Don't ask me why

di xingchan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap. 1 ***
Capitolo 2: *** Cap. 2 ***
Capitolo 3: *** Cap. 3 ***
Capitolo 4: *** Cap. 4 ***
Capitolo 5: *** Cap. 5 ***



Capitolo 1
*** Cap. 1 ***



Don’t ask me why




"Sei un bastardo, papà!"
L'ennesimo tuffo offerto gentilmente da suo padre nel laghetto dei Tendo.
L'ennesima trasformazione in ragazza con il codino che puntualmente arrivava.
L'ennesimo doloroso ricordo di Akane durante quei lunghi, maledetti momenti in cui credeva fosse senza vita.
Ecco, di nuovo.
Era dal ritorno dalla Cina, quattro anni prima, che Ranma aveva trovato una straziante associazione fra la sua maledizione, per la quale mancava così poco al momento in cui sarebbe tornato un uomo a tutti gli effetti, e l'intervento di Akane per salvarlo con il risultato di finire disidratata.
Ogni volta che si trasformava, la mente correva inevitabilmente a cosa sarebbe successo se avesse fallito, se non avesse bagnato Akane in tempo e non si fosse svegliata mai più.
Ranma-chan sentì una fitta al cuore, e strinse i pugni tanto forte da farsi male. Come tutte le volte scacciò quel pensiero dalla testa, e nel farlo si ricordò immediatamente cosa dovevano fare da lì a poco.
"Ti pare il momento di buttarmi in acqua?" riprese Ranma-chan fissando accigliata il padre che rideva come un matto. "Ti ricordo che fra non molto arriveranno quei tizi a sfidare il dojo! Quelli sono uomini, non posso certo presentarmi come una ragazza!"
"Non ho bisogno del tuo aiuto!" Fu un'esclamazione perentoria, che si impose sulla voce femminile di Ranma senza che questi avesse il tempo di finire la frase. Sulla soglia di casa Tendo fece capolino la minuta figura di Akane, intenta a sistemarsi il ji facendo attenzione affinché il suo seno fosse il meno visibile possibile. Ranma-chan cercò di dare una sbirciatina nonostante la distanza - sempre piatta come una tavola, però negli ultimi tempi sembrava un tantino più grande. Sicuramente era solo una sua impressione - ma la piccola Tendo intercettò gli occhi dell'altra con i suoi.
Il suo sguardo freddo puntò quello di Ranma-chan, come se volesse incutergli quanto più timore fosse in grado di trasmettere. Tenergli testa era una delle cose che Akane sapeva fare meglio. Il suo viso dai lineamenti dolci ora, in vista dell'incontro, erano duri e implacabili come il marmo. "Sarò io a sconfiggere quei dannati", disse con ostinata caparbietà "e non mi lascerò aiutare, Ranma. Né da te, né da mio padre!"
Ranma-chan la guardò in cagnesco, a dispetto dell'adrenalina che fremeva dentro di sé. Fiera, combattiva, forte e testarda. Anche se ripeteva spesso che non gli piaceva, essendo poco femminile, era questo che amava di lei. Ma era anche vero che questo era uno degli aspetti del brutto carattere di Akane che portati all'estremo - come in questo caso - finivano inevitabilmente per farlo alterare, e desiderare che fosse un tantino più carina.
Peccato che per questo doveva aspettare un altro millennio, se fosse successo, ovviamente.
"Ti batteranno in pochi secondi se non ci sarò io a darti man forte" ribatté Ranma-chan con noncuranza. Per non lasciare che la situazione degenerasse, cercava di non lasciar trasparire il nervosismo per averlo già fatto incazzare.
Akane era migliorata tantissimo nelle arti marziali: spesso e volentieri in quegli anni era riuscita a battere anche gli sfidanti del dojo più ostinati con la sua sola forza e agilità; ma era ovvio che stavolta lavorando insieme avrebbero messo fuori combattimento quei tali con rapidità ed efficacia.
Nella loro lettera di sfida, quegli uomini avevano assicurato loro che avrebbero fatto qualunque cosa pur di prendersi il dojo Tendo, e questo a Ranma suonava alquanto strano. Non dubitava della determinazione di Akane, anzi. Ma probabilmente sarebbe stato molto più prudente - e leale - se avesse collaborato con lui. Anche perché lei da sola era inferiore numericamente parlando.
"Sono molto più forte di qualche anno fa" rispose Akane, guardando la sua interlocutrice con severità. "Ho battuto molti più individui nell'ultimo periodo rispetto a tutto l'arco dell'adolescenza, togliendo quegli idioti che si sfidavano al Furinkan. Perciò non mi fanno paura due sfidanti. Non riuscirai a farmi credere che non sono capace di gestire il dojo!"
Ranma-chan uscì dal laghetto, parandosi davanti alla fidanzata con la speranza di convincerla.
"Non ho detto che non sei capace, Akane. L'hai letta, quella lettera di sfida? Quei tipi hanno detto che vogliono prendersi il tuo dojo ad ogni costo!"
"Ed io lo proteggerò, ad ogni costo!"
Una scintilla vivace nei suoi occhi castani fece vacillare Ranma-chan per un momento. E per un momento Ranma-chan si rese conto che sì, Akane poteva farcela, era nata per farcela, ma che ne sarebbe uscita distrutta. E non voleva assolutamente che si facesse più male del previsto.
Non capisci che io voglio proteggerti?!
Ma no, un maschiaccio con un pezzo di ghiaccio al posto del cuore come lei non poteva certo arrivare a pensare in questi termini. Stupido lui a pensare che quella cretina potesse ragionare con cognizione di causa.
"Voglio soltanto aiutarti, scema!"
Buttò fuori la volontà di darle una mano con prepotenza, mandando all'aria l'idea di non far scoppiare una lite di dimensioni epocali e al tempo stesso sperando di poter sortire l'effetto desiderato.
"Faccio da sola, lo vuoi capire o no?!"
La piccola Tendo era diventata troppo indipendente per accettare un aiuto - specialmente da parte del suo fidanzato - così come era orgogliosa sul fronte della gelosia.
Di fronte a quelle dimostrazioni di orgoglio da parte della giovane, Ranma reagiva facendo altrettanto, abbandonando i propositi di far evolvere il loro rapporto e rimangiandosi tutto ciò che di bello le aveva detto in precedenza.
Su questo aspetto del loro reciproco comportamento non erano cambiati di una virgola. Solo che spesso e volentieri la tensione di sottofondo pareva molto più pesante.
Forse, pensava Ranma, a causa del matrimonio non celebrato qualche tempo prima. Forse perché le sue spasimanti avevano ripreso la guerra per il possesso del premio "Ranma Saotome" con un accanimento maggiore, mandandolo in totale confusione ogni volta che gli saltavano addosso con conseguente martellata di Akane sulla testa. Forse Akane era diventata ancora più gelosa di prima, essendo stata ad un passo dalle nozze.
Boh, io le donne non le capirò mai!
"Allora fa' come vuoi, racchia! Però non correre da me quando quei bell'imbusti ti prenderanno a calci nel culo!"
Fece in tempo a vedere le guance di Akane infiammarsi di collera perché, senza aspettare il pugno che ferocemente la ragazza stava preparando appositamente per lui, con un salto oltrepassò la fidanzata e si precipitò a capofitto in camera sua.
"Non la aiuterò mai, nemmeno se mi prega in ginocchio!" affermò furibondo, sfilandosi i vestiti fradici.
Nel frattempo però, tirò fuori da un cassetto il suo ji.

***

Gli sfidanti del dojo erano due uomini imponenti, probabilmente gemelli, di gran lunga più alti di qualsiasi uomo Ranma avesse mai visto. Indossavano normalissimi ji, ma al posto della cintura ordinaria alle loro vite erano allacciati due spessi cinturoni da cui pendevano due katane ciascuno, una per ogni fianco. Portavano i capelli raccolti, da cui spuntavano qualche ciocca ribelle. Si chiamavano Hiten e Manten, e i loro sguardi non promettevano una vittoria facile. Sembravano tremendamente forti, e quelle lame preoccuparono seriamente Ranma.
"Perché non ti togli di torno?"
"Perché non la smetti di farmi questa domanda?!"
"Perché non vai a farti un ramen dalla tua Shan Pu? O preferisci un bagno con lei?"
"Perché continui a dire sciocchezze?"
Ancora con quella storia. Maledetta Shan Pu e maledetto il giorno prima in cui quella gattaccia aveva fatto irruzione nella vasca mentre c'era lui a farsi il bagno, scatenando l'ira di Akane!
Mentre era nel bel mezzo di quel fastidioso ragionamento, Ranma si rese conto che i due si scambiarono un'occhiata, per poi ridere sonoramente. "Per essere gli eredi delle vostre scuole di arti indiscriminate siete piuttosto litigiosi!" commentò uno dei due, indistinguibile dall'altro.
Ranma si arrabbiò al punto da voler attaccare i due senza aspettare il via.
Come diavolo si permettono?
"Non vi riguarda!" urlò il ragazzo con il codino. "Siete qui per sfidarci o per ficcare il naso nei nostri affari?"
"Hai ragione, ragazzino", replicò l'altro. "Fratello, passiamo ai fatti!"
Non attesero l'avviso per iniziare lo scontro. I due uomini si lanciarono a capofitto sui due ragazzi, e nel mentre sfoderarono le loro katane menando pericolosi fendenti in direzione di Ranma e Akane. Un gesto che colse alla sprovvista Ranma, che si parò con le braccia indietreggiando quel tanto che bastava per mettersi al riparo ed assumere nuovamente posizione. Akane però fu più accorta: per evitare lo spostamento d'aria delle lame corse in direzione delle stesse per poter prendere slancio e saltare; si aggrappo' con le mani sulle spalle del suo avversario dandogli una poderosa spinta alla schiena con entrambi i piedi. L'uomo cadde verso il pavimento, tenendo però strette le sue katane per potersi rialzare ed attaccare immediatamente dopo.
Dobbiamo prima pensare a disarmarli, o comunque ad immobilizzarli.
Ranma non diede a se stesso il tempo di formulare questa constatazione che si lanciò verso l'altro evitando numerosi fendenti prima di afferrare i polsi dell'uomo ed infliggendogli numerosi calci in direzione dello stomaco, sempre nello stesso punto. Approfittando del momento di scarso equilibrio del suo avversario, mantenendo sempre la presa dei polsi, roteò la gamba per colpire con un solo calcio entrambe le braccia. Uno sforzo che sortì il suo effetto: l'uomo mollò la presa della katana sulla sua mano sinistra, facendola cadere a terra, mentre l'altra mano tentava di rinsaldare la stretta sul manico.
Un gemito di dolore di Akane però lo distrasse. Si voltò, facendo ben attenzione che il suo sfidante non approfittasse del momento di distrazione. La ragazza si era impossessata di una delle katane dell'altro sfidante del dojo, e probabilmente era in procinto di ingaggiare un duello, ma Ranma notò un sottile taglio all'altezza della coscia. Niente che potesse dare al suo avversario occasione di avere la meglio su di lei, ma il ragazzo con il codino pensava di dover fare in fretta.
Il fratello che aveva per avversario era sul punto di assestargli un colpo di katana diretto, ma prontamente il giovane Saotome serrò la lama nelle sue mani, precludendo all'altro la possibilità di utilizzarla. L'uomo fece un'espressione contrariata e quasi sorpresa.
"Allora, che ne è stato della tua sicurezza?" chiese con sarcasmo.
Allentò la presa sulla lama, ma solo per tirare con il piede verso di sé il manico della spada per prenderla e consegnarla alla compagnia dell'altra. Esultò internamente. Con le katane fuori dalla portata di quel tipo, avrebbe fatto il suo gioco.
"Preferisco combattere a mani nude."
Nel frattempo sentì un tonfo sordo. Akane era a terra, ed era stata disarmata, ma aveva fatto altrettanto con il suo sfidante che adesso si precipitò in aiuto del gemello. Ranma la vide alzarsi piano, ma la sua visuale fu oscurata dall'altro avversario. Si ritrovò a contrastare entrambi, però ora che avevano abbandonato le loro katane a Ranma parve tutto più semplice.
"Ehi, non ho ancora finito con te!"
Akane atterrò sulle spalle del gemello che finora aveva combattuto con Ranma, e lo tirò con sé con tutta la forza di cui era capace, gettandosi con lui a terra, facendosi male - a giudicare dal grido represso al momento di schiantarsi contro le assi di legno del dojo - ma dando a Ranma l'opportunità di fare le cose con calma. L'uomo con cui si stava battendo ora non sembrava avere paura di utilizzare solo le mani. Anzi, ne sembrava entusiasta.
"Anche io preferisco un combattimento corpo a corpo" sostenne. "Io e mio fratello non vediamo l'ora di sconfiggervi e di prenderci l'insegna Tendo."
Ranma udì Akane reagire con furia sovrumana a quelle parole, e la vide lanciarsi contro l'uomo per assestargli una gomitata che però l'altro riuscì ad evitare, seppure di un soffio.
"Dietro di te!"
E difatti l'altro la afferrò da dietro, prendendola per le ascelle. L'istinto della ragazza però non si fece attendere: mandò un potente calcio all'indietro, e alzando le mani verso di lui con rapidità lo prese per il bavero del ji, atterrandolo davanti a sé con un grido di sfogo.
L'avversario che teneva in scacco Ranma caricò un destro che il ragazzo parò con la gamba, per poi utilizzare la sua tecnica delle castagne. Ma l'altro non si diede per vinto: fece una capriola perfetta in aria per schiavare i suoi colpi e prenderlo alle sue spalle. Lo colpì alla testa, ma non così forte da mandarlo a terra. Ranma si voltò con la gamba tesa, determinato a metterlo nelle condizioni di ricevere i suoi colpi senza possibilità di poterli evitare. Lo colpì al fianco, ma il cinturone doveva aver assorbito parte della potenza del suo calcio, perché il suo avversario vacillò senza cadere. Ma per Ranma era arrivato il momento, e gli assestò la tecnica delle castagne per farlo desistere.
L'uomo sembrava impossibilitato a rispondere, tanto erano forti e precisi i colpi di Ranma; ma questi dovette fermarsi quando vide delle gocce di sangue macchiare il pavimento davanti a sé. Si ricordò improvvisamente delle ferite agli avambracci, dimenticate completamente grazie alla sua resistenza al dolore fisico acquisita negli anni. Si fermò, ritirandosi nella parte inferiore del dojo, dove si trovava Akane, lasciando i due all'estremità opposta del dojo.
Doveva chiudere prima che l'avversario atterrato da Akane potesse riprendersi e ricominciare a combattere.
Osservò per un secondo Akane con il fiatone poggiare una mano sul ginocchio della gamba ferita, la sentì emettere un mugugno, destando la sua preoccupazione. Ma la determinazione nei suoi occhi lo indusse a non abbandonare la concentrazione.
Scambiò con lei un cenno: involontariamente avevano sviluppato delle tecniche di coppia, utilizzate nei momenti di estrema necessità, come contro il cambia-insegne, oppure contro le due sorelle che avanzarono la loro legittimità nei confronti del dojo Tendo, oppure come tutte le altre volte che avevano avuto problemi del genere. Con un po' di battibecchi e tanto impegno, quelle tecniche avevano raggiunto il loro scopo.
Ancora un ultimo sforzo.
I due fratelli gemelli si posizionarono uno a fianco all'altro. Erano provati dall'incontro, ma era ovvio che non avrebbero gettato facilmente la spugna. Anche perché lo vedevano perfettamente: nonostante fossero intenzionati a proseguire, i due ragazzi erano messi piuttosto male.
Dalla posizione che assunse Akane, Ranma colse subito cosa aveva in mente. La ragazza si pose davanti al giovane Saotome, mentre Ranma si affrettò ad assecondarla, sistemandosi dietro di lei.
Il Salto delle Tigri Feroci.
Una tecnica che confondeva l'avversario, non dandogli possibilità di capire in tempo quale artista marziale avrebbe colpito per ultimo.
I due fidanzati si lanciarono in una breve corsa; Ranma dietro Akane saltò oltrepassandola, e così fece la piccola Tendo immediatamente dopo. I salti diventarono sempre più rapidi, sempre più confondibili, in un susseguirsi di immagini che agli occhi di Hiten e Manten non era altro che una alternanza delle due figure inesorabilmente veloce.
"Ma cosa...?"
Uno dei due gemelli si scostò repentinamente, ma l'altro trovò davanti a sé per ultimo Ranma che, con un Moko Takabisha potenziato lo scaraventò contro il muro.
Senza pensarci un solo attimo Ranma e Akane si voltarono, trovando il gemello ancora in piedi che avanzava verso di loro; ma fortunatamente lontano abbastanza da replicare la tecnica di coppia. Ebbero il tempo di alternarsi quel po' che bastava per mandare in confusione l'avversario rimasto; e stavolta fu Akane l'ultima.
Un poderoso manrovescio sotto il mento, per poi concludere con un altrettanto energico calcio che mandò l'uomo fuori combattimento. Definitivamente.
I fratelli non provarono ad alzarsi che dopo qualche minuto; nel frattempo però Akane crollò a sedersi a terra, con la ferita alla coscia che bagnava di sangue il suo ji.
"Akane!"
Ranma le si accostò subito, così come Kasumi e Soun, mentre Nabiki e Genma prestavano soccorso ad Hiten e Manten.
"La mia bambinaaaaa...!"
"Non è grave" constatò la piccola Tendo per calmare suo padre.
Con cautela, Kasumi voltò verso di loro il taglio alla coscia di Akane. Perdeva ancora un po' di sangue, ma non era così profonda come sospettavano.
"Dobbiamo bendarla, e subito!"
Ignorando le proteste delle sue di ferite, il giovane Saotome si avvicinò verso la gamba sana di Akane, e facendo attenzione a non toccarle il punto dolorante infilò una mano sotto le ginocchia per poi poggiare la schiena della fidanzata sull'altro braccio.
"Aggrappati a me" le mormorò a fatica. Akane seguì il consiglio, allacciando un braccio tremante al suo collo.
Il taglio su quest'ultimo prese a pulsare, e Ranma credette di sentire un rivolo di sangue scendere giù per il gomito e un'altra goccia raggiungere il pavimento del dojo. Un leggero brivido di freddo gli attraversò il corpo, ma era ad Akane che ora voleva e doveva pensare.
Maledizione a loro! Se non li avessimo disarmati in tempo ci avrebbero fatti a fettine!
"Raccogliete le vostre katane" disse rivolto ai due sfidanti "e sparite."

