NElla tana
Nella tana
del Bianconiglio
«Assolutamente no!» esclamò
indignato Aziraphale di fronte allo sguardo da Kneazle bastonato del
suo amico.
«Andiamo!» ribatté Crowley,
lamentoso. «Che sarà mai? Non se ne accorgerà nessuno, staremo
attenti.»
«Non lo farò! Come hai anche solo
potuto pensare che l'avrei fatto?!»
Il verde-argento gli si avvicinò
abbassando la voce. «Eri contento quando te l'ho proposto la
settimana scorsa, angelo.»
Era vero, ma quando Crowley aveva
lanciato l'idea di osservare il Lago Nero da un'altra prospettiva,
Aziraphale non aveva messo in conto che avrebbe dovuto infrangere le
regole della scuola. Soprattutto, non aveva immaginato che l'altra
prospettiva fosse nella Sala Comune di Serpeverde: Crowley aveva
pensato bene di aspettare qualche giorno prima di rivelargli i
particolari dell'impresa e il Corvonero sapeva benissimo il perché:
quel demonio di una Serpe aveva capito che incuriosirlo e lasciar
fermentare i suggerimenti che gli dava era sempre una buona mossa per
farlo poi capitolare.
Ma questa volta Aziraphale sarebbe
stato adamantino.
«Non sei stato onesto con me,»
rinfacciò, infatti. «E comunque non vedo perché debba venire nella
vostra Sala Comune. Che ha di così speciale?»
Crowley ghignò sornione. «Vieni a
scoprirlo: io non te lo dico.»
«Non lo saprò mai, allora.».
Aziraphale si sentì sciocco in prima persona nel dire quella frase
così infantile, che avrebbe fatto invidia a un bambino di cinque
anni, ma non fece nulla per ritrattare, né per togliersi dalla
faccia l'espressione stizzita che aveva messo su. Si sentì anche in
dovere di rimarcare: «Non rischierò l'espulsione di entrambi per il
Lago Nero, Crowley.»
Crowley rimase in silenzio per un lungo
momento, così lungo che Aziraphale credette che non avrebbe ricevuto
alcun tipo di risposta. Quando questa alla fine arrivò, tuttavia, si
sentì mancare l'aria nei polmoni.
«Sei sempre così esagerato,
Aziraphale,» sbuffò Crowley, monocorde, i nomi propri che
aleggiavano gelidi tra loro mentre il Serpeverde si alzava dandogli
la schiena. «Se cambi idea, fammelo sapere.»
☃
Aziraphale non gli aveva parlato per
tre giorni. Aveva ignorato il suo sguardo durante i pasti e aveva
fatto finta di non vederlo nemmeno nei corridoi. Crowley, dal canto
suo, non aveva cercato di attirare la sua attenzione in alcun modo.
Il Corvonero non sapeva dire se questo l'avesse più sollevato o
indispettito, ma di sicuro aveva evitato di soffermarsi su quel
particolare più del dovuto. Non era lui che doveva sentirsi
in colpa, non era lui che doveva chiedere scusa. Se il
Serpeverde non si fosse fatto avanti da solo, Aziraphale non avrebbe
cercato di modificare quella situazione in alcun modo: non ne aveva
la responsabilità.
Fu dunque uno shock per lui ritrovarsi
costretto, al quarto giorno di mutismo forzato, a sedersi vicino a
Crowley durante la lezione di Erbologia nella serra numero tre. Per
tutta la prima ora fu bravissimo: non lo guardò, non comunicò con
lui e fu autosufficiente nella lotta al ceppo di Pugnacio con il
quale avrebbero studiato fino alle prossime vacanze di Natale. Fu la
seconda ora a tradirlo. Aziraphale provò con tutto il cuore a tenere
la bocca chiusa e a non mostrarsi interessato alla bizzarra modalità
con cui l'altro stava disperatamente provando a spremere i baccelli
della pianta, ma quando Crowley fece l'ennesima mossa sbagliata nel
tentativo di portare a termine il proprio compito, il Corvo non poté
fare a meno di trattenersi dallo sbuffare irritato.
«Devi usare un oggetto appuntito, sì,
ma non per tagliarlo a spicchi: sembra un pompelmo, ma non lo è,»
disse concitato, la voce bassa per non disturbare i tavoli vicini.
Crowley sussultò visibilmente e si
bloccò con il coltellino a mezz'aria. «Oh no, non ci
provare: non osare dirmi come devo trattare le piante.»
«Oso, invece: è scritto nel
libro,» ribatté Aziraphale, piccato, puntando con il mento il tomo
aperto sul suo piano di lavoro. «Ti faccio vedere.». Con un paio di
mosse esperte, il Corvonero fece esplodere la polpa pulsante del suo
baccello e i tuberi verdognoli in esso contenuti si dispersero
all'interno della ciotola.
Crowley scoprì i denti in una smorfia
e scosse il capo rifacendogli il verso, ma si affrettò comunque ad
eseguire in maniera corretta il procedimento. Aziraphale lo vide
evitare volutamente il suo sguardo quando l'operazione diede proprio
i frutti sperati.
«Sei simpatico, davvero,» lo rimbeccò
Crowley mentre cercava gli strumenti per raccogliere il succo di
Pugnacio. Fu il turno del Corvonero di bloccarsi, sorpreso. «Mi
ignori, è come se non esistessi da giorni-»
«Tre giorni.»
«- e le prime parole che mi
rivolgi sono delle correzioni sul mio metodo di lavoro. Sul
serio?»
Aziraphale non rispose subito: quella
era una provocazione bella e buona e il Corvo non aveva intenzione di
accoglierla in modo aggressivo. Questo avrebbe significato darla
vinta alla Serpe e di certo non rientrava nei suoi obiettivi.
«Ti sto facendo prendere un bel voto,»
disse, invece.
Crowley lo guardò in tralice. «Ah,
quindi adesso ti devo pure dire grazie?»
Aziraphale sbuffò: «Non mi devi dire
niente. E non sei in debito con me.»
L'altro grugnì il suo disappunto, ma
tornò al suo estratto da imbottigliare. «Hai un modo strano di
chiedere scusa, te l'ha mai detto nessuno?»
«IO NON-» iniziò il bronzo-blu con
voce acuta, ma il veloce sguardo che gli venne lanciato da due
compagni di Casa a poca distanza da loro fu sufficiente a fargli
ricordare di essere in presenza di altre persone e soprattutto di
un'autorità: non voleva finire in Presidenza per questo.
