Neach Gaoil

di fearlesslouis
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Koi no Yokan ***
Capitolo 2: *** Kilig ***
Capitolo 3: *** Mamihlapinatapei ***
Capitolo 4: *** Yuanfen ***
Capitolo 5: *** Iktsuarpok ***
Capitolo 6: *** Forelsket ***
Capitolo 7: *** Mo Chuisle Mo Chroí ***
Capitolo 8: *** Cafuné ***



Capitolo 1
*** Koi no Yokan ***


«Koi no Yokan (japanese): when you meet someone and know you are destined to fall in love.»





 

 

 

 

 

Harry non ha capacità straordinarie. 

 

È abbastanza bravo a scuola, certo, ed è in grado di prendere bei voti anche senza trascorrere pomeriggi interi sui libri. 

 

Ha una passione per la cucina, e benché adori sperimentare di tutto, sua madre dice che i dolci gli vengono particolarmente bene. 

 

Gemma, invece, lo obbliga spesso a cantare durante i piccoli eventi che le piace organizzare ogni tanto, di quelli all'aria aperta con i buffet e i bambini che scorrazzano ovunque. Afferma che abbia una bellissima voce, e che dovrebbe candidarsi per le audizioni di X Factor. 

 

Ma nonostante cantare lo diverta, e studiare a volte sia interessante, e cucinare risulti spesso divertente, Harry preferisce la fotografia. 

 

Sa che è quella la sua strada, ed è consapevole di essere bravo. La macchina fotografica è la sua migliore amica. Si sente al sicuro, dietro il suo obiettivo. Certo di star facendo qualcosa di buono, sicuro di avere del talento.

 

Se c'è una cosa in cui fa schifo, invece, quella è senza ombra di dubbio l'equilibrio. 

 

Talmente schifo che il professore di ginnastica, il professor Watts, sembra perdere dieci anni di vita ogni volta che lo vede entrare in palestra, e gli assegna sempre delle commissioni da sbrigare in giro per la scuola pur di non farlo avvicinare agli attrezzi. 

 

Talmente schifo che sua sorella ha ancora nella galleria del cellulare quel video in cui cade rovinosamente dal palco durante la sua performance di Isn't she lovely, e lo usa per ricattarlo quando le serve qualche favore.

 

Talmente schifo che adesso si ritrova col fondoschiena piantato a terra, libri ed appunti sparsi sul pavimento non propriamente pulito del corridoio, e la gamba di uno sconosciuto che gli preme sullo stomaco. 

 

-Scusa!- urla quindi, perché ovviamente è stato lui ad inciampare imboccando la curva, correndo per il ritardo stratosferico che la professoressa di storia gli farà pagare col sangue.

 

-Scusa, davvero, mi dispiace tantissimo!- continua, la voce stridula mentre tenta di alzarsi. -Sono in ritardo e non stavo guardando dove mettevo i piedi, ti sei fatto male?-

 

Il ragazzo dalle curve pronunciate che finora gli ha dato le spalle si gira, a quel punto, ed Harry — Harry vorrebbe fotografarlo.

 

La prima cosa che pensa quando incontra i suoi occhi blu, è che vorrebbe avere a portata di mano la sua macchina fotografica per poter scattare una foto a quel volto dai lineamenti spigolosi e morbidi al tempo stesso. 

 

-Tranquillo, piccoletto- lo rassicura lui, 

nonostante il tono di voce affaticato e la mano poggiata sul petto come per alleviare il dolore. -Anche io non stavo guardando, in ogni caso. Non è solo colpa tua.-

 

Harry non ha neanche il tempo di infastidirsi per quel piccoletto pronunciato quasi con scherno, che lui gli sorride. Delle adorabili rughe d'espressione si formano attorno ai suoi occhi, e il riccio è sicuro che siano molto più fitte quando ride di cuore. Il naso è leggermente arricciato, poi, e le labbra piegate all'insù danno ancora più volume alla curva pronunciata degli zigomi. 

 

Harry vorrebbe davvero, davvero fotografarlo.

