’aveva trovato.

Non solo avrebbe fatto contento Gohan, premiandolo per quella favolosa svolta, ma avrebbe preso due piccioni con una fava. E Goku e Vegeta erano decisamente i due piccioni. 

 

«Sono un genio!» si era detta, mettendosi a letto «Bulma Brief, tu farai sicuramente strada!»

 

*

 

«Eh? Luna Park? Che diavolo è un Luna Park?»

 

Il principe dei saiyan ci aveva messo un po’, prima di elaborare le parole che il decerebrato gli aveva appena detto: Bulma gli aveva proposto di accompagnare insieme Gohan al Luna Park, per premiarlo. Premiarlo di cosa, poi? L’idea di mandarlo in una scuola pubblica era stata solo ed esclusivamente della madre-di questo, doveva renderle nota. Il moccioso si era limitato a saltarle al collo e perdonarla come se nulla fosse. Per cosa doveva essere premiato? Per non aver fatto saltare in aria sua madre quando avrebbe potuto?

 

«Beh... ecco...» Goku non sapeva davvero come spiegarglielo: sarebbe stato un po’ da stupidi dirgli che era un luogo pieno di giochi in cui sia i piccoli che i grandi si divertivano senza distinzioni. Se gli avesse detto una cosa del genere, probabilmente Vegeta prima avrebbe ammazzato lui, e poi si sarebbe suicidato per punirsi di aver anche solo pensato che stare ‘assieme’ a lui fosse una buona idea «È un posto divertente, dove sia i bambini che i più grandi vanno spesso. È un posto all’aperto, è anche pieno di coppie che ci vanno solo per vivere dei momenti di divertimento assieme, e anche di famiglie con figli... insomma, è un bel posto. E Gohan ci è potuto andare soltanto una volta nella sua vita, ma era talmente piccolo che probabilmente neanche se ne ricorderà.»

«E io che caspita dovrei venire a fare?!» aveva sbottato Vegeta, indispettito «A fare da babysitter a tuo figlio?!»

«E dai, Vegeta! Non ho alcuna voglia di andarci da solo con Bulma!» aveva iniziato a pregare il saiyan dai capelli a palma, con le mani giunte «E poi, la gente potrebbe iniziare a pensare che io e lei siamo una coppia con un figlio! Non voglio arrivare a questo! Dai!»

 

Quelle parole, esattamente come Goku si era aspettato, avevano fatto scattare in Vegeta una reazione a catena: prima aveva digrignato i denti, pensando alla assolutamente non possibile probabilità che Kaharoth e quella gallina potessero essere una coppia, poi aveva ringhiato piuttosto rumorosamente, pensando che avrebbero-no, no e no- potuto avere un figlio, ed alla fine era quasi esploso di rabbia, pensando a quella maledetta e fastidiosa donna che puntava gli occhi per tutta la giornata su ciò che era suo, suo e soltanto suo. Di Vegeta. Del principe di tutti i saiyan. Kaharoth aveva la sua firma in fronte, e tutti avrebbero dovuto imparare a leggerla. Quelle stramaledette donne in particolar modo.

E se per dimostrare chi fosse lui e quali fossero le sue proprietà avesse dovuto metter piede in un luogo insulso come un Luna Park-non aveva ben capito cosa fosse, ma conoscendo Kaharoth, sapeva che sarebbe stato insulso proprio come lui-, allora lo avrebbe fatto. Oh, eccome se lo avrebbe fatto.

 

«E sia!» aveva decretato, fingendo esasperazione «Vada per questo Luna Park!»

«Urca!» esclamò Goku «Grazie, Vegeta! Sei proprio un angelo, quando ti ci metti!»

 

A quella frase, il principe dei saiyan non ci aveva visto più e, mentre la vena sulla sua fronte pulsava pericolosamente, aveva colpito il decerebrato con un pugno sul muso, costringendolo ad indietreggiare, per poi bloccarlo al muro e chiudere la porta della stanza per evitare che qualcuno passasse in corridoio e li notasse. Lui non era un angelo, maledizione! Lui era il principe dei saiyan! E quel mentecatto non poteva permettersi di trattarlo a quel modo!

Ma non c’era niente da fare: quando si trattava di Kaharoth, Vegeta perdeva totalmente la terra sotto i piedi, e si ritrovava ogni santa volta a dover prendere il suo orgoglio, buttarlo per terra e schiacciarlo con tutto il peso del suo corpo fino a sgretolarlo completamente.

Oh, quanto avrebbe voluto impiccarsi.

 

«E dai, non fare così!» gli aveva detto Goku, prendendolo per le spalle e ribaltando le loro posizioni, sbattendo il principe di schiena contro il muro «Tanto lo so che non vuoi davvero farmi del male!»

«Vogliamo fare una prova, Kaharoth?» gli aveva chiesto Vegeta, con tono di sfida «Perché uno di questi giorni potrei ucciderti. E liberarmi di te sarebbe il sogno della mia vita.»

«Ah, sì?» il saiyan dai capelli a palma si era avvicinato di più, riducendo i loro volti ad una distanza esigua «Non sei per nulla convincente, Vegeta!»

«Guarda, tesoro, che potrei far esplodere te e questo insulso pianeta in qualsiasi momento, se volessi.»

«Già, se volessi.» Goku gli aveva lasciato un bacio a fior di labbra, prima di allontanarsi e rivolgergli un largo sorriso «Ma non vuoi!»

A quel gesto così impulsivo e provocatorio, il principe era arrossito come un idiota, distogliendo lo sguardo ed incrociando le braccia al petto.

Maledetto Kaharoth.

«Tsk!»

 

*

 

«E Vegeta avrebbe accettato di venire in un posto del genere?»

 

Dopo aver appreso quella notizia da Bulma, Radish aveva sgranato gli occhi, meravigliato. Se solo una richiesta del genere gli fosse stata fatta un anno prima, il principe dei saiyan avrebbe prima sterminato tutta la popolazione terrestre, e poi fatto esplodere la Terra come se niente fosse. Era proprio da escludere una cosa del genere.

Eppure, la turchina era riuscita nel suo intento: il saiyan non aveva ben capito quali fossero i suoi piani, ma essendo stato lui a vuotare il sacco, si sentiva messo in causa più di quanto non lo fosse, ed aveva cominciato ad interessarsi parecchio a tutta quella storia.

In fondo, Kaharoth era pur sempre suo fratello, e Radish detestava essere messo da parte dai suoi consanguinei. Fin da piccolo, aveva sempre fatto di tutto per entrare nelle grazie di suo padre e ricevere le attenzioni di sua madre, aveva sempre fatto di tutto per farsi notare, e ci era sempre riuscito. Soltanto Kaharoth sembrava tenerlo ancora a debita distanza, passava più tempo con Vegeta che con suo fratello, e questo lo infastidiva non poco.

 

«Già!» aveva risposto la turchina, fiera di sé «Tuo fratello non ha ancora capito in cosa si è cacciato! Voi saiyan dovete ancora comprendere che il mondo è delle donne! Non si fotte, con noi!»

«Voi donne siete davvero una palla al piede.» aveva commentato Radish «Non sarete forti come noi, ma avete un intuito che vi fa onore. Devo ammetterlo.»

«Sai, se solo questo non intralciasse i miei piani, porterei anche te con me! Mi sai stare davvero vicino, Radish!»

 

Nessuno a parte lei avrebbe potuto vederlo, ma in quel momento il capellone era diventato rosso fino alla cima dei capelli.

 

*

 

E così, come un idiota, Vegeta si era lasciato trascinare in quel luogo maledetto pieno di ragazzini che correvano ovunque e strilli provenienti da chissà dove. Era circondato da persone che passeggiavano in ogni angolo, da strani marchingegni, alcuni bassi e colorati, alcuni tremendamente alti ed intimidatori. Altri erano gazebi camuffati da case. Sembrava un posto fuori dal comune, un luogo che mai nella vita aveva avuto modo di vedere. Era sicuro non esistessero posti del genere, su tutti gli altri pianeti che aveva avuto la possibilità di visitare-e distruggere.

Si guardava attorno stranito, il principe dei saiyan, stranito ma allo stesso tempo curioso: in fondo, tutte quelle strane macchine veloci, alte ed intimidatorie, viste da lontano, non sembravano affatto male, e le urla provenienti dalle stesse lo stavano divertendo da morire.

Gohan, senza curarsi neanche lontanamente della presenza del padre, o sua, aveva afferrato Bulma per la mano, iniziando ad indicare ovunque, felice come una pasqua. Ma era possibile che quel moccioso sapesse trovare un fratello o una sorella maggiore non consanguineo ovunque?

A quel pensiero, Vegeta si ritrovò a strozzarsi con la sua stessa saliva, costretto a darsi dei piccoli colpi sul petto per calmarsi. Aveva davvero pensato di essere il ‘fratello maggiore non consanguineo’ di quel marmocchio? Maledetta Terra, maledetti terrestri e maledetto Kaharoth. Era tutta colpa di quei tre elementi, se si stava trasformando in quella specie di mentecatto rammollito che passeggiava in un Luna Park.

 

«Ti senti bene?» aveva chiesto Goku, sfoderando uno dei suoi soliti, infantili, sorrisi. Era probabilmente anche più contento di suo figlio, di trovarsi lì. E soprattutto, di trovarsi lì assieme a Vegeta: in fondo, nonostante quest’ultimo probabilmente ignorasse addirittura l’esistenza di una cosa del genere, quello poteva considerarsi a tutti gli effetti il loro ‘primo appuntamento’. 

Certo, avrebbe evitato di dirlo al principe dei saiyan, in modo da poter vivere ancora qualche anno della sua vita, ma in quel momento, il super saiyan dai capelli a palma, si stava proprio per godere la sua prima uscita con quello stronzo bipolare di Vegeta. 

«Certo che sto bene, maledetto idiota!» aveva risposto suddetto stronzo bipolare, continuando a camminare ed emettendo, di tanto in tanto, qualche ringhio in direzione dei passanti che, accidentalmente, lo urtavano.

 

 

Bulma, mentre camminava assieme a Gohan a pochissimi metri dai due saiyan, sorrise compiaciuta: la prima parte del suo piano era già andata a termine. Adesso, sarebbe toccato alla seconda.

 

~

 

CIAO A TUTTI, RIECCOMI! *Jay comincia a correre in direzione di chiunque stia leggendo la storia, iniziando ad ammorbarlo(di nuovo)*

Ho deciso di tornare in fretta con questo brevissimo ma a mio parere bellissimo capitolo: finalmente, vediamo Bulma in azione! E non in un’azione qualunque, ma nell’azione di smascherare i nostri due saiyan preferiti! 

E come decide di farlo? Utilizzando una piacevole giornata da passare con Gohan! Io amo questa donna, ma a volte sa essere addirittura più manipolatrice di Chichi, accidenti!

Però, ci ha dato il primo appuntamento di Goku e Vegeta che, da amante dei parchi divertimenti, non potevo non far accadere in un Luna Park! 

 

Presto, assisteremo alla seconda parte del piano della nostra turchina! In cosa consisterà, e cosa succederà tra i nostri due saiyan?

 

;)

 

-JAY

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Capitolo 18
*** Momenti preziosi ***


«Allora!» aveva trillato la turchina, raggiungendo Goku e Vegeta che, come succedeva spesso ultimamente, erano chiusi nel loro, personalissimo mondo «Io porto Gohan nell’area del parco per bambini! Voi, se volete, potete farvi un giro! Sei d’accordo, Gohan?»

«Oh, sì!» aveva esclamato il bambino, al settimo cielo: gli piaceva passare del tempo con Bulma, e sapeva che lei era molto più paziente di suo padre o di Vegeta, che si sarebbero divertiti molto di più in un’altra area del parco, o addirittura altrove «Ci vediamo più tardi, papà! Ciao, Vegeta!»

Prendendo per mano il piccolo Gohan, Bulma sorrise tra sé e sé: oh, quei due saiyan non sapevano ancora in cosa si stessero andando a ficcare, lei lo sapeva bene. Avrebbe passato tutta la giornata col figlio del suo migliore amico, ma li avrebbe senz’altro tenuti d’occhio per bene. Voleva vederci chiaro, in tutta quella storia e, nonostante non volesse farne parola con nessuno, voleva essere la prima a saperne di più.

 

Nonostante la riluttanza iniziale, il principe dei saiyan doveva ammettere che, camminando nei meandri di quel luogo sconfinato, non si stava sentendo affatto a disagio. Anzi, ora che la gallina e il bambino si erano definitivamente allontanati, aveva cominciato a sciogliersi, iniziando a camminare fianco a fianco con l’idiota felice come una pasqua che lo aveva costretto a recarsi lì.

Non sapeva come definire quella sensazione, ma trovarsi in una situazione completamente ‘umana’ con Kaharoth al suo fianco lo stava facendo sentire bene. In qualche modo che non sapeva neanche spiegare, Vegeta si sentiva tremendamente felice.

 

«Allora» aveva gracchiato ad un certo punto, inarcando un sopracciglio «Hai deciso di farmi strada, oppure vuoi soltanto saltellare come un deficiente? Mi hai costretto a venire qui, quindi fammi divertire, o giuro che ti faccio saltare in aria.»

 

Il saiyan dai capelli a palma aveva ridacchiato, grattandosi allegramente la nuca mentre, con fare discreto, prendeva Vegeta per mano-rischiando un ki blast dritto in faccia che, però, tardò ad arrivare- e cominciando a trascinarlo all’interno del parco, affrettando il passo.

Sapeva perfettamente quali attrazioni sarebbero piaciute al principe, e sapeva esattamente dove avrebbe dovuto portarlo per prima cosa. Così, leggendo attentamente la mappa-e meravigliandosi di saperne leggere una-, si ritrovò ben presto a camminare dall’altra parte del parco divertimenti, di fronte a quella che doveva essere la casa degli orrori.

Ecco. Quella sarebbe stata l’attrazione perfetta: da quel che ne sapeva Goku, si entrava a coppia e si camminava attraverso un tunnel, all’interno del quale degli attori perfettamente mascherati da mostri tentavano di spaventare i visitatori.

 

«E questa che sarebbe?» chiese il principe dei saiyan, sinceramente incuriosito: sul cartello d’entrata, scritto con un carattere ed un colore che ricordavano il sangue, c’era scritto “Ghostville”. Il nome lo attirava parecchio, e due ragazze che uscirono dalla strana casa terribilmente spaventate, correndo ed urlando, lo incuriosirono ancor di più. In fondo, quel Luna Park si stava rivelando più interessante del previsto.

Non aveva lasciato la mano di Kaharoth e, nonostante la cosa lo imbarazzasse e lo facesse parecchio infuriare con sé stesso, quel contatto gli piaceva. E poi, lì non sembrava conoscerli proprio nessuno, e a nessuno stava importando di vedere due ragazzi tenersi per mano in un modo così intimo.  

«Lo vedrai, Vegeta.» aveva allora detto il saiyan dai capelli a palma, ridacchiando «Lo vedrai.»

 

Quella lunga fila per entrare lo stava stressando ai limiti del possibile: com’era anche solo lontanamente immaginabile che tutta quella gente fosse lì soltanto per entrare all’interno di una stupida giostra? E poi, lui era il principe dei saiyan, avrebbero dovuto lasciarlo passare a prescindere!

Stava per urlare di rabbia, quando si ricordò che, purtroppo, non era sul pianeta Vegeta, era sulla Terra, e lì avrebbe dovuto aspettare il suo turno come un comune mortale. La cosa lo faceva imbestialire? Sì, in modo inimmaginabile, ma Kaharoth sembrava così rilassato che, in poco tempo, iniziò ad esserlo anche lui, maledicendosi per la milionesima volta da quando quella stupida storia era iniziata.

Maledetta terza classe. Lo stava proprio contagiando.

Fortunatamente, il loro turno arrivò relativamente presto, dopo appena venti minuti di coda e, dopo essere stati accolti da un tizio con un occhio penzolante, erano entrati. Soltanto loro due, in un antro oscuro.

La porta si chiuse sbattendo alle loro spalle, facendolo sussultare. Se fuori ancora si moriva di caldo, lì dentro faceva inspiegabilmente freddo. Non era esattamente ciò che Vegeta si aspettava di trovare: in fondo, era pur sempre una giostra! Una giostra avrebbe mai potuto essere tanto spettrale? 

 

«Dove diavolo mi hai portato, idiota?!» aveva sibilato, stizzito mentre, senza il minimo senso del pudore, si attaccava come una cozza al braccio del decerebrato, che iniziò a ridacchiare, camminando avanti a lui «Siamo in una giostra, accidenti! Una giostra! E mi sembra di essere all’inferno!»

«Eddai, stai calmo!» esclamò Goku, ridendo: in fondo, Vegeta non era poi così tranquillo come tutti pensavano. In quel frangente, era teso come una corda di violino, e stava letteralmente stritolando il suo povero braccio, mentre gli andava dietro con passo incerto «È divertentissimo, vedrai!»

 

Passarono una prima porta, inoltrandosi in un corridoio ancora più spettrale dell’ingresso, con luci soffuse, senza alcuna finestra che dava sull’esterno. I nervi di Vegeta si tesero ancora di più e, maledicendo sé stesso e buttando ancora una volta via il proprio orgoglio, fece scorrere una mano lungo il braccio dell’imbecille, incontrando e prendendo la sua, che fece intrecciare senza problemi le loro dita. 

In quel momento, il principe dei saiyan ringraziò il buio di quella giostra, che camuffò perfettamente il colorito scarlatto che avevano assunto le sue guance.

Ma il pensiero sul proprio orgoglio ferito durò poco perché, dal nulla, una tizia urlante e spaventosa, completamente ricoperta di sangue e con i capelli che le coprivano la faccia, sbucò fuori dall’angolo.

Vegeta fece un salto e, urlando dallo spavento, si strinse ancora di più all’idiota, diventando rosso di rabbia.

 

«Maledetta donnaccia! Come diavolo ti permetti?! Lo sai chi sono io?!» aveva sbottato, cercando di intimidire la donna che, in risposta, gli rivolse soltanto un verso gutturale, indicando ai due saiyan la strada per proseguire «Kaharoth, dove stracazzo siamo?! Perché diamine mi hai portato qui dentro?!»

Goku, in tutta risposta, rise di gusto, probabilmente facendosi sentire in tutto il tunnel: non avrebbe mai pensato che uno come Vegeta si sarebbe fatto spaventare dalla casa degli orrori! Era veramente una scena ai limiti dell’ilarità. Aveva fatto proprio bene a portarcelo!

«E smettila di ridere, maledetto stupido! Sto parlando con t-AAAAAAH!»

Un secondo mostro, questo con in mano un’accetta, apparse dal nulla, iniziando ovviamente a rincorrere il più spaventato tra i due, che cominciò a trascinare l’altro lungo il corridoio, raggiungendo una nuova porta, che li condusse in quella che sembrava una camera da letto.

Tutto tranquillo. Sembrava tutto dannatamente tranquillo. Fino a quando, dall’angolo della stanza, spuntò quella che sembrava poco più di una ragazzina, che cominciò a gridare aiuto, aggrappandosi ai capelli del principe dei saiyan, che rischiò l’infarto. Proprio lì. Proprio in quel momento.

E il saiyan dai capelli a palma, che teneva ancora ben stretta la mano del ragazzo che ormai era diventato bianco come un lenzuolo, non poteva far altro che ridere a crepapelle: una delle risate più sincere e divertite che Vegeta avesse mai sentito in tutta la sua vita. Era davvero una situazione tanto divertente?

Sì, in fondo. Lo era eccome, si ritrovò a pensare il principe. Ma una volta usciti da lì l’avrebbe ucciso, l’avrebbe strangolato con le proprie mani.

«Giuro che ti faccio saltare in aria, Kaharoth!» aveva urlato, sfuggendo all’ennesimo mostro «Faccio saltare in aria te e tutto questo dannatissimo pianeta!»

 

Fortunatamente, quella tortura psicologica non durò molto, soltanto altri dieci minuti, e una volta fuori, il principe dei saiyan poté riassumere pian piano un colorito normale. Nonostante avesse strillato tutto il tempo, rischiando anche che il suo cuore si fermasse, doveva ammettere di essersi piuttosto divertito. 

Anzi, più che altro aveva divertito Kaharoth, che ancora non la smetteva di ridere, con la bocca spalancata e le lacrime agli occhi, tenendosi la pancia e contorcendosi su sé stesso.

 

«Mi spieghi che cazzo hai da ridere?!» ringhiò Vegeta, digrignando i denti «Solo a te è sembrata divertente, questa stramaledetta giostra!»

«Scusa, Vegeta!» aveva esclamato il saiyan cresciuto sulla Terra, tra una risata e l’altra, cercando di asciugarsi le lacrime «È che non ti ho mai visto così spaventato in tutta la mia vita!»

«E chi ha detto che fossi spaventato?!» tuonò il principe «Era tutta una messinscena! Una messinscena! E ora portami su un’altra giostra!»

 

Goku, a quella richiesta-che sembrava più un modo per tirarsi fuori da quella situazione imbarazzante- sorrise soddisfatto: stava riuscendo nel suo intento, Vegeta si stava divertendo e, contro ogni sua aspettativa, aveva dimostrato di gradire il contatto fisico con lui più di quanto lo avesse mai dimostrato in quei giorni addietro. Se c’era una giornata perfetta, era proprio quella. Niente avrebbe potuto rovinare quei momenti, e lui ne avrebbe fatto tesoro, perché erano momenti passati insieme al principe dei saiyan, non insieme al primo che passava.

In quell’istante, il giorno in cui si erano affrontati per la prima volta come due nemici sembrava così lontano che a Goku quasi sembrò non fosse mai esistito.

Così, prendendolo nuovamente per mano, e vedendolo arrossire copiosamente a quel contatto, lo aveva trascinato nei pressi di una seconda attrazione che gli sarebbe sicuramente interessata.

 

Vegeta alzò lo sguardo. Stavolta non erano di fronte ad una casa, niente luoghi interni o scritte fatte con vernice rossa: questa volta, erano di fronte a una mastodontica, enorme, estrema ferrovia. O almeno, era quello che sembrava a lui. Non sapeva cosa fossero tutte quelle cose, era tutto totalmente nuovo per lui e, a discapito di ciò che avrebbe voluto, gli stava piacendo. Gli stava piacendo tutto quanto: la vicinanza di quell’inetto, quelle strane attrazioni, tutta quella gente che si godeva la vita senza pensieri... gli stava piacendo. E questo lo preoccupava. Lo preoccupava da morire.

Ma, in fondo, aveva scelto lui di andarci, no? E tanto valeva andare fino in fondo, arrivati a quel punto.

“The Demon”. Così si chiamava, quella seconda giostra. Mentre erano in coda, Kaharoth gli aveva spiegato che giostre del genere venivano chiamate montagne russe, ed erano amate da tutti i ricercatori di adrenalina, perché erano così veloci ed estreme da mandarti letteralmente il cuore in gola. Interessante. Dannatamente interessante.

In pratica, era come volare, ma senza utilizzare la propria energia combattiva e standosene semplicemente seduti a godersi la corsa. Per qualche strano motivo, quell’inetto stava scegliendo, una dopo l’altra, giostre che gli sarebbero sicuramente andate a genio, ed il principe dei saiyan, a quel pensiero, si ritrovò ad arrossire copiosamente: lo conosceva davvero così bene?

 

Una volta passata l’interminabile e stancante fila, i due si apprestarono-anzi, è più corretto dire che Goku si apprestò a farlo, trascinandosi dietro Vegeta- a scegliere proprio la prima fila del veicolo, che consisteva in file da quattro di seggiolini. Sotto i piedi dei visitatori, nulla, soltanto il vuoto. 

Con i nervi tesi a fior di pelle, il principe si sedette esattamente accanto al suo compagno e, dopo essersi allacciato quelle che dovevano essere delle cinture di sicurezza, iniziò a pentirsi di essere salito lì sopra: sembrava davvero alto, intimidatorio e veloce. Così veloce che pensava avrebbe sicuramente superato la sua velocità di volo.

Ma chi diavolo gliel’aveva fatto fare, di salire sopra a quella macchina mortale?

Kaharoth. Gliel’aveva fatto fare Kaharoth.

Proprio nel momento in cui stava per rinunciare alla corsa e scendere, il Demon partì, non dandogli più scelta se non quella di aspettare che la corsa finisse.

Era partito lentamente, e tutti sembravano tremendamente distesi e rilassati, e soprattutto divertiti: la gente rideva e non pensava affatto alla ripidissima salita che la montagna russa stava compiendo. L’unica ansia che aveva Vegeta, era che quella salita finisse troppo presto. 

 

«Accidenti a me.» aveva incalzato, fra i denti «Anzi no, accidenti a te, Kaharoth. Giuro che se mi viene un’infarto, ti porterò all’inferno con me. Sono stato abbastanza chiaro?»

Goku rise «A me sta bene! Ma occhio alla discesa!»

«Cos-AAAAAAAH!»

 

Non aveva fatto neanche in tempo a finire una singola frase, che il Demon aveva iniziato la sua discesa, prendendo sempre più velocità, e sballottolando il principe dei saiyan ovunque, mentre le sue gambe penzolavano sul nulla. 

Il giro della morte era stato il peggiore: così veloce ed inaspettato, che lo stomaco di Vegeta gli era andato letteralmente in gola.

Però doveva ammettere che, tra le urla, le minacce di morte a discapito del mentecatto che si ritrovava accanto ed al quale stava letteralmente conficcando le unghie nella carne stringendogli la mano, si stava divertendo da morire: quel Demon era esattamente come se l’era aspettato. Adrenalina pura, adrenalina che ti entrava in corpo, che ti spingeva ad urlare, quella stessa adrenalina che il principe aveva provato la prima volta in cui aveva imparato a volare.

Accidenti, se era divertente.

 

Una volta scesi da quella pazza, bellissima giostra, con i capelli completamente arruffati e due sorrisi soddisfatti in volto, i due saiyan si diressero immediatamente verso un’altra attrazione, e poi un’altra, ed un’altra ancora.

Era davvero incredibile come uno come il principe dei saiyan avesse imparato in così poco tempo a divertirsi come un normale essere umano: chi avrebbe immaginato, in quel momento, di trovarsi davanti a un alieno?

Sorrideva soddisfatto, Goku: quel primo appuntamento con Vegeta stava andando davvero nel migliore dei modi. Senza litigi, senza intralci. Soltanto loro due, il sole di quasi metà ottobre, e le giostre. Non si sarebbe immaginato giornata migliore di quella. 

Il principe si era addirittura lasciato prendere per mano, si era fatto trascinare ovunque lui volesse, si era fatto fare tutto ciò che il saiyan dai capelli a palma avrebbe voluto si facesse fare. E di questo, Goku glien’era tremendamente grato.

Ogni minuto che passava assieme a quel burbero d’un principe era estremamente prezioso, ed ogni minuto che passava, il saiyan cresciuto sulla Terra, si accorgeva sempre più di quanto Vegeta stesse diventando importante per lui.

Lo voleva accanto a sé. Aveva bisogno di lui come i suoi polmoni avevano bisogno d’ossigeno, e questa era una cosa che nessuno dei due avrebbe potuto evitare. Nessuno dei due perché, contro ogni loro aspettativa di qualche tempo prima, si stavano inevitabilmente e indelebilmente avvicinando ogni giorno di più. 

 

*

 

Mano nella mano. 

I due saiyan, il principe e la terza classe, quelli che, fin dal loro primo incontro, erano sempre stati due acerrimi rivali, avevano attraversato il parco da una parte all’altra mano nella mano.

Il piccolo Gohan, ovviamente, impegnato a saltare da una giostra all’altra e a mangiare zucchero filato e pop corn, non se n’era accorto, ma Bulma, che aveva deciso di tenere i suoi bellissimi occhi azzurri come il cielo aperti per tutto il giorno, se n’era accorta eccome.

Era praticamente impossibile che, in una situazione normale, uno come Vegeta si sarebbe fatto prendere la mano. Tantomeno da Goku. No, quella non era la stessa situazione che era stata abituata a vedere: qualcosa era cambiato. Probabilmente in modo indelebile. E la turchina era certa di sapere cosa fosse successo.

La curiosità la stava attanagliando. Avrebbe voluto saperne di più, ma non poteva abbandonare Gohan per seguire quei due, avrebbe dovuto rimanere assieme al bambino e badarci. Certo, il figlio del suo migliore amico era abbastanza in gamba da badare a sé stesso, ma lei non era così irresponsabile da lasciare un bambino di soli sei anni da solo in quel parco così grande.

Aveva deciso: quella sera stessa avrebbe parlato con Goku, e ci avrebbe visto meglio in tutta quella faccenda.

 

*

 

«Hey!» aveva esclamato ad un certo punto il saiyan dai capelli a palma, mentre divorava il suo tanto bramato hot dog «Sai che... esiste una cosa ancora più divertente e veloce delle montagne russe?»

 

Il principe dei saiyan, a quelle parole, alzò la testa dal suo frullato, guardando negli occhi il bambinone seduto di fronte a lui. Quella frase aveva inevitabilmente catturato la sua attenzione: cosa poteva esserci di tanto bello e divertente, da superare addirittura quelle macchine mortali che erano le montagne russe?

Kaharoth, nonostante fosse un irreparabile idiota, conosceva molte più cose di lui, riguardo quel pianeta. E questa era una cosa che poteva utilizzare soltanto a suo vantaggio: avere al suo fianco qualcuno che lo aiutasse a scavare nei meandri più profondi di quella terra tanto pacifica gli avrebbe soltanto giovato.

 

«Se hai voglia di andare via da qui, te la faccio vedere.» aveva continuato Goku, ridacchiando. Sapeva che Vegeta avrebbe mostrato interesse: sembrava uno stupido, ma in realtà conosceva molto bene i suoi polli.

E il principe era decisamente uno dei suoi polli più belli e preziosi.

«Bene.» gracchiò Vegeta, alzandosi dal suo posto «Che aspettiamo?»

 

E, così com’erano arrivati, i due saiyan se n’erano andati, lasciandosi alle spalle quel luogo tanto bello che entrambi, col senno di poi, si sarebbero portati nel cuore. Il primo con orgoglio e contentezza, l’altro senza ammetterlo neanche sotto tortura.

Avevano volato per tanto, tanto tempo, fino a raggiungere finalmente quello che Goku aveva designato come luogo perfetto: una piccolissima isola deserta, sulla quale vivevano, in armonia, soltanto alcuni, pacifici animali, e nella quale regnava la calma e la pace.

 

«Quindi?» aveva chiesto ad un certo punto il principe, spazientito «Si può sapere perché mi hai portato qui? Non c’è assolutamente nulla.»

Il saiyan dai capelli a palma ridacchiò divertito e, dopo aver fatto qualche passo verso la riva della spiaggia, aveva chiamato a gran voce quella che era la sua nuvola speedy che, come sempre, l’aveva raggiunto in men che non si dica.

 

Alla vista di quello strano oggettino dorato che somigliava ad una nuvola, il principe dei saiyan aveva inarcato un sopracciglio: e quella cosa da dove diavolo spuntava? Era sicuro di averla vista soltanto una volta in vita sua, quando Kaharoth aveva raggiunto lui e Nappa per combatterli e salvare la Terra.

Ma ora? Ora perché quella strana cosa era lì di fronte a loro?

 

«Beh?» chiese, squadrando il mentecatto da capo a piedi «Che cosa starebbe a significare?»

«Eheheheh! Forza!» esclamò Goku, salendo sulla sua fedele nuvola magica «Salta su! Ma sta attento a rimanere sulle mie gambe, o cadrai per terra! La nuvola speedy accetta soltanto persone completamente pure di cuore!»

«Tsk!»

 

Non capendo completamente quali fossero le reali intenzioni di quell’idiota, il principe fece come gli era stato chiesto e, con un imbarazzo che soltanto lui sapeva di poter provare, si sistemò molto cautamente sulle gambe di Kaharoth, incrociate e pronte ad accoglierlo, e purtroppo, per evitare di cadere dalla nuvola, anche lui dovette imitare la posizione dell’inetto, stringendosi di più a lui, ed accettando le sue braccia che, con fare protettivo, lo strinsero ancora di più al suo petto, facendolo arrossire fino alla cima dei capelli.

 

«Bene! Sei pronto?»

«Sono nato pronto, Kaharoth.»

 

A quelle parole, Goku non ci pensò due volte e, felice come una pasqua, fece partire a tutta velocità la nuvola magica, iniziando a sorvolare l’oceano, beandosi del profumo dei capelli del principe e stringendolo più forte tra le sue braccia, godendosi appieno quel momento di estrema intimità, respirando a pieni polmoni l’aria pulita, lasciandosi andare al vento, a tutto quanto, perché sapeva che quello sarebbe stato un momento speciale. Un momento prezioso del quale non avrebbe fatto mai parola con nessuno, perché era con Vegeta che lo stava passando. Perché era con l’unica persona con la quale avrebbe voluto passarlo, che lo stava passando.

 

Vegeta, dal canto suo, inizialmente titubante, alla fine, come di consueto, si lasciò trascinare. Si lasciò trascinare perché sì, quello era decisamente meglio di quelle stupide montagne russe. Ed era meglio perché non c’era nessuno con loro, perché erano soltanto loro due e nessun altro, perché nessuno poteva interferire in quel momento così tranquillo, così intimo, così umano.

Si sentì rilassato, Vegeta, mentre appoggiava la testa su una delle spalle dell’idiota dietro di lui, portando le mani a stringere quelle di Kaharoth, che erano ancora ben salde sulla sua vita.

Si sentì felice, Vegeta, mentre osservava il paesaggio farsi sempre più bello, sotto la luce aranciata del tramonto, che fece risplendere ancora di più il mare sottostante. 

Sì, quello era decisamente meglio delle montagne russe.

 

«Devo ammetterlo.» sussurrò, girando leggermente il capo per poter osservare il viso dell’idiota «A volte, hai davvero delle belle idee, Kaharoth. Dovresti usare più spesso quella testa bacata che ti ritrovi.»

Goku sorrise «E tu dovresti essere più spesso così docile.»

Quelle parole, gli costarono un forte morso al lobo dell’orecchio, che lo fece rabbrividire per un breve attimo.

«Non sono un cagnolino da domare, stupido idiota.» aveva asserito il principe, ringhiando «Mettitelo in testa.»

A quel punto, il saiyan dai capelli a palma girò completamente la testa, soltanto per ritrovarsi esattamente faccia a faccia col principe, facendo toccare i loro nasi, rendendo ancora più bello quel momento.

«Già... non lo sei affatto.» sussurrò, sorridendogli «E va bene così.»

 

Non ci volle molto, prima che i due saiyan si ritrovassero a baciarsi sotto le luci del sole calante, dimostrando ancora una volta a sé stessi di aver bisogno l’uno dell’altro, facendo tesoro di ogni istante, di ogni momento.

Perché ogni momento passato insieme era prezioso. Perché ogni momento passato insieme era indimenticabile.

E perché, inevitabilmente, si stavano innamorando l’uno dell’altro.

 

~

 

Heylà!

 

Rieccomi con questo nuovo capitolo! Capitolo che, per inciso, mi sono divertita un mondo a scrivere. Soprattutto le parti in cui Vegeta si trova ad affrontare le attrazioni del parco!

Abbiamo scoperto che il grande principe dei saiyan si lascia intimorire da una semplice casa degli orrori! xD PORACCIO!

Goku è innamorato perso, nulla da fare: è veramente in un brodo di giuggiole, così come ci sono io, accidenti a questi due. Sono troppo carini, mi fanno desiderare di avere una relazione con qualche alieno(Cosa, Jay? xD)

Bulma sembra aver capito molte cose. Parlerà con Goku oppure sceglierà di farsi i propri affari? E, soprattutto, cosa spera di scoprire? 

Concludiamo in bellezza con un momento bellissimo passato sulla nuvola speedy T.T ditemi se questi due non sono preziosissimi, i miei figli.

 

Bene, possiamo anche fermarci qui, per ora. Ci vediamo al prossimo capitolo!

 

-JAY

 

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Capitolo 19
*** Vittime dell’ambiente ***


Silenzio.

Regnava il silenzio, su quel meraviglioso pianeta che era Neo-Namecc.

Rosicheena non chiudeva occhio da giorni, ormai: dopo aver appreso la notizia della distruzione del suo pianeta d’origine ed aver scoperto che suo figlio, il suo amato bambino, la luce della sua vita, fosse ancora vivo e perfettamente in forze, non era più riuscita a prendere sonno.

Gli abitanti di quel luogo dormivano placidamente, in quell’istante, ed anche sua figlia, ormai, si era addormentata da un bel po’.

Se ne sarebbe stata volentieri assorta nei suoi pensieri, affacciata al grande balcone della dimora dell’anziano saggio, se solo quest’ultimo, con un’aria preoccupata, non l’avesse inaspettatamente raggiunta.

 

«Oh? Moori.» incalzò lei, sorpresa «È forse successo qualcosa?»

«Temo di sì, amica mia.» le aveva detto il vecchio, reggendosi al proprio bastone «Temo sia successo qualcosa di irreparabile. Devo assolutamente mettermi in contatto con i Kaioh.»

«I Kaioh?»

 

Nonostante non capisse una parola di ciò che l’anziano stesse dicendo, Rosicheena decise di star zitta, lasciando il vecchio namecciano ad i suoi affari. In quel momento, sembrava che Moori si stesse mettendo in contatto con qualcuno che, fisicamente, non era lì, e rimase affascinata da quelle grandi abilità telepatiche.

 

*

 

Erano tornati a casa rinfrescati e rigenerati. Vegeta era inspiegabilmente rilassato, mentre Goku... beh, Goku era al settimo cielo. Aver passato quella giornata in compagnia del principe dei saiyan non lo aveva soltanto fatto star bene, ma gli aveva anche dato la possibilità di ragionare sui propri sentimenti, sulle proprie sensazioni. E le sensazioni che provava con lui, erano di gran lunga diverse da quelle che provava con Chichi, il sentimento che provava per lui era di gran lunga diverso da quello che aveva creduto di provare per la sua ex moglie. 

Non avevano parlato, mentre entravano in casa, perché non c’era bisogno di parole, perché stavano bene così, ed anche perché, una volta entrati, si ritrovarono di fronte la turchina, con le mani saldamente puntate sui fianchi ed uno sguardo deciso ed accigliato.

Vegeta la ignorò, superandola e dirigendosi al piano di sopra per farsi una doccia, mentre Goku, timoroso di aver fatto qualcosa che non andasse, deglutì: quando le donne lo guardavano in quel modo, non era mai un buon segno.

 

Bulma ringraziò il cielo che il principe dei saiyan, invece che parlare, l’avesse semplicemente ignorata. Aveva bisogno di parlare col suo migliore amico, ed aveva bisogno di farlo subito, e da soli.

Si sentiva leggermente esclusa, in quel momento, doveva ammetterlo, e a lei non piaceva affatto sentirsi esclusa, in particolar modo dalla vita del suo migliore amico, di quello che l’avrebbe dovuta considerare come una sorella, che le avrebbe dovuto raccontare tutto.

Di certo non lo biasimava: se davvero stesse succedendo ciò che lei sospettava, ci sarebbe voluto certamente del tempo per parlarne, sia a lei che a tutti gli altri.

 

«Goku...» lo incalzò, rilassandosi, cercando di essere più tranquilla e comprensiva «Che sta succedendo?»

«Mh?» il Son sembrava confuso, mentre la seguiva sul divano, sedendosi accanto a lei «In che senso?»

«Che sta succedendo, fra te e Vegeta?»

 

A quelle parole, i peli sulla nuca di Goku avevano iniziato a rizzarsi, ed un brivido aveva attraversato la sua spina dorsale, lasciandolo cadere in un antro fatto di preoccupazione e paura: che lei o, ancora peggio, Gohan, avessero visto qualcosa? 

Certo, a lui non avrebbe creato alcun problema, ma non si sentiva ancora pronto a farlo sapere alle persone che gli stavano vicino. Era troppo presto. Decisamente troppo presto, per parlarne. Non poteva permetterselo, non senza averne parlato prima con Vegeta.

 

«Non ne farò parola con nessuno, se non vuoi. Lo sai, Goku.» aveva continuato la turchina, sospirando «Ma ho notato delle cose... e devo confessarti che, oltre a essere curiosa, sono anche preoccupata. Sono la tua migliore amica, Goku, e pensare che qualcuno possa non ricambiare i tuoi più che evidenti sentimenti mi fa male. Ti sto facendo questa domanda soltanto per capirne di più, magari per aiutarti. Non sono in cattiva fede, non lo sarò mai.»

 

A quelle parole così accorate e piene di preoccupazione-oltre che di intuizione e curiosità- della sua migliore amica, il giovane super saiyan prese a grattarsi nervosamente la nuca, indeciso sul da farsi. Certo, avrebbe voluto tenere per sé quella storia ancora per un po’. Anzi, per un bel po’. Ma prima o poi avrebbe dovuto parlarne, e non solo a Bulma, ma anche a tutti gli altri, a Gohan... soprattutto a Gohan. Non poteva continuare a comportarsi come l’immaturo che era sempre stato. Doveva crescere e prendersi le proprie responsabilità.

 

Sospirò e, dopo essersi un minimo calmato, chiese: «Dov’è Gohan?»

«Con Bardack. Si stanno allenando. Non sono in casa, almeno per ora.»

A quel punto, non si poteva tirare indietro. E sapeva per certo di potersi fidare della sua migliore amica. E si sentiva uno stupido a non avergliene parlato prima, a non aver chiesto consiglio a lei invece che a Crilin, ad aver fatto tutto quello alle spalle della persona che gli aveva teso la mano, aiutandolo in tutto e per tutto.

 

«Io e Vegeta...» si guardò un minuto indietro, per evitare di essere colto nel fatto proprio dall’oggetto della loro conversazione «Stiamo tipo... insieme. Cioè, non l’abbiamo mai specificato, in realtà, ma sembra sia così. Lui... lui me l’ha dimostrato, che mi ricambia. Cioè, è evidente, ma non so ancora cosa stia succedendo tra noi. Non so niente, Bulma. Non sono ancora sicuro di niente. Ecco perché... perché mi comporto così. Ecco perché non te ne ho parlato.» 

 

La turchina, a quelle parole, spalancò gli occhi, sorpresa ai limiti dell’immaginabile: okay, aveva immaginato ed intuito che tra loro fosse cambiato qualcosa, ma addirittura ‘insieme’? Davvero il suo migliore amico le aveva appena detto che lui e Vegeta stavano ‘tipo insieme’?

Non ci poteva credere. Era così assurdo, eppure... eppure pensandoci meglio, non sembrava poi tanto inverosimile.

«Ma tu... sei sicuro di quello che mi stai dicendo? Vegeta? Sul serio?»

Era praticamente impossibile immaginare che uno come il principe dei saiyan potesse arrivare a provare sentimenti nei confronti di qualcuno, tantomeno nei confronti del rivale che si era sempre messo in testa di superare. Eppure, Goku non raccontava bugie, la sincerità era sempre stata una delle sue migliori qualità. Ma era ancora quasi impossibile, per Bulma, immaginare quella situazione come reale.

 

Goku aveva annuito, grattandosi nervosamente la nuca «Hai capito benissimo, amica mia. Mi dispiace avertelo tenuto nascosto... in realtà, mi dispiace tenerlo nascosto a tutti voi, in fondo meritate di sapere come me la stia passando, ma... ma capisci, questa non è una cosa che riguarda soltanto me, e poi c’è Gohan, e-»

«Non devi giustificarti.» lo interruppe la ragazza, mettendogli una mano sulla spalla e sorridendogli «State facendo benissimo ad essere discreti, in ogni caso. C’è pur sempre un bambino di mezzo, e deve ancora adattarsi bene alla situazione, prima di scoprire tutte queste cose. Solo... solo non me lo sarei mai aspettato, tutto qui.»

«Quindi non dirai niente a nessuno? Promesso?»

«Oh, io non tradirei mai la tua fiducia!» esclamò lei «E poi, non vorrei che Vegeta mi uccidesse!»

 

Non potevano di certo sapere che, nascosto dietro un muro, il principe dei saiyan avesse ascoltato tutta la loro conversazione, con in volto un mezzo sorriso. Non era intervenuto, non ce ne sarebbe stato bisogno: Bulma aveva tanti difetti, ma non era una traditrice, e sapeva che, finché quella faccenda sarebbe dovuta rimanere segreta, lei si sarebbe impegnata a mantenerla tale.

 

*

 

Per tutto il resto della serata non aveva fatto altro che allenarsi, chiuso nella gravity room, senza dar conto a nessuno. Certo, rilassarsi un po’ e dimostrare all’incombente nemico di non aver paura di lui era un buon metodo per prepararsi ad una battaglia, ma senza allenamento non ci sarebbe stata storia. Lui non era ancora un super saiyan, e Freezer era stato battuto-e non ucciso- da un super saiyan. E non da uno qualunque, ma da Kaharoth. Da Kaharoth, quella... quella nullità di terza classe.

Mentre distruggeva una dopo l’altra le piccole macchine che fungevano da avversari, il principe dei saiyan si ritrovò per un attimo a pensare, di nuovo, alla sua rivalità con quel mentecatto. Stava scemando, lo sentiva. Pian piano, quell’istinto che aveva sempre avuto, quello di volerlo superare a tutti i costi, stava diminuendo, ma non era ancora svanito. Non del tutto, almeno.

Il suo desiderio più grande rimaneva quello di diventare super saiyan. Il suo desiderio più grande rimaneva quello di battere Kaharoth, qualunque fosse stato il loro rapporto, qualsiasi fossero stati i suoi sentimenti per lui. 

Però, più ci pensava, e più non era sicuro di voler soltanto ed unicamente quello. Non era più il suo chiodo fisso, non era più la sua meta prefissata. Quella, ormai, era cambiata da un bel po’, ma questo lui ancora non lo sapeva, questo lui ancora non lo sentiva, e la cosa gli stava facendo dannatamente male. E non perché non volesse sul serio far quello che stava facendo in quell’ultimo periodo, ma perché non riusciva a far fronte a tutta quella confusione che si era innescata nella sua mente: se il suo desiderio principale non era quello di essere super saiyan, allora qual era? Cosa desiderava di più al mondo? Cos’era a mancargli? Perché si sentiva così dannatamente incompleto?

 

«Vegeta.»

 

La voce profonda ed autoritaria di suo padre lo aveva distratto dal suo allenamento ed il principe, colpito dalla sua stessa sfera di energia, era inevitabilmente crollato al suolo, facendo appena in tempo a riportare la gravità ad un livello normale prima di farsi davvero male.

Che diavolo voleva quello lì, da lui? Aveva già specificato più volte che non avessero nulla da dirsi. Ed ora appariva così? Che gran faccia tosta.

 

«Giuro.» aveva detto il re, alzando le mani «Vengo in pace.»

«Che diamine sei venuto a fare? Vuoi farti ammazzare? Perché se è per questo, posso farlo tranquillamente senza la gravità a 4000.»

«Sono venuto per parlarti.»

«Tsk. Mi pare di averti già detto che non abbiamo proprio niente da dirci.»

Detto ciò, il giovane principe si era alzato da terra, facendo per uscire dalla gravity room, sorpassando suo padre che, però, determinato più che mai, lo aveva afferrato per un braccio, costringendolo a fermarsi. Non perché esercitasse una forza così grande su di lui da bloccarlo sul posto, ma perché Vegeta aveva deciso di farlo. Aveva scelto di fermarsi per ascoltare ciò che avesse da dirgli, e non sapeva nemmeno perché.

«Lo ami?»

Questo.

Questo gli aveva appena chiesto suo padre. Questo gli aveva appena chiesto il re dei saiyan. Questo, e Vegeta non sapeva nemmeno a cosa si riferisse, a chi si riferisse.

Cioè, a dire il vero, una mezza idea ce l’aveva, ma non avrebbe mai immaginato che proprio suo padre potesse arrivare a guardarsi attorno in modo così attento da cogliere quei dettagli. No, non era così evidente. Non erano così evidenti e basta, stavano attenti fino alla nausea, e gli stava bene che Bulma lo avesse intuito, ma suo padre?

Aveva per certo assistito a scene alle quali nessuno avrebbe dovuto assistere, altrimenti non si spiegava. Non si spiegava affatto.

Si era leggermente voltato in direzione del padre, inarcando un sopracciglio e ringhiando impercettibilmente «Come, prego?»

«Ti ho chiesto se lo ami.» aveva ripetuto allora il re «Sei innamorato di lui? Provi dei sentimenti per lui?»

«Prima di tutto, levami le mani di dosso.» l’aveva incalzato il ragazzo «Secondo, non so proprio a cosa tu ti riferisca e terzo, anche se lo sapessi, comunque non ti riguarderebbe. La mia vita ha smesso di riguardarti il giorno in cui sono nato. Chiaro?»

«Smettila, per favore. Sono pur sempre tuo padre, devi portarmi rispetto.»

«Rispetto.» nella voce di Vegeta, si poteva sentire una grossa nota di ironia «Rispetto. Io devo portarti rispetto. Impara prima di tutto te, a portarlo a me, dato che ti riesce davvero molto male, e poi vienimi a parlare di rispetto. Tu non sei mio padre, sei solo quello che ha contribuito a mettermi al mondo, mettitelo in testa.»

«Vegeta-»

«No. Niente ‘Vegeta’.» si era girato completamente nella sua direzione, furibondo, prendendolo per le spalle e sbattendolo al muro con tanta forza da incrinarlo, quasi da sfondarlo «Tu dov’eri quando Freezer mi molestava?! Dov’eri quando Zarbon e Dodoria mi usavano come sacco da box durante i loro allenamenti?! Dov’eri quando la squadra Ginew non faceva altro che prendersi gioco di me?! DOVE CAZZO ERI, TU?!» 

Ad ogni domanda, il principe aveva scagliato un pugno dritto in faccia a suo padre e, in un batter d’occhio il re, decisamente più debole del figlio, era diventato una maschera di sangue. Se Vegeta avesse continuato a prenderlo a pugni, molto probabilmente sarebbe arrivato ad ucciderlo, tanta era la rabbia con la quale lo stava colpendo.

«Te lo dico io, dov’eri.» sibilò, sull’orlo del pianto «Eri morto. Perché non ti sei difeso, non hai avuto neanche le palle di difendere il tuo pianeta, non hai avuto le palle di fare niente. L’unica cosa che hai saputo fare è stata vendermi. Vendermi a uno come Freezer. Mi hai condannato a vita per salvare la tua, di vita. E non ci sei neanche riuscito, dannazione!»

«A-ascolta, figlio. Non è c-come pensi, davvero-»

«E invece è esattamente come penso!» un altro pugno, stavolta all’altezza dello stomaco «È esattamente come penso, perché non te n’è mai importato nulla, di me! L’unica cosa che volevi era qualcuno che salisse al trono quando tu saresti schiattato! Di me non te ne importava, e non te ne importa neanche adesso!»

 

Si sentiva frustrato, Vegeta. Si sentiva frustrato esattamente come ci si era sentito per tutta la vita. Si era sempre sentito solo, era sempre stato solo. Era sempre stato quello privilegiato ma, seppur questi privilegi, era comunque sempre stato quello che soffriva di più.

Sua madre se n’era andata senza guardarsi più indietro, suo padre lo aveva venduto a un tiranno, pur di non combattere per salvare la pelle. Non era mai stato un cucciolo, e non lo sarebbe stato più, e la colpa era tutta di quella sottospecie di animale, perché un uomo di certo non era, che si ritrovava di fronte.

La colpa era tutta di quella maledetta bestia che, in quel momento, stava tentando in tutti i modi di parlargli. Di quella maledetta bestia che aveva avuto la faccia tosta di chiedergli quali fossero i suoi sentimenti per Kaharoth.

Era infuriato, Vegeta. Infuriato con sé stesso e con gli altri. E a malapena riusciva a trattenere le lacrime, a malapena riusciva a non urlare in preda ad una crisi di nervi. Perché era quella, che stava per avere, mentre continuava a sferrare pugni e calci ai danni del saiyan di fronte a sé. 

O meglio, una crisi di nervi è quella che Vegeta avrebbe avuto di lì a poco, se soltanto qualcuno di sua conoscenza non si fosse immediatamente teletrasportato al suo fianco, prendendolo per le spalle ed allontanandolo bruscamente dal suo avversario. Avversario che, però, in quel momento, sembrava più una vittima inerme.

 

«Vegeta!» aveva esclamato Goku, in preda alla preoccupazione, mentre cercava in tutti i modi di trattenerlo, e mentre il principe continuava imperterrito ad ordinargli di lasciarlo, divincolandosi in tutti i modi «Vegeta, calmati!»

Allora, arrivati a quel punto, punto in cui il principe dei saiyan non sembrava voler altro che uccidere il suo stesso padre, il Son lo prese per i fianchi, girandolo in sua direzione e stringendolo a sé più forte che poteva, facendogli sentire la sua presenza. Perché sperava che, almeno con quella, il ragazzo tra le sue braccia avrebbe ritrovato un po’ di calma.

«Stai tranquillo.» gli aveva portato una mano dietro la nuca, prendendo a carezzargli i capelli «Sono io, sta’ calmo. Calmati. Non serve a niente infuriarsi così... non serve a niente neanche attaccare qualcuno che non è in grado di difendersi contro di te. Lo capisci questo, vero?»

 

Avrebbe voluto sotterrarsi, in quel momento.

Non soltanto perché si stava facendo abbracciare da Kaharoth di fronte a suo padre, ma anche perché quell’idiota che stava facendo di tutto per tranquillizzarlo aveva ragione: non aveva senso attaccare così una persona che, contro di lui, non avrebbe avuto chance, neanche se fosse stata la persona peggiore dell’universo, neanche se si fosse trattato del figlioletto appena nato di Freezer. No, non era colpendo in quel modo che si passava dalla parte della ragione. E questo Vegeta lo sapeva, ma non era riuscito a controllarsi. Non era riuscito a controllarsi perché, nonostante tutto, non riusciva ancora ad ammettere che suo padre avesse ferito indelebilmente i suoi sentimenti.

Strinse i pugni e, prendendo infine un bel respiro, lasciò cadere le braccia lungo i fianchi, lasciandosi stringere da quell’idiota che, ogni volta, sembrava arrivare nel momento adatto. Kaharoth sembrava sempre sapere quando intervenire e quando no, con lui. Era incredibile come fossero entrati in sintonia.

 

La scena che gli si stava palesando davanti era incredibile. Anzi, più che incredibile. Era qualcosa di completamente astratto, qualcosa che si sarebbe aspettato di vedere soltanto in sogno, o di sfuggita. Non certo direttamente di fronte ad i suoi occhi.

Mentre si rialzava a fatica, il re dei saiyan strabuzzò gli occhi: allora non si era sbagliato. Aveva davvero visto quei due baciarsi, proprio quel giorno, mentre faceva il giro del mondo per adattarsi alla gravità di quel pianeta. Li aveva visti, e non aveva potuto credere ad i propri occhi, ma vederli lì, in quella posizione, a pochissimi centimetri dal suo viso, era tutta un’altra cosa.

Stette a guardarli interdetto per qualche istante, prima di incontrare lo sguardo del figlio di Bardack, che sembrava intimargli di non far parola di quella storia con nessuno, o il prossimo a pestarlo sarebbe stato lui. E come poteva essere così stupido da mettersi contro un super saiyan? Era ovvio che avrebbe tenuto la bocca cucita su tutta quella storia. Non voleva grane.

Poi, i due sparirono. Si volatilizzarono completamente dalla sua vista, lasciandolo lì a boccheggiare, ancora col sangue che scorreva fuori dalle ferite provocategli dal suo stesso figlio.

 

*

 

Kaharoth si era teletrasportato.

Nonostante avesse tenuto gli occhi chiusi per tutto il tempo, aveva potuto sentirlo, così come aveva potuto sentire il tessuto morbido del lenzuolo sotto di lui. Lo aveva portato in camera da letto, lontano dallo sguardo di suo padre. Anzi, lontano da suo padre e basta.

Si vergognava da morire, Vegeta. Si vergognava perché, nonostante tutti i suoi sforzi, non era riuscito a trattenere la rabbia, non era riuscito a non sfogarsi, e dalla sua bocca velenosa era uscito fuori tutto l’odio che, per anni, non aveva fatto altro che reprimere. Ed i suoi colpi avevano fatto il resto.

Si vergognava da morire, Vegeta, perché nonostante si impegnasse con tutte le sue forze di far fronte a quella situazione da solo, aveva avuto comunque bisogno di quell’idiota accanto per darsi una calmata. La sua presenza. La sua presenza era l’unica cosa di cui aveva bisogno.

 

«Finiscila di compatirmi ogni volta, brutto idiota.» aveva detto, allontanandosi bruscamente e raggiungendo l’altro capo del letto «Non ho bisogno della tua compassione, tantomeno del tuo aiuto. E tu ti ostini a volermi aiutare.»

«Io non ti compatisco affatto, stupido.»

 

A quell’ultima parola, Vegeta aveva strabuzzato gli occhi. Stupido lui? Come diavolo si permetteva quell’imbecille di dargli dello stupido?

Oh, avrebbe tanto voluto fargli saltare la testa, in quel momento, ma, prima che dalla sua bocca uscissero nuovamente i soliti insulti che amava rivolgergli, la mano di Goku si posò esattamente sul suo viso, tappandogliela, non dandogli neanche il modo di poterla aprire per mordergli quella maledetta mano.

Ma che voleva? Perché si stava comportando così?