Inspirò a fondo, cercando di
recuperare la calma. Quando credette di esserci riuscito, si sforzò
di riprendere con tono più moderato. «Io non devo chiederti scusa
perché ho ragione: mi hai chiesto di fare una cosa pericolosa.»
Crowley roteò gli occhi al cielo.
«Punto primo: hai fatto di peggio. Devo ricordarti che hai barato
alla prima partita di Campionato?». Aziraphale si sentì avvampare e
gonfiò le guance in preda al forte impulso di accampare qualche
scusa, ma l'altro non gliene diede il tempo. «Punto secondo: c'era
davvero bisogno di ignorarmi così, eh? Non potevi dire no e basta?»
A questo gli fu concesso di replicare.
«È quello che ho fatto! Ma tu sei insistente. Sai benissimo che non
ti avrebbe fermato un no! E infatti non ti ha fermato, vorrei
sottolineare: hai-»
«Me ne sarei fatto una ragione,
angelo.»
All'udire il nomignolo entrambi smisero
di parlare e si scambiarono uno sguardo imbarazzato. Aziraphale
realizzò con orrore quanto
gli fosse mancato.
Fu Crowley il primo a recuperare le
proprie facoltà di linguaggio. «A me farebbe piacere fare... quella
cosa... perché so che a te piacerebbe farla. Ma se tu non
vuoi, io non voglio costringerti.». La Serpe fece una breve pausa
prima di aggiungere: «Pensavo lo sapessi.»
Aziraphale si guardò nuovamente
attorno, sperando che la visione degli altri studenti lo inducesse a
rimanere posato. «Ecco, lo stai facendo di nuovo: stai cercando di
comprare il mio sì con un trucchetto dei tuoi. Come fai a sapere che
mi piacerebbe?»
Crowley scosse la testa, esasperato.
«Ti sto dando una scelta. Se non vuoi, puoi dire di no senza
vaneggiare di espulsioni e altre fantastiche idiozie delle tue.»
Aziraphale lo fissò per un attimo,
preoccupato: non erano idiozie, quelle. Non per lui. Infrangere il
regolamento scolastico era cosa grossa, Crowley avrebbe dovuto
saperlo. «Non ti rendi conto di quello che dici!» disse, infondendo
in un mormorio appena accennato tutta la foga di cui era capace. «Se
lo fai, verrai accusato di aver rivelato i vostri segreti a una
persona che dovrebbe rimanerne fuori.»
«Nessuno è mai stato cacciato per
così poco, suvvia. E poi che male c'è a conoscere dove si trovano
le Sale Comuni?»
«Shh!» intimò Aziraphale, guardando
atterrito il resto della classe per sincerarsi che nessuno avesse
allungato le orecchie più del dovuto. Quando tutto gli sembrò
tranquillo, tornò a rivolgersi a Crowley con un inequivocabile
cenno: ne avrebbero parlato più tardi, dopo la lezione, in un luogo
più sicuro.
Approfittarono della chiassosa Sala
Grande per riprendere il discorso esattamente da dove l'avevano
interrotto.
«Deve esserci qualcosa di male nel
saperlo, ma non è questo il punto,» raziocinò Aziraphale.
«In parte lo è, invece,» insistette
Crowley. «Se non ci fossero questi stupidi divieti, non dovremmo
stare qui a risolvere la questione. Comunque,» continuò senza
lasciare al Corvonero il tempo di aprire bocca, «non sei costretto.
Era solo un'idea per un po' di svago.»
«Non è divertente infrangere le
regole,» puntualizzò Aziraphale.
«Non l'ho mai detto.»
Da quando avevano cominciato ad
approfondire la loro conoscenza reciproca, il Corvonero si era reso
conto di quanto Crowley non fosse uno studente particolarmente ligio
al dovere scolastico. Quell'affermazione uscita fuori dalla bocca
della Serpe era semplicemente assurda, ma era evidente che lui non la
pensasse allo stesso modo.
«Io non infrango le regole per il solo
gusto di farlo, angelo,» precisò Crowley, come se gli avesse letto
la perplessità in faccia. «Le infrango quando mi impediscono di
fare cose che mi piacciono e che non fanno del male a nessuno.»
Aziraphale colse la sfumatura di
significato, ma non ne fu particolarmente felice: la sostanza
cambiava di poco.
«Non credo di volerlo fare, Crowley.
Mi dispiace,» disse, calmo e sincero.
L'altro annuì, mogio. «Come
preferisci. Pace?» domandò, tendendo subito una mano verso
Aziraphale. Il Corvonero sorrise mesto prima di stringerla.
«Pace.»
☃
Era stato facile mettere da parte il
temperamento battagliero.
Dimenticare la conversazione avuta con
Crowley, tuttavia, si era rivelato molto più complicato. Le parole
dell'altro, infatti, malgrado Aziraphale non fosse disposto ad
ammetterlo ad alta voce, avevano suscitato in lui una forte
impressione sin dalla prima proposta. La promessa del Lago Nero sotto
un'altra prospettiva, qualsiasi cosa quello volesse dire, l'aveva
incuriosito. La sicurezza con cui Crowley gli aveva suggerito che non
se ne sarebbe pentito, poi, aveva finito quasi per convincere
lo stesso Aziraphale. Se solo non ci fosse stato il regolamento a
rendere tutto difficile, il Corvonero avrebbe acconsentito senza
problemi a seguire la Serpe. Ma quello rimaneva un ostacolo
insormontabile: Crowley avrebbe passato guai serissimi se fossero
stati scoperti a sgattaiolare insieme nella stessa Sala Comune. Il
fatto che lui non se ne rendesse conto era ridicolo, semplicemente
ridicolo: il Serpeverde avrebbe dovuto esserne consapevole, per
Merlino! Madame Tracy sarebbe stata del tutto in diritto di punirlo
se Aziraphale avesse spifferato tutto, ma Crowley sembrava del tutto
immune alla preoccupazione e faceva passare lui per un idiota troppo
sussiegoso nei confronti delle regole.
La Serpe, in ogni caso, era stata di
parola: non aveva più nominato la Sala Comune di Serpeverde e
nemmeno il Lago Nero. Aziraphale gliene era stato grato, davvero, ma
la totale assenza di quei due elementi nei loro discorsi aveva
cominciato a sortire l'effetto contrario a quello sperato: più non
ne parlavano, più il Corvonero si preoccupava che Crowley fosse
offeso e che quello sarebbe diventato un tabù tra loro, qualcosa di
ignobile da nascondere, da dimenticare e basta. E forse scordare la
faccenda sarebbe stato meglio per entrambi... ma...
ma.
