Exactly Another Teen Story

di Athelye
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Whatever It Takes ***
Capitolo 2: *** The Sound of Silence ***
Capitolo 3: *** Feeling Good ***
Capitolo 4: *** Today's the Day ***
Capitolo 5: *** Glad You Came ***
Capitolo 6: *** Un Nuovo Amico ***
Capitolo 7: *** Gravel To Tempo ***
Capitolo 8: *** Bad Things ***
Capitolo 9: *** Someone That Loves You ***
Capitolo 10: *** I'll Be There For You ***
Capitolo 11: *** Aspettavo Solo Te ***
Capitolo 12: *** What You’re Doing ***
Capitolo 13: *** Thnks Fr Th Mmrs ***
Capitolo 14: *** A Lie To Believe In ***
Capitolo 15: *** Demons ***
Capitolo 16: *** Dance With Me Tonight ***
Capitolo 17: *** Shame ***
Capitolo 18: *** Human ***
Capitolo 19: *** Insomniac's Lullaby ***
Capitolo 20: *** Love Me Again ***
Capitolo 21: *** Take It Off ***



Capitolo 1
*** Whatever It Takes ***


 
Mani sempre in tasca, una matassa di capelli ricci e scompigliati dalla sfumatura argentata, decolorati fin quasi alla radice, occhi magnetici di un azzurro intenso.
Il classico tipo affascinante e misterioso, strano in quel modo particolare che ti attrae anche se non vuoi. Il classico tipo che tutti osservano senza avvicinarsi, subendo quel fascino pericoloso di cui ti avverte la ragione prima che sia troppo tardi. Il classico tipo che “ha i capelli decolorati e un orecchino, dev’essere certamente poco raccomandabile”, su cui tutti fanno congetture e un’idea loro, finendo spesso con il cliché del drogato, del delinquente o del bohémien che si gode la vita, non importa come.
Ecco, Gon era attratto proprio da quel ragazzo che se ne stava in disparte a fumare tutte le mattine, appoggiato al muro della scuola. Attratto da quell’aura azzurra che emanava in solitudine.
L’aveva notato una mattina a inizio anno senza averlo mai visto prima, quindi probabilmente si era trasferito da poco. E anche quella mattina, come tutte, si era ritagliato dal caos generale, solo a volte stava con una ragazzina di poco più piccola che, a giudicare dai tratti, doveva essere sua sorella. E anche quella volta, come tante da allora, Gon aveva pensato di avvicinarsi per conoscerlo, ma non l’aveva fatto.
Gon era un ragazzo molto socievole con chiunque, il classico ‘amico di tutti’. Era un diciottenne come tanti, con i capelli neri, carnagione olivastra e occhi allegri color ambra. Aveva sempre il sorriso sulle labbra, in un’espressione solare e accattivante che rallegrava anche solo a guardarla. Con la sua innocente ingenuità, Gon era il ritratto dell’onestà e per questo era facilmente raggirabile da chiunque e in qualsiasi tipo di scherzo.
Tipo quel giorno.

 
Exactly Another Teen Story

Capitolo I – Whatever It Takes


Era una mattina, semplicemente una mattina. Fredda, con il cielo terso di fine novembre. Ognuno era al proprio posto poco prima di entrare: chi in gruppo a chiacchierare con compagni e amici, chi a studiare o copiare i compiti, chi tranquillo a farsi i fatti propri o a fumare lontano dagli altri.
Gon faceva parte della prima categoria, in particolare lui e i suoi amici stavano scherzando su quella figura così evanescente eppure così appariscente del ragazzo con i capelli quasi argentati. O meglio, loro lo stavano facendo, a Gon non piaceva parlare male o prendere in giro gli altri, che quelli fossero presenti o assenti.
“Quel ragazzo è davvero strano, se ne sta sempre sulle sue.”
“Già, anche in classe mi hanno detto parla poco e ha uno sguardo che.. Dio, mette i brividi. Sembra possa ucciderti con quegli occhi.”
“Però gli vanno dietro parecchie ragazze a quanto ne so.”
“è inquietante. Sicuramente, con quei capelli non dev’essere un tipo raccomandabile.”
“Probabilmente è proprio l’aspetto da ‘cattivo ragazzo’ che le attira.”
“Gon, tu cosa ne pensi?”
Mentre stavano parlando, Gon stava guardando il soggetto dei loro discorsi, intento come sempre a sbuffare nuvole azzurre di fumo. Tutto in quel ragazzo sembrava toccare le sfumature dal blu al celeste.
“Penso che dovreste provare a conoscerlo prima di parlarne. Magari è solo un ragazzo tranquillissimo ed è solo timido.”
“Con quei capelli?” Esclamò una ragazza.
“Parli proprio tu, Neon? Ti sei fatta i capelli blu e sei fra le persone più timide che io conosca.” Ribatté Gon, segnando un punto a proprio favore.
“Allora perché non facciamo così.” Iniziò un ragazzo del gruppetto. “Dato che sei così sicuro che sia un tipo sereno e tranquillo, perché non vai a parlargli?”
“Eh? Perché dovrei andare io? Siete voi che avete bisogno di ricredervi.”
“Perché, fino a prova contraria, potrebbe essere un tossico, uno stronzo o comunque una persona poco raccomandabile.” Replicò il ragazzo.
“Però così è come il paradosso di Schrödinger.” Aggiunse un ragazzo biondo dall’aria più sveglia degli altri. “Finché non apriamo la scatola non possiamo saperlo.”
“Quello in effetti ha la stessa espressione del gatto.. Quando sta per mangiarsi il canarino.” Disse un altro ragazzo, più grande degli altri.
“Leorio!” Lo richiamò Gon. “E poi Kurapika, scusa, ma perché devo essere io ad aprire la scatola?”
“Perché sei il solito bastian contrario, quindi vai tu.” Affermò Neon. “E sei sempre allegro, sicuramente gli faresti un’impressione migliore di noi.”
Gli altri annuirono alla sua affermazione, costringendo Gon a sbuffare. “Begli amici siete.”
“Scommetto che non è quello stinco di santo che ti ostini a difendere.” Disse Leorio. “E anzi, è un delinquente. Non dev’essere poi ‘sto granché se sta sempre da solo."
“D’accordo, scommettiamo.” Rispose il ragazzo, pronto a difendere la propria idea. “Per me è un bravissimo ragazzo, e ve lo dimostrerò!”
“Vediamo.. Come scadenza poniamo un mese. Se ho ragione io, fra un mese esatto dovrai venire in mutande. E sì, sarà dicembre, quindi ti concedo qualcosa per coprirti finché non entriamo.” Rise all’idea.
“Un mese non è poco per conoscere una persona?” Ribatté Gon. “Almeno tre.”
Il maggiore scosse vigorosamente la testa. “Troppo, uno e mezzo.”
Quello trattò ancora. “Due. Prendere o lasciare.”
Leorio sbuffò, ma annuì. “Va bene.”
“Perfetto. Allora se vinco io dovrai lasciar perdere l’alcool e impegnarti a passare l’anno. Sarebbe la terza bocciatura altrimenti.”
“Non è una controproposta equa!” Replicò quello. “Pensa a qualcos’altro. Di stupido o divertente possibilmente!”
Kurapika roteò gli occhi mentre gli altri ragazzi risero, Gon incluso.
“D’accordo, allora.. Dovrai farti in ginocchio tutto il percorso dentro la scuola, ogni volta che dovrai muoverti.”
“E sia. Ora vai, prima che suoni la campana.”
“Vedremo per chi suona la campana.”
“Kurapika, studi troppo.”
 
Così Gon, sotto lo sguardo attento del suo gruppo di amici, si stava dirigendo verso il ragazzo in questione.
Pensò a cosa dirgli, come presentarsi, cosa fare. Cosa sapeva di lui? Che aveva la sua stessa età, che era in un’altra sezione e che, se la memoria non lo ingannava, una volta a settimana partecipavano allo stesso gruppo sportivo.
Ma, per quanto potesse sembrare assurdo, in quasi due mesi, non aveva mai saputo il suo nome. Decise quindi di cominciare da quello.
Si ritrovò a due passi da lui. Aveva le cuffiette nelle orecchie, collegate al cellulare che stava controllando, o forse stava scrivendo a qualcuno. Teneva l’altra mano nella tasca della giacca, giocando con un paio di monetine a giudicare dal tintinnio appena percettibile.
Quando il ragazzo alzò lo sguardo, Gon sfoderò uno dei suoi sorrisi più accattivanti. L’altro si tolse una cuffietta e mise istintivamente in tasca il telefono, per sentire cos’avesse da dirgli.
“Ciao..!”
Gon si sentì un perfetto idiota quando si rese conto che a quel saluto non era seguito nient’altro, sebbene il suo tono lo sottintendesse, e l’altro ragazzo, comodamente appoggiato al muro, aveva due occhi molto azzurri e molto perplessi.
“Sei Freecss, vero?”
Gon ebbe un piccolo sussulto nella propria mente. Lo conosceva? O meglio, quel ragazzo sapeva il suo nome? Perché allora lui non conosceva il suo?
Mentre nella sua mente si formavano queste domande, annuì. Nonostante già suonasse come l’inizio di un avvertimento, quella voce cupa manteneva una nota seducente.
“Bene, Freecss, penso che tu debba dare retta ai pettegolezzi. Non sono una persona con cui dovresti socializzare.” Aggiunse, giusto in tempo perché suonasse la campana.
Il ragazzo si diede una spinta per staccarsi dal muro e seguire la calca verso l’ingresso dell’edificio, lasciando Gon lì impalato.
Gli altri gli si avvicinarono, curiosi di sapere le poche parole che si erano appena scambiati.
“Allora?” Lo incalzò subito Neon.
“Mi ha detto che non è una persona con cui dovrei socializzare..” Ripeté quello, a voce bassa, più come se parlasse a se stesso.
“Ah! C’è voluto decisamente meno di quanto pensassi, potrò già gustare domani la mia vittoria!” Rise Leorio. “O meglio, io avrò la soddisfazione, Neon godrà dello spettacolo!”
La ragazza con i capelli blu elettrico lo fulminò con lo sguardo, ma tanto Gon aveva sentito solo la prima parte di ciò che aveva detto il ragazzo.
“No. Mi hai dato due mesi, e io in due mesi cazzo se ci riuscirò a dimostrare che si sbagliano tutti, lui incluso!” Esclamò risoluto, lasciando tutti stupiti per la parolaccia. Se c’era una cosa che Gon non faceva, quella era imprecare.
Kurapika sorrise della sua determinazione, poi si salutarono tutti prima di entrare e separarsi per andare ognuno nella propria aula.
 