***

Mentre Ranma sistemava Akane sul suo letto, Kasumi provvedeva a togliere alla sorella minore i pantaloni della sua tenuta da combattimento.
"Ranma, per favore, potresti prendere dell'acqua per pulire la ferita e la cassetta del pronto soccorso?"
Sulla soglia, Soun era intento a piangere e a tirarsi la faccia per la disperazione. Ranma tirò un sorriso stanco. Avrebbe voluto dirgli che non c'era niente di cui preoccuparsi, ma era evidente che l'uomo non si sarebbe tranquillizzato finché non avesse visto sua figlia riprendere le sue abitudini quotidiane.
Nonostante le braccia gli facessero un male cane, il ragazzo con il codino eseguì ritornando con un asciugamano gettato sulla spalla, la cassetta del pronto soccorso tenuta per il manico e un bacinella piena di acqua fredda che poggiò sulla scrivania di Akane. Sentendo le forze venirgli meno si abbandonò sulla sedia della scivania, prima di immergere l'asciugamano nell'acqua e tamponare piano la coscia di Akane per tutta la lunghezza della ferita. Akane serrò gli occhi cercando di non lamentarsi, ma fece una faccia riluttante quando vide Kasumi con dell'ovatta in una mano e una bottiglietta di disinfettante nell'altra.
Non appena entrò in contatto con il disinfettante, Akane esternò un gemito che si costrinse a soffocare sul nascere. Di contro, afferrò le coperte stringendole con tenacia. Sudava freddo, e Ranma avrebbe voluto dirle qualcosa, tranquillizzarla. Dirle "Ehi maschiaccio, tanto sei forte come Ercole. Non ti servono mica due avversari da quattro soldi come quelli di poco fa a metterti k.o.!" e ricevere un pugno sul naso. Almeno, avrebbe avuto una reazione ordinaria da parte sua.
L'unica cosa che lo consolava era che da lì a breve il bruciore di Akane sarebbe sparito, togliendole del tutto quella smorfia di dolore dal viso.
Sei forte sul serio, Akane.
All'improvviso si sentì tirare per il codino.
"Ehi, scemo! Sei con noi?"
"Ehi ehi, fa' piano!" la ammonì lui, scostando con rudezza la mano della ragazza.
Ecco, ora faceva anche la figura dell'imbambolato.
Si grattò piano sulla nuca per attenuare il dolore, quando Akane si rabbuiò di colpo notando i suoi avambracci.
"Ranma, sei ferito anche tu!"
Il ragazzo con il codino si guardò con uno sguardo interrogativo.
Ah, già. Se l'era dimenticato. Che brutti scherzi giocava il musetto di quella mocciosetta del maschiaccio!
"Oh, santo cielo! Cercherò di fare il possibile!" Con i suoi soliti modi premurosi, Kasumi stava finendo di fasciare con delle bende la coscia di Akane. Le coprì delicatamente le gambe con una coperta ed uscì dalla stanza, trovando Soun ancora singhiozzante.
"Kasumi, come sta Akane?"
"Papà, sto bene!" rispose Akane con tono esasperato, tentando di farsi sentire.
"Vieni, papà. Ti preparo una tisana" ridacchiò la ragazza, portando suo padre giù per le scale. "Akane, puoi cominciare a medicare Ranma? Vi raggiungo subito!"
Ranma guardò spaesato una pallidissima Akane seduta sul letto con le gambe distese. Come poteva prendersi cura di lui se in quel momento non riusciva a fare granché? L'avrebbe solo affaticata ulteriormente, e di certo non voleva che la ragazza si prendesse altri fastidi. Ne aveva abbastanza, per quel giorno.
"Non importa, faccio io." Fece per alzarsi, ma Akane lo trattenne per un lembo della giacca del ji, abbozzando un sorriso lieve.
"Prendi un po' d'acqua e vieni."
Eseguì, sedendosi nuovamente sulla sedia della giovane per permetterle di medicarlo.
Con piacere sentiva le mani di Akane trafficare sulle sue braccia per pulirle dal sangue rappreso, e per la prima volta in quella giornata si sentiva rilassato abbastanza da poter permette ai suoi muscoli di distendersi. Ma li sentì contrarre fastidiosamente quando arrivò il bruciore del disinfettante e la ruvidezza quasi insopportabile delle garze.
"Ecco fatto" disse.
"Grazie."
Akane gli regalò un timido sorriso, poi le sue labbra si allargarono. "Un bernoccolo!"
Gli toccò piano la testa, indicandogli un punto preciso.
"Lo trovi divertente?" interloquì Ranma, contrariato e perplesso allo stesso tempo. Bel ringraziamento, se doveva ridere delle buscate prese - per lei - da quei sfidanti.
"Me ne sono dimenticato" ammise ridacchiando.
"Dovresti metterci del ghiaccio."
"Va bene."
"Ranma, Akane!" Kasumi si presentò alla porta di Akane, canticchiando tutta contenta. "Oh, vedo che avete già finito!" disse. "Ranma, il bagno è libero. Mi raccomando, non metterci troppo! Nabiki è andata a comprare qualcosa. Stasera festeggiamo!"

***

"Un bel brindisi a Ranma e Akane!"
Nonstante la mezzana Tendo fosse tornata dalla spesa pochi minuti prima, Soun e Genma erano già ubriachi, ed ovviamente si lasciarono andare alle solite considerazioni sui due fidanzati nei modi più disparati, considerazioni decisamente spinte che Ranma aveva poca voglia di ascoltare.
La lattina di birra ciascuno utilizzata per celebrare la vittoria sui due fratelli Hiten e Manten però non faceva che peggiorare le cose.
Nonostante questo, Ranma partecipò con entusiasmo per la vittoria, mangiando vari stuzzichini, parlando del più e del meno con Nabiki e cercando inutilmente di chiudere la bocca ai due padri che deliravano a causa dei fumi dell'alcool.
Ranma mandò giù un paio di sorsi di birra prima di osservare Akane. Era contenta di aver vinto, nessuno poteva negarlo, ma perché ogni volta che l'attenzione delle altre ragazze si spostava verso qualcun altro, il sorriso tirato di Akane si spegneva?
Non passò tanto tempo che la piccola Tendo decise di alzarsi da tavola. Nabiki e Kasumi gettarono un'occhiata all'indirizzo della sorella minore, probabilmente chiedendosi, come Ranma, cosa stesse succedendo.
Ma come? Erano lì a celebrare una delle loro migliori vittorie conseguite, e lei se ne andava così, senza dire una parola?
"Sono stanca", fu la sua giustificazione.
Già, e io sono Bruce Lee!
Era vero che avevano speso parecchie energie a causa di quel combattimento, e a dirla tutta neanche lui si sentiva fresco come al mattino. Ma da lì a piantarli quando c'era tanta voglia di festeggiare il pericolo scampato, soprattutto lei che al dojo teneva tanto quanto la sua stessa vita ce ne correva.
"Vuoi che ti accompagni?" chiese Kasumi.
"No, grazie." Getto un'occhiata all'indirizzo di suo padre e, vedendolo mezzo addormentato fra le braccia - o meglio, le zampe - di Genma trasformato in panda lo lasciò stare. Augurò la buonanotte a tutti, per poi andarsene portando con sé la lattina.
Questo dettagli indusse Ranma a pensare che non era per la stanchezza che Akane aveva deciso di ritirarsi. E sinceramente, voleva sapere che caspita frullasse nella testa del maschiaccio. Ma non poteva seguirla a ruota senza destare dei sospetti. Attese vari minuti, abbandonando completamente la voglia di divertirsi, finché non annunciò che anche lui sarebbe andato a letto.
"Credo che anche io andrò a dormire."
 Per enfatizzare, prese perfino uno sbadiglio - rigorosamente finto - nel tentativo di apparire convincente, ma tutti i suoi sforzi andarono a farsi benedire.
"Certo, come no!" rise Nabiki - quella iena patentata! - sfoderando un sorrisone ambiguo. Dallo scintillio nei suoi occhi si capiva chiaramente che avrebbe detto qualcosa di... stravagante. "Sicuramente vuoi raggiungere mia sorella per... festeggiare come una coppia dovrebbe, ovvero fare del salutare sess..."
"Nabiki, ma che stai dicendo?" urlò una scandalizzatissima Kasumi. "Non sta bene!"
Ma non c'era bisogno che finisse la frase per mandare in fumo la testa di Ranma.
Ma... ma... NO! Non è... nelle mie intenzioni... Nabiki, sei insopportabile!
"E dai, vuoi dire che non ho indovinato?" sbottò la mezzana, incespicando nelle parole. Era evidente che era la terza persona ad aver bevuto più di tutti.
Colto alla sprovvista, Ranma fuggì a gambe levate, riuscendo a portarsi di sopra solo la sacca del ghiaccio.
A dire il vero, non sapeva se avrebbe cercato Akane oppure no.

***

Trovò Akane al balcone, probabilmente per rimanere sola con i propri pensieri.
Era appoggiata al parapetto con entrambe le braccia, la sua lattina di birra ancora in mano. Circondata dal buio della sera, la sua figura sembrava più piccola che mai.
Gli occhi di Ranma caddero inevitabilmente sulla fasciatura fatta da Kasumi, nascosta in parte da un paio di pantaloncini gialli.
Se non avessi fatto di testa mia, adesso sarebbe in ospedale.
"Ehi, sei scappata?"
La ragazza sobbalzò, voltando la testa verso il fidanzato quel tanto che bastava per dirgli che no, non era scappata affatto. "Sono davvero stanca, avevo solo bisogno di una boccata d'aria" aggiunse.
Si affiancò a lei, notando subito che Akane aveva un grosso livido sotto l’occhio destro, sicuramente causato da uno dei tanti colpi ricevuti. Forse era per quello che il suo viso aveva un aspetto così acceso prima.
"Credo che questa serva anche a te" disse Ranma, poggiando delicatamente la sacca del ghiaccio sulla sua guancia.
"Grazie." Accettò di buon grado quella premura, ma poi rimase in silenzio, ritornando ad essere sovrappensiero. L'unico movimento che fece fu di bersi un altro lungo sorso di birra. Vedendola così, assorta e calma come un lago, nessuno avrebbe mai scommesso che si trattasse di una combattente.
Il giovane Saotome attese, mentre progressivamente sentiva crescere una strana sensazione, come se si sentisse offeso del fatto che Akane, nonostante probabilmente ci fosse qualcosa che la preoccupasse, non spiaccicava parola. E pensare che avevano sempre chiacchierato in quegli anni, su tantissimi argomenti.
Se hai qualche problema potresti anche parlarne con me!
Un tacito rimprovero, spezzato da poche e semplici parole di scusa.
"Mi dispiace tanto."
Fu un sussurro, così lieve e dispiaciuto che non sembrava reale. Ranma ebbe un sussulto al cuore. Era così indifesa quando faceva così.
Provando a risponderle, dalla sua bocca uscì solo un lieve balbettio.
"D... di cosa?"
"Stamattina, prima dell'incontro..."
Ah, come dimenticarlo! Aveva fatto il diavolo a quattro per tenerlo fuori dal dojo quella mattina, ma fra due testardi la cosa non poteva essere così scontata.
"Se fossi stata sola ti avrebbero fatto male sul serio!" disse Ranma con ovvietà, incrociando le mani dietro la testa.
"Già..." replicò lei triste, osservando distrattamente la lattina.
Uno contro due in un combattimento ufficiale sarebbe stato disonesto per i due fratelli e pericoloso per la ragazza.
Ma a dispetto della situazione presentatasi poche ore prima, Ranma non poteva affatto negare che Akane era diventata un’artista marziale temibile tanto quanto lui. Proprio come aveva dimostrato quella mattina contro Hiten e Manten. Anche se era allo stremo delle forze e ferita, aveva continuato a combattere con fierezza e tenacia. E questo, pensava Ranma, la rendeva degna di essere già chiamata maestra.
Ranma sapeva che se le avesse fatto degli apprezzamenti, Akane si sarebbe sentita felice, lusingata. Pazienza se si fosse montata la testa.
Si avvicinò ancora di più a lei appoggiandosi al parapetto così come aveva fatto la ragazza, e d'un tratto si sentì inesorabilmente attratto da lei, molto più del solito.
"Ehi, Akane."
"Dimmi."
"Hai combattuto benissimo."
Sulle labbra di Akane finalmente comparve un sorriso, e il ragazzo con il codino ne rimase piacevolmente deliziato.
Unire le loro forze con una complicità così sincera come la loro era bello e appagante al tempo stesso. Sì, c'erano molti incidenti - litigi - di percorso, ma alla fine ne uscivano vincitori, a dispetto dell'apparente superiorità dei loro avversari.
Peccato che le occasioni erano così poche che si potevano contare con le dita. Al dojo arrivavano sempre sfidanti singoli, che puntualmente Akane pretendeva di battere per conto suo. Per quanto riguardava allievi da allenare, per i loro genitori non era ancora una attività alla loro portata.
La ragazza ridacchiò un poco. "Non ne va del tuo orgoglio se mi fai questo tipo di complimenti?"
Stava giocando, era evidente, ma davanti a quella spontaneità Ranma poteva sentire chiaramente le guance andargli in fiamme ed il battito cardiaco triplicato.
Accidenti, Akane! Ci rimarrò secco se continui a fare così!
Anche se per qualche secondo e non sapendo assolutamente cosa la rendesse così triste e nervosa, aveva sollevato il morale ad Akane con ciò che lei sicuramente voleva sentirsi dire.
"Posso fare un'eccezione, ogni tanto. Soprattutto con la mia fidanzata."
Aspettaaspettaaspetta!!!
Che diamine aveva detto?
Akane si voltò di colpo, fissandolo con malcelata sorpresa e con un pizzico di preoccupazione.
Calibrò in quali modi quel che aveva detto poteva essere inteso, soppesando parola per parola quella risposta. Ma porca miseria, ma perché all'improvviso non ricordava più niente?!
"Non stai bene, Ranma? Hai la febbre?"
Ahia...
"Sto benissimo, invece!" ribatté con eccessiva enfasi. Forse con quel tono alterato avrebbe capovolto la situazione, facendo indispettire Akane e mandando a puttane la serata. Ma a quella reazione così esagerata Akane non proferì parola.
"Akane, io..."
Cazzo, la timidezza.
Perché non riusciva mai a dire quel che pensava ad Akane?
"Ranma..."
La vedeva, e Ranma sapeva che aveva paura. Ma dannazione, ne aveva tanta anche lui.
Ma ebbe molta più paura ripensando - l'ennesima volta - a come sarebbe andata a finire se non fosse tornata a casa viva. A quell'ora non sarebbe stata lì a chiacchierare con lui su quel balcone. Non avrebbe scherzato, non si sarebbe incazzata quella mattina. Non starebbe lì a pensare se potesse fare oppure no quel che stava per fare.
Perché sì, lo avrebbe fatto. Ormai era troppo vicino a lei con lo sguardo incatenato al suo. Gli occhi di Akane lo trafissero tagliandogli involontariamente ogni via di fuga. Si sentiva esposto, come se fosse nudo, nei guai fino al collo. E non sapeva spiegarsi il perché, ma voleva immergersi, in quei guai, e rimanerci.
Stranamente non gli importava se l'avesse mandato su Marte, se lo avesse riempito di pugni o se gli avesse dato del maniaco. Era troppo euforico per darsi pensiero per questo.
Ammazzami pure, dopo.
La bocca arrossata di Akane, e il fatto che se la mordesse piano per il nervosismo non faceva che peggiorare le cose. Imponendosi quanta più calma possibile, coprì la distanza che li separava finché il respiro caldo della ragazza lo mandò in estasi, mozzando il suo.
Chiuse gli occhi. Percepì le proprie labbra tremare, perdere del tutto il controllo di ciò che stava succedendo. Ma fu in quell'istante che sentì qualcosa chiudergli la bocca.
Confuso e stordito, Ranma aprì gli occhi.
Sulle labbra aveva una mano di Akane.
Sul viso, la ragazza aveva un'espressione mortificata. Sull'orlo delle lacrime.
Cosa...?
"Non farlo, Ranma. Per favore..."
Una preghiera mite, con una voce terribilmente incrinata, che non avrebbe mai immaginato di sentire da Akane.
Forse aveva capito male, forse la birra stava giocando dei brutti tiri al suo cervello che, a detta di Akane, era già bacato di suo. Ma il palmo della mano della fidanzata era ancora incollato saldamente sulla parte inferiore della sua faccia, confermando con brutale crudeltà il suo sospetto.
Lo stava... rifiutando?
No, non è possibile... Dev'essere uno scherzo, di quelli pessimi!
Finalmente Akane lo lasciò, ma distolse immediatamente lo sguardo. Ranma giurò di scorgere una lacrima sul piccolo viso della ragazza, e in quel momento sentì un pugnale trafiggergli il cuore, riducendolo in frantumi.
Riuscì appena a controbattere con un "Perché?" ma ciò che ebbe come risposta non lo soddisfece affatto.
"Non me lo chiedere..."
"Che vuol dire "Non me lo chiedere"?" E noi..."
Non lo lasciò finire. Troncò sul nascere una domanda che gli parve ovvia, a cui era praticamente doveroso dare una pur minima spiegazione.
"Non ci pensare, al nostro fidanzamento..."
Un'altra lacrima, che lei asciugò in fretta.
"Ho capito..." mormorò Ranma atono.
Fece alcuni passi indietro, prima di correre via.





