Luna Padrona di Overlook (/viewuser.php?uid=468925)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III - epilogo ***
Capitolo 1 *** I ***
Nota
dell'autrice: Per la serie, “alle volte
ritornano”. Ancora
dispiaciuta per la necessaria eliminazione della mia long
“L'ombra
del Sole” (e speranzosa di poterla presto ripubblicare in
versione
completa), vi propongo questa raccolta non cronologicamente
collegata, un piccolo esperimento volto a mettere la mia
firma su un cono d'ombra interessante ed allettante, per
gli amanti di Vegeta, tanto in coppia quanto da solo.
Il linguaggio utilizzato è un esperimento con me stessa,
prima di me è stato definito "cameratesco" e trovo il
termine molto azzeccato. A mio avviso è plausibilissimo che
Vegeta, nonostante di stirpe regale, abbia vissuto quasi esclusivamente
da soldato, tra ben pochi agi, visto e considerato che ancora in
giovanissima età è stato letteralmente strappato
alla patria. Nei pochi capitoli che comporranno questa raccolta non
mancheranno scene violente, nel senso più ampio possibile.
Il
tutto, volto ad inquadrare un contesto temporale appena
antecedente alla galeotta notizia dell'esistenza delle Sfere
del
Drago...
Vi
auguro una buona lettura e mi fa piacere comunicare a quanti di voi mi
abbiano chiesto notizie che, avendo
finalmente gestione più autonoma del tempo a disposizione,
tornerò più costante, con nuovi
lavori. A presto, dunque.
Giulia
"Luna Padrona", di Overlook, è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Luna
padrona
di Overlook, 2019©
Capitolo
I
Lo
scrosciare della pioggia sopra i tetti degli edifici ancora in piedi,
sui frammenti dei vetri delle
finestre, sulla sommità delle lamiere appartenute a vetture
volanti, parcheggiate
diligentemente lungo intransigenti file orizzontali dalle sembianze
infinite, si stava rivelando rilassante, in un certo qual modo...
Piacevole; al termine di estenuanti missioni all'insegna della
distruzione e del massacro del più debole, udire in maniera
ovattata
e costante, come una nenia registrata da un vecchio carillon d'altri
tempi, quei miliardi di goccioline affilate, gelide ed
imperiture, fendere impietose i fantasmi della notte e gli spettri
della mente
era un vero balsamo per i pensieri, anche per quelli più
vilmente celati tra gli anfratti più impervi. Le stridule
urla di povere,
sciocche, deboli specie imploranti la pietà del popolo
guerriero per
eccellenza venivano ammutolite da quel tintinnio cristallino che ne
scioglieva le note più acute e gementi, riducendo il tutto
ad un
monotono, noioso e latente guaito divenuto sin troppo familiare, per
sperare di avere un qualche peso sulle loro coscienze.
E
nel naufragare turbolento, ma quasi divertente, in una tale nenia, il
principe di quel popolo celebre e spaventoso, il popolo dei Saiyan, era
stato
quasi favorito dal sonno. Quasi,
giacché, come una seconda cantilena, di stesso timbro,
registrata e sovrapposta alla
principale, un gocciolare incostante e più vicino, meno
abbacinante
e più sferzante aveva preso ad alternarsi al rimbombo
metallico dentro il lavandino del lugubre
bagno annesso alla stanza dove si trovava.
Vegeta,
il figlio di quel Re eliminato, insieme alla maggioranza assoluta del
suo popolo, da un micidiale meteorite – così era
stato riferito ai
superstiti – aveva appena superato i ventidue anni
d'età.
Nessun festeggiamento regale, nessuna particolare cerimonia,
giacché di quella casta non esisteva più nemmeno
l'ombra, se non nel suo portamento più involontario; praticamente nessun
servitore né compagno di
sanguinolente scorribande s'era prodigato in auguri, tantomeno in
doni. A dire il vero, con un'ombra tangibile di disgustato imbarazzo,
Vegeta
ricordava soltanto un compleanno, festeggiato nel senso più
stretto
del termine, in compagnia della Regina, sua madre.
Non più di un
quarto d'ora trascorso
accanto, ma
non abbracciato, a quella donna dai folti capelli corvini trattenuti
da un pesante eppur sottile diadema nobiliare, intarsiato di piccole e
lucenti pietruzze del tutto simili ai terrestri rubini.
L'evanescenza di un sorriso abbozzato su quelle labbra carminie era
il solo frammento inerme a percuotergli di tanto in tanto la memoria,
prevalentemente in occasione di quella ricorrenza annuale e
totalmente ininfluente sullo scorrere della propria esistenza, secondo
il metro di giudizio di quel giovane
alieno ricolmo d'odio, delirante ambizione e recondita ferocia.
Nappa,
suo fedele servitore e compagno di guerre sin dalla prima
adolescenza, stava dormendo fragorosamente, supino e sguaiato,
all'interno
del vano fatiscente lì vicino: Vegeta poteva udirne, più debolmente
della maledetta
perdita del lavandino del bagno, il lento russare, pesante e
innervato di alcool consumato in eccesso al termine del fugace pasto
della vittoria. Lo avevano consumato, insieme, soddisfatti ed assisi
sui cadaveri ancora caldi della
debole popolazione di Turmuk, appena ultimatone lo sterminio.
Solo un paio di
settimane addietro, in maniera del tutto confidenziale e discreta
rispetto all'esiguo resto della truppa, Nappa aveva rivolto al suo
principe ed amico uno spiccio e
sincero augurio, condito dalla proposta di fargli trovare in stanza,
all'ora del rientro alla base, un paio di femmine, del
tutto simili a loro, fisicamente, non fosse altro che per le pupille
incendiate da un bagliore vitreo e purpureo, che in tanti prima di
loro avevano trovato particolarmente affascinante, almeno, abbastanza
da concedere loro giusto qualche istante di volgari ed elementari
fantasie, del tutto prive di poesia e che
alla fine, come da copione, non si risolvevano che violentemente,
fugacemente, povere
di qualunque ardore, forse rese meno sterili, alle volte, soltanto
dalle urla femminee intontite
dal piacere e dal dolore mescolati con sapiente veemenza.