 

«Sei proprio stupido, se pensi che io mi comporti così con te perché ti compatisco. Sei uno stupido cronico, se pensi davvero una cosa del genere.» aveva continuato il saiyan cresciuto sulla Terra, avvicinandosi un po’ di più al compagno, azzerando nuovamente la distanza che li divideva e costringendolo a stendersi, posizionandosi sopra di lui, bloccandolo contro il materasso «Io non lo faccio per compassione. Non ne provo neanche un po’ nei tuoi confronti, Vegeta. Lo faccio perché tu sei importante, e vederti in quelle condizioni non è bello. Lo faccio solo ed unicamente perché tengo a te. Brutto stupido.»

 

Stupido.

Ancora quella maledetta parola.

Ma, questa volta, non era stata quella a catturare l’attenzione del principe dei saiyan, no, a catturare la sua attenzione, questa volta, era stato il fatto che, nonostante tutto, nonostante tutti i suoi difetti, nonostante continuasse imperterrito ad insultarlo e a minacciarlo di morte, nonostante volesse sempre pestarlo in ogni occasione, Kaharoth tenesse a lui.

E glielo aveva detto senza filtri, senza paura di esternare i suoi sentimenti,  gliel’aveva detto guardandolo negli occhi, con quell’espressione carica di sincerità, con quell’espressione carica di emozioni. E Vegeta si era perso, in quegli occhi neri così simili ai suoi, Vegeta si era perso nei meandri della mente quasi insensata di quell’inetto che, in quel momento, gli stava tappando la bocca, tenendolo fermo sotto il peso del suo corpo.

 

«Quando lo capirai che esistono anche persone che tengono a te?» gli aveva poi chiesto Goku, togliendo la mano ed allontanandosi di poco, dandogli modo di respirare «Tu non te ne rendi conto, Vegeta, ma persino tuo padre ci sta provando.»

«Mio padre?» il principe era interdetto: come aveva potuto, quel maledetto idiota, nominare suo padre di fronte a lui? «Tu non sai proprio niente di mio padre, Kaharoth. Non ti immischiare in faccende che non ti riguardano.»

«Non lo faccio.» fu la risposta del saiyan dai capelli a palma «Solo che ti conosco. Lo so che serbi rancore. Che ti ha fatto tuo padre, oltre a venderti a Freezer? Cos’è che mi nascondi?»

 

A quella domanda, il principe dei saiyan abbassò il capo. Non si sarebbe mai aspettato che uno come Kaharoth potesse arrivare ad essere così perspicace, così tanto da capire che, riguardo suo padre, Vegeta stesse nascondendo davvero qualcosa.

Ma non aveva il coraggio di dirglielo. Non voleva fargli pensare che lui potesse aver bisogno di protezione, di compassione... non aveva il coraggio di rivangare quel pezzo della sua vita, che poi, tanto della sua vita non parlava. Che poi, più di cosa suo padre avesse fatto a lui, quella storia parlava di cosa suo padre avesse fatto prima del suo arrivo, prima che nascesse il frutto di una relazione malata, sbagliata, animalesca, orrenda. Orrenda persino per una razza come quella dei saiyan. Orrenda persino di lui, che ai sentimenti non ci pensava.

 

Ma Goku non avrebbe ceduto, non quella volta, perché era stato in disparte per le persone a cui teneva per fin troppo tempo. Voleva sentirsi parte di qualcosa in modo quasi disperato, e con Vegeta si sentiva davvero parte di quel qualcosa. Fatta eccezione per suo figlio, la luce della sua vita, colui che gli aveva permesso di andare avanti nonostante la separazione da Chichi, era Vegeta la persona che, in quel momento, sentiva il bisogno di difendere, di proteggere, di capire. E non sarebbe riuscito a farlo, se lui non si fosse aperto.

Portò un dito sotto il suo mento ed esercitò quel minimo di forza sufficiente per fargli alzare la testa, incatenando di nuovo gli occhi nei suoi. Quegli occhi così belli, così profondi, così minacciosi, ma allo stesso tempo tanto malinconici da far male, da colpire il cuore del saiyan cresciuto sulla Terra come mille sfere di energia.

 

«Vegeta...» sussurrò, facendosi più serio «Non mi mettere da parte così. Per favore.»

«Non ti metto affatto da parte.» era stata la risposta sincera del principe, che gli aveva afferrato la mano, allontanandola dal suo viso «È tutto il contrario, Kaharoth. E sei davvero un idiota, se pensi che io eviti di raccontarti tutta la storia soltanto perché voglio metterti da parte e perché ti odio.»

«E allora dimmi tutto! Dimmi perché hai questo problema! Non riesco a capacitarmi che uno come te perda il controllo in quel modo, di fronte al suo stesso padre! Non eri così arrabbiato neanche con Freezer, Vegeta!»

 

E, a quel punto, come rifiutare davanti a quello sguardo? Davanti a quegli occhi così impazienti di sapere, di capire?

Non aveva mai visto Kaharoth più serio di così. E non poteva evitare di notarlo, perché era impossibile farlo. Quel mentecatto stava cambiando, stava subendo una metamorfosi sempre più evidente, si stava trasformando in un uomo più maturo, un uomo fermo sulle proprie decisioni, un uomo che non si sarebbe fermato di fronte a niente. Ed un uomo che, nonostante tutti i suoi innumerevoli difetti, aveva imparato ad affezionarsi a lui, aveva imparato ad avvicinarsi senza risultare ingombrante, aveva imparato a far cedere l’orgoglio di quel ragazzo cresciuto troppo in fretta che, però, nonostante questo, aveva ancora molto da imparare. Aveva ancora molte lezioni a cui assistere.

Sospirò, per poi mettersi più comodo, permettendo a quell’imbecille di toccarlo, di posargli una mano sul ginocchio, di continuare a guardarlo in quel modo così insistente.

 

«Mio padre era il figlio minore di mio nonno, ed anche il suo preferito, a dirla tutta.» iniziò a dire, tenendo lo sguardo basso «Le altre, le sue sorelle maggiori, erano tutte donne. Lui è stato l’unico figlio maschio del re che gli è preceduto. È per questo che, alla morte di mio nonno, mio padre è salito al trono, mentre le sue sorelle diventarono talentuose ed orgogliose guerriere. Tra le più potenti e distruttive del pianeta... erano delle vere principesse, ed erano degne di quel titolo.»

«Urca...» Goku era stupito di apprendere una cosa simile «Quindi, solo i maschi possono salire al trono, secondo i saiyan? Le donne non possono diventare regine per eredità?»

«No, a meno che...»

«A meno che?»

«A meno che il sovrano non abbia una figlia unica. In quel caso, è lei a diventare regina, ed è lei a doversi scegliere un buon marito che possa governare al suo fianco e darle dei figli potenti.» fece una pausa, inspirando, prima di continuare «Oppure... c’è un’altra strada, affinché una delle figlie del re diventi anch’essa regina.»

«Ovvero?»

«Sai... c’era una delle sorelle di mio padre, una delle migliori combattenti del pianeta, ed anche una delle donne più belle in assoluto. Era una saiyan purosangue, eppure aveva una particolarità. Era l’unica della nostra razza ad avere gli occhi chiari. Non neri, ma azzurri. Azzurri come quelli di alcune terrestri, azzurri come il cielo, come il mare, freddi come il ghiaccio. Era unica nel suo genere, oltre ad avere sangue reale nelle sue vene.» continuò lui, attirando in particolar modo l’attenzione dell’inetto, che spalancò la bocca in una grossa ‘O’, nell’apprendere che, a differenza di ciò che si era sempre creduto, potessero nascere dei rarissimi saiyan con gli occhi chiari, invece che scuri «Si chiamava Rosicheena.»

«E?» chiese Goku, confuso «Che c’entra questo, con le colpe di tuo padre?»

«Rosicheena era mia madre.»

 

A quelle parole, il giovane super saiyan cambiò colore: diventò prima rosso, poi, realizzando ciò che gli aveva appena detto il compagno, sbiancò, come se avesse appena visto un fantasma. Re Vegeta, il re di tutta la stirpe saiyan, aveva avuto come regina, sua sorella. Vegeta, il fiero principe della sua razza, era frutto di una relazione incestuosa.

Era incredibile che fosse davvero così. Era deplorevole che un uomo avesse davvero scelto di violare la sua stessa sorella, di rischiare che nascesse un figlio non troppo sano. Anche se, di quest’ultimo punto, Goku non era tanto convinto: non credeva esistessero saiyan con conformazioni fisiche o mentali sballate. Forse, non era nelle loro cellule. In fondo, non erano umani.

 

«Ovviamente, la scelta è stata solo ed unicamente di mio padre.» disse Vegeta «Lei non ha scelto di concedersi a lui, ma essendo il suo livello combattivo molto più basso di quello di mio padre, non è stato difficile per lui costringerla a... a...»

«No...» l’aveva interrotto Goku, interdetto «No, non dirmelo...»

Bastò uno sguardo del ragazzo di fronte a sé, per far capire al saiyan dai capelli a palma, che ciò che si era appena immaginato, fosse la cruda e triste realtà. Che ciò che il principe gli stava raccontando era la pura e semplice verità, che non lo stava affatto ingannando. E poi, perché avrebbe dovuto farlo? In fondo, come sempre, si stava spogliando del proprio orgoglio per raccontare qualcosa di sé a lui. Avrebbe dovuto essergliene soltanto riconoscente.

«Mia madre è sempre stata esemplare, con me.» continuò il principe, sorridendo amaramente al ricordo di quella donna violata, sofferente, ma che aveva comunque sempre fatto di tutto per lui «Mi considerava il suo capolavoro, mi amava, per quanto i saiyan possano amare. Mi spronava a combattere per migliorarmi, mi diceva che un giorno sarei diventato il migliore. Il re. Che un giorno avrei superato tutti, che sarei diventato il più forte dell’universo, e che avrei protetto la mia razza con le unghie e con i denti contro ogni angheria.

Mio padre, invece... oh, mio padre... lui mi ha sempre trattato come se fossi stato il suo più grande errore, mi ha sempre fatto sentire sbagliato, mi ha fatto sempre sentire come se non contassi nulla. Né per lui, né per la mia razza. Ed ogni volta che tornava a casa da una missione per scaricare tutta la sua collera su di me, lei si metteva in mezzo. Lei mi difendeva, continuava a dire che nonostante la mia grande forza, io restavo pur sempre un cucciolo. Io restavo pur sempre il bambino che lei si era messa in testa di proteggere con tutta sé stessa. Era orgogliosa, mia madre, non piangeva, non si disperava... gli unici motivi per cui continuava ad andare avanti eravamo io e la sua irrefrenabile voglia di fargliela pagare. Di ucciderlo, prendermi ed andarsene da quel pianeta. Di allontanarsi da Freezer, di darmi una possibilità migliore. Ma non c’è riuscita, Kaharoth, non c’è mai riuscita.

E non l’ha fatto perché, un giorno, dopo la loro ennesima lite, dopo che mio padre l’aveva, come sempre, ridotta ad uno straccio, ha deciso di andarsene. Avrebbe voluto prendermi con sé, certo che l’avrebbe voluto, ma io ero la sua unica speranza. Quando se n’è andata... quando se n’è andata via da Vegetasei, l’unica cosa che mi ha detto è di restare. Restare, crescere, diventare più forte, e fare in modo di vendicarla. Avevo solo tre anni, Kaharoth, avevo tre anni ed avevo bisogno di mia madre. Ma nonostante tutte le mie preghiere, lei se n’è andata comunque. Se n’è andata, e mi ha lasciato con lui. Lui, che poi mi ha buttato via come spazzatura. Lui, che si è arreso a Freezer, che gli ha permesso di mettere le sue sporche mani su di me in cambio della salvaguardia del pianeta. Promessa di salvaguardia che poi, Freezer non ha mantenuto.»

 

Goku non ci poteva credere. Non poteva credere che tutto ciò che il principe gli stesse raccontando fosse la realtà dei fatti. Eppure, era proprio così, non stavano parlando di un film drammatico, di un’opera di fantasia, ma della realtà. Della triste, maledetta realtà.

È proprio vero, che siamo il frutto dell’ambiente che ci circonda.

Vegeta non era mai stato veramente cattivo, lui l’aveva capito il giorno del loro primo scontro, l’aveva capito su Namecc, quando aveva deciso di allearsi con i suoi amici e con lui, l’aveva capito quando, in punto di morte, lo stava pregando, in lacrime, di vendicarlo. E lo stava capendo in quel momento, guardandolo negli occhi.

Vegeta non era cattivo, no, Vegeta era solo un povero ragazzo cresciuto nell’ambiente sbagliato, un ragazzetto impertinente che credeva che tutto gli fosse dovuto soltanto perché figlio di due reali, un bambino che, completamente vittima degli eventi, era stato costretto a diventare adulto troppo in fretta. Un povero malcapitato cresciuto senza un punto di riferimento, senza radici.

E non lo compativa, Goku, no, tutto il contrario: Goku lo ammirava. Lo ammirava per quell’enorme forza d’animo, lo ammirava per essere riuscito ad andare avanti nonostante tutto. Lo ammirava perché lui, al suo posto, avrebbe preferito l’aldilà. Avrebbe preferito porre lui stesso fine alle proprie sofferenze.

Invece, Vegeta aveva resistito. Aveva resistito, ed era davvero diventato il più forte. Di gran lunga più forte di lui, di gran lunga più avanti, perché lui era stato abbandonato, ma non era la stessa cosa. No, le loro situazioni non erano neanche lontanamente paragonabili.

 

«Sono un errore, Kaharoth.» aveva concluso, le labbra increspate in una curva amara «Lo sono sempre stato, nonostante mi atteggi ad essere superiore. Tu sei stato di gran lunga più fortunato di me.»

 

A quelle parole, gli era arrivato uno schiaffo.

Un forte schiaffo a mano aperta, dritto sulla guancia, che gli fece spalancare gli occhi, completamente sconvolto.

Il perché di quel gesto non lo aveva capito. Non capiva per quale motivo Kaharoth l’avesse colpito: in fondo, non lo aveva ancora insultato, per la prima volta non gli aveva detto nulla di male. Perché quel gesto? Perché lo aveva colpito?

Il principe dei saiyan, d’istinto, stava per contrattaccare, caricando un pugno, ma quest’ultimo venne parato con abilità dall’uomo di fronte a sé, che lo strinse con una mano, guardandolo serio.

 

«Non permetterti mai più di dire una cosa del genere.» aveva detto il saiyan cresciuto sulla Terra, perentorio «Io sono stati più fortunato di te, è vero, non lo metto in dubbio. Ma tu non sei un errore, Vegeta. Non lo sei, e non lo sarai mai.»

«E chi diavolo sei tu per dirmi una cosa del genere?»

«Sono quello a cui stai raccontando tutte queste cose.» aveva candidamente risposto il Son «Sono Goku, sono Kaharoth, sono quello che sta memorizzando ogni parola del tuo discorso. E no, tu non sei un errore, non lo sei mai stato. È stato tuo padre a fartelo credere, è stata tutta colpa sua, se ora tu ti senti così. Ma tu? Tu no. Tu sei completamente innocente. Innocente, e di gran lunga superiore a me.»

«Tsk.»

«Tu sei... una vittima dell’ambiente che ti circonda.» concluse il saiyan cresciuto sulla Terra «E ti prometto, Vegeta, anzi, te lo giuro. Da questo momento in poi, l’ambiente che ti circonderà ti aiuterà soltanto. Fidati di me, ti chiedo solo questo. Riponi la tua fiducia in me e cresci. Impara a crescere, Vegeta, perché ancora non l’hai fatto. E nemmeno io.»

 

~

 

Buonasera a tutti! Come va la vita? ;)

 

Eccomi tornata con questo capitolo molto meno comico dei precedenti, in cui finalmente si apprende un altro pezzo di storia del nostro Vegeta, ed in cui si può intravedere il cambiamento radicale che sta subendo Goku. Eh, sì! Il nostro eroe sta proprio diventando un uomo di tutto rispetto! Voi che ne dite?

Ed è così carino quando dice a Vegeta di tenere a lui e quando cerca in tutti i modi di calmare la sua ira! Pls, sono proprio i miei figli.

Il padre di Vegeta può sembrare un pezzo di merda. Lo so, ragazzi, lo so, non me ne vogliate. Ma è necessario Perche questa storia vada avanti, in un certo senso.

 

Passando ad altro, Bulma ha finalmente scoperto che tra Goku e Vegeta c’è qualcosa, e a quanto pare anche il re dei saiyan ci è arrivato. Adesso che due persone sono a conoscenza della relazione tra i due saiyan, che altro succederà? :)

 

Nel frattempo, su Neo-Namecc, Moori scopre qualcosa di terribile, e contatta i Kaioh. Ma cos’è successo? Cos’è tutto questo movimento nell’universo?

 

Questo lo scopriremo soltanto andando avanti.

 

Al prossimo capitolo!

 

-JAY

 

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Capitolo 20
*** La grande V ***


Nell’aldilà, la faccenda stava diventando difficile da gestire.

Re Yammer non riusciva più ad avere il conto delle anime da giudicare, perché le vittime di quel massacro erano state fin troppe, mentre i Kaioh non avevano fatto altro che tentare, senza però riuscirci, a mettersi in contatto con la Terra e con i guerrieri Z. Avevano provato con Goku, ma non riuscivano a captare la sua lunghezza d’onda, con Vegeta, ma trovavano troppe interferenze; avevano provato persino con Bulma, ma non c’era stato nulla da fare. Era come se tutto fosse andato totalmente in tilt.

E questo perché l’universo 16 era stato quasi del tutto spazzato via. 

Re Kaioh non capiva davvero come questo potesse essere successo: quei due erano apparsi dal nulla, provenienti dall’universo che lui teneva costantemente d’occhio, quello in cui erano presenti Goku e gli altri, ed avevano attaccato senza problemi un’altra dimensione. Che avessero una navicella così potente da poter viaggiare nello spaziotempo? 

Probabile, dato che aveva già sentito parlare di persone che riuscivano a spostarsi in un’altra epoca o in un’altra dimensione. 

Ma chi erano quei due? Cosa volevano? Chi stavano cercando? 

 

Re Kaioh si stava quasi per rassegnare al fatto che, molto probabilmente, l’universo 16 fosse perduto quando, inaspettatamente, ricevette una nuova chiamata da Moori. Stavolta, l’Anziano Saggio di Neo-Namecc, stava chiedendo aiuto. 

 

«Moori, che succede?!» esclamò Re Kaioh, in preda alla preoccupazione.

«S-sono qui!» aveva urlato il vecchio namecciano, nel panico «Sono venuti! Sono venuti a ucciderci tutti!»

«Resisti, amico mio! Cerca di metterti in salvo! Vedrai, riuscirò a contattare Goku e la sua squadra, non temere!»

«Si sbrighi, Re Kaioh! La prego! I miei guerrieri non resisteranno ancora per molto!»

 

*

 

Era stato un attimo. Era bastato un battito di ciglia, perché tutto quel caos accadesse: senza neanche accorgersene, Rosicheena si era sentita fiondare contro la parete della grande casa dell’Anziano Saggio, creando in essa un grosso cratere, per poi sfondarla totalmente, ritrovandosi stesa a terra, dolorante e confusa.

Un’esplosione. Un’esplosione terribile aveva appena colpito il villaggio namecciano nel quale era ospite. Dapprima, la saiyan non capì, ma poi... poi la nube di polvere che le stava annebbiando lo sguardo si diradò e, strizzando gli occhi per poterci veder meglio attraverso il polverone che si era creato, lo vide: vide la sua aura scintillante e spaventosa irradiarsi fino al cielo, quei capelli evanescenti, quegli occhi bianchi come il latte, quei muscoli giganteschi e quelle vene pulsanti. E poi, capì: erano venuti per lei. Erano venuti ad ucciderla.

Veloce come non lo era mai stata, l’ex regina dei saiyan si diresse in quella che era la stanza della sua bambina, prendendola tra le braccia e librandosi in volo alla ricerca della sua navicella, che uno degli scienziati di Neo-Namecc si era preso la briga di sistemare, rendendola nuovamente funzionante. Ma non c’era salita per scappare nuovamente, no... c’era salita solo per mettere Jinjer in salvo. 

L’aveva poggiata su uno dei sedili, allacciandole la cintura di sicurezza, mentre la bimba la guardava con occhi curiosi e confusi. Dopodiché, aveva impostato le coordinate e poi il conto alla rovescia. Non poteva finire così, la sua bambina doveva vivere, la sua secondogenita doveva avvertire suo fratello di ciò che era successo.

La donna, completamente in preda al panico, circondò il volto della figlia con entrambe le mani, per poi guardarla negli occhi. In quei grandi occhi azzurri come i suoi.

 

«Mamma, che succede?» aveva chiesto lei, con la vocina flebile di chi ancora non riusciva a capire «Ce ne stiamo già andando dal pianeta verde?»

Rosicheena sorrise amaramente «Jinjer, ascolta la mamma, adesso. Tu te ne stai andando perché dovrai fare una cosa molto importante. Adesso tu andrai su un pianeta chiamato Terra, e dovrai cercare un ragazzo di nome Vegeta. Ecco, tieni questo.»

Le aveva sistemato uno scouter sull’occhio, accendendolo, in modo che sua figlia potesse trovare più facilmente suo fratello.

«Digli che sono arrivati due uomini cattivi, e che stanno attaccando tutto l’universo. Digli anche di chi sei figlia, e digli che io sono molto fiera di lui. Lo farai per la tua mamma, Jinjer?»

«E tu?» aveva allora chiesto la bambina, succhiandosi un dito.

«Io dovrò rimanere qui, ma non preoccuparti: ti raggiungerò presto, e risolveremo le cose. Ora la mamma ti deve salutare, ma tu fammi questo favore, e mi raccomando, resta con Vegeta. Okay?»

«Okay, mamma.»

L’ex regina sorrise, mentre lasciava un dolce bacio, forse l’ultimo, sulla fronte della sua bambina e le carezzava i folti capelli corvini raccolti in una coda di cavallo. Per poi, allo scattare degli ultimi dieci secondi, scendere dall’astronave e tornare esattamente da dov’era venuta, per battersi contro coloro che, non molto tempo addietro, l’avevano attaccata senza alcun rimorso.

O almeno, sarebbe tornata al villaggio, se solo qualcuno di sua conoscenza non l’avesse placcata, bloccandola portandole un braccio intorno al collo.

Lo sapeva. Sapeva che erano venuti per lei. Non avrebbe mai dovuto fermarsi su un pianeta popolato da persone completamente indifese, era tutta colpa sua se ora tutti quei namecciani stavano morendo sotto la furia esplosiva del super saiyan leggendario.

 

«Non avresti dovuto sostare, Rosicheena.» le sussurrò il suo avversario, stringendo, facendole mancare l’aria «Guarda che cos’hai fatto. Guarda il male che fa la tua famiglia.»

Lei sorrise beffarda. Grazie alle rivelazioni di Moori, ora sapeva che non era da sola, che c’era qualcuno che avrebbe potuto combattere colui che la stava soffocando. Con la coda dell’occhio, osservò la sua navicella allontanarsi dal pianeta, partendo per la Terra, con sua figlia a bordo pronta ad avvertire colui che sarebbe andato a salvarla. 

«N-non cantare vittoria, Paragas.» riuscì a mormorare, ghignando «Tu... tu e tuo figlio perderete. Non riuscirete a f-far di nuovo del male a nessuno.»

«Freezer!» urlò il saiyan dietro di lei, facendole strabuzzare gli occhi «Vedi di radunare le sfere del drago, chiaro? Non dobbiamo andarcene a mani vuote!»

Freezer.

Freezer era entrato in combutta con quel saiyan traditore e con il suo burattino preferito. Freezer era lì, pronto a sterminare tutta la popolazione di Neo-Namecc, pronto a radunare le tanto bramate sfere del drago.

Prima che i suoi sensi venissero completamente meno a causa di un pugno di Paragas in pieno stomaco, Rosicheena poté scorgere di fronte a sé tre ombre: quella di Freezer... e quelle della sua famiglia.

 

*

 

«Forza, Kaharoth! Non vorrai dirmi che sei già stanco!»

 

Erano ore, ormai, che si stavano allenando in quell’immenso deserto roccioso, improvvisando un due contro due alla massima potenza. Gohan aveva scelto di far coppia con Vegeta, mentre dall’altra parte, Goku e Radish paravano e rispondevano ad i loro colpi. Masenko contro Weekend, Galic Gun contro Kamehameha. Quel deserto si era trasformato in un vero e proprio ring, e tutti e quattro i combattenti non avevano alcuna intenzione di fermarsi.

Era come se entrambe le coppie avessero imparato a riporre estrema fiducia l’uno nell’altro, come se entrambe le coppie di avversari si completassero a vicenda: Gohan era veloce, Radish era forte; Vegeta era furbo, Goku potente. 

Andarono avanti così per ancora qualche colpo, sotto l’attenta supervisione di Bardack, che osservava da lontano tre generazioni di saiyan combattere per uno scopo comune. Era da tanto, troppo tempo che non assisteva ad una scena simile, e la nostalgia dei momenti passati su Vegetasei insieme a tutti i suoi simili cominciava a farsi sentire.

 

«Basta così!» decretò l’arbitro, richiamando a sé l’attenzione dei quattro, che scesero nuovamente al suolo, avvicinandosi, ormai stanchi, alla sua figura, così simile a quella di Goku ma allo stesso tempo così diversa, così austera ed autoritaria «Radish, sei lento come una lumaca. Come al solito, non riesci ad andare a passo con la rapidità dei tuoi riflessi; Gohan, tu invece sei velocissimo, ed i tuoi attacchi di energia sono molto potenti, ma nel corpo a corpo hai ancora parecchie pecche, devi puntare anche sulla forza fisica, non solo sulla velocità; Vegeta, sei furbo ed intuitivo: riesci sempre a prevedere gli attacchi del tuo avversario e a contrastarli, ma sei troppo egocentrico e fai poco gioco di squadra. L’individualità va bene, ma in una sfida uno contro uno, se stai combattendo insieme a un compagno, devi dimostrare di essere capace di lavorare in squadra; e tu, Kaharoth... hai talento, ma sei stupido come una gallina, diamine. Devi lavorare sia sulla tecnica che sulla ricezione degli attacchi.»

«Urca!» esclamò il saiyan cresciuto sulla Terra, stupito dalla passione e la pazienza di suo padre, che si stava dimostrando essere un arbitro degno di nota «Sei forte, a dare consigli! E poi, sia tu che Radish siete diventati proprio forti! Le gravity room di Bulma ci sono servite a qualcosa!»

«Tsk. L’ho sempre detto, io, che quelle machine sono utili.» era stato il commento di Vegeta «Prova di nuovo a non darmi retta, Kaharoth.»

«Eheheheh!» quest’ultimo prese a grattarsi la nuca in modo buffo «Dai, non l’avevo ancora provata, quando ti davo torto!»

 

*

 

Erano tornati dall’allenamento rinvigoriti, rinforzati, e sporchi di polvere fino alla cima dei capelli. Non c’era voluto molto, prima che entrambi si buttassero sotto la doccia, lavandosi via tutte le ferite e le fatiche di quella lotta così rilassante.

Ormai Vegeta si era quasi abituato ad avere quell’inetto di terza classe che gironzolava per la sua stanza. Gli aveva persino permesso di spostare alcune delle sue cose nel suo armadio.

Ma c’era un problema. Un problema più che evidente, che entrambi avevano notato: Goku non faceva altro che girare per la stanza mezzo nudo.

Durante i primi giorni, il principe dei saiyan aveva semplicemente fatto finta di nulla, magari evitando di guardarlo, ma più passava il tempo, e più l’occhio, inevitabilmente, cadeva dove mai sarebbe dovuto cadere. Non aveva mai guardato l’imbecille sotto quell’ottica, si era sempre concentrato sulle sensazioni che provava quando era con lui, sulle emozioni che percepiva durante i loro ormai non troppo rari momenti quasi intimi. Ma Kaharoth era veramente bello. Bello quasi da mozzare il fiato, bello più di una delle statue che aveva potuto vedere nei diversi libri di storia dell’arte di Gohan, mentre curiosava tra le sue cose senza farsi troppo notare, così bello da far impallidire qualunque uomo esistesse sulla faccia della Terra.

E nonostante continuasse a mantenere un certo contegno, ogni volta, Vegeta si ritrovava a doversi chiudere in doccia, facendosi scrosciare l’acqua gelida direttamente in testa e concentrandosi sul suono che emetteva la stessa per togliersi dalla mente l’immagine di quei muscoli marmorei, di quelle spalle larghe, di quella schiena perfetta, di quella meravigliosa, invitante, prorompente sporgenza nei box-

 

«Dannazione!» 

 

Era arrossito, il principe dei saiyan, a quel pensiero, mentre il deficiente, accanto al letto, si stava rivestendo, guardandolo con espressione confusa. Che aveva da urlare tanto? A volte, proprio non lo capiva. Sembrava che Vegeta si perdesse nei suoi pensieri e poi, credendo di essere solo, li esternasse senza problemi, con qualche imprecazione ed insulto di troppo.

Ma entrambi avevano ben capito che cosa non andasse, che cosa mancasse, e che cosa stessero cercando in tutti i modi di rimandare. Goku si era trattenuto più e più volte, mentre lo baciava, mentre lo stringeva, per paura di venir respinto, per paura che, magari, facendo quello che avrebbe tanto voluto fare, nella mente del principe potessero riaffiorare i ricordi dolorosi e spiacevoli di Freezer. E Vegeta aveva paura. Paura di non essere abbastanza, di non essere all’altezza di colei che, prima di tutti, aveva avuto la possibilità di assaggiare quell’idiota fino in fondo, di potersi beare del suo profumo, delle sue premure. Aveva paura di essere troppo inesperto.

E lo era. Oh, eccome, se lo era.

Ma non si poteva continuare così. Non poteva continuare a reprimere quelle fantasie che, di giorno in giorno, si facevano sempre più ingombranti e martellanti. Non poteva continuare a trattenersi per colpa di quella paura.

 

Ed era per questo che, a metà giornata, si era ritrovato ad aiutare quella gallina starnazzante di Bulma in laboratorio, soltanto per poterle rivolgere qualche domanda non troppo esplicita, e sperando che lei non capisse dove volesse andare a parare.

Inutile dire che aveva miseramente fallito, arrossendo come un tredicenne nel momento in cui la turchina, con gli occhi spalancati ed un’espressione più che eloquente, gli aveva posto l’arcano quesito.

 

«Tu... tu sei vergine?» 

 

Colpito e affondato.

Se quella domanda gli fosse stata fatta mesi addietro, probabilmente non ci avrebbe messo nulla a trapassare il cuore di quella terrestre impicciona per poi farla esplodere in migliaia di pezzi. Ma, in quel momento, i consigli di quella donna gli servivano come l’aria, perché se si fosse tirato indietro da quella conversazione, molto probabilmente non sarebbe mai arrivato al punto, e si sarebbe inevitabilmente ritrovato al punto di partenza.

Era arrossito copiosamente, diventando di un colore che somigliava molto a quello di un pomodoro completamente maturo mentre, con uno scatto quasi iracondo, strappava via a mani nude i fili malfunzionanti della memoria di un robottino da cucina. Avrebbe tanto voluto essere quel robot, in quel momento. Avrebbe tanto voluto non avere gli occhi sorpresi di quella maledetta donna addosso. Avrebbe tanto voluto scavare una fossa fino al centro della Terra e buttarcisi dentro. Avrebbe voluto essere ovunque, tranne che lì.

 

Bulma era incredula: certo, scoprire che il principe dei saiyan in realtà fosse gay era stata una bella batosta, considerando quanto ci perdesse il genere femminile con quella svolta, ma scoprire che fosse vergine era tutta un’altra cosa. Non avrebbe mai immaginato che uno bello come lui non avesse mai trovato qualcuno con cui... con cui fare quello. Non si sarebbe mai aspettata che il fiero principe di una stirpe guerriera fosse un ragazzino completamente inesperto.

Eppure, era proprio ciò che le si stava palesando davanti: un ragazzino completamente inesperto e colpito in pieno da una tempesta ormonale non indifferente. Probabilmente, se non l’avesse aiutato, sarebbe andato completamente in pazzia.

 

Così, sospirando, si sedette su uno degli sgabelli, accendendosi una sigaretta e preparandosi a quello che sarebbe stato un lunghissimo ed estenuante discorso. Discorso che lei aveva dovuto affrontare moltissimo tempo prima, con sua madre, prima della sua prima volta con Yamcha.

 

*

 

«Non ce la faccio più, Crilin!»

 

Ormai, erano più di venti minuti che il suo migliore amico, dopo essersi teletrasportato sull’isola del Genio, si stava lamentando su quanto la sua vita stesse andando letteralmente a rotoli a causa dei suoi ormoni impazziti. Ed il povero Crilin, purtroppo, non sapeva se ridere o se piangere: almeno Goku aveva degli ormoni da dover tenere a bada. Lui, non avendo neanche una fidanzata, non sapeva mai dove andare a sbattere la testa.

Nonostante non capisse a chi si riferisse il suo amico di una vita, sembrava che l’eroe che aveva salvato più volte la Terra, il super saiyan che aveva quasi ucciso Freezer, avesse dei problemi di coppia non poco evidenti. 

 

«Devo fare sesso! Devo farlo, Crilin!» aveva urlato il saiyan dai capelli a palma, provocando nel suo migliore amico una reazione piuttosto imbarazzata «Non posso continuare a trattenermi mentre lui se ne va in giro tutto il giorno mezzo nudo per casa! Lo capisc-»

Si era bloccato di botto, rendendosi conto solo in quel momento di aver detto quello che aveva detto. E no, non si riferiva alla parola ‘sesso’-che non sapeva davvero dove avesse imparato, effettivamente-, ma al ‘lui’. Aveva appena  parlato di un ‘lui’ al suo migliore amico.

Migliore amico al quale, evidentemente, l’affermazione non era sfuggita, ed era arrossito fino alla cima dei capelli che non aveva.

«L-lui?» aveva boccheggiato il ragazzo dalla testa calva, strabuzzando gli occhi «Ma lui chi?»

Non aveva fatto in tempo a pretendere una risposta perché, veloce com’era arrivato, il suo migliore amico era nuovamente sparito nel nulla, utilizzando l’arma del teletrasporto.

No, non poteva essersi sbagliato. Crilin aveva chiaramente sentito Goku pronunciare la parola ‘lui’ assieme alla parola ‘sesso’. Non che ci trovasse qualcosa di male, ma... da quando? In fondo, erano sempre stati come fratelli, e Goku non gli aveva mai confessato di provare attrazione verso gli uomini. In più, era stato sposato, aveva un figlio, come poteva parlare di un ‘lui’? Era forse diventato gay all’improvviso? Oppure lo era sempre stato, e lo aveva scoperto solo dopo essersi lasciato con Chichi? Oppure gli piacevano sia uomini che donne?

Crilin era confuso. Però, nonostante questo, voleva vederci ben chiaro, in quella faccenda. Non poteva lasciar correre così, la curiosità lo stava letteralmente uccidendo. Oh, avrebbe indagato a fondo, su tutta quella storia.  

 

*

 

Si era teletrasportato di fronte alla prima persona che gli era venuta in mente, pur di scappare da quello che, di lì a poco, sarebbe diventato un vero e proprio interrogatorio. E si era ritrovato davanti a suo fratello che, preso alla sprovvista, aveva fatto un salto, mettendosi immediatamente sulla difensiva.

Maledetto Kaharoth e maledetto teletrasporto. Un giorno di quelli gli sarebbe venuto sul serio un infarto, non poteva apparire così di fronte alla gente e senza preavviso. 

E meno male che si era appena rivestito: se lo avesse beccato completamente nudo dopo la doccia, probabilmente gli avrebbe fatto esplodere il cervello.

 

«Ma si può sapere che problemi hai?!» aveva sbottato il maggiore, dopo essersi rilassato «Mi hai fatto prendere un colpo!»

«Scusa, Radish! Era una situazione d’emergenza!»

A quelle parole, il capellone era nuovamente tornato in posizione di difesa, prendendo a guardarsi intorno «Emergenza? Che succede? È arrivato Freezer?»

«Ma no!» si era affrettato ad esclamare il saiyan dai capelli a palma, portando le mani avanti, per poi abbassare lo sguardo «Forse è addirittura qualcosa di peggio...» 

«Come sarebbe a dire che è qualcosa di peggio?! Qualcosa peggiore di Freezer?»

«Radish...» Goku si era fatto improvvisamente serio, attirando nuovamente l’attenzione del fratello «Se io ti racconto una cosa... prometti che la nostra conversazione non uscirà da questa stanza?»

 

Goku non poteva di certo sapere che, esattamente la sera prima, suo fratello fosse riuscito a scucire a Bulma quell’informazione tanto preziosa quanto segreta, e che probabilmente avrebbe recitato la parte di quello che non sapeva nulla, o gli avrebbe soltanto detto di sapere già tutto.

In realtà, Goku non sapeva molte cose. Per esempio, il fatto che suo fratello non avrebbe potuto mai dargli consigli del genere, perché molto più inesperto di lui nel campo.

 

«Urca!» aveva esclamato il saiyan dai capelli a palma, sorpreso all’inverosimile «Quindi, tu non hai mai... mai fatto niente del genere?»

«Mi spieghi come diavolo avrei potuto?! Ho sempre pensato solo a soggiogare pianeti, non certo a... a quelle cose!»

«Questo non va proprio bene, accidentaccio!» il minore gli aveva battuto una pacca sulla schiena «Come farai a farti avanti con Bulma, allora? Nel senso... lei sa che... che diciamo ti piace? Oppure-»

«Ma la finisci?!» sbottò il capellone, rosso come un pomodoro «È un tuo problema, al momento, non è di certo il mio!»

 

«No no no, Radish.» Goku si era fatto serio.

 

«No no no, Vegeta.» Bulma lo aveva guardato profondamente negli occhi, facendosi più determinata «Senti di aver trovato la persona giusta?»

 

«Allora è arrivato il momento di perdere la grande V.»

 

~

 

Ciao a tutti!

Eccomi di nuovo con questo... posso chiamarlo capitolo? Non lo so xD. Non me ne vogliate, è una parentesi molto di passaggio tra un casino e l’altro, e sfruttando il fatto che i nostri due saiyan debbano passare in terza base, beh... perché non scrivere un capitolo sulla famigerata grande V? 

 

Bisogna però tener conto di due cose: a Goku è scappata una parola di troppo ed ora a Crilin è entrata la pulce nell’orecchio, e su Neo-Namecc è successo un gran casino, cavolo.

 

Perché Paragas cerca Rosicheena? Perché i nemici hanno attaccato un altro universo? Come fanno a spostarsi di dimensione in dimensione, e soprattutto, perché Freezer e famiglia sono dalla parte di Paragas?

La faccenda si fa sempre più complessa, da questo punto di vista, ed io non vedo l’ora di spiegarvela per bene!

 

Alla prossima!

 

-JAY

 

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Capitolo 21
*** Do you think it makes sense? ***


La persona giusta.

Bulma gli aveva fatto un discorso lunghissimo, e non gli aveva dato neanche il tempo di parlare, soltanto per dirgli che, per compiere un passo del genere, ci fosse prima di tutto il bisogno di trovare la persona giusta.

“Io ci sono passata” gli aveva detto, “Non avevo trovato la persona giusta, e me ne sono profondamente pentita”.

E se se ne fosse pentito anche lui? Se avesse deciso di cedere a quelle sensazioni e poi avesse capito che con Kaharoth non andava affatto e se ne fosse pentito? 

Poteva davvero considerare quell’idiota ‘la persona giusta’, oppure quello che provavano e quello che stavano passando era soltanto pura e semplice confusione?

Si era sentito confuso per tutto il tempo, Vegeta, questo era ovvio, ma non era una confusione logorante. Anzi, era quel tipo di confusione che, al contempo, ti fa sentire leggero e libero da ogni problema. Quel tipo di confusione che ti fa sentire felice, tutto sommato. 

Ma allora, perché gli sembrava tutto così dannatamente difficile?

Ormai aveva superato ciò che gli aveva fatto Freezer. Aveva superato quei momenti di puro terrore in cui quella bestia lo toccava, lo violava, gli faceva del male. Certo, li aveva superati, ma non li aveva affatto dimenticati. Ed il sesso, per lui, era diventato qualcosa da evitare come la peste, qualcosa che lo spaventava, che lo faceva sentire inadeguato.

Eppure, quando era con Kaharoth, quei pensieri sparivano completamente: non esisteva più Freezer, non esisteva la sua dannata paura, non esisteva niente. Esisteva soltanto lui, l’idiota che l’aveva rapito ed il suo quasi irrefrenabile desiderio di andare oltre, di volere di più.

Ma allora cosa lo frenava? Perché continuava a rimandare quel momento? Perché continuava a respingerlo? 

 

«Maledizione, Vegeta.» si era detto, spostando lo sguardo sul pacchetto di sigarette che Bulma, per sbaglio, si era dimenticata sul balcone.

Beh, i terrestri fumavano in continuazione, e non succedeva quasi mai nulla di brutto. Inoltre, aveva sentito che fumare allentava la tensione: perché non provarne una, o magari soltanto mezza, giusto per vedere se funzionasse anche con lui? 

Con un po’ di timore, il principe dei saiyan afferrò il pacchetto e, dopo aver prelevato una di quelle piccole bacchettine bianche ed arancioni, la accese con un minuscolo raggio d’energia, per poi infilarsela in bocca e fare esattamente quello che Bulma faceva in continuazione.

Dopo aver aspirato per la prima volta, vide letteralmente le stelle: ciò che gli era entrato in gola, qualunque cosa fosse, lo strozzò, facendolo tossire incessantemente. 

«Dannazione!»

Guardò nuovamente la sigaretta che aveva tra le mani e, dopo aver lanciato alla stessa un bel po’ di maledizioni, la strinse in un pugno, disintegrandola. 

Ma che diamine gli stava succedendo? Adesso si metteva anche a fumare? Era il principe dei saiyan, lui, non un comune terrestre con problemi di cuore! 

Però, a pensarci bene, i problemi di cuore li aveva eccome.

 

«Finiscila, cazzo!» si era detto nuovamente, buttandosi su una delle sdraio del grosso balcone principale di casa Brief, beandosi finalmente del freschetto autunnale che aveva cominciato ad invadere il pianeta «Cazzo, Vegeta, sei proprio problematico.»

«Lo sei diventato con la crescita, perché quando eri piccolo l’unico problema che avevi erano i capricci che facevi!»

 

La voce divertita di Nappa lo aveva distolto dai suoi pensieri, e il principe si era dovuto alzare a sedere, trovando il suo ex collega-e babysitter- seduto sulla ringhiera del balcone, con le braccia incrociate ed un paio di occhiali da sole.

Cavolo, si era proprio abituato in fretta a quel pianeta: ormai era di rado a casa, aveva raccontato a tavola di aver conosciuto una donna.

Ma quale terrestre sana di mente avrebbe potuto dimostrare interesse nei confronti di Nappa? Era proprio incredibile come quell’armadio si fosse adattato.

 

«Ah, finalmente degni questo posto della tua presenza.» commentò il saiyan più giovane, sarcastico «Ti ricordo che dovresti allenarti. Sai com’è, Freezer sta per arrivare, e tu ti diverti a farti il giro del mondo.»

«Non mi sembra che tu stia facendo tutto questo sforzo. A meno che amoreggiare con Kaharoth non sia diventato un allenamento.»

 

A quelle parole, al principe dei saiyan si era congelato il sangue nelle vene. Come faceva Nappa a sapere tutta quella storia? Come facevano TUTTI a sapere tutta quella storia? Accidenti, erano i re della cautela, non si avvicinavano mai troppo in pubblico, se non per darsele di santa ragione, e le uniche volte in cui facevano quelle... strane cose da terrestri, erano chiusi in camera o da qualche altra parte in cui erano sicuri che non li avrebbe visti nessuno.

Ringhiò in modo piuttosto minaccioso, mentre si alzava dalla sdraio per avvicinarsi al pelato, con le mani protese nel gesto di volerlo strangolare.

 

«Sai, dovreste stare più attenti, quando ve ne andate in giro per il parco giochi mano nella mano!» aveva esclamato il saiyan senza capelli, sorridente «Io e la mia ragazza eravamo lì proprio quel giorno!»

«La tua ragazza.» era stata l’osservazione di Vegeta, mentre digrignava i denti «Ma si può sapere chi diavolo è la pazzoide che ha deciso di prenderti come zavorra?!»

«Oh, se la vedessi, ti innamoreresti anche tu di lei!» Nappa alzò gli occhi al cielo, adorante «Si chiama Lunch, ogni volta che starnutisce cambia completamente carattere! È fantastica, Vegeta, è riuscita persino a tirarmi un pugno ben assestato! Che donna meravigliosa!»

«Tsk.»

 

Tutti che parlavano di quanto fosse meraviglioso avere una persona accanto. Tutti che gli dicevano di trovare la persona giusta, e nessuno che riuscisse a comprendere quanto lui fosse confuso.

Già, nessuno. Nessuno tranne Kaharoth. Quel maledetto idiota di terza classe che si era cacciato chissà dove.

Tanto, ormai, quella sottospecie di relazione che c’era tra loro era diventata di dominio pubblico. Continuava ad essere discreto soltanto per Gohan: lui non meritava di scoprirlo come lo avevano scoperto gli altri. Quel piccolo mezzosangue era l’unico, tra tutti, in cui il principe dei saiyan riusciva a riporre il minimo accenno di fiducia.

Certo, se tutto quello che stava succedendo in quell’ultimo periodo fosse successo soltanto qualche mese prima, probabilmente avrebbe prima incenerito Kaharoth, poi sarebbe passato a quella gallina di Bulma, poi a Radish e Nappa, ed infine a suo padre. E poi si sarebbe suicidato. Ma Vegeta stava cambiando, e al momento il fatto che gli altri saiyan sapessero tutto era addirittura l’ultimo dei suoi problemi.

Bulma gli aveva chiesto se avesse trovato la persona giusta, suo padre gli aveva chiesto se fosse innamorato di lui, Nappa gli aveva appena detto di essere problematico, e Radish era troppo impegnato ad andare appresso a quella maledetta donna terrestre per prestare attenzione a ciò che gli accadesse attorno. Era circondato da un branco di idioti. Da un branco di idioti che, però, stavano dimostrando di avere maledettamente ragione.

E il principe non sapeva più a chi dar retta. Non sapeva più se fosse in grado di dare ascolto al suo subconscio, non sapeva più nulla.

Sapeva solo che, in quel momento, aveva una dannata voglia di vedere quell’imbecille e saltargli addosso. Per combatterlo, sia chiaro, non certo per fare quello che avrebbe veramente voluto fare.

 

*

 

Aver parlato con il principe dei saiyan senza il minimo accenno di lite le era parso strano. E più strano ancora era stato il fatto che fosse stata lei, quella che dominava la conversazione, quella che dava consigli, quella esperta ed accigliata.

Grazie a quella conversazione, Bulma aveva imparato una lezione importante: nella vita, non si finisce mai di imparare. In quei pochi giorni era arrivata a scoprire che Goku e Vegeta sembravano essere innamorati l’uno dell’altro, che Vegeta stava cambiando radicalmente grazie alla presenza del suo migliore amico e di tutti loro, e che, nonostante fosse dannatamente brava a dare consigli di cuore, lei non avesse ancora ben pensato al suo, di cuore.

La persona giusta, gli aveva detto. Ma cos’era la persona giusta? Perché aveva parlato tanto di persona giusta, quando lei, con Yamcha, aveva commesso l’errore più grande della sua vita?

E perché, in quell’ultimo periodo, ogni volta che si metteva a pensare, finiva inevitabilmente con la mente tra una cascata di capelli corvini e di fronte a due occhi scuri e profondi?

No, non era questione di persona giusta. Era questione di cuore, di istinto, e questo Bulma lo sapeva. Ma non aveva avuto il coraggio di dire a uno razionale come Vegeta che avrebbe dovuto seguire i propri istinti. E perché neanche lei, al momento, aveva il coraggio di seguire i suoi. 

Aveva paura di commettere lo stesso errore che aveva fatto con quel bastardo di Yamcha, aveva paura che, seguendo il proprio cuore, alla fine si sarebbe ritrovata, come col suo ex, completamente fregata.

Eppure, Radish sembrava così diverso da Yamcha: la prima volta che l’aveva visto le aveva incusso timore, l’aveva spaventata, le aveva dato l’idea di un saiyan senza cuore e privo di scrupoli. Ma non era affatto così: quel saiyan era più simile al fratello minore di quanto non immaginasse. Sembrava così intelligente, così posato, così dannatamente umano, che la turchina quasi si era chiesta se quello che aveva davanti ora non fosse soltanto una copia, un sosia venuto da qualche altra dimensione, di quello che era stato un mercenario spaziale pronto a tutto pur di fare del male.

Ma no, quello era proprio Radish. Era proprio il fratello maggiore del suo migliore amico. Era proprio quello che, in quel momento, la stava aiutando a mettere a posto il motore di un automobile.

 

«Che ti prende? Sei distratta.»

 

L’aveva osservata per tutto il tempo, il saiyan. La turchina, quel giorno, sembrava soprappensiero, era come se la sua mente avesse avuto un completo blackout, ed ora non riuscisse nemmeno a parlare.

Ma era così bella, sembrava così fragile, in quel momento, che neanche sembrava lei. Era come se stesse pensando a qualcosa che le faceva male, a un ricordo, magari a quello della persona che l’aveva fatta soffrire.

Ma se solo lui avesse avuto il coraggio di avvicinarsi un po’ di più a lei, non l’avrebbe mai fatta soffrire, non si sarebbe mai permesso di usarla e buttarla via come spazzatura, perché non era quello che gli era stato insegnato da suo padre, non era quello che faceva di un guerriero forte e valoroso, un vero uomo. ‘Le donne vanno trattate con rispetto’, gli diceva Bardack ogni giorno, ‘Perché sono loro a darci i nostri figli, sono loro ad onorarci, a prendersi cura di noi quando siamo malati, sono loro che mandano avanti l’universo’. E lui era d’accordo. Eccome se era d’accordo.

Ed era per questo che, a differenza di Nappa, non aveva mai, neanche quando lavorava per Freezer, osato toccare una donna con un dito. Si era sempre battuto con combattenti che avevano la possibilità di difendersi, ed aveva distrutto pianeti, sì, ma non aveva mai toccato una donna. Questo mai, neanche nei suoi peggiori momenti d’ira.

Ed ora, l’unica donna che avrebbe voluto avere il piacere di toccare-se anche lei l’avesse voluto- sembrava star soffrendo. O meglio, non sembrava star troppo bene. 

E Radish, completamente inesperto, non sapeva cosa fare, o cosa dirle, per farla stare un pochino meglio.

Per un attimo, pensò a ciò che gli aveva detto Kaharoth mentre avevano quella buffa conversazione nella sua stanza: ‘Buttati, con Bulma. Segui il tuo istinto’.

Avrebbe dovuto farlo? Avrebbe dovuto seguire i consigli di suo fratello, oppure Kaharoth era davvero un idiota senza speranza, e non c’era nessun motivo di starlo a sentire? 

 

«Radish!»

 

Non l’aveva neanche ascoltato, la turchina, aveva semplicemente riflettuto: c’era una cosa e soltanto una cosa sulla Terra che avesse il potere di spingere due persone a seguire completamente i propri istinti, senza pensare troppo alle conseguenze delle proprie azioni.

E quella... era il divertimento.

Il divertimento senza fini, mischiato ad una buona dose di alcol, portava inevitabilmente le persone a sciogliersi, a fare nuove conoscenze e, magari, perché no? Anche a dichiararsi al proprio grande amore.

Oh, sì. Bulma aveva appena avuto un’idea geniale.

 

«Voi saiyan sapete cosa sia una festa? O, per lo meno, sapete cosa sia la musica?»

«Certo che sappiamo cosa sono.» aveva risposto lui, aggrottando le sopracciglia «Su Vegetasei, ogni mese, si dava una festa in onore del re, e si facevano banchetti, si beveva del vino, si dimenticava la scala gerarchica e si andava tutti d’accordo. E c’era persino l’orchestra a suonare. Perché me lo chiedi?»

Lei sorrise beffarda e guardò il calendario: era sabato. Capitava proprio a fagiolo.

«Perché stasera, amico mio, vi mostreremo come si divertono i terrestri.»

 

*

 

«Come dici? In discoteca?»

 

Goku non si sarebbe mai aspettato che la sua migliore amica, colei che li spronava sempre a mettere la testa a posto, gli avesse appena proposto una cosa del genere. Certo, lui non era mai stato in una discoteca, e a malapena sapeva di cosa si trattasse, ma ogni volta che Crilin e Yamcha lo invitavano a passare una serata con loro in uno di quei locali, Chichi gli urlava in faccia che erano luoghi pericolosi, che in quei posti non ci si sarebbe dovuto mai andare, che lì dentro succedevano cose terribili.

Eppure, in quel momento, Bulma gli stava assicurando l’esatto contrario.

 

«Esatto!» aveva trillato lei, eccitata «In fondo, sta per arrivare Freezer, e cosa c’è di meglio di una bella serata di divertimento, per goderci questi ultimi momenti di pace?»

 

Effettivamente, quel discorso filava. Filava eccome. Certo, in vista dell’arrivo del nemico bisognava farsi trovare preparati, ma in fondo, come negarsi un momento di pace tra amici senza pensare per un attimo alla lotta e all’allenamento? La sua migliore amica aveva completamente ragione: dovevano godersi la pace, finché sarebbe durata. E poi, erano giovani. Avevano comunque bisogno di svagarsi, nonostante fossero dei guerrieri.

 

«A me sta bene, ma... ma fai conto che ora, nella nostra squadra, ci sono anche dei saiyan.» era stata la risposta del Son, mentre si grattava la nuca imbarazzato «Non credo che loro accetterebbero mai di far festa con degli esseri umani. Non lo pensi anche tu?»

«Oh, ma per favore!» era stata l’esclamazione della turchina «Io ho già convinto Radish, e sono convinta che tu troverai il modo di convincere Vegeta. E poi, Nappa è una sorta di festaiolo! Non credo rinuncerà a una serata di divertimento!»

«E... e Gohan?»

«Non credo che a Bardack e Gine dispiacerà tenere buono il loro unico nipote per una sera!» esclamò lei «Andiamo, Goku, non hai scuse! Cerca di convincere Vegeta, e quando lo avrai fatto, venite da me! Di certo, tu non puoi andare in un posto del genere con la tua solita tuta arancione, e lui non può venire in tuta o con quegli strani vestiti di pelle che si è messo in testa di indossare ultimamente! Anzi, forse su questi ultimi ci farei un pensierino; ma tu no, amico mio! Hai bisogno di una rinnovata!»

 

*

 

«Spiegami per quale motivo dovrei venire in un posto del genere.»

 

Vegeta non poteva crederci: era sparito per tutto il giorno e poi, quando credeva che sarebbe tornato solo per farsi massacrare di botte, Kaharoth era tornato da lui con quella proposta indecente. Una discoteca. Seriamente? Ma per chi l’aveva preso?

Inizialmente non capiva, ma poi, quando l’imbecille gli aveva spiegato di cosa effettivamente si trattasse, il principe dei saiyan era diventato rosso fino alla cima dei capelli. Sia di rabbia, che d’imbarazzo.

Diamine, non era uno stupidissimo terrestre che amava lo svago e il divertimento, lui! Era il principe dei saiyan! Era un guerriero, un valoroso combattente, non poteva piegarsi ad una proposta del genere!

 

Per un attimo, Goku aveva pensato di ritirare quella proposta e lasciar completamente perdere, ma poi, ad un certo punto, pensò al motivo per il quale Bulma avesse preso la decisione di organizzare quella serata: non era soltanto per godersi quella pace ormai momentanea, ma probabilmente, in tutta quella storia, c’entrava anche Radish. Probabilmente suo fratello aveva preso troppo alla lettera il suo consiglio ed aveva fatto una gaffe, ed ora la turchina aveva bisogno di un momento per dimenticare. O magari era tutto il contrario, magari era stato un gran successo, ed ora quella era soltanto una storia organizzata per festeggiare.

Non lo sapeva, ma sentiva che forse, convincere Vegeta a seguirlo in quel luogo, fosse la cosa giusta da fare.

Così, sorridendo, giunse le mani, avvicinandosi un po’ di più al suo interlocutore.

 

«Eddai, Vegeta!» esclamò «L’ho promesso a Bulma! E poi, lo sai quanto i terrestri siano subdoli! Se ci andassi da solo, chissà quanti sguardi attirerei per colpa della mia forma fisica! Non vorrei sembrare vanitoso, ma...»

 

Il principe ringhiò impercettibilmente. Bulma, c’entrava ancora una volta lei, erano sempre sue quelle idee malsane. Eppure, in qualche modo, quel deficiente di Kaharoth trovava sempre il modo per farlo vacillare e portarlo a pensare alle conseguenze. Era vero: se fosse andato da solo in un posto del genere, sia uomini che donne non avrebbero fatto altro che guardare e strisciarsi addosso a ciò che era suo. Suo, per la miseria.

Non era un sentimentale, quello no di certo, ma soltanto il pensiero che qualcuno potesse posare i suoi occhi su Kaharoth lo faceva letteralmente andare in bestia.

Doveva difendere la sua proprietà, accidenti! E doveva farlo ad ogni costo. Anche a costo di dover entrare in un insulso locale per terrestri.

