Luna Padrona

di Overlook
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III - epilogo ***



Capitolo 1
*** I ***


Nota dell'autrice: Per la serie, “alle volte ritornano”. Ancora dispiaciuta per la necessaria eliminazione della mia long “L'ombra del Sole” (e speranzosa di poterla presto ripubblicare in versione completa), vi propongo questa raccolta non cronologicamente collegata, un piccolo esperimento volto a mettere la mia firma su un cono d'ombra interessante ed allettante, per gli amanti di Vegeta, tanto in coppia quanto da solo.
Il linguaggio utilizzato è un esperimento con me stessa, prima di me è stato definito "cameratesco" e trovo il termine molto azzeccato. A mio avviso è plausibilissimo che Vegeta, nonostante di stirpe regale, abbia vissuto quasi esclusivamente da soldato, tra ben pochi agi, visto e considerato che ancora in giovanissima età è stato letteralmente strappato alla patria. Nei pochi capitoli che comporranno questa raccolta non mancheranno scene violente, nel senso più ampio possibile. Il tutto, volto ad inquadrare un contesto temporale appena antecedente alla galeotta notizia dell'esistenza delle Sfere del Drago...

Vi auguro una buona lettura e mi fa piacere comunicare a quanti di voi mi abbiano chiesto notizie che, avendo finalmente gestione più autonoma del tempo a disposizione, tornerò più costante, con nuovi lavori. A presto, dunque.


Giulia



Licenza Creative Commons
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Luna padrona

di Overlook, 2019©


Capitolo I



Lo scrosciare della pioggia sopra i tetti degli edifici ancora in piedi, sui frammenti dei vetri delle finestre, sulla sommità delle lamiere appartenute a vetture volanti, parcheggiate diligentemente lungo intransigenti file orizzontali dalle sembianze infinite, si stava rivelando rilassante, in un certo qual modo... Piacevole; al termine di estenuanti missioni all'insegna della distruzione e del massacro del più debole, udire in maniera ovattata e costante, come una nenia registrata da un vecchio carillon d'altri tempi, quei miliardi di goccioline affilate, gelide ed imperiture, fendere impietose i fantasmi della notte e gli spettri della mente era un vero balsamo per i pensieri, anche per quelli più vilmente celati tra gli anfratti più impervi. Le stridule urla di povere, sciocche, deboli specie imploranti la pietà del popolo guerriero per eccellenza venivano ammutolite da quel tintinnio cristallino che ne scioglieva le note più acute e gementi, riducendo il tutto ad un monotono, noioso e latente guaito divenuto sin troppo familiare, per sperare di avere un qualche peso sulle loro coscienze.
E nel naufragare turbolento, ma quasi divertente, in una tale nenia, il principe di quel popolo celebre e spaventoso, il popolo dei Saiyan, era stato quasi favorito dal sonno. Quasi, giacché, come una seconda cantilena, di stesso timbro, registrata e sovrapposta alla principale, un gocciolare incostante e più vicino, meno abbacinante e più sferzante aveva preso ad alternarsi al rimbombo metallico dentro il lavandino del lugubre bagno annesso alla stanza dove si trovava.

Vegeta, il figlio di quel Re eliminato, insieme alla maggioranza assoluta del suo popolo, da un micidiale meteorite – così era stato riferito ai superstiti – aveva appena superato i ventidue anni d'età. Nessun festeggiamento regale, nessuna particolare cerimonia, giacché di quella casta non esisteva più nemmeno l'ombra, se non nel suo portamento più involontario; praticamente nessun servitore né compagno di sanguinolente scorribande s'era prodigato in auguri, tantomeno in doni. A dire il vero, con un'ombra tangibile di disgustato imbarazzo, Vegeta ricordava soltanto un compleanno, festeggiato nel senso più stretto del termine, in compagnia della Regina, sua madre.
Non più di un quarto d'ora
trascorso accanto, ma non abbracciato, a quella donna dai folti capelli corvini trattenuti da un pesante eppur sottile diadema nobiliare, intarsiato di piccole e lucenti pietruzze del tutto simili ai terrestri rubini. L'evanescenza di un sorriso abbozzato su quelle labbra carminie era il solo frammento inerme a percuotergli di tanto in tanto la memoria, prevalentemente in occasione di quella ricorrenza annuale e totalmente ininfluente sullo scorrere della propria esistenza, secondo il metro di giudizio di quel giovane alieno ricolmo d'odio, delirante ambizione e recondita ferocia.

Nappa, suo fedele servitore e compagno di guerre sin dalla prima adolescenza, stava dormendo fragorosamente, supino e sguaiato, all'interno del vano fatiscente lì vicino: Vegeta poteva udirne, più debolmente della maledetta perdita del lavandino del bagno, il lento russare, pesante e innervato di alcool consumato in eccesso al termine del fugace pasto della vittoria. Lo avevano consumato, insieme, soddisfatti ed assisi sui cadaveri ancora caldi della debole popolazione di Turmuk, appena ultimatone lo sterminio.
Solo un paio di settimane addietro, in maniera del tutto confidenziale e discreta rispetto all'esiguo resto della truppa, Nappa aveva rivolto al suo principe ed amico uno spiccio e sincero augurio, condito dalla proposta di fargli trovare in stanza, all'ora del rientro alla base, un paio di femmine, del tutto simili a loro, fisicamente, non fosse altro che per le pupille incendiate da un bagliore vitreo e purpureo, che in tanti prima di loro avevano trovato particolarmente affascinante, almeno, abbastanza da concedere loro giusto qualche istante di volgari ed elementari fantasie, del tutto prive di poesia e che alla fine, come da copione, non si risolvevano che violentemente, fugacemente, povere di qualunque ardore, forse rese meno sterili, alle volte, soltanto dalle urla femminee intontite dal piacere e dal dolore mescolati con sapiente veemenza.