La mattina proseguì tranquilla, un’ora dopo l’altra, ma tutte ugualmente noiose.
Anche la pausa pranzo passò monotona, nonostante il gruppo di amici si fosse radunato per pranzare insieme.
Gon non riusciva a togliersi quel ragazzo dalla testa, e lo osservò per tutto il tempo a mensa. Era seduto con due persone: quella che pensava fosse sua sorella e un altro ragazzino, certamente anche lui parente; o lei, perché aveva i capelli a caschetto e vestiva in modo curato, e senza avvicinarsi gli era difficile capirlo.
Nel pomeriggio aveva il club sportivo a cui aveva deciso di partecipare quell’anno. Ogni anno provava un nuovo sport. Quest’anno era il turno della squadra di pallavolo, e gli sembrava di aver visto giocare l’altro ragazzo. Sperò di rivederlo, e così fu.
Con la maglia e i pantaloncini della scuola, apparve insieme ad altri ragazzi, e Neon non mancò di farglielo notare. Già, c’era anche lei, ma Neon veniva solo a guardare gli altri fare sport e fare il tifo per Gon.
Caso volle, per fortuna o per disgrazia, che l’allenatore avesse deciso di far lavorare insieme i ragazzi dal primo minuto quel giorno.
Caso volle che gli abbinamenti fossero del tutto casuali, in quanto l’uomo appaiava i ragazzi basandosi sui nomi dei presenti e come gli suonavano meglio insieme.
“Freecss e Zoldyck. Sulla linea, accanto agli altri.”
Gon si avviò diligentemente in fila accanto agli altri, senza badare a chi fosse in coppia con lui finché, girandosi, non vide avvicinarsi proprio quel ragazzo. Lo guardò sorpreso, ricevendo in risposta solo un sopracciglio inarcato e un’espressione che probabilmente indicava sgomento.
L’allenatore assegnò degli esercizi da fare in coppia, durante i quali Gon tentò più volte di iniziare una conversazione, ma l’altro non rispose, un po’ per la confusione che probabilmente non gli permetteva di sentirlo (o faceva finta) e un po’ perché gli esercizi erano faticosi e quindi erano effettivamente impegnati a riprendere fiato.
Dopo lo stretching, iniziarono con delle flessioni, uno accanto all’altro.
“E così ti chiami Zoldyck, eh? Piacere! Il mio cognome già lo sai.” Tentò, piegando e stendendo le braccia, mentre girava un poco la testa per sorridergli.
“Ti consiglio di risparmiare il fiato, Freecss, abbiamo due ore da passare così.” Tagliò corto lui, senza staccare gli occhi dalle proprie mani.
Alla successiva serie di esercizi, addominali, riprovò. “Comunque il mio nome è Gon, il tuo?”
“Si lavora meglio stando in silenzio, sai?”
Gon provò altre volte, con domande altrettanto stupide e basilari, ottenendo altrettante risposte brevi e taglienti. Si chiese se quel ragazzo fosse molto scorbutico o solo molto diligente. Preferì non rispondersi.
Circa un’ora passò senza che si parlassero.
Iniziarono a fare dei passaggi per prepararsi a giocare a palla avvelenata. Quando Razor, l’allenatore, aveva annunciato la cosa, gli studenti si erano guardati in modo abbastanza perplesso: perché giocare a palla avvelenata per prepararsi a pallavolo? ‘Per migliorare potenza di lancio e mira’, Razor l’aveva giustificato così.
Intanto Gon iniziava a innervosirsi. Cosa aveva voluto dire quel ragazzo quella mattina? E perché si rifiutava di rispondergli?
Poco dopo i ragazzi furono di nuovo smistati fra loro, e i due finirono in squadre avversarie. Durante la partita, Gon osservò lo Zoldyck, come si muoveva, come stava in mezzo agli altri, e non notò niente di particolare o strano, se non contiamo una certa cattiveria in crescendo nei lanci contro gli avversari. Lanci che andavano sempre a segno facendo uscire il giocatore dal gioco, ma il ragazzo non ne sembrava particolarmente soddisfatto né dispiaciuto. Era come se dovesse semplicemente farlo.
A Gon non era mai successo che qualcuno non avesse ceduto al suo sorriso, e questo pensiero gli invadeva il cervello. Perché? Perché non gli aveva parlato? Non si era neppure presentato come si deve, porca miseria!
Erano ormai rimasti solo in tre nel suo campo, e una palla venne scagliata con incredibile violenza proprio in sua direzione, ma era talmente preso dai propri pensieri da non averlo notato.
Si sentì chiamare, e da quell’istante le cose si mossero al rallentatore nella sua testa.
Ebbe il tempo di girarsi verso la palla, osservarla mentre copriva la distanza che li separava, sgranare gli occhi vedendola fin troppo vicina alla propria faccia prima di chiuderli per quella frazione di secondo, e infine sentire un gran dolore che partiva dal naso e gli invadeva le guance, oltre a sentire il pavimento contro la propria schiena.
Quando riaprì gli occhi, la prima cosa che vide furono quelli blu intenso della persona che l’aveva colpito (e affondato di brutto). Accanto al ragazzo con i capelli decolorati c’era una preoccupatissima Neon.
“Ehi, Gon! Stai bene?!” Chiese lei, in preda all’agitazione. Accanto a loro accorse anche l’allenatore ed altri ragazzi che lo sommersero con la stessa domanda a più voci.
Gon si sollevò un poco col busto, puntando i gomiti sul pavimento per sostenersi.
“Cosa vuoi tu?! Guarda cos’hai fatto! Vai via, sei solo d’impiccio qui!” Lei inveì contro il ragazzo, che si ritrasse istantaneamente, alzandosi e pronto ad allontanarsi.
“Scusa..” Disse a bassa voce Gon, quasi ridacchiando, bloccando il movimento dell’altro. “Mi sono distratto e non ho fatto caso alla palla. Non è colpa tua, ma mia che dovevo stare attento.”
Quelle parole parvero stupirlo, perché, pur rimanendo in silenzio, inarcò le sopracciglia, guardandolo con un’espressione indecifrabile.
“Cosa stai dicendo, Gon?! Quella palla era fatta per uccidere, non devi essere tu a scusarti!”
“Ma no, è la verità. Avrei dovuto fare più attenzione.” Le rispose sorridendo Gon.
L’altro ragazzo intanto si avvicinò a Razor. “Mi scusi signore, accompagnerò Freecss in infermeria.” L’uomo annuì, dandogli il permesso.
 
Fecero il percorso in silenzio. L’unica nota sonora fu il ‘grazie’ appena udibile di Gon, per l’accompagnamento.
Una volta lì, una giovane donna studiò il viso del ragazzo, controllandone i danni. Per fortuna di Gon, era solo vagamente ammaccato, e il colpo si sarebbe tradotto solo come un livido nei giorni a venire. Dopo poco tornarono in corridoio, diretti verso gli spogliatoi per recuperare le proprie cose.
“Però, che colpo! Devi essere un giocatore di.. Beh, qualcosa, per scagliare una palla così forte e veloce!” Esclamò Gon a un certo punto, entusiasta.
“Quanti anni hai?” Chiese l’altro dopo qualche interminabile secondo di silenzio, osservandolo.
“Diciotto. Ne farò diciannove a maggio.” Rispose Gon tutto sorridente, nonostante sorridere gli tirasse la pelle e gli facesse male in qualche modo.
Quello sembrò pensarci un po’ su, prima di rispondere.
“Ho giocato per qualche anno a pallavolo, ma avevo smesso un paio di anni fa.”
“Davvero? Wow!”
Quello annuì appena. “Comunque, sono Killua.”








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Angolo dell'Autrice
Buon salve!
Sì, so che non è venerdì, chi mi conosce sa che è tipo il mio giorno preferito per pubblicare. Non so perché, mi piace e basta, è il mio giorno preferito in generale della settimana lol
Anyway! Chi non è pronto per un'altra inutile commediola? *si alza un bosco di braccia tese su cui può planare Lucio Battisti*
Perfetto, immaginavo, ma! Indovinate un po'? Ve la schiocco qua ugualmente, contenti eh? :D
Sì, beh, a mia discolpa posso dire che questa cosa ha occupato circa cinque mesi della mia esistenza, che mi sono divertita comunque un mondo a scriverla.
E che ho un kink per Killua che fuma (perché secondo me ci sta un sacco), e per i ragazzi con l'orecchino in generale.
Ah, e sappiate che tutti i capitoli avranno il titolo di una canzone, quello di oggi è ovviamente "Whatever it takes" degli Imagine Dragons.
Dunque, se siete arrivati fin qui a leggere, sappiate che vi adoro, perché devo dire che fra le molte cose che ho scritto, questa long (sì, perché sarà discretamente long) l'ho iniziata dopo davvero tanto che non riprendevo in mano l'ispirazione (ergo, novembre scorso). Quindi è palese che io fossi fuori allenamento.
Inoltre, come potete intuire dal tipo di coppia che ho indicato, oggi partiamo dal giallo, in futuro è decisamente molto probabile che slitteremo verso l'arancione.