 

«Tsk!» si era girato dall’altra parte, stizzito «E sia! Vada per questa discoteca! Ma sappi che è l’ultima volta che ti seguo da qualche parte, chiaro?»

«Ammettilo che non ti dispiace seguirmi da qualche parte!»

«Finiscila, prima che cambi idea.»

 

*

 

Alla fine, contro ogni aspettativa, il gruppo era riuscito a mettere piede in quella che era una delle discoteche più rinomate della Città dell’Ovest. 

Si trovava poco fuori dal centro cittadino, ed oltre un enorme parcheggio, si poteva scorgere la scritta al neon che recitava ‘Fluxo Fly’. 

Crilin, vestito di tutto punto, fu il primo ad entrare, sparendo in men che non si dica nella coltre di persone, seguito poi dal Genio che, nonostante la sua veneranda età, aveva come sempre deciso di mischiarsi ad i giovani, buttandosi nella mischia. Nappa, seguito da Lunch, si era immediatamente buttato su uno dei divanetti, iniziando ad amoreggiare con la sua nuova fiamma terrestre, sorprendendo tutti: Goku non avrebbe mai pensato che una delle sue più grandi amiche potesse avere una storia d’amore con quello che una volta era stato uno spietato mercenario. Era incredibile come tutti loro stessero cambiando.

 

«Ma che diavolo è questo postaccio?»

 

Vegeta non poteva credere di essersi lasciato trascinare in un luogo tanto squallido: quasi non si respirava, per colpa dell’ammontare di persone che affollavano il grosso locale, le luci psichedeliche che continuavano a girargli attorno non facevano altro se non indispettirlo, e la musica-se di musica si poteva parlare, non era altro che un raggruppo di suoni indistinti. Però, tutto sommato, i vestiti che gli aveva procurato Bulma non erano affatto male: la turchina gli aveva infatti consigliato-o meglio, ordinato- di indossare un paio di strettissimi pantaloni neri, una canotta dello stesso colore che non lasciava nulla all’immaginazione, un giubbotto di pelle ed un paio di alti anfibi scuri; mentre Kaharoth... oh, Kaharoth sembrava tutt’altra persona, con addosso quella t-shirt dal colore indefinito, quei jeans scoloriti, e quelle scarpe da ginnastica. 

Nonostante il principe non lo avrebbe mai ammesso, neanche sotto le peggiori torture cinesi, quell’idiota, in quella nuova veste, era davvero bello. Talmente bello da fargli dimenticare il fastidio che stava provando in quel momento.

Ma il particolare che gli fece completamente dimenticare la sua irritazione, fu il banco degli alcolici: la gente, lì, sembrava decisamente meno rumorosa e, soprattutto, lì venivano serviti quelli che i terrestri chiamavano cocktails. Alcolici forti, così forti che, probabilmente, avrebbero fatto ubriacare persino un saiyan.

Attirato da tutto quel ben di Dio, il principe prese per il braccio l’imbecille di fianco a sé, trascinandolo proprio verso quell’angolo della sala.

 

Goku, dal canto suo, non si era fatto pregare, ed aveva permesso a Vegeta di trascinarlo ovunque volesse. In fondo, se lo meritava: aveva acconsentito, nonostante le sue problematiche a relazionarsi con tante persone tutt’e assieme, a seguirlo nel luogo più affollato della città, e si meritava di essere appagato in tutto ciò che lo aggradasse.

Ma una cosa si ritrovò a chiedersi, il Son: dov’era che il principe dei saiyan aveva imparato a riconoscere un banco degli alcolici e, soprattutto, come faceva a conoscere i cocktails?

Fu una domanda alla quale il saiyan cresciuto sulla Terra si diede subito una risposta: di fatti, il principe non conosceva nulla di ciò che era scritto sul menù appeso al muro, e questo lo scoprì quando quest’ultimo gli rivolse uno sguardo interrogativo.

 

«Due mojito, per favore!» esclamò allora il Son, avvicinandosi alla bella ragazza dai capelli biondi che si trovava dietro al bancone a servire, e che, per tutto il tempo, non aveva fatto altro che tenere i suoi grandi occhi verdi puntati su Vegeta.

«Subito!» trillò quella, afferrando due bicchieri di plastica, rivolgendo poi un occhiolino al principe dei saiyan, che si ritrovò ad arrossire fino alla cima dei capelli.

A quel punto Goku, infastidito, prese la mano del ragazzo accanto a lui, facendo in modo che quell’impicciona lo notasse e gli rivolgesse un’espressione stupita, arrossendo e mettendosi immediatamente a lavorare.

«Ecco qua!» esclamò la bionda, per poi volatilizzarsi da un altro cliente, cercando in tutti i modi di evitare lo sguardo indispettito del Son.

 

Vegeta si ritrovò ad osservare quel bicchiere di plastica pieno di quella roba strana, chiedendosi che cosa ci avrebbe dovuto fare. Cioè, era ovvio che avrebbe dovuto berlo, ma che ne sapeva se quell’idiota avesse gusto per quelle cose?

«Che roba è?» chiese, inarcando un sopracciglio.

«Assaggialo e non ne potrai più fare a meno! Fidati di me!»

 

Titubante, infine, il principe decise di fidarsi, ed appoggiò le labbra alla cannuccia, prendendo un sorso di quel nettare agrodolce.

Bastò un minuscolo sorso, prima che Vegeta alzasse lo sguardo verso Goku, completamente soddisfatto: quella robaccia era in assoluto una delle cose più buone che avesse mai assaggiato. Era letteralmente paradisiaco, l’alcol era perfettamente bilanciato con tutto il resto, ed era dannatamente forte. 

E non ci era voluto niente, probabilmente neanche una ventina di minuti, prima che il principe dei saiyan, il fiero, il valoroso, non cadesse in quella grossa trappola che era il banco degli alcolici, ordinando un mojito dopo l’altro, arrivando ben presto a quota dieci.

 

«Kaharoth!» esclamò, completamente fuori dai gangheri, ridendo a squarciagola e battendo una pacca dietro la schiena al povero Son «Smettila di essere così nooooioso! Muoviti! Alzati da questo divanetto!»

Prese il saiyan cresciuto sulla Terra per i polsi, trascinandolo poi di forza verso quella che era la sala da ballo, facendo a spintoni per finire in mezzo alla gente, dimenticando completamente i suoi problemi, lasciandosi andare all’ebrezza del momento.

Goku rise di gusto, rise mentre, tra un salto e l’altro, cominciava anche lui a lasciarsi andare a tempo di musica, sotto le luci stroboscopiche del locale.

Tutto si sarebbe aspettato da parte di uno come Vegeta, meno quello: non avrebbe mai immaginato che proprio lui, il grande principe della sua stirpe, non reggesse l’alcol. E che addirittura si ubriacasse così positivamente! Da un Vegeta ubriaco, come minimo, si sarebbe aspettato un pugno in pieno stomaco, non di certo un’allegria simile.

 

«Hey, Vegeta!» esclamò una Bulma alticcia, aggrappata al braccio di un Radish ancora più alticcio di lei, poggiando il gomito sulla spalla del principe-se fossero stati in una situazione normale, probabilmente lui l’avrebbe incenerita- «Come te la passiii? Io alla grandissima!»

«Sto benissimo, donnaccia che non sei altro!» urlò il ragazzo, ridendo «Andatevene a procreare da un’altra parte e non mi scocciate!»

Detto questo, come se fosse la cosa più naturale del mondo, si attaccò ad un Goku estremamente confuso ma divertito all’inverosimile, iniziando a muoversi a ritmo di musica, in modo forse fin troppo provocante, dato che, ogni volta che si allontanava da lui, gli faceva gesto con le mani di avvicinarglisi. 

E fu come se tutti i sensi del povero Goku si fossero appena risvegliati: perché continuare a rimandare, a farsi continui problemi, quando in quel momento, era proprio Vegeta stesso ad invitarlo a lasciarsi andare? Certo, era ubriaco, ma gli ubriachi dicono sempre la verità, giusto?

 

Vegeta, dal canto suo, in quel momento, si sentiva terribilmente leggero e rigenerato: era come se, in un attimo, tutti i suoi problemi fossero scemati. Non esisteva più nulla se non lui, quella serata quasi perfetta, e quel ben di Dio che stava ballando-già, ballando- con lui in quel momento. E perché non prenderselo totalmente, quel ben di Dio?

Kaharoth era incredibile: qualsiasi cosa facesse o dicesse, anche la più stupida dell’universo, rimaneva comunque l’essere più sexy del cosmo. Così sexy che il principe dei saiyan, ormai in preda ai propri istinti e alle proprie sensazioni, decise di andare oltre, di smettere di stare in mezzo a tutta quella gente, e lo prese per mano, portandolo sui divanetti di pelle, ben lontano da occhi indiscreti.

 

E come rinunciare un invito del genere, da parte dell’essere più bello dell’intero universo? Goku, senza fare obiezioni, lo aveva seguito, completamente succube, ovunque lui volesse e, una volta seduto, lo invitò a fare lo stesso, prendendolo per mano e facendolo sedere a cavalcioni su di lui, le braccia di Vegeta attorno al suo collo, e le sue mani a stringere i fianchi del principe che, mordendosi il labbro inferiore e sorridendo beffardo, si sfilò il giubbotto di pelle, poggiandolo sul divano e rimanendo con quella canotta così stretta da permettere al Son di immaginare ogni cosa, ogni singolo lembo di pelle, ogni singolo muscolo, ogni singola curva.

 

«Che siamo venuti a fare qui, Vegeta?» gli chiese, provocatorio, mentre lo stringeva un po’ di più a lui e gli rivolgeva un sorrisetto soddisfatto.

«Oh, non saprei, forse a pettinare le bambole.» rispose ironico il principe «Che succede, Kaharoth? Hai paura che possa farti del male?»

«Oh, ma per favore.» in quel momento, l’alcol stava parlando anche al posto di Goku «Impara qual è il tuo posto, principe dei miei stivali.»

«Oh... ma che carino.» portò una mano sul collo del saiyan sotto di sé, rivolgendogli un sorriso bieco «Perché non mi ci metti tu, al mio posto?»

«Non giocare col fuoco, Vegeta.» lo provocò ancora Goku «Potresti metterti in guai seri.»

«Oh, ma tu non immagini quanto mi piaccia mettermi nei guai, Goku.»

 

Arrivati a quel punto, il saiyan dai capelli a palma non ce la fece più. L’aveva voluta lui, se l’era cercata. Gli avrebbe fatto vedere che costo comportava provocarlo in quel modo.

Ad un tratto, i ruoli si erano completamente invertiti, ora era lui a tenere le redini della situazione, era lui a dover mettere quel principe un po’ troppo provocatorio al suo posto. Se proprio gli piaceva giocare col gioco, allora, gli avrebbe fatto vedere come ci si sentisse a scottarsi.

In men che non si dica, il Son si era teletrasportato in quello che, da un po’ di tempo, era diventato l’ufficio di Vegeta. In quel piccolo laboratorio spoglio e pieno di scartoffie. E, come se nulla fosse, aveva poggiato il principe dei saiyan sul freddo tavolo di metallo, divaricando di forza le sue gambe, mandando completamente a farsi benedire quelle che erano la castità e la grazia.

 

«Alla fine hai ceduto.» mormorò Vegeta, con un filo di voce, per poi prendere il suo sfidante per i capelli, avvicinando le labbra al suo orecchio, abbassando ancora di più il tono, riducendolo ad un sussurro appena udibile «Vegeta uno. Goku... zero.»

Non si trattava più di istinto, non si trattava neanche di pura attrazione fisica, no, era qualcos’altro. Qualcosa che andava persino oltre i sentimenti che provavano l’uno per l’altro: quella era una vera e propria sfida. Una sfida a chi cedesse prima, una guerra a chi ottenesse per primo quello che voleva.

E quello che voleva Vegeta, in quel momento, era soltanto una cosa. E non gliene importava niente delle sue paure o delle restrizioni che si era imposto fino a quel pomeriggio, no, in quel momento gli importava soltanto i famigerati guai nei quali si sarebbe andato a cacciare.

Perché era nato per finire nei guai. Ed era ancor più nato per finirci assieme a quell’idiota che, in quel momento, sembrava voler prendere in mano le redini della situazione. 

 

«Chiudi quella bocca.»

 

Sì, aveva decisamente vinto.

Quel ragazzetto impertinente voleva l’uno a zero? Bene, Goku gliel’avrebbe dato volentieri. Così, con molta poca grazia, aveva unito le sue labbra a quelle del principino arrogante di fronte a lui, in un bacio carico di passione, di sentimento, di sfida. Casto non era proprio la parola che si sarebbe potuta attribuire a quel gesto. Bisognoso? sì, impertinente? sì, ma casto? no. Quella era una lotta. Diversa da quelle che mettevano in campo solitamente, ma restava una lotta. Una lotta tra due sfidanti, due amanti, due rivali, che si contendevano una cosa ed una cosa soltanto: la supremazia l’uno sull’altro.

Ed in quel momento, Goku era sì colui che stava acconsentendo a dominare quel momento, ma il vincitore era senza dubbio il principe che, aggrappandosi ad i suoi capelli, aveva approfondito ulteriormente quel bacio, mordendo di tanto in tanto il labbro inferiore del compagno e divaricando ancor di più le gambe, facendogli capire di voler di più, di star bramando a qualcosa di differente.

Così il saiyan cresciuto sulla Terra, intuendo fin da subito quel desiderio, lo aveva spinto con poca grazia, facendolo allungare sul tavolo, e posizionandosi sopra di lui, prendendo a lasciargli una serie di baci umidi lungo tutto il collo, mordendolo, succhiandolo, provocando nel ragazzo sotto di lui una serie di brividi lungo tutta la schiena e di gemiti a stento trattenuti.

 

E Vegeta si abbandonò completamente a quelle sensazioni. Al diavolo l’orgoglio, al diavolo tutte le inutili domande che si era posto fino a quel momento: ora l’unica cosa che contava era quell’imbecille che, sopra di lui, gli stava facendo capire quale fosse il suo posto. Il suo posto era esattamente quello, accanto a lui, insieme a lui, e non c’era niente di più sbagliato in tutto ciò, non c’era niente di più giusto in tutto ciò.

«Pensi che abbia senso, tutto questo?» sussurrò, mentre si sottoponeva completamente a quel trattamento, e il saiyan sopra di lui gli sfilava la canottiera, lanciandola da qualche parte nella stanza.

«Zitto.» si limitò a mormorare Goku, concentrandosi sul suo torso, prendendo a baciare, succhiare e mordere ogni singolo angolo di pelle, lasciando dei segni ben più che evidenti. I segni del suo passaggio, della sua proprietà. Perché lo stava facendo suo, e suo sarebbe stato fino alla fine.

Si appartenevano, e quella era l’unica cosa che contava. E non c’era niente che avesse più senso.

 

Lì, in quella stanza fredda ed umida, avevano dato sfogo a tutti i loro istinti, avevano dimostrato tutti i loro sentimenti, si erano appartenuti come mai avevano fatto fino di allora. 

E questa era di sicuro l’unica cosa che importasse. Non c’era nessun Freezer, non c’era nessun orgoglio, più nessuna voglia di lottare, perché Goku si era lasciato andare, e Vegeta si era preso ciò che era suo di diritto, da quel momento in poi. E non c’era stato più bisogno di parole, né di domande, perché in quella stanza buia, quei due saiyan, avevano appena trovato tutte le risposte.

 

«Ti amo.» aveva sussurrato Goku ad un tratto, mentre tornava a baciarlo, e mentre entrambi stavano raggiungendo il limite.

Il principe dei saiyan si limitò a sussurrare il suo nome in un gemito, a chiedergli di non fermarsi, mentre si aggrappava con forza ad i suoi capelli, inarcando la schiena.

 

Una cosa era certa: anche lui lo amava. Lo amava con tutto sé stesso, ma probabilmente non lo avrebbe mai ammesso.

 

~

 

BUONASERAAAAA!

 

Beh, che dire ragazzuoli miei, finalmente ci siamo riusciti! Anzi, finalmente CI SONO riusciti!

Devo ammettere che, nello scrivere questo capitolo, mi sono divertita un sacco. Soprattutto perché, con la scusa dell’alcol, ho potuto rendere Vegeta decisamente più sciolto. E quei dialoghi! Ragazzi miei, vi capisco, ma datevi una calmata!

 

Non so come mi sia venuta in mente l’idea della discoteca, ad essere sinceri, ma è uno dei luoghi che frequento più spesso, quindi mi sono detta “perché no?” xD

 

Per quanto riguarda Bulma e Radish, lascio a voi il modo di immaginare cosa sia successo(o forse no?)

 

Ah, per la cronaca, sì: Nappa sta con Lunch. O almeno è quello che il nostro pelatone ci ha fatto intendere! Ovviamente lei non sarà un personaggio poi così importante, ma ho voluto rendere Nappa uno dei saiyan più ‘umani’, e perché non dargli una bella fidanzata, e perché non utilizzare quel bel personaggio che, ahimè, Akira Toriyama ha palesemente dimenticato(sigh)?

 

Bene, spero di aver scritto un buon capitolo, e spero che vi piaccia nonostante tutte queste parentesi dannatamente terrestri che ci sto mettendo in mezzo!

 

Alla prossima, tesori! Vi mando un bacio e vi ringrazio anche per visite e recensioni! Non me l’aspettavo proprio, essendo questa la mia prima storiella!

 

-JAY

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Capitolo 22
*** Squadra? ***


Aveva aperto gli occhi a causa di un tremendo mal di testa che, lancinante, aveva iniziato a martellargli le tempie. Non aveva mai bevuto moltissimo in vita sua, Goku, ed era sempre stato piuttosto in grado di reggere l’alcol in maniera quasi esemplare, ma la sera prima, doveva ammetterlo, aveva alzato un po’ troppo il gomito. Ed era tutta colpa di quel testone di Vegeta, che non aveva fatto altro che ordinare un drink dopo l’altro.

Sorrise compiaciuto, il saiyan dai capelli a palma: in fondo, era anche grazie a quel ‘bicchierino in più’, che erano potuti arrivare al punto in cui erano arrivati. Nonostante l’alcol, infatti, Goku ricordava perfettamente tutto ciò che era successo la sera precedente, e probabilmente si sarebbe portato il ricordo di quel momento nella tomba. Era stato prezioso, come tutti i momenti passati assieme a quel burbero di un principe che, in quell’istante, ancora dormiva beato al suo fianco.

Fortunatamente, la notte prima, aveva avuto la premura di teletrasportarsi assieme a lui in camera da letto prima che qualcuno li scoprisse in quel laboratorio, ed ora l’unica cosa che gli premeva era che il principe, come al solito impertinente, si stesse tenendo tutta la coperta per sé, rigirandosi nel letto.

Fu solo quando il Son si alzò a sedere che, nascosta dietro allo stipite della porta finestra, lasciata aperta durante la notte, notò un’ospite inaspettata e, forse, data la situazione, anche un po’ indesiderata: una bambina, con i capelli corvini raccolti in una disordinata coda di cavallo, se ne stava lì ad osservarlo con i suoi occhioni azzurri, glaciali nonostante l’età, che gli ricordarono in maniera quasi spropositata il saiyan che stava dormendo al suo fianco.

Si accorse soltanto in un secondo momento dello scouter di colore rosso che la bimba portava su un occhio, e fu solo in quel momento che, forse, i suoi sensi si risvegliarono, e Goku decise che fosse arrivato il momento per Vegeta di svegliarsi.

Così, scrollando il compagno con non troppa forza, il saiyan dai capelli a palma riuscì a destarlo dal suo sonno, sperando con tutto il cuore di non ricevere un pugno in faccia.

 

«Che diavolo vuoi?» fu la domanda del principe dei saiyan che, con la bocca ancora impastata dal sonno, si era rigirato una nuova volta, affondando il viso nel cuscino «Rimettiti a dormire, deficiente. È presto.»

Nonostante avesse bevuto decisamente troppo, la sera precedente, il principe ricordava perfettamente cosa fosse successo, ed in quel momento non ne faceva un dramma, complici i postumi della sbornia. In un secondo momento, come minimo, avrebbe fatto esplodere sia quell’imbecille di Kaharoth che tutto il pianeta Terra. Anzi, avrebbe cominciato proprio perché l’inetto, in quel momento, lo stava disturbando, concedendo a quel martellante mal di testa di cominciare ad indispettirlo.

«Non è il momento di dormire, Vegeta.» aveva insistito Goku, sorridendo però sotto i baffi: mentre gli ordinava di lasciarlo riposare ancora un po’, assonnato e con i capelli in disordine, il principe dei saiyan sembrava tutt’altra persona. Era quasi... carino «Dai, alzati.»

Arrivati a quel punto, il principe si alzò di scatto a sedere, portando una mano tra i capelli del citrullo e cominciando a tirarli, digrignando i denti «Si può sapere che caspita vuoi?! Non voglio starti a sentire, sono le 8, accidenti a te!» 

Fu solo quando, mentre cercava in tutti i modi di liberarsi dalla sua presa, Kaharoth gli indicò il punto verso il quale avrebbe dovuto volgere lo sguardo, che Vegeta si calmò, o meglio, si calmò nei confronti dell’imbecille, perché in quel momento era tutto meno che calmo.

Strabuzzando gli occhi, infatti, il principe dei saiyan fece un salto, puntando lo sguardo visibilmente sconcertato verso l’immagine della mocciosa che, in quel momento, li stava osservando senza fare un fiato, con sguardo serio ed accigliato. Era come se, in un certo senso, Vegeta l’avesse già vista da qualche parte.

Portava uno scouter sull’occhio. Questo poteva significare soltanto che quella ragazzina non fosse una terrestre.

Poi, l’occhio attento di Vegeta si posò su un particolare che, molto probabilmente, il Son non aveva notato: la piccola aveva la coda. Una coda identica a quella dei saiyan, che si muoveva frenetica, come quella di un gatto affamato.

 

Poi, come si fosse risvegliata da un prolungato stato di trance, la bimba puntò il dito proprio verso il principe dei saiyan, esclamando: «Vegeta!»

 

Entrambi i saiyan si guardarono con un misto tra il sorpreso ed il confuso, e Goku, come per sottolineare che non ne sapesse nulla di tutta quella storia, rivolse al compagno un’alzata di spalle, per poi tornare con lo sguardo sulla bambina, che aveva preso ad avvicinarsi, sedendosi poi sul letto a gambe incrociate e braccia conserte, assicurando poi la coda intorno alla vita.

Poi, una seconda volta, ripeté: «Vegeta!»

 

Arrivato a quel punto, il principe dei saiyan decise che era arrivato il momento di darsi una calmata e, ringraziando il cielo di non essere nudo, si tolse la coperta di dosso, lanciandola al suolo e, una volta avvicinatosi un po’ di più all’intrusa, imitò la sua posizione ed il suo sguardo, guardandola dall’alto in basso.

«Sì.» asserì, serio in volto «Sì, sono Vegeta. Tu chi saresti?»

La bimba gli rivolse un sorrisetto sghembo, un sorrisetto molto simile a quelli che lui, di tanto in tanto, rivolgeva ai suoi avversari, a chiunque considerasse un ostacolo da abbattere, e si tolse lo scouter dall’occhio «Sei forte. Lo sapevo che ti avrei trovato seguendo i livelli di forza più alti del pianeta.»

«Si può sapere chi diavolo sei, mocciosa? Che vuoi, da me?»

«Vengo dal pianeta verde. Sono venuta a portare un messaggio da parte di mia madre.» rispose lei, seria «Due uomini molto cattivi hanno prima attaccato un’altra dimensione, e poi sono venuti ad attaccare il pianeta delle persone verdi. Mia madre è restata a combatterli, ma mi ha detto di venire qui a cercare un certo Vegeta ed avvertirlo dell’accaduto.»

«Il pianeta verde?» il principe inarcò un sopracciglio, per poi cercare lo sguardo di Kaharoth, forse ancora più confuso del suo.

«Senti, ma...» si intromise il saiyan cresciuto sulla Terra, raggiungendo il compagno e spalleggiandolo «Sei sicura che ti abbia chiesto di Vegeta? Ha detto proprio così?»

«Certo che ne sono sicura. Sei idiota, per caso?»

Accidenti, che gran faccia tosta. Ma cos’era, quella bambina, un Vegeta in miniatura? 

«Okay, okay, non arrabbiarti!» esclamò il Son, sorridente «E dimmi. Per caso questo pianeta verde si chiama Namecc, o Neo-Namecc? Hai detto che è abitato da delle persone verdi, giusto?»

«Non ho capito come si chiama.» asserì la bimba con un’alzata di spalle «So solo che è piccolo, verde, che è abitato da degli esseri pacifici e verdi, e che quello che comanda lì si chiama Moori.»

I due saiyan più grandi, a quel punto, non avevano più dubbi: qualcuno aveva sul serio attaccato Neo-Namecc. Solo che molte cose non erano chiare: perché quella bambina era partita da lì apposta per cercare Vegeta? Come faceva la madre della piccola a conoscere il principe dei saiyan? E poi, come faceva quella bimba ad essere una saiyan, se tutta la razza era stata distrutta da Freezer sicuramente molti anni prima che lei nascesse?  

«Hey, mocciosa. Porta rispetto a chi è più grande di te, chiaro?» la rimproverò il principe, ottenendo miracolosamente l’effetto sperato, perché la loro misteriosa ospite si ritrovò ad abbassare lo sguardo, ammorbidendo di poco la sua espressione e distogliendo gli occhi da Goku, che la stava guardando stupefatto «Molto bene. Adesso, dimmi chi è tua madre, perché mi sei venuta a cercare, e chi sono quei brutti ceffi che hanno attaccato il pianeta Namecc. Ah, e soprattutto, dicci il tuo nome. Sei così maleducata da non saperti neanche presentare?»

«Non sono affatto maleducata!» si affrettò a rispondere la piccola saiyan, alzando di poco la voce «Mi chiamo Jinjer, e per la cronaca, dovreste essere voi a portare rispetto a me, dato che sono una principessa!»

«Tu saresti una principessa?»

Ed eccolo là. Il botta e risposta che Goku si era aspettato fin dal primo momento. Solo che non capiva davvero da dove spuntasse quella mini Vegeta che diceva di essere una principessa. 

«Sì!» esclamò Jinjer «Mia madre mi ha sempre raccontato che la nostra razza è stata spazzata via da una catastrofe, e che lei un tempo era la regina di tutta la stirpe! E io, essendo sua figlia, sono una principessa!»

Vegeta strabuzzò gli occhi, stupefatto: non era possibile. Eppure, la bimba aveva gli occhi azzurri, ed era una saiyan. No, doveva essere una coincidenza, soltanto una stupidissima coincidenza.

«E chi sarebbe tua madre?» chiese, cercando di rimanere calmo «Se si spaccia per regina, dev’essere davvero disperata.»

«Non parlare così della mia mamma!» gli inveì contro la piccola, alzandosi in piedi sul letto «Lei ha un nome, lo sai? Si chiama Rosicheena! Rosicheena!»

 

No. Non era possibile. Non poteva essere vero.

Quella mocciosa era davvero una saiyan. Quella mocciosa era davvero la principessa dei saiyan. Quella mocciosa era figlia di sua madre.

E Vegeta si diede dello stupido, del dannato idiota, in quel momento: aveva sempre pensato che sua madre fosse morta da qualche parte nell’universo, o che si fosse completamente dimenticata di lui, non aveva mai, neanche una singola volta, provato a cercarla. Ed ora, dopo una catastrofe, era lei a cercare lui. Era lei a chiedere l’aiuto del suo primogenito, di quello che era stato e, forse, era tuttora il suo più grande orgoglio.

Si alzò velocemente dal letto e, dopo essersi infilato in fretta e furia una tuta, si rivolse nuovamente al suo compagno che, saggiamente-strano-, aveva deciso di restare zitto fino a quel momento.

 

«Controllala per un po’. Ci sai fare con i marmocchi, no?» si diresse verso la porta della stanza «Io devo fare una cosa.»

Il Son, forse per la prima volta in tutta la sua vita, decise di dare ascolto alle parole del principe e, dopo avergli rivolto uno sguardo carico di confusione, si rivolse a Jinjer con un sorriso, tendendole la mano «Ciao, io mi chiamo Goku!»

 

*

 

Aveva corso per tutta la casa, spintonando prima Radish e poi Bardack, incontrati per caso in corridoio, soltanto per piombare, con tutta la furia che aveva in corpo, nella stanza di suo padre.

Ovviamente quell’animale, da irresponsabile qual era, se ne stava ancora dormendo della grossa, senza pensare minimamente né ai suoi doveri di guerriero, né al suo imminente dovere di andarsene da quella casa al più presto, sempre se non voleva morire.

L’unico che potesse avere un minimo di conoscenza riguardo tutte le domande che Vegeta gli avrebbe rivolto, però, era lui. E non poteva ucciderlo. Non ancora almeno.

 

«Alzati da quel letto, razza di inutile nullafacente!» esclamò il principe, prendendolo per il collo e scaraventandolo contro l’armadio, che gli crollò addosso «Tu lo sapevi, vero?! Sapevi che mia madre era ancora viva! Lo sapevi fin dal principio!»

Il re dei saiyan, confuso, si rialzò a fatica, massaggiandosi la nuca, lesa dal colpo inferto da suo figlio «Come dici?»

«Non fare il finto tonto con me, chiaro?!» il più giovane avanzò verso il più anziano, con fare minaccioso «Non far finta di non sapere niente! Sei solo un vigliacco! Vigliacco e anche bugiardo!»

«Non capisco davvero cosa tu mi stia dicendo.» ripeté l’uomo «Ti ha dato di volta il cervello, figlio? L’ultima volta che ho visto tua madre, è stato prima della distruzione di Vegetasei.»

 

Vegeta era confuso. Arrabbiato e confuso.

Confuso perché, se quella bambina fosse stata davvero figlia di sua madre, allora non era di certo figlia di suo padre, ed era ovvio che lui, questa volta, non ne sapesse davvero niente. Arrabbiato perché, non capendo con chi iniziare a prendersela, se la stava prendendo, come al solito, con l’unica persona verso la quale provasse quel tipo di rancore. Quel rancore che sfociava in un odio forse incancellabile.

Eppure, era stato lui a non cercare mai sua madre. Era stato lui a lasciar correre quella storia. Quando, mentre girava l’universo lavorando per Freezer, avrebbe potuto benissimo andarla a cercare, chiederle perché l’avesse abbandonato così, dissipare ogni suo dubbio. Ma aveva avuto paura, Vegeta, paura che lei non lo accettasse più, paura di essere ormai inadeguato, ed aveva lasciato correre.

Ed ora... beh, ora si ritrovava a dover fare i conti con un sacco di cose. E non sapeva se avrebbe potuto reggere.

 

«Allora è vero.»

 

La vocina flebile di quella bambina dagli occhi azzurri lo distrasse dai suoi pensieri e da ciò che stava facendo, ed un Kaharoth completamente in ansia che le era corso dietro, apparì proprio davanti ai suoi occhi. 

Avrebbe voluto prendersela con lui per non averla tenuta buona, ma non c’era riuscito. Ora, l’unica cosa che riusciva a fare, era farsi una marea di domande alle quali non riusciva a dare una risposta, alle quali soltanto sua madre avrebbe potuto rispondere.

Ma sua madre non era lì. Probabilmente, Neo-Namecc stava bruciando e lei insieme al pianeta, perché se chiunque avesse attaccato i namecciani aveva anche attaccato un’altra dimensione, allora una saiyan dalla forza ormai quasi esigua come sua madre, non aveva alcuna speranza.

 

«Sei mio fratello...» osservò Jinjer, incrociando le braccia al petto «Vero?»

«Kaharoth.» a un certo punto, si era ricordato del vero problema «Dobbiamo andare su Neo-Namecc.»

«Già.» era stata l’osservazione del compagno, che aveva immediatamente annuito «Pensavo di partire subito, ma mi sembravi scosso.»

Il principe negò con la testa «Chiama Radish e raduna gli altri. Avremo bisogno almeno di qualche rinforzo, dato che non sappiamo con chi aver a che fare.»

 

E così era stato fatto. Dopo aver discusso per un bel po’, Vegeta era riuscito a convincere la nuova mocciosa a rimanere sulla Terra insieme a Gohan e Bulma, mentre tutti loro, attaccandosi a Goku, avevano effettuato il teletrasporto su Neo-Namecc. Non c’era stato il tempo materiale per radunare anche il resto della squadra Z e così, consci di dover nuovamente affrontare una battaglia, la nuova squadra di saiyan aveva deciso di fare da per sé.

E lo spettacolo che trovarono una volta arrivati sul pianeta, fu tutto meno che piacevole: dei terribili incendi stavano distruggendo tutta la flora una volta rigogliosa, i villaggi erano ridotti in macerie, ed a terra, i corpi inermi di namecciani morti e feriti sostavano in attesa dei soccorsi.

 

«Hanno fatto un bel casino.» era stato il commento di Nappa mentre, insieme a Radish, si allontanava dal gruppo «Dividiamoci. Potrebbero essersi nascosti da qualche parte.»

«È meglio rimanere uniti.» aveva aggiunto Bardack «Se fossero qui, non penso proprio che si starebbero nascondendo. In fondo, non avrebbero potuto predire il nostro arrivo.»

«Ha ragione.» gli aveva fatto eco la compagna che, nonostante non fosse tra le guerriere più forti, spiccava per il suo coraggio e la sua caparbietà «Io propongo di occuparci dei feriti. Sono davvero troppi, e hanno bisogno d’aiuto.»

 

«F-finalmente siete... arrivati.»

 

La voce sofferente dell’anziano saggio, steso a terra e ridotto ad uno straccio, li aveva distratti dalle loro conversazioni. Goku, che fino a quel momento era stato immerso nei suoi pensieri, indeciso se correre a cercare gli invasori o aiutare i namecciani insieme agli altri, gli era corso incontro, prendendolo per le spalle e poggiandoselo delicatamente sulle ginocchia.

Il povero Moori era ridotto male. Probabilmente, neanche un Senzu sarebbe bastato a farlo riprendere.

 

«Moori!» aveva esclamato il giovane super saiyan, con aria preoccupata «Non sprecare energie! Vedrai! Riusciremo a rimetterti in sesto!»

Ma il vecchio namecciano non aveva alcuna intenzione di farsi curare o rimettersi in sesto, e questo, Vegeta l’aveva capito sin dal primo momento. Conosceva quel tipo di espressione: l’espressione che soltanto un sovrano con coraggio avrebbe potuto avere in viso.

«Ti sei fatto colpire di proposito.» era stato l’esordio del principe, che si era avvicinato ad i due con fare tranquillo «Vero?»

«V-vedo che... che il tuo istinto d’osservazione non è cambiato...» 

«Che è successo, qui?» chiese ancora il ragazzo, accucciandosi accanto a Goku, che lo stava guardando con aria confusa.

«D-due saiyan... sono stati due saiyan.»

«Come sarebbe ‘due saiyan’?!» esclamò Vegeta «Prima di distruggere il pianeta, Freezer avrebbe dovuto ripassare il manuale del perfetto genocidio.»

Goku sorrise amaramente: era a dir poco stupefacente la calma che riuscisse a trasparire il suo compagno in situazioni di pericolo o di stress. Ma, la verità, lui la sapeva bene. E prese la saggia decisione di rimanere in silenzio, ascoltando quelle che erano probabilmente le ultime parole dell’anziano saggio.

«Mi dispiace, Vegeta...» aveva continuato quello, sputando sangue «I-i miei guerrieri... hanno fatto di tutto, per proteggere tua madre, ma... ma quei due... quei due... l’hanno portata via. Hanno... hanno detto che... che avrebbero utilizzato le nostre sfere del drago, c’era... c’era Freezer con loro... hanno detto che-che sarebbero venuti sulla T-Terra... che avrebbero trovato il resto della tua famiglia, e che-»

 

Freezer.

Freezer aveva fatto combutta con ben due saiyan. Due saiyan scappati abilmente-o forse fortunatamente- alla distruzione di Vegetasei. Due saiyan assetati di sangue, pronti a colpire la Terra in qualsiasi momento, e pronti ad utilizzare le sfere del drago.

Era per questo che avevano attaccato Neo-Namecc, soltanto per questo. Ed era per questo che Moori, agendo da vero saggio, si era fatto colpire a morte di proposito. Voleva evitare in tutti i modi che quei due loschi criminali-e Freezer, e chissà chi altro con loro- utilizzassero le sue sfere. Si stava comportando da vero eroe, da degno capo di una razza.

Si stava comportando come suo padre non avrebbe mai fatto, e questo gli rendeva onore.

 

«Sei stato bravo.» constatò il principe dei saiyan, sospirando, fingendo un’apparente calma, cercando in tutti i modi di non esplodere.

Alla fine, Freezer ce l’aveva fatta lo stesso: era riuscito a soggiogare due saiyan, era riuscito a portare dalla sua parte due esseri sicuramente più potenti di lui, ed era riuscito persino a rapire sua madre. A portargliela via. 

Perché, ovunque andasse, riusciva pur sempre a perdere l’unica donna che avrebbe voluto in tutta la sua vita? Perché sua madre non c’era stata? Perché lui non l’aveva cercata quando ne aveva avuto l’occasione?

Vegeta non lo sapeva. Non lo sapeva, e quel che era peggio, era che, in quel momento, non riusciva neanche ad essere arrabbiato con quel mostro di Freezer. Era in collera solo con sé stesso.

«So...» continuò Moori, in punto di morte «So che Dende è il vostro nuovo Supremo... so che Junior e-e il vecchio Supremo sono tornati ad essere una sola persona. Per... per favore, proteggete Dende. È... è mio nipote. Proteggete chi è più debole di voi. Vi... vi chiedo solo questo. Ve ne prego.»

«Lo faremo!» era stata la risposta del saiyan dai capelli a palma, che aveva avvicinato una mano al suo compagno, soltanto per potergliela poggiare sulla spalla, intuendo il suo disagio «Lo farò come ho sempre fatto! Io prometto solennemente che nessun innocente morirà di nuovo per colpa di quei mostri! E nessun innocente morirà di nuovo per colpa di Freezer! Se verranno sulla Terra, dovranno fare i conti con noi! Vi vendicheremo, renderemo onore alla vostra razza!»

«G-grazie...» Moori aveva sorriso serenamente «Tua madre... tua madre è una brava persona, Vegeta... io... io spero con tutto il cuore che tu possa incontrarla d-di nuovo. Io... tutta la mia razza, ti ha perdonato, Vegeta. Per favore... per favore, prova a perdonarti anche tu stesso.»

E, detto questo, l’anziano saggio di Neo-Namecc, colui che si era sacrificato per l’intero universo, facendo in modo che le sfere del drago non sortissero più alcun effetto, aveva esalato l’ultimo respiro, spirando tra le braccia di Goku, che lo aveva nuovamente adagiato sul terreno erboso, alzandosi da terra.

 

«Stai bene?»

 

No. No che non stava bene. E questo Kaharoth lo sapeva. Era per questo che glielo stava chiedendo.

Kaharoth lo sapeva, che una volta tornati a casa, avrebbero dovuto combattere fino allo sfinimento, lo sapeva che Vegeta avrebbe dovuto sfogare tutta la sua rabbia, tutta l’ira che in quel momento stava facendo di tutto per trattenere.

E la cosa bella era che a Kaharoth non interessava. A quell’ebete non importava nulla di quante ne avrebbe prese o di quante ne avrebbe incassate quella sera stessa. A quell’ebete importava soltanto di lui, e questo lo stava facendo sentire meno inadeguato, meno solo.

‘Prova a perdonarti’ gli aveva detto Moori, guardandolo negli occhi. A perdonarsi. Ma come avrebbe potuto?

La storia si stava ripetendo. Tutte le sue brutte azioni stavano venendo ripagate.

Di nuovo, dopo un anno, due saiyan stavano minacciando l’intero universo. Di nuovo, due saiyan si stavano mettendo contro altri saiyan.

Di nuovo quella storia. Solo che, questa volta, lui non giocava la parte del cattivo. E forse, era molto più complicato, molto più doloroso. Perché a giocare la parte del cattivo erano capaci tutti, perché a  non avere nessuno da proteggere erano capaci tutti.

Ma ora, il principe dei saiyan, il sanguinario guerriero che per tutta la sua infanzia e tutta la sua adolescenza aveva mietuto vittime per tutta la galassia, aveva due-ed ora probabilmente anche più di due- persone accanto, due persone che, volente o nolente, avrebbe protetto anche a costo della vita. Nessuno avrebbe messo le mani su Kaharoth o su Gohan, e questa era una promessa che Vegeta si era fatto esattamente la sera prima, mentre affrontava insieme a quell’inetto i sentimenti che provavano l’uno per l’altro, mentre si rendeva conto di non essere più la persona di un tempo, mentre si accorgeva di avere un cuore.

 

«Risolveremo tutto.» aveva detto Goku, avvicinandoglisi un po’ di più «E lo faremo insieme. Nessuno dovrebbe affrontare una situazione del genere da solo, men che meno tu. Se vogliono mettere le mani su di te, dovranno prima risponderne a me. Che tu lo voglia oppure no.»

Ed era la verità. Il saiyan cresciuto sulla Terra sentiva ogni parola che stava dicendo al compagno, sentiva ogni singola sillaba, ogni singolo verbo. Non avrebbe permesso a nessuno di toccare Vegeta, neanche con un dito.

Sapeva che il principe fosse abbastanza forte da potersi difendere da solo, ma non gli importava. Finché Goku sarebbe rimasto in vita, chiunque avesse voluto fare del male alle persone a cui teneva, avrebbe dovuto prima passare sul suo cadavere. E non gli importava quanto fosse temibile l’avversario. Lui l’avrebbe affrontato e sconfitto, come faceva sempre, perché quella era l’unica cosa che gli dava gioia, che gli dava speranza, che gli permetteva di far parte di qualcosa di buono.

Perché lui era un saiyan, ma anche un terrestre, e tutti quei saiyan che si erano uniti a loro... anche loro, vivendo insieme ai terrestri, stavano cominciando a capire cosa significasse avere qualcuno a cui tenere, qualcuno da proteggere a tutti i costi. Era sempre più convinto che fosse così. Era sempre più convinto che la sua razza fosse formata solo da persone che non avevano mai imparato cosa fossero i sentimenti, ma che ne avevano anche fin troppi. 

 

«Hey, ragazzi!»

 

La voce di Gine, dolce e squillante come sempre, nonostante l’orrenda situazione, li aveva dissuasi dai loro discorsi, ed i due saiyan si erano automaticamente voltati verso la donna, che li aveva raggiunti correndo.

Goku sorrise: sua madre era davvero un’anima buona. Non era una guerriera potente come lo era suo padre, ma era abbastanza coraggiosa da poter affrontare qualsiasi situazione, e lui glien’era grato. Era quel genere di persona che, nonostante tutto, sarebbe rimasta sempre positiva ed energica.

E quella, era sicuramente una parte del suo carattere che Goku aveva ereditato. 

 

«Ho somministrato i fagioli magici a tutti i feriti.» aveva detto, sorridente, per poi tornare seria «Purtroppo, ci sono state molte più vittime che feriti. Radish ha suggerito di trovare un modo per conservare i loro corpi, e poi riportarli in vita con le sfere del drago del vostro pianeta. Io non so come funzionino queste cose, ditemi voi cosa devo fare.»

«Intanto, torniamo sulla Terra.» suggerì Vegeta, glaciale «Dobbiamo mettere al corrente tutti di una cosa, e non credo che potremo utilizzare le sfere del drago fino a data destinarsi. Decideremo poi cosa fare.»

«Mamma...» l’aveva richiamata Goku «Che ne dici, di rimanere qui?»

Lei aveva inarcato un sopracciglio «Eh? Come dici?»

«Vedi, gli invasori potrebbero tornare da un momento all’altro, e servirebbe una vedetta, un palo, qualcuno che possa avvertire tutti. Ti porterò uno dei ricevitori di Bulma, e se qualcuno tornasse, tu dovrai soltanto avvertirci attraverso quello.» spiegò il ragazzo «Come abbiamo ben potuto vedere, a quanto pare neanche Re Kaioh è riuscito a mettersi in contatto con noi. Credo che se ci fosse riuscito, ci avrebbe avvertiti subito, ma così non è stato. E sono preoccupato per la situazione che c’è anche nel regno dell’aldilà. Per favore, resta qui, al sicuro, occupati di chi ha perso la propria famiglia e accetta il ruolo di vedetta.»

La verità, però, era un’altra: il saiyan dai capelli a palma sapeva per certo che sua madre, se avesse saputo dell’incombente minaccia per il pianeta Terra, si sarebbe sicuramente buttata in campo, e lui voleva mettere al sicuro più persone possibili. E perché non partire proprio da lei?

Aveva vissuto tutta la vita senza una figura materna, tanto che da bambino non sapeva neanche cosa fossero le donne, ed ora che l’aveva ritrovata, voleva fare di tutto per proteggerla. Perché lei, nonostante non avessero ancora passato troppo tempo insieme, era pur sempre sua madre. Era la sua famiglia. E voleva che almeno lei fosse in un luogo sicuro.

 

E così era stato fatto, senza troppi convenevoli. Bardack, fortunatamente, aveva capito appieno la situazione e, dopo aver salutato la compagna, era tornato anche lui sulla Terra insieme a tutti gli altri.

Una volta alla Capsule Corporation, ci era voluta meno di un’ora per radunare, nel cortile della grande proprietà dei Brief, tutta la squadra Z. Tutti avrebbero dovuto sapere cosa stava per succedere, perché erano sicuri che le parole di Moori fossero veritiere.

 

«Facciamo in fretta, mi stavo allenando.» aveva detto Junior, appoggiando la schiena ad un albero «Cosa c’è di così impellente da organizzare una riunione straordinaria?»

Goku e Vegeta si erano scambiati uno sguardo più che eloquente, prima che uno dei due prendesse la parola. Non sapevano molto neanche loro in realtà, ma dovevano provarci. Perché, probabilmente, contro non uno, ma più nemici, avrebbero avuto bisogno di tutto l’aiuto possibile.

«In realtà, non ne sappiamo molto neanche noi.» aveva ammesso Goku, grattandosi la nuca «Sappiamo solo che Neo-Namecc è stato attaccato da due saiyan, e che Freezer era in combutta con loro.»

«Freezer in combutta con due saiyan?» era stata la più che lecita domanda di Bardack.

Suo figlio aveva fatto un’alzata di spalle «Su questo non so che dirti. Hanno preso le sfere del drago namecciane, ma, purtroppo, Moori è morto. Per cui... per cui non potranno utilizzarle, però...»

«Però?» l’aveva incalzato Tensing, impaziente «Smettila di tergiversare, Goku!»

«Dico, vuoi lasciarlo parlare, o devo chiuderti la bocca io?!» era stata la ripresa di Vegeta nei confronti del terrestre «Pensi che sia facile spiegare in parole povere quello che sta succedendo? Quale tipo di fretta avete?»

A quelle parole così spontanee, tutti i componenti del gruppo-fatta eccezione per chi sapeva- erano rimasti di sasso. Da quando il principe dei saiyan prendeva le difese di Goku in maniera così accorata? Era una completa novità per loro, e non c’è bisogno di dire che, a quel punto, la curiosità era aumentata, ed anche gli sguardi interessati.

«Okay, allora state a sentire me.» era stato l’esordio del principe, che aveva spostato il compagno da una parte, attirando tutta l’attenzione su di sé «Sono diretti qui, questo è poco ma sicuro. Non solo perché, appena si accorgeranno che le sfere del drago non sono più utilizzabili, punteranno subito a quelle terrestri, ma anche perché, a quanto pare, questi due saiyan ce l’hanno con me.»

«Chissà perché la cosa non mi stupisce.» era stato il commento di Junior «Mezzo universo ce l’ha con te, probabilmente.»

«Chiudi quella fogna, namecciano, prima che ti venga a tranciare la lingua in due.» Vegeta stava cominciando a perdere la pazienza ma, in nome della logica e del buonsenso, che a quanto pareva era l’unico di loro a saper utilizzare, decise di mantenere la calma «Mi sono espresso male. Non ce l’hanno proprio con me, ma con mio padre. E, credetemi quando vi dico che ucciderei io stesso mio padre con le mie stesse mani, ma se lo facessi, verrebbero ugualmente per puntare a me, e sarebbe comunque controproducente. Quei due hanno mia madre, e quel che è peggio è che sembrano inarrestabili. Sono riusciti ad attaccare un’altra dimensione, quindi non possiamo prevedere quando e se appariranno di nuovo nella nostra. Sappiamo solo che verranno qui. E che Dio mi fulmini qui su due piedi, ma c’è bisogno della collaborazione di tutti. Anche di voi buoni a nulla.»

«Perché?» aveva chiesto Tensing «Vi vantate tanto della vostra razza e di quanto sia potente. Siete tutti saiyan, e il problema, a quanto pare, è vostro. Quindi vedetevela voi.»

«Il problema sarà anche nostro, ma il pianeta è vostro, imbecille. Dite di tenerci tanto, ma poi, alla prima difficoltà, siete i primi a gettare la spugna? È questo che mi stai dicendo?»

«La soluzione al problema, a quanto vedo, è semplice.» aveva continuato il terrestre con tre occhi «Basterà togliere di mezzo te e tuo padre. A quanto pare, sei il primo a volerlo far fuori, e Goku è più forte di te. Se non opporrai resistenza, ucciderti non sarà poi tanto difficile.»

 

Quelle parole avevano fatto gelare il sangue nelle vene a tutti i presenti. Si sarebbero aspettati una risposta del genere da un saiyan, persino da Junior. Ma mai da un terrestre, mai da un essere umano, mai da una persona che, per tutta la vita, non aveva fatto altro che difendere i più deboli. Mai da uno come Tensing.

Il padre di Vegeta era rimasto completamente impassibile. Lui sapeva di chi si stesse parlando, lui conosceva tutta la storia, ma aveva preferito tacere: al momento opportuno, avrebbe lasciato il pianeta, e quello sarebbe diventato un problema solo ed esclusivamente di suo figlio. Non lo riguardava, e non lo aveva mai riguardato. 

 

«Tensing!» aveva esclamato Goku, esterrefatto, incapace persino di arrabbiarsi «Ma tu... tu ti rendi conto di quello che hai appena detto?»

Il pelato aveva semplicemente fatto un’alzata di spalle «Vegeta ha creato solo problemi. E in effetti mi chiedo ancora per quale motivo sia qui. Che problema avresti, tu, a mandarlo all’altro mondo? Ci hai già provato una volta, non credo sia cambiato molto da allora. O devo dedurre che ci sia qualcosa sotto?»

«Non ho parole.» era stato il commento secco di Vegeta, che ormai, non era più in grado neanche di provare collera.

«Qualcosa sotto.» nella voce di Goku, si poteva percepire una rabbia crescente «Qualcosa sotto? Sei serio, quando parli? Tu pensi ci sia davvero qualcosa sotto? Io non mi libererei mai di un problema in questo modo! Che motivo avrei, ora, di uccidere Vegeta? Spiegamelo, perché davvero non lo capisco!»

«Ah, non lo so, forse un anno fa ha minacciato di distruggere tutto il pianeta ed ha ucciso tutti i nostri amici? Me incluso?»

«A dire la verità, ti ho ammazzato io.» era stato il commento di Nappa.

«Sta’ zitto, Nappa!» gli urlò contro Goku, avanzando verso Tensing con aria minacciosa «Se tutti facessero il tuo ragionamento, allora anche Junior non dovrebbe essere tra noi, adesso! Invece c’è, e nessuno mi ha mai chiesto di ucciderlo! Non me l’aspettavo da te, Tensing! Non mi aspettavo un rifiuto del genere! Non da un essere umano! Probabilmente non ti rendi conto del peso delle tue parole! Sei veramente uno-»

Ma, prima che potesse finire la frase, uno schiaffo a mano aperta si era posato sulla guancia del saiyan dai capelli a palma. Uno schiaffo da parte di suo padre che, dopo averlo guardato con occhi severi, lo aveva spinto indietro, decidendo di prendere la parola.

«Adesso sta’ zitto, ebete, e lascia parlare me.» aveva detto, ponendo entrambe le mani sui fianchi «Mi avete stancato. Tutti quanti. Mi meraviglio di ognuno di voi, siete solo un branco di ragazzini. Tu, terrestre, non so chi ti abbia dato l’educazione, ma per quanto mi riguarda, l’ha fatto davvero male: non hai un briciolo di orgoglio, se il tuo tipo di soluzione a un problema è questa. E voi due...» si era girato verso Goku e Vegeta «Mocciosi. Avreste dovuto spiegare in termini più chiari la situazione!»

«Ha ragione.» era intervenuto Crilin «Mi meraviglio di te, Tensing. Anzi, mi meraviglio di tutta la mia squadra! A quanto pare non vi conosco abbastanza, perché il Tensing che conosco io si sarebbe fatto in quattro di fronte a qualunque problema, il Tensing che conosco io avrebbe fatto di tutto per proteggere la Terra, e adesso, solo perché i nostri nuovi alleati sono dei saiyan, ti stai tirando indietro come un codardo!»

«Mi duole ammetterlo, ma hanno ragione.» ammise Junior «Non potrei immaginare Gohan che mi implora di unirmi a quest’operazione pur di salvare la Terra. Ho già combattuto contro dei saiyan, ed ero molto meno forte di prima, e posso farlo ancora. Non mi interessa di voi, sia ben chiaro, ma voglio adempiere ai miei doveri di guerriero. E se per farlo dovrò allearmi con Vegeta, allora così sia.»

«Allora il namecciano ha un minimo di cervello.» aveva commentato Radish «Non lo avrei mai immaginato.»

«Chiudi il becco.» lo riprese il padre «Non fiatare, o ti arriva un pugno in faccia. Chiaro?»

«Tensing...» aveva ripetuto Goku, sospirando, cercando di calmarsi «Siamo una squadra. Abbiamo bisogno di te.»

«Ci penserò.» era stata la sua risposta «Comunque, continuerò ad allenarmi. Se non mi vedrete al momento dello scontro... beh, conoscete già la risposta.»

 

~

 

Buonasera(buongiorno?) a tutti!

Mi sono svegliata prestissimo causa caldo, ed ovviamente non sono riuscita a chiudere di nuovo occhio! Ma quando finirà quest’agonia? Ogni giorno mi sembra sempre peggio!

E così ho deciso di pubblicare questo nuovo capitolo. Capitolo in cui succedono così tante cose che forse non riuscirò neanche a riepilogarle tutte.

 

Ho inserito un’evidente citazione nelle parole di Vegeta. Riuscite a coglierla? 

 

Insomma, Jinjer infine è arrivata. Ancora non si sa molto di lei, ma approfondirò il suo personaggio nei prossimi capitoli.

E non solo Jinjer è arrivata, ma ha anche avvertito i nostri eroi dell’attacco su Neo-Namecc. A quanto pare, due saiyan hanno attaccato il ‘pianeta verde’, e questi due saiyan, assieme a Freezer, stanno per attaccare anche la Terra.

 

Tensing decide di fare lo stronzo pezzo di merda e rinnega la propria squadra. Ma adesso cosa succederà? Ci sarà questo fantomatico scontro?

E soprattutto, Goku e Vegeta avranno mai un minimo di pace? xD

 

Questo lo scopriremo solo andando avanti.

 

Un bacio, alla prossima!

 

-JAY

 

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Capitolo 23
*** Imperativi ***


Era da tutto il giorno, ormai, che Gohan non faceva altro che badare alla bambina venuta dallo spazio che si vantava tanto di essere una principessa e di essere la sorella di Vegeta. Già, sarà stata pure la sorella di Vegeta, ma in quel momento, quello che la doveva sopportare era lui!

Il giorno prima, i due bambini, erano stati messi all’oscuro della riunione straordinaria avvenuta tra i guerrieri della squadra Z e, fortunatamente, il figlio del super saiyan era riuscito a tenere buona quella piccola ficcanaso insegnandole qualcosa mentre lui studiava. La piccola Jinjer, infatti, avendo vissuto tutta la sua vita vagando nello spazio, aveva sì imparato tante lingue aliene, ma purtroppo, non era mai riuscita ad imparare le materie basilari che, solitamente, venivano insegnate ad un bambino. Non che Gohan sapesse se i saiyan ricevessero un’educazione simile da piccoli, effettivamente, ma che poteva farci? Lui ipotizzava.

Eppure, moltissime volte, si era ritrovato a chiedere aiuto a Vegeta su un problema di matematica o fisica, ed il principe dei saiyan era ben contento di dimostrare quanto le sue conoscenze fossero superiori a quelle degli ‘inetti terrestri’ che insegnavano quelle materie, aiutandolo a risolverli ed anche a capirli.

E, quel giorno, i suoi compiti riguardavano la filosofia.

Gohan amava quella materia. Era così interessante e così speculativa, che gli dava la possibilità di imparare ed anche di tenersi impegnato parlando a lungo, mentre ripeteva le lezioni. Certo, avrebbe voluto allenarsi un po’ con Junior, ma il namecciano gli aveva detto di essere parecchio impegnato in un allenamento fin troppo intensivo, quei giorni, che richiedeva una lunga meditazione, e perciò il piccolo mezzosangue aveva deciso di lasciarlo stare, buttandosi a capofitto nello studio.

 

«Che fai, oggi?» gli aveva chiesto la piccola saiyan, sedendosi accanto a lui sul divano. Almeno, l’assenza di tutti quei guerrieri in giro per casa gli permetteva di poter studiare in salotto senza alcun problema.