***



Accampatisi su K44, un insulso pianetuncolo ricco soltanto di viveri di cui fare il pieno, ci avevano messo poco, Nappa ed il terzo saiyan della squadra, Radish, a notare quei corpi snelli, le chiome selvagge e quegli sguardi tanto singolari. Rasa al suolo la maggior parte delle infrastrutture, avevano subdoli proceduto, con la naturalezza con cui ci si prepara ad occhi chiusi un caffè al mattino, ad eliminare, con pochi colpi ben assestati alle viscere, tutti i maschi presenti sulla superficie di quel pianeta. Avevano quindi rincarato la dose, con l'assassinio di tutte le femmine troppo vecchie, di tutte quelle sgradevoli ai loro occhi e di quelle gravide: Il seme di un saiyan non si sarebbe mai sprecato in anfratti già battuti da infime razze e specie. Perciò ne era rimasta sì e no una ventina, di guizzanti corpi disperati e disposti a fare il possibile, per mettere in salvo la pelle. Si erano quindi mostrate sorprendentemente, ma vanamente, ben disposte, quelle poche femmine risparmiate, a seguire l'omone calvo ed il giovane dai lunghi capelli rivolti all'indietro, ancora imbrattati sino al collo del sangue dei loro conterranei, all'interno dell'accampamento reso fatiscente dalla battaglia. Soltanto Vegeta, assiso composto e caustico su una pila di cadaveri irrigiditi, era rimasto lì, impassibile tanto agli inviti scurrili dei suoi, quanto alle sibilanti suppliche invocate dalle femmine fintamente contente di tener compagnia agli altri due. Quegli occhi che Nappa e Radish avevano trovato tanto allettanti, urlavano pietà e clemenza a quel cipiglio oscuro, severo e gonfio di un carisma incorrotto e naturale, degno del rango cui s'era trovato ad appartenere di diritto.

Tsk... Una di quelle puttane è riuscita a sopravvivere alla foga di Radish... Te ne avremmo lasciata una illibata ben più che volentieri, principe Vegeta, ma visto che non mi eri sembrato dell'idea, beh, ecco... Ne abbiamo approfittato... Erano quasi due mesi che non trovavamo femmine, come dire... Adeguate...”.

Ma non farmi ridere... E tu le chiami adeguate? … Quel mucchietto di troie è più falso di una serpe... Se Radish è davvero convinto di averne fatto godere qualcuna, allora è davvero il deficiente che dicevano gli altri. Ti ringrazio, amico, ma non ci penso nemmeno, ad abbassarmi a tal punto, fosse anche l'ultima donna che possa portarmi a letto nella vita!”.

Lo aveva lasciato così, appeso alle sue stesse labbra ispide e socchiuse, prima di serrare la tenda della stanza improvvisata alle sue spalle. Nei minuti precedenti aveva potuto persino udire il tentennante andirivieni del gigantesco saiyan, nell'indecisione se finire o meno di scaricarsi, a turno con Radish, su quell'ultima superstite o emulare l'innata fermezza di Vegeta, da sempre assai restìo a certe debolezze, a suo dire stupide ed improduttive.
A lui, diversamente rispetto ai compagni di squadrone, siccome principe, avevano sempre insegnato che il sesso avrebbe dovuto avere un certo peso, come questione, specialmente data la loro indole indomita e selvatica. Non era cosa semplice, per una razza come la loro, trattenersi, una volta cominciato un amplesso ed il rendere gravida, più o meno involontariamente, una femmina appartenente ad altra razza o specie, giocoforza più debole, significava dar vita a mezzosangue del tutto inetti alla vita in battaglia, nonché vergognosi vessilli di passeggere debolezze evitabili e da evitare. Ed era proprio in virtù di tali crude impartizioni paterne, che Vegeta aveva senza rimpianti trascorso, solitario nelle sue stanze, rari e brevi momenti di vergognosa debolezza, tra sé e sé, sdraiato sul suo letto o in piedi, proprio di fronte alla latrina che fungeva da bagno durante le trasferte mercenarie.
Seppur privo di esperienza davvero carnale, era capitato più volte che egli irrompesse nelle stanze dei compagni, ma solo quando assolutamente necessario, proprio mentre loro si trovavano carponi su qualche femmina depredata di ogni avere e dignità o addirittura fintamente sottomessi ad esse, abbandonati alle loro disperate spinte, ma in verità padroni tiranni dell'intera situazione. E non aveva mai mosso un solo muscolo di più, non un solo poro sulla sua pelle s'era dilatato a fronte di certi scenari davvero privi di pudore, non una sola volta il suo cipiglio era mai mutato di fronte a seni ed intimità che anzi, più che allettarlo, a dire il vero spesso e volentieri lo disgustavano, tale era il loro stato di usura e degrado in vacua funzione di ottenere pietà e salvezza da parte del violentatore di turno. Ma quando arrivavano loro, i Saiyan, tutti, in tutta la galassia, sapevano benissimo che non poteva esserci possibilità di affrancamento, nessuna speranza di condono, neppure all'indomani di un sofferto ed animalesco amplesso che vedeva le femmine più promettenti persino sfiorate alle orecchie da complimenti, seppur volgari e gutturali, come i ringhi subito precedenti all'esplodere dell'orgasmo amaro e disinvolto di quei soldati muniti di coda e di violenza senza pari.



***



"Razza di imbecille...”, aveva borbottato a denti stretti Vegeta, scardinando le improvvisate lenzuola dalla branda e issandosi sulla sua sponda. Strizzando e stropicciando appena gli occhi tetri, s'era accorto che non erano trascorse neppure cinque ore, da quando s'era coricato; l'indomani avrebbero dovuto procedere alla fase finale d'assedio di quel pianeta, per il quale tra l'altro non s'era spiegato l'interesse da parte del loro nuovo sovrano, Freezer, figlio di Re Cold, viscido e ributtante alieno dall'oscena crudeltà nei confronti dei saiyan, in una prospettiva egemonica sull'intero sistema solare.
Di suo padre il re, Vegeta aveva ereditato non solo le fattezze fisiche, ma anche e soprattutto quell'orgoglio inossidabile e cieco che mai gli avrebbe permesso di essere asservito ad un tale assoggettamento, proprio lui, erede di un trono ormai effimero, non fosse altro che per il desiderio feroce di potere, più che per qualunque altro corollario del titolo nobiliare di cui portava l'inconsistente peso.