Non voglio raccontarvi altro di questa storia, ma posso garantirvi una cosa: l'ho finita, quindi (salvo una mia morte improvvisa) non dovrete temere che resti incompiuta per settimane, mesi, oppure anni, come purtroppo ho visto capitare in fin troppi fandom. Per il momento però non vi dirò quanti capitoli ha.
Vi rassicuro inoltre sul fatto che io sono quel tipo di scrittrice che va a cadenze settimanali, cosa che avrete comunque già notato con Cinque modi per sentirti (recuperatela se vi interessa u.u), quindi da oggi in poi avremo un (altro) appuntamento settimanale.
Onestamente, spero riusciate a leggerla, che vi piaccia, e soprattutto, che vi diverta farlo!

Via, direi che è giunto il momento di salutarci.
Volevo ringraziare la mia insostituibile beta, che legge e corregge anche a ore improbabili tutte le aberranti ciofecheche scrivo.
Ringrazio inoltre la parte fondamentale di ciò che scrivo, ovvero voi lettori. Silenziosi o meno, tutti voi, perché poter raccontare una storia a qualcuno che la ascolti, o legga in questo caso, a qualcuno è la soddisfazione più grande che posso avere.
Spero di non deludere nessuno di voi andando avanti.
Fatemi sapere cosa ne pensate, perché per me è davvero molto importante saperlo, non importa che lo facciate qua sotto o per messaggio privato.

Grazie a tutti quelli che leggeranno, da oggi per ogni mercoledì, quello che ho da raccontarvi. Quindi, per chi vuole a venerdì con una nuova drabble, per tutti gli altri, ci si legge mercoledi prossimo!
Tantissimi baci a tutti,


Athelyè ~ 

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Capitolo 2
*** The Sound of Silence ***




Exactly Another Teen Story

Capitolo II – The Sound of Silence


Dev’essere un idiota.
Non sapeva darsi altre spiegazioni logiche per cui quel ragazzo, quel Gon Freecss, aveva iniziato a fissarlo a mensa. Non semplicemente a guardarlo, che ci poteva anche stare dato che i suoi capelli non lo facevano certo passare inosservato, quello si era proprio messo a fissarlo.
E dire che gli era sembrato di essere stato chiaro quando, quella mattina prima di entrare, gli aveva detto di stargli alla larga. Eppure, se non contiamo la sfortuna di esserselo ritrovato in coppia durante il riscaldamento, quello continuava a cercare uno spunto di conversazione.
Inutile dire che la cosa l’aveva innervosito parecchio. Non gli piaceva che le persone non facessero come diceva. Per questo durante la partita a palla avvelenata stava dando sfogo con la forza dei lanci al proprio nervosismo. Per questo, quando nell’altra squadra rimasero in tre, lui puntò dritto verso la faccia di quel ragazzo sorridente.
Si accorse solo dopo aver scagliato la palla contro di lui che quell’idiota non l’aveva visto lanciare, ed era certo che si sarebbe rotto il naso se ci fosse entrato in collisione.
Urlò d’istinto per richiamarlo, scattando automaticamente in avanti. “FreecSs!
Troppo tardi. Il ragazzo era andato giù come un birillo ed era ora steso in terra.
Killua si lanciò in ginocchio accanto a lui per controllargli il viso, e venne subito affiancato da una ragazza con i capelli blu elettrico. Non c’era sangue, aveva solo la pelle un po’ arrossata.
Gon aprì piano gli occhi fissandoli nei suoi per un breve attimo.
La ragazza accanto a lui emise dei gridolini terrorizzati, intimandogli di andarsene. E stava per obbedire, si era già alzato, quando Freecss disse qualcosa che lo bloccò.
Si è scusato?
Killua lo osservò, stupito per l’assurdità della cosa. Lui gli aveva spiattellato in faccia una pallonata di almeno quaranta orari, ed era la vittima a scusarsi? Assurdo. Quel ragazzo era davvero assurdo. E sorrideva, anche ora, che doveva provare un dolore tremendo alla faccia, stava sorridendo.
Quel ragazzo sembrava così stupido da fare quasi tenerezza. Decise che il minimo per averlo quasi ridotto a un carlino era accompagnarlo in infermeria.
Stettero in silenzio mentre camminavano lungo il corridoio. Killua udì solo un flebilissimo ‘grazie’ provenire dall’altro.
Incredibilmente, nonostante la forza del suo lancio, il naso non era rotto. Si sentì sollevato, e anche stupito. Quel ragazzo doveva avere il cranio più duro di una parete, sia fisicamente che metaforicamente, data la sua testardaggine.
Infatti, anche una volta usciti dall’infermeria, Gon tentò ancora di fare conversazione. Gli fece i complimenti per quel tiro, entusiasta.
Lui lo osservò in silenzio.
“Quanti anni hai?” Gli chiese sinceramente.
“Diciotto. Ne farò diciannove a maggio.” Rispose contento, probabilmente per aver finalmente ottenuto un’interazione, dopo una giornata di tentativi andati a vuoto.
Killua decise di farlo ancora un poco più contento, così gli disse che sì, aveva giocato a pallavolo per un po’. Si risparmiò di dire che più di una volta aveva rotto un braccio a qualcuno per la forza dei suoi tiri, e per questo aveva smesso. E a volte l’aveva fatto anche fuori dal campo, ma questi sono dettagli.
Gon, ad ogni modo, sembrava contento della scoperta.
“Comunque, sono Killua.”
 