La
verità era che Aziraphale continuava a pensarci. Ogni volta
che Crowley evitava palesemente di ricordargli l'esistenza del Lago,
il Corvo si perdeva a immaginare da quale altra prospettiva fosse
possibile guardarlo e perché mai fossero coinvolti gli alloggi dei
Serpeverde. Quando questo accadeva, Aziraphale si riduceva al
silenzio più totale o cambiava repentinamente argomento senza alcuna
parvenza logica. Crowley non diceva niente, lo assecondava, ma il
Corvonero era sicuro di averlo colto, di tanto in tanto, a nascondere
un sorriso a metà tra l'amareggiato e il divertito: lui
sapeva. Quel demonio del suo compagno sapeva e aspettava,
paziente, che Aziraphale cedesse alla tentazione di chiedere di più,
di assecondare il bisogno di conoscenza e di saziare la propria
curiosità. Ma il Corvo non l'avrebbe fatto vincere. Mai e poi mai.
Sarebbe stato forte e avrebbe resistito: prima o poi Crowley si
sarebbe stancato di aspettare un cambiamento in lui e sarebbe andato
tutto bene, sarebbe tornato tutto come prima. Aziraphale ci avrebbe
scommesso tutti i suoi galeoni.
Non dovettero passare molti giorni,
però, perché il Corvonero maturasse l'assoluta certezza che, se
avesse davvero scommesso tutto il suo denaro su quell'opzione,
sarebbe diventato estremamente povero. La rivelazione gli sovvenne in
un pomeriggio qualunque di dicembre, quando Crowley e Aziraphale
decisero di concedersi una pausa dallo studio con una rigenerante
passeggiata nel parco. Il bronzo-blu non si era accorto di aver
involontariamente deviato i propri passi verso le vastità del Lago
Nero se non quando se lo ritrovò davanti in tutto il suo brillante
frigido splendore. Nonostante il cielo non fosse particolarmente
sereno, la superficie d'acqua rifletteva comunque una tenue luce
ondulata e ipnotica, quasi ammaliante. Veniva voglia di tuffarsi e
nuotare.
«Non è bellissimo, angelo?»
Aziraphale deglutì e sussultò nello
stesso momento: non si era aspettato di sentire Crowley sibilargli
all'orecchio così da vicino.
«Sì.» rispose, accennando un sorriso
vago.
«E non sarebbe bello vederlo in un
altro modo?»
No!, pensò Aziraphale
indignato, ma qualcosa andò storto quando venne il momento di dare
voce alla sua risoluzione.
«Sì.» ripeté, infatti, trattenendo
il fiato subito dopo. Si allontanò di pochi passi dal Serpeverde,
risentito. «Crowley! Mi stai Confondendo?»
L'altro sorrise. «Non mi permetterei
mai. Non sono te.»
Aziraphale si sentì avvampare, ma non
fece nulla per correggerlo. Tornò a guardare il Lago e a cercare
qualcosa di furbo da dire per chiudere quella conversazione una volta
per tutte. «Un lago è sempre un lago, da qualunque... prospettiva
lo si guardi.»
«I Maridi non sono d'accordo. È casa
per loro. Tipo Hogwarts per noi.»
Quello lo colpì. «Lo dici come se lo
sapessi con certezza.» disse il Corvonero, vagamente allarmato per
la curiosità che montava in lui: nessuno era in grado di avvicinare
i Maridi del Lago Nero. Nessuno. Come poteva il suo amico
parlare di loro con tanta disinvoltura? Aziraphale non si sarebbe mai
permesso di insinuare alcunché su quelle creature.
La situazione non migliorò quando
Crowley accentuò il sorriso – il ghigno – che gli era
spuntato in volto.
«Forse è così.». La Serpe ridusse
nuovamente la distanza tra loro. «Chi lo sa? Dovresti proprio venire
a scoprirlo. Lo so che lo vuoi,»
Aziraphale sospirò mentre realizzava
con estrema lucidità due ineluttabili verità: Crowley non avrebbe
mai smesso di tormentarlo con quella storia e, cosa ancora più
allarmante, non aveva decisamente bisogno di Confonderlo per aizzare
il suo interesse.
«È pericoloso,» pigolò senza
guardarlo, facendo leva sull'ultimo barlume di buonsenso che sentiva
ancora in sé.
«Forse. Ma ne vale la pena.»
Il Corvonero incrociò le iridi da
serpente di Crowley: capì subito di aver commesso un grosso errore.
Purtroppo per lui lo capì anche la Serpe, che esclamò senza mezzi
termini: «Ho già pensato a tutto!»
«Oh, ma davvero? Sapevi che alla fine
avrei acconsentito? Tu... Tu...», Aziraphale avrebbe davvero
voluto appellarlo come meritava, ma non riuscì ad articolare altro
di diverso da: «... cattivo vecchio gargoyle!»
Crowley scoppiò a ridere prima di
spingergli una mano sulla schiena per reindirizzarlo verso il
castello e per assillarlo con il suo grandioso piano:
Aziraphale aveva già mal di testa.
☃
Aziraphale si era aspettato qualcosa di
più articolato e sicuro, doveva essere sincero con sé stesso.
Questo, almeno, era quello che «Ho
già pensato a tutto» gli
aveva suggerito quando l'aveva udito. Certo, prevedere tutti i
risvolti della situazione non era cosa da poco, ma definire quello di
Crowley come un piano era un eufemismo fin troppo generoso.
«Lo faremo durante
le vacanze di Natale, quando non c'è più nessuno in giro. Sempre
che tu rimanga qui, ovviamente.»
Aziraphale aveva avuto il cuore di far
notare quanto poco elaborata fosse quell'idea, ma non era stato in
grado di proporre niente di alternativo. Era ovvio che fosse meglio
mettersi all'opera con il minor numero possibile di studenti nel
castello, ed era altrettanto palese che avrebbero fatto tutto con
estrema prudenza. Si era limitato a proporre cautela e per quel
pomeriggio non ne avevano più parlato.
Avevano rispolverato l'argomento solo
qualche giorno dopo, con le vacanze ormai imminenti, quando Crowley
era tornato in Sala Grande dagli allenamenti di Quidditch
completamente fradicio.
«Potrei
aver dimenticato una cosa,» gli aveva detto il Serpeverde
prima di indicarsi le vesti bagnate.
«L'ombrello?»
«Pix.»
Aziraphale aveva colto subito la
gravità della circostanza e si era preso la testa fra le mani, ma
aveva deciso di contenere la ramanzina in due frasi ben assestate su
quanto poco Crowley tenesse alle proprie responsabilità.