Il tintinnìo continuo e torturante della goccia all'interno del bagno, l'incostante rombo del russare da parte del compagno, l'incedere tribale del palpito del suo cuore al ritmo di certe, ancora abbozzate, idee di vendetta, lo avevano infine convinto, senza rimpianto alcuno, ad alzarsi e a dirigersi dapprima verso quel maledetto lavandino in metallo, sporco di sangue rinsecchito e fanghiglia fumante; bastò quel suo sguardo funesto ed affilato, puntato sul miscelatore un istante di più, a far implodere su sé stesso l'intero apparato idraulico, il quale ora, quantomeno, zampillava copiosamente ed uniformemente, abbattendosi morbidamente sul suolo non sterrato, ricco di cespugli senza fiori. Risolta quella prima, annosa questione, rivolse il proprio caratteristico passo militaresco, ma felino, in direzione della tenda di Nappa, scostandone senza cura l'uscio in tessuto pesante e grezzo, squarciando l'ubriaco sonno profondo di quel gigante incanutito prima del tempo: “Vuoi piantarla di russare in questo modo?! Mi stai davvero infastidendo, va' a dormire fuori insieme alle troie che hai ammazzato, se non riesci a smettere!”.

L'altro, per tutta risposta, emise un ultimo gemito schiavo del dormiveglia, poi aprì gli occhi infossati uno dopo l'altro, sbadigliando sguaiatamente e, d'un tratto, rizzandosi sulla schiena come se vi avesse ricevuto sopra una scarica elettrica da cento watt almeno. “Eh- Oh... V- Vegeta, scu-scusa, ehm, a-agli ordini principe, che... Che succede, eh? Ahm...”. Quell'automatismo non gli garantì la pazienza dell'altro. “Ti ho detto che devi piantarla di russare in quel modo, non si può chiudere occhio con te nei paraggi. Va' a dormire in una delle tende esterne come Radish, dannazione! Quello si starà scaldando sui cadaveri delle puttane, va' a fargli compagnia e fammi riposare almeno sino all'alba!”. Al vedere Nappa muoversi con riverente testa bassa verso l'uscita, portandosi sotto un'ascella sudata il proprio improvvisato cuscino, Vegeta ebbe da continuare: “Domani, al sorgere del sole, gli ultimi edifici, il 431 ed il 457 dovranno essere definitivamente distrutti, insieme a tutto il loro contenuto. Non possiamo permettere ai fantasmi di queste nullità di lanciare s.o.s. all'indirizzo dei loro amichetti di Yardrat e dintorni, non avremmo il tempo di ingaggiare altre lotte. Dobbiamo tornare alla base di Freezer, te ne sei scordato?”. Dopo un breve attimo di smarrimento, più che altro per risvegliare definitivamente il cervello, Nappa rispose lesto: “N-no, come no, Vegeta, lo so bene. Hai ragione, ci servono tutte le energie possibili, anche perchè al ritorno avremo sì e no il tempo di lavarci via il sangue di dosso e, forse, quello di cambiarci la divisa, chissà quando potremo nuovamente farci una bella dormita...” - stiracchiando le braccia verso l'alto e piegando il cuscino come fosse stato un foglio di carta da inserire in una busta da lettere, si permise di poggiare appena una mano sulla spalla destra di Vegeta - “Ti chiedo perdono, Vegeta. Lo sai, il tuo vecchio amico Nappa è un gran coglione, in fondo, eh eh! Avrei dovuto spegnere definitivamente quella troietta pel di carota subito dopo essere venuto la prima volta, altro che concederle altri tre round!...”. Bofonchiava ancora vagamente gongolante tra sé e sé, mentre si spingeva verso gli accampamenti esterni, quando Vegeta gli diede le spalle deciso ed assolutamente incurante di qualunque cosa avesse da delirare quel bifolco in un tale momento.
Non gli restò dunque che fare dietrofront, con passo più pesante, ma meno funesto. Si gettò senza attenzione sulla propria branda scarnificata, con il torso nudo e con la scompostezza del ciuffo corvino, in fase di progressivo diradamento, a smussare la durezza del volto, ancorchè sfinito.
Con le palpebre serrate, in un miscuglio indefinito tra concentrazione ed assopimento, si paravano dinanzi a sé moltitudini di deliranti scenari, entro i quali i suoi piedi regalmente fasciati dalle calzature resistenti ed impermeabili schiacciavano a morte la testa sferica di quel bastardo di Freezer, riducendogli le cervella a poltiglia facilmente digeribile, una volta cotta sulla brace dei suoi stessi resti.
Lui, era il principe, lui era il solo destinato a regnare su popoli e pianeti sino alla morte. Ed al sopraggiungere di quel momento, della sua morte, soltanto allora avrebbe guardato eloquente e diritto negli occhi, come suo padre aveva fatto con lui, il suo erede, il figlio che una qualche femmina avrebbe avuto l'onore di portare in grembo e di partorire, svezzare e preparare alla successoria missione. Non avrebbe dovuto né potuto essere una femmina qualunque, avrebbe per forza dovuto essere una saiyan di razza pura. Di quelle donne forti, a dir poco esplosive, determinate e caparbie, seducenti e bellicose, dal temperamento sanguigno e dall'intelletto superiore, in grado di far fronte tanto a prole e dimora quanto alla veemenza del proprio uomo, senza mai fargli ostruzionismi dettati dal sentimento né mai lasciarsi andare a supplichevoli tentativi di distoglierlo dal proprio compito, dal proprio destino di guerriero, se così la sorte aveva per lui sancito.
Ma, a quanto gli risultava, di femmine Saiyan non ne era rimasta neppure una, viva, nell'intero universo, tantomeno erano sopravvissuti testi e codici appartenenti alla loro civiltà, tali da poter eventualmente divenir legge su un altro pianeta, al fine di renderlo una, seppur sbiadita, reincarnazione dell'originaria patria.
Al pianeta Vegeta, il principe non pensava con dispiacere, né con inclinazioni luttuose o commosse. Vi faceva cadere, solo di tanto in tanto, un fugace pensiero, fulmineo ed iracondo, carico di furia nei confronti dell'essere che, in piena facoltà di schermare e proteggere l'intero popolo dall'infausto meteorite, a quanto pare non s'era invece scomodato di un millimetro, al sicuro sulla propria base satellitare.