***
Accampatisi
su K44, un insulso pianetuncolo ricco soltanto di viveri di
cui fare il pieno, ci avevano messo poco, Nappa ed il terzo saiyan
della squadra,
Radish, a notare quei corpi snelli, le chiome selvagge e quegli
sguardi tanto singolari. Rasa al suolo la maggior parte delle
infrastrutture, avevano subdoli proceduto, con la
naturalezza con cui ci si prepara ad occhi chiusi un caffè
al mattino, ad eliminare,
con pochi colpi ben assestati alle viscere, tutti i maschi presenti sulla
superficie di quel pianeta. Avevano quindi rincarato la dose, con l'assassinio
di tutte le femmine troppo vecchie, di tutte quelle sgradevoli ai loro
occhi e di quelle gravide: Il seme di un saiyan non si sarebbe mai sprecato in anfratti
già
battuti da infime razze e specie. Perciò ne era rimasta
sì e no una
ventina, di guizzanti corpi disperati e disposti a fare il possibile,
per mettere in salvo la pelle. Si erano quindi mostrate
sorprendentemente, ma vanamente, ben disposte, quelle poche femmine risparmiate, a seguire l'omone calvo
ed il giovane dai lunghi capelli rivolti all'indietro, ancora
imbrattati sino al collo del sangue dei loro conterranei, all'interno
dell'accampamento reso fatiscente dalla battaglia. Soltanto Vegeta,
assiso composto e caustico su una pila di cadaveri irrigiditi, era
rimasto lì, impassibile tanto agli inviti scurrili dei suoi, quanto
alle sibilanti suppliche invocate dalle femmine fintamente contente
di tener compagnia agli altri due. Quegli occhi che Nappa e Radish
avevano trovato tanto
allettanti, urlavano pietà e clemenza a quel cipiglio
oscuro, severo e
gonfio di un carisma incorrotto e naturale, degno del rango cui s'era
trovato ad appartenere di diritto.
“Tsk... Una
di quelle puttane è riuscita a sopravvivere alla foga di
Radish...
Te ne avremmo lasciata una illibata ben più che volentieri,
principe Vegeta, ma visto che non mi eri sembrato dell'idea, beh,
ecco... Ne
abbiamo approfittato... Erano quasi due mesi che non trovavamo
femmine, come dire... Adeguate...”.
“Ma
non farmi ridere... E tu le chiami adeguate?
… Quel mucchietto di troie è più falso
di una serpe... Se Radish è davvero convinto di averne fatto
godere
qualcuna, allora è davvero il deficiente che dicevano gli
altri. Ti ringrazio,
amico, ma non ci penso
nemmeno, ad abbassarmi a tal punto, fosse anche l'ultima donna che possa portarmi a letto nella vita!”.
Lo
aveva lasciato così, appeso alle sue stesse labbra ispide e
socchiuse, prima di serrare la tenda della stanza improvvisata
alle sue spalle. Nei minuti precedenti aveva potuto persino udire il
tentennante andirivieni del gigantesco saiyan,
nell'indecisione se finire o meno di scaricarsi, a turno con Radish, su
quell'ultima superstite o emulare l'innata fermezza di Vegeta, da
sempre assai restìo a certe debolezze, a suo dire stupide ed
improduttive.
A lui, diversamente rispetto ai compagni di
squadrone, siccome principe, avevano sempre insegnato che il sesso
avrebbe dovuto avere un certo peso, come questione, specialmente data
la loro indole indomita e
selvatica. Non era cosa semplice, per una razza come la loro,
trattenersi, una volta cominciato un
amplesso ed il rendere gravida, più o meno
involontariamente, una femmina
appartenente ad altra razza o specie, giocoforza più debole,
significava dar vita a mezzosangue del tutto inetti alla vita in
battaglia, nonché vergognosi vessilli di passeggere
debolezze
evitabili e da evitare. Ed era proprio in virtù di tali
crude
impartizioni paterne, che Vegeta aveva senza rimpianti trascorso,
solitario nelle sue stanze, rari e brevi momenti di vergognosa
debolezza, tra sé
e sé, sdraiato sul suo letto o in piedi, proprio di fronte
alla
latrina che fungeva da bagno durante le trasferte mercenarie.
Seppur
privo di esperienza davvero carnale, era capitato più volte
che egli
irrompesse nelle stanze dei compagni, ma solo quando assolutamente
necessario, proprio mentre loro si trovavano carponi su qualche femmina
depredata di ogni avere e dignità o addirittura fintamente
sottomessi ad esse, abbandonati alle loro disperate spinte, ma
in verità padroni tiranni dell'intera situazione. E non
aveva mai mosso un solo muscolo
di più, non un solo poro sulla sua pelle s'era dilatato a
fronte di
certi scenari davvero privi di pudore, non una sola volta il suo
cipiglio era mai mutato di fronte a seni ed intimità che
anzi, più che
allettarlo, a dire il vero spesso e volentieri lo disgustavano, tale
era il loro
stato di usura e degrado in vacua funzione di ottenere pietà
e salvezza da parte del violentatore di turno. Ma quando
arrivavano loro, i
Saiyan, tutti, in tutta la galassia, sapevano benissimo che non
poteva esserci possibilità di affrancamento, nessuna
speranza di condono, neppure all'indomani di un sofferto ed animalesco
amplesso
che vedeva le femmine più promettenti persino sfiorate alle
orecchie da
complimenti, seppur volgari e gutturali, come i ringhi subito
precedenti
all'esplodere dell'orgasmo amaro e disinvolto di quei soldati muniti
di coda e di violenza senza pari.
***
"Razza di imbecille...”, aveva
borbottato a denti stretti Vegeta, scardinando le
improvvisate lenzuola dalla branda e issandosi sulla sua sponda.
Strizzando e stropicciando appena gli occhi tetri, s'era accorto che
non erano trascorse neppure cinque ore, da quando s'era coricato;
l'indomani avrebbero dovuto procedere alla fase finale d'assedio di
quel pianeta, per il quale tra l'altro non s'era spiegato l'interesse
da parte del loro nuovo sovrano, Freezer, figlio di Re Cold, viscido e
ributtante alieno dall'oscena crudeltà nei confronti dei
saiyan, in una prospettiva egemonica sull'intero sistema
solare.
Di suo padre il re, Vegeta aveva ereditato non solo le fattezze
fisiche, ma
anche e soprattutto quell'orgoglio inossidabile e cieco che mai gli
avrebbe permesso di essere asservito ad un tale assoggettamento,
proprio lui, erede di un trono ormai effimero, non
fosse altro che per il desiderio feroce di potere, più che
per qualunque
altro corollario del titolo nobiliare di cui portava l'inconsistente
peso.
