Agenti (molto) speciali Clarke&James

di 1Beatris_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***



                                                                             ~Capitolo 1~


Quel giorno Scarlett era in anticipo. Di ben dieci minuti. Una cosa alquanto insolita per lei che aveva collezionato, in tutta la sua esistenza, un numero di punizioni causate dai suoi ritardi abbastanza elevato da far invidia a quello delle finestre del suo amato Columbia Center, che, di sicuro, non sono poche.
Si allentò il nodo della coda di cavallo che la stava infastidendo e scrutò la strada nella speranza di scorgere l'auto bianca nuova fiammante della sua amica, nonché collega, Victoria.

Dopo qualche minuto di attesa, però, aveva deciso che arrivare in anticipo non era poi una bella cosa, e che i suoi capelli stavano decisamente meglio sciolti; procedette, quindi, sfilandosi con un sospiro di sollievo l'elastico bruno, che stava decisamente meglio intorno al suo polso, e giurando a sè stessa che mai, mai, mai, mai più avrebbe varcato la soglia di casa prima del tempo. Pena la reclusione del cioccolato.

Quando i minuti divennero venti, però, non riuscì a trattenere un commento alquanto poco lusinghiero sulla moralità della sua amica a cui ne seguirono altri nel successivo lasso di tempo che impiegò a realizzare che se la puntualissima e perfettissima Victoria era in ritardo (di ben ventitre minuti!), forse un motivo serio doveva pur esserci e che, forse, sarebbe stato opportuno chiamarla per capire cosa l'avesse spinta ad abbandonare la sua cara amica su un freddo e spoglio marciapiede di Seattle.

Tirò fuori il cellulare dallo zaino e fece partire la chiamata. Victoria non rispose, ovviamente. Sarebbe stato troppo bello.
Tentò nuovamente e per un attimo credette davvero che la voce uscita dall'apparecchio fosse quella della sua amica, e in effetti lo era, ma quelle che sentiva erano parole registrate mesi prima.

Era in procinto di far partire l'undicesima chiamata, quando un'auto all'angolo della strada catturò la sua attenzione distraendola dalla sua occupazione. Aveva un qualcosa di decisamente familiare, era sicura di averla già vista da qualche parte.

Non si stupì affatto nel notare che, mentre le si avvicinava, il veicolo stava rallentando, e portò istintivamente la mano al fianco destro trovandolo spoglio di qualsivoglia fondina.
Mentre analizzava attentamente la strada in cerca di vie di fuga, in caso di pericolo, l'auto le si era affiancata e il finestrino del lato passeggero si stava abbassando lentamente.

-Ehi Scally-Lally!-

Nel sentire, dopo tanto tempo, quella voce ancora così familiare, il suo cuore fece una bella capriola, di quelle che lei aveva impiegato anni a perfezionare.
Tuttavia, si impose di rimanere impassibile.

Incrociò le braccia al petto ed affermò con tono annoiato:-Ora sì che mi pento di non aver portato la pistola...-

Dall'interno dell'auto provenne uno sbuffo a metà tra lo spazientito e il divertito.
-Certo certo, adesso stai zitta e sali.-

Così, dimentica dello stesso motivo per cui si trovava su quel marciapiede e quindi della sua amica, Scarlett obbedì premurandosi di rendere partecipe del suo disappunto ogni essere nel raggio di due isolati con un sonoro "SBAM!" della portiera.

-Ehi fai piano, guarda che ti faccio poi risarcire tutti i danni!-
-Ma per favore! Il mio culo vale molto di più di questo catorcio, lo sai.-
Le era mancato prendere in giro quell'auto.
-E allora perché non ti fai dare un passaggio dal tuo culo?-
-Mi auguro sia una domanda retorica.-
-Nient'affatto-. Poi, siccome non ottenne alcuna risposta, aggiunse:-Sono serio.-
Al che Scarlett, con uno sbuffo spazientito, gli fece notare che forse era perché né lei né tantomeno il suo culo sapevano dove fossero diretti.

-Tanto per sapere, ti succede spesso di salire su macchine a caso per una destinazione ignota? No, perché mi aspettavo che un'agente federale fosse un pochino più diffidente...-

Questo commento ferì nel profondo l'orgoglio dell'agente James, che tanto si era sudata il titolo.

-Ovvio che non lo faccio mai, ma credo di potermi fidare di mio fratello; e lo conosco abbastanza da sapere di poterlo stracciare in qualsiasi tipo di lotta.-

-La solita bulletta, insomma.-

La "bulletta" sorrise maliziosa in direzione del ragazzo e domandò:-Tanto per sapere, ti capita spesso di far salire su questo affare ragazze a caso trovate sul marciapiede per poi portarle in un luogo ignoto? No, perché credevo fossi cresciuto un pochino...-

Dylan incrociò lo sguardo dell'altra nello specchietto retrovisore, al quale ghignò:-Tu non fare domande e io non ti dirò bugie, sorellina cara.-