«Ci penso io,» aveva concluso il
Serpeverde con convinzione prima di picchiettarsi la divisa con la
bacchetta, facendola tornare subito asciutta. «Non devi preoccuparti
di niente, angelo.»
E Crowley aveva fatto il suo dovere:
due giorni dopo aveva assicurato ad Aziraphale di aver regalato a Pix
la sua intera scorta di Caccabombe in cambio di una tregua per tutta
la durata delle vacanze.
«Come se quel Poltergeist fosse uno di
parola,» aveva ribattuto il Corvonero, scettico, ma Crowley era
stato lesto ad elargire un sorriso furbo.
«Oh, starà buono, vedrai. Non vorrà
di certo far arrabbiare il Barone, no?»
Aziraphale si era illuminato di
comprensione. «Che immagino tu abbia casualmente nominato.»
Suo malgrado, il Corvo aveva sorriso
all'occhiolino della Serpe e anche per quel giorno l'argomento era
stato considerato esaurito.
☃
A una settimana dalle vacanze entrambi
avevano dato il loro nome per rimanere a Hogwarts e avevano potuto
notare quanto le liste fossero corte: ben pochi studenti avrebbero
passato il Natale a scuola. Questo faceva aumentare le possibilità
di successo della loro marachella e persino Aziraphale aveva smesso
di preoccuparsi troppo in favore di un atteggiamento più rilassato
e, a onor del vero, malizioso. Il Corvonero non vedeva l'ora di
scoprire in quale altro modo fosse possibile osservare il Lago Nero e
rimanerne ugualmente affascinati. Negli ultimi giorni si era anche
reso conto di aver riversato così tanta aspettativa in quel progetto
da chiedersi se per caso non si fosse lasciato trascinare troppo
dalle promesse di Crowley. La sua immaginazione non era d'aiuto: pur
non avendo idea di cosa figurarsi nella mente, il cuore gli suggeriva
meraviglie. Sperava addirittura che potessero superare quelle della
Sala Grande tutta addobbata di ghirlande e alberi di Natale.
Soltanto la mattina della Vigilia
Aziraphale sentì montare dentro di sé tutta l'angoscia che l'aveva
risparmiato nella settimana precedente. Erano d'accordo per procedere
quel giorno, sfruttando l'ora di pranzo e le conseguenti Sale Comuni
vuote. Crowley aveva garantito che sarebbe bastato accampare una
scusa qualunque con i compagni di Casa poco prima del pasto per
sviare qualsiasi sospetto: nessuno avrebbe chiesto spiegazioni
dettagliate su un improvviso dolore alla pancia, per esempio. Ad
Aziraphale non servì nemmeno mentire: le fitte che avvertiva allo
stomaco erano reali e concrete, un misto di terrore ed eccitazione
che lo portava a camminare avanti e indietro per tutto il Dormitorio
e a pensare un momento di ritirare la propria disponibilità a
recarsi nella Sala Comune di Serpeverde e quello dopo di andarci
subito, senza nemmeno aspettare il grande esodo dalla propria.
Fu con una grande dose di autocontrollo
che decise di rimanere saldo nella propria posizione e di attendere,
più o meno paziente, che tutti se ne fossero andati per poi uscire a
sua volta dalla Sala e raggiungere il punto di incontro stabilito,
non lontano dall'ingresso ai sotterranei. Crowley era stato sibillino
a riguardo, non gli aveva detto granché, ma solo che da lì in poi
l'avrebbe guidato lui.
Si appoggiò con il fianco al muro
nell'attesa, ripetendosi di essere sul punto di compiere sia una
grandissima stupidaggine che una bella avventura insieme a Crowley.
Di tanto in tanto i suoi pensieri viaggiavano verso lo scenario
peggiore possibile: la cacciata di Crowley dalla scuola. In quei
momenti Aziraphale si diceva di essere un idiota, un completo egoista
e probabilmente una pessima persona in generale. Ma non poteva farci
niente se in quegli attimi di puro panico il piano che una settimana
prima sembrava senza falle ora gli appariva come qualcosa di
irrealizzabile. Sarebbe bastato un solo insegnante di pattuglia nei
piani bassi del castello per distruggere ogni loro singolo sogno di
gloria e-
Un dito gli tamburellò sulla spalla
con discrezione.
Fu così assurdamente inaspettato che
Aziraphale sussultò ed ebbe solo la prontezza di tapparsi la bocca
con una mano per soffocare il grido di paura che avrebbe potuto
attirare l'attenzione di un fantasma o di un'autorità scolastica.
«Crowley,» ansimò quando si fu
ripreso. Di fronte a sé il Serpeverde lo guardava con una certa
apprensione.
«Ripensamenti?» chiese senza mezzi
termini. Il tono, tuttavia, era calmo, sereno: Aziraphale seppe in
quel momento con assoluta certezza che se avesse detto di voler
andare in Sala Grande a gustarsi il pranzo insieme a tutti gli altri,
Crowley non si sarebbe opposto, avrebbe esaudito il suo desiderio e
lo avrebbe lasciato in pace; gli stava dando l'ultima possibilità di
ritirarsi, di mandare a monte tutto, e, come se quello non fosse
stato già abbastanza, l'avrebbe rispettato a prescindere
dalla decisione finale. La consapevolezza fu così immediata e
autentica che Aziraphale si sentì improvvisamente leggerissimo,
travolto solo da un moto di tenerezza e affetto che non avrebbe
saputo come articolare in parole. Deglutì a vuoto un paio di volte
prima di riuscire a rispondere.
«No. Davvero,» precisò, più
convinto. «Voglio farlo.»
Il sorriso che Crowley gli regalò fu
capace di fargli dimenticare per un attimo tutta l'agitazione che
sentiva ribollire dentro di sé.
«Forza, allora,» lo incitò il
Serpeverde, facendogli un cenno perché lo seguisse.
Fu il labirinto dei sotterranei a
risvegliare la preoccupazione di Aziraphale. Ogni svolta avrebbe
potuto celare un tranello e il Corvonero si sentiva morire tutte le
volte in cui non riusciva a scorgere altro che ombre sinistre sulle
pareti. In più di un'occasione si aggrappò al braccio di Crowley
per indicargli inesistenti pericoli e quando gli parve di sentire
un'eco sospetta decise di non lasciarlo più. Il Serpeverde si limitò
a lanciargli un'occhiata esasperata, ma non fece niente per liberarsi
dalla presa e Aziraphale giurò che gliene sarebbe stato grato a
vita.