Aveva finito per dirglielo, il suo nome, il giorno prima. Non sapeva neanche bene perché, in realtà.
Quando si presentò, Gon aveva sorriso soddisfatto, e non avevano più parlato. Anche per salutarsi avevano solo agitato un poco la mano.
Emise una nuvoletta di fumo, appoggiato ai graffiti che ricoprivano il muro della scuola. Osservò come la nuvola calda si disperse nell’aria fredda e frizzante di novembre.
Nelle orecchie gli risuonavano le note di The Sound of Silence. Si lasciò cullare da quelle parole, guardandosi intorno mentre inspirava ed espirava sbuffi di fumo dalla sua sigaretta in totale tranquillità.
Le persone intorno a lui parlavano, alcune lo guardavano o lo indicavano cercando di non farsi vedere, probabilmente raccontando di quello che era successo il giorno prima. Non che la cosa lo toccasse, anzi. Meno gente veniva a rompergli, meglio stava.
Aveva già una famiglia fastidiosa, non voleva anche che dei completi sconosciuti iniziassero a pretendere cose da lui. L’unica cosa che potevano ricevere in cambio era un pessimo trattamento a seconda del livello di fastidio: semplice indifferenza per chi non gli aveva fatto niente, avvertimenti per chi sfidava la sua pazienza, dolore di varia natura per chi ne superava la soglia. Ed era una soglia abbastanza bassa, in realtà.
Non gli era mai interessato avere mille amici, essere popolare era sopravvalutato. Pochi ma buoni, meglio soli che male accompagnati, e chi fa da sé fa per tre.
Per questo si maledisse mentalmente quando, anche quella mattina come la precedente, Gon Freecss si presentò davanti a lui, con un enorme cerotto sul naso.
Si tolse una cuffietta, mentre la sua sigaretta si accorciava lenta e incandescente fra le labbra. Aveva un’aria decisamente seccata.
“Buon giorno!” Esclamò, sorridente quello.
Killua sospirò, rimettendosi la cuffietta e continuando a fumare come se niente fosse. Pensò in questo modo di riuscire a scoraggiarlo, ma Gon rimase lì con la sua giacca verde acido, un colore che neppure la regina d’Inghilterra avrebbe mai messo, a guardarlo sorridente.
Fece finta di niente per un po’, nonostante iniziasse a sentire i nervi scaldarsi. Dopo tre minuti di silenzio, Gon era ancora lì davanti. Si tolse entrambe le cuffie, dato che la playlist era finita.
“Cosa vuoi, Freecss?” Sbuffò a bassa voce.
“Niente, solo salutarti!”
Killua ripensò a cosa gli aveva risposto il giorno prima. Non era possibile che quello avesse davvero diciotto anni, doveva avergli per forza mentito. Aveva l’atteggiamento di un bambino, non di qualcuno che ha appena passato la maggiore età.
“Ok. Allora, ora che l’hai fatto, direi che puoi anche andartene.”
Gon non sembrò affatto scoraggiato, e rimase lì a sorridergli con quella faccia ebete. Killua dovette seriamente piantarsi le unghie nel palmo della mano per resistere all’impulso di tirargli un pugno in piena faccia, esattamente dove l’aveva già colpito con la palla.
“Ti aspetta una giornata pesante?” Gli chiese innocentemente Gon.
“Eh?”
“Hai materie impegnative oggi?” Riformulò quello. “Sai, io oggi ho un test di matematica, e non ci capisco niente.”
“Freecss, ti dirò una cosa sconvolgente: non me ne frega un cazzo.” Gli sorrise sardonico Killua. Cosa diamine aveva fatto di male per meritarsi quella seccatura?
Dato che l’idiota non sembrava intenzionato ad allontanarsi, sebbene preso alla sprovvista da quella risposta, decise di muoversi per primo e mettere della distanza fra loro.
Infilò le mani in tasca e gli girò le spalle, determinato anche a entrare nell’edificio pur di non stare con quello. Si sentì terribilmente osservato mentre si allontanava, e fra i flebili sussurri distinse chiaramente il proprio nome più volte.
Quando aprì il portone per entrare, accanto alla propria ombra distinse con ribrezzo quella di Freecss. Nell’ingresso della scuola la temperatura era decisamente più piacevole, così si aprì la giacca per stare più comodo.
Si girò verso l’altro ragazzo, che stava premurosamente richiudendo la porta per non farla sbattere.
“Si può sapere perché mi segui, perché mi fissi quando sono in giro o a mensa, e perché mi assilli?!” Esclamò, a metà fra l’esasperato e l’arrabbiato.
“Perché voglio conoscerti.”
Killua si sentì preso in contropiede. Cosa puoi rispondere a una persona così semplice?
“No.”
Gon aggrottò appena le sopracciglia, con un’espressione confusa. “Sì.”
Rimasero a guardarsi negli occhi per un po’, in silenzio. La posizione che Killua stava impercettibilmente assumendo era di difesa.
Nella sua mente iniziò ad analizzare tutte le possibili vie d’uscita da quell’incredibilmente spiacevole situazione. Avrebbe potuto continuare ad andare verso la propria classe, ma era certo che quello l’avrebbe pedinato.
Rispondergli avrebbe significato ritrovarselo inevitabilmente appresso anche in futuro. Dire qualsiasi cosa avrebbe voluto dire dargli corda, quindi incoraggiarlo a continuare quest’assurda cosa dell’interessarsi a lui.
Nel frattempo alcuni curiosi sbirciavano dal portone a vetri.
Mancavano ancora dieci minuti al suono della campana, quindi non poteva aspettare tutto quel tempo perché la folla li travolgesse.
Optò per tentare ancora di ignorarlo, così si diresse verso le scale per andare in classe. Come previsto, Gon lo pedinò per tutto il percorso. Anche in classe.
Quando andò a sedersi al proprio posto, Gon si sedette nel posto di fronte a lui, appoggiandosi con le braccia incrociate allo schienale della sedia e guardandolo sorridente.
“Esattamente, cosa ti sfugge in ‘stammi lontano’ e ‘non sono amichevole’?” Sbuffò, appoggiandosi a un pugno con la guancia.
“Perché hai gli occhi azzurri?” Gli chiese Freecss.
Killua sbatté le palpebre un paio di volte, seriamente perplesso. “Cosa vorrebbe dire? Oltre a matematica, fai schifo anche a biologia? È genetica, li ha mio padre.”
“Oh, quindi hai un padre!” Esclamò, senza perdere il sorriso. “Il mio mi ha abbandonato quand’ero piccolo.”
In un colpo solo, Killua realizzò tre cose: primo, forse suo padre non era così malvagio a pensarci bene; secondo, non sapeva cosa dire; terzo, quel ragazzo era incredibile, per non perdere il sorriso anche dicendo una cosa così. Un incredibile e fastidioso idiota, indubbiamente, ma pur sempre assurdo.
Era.. Spiazzante.
“Mi dispiace..” Fu l’unica cosa che riuscì ad aggiungere.
“Tranquillo, non ci sto male. Un giorno so che lo incontrerò.” Disse sereno. “Mia zia non vorrebbe, ma sa che lo troverò.”
“Zia?”
“Sì, vivo con lei e mia nonna. Mia madre è morta poco dopo che sono nato.”
Killua osservò la calma e la totale sincerità con cui Gon gli stava parlando.
“Ascolta, Freecss.. Non penso di essere la persona più indicata a cui dire queste cose. Non so gestire i fatti miei, figuriamoci quelli altrui.” Gli disse seriamente.
“Beh, questi sono dati di fatto, nessuno può più farci niente, quindi non vedo perché non dovrei parlartene.” Rispose quello con tranquillità. E in effetti aveva ragione.
Suonò la campana che segnava l’inizio delle lezioni. Gon si alzò e lo salutò sorridente, uscendo dalla classe.
“Ciao Zoldyck, ci vediamo!”
Killua bofonchiò un ‘ciao’ in risposta. Rimase tutto il resto del giorno assorto nei propri pensieri.
Gon Freecss, chi diavolo sei?
 
All’uscita raggiunse Alluka, intenta in un’allegra conversazione con delle sue compagne. Aspettando che sua sorella fosse pronta, si guardò intorno e incrociò gli occhi ambrati di Gon dall’altro lato del corridoio. I loro sguardi si agganciarono per un secondo, tempo che permise a Freecss di sorridergli e, prima che se ne rendesse conto, Killua lo stava salutando con un cenno della mano.
“Fratellone, ci sei?” Chiese allegramente Alluka.
“Eh? Sì, sì.” Si riscosse, dopo averlo seguito per un po’ con lo sguardo.
“Chi salutavi?”
Lui si guardò la mano come se quella si fosse mossa da sola, pensieroso.
“Gon Freecss.”








_____________________
Angolo dell'Autrice
Buon salve gente!
Come sta andando la vostra vita? La mia a rotoli, con la sessione estiva alle porte e la voglia di vivere
che mi esce da tutte le parti. Poi però si dimentica di rientrare. :D
Ma ciancio alle bande e ai problemi da università!
Siamo al secondo capitolo di questa long che, mi sono dimenticata di dirlo nello scorso, inizia il 19 novembre. Per coloro a cui interessa, ecco. Mentre la scrivevo ho tenuto la tabellina con tutte le date e il numero di giorni trascorsi. Ci sono diventata scema lol.
La canzone che dà il titolo al capitolo di oggi è, ovviamente, "The Sound of Silence" di Simon & Garfunkel, ma quanto sarà bella?
Ho sempre pensato che il segreto per far aprire una persona è raccontare qualcosa di noi stessi per prima cosa, e questo, unito alla totale mancanza di misura di Gon, ci porta alla breccia nello spazio vitale di Killua.
Un'altra cosa che ho dimenticato di specificare la settimana scorsa è che Neon, Kurapika e Gon (in questa storia) sono tutti coetanei. Leorio, come penso si sia intuito, è pluriripetente, lol.
Comunque! Io spero vi sia piaciuto questo capitolo, fatemelo sapere qui sotto (o anche per MP), ma ditemi anche se non vi è piaciuto, tutto ciò che mi direte potrà andare solo a mio giovamento!
Per chi segue "Cinque modi per sentirsi", ci si legge venerdì con l'ultima drabble, per tutti gli altri a mercoledì prossimo! ^^

Un abbraccissimo,

Athelyè ~ 

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Capitolo 3
*** Feeling Good ***




Exactly Another Teen Story

Capitolo III – Feeling Good


Dopo aver salutato i suoi amici, che continuavano a prenderlo in giro dando già per persa la sua scommessa, Gon si diresse verso Killua, ritagliato come al solito nel suo angolo di mondo, lontano dalla confusione mattutina.
Quando lo vide avvicinarsi con la coda dell’occhio, il ragazzo con i capelli argentati si tolse le cuffiette e accennò un sorriso.
“Buon giorno!” Esclamò il moro, solare come sempre.
“Buon giorno, Freecss.” Gli rispose pacatamente.
“Allora, ti aspetta una giornata pesante?” Chiese Gon, incoraggiato dall’atteggiamento apparentemente pacifico di quella mattina.
Killua ci pensò un po’ su. “Non particolarmente, solo noiosa.” Fece una pausa, come se stesse pensando a qualcos’altro. “Com’è andato il test di matematica?”
Gli occhi di Gon brillarono. Se n’è ricordato! “Non penso sia andato in realtà, ma recupererò. Penso positivo!”
E quando mai non lo fai?, pensò Killua, sorridendo dentro di sé. Scaricò la cenere della sua sigaretta dando un paio di colpetti col pollice.
“Cosa ascoltavi?” Chiese l’altro, indicando le cuffie che ora penzolavano sulla sua spalla.
“Nina Simone.”
Gon rifletté un po’ sul nome, ma non gli giunse niente alla mente.
“La conosci?” Chiese Killua, notando la sua espressione smarrita.
“In realtà no.” Rise un po’ imbarazzato.
“Scommetto che almeno una canzone l’hai sentita, ma non sai che è sua. ‘Feeling good’ ti dice niente?”
Gon scosse la testa, appena prima di sorprendersi.
Birds flying high, you know how I feel. Sun in the sky, you know how I feel. Breeze driftin’ on by, you know how I feel.”
Killua aveva iniziato a intonare la canzone, abbassando ancora di più il proprio tono. Gon lo ascoltò in ammirazione, trovando la sua voce incredibilmente bella.
“Sì, la conosco..” Fu l’unica cosa che riuscì a dire, nello stupore.
Si sorrisero. Killua finì la propria sigaretta.
“Canti bene.”
“Potrei fare meglio.” Commentò il ragazzo facendo spallucce.
Quando suonò la campana, Killua infilò le mani in tasca e si avviò insieme all’altro senza parlare.
“Ci vediamo, Zoldyck!” Lo salutò Gon prima di entrare in classe, mentre l’altro l’aveva già superato e aveva tirato fuori una mano, muovendo appena le dita senza voltarsi. Il moro entrò in classe gongolando.
 