Erano tutti più o meno simpatici, ma Nappa parlava urlando, suo nonno non faceva altro che sgridare suo zio per qualche motivo, suo padre e Vegeta litigavano e si lanciavano addosso piatti in continuazione, e quel che era peggio, ora che era tornata anche Bulma, la tranquillità in quella casa non esisteva più. Per un attimo, Gohan si chiese che fine avesse fatto sua nonna e se Re Vegeta fosse effettivamente in grado di emettere suoni, ma poi decise di accantonare quei pensieri, tornando a concentrarsi sulla realtà.

«Filosofia!» aveva esclamato, aprendo il libro sul capitolo designato al compito di quel giorno «È molto bella. Vedrai! Ti piacerà molto più delle altre!»

Jinjer aveva inarcato un sopracciglio, in un’espressione che ricordava in modo quasi spaventoso quella di Vegeta «Cos’è la filosofia?»

«Oh!» Gohan era totalmente impreparato su quella domanda «Beh... ecco... come spiegartelo. È... è lo studio del modo di pensare di un individuo! Chiamiamola così!»

«Quindi, studi usando il cervello di un altro?» era stata la domanda della piccola «Voi terrestri sapete fare certe cose?»

Il bambino rise di gusto, a quella domanda «Ma no! Magari potessi studiare con il cervello di qualcuno più intelligente di me! No, studiamo comunque col nostro cervello, ma... come dire... studiamo il modo in cui pensavano delle persone del passato chiamati filosofi. Sai, quando la tecnologia ancora non esisteva, e le scienze erano ancora incerte, le persone si chiedevano molte più cose. E questi filosofi erano dei geni che, un giorno, hanno deciso di fondare un pensiero sulla mente umana e sulla nostra origine.»

«Oooh...» la bimba gli si era avvicinata un po’ di più, interessata «E molti ci sono arrivati, a una conclusione?»

«Alcuni ci si sono avvicinati parecchio.»

 

Quella bambina era eccezionale. Non aveva solo ereditato tratti della personalità e quell’espressione perennemente saccente dal fratello, no, aveva ereditato anche la sua intelligenza e la sua perspicacia.

Certo, era piccola, probabilmente aveva un paio d’anni in meno di lui, ma era già molto forte, Gohan poteva sentirlo dalla sua aura, ed era sicuro che, studiando insieme a lui, avrebbe imparato moltissime cose in un brevissimo lasso di tempo.

Alla fine, non era così male occuparsi di una bambina leggermente più piccola di lui. Soprattutto se, come ciliegina sulla torta, quella bambina fosse carina come la piccola Jinjer.

Non c’era dubbio: l’impronta genetica era proprio quella della famiglia del principe dei saiyan.

E così i due piccoli saiyan, ancora ignari del pericolo incombente, si erano messi tranquillamente a leggere la storia e la filosofia di Kant, a voce alta, cercando di capire il suo pensiero, ma riuscendoci veramente poco. Diamine, erano proprio quelli i momenti in cui ci sarebbe stato bisogno di un aiuto.

 

E, come una manna dal cielo, quell’ipotetico aiuto non tardò ad arrivare.

Il principe dei saiyan, infatti, dopo essersi allenato tutto il giorno col suo acerrimo rivale-ed aver anche fatto altro, subito dopo- si era fatto una doccia veloce ed aveva lasciato l’imbecille a dormire della grossa spaparanzato sul letto. 

Non lo sopportava, quando russava, così aveva deciso saggiamente di scendere in cucina a prendersi qualcosa da mangiare. Ma, proprio mentre attraversava il salotto, trovò i due bambini intenti a scervellarsi sull’ennesimo libro. 

In quelle ventiquattr’ore aveva evitato con tutto sé stesso anche solo di incrociare lo sguardo della mocciosa: soltanto guardarla, gli faceva pensare a sua madre e al fatto che molto probabilmente nessuno di loro due avrebbe potuto rivederla. 

Ma, d’altronde, che colpa ne poteva avere una bambina? Magari, conoscerla meglio non sarebbe stato poi così male, in fondo era pur sempre sua sorella. E poi, aveva potuto percepire la sua aura: era forte, la marmocchia, per essere così piccola. Aveva molto più potenziale di quanto non credesse, molto probabilmente.

Così, guidato dall’istinto, Vegeta decise di avvicinarsi alla coppia, appoggiandosi con gli avambracci alla spalliera del divano.

 

«Che combinate?» aveva chiesto, di getto, maledicendosi per essere suonato così poco duro nei confronti dei due mocciosi.

«Oh, Vegeta!» lo aveva salutato Gohan, festoso «Cerchiamo di capire questo argomento. Ma siamo parecchio in difficoltà.»

«Ah! Le solite cosucce da terrestri!» aveva esclamato il principe, strappandogli poi il libro dalle mani «Da’ qua!»

Poi, accantonando completamente la sua voglia di cibo, si mise attentamente a leggere ogni parola di quel capitolo, per poi sedersi in mezzo ai due ragazzini, che lo squadravano confusi: sembrava così docile, mentre si concentrava sui libri. Jinjer non aveva potuto ancora conoscerlo, ma suo fratello maggiore sembrava tutto meno che una persona docile e pacata, ed in quel momento le stava sembrando tremendamente diverso.

Dopo un lasso di tempo che sembrò interminabile, il ragazzo alzò la testa dal mattone che aveva in mano, con un’espressione che non lasciava trasparire assolutamente nulla. Sembrava come rapito. Così interessato dalla cosa da essersi completamente dimenticato del mondo che lo circondava.

«Cos’è che non avete capito?» aveva chiesto ad un certo punto, fissando un punto nel muro di fronte a sé.

«Io niente.» aveva candidamente ammesso Jinjer, cambiando posizione sul divano, mettendosi probabilmente in una posizione ancora più scomposta della precedente.

«Non ho capito il passaggio che parla della morale.» ammise Gohan «Non capisco cosa intenda, con tutti quei termini difficili.»

«Ti credi così intelligente e poi ti lasci fregare da simili baggianate?!» lo aveva ripreso il principe, colpendolo in testa col libro con non troppa forza «E tu, marmocchia! Impara a sederti composta. È così che si siede una principessa?!»

Vegeta non sapeva perché quei due lo ascoltassero in quel modo. Fatto sta che, a quelle parole, la piccola saiyan non ci mise nulla a cambiare nuovamente posizione, sedendosi in maniera composta, incrociando le gambe.

Evidentemente, nonostante lui li odiasse, la sua presenza sortiva un certo effetto sui bambini.

«È facile.» aveva continuato, chiudendo il libro «Noi abbiamo libero arbitrio. Quindi abbiamo libertà di scegliere se agire seguendo l’impulso, oppure seguendo la ragione. Prendi me e tuo padre, per esempio.»

Nel dire quelle ultime parole, il principe fece ammenda a tutte le sue forze per non arrossire come una donnicciola.

«Allora...» aveva continuato, schiarendosi la voce «Tuo padre, di solito, agisce seguendo cosa?»

«Mmh...» il bambino si portò un dito alle labbra «Forse... gli impulsi? Ah! Ho capito dove vuoi arrivare!»

«Bene. Adesso prendi me e tuo padre e trasformaci in due di quei termini assurdi che stanno scritti nel libro.» Vegeta si era alzato, soltanto per potersi di nuovo sedere sul tavolo di fronte al divano, in modo da poterli guardare negli occhi «Tuo padre è l’imperativo ipotetico, mentre io sono l’imperativo categorico. E sai quale dei due si dovrebbe seguire, in teoria?»

Gohan ci pensò su, poi, schioccando le dita, esclamò: «L’imperativo categorico!»

«Ecco, bravo. Quindi la lezione è mai seguire i consigli di tuo padre.»

Gohan era affascinato: Vegeta riusciva ogni volta a stupirlo con la sua capacità innata nello spiegare le cose difficili.

«E quella cosa delle tre moralità?» aveva chiesto Jinjer ad un certo punto, interessatasi al discorso.

«Prendete come esempio tre persone.» Vegeta aveva preso a gesticolare, cercando di farsi capire al meglio «Persona Kaharoth, agisce per azione morale: agisce in modo giusto e seguendo le regole soltanto con il fine ultimo di agire in maniera completamente morale e giusta; persona Vegeta, agisce per azione amorale: agisce casualmente in modo giusto e seguendo le regole, ma non lo fa fondamentalmente perché è giusto, ma per un tornaconto personale; persona Freezer, agisce per azione immorale: agisce in modo sbagliato a priori.»

La bambina, a quel punto, alzò la mano «Chi è Freezer?»

Jinjer era infatti cresciuta all’interno di una campana di vetro.

Rosicheena la amava incondizionatamente, teneva a lei più di ogni altra cosa, l’avrebbe protetta di fronte ad ogni angheria, ma non le aveva mai parlato del suo passato. Non le aveva mai parlato dei saiyan, di ciò che erano, di quello che era successo dopo la sua partenza da Vegetasei. Sua madre l’aveva sempre tenuta all’oscuro, e si era mostrata preoccupata quando la piccola, guidata dai suoi istinti, le aveva chiesto di insegnarle a combattere. Si era mostrata preoccupata quando, indossando lo scouter, aveva letto sul piccolo schermo l’effettivo livello di combattimento della figlia.

L’ex regina di tutta la stirpe saiyan, infatti, era spaventata da quello che era la sua razza. Era spaventata da quello che la figlia sarebbe potuta diventare allenandosi. E questo perché, nonostante fossero guerrieri orgogliosi e valorosi, anche i saiyan sapevano essere spietati. Anzi, soprattutto i saiyan sapevano essere spietati. E questo, la donna, l’aveva imparato a proprie spese.

 

Vegeta, a quella domanda, si ritrovò ad abbassare lo sguardo. A quanto pareva, quella marmocchia non sapeva niente, né dei saiyan, né di Freezer, né del loro pianeta d’origine. Non riusciva a capire come sua madre, la regina orgogliosa che, nonostante le difficoltà, continuava ad avere fiducia nel suo popolo, non avesse mai parlato a sua figlia delle sue origini. C’erano un sacco di cose che neanche lui sapeva, però: non sapeva di chi fosse figlia Jinjer, oltre sua madre, non sapeva cosa avesse fatto la donna per tutti quegli anni, non sapeva nemmeno se la piccola conoscesse suo padre. 

Forse, avrebbero dovuto parlare. Avrebbero dovuto farsi forza a vicenda perché, nonostante la bambina non sapesse che cos’avessero trovato i guerrieri su Neo-Namecc, prima o poi avrebbe dovuto ritrovarsi faccia a faccia con il pericolo, e si sarebbe ritrovata completamente impreparata. No, Vegeta non appoggiava affatto la teoria di quell’idiota di Kaharoth secondo la quale i bambini non avrebbero dovuto sapere di quella storia. I bambini dovevano sapere.

Dovevano essere messi al corrente di ciò che avrebbero visto di lì a poco.

 

«Freezer è una persona molto cattiva.» aveva risposto, poggiando il libro sul tavolo ed accavallando le gambe «Un tempo, era alleato della nostra razza, sai? Era alleato dei saiyan. Ma poi, un giorno, ha deciso di distruggere il nostro pianeta, ha deciso di uccidere tutti. Soltanto pochi di noi sono riusciti a salvarsi, e nostra madre è una di quelli. Lei è partita l’anno prima che tutto questo succedesse, ha evitato la catastrofe ancora prima che iniziasse.»

La piccola aveva iniziato ad irrigidirsi, udendo quel racconto. Evidentemente, era proprio vero che non sapesse niente.

Gohan, dal canto suo, si mise anche lui ad ascoltare: in fondo, era sempre interessante venire a conoscenza delle storie sulla sua razza d’origine. Suo padre non sapeva nulla dei saiyan, come avrebbe potuto? Ma Vegeta... Vegeta era perfetto, per permettergli di conoscere qualcosa in più su di loro. Su quella razza di guerrieri che aveva segnato in modo indelebile la sua impronta genetica. 

«Io mi sono salvato soltanto perché Freezer ha deciso di prendermi come suo schiavo, quando ero soltanto un bambino.» aveva continuato, decidendo di omettere la parte in cui suo padre lo vendeva a quel tiranno, non sapendo che effetto avrebbe potuto sortire quella parte della storia nella bambina «E Kaharoth, il padre di Gohan, si è salvato perché, quando era piccolo, è stato inviato qui, sulla Terra. Ed è cresciuto su questo pianeta.»

«E cosa facevano i saiyan, prima?» aveva chiesto Jinjer, curiosa.

«I saiyan...» Vegeta iniziò a pensare: sarebbe stato il caso raccontare le azioni della sua razza a una bambina evidentemente ignara di tutto? 

Si maledì per quel pensiero. Tempo addietro non ci avrebbe pensato due volte, prima di ordinare a quella mocciosa di comportarsi da vera principessa dei saiyan, smetterla di giocherellare con quell’inutile mezzosangue e allenarsi come una vera guerriera avrebbe dovuto fare.

Ma, ora come ora, il bambino che aveva di fronte non era più un inutile mezzosangue, e lui non era più il principe dei saiyan che era stato fino a non troppo tempo prima. Troppe cose stavano cambiando, e Vegeta stava facendo di tutto per sfuggire alle proprie responsabilità e ad i propri dubbi, ma sapeva che prima o poi, volente o nolente, avrebbe dovuto affrontare quei fantasmi. Avrebbe dovuto scegliere chi essere ed avrebbe dovuto abbandonare un lato o l’altro di sé stesso.

Così, sospirando, decise di continuare a parlare: «Noi saiyan eravamo un popolo di guerrieri orgogliosi e forti, forse fin troppo, perché eravamo convinti che niente e nessuno ci potesse fermare. Ma la verità è che eravamo tutti soggiogati da Freezer e dal suo potere. Perché Freezer, volente o nolente, era il padrone dell’intero universo. Lavoravamo per lui, e lui ci prometteva protezione da parte di invasori più potenti di noi. E all’inizio, questa cosa aveva anche funzionato, ma poi alcuni saiyan hanno cominciato ad accorgersi che quello che faceva quel tiranno fosse soltanto un doppio gioco. Freezer ci voleva far fuori tutti dall’inizio, e così è stato. Un giorno, ha deciso di distruggere il nostro pianeta e di eliminare tutta la nostra razza. Si è tenuto soltanto me, Nappa e Radish. Io perché ero soltanto un bambino, e quindi ero facilmente manipolabile, Radish perché nonostante tutto era ancora un adolescente, e si è unito a noi per salvare la pelle e poter vivere qualche anno in più, e Nappa perché era una zavorra, e perché sarebbe servito almeno un adulto a farmi da guida nei miei primi anni di servizio. Una sorta di tata, chiamiamolo così.»

 

«Vuoi lasciare questa maledetta bacinella?!»

 

La voce alta ed urlante di Bardack li aveva distratti dai loro discorsi, costringendoli a spostare lo sguardo su Radish che, cercando di scappare dal padre, teneva in mano una bacinella vuota, di quelle che si usavano per raccogliere il bucato.

Il perché avesse in mano quella bacinella era sconosciuto a tutti loro, ma era a dir poco spassoso assistere ai teatrini di quei due. Forse erano addirittura più divertenti di quelli che si verificavano tra Goku e Vegeta.

 

«Devo prendere le mie precauzioni!» era stata la risposta del saiyan più giovane «Stanotte mi toccherà dividere la stanza con Nappa, e se quell’idiota dovesse spogliarsi io dovrò pur vomitare da qualche parte!»

«Lascia questa dannata bacinella, ebete!» il padre stava facendo di tutto per strappargliela dalle mani «Sul serio, devo farci la lavatrice!»

«Pensa come sei ridotto!» era stato il botta e risposta del figlio «Un guerriero forte e valoroso come te che fa la lavatrice! Da non crederci!»

Quelle parole costarono care a Radish. Infatti il capellone, in un battito di ciglia, ricevette un gancio dritto in faccia, che gli fece quasi partire qualche dente.

«Prova a rispondere un’altra volta così e giuro che ti tronco la lingua, chiaro?!»

«Che succede?» trillò Bulma dopo aver varcato la soglia della porta d’ingresso, ritrovandosi davanti a due immagini sconcertanti: Vegeta che dialogava con i due bambini seduti sul divano, e Bardack e Radish che litigavano per una bacinella per far la lavatrice «Oh...»

Gohan sorrise rassegnato: la tanto bramata tranquillità era appena giunta al termine.

«Vi avverto tutti che questa sera avremo degli ospiti a cena, quindi rendetevi presentabili e cercate di non risultare troppo scortesi!»

 

*

 

Si era chiusa in bagno ormai da tempo immemore, Chichi, incapace persino di piangere, di fronte a ciò che stava osservando. Il povero David, dall’altra parte della casa, la stava aspettando pazientemente seduto sul divano, non capendo che cosa fosse successo alla sua stupenda fidanzata, e perché lo avesse chiamato d’urgenza chiedendogli di raggiungerla a casa sua.

O meglio, una mezza idea, l’uomo ce l’aveva, ma riguardo ciò che sospettava, non aveva affatto un buon presentimento.

Alla fine, preoccupato, il giovane medico si era avvicinato alla porta del bagno e, dopo aver riflettuto sul da farsi, decise di bussare più forte che poteva per potersi far sentire.

 

«Chichi?» la chiamò una prima volta, non ricevendo risposta «Tesoro, che succede? Ti senti male? Devo buttare giù la porta? Chichi?»

«N-no, no, sto bene!» rispose lei, prendendo un bel respiro: avrebbe dovuto dirlo al suo fidanzato. Avrebbe dovuto dirgli ciò che era successo, ma non ne aveva il minimo coraggio. Lo aveva chiamato presa dall’ansia, non preparandosi però un discorso per risultare il più dolce e sensibile possibile, per non farlo arrabbiare «Adesso esco! Aspettami in salotto!»

 

*

 

Si era vestito di tutto punto, prima di passare in pasticceria a comprare una bella torta, Crilin. Quella sera, infatti, sarebbe andato a cena a casa dei Brief e, nonostante fosse abituato a vedere Bulma e Goku, loro non erano certo abituati a vederlo arrivare insieme ad una ragazza.

Aveva conosciuto la sua Marion durante la serata in discoteca passata con i suoi amici, e dopo essersi tenuti in contatto per un paio di giorni, avevano deciso di iniziare ad uscire insieme. Non era ancora nulla di serio, ovviamente, ma il ragazzo dalla testa calva era convinto che la turchina con la quale si trovava così bene fosse una persona speciale, e l’invito di Bulma era capitato proprio a fagiolo, dandogli la possibilità di presentare quella che molto probabilmente sarebbe ben presto diventata la sua fidanzata ai suoi amici.

Dopo aver comprato la torta, era tornato in fretta e furia sull’isola del Genio, dove il suo vecchio maestro, anche lui già pronto, e la bella Marion, lo stavano aspettando in macchina, pronti a partire.

 

«E così conoscerò il famoso Goku di cui mi hai parlato tanto!» aveva trillato la ragazza, felice come una pasqua «Non vedo l’ora di fare la conoscenza dei tuoi amici, Crilin!»

«Oh, vedrai, sono forti!» aveva incalzato il maestro tartaruga, sistemandosi gli occhiali da sole sul naso «Considero Crilin e Goku due figli! E anche se sono personaggi particolari, neanche gli altri ragazzi che sono in casa con loro mi dispiacciono!»

 

Già, alla Capsule Corporation c’erano anche i saiyan. Almeno un lato positivo, in tutta quella storia, si trovava: finalmente, Crilin avrebbe potuto osservare il modo di comportarsi di Goku, ed avrebbe compreso chi fosse la persona di cui gli stava parlando il suo migliore amico qualche giorno addietro.

 

*

 

Non poteva credere di essersi cacciato in un pasticcio simile in così poco tempo. Nel momento in cui quella donna fastidiosa come un tarlo aveva rivelato che ci sarebbero stati degli ospiti a cena infatti, il principe dei saiyan aveva tentato in tutti i modi la fuga, correndo verso la gravity room pronto ad allenarsi per tutta la serata, anche a costo di rimanere senza cena.

Ma, come se si divertisse a fargli degli agguati da dietro dei muri, quel decerebrato di Kaharoth lo aveva placcato in corridoio, costringendolo a seguirlo in sala da pranzo con i suoi soliti discorsetti-non troppo- irrilevanti.

E così, come se l’universo si divertisse a lanciargli addosso tutte le maledizioni possibili, Vegeta si era ritrovato a cucinare la cena, aiutato da quell’imbecille e da suo figlio, che sembravano due completi incapaci.

E anzi, lo erano. Lo erano eccome.

Bulma si era tirata via da quell’incarico affermando che avrebbe dovuto finire un lavoro in laboratorio e poi prepararsi; Radish, come un cagnolino obbediente, l’aveva seguita, con la scusa di doverla aiutare coi lavori manuali; Nappa si era dileguato con l’impegno di uscire con la sua nuova fiamma; Bardack si stava occupando della mocciosa venuta dallo spazio. E suo padre... beh, suo padre non si faceva vedere da giorni, ormai. Vegeta era sicuro che se ne sarebbe andato. Che avrebbe lasciato la Terra in vista dell’incombente battaglia, e non aveva la minima intenzione di fermarlo, perché non avendo più nessun posto dove andare, sarebbe sicuramente morto presto, nello spazio. Magari ucciso proprio dal nemico che avrebbero dovuto combattere di lì a poco, chissà.

Il flusso dei suoi pensieri fu fermato, proprio sul più bello, da un botto micidiale, che costrinse sia lui che Gohan a voltarsi verso l’idiota che aveva avuto il coraggio di offrirsi per aiutarlo a preparare la cena: Kaharoth infatti, dopo aver preso tutti i piatti da riempire con le pietanze, era scivolato sul pavimento, cadendo a terra e, inevitabilmente, facendo spaccare al suolo anche tutti i piatti di ceramica, che oramai non erano altro che pezzettini minuscoli sparsi lungo tutta la stanza.

 

«Dico, ma sei completamente imbecille?!» aveva urlato il principe dei saiyan, prendendo in mano un mestolo di metallo ed avvicinandosi pericolosamente al suo rivale «Io ti spacco la testa! Brutto deficiente!»

«Eddai, Vegeta!» esclamò suddetto deficiente, sfoderando uno dei suoi soliti sorrisi a trentadue denti «È stato un incidente, non arrabbiarti!»

«’È stato un incidente’ un corno!» 

 

E ci vollero meno di cinque secondi, prima che i due saiyan cominciassero a giocare a quella sorta di acchiapparella che ormai tutti in quella casa erano abituati a vedere. Goku correva, e Vegeta tentava di raggiungerlo, con in mano il grosso mestolo che avrebbe utilizzato per riempirlo di percosse fino a staccargli la testa dal collo.

 

«Vieni qui!» urlava il principe dei saiyan, rincorrendo il compagno «Giuro che ti ammazzo, Kaharoth! Ti ammazzo prima che arrivino i saiyan, così gli risparmierò la fatica! Torna subito qui!»

«Papà, sei lì per guardare o per aiutarmi?» chiese ad un certo punto il povero Goku, dopo aver raggiunto Bardack ed essersi nascosto dietro di lui, che si limitò ad osservare la scena impassibile.

«Sei un guerriero o una femminuccia, Kaharoth?» lo riprese il padre «Vedi di affrontare questa cosa da solo, prima che ti faccia partire qualche dente!»

«L’hai sentito?!» gracchiò il principe «Affrontami come un vero saiyan, brutto imbecille!»

 

Non si erano neanche accorti che, appena arrivati ed entrati dalla porta automatica, quelli che sarebbero dovuti essere i tre ospiti della serata, li stavano osservando con fare confuso, seguendo i movimenti dei due litiganti e scambiandosi sguardi più che eloquenti con la piccola Jinjer, che il aveva accolti con un’alzata di spalle.

Crilin non poteva credere ai propri occhi: era una scena a dir poco incredibile, quella che gli si stava palesando davanti. Era come se, in un certo senso, quei due si fossero terribilmente avvicinati. Era come se fossero amici.

Ma era davvero possibile una cosa del genere? Era davvero così probabile che l’orgoglioso principe dei saiyan avesse permesso a Goku di diventare suo amico? 

 

«Che ha fatto il tuo amico al suo fidanzato, tesoro?» gli aveva chiesto Marion, facendo rizzare tutti i peli che aveva sul corpo al povero ragazzo, che diventò letteralmente viola dall’imbarazzo.

«C-come?» aveva infatti chiesto, sperando con tutto il cuore che Vegeta non avesse sentito, o era sicuro che avrebbe fatto saltare in aria la sua povera Marion «Ma no! Hai preso un granchio! Loro due non... non sono... non stanno-»

 

«Crilin!»

 

Fortunatamente, era stata Bulma ad interrompere quella scena a dir poco imbarazzante, togliendo dalle mani del principe il mestolo con il quale stava minacciando il proprio compagno e tirando fuori entrambi dalla loro sfera personale e prendendo in mano le redini della situazione. Era raro che gli amici le facessero visita, e non avrebbe permesso a due stupidissimi saiyan di rovinarle la serata, neanche se quei due si fossero ammazzati l’un l’altro.

Così, sorridente, si era avvicinata agli ospiti, allungando subito una mano verso la ragazza che era venuta con loro per presentarsi.

 

Goku, dal canto suo, aveva preso a grattarsi la nuca, imbarazzato all’inverosimile. Non poteva credere di essere stato talmente preso da quel momento bizzarro con Vegeta da non essersi nemmeno accorto dell’arrivo del suo migliore amico e del suo maestro. 

E Vegeta... beh, Vegeta era assolutamente contrariato, glielo si leggeva in faccia. Non aveva la benché minima voglia di passare la serata assieme a due inutili terrestri ed una donnaccia. Avrebbe preferito di gran lunga ritirarsi per pensare alle cose veramente importanti, alle quali nessuno, a quanto pareva, stava pensando. 

Si scambiò uno sguardo più che eloquente con l’imbecille, che ammiccò, assicurandogli molto silenziosamente che, al momento opportuno, se ne sarebbero andati da qualche altra parte a regolare i conti. E magari-o almeno così sperava Goku- a parlare di cosa tormentasse Vegeta in quelle ultime ore. Perché se n’era accorto, che ci fosse qualcosa che non andava. Ed era tutto riconducibile ai due nemici che avrebbero ben presto affrontato.

 

*

 

Aveva aperto gli occhi faticosamente, come se ci fosse un peso sopra le sue palpebre, come se qualcosa le stesse impedendo di destarsi dal lungo sonno nel quale era caduta. L’ultima cosa che ricordava, prima del buio totale, era stato il viso di Freezer. O meglio, di ciò che rimaneva di lui.

La schifosa lucertola, infatti, non era affatto come lei se la ricordava: le corna mancavano, ed anche la sua solita armatura, al posto di qualche parte del corpo, il mostro aveva delle parti robotiche. Rosicheena, per un attimo, prima di perdere totalmente i sensi, si era chiesta che cosa gli fosse successo per essere ridotto così.

Quando finalmente riuscì a mettere a fuoco, si accorse di essere stesa in terra, all’interno di una stanza semibuia. L’unica luce che illuminava quel luogo era quella della luna, che penetrava attraverso la piccola finestrella accanto al soffitto. Non era nello spazio, quindi, erano attraccati su di un pianeta. 

Le sue mani erano intrappolate da due catene, e di fronte a sé, una porta di metallo. Chissà dove l’avevano portata, chissà se sua figlia fosse riuscita a raggiungere in tempo la Terra. E chissà per quanto tempo era rimasta svenuta.

 

«Finalmente ti sei svegliata.»

 

La voce melliflua e calma del proprio rapitore, una voce che purtroppo l’ex regina dei saiyan conosceva fin troppo bene, la trascinò fuori da quello che era il vortice dei suoi pensieri.

Paragas era seduto in un angolo della stanza, con un bicchiere di vino rosso in mano. Al suo fianco, anch’esso con un bicchiere identico, c’era Re Cold. Il padre di Freezer.

Se lo ricordava bene, Rosicheena. Se lo ricordava fin troppo bene. Era rischioso mettersi contro il padre di quel mostro. Rischioso e suicida.

Ma il perché si trovasse insieme a Paragas, insieme a un saiyan, le era ancora totalmente sconosciuto.

 

«Sai, ti avrei anche avvicinata con le buone, ma hai passato quattro anni intenta a scappare da me.» aveva continuato l’uomo «Ti sei presa qualcosa che mi appartiene di diritto, mia cara. Tu e la tua famiglia siete sempre stati così. Egoisti e pericolosi.»

«Mia figlia non ti appartiene.» aveva asserito lei, conscia del fatto che quel traditore si riferisse alla piccola Jinjer «Mettitelo in testa, Paragas. Tu non sei suo padre.»

«Ah, sì? E chi è suo padre? Di certo, non puoi averla concepita da sola. Quando ammetterai a te stessa che essere scopata da me è stato piacevole, forse questo sarà un universo migliore.»

«Sei soltanto un lurido maiale.»

 

Non aveva paura, Rosicheena. Non aveva paura di un codardo simile, non di quello che, dopo averle fatto violenza, dopo aver fatto esattamente le stesse cose che il re, che quello che lui odiava tanto, aveva osato fare, le venisse ancora a dire che quello che era successo tra di loro fosse una cosa consensuale.

Paragas era soltanto un codardo che, guidato soltanto dalla sete di vendetta, si divertiva a controllare il proprio figlio a suo piacimento, e Rosicheena non aveva paura di un simile vigliacco.

Non ebbe paura neanche quando, dopo essersi alzato, quel vile le sferrò un calcio in pieno viso, facendola rovinare nuovamente al suolo. No, lei non aveva paura, perché sapeva che, prima o poi, quel bastardo avrebbe pagato.

Rosicheena sapeva che, prima o poi, qualcuno gli avrebbe scaricato contro tutta la rabbia che lei non aveva avuto la forza di scaricare.

 

«Vegeta...»

 

~

 

Buonasera!

 

Cominciamo subito il capitolo con una scena che mi sono davvero divertita a scrivere: Vegeta alle prese con i bambini è veramente la cosa più tenera del mondo, non posso farci nulla, è più forte di me T_T

Scusate per il pippone su Kant, se la filosofia non è proprio la vostra materia preferita xD ma mi serviva anche ai fini della storia(prima o poi tutto quel discorso verrà nuovamente tirato fuori), ed in più, la filosofia mi affascina parecchio, e non vedevo l’ora di farla studiare anche un po’ al mio piccolo Gohan.

 

A quanto pare Crilin si è trovato una fidanzata, e che fidanzata! Ho sempre pensato che Marion fosse mille volte più carina di C-18(scusami biondina, ma in questo anime il mondo è delle turchine), e mi è dispiaciuto vederla soltanto in pochissimi episodi! In fondo era anche simpatica!

 

Radish e Bardack litigano, Goku e Vegeta litigano... insomma, l’amore non è bello se non è litigarello(sì, anche quello tra padre e figlio)!

 

Nel frattempo, a Chichi è successo qualcosa, e la faccenda comincia sul serio a puzzare di guai. Anche seri, se vogliamo essere sinceri.

 

Io direi di goderci questi ultimi capitoli di pace e tranquillità, perché prima o poi scoppierà una bella catastrofe, e purtroppo non mi sto riferendo soltanto al nemico incombente! xD

 

Un bacio, alla prossima!

 

-JAY

 

 

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Capitolo 24
*** Di serate e risvegli ***



Era a dir poco incredibile come saiyan e terrestri potessero integrarsi tra loro. Ed era incredibile quanto, nonostante fossero così diversi, riuscissero ad andare d’accordo e si somigliassero così tanto.
Marion non aveva avuto problemi ad integrarsi nel gruppo, e lei e Bulma avevano immediatamente trovato argomenti di conversazioni tra donne.
Anche Vegeta, nonostante tutto, stava imparando a capire i terrestri. A capire i loro comportamenti, i loro costumi, tutto ciò che li caratterizzava. In particolare il maestro Muten lo aveva affascinato: era vecchio, decrepito, ma nonostante questo riusciva ad essere tremendamente energetico, ed i suoi discorsi sulla lotta erano interessanti e riuscivano a rapirlo.
Goku, dal canto suo, era piacevolmente sorpreso di come i suoi amici stessero prendendo l’incombente pericolo: nessuno di loro era spaventato, e nessuno di loro era propenso a tirarsi indietro. Anzi, Crilin gli stava addirittura raccontando di come avesse recentemente intensificato i propri allenamenti, senza ovviamente menzionare l’imminente lotta di fronte ai bambini, che non sapevano ancora niente. Certo, era conscio che Vegeta avesse ragione: sia Gohan che Jinjer sarebbero dovuti essere messi al corrente di ciò che sarebbe successo di lì a poco, ma il giovane super saiyan ancora non si sentiva di parlargliene. Certo, erano piccoli, ma c’era da considerare anche il loro sangue saiyan: se avessero saputo, molto probabilmente si sarebbero impuntati per partecipare alla lotta, e lui non voleva che suo figlio si cacciasse di nuovo in guai simili. Gohan meritava una vita normale, identica a quelle di tutti gli altri bambini. Non meritava tutto quello, e Goku si sentiva tremendamente in colpa per essere il padre di suo figlio, in certi frangenti.
A volte, gli veniva da pensare che se il piccolo Gohan fosse stato figlio del nuovo fidanzato di Chichi, forse sarebbe stato meglio. 
E per quanto riguardava Jinjer, il saiyan dai capelli a palma era sicuro che il principe non le avrebbe mai permesso di combattere contro un nemico tanto grande, o non ci avrebbe pensato due volte a cominciare ad allenarla. No, era ancora decisamente troppo piccola per essere esposta a pericoli simili. Non potevano permetterselo, non ora che stavano raggiungendo una sorta di tranquillità.

«E voi?» aveva chiesto ad un certo punto il Genio, allegro come sempre, riferendosi a Radish e Bardack «Siete riusciti a raggiungere i livelli di Goku e Vegeta? È difficile, vero?»
«Tsk.» era stata la risposta del principe dei saiyan «Non so se te ne sei accorto, vecchio, ma Kaharoth è un super saiyan. Pensi sia semplice raggiungere un livello simile?»
A quelle parole, sia Crilin che Bulma erano rimasti esterrefatti: era la prima volta che Vegeta diceva una cosa simile. Non si era mai sognato, neanche per sbaglio, di elogiare Goku in quel modo. Anzi, non perdeva mai tempo per sminuirlo e ripetere che lui l’avrebbe prima superato e poi battuto. Stava proprio cambiando, il principe, e lo stava dimostrando ogni giorno, con quelle piccole cose che faceva e diceva.
Muten, invece, gli aveva semplicemente risposto con una risatina divertita: non ci era voluto molto, ad i suoi esperti occhi, che avevano visto così tante cose, per capire che tra Goku e Vegeta si stesse instaurando un rapporto speciale. E, per quanto quest’ultimo si ostinasse ad essere scontroso ed arrogante, era evidente quanto la presenza del suo protetto lo stesse facendo cambiare, migliorare, lo stesse ammorbidendo e lo stesse aiutando a crescere.
Era proprio maturato, il suo Goku, e lui non poteva che esserne fiero. Stava diventando un uomo, un padre, un guerriero, ed era orgoglioso di aver contribuito, in un certo senso, alla crescita di quel ragazzo così speciale. 
«Sarei potuto benissimo diventare un super saiyan anch’io.» era stato il commento di Radish, al quale Bardack aveva risposto con uno scalpellotto dietro la testa.
«Quante volte ti ho detto che l’invidia non porta da nessuna parte, moccioso?!» lo aveva rimproverato suo padre «Vedi di cucirti la bocca ed allenarti, se proprio vuoi raggiungere un livello simile.»
«Siete proprio simpatici!» esclamò Marion, pur non capendo appieno i loro discorsi e, dopo essersi rivolta a Bulma, le due decisero di farsi un giro della casa, lasciando gli uomini alle loro conversazioni. In fondo, loro due non ne capivano niente di lotta ed allenamenti, e per la prima volta, la Brief avrebbe potuto avere un’amica donna con la quale scambiarsi discorsi più inerenti ai suoi gusti e ad i suoi interessi.

«E dimmi, Gohan!» aveva ad un certo punto esclamato Crilin, indicando con la testa la bambina seduta al fianco del piccolo mezzosangue, che fino a quel momento non aveva ancora proferito parola «Chi è la tua amica? È carina!»
«Stai parlando di me, per caso, testa pelata?» scattò Jinjer, rivolgendogli uno sguardo glaciale che lo fece trasalire «Si dia il caso che potrei spezzarti il collo anche solo toccandotelo.»
«Mocciosa.» la riprese Vegeta, fiero di quanto la bambina gli somigliasse: in fondo, nonostante non avesse avuto ancora il tempo di conoscerla meglio, era pur sempre sangue del suo sangue «Che ti ho detto riguardo il rispetto? Solo io posso rivolgermi in questo modo ai terrestri, chiaro?»
Lei sembrò scocciata. Eppure, ammorbidì lo sguardo, dando ascolto al principe dei saiyan, stupendo tutti «Sì... scusa, pelatino.»
«Jinjer.»
«Okay, scusa come ti chiami!» 
Il ragazzo dalla testa pelata rise imbarazzato, grattandosi la nuca «È... è un piacere conoscerti! Mi chiamo Crilin! E non preoccuparti, non mi sono offeso!»
«Scusa, piccola, ma...» si intromise Muten, curioso «Tu chi saresti?»
Lei, a quel punto, si alzò in piedi sulla sedia, puntando le mani sui fianchi e sorridendo fiera, mostrando la coda agli ospiti che, prima di entrare, non l’avevano notata «Io sono la principessa di tutti i saiyan!»
Udendo quella frase, il povero Crilin rischiò seriamente di avere un infarto. Ma, d’altronde, avrebbe dovuto capire prima chi fosse quella ragazzina, anche considerando come gli si fosse rivolta appena pochi minuti prima. Il fatto era che non poteva crederci: in quell’anno nel quale aveva potuto conoscerlo, Vegeta non aveva mai parlato di una sorella minore. Da dove usciva fuori, adesso, quella bambina così impertinente che scuoteva la coda come un gatto arrabbiato?
Muten, di rimando, rise spensierato: a quanto pareva, la razza dei saiyan non si poteva più definire estinta come tutti credevano fino all’anno prima. Anzi, se avessero continuato ad andare d’accordo con i terrestri e a migliorare ogni giorno di più come sperava facessero, il maestro tartaruga era sicuro che, prima o poi, quella razza avrebbe continuato ad espandersi sempre di più, e forse il mondo sarebbe diventato ancora più vario e bello. 
«Effettivamente, ora che ti guardo bene, la somiglianza c’è!» esclamò il vecchietto, lisciandosi la barba «E quanto sei forte, piccola? Ti andrebbe di aiutare questo povero vecchio a sgranchirsi un po’ i muscoli?»
«Eh? Vuoi combattere contro di me, nonnino?» la piccola inarcò un sopracciglio, poi sorrise beffarda «Sei sicuro di potermi stare dietro?»
«Ahah! Farò tutto il possibile!»
«Hey, è un’ottima idea!» si aggregò Goku, sorridente «Che ne dite di spostarci sull’isola ed improvvisare un allenamento? Così potremo anche prepararci a-»
No, non poteva dirlo proprio adesso.
Immediatamente Vegeta, come se si fosse appena svegliato da uno stato di trance, si era buttato sull’idiota, tappandogli la bocca con una mano e stringendogli il braccio con l’altra, quasi fino a conficcargli le unghie nella carne, come per avvertirlo che se avesse fiatato ancora, gliel’avrebbe fatta pagare cara. L’avrebbero sì detto ai mocciosi, ma non così. Non era così che si affrontava un discorso.
Kaharoth era proprio un imbecille.
Ma la frase del mentecatto, purtroppo, a Gohan non era sfuggita, e il bambino, puntando i gomiti sul tavolo, si voltò verso il padre, con fare confuso.
«Prepararci a cosa, papà?» chiese, osservando con sguardo esterrefatto i due saiyan che si rapportavano in modo così intimo.
«Ma che domande! Al momento in cui gli farò saltare via la testa dal collo!» esclamò il principe dei saiyan, ghignando, per poi rivolgersi al proprio compagno, digrignando i denti «Non è così, Kaharoth?»
Lui, ancora incapace di parlare a causa della mano del principe premuta arrogantemente contro la sua bocca, annuì con il capo, cercando in tutti i modi di liberarsi dalla morsa di Vegeta e diventando blu in viso per la mancanza d’aria.

E così, a discapito delle aspettative di tutti, il gruppo rimasto al tavolo si era spostato, grazie al teletrasporto, sulla bella isoletta del Genio. L’aria pungente di ottobre cominciava a farsi sentire, eppure la mal assortita squadra di guerrieri non sentiva affatto freddo. Anzi, erano tutti impazienti di scoprire chi avrebbe perso e chi invece sarebbe uscito vincitore dalle lotte che si sarebbero disputate di lì a poco.
Il sole, ormai, era tramontato da un bel pezzo, e la luna crescente sovrastava la tranquillità di quel minuscolo arcipelago pacifico situato in mezzo al mare blu come il cielo notturno che rifletteva.
Dopo essersi sfidati tutti a carta, forbice, sasso, i nostri amici avevano deciso di dividersi in squadre per l’incombente allenamento. Ed alla fine, nonostante il principe dei saiyan fosse totalmente contrariato, lui e Goku erano finiti in coppia contro Jinjer e Gohan.
Sangue contro sangue. Sarebbe stata una lotta interessante.
E così, sotto gli occhi attenti degli spettatori, i quattro saiyan si erano posizionati gli uni di fronte agli altri, assumendo le loro classiche posizioni da battaglia. 

*

Bulma non aveva potuto credere alle proprie orecchie quando, proprio mentre chiacchierava con Marion del più e del meno, il telefono aveva squillato, e dall’altro capo della cornetta aveva potuto sentire chiarissima la voce di Chichi. Non si sarebbe mai aspettata che l’ex moglie del suo migliore amico la chiamasse, a quell’ora poi. 
Se proprio lei si era presa la briga di telefonarle, allora doveva essere successo qualcosa di grosso, oppure aveva sbagliato numero, oppure semplicemente cercava Gohan. Ma se si fosse trattato dell’ultima opzione, avrebbe probabilmente chiamato Goku al cellulare.
No, doveva essere un altro il motivo. E la turchina non vedeva l’ora di conoscerlo.

«Buonasera, Bulma.» aveva detto lei, con molta poca enfasi «Disturbo?»
«Chichi! Che sorpresa!» esclamò la Brief, come sempre cordiale «A cosa devo questa telefonata?»
«Ecco... Bulma... scusami, io non sapevo chi chiamare.» ammise la mora, con la voce spezzata, come se fosse in procinto di piangere «Avevo bisogno di una donna che mi capisse. E che fosse anche abbastanza vicina a Goku. E così... beh...»
«Non devi affatto scusarti o giustificarti, cara!» la interruppe Bulma, ansiosa di conoscere la verità. I convenevoli non le erano mai piaciuti, non se a parlarle era una donna che, negli anni in cui era stata sposata con quello che poteva considerare suo fratello, non le aveva rivolto la parola più di quel che sarebbe bastato.
Non erano mai state amiche, ed era per questo che la turchina si era messa immediatamente in posizione di difesa, quando aveva sentito la sua voce, pronta a tutto, ma mostrandosi, come sempre, assolutamente disponibile e gentile.
«È successa una cosa, Bulma.» continuò Chichi, seria «Una cosa di cui preferirei parlarti dal vivo. Che ne dici di vederci domani al bar del centro? Così ti spiegherò tutto per filo e per segno.»

*

Contro ogni aspettativa dei presenti, quella era stata una lotta senza esclusione di colpi. Quasi epica, se solo i due saiyan più grandi non avessero dovuto trattenere di poco i loro livelli combattivi per evitare di far troppo del male a quelli più piccoli.
Nessuno aveva mai visto Goku e Vegeta combattere insieme: quei due si erano sempre sfidati, erano due rivali nati con il puro obbiettivo di esserlo, avevano cominciato con l’essere nemici, ed ora, a distanza di un anno, si trovavano lì, sull’isola del vecchio maestro di Goku, ad allenarsi insieme, a farsi da spalla a vicenda. Goku colpiva l’avversario, Vegeta prevedeva tutte le sue mosse, avvertendo il compagno di schivare quando i suoi riflessi non si dimostravano abbastanza pronti. Goku era potente, Vegeta era intuitivo, Goku colpiva a destra, Vegeta feriva a sinistra. Erano l’uno il completo opposto dell’altro: due realtà sovrapposte, due caratteri completamente diversi, due modi di porsi nel combattimento totalmente opposti, eppure, in qualche modo, si completavano. Era come se, ad un certo punto, il puzzle si fosse ricostruito. Come se il saiyan cresciuto sulla Terra, che si era sempre accollato i problemi degli altri, ad un certo punto avesse trovato la soluzione ad i suoi; come se il principe della sua stirpe, dopo aver passato tutta la vita ad essere solo ed esclusivamente alleato di sé stesso, avesse trovato ciò che gli mancava, un vero rivale, un vero nemico, un vero alleato... un vero amico.
Sì, perché, anche se Vegeta si ostinava a nascondere le proprie sensazioni, a nessuno era sfuggita la stima reciproca che quei due stavano imparando a provare l’uno per l’altro. Il bene reciproco che quei due nemici stavano iniziando a provare l’uno per l’altro.
Ovvio, nel gruppo c’era chi sapeva, c’era chi conosceva la loro storia e chi era venuto a conoscenza degli eventi che avevano colpito le loro vite in quell’ultimo mese e mezzo. Radish sapeva, e si era ripromesso di non parlarne con nessuno, neanche con suo padre. Ma non ci voleva un genio per capire quanto il rapporto tra i due saiyan stesse cambiando.

«Che vi succede, mocciosi?» li aveva scherniti il principe, sorridendo beffardo «Siete già stanchi? Coraggio, dimostrate di che pasta siete fatti!»
«Non sottovalutarmi, fratellino!»

Gohan e Jinjer, nonostante l’età e nonostante entrambi fossero ancora molto inesperti rispetto ad i propri avversari, stavano dimostrando di avere il fegato di due veri saiyan. Negli occhi del figlio di Goku si potevano leggere la determinazione di suo padre, la concentrazione del suo maestro e l’intelligenza di sua madre; mentre nello sguardo della bambina si poteva notare tutta la sfacciataggine, l’egocentrismo e la sicurezza del fratello.   
Erano, come stavano dimostrando di essere i loro avversari, due facce della stessa medaglia: la costanza dei terrestri e l’accanimento dei saiyan, il coraggio di Goku ed il temperamento di Vegeta. Era incredibile come la storia si ripetesse, e si stava ripetendo proprio su quei due bambini che, così piccoli, stavano dimostrando di essere aggressivi come tigri.
Il combattimento si concluse in meno di un’ora, con la vittoria da parte dei due saiyan più grandi. Gohan, ormai esausto, complice anche la lunga giornata di studio, aveva chiesto di riposarsi e tutti e tre, nonostante Jinjer volesse continuare quello che per lei era diventato a tutti gli effetti un giochino divertente, acconsentirono, lasciando il campo libero a chi volesse continuare ad allenarsi con la piccola, ancora carica d’energia. 

Alla fine, mentre la principessa dei saiyan si divertiva a darsele di santa ragione con Radish, Vegeta decise di allontanarsi dal gruppo. Era stata una serata fin troppo proficua per lui, dal punto di vista della socializzazione, e non ce la faceva più. Avrebbe voluto passare un po’ di tempo da solo con sé stesso, o magari da solo con l’imbecille che fino a pochi minuti prima era stato il suo alleato in combattimento.
Il principe tolse così le tende, dirigendosi dall’altra parte dell’isoletta e sedendosi sulla riva, gli occhi scuri come la notte puntati verso l’orizzonte. Fino a soltanto un anno prima, osservando quello stesso orizzonte, si sarebbe chiesto cosa ci fosse più in là da distruggere; ora che invece sapeva cosa ci fosse al di là di quella linea netta che altro non era se non una proiezione dell’occhio di chi la guardava, distruggere non era più il suo obiettivo principale. Stava imparando ad amare quel pianeta: così piccolo eppure così pieno di culture differenti, di persone che, nonostante le diversità, avevano imparato con gli anni a stimarsi gli uni con gli altri, a volersi bene, a fare tutto ciò che il suo popolo, che vantava tanto di essere il più evoluto della galassia, non era stato in grado di fare. 
La paura del diverso, il timore di tutto ciò che non era comune, era stata una delle principali cause della rovina dei saiyan. Perché il diverso provava dei sentimenti, il diverso conosceva l’empatia, l’amicizia, l’amore. Ed un guerriero sanguinario non poteva permettersi di conoscere certi sentimenti.
E quella paura, nonostante fosse più debole di quanto non fosse fino a poco tempo prima, era ancora insita nel principe dei saiyan: Vegeta aveva paura... fondamentalmente di tutto. Sapeva di star crescendo, era consapevole del fatto che stesse cambiando, che stesse pian piano diventando più maturo, più docile, più umano, e questo lo spaventava. Quel ragazzetto impertinente che credeva di avere tutto l’universo ai suoi piedi aveva paura di crescere. Una paura fottuta di crescere. Ed ancora non sapeva se affrontare quella paura sarebbe stata una mossa giusta.

«Che fai?»

Era arrivato il momento che Goku stava tanto aspettando. Si era accorto fin dal principio che il suo compagno avesse qualcosa che non andava, e se n’era accorto dal momento in cui aveva scoperto dell’esistenza di sua sorella. Erano bastate poche ore, al principe, per mandare a farsi benedire tutte le sue convinzioni, ed era esattamente la stessa cosa che era successa a lui quando Chichi aveva deciso di lasciarlo. Tutti i suoi muri, tutte le sue sicurezze, erano crollate improvvisamente, ed in un primo momento aveva temuto che non sarebbe mai più riuscito a ricostruirle.
Quando era successo a lui, era stato Vegeta a dimostrargli che poteva essere in grado di affrontare le sue debolezze. Adesso, doveva essere lui ad aiutare quel principino scaltro ed impertinente ad affrontare i suoi fantasmi. I fantasmi di quel passato che Goku conosceva ancora a metà, ma che avrebbe tanto voluto conoscere appieno. 
Così, si sedette accanto al compagno, rivolgendo lo sguardo verso il cielo, perdendosi in quelle stelle infinite, così vicine da poterli illuminare, ma così lontane da non poterle neanche toccare.

«Sai, non dovresti tenerti tutto dentro.» aveva continuato il saiyan cresciuto sulla Terra, dopo essere stato prontamente ignorato «Almeno a me, quello che senti, potresti dirlo. Non riesco a vederti affrontare un problema da solo... lo sai.»
«Questo perché hai il brutto vizio di accollarti i problemi altrui, Kaharoth.» asserì il principe, senza voltarsi a guardarlo, continuando a tenere gli occhi puntati di fronte a sé.
«Può darsi... e quindi?»
«E quindi potresti anche farti gli affari tuoi, ogni tanto.» 
Ma, in fondo, sapevano tutti e due che Vegeta non avrebbe mai voluto che si facesse gli affari suoi. Non sapeva per quale assurdo motivo, ma quell’idiota che si preoccupava tanto per lui gli piaceva proprio per il suo essere impiccione e sfacciato. Per la sua genuinità, la sua spontaneità ed il suo innato altruismo. 
Erano queste le qualità che componevano Kaharoth, e nonostante il principe si ostinasse ad additarle come difetti, non lo erano affatto. Ma questo non gliel’avrebbe mai detto.
Goku abbassò la testa, sorridendo «Scusa. Non ci riesco proprio.»
«È perché sei un idiota.» Vegeta sorrise di rimando, non riuscendo a frenare i muscoli del proprio viso nel momento in cui avevano deciso di tradirlo, rivolgendo all’imbecille quell’espressione tutt’altro che minacciosa «E da idiota ti comporti.»
«Sì, forse hai ragione, sono proprio un idiota.» allargò il suo sorriso, avvicinandosi un po’ di più al suo interlocutore «Ma, in tutto ciò, hai ancora intenzione di spiegarmi cos’hai?»
«Sto bene, imbecille.» si voltò completamente verso il suo compagno, incrociando le gambe e venendo imitato da quest’ultimo il secondo dopo «Solo... ho semplicemente la testa piena di pensieri.»
«Sei preoccupato per tua madre, vero?»
Come facesse quel deficiente di Kaharoth a capirlo al primo colpo, Vegeta se lo continuava a chiedere. Ma ormai, conoscendolo, non avrebbe più dovuto avere dubbi sulla sua capacità di captare le sue sensazioni, no? Eppure, ancora non se ne capacitava. Non riusciva ancora a credere che, tra sette miliardi di persone su quel minuscolo pianeta, quell’idiota avesse scelto proprio lui per preoccuparsi di qualcuno.
Il principe abbassò lo sguardo «Sono preoccupato un po’ per tutto, effettivamente. La stiamo prendendo troppo alla leggera, non mi piace come stiamo affrontando il problema. Il nemico potrebbe arrivare da un momento all’altro e noi siamo qui a... a... non so cosa stiamo facendo, esattamente. Ma di certo non stiamo pensando al pericolo.»
«Ed è proprio così che si dovrebbe fare.» era stata la risposta del saiyan dai capelli a palma, che non aveva smesso neanche per un secondo di sorridergli «Vedi, quando si ha un problema, non si deve pensare sempre al problema, oppure si diventa pessimisti. Se si ha un problema, bisogna prenderla con filosofia, aspettare che si manifesti e poi affrontarlo con tutte le forze.»
Vegeta non era molto convinto di quelle parole.
«Guardati intorno, o almeno prova a farlo.» aveva continuato Goku «Siamo riusciti a creare una squadra di guerrieri forti e coraggiosi. E non importa quanto Tensing provi a tirarsi indietro, io sono sicuro che non lo farà. Chiunque siano questi nuovi nemici, li affronteremo insieme. Te l’ho già detto, nessuno metterà le mani su ciò a cui tengo. Né su questo pianeta, né su Gohan, né su di te.»
«Sì, ma non è questo il problema.» 
«E allora qual è? Di cosa hai paura, Vegeta?»

Aveva paura di tutto.
Era certo, era sicuro di ciò che provava, di ciò che sentiva, di ciò che voleva essere e che voleva diventare. Ma era stato sempre ancorato ad una realtà diversa da quella, aveva sempre avuto la sicurezza che ovunque sarebbe andato, poi si sarebbe spostato, perché non aveva una casa, non aveva una famiglia, non aveva nessun posto in cui stare. E gli era sempre andato bene così.
Ma ora le cose stavano cambiando, stava cominciando ad attaccarsi in modo quasi morboso alla Terra, a Gohan, e soprattutto a quel mentecatto di terza classe che gli stava seduto davanti.
Spostò lo sguardo sull’altra parte dell’isola, assicurandosi che nessuno lo stesse guardando: erano entrati tutti in casa, probabilmente per bere qualcosa, o per far riposare i marmocchi.
Così, buttando fuori un quantitativo fin troppo alto di aria in un sospiro profondo, il principe buttò pesantemente la testa contro il petto dell’inetto, facendogli capire che non aveva alcuna intenzione di parlarne, e che non si sentiva ancora pronto per affrontare un simile argomento. Non con qualcun altro, almeno. Voleva affrontare quella situazione da solo.

E Goku non disse niente. No, era sicuro che, quando se la sarebbe sentita, Vegeta avrebbe parlato, o magari glielo avrebbe fatto capire con un bel corpo a corpo in cui avrebbero sfoderato tutta la loro potenza.
Non aveva intenzione di fargli pressioni, non era quello il suo obiettivo e non lo sarebbe mai stato. Voleva soltanto stargli vicino ed aiutarlo, perché, nonostante le cose fossero andate diversamente dall’altra parte, il principe dei saiyan aveva fatto esattamente la stessa cosa, fin dal primo momento. Non l’aveva mai abbandonato, neanche per un attimo, neanche se, inizialmente, il suo obiettivo era soltanto quello di deriderlo e sconfiggerlo.
Era stata la persona più importante di quell’ultimo periodo, e Goku era sicuro che, giorno dopo giorno, sarebbe diventato sempre più importante, più speciale. Perché Vegeta gli piaceva in tutte le sue sfaccettature. Di Vegeta gli piacevano anche le paure infondate. Gli piaceva tutto, e non avrebbe mai cancellato niente. E no, neanche le vittime che aveva mietuto durante il suo lavoro di mercenario, perché anche quelle lo stavano aiutando ad affrontare la realtà e a diventare un uomo. Quell’uomo che Goku stava imparando ad amare ogni giorno di più.
Così, silenziosamente, lo avvolse in un delicato abbraccio, facendogli in questo modo capire che andava bene così. Che poteva sfogarsi in qualsiasi momento, e che lui ci sarebbe stato sempre.