I due proseguirono così, tra una battutina e l'altra, fino a quando varcarono un cancello scuro in ferro battuto ed imboccarono una stradina affiancata, sia a destra che a sinistra, da alti tigli disposti ordinatamente in fila indiana. 
Attraverso i possenti tronchi e le foglie di quei maestosi alberi Scarlett intravide squarci di un prato ben curato, solcato, ad intervalli regolari, da aiuole che in primavera sarebbero dovute essere veramente una gioia per gli occhi, mentre in quel momento, a novembre inoltrato, erano secche ed aride, fatta eccezione per i floridi cespugli di pungitopo; ad un certo punto intravide persino un laghetto nel quale galleggiavano pigre alcune foglie di ninfea spoglie dei loro delicati fiori. 
Mentre la ragazza ammirava, con la fronte attaccata al finestrino, il paesaggio circostante, cercando di coglierne i minimi particolari, la strada curvò bruscamente a destra e davanti a loro si stagliò una candida villa di modeste dimensioni su due piani sulla cui sommità svettava una specie di torretta che contribuiva a dare alla costruzione un'aria affascinante e misteriosa. 
Scarlett pensò che si trattasse della residenza estiva di un qualche ricco lord inglese, magari appartenente alla stessa famiglia reale.
Aveva come la sensazione che avrebbe dovuto sborsare migliaia e migliaia di dollari anche solo per averla guardata, così distolse lo sguardo e lo piantò su suo fratello, cercando di non apparire troppo ammirata.
-Che cosa significa questa roba?-

Lui frenò la macchina e si sporse verso la sorella, trafficando nel cruscotto, in cerca delle chiavi del garage.
-Questa roba, mia adorata Scally...- nel frattempo aveva estratto trionfante un telecomandino rettangolare col quale comandò al portone di aprirsi, -significa che tuo fratello si è fatto una carriera. E pure un bel conto in banca.-

Il garage era ormai del tutto spalancato, e al suo interno, Scarlett notò con sorpresa mista ad orrore, riluceva una BMW nera che aveva tutta l'aria di essere appena uscita da una concessionaria. La ragazza non riusciva a distogliere lo sguardo.

-Da quando ti dai alla mafia?-

-Da mai. Te l'ho detto, mi sono fatto una carriera. Adesso scendi, dai, ti faccio fare un giro turistico.-
La ragazza uscì dal garage e si diresse direttamente verso l'entrata principale della villa.
-Non ci tengo, grazie. Preferirei che ci sedessimo un attimo a chiacchierare, che ne dici?-
Lui accettò, -Ho un po' di cose da raccontarti, in effetti.- 
Scarlett venne guidata dal fratello attraverso diversi corridoi e stanze, alcune riccamente arredate, altre completamente spoglie, fatta eccezione per qualche scatolone addossato alle pareti.
Non poté fare a meno di pensare che sarebbe stata una perfetta scena del crimine. Decise di tenersi quella considerazione per sé. Per il momento.
Infine arrivarono a destinazione: avevano raggiunto un open space ben illuminato da ampie vetrate che offrivano una vista suggestiva sul parco intorno. 
Scarlett si lasciò cadere sul divano di pelle color crema, togliendosi le scarpe e stendendo le gambe con un sospiro di sollievo. 
-Una cioccolata calda, grazie.- 
Dylan le lanciò addosso la giacca che si era appena tolto con un gesto improvviso. 
-Dove la trovo ora una cioccolata calda?- 
La ragazza si strinse nell'indumento, girandosi sul fianco sinistro e rannicchiandosi contro lo schienale del divano.
-Non so, portamela e basta.-
Chiuse gli occhi e fece un respiro profondo, inalando il profumo che la giacca di Dylan emanava. Sebbene nel corso degli anni esso avesse acquisito diverse sfumature, l'aroma di base rimaneva sempre quello: un profumo che sapeva di casa, di botte e di abbracci, di felicità, di buono. Si accorse, in quel momento, di quanto le fosse mancato quell'odore un tempo onnipresente, di come i ricordi degli ultimi anni sembrassero scialbi, incompleti. Senza Dylan, senza suo fratello. Era caduta in una specie di trance, a metà tra il sonno e la veglia, quando si sentì scuotere una spalla. Si girò di scatto, aprendo gli occhi e trovandosi davanti il bel faccino del fratello su cui era dipinta l'espressione buffa di chi si sta sforzando di non scoppiarti a ridere in faccia. 
-Vi ho preparato la cioccolata, Vostra Bassezza.-
Lei sbuffò, tirandosi su a sedere e afferrò la tazza fumante che il fratello le porgeva. 
-Sapete, Vostra Altezza, è scientificamente provato che l'altezza e l'intelletto, in un individuo, sono inversamente proporzionali. Me l'ha detto Victoria, e Victoria sa sempre tutto.-
Non era vero, ovviamente, ma comunque doveva trovare una risposta brillante al mezzo insulto dell'altro, e, con un po' di fortuna, la "fonte più che attendibile" non sarebbe mai venuta a conoscenza di quell'insulto alla sua sapienza.
-E no, non ti ringrazierò. Adesso raccontami cos'hai combinato.-
La storia della fortuna di Dylan era pressoché questa:

Una sera, mentre barcollava mezzo ubriaco per le vie della celeberrima "Sin City" alla ricerca di qualcuno disposto ad accettare le sue romanticissime proposte di matrimonio, si era ritrovato ad ammirare incantato come un bambino a Natale le spettacolari luci di uno dei prestigiosi casinò di Las Vegas e, frustrato dagli innumerevoli fallimenti amorosi, decise di entrare e farsi sotto.

A quel punto la fortuna, che quella notte oltre ad essere cieca era pure ubriaca peggio di Dylan, aveva deciso che fosse giunta l'ora di regalargli una piccola gioia che, come il ragazzo realizzò la mattina seguente, con non poca perplessità e sorpresa, consisteva in un gruzzoletto di qualche decina di migliaia di dollari; poi non si sa, probabilmente la Dea, in quanto essere di sesso femminile, deve essere rimasta affascinata dalla seducente figura di Dylan (Scarlett non avrebbe potuto biasimarla) e aver deciso di accompagnarlo ancora per un po': l'azienda in cui aveva investito la sua piccola fortuna, sotto consiglio di un vecchio e saggio amico, era cresciuta a dismisura, e il conto in banca pure. La ragazza ancora stentava a credere che il fratello fosse stato così maturo.