Durante la pausa pranzo, come al solito Gon si ritrovò con gli altri.
“Allora, come va con il topo di Schrödinger?”
Gatto, Leorio. È il gatto di Schrödinger.” Precisò Kurapika.
Quello brontolò. “Pignolo.”
“Ieri l’altro gli ha quasi distrutto la faccia, come potrà mai andare?” Esclamò Neon.
“Non è andata così, Neon..” Cercò di prendere parola il ragazzo. “Stavamo giocando a palla avvelenata e lui ha semplicemente mirato contro di me come ha fatto con altri.”
“Gon, quello voleva farti fuori. Agli altri è solo andata meglio, ma anche loro hanno dei lividi dove la palla li ha colpiti.”
“Davvero?” Chiese Leorio, e lei annuì.
“Ma no, semplicemente giocava già a pallavolo, per questo i suoi lanci erano potenti. Mica l’ha fatto di proposito.” Ridacchiò a ripensarci. “Inoltre mi chiamato per avvertirmi e poi mi ha accompagnato in infermeria, quale persona con cattive intenzioni lo farebbe?”
“Beh, è stato cortese.” Constatò Kurapika.
“Ehi, ehi, da che parte stai tu?” Lo richiamò il più grande di loro. “Comunque ha ancora cinquantotto giorni per rivelarsi una persona totalmente orribile.”
“Vi dico che vi sbagliate!” Concluse Gon, gonfiando le guance, prima di cambiare argomento.
 
Per il resto della giornata, Gon pensò a quelle poche parole che Killua gli aveva canticchiato prima di entrare.
Durante una lezione era seduto in terza fila e, senza farsi notare, tirò fuori il cellulare per andare ad ascoltarsi quella canzone. Collegò lentamente le cuffiette e fece finta di appoggiarsi al palmo della mano osservando la lavagna per tenerne una sull’orecchio.
Stava andando tutto bene, finché non iniziò a canticchiarla sottovoce, mandando all’aria la copertura. L’insegnante lo richiamò immediatamente e lo spedì dal preside.
Così ora si ritrovava seduto ad aspettare fuori dalla presidenza, sbuffando. La porta si aprì ed uscì una figura a lui particolarmente familiare, anche se Gon era intento a rigirarsi il cellulare fra le mani.
“Freecss?” Richiamò la sua attenzione. Alzò lo sguardo e incrociò gli occhi azzurri di Killua. “Che ci fai qui?”
“Mi hanno beccato a usarlo in classe.” Agitò un po’ il telefonino.
Killua inarcò un sopracciglio. “Solo?”
Quello annuì. “Tu?”
“‘Atti intimidatori’ verso un mio compagno.” Mimò le virgolette con le dita.
“Cioè?” Chiese Gon, sorpreso.
“Aveva detto cose spiacevoli su mio fratello e mia sorella, e io gli ho semplicemente detto che se avesse detto un’altra parola l’avrei aperto come una noce.” Sbuffò, sedendosi accanto a lui. “In questa scuola non capiscono la differenza fra minaccia ed effettiva azione..”
“Sono d’accordo con te. Avrei fatto la stessa cosa.”
Killua lo guardò con il velo di un sorriso sulle labbra. “Davvero? Hai fratelli?”
“Nessun fratello, credo, ma penso che sarei pronto a spaccare il mondo per le persone a cui voglio bene.”
Il ragazzo incrociò le dita dietro la nuca, appoggiandosi al muro e chiudendo gli occhi, mentre Gon era in agitazione all’idea di entrare in presidenza. Comprensibile, non c’era mai stato.
“E com’è andata? Ora in presidenza dico.”
“Niente di che, devo solo pulire alcune aule appena tutti se ne saranno andati.”
“Mh..”
“Mh?” Killua socchiuse gli occhi per guardarlo. “Che c’è, non sei mai stato in presidenza?”
“In realtà, no.. Tu sì?”
Quello annuì. “Questa però era la prima volta in questa scuola.”
“Ti sei trasferito?”
“Sì, per il lavoro dei miei. E di famiglia in generale.”
“Cosa fanno?”
Killua ci pensò un po’ prima di rispondergli, dato che non era una risposta semplice da dare. “I sicari per alcuni esponenti della yakuza.”
“Tutti e due?”
Il ragazzo lo fissò per diversi secondi, poi scoppiò a ridere. “Sei la prima persona che mi crede. Sei proprio assurdo, Freecss.”
Gon stava per aggiungere qualcosa, ma la porta dell’ufficio del preside si aprì e una signorina si affacciò per chiamarlo. Lui si alzò, agitato. Killua lo osservò in silenzio mentre si avviava.
“Vai tranquillo, sarò ancora qui quando esci.”
Killua non sapeva neanche perché gliel’aveva detto. Vabbè che doveva aspettare che uscissero tutti gli studenti dalle aule, ma poteva anche gironzolare per i fatti suoi nel frattempo. Quel ragazzo, per qualche strano motivo, lo stupiva.
Il ragazzo moro gli sorrise ed entrò.
 
Il preside era un uomo alquanto anziano, e quando vide entrare Gon gli sorrise cordialmente.
“Buon giorno, signor Freecss?”
“Sì, buon giorno signore.” Gon era teso come una corda di violino, piantato davanti alla scrivania del professor Netero.
“Bene, prego si accomodi. Signor Freecss, la professoressa Krueger mi ha detto che stava ascoltando la musica e cantando durante la sua lezione, è vero?”
“Sì, signore. È vero.”
“E lo stava facendo da un telefono cellulare?”
“Sì, signore.”
“Perché l’ha fatto? Non poteva aspettare la fine delle lezioni?” Gli chiese, più per dovere che per sincera curiosità. “Da quanto mi risulta, lei è uno studente generalmente sempre attento e diligente.”
“Ha ragione, avrei dovuto aspettare. Ma lo giuro, ho ascoltato solo una canzone, mi sono distratto solo per tre minuti!” Gon si agitò visibilmente.
L’uomo lo tranquillizzò, ridacchiando per il comportamento del ragazzo. “Si rilassi, non ho intenzione di farle alcun rapporto disciplinare o sequestrarle il cellulare. So bene che per voi giovani è fonte essenziale di divertimento. Tuttavia, un provvedimento devo prenderlo, quindi per questa volta le assegno solo qualche aula da riordinare quando tutti gli studenti avranno lasciato l’edificio.” Gli sorrise, e Gon lo ringraziò più volte. “La pregherei quindi non farsi più trovare in simili atteggiamenti. È irrispettoso nei confronti dell’insegnante.”
“Certo, signore. Non succederà più.”
“Va bene, allora. Per me può andare.” Lo congedò con un sorriso amichevole.
Quando uscì, Gon vide che Killua era davvero ancora lì. Accanto a lui c’era una ragazza vestita di rosa pastello con i capelli lunghi che gli stava dicendo qualcosa. Sua sorella, pensò.
“Va bene, Allu. Dillo a nostra madre.” Quando Killua vide Gon, si alzò. “Ehi Freecss, tutto bene?”
“Sì, sì. Devo riordinare anch’io qualche aula.” Gli sorrise, poi si girò verso la ragazza tendendole una mano. “Piacere, io sono Gon!”
Quella sorrise e la strinse. “Piacere, Alluka, la sorella di Kil.” Poi si girò di nuovo verso il fratello. “D’accordo, allora ci vediamo stasera quando torni. Illumi ci resterà male quando lo saprà.”
“Digli che, per quanto mi interessa, può attaccarsi al..”
“Killua! Lo sai che ti vuole bene..”
“Ha uno strano modo di dimostrarlo. Comunque, ora vai.” Ribatté lui.
“Mh-mh.. Ciao Gon, è stato un piacere!” Gli sorrise e si allontanò salutandoli con la mano.
Quando si fu allontanata, Gon si rivolse preoccupato a Killua. “C’è qualcosa che non va?”
“Niente di particolare, ho una famiglia di pazzi furiosi.” Gli rispose tranquillamente. Si guardò un po’ intorno per vedere quante persone ci fossero ancora in giro. Si avviò per il corridoio, diretto alle aule che doveva sistemare.
“Uhm.. Senti, ti va di collaborare?” Propose il moro.
“Mh?” L’altro si fermò ad ascoltarlo.
“Beh, se lavorassimo insieme faremmo prima e faticheremmo meno, no?”
Killua elaborò la proposta, soppesandola nella propria mente. “è vero, in effetti. Va bene allora, collaboriamo.”
Su proposta del ragazzo ‘decolorato’, misero ‘I want to break free’ e sistemarono le varie aule imitando i Queen con scope e stracci, cantando e ballando per le stanze e i corridoi. Finirono in meno di due ore.
Uscirono insieme da scuola, chiacchierando in modo abbastanza disinvolto del più e del meno.
Si salutarono davanti al cancello e presero direzioni opposte, diretti verso casa.








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Angolo dell'Autrice
Buona sera!
Scusate il ritardo, ma degli impegni mi hanno tenuta fuori casa due giorni, sono rietrata poco fa praticamente ahahah!
Allor, oggi capitolo abbastanza corto e corridoio
, ma spero vi piaccia comunque :3 Fatemelo sapere qui sotto!
Non c'è molto da dire, se non che l'idea di un Killua che sa cantare mi fa impazzire lol, e la scena dove cantano 'I want to break free' è ispirata a un fatto realmente accaduto a un mio amico: per punizione dovette pulire la mensa con la sua crush, e si misero a cantare mentre pulivano AHAHAH
Ah, e forse non c'è bisogno di dirlo, ma la canzone di oggi è, ovviamente, "Feeling Good" della meravigliosa Nina Simone.
Comunque! Io spero che, seppur corto, vi sia piaciuto questo capitolo, che vi stia incuriosendo la storia, che non vi stia annoiando troppo (purtroppo parte un po' in sordina, ma non sono riuscita a gestirla meglio :\  ), per il seguito non dovrete aspettare mercoledì prossimo, ma ci leggeremo venerdì ^^
Ringrazio la mia beta, e chiunque stia leggendo e chiunque vorrà commentare! Scappo!