«Guardali, Genio.»
Crilin, affacciato alla finestra in modo rilassato, stava sorseggiando il suo succo di frutta, osservando rapito il mare notturno, illuminato dalla luce della luna.
Non si sarebbe mai aspettato, spostando gli occhi su un punto preciso della spiaggia, di trovarsi di fronte ad una scena simile: Goku e Vegeta si stavano abbracciando. O meglio, Goku stava abbracciando Vegeta, quest’ultimo si stava limitando a nascondere la testa nel suo petto. Avrebbe tanto voluto urlare, in quel momento, perché, proprio mentre li guardava, gli ritornarono in mente le parole che il suo migliore amico gli aveva rivolto non molto tempo addietro.
‘Lui’. Goku aveva nominato un ‘lui’, e già questo era stato motivo di confusione e sconcerto da parte del povero Crilin. Ma ora che, bianco in volto, arrivava alla spaventosa conclusione che il ‘lui’ di cui parlava l’eroe fosse Vegeta, non sapeva se spaventarsi o essere felice del fatto che il suo amico stesse voltando pagina dopo l’abbandono di Chichi.
«Oh, non dirmi che non l’avevi capito!»
Il Genio, dall’alto della sua veneranda età, non aveva avuto bisogno di dimostrazioni. Nonostante avesse sempre vissuto solo e non avesse mai trovato la persona giusta, sapeva riconoscere i sentimenti, quando ce n’erano. E in quel caso, c’erano eccome.
L’unico aspetto che preoccupava il vecchio allenatore era Gohan: come avrebbe fatto Goku a dirlo a suo figlio, se quella storia fosse diventata seria? Perché Muten era convinto che lo sarebbe diventata. E nonostante il figlio del suo pupillo fosse un bambino d’oro, aveva comunque timore di come avrebbe potuto prendere un eventuale fidanzamento del padre.
Il ragazzo dalla testa calva arrossì copiosamente, chiudendo le tende e voltandosi verso il suo maestro «E come diavolo avrei fatto a capirlo, scusami?!»

*

Si era alzata di buon’ora, Bulma. L’aria frizzantina si faceva già sentire e, per evitare che ne entrasse altra, aveva accuratamente chiuso quasi tutte le finestre della casa. Dopodiché, si era data da fare per dare una ripulita e una sistemata, raccogliendo i vestiti sporchi di tutti i suoi ospiti. D’altronde, era da un bel po’ che non svolgeva lavori casalinghi: in quegli ultimi giorni, infatti, aveva accollato il lavoro a Radish o a Bardack, che erano sempre molto disponibili per dare una mano e, a differenza di Goku, evitavano sempre di combinare qualche pasticcio.
«Che stai facendo?» le aveva chiesto Radish, stropicciandosi gli occhi e rimanendo comodamente sdraiato sul letto.
Dopo quella famosa serata in discoteca, infatti, i due si erano lasciati un po’ andare ed ora, a distanza di giorni, continuavano con degli incontri notturni il cui epilogo era sempre lo stesso: si addormentavano sul grande letto matrimoniale della turchina, e restavano lì fino a tarda mattinata. Non stavano insieme, nessuno dei due l’aveva ancora specificato, ma la turchina si trovava molto bene con quel saiyan un po’ squinternato, e non avrebbe mai aperto tale argomento, soltanto per evitare di rovinare tutto.
«Devo andare al bar del centro, tra poco.» rispose lei, sistemandosi un’ultima volta i capelli e dando un po’ di colore alle labbra con un delicato rossetto rosa «Devo incontrarmi con Chichi. Non te l’avevo detto?»
«Chichi sarebbe?»
«L’ex moglie di tuo fratello, Radish.» e dire che si vantavano in giro di avere una buona memoria.
«Ah.» il saiyan fece un’alzata di spalle «E che diavolo vuole?»
«A dire il vero, non ne ho idea.» 
Già. Non ne aveva idea, Bulma, e non vedeva l’ora di farsene una.

*

Era stato svegliato dal tonfo sordo di quell’idiota che si buttava sul letto, facendo scricchiolare le molle ed innescando per un attimo nel principe la sensazione che il giaciglio sarebbe crollato-ed anche il pavimento sottostante.
Che cosa fosse andato a fare l’inetto fuori dalla stanza restava un mistero. Un mistero che Vegeta avrebbe risolto presto, dato che quel deficiente non solo lo infastidiva durante la notte con quel suo russare ininterrotto e rumoroso, ma ora si metteva anche a saltare sul materasso come se fosse al parco giochi.
Irato, il principe dei saiyan si era poggiato sui gomiti, voltandosi verso il compagno con l’intenzione di urlargli contro ma, quando lo vide con una tazzina di caffè ed un succo di frutta in mano, capì che semplicemente era andato a prendere un qualche tipo di colazione per entrambi. Il che era strano, da parte di uno come Kaharoth, che non era in grado neanche di andare al bagno da solo.

«Che c’è?» chiese Vegeta, inarcando un sopracciglio e strappandogli dalle mani la tazzina di caffè.
«Stavo parlando con Bulma...» ammise il saiyan dai capelli a palma.
«E?»
C’era sotto qualcosa. Quell’imbecille non stava sorridendo come al solito, e anzi, stava cercando di risultare il meno invadente e scherzoso possibile. Cos’era che non gli stava dicendo?
Goku prese un bel respiro «E... stamattina andrà a fare colazione con Chichi al bar del centro.»

Di nuovo quel nome.
Era incredibile che quella donna maledetta ogni giorno ne avesse una. Per di più, Bulma era un’infame: per settimane non aveva fatto altro che riservare soltanto insulti e brutte parole per l’ex moglie dell’inetto, ed ora ci andava addirittura a far colazione insieme? 
Non ne poteva più di sentir parlare di lei. Molto probabilmente, il principe, avrebbe preferito farsi ammazzare un’altra volta da Freezer, piuttosto che sentire ancora quel nome idiota.
Bevve tutto d’un sorso il caffè bollente, per poi poggiare mollemente la tazza sul comodino e rivolgere al compagno uno degli sguardi più glaciali che avesse in serbo. Era evidente che quelle due non stessero andando a far colazione insieme soltanto per pura amicizia-anche perché non erano nemmeno amiche, accidenti!-, ed era ovvio che Kaharoth ne sapesse almeno quanto lui, ma non poteva lasciarlo sulle spine così proprio adesso che i suoi nervi stavano sfiorando una crisi a causa della famigerata ex moglie.

«Non guardarmi così!»
Il saiyan cresciuto sulla Terra, in quel momento, sarebbe potuto essere considerato l’essere più angosciato ed ansioso dell’intero universo. Bulma e Chichi non erano mai state amiche, non erano mai andate nemmeno troppo d’accordo, a dirla tutta, ed il fatto che fosse stata proprio la sua ex a chiedere quell’appuntamento alla turchina faceva puzzare la situazione di bruciato.
In più, aveva sperato di addolcire l’animo di quella furia con cui era a letto in quel momento con una sorta di colazione ‘a domicilio’, ma a quanto pareva non stava funzionando, perché Vegeta lo stava fissando con quel classico sguardo che prometteva guai. Guai seri. Guai seri per lui.

«Se non vuoi che ti guardi così allora parla, imbecille!» sbottò il principe, ringhiando impercettibilmente «Sputa il rospo! Che diavolo vuole ancora, quella nullità?!»
Goku prese a grattarsi la nuca «Ah, non ne ho la minima idea. E io non vorrei allarmarti, ma-»
«E chi si allarma! Pensi forse che io mi possa allarmare per quello che fa o non fa quella sudicia poveraccia della tua ex?!»
Il saiyan dai capelli a palma dovette trattenersi dal sorridere, in quel momento. Vegeta era proprio buffo, non c’era niente da fare: si ostinava a voler far finta di essere un duro, o di nascondere le proprie emozioni, ma poi era il primo a dimostrarle con quelle frasi quasi urlate di getto. Se ci fosse stato un film su di lui, probabilmente avrebbe avuto un successone.
«...Sì. Non vorrei, come dire, dire una cavolata, ecco.» si era allora corretto il Son, osservando le guance del proprio compagno tingersi di un rosso rubino «Ma se ha cercato Bulma, allora vuol dire che deve parlarle di me.»

La vena sulla fronte di Vegeta cominciò a pulsare pericolosamente, ed i suoi pugni si strinsero così tanto da provocargli un dolore incessante ai palmi delle mani causato dalle proprie unghie; i denti avevano iniziato a stridere l’uno contro l’altro, provocando un rumore fastidioso che, persino alle orecchie di Goku, risultò snervante.
Non seppe come riuscì a trattenere l’impulso di cercare l’aura di quella disgraziata e raggiungerla soltanto per spezzarle l’osso del collo, andare a cercare le sfere del drago, resuscitarla, e poi spezzarle nuovamente l’osso del collo. Per tutti gli dei, era stata lei a lasciare Kaharoth. Lei. Non il contrario. E ancora si divertiva a tormentare non solo la vita di quell’inetto del suo ex marito, ma anche la sua, dato che lui, fino a prova contraria, aveva una sottospecie di relazione con quell’inetto del suo ex marito.
Relazione che, tra l’altro, sembrava diventata di dominio pubblico. Mancava solo lei all’appello, oltre ai pochi eletti che ancora non si facevano gli affari altrui.

«Tsk.» fu l’unica cosa che uscì dalla sua bocca, mentre cercava in tutti i modi di sbollire la rabbia crescente «Facesse come crede.»
«Potresti smettere di essere geloso di Chichi, almeno per un momento?» lo aveva punzecchiato l’altro, sdraiandosi di schiena ed appoggiando le mani dietro la nuca «A me non interessa proprio un bel niente, di lei. Te l’ho detto per evitare che lo scoprissi da terzi e ti arrabbiassi.»
«Non dire cazzate, Kaharoth. Dovrebbe essere lei quella gelosa di me.» si era alzato dal letto, ringhiando, e dirigendosi verso il bagno con l’intenzione di farsi una doccia fredda «Dovrebbe esserlo eccome.»

~

Buongiorno a tutti!
Eccomi tornata con questo nuovo capitolo(d’intermezzo, spero mi vogliate bene comunque).
Non succede niente di che, fondamentalmente, ma si evidenziano ben quattro cose fondamentali: 
-Chichi vuole parlare con Bulma. Che cosa vorrà? Perché sembra così nervosa ed agitata? Che le sarà successo di tanto grave?
-Vegeta sta passando quel classico periodo che passiamo tutti: la paura di crescere e di maturare... insomma, chi non ce l’ha avuta, almeno una volta nella vita?
-Radish e Bulma, a quanto pare, sono diventati quasi amanti. Resteranno semplicemente questo, oppure la loro relazione diventerà più seria?
-Crilin ha finalmente scoperto quale tipo di rapporto intercorre tra Vegeta e Goku. Che farà, adesso? Si farà da parte, oppure pretenderà di parlare con il suo migliore amico di ciò?

E i nostri fantomatici nemici, chi sono, oltre Chichi? E dove hanno portato Rosicheena?

I misteri si infittiscono, gli amori(forse) si complicano ed il pericolo è sempre più vicino. Chi avrà la meglio e chi la peggio, a questo punto?

-JAY


 

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Capitolo 25
*** Problemi ***


La situazione si stava facendo complicata a dir poco. Dopo aver tentato in tutti i modi di sistemare tutti i problemi da solo, Re Yammer aveva deciso di ricorrere all’aiuto di tutte le altre divinità presenti nel regno dell’aldilà. Purtroppo, il problema delle comunicazioni con il mondo dei vivi persisteva, e tutti i suoi uomini mandati a tenere a bada il regno degli inferi gli avevano segnalato aperture di varchi ovunque. Fortunatamente, erano riusciti a chiudere tutti quei portali senza difficoltà, ma la situazione stava diventando fastidiosa e, a tratti, insopportabile.

Così tutti i Kaioh, convocati straordinariamente dall’omone a capo del regno dei morti, si ritrovarono tutti insieme al suo palazzo, impazienti di sapere se Re Yammer avesse trovato una soluzione a tutti quei problemi.

 

«Il problema è semplice.» aveva asserito l’uomo, seduto alla sua grande scrivania consultando scartoffie «C’è qualcuno che sta andando e tornando da dimensioni parallele, ed i viaggi temporali o ultra-dimensionali, in questo caso entrambe le cose, sballano inevitabilmente anche la situazione quassù.»

«Quindi la soluzione quale sarebbe?» chiese quasi spazientita la Kaioh del Sud, che aveva avuto probabilmente più problemi di tutti, dato che quasi tutta la sua galassia stava venendo distrutta e non riusciva a mettersi in contatto con nessuno dei suoi guerrieri.

«La soluzione, ovviamente, sarebbe che qualcuno metta fuori dai giochi chiunque stia facendo tutto questo!» esclamò Re Yammer «Abbiamo già perso un bel po’ di anime dal regno degli inferi, a causa di questi maledetti malfunzionamenti! Non possiamo rischiare che qualcun altro se ne torni a scorrazzare liberamente sulla Terra!»

«Sì, questo l’avevamo capito anche noi!» fu la risposta dell’unica donna del gruppo, probabilmente l’unica che avesse il coraggio di rivolgersi ad un’altra divinità con quel tono «Ma se non riusciamo a contattare nessuno, la situazione si complica!»

«Re Yammer.» si era intromesso Re Kaioh del Nord «Se non sbaglio, la vecchia Baba è la sorella del maestro Muten, giusto? Non potrebbe raggiungere la Terra ed avvertire i miei guerrieri di ciò che sta succedendo?»

«Potrebbe, certo.» rispose il grosso uomo «Il problema è che i tuoi guerrieri sono già stati messi al corrente della cosa, e si stanno muovendo di conseguenza. Non possono far altro che allenarsi e aspettare che questi brutti ceffi li vadano ad attaccare. Perché vanno e vengono... non si sa mai in quale dimensione appariranno.»

«E che mi dice delle anime scappate dal regno degli inferi qualche settimana fa che adesso stanno vivendo sulla Terra come se nulla fosse?» aveva chiesto Re Kaioh dell’Est, sempre puntiglioso e preciso riguardo le regole. Quell’avvenimento non gli era andato affatto a genio, come non gli andava a genio il fatto che esistessero delle sfere magiche in grado di resuscitare chiunque fosse stato mandato nell’invalicabile regno dell’aldilà. Quel posto non era un albergo, accidenti! A causa di tutte quelle resurrezioni, il luogo che da tempo era considerato il più sacro e temibile, stava diventando una sorta di motel in cui sostare attendendo che qualcuno chiedesse ai draghi magici la resurrezione.

«Ormai sono vivi.» era stata la risposta di Re Yammer «Per farli tornare di qua, dovremmo aspettare che muoiano una seconda volta. Neanche a me va tanto giù questa cosa, ma che possiamo farci? Siamo divinità, non assassini, ed io non tollererei che qualcuno di noi scendesse sulla Terra a far strage di persone innocenti.»

«Innocenti?! Le ricordo, con tutto il rispetto, che sono scappati dall’inferno! Non sono certo così innocenti!»

«Modera i toni, Kaioh dell’Est.» l’aveva incalzato Re Kaioh del Nord, scuro in volto «Si dia il caso che tu stai parlando della MIA galassia. Se quei ragazzi fossero stati un serio problema, io stesso avrei chiesto una soluzione, ma non lo sono affatto. Tu occupati della galassia dell’Est, e lascia gli affari della galassia del Nord a chi di dovere.»

A quel punto Re Yammer, spazientito, sbatté il grosso pugno sulla scrivania in legno, richiamando l’attenzione sul vero guaio. Ovvero quegli strani individui che avevano deciso di saltare di dimensione in dimensione a far strage di galassie e pianeti.

«Cerchiamo di rimanere in tema, signori miei.» aveva detto, perentorio «Adesso quei saiyan non ci interessano affatto. Io propongo di far controllare tutta la situazione a Kaiohshin Il Sommo.»

 

A quel punto, tutti si voltarono a guardare il padrone dell’aldilà con fare confuso ed esterrefatto: ormai, erano millenni che non sentivano più nominare i Kaiohshin. E questo perché quegli individui erano talmente potenti ed importanti, che nessuno osava fare i loro nomi. 

Davvero Kaiohshin Il Sommo, la divinità superiore per eccellenza, avrebbe fatto al caso loro in quella vicenda?

 

*

 

Aveva cercato in tutti i modi di non pensarci. Si era buttato sotto la doccia, poi era corso ad allenarsi; poi, preso dalla fame, aveva deciso che ciò che c’era in frigorifero non andasse abbastanza bene ed era uscito in città a comprare quante più schifezze terrestri possibili; poi, dopo aver ben impacchettato il suo nuovo bottino, l’aveva messo nelle dispense e nel frigo, scrivendoci sopra il suo nome senza aggiungere altro, perché sapeva che nessuno avrebbe mai osato toccare il cibo del principe dei saiyan.

Aveva evitato quell’imbecille di Kaharoth per ore: mentre l’idiota era in camera, lui era ad allenarsi, mentre l’idiota era ad allenarsi, lui era in camera, e così via per almeno tre ore e mezza.

Poi, alla fine, non ci era riuscito più. Non era più riuscito ad evitare il discorso e, invece che dileguarsi immediatamente nel sentire Kaharoth avvicinarsi alla stanza, aveva deciso di rimanere sdraiato sul letto, con gli occhi ben puntati sul televisore. 

Erano completamente soli in casa: Nappa andava e veniva, e comunque non si accorgeva minimamente di ciò che gli accadesse attorno; Radish era stato sbattuto da Bulma in laboratorio per sostituirla; Bardack e Gohan erano da qualche parte nel deserto a provare qualche nuova tecnica di allenamento-probabilmente assieme al namecciano-; Jinjer si era cacciata sicuramente da qualche altra parte; e Bulma... oh, Bulma era quella che gli premeva di più.

Non era per niente tranquillo, Vegeta. E non perché fosse geloso. Che razza di motivo aveva, poi, per essere geloso di quell’oca giuliva dell’ex moglie di Kaharoth? In fondo, lui e Kaharoth non erano niente, non c’era assolutamente niente di perfettamente definito tra di loro... o sì? Poteva davvero considerare Kaharoth come una specie di... come lo chiamavano, i terrestri?

Poteva considerare quell’inetto di terza classe una specie di fid-

 

«Ah, finalmente mi degni della tua presenza!»

 

Era entrato di buon grado nella stanza, Goku, spalancando la porta e sbattendosela non delicatamente alle spalle, fregandosene di qualche cardine che, inevitabilmente, partì via. Erano quasi quattro ore che quella sottospecie di principe si comportava da vero ragazzino, evitandolo, probabilmente per evitare di pensare a Chichi, a Bulma, e alla lunga chiacchierata che si stavano probabilmente facendo in quel momento.

Non che lui non fosse curioso ed infastidito, ma diamine, Vegeta era veramente insopportabile! Si comportava come un bambino, non faceva altro che ripetere di non provare neanche un accenno di gelosia, e poi alla prima occasione, dimostrava l’esatto contrario.

Quando lo avrebbe capito che, a lui, di Chichi non importava proprio niente? Cioè sì, gli importava di lei, ovviamente. Ma non come moglie. O almeno, non più.

 

«Perché, ti mancavo forse?» fu la risposta acida del principe dei saiyan che, dopo avergli lanciato uno sguardo inceneritore, era di nuovo tornato a concentrarsi sul film che stava guardando.

Ma il saiyan dai capelli a palma, veloce come un razzo, si era accanito proprio su quel televisore, spegnendolo e strappando via il telecomando dalle mani del compagno, tenendolo stretto in mano, in modo tale da attirare l’attenzione dell’altro su di sé.

A quel punto la collera di Vegeta, già mandata ai massimi livelli da quella donnaccia maledetta e dalla sua stessa esistenza sulla faccia della Terra, salì ulteriormente. E, senza pensarci su due volte, si lanciò contro il proprio avversario, rotolando per terra assieme a lui per qualche istante, prima di finirgli esattamente sopra, con le mani ben piantate contro le sue spalle, che lo tenevano ancorato al terreno.

«Mi spieghi che diavolo ti prende?!» aveva esclamato Goku, inarcando un sopracciglio «È da prima che ti comporti come un bambino! Invece di saltarmi addosso, potresti provare a comunicare verbalmente, sai?»

Il principe ringhiò «Mi stupisce che tu conosca parole così complicate, Kaharoth! Che è successo? Gohan ti ha dato lezioni di lessico?!»

Ma a Goku, in quel momento, non andava affatto di giocare: con determinazione, afferrò il suo rivale per le spalle e, facendo leva sui muscoli delle braccia, riuscì a ribaltare le loro posizioni, sbattendolo con non poca grazia schiena contro il pavimento. 

«Finiscila, sul serio!» esclamò adirato, alzandosi ed andandosi a sedere sul letto «Vieni qua.»

«Smettila di darmi ordini! Ma lo sai chi sono io?!»

Ma, nonostante quest’ultima frase, il principe decise comunque di alzarsi e raggiungerlo, sedendosi accanto a lui, ma mantenendo comunque una certa distanza di sicurezza.

Il saiyan cresciuto sulla Terra sospirò «Certo che lo so, Vegeta, altrimenti non starei qui ad ammazzarmi per colpa dei tuoi comportamenti del cavolo.»

«Esattamente quali?» chiese lui, acido più che mai «Non ti ho fatto proprio niente. Sei tu ad essere un visionario.»

«È questo il problema!» esclamò il povero Goku, esasperato «Sono ore che mi ignori! Cerchi di evitarmi, e tutto per quella storia di Chichi! Non sai neanche se ha chiamato Bulma per parlarle di me!»

«Oh, certo! Come se ci volesse un genio per capirlo! Quelle due non si sono mai sopportate! Per quale arcicazzo di motivo la tua ex vorrebbe parlare con Bulma, se non di un argomento che riguarda te?! Si è forse scordata che è stata lei a mettere te e Gohan alla porta, oppure soffre di qualche malattia grave?!»

«Senti, non è certo colpa mia, se lei è strana!» i toni stavano cominciando a farsi fin troppo spiacevoli per Goku, che stava cercando in tutti i modi di mantenere la calma «Mi sembra che qua il visionario sia tu! Che cosa te ne importa di Chichi, se si vede lontano un miglio che io ho occhi solo per te?!»

«Cazzo, quanto mi rassicura questa frase, Kaharoth!» Vegeta aveva alzato ancora di più la voce «È ovvio che tu abbia occhi solo per me! Chi non li avrebbe?! Non è certo questo il mio problema!»

La verità era che il principe, all’ultima frase del suo interlocutore, aveva fatto ammenda a tutte le sue forze per non arrossire come una ragazzina di fronte alla sua prima cotta. Come facesse quel cretino ad essere sempre così spontaneo, continuava a chiederselo giorno dopo giorno. Ma forse, era proprio questa la qualità di lui che gli piaceva di più, in fondo. Anche se si ostinava a sottolineare che si trattasse di un difetto che detestava.

«E allora spiegami qual è il tuo problema!» la voce del deficiente lo aveva riportato alla realtà «Perché davvero, Vegeta, non lo capisco!»

Il suo problema.

Eh... qual era il suo problema?

Vegeta lo sapeva benissimo quale fosse il suo problema. Non era tanto la gelosia, no, quella riusciva a tenerla a bada moderatamente-anche perché era evidente che Kaharoth avesse occhi solo per lui, come era appena stato candidamente specificato.

No, il problema era un altro e, purtroppo, quel problema riguardava proprio Chichi, quella donna fastidiosa come un tarlo che aveva avuto la fortuna-il principe si morse la lingua per aver appena pensato che quella fosse una fortuna- di conoscere ed innamorarsi di Kaharoth prima di lui. 

Era questo, il grave problema che il principe faceva fatica a sopportare e ad affrontare. 

E così, dopo aver deglutito, e dopo aver abbassato il capo imbarazzato, aveva semplicemente risposto, a voce più bassa: «...Il problema è che lei è venuta prima di me.»

 

A quelle parole il povero Goku, già abbastanza confuso ed indispettito dalla situazione, si ritrovò a confondersi ancora di più.

Che razza di risposta era? 

Allora anche Radish non avrebbe potuto avvicinarsi di più a Bulma soltanto perché sapeva che Yamcha fosse arrivato prima di lui, seguendo il suo ragionamento.

Vegeta era proprio impossibile, era insopportabile, si comportava continuamente come un bimbo a cui mancava il ciuccio ma... diamine, se in quel momento era adorabile!

Certo, Goku era arrabbiato con lui, ed era arrabbiato per ovvi motivi, ma nel vederlo in quelle condizioni, così confuso ed imbarazzato, non riuscì a trattenere una risatina divertita e, mentre si avvicinava un po’ di più a lui, non riuscì in nessun modo neanche a trattenersi dal mettergli una mano tra i capelli, sistemando dei ciuffi ribelli che avevano deciso di traslocare probabilmente durante l’allenamento.

 

«Scusa...» esordì, sorridendo «In che senso?»

«Metti giù quelle dannate mani, prima che te le stacchi.» lo minacciò il principe, non venendo però ascoltato «Mi stai ignorando?!»

«Già!» lo provocò Goku, allargando ancora di più il sorriso sul suo volto «Adesso sai cosa si prova a venire ignorati, vostra maestà!»

A quelle parole, Vegeta ringhiò di rabbia «Brutto imbecille! Giuro che... che...»

«Che mi ammazzi, lo so, ormai sono conscio del destino che mi toccherà se resterò con te.»

 

Se fosse stato possibile trasformarsi in una pentola a pressione, probabilmente il principe si sarebbe trasformato proprio in quella, in quel preciso istante: le sue guance si tinsero di uno scarlatto fin troppo evidente, e per un attimo, pensò che gli sarebbe uscito il fumo dalle orecchie. 

No, quell’idiota non lo aveva appena detto sul serio.

Non aveva appena detto ‘resterò’ e ‘con te’ nella stessa frase. Certo, quella frase avrebbe potuto essere interpretata in mille modi differenti: magari intendeva restare accanto a lui come alleato, o in battaglia, ma in quel momento, il messaggio che arrivò alle orecchie di Vegeta, fu proprio quello dello ‘stare assieme’ nel senso figurato. Nel senso che intendevano i terrestri.

 

«...Ti senti bene?» aveva domandato il saiyan dai capelli a palma, vedendolo probabilmente assumere un’espressione piena di panico.

«T-tsk!» Vegeta aveva incrociato le braccia al petto, girandosi dall’altra parte «Sto più che bene, maledetto impedito!»

«Hey.» 

«Cosa?»

«Chichi sarà anche venuta prima di te...» Goku si era fatto un po’ più serio «Ma, sai, non sempre ciò che viene prima è più speciale di ciò che viene dopo.»

 

 

I due saiyan non potevano di certo sapere che, per tutto il tempo, durante la loro conversazione, una persona se n’era stata immobile dietro la porta, così sconvolta da non riuscire neanche a muoversi di un millimetro.

 

*

 

L’aveva trovata seduta ad un tavolo, come in trepidazione, come se stesse vivendo in un ansia che soltanto lei poteva comprendere. Le faceva quasi pena, Chichi, mentre le si avvicinava con fare amichevole e cauto, quasi come se la turchina avesse paura di disturbare quell’evidente stato di stress nel quale la mora serbava.

Mentre raggiungeva il centro in auto, Bulma si era continuata a chiedere se non fosse il caso di fare retromarcia, di ripensarci e tornarsene alla Capsule Corporation come se la telefonata della sera prima non fosse mai esistita ma, fortunatamente, aveva deciso di tenere fede alla promessa data, ed ora stava raggiungendo il suo obiettivo, curiosa di sapere quali fossero i problemi di cui le avrebbe ben presto parlato quella che, per lei, era poco più che una conoscente.

 

«Buongiorno, Chichi!» aveva trillato serena, sedendosi proprio di fronte all’altra donna «Scusa se ti ho fatto aspettare!»

«Oh, non c’è problema, ero appena arrivata anch’io!»

 

La verità era che Chichi, completamente sotto stress, si era recata a quel bar almeno un’ora prima, ordinando una decina di bicchieri d’acqua nell’attesa snervante che la turchina si facesse vedere. Non si era potuta preparare un discorso la sera precedente, ed aveva pensato che, con un’ora di tempo, sarebbe riuscita a mettere almeno due o tre parole in fila, ma così non era stato, e anzi, ora che il grande momento era arrivato, la povera donna non avrebbe voluto far altro se non scavarsi una fossa e buttarcisi dentro. Ma ormai il dado era stato tratto, e non c’era più via di scampo.

Avrebbe dovuto parlare.

 

«Chichi...» Bulma si era fatta più seria, dopo aver ordinato al cameriere un’abbondante colazione per entrambe «Andiamo dritte al punto. Sappiamo entrambe di non essere qui per i convenevoli.»

Per un attimo, la turchina aveva temuto che la mora potesse chiederle di rimandare Goku e Gohan a casa. Ma poi, vedendo lo sguardo sconsolato dell’altra, si rese conto che, molto probabilmente, c’era qualcosa di più sotto. E quel qualcosa, non era un qualcosa di dimensioni molto piccole. Questo, Bulma, era riuscita a capirlo fin da subito.

«Bulma...» l’ex moglie del super saiyan aveva sospirato, sconfortata «C’è un grosso problema.»

«Già, questo me lo hai già fatto capire.» era stata la constatazione della turchina «Qual è questo problema? E come potrei aiutarti, io che ti conosco così poco?»

 

*

 

Non glielo aveva detto, non gli sembrava proprio il momento, ma anche lui aveva qualcosa da nascondere. Non avrebbe voluto farlo, non avrebbe mai voluto nascondere qualcosa alla persona alla quale stava ripetendo fino alla nausea di non tenersi tutto dentro, di parlargli, di aprirsi con lui. Ma Goku, quello che Vegeta stesso aveva definito il super saiyan della leggenda, colui che aveva distrutto Freezer, colui che aveva salvato la Terra innumerevoli volte, colui che era riuscito a salvare anche l’universo, si stava tenendo dentro, da un bel po’ di giorni, qualcosa di forse anche troppo grande.

Si era chiuso in bagno, con la scusa di farsi la doccia, ma la verità era un’altra: come un comune ladruncolo, aveva rubato pacchi su pacchi di antidolorifici dall’armadietto dei signori Brief-ovviamente con l’obbiettivo di ricomprarli tutti una volta esauriti-, ed ormai da giorni, aveva iniziato ad assumerli, appurando che, per quel dolore così incessante e fastidioso, i magici fagioli di Balzar, non avevano funzionato. E anzi, avevano addirittura peggiorato la cosa.

Invece, con quelle medicine fabbricate dai terrestri, per almeno un po’ di tempo, quella sensazione svaniva, facendolo tornare quello di sempre. 

Sudava, Goku. Si sentiva debole, e non ne capiva nemmeno il motivo. Durante i suoi allenamenti non faceva altro che controllare fino alla nausea il proprio ki, per evitare inutili sforzi. E sperava davvero che il principe dei saiyan non si accorgesse di quest’ultimo dettaglio, o sarebbe stata la fine: avrebbe dovuto parlare.

 

 

Ma Vegeta non era stupido, e non era nemmeno uno sprovveduto.

Si stava accorgendo che qualcosa non andasse e, nonostante anche lui avesse i fatti suoi, di certo non stava lasciando correre. Certo, non era espansivo come quell’imbecille, non sarebbe mai riuscito a prenderlo da una parte ed implorarlo di vomitare fuori tutti i suoi problemi come faceva lui, non era nella sua natura, ma aveva preso a controllarlo. Da lontano, in silenzio, com’era sempre solito fare.

Non faceva domande, si limitava ad osservarlo. E quel cretino si era completamente dimenticato che, nonostante il carattere evasivo, il principe avesse un grande spirito d’osservazione, che lo rendeva abile a captare tutto ciò che non andasse intorno a lui.

E al momento, ciò che non andava, era proprio quell’imbecille di Kaharoth.

Cos’avesse? Non lo sapeva. Sapeva soltanto che aveva cominciato a fare uso di antidolorifici, e quello era un campanello d’allarme che Vegeta non poteva ignorare.

Era chiuso in bagno da una cinquantina di minuti, ormai, e non accennava ad uscire. L’acqua della doccia continuava a scrosciare, ma il principe era sicuro che, ormai, l’inetto avesse finito di lavarsi da un bel po’.

Così, timidamente, quasi come se avesse paura di scoprire la cruda verità, decise di alzarsi dal letto ed avviarsi verso la porta, per poi appoggiarvisi con la schiena, esattamente come stava facendo Goku in quell’istante.

Erano schiena contro schiena, soltanto l’esile porta bianca a dividerli, e probabilmente, neanche se ne stavano rendendo conto.

 

«Chiudi quell’acqua, cretino. Vuoi forse sprecarla tutta?» asserì, calmo, pacato, sicuro che l’avesse sentito perché, soltanto qualche secondo dopo, quel rumore smise di risuonare per la stanza «Che ti prende?»

«Niente, mi stavo solo lavando.» no, non era pronto a parlare, forse non lo sarebbe stato mai «Lo sai che sono lento.»

«Pensi che io sia stupido, Kaharoth?»

«Perché?»

«Esci da questo maledetto bagno.» ordinò «Ora.»

 

Non era pronto a parlare, questo era ovvio, anche perché non sapeva nemmeno lui cosa dire. Non sapeva cos’avesse, probabilmente era il troppo sforzo dovuto agli allenamenti intensivi, probabilmente lo stress dovuto all’incombente minaccia, probabilmente la preoccupazione di ciò che Chichi avrebbe detto a Bulma proprio quella mattina. Ma Goku non voleva ancora parlargliene, non prima di essere sicuro delle sue condizioni, sia fisiche che mentali.

Poteva anche sembrare un pezzo di merda, ma Vegeta sapeva essere molto ansioso e preoccupato, in particolar modo nei suoi riguardi, a quanto pareva. E non voleva certo farlo agitare senza motivo.

Ma decise lo stesso di uscire dal bagno. In fondo, glielo doveva. Il principe si era sempre aperto sinceramente-o almeno lo sperava- con lui, ed ingannarlo sarebbe stato sleale, oltre che stupido.

 

«Beh?» lo incalzò Vegeta, guardandolo dall’alto in basso «Che c’è che non va?»

 

No, non era affatto in forma, questo glielo si leggeva in faccia. Sembrava affaticato, era come se avesse appena combattuto la battaglia più lunga della sua vita, ma questo non poteva essere, dato che, in quell’ultima ora, non aveva fatto altro che litigare con lui e guardarsi un film in completo silenzio.

E Vegeta si vergognava da morire di sé stesso, in quel momento, ma non poteva far altro che preoccuparsi, perché non lo aveva mai visto così. No, Kaharoth era sempre dinamico ed energetico nonostante gli acciacchi degli allenamenti e delle lotte.

E per arrivare addirittura ad assumere stupidissimi ed inutili medicinali terrestri, allora doveva stare davvero malissimo. 

 

«Devono essere gli allenamenti.» rispose sorridendo Goku «Sono un po’ stanco, tutto qui.»

«Mh.» Vegeta era scettico «Solo questo?»

«Beh, sai... c’è tutto questo stress a causa di questi saiyan, e poi Freezer... e poi, anche il fatto che non riesco a mettermi in contatto con Re Kaioh. Sai... l’altra notte ha provato a contattarmi, ma il segnale se n’è andato subito, e-»

«Non prenderne troppi.» lo interruppe ad un certo punto il principe dei saiyan, cercando-senza riuscirci troppo- di suonare indifferente.

«Cosa?»

«Di antidolorifici.» ripeté il ragazzo «Non prenderne troppi.»

«Te... ne sei accorto?» il saiyan dai capelli a forma di palma iniziò a grattarsi nervosamente la nuca.

«Tsk. Per chi mi hai preso? È ovvio che me ne sono accorto.» si avvicinò al cestino del bagno e lo aprì, mostrando senza problemi al compagno tutte le scatole vuote al suo interno «E poi, non ci vuole certo un genio per accorgersene. Se devi fare le cose di nascosto, impara a farle per bene. Idiota.»

«Eheheheh!» ridacchiò Goku, divertito nonostante tutto dalla sua sbadataggine «Dai, sono solo stanco! Non c’è da allarmarsi!»

Il principe dei saiyan alzò gli occhi al cielo «Se dovessimo ragionare tutti con quella sottospecie di cervello putrefatto che hai, non ci sarebbe mai da allarmarsi.»

«Sì, ma...» l’eroe prese il cestino dalle mani del suo interlocutore, poggiandolo nuovamente in terra soltanto per poter circondare i suoi fianchi con entrambe le braccia, stringendolo un poco «Questa volta, impara a darmi ascolto.»

Inutile dire che Vegeta, infastidito da tutte quelle smancerie gratuite, avesse iniziato a divincolarsi per costringerlo a mollare la presa sui suoi regali fianchi ma, come al solito, quella sorta di mentecatto senza cervello, non demorse, e non lo lasciò affatto libero.

Così, rassegnato, poggiò le mani sulle braccia di quel maledetto inetto di terza classe, sospirando «Tanto fai sempre di testa tua. Ma che ti parlo a fare.»

«Ma senti un po’ da che pulpito, signor ‘farò saltare in aria questo maledetto pianeta, però prima fammi aiutare Gohan a fare i compiti!’» mentre parlava, Goku cercò con tutte le sue forze di imitare la voce del suo compagno che, di rimando, strinse la presa intorno alle sue braccia così forte da fargli male, costringendolo ad allontanarsi.

«Falla finita, o farò davvero saltare in aria il pianeta, maledetto impedito!»

 

Inutile dire che, soltanto pochi minuti dopo, entrambi i saiyan si ritrovarono all’interno della gravity room a darsele di santa ragione.

 

~

 

Ciao a tutti, belli e NON brutti, perché so che qui siamo tutti belli! 

Come vanno le cose? A me non troppo bene, considerando che è finito agosto, e che si avvicina quel terribile periodo dell’anno che va più o meno da settembre a luglio. La pacchia è finita, perciò consoliamoci qua su efp che è meglio! *sigh*

 

Beh, direi che questo è un capitolo molto PROBLEMATICO, dato che tutti qua sembrano avere dei problemi più o meno grandi.

Ma analizziamoli uno per uno:

 

-Nel regno dell’aldilà la situazione si fa ardente. Così tanto che stanno addirittura per chiedere l’aiuto dei Kahioshin! Ma credete che faranno qualcosa, quei nullafacenti?(perché sì, sono dei nullafacenti, cacchio) Questo  vedremo poi;

-A quanto pare la Capsule Corporation si è appena trasformata in Temptation Island, dato che il nostro adoratissimo Veggy si sta MANGIANDO LE MANI dalla gelosia! E vuole prendersi anche ragione! Ma dai, Goku, capiscilo, è solo preoccupato! Anch’io preoccuperei di perdere uno come te, sinceramente parlando, suvvia!;

-Il problema di Chichi sta per essere svelato. Siamo pronti a scoprire di cosa ci vuole parlare la nostra ADORATA moretta? E Bulma la reggerà per una mattinata intera o si suiciderà prima?;

-A quanto pare, anche il nostro Goku ha un problemuccio uccio uccio. Cos’avrà? E Vegeta ha ragione di preoccuparsi? In fondo, stiamo pur sempre parlando del grande Goku!

 

Oh, e chi sarà quella misteriosa presenza che ha origliato TUTTA la conversazione dei nostri Gogeta? Si accettano scommesse! xD

 

Nel frattempo, io corro a prepararmi. Avrò un matrimonio, e non credo che tornerò a casa con tutte le rotelle a posto! 

 

A presto! Vi mando un bacio!

 

-JAY

 

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Capitolo 26
*** Di rivelazioni, malanni e preoccupazioni ***


Bulma era diventata letteralmente blu in viso. Gli occhi acquamarina fuori dalle orbite, e la brioche che si stava apprestando a gustare lasciata a mezz’aria; la sua bocca, prima intenta ad aprirsi soltanto per far spazio al cibo, ora era aperta in una grossa ‘O’, mentre la sua mandibola rischiava di toccare il terreno.

Non ci poteva credere. Non poteva essere vero: Chichi non poteva averle appena rivelato una cosa del genere.

Eppure, aveva le prove di fronte agli occhi: a quanto pareva, la mora aveva fatto diverse prove per evitare di giudicare il falso, e gliele aveva letteralmente sbattute in faccia, come per provare che non stava mentendo, che non la stava ingannando.

Chichi era veramente incinta.

La ex moglie di Goku, del suo migliore amico, di suo fratello, era incinta. E di certo, a giudicare dal suo sguardo, non lo era affatto del suo nuovo fidanzato. Per cui Bulma, essendo ancora capace di collegare le sinapsi nonostante lo shock, evitò in ogni modo auguri e congratulazioni indesiderate.

 

«C-Chichi, ma...» aveva balbettato la turchina, sconvolta, cercando in tutti i modi di fare ammenda a tutto il suo buonsenso per evitare di sembrare completamente rincitrullita «Tu... tu ne sei sicura? Dovresti... dovresti fare un test del dna, non credi?»

«Non serve.» era stata la risposta repentina dell’altra donna, che aveva abbassato la testa, imbarazzata, assumendo lo stesso colore di una ciliegia maturata in estate «Io... io e David... noi... noi non l’abbiamo mai fatto.»

 

Accipicchia, quello sì, che era un gran problema.

Se quel che diceva Chichi era il vero, se davvero lei ed il suo fantomatico nuovo partner non avevano mai fatto il necessario affinché lei arrivasse ad aspettare un bambino da lui, allora quel figlio non poteva esser altri che di Goku.

Non ci voleva proprio. E non ci voleva perché la turchina sapeva alla perfezione che, ormai, il suo amico stava tentando in tutti i modi di voltare pagina, e forse c’era addirittura riuscito. E c’era riuscito con l’unica persona che nessuno si sarebbe mai potuto immaginare.

E non osava neanche pensare quanto Vegeta avrebbe sofferto, una volta saputa la notizia. D’accordo, era uno scimmione impertinente, un ragazzino arrogante che non faceva altro che farla imbestialire, ma aveva anche lui dei sentimenti, e lo aveva dimostrato più che bene. Ed apprendere una notizia del genere, era ovvio che non sarebbe stato semplice. Da ambedue le parti.

Bulma si portò una mano di fronte alla bocca, indecisa su cosa consigliare a quella che, in quel momento, non era più una conoscente che avrebbe volentieri eliminato dalla sua testa, ma soltanto una donna in difficoltà che era corsa da lei a chiedere aiuto. In un primo momento aveva addirittura pensato di consigliarle di non tenerlo, ma chi era lei per poter affermare una cosa del genere di fronte ad una donna, una donna come lei, che in quel momento stava affrontando un problema come quello?

Neanche cercare di riprendersi Goku sarebbe stata una buona idea. In fondo, entrambi ormai sembravano aver trovato la tranquillità con delle persone nuove, e consigliarle una cosa del genere non sarebbe soltanto stato moralmente sbagliato, ma anche controproducente, sia per lei che per lui.

 

Così, messa alle strette, alla fine la bella Brief chiese, con un minimo di tentennamento nella voce: «Tu che vuoi fare?»

«Non posso abortirlo!» aveva esclamato la mora, quasi con le lacrime agli occhi «Va contro i miei principi! Non ci riuscirei mai, neanche se costretta!»

«Capisco...» asserì Bulma «Allora... forse dovresti parlarne al più presto con Goku. Ma... cerca di fare con calma. Non è... non è una situazione da prendere con leggerezza, questa.»

«Questo lo so, Bulma.» Chichi aveva alzato gli occhi al cielo, completamente sconsolata «Non so che fare! David mi ha lasciata di punto in bianco, quando gliel’ho detto! Ha pensato subito al tradimento, ma... ti giuro, Bulma! Ti giuro su mio padre che non è affatto andata così!»

A quel punto, alla turchina scappò forse una risposta di troppo perché, sorridendo bieca, aveva detto: «Ah, di questo ne sono più che certa.»

 

Se in un primo momento Chichi si era sentita sconsolata e completamente senza forze, in un secondo momento, quando udì quelle parole ben chiare uscire dalla bocca della turchina, il suo spirito combattivo e di osservazione divenne più acuto, e si mise immediatamente sull’attenti.

Cosa voleva dire, di preciso, Bulma, con quella frase? Che lei non avesse più alcuna speranza col suo ex marito, era evidente. Ma per quale motivo?

Se prima aveva semplicemente desiderato solidarietà femminile ed un minimo di aiuto, ora si sentiva soltanto curiosa. Curiosa ed anche un po’ indispettita. Possibile che Goku si fosse già trovato un’altra donna?

No, impossibile, quell’imbecille non era proprio in grado di rapportarsi al genere femminile, e questo lo aveva dimostrato in più di un’occasione.

Ma non fece domande, la mora, si limitò a portare avanti i suoi discorsi sulla gravidanza, tentando di captare qualsiasi frase ambigua uscisse dalle 

labbra della donna seduta di fronte a sé, impaziente di sapere di più. E se da quella conversazione non ne avesse cavato un ragno dal buco, allora avrebbe iniziato ad indagare per conto proprio. In fondo, Gohan era suo figlio, e passava ormai la maggior parte del tempo con il padre. Non sarebbe stato difficile scucire informazioni ad un bimbo di appena sei anni.

 

Ma Bulma non era una sprovveduta, e si riteneva altamente più intelligente della sua interlocutrice, che non aveva affatto nascosto lo stupore nei suoi occhi, nel momento in cui aveva commesso l’errore di pronunciare quella frase ad alta voce. Era intuitiva, la Brief, e dannatamente furba, anzi, quasi insopportabilmente furba. E non si sarebbe lasciata raggirare facilmente.

Ma Goku... oh, uno come Goku si sarebbe fatto raggirare come uno stolto. Perché era troppo ingenuo, il suo migliore amico, ed in quel momento l’azzurra era terribilmente preoccupata che, adesso che la granata era stata lanciata, Chichi si sarebbe occupata personalmente di lasciarla esplodere. Proprio in faccia al principe dei saiyan.

Principe dei saiyan che, Bulma sapeva, avrebbe preso la cosa nel peggior modo possibile.

 

*

 

Aveva fatto il giro del mondo per almeno una decina di volte, prima di prendere la decisione di tornare alla Capsule Corporation, atterrando proprio in mezzo al grande cortile. Aveva sentito troppe cose, il piccolo Gohan, cose che, molto probabilmente, sarebbero dovute rimanere segrete ancora per un bel po’. 

Certo, il discorso che aveva udito mentre correva nel corridoio era stato confuso, non era riuscito a captare ogni parola a causa della porta chiusa ma, nel momento in cui sia suo padre che il borioso principe dei saiyan avevano alzato i toni, allora aveva potuto sentire forte e chiaro cos’avessero da dirsi.

Non che Gohan ci capisse molto di queste cose, sia chiaro, aveva solo sei anni, ed era sempre stato dell’idea che le situazioni tra adulti sarebbero dovute

rimanere tra adulti, a meno che suddetti adulti non avessero iniziato a comportarsi come si era comportata sua madre durante le prime settimane di separazione dalla famiglia. In quel caso, forse, si sarebbe potuto mettere in mezzo.

Ma in questo, di caso, un caso in cui si rendeva conto di aver un padre sempre più presente e responsabile, avrebbe forse potuto avere voce in capitolo? Probabile, dato che si trattava comunque della vita e delle scelte del suo papà, che inevitabilmente si andavano a ripercuotere sulla sua vita, essendo lui ancora un bambino.

 

«Gohan, eccoti.»

 

La voce piatta e pacata, ma allo stesso tempo molto dolce, di Jinjer, lo aveva dissuaso dai suoi pensieri. Quella mattina era partito di casa con l’intenzione di andarsi ad allenare con suo nonno ed il suo adorato maestro namecciano nei pressi di un deserto ma, a causa di una dimenticanza di Bardack, che avrebbe invece dovuto svolgere altre faccende di cui avrebbe preferito non parlare, alla fine l’allenamento era stato posticipato. Gohan si sentì in colpa nel rendersi conto che, a causa della sua sbadataggine, si fosse completamente dimenticato della sua nuova amica, che probabilmente si era fatta un giro, facendosi gli affari propri.

Sperò soltanto che la bambina non serbasse troppo rancore: non avrebbe mai voluto finire a discutere con la prima amica quasi coetanea che fosse riuscito a farsi.

 

Ma la piccola saiyan non era affatto in collera con il suo nuovo compagno di giochi e, rivolgendogli un sorriso bieco, lo aveva invitato a sedersi con lei all’ombra di uno dei grandi alberi del giardino della Capsule Corporation, offrendogli un budino che aveva furbamente arraffato dalla dispensa di suo fratello, mentre lui non c’era. Aveva visto Gohan molto giù di morale e provato, ed aveva pensato che, magari, parlarne davanti a qualcosa da mangiare e poi scaricare la tensione con un bel po’ d’allenamento non gli avrebbe fatto affatto male.

 

«Hey, Jinjer.» la incalzò ad un certo punto il più grande, mangiando un boccone «Posso farti una domanda?»

«Se proprio ci tieni...»

«Tu...» il bambino deglutì, insicuro sul da farsi: e se facendo quella domanda l’avesse, in qualche modo, offesa? Non era pronto a ricevere una sfuriata da una saiyan di due anni più piccola di lui «Tu che ne pensi... di due... sì, di due uomini che... che... che si amano in QUEL senso?»

La bambina inarcò un sopracciglio, in un’espressione confusa, per poi allargare la bocca in una grossa ‘O’, lasciando in sospeso il budino che stava per mangiare con tanto ardore «Perché, non è una cosa perfettamente normale?»

Aveva viaggiato per quattro anni, assieme a sua madre, in giro per l’universo, e le era capitato moltissime volte di vedere coppie formate da due uomini o due donne. Per lei non era affatto una novità. Ed in quel momento si chiese per quale motivo il suo nuovo amico le stesse facendo quella domanda: aveva forse iniziato a capire che, invece che per le bambine, provasse quel tipo di sentimenti per i bambini? Ma no, era impossibile, erano fin troppo piccoli per comprendere appieno certe sensazioni, e comunque Gohan non sembrava avere altri amici della sua età. Quando ne aveva l’occasione, stava sempre e soltanto con lei.

Poi, la piccola saiyan si ricordò di una cosa: la prima volta che era giunta alla Capsule Corporation, soltanto qualche giornata prima, era entrata in quella che doveva essere la camera di suo fratello, e lo aveva trovato a letto con un altro uomo. Il padre di Gohan, quel Kaharoth, o Goku, o come si chiamava.

Quel tizio non le esprimeva poi tanta simpatia, ed in effetti aveva iniziato a chiedersi per quale motivo Vegeta ci fosse tanto attaccato, ma non si era mai chiesta per quale motivo dormissero nello stesso letto. Per lei era stata una visione comune, normale, non ci aveva neppure fatto caso.

Ma, a quanto pareva, Gohan non sapeva assolutamente nulla di quella storia, ed aveva iniziato ad avere sospetti. Sì, doveva essere per forza così.

 

A quel punto il piccolo mezzosangue, timoroso di aver appena toccato un tasto dolente dell’amica dopo quella risposta, si ritrovò ad alzare le mani, come per giustificarsi, come se avesse appena commesso un errore.

Ed in effetti lo aveva commesso: era ovvio che, qualsiasi persona sana di mente, gli avrebbe risposto la stessa cosa. Non era una cosa perfettamente normale? Sì, diamine, lo era, sua madre gli aveva sempre detto che non avrebbe mai dovuto farsi beffe di qualcuno per il suo orientamento sessuale, che erano tutti uguali, e che ognuno andava rispettato per le sue opinioni, i suoi gusti e le sue abitudini. E se qualcuno era una brava persona, poco importava che cosa o chi gli piacesse.

 

«No no! Ovvio che sia una cosa perfettamente normale!» aveva esclamato «Solo... solo che...»

Eh. Solo che.

Solo che c’entrava suo padre, e uomo o donna che fosse, gli avrebbe dovuto parlare ad ogni modo di un suo nuovo partner. Ma non lo stava facendo, e questo stava scatenando in Gohan reazioni simili a quelle che aveva avuto quando una situazione del genere si era andata a creare con sua madre.

«Solo che?» l’aveva incalzato Jinjer, sicura che, prima o poi, il suo amico sarebbe arrivato al dunque. A Gohan non piaceva cominciare un discorso e poi lasciarlo in sospeso. Lo conosceva da poco, ma aveva imparato a distinguere i suoi comportamenti, e ci stava bene insieme, perciò aveva deciso che lo avrebbe sempre aiutato, se avesse avuto un problema.

«Solo che... qua si tratta di una persona molto vicina a me, ecco.»

Bingo.

Lo sapeva che le era venuto a porre quel quesito per suo padre. Ed era sempre stata sospettosa del fatto che quei due stessero nascondendo per bene la cosa. In quel momento, la principessa dei saiyan ringraziò la sua bocca per non aver parlato di ciò che l’aveva accolta durante la sua prima visita alla Terra.

«Non preoccuparti!» aveva allora esclamato lei, dandogli una pacca sulla spalla e diventando, in quel momento, molto più docile del solito «Se quella persona ti vuole davvero bene, aspetterà il momento giusto per parlartene! Oppure, se proprio ci tieni tanto, potresti aprire tu il discorso, fargli qualche domanda, e vedere che cosa ti risponde! Tira fuori la spina dorsale, Gohan! Sei un saiyan, oppure no?»

 

*

 

Si erano allenati per una buona ora, e per un attimo, sopraffatto dagli attacchi sempre più potenti e precisi del principe, il Son aveva addirittura pensato di doversi trasformare in super saiyan, per controbattere. Ma l’affaticamento si faceva sentire, sempre più martellante, sempre più fastidioso; l’aria nei polmoni diventava rarefatta e respirare cominciava a risultare difficile; e quel dolore al petto, incessante, indispettente, profondo, non accennava a smettere di aumentare, costringendo il saiyan dai capelli a forma di palma a rallentare, incassando, in quel modo, qualche colpo ben assestato, che lo aveva mandato inevitabilmente a rovinare contro il freddo pavimento della gravity room.

Non si era mai sentito più stanco, Goku, neanche dopo il combattimento contro Freezer. Anzi, dopo ogni lotta, si sentiva sempre più carico, sempre più volenteroso di continuare ad allenarsi per diventare più forte, per migliorarsi.

Ma, in quel momento, l’unica cosa che desiderava era un po’ di riposo. Ed antidolorifici. Tanti antidolorifici.

Ed aveva tentato, anche solo per un attimo, di nascondere ciò che lo attanagliava. Ma poi, come se gli avesse letto il pensiero, il suo avversario aveva cessato improvvisamente i suoi attacchi, schivando l’ultimo da parte sua, soltanto per scendere a terra e riportare la gravità al suo stadio normale, stabilizzando l’aura e sgranchendosi i muscoli. 

Vegeta si era accorto che qualcosa non andasse: all’inizio era stato tutto normale, stavano combattendo con la foga di sempre, con la volontà di sopraffare l’altro, ma poi, esattamente come da qualche giorno a quella parte, il suo rivale aveva iniziato a perdere colpi-e a prenderli, da lui-, e a respirare male. Forse quell’imbecille non se n’era ancora accorto, ma il principe dei saiyan aveva imparato a sentire ogni cambiamento, a percepire ogni sua sensazione, fisica o mentale che fosse. Vegeta aveva imparato ad ascoltare il suo respiro, ad osservare i suoi occhi, a leggere il suo linguaggio del corpo, e ringraziò questa sua grande dote, in quel momento, perché non appena la gravità fu riportata ad uno stadio sopportabile, Goku si era appoggiato al muro, respirando a fatica, con una mano premuta insistentemente contro il petto ed il sudore che, bollente, grondava dalla fronte, appannandogli persino la vista, di tanto in tanto.

 

«Vegeta... p-perché... perché ti sei...»

«Ma non vedi come stai?» lo rimproverò il principe, avvicinandoglisi minacciosamente ed indurendo lo sguardo «È ovvio che mi sono fermato, deficiente! Qualche minuto in più e ti saresti sentito male sul serio!»

 

Goku si ritrovò a sorridere, a quelle parole. Chi avrebbe mai immaginato che, fra tutti, proprio Vegeta sarebbe arrivato a preoccuparsi così tanto per la sua salute?

Quel ragazzo non faceva altro che pensare alla lotta. Anzi, sarebbe stato più corretto dire che la lotta fosse la sua unica ragione di vita. Eppure, nonostante questo, aveva cessato un importante allenamento, mettendo da parte qualcosa di importante per lui come il combattimento, la sua salute.

La salute di un rivale che sottolineava ogni giorno di odiare, tra l’altro.

Non gli sarebbe mai stato abbastanza grato, per tutto quello che stava facendo per lui.

 

«Si può sapere che hai da ridere, razza di cretino?» lo incalzò ancora una volta Vegeta «Togliti quel sorriso ebete dalla faccia ed usciamo di qui. Cristo, non ti sopporto.»

«Sai che...» cercò di dire Goku, con il fiatone ma, prima che potesse dire qualcosa, mentre cercava di staccarsi dal muro al quale era poggiato, si ritrovò a cozzare violentemente al suolo, sbattendo il muso a terra.

«Ah, perfetto.» fu il commento sarcastico di Vegeta «Era proprio per evitare questo, che mi sono fermato. Accidenti, sei proprio un idiota, dovrei lasciarti qui a marcire.»

Ma, a dispetto delle sue minacce e dei suoi continui esordi, il principe dei saiyan, facendo ammenda a tutta la sua santa pazienza, si caricò un braccio del decerebrato sulle spalle, cominciando a camminare faticosamente fuori dalla gravity room e raggiungendo, cercando di essere veloce perché non li vedesse nessuno, quella che era ormai diventata la loro camera.

«Non credi sia ora di capire che diavolo hai?» gli chiese, adagiandolo sul letto «Cristo santo, Kaharoth, non sei mai stato così. Se fosse un problema al cervello lo capirei, quelli li hai sempre avuti. Ma qui stiamo parlando di allenamento. Non ti sei mai stancato così per un semplice allenamento! Non posso credere di essere tanto potente da averti ridotto in questo stato!»

«Te... te l’ho detto...» fu la risposta del Son, che continuava imperterrito a grondare sudore e a massaggiarsi insistentemente il petto «È... è solo stress... stanchezza. Sto benone... mi basterà un’ora di sonno.»