-Comunque Jacques aveva bisogno di qualcuno che lo aiutasse con la sua impresa, per questo mi ha fatto da consigliere: adesso siamo soci, evvai.-

-E naturalmente non ti è passato per la testa di accennarlo alla tua famiglia, vero? Cosa cavolo aspettavi a dircelo?-

-Ma in realtà la famiglia lo sapeva già da un po'... credevo che papà o maman  o Ian te l'avessero detto-

A  quelle parole la ragazza si immobilizzò.

-...ma a quanto pare no.- Dylan si passò la mano tra i capelli, imbarazzato.

-Perché non me l'hai detto di persona?-, la voce colma della gelida calma di chi si sta trattenendo dallo scoppiare.

-Vedi, è che sono stato un po' occupato... e anche tu lo sei stata! Sai, non volevo disturbarti con i miei stupidi affari.-

Mentre parlava sembrava dispiaciuto, come se provasse pena per lei. E Scarlett, dal canto suo, desiderava solo di trovarsi da qualsiasi altra parte, con qualsiasi altra persona, tranne che lì, con Dylan, il fratello per cui aveva sempre avuto tempo, per cui avrebbe fatto di tutto, ma per cui, evidentemente, non era lo stesso, non più. Rimase a fissarlo, mentre la consapevolezza che il tempo e la distanza li avessero definitivamente allontanati si faceva sempre più forte e dolorosa dentro di lei. Non erano più gli inseparabili fratelli James.

La ragazza si riscosse, sfoggiando un tutt'altro che credibile sorrisone, gli tese la giacca, e, un volta che lui l'ebbe afferrata, si concentrò al massimo sulla complessa operazione che richiedeva l'annodamento delle scarpe da ginnastica e il cercare di non scoppiare in lacrime. Voleva andarsene subito, possibilmente per sempre. Così quel bastardo si sarebbe reso conto di cosa avesse perso. O forse no, ma in ogni caso quel salottino stava diventando opprimente.

-Bene, congratulazioni. Goditi la tua ricchezza, te la sei meritata. Ora io vado, ho ancora delle cose importantissme da fare e...- aveva illuminato lo schermo del cellulare per controllare l'ora -Oh Gesù!-

Accanto all'icona delle chiamate spiccava un 23 scarlatto; tutte di Victoria. In quel momento si sentì veramente una brutta persona.

-Cosa c'è?-

-No niente, è solo che si è fatto proprio tardi. Ti spiace se vado un attimo in bagno? Grazie mille!-

E uscì dalla prima porta alla sua destra, incurante delle urla dell'altro che la informavano che il bagno più vicino era da un'altra parte. Voleva solo chiamare la sua amica, e magari scusarsi per essersi completamente dimenticata di lei per tutto il pomeriggio.

Dopo aver vagato per i bui corridoi facendosi luce con la torcia del telefono, finalmente riuscì a conquistare l'uscita di quella villa demoniaca. Sì appartò dietro al tronco di un tiglio e fece partire la chiamata; un paio di squilli, e l'altra aveva già risposto.

Il primo suono che Scarlett udì fu un singhiozzo, e il secondo il suo nome emesso in uno strillo angosciato dalla sua amica; il terzo fu il suo cuore che sprofondò distruggendole la cassa toracica e rimbombandole nelle orecchie.

-Victoria? Che succede?-

Non era poi una novità sentirla piangere: era una persona molto sensibile, e normalmente i suoi singhiozzi sarebbero potuti derivare da fatti che vanno dalla visione di un documentario sul maltrattamento delle mantidi religiose afghane (che, tra l'altro, non esistono), alla morte di suo zio (altra cosa che non esiste). Quella volta però non era una situazione normale, era totalmente sconvolta.

Dall'altra parte Scarlett riceveva solo farfugliamenti confusi e singhiozzi

-Victoria, ora dimmi cosa è successo, per favore.-

-Matt...-

-Eh? Chi?-

-MATT!-

-Matt? Cos'ha combinato quel povero Cristo?-

-Lui... lui è... tu n-non puoi capire-

E venne nuovamente travolta dai singhiozzi. Ovvio che non capiva, accidenti.

-Senti, dove sei?-

In risposta ricevette solo l'abbaiare di un cane; quel verso fu più utile di tutte le parole che l'amica e aveva rivolto in quella chiamata: si trovava a casa sua.

-Okay, tu resta lì e non muoverti.- Probabilmente quelle parole sarebbero state meno inutili se rivolte alla foglia secca che aveva attaccata alla suola della scarpa destra.

-Arrivo subito, Vic-, e chiuse la chiamata.

Per un attimo fu tentata di abbandonarsi contro il solido tronco del tiglio alle sue spalle e piangere per sempre, ma fu solo un attimo: il momento dopo stava urlando il nome del fratello in direzione della casa, in stile Achille alle porte di Troia che vuole vendicare col sangue l'amico perduto.

-DYYYLAAAAN!-

-DYYYYYL!-

-BRUTTO BASTARDO VIENI QUA!-

A quel punto il ragazzo comparve, incorniciato dalla finestra da cui proveniva una calda luce aranciata. Sembrava un po' perplesso.

-LANCIAMI LE CHIAVI DELLA MACCHINA!-

Lui la fissò per qualche secondo, per poi rientrare in casa chiudendo la finestra.