Si arrestarono di fronte a una lastra
di pietra qualunque, così anonima che Aziraphale avvertì una lieve
ondata di delusione: doveva essere la porta, ma non era per niente
invitante.
Crowley si frugò in tasca ed estrasse
un fogliettino. «Sì, lo so, lo so,» cantilenò come a precedere
una qualche osservazione da parte del Corvonero. «Non è prudente
scrivere su carta le parole d'ordine, si rischia di perderle e tutte
quelle cose lì. Lo so.». Il bronzo-blu aggrottò la fronte,
ma lo lasciò finire. «Ma è cambiata stamattina e non me la
ricordo.»
«A voi basta una parola d'ordine per
entrare?» bisbigliò alla fine Aziraphale, la comprensione che si
faceva strada in lui mentre fronteggiava il muro segnato
dall'umidità.
«In che senso a noi? Voi
non fate così?»
Il Corvonero fece per rispondere, ma le
regole di Hogwarts gli riecheggiarono nella mente con più velocità
del previsto, facendogli chiudere la bocca prima che potesse fare
alcunché.
«Ma certo,» disse spazientito
Crowley, ringhiando tra i denti per mantenere un tono di voce basso.
«Non ti ho fatto vedere come raggiungere la mia Sala Comune e come
entrare, no no,» lo schernì con stizza. «Quella di
Corvonero deve rimanere nascosta, ovvio.»
«Non essere così melodrammatico,» lo
ammonì Aziraphale, severo. «Stiamo già correndo troppi rischi. Se
sapessero che mi hai rivelato l'entrata per-»
«Senti, chiudi il becco,» tagliò
corto Crowley, l'offesa ancora palpabile nel suo tono di voce.
«Tieniti i tuoi segretucci da Corvonero, non mi interessano, tanto
non ho alcun motivo per venire in quella Sala.»
Aziraphale non trovò niente da dire
per replicare. Si sentì incredibilmente vuoto per un lungo momento e
sperò irrazionalmente di poter tornare indietro nel tempo per
rimediare all'errore. Considerò la possibilità di chiedere a
Crowley se intendesse davvero quello che aveva appena detto, che non
aveva nessun motivo per fare visita alla Torre dei Corvi, o se
l'avesse fatto solo per ripicca, ma scoprì di non voler conoscere la
risposta con sicurezza: non sapeva dire come avrebbe reagito se
l'altro avesse confermato la crudeltà di quella dichiarazione e
preferì rimanere nell'ignoranza.
«Magonò,»
lesse Crowley, riscuotendolo dai suoi pensieri e facendolo
concentrare sul da farsi. Il muro si aprì e li lasciò entrare.
«Come avrai notato, la Preside non ha
perdonato i Serpeverde per la loro condotta in guerra,1»
precisò il verde-argento con aria mortificata una volta dentro. «Due
settimane fa la parola d'ordine era Viltà, capirai...»
Ad Aziraphale, tuttavia, quei concetti
sembrarono improvvisamente lontani: tutto era lontano di fronte alla
fredda magnificenza della Sala Comune in cui si era ritrovato a
mettere piede. Per assurdo ne ebbe quasi un senso di felice
oppressiva accoglienza che non avrebbe saputo spiegare: tutta quella
pietra che li circondava non sembrava confortevole, ma ad Aziraphale
bastò inquadrare il caminetto scoppiettante per cambiare idea. La
Sala non era ariosa né blu come quella di Corvonero, ma non gli
dispiaceva per niente. Anzi: pensò che si sarebbe potuto abituare
molto facilmente a quell'atmosfera misteriosa e verdastra,
sottomarina.
«Sembra di essere...» cominciò, la
voce sottile, e l'illuminazione lo colse ancor prima che Crowley
potesse concludere:
«... sotto il Lago.»
Aziraphale si arrampicò scompostamente
su una delle sedie più vicine alle finestre per incollare il volto
al vetro, gli occhi a palla sgranati sul fondale del Lago Nero. Il
Corvonero si era avvicinato così tanto che per un attimo prese un
respiro profondo, convinto di dover a breve lottare contro la
sensazione di soffocamento che gli avrebbe serrato la gola. Fu quasi
sorpreso quando rilasciò l'aria e non uscirono bollicine. Ma a
sconvolgerlo fu il movimento che catturò il suo sguardo oltre il
vetro. Per un momento riuscì solo a boccheggiare e a indicare con il
dito fuori dalla finestra, ma quando ebbe recuperato la parola
esclamò: «Quello è un Avvincino!»
Udì Crowley ridacchiare dietro di sé
e gli fece un vago cenno di avvicinarsi per ammirare con lui
l'animale che nuotava sinuoso davanti a loro, sgusciando tra le
alghe, coperto alla vista, e sbucando fuori dalle curve più
impensabili, da cui Aziraphale non si aspettava di veder uscire
niente. Forse è a caccia, pensò eccitato, anche se di pesci
non c'era l'ombra.
«Quindi... Quindi puoi vedere le
Sirene e i Tritoni e... e... i Selkie!» esclamò con il naso ancora
premuto sulla finestra a seguire l'Avvincino.
«Ehm... Be', non si avvicinano molto
alla scuola, ecco...» balbettò Crowley e Aziraphale, anche se non
lo vedeva, poteva giurare che avesse una smorfia colpevole sulla
faccia. «Potrei aver esagerato quando te l'ho detto... Però vediamo
il calamaro. Quello sì. Enorme.»
Il Corvonero si staccò quel tanto che
bastava perché i loro sguardi si incrociassero sulla vetrata. Quando
la Serpe se ne accorse sorrise le sue scuse, impacciato, e Aziraphale
non ebbe la forza di sgridarlo. Tornò a dedicare la propria
attenzione alla creatura marina, chiedendosi se fosse davvero
possibile considerarla tenera, con quei suoi dentini e con quelle
dita terrificanti, e concluse che il vetro sicuramente lo aiutava a
formulare un giudizio affettuosamente distorto.
Attese di vedere l'Avvincino scomparire
alla propria vista prima di scivolare sulla sedia e appoggiarsi allo
schienale con aria soddisfatta.
«Sarebbe bello vederlo tutti i
giorni,» considerò, gli occhi persi nel focolare ma ancora immersi
nello splendore verdastro del Lago.
«Ti annoieresti.»
Aziraphale prese un bel respiro quieto:
forse Crowley aveva ragione. «Tu, però, continui a guardarlo dopo
sei anni,» disse comunque, ammirando il sorriso sghembo che il
Serpeverde rivolse al vetro.