NDA
E' da un po' che non scrivevo qualcosa. Me ne sono successe tante, perciò non ho avuto né tempo tanto meno voglia di buttare giù qualcosa. Però scribacchiando un po' di voglia mi è venuta, così ho cominciato a scrivere questa cosetta. E niente, giusto per riprendere in mano il sito e combinare qualcosa.
Se ci sono errori, non esitate a segnalarli.



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Capitolo 2
*** Cap. 2 ***



Don't ask me why



Non chiedermi perché, non ci pensare, eh?! Ma a chi cavolo vuole darla a bere? Ah ma io ho capito, eh! Ho capito perfettamente! Poteva risparmiarselo, quella maledetta! Tutti quei bei sorrisi, tutte quelle smancerie, e per dirmi cosa? Che non... che non mi vuole?! Poteva dirmelo chiaramente che aveva intenzione di finirla con questa farsa del fidanzamento!”
Incurante delle ferite alle braccia che gli imploravano pietà Ranma afferrò con rabbia un’altra camicia, la appallottolò in fretta e furia per poi andarla ad aggiungere a tutti gli altri suoi indumenti ficcati in malo modo nel suo zaino da viaggio.
Nell’impeto alcuni lembi di indumenti traboccavano dal suo zaino, come se cercassero in qualche modo di non entrarci, e di ritornare al loro posto, nell'armadio.
Che stupidaggine! Quando mai i vestiti decidono da soli cosa fare?
Resosi conto di quanto fosse insensato pensare ad una cosa del genere si portò una mano alla fronte, completamente esausto.
Ecco, adesso sto anche delirando...
Sospirando pesantemente, Ranma raccolse le ginocchia in un abbraccio con una lentezza che non gli apparteneva, provando inutilmente di calmarsi e liberare la testa dai brutti pensieri. Piuttosto, doveva fare attenzione a non lasciare niente di suo, perché non avrebbe fatto più ritorno al dojo Tendo, tanto meno poteva restare a Nerima come se niente fosse. 
Ora l’unica cosa che gli restava da fare era togliersi Akane dalla testa e continuare il suo percorso in qualità di maestro di arti marziali indiscriminate.
Avrebbe trovato un bravo ragazzo strada facendo, e lo avrebbe preso sotto la sua ala protettiva in qualità di allievo per mandare avanti la sua scuola d’arti indiscriminate Saotome.
Senza di lei.
D'altro canto, era ciò che aveva in mente prima di conoscerla. Non aveva mai voluto quel fidanzamento, e lei altrettanto, a quanto pareva.
L'armadio che conteneva la sua roba era ormai svuotato, era tutto perfettamente in ordine come era prima di arrivare, tranne che per gli effetti personali di suo padre, che in quel momento stava beatamente ronfando con Soun Tendo.
Bene, non c’era più niente.
Niente.
Niente che lo legasse a quella casa, si disse, sebbene con poca convinzione.
Si alzò con titubanza, come se la sua mente avesse dimenticato altro e come se lui avesse inconsapevolmente omesso di ricordare.
Si fermò di colpo, mentre un enorme senso di colpa lo indusse a gettare lo sguardo più in basso, verso il futon ripiegato, ricordando che lì c’era qualcosa che proprio non poteva dimenticare.
Lentamente si accovacciò per frugarci dentro. Tirò fuori una scatolina di velluto azzurro, e con riluttanza l’aprì. Dentro c’era un anello, lo stesso che con tanta fatica aveva scelto per lei. Era una fascia d’argento sottile, sulla quale c’erano piccole scanalature irregolari che bagnate dalla luce brillavano.
Aveva messo da parte dei soldi e preso il coraggio in mano per acquistarlo. Era stato molto difficile farlo, tanto più se la sua testa lo rimandava all’episodio della scatolina di sua madre. Akane avrebbe potuto fraintendere dato l'infelice trascorso, reputandolo un mero scherzo fatto da un imbecille, ma Ranma aveva fantasticato tanto su una eventuale reazione positiva della sua fidanzata alla vista di un anello di fidanzamento vero.
Con un po' di fegato avrebbe potuto chiederle di sposarlo - prima di arrivare ai cinquant'anni, magari - perché Ranma aveva deciso che qualunque cosa fosse successa, in qualunque modo fossero andate le cose avrebbe voluto domandarglielo.
Ma adesso? Adesso lei gli aveva fatto capire che non c'era posto per lui nel suo cuore, impedendogli di farle capire che lui era lì per lei, che non aspettava altro che fare passi avanti senza tirarsi indietro, ma soprattutto senza lasciarsi distrarre da niente.
Neanche dal desiderio di tornare un ragazzo a tutti gli effetti. Aveva valutato la possibilità di fare qualcosa per la sua maledizione, ma a patto di non farle correre alcun pericolo.
Ranma aveva già messo a repentaglio la vita di Akane talmente tante di quelle volte che spesso pensava seriamente di non essere in grado di proteggerla abbastanza.
Aveva così deciso di smetterla di dare più importanza ai suoi desideri a dispetto dell’incolumità della ragazza.
Anche perché con il passare del tempo era diventata lei, il suo desiderio. E quello di ritornare un ragazzo a tutti gli effetti era sorprendentemente passato in secondo piano.
La paura di perderla era stata più forte di qualunque altra cosa, per questo aveva fatto di tutto per salvarla. Perché niente, neanche riacquistare la propria virilità valeva quanto la vita di Akane.
D'altro canto, quante volte gli aveva assicurato che a lei non importava se diventava una ragazza con l'acqua fredda? E quante volte lui le aveva creduto, celando in tutti i modi possibili la sua immensa felicità davanti a quella seppur piccola confessione?
Che si fosse stancata di avere un fidanzato così e avesse trovato l'occasione di lasciarglielo intendere?
No, non credo.
Lo aveva respinto, d'accordo, ma aveva troppa fiducia in lei per pensare che lo avesse lasciato per quello.
Doveva accontentarsi di averla protetta per un periodo della sua vita, lasciando poi  che gli eventi permettessero loro di dividersi? Probabile: se Akane non voleva stare con lui, nessuno doveva e poteva costringerla. Tanto meno i loro genitori.
Stava a lei decidere cosa avrebbe fatto della sua vita, proprio come aveva fatto con lui.
Non che lui non avesse contribuito alla sua ritrosia.
C'era la possibilità che quella freddezza fosse da attribuire al mancato matrimonio: Akane quella mattina aveva finalmente messo le cose in chiaro, si era vestita da sposa per lui, gli aveva chiesto se la amava; e lui di rimando aveva fatto scena muta, per poi litigare nuovamente. Come se non bastasse, si era messo a correre dietro la botte di Nannichuan d'istinto, e non gli ci volle molto a capire che così facendo aveva dato la priorità all'acqua piuttosto che a lei, e proprio sotto i suoi occhi.
L'aveva delusa, questo era certo. Ma subito dopo erano tornati quelli di sempre, con qualche battibecco in meno, anche se con qualche incursione rompipalle in più.
Non parlare di quello strano quanto triste episodio era diventato un tacito accordo che nessuno dei due voleva rompere.
Anzi, Akane sembrava disposta a passarci sopra.
Ecco perché c'era tanto che non tornava: la gelosia malcelata, le loro mani strette, l'aiutarsi a vicenda, i sorrisi complici. Il combattere insieme con quell'affiatamento, quel leccarsi le ferite a vicenda, preoccupandosi l'uno dell'altra...
Cos'era tutto ciò? Aveva forse frainteso? L'aveva illuso?
Tra loro c'erano sempre stati malintesi a non finire, ma per Ranma, il momento in cui Akane lo aveva rifiutato sembrava così... inequivocabile.
Non ci voleva un genio per capire che una ragazza che non vuole essere baciata non vuole avere niente a che fare con l'altra persona. Ma qual era il motivo? Cosa aveva fatto di male? Che lui avesse fatto qualcosa quella sera per meritarsi quel trattamento?
"Sei abile!"
Ecco, lo sapevo! Si è montata la testa!
Ecco perché aveva delirato come una testarda quella mattina, la signorina faccio-tutto-io! Perché aveva intenzione di mandare avanti il dojo da sola, senza l'aiuto di un ragazzo che fosse in grado di sconfiggerla. Le era ritornato l'orgoglio di un tempo, quando respingeva quel fidanzamento imposto con tutte le sue forze.
Ma in fondo, poteva pure capirla.
Akane non voleva qualcuno che adombrasse la sua personalità forte e volitiva e che la battesse nelle arti marziali - del resto, non era così anche per lui? - e Ranma non voleva qualcuno che lo distraesse dai suoi intenti principali e che lo riempisse di botte quasi ogni benedetto giorno.
E lui, scemo com'era, credeva pure di farle piacere facendole dei complimenti.
Effettivamente doveva immaginarlo: in quegli ultimissimi anni aveva affinato le sue tecniche marziali, ed aveva sempre preteso di difendere da sé il suo dojo, scagliandosi sia contro di lui che contro suo padre nei momenti in cui loro avrebbero voluto darle una mano.
I ringraziamenti di Akane Tendo, la donna più maschiaccio del Giappone.
Ma se quelle invettive erano violente, altrettanto non si poteva dire di quell'ultima sera. Akane sembrava pensierosa, era stata tutto il tempo dopo il brindisi a rimuginare su chissà quale cazzata le passasse per la testa.
Ranma non poteva di certo estorcerle informazioni così private! Solo, voleva che lo rendesse partecipe dei suoi pensieri, o perlomeno delle sue preoccupazioni. Era il suo fidanzato, diamine, ed anche se erano stati i loro genitori a decidere per loro fino a poche ore prima erano loro stessi a considerarsi tali.
C'era qualcosa che con tempo si era fissato, che dopo mille peripezie aveva fatto in modo che i due si scoprissero, oltre agli screzi e le cose non dette, o dette per metà, o nel momento inopportuno. Ranma aveva identificato quel qualcosa in amore, perché cosa poteva essere altrimenti? Cosa la faceva apprezzare e desiderare ogni giorno di più, soprattutto grazie a quelli che la maggior parte considerava difetti?
Ma a quanto pare, era il solo a provare dei sentimenti per lei.
Akane non era innamorata di lui, e probabilmente non lo era mai stata.
E se fosse innamorata di un altro?
Quello fu il pensiero che gli fece più male, che fermò bruscamente il flusso dei suoi pensieri dandogli una spinta in più verso il baratro.
Basta!
Lanciò la scatolina aperta contro la parete, facendo volare via l’anello che tintinnò per alcuni secondi per la stanza prima di fermarsi.
Le sue erano soltanto congetture che si accavallavano le une sulle altre, senza un reale fondamento. La verità la sapeva solo lei, e quella gallina lunatica non voleva assolutamente condividerla.
Sei una stupida!
Mai in vita sua avrebbe creduto che sarebbe stato così male per un rifiuto. Nella sua vita c’erano solo le arti marziali, e il desiderio di diventare sempre più forte. Non aveva mai avuto l'intento di trovarsi una ragazza, o di farsi una famiglia. Semplicemente, non ne aveva bisogno.
Akane era arrivata ed aveva ridimensionato ogni cosa. Gli aveva dato uno scopo senza che lui lo volesse e senza pretendere niente in cambio.
Gettò il suo sguardo azzurro verso l'anello che riluceva debolmente contro i raggi della luna, pentendosi per il gesto fatto. Lo raccolse, riponendolo con una cura quasi maniacale nello zaino.
Non sapeva assolutamente che ora fosse: sapeva soltanto che era notte fonda; si buttò sulle spalle i bagagli e sgattaiolò via dalla finestra, per non passare dalla porta di ingresso finendo poi accidentalmente contro quell'ammasso di pelo di suo padre che avrebbe potuto fermarlo, come già fece alcune volte i primi tempi in casa Tendo.
Atterrò in giardino, per poi scavalcare il muretto che delimitava la casa. Avvertì una dolorosa fitta alle ferite che lo fece gemere, ma che presto gli rammentò anche il momento sereno in cui Akane si era presa cura di lui nonostante fosse provata dalla fatica della lotta.
Akane...
Una fitta al cuore gli spezzò ogni tentativo di muovere le gambe tremanti il più velocemente possibile. Non voleva andarsene, tantomeno voleva arrendersi in quel modo lasciando che il vuoto si scavasse un solco profondo dentro di lui, che lo divorasse con la sua angoscia.
L'unica cosa che voleva in quel momento era vedere Akane affacciata alla finestra, essere fermato, sentirsi dire da lei che no, non voleva fargli questo, perché in fondo non lo voleva neanche lei.
Ma la finestra della stanza di Akane era spenta, probabilmente lei era già a dormire fregandosene di lui, con in testa solo il suo stramaledetto dojo.
Improvvisamente si fece strada l'esigenza di allontanarsi, di schermare la mente dalla delusione, dalla rabbia e da ogni pensiero negativo nei confronti di Akane. Qualunque cosa facesse, non era una ragazza che si meritava sentimenti simili.
Volevo soltanto stare con lei.
Si mise a correre, verso quelle che erano le zone limitrofe di Nerima. In poco tempo però avvertì un fortissimo capogiro. Rallentò di colpo, per poi camminare lentamente per un paio di metri.
Non poté proseguire. La vista gli si offuscò con una velocità sorprendente prima di perdere i sensi.

***

Akane era sulla roccia fredda, nuda, priva di sensi.
Ranma si avvicinò con urgenza a lei, provando a prenderla fra le braccia e a scuoterla. Ad invocare il suo nome. A stringerla contro il suo petto. A baciarla.
Inutilmente.
"Akane!"
Non rispondeva. Non respirava.
Era morta.

"NO!"
Ranma si svegliò di soprassalto, madido di sudore, e con una lancinante sensazione di stordimento. Sentiva terribilmente freddo nonostante una pesante coperta lo ospitasse dolcemente fra le sue pieghe.
Percepì l'urgenza di regolarizzare il suo respiro affannato, mentre tentava con scarso successo di mettere a fuoco l'ambiente in cui si trovava.
Era in un futon diverso, che non riusciva a riconoscere come proprio, e come un fulmine gli tornò in mente ciò che era accaduto il giorno prima. Un nuovo assalto di infelicità lacerante arrivò prima che lui potesse rendersene conto per respingerlo, attanagliando con crudeltà inaudita.
Chissà cosa sta facendo in questo momento...
"Ah, ti sei svegliato."
Una voce femminile gli tuonò nelle orecchie. A causa del disorientamento non seppe riconoscere, e che perciò gli accese una pur minima speranza che fosse la sua fidanzata.
"Akane?!"
"No, sono Ucchan. Quella carina!" rimarcò lei.
Ukyo Kuonji gli sorrise con calore, spintonandolo per metterlo supino e poggiandogli un panno umido sulla fronte che probabilmente era volato via mentre lui si agitava nel sonno.
"Sei stato fortunato, Ran-chan! Se non ti avessi trovato saresti morto!"
"Esagerata!"
Il ragazzo con il codino ebbe la alquanto fastidiosa impressione che Ukyo si stesse facendo un po' troppi onori solo per averlo ospitato qualche....
Un momento! Da quanto tempo era lì?
"Ucchan, da quand'è che sono da te?" chiese allarmato.
La bella cuoca ignorò bellamente la sua domanda. "Ma lo sai che ti ho trovato svenuto in mezzo alla strada con la febbre alta?"
Febbre?
Si toccò la fronte mestamente, lasciando poi ricadere la mano pesantemente sul grembo.
Certo, dopo tutto quello che era successo, fra la stanchezza e il turbinio di sentimenti provati, era normale che svenisse per un po' di febbre.
Fantastico, ora che questa! E quella stupida non è neanche venuta a cercarmi.
Si alzò scattando come una molla, afferrando brutalmente il suo zaino e dirigendosi verso l'ingresso del locale di Ukyo. Era tremendamente arrabbiato, ma la ragazza sembrava non rendersi conto di come lui si sentisse. Dovette fermarsi davanti alla piastra da cucina, perché sentì ancora la testa girare furiosamente e le braccia dolergli e tremargli per lo sforzo.
"Siediti, Ran-chan! Ti preparo qualcosa" gli disse la giovane Kuonji, e lui si sentiva troppo debole per protestare. "Ma che è successo? Perché hai quelle fasciature alle braccia? E perché hai il tuo zaino da viaggio?"
Ranma si sentì in gabbia. Non solo Ucchan pretendeva delle spiegazioni che lui non voleva darle, ma ora doveva anche dire qualche stronzata per lo zaino. Ovviamente, poteva solo raccontarle qualcosa di scontato.
"Stavo tornando a casa dopo una settimana di allenamenti sulle montagne" mentì, spostando di proposito lo sguardo verso l'orologio a muro alle spalle di Ukyo - le tre del pomeriggio - però sentiva lui stesso che la sua voce era poco convincente. Ma con la scarsa concentrazione che si ritrovava come poteva inventarsi di meglio?
"Andiamo, non dire sciocchezze!" commentò la ragazza con tono saccente. "Sei stato a mangiare da me appena quattro giorni fa!"
Il giovane Saotome arrossì di colpo, ricordandosi immediatamente di quel pomeriggio: aveva passato gran parte del suo tempo a dare una mano a Soun per il tetto del dojo, per poi andare da Ucchan a gustarsi una meritatissima okonomiyaki alle seppie.
"E non dirmi che ti sei incamminato proprio oggi, perché nessuno nelle tue condizioni si metterebbe in testa l'idea di farsi un allenamento fuori Nerima!" concluse con una punta sarcastica.
Come immaginavo, non se l'è bevuta.
Era capitato proprio nel posto giusto nel momento giusto, a farsi fare un terzo grado dalla sua amica d'infanzia che voleva a tutti i costi mettere su famiglia con lui.
Come una malcapitata conferma di ciò, Ucchan prese allegramente a canticchiare a labbra chiuse. E fin qui niente di strano, finché non arrivò l'ennesima domanda, la stessa che tutte gli facevano nel tentativo di capovolgere la situazione a loro vantaggio.
"Allora, quando sarai guarito uscirai con me?"
Ma davvero credevano che sarebbero riuscite a sedurlo con un banale appuntamento?
Mah...
"Ucchan, non è il momento."
"Se Akane ti ha mollato, ti rimango io!"
A Ranma prese un colpo.
Mollato.
Quella parola lo riportò immediatamente al giorno prima, nel dojo. Ed inevitabilmente al senso di vuoto e inutilità provati davanti ad Akane che teneramente gli tappava la bocca con la mano affinché non venisse baciata.
Non aveva mai voluto neanche pensarla, quella parola durante la notte, ed ora Ukyo gliela spiattellava in faccia con un sorriso così abbagliante che avrebbe accecato un esercito. Peccato che la sua felicità non riusciva a contagiarlo. Anzi, il fatto che la sua migliore amica fosse contenta all'idea della rottura - era una rottura? - del fidanzamento con Akane lo faceva sentire tradito. Lui non ne era contento affatto, Ukyo invece si comportava come se non aspettasse altro.
"Akane non mi ha mollato!" gridò sfogandosi per la prima volta.
"Oh sì, certo! Ed io non so cucinare."
"Abbiamo solo litigato, ordinaria amministrazione! E comunque, questo viaggio di allenamento era già in programma. Un vero artista marziale non si lascia fermare da un po' di febbre."
"Uhm, secondo me c'è qualcos'altro."
"Cosa te lo fa pensare?" chiese lui sulla difensiva.
"Sesto senso femminile!"
Il ragazzo assottigliò gli occhi. Ne aveva abbastanza.
"Beh, allora direi che il tuo ha fallito!"
Non voleva assolutamente farle capire che c'era una falla molto più grande del solito nel suo rapporto già piuttosto turbolento con Akane. Ucchan avrebbe avanzato delle pretese che lui non voleva in nessun modo accontentare. Lo faceva abitualmente, ma ora Ranma si sentiva decisamente più vulnerabile in tal senso. Era disposto a risponderle male, a costo di farlo sentire uno emerito stronzo di fronte all'espressione un po' triste della sua amica.
Voleva farle capire che non aveva nessuna speranza con lui. Sarebbe stato difficile per Ucchan affrontare una simile consapevolezza, ma era la verità pura e semplice.
Forse era presto per affermarlo data la sua giovane età, ma Ranma non si sarebbe mai innamorato di un'altra tanto quanto lo era di Akane.
"E' permesso?"
"Sì, certo!" rispose Ukyo di rimando.
Ranma si voltò, scorgendo la figura robusta del dottor Tofu fare capolino nel locale di okonomiyaki. Il dottore sembrò felice di vederlo.
"Oh, Ranma! Sei qui?"
"Uhm, già..."
Che sapesse tutto? Come? Quando queste domande aleggiavano nella testa del ragazzo con il codino, il buon dottore si sedette vicino a lui. Ranma capì subito che l'uomo aveva adocchiato il suo zaino.
"Allora, che posso fare per lei?" cinguettò la giovane Kuonji.
"Ho avuto una giornata dura, e non ho avuto il tempo di prepararmi qualcosa da mangiare. Ukyo, mi faresti un okonomiyaki alle verdure da portare via?"
"Subito, dottore!"
"Hai una brutta cera, Ranma... E sei ferito!" commentò rivolgendosi al ragazzo.
Ranma spostò lo sguardo verso le fasciature, sentendo che il dolore era decisamente aumentato dalla notte precedente. E notò anche che le bende erano diventate un po' più strette. Probabilmente le ferite erano gonfie.
"Hai anche la febbre" continuò Tofu con un velo di preoccupazione. "Probabilmente quelle ferite sono infette."
Stranamente a Ranma interessavano poco le sue condizioni di salute. Con tutto quello che era successo a casa Tendo si era concesso solo il tempo e le energie per andarsene, e così facendo si era dimenticato di pensare a se stesso.
"Vieni con me in clinica, così ti posso visitare."
"Non so se..." cominciò Ranma incerto.
"Nessun disturbo, Ranma!"
"Pronto!" esultò la bella cuoca. Impacchettò con cura l'okonomiyaki sia di Ranma che quello di Tofu, Il dottore pagò entrambi, facendo un lungo inchino. Con la mano libera si carico lo zaino del ragazzo con il codino, invitandolo a seguirlo.
Finalmente un po' di respiro dall'attenta indagine della ragazza. Le voleva bene, ma il suo atteggiamento in quel frangente lo irritava non poco.
Grazie per avermi sottratto dalle grinfie di Ucchan, dottore...







NDA
Non credevo che nell'angolino delle persone che seguono questa storia siano così tante! Grazie tante davvero! :)
Vi invito ancora a venirmi a trovare nella pagina facebook che troverete fra i bottoni del mio account! :D
Scusate gli errori, se ce ne sono segnalateli.
Un bacio enorme a tutti! :*