 

-Dove correvi, comunque?- 

 

Si ridesta con un movimento veloce della testa e sospira. -Alla lezione della professoressa Marshall, ma penso che passerò- ammette. -Non ci tengo a farmi staccare la testa.-

 

Il ragazzo dagli occhi blu ridacchia, allora, e allunga una mano verso di lui. Muove le dita come per invitarlo ad avvicinarsi, poi scrolla le spalle in un gesto noncurante. -Io ho saltato la lezione di matematica e stavo proprio andando a prendere un caffè- afferma con espressione ridente. -Vuoi venire con me?-

 

Il fatto è che Harry, di solito, ha voglia di fotografare qualcosa solo quando quel qualcosa attira la sua attenzione. 

 

Harry tira fuori la sua macchina fotografica nelle occasioni speciali, quando davanti a lui c'è un soggetto che merita di essere impresso nel tempo. 

 

Qualcosa la cui bellezza sia tanto rara ed inestimabile da desiderare di fermarla in uno scatto: un attimo eterno di eterna meraviglia.

 

Louis gli fa questo effetto. 

Harry si sente attratto da lui come se fosse qualcosa di inevitabile. 

Come se fossero destinati ad essere impressi nel tempo.

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Capitolo 2
*** Kilig ***


«Kilig (tagalog): the giddiness you feel when you meet your crush.»






Non si è accorto di lui.

È tutto concentrato nel contemplare il tramonto, e dal suo profilo dolce si scorge un'aria imperturbabile, serena. Tanto tranquilla da sembrare in pace col mondo. Le mani dinoccolate sono mollemente poggiate sul davanzale polveroso del tetto, e non si preoccupano di scostare i capelli che gli ricadono sul volto a causa del vento. Le labbra arricciate e gli occhi leggermente socchiusi, infastiditi dall'aria fredda che li colpisce ma per niente intenzionati a privarsi di quella vista.

Non che sia così speciale, comunque. Doncaster non è niente di straordinario. Ma quel ragazzo gli è sembrato un tipo molto attento ai particolari sin dal primo momento, quando si sono ritrovati per terra in mezzo al corridoio della scuola, doloranti e ammaccati. In ogni caso, poi, qualsiasi città sembra più bella se vista dall'alto, soprattutto con un tramonto del genere a fare da sfondo.

-Come mai qui sopra tutto solo?- esordisce quindi, avvicinandosi cautamente al limitare del terrazzo. Cerca di non darlo a vedere, ma ha un po' paura dell'altezza. Il suo migliore amico lo prende in giro per questa cosa da quando portavano il pannolino.

L'altro ragazzo sobbalza leggermente, porta una mano al petto e si volta verso di lui con gli occhi sgranati per lo spavento. È così buffo, pensa, con quell'aria impacciata e tenera al tempo stesso.

-Ehm- lo sente balbettare imbarazzato. -Sono rimasto per passare in biblioteca a fare una ricerca e, ecco – volevo stare un po' qui prima di tornare a casa.-

Solo a quel punto nota la macchina fotografica che pende dal suo collo. È proprio il tipo, in effetti, riflette Louis. Quella mattina in cui hanno fatto colazione insieme per sfuggire all'ira delle loro insegnanti, il riccio lo scrutava con tanta attenzione da metterlo in soggezione. Non in senso negativo, però. Pareva prestare attenzione ad ogni singola parola che usciva dalle sue labbra, quello sguardo sembrava seguire incosciamente ogni suo più piccolo gesto o movimento.

Louis pensa che sia nella natura di un fotografo, dopotutto, guardare il mondo con concentrazione. Con gentilezza, quasi. È un lavoro difficile, in fondo, quello di racchiudere i propri sentimenti in un solo scatto, e attraverso quel solo scatto essere in grado di rappresentare la meraviglia di un momento.

-Stavi fotografando il tramonto?- domanda quindi a quel punto.

Il riccio esita per un po', poi stringe le labbra e annuisce. -Sì, ma volevo aspettare qualche altro minuto- risponde infine. -La parte più bella deve ancora arrivare.-

Solo allora Louis si avvicina, e poggia i gomiti sul davanzale piegandosi leggermente in avanti. Sposta gli occhi sulla figura slanciata del ragazzo per qualche secondo, poi torna a guardare il cielo davanti a sé. -Me lo dici quando arriva?-

Quello annuisce, un sorriso timido a piegargli le labbra, le dita a stringere la sua macchina fotografica e un rossore adorabile che gli colora le guance.