«Mi piacciono gli spazi aperti.».
Fece un cenno alla Sala. «Questo è po' asfissiante per quanto mi
riguarda.»
«A me piace. Penso che potrei
abituarmici.»
Crowley ammiccò. «Quindi avevo
ragione: ne valeva la pena.»
Aziraphale mise su un'espressione
imbronciata, ma lasciò cadere in fretta la maschera: la stanza in
cui si trovava era troppo affascinante perché potesse fingersi
risentito ed essere credibile. Si disse che, se avesse potuto
ridecorare la Sala, avrebbe ridimensionato la presenza del colore
verde e introdotto il mogano, ma per il resto era davvero uno dei
posti migliori che avesse mai visto a Hogwarts. Nell'asfissia che
vedeva Crowley c'era un senso di protezione che riscaldava Aziraphale
tanto quanto il fuoco del caminetto. L'idea stessa di trovarsi sotto
il livello dell'acqua lo riempiva di stupore ed entusiasmo. Quello
sarebbe stato un posto perfetto per sedersi in poltrona e leggere un
libro sorseggiando una cioccolata calda. La Sala Comune di Serpeverde
aveva l'atmosfera consolatoria che mancava a quella di Corvonero.
Fece per esporre il pensiero a Crowley,
ma si arrestò poco prima di aprire bocca, la mente bloccata a prima,
quando si era presentato il suo turno di condividere informazioni
sulla propria Sala e lui si era rifiutato di ricambiare la cortesia.
Crowley lo aveva coinvolto in qualcosa di importante, si era messo in
un potenziale pericolo solo perché era sicuro che Aziraphale avrebbe
apprezzato la Sala della sua Casa. Non aveva mai dubitato, il Corvo
ne era certissimo. Gli aveva regalato un'esperienza nuova, bella, su
misura. Aveva fatto tutto quello per lui. Ed era stato ripagato con
la moneta della diffidenza, del sospetto e dell'esclusione.
Gli si strinse lo stomaco in una morsa
mentre il tono sarcastico e scocciato con cui Crowley gli aveva
risposto gli risuonava nella mente. Ma adesso il senso di colpa prese
il posto dello shock, perché Aziraphale era ormai certo di esserselo
meritato: era stato uno stupido, un perfetto idiota e un ingrato. Un
pessimo amico, quando Crowley, ora lo vedeva, era stato il
migliore che avesse mai avuto.
«Noirisolviamoindovinelli,»
disse di punto in bianco, tutto d'un fiato. Crowley si voltò verso
di lui con un'aria così interrogativa che Aziraphale si premurò
subito di riformulare, stavolta con più calma: «Per entrare nella
mia Sala Comune, che è in cima alla Torre Ovest, devi risolvere un
indovinello.»
Crowley lo guardò sbalordito e il
Corvonero poté leggere in quegli occhi gialli una miriade di
domande. Di alcune supponeva di conoscere la natura.
«Sul serio? Di che tipo?»
Aziraphale si sforzò di ricordare.
«Questa mattina il batacchio sulla porta mi ha chiesto la differenza
tra un verbo e un nome.»
Crowley emise una risata canzonatoria,
ma dopo qualche attimo parve meravigliato. «E non è ovvio, scusa?»
Il Corvonero si strinse nelle spalle,
un po' offeso: avrebbe dovuto mentire e rifilargli un indovinello più
complicato. «Non sono sempre difficili, non c'è bisogno di prendere
in giro.»
«No. No, non intendevo- È che
questo non è un indovinello.
Non c'è niente da indovinare: lo sanno tutti.»
Aziraphale rifletté un momento prima
di sfoderare un sorriso che sperò essere poco rassicurante.
«Dimmelo, allora: qual è la differenza tra un verbo e un nome?»
Crowley lo fissò per qualche attimo a
bocca aperta e il Corvo poté quasi percepire i suoi pensieri e la
sua incredulità, così come il suo repentino cambio di rotta: la
Serpe, infatti, si appuntò un dito sul petto, in corrispondenza
dello stemma della sua Casa. «Angelo, io non sono intelligente, no?»
Aziraphale alzò un sopracciglio,
deliziato. «Mio caro, credevo che tu fossi superiore a queste
divisioni dettate da uno stupido vecchio Cappello
Parlante. Non vorrai mica
dirmi che dovrò risolvere l'indovinello per te solo perché
io sono un Corvonero, vero?»
Crowley apparve risentito solo per un
momento, il tempo necessario perché un ghigno ammirato gli si
stampasse sulla faccia. «Farò da solo, allora. Ma con calma.»
Aziraphale annuì con un sorriso prima
di tornare a guardare di nuovo oltre il vetro.
«Non eri obbligato a dirmelo,
comunque,» mormorò d'un tratto il Serpeverde. «Non volevo
impormi.»
Il bronzo-blu avvertì il suo sguardo
su di sé, ma non si voltò. «Lo so. Era giusto che te lo dicessi.»
«Ah, sì?»
Aziraphale annuì prima di incrociare
gli occhi gialli di Crowley per un secondo. «Ho ricambiato la tua
fiducia. Grazie, a proposito.»
«Fiducia?»
Il Corvonero si voltò definitivamente.
«Ti sei fidato di me quando mi hai chiesto di venire qui. Avrei
potuto dire tutto a Madame Tracy o farti punire, ma mi hai comunque
rivelato un segreto dei Serpeverde.»
Crowley lasciò vagare lo sguardo per
un attimo. «Tu... hai pensato di farlo?»
Aziraphale sospirò. «Ho pensato che
avrei dovuto,» ammise. «Ma non l'ho mai voluto veramente.»
La Serpe annuì prima di distogliere lo
sguardo, dirigendolo verso l'acqua.
«Tu, invece, vorresti...» cominciò
Aziraphale, ansioso di capire se l'avesse ferito o meno con quella
confessione. «Ecco, vorresti vedere la... la Sala Comune di
Corvonero?». Quando Crowley lo guardò con gli occhi sgranati, si
affrettò ad aggiungere: «Be', prima hai detto che non hai motivo di
entrarci, ti ho sentito, ma... non la conosci, credimi.»
«Oh, angelo,» disse Crowley, il tono
delicato. «Ma a te non piace andare contro il regolamento.»
«È vero,» concesse Aziraphale,
diplomatico. «Ma tu la adoreresti. Dico sul serio.»