Quando il tormentato dedalo di memorie tornò ad assumere il profilo più aggraziato e suadente di donna, Vegeta si risolse nel constatare che lui lo aveva in effetti praticamente appena ereditato, il titolo di principe e che adesso era il momento di goderselo solo ed esclusivamente per sé. Che, in assenza forzata di femmine della sua razza ed alla sua altezza, poteva anche stargli bene essere l'ultimo sovrano, di portare con sé la fine totale della propria stirpe, intanto mai, sarebbe caduta nell'oblìo, tanto ampia era da sempre l'eco gloriosa delle loro gesta. Che era meglio essere gli ultimi eredi al trono, che gli iniziatori di una discendenza di mezzosangue mediocri, inabili e di infimo valore combattivo, affaccendati soltanto a proteggere la prole sino a che in vita, anziché essere da questa protetti nel corso dell'orgogliosa vecchiaia cui, comunque, ben pochi Saiyan erano sino ad allora arrivati.
Non ne aveva praticamente mai visto uno, con le tempie ingrigite o con qualche ruga più profonda a scavare il divario con quelle presenti per natura. Sarebbe stato lui, il primo, unico ed ultimo sovrano saiyan ad invecchiare spavaldo in barba ad ogni minaccia di distruzione, facendo rimbombare poi anche dall'aldilà l'assordante clamore delle proprie origini.

Si lasciò infine, inavvertitamente, catturare dallo spettro pallido sopra la propria testa, Vegeta, voltandosi su di un lato e lasciando finalmente andare i pugni, sino a quel momento serrati in una morsa carica di voglia di sangue, di potere e di rivalsa.
Il plenilunio, ben visibile anche a quella latitudine, si addormentò con lui, poco più tardi, eclissandosi dietro coltri dense, tetre e funeste.


__


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Capitolo 2
*** II ***


Luna padrona

di Overlook, 2019©


Capitolo II





Non tutte le battaglie sono uguali.
Ve ne sono alcune che, per essere vinte, necessitano soltanto di uno sguardo, gettato più severamente di altri, sull'avversario, come a sferrare un silenzioso affondo. Ve ne sono altre il cui esito non risulta chiaro nemmeno quando a rimanere in piedi, gravemente feriti e tremebondi, rimangono soltanto gli appartenenti ad una stessa fazione.

Su quella brulla distesa di grigia sabbia mescolata a rivoli d'acqua putrida, quasi si fosse trattato di un preparato istantaneo e diabolico di cemento ai loro piedi, coi corpi ricoperti di sangue e di sudore erano rimasti sulle proprie gambe, ancorché sfibrati, soltanto tre dei membri dell'ultima squadra militare saiyan facente capo all'esercito imperiale di Freezer. Alcuni frammenti dello schermo del proprio scouter si erano conficcati sullo zigomo di Radish come minuscoli cocci di bottiglia tra le fenditure meno aride di un deserto; la sua divisa, crepata e scucita in più punti, segnava come le date su un calendario i giorni da cui essi stavano combattendo incessantemente contro il popolo di Zalfos, qualche migliaio di anime con l'entusiasmo bellico di esaltati e con la cocciutaggine di muli, finanche di fronte all'evidente superiorità combattiva dei propri avversari. Ad uno di loro, Radish aveva sadicamente cavato gli occhi con le dita, arpionandosi poi a quei fossi purulenti per strattonare via, in un sol gesto, l'intera parte frontale del teschio. Indescrivibili, le urla agonizzanti di quei resti, lasciati a terra preda di ischemie nervose ed osservati impassibilmente come si osserverebbe un salmone gettare gli ultimi respiri sul fondo legnoso di un peschereccio industriale.
...Puah... Che schifo... Ma quando la smetterai, dico io, di combinare questi disastri? Non puoi fare come facciamo noi altri!?”. Nappa dovette inasprire il tono di voce nel proferire le sue parole, poiché tra le sue mani, una giovanissima aliena ancora incapace di camminare da sola si stava dimenando un po' troppo, a suo dire, gemendo disperata. Così la sua testolina fragile, ancora imbrattata di crosta lattea, finì per spappolarsi in un'oscena marmaglia di cervella ed ossa, tra i palmi di quelle mani enormi ed immonde che si portarono poi leste alla bocca, per poter avidamente leccarne i succhi bestiali.
Quell'improvviso calar del silenzio, alle loro spalle, aveva preannunciato l'attacco a sorpresa dell'ultima brigata militare dell'esercito, inferocita dalle ultime gesta perpetrate dai due saiyan. Vi si erano lanciati contro sicuri di andare in braccio alla morte, ma altrettanto certi che non sarebbero mai spirati senza aver avuto almeno la decenza di tentare la sorte dinanzi a quello scempio inumano.
Radish e Nappa già se li vedevano addosso, le loro armi ed i loro artigli affilati, nel tentativo di tagliar loro la gola infame ed in verità non erano poi così distanti da tali intenti. Uno dei soldati, brandendo una lama assai lunga ed appuntita, s'era letteralmente lanciato sul fianco scoperto di Nappa, nel tentativo di affondargliela sino dentro al fegato, se vi fosse riuscito, ma ad un tratto fu come se qualche entità superiore avesse fermato, proprio in quel punto, lo scorrere degli eventi: per un secondo che parve durare anni, la truppa in piena offensiva rimase immobile, chi in aria, chi ancora al suolo, pronto a scattare, tutti con una diversa espressione deformata dall'immobilità.

Non così in fretta, signorine...”.
Una voce ancor più affilata di quella lama pericolosamente vicina al fianco di Nappa, maligna e dissacrante, squarciò quel fermo immagine, accompagnata da un sottile raggio luminoso di color verde, fulmineo e violento, che staccò di netto, in un sol colpo, la testa di ognuno di quegli alieni già senza speranza.
Caduto rovinosamente a terra l'ultimo cranio, con passo consapevolmente lento e feroce Vegeta vi si avvicinò, fissando quelle pupille vitree come se ancora potessero ricambiarlo di qualche attenzione. Appena un piede, sulla guancia livida. “Nappa, sei un idiota, quante volte ti ho detto che non devi togliere l'armatura nel mezzo di un combattimento?!”. L'altro fu come ridestato: “Lo so, Vegeta, ma qui non era rimasto più nessuno, chi se lo immaginava sarebbe spuntata quest'ultima banda di rammolliti da chissà dove...”.