Il
tintinnìo
continuo e torturante della goccia all'interno del bagno,
l'incostante rombo del russare da parte del compagno, l'incedere
tribale del palpito del suo cuore al ritmo di certe, ancora
abbozzate, idee di vendetta, lo avevano infine convinto, senza
rimpianto alcuno, ad alzarsi e a dirigersi dapprima verso quel
maledetto lavandino in metallo, sporco di sangue rinsecchito e
fanghiglia fumante; bastò quel suo sguardo funesto ed
affilato,
puntato sul miscelatore un istante di più, a far implodere
su sé
stesso l'intero apparato idraulico, il quale ora, quantomeno,
zampillava copiosamente ed uniformemente, abbattendosi morbidamente
sul suolo non sterrato, ricco di cespugli senza fiori. Risolta quella
prima, annosa questione, rivolse il proprio caratteristico passo
militaresco, ma felino, in direzione della tenda di Nappa,
scostandone senza cura l'uscio in tessuto pesante e grezzo,
squarciando l'ubriaco sonno profondo di quel gigante incanutito prima
del tempo: “Vuoi piantarla di russare in questo modo?! Mi
stai
davvero infastidendo, va' a dormire fuori insieme alle troie che hai
ammazzato, se non riesci a smettere!”.
L'altro,
per
tutta risposta, emise un ultimo gemito schiavo del dormiveglia, poi
aprì gli occhi infossati uno dopo l'altro, sbadigliando
sguaiatamente e, d'un tratto, rizzandosi sulla schiena come se vi
avesse ricevuto sopra una scarica elettrica da cento watt almeno.
“Eh- Oh... V- Vegeta, scu-scusa, ehm, a-agli ordini principe,
che... Che succede, eh? Ahm...”. Quell'automatismo non gli
garantì
la pazienza dell'altro. “Ti ho detto che devi piantarla di
russare
in quel modo, non si può chiudere occhio con te nei paraggi.
Va' a
dormire in una delle tende esterne come Radish, dannazione! Quello si
starà scaldando sui cadaveri delle puttane, va' a fargli
compagnia e
fammi riposare almeno sino all'alba!”. Al vedere Nappa
muoversi con
riverente testa bassa verso l'uscita, portandosi sotto un'ascella
sudata il proprio improvvisato cuscino, Vegeta ebbe da continuare:
“Domani, al sorgere del sole, gli ultimi edifici, il 431 ed
il 457 dovranno essere definitivamente
distrutti, insieme a tutto il loro contenuto. Non possiamo permettere
ai fantasmi di queste nullità di lanciare s.o.s.
all'indirizzo dei
loro amichetti di Yardrat e dintorni, non avremmo il tempo di
ingaggiare altre lotte. Dobbiamo tornare alla base di Freezer, te ne
sei scordato?”. Dopo un breve attimo di smarrimento,
più che altro
per risvegliare definitivamente il cervello, Nappa rispose lesto:
“N-no, come no, Vegeta, lo so bene. Hai ragione, ci servono
tutte
le energie possibili, anche perchè al ritorno avremo
sì e no il
tempo di lavarci via il sangue di dosso e, forse, quello di cambiarci la divisa,
chissà
quando potremo nuovamente farci una bella dormita...” -
stiracchiando le braccia verso l'alto e piegando il cuscino come
fosse stato un foglio di carta da inserire in una busta da lettere,
si permise di poggiare appena una mano sulla spalla destra di Vegeta
- “Ti chiedo perdono, Vegeta. Lo sai, il tuo vecchio amico
Nappa è
un gran coglione, in fondo, eh eh! Avrei dovuto spegnere
definitivamente quella troietta pel di carota subito dopo essere
venuto la prima volta, altro che concederle altri tre
round!...”.
Bofonchiava ancora vagamente gongolante tra sé e
sé, mentre si
spingeva verso gli accampamenti esterni, quando Vegeta gli diede le
spalle deciso ed assolutamente incurante di qualunque cosa avesse da
delirare quel bifolco in un tale momento.
Non gli restò dunque che fare dietrofront, con passo
più pesante, ma meno funesto.
Si gettò senza attenzione sulla propria branda scarnificata,
con il
torso nudo e con la scompostezza del ciuffo corvino, in fase di
progressivo diradamento, a smussare la durezza del volto,
ancorchè
sfinito.
Con le
palpebre serrate, in un miscuglio indefinito tra concentrazione ed
assopimento, si paravano dinanzi a sé moltitudini di
deliranti
scenari, entro i quali i suoi piedi regalmente fasciati dalle
calzature resistenti ed impermeabili schiacciavano a morte la testa
sferica di quel bastardo di Freezer, riducendogli le cervella a
poltiglia facilmente digeribile, una volta cotta sulla brace dei suoi
stessi resti.
Lui,
era il principe, lui era il solo destinato a regnare su popoli e
pianeti sino alla morte. Ed al sopraggiungere di quel momento, della
sua morte,
soltanto allora avrebbe guardato eloquente e diritto negli occhi, come
suo padre
aveva fatto con lui, il suo erede, il figlio che una qualche femmina
avrebbe avuto l'onore di portare in grembo e di partorire, svezzare e
preparare alla successoria missione. Non avrebbe dovuto né
potuto
essere una femmina qualunque, avrebbe per forza dovuto essere una
saiyan di razza pura. Di quelle donne forti, a dir poco esplosive,
determinate e
caparbie, seducenti e bellicose, dal temperamento sanguigno e
dall'intelletto superiore, in grado di far fronte tanto a prole e
dimora quanto alla veemenza del proprio uomo, senza mai fargli
ostruzionismi dettati dal sentimento né mai lasciarsi andare
a supplichevoli tentativi di
distoglierlo dal proprio compito, dal proprio destino di guerriero,
se così la sorte aveva per lui sancito.
Ma, a quanto gli risultava,
di femmine Saiyan non ne era rimasta neppure una, viva, nell'intero
universo, tantomeno erano sopravvissuti testi e codici appartenenti
alla loro civiltà, tali da poter eventualmente divenir legge
su un
altro pianeta, al fine di renderlo una, seppur sbiadita, reincarnazione
dell'originaria patria.
Al pianeta Vegeta, il principe non pensava con dispiacere,
né con inclinazioni luttuose o commosse. Vi faceva cadere,
solo di tanto in tanto, un
fugace pensiero, fulmineo ed iracondo, carico di furia nei confronti
dell'essere che, in piena facoltà di schermare e proteggere
l'intero popolo dall'infausto
meteorite, a quanto pare non s'era invece scomodato di un millimetro,
al
sicuro sulla propria base satellitare.