Due minuti e qualche decina di insulti urlati a squarcia gola più tardi, Dylan era comparso accanto a lei, e le domandò:-Cos'è successo?-

Lei alzò le spalle.

-Niente, ho solo bisogno della tua macchina per andare da un'amica. Domani te la riporto. Promesso.-

-È Victoria?-

Accidenti, come aveva fatto a capirlo?

-Ehm, perché me lo chiedi?-

Lui la guardò storto, scuotendo la testa esasperato.

-Fila in macchina-

E così, si ritrovò ad ubbidire per la seconda volta in quella giornata ad un ordine del fratello; stava diventando umiliante, ma in quel momento non aveva importanza, doveva raggiungere Victoria.

Ciò, però, non le impedì di rendere partecipe del suo disappunto ogni singolo vegetale di quello stupido immenso giardino con un sonoro "SBAM!" della portiera.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


                                             ~ Capitolo 2~

Quel giorno Victoria si era svegliata di buon umore. Un po' stanca, forse, ma sentiva che sarebbe stata una bella giornata tranquilla.

Victoria era sempre stata molto intelligente, ma in quanto a sesto senso... beh, il suo faceva altamente schifo.

 

Era scesa a buttare la spazzatura, dopo una mattinata di dolce far nulla, e passando accanto alla busta delle lettere aveva notato un pacchettino giallo. Questo l'aveva scocciata non poco, avendo immaginato che fosse uno dei soliti regalini che puntualmente i suoi genitori le inviavano, e che puntualmente lei gettava nella spazzatura; spazzatura che, appunto, aveva appena portato nel cassonetto in fondo alla via.

Qualcosa però le diceva che quello era diverso; e no, non era il sesto senso, ma il fatto che non ci fosse alcun francobollo, timbro o indirizzo. C'erano solo le parole "Agente Victoria Clarke" scritte in stampatello con un pennarello verde.

Una volta aperto il pacchetto, aveva scoperto che conteneva una semplice chiavetta nera, come ce ne sono a migliaia negli uffici. Non riusciva proprio ad immaginare cosa potesse contenere, così aveva deciso di tagliare la testa al toro e infilarla nell'apertura USB del computer, pregando Allah che non contenesse nessun virus: aveva già commesso un errore accettando i soldi dei suoi per la macchina, non voleva doversi umiliare ulteriormente chiedendone per un nuovo computer.

La chiavetta conteneva semplicemente un video, che fece partire cliccando sul tasto Play.

 

È buio, lo schermo è completamente nero. Trascorrono alcuni istanti in cui lo scenario non cambia, poi, improvvisamente si accende una luce; si riesce a sentire lo scatto dell'interruttore, il volume del computer è al massimo.

Ora lo schermo è dominato dal grigio, ma non un grigio uniforme, un grigio sporco composto da più sfumature malaticce, che fanno intendere che si tratta di un muro colmo di umidità. In alto a destra c'è una piccola apertura rettangolare, da cui entra della luce: è giorno.

L'obbiettivo della videocamera si sposta, abbassandosi, e il protagonista della scena viene inquadrato: è chiaramente un uomo, legato ad una sedia. I vestiti sono sporchi, stracciati, il capo dell'individuo penzoloni sul petto nasconde il volto; l'unico tratto distintivo è la zazzera di ricci neri, spenti e incrostati di sporco e sudore.

Ancora qualche istante, e l'uomo viene investito da una secchiata d'acqua; si sente il rumore scrosciante, le basse risate di alcuni uomini alle spalle della videocamera. L'uomo alza la testa di scatto, e urla, geme, strizza gli occhi e ansima tossendo e sputando acqua.

La videocamera zoomma sulla sua figura, e adesso si possono notare i graffi e i lividi sul volto sporco, il naso sanguinante. I lineamenti sono belli, ma contratti dal dolore; gli occhi si spalancano, azzurrissimi.

Lascia cadere il capo all'indietro con un sospiro sofferente; ora l'inquadratura è sul suo petto coperto da una t-shirt che un tempo doveva essere stata bianca, ma che ora era piena di macchie e deturpata dalla scritta in pennarello verde "Venitemi a prendere".

Il video termina.

 

-Gesù Santissimo! Ma è Matt!-

Victoria le rivolse uno sguardo storto, gli occhi lucidi per le lacrime

- Ma va'? Non l'avrei mai detto, ma ora che me lo fai notare c'è una certa somiglianza-

Scarlett le lanciò in testa un pacchetto di fazzoletti invitandola a soffiarsi il naso, ma lei non ci fece caso: era troppo impegnata a singhiozzare.

- Comunque stai brava tu, lasciami gioire in pace-

- Gioire? Ma mi pare che Victoria stia piangendo. E poi chi è questo Matt?-

- Matt è l'ex di Vic.-

-Non è vero.-

Dopodiché Victoria sussultò e fu scossa da una nuova ondata di singhiozzi e lacrime. Se solo pensava al ragazzo e a tutto ciò che avevano avuto assieme, all'affetto che avevano condiviso sin da bambini, quando lui era solo un esserino dagli occhini azzurri spalancati sul mondo e lei una palla di pelo bionda, non ce la faceva proprio, sentiva dal profondo questo disperato bisogno di piangere. Aveva imparato negli anni che questo era il suo modo di sfogarsi, e sapeva che piangere le era utile ad affrontare le difficoltà che sarebbero venute con maggior fermezza e lucidità, perciò non se ne vergognava affatto; ciò però non toglieva che la presenza di un estraneo nella sua cucina ad assistere al suo sfogo la infastidisse alquanto.