Un abbraccissimo,

Athelyè ~

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Capitolo 4
*** Today's the Day ***




Exactly Another Teen Story

Capitolo IV – Today's the Day


Quella mattina schizzettava appena, Gon si era alzato tardi e ora correva a perdifiato verso la scuola senza ombrello.
Nonostante tentasse di evitare le pozzanghere, finiva inevitabilmente per finirci dentro e bagnarsi i pantaloni fino a metà stinco. Come se non bastasse, una volta arrivato a cento metri dalla scuola, gli passò accanto una macchina, scaraventandogli addosso un’altra bella dose di acqua. Quando fu davanti al cancello, era bagnato come un pulcino.
Lì davanti c’era Killua, riparato sotto un ombrello viola. Quello gli andò incontro per ripararlo non appena lo vide.
Era passata una settimana da quando Gon aveva tentato il primo approccio con lui, e ora avevano una specie di routine. Era anche abbastanza monotona in realtà, ma non sembrava dispiacere a nessuno dei due.
A Killua piaceva arrivare presto, per godersi la calma e la tranquillità della mattina. Gon, al contrario, era abbastanza pigro ad alzarsi e arrivava sempre a cinque minuti dal suono della campana, procedendo nel casino generale. Ogni mattina da una settimana, Gon andava da Killua per dargli il buon giorno, chiedergli come gli si prospettava la giornata e cosa stesse ascoltando. Aveva scoperto decisamente tanti cantanti a lui sconosciuti. E, cosa più importante, Killua ora gli rispondeva.
Così chiacchieravano sempre un po’ prima di entrare.
 
Quella mattina la campana era già suonata almeno da quindici minuti, ma Killua era ancora lì fuori, rigorosamente con una sigaretta fra le labbra. Lo stava aspettando?
Il ragazzo dai capelli chiari gli fu subito accanto per coprirlo. I suoi occhi sembravano ancora più blu sotto la pioggia. Gon lo osservò perplesso.
“Buon giorno, Freecss. Su, non fare quella faccia, ricordati che piove sui giusti e sugli ingiusti.” Lo salutò scherzando.
“Ma perché anche su noi in mezzo?” Risero entrambi. “Buon giorno, comunque. Ma.. Perché non sei entrato?”
“Non arrivavi e ho pensato di aspettarti.” Rispose, facendo l’ultimo tiro e gettando la sigaretta mentre si avvicinavano all’ingresso.
“Oh, grazie. Ma così ti beccherai una sgridata..” Disse il moro, sorridendo. Faceva progressi, enormi progressi.
“Ma fammi il piacere.” Rise l’altro. “Ti ricordo che l’altro giorno ero di nuovo a mettere a posto aule dopo le lezioni. Cosa pensi che mi faccia un rimprovero in più o in meno?”
Gon lo guardò perplesso. “Avrai un pessimo voto in condotta.”
Lui già considerava Killua un amico, forse ingenuamente (per Leorio era sicuramente così), ma perché non avrebbe dovuto?
Per Killua, invece, Gon era poco più di uno sconosciuto, incredibilmente amichevole e rumoroso. Ma quella presenza invadente lo incuriosiva, e da una settimana era diventato un’abitudine non spiacevole. Considerava Gon un interessante oggetto di studio sociale.
“Giornata pesante?” Chiese il moro.
“Solo un’interrogazione, te?”
“Ho un’altra verifica di matematica.” Sbuffò. “Odio i numeri.”
Killua rise. “Dai, non è niente di tragico.”
“Parla per te!” Ribatté, mentre l’altro si era tolto le cuffiette e ora le stava arrotolando. “Cosa ascoltavi?”
’Io che amo solo te’.” Rispose, lasciando Gon perplesso. Immediatamente, si rese conto del titolo che aveva detto, e si affrettò a specificare. “è il titolo della canzone, ‘Io che amo solo te’.”
Killua rise di nuovo, forse più per scaricare la tensione, e Gon si sentì un po’ stupido.
“Ci vediamo dopo, allora?”
Il ragazzo ricollegò dopo un secondo. “Che palle. Avevo dimenticato ci fosse pallavolo.”
“Non ti va di allenarti?”
“Non è quello. È che mi alleno già a casa.” Sbuffò. “Vabbè, a dopo, Freecss.”
“A dopo!”
 
Per pranzo, come al solito, Gon stava con gli altri. Chiacchierava con loro e riportava a due scettici Leorio e a Neon i progressi con Killua. Ad esempio, quando ad un certo punto Killua gli sfilò accanto con la sorella, Gon lo salutò rumorosamente (come sempre), generando l’imbarazzo dei suoi commensali. Ma, con sorpresa degli stessi, l’altro ragazzo non fece finta di niente, nonostante dentro di sé una vocina glielo stesse sconsigliando, ma si girò verso Gon e gli sorrise.
Non si era fermato, ma gli aveva sorriso. E Gon si ritenne profondamente soddisfatto.
“Visto? Non è cattivo o che.”
“Gon, ti ha solo sorriso. è cortesia. E poi poteva fermarsi a parlare, quindi non è stato neanche troppo cortese se vogliamo dirla tutta.” Affermò la ragazza.
“Uffa, non ti va mai bene niente!” I due iniziarono a bisticciare sulla cosa.
Più tardi stavano tornando verso le proprie aule, quando un tonfo attirò l’attenzione degli studenti che erano in corridoio. Sembrava solo che fosse inciampato e caduto un ragazzo, ma intorno a lui c’erano altri tre ragazzi dall’aria colpevole che ridevano di lui mentre cercava di raccogliere libri e fogli da terra. Uno dei tre gli calciò via un libro, e gli altri presero a imitarlo, trovando la cosa molto divertente.
Le gambe di Gon si mossero da sole ancor prima che il suo cervello desse loro l’ordine di farlo.
In un attimo fu fra il ragazzo a terra, che cercava di raggruppare le proprie cose, e i tre aggressori, perplessi da quell’improvvisa irruzione.
Anche Killua era in quel corridoio: la sua aula era sullo stesso piano di quella di Gon. Accanto a lui, sentì mormorare Kalluto. “è un mio compagno.. Quello a terra..
Lo guardò un secondo, poi riportò i suoi occhi blu sul ragazzo moro, osservando le sue azioni. Quello aveva alzato le braccia, come per fare da barriera. Il suo sguardo risoluto e la differenza d’età probabilmente scoraggiarono i ragazzi, perché si allontanarono quasi subito con aria seccata.
Subito, accanto al ragazzo a terra si inginocchiò un ragazzo biondo, per aiutare a raccogliere le cose.
Killua elaborò nella mente quell’immagine: Gon si era mosso immediatamente, probabilmente senza neanche pensarci, e la sua espressione aveva parlato chiaro, ‘se vi avvicinate, non esiterò’. Killua pensò di capire perché quel ragazzo dall’ingenuità quasi imbarazzante era così popolare.
Un ragazzo particolarmente alto con degli strani occhialetti da sole riportò tutti alla realtà. “Ehi, ehi! Cos’avete tutti da guardare? Date una mano o sloggiate!” Esclamò, chinandosi a sua volta accanto al ragazzino.
In un attimo, il corridoio tornò vivo, dopo essersi congelato di fronte al gesto di Gon, e tutti tornarono sui propri passi.
“Grazie..” Mormorò il ragazzino con un filo di voce. Loro gli sorrisero.
“Come ti chiami?” Chiese Gon, chinandosi a raccogliere i fogli.
“Zushi.” Rispose sorridendo, e anche gli altri tre si presentarono amichevolmente.
Dopo aver finito di radunare le cose, lui li ringraziò ancora e ancora per averlo aiutato, poi corse verso la propria classe.
 
Durante il riscaldamento, Gon e Killua si misero vicini, più o meno inconsciamente, per il riscaldamento. Dopo qualche esercizio, fu Killua, incredibilmente, a rompere il silenzio fra loro.
“Complimenti per stamani, comunque.” Gon lo guardò perplesso, così quello continuò. “Non tutti sarebbero intervenuti. Anzi, in effetti l’hai fatto solo tu. Sei stato grande.”
Il moro sentì lo stomaco fare una piccola capriola. Killua gli aveva appena fatto un complimento!
“Non mi piacciono i prepotenti.” Disse semplicemente, con un gran sorriso sulle labbra.
L’altro lo guardò con la coda dell’occhio.
Quel ragazzo lo stupiva. I suoi ragionamenti erano semplici, andavano da A a B muovendosi su una linea retta e rimanevano incredibilmente sinceri. Gon si era messo in testa di parlare con lui? Aveva praticamente iniziato a pedinarlo, insistendo a cercare di parlargli. E cazzo, c’era riuscito. Killua pensò che con quella sua sincera semplicità fosse disarmante.
Voleva cercare di studiarlo, e, dato quello che aveva osservato finora, era evidente che non servisse un giro di parole per ottenere ciò che voleva. “Ehi Freecss, perché non mi racconti qualcosa di te? Mi sto annoiando a morte.”
A quella richiesta si dipinse un sorriso ancora più grande sul viso di Gon, che iniziò subito a soddisfare la curiosità dell’altro. Si raccontò, mentre Killua lo ascoltava in silenzio. L’allenatore lo richiamò più volte, causando dei risolini nei due.
Gon era cresciuto in campagna, era figlio unico per quanto ne sapeva, e amava gli animali. Trascorsero la maggior parte della lezione così, parlando solo di lui.
Killua, che normalmente preferiva il silenzio, si fece trasportare dall’entusiasmo dell’altro. L’unico momento in cui non parlarono fu l’ultima mezz’ora, in cui i ragazzi fecero una partita.
Prima di andar via, i due si avvicinarono di nuovo, scherzando un po’.
“E cosa mi dici di te, invece?” Chiese Gon.
“Mi dispiace, ma devo andare, Freecss.” Con un sorriso e un occhiolino, Killua infilò le mani in tasca, dirigendosi verso gli spogliatoi.
Gon lo seguì, ovviamente, dopotutto entrambi erano zuppi di sudore e avevano bisogno di una doccia, oltre che di cambiarsi. Dopo essersi sistemati, infatti, tornò all’attacco mentre si avviavano all’uscita.
“Ehi?”
“Mh?” Il ragazzo aveva intrecciato le dita sulla nuca, sfiorando appena i capelli argentati.
“Fai qualcosa sabato?”
Killua sbatté qualche volta le palpebre guardandolo con la coda dell’occhio, perplesso dalla domanda. “Penso di no, perché?”
Gon sorrise. “Allora potremo vederci!”
L’altro soppesò la proposta, poi annuì senza scomporsi. “Va bene.”
Il moro sembrò entusiasta della risposta. “Grande!” Sfoderò il cellulare e glielo porse. “Allora.. Puoi darmi il tuo numero? Così possiamo accordarci!”
Killua fece come gli aveva detto. Digitò il numero e restituì il telefono a Gon, che salvò immediatamente il contatto, aggiungendo una piccola saetta azzurra accanto al suo nome.
“Allora ci sentiamo!” Lo salutò, con un sorriso che sembrava arrivargli fino agli occhi.
Killua ricambiò agitando una mano mentre si avvicinava ad Alluka.
Gon non sapeva bene perché, ma si sentì molto emozionato per aver ottenuto il suo numero.








