Extraterrestrial: Reloaded

di Endorphin_94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione e Prologo ***
Capitolo 2: *** Lo scavo inquinato ***
Capitolo 3: *** La mia missione ***
Capitolo 4: *** Alieno ***
Capitolo 5: *** Luce e Lame ***
Capitolo 6: *** Il sole di aprile ***
Capitolo 7: *** Quello che sai fare ***



Capitolo 1
*** Introduzione e Prologo ***




Extraterrestrial: Reloaded





Salve a tutti lettori e lettrici, occasionali o di vecchia data. Per chi legge per la prima volta una long con questo titolo scritta da me, mi limito a presentarla. È un tipo di storia che ho chiamato “long song”, ovvero contiene il testo intero di una canzone (“E.T.” di Katy Perry), ma non è proprio una song fic, perché è appunto una long e più o meno in ogni capitolo ci sarà un pezzo della canzone, che sarà anche l’ispirazione del capitolo stesso.
La storia è ambientata nel corso dell’anime originale: ho mantenuto i personaggi, i loro caratteri e le dinamiche varie, il contesto della guerra con gli alieni e tutti i significati e riflessioni che si possono fare. Ho cambiato le vicende da un certo punto, più o meno verso la seconda metà (non sarebbe una ff altrimenti), scegliendo di mettere mano subito ai copioni di Kisshu e Ichigo e rendendo gli eventi seguenti un tantino più “duri” ^^”. I combattimenti saranno aspri, le situazioni difficili, ci sarà poco spazio per lo shoujo, insomma...
Altre cose: la storia è raccontata dal punto di vista di Ichigo, il che la rende principalmente un misto tra introspezione, emozioni e avvicendarsi di momenti, ma soprattutto di azione, perché è questo l’aspetto che mi piace di più della nostra protagonista (e di tutto questo anime in generale) e quello che ho voluto mettere in risalto. Vorrei farvi vedere la ichigo che piace a me e quanto grande sia ciò che ha da dare a una storia, anche se ha tanti difetti e in molti momenti dell'anime l'abbiamo odiata xD
Tuttavia titolo non è “Ichigo”. Ciò significa che un certo alieno sarà un ingombrante co-protagonista delle vicende, influenzandole parecchio con gli ingranaggi del suo cervellino. Insomma questa storia è essenzialmente una Kisshigo, perché mi piacciono e perché voglio che ci siano storie belle su di loro nel fandom su cui fangirlare ^^ Non vedevate l’ora eh?
Per rendermi ancora più antipatica, devo precisare che l'eventuale romance non sarà né veloce né facile, perché credo che loro stessi remino contro la cosa, o forse percé mi piace rendermi la vita difficile e buttare letame sulla mia stessa otp. Dopo tanto tempo sono giunta alla conclusione che Kisshu e Ichigo insieme si possano scrivere - non sia mai che qualcuno non possa scrivere ciò che gli piace - ma io scelgo di scriverli litigarelli e opposti, perché così piacciono a me :)
Inoltre Kisshu non sarà l’unico personaggio che avrà pesantemente a che fare con Ichigo. Sono antipaticissima oltre che saccente <3

Appunto finale per i lettori a cui invece questo titolo e il mio nome dicono effettivamente qualcosina di remoto: eccomi qua, fra un anno di università e l'altro, ho preso ET e l’ho riscritta. L'inizio cambia, poi la storia riprende la trama precedente, fa un po' dentro e fuori, cambia idea e si incarta su se stessa, per gettare passo dopo passo tutte le basi per un finale spero ricco di sorprese.
Basta, vi lascio alla lettura sperando di non avervi ucciso di noia, con la speranza di trovare il tempo per tornare a fangirlare un po’ di più qua dentro.
Endorphin <3



 

Prologo



Era buio pesto tutto intorno.
Davvero, non vedeva nemmeno il proprio naso, tanto era buio.
Buio e freddo.
Avvertiva nettamente l'umidità di quel luogo, sulla pelle e dall'odore.

Nel buio gli odori e rumori sembrano sempre amplificati. Li si avverte all’improvviso senza sapere da dove vengono e spesso li si perde subito dopo, tanto che diventa strano credere di averli sentiti davvero.

In ogni caso lui non aveva paura del buio.
Sapeva che nel buio non c'era nulla da temere, nulla che non ci sarebbe stato se ci fosse stata luce. Nulla di diverso, insomma. Perché preoccuparsene?

E anche se in quel momento la luce non c'era, lui sapeva che in realtà non era così.
La luce c'era eccome.
La luce era sempre con lui, non lo abbandonava mai.

Gli bastava pensarci e poteva perfino vederla. Quel lumicino azzurro che poteva essere fioco come una candela o luminoso come un faro.
Sì, decisamente in quel momento ne aveva proprio bisogno.

Fece un respiro profondo, chiuse gli occhi e la chiamò.

E la luce apparve subito, lampeggiandogli un radioso sorriso, o almeno a lui parve così.

Grazie, le sorrise a propria volta.

Ormai aveva imparato a parlare con lei, in un modo che conoscevano solo loro.
Era la sua luce. La sua goccia luminosa.

Grazie alla luce riuscì a mettere a fuoco le pareti di roccia gocciolanti di una stretta grotta di cui però non vedeva la fine di fronte a sé.

Sospirò. Sapeva di non poter fare nulla, di non potersene andare.

Se solo avesse potuto, si sarebbe smaterializzato via da lì e avrebbe distrutto quel luogo maledetto con tutti quelli che vi stavano dentro.
Tutti, dal primo all'ultimo.
Con la luce, poi, sapeva di essere ancora più forte.
Ma chiuso lì dentro poteva solo aspettare.

Sospirò, dunque e guardò la sua luce, la quale gli rivolse uno scintillio preoccupato.

Non ho paura, le disse ed era vero.

Ne avranno loro, pensò soltanto.

Ma poi si accorse che non c'era differenza tra quando pensava e quando parlava con la luce, quindi lei lo aveva sentito lo stesso.



 





 

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Capitolo 2
*** Lo scavo inquinato ***


Capitolo 1

Lo scavo inquinato


 



Sono Momomiya Ichigo, 13 anni. Ero una normale studentessa delle medie, ma improvvisamente sono diventata una Mew Mew, che ha il compito di salvare la Terra! Mi spuntano le orecchie e la coda quando mi imbarazzo e non posso tornare normale finché non sconfiggerò gli alieni! Questo è un bel guaio!
Beh, alla fine non devo preoccuparmi, perché ho trovato delle nuove amiche fantastiche che combatteranno insieme a me. Forza, ragazze!
Per il futuro della Terra, siamo al vostro servizio! ~ Nya!
 

 
 
Il laboratorio sotterraneo del Café Mew Mew è quasi buio come al solito, solo gli schermi di tutti i computer di Shirogane fanno un po’ di luce e ronzano da matti.
È giovedì pomeriggio.
Con la primavera ultimamente è un momento di piena al Café e infatti oggi abbiamo dovuto inventare una scusa con tutti i clienti per chiudere prima e riunirci qua. Anche il sotterraneo in fondo è un po’ una seconda casa per noi ragazze.
E come ogni volta ci sono guai in vista.
Ryo e Kei discutono davanti alle solite serie di dati e immagini sugli schermi, evidentemente preoccupati. Io, Minto, Retasu, Purin e Zakuro ascoltiamo e aspettiamo.
«Guarda in questo quadrante, Kei» dice Ryo indicando una mappa piena di segni incomprensibili. Non riesco a capire che quartiere sia. Tanto ho l’impressione che lo scopriremo presto. «Facendo il confronto con le escursioni pressorie si nota chiaramente».
Proprio chiaramente, certo.
Keichiiro aggrotta la fronte, chinato con le mani sullo schienale della sedia di Ryo e guarda alternativamente gli schermi. «Le rilevazioni si discostano poco dai valori soglia… Il problema è che sono così eterogenee».
«Infatti» dice Ryo aprendo altre finestre di dati. «Le anomalie sono troppe, dai movimenti del suolo alla composizione dei gas».
Kei osserva gli schermi e si passa una mano tra i capelli pensieroso.
«Non so, con questi dati non riesco a farmi un’idea precisa. Potrebbero anche esserci dei difetti nei rilevatori, dopotutto hanno qualche anno orm-…»
«No, questa è decisamente opera degli alieni» lo interrompe secco Ryo.
Minto incrocia le braccia e mi sussurra ironica: «Punto sul vivo…»
Ricambio con un mezzo sorriso. Quindi Minto si volta alla sua destra e guarda le nostre compagne di squadra: Retasu in apprensione, con i suoi grandi occhi lucidi fissi su Ryo e Kei, Purin che gioca con il fiocco del grembiule. Zakuro, in fondo alla fila a braccia incrociate, ricambia l’occhiata a Minto che subito distoglie lo sguardo.
Io sospiro.
Speravo di andare a casa presto oggi. Devo ancora finire i compiti e volevo anche chiamare Masaya e invece con tutta probabilità passerò il resto del pomeriggio nei panni di Mew Ichigo.
Non che la cosa mi dispiaccia, anzi, io adoro essere Mew Ichigo.
La cosa che mi piace meno è la fatica di portare avanti la doppia vita, incastrare tutto insieme e io non sono per niente una persona organizzata! Anzi, in realtà sono un vero disastro: da mesi impazzisco tra casa, scuola, compiti, amiche, Masaya, il lavoro al Café… Pomeriggi tranquilli che possono diventare di colpo un gran casino, nel caso gli alieni attacchino.
«Ragazze» si decide finalmente a parlarci Ryo.
Tutte rispondiamo prontamente e con decisione.
«Siamo di fronte a una situazione criptica. È meglio farvi intervenire, ma non abbiamo certezze su cosa stia succedendo. Il che è tipico dei piani degli alieni ultimamente».
«Dobbiamo andare subito a queste coordinate e fare luce sulla situazione» gli fa eco Keichiiro. «In base ai dati è anche plausibile la presenza di un frammento della Mew Aqua».
Ci siamo. C'è bisogno di noi. Le paladine del pianeta Terra sono pronte a fare il loro dovere.
«Tuttavia se ci sono gli alieni, sarà prioritario impedire loro di prenderla» aggiunge Ryo serio. «Squadra Mew Mew! In azione!»
 
La macchina di Kei frena sgommando e svolta in una larga via trafficata; si sente la moto di Ryo fare la stessa brusca manovra subito dopo. Ho la schiena incollata al sedile e stringo la maniglia della portiera per reggermi meglio. Quando si tratta di un’emergenza Kei diventa un vero e proprio pirata della strada e non oso immaginare cosa stia passando Zakuro sulla moto con Ryo.
Superiamo pericolosamente a destra e sinistra, scatenando una scia di clacson arrabbiati.
Purin, stretta tra Minto e Retasu sui sedili dietro, sembra l’unica a non essere turbata dalla corsa, Retasu invece sembra esserlo anche troppo: non guarda fuori ed emette gridolini ad ogni sobbalzo. Mentre Minto si morde nervosa le labbra stringendo la borsetta di vernice.
Più che preoccupata mi sembra pensierosa. E anch’io lo sono. Chissà cosa vogliono quegli alieni oggi… Era almeno una settimana che non si facevano vivi. E ultimamente ogni volta è sempre più dura. Abbiamo sempre vinto le battaglie, ma loro sono forti e spesso ne usciamo malconce.
Li odio.
Quanto vorrei che se ne andassero da Tokyo e basta, quanto vorrei che non fossero mai venuti qui, che ci lasciassero in pace…
Keichiiro guida ancora per qualche minuto e controlla la mappa sul portatile. Ci avviciniamo ad una macchia gialla che lampeggia insistentemente.
«Ci siamo» dice infine accostando.
Dai finestrini si vede l’ingresso di un cantiere con molti capannoni e macchine da lavoro. Per fortuna sembra deserto, nulla si muove. Non vedo operai, ma nemmeno alieni. Per ora. Ma se sono qui ne vedranno delle belle.
Mi volto verso le mie amiche. La mia fantastica squadra di amiche. «Siete pronte ragazze?»
«Sì!»
«Forza allora, andiamo a prenderli a calci nel sedere!»
Scendiamo dall’auto di Kei e ci guardiamo intorno alla ricerca di qualcosa che non vada. Vicino al cancello del cantiere, la moto di Ryo sgomma rumorosamente e lui e Zakuro smontano sfilandosi i caschi.
«Kei, com’è la situazione?» dice subito Ryo oltrepassandoci brusco – con i suoi soliti modi, in realtà, niente di insolito...  – per andare a guardare il computer di Keichiiro.
«I livelli di gas tossici sono aumentati!» risponde Kei.
Io e le ragazze li osserviamo e ascoltiamo in silenzio, in attesa di indicazioni. Mi piacerebbe che ci spiegassero finalmente qualcosa invece di essere sempre così enigmatici…
«Di questo passo la zona diventerà impraticabile o sarà da evacuare» continua Kei grave.
«Se è un diversivo è veramente troppo» commenta Ryo guardando il pc. Quindi alza la testa e guarda pensieroso oltre il cancello.
«Ascoltatemi. È probabile che gli alieni stiano scavando nel suolo e contaminandolo pesantemente con sostanze inquinanti pericolose per tutte le forme di vita» Ryo abbassa lo sguardo e stringe le mai a pugno. «Ogni volta le cose peggiorano. Vista la diversità delle loro tecnologie, non possiamo sapere esattamente cosa vi troverete davanti e… non posso garantire la vostra sicurezza».
Di impulso vorrei dire che non mi importa, voglio solo andare e risolvere la situazione come abbiamo sempre fatto. Però mi spiace sentire Shirogane parlare così…
«Se non sbaglio, non è mai stato un problema» esordisce Zakuro.
«Esatto!» aggiungo. Ci vuole ottimismo. «Rispediremo gli alieni a casa loro con la coda tra le gambe come tutte le altre volte!»
«Non essere sempre così impulsiva, Ichigo!» sbotta lui senza nessuna ragione.
Mi sale una rabbia fortissima, vorrei tirargli uno schiaffo in questo momento. Ma come si permette? Non ho fatto nulla!
Come se non bastasse va avanti: «Il vostro dovere oggi è assicurarvi che gli alieni non abbiano messo le mani su un frammento di Mew Aqua o se invece fosse così, dovete essere voi a prenderlo, chiaro? La situazione è sempre più grave. Non dovete mettervi in pericolo inutilmente per nessun motivo. Restate unite e state attente».
Sono furente. Ho provato a capirlo, ma così è troppo. Shirogane parla come se noi non sapessimo fare il nostro dovere, come se tutte le battaglie degli ultimi mesi non esistessero! Siamo state in prima linea a combattere gli alieni dal primo giorno, ogni volta che ce ne è stato bisogno e ogni volta che lui ce l'ha chiesto. E adesso si comporta così?
Per fortuna Minto gli risponde al posto mio: «Sì, Shirogane-san, faremo del nostro meglio».
 
Il cancello del cantiere si apre cigolando a una leggera spinta di Zakuro, che quindi lo oltrepassa senza esitazione. Avanziamo tra container, gru, cisterne di cemento, tutto sporco e impolverato.
«Sembra tutto abbandonato…» osserva Retasu sfiorando il braccio meccanico di una scavatrice. «Probabilmente avrebbero dovuto costruire un palazzo» dice Minto. Poco lontano si apre un grande spiazzo quadrato scavato di un paio di metri, con qua e là degli inizi di fondamenta.
«E perché non l’hanno finito?» chiede Purin.
«A volte va così, Purin» risponde Retasu.
«Che spreco…» fa Minto.
«Troviamo gli alieni» taglia corto Zakuro camminando.
D’improvviso un odore nauseabondo colpisce le mie narici feline. Ho un conato di vomito e un leggero giramento di testa. Mi fermo e faccio un respiro profondo coprendomi il naso col braccio. Anche Zakuro si è dovuta fermare per lo stesso motivo e si tiene una mano sulla bocca, le altre tre ci guardano perplesse. Come fanno a non sentirlo?
«Voi non avete il nostro naso, eh?» Ogni tanto questo DNA di gatto è proprio fastidioso.
«Viene da laggiù» dice Zakuro – che di certo col naso da lupo sente quella puzza ancora più di me – indicando un grande capannone dalla porta mezza sfondata e senza aspettare risposte, vi si avvia a grandi passi.
«È proprio necessario?» geme Minto annusando più attentamente e ritraendosi disgustata.
«Sì andiamo! Chissà cosa c'è dentro!» esclama Purin correndo dietro a Zakuro. A me, Retasu e Minto non rimane che fare lo stesso.
 
Sembra che qualcuno abbia scoperchiato una fogna: l’aria nel capannone è irrespirabile. Da un grosso buco nel pavimento si alzano delle scie di fumo nero e degli strani animali corrono tutto intorno.
«Cosa sono quelli?» chiede Retasu impaurita.
«Talpe» risponde Zakuro coprendosi il naso.
Talpe o no, non sono decisamente della giusta misura; però scavano come talpe, entrano ed escono freneticamente dal buco sollevando un gran polverone. E quello strano fumo nero…
Purin fa qualche passo in avanti per vedere meglio. «E cosa stanno facendo?»
«Dovremmo chiederlo a loro».
Minto indica col viso due figure fluttuanti dal lato opposto dello stanzone e scioglie ogni dubbio.
Pai e quella peste di Taruto, osservano il buco e quegli strani animali confabulando.
Non credo si siano accorti di noi, ma adesso se ne accorgeranno eccome.
«Ehi voi!» grido avanzando a grandi passi verso gli alieni. Entrambi si voltano con aria sorpresa. «Si può sapere cosa state facendo? E cos’è questo odore terribile?»
«Ce ne hai messo di tempo ad arrivare, vecchiaccia!» ridacchia Taruto, sparendo e ri-materializzandosi a gambe larghe di fronte a me, Pai appare a mezz’aria subito dietro.
«Non osare darmi della vecchiaccia, nanetto malefico!» gli rispondo furiosa. Un giorno o l’altro lo faccio arrosto.
Ma il forte rumore di un getto di vapore interrompe il nostro battibecco e un’altra ondata di terribile tanfo mi costringe a coprirmi naso e bocca con la maglietta. Tossisco e noto una nuova colonna di denso fumo nero uscire dal buco. Gli animali continuano a scavare senza sosta.
«Non potete farlo, fateli smettere subito! State avvelenando il terreno con quel gas tossico!» interviene Minto con il suo fazzoletto di pizzo sul naso.
«Non sai nemmeno di cosa parli, Mew Mew» sbotta Pai con una risata di scherno. «Le sostanze chimiche e i gas inquinanti erano già stati messi nel terreno da voi stupidi umani, che prima avete inquinato il suolo e poi avete abbandonato questo cantiere. Non siamo di certo noi a rovinare la crosta terrestre».
Accidenti… Se quello che dice Pai è vero, non è di certo una bella cosa. Guardo le mie amiche per pensare a come ribattere: Retasu ha un sussulto e arrossisce, Minto tiene un broncio risentito.
Zakuro invece accenna alle talpe. Che sono certamente chimeri. «Però voi state usando degli animali».
«Esatto!»
Estraggo dalla borsa il ciondolo della trasformazione.
«Non avete il diritto di prendere in ostaggio degli animali innocenti e mettervi a scavare dove volete!»
Taruto fa roteare le sue bolas tra le dita. «Sì che lo abbiamo, se laggiù c’è l’Acqua Cristallo».
«Non finché ci saremo noi a darvi una lezione! Mew Mew Strawberry! Metamorphose!»
Mi tuffo nella luce della mia trasformazione godendomi tutta l’energia positiva e la forza che mi trasmette.
«Mew Mew Minto! Metamorphose!»
«Mew Mew Retasu! Metamorphose!»
«Mew Mew Purin! Metamorphose!»
«Mew Mew Zakuro! Metamorphose!»
Quanto adoro la mia squadra.
«Per il futuro della Terra, siamo al vostro servizio, nya!»
Pai non si lascia impressionare, si smaterializza e riappare indietro sul fondo del capannone, ma Taruto è già pronto. Con una risata da diavoletto, lo vedo lanciare dei para-para verso il terreno, che li inghiotte illuminandosi: subito il suolo trema e si spacca, facendo uscire una marea di radici impazzite.
Se crede di metterci in difficoltà così si sbaglia di grosso.
«Ragazze! Dividiamoci!»
Le mie compagne mi rispondono affermativamente e saltiamo in direzioni opposte per circondare il più possibile il chimero, cercando di non farci catturare dai rami impazziti.
Mew Minto vola in alto e attacca per prima: «Ribbon Minto Echo!»
Mew Zakuro e Mew Retasu la imitano subito dopo dal lato opposto.
Alcune radici si spezzano e cadono a terra immobili, ma altre afferrano Purin per le caviglie.
«Stupida pianta, lasciala subito!» Salto tra una radice e l’altra e raggiungo Purin per aiutarla a liberarsi, ma con le mani è impossibile spezzarle e subito ce ne arrivano addosso altre da tutte le direzioni.
«Ichigo, Purin! State ferme! Ribbon Minto Echo!»
«Ribbon Retasu Rush!»
Mew Retasu e Mew Minto colpiscono la pianta stordendola e io e Purin riusciamo a saltare fuori dalla portata del chimero.
«Adesso gli faccio vedere io! Ribbon Strawberry Check!»
Il mio colpo luminoso ben assestato alla base mette definitivamente fuori gioco il chimero di Taruto e i para-para che restano vengono prontamente inghiottiti da Masha: «Eliminato!»
Ci riuniamo dandoci il cinque in segno di vittoria: adoro le mie amiche in questi momenti, adoro quando combattiamo e vinciamo insieme, adoro il legame che ci unisce e la forza che sentiamo scorrere in noi.
«Forza ragazze, non è finita» dico guardando gli alieni che ci osservano da lontano. Vedo Taruto evocare altri due para-para e lanciarli verso il buco fumante e mi sale una gran rabbia: non posso permettergli di continuare così.
Noi siamo la squadra Mew Mew che deve difendere la Terra e io sono la leader.
Qui serve una strategia.
«Retasu! Purin! Fermate le talpe!»
Le mie amiche annuiscono e corrono verso il buco, con il naso tappato, a Minto e Zakuro basta un’occhiata e si lanciano in volo verso gli alieni.
«Ribbon Minto Echo!»
«Ribbon Zakuro’s Pure!»
«Fuu Rai Sen!»
Pai scherma i loro colpi e Minto e Zakuro si allontanano in direzioni opposte, ma prima che lui possa realizzare il diversivo, arriva il mio turno.
Adoro questo momento.
«RIBBON… STRAWBERRY…SUR-…»
 
*Clack*
 
«Quanta fretta, koneko-chan».
 