- E comunque cosa ci fa questo tizio in casa mia?-

Scarlett le spiegò che si trattava di suo fratello Dylan- sì, proprio quel Dylan- che aveva incontrato prima per caso e che l'aveva accompagnata da lei.

Lui si presentò e si disse onorato di fare la sua conoscenza.

Dopodiché ci fu silenzio. Victoria fissava la piccola pennetta nera che spiccava sul bianco immacolato della tovaglia, tirando su col naso regolarmente, assorta nei suoi pensieri, mentre Scarlett osservava suo fratello che a sua volta poggiava lo sguardo, adorante, sulla nuca bionda dell'amica. La ragazza non sapeva a cosa stessero pensando gli altri due- anzi sì, lo sapeva bene: Vic stava pensando a come riportare a casa Matt, e Dyl a come portarsi lei a letto-, ma comunque Scarlett era certa di una cosa: non avrebbe speso un attimo di più per quella situazione: le spiaceva molto per l'amica, sapeva quanto affetto provasse per quel ragazzo, ma sapeva anche che non era esattamente una brava persona, e che se era finito in quella situazione la colpa probabilmente era completamente sua. Come ci era affondato, così ne sarebbe uscito; e se non ce l'avesse fatta... beh, pace, se ne sarebbe fatta una ragione. Il momento del giudizio arriva per tutti prima o poi.

Andò ad abbracciare Victoria, dandole qualche pacca di conforto sulle spalle. Tremava tutta. Dopo qualche istante sciolse la stretta e si diresse verso la porta.

- Bene gente, io vado a casa se non avete più bisogno di me. Ehi anzi, vi va una pizza?-

Victoria si riscosse e spostò l'attenzione sulla figura della sua bassa amica. Improvvisamente, sembrava arrabbiata. Almeno non aveva più l'aria di una a cui era crollato il mondo addosso. Era positivo, si disse Scarly: le aveva risollevato l'umore.

La ragazza non aprì bocca, però: fu Dylan a dare voce al suo disappunto:

- Come sarebbe a dire che vai a casa? Non dovresti aiutare Vic a trovare questo tizio?-

- No, non devo. Se proprio ci tiene può consegnare la chiavetta alla polizia.-

Victoria sbuffò. Credeva che avessero già sistemato quella faccenda, ma evidentemente non era così. Improvvisamente la rabbia sovrastò il dolore.

- Sai benissimo che non posso consegnarlo alle autorità, preferirebbe morire piuttosto.-

-Bene, che muoia allora!-

Due paia di occhi la fissarano, gli uni scandalizzati, gli altri furenti. Si sentì tradita, da entrambi: da suo fratello perché, come sempre, si era schierato dalla parte di una mezza sconosciuta solo perché aveva un bel faccino, e non dalla sua, e da Victoria perché, comunque, anche dopo anni, dimostrava di provare più affetto per un mezzo criminale che non per lei, la sua migliore amica.

- Sai benissimo anche perché non possiamo consegnarlo alle autorità, eppure pretendi che lo aiuti lo stesso. Beh, non lo farò. E nemmeno tu dovresti farlo, dal momento che è palesemente un trappola: è ovvio che stanno cercando di attirarci in quel maledetto posto per farci chissà cosa.-

- Beh questo credo l'abbia capito pure quel piccione che ci sta fissando dalla finestra, non sono scema. E neppure codarda, a differenza di qualcuno.-

-Come, scusa?-

Questo aveva fatto male a Scarlett. Accettava il fatto che Victoria, delle due, fosse quella più intelligente e ragionevole, ma che le desse della codarda no, quello feriva nel profondo il suo orgoglio Grifondoro.

- Esattamente, sei una codarda. Non vuoi rischiare di cadere in una trappola quindi decidi di non far niente, ben sapendo che così la vita di un innocente andrebbe perduta. E se permetti, non mi pare un comportamento degno di un'agente federale.-

Scarlett rise. Il fatto che Victoria ritenesse Matt innocente faceva ridere. E rendeva ben chiaro da che parte stesse la sua amica. Rise perché lei non era Victoria, e non riusciva a piangere.

D'altro canto, Vic sapeva di aver esagerato, ma il dolore per Matt, la rabbia e la delusione causate dal rifiuto di Scarly non le permettevano più di misurarsi. Si sentì tanto stanca.

- Okay, fatti pure ammazzare per uno che non ti vuole manco più bene. Io non ti fermerò. Anzi, ti consiglio di farti aiutare da mio fratello, così prima di morire vi farete anche una bella scopata. Addio.-

E Scarlett se ne andò sbattendo la porta.

Così Dylan e Victoria rimasero soli nella cucina di quest'ultima. Vic avvertì nuovamente il bisogno di piangere, così riprese a singhiozzare, non prima di aver scagliato la chiavetta maledetta contro la porta da cui la sua amica era appena uscita di scena.

Il ragazzo si sentiva in dovere di scusarsi per la sorella, quindi lo fece:

- Perdonala, prima o poi le passerà. La convincerò ad aiutarti, tanto non sa rimanere arrabbiata molto a lungo.-

La ragazza gli sorrise tra le lacrime, con amarezza.

- Tranquillo, la conosco anche io. Ma temo che questa volta sia un po' diverso. Vedi, la fedina penale di Matt non è esattamente immacolata, e tra le varie macchie c'è anche il sangue di Scarly. Ma non molto eh.-

Dylan le rivolse uno sguardo interrogativo.