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Angolo dell'Autrice
Buon salve again!
Sono passati sette giorni dal primo contatto, e Killua sta iniziando a considerare un interessante oggetto di studi la strana creatura verde che gli è piombata addosso.
Anche il capitolo di oggi in realtà è abbastanza corridoio, però vediamo finalmente un passo avanti in chiusura, con Gon che chiede di uscire u.u dal prossimo le cose iniziano un po' a muoversi.
Qua però incontriamo anche Zushi! E sì, nell'universo originale avrebbe menato alla grande tutti i presenti, ma mi serviva un motivo per farli incontrare e mi è venuto questo ahahahah
La canzone che dà il nome al capitolo di oggi è "Today's the Day" di Pink, eee che altro dire? Ah, lo scambio di battute iniziale è ripreso da una vignetta dei Peanuts fra Linus e Snoopy, dove il secondo si sta prendendo l'acquata.
Bene, credo di aver finito. Ringrazio come sempre la mia splendida beta e voi lettori, che vi siete imbarcati in quest'avventura con me. Sono davvero contenta di vedere che in molti stanno leggendo questa storia. Vi ringrazio di cuore!
Fatemi sapere cosa ne pensate qua sotto o anche per mp, mi farebbe molto piacere :3
Via, ci si legge venerdì prossimo gente!

Un abbraccissimo,

Athelyè ~

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Capitolo 5
*** Glad You Came ***




Exactly Another Teen Story

Capitolo V – Glad You Came


Killua era tranquillamente steso a letto, ascoltando la musica al buio con le cuffie, a pensare.
Non aveva voglia di leggere, né di guardare qualcosa o fare altro, e in questi casi si sdraiava sul letto e pensava. Non pensava a qualcosa in particolare, in realtà, seguiva solo il flusso di pensieri. Partiva da qualcosa e andava avanti con i ragionamenti, prendendo una strada o un’altra nel labirinto che si formava nella sua mente.
In quel momento stava pensando semplicemente alla pioggia, al suo rumore e alla sua calma inesorabile. Invidiò quella pazienza inesorabile propria dell’acqua nello scorrere sulle cose, incidendole, come capitava nei canyon, e costruendole, come le stalattiti. Poteva impiegarci ore, giorni, perfino mesi e anni, ma non si fermava mai.
Sentì vibrare la tasca dei suoi jeans. Controllò il cellulare e vide un messaggio.
;P
Pensò che quel numero sconosciuto fosse Gon. Inarcò un sopracciglio e, dopo aver salvato il contatto, digitò la risposta.
 
Yo
Gli occhi di Gon si illuminarono praticamente in contemporanea allo schermo. Killua gli aveva risposto subito, così si sentì immediatamente incoraggiato.
 
Dopo pochi istanti il suo telefono vibrò di nuovo. Incuriosito, interruppe di nuovo il suo filo di pensieri.
Chefffai?
Trovò che fosse un messaggio veramente stupido. Pensò che d’altronde neanche il suo proprietario si potesse definire una volpe.
Penso, te?
In effetti, anche la sua risposta non sembrava la più intelligente fra quelle possibili, però era di fatto ciò che stava facendo.
Ho appena finito di cenare. Tu hai mangiato?
Killua guardò l’ora. Le 22.05. Si chiese se Gon mangiasse sempre così tardi.
Sì, della carne alla brace. Tu?
La risposta arrivò subito.
Zia Mito ha cucinato delle omelette
Killua pensò che la conversazione si fosse arenata lì, e già sentiva il nuovo filo di pensieri che si intrecciava a quello strano ragazzo, quando gli vibrò nuovamente la mano.
A cosa pensi?
Il ragazzo non poteva certo rispondergli ‘a te’. Sebbene la sua fosse sincera curiosità per quel ragazzo con i capelli neri sparati in testa. Decise di rigirargli la domanda.
 
 
Tu a cosa pensi la sera?
Gon non ci aveva mai fatto caso. C’era qualcosa di specifico a cui pensava quando veniva buio?
Si sforzò di arrivare a una conclusione, ma dopo un minuto si convinse che non ci fosse un argomento particolare su cui ragionava la sera, quindi optò per la verità.
 
 
Ora stavo pensando a te, per questo ti ho scritto! :D
Killua sussultò spalancando gli occhi, che sembravano ancora più grandi con il riflesso della luce azzurra dello schermo.
“Ma come ti viene in mente di scrivere una cosa del genere?!” Esclamò fra sé e sé.
Si passò una mano fra i capelli argentati.
?!
Non dire così, suona davvero ambiguo
-\\\-”

Scrisse d’istinto, inviando velocemente i tre messaggi nella chat. Pochi istanti dopo gli arrivò la risposta.
Perché no? È la verità!
Killua rimase spiazzato dalla sua franchezza. Cosa poteva ribattergli? Lui gli aveva mentito proprio perché pensava fosse imbarazzante. Digitò la risposta, ridacchiando fra sé e sé.
Tu sei proprio strano, Freecss
Risero entrambi in realtà, ma non potevano saperlo.
Anche tu, Zoldyck
Killua sollevò un sopracciglio, incuriosito.            
Io?
Sì!
E perché?
Perché non mi rispondi mai! :C
Il ragazzo rise di nuovo, ora consapevole che anche l’altro stava ridendo.
Buona notte, Freecss :P
Buona notte, antipatico :c
Killua scosse la testa, ancora ridacchiando. Impostò la sveglia e posò il cellulare sul comodino, poi si alzò per andare in cucina a bere qualcosa.
 
Gon stava sinceramente ridendo. L’altro si stava certamente divertendo a incuriosirlo. Lo conosceva da appena una settimana, ma era certo che fosse decisamente dispettoso. Aveva quella strana scintilla negli occhi che glielo confermava.
Dal primo istante, Killua aveva punzecchiato la sua curiosità, anche senza saperlo, e ora, che sapeva di avere la sua attenzione, ci giocava, come un gatto che stuzzica una cavalletta per farla saltare e poterci giocare un po’.
Ne era certo, anche il solo fatto di stare in disparte aumentava l’attenzione su di sé, il fatto che non si curasse minimamente dei brusii che lo seguivano, e anzi l’alimentarli. La solitudine non era uno scudo per quel ragazzo, era l’arma con cui colpiva le persone.
Bastardo egocentrico..” Mormorò sorridendo fra sé e sé. E non smise né di sorridere né di pensare a lui finché non si addormentò.
I giorni passarono veloci e ogni sera i due si scambiavano sempre più messaggi, facendone un’abitudine da inserire nella loro routine quotidiana. Come anche il veloce buon giorno che veniva inviato dal primo dei due che si svegliava. Lo scambio di messaggi e informazioni era come al solito a senso unico, dato che Killua evadeva le domande di Gon con un’altra domanda o una battuta, sorridendo sotto i baffi per la curiosità crescente del moro.
Sabato si avvicinava e Killua non avrebbe potuto non rispondergli anche di persona. Forse.
Comunque sia, Gon aveva bisogno di tutte le informazioni possibili per dimostrare la sua tesi a Leorio e vincere la scommessa, anche se non era per quella che avrebbe cercato di scoprire i gusti di Killua, la sua storia, quello che gli piaceva fare. Quello era per la sua curiosità, in fondo era certo di vincere.
Venerdì sera, Gon scrisse a Killua tutto contento.
Pronto per domani?
Per cosa?
Rimase un secondo interdetto davanti a quel messaggio. Che se ne fosse dimenticato? No, impossibile.
Per uscire con me :D
Non dirlo così.. È imbarazzante! -///-”
Gon rise. Gli rispondeva sempre così quando diceva cose vere. Glielo scrisse. Killua gli rispose con l’ora e il luogo d’incontro.
A domani, Freecss
A domani!
 