Due tridenti affilati stridono fastidiosamente contro la mia arma già carica di luce.
Due occhi gialli e con le pupille animalesche mi guardano con aria di sfida.
Un sorrisetto sfacciato dai denti aguzzi si rivolge a me con tutta la sua arroganza e con la precisa intenzione di farmi imbestialire.
Kisshu.
Sembrava troppo bello per essere vero, dannazione, stavamo per vincere. Con lui ora siamo daccapo.
Con un ringhio libero il Cuore dai suoi sai e indietreggio in posizione di difesa. Minto e Zakuro mi raggiungono, Retasu e Purin poco lontano tengono immobilizzati i chimeri con i loro attacchi, senza poterli distruggere.
Pai e Taruto si piazzano accanto a Kisshu, che li guarda di sottecchi. «Prego, eh» dice in tono canzonatorio, ricevendo una linguaccia da Taruto e uno sbuffo incolore da Pai.
E come tante altre volte siamo qui a fissarci.
Noi contro di loro.
La mia squadra, le mie amiche Mew Mew e quei tre maledetti alieni che vengono un’altra volta ad attaccare la città, a trasformare gli animali in chimeri e a cercare di rubare la Mew Aqua.
Noi che siamo qui a difendere il Cristallo, il pianeta e i suoi abitanti.
Siamo state scelte. Siamo le paladine della Terra, siamo gli animali in via di estinzione, la squadra Mew Mew.
La mia squadra.
Ne sono orgogliosa e non permetterò mai che gli alieni l’abbiano vinta.
«Statemi a sentire, voi tre. Liberate quelle talpe e smettete subito di fare quello che state facendo, altrimenti non la passerete liscia!»
Le mie compagne di squadra si uniscono a me nel nostro coro di vittoria:
«Per il futuro della Terra, nya!»
Kisshu si rigira un tridente tra le dita.
«Finito il balletto, bamboline? A volte è quasi un peccato sapere di dovervi eliminare…» ammicca nella mia direzione e io rispondo con un’occhiata di profondo disprezzo.
Ci mancano solo le sue battute odiose. Detesto aver a che fare con lui e con i suoi modi viscidi in mezzo alle battaglie eppure ogni volta è la stessa storia. Anche per questo non sono per niente contenta del suo arrivo. Adesso gli faccio vedere io chi è la bambolina…
«Questo lo vedremo!»
Partiamo all’attacco tutte insieme, verso gli alieni, verso i chimeri e presto il capannone viene invaso da raggi colorati, scariche elettriche, budini e acqua in ogni direzione. Insieme a Mew Retasu colpisco i chimeri-talpa e libero finalmente gli animali che scappano via. Mew Purin, Mew Zakuro e Mew Minto si scambiano veloci attacchi, salti, voli, calci e pugni con gli alieni.
«Mew Ichigo» fa Retasu. «Cosa facciamo con quelli?» con la mano indica alcuni barili e tubi di scarico che emergono dal profondo pozzo scavato nel terreno.
Allora quello che diceva Pai era vero, non erano gli alieni ad usare il gas tossico.
«Non lo so, Retasu… Bisognerebbe tirarli fuori, ma noi due sole non riusciremo mai a sollevarne uno…» rifletto ad alta voce.
Ma intanto: «Ribbon Minto Echo!»
Al grido dell’attacco di Minto segue un violento frastuono che ci fa sobbalzare.
Ci voltiamo e individuiamo la fonte del fracasso in un mucchio di detriti e pezzi di cemento fumanti.
Mew Minto in volo abbassa l’arco e arriccia il naso con superiorità.
Poco dopo dalle macerie emerge malconcio e sporco Kisshu.
Brava amica mia, è quello che si merita.
Io e Retasu lo osserviamo da lontano mentre Kisshu muove qualche passo dolorante: la sua maglia è strappata sulla schiena e sotto si vede la pelle pallidissima profondamente abrasa e impolverata.
Minto scende svolazzando e mette i piedi a terra, ma non perde di vista l’alieno e non abbassa la guardia. Lui le rivolge un’occhiata carica di odio e fa un altro passo verso di lei, che prontamente inforca una nuova freccia rosa.
Kisshu però si ferma. Fa una smorfia di dolore e inizia a tossire rumorosamente per la polvere e i calcinacci che deve aver respirato.
Trattengo il fiato osservando la scena.
Minto esita, ma non abbassa l’arco, tiene Kisshu sotto tiro. Restano in stallo a guardarsi con disprezzo. Nessun altro fa caso a loro: Retasu torna ad osservare sconsolata le sostanze tossiche nello scavo, Zakuro e Purin dall’altra parte combattono Pai e Taruto.
Solo io non riesco a staccare gli occhi dalla scena, come se stessi guardando uno schermo, ma anche come se ci fossi dentro.
Guardo l’arco di Mew Minto e il suo sguardo fermo. Guardo Kisshu ferito, che dà un altro colpo di tosse e si scrolla via la polvere dalla maglia, finendo per sporcarsi anche le mani di sangue che luccica rosso scuro.
«Non muoverti o sarà peggio per te!» lo apostrofa Minto senza impietosirsi.
Abbasso gli occhi e penso che abbia ragione. Fa bene a tenerlo sotto tiro, sarà giusto se lo colpirà di nuovo. È solo Kisshu, è il nostro nemico si merita di soffrire. Con tutte le volte che ha fatto del male lui a noi.
Anche se è lui ad essere ferito ora…
Ah, smettila Ichigo, pensa a fare il tuo dovere.
Guardo la mia amica Retasu e poi il buco scavato dai chimeri talpa: è davvero profondo, non pensavo. Una ventina di barili più o meno rotti emergono dalle pareti di terra smossa, insieme ad alcuni tubi da cui si leva ancora del fumo.
Devo fare qualcosa, devo concentrarmi e pensare, è il mio dovere…
«Ribbon Minto Echo!»
Ha scoccato.
Ho improvvisamente una sensazione di angoscia e senza pensare torno a vedere cosa succede. Faccio in tempo a vedere Kisshu scattare di lato per evitare il colpo con un gemito di dolore. Arrabbiato sputa per terra uno schizzo di sangue e si stringe il fianco con la mano.
Tutto diventa sfumato e denso intorno a me, ho un ronzio che mi riempie le orecchie.
A rallentatore vedo Minto alzarsi in volo e iniziare un nuovo attacco…
Kisshu fa solo in tempo ad alzare lo sguardo…
A terra il suo sangue, rosso scuro…

«Mew Minto!» la mia bocca decide prima del mio cervello.
Minto si volta e interrompe il colpo.
«Aiutaci!» le grido e indico il barile più vicino, mezzo rotto che gocciola un liquido nerastro.
Minto annuisce e vola veloce verso di noi. Scavando e tirando in tre, con Minto che si aiuta con le ali, riusciamo faticosamente ad estrarlo da lì.
Rifiuto severamente a me stessa di girarmi a guardare Kisshu.
Dannazione, cosa ho fatto?
Niente, non ho fatto niente, devo stare calma.

L’importante è ripulire questo schifo.
Mew Retasu osserva il pozzo: «Secondo voi c’è davvero la Mew Aqua là sotto?»
Ci avviciniamo tutte e tre, ma non si vede la fine dello scavo: scende giù per qualche metro, poi si apre in orizzontale per chissà quanto.
«Che facciamo, Ichigo?»
Non ne ho idea, scuoto la testa. Cerco di stare concentrata. Retasu e Minto non sembrano aver intuito.
«Se lì c’è il Cristallo dobbiamo prenderlo» dico sporgendomi nel tentativo di vedere qualcosa.
«Se scendessimo ora lasceremo sole Zakuro e Purin» osserva Minto.
«Già… e non possiamo lasciare i barili e i tubi, dobbiamo prima toglierli» dice Retasu.
 
Improvvisamente Kisshu, apparentemente al pieno delle energie, ci supera volando e con un «Ci vediamo, bellezze!» si tuffa a capofitto nel buco e sparisce.
«Dannazione!»
Non posso permettergli di prendere il Cristallo, non posso permetterglielo per nessun motivo!
«Tirate fuori quei barili!» senza esitare salto nel fosso dietro a Kisshu, lasciando indietro la battaglia e le mie compagne.
 
 

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Capitolo 3
*** La mia missione ***


Capitolo 2

La mia missione

 
 
Nello scavo è buio pesto. Con un salto atterro sul fondo, dove il buco scende più orizzontale e grazie ai miei occhi da gatto metto a fuoco le pareti e il soffitto di un largo corridoio di cui non si vede la fine scavato nel sottosuolo. Tantomeno si vede Kisshu.
Inizio a camminare verso il nulla alla ricerca di quel dannato alieno, inoltrandomi sempre più a fondo. Almeno qui l’odore terribile dei rifiuti tossici non si sente più: gli operai del cantiere non sono arrivati così a fondo a scaricarli. Quei chimeri-talpa invece sono scesi forse per decine di metri.
«Kisshu!»
L'eco della mia voce rimbomba nel lungo corridoio vuoto.
Nessuna risposta.
Vado avanti a camminare finché nemmeno gli occhi di Mew ichigo riescono quasi più a distinguere questo posto e l’apertura da cui sono entrata non è che un punto luminoso dietro di me.
«Kisshu! Dove sei?»
Dopo qualche secondo di silenzio, la sua voce melliflua risuona lungo le pareti.
«Ma guarda un po'… Sei venuta a cercarmi, Koneko-chan? Non potevi proprio restare senza di me».
Dov’è? Dove accidenti è?
Mi volto in ogni direzione, ma non lo trovo, né riesco a capire da dove viene la sua voce.
Coraggio Mew Ichigo. La Mew Aqua. Come hanno detto Ryo e Kei.
«Sono venuta perché non posso permetterti di prendere il cristallo, Kisshu!» gli grido di rimando. Alzo la mia arma a forma di cuore e la faccio brillare nel buio.
Di fronte a me, immerso nell’oscurità, Kisshu fluttua a pochi centimetri da terra e mi fissa con il peggior sguardo diabolico del suo repertorio.
 
 
~ You’re so hypnotizing
Could you be the devil, could you be an angel?

 
 
Sussulto, non mi aspettavo che fosse così vicino. Lui sghignazza facendomi vergognare profondamente. Mi ricompongo e tiro fuori un po’ di grinta.
«Avanti Kisshu, il Cristallo».
«Sei convinta, eh? Mi dispiace molto, ma non posso proprio dartelo» arriccia le labbra con finto dispiacere. Riesce solo a farmi definitivamente arrabbiare.
«Non puoi averlo preso tu, ti avrei visto, stai bluffando!»
«Chi, io? Così mi ferisci nell’orgoglio, bambolina».
«Mi hai ingannato!»
«A te non cambia nulla, Koneko-chan». Sorride malizioso e tra le sue dita appaiono i suoi tridenti brillanti di luce gialla. «Tanto non uscirai viva da questo posto!»
Merda.
Kisshu si avventa addosso a me e io ringhiando faccio lo stesso, scontrando con forza la Strawberry Bell contro i suoi sai in una pioggia di scintille, che illuminano le pareti e il soffitto scavati nel sottosuolo. Rimbalziamo all’indietro con violenza e osserviamo le mosse dell’altro. Lui si acquatta sulle punte dei piedi e mi guarda di sottecchi ghignando.
«A meno che tu non preferisca venire via con me…»
«Tsk, neanche per sogno, Kisshu! Ribbon Strawberry Check!»
Kisshu vola in alto e evita il mio attacco luminoso, quindi iniziamo a combattere corpo a corpo.
Lo colpisco, mi scansa, lo colpisco di nuovo, lui colpisce me e io paro il suo calcio.
Si gira, una lama scatta in avanti, la paro col Cuore.
Ci colpiamo e pariamo, ci colpiamo ancora più forte… combattiamo e ci guardiamo.
Quegli occhi oggi hanno qualcosa di strano, qualcosa che non mi spiego…
Perché mi guarda così?
Paro di nuovo i sai con la mia arma e in un lampo ho un’idea. Ruoto il Cuore e arpiono il manico di un suo tridente e con tutta la forza che ho glielo scaglio via.
Ci guardiamo per pochi attimi, io esalo un respiro nervoso tra i denti, Kisshu ha un’espressione mista tra lo stupore e la rabbia. Non se lo aspettava. Stavolta sono io a sorridere.
Schiocca la lingua e riprende lo scontro con un sai solo, ringhiando come un animale selvatico e combattiamo di nuovo. Salto e tiro un calcio, lui gira su se stesso e risponde con un pugno.
Il combattimento si fa intenso e a poco a poco succede qualcosa di strano e insolito.
Una sensazione. Anzi, molte sensazioni.
Sento la forza e l’euforia, pura adrenalina in ogni movimento che faccio. Sento di essere in armonia con l’istinto del felino che è in me, sento la sua energia, non sento stanchezza né dolore.
Kisshu muove il sai insidioso verso di me, lo evito, agito la coda per darmi equilibrio e arrivo a graffiarlo.
Mi sento forte.
Mi sento una leader.
E avrò quel cristallo.
Parte ancora una volta il suo calcio, mi colpisce di striscio. Salto all’indietro in capriola e sento che è il momento buono per caricare la luce.
«Ribbon Strawberry Sur-…»
*CLANG*
Maledizione, di nuovo!!!
Come prima il mio attacco viene bruscamente interrotto e non mi resta che atterrare malamente sulle ginocchia. Sono furiosa, vorrei strangolare quel dannato alieno con tutte le mie forze.
Kisshu atterra levitando, abbassa il braccio e mi fissa con aria di scherno. La mia Strawberry Bell e il tridente che l'ha colpita rotolano via nel buio in direzioni opposte. Per disarmarmi ha anche disarmato se stesso.
Ma non mi va giù il fatto che mi abbia disarmato e interrotto di nuovo il mio attacco.
«Questa me la paghi».
Mi lancio contro di lui senza armi e lo attacco a calci e graffi con tutte le mie forze. Sento la rabbia, la carica e l’euforia scorrermi nelle vene.
Forse non c’è alcun Cristallo, realizzo. Siamo qui io e Kisshu solo a combattere. E io voglio combattere. Voglio combattere il mio avversario insieme all’animale che c’è in me.
Combattiamo con le forze che iniziano a scarseggiare, ma non posso permettermi di abbassare la guardia. Incasso una gomitata solo per girarmi e caricare un pugno alto verso la sua faccia…
… che lui blocca afferrandomi la mano con la sua.
Ringhia per lo sforzo. Io per la frustrazione.
Sento l’energia dei suoi attacchi elettrici vibrare attraverso il guanto. La sento attraverso il suo sguardo stanco, ma ancora determinato e fisso nel mio.
Questo combattimento è decisamente diverso dal solito.
 
~ Your touch magnetizing
Feels like I am floatng, leaves my body burning

 
 
Mi distraggo più del necessario nei miei pensieri e un suo calcio mi colpisce in pieni visceri. Rimango senza fiato, ma Kisshu mi è subito addosso: mi spinge contro la parete di roccia, mi afferra saldamente per le braccia e si piazza di fronte a me. Decisamente troppo vicino.
Di colpo ho paura. Tutta la rabbia e l’euforia di poco fa spariscono, lasciando il posto al terrore.
I secondi si allungano.
Non respiro, non so per quanto. Sudo freddo, la testa mi scoppia. Le mani gelide di Kisshu che mi stringono le braccia sembrano roventi.
«K…Kisshu…»
Ti prego, lasciami andare… non farmi del male. Non… non portarmi via con te…  Ti prego… puoi tenerti il Cristallo se vuoi, ma lasciami stare
Kisshu fissa i miei occhi terrorizzati.
Quindi inaspettatamente allenta la presa e passa lentamente le dita sulle mie spalle, senza dire nulla.
Ho i brividi per il disagio e il terrore. Non so che fare, non riesco a pensare.
I suoi occhi affilati mi trapassano da parte a parte facendomi sentire completamente indifesa e debole. Tremo sotto il tocco sgradevole delle sue dita sulla pelle, le sento salire sulle spalle, sulle clavicole, fino al collo… Chiudo gli occhi…
«Ti… Ti prego, no…» sussurro cedendo del tutto alla disperazione.
Kisshu resta in silenzio.
Quindi fa scorrere un’unghia affilata lungo la mia gola per un tempo lunghissimo e angosciante, durante il quale resto ad occhi chiusi preparandomi a sentire le sue dita strangolarmi da un momento all’altro.
… e invece a un tratto il senso di gelido sul collo sparisce e lo sento schioccare la lingua.
Apro gli occhi, pentendomene subito perché mi sta ancora fissando, le labbra socchiuse, la fronte corrugata, come pensieroso, ma indecifrabile.
«Sai Koneko-chan? Così non mi diverte» sussurra in tono quasi distratto.
Senza lasciarmi il tempo di dire nulla, Kisshu mi afferra per i polsi e veniamo investiti da una specie di tempesta di vento che ci spinge forte da tutte le direzioni. Grido e chiudo gli occhi, senza capire cosa succede, giro su me stessa in balìa dell’aria.
E di colpo tutto si calma.
Mi trovo a cascare in malo modo sul terreno duro.
 
Dopo essere stata là sotto, la luce dell’esterno è accecante e ci metto qualche secondo ad abituarmi. Mi alzo a sedere, non mi ero accorta di essere così dolorante. La trasformazione in Mew Ichigo si è dissolta. Attraverso gli occhi impastati dalle lacrime trattenute, metto a fuoco poco lontano da me la porta divelta del capanno in cui abbiamo affrontando gli alieni.
«Il… il teletrasporto…» balbetto rivolta a nessuno.
Kisshu è scomparso.
 
«Ichigo!»
Minto, Purin, Zakuro e Retasu corrono verso di me, seguite da Ryo e Kei.
«Ichigo-nee-chan! Stai bene?» chiede Purin preoccupata.
«Ci hai fatto preoccupare!» aggiunge Retasu.
«Sto… sto bene ragazze, grazie» mi alzo in piedi con l’aiuto di Keichiiro.
«Cosa è successo?» chiede Ryo. «Hai trovato il Cristallo? L'ha preso Kisshu?»
Ma come sei gentile a preoccuparti che io stia bene, Shirogane… Proprio educato come sempre!
«No, niente Cristallo» gli rispondo forse più acida del necessario. Quindi faccio un respiro profondo. «Non c'era nulla, devono aver sbagliato posto» aggiungo guardando Kei.
Lui annuisce. «Hanno sbagliato altre volte».
«Però non si sono fatti scrupoli a fare tutti quei danni» commenta Minto.
Di colpo mi tornano in mente i barili e i gas puzzolenti. «Siete riusciti a togliere quei barili e tubi? E gli alieni?»
«Abbiamo fatto il possibile, poi Shirogane-san ha chiamato le autorità per segnalare il danno ambientale, stanno per arrivare» dice Retasu.
«E Pai e Taru-Taru se ne sono andati con la coda tra le gambe!» conclude Purin.
 
Ci avviamo verso la macchina, le ragazze, Ryo e Kei continuano a parlare di tutto quello che è successo. Ma io resto in silenzio. Sono a disagio. Ho un mucchio di strane sensazioni. Questo scontro è stato diverso, c'era qualcosa che non riesco a definire…
«Ichigo?»
«… uh?» mi riscuoto.
«Che fine ha fatto Kisshu?» chiede Minto aprendo la portiera dell’auto di Kei.
«K-Kisshu…?»
«Sì, Kisshu, è uscito anche lui dallo scavo?»
Kisshu… i suoi occhi assurdi che mi fissano sono ancora stampati nella mia memoria. Sento ancora quel caldo e quel freddo, le sue unghie sul collo. Prima quell’euforia, poi quella paura paralizzante.
Così non mi diverte più.
‘Non mi diverte più’, ha detto e mi ha teletrasportato fuori.
«Ichigo? Ma ci sei?»
«Io… sì, Minto scusami» faccio un sorriso imbarazzato, dall’esterno devo proprio sembrare persa. «Kisshu se n’è andato, il Cristallo non c'era, appunto» affermo cercando di tornare con i piedi per terra.
«Mh» fa Minto sedendosi in macchina. Mi siedo davanti accanto a Kei, lui mette in moto e ci avviamo verso il Café, stavolta per fortuna guidando senza fretta.
 
 
~ They say: be afraid
You’re not like the others, futuristic lover

 
 
Ormai è tardi per riaprire il servizio, ma evidentemente un pomeriggio a combattere gli alieni non esime le paladine della Terra dalle pulizie. Retasu e Zakuro puliscono i pavimenti, Purin funamboleggia avanti e indietro dalla cucina, non vedo Minto, ma non mi sorprende.
A me toccano i tavoli, ma sono stanchissima e non ho per niente voglia di lavorare. Infatti mi rendo conto di stare strofinando lo stesso tavolino da un po’ troppo tempo.
Sbuffo. Devo essermi fusa il cervello.
Non riesco a togliermi dalla testa lo scontro.
È davvero una cosa senza senso, non è stata di certo la prima battaglia contro gli alieni! Non è stato nemmeno il primo combattimento in cui fossi sola contro Kisshu.
Eppure…
Dannazione.
Lancio lo straccio bagnato nel secchio, mancandolo. Asciugo e poi passo a pulire il tavolino accanto.
Di nuovo rivedo Kisshu che scontra i tridenti contro la mia Strawberry Bell, sento la forza che metto io nel respingerlo, sento l’aria che vibra di energia.
Vedo i suoi occhi così strani che mi fissano…
Perché?
Sbatto le mani sul tavolo per la frustrazione.
Perché continuo a pensarci?
L’ho seguito per prendere la Mew Aqua, mi sono infilata in quel dannato buco solo per quella, per la mia missione, accidenti! L’ho seguito e abbiamo combattuto. E allora? È successo un milione di volte!
Metto a posto una sedia sotto il tavolo con più forza del necessario e intravedo Ryo al bancone alzare un sopracciglio interrogativo. Meglio smettere di dare di matto o qualcuno potrebbe fare domande.
Ma io non ho niente da nascondere! Non è successo niente!
Mi strofino forte le guance con le mani e chiudo gli occhi. Forse devo solo andare a casa a riposare. Decisamente ho bisogno di riposare.
Kisshu nella mia mente scuote la testa e mi lancia un ghigno di scherno mostrando i denti affilati.
Maledetto.
«Ragazze, per favore, venite tutte qua» chiama Kei dalla cucina.
Perfetto. Niente casa.
 
Ci sediamo intorno al tavolo e attacchiamo il vassoio di dolci avanzati dalla giornata che mi tirano un po’ su di morale. Keichiiro si toglie il grembiule da cuoco e si appoggia a un bancone. Ha la solita aria serena, ma è comunque serio.
«Ragazze, io e Ryo vorremmo parlare con voi della situazione. Dopo gli ultimi scontri abbiamo lavorato per cercare di capire quali siano le nuove priorità e gli obiettivi degli alieni».
«Oltre a invadere la Terra, intendi?» fa Minto sarcastica.
«La Mew Aqua» dice piano Retasu guardando il suo tè fumante.
«Esatto» risponde Kei. «La cercano con ogni mezzo e tecnologia a loro disposizione – spesso a noi sconosciuta – e come sempre non si fanno alcuno scrupolo a trasformare animali in chimeri».
«Il punto è: perché?» dice Zakuro.
Kei guarda Ryo, che tiene gli occhi a terra e fa uno sbuffo prima di rispondere. Non è di buon umore. «Possiamo solo fare delle ipotesi, non abbiamo certezze sul perché».
«Può essere che gli serva come fonte di energia» dice Kei. «O sono interessati ai suoi poteri».
«Quali siano i perché non importa, il punto è che non si fermeranno facilmente» taglia corto Ryo.
«Ma la Mew Aqua è nostra, non possono prenderla» dice Purin.
«La Mew Aqua è un elemento antico, tuttavia è rimasto oscuro agli studiosi fino ad adesso, né essa né un suo qualche componente è mai stato inserito nella tavola periodica, né se ne fa menzione nella chimica e nella geologia antiche e moderne. E anche questo è un mistero» spiega Kei.
«Magari era ben nascosta» dico io, ricevendo per tutta risposta un’occhiata gelida da Ryo.
Quanto è antipatico quando fa così.
Non sono mica stupida, professor Shirogane, a me sembra sensato!
«Voglio dire» sibilo a denti stretti. «Potrebbe anche essere che nessuno l’abbia mai trovata finora, dati i posti assurdi dove l’abbiamo trovata noi quando ci siamo riusciti».
Kei fa un sorriso: «Può darsi, comunque il primo a osservarla e studiarne un frammento è stato il dottor Shirogane e noi abbiamo continuato. Abbiamo provato a cercarla e anche ad usarla, tuttavia non sappiamo quanta ce ne sia, né conosciamo a pieno i suoi poteri».
«Ce n’è una goccia nei vostri medaglioni, parte dei vostri poteri vengono da essa: è la Mew Aqua che media il legame tra il DNA degli animali e il vostro. Si è visto quando siete venute a contatto con reali frammenti di Cristallo, alcune di voi hanno reagito potentemente» aggiunge Ryo.
«Esatto» gli fa eco Kei. «Continuando così siamo sulla buona strada per scoprire sempre più dettagli».
«Quindi in conclusione non è comunque corretto definirla ‘nostra’» osserva Zakuro rispondendo a Purin.
Giusto, penso nei secondi di silenzio che seguono.
Minto però guarda Zakuro visibilmente contrariata. «Di certo non è degli alieni, non ti pare, O’nee Sama?»
Zakuro non risponde e Ryo va avanti.
«Comunque sia, la nostra ricerca ci conduce in questa direzione e si intreccia inevitabilmente nella guerra contro gli alieni». Stacca la schiena dal muro e si avvicina al tavolo guardando una per una tutte noi, me per ultima.
Si può sapere cosa gli prende oggi? Si è svegliato col piede sbagliato?
«Gli alieni sono intrinsecamente malvagi. Sono pericolosi e imprevedibili. Odiano la razza umana e noi per primi perché siamo loro di ostacolo».
Ma davvero? Vieni a spiegarlo a noi, Ryo, ne abbiamo proprio bisogno, da sole non ce ne eravamo accorte.
Ovviamente non parlo ad alta voce, ma il mio viso probabilmente tradisce i miei pensieri e Retasu mi dà una leggera gomitata sotto il tavolo. Ryo è così preso dal suo monologo che non se ne accorge e continua: «Che sia la ricerca della Mew Aqua o sventare un loro piano, dobbiamo impegnarci al massimo nelle missioni, ora più che mai».
Vorrai dire che noi ragazze dobbiamo impegnarci al massimo, pff.
«…E non possiamo più permetterci nessun errore o distrazione, né soprattutto nessuna mossa avventata…»
Lo sapevo. Lo sapevo che voleva prendersela con me, lo sapevo! Quanto lo odio!
«La prudenza è importante quanto l’impegno. La vostra sicurezza è fondamentale. Siete preziose per ciò che siete e rappresentate, non possiamo rischiare di perdervi e gli alieni vogliono eliminarvi, non scherzano. Siete con noi fino in fondo in questa impresa?»
Mi sento il viso fumare dalla rabbia, ma mi trattengo e non dico nulla. Forse è anche la stanchezza, meglio non discutere. Annuisco decisa insieme alle mie compagne di squadra, promettendo a Ryo e Kei un maggiore impegno e tutte insieme usciamo finalmente dalla cucina del Café.
 