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Capitolo 3
*** Cap. 3 ***



Don't ask me why





"Ecco, ho finito!"
Il dottor Tofu estrasse l'ago dell'iniezione dalla spalla di Ranma.
"Hai una infezione, per questo ti è salita un po' di febbre. Ma con questo antibiotico domani sarai come nuovo! Ora cambiamo queste bende."
Ranma lasciò che Tofu lo medicasse con completa apatia, senza nemmeno rendersi conto del tempo impiegato. La testa non faceva che girare, ma almeno non si sentiva così tremendamente stordito come pochi minuti prima. Questo gli permise di focalizzare la situazione delle sue ferite, vistosamente gonfie. Sperò con tutto se stesso che lo stato della ferita alla coscia di Akane fosse meno grave. Anche perché a quell'ora la sua famiglia sicuramente si era già data da fare per evitarle l'infezione.
"Domani ti cambierò le bende e ti somministrerò una dose di ricostituente..."
"Domani non sarò qui" affermò Ranma con il cuore pesante.
"Non se ne parla" rispose perentorio il dottore. "Non puoi andartene. Resterai qui, questa notte. Sei ancora troppo debole per fare i tuoi viaggi di addestramento, sempre che sia vero." Rimarcò con forza i suoi dubbi proprio nel momento in cui Ranma era in procinto di protestare. Finché la sua voce si addolcì, accennandogli un sorriso comprensivo. "Allora, non vuoi parlarne?" Per quanto fosse reticente a raccontare le sue faccende private, specie se riguardavano Akane, il ragazzo con il codino non voleva recare dispiacere a uno dei pochi individui a Nerima per cui nutriva una vera stima.
"Parlarne non risolverà niente."
"E' la prima volta che ti sento dire una cosa del genere. Solitamente non sei così pessimista e abbattuto, sei sempre così sicuro di te!"
"Le cose cambiano, a quanto pare..." mormorò Ranma, ripensando a come si fosse inaspettatamente ribaltata la sua vita dalla sera precedente.
"Già," confermò Tofu, fingendo di pensarci su "nell'ultimo periodo ho visto un sacco di cose strane."
Ranma fu colpito da quella considerazione, e prese a fissare il dottore negli occhi con fare interrogativo. Che gli stesse dicendo qualcosa dell'atteggiamento di Akane che il dottore aveva compreso alla perfezione ma che lui non era riuscito a leggere fra le righe? Perché oltre alla pretesa di Akane di voler gestire gli sfidanti del dojo per conto suo, il giovane Saotome non credeva ci fosse altro.
"Come la prima cosa che ho notato quando sono andato dai Tendo, per esempio" continuò l'uomo "è stata che tu non eri lì con Akane."
Ranma rimase di sasso.
Non aveva capito subito che con l'espressione nell'ultimo periodo Tofu intendesse nelle ultime ore.
Era ancora perso nello strambo giochetto di parole del dottor Tofu mentre con una velocità inaudita nella sua mente slittò una percezione semplice, era vero, eppure così potente da destabilizzarlo: che essere al fianco di Akane per lui era diventato naturale.
Così come lei c'era sempre stata per lui, pronta a parlargli, a sostenerlo, a malmenarlo anche.
Ora però non più.
"Questa mattina Nabiki mi ha telefonato. Akane ha avuto la febbre alta" gli comunicò il dottore. Fu una notizia che risvegliò in Ranma l'impazienza di avere altre informazioni riguardo ad Akane.
"Come sta?" domandò con preoccupazione.
"Ora piuttosto bene, ma se l'è vista brutta."
Cazzo, quanto sei bravo Ranma! L'hai abbandonata così, senza essere sicuro che stesse bene.
L'aveva perfino accusata di non essersi messa alla sua ricerca quando neanche poteva alzarsi dal suo letto.
Va bene, ora faccio proprio schifo.
"Ma quando sono entrato in casa ho trovato un putiferio. Soun Tendo stava piangendo come un matto per sua figlia e si chiedeva dove ti fossi cacciato - quel disgraziato di Ranma, ha detto -, tuo padre ti stava maledicendo in tutte le lingue del mondo..."
"Come al solito, quando le cose non vanno come vuole lui!" soggiunse il giovane Saotome, contrariato da quegli epiteti.
"Kasumi, lei... era indaffarata in cucina. Almeno, così mi ha detto Nabiki..."
Ranma abbozzò un sorriso, ricordando quasi una ad una tutte le volte che lui e gli altri avevano nascosto Kasumi da lui per evitare che perdesse la testa in momenti poco opportuni, quando si rendeva necessario un suo intervento.
"Quando ho visitato la piccola Akane aveva una ferita infetta proprio come le tue. Nabiki mi ha raccontato che c'è stato un incontro, e che ne siete usciti feriti entrambi. Quando le ho fatto notare che tu non eri a casa lei ha alzato le spalle. Sembrava davvero che fosse all'oscuro di tutto. E se non lo sa Nabiki, c'è da farsi due domande!" ironizzò Tofu.
"Se c'è una cosa positiva in questa storia, è che quella iena non sappia niente" commentò il ragazzo.
"Mi vuoi dire cosa è successo esattamente?"
"Perché non lo ha chiesto ad Akane?" sbottò Ranma con voce arrabbiata. Se ne pentì subito, ma il dottor Tofu sembrò indifferente a quello scatto d'ira.
"Non ha detto una parola quando gliel'ho chiesto sottovoce, ecco perché" proseguì l'uomo con gli occhiali. "Ha chinato la testa e non ha fiatato. Non si è confidata, nemmeno quando era palese che ci fosse qualcosa che non andava."
"Non l'ha fatto neanche con me..."
Ranma si accorse che il suo tono era diventato più malinconico e moderato.
Udì un sospiro rassegnato dall'uomo, poi lo vide alzarsi dalla sua sedia. Probabilmente aveva capito che non avrebbe ricavato uno straccio di spiegazioni da Ranma, così come non era riuscito a farsi dire qualcosa da Akane.
"Ora andiamo a mangiare. Le okonomiyaki si fredderanno."
Le okonomiyaki erano uno dei suoi piatti preferiti, ma ora come ora gli era totalmente indifferente mangiarne una.
"Mi dispiace, dottore, ma non ho fame."
"Fa' uno sforzo, devi rimetterti in forze" lo incitò.
Era come se lo stomaco di Ranma si fosse chiuso, e l'unico segnale che mandava era che avrebbe rigurgitato qualunque cosa il suo proprietario avesse voluto ingoiare. Tuttavia, stando a calcoli Ranma non metteva qualcosa sotto i denti da circa un giorno, e sarebbe stato comunque utile provare a mandare giù un boccone. Ma questo pensiero non funzionò.
Giocherellò distrattamente con le bacchette con un gamberetto dell'okonomiyaki, addentandolo quel po' che bastava per dare a Tofu l'impressione che stesse mangiando.
"Avete bisogno di chiarirvi" consigliò il dottore una volta seduti a tavola l'uno di fronte all'altro. "Al di là di qualunque cosa sia successa fra di voi, sono sicuro che Akane non voleva ferirti."
"E' stata abbastanza chiara, invece" disse, e per la prima volta in quelle ore valutò seriamente l'idea di aprirsi e raccontare tutto, dall'incontro con quei stramaledetti gemelli alla sua decisione di farsi avanti e rivelarle una volta per tutte i suoi sentimenti. E perché no, anche dell'anello. Il dottor Tofu si stava comportando con discrezione, ed era una cosa che Ranma apprezzava tanto, anche perché erano molte le persone che non volevano farsi i fatti propri: i loro genitori per primi, per continuare con una lunga serie di rompiscatole allupati che si contendevano ora lui, ora Akane, ora la famigerata "ragazza con il codino". Nessuno che si metteva da parte, nessuno che desse loro spazio e del tempo. Una vera tortura per lui che stava cercando di rendere il proprio fidanzamento combinato una decisione deliberata.
Ma non poteva ignorare il fatto che avrebbe voluto che Akane fosse la prima a sapere del suo amore per lei una volta per tutte.
No, non posso e non voglio che Akane sappia per bene tutto questo da altri.
Tofu in qualche modo glielo avrebbe fatto capire.
"Io invece penso che c'è qualcosa che non hai ben afferrato."
Ranma fece un sorriso amaro. Evidentemente il dottore non aveva mai avuto una esperienza come quella, prima.
Cos'è un bacio rifiutato, secondo lei?
Nonostante si fosse sempre considerato esperto in ambito femminile, Ranma era a conoscenza della sua totale inesperienza con l'altro sesso, e almeno a se stesso non poteva negarlo. Ma come si poteva interpretare altrimenti una cosa così?
"Non sono stupido."
"Ranma, non per impensierirti, ma credo che Akane fosse sul punto di piangere. Anzi, sono convinto che abbia pianto per un po' prima che io arrivassi."
Ha pianto?
Certo, lo aveva fatto anche la sera prima, ma Ranma era troppo concentrato sulla sua cocente delusione per poter pensare che ci stesse male anche lei. Non credeva che avesse passato quella notte a piangere.
Si alzò di colpo dalla sedia. Qualcosa non tornava.
"Non può essere!" sentenziò con voce ferma, e come una molla pronta a scattare si guardò attorno, cercando disperatamente con gli occhi l'apparecchio telefonico dello studio del dottore, ma si diede mentalmente dello sciocco. Non poteva assolutamente telefonare a casa Tendo.
Non sono un vigliacco!
Lasciò l'okonomiyaki quasi intera, con una determinazione nuova in corpo.
Se Akane aveva pianto significava che non voleva respingerlo, ma allora perché lo aveva fatto?
Devo sapere se Akane vuole davvero rompere con me oppure no.
Questo voleva dire tornare a casa, affrontare tutti i presenti e provare ad esprimersi con Akane: tutte cose che aveva sempre evitato di fare in quegli anni. E sinceramente non credeva possibile che una volta al dojo avrebbe trovato il coraggio necessario per fare tutto questo. Tanto meno credeva possibile che quella cocciuta bisbetica gli avrebbe finalmente dato delle spiegazioni. Ed era questo, che gli faceva più paura: di fare un casino colossale e non risolvere niente di niente, e di battere in ritirata con la coda fra le gambe.
Voleva davvero mettere a repentaglio così il suo orgoglio?
Era stato decisamente più semplice difenderla da una miriade di spasimanti pazzoidi rispetto a quello che stava passando adesso. Ma non avrebbe sacrificato la loro felicità per questo.
Ignorando altamente le urla del dottore che cercava di farlo tornare indietro, Ranma si caricò lo zaino in spalla e corse a perdifiato verso l'abitazione dei Tendo, per quanto le sue forze lo consentissero. Non aveva un piano, non sapeva cosa fare o dire una volta arrivato da lei. Sapeva soltanto - anzi, ne era assolutamente certo - che Soun e suo padre gli avrebbero fatto una testa così, tartassandolo con le loro minacce.
Il vero problema era aggirarli ed avere pochi minuti da solo con Akane.
Non chiedeva nient'altro.
Se lei non voleva saperne... beh, questo punto era da definire. Nella rabbia del primo momento si era fatto un piano, pressappoco lo stesso che aveva quando viaggiava con suo padre per imparare ed affinare le tecniche della loro scuola di arti marziali indiscriminate, ma quella prospettiva senza Akane gli appariva così ridicola e remota che paradossalmente il pensiero lo fece quasi sorridere.
Ma non importa: se Akane mi dirà chiaramente che vuole troncare il fidanzamento cercherò di mettermi il cuore in pace.

***

Dall'esterno casa Tendo appariva stranamente silenzioso.
Ranma si aspettava di sentire le grida di Akane che si allenava nel dojo, oppure gli assordanti piagnistei di Soun. Ma l'unico suono che si poteva udire distintamente era quello del vento pomeridiano che sferzava gli alberi del giardino. E poco cambiò quando il suo sguardo intercettò la finestra vuota di Akane.
Arrivato al muretto la figura di Kasumi attirò la sua attenzione. Stava stendendo il bucato al tiepido sole di primavera, fermandosi per toccarsi il volto forse per asciugare una lacrima.
Un colpo di fortuna, finalmente!
Fra tutti quelli che si immischiavano fra lui ed Akane, Kasumi era quella che tentava di essere più discreta e che sgridava bonariamente i loro padri quando la loro presenza era palesemente di troppo.
"Ranma!"
Non appena lo vide attraversare il cancello la maggiore delle sorelle Tendo gli si precipitò incontro con un evidente senso di sollievo dipinto in viso; come Ranma aveva previsto aveva gli occhi leggermente arrossati.
"Perché te ne sei andato?"
Ranma evitò di risponderle direttamente, chiedendole con timore ed un pizzico di impazienza se potesse parlare con Akane.
Dall'ingresso della casa però fece capolino Nabiki, più arrabbiata che mai. Gli si avvicinò a passo marziale, assestandogli una sberla che, per quanto fosse meno potente di quelle del maschiaccio, non era da sottovalutare.
"Nabiki!"
"Ehi, iena! Tieni giù le mani!" le intimò il ragazzo con il codino massaggiandosi la parte lesa.
"Ehi, deficiente!" rincarò immediatamente la mezzana "Che diavolo ha combinato?"
"Da' della deficiente ad Akane, piuttosto! Io non ho fatto niente!"
E' stata lei a provocare questo pasticcio, non io!
"Arrivi tardi! Già fatto, cosa credi?! Avanti" lo spronò con pungente sarcasmo, in un modo che era distante anni luce dal modo con cui il dottore aveva cercato di farlo parlare "spiegaci tu che cosa è successo, visto che Akane non apre bocca!"
"Non apre bocca? Non vi ha detto niente quella scema?"
"No, e neanche stamattina quando è venuto il dottor Tofu. Ha avuto la febbre ma sta meglio. Però non ha mangiato niente, e questo mi preoccupa" disse Kasumi.
"Le hai messo le mani addosso?"
Cosa?
"Come ti salta in mente, Nabiki?"
"Beh, sai quanto è suscettibile in quel senso" commentò Nabiki con sufficienza.
"Ti sembra che le abbia fatto qualcosa che non voleva?" ringhiò il giovane.
Per un istante nella testa di Ranma aleggiò l'idea che forse Nabiki aveva ragione, che forse Akane non voleva che si avvicinasse per baciarla, tutto qui. Che l'aveva respinto per pudicizia, o perché si era scoperta impreparata per un passo simile.
Ma quelle volte in cui lui maldestramente si metteva in testa di baciarla lei lo respingeva energicamente, e sempre per cause di forza maggiore. Come quella volta in cui rischiò di essere scoperto dalla madre, qualche tempo prima che lei lo accettasse in quanto figlio nonostante la maledizione. Non lo aveva mai respinto così. E non l'aveva mai implorato affinché non ci provasse. In lacrime, per giunta.
"Figlio degenere!"
Il vocione di Genma Saotome saettò nell'aria con una cadenza a dir poco minacciosa, ma Ranma non se ne curò più di tanto. Più cresceva e diventava forte, più imparava a non lasciarsi vincere dal timore nei confronti di suo padre ogni volta che non gli andava di obbedirgli. Infischiandosene deliberatamente di un eventuale peggioramento della situazione.
Lo raggiunse a grandi falcate in giardino, afferrandogli brutalmente il bavero della camicia cinese.
"Cosa diavolo ti è saltato in testa, si può sapere?" e lo scosse una volta. "Volevi scappare, eh?" e lo scosse una seconda volta. "Ah, ma io non ti lascerò andare così facilmente" ghignò, certo di averlo letteralmente fra le mani. Portò il volto del ragazzo vicinissimo al suo, nel vecchio tentativo di infondergli quanta più paura riuscisse a trasmettergli. "E ancor meno ti permetterò di mandare a monte il tuo matrimonio con Akane, mi hai sentito?!"
Gli aveva sempre detto che l’amore era roba da femmine, che nella vita di un combattente c’era spazio solo e soltanto per le arti marziali. Questo ovviamente finché gli faceva comodo. Poi gli aveva rifilato una fidanzata - anzi, settordicimila fidanzate, giusto per non farlo rimanere senza - e aveva fatto di tutto per piegarlo alla sua volontà, invano.
"Non decidi tu cosa fare della vita degli altri!"
Se era rimasto a casa Tendo tutto quel tempo era perché in fondo ad Akane ci teneva, e il fatto che lei era contraria quanto lui a quel fidanzamento combinato lo faceva sentire compreso, finché la complicità, l'affetto e l'attrazione avevano fatto il resto.
"Sono tuo padre e devi obbedirmi!"
Ecco la frase magica...
Era sempre quella che utilizzava, quando il suo ruolo era l'unico appiglio a cui aggrapparsi per ottenere ciò che voleva da lui.
"Non l'ho mai fatto e non lo farò!"
Come se non bastasse il capofamiglia Tendo doveva aver sentito tutto, perché appena dopo l'incursione di suo padre arrivò quella più dura del padre di Akane.
Se le sorelle Tendo erano state più o meno moderate con Ranma, lo stesso non si poteva dire di Soun. Era su tutte le furie, e il ragazzo con il codino notò anche che in poche ore sembrava invecchiato di dieci anni. Gli faceva decisamente più impressione questo aspetto che non il fatto che lo avrebbe frantumato da lì a poco.
"Ranma!" e quel suono, sì che lo fece tremare. "La mia Akane non mi parla! Che accidenti è successo? Che le hai fatto, maledetto?"
Urlava, e un po' Ranma poteva capire la sua preoccupazione. Ma non si lasciò intimorire neanche da lui, proprio come aveva fatto con il padre poco prima, quel buzzurro che ora lo guardava in cagnesco come se la sua vita dipendesse dalla sua condotta.
"Mi dispiace deluderla, ma non ho fatto proprio niente!"
"L'hai lasciata sola, ferita e malata e ritorni come se niente fosse?"
"Sola? C'era la sua famiglia a prendersi cura di lei, o sbaglio?"
"Sei anche tu la sua famiglia, te ne sei dimenticato?"
La tiritera è sempre quella, oh!
"Ancora con questa storia? Se non vuole più questo assurdo fidanzamento rispetterò la sua scelta! Akane non è costretta a sposare chi non vuole! Sarà lei a decidere se e con chi farlo!"
"Cosa?"
Bene, perfetto.
L'amabile conversazione stava prendendo una piega inaspettata.
Non solo Ranma non aveva mai parlato in quel modo a Soun, suggestionato com'era da una sua probabilissima reazione intimidatoria, ma era arrivato al punto di proteggere Akane anche dal suo stesso padre e dalla decisione di farli sposare.
Si sentiva tremendamente scosso: questo voleva dire lasciare Akane, forse definitivamente. Sarebbe stato molto più semplice scusarsi e avanzare la stessa pretesa di Soun facendo leva sulla promessa dei due amici.
Ma Akane non era mai stata d'accordo. E nemmeno lui, fino a qualche tempo prima. E comunque, ciò che poi era nato stando insieme a lei, Ranma lo considerava una cosa a parte.
"Voglio solo parlarle, tutto qui."
"Te l'ho detto: Akane non vuole parlare" disse Soun incrociando le braccia.
Stava facendo un sacrificio enorme al suo orgoglio. Non aveva mai fatto una cosa simile prima, o almeno non davanti ai loro genitori e alle sue sorelle.
Ritornare per lui era stata un'azione dettata dai dubbi e dall'istinto, e ora che aveva raccolto il guanto di sfida contro se stesso non si sarebbe tirato indietro senza arrivare alla realizzazione del suo proposito.
"Non importa" mentì infine. Importava eccome il fatto che lei si ostinasse a fare finta che non era affar suo. Ma doveva provarci, o avrebbe portato con sé quel rimpianto per tutta la vita.  
"E' nella sua stanza" sussurrò Kasumi, indicando l'interno dell'abitazione.
Ranma si avviò con passo deciso verso la stanza della ragazza come se si stesse preparando ad un combattimento, nonostante ci fosse una piccola parte di lui che non voleva assolutamente che lui si esponesse ancora: lo aveva già fatto la sera precedente con lei, lo stava facendo adesso mentre speditamente saliva le scale del piano di sopra, lo avrebbe fatto a breve ancora una volta. Ma non ne poteva più di dare ascolto a quella piccola parte.
Quando arrivò alla sua porta fu come se il suo cuore avesse ripreso a battere. Non c'era paragone alcuno fra quelli semplici e banali che aveva avuto in quelle ore e quelli che ora suonavano come tamburi nelle sue orecchie.
"Akane, indovina chi è alla porta?!"
Doveva essere una sorta di domanda ironica, ma non c'era nessuna sfumatura simile nella sua voce. Fu certo di essere ascoltato da lei, perché gli sembrò che dall'interno Akane avesse emesso un lievissimo singulto.
Alle spalle aveva il resto delle loro famiglie, ma per timore di bloccarsi Ranma non diede loro peso. Se Akane avesse accettato un colloquio con lui, con tutta probabilità si sarebbero allontanati un po'.
"Non devi preoccuparti, Akane. Ho afferrato il messaggio, e ti prometto che se è questo il tuo desiderio non mi vedrai mai più. Dimmi soltanto perché."
Faceva male, dannazione. Soprattutto se pensava al fatto che quella sarebbe stata la loro ultima conversazione. Rimase in ascolto, abbeverandosi di ogni minimo eventuale suono o rumore che arrivasse dalla stanza della piccola Tendo.
"Akane!" Ma non udì niente. Akane sembrava determinata a non tradirsi.
Quasi gli ritornò in mente la scenata a Ryugenzawa, con quel stramaledetto di un Shinnosuke che cercava di allontanarla da lui; e a causa di questa fuggevole considerazione il dubbio che Akane si fosse innamorata di qualcun'altro riprese ad infiammargli la testa.
Si sarebbe sentito decisamente meglio se gli avesse dato uno schiaffo come quella volta, perché in quegli anni aveva ormai constatato che il suo silenzio era peggiore di qualunque sberla o insulto.
Ma Ranma era felice soltanto se lo era anche lei, e se Akane voleva esserlo senza di lui... doveva andargli bene.
"Bene, ho capito."
Tutta questa baraonda per niente.
"Spero che qualcuno sia abbastanza matto da sposarti. Addio!"
In qualche modo si sentì cattivo abbastanza da dirlo, ma non ne fu affatto compiaciuto. E alla sconfitta di quell'impresa, si aggiungeva la sua totale incapacità di dominarsi e dirle qualcosa che magari avrebbe potuto convincerla ad uscire dalla sua camera. Ma aveva carattere, Akane; e a Ranma piaceva anche per questo.
Tuttavia, decise di non importunarla ulteriormente.
Fece dietrofront e, vedendo che le scale erano ostruite dagli altri inquilini di casa Tendo, scavalcò il corrimano con un agile balzo, atterrò con grazia un po' più in giù alle loro spalle e uscì con movimenti nervosi, senza voltarsi indietro.