 
Non pioveva, ma il cielo era coperto da nuvole fitte e per niente raccomandabili. La temperatura era anche molto più bassa dei giorni precedenti.
Killua stava aspettando davanti alla vetrina di un bar. Sbuffò una nuvoletta di fumo. Vide comparire Gon all’inizio della strada. Il ragazzo moro indossava la sua solita giacca verde acceso.
“Sembri un broccolo.” Gli disse ridendo, quando fu più vicino.
“Grazie, ti trovo bene anch’io.” Rispose, facendogli una smorfia amichevole.
“Ah, io ti troverei di sicuro fra mille persone!” Esclamò Killua, affrettandosi ad aggiungere qualcosa. “Per come sei vestito, ovviamente.”
Ridacchiarono entrambi, come imbarazzati per qualcosa. Nel frattempo Killua infilò gli auricolari in tasca.
“Cosa ascoltavi?”
“‘Dirty Paws’, Of Monsters and Men.”
“Conosci davvero un mare di canzoni.” Affermò Gon, in ammirazione.
“Ma no.. Questa la conosci per forza, è abbastanza recente.”
“Davvero? Allora forse l’avrò sentita passare in radio.” Commentò. “Però ne conosci davvero tante, di tutti gli anni!”
“Mi piace ascoltare la musica, tutto qui.” Rispose, gettando la sigaretta. “Entriamo?”
Gon annuì, lasciando andare prima l’altro. L’interno era piacevolmente caldo e dall’aspetto accogliente, tutto sui toni del bianco e dell’oro, eccetto il pavimento e le superfici dei tavoli, che erano in granito rosso.
Al bancone ordinarono due cioccolate calde, poi scelsero un tavolino dove sedersi. Ne scelsero uno in disparte per poter chiacchierare tranquilli, o almeno, Gon aveva fatto questo ragionamento. Poco dopo una cameriera portò loro le ordinazioni.
“Comunque.. Sai cantare bene.” Disse Gon, dopo aver soffiato sulla sua cioccolata calda.
“Niente di speciale. Non ho mai seguito corsi, se è quello che volevi sapere. Ho sempre cantato quando Alluka mi chiedeva di farlo, fin da piccola. E sotto la doccia. È l’unico ‘allenamento’, se così vuoi chiamarlo, che ho fatto.” Rispose. “Tu, piuttosto, perché mi hai chiesto di vederci?”
Gon sorrise genuinamente. “Per conoscerci, ovviamente!”
Killua inarcò un sopracciglio, guardandolo mentre prendeva con il cucchiaino un po’ di cioccolata calda. “Ok, ma perché?”
“Beh, perché no?” Gli rispose semplicemente.
Touché, pensò Killua. “D’accordo. Cosa vuoi sapere?”
L’altro ci pensò un po’. “Non lo so, in realtà..” Ridacchiò, portandosi una mano dietro il collo con fare imbarazzato.
Killua lo guardò perplesso, poi sorrise. “Ok, allora facciamo così: faremo una domanda per uno.” Spiegò, mentre l’altro annuiva. “Comincio io. Perché mi vuoi conoscere?”
Senza saperlo, entrambi deposero qualsiasi maschera, decidendo inconsciamente di essere onesti a prescindere dalla domanda.
“Perché mi incuriosisci. Ho pensato tu fossi un tipo particolare dal primo giorno che ti ho visto, e poi molti dicono che tu sia cattivo o comunque girano voci su di te. Voglio verificarle di persona. O meglio, io voglio smentirle.”
Killua soppesò la risposta: la trovò imbarazzante, come al solito, ma pensò anche che per questo dovesse essere sincera. Fece un gesto con la mano per indicare che era il suo turno.
“Perché hai i capelli argentati? Sono piuttosto sicuro che quelli non siano dovuti alla genetica.”
Quello, giocando con una ciocca incriminata, sorrise, ripensando a quello che gli aveva detto sui propri occhi: se l’era ricordato.
“Mi fanno sentire speciale, diverso dal resto della mia famiglia.”
Gon annuì, trovando logica la risposta. Aveva pensato bene, allora: Killua stava in disparte, ma l’attenzione tutto sommat gli faceva piacere.
“Cosa ti ha incuriosito di più di me?” Il ragazzo incrociò le dita sotto il mento, appoggiando i gomiti sul tavolo e fissando i profondi occhi blu in quelli grandi e ambrati di Gon.
Questo, per la prima volta, notò il loro taglio a malapena visibile a mandorla, e li trovò molto simili a quelli di un gatto. In effetti, tutta l’espressione sul suo viso ricordava quella di un felino che si lecca i baffi.
“Non saprei.. Il tuo modo di stare da solo, credo. Hai qualcosa di..” Pensò a una parola che calzasse i suoi pensieri. “Come di magnetico.”
Altra risposta imbarazzante, altra risposta sincera, pensò Killua.
“Parlami della tua famiglia.”
L’altro schioccò la lingua sui denti. “Solo domande.”
“Ok, allora quanti fratelli hai?”
“Siamo cinque, quattro fratelli e una sorella. Illumi e Milluki sono i miei fratelli maggiori, poi ci sono io, e infine Alluka e Kalluto.” Rispose fra un sorso e l’altro.
“Caspita! Siete tanti.. Non ti sentirai mai solo!” Esclamò Gon, facendo sorridere l’altro.
“Già, un po’ di solitudine però la vorrei.” Fece spallucce. “Tu invece hai detto che ti ha cresciuto tua zia, giusto?”
 “Sì, lei e mia nonna.” Il moro annuì. “Vorrei conoscere mio padre, ma prima voglio essere autosufficiente e poi trovarlo. Perché sì, lo troverò, e allora potrà essere orgoglioso di me!”
Killua, sorseggiando la sua cioccolata, pensò che quel ragazzo fosse davvero incredibile: il padre l’aveva abbandonato in fasce, ma lui non voleva comunque deluderlo. Quanto può essere grande il suo cuore?, pensò.
Continuarono così per tutto il pomeriggio, ridendo per alcune domande e rispettive risposte, senza seguire più la regola della domanda a testa.
Ad un certo punto, Gon saltò fuori con una domanda che colse di sorpresa anche se stesso, quando iniziò a sentirla ronzare nella testa. “Sei fidanzato?”
Killua inclinò la testa. Sorrideva. “No, perché?”
“Così. Non ti ho mai visto con nessuno oltre Alluka o Kalluto, in realtà.. Quindi mi chiedevo se ci fosse qualcuno.” Spiegò, mentre qualcosa nel suo stomaco si rilassava. “Sei popolare, con questa fama e ‘aura’ da cattivo ragazzo attiri le ragazze, sai?”
Quello inarcò un sopracciglio senza smettere di sorridere, con l’aria di chi sa perfettamente l’effetto che fa in chi osserva. “Non solo loro, a quanto pare.”
Gon non sapeva cosa fosse, ma sentì qualcosa sobbalzare in lui. Pensò fosse semplicemente la cioccolata che lo scaldava.
“Killua..”
Il ragazzo provò qualcosa sentendo pronunciare il proprio nome dall’altro. “Gon?”
“Perché hai accettato di vederci?”
Con un altro sorrisetto furbo, rigirò la risposta del moro alla sua prima domanda. “Beh, perché no?”
Maledetto, Gon ridacchiò, girando distrattamente nel piattino la tazza ormai vuota. Killua lo stava davvero guardando come un gatto che punzecchia qualcosa con la zampa per divertirsi, con la guancia appoggiata al palmo della mano. “Touché.”
 
Dopo essersi salutati davanti al bar, prendendo poi due direzioni diverse, non passò neanche un minuto prima che il cellulare di Killua vibrasse nella sua tasca. Un messaggio?
Sulle sue labbra nacque istantaneamente un sorriso appena lesse il nome del mittente: era Gon. Aprì subito la notifica, voltandosi appena per gettare lo sguardo oltre la propria spalla, trovando Gon che gli sorrideva dall’altro capo della strada. Si sentì avvampare le guance.
Sei carino quando sorridi, comunque
 
Gon aprì la risposta appena si illuminò lo schermo. Sorridendo a sua volta, seppe di aver detto un’altra verità.
. . . Sei decisamente imbarazzante, Gon








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Angolo dell'Autrice
Buon salve a tutti!
Passato una bella settimana?
Spero di sì :3 la mia è stata calda e densa di impegni, faccio sinceramente fatica a capire che giorno sia ahahahah
Dunque, eccoci qua comunque, dov'eravamo rimasti? Killua e Gon si sono scambiati i numeri, chi pensava che si sarebbero scritti subito?
Tra l'altro scusate, io spero non sia troppo incasinato da leggere lo scambio di messaggi fra i due nostri paladini. Ho usato due font differenti (Georgia per Killua e Times New Roman per Gon) da quello base (Arial) per cercare di differenziare un po', ma mi sa che è uscito comunque un casino lol
Onestamente, mi sono messa a ridere da sola come un'imbecille pensando a Gon con la giacca verde acido come la regina. Sono stupida.
Cosa succederà adesso, ora che le nostre due bestioline hanno finalmente inizito a socializzare seriamente? Gon continuerà a essere così blatantly imbarazzante o sarà Killua a stuzzicarlo di più?

Alla fine di questo capitolo sono passati dodici giorni dal primo contatto, ed è il primo di Dicembre. (Sì, e oggi è il primo giorno d'estate.. non commentiamo la mia totalmente incoerente scelta di pubblicazione AHAHAH)
Il titolo oggi è "Glad You Came" del gruppo The Wanted. Mi sembrava un titolo azzeccato, un po' per il testo della canzone e un po' per il titolo in sé lol
Anyway! Passiamo ai ringraziamenti :3
Ringrazio as always la mia insostituibile beta, che nonostante lo studio e i nostri esami mi legge e corregge, luv u ♥
Ringrazio inoltre
Zyadad_Kalonharysh (nella cui bio ho letto di poter chiamare Zio, quindi se mi dai il permesso lo farò ahahah) che ha recensito i capitoli precedenti, e tutti i lettori silenziosi. Chiunque voglia farmi sapere cosa pensa di questa storia, è più che ben accetto! ^^
Ora fuggo, ci si legge venerdì prