You are my everything

di ChiaFreebatch
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo uno. ***
Capitolo 2: *** Capitolo due. ***



Capitolo 1
*** Capitolo uno. ***


“You are my everything”

 

Dedico la mia prima Stucky a Linda che mi ha fatto scoprire questo magnifico fandom e ad Annina, una delle persone migliori che io conosca.

Vi voglio bene <3

 

La storia non tiene conto degli eventi di Infinity War. Niente Thanos e dolori vari... Solo amore.

 

Capitolo uno .

 

Regno di Wakanda.

 

Il sole stava tramontando sul Lago Turkana, la luce rossastra si rifletteva sulla superfice di quello che era il più grande lago alcalino al mondo.

James Buchanan Barnes se ne stava seduto sulla riva.

Il silenzio della natura lo avvolgeva.

L’eco della popolazione wakandiana insita nel villaggio poco distante.

Tese una mano sfiorando con la punta delle dita l’acqua.

Indugiò un poco percependola calda come sempre.

La osservò con sguardo perso.

Il fondale di sabbia scura rendeva invisibile la fauna acquatica.

Indice e medio si mossero quasi volessero tamburellare sulla superficie.

Inspirò a fondo portandosi il palmo dinnanzi al viso.

Qualche goccia scese lungo il polso della sua unica mano.

Le osservò scivolare lungo l’avambraccio e perdersi oltre il gomito. Le sopracciglia ben disegnate un poco corrugate.

Un fruscìo lo distrasse.

Si volse verso sinistra.

Nel canneto una coppia di fenicotteri si muoveva con lentezza.

Sorrise alzandosi in piedi.

La mano un poco umida sfiorò la spalla sinistra.

La placca che nascondeva il moncone del braccio coperta dalla stoffa blu.

La accarezzò pensieroso.

La settimana seguente aveva appuntamento con T-Challa e Shuri per la prova definitiva del suo nuovo braccio meccanico.

Una sorta di ansia e di aspettativa lo pervadeva.

Aveva trascorso mesi nel moderno apparecchio per la criogenesi dopo di che si era sottoposto alla terapia per porre rimedio al controllo mentale dell’Hydra .

Terapia scoperta da Shuri e dall’equipe medica wakandiana.

Terapia che aveva dato i suoi benefici riportandolo ad avere il pieno controllo di sé.

L’ultimo passo era quello dell’istallazione del nuovo braccio in vibranio.

Svariate prove erano state effettuate e la principessa riteneva ora d’essere arrivata alla soluzione definitiva.

Sospirò voltando le spalle alle acque placide.

Si incamminò sul terreno battuto raggiungendo la propria capanna poco distante.

Abbassò il capo attraversando la piccola porta d’ingresso.

La stanza lo accolse illuminata dalla luce di due grosse candele.

Si diresse verso un mobile scuro che fungeva da dispensa.

Ne estrasse le posate, un piatto ed un bicchiere.

Li posò sul tavolo grezzo e prese posto a tavola.

Scoperchiò la pentola ammaccata posta al centro ed inspirò il profumo che ne salì.

Si versò una dose generosa di riso e stufato di montone. Cibo che amorevolmente le donne del villaggio avevano la cura di portargli con regolarità.

Talvolta consumava i propri pasti in loro compagnia ma tendenzialmente preferiva ritirarsi nella propria capanna o in riva al lago.

La solitudine gli era amica, da quando aveva terminato la cura gran buona parte dei propri ricordi erano riaffiorati in maniera piuttosto lucida e così, amava starsene tranquillo a rammentare il tempo passato.

Si versò dell’acqua e ne bevve un lungo sorso.

Infilzò con una forchetta un pezzo di carne e prima di portarselo alle labbra restò a fissarlo.

Fissò quel boccone e sorrise per metà.

Nella mente gli apparve l’immagine di Steve. Il ricordo di un pranzo a Brooklyn quando abitavano nello stesso piccolo appartamento.

L’amico seduto a tavola con gli occhi spalancati intento a fissare lo stufato nel proprio piatto.

Sorrise di nuovo a quel ricordo e dette un morso.

Era cosa rara che potessero permettersi della carne. Era un cibo estremamente costoso e con il suo stipendio unito a quello dei lavoretti sporadici di Steve era pressoché impensabile.

Sebbene Rogers ne avesse avuto bisogno per la propria salute cagionevole, era con sommo rammarico che raramente riusciva a comprargliela.

Con tutta probabilità il ricordo di quel pasto riaffiorato nella propria mente era da attribuire al primo giorno di stipendio e di qualche offerta speciale al negozio di carni del signor Duncan.

Masticò lo stufato assaporando la varietà di spezie tipiche della cucina wakandiana.

Gettò un’occhiata al paesaggio oltre la finestrella.

Il sole completamente sparito all’orizzonte.

Il suo cuore mancò un battito rammentando che il giorno seguente Steve Rogers lo avrebbe raggiunto.

Rimestò con i rebbi della forchetta nel riso e si disse che quella sorta di ansia e di batticuore fossero ingiustificati.

Lo avrebbe rivisto dopo mesi ma non per questo si sarebbe dovuto emozionare come una ragazzina al primo appuntamento galante.

Deglutì a fatica il boccone avvertendo quella stretta allo stomaco non abbandonarlo.

Poche ore. Poche ore e Steve sarebbe stato dinnanzi a lui.

Chiuse gli occhi inspirando a fondo.

Il capitano per eccellenza si sarebbe intrattenuto tutta la settimana. A detta di T’Challa aveva preteso d’essere presente il giorno in cui il nuovo braccio gli fosse stato consegnato ed in aggiunta aveva fatto sapere di avere delle comunicazioni importanti da riferirgli.

Il Re gli aveva così proposto di trascorrere l’intera settimana al villaggio per potersi godere un poco della pace e dello spirito wakandiano ma soprattutto la compagnia di un vecchio amico.

Bucky posò la forchetta e si passò le mani sul viso.

Non sapeva se essere grato o meno alla pantera nera.

No.

L’idea di stare a stretto contatto con Steve per diversi giorni lo metteva in agitazione e la cosa lo faceva sentire incredibilmente stupido. Era o non era il suo più caro amico?

Sbuffò tamburellando le dita sul tavolo grezzo.

Lo era.

Da sempre, e sempre lo sarebbe stato ma… L’aver recuperato in quei mesi tutti quei ricordi lo aveva caricato di aspettative e gli aveva rammentato quanto bene gli volesse.

Tanto. Forse troppo.

Imprecò scostando il piatto non ancora vuoto.

Tanti ricordi legati al piccolo Steavie. Il gracile e malaticcio ragazzino che aveva protetto con dedizione ogni istante della propria vita.

Ricordi uniti a quelli della guerra. Quelli in cui il piccolo Roger si era trasformato in quello che per tutti era Captain America. Un uomo invincibile nel corpo e nello spirito. Un uomo imponente e bellissimo che celava dentro di sé tutte le caratteristiche di quel piccolo biondino di Brooklyn.

Bucky si alzò e rise di quella considerazione.

Inspirò a fondo cercando di scacciare dai propri pensieri l’attrazione che sapeva di provare verso di lui.

Raggiunse la finestra e si affacciò. Il gomito posato sul piccolo davanzale.

Le prime stelle della sera facevano capolino nella volta celeste.

Le osservò inspirando a fondo.

Sorrise e prese coscienza che quelle sensazioni erano al fine cosa buona.

Avrebbe riabbracciato il proprio amico. Avrebbero mangiato e dormito insieme.

Riso e chiacchierato proprio come un tempo.

Una cosa impensabile sino a pochi mesi prima.

Steve e Bucky di nuovo insieme.

Sì. Era decisamente una cosa buona.

……

 

Steve Rogers inspirò soddisfatto godendosi la bellezza della natura che lo circondava.

Il wakandiano che guidava il carretto che lo stava conducendo da Bucky si chiamava Ike. Un uomo anziano, con un grande sorriso sdentato che non parlava mezza parola di inglese.

Il contadino lo aveva gentilmente fatto sedere accanto a sé al limitare della città e da circa mezz’ora stavano percorrendo i sentieri sterrati diretti al villaggio.

Il carro trainato da due giovani buoi trasportava dozzine di grossi cavoli verdi. Steve si volse e dette loro uno sguardo chiedendosi come facessero a non ruzzolare a terra.

Ike sghignazzò al suo sguardo curioso e a quel gesticolare che lo aiutò a comprendere la domanda.

Indicò sommariamente delle corde ed una cesta in fondo al carro. Rogers inarcò un sopracciglio poco convinto e gli sorrise scuotendo il capo.

Attraversarono un paio di villaggi e Captain America ne restò profondamente affascinato.

Trovò assurdo il contrasto tra la tecnologia avanzata presente a palazzo ed in generale nella capitale e quella vita spartana priva persino di una cosa ormai così scontata come l’elettricità.

Donne e uomini lo osservarono incuriositi.

Qualche bambino lo salutò agitando la manina correndo poi a nascondersi dietro gli ampi vestiti colorati delle mamme.

Ike lo osservò di sottecchi per buona parte del tragitto e quando attraversarono il villaggio a cui la capanna di Barnes faceva capo, l’uomo indicò con il braccio un punto indistinto oltre il colle.

Steve si riscosse dall’attenta osservazione del paesaggio.

Serrò un poco gli occhi limpidi raddrizzandosi meglio sul carretto.

Sapeva che Bucky viveva in una delle capanne piuttosto lontane dal centro abitato. Aveva avanzato quella richiesta e Steve non se ne era stupito quando T’Challa glielo aveva comunicato.

Inspirò a fondo quando raggiunsero il culmine della collina e a valle scorse un piccolo orto, un paio di capre che pascolavano e la capanna dell’amico.

Avvertì il proprio cuore accelerare il battito ed una morsa stringergli lo stomaco.

Inspirò nuovamente distogliendo lo sguardo verso la superficie del lago poco distante.

Il carretto si fermò in cima.

La discesa troppo impervia per quel mezzo malandato carico di cavoli.

Rogers scese con un balzo ringraziando con un ampio sorriso il vecchio Ike. Si gettò il borsone in spalla e si incamminò lungo il sentiero sterrato.

Una mano corse alla fronte un poco sudata.

Aveva caldo. Troppo.

Il sole batteva forte e l’agitazione che aveva in corpo non lo aiutava.

Deglutì avanzando velocemente.

Scorse una terza capretta al limitare del sentiero che sino ad allora era rimasta nascosta dietro un albero. L’animale sollevò il viso da terra e lo fissò curioso masticando un ciuffo d’erba.

La capanna dell’amico sempre più vicina.

Sbuffò gonfiando le guance e si impose contegno. Lo avrebbe rivisto. Dopo mesi.

Mesi lunghissimi in cui avrebbe voluto correre in Wakanda e stargli vicino. Ne aveva parlato con Shuri, principale responsabile del processo di cura intercorso da Bucky e la ragazza gli aveva consigliato di starsene a Brooklyn.

Riteneva che l’ex soldato d’inverno non andasse sovra stimolato in fase di cura e la sua presenza sarebbe stata decisamente un fattore sovra stimolante.

I ricordi sarebbero riaffiorati con lentezza, senza sforzi ma se lui fosse stato presente, la mente fragile del ragazzo avrebbe ricevuto impulsi eccessivi legati al passato.

Aveva così incassato il colpo e si era rassegnato ad attendere.

Si schiarì la voce avvertendo la gola un poco secca quando scorse sulla soglia della capanna la figura di James.

Barnes lo vide e sorrise. Un sorriso ampio di quelli che Steve aveva sempre trovato incredibilmente affascinanti.  Uno di quei sorrisi che avevano fatto strage di cuore nella Brooklyn degli anni Trenta.

Il cuore prese a battergli con forza. Lo avvertì persino nelle orecchie ed avrebbe giurato d’essere arrossito.

Ringraziò d’essersi fatto crescere la barba che avrebbe nascosto buona parte del suo viso accaldato.

L’amicò avanzò verso di lui.

Lo osservò.

Era decisamente meno muscoloso rispetto all’ultima volta in cui lo aveva visto sparire in quell’apparecchio per la criogenesi.

I pantaloni e la camicia sbracciata di un pallido verde fasciavano il suo corpo delineandone la struttura che personalmente avrebbe definito perfetta.

Un foulard blu gli copriva la spalla a cui in pochi giorni sarebbe stato inserito il nuovo braccio in vibranio.

I capelli e la barba più lunghi di quanto glieli avesse mai visti prima.

Lo trovò bellissimo. Non che fosse una novità.

Per lui James Buchanan Barnes era da sempre il ragazzo più bello su cui avesse mai posato gli occhi. Non avrebbe saputo dire se fosse per un discorso oggettivo o fossero i propri sentimenti a renderlo ancora più bello di quanto fosse in realtà.

Sentimenti di cui aveva preso consapevolezza decenni prima.

Sentimenti che aveva compreso appieno ed ammesso a se stesso il giorno in cui Buck era caduto da quel maledetto treno sparendo in un gelido crepaccio.

Rabbrividì al riaffiorare di quel ricordo.

In quel medesimo istante l’amico gli fu dinnanzi. Lo strinse a sé con forza.

Più di quanta si sarebbe aspettato.

Il proprio naso scivolò contro i capelli castani.

Inspirò a fondo il profumo naturale di Bucky che lo riportò dritto dritto al loro appartamento a Brooklyn. Ad una di quelle dozzine di gelide sere invernali trascorse a dormire abbracciati alla ricerca di un po’ di calore.

Ricambiò l’abbraccio lasciando cadere il borsone a terra.

James dal canto proprio sorrise contro il collo dell’amico. Le labbra sfiorarono la pelle accaldata e si godette quel momento rendendosi conto di quanto effettivamente gli fosse mancato.

I ricordi recuperati in quei mesi gli esplosero nella mente e nel cuore.

Si staccò a malavoglia da quel corpo solido e cercò immediatamente il suo sguardo.

“Ehi Punk” Sorrise.

“Ehi Jerk” Storse le labbra divertito.

“Ti sei fatto crescere la barba” Indicò con un cenno del capo.

La mano di Steve corse al proprio volto e la sfiorò.

“Sì bè…. Anche tu” Sorrise.

“E’ decisamente più comodo non farsi la barba quando vivi in un posto come questo” Fece spallucce.

“Già suppongo di sì” Si chinò a raccogliere il borsone.

Bucky gli dette una pacca sulla spalla e con un cenno del capo gli indicò la dimora.

“Dai, vieni”

Steve lo seguì oltre la tenda turchese appesa dinnanzi all’uscio.

La stoffa pesante gli sfiorò il viso mentre varcò la soglia della capanna.

Restò immobile guardandosi intorno.

Buck restò un poco in disparte guardandolo di sottecchi.

Gli occhi cristallini dell’amico stavano analizzando quel piccolo spazio.

Una piccola credenza, un tavolo con due sedie.

Due grosse cassapanche.

Mobilio povero in legno molto scuro che Steve non seppe identificare.

Vi era poi una lunga tenda a dividere in due l’unica stanza.

Quella sorta di divisorio in stoffa blu delimitava la zona notte.

“Dai dammi questo…” Barnes si morse il labbro inferiore afferrando il borsone dalle mani dell’amico “Puoi mettere le tue cose in questa…” Proseguì indicando una delle due cassapanche.

“Perfetto, grazie” Gli sorrise.

“E… Dietro qui c’è il letto…” Posò la borsa e scostò la tenda.

Rogers lo seguì.

Il materasso matrimoniale posava su delle basse assi lignee. La coperta di un giallo vivo.

Steve sorrise inginocchiandosi.

Sfiorò la stoffa e premette poi a palmo aperto.

“Non è male, è piuttosto morbido” Volse il viso verso l’alto incrociando gli occhi azzurri dell’amico.

“Ho dormito in posti peggiori” Arricciò le labbra in un mezzo sorriso.

Steve annuì rialzandosi in piedi.

“Dovrai condividerlo con me… A meno che tu non voglia dormire fuori con le capre” Indicò la finestrella.

Il capitano rise e sbirciò all’esterno.

Lo stesso animale che lo fissava al suo arrivo ne se stava ora ad un metro di distanza con il muso puntato all’insù.

Lui posò le mani sul piccolo davanzale e si sporse.

“Cosa vuoi?” Gli chiese.

La capra belò in risposta facendolo ridere.

“Con chi parli?” Buck inarcò un sopracciglio.

“Con la tua amica qua fuori… Prima mi guardava storto lungo il sentiero” Rientrò nella capanna.

James sbirciò fuori.

“Amico semmai” Puntualizzò “Non è una capra ma un caprone” Spiegò appoggiandosi con la schiena alla parete rossiccia “E’ Grant…”

“Grant? Come me?” Scoppiò a ridere.

Bucky sghignazzò allontanandosi “Sì, Grant come te… Vieni te lo presento” Sparì oltre la tenda.

Steve lo seguì all’esterno. Il sole colpì le sue iridi chiare e lui dovette serrare le palpebre un poco infastidito.

Il caprone si era allontanato un poco brucando.

Aveva raggiunto lo steccato che delimitava l’orto.

Roger fissò l’amico inginocchiarsi accanto a lui ed accarezzargli il capo.

Lo affiancò osservando le lunghe dita sottili grattare amorevolmente il pelo color miele tra le due lunghe corna.

L’animale parve apprezzare.

Abbandonò l’erba e sollevò la testa socchiudendo gli occhi quasi facesse le fusa.

Udì Buck mormorargli qualcosa che non riuscì a comprendere.

Chinò un poco il capo osservando il profilo sorridente di James.

Il naso perfetto, la mascella marcata.

I capelli castani scostati dietro l’orecchio.

Inspirò a fondo e dovette schiarirsi la voce imponendosi di smetterla di fissarlo.

Portò la propria attenzione sull’animale.

“Ehi ha gli occhi azzurri!”

L’amico sollevò il viso incrociando il suo sguardo “Alcuni di loro li hanno. E’ uno dei motivi per cui l’ho chiamato Grant” Ridacchiò.

“Stai insinuando che questa capra mi assomigli?” Inarcò un sopracciglio biondo.

Buck sorrise e si rimise in posizione eretta.

“In realtà sì… Quando ho iniziato a vivere qui, lui è stata la prima capra che mi hanno portato dal villaggio. Un pomeriggio me ne stavo seduto sotto quell’albero…” Con la mano indicò una grossa pianta al limitare dell’orto.

Steve si volse un istante ad osservarla attendendo che James proseguisse.

“Bè, me ne stavo perso nei miei pensieri. Cercavo di rielaborare i frammenti dei ricordi che la cura di Shuri mi aveva aiutato a recuperare. Avevo gli occhi chiusi e la testa appoggiata al tronco…”

Si grattò una tempia con indice e medio.

“E poi sento qualcosa sfiorarmi la spalla “Sorrise “Apro gli occhi e c’è… Grant” Gli accarezzò nuovamente il capo “Che mi fissa ad un palmo dal naso con i suoi occhi azzurri e la sua barbetta color miele”

Steve si appoggiò allo steccato incrociando le braccia al petto “E hai pensato a me?” Trattenne una risata.

“S…Sì” Ammise distogliendo lo sguardo “Lo so, è una cretinata” Si imbarazzò grattandosi la nuca “Nel mio cervello malandato è apparsa la tua faccia”

“Devo ancora decidere se sentirmi lusingato o offeso” Non perse il sorriso.

“Non lo so” Rispose arricciando le labbra divertito.

“E per curiosità, come mai Grant e non Steve?” Azzardò una carezza all’animale.

Il caprone si voltò guardandolo circospetto.

Buck retrocedette di un paio di passi e prese a camminare lungo lo steccato.

La mano scivolava sui paletti lignei.

Steve lo vide sbuffare sonoramente.

“Perché non mi piaceva l’idea di usare il tuo nome ogni giorno per…Rivolgermi ad una capra… Insomma, ecco ho pensato che Grant fosse un buon compromesso” Si volse verso Rogers.

Il capitano non si era mosso di un passo e lo fissava con le mani sui fianchi.

Buck lo studiò qualche istante corrugando le sopracciglia.

“Puoi ridere se vuoi” Borbottò.

L’amico gli si avvicinò fermandosi ad un soffio.

“No che non rido cretino”

Lo abbracciò, di nuovo. Gli dette una pacca sulla schiena e Barnes si ritrovò a chiudere gli occhi ed inspirare nuovamente il suo profumo.

Steve si scostò poco dopo, timoroso di eccedere in quelle manifestazioni d’affetto.

Sorrise e per mascherare quella sorta di imbarazzo e felicità che lo aveva pervaso tornò ad indicare l’animale.

“E poi è una bella capra! Sono lusingato!”

“Caprone non capra…” Lo sgomitò “Poi si offende…” Lo superò.

“Caprone” Annuì “Bene”

“Dai vieni, volevo farti fare un giro del villaggio ma sicuramente sarai stanco per il viaggio e vorrai stenderti una attimo…”

“No, non sono stanco…” Rientrò in casa “Sistemo al volo le mie cose e poi andiamo” Fece spallucce.

“Sicuro?”

“Sicuro Bucky” Gli sorrise inginocchiandosi ad aprire il proprio borsone.

“Bene…” Annuì. “Ti verso qualcosa da bere intanto?”

“Grazie”

James lo osservò di sottecchi aprire la cassapanca ed iniziare a riporre le proprie cose.

Analizzò rapidamente l’ampia schiena tesa sotto la t-shirt blu.

I muscoli pallidi dei bicipiti a contrasto con la stoffa scura.

I capelli biondi leggermente lunghi a sfiorare la nuca.

Gli occhi scesero ulteriormente concentrandosi sulla porzione di pelle ben visibile tra la maglietta un poco sollevata e la linea dei jeans.

Distolse lo sguardo scuotendo il capo e rammentando a se stesso di porre un freno a quei pensieri poco sani che lo stavano torturando ormai da tempo.

Inspirò a fondo e prese a rovistare nella credenza.

……

La sera era calata sul Wakanda.

Steve aveva trascorso la giornata in giro per il villaggio alla scoperta della vita rurale di quel popolo così differente rispetto a quella a cui era ormai abituato.

I wakandiani si erano rivelati gente con il sorriso impresso sulle labbra, gentili e disponibili. Sebbene pochi di loro riuscissero a parlare un poco l’inglese, avevano cercato di farsi comprendere al meglio dal capitano.

Bucky inizialmente un poco rigido nel dover gestire la visita di Steve si era mano a mano sciolto distendo il bel viso in un’espressione felice.

Rogers era rimasto affascinato dalla gestione del bestiame e della cucina. Aveva appreso della cottura del cibo attraverso dei fuochi realizzati in buche nel terreno e scoperto in una grande capanna svariati pesci appesi ad essiccare.

La cultura wakandiana aveva stimolato la propria curiosità e si era ripromesso che nei giorni a seguire avrebbe nuovamente fatto loro visita per apprendere al meglio le tradizioni e la gestione della giornata in quell’oasi di pace ferma nel tempo.

Di ritorno dal villaggio avevano portato con sé il cibo da consumare per cena.

Le donne avevano proposto ai ragazzi di fermarsi con loro tuttavia la giornata si era rivelata estremamente impegnativa per Steve con la stanchezza del viaggio ancora addosso e così avevano declinato l’offerta promettendo loro d’essere presenti la sera seguente.

Raggiunsero la cima della collina scorgendo la capanna a fondo valle.

Le capre addormentate sotto la grossa pianta al limitare dell’orto.

Steve sorrise nel vederle tutte accucciate vicine, le une accanto alle altre.

Bucky entrò lesto in casa posando sulla tavola una ciotola contenente della verdura.

Accese un paio di candele mentre il capitano posò con delicatezza un grosso piatto in peltro con tre pesci infilati su uno stecco di legno appena cotti alla brace.

L’ex soldato d’inverno uscì nuovamente all’esterno accendendo due fiaccole al limitare della capanna.

L’amico lo sbirciò dalla finestra.

Il profilo perfetto si fece rossastro alla luce della fiamma.

In quel mentre si volse e gli sorrise.

Steve replicò nel medesimo modo sentendosi incredibilmente felice.

“Vuoi mangiare fuori?” Propose.

“Possiamo?”

“Possiamo fare tutto quello che vuoi Steve” Fece spallucce.

Il capitano dette un paio di colpi di tosse ed annuì.

“Sì, certo… Allora mangiamo fuori”

Rientrò in casa grattandosi nervosamente la nuca.

“Tieni prendi questa”

James lo fece sussultare passandogli con poca grazia una grossa tovaglia rossa.

“S…sì” La strinse nella mancina “Posso prenderli io quelli.” Azzardò riferendosi ai piatti impilati con posate e bicchieri stretti nell’unica mano dell’amico.

Il bel viso assunse un’espressione arcigna.

“Ce la faccio da solo” Rispose cupo.

Rogers annuì senza aggiungere altro. Sapeva quanto l’amico fosse suscettibile e detestasse apparire debole.

Sebbene la propria avrebbe voluto essere una gentilezza temeva d’averlo innervosito.

Fu così che si volse ed uscì.

Buck si morse il labbro inferiore e lo seguì. Era conscio d’avergli risposto in maniera infastidita ma difficilmente riusciva a controllarsi ogni volta in cui qualcuno voleva aiutarlo seppur dotato di buone intenzioni.

Gli succedeva anche con i paesani o addirittura con Shuri e T’Challa.

Detestava apparire debole e bisognoso d’aiuto.

Prima gli avrebbero messo quel dannato braccio e meglio sarebbe stato per tutti.

“Puoi stenderla lì…” Il tono si fece più morbido.

L’amico obbedì posando la tovaglia sul prato poco distante dalla capanna, nella parte più prossima al lago.

Attese in piedi senza muovere un dito lasciando all’altro la possibilità di inginocchiarsi e posare le stoviglie a terra.

James apprezzò quel gesto e sospirò avendo conferma dei propri ricordi. Steve lo capiva da sempre. Anche solo grazie ad un’occhiata o ad un cambio di tono della voce.

Si morse il labbro inferiore posando i bicchieri.

“Potresti entrare tu a prender il cibo?” Domandò a capo chino.

Rogers sorrise “Ma certo Bucky”

Il ragazzo si voltò ad osservarlo allontanarsi verso la capanna.

Si sedette a terra sospirando.

Il palmo scivolò sul viso ripetutamente.

“Ecco qua!”

Sollevò lo sguardo ritrovando Rogers di ritorno con il pesce, la verdura ed una brocca d’acqua.

“Grazie” Afferrò il piatto in peltro.

Il capitano scosse il capo sedendosi a terra di fronte a lui.

“Allora… Cos’è quella cosa? Non l’ho mai vista prima” Dirottò l’attenzione sul cibo.

“Sono foglie di manioca cotte… Assomigliano agli spinaci… Ci fanno anche una zuppa che è piuttosto buona…” Afferrò un cucchiaio.

“Mai sentita nominare” Si grattò il mento barbuto.

“Vuoi provarla?”

“Sì certo!”

“Shuri dice che ha un sacco di proprietà benefiche ma che va cotta altrimenti è tossica…”La divise sui piatti.

“Interessante…” Tastò con i rebbi della forchetta.

Buck lo osservò portarsene un piccolo quantitativo alle labbra.

“Com’è?”

“Non è male” Fece spallucce “Non è un sapore disturbante”

“No, è piuttosto neutra, anche il tubero da cui provengono ha un sapore delicato” Addentò un pezzo di pesce direttamente dallo spiedo.

“Ti sei fatto una cultura sul cibo africano eh” Sorrise.

“Già” Annuì.

Steve colse il movimento della lingua scivolare sulle labbra un poco lucide e dovette distogliere lo sguardo.

Afferrò il bastoncino che reggeva il proprio pesce e lo assaggiò.

“Non è affatto male il cibo di qui… Anche se è un po’ troppo speziato. Non so se ti piacerebbe” Proseguì sorridendo.

“Come mai pensi questo?” Inarcò un sopracciglio curioso.

Bucky terminò il proprio boccone e bevve un lungo sorso d’acqua prima di rispondere.

Il frinire delle cicale accompagnò quegli istanti silenziosi.

“In effetti non lo so, è solo una sensazione” Borbottò fissando il proprio piatto.

Steve lo osservò indugiare con la forchetta tra la verdura.

“Nella nostra Brooklyn le spezie non erano certo molto utilizzate ma… In questi anni ho avuto modo di provarle e posso dirti con certezza che se possibile eviterei di ripetere l’esperienza. Preferisco di gran lunga un bell’ hamburger cotto sulla griglia”

Buck sbirciò oltre le lunghe ciglia castane ed arricciò le labbra in un mezzo sorriso.

Non disse nulla e proseguì il proprio pasto.

Il silenzio che scese su di loro non fu carico di imbarazzo. Tutt’altro.

Si godettero con tranquillità il cibo e la pace di quel luogo fermo nel tempo.

Quando Steve terminò anche la propria metà del secondo pesce, si pulì le labbra con il tovagliolo variopinto gettando uno sguardo al lago poco distante.

L’acqua immobile e scura.

Sollevò il viso sorridendo alla miriade di stelle presenti nella volta celeste.

“Wow…” Sussurrò.

Bucky sollevò il volto dal proprio piatto incuriosito dall’esclamazione estatica dell’altro.

“Sì, sono bellissime”

“Non credo di avere mai visto così tante stelle in vita mia” Mormorò.

“Non negli ultimi anni di sicuro. Vivendo a New York dubito sia possibile” Replicò Barnes riponendo le stoviglie una sull’altra.

“No… Con le luci della città è praticamente impossibile” Storse le labbra con disappunto.

James si alzò in piedi con i piatti in mano. Restò qualche istante con il viso rivolto verso il cielo.

“La luce artificiale ci sta rubando le stelle” Sospirò.

Steve si volse ad osservarlo. Le labbra un poco aperte gli conferivano un’espressione stupita.

L’altro riportò i grandi occhi chiari sul volto del capitano. Si imbarazzò un poco sotto quello sguardo.

“Che c’è?”

“Niente” Gli riserbò un piccolo sorriso “E’ bello quello che hai detto. Bello e triste”

James sussultò appena e si volse non sentendosi in grado di reggere quelle iridi limpide fisse su di sè.

“Non ho del caffè… Vuoi un bicchiere di idromele?” Domandò allontanandosi.

“Sì grazie” Rispose alzandosi in piedi a sua volta.

Si mise le mani in tasca raggiungendo la riva del lago.

Si avvicinò al canneto notando un movimento sotto l’acqua. Sbirciò curioso ma non riuscì a scorgere alcun che.

La luna tonda si rifletteva sulla superficie del Turkana e Steve si beò anche di quella visione inspirando a fondo.

Quando Bucky uscì dalla capanna reggendo una tavoletta lignea con posati sopra due bicchieri lo vide immobile sulla riva.

Si prese il permesso di osservarne la figura perfetta.

Sbuffò lentamente avvicinandosi poi con passo leggero.

L’amico volse appena il viso sorridendogli.

Il cuore di Bucky sussultò a quell’occhiata gentile e quelle belle labbra piegate all’insù.

“Grazie Buck” Afferrò il proprio bicchiere.

James posò la tavoletta e terra prima di far tintinnare il proprio bicchiere contro quello dell’altro.

Sorrise a sua volta osservando il lago.

“E’ un posto meraviglioso amico, dico davvero” Rogers sorseggiò la bevanda a base di miele diluito e fermentato.

Lui si morse le labbra meditabondo. La mano corse alla spalla fasciata e sospirò.

“Sì, lo è ma… A volte perdi il contatto con la realtà. Ti senti immerso in una bolla quasi vivessi in un mondo parallelo”

Steve bevve un altro sorso riflettendo sulle parole dell’amico.

“E… A te piace vivere in un mondo parallelo?” Domandò cercando il suo sguardo.

Bucky faticò a concederglielo.

Deglutì fissano per qualche istante l’erba sotto i suoi piedi.

“Posso risponderti un’altra volta?” Domandò sorridendogli appena.

Rogers annuì giocherellando con il bicchierino. Gli occhi chiari fissi sul vetro grezzo.

Doveva concedere tempo a James.

Tempo per abituarsi alla propria presenza lì.

Tempo prima di chiedergli se volesse tornare a Brooklyn con lui.

“E’ stata una lunga giornata” Sospirò.

“Sì”

“Forse dovrei andarmene a dormire. Ho il fuso orario che comincia a farsi sentire” Sorrise.

“Certo, ti meriti un bel sonno”

Steve annuì allontanandosi verso casa.

Recuperò il proprio cambio per la notte prima di dirigersi alla piccola capanna attigua in cui vi era una sorta di bagno improvvisato.

Buck lo osservò da lontano con fare meditabondo prima di ritornare in casa a recuperare il secchio con le stoviglie sporche. Lo portò accanto alla pompa dell’acqua e lo riempì.

Rogers uscì dalla capannetta adibita a bagno poco dopo.

Indossava dei morbidi pantaloni scuri in felpa e una canottiera nera.

James se ne stava inginocchiato poco distante a lavare i piatti.

Sollevò gli occhi e gli riserbò un’occhiata analitica.

Le iridi azzurre si persero sui giochi d’ombre che le fiamme della torcia generavano sui bicipiti del capitano.

L’amico corrugò le sopracciglia e lo raggiunse in pochi passi.

“Posso darti una mano?” Sospirò mettendosi le mani sui fianchi.

“No” Scosse il capo posando un piatto sulla grossa pietra accanto alla pompa.

“Buck…So che sei particolarmente suscettibile ma… Trovo ingiusto stare qui a guardarti mentre fai tutto tu” Si piegò sulle ginocchia accanto a lui.

Il ragazzo distolse lo sguardo mordendosi il labbro inferiore e non rispose.