Louis ha le vertigini, ma è quasi sicuro che non sia colpa dell'altezza.

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Capitolo 3
*** Mamihlapinatapei ***


«Mamihlapinatapei (yaghan): the shared looks of desire between two people too shy to make the first move.»




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-Vuoi un secchio?-

Harry si volta con espressione confusa, mentre Liam mangia lentamente la sua insalata senza distogliere gli occhi da lui.

-Per la bava, intendo- continua l'amico, per poi afferrare un tovagliolo e pulirsi distrattamente le labbra oleose.

Il riccio alza il sopracciglio con fare dubbioso, e Liam rotea gli occhi in un gesto di esasperazione.

-Hai fissato quel ragazzo per tutta la durata del pranzo- gli fa notare, ed Harry cerca di ignorare l'imbarazzo che gli colora le guance di un rosso intenso. -Ci mancava poco che cominciassi a sbavare come un cane in mezzo alla sala mensa. Per questo mi chiedevo se avvesi bisogno di un secchio.-

-Ah, ah, ah- ridacchia Harry senza umorismo. -Come sei divertente, Liam.-

L'amico sospira, poi sposta il vassoio con un braccio e poggia i gomiti sul tavolo, la guance adagiate sui palmi delle mani. Il riccio ha quasi voglia di sporgersi e pizzicarle.

-Perché non gli chiedi come si chiama, dato che non conosci neanche il suo nome?- domanda con ovvietà. -E poi sai com'è, da cosa nasce cosa e magari tra qualche anno vi ritroverete sposati, con tre figli, un cane e un gatto.-

Il riccio sbuffa irritato, prende un morso del suo pezzo di pizza e riporta lo sguardo a vagare dall'altra parte della mensa. Adesso, però, c'è qualcuno che lo sta già scrutando.

Gli occhi del ragazzo dai capelli lisci sembrano un po' più scuri dell'ultima volta che li ha visti, sotto la luce fioca del sole al tramonto, ma comunque animati da quella scintilla vivace e tutta sua che Harry vorrebbe fotografare e portare sempre con sé.

Gli rivolge un sorriso cauto, privo delle adorabili rughe d'espressione che gli addolciscono il volto di solito, e alza la mano in un esitante cenno di saluto. Harry ricambia timidamente, le labbra strette e le guance che minacciano di prendere fuoco da un momento all'altro.

-Siete imbarazzanti- lo ridesta Liam. -La cosa più imbarazzante che io abbia mai visto, giuro. È un miracolo che i miei occhi non stiano già sanguinando, onestamente.-

Harry gli lancia un'occhiataccia ma non risponde, ancora profondamente scosso da ciò che il contatto visivo con quel ragazzo provoca al suo stato d'animo.

Sente il suo sguardo bruciargli la schiena e risalire lungo la nuca, spostarsi tra i capelli e poi scendere sulle curve del suo profilo. Rabbrividisce e porta le mani a sfregare contro il tessuto pesante della maglia che indossa.

Se fosse più coraggioso e sfacciato, se somigliasse un po' a Liam, si sarebbe alzato già da un pezzo, si sarebbe diretto verso quel tavolo e avrebbe chiesto al ragazzo dagli occhi blu il suo nome. Magari, poi, sarebbero usciti in giardino a fare una passeggiata, e avrebbero saltato l'ora successiva per sgattaiolare di nascosto sul tetto della scuola, per aspettare insieme il tramonto. Harry non ha con sé la sua macchina fotografica, ma lo avrebbe guardato tanto attentamente da ricordare per tutta la vita la bellezza dei suoi lineamenti accarezzati dalla luce arancione del sole.

Il riccio scuote la testa con un sospiro. Invece di navigare con la fantasia, dovrebbe semplicemente trovare il coraggio di fare il primo passo.

-Comunque, se può interessarti- lo richiama Liam, per poi afferrare il vassoio ed alzarsi. Deve essere suonata la campanella. -Io conosco il suo nome.-

Harry non ha neanche il tempo di metabolizzare ciò che l'amico gli ha appena rivelato, che quello scappa con un sorriso furbo a piegargli le labbra.

 

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Capitolo 4
*** Yuanfen ***


«Yuanfen (chinese): the force that brings us together
 


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Louis è sicuro che tutto accada per un motivo. Quando era piccolo, sua madre gli raccontava spesso di come lei e Mark si erano conosciuti tanti anni prima. Diceva sempre che era stato tutta un’enorme congettura del destino: che lei, ragazza sempre precisa e puntuale, era stranamente in ritardo per la prima lezione del semestre, e lui aveva sbagliato strada nonostante fosse quella che percorreva ogni mattina per andare a lavoro. Johannah era solita ripetergli che a volte, semplicemente, non possiamo fare niente per evitare che qualcosa accada. Che deve esserci una specie di entità, da qualche parte. Una forza che, ad un certo punto della tua vita, ti trascina esattamente nel luogo in cui dovresti essere, al momento giusto. Anche se sei in ritardo o hai sbagliato una strada che ormai potresti percorrere ad occhi chiusi. Anche se inizialmente sembra tutto sbagliato.

Louis non si è mai sentito così. Non ha mai avuto l’impressione che le circostanze della sua vita fossero regolate da qualcun altro. 

Quella mattina, però, quando per la fretta è inciampato su un ragazzo tutto ricci e imbranataggine, e quando poi si è voltato e lo ha guardato, lo ha sentito. Qualcuno — o qualcosa — voleva che accadesse. Quella forza di cui sua madre gli parlava sempre con occhi brillanti e un sorriso felice, quel giorno li ha spinti l’uno verso l’altro. 

E seppur non conosca neanche il suo nome, Louis ha come l’impressione che questo accada ogni volta che si incontrano. Il pomeriggio trascorso sul tetto della scuola, quando ha bellamente ignorato la sua paura dell’altezza per avvicinarsi al riccio, e anche in mensa, quando si guardano da una parte all’altra della sala e a Louis sembra che i suoi occhi non possano posarsi su nient’altro.

Anche adesso, seduto su una panchina del piccolo parco giochi di Doncaster con un tulipano in mano, c’è qualcosa di inspiegabile e indefinibile che lo spinge verso quella figura slanciata che sta leggendo rannicchiata accanto ad un albero.

Louis si alza, quindi, e con il cuore in gola e le gambe che tremano un po’ si avvicina al riccio.

-Hey- lo saluta esitante.

Lui alza la testa di scatto, qualche boccolo gli ricade sugli occhi ma non se ne cura.

-Ciao- sussurra, visibilmente imbarazzato. È adorabile.

Louis si siede, a quel punto, e gli rivolge un sorriso dolce mentre allunga il piccolo fiore verso di lui.

L’altro sembra stupito, e prende a guardarsi intorno come per controllare che non ci sia nessun altro a cui quel tulipano possa essere indirizzato. 

-È per me?- domanda infine, afferrandolo con incertezza.

Louis annuisce e si passa una mano tra i capelli in un gesto nervoso. -Per te- conferma.

-Grazie- soffia quindi lui, lo sguardo puntato verso il basso e le dita che carezzano i petali con delicatezza. -E a cosa devo questo regalo?-

-Beh- balbetta il liscio, per poi passare la lingua ad inumidirsi le labbra secche e riprendere. -È che volevo chiederti se — ecco, se ti piacerebbe uscire con me, una sera di queste.-

Louis non lo sta guardando, ma è quasi sicuro che l’altro abbia sorriso. Vede una mano entrare nel suo campo visivo, e quando alza gli occhi quelli verdi del riccio sembrano brillare di felicità.

-Mi chiamo Harry- pronuncia infine, mentre Louis gli stringe la mano a sua volta. -E sì, mi piacerebbe molto uscire con te.-

-Io sono Louis- risponde, il cuore più leggero e le labbra che si alzano in un sorriso allegro.