Quest'ultima banda di rammolliti...” - ne scimmiottò il tono, facendo esplodere letteralmente il cranio sotto al suo piede come fosse stata la confezione di una merendina - “...Stava letteralmente per colpirti a morte, razza di sprovveduto! Non ti eri accorto della lama tra le mani di questo bastardo, scommetto...”. Nappa sgranò gli occhi scuri un paio di volte, come si fosse accorto in quell'istante del fendente proprio a pochi millimetri dal corpo. “T- ti ringrazio, Vegeta, senza di t-”. “Non osare ringraziarmi!” - tuonò l'altro scostandosi dalla pozza di sangue ed interiora creatasi attorno a lui - “... Non è certo per mettere in salvo la tua pellaccia, che li ho fermati!". Nappa guardò Radish per un istante, poi, confusi entrambi, si volsero all'indirizzo del loro principe. “Statemi bene a sentire: noi abbiamo un piano, ve lo ricordate? Dobbiamo riuscire a diventare più forti di Freezer ed abbatterlo, altrimenti sarà lui a far fuori noi! Come fate a non aver ancora capito... Quel viscido tiranno ha paura di noi! E' stata la sua più grande fortuna, che il nostro pianeta sia andato distrutto, ma nel frattempo è diventato un gran problema. Non possiamo perdere tempo in questo modo, non dobbiamo assolutamente rischiare la nostra vita con gente come... Questa!”. Calcò l'ultima parola con la voce, quasi ad enfatizzare la violenza del calcio assestato in pieno stomaco ad uno dei cadaveri lì intorno. Il corpo si dilaniò in due parti, già irrigidite da qualche minuto ed andò a seppellirne altri quattro insieme a sé, poco distante, dove una buca scavata dalla natura aveva assurto all'ironico, utile compito di fossa comune.
Radish, il tuo scouter funziona ancora?” - chiese Vegeta all'indirizzo del più giovane, sfamatosi nel frattempo con parte dell'avambraccio sinistro di una delle vittime. “N-non lo so, p-penso... Penso di sì, fammi controllare...”. Con un gesto dell'indice, il saiyan premette sul pulsante d'accensione vicino all'orecchio, attendendo poi qualche istante per la calibrazione dell'apparecchio. “... Dannazione! Non ci voleva, la trasformazione deve avermelo fatto rompere, non ne ho il minimo ricordo...”. “Tsk...” - lo rimbrottò il principe - “... Lo sapevo. A meno che non sia assolutamente necessario, mi sembrava d'essere stato chiaro: Non dobbiamo guardare la Luna, specialmente quando è piena, come questa notte!”.
Nel volgerle un fugace colpo d'occhio, con un'espressione di sdegno, riverenza ed irritazione nei confronti dell'ignaro satellite, Vegeta fece mente locale sui fatti avvenuti.

Si trovava ancora all'interno del pian terreno di uno dei silos adibiti a bunker di sicurezza e di deposito armi, con un bambino moribondo poggiato su una spalla alla stregua di un sacco di patate e con il dito dell'altra mano puntato sul pulsante del proprio visore. Stava cercando di scovare gli ultimi ribelli, avrebbe usato il giovane come esca per condurli tutti all'esterno, ma quando gli fu chiaro che l'unica sopravvissuta, lì, era niente meno che la madre del poppante, pensò bene di lanciarle addosso il corpicino gelato del figlio e di decretare la loro dipartita in compagnia, con un efficace gesto della mano. Lo scoppio che ne seguì non fu nulla, in confronto a quello che provenne da fuori, di qualche metro sopra la sua stessa testa. Si librò con naturalezza in volo, sfruttando la fluttuazione stabile del proprio corpo per osservare, a metà tra il divertito e lo spazientito, l'implacabile e mai stancante spettacolo della trasformazione di Radish e Nappa in Oozaru, scostandosi appena di lato ed anticipando il crollo di un colonnato attiguo.

Quella notte la Luna s'era fatta particolarmente invitante, con il suo volto esangue e paffuto a cingere d'assedio la volontà di quella razza spietata incapace di ribellarsi a quegli abbacinanti raggi pallidi e silenziosi, quasi fossero stati indistruttibili fili di seta ricamati sulla loro indole distruttiva da un abile sarto.
Sin da quando era nient'altro che un bambino, a Vegeta era sempre piaciuto parecchio, assistere agli scempi perpetrati dai suoi simili in quei particolari frangenti ed alle volte si rendeva pure lui, in prima linea, partecipe dello spettacolo disumano. Con il tempo, però, aveva compreso che, se non si fossero dati un freno, avrebbero finito per perdere totalmente il controllo, senza che ciò pertanto portasse a qualcosa di buono nei loro interessi. Era per questo motivo che, fatti i dovuti subdoli calcoli, il principe Vegeta s'era risolto nel comandare ai suoi di tenersi rigorosamente alla larga dalla visione di quella Luna tanto amica quanto imparziale avversaria, specialmente durante battaglie di relativamente poco conto, ed ancor più specialmente quando questa si presentava piena e limpida, incastonata nello zenit di cieli tersi.

Eppure, questa volta, Nappa e Radish poco e nulla avevano potuto, di fronte a quella maestosa stella fissa che bisbigliava suadente i loro nomi dall'alto, quasi fosse stato un richiamo divino. Quando ebbe finito di dislocare la spalla ancora intatta di uno dei poveri alieni – così, per puro, malsano godimento -, Nappa si fece abbindolare dal chiarore riverberato sul fiume di sangue proprio di fronte a lui, con lo stesso trasporto emotivo di un poeta maledetto dinanzi ad un oceano infuriato. Il petto, lentamente, aveva cominciato a pulsare, gonfiandosi ad ogni battito; le pupille ritirate all'indietro in un istante, fecero posto a due focolari ardenti e mefistofelici, mentre le vigorose braccia insozzate di morte si ricoprivano di una sempre più folta peluria di colore scuro.

Che stai facendo, Nappa...! Nap-”. Radish, accortosi appena un istante più tardi della mutazione del compagno, gli urlò con tutte le forze di smettere di osservare la Luna, di non continuare... Ma l'incantesimo maledetto di quella sfera opalescente sopra le loro teste, finì per arrabbiarsi tanto da prendersi pure la sua, di volontà, obbligando il più giovane a mollare la presa sulla giugulare scoperta di una femmina ormai morente ed a seguire Nappa nel tribale incedere della loro mutazione. Gli occhi incendiati, un sorriso diabolico che tradiva fin troppo facilmente la soddisfazione di lasciarsi comandare solo dalla Luna, in quella notte di carneficina, entrambi i Saiyan in appena qualche istante divennero alti metri e metri e quelle che erano divenute grosse zampe posteriori mutarono in macigni implacabili con cui affondare qualunque cosa ad ogni passo.
Non ne lasciarono vivo nemmeno uno, neppure l'unico che sarebbe servito, tra quella inutile gentaglia, se non altro per estorcergli informazioni preziose sulle coordinate esatte da impostare sulle navicelle per arrivare con anticipo rispetto a Freezer sul prossimo pianeta, non molto distante da lì.
Vegeta sapeva fin troppo bene che intervenire a cosa fatta sarebbe stato ormai inutile, un rischio contro cui non scommettere la propria pelle. Aveva così deciso di attendere, a braccia conserte ed occhi socchiusi, seppur con una strana e paurosa ombra di sorriso, puramente malvagio, al lato sinistro della bocca, adagiato come una pantera sul ramo più alto della foresta su uno sperone appiattito di roccia ancora fumante, da sotto cui esalavano gli effluvi cadaverici degli uomini da lui stesso trucidati all'interno del bunker sotterraneo.
Presto e fortunatamente, per certi versi, alcune nubi osarono ostacolare l'incedere della distruttività lunare, offuscandone la luminescenza assassina e facendo regredire rapidamente i due scimmioni malefici allo stato normale. Era in quella seconda fase, che le ferite procurate dalla cieca furia scudisciavano i loro corpi stremati, sino a farli svenire, la maggior parte delle volte. Ma in questo rito, non avveniva alcuna lamentela, poiché ogni Saiyan sapeva che a seguito del risveglio comatoso, la propria forza sarebbe stata decuplicata e la resistenza alla lotta resa ancor più elevata.


***


Adesso finitela, immediatamente! Dobbiamo recuperare le nostre navicelle, altrimenti ci troveremo Freezer davanti agli occhi non appena atterreremo sul pianeta Heridor! Quella nullità farà i conti con noi, non ci piove, ma prima dobbiamo acquisire maggiore potenza. Coraggio, seguitemi...”.
Nappa e Radish voltarono entrambi lo sguardo tetro alle loro spalle, prima di eseguire l'ordine del loro superiore. L'ombra di una coltre fuliginosa, nel tentativo di dissiparsi in quell'atmosfera immobile, pesante ed immonda, diede loro modo di scorgere soltanto cadaveri, vere e proprie montagne di corpi smembrati, tumefatti, mortificati sino allo stremo dalla sadica furia di quei guerrieri la cui soddisfazione al termine di un duello andava ben oltre la mera sconfitta del proprio avversario: il sangue del soccombente doveva solcare i palmi delle loro mani, le urla disperate dovevano carezzare i loro timpani come nenie materne, le suppliche vane dovevano solleticare la loro impietosa sete di supremazia. Una più diplomatica negoziazione, una semplice compravendita di territori e di pianeti, non era concepibile per una razza come la loro. Senza la morte, non s'era compiuto alcun affare e, quelle rare volte che il popolo di turno s'arrendeva alla conquista senza opporre alcuna resistenza, i saiyan avevano comunque perpetrato assurde carneficine al solo scopo di... Divertirsi, di rendere meno noiosa la loro comunque breve permanenza su quel territorio, in attesa di rifornire di carburante le proprie navicelle e di rifocillarsi, proprio con i resti di qualcuno dei malcapitati indigeni. Quel che rimaneva erano pianeti deserti, alla completa mercè dei conquistatori, i quali, passati sotto il dominio di Freezer, avevano l'unico dovere di procedere alla costruzione di basi imperiali adatte solo a fungere da roccaforte e da vessillo di conquista di quell'impero sempre più vasto e sconfinato.

Vegeta odiava Freezer, perché s'era preso la sua gente, i suoi sudditi, l'intero popolo Saiyan e l'aveva reso proprio subordinato, approfittandosi della eccezionale forza e della loro indiscussa supremazia per costituire il proprio impero, quando invece avrebbe dovuto essere proprio lui, il principe Vegeta, ad ereditare dal proprio padre il trono, il potere ed il regno, esteso sino ai più remoti confini della galassia. Ignaro della realtà dei fatti, Vegeta non era rimasto più di tanto sconvolto dalla notizia della distruzione del proprio pianeta per mano di un meteorite, ma piuttosto era trasalito alla definitiva comunicazione del passaggio di sovranità su loro superstiti. Per natura, mai aveva gradito star sotto a qualcun altro ed essere il principe dell'intero popolo saiyan ne aveva sempre assecondato l'indole più dominante. Era divenuto sempre più insostenibile, far fronte al fatto che ora non era più lui il sovrano, non erano più i saiyan a predominare sul resto dell'universo. V'era una lurida creatura, viscida, disgustosa nella sua ossequiosità, da cui trasudava fin troppo palesemente il desiderio di schiacciare anche i saiyan rimasti vivi sotto il proprio potere. Così, giorno dopo giorno, anno dopo anno, di conquista in conquista, Vegeta aveva proceduto a disegnare nella propria mente un piano per liberarsi di quel verme e riprendersi il trono, a lui spettante di diritto. Sapeva che Freezer prima o poi sarebbe morto, se non in battaglia, per cause naturali, ma s'era imposto di non poter assolutamente accettare, di attendere tanto a lungo in silenzio, in finta sottomissione. Non passò molto tempo, perché Vegeta esprimesse i propri sentimenti di ribellione ai suoi fidati compagni saiyan, i quali, ancorché suoi compagni di milizia, sapevano bene di aver a che fare con un principe, con il loro principe e non con un loro simile qualunque. Gli portavano doveroso rispetto e nutrivano un reverenziale timore nei suoi confronti, non fosse stato altro che per quel portamento, sfoggiato sempre in maniera del tutto naturale, da parte di Vegeta, a cui bastava affilare lo sguardo oscuro ed incrociare strafottente le braccia al petto per far tremare il baricentro di ogni altrui sicurezza.


***


I tre saiyan non impiegarono che qualche minuto, a ritrovare le proprie navicelle, incrostate di sangue e di fanghiglia, ma perfettamente funzionanti. Premettero ciascuno il tasto del proprio telecomando, per aprirne il rispettivo portellone e, quando tutti e tre finirono di sistemarvisi all'interno, Nappa sbottò scanzonato: “Sarebbe carino se prima o poi trovassimo qualche pianeta di... Di scienziati, o che so io... Magari potremmo farci fabbricare navicelle che possano essere ridotte di dimensioni, sino a potersele infilare in tasca, pensate... Eh eh!”.

I portelloni si richiusero uno dopo l'altro. Lo scoppio dei motori squarciò il silenzio rarefatto. Soltanto pochi istanti prima di spiccare il volo, alla ricerca della prossima meta, la voce ovattata e sdegnata del principe Vegeta ruppe l'atmosfera lugubre ed immobile: “...Aah, ma sta' zitto, Nappa...”.



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Capitolo 3
*** III - epilogo ***


Luna padrona

di Overlook, 2019©




Capitolo III





Un altro sorso alcoolico fu tracannato senza ritegno, digerendolo affatto educatamente, prima che Nappa provasse a  cestinare a volo il contenitore ormai vuoto e ridotto a spazzatura. Non ne sarebbero bastati litri, di quella robaccia dal retrogusto asprigno, per stordire animali da battaglia come loro, ma ogni tanto, quando non si trovavano in missione da qualche parte, ai remoti confini della galassia, qualcuno dei saiyan rimasti in vita, sotto il giogo di Freezer, trovava quasi divertente, trascorrere il proprio tempo negli spazi comuni durante le sere burrascose e prive di lune in cielo, sorseggiando quella bevanda proveniente dalla galassia dell'Est, scambiando quattro parole con i propri camerati. L'unico a disertare quei taciti appuntamenti, di solito, era niente meno che Vegeta, il principe della loro razza, il quale, un po' per indole, un po' per retaggio, preferiva di gran lunga ingannare l'attesa tra una missione e l'altra all'interno di trainer posizionati uno per ogni livello della base orbitante su cui stazionavano. Era assai più appagante sputare sangue e sudore sullo spettro del cadavere di quel lurido farabutto che aveva osato mettergli i piedi in testa, piuttosto che cercare il ristoro nella compagnia dei propri simili, non altrettanto esasperati, evidentemente.
Invece, quella sera, assiso composto e strafottente sinanche nel modo di sistemare le braccia dietro la nuca, Vegeta si trovava in uno dei grossi stanzoni muniti solo di panche, tavoli, una cella frigorifera incassata alla parete, qualche scaffale e ben poco altro. Insieme a lui, stranamente più ben disposto del solito, v'era Nappa. L'uno intento a divorare l'ultimo boccone nel proprio piatto, l'altro più concentrato nel centrare con un unico lancio della propria lattina vuota il cestino posto dall'altro lato del vano. Al secondo tentativo fallito, ancorchè di appena qualche centimetro, Nappa si risolse a lasciar perdere ed i suoi occhi caddero appesantiti sul piatto ormai vuoto di fronte a lui.
"... Comunque quel bastardo me la paga... Dico io, come ti permetti di mettere piede nella mia stanza, fottermi lo scouter senza neppure dirmelo e farmi poi fare quella magra figura proprio davanti a Freezer...".
"Hn... Di Freezer non potrebbe importarmi di meno. Lo sanno tutti che Recoom è un pezzo di merda, svegliati. Lo sa credo pure quel maledetto... Quel che non mi va giù è che si sia preso meriti che non ha, lui e la sua banda di froci non saprebbero muovere un solo muscolo del collo se non ci fossimo noi a fare il lavoro sporco per loro... E Freezer che li ha pure eletti a squadra scelta... Quegli imbecilli godono di molti più diritti e libertà rispetto a quanto noi potremmo anche solo sognarci, in questo stato in cui siamo!". Il crescendo del tono di voce, fattosi sempre più iracondo, aveva attirato lo sguardo di qualche altro militare che si trovava a passare da quelle parti ed il pugno battuto al tavolo, capace di ribaltare tutte le proprie stoviglie a terra in un sol gesto, gli aveva fatto suo malgrado guadagnare una modesta platea di curiosi.

"Ma sentitelo... Il principino sta frignando, cosa c'è?... Hai bisogno di cambiare il pannolino...?".
Consapevole che la propria statura non lo avrebbe fatto spiccare nemmeno tra pochi, Guldo amava fare il proprio ingresso così, con qualche arrogante frecciata, specialmente quando il bersaglio era niente meno che Vegeta, il saiyan per cui provava più rancore, non solo in forza dell'antagonismo interno alla base stessa del loro sovrano, ma anche e soprattutto perchè Vegeta era l'unico a non aver mai tremato dinanzi a lui, anzi, ad averlo osservato con derisione e disgusto a partire dal loro primissimo incontro, tra i corridoi della base orbitante. Avendolo scorto al seguito di Geez, Barter e gli altri componenti della squadra Ginyu, non si era fatto remore nel domandarsi a voce alta da quand'è che la prima squadra di Freezer avesse adottato un cane... Tanto brutto e maleodorante, persino.
Inutili i tentativi di ingaggiare un duello sul posto: veder giungere Vegeta dinanzi alle proprie quattro pupille, così carismatico e sicuro di sè, lo aveva fatto deglutire rumorosamente, prima che Ginyu stesso lo recuperasse per la cintola dell'armatura. "Non essere antipatico, principe Vegeta..." - lo canzonò, volgendogli le spalle ed andandosene, l'alieno violaceo - "... Altrimenti... Poi ci tocca dirlo a Freezer...". Una risatina generale, di scherno, aveva sancito l'uscita di scena dell'intera squadra ed al saiyan era rimasta un'ombra beffarda in viso, che se ne andò via insieme al resto di qualunque altro vacuo pensiero quando il portellone del trainer dinanzi cui era giunto si chiuse alle sue spalle.




***



"Non saprei, Guldo... A giudicare dall'odore, credo proprio che sia il tuo, il culo al quale dare una controllata...". Tra lo stupore, qualche bisbiglio, alcuni ghigni sommessi, brillò l'irritazione del nanerottolo verdastro, giunto dinanzi al tavolo cui erano seduti i due saiyan. "Tu non ti immischiare, razza di grosso scimmione pelato...". Nappa si alzò di scatto, facendo scrocchiare le giunture delle dita ed i lati del collo "Ah sì, eh...!".
"Nappa, piantala... Ti ho già detto di non perdere tempo dietro a certe sciocchezze!". La voce perentoria di Vegeta, rimasto invece calmo, a braccia conserte e ad occhi socchiusi, fece balbettare disappunto al saiyan più mastodontico. "Ma... Ma io...".
"Ecco, bravo..." - Lo incalzò l'alieno basso e viscido - "... Segui il consiglio del tuo amichetto... Per una volta che prende una decisione sensata!". Nappa si limitò a ringhiare qualcosa di incomprensibile al suo indirizzo, quando, alle spalle del nanerottolo, di svariati metri più alti, si stagliarono Recoom e Barter, gli scouter di pacca poggiati all'orecchio e l'armatura scintillante, perfetti leccapiedi di quel tiranno dalle labbra violacee. "Vegeta, Nappa, il grande Freezer ci manda ad ordinarvi di partire immediatamente verso la Galassia del Nord, pianeta Gink. Avrete due giorni a disposizione per completarne l'assedio! Sbrigatevi!".
"Non osare darmi ordini, femminuccia...", si levò velenosa la voce di Vegeta, sempre più esasperato dalla sete di vendetta e ribellione verso il tiranno e tutta quella irritante marmaglia di damerini. Si alzò in piedi, lo sguardo tagliente come una lama, i pugni serrati lungo i fianchi ed il passo prossimo ad iniziare uno scontro. "Come preferisci, allora manderò qui direttamente Freezer, a farti capire chi comanda...".

Barter sapeva di aver centrato il bersaglio. Aveva assistito in prima linea, alla torturante seduta di punizione, esemplare a dir poco, del principe dei Saiyan da parte di Freezer, allorquando il guerriero, mesi e mesi addietro, aveva osato non presentarsi all'appello del tiranno, fornendo come sola giustificazione un affettato "Non avevo nè tempo, nè voglia...".
All'ennesima scudisciata sul nudo dorso, con la gola ancora pulsante e livida, il saiyan si fece sfuggire dalle labbra serrate e riarse un rauco ansito di dolore ed a quel punto Freezer, con un efficace cenno del capo, diede ordine di riaprire il portellone, dal quale, senza batter ciglio, uscì seguito dalla squadra Ginyu e altri militari. Allorquando Radish e Nappa, scalpitanti all'esterno dell'atrio, erano sopraggiunti con medicamenti per aiutare il compagno, Vegeta li scansò invece con furibonda alterigia, il sangue gocciolante al lato di una tempia, un braccio piegato in modo innaturale verso l'esterno e la schiena ricoperta di ematomi ed escoriazioni brucianti. Espettorò a terra sangue e saliva e si trascinò facendo leva su tutto il proprio orgoglio verso la propria stanza, senza l'assistenza  nè l'aiuto di alcuno.



***



Tracimante odio e brama di rivalsa, il principe dei Saiyan di mosse allora verso di loro, seguito immediatamente da Nappa. Gli altri si scansarono a turno, dando modo ai due di farsi largo verso l'uscita.
Quando Vegeta si ritrovò proprio di fianco a Guldo, il quale nel frattempo aveva assunto una sogghignante espressione di rivincita, fece appena uno scatto, una finta, della durata non più lunga di un istante, verso di lui. Il che bastò a far gettare all'alieno verdognolo un urlo degno di una donzella, accompagnato da una goffa caduta a terra. Il ludibrio sguaiato fu tale che Nappa non riuscì neppure a percepire le maledizioni masticate a denti stretti da quel nanerottolo una volta rialzatosi. Erano ormai giunti all'ingresso dell' hangar contenente le loro navicelle spaziali, indossarono gli scouter e si accomodarono ognuno all'interno del proprio abitacolo. Prima di richiudere il portellone ed inserire le coordinate, Vegeta prestò per un istante attenzione a ciò che lo schermo posto dinanzi al proprio occhio sinistro mostrava. L'espressione si fece per un attimo sorpresa, ma immediatamente dopo mutò in una sorta di smorfia incuriosita: il radar, in collegamento diretto con quello di Radish, momentaneamente in spedizione solitaria su un piccolo pianeta chiamato Terra, mostrava che il saiyan dai lunghi capelli corvini era appena giunto a destinazione e che, non molto distante da lui, si trovava una presenza dal potenziale combattivo elevatissimo, per gli standard di quel posto. "Ehi, Nappa...! Pare che Radish abbia trovato da divertirsi, sulla Terra... Con ogni probabilità si tratta di suo fratello Kaharot, altrimenti non si spiegherebbe, un tale livello... Chissà, magari al loro rientro sulla base di Freezer quel saiyan ci potrà insegnare qualche tecnica imparata in tutti quegli anni trascorsi lì... Ah ah!". "Già..." - gli fece eco l'altro dalla navicella lì vicina - "...Potremmo seriamente pensare di cominciare a spezzare le gambe a quel bastardo di Freezer...". "Per quello basto ed avanzo io, non preoccuparti... Mi serve solo un altro po' di tempo..." - interruppe l'inesorabile incedere dei pensieri più malvagi - "... Sbrighiamoci a partire, adesso. Gink pare essere un pianeta piccolo e pacifico, non ci vorrà che qualche ora. Seguiremo da lì, gli sviluppi della missione di Radish sulla Terra". Con un cenno del capo, l'altro gli fece segno d'intesa ed il principe Vegeta, digitata la sequenza di pulsanti sul pannello, si sistemò meglio sul proprio sedile, chiudendo gli occhi nel tentativo di assopirsi, per non pensare ai mille modi in cui avrebbe voluto cavare tutti e quattro gli occhi di quel patetico Guldo.


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N.d.A.: Avevo pronosticato un dispiegarsi non cronologico dei capitoli ed invece, grosso modo, si può dire siano disposti in ordine, dal più remoto al più recente rispetto alla presa di consapevolezza dell'esistenza delle Sfere del Drago.
Pensavo di pubblicare anche un quarto capitolo, costruito sulla base di quello scarno paio di scene che possiamo vedere durante le prime puntate della serie Z, ossia la primissima comparsa di Nappa e di Vegeta. Al momento, tuttavia, preferisco concludere la raccolta in tal maniera, lasciando il lettore libero di evocare la liaison con quelle scene di cui parlavo, magari svoltesi proprio sul fittizio pianeta Gink.
Non è da escludersi che un giorno io torni ad aggiornare questa raccolta o a produrre altro, dedicato alla prima vita del principe dei Saiyan.

Grazie a tutt* per la lettura e ancor più ringraziamenti, s'intende, a chi ha voluto lasciare una recensione e a chi - non pochi! grazie! - ha invece preferito inserire la raccolta tra i Preferiti ed i Seguiti.

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