Lo pensava davvero: ricordava bene il
modellino astronomico del Sistema Solare che Crowley aveva comprato
da Scrivenschaft il giorno di Halloween. Il Serpeverde avrebbe amato
il soffitto con le stelle dipinte, Aziraphale lo sapeva, ne era
sicurissimo.
L'altro sembrò soppesare la questione.
«Ci penserò.». Qualcosa nel tono con cui Crowley aveva parlato
diede ad Aziraphale un senso di incompiuto. Quando lo sentì
riprendere, infatti, non ne fu sorpreso. «Comunque prima... ero solo
irritato. Forse... Forse un motivo per venire a trovare voi Corvi ce
l'ho...»
Il cuore di Aziraphale mancò un
battito, ma per il resto fu perfettamente in grado di
mantenere il contatto visivo e di non badare affatto a
quell'improvviso calore che gli stava sorgendo alla base del collo e
che minacciava di espandersi sulle sue guance con una velocità
impressionante. Lo vide riflesso sulla punta delle orecchie di
Crowley e tanto bastò per farlo sorridere: almeno erano in compagnia
anche nell'imbarazzo.
«Va tutto benone2, allora!»
esclamò.
Crowley inarcò un sopracciglio, ma non
disse niente. Non a lui, almeno, perché quando si voltò di nuovo
verso il Lago Aziraphale poté chiaramente vederlo mentre mimava va
tutto benone con aria costernata.
Ma il Corvonero non se la prese. Tornò
a sua volta a guardare il Lago senza fiatare, godendosi il momento e
quelle poche ore concesse loro dal pranzo di Hogwarts. Il silenzio
che li avvolse, si rese conto Aziraphale, era il più confortevole
dei rumori e non avrebbe voluto interromperlo per niente al mondo.
☃
Se qualcuno avesse avanzato l'ipotesi
che a trattenere Aziraphale ogni anno a Hogwarts durante le feste
fossero i cibi strepitosi che la scuola offriva, non sarebbe poi
andato tanto lontano dalla realtà. Il Corvonero avrebbe sfidato
chiunque a resistere ai profumini deliziosi che provenivano dalla
Sala Grande in occasione dei pasti. I pasticci, le bevande dolci, il
perpetuo alone di zucchero che sembrava impregnare l'aria ogni volta
che il dessert appariva sulla tavola... Tutto dei pasti
natalizi di Hogwarts gli urlava di rimanere e di essere mangiato con
gusto e rispetto, come solo lui sapeva fare – ne era sicurissimo:
non vedeva mai negli altri studenti lo stesso trasporto con cui lui
sorrideva a ogni boccone. A volte pensava che avrebbe dato qualsiasi
cosa per potersi avvicinare alle cucine senza restrizioni e
trafugarle. Qualsiasi cosa.
Ma per quel Natale Aziraphale decise di
aver già rischiato abbastanza la sua permanenza nella scuola per
poter davvero prendere in considerazione l'idea. Qualcosa gli diceva
che se avesse avuto l'ardire di comunicare a Crowley il suo
desiderio, in un modo o nell'altro l'avrebbe aiutato ad esaudirlo, ma
quello che valeva per lui valeva per entrambi e per quell'anno la
visita segreta alla Sala Comune di Serpeverde sarebbe dovuta bastare
a tutti e due. E in effetti per Aziraphale era già sufficiente: la
sera prima si era addormentato con gli occhi sazi dell'impressione
favolosa che la Sala aveva suscitato in lui e il petto caldo della
gioia di aver condiviso qualcosa di così bizzarro e allo stesso
tempo appagante con Crowley. La sensazione di felicità non l'aveva
abbandonato nemmeno la mattina, nemmeno quando non aveva visto
Crowley a colazione, ora libero di dormire anche tutto il giorno se
l'avesse voluto. Il ricordo che serbava era stato perfettamente
adeguato ad alimentare l'euforia. Anche adesso che era ormai giunto
di fronte alla Sala Grande per il pranzo di Natale continuava a
pensare con tenerezza che l'esperienza del giorno prima era stato il
miglior regalo che avesse mai ricevuto. Gli sarebbe anche piaciuto
ripeterla e tornare nell'antro dei Serpeverde, ma stavolta magari con
qualche dolcetto per passare il tempo e arricchire la compagnia
reciproca.
Era nel mezzo della visione
confortevole, quasi domestica, di sé stesso seduto a un tavolo
mentre versava il tè nella sua tazza e in quella di Crowley, che la
Serpe lo intercettò con la voce un attimo prima che potesse entrare
in Sala Grande, risvegliandolo dai suoi pensieri.
«'Ziraphale!»
Il Corvonero si voltò sorridendo per
vedere la figura slanciata di Crowley corrergli incontro. Immaginò
di sentirgli dire un banale quanto sincero Buon Natale, ma ciò
non accadde.
«Lo so, angelo!» esclamò la Serpe,
prendendogli il braccio per l'eccitazione.
«Come, prego?»
«Lo so! Ho capito!»
Aziraphale rimase interdetto. «Caro,
non capisco di cosa parli.»
Crowley si avvicinò e abbassò la
voce. «L'indovinello, angelo! L'ho risolto.». Per sua fortuna, il
verde-argento riprese subito a parlare. «Il verbo è un bugiardo.»
Il Corvo fece per ribattere
esterrefatto, ma poi comprese.
Qual è la differenza tra un verbo e
un nome?
«Oh,» disse, cercando di trovare un
filo logico a quello che blaterava Crowley. «Bugiardo, dici?».
Aziraphale ricordava di aver detto un'altra cosa alla maniglia.
L'altro annuì, convinto. «Il verbo
non è un verbo,» esplicò, l'orgoglio così palpabile nella voce e
nell'espressione che fece sorridere il Corvonero di sincero affetto.
«Il nome, invece, è un nome. Ergo, il nome è onesto mentre il
verbo è un bugiardo.» concluse la Serpe con un dito alzato a
sottolineare il concetto.
Aziraphale trovò difficile non
scoppiare a ridere di fronte a quella spiegazione che, a modo suo,
non era di certo da biasimare: il Corvonero, in fondo, aveva risposto
«Nessuna, sono entrambi nomi» davanti alla porta della
propria Sala Comune. Avrebbe potuto fargli notare quella soluzione
più semplice e decisamente meno buffa dell'altra, ma non ne ebbe il
cuore: in fondo, avevano detto la stessa cosa ma da due prospettive
diverse.
Il pensiero lo fece sorridere ancora
più profondamente. «Il Corvo sulla porta avrebbe apprezzato molto
il tuo ragionamento, mio caro,» disse e con ogni probabilità non
aveva dichiarato niente di falso.