Quando
il tormentato dedalo di memorie tornò ad assumere il profilo
più
aggraziato e suadente di donna, Vegeta si risolse nel constatare che
lui
lo aveva in effetti praticamente appena ereditato, il titolo di
principe e che adesso era il
momento di goderselo solo ed esclusivamente per sé. Che, in
assenza
forzata di femmine della sua razza ed alla sua altezza, poteva anche
stargli bene
essere l'ultimo sovrano, di portare con sé la fine totale
della
propria stirpe, intanto mai, sarebbe caduta nell'oblìo,
tanto
ampia era da sempre l'eco gloriosa delle loro gesta. Che era meglio
essere gli
ultimi eredi al trono, che gli iniziatori di una discendenza di
mezzosangue mediocri, inabili e di infimo valore combattivo,
affaccendati soltanto a proteggere la prole sino a che in vita,
anziché essere da questa protetti nel corso dell'orgogliosa
vecchiaia cui, comunque, ben
pochi Saiyan erano sino ad allora arrivati.
Non ne aveva praticamente
mai visto uno, con le tempie ingrigite o con qualche ruga
più
profonda a scavare il divario con quelle presenti per natura. Sarebbe
stato lui, il primo, unico ed ultimo sovrano saiyan ad invecchiare
spavaldo in barba ad ogni minaccia di distruzione, facendo rimbombare
poi anche dall'aldilà l'assordante clamore delle proprie
origini.
Si
lasciò infine, inavvertitamente, catturare dallo spettro
pallido sopra la propria testa,
Vegeta, voltandosi su di un lato e lasciando finalmente andare i
pugni, sino a quel momento serrati in una morsa carica di voglia di
sangue, di potere e di rivalsa.
Il
plenilunio, ben visibile anche a quella latitudine, si
addormentò
con lui, poco più tardi, eclissandosi dietro coltri dense,
tetre e
funeste.
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Capitolo 2 *** II ***
Luna
padrona
di
Overlook,
2019©
Capitolo
II
Non
tutte le
battaglie sono uguali.
Ve ne sono
alcune che, per essere vinte, necessitano soltanto di uno sguardo,
gettato più severamente di altri, sull'avversario, come a
sferrare
un silenzioso affondo. Ve ne sono altre il cui esito non risulta
chiaro nemmeno quando a rimanere in piedi, gravemente feriti e
tremebondi, rimangono soltanto gli appartenenti ad una stessa
fazione.
Su
quella
brulla distesa di grigia sabbia mescolata a rivoli d'acqua putrida,
quasi si fosse trattato di un preparato istantaneo e diabolico di
cemento ai loro piedi, coi corpi ricoperti di sangue e di sudore
erano rimasti sulle proprie gambe, ancorché sfibrati,
soltanto tre
dei membri dell'ultima squadra militare saiyan facente capo
all'esercito imperiale di Freezer. Alcuni frammenti dello schermo del
proprio scouter si erano conficcati sullo zigomo di Radish come
minuscoli cocci di bottiglia tra le fenditure meno aride di un
deserto; la sua divisa, crepata e scucita in più punti,
segnava come
le date su un calendario i giorni da cui essi stavano combattendo
incessantemente contro il popolo di Zalfos, qualche migliaio di anime
con l'entusiasmo bellico di esaltati e con la cocciutaggine di muli,
finanche di fronte all'evidente superiorità combattiva dei
propri
avversari. Ad uno di loro, Radish aveva sadicamente cavato gli occhi
con le dita, arpionandosi poi a quei fossi purulenti per strattonare
via, in un sol gesto, l'intera parte frontale del teschio.
Indescrivibili, le urla agonizzanti di quei resti, lasciati a terra
preda di ischemie nervose ed osservati impassibilmente come si
osserverebbe un salmone gettare gli ultimi respiri sul fondo legnoso
di un peschereccio industriale.
“...Puah...
Che schifo... Ma quando la smetterai, dico io, di combinare questi
disastri? Non puoi fare come facciamo noi altri!?”. Nappa
dovette
inasprire il tono di voce nel proferire le sue parole,
poiché tra le
sue mani, una giovanissima aliena ancora incapace di camminare da
sola si stava dimenando un po' troppo, a suo dire, gemendo disperata.
Così la sua testolina fragile, ancora imbrattata di crosta
lattea,
finì per spappolarsi in un'oscena marmaglia di cervella ed
ossa, tra
i palmi di quelle mani enormi ed immonde che si portarono poi leste
alla bocca, per poter avidamente leccarne i succhi bestiali.
Quell'improvviso
calar del silenzio, alle loro spalle, aveva preannunciato l'attacco a
sorpresa dell'ultima brigata militare dell'esercito, inferocita dalle
ultime gesta perpetrate dai due saiyan. Vi si erano lanciati contro
sicuri di andare in braccio alla morte, ma altrettanto certi che non
sarebbero mai spirati senza aver avuto almeno la decenza di tentare
la sorte dinanzi a quello scempio inumano.
Radish e
Nappa già se li vedevano addosso, le loro armi ed i loro
artigli
affilati, nel tentativo di tagliar loro la gola infame ed in
verità
non erano poi così distanti da tali intenti. Uno dei
soldati,
brandendo una lama assai lunga ed appuntita, s'era letteralmente
lanciato sul fianco scoperto di Nappa, nel tentativo di
affondargliela sino dentro al fegato, se vi fosse riuscito, ma ad un
tratto fu come se qualche entità superiore avesse fermato,
proprio
in quel punto, lo scorrere degli eventi: per un secondo che parve
durare anni, la truppa in piena offensiva rimase immobile, chi in
aria, chi ancora al suolo, pronto a scattare, tutti con una diversa
espressione deformata dall'immobilità.
“Non
così
in fretta, signorine...”.
Una voce
ancor più affilata di quella lama pericolosamente vicina al
fianco
di Nappa, maligna e dissacrante, squarciò quel fermo
immagine,
accompagnata da un sottile raggio luminoso di color verde, fulmineo e
violento, che staccò di netto, in un sol colpo, la testa di
ognuno
di quegli alieni già senza speranza.
Caduto
rovinosamente a terra l'ultimo cranio, con passo consapevolmente
lento e feroce Vegeta vi si avvicinò, fissando quelle
pupille vitree
come se ancora potessero ricambiarlo di qualche attenzione. Appena un
piede, sulla guancia livida. “Nappa, sei un idiota, quante
volte ti
ho detto che non devi togliere l'armatura nel mezzo di un
combattimento?!”. L'altro fu come ridestato: “Lo
so, Vegeta, ma
qui non era rimasto più nessuno, chi se lo immaginava
sarebbe
spuntata quest'ultima banda di rammolliti da chissà
dove...”.