«Tsk.» 

Ringraziando tutti gli dei che non ci fosse nessuno a vederli, e maledicendo i suoi maledettissimi modi di fare nei confronti di quel deficiente, il principe dei saiyan gli portò il dorso della mano sulla fronte, controllando la temperatura. E no, non era assolutamente la temperatura corporea di un tizio che diceva di avere semplicemente un po’ di stanchezza addosso. Okay, si era allenato, era normale che fosse un po’ accaldato, ma quello era veramente troppo, accidenti! Avrebbe potuto cuocere un pollo intero sulla sua fronte. 

Non andava bene per niente, e non stava per niente benone.

«Sta’ fermo qui.» ordinò Vegeta «Giuro che se quando torno non ti trovo su questo letto, ti incenerisco, Kaharoth. Siamo intesi?»

Goku sorrise forzatamente, cercando di infondergli quella poca energia positiva che gli era rimasta «Intesi.»

 

*

 

Quella mattina, si era svegliato con tutte le buone intenzioni: aveva sbattuto il suo figlio maggiore in laboratorio, aveva sperato che il suo secondogenito stesse facendo qualcosa di produttivo-o almeno si stesse dando da fare in altre cose, dato che, a quanto pareva, aveva trovato un discutibile compagno-, e poi si era preso il marmocchio ed era partito alla volta del deserto del namecciano, dove si sarebbero allenati per tutta la giornata, in vista di ciò che, di lì a poco, avrebbe quasi sicuramente colpito il pianeta Terra.

Sentiva un po’ la mancanza della sua compagna, questo doveva ammetterlo. Nonostante non lo desse a vedere, Bardack aveva un disperato bisogno di Gine. Della sua innata ed inspiegabile spensieratezza, della sua spontaneità, del suo coraggio, del suo ottimismo... tutto, di lei, gli ricordava i comportamenti e gli atteggiamenti del suo figlio minore, di Kaharoth. Quel giovane uomo, il super saiyan che aveva sconfitto Freezer, colui che era riuscito a farsi una vita migliore dopo esser sbarcato sulla Terra, somigliava molto più alla sua compagna di quanto somigliasse a lui. E questo feriva un tantino il suo orgoglio saiyan: in fondo, tutti i padri sperano che i propri figli gli somiglino in tutto e per tutto. Ma allo stesso tempo, Bardack era fiero che Kaharoth avesse ereditato tutte quelle qualità dalla madre. E lui si sarebbe impegnato per diventare un padre presente, pronto a tutto pur di proteggere i suoi figli, perché, nonostante tutto, nonostante lo riprendesse e lo rimproverasse in continuazione, Radish era il suo più grande orgoglio: certo, non glielo avrebbe mai detto, neanche sotto tortura, ma era attaccato a lui in maniera quasi morbosa, e desiderava soltanto il meglio per il suo primogenito. 

Ma, in quel momento, era il suo secondogenito ad aver bisogno di lui. E lui era pronto ad offrire il proprio aiuto, per quanto possibile.

 

Non lo aveva mai raccontato a nessuno, neanche a Gine, ma con la morte e la successiva resurrezione, i poteri sensitivi del saiyan non erano scomparsi del tutto. Bensì, si erano soltanto affievoliti, e gli mostravano immagini confuse del futuro soltanto durante la notte, mentre se ne stava placidamente abbracciato a Morfeo. 

Eppure, quella mattina, una visione tremenda si era fatta largo nei meandri della sua mente: aveva visto Kaharoth, sofferente, in un letto; aveva visto Gohan, suo nipote, il suo unico nipote, piangere disperato al capezzale di suo padre; aveva visto Vegeta prenderlo a pugni sul petto, insultandolo, le lacrime agli occhi, il cuore spezzato.

 

Aveva sentito parlare delle sfere del drago, Bardack. Aveva sentito parlare del loro immenso potere, della loro grandezza e della loro importanza.

Ed aveva deciso che, probabilmente, quelle sfere sarebbero state l’unica fonte di salvezza, per suo figlio.

 

*

 

Nonostante in quel momento i suoi pensieri fossero tutti per quell’idiota chiuso in camera e steso sul letto, il principe dei saiyan non aveva potuto far a meno di dedicare un angolino delle sue continue elucubrazioni al figlio del suddetto idiota chiuso in camera e steso sul letto.

Già, perché mentre litigava con quella maledetta terza classe riguardo la sua ex moglie-soltanto il pensiero di quella donna gli faceva venire da vomitare, e gli causava un forte prurito alle mani-, Vegeta aveva potuto percepire chiara e tonda l’aura del marmocchio, che probabilmente se n’era stato tutto il tempo nascosto dietro la porta ad origliare la loro conversazione.

Kaharoth, ovviamente, stupido com’era, probabilmente non se n’era neanche accorto: se avesse anche solo avuto il sentore che qualcuno li stesse osservando, probabilmente non ci avrebbe messo niente a dirglielo. E lui non ne aveva fatto parola neanche per sogno.

Aveva deciso che, a discapito di qualsiasi decisione avesse preso quell’inetto di terza classe, quella sarebbe stata una questione tra lui e Gohan. Ed era sicuro che il mezzosangue avrebbe acconsentito a renderla una questione privata, data l’enorme idiozia del padre. 

Così, dopo aver prelevato da un armadio a muro un vecchio pezzo di stoffa ed averlo ridotto in mille piccoli straccetti logori, si era diretto al piano di sotto, dov’era sicurissimo avrebbe trovato i due mocciosi, dato che le loro aure si potevano percepire chiarissime e a riposo.

Il suo cuore perse un battito quando, come se nulla fosse, li aveva trovato ad ingurgitare tutta la roba che lui si era tanto impegnato a comprare e a conservare con tanto di nome sopra. Come se il nome sopra fosse stata una sciocchezza, come se avesse deciso di spendere i SUOI soldi per una coppia di ingrati mocciosi che non avevano fatto altro che infastidirlo e, a quanto pareva, anche rubargli le cose.

Per un attimo il principe, preso dalla collera per quell’affronto, si stava totalmente per dimenticare il motivo per cui era sceso al piano terra ma, quando il suo sguardo iracondo si era scontrato con quello quasi timoroso del figlio del deficiente, aveva deciso di ributtare indietro la rabbia, facendo un lungo e profondo respiro.

 

 

Una volta sentita l’inquietante presenza di Vegeta alle sue spalle, il piccolo Gohan si era irrigidito, facendo cadere in terra la merendina al cioccolato che stava mangiando con tanta devozione. In un primo momento, aveva visto lo sguardo della sua amica farsi confuso ma poi, seguendo lo sguardo del compagno, anche lei si era ritrovata a sbiancare, sicura del fatto che suo fratello maggiore fosse venuto per lei. Per darle una bella lezione perché stava mangiando il suo cibo.

Ma, come se nulla fosse, invece, Vegeta si era avvicinato, sedendosi sulla poltrona accanto al divano ed accavallando le gambe, squadrandoli con occhi indecifrabili. Faceva davvero paura, in quel momento.

Per un attimo, al piccolo Gohan aveva ricordato quel principe spietato che, soltanto un anno prima, era arrivato sulla Terra con l’intenzione di distruggerla. 

Era pronto. Prontissimo per essere preso per i capelli e sbattuto violentemente a terra soltanto per aver pensato che il principe dei saiyan, il grande Vegeta, il solo ed unico, potesse anche solo lontanamente provare dei sentimenti per suo padre, un misero guerriero di terza classe. Probabilmente Vegeta lo aveva sentito parlare con Jinjer, ed ora era finito. Finito dalla testa ai piedi.

 

«Mocciosa.» incalzò ad un certo punto il saiyan più grande, rivolgendosi alla sorellina che, con timore, si era alzata in piedi, portando le mani rigide lungo i fianchi, come si fosse appena messa sull’attenti «Esci. Vatti a fare un giro. Poi farò una bella chiacchierata anche con te.»

Per il momento, Jinjer poté tirare un sospiro di sollievo. A quanto pareva, il problema in quel momento era di Gohan: tanto meglio per lei!

Così, rivolgendo un gesto di buona fortuna al suo amico, si era volatilizzata fuori in giardino, andandosene chissà dove a passar tempo.

 

I due saiyan erano rimasti soli, a scrutarsi attentamente negli occhi. Vegeta era serio, freddo, con quell’alone di mistero ad aleggiargli intorno più palpabile del solito. Gohan, invece, se ne stava zitto zitto, lo sguardo che continuava a vagare per la stanza, le guance che, lentamente, stavano assumendo lo stesso colore di un pomodoro maturo. Cosa gli stava per dire, il principe dei saiyan? Lo stava per rimproverare? Oppure gli avrebbe parlato seriamente? Perché lo stava guardando in un modo tanto strano quanto preoccupante? 

 

«Gohan.» fece ad un certo punto il principe, rompendo finalmente il ghiaccio «Dai, bando alle ciance. Che cos’hai sentito, prima?»

 

Ed eccola lì, quell’incudine immaginaria che, violenta, era andata a sbattere esattamente sulla testa del piccolo mezzosangue che, ancora più in imbarazzo di prima, aveva appena assunto, da capo a piedi, lo stesso colore della salsa di pomodoro, mentre avvertiva del fumo uscirgli dalla bocca, e la paura scorrere in tutte le vene che possedeva. Che cos’avrebbe dovuto rispondere? Che cos’avrebbe dovuto dirgli? E se avesse dato la risposta sbagliata e Vegeta lo avesse incenerito con un ki blast? Che diavolo doveva fare?

 

«Abbastanza.» si rispose da solo il ragazzo, scavallando ed accavallando le gambe di nuovo «Vuoi parlarne?»

«Beh... ecco... io...»

«Tuo padre non c’è.» lo interruppe il principe, glaciale «Non ne farò parola con lui, se non ti va. Ma non borbottare così davanti a me. Sai che mi da fastidio.»

«Posso essere diretto con te, Vegeta?» chiese ad un certo punto il bimbo «Voglio dire... tu non sei arrabbiato, vero?»

«Dammi un motivo per cui dovrei esserlo.»

«Beh...» Gohan prese a tormentarsi le mani, nervoso ed imbarazzato allo stesso tempo «In realtà, sì. Sono un po’... ecco... voglio dire... io non... io-»

«Gohan.» odiava quel bambino, quando prendeva a comportarsi così. Accidenti, era un saiyan, mica una bambinetta!

«Voi due.» incalzò il più piccolo, indurendo lo sguardo «Voi due state... beh, ecco... STATE?»

 

Vegeta ci mise un po’, per elaborare quella risposta.

Non era affatto d’accordo con Goku, era sempre stato dell’idea che suo figlio dovesse sapere che cosa succedesse nella vita del padre. Aveva sperimentato sulla sua pelle cosa significasse essere inconsapevoli di ciò che passasse nella mente del proprio genitore, e non voleva che Gohan si sentisse come si era sentito lui. Non voleva che nessuno si sentisse come si era sentito lui.

E se fino a poco tempo prima non gliene importava un fico secco degli altri, ora non poteva di certo dire lo stesso.

Ma come si sarebbe dovuto spiegare, senza che il marmocchio si sentisse preso in giro? E, soprattutto, sarebbe stato giusto rispondere seriamente a quella domanda?

Forse. Perché no. In fondo, dal punto di vista di quell’idiota di Kaharoth, loro erano praticamente già sposati e con figli.

Il principe arrossì a quello stupidissimo pensiero, per poi ricacciare indietro quelle maledette sensazioni da tredicenne col ciclo e tornare a concentrarsi sul bambino, che lo stava guardando speranzoso, attendendo una risposta.

 

«Sì, Gohan.» rispose infine, distogliendo lo sguardo per un istante «Sì. Stiamo. Ma vorrei spiegarti per bene questa cosa. So che potrebbe essere... come dire... strano, per te, dato che non hai ancora l’età per capire. E di certo, uno stupido come tuo padre non potrebbe darti le spiegazioni che meriti.»

«No, non mi interessa questo, Vegeta.» era stata la risposta del piccolo Gohan «Non mi interessa con chi stia o non stia mio padre, e io non capisco di certo questo genere di cose. Sono ancora piccolo, non so mica cosa vuol dire! Cioè, so cosa vuol dire, ma non so cosa voglia VERAMENTE dire!»

«Allora cos’è che ti interessa?»

«Beh...» il bambino si era avvicinato di più al più grande, per poi sedersi sul bracciolo della poltrona, esattamente accanto a lui «Mio padre... mio padre aveva intenzione di tenermi all’oscuro di tutto? Si è scordato completamente di me?»

A quel punto, il principe sospirò esasperato, massaggiandosi le meningi: era tutta colpa di quella strega della madre, se ora quel moccioso si metteva a ragionare in quel modo. 

«Stammi a sentire.» asserì «Tuo padre è un imbecille, d’accordo? È la persona con meno materia grigia che io conosca, è un irresponsabile e anche un cretino. Ma non è un cattivo genitore, non ti ha messo da parte e, di certo, non si è scordato di te.»

«E allora perché sei venuto tu a parlarmene e non lui?»

«Perché lui ha paura.»

Il bambino, a quel punto, era ancora più confuso «Paura? E di cosa dovrebbe aver paura?»

«Di perdere la tua fiducia, o semplicemente di porsi in modi sbagliati. Tuo padre ci tiene a te, davvero. Non ti sto raccontando cazzate, guardami. Ho la faccia di uno che scherza?»

Il bambino negò con il capo, dopo essersi girato in direzione del principe.

«Non te ne vuole parlare semplicemente perché ha paura che tu possa prendere male la cosa. Ma io te lo sto raccontando perché non sono d’accordo con lui, e perché penso che tu abbia il diritto di sapere certe cose. Mi segui?»

Lui si limitò ad annuire, serio.

Il perché suo padre, il suo adorato papà, colui che lo stava aiutando a crescere, che lo amava con tutta l’anima, colui che era fiero di lui e di ciò che stava diventando, avesse paura della sua reazione a una notizia del genere, era sconosciuto agli occhi del piccolo Gohan. Non avrebbe mai potuto prendere male una rivelazione simile! Certo, era strano, dannatamente strano. Non avrebbe mai immaginato che suo padre potesse mai provare attrazione verso altri uomini, soprattutto perché, diamine, prima c’era stata la sua mamma!

Ma Vegeta? Oh, Vegeta era la persona migliore che si potesse augurare. Non solo lo stava trattando come un adulto, ma gli stava dimostrando quanto, trattandolo in quel modo, stesse imparando a tenere a lui e a volergli anche solo un po’ bene, ed inoltre stava dimostrando quanto stesse cambiando, quanto fosse in realtà già cambiato.

No, Gohan non avrebbe mai preso male quella cosa, nonostante gli sembrasse strana, nonostante gli sembrasse assurda. E anzi, sperava davvero che fosse una cosa definitiva, che fosse una cosa seria, e non fosse soltanto una di quelle cose che gli adulti chiamavano ‘una botta e via’. 

«Quindi...» fece ad un certo punto, sorridendogli «È come se, in un certo senso, voi due foste fidanzati?»

Vegeta, a quella domanda, avrebbe tanto voluto prendere uno degli straccetti che teneva in mano ed usarlo per strozzarcisi. Ma perché diamine i terrestri dovevano essere così... così... COSÌ?

E perché lui doveva sempre mettersi in mezzo a quelle situazioni spiacevoli? Accidenti, si stava proprio rammollendo. Se quella domanda gli fosse stata posta qualche tempo prima, probabilmente avrebbe preso il bambino, gli avrebbe strappato via le interiora e le avrebbe usate per farci l’impiccato.

Ma, ora come ora, il suo unico obbiettivo era quello di levarsi fuori da quella situazione.

Così, come se fosse stato appena colpito da un fulmine, prese il bambino e lo poggiò a terra, alzandosi velocemente dalla poltrona e dirigendosi verso le scale, esclamando, tutto d’un fiato: «BenelanostraconversazioneèfinitaadessovaiafartigliAFFARITUOI!»

 

 

Era tornato in camera con una bacinella piena d’acqua in mano e gli straccetti ben immersi in quest’ultima, con tutta l’intenzione di cercare di rimettere in sesto quello che ormai era praticamente quasi un cadavere steso a letto.

Una volta entrato nella stanza, però, un forte russare gli fece quasi cambiare idea: lui si preoccupava-maledizione-, si prendeva la briga di aiutarlo, e quell’inetto cosa faceva? Dormiva!

Ma poi, sospirando, il principe arrivò alla conclusione che, forse una bella dormita gli avrebbe soltanto giovato, e che comunque, con Kaharoth nel mondo dei sogni, sarebbe riuscito a lavorare meglio, senza rotture di scatole di alcun tipo.

Così, chiudendo piano la porta, sì avvicinò al letto e si sedette di fianco a lui, poggiando la bacinella sul comodino e tornando a sincerarsi della sua temperatura corporea.

Alta, altissima. Probabilmente più alta di prima. Ma il suo respiro, per lo meno, era tornato ad essere regolare. 

Era come se avesse una brutta febbre, ma era pressoché impossibile che fosse così: ai saiyan, la febbre non veniva. Forse ai mezzosangue, ma non di certo ai saiyan puri.

 

«Si può sapere che diavolo hai, eh?» mormorò, spostando delicatamente tutti i capelli che gli coprivano la fronte per poterla riempire con uno di quegli stracci imbevuti d’acqua. Nappa lo faceva sempre con lui, ogni volta che aveva un malanno di qualche genere da cucciolo, e solitamente funzionava: il giorno dopo, tornava fresco e scattante, pronto per un’altra missione.

 

Mentre compiva quei gesti così inusuali ed imbarazzanti per la sua persona, il principe dei saiyan si ritrovò a perdersi nei propri pensieri. Come al solito.

Pensò a sua madre, a dove fosse finita, pensò a sua sorella, a come facesse ad essere così tranquilla nonostante la madre fosse da qualche parte sperduta nell’universo in compagnia di Freezer e chissà chi altro, e pensò alla domanda che gli aveva fatto Gohan.

Quella domanda imbarazzante, invasiva, innocente, così... da bambini. Ma lo stesso, una domanda che, inevitabilmente, gli era rimasta in testa, e non aveva intenzione di andarsene.

Cos’erano lui e Kaharoth? Che tipo di relazione c’era tra loro due? E perché nessuno dei due si decideva a parlarne chiaramente? Perché si tiravano entrambi indietro, ogni volta che sarebbe potuto uscir fuori il discorso?

 

«Ti odio, lo sai?» mormorò di nuovo, sdraiandosi poi di fianco a lui, con gli occhi puntati sul soffitto «E odio anche te, Vegeta. Dio, come ti stai conciando.»

 

~

 

Buongiorno, amici!

Come state? Spero bene!

Per quanto mi riguarda, io sto benissimo! Ieri sera sono andata al concerto dei Flaming Lips ed è stato fantastico, se vi piace il rock un po’ psichedelico e ancora non li conoscete, ve li consiglio caldamente!

 

Insomma, eccomi tornata con questo nuovo capitolo. Capitolo in cui, finalmente, si fanno chiare un po’ di cosucce. Ma analizziamole per bene:

 

-Chichi è incinta, olé. Penso che, ormai, ce n’era amo accorti tutti, ma adesso? Come agirà? Parlerà con Goku, o almeno tenterà di farlo, oppure agirà completamente in un’altra maniera? E soprattutto, quali informazioni vuole scucire a Gohan? Secondo voi è arrivata a capire qualcosa su chi potrebbe essere la ‘nuova compagna’ di Goku? Spoiler: secondo me ancora no xD;

-E così, alla fine, la persona che se ne stava dietro la porta ad ascoltare la lite tra i nostri due saiyan era proprio Gohan! Povero bambino, finisce sempre con l’essere tirato fuori dalle situazioni solo perché è piccolo! Meno male che ora c’è Jinjer con lui *^*. Amo quella bambina, ha fatto un discorso bellissimo al suo amico, e sono sicura che impareranno ad andare mooooolto d’accordo;

-Goku sta male. Ormai l’abbiamo capito tutti. Ma che cos’ha? Una semplice febbre come potrebbe pensare Vegeta oppure altro?;

-Anche Bardack, finalmente, si mobilita per i fatti propri. Non vedevo l’ora di poter utilizzare i suoi poteri da sensitivo a mio piacimento. Come vedete, nessuno dei personaggi è lasciato al caso, neanche il più inutile ed insopportabile;

-Vegeta è stato il migliore di questo capitolo. Non solo si è comportato in modo maturo trattando Gohan da vero adulto e spiegandogli la sua attuale situazione(e lui ha anche capito! *^*), ma si è anche preoccupato da morire per Goku, lo ha trattato come se fosse il suo più grande tesoro, è stato un vero amore! 

 

 

Bene, a questo punto aspettiamo Paragas&Friends, che a quanto pare sembrano essersi volatilizzati nel nulla.

 

Alla prossima!

 

-JAY

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Capitolo 27
*** Viaggio nel futuro ***


Era tornata a casa sfinita, Chichi, ma anche piuttosto rigenerata. La chiacchierata con Bulma era servita ad allentare la tensione, e non solo: a quanto pareva, la mora aveva ancora delle cose da scoprire sul conto del suo ex marito, e non avrebbe perso tempo a cercare di scoprirle.

Per un breve attimo si maledisse, perché se quella sera non avesse ceduto e lo avesse buttato fuori di casa una volta per tutte, probabilmente non si sarebbe trovata in quella situazione. Ma scacciò quasi subito quei pensieri, tornando a dedicarli a David: quell’uomo le piaceva davvero. Certo, non si poteva ancora definire amore, ma Chichi non la considerava una stupida storiella da nulla. Anzi, avrebbe lottato con le unghie e con i denti per dimostrargli che non fosse assolutamente successo nulla con Goku, dopo la loro ufficiale separazione. Lei era decisamente rimasta incinta prima che cominciasse a uscire ufficialmente con David, quello era poco ma sicuro. Di certo tra i due, quello cornuto era stato Goku, non il contrario.

Certo, non che la situazione cambiasse molto: in fondo, era rimasta incinta del marito mentre cominciava di già a provare sentimenti nei confronti dell’amante. Ma... ma non era comunque colpa sua, punto! 

Però, pensandoci bene, la donna non aveva poi tutta quest’intenzione di voler tornare con quello che era ormai diventato il suo nuovo fidanzato. Ed il motivo era semplice: voleva farsi un ennesimo giro nella vita del suo ex marito. Doveva capire cosa significassero quelle parole tanto ambigue che Bulma le aveva detto. Doveva assolutamente far venire la verità, qualunque essa fosse, a galla, e con David tra i piedi non ne avrebbe avuto la possibilità.

Così, se in un primo momento aveva preso in mano il telefono con l’obiettivo unico di chiamarlo, alla fine aveva rinunciato, cambiando improvvisamente rotta: avrebbe telefonato a Goku. E poco le importava cosa stesse facendo. In caso, avrebbe visto la chiamata e le avrebbe telefonato più tardi, no? 

 

 

 

Si era quasi svegliato urlando, al suono di quella maledetta, fastidiosissima suoneria proveniente dal telefono dell’inetto che, il principe non sapeva come, si era ritrovato a finire proprio sotto il suo cuscino. Ma era troppo stanco anche solo per urlare, o a quanto pare, anche soltanto per controllare chi fosse a telefonare perché, una volta udita la-fastidiosa, rettifichiamo-voce di quel maledetto Michael Jackson-così gli era stato detto che si chiamava, quell’inutile terrestre che tutti elogiavano-, Vegeta aveva afferrato il telefono e, con scarso interesse, aveva accettato la chiamata, portandosi poi l’apparecchio all’orecchio.

 

«Pronto?»

 

 

Chichi trasalì, sbiancando totalmente, come se avesse appena visto un fantasma.

Anzi, in questo caso, sentito.

Perché la voce che le aveva risposto al telefono non era affatto quella stridula, sempre amichevole e sempre serena di Goku, no, la voce che le aveva appena risposto al telefono apparteneva ad un’altra persona. All’ultima persona che avrebbe dovuto possedere il cellulare del suo ex marito.

Vegeta.

Non aveva avuto mai modo di parlarci troppo-anzi, non aveva avuto mai modo di parlarci e basta-, ma la sua voce, quella voce intimidatoria, annoiata, fredda, in quel momento anche rauca ed impastata, l’avrebbe riconosciuta tra mille. Quella era la voce del vile assassino che aveva osato mettere le mani addosso a suo figlio, soltanto un anno prima.

 

«Go-Goku?» si limitò a chiedere la donna, deglutendo «Dov’è Goku?»

 

All’udire quella voce, quella maledetta voce stridula, fastidiosa, impertinente ed assolutamente insopportabile probabilmente alle orecchie di chiunque, il principe dei saiyan fece di tutto per non incrementare ulteriormente la sua aura, preso da un’attacco d’ira, e cominciò a digrignare i denti, ringhiando impercettibilmente.

Com’era possibile che la causa di tutti i suoi risvegli bruschi e della maggior parte dei suoi attacchi di rabbia fosse sempre e soltanto quella maledetta donna? Com’era possibile che l’ex moglie di Kaharoth, che aveva cacciato a pedate sia il marito che il figlio da quella che una volta era la loro casa, avesse ancora quel dannatissimo bisogno di sapere dove fosse il suo ex marito e cosa stesse facendo?

Accidenti, Goku stava male, e non c’era di certo lei a preoccuparsi e a dover sopportare le sue crisi. No, lei non c’era, c’era lui! Quindi che diavolo voleva ancora? 

Alzandosi dal letto, facendo anche attenzione a non svegliare il deficiente, che ancora dormiva profondamente al suo fianco-avrebbe dovuto controllarlo, sembrava star respirando un po’ male-, rispose, altezzoso: «Come vedi, al momento non c’è. Che diavolo vuoi? Quel nullafacente di tuo figlio è di sotto.»

 

Per un attimo, la donna ebbe l’impulso di attaccare, presa dall’ansia e dal panico per essere appena stata interpellata da Vegeta-proprio da Vegeta, quel saiyan spietato che si divertiva a far soffrire persone innocenti-, ma poi fece un bel respiro e si calmò, cercando di esaminare tutti i motivi per i quali quel ragazzino impertinente avesse il cellulare del suo ex a portata di mano.

E poi, un pensiero spaventoso, interessante e preoccupante allo stesso tempo, si fece spazio nella sua mente, facendola arrossire come una fragola appena colta dall’albero. Un pensiero talmente lontano dall’essere plausibile, che in quel momento lo era terribilmente.

Chichi si incuriosì. Si incuriosì così tanto che, per un attimo, dimenticò addirittura di star parlando col principe dei saiyan in persona e, puntando l’unica mano libera su di un fianco ed assumendo un’espressione carica di sfida, nonostante poi lui non potesse neanche vederla, disse: «A dire la verità, cercavo Goku, non Gohan.» 

 

«Beh, mi spiace per te.» fu la risposta seccata del principe «Ritenta. Sarai più fortunata.»

E, detto questo, senza neanche aspettare che lei rispondesse, Vegeta le attaccò in faccia, con tutta l’intenzione di andarsi ad ammazzare di allenamento nella gravity room, cercando di dimenticarsi dell’esistenza di quella strega.

Ma poi, il rumore dei passi leggeri e delicati di Bulma che salivano le scale, lo dissuase dal suo desiderio di allenamento. Oh, avrebbe interrogato quella donna fino allo sfinimento, pur di sapere qualcosa in più di ciò che era successo tra lei e l’altra oca.

Oh sì, il principe avrebbe fatto proprio così. Nessuno si doveva permettere di tenere segreto qualcosa al grande Vegeta. Soprattutto se quel qualcosa riguardava l’idiota, dato che in quel momento, a sopportarlo, era lui e lui soltanto.

Per un attimo, il principe dei saiyan si chiese se non avesse dovuto avvertire Gohan dei malanni di suo padre, ma poi si disse che non era affatto il momento. In fondo, il moccioso doveva ancora conoscere la storia dell’attacco a Neo-Namecc e di quei saiyan pericolosi che avevano ancora sua madre tra le grinfie. Ma Gohan non era stupido. Vegeta era sicuro che, nonostante preferisse mantenere il silenzio, il bambino avesse già capito qualcosa: in fondo, ormai erano giorni che Gine mancava da casa, e di certo non poteva essersi volatilizzata, e poi c’era Jinjer. Lei non aveva ancora spiegato al suo nuovo amico il motivo che l’aveva spinta a raggiungere la Terra.

Fece per uscire dalla stanza con un’alzata di spalle quando, come se si fosse appena destato da un coma, Goku iniziò a mugugnare, distraendolo da quelli che erano i suoi iniziali obiettivi.

 

«Gnhm...» fece il saiyan dai capelli a palma, contorcendosi nel letto «Vegeta...»

 

Preoccupato-purtroppo, ormai, avrebbe dovuto abituarsi a quelle sensazioni così fastidiose-, Vegeta si avvicinò in fretta al compagno, inginocchiandosi accanto al letto e portandogli una mano sulla guancia. Scottava, scottava in maniera quasi insopportabile. Era come se quel riposo non gli avesse affatto giovato. Stava peggiorando a vista d’occhio, e il principe non sapeva più quali carte giocare per riportare quell’imbecille nel regno dei vivi.

 

«Hey.» provò a dire, sferrandogli un colpo leggero sulla faccia, senza però ottenere troppi risultati «Kaharoth.»

«Vegeta...» ripeté il saiyan dai capelli a palma, sudando, rosso in viso, con il dolore che, incessante, lo attanagliava.

«Che c’è?» il principe approfittò della loro vicinanza per cambiare il panno che aveva ormai da tempo indeterminato premuto contro la fronte, cercando di imbevere il nuovo in quanta più acqua possibile.

«Male...» mugugnò Goku «Fa male...»

«Ma cos’è che ti fa male?» chiese allora il ragazzo, quasi spazientito: già, lo sapeva che stava male, lo sapeva benissimo, ma quel maledetto idiota non gli aveva ancora spiegato perché stesse male, che cosa esattamente gli facesse male. Poi, seguì con occhi freddi il movimento della mano del compagno, che andò a posarsi pesantemente sul petto, all’altezza del cuore.

Titubante, Vegeta decise allora di imitare il suo gesto ma, prima ancora che potesse anche solo poggiare la propria mano su quella dell’inetto, quest’ultimo, veloce come un puma, gliela afferrò, stringendola forte, in una maniera quasi dolorosa, facendolo arrossire come un imbecille. Certo, quello non era esattamente il momento di pensare a cose come i sentimenti, ma il principe non ne poté fare a meno: nell’esatto momento in cui la sua mano toccò il petto di Goku, nell’esatto momento in cui sentì il suo cuore battere in maniera così frenetica, un brivido percorse tutta la sua spina dorsale, mentre il suo, di cuore, era sicuro si fosse fermato per un istante. 

Si stava davvero riducendo così per il suo inutile-che poi, tanto inutile non era- rivale? Per un guerriero di terza classe? Per un traditore della sua stessa stirpe? Per colui che, soltanto un anno prima, aveva preso il suo orgoglio in una mano ed aveva iniziato a sgretolarlo?

Vegeta si sentì morire. Ma non certo perché si sentiva uno stupido, no. Ma perché in quell’istante, in quel terribile istante, quello stesso inutile rivale, quel guerriero di terza classe, quel traditore della stirpe dei saiyan, stava male, e lui non sapeva cosa fare per evitarlo. 

Se quella situazione si fosse andata a creare qualche tempo prima, probabilmente avrebbe fatto i salti di gioia. Si sarebbe liberato per sempre di Kaharoth, di Goku, e sarebbe diventato lui l’essere più potente e temibile della galassia. Lui, il solo ed il grande principe di tutti i saiyan.

Ma ora... ora era proprio sicuro che il suo desiderio di superarlo e diventare super saiyan fosse più forte di quel sentimento che, prepotente, gli martellava il cuore ed il cervello come stesse implorando di uscire allo scoperto? 

«Qui?» chiese il principe, avvicinandosi istintivamente, poggiando l’orecchio sul petto del cretino, sincerandosi del suo battito cardiaco: non era affatto un cardiologo, non ci capiva nulla di tutta quella robaccia, ma una cosa era certa. Il muscolo principale del corpo del suo rivale non stava funzionando come avrebbe dovuto «Ti fa male qui?»

Ora, Vegeta si sentì uno stupido anche soltanto a poter pensare una cosa del genere, ma nel momento in cui aveva poggiato la testa-per l’ennesima volta- sul petto di quel maledetto stupido, sembrò come se il suo respiro si fosse stabilizzato ed il battito di quel cuore impazzito si fosse improvvisamente calmato, mentre il saiyan dai capelli a forma di palma, delicatamente, gli poggiava una mano tra i capelli, prendendo a passare le dita tra alcune ciocche, tranquillizzandosi.

 

Quel dolore sconosciuto non aveva fatto altro che aumentare, in quelle ultime ore. Non era riuscito a riposarsi per bene, Goku, e anzi, il suo era stato un sonno tormentato da incubi di ogni genere. Incubi in cui era lui stesso il protagonista.

Sognava quei nemici senza volto, sognava Freezer, sognava le urla dei suoi amici, degli abitanti della Terra... sognava Vegeta. In pericolo, vittima degli attacchi di quei vili. E sognava sé stesso, lui che, nonostante gli sforzi, non era riuscito a salvare la vita dell’unica persona che, in quel momento, avrebbe potuto farlo star meglio.

Perché il principe dei saiyan, nonostante tutto, nonostante continuasse ogni singolo giorno a minacciarlo di morte e ad insultarlo, era l’unica persona che in quel momento si stesse davvero preoccupando per lui. Perché il principe dei saiyan era l’unica persona che Goku volesse al suo fianco, l’unico che sarebbe riuscito a farlo star meglio. Anche solo con uno sguardo, anche solo con uno dei suoi buffi insulti.

Sorrise, il giovane super saiyan, mentre carezzava quei capelli color ebano così simili ai suoi. Sorrise, e prese aria. Tanta aria. Facendola infine diventare un lungo respiro rilassato.

 

«Sto meglio, sai?» incalzò, con voce leggermente più allegra «Grazie.»

«Tsk.» Vegeta, imbarazzato all’inverosimile, si ritrasse da quel contatto, alzandosi bruscamente in piedi «Ovvio che stai meglio, sei un saiyan. Noi non ci facciamo buttare giù da certi malori stupidi.»

 

*

 

Dopo aver giocato a sorte ad un gioco di ruolo molto in voga tra le divinità, alla fine il gruppo di esseri superiori aveva designato l’arduo compito a Re Kaioh del Nord, di dirigersi sul pianeta dei Kaiohshin, con l’intenzione di chiedere udienza a Kaiohshin il Sommo, nella speranza che egli avesse in cantiere qualche tipo di soluzione a quel grosso problema che stava attanagliando non solo il suo universo, ma molteplici dimensioni, mettendo a repentaglio anche la sicurezza del regno dell’aldilà, i quali problemi continuavano ad aumentare ora dopo ora.

Il buffo essere dalla pelle blu non aveva mai incontrato personalmente esseri superiori come i Kaiohshin: tra loro, soltanto Re Yammer aveva avuto quel grande onore. Ma aveva sentito che fossero degli esseri dalla potenza inestimabile, delle divinità misteriose, che purtroppo, però, erano state quasi tutte fatte fuori da un essere di nome Majin Bu, milioni e milioni di anni prima.

C’erano rimasti soltanto il più giovane di loro, Kaiohshin il Superiore, e Kaiohshin il Sommo, che erano riusciti a sfuggire alla furia del mostro che li aveva attaccati millenni prima. Eppure, nonostante non fossero più al completo, tutte le altre divinità non gli privavano stima e rispetto, e anzi, li consideravano addirittura gli esseri più importanti dell’intero universo.

Accompagnato dall’indovina Baba, che era in grado di spostarsi senza problemi da una dimensione all’altra, Re Kaioh alla fine giunse su quello che doveva essere il pianeta dei Kaiohshin: molto più grande del suo, la gravità era decisamente meno pesante, ed il cielo color glicine era attraversato da nubi azzurrine simili a quelle terrestri.

Dapprima sembrò non ci fosse proprio nessuno ma poi, come se lo avessero sentito arrivare, di fronte a lui si materializzarono due esseri: uno più giovane, dalla pelle lilla ed il ciuffo bianco, ed un altro più alto, dalla pelle rossiccia, l’aspetto burbero, ma dall’aria molto pacifica.

 

«Salve.» lo salutò quello che sembrava essere il più giovane tra i due, sorridendogli cordialmente «Lei dev’essere Re Kaioh del Nord. È un vero onore fare la sua conoscenza. Io sono il Kaiohshin dell’Est.»

A quella rivelazione, la divinità dalla pelle bluastra trasalì e, schiarendosi la voce, fece un piccolo inchino, esclamando: «L-l’onore è tutto mio!»

 

*

 

Dopo aver studiato per un paio d’ore, assorti nei propri pensieri, e dopo aver fatto fuori tutta la dispensa del povero principe dei saiyan, i due bambini avevano deciso di uscire di casa, con tutte le buone intenzioni di andarsi ad allenare per un po’. Ovviamente l’idea era stata della piccola Jinjer che, dopo aver pregato per un po’ il suo amico mezzosangue, alla fine l’aveva convinto a muoversi.

Stanchi delle solite, freddissime e noiosissime gravity room, alla fine i due piccoli saiyan avevano deciso di spostarsi nei boschi dei Monti Paoz. Boschi che Gohan conosceva molto bene, e che avevano causato una forte nostalgia nel bambino, che non faceva il giro di quelle foreste da tanto, troppo tempo. Gli mancava l’aria pulita delle sue montagne, gli animali pacifici con cui si divertiva a far amicizia, la sua casetta solitaria sperduta tra i monti, il verde, il silenzio e la tranquillità. Gli mancava tutto di quella vita, ma alla fine dei conti, avrebbe potuto raggiungere sua madre sui monti Paoz in qualsiasi momento. Il problema era che Gohan, oramai, non riuscisse più a staccarsi da quell’aria cittadina alla quale aveva imparato ad abituarsi. Non riusciva a staccarsi dal suo amato papà e, nonostante tutto, anche da Vegeta.

Ma esserci tornato in compagnia di un’amica lo rese improvvisamente più felice, più sereno.

I due si allenarono nella foresta, scaricando gran parte della loro potenza, giocando ad una sorta di acchiapparella fra gli alberi, godendosi sia il divertimento scaturito da quella lotta innocente, sia la frutta fresca, sia gli animali che, allegri, gli giravano attorno. 

Era decisamente una bella giornata: certo, era autunno, e non faceva di certo caldo, ma nonostante tutto, il sole era alto nel cielo con la totale assenza di nuvole, e li riscaldava placidamente, nonostante il venticello pungente di ottobre. L’umidità non era altissima, e grazie anche a questo, i due piccoli saiyan non si stancarono affatto.

Nonostante Gohan fosse felicissimo di avere amici come Junior, al suo fianco, doveva ammettere che, avere finalmente un’amica quasi della sua stessa età, fosse sul serio fantastico. Aveva sempre pensato che non si sarebbe mai potuto rapportare ad altri bambini, ma l’arrivo di Jinjer era stata come una ventata d’aria fresca, un raggio di sole tra le spesse nuvole grigie che sovrastavano la vita del piccolo guerriero.

Giocarono quasi fino allo sfinimento, correndo felici tra gli alberi quando, ad un certo punto, un debole fascio di luce bluastra aveva attirato la loro attenzione.

I due piccoli saiyan si fermarono ad osservare quella piccola luce farsi sempre più grande, fino a diventare un vortice azzurrognolo di medie dimensioni, che girava, girava, girava, e non ne poteva sapere di fermarsi.

 

«Che diavolo è quello?» si chiese la bambina, avvicinandosi lentamente furtiva: se c’era una cosa che aveva imparato vivendo nello spazio, era di non fidarsi delle anomalie e stare sempre sull’attenti «Gohan, tu lo sai?»

«Non ne ho la minima idea...» lui la seguì, stando ben attento a dove mettesse i piedi «Dici che è qualche nemico della Terra?»

«Mh...» lei si portò un dito alle labbra, come per riflettere «No, non penso proprio. Sembra totalmente inoffensivo.»

Si scambiarono uno sguardo interrogativo, senza fiatare, chiedendosi entrambi se si sarebbero potuti avvicinare. Ma alla fine, la curiosità tipica dell’infanzia vinse sulla razionalità da guerrieri ed i due saiyan, all’inizio titubanti, decisero di avvicinarsi all’oggetto sconosciuto.

Errore madornale, perché mai si sarebbero aspettati che quel piccolo vortice dall’aria inoffensiva li risucchiasse completamente, catapultandoli in un mondo che, prima di allora, nessuno dei due aveva mai avuto l’occasione di visitare.

 

Si ritrovarono in tutto un altro mondo, i due piccoli guerrieri. 

Le loro teste erano sovrastate da un cielo scuro, ricoperto di nubi. Il sole che, debole, cercava con tutte le sue forze di farsi spazio in quella coltre quasi invalicabile; se i due non avessero saputo che le nuvole fossero incorporee, probabilmente in quel momento avrebbero pensato che fossero fatte di piombo, tanto sembravano pesanti ed intimidatorie.

Non c’erano dubbi, quella era la Città dell’Ovest. Ma c’era qualcosa di diverso, qualcosa che era impossibile non notare: non era la solita cittadina felice e rigogliosa che i due si erano abituati a vedere, no. Quella Città dell’Ovest, quella in cui si erano appena ritrovati, era ridotta in cumuli di macerie. Non c’era rimasto quasi più nulla, era come se un grosso terremoto l’avesse colpita a tal punto da distruggerla. 

Il silenzio regnava sovrano, in quella che i due bambini conoscevano come una città piena di rumori, smog, chiacchiericci, persone che correvano là e qua, bambini che giocavano e vecchiette che attraversavano la strada. Non c’era nulla di tutto ciò, di fronte ad i loro occhi increduli ed innocenti, no: lì sembrava esistere solo silenzio e desolazione. 

 

«Che...» mormorò il piccolo Gohan, tremando «Che è successo qui?»

La piccola Jinjer, però, che aveva potuto sapere da parte di sua madre che esistevano degli uomini in grado di viaggiare in dimensioni differenti, aveva immediatamente capito dove si fossero andati a cacciare. Quello non era il loro universo, forse non era neanche la loro stessa linea temporale, no: si trovavano in un’altra dimensione. Una dimensione in cui, purtroppo, la Città dell’Ovest era stata totalmente distrutta.

«Non farti intimorire, Gohan.» lo rassicurò la sua amica, alzandosi in volo «Non è il nostro mondo, siamo finiti in una dimensione differente.»

«Eh?» il bambino sembrava confuso, ma allo stesso tempo affascinato: aveva sempre sentito parlare di viaggi spazio-temporali, e li aveva sempre considerati interessanti quanto dannosi, ma mai si sarebbe immaginato di ritrovarsi lui stesso ad affrontare un’avventura del genere «Ma tu... tu ne sei sicura?»

«Che domande! Certo che ne sono sicura!» esclamò la principessa dei saiyan, assumendo, in quel momento, la stessa espressione saccente del fratello «Non vedi che è tutto distrutto? È impossibile che in un’ora di nostra assenza, sia successo tutto questo casino!»

Beh, effettivamente era un ragionamento che filava.

Rinvigorito, allora, il piccolo Son raggiunse la sua amica, chiedendo poi: «E ora? Che cosa facciamo? Come ci torniamo a casa?»

«Penso dovremo aspettare che appaia un altro di quei varchi.» fu la risposta secca di Jinjer «Nel frattempo, già che ci siamo, facciamoci un giro. Ma sarà meglio azzerare le nostre aure, non si sa mai.»

E così, spinti dal loro innato spirito d’avventura, i due bambini si librarono in volo e, facendo ben attenzione che la loro aura fosse abbastanza bassa da non farsi scoprire da nessuno, si diressero verso l’unico luogo di quella città che riconoscessero come casa: la Capsule Corporation. 

Ma, quando arrivarono sul posto, non trovarono la solita casetta semi-circolare circondata da un giardino e degli alberi, no. Quando arrivarono sul posto trovarono soltanto un edificio quasi completamente ridotto in macerie. Un edificio che, oramai, più che una casa sembrava esser diventato un rifugio poco sicuro per i sopravvissuti ad una catastrofe.

«Oddende...» esclamò il piccolo Gohan, portandosi una mano di fronte alla bocca con aria preoccupata «Pensi che ci sia qualcuno, lì dentro?»

«Beh, c’è solo un modo per scoprirlo.»

Entrarono furtivi, azzerando completamente le loro aure e cercando di rimanere bassi. All’interno, le luci a led che erano abituati a vedere brillanti e perfettamente funzionanti, ora funzionavano ad intermittenza, emettendo una fievole luce che, dall’esterno, neanche si era notata.

Il salotto era esattamente come se lo ricordavano, ma era completamente pieno di polvere e pezzettini di soffitto completamente andati a farsi benedire. Non sembrava esserci presenza di anima viva fino a quando, nell’ombra, i due piccoli saiyan non notarono una figura.

Era seduto in un angolo della stanza, con le gambe accavallate ed un’espressione indecifrabile. Era impossibile non riconoscerlo: quello era proprio Vegeta.

Li stava osservando freddo, austero, per nulla intimorito dalla loro presenza. Non proferiva parola, se ne stava semplicemente lì a guardarli.

 

«V-Vegeta?» balbettò Gohan, deglutendo, venendo immediatamente frenato da una gomitata ben assestata di Jinjer.

«Shhh, non parlare. Non è lui.»

«E chi dovrei essere, sentiamo.» la voce austera e roca del principe dei saiyan, o di quella che sembrava una sua proiezione futuristica, aveva innescato un campanello d’allarme nelle menti dei due bambini, che si erano immediatamente messi sull’attenti «Chi siete, mocciosi? Che cosa siete venuti a fare?»

«Ma come...» fu l’esclamazione del mezzosangue «Non mi riconosci? Sul serio?»

L’uomo, leggermente più invecchiato di come fossero abituati a vederlo, spostò lo sguardo sul piccolo Son, guardandolo con occhi indecifrabili. Era come se, in un certo senso, stesse cercando di ricordare, di scavare all’interno della sua mente per trovare un appiglio.

Appiglio che, infine, con grande stupore, trovò.

«Gohan?» chiese, esterrefatto «Come hai fatto? Come sei tornato ad essere così piccolo?»

Il bambino non capiva. In che senso ‘come aveva fatto a tornare ad essere così piccolo’? Forse non erano finiti soltanto in un’altra dimensione, ma anche nel futuro? 

Ora che lo guardava bene, in effetti, il principe dei saiyan era molto diverso: il suo corpo era più robusto, più muscoloso, ed il suo viso era segnato da rughe che, di certo, non esistevano sul volto del ragazzo che viveva sotto il suo stesso tetto. Sì, doveva essere per forza così: quello era il futuro. O, per lo meno, il futuro di quella dimensione.

«Non sono il Gohan che tu credi.» fu la risposta del bambino che tornò a rilassarsi, sicuro che Vegeta non gli avrebbe fatto del male «Io e Jinjer siamo finiti qui per puro caso. Abbiamo attraversato un varco e-»

Vegeta strabuzzò gli occhi, come spaventato da qualcosa, o da qualcuno, o da entrambi, all’udire quelle parole «Quindi è così che quei vili sono riusciti a raggiungere questa dimensione! Esistono dei varchi!»

«Vili?» Jinjer si avvicinò al fratello, che sembrava non riconoscerla affatto «Di chi stai parlando? Chi vi ha attaccati così?»

Il principe esitò per un istante, poi, sospirando ed arrivando probabilmente alla conclusione di potersi fidare, fece cenno ai due ragazzini di seguirlo.

Scesero in quella che, una volta, era la cantina del dottor Brief, ma che in quella dimensione sembrava essere diventata una sorta di rifugio. Ma rifugio da che cosa? Da cosa erano tanto spaventati? Perché Vegeta non aveva combattuto contro chiunque stesse attaccando la Terra?

 

«Si chiamano Paragas e Broly.» aveva detto l’uomo, raggiungendo un’altra ala della stanza dove, stremata, una Bulma molto più invecchiata di quella che i due conoscevano, dormiva poggiata su una delle scrivanie «Ma con loro, non so perché, ci sono anche Freezer e Re Cold, suo padre. Penso che tu, Gohan, te lo ricordi.»

«Chi?» chiese il bambino, confuso «Freezer o l’altro?»

Vegeta, a quel punto, inarcò un sopracciglio «Trunks non è venuto dal futuro ad uccidere Freezer, lì da voi?»

«Trunks?»

I due bambini si scambiarono un’occhiata interrogativa, per poi chiedere all’unisono «Chi è Trunks?»

Vegeta non ci poteva credere: quei due bambini arrivati dal passato-e probabilmente da tutt’un altro universo-, non stavano vivendo affatto quello che avevano vissuto loro. Molto probabilmente, nella loro linea temporale, non esisteva nessun Trunks, e questo lo spaventò: voleva forse dire che lui non era mai cambiato? Che aveva continuato a distruggere pianeti ed uccidere innocenti? 

Decise di non pensarci e, scuotendo la testa, riprese: «Non è importante. In ogni caso, questo Paragas afferma che è capace di viaggiare di dimensione in dimensione, e che lo sta facendo soltanto per liberarsi di tutti i saiyan sopravvissuti alla distruzione di Vegetasei in tutte le dimensioni. In pratica, vuole ucciderci tutti uno per uno, in modo da rimanere solo con il figlio. Il figlio che, tra l’altro, è molto più forte di lui, ma che viene controllato proprio dal padre. È lui il burattinaio, suo figlio non fa altro che eseguire i suoi ordini come un bambolotto.»

A quella rivelazione, i bambini rabbrividivano. Era davvero possibile che esistesse, nella galassia, un padre così sconsiderato da utilizzare il figlio solamente per i suoi scopi malvagi? Era davvero possibile che esistesse un saiyan così potente da riuscire a distruggere universi interi? 

A Jinjer venne in mente sua madre. Era probabile che quei due l’avessero rapita o, ancora peggio, uccisa, e probabilmente quel Vegeta, quello con cui stavano parlando, non era nemmeno a conoscenza del fatto che lei fosse sua sorella, e che Rosicheena, sua madre, fosse nelle mani di quei mostri.

«Nessuna dimensione è al sicuro.» continuò il principe, assicurandosi che Bulma, ancora addormentata, non prendesse freddo, adagiando una coperta sulle sue spalle, stupendo i due piccoli guerrieri, che non l’avevano mai visto comportarsi in quel modo nei confronti della turchina «Se la vostra non è ancora stata attaccata, probabilmente verranno presto a farvi una visita.»

«No.» fu la risposta di Jinjer «Probabilmente noi saremo gli ultimi. Loro provengono dal nostro universo, ne sono più che sicura.»

«Sono quelli che hanno rapito tua madre, vero?» le chiese il piccolo Gohan, che si era fatto raccontare dall’amica tutto quello che sapeva «Quelli da cui sei riuscita a scappare?»

La bambina annuì, ripensando a sua madre. Le faceva male il fatto di non essere abbastanza forte per poterla vendicare, per poterla salvare. Il fatto che lei fosse totalmente impotente le faceva ribollire il sangue nelle vene. Era per questo che, da quando era arrivata sulla Terra, non faceva altro che allenarsi, anche soltanto per gioco. Voleva diventare forte, voleva riuscire a raggiungere lo stesso livello di suo fratello o di Goku, voleva anche lei contribuire alla causa.

«Dove sono tutti gli altri?» chiese ad un certo punto il piccolo mezzosangue, rivolto a Vegeta «Dove sono Junior, mio padre, Crilin e il resto della squadra?»

‘E dove sono io?’ stava per chiedere Gohan, ma decise di non voler sapere che fine avesse fatto in quel futuro.

«Crilin è morto in battaglia, e Junior dopo di lui.» fu la risposta del principe «Tua madre è ancora viva, si trova ancora sui Monti Paoz con tuo nonno. Mentre tuo padre si trova ancora nell’aldilà, dopo la fine del Cell Game. Non può più tornare, ha già usato il permesso per partecipare all’ultimo torneo di arti marziali, e senza sfere del drago, non possiamo riportarlo in vita. Siamo rimasti soltanto io, Bulma, il tre occhi, e-»

«Papà!»

Di corsa, videro scendere le scale della cantina due bambini: uno dai capelli lilla e gli occhi azzurri, l’altro perfettamente identico a Goku. Da dove venissero, Jinjer e Gohan se lo chiesero fino all’ultimo, e rimasero sorpresi dal modo in cui il primo ragazzino avesse chiamato Vegeta.

Papà, aveva detto. Beh, in effetti un po’ si somigliavano. Ma quello strambo colore di capelli li aveva dissuasi dal pensare che potesse davvero essere il figlio del principe dei saiyan.

«Dove siete stati?» fu la domanda dell’uomo.

«A caccia di malvagi!» esclamò il ragazzino identico a Goku «La loro navicella è ancora qui sulla Terra, non si sono ancora mossi!»

«Non vi siete avvicinati troppo, vero?»

«Certo che no.» rispose il bambino dai capelli lilla «Abbiamo tenuto azzerate le nostre aure. Ma quella di Broly è piuttosto debole, sicuramente sta dormendo. E a fare la guardia all’astronave ci sono Freezer e quell’altro gigante che gli somiglia.»

Sembravano non essersi neanche accorti degli altri due bambini ma, ad un certo punto, il piccolo dai capelli a forma di palma si voltò in direzione di Gohan, con espressione confusa «E voi chi siete?»

«No. Voi chi siete!» esclamò Jinjer, incrociando le braccia al petto con un cipiglio piuttosto simile a quello di Vegeta «Noi veniamo dal passato! Io sono Jinjer, e lui è Gohan!»

«Gohan?» domandò di nuovo il bambino, strabuzzando gli occhi «Gohan mio fratello?»

A quella domanda, il piccolo Gohan sbiancò, come se avesse appena visto un fantasma. Fratello? Ma lui era figlio unico, non aveva alcun fratello! E poi, i suoi si erano lasciati! Com’era possibile che in quel futuro esistesse un altro figlio di Goku? 

«Ho... ho un fratello?» balbettò, esterrefatto «Ho davvero un fratello, in questa dimensione?»

«Perché, nella tua Goten non esiste?» chiese il figlio del principe dei saiyan, mettendosi in mezzo.

«A dire la verità, nessuno di voi due esiste.» fu la risposta della principessa dei saiyan «A quanto pare, qua le cose sono andate molto diversamente.»

«Ma come ci siete finiti, qui?» chiese il ragazzino dai capelli lilla, puntando le mani ai fianchi «Non avete nessun modo di tornare a casa?»

«Trunks!» esclamò Goten «In realtà, se vengono dal passato, c’è un modo di tornare!» 

«Ah, sì?» Gohan diventò immediatamente interessato: non voleva rischiare di rimanere lì per sempre, voleva tornare a casa «E quale?»

Gli occhi di Trunks si illuminarono d’intelligenza, mentre realizzava improvvisamente che cosa il suo amico gli avesse appena detto. Poi esclamò: «La macchina del tempo di Cell!»

«Mocciosi.» li richiamò tutti a sé il principe dei saiyan «Non se ne parla neanche. È troppo lontana da qui, vi esporreste troppo.»

«Ma papà!» si oppose il piccolo Trunks, gonfiando le guance «Siamo stati vicino alla navicella di Paragas! Siamo coraggiosi!»

«Ma papà niente.» il principe sembrò perentorio «Ce li accompagno io, alla macchina del tempo. Voi resterete qui con Bulma.»

«Vuoi andare nel passato, papà?» chiese Goten, stupendo a dir poco Gohan, che non si sarebbe mai aspettato che quello che doveva essere suo fratello, quindi il figlio di Goku, arrivasse a chiamare Vegeta ‘papà’ «Vuoi lasciarci qui da soli?»

Il principe dei saiyan, a quella domanda, si ritrovò a riflettere. Effettivamente, farsi un viaggio nel passato lo avrebbe aiutato a farsi anche degli alleati. Ed un po’ d’aiuto da parte delle loro proiezioni di un altro universo, forse, sarebbe stato utile per sconfiggere definitivamente quei mostri.

A pensarci bene, Goten gli aveva appena dato un’idea geniale.

 

~

 

Salve a tutti, amici!

Eccomi tornata con questo chappy, che finalmente si concentra un po’ di più sulla coppia più bella di questa storia! Andassero a quel paese Goku e Vegeta, ci sono Jinjer e Gohan in the house! xD

Amo questi due bambini, sono come le mie due personalità che si scontrano e decidono di far delle marachelle insieme. Ed ecco qua che, a causa di una marachella, sono andati a finire nel futuro. Un futuro molto simile alla linea temporale dell’opera originale... e adesso, che cosa succederà? Alla fine si alleeranno sul serio?

Beh, due Vegeta sono sempre meglio di uno, in fondo!

Goku sta ancora male, ma a quanto pare la presenza del principe dei saiyan lo rasserena. In effetti, rasserena un po’ tutti noi. 

Nel frattempo, nel regno dell’aldilà, finalmente Re Kaioh è andato a parlare con i Kaiohshin. Ma che impatto avranno queste divinità, su tutta la storia? 

Oh, lo scopriremo molto presto. Vi dico solo che i poteri del Sommo saranno molto importanti per uno in particolare dei nostri personaggi(o forse, due).

Abbiamo finalmente anche incontrato Goten e Trunks(e come ometterli). Chissà se anche loro finiranno per prendere parte alla battaglia finale!