Crowley molleggiò appena in un
tentativo di sembrare modesto, ma Aziraphale non ne fu persuaso
nemmeno per un secondo.
«Adesso posso venire da te anche da
solo, se voglio,» disse il Serpeverde, tutto fiero e contento da far
dimenticare al Corvonero di ammonirlo per il tono troppo disinvolto
con cui parlava di infrangere il regolamento davanti alle porte della
Sala Grande.
«Non vedo l'ora,» dichiarò, soffice,
un attimo prima che il cervello gli suggerisse tutti i pericoli del
caso. «No, aspetta! No!» sbottò subito dopo, atterrito.
«Non puoi fare da solo, è troppo-»
Crowley mise subito le mani avanti,
ridendo. «Stavo solo scherzando! Non lo farei mai.»
Aziraphale lo guardò torvo. «Devi
sempre esagerare.»
L'altro lo guardò con un'espressione
eloquente sul viso. «Ehi, angelo?» disse, cogliendolo alla
sprovvista e facendogli sfumare via l'irritazione dal volto. «Posso
tentarti... con la proposta di pranzare vicini?»
Se Aziraphale fosse stato una persona
peggiore di quella che era, gli avrebbe puntato contro la bacchetta e
lo avrebbe minacciato sonoramente di trasformarlo in qualcosa di
brutto e viscido. Invece si limitò a scuotere il capo indignato
prima di dire:
«Non mi piaci proprio per niente,
Crowley.»
«Ma sììììì che ti
piaccio!». Il Serpeverde gli gettò un braccio oltre le spalle,
stringendolo appena e Aziraphale lo lasciò fare senza opporsi.
«Comunque... Buon Natale, angioletto.»
Il sorriso sul volto di Crowley era
genuino e rassicurante. Aziraphale si scopri a ricambiarlo di
riflesso, senza motivo, prima di replicare, sereno:
«Buon Natale, caro.»
Note:
[1]: La Preside è Minerva McGranitt.
Questa storia, come la mia precedente Hogwarts!AU, è ambientata dopo
la Seconda Guerra Magica. Dal momento che una delle parole d'ordine
per entrare nella Sala Comune di Serpeverde nel 1992 era
“Purosangue”, ho pensato che McGranitt non abbia gradito il
comportamento degli studenti Serpeverde al momento di imbracciare le
bacchette contro Voldemort e che voglia far scontare loro questo
comportamento con delle parole d'ordine ideologicamente connotate.
Poveracci.
[2]: il quasi cannarsiano
– iykyk – tentativo di rendere “tickety boo”.
Si accettano consigli.
La questione degli spazi aperti/spazi
chiusi è nata da un post che avevo trovato da qualche parte e che
non ho salvato. In sostanza metteva in evidenza quanto i luoghi
scelti da Crowley e Aziraphale per vivere sulla Terra fossero in
contrasto con quelli di provenienza di natura celeste. L'Inferno è
scuro, cupo, dà un senso di claustrofobia, mentre Crowley vive in un
appartamento luminoso, con poche porte, adatto a far crescere delle
piante rigogliose; il Paradiso è bianco, ha le vetrate ampie, è
inondato di luce, mentre Aziraphale si rintana nella libreria che è
tutta in legno, tutta ricoperta di libri, con un'illuminazione
naturale scarsissima. Mi piaceva questa riflessione e ho deciso di
svilupparla qui.
Il titolo è un richiamo a “The
Matrix” (1999): «Pillola azzurra, fine della storia: domani ti
sveglierai in camera tua e crederai a quello che vorrai. Pillola
rossa, resti nel paese delle meraviglie e vedrai quant'è profonda la
tana del Bianconiglio.» (Morpheus)
Il titolo della raccolta, invece, è
gentilmente preso in prestito dal verso iniziale (e ricorrente) di Magic dei Coldplay.
Angolino di Menade Danzante:
Salve!
Questa storia ha due anni, ma non ha
mai visto la luce prima di oggi. Ci voleva l'hype per la
seconda stagione a farmela rispolverare.
In origine doveva essere una OS
separata, ma i riferimenti alla precedente Hogwarts!AU che avevo
scritto si sono praticamente inseriti da soli e invece che rimandare
con un link a quella, ho direttamente trasformato l'OS in una
raccolta. Per ora rimane così, completa con due OS, perché non c'è
un progetto, ma mi riservo la possibilità di ampliarla in futuro,
ispirazione permettendo.
Prima di lasciarvi ai doverosi
ringraziamenti, voglio fare una lunga precisazione
riguardo alla nota “What if?” che ho inserito, perché non sono
sicura del canone e non mi stupirebbe di trovarvi in disaccordo su un
paio di cose.
La storia si basa su due presupposti,
uno avvalorato dai sette libri canonici della saga, l'altro
dall'ormai defunto Pottermore. Il primo riguarda il fatto che gli
studenti di Hogwarts non sono autorizzati a recarsi nelle Sale Comuni
delle altre Case e che addirittura non ne conoscono l'ubicazione.
Questo mi sembra (perché esplicitamente non ho trovato niente)
essere confermato ne “I doni della morte” per due motivi:
1) i Ghermidori che acciuffano il Trio chiedono a Harry di rivelare
la posizione della Sala Comune di Serpeverde come se quello bastasse
per riconoscerlo come uno studente di quella Casa; 2) quando Harry
deve recarsi nella Torre di Corvonero, deve farsi accompagnare da
Luna Lovegood perché non ha idea di come arrivarci, né della
modalità di entrata. Se avete idea del perché queste folli regole
siano in vigore, vi prego, spiegatemelo: io non capisco e non
approvo.
La seconda premessa, invece, riguarda
la struttura della Sala Comune di Serpeverde. Pottermore ampliava la
descrizione della Sala fornita ne “La camera dei segreti”
da Rowling, aggiungendo il particolare delle vetrate che permettevano
di vedere le profondità del Lago Nero. Sono legata a questo
arricchimento ma non mi sembra, ahimè, di ritrovare questa
descrizione sul nuovo Wizarding World. Tutto questo, appunto, per
dire che ho inserito la nota “What if?” tra le caratteristiche
della raccolta proprio per muovere la trama come volevo senza
incorrere in contraddizione con eventuali informazioni ufficiali.
E ora finalmente ringrazio tutte le
persone che sono giunte fin qui a leggere! Grazie davvero di cuore,
soprattutto per aver superato queste digressioni finali! Spero di
avervi fatto compagnia. <3
Un abbraccio!
Menade Danzante
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