- Una volta lui ha provato ad ucciderla. Ma non ce l'ha fatta, alla fine, e questo è l'importante. Un giorno se ne farà una ragione, cose del genere ci capitano spesso, sai, al lavoro.-

Lui la guardava parlare e gesticolare, e non riusciva a capire come avesse potuto sua sorella negare l'aiuto a quella meravigliosa creatura dai capelli d'oro.

Lei sospirò.

- In realtà ne avevamo già parlato molte volte, e pensavo che avesse ormai accettato il fatto che volessi molto bene sia all'uno che all'altra, ma a quanto pare ora che lui è ritornato non è più così facile per lei conviverci.-

Dylan in quel momento stabilì di avere la sorella più stupida del mondo. E che Victoria aveva bisogno di un James al suo fianco, non poteva affrontare da sola quella situazione.

- Bah, Scarly è la solita esagerata. Mi piace quel tipo, se ne avessi avuto l'occasione l'avrei uccisa direttamente io. Ha fegato. Ti aiuterò a trovare il tuo ex.-

Lei gli rivolse l'ennesimo sorriso triste.

- Apprezzo molto, ma non voglio invischiarti in queste faccende. Potrebbe essere pericoloso. E poi non è il mio ex.-

- E io apprezzo molto che lei si preoccupi a tal punto per me, ma si da il caso che io abbia ormai deciso che non accetterò un no come risposta, anche perché veramente non era nemmeno una domanda. Sarò lieto di offrirle i miei servigi, mia bella signora, sarò il vostro cavaliere senza macchia e senza paura, costi quel che costi.-

Si fermò per osservare la risata della sua nuova Bella Signora che, suo malgrado, iniziava a sentirsi affascinata da quell'individuo così diverso dalla sorella, eppure così simile.

Quando calò il silenzio, Dylan si avviò verso la porta d'ingresso, e per un attimo Victoria temette che l'avrebbe abbandonata proprio come Scarlett. Un attimo dopo, invece, era di ritorno con in mano la chiavetta, intatta nonostante la botta.

- Suvvia, ora mi faccia rivedere l'abominevole filmato.-

Così riguardarono il video, e quando fu terminato, Dylan esclamò con animo:

- Ohibò, credo proprio di sapere dov'è imprigionato il nostro bel principe in difficoltà!-

Victoria scattò in piedi. Non riusciva a capire se il ragazzo facesse sul serio oppure fosse solo scena, ma era certa che se il secondo caso si fosse rivelato veritiero gli avrebbe direttamente staccato la testa. Non aveva tempo per scherzare, chissà cosa doveva star passando Matt in quel preciso istante...

-Dove?!-

Dylan iniziò a spiegare, esaltato al pensiero di esser stato d'aiuto a Victoria. Era una delle poche volte nella sua vita in cui sentiva di star facendo qualcosa di veramente buono per qualcuno.

- Si chiama "La Casa della Madre e del Bambino". Una volta veniva usato per ospitare le ragazze madri che venivano magari abbandonate dalle famiglie o le adultere ripudiate dai mariti, ma sono decenni ormai che non ci abita più nessuno, è diventata una casa abbandonata in piena regola.-

Durante la sua spiegazione Vic continuava a camminare avanti e indietro, riflettendo e sperando che le informazioni fossero esatte.

- Okay ma dove si trova? E come fai a conoscere questo posto?-

- Si trova nella periferia di Bath, e la conosco molto bene perché ci sono stato migliaia di volte da bambino. Io e Scarly nascondevamo lì le nostre scorte di cibo o i nostri bottini, alle volte ci accampavamo pure per qualche giorno, quando non volevamo farci trovare. E riconoscerei tra mille la sedia a cui Matt è legato: non hai idea di quante volte abbiamo legato lì nostro fratello Ian fino a fargli giurare che non avrebbe denunciato i nostri casini a mamma e papà.- Dylan sbuffò, con un mezzo sorriso- alla fine i nostri metodi non erano molto efficaci, Ian faceva la spia e mamma si arrabbiava da morire, mentre papà sghignazzava sotto i baffi. Quel piccolo bastardello...-

Victoria gli credeva, era palese che le sue memorie fossero sincere. Ed era invidiosa. Lei aveva trascorso l' infanzia tra casa sua, case di altri ricchi e Central Park, in compagnia di tate. Avrebbe dato qualsiasi cosa per un fratello con cui cacciarsi nei guai e una madre che le rivolgesse l'attenzione abbastanza a lungo da sgridarla.

Comunque non era quello il momento adatto a lasciarsi prendere dall'amarezza.

- Bene, allora andiamo a Bath. Se ti scappa vai in bagno, non credo avrai molte occasioni per farla una volta partiti.-

Dylan la afferrò per un braccio, costringendola a fermarsi.

- Suvvia, Lady Vic, ormai è tardi per andare in missione, senza contare che Bath è, ehm, nel Regno Unito. Aspettiamo almeno domani mattina.-

Lei protestò, ma alla fine dovette riconoscere che ormai era buio, le ricerche avrebbero dovuto aspettare la mattina dopo quando sarebbe stata ben riposata. In quel momento fu felice di avere Dylan lì con lei, a farla ragionare. Doveva ormai molto a quel ragazzo

- Va bene, ma domani mattina si inizia sul serio.

- Naturalmente, naturalmente. Ora che ne direbbe di quella scopata a cui accennava la mia ingrata sorella?-

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***



                                        ~ Capitolo 3~

DRIIIN DRIIIN.

Scarlett sapeva che quel suono sarebbe arrivato, se l'aspettava; anche se non esattamente alle cinque del mattino, quando Victoria e suo fratello entrarono nel suo salotto, era ancora in pigiama e con la faccia impastata dal sonno.

-Buongiorno bellezze. Qual buon vento?-

- Non sono in vena di scherzi, quindi stai brava e siediti. Dobbiamo parlare.-

Così dicendo Victoria le indicò il divano, davanti al quale aveva iniziato a camminare nervosamente avanti e indietro.

-Sissignora.-, Scarly ubbidì. 

Vic era chiaramente preoccupata; e incazzata; e stanca. Perciò l'amica pensò fosse meglio non contestare i suoi ordini, e si mise ad aspettare che l'altra iniziasse a parlare. 

-Allora Scarlett, stammi bene a sentire: io e tuo fratello Dylan partiremo per l'Inghilterra, tra poco meno di cinque ore. Come probabilmente ti sarai resa conto anche tu, Matt è stato imprigionato a Bath, e so perfettamente che il fatto che il luogo sia proprio quello in cui hai passato la tua infanzia non fa altro che dimostrare che è una trappola, ma io devo andarci. Dylan verrà con me, e gliene sono molto grata, ma io ho anche assolutamente bisogno di te, e della tua pistola. Per favore. Se non per Matt, fallo per me.-

Si era fermata, a guardare l'amica seduta sul divano dall'alto del suo metro e settantacinque, gli occhi lucidi; la durezza iniziale era stata rimpiazzata dalla preoccupazione, e dal timore di un rifiuto. 

Scarlett, dal canto suo, aveva già preso la sua decisione tempo prima. Per quanto la scocciasse scomodarsi tanto per un criminale, non avrebbe mai potuto lasciare che Victoria andasse sola. E sì, Dylan non contava come accompagnatore.

Comunque non aveva intenzione di cedere così facilmente, aveva pur sempre una dignità. Si alzò dal divano, stiracchiandosi.

-Okay, ci penserò. Magari sotto la doccia. Intanto fate come se foste a casa vostra, nella dispensa credo  ci sia qualcosa da mangiare; conoscendo Vic, scommetto che non avete neanche fatto colazione.-

- Ma guarda che non ha mica dormito da me.-

-Ah sì? E allora dove ha dormito? Per strada? Nella macchina che ho usato io per tornare a casa?... Ehy, cosa ti sei fatto sulla guancia?-

Rivolgendo l'attenzione al fratello per la prima volta, Scarly aveva notato un segno rossastro sulla guancia sinistra. Uno schiaffo. Si sforzò di non ridere, giusto perché lui sembrava già abbastanza abbattuto, mentre si sfiorava la guancia.

-Niente. Tu non fare domande, e io non ti dirò bugie. Ora vai a lavarti che puzzi.-

 A Victoria non andava molto di stare da sola con Dylan. Così come non le andava di mangiare, e non le andava assolutamente di stare da sola con Dylan che l'obbligava a mangiare dei biscotti che, tra l'altro, non erano neanche buoni. Però era comunque felice. Insomma, felice era una parola grossa, ma era molto sollevata. Scarlett sarebbe venuta. Si affrettò ad acquistare un biglietto aereo anche per l'amica.

Una mezz'oretta più tardi la padrona di casa era di ritorno con i capelli ancora umidi, annunciando che la sua magnanimità l'aveva portata ad accettare di prestare il suo prezioso aiuto ai due.

- Anche perché se doveste morire non avrei più nessuno che mi rompa i coglioni, sai che noia.-


 

Pioveva. Dylan non ne poteva più della pioggia. Aveva trascorso la sua infanzia in Inghilterra, dove i giorni di sole sono rari; poi c'erano stati gli anni di luce passati in Francia o in giro per l'America, alla fine dei quali aveva deciso di stanziarsi a Seattle, posto non meno piovoso di Bath. E ora rieccolo lì, a ripararsi dai fitti goccioloni sotto il balcone di un edificio, bagnato e infreddolito.

-Finita questa storia, voglio una vacanza in un qualche posto caldo, caldissimo. E senza neanche una fottuta goccia di pioggia.-

-Uh, credo di conoscere un posto più che adatto a te. È anche gratis.-

-E sarebbe?-

-L'Inferno.-

-Ah, che simpatica.-

E tornarono ad osservare in silenzio le strade di Londra battute dalla pioggia scrosciante. Almeno fino a quando Dylan non sentì nuovamente l'impellente bisogno di esprimere il suo malcontento.

-No seriamente, ragazze, come abbiamo fatto a partire per l'Inghilterra senza un ombrello?-

-Nello stesso modo in cui tu sei partito per la vita senza un cervello, e ora stai zitto, Dyl, per favore.-

Victoria stava iniziando a scocciarsi. E a preoccuparsi.

-State zitti tutti e due, per favore. Dobbiamo organizzarci, il treno parte tra meno di mezz'ora, e noi ce ne stiamo bloccati qui sotto come dei deficienti. Vi fanno davvero così tanta paura due gocce d'acqua?-

-A me assolutamente no, è Dylan quello che ha paura di rovinarsi la messa in piega.-

Il ragazzo si sentì offeso da quel commento: la sorella non faceva altro che ridicolizzarlo e dargli del mollaccione davanti a Victoria, senza contare che aveva sempre odiato bagnarsi sotto la pioggia, e lei lo stava prendendo in giro per quella sua debolezza.

-Non è vero, non mi causa alcun problema, andiamo.-, e così dicendo uscì dal loro riparo, sotto la pioggia battente.

Victoria si sentì leggermente in colpa a fargli presente che King's Cross era dall'altra parte, facendogli fare ancora la figura del cretino. Corsero sotto la pioggia per le strade di Londra, e riuscirono a non perdere il treno per un soffio; così finalmente si sedettero all'asciutto, ed ebbero modo di prendere fiato e riflettere.