 
~ Different DNA
They don’t understand you

 
 
In spogliatoio è tutto come sempre, le altre chiacchierano del più e del meno e sistemano le loro cose. Chiudo la borsa, me la metto in spalla e punto la porta, pregando che questa giornata finisca in fretta, ma Retasu mi mette un mano sulla spalla e indica in modo discreto i miei piedi. Ho ancora le scarpe dell’uniforme del Café. Mi sbatto sonoramente una mano sulla fronte e lancio di nuovo la borsa sulla sedia, chinandomi a slacciare le scarpe.
«A domani, ragazze» saluta cordialmente Zakuro.
«A domani, Onee-sama!» trilla Minto che comunque la segue fuori ed è seguita a sua volta da una saltellante Purin.
Retasu esita davanti alla porta e la vedo guardarmi.
«Come stai, Ichigo?»
«Sto bene» la liquido con un po’ troppa durezza.
Retasu arrossisce.
Sospiro. «Scusami, Retasu… Sono molto stanca».
Mi allaccio le scarpe giuste e prendo la borsa. «E poi quel presuntuoso mi dà sui nervi!»
Retasu realizza che sto parlando di Ryo e arrossisce di nuovo.
«Shirogane-san e Akasaka-san sono solo preoccupati…» tenta il discorso. «E anche loro mi sembrano molto sotto stress…»
«Non gli dà il diritto di trattarmi come una bambina» sussurro io. Usciamo dallo spogliatoio, attraversiamo il salone del Café e salutiamo con la mano Ryo e Keichiiro.
Retasu resta in silenzio lungo il vialetto all’esterno. Io butto fuori anche più del dovuto.
«Tutti quei discorsi sulla serietà della missione e sugli alieni… E finora cosa abbiamo fatto, se non esattamente quello che diceva lui? Sai cosa mi importa delle sue raccomandazioni sulla prudenza?» abbaio senza pensare, senza riuscire nascondere quanto personalmente ho inteso il discorso di Ryo.
Sbuffo e chiudo gli occhi. Intanto per la strada si alza una folata di vento.
Il mal di testa mi pulsa forte nelle tempie.
«Lui… lui non sa cosa vuol dire… Non sa com’è quando combattiamo».
«Ichigo… non dire così… sai che non è colpa sua» fa Retasu mortificata.
«È la verità» continuo imperterrita. «Per esempio una cosa che non sa è quanto è bello combattere tutte insieme, a questo non pensa mai, eh? Ma soprattutto non sa davvero quanto è faticoso e pericoloso, mentre di questo continua a parlare. Noi lo sappiamo, Retasu. Noi cerchiamo quel maledetto cristallo per conto suo e soprattutto noi abbiamo a che fare con gli alieni ogni giorno. Per questo non accetto tutta quella predica da lui. Non è giusto».
Camminiamo lungo la strada in silenzio per un minuto buono.
Io sento il cuore battere forte e la testa girare. Non ho mai parlato così prima d’ora. Mi guardo i piedi soppesando le parole che ho appena pronunciato e rendendomi conto di quanto posso essere dura e sgradevole quando mi gira. Povera Retasu, lei non ha fatto nulla. Ma soprattutto so di essere arrossita quando ho detto la parola ‘alieni’ e probabilmente a Retasu questo è sfuggito…
«Ichigo… cosa è successo con Kisshu nello scavo?»
Ho parlato troppo presto. Cerco di evitare lo sguardo preoccupato della mia amica e non rispondo.
«Scusami, Ichigo, io non volevo essere invadente, non sei obbligata a raccontarmi… solo che… ti vedo così tesa e io vorrei… vorrei fare qualcosa per aiutarti».
«No, Retasu, io… scusami tu».
Lei annuisce dolcemente e mi sorride. Io esito, quindi provo a parlare: «Kisshu non ha… non è stato molto diverso dal solito. Abbiamo combattuto, però è stata dura…»
Retasu mi ascolta in silenzio, visibilmente preoccupata.
«La Mew Aqua non c’era, non l’ha trovata neanche lui, ma… siamo andati avanti a combattere lo stesso. E io in quel momento mi sentivo così determinata, così forte! Ma poi… lui stava per avere la meglio e in un attimo io ho avuto paura».
Retasu allarga gli occhi grandi e lucidi: «Mi dispiace, Ichigo…»
«Aveva qualcosa» continuo io fissando l’asfalto. Si sente la frustrazione in ogni mia parola. «C’era questa forza, sia in me che in lui quando stavamo combattendo, non riuscivo a spiegarmela… e poi tutto è crollato e io ero… debole. Alla fine lui si è solo fermato, ha smesso di combattere e mi ha fatto uscire».
Retasu mi poggia una mano sulla spalla.
«Non sei debole, Ichigo… Sei la migliore di noi… Kisshu è così, ormai lo conosciamo e ti ha preso di mira. Poteva capitare a chiunque di noi».
Però è capitato a me.
Sospiro, devo calmarmi.
Sorrido e ringrazio Retasu. Sono contenta di aver parlato con lei, è un’ottima amica.
Ci avviamo verso casa e ci salutiamo al momento di andare in direzioni diverse.
Retasu, la guardo allontanarsi. Sei una compagna di squadra e una persona fantastica, ma… questa è una cosa che credo di dover affrontare da sola.






 




 

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Capitolo 4
*** Alieno ***


 
Capitolo 3

Alieno

 
 


 
Casa dolce casa.
Mi chiudo la porta alle spalle sperando di chiudere fuori anche tutti i pensieri e inizio a pensare a una scusa plausibile per il ritardo. Cosa che come sempre non mi piace.
«Mamma, sono a casa!»
È forse l’aspetto peggiore dell’essere una Mew Mew. Devo mentire ai miei genitori e alle mie amiche… a Masaya. Arrivo in ritardo, perdo gli appuntamenti, devo scappare a trasformarmi di nascosto appena Masha avverte un pericolo… Le persone prima o poi lo notano.
E ogni volta sono in imbarazzo, rido, mi invento qualcosa, ma… Non mi sembra giusto… e non mi piace, ecco.
Mia madre viene alla porta e mi prende il cappotto. «È un po’ tardi Ichigo, va tutto bene?»
Tolgo le scarpe in fretta e borbotto qualcosa su Shirogane che ci tiene a fare le pulizie ben oltre l’orario di chiusura. Che non è neanche così lontano dalla verità.
«Non è la prima volta però, sono preoccupata, hai anche lo studio… sei sicura che vuoi continuare a lavorare lì? Ci sono tanti altri posti…»
«Davvero, mamma, non ti preoccupare di questo, credo proprio che potrei lavorare solo al Café Mew Mew!» Le sorrido e chiudo la conversazione, trascinata verso la cucina dal profumo della cena.
Mia madre a tavola continua a farmi domande sulla giornata a scuola – che quasi non mi ricordo nemmeno ci sia stata, con tutto quello che è successo dopo! Mio padre interviene ogni tanto interrompendola e grida come suo solito.
Un po’ rispondo, un po’ sorrido per sviare, un po’ ho la testa altrove. In realtà mi sento veramente stanca. Cercando di isolare la testa dalla cena, la sento andare inevitabilmente ai ricordi di oggi. Di nuovo.
Lo scavo.
Il combattimento al buio, i sai di Kisshu, la Strawberry Bell…
E poi la paura, tutto a un tratto, l’angoscia di non avercela fatta, di non sapere cosa fare…
E la ramanzina di Shirogane.
Dopo quello che ho passato. Maledetto Shirogane. Accidenti a te e a questo maledetto proget-…
«Ichigo! Sei di nuovo nel mondo dei sogni?!» interviene mio padre con la forza di una locomotiva. Sobbalzo e rovescio la ciotola del chirashi.
Per tutta risposta lui scoppia a ridere e inizia a inveire contro “voi giovani di oggi, che siete sempre tra le nuvole, io ai miei tempi…”
Finché mia madre mi sorride di nascosto accennando alle scale. Libertà.
 
Dopo più di un’ora apro la porta del bagno in una nuvola di vapore rosa che invade anche il corridoio e vado a chiudermi in camera. Di compiti stasera non si parla proprio.
Mi stendo sul letto con ancora l’asciugamano e i capelli bagnati e guardo il soffitto sbuffando.
Non ne posso più.
Sto diventando pazza.
Ormai mi sembra di vedere Kisshu come se lo avessi davanti, vedo la sua risata sadica, sento le sue parole nella testa. Sento le sue unghie sul collo…
E poi torno allo scontro, carico lo Strawberry Surprise, percepisco l’euforia del combattimento, la forza, il brivido che mi fa quasi sorridere e sorride anche Kisshu…
Sbuffo e mi colpisco la fronte coi palmi delle mani.
Mi correggo, sono già pazza.
Mi sfrego gli occhi e prendo il cellulare dal comodino per distrarmi. Masaya mi ha da poco scritto un messaggio augurandomi buonanotte. Ricambio sorridendo e mi sento un po’ più leggera. Ma il sorriso non dura granché.
 Masha riprende le sue dimensioni normali e si mette a svolazzare per la stanza. «Ichigo! Ichigo!»
«Dimmi…»
«Ichigo è triste!»
«Non sono triste…»
Sono arrabbiata? Non so… Non riesco a smettere di pensare, tutto quello che è successo mi rende nervosa… e non riesco a lasciarmelo alle spalle. Non so perché.
«… Sono stanca, Masha, voglio dimenticare questa giornata. Andiamo a dormire?»
Sorrido e Masha mi sorride tenero.
 
Eppure dopo una buona ora non riesco ad addormentarmi, senza un motivo il sonno non arriva.
Perfetto coronamento di una giornata pessima.
Sento le palpebre pesanti, ho la schiena indolenzita dalla stanchezza, ma nulla. Continuo a girarmi e cambiare posizione, sono tutte scomodissime.
A questo punto mi arrendo.
Non so cosa aiuterebbe di più, se non pensare a nulla, cercare di svuotare il cervello, o se smettere di sforzarmi e lasciare liberi i pensieri, che non fanno altro che tornare a oggi pomeriggio.
La sveglia sul comodino segna già le undici passate.
In effetti il gatto Iriomote è un animale notturno, che sia l’ennesimo effetto collaterale dell’essere una Mew Mew? Ci mancava solo questo…
Una Mew Mew ha bisogno di dormire di notte, hai capito, caro gatto Iriomote? E ti conosco, per colpa di questo scherzetto, domani mi addormenterò in classe…
Mi giro di nuovo, mi metto di schiena e guardo il soffitto.
È tutta colpa di questo DNA felino… E perché no, è colpa di qualcuno che ha avuto la bella idea di darlo a me… Avrei molti meno problemi, decisamente meno, se non lo avessi. Non sarei qui a perdere il sonno di sicuro.
Sospiro.
Non è vero.
In realtà so che essere una Mew Mew mi piace e anche un sacco. Vorrei solo… vorrei che fosse più facile, non così complicato. Adoro trasformarmi, saltare e usare la Strawberry Bell, adoro combattere insieme alle mie amiche per difendere la Terra, proteggere gli animali e le persone...
… ma ci sono quei tre.
Sono gli alieni il problema, alla fine. Sempre loro, rovinano tutto.
Stringo il lenzuolo tra le dita e mi metto rannicchiata su un fianco.
Fanno quello che gli pare, distruggono la città e hanno anche la faccia tosta di dire che la Terra è loro e la vogliono.
 
“Siete voi umani che avete inquinato il suolo. La vostra stessa esistenza sta uccidendo questo pianeta che una volta era del nostro popolo.”
 
Non è vero, non è vero!
Affondo la testa nel cuscino per cercare di chiudere fuori la voce di Pai che tante volte ci ha detto queste cose. Non l'ho mai preso sul serio. Era più importante la battaglia, i chimeri, cercare di difenderci…
E invece questi alieni sono qui a dire che la Terra è loro e noi dovremmo andarcene.
O venire annientati da loro… certo, sicuro, come sono gentili!
E intanto ci attaccano e si inventano tutti i loro piani. Pai, Taruto… e Kisshu.
Chiudo gli occhi.
Kisshu.
Penso di nuovo a lui.
Tiro un pugno al cuscino, cercando di scacciare quei suoi occhi dalla mia testa. Quanto vorrei tirarlo a lui. Per tutto quello che ci ha fatto, che ha fatto a me. Per i suoi modi viscidi e per la sua cattiveria.
È tutta colpa sua.
È arrivato a farci la guerra e ci vuole uccidere.
E ha questa assurda ‘fissa’ per me
Mi copro il viso con le mani.
A causa sua è tutto più difficile. Oltre alla battaglia devo preoccuparmi anche delle sue stupide attenzioni! E a causa di questo possono accadere cose imprevedibili e pericolose. È successo tante volte… e forse è stato così anche oggi. Chi mi dice che non mi abbia attirato in quel buco di proposito?
È completamente pazzo.
Io non lo ascolterò mai, né tantomeno ‘sarò sua’, come dice lui. Non potrei mai, ho il disgusto al solo pensiero. Non sono in palio in questa guerra, nossignore.
L’unica arma che ho è combatterlo.
Più fa così, più so di doverlo fermare. Solo io lo posso fermare. Se lui cerca il contatto con me in questo modo, diventa una questione tra me e lui.
Apro gli occhi di nuovo. Dalla finestra entra un poco di luce della luna.
Alla fine è sempre stata una questione tra me e lui.
È da quando l’ho visto la prima volta che ha fatto così, da quando è piovuto dal cielo e mi ha baciato. Ha deciso lui, ha deciso che voleva me. Senza nessuna accidenti di ragione!
Mi giro dalla parte opposta.
Vorrei sapere perché fa così. Vorrei sapere cosa vuole da me. Cosa crede di ottenere? Lui è il mio nemico e io ho già un fantastico fidanzato. Qual è lo scopo di guardarmi, di cercare sempre di parlarmi, di avvicinarsi a me?
I suoi occhi da animale si illuminano e il suo ghigno si allarga nella mia testa.
Fuori, lasciami in pace!
Kisshu si fa serio e il suo ghigno si smorza. Vedo la sofferenza nel suo volto, quindi fa una smorfia di dolore e tossisce, schizzando sangue dalle labbra. Ha del sangue sulle mani, sui vestiti, gli cola a goccioline dalle abrasioni sulla schiena…
Quanto deve far male. Mi si stringe lo stomaco. Non mi piace proprio vedere soffrire qualcuno.
Sento la mia voce a rallentatore che chiama Mew Minto, lei interrompe il suo attacco contro Kisshu, che sparisce di colpo dal campo visivo del mio ricordo...
Non so perché l’ho fatto. Non so perché in quel momento non avrei sopportato di vedere Kisshu soffrire più di così. O morire.
Sono una debole. Dovrei essere come Minto e Zakuro, forte e decisa, determinata a compiere la missione.
E invece mi sono lasciata sopraffare dalla mia debolezza. E a causa mia, Kisshu è entrato nello scavo ed è scappato indisturbato.
Accidenti a me.
Avrebbe potuto anche prendere la Mew Aqua se ci fosse stata! Solo perché a me è preso chissà cosa.
Il casino di oggi è colpa mia.
Il casino a monte è colpa sua, che ha deciso di avvicinarsi a me, di avere sempre a che fare con me. Ha deciso che siamo io e lui, io contro di lui, e basta.
Vorrei sapere perché… vorrei sapere perché io.
Anche perché da ora in poi potrebbe andare ancora peggio.
 
“… a meno che tu non venga via con me, Koneko-chan...”
 
Muovo il braccio nell’aria come se potessi spingerlo via, spingerlo fuori dalla mia testa, prenderlo a pugni e calci come se fossimo ancora in quella grotta. Come se stessimo ancora combattendo e non avessimo smesso di farlo per tutto il giorno.
E infatti la sua immagine vivida davanti a me continua a guardarmi come mi guardava là sotto. Lo rivedo evitare i miei calci, scontrare il sai contro la Strawberry Bell, per l’ennesima volta.
Mi ha detto che non sarei uscita viva da quello scavo.
E poi mi ha lasciato andare.
Come io l’ho salvato prima.
Mi guardava e non capivo perché, ero solo terrorizzata.
Ha deciso lui, di nuovo.
Mi giro tra le lenzuola un’altra volta. Tengo gli occhi chiusi con poca convinzione che servirà a qualcosa.
Vorrei dormire serena e non pensare a tutte queste cose né a Kisshu.
Non so come abbia fatto a ridurmi così.
 
 
~ You're from a whole 'nother world
A different dimension

 
 
«Alieno! Alieno! Ichigo, c'è un alieno!»
Un alieno. Che cosa??
Mi alzo di scatto scagliando via il lenzuolo e mi lancio ad afferrare al volo Masha, ma inciampo oltre il bordo del letto e cado goffamente sul pavimento.
Ahi.
«Ichigo, Ichigo!» continua a cinguettare lui divincolandosi tra le mie mani. «Alieno, alieno!»
«Ah… Stai zitto un attimo, Mas-…» bofonchio rialzandomi, ma mi blocco subito.
Alieno.
Ha detto ‘alieno’.
Non è possibile.
Istintivamente i miei occhi puntano la finestra, chiusa, ma con le imposte aperte – colpa mia, non avevo voglia di chiuderle. Ma forse avrei dovuto. Guardo fuori e mi sento congelare.
«Alieno, alieno!» trilla di nuovo Masha. Sobbalzo e scrollo i capelli bagnati, tappo la bocca a Masha con la mano, ma… non sbaglia. E non sentire quella parola non cambia le cose.
Alieno.
Infatti lì in piedi, che fluttua fuori dalla mia finestra, le braccia incrociate, il sorriso malizioso sotto gli occhi dorati, Kisshu.
In carne e ossa, non è un’allucinazione.
Kami-sama, che paura.
Ho paura di lui e del fatto che sia qui a casa mia, di notte. Ho dannatamente paura, ma lui è davvero qui.
Con un respiro profondo cerco di cacciarla indietro e alzo lo sguardo a ricambiare il suo, sperando di non sembrare terrorizzata.
Restiamo così, senza muoverci né dire nulla per un po’. Kisshu mi guarda compiaciuto, con quel solito sorrisetto arrogante che ho imparato a conoscere in questi mesi e che tanto mi dà sui nervi.
Ho paura di lui: è il mio nemico ed è pericoloso.
Ma stanotte mi trovo anche ad odiare me stessa e a sentirmi una stupida per aver pensato così tanto a lui e alla nostra battaglia. Il fatto che lui sia qui è sia la cosa che meno avrei desiderato in questo momento, che la conseguenza quasi logica di tutto quello che ho vissuto e pensato. Quasi divertente, se non fosse un grosso guaio.
Spengo Masha, lo infilo nella borsa e mi alzo in piedi a guardare la finestra e Kisshu, che continua a osservarmi con quegli occhi gialli da animale, affilati, cattivi, ma...
Ma…? C’è qualcosa di strano. Qualcosa di diverso dal solito.
Qualcosa… non lo so. La sua solita arroganza è lì in bella mostra su quel volto da ragazzino, l’aria di sfida, le fattezze aliene così strane, ma manca… qualcosa.
Può essere che sembri… meno cattivo? Manca forse quella malizia, quel luccichio sadico che ha sempre…? Manca davvero o è la mia immaginazione?
Faccio un passo avanti. Qualcosa mi spinge a voler sapere, qualcosa mi incuriosisce.
Kisshu solleva di poco un angolo della bocca e il suo ghigno si distende in quello che sembra… un sorriso? Un sorriso… dolce?
Non posso crederci. Voglio avvicinarmi, voglio vederlo meglio…
Kisshu continua a guardarmi… Quindi scoppia in una sonora risata e rompe tutto l’equilibrio del momento, cancellando di colpo qualsiasi ‘dolcezza’ io possa avere visto.
Arrossisco violentemente e faccio un passo indietro. Lo odio più del solito quando mi prende in giro, accidenti a lui.
Eppure c’era, quel qualcosa, ne sono sicura.
Kisshu torna serio e si morde un labbro scoprendo i denti affilati. Guardandolo sento lo stomaco fare un’ampia capriola, contro la quale però io lotto con decisione incrociando le braccia.
Lui invece in tutta calma alza un sopracciglio e fa un cenno alla finestra.
Oh, no.
No, no e NO. Non ci penso nemmeno!
Scuoto la testa per comunicargli la mia ferma intenzione. Sorriso dolce o no, non lo farei mai entrare volontariamente in camera mia, poco ma sicuro.
Kisshu per tutta risposta fa un fintissimo broncio di offesa, quindi sbuffa e si passa la mano tra i capelli.
Lo guardo sorpresa, davvero ha rinunciato?
Basta un secondo per rendermi conto di quanto mi sbaglio.
Kisshu solleva il palmo teso e la sua mano si illumina di una luce gialla che ho visto troppe volte per non preoccuparmene...
Con un tuffo al cuore mi butto ad aprire la finestra, salvandola dall’essere frantumata in un modo che sarebbe stato sicuramente molto rumoroso e difficilmente giustificabile ai miei genitori.
Inspiro profondamente l’aria della notte e chiudo gli occhi dalla vergogna di incontrare quelli di Kisshu. Maledetto, maledetto alieno!
Kisshu socchiude gli occhi con falsa sorpresa e ritira l’energia luminosa dalla mano.
Lo guardo risentita fissando direttamente il suo solito ghigno arrogante. Sbuffo e mi stropiccio gli occhi. Vorrà combattere? Vorrà rapirmi?
Passano i secondi, ma lui non dice né fa niente. Solo… fa sparire il ghigno e distende il sorriso e di nuovo mi mostra quella dolcezza che non mi aspettavo.
Sorride. E basta.
Mi guarda così, senza parlare, tantomeno attaccarmi o muoversi. Il viso affilato che ho sempre visto duro nel minacciare, sadicamente divertito, o fuori controllo dalla rabbia, ora è rilassato, sorride!
Assurdo. Eppure era pronto a spaccarmi la finestra un momento fa!
Cosa vuole da me?
Soprattutto, perché mi guarda così, senza fare nulla?
Non si muove e i secondi passano.
Fuori tira vento, il cielo di Tokyo è limpido, si vede perfino qualche stella.
Gli occhi fosforescenti di Kisshu brillano al buio.
Sbuffo di nuovo.
Avanti, che vuoi, perché non parli? Dovrei forse farlo io? È lui che è venuto qui!
Però è tutta la sera che io non riesco a levarmelo dalla testa e questo suo strano atteggiamento mi incuriosisce molto. Magari è la cosa migliore da fare. Però si tratta pur sempre di Kisshu, il mio nemico numero uno e so bene di cosa può essere capace e che non è neanche tanto a posto… Ma se avesse voluto attaccarmi sarei già Mew Ichigo, che voglia portarmi via? Kami-sama, che situazione
Faccio un respiro profondo.
Avanti, Ichigo, sei la leader delle Mew Mew, coraggio.
«Che cosa vuoi, Kisshu?»
Lui non risponde, ma allarga lo sguardo e il sorriso compiaciuto. Non promette niente di buono.
Come se la mia domanda gli avesse dato il permesso di farlo, afferra il davanzale della finestra e ci si siede sopra in un salto, mentre io mi ritraggo di scatto sussultando.
Dannazione, che spavento.
Ma come mi è venuto in mente di aprirgli la finestra?
Kisshu ridacchia alla mia reazione, quindi come se fosse del tutto normale, allunga una mano pallida verso di me.
«Vieni con me».
Fossi matta.
«Te l’ho detto mille volte, Kisshu, non mi porterai via, non ci verrò mai!»
Kisshu alza gli occhi al cielo.
«Sei proprio difficile, eh?»
«Ma che cavolo dici?!»
«Mi ascolti per una volta? Ti ho detto che devi venire con me!»
«Non ci penso nemmeno, tu sei pazzo!»
E mi fai paura.
Sei in casa mia, potresti attaccarmi o attaccare la mia famiglia.
Ho paura di te.
Ho paura… eppure mi chiedo perché sei venuto, come mai hai sorriso in quel modo. Mi chiedo chi sei davvero, cosa vuoi, da dove vieni…
Chissà dove mi porteresti se davvero una volta venissi con te.
«Va bene, mettiamola così» si alza in piedi e io faccio un altro passo indietro, andando a finire a ridosso del letto. Kisshu alza una sopracciglio, ma poi il suo volto diventa serio, senza più alcuna traccia di malizia o pazzia. Mi sembra impossibile.
«Ti prometto che stanotte non ti porterò via con me».
Apro la bocca stralunata. Ha detto ‘ti prometto’. Lo ha detto davvero, tutto serio!
Rimane fermo, non cambia espressione: non ghigna, non socchiude lo sguardo, non è viscido né arrogante come sempre. È serio e dolce, solo questo. La mano tesa verso di me, aspettando, senza fretta.
La ragione non fa in tempo a fermarmi.
 