Abbiamo anche scoperto quello che sembrerebbe essere il vero piano di Paragas, ovvero uccidere tutti i saiyan in tutti gli universi. Ci riuscirà? E perché vuole raggiungere quest’obbiettivo? E per quale motivo Freezer e Re Cold sono suoi alleati?

E Cooler? Che fine avrà fatto?

Questi particolari lo scopriremo solo più avanti!

 

Al prossimo capitolo!

 

-JAY

 

 

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Capitolo 28
*** La vendetta è un piatto che va servito freddo ***




Lo spazio era freddo, dannatamente freddo.
Freddo persino per uno come lui che, per decenni, non aveva fatto altro che viaggiare per le galassie e conquistare pianeti. Era vuoto, buio, immenso, e trasmetteva strane sensazioni di solitudine ed amarezza.
A Cooler non era mai interessato conquistare pianeti e soggiogare popolazioni, quella era sempre stata una prerogativa del suo fratellino. Fratellino che, dopo averlo attaccato senza preavviso assieme a due saiyan ed al loro amatissimo e stimatissimo padre, l’aveva lasciato a vagare per lo spazio senza una navicella. Fortunatamente la sua razza era abbastanza potente da riuscire a respirare anche nello spazio aperto, ma essendo senza cibo né acqua, avrebbe presto dovuto far sosta su un pianeta abitato lì vicino. Ed era convinto che, a causa dell’enorme somiglianza con suo fratello, gli abitanti delle galassie non l’avrebbero accolto poi così bene.
Ma non poteva fermarsi lì. Non poteva perché, dopo essere stato attaccato di proposito e senza alcun motivo dai suoi stessi famigliari, ora il solo ed unico obiettivo di Cooler era quello di vendicarsi.
E si sa, la vendetta è un piatto che va servito freddo. Freddo e, talvolta, indolore.
E fu in quel momento che, come fosse d’improvviso stato baciato dalla fortuna, notò quel puntino perso nello spazio. Quel puntino azzurro chiamato Terra.
La vendetta è un piatto che va servito freddo. E Cooler non vedeva l’ora di prendere quel piatto e sbatterlo in faccia al suo adorato fratellino e a suo padre.

*

Ormai erano ore che camminavano in quei boschi sperduti nel nulla. Erano ore che, dopo aver creduto di essere arrivati al capolinea ed aver trovato ciò che stavano cercando, si ritrovavano sempre a dover tornare al punto di partenza.
Stavano girando in tondo, e di quella maledetta macchina del tempo non ce n’era alcuna traccia.
A Gohan stavano cominciando a far male i piedi, a Jinjer a brontolare lo stomaco dalla fame, e Vegeta stava pian piano esaurendo la pazienza.
Quella, proprio non ci voleva.

«Ero sicuro fosse qui.» constatò il principe dei saiyan, osservando un punto vuoto della radura, accanto ad una grossa roccia «Forse, dopo aver rigenerato la Terra con le sfere, è probabile che la macchina del tempo non sia riapparsa.»
«Rigenerato la Terra con le sfere?» chiese la bambina curiosa, aggrottando le sopracciglia: quante cose erano accadute, in quel futuro che molto probabilmente non apparteneva a loro?
«Lunga storia.» si limitò a rispondere l’uomo, raggiungendo il limite della sua pazienza ed accasciandosi al suolo, decidendo che forse, fosse arrivato il momento di riposarsi «Facciamo una pausa. E vedete di starvene buoni. Se ci scoprono per colpa vostra, siamo finiti.»
«Voglio andare a casa...» piagnucolò il piccolo Gohan, sedendosi a terra e portandosi le ginocchia al petto «Chissà cosa stanno facendo di bello, papà e gli altri...»
Jinjer si ritrovò ad alzare gli occhi al cielo e a sorridere sghemba «Beh, è ancora giorno. Di sicuro, tuo padre e mio fratello non stanno facendo niente di così interessante!»
«Di’ un po’, ma chi te le ha insegnate, queste cose?!» esclamò il bambino, sgranando gli occhi «Hai solo quattro anni!»
«Vagando per lo spazio, non si finisce maaai di imparare!»
«Hey, mocciosi.» li interruppe il principe dei saiyan, interessandosi alle loro conversazioni e tenendo lo sguardo puntato sulla più piccola dei due: aveva la coda, quindi era innegabile fosse una saiyan, ma quegli occhi color del cielo lo confondevano non poco. Di sicuro, non era una purosangue: l’unica saiyan purosangue con quel colore d’occhi che lui conoscesse, era sua madre. Ma ormai era morta da tempo «Si può sapere che diamine andate blaterando?»
I due bambini si guardarono interrogativi: era il caso di raccontare al principe dei saiyan del futuro quale tipo di relazione intercorresse tra i loro Goku e Vegeta? In fondo, da quel che avevano potuto constatare, in quella linea temporale, tra quei due non era successo proprio niente, ed addirittura il principe aveva avuto un figlio. 
Così sorrisero e, all’unisono, esclamarono: «Proprio niente!»
«E tu?» fece poi l’uomo, indicando Jinjer con un gesto della testa «Di chi saresti figlia?»
«Io? Beh, ecco...» era il caso? Era il caso di fargli sapere che, almeno nella sua dimensione, la regina dei saiyan era sopravvissuta ed aveva avuto un’altra figlia? Forse sì, dato che quel Vegeta le sembrava molto più maturo e razionale di quello che conosceva lei... magari, con l’età, anche il suo vero fratello sarebbe maturato «Sono... la figlia di Rosicheena.»

*

«Mi spieghi per quale motivo non dovrei attaccarli?!»

Freezer, furioso, aveva sbattuto il calice di vino contro il tavolo, rischiando anche di romperlo, alzandosi poi dal proprio posto in maniera così brusca da far rovinare la sedia al terreno. Per tutto quel tempo non aveva fatto altro che sottostare alle bizzarre e discutibili leggi di quel saiyan dalle strane abitudini, e per tutto quel tempo, quello stesso saiyan dalle strane abitudini, non aveva fatto altro che pianificare modi su modi di rapire quella che, in teoria, era sua figlia. La voleva tutta per sé, esattamente come aveva la madre tutta per sé, ed ora che gli era capitata l’occasione sotto tiro, se la stava lasciando scappare.
Non poteva credere che lui, il grande Freezer, quello che per decenni era stato l’indiscusso padrone dell’universo, si stesse ritrovando a litigare con uno che un tempo si sarebbe dovuto inginocchiare al suo cospetto, su quando sequestrare quella maledetta mocciosa.
Girava voce che lei e sua madre avessero dei poteri particolari, probabilmente ereditati dalla razza degli Tsufuru, e che quindi non fossero propriamente delle saiyan purissime, ma a Paragas, quello, poco interessava. A quanto pareva, gli interessavano soltanto i poteri della bambina che, da quel che Freezer aveva potuto capire, erano ancora incontrollabili, e quindi molto più imprevedibili e potenti di quelli della madre.

«Tempo al tempo, mio caro alleato.» aveva risposto Paragas, sorseggiando il suo vino rosso e masticando elegantemente un pezzo di carne «Possiamo controllare i poteri della regina, al momento. La mocciosa non ci serve. Ma ci servirà quando attaccheremo i nemici più importanti.»

Si morse la lingua, la lucertola. Avrebbe voluto disintegrare quel saiyan seduta stante ma, essendo lui un uomo ragionevole, si rese conto che doveva attenersi al suo piano, e tentare di non vacillare. A lui servivano le sfere del drago, e non si sarebbe dato pace finché non avrebbe chiesto a quei maledetti aggeggi la vita eterna, e soprattutto una rinvigorita.
Odiava essere un mezzo cyborg: quei maledetti pezzi meccanici, oltre ad essere un insulto al suo aspetto estetico, erano anche motivo di debolezza. Non si sentiva più il guerriero di un tempo, e questo perché, dopo la battaglia su Namecc contro quella maledetta scimmia, il suo livello di combattimento si era notevolmente abbassato.
Ma doveva tenere duro, Freezer. Perché dopo aver eliminato suo fratello, avrebbe ben presto pensato al suo paparino, ed anche a quel branco di scimmie che, in quel momento, stavano osando trattarlo come schiavo.
Buttò un occhio sulla prigioniera, su quella che un tempo era stata la regina, e che li stava osservando senza dire nulla, legata ancora a quelle fredde catene, con lo sguardo perso nel vuoto.

*


Non aveva fatto in tempo a raccogliere la sfera del drago. Non aveva fatto in tempo a partire per andare a cercare le altre. Non aveva fatto neanche in tempo a prevedere ciò che sarebbe successo di lì a poco, Bardack.
Era partito alla ricerca delle magiche sfere con tutta l’intenzione di usare uno dei desideri per poter salvare la vita al proprio secondogenito ma, come se il destino gli avesse appena fatto un tiro mancino, il saiyan si era ritrovato a rovinare pericolosamente al suolo, colpito alla schiena da una forte gomitata assestata proprio al centro della spina dorsale, ed andando a sbattere la testa contro una roccia.
Si era rialzato a fatica, Bardack, il sangue che, dalla grossa ferita creatasi sulla fronte, gli appannava la vista dell’occhio destro e, con la testa che girava violentemente a causa della botta, guardò di fronte a sé.

«Voi saiyan siete tutti uguali. A volte mio fratello ha ragione: siete più stupidi di una scimmia.»

Quella voce sprezzante e perfida, accompagnata da una risatina viscida e malvagia, apparteneva ad uno dei componenti della razza di Freezer, e non ad uno qualsiasi.
Bardack sentì un brivido percorrergli tutta la schiena, nel momento in cui vide, di fronte a sé, proprio Cooler. 
Cooler, che lo stava guardando con occhi curiosi e freddi. Cooler, che non smetteva neanche per un secondo di sorridere languido. Cooler, il fratello maggiore di Freezer, forse il più forte della famiglia di lucertole.
Cooler, che in quel momento teneva stretta in una mano la sfera che il saiyan si era tanto impegnato a cercare.

«Tuttavia...» continuò la lucertola, lanciando la sfera all’uomo di fronte a sé, che la prese al volo, fulminandolo con lo sguardo «Non sono qui per dichiararvi guerra.»
«Hah! Non ho mai avuto il disonore di guardarti in faccia, ma devo dire che sei brutto come tuo fratello!» esclamò Bardack, sprezzante «Che sei venuto a fare qui, Cooler?»
«Sai... credo che tu conosca molto bene il mio fratellino, Freezer.» fece lui, incrociando le braccia al petto ed allargando il sorriso viscido che aveva sulle labbra «E credo anche che tu sappia che non ci stiamo proprio così simpatici.»
«Non che mi interessi il tipo di rapporto che avete, in fondo.» 
La lucertola ridacchiò «Già, hai ragione, sto soltanto prendendo tempo.»
«Insomma, che vuoi?» chiese Bardack spazientito «Uccidere me? Uccidere i saiyan? Vendicare la sconfitta di tuo fratello?»
«Oh no, niente di tutto questo.» rispose Cooler, avanzando nella sua direzione, costringendolo ad indietreggiare «Sono qui per proporti qualcosa che, probabilmente, né tu né i tuoi compagni-scimmia potrete rifiutare.»
 
*

Aveva deciso di farsi un giro della città, pensando e ripensando a quello che avrebbe dovuto-e soprattutto voluto- fare. Dopo la chiacchierata con Bulma e la breve conversazione al telefono con quel mostro di Vegeta, la mente di Chichi aveva deciso di concentrarsi più sulla vita privata del suo ex marito piuttosto che al fatto che aspettasse un bambino da lui. Era come se il vero problema fosse improvvisamente svanito dalla sua testa.
Non che una nuova vita fosse un problema o una disgrazia, quello proprio no... il problema era che, per crescere, il piccolo che sarebbe arrivato, avrebbe avuto bisogno di una figura paterna al proprio fianco. Ed avrebbe potuto mai averla, nascendo già in una situazione famigliare così stramba? 
Proprio mentre camminava per la Città dell’Ovest, indecisa sul da farsi, la mora si ritrovò a passare proprio di fronte alla Capsule Corporation, a quella grande cupola dal colore bizzarro che, in quel momento, ospitava molte più persone di quante sarebbero dovute essere. Si fermò a guardare l’edificio indecisa, la donna, ferma sul marciapiede, come fosse una comune ladra che controllava che nessuno fosse in casa.
Effettivamente sembrava piuttosto tranquilla: probabilmente Bulma era al lavoro, e Goku ad allenarsi, e Gohan a studiare, e tutto il resto.
Nel pensare a suo figlio scorrazzare per quella casa così grande, magari raccontando anche alla turchina ciò che faceva durante la giornata, fece sentire Chichi un pesce fuor d’acqua: si sentiva esclusa, quello non poteva nasconderlo. E le mancava da morire poter vedere suo figlio ogni giorno, sentirsi dire ‘buongiorno’ da quella voce dolce e delicata, preparargli la colazione, il pranzo e la cena... le mancava tutto del suo piccolo ed adorato Gohan, e purtroppo, il suo amato bambino, aveva deciso di non abbandonare il padre. E lei non aveva fatto nulla per impedirglielo, perché sarebbe stata una violenza.

«Hey, tu!»

Una voce maschile, profonda e quasi severa, ma in fondo gentile, la dissuase dai suoi pensieri, costringendola a guardare di fronte a sé: un giovane uomo dai lunghi capelli corvini e dagli occhi molto, molto simili a quelli del suo ex, la stava fissando con sguardo confuso ed un sopracciglio inarcato dall’interno del cortile della grande casa semi-circolare.
Non le sembrava di averlo mai visto, ma Chichi non ci fece troppo caso. Probabilmente era il nuovo fidanzato di Bulma: mentre parlavano al bar, la turchina le aveva raccontato di essersi lasciata con Yamcha da un bel pezzo, e che si stava vedendo con un altro ragazzo.

«C’è qualche problema?» chiese lui, non ricevendo risposta «Se cerchi Bulma, è in laboratorio!»
«Cosa? Oh, no no!» si affrettò a rispondere la donna, ridacchiando nervosa ed arrossendo come un peperone «In realtà, io sono Chichi! La mamma di Gohan! Abita qui, mio figlio, ora! È un bambino bellissimo, con i capelli neri! Hai presente?»
«Certo, lo so chi è Gohan.» la voce dello sconosciuto dalla folta chioma nera era diventata improvvisamente più scortese, ed il suo sguardo più duro «Non è in casa neanche lui, comunque.»
Chichi ci rifletté: certo, suo figlio non c’era, ma al momento non era esattamente la persona che cercava. Ma, dato che era lì, avrebbe potuto sfruttare l’occasione per vedere Goku, e magari parlarci, e scoprire qualcosa di più sulla sua attuale situazione.
«In realtà...» si schiarì la voce, calmandosi e tornando lucida «Sono venuta qui per Goku. È in casa?»
«Goku, dici?» lui sembrava diffidente, ma alla fine, sospirando, annuì con la testa: probabilmente aveva capito che non erano affari suoi «Sì, c’è. Vuoi entrare, o hai deciso di rimanere lì impalata come una cretina?»

Se avesse potuto leccarsi i baffi in quel momento, probabilmente Chichi lo avrebbe fatto: finalmente faceva irruzione in quella casa senza il pericolo di dover far arrabbiare suo figlio, perché suo figlio non c’era. Così, sorridendo cordialmente allo strano individuo dai lunghi capelli d’ebano, decise di oltrepassare il cancelletto d’ingresso e seguirlo tranquillamente in direzione della grande villa semi-circolare.
Era bello, quel ragazzone: per un attimo, la mora si chiede dove Bulma fosse andata a trovarselo, uno così, ma poi pensò all’incredibile bellezza della turchina, e con una punta d’invidia realizzò che quella donna si potesse permettere di tutto.

Radish, dal canto suo, non era un coglione, l’aveva capito che ci fosse qualcosa sotto. Non aveva mai incontrato l’ex moglie di suo fratello, ma nel momento in cui l’aveva sentita pronunciare l’ultima frase, un campanello d’allarme si era innescato nella sua testa.
L’aveva accompagnata in casa, sì, ma l’avrebbe tenuta d’occhio. Quella donna si comportava in modo fin troppo strano, in fondo: chiedeva a Bulma, non esattamente una sua amica, di far colazione insieme per parlare, ed ora era lì alla ricerca del suo ex marito.
Non sapeva esattamente cosa ci fosse sotto, il saiyan, ma di certo, quella donna non era lì per una visita di cortesia.

«Vegeta?» chiamò una prima volta, non ricevendo risposta «VEGETA!»
Chichi aggrottò le sopracciglia, irritata. Uomini, tutti uguali! C’era davvero bisogno di urlare per chiamarsi tra di loro? E poi, perché diamine stava chiamando Vegeta? Lei non voleva di certo veder lui!
Però poi, ricordandosi della conversazione che avevano avuto prima al telefono, si ricredette: oh no. Invece voleva proprio vederlo, questo Vegeta. Voleva vederlo e capire cosa ci fosse sotto.
«Credo... credo non ci sia. Se non risponde...» azzardò a dire, per farsi notare.
«No, c’è.» rispose semplicemente Radish, poi iniziò a salire le scale, facendosi seguire dalla donna «Vegeta!»
«Che diavolo ti prende?!» esclamò ad un certo punto Nappa, apparendo dal nulla, ignorando totalmente Chichi e fulminando con lo sguardo Radish, probabilmente perché stava urlando «Perché strilli come un idiota?!»
«E tu perché te ne vai in giro in mutande?! Mettiti qualcosa addosso, per la miseria!» esclamò il minore, arrossendo come un tredicenne imbarazzato «Hai visto Vegeta?»
«Ho la faccia di qualcuno che ha visto quel ragazzino in giro?» chiese ironicamente il saiyan dalla testa calva, per poi voltarsi, urlando, esattamente come aveva fatto il suo ex collega fino a qualche minuto prima «VEGETA!»
Arrivata a quel punto Chichi, stremata, decise di superare colui che l’aveva accolta in casa ed il colosso senza capelli, puntando entrambe le mani sui fianchi. Non ne poteva più di quegli scimmioni urlanti: come facesse Bulma a tenersi tutti quegli uomini in casa rimaneva un mistero.
«Scusatemi tanto, ma io sarei venuta qui per il mio ex marito, e di certo non è Vegeta! Per cui, se potreste invece chiamare Goku, ve ne sarei davvero grata!»
Il calvo sembrò canzonarla con lo sguardo, poi fece spallucce «Dove c’è Vegeta, c’è il tuo ex marito. Quindi se non risponde Vegeta, non ti risponderà neanche lui.»

A quelle parole, un brivido percorse interamente la spina dorsale della povera Chichi, che se fosse potuta sparire in quel momento, probabilmente sarebbe sparita seduta stante. Che cos’aveva appena detto, quell’energumeno? Che cosa aveva appena avuto il coraggio di dirle? 
Un pensiero. Lo stesso pensiero che l’aveva pervasa nel momento in cui, al telefono, invece che il suo ex marito, le aveva risposto quell’assassino senza cuore, tornò a martellarle in testa, ancora più insistente di prima, ancora più duro e squillante.
Il pensiero di quei due che, improvvisamente ed inaspettatamente, erano diventati inseparabili. Inseparabili in un senso ben preciso.
Avrebbe voluto morire, Chichi.
Però... però un’idea malsana si era appena impossessata della sua mente.

*

«Che diavolo ci fa quell’oca in casa?!»

Dopo essere riuscito a far alzare dal letto il malato, il principe dei saiyan, inizialmente pronto a correre ad allenarsi nella gravity room, si era dovuto invece trattenere dal far esplodere l’intero edificio nel momento in cui, dannatamente debole ma anche dannatamente fastidiosa, l’aura dell’ex moglie di Kaharoth si era presentata proprio lì, sotto il loro stesso tetto.
Avrebbe voluto urlare, Vegeta. Avrebbe voluto urlare esattamente come quell’altro coppia di cretini stava urlando il suo nome. Avrebbe voluto disintegrare Kaharoth, disintegrare quel pianeta, disintegrare qualsiasi tipo di superficie si ritrovasse di fronte.
Ma, come se d’improvviso avesse raggiunto una fase di zen, prese un bel respiro e, approfittando del fatto che il coglione fosse in bagno, decise di uscire dalla stanza, tentando di trattenere la furia crescente, ringhiando sempre più rumorosamente ad ogni passo che faceva.
Doveva estinguere quella situazione sul nascere. Doveva liberarsi di quella seccatrice, o sarebbe davvero impazzito. Quella maledetta donna era la causa di tutti i suoi mali e di tutte le sue paranoie, ne era più che sicuro.

«Che diavolo avete da urlare?!» chiese, cercando di sembrare irritato soltanto dal fatto che, appunto, i suoi ‘coinquilini’ stessero urlando «Possibile che non siate capaci di comunicare come persone civilizzate?!»

Chichi sorrise beffarda, nel vederselo comparire davanti e parlare agli altri due scimmioni con quel tono.
Pensava davvero di poterla ingannare? Era chiaro come l’acqua del fiume che il caro principino fosse irritato solo ed unicamente a causa della sua presenza. Il fatto che quei due urlassero, in quel momento, neanche lo sfiorava minimamente.
Era incredibile come i maschi fossero tutti così idioti.

«Oh, è colpa mia se stavano urlando!» esclamò, viscida «Cercavo Goku, e dato che loro dicono che state sempre insieme...»
Se avesse potuto trasformarsi in un pomodoro maturo, probabilmente Vegeta, in quel momento, lo sarebbe diventato. 

Colpito e affondato.
Chichi aveva sganciato la prima bomba, ed era pronta a sganciare anche la seconda e la terza. Quel ragazzino inesperto non sapeva neanche a cosa fosse appena andato incontro.

In fondo, la vendetta è un piatto che va servito freddo.

~

BUONASERAAAAAA!
Eccomi finalmente tornata con questo nuovo capitolo T_T scusate per la-decisamente- LUNGA assenza, ma settembre è arrivato e con lui sono arrivati studio, lavoro, e chi più ne ha più ne metta. I miei impegni si sono triplicati, ed ora non avrò più lo stesso tempismo di prima nel pubblicare, purtroppo T_T

Ma bando alle ciance, ora siamo qui, ed analizziamo questo capitoletto.
A quanto pare, finalmente Cooler si è fatto vivo! E sembra voglia fare una proposta a Bardack! Che sia succulenta?
Gohan e Jinjer invece sono ancora intrappolati nel futuro, e si scopre anche che Rosicheena, a quanto pare, ha un tipo di potere molto particolare, che a Paragas interessa particolarmente: di cosa si tratterà?

MA ORA PASSIAMO AL NEMICO PRINCIPALE DEL CAPITOLO: CHICHI!
Sì, perché Chichi è arrivata, ed è arrivata probabilmente a rovinare tutto! Siamo pronti? Siamo carichi?

Voi di chi avete più paura? Di Chichi, di Cooler, di Freezer, o di Paragas? Io, francamente, di Chichi. Mi spiace, ma tutti questi alieni non sono niente in confronto! xD

Alla prossima!

-JAY








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Capitolo 29
*** Troppi problemi, troppi casini ***


 

Non si riconosceva più.
Il suo riflesso nello specchio era sempre lo stesso, ma era come se, al posto del solito ragazzone allegro, in quel grosso pezzo di vetro incollato al muro, ci fosse un completo sconosciuto.
Aveva delle occhiaie profonde, scure, pronunciate, era come se non dormisse da giorni. I suoi capelli a forma di palma erano più arruffati del solito, ed il suo respiro si faceva via via più pesante, più affaticato.
Aveva affermato di star bene, ed avrebbe continuato a farlo... Vegeta non meritava di preoccuparsi inutilmente.
Eppure... eppure era ossessionato dal voler sapere cos’avesse, cosa si stesse scatenando nel suo corpo, che cosa fossero quei sintomi così improvvisi.
Perché Goku si era accorto improvvisamente di star così male: era come se quei forti dolori al petto fossero arrivati assieme alla consapevolezza di dover affrontare un’altra battaglia. Che fosse quella grande responsabilità, a farlo stare male? Che fosse il peso del dovere, a renderlo così affaticato e dolorante? 
Ma no... era sempre stato ben felice di combattere, di misurarsi con avversari sempre più forti, di migliorarsi. Dover combattere, per uno come lui, era un toccasana.
Ma allora cos’era? Che davvero un saiyan si potesse ammalare? Effettivamente, Vegeta non gli aveva mai fatto presente che la loro razza possedesse delle difese immunitarie maggiori di quelle terrestri... tutto era possibile, in fondo.
Aveva sentito Chichi arrivare, ed aveva anche sentito il principe e gli altri agitarsi in corridoio, ma non aveva avuto il coraggio di uscire da quel bagno e farsi vedere in quello stato.
Anche se, effettivamente, avrebbe dovuto farlo. In fondo, se la sua ex moglie era lì, non lo era di certo per Vegeta, o per Nappa, o per chiunque altro. Era lì per lui.
Per lui, perché Goku se l’era immaginato, che fosse successo qualcosa.
E non poteva permettersi di tornare ad essere l’irresponsabile che era stato per fin troppo tempo, prima della separazione da sua moglie. No, doveva uscire da quel bagno e correre a prendersi le proprie responsabilità.
Così, dopo aver mandato giù l’ennesimo antidolorifico della giornata, il saiyan dai capelli a forma di palma uscì prima dal bagno e poi dalla camera da letto, chiudendosi entrambe le porte alle spalle e sospirando rumorosamente. Troppi problemi, troppi casini. La sua schiena stava cominciando a diventare pesante, come se ci fosse un macigno a schiacciarlo e lui non riuscisse in alcun modo a liberarsene.
«Oh!» esclamò Chichi, vedendo finalmente uscire dal proprio nascondiglio il motivo della sua visita alla Capsule Corporation.
Era ridotto piuttosto male, il suo ex marito: aveva un aspetto orrendo, era pallido, con due grosse occhiaie sotto i grandi occhi scuri, e le spalle incurvate. Sembrava uno zombie.
In un primo momento pensò che, forse, sarebbe stato meglio andarsene e tornare in un secondo momento, ma poi, guidata dal suo sesto senso, arrivò alla conclusione che, forse, sarebbe stato meglio fargli inghiottire quella grossa pillola chiamata verità proprio in un momento di debolezza. Magari, l’avrebbe ingerita meglio in un attimo simile, piuttosto che in una situazione differente.
Così, sorridente, superò incurante quel nano malefico che fino a quel momento le era stato di fronte, raggiungendo Goku a passi decisi «Finalmente ti sei deciso a farti vedere! Avevi intenzione di far aspettare oltre la tua signora?»
A quelle parole, la vena sulla fronte di Vegeta iniziò a pulsare pericolosamente. Se avesse continuato ad assistere a quella scena, probabilmente sarebbe esploso.
La sua signora? Sul serio?
Quella strega aveva osato appellarsi all’idiota, al SUO idiota, come la sua signora? Dopo che, per più di un mese, non aveva fatto altro che abbandonarlo a sé stesso, fuggendo sia dalle proprie responsabilità di moglie che dalle proprie responsabilità di madre?
Non si poteva sentire, era ridicola. Terribilmente, spaventosamente, fastidiosamente ridicola. Ed il principe dei saiyan avrebbe tanto voluto torcerle il collo.
Ma, a dispetto di ogni sua aspettativa, dopo aver preso un bel respiro, riuscì a mantenere una calma glaciale, quasi spaventosa, e prese a seguire con lo sguardo i movimenti dell’oca, restando fermo sul posto, con le braccia strette contro il petto. 
Se solo quella donnaccia maledetta avesse provato ad avvicinarsi di più a Kaharoth, ne avrebbe dovuto rispondere a lui. E Vegeta giurava che non sarebbe stato affatto gentile, perché la sua pazienza si stava esaurendo... e lui non era affatto una Persona troppo paziente.
«Ciao, Chichi...» aveva salutato Goku, inarcando un sopracciglio e cominciando disperatamente a cercare lo sguardo di Vegeta, che però continuava ad essere puntato sulla loro indesiderata ospite, vigile, attento, ed omicida «Che sei venuta a fare, qui? È forse successo qualcosa?»
«Beh, in verità...» aveva trillato la mora, non smettendo neanche per un secondo di sorridere trionfante «Sì. Sono successe tante cose. E sono piuttosto importanti, per cui mi sono presa la briga di venirti a trovare.»
«Ah, sì?»
Per quanto potesse sembrarlo, Goku non era uno stupido. Aveva perfettamente captato la situazione, e purtroppo non era delle migliori: Vegeta si stava pericolosamente trattenendo dal far saltare in aria prima Chichi e poi l’intero pianeta, e Chichi aveva sul volto un’espressione che la diceva fin troppo lunga. Sperava soltanto di sbagliarsi... sperava soltanto che, magari, la sua ex moglie volesse parlargli soltanto dello studio di Gohan, o di cose del genere.
Ma, purtroppo, le probabilità che gli argomenti di conversazione sarebbero stati quelli, erano veramente basse.
E questo, sia il principe dei saiyan che Goku, lo avevano capito fin troppo bene.
Troppi problemi, troppi casini. E il povero super saiyan non era molto sicuro di poterli affrontare a testa alta. Non in quelle condizioni.
«Scusate? Ragazzi?»
La voce di Bulma proveniente dal piano di sotto aveva dissuaso tutti dai loro discorsi e dalle loro elucubrazioni, e fortunatamente-o forse no-, la turchina, salita al piano di sopra con in mano una chiave inglese ed indosso soltanto una logora tuta da lavoro, aveva attirato l’attenzione su di sé.
Inutile dire che sbiancò nel momento in cui, ritta di fronte al suo migliore amico, aveva visto Chichi. Non avrebbe mai pensato che sarebbe venuta a fargli visita così presto... in fondo, avevano avuto quella conversazione soltanto pochissime ore prima.
A quanto pareva, la mora sapeva essere di ragionamenti precoci.
«Qua-qualcuno potrebbe aiutarmi in laboratorio?» balbettò, incerta, spezzando il gelido silenzio che si era andato a creare nel momento in cui si era fatta vedere «Sto cercando di apportare delle modifiche alla gravity room dei bambini, in modo che non possano farla di nuovo saltare in aria per colpa dei loro giochi. Ma mi serve una mano.»
Vegeta stava letteralmente esplodendo.
Nel momento in cui si era visto apparire davanti l’ex moglie di quell’imbecille che ancora osava dormire nel suo stesso letto avrebbe voluto prima urlare, poi staccarle la testa con un dito, poi andare da Kaharoth e staccargli la testa a morsi, ed infine avrebbe fatto esplodere quel maledettissimo, minuscolo, insignificante, melenso pianeta.
Ma, chissà grazie a quale tipo di divinità, era riuscito a trattenersi dal compiere tali atti, ed era rimasto semplicemente a guardarla, immobile, incapace anche soltanto di dire una parola; tremori di rabbia avevano iniziato a pervadere il suo corpo, mentre la vena sulla sua fronte aveva preso a pulsare in modo quasi spaventoso; i suoi denti avevano iniziato a digrignare, e dalla sua bocca erano usciti ringhi confusi ed incontrollati.
Quando l’idiota era apparso, poi... quella era quasi stata la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso. Ma vederlo così tranquillo, nonostante la situazione, lo indusse a rimanere calmo, seppur di calma, in quel momento, non si potesse proprio parlare.
Avrebbe voluto fare di tutto per togliersi da quella situazione, per non pensare alla presenza di quella donna tra loro. Avrebbe fatto di tutto pur di non pensarci.
E, fortunatamente, Bulma era sempre in mezzo ai piedi.
«Vengo io.» si affrettò a dire, forse con tono un po’ troppo agitato del solito, che fece voltare tutti nella sua direzione.
La turchina, ben sapendo cosa lo turbasse, e sicura di poterlo comprendere alla grande, gli rivolse un grosso sorriso, girando i tacchi e facendogli cenno con la testa di seguirla giù in laboratorio «Grazie, Vegeta! Allora andiamo!»
Prima di seguire l’amica giù per le scale, il principe dei saiyan si prese la briga di lanciare un ultimo sguardo inceneritore in direzione di Chichi, che non si fece alcun remore a rispondergli per le righe, lasciando che i loro occhi neri come la pece si incontrassero e si scontrassero.
Si erano appena dichiarati guerra. E la donna era più che determinata a vincerla.
Perché lo aveva capito da sola, che cosa succedesse a quel nano malefico che aveva osato toccare anche solo con un dito il suo adorato bambino soltanto l’anno prima. Quello lì era cotto di Goku.
Anzi, probabilmente anche qualcosa in più.
Poverino... il ragazzino innamorato senza speranze. Era a dir poco spassoso.
Alla dipartita di Vegeta e Bulma dal corridoio, anche Radish e Nappa decisero di togliere le tende: il primo seguendo gli amici giù in laboratorio, l’altro rientrando nella propria stanza, nella quale probabilmente era presente anche Lunch, e chiudendovisi a chiave.
Chichi ridacchiò: finalmente erano soli.
Finalmente avrebbe potuto prepararsi quel lungo e difficilissimo discorso al quale aveva tanto pensato mentre camminava nelle strade affollate della Città dell’Ovest.
Anche se, effettivamente, non credeva che Goku avrebbe potuto comprendere un discorso troppo complicato. Forse sarebbe stato meglio dirglielo direttamente? O direttamente ma con tatto? O in modo schietto e duro ma girandoci attorno? O con tatto ma girandoci attorno?
Diamine, ora che erano finalmente soli avrebbe dovuto parlare, dire qualcosa, spiegare per quale motivo fosse lì, ma quando finalmente arrivò il momento, la povera donna, messa alle strette, sentì le gambe molli e tremolanti. 
Ma, in fondo, di cosa si preoccupava? Goku ne sarebbe sicuramente stato felice, no? E le avrebbe chiesto, anzi, l’avrebbe implorata di tornare insieme, giusto? In fondo, uno come lui non avrebbe mai potuto lasciare che una creatura crescesse senza una figura paterna al proprio fianco.
Ma Goku, dal canto suo, aveva notato il disagio del proprio compagno, e non gli era piaciuto per niente. E non gli piaceva neanche che Chichi, colei che aveva messo lui e Gohan alla porta, ripiombasse in quel modo nella sua vita.
Certo, l’avrebbe di sicuro perdonata per ciò che aveva fatto, ma non si sentiva ancora pronto ad accoglierla nella sua vita come semplice amica. Non in quelle condizioni.
No, semplicemente non si sentiva ancora pronto e basta. E lei avrebbe dovuto accettarlo, esattamente come aveva accettato che Gohan avesse deciso di rimanere con lui.
In fondo, non era un pensiero cattivo od egoista, giusto?
«Chichi?» la incalzò, serio come non lo era stato mai «Allora, perché sei venuta? Ora siamo soli, puoi parlarne tranquillamente.»
Ma lei non aveva alcuna intenzione di iniziare direttamente quel discorso. Prima, voleva togliersi dei dubbi, e Goku era così stolto che probabilmente glieli avrebbe tolti subito.
Così sorrise e, girandogli attorno, gli chiese dolcemente: «Mi sembra che tu e Vegeta siate diventati... molto amici, no?»
«Quello che è successo tra me e Vegeta non ti riguarda.» fu la risposta seria del super saiyan «In fondo, le mie amicizie non ti sono neanche mai interessate.»
La donna sgranò gli occhi, stupefatta: da quando il suo ex era diventato così schivo e percettivo? Allora era vero quello che le raccontava Gohan. Era vero che suo padre, lo stupidissimo Goku, stava cambiando. E parecchio, anche.
«Hai ragione, ma...» si schiarì la voce «Lui era così diverso, un tempo. Non trovi anche tu?»
«Non credo tu sia venuta qui a parlare di Vegeta, Chichi...»
Goku si bloccò. O forse sì?
Magari Gohan si era fatto scappare qualcosa. Magari Bulma si era fatta scappare qualcosa. Ed ora la sua ex moglie era venuta per impicciarsi dei suoi affari personali col principe dei saiyan.
Ma no, non poteva essere: la sua migliore amica era sempre stata riservata e delicata su argomenti del genere, e suo figlio, quel giorno, non aveva ancora visto sua madre-o almeno, per quel che ne sapeva lui.
«No, infatti.» rispose secca lei, pensando che forse avrebbe dovuto prendere l’argomento con le pinze, molto lentamente, oppure non avrebbe dovuto prenderlo affatto «Allora... dov’è mio figlio? Non è in casa. Non starà mica trascurando i suoi studi, vero?»
«Non preoccuparti.» fece Goku «Sarà fuori con la sua nuova amica.»
«Amica?» si finse interessata «Non immaginavo che Gohan potesse fare amicizia così in fretta. È sempre stato un bambino così introverso...»
«Tanto per cominciare, a renderlo introverso sei stata tu.» il tono di voce del saiyan dai capelli a palma era inspiegabilmente duro, quasi come non fosse lui a parlare «Secondo, cerca di arrivare al punto, per favore. Se devo essere sincero, non mi sento molto in forma, e vorrei riposarmi, perciò...»
Era a dir poco incredibile. Non credeva di aver mai sentito il suo ex marito parlare con quel tono di voce... era più che evidente che stesse maturando molto, e forse, se avesse aspettato prima di lasciarlo, probabilmente in quel momento sarebbero potuti essere ancora insieme, felici.
Ed in fondo, aveva anche ragione: sarebbe dovuta essere sincera e, soprattutto, chiara e concisa.
Così, dopo aver tirato un sospiro, si ritrovò ad incrociare lo sguardo col suo ex marito e, decisa, esclamò tutto d’un fiato: «Sono incinta!»
~
OLEEEEEEEEEEEÉ
Ci siamo arrivati, finalmente, al momento che tutti stavamo aspettando! Perché lo so che lo stavate aspettando, perché lo so che il popolo vuole il drama.
Volevamo la telenovela? Bene, ora l’avremo.
Finalmente sono arrivata ad un punto cruciale della storia. Il capitolo dal quale cominceranno a spiegarsi-ed anche a succedere- moltissime cose: si scoprirà cosa vuole Cooler, cosa sta succedendo a Goku, si scopriranno i poteri di cui dispone Rosicheena... insomma, è il momento di arrivare al punto, amici ed amiche.
Ma, per ora, accontentiamoci di ciò che ha appena detto Chichi, perché lo sapevamo tutti come sarebbe andata a finire, diciamocelo. 
Quello che non sappiamo è il modo in cui reagirà Vegeta scoprendolo, e soprattutto come reagirà Goku!
Considerando che non sta neanche troppo bene, speriamo non gli venga un infarto! xD
Alla prossima, un bacione!
-JAY


Non si riconosceva più.Il suo riflesso nello specchio era sempre lo stesso, ma era come se, al posto del solito ragazzone allegro, in quel grosso pezzo di vetro incollato al muro, ci fosse un completo sconosciuto.Aveva delle occhiaie profonde, scure, pronunciate, era come se non dormisse da giorni. I suoi capelli a forma di palma erano più arruffati del solito, ed il suo respiro si faceva via via più pesante, più affaticato.Aveva affermato di star bene, ed avrebbe continuato a farlo... Vegeta non meritava di preoccuparsi inutilmente.Eppure... eppure era ossessionato dal voler sapere cos’avesse, cosa si stesse scatenando nel suo corpo, che cosa fossero quei sintomi così improvvisi.Perché Goku si era accorto improvvisamente di star così male: era come se quei forti dolori al petto fossero arrivati assieme alla consapevolezza di dover affrontare un’altra battaglia. Che fosse quella grande responsabilità, a farlo stare male? Che fosse il peso del dovere, a renderlo così affaticato e dolorante? Ma no... era sempre stato ben felice di combattere, di misurarsi con avversari sempre più forti, di migliorarsi. Dover combattere, per uno come lui, era un toccasana.Ma allora cos’era? Che davvero un saiyan si potesse ammalare? Effettivamente, Vegeta non gli aveva mai fatto presente che la loro razza possedesse delle difese immunitarie maggiori di quelle terrestri... tutto era possibile, in fondo.Aveva sentito Chichi arrivare, ed aveva anche sentito il principe e gli altri agitarsi in corridoio, ma non aveva avuto il coraggio di uscire da quel bagno e farsi vedere in quello stato.Anche se, effettivamente, avrebbe dovuto farlo. In fondo, se la sua ex moglie era lì, non lo era di certo per Vegeta, o per Nappa, o per chiunque altro. Era lì per lui.Per lui, perché Goku se l’era immaginato, che fosse successo qualcosa.E non poteva permettersi di tornare ad essere l’irresponsabile che era stato per fin troppo tempo, prima della separazione da sua moglie. No, doveva uscire da quel bagno e correre a prendersi le proprie responsabilità.Così, dopo aver mandato giù l’ennesimo antidolorifico della giornata, il saiyan dai capelli a forma di palma uscì prima dal bagno e poi dalla camera da letto, chiudendosi entrambe le porte alle spalle e sospirando rumorosamente. Troppi problemi, troppi casini. La sua schiena stava cominciando a diventare pesante, come se ci fosse un macigno a schiacciarlo e lui non riuscisse in alcun modo a liberarsene.
«Oh!» esclamò Chichi, vedendo finalmente uscire dal proprio nascondiglio il motivo della sua visita alla Capsule Corporation.Era ridotto piuttosto male, il suo ex marito: aveva un aspetto orrendo, era pallido, con due grosse occhiaie sotto i grandi occhi scuri, e le spalle incurvate. Sembrava uno zombie.In un primo momento pensò che, forse, sarebbe stato meglio andarsene e tornare in un secondo momento, ma poi, guidata dal suo sesto senso, arrivò alla conclusione che, forse, sarebbe stato meglio fargli inghiottire quella grossa pillola chiamata verità proprio in un momento di debolezza. Magari, l’avrebbe ingerita meglio in un attimo simile, piuttosto che in una situazione differente.Così, sorridente, superò incurante quel nano malefico che fino a quel momento le era stato di fronte, raggiungendo Goku a passi decisi «Finalmente ti sei deciso a farti vedere! Avevi intenzione di far aspettare oltre la tua signora?»
A quelle parole, la vena sulla fronte di Vegeta iniziò a pulsare pericolosamente. Se avesse continuato ad assistere a quella scena, probabilmente sarebbe esploso.La sua signora? Sul serio?Quella strega aveva osato appellarsi all’idiota, al SUO idiota, come la sua signora? Dopo che, per più di un mese, non aveva fatto altro che abbandonarlo a sé stesso, fuggendo sia dalle proprie responsabilità di moglie che dalle proprie responsabilità di madre?Non si poteva sentire, era ridicola. Terribilmente, spaventosamente, fastidiosamente ridicola. Ed il principe dei saiyan avrebbe tanto voluto torcerle il collo.Ma, a dispetto di ogni sua aspettativa, dopo aver preso un bel respiro, riuscì a mantenere una calma glaciale, quasi spaventosa, e prese a seguire con lo sguardo i movimenti dell’oca, restando fermo sul posto, con le braccia strette contro il petto. Se solo quella donnaccia maledetta avesse provato ad avvicinarsi di più a Kaharoth, ne avrebbe dovuto rispondere a lui. E Vegeta giurava che non sarebbe stato affatto gentile, perché la sua pazienza si stava esaurendo... e lui non era affatto una Persona troppo paziente.
«Ciao, Chichi...» aveva salutato Goku, inarcando un sopracciglio e cominciando disperatamente a cercare lo sguardo di Vegeta, che però continuava ad essere puntato sulla loro indesiderata ospite, vigile, attento, ed omicida «Che sei venuta a fare, qui? È forse successo qualcosa?»«Beh, in verità...» aveva trillato la mora, non smettendo neanche per un secondo di sorridere trionfante «Sì. Sono successe tante cose. E sono piuttosto importanti, per cui mi sono presa la briga di venirti a trovare.»«Ah, sì?»Per quanto potesse sembrarlo, Goku non era uno stupido. Aveva perfettamente captato la situazione, e purtroppo non era delle migliori: Vegeta si stava pericolosamente trattenendo dal far saltare in aria prima Chichi e poi l’intero pianeta, e Chichi aveva sul volto un’espressione che la diceva fin troppo lunga. Sperava soltanto di sbagliarsi... sperava soltanto che, magari, la sua ex moglie volesse parlargli soltanto dello studio di Gohan, o di cose del genere.Ma, purtroppo, le probabilità che gli argomenti di conversazione sarebbero stati quelli, erano veramente basse.E questo, sia il principe dei saiyan che Goku, lo avevano capito fin troppo bene.Troppi problemi, troppi casini. E il povero super saiyan non era molto sicuro di poterli affrontare a testa alta. Non in quelle condizioni.
«Scusate? Ragazzi?»
La voce di Bulma proveniente dal piano di sotto aveva dissuaso tutti dai loro discorsi e dalle loro elucubrazioni, e fortunatamente-o forse no-, la turchina, salita al piano di sopra con in mano una chiave inglese ed indosso soltanto una logora tuta da lavoro, aveva attirato l’attenzione su di sé.Inutile dire che sbiancò nel momento in cui, ritta di fronte al suo migliore amico, aveva visto Chichi. Non avrebbe mai pensato che sarebbe venuta a fargli visita così presto... in fondo, avevano avuto quella conversazione soltanto pochissime ore prima.A quanto pareva, la mora sapeva essere di ragionamenti precoci.
«Qua-qualcuno potrebbe aiutarmi in laboratorio?» balbettò, incerta, spezzando il gelido silenzio che si era andato a creare nel momento in cui si era fatta vedere «Sto cercando di apportare delle modifiche alla gravity room dei bambini, in modo che non possano farla di nuovo saltare in aria per colpa dei loro giochi. Ma mi serve una mano.»
Vegeta stava letteralmente esplodendo.Nel momento in cui si era visto apparire davanti l’ex moglie di quell’imbecille che ancora osava dormire nel suo stesso letto avrebbe voluto prima urlare, poi staccarle la testa con un dito, poi andare da Kaharoth e staccargli la testa a morsi, ed infine avrebbe fatto esplodere quel maledettissimo, minuscolo, insignificante, melenso pianeta.Ma, chissà grazie a quale tipo di divinità, era riuscito a trattenersi dal compiere tali atti, ed era rimasto semplicemente a guardarla, immobile, incapace anche soltanto di dire una parola; tremori di rabbia avevano iniziato a pervadere il suo corpo, mentre la vena sulla sua fronte aveva preso a pulsare in modo quasi spaventoso; i suoi denti avevano iniziato a digrignare, e dalla sua bocca erano usciti ringhi confusi ed incontrollati.Quando l’idiota era apparso, poi... quella era quasi stata la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso. Ma vederlo così tranquillo, nonostante la situazione, lo indusse a rimanere calmo, seppur di calma, in quel momento, non si potesse proprio parlare.Avrebbe voluto fare di tutto per togliersi da quella situazione, per non pensare alla presenza di quella donna tra loro. Avrebbe fatto di tutto pur di non pensarci.E, fortunatamente, Bulma era sempre in mezzo ai piedi.
«Vengo io.» si affrettò a dire, forse con tono un po’ troppo agitato del solito, che fece voltare tutti nella sua direzione.La turchina, ben sapendo cosa lo turbasse, e sicura di poterlo comprendere alla grande, gli rivolse un grosso sorriso, girando i tacchi e facendogli cenno con la testa di seguirla giù in laboratorio «Grazie, Vegeta! Allora andiamo!»
Prima di seguire l’amica giù per le scale, il principe dei saiyan si prese la briga di lanciare un ultimo sguardo inceneritore in direzione di Chichi, che non si fece alcun remore a rispondergli per le righe, lasciando che i loro occhi neri come la pece si incontrassero e si scontrassero.Si erano appena dichiarati guerra. E la donna era più che determinata a vincerla.Perché lo aveva capito da sola, che cosa succedesse a quel nano malefico che aveva osato toccare anche solo con un dito il suo adorato bambino soltanto l’anno prima. Quello lì era cotto di Goku.Anzi, probabilmente anche qualcosa in più.Poverino... il ragazzino innamorato senza speranze. Era a dir poco spassoso.Alla dipartita di Vegeta e Bulma dal corridoio, anche Radish e Nappa decisero di togliere le tende: il primo seguendo gli amici giù in laboratorio, l’altro rientrando nella propria stanza, nella quale probabilmente era presente anche Lunch, e chiudendovisi a chiave.Chichi ridacchiò: finalmente erano soli.Finalmente avrebbe potuto prepararsi quel lungo e difficilissimo discorso al quale aveva tanto pensato mentre camminava nelle strade affollate della Città dell’Ovest.Anche se, effettivamente, non credeva che Goku avrebbe potuto comprendere un discorso troppo complicato. Forse sarebbe stato meglio dirglielo direttamente? O direttamente ma con tatto? O in modo schietto e duro ma girandoci attorno? O con tatto ma girandoci attorno?Diamine, ora che erano finalmente soli avrebbe dovuto parlare, dire qualcosa, spiegare per quale motivo fosse lì, ma quando finalmente arrivò il momento, la povera donna, messa alle strette, sentì le gambe molli e tremolanti. Ma, in fondo, di cosa si preoccupava? Goku ne sarebbe sicuramente stato felice, no? E le avrebbe chiesto, anzi, l’avrebbe implorata di tornare insieme, giusto? In fondo, uno come lui non avrebbe mai potuto lasciare che una creatura crescesse senza una figura paterna al proprio fianco.
Ma Goku, dal canto suo, aveva notato il disagio del proprio compagno, e non gli era piaciuto per niente. E non gli piaceva neanche che Chichi, colei che aveva messo lui e Gohan alla porta, ripiombasse in quel modo nella sua vita.Certo, l’avrebbe di sicuro perdonata per ciò che aveva fatto, ma non si sentiva ancora pronto ad accoglierla nella sua vita come semplice amica. Non in quelle condizioni.No, semplicemente non si sentiva ancora pronto e basta. E lei avrebbe dovuto accettarlo, esattamente come aveva accettato che Gohan avesse deciso di rimanere con lui.In fondo, non era un pensiero cattivo od egoista, giusto?
«Chichi?» la incalzò, serio come non lo era stato mai «Allora, perché sei venuta? Ora siamo soli, puoi parlarne tranquillamente.»Ma lei non aveva alcuna intenzione di iniziare direttamente quel discorso. Prima, voleva togliersi dei dubbi, e Goku era così stolto che probabilmente glieli avrebbe tolti subito.Così sorrise e, girandogli attorno, gli chiese dolcemente: «Mi sembra che tu e Vegeta siate diventati... molto amici, no?»«Quello che è successo tra me e Vegeta non ti riguarda.» fu la risposta seria del super saiyan «In fondo, le mie amicizie non ti sono neanche mai interessate.»La donna sgranò gli occhi, stupefatta: da quando il suo ex era diventato così schivo e percettivo? Allora era vero quello che le raccontava Gohan. Era vero che suo padre, lo stupidissimo Goku, stava cambiando. E parecchio, anche.«Hai ragione, ma...» si schiarì la voce «Lui era così diverso, un tempo. Non trovi anche tu?»«Non credo tu sia venuta qui a parlare di Vegeta, Chichi...»Goku si bloccò. O forse sì?Magari Gohan si era fatto scappare qualcosa. Magari Bulma si era fatta scappare qualcosa. Ed ora la sua ex moglie era venuta per impicciarsi dei suoi affari personali col principe dei saiyan.Ma no, non poteva essere: la sua migliore amica era sempre stata riservata e delicata su argomenti del genere, e suo figlio, quel giorno, non aveva ancora visto sua madre-o almeno, per quel che ne sapeva lui.«No, infatti.» rispose secca lei, pensando che forse avrebbe dovuto prendere l’argomento con le pinze, molto lentamente, oppure non avrebbe dovuto prenderlo affatto «Allora... dov’è mio figlio? Non è in casa. Non starà mica trascurando i suoi studi, vero?»«Non preoccuparti.» fece Goku «Sarà fuori con la sua nuova amica.»«Amica?» si finse interessata «Non immaginavo che Gohan potesse fare amicizia così in fretta. È sempre stato un bambino così introverso...»«Tanto per cominciare, a renderlo introverso sei stata tu.» il tono di voce del saiyan dai capelli a palma era inspiegabilmente duro, quasi come non fosse lui a parlare «Secondo, cerca di arrivare al punto, per favore. Se devo essere sincero, non mi sento molto in forma, e vorrei riposarmi, perciò...»Era a dir poco incredibile. Non credeva di aver mai sentito il suo ex marito parlare con quel tono di voce... era più che evidente che stesse maturando molto, e forse, se avesse aspettato prima di lasciarlo, probabilmente in quel momento sarebbero potuti essere ancora insieme, felici.Ed in fondo, aveva anche ragione: sarebbe dovuta essere sincera e, soprattutto, chiara e concisa.Così, dopo aver tirato un sospiro, si ritrovò ad incrociare lo sguardo col suo ex marito e, decisa, esclamò tutto d’un fiato: «Sono incinta!»
~
OLEEEEEEEEEEEÉCi siamo arrivati, finalmente, al momento che tutti stavamo aspettando! Perché lo so che lo stavate aspettando, perché lo so che il popolo vuole il drama.Volevamo la telenovela? Bene, ora l’avremo.Finalmente sono arrivata ad un punto cruciale della storia. Il capitolo dal quale cominceranno a spiegarsi-ed anche a succedere- moltissime cose: si scoprirà cosa vuole Cooler, cosa sta succedendo a Goku, si scopriranno i poteri di cui dispone Rosicheena... insomma, è il momento di arrivare al punto, amici ed amiche.Ma, per ora, accontentiamoci di ciò che ha appena detto Chichi, perché lo sapevamo tutti come sarebbe andata a finire, diciamocelo. Quello che non sappiamo è il modo in cui reagirà Vegeta scoprendolo, e soprattutto come reagirà Goku!Considerando che non sta neanche troppo bene, speriamo non gli venga un infarto! xD
Alla prossima, un bacione!
-JAY

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Capitolo 30
*** Non funziona così ***




«Maledette viti!»

Ormai era da diversi minuti che il principe dei saiyan, al pieno del suo calo di nervi, cercava in tutti i modi di fissare delle viti al pannello di controllo della gravity room, ed ormai da diversi minuti, lo stesso principe dei saiyan si ritrovava a piegarle, ritrovandosi a non controllare la sua forza a causa del nervosismo.
La verità era che non riusciva a concentrarsi né su sé stesso, né effettivamente su ciò che lo circondava, perché la visita di quella strega di Chichi lo aveva preoccupato e non poco. Ed offrirsi di aiutare Bulma in laboratorio non era stata, a quanto pareva, la migliore delle decisioni, perché il lavoro che stava facendo lo stava rendendo ulteriormente nervoso ed irritato.

«Ma di cosa stracazzo sono fatte?!» si lamentò per l’ennesima volta «Di cartone?!»

Radish e Bulma ci avevano provato ad offrirgli aiuto, o ad indurlo a lasciar stare e lasciare il lavoro a loro, ma niente, Vegeta non voleva sentire ragioni: lui era il principe dei saiyan, e come tale non aveva bisogno di aiuti di nessun tipo da parte di nessuno. Neanche se l’aiuto fosse stato sistemare delle maledettissime viti.
Così i più grandi, esasperati dal comportamento del minore, avevano deciso di sedersi, Bulma accendendosi una sigaretta, Radish osservando il suo ex collega alle prese con un arnese del quale non conosceva probabilmente neanche la composizione.
Accidenti, avrebbe voluto aiutarlo, in fondo Vegeta era sempre stato come una sorta di fratello minore, per lui-nonostante il più piccolo non avesse mai accennato neanche lontanamente al fatto di considerarlo tale-, ma in quel momento si sentiva totalmente impotente. Soprattutto perché non sapeva esattamente cosa l’ex moglie di Kaharoth volesse dal suo fratello biologico. Aveva provato a scucire informazioni a Bulma, ma la turchina si era categoricamente rifiutata di parlargliene, affermando anche che lui non si sapesse tenere proprio niente in bocca, neanche i fagioli.
Radish non aveva capito che cosa volesse dire la donna con quell’affermazione, ma di certo era arrivato alla conclusione che da lei non avrebbe ovviamente saputo niente.
Così si era limitato ad osservare la scena in silenzio, parzialmente divertito nonostante tutto: in fondo, Vegeta era dannatamente spassoso, tutte le volte che si vantava di saper far tutto e poi fatalmente falliva.

«Sei sicuro di non volere una mano?» gli chiese di nuovo Bulma, speranzosa che questa volta accettasse, e stanca di star a guardare mentre gli altri facevano male il suo lavoro «Sul serio, Vegeta. Non stai bene, forse dovresti-»
«Invece ti sbagli!» la interruppe lui, seccato «Io sto più che bene! Sto benissimo! Magnificamente! Sono felice come una pasqua!»
La turchina sospirò «Ti prego...»
«No, sono io a pregarti!» il tono di voce di Vegeta si sarebbe potuto paragonare a quello di una gallina starnazzante in preda ad una crisi nervosa «Ti prego di lasciarmi lavorare in pace senza scocciarmi! Maledetta donna ingrata! E io che mi sto anche spaccando la schiena per darti una mano!»
«Non mi stai dando una mano, però.» ammise candidamente lei «Mi stai solo rallentando. Seriamente, ti stai tormentando! Perché non ti sfoghi, una volta ogni tanto? Non ti farebbe poi così male, sai?»
«Odio dovertelo dire, amico, ma ha ragione.» si intromise Radish, che fino a quel momento era rimasto in silenzio quasi religioso «Ti stai logorando per colpa di quell’oca, è evidente. Ma ti stai logorando inutilmente , perché non hai niente di cui preoccuparti.»
Inutile dire che Bulma arrossì come un peperone, a quelle parole: oh, no, Radish si sbagliava di grosso. Vegeta aveva tutte le buone ragioni per essere preoccupato... anzi, molto probabilmente sarebbe finito con lo sbatterci la testa. E non era una bella cosa, per niente: nonostante non facesse altro che ostentare quella facciata tanto dura ed insensibile, lei Vegeta aveva potuto conoscerlo, in quell’arco di tempo nel quale avevano condiviso lo stesso tetto, ed era una persona molto sensibile; e poi, quella che aveva con Goku era probabilmente la sua prima vera relazione-anzi, la sua prima relazione e basta. Era molto inesperto, forse anche molto innamorato, e ne sarebbe uscito distrutto.
In cuor suo la ragazza sperò che il principe non avesse notato la sua reazione alle parole dell’altro saiyan, ma Vegeta era fin troppo intuitivo per non accorgersi di una cosa del genere, e si ritrovò ben presto con le spalle al muro.

«Tu sai qualcosa.» aveva infatti detto il ragazzo, rivolgendosi a lei, con un tono freddo e secco «Chichi te l’ha detto, quello che vuole. Vero?»
La turchina non seppe come rispondere. Se gli avesse detto ciò che aveva saputo da Chichi, molto probabilmente il principe sarebbe andato da quest’ultima e l’avrebbe fatta saltare in aria. Insieme a tutto il resto del pianeta, intendiamoci.
Ma, allo stesso tempo, non reputava giusto che Vegeta non venisse a conoscenza di una cosa tanto importante. In fondo, era il compagno di Goku, e sarebbe dovuto essere il terzo, subito dopo quest’ultimo e Gohan, a sapere di quella notizia tanto buona quanto problematica. E invece, la prima a venire conoscenza della gravidanza di Chichi era stata lei, ed ora si pentiva amaramente di aver accettato quell’appuntamento.
«Parla.» fece di nuovo Vegeta, indispettito «O giuro che la distruggo, questa maledetta gravity room.»
Bulma sospirò e, dopo aver fatto cenno a Radish di lasciarli soli, decise di alzarsi dalla sedia e puntandoglisi di fronte, pronta ad affrontarlo faccia a faccia.
«Chichi è incinta.»
Lo disse senza mezzi termini, senza girarci intorno, perché sapeva che farlo sarebbe stato del tutto inutile, ed avrebbe contribuito soltanto a far imbestialire ancora di più il povero principe dei saiyan, il cui viso iniziò a cambiare colore, mentre i suoi occhi si ingrandivano in maniera spropositata, e dalla sua bocca iniziavano ad uscire dei ringhi sommessi.

Non disse nulla, Vegeta. E non disse nulla semplicemente perché non sapeva cosa dire: era ovvio che l’ex moglie dell’imbecille non fosse incinta del suo attuale fidanzatino, com’era altrettanto ovvio che tra lei e Kaharoth fosse di nuovo successo qualcosa.
Non era arrabbiato, non sapeva neanche lui cosa provasse in quel momento: aveva sentito il suo cuore spaccarsi in due. Quello stesso cuore che fino a poco tempo prima non sapeva neanche di avere, e che quel completo idiota prima se l’era preso, prendendosene cura come fosse la cosa più preziosa del mondo, ed ora lo aveva rotto come un vecchio coccio impolverato. Sentiva un peso enorme all’altezza dello stomaco, il corpo che, inevitabilmente, aveva iniziato a tremare in modo incontrollabile, e dei brividi percorrergli per intero la spina dorsale.
Non disse nulla, Vegeta. Si limitò a spostare delicatamente la turchina, sorpassandola ed uscendo di corsa dalla gravity room, diretto proprio dai principali colpevoli di quell’orrenda sensazione. Voleva sapere di più, ma non voleva di certo saperlo da Bulma. Voleva sentirsi dire tutto da quello scimmione idiota che, in quel momento, se ne stava tranquillamente in corridoio con la sua ex moglie.

*

«Sono incinta!»

A quelle parole, Goku non aveva ben compreso il motivo per il quale Chichi gliele stesse dicendo: sperava forse di ingelosirlo soltanto perché aspettava un bambino da parte della sua nuova fiamma? Forse credeva che lui si sarebbe arrabbiato? Che avrebbe fatto una scenata e l’avrebbe pregata in ginocchio di tornare insieme?
Ma poi, dopo averci pensato per qualche istante, Goku realizzò: no, Chichi non aspettava affatto un bambino da parte della sua nuova fiamma. Chichi aspettava un bambino da lui.
Come fosse possibile qualcosa del genere rimaneva un mistero. Lui e la sua ex moglie non avevano certo avuto altri momenti insieme, dopo la loro separazione. Si erano parlati di rado e soltanto al telefono.
Ma, a quanto pareva, quell’ultima notte passata insieme più di un mese e mezzo prima aveva dato i suoi frutti. E lui non credeva di essere pronto a coglierli.
Una miriade di emozioni lo colsero, nel momento in cui realizzò di essere padre non di uno, ma ormai di due figli, perché era sicuro che la donna non avrebbe mai ricorso ad una pratica come l’aborto, aveva sempre detto che andava contro i suoi principi. Come avrebbe fatto a rivelare quella verità a Vegeta? Come avrebbe fatto a rivelarla a Gohan, che ci aveva messo così tanto a metabolizzare la situazione nella quale la loro famiglia era caduta? Cos’avrebbe dovuto fare con questo secondogenito?
Avrebbero dovuto continuare ad essere separati? Sarebbe cresciuto bene, questo bambino, con due genitori che, purtroppo, non stavano più assieme?
Si sentì morire, il super saiyan della leggenda. Si sentì morire, e non sapeva se il dolore al petto che stava tornando dipendesse dal suo sconosciuto malore oppure da quella rivelazione così scioccante.

«Beh?» lo incalzò Chichi, dopo qualche minuto di imbarazzante silenzio «Che ti prende? Hai perso l’uso della parola?»
«I-io...» lui indietreggiò di qualche centimetro «Io non so che dire... C-Chichi, tu sei sicura che-»
«Io e David non siamo mai andati a letto insieme.» lo interruppe lei «È tuo. Non ci sono dubbi su questo.»
Questa proprio non ci voleva.
«Allora? Cosa vogliamo fare?»
«Chichi, io... io non lo so.» rispose, tremante «Tu... che vuoi fare?»
Purtroppo, il saiyan aveva paura della risposta che avrebbe seguito quella domanda. Ma non si poteva più sottrarre. Era stanco di fuggire dalle proprie responsabilità... con Gohan non aveva fatto un buon lavoro, come padre, e stava cercando di rimediare. Voleva evitare in ogni modo di commettere lo stesso errore col bambino che sarebbe arrivato.
Vide la sua ex moglie sospirare, per poi guardarlo decisa dritto negli occhi «Dobbiamo tornare insieme, Goku. Io non voglio che mio figlio nasca con due figure separate l’una dall’altra... non gli farebbe bene, questo lo sappiamo entrambi.»

Non potevano sapere di certo che, appoggiato ad una parete, proprio all’ingresso del corridoio, il principe dei saiyan in persona stava ascoltando le loro conversazioni.
Si sentiva messo da parte, ferito, dannatamente arrabbiato, ma in cuor suo sapeva che, in fondo, il discorso dell’oca non fosse poi tanto insensato. Ma non aveva neanche troppo senso: stando sulla Terra aveva imparato qualcosa sui comportamenti dei suoi abitanti, ed aveva sentito che tantissime coppie con anche più di un figlio si ritrovavano a separarsi, ed i mocciosi imparavano a metabolizzare la cosa e a conviverci, talvolta senza alcun problema.
Ma, conoscendo una come Chichi, probabilmente non avrebbe mai permesso che il proprio figlio crescesse con un padre assente ed irresponsabile. Kaharoth stesso gli aveva confessato che si sentiva in colpa per come aveva cresciuto Gohan, ed ora stava cercando di rimediare. Ma come avrebbe fatto, se ora si ritrovava con un nuovo marmocchio in arrivo?
Lo conosceva ormai, nonostante si ostinasse ad ostentare l’esatto contrario, e sapeva quale sarebbe stata la risposta alla frase appena pronunciata dalla sua ex moglie.
Sospirò, Vegeta. Sospirò perché, nonostante tutto, stava cercando in tutti i modi di mantenere la calma. Ma non ci riusciva, e non ci riusciva perché sapeva che quella non era la soluzione giusta. Che tornare insieme a una donna di cui non gli importava niente non era la soluzione giusta.

«Hai ragione.»

‘Hai ragione’.
Quelle parole fecero male. Forse ancora più male di quanto gli avessero fatto i pugni ed i calci di Zarbon su Namecc. Forse ancora più male delle mosse di Rekoom. Più male di qualsiasi altro duello che avesse mai affrontato.
Kaharoth, quello che teneva tanto ad i sentimenti, alle emozioni, a tutto ciò che rappresentava quella stupidissima cosa dannatamente terrestre che tutti chiamavano ‘amore’, aveva appena dato ragione alla propria ex moglie. E le aveva dato ragione su un argomento sul quale lui stesso non sarebbe mai più voluto tornare.
Goku aveva appena ceduto, seppur con un forte peso sul petto, e Vegeta non ce l’aveva più fatta.
Stringendo i pugni fino a conficcarsi le unghie nei palmi delle mani, aveva ceduto anche lui.

«Quindi è così.» incalzò, uscendo dal proprio nascondiglio, ringhiando impercettibilmente ed avvicinandosi ai due «Cos’è? Sei tornato a essere il fedele cagnolino di quest’oca?»

Nel momento in cui aveva visto proprio Vegeta apparirgli di fronte, il saiyan dai capelli a palma credette che l’infarto fosse vicino.
Non se l’aspettava. Non si aspettava neanche lontanamente che proprio il principe dei saiyan, preso dalla più totale paranoia, si mettesse ad origliare quella conversazione. E non si aspettava neanche che, negli occhi di quello stesso principe dei saiyan, ci fosse tanta tristezza.
Ebbe un tuffo al cuore, Goku. A quello stesso cuore che, in quel momento, stava dolendo come mai prima di allora.
E si sentì dannatamente idiota.
Idiota per aver appena dimostrato quanto potesse essere moralista, ma quanto allo stesso tempo potesse anche essere dannatamente insensibile. E questa volta, era stato insensibile nei confronti dell’unica persona che aveva saputo stargli vicino nei momenti più difficili.

«A-ascolta, Vegeta... io...»
«No.» lo interruppe lui bruscamente «No, non ti ascolto. D’altronde, perché dovrei? Hai appena dimostrato di essere un completo cretino. Di nuovo. E stavolta non sto scherzando, Kaharoth. Per niente.»
«No, aspetta. Stammi a sent-»
«Ancora?! No!» il principe alzò ulteriormente la voce, che inevitabilmente andò a rimbombare per tutto il corridoio, costringendo chiunque fosse nelle proprie stanze ad uscire per vedere che cosa stesse succedendo «Guardami in faccia! Ti sembro un giocattolino da usare finché non torna la reginetta a riprenderti?! Perché è così che mi stai trattando, imbecille! Ti sembro forse un ripiego?!»
«Ma veramente io-»
«Fammi parlare!»
«Stai parlando soltanto tu!»

Chichi, così come anche il resto dei presenti esclusa Bulma, non stava capendo assolutamente nulla dei loro discorsi. Stavano urlando, tanto che probabilmente persino le persone delle case accanto riuscivano a sentire cosa si stessero dicendo. E Vegeta era letteralmente su tutte le furie, mentre Goku... beh, Goku pareva disperato: stava cercando in tutti i modi di spiegargli la situazione, ma il principe dei saiyan non voleva sentire ragioni, era assolutamente irremovibile, come se non avesse alcun interesse ad ascoltare le parole del proprio compagno.

«Perché, tu pretenderesti anche di parlare?!» rideva, probabilmente per evitare di piangere o urlare ulteriormente «Accidenti, non posso credere che il tuo cervello arrivi a questi livelli di piccolezza! Pensavo fossi uno un po’ più ragionevole, sul serio! Invece sei soltanto un imbecille! Ma se ti aspetti che io ti perdoni per l’ennesima volta allora ti sbagli! Non sono il tuo zerbino, defic-»
«Ma insomma, lo vuoi capire che sono innamorato di te?!»

Aveva urlato, Goku.
Aveva urlato con tutto il fiato che aveva nei polmoni, soltanto per poter dire quell’ultima frase.
Quell’ultima frase che, a discapito delle aspettative di tutti, lasciò sia Chichi che lo stesso Vegeta di stucco. La prima rischiò seriamente di svenire, mentre l’altro non si mosse di un solo millimetro, e la sua rabbia sembrò solamente aumentare.
Bulma avrebbe voluto tanto mettersi in mezzo. Avrebbe voluto cercare di farli ragionare, avrebbe voluto cacciar via l’intrusa che aveva causato quella discussione.
Ma non fece in tempo. E non fece in tempo perché la risposta del principe arrivò troppo repentino perché lei potesse anche solo aprir bocca.

«No.» nella voce di Vegeta si poteva udire un forte accenno di sarcasmo «L’amore non funziona così.»

«E che diavolo ne sai tu, dell’amore?!»

~

Ed eccoci qua.
Siamo arrivati.
E io, come tutti penso, da questo punto in poi, sto odiando Goku come mai prima d’ora, amici miei. Lo sto odiando con tutta me stessa, e purtroppo non posso farne a meno.
Lo ha davvero detto. Ha davvero detto una cosa del genere a Vegeta, davanti a tutti e senza nessuna vergogna.
Beh, stasera c’è Temptation Island VIP, ragazzi, e dato che siamo in tema, godetevi Temptation Island Dragon Ball edition, perché questo è stato il falò di confronto definitivo tra Goku e Vegeta.
E a questo punto vi chiederei: voi da che parte state?

Alla prossima!

-JAY

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Capitolo 31
*** Distruggere ***



Aveva parlato chiaro, quella ragazzina. 
Le sue orecchie non avevano sentito male, non aveva affatto travisato le sue parole... la mocciosa seduta di fronte a lui gli aveva appena detto di essere la figlia di Rosicheena.
Quella stessa Rosicheena che, in un tempo ormai molto lontano, era stata sua madre, la regina dei saiyan.
Non aveva mai saputo che fine avesse fatto, dopo la sua fuga da Vegetasei, e forse era meglio così. Era sempre stato sicuro che, almeno nella sua dimensione, fosse morta.
Eppure, quella bambina aveva i suoi stessi occhi. Quegli stessi occhi azzurri che caratterizzavano così tanto la regina, quegli stessi occhi azzurri che le erano stati donati a causa di quegli esperimenti maledetti, di quei poteri che tanto aveva cercato di nascondere.
Questo voleva forse dire che la mocciosa sapesse usare gli stessi poteri di sua madre?
Questo avrebbe dimostrato un sacco di cose. Avrebbe spiegato il come ed il perché quei due bambini fossero giunti nella loro dimensione senza alcuna macchina del tempo: Jinjer poteva controllare lo spazio-tempo. Anche se, probabilmente, ancora non l’aveva capito.

«Adesso capisco.» aveva sentenziato il principe, alzandosi da terra «Non abbiamo bisogno di nessuna macchina del tempo.»
I due bambini sembravano increduli, di fronte a quelle parole: cosa voleva dire, Vegeta, con quella frase? Aveva forse trovato una soluzione ad i loro problemi?
Certo, poteva essere: il principe dei saiyan era sempre stato un grande stratega, e questo nessun varco dimensionale avrebbe mai potuto cambiarlo. Così, felici che finalmente fosse arrivato il momento di mettere un punto a quella storia, sorrisero, aspettando che l’uomo parlasse di nuovo.

Ma Vegeta non parlò. Non si scomodò a farlo, perché aveva trovato una soluzione.
E l’unica cosa da fare, in quel momento, era risvegliare i poteri di quella mocciosa.
Non aveva trascorso molto tempo con sua madre, ma aveva potuto conoscere quel lato della sua natura, ed aveva scoperto che, in realtà, non era così facile controllare dei poteri conferiti da una stupida mutazione genetica.
L’unico modo per prendere coscienza di un potere simile era combattere, allenarsi, anche soltanto per gioco. Ricevere degli impulsi sensoriali avrebbe aiutato chiunque a prendere coscienza della propria natura.
E così era stato anche per raggiungere la sua trasformazione in super saiyan, tanto tempo prima, nel periodo in cui gli androidi stavano per minacciare la Terra.
Così, senza aggiungere altro e senza ulteriori indugi, la attaccò con un calcio, mandandola a sbattere contro uno degli alberi lì vicino. In fondo gli dispiaceva dover combattere contro una ragazzina ancora inesperta nell’arte del combattimento, ma non aveva altra scelta: era l’unico modo che aveva per poterla scrollare, per poter anche solo farle capire che, dentro di lei, aveva un grande potere sopito che l’avrebbe aiutata a tornare nella sua dimensione.

Gohan restò interdetto: perché, così all’improvviso, Vegeta aveva deciso di attaccare quella che, a tutti gli effetti, era la sua sorellina? 
Si era forse arrabbiato a causa della rivelazione di Jinjer? Si stava forse sentendo escluso dalla vita di sua madre?
Ma no, non era possibile: il principe non era mai stato un tipo sentimentale, e solamente perché in quella dimensione erano passati moltissimi anni dal suo attacco al pianeta Terra, la sua indole non poteva essere cambiata fino a quel punto.
Il bambino non riuscì neanche ad intervenire perché Vegeta, prima ancora che lui avanzasse in difesa dell’amica, lo scansò, mandandolo inevitabilmente a sbattere contro il suolo, rotolando sulla terra erbosa di quei boschi.

«Hey!» Jinjer si rialzò, schivando il secondo colpo del principe e salendo verso il cielo, stringendo i pugni e mettendosi in posizione di difesa «Che diamine fai?! Sei impazzito, per caso?!»
«Silenzio, mocciosa!» la ammonì il fratello maggiore, raggiungendola «Preparati a combattere, perché non sarò affatto gentile con te!»

La bambina non capiva: fino a quel momento, nonostante si fosse tenuto a debita distanza e li avesse lasciati fare da soli, offrendogli soltanto un minimo aiuto, Vegeta non si era dimostrato ostile nei loro confronti. Eppure, in quel momento, sembrava terribilmente determinato a battersi con lei.
Probabilmente la notizia di poco prima lo aveva scosso non poco, altrimenti non c’era altra spiegazione: lei non aveva fatto assolutamente niente per spingere quel Vegeta così cresciuto e muscoloso ad attaccarla in maniera così accorata.
Ma comunque, ritrovandosi con le spalle al muro, non poté fare altrimenti: arrotolò la coda attorno alla vita per evitare che il saiyan più grande l’afferrasse durante il combattimento e si preparò al contrattacco, lanciandosi immediatamente in sua direzione e scagliando un ki blast piuttosto potente, che ovviamente il principe scansò come fosse una pallina da baseball.
Era più che ovvio che, anche se si fosse impegnata al massimo, non avrebbe mai potuto vincere contro quel Vegeta: negli anni era diventato almeno il triplo più potente del Vegeta che conosceva lei, ed anche contro quest’ultimo avrebbe potuto fare poco.
Fece per aprire la bocca e parlare, ma il suo avversario non le diede neanche il tempo di farlo, colpendola al viso con un pugno così forte che, per un attimo, pensò che tutti i suoi dentini perfettamente dritti e bianchi dovessero saltare fuori dalla sua bocca.
Durante la sua caduta, fece appena in tempo ad arrestarsi prima di colpire il suolo e, pulendosi il sangue dal naso con il dorso della mano, tornò immediatamente all’attacco contro il proprio avversario, che la prese per i fianchi e la lanciò violentemente contro una grossa roccia, facendole sbattere la schiena contro di essa e creando così un grosso cratere.
«Ahi...» si lamentò, quasi con le lacrime agli occhi, mentre tentava con tutte le proprie forze di rialzarsi.
Non aveva mai combattuto contro avversari così potenti, e c’era da ammettere che la cosa la eccitasse non poco, ma aveva una grande paura che, continuando così, si sarebbe fatta davvero molto male.
Doveva trovare una soluzione. Doveva dimostrare al proprio avversario di essere una vera saiyan, e di non aver paura di niente e di nessuno.
Così, rialzandosi in piedi, iniziò a caricare la propria aura al massimo, preparandosi al primo vero combattimento della sua giovane vita.

Vegeta la osservò dall’alto della sua posizione, tenendo sotto controllo la sua aura. Sentiva una grande potenza provenire dal corpicino esile di quella mocciosa, e non poté fare a meno di sorridere fiero: gli sembrava di rivedersi alla sua età. Era così carica di energia e determinata, tanto che non le importava granché della potenza del proprio avversario. Le importava soltanto vincere, e quello non poteva che essere un punto a suo favore.
Crescendo, sarebbe potuta diventare una grande guerriera.
La vide illuminarsi di un’aura di colore violaceo, mentre le rocce intorno a lei si libravano in aria ed il vento si alzava in maniera quasi spaventosa.
E non fece neanche in tempo a comprendere l’attuale situazione che, nel momento in cui la sentì gridare, si ritrovò in mezzo ad un vortice gigantesco, qualcosa di molto simile a quello che i terrestri chiamavano tornado: non ne aveva mai visto uno, ma sapeva che, in ogni caso, quello che si stava creando attorno a loro, era molto più potente di una qualsiasi tromba d’aria scaturita dalla potenza della natura di quel pianeta.
Senza pensarci due volte, Vegeta si lanciò in direzione di Gohan e lo afferrò, facendolo aggrappare alla sua tuta.
E fece appena in tempo perché, senza neanche accorgersene, si ritrovarono in un luogo molto diverso da quello in cui erano in precedenza.

*

«Avete sentito?»

Non si era scomodato, Paragas. Non si era mosso dalla sua poltrona neanche nel momento in cui i loro scouter avevano iniziato ad impazzire, per poi rompersi.
Sapeva esattamente cosa stesse succedendo in quel momento, aveva la situazione completamente sotto controllo ed  anzi, tutto stava andando secondo i suoi piani: più i poteri di quell’insulsa mocciosa si facevano sentire, più l’energia della sua navicella aumentava, permettendogli di spostarsi di dimensione in dimensione.
La madre, spaventata, si alzò da terra, iniziando a strattonare le catene, tentando invano di liberarsi e raggiungere la propria bambina, ma tutto ciò che riuscì a fare fu stancarsi inutilmente, perché si ritrovò nuovamente a cozzare al suolo, in ginocchio, quasi con le lacrime agli occhi.
Il saiyan rise, di fronte a quella scena: Rosicheena non era mai stata una grande guerriera, ed evidentemente neanche una brava madre, perché entrambi i suoi adorati figli, in quel momento, stavano per essere schiacciati dalla potenza di chi aveva trovato il coraggio di vendicarsi.

«Oh, Rosicheena, non ti affaticare inutilmente.» si inginocchiò al suo fianco, prendendo a carezzarle i lunghi capelli d’ebano «Non preoccuparti. Quando saremo ad Euphysia, potrai riabbracciare i tuoi figli, e sarete tutti felici, contenti... e morti.»

Euphysia.
La donna aveva sentito parlare di quella dimensione moltissime volte, quando ancora si trovava su Vegetasei e pensava che avrebbe vissuto una vita felice e normale.
Nessuno, neanche il più deviato degli uomini, avrebbe mai osato mettere piede ad Euphysia: quella dimensione rappresentava il male assoluto, la desolazione di chi ha scelto l’oscurità, di chi ha fatto prevalere il buio dalla luce. 
Gli unici abitanti di quella terra desolata erano gli spiriti di coloro che avevano osato tanto da dover essere esiliati lì, di coloro che avevano minacciato il destino dell’universo e che erano stati sconfitti. 
Cosa volesse Paragas da quella dimensione, era una faccenda totalmente sconosciuta, e sperava soltanto che quel folle non avesse l’assurdo obiettivo di risvegliare gli spiriti dei malvagi, o sarebbe stata la fine. Per tutti.

«Adesso, mia cara, ci sposteremo.» annunciò quel pazzo, rialzandosi e sedendosi alla centrale di comando dell’astronave «Forse potrai rivedere il tuo dannato primogenito prima del previsto... chissà.»

*

Gli era risultato difficile trattenersi dall’attaccare quella lucertola maledetta. Certo, Cooler non era Freezer, Bardack lo sapeva bene, esattamente com’era consapevole del fatto che Cooler non avesse mai fatto nulla di male né ai saiyan, né ai terrestri. Eppure, la sua somiglianza con il fratello era tale che il povero guerriero non aveva il coraggio neanche di guardarlo negli occhi.
Eppure, il fratello maggiore del tiranno gli aveva appena rivelato di avere una proposta per lui, e Bardack stava tentando in tutti i modi a non perdere il controllo, a trattenersi dall’attaccarlo.

«Parla.» aveva detto, serio «Hai esattamente trenta secondi per sputare il rospo, o giuro che ti manderò all’inferno. Proprio dove dovresti stare.»
«Oh, non scaldarti troppo, mio caro amico saiyan.» aveva risposto la lucertola, viscida, giocherellando con la propria coda «Te l’ho già detto, non sono qui per litigare o per dichiararti guerra. Ti sto solo offrendo il mio aiuto per annientare il mio fratellino.»
«Ah sì?» Bardack avanzò minacciosamente verso il proprio interlocutore, digrignando i denti «E per quale motivo dovrei crederti, mostro? Pensi forse che io caschi nella trappola della pecora nera della famiglia?»
«Sai... io e Freezer non siamo mai andati d’accordo.» iniziò a raccontare Cooler «Nonostante io fossi il fratello maggiore, mio padre ha sempre mostrato molto più interesse ed orgoglio nei confronti di Freezer, piuttosto che nei miei. E questo perché il mio amato fratellino è sempre stato più debole del sottoscritto, e per questo anche più facilmente controllabile. E mio padre lo ha sempre tenuto sotto la sua ala protettiva.»
Il saiyan non rispose. Si limitò a rimanere in silenzio, ascoltando con attenzione le parole di Cooler.
«Per quanto riguarda me, invece, sono sempre stato incline a ribellarmi a mio padre. E mia madre è morta appena dopo la nascita di Freezer, per cui mi è risultato difficile anche solo sviluppare un legame con l’altro mio genitore.» continuò il mostro, rivolgendo lo sguardo al cielo annuvolato «Freezer, invece, ha sempre trovato il modo per ingraziarsi nostro padre. Ed ha deciso di continuare la sua impresa coloniale. Mentre io... beh, l’unica cosa che volevo era diventare sempre più forte. Dei pianeti non me n’è mai fregato nulla, e neanche degli schiavi. Sono cose che interessano soltanto a mio fratello.»
«E ora che ci fai qui? Cos’è che vuoi?»
Cooler ghignò «Sai, mio fratello, soltanto qualche tempo fa, ha attaccato la mia nave, ed ha ucciso tutti i miei scagnozzi. Sono sopravvissuto per fortuna contro la furia del super saiyan che mi ha scagliato contro. E vedi, io non ho alcuna intenzione di far passare questa cosa impunita.»

Inizialmente, Bardack non realizzò il senso del discorso di Cooler: avrebbe potuto rivolgersi a chiunque, per poter vendicarsi di suo fratello. Eppure era lì, di fronte a lui, e gli stava palesemente proponendo una sottospecie di alleanza.
Ma poi, quando vide gli occhi del suo interlocutore puntarsi sulla sfera del drago che teneva ancora stretta in una mano, Bardack realizzò: certo, era ovvio. Freezer voleva quelle sfere, le aveva sempre desiderate, ed ora che era tornato a scorrazzare libero per gli universi non si sarebbe dato pace finché non le avesse raccolte tutte.
Il padre di Goku sgranò gli occhi, arrivando finalmente alla conclusione alla quale era arrivato soltanto pochissimi istanti prima Cooler.

«Tu vuoi raccogliere le sfere del drago.» puntualizzò, tremando «Vuoi raccoglierle... e poi distruggerle. È così che intendi ostacolare tuo fratello.»

~

Ciao a tutti!
Eccomi tornata con questo nuovo capitolo, in cui finalmente siamo tornati a parlare del resto dei personaggi, oltre che di Goku e Vegeta(d’altronde, di loro due se ne parlerà mooooooltissimo nei capitoli successivi, quindi non allarmatevi).
A quanto pare sia Rosicheena che sua figlia posseggono dei poteri particolari, e si è parlato di spazio-tempo, ed anche di esperimenti... chissà a quali esperimenti si sta facendo riferimento.
Nel frattempo, Vegeta del futuro ha capito tutto quello che c’era da capire(o quasi) e non c’ha pensato due volte ad attaccare la sorellina in modo che si svegliasse. Povera Jinjer, che trauma! xD
Nel frattempo(2), Paragas fa riferimento ad una dimensione oscura abitata dalle anime degli esiliati malvagi... ma chi sono questi esiliati malvagi? E perché lui intende arrivare in questa dimensione dove, a quanto pare, nessuno osa mettere piede?
Nel frattempo(3), Cooler spiega(o per lo meno ci prova) il suo piano per incastrare ed ostacolare Freezer. Bardack gli darà retta o preferirà utilizzare quel potere per salvare il figlio da qualsiasi tipo di male l’abbia attaccato?
E Cooler diventerà dei nostri?
Questo lo scopriremo soltanto andando avanti.

Alla prossima!

-JAY

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Capitolo 32
*** Crying Over You ***



«E che diavolo ne sai tu, dell’amore?!»

Quelle parole, uscite dalla bocca di colui che nessuno si sarebbe mai immaginato artefice di una frase del genere, avevano rimbombato per tutta la stanza, ed anche nella testa di Vegeta.
Aveva sentito il suo cuore-o almeno, ciò che ne rimaneva- spezzarsi in mille pezzi. Aveva sentito un dolore decisamente peggiore di quello che avrebbe provato in qualsiasi combattimento, in qualsiasi battaglia.
Quella frase aveva fatto male più del peggiore dei pugni, più del peggiore dei ki blast. Quella frase aveva fatto male più del suo passato, più dell’abbandono dei suoi genitori, più della sua infanzia perduta all’interno della base di Freezer.
E, forse per la prima volta in tutta la sua vita, Vegeta non rimuginò su ciò che avrebbero pensato gli altri vedendolo piangere; non rimuginò sulla grande batosta che avrebbe ricevuto il proprio orgoglio vedendosi piangere. Per la prima volta in tutta la sua vita, Vegeta lasciò che delle bollenti lacrime amare gli bagnassero le guance pallide.
Non avrebbe mai immaginato che proprio lui, proprio l’uomo a cui aveva donato il suo cuore ferito, desse il letale colpo di grazia a quello stesso cuore che, in quel momento, il principe non sentiva più neanche di avere.
Non aveva neanche la forza di arrabbiarsi. Non aveva la forza di urlare, né di picchiarlo, né di muovere le gambe ed andarsene. Non aveva la forza di far nulla, si sentiva totalmente impotente.
Talmente impotente che restò lì, con gli occhi sgranati e pieni di lacrime, ancora incatenati a quelli della persona che, ormai, amava più di ogni altra al mondo. Quella persona che, dopo averlo usato, lo stava buttando via come un vecchio straccio.

Goku, dal canto suo, si accorse soltanto dopo di aver detto quello che aveva appena detto, e sentì il proprio debole cuore non solo dolere, ma anche riempirsi d’odio. Odio per sé stesso, odio per ciò che gli era appena uscito dalla bocca.
Non pensava davvero quello che aveva appena urlato. Come avrebbe mai potuto pensarlo? 
Eppure, lo aveva fatto. Aveva spezzato il cuore a quella stessa persona che, nonostante tutto, aveva deciso di darglielo in mano.
Avrebbe tanto voluto che la morte lo colpisse. Lì. Proprio in quel momento.
Perché il super saiyan dal cuore puro, ormai, non sentiva più sua neanche quella carica.
Guardava gli occhi di Vegeta, del suo principe: erano carichi di lacrime e delusione. E questa volta, era stato lui a deluderlo. Era stato lui a ferirlo.
Avanzò lentamente in sua direzione, allungando un braccio, cercando di afferrare la sua mano «Vegeta... Vegeta, io-»
«Non osare toccarmi.» lo interruppe il principe dei saiyan, scansandosi bruscamente «Non provarci nemmeno.»
«No, aspetta. Lasciami-»
«Spiegare?! No, Kaharoth, non ti lascio spiegare!»

Si sentiva deluso. Deluso, tradito, e ferito.
E non sapeva quale delle tre sensazioni fosse la peggiore.
Sapeva soltanto che aveva una dannata voglia di lasciare quella casa, ed anche in fretta. Non ne valeva la pena, di combattere. Non valeva più neanche la pena  di vivere, per quanto lo riguardava.
Per tutta la vita non aveva fatto altro che incassare colpi, e proprio nel periodo in cui pensava che quella fase fosse ormai giunta al termine, si ritrovava punto e a capo.
Non era nato con l’intenzione di essere un problema. Per nessuno.
Eppure, in quel momento, si sentiva un problema. Un errore. Un problema ed un errore che nessuno sarebbe mai stato in grado di amare. Neanche quell’idiota di Kaharoth, che aveva sostenuto il contrario soltanto fino a pochi istanti prima.
Alla fine, trovò chissà da dove la forza di muovere i propri muscoli e, scostando l’imbecille, si diresse verso la finestra lasciata aperta, spiccando il volo, senza voltarsi indietro, con tutta l’intenzione di allontanarsi da tutto e da tutti. Di allontanarsi da lui.

E Goku non fece niente. Niente per fermarlo, o per farsi perdonare.
Perché non fece in tempo a far niente. Perché, improvvisamente, il dolore al petto si fece ancora più lancinante, ancora più fulmineo, e le sue forze vennero meno.

*

Volò per un periodo di tempo che gli sembrò interminabile, mentre sentiva l’aura di colui che si era appena lasciato alle spalle altalenare, raggiungendo picchi di altezza e bassezza ad intermittenza.
La voglia di tornare indietro, di aiutarlo, di urlargli in faccia quanto fosse innamorato di lui era forte, ma il principe non demorse.
Perché, per la prima volta nella sua vita, voleva essere lui a chiudersi la porta alle spalle. Per la prima volta nella sua vita, voleva essere lui ad averla vinta... anche sui propri sentimenti.
Si fermò soltanto una volta raggiunto quel posto. Quel luogo tanto speciale e tanto orrendo allo stesso tempo... il luogo nel quale tutto era cominciato. Il deserto nel quale avevano combattuto per la prima volta.
Se chiudeva gli occhi, ancora appannati dalle lacrime, era ancora capace di rivedere le scene di quel duello che, in quel momento, sembrava così lontano.
Avrebbe voluto sparire. Avrebbe voluto volare via come la sabbia che, alzata dal forte vento di quel giorno, vorticava nell’aria. Avrebbe voluto diventare come quei granelli: libero, solitario, legato a niente e nessuno.
Ma non poteva. E questo gli faceva un male terribile.

«Vegeta, sei un cretino.» calciò una roccia, che si andò a sgretolare lontano dalla sua figura.

Si odiava tremendamente. 
Si odiava per essere diventato ciò che era diventato, si odiava per aver anche soltanto pensato che qualcuno potesse amarlo per quello che era, si odiava per aver ceduto alle proprie sensazioni, si odiava per non aver dato ascolto al suo orgoglio.
E si chiese se ne valesse la pena.
Si chiese se valesse la pena piangere per lui, per la persona più importante della sua vita. Si chiese se fosse giusto versare lacrime per quella causa.
E si chiese perché, quel lontano giorno di un anno e mezzo prima, su quelle stesse rocce brulle di quel deserto ancora caldo nonostante l’autunno, non si fosse lasciato finire dalla sciabola di quella nullità che gli aveva tranciato la coda. Si chiese perché, quel lontano giorno di un anno e mezzo prima, Kaharoth avesse deciso di risparmiarlo.
E si chiese ancora perché stesse piangendo per l’uomo che gli aveva portato via tutto. Il cuore, l’orgoglio, la testa.
E quello che faceva più male, era che non lo sapeva. Non sapeva perché stesse piangendo per lui.
Sentiva le gambe molli, e non ci volle molto prima che lasciasse andare anche il proprio corpo, sedendosi a terra, alzando gli occhi al cielo, chiudendoli, immaginando come sarebbe stato se non fosse mai atterrato su quel pianeta, se in quel momento fosse ancora stato a vagare per lo spazio con Nappa, a distruggere pianeti e sgozzare innocenti.
Già... innocenti.
Le sentiva, quelle urla di dolore, quelle stesse urla che lo pregavano di avere pietà. E sentiva anche la sua risata, la sua stessa risata, quella risata che ormai non sentiva neanche più sua, mentre pietà, invece, non ne aveva.
Ma allora perché il destino aveva avuto pietà di lui? Perché lui? Perché non risparmiare chi se lo meritava davvero? Perché l’universo aveva deciso di dargli così tante possibilità?
E perché lui le stava sprecando tutte?

‘Non piangere mai, figlio della luna. Perché un giorno sarai re.’

Le parole di sua madre, le ultime che aveva sentito pronunciare dalla calda voce di quella donna, risuonarono nella sua testa come un eco.
Non piangere mai, figlio della luna.
Ma come avrebbe fatto a piangere? Lui, che aveva tanti rimpianti, tanti rimorsi? Lui, che per tutta la vita non aveva fatto altro che giocare il ruolo della pedina, prima di suo padre, poi di Freezer, poi di sé stesso?

‘Qualcuno ti amerà esattamente come ti ho amato io.’

«Mamma...» si sdraiò sul terreno brullo, rivolgendo completamente lo sguardo al grande spazio azzurro sopra di sé «Dove sei?»

Già. Dov’era sua madre? Dov’era l’unica persona che l’avesse mai amato veramente in tutta la sua vita? Dov’era finita quella donna che, con una carezza sul volto, quindici anni prima, gli aveva detto addio per sempre? 
Spostò lo guardo alla sua destra, osservando un fiore solitario spuntare dal terreno roccioso. Un fiore che, nonostante tutto, era riuscito a sopravvivere.
Si rivide molto in quella creatura della Terra, mentre allungava una mano nella sua direzione, sfiorandola delicatamente. 
Quel fiore bianco era proprio come lui: solo, sopravvissuto ad un destino nefasto, ad una vita che non era stata affatto facile.
Una giovane vita buttata via troppo in fretta, e che in quel momento si sentiva scivolare via dalla dita come granelli di sabbia.
Sentì il rumore di un aeroplano sorvolarlo: la vita, a quanto pareva, andava avanti. E lui era l’unico ad essersi fermato.
Avrebbe voluto ricominciare da zero. Avrebbe voluto nascere di nuovo, riparare a tutti i suoi errori.
Ma era incapace persino di fare quello.


«Non piangere, figlio della luna.» 

La voce fin troppo famigliare di Nappa, proveniente dalle sue spalle, lo dissuase dai suoi pensieri, facendolo tornare con i piedi per terra, e spaventandolo un minimo, cogliendolo di sorpresa.
Sapeva che sarebbe venuto. In fondo, quel saiyan era testardo come un mulo.
Non era uno che portava rancore, e glielo stava dimostrando proprio in quel momento, trattandolo come fosse suo figlio, nonostante tutto.
Il saiyan senza capelli aveva perso il suo vero figlio tantissimo tempo prima, e nel momento in cui si era ritrovato a dover badare a quel principe, a quel bambino ribelle e pestifero, era diventato l’uomo più felice dell’universo. Gli era stato vicino fino alla fine, tenendolo sotto la propria ala protettiva, crescendolo esattamente come fosse sangue del suo sangue.
E si era affezionato. Così tanto che il fatto che Vegeta lo avesse ucciso non troppo tempo addietro, ormai non valeva più niente.
E non valeva più niente perché il suo principe stava soffrendo come mai prima di allora, e tutto ciò che era venuto prima o che sarebbe venuto dopo quello non contava nulla, per lui. 
L’unica cosa che avrebbe voluto fare Nappa sarebbe stato prendere Kaharoth e sbatterlo ripetutamente con la testa contro il suolo, fino a spaccargliela totalmente. Ma sapeva benissimo di non aver possibilità contro il super saiyan della leggenda, come sapeva anche che, in fondo, Vegeta non voleva che quell’imbecille senza speranza si facesse del male.
Così si sedette accanto al suo pupillo, poggiandogli una mano sulla spalla e, ovviamente, venendo respinto l’esatto istante successivo.

«Che diavolo sei venuto a fare?» ringhiò il principe, asciugandosi le lacrime con il dorso della mano e cercando di darsi il contegno che aveva appena smarrito «Non voglio vedere nessuno. Tantomeno uno di voi. Vattene di qui, Nappa.»
«Sai, non avrei mai pensato che il grande principe dei saiyan si potesse innamorare fino a questo punto.» commentò il pelato «Sei sempre stato un po’ troppo rigido per la tua età. Lo sapevo che prima o poi avresti ceduto.»
«Tu non sai proprio niente di me.» 
«Oh, invece so molto più di quello che pensi, e non ti converrebbe trattarmi in questo modo, lo sai?» lo stava rimproverando, proprio come farebbe un qualsiasi adulto con un bambino che stava facendo i capricci «Secondo me dovresti tornare indietro. Parlaci, Vegeta... io lo detesto, non mi va per niente a genio, ma sono sicuro che non pensava davvero tutte le cose che ti ha detto. Era solo... solo incazzato, ecco.»
Quelle parole non lo stavano aiutando. Affatto, Vegeta aveva stretto i pugni e, alzandosi da terra, aveva emesso un ruggito che, forte com’era, rimbombò per tutto il deserto.
«Oh, certo!» esclamò, a denti stretti «Lui fa una cosa sbagliata e la fa perché era arrabbiato, io faccio una cosa sbagliata e finisco così! Mi sono stancato di tutte queste giustificazioni sempre valide per gli altri ma mai per me! Non avrei mai pensato che proprio tu saresti venuto qui a giustificarlo, sul serio! Come si fa anche solo lontanamente a giustificare quell’idiota?!»
«Non lo sto giustificando.» fu la risposta del maggiore «Ti sto solo dicendo che... beh, come dire... si vede che ci tiene. Perché non torni indietro? Magari le cose cambiano. Smettila di essere così fuori dagli schemi. Essere quello alternativo non ti aiuterà, come non ti ha mai aiutato neanche in battaglia. Cerca di seguire i consigli di chi è più anziano di te, per una volta, e smettila di fare il ragazzino, perché stai cominciando a non esserlo più.»
«Se ci tiene così tanto allora perché non è venuto qui lui, invece di mandare avanti t-»

Ma Vegeta, in quel momento, dovette arrestarsi.
Dovette frenare la sua lingua biforcuta perché, proprio in quel momento, quell’aura altalenante che aveva sentito fino a quel momento, ora non riusciva più a percepirla.

«No.»

~

Buongiornissimo! KAFFEEEEEÉ
Ne ho davvero bisogno al momento, dato che mi sento tremendamente assonnata, ma fortunatamente c’è questa storia a tirarmi su(non il morale, perché mentre scrivevo questo capitolo stavo letteralmente soffrendo *sigh*)
Beh, ci siamo. Ecco finalmente un capitolo incentrato sui sentimenti di Vegeta e su come si sta sentendo dopo che-a quanto pare- ha rotto col nostro Goku.
Ma non ha fatto nemmeno in tempo a rompere che... B E H.
Mentre scrivevo questo capitolo ho ascoltato Crying Over You degli HONNE, con RM e Becka, e ve la consiglio tantissimo, è una delle mie canzoni preferite del 2019.
In questo capitolo possiamo finalmente anche vedere come Nappa si è dimostrato un vero amico. Devo dirvi che mi ha sempre dato questo vibe... insomma, si vede anche dalle prime puntate dell’anime che, in fondo, tiene ai suoi compagni(basti vedere che la prima cosa a cui ha pensato quando ha scoperto delle sfere è ‘riportiamo in vita Radish’).

Insomma, che ne pensate? Fatemi sapere u.u
Io intanto vi ringrazio per le recensioni che lasciate e vi mando un grande bacio!

Alla prossima!

-JAY



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Capitolo 33
*** Heartbeat ***


Gli aveva sputato in faccia una frase che nemmeno lui riteneva reale. Si era lasciato trasportare dal momento, dalla rabbia verso sé stesso, e dalla rabbia verso di lui che non gli aveva dato il tempo di spiegare le sue vere intenzioni. Ed aveva fatto un disastro. Un disastro completo.

Chichi aveva osservato la situazione a bocca aperta, mentre Bulma e Radish avevano iniziato a scambiarsi sguardi più che eloquenti. Il silenzio, nella stanza, era diventato così pesante che i presenti quasi credevano di poterlo toccare. E Goku si vergognava di sé stesso.

Non aveva avuto il coraggio di seguirlo. E d’altronde, perché avrebbe dovuto farlo? Vegeta non avrebbe ascoltato scuse da parte sua neanche in un altro universo. Non dopo quello che gli aveva detto, non dopo avergli ampiamente dimostrato di non amarlo-o almeno, quello era ciò che il principe aveva potuto capire dalle sue parole. Ma Goku lo amava. Era innamorato di lui come non lo era mai stato di nessuno, e non avrebbe mai dovuto pensare, neanche per un momento, che ciò che gli aveva detto la sua ex moglie fosse cosa buona e giusta: suo figlio sarebbe cresciuto con tutto il suo amore. Con o senza matrimonio.

Ed ora si ritrovavano di nuovo separati. Uno opposto all’altro, mentre l’uno piangeva e l’altro si sentiva morire.

 

Mentre si guardava intorno attonito, assolutamente incapace di muovere anche soltanto un muscolo, il giovane super saiyan si ritrovò a chiedersi quella stramba fiaba che fine avesse. Perché sì, lui stava vivendo una fiaba... una fiaba fatta di amore, odio, guerra e vendetta. Una fiaba chiamata vita reale. Quella che non aveva mai potuto vivere a causa della sua unica concentrazione sui combattimenti.

E adesso che si ritrovava a vivere quella che era la realtà in prima persona, si trovava completamente impreparato: aveva sempre pensato che una normalissima vita sulla Terra fosse completamente diversa da quello. Pensava che l’amore fosse soltanto felicità ed armonia... ma stava imparando a sue spese che non era così.

Era una storia infinita... una storia continua che non aveva una fine. Ed in quel momento avrebbe tanto voluto mettere quella parola in fondo al libro di quella storia d’amore durata troppo poco.

Ma le cose si sarebbero potute sistemare.

Ma come, se aveva osato sputare in faccia a Vegeta quelle parole così dure? Come, se neanche lui sapeva come muoversi in situazioni simili?

 

«Goku...» ebbe ad un certo punto il coraggio di esordire Bulma, con voce fievole, quasi impaurita di spezzare in cocci il suo fragile migliore amico «Goku, si può sistemare tutto. Non fare così... seguilo. Parlaci.»

 

Ma Goku non rispose. Non ebbe il coraggio di frenare ulteriormente quei minuti infiniti di silenzio gelido, nel quale i presenti non avevano fatto altro che puntare gli occhi, pieni di disappunto, su Chichi. Ma anche lei era ormai incerta sui propri comportamenti... non aveva idea se avesse fatto la scelta giusta, a raccontare in quel modo la verità al suo ex marito.

Probabilmente no.

Aveva sempre visto Vegeta come un mostro senza cuore, qualcuno che non avrebbe mai avuto il coraggio né la forza di amare. Eppure, vedendolo scappare con le lacrime agli occhi, aveva capito quanto in realtà fosse stata cieca e stupida. Aveva capito quanto fosse stata cattiva, perché aveva preso con leggerezza quello che era un amore... l’amore che lei e Goku non avevano mai potuto avere, e mai avrebbero potuto.

Perché glielo leggeva negli occhi, a Goku... leggeva nel suo sguardo tutto l’amore e tutta la delusione del mondo. E lei non sapeva se sentirsi male o lasciare che le lacrime rigassero anche il suo volto pallido.

 

«Credo... credo che-»

 

Ma Goku non fece in tempo a finire la frase. Goku non fece in tempo neanche a farsi udire dalla gente che era con lui in quel momento, perché proprio nell’istante in cui aveva provato ad aprire bocca, un fiotto di sangue caldo e gelido allo stesso tempo fuoriuscì dalle sue labbra, ed il fantomatico dolore al petto che l’aveva tormentato per giorni, forse settimane, iniziò ad aumentare. Sempre più forte, sempre più terribile.

Sentì il muscolo più importante del suo corpo compiere delle violente capriole all’interno dello stesso, per poi fermarsi per un istante, arrestando la sua disperata corsa.

E, proprio in quel momento, le forze dell’eroe che aveva più volte salvato il mondo vennero meno, e Goku si ritrovò steso a terra, privo di sensi, gli sguardi attoniti di tutti posati sul suo corpo esanime.

 

*

 

«No.»

 

Avrebbe voluto ucciderlo con le sue stesse mani, avrebbe voluto strozzarlo, per poi farlo saltare in aria assieme al suo stupidissimo ed inutile pianeta.

Già, avrebbe voluto fino a qualche istante prima.

Prima che potesse percepire quell’aura da lui tanto odiata ed amata affievolirsi sempre più velocemente, fino a sparire completamente. 

E fu in quel momento che Vegeta, il grande Vegeta, il principe di tutti i saiyan, si sentì un grande idiota. Un cretino che non era riuscito a stare accanto alla persona che amava più di qualsiasi altra in quell’inutile universo neanche quando quella persona ne sentiva più il bisogno. E tutto per colpa di una stupida lite. Una lite che si sarebbe potuta sistemare in pochi minuti.

Vegeta si sentiva un completo idiota.

E si sentì ancora più idiota nel momento in cui spiccò il volo alla velocità della luce, in direzione di quella casa che aveva lasciato con tanto astio nel cuore soltanto pochissimi attimi prima.

In un attimo, tutti i momenti passati al fianco di quell’idiota gli si presentarono davanti come prova della sua idiozia. A partire da quel fatidico primo scontro, fino ad arrivare al loro ultimo bacio. Quello che gli aveva noiosamente concesso durante la tarda mattinata. Un bacio che nel momento in cui era stato dato probabilmente aveva significato poco, ma che in quel momento, in quel preciso istante, stava assumendo un’importanza quasi rara.

Si sentiva in trappola. Catturato in una morsa dalla quale non sarebbe mai potuto uscire.

La morsa del fatto che si riversava contro di lui per ogni brutta azione compiuta. La morsa del karma.

Raggiunse la Capsule Corporation in relativamente pochi minuti. Pochi minuti che a lui, anima in pena che stava subendo il peggiore dei destini, erano sembrati un’eternità.

Non fece caso nemmeno a chi si ritrovò di fronte. L’unica persona a cui pensava, in quel momento, era Kaharoth. Era Goku. Era quell’idiota che, una volta fatta irruzione in quella che fino a quel pomeriggio era stata la loro stanza, trovò disteso sul letto, senza sensi, blu in viso, con le coperte tirate fin sopra il petto.

 

«No.»

 

Sentì i suoi occhi scuri riempirsi nuovamente di lacrime amare e salate. Lacrime che non era mai stato abituato a versare, né a mostrare agli altri.

Ma in quel momento, come anche negli istanti precedenti, se ne fregava di chi lo stesse guardando con sguardo dispiaciuto. Se ne fregava di tutto e di tutti, perché l’uomo che per un breve ma infinito periodo di tempo l’aveva fatto sentire amato, l’uomo che stava imparando ad amare con tutta la sua anima, in quel momento non c’era più.

Ignorando completamente gli sguardi spaventati e dispiaciuti dei presenti nella stanza, si precipitò da lui, inginocchiandosi affianco al letto, con le mani strette alla collottola di quella stupidissima tuta arancione che tanto odiava.

Era arrabbiato, Vegeta. Arrabbiato con sé stesso, con gli altri, ma soprattutto con Goku. Perché quello stupido non era riuscito a reggere. Non era riuscito a combattere quel male che probabilmente soltanto a lui sarebbe mai potuto venire.

Lo strattonò, Vegeta. Lo strattonò fino a quando non dovette intervenire Radish a cercare di farlo smettere, a cercare di spiegargli che comportarsi così non serviva a nulla.

 

«Lasciami stare!» aveva sbottato, a denti stretti «Lasciatemi stare tutti quanti! Uscite di qui! Adesso! Tutti! Levatevi dal cazzo!»

In risposta non ricevette nulla. Soltanto lo sguardo comprensivo della bella Bulma che, con le lacrime agli occhi, trascinava Radish fuori dalla stanza, trattenendolo per il possente braccio.

Persino Chichi, presa dallo shock più totale, decise di abbandonare la stanza. Non si sarebbe mai aspettata che quella situazione potesse prendere una simile piega.

 

Ma Vegeta decise di non disperarsi. Non ancora, almeno.

Doveva provarle tutte. Doveva tentare il tutto per tutto per salvare l’idiota riverso su quel letto troppo freddo.

Così, cercando di far ammenda a tutte le sue forze per non impazzire, lo sollevò di peso e, fregandosene della finestra chiusa, vi passò attraverso ad una velocità esorbitante, spaccandone i vetri. Poco importava se gli stessi gli avessero appena ferito una guancia. Poco importava se avrebbe sprecato soltanto energia. Lui doveva provarci.

Così, senza ulteriori indugi, fece rotta verso il palazzo del Supremo, sperando che Dende, con i suoi poteri curativi, potesse fare qualcosa. O anche solo che Balzar potesse dargli un Senzu. Qualsiasi cosa sarebbe andata bene, pur di salvare quel decerebrato.

 

«Ti prego.» si ritrovò a mormorare, mentre volava verso la sua meta «Ti prego, non lasciarmi.»

 

Il tramonto autunnale, con tutte le sue sfumature gialle ed arancioni, si specchiava perfettamente nei suoi occhi color pece. Occhi che in quel momento vedevano nero, mentre raggiungeva spossato il palazzo, sempre perfettamente visibile all’orizzonte.

Una volta raggiunto il grande piazzale sospeso ed adagiato il corpo senza sensi del povero super saiyan malcapitato, corse in direzione di Mr Popo, che lo aveva raggiunto velocemente vedendolo arrivare.

Il principe non ci pensò due volte prima di scrollarlo violentemente per le spalle, ringhiando in modo dannatamente rumoroso, facendosi quasi del male ai denti.

 

«Dende!» ringhiò, con furia «Chiama Dende! Dov’è?! Dov’è il Supremo?!»

«Calmati, Vegeta.» cercò di ammansirlo il gentile uomo di colore, perfettamente comprensivo, data la situazione «Io e Dende sappiamo già tutto.»

«E?!» inveì nuovamente contro di lui il principe dei saiyan «Che state facendo?! Perché non viene a curarlo?! Per-»

«Vegeta.» Popo gli mise entrambe le mani sulle spalle, sospirando pesantemente «Non c’è nulla da curare. Goku... il nostro Goku è...»

«No.» 

Non poteva crederci. Non ci avrebbe creduto finché non l’avrebbe visto con i propri occhi. Non ci avrebbe creduto finché non avesse constatato di persona che i poteri di Dende fossero completamente inutili in quella situazione.

Non poteva essere... non era possibile che il super saiyan della leggenda, colui che era riuscito a sconfiggere un mostro come Freezer, si fosse lasciato sconfiggere da uno stupido malore. Non poteva esistere una cosa del genere.

Eppure, il volto di Goku era cianotico. Il suo cuore non batteva, i suoi muscoli non si muovevano, le sue mani erano fredde, e non c’era alcun accenno di emozione su quel volto fino a poco tempo prima sempre insopportabilmente sorridente.

 

«Kaharoth.»

 

Si accucciò accanto a lui, osservandolo mentre non faceva altro che nulla. Nulla, perché ormai non c’era più. Nulla, perché l’unico tentativo che c’era di salvarlo era stato vano. Nulla, semplicemente perché Vegeta non era arrivato abbastanza in tempo per aiutarlo.

E si sentiva tremendamente in colpa.

Lo afferrò per le spalle e, sollevando di poco il suo busto, se lo portò accanto, stringendolo, senza dire un’altra parola, perché sarebbe stato inutile.

 

Vegeta si limitò a piangere. A piangere sulla spalla di quell’uomo il cui cuore non sarebbe mai tornato a battere. 

 

~~~

 

Ok.

Non uccidetemi proprio ora che sono riuscita-finalmente, o purtroppo- ad aggiornare questa storia, alla quale mi sto fin troppo affezionando. 

Mi sta prendendo male sia per quello che ho scritto, sia perché oggi, cadendo dalle scale, mi sono rotta una mano! xD per lo meno è la mano buona, ho una scusa per stare a riposo per un po’! 

E sì, in questo momento sto scrivendo con la sinistra, e nonostante io sia “diciamo” ambidestra, sto comunque facendo una gran fatica, essendo che uso sempre e quasi solo la destra! Un applauso alla mia imbranataggine! 

 

Tornando a noi... beh, sì. Goku è morto.

Non credo ci sia da aggiungere altro, giusto? 

Però ci sono ancora molte cose di cui si dovrà parlare, come per esempio Cooler, Freezer, Paragas, il suo piano, Broly, Gohan e Jinjer... insomma, ci sarà da parlare comunque, anche senza il nostro stolto eroe.

Anche se *sigh* si sentirà la sua mancanza T.T

 

Ps: Ho scritto questo capitolo ascoltando Heartbeat dei BTS, una canzone dolcissima che vi straconsiglio(sempre se ancora non siate fan e non la conosciate ;;)

 

Beh, io a questo punto vi mando un bacio e alla prossima!

 

-JAY

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