C’è una sorta di energia tutt’intorno a loro, quella stessa forza che li ha spinti l’uno verso l’altro fin dal primo momento.

 

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Capitolo 5
*** Iktsuarpok ***


«Iktsuarpok (Inuit): the feeling of anticipation when waiting for someone to come over to your home.»


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Harry mentirebbe se dicesse che non se lo aspettava, perché non è così. Perché con Louis è scattato qualcosa sin dalla prima volta che si sono visti, nonostante le circostanze non fossero delle migliori, e perché hanno passato le settimane successive a rincorrersi e scontrarsi, pur senza volerlo — o forse sì, ma non è questo il punto.

Se deve essere completamente sincero, Harry non si è neanche impegnato più di tanto per avvicinarsi a Louis. Ha sempre avuto l’impressione che ci fosse qualcosa di più grande di loro a spingerli costantemente l’uno verso l’altro. Gli piace pensare che sia il destino, ma non vuole sembrare il solito inguaribile romantico.

Il suono del timer scioglie il filo dei suoi pensieri. Harry si affretta a tirare fuori il ciambellone dal forno, ignorando il fastidio che il fumo provoca ai suoi occhi. La poggia sul fornello, poi, e sorride impaziente. Ha finito di preparare la cena e Louis arriverà tra meno di mezz’ora.

È stata un’impresa convincere sua madre e il suo patrigno a lasciare la casa nelle sue mani per qualche ora, ma con l’aiuto di sua sorella, alla fine, c’è riuscito. Ha anche l’impressione che Anne abbia nascosto dei preservativi nel primo cassetto del comodino, ma, per la sua sanità mentale, ha deciso che non controllerà.

In ogni caso, questa sera non serviranno — è solo il loro secondo appuntamento, dopotutto.

Indossa velocemente un paio di jeans neri e una semplice camicia bianca, e proprio quando ha appena terminato di sistemarsi i capelli, il campanello di casa comincia a suonare.

Harry scende le scale col cuore in gola, rischia di inciampare più di una volta e quella sensazione di impazienza ed anticipazione sembra aumentare fino a scoppiargli nel petto.

Lo stomaco è in preda ad un formicolio piacevole, nel momento in cui apre la porta e — finalmente — trova Louis davanti a sé. Dei pantaloni rossi a fasciargli le gambe, una camicia nera e un mazzo di fiori tra le mani, Harry pensa di non aver mai visto niente di più bello.

Gli lascia un bacio sulla guancia e lo fa entrare, per poi accettare i tulipani e dirigersi in cucina.

-Che profumo meraviglioso- mormora il liscio avanzando verso di lui.

Si ferma alle sue spalle e poggia le dita sui suoi fianchi morbidi, mentre Harry sistema i fiori in uno dei vasi di sua madre.

-Ho preparato il pollo e un dolce allo yogurt- lo informa il riccio voltandosi. -Spero ti piacciano- continua infine, il naso a sfiorare quello dell’altro e la mano che si fa strada tra i suoi capelli.

Louis chiude gli occhi per qualche secondo, poi ridacchia. -Verifichiamo subito, allora. Sto morendo di fame.-

Harry ci impiega davvero poco ad accontentarlo. Gli prepara il piatto riempiendolo di pollo e patate, e quando cominciano a mangiare e chiacchierare di tutto e niente, al riccio sembra quasi che lo facciano da tutta la vita, e per un attimo si permette di immaginarsi più adulto, tra qualche anno, nella stessa situazione e in compagnia della stessa persona.

Si separano qualche ora più tardi, dopo che sua madre gli ha inviato un messaggio per avvertirlo del suo imminente ritorno.

Louis lo saluta con un bacio lento e profondo, e mentre avverte il cuore battere come se fosse in ogni parte del corpo, Harry può solo sperare che sia il primo di una lunga serie. 

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Capitolo 6
*** Forelsket ***


«Forelsket (Norwegian): the euphoric feeling experienced when you start falling in love.»


 

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Se c'è una cosa che Louis ha capito nelle ultime tre settimane, è che Harry è il suo completo opposto.

Innanzi tutto è estremamente, ossessivamente ordinato. Talmente ordinato che i quaderni sulla sua scrivania sono posizionati a seconda del colore e della grandezza, i poster alle pareti sembrano essere stati attaccati con il righello e – a differenza di quelli nella camera di Louis – creano un effetto estetico molto bello, e i libri sugli scaffali sono disposti in base a genere, iniziale del titolo e addirittura iniziale del nome dell'autore.

Inoltre, non è un tipo che parla troppo. Ci sono volte in cui sembra rinchiudersi in un mondo tutto suo, e sono poche le persone che hanno il privilegio di riuscire ad entrarci.

Louis pare essere una di quelle persone, e non pensa esistano abbastanza parole per spiegare ciò che prova quando Harry si apre a lui con uno dei suoi bellissimi sorrisi, di quelli con le fossette che arrivano fino agli occhi e gli illuminano tutto il volto.

Louis, poi, sta imparando a comprendere i suoi silenzi, e anche a condividerli. Sa di essere rumoroso ed esuberante, e ogni tanto ha paura che questo lato del suo carattere possa portare Harry ad allontanarsi da lui. Invece il riccio ne sembra quasi affascinato. Ci sono momenti in cui lo guarda in modo talmente interessato che Louis si sente la persona più importante del mondo.

Per questo, quando durante un appuntamento o mentre se ne stanno sdraiati sul letto della propria camera o anche mentre mangiano insieme, Harry abbassa lo sguardo e se ne sta in silenzio, Louis si limita ad imitarlo. Gli prende la mano, o gli sfiora la coscia, o ancora poggia il mento sulla sua spalla, e non parla.

Si gode il calore del suo corpo e chiude gli occhi, e si prende del tempo per elaborare quell'ammasso di emozioni e sentimenti che gli muove lo stomaco quando inala il profumo di Harry, o quando ascolta la sua voce, o quando i capelli gli ricadono davanti agli occhi e lui li scosta con delicatezza.

Louis non ha paura di innamorarsi, e per questo non è spaventato dalla consapevolezza che sia proprio qualcosa di molto simile all'amore ciò che lo fa sentire come se stesse camminando a cento metri da terra e potesse cadere da un momento all'altro. Ma sa anche che per Harry non è la stessa cosa.

Lo ha capito, Louis, che Harry ha bisogno di qualcuno che lo tenga stretto, perché è convinto di non essere forte quanto dovrebbe. Lo ha capito quando gli ha parlato di suo padre che se ne è andato da ormai un paio d'anni, confessandogli di avere l'impressione che sia stata colpa sua – forse è perché non sono abbastanza, gli ha detto, le mani strette attorno al petto e la voce spezzata. Harry ha bisogno di qualcuno che lo faccia sentire importante, proprio come accade a Louis quando avverte i suoi occhi su di sé.

Per questo -Sai che sei bellissimo?- domanda retorico, sdraiato sul letto della sua disordinatissima camera, le mani sistemate dietro il capo mentre Harry legge un libro a pochi centimetri da lui.

Il riccio alza la testa di scatto e sorride imbarazzato, le dita che si incastrano tra i ricci per un secondo e il naso arricciato. Chiude il libro, lo poggia sul comodino lì vicino e si volta verso di lui, poi incrocia le gambe e inclina leggermente il volto. Louis vorrebbe sporgersi per scansare i capelli che gli ricadono davanti agli occhi, ma pensa che così sia ancora più bello, quindi non lo fa.

-Davvero?- chiede infine, i denti che vanno a stuzzicare il labbro inferiore e l'espressione incerta.

Il liscio si alza, a quel punto, e si limita a guardarlo.

-La persona più bella su cui abbia mai posato gli occhi- risponde sincero.

Harry abbassa lo sguardo ma sorride, di quel sorriso con le fossette che gli arriva fino agli occhi e gli illumina il viso, e Louis si sente innamorato.

 

 

 

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Capitolo 7
*** Mo Chuisle Mo Chroí ***


«Mo Chuisle Mo Chroí (gaelic): the pulse of your heart.»
 

☆ 




 


 

Tum-tum, tum-tum, tum-tum.

Harry apre lentamente gli occhi, una luce tenue che gli colpisce il volto in modo piacevole. Inizialmente non capisce dove si trova né ricorda il perché, ma poi avverte la stoffa soffice di un maglione contro la guancia e si concentra sul suono calmo che produce il cuore di Louis contro il suo orecchio.

È a casa del più grande, realizza. Devono essersi addormentati mentre guardavano le repliche di The O.C. in televisione.

Solleva leggermente la testa e sofferma lo sguardo su Louis. È già sveglio e gli sorride in modo dolce, mentre porta la mano sinistra ad incastrarsi tra i suoi capelli.

-Buongiorno, dormiglione- sussurra.

Harry sorride di rimando, poi borbotta un -Buongiorno- appena percettibile e strofina delicatamente il naso contro la lana morbida del suo pullover.

Louis ridacchia e gli dà un bacio sulla fronte. -Sembri un gattino che fa le fusa.-

-Mmmh- mormora in risposta. -Ho ancora sonno. La scorsa notte ho dormito.-

-Come mai?- domanda il più grande con aria preoccupata.

-Il cane dei vicini- risponde, gli occhi che si chiudono quasi di loro spontanea volontà per le carezze che Louis gli lascia sulla nuca. -Non la smette mai di abbaiare, quel mostriciattolo.-

Il liscio sbuffa una risata ed Harry non può vederlo, ma sa che adesso le sue sopracciglia sono alzate in un'espressione dubbiosa. -Non è il cagnolino che ti fermi sempre ad accarezzare quando ti passo a prendere per andare a scuola?-

Harry apre gli occhi e sbuffa leggermente, a quel punto. -Sì, è lui. E di mattina è adorabile, ma di notte un po' meno.-

Louis ride apertamente, allora, la testa che si inclina all'indietro sul cuscino e la mano che si sposta dai capelli alla sua spalla, spingendoselo più vicino.

Il riccio riesce ancora a sentire il battito del suo cuore, stavolta un po' più accelerato, e sorride contro il suo petto.

È la sensazione più piacevole che abbia mai provato, questa familiarità che si è instaurata tra loro due nonostante siano passati meno di due mesi da quando hanno cominciato a frequentarsi.

Il fatto che non si vergogni di addormentarsi su di lui, per esempio, o di svegliarsi al suo fianco con il viso segnato dal sonno e l'alito probabilmente pesante, e il fatto che sorrida ogni mattino, nonostante la stanchezza e la prospettiva di un'intera giornata scolastica ancora da affrontare, quando riconosce il clacson della sua piccola Smart rossa.

Il fatto che poggiare l'orecchio sul suo petto e ascoltare il suo cuore che batte gli provochi la stessa sensazione di casa che avverte quando inala il profumo di Anne, quello che la donna indossa da quando era piccolo, e senza che se ne renda conto gli tornano alla mente ricordi di una felicità lontana.

-Quando torna tua madre?- chiede dopo qualche secondo di silenzio nel tentativo di non riaddormentarsi.

Louis lancia un'occhiata alla sveglia posta sul comodino pieno di libri e vestiti. -Più o meno tra una ventina di minuti- lo informa poi.

-Devo rendermi presentabile, allora- annuncia mettendosi finalmente in piedi, l'agitazione visibile nella frenesia dei suoi movimenti.

Il liscio alza gli occhi al cielo e si trascina seduto fino al bordo del letto. -Mia madre ti conosce già, Haz. Stai tranquillo.-

-Sì, ma questo è tipo – un incontro ufficiale, no?- domanda retorico, aprendo l'anta dell'armadio vicino alla scrivania per guardare il suo riflesso nello specchio interno. Si sistema i capelli con aria corrucciata e sbuffa quando si accorge che non hanno proprio intenzione di starsene al loro posto. -Mi presenterai come il tuo ragazzo e tutto il resto, quindi-

-Come se non l'avesse già capito quando ci ha beccati a baciarci contro la porta di casa, che sei il mio ragazzo- lo interrompe Louis, per poi alzarsi a sua volta e avvicinarsi cautamente. -E poi non per fare lo sdolcinato, ma sei bellissimo anche tutto insonnolito e con i capelli arruffati.-

Harry sorride, in un primo momento, poi si rende conto di quello che Louis ha appena detto e sgrana gli occhi. -Le farò una bruttissima impressione ridotto così.-

Il maggiore sbuffa intenerito e gli avvolge la vita con le braccia, per poi lasciargli un bacio dolce e delicato sulla punta del naso. -Mia madre già ti adora- sussurra. -Proprio come me.-

Il riccio poggia le mani sul suo petto, e solo allora un senso di tranquillità gli avvolge lo stomaco. 
Quando sente il battito di Louis contro il palmo della sua mano.