Nel momento in cui la mia mano prende quella di Kisshu, un vento fortissimo e freddo invade la stanza e il pavimento scompare da sotto i miei piedi, lasciandomi l’orribile sensazione di cadere nel vuoto. Grido forte, ma il rumore del vento è ancora più forte e nemmeno io sento la mia stessa voce.
Cadiamo risucchiati per quello che mi sembra tantissimo tempo, non capisco cosa succede e non ho il coraggio di guardare, l’unica cosa certa e ferma è la mano di Kisshu che stringe la mia.
Meglio non pensare troppo a questo.
Finalmente il vento si calma e poso le pantofole su un pavimento freddo.
Ho il cuore che batte fortissimo e tutto il corpo in tensione, gli occhi strizzati.
«È meglio se guardi, gattina» ride Kisshu dopo qualche secondo in cui io continuo a tremare senza muovermi, la mano sempre stretta nella sua.
Con un respiro profondo mi rilasso un poco e decido di fare come dice lui.
Davanti ai miei occhi si apre la vista di tutta la città notturna dall’alto.
Siamo in cima ad un palazzo altissimo, intorno a noi tutto splende di luci e suoni e non si vede la fine di tutti quei palazzi.
«Wow…» sussurro a bocca aperta. Il vento forte mi scompiglia i capelli in tutte le direzioni, una leggera vertigine mi prende lo stomaco.
Anche Kisshu guarda la città in silenzio. I suoi occhi alieni riflettono e catturano tutte le luci, ferme e in movimento, creando un singolare effetto. Mi perdo un attimo a fissarli ipnotizzata fino a quando lui se ne accorge e ride di scherno, facendomi arrossire verso il pavimento.
«Ti piace?»
«S-sì, ecco, io… Non ero mai stata così in alto. È molto bello» cerco di sembrare meno impacciata e impaurita possibile. È tutto così strano.
«Già… Più o meno».
Kisshu continua a guardare pensieroso l’orizzonte. Non sorride, non dice nulla, quindi decido di chiedergli spiegazioni.
«Allora… perché siamo quassù?»
Lui si volta appena.
«Ti ringrazio per esserti fidata di me, non lo avevi mai fatto» osserva con un tono che non riesco a decifrare. «Voglio farti vedere una cosa».
Trascinandomi per la mano ci spostiamo lontano dal bordo, verso il centro del tetto del grattacielo e ci sediamo contro una porta chiusa, che suppongo conduca dentro. Kisshu incrocia le gambe ed estrae dalla tasca una sfera di vetro non più grande di una pallina da ping-pong.
«E questa cos’è?»
«Aspetta».
Kisshu lancia in aria la sfera, che si ferma a mezz’aria poco sopra le nostre teste. Quindi, ridacchiando per la mia bocca spalancata dallo stupore, schiocca le dita e la sfera si illumina di verde, iniziando a girare vorticosamente su se stessa.
… Finché all’improvviso esplode sparando in tutte le direzioni raggi di luce di ogni colore.
Nascondo istintivamente la testa tra le braccia per proteggermi – so bene quanto possa fare male un attacco di energia degli alieni – ma non arriva niente a colpirmi e quando alzo lo sguardo la piccola sfera è sparita, mentre una sfera molto più grande e luminosa circonda completamente me e Kisshu seduti per terra.
«Ma ti vuoi calmare?» mi prende in giro Kisshu alludendo alle mie reazioni ansiose.
«Cos’è?» chiedo.
L’interno della sfera risplende di una luce liquida e opaca, in continuo movimento. In trasparenza si vede ancora l’esterno, con il cielo e i palazzi di Tokyo, ma non si sente un filo di vento.
«Ho detto aspetta».
Kisshu tocca con le dita la parete della sfera alla sua sinistra e i movimenti della luce si fanno di colpo più veloci e frenetici, fino a che il paesaggio dietro non si distingue più e appare… lo spazio.
Nero e infinito, pieno di migliaia di stelle lontane, come nei film, ma qui è come stare in un cinema rotondo.
Mi sporgo in avanti per guardare meglio: è bellissimo.
Le stelle si muovono veloci, come se noi fossimo l’astronave che si muove in mezzo a tutte loro, fino a che in lontananza appare un pianeta.
Apro la bocca in un sussurrato ‘wow’.
Il pianeta si avvicina e si ingrandisce, è grigio e azzurro, sembra fatto di nuvole. E ha anche delle lune!
Ci avviciniamo sempre di più, finche l’immagine non occupa tutta la sfera e ci tuffiamo in mezzo alla nebbia.
Sotto quella il paesaggio è spoglio. Non ci sono alberi né palazzi, non ci sono mari… solo sabbia, come nel deserto. Un vento forte che non sento sulla pelle la spazza via in ogni direzione, contro le pareti di roccia di gigantesche montagne, senza verde e senza neve. Solo sabbia grigia ovunque.
In effetti preferivo lo spazio.
«Che posto è questo…?» chiedo a Kisshu.
Una violenta frana crolla rumorosa da una montagna, sovrastando la mia voce e mi copro la testa con le mani vedendo enormi massi e cascate di fango che rovinano velocissimi fino a valle spazzando via tutto. L’immagine li segue correndo e io ritraggo la schiena contro il muro.
Kisshu mi lancia un’occhiata veloce, quindi fa passare un braccio intorno alle mie spalle, senza però stringermi.
Mi irrigidisco subito di imbarazzo e tensione.
Mi sta toccando. È così vicino
Kisshu, il mio nemico, è pericoloso, ha sempre voluto rapirmi… Kami-sama
Trattengo i brividi e sbircio dal suo lato. Ma lui non mi guarda, non si muove, né dice nulla. Tiene semplicemente il braccio sulle mie spalle, così, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Guardo le immagini che esplorano quel paesaggio spoglio. Sono curiosa di vedere questo strano film, forse posso… posso sopportare Kisshu e il suo braccio per un po’.
L’immagine vola avanti per quelli che sembrano chilometri, percorrendo quella terra arida e martoriata dalle intemperie e rivela altre colline e montagne grigie. Ancora nessuna città, né un bosco. Ma ci saranno delle persone qui?
Ci avviciniamo veloce a un nuovo gruppo di colline con delle ripide pareti rocciose, che però hanno qualcosa di diverso... Molte piccole fessure strette e nere si aprono in un lato più riparato dal vento. E finalmente si vedono: gli abitanti di quel posto fanno capolino dalle aperture. Sono pallidi e hanno grandi orecchie a punta
Solo adesso capisco.
Spalanco gli occhi e mi metto le mani sulla bocca. Come ho fatto a non arrivarci prima? Mi giro di scatto verso Kisshu, ma allo stesso tempo arrossisco dall’imbarazzo perché non so cosa dirgli. Per fortuna lui non se ne accorge, ha lo sguardo fisso in avanti, incredibilmente serio. Non mi resta che rimandare le domande e continuare a guardare.
Ci avviciniamo così tanto da poterli vedere tutti in faccia. Uno dopo l’altro, visi magri e scavati, uomini, donne, ragazzi, adulti, anziani… bambini. Sono così tanti. Dentro quella montagna, in lunghi corridoi bui, tutti in piedi o seduti, allineati in silenzio. Molti portano nastri e turbanti nei capelli lunghi, strani vestiti fin troppo leggeri per un posto come quello. Grandi occhi dai colori innaturali, che brillano nel buio, con le pupille verticali da felini.
Alieni.
Sono tutti alieni, come Kisshu, Pai e Taruto. Tutti, dal primo all’ultimo. E sono tantissimi.
Altri gruppi, altre schiere, altri seduti da soli, altri ancora lavorano, costruiscono, riparano oggetti…
La scena successiva ne mostra altri in fila, con lo sguardo basso e delle ciotole in mano. Ai primi viene riempita la ciotola di qualcosa di simile a minestra. Ma qualcos’altro mi fa sobbalzare.
Tra loro c’è un piccolo alieno, un bambino, l’immagine si ferma su di lui. È da solo e ha due grandi occhi giallo-oro, sotto una frangia verde scuro. Guarda in alto fiero, dritto verso di me.
Inconfondibile.
Spero che solo questo Kisshu-bambino noti le mie lacrime silenziose, non quello vero di fianco a me.
E dopo aver percorso altri corridoi e stanze con le più diverse scene di vita quotidiana di tutti quegli alieni, arriviamo a una grandissima stanza illuminata da luci fredde. L’immagine si ferma a guardare dall’alto un manipolo di giovani alieni schierati su varie file sull’attenti.
«Ikisatashi Kisshu!» tuona una voce. E un soldato esile, meno alto degli altri, che subito riconosco, fa un passo avanti, ricevendo gli applausi dei suoi compagni. Raggiunge l’ufficiale e gli stringe la mano inchinandosi.
«Non deluderò il mio popolo, signore».
Di nuovo la scena cambia, un’astronave si alza in volo e esce dalle nuvole, verso lo spazio, lasciandosi il pianeta grigio alle spalle...
La bolla attorno a noi si fa lentamente bianca e inizia a ritirarsi, fino a tornare alle dimensioni di una pallina da golf e atterrare nel palmo sinistro aperto di Kisshu.
I rumori del traffico notturno di Tokyo mi ricordano in poco tempo dove ci troviamo. Rabbrividisco per il vento che si infila facilmente sotto il mio pigiama, ma la sensazione peggiore è un grosso e continuo nodo alla gola di angoscia e tristezza.
«Era il tuo pianeta, vero?» dico piano dopo una pausa di silenzio.
Domanda banale, comunque.
«Si chiama Tarsonis» risponde Kisshu in tono neutro. «La nostra salvezza».
Sento il sarcasmo nella sua voce, ma non ho idea del perché.
«E… perché mi hai mostrato il tuo pianeta?»
Lui non risponde subito. Sbuffa piano guardando il cielo rossastro per tutte le luci della città. Quindi si alza e si stiracchia con comodo.
Alzo un sopracciglio risentita. Lui lo nota e fa una risata.
«Non è divertente. Perché l’hai fatto?»
«Ehi, ti ha proprio lasciato il segno eh?»
«Rispondimi».
«Va bene… allora, mettila così: volevo vedere se riuscivo a parlarti e se c’era un modo di farmi ascoltare da te e a quanto pare un po’ ha funzionato» ammicca.
«Ma che dici, io…»
«Ne riparleremo, ok? Andiamo, ti riporto indietro».
Allunga una mano verso di me per farmi alzare.
Sono ancora perplessa, ma sento ormai un certo sonno. Meglio andare.
 
 
 
 




 
 


Avevo pensato di pubblicare questa storia 2.0 senza scrivere mai nda, perché questa è soprattutto una nuova chance per me, per come io vivo la pubblicazione di una storia qui. Quindi tutte le volte che facevo le nda poi rileggendole mi sembravano sempre esagerate o stonate come mi sembrava stonato il resto, quindi appunto ho provato la strada di una maggior “freddezza”.
Però ora sto scrivendo ehehe, quindi mi contraddico. Scrivo ora innanzitutto per scusarmi per il paio di mesi in cui ho di nuovo lasciato ferma la storia, più che altro per spiegare che ferma non lo è affatto, solo che devo sempre cambiare pezzi, aggiungere e togliere, perché sto cambiando molto dei punti salienti della trama, sia nell’atteggiamento di Ichigo (che sara meno profonda, cercherà di evitare di pensare troppo, che non le si addice), sia anche se meno, in quello di Kisshu.
Questo capitolo è molto simile a come era prima, anzi in  realtà racchiude perfettamente l’inizio vecchio (infatti si interrompe proprio nello stesso punto), cambia nel fatto di riallacciarsi all’inizio nuovo.
Chi sa riconoscere l’origine del nome del pianeta alieno questa volta?
Tutto molto bello insomma, ma adesso cosa succede??
Endorphin <3

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Capitolo 5
*** Luce e Lame ***


Capitolo 4

 

Luce e Lame


 

Speravo di aggiornare più in fretta questa volta, con l’hype della riscrittura e tutto il resto, ma credo di dovermi rassegnare alla realtà, cioè che sono una gran lentona.
Anyway, questo è “Luce e Lame” 2.0, sperando di aver mantenuto e arricchito il linguaggio e i particolari che erano tanto piaciuti ai lettori della versione precedente, e di averlo reso più avvincente e dalla trama più allineata con il resto della storia.
Spero che tutto funzioni, anche perché dopo questo si apriranno almeno due capitoli dalla trama completamente nuova che spero si incastrino bene. Insomma, perdonate le attese, ma restate con me e questa storia.
Grazie a tutti per leggere e per i bellissimi commenti positivi.
Endorphin <3



 

~ You open my eyes
And I’m ready to go
Lead me into the light!



«Dai, vieni» dice Kisshu porgendomi la mano per farmi alzare. Annuisco e mi scappa uno sbadiglio, lui fa una risata.
«A quanto ne so, le gattine dovrebbero essere animali notturni».
«Non sono una gattina» sbuffo stringendogli la mano e tirandogliela per alzarmi. Lui approfitta per avvicinarsi un po’ più del necessario.
«Certo che lo sei» sussurra troppo vicino alla mia guancia. Non faccio nemmeno in tempo a protestare o a spingerlo via, che il terrazzo su cui siamo viene inghiottito dal vento freddo del teletrasporto.
Ancora una volta grido perdendo l’equilibrio, mi sento sollevare e precipitare, tirare e spingere da tutte le direzioni. E voliamo in alto, ma lo stesso cadiamo nel vuoto, in avanti, indietro, forse in realtà siamo fermi ed è tutta questa nuvola a muoversi, comunque sia a me viene solo una nausea fortissima.
Per mantenere l’equilibrio e il sangue freddo finisco per stringermi forte a Kisshu, sperando che tutto finisca in fretta e di trovarmi presto nella mia stanza al caldo, ma…
… all’improvviso sento Kisshu sparire. Strabuzzo gli occhi incredula, mi guardo le mani, mi guardo intorno, ma non c’è altro se non il vortice bianco e frenetico del teletrasporto.
E non appena lo spazio si raddrizza, sono sola. E decisamente non sono nella mia stanza.
Le mie ciabatte rosa affondano dolcemente nell’erba alta e bagnata di un prato.
Ma cosa…?
Faccio dei respiri profondi per scacciare la nausea e lo stordimento.
Non capisco, dove sono? Perché Kisshu è sparito?
L’erba mi bagna i piedi, decisamente poco piacevole. E noto che ha uno strano colore blu. Come sono blu gli alberi che accerchiano il prato tutto intorno. Annuso l’aria: odora di pioggia.
E… il cielo. Il cielo è verde, con qualche pesante nuvola scura, ma indubbiamente verde acido, non è normale.
E ovunque guardo, di Kisshu non c’è traccia.
«Ma dove accidenti mi ha portato, quel…»
Un lampo illumina di azzurro le cime degli alberi, seguito dal rumore di un tuono non troppo forte.
E una gelida goccia di pioggia atterra sulla punta del mio naso…
«Nyaaaaaaaahh!!!»
Salto di scatto con un miagolio isterico come se avessi toccato un ferro rovente e tenendomi le braccia sulla testa, corro a perdifiato verso gli alberi più vicini.
Ho il fiatone quando finalmente mi fermo all’asciutto. Mi appoggio alla corteccia grigia di un pino particolarmente largo dalla folta chioma blu e mi lascio scivolare seduta sul terreno.
Sulla radura inizia lentamente a piovere.
Odio bagnarmi sotto la pioggia, molto di più da quando ho i geni felini. Anche il freddo mi dà molta più noia e infatti in questo posto ho i brividi.
E odio anche Kisshu. Sapevo che non c’era da fidarsi.
Affondo la faccia tra le mani e mi passo le dita nei i capelli, rendendomi conto che con il teletrasporto si sono arruffati come un cespuglio.
E mi accorgo con terrore di un dettaglio: non ho più legato al collo il campanellino di Masaya.
No.

No, no, no!

Lo cerco a raffica nell’erba, tra i sassi, nel terriccio bagnato e gli aghi di pino blu scuro caduti a terra… ma nulla. Niente di rosso, niente di luccicante. Infilo le mani nelle tasche del pigiama e provo un misto di angoscia e sollievo nel sentire che nemmeno lì c’è traccia della collana, ma per fortuna c’è il mio prezioso ciondolo Mew Mew. Lo stringo nella mano cercando di calmarmi e sentire la sua energia positiva…
Ma il campanellino non c’è!
Kami-sama… e adesso che faccio?
Una goccia riesce a farsi strada attraverso le fronde e arriva fino a me: la sento scivolare sulla guancia, provo fastidio, ma cerco di sopportarlo. Esalo un respiro profondo e mi guardo intorno.
Devo stare calma. Non devo farmi prendere dal panico. E devo trovarlo.
Aguzzo la vista e tendo le orecchie, si sente il rumore delle gocce leggere sull’erba del prato. Fra gli alberi si avvertono i cinguettii degli uccelli e i rumori degli insetti, il fruscio dei fili azzurri mossi da qualche animale…
Sembra davvero di essere in una foresta, o in un grande parco.
Chissà dove sono…
È un po’ angosciante non sapere, ma questo posto è davvero carino, pioggia a parte. Questi colori poi sono così strani… come fa il cielo ad essere verde? Sospiro, sono tesa.
Una nuova goccia atterra fastidiosamente fredda e bagnata sul mio orecchio.
Io volevo andare a casa mia a dormire! E invece sono bloccata qui!
Perché qualcuno mi ci ha portato, ecco perché.
Stringo i pugni irritata.
Perché l’ho seguito, cosa avevo in testa? Guarda in che guaio mi sono ficcata, bloccata in mezzo al nulla in un bosco, anzi, abbandonata da Kisshu.
Uff…
La pioggia cade tranquilla su tutto il prato. Non si vede nessuno, nemmeno gli animali. Tutto tranquillo.
«È una delle sua trappole» sussurro arrendendomi all’evidenza.
Chissà che non abbiano preso anche le mie compagne, spero proprio di no, magari mi staranno cercando o si staranno organizzando per combattere… Eppure…
Kisshu…

Il nostro scontro, quegli sguardi. La finestra, il video su quel tetto…
Resto a fissare la macchia di piante davanti a me per lunghi e lenti minuti.
Cosa posso fare?
Non posso arrendermi, giusto? Mew Ichigo non si arrende. Un barlume di fermezza fa capolino nella mia testa. No che non si arrende, né sta ferma ad aspettare.
Meno che mai ad aspettare Kisshu.
Cercando sopportare le gocce di pioggia, mi alzo in piedi decisa e mi guardo intorno alla ricerca di qualche segno dell’alieno sul prato e tra gli alberi.
La radura blu resta in pace sotto la pioggia, niente si muov-…
All’improvviso un sibilo sferza l’aria.
Lo avverto grazie ai sensi del gatto Iriomote e mi scanso di lato, appena in tempo per evitare qualcosa di affilato ed estremamente veloce, che mi graffia il lato della mandibola e va a conficcarsi nel tronco dell’albero dietro di me.
Col cuore che batte frenetico per lo spavento, mi volto e riconosco uno dei sai di Kisshu, ormai familiare. Subito la lama si dissolve in un guizzo di scintille e una risata che conosco bene rompe il silenzio.
Ma guarda cosa mi ha fatto, adesso mi sente!
Kisshu si materializza in piedi in mezzo al prato. Avanzo a grandi passi verso di lui sbraitando.
«Ma ti sembra il modo di tornare? Dove diavolo eri finto? E si può sapere dove mi hai portato!? Avevi detto che-…»
Mi blocco non appena gli sono abbastanza vicina da notare un cosa: Kisshu tiene distrattamente in una mano il mio campanellino.

Bastardo.
Questo non doveva farlo.
«Kisshu! Ridammelo subito!» gli grido contenendo a fatica la furia.
Lui mi guarda senza dire nulla e senza togliersi il ghigno beffardo dalla faccia. Quindi si alza in levitazione e vola in alto con l’intenzione di uscire dalla mia portata. Senza pensarci due volte corro avanti col ciondolo in mano.
«Dove credi di andare?! Mew Mew Strawberry, metamorphose
Atterro in piedi nella mia luce rosa e subito salto verso l’alto con l’energia di Mew Ichigo puntando dritto Kisshu e il mio nastro rosso nella sua mano. Lo vedo osservarmi con una strana aria compiaciuta, ma appena arrivo ad un paio di metri da lui, si smaterializza ridacchiando. Atterro dal lato opposto con una capriola e lo cerco arrabbiata guardando in tutte le direzioni.
Che faccia tosta.
Non ci posso credere, mi ha rubato il campanello di Aoyama. Come, quando?! Come ho potuto abbassare la guardia così? Non mi aspettavo una mossa sleale, anzi, visto il modo in cui stavamo parlando non mi aspettavo proprio niente, se non che davvero mi riportasse a casa.
E non credevo l’avesse neanche mai notato il mio campanellino!
Cosa sta cercando di fare? Fino a poco fa era tutto tranquillo e amichevole!
Tsk, vallo a capire.
Ma adesso non ho proprio voglia di stare al suo gioco.
«Avanti vieni fuori» sussurro. «Vieni fuori, codardo!» alzo la voce.
Nessuna risposta. Solo la pioggia sull’erba e sugli alberi. E su di me…
Forza Mew Ichigo, trovalo.
Piego le gambe e porto la schiena in avanti, la coda mi dà equilibrio.
Non posso permettergli di prendermi in giro così, non dopo avermi portato su quel tetto a vedere le immagini del suo pianeta. Non dopo avermi chiesto di fidarmi di lui con quel sorriso dolce.
Sono così arrabbiata…
«Dove sei?» sussurro.
Mi concentro sull’udito del gatto, sulla pelle avverto tutte le vibrazioni dell’aria, abbasso gli occhi ed esalo il respiro…
Mi immergo nella natura di questo posto, come un vero gatto a caccia…

*BZZ*
Trovato.
Appena sento il rumore vibrante della sfera di energia, la vedo sfrecciare verso di me e in un secondo abbattersi nel terreno dove stavano i miei piedi, distruggendo brutalmente il prato in un'esplosione azzurra. Salto di lato girandomi e atterro a quattro zampe e senza perdere tempo individuo il punto di partenza dell’attacco. Faccio appena in tempo a scorgere Kisshu sospeso a mezz'aria vicino agli alberi, che lui si alza di nuovo in volo fuori dalla mia portata.
«Fermo!»
Corro nella sua direzione desiderando ardentemente di saper volare come lui per arrivare a prenderlo a calci con tutte le mie forze, ma Kisshu ovviamente si smaterializza di nuovo.
Mi fermo ansimando, frustrata e piena di rabbia.
Voglio che venga a combattere. Voglio riavere il mio campanellino, me l’ha regalato il mio Aoyama-Kun e Kisshu non può rubarmelo così.
«Torna qui, Kisshu! Vieni fuori!»
Guardo in alto, a destra, a sinistra, ma vedo solo cielo e alberi, finché… un dolore bruciante tra le scapole mi fa cadere sulle ginocchia senza fiato.

Alzo gli occhi cercando di tenere lucida la testa che pulsa dal male. Che botta.
E Kisshu è lì in piedi davanti a me, lontano qualche metro, come se niente fosse.
«Tu…» ringhio dolorante. «Codardo».
Mi alzo con fatica, ma soprattutto con rabbia per l’attacco sleale alle spalle. Esito un po’ ad avvicinarmi di nuovo, recupero il fiato.
E da ferma mi accorgo con sorpresa che le gocce di pioggia che mi arrivano sulla schiena hanno un certo effetto rinfrescante sulla pelle, soprattutto dopo essere stata presa in pieno una sfera di energia di Kisshu.
Mi inarco per cercare di guardare quanto è grave, ma arrivo a vedere solo un po’ di sangue colato sul costume strappato.
Meglio non pensarci.
Intanto Kisshu, che non ha ancora detto una parola da quando siamo qui, si limita ad osservarmi, con stampato in faccia il suo sorrisetto, che mi fa venire una gran voglia di lanciargli addosso uno Strawberry Surprise. Come se non bastasse ha ancora in mano il mio nastro rosso e nei miei visceri si fa strada di nuovo la rabbia. Una rabbia calda, potente.
Mi ha ingannata. Mi tiene qui prigioniera e mi attacca, benissimo. Adesso gli faccio vedere io.
Il dolore alla schiena svanisce come per magia, mi alzo di nuovo in piedi a gambe larghe e pugni sui fianchi e sollevo la coda orgogliosa.
«Adesso si fa sul serio».
Kisshu si infila in tasca il mio campanellino e solleva la mano, illuminandola per generare una nuova sfera di energia.
«Non ci pensare nemmeno! Strawberry Bell
La mia arma si materializza dal fiocco sulla coda, la afferro, mi butto in ginocchio e paro il potente raggio elettrico che Kisshu spara dal palmo aperto.
Appena la luce si smorza è un attimo: Kisshu spicca un salto, fa una capriola nell'aria con in mano i suoi sai incrociati al petto e vola in picchiata dritto verso di me.
Tengo forte l'arma e la scontro con le sue lame con tutta la forza che ho da mettere contro la sua e l’energia del potere Mew a darmi manforte.
Ringhio per lo sforzo e sfogo la rabbia.
Siamo di nuovo vicinissimi, uno di fronte all’altro a spingere contro un muro di energia luminosa. Le sue pupille verticali da animale scintillano con la luce che sprigiona dalle nostre armi. Il suo viso affilato è concentrato per lo sforzo, ma… lo vedo sollevare un angolo della bocca in uno strano sorrisetto.
Cos’hai in mente, accidenti a te? Vediamo se dopo questo riderai ancora.
Trattenendo ancora Kisshu con fatica, grido la formula del mio attacco:
«Ribbon… Strawberry… Check
L’esplosione di luce lo sbalza via e fa cadere me all’indietro per il contraccolpo. Atterro col fondoschiena sull’erba bagnata gemendo.
Ahio.
Sbuffo, spero ne sia valsa la pena. Ho le ginocchia sbucciate, le braccia indolenzite, il vestito bagnato e strappato – e non mi sono ancora vista la schiena... Spero tanto che tutto torni intatto alla prossima trasformazione, altrimenti potrebbe diventare un bel problema.
Osservo Kisshu a terra lontano da me, con evidenti segni di bruciatura a causa del mio colpo. Gli sta bene.
Mi rialzo orgogliosa: «Ti decidi a ridarmi il campanello, allora?»
Kisshu per tutta risposta sghignazza di nuovo e si alza. «Quale campanello?»
Dopo questa perdo le staffe. Corro avanti e mi avvento contro di lui ringhiando come una bestia. E iniziamo a combattere.
Parto con un pugno in pieno viso, che però lo sfiora soltanto: Kisshu si scansa agile e veloce, ruota tra le dita le lame taglienti pronto ad usarle. Schivo il primo pugnale, paro il secondo scontrandogli addosso la Strawberry Bell.
Mi prendo un calcio, evito un pugno, provo a colpire e calciare anch’io. Gli assesto una gomitata sul ventre scoperto e un sonoro calcio sul fianco che gli fa perdere il fiato. Ma subito dopo tocca a me gridare di dolore appena un suo sai mi taglia di striscio sulla coda, seguito da due calci in volo e un altro affondo affilato.
Non so come, oggi è fortissimo e veloce.
Ma posso esserlo anch’io. Sono carica, mi sento forte, voglio riavere la mia collana ad ogni costo.
«Aaarrghh!!»
Con un grido di battaglia carico di energia il Fiocco e glielo scaglio dritto verso la faccia, colpendolo forte. Lui geme tenendosi lo zigomo e fa una capriola volando all’indietro.
È fatta, me lo sento.
Carica come una molla, faccio per saltare a mollargliene un altro, ma… lui si smaterializza, lasciandomi attonita.
Riappare un attimo dopo dietro di me, schiena a schiena per affondarmi una gomitata al fianco che mi fa mancare il fiato e cadere di lato rotolando sull’erba.
Eh no, non posso permettergli le mosse sleali, devo assolutamente vincere!
Mi rialzo subito, di nuovo di fronte a lui a fissarci pieni di adrenalina.
Ghignando, ma con un grosso livido rosso sanguinante in pieno volto, Kisshu fa girare un pugnale tra le dita e lo fa scattare di nuovo in avanti. Lo evito con una giravolta e subito vado a mirargli il collo con le unghie, ma gli lascio solo tre graffi leggeri perché lui ancora si smaterializza.
«NON OSARE!» urlo in preda ad una potente rabbia euforica.
Mi ricompare subito accanto e affonda dritto al mio stomaco con la lama del tridente. Mi scanso di lato inarcando la schiena e riesco ad evitare un taglio potenzialmente molto profondo in cambio di uno più superficiale sul fianco. Grido per il dolore, premendo subito una mano sulla ferita e rotolo a terra rannicchiandomi e allontanandomi da Kisshu.
Questo fa malissimo. E avrebbe potuto uccidermi.
Con frustrazione, ammetto che questo round è suo.
Kisshu si ferma senza più avvicinarsi. Tiene i sai in mano, puntati verso l’erba, uno dei quali sporco del mio sangue. Anche lui ha il fiatone ed è malconcio, vedo con una certa soddisfazione.
Senza perderlo di vista, alzo la Strawberry Bell con la mano sinistra tesa davanti a me, in ultima difesa, sentendo la carica scendere e il dolore salire.
Fissiamo gli occhi l’uno in quelli dell’altro.
Ma non riesco a guardare a lungo gli occhi di Kisshu. Troppo affilati, troppo profondi, troppo… strani.
Sbuffo e guardo per terra cercando di distrarmi da lui e dal dolore del taglio. Gli steli azzurri dei fiori e i ciuffi d’erba bagnata dalla pioggia sono morbidissimi al tocco.
«Tutto bene, Koneko-chan?» dice Kisshu con quel suo odioso sarcasmo mellifluo. Io resto interdetta, non capisco perché ora mi parli, non so cosa rispondergli.
E di sicuro mi si leggono in faccia la fatica e il dolore. Lui scoppia in una sonora e casuale risata.
«Andiamo, puoi anche rilassarti un po’».
«Ma che stai dicendo?» mi irrigidisco ancora di più senza capire le sue assurdità.
Kisshu sbuffa scuotendo la testa, poi con noncuranza si strofina la mano sulla fronte, scostandosi i capelli bagnati dalla pioggia. Quindi si passa un dito sui graffi che gli ho lasciato, sullo zigomo tumefatto e fa una smorfia di fastidio.
«Avevo sottovalutato quei tuoi artigli rosa».
Alzo un sopracciglio, ma non abbasso l’arma. Lui continua a parlare distratto guardando una lama del suo tridente.
«Sai, sei un gran bello spettacolo, Ichigo. Questo è proprio il giochetto che fa per te, o sbaglio?»
«Adesso mi hai stufato, cosa stai dicendo? Parla chiaro, altrimenti…» mi alzo in piedi per andare verso di lui, ma la fitta al fianco si fa sentire e mi interrompe.
«Ti ho detto di rilassarti» sbotta. Si rigira i sai nella mano e li fa sparire in una nuvola di fumo. Lo guardo confusa senza sapere cosa fare, quindi mi risiedo nell’erba morbida sbuffando.
Dannato Kisshu e i suoi indovinelli.
«Brava gattina».
«Sta’ zitto».
Kisshu ridacchia, fa qualche passo verso di me, quindi si siede a sua volta a gambe incrociate levitando poco sopra l’erba.
Non lo guardo, non ho voglia di sforzarmi di capirlo. Allora osservo gli alberi e ascolto i suoni degli animali, del vento. La pioggia leggera, che tanto mi dava fastidio si posa come un balsamo fresco sulla mia pelle. La sensazione è stranamente piacevole.
«Carino, eh?» fa lui.
«Io non ti capisco…» giocherello con un fiore del prato.
«Così è la vita, Ichigo» risponde Kisshu distrattamente.
«Così come? Prima mi parli, poi cerchi di uccidermi?» «Addirittura, che esagerata… Guarda che anche tu mi hai fatto non poco male».
«Mai quanto te!» replico risentita indicando il taglio al fianco che mi stringo ancora con la mano.
«Guardatelo, invece di piagnucolare!»
Dopo un attimo di perplessità sollevo il guanto dalla ferita. È sporco di sangue secco. Il mio vestito da Mew Ichigo ha un lungo strappo, ma sulla pelle c’è già la crosta, quasi guarita. Guardo di nuovo Kisshu a bocca aperta, lui alza un sopracciglio saccente. Quindi alza il viso verso il cielo, chiude gli occhi e si lascia bagnare dalle gocce di pioggia, strofinandosi gli occhi… E lentamente i graffi, le bruciature e i segni della lotta sulla sua pelle diafana si attenuano fino a svanire.
Qualcosa decisamente è strano.
«Kisshu… che cos’è questo posto?»
«Oh, nulla» fa lui con un’alzata di spalle. «Un piccolo esperimento di mia invenzione».
Apre un palmo della mano per catturare le ultime gocce di pioggia, che dopo qualche secondo smette definitivamente. «Con qualche piccolo dettaglio per gentile concessione di Pai. Ah, ci voleva proprio!» Atterra di nuovo in piedi, si sistema i vestiti soddisfatto e si asciuga la fronte con le fasce rosse che porta sugli avambracci.
Io sono sempre più confusa, ma voglio riuscire almeno ad avere qualche spiegazione. Mi alzo anch’io.
«E perché mi hai portato qui?»
«Oh, non l’hai capito?» chiede ironico.
«No» nego risoluta, attenta a non farmi prendere in giro. «Mi hai portato su quel tetto, mi hai fatto vedere quel video del tuo pianeta, mi hai indotto a fidarmi di te per poi attaccarmi. Mi hai ingannata».
«Ah ah, secondo me tu sei arrabbiata per questo».
Evita le mie domande ghignando maliziosamente ed estrae dalla tasca il mio nastro rosso col campanello, facendomi salire un certo impulso di colpirlo di nuovo. Lo fisso lanciando scintille dagli occhi e riprendo in mano la Strawberry Bell.
«Troppo facile…» sussurra beffardo.
Mentalmente valuto in che modo posso attaccarlo con le energie che mi restano e contando che la pioggia miracolosa guarisci-ferite è cessata, ma…
… Kisshu cambia completamente espressione e modi, si smaterializza e dopo mezzo secondo ricompare dietro di me, mi prende per il polso e mi torce bruscamente il braccio contro la schiena.
Ringhio di dolore e fastidio per essermi lasciata di nuovo cogliere alla sprovvista.
Vince facilmente la mia resistenza e mi viene vicinissimo, fino a che lo sento respirare piano vicino al mio orecchio da gatto. La sua pelle è fredda, mi mette i brividi. La sua mano scivola a stringermi il fianco scoperto dal taglio, prendendosi tutto il tempo di accarezzarmi la pelle con le dita.
«Lasciami…» ringhio disgustata.
«Sai micetta? Sei davvero incredibile. Hai reso questo gioco ancora più divertente di quanto mi aspettassi ed è bastato rubarti questo stupido campanello…» sussurra posando le labbra sui miei capelli. «Tuttavia, ho notato che anche tu sembri esserti goduta questa amichevole partita… Non vedevi l’ora che stessimo un po’ da soli, secondo me, non è così?»
Oppongo resistenza alla sua stretta e cerco di allontanarmi da lui più che posso.
«Ma che dici… Sei tu che hai iniziato tutta questa storia!»
Riesco a liberare il braccio che mi tiene alla schiena con uno strattone e a voltarmi per stargli di fronte. Tuttavia di nuovo, il solo guardarlo negli occhi, la sua espressione arrogante, vicino, famelico, in attesa di un mio passo falso, mina fortemente la mia determinazione.
Sicuramente si nota dal tremare della mia voce.
«Sei… sei stato tu che mi hai fatto vedere quelle cose prima. E poi oggi nella battaglia mi hai spinto con l’inganno a seguirti in quel buco!»
«Io non ricordo di aver fatto nulla, sai, ero gravemente ferito…»
Arrossisco violentemente.
Kisshu approfitta del vantaggio, si avvicina e mi prende di nuovo il polso.
Devo resistere se voglio batterlo, non devo farmi ingannare.
«Tu… Tu mi hai detto che mi avresti portato a casa e invece mi hai scaricato qui e mi hai attaccato! Voglio una spiegazione!»
«Perché invece non ammetti che ti sei divertita?»
«Rispondimi!» strillo al limite della sopportazione.
«Più ti scaldi, più sei eccitante, così mi uccidi» ride lui.
Non ne posso davvero più. «Mi hai stufato».
Mi ritraggo decisa a non guardarlo più e faccio sparire la Strawberry Bell.
Kisshu lo nota, ma non si impressiona più di tanto.
«Va bene, tu fai pure l’offesa, non cambia le cose. Lo sguardo che avevi in combattimento parlava per te».
Continuo imperterrita ad ignorarlo. Ma non riesco a non ascoltare.
«Lo hai notato anche tu, vero, Ichigo? Eri forte, eri euforica, una vera guerriera. È successo oggi allo scavo ed è successo di nuovo qui… Arrabbiarti con me, sfogarti senza niente a cui pensare è liberatorio, non è così? E non ti dispiace affatto…»
Fa un altro passo, io mi giro dall’altra parte. Mi parla da sopra la spalla come un diavoletto tentatore. Le sue parole lasciano pesanti solchi nella mia testa.
«Sei un felino feroce» ghigna. «E magari questo non era nemmeno tutto quello che potevi tirare fuori…»
La mia curiosità gli concede una breve occhiata. Cosa sta dicendo?
«… centro» sorride lui notandola.
«Smettila» sibilo. Mi giro imbarazzata e gli do di nuovo le spalle con le braccia incrociate.
«Tsk, povera gattina» fa lui quasi sincero. Quindi lo sento avvicinarsi e subito dopo lo sento toccarmi leggermente la nuca. Mi irrigidisco di colpo, faccio per voltarmi indignata, ma lui mi stringe forte la spalla tenendomi voltata. Estrae il mio nastro rosso e me lo passa lentamente intorno al collo, allacciandomelo dietro dove era prima, sfiorandomi solo leggermente la pelle con le dita.
Quindi si allontana di un passo, senza fare altro, senza toccarmi come suo solito.
Io pietrificata lentamente mi volto.
«Ora sì che ti riconosco».
Resto imbambolata qualche secondo, prima di mormorare un ‘grazie’ e sciogliere la trasformazione.
«Ah ah, devi essere proprio stanca, in effetti deve essere tardi per te. In ogni caso stasera mi hai dato una bella idea, gattina».
«Quale idea sarebbe?»
Lui si porta le mani dietro la testa con i gomiti alzati, guardando gli alberi distratto.
«Rifarlo altre volte, ovviamente».
Io mi scaldo in un attimo, colta di sorpresa. «Noi non rifaremo un bel niente, Kisshu, non hai il diritto di-…»
Kisshu fulmineo scatta in avanti e mi prende il mento tra le dita avvicinandosi così tanto a me che mi zittisco di colpo per l’imbarazzo e la paura.
«Basta con le chiacchiere, Ichigo. Io ti offro un modo per conoscere e usare a pieno tutto quello di cui sei capace e per diventare ancora più forte. Qualche altra sera come questa, senza missioni e battaglie di gruppo, senza doversi controllare, senza fretta. Tutto lo spazio che ci serve… So che ti piacerebbe».
Il suo sguardo è duro, il suo tono serissimo. Non c’è nulla di malevolo, né di ironico o folle in lui ora. Lo guardo con gli occhi sbarrati, specchiati nei suoi, stavolta al contrario non riesco a staccarli da lì. Sento i brividi dove mi tocca, insistente e invadente, freddo, ma brucia.
Sono immobile e allo stesso tempo mi sforzo per stare ferma.
Con una forte sensazione di vuoto ai visceri, registro le sue parole e cerco di pensare a cosa rispondere. …
Cosa gli posso dire?
Hai torto. Io non sono così.
Sono curiosa. Quelle sensazioni…
Lasciami in pace. Mi fai paura.
Senza controllo. Senza missione?
Non voglio più vederti. Stai lontano da me.
Una volta. Una sola, cosa può succedere di male?
Una trappola, un inganno. Un altro giochetto.
Cosa vuoi da me? Cosa ti importa del mio potere?
Cosa puoi fare?

«…I-io…»
Kisshu inaspettatamente rilassa il viso e lascia la presa. Il suo ghigno si distende in un leggero sorriso e sospira. Mi accarezza un orecchio da gatto con un dito, quindi un poco la guancia. Non c’è traccia di inganno o malizia quando parla.
«Dormici sopra, d’accordo?»
Senza la minima idea di cosa dire, annuisco impercettibilmente.
Quindi Kisshu schiocca le dita e io, lui e questo assurdo bosco blu spariamo in una nuvola di fumo.





 


 

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Capitolo 6
*** Il sole di aprile ***


Capitolo 5

Il sole di aprile

 
 
 
~ Kiss me
Ki-ki-kiss me
Infect me with your love
And fill me with your poison

 
 
 
La luce appare scintillando e illumina quella realtà liquida e fredda in cui possono parlare.
Eccoti, le sorride. Hai visto? Sapevo che sarebbero stati loro a cercarmi, prima o poi. È bastato aspettare.
La luce annuisce, sinceramente contenta.
Vogliono che li guidi, che apra loro la strada, riconoscono il mio potere, ma non sanno molto di me… immagino sia passato parecchio tempo.
La luce oscilla piano e si sposta interrogativa.
No, di te credo non sappiano proprio nulla, devono essere diventati degli idioti. Vogliono solo questo pianeta. Chissà poi cosa ci trovano di così meraviglioso, specie per come è ridotto ora…
Si guarda intorno nell’acqua blu illuminata dalla sua luce. Lei lo guarda di nuovo timidamente.
Assolutamente, le cose non cambiano: io farò quello che avevo deciso e mi che mi sono preparato a fare, le risponde. Arriveranno tra 15 anni di questo pianeta. In effetti non sono molti, credevo di averne di più... Insomma, l’avresti mai detto che, dopo tutto il tempo passato qui, avremmo più avuto fretta?
Ride, o almeno così gli sembra di fare e la luce ride con lui.
È arrivato il nostro momento.
 
 
 
«Momomiya-san! Ma non è possibile!»
Mi alzo di scatto dritta sulla sedia, appena la voce della professoressa arriva a trapanarmi i timpani.
«Eehh??! Sì, eccomi!»
Stavo dormendo in classe durante la lezione. Niente di nuovo insomma.
«Ripeta quello che ho appena detto, per favore».
«Ecco, io… allora… ehm, i triangoli, giusto?» farfuglio. Che imbarazzo!
«Potrebbe anche essere un po’ più precisa. Oppure raccontare a tutti quello che stava sognando».
Arrossisco senza sapere aggiungere altro. Vorrei scomparire. Spero non mi spuntino le orecchie e la coda!
La lavagna è piena di strani disegni di figure geometriche e formule incomprensibili. L’altra opzione non è migliore: nemmeno me lo ricordo quello che stavo sognando! Ma perché deve succedere a me?
I miei compagni di classe ridono di gusto al mio silenzio imbarazzato, Miwa e Moe più discrete mi guardano interrogative. Non è certo la prima volta che vengo richiamata perché mi appisolo in classe, specie da quando sono per metà gatto. Inoltre questa volta ho anche qualche ora di sonno arretrata…
La prof zittisce severamente la classe.
«Silenzio, voi! Momomya-san, per punizione prenderai tu il turno di pulizia dell’aula a fine giornata».
Perfetto.
Tra qualche altro risolino rivolto a me, la spiegazione riprende e io cerco di mettercela tutta per ascoltare, ma è tempo perso: è tutto il semestre che sono indietro, io e la matematica viviamo in mondi paralleli. Certo, se Shirogane non mi tenesse tutte quelle ore extra al Café, per di più a farmi le sue ramanzine paranoiche, avrei di sicuro più tempo per studiare! Oppure potrebbe darmi ripetizioni, genio com’è!
Comunque devo assolutamente fare qualcosa, o rischio grosso agli esami finali… e sarebbero i miei genitori a minacciare la mia sopravvivenza, altro che alieni!
Il resto dell’ora trascorre noioso e la successiva lezione di storia ancora di più. Trovo molto più interessante osservare la bellissima giornata di sole che si vede dalle finestre. I profili dei grattacieli splendono alla luce come tanti diamanti, il cielo è azzurrissimo e tira un bel vento che spazza via la foschia.
Non riesco a credere che fino a poco fa ero in cima a uno di quei palazzi… Seduta accanto a Kisshu.
E poi in mezzo a chissà quale bosco, sempre insieme a Kisshu.
Se non fosse per il fatto che mi sento cascare le palpebre dal sonno da tutta la mattina, sarei tranquillamente sicura che sia stato tutto un sogno.
Ma ora sono troppo rintontita per rimuginarci.
«Momomiya-san! Stia attenta per favore».
Ecco, di nuovo, sempre a me…
 
Quando finalmente suona l’ultima campanella, tutti escono per andare a casa, carichi di una nuova lista di compiti e pagine da studiare per il fine settimana. Miwa e Moe si fermano a salutarmi un po’ dispiaciute per il mio ingiusto destino, quindi se ne vanno anche loro e resto sola in classe.
Mi trascino verso l’armadio delle scope con la flemma di una condannata a morte.
Avanti, Ichigo, se ti muovi finirai in fretta.
Oppure potrei scappare facendo finta di aver pulito.
Certo, così domani la prof mi darà il turno ogni giorno fino alla fine dei tempi.
Uff…
Sbuffo rivolta alla scopa, quindi inizio di mala voglia a spazzare il pavimento.
Perché mi devo beccare anche le punizioni? Già tiro a lucido da cima a fondo il Café Mew Mew quasi ogni giorno, con quel biondo dispotico e Minto a darmi ordini, praticamente passo la vita a pulire!
Forse avresti dovuto pensarci prima di addormentarti in classe come una zotica.
Immagino Aizawa che mi apostrofa seduta al tavolino del Café, col suo tè in mano e il suo sguardo altezzoso e faccio per lanciarle addosso lo straccio.
«Non è colpa mia!» grido all’aula vuota. «È il mondo che ce l’ha con me!»
“Smettila di fare scenate, Momomiya, sei solo capace di lamentarti.”
Mi giro verso la cattedra immaginando di incenerire con lo sguardo un irreale Shirogane con le mani dietro la testa.
«Tu! Non provare a farmi la predica, che ho ancora addosso la rabbia da ieri!»
Sposto energicamente una sedia da un banco, tanto da farla cadere. Incurante spazzo il pavimento sotto, raccogliendo almeno dieci carte di caramelle appiccicose.
Che ingiustizia. Se lavoro, nessuno lo riconosce. Appena mi lamento, lo vedono tutti.
Tiro su la sedia e passo oltre.
Devo studiare, ascoltare i miei genitori, lavorare al Café da brava ragazza che fa quello che le dicono di fare. Ah, già, devo anche lottare e guidare la squadra Mew Mew contro quei dannati alieni, però sempre stando buona buona agli ordini di quel presuntuoso, senza fare mosse avventate o che non vanno bene agli altri, altrimenti cade il mondo!
Stringo con rabbia il manico della scopa tra le dita e mi mordo le labbra irritata.
Impulsiva. Non pensi prima di agire.
Non puoi fare quello che vuoi tu. Segui il piano.
Non metterti in pericolo.
«Vi farò vedere quello che so fare, tutti voi lo vedrete!»

Mi distraggo a guardare le cime degli alberi mosse dal vento fuori dalla finestra.
E sbadiglio, ammorbidendo un po’ la rabbia.
Questa situazione mi sta facendo impazzire.
Alla fine è colpa della notte passata in bianco se mi sono addormentata in classe. Quindi non di Minto o Ryo. Sono io che ho deciso.
Avrei proprio dovuto dormire ieri sera invece che uscire con Kisshu.
Ma perché l’ho fatto?
Non l’ho realizzato per tutta la mattina, ma ora credo proprio sia successo davvero. I ricordi scorrono frenetici e disordinati, ma non lasciano dubbi. Prima Kisshu a casa mia, poi il palazzo e il suo pianeta, il mio campanellino, la foresta con la pioggia…
L’ennesimo combattimento, eppure anche questo aveva qualcosa
Uff… basta, non ha senso, mi sta esplodendo il cervello.
Riprendo a pulire chiudendo con decisione la testa a questi pensieri e mi concentro: prima finisco, prima esco da qui.
Finito il pavimento, passo al secchio e allo straccio. Quanto sono luridi i banchi a fine giornata, ogni volta che ho il turno me ne accorgo. Un giorno dovrei chiedere a Retasu di venire a darmi una mano, uno dei suoi Retasu Rush sparato per l’aula mi farebbe davvero comodo…
Alzo la testa per stringermi un codino che mi si sta sciogliendo, ma…
«Nyaaahhhh!!!»
*CRASH * TONF * SPLASH *

Ahi.
Distesa sul pavimento, per qualche secondo resto attonita con un dolore al sedere che pulsa fino alle orecchie. Quando poi dell’acqua fredda arriva a bagnarmi lentamente una scarpa fino al calzino, mi alzo di scatto per sfuggirla e accorgermi che tutta l’acqua del secchio è finita sul pavimento in una bella pozzanghera grigia, con in mezzo la scopa e la sedia contro cui sono inciampata indietreggiando per lo spavento.
«Ma che accidenti…?»
Dall’esterno proviene una sonora risata da ragazzino, che ho sentito troppe volte per non riconoscere. Questa me la paga cara.
Con il volto rosso di rabbia, percorro a grandi passi la classe e apro con decisione la finestra, apostrofando la causa del mio disastro: «Kisshu! Che diavolo fai qui?!»
«Ehi Koneko-chan!» risponde lui come se nulla fosse. Sta ancora ridendo a crepapelle. «Hai un modo tutto tuo di fare le pulizie, vedo».
«Mi hai fatto quasi venire un infarto!»
«Come sei esagerata, micetta, mi lusinga vedere che sobbalzi al solo vedermi… stavo solo facendo un giro».
«Certo, un giro, proprio alla mia scuola?»
«Ma come, io vengo a trovarti ed è questa la tua accoglienza? Non si trattano così gli amici».
«Noi non siamo amici
«Come ti pare, volevo solo vedere cosa facevi tutto il giorno...»
Si guarda intorno distratto e vedo i suoi occhi allargarsi alla vista di due ragazze che escono dal portone della scuola e attraversano il piazzale.
«Oh, ma ci sono delle altre bamboline in giro!»
Accidenti! Abbasso la voce: «È anche per questo che non devi venire qui, qualcuno potrebbe vederti!»
«Cos’è, ti vergogni di me?» sogghigna.
Qualcosa in me sente un invitante odore di sfida.
«Magari sarai tu a vergognarti se ora le persone ti vedessero mente Mew Ichigo ti prende a calci nel sedere».
«Allettante… Però a me sembra che ‘Mew Ichigo’ ora sia troppo impegnata a mettere sottosopra questa stanza». Ghigna mellifluo.
Io arrossisco arrabbiata senza saper controbattere.
«Non è vero, io non…»
«Oh, ma era un complimento, secondo me stai facendo un ottimo lavoro» ride lui. «E come mai sei tutta sola? Io speravo di conoscere qualcuna delle tue amichette…»
Prima che glielo possa impedire, Kisshu si siede comodamente sul davanzale della finestra e sbircia curioso nella mia classe, io arretro sulla difensiva. Quindi sembra avere un’intuizione e alza un sopracciglio.
«Sei in punizione
«Fatti gli affari tuoi!» avvampo. Istintivamente scatto in avanti per dagli uno spintone, ma neanche a dirlo, quel codardo si smaterializza.
Riappare in piedi dove era prima, fuori dalla mia portata.
«Ah ah, piano, so che non vedi l’ora di mettermi le mani addosso, ma non mi sembra il caso di scaldarti così…»
«Sparisci, Kisshu» ringhio al limite della pazienza.
«Va bene, va bene, sparisco. A proposito, ci vediamo stasera alle undici».
«Cosa?! Come stasera
«Abbiamo da fare, non ricordi?»
«Io non ti ho mai detto che-…»
«Poco fa hai detto che ‘gli farai vedere quello che sai fare’ e sembravi parecchio convinta».
Se ancora qualche centimetro del mio volto non era arrossito, lo sento diventare di ogni colore.
Accidenti a Kisshu.
«Come ti permetti di origliare, adesso me la paghi!»
Infilo la mano in tasca alla ricerca del ciondolo, ma temo sia nella borsa. Kisshu ne approfitta per allontanarsi in volo.
«Tieniti questo spirito per stasera, io ora devo andare Koneko-chan! Mi ha fatto molto piacere venire qui oggi. Non addormentarti, mi raccomando, ti voglio in forma!»
«Brutto stupido, io-…»
*CRASH*
Ad uno schiocco delle dita di Kisshu, il secchio di prima si rovescia di nuovo e mi tocca correre ad asciugare. Appena torno a guardare fuori per scaricargli addosso una lista di insulti, lui è sparito.
Dannazione.
 
Quando, a pulizie finalmente finite, salto giù dai gradini dell’ingresso della scuola per correre a casa, sento vibrare forte il cellulare nello zaino.
“Ti va un gelato oggi? Passo a prenderti alle 4?
Masaya.”
Sìììì!!! Che bello, un appuntamento!
Saltello e giro su me stessa con un mega-sorriso per un po’, prima di rispondere. Ci voleva proprio questo per migliorare la giornata, non vedo l’ora! Non sono mai stata più contenta che oggi sia il mio giorno libero al Café Mew Mew, così passerò tutto il pomeriggio con Masaya.
Di colpo non penso più a Kisshu, alla notte scorsa, né a Shirogane e le sue paranoie. Quando si tratta di Masaya niente ha più importanza.
Con la testa tra le nuvole arrivo in fretta a casa, entro salutando mia madre a mala pena e schizzo di sopra a prepararmi.
Tuttavia davanti all’armadio aperto, il mio entusiasmo si spegne e si trasforma presto in ansia, alimentata dal ticchettare della sveglia sul comodino: cosa mi metto?!
Masha svolazza per la stanza cinguettando: «Ichigo! Ichigo!»
«Non dirlo nemmeno, sono già in ritardo» sbuffo rovistando tra i cassetti in cerca di qualcosa che mi piaccia e sia appropriato: come al solito in questi momenti è come se di colpo odiassi tutti i miei vestiti.
«Ritardo! Ritardo!» ripete Masha.
«Devi proprio ricordarmelo? Piuttosto dammi una mano!»
Vediamo… il vestito giallo no, l’ho già messo mille volte! Questo no... questa gonna nemmeno. Ne ho uno bianco nuovo, ma… no, troppo serio, accidenti, è solo un gelato!
Uff… mi chiedo come facciano le persone puntuali ad essere allo stesso tempo perfettamente pronte.
“Anticipo, Momomiya, qualcosa che una popolana come te ignora”.
Ah, sta’ zitta Aizawa!
Salgo su una sedia per rovistare negli scomparti più alti alla ricerca di qualcosa che mi salvi la giornata, ma niente. Niente di niente.
Le 15.50 fanno bella mostra di sé sulla sveglia.
«Non ce la farò mai… Nyaaaaaah! Non voglio più uscire!» gemo in preda alla disperazione.
«Tutto bene tesoro?» chiede mia madre dal piano di sotto.
«No! Accidenti, mamma, non ho ancora trovato qualcosa da mettermi!!»
Mia madre mossa a compassione sale ad aiutarmi, rovista un po’ nel suo armadio ed estrae un bellissimo vestito con la gonna a balze color pesca.
«Ti adoro mammina cara, sei la migliore, ti voglio tanto, tantissimo bene!!» farfuglio provandomelo allo specchio.
«Puoi averlo solo se tornerai presto e finirai i tuoi compiti stasera, intesi?»
«Certo, mamma, tranquilla!» le rispondo volando in bagno a sistemarmi i capelli.
 
*DRIN
«Aoyama-kun, benvenuto» sento mia madre di nuovo al piano di sotto.
Oh cavolo, oh cavolo, oh cavolo, è arrivato!
«Buon pomeriggio, Momomya-san».
Mi affaccio dalle scale e vedo Masaya mentre la saluta educatamente con un leggero inchino. Oggi è davvero bellissimo. Sorrido e sento le ginocchia sciogliersi. Il suo viso perfetto, i suoi occhi profondi… 
In fretta sistemo il bagno alla meglio, do un’ultima occhiata allo specchio e scendo le scale, pregando di non inciampare nei miei piedi.
«A-Aoyama-kun… Buon pomeriggio» metto insieme un saluto decente.
«Buon pomeriggio anche a te, Momomya-san, che bel vestito».
Quel sorriso illuminerebbe qualsiasi posto.
«G-Grazie!» divento color fragola
«Dove andate di bello?» interviene mia madre, io sono imbambolata.
«Al parco» sorride Masaya. «Prenderemo un gelato».
«Ah, Ichigo sarà entusiasta!»
«Dai, mamma…»
«Non fate troppo tardi, ragazzi, mi raccomando, sono certa che Ichigo ha dei compiti da recuperare».
«Mamma!» Se non la smette di mettermi in imbarazzo mi spunteranno le orecchie da gatto!
«No di certo, Momomya-san» risponde Masaya.
«Allora divertitevi!»
Ancora rossa come un peperone esco velocemente di casa prima che mia madre mi metta ancora più a disagio davanti a Masaya e ci avviamo verso il parco.
Spero che tutto vada bene, che non capiti nulla di insolito e di non fare nessuna delle mie consuete brutte figure o mosse maldestre. Sono sempre nervosa quando esco con Masaya, ma lo stesso lui è così calmo e sereno. Adoro passare del tempo con lui.
 
Il sole di aprile splende ancora luminosissimo, il vento forte ha spazzato via le nuvole lasciando tutto lo spazio al cielo azzurro: è ancora meglio di stamattina. Non c’è un filo di foschia, si vede bene tutta la città, in lontananza perfino la torre metallica bianca e rossa – per fortuna senza grossi bozzoli di chimeri-farfalla attaccati sopra. Si vedono perfino le colline e le montagne dei distretti più interni.
Anche se è grande e caotica, Tokyo in primavera rinasce, si illumina di luce e si riempie di rumori e profumi. Non vedo l’ora della piena fioritura dei ciliegi, sarà bellissimo vederli con Masaya.
Sospiro, sorrido. Ogni volta che esco con lui è più bella della precedente. Penso che questo non cambierà mai, Masaya è magico.
Camminiamo sorridenti uno accanto all’altra, passiamo davanti alle vetrine dei negozi, attraversiamo le strade affollate di lavoratori, famiglie e turisti. Come sempre tutti camminano veloci, ma si vede che la bella giornata migliora l’umore di tutti. Per non parlare di come rende bello Masaya: il vento scompiglia i suoi capelli lucenti, i suoi bellissimi occhi scuri sono più luminosi che mai, potrei specchiarmici…
«Perché ridi, Ichigo?»
«Ehm… io, ecco….» Ti prego, non le orecchie e la coda!!! «Io non sto ridendo, sto sorridendo!» E sicuramente sembravo un’idiota…
«Ah si? È come mai?»
«Ehm… è una così bella giornata!»
«È vero».
Sorride.
Wow.
Per poco non cado a terra per colpa delle mie gambe improvvisamente molli, ma l’agilità del gatto mi viene incontro nel mascherare il tutto e Masaya sembra non accorgersene.
Accidenti… Lui è così perfetto e sicuro di sé, mentre io sono così maldestra da non riuscire neanche a sostenere una conversazione!
Camminiamo in silenzio per un po’, attraversiamo una largo incrocio rumoroso e pieno di gente che va di fretta, quindi ci fermiamo su un ponte pedonale che attraversa una rotaia, dove c’è una vista particolarmente ampia sul quartiere. All’orizzonte si vede perfino l’acqua della baia con il porto, è fantastico.
Masaya tuttavia osserva senza dire nulla, non ha l’aria felice.
«È sempre peggio. Guarda quante gru si vedono. Stanno continuando a costruire, ad accumulare cemento… come se non ce ne fosse abbastanza. Il consumo di suolo in Giappone è fra i più alti del pianeta, e lo è anche la densità abitativa» dice in tono calmo, ma comunque duro.
Io spengo in fretta il sorriso che avevo, e cerco di seguire il suo discorso.
«Sto collaborando con dei ricercatori dell’università per scrivere un report su questo tema, in modo da sensibilizzare le persone. Non si rendono conto. Non devono togliere il poco spazio che è rimasto alla natura. Anzi dovrebbero restituirlo».
Resta in silenzio appoggiato alla ringhiera, il viso neutro.
«Hai… hai ragione» inizio esitando, cercando di pensare a qualcosa di appropriato da rispondergli. Accidenti, ha fatto un discorso così intelligente, per non parlare della collaborazione con l’università! Cosa potrei rispondere?
Mi faccio coraggio e provo ad aggiungere qualcosa di positivo.
«Però guarda, ci sono anche tanti alberi qua e là, alcuni sono altissimi! Anche vicino a casa mia hanno costruito un parchetto nuovo di recente…»
«Non è abbastanza» risponde piatto abbassando lo sguardo e riprendendo a camminare. «Non è mai abbastanza».
Non mi resta che affrettarmi a seguirlo, maledicendo la mia lingua lunga e il mio cervello da gallina. Ma perché non ne dico una giusta, perché faccio sempre figuracce?? Spero di non averlo offeso.
Per fortuna, appena raggiungiamo la nostra gelateria preferita vicino al parco in cui andiamo spesso, Masaya sta di nuovo sorridendo sereno.
«Sono sicuro che non vedevi l’ora di arrivare qui, vero?»
Arrossisco, ma sorrido anch’io e ci guardiamo negli occhi per qualche secondo… finché lui apre la porta del negozio ed entriamo.
 
«Sei sicura che vuoi un gelato così, Ichigo?» chiede Masaya perplesso appena la cameriera appoggia sul tavolino la mia coppa quattro gusti con panna, fragole e lamponi, e porge a lui il suo cono al limone.
«Sì, certo!» affermo sicura partendo all’attacco.
Masaya fa una risata leggera e sincera. «Sei sempre la solita».
«Ma è così buono!» rispondo a bocca piena.
«Ne sono sicuro, solo che mi sembra un po’ abbondan-…»
*Stock
All’improvviso il cono di Masaya si spezza di netto nella sua mano e il gelato gli cade dritto sulla camicia.
«Accidenti, che sbadato!» esclama imbarazzato cercando di rimediare. In fretta gli passo un fazzoletto dalla mia borsa e lui raccoglie il gelato, ma ormai il danno è fatto: una grossa macchia gialla e appiccicosa proprio in bella vista sulla camicia azzurra.
«Aoyama-kun, mi dispiace tanto!»
«Ma di cosa, non è colpa di nessuno» sorride, non se la prende nemmeno per un attimo. Si pulisce alla meglio col fazzoletto, un po’ impacciato, ma non perde la calma. Anche per questo lo adoro, è educato in ogni situazione.
Torniamo a chiacchierare e finiamo insieme il mio gelato, dimenticandoci in fretta dell’incidente, quindi ci avviamo verso il parco.
Qui la giornata di primavera mostra il meglio di sé: gli alberi sono pieni di gemme e boccioli e l’erba di margherite, il laghetto scintilla al sole come se fosse pieno di pietre preziose – dò un paio di occhiate furtive a destra e sinistra per accertarmi che non ci siano alieni in giro alla ricerca della Mew Aqua, ma sembra tutto tranquillo. Le anatre si avvicinano a noi e Masaya lancia in acqua delle briciole che ha portato apposta in un sacchetto.
«Oh, come sono carine, posso dargliene un po’ anch’io?» gli domando estasiata e lui sorridendo mi porge il sacchetto. Lancio qualche briciola e osservo i cuccioli di anatroccolo fare a gara per chi se l’aggiudica.
Quindi mi cade lo sguardo su un bellissimo cigno bianco che galleggia più avanti e col sacchetto di briciole corro in quella direzione per vederlo meglio. Masaya non mi segue, resta appoggiato alla staccionata di legno. Raggiungo il cigno che però non si avvicina molto alla riva, anche se gli lancio qualche briciola di pane.
«Qui, cigno bello, vieni!»
Quando finalmente si volta, noto per un attimo nei suoi occhi uno strano scintillio…
*SPLASH*
Mi volto in fretta al rumore di un fragoroso scroscio d’acqua e vedo Masaya bagnato fradicio, con le anatre vicine a lui che starnazzano all’impazzata.
«Aoyama-kun, va tutto bene?» corro da lui.
«Io… Non lo so, le anatre sembravano così tranquille poco fa, ma ad un tratto hanno schizzato acqua ovunque. Non credevo di averle disturbate» mi risponde, visibilmente scosso. Le anatre subito si calmano e si allontanano come se niente fosse e l’acqua del laghetto torna liscia e calma come prima.
Sembra davvero strano che si comportino così, e sono molto dispiaciuta che per la seconda volta Masaya si sia rovinato i vestiti, ma più che provare ad aiutarlo ad asciugarsi non posso fare.
Masaya addocchia una panchina esposta bene al sole e andiamo a sederci lì, un po’ imbarazzati per la strana situazione.
Dietro di noi c’è un grosso albero molto alto, dalle foglie verde scuro e piccoli fiorellini bianchi, che ci ripara dal vento. Masaya si accorge del mio sguardo estasiato rivolto alla pianta e sorride.
«Ti piace questo albero? È un ciliegio, sai? Alla fine della primavera fa questi piccoli fiori bianchi o anche rosa e poi in estate produce i frutti».
«Davvero? Che bello!»
Mi piace moltissimo quando Masaya mi parla della natura. Indico un altro albero fiorito poco lontano: «Anche quello è un ciliegio?»
«No, quello è un pesco» risponde lui paziente senza perdere il suo sorriso dolce.
«Oh, davvero? Come sei intelligente, Aoyama-kun, io non saprei riconoscere subito un albero così».
«Non ci vuole molto, basta leggere i libri giusti. Se vuoi ti posso insegnare qualcosa».
«Sarebbe bellissimo, grazie. Certo, ora mi piacerebbe poter prendere uno di quei fiori…»
Mi sporgo dalla panchina e provo a raggiungere un ramo del ciliegio, ma l’albero è grandissimo e sono tutti troppo alti.
Masaya mi ferma con tono paziente: «Non credo si riesca, mi dispiace. E poi non si dovrebbero strappare i fiori dagli alberi in primavera, non sono ancora pronti per staccarsi».
Ora sono a disagio, forse ha ragione lui, mi sento una stupida. «Sì… è vero, scusami…»
«Non c’è bisogno che ti scusi».
Si sporge in avanti verso il sole e si strofina la camicia ancora umida con le mani. «Credo che ormai possiamo andare, se non ti dispiace vorrei…»
Si volta verso di me, ma si interrompe. Mi guarda attentamente, con un’espressione strana…
Sento il viso farsi caldissimo e un forte nodo allo stomaco. È così vicino, è bellissimo
«Ichigo, hai…» inizia a mezza voce. Quindi allunga una mano verso il mio viso…
Ho caldo, ho i brividi, ho il cuore a mille!
E la sua mano si sposta alla mia destra, verso la tempia e mi tocca i capelli…
Quando la ritrae, regge un piccolo rametto verde con tre fiori bianchi del ciliegio sopra di noi.
«Come mai hai questo fra i capelli?»
Resto bloccata per un attimo tra le mie forti sensazioni.
«Io… io avevo… cosa?»
«Questi fiori di ciliegio» dice lui.
Esalo il respiro e sento gli ingranaggi del mio cervello ripartire. Avevo quel rametto tra i capelli. Non ne avevo idea, come ho fatto a non essermene accorta?
«Io davvero non lo so...»
Masaya alza leggermente le spalle e mi porge i fiori con un mezzo sorriso.
Sento un vento leggero sul viso, un odore lontano, ma familiare mi stuzzica il naso. Ho la sensazione che ci sia qualcosa di strano qui, ma di nuovo non noto nulla. Prendo i fiori dalla mano di Masaya e li metto nella borsa, avvolti in un fazzoletto.
 
Camminiamo sulla via del ritorno silenziosi. Masaya ha ancora la camicia umida e insisto perché vada subito verso casa sua senza prima accompagnarmi.
«Sei sicura?»
«Certo, Aoyama-kun, non ti preoccupare, ora l’importante è che tu stia bene e non ti prenda un raffreddore».
«Allora grazie, Ichigo… e scusami ancora per il pomeriggio… Io non so come siano successe quelle cose, spero di non averti messo troppo in imbarazzo».
«Ma no, davvero è tutto a posto».
Mi dispiace un po’ vederlo così imbarazzato.
Ci salutiamo e lui si allontana verso il suo quartiere, mentre io svolto dalla parte opposta per tornare a casa.
Non potevo certo dire qualcosa davanti a Masaya, ma inizio ad avere un certo sospetto riguardo alle cose strane che sono successe e a chi ne sia responsabile…
Svolto tra le villette del mio quartiere, i muri illuminati dal sole che tramonta. Si è alzato di nuovo il vento forte, che fa muovere tutte le cime degli alberi dei cortili. Ma non mi fermo, anzi accelero il passo e mi guardo alle spalle di continuo.
Passo in rassegna ogni momento del pomeriggio, ogni stranezza. Ma sì, non c’è dubbio, come ho fatto a non arrivarci prima? Accidenti a lui, Kisshu.
Prima ieri sera, poi oggi a scuola e adesso ha rovinato il mio appuntamento con Masaya. Sento che è qui da qualche parte, so che mi sta seguendo.
Ma ne ho abbastanza: non voglio incontrarlo. Non voglio che venga di nuovo a parlarmi, mi fa rabbia che si intrometta così nella mia vita.
All’ultimo angolo che giro prima della via di casa, il vento dà una sferzata improvvisa che mi scompiglia i capelli e per poco non mi solleva del tutto il vestito. Mi attacco alla cancellata di un palazzo con le mani strette tra le gambe a tenere la gonna e quando la raffica si smorza, noto uno dei nastri che avevo annodato nei capelli svolazzare via in alto nella direzione opposta.
Perdo definitivamente la pazienza.
«Devi lasciarmi stare, hai capito?!» grido senza pensare troppo alla direzione, a chi mi possa sentire, o al fatto che forse è impossibile anche per Kisshu controllare il vento.
«Lasciami in pace!»
Percorro di corsa gli ultimi metri senza fermarmi o voltarmi indietro fino a che non mi chiudo finalmente la porta di casa alle spalle.