“Te lo chiederei anche se di braccia ne avessi due, non… Prendere tutto come una sorta di atto di compassione nei tuoi riguardi”

“Come fai a sapere che la penso così?” Corrugò le sopracciglia.

Steve inspirò a fondo e gli prese il piatto di peltro dalle mani.

“Perché ti conosco” Sorrise immergendolo nel secchio con il sapone.

Buck scosse il capo con un sorriso e si alzò in piedi.

Si scostò un poco e si sedette sul prato.

“Ok Steve” Sollevò il palmo in segno di resa “Ok”

“Ecco bravo, stattene lì buono che poi ce ne andiamo a letto” Strofinò con la spugna prima di passarlo sotto il getto dell’acqua.

James restò ad osservarlo inginocchiato a terra compiere con velocità quei gesti semplici.

Osservò i ciuffi biondi scendere scomposti e sfiorargli il naso.

Steve lo arricciò e Buck trovò splendido il bagliore della fiamma su quei fili biondi.

Si schiarì la voce battendo le palpebre.

“Forse è il caso che vada a prepararmi anche io per la notte”

L’amico sollevò il viso sorridendogli. Si limitò ad annuire e proseguire nel proprio lavoro.

Quando Bucky uscì dal bagno non trovò più Steve.

La zona attribuibile a lavatoio deserta.

Rientrò in casa.

La candela all’ingresso spenta.

Deglutì scostando la pesante tenda scura.

Il buio avvolgeva anche la zona adibita a notte, la sola luce della luna filtrava dalla finestra illuminando il letto.

James osservò la lunga figura stesa supina sul materasso.

Teneva le palpebre abbassate.

Una mano sotto il capo. Il gomito piegato.

Osservò il bicipite in tensione e quanto la canottiera seguisse le forme di quel corpo perfetto.

Faticò a rivedere in quell’immagine il fragile ragazzino di Brooklyn.

Sebbene durante il periodo della guerra avesse già vissuto con Steve dopo la sua metamorfosi dovuta al siero, faticava a recuperare frammenti di vita che lo collegassero a quella figura statuaria.

Nel corso di quei mesi di rielaborazione psico fisica aveva avuto modo di riflettere sulla propria vita passata e in grande parte dei propri ricordi, il suo Steve era mingherlino.

Si avvicinò piano temendo di svegliarlo.

Quando prese posto sul materasso, il ragazzo si voltò nella sua direzione.

James trattene il fiato.

Gli occhi limpidi ed il sorriso dolce di Rogers ad un soffio del proprio viso.

“Scusa, ti ho svegliato” Mormorò.

“No, stavo solo riposando gli occhi” Si sfregò le palpebre.

“Dovresti dormire, è tardi e sarai stanco, anche se sei Captain America non sei indistruttibile”

L’altro soffocò uno sbadiglio annuendo.

“Hai ragione, sono stanco morto” Rispose socchiudendo gli occhi.

Buck non ebbe modo di replicare.

Un sospiro profondo gli fece capire che l’amico era sprofondato nel sonno.

Sorrise comprendendo la stanchezza assoluta a cui l’amico cercava di reagire da svariate ore.

L’ennesimo ciuffo biondo scivolò sul suo viso.

James restò ad osservarlo.

La ciocca serica era immobile sulla guancia.

Posava sulla barba altrettanto bionda.

Lo fissò per un tempo indefinito e una serie di innumerevoli pensieri ingolfò il suo cervello stanco.

L’attrazione che provava verso Steve era una cosa con cui stava cercando di coesistere. Non sapeva esattamente quando e perché fosse nata ma il sospetto sempre più grande era quello che fosse ben celata nel proprio io sin dai tempi di Brooklyn.

Sin da quando Steve era il suo Steavie. Uno scricciolo malaticcio tutto occhi e labbra piene.

Sollevò la mano.

L’avvertì tremare un poco.

Si fermò a una manciata di centimetri dal volto del ragazzo.

Indugiò.

Si morse il labbro inferiore ripetutamente.

Pollice ed indice afferrarono la ciocca. Gliela scostò con delicatezza dietro l’orecchio.

Rabbrividì.

Quanto a Steve, non si mosse di un millimetro.

Con l’indice sfiorò delicatamente la barba.

La trovò morbida.

Si morse la lingua e scostò la mano con uno scatto quasi si fosse scottato.

Spalancò i grandi occhi azzurri e si voltò sul fianco opposto dando le spalle a Rogers.

Chiuse gli occhi con forza e si impose di dormire.

Insultò se stesso per essersi preso il permesso di sfiorarlo. Per aver azzardato quel gesto così semplice ma che se l’amico si fosse svegliato sarebbe apparso estremamente equivoco.

Stupido Bucky.

Si raggomitolò portando le ginocchia al petto sperando che il sonno lo cogliesse.

Rogers dal canto proprio sorrise.

Un sorriso incredulo e felice.

Poteva dunque sperare.

…………

I giorni trascorsero nel Wakanda, lenti e felici.

Steve si stava abituando alla vita in quel paese incontaminato. Aveva imparato a conoscere gli abitanti del villaggio e si era reso spesso utile dando loro una mano nelle faccende di vita quotidiana. Sempre con Bucky al proprio fianco aveva poi passeggiato in quella natura selvaggia scorgendo scorci splendidi.

James gli era parso rilassato e a proprio agio per la maggior parte del tempo ed in certe occasioni aveva avuto modo di riscoprire il Buck scanzonato della Brooklyn di settant’anni prima. Il suo percorso di recupero era stato lento e doloroso ma aveva dato i suoi frutti. Sebbene sopita la personalità del vecchio Barnes era ancora lì e stava pian piano riaffiorando. I ricordi riscoperti e la presenza costante dell’amico lo stavano facendo risbocciare sebbene entrambi sapessero che le cicatrici nella mente e nel corpo non si sarebbero mai cancellate totalmente.

Il pomeriggio del quarto giorno Steve se ne stava sul limitare del lago con le mani sui fianchi ed un paio di occhiali da sole a celare lo sguardo curioso.

Bucky lo osservava di sottecchi, seduto sotto il grosso albero al limitare dell’orto.

“A che pensi Punk?” Domandò dopo un tempo indefinito.

Rogers si voltò verso l’amico inclinando il capo.

Tese un braccio verso la distesa d’acqua ferma.

“Si potrebbe fare un bagno lì dentro? Fa un caldo indecente Buck”

“Sì che puoi se ci tieni a farti mangiare da un coccodrillo o a beccare qualche batterio letale” Si rigirò un lungo filo d’erba tra le dita.

Grant gli si avvicinò strofinandogli il muso sulla coscia.

Bucky gli sorrise accarezzandogli un poco il capo color miele.

“Hai detto coccodrilli?” Si grattò il capo.

“Sì Steve, ho detto coccodrilli… Non sei a Coney Island sai…”

Il capitano sbuffò sonoramente e lo raggiunse.

James sussultò quando Rogers, sedendoglisi accanto, si appoggiò con la propria spalla a quella coperta dalla placca.

Steve ignorò volutamente quel sussulto e lo scostarsi di una manciata di centimetri da parte di Barnes.

Portò le ginocchia al petto e levandosi gli occhiali si guardò attorno.

“Molto bene, avevo in programma una bella nuotata e niente… Andrò di nuovo al villaggio a vedere se hanno bisogno una mano”

“Questa è un’insenatura” Attaccò Bucky indicando il lago con un cenno del capo “Se ci spostiamo più a nord la zona non è così paludosa…” Si volse cercando lo sguardo di Steve.

“Davvero?”

“Sì, c’è una spiaggia e l’acqua è piuttosto limpida”

“E i coccodrilli?” Azzardò mordendosi il labbro.

“Oh Dio non ci credo” Rise “Captain America che ha paura dei coccodrilli?”

Rogers si finse offeso beandosi al contempo di quella risata felice.

“Ehi sono un super soldato ma pur sempre un uomo! Se un affare di quelli dovesse azzannarmi che succederebbe? Non sono fatto di vibranio come il mio scudo!” Lo sgomitò.

Bucky inarcò un sopracciglio e si alzò in piedi.

Steve alzò il viso all’insù.

Un raggio di sole si insinuò tra le fronde dell’albero e colpì le sue iridi limpide.

James si perse ad osservarle e per l’ennesima volta in vita sua non avrebbe saputo definirne perfettamente il colore.

Il sole li rendeva più verdi che azzurri eppure alla luce artificiale l’azzurro era il colore preponderante.

Amava gli occhi di Steve, da sempre.

“Buck?” Lo richiamò.

“Sì!” Sussultò dandogli le spalle.

“Tutto ok?”  Si incupì alzandosi a sua volta.

“Certo” Annuì

“Che fai?”

“Non volevi andare a nuotare?”

“Ci andiamo davvero?”

James si volse ricercando nuovamente il suo sguardo. Lo trovò puro e felice come quello di un ragazzino.

Storse le labbra in un sorriso.

“Sì se ti muovi” Lo spinse su una spalla.

Lo superò poi incamminandosi verso nord.

“E’ molto distante?” Lo affiancò rimettendosi gli occhiali da sole.

L’amico fece spallucce infilandosi in un sentiero tra gli alberi “Mezz’ora direi”

Camminarono nella folta vegetazione alternando momenti di chiacchiera ad altri di silenzio. Steve si guardò attorno cercando di memorizzare il percorso ma la cosa gli riuscì abbastanza difficile poiché spesso il sentiero spariva.

Il sole filtrava tra gli alberi e sollevando il viso si perse ad osservare delle palme di dimensioni mai viste prima.

“Buck… Sei sicuro di conoscere la strada per ritornare?”

“E’ una battuta Rogers?” Domandò scavalcando un grosso tronco caduto a terra.

“E’ solo che…Non riesco a trovare punti di riferimento” Si grattò il capo.

“Sono io il tuo punto di riferimento” Replicò superandolo.

 Steve si fermò un istante, il palmo posato all’ennesima gigantesca palma.

Inspirò a fondo e si stupì di come quella frase detta con leggerezza fosse in realtà una delle cose più vere che l’amico avesse mai detto.

Lo aveva chiaramente fatto senza riflettere. Era una considerazione estemporanea basata sulla sua perplessità manifestata ma… Non aveva potuto fare a meno di percepirvi altro.

James non udì il rumore dei passi dell’amico e così si voltò dopo una quindicina di metri.

Lo trovò con il capo chino ed il braccio posato al tronco dell’albero.

Per un istante si allarmò.

“Steve!”

L’altro sollevò il viso cogliendo un lampo di preoccupazione sul suo volto.

“Arrivo Bucky” Inspirò.

“Stai bene?” Ritornò sui suoi passi.

Rogers sorrise vedendolo avvicinarsi. Si fermò ad un passo da lui con le sopracciglia castane corrugate.

“Che hai?” Domandò di nuovo.

Il capitano scosse il capo e si compiacque di quella palese nota di ansia nella voce calda del ragazzo.

“Non ho nulla” Sorrise di nuovo “Avevo solo bisogno di recuperare un po’ di fiato”

Barnes non perse quell’aria arcigna conscio di quanto quella fosse una menzogna. Ci voleva ben altro che una semplice scampagnata per levare il fiato a Captain America.

“Non sopporto quando mi menti” Replicò avvicinandosi ulteriormente.

Steve trattenne il fiato percependo il suo corpo così vicino.

Si perse ad osservare la perfezione del viso di James concedendosi un’occhiata più approfondita alle labbra ringraziando i proprio occhiali scuri che gli schermavano lo sguardo.

Inspirò a fondo e il profumo naturale di Bucky gli giunse forte e chiaro alle narici.

“Non sto mentendo. Andiamo?” Lo superò incapace di stargli troppo vicino senza commettere una sciocchezza.

Il ragazzo restò con espressione cupa nella medesima posizione.

Volse solo il capo verso la figura di Steve che si allontanava.

Sbuffò richiamandolo a gran voce.

“Dove vai adesso cretino? Non conosci la strada”

Rogers sorrise scuotendo il capo.

Si fermò con le mani sui fianchi e attese che lo affiancasse.

“Aspetto il mio punto di riferimento”

Bucky non replicò. Si limitò a soppesare a propria volta quelle parole che precedentemente aveva detto con leggerezza.

Ci rimuginò nei minuti che seguirono.

Ci rimuginò e prese consapevolezza di quanto fossero vere di riflesso nei confronti di Steve.

Si turbò.

Si grattò nervosamente la mascella e si chiese se anche il turbamento dell’amico fosse giunto da quella considerazione.

Deglutì con forza scorgendo il mare tra gli alberi.

Udì Steve mormorare qualcosa ed le onde. Lo vide accelerare il passo sino a correre per raggiungere la spiaggia.

Restò sul limitare del bosco osservandolo correre sulla sabbia fine.

Il mio punto di riferimento. Insieme fino alla fine.

Quelle parole gli giunsero alla mente come un lampo.

Si morse nervosamente il labbro inferiore.

Steve lo richiamò gesticolando e James si ritrovò a sorridere della felicità manifestata dall’altro.

Mise a propria volta i piedi sulla spiaggia e si incamminò a passo lento.

Il sole baciava la figura statuaria dell’amico rendendo la sua pelle ancor più chiara ed i biondi capelli parvero brillare.

“E’ una meraviglia qui! Guarda che acqua!”

“Te lo avevo detto” Si riscosse facendo spallucce.

Steve se ne stava con le mani sui fianchi ed un’espressione stupita sul volto.

La distesa blu infinita dinnanzi a sé.

Una spiaggia che si estendeva a perdita d’occhio con qualche sparuto albero cresciuto qua e là.

Aguzzò meglio la vista e distinse chiaramente decine di fenicotteri rosa un centinaio di metri verso nord con le zampe placidamente a mollo nell’acqua.

Oltre lo stormo notò la vegetazione sparire per lasciare posto ad una distesa infinita di roccia lavica. Rammentò quando al villaggio un paio di ragazzi gliene avessero parlato.

Sorrise e si voltò verso Bucky che si era accomodato sotto un piccolo albero cresciuto tra la sabbia.

“Mi piace” Decretò.

“Lo avevo vagamente intuito” Storse le labbra divertito.

Rogers si grattò la nuca un poco imbarazzato e lo raggiunse senza tuttavia sedersi.

Sfiorò un ramo tortile incuriosito da quella varietà di pianta.

“E’ un’acacia… Lo sono tutte le piante che vedi spuntare qua e là tra sabbia e roccia… Anche quelle più grosse che vedi giù in fondo”

“Sei proprio diventato un esperto eh” Lo canzonò bonariamente.

“Non ho molto altro a cui pensare quaggiù”

Steve annuì mordendosi il labbro.

Lo vide portarsi la mano verso il viso e osservare la formica che correva su e giù lungo le sue dita sottili.

Una sorta di rassegnazione era trapelata dal suo tono di voce.

Un velo di tristezza.

L’ultima cosa che Rogers voleva fare era quella di intristire il ragazzo.

“Buck” Lo richiamò.

“Sì?” Seguitò a fissare l’insetto.

“Allora ci buttiamo?” Si infilò in tasca gli occhiali indicando il lago con un cenno del capo.

James rise posando la mano sul tronco alle sue spalle. La formica scivolò sulla corteccia e sparì.

“Non io. Eri tu quello che voleva farsi un bagno”

“Oh andiamo!!”

“Scordatelo” Si portò le ginocchia al petto e fissò il capitano dal basso verso l’alto.

“Perché?!” Insistette.

“Non sono esattamente un provetto nuotatore. Non senza questo almeno” Ribeccò un poco acido battendo una mano sulla placca nascosta da una fascia scarlatta.

“Non ci provare Jerk, eri mediocre anche settant’anni fa…” Sdrammatizzò.

Bucky battè le palpebre ed un sorriso stupito gli sorse spontaneo.

Sapeva che le parole dell’amico fossero mirate a toglierlo da quella sorta di autocommiserazione in cui saltuariamente cascava.

“Stai zitto Rogers, settant’anni fa ero un maledetto pesce! E lo sarò anche la settimana prossima, quanto mi rimetteranno quel dannato braccio” Ghignò.

Steve si piegò sulle ginocchia di fronte a lui ed inarcò le sopracciglia in quel modo che Buck aveva sempre definito -alla Steve Rogers-

“Bene, pesce, la settimana prossima mi darai prova delle tue capacità natatorie ma ora, potresti levarti tutta questa roba e darti una rinfrescata? Non dobbiamo andare al largo… Ce ne stiamo a riva”

James distolse lo sguardo e scosse il capo.

Si alzò in piedi e si allontanò di qualche passo.

Steve inspirò a fondo e lo raggiunse.

“Qual è il vero problema Buck?” Si azzardò a passargli un braccio sulle spalle.

L’amico sussultò ma non si scostò il che lo rese felice.

James fissò l’orizzonte per diversi istanti prima di rispondere.

“Non è un bello spettacolo Steve. Nei limiti del possibile evito a chiunque di farlo vedere” Mormorò con un filo di voce.

Il cuore del ragazzo si strinse a quelle parole. Dovette serrare le palpebre ed inspirare a fondo.

“Sorvolando sul fatto che ti ho già visto senza un telo addosso quando ti hanno infilato in quel dannato apparecchio per la criogenesi….” Attaccò “Sono solo io Buck. Sul serio hai problemi a farti vedere da me?”

Lo afferrò per le spalle facendolo voltare.

James non resse quegli occhi così belli e carichi di un qualcosa che non avrebbe saputo definire.

Chinò lo sguardo mordendosi il labbro inferiore.

“Tu sei proprio l’ultimo da cui vorrei farmi vedere in questo stato” Borbottò.

Steve non fu convinto di avere capito bene quella frase.

Non ne fu convinto poiché gli era parsa talmente assurda dal non poterla concepire.

“Stai scherzando?” Si incupì.

“Ti sembro uno che ha voglia di scherzare?!” Ribeccò acido cercando ora quelle iridi così chiare.

“Sono io! Steve Rogers! Tu mi hai medicato quando avevo un improbabile corpo di quaranta chili! Quando ero uno scheletrino con la scogliosi più carico di lividi che di muscoli! Abbiamo nuotato assieme dozzine di volte, e altrettante mi hai ripescato dall’acqua per i miei attacchi d’asma! Sul serio ti vergogni di me? E’ la più grossa stupidata che sia mai uscita dalla tua bocca Jerk!!”

“Bè adesso non sei certo un ragazzino rachitico e con l’asma ed io non sono più quel Bucky. Sono praticamente uno storpio col cervello malandato quindi no grazie Captain America rifiuto l’invito e me ne sto qui seduto a…”

L’ex soldato d’inverno non riuscì a terminare la frase.

Il palmo di Steve premette con forza sulle sue labbra mettendolo a tacere.

“Va bene” Annuì “Non vuoi spogliarti e mi sta bene, non voglio obbligarti a fare qualcosa che ti infastidisce ma…” Chinò lo sguardo.

Inspirò a fondo e serrò le palpebre cercando di lenire quel dolore che le parole dell’amico gli avevano provocato.

“Gesù Bucky non dire più nulla del genere. Ti prego” Mormorò fissando la sabbia sotto i propri piedi.

Il palmo scivolò via dalle labbra dell’altro.

Steve vacillò. Mentalmente e fisicamente.

Vacillò posando la fronte sulla spalla di James.

Buck spalancò i grandi occhi chiari e rabbrividì avvertendo la barba del capitano sfiorare il proprio collo.

Tremò indeciso poi si fece coraggio e lo abbracciò.

Avvertì le mani dell’amico posarsi sulla vita e ricambiare quell’abbraccio in maniera delicata.

Restarono in silenzio per un tempo indefinito poi Rogers prese parola.

Le labbra sfiorarono impercettibilmente il collo dell’altro.

“Non parlare più di te stesso in quel modo. Fallo per me Buck”

Barnes annuì e la propria mano risalì lungo l’ampia schiena di Steve soffermandosi sulla nuca.

Indice e medio sfiorarono i capelli biondi più lunghi di quanto glieli avesse mai visti prima.

“Ho passato tutta la mia vita ad invidiare il tuo corpo, a confrontarlo con il mio. Ho sempre fatto una gran fatica a farmi vedere nudo da te Bucky… Anche quando ero così messo male da ragionare a fatica per le botte o per la malattia, pensavo a quanto potessi apparire imbarazzante davanti ai tuoi occhi”

Sospirò e Barnes potè avvertire il fiato caldo contro il proprio collo.

Steve proseguì senza muoversi di un centimetro perché era molto più facile parlargli così, senza quei grandi occhi azzurri fissi su di sé.

“E anche se adesso non sono più… Un mucchietto d’ossa, fidati, dentro sono ancora quel ragazzino rachitico che si imbarazza farsi vedere da Bucky Barnes, il ragazzo più invidiato di tutta Brooklyn.”

James chiuse gli occhi e rafforzò la stretta. Affondò il viso contro la nuca dell’amico.

Il naso scivolò tra quei capelli biondi che aveva sempre trovato splendidi.

Annuì di nuovo.

“Sei sempre tu Buck. Anche con o senza braccio in vibranio sei comunque perfetto” Ammise in un soffio.

Avvertì le proprie gote scottare e con tutta probabilità se ne sarebbe accorto anche Bucky se solo si fosse scostato per guardarlo in viso.

Non sapeva quanto quel discorso potesse risultare equivoco. Quanto l’amico avrebbe colto di quelle parole così sincere.

Il cuore di entrambi batteva forte nel petto e nessuno dei due ebbe il coraggio di sciogliere quell’abbraccio.

James si impose di farlo.

Avrebbe voluto dirgli un sacco di cose ma sebbene tra i due fosse sempre stato lui quello più espansivo e ciarliero quella parte di sé era ancora sopita. Bloccata negli anni Quaranta e timorosa di farsi rivedere.

Fu così che si ritrovò a deglutire e stringere la mano con forza alla spalla di Steve mentre gli occhi dell’altro lo fissavano luminosi.

“Certo che sai come consolare le persone eh Punk?” Si morse la lingua sorridendo per metà.

Rogers inclinò il capo sorridendo. Scosse la testa ed un ciuffo gli finì sul naso.

Bucky si fece serio azzardandosi a scostarglielo dietro l’orecchio.

Indugiò un poco sfiorando con finta casualità la barba.

Steve trattenne il fiato e restò immobile. Vide gli occhi dell’altro spalancarsi quasi fosse spaventato.

Lo avvertì scostarsi da lui con un passo veloce e grattarsi nervosamente il collo.

“Dai adesso vai a farti questo benedetto bagno” Sorrise distogliendo lo sguardo.

“Non ne ho più così voglia” Ammise mettendosi le mani sui fianchi.

“Non ci credo… Stai rompendo le scatole da due ore, adesso ti butti” Lo spinse sulla schiena incentivandolo ad avvicinarsi alla riva.

Rogers si impuntò senza muoversi di un centimetro.

“Buck non…”

L’amico levò gli occhi al cielo ed afferrandolo per una mano lo trascinò dietro di sé verso l’acqua.

“Se non vuoi fare il bagno vestito ti consiglio di spogliarti prima che io ti getti così in acqua”

Steve rise stringendo quella mano sottile nella propria.

Quando giunsero in prossimità dell’acqua si fermò e Bucky si volse sorridendogli.

“Dai non fare il cretino. Buttati”

Il capitano annuì slacciandosi le scarpe e posandole sulla zona erbosa poco distante.

Bucky si sedette lì accanto e lo fissò con il naso all’insù.

Steve si tolse la t-shirt nera fingendo una disinvoltura che non possedeva.

Arrossì sulle gote e si chiese perché l’altro non smettesse di fissarlo con un sorrisino divertito stampato sul bel viso.

Si sfiorò il bottone dei jeans e tergiversò.

“Stai arrossendo Rogers” Lo stuzzicò.

“Oh andiamo smettila di fissarmi! Mi metti in imbarazzo Buck te l’ho detto!”

Barnes rise sinceramente divertito ed anche un poco lusingato da quel rossore sulle gote di quello che a conti fatti era uno dei ragazzi più belli d’America.

Afferrò la maglietta di Steve e con un gesto secco gliela lanciò contro le gambe.

“Non fare il ragazzino e levati sti affari”

Il capitano borbottò qualcosa di non meglio identificato e si abbassò i pantaloni con gesti decisi.

James deglutì sonoramente e la propria pseudo sfacciataggine vacillò dinnanzi a Captain America con addosso solo un baio di corti boxer neri.

Roger si accorse di quel cambio d’espressione e fu il suo turno di ghignare.

Si mise le mani sui fianchi sottili e richiamò la sua attenzione.

“Soddisfatto sergente Barnes?”

“S…Sì. Direi di sì” Si schiarì la voce.

Gli occhi indugiarono sul torace muscoloso scivolando sino all’ombelico per poi rendersi conto di quanto fosse inopportuno e riportarli sul viso dell’amico.

“E adesso sparisci Punk, vai a farti questo maledetto bagno” Indicò il Turkana.

“Agli ordini!” Mimò il saluto militare e si voltò raggiungendo a passo lento la riva poco distante.

James dovette inspirare molto a fondo ed imporsi di smetterla di fissare il fondoschiena perfetto di Steve.

Si morse il labbro inferiore ed imprecò vergognandosi dei propri pensieri.

L’amico nel frattempo si era immerso totalmente nell’acqua.

Lo osservò nuotare sino a che divenne un puntino minuscolo all’orizzonte.

Buck corrugò le sopracciglia e si alzò in piedi per poterlo tenere d’occhio. Un’azione sciocca ne era consapevole tuttavia non potè farne a meno.

Si morse il labbro inferiore vedendolo sempre troppo lontano per i propri gusti.

Sbuffò levandosi le scarpe.

Si arrotolò i pantaloni sino al ginocchio e raggiunse la riva.

I piedi affondarono sulla sabbia sottile.

L’acqua calda com’era logico che fosse.

Il vento si alzò inaspettatamente ed i lunghi capelli castani si mossero sfiorandogli gli occhi in maniera fastidiosa.

Li scostò con un gesto secco mentre un sorrisetto gli sorse sulle labbra.

Steve stava tornando verso riva.

“Si è alzato il vento… Temevi ti spingesse troppo al largo?” Domandò quando fu a pochi metri di distanza.

Steve rise immerso nell’acqua sino alle spalle.

“Semmai tu temevi che io finissi al largo” Replicò.

“Non è vero” Distolse lo sguardo.

Rogers si avvicinò lentamente e Buck con la coda dell’occhio non si perse il corpo statuario emergere con sfacciata lentezza dall’acqua.

“E come mai te ne stai qui come una sentinella?” Domandò affiancandoglisi.

James sollevò i grandi occhi chiari osservando il viso un poco umido dell’amico.

I capelli biondi apparivano più scuri così zuppi.

Il capitano li portò all’indietro con un gesto naturale ma che fece fremere Barnes.

“Non sono una stupida sentinella, avevo caldo e mi andava di bagnarmi i piedi” Replicò con il nasino all’insù.

“I piedi” Annuì storcendo le labbra “Se lo dici tu” Fece spallucce superandolo.

Si sedette sull’erba accanto ai propri vestiti.

James non gli dette la soddisfazione di aver ragione.

Prese a camminare lungo la riva avanti ed indietro per un po’ fingendo d’essere realmente interessato a rinfrescarsi un poco.

Proseguì a filo dell’acqua. I piedi scalciarono qualche sassolino.

I fenicotteri sempre più vicini. Ne vide un paio alzarsi in volo ed allontanarsi.

Inspirò a fondo l’aria tiepida.

Si grattò nervosamente la nuca e si volse ritornando in direzione dell’amico.

Il capitano se ne stava steso al sole con gli occhi chiusi e le braccia spalancate sull’erba arida.

Bucky imprecò. Non si sentiva in grado di stendersi sul prato accanto a Steve Roger mezzo nudo e fresco di bagno ma non poteva certo passeggiare sulla riva sino a sera.

Avrebbe finto indifferenza. Non era cosa così difficile dopo tutto.

Gettò un’occhiata a Steve.

No. Non era così difficile… Forse.

Sbuffò e accelerò il passo.

Gli si sedette accanto cercando di ignorarlo il più possibile.

Rogers aprì giusto un occhio avendo udito il fruscio accanto a sé ed un’ombra oscurargli il sole oltre le palpebre abbassate.

“Sei tornato”

Buck annuì senza replicare.

Stese le gambe dinnanzi a sé. L’erba giallognola gli pizzicò i polpacci ed i piedi umidi.

Battè gli alluci l’uno contro l’altro ritmicamente.

Lo sguardo perso all’orizzonte ove il sole andava lentamente a calare.

Steve si sollevò un poco posando i gomiti a terra.

Osservò il profilo perfetto di James, lo sguardo indugiò sulla barba scura.

“Che c’è Rogers?” Domandò senza voltarsi.

“Non sono abituato a vederti con la barba ed i capelli così lunghi”

L’amico emise un sbuffò divertito e chinò lo sguardo incrociando quello dell’altro.

“Nemmeno io”

“Hai ragione” Inarcò le sopracciglia annuendo.

“Sono così terribili? Hai una faccia” Rise.

“No, non ti stanno male” Distolse lo sguardo fissando il lago.

Bucky si schiarì la voce prima di replicare “E’ un discorso di comodità te l’ho detto…”

Steve sorrise e si mise a sedere, afferrò la propria t-shirt e se la infilò.

“Non ti devi giustificare amico, è solo che se ripenso al Buck sbarbato e con i capelli perfettamente pettinati all’indietro col gel…” Afferrò anche i pantaloni.

“Finisci la frase Punk”

Rogers si mise in piedi ed allacciò i jeans.

“Niente mi fa sorridere la cosa. Chissà se alle tue ragazze sarebbe piaciuta tutta quella roba” Sorrise indicando il volto con l’indice.

Si sedette nuovamente accanto a lui.

Barnes lo spinse su una spalla e rise. “Al diavolo! Non andava di moda una volta! E’ logico che inorridirebbero”

“Ma non lo facevi per comodità?” Lo punzecchiò.

“Ah giusto, sei tu quello modaiolo” Arricciò le labbra in un mezzo sorriso.

Steve sollevò le mani in segno di resa “E’ solo un cambio di look… Dopo settant’anni è doveroso…”

Bucky si sistemò i pantaloni ed infilò le scarpe.

Si alzò in piedi ed indicò il sole prossimo al tramonto.

Il capitano annuì senza bisogno di chiarimenti. La via verso casa andava imboccata prima che facesse buio.

“E’ un consiglio della biondina?” Domandò incamminandosi nel fitto della boscaglia.

Steve fissò perplesso la schiena dell’amico precederlo.

“Quale biondina??” Scavalcò una grossa radice tortile.

“Ah, ce ne è più di una?” Domandò con fare canzonatorio sebbene quella domanda gli avesse procurato una stupida fitta allo stomaco.

Rogers battè le palpebre e nel proprio cervello riaffiorò l’immagine di mesi prima. Quel giorno maledetto in cui i rapporti con Tony si erano incrinati. Rammentò Sharon che lo baciava a tradimento proprio mentre Bucky e Sam lo attendevano in auto.

“P…Parli di Sharon?!” Accelerò il passo e lo raggiunse.

Si infilarono nella parte di sentiero sterrata tra le gigantesche palme.

“Non lo so come si chiama, è una cosa che il mio cervello ha disgraziatamente rimosso” Sorrise.

“Bè comunque non è un suo consiglio… E poi non mi sono mai piaciute le biondine…” Si infilò le mani in tasca.

“Ah no?” Domandò riserbandogli un’occhiata penetrante.

Steve arrossì e quella manifestazione così genuina di imbarazzo riempì il cuore di Bucky. Adorava quella parte pudica dell’amico.

“N…No” Scosse il capo procedendo a passo veloce.

Si morse la lingua. Avrebbe tanto voluto dirgli che non glie erano mai piaciute né bionde né brune. Che le ragazze che aveva guardato in gioventù erano solo vittime di una messinscena per mascherare il proprio unico ed eterno interesse verso il suo migliore amico.

Che gli unici capelli in cui avrebbe voluto affondare le dita erano quelli castani ora così lunghi dell’unica persona da cui avrebbe mai potuto accettare consigli persino per una cosa così frivola come il proprio look.

Che il proprio mondo, il proprio interesse psico fisico girava e sarebbe girato sempre e solo attorno a James Buchanan Barnes.

Si schiarì la voce e scosse il capo.

Bucky sorrise tra se e se smettendo di stuzzicarlo per un paio di minuti.

“Non sono male i capelli biondi” Gli si affiancò.

Steve sussultò senza guardarlo in viso. Svoltò a sinistra infilandosi in una radura che riconobbe.

Non seppe come interpretare l’affermazione di Buck. Se prenderne atto in maniera positiva non avendo utilizzato l’amico il termine biondina ma piuttosto un’accezione generica o se vederla unicamente dal punto di vista dello scherzo, di accorparla a quella serie di frecciatine che James gli riserbava da una vita per il puro piacere di punzecchiarlo.

“Non ho mai dato troppa importanza al colore dei capelli” Borbottò sfiorandosi la punta del naso.

“Lo so Stevie, sono sempre stato io quello superficiale tra i due” Accelerò il passo superandolo.

“Non la vedrei esattamente in questi termini” Puntualizzò.

“In ogni caso stiamo facendo discorsi vecchi di settant’anni… Da quando mi hanno fritto il cervello non ho più avuto modo di pensare alle ragazze bionde o brune che siano”

“Buck…” Attaccò.

“Alt. Non mi sto autocommiserando giuro. E’ solo una semplice costatazione” Gli sorrise.

Un sorriso atto a confortare unicamente Rogers.

Il capitano gli passò un braccio attorno alle spalle e camminarono così, l’uno accanto all’altro.

“Bè adesso sei il lupo bianco no?” Gli sorrise a sua volta.

“Il lupo bianco già” Ghignò “Mi chiamano così i wakandiani”

La spalla con la placca premette contro il pettorale di Steve ed entrambi incespicarono un poco sul terreno sdrucciolevole.

Non si separarono.

“E’ un bel nome” Mormorò Steve “I lupi sono animali meravigliosi”

Buck sollevò il viso incrociando gli occhi limpidi dell’amico. “Sì, lo sono”

Proseguirono così, fianco a fianco in silenzio.

Quando giunsero alla capanna il sole era completamente sparito all’orizzonte.

 

Fine capitolo uno.


Grazie a chiunque sia giunto sino a qui, grazie per avermi dato una possibilità. Mi auguro possa esservi piaciuto. In tal caso vi aspetto al prossimo e ultimo capitolo.

Baci Chia.

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Capitolo 2
*** Capitolo due. ***


“You are my everything”

Ultimo capitolo di questa mini long buona lettura <3

 

Capitolo due.

 

Il giorno seguente, dopo pranzo, entrambi i ragazzi si recarono a palazzo invitati da T’Challa.

Bucky trascorse il pomeriggio e buona parte della cena in un clima di costante disagio. Sebbene fosse infinitamente riconoscente al sovrano per averlo accolto e curato non riusciva a rilassarsi in mezzo allo sfarzo della corte.

Era troppo abituato a vivere di stenti. Ci era nato, cresciuto e sebbene al momento non avesse problemi a sfamarsi, il suo stile di vita al villaggio era comunque di stampo povero.

Ad aggiungere disagio alla propria condizione vi era il numero smodato di persone che circondavano T’Challa e Shuri costantemente.

Non sopportava tutto quel chiacchiericcio e la visione di dozzine di uomini e donne in una sola ala.

Si era ritrovato a metà della cena a rabbrividire fissando il proprio piatto semi pieno.

Una sorta di sudore freddo si era impossessato del suo corpo e la vista per un attimo gli si era appannata.

Troppa gente. Troppe voci. Troppe luci. Troppa musica.

Steve si era accorto che qualcosa non andasse in lui sin dal primo istante in cui avevano varcato le porte del palazzo e ovviamente anche quel momento di panico estremo non era sfuggito al capitano.

“Bucky”

Lo aveva richiamato sottovoce mentre il re era intento a discutere con la regina madre di un argomento pertinente all’amministrazione locale.

“Buck” Gli aveva posato una mano sull’avambraccio.

James aveva sussultato violentemente, particolare che non sfuggì al commensale di fronte a lui ma che l’uomo ignorò volutamente.

Si era voltato con decisione, gli occhi spalancati come quelli di un animale braccato.

Il cuore di Rogers aveva perso un battito a quella visione.

“Steve…” Lo sguardo si era un poco rasserenato.

“Vuoi uscire di qui?” Gli aveva sussurrato con pacatezza senza lasciargli il braccio.

Barnes si era morso nervosamente il labbro inferiore ed aveva scosso il capo con lentezza.

“Non siamo obbligati a rimanere, posso inventarmi una qualsiasi scusa” Aveva bisbigliato chinandosi ulteriormente verso di lui.

Il profumo naturale di Captain America giunse forte e chiaro alle narici dell’ex soldato d’inverno.

Il ragazzo inspirò a fondo e si sentì al pari di un animale dal fiuto sopraffino.

Sì.

Bucky era convinto che nessuno potesse percepire così a fondo il profumo di Steve.

Nessuno.

Quell’aroma dolce e forte al tempo stesso aveva il potere di calmarlo ed eccitarlo. Contrasti. Contrasti assurdi legati all’intera persona di Steve Rogers.

Sulle labbra del ragazzo si disegnò un piccolo sorriso “No, sto già meglio Steve dico davvero”

Rogers non perse quell’espressione corrucciata e strinse un poco il polso dell’amico.

“Sei sicuro?”

“Sì, prima finiamo questa dannata cena e prima ce ne torniamo a casa… Dai muoviti a mangiare quella tilapia”

“A… Mangiare cosa?” Si era grattato un sopracciglio riacquistando un piccolo sorriso.

Bucky aveva indicato con un cenno del capo il piatto dell’amico. L’espressione ora divertita sul bel volto barbuto.

“Quel pesce affumicato che stai mangiando Rogers, è una tilapia”

“Tilapia” L’aveva punzecchiato coi rebbi della forchetta “Molto bene… Non finisco mai di imparare”

Steve abbandonò la presa sul braccio sfiorando delicatamente il dorso della mano dell’amico.

Bucky si morse la lingua e si dispiacque di quella perdita di contatto.

Si sforzò di mangiare almeno una parte del proprio pesce ma non aveva appetito.

Sebbene quell’attimo di panico era scivolato via grazie alla presenza semplice e preziosa di Steve, il malessere non lo aveva abbandonato del tutto.

Prima sarebbero tornati alla capanna e meglio sarebbe stato.

Shuri non si era persa nemmeno un’istante di quella scena sebbene sedesse piuttosto distante.

Sapeva che nonostante la cura avesse fatto effetto su Bucky, il ragazzo non era a proprio agio con il mondo esterno.

Sapeva che i mesi al villaggio gli erano stati di grande aiuto poiché quella condizione di quasi isolamento lo rendeva tranquillo ed in pace ma che covava in sé una sorta di malinconia e malessere costanti.

Nei pochi giorni trascorsi con il capitano alla propria capanna però Buck era rifiorito.

Se ne era accorta la sera prima, quando si era recata da loro per invitarli a palazzo il giorno seguente.

IL vederlo con quel sorriso ampio e lo sguardo luminoso aveva solo dato confermai alle proprie idee ovvero che al fine, l’unica cura per James Barnes sarebbe stata la presenza costante di Steve Rogers.

Al termine della cena li aveva congedati conscia di quanto quella situazione stesse irritando il fragile ex soldato.

La perplessità manifestata da parte del fratello circa l’ora poco tarda, venne messa a tacere con un’occhiataccia da quelle iridi così scure.

Consegnò loro una bottiglia di distillato di canna da zucchero con la promessa di dedicarle un brindisi al chiaro di luna.

Steve era palesemente arrossito il che le aveva fatto sorgere una risata divertita quanto a Bucky, le aveva riserbato un cenno del capo riconoscente.

Li riaccompagnarono al villaggio sotto un cielo che non prometteva nulla di buono.

Il borbottio lontano dei tuoni apparve sempre più vicino mano a mano che la strada per casa veniva ad accorciarsi.

 Fu solo quando varcarono la soglia della capanna che James potè tirare un profondo sospiro di sollievo e lasciarsi andare a peso morto sul letto.

Steve sorrise posando il liquore sul tavolino ed accendendo un paio di candele.

“E’ finita finalmente” Borbottò Barnes con il naso affondato nel cuscino.

Rogers non replicò, preferì glissare sull’argomento conscio che se Bucky avesse voluto parlarne, avrebbe preso per primo la parola.

Sbirciò oltre la tendina gialla osservando la pioggia scendere con violenza.

“Addio brindisi in riva al lago” Sospirò.

L’amico lo udì sebbene lo avesse appena sussurrato.

Si mise a sedere a gambe incrociate sul materasso e gli riservò una lunga occhiata.

Steve se ne stava ancora di spalle. Il viso puntato verso l’eterno.

Bucky lasciò scivolare le proprie iridi celesti sull’ampia schiena del ragazzo.

La camicia bianca tesa sulle spalle larghe.

La vita sottile ben delineata dai passanti dei jeans scuri.

Inspirò a fondo e richiamò la sua attenzione.

“Possiamo comunque brindare qui alla cara Shuri”

Il capitano si voltò arricciando le labbra in un piccolo sorriso.

“Sì, direi di sì”

Bucky lo osservò scostare la tenda. Lo sentì trafficare nella credenza alla ricerca di un paio di bicchieri mentre nel frattempo si accomodò meglio sul materasso.

Una smorfia attraversò il suo bel viso quando la fascia che gli copriva la placca gli impedì il movimento in maniera fastidiosa.

Chinò il capo fissandola con stizza e la mano la strattonò con decisione.

Steve non si perse quel gesto mentre fece capolino con due bicchieri di vetro stretti nella mano destra e la bottiglia nella sinistra.

“Levatela quella cosa, lo vedo che ti dà fastidio sai…” Si inginocchiò posando accanto al materasso bicchieri e bottiglia.

Bucky borbottò qualcosa nel tentativo di aggiustare la stoffa che in seguito al proprio  stendersi e rialzarsi aveva assunto una posizione poco consona e fastidiosa.

Steve sospirò pesantemente. Si levò le scarpe e si inginocchiò sul materasso.

Si mosse sino a raggiungere l’amico.

James sollevò il viso incrociando quegli occhi acquamarina.

“Sono solo io Buck” Ribadì un concetto così scontato.

L’amico abbassò lo sguardo e sospirò.

Rogers avvicinò con lentezza le mani allo stretto nodo.

Sfiorò la stoffa blu scuro. Pollice ed indice tremarono appena.

Indugiò un paio di secondi prima di iniziare a scioglierlo con gesti sicuri.

Il nodo si aprì facilmente in un pugno di stoffa stropicciata.

Steve la scostò con cura lasciandola cadere dalle spalle di Bucky.

Barnes rabbrividì avvertendo le dita dell’amico scivolare sulla propria spalla sana nell’accompagnare la stoffa scura sul materasso.

La camicia sbracciata che indossava mostrava ora parte della spalla metallica e la placca di chiusura al moncone.

James avvertì il proprio respiro farsi più veloce ed una sorta di tensione mista ad imbarazzo pervaderlo.

Non ebbe la forza di cercare gli occhi di Steve.

Tenne i propri bassi, fissi sui bottoni della camicia bianca dell’amico.

Rogers accarezzò la spalla metallica per pochi istanti poi con tranquillità si scostò.

“Meglio senza quella roba no?” Domandò con naturalezza.

James annuì senza proferire verbo.

Posò meglio il proprio cuscino contro il muro e vi si appoggiò con la schiena.

Steve stappò la bottiglia e riempì entrambi i bicchieri. Optò per un atteggiamento di totale naturalezza onde evitare ulteriori imbarazzi all’amico. Sapeva che se si fosse comportato in maniera naturale, James ne avrebbe solo giovato.

Si sedette al proprio posto e passò il bicchiere all’altro.

Li fecero tintinnare l’uno contro l’altro.

“A Shuri” Lo levò all’insù sorridendo.

Bucky sorrise a sua volta ed annuì “A Shuri”

Lo sorseggiarono e Steve arricciò il naso non apprezzandolo appieno.

Barnes si accorse di quella smorfia e sorrise.

“Non ti piace?” Domandò voltandosi alla propria sinistra.

“Insomma… Sembra…”

“Rum?” Suggerì.

“Sì, esatto!”

“Bè, il rum è sempre un distillato della canna da zucchero, è molto simile”

“Ma questo è più forte” Si passò la lingua sulle labbra.

Bucky si perse un istante nel cogliere la punta della lingua fare capolino tra quella bella bocca dalle labbra lucide.

“Bè” Distolse lo sguardo “Attento a non ubriacarti allora” Ne bevve un sorso generoso.

Steve scosse il capo con un sorriso amaro.

Posò poi la nuca contro il muro alle proprie spalle.

“Se fosse possibile non ti nascondo che lo avrei fatto più spesso di quanto tu possa credere”

James corrugò le sopracciglia assumendo un’espressione confusa.

“Cosa vuoi dire?”

“Non posso ubriacarmi Buck” Rigirò il liquido ambrato nel bicchiere.

“Sì che puoi! Ti ho visto stramazzare a terra per un bicchiere in più di punch!” Sbuffò divertito.

“Sì, prima del siero” Si volse verso destra incrociando gli occhi di Bucky.

“Il siero ti ha reso immune?!” Si stupì.

“Esattamente”

“E come lo sai? Voglio dire… Non ricordo che al campo tu abbia mai provato ad ubriacarti”

Rogers inclinò il capo annuendo con espressione triste. Una stretta al cuore lo colpì e dovette inspirare a fondo più di una volta prima di parlare.

I grandi occhi azzurri lo fissavano incuriositi.

“Dopo che…” Deglutì gesticolando con la mano cercando di acquistare un poco di forza per proseguire “Dopo il tuo incidente…” Sussurrò “Ho passato ore a bere” Continuò a fatica.

James colse gli occhi di Steve farsi lucidi. Rabbrividì ed il proprio cuore si strinse in una morsa.

“Ho tentato di affogare la mia disperazione, il mio senso di colpa nell’alcol senza avere nemmeno la soddisfazione di riuscirci” Sul viso sorse un sorriso amaro.

“Quale senso di colpa?” Domandò cupo.

“Dovevo salvarti Buck e non ci sono riuscito” Ne uscì un sussurro così flebile che Barnes faticò ad udirlo.

L’ex soldato d’inverno scosse il capo con decisione.

“N…No. No” Decretò.

“Sì invece” Si morse la lingua, lo sguardo basso.

Bucky si mosse d’istinto. Allungò la propria mano verso il viso di Steve. Ne sfiorò il mento e gli sollevò il volto.

Gli occhi dell’amico erano ancora lucidi. Lucidi e tanto tristi.

“Non è stata colpa tua”

Rogers afferrò la mano di Bucky ora posata sulla sua guancia e non disse nulla. Posò il proprio palmo sul dorso di quella dell’amico e scosse il capo.

James lo tirò a sé stringendolo in un abbraccio scomposto.

Il capitano lo ricambiò con forza nascondendo il viso contro il suo collo.

Il naso affondò nei capelli castani e tremò.

“E’ stato orribile Bucky, orribile”

James si limitò a stringerlo a sé.

“Ti ho visto cadere nel vuoto e sono rimasto lì, impotente, ho visto la mia vita volare via con te in quel crepaccio” Strinse con forza le dita alla camicia dell’amico.

Barnes avvertì distintamente una lacrima bagnargli il collo.

L’idea che Steve stesse piangendo, che stesse soffrendo al ricordo di quanto fosse successo gli spezzò il cuore.

Avvertì i propri occhi farsi umidi e si impose di non piangere. Si disse che non sarebbe servito a nulla lasciar scivolare delle stupide lacrime sul proprio viso.

Non aveva mai versato una singola stilla né per le proprie vittime né per la propria situazione disgraziata.

No. James Barnes non era un uomo in grado di piangere.

Si scostò un poco e strinse il palmo sulla nuca di Steve.

Cercò i suoi occhi.

Li trovò umidi nella penombra e la conferma dei propri sospetti lo colpì come una coltellata.

Era sempre stato estremamente sensibile alla sofferenza dell’amico. Più che alla propria.

“Non piangere Punk o farai piangere anche me, ed io non posso permettermelo” Gli regalò un sorriso piccino asciugandogli l’angolo dell’occhio con la nocca dell’indice.

“Certo, non puoi piangere perché sei un cretino” Sorrise scuotendo il capo.

“Forse sì” La mano scivolò nuovamente sul collo e gli strinse i capelli sulla nuca.

“E’ la prima volta che lo ammetti da quando ti conosco”

“Sarà colpa di quel maledetto liquore” Sorrise posando la fronte contro quella di Steve “Mi fa straparlare”

Chiusero entrambi gli occhi restando in silenzio.

Lo scrosciare della pioggia unico suono a riempire la capanna.

“E’ stato tremendo Jerk” Mormorò incapace di pensare ad altro.

“Lo so” Sussurrò.

“E scusami se ti sembro un ragazzino petulante perché se ripenso a quello che hai passato tu, la mia sofferenza è nulla” Si scostò quasi vergognoso.

James si sentì orfano di quel contatto.

Vide l’amico stendersi supino e chiudere gli occhi posando entrambi i palmi sul volto.

Barnes inspirò a fondo e si sdraiò a sua volta.

Timidamente gli si affiancò sino a che la propria spalla malandata toccasse contro quella solida di Steve.

Il capitano sussultò voltandosi.

James si mise su un fianco osservando il viso dell’altro ad un palmo dal proprio.

“La sofferenza non va paragonata Punk” Sussurrò. “E’ stato uno schifo per entrambi”

Rogers tirò le labbra annuendo.

“Ma adesso siamo qui, il destino ha voluto che ci ritrovassimo, con il nostro bagaglio di ferite ma di nuovo insieme” Sorrise.

“Sei diventato saggio Buck” Gli sorrise.

“E’ la vecchiaia” Scherzò.

Captain America si raggomitolò su un fianco e vincendo l’imbarazzo si avvicinò all’amico.

Mise il capo sul suo cuscino.

Con il naso sfiorò il collo dell’ex sergente e chiuse gli occhi.

James avvertì il proprio cuore battere con forza. Inspirò a fondo il profumo di Steve immergendo il naso nella folta chioma bionda.

Abbassò le palpebre a sua volta lasciando scivolare la mano sulla vita sottile del capitano in un abbraccio delicato.

Si godettero quel contatto dolce ed amorevole mentre fuori la pioggia batteva impazzita.

Un forte vento si insinuò dalla finestrella spegnendo in un istante entrambe le candele.

“Dovrei alzarmi e riaccenderle” Mormorò Rogers assonnato.

“Scordatelo” Replicò piano.

“E dovremmo anche cambiarci per la notte” Soffocò uno sbadiglio.

“Stai zitto Punk” Lo strinse maggiormente a sé.

Steve sorrise contro il suo collo ed annuì.

Il ciuffo biondo solleticò il naso di Bucky che scostandosi un poco gli posò la bocca sulla fronte.

Si addormentarono così, con il sorriso impresso sulle labbra.

……

Una settimana era trascorsa da quando Steve era arrivato al villaggio.

Quel mattino Bucky si era alzato alle prime luci dell’alba dopo una notte per lo più insonne.

Rogers lo aveva sentito rigirarsi tra le coperte senza avere pace e di riflesso non aveva riposato a propria volta.

Lo osservava ora camminare avanti ed indietro tra l’orto e le capre che lo fissavano perplesse brucando l’erba attorno allo steccato.

Steve sorrise a braccia conserte sull’uscio della capanna.

Sapeva che il motivo di tutta quell’agitazione fosse da attribuire all’imminente visita di T’’Challa e Shuri con il nuovo braccio in vibranio.

Vide Barnes sbuffare con forza e appoggiarsi con la mano allo steccato.

Lo raggiunse sfiorandogli la schiena in una carezza delicata.

James sussultò voltandosi verso l’amico.

“Stai tranquillo Buck”

“Sono tranquillo” Distolse lo sguardo fissando il lago poco distante.

“Sì certo, è evidente” Lo canzonò infilandosi le mani nelle tasche dei pantaloni color kaki.

“Cretino” Borbottò allontanandosi.

Rogers sorrise “Andrà tutto bene”

“Sì… Durante l’ultima prova, il mese scorso, sembrava che le funzioni fossero perfette, Shuri mi disse che andava sistemata solo la parte… Estetica” Storse le labbra.

“E allora a maggior ragione rilassati” Gli si sedette accanto sulla piccola panca in legno posta vicino alla capanna.

James annuì mordicchiandosi il labbro inferiore.

“Sarà strano” Mormorò dopo una manciata di minuti silenziosi.

Steve sorriso comprensivo “Sarà bello”

“Sì” Si voltò sorridendo a propria volta all’amico “E non dovrò più indossare queste dannate fasce …” Battè la mano sulla stoffa celeste.

“E io potrò finalmente scoprire se effettivamente sei quel pesce che dici di essere”

“Oh andiamo!” Rise “Sul serio?!”

“Certo, mi ricordo la tua sbruffonata di qualche giorno fa… Ti aspetta una sfida Barnes, chi arriva primo all’isolotto dei fenicotteri”

“Sei serio?”

“Certo! Me ne hanno parlato al villaggio e quando mi sono allontanato a nuoto giorni fa l’ho visto un po’ più a nord…”

“Sì, lo so dove si trova” Lo sgomitò.

“Molto bene allora preparati alla sfida”

“Va bene Punk… Va bene” Sorrise furbo “Sarà un piacere stracciarti”

“Non cantare vittoria troppo presto Jerk”

Un rumore interruppe quello scambio di battute.

Entrambi si voltarono verso destra, il viso rivolto alla cima del piccolo colle.

T’Challa se ne stava in piedi con il suo solito piccolo stuolo di sudditi al seguito.

Barnes tese la mano verso Steve senza distogliere lo sguardo dal re che scendeva il vialetto sterrato.

Gli strinse con forza l’avambraccio.

A Rogers quella ricerca di coraggio e affetto scaldò il cuore.

Posò la propria mano su quella dell’amico e la strinse.

“Coraggio Bucky” Sussurrò.

Il ragazzo si voltò regalandogli un piccolo sorriso.

“Vieni con me?” Si alzò in piedi.

“Lo sai no?” Arricciò le labbra in un sorriso.

Buck scosse il capo sorridendogli a sua volta “Insieme fino alla fine”

Steve annuì mentre i reali di Wakanda giunsero al loro cospetto.

………

Il braccio in vibranio si rivelò essere perfetto e a Bucky non parve vero poter tornare ad utilizzare due mani.

Si era talmente abituato a gestirsi con un arto solo che quasi fece fatica ad utilizzare il secondo a dovere.

Per tutta la giornata si era accorto di tenerlo spesso immobile e di gestirsi unicamente con il destro come ormai era abituato a fare.

Quella sera entrambi i ragazzi erano stesi sull’erba vicino al lago.

Il clima era insolitamente fresco e la luna splendeva tonda nel cielo.

Steve osservò l’amico senza farsi troppi scrupoli.

La luce della torcia poco distante illuminava il suo corpo ed il nuovo braccio in vibranio.

Bucky lo teneva sollevato e muoveva le dita della mano tese verso il cielo.

Le muoveva con delicatezza infinita quasi stesse suonando uno strumento invisibile.

Rogers restò affascinato di quei gesti lenti e dell’espressione assorta sul bel viso.

Gli inserti in oro brillarono alla luce calda del fuoco.

“Come lo senti Bucky?” Domandò con le braccia piegate sotto il capo.

James volse il viso verso di lui.

IL braccio ancora sospeso verso il cielo.

“Bene, anche se mi sembra ancora impossibile. E’… Perfetto, più di quanto lo fosse quello vecchio”

“Ed è anche più bello” Puntualizzò con un’occhiata divertito.

“Sì lo è” Ghignò abbassandolo.

Portò il palmo dritto dinnanzi al proprio volto e non smise di muovere le dita metalliche.

Steve si mise un fianco.

Posò un gomito a terra, il busto un poco rialzato.

“Posso?” Tese la mano libera verso Barnes.

Il ragazzo restò supino ed annuì.

Il capitano sfiorò con delicatezza il dorso della mano a palmo pieno.

I polpastrelli risalirono poi tastando il polso e l’avambraccio.

Una delicata carezza innanzi ed indietro che risaliva sempre un poco di più.

Bucky inspirò a fondo ed avvertì una sorta di eccitazione ingiustificata. Il braccio era privo di sensibilità tattile quindi si dette dello stupido ad emozionarsi per quello sfiorare del semplice metallo.

Si insultò ripetutamente e si disse che diavolo avrebbe combinato se Steve, quelle carezze sempre più insistenti, le avesse dedicate al proprio braccio di carne e ossa.

Osservò il viso dell’amico nella penombra.

L’espressione concentrata.

Troppo.

Quasi severa.

Le dita raggiunsero il bicipite ed indugiarono. L’indice premette la congiunzione delle placche sino a raggiungere la spalla scoperta dalla solita camicia sbracciata.

“Steve?” Lo richiamò sottovoce.

“Sì” Sussultò mettendosi a sedere “Scusami” Distolse lo sguardo.

Bucky si sedette a sua volta.

“Non devi scusarti” Scosse il capo.

“Sì invece… Non volevo infastidirti ero solo…Curioso” Si grattò la nuca.

Un leggero rossore gli imporporò le guance sotto la barba bionda.

Barnes sorrise e lo sgomitò “Non mi hai dato fastidio”

Rogers lo sbirciò con la coda dell’occhio ed annuì sorridendo.

Restarono un poco in silenzio.

Il viso di entrambi verso il lago.

“Non hai sensibilità vero?” Domandò stropicciando i ciuffi d’erba vicino alla propria coscia.

L’ex soldato scosse il capo tirando le labbra in un’espressione un poco rassegnata.

“No… Ma va bene così, è più di quanto potessi desiderare” Si accarezzò gomito ed avambraccio.

Steve annuì e non aggiunse altro.

Bucky allora tese la propria mano metallica afferrando quella dell’amico.

È strano” Attaccò “Non è che non abbia completamente sensibilità” Prese a rigirare le dita di Steve tra pollice e indice “Diciamo che non percepisco il calore… Le sensazioni fisiche che la pelle può percepire e trasmettere… Avverto la consistenza, il peso… Nulla di più”

Intrecciò le proprie dita a quelle del capitano e Steve si ritrovò a rabbrividire.

Osservò i propri polpastrelli premere contro il dorso della mano in vibranio.

La propria pelle pallida di contrasto contro il metallo scuro.

Non riuscì a scorgere ora gli intarsi oro.

Buck da seduto oscurava la fiaccola limitando quasi totalmente la luce su quell’intreccio di mani.

“Tu come lo senti?” Azzardò.

Rogers sollevò i propri occhi incrociando quelli così grandi ed espressivi dell’amico.

Dovette deglutire un paio di volte prima di decidersi a rispondere.

“E’…Liscio”

“Liscio?” Sorrise divertito.

“Sì…” Sorrise a sua volta un poco imbarazzato.

“E poi?”

“E… Tiepido.” Mosse le dita senza sciogliere l’intreccio.

“Sul serio?” Inarcò un sopracciglio.

“Sì bè… So che può sembrare strano, si potrebbe pensare che sia freddo ma…Non lo so” Distolse lo sguardo “Per me non lo è”

Bucky sorrise compiaciuto “Bene” Decretò.

“Bene?” Rogers si mosse un poco e nel farlo si avvicinò ulteriormente all’amico.

Fianco contro fianco.

“Sì, mi fa piacere che tu non lo senta come gelido metallo”

Il capitano non seppe bene come replicare. Se ne stette in silenzio e per un tempo indefinito anche Bucky non emise fiato.

Restarono seduti uno accanto all’altro. Le mani ancora intrecciate.

Le dita di entrambi che si muovevano con lentezza in una carezza delicata.

“Volevo dirti una cosa” Esordì Rogers dopo aver preso un bel respiro.

“Che cosa Steve?”

“Ha a che fare con il motivo della mia presenza qui” Proseguì.

“Credevo fossi venuto qui per supportarmi in… Questo” Sollevò il braccio senza sciogliere la stretta.

“Sì certo, quello è il motivo principale e… Il resto è una conseguenza direi”

“Vale a dire?” Domandò corrugando le sopracciglia.

Rogers inspirò di nuovo.

“Quando arrivai qui ti chiesi una cosa a proposito del Wakanda. Una cosa a cui tu mi dicesti che avresti risposto in un altro momento…”

Steve colse le iridi di Barnes vibrare.

“Mi domandasti se mi piacesse vivere in un mondo parallelo… Perché è così che ci si sente qui nel Wakanda” Sussurrò.

“Esattamente Bucky” Annuì “E’ proprio quella la domanda a cui mi riferivo” Gli sorrise “Ti senti in grado di rispondermi ora?”

“Perché lo vuoi sapere Stevie?” Inclinò il capo.

Quel nomignolo fece battere il cuore di Rogers con forza.

Gli occhi azzurri ora fissi nei propri gli fecero arrossire le guance.

Battè le palpebre ed in quel momento si sentì di nuovo il piccolo Steve Rogers di Brooklyn trafitto dalle iridi bellissime dello scanzonato Bucky Barnes.

“P…Perché avrei una proposta da farti” Balbettò e si odiò per quella perdita di controllo “Ma se tu mi dicessi che qui stai bene, che questa vita… Parallela è ciò che fa per te, beh io non mi azzarderei nemmeno a fartela” Sospirò stringendo con forza la mano nella propria.

“Io vorrei comunque sentirla se per te va bene. A prescindere dal mio pensiero su questo posto” Parlò piano e con voce sommessa.

Rogers rabbrividì e non resse quello sguardo così limpido.

Riportò il viso verso il lago.

La fermezza dell’acqua gli fu d’aiuto.

Si concentrò su quella superficie così immobile sebbene sotto di essa vi fosse la vita.

“La mia proposta è quella di… Lasciare il Wakanda e trasferirti a New York”

“A New York?” Domandò “E… Dove? Non ho niente Steve. Non ho un centesimo… Non…”

“Quello non è importante” Lo interruppe voltandosi.

Bucky battè le palpebre. L’ espressione confusa.

“Sì che lo è” Annuì “Sono un poveraccio Stevie, posseggo solo i quattro stracci che mi hai visto addosso in questi giorni. Non ho nulla non…”

“Ma io sì” Lo interruppe di nuovo.

James spalancò gli occhi.

“Io ho un bell’appartamento a Brooklyn, più grande di quanto sia necessario. Ho un buon conto corrente… I soldi non saranno più un problema per noi Buck.”

“Vuoi che venga a vivere con te?” Sussurrò.

Un sussurro così lieve che se Steve fosse stato poco più lontano non lo avrebbe udito.

“Sì” Arrossì e distolse lo sguardo “Se ti va… A me farebbe piacere”

“Non posso farlo Stevie, non posso farmi mantenere da te”

“Tu ci sei sempre stato per me. Ti sei spezzato la schiena per pagarmi medicine e dottori dopo la morte di mia madre. Se… Se tu non ci fossi stato io sarei morto di malattia negli anni Trenta del secolo scorso” Sospirò “Quando non avevo nulla… Avevo te”

James avvertì il cuore battergli con forza nel petto.

Rafforzò la presa sulla mano pallida dell’amico.

Si morse ripetutamente il labbro inferiore.

Non seppe cosa rispondere. Troppe emozioni.

“Non voglio andarmene e lasciarti qui Bucky” Proseguì sommesso.

“Non voglio essere un peso per te Punk” Mormorò tenendo il capo chino.

Gli occhi fissi sulle loro mani intrecciate.

“Sei un cretino non un peso!”

Cercò di sdrammatizzare e stemperare l’imbarazzo sciogliendo la stretta e spingendolo un po’.

Barnes spalancò gli occhi e vacillò sotto quella spinta.

Vide Rogers alzarsi in piedi e dargli le spalle.

Si alzò a sua volta e restò un passo indietro a lui.

“Cosa potrei fare a Brooklyn?”

“Ho appuntamento con Tony settimana prossima. Stiamo cercando di recuperare il nostro rapporto. Di appianare le nostre divergenze per il bene degli Avengers. Dobbiamo ricostruire il gruppo e tu…. Tu potresti farne parte” Si voltò cercando nuovamente i suoi occhi.

“Stark mi odia Steve” Si grattò la nuca.

“Gli ho già detto che sarei venuto qui da te e che ero intenzionato a farti questa proposta” Si infilò le mani in tasca.

“Sei matto lo sai vero?”

“Forse” Storse le labbra “Ma il risultato è che Tony ha accettato. Dopo tutto ciò che è accaduto in Siberia, si è reso conto a mente fredda che tenere il punto su quanto successo in passato sarebbe stato controproducente. Ha capito che hai agito perché manipolato mentalmente da quei pazzi criminali. Ha però specificato che non potrai mai stargli simpatico e che si limiterà a sopportarti optando per un regime di tolleranza per il bene comune”

Bucky si passò nervosamente le mani sul viso.

Inspirò a fondo prima di ridurre a zero la distanza che lo separava dall’amico.

Lo abbracciò con forza e Steve sorrise avvertendo la barba castana solleticargli il collo.

Ricambiò la stretta.

“Devo dedurre che tu preferisca Brooklyn al mondo parallelo?” Domandò.

“Tu cosa vorresti che facessi Steve?” Rispose con una domanda senza sciogliere quell’abbraccio.

Rogers inspirò a fondo massaggiandogli l’ampia schiena.

“Io vorrei che tu facessi quello che desideri senza vincoli e costrizioni. Vorrei che d’ora in avanti ti sentissi libero di fare qualunque cosa tu voglia fare senza farti condizionare in alcun modo da nessuno. Direi che di gente che ti abbia dato ordini o imposizioni tu ne abbia già avuto abbastanza per le prossime cento vite” Sbuffò sfiorandogli la nuca con la mano destra.

“Il tuo parere conta per me Punk, non sarebbe un’imposizione” Sorrise sfiorandogli il collo con le labbra.

Steve stette in silenzio qualche istante.

Le dita indugiarono ulteriormente sulla nuca accarezzando ora con lentezza i capelli castani.

“Io vorrei che tu venissi a vivere con me. Come una volta… Così mi sembrerà che tutto lo schifo di questi settant’anni sia stato solo un brutto incubo da cui ci siamo svegliati” Mormorò sfiorandogli una tempia con le labbra.

Bucky inspirò a fondo e chiuse gli occhi, si godette quelle carezze leggere avvolto dal silenzio totale.

Il vento si alzò e si ritrovò a rabbrividire.

Si scostò a malincuore.

Cercò gli occhi di Steve e li trovò sfuggenti. Scorse quell’imbarazzo costante sul suo viso e sorrise di gioia.

“Lo sai che potrei essere pesante da sopportare vero?!” Si mise in viso quell’aria scanzonata che riportò Steve diretto agli anni Quaranta.

“Anche io potrei esserlo” Fece spallucce.

“E non pensare che nel frattempo io abbia imparato a cucinare”

“Non nutrivo molte speranze a riguardo in effetti” Rise.

Restarono a fissarsi qualche istante prima di darsi un altro abbraccio veloce ed una pacca sulla spalla.

“Rientriamo?” Rogers indicò la capanna con un cenno del capo.

“Sì… Questo vento inizia a infastidirmi”

Si incamminarono verso la capanna.

Il braccio di Steve sulle spalle di Bucky.

Quello di Bucky stretto alla vita di Steve.

………..

James Buchanan Barnes fissò con sopracciglio inarcato la distesa d’acqua innanzi a sé.

Steve Rogers accanto a lui si stava spogliando dei propri abiti.

“Sei sicuro di volermi sfidare Steve? Sei ancora in tempo per ritrattare”

“Se stai cercando di sfuggire alla sfida Jerk dillo chiaramente” Ripiegò t-shirt e pantaloni.

“Non fare il cretino è solo che stavo analizzando la distanza da qui all’isolotto dei fenicotteri e mi chiedevo se per te non fosse troppo” Fece spallucce chinandosi poi a slacciare le scarpe.

Il capitano ripose gli abiti in un’insenatura tra due grossi massi.

“Ti sto ignorando” Gli rispose.

Si chinò senza riflettere mostrando sfacciatamente il fondoschiena all’amico ancora accucciato a terra.

James si ritrovò suo malgrado ad arrossire.

Distolse lo sguardo dal fondoschiena più bello d’America e si schiarì la voce.

“Come vuoi” Borbottò.

Rogers arricciò le labbra in un sorriso divertito mettendosi poi a braccia conserte appoggiato ai massi.

“La smetti di fissarmi?” Buck si fece acido slacciando con sin troppa lentezza i bottoncini della camicia.

“Sto semplicemente aspettando” Si dipinse in viso un’espressione angelica.

“Sì come no…” Borbottò.

“Il fatto che tu stia tergiversando nello spogliarti nonostante il tuo braccio nuovo nuovo mi fa pensare che tu non sia poi così convinto di questa sfida…”

“Non sto tergiversando!” Si tolse con un gesto secco la camicia gettandola a terra.

Steve si perse un istante ad osservare il torace dell’amico. Meno muscoloso di un tempo ma perfettamente definito.

Gli occhi acquamarina scivolarono sino al punto in cui il braccio in vibranio si collegava alla spalla.

Il contrasto con la pelle pallida ed il metallo scuro.

Gli inserti oro brillarono al sole.

Deglutì arrossendo sulle gote trovando il tutto inaspettatamente eccitante.

Distolse lo sguardo e si chinò a raccogliere la camicia.

La ripiegò con gesti metodici cercando di ignorare il fatto che Buck in quel momento si stesse togliendo anche i jeans.

James sorrise divertito cogliendo distintamente il rossore oltre la barba bionda e sul collo muscoloso.

“Vuoi ripiegarmi anche i pantaloni?” Lo canzonò porgendoglieli.

Rogers glieli strappò di mano con poca grazia senza dedicargli mezza occhiata.

“Dammi qua… Sei rimasto disordinato come cent’anni fa” Borbottò.

“E come cent’anni fa ci sei tu a compensare le mie mancanze” Puntualizzò.

Steve scosse il capo divertito e ripose gli abiti dell’amico accanto ai propri.

“Mi stai dicendo che dovrò passare le giornate a raccattare i tuoi vestiti per casa?”

Si voltò e finalmente si decise a guardare Bucky rimasto solo con i corti boxer scuri.

“Te l’ho detto che non sono migliorato Rogers, semmai sono peggiorato” Gli sorrise.

Uno di quei sorrisetti scanzonati che Steve si godette con una fitta al cuore in ricordo dei bei tempi.

“Me ne farò una ragione” Sospirò spalancando le braccia.

Barnes ridacchiò raggiungendo la riva insieme all’amico.

Indugiò quando l’acqua tiepida gli sfiorò i piedi.

Steve lo guardò con la coda dell’occhio.

Lo vide sfilarsi un elastico dal polso e legarsi in capelli in un codino.

Captain America dovette inspirare a fondo ed imporsi fermezza. Imporsi di non guardarlo approfonditamente perché quel piccolo insignificante dettaglio lo aveva reso se possibile ancora più attraente.

Si morse la lingua e rammentò al proprio corpo di non indossare abiti e che palesare la propria attrazione in quel momento non fosse esattamente un’idea brillante.

I corti boxer blu non gli avrebbero concesso alibi.

“Se il signorino ha finito di farsi bello…” Sdrammatizzò guardando verso l’isolotto.

Bucky lo sgomitò e Steve si volse a guardarlo.

Il sole colpiva i suoi grandi occhi azzurri conferendogli delle sfumature verdi.

Si guadagnò una linguaccia infantile che lo fece sorridere.

“Smettila di fare il cretino e cominciamo”

James si lanciò in acqua senza preavviso sotto le proteste di un capitano offeso di quell’atto sleale.

Risero entrambi nuotando con velocità in direzione dell’isolotto.

Rogers si sentì felice come non gli capitava da secoli.

Felice di essere con Bucky ma soprattutto felice nel vederlo così rilassato e divertito.

Aveva notato quanto l’umore dell’amico fosse migliorato nel corso dei giorni. Quanto si fosse progressivamente rilassato e a detta di Shuri era solo merito suo.

Gliene aveva parlato quella sera a palazzo, prima che li facessero riaccompagnare al villaggio.

Era stata esplicita, in quel modo disarmante come solo lei sapeva essere.

Le aveva detto semplicemente di essere una vera e propria medicina per l’ex sergente Barnes.

Lì per lì si era imbarazzato, aveva negato e sminuito la cosa ma… Riflettendo tra se e se aveva avuto modo di rendersi conto che il miglioramento da parte dell’amico era stato palese dal giorno del suo arrivo.

“Sei lento Punk!!”

L’urlo di Bucky gli giunse forte e chiaro da una mezza dozzina di metri più avanti.

Rise accelerando le bracciate.

“Sei tu che sei partito prima Jerk! Non è leale!!”

Recuperò terreno.

Schizzi d’acqua dolce sul viso.

Si urtarono volutamente e procedettero cercando di prevalere l’uno sull’altro.

Urlandosi contro reciprocamente toccarono la riva dell’isolotto pressoché nel medesimo istante.

Ansimando affaticati si misero entrambi supini sulla sabbia bagnata.

I piedi di Steve ancora nell’acqua.

Una mano sul torace.

James ad occhi chiusi tese le braccia verso l’esterno.

Una mano sfiorò quella dell’amico che non si mosse di un millimetro.

Restarono così per svariati istanti cercando di recuperare fiato.

L’indice di Bucky agganciò quello di Steve.

Lo tirò un poco.

Giocherellarono gettandosi uno sguardo divertito.

“Quindi?” Domandò Barnes senza sciogliere quel piccolo intreccio.

“Quindi siamo pari… Anche se ti meriteresti una penalità per essere partito prima” Puntualizzò.

“I tuoi eterni principi morali sono noiosi Punk” Sbuffò mettendosi a sedere.

Steve restò sdraiato per qualche istante godendosi la vista della schiena di Bucky.

La sabbia si era attaccata qua e là sulla pelle pallida e Rogers ebbe l’istinto di sfiorarlo con delicatezza sino a togliergli ogni granello.

Scosse il capo mordendosi la lingua e si mise a sedere a propria volta.

Le gambe tese dinnanzi a sé a sfiorare ancora l’acqua.

Quelle di James strette al petto.

“Noioso eh” Afferrò un sassolino rigirandoselo tra le mani.

James si volse a guardarlo e gli sorrise.

“Non sempre”

“Oh grazie, ben gentile”

“E dai Steve… Sai cosa intendo”

Rogers gettò il sassolino in acqua. Pose i palmi sulla sabbia, le braccia tese un poco indietro.

Chiuse gli occhi levando il naso all’insù verso il sole.

Non replicò all’amico. Inspirò a fondo e si godette il sole, la pace ed i soli suoni della natura.

Bucky si prese il permesso di guardarlo spudoratamente.

Le palpebre del capitano serravano quelle iridi così chiare e gli concedevano il diritto di guardarlo con attenzione.

La figura perfetta.

Sfacciatamente perfetta in ogni singolo muscolo.

In ogni singolo dettaglio.

I capelli biondi apparivano così chiari sotto la luce del sole di metà pomeriggio.

Osservò la barba del medesimo colore ed ebbe l’istinto di sfiorarla con le proprie dita.

Dovette stringerle in un pugno per trattenersi.

Quel particolare così insolito sulla figura di Steve lo attraeva in maniera spudorata.

Prima del siero la sua pelle era così liscia che nemmeno un singolo pelo biondo vi aveva mai fatto capolino. Particolare che creava disagio a Rogers relegandolo costantemente in una condizione di ragazzino nonostante avesse passato i venti.

Dopo il siero beh… Bucky rammentava dettagli al campo in cui l’amico era stato fianco a fianco a lui nel tentativo di radersi riflessi in piccoli specchietti che si passavano l’un l’altro i commilitoni.

Quindi sì. Dopo il siero la barba aveva fatto capolino sul viso di Rogers ma l’amico era così solerte nel radersi che non aveva mai avuto modo di vederlo col volto barbuto.

Mentre era intento nella propria opera di ammirazione, il capitano aprì gli occhi e lo colse in fallo.

“Che c’è?” Gli domandò inarcando un sopracciglio.

James scosse il capo alzandosi in piedi.

“Niente”

L’amico lo imitò.

“Sicuro? Avevi una faccia strana”

“E’ la mia faccia cretino” Lo spintonò su una spalla allontanandosi dall’acqua.

Steve lo seguì addentrarsi tra le decine di palme caratteristiche di quel piccolo appezzamento di terra.

Gironzolarono tra le piante chiacchierando e scherzando.

L’isolotto era di dimensioni limitate tanto che lo scoprirono tutto in un tempo estremamente ridotto.

Sul lato sud Steve scavalcò un grosso masso ed incuriosito si chinò verso quelle che sembravano noci di cocco.

“Ehi Bucky guarda quante” Richiamò l’amico poco distante.

James lo raggiunse inginocchiandosi a sua volta.

Levò il naso all’insù verso la palma da cocco assottigliando lo sguardo.

“Tendenzialmente cadono quando sono mature, ma qui ci ne sono alcune verdi… Direi che il forte temporale dell’altro giorno deve averle fatte cadere”

Rogers se ne rigirò qualcuna tra le mani bussandovi sopra con le nocche.

“Ma che fai?” Scosse il capo Barnes.

“Se suona vuota è perché è matura” Inarcò un sopracciglio con sufficienza.

“Da quando sei un esperto di noci di cocco?” Ne raccolse una alzandosi in piedi.

“Anziché fare domande cretine, che dici se la apriamo?” Ne fece roteare una da una mano all’altra.

Bucky annuì e con un balzo saltò il grosso cumulo di frutti avviandosi verso una piccola zona erbosa al limitare della spiaggia.

Steve lo seguì e gli si sedette poco distante.

“Allora, Captain America… L’apri tu?” Barnes sorrise posando a terra una noce.

Un ciuffo castano sfuggi all’elastico scivolandogli sul viso.

Sfiorò il naso perfetto e Steve si trattenne dallo scostarglielo dietro l’orecchio.

Distolse lo sguardo e si passò con gesti decisi una mano nel ciuffo biondo.

Le ciocche ancora un poco umide.

Fece spallucce e con un colpo secco picchiò il cocco su un sasso di dimensioni notevoli.

Una parte del guscio schizzò via e James chiuse gli occhi d’istinto.

Quando li riaprì trovò sul viso di Rogers un’espressione colpevole.

“Ops…”

“Oh andiamo Stevie! Lo hai spappolato!” Indicò i residui di frutto visibili sul sasso.

“Non sapevo quanta forza metterci per aprirlo!” Si giustificò.

“Beh dovresti imparare a calibrarla!” Rise afferrando tra pollice ed indice una scheggia del guscio.

“Hai ragione” Sorrise grattandosi la nuca “Ci riprovo?”

“Sì” Gli lanciò un altro frutto.

“Ok” Lo fece rimbalzare da un palmo all’altro.

“Piano Steve…” Si mise a braccia e gambe incrociate.

“Vuoi farlo tu?” Domandò sospirando.

“No… Non vorrei rovinare il mio braccio nuovo…” Si rimirò la mano metallica.

“Jerk” Gli gettò addosso un pezzetto di guscio.

James rise e Steve ebbe l’ennesima conferma di quanto amasse qual sorriso aperto sul suo volto.

“Muoviti dai…” Lo incitò.

Il cocco venne picchiato con forza più moderata. Si rivelò un colpo efficiente, tanto che il frutto si divise in cinque o sei pezzi.

“Così si fa!” Bucky lo additò.

Il capitano recuperò la parte più grossa ancora attaccata al guscio e senza sforzò la ripulì porgendola poi all’amico.

Barnes sorrise afferrandola con delicatezza.

“Grazie” Annuì.

Steve distolse lo sguardo da quei grandi occhi azzurri e deglutì concentrandosi sulle altre parti del frutto rimaste sul sasso.

Ne mangiucchiò un poco senza troppa voglia ignorando volutamente James che sgranocchiava soddisfatto il proprio pezzo.

Sapeva che se lo avesse guardato in viso, lo sguardo gli sarebbe sfuggito automaticamente sulle belle labbra piene intente a mordere il frutto.

Arrossì dei propri pensieri e si disse che quella situazione stesse rapidamente trascendendo.

Quel pomeriggio riusciva a gestire le proprie emozioni meno del solito.

Con tutta probabilità il proprio disagio era da attribuirsi a fatto che Bucky fosse pressoché nudo davanti ai propri occhi.

Si vergognò di se stesso e decise quindi di limitare i propri problemi sfuggendo a visioni involontariamente provocatorie.

L’insolito silenzio palesato ed il capo volutamente chino incuriosirono Barnes.

“Ehi Steve… Tutto bene?”

“Cosa?” Si volse con uno scatto verso l’amico.

“Sei diventato silenzioso” Lo sguardo un poco scuro, ancora un pezzetto del frutto tra le mani.

“Sì? Non è nulla, stavo solo… Guardando il mio ottimo lavoro” Scherzò sfiorando i pezzetti di guscio scivolati sull’erba.

James non parve molto convinto.

Si mise in ginocchio e ridusse quei due o tre metri che lo separavano dall’amico.

Gli si sedette accanto e Rogers cercò di ignorare il braccio muscoloso sfiorare il proprio.

Tenne il capo chino, le gambe incrociate.

“Che c’è Punk?” Gli sfiorò l’avambraccio con la mano.

La voce gli giunse bassa e grave e si chiese se fosse frutto della propria immaginazione o se l’amico l’avesse appositamente modulata in quel modo.

In quel modo che gli mandava brividi in ogni parte del corpo.

Si insultò per l’ennesima volta rendendosi conto di quanto quel pensiero fosse bislacco. Che motivo avrebbe mai potuto avere Buck di rivolgersi a lui con quel tono volutamente?

Senza sollevare il viso sbirciò con la coda dell’occhio le dita sottili dell’amico ancora posate sul proprio braccio.

Inspirò a fondo e scosse il capo.

“Niente te l’ho detto”

“Lo sai che detesto quando mi menti… E poi ti scopro subito, sei un pessimo bugiardo”

La presa si fece più forte, tanto che attirò il braccio a sé.

Steve avvertì la propria pelle entrare in contatto con quella della coscia destra di James.

Se solo non avesse tanto detestato le parolacce avrebbe imprecato.

Si voltò.

Il viso di Barnes ad un soffio dal proprio.

“Io sono un pessimo bugiardo ma tu sei fastidiosamente insistente” Replicò grave.

Gli occhi limpidi scivolarono sulle labbra dell’amico com’era logico che fosse.

Si sentiva così prevedibile.

Deglutì e notò una piccola scheggia lignea sulla barba di Bucky.

Sorrise ed allungò la mano verso il suo viso.

“Troppa forza anche questa volta” Sussurrò afferrandola tra pollice ed indice.

Bucky avvertì il proprio cuore battere con forza nel petto.

“Almeno non hai spappolato il frutto” Sorrise con una sorta di nervosismo in corpo.

“No, ma ho rischiato di ferirti gli occhi e…” Scosse il capo distogliendo lo sguardo.

Gettò via la scheggia e sospirò.

James lasciò scivolare la propria mano ancora posata sull’avambraccio dell’amico.

Scese lenta sino al polso per poi raggiungere la mano e stringerla nella propria.

Rogers ricambiò la stretta senza aggiungere altro.

“E?” Lo incentivò a proseguire.

Il capitano inspirò a fondo e sorrise nervoso.

“E’ che sono talmente belli che non sarei riuscito a perdonarmelo” Storse le labbra in uno di quei sorrisi gentili e al tempo stesso provocatori.

James trattenne il fiato per qualche istante.

Deglutì con forza e poi emise una mezza risata carica di imbarazzo.

Temette d’essere arrossito e se ne vergognò.

Si sentì come una delle ragazze alle quali era tanto a bravo a fare la corte. Una di quelle che arrossivano per i suoi complimenti sdolcinati.

Una di quelle che faceva roteare sulla pista da ballo.

Steve Rogers era riuscito ad imbarazzarlo con quel semplice complimento.

Lo stesso Steve che non aveva mai regalato mezzo apprezzamento a nessuna ragazza.

Lo stesso timido e impacciato ragazzino che con tutta probabilità era al momento uno degli uomini più belli d’America e che arrossiva nel dirgli quella frase così semplice eppure di forte impatto.

“Adesso mi fai i complimenti Punk?”

Strinse maggiormente la sua mano e piegando il gomito portò quell’intreccio vicino al proprio viso.

Osservò la propria più sottile legata a quella forte dell’altro.

Le fissò incapace di reggere gli occhi limpidi di Steve.

Rogers inspirò a fondo e ruotò il proprio busto in direzione dell’amico.

Sorrise nel leggere imbarazzo sul volto dell’ex sergente.

Sorrise nel vedere quanta fatica facesse l’altro a guardarlo in viso.

Un piccolo senso di potere si impossessò di lui. Se un tempo gli avessero detto che sarebbe riuscito a mettere in imbarazzo Bucky Barnes molto probabilmente si sarebbe fatto una risata e avrebbe dato del folle a chiunque avesse avanzato quell’ipotesi.

Eppure, in quel momento, il ragazzo che amava da tutta la vita era lì accanto a lui.

Con le gote un poco rosse sotto la barba castana.

Con la propria mano intrecciata alla sua.

Con gli occhi bassi fintamente concentrati su quell’intreccio di dita.

Il proprio cervello gli suggerì di ponderare bene ogni mossa.

Di frenare l’istinto. Di non essere precipitoso.

Di rendersi conto che James aveva accettato di seguirlo a Brooklyn. Che aveva tempo per palesargli propri sentimenti e che se lo avesse turbato, molto probabilmente si sarebbe giocato la possibilità di tornare a vivere con lui a New York.

Il cervello già.

Ma Steve Rogers era un poco stanco di essere così assennato. Stanco di dovere reprimere i propri istinti, i propri sentimenti. Si disse che quell’imbarazzo manifestato da Bucky ed il suo comportamento tenuto i giorni precedenti nei propri riguardi lo facevano ben sperare quindi, perché attendere?

Perché attendere ancora dopo decenni passati ad amare quel ragazzo?

Non avevano sofferto entrambi abbastanza?

Perché non azzardare e concedersi una possibilità?

“Bucky” Lo richiamò.

Il ragazzo spalancò i grandi occhi azzurri e si voltò quasi allarmato.

Rafforzò la stretta.

“Sì” Ne uscì una replica così flebile che Steve a stento la udì.

Il capitano sollevò la mano libera e gli sfiorò una guancia con delicatezza. Il pollice indugiò sul mento.

Il palmo scivolò poi lungo il collo sottile soffermandosi sulla nuca.

Gli occhi di Barnes se possibile si fecero ancora più grandi.

Steve nonostante i propri propositi coraggiosi faticò a gestire quelle iridi così belle ed espressive.

Dovette abbassare le palpebre e con delicatezza posare la fronte su quella dell’amico.

“Sto per fare una cosa Buck e… Spero proprio che non sia la più grossa sciocchezza fatta nella mia vita” Sussurrò sorridendo.

James abbandonò la presa sulla mano.

Portò entrambi i palmi sui bicipiti dei Steve. Li accarezzò con lentezza raggiungendo le spalle.

Vi si aggrappò per qualche istante.

Poi lo attirò a sé in un abbracciò morbido.

Sorrise ancora, fronte contro fronte.

“Tu falla questa dannata cosa Punk e poi ti do il mio personale parere”

Rogers tremò appena e sorrise sfiorandogli con il naso la guancia.

Indugiò un poco sulla barba.

La punta del naso sfiorò poi quella di Bucky.

Restarono qualche istante con le labbra ad un soffio le une dalle altre.

Entrambi con il respiro corto.

“Sto aspettando Stevie” Sussurrò con le palpebre abbassate.

Il capitano sorrise e chiuse quella bella bocca con la propria.

Si immobilizzarono entrambi per una manciata di secondi. Troppi anni in attesa di quel contatto. Troppi.

Si ritrovarono a rabbrividire percependo la consistenza soffice delle loro labbra piene.

Fu inizialmente un lento sfiorarsi. Piccoli delicati baci a stampo.

Poi Bucky si strinse con maggior forza al suo corpo solido.  La mano metallica corse decisa alla nuca dell’amico. Le dita strinsero i capelli biondi.

Si scostò di un soffio e morse lentamente il labbro inferiore di Steve.

Una, due, tre volte poi la lingua vi scivolò sopra maliziosa.

Ripetutamente innanzi ed indietro dedicando poi meticolosa attenzione anche a quello superiore.

Rogers gemette stringendolo a sé.

Afferrò con i denti quella lingua dispettosa per poi lasciare scivolare la propria nella bocca dell’amico.

Il gemito roco a cui si abbandonò Barnes fece fremere l’altro che senza interrompere quel bacio tanto desiderato lo spinse delicatamente a terra.

 James non abbandonò la presa sulla sua nuca né sulla sua schiena.

Gli si aggrappò se possibile con maggior forza rispondendo a quel bacio con egual passione.

Steve affondò la propria mano nell’erba soffice sostenendo il proprio peso ma la stretta totalizzante di Bucky lo fece vacillare e per poco non cedette su quel corpo caldo sotto al proprio.

Si scostò appena per riprendere fiato.

Il ciuffo biondo scomposto contro la fronte di James.

Il naso sfiorò quello perfetto dell’altro.

Gli occhi cristallini fissi in quelli così azzurri.

L’ampio sorriso che si dipinse sul volto di Barnes gli strinse il cuore e lo fece sorridere di rimando.

“Ci ho riflettuto” Buck parlò con voce roca “La più grossa sciocchezza che tu abbia mai fatto nella tua vita non è stata questa” Deglutì.

“A no?” Storse le labbra divertito baciandogli la punta del naso.

“No” Gli accarezzò con lentezza la guancia “E’ stata quella di non averlo fatto prima” Ghignò.

Steve fece per replicare ma le labbra di Bucky erano nuovamente sulle proprie ed il suo cervello si ritrovò sovraccarico.

Il corpo sotto il suo si mosse con gesti scomposti.

Steve si ritrovò con una gamba di Bucky allacciata alla propria vita.

Spalancò gli occhi avvertendo l’eccitazione dell’amico spingere con forza contro la propria già sveglia.

Gemettero entrambi.

Le dita in vibranio di James contro la schiena di Steve. La artigliarono. La graffiarono.

Bucky sollevò un poco il viso premendo con forza la bocca sul collo muscoloso.

Lo morse sino a raggiungere l’orecchio.

Sfiorò il lobo con le proprie labbra.

“Steve”

Rogers rabbrividì con forza. La voce profonda vibrò nel suo orecchio scuotendogli corpo e mente.

La bocca di Buck su di sé.

Quello stringerglisi addosso con tanta forza, quasi temesse che potesse sfuggirgli.

Inspirò a fondo e serrò le palpebre godendosi quelle belle labbra piene e quella presa possessiva.

Lasciò scivolare il proprio palmo lungo la coscia muscolosa.

Premette con forza su quella pelle bollente tirandolo ulteriormente a sé.

Bucky ansimò avvertendo per l’ennesima volta l’erezione di Steve premere contro la propria.

Imprecò mordendosi un labbro.

Gettò il capo all’indietro.

Gli occhi chiusi.

L’erba gli sfiorò le guance.

Le mani scesero possessive stringendosi al fondoschiena del capitano.

“Oh cazzo Stevie” Ringhiò.

Rogers lasciò scivolare lentamente la propria lingua lungo il collo.

Lo morse piano dedicandosi poi alle clavicole.

Lambì la pelle calda e ghignò soddisfatto all’ennesimo gemito dell’amico.

Si godette le mani strette al proprio sedere che con poca delicatezza lo incitarono a muovere il bacino.

Lo accontentò ed il contatto forte che ne conseguì gli procurò una scarica così forte dal farlo ringhiare a sua volta.

Si mosse convulso, la mente poco lucida.

Sopraffatta dalla moltitudine di sensazioni che quell’esperienza così tanto desiderata gli stava dando.

Bucky dal canto proprio era vittima delle medesime sensazioni.

Il contatto con la realtà perso completamente.

C’era solo Steve.

Il suo corpo forte e caldo premuto contro il proprio.

Le sue labbra, i suoi occhi lucidi fissi nei propri.

La sua voce profonda ed i gemiti rochi.

Steve era sempre stato il suo tutto. E quella perdita di controllo da parte di entrambi. Quella passione confusa e potente era la degna conclusione di sentimenti e sensazioni sopraffatte per decenni.

Fu breve ed intenso.

Accecante.

Lo strinse a sé con così tanta forza che temette d’aver causato dolore all’indistruttibile super soldato.

L’urlo che abbandonò le proprie labbra soffocato nella bocca di Rogers.

Il capitano cedette accasciandosi.

Bucky allentò la presa.

La rese morbida. Sentimentale.

Annaspò cercando di ritrovare il fiato con il naso affondato nei biondi capelli dell’amico.

Li baciò con delicatezza.

Massaggiò la schiena muscolosa con la mano sana.

Quella in vibranio scivolava morbida tra i fili dorati.

Steve si godette quelle carezze senza muoversi di un millimetro.

Il volto premuto contro la guancia di Bucky.

Le labbra ansimanti contro la barba castana.

Dopo un tempo indefinito ebbe la forza di scostare appena il viso e cercare il suo sguardo.

Gli occhi di James, quegli occhi così grandi ed espressivi erano lì.

Lo fissavano, lucidi e felici.

Quelle iridi che aveva sempre considerato le più belle del mondo ricambiavano il suo sguardo.

Steve battè le palpebre.

Le lunghe ciglia bionde sfarfallarono e per un istante temette di essersi sognato ogni cosa.

Per un istante temette di essere nel proprio appartamento a Brooklyn, profondamente addormentato con Barnes disperso chissà dove.

Prima dello scontro con Tony.

Prima di aver ritrovato il proprio amico. Il proprio unico e grande amore.

Avvertì gli occhi pizzicare.

Colse l’espressione di Bucky farsi seria. Le sopracciglia corrugate.

“Steve” Lo richiamò.

La sua voce gli parve lontana. Ovattata.

Non rispose.

“Steve!” Il richiamo più deciso.

Le dita in vibranio sul proprio viso lo fecero sussultare.

Si riscosse scuotendo un poco il capo.

“Ehi Punk… Stai bene?” Un sussurro a fior di labbra.

Si lasciò baciare piano accarezzando poi a propria volta il viso dell’altro.

“E’ tutto vero Bucky?” Mormorò pianissimo.

Sul viso di James si aprì un ampio sorriso.

“Ma certo che lo è!”

“Per un attimo ho pensato che tutto questo fosse un sogno. Che tu… Che non fossi mai tornato… Che….” Scosse il capo sbuffando.

Si sdraiò sull’erba.

Fianco a fianco.

Bucky lo zittì posandogli il palmo sulle labbra.

“Non è un sogno. O almeno spero” Sorrise “E se fosse un sogno per favore non svegliarmi”

Rogers afferrò la mano nella propria.

Sorrise baciandogli la punta delle dita con dedizione.

“E’ solo che… Ho sognato questo per così tanto tempo che… Dio mi sembra impossibile.”

“Lo stesso vale per me” Annuì godendosi le labbra di Steve che si stavano dedicando ora al proprio polso.

Rogers terminò a malincuore quella coccola e lo avvicinò a sé.

Lo abbracciò chiudendo gli occhi con un sospiro.

Il mento posato sul capo.

Barnes sorrise accoccolandosi contro quel corpo possente.

Spinse Steve supino. Posò il capo sul suo torace e con l’indice prese a sfiorare i pettorali.

Disegni immaginari corsero sulla pelle pallida.

Rogers chiuse gli occhi.

Avvertì i raggi del sole insinuarsi tra le palme e sfiorargli il volto.

Sollevò una palpebra accarezzando la spalla di Buck.

La luce gli colpì l’iride cristallina.

La riabbassò infastidito.

Si beò in quel clima bucolico. Si beò della pace e della presenza calda di James stretto a sé.

Si assopì e con tutta probabilità l’amico fece lo stesso.

Non seppe dire quanto tempo fosse trascorso ma le labbra di Bucky lo svegliarono quando la forte luce del pomeriggio aveva lasciato posto a quella rossastra del tramonto.

Si sedette stropicciandosi gli occhi posando un bacio sulla fronte dell’amico.

“Comincia a fare freschino Stevie” Si alzò in piedi tendendogli la mano.

Il capitano la afferrò. La strinse e con un agile movimento fu in piedi.

James sussultò con un sorriso ritrovandoselo completamente addosso.

“Ciao Rogers” Soffiò sulle sue labbra.

“Barnes” Inclinò il capo a modi saluto.

Posò le mani sulla sua vita sottile e lo strinse a sé.

“Spostati o non lasceremmo mai questo isolotto” Lo minacciò bonariamente l’ex sergente.

“Non è una brutta idea….” Gli scostò i capelli lunghi dal collo.

L’elastico del codino finito chissà dove.

Bucky ridacchiò divertito e rabbrividì in risposta alle labbra soffici di Rogers che gli stuzzicavano la pelle.

“Lo è per me… Preferisco di gran lunga tornare alla capanna e stendermi con te sul mio materasso” Gli afferrò il mento sollevandogli il volto.

“Guastafeste” Gli baciò la punta del naso.

Barnes gli afferrò una mano e scostandosi a malincuore lo trascinò dietro di sé.

Raggiunsero la riva ed entrambi rabbrividirono puntando il piede nell’acqua.

“Non è stata una grande idea quella di addormentarsi fino al tramonto” Borbottò Steve mettendosi con le mani sui fianchi.

“E ringraziami d’essermi svegliato! Se fosse stato per te avremmo trascorso la notte sotto quelle palme” Si immerse.

Rogers restò a riva fissando l’acqua contrariato.

“Dai datti una mossa Punk. Prima ti butti, prima ce ne torniamo a casa” Dette un paio di bracciate.

Il capitano sorrise all’idea che Buck chiamasse casa quella capanna.

Sorrise all’idea che il giorno seguente avrebbero lasciato il Wakanda e che entro sera sarebbe stati sul serio in quella che entrambi avrebbero definito casa propria.

“Perché ridi?” Lo richiamò.

“Non sto ridendo! Semmai sorridendo” Si immerse a sua volta.

“Va bene precisino. Perché sorridi?”

Rogers lo raggiunse in poche bracciate.

Lo afferrò per la vita con un gesto deciso tirandolo a sé.

Bucky spalancò gli occhi stupito aggrappandosi alle sue spalle.

“Sorrido perché penso che domani sera saremmo in quella che davvero sarà casa nostra”

“Oh…” Battè le palpebre.

“Sorrido perché hai accettato di seguirmi. E sinceramente è la cosa più bella che mi sia mai capitata da che ho memoria” Sospirò.

Bucky percepì d’essere arrossito sulle gote.

Distolse lo sguardo imbarazzato di quella propria debolezza.

“Smettila di essere così romantico Punk…Mi confondi” Borbottò.

Steve gli afferrò il mento con pollice ed indice riportandolo ad avere il proprio sguardo su di sé.

Gli sorrise. Un sorriso di quelli così ampi che fecero perdere un battito del cuore a Barnes.

“Jerk” Gli sussurrò baciandogli la punta del naso.

James sorrise sempre più imbarazzato e Steve gli dette tregua scostandosi.

Si mosse agile allontanandosi verso la riva del Turkana.

“Ti aspetto da vincitore questa volta” Gli urlò.

“Ehi non vale! Sei partito in anticipo!” Gridò in risposta.

“Anche tu all’andata” Rise continuando a nuotare.

James arricciò le labbra divertito e lo seguì senza metterci troppa forza.

Preferì godersi la figura di Steve che procedeva sicura nell’acqua.

Preferì riflettere tra se e se e realizzare che fosse tutto vero.

Che il giorno dopo avrebbe raggiunto Brooklyn con Steve. Il suo Steve.

Che sarebbero tornati a vivere insieme proprio come da ragazzi.

Anzi, con qualcosa di molto più prezioso di un tempo.

La consapevolezza dei reciproci sentimenti.

La palese attrazione fisica e mentale.

L’amore incondizionato di l’uno per l’altro.

Rogers toccò la riva con un distacco considerevole.

Lo vide sollevare le braccia in segno di vittoria e ridere.

Lo trovò bellissimo.

Il cuore gli battè forte nel petto.

Quello era Steve. Il suo Stevie. E lo sarebbe stato per sempre.

Insieme, fino alla fine.

 

 FINE.

Eccoci qua ragazze al termine di questa mini long. Mi auguro con tutto il cuore che possa esservi piaciuta <3

Un abbraccio Chia.

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