 

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Capitolo 8
*** Cafuné ***


«Cafuné (Portuguese): to run your fingers through your lover's hair


 




 

A Louis piace quando Harry poggia la testa sulle sue gambe e comincia a leggere ad alta voce, come se volesse renderlo partecipe delle storie in cui ama immergersi.

Un'altra cosa che gli piace, è il modo in cui lo bacia delicatamente al mattino, quando lo passa a prendere per andare a scuola ed è di cattivo umore ma si prende comunque il suo tempo per fargli capire che non ce l'ha con lui.

E poi gli piace tanto, tantissimo, quell'abitudine che ha di passare l'indice sulle sue guance e contare le lentiggini su quella destra come se fosse il passatempo più bello e interessante del mondo.

Negli ultimi quattro mesi, però, ha scoperto che la cosa che gli piace di più è l'espressione calma e rilassata che si dipinge sul suo volto quando Louis gli passa le dita tra i capelli.

Ogniqualvolta capiti che siano sdraiati sul letto o sul prato del parco di Doncaster o sul tappeto del salone, Louis ne approfitta per carezzargli lo scalpo con delicatezza e godersi l'aria tranquilla del suo ragazzo, il modo lento in cui i suoi occhi si chiudono e come le sue labbra si aprono in un sorriso felice, e poi lo guarda strofinare la guancia contro il suo petto per nascondere l'imbarazzo.

Neanche a dirlo, comunque, Louis finisce per baciarlo tutte le volte.

-Se continui così mi farai addormentare.-

La voce roca e insonnolita di Harry lo desta per un attimo dai suoi pensieri, e solo a quel punto il liscio si accorge di avere le dita ancora incastrate tra i suoi ricci.

-Non starai dormendo un po' troppo ultimamente?-

Harry alza la testa di scatto e gli lancia un'occhiataccia, le sopracciglia aggrottate in quella che dovrebbe essere un'espressione minacciosa e invece risulta solo terribilmente tenera.

-Sono le due di notte, Louis. Abbiamo trascorso l'intero pomeriggio a giocare con i tuoi fratellini, ho la schiena a pezzi e domani dobbiamo svegliarci presto per preparare il pranzo di Pasqua-

-Tu devi svegliarti per preparare il pranzo di Pasqua, volevi dire- lo interrompe allora, e scioglie la presa sui suoi capelli quando il riccio si siede sul suo bacino e gli punta le mani al petto.

-Oh no, signorino. Non hai capito proprio un bel niente- lo riprende, piegandosi sul suo volto con un sorrisetto impertinente. -Lo so che sei una frana ai fornelli, ma questo non significa che tu non possa alzarti presto per aiutare me e tua madre.-

Louis alza gli occhi al cielo con un sospiro stanco, ma alla fine annuisce riluttante.

Harry sorride e gli lascia una carezza sulla guancia. -Bravo, amore- sussurra, per poi incastrare il volto appena sotto la linea della sua mascella.

Il liscio porta una mano a carezzargli la schiena, oltrepassa la stoffa della maglia per toccare la pelle calda e sorride quando la sente ricoperta di brividi.

Con l'altra torna a stuzzicargli la cute, invece, le dita che giocano con i boccoli più corti sulla nuca.

-Smettila di fare così- lo prega Harry, il tono di voce quasi implorante.

Il liscio si morde la lingua per reprimere un sorriso e lo guarda con aria fintamente confusa. -Così come?-

Harry sospira esasperato, poi scuote la testa e pressa le labbra sulle sue.
Louis si limita a rafforzare la presa tra suoi capelli.

 


 

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