 




 

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Capitolo 7
*** Quello che sai fare ***


Capitolo 6

Quello che sai fare

 
 
 
 
 
«Perché… Perché a me?!»
Cosa ho fatto di male per finire in questa situazione, cosa?!
Cammino avanti e indietro nella mia stanza a braccia incrociate con le unghie affondate nei pugni chiusi, dal letto, alla scrivania, alla porta, alla finestra… Ho lo stomaco in gola e il cuore a livello dell’ombelico, le gambe tremano all’impazzata e per non cadere continuo a muovere passi veloci uno dopo l’altro.
Come farò adesso?
Sbuffo rumorosamente.
Devo calmarmi, devo assolutamente calmarmi.
Mi fermo di colpo davanti allo specchio, soffio via la frangia dagli occhi.
La mia faccia esprime completo panico.
Nyaaaaah! Non riesco a calmarmi!
Mi volto e mi tuffo sul letto a peso morto.
«Perché deve capitare proprio a me??»
Sospiro. Affondo il viso tra le mani.
Deve essere un incubo. O un grosso scherzo di pessimo gusto.
Ci vediamo stasera alle undici.
Kisshu me lo ha detto così, candidamente, poi mi ha distratto e se ne è scappato come se niente fosse, prima che potessi dirgli che no, accidenti, non ci saremo visti ‘stasera alle undici’, neanche per sogno!
Esalo un miagolio basso e svogliato.
Kami-sama, povera me!
Ha fatto tutto lui, quel maledetto approfittatore, è colpa sua.
E adesso l’unica cosa che posso fare è restare qui sveglia ad aspettarlo. Non so se stesse scherzando o dicesse sul serio, quindi non posso andare a dormire e rischiare che venga davvero e non trovandomi faccia chissà cosa…
Mi giro sul letto un paio di volte, poi mi metto a pancia in su a guardare fisso il soffitto.
«Il risultato è che sto per essere rapita da un alieno e resto pure qui buona buona ad aspettarlo» sbotto rivolta al lampadario.
Insomma, io, Momomiya Ichigo, la leader della squadra Mew Mew, con la missione di sconfiggere gli alieni una volta per tutte, così da ritornare finalmente alla mia vita normale, sono sveglia ad un orario per me assurdo, perché il mio nemico numero uno potrebbe probabilmente presentarsi qui.
Sospiro.
«Sono una stupida…»
Minto mi prenderebbe in giro fino alla morte.
Mi alzo a sedere sul letto e osservo la finestra.
Più ci penso, più mi sfugge il momento preciso in cui è iniziata questa storia…
Cosa è cambiato?
Da quando ho smesso di trattare Kisshu come un nemico?
Da quando è diventato normare parlare con lui, farmi portare in giro per o tetti o in un bosco da lui?
Lasciare che si intrometta così nella mia vita…
Non so.
Magari sono ancora in tempo per mettere in chiaro le cose con lui e tirarmi indietro, dirgli che deve tornare tutto come prima e sistemare questo casino prima che sia troppo tardi.
Prima che se ne accorga qualcuno.
Mi adagio ancora sul letto e mi sfrego il viso tra le mani. Sento un formicolio ovunque, mentre lo stomaco è strettamente annodato. Sono talmente nervosa che non mi rendo neanche conto di quanto mi faccia male tenere la lingua così stretta tra i denti.
Tic tac, tic tac
Da questa posizione mi accorgo di avere l’orecchio fastidiosamente troppo vicino alla sveglia che ticchetta sul comodino.
Tre minuti alle 11, anche meno.
Non ho il coraggio di guardare di nuovo la finestra.
Sta venendo qui davvero.
Sono giorni che ho a che fare con Kisshu, che parliamo, lui è già venuto qui, è venuto pure a scuola, ma…
Qualcosa in me non accetta di abituarsi, non riesce a evitare di avere ancora un po’ di paura.
Insomma, che farà una volta qui, mi porterà via? E dove? E se non mi riportasse indietro?
No, non voglio più farlo!
Mi rannicchio nel letto e nascondo la testa tra le braccia.
È troppo pericoloso, Kisshu è pazzo e imprevedibile e io lo sapevo bene: potrebbe essere tutto un piano complicato che ha architettato per eliminarmi e io ci sto cascando in pieno!
Perché gli ho dato tutta quella confidenza ieri notte? Perché sono stata lì con lui sul tetto?? Perché accidenti l’ho seguito in quel dannato scavo?!
Due minuti.

Già, Ichigo, perché?
Infilo la mano sotto il cuscino e raggiungo con le dita il mio ciondolo.
Come una vibrazione, mi sembra di percepire il suo potere lungo le dita, sul braccio, fino al petto…
Il gatto Iriomote mi guarda in silenzio. Si china in agguato, silenzioso e aggraziato, con i muscoli in tensione. Gli occhi gli brillano. Muove lentamente la coda, pronto a saltare all’attacco.
Siamo una cosa sola mentre mi trasforma e la sensazione che mi dà è fantastica. Ho voglia di provarlo, di scoprirlo ancora di più, mi sono sentita così forte!
Il problema è che c’è di mezzo Kisshu. È lui che ha visto queste cose, è lui che mi trascina su questa strada…
Sospiro.
Insomma, se avesse voluto rapirmi, avrebbe potuto farlo in tutte le altre occasioni che gli ho dato.
Mi siedo sul letto, decisa a controllare tutte le emozioni. Rilasso le spalle, esalo il respiro.
Calma. Sangue freddo. Posso farcela.
Non importa cosa farà Kisshu, io sono Mew Ichigo, la più forte della squadra.
Se vorrà portarmi in qualche altro posto strano a combattere, andrò con lui, ma gli terrò testa e mi concentrerò sul mio potere. Non mi lascerò ingannare dai suoi trucchetti.
Che venga pure. Non ho paura.
La lancetta dei secondi fa un ultimo giro. Quando arrivano gli ultimi scatti delle 22.59, trattengo il fiato senza avere il coraggio di guardare la finestra…

Ma le 23.00 arrivano e passano.
Sento solo il battito forte del mio cuore da qualche parte in gola. I ticchettii continuano.
È arrivato? Sta arrivando?
Stringo forte la coperta tra le dita. Inspiro profondamente l’aria e raccolgo tutto il mio coraggio per lanciare una veloce occhiata alla finestra.

Ok, libero.
Non sembra sia proprio lì davanti come l’altra notte, ma non sono sicura che non sia là fuori.
Altri ticchettii. E nulla.
In effetti, anche se Kisshu ha stabilito l’orario, non è proprio logico credere che davvero appaia all’improvviso alle undici esatte segnate dalla mia sveglia. Andiamo, non avrà nemmeno un orologio, figuriamoci se sa quando sono le undici sulla Terra!
Scrollo forte la testa per spezzare la tensione. Quindi mi alzo dal letto con improvvisa iniziativa e vado a grandi passi alla finestra, la apro e mi sporgo fuori. Nulla.
Nulla sulla strada, sui tetti delle case di fronte, sui lampioni – quei posti comodi che piacciono agli alieni – nulla.
Resto a guardare fuori per un altro intero minuto.
Nessun segno.
È in ritardo.
Non ci posso credere, è davvero in ritardo.
Nel viale non si muove una foglia. Il solito cielo della città con pochissime stelle visibili sovrasta le villette, lontano si intravede l’alone giallastro proveniente dai quartieri più attivi di notte.
Nessuna luce aliena, nessun essere volante in giro.
Tic tac
Comincio a intuire come si sentono le mie amiche o Masaya quando io arrivo in ritardo…
Vado a sedermi alla scrivania. Meglio non stare qua imbambolata ad aspettarlo.
La mia faccia tirata dalla stanchezza mi guarda dallo specchio.
Se non viene significa che posso andare a dormire?

«Ma tutto questo rosa non ti stufa dopo un po’?»
«AAAAAAAHHH!»
Grido e sobbalzo così forte che la sedia si ribalta all’indietro e cado distesa sul pavimento sbattendo la testa.
Kisshu si alza ridacchiando dal mio letto, su cui si è materializzato e si avvicina senza fretta fino a trovarsi in piedi di fronte a me.
«Inizio a pensare che l’equilibrio non sia il tuo forte, Koneko-chan… Ti succede sempre o solo quando ci sono io?»
«Stai zitto» gli sibilo a denti stretti alzandomi sui gomiti e stringendomi il capo tra le mani.
Kisshu schiocca la lingua divertito, quindi si volta senza nemmeno aiutarmi ad alzarmi e senza tanti complimenti si mette a gironzolare nella mia stanza, guardando e toccando le mie cose con aria curiosa.
Mi tiro in piedi, metto a posto la sedia e lo osservo pensando a come muovermi ora che è qui.
Davvero qui.
Molto più ‘qui’ di quanto mi aspettassi in realtà, è proprio in camera mia, ha saltato direttamente la parte del bussare alla finestra. Ma come gli è venuto in mente?
Lo tengo d’occhio mentre osserva tutti gli adesivi, i disegni e i biglietti che ho attaccato alla cornice dello specchio. Quindi solleva per un piede uno dei miei peluches.
«Certo che ve ne inventate di cose voi umani...»
«Non toccare!» scoppio, più per la tensione che altro e glielo tolgo di mano.
«Ehi, ehi, calma, micetta, ma cos’hai stasera che scatti come una molla?»
Sbuffo. La tentazione di buttarlo fuori da camera mia e mandare tutto a monte come ho pensato prima, è forte.
Ma allo stesso tempo, adesso che è qui, c’è la concreta possibilità di andare davvero a fare un allenamento in qualche altro strano posto… Possibilità che mi incuriosisce e mi preoccupa.
Decido di tirare fuori le unghie fin da subito.
«Innanzitutto non ti ho dato il permesso di venire qui, soprattutto di apparire all’improvviso dentro la mia stanza».
Kisshu soffoca a stento un’altra risata.
«Questo tono sostenuto non ti si addice per niente, gattina, ti preferisco quando arrossisci».
«Io uso il tono che mi pare, e ti dico che ti stai prendendo un po’ troppa confidenza!»
«Ecco» ghigna Kisshu indicandomi lo zigomo che di sicuro è color pomodoro. «Intendevo proprio questo».
Perdo la pazienza.
«Ma come puoi pretendere che io ti dia retta, se invece di rispondermi fai sempre così?!»
«Beh, dato che sono qui, è quello che stai facendo…»
«Va bene, allora vattene» sostenendo fermamente il suo sguardo, gli indico la finestra.
Kisshu sorride guardandomi con le palpebre socchiuse, quindi si avvicina di un passo facendomi rabbrividire vistosamente.
«No, non credo proprio che me ne andrò».
«E… perché?»
«Perché so che stasera saresti venuta con me, anche se ti stai comportando in un modo così insopportabile da farmi quasi passare la voglia di portarti».
Arrossisco e mi limito a guardare per terra con il labbro stretto tra i denti, senza trovare niente di adeguato da rispondergli.
«Non ti fidi di me, vero?» insiste lui dopo qualche secondo, inclinando la testa per incontrare il mio sguardo, che senza esitare gli nego girandomi dall’altra parte.
«Mi metti a disagio» inizio fermamente dopo un lungo respiro. «Non mi fido di te perché sei il mio nemico e non so mai cos’hai in mente».
«Che parolone…» ride piano lui. Non lo guardo, ma lo sento stranamente sospirare piano. «Allora, Koneko-chan» si avvicina. La gola mi si annoda forte. Con la punta del dito mi scosta una ciocca di capelli da davanti agli occhi e inevitabilmente incontro i suoi.
«Se vuoi sapere cosa ho in mente, bastava chiedere. Vediamo… Neanche questa volta ho intenzione di portarti via da questo pianeta, credo di avere ancora qualche faccenda da sistemare e soprattutto ti avevo promesso che avremmo curiosato un po’ più a fondo nelle tue abilità. Quindi stasera ho preparato qualcosa che fa giusto al caso nostro... Se non sbaglio, ieri ti sei divertita…»
Deglutisco.
Non arrossire. Non arrossire. Non arrossire.
Cerco di mantenere l’espressione ferma, ma non credo di riuscirci come prima allo specchio.
Ci fissiamo nel silenzio per qualche secondo in cui non so se o cosa rispondere. Ma soprattutto non sto respirando. Finché Kisshu non lo rompe scoppiando a ridere.
«Niente da fare, non vuoi proprio rilassarti. Avanti, sei pronta?»
Si allontana da me ridendo e si appoggia al muro accanto alla finestra.
Mi riscuoto voltandogli le spalle e insulto mentalmente la mia vulnerabilità emotiva.
Va bene, Ichigo. Ti ha rassicurato. A modo suo. Ma sembra sincero almeno su questo.
E se prova a ingannarti ti trasformi e gli spari addosso uno Strawberry Surprise.
Senza guardare Kisshu né pensare più a nulla, afferro il ciondolo Mew Mew da sotto il cuscino e me lo infilo in tasca. Quindi indugio guardando il cellulare sul comodino, con Masha – preventivamente spento – attaccato.
«Dai, lascialo, chi vuoi che ti chiami a quest’ora?» dice Kisshu alzando gli occhi al cielo. «Quello smidollato del tuo fidanzato sarà bello che a dormire… o si starà documentando su come comunicare correttamente con le anatre…»
«Non ti azzardare a parlare così di Masaya!»
«Altrimenti?» solleva un sopracciglio con noncuranza.
Gli lancio di nuovo fiamme dagli occhi.
Credevo che non esistesse nessuno più bravo di Shirogane a farmi perdere la pazienza, ma qui si esagera.
«Ascoltami bene, Kisshu. Vuoi venire qui, vuoi parlare, vuoi combattere, mi sta bene. Ma non intrometterti negli affari miei».
Mi mordo l’interno della guancia in tensione. Sono soddisfatta di tenergli testa e non abbassare lo sguardo davanti al suo, ma una parte di me si è ricordata all’improvviso con chi ha a che fare e sta pregando che Kisshu non tiri fuori un pugnale e mi uccida in questo istante.
Non so se mi abbia capito, sembra assorto in non so quali pensieri guardandomi. L’omicidio per ora non sembra uno di questi. Quando fa così sarei curiosissima di saperlo leggere meglio.
Dopo altri interminabili secondi di stallo, Kisshu dal nulla riapre il sorriso arrogante.
«Non ti chiederò un’altra volta se sei pronta, bambolina».
«Smettila di-... Aaaahhhh!» sto per rispondergli a tono, ma lui, materializzato in un attimo di fianco a me, è più veloce: mi tira su di peso mettendomi un braccio dietro la schiena e ci solleva da terra costringendomi pure a stringergli le braccia al collo per non cadere.
Il vento del teletrasporto ancora una volta copre il mio urlo e la mia stanza sparisce in una luce bianca.
 
 
~ Take me
Ta ta take me
Wanna be your victim
Ready for abduction

 
 
Non appena ci materializziamo, Kisshu di colpo molla la presa e mi lascia brutalmente cadere a terra.
«Ehi! Che modi!» gli grido.
Lui subito si alza in levitazione e ridendo come un bambino, si allontana indietreggiando.
«Torna, qui, adesso ti faccio vedere io!»
Senza neanche guardarmi intorno, mi alzo e gli corro dietro, ma nella foga inciampo e cado scompostamente in avanti sul cemento duro.
Solo quando sento un vento forte soffiarmi in faccia, stranamente dal basso, realizzo il luogo in cui ci ha portati.
Un altro grattacielo.
Per la precisione, il bordo del tetto di un grattacielo, senza sbarre di sicurezza.
E pochi centimetri tra il mio naso e il vuoto. Siamo in altissimo. Intorno a noi ci sono altri grattacieli, torri e palazzi a perdita d’occhio, tutto immerso nel buio della notte.
Indietreggio freneticamente a rasoterra finché arrivo a toccare con la schiena contro un comignolo. Kisshu, tranquillamente sospeso in volo oltre il bordo, sembra in preda ad un attacco isterico di risate.
«Dovresti vedere la tua faccia, sei un vero spasso, Koneko-chan!»
«Non è divertente, smettila!» strillo stizzita rialzandomi.
Ma lui rincara la dose: «Oh, invece sì, non ho ancora fatto niente e tu sei già una furia».
Ruggisco internamente di rabbia, ma non rispondo. Ricorda, Ichigo, calma.
«Ogni volta ti scaldi tutta per qualche piccola provocazione, rendi tutto troppo invitante» continua lui asciugandosi gli occhi dal ridere.
Odio quando si prende gioco di me. Ma… prima di arrabbiarmi, voglio capire cosa vuole fare, perché siamo qui. Non devo cedere, altrimenti cadrò in pieno in qualcuno dei suoi trucchetti.
Mi alzo esalando il fiato.
«Ti avverto Kisshu, stavolta non ti lascerò fare quello che ti pare».
«Tsk, certamente…»
Si siede a gambe incrociate nell’aria e si gratta la testa, fingendo un grosso sforzo mentale.
«Vediamo, cosa potrei mettere in palio stavolta? L’incolumità di una delle tue amichette? Magari il tuo ridicolo fidanzato, oppure, perché no? Quell’altro umano biondo che ti sta sempre dietro, vedessi come ti guarda…»
Queste sue parole hanno l’effetto di un soffio preciso e mirato sulla brace della mia rabbia, accendendola all’istante fino a cancellare ogni proposito di rimanere calma.
«Questa me la paghi».
Tiro fuori il ciondolo e mi butto a capofitto nella luce del suo potere, lascio che mi avvolga e che scorra in me, finché Mew Ichigo atterra in equilibrio sul bordo del grattacielo, fronteggiando Kisshu – purtroppo fuori portata –  con la Strawberry Bell in guardia.
«Troppo facile…» ridacchia lui a bassa voce. Quindi alza un braccio e nella sua mano compaiono molte, troppe, familiari luci dei para-para.
«Ehi, che vuoi fare?»
Domanda inutile, so esattamente cosa vuole fare. Ma non vedo animali o piante intorno a noi, tantomeno esseri umani, per fortuna, quale specie di chimero vorrà…
«FUSIONE
Seguo con lo sguardo le piccole meduse aliene sfrecciare verso una ciminiera del palazzo e tuffarcisi dentro.
Kisshu sale ancora più in alto levitando e si mette a guardare la scena in attesa. Magari potessi attaccarlo e basta… ma perché mi provoca se poi si allontana? Codardo…
Pochi attimi e le mie orecchie si riempiono dell’orribile rumore di tantissime piccole zampe e unghie che si arrampicano frenetiche.
Ed ecco che il buco della ciminiera si illumina di rosso.
Strawberry Bell alla mano.
Se è questo che vuoi, Kisshu, allora ne vedrai delle belle.
Con dei versi assordanti, dalla luce rossa esce un enorme topo nero, con gli occhi gialli e le zanne sporgenti affilate. E dietro di lui un altro, brutto e grosso quanto il primo e un altro ancora dietro, altri tre, cinque, dieci si affollano su buona parte dello spazio del tetto. Appena uno dopo l’altro mi puntano gli occhi luminosi addosso, iniziano a corrermi contro come delle furie.
«Ribbon Strawberry Check!»
Strillo il mio attacco e uso la luce come scudo per rallentarli e saltare via, qualcuno già svanisce in una nuvola di luce, ma altri mi sono subito addosso. Giro su me stessa facendo roteare la mia arma e frustando con la coda, colpisco disgustata a calci e pugni gli orrendi chimeri che mi circondano da ogni parte e come se non bastasse ne escono altri dalla ciminiera.
Odio i topi.
Combatto furiosamente illuminando con i miei attacchi questa orribile marea di bestiacce, salto e balzo da un comignolo all’altro per schivare i loro artigli e colpirli veloce in ogni direzione, facendoli saltare via in piccole esplosioni di luce. Ma sembrano non finire mai.
Salto da una ciminiera al bordo del grattacielo, atterro sulle punte e fendo l’aria con la coda, colpendo due topi e scagliandoli via nel vuoto.
Con una serie di calci mi faccio strada nel mucchio, parando i morsi e le unghie, finché i chimeri iniziano ad aggrapparsi con i denti ai miei stivali e al vestito
Che schifo, che schifo!
Salto in capriola all’indietro per cercare di scrollarmeli di dosso e stringo forte la Strawberry Bell per volare più in alto col suo potere. Una ventina di paia di occhi famelici rimasti mi guardano impazienti da sopra le zanne sbavanti…
Ribadisco, sono un gatto, odio i topi.
Specie se sono chimeri di Kisshu.
Nel salto lancio una veloce occhiata all’alieno, sempre là fermo a guardare. Incontro il suo sguardo compiaciuto e lo vedo sorridere.
Ma bravo, Kisshu, stai pure lì comodo a ridacchiare, non ti disturbare a scendere. Dopotutto quella che sta facendo fatica sono io!
Adesso guarda cosa so fare.
Prima di toccare terra, carico la luce colorata a spirale e la concentro nella Strawberry Bell.
«Ribbon Strawberry Surprise!»
Il mio colpo polverizza a 360 gradi quasi tutte quelle bestiacce, quindi atterro acquattata sulle ginocchia e dopo un paio di calci, gli ultimi topi finiscono a cadere giù dal palazzo.
… Respiro.
È un po’ strano non vedere Masha aprire la bocca per catturare i para-para e invece vederli volare lentamente di nuovo verso la mano di Kisshu.
Quest’ultimo rimane al suo posto fuori dalla mia portata, con un’indecifrabile strano sorrisetto in viso.
«Devi proprio tenere un sacco al tuo amico biondo per esserti impegnata così per lui… potrei quasi diventare geloso…»
Ichigo, trattieni quel rossore!
«Ma piantala, Kisshu, è tutto qui quello che sai fare?».
Le sue battutine non valgono neanche il mio imbarazzo. E in effetti mi aspettavo una sfida forse un po’ più dura di questa.
«Secondo te è tutto qui?» fa lui mellifluo. Nel buio i suoi occhi alieni brillano in modo sinistro, quasi come quelli dei chimeri.
Una leggera tensione mi scorre lungo la coda.
«Sei così sicura di te, Ichigo» sussurra con un sarcasmo tagliente. «Così abituata a vincere grazie a pochi assaggi del tuo potere o alla fortuna… questo ti rende ingenua e vulnerabile».
Stringo i pugni nei guanti. Lui continua.
«Ma io ti vedo, sai? Perdi il controllo subito, cadi facilmente nei diversivi, non ragioni sulla partita… Sei avventata, è uno dei tuoi punti deboli. Specie quando sono coinvolti i tuoi amici…»
Una punta di irritazione mi si insinua veloce in testa.
Kisshu va avanti imperterrito a voce calma e glaciale.
«Però adesso siamo noi due soli. Non ci sono stupidi terrestri da salvare, non c’è il tuo capo a darti ordini, i minuti contati o le vostre ridicole missioni da compiere. Questo posto risponde a me. Qui non verranno le tue amichette ad aiutarti, né quel buffone del tuo cavaliere con la spada. Mi hai seguito qui. Fammi vedere qualcosa di più di quello che ho già visto».
Lo ascolto stringendo i pugni.
Kisshu non aspetta una mia risposta, lancia in aria due palline di luce e le fa esplodere nel cielo. Tra le scintille appaiono due creature, che subito spalancano delle enormi ali e calano in picchiata su di me veloci come proiettili. Chimeri-uccello enormi, blu e verdi, con gli occhi luminosi e due paia di zampe con artigli che non promettono niente di buono.
Con rabbia do le spalle a Kisshu, che rimane a debita distanza, ma le sue parole risuonano potenti nella mia testa.
Ingenua e vulnerabile.
Avventata.
Fortuna.
Punti deboli.
Ne ho abbastanza di sentire queste cose.
Carico di luce spirale la Strawberry Bell e gridando salto in alto per affrontare di forza l’attacco dei due nuovi chimeri.
Paro le beccate, evito i primi colpi d’ala e di artigli, i loro versacci assordanti mi trapanano i timpani.
Tocco terra e calcio forte un chimero sul collo lungo, facendolo indietreggiare lontano e gridare tanto forte da dovermi tappare le orecchie.
Intanto l’altro mi attacca col becco e le zampe, svolazzando veloce con le grandi ali blu. Rispondo a pugni, a gomitate, incasso tagli, botte e strappi al vestito da Mew Ichigo.
Con la coda dell’occhio vedo il primo chimero rialzarsi e prepararsi di nuovo alla carica. Si mette male.
Giro su me stessa per uscire dalla portata del secondo, che non smette di sferrarmi attacchi, quindi salto indietro e con rabbia gli sparo addosso uno Strawberry Check.
Poca potenza, troppa fretta, non prendo bene la mira: colpito all’ala. Cade lontano dall’altro lato del tetto, ma non si dissolve.
Accidenti.
In pochi secondi il primo chimero-uccello mi è di nuovo addosso, arruffato per il calcio e più arrabbiato che mai. Mi difendo di forza, paro i suoi colpi, li incasso, e intanto provo a pensare… devo avere il tempo di caricare l’attacco in modo che sia definitivo, altrimenti è tutto inutile.
Il chimero si solleva di nuovo in aria per colpirmi con l’ennesima artigliata. Alzo il braccio e mi abbasso in ginocchio, ricevendo in pieno le sue unghie affilate sulla pelle. Il dolore è quasi insopportabile, ma resto lucida quanto basta per cogliere la mia occasione: dal basso carico un calcio mirato e preciso al suo ventre che lo fa cadere con un versaccio di dolore.
Piena di adrenalina salto in aria e giro su me stessa assaporando tutto il potere che si raccoglie a onde colorate nella mia arma.
Lo aspetto.
Lo riempio di tutta la forza che riesco.
E lo rilascio.
«Ribbon Strawberry Surprise!»
Il raggio di luce esce forte, bianco e di tutti i colori, grande e potente come raramente l’ho visto e colpisce il chimero diritto nel petto spingendolo oltre il bordo del palazzo per parecchi metri prima di farlo esplodere in tante scintille blu.
Wow.
Prendo fiato.
Ma il verso insopportabile del chimero rimasto mi ricorda che la battaglia non è ancora finita.
Mi volto euforica, ma sforzandomi di restare concentrata, entro in connessione con il potere Mew.
Il chimero corre avanti impazzito, corro anch’io, corre il gatto Iriomote, corrono due bestie feroci una contro l’altra.
Una delle due è il predatore.
Come se il tempo rallentasse, salto quasi volando e calcio in avanti, investendo il chimero con tutta la mia forza e infine spedisco anche lui a cadere nel vuoto oltre il limite, distrutto. 

