Sorrisi e lame

di Ladyhawke83
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Felicità promessa ***
Capitolo 2: *** Il conte di Valdoca ***
Capitolo 3: *** Il coraggio della resa ***
Capitolo 4: *** La tua scelta sarà la mia ricompensa ***
Capitolo 5: *** L’animo di un principe ***
Capitolo 6: *** Confronto ed espiazione ***
Capitolo 7: *** Oriental SunSet ***



Capitolo 1
*** Felicità promessa ***


Questa storia partecipa alla #SummerBingoChallenge, indetta dal gruppo Facebook Hurt/Confort Italia - fanfiction e fanart.

Prompt/ numero 97. Sacrificio. FANTAGHIRÒ :

Tarabas vuole sacrificarsi, starà a Fantaghirò dissuaderlo.

 

Felicità Promessa 

 

 

“Tarabas non devi farlo, non sarebbe giusto... Non dopo tutto il bene che hai fatto a me, a Smeralda, persino a te stesso...”.

Fantaghirò non lasciò la presa sul braccio del mago, costringendolo a voltarsi nuovamente verso di lei.

Faceva male guardarla, quegli occhi meravigliosi, capaci di così tanto, un frammento di felicità promessa, incastrato tra il marrone caldo delle iridi e il nero dolce delle pupille e Tarabas lasciò che la flebile speranza di conquistare l’amore di lei, sacrificando se stesso, cullasse il suo cuore, di nuovo e per sempre.

“Fantaghirò, devo farlo. Devo affrontare il male, la morte persino, anche se ha il volto del mio stesso padre”.

 

***

 

 

 

Note dell’autrice:

Eccomi qua ad iniziare una nuova raccolta di flashfic-drabble-One Shot, per la #SummerBingoChallenge. Spero di esserne all’altezza perché raramente mi sono confrontata con questo fandom e ho sempre il dubbio di non essere IC con i personaggi.

Questa prima flashfic è incentrata su Tarabas e Fantaghirò, post Fantaghirò 3 e prima che loro affrontino Darken in Fantaghirò 4.

Buona lettura!

Ladyhawke83

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Capitolo 2
*** Il conte di Valdoca ***


Questa storia partecipa alla #SummerBingoChallenge, indetta dal gruppo Facebook Hurt/Confort Italia - fanfiction e fanart.

Prompt/ numero 51- Taglio di capelli Fantaghirò decide di farlo per prepararsi a combattere come uomo.

 

Il Conte di Valdoca 

 

 

“Sei si-sicura di volerlo fa-fare Fantaghirò?” Le domanda nuovamente l’oca Bianca, agitandosi nella cesta accanto a lei, mentre la fanciulla è intenta ad estrarre un piccolo coltello dalla sacca appesa alla sella di Chioma d’oro.

“Certo. Il principe Romualdo vuole un campione, il più valoroso guerriero ed è quello che avrà...” Rispose decisa Fantaghirò, mentre senza ripensamento alcuno faceva cadere una dopo l’altra le ciocche lunghe e biondo-ramate a terra, sollevando un po’ di terra, che andava a mescolarsi a quello che restava della chioma profumata e lucente della principessa, le cui lunghe onde morbide giacevano lì al suolo, ormai tagliate di netto e inservibili.

“E se lui, il principe Romualdo dovesse scoprirti? ... Scoprire che in re-realtà non sei un uomo, ma una do-donna?” Aggiunse balbettando la candida oca, salvata da Fantaghirò, quando ella era solo una serva per punizione di Suo padre.

“Non mi scoprirà perché nasconderò ogni possibile segno che mi possa tradire...” disse Fantaghirò con un sorriso furbo sul volto e occhi guizzanti e lucidi che si posarono sulle lunghe bende che fuoriuscivano un poco dalla sacca, la stessa da dove prima Fantaghirò aveva estratto il coltello per tagliarsi i capelli corti, come un uomo.

“La Strega Bianca ha profetizzato a mio padre che solo una di noi tre figlie può sconfiggere Romualdo in duello. Io voglio salvare il nostro regno e mettere fine a questa guerra insensata... ed è quello che farò...” disse decisa Fantaghirò, mentre si faceva aiutare dall’oca a stringere le bende sul seno, in modo da appiattirlo per mascherarlo sotto le vesti.

“E se dovesse vincere lui? E se dovessi mo-morire?” Balbettò ancora la paurosa oca.

“Su, su, non essere così tragica... non hai proprio fiducia in me?” Le disse sorridendo Fantaghirò.

“In te, mia cara ne ho mo-molta, ma-ma non ne ho nel principe Romualdo...” 

“Stai tranquilla, so cavarmela” disse Fantaghirò accarezzandole la testa.

“Se lo dici tu...” rispose la pennuta poco convinta.

“Piuttosto... Dimmi: come sto?” Chiese la fanciulla facendo un giro completo su stessa, capelli cortissimi, abiti aderenti e maschili, seno fasciato e spada al fianco.

“Sembri proprio un uomo...” disse l’ora con sdegno e perplessità.

“Perfetto. D’ora in poi io non sarò più la principessa Fantaghirò, ma il Conte di Valdoca e Romualdo dovrà vedersela con me”.

 

***

 

[words 390]

 

 

Note dell’autrice:

Eccomi qua, questa è un po’ più lunga, perché il dono della sintesi non sempre resta con me nella scrittura, ma spero possiate gradirla comunque come storia e spero di aver rispettato il Prompt che mi ha assegnato Kamy Rossi.

Buona lettura 

Ladyhawke83

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Capitolo 3
*** Il coraggio della resa ***


Questa storia partecipa alla #SummerBingoChallenge, indetta dal gruppo Facebook Hurt/Confort Italia - fanfiction e fanart.

Prompt/ numero 14. Intimidazione. Personaggio A è minacciato, il personaggio B verrà ucciso se l'A non obbedirà a un ordine terribile che va contro la sua coscienza.

 

Il coraggio della resa

 

 

“Tarabas, figlio mio, non hai molta scelta: o tu lascerai che l’enorme potere malvagio che hai dentro ti governi e ti renda davvero libero, facendoti diventare ciò a cui sei sempre stato destinato ad essere, ossia il Signore del Male...” Darken parlava con tono autoritario, ma perfido, rivolgendosi al figlio, come se fosse una sua proprietà e non il sangue del suo stesso sangue, “... oppure ucciderò questa inutile patetica creatura, questa donna, questa mortale che tu chiami Fantaghirò”.

Tarabas guardò negli occhi Fantaghirò, poi guardò Darken, suo padre.

“Mai” disse il mago, scuotendo le catene con cui era imprigionato.

“Perfetto. Hai preso la tua decisione, se è per amore che rinunci al potere, allora per amore soffrirai...” annunciò deciso il potente Darken e con un cenno della mano, un movimento rapido, quanto letale, delle dita tolse la vita a Fantaghirò in un soffio, spaccando il cuore e l’anima di Tarabas in mille frammenti oscuri, ognuno dei quali grondava disperazione e urlava il suo nome”

Un urlo angosciato lasciò la bocca del mago che a stento tratteneva il dolore nel petto. 

I bellissimi occhi grigio-verdi di Tarabas nel vedere l’oggetto del proprio amore senza vita, parvero adombrarsi anch’essi, tingendosi di lutto ed inevitabilità.

“Ti prego, ti prego... restituiscila alla vita, Fantaghirò non merita di pagare colpe che sono solo mie. Non sopporto questo dolore... Riportala in vita ed io farò ciò che chiedi...”.

Tarabas parlava in virtù della disperazione, non era sicuro di poter essere davvero ciò che suo padre desiderava, ovvero diventare di nuovo malvagio, il più malvagio di tutti.

Aveva rinunciato a quella parte di sé, a quella oscurità latente tempo prima, per amore di lei, della indomita principessa Fantaghirò, la quale ora giaceva priva di vita, pallida, eppur bellissima, poco distante da lui.

“È così grande l’amore che provi per lei, che sei disposto a tradire i tuoi stessi principi e a tornare sui tuoi passi, sul vecchio e oscuro sentiero del male?” Chiese Darken al figlio, stupito, senza comprendere fino in fondo il valore di quel sentimento. 

Per lo stregone, l’amore provato da Tarabas non era altro che una sciocca illusione umana, una cosa di poco conto, se paragonata al potere di distruggere e infliggere sofferenza, miseria e paura nelle genti tutte, quindi non riusciva a capire il perché di tanto sgomento e sacrificio, e non l’avrebbe mai capito, non poteva.

“Sì, per lei farei qualsiasi cosa” Ammise Tarabas deciso, non staccando mai lo sguardo dal corpo di lei, adagiato come se dormisse, in quel vestito candido che contrastava con il resto, rendendo surreale l’intera situazione.

“Anche se poi lei, sapendoti di nuovo malvagio, ti odierà?” Continuò Darken, e fu una stilettata ulteriore al cuore del mago, che represse l’istinto di gridare.

“Anche se Fantaghirò non dovesse più guardarmi in faccia, l’unica cosa che voglio è che lei torni a respirare, a sorridere, a parlare... e comunque il suo cuore non mi appartiene... Non è mai stato mio...” 

Ammise Tarabas riluttante, ripensando all’amore di lei per Romualdo. Niente avrebbe potuto scalfire quel legame, tra loro due, però, pur di averla di nuovo viva, Tarabas era disposto anche a farsi da parte, sparire se necessario.

“Come sei patetico figlio...” esordì Darken con una nota di biasimo nella voce, “l’amore non ti rende solo cieco, ma sciocco e debole, comunque, se è questo che vuoi con così tanto ardore, la riporterò in vita, ma tu mi dovrai dare una prova delle tue intenzioni. Dovrai dimostrarmi la tua vera volontà di esser malvagio, sopra ogni cosa”.

Il potente signore oscuro, si divertiva a torturare un po’ il figlio, facendolo crogiuolare in quell’attesa disperata e devastante, dove la speranza stava per esser sostituita dalla rassegnazione, il coraggio, in resa.

“Lo farò, padre. Tu restituiscimela. Adesso.” Ordinò Tarabas con rabbia.

Darken sorrise soddisfatto, poi si avvicinò a Fantaghirò, baciandole le labbra fredde e senza vita, restituendole il tempo, il futuro, il battito.

La fanciulla aprì gli occhi ancora confusa ed inspirò forte, prima di realizzare con sgomento, cosa fosse accaduto.

“Tarabas...” pronunciò il suo nome con dolcezza, la voce incerta e flebile.

Tarabas si sentì come se anche il suo cuore avesse ripreso a battere, provò un’immensa gioia, seguita da un’immensa tristezza.

Un’ondata di vergogna lo travolse, quando lui incrociò lo sguardo di Fantaghirò, così puro, così immenso, così indelebile: l’aveva tradita. Aveva scelto una strada che lei non poteva percorrere e che avrebbe odiato.

“Perdonami Fantaghirò, se puoi...”

 

 

***

 

[words 742]

 

 

Note dell’autrice: 

È stato difficile sviluppare questo Prompt.

Ho rielaborato i fatti del film Fantaghirò 4, soprattutto i dialoghi tra Tarabas e suo padre Darken, spero di aver fatto un buon lavoro comunque...

Buona lettura.

Ladyhawke83

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Capitolo 4
*** La tua scelta sarà la mia ricompensa ***


Questa storia partecipa alla #SummerBingoChallenge, indetta dal gruppo Facebook Hurt/Confort Italia - fanfiction e fanart.

10, Febbre: Tarabas si è fatto catturare con l’inganno da dei banditi, viene salvato da Fantaghiró e Romualdo, ma un colpo di coltello si sta infettando male.

 

La tua scelta sarà la mia ricompensa 

 

Tarabas se ne restava immobile, con quelle ridicole catene ai polsi. Si guardò le mani, avrebbe potuto liberarsi in un attimo se solo avesse usato la propria magia, ma non lo avrebbe fatto, non più.

Lui era diverso ora, aveva scelto un cammino differente, aveva negato l’eredità lasciatagli da suo padre, l’ormai sconfitto Signore del Male.

Tarabas aveva deciso di vivere come un uomo, un comune mortale, gettando via le vestigia di stregone, come se fossero ormai una pelle scomoda da indossare, che non gli serviva più.

Eppure quei banditi che erano riusciti con l’inganno a catturarlo volevano qualcosa da lui, proprio quella cosa che lui aveva ricusato per tanto tempo: la magia.

 

“Avanti mago, rivelaci le tue abilità e noi ti lasceremo andare, in fondo vogliamo solo arricchirci un po’... che male c’è a portare via qualcosa a qualcuno che ha più denaro che vita per spenderlo?”

Aveva detto uno dei tre, forse quello più intelligente, pareva il loro capo. Un losco figuro basso e smunto con più cicatrici addosso che morale.

“Il male sta nel fatto che io non voglio uccidere, né spaventare, né soggiogare nessuno. Non userò la mia magia per permettervi di depredare e far soffrire delle persone e le loro famiglie, solo perché posseggono ricchezze. Ho già commesso un simile errore in passato e non si ripeterà...” Aveva risposto loro Tarabas, deciso e per nulla intimorito, nonostante l’evidente svantaggio della sua situazione di prigioniero.

Come vuoi tu, ma sappi che prima o poi cederai, con le buone o con le cattive...” Aveva detto quello, lasciando intuire al mago che lo avrebbero portato a collaborare anche con mezzi non proprio ortodossi.

“Non mi fate paura. Io non ho più paura di nulla. Ho fatto la mia scelta e la rispetterò” Rispose Tarabas, quasi soffiando come un gatto, mentre ripensava a colei che gli aveva per sempre cambiato la vita: Fantaghirò.

I banditi lo torturarono credendo, così facendo, di spingerlo a ribellarsi facendo appello ai suoi poteri, ma Tarabas dimostrò una sopportazione ed una resistenza estrema. Ciò che gli rendeva meno dolorosa quella prigionia e quella barbarie, era il pensiero di lei, di Fantaghirò e della promessa che aveva fatto a lei. Voleva essere un uomo migliore, provarsi della magia nella speranza che lei vedesse in lui qualcosa di più di un amico.

 

 

La notizia della banda che minacciava nobili e castellani si era diffusa in fretta nel regno ed era arrivata fino alle porte del castello dove ora vivevano Fantaghirò e Romualdo.

La principessa era triste, guardava fuori dalla grande finestra decorata e sospirava passandosi una mano sul ventre piatto e fasciato in un bell’abito celeste.

La raggiunse Romualdo che insolitamente agitato, irruppe nella stanza, senza bussare, né attender.

“Amor mio, mi avete spaventato” disse Fantaghirò, portandosi una mano alla bocca, per poi sorridere.

“Cosa c’è che vi turba?”

“Mia dolce Fantaghirò, una strano gruppo di banditi minaccia le nostre terre. Pare che vogliano rubare la magia per soggiogare i nobili Re e Regine...”

“E come mai potrebbero rubare la magia, se solo maghi e stregoni la posseggono?” Gli rispose Fantaghirò ridendo, incredula, ottimista, bellissima come sempre.

“Voci da messaggeri riportano che hanno rapito un mago, uno stregone potente e vogliono usare il suo potere su di noi, oppure se egli non collaborerà, ucciderlo...”

L’espressione gioviale e rilassata di Fantaghirò muto all’istante facendosi seria e scura in volto.

“Non mi dirai che...”

“Sì, Fantaghirò... hanno rapito Tarabas...” disse Romualdo in tono greve.

Il principe sapeva già come avrebbe reagito la sua giovane, e intrepida ,compagnia, certo non poteva tenerle nascosta una simile notizia, non sarebbe stato corretto.

Eppure, eppure, il pensiero di Tarabas non lasciava in pace Romualdo, il giovane non aveva nessuna intenzione di andare in missione per salvarlo, ma avrebbe accompagnato Fantaghirò nell’impresa, se lei avesse voluto tentare.

“Oh, ma è terribile! Dobbiamo aiutarlo!” Fantaghirò salto si deciso e Romualdo scosse la testa.

“Che cosa c’è?” Chiese lei, voltandosi verso l’amato.

“Niente, mia dolce Fantaghirò... sapevo che avresti detto così... Quando mai ti sei tirata indietro?” Le rispose lui.

“Non mi dirai che non vuoi aiutare Tarabas? Dopo tutto quello che è riuscito a fare per noi...”

“Certo mia cara, ma io non dimentico anche il male che è riuscito a infliggere. Tu hai sofferto per lui. Tutti hanno sofferto a causa di quel mago... non sarebbe forse giusto che Tarabas si salvi da solo?” Ammise Romualdo, senza nascondere il disprezzo che covava nei confronti del potente stregone.

“Ma se non vuoi aiutarlo, perché me lo hai detto allora?” Fantaghirò era perplessa.

“Perché ero sicuro che, se tu, questo, lo avessi saputo da altri, saresti partita da sola, come un’incosciente, per salvarlo... e io non mi sarei dato pace di saperti là fuori da sola...”

“Ti amo Romualdo...” disse lei dandogli un bacio leggero, profumato, carico di tante parole mai espresse.

Anch’io ti amo, mia dolce Fantaghirò, per questo verrò con te. Il mio cuore e il mio spirito ti seguiranno ovunque andrai” disse Romualdo stringendola a sé per baciarla nuovamente e con passione.

 

***

 

Tarabas si risvegliò da quel sonno senza sogni. Ricordava a tratti ciò che aveva subito, il dolore in tutto il suo corpo di essere umano mortale, glielo rammentava.

“Sono degli stolti se pensano di piegarmi. Se non c’è riuscita mia madre regina della perfidia, né mio padre Signore del male, come pensano di riuscire a farlo quei poveri, piccoli, patetici ladruncoli?”

Un colpo di tosse costrinse Tarabas a piegarsi in avanti, e un nuovo lamento gli sfuggì dalle labbra. Le catene con cui lo avevano imbrigliato gli impedivano i più semplici movimenti, rendendo tutto difficoltoso e doloroso.

Sul corpo aveva diversi lividi, ferite ed escoriazioni, ma non se ne curava, Tarabas sapeva di possedere molta più resistenza e pazienza di quegli omuncoli. Si sarebbero stancati di vessarlo, prima o poi. Avrebbero cercato qualcun altro da corrompere, qualche altro mago o stregone da assoldare, qualcuno che non avesse il minimo scrupolo.

Tarabas... ehi Tarabas...”

Lo stregone avvertì una voce, poco più di un bisbiglio, provenire dalle sue spalle.

“No, non è possibile, non può essere” si disse il mago incredulo riconoscendo la voce di lei e il nitrito inconfondibile del suo cavallo Chioma D’oro.

Fantaghirò?” Rispose Tarabas incredulo.

“Fantaghirò, sei davvero tu?” Domandò quando se la sentì accanto, che armeggiava con le catene.

“Sì” disse lei, sorridente.

“E non è sola...” fece un’altra voce nota allo stregone, ma decisamente meno gradita, poco distante.

“Principe Romualdo, quale onore... non avreste dovuto scomodarvi per me...” Gli rispose Tarabas beffardo e irrispettoso, nonostante fosse ancora in catene e in una posizione scomodata.

“Difatti non so qui per voi, ma per lei...” rispose il principe alludendo a Fantaghirò.

“Voi due, la smettete di litigare e mi date una mano?” Disse infine la diretta interessata di tutte quelle frecciatine, mentre, da sola, e senza risultati, cercava di liberare il tenebroso prigioniero dai bellissimi occhi verdi.

“Perdonami mio amore... eccomi!” Romualdo si mise accanto a lei e, dopo aver studiato la situazione, usò la spada per liberare Tarabas.

“State fermo mago, non vorrei ferirvi, o peggio tagliarvi una mano...” disse Romualdo sarcastico.

“Dubito che ne sareste capace..” rispose con un ghigno Tarabas.

“Muovetevi... stanno tornando!” Disse concitata Fantaghirò, alla quale la pietra torna-indietro aveva riferito di aver scorto i banditi avvicinarsi a loro, dopo esser stata lanciata in perlustrazione.

Romualdo con un colpo deciso ed un certo clangore metallico liberò Tarabas, Fantaghirò lo aiuto a salire sul proprio cavallo, ma proprio in quel momento, poco prima che i tre riuscissero a fuggire, furono raggiunti dalle grida rabbiose dei banditi.

“Fermi, fermi maledetti! Non ci porterete via il mago!” Gridò uno di loro cercando di attaccarli.

Romualdo spinse dietro di sé Fantaghirò e si preparò a combattere, con il coraggio, con l’ardore e con la spada.

“ANDATE!” gridò il principe, facendo cenno a Fantaghirò di fuggire con Tarabas in sella a Chioma D’oro.

“Io non ti lascio!” Gridò lei.

“Non è per me che siamo qui...” disse Romualdo tra un fendente e l’altro, mentre cercava di non arretrare di fronte alla bravura dei tre banditi, che lo fronteggiavano, armi in pugno, da ambo i lati.

“Vi raggiungerò... ora ANDATE!” Intimò per l’ultima volta Romualdo, prima di buttarsi nuovamente nella mischia.

Fantaghirò dovette arrendersi al fatto che Romualdo avesse ragione. Stava dando loro tempo e modo di fuggire, non poteva mettere a repentaglio tutto. Spronò Chiomadoro e mago e principessa partirono al galoppo.

Fantaghirò però non fece in tempo a tirare un lieve sospiro di sollievo che nell’aria si avvertì un sibilo, un lieve e fatale spostamento d’aria. 

Un luccichio di una lama, seguito da un grido di dolore smorzato e poi rosso, rosso sangue.

 

***

 

 

Fantaghirò adagiò Tarabas sul fogliame del sottobosco, in quella piccola radura nascosta e ombrosa.

Il mago tentò di dire qualcosa, ma lei dolcemente lo zittì con le dita sulle labbra.

“Shhh... Tarabas non parlare. Risparmia le forze” Fantaghirò cercava di sorridergli, ma si vedeva che era preoccupata, la linea del volto era tesa, preoccupata, angosciata.

“Ora chiamerò aiuto per questa tua ferita e per estrarre il coltello. Vorrei farlo io stessa, ma ho timore di sbagliare e farti ancora più male. Tu resisti...” Gli disse lei, e lui pensò che mai nessuno era stato così dolce con lui, mai.

La principessa dai mille talenti riuscì a evocare ancora una volta la Regina degli elfi, magnifica, austera, splendida e potente.

“Cosa cerchi da me, questa volta, Fantaghirò?” Chiese la Regina trapassandola con il suo sguardo dorato e quasi onnisciente.

“Aiuto, mia Regina, so che tu puoi darmelo ed in cambio ti darò ciò che vuoi...” disse Fantaghirò, ben consapevole del prezzo che avrebbe avuto la sua richiesta di aiutare Tarabas.

“Sai che lui mi è inviso da tempo... Sai bene che non posso aiutare chi non rispetta il mio regno e le mie leggi...” la Regina degli elfi ovviamente si riferiva a Tarabas. 

Con gli occhi degli alberi e il cuore delle radici, già sapeva ciò che la fanciulla stava per chiederle, glielo avevano sussurrato le foglie  trascinate dal vento, un vento foriero di una battaglia imminente.

“Ora egli è cambiato. Si comporta da essere umano e nega la magia...” 

disse Fantaghirò allo stremo delle forze, sentiva la disperazione e l’angoscia salirle dentro, fino alla gola, fino agli angoli degli occh umidi.

“La magia non è qualcosa che si può semplicemente rinnegare, è una parte di chi la possiede, non si può estirpare, così come tu non potresti vivere senza il sangue nelle tue vene...” continuò la Regina gelida e distaccata, seppur bellissima.

“Te ne prego...” implorò Fantaghirò che, a onor del vero, era in pena sia per Tarabas, che per il suo amato Romualdo.

“E sia... ma bada bene: alla fine di tutto dovrai fare una scelta. La tua scelta sarà la mia ricompensa...” disse criptica la Regina dal corpo di bambina, ma con la perfezione di una dea vestita di foglie e d’oro.

La Regina estrasse il pugnale a Tarabas, dopo averlo addormentato, perché non voleva in alcun modo che lui la vedesse.

“Grazie, mia Regina...” disse Fantaghirò con riconoscenza e commozione.

“Ricorda Fantaghirò... la tua scelta sarà determinante e io prenderò ciò che resta...” l’essere fatato scomparve sollevando miriadi di foglie con un vento generato dal nulla e che cessò poco dopo.

 

***

 

“Tarabas, come ti senti?” Gli chiese Fantaghirò, non appena vide che il mago si stava risvegliando.

“Ho dormito molto? Dov’è il tuo principe, Romualdo?” Chiese lui, cercando di alzarsi a sedere.

“Romualdo sta bene, ha riportato solo qualche lieve ferita, ora è andato a cacciare qualche animale, come provvista per questa notte. Non puoi certo viaggiare così, fra un giorno o due ti riporteremo al castello...” disse Fantaghirò con fare rassicurante.

“Chi ha estratto la lama?” Chiese dubbioso Tarabas tastandosi il fianco medicato, là, dove prima sgorgava il sangue dalla ferita.

“Questo non posso rivelartelo, ma stai tranquillo è tutto a posto ora...” lei gli sorrise e Tarabas rischiò di dimenticarsi il suo nome ed il suo ruolo in tutto quello, cedendo all’istinto di baciarla. Si trattenne, voltandosi verso la boscaglia.

“Fantaghirò io... io ti devo ringraziare...” disse piano lui, mentre era intenta ad alimentare il piccolo falò di fortuna.

“Di cosa? L’avrei fatto per chiunque... nessuno può venire a minacciare le persone nel mio regno senza aspettarsi una reazione.” Disse lei, ma in cuor suo sapeva di mentire, o almeno di non dire tutta la verità. 

Tarabas per Fantaghirò non era chiunque. 

Lo sapeva lei, lo sapeva lui, e lo intuiva persino Romualdo, ma tra loro tre vigeva come un codice d’onore, una linea di demarcazione che non doveva venire oltrepassata.

“Di cosa state discutendo? Non vi ho interrotto spero...” era Romualdo, che col suo tempismo, aveva spezzato l’incantesimo del momento, zittendo entrambi e sollevando polvere di terra e imbarazzo nel gettare ai loro piedi le carcasse di tre lepri giovani e sane.

“Oh, amore mio, sei tornato!” Disse lei euforica, abbracciandolo, mentre Tarabas storceva il naso alla vista delle povere bestiole massacrate.

“Mi è passata la fame” disse cupo il mago.

Fantaghirò lasciò soli lui e Romualdo, per andare a prendere l’acqua al fiume con Chioma D’oro.

 

***

 

“Senti, tu non mi piaci...” disse schietto Romualdo, non appena fu sicuro che Fantaghirò non lo sentisse.

“Neanche tu mi piaci, se è per questo, ma come vedi ho fatto in modo che tu non restassi per sempre una statua di pietra da baciare e compiangere...”

“E di questo ti dovrei ringraziare? Sei stato tu, con la tua folle magia ad avvelenare il fiume in cui sono caduto coi tuoi soldati di terracotta...” Gli ricordò Romualdo.

Tarabas voleva rispondergli a tono, ma un mancamento gli fece girare la testa e divenne pallido in volto, tenendosi il fianco dolorante e ferito.

“Cos’hai mago?” Gli domandò Romualdo preoccupato.

“Niente, credo di stare poco bene... forse è la tua vicinanza?” Disse a Tarabas sarcastico.

“O forse hai la febbre alta... la ferita ha fatto infezione...” disse Romualdo indicando le bende al fianco sporche e puzzolenti.

“Vado a chiamare un cerusico... appena torna Fantaghirò dille che l’amo e che tornerò presto con il medico di corte...” 

Tarabas vide Romualdo saltare in groppa al proprio cavallo moro e partire in tutta fretta, quasi volesse aver quel pretesto per allontanarsi. 

Lo stregone avrebbe voluto dirgli che non era necessario, che poteva curarsi con la magia, in caso di pericolo di vita, invece non disse nulla, limitandosi a ringraziarlo per avergli dato l’occasione di stare nuovamente solo con Fantaghirò.

“Tarabas che hai?” Chiese turbata la bella principessa coraggiosa, quando lo vide sudato e delirante per la febbre.

“La ferita si è infettata... Romualdo è andato a cercare un medico...” disse Tarabas che non se la sentiva di mentire, non ora che poteva conquistarla una volta e per sempre.

“Vieni, sdraiati... ci penso io...” disse Fantaghirò ed iniziò a srotolare le bende dal fianco del mago per medicare e pulire la ferita.

Tarabas strinse i denti, perché gran parte del corpo portava i segni delle torture: frustate, bruciature e altro... non era solo il fianco a dolergli, anzi quello era il male minore.

“Mio Dio Tarabas, guarda come ti hanno ridotto... e tutto questo per la magia?” Chiede lei, visibilmente scossa nel vedere parte del corpo perfetto e tonico del mago, ridotto così.

“Non per la magia, Fantaghirò... per te...” disse Tarabas serio in volto.

“Non ho concesso loro la mia magia, perché l’ho promesso a te, tempo fa’, ricordi?” Disse lui, mentre lei gli posava una pezza bagnata sulla fronte bollente.

“Ho promesso che non sarei più stato lo stregone, ma solo l’uomo... per te... Fantaghirò io ti amo...” confessò Tarabas e bloccandole il polso se la tirò a sé per baciarla, finalmente.

Fantaghirò scoprì con orrore e meraviglia che quello era un bacio vero, un bacio fatto di labbra, di sospiri, di dolci carezze e di Muti giochi con la bocca. 

Niente bestia, niente zanne, niente bacio impossibile, ma solo un uomo ferito ed una donna confusa che si scambiano sentimenti troppo a lungo taciuti.

 

***

 

Non molto lontano da loro, una bambina con la pelle di porcellana, gli occhi rubati al riflesso del sole sulle acque e un enorme potere, sorrideva.

La Regina degli elfi sedeva su una pietra, con un grande abito di foglie e di frutti autunnali ad esaltarne la fulgida bellezza, sorrideva compiaciuta osservando gli eventi compiersi, e vicina a pregustarsi la propria ricompensa...

 

***

 

 

Nota dell’autrice:

Questo Prompt mi ha fatto sudare, era difficile, soprattutto far interagire tutti e tre insieme i protagonisti.

Spero di non essere risultato troppo OOC, però penso l’abbiate già capito che io sono per la coppia Tarabas-Fantaghirò...

La Regina degli elfi quindi è un po’ più cupa della sua versione televisiva, lo ammetto, ma mi serviva per la storia.

Buona lettura!

Lasciatemi un commento se vi va’.

Ladyhawke83

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Capitolo 5
*** L’animo di un principe ***


Storia partecipante al contest “Pianeti tra le stelle” indetto da Marika Ciarrocchi / AngelCruelty sul forum di EFP” 

 

 

L’animo di un principe 

 

Questa volta sarà lo stregone, non il principe, a salvarla...” pensò Tarabas (1).

Fantaghirò guardò lo straniero con aria perplessa, si chiese da dove fosse venuto e come mai nessuno lo avesse fermato.

Il Senza Nome non permetteva a nessuno di salire a bordo del proprio magico vascello, né tantomeno di abbandonarlo.

Lei aveva tentato, era riuscita a liberare tutti i bambini dalle grinfie di quel mostro cannibale, ma proprio quando aveva più bisogno di aiuto, Aries se ne era andato portandosi via le termiti magiche che avrebbero potuto sconfiggere il Senza Nome. È così a Fantaghirò era stata costretta a deporre le armi, e inaspettatamente risparmiata, era stata costretta a diventare sua prigioniera e sua sguattera e non osava ribellarsi per paura che il temibile Capitano della nave facesse male a Masala ed Ezela, i due ragazzini che l’avevano richiamata da un altro mondo con una radice dei desideri.

Tarabas restituì lo sguardo a Fantaghirò e fu dispiaciuto nel vedere in quei suoi occhi meravigliosi, l’ombra della sconfitta, della resa.

No, non era da Fantaghirò arrendersi, eppure questa era proprio lei, Fantaghirò, eppure allo stregone pareva diversa come se il peso di quel tradimento e dell’essere rimasta sola fosse troppo da sopportare.

“Ti ricordavo diversa, questa non più la Fantaghirò coraggiosa, determinata e ottimista che ho conosciuto... cosa ti hanno fatto? Come hanno fatto questo luogo a fiaccare il tuo spirito?” Chiese Tarabas con voce apprensiva.

“Chi siete? Come sapete il mio nome? Ci conosciamo? Io forse dovrei, ma purtroppo non mi ricordo di voi...” ammise Fantaghirò quasi dispiaciuta.

Fu la volta di Tarabas di sentirsi sconfitto.

Come poteva lei, la donna che lo aveva fatto cambiare per amore, non ricordarsi di lui. Lui, il più potente e malvagio stregone che aveva ceduto il suo regno oscuro, in cambio solo di un suo cenno, un suo sorriso, era stato dimenticato da Fantaghirò, dall’unica donna che avesse mai amato davvero.

“Mia dolce Fantaghirò, io sono Tarabas... Tu mi sfidasti tempo fa, per riportare in vita il tuo principe Romualdo, il tuo amore perduto e stregato dall’incantesimo del fiume.

Hai smosso le fate, gli alberi, i venti e i mari, persino la strega nera per trovarmi e, dal giorno in cui ci siamo incontrati, io ho deciso che avrei rinunciato al mio regno, alla malvagità e all’oscurità, a tutto pur di vederti felice”.

La dichiarazione di Tarabas mise ancora più in confusione la povera Fantaghirò, ora costretta a servire il Senza Nome, priva del ricordo del suo passato, e del suo regno. Tutto ciò che era stato prima che lei giungesse in quel mondo strano grazie al desiderio dei due bambini Ezela e Masala, era sparito dalla sua memoria.

 

***

 

Solo la radice magica poteva riportarla indietro ma quando Tarabas aveva interrogato Aries, questi gli aveva detto che quelle piantine e le loro preziose foglie non esistevano più.

“Il Senza Nome le ha fatte bruciare tutte...” aveva confessato il pirata controvoglia allo stregone.

Aries aveva consegnato nelle mani di Tarabas i tarli magici. 

Gli unici esseri viventi in quel mondo, in grado di distruggere il mostro mangia-bambini, i tarli erano gli unici in grado di sbriciolare il legno di apalicandro, materiale di cui era quasi interamente composto il Senza Nome.

“Sono stato un vigliacco, lo ammetto. Non mi sentivo in grado di affrontare il Senza Nome, la probabilità di non uscirne vivo erano troppo alte, ma questo era prima...” ammise a fatica il viandante dagli occhi azzurri.

“Prima che capissi che lei contava qualcosa per me...” Aries deglutì mentre lo sguardo di falco di Tarabas lo inchiodava sul posto.

“Fantaghirò giurava di non ricordare nulla ogni volta che le domandavo, e io non pensavo che qualcuno tenesse tanto a lei da viaggiare tra i mondi per riprendersela...”

“Sei fortunato che io tenga molto a lei e che, in un’altra vita ormai, io le abbia promesso che non avrei fatto più del male a nessun essere vivente, perciò non ti ucciderò, né ti maledirò con la mia magia per averla lasciata sola, ma tu adesso mi aiuterai a fuggire con lei, siamo intesi?...”

“Intesi, ma potresti puntare la tua lama da un’altra parte? La mia gola te ne sarebbe grata...” Gli domandò Aries, con quel mezzo sorriso sghembo di chi sa di farla sempre franca.

 

***

 

E così, Tarabas era giunto tramite una fitta foresta tropicale al vascello indicato da Aries, seguendo la strada che costeggiava il lato più esposto al sole di quell’intricata selva.

Lo stregone sperava in cuor suo di non dover riaffrontare quella natura selvaggia e ostile, tanto fitta ed enormemente letale, come non ne aveva mai vista prima di allora nel suo regno.

Quello di Aries, dei bambini prigionieri del Senza Nome, e di quelle piante orribili, carnose e velenose, era un mondo dove Tarabas non sarebbe rimasto per nessun motivo.

Il suo unico scopo era salvare al più presto Fantaghirò e riportarla indietro, anche se questo avrebbe significato vederla nuovamente tra le braccia di Romualdo, il principe perfetto, il principe buono, quello che tutti i sudditi desiderano.

“Come vedete, ora non sono esattamente felice...” la voce di Fantaghirò riscosse Tarabas dai suoi pensieri.

“Ma chi vi ha detto dove trovarmi?” Domandò ancora Fantaghirò speranzosa, convinta che se avesse saputo di più forse avrebbe potuto ricordare il volto dello affascinante sconosciuto che ora le tendeva una mano.

Quell’uomo, Tarabas, non sembrava stesse mentendo, anzi, nei suoi occhi brillava una luce nuova, nobile, buona. Era impossibile da credere per Fantaghirò che lui potesse essere stato in qualche modo malvagio, in passato.

“Ho persuaso la strega Nera e così sono riuscito a riaprire il portale fra i nostri mondi, anche senza piante...” Confessò Tarabas.

“Piante? Portale? Strega Nera? Sono sicura che questi nomi dovrebbero dirmi qualcosa, ma nella mia mente c’è solo vuoto, nebbia e paura... Ho paura, non posso andarmene e lasciare qui i bambini nelle mani del mostro. Ezela e Masala contano su di me, sulla mia obbedienza al Senza Nome...” Fantaghirò abbassò gli occhi sconfitta e, per Tarabas, vederla così triste e fragile fu un colpo al cuore.

“Non avere timore Fantaghirò, io sono qui per te e non sono solo. Libereremo i bambini e fuggiremo. Troveremo la strada di casa.” 

Lo stregone tastò il sacchetto contenente i piccoli esserini che avrebbero dovuto salvarli attaccando il senza nome e si sentì fiducioso, anche senza magia potevano farcela.

Aries avrebbe dovuto aspettarli poco lontano, pronto a salpare, con loro, verso un nuovo mondo: il regno Fantaghirò che, dai pochi frammenti sparsi carpiti a a Tarabas, sembrava così allettante e così diverso dal suo.

Con un sorriso furbo e soddisfatto, il viandante, che già una volta aveva tradito la principessa straniera Fantaghirò, estrasse dalla scarsella un piccolo fagotto contenente la piantina dei desideri con le sue foglioline verdi, nuove e rigogliose.

Con quella avrebbe potuto esaudire facilmente ogni suo desiderio e soddisfare così uno dei suoi sogni più grandi: viaggiare ed esplorare.

Forse avrebbe potuto anche diventare un principe o un Re, certo lasciare Fantaghirò gli dispiaceva ed era davvero una carognata da parte sua, ma Aries era tranquillo, c’era lo stregone con lei, non era sola. In qualche modo se la sarebbero cavata. Avrebbero sicuramente trovato la strada per ritornare al portale, anche senza nave...

“Ehi!” Disse ad un tratto Aries, tenendosi il fianco, come se qualcosa l’avesse morso.

“Buoni, state buoni... ora vi faccio uscire. Vi ho promesso del legno ed eccolo qua... Certo non è apalicandro, ma dovete accontentarvi...” Il giovane fece uscire le termiti magiche dal sacchetto e le liberò indirizzandole verso il vascello, quello che avrebbe dovuto essere il loro mezzo di trasporto per la fuga, il quale in poco tempo fu ridotto in pezzi e trucioli da quegli insettini innocui, ma alquanto voraci.

“E ora portami nel regno della principessa Fantaghirò...” disse Aries staccando una delle foglie dalla preziosa piantina, e masticandola, poi scomparve in uno sbuffo di vento magico.

 

***

 

“Maledizione!” Gridò Tarabas, sbattendo un pugno sul legno della paratia della nave del Senza Nome.

“Quel vigliacco mi ha imbrogliato! Ha osato prendersi gioco di me! Se solo potessi usare i miei poteri, gliela farei vedere...” Si agitò Tarabas spaventando Fantaghirò.

“Che cosa succede?” Chiese lei, temendo la reazione di lui.

“Succede che quell’uomo, quel pseudo pirata non è un uomo d’onore. Aveva detto di avermi consegnato le termiti per sconfiggere il Senza Nome e liberare tutti voi, mentre in realtà questi non sono che banali terminotteri, termiti coleottero, che non sono in grado di scalfire il legno di cui è composto quel mostro folle e cannibale.

“Mi dispiace” ammise Fantaghirò sottovoce, questa volta molto più che sconfitta, quasi rassegnata.

“Dovreste andarvene di qui, prima che lui ritorni. Io non vi conosco..

 Non so nulla di voi, ma percepisco che voi siete una persona buona e non voglio che quel vecchio pazzo vi faccia del male, come ne ha fatto ai bambini...” ammise Fantaghirò toccandogli un braccio e Tarabas non poté far altro che rammaricarsi guardandola.

Sentiva la responsabilità e il peso di quella sconfitta su di sé. Tarabas amava Fantaghirò, voleva salvarla, ma forse quel compito dopotutto non spettava a lui, non sarebbe mai spettato a lui.

“Non devi temere per me, io sono stato molto più terribile di qualsiasi mostro in questione, persino di questo Senza Nome. È per te che sono cambiato, è stata la forza del tuo amore a cambiarmi” ammise Tarabas, mentre il familiare dolore al petto per quel sentimento mai corrisposto si faceva sentire.

Fantaghirò arrossì, un po’ perché non lo conosceva, un po’ perché le sue parole erano forti e limpide e i suoi occhi avevano una luce particolare.

“Sarete anche stato un mostro, ma ora, i miei occhi vedono solo un animo buono, come quello di un principe...” Fantaghirò sorrise e a Tarabas non riuscì a non pensare all’unico principe che conosceva: Romualdo, l’unico amore di Fantaghirò.

Forse doveva essere proprio un principe a salvarla, non uno stregone come lui...” si disse a Tarabas offeso con se stesso, e adirato contro quel destino avverso.

Poi si udirono dei passi, suono di colpi più che altro, scricchiolii, legno contro legno, silenzio innaturale tutto intorno.

Fantaghirò e Tarabas si guardarono, e negli occhi di lei lui lesse il panico e si apprestò a proteggerla col proprio corpo, il quale anche se non possedeva uno scudo o una magia utile in quel mondo, era pur sempre meglio di niente, certo era molto di più che fuggire e lasciarla sola.

Il coraggio a Tarabas non era mai mancato.

Trattennero il respiro, la principessa e lo stregone, mentre la mente di Tarabas vorticava veloce per trovare una strategia di difesa.

Stava arrivando il Senza Nome e non era di buon umore...

 

***

 

Note al testo:

(1) La frase in apertura non è mia, ma appartiene a questa storia su efp, che è stata scritta per me grazie ad una sfida in una challenge e, della quale, questa mia one shot vuol essere un continuo un po’ particolare.

 

 

Note dell’autrice:

Eccomi di nuovo nel Fandom di Fantaghirò, sono nostalgica e vecchia ormai, lo so.

Qui ho voluto riagganciarmi al What if? Di Kamy in questa storia, per scriverne uno mio un po’ particolare.

Tarabas giunge in modo misterioso a salvare Fantaghirò dal Senza Nome, mentre Aries (si vedo che non ho molta simpatia per lui) se ne va, lasciandoli soli e senza l’arma fondamentale per sconfiggere il mostro di legno: le termiti magiche.

Il finale è aperto perché il contest voleva che parlassi di una sconfitta non di una vittoria, per cui non potevo inserire un happy ending. Starà a voi immaginare se, e come, i nostri due se la caveranno.

 


 

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Capitolo 6
*** Confronto ed espiazione ***


Confronto ed espiazione

 

“Uno dei miei uomini mi ha detto che eri tornato. Volevo tagliargli la gola per aver mentito, poiché non ti credevo tanto stupido...”(1).

“Io non voglio recarti altri problemi, Re Romualdo”. Rispose lo stregone, fissando intensamente, senza timore, le iridi chiare del nobile consorte di Fantaghirò.

“E, dunque, per quale motivo sei tornato dal tuo esilio volontario?” Incalzò Romualdo stringendo nervosamente la mano guantata sul pomolo della propria spada. 

Tarabas lo metteva a disagio, lui, quei suoi occhi smeraldo e la sua pericolosa magia.

“Per espiare le mie colpe”

“Dì piuttosto che sei tornato per rivedere lei, solo lei...”.

“Questo te lo dirà Fantaghirò, se lo vorrà...”.

 

 

***

 

[111 words]

 

 

 

Note al testo:

  1. citazione dal film “Ladyhawke”. Questa frase in origine è pronunciata da Marquet verso il Capitano Navarre.

 

 

 

Note dell’autrice:

 

Eccomi! Di nuovo in questo Fandom, che tanto amo.

Questa volta devo ringraziare LeBlueRoar, perché avendo perso ad un giochino, challenge su Facebook, la penitenza/ premio, consisteva appunto nello scrivere su un tema dato.

Nello specifico mi è stato chiesto di scrivere una drabble, con protagonisti Tarabas e Romualdo e con il tema del CONFRONTO.

Che aggiungere? Spero sia di tuo gradimento e alla prossima sfida!

Buona lettura.

Ladyhawke83

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Capitolo 7
*** Oriental SunSet ***


Storia scritta per @Kamy Rossi

Partecipa all’iniziativa: “Writing Challenge - Spotify wrapped 2022”

Personaggio assegnato: Tarabas (Fandom Fantaghirò)

Brano: “Oriental SunSet” (numero 12 della playlist)

Rating: verde

Words: 1058

***

 

 Oriental SunSet

 

Tarabas aveva attraversato quel deserto, senza nome da solo, con la sola guida delle stelle del cielo notturno, e della sua sola volontà di giorno. Lo aveva fatto anche senza l’aiuto dei suoi poteri magici: aveva giurato a Fantaghirò che mai più avrebbe usato la magia per fare del male, e così aveva fatto.

Certo, avrebbe potuto creare con un semplice incantesimo acqua o un riparo, per dissetarsi e ristorarsi, ma Tarabas, essendo stato il più grande degli stregoni, dopo suo padre Darken, sapeva fin troppo bene che ogni utilizzo improprio, o leggero, della magia richiedeva un prezzo da pagare: si doveva mantenere l’equilibro delle forze e della natura, altrimenti sarebbe stato di nuovo caos e lui non poteva permettere che la malvagità che aveva respinto in fondo al suo cuore e alla sua mente prendesse il sopravvento.

Non sapeva più da quanto tempo fosse in viaggio, però doveva essere tanto, dato che i suoi vestiti, una volta lussuosi e perfetti, ora apparivano logori, ciò più che stracci; le sue membra erano stanche, il corpo dimagrito e la barba ormai cresciuta.

Tarabas vide che il sole stava per tramontare su quel deserto tutto dune, oro e vento, per uno come lui, abituato ad orientarsi nelle foreste e sulle montagne, quel luogo all’inizio gli aveva creato non poche difficoltà.

Certe volte era stato sul punto di cedere e lasciarsi andare alla sfinitezza e all’arsura delle giornate, o al gelo delle notti desertiche, dove attendeva l’alba senza riparo dalle violente tempeste di sabbia, se non il suo magico mantello.

Solo due volte in quei giorni di cammino nel deserto aveva incontrato viandanti: una prima volta incontrò un gruppo di strani viandanti: erano uomini dalla pelle scura e dai vestiti blu cobalto, in sella a delle strane cavalcature, molte più alte e robuste dei cavalli,e che sputavano anche, Tarabas non aveva mai veduto creature simili: erano vere eppur sembravano fantasia.

Quella volta, il capo di quegli uomini avvolti in tessuti blu e oro, gli aveva domandato se avesse voluto un aiuto.

“So riconoscere un uomo dal cuore nobile, e un principe, quando lo vedo. Voi non dovreste viaggiare da solo, forestiero” gli aveva detto l’uomo in quella sua lingua musicale, ma un po’ ruvida e dai suoni aspri e veloci.

“Vi sbagliate, sono stato un principe sì, ma non dal cuore nobile. Vi ringrazio del vostro aiuto, ma ho bisogno di proseguire da solo, il peso che porto io non lo dovete portare anche voi”. Aveva risposto Tarabas, lasciandolo poi andare, dopo aver condiviso con lui e con gli altri uomini dai grandi occhi neri il cibo e l’acqua che gli veniva offerto.

La seconda volta che incontrò qualcuno in quel suo cammino solitario tra le dune, fu quasi uno scontro.

Quell’uomo gli era piombato  addosso dal cielo, o almeno così pareva.

Era un tipo strano, un mago forse, più uno stregone, aveva ipotizzato Tarabas, avvertendone la sua magia vibrare nell’aria.

Lo straniero che portava orecchie leggermente a punta, lunghi capelli neri e grandi ali nere sulla schiena non aveva detto molte parole, ma quelle che aveva detto nascondevano molto altro.

Tarabas lo capiva bene, perché anche lui nel profondo cuore si sentiva spezzato, ma non osava dirlo ad alta voce. E, quando la memoria e i ricordi di lei, della dolce Fantaghirò, venivano a galla, anche solo parlarne era doloroso.

“Sei ferito straniero?” Domandò Tarabas all’altro, dopo averlo aiutato a rialzarsi.

“Sto bene, ho superato ben di peggio. Fa attenzione alle tue spalle, questo posto è pieno di mercenari e gente senza scrupoli, e se scoprono che anche tu possiedi la magia, finirai a combattere come uno schiavo a comando, come lo sono finito io, ma io non ho più niente da perdere, tu forse sì?” Gli domandò lo straniero, che aveva intuito molto di Tarabas anche solo con un’occhiata.

“Come fai a sapere che anche io sono uno stregone?” Tarabas era stupito e confuso, si sentiva esposto: età così facile decifrare i suoi perché?.

“La magia può anche non essere manifesta, ma si sente. E tra maghi o stregoni ci si riconosce. Io l’ho visto dal tuo sguardo e sento nel tuo cuore che sei qui perché hai perso la strada, la motivazione, forse hai perso qualcuno?”.

Lo straniero dagli occhi bruni e dagli strano tatuaggi neri sul corpo, sorseggiò volentieri l’acqua che Tarabas gli porse.

“Non si può perdere chi non hai mai posseduto davvero. Lei non è mai stata mia e adesso non c’è più.” Rispose Tarabas, perdendosi nel riflesso delle fiamme del falò che il mago straniero aveva acceso.

“Io invece ho rinunciato alla mia famiglia, per proteggerla. Ora sono un mago errante e talvolta combatto. Non mi importa per chi, mi basta mettere a tacere il cuore con il clangore della battaglia, con l’energia della magia”.

Lo straniero, prima di lasciarlo, aveva chiesto a Tarabas di unirsi a lui e al suo gruppo, disperso a causa di una tempesta di sabbia e magia, ma Tarabas anche quella volta declinò, percepiva che quel mago gli era affine, ma non gli sarebbe servito seguirlo, né combattere per sanare le ferite del suo cuore.

Fantaghirò era morta: era stata la mano di suo padre a fermarle il cuore, ma la colpa era sua, perché non si era piegato al volere dell’Oscuro Signore, suo padre Darken, così facendo aveva perso lei e anche se stesso.

Mentre Tarabas vagava con la mente a questi pensieri, il sole stava per tramontare sul deserto senza nome, e così anche sulle sue speranze, illusioni fini e fragili come sabbia.

Il tramonto a oriente era uno spettacolo unico e bellissimo e Tarabas desiderò con tutto se stesso che la sua dolce Fantaghirò fosse lì a vederlo, avrebbe forse riso di lui, o si sarebbe emozionata anche lei di fronte ad un così bel caleidoscopio di colori?

Tarabas non lo sapeva, non lo avrebbe mai saputo. Si sdraiò avvolgendosi nel mantello e lasciandosi cullare dal sonno, si addormentò pensando a lei, mentre intorno scendeva il buio e si accendevano le prime luminose e impertinenti stelle.

Una farfalla dai mille colori e dalle ali luminose volò sopra lo stregone addormentato e, sul suo volto, si dipinse un sorriso, mentre sussurrava nel sonno il nome del suo amore: Fantaghirò, sempre e solo Fantaghirò.

 

***

 

Note dell’autrice: Era da molto, molto tempo che non scrivevo più qualcosa di ispirato, e questa challenge ha fatto proprio al caso mio.

Il brano scelto da Kamy io lo amo molto, è stato facile vederci questa storia tutta racchiusa lì dentro.

Questa storia si potrebbe situare verso la fine di Fantaghirò 4, anche se ne modifico alcuni elementi. Perdonatemi, ma io non sono mai riuscita a vedere Tarabas insieme a quella principessina insopportabile e viziata di Angelica.

Così mi sono immaginata che dopo che Darken uccide Fantaghirò, lei non torni più in vita, così Tarabas distrutto dal dolore va in esilio lontano, con la promessa di non fare più ricorso alla magia.

Nella storia c’è un piccolo easter egg, che sarà subito chiaro a chi conosce i miei personaggi originali e la mia storia: “La promessa del mago”. Lo straniero e mago che incontra Tarabas, altri non è che Simenon Vargas, (lo stesso Vargas che potete leggere quando si trova nel deserto di Ardivestra). Per tutti gli altri, sappiate che Vargas è un mezzelfo mago/stregone dal destino molto simile a quello di Tarabas, ovvero il “maiunagioia”.

Infine, una menzione d’onore la devo fare agli Emian, autori del brano “Oriental SunSet” che ha ispirato questa storia, io li adoro, se non li conosce, andate subito ad ascoltarli, perché meritano tantissimo.

Fatemi sapere cosa ne pensate della storia!

A presto

Vostra Ladyhawke83

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