“Quest'ultima
banda di rammolliti...” - ne
scimmiottò il tono, facendo esplodere
letteralmente il cranio sotto al suo piede come fosse stata la
confezione di una merendina - “...Stava letteralmente per
colpirti
a morte, razza di sprovveduto! Non ti eri accorto della lama tra le
mani di questo bastardo, scommetto...”. Nappa
sgranò gli occhi
scuri un paio di volte, come si fosse accorto in quell'istante del
fendente proprio a pochi millimetri dal corpo. “T- ti
ringrazio,
Vegeta, senza di t-”. “Non osare
ringraziarmi!” - tuonò
l'altro scostandosi dalla pozza di sangue ed interiora creatasi
attorno a lui - “... Non è certo per mettere in
salvo la tua
pellaccia, che li ho fermati!". Nappa guardò Radish
per un istante,
poi, confusi entrambi, si volsero all'indirizzo del loro principe.
“Statemi bene a sentire: noi abbiamo un piano, ve lo
ricordate?
Dobbiamo riuscire a diventare più forti di Freezer ed
abbatterlo,
altrimenti sarà lui a far fuori noi! Come fate a non aver
ancora
capito... Quel viscido tiranno ha paura di noi! E'
stata la
sua più grande fortuna, che il nostro pianeta sia andato
distrutto,
ma nel frattempo è diventato un gran problema. Non possiamo
perdere
tempo in questo modo, non dobbiamo assolutamente rischiare la nostra
vita con gente come... Questa!”.
Calcò l'ultima parola con
la voce, quasi ad enfatizzare la violenza del calcio assestato in
pieno stomaco ad uno dei cadaveri lì intorno. Il corpo si
dilaniò
in due parti, già irrigidite da qualche minuto ed
andò a
seppellirne altri quattro insieme a sé, poco distante, dove
una buca
scavata dalla natura aveva assurto all'ironico, utile compito di
fossa comune.
“Radish,
il tuo scouter funziona ancora?” - chiese Vegeta
all'indirizzo del
più giovane, sfamatosi nel frattempo con parte
dell'avambraccio
sinistro di una delle vittime. “N-non lo so, p-penso... Penso
di
sì, fammi controllare...”. Con un gesto
dell'indice, il saiyan
premette sul pulsante d'accensione vicino all'orecchio, attendendo
poi qualche istante per la calibrazione dell'apparecchio.
“...
Dannazione! Non ci voleva, la trasformazione deve avermelo fatto
rompere, non ne ho il minimo ricordo...”. “Tsk...”
- lo rimbrottò il principe - “... Lo sapevo. A
meno che non sia
assolutamente necessario, mi sembrava d'essere stato chiaro: Non
dobbiamo guardare la Luna, specialmente quando è piena, come
questa
notte!”.
Nel
volgerle un fugace colpo d'occhio, con un'espressione di sdegno,
riverenza ed irritazione nei confronti dell'ignaro satellite, Vegeta
fece mente locale sui fatti avvenuti.
Si
trovava ancora all'interno del pian terreno di uno dei silos adibiti
a bunker di sicurezza e di deposito armi, con un bambino moribondo
poggiato su una spalla alla stregua di un sacco di patate e con il
dito dell'altra mano puntato sul pulsante del proprio visore. Stava
cercando di scovare gli ultimi ribelli, avrebbe usato il giovane come
esca per condurli tutti all'esterno, ma quando gli fu chiaro che
l'unica sopravvissuta, lì, era niente meno che la madre del
poppante, pensò bene di lanciarle addosso il corpicino
gelato del
figlio e di decretare la loro dipartita in compagnia, con un efficace
gesto della mano. Lo scoppio che ne seguì non fu nulla, in
confronto
a quello che provenne da fuori, di qualche metro sopra la sua stessa
testa. Si librò con naturalezza in volo, sfruttando la
fluttuazione
stabile del proprio corpo per osservare, a metà tra il
divertito e
lo spazientito, l'implacabile e mai stancante spettacolo della
trasformazione di Radish e Nappa in Oozaru,
scostandosi appena di lato ed anticipando il crollo di un colonnato
attiguo.
Quella
notte la Luna s'era fatta particolarmente invitante, con il suo volto
esangue e paffuto a cingere d'assedio la volontà di quella
razza
spietata incapace di ribellarsi a quegli abbacinanti raggi pallidi e
silenziosi, quasi fossero stati indistruttibili fili di seta ricamati
sulla loro indole distruttiva da un abile sarto.
Sin
da quando era nient'altro che un bambino, a Vegeta era sempre
piaciuto parecchio, assistere agli scempi perpetrati dai suoi simili
in quei particolari frangenti ed alle volte si rendeva pure lui, in
prima linea, partecipe dello spettacolo disumano. Con il tempo,
però,
aveva compreso che, se non si fossero dati un freno, avrebbero finito
per perdere totalmente il controllo, senza che ciò pertanto
portasse
a qualcosa di buono nei loro interessi. Era per questo motivo che,
fatti i dovuti subdoli calcoli, il principe Vegeta s'era risolto nel
comandare ai suoi di tenersi rigorosamente alla larga dalla visione
di quella Luna tanto amica quanto imparziale avversaria, specialmente
durante battaglie di relativamente poco conto, ed ancor più
specialmente quando questa si presentava piena e limpida, incastonata
nello zenit di cieli tersi.
Eppure,
questa volta, Nappa e Radish poco e nulla avevano potuto, di fronte a
quella maestosa stella fissa che bisbigliava suadente i loro nomi
dall'alto, quasi fosse stato un richiamo divino. Quando ebbe finito
di dislocare la spalla ancora intatta di uno dei poveri alieni
–
così, per puro, malsano godimento -, Nappa si fece
abbindolare dal
chiarore riverberato sul fiume di sangue proprio di fronte a lui, con
lo stesso trasporto emotivo di un poeta maledetto dinanzi ad un
oceano infuriato. Il petto, lentamente, aveva cominciato a pulsare,
gonfiandosi ad ogni battito; le pupille ritirate all'indietro in un
istante, fecero posto a due focolari ardenti e mefistofelici, mentre
le vigorose braccia insozzate di morte si ricoprivano di una sempre
più folta peluria di colore scuro.
“Che
stai facendo, Nappa...! Nap-”. Radish, accortosi appena un
istante
più tardi della mutazione del compagno, gli urlò
con tutte le forze
di smettere di osservare la Luna, di non continuare... Ma
l'incantesimo maledetto di quella sfera opalescente sopra le loro
teste, finì per arrabbiarsi tanto da prendersi pure la sua,
di
volontà, obbligando il più giovane a mollare la
presa sulla
giugulare scoperta di una femmina ormai morente ed a seguire Nappa
nel tribale incedere della loro mutazione. Gli occhi incendiati, un
sorriso diabolico che tradiva fin troppo facilmente la soddisfazione
di lasciarsi comandare solo dalla Luna, in quella notte di
carneficina, entrambi i Saiyan in appena qualche istante divennero
alti metri e metri e quelle che erano divenute grosse zampe posteriori mutarono in macigni implacabili con cui affondare qualunque cosa ad ogni passo.
Non
ne lasciarono vivo nemmeno uno, neppure l'unico che sarebbe servito, tra quella inutile gentaglia, se non altro per estorcergli
informazioni preziose sulle coordinate esatte da impostare sulle
navicelle per arrivare con anticipo rispetto a Freezer sul prossimo
pianeta, non molto distante da lì.
Vegeta
sapeva fin troppo bene che intervenire a cosa fatta sarebbe stato
ormai inutile, un rischio contro cui non scommettere la propria
pelle. Aveva così deciso di attendere, a braccia conserte ed
occhi
socchiusi, seppur con una strana e paurosa ombra di sorriso,
puramente malvagio, al lato sinistro della bocca, adagiato come una
pantera sul ramo più alto della foresta su uno sperone
appiattito di
roccia ancora fumante, da sotto cui esalavano gli effluvi cadaverici
degli uomini da lui stesso trucidati all'interno del bunker
sotterraneo.
Presto
e fortunatamente, per certi versi, alcune nubi osarono ostacolare
l'incedere della distruttività lunare, offuscandone la
luminescenza
assassina e facendo regredire rapidamente i due scimmioni malefici
allo stato normale. Era in quella seconda fase, che le ferite
procurate dalla cieca furia scudisciavano i loro corpi stremati, sino
a farli svenire, la maggior parte delle volte. Ma in questo rito, non
avveniva alcuna lamentela, poiché ogni Saiyan sapeva che a
seguito
del risveglio comatoso, la propria forza sarebbe stata decuplicata e
la resistenza alla lotta resa ancor più elevata.
***
“Adesso
finitela, immediatamente! Dobbiamo recuperare le nostre navicelle,
altrimenti ci troveremo Freezer davanti agli occhi non appena
atterreremo sul pianeta Heridor! Quella nullità farà i conti con noi, non ci piove, ma prima dobbiamo acquisire maggiore potenza. Coraggio,
seguitemi...”.
Nappa
e Radish voltarono entrambi lo sguardo tetro alle loro spalle, prima
di eseguire l'ordine del loro superiore. L'ombra di una coltre
fuliginosa, nel tentativo di dissiparsi in quell'atmosfera immobile,
pesante ed immonda, diede loro modo di scorgere soltanto cadaveri,
vere e proprie montagne di corpi smembrati, tumefatti, mortificati
sino allo stremo dalla sadica furia di quei guerrieri la cui
soddisfazione al termine di un duello andava ben oltre la mera
sconfitta del proprio avversario: il sangue del soccombente doveva
solcare i palmi delle loro mani, le urla disperate dovevano carezzare
i loro timpani come nenie materne, le suppliche vane dovevano
solleticare la loro impietosa sete di supremazia. Una più
diplomatica negoziazione, una semplice compravendita di territori e
di pianeti, non era concepibile per una razza come la loro. Senza la
morte, non s'era compiuto alcun affare e, quelle rare volte che il
popolo di turno s'arrendeva alla conquista senza opporre alcuna
resistenza, i saiyan avevano comunque perpetrato assurde carneficine
al solo scopo di... Divertirsi, di rendere meno noiosa la loro
comunque breve permanenza su quel territorio, in attesa di rifornire
di carburante le proprie navicelle e di rifocillarsi, proprio con i
resti di qualcuno dei malcapitati indigeni. Quel che rimaneva erano
pianeti deserti, alla completa mercè dei conquistatori, i
quali,
passati sotto il dominio di Freezer, avevano l'unico dovere di
procedere alla costruzione di basi imperiali adatte solo a fungere da
roccaforte e da vessillo di conquista di quell'impero sempre
più
vasto e sconfinato.
Vegeta
odiava Freezer, perché s'era preso la sua gente, i suoi
sudditi,
l'intero popolo Saiyan e l'aveva reso proprio subordinato,
approfittandosi della eccezionale forza e della loro indiscussa
supremazia per costituire il proprio impero, quando invece avrebbe
dovuto essere proprio lui, il principe Vegeta, ad ereditare dal
proprio padre il trono, il potere ed il regno, esteso sino ai
più
remoti confini della galassia. Ignaro della realtà dei
fatti, Vegeta
non era rimasto più di tanto sconvolto dalla notizia della
distruzione del proprio pianeta per mano di un meteorite, ma
piuttosto era trasalito alla definitiva comunicazione del passaggio
di sovranità su loro superstiti. Per natura, mai aveva
gradito star
sotto a qualcun altro ed essere il principe dell'intero popolo saiyan
ne aveva sempre assecondato l'indole più dominante. Era
divenuto
sempre più insostenibile, far fronte al fatto che ora non
era più
lui il sovrano, non erano più i saiyan a predominare sul
resto
dell'universo. V'era una lurida creatura, viscida, disgustosa nella
sua ossequiosità, da cui trasudava fin troppo palesemente il
desiderio di schiacciare anche i saiyan rimasti vivi sotto il proprio
potere. Così, giorno dopo giorno, anno dopo anno, di
conquista in
conquista, Vegeta aveva proceduto a disegnare nella propria mente un
piano per liberarsi di quel verme e riprendersi il trono, a lui
spettante di diritto. Sapeva che Freezer prima o poi sarebbe morto,
se non in battaglia, per cause naturali, ma s'era imposto di non
poter assolutamente accettare, di attendere tanto a lungo in
silenzio, in finta sottomissione. Non passò molto tempo,
perché
Vegeta esprimesse i propri sentimenti di ribellione ai suoi fidati
compagni saiyan, i quali, ancorché suoi compagni di milizia,
sapevano bene di aver a che fare con un principe, con il loro
principe e non con un loro simile qualunque. Gli portavano doveroso
rispetto e nutrivano un reverenziale timore nei suoi confronti, non
fosse stato altro che per quel portamento, sfoggiato sempre in
maniera del tutto naturale, da parte di Vegeta, a cui bastava
affilare lo sguardo oscuro ed incrociare strafottente le braccia al
petto per far tremare il baricentro di ogni altrui sicurezza.
***
I
tre saiyan non impiegarono che qualche minuto, a ritrovare le proprie
navicelle, incrostate di sangue e di fanghiglia, ma perfettamente
funzionanti. Premettero ciascuno il tasto del proprio telecomando,
per aprirne il rispettivo portellone e, quando tutti e tre finirono
di sistemarvisi all'interno, Nappa sbottò scanzonato:
“Sarebbe
carino se prima o poi trovassimo qualche pianeta di... Di scienziati, o
che
so io... Magari potremmo farci fabbricare navicelle che possano
essere ridotte di dimensioni, sino a potersele infilare in tasca,
pensate... Eh
eh!”.
I
portelloni si richiusero uno dopo l'altro. Lo scoppio dei motori
squarciò il
silenzio rarefatto. Soltanto pochi istanti prima di spiccare il volo,
alla ricerca della prossima meta, la voce ovattata e sdegnata del
principe
Vegeta ruppe l'atmosfera lugubre ed immobile: “...Aah, ma
sta'
zitto, Nappa...”.
__
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Capitolo 3 *** III - epilogo ***
Luna
padrona
di
Overlook, 2019©
Capitolo
III
Un
altro sorso alcoolico fu tracannato senza ritegno, digerendolo affatto
educatamente, prima che Nappa provasse a cestinare a volo il
contenitore ormai vuoto e ridotto a spazzatura. Non ne sarebbero bastati litri, di quella robaccia dal retrogusto asprigno, per
stordire animali da battaglia come loro, ma ogni tanto, quando non si
trovavano in missione da qualche parte, ai remoti confini della galassia,
qualcuno dei saiyan rimasti in vita, sotto il giogo di Freezer, trovava
quasi divertente, trascorrere il proprio tempo negli spazi comuni
durante le sere burrascose e prive di lune in cielo, sorseggiando
quella bevanda proveniente dalla galassia dell'Est, scambiando quattro
parole con i propri camerati. L'unico a disertare quei taciti
appuntamenti, di solito, era niente meno che Vegeta, il principe della
loro razza, il quale, un po' per indole, un po' per retaggio, preferiva
di gran lunga ingannare l'attesa tra una missione e l'altra all'interno
di trainer posizionati uno per ogni livello della base orbitante su cui
stazionavano. Era assai più appagante sputare sangue e
sudore sullo spettro del cadavere di quel lurido farabutto che aveva
osato mettergli i piedi in testa, piuttosto che cercare il ristoro
nella compagnia dei propri simili, non altrettanto esasperati,
evidentemente.
Invece,
quella sera, assiso composto e strafottente sinanche nel modo di
sistemare le braccia dietro la nuca, Vegeta si trovava in uno dei
grossi stanzoni muniti solo di panche, tavoli, una cella frigorifera
incassata alla parete, qualche scaffale e ben poco altro. Insieme a
lui, stranamente più ben disposto del solito, v'era Nappa.
L'uno intento a divorare l'ultimo boccone nel proprio piatto, l'altro
più concentrato nel centrare con un unico lancio della
propria lattina vuota il cestino posto dall'altro lato del vano. Al
secondo tentativo fallito, ancorchè di appena qualche
centimetro, Nappa si risolse a lasciar perdere ed i suoi occhi caddero
appesantiti sul piatto ormai vuoto di fronte a lui.
"...
Comunque quel bastardo me la paga... Dico io, come ti permetti di
mettere piede nella mia stanza, fottermi lo scouter senza neppure
dirmelo e farmi poi fare quella magra figura proprio davanti a
Freezer...".
"Hn... Di Freezer
non potrebbe importarmi di meno. Lo sanno tutti che Recoom è
un pezzo di merda, svegliati. Lo sa credo pure quel maledetto... Quel
che non mi va giù è che si sia preso meriti che
non ha, lui e la sua banda di froci non saprebbero muovere un solo
muscolo del collo se non ci fossimo noi a fare il lavoro sporco per
loro... E Freezer che li ha pure eletti a squadra scelta... Quegli
imbecilli godono di molti più diritti e libertà
rispetto a quanto noi potremmo anche solo sognarci, in questo stato in
cui siamo!". Il crescendo del tono di voce, fattosi sempre
più iracondo, aveva attirato lo sguardo di qualche altro
militare che si trovava a passare da quelle parti ed il pugno battuto
al tavolo, capace di ribaltare tutte le proprie stoviglie a terra in un
sol gesto, gli aveva fatto suo malgrado guadagnare una modesta platea
di curiosi.
"Ma
sentitelo... Il principino sta frignando, cosa c'è?... Hai
bisogno di cambiare il pannolino...?".
Consapevole
che la propria statura non lo avrebbe fatto spiccare nemmeno tra pochi,
Guldo amava fare il proprio ingresso così, con qualche
arrogante frecciata, specialmente quando il bersaglio era niente meno
che Vegeta, il saiyan per cui provava più rancore, non solo
in forza dell'antagonismo interno alla base stessa del loro sovrano, ma
anche e soprattutto perchè Vegeta era l'unico a non aver mai
tremato dinanzi a lui, anzi, ad averlo osservato con derisione e
disgusto a partire dal loro primissimo incontro, tra i corridoi della
base orbitante. Avendolo scorto al seguito di Geez, Barter e gli altri
componenti della squadra Ginyu, non si era fatto remore nel domandarsi
a voce alta da quand'è che la prima squadra di Freezer
avesse adottato un cane... Tanto brutto e maleodorante, persino.
Inutili
i tentativi di ingaggiare un duello sul posto: veder giungere Vegeta
dinanzi alle proprie quattro pupille, così carismatico e
sicuro di sè, lo aveva fatto deglutire rumorosamente, prima
che Ginyu stesso lo recuperasse per la cintola dell'armatura. "Non
essere antipatico, principe
Vegeta..." - lo canzonò, volgendogli le spalle
ed andandosene, l'alieno violaceo - "... Altrimenti... Poi ci tocca
dirlo a Freezer...". Una risatina generale, di scherno, aveva sancito
l'uscita di scena dell'intera squadra ed al saiyan era rimasta un'ombra
beffarda in viso, che se ne andò via insieme al resto di
qualunque altro vacuo pensiero quando il portellone del trainer dinanzi
cui era giunto si chiuse alle sue spalle.
"Non
saprei, Guldo... A giudicare dall'odore, credo proprio che sia il tuo,
il culo al quale dare una controllata...". Tra lo stupore, qualche
bisbiglio, alcuni ghigni sommessi, brillò l'irritazione del
nanerottolo verdastro, giunto dinanzi al tavolo cui erano seduti i due
saiyan. "Tu non ti immischiare, razza di grosso scimmione pelato...".
Nappa si alzò di scatto, facendo scrocchiare le giunture
delle dita ed i lati del collo "Ah sì, eh...!".
"Nappa,
piantala... Ti ho già detto di non perdere tempo dietro a
certe sciocchezze!". La voce perentoria di Vegeta, rimasto invece
calmo, a braccia conserte e ad occhi socchiusi, fece balbettare
disappunto al saiyan più mastodontico. "Ma... Ma io...".
"Ecco,
bravo..." - Lo incalzò l'alieno basso e viscido - "... Segui
il consiglio del tuo amichetto... Per una volta che prende una
decisione sensata!". Nappa si limitò a ringhiare qualcosa di
incomprensibile al suo indirizzo, quando, alle spalle del nanerottolo,
di svariati metri più alti, si stagliarono Recoom e Barter,
gli scouter di pacca poggiati all'orecchio e l'armatura scintillante,
perfetti leccapiedi di quel tiranno dalle labbra violacee. "Vegeta,
Nappa, il grande Freezer ci manda ad ordinarvi di partire
immediatamente verso la Galassia del Nord, pianeta Gink. Avrete due
giorni a disposizione per completarne l'assedio! Sbrigatevi!".
"Non
osare darmi ordini, femminuccia...", si levò velenosa la
voce di Vegeta, sempre più esasperato dalla sete di vendetta
e ribellione verso il tiranno e tutta quella irritante marmaglia di
damerini. Si alzò in piedi, lo sguardo tagliente come una
lama, i pugni serrati lungo i fianchi ed il passo prossimo ad iniziare
uno scontro. "Come preferisci, allora manderò qui
direttamente Freezer, a farti capire chi comanda...".
Barter
sapeva di aver centrato il bersaglio. Aveva assistito in prima linea,
alla torturante seduta di punizione, esemplare a dir poco, del principe
dei Saiyan da parte di Freezer, allorquando il guerriero, mesi e mesi
addietro, aveva osato non presentarsi all'appello del tiranno, fornendo
come sola giustificazione un affettato "Non avevo nè tempo,
nè voglia...".
All'ennesima
scudisciata sul nudo dorso, con la gola ancora pulsante e livida, il
saiyan si fece sfuggire dalle labbra serrate e riarse un rauco ansito
di dolore ed a quel punto Freezer, con un efficace cenno del capo,
diede ordine di riaprire il portellone, dal quale, senza batter ciglio,
uscì seguito dalla squadra Ginyu e altri militari.
Allorquando Radish e Nappa, scalpitanti all'esterno dell'atrio, erano
sopraggiunti con medicamenti per aiutare il compagno, Vegeta li
scansò invece con furibonda alterigia, il sangue gocciolante
al lato di una tempia, un braccio piegato in modo innaturale verso
l'esterno e la schiena ricoperta di ematomi ed escoriazioni brucianti.
Espettorò a terra sangue e saliva e si trascinò
facendo leva su tutto il proprio orgoglio verso la propria stanza,
senza l'assistenza nè l'aiuto di alcuno.
***
Tracimante
odio e brama di rivalsa, il principe dei Saiyan di mosse allora verso
di loro, seguito immediatamente da Nappa. Gli altri si scansarono a
turno, dando modo ai due di farsi largo verso l'uscita.
Quando
Vegeta si ritrovò proprio di fianco a Guldo, il quale nel
frattempo aveva assunto una sogghignante espressione di rivincita, fece
appena uno scatto, una finta, della durata non più lunga di
un istante, verso di lui. Il che bastò a far gettare
all'alieno verdognolo un urlo degno di una donzella, accompagnato da
una goffa caduta a terra. Il ludibrio sguaiato fu tale che Nappa non
riuscì neppure a percepire le maledizioni masticate a denti
stretti da quel nanerottolo una volta rialzatosi. Erano ormai giunti
all'ingresso dell' hangar contenente le loro navicelle spaziali,
indossarono gli scouter e si accomodarono ognuno all'interno del
proprio abitacolo. Prima di richiudere il portellone ed inserire le
coordinate, Vegeta prestò per un istante attenzione a
ciò che lo schermo posto dinanzi al proprio occhio sinistro
mostrava. L'espressione si fece per un attimo sorpresa, ma
immediatamente dopo mutò in una sorta di smorfia
incuriosita: il radar, in collegamento diretto con quello di Radish,
momentaneamente in spedizione solitaria su un piccolo pianeta chiamato
Terra, mostrava che il saiyan dai lunghi capelli corvini era appena
giunto a destinazione e che, non molto distante da lui, si trovava una
presenza dal potenziale combattivo elevatissimo, per gli standard di
quel posto. "Ehi, Nappa...! Pare che Radish abbia trovato da
divertirsi, sulla Terra... Con ogni probabilità si tratta di
suo fratello Kaharot, altrimenti non si spiegherebbe, un tale
livello... Chissà, magari al loro rientro sulla base di
Freezer quel saiyan ci potrà insegnare qualche tecnica
imparata in tutti quegli anni trascorsi lì... Ah ah!".
"Già..." - gli fece eco l'altro dalla navicella
lì vicina - "...Potremmo seriamente pensare di cominciare a
spezzare le gambe a quel bastardo di Freezer...". "Per quello basto ed
avanzo io, non preoccuparti... Mi serve solo un altro po' di tempo..."
- interruppe l'inesorabile incedere dei pensieri più malvagi
- "... Sbrighiamoci a partire, adesso. Gink pare essere un pianeta
piccolo e pacifico, non ci vorrà che qualche ora. Seguiremo
da lì, gli sviluppi della missione di Radish sulla Terra".
Con un cenno del capo, l'altro gli fece segno d'intesa ed il principe
Vegeta, digitata la sequenza di pulsanti sul pannello, si
sistemò meglio sul proprio sedile, chiudendo gli occhi nel
tentativo di assopirsi, per non pensare ai mille modi in cui avrebbe
voluto cavare tutti e quattro gli occhi di quel patetico Guldo.
N.d.A.: Avevo
pronosticato un dispiegarsi non cronologico dei capitoli ed invece,
grosso modo, si può dire siano disposti in ordine, dal
più remoto al più recente rispetto alla presa di
consapevolezza dell'esistenza delle Sfere del Drago.
Pensavo
di pubblicare anche un quarto capitolo, costruito sulla base di quello
scarno paio di scene che possiamo vedere durante le prime puntate della
serie Z, ossia la primissima comparsa di Nappa e di Vegeta. Al momento,
tuttavia, preferisco concludere la raccolta in tal maniera, lasciando
il lettore libero di evocare la liaison
con quelle scene di cui parlavo, magari svoltesi proprio sul fittizio
pianeta Gink.
Non
è da escludersi che un giorno io torni ad aggiornare questa
raccolta o a produrre altro, dedicato alla prima vita del principe dei
Saiyan.
Grazie
a tutt* per la lettura e ancor più ringraziamenti,
s'intende, a chi ha voluto lasciare una recensione e a chi - non pochi!
grazie! - ha invece preferito inserire la raccolta tra i Preferiti ed i
Seguiti.
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