Cado in piedi e tiro un lento respiro, ma l’adrenalina è ancora alta, il cuore mi batte all’impazzata e ho uno strano formicolio in tutto il corpo. Mi guardo a rallentatore le mani tremanti, illuminate debolmente di bianco.
Dietro di me avverto lo sguardo penetrante di Kisshu. Non lo guardo, devo rilasciare la tensione.
Sento la testa leggera, la svuoto di ogni pensiero.
Respiro profondamente.
E lentamente faccio caso alla pace e allo strano silenzio che regna intorno. Tantissimi altri palazzi si estendono a perdita d’occhio intorno al nostro, condomini residenziali e torri moderne dalle forme affusolate, la sagoma nera della torre più alta di Tokyo, che di giorno è bianca e rossa.
Eppure nessuna finestra è illuminata. Mancano tutte le insegne luminose, né arrivano i fari del traffico da terra. Tutto spento.
Solo una luce leggera e fredda illumina soffusamente tutto intorno.
Stelle. Alzo gli occhi. Tantissime stelle riempiono il cielo di un nero profondissimo, senza neanche una nuvola. Lo invadono a macchie, a onde, a scie, addensate e isolate, innumerevoli come non credevo fosse possibile. Non ho mai visto il cielo così.
Kisshu aspetta in silenzio fermo a mezz’aria a braccia conserte. Ho la piacevole sensazione di averlo zittito a dovere. E mi sento bene, sì, dopo aver sconfitto i chimeri in quel modo, sento di avere una bella dose di sicurezza in più, non mi importa di essere ferita e ammaccata un po’ ovunque.
Sorrido a questo cielo, lasciando rallentare il battito.
«Stai imparando».
Il suo tono compiaciuto mi fa uno strano effetto lusinghiero.
Voglio approfittare di questo momento per capire qualcosa di più, magari ora mi tratterà alla pari, invece che prendersi gioco di me e sballottarmi dove decide lui col teletrasporto.
«Siamo a Tokyo, non è vero? Ma dove sono le luci? Non c’è nessuno?»
Kisshu esita un attimo prima di rispondermi, quindi decide di scendere dalla sua posizione e lentamente atterra vicino a me, guardando a sua volta il cielo. Averlo vicino così come se niente fosse è ancora strano.
«Diciamo che è un esperimento. La vostra stupida città non si spegneva mai» dice sollevando un angolo della bocca.
Resto un attimo in silenzio. Capisco quello che intende. Il cielo di Tokyo di sera è violaceo, perché le luci artificiali e l’inquinamento nascondono le stelle. Ho sentito spesso Masaya lamentarsene triste.
«Quindi il nostro cielo sarebbe così senza le luci della città di notte?»
Guardo Kisshu in attesa. Lui fa uno strano sorriso storto.
«Beh, non esattamente…»
Con un dito esile indica davanti a noi: una scia in particolare, sottile e azzurrognola attraversa il cielo e si perde verso l’orizzonte.
«Quella la conosco, è la Via Lattea!»
«Spiacente, Koneko-chan, io non conosco le stelle che vedete da qui, non le saprei riprodurre. Quella… è la Strada di Edra. Sai, si vede in estate, dalla mia città… Da piccoli ci arrampicavamo sulle montagne più alte per vederla bene, nelle notti in cui c’era almeno un pezzo di cielo scoperto…»
Aggrotto la fronte perplessa, non mi aspettavo che iniziasse a raccontare qualcosa in questo momento. «D-di chi?» chiedo in un sussurro, curiosa di sapere di più.
Kisshu ridacchia piano.
«Edra era una delle regine al momento dello sbarco su Tarsonis, dopo che i nostri antenati sono scappati da questo pianeta. Le storie dicevano che lei avesse pianto per tutto il viaggio e le sue lacrime fossero rimaste nel cielo in una scia. Perciò seguendo la Strada si poteva tornare a casa… cioè qui».
Lo ascolto con la bocca di colpo secca, senza osare interromperlo. La dolcezza con cui racconta mi sembra impossibile. In più immaginare lui che vive sul suo pianeta, a guardare le stelle con altri alieni, è… pazzesco.
«È… è bellissima» provo a intervenire, visto che lui non continua.
Kisshu mi guarda con il suo sorrisetto storto.
«Già, lo è. L’ironia sta nell’essere davvero venuti qui e aver visto che dalla Terra non si vede. E non era neanche lungo la rotta».
Kisshu si volta e si allontana di qualche passo, si stiracchia le braccia dietro la schiena e scrocchia le dita contro i palmi.
«Io… mi… dispiace» faccio un tentativo.
«E di cosa?» chiede voltandosi.
«Di… di questa storia. Insomma… deve mancarti molto il cielo che vedevi da casa tua» deglutisco sperando di non aver detto qualcosa che gli sembri stupido.
Kisshu mi guarda un attimo interdetto, quindi sorride. Quando non ci mette nulla di inquietante posso perfino ammettere che il sorriso gli addolcisca i lineamenti.
«Beh, Koneko-chan, magari un giorno lo vedrai anche tu».
Lasciandomi con un battito perso, Kisshu si volta e cammina sul tetto del palazzo allontanandosi un poco.
«Allora… Dove eravamo rimasti?» dice evocando i suoi tridenti e passandoli uno sull’altro.
Io ancora spiazzata non rispondo. Ci guardiamo un attimo esitando.
Nei suoi occhi giallo ocra fissi su di me passa lo scintillio riflesso dalle lame.
Deglutisco.
Va bene. Credo che la tregua sulle stelle sia finita. Avanti, Ichigo.
«Beh, tu finora ti sei rilassato».
L’odore di sfida arriva invitante.
Alzo fieramente la Strawberry Bell che brilla di luce bianca nelle mie mani.
Kisshu si morde il labbro con i denti affilati, alza i tridenti e li incrocia. Sotto la luce fredda, così pallido e con quegli zigomi affilati, sembra ancora più temibile e sinistro.
A volte mi fa ancora paura, è tutto così strano…
Ma voglio fargli vedere che so tenergli testa e che sono molto più forte di quello che crede.
Spero solo di non rimanerci secca.
«Fatti sotto».
«Quando vuoi tu, Koneko-Chan».
Brivido, carica.
Io salto in alto, Kisshu scende in picchiata: lo spazio tra noi si azzera.
Il cielo stellato si colora delle luci sprigionate dai nostri attacchi ad energia, l’aria si riempie delle nostre grida di battaglia e dei rumori dei nostri colpi.
Il vento si alza forte e potente all’improvviso e si mescola al nostro scontro: accompagna le nostre mosse, le devia, le potenzia, le contrasta, lo sentiamo sferzare e soffiare, ci voliamo dentro e fuori.
Kisshu combatte durissimo, forte come un leone e astuto come un serpente. Metto tutta me stessa per non essere da meno.
Siamo veloci, potenti, ci attacchiamo, schiviamo, pariamo e rispondiamo all’attacco, senza un attimo di respiro, senza risparmiarci. Ma lo stesso calcolo ogni mossa: non perdo mai l’attenzione sui miei e i suoi movimenti, che ormai inizio a conoscere e prevedere.
Kisshu fende il vento con una lama e io salto girando per evitarla, sfruttando la forza per un graffio, che gli arriva all’orecchio, un momento dopo vado a parare il suo calcio preciso con la Strawberry Bell e respingerlo con un breve colpo di luce. Spinto indietro, Kisshu fa una capriola, per poi lasciarsi raggiungere dal mio salto. Para con gli avambracci i miei pugni in volo e atterriamo insieme in piedi sul cemento, uno di fronte all’altro con il mulinello che impazza intorno a noi.
Siamo in perfetto equilibrio, assoluta parità.
Un’occhiata di un attimo e ci intendiamo.
Subito Kisshu alza le lame incrociate e luminose e me le punta addosso. Io alzo il la mia campanella che si accende di bianco e rosa, e le due energie opposte si schiantano in un boato esplosivo.
Resisto, tengo la presa a fatica, la vibrazione è incontrollabile, provo a non muovermi. Lo stesso fa Kisshu di fronte a me, stringe forte i sai e sprigiona tutta la loro energia.
Ancora una volta ci blocchiamo così, da avversari, mettendo tutta la forza che abbiamo nello scontro delle nostre armi. Mi sento forte, devo vincere, devo batterlo ad ogni costo, voglio dimostrargli quanto valgo.
Ringhio per lo sforzo.
E Kisshu improvvisamente alza gli occhi e li pianta su di me insistenti e affilati come sempre.
Ma stavolta mi spezzano il respiro.
Vacillo, stringo più forte la Strawberry Bell, provo a concentrarmi ancora sulla forza e sulla luce del mio potere. Eppure mi sento di non reggere il peso degli occhi di Kisshu.
Le emozioni crollano una sull’altra come un domino. E allo stesso tempo il mio potere ne risente, si fa confuso e vorticante.
Cosa mi sta facendo?
È davvero Kisshu a farmi qualcosa?
I suoi occhi sembrano volermi dire tantissime cose e allo stesso tempo tenermi tutto nascosto.
È perché… mi fa ancora paura? è perché mi incuriosisce?
Mi lega, mi attrae come una calamita…
Spingo più forte. Lui non abbassa lo sguardo, resiste.
Io sono sempre più instabile, le mie mani che tremano riflettono la confusione di pensieri che invade la mia testa.
Cosa sto facendo? Cosa significa tutto questo? Che senso ha scontrarmi con lui così in segreto? Lui è il mio avversario, siamo in guerra contro gli alieni, sono coinvolte altre persone! Le mie amiche, la mia famiglia, Masaya, tutta la città…
Perché mi sono legata a lui così?
Cosa sto facendo?
… e cedo.
«Aaaahh-!»
*TONF*
Vengo scaraventata in volo all’indietro e sbatto forte con la schiena contro un muro di cemento, il mio urlo si spezza di netto.
Scivolo a terra a peso morto senza respirare, tossisco dolorosamente e annaspo nel panico.
Solo dopo alcuni secondi riesco finalmente a inspirare bene l’aria fredda, sentendola pungente in gola. Insieme arriva tutta la percezione del dolore dello schianto.
Fa così male che sento le lacrime uscire e scorrermi sul viso.
Provo ad alzare il busto reggendomi sulle mani a terra.
Alzo poco gli occhi e noto Kisshu fermo sul tetto nel punto dove ci stavamo scontrando. Mi rendo conto di aver fatto un bel volo e in più inizio a sentire tutti i colpi che ho ricevuto nello scontro e che l’adrenalina prima aveva attenuato. Quella pioggia che guariva le ferite che Kisshu aveva messo nella dimensione della foresta ora mi farebbe comodo.
«Stai bene?» chiede lui.
Mi alzo in ginocchio più per sfida che per vera forza.
«Sì».
Non mi serve la sua pietà. Cerco di nascondere il dolore, mi asciugo sbrigativamente le lacrime e guardo per terra.
Realizzo che Kisshu mi ha battuta. Di nuovo.
Mi sento così arrabbiata… ero così forte, sono migliorata, l’ha detto anche lui… avrei potuto vincere.
«Cosa ti è successo?»
«Niente» arrossisco.
«Non è vero» fa lui rigirandosi i sai tra le dita.
«Ho detto niente!» ribatto con più veemenza del necessario.
«Va bene, va bene, chiedevo solo. Stavi andando bene…»
«Sta’ zitto!»
La frustrazione e il dolore si trasformano velocemente in rabbia e si incanalano come un fiume in piena verso di lui. Cosa accidenti vuole da me adesso? Non sono di certo qui per avere la sua approvazione.
«Gattina, perché non ti dai una calmata, almeno risparmiatelo per quan-…»
«Ribbon Strawberry Check!» grido puntandogli di colpo addosso l’arma e mirandolo con un grezzo getto di luce, perdendo del tutto la sopportazione.
Kisshu velocissimo si smaterializza e neanche un secondo dopo riappare a mezz’aria poco lontano, con i pugnali in guardia.
Lo guardo fissarmi arrabbiato, ho il respiro affannoso e sento di essere di nuovo sull’orlo delle lacrime. Non voglio che mi veda debole. Preferisco scaricargli addosso tutto quello che sento dentro.
A cominciare dalla crisi che ho in testa per colpa sua.
«Ehi, principessa, se vuoi continuare basta dirlo, non serve fare tutta questa scenata…»
«STAI ZITTO!!»
Mi avvento ancora una volta addosso a lui, saltando e sparandogli addosso una raffica di attacchi luminosi dalla Strawberry Bell, pieni di rabbia e di carica emotiva. Kisshu agilissimo li evita tutti volando e smaterializzandosi.
«Ne ho abbastanza!» strillo a pieni polmoni.
Kisshu mi compare accanto per assestarmi una gomitata nel tentativo di contrastare la mia furia.
«Non fraintendermi, Koneko-chan, non mi dispiace affatto quando ti scaldi, ma… ahi!»
Gli rispondo a calci negli stinchi.
«… Mi spieghi che diavolo ti prende?!».
«Ti odio!» Graffio a vuoto il vento nel punto in cui Kisshu si smaterializza. «Non ne posso più di questa storia!» Mi giro infuriata a fronteggiarlo dove è riapparso.
«Ci ho provato, ho provato a stare al tuo gioco, a combattere come volevi tu, ma lo stesso non ha senso!»
Gli tiro un paio di pugni e lascio che li devii. Kisshu smette di rispondermi, mi guarda e basta. Allora continuo a colpirlo alla cieca, avanzando, lui schiva e indietreggia gradualmente.
«Perché stai facendo tutto questo? Perché proprio adesso? Perché a me?!»
Kisshu si sposta di lato per scansarsi dal mio ennesimo calcio.
«Per te è solo un gioco? Vuoi rovinarmi la vita? Si può sapere cosa vuoi da me?»
Kisshu fa un altro passo indietro, quindi afferra con la mano il pugno in rovescio che gli sto tirando e me lo trattiene forte tra le dita.
In un attimo ci blocchiamo immobili e faccio caso al vento forte che ci circonda in tutte le direzioni.
Siamo arrivati sul bordo.
Io ho il fiatone e il viso bagnato di lacrime. Non mi importa più di fissarlo dritto negli occhi.
Kisshu mi guarda impassibile, stringendomi così forte il pugno da farmi male.
...
«Voglio che ti fidi di me».
In un istante Kisshu si lancia all’indietro trascinandomi con lui e cadiamo insieme giù dal grattacielo, nel vuoto, in balìa delle raffiche di vento che infuriano, così forte, così veloce da sentirmi tirata e schiacciata da ogni parte.
Grido di terrore stringendo istintivamente il suo collo.
Kami-sama, è la fine. Sto per morire schiantata a terra per colpa di questo stupido, odioso, impulsivo alieno.
Cadiamo ancora, così a lungo che mi sembra di essere immobile sospesa dall’aria.
Non voglio guardare giù, non voglio! Pianto le unghie nelle spalle di Kisshu e chiudo gli occhi…
…un momento.
Li riapro in un lampo di lucidità.
«Kisshu!» gli urlo con tutto il fiato che ho. «Tu sai volare! Fa’ qualcosa!»
Kisshu che è rimasto stranamente calmo, quasi si stia godendo il panorama, mi lancia un’occhiata da dietro la frangia scompigliata dal vento e stringe la presa che si è inspiegabilmente arrogato intorno ai miei fianchi.
Sorride.
«E se invece lo facessi tu?»
Mi blocco. «C-cosa… io…?»
Kisshu guarda distrattamente verso il basso. «Già. E in fretta, direi».
È impazzito, non c’è altra spiegazione. Guardo anch’io in basso per una frazione di secondo. Si vede il suolo buio. Si sta avvicinando. Kami-sama, non può essere vero… Guardo di nuovo Kisshu, siamo così vicini e così stretti l’uno all’altro che se non fossimo in questa situazione sarei già morta per la vergogna.
Lui mi guarda, senza arroganza o sfida. Alza un angolo della bocca e indica con la testa la mia Strawberry Bell.
Non ho più tempo di pensare al fatto che sia una completa follia.
«Ribbon Strawberry Surprise!»
La luce del potere di Mew Ichigo ci avvolge abbagliante e calda come un fuoco, tagliando fuori in un attimo il vento freddo e sferzante. L’energia scorre così potente che la sento attraverso tutto il corpo, dal braccio che tiene la mia arma stretto alla schiena di Kisshu fino alla punta della coda. Vedo le spirali colorate intorno a noi girare vorticose e instabili, fino a coprire tutta la visuale della città buia intorno. Lo sforzo per controllare tutta questa energia è immenso, ma so che non posso cedere, altrimenti è la fine.
E piano piano tutto si calma. Cessa il rumore del vento, la sensazione viscerale della caduta e la sfera di energia si stabilizza bianca e luminosa intorno a noi.
Fino a che atterriamo dolcemente sdraiati a terra su un tappeto di erba umida.
 
 
~ Boy you’re an alien
Your touch so foreign
It's supernatural
Extraterrestrial

 
 
 
Sono esausta, tengo gli occhi serrati. Non posso credere che ci siamo salvati.
«Beh, Koneko-chan…» dice Kisshu respirando profondamente. «Devo ammettere che non mi hai deluso».
Vorrei rispondergli di stare zitto o andare al diavolo, ma ho la bocca troppo secca. Lo sento schioccare le dita e un vento leggero ci accarezza facendo muovere i fili d’erba.
Appena socchiudo gli occhi, vengo subito investita da una pioggia di luci giallastre che mi sembrano accecanti. Il cielo notturno violaceo è di nuovo quello di sempre nella reale Tokyo, senza stelle, ma con gli aloni dei grattacieli, delle auto e delle insegne luminose di ogni colore.
Kisshu seduto accanto a me sul prato di uno dei tanti parchi del quartiere, si sistema la maglia e si tasta qualche ammaccatura.
«Era proprio come pensavo: i patetici umani che ti hanno dato quella roba non hanno idea di cosa stavano maneggiando e delle potenzialità che aveva…»
Si alza in piedi ridacchiando. Io rimango immobile ad elaborare lentamente di essere ancora tutta intera e di nuovo nella dimensione terreste. È finita.
Kisshu mi porge una mano per aiutarmi ad alzarmi. «E lo hanno messo in mano a cinque ragazzine a caso».
«Per tua informazione,» ritrovo la voce, punta sull’orgoglio. Ma lo stesso accetto la sua mano senza pensarci troppo. «Non ci hanno scelte a caso, abbiamo il DNA che può combinarsi con quello degli animali Red Data».
«Ma davvero?» risponde sarcastico tenendomi le dita tra le sue per qualche attimo di troppo. «Beh, comunque sia, si è fatto tardi, gattina, devo proprio andare. E ancora complimenti per come te la sei cavata, vorrà dire che la prossima volta alzeremo il tiro…» mi posa un bacio veloce sul guanto, quindi si volta e fa per andarsene.
«Ehi, aspetta, non mi riporti a ca-…»
Qualcosa di molto veloce arriva di corsa da dietro di me, ringhiando arrabbiato, mi supera con un salto e si avventa addosso a Kisshu facendo roteare un’enorme spada scintillante. Kisshu fulmineo si gira e para il colpo di spada con i tridenti incrociati.
«Stai lontano da Ichigo, alieno! Se le fai del male dovrai vedertela con me».
Ao no Kishi, con i suoi lunghi capelli biondi e il mantello scuro, punta verso Kisshu sia la spada che il suo sguardo glaciale.
Sbarro gli occhi nel panico. Kami-sama, cosa cavolo faccio adesso?!
«Se la metti così, allora credo che io e te ce la vedremo molto spesso…» risponde Kisshu per nulla intimorito dalla minaccia.
Ao no Kishi stringe lo sguardo e strattona la spada, liberandola dalla presa dei sai e mettendosi in guardia davanti a me. Kisshu si sposta indietro levitando. Squadra il cavaliere incuriosito, quindi guarda me, che sto in piedi alle sue spalle senza parole, senza sapere cosa fare. Non volevo che qualcuno si accorgesse delle mie uscite con Kisshu, in più non ero neanche in pericolo. Non negli ultimi trenta secondi almeno.
«Vediamo se ho capito bene, Koneko-chan: questo pallone gonfiato ti individua e si precipita ovunque tu sia per salvarti? Le sorprese stasera non finiscono mai…» dice dopo un attimo di riflessione.
«Io arriverò sempre a proteggerla, questo è il mio compito, il mio destino» risponde il cavaliere.
Li ascolto senza capire, nella confusione più totale.
Kisshu fortunatamente decide di chiudere questo imbarazzante spettacolo.
«Non ti preoccupare bamboccio, ora è tutta tua, me ne stavo giusto andando. Ho tutto quello che mi serve. A domani bambolina» mi lancia un occhiolino ghignando e si smaterializza via.
Una leggera e insolita sensazione di vuoto mi attraversa uno spazio imprecisato sotto lo stomaco, ma svanisce in fretta.
Ao No Kishi si volta e corre da me per aiutarmi ad alzarmi.
«Sei ferita? Ti ha fatto del male?» Il suo tono è dolce, come sempre, ma si sente l’apprensione. Mi avvolge tra le sue braccia e mi dà una sensazione di calma e calore molto piacevole.
«Sì, grazie, è tutto a posto» arrossisco nel guardarlo direttamente negli occhi. Chissà cosa ha sentito, spero non si sia fatto strane idee…
«Adesso ti riporto a casa, è molto tardi. Come mai eri qui con lui?»
«Io… ecco, lui…»
Accidenti, ora che gli dico?
Per fortuna non sembra volere davvero una mia spiegazione e riprende.
«Se sarai in pericolo, io verrò sempre per proteggerti, sono nato per questo».
Annuisco, rossa come una fragola, stretta al suo collo, incapace di aggiungere altro. Ao no Kishi, tenendomi in braccio si avvia veloce a grandi salti sui tetti verso il mio quartiere.






 
Sono tornata – o meglio, non me ne sono mai andata, ma sono lentissima a scrivere e non volevo postare fino a che la storia non avesse avuto di nuovo una forma salda e un percorso preciso da seguire. Insomma, ora ci siamo ;) spero per chi sia arrivato fino a qui che il capitolo vi sia piaciuto e soprattutto che vi abbia emozionato a sufficienza per avere voglia di sapere cosa succederà dopo…
<3



 
 

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