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Capitolo 4
*** Cap. 4 ***


Don't ask me why





Una lacrima rotolò giù dal suo viso, ma prontamente Ranma la asciugò in fretta.

Stupidastupidastupidastupidastupida!

E stupido era anche lui, che era tornato come un cagnolino bastonato e si era umiliato ancora una volta. Non solo davanti a lei, ma davanti a tutta la famiglia - di cui una parte consistente ormai lo voleva disintegrato.

Era rimasto lì, davanti a quella paperella di legno, senza aver niente per cui scusarsi e con mille improperi rabbiosi nella sua testa.

Già, la rabbia.

Era stata la rabbia a lanciarle addosso quello stupido insulto - quando sapeva che Akane in fondo non voleva assolutamente sposarsi - ed era stata sempre la rabbia a non fargli tener conto delle sue lacrime.

Avrebbe potuto dirle che sapeva che aveva pianto, che c'era qualcosa che non quadrava in quell'assurda faccenda. Ma alla fine Akane non lo avrebbe degnato di alcuna replica, e conoscendola, se avesse insistito avrebbero finito con il litigare. Sarebbero volate parolacce e chissà quant'altro, e questo non avrebbe fatto altro che indispettirla, peggiorando la già precaria situazione.

Certo, d'altro canto tutto questo sarebbe stato più rincuorante rispetto a quel silenzio testardo.

La ragazza sapeva benissimo quale sforzo di volontà avesse impiegato Ranma per tornare indietro e fare quella scenata, ma lei niente, non gli aveva neanche detto di smetterla di infastidirla, o di andarsene.

Che le costava aprire quella dannata porta e dirglielo in faccia? Dirgli che lo detestava, che il fidanzamento l'aveva scocciata o che aveva trovato un altro fidanzato.

Non era certo di incassare un colpo simile senza conseguenze, ma almeno avrebbe messo a tacere quel groviglio di pensieri che gli attanagliava il cervello.

E che poteva sciogliere solo riprovandoci.

No! Non ci torno da quella là!

Già, era facile pensarlo con tutto quel risentimento in corpo, ma per quanto ancora avrebbe resistito all'impulso di incamminarsi verso casa Tendo ed estorcerle almeno una motivazione plausibile per... quello che era successo al balcone?

Mi ha spezzato il cuore. Non posso e non voglio più rivederla. E per cosa, poi? Per farmi del male ancora, come se non ne avessi abbastanza.

Akane Tendo era solo una ragazzina viziata che si divertiva a fare il bello e il cattivo tempo con chiunque, e guarda caso lui era quello che ci rimetteva ma solo perché era quello sempre a portata di mano.

Lo schianto secco di un rametto accidentalmente spezzato con un piede gli indicò che era già in montagna, fuori da Tokyo. Aveva camminato per ore, senza rendersi conto che il sole stava tramontando e che si stava alzando un vento fresco. La prima notte di una lunga serie in solitaria, senza suo padre, a vivere di espedienti e di arti marziali.

Gli anni in casa Tendo erano solo una parentesi, che ora come ora avrebbe solo voluto dimenticare. E Akane ormai faceva parte di un capitolo chiuso della sua vita.

Ma davvero lui sarebbe riuscito a chiuderlo?

Scelse una piccola radura nei pressi di un boschetto, e si mise immediatamente alla ricerca di un po' di rami per accendere il fuoco. Un'operazione che eseguì con movimenti lenti e meccanici, grazie solo alla forza dell'abitudine e a nient'altro. Erano state tantissime le sere durante le quali andava a fare legna prima di stabilirsi dai Tendo, e anche quando era stato via per gli allenamenti con suo padre o con Obaba. Era solo questione di ritrovare la routine di quei giorni.

Una volta acceso un piccolo falò, si soffermò a fissare le bende. Ora le ferite non facevano più male: sentiva solo un formicolio che gli dava fastidio. Frugò nelle tasche dello zaino per cercare uno dei pochi unguenti medicinali che soleva portare con sé per ogni evenienza, quando trovò un sacchetto di riso ancora crudo.

Solo in quel momento si rese conto di aver lasciato quasi intatta l'okonomiyaki. Non avendo molta voglia di mangiare, non aveva fatto nessuno sforzo per mandare giù qualcosa. Ma adesso doveva farlo, anche se sentiva lo stomaco orribilmente attorcigliato.

Ad un paio di chilometri avvistò un torrente, dal quale riuscì a riempire un bollitore portatile e un thermos. Una volta tornato indietro, cucinò quel po' che l'organismo gli suggeriva di mangiare, anche se non finì nemmeno il suo pasto.

Preferì invece sdraiarsi sull'erba ad osservare le stelle, incrociando le braccia dietro la testa; e nel turbine di pensieri valutò quanto fosse infelice la vita di Ryoga: quella bussola rotta era sempre in giro per il mondo contro la sua volontà, sperando di poter incappare nel dojo Tendo per potersi infilare nel letto di Akane.

Ranma assottigliò gli occhi, pensando alle implicazioni che avrebbe potuto prendere la situazione nel caso fosse successo di nuovo.

Se quel prosciutto maniaco fosse capitato proprio in quei giorni e avesse saputo che lui ed Akane non erano più insieme, senza alcun dubbio si sarebbe fatto avanti. Avrebbe confessato ad Akane i suoi sentimenti e forse lei avrebbe accettato.

La sola idea gli faceva ribollire il sangue, ma una piccolissima parte di lui gli diceva che Akane non era interessata a Ryoga. Essendo una fan accanita della coppia che quel suino e Akari formavano insieme, e considerando Ryoga solo un amico non c'era il rischio che Akane capitolasse come una pera cotta.

Però Ryoga era sempre gentile con lei, e ad Akane piaceva sottolinearlo quando lui era nei paraggi. Lo faceva per gelosia, era vero, ma erano qualità che Ryoga possedeva davvero. Si sarebbe fatto ammazzare cento volte piuttosto che dare un dispiacere ad Akane.

Va bene, Akane. Fa' come vuoi. Ma io non ci vengo al vostro matrimonio!

Come se il cielo - così luminoso - si facesse beffe di lui, si voltò di fianco. Era stanco di tutta quella situazione, ed era stanco anche al solo pensarci.





***





Miao!

Ranma sobbalzò appena prima di prendere definitivamente sonno, certo di aver sentito un miagolio di quei terribili esseri chiamati gatti.

Un brivido di paura gli percorse la schiena e, mentre scattava a sedersi come una molla impazzita, si rese conto che attorno a lui non c'era niente e nessuno. Il ragazzo tirò un sospiro di sollievo, detergendosi il sudore che nel frattempo gli aveva inondato la fronte. Chissà per quale ragione - mah! - udendo il miagolio di un gatto gli era tornata alla mente quella pazza di Shan Pu. Il solo pensiero che quella lì lo avesse cercato per trovarlo e trascinarlo via con sé era in qualche modo peggiore di essere alla mercé di un gatto.

Rincuorato dalla solitudine, Ranma si concesse un istante per sorridere della sua ingenuità che, nonostante tutto, non lo aveva ancora abbandonato.

Tirò un sospiro e tornò a coricarsi, ma nel momento in cui si guardò distrattamente intorno intravide una palla di pelo farsi leva sul suo braccio e miagolargli con entusiasmo.

Ranma cacciò un urlo, tentando di scacciare via la bestiola con una manata. Sfortunatamente il gatto saltò agilmente per evitare il suo colpo e atterrò direttamente sulla sua faccia con prepotenza. Completamente colto dal panico il giovane si dimenò, e per un attimo il gatto finalmente mollò la presa.

Si sentì improvvisamente libero di quell'intoppo, ma prima che potesse scappare dal suo accampamento di fortuna, sentì un getto d'acqua e istantaneamente un peso gravargli sulla schiena come se qualcuno gli avesse lanciato contro un macigno. Percepì il dolore dell'impatto correre per tutta la sua spina dorsale, ma questo gli permise anche di comprendere che aveva qualcuno addosso che, disgraziamente, era l'ultima persona che voleva vedere in quel momento.

Ranma!”

La vocina sottilmente sensuale di Shan Pu non gli era mai risuonata nelle orecchie in modo così fastidioso prima. Ranma fece per sollevarsi, ma Shan Pu sembrò cambiare posizione mettendosi a cavalcioni, tagliandogli la possibilità di rialzarsi nell'immediato.

Sta' fermo! Ho saputo, sai? Akane ha finalmente capito che non è alla tua altezza! Non è meraviglioso?” disse cinguettando felice, mentre a Ranma salì una sorta di conato di vomito, insieme ad una sostanziosa dose di sangue al cervello.

Eccone un'altra contenta!

Come diavolo hai fatto a trovarmi?”

Ho utilizzato il mio fiuto da gatta” spiegò lei. “Si è rivelato molto utile, non credi anche tu?!”

Per niente, anzi!”

Provò nuovamente a rialzarsi, e nel momento in cui Shan Pu se ne rese conto allentò la presa, permettendogli soltanto di rotolare di fianco. Ranma lo fece - tutto, pur di liberarsi di lei - ma prima che potesse sollevarsi la ragazza lo inchiodò a terra con entrambe le mani. La ragazza sfoggiò un sorriso trionfante, cominciando a carezzarlo con un dito lungo la linea del volto, proseguendo con esasperante lentezza sul collo per poi finalmente fermarsi al colletto alla cinese della camicia.

Ranma aggrottò le sopracciglia, sentendo del sudore freddo colargli lentamente fino alla nuca. Ma non disse niente. O almeno, finché la sua mente completamente congelata non registrò il lieve sentore delle dita di Shan Pu che armeggiavano con il primo alamare: prima che potesse sfilare il bottone dall'asola Ranma le fermò i polsi, pensando che avrebbe potuto liberarsi senza farle male soltanto se avesse ribaltato le posizioni. Approfittando della presa ferrea delle cosce della ragazza sui suoi fianchi, il ragazzo rotolò con lei rapidamente, fino a ritrovarsi sopra il corpo della cinesina.

Oh” esclamò lei, più divertita che autenticamente sorpresa dalla quella mossa inaspettata anche per lui “vuoi farlo così?”

Nonostante la conoscesse da tempo, per un istante Ranma si scoprì spaventato da quella intraprendenza. Va bene, doveva aspettarsi il fatto che Shan Pu avesse cercato di accoppiarsi o di fargli fare qualcosa di assolutamente avventato e stupido, ma che arrivasse ad avere la concreta intenzione di fare sesso con lui come se niente fosse approfittando della situazione - da soli - era decisamente troppo anche per lui.

Non riuscirai ad incastrarmi” ringhiò soltanto. Avrebbe voluto ripetere a lei ciò che aveva detto ad Ukyo riguardo ad Akane, ma se non gli aveva creduto la sua amica di infanzia, come avrebbe potuto farlo Shan Pu? D'altronde, sicuramente qualcuno le aveva riferito l'accaduto, e chi altri poteva essere oltre a quella iena di Nabiki?!

Si sollevò con poco sforzo, cercando di racimolare le sue cose per andarsene. Non che sarebbe riuscito a far perdere le sue tracce, specialmente se Shan Pu usava il fiuto della sua forma maledetta per seguirlo, ma contava che quel suo rifiuto valesse perlomeno a lasciarlo in pace.

Non puoi farci niente, Shan Pu” sentenziò Ranma caricandosi nuovamente lo zaino in spalla. “Non posso darti quello che cerchi.”

Cominciò ad allontanarsi con i nervi tesi pronti a scattare nel caso lei gli si fosse avventata contro, ma sembrava che la ragazza avesse perfino smesso di respirare. Ranma fu tentato di sbirciare, ma prima che potesse concretizzare quell'intenzione Shan Pu emise un mugugno indispettito, come una bambina di cinque anni che non era riuscita ad ottenere il giocattolo che desiderava.

Il ragazzo sospirò, pensando a quanto fosse stato in qualche modo fortunato che quella matta non avesse reagito in modo significativo, e proseguì per la sua strada nonostante non fosse nel pieno delle forze. Il suo corpo gli ricordò il riposo mancato con un sonoro sbadiglio appena qualche metro di percorso, ma siccome il cielo era già sul punto di albeggiare decise di guadagnare altro terreno. Incontrare un altro dei suoi amici sarebbe stato deleterio oltre che tremendamente insopportabile per lui: avrebbe finito per colpire qualcuno, scaricando tutta la sua frustrazione accumulata passando alle mani, e Ranma questo voleva assolutamente evitarlo.

Accelerò il passo non dando credito al terreno diventato fangoso e scosceso, e a costo di incespicare si insinuò repentinamente al limitare di una fitta boscaglia. Ranma riacquistò la sua positivà - addentrandosi in un luogo del genere avrebbe fatto perdere le sue tracce più facilmente - ma ad ogni passo che faceva, sapeva che l'avrebbe allontanato sempre di più da Akane.

Si fermò di colpo, aggrottando le sopracciglia al pensiero della mano di Akane sulla sua bocca. Doveva smetterla di pensare a lei, o avrebbe dovuto avviarsi direttamente al manicomio più vicino. Continuò a camminare seguendo il movimento continuo della sue gambe, ma poi si ricordò dell'unico modo che davvero lo aiutava a scaricare la tensione: allenarsi.

Cercò un posticino che gli sembrasse adatto - una landa desolata delimitata solamente da alcuni alberelli in lontananza - e posando il suo pesante zaino a terra, si mise alla ricerca della sua tenuta da combattimento. Cominciò seriamente ad innervosirsi mentre rovistava al suo interno, nella tasca principale e in quelle più piccole, e più cercava e si rendeva conto di non riuscire a trovarlo, più la rabbia cresceva. Provò perfino a srotolare il sacco a pelo, ma il ji sembrava letteralmente volatilizzato.

Infine, quando dovette constatare per forza di cose che non aveva il ji con sé, Ranma si sentì morire. Non bastava aver perso la sua fidanzata, ma ora aveva perso anche il suo ji, ciò che era a conti fatti la sua seconda pelle, quello che esternamente lo contraddistingueva quale maestro di arti marziali indiscriminate della scuola Saotome.

No! No! No!

Dove poteva averlo messo?!

Non me lo ricordo!

Ripescò con la mente negli ultimi ricordi, tentando di capire dove diamine avesse messo quel maledetto ji; e con rammarico ricordò di averlo tolto proprio perché era stracciato e sporco di sangue, e di averlo dato a Kasumi affinché lo facesse ritornare ai vecchi splendori.

Il ji era ancora a casa dei Tendo, e quando era tornato per parlare con quella strega non aveva tenuto in considerazione di chiedere alla maggiore delle sorelle di restituirglielo. Chissà per quale motivo immaginava Kasumi nell'atto di rammendarglielo con le stesse lacrime che Akane non avrebbe mai fatto vedere a nessuno dei componenti della sua famiglia.

Ranma cacciò dalle labbra un sospiro esausto, e con calma si sedette a terra a gambe incrociate.

Comprarne un altro era assolutamente fuori discussione, dal momento che i soldi a sua disposizione erano inferiori alla cifra necessaria a causa dell'acquisto dell'anello per Akane; e sinceramente non poteva neanche tornare al dojo Tendo come se niente fosse successo.

Kasumi! Scusa se ieri ho fatto un casino infernale ché a momenti ti scoperchiavo la casa, ma mentre pensavo a quella pazza di tua sorella ho scordato di chiederti il mio ji! Per favore, potresti rendermelo?”

Si diede uno schiaffo sulla fronte. Ritornare non solo sarebbe stato patetico, ma anche controproducente. Lasciando da parte quegli scalmanati dei loro genitori e di Nabiki - che si era dimostrata manesca come Akane - come avrebbe potuto sbattere loro in faccia il suo muso un'altra volta e fare finta di niente?

A chi avrebbe potuto chiedere, allora? Di certo a nessuno dei Tendo, Kasumi compresa: l'unico modo per parlarle era per telefono, ma come poteva essere certo che sarebbe stata lei a rispondere per prima? Suo padre era da considerarsi all'interno della cerchia delle persone che lo volevano morto, quindi niente da fare.

Ma certo! La mamma!

Le labbra di Ranma si allargarono in un sorriso stanco: era così abituato a non considerare la sua presenza che non l'aveva presa in considerazione prima. Lei avrebbe potuto far sapere ai Tendo del ji senza essere attaccata con grida e minacce, magari glielo avrebbe preso per suo conto e lui avrebbe potuto riappropriarsene con calma.

Il problema era tornare al centro abitato e recarsi a casa sua, dal momento che la donna non aveva un telefono suo. Da quando le sue spasimanti hanno distrutto casa Saotome Nodoka aveva provveduto alle sue necessità primarie, e il telefono non era rientrato nella categoria. A dirla tutta, sua madre non sapeva ancora niente, e sarebbe stato doveroso informarla che il fidanzamento era rotto e che avrebbe fatto meglio a dire “ciao ciao” ad Akane.

Avrebbe dovuto ripercorrere tutta la vicenda, e le avrebbe spezzato il cuore con quella storia, ma pazienza.











NDA

Mi scuso infinitamente per aver aggiornato soltanto adesso, e con un capitolo così corto, spero solo che riesca a fare qualcos'altro nelle tempistiche umane. A presto, spero.

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Capitolo 5
*** Cap. 5 ***


Don't ask me why



Quello doveva essere almeno il millesimo sospiro a metà strada fra l'esasperazione e la rassegnazione fatto nell'arco di appena qualche ora.

Ranma calciò un sassolino giusto per sfogarsi contro qualcosa che non avrebbe potuto provare dolore. Perché alla fine, se avesse riversato la sua frustrazione su qualcuno - Kuno o Ryoga, magari - chissà cosa gli avrebbe combinato. L'unica cosa positiva in quel quadretto tutt'altro che idilliaco era che non sentiva più la febbre addosso, e le bende del dottor Tofu esternamente non erano macchiate di sangue. A giudicare dal prurito che Ranma percepiva appena sotto le garze, le ferite si stavano già cicatrizzando, e sicuramente a quell'ora anche Akane doveva stare meglio.

Stare a riposo avrebbe migliorato la situazione, e comunque anche se c'erano state occasioni di farlo era lui stesso ad impedirsi di riprendere le forze in un posto al coperto. Forse da sua madre avrebbe potuto fare un po' di convalescenza in piena regola, nonostante ora non ne avesse granché bisogno. Però c'erano numerose possibilità che lei comprendesse il suo malessere, e che volesse saperne di più per cercare di risolvere i suoi problemi.

Ranma apprezzava questa sua premura, non avendone avute granché per moltissimo tempo, però la componente di rischio che avesse cominciato a tempestarlo di domande era spaventosamente alta, ed altrettanto pressante sarebbe stata la sua intenzione di spingerlo nuovamente fra le braccia - o sarebbe stato meglio dire fra i pugni - di Akane.

Ciò che Ranma voleva però era andarsene con il suo ji e basta, così decise che non sarebbe rimasto un giorno di più da sua madre, né avrebbe atteso che lo facesse reincontrare con Akane soltanto per poter fare un nuovo tentativo.

Solo che la tenace determinazione di seguire quel disegno si riduceva a persistere appena qualche secondo, e la situazione gli parve ancora più difficile quando i suoi occhi inaspettatamente si trovarono di fronte il giardinetto della casa di sua madre, curato e pulito come al solito.

Il suo istinto gli suggerì di andarsene di corsa, di non farsi vedere e farsi dare per disperso. Sarebbe stato decisamente tutto più semplice, senza implicazioni rancorose o imbarazzanti, e soprattutto senza dover fare ancora una volta la figura dell'illuso che cerca spiegazioni che non volevano essere svelate.

Al diavolo tutti.

Si voltò, sentendo che quel misero gesto lo avesse inaspettatamente spronato a continuare a camminare per allontanarsi da lì.

Forza, andiamocene!

Ranma, che sorpresa!”

Bene, beccato.

Ranma si sentì gelare per tutto il corpo, e mai come in quel momento si era sentito braccato come un povero animale in piena stagione di caccia, nemmeno nel bel mezzo del suo incontro marziale più violento.

Doveva essere il destino crudele, o qualche altra stronzata in cui Akane credeva, perché di spiegazioni non è che ne avesse moltissime, eh.

Da quanto tempo è che non ti si vede da queste parti?!”

Ehm...”

Ehm.

E' tutto quello che sai dire?

Prenderlo alla sprovvista poteva andare, ma fare il verso di un topo in trappola incapace perfino di parlare era troppo; e sua madre doveva aver colto quel senso di smarrimento che oramai lo accompagnava da ore, perché si rabbuiò mentre lo osservava a corto di parole.

Soffiò un sospiro di comprensione, mentre articolava tre semplici parole che però non lasciavano molto spazio a dubbi di sorta.

Mi dispiace, figliolo.”

La donna si affrettò a coprire quei due metri che lo separavano da lui, e gli circondò le spalle in un abbraccio. Quando lei accopagnò la sua testa al petto, e Ranma finalmente la assecondò senza opporre resistenza, sentì che per la prima volta dopo aver lasciato casa Tendo poteva finalmente sentirsi nel posto giusto.

Ricambiando la stretta e lasciandosi andare alle lacrime represse troppo a lungo però avrebbe significato fornire una definizione a quell'atteggiamento arrendevole alla madre, e come diavolo avrebbe fatto a raccontarle tutto quanto? Senza contare che...

I Tendo mi hanno chiamato per sapere se eri da me, ma ho dovuto rispondere negativamente.”

Eh? Frena, frena, frena.

Ma cosa è successo, caro? Hai litigato con Akane più del solito?”

Ranma sciolse immediatamente l'abbraccio, forse con troppa rudezza, perché per un secondo credette di farle male.

Lo sai già?”

Dimmi che è soltanto uno dei tuoi colpi di testa” biascicò Nodoka fra le lacrime, e prima che il ragazzo protestasse - la colpa doveva essere sempre la sua? Anche quando voleva fare qualcosa di così importante? - lo trascinò in casa e lo fece accomodare al tavolo, mentre il ragazzo si liberava del peso dello zaino lasciandolo accanto a lui.

Dal canto suo, come poteva Ranma trovare la forza di reazione che gli serviva per gestire quella conversazione?

Tutto troppo assurdo, e tutto troppo ingiusto - era questo ciò che gli vorticava nella mente in quel momento - e di certo detestava questo rimpallo di notizie fra le due famiglie, specialmente ora che tutto era finito.

Non avevano dovuto mettersi sempre in mezzo durante il fidanzamento, e non avrebbero dovuto farlo ora che era rotto. Ritirò tutti i propositi che si era fatto promettendosi di raccontare ogni cosa a sua madre, perché doveva fare soltanto due cose: riprendersi il ji e sparire, letteralmente. E sinceramente non aveva voglia di andare avanti con le spiegazioni, nemmeno con sua madre.

Niente del genere” rispose arrabbiato - ed era strano come non avesse specificato che il colpo di testa c'era stato, ma era stato fatto da Akane - “E' stato un fidanzamento imposto, e nessuno dei due lo ha mai voluto realmente”, e sarebbe stata una risposta esauriente, trita e ritrita in quegli anni che ormai Ranma aveva perso il conto di quante volte l'aveva pronunciata; ma sempre validissima, reale, anche se stava diventando orribilmente banale, quasi distorta, fino a diventare qualcosa di remoto e attualmente falso.

Ma Nodoka non si lasciò vincere dalla sua ostinazione: si sedette di fronte a lui, con un fazzoletto di cotone vecchio stampo fra le mani e con una involontaria ma malsana voglia negli occhi di approfondire la situazione con il preciso scopo di venirne a capo e riavvicinarli.

Ormai la donna reputava Akane e le sue sorelle praticamente come le figlie che non aveva mai avuto, e aveva letto fra le righe - come non poteva! - il forte legame che ormai il figlio aveva instaurato suo malgrado con Akane.

Senza contare che il giorno del mancato matrimonio, sua madre era fra le persone più sinceramente felici, al contrario di tutta quella marmaglia contenta soltanto per i loro personali obiettivi e di quell'altra che voleva soltanto rovinare le loro vite - come se non fossero state già disastrate di loro.

Senti, mamma” proferì poi, sentendosi immediatamente incerto su cosa dirle per convincerla senza tanti fronzoli “a me va bene così. Sono soltanto venuto a chiederti di riprendere il mio ji lasciato dai Tendo.”

Non è saggio reprimere così tanto le emozioni, caro.”

Come se non avesse minimamente fatto caso alle sue parole - o come se non le avesse ascoltate affatto - Nodoka continuò quella tipica tortura fatta di piagnistei a ruota libera che spesso le madri infliggono ai propri figli per ricondurli sul sentiero tracciato da loro stesse. Il ragazzo con il codino avrebbe voluto scuoterla, riportarla alla realtà anche se questa sarebbe stata uno scossone troppo grande per lei da sopportare, però tutto ciò che poté fare fu cacciare un sospiro imbarazzato e tentare di cacciare inutilmente indietro un tono di voce infastidito.

Non sto reprimendo un accidente! Ti ho già detto che mi va bene così.”

Il suo tono leggermente sereno e volutamente indifferente alla cosa peggiorò la situaziome. La donna scoppiò letteralmente in lacrime, e Ranma dovette fare uno sforzo esasperato per non crollare del tutto e per mettersi a piangere insieme a lei. Proprio adesso che stava cominciando - certo, come no - a darsi una calmata riguardo a quell'assurda situazione, ecco che ci si metteva pure sua madre, terribilmente affranta da un dolore che sostanzialmente non la riguardava direttamente e che a momenti avrebbe reso quel tentativo di recuperare il ji un autentico buco nell'acqua.

Ascolta, mamma. Vorrei soltanto che mi aiutassi a recuperare il mio ji, dal momento che l'ho lasciato dai Tendo.”

Semplice, naturale. Probabilmente la tensione gli aveva fatto credere che non avrebbe spiaccicato una parola sensata, ma alla fine era arrivato al dunque senza troppi gineprai. Tirò un sospiro di sollievo, ma si trattenne dal renderlo troppo plateale.

Nodoka smise improvvisamente di piangere, e con gli occhi che sembravano due pozzanghere lo guardò fisso, con quella nota speranzosa che inquietò non poco il ragazzo con il codino.

E no, non dovrai fare niente, assolutamente niente che riguardi Akane e me. Anzi, comincia pure a trattare i nostri due nomi separatamente.”

La donna si prese qualche istante in più per riflettere sulle parole del figlio, e Ranma poté giurare di vederla sul punto di mordere il fazzoletto in preda alla frustrazione per essere stata battuta sul tempo.

Proprio non...”

No!”

Doveva averci messo più determinazione di quanto si aspettasse, perché sua madre sembrò calmarsi. Tirò su col naso, recuperando un po' della normale serenità che solitamente riusciva a trasmettere agli altri, e con movimenti leggeri si alzò per aprire il frigorifero.

Ti preparo qualcosa prima di andare dai Tendo, allora. Conoscendoti, sarai affamato.”

Ranma si ricordò di aver toccato così poco cibo durante quelle ore concitate che avrebbe mangiato come un lupo pure il tavolo, e come se rispondesse per le rime ai suoi pensieri lo stomaco gorgogliò con un rumore sordo, da far invidia all'eco di una caverna.

Sua madre sorrise divertita, e cominciò ad armeggiare fra pentole e stoviglie varie finché la calma ritornò a fare da sfondo a casa Saotome.

Non credeva fosse stato così facile. Certo, sua madre aveva fatto un paio di storie. Però aveva finito abbastanza in fretta di torturarlo. Sarebbe stato alquanto strano, se non fosse stato che Nodoka si accontentasse di vedere il figlio dal momento che non avevano modo di vedersi tutti i giorni. Alla fine, era lui quello importante per lei, no?!

Con un passato così burrascoso, e vissuti lontani per anni, per lei doveva essere una festa averlo in casa, esattamente come lo era stata per lui quando finalmente si era svelato, con i suoi pregi, difetti, e soprattutto con la sua maledizione.

Si sistemò le braccia sul tavolo per poter poggiarci la testa, e in un attimo sperò con ogni fibra del suo essere che sua madre ci mettesse più del previsto per preparargli il pranzo. Una volta finito, sarebbe andata a riprendergli il ji, e nel momento in cui Ranma lo avrebbe toccato nuovamente la sua storia con i Tendo sarebbe inevitabilmente finita. A parte la rabbia sapeva perfettamente che avrebbe faticato a distaccarsi da quella gabbia di matti, ma ora che distrattamente aveva lasciato la sua tenuta da loro voleva soltanto che nessuno andasse a recuperarla.

Era un pensiero idiota, non lo negava di certo, ma Ranma si intestardì a credere che quello era l'unico punto di contatto con Akane ancora a sua disposizione, ed eliminarlo gli sembrava un errore dei più gravi, quello che avrebbe decretato tutto il resto della sua vita.

Ti sto preparando l'oden” cinguettò all'improvviso sua madre. “Vuoi anche qualcos'altro?”

N... no, grazie” borbottò lui, riscuotendosi. Essere sovrappensiero avrebbe fatto impensierire la madre, ma non aveva potuto evitarlo. Si rese conto che la madre si era fermata per qualche istante prima di trafficare nuovamente davanti alla cucina, quindi si alzò e le si affiancò con uno dei sorrisi più falsi che avrebbe potuto mai sfoggiare.

Ti aiuto.”

Grazie, caro.”

Si sentì un verme, e probabilmente quella mossa avrebbe incrinato l'equilibrio già precario dell'imposizione a non parlarne che Ranma aveva posto nei confronti della donna, però decise di non pensarci e di dedicarsi a quel piccolo momento di apparente serenità.

Il campanello suonò all'improvviso, e Nodoka lasciò ogni cosa in sospeso per andare a vedere chi fosse stato a suonare alla sua porta.

Signora Saotome?!”

Questa voce non mi è nuova...

Oh, tu sei Ryoga, l'amico di Ranma!”

Che? Ryoga?!

Sì, sono proprio io! E' stata una fortuna sfacciata capitare a casa sua!”

Fortuna un cazzo! E' stato un fottuto caso, idiota.

Fortunato due volte, Ryoga! Ranma è venuto a trovarmi proprio adesso!”

Per favore, non dirgli niente!

Ricordò di avere lo zaino al fianco, e immediatamente lo afferrò lanciandolo con tutta la forza che aveva in corpo verso l'interno della casa, all'angolo del corridoio. Il tonfo che ne seguì fu pressoché ignorabile, ma il senso di nervosismo di Ranma fu tale da indurlo ad emettere una vocina involontariamente stridula che accoglieva Ryoga in modo troppo caloroso per i suoi gusti.

Ciao, Ryoga!”

Ehilà, Ranma!”

Proprio sulla scia di un momento decisamente imbarazzante, in cui nessuno dei due aveva qualcosa da dire, si fece largo in Ranma l'idea che forse avrebbe fatto meglio a filarsela. Non per scarsa fiducia in se stesso o in sua madre, ma perché chiacchierando si sarebbe arrivati ad argomenti che il ragazzo con il codino non voleva affrontare, tanto meno con quel prosciutto allupato.

Fra i tanti espedienti che Ranma avrebbe potuto utilizzare per uscire da quella casa, quello dell'impegno improvviso era il più ridicolo, soprattutto dal momento che avrebbe deluso l'aspettativa di sua madre di mangiare da lei.

Proprio in questo momento sto preparando il pranzo” disse la donna al giovane Hibiki. “Ti unisci a noi?”

Perché no?!” replicò lui, ancora con quel dannato sorrisetto innocente stampato su quella brutta faccia. “D'altronde, come posso rifiutare l'invito di una così bella signora?”

Oh, sei proprio un birbante!”

Dico solo la pura e semplice verità!”

Troppo buono!”

Ora mi viene da vomitare.

C'erano davvero tante cose che Ranma aveva tollerato ed aveva ancora la disgrazia di tollerare nella sua breve esistenza, ma questa era una di quelle talmente idiote e melense che la notte successiva sicuramente gli avrebbe fatto venire incubi peggiori di quanto potesse fare un film horror d'autore.

Ma perché diavolo Ryoga doveva tubare con chiunque? La sua vena da cascamorto doveva uscire anche con sua madre?! Ma il cervello come gli funzionava esattamente? Gli si accendeva solamente il neurone del maiale? Oppure aveva solo quello? Davvero riusciva a praticare le arti marziali anche in quelle condizioni?

Dacci un taglio, va bene?”

Gli pervase in senso di gelosia allo stato puro, tanto che si aspettava una replica sarcastica da parte del suino ma che inaspettatamente non arrivò. Piuttosto, Ryoga rimase piacevolmente imbambolato a godersi ogni minimo dettaglio di quelle attenzioni che Nodoka gli stava riservando.

Anche se Ranma non era nuovo ad assistere a scene del genere, si ritrovò ancora una volta a capire la situazione priva di affetto a cui Ryoga era quasi condannato, e che lo portava istintivamente ad assorbire ogni gentilezza per finire inevitabilmente per scambiarla in chissà cosa.

Era successo con Akane, sarebbe arrivata a compimento con Akari se soltanto si fosse deciso un giorno o l'altro. Non vedeva perché non con sua madre, effettivamente.

Ryoga rideva, letteralmente in estasi, come se fosse stato drogato ed ora si godeva gli effetti come un completo idiota.

E dai, Ranma. Tua madre non merita altro che carinerie e gentilezze!”

Nodoka sorrise l'ennesima volta, prima di scusarsi e voltarsi per dedicarsi alla cucina. Ranma però tirò via l'amico dalla stanza con la scusa di farlo accomodare in camera da pranzo, facendo una maniacale attenzione affinché non vedesse lo zaino buttato lì per terra.

Allora, femminuccia” esordì Ryoga, con un atteggiamento completamente diverso da quello assunto in presenza di Nodoka “che ci fai qui?”

Io? Ah, scusa se sono a casa di mia madre!”

Sei ferito.”

Ryoga fece la sua semplice constatazione mentre appoggiava il suo zaino da viaggio, e Ranma si guardò le braccia dopo tante ore passate ad ignorarle completamente. Era escluso che Ryoga sapesse dello scontro per mantenere la gestione del dojo Tendo, e probabilmente raccontando l'episodio niente avrebbe condotto il discorso verso quello che era successo fra Akane e lui.

Abbiamo avuto sfidanti al dojo.”

Ah” bofonchiò il giovane Hibiki. “Akane sta bene?”

Certo, sta benissimo” soffiò lui, forse con troppo rammarico perché un tipo indagatore come Ryoga potesse passarci sopra senza fare le sue supposizioni mentali. Così Ranma cercò di togliersi immediatamente dall'impiccio chiedendo di lui, con del malcelato sarcasmo. “Tu, piuttosto. Perso di nuovo, eh?!”

Non prendermi in giro!” urlò l'altro, agitando un pugno in aria. “E' stato il destino infausto a condurmi da un buzzurro come te!”

Ancora con 'sto destino. E' qualcosa che si mangia?

E' pronto, ragazzi!”

Arrivo, signora Saotome!”

Ryoga si alzò come una molla, pronto a correre a gambe levate in cucina, ma Ranma lo afferrò per la collottola della maglia. Se si fosse perso nei pericolosi meandri del corridoio - appena due metri e mezzo tutto dritto - chissà quando avrebbe mangiato.

Ti accompagno. Non vorrei tardare, ho una fame da lupi.”

Inaspettatamente Ryoga si lasciò condurre docilmente verso la camera da pranzo, dove Nodoka aveva apparecchiato la tavola per tre, aggiungendo all'oden anche delle verdure in salamoia e qualche dolce.

Cominciate pure, non fate complimenti!”

Nel momento in cui sua madre diede l'avvio Ranma credette di avventarsi come un animale sul cibo ma rimase pressoché impassibile di fronte a quelle leccornie, sebbene il suo stomaco non reclamasse altro. Ryoga invece accettò con un inchino degno di un signore, per poi darci dentro come un bufalo.

Un atteggiamento che Nodoka ovviamente dovette interpretare come sintomo di gradimento, perché il suo sorriso deliziato si allargava sempre di più alla vista di quello spettacolo tutt'altro che bello. La donna prese poi a mangiare con calma, incitando il figlio a fare altrettanto, e infine Ranma si vide in qualche modo costretto a mandare giù qualcosa, sperando che il nervosismo non gli facesse dei brutti tiri e gli facesse venire mal di stomaco.

Mangiò lentamente, anche se l'istinto gli suggerisse chiaramente il contrario. Fu con sorpresa che scoprì di aver mangiato ogni cosa, e che sua madre sparecchiando lo informasse del fatto che da lì a breve si sarebbe avviata a casa Tendo.

Vado a prendere il ji, puoi occuparti dei piatti?” gli sussurrò all'orecchio, ma Ryoga comunque non poté fare a meno di sentire. Purtroppo.

Il ji? Perché, lo hai lasciato da qualche parte?”

Ranma spalancò gli occhi, mentre Nodoka accennò al figlio un sorrisetto di scuse.

E va beh.

In lavanderia!” rispose il ragazzo con il codino, sperando che in qualche strano modo quel maiale lo credesse. Non è che poteva dire a Ryoga che il ji era dai Tendo e che lui non poteva e non ci voleva tornare. Ma era troppo bello per essere vero.

In lavanderia?” chiese Ryoga, evidentemente scettico su quanto aveva sentito. “Da quando ti interessa inamidare la tenuta da combattimento? Dove devi presentarti, a Hollywood?”

Idiota che non sei altro. Aveva bisogno di essere ricucito.”

Di solito non era Kasumi a farlo?”

Adesso basta!

Più andava avanti a raccontare qualche storiella per depistare ciò che era successo fra lui ed Akane, più veniva messo nel sacco. Dire bugie proprio non rientrava fra le sue capacità. Quella cretina di Akane avrebbe dovuto ricordarselo ogni volta che non gli credeva.

Se decido di fare qualcosa di diverso dal solito saranno affari miei!”

Lo disse con un atteggiamento nervoso, praticamente sull'orlo dell'esasperazione; e essersi fatto sfuggire quella cadenza fin troppo irritata non fece altro che alimentare i sospetti del prosciutto.

Datti una calmata, è solo che... non è da te.”

Dirgli dell'accaduto era fuori discussione. Ryoga ne avrebbe approfittato per farsi avanti con Akane e confessarle il suo amore, e sinceramente la cosa lo faceva imbestialire di più di quanto non facesse la presenza di Ryoga stesso in quel preciso momento.

Fortunatamente sua madre si era guardata dal dire che sarebbe andata dalla famiglia Tendo. Ma non sarebbe passato molto tempo prima che Ryoga si accorgesse che qualcosa non quadrasse.

E' evidente che c'è qualcosa che non va, sei troppo nervoso.”

Io vado, allora. Ryoga, è stato un piacere averti qui con noi. Pensi tu a lui, Ranma?”

Il ragazzo con il codino si voltò verso la voce della madre, e la vide scambiare con lui un cenno di intesa, che lui raccolse con uno sguardo deciso, ma forse fin troppo malinconico. Nodoka cercò di far finta di niente, probabilmente per non dare modo a Ryoga di domandarsi il più del necessario; ma la stupidità di Hibiki non superava la sua spiccata sensibilità, e si rese conto di tutto in un battibaleno.

La accompagno, signora.”

La riprova di questo arrivò con una voglia frettolosa di seguire la donna nelle sue commissioni per il figlio con una cadenza di voce troppo seria, troppo lontana dall'atteggiamento civettuolo di poco tempo prima.

Oh, no” si affrettò lei, pronta a spingerlo verso l'interno dell'abitazione. “Farò più in fretta da sola. E poi, avrai modo di riposare un po'. A più tardi.”

Ma il ragazzo non rispose, perché aveva lanciato accidentalmente un occhio sul corridoio e stava fissando ostinatamente lo zaino da viaggio che Ranma aveva lanciato via affinché non lo vedesse.

A Ranma si gelò il sangue, letteralmente, e d'un tratto - quasi come se non se ne fosse accorto prima - comprese che di cazzate, adesso non ne poteva più rifilarle.

Cacciò un sospiro, di quelli che non aveva fatto altro che cacciare dalla sera in cui era scappato di casa, dando modo di esternare seppure non del tutto consapevolmente la sua arrendevolezza. Per di più, sua madre se l'era svignata per non avere Ryoga alle calcagna e aveva finito con il lasciarlo in una situazione ben peggiore.

La sfiga. Deve essere la sfiga.

Credevo di essere tuo amico, prima che tuo avversario.”

Ciò che lo colse di sorpresa fu quel tono lapidario che aveva sentito dalle labbra di Ryoga soltanto poche volte nella sua vita, e per un momento Ranma si illuse di avere la sua comprensione e di potergli raccontare per filo e per segno ogni cosa, magari contando sulla sua discrezione.

Ryoga...”

Hai idea... di quanto abbia sofferto per te? E tu cosa fai, eh? Lasci Akane come se niente fosse!”

Eh?!”

Hai idea di quanta forza di volontà io ci abbia messo per farmi da parte? Io mi sto sacrificando per farvi felici, e tu rovini ogni cosa!”

No, aspetta un momento!”

Quel tentativo di giustificarsi doveva essere stato interpretato da Ryoga diversamente, perché quel suino lo afferrò per il bavero della camicia alitandogli in faccia tutto il suo disprezzo.

E perché? Perché lui si è galantemente messo da parte!

Ma vai a...

Non ti è permesso fare il dongiovanni come ti pare e piace, fai schifo!”

E' stata lei, va bene?!”

Ranma non credeva di averlo detto sul serio. Forse lo aveva immaginato - di sicuro lo aveva immaginato - ma l'espressione sconcertata di Ryoga gli diceva chiaramente che si era finalmente aperto, e proprio con una delle persone con cui non avrebbe dovuto farlo.

Hai capito bene.”

Hibiki allentò la presa fino a lsciarla del tutto dando modo all'altro di scostare via le sue braccia. Ora più che mai sentiva di detestarlo. Perché diamine doveva vedere in lui un amico, anche se era sempre lì in agguato con quella sua assurda pretesa di piacere ad Akane?

Per qualche strano motivo, non sono più fidanzato con Akane” sbottò di colpo, sentendosi praticamente in mutande nel rivelare una cosa del genere e di dirlo ad alta voce.

Per di più a Ryoga. Gli serviva una camicia di forza, e alla svelta.

E sia chiaro, non sono stato io a volerlo.”

Ryoga sembrò riscuotersi, gettan do lo sguardo a terra. Forse stava elaborando la cosa, perché a dirla tutta, Ranma sapeva che non era il solo a vedere la rottura con Akane come qualcosa di insolito, di impossibile quasi.

Ti ha lasciato lei?”

Più o meno.”

Parla chiaro, babbeo!”

Come se parlare chiaro fosse semplice!

Come poteva dirgli che era sul punto di baciarla e che lei aveva rifiutato la sua mossa? Decise di rimanere sul vago, perché ad ogni modo cosa potevano risolvere due parole messe in croce giusto per dare uno straccio di spiegazione ad uno che nemmeno c'entrava?

Ha deciso così, ed io non posso farci niente.”

E' successo qualcosa?”

Cosa non è successo, semmai.

Ranma non rispose, continuando a fissare l'amico come se volesse dire qualcosa ma questi glielo impedisse con la sua sola presenza. Questo silenzio però, alimentò le strambe - ma non troppo - fantasie del prosciutto, perchè con una voce tremendamente sconcertata iniziò a tirare fuori qualche parola balbettata.

Hai...”

Veramente io...”

Oh” esclamò, cantandosela e suonandosela tutta da solo “hai traviato la mia bellissima e purissima Akane con le tue luride mani, eh? Sei un porco, Ranma!”

Nel dirlo fece per riafferrarlo per i vestiti, ma prontamente il ragazzo con il codino lo spinse via. Non sopportava di essere preso per il tipo di persona che sostanzialmente lui non era, tanto meno voleva rispondere alla scarsa lucidità di Ryoga di quel momento.

Non ho fatto un cazzo, imbecille!”

Non fare il santarellino, non sarebbe la prima volta!”

Parla per te, che ti intrufoli puntualmente nel suo letto e ti strusci contro il suo seno senza ritegno!”

Ryoga sfoderò un sorriso trionfante, mentre Ranma avrebbe voluto non esporre per l'ennesima volta la sua gelosia cieca. Era chiaro che quella reazione non avrebbe suscitato altro che un senso di superiorità in quel maiale, e ora come ora sentirsi impotente oltre che umiliato era l'ultima cosa che Ranma voleva.

Invidioso?”

Per niente!”

Il suo tono fu troppo arrabbiato perché Ryoga potesse credergli, ma lo stava deliberatamente mettendo alla prova, e lui era così esausto che sarebbe andato a dormire per almeno dieci anni se solo avesse potuto.

Insomma, per farla breve ti ha fatto capire chiaramente che può fare a meno di te.”

Bastardo.

Rigirare il coltello nella piaga gli avrebbe fatto ancora più male, e quello non solo lo stava facendo, ma senza il minimo tatto. Non si aspettava la pacca sulla spalla, né una reazione simile a quella che aveva avuto in Cina, ma così lo stava ferendo ulteriormente. Anzi, lo stava dilaniando.

Una ragazza bella e intelligente come lei non ha certo bisogno di un decerebrato come te! Avresti dovuto capirlo da subito che non sei alla sua altezza!”

Va bene, giochiamo la carta dell'indifferenza.

No, infatti. Troppo bassa.”

Eh?! Ma che stai dicendo?”

Bassa, piatta, lunatica, bisbetica... Devo continuare?”

Lesse una forte perplessità negli occhi di Ryoga, che piano piano fece spazio alla collera. Come Ryoga sapeva come ferire lui, Ranma a sua volta sapeva come girare la situazione, perché degli insulti all'indirizzo di Akane per Ryoga suonavano quasi come una bestemmia.

Assolutamente no!” rispose l'altro, con la faccia improvvisamente diventata paonazza. “Non ti permetterò più di prenderla in giro, nemmeno da lontano! Anzi, farò di meglio. Andrò da lei immediatamente!”

Raccolse il suo zaino, cominciando a cercare la strada per arrivare all'ingresso. Lo trovò, sorrise raggiante, ma seguendolo Ranma si accorse che si era fermato appena fuori e che stava valutando quale direzione prendere. Muoveva la testa prima a destra e poi a sinistra, probabilmente sforzandosi di ricordare da che parte fosse il dojo Tendo.

Che bussola!” lo schernì, ma la risposta indispettita di Ryoga non si fece attendere.

Sta' zitto! Me lo ricordo benissimo!” esclamò, ma indicò il lato opposto, per poi correre a perdifiato senza nemmeno degnarsi di salutarlo.

Arriverà al dojo fra due mesi, se gli va bene...











NDA

Arrivata. Forse con qualche errore, ma sono arrivata *^*







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