 L'entusiasmo per quella missione che inizialmente animava il ragazzo sembrava essersi spento, e Victoria aveva paura che potesse pentirsi di averla seguita e abbandonarle. Le sarebbe dispiaciuto molto. Senza contare che per il resto del viaggio tra i tre la comunicazione fu ridotta al minimo, il disagio era quasi palpabile. Victoria e Scarlett avevano fatto pace, certo, ma tra le due c'era ancora una certa elettricità e imbarazzo. Non si erano ancora del tutto chiarite.

Quando finalmente si alzarono per scendere dal treno, i sedili su cui erano stati seduti si rivelarono decisamente umidi. Dylan si sentiva bagnato e stanco, gli era venuto il torcicollo. Voleva un letto morbido morbido. E questo gli vece venire in mente che non aveva idea di dove stessero andando. 

-Scusate, ma dove dormiremo stanotte?-

-Ha architettato tutto Scarly, chiedi a lei.-

Il ragazzo rivolse uno sguardo interrogativo alla sorella.

-Cammina e vedrai, fratellino. Dai, andiamo. A sinistra.-

Camminarono per svariati minuti, e ogni tanto Dylan riconosceva vari luoghi della sua infanzia. Ad un certo punto, quando svoltarono in una strada un po' fuori città, capì dove stavano andando, e fu come se un'altro temporale l'avesse investito in pieno con la sua acqua gelida.

-No, ferme, un momento.-

Le due lo guardarono male, ma quando il ragazzo inchiodò sul posto si videro costrette a fermarsi. In quel momento la voglia di uccidere Dylan era pari in tutte e due le ragazze.

-Per l'amor di Dio, cosa vuoi adesso? Ti scappa? C'è un cespuglio laggiù.-

Lui la fissò con serietà.

-Scarlett, dove stiamo andando?-

Lei sospirò, avvicinandosi al fratello e poggiandogli una mano sulla spalla.

-Dai Dyl, sono passati molti anni ormai, sei cresciuto. Per noi lei è la soluzione migliore, ha tutto quello che serve e non farà troppe domande.-

-No, no, io non voglio. Troviamo un albergo, un alloggio o qualsiasi cosa, ma non da lei.-

-Dylan, hai deciso tu di aiutare Victoria con questa storia, non puoi tirarti indietro adesso per così poco. Cosa credevi? Che sarebbe bastato venire qua, magari alloggiare in un bell'albergo a cinque stelle, andare a chiedere gentilmente ai tizi di liberare Matt e tornarcene in America come se niente fosse? Beh, mi spiace deluderti ma non sarà così, probabilmente saremo fortunati se riusciremo a tornare a casa per Natale.-

Victoria si sentiva delusa, e allo stesso tempo in colpa. Era stata molto grata al ragazzo per averla supportata, ma ormai più passava il tempo e più si convinceva che l'avesse fatto solo per far colpo su di lei, senza che gliene importasse in realtà, o senza che avesse valutato attentamente la situazione e i rischi; le dispiaceva di averlo messo in quella situazione.

E intanto la pioggia aveva preso nuovamente a scendere su di loro, inzuppandoli per la seconda volta in quel giorno.

-Senti Scarly, lascia perdere. Se non se la sente va bene, è già stato gentilissimo ad accompagnarci fino a qui. Può andare in città per la notte e ripartire domani mattina, andremo avanti noi...-

-No Vic, non lascio perdere! Perché non fa altro che comportarsi come un bimbo egoista, cavolo: tutti devono sempre stare ad ascoltare i suoi capricci e assecondarlo, altrimenti non se ne fa niente. Guarda, mi piacerebbe farlo andare via, anche perché fino ad ora è stato solo d'intralcio, e dubito si rivelerà molto più utile, ma non ho intenzione di farlo. Deve crescere un po' anche lui, non può sempre pretendere che...-

Gli abbaglianti di un'auto li accecarono, e il suono del suo clacson coprì le parole della ragazza.

La misteriosa Jeep molestatrice si avvicinò a loro, e il finestrino del lato del conducente si abbassò. Al volante c'era una donna con un viso dai tratti spigolosi, i capelli corti, dritti e scuri a incorniciarlo, gli occhi chiari e attenti. Le braccia erano muscolose, lasciate coperte da una semplice canotta nera, nonostante il freddo. Quando parlò, la voce era tuonante

-Ehy passerotti, serve un passaggio?-

Scarlett drizzò la schiena, precipitandosi verso l'auto.

-Zia Meggy! Non dovevi aspettarci a casa?-

-Sì, ma siccome pioveva ho pensato di fare un giro per vedere se potevo darvi un passaggio. Non vorrei ospiti malati, sarebbe una bella seccatura.-

Alzò le spalle, e rivolse loro un'occhiata come a dire:"Allora volete salire o stiamo qui fino a domani mattina?".

-Okay, grazie zia, saliamo. Dylan, aiutami a mettere le valige dietro, su.-

-Ah ma ci sei anche tu, che piacere nipotino.- Il tono era sarcastico, ma Victoria trovò che il sorriso fosse sincero. Non sapeva bene cosa pensare di quella donna, tantomeno sapeva che problemi avesse con Dylan, ma decise che l'avrebbe scoperto nei giorni seguenti. In quel momento si limitò a salire sull'auto e a ringraziala.

-Bene, se ci siamo tutti possiamo partire. È bello rivedervi.-

E partirono a tutta birra vero la casa di zia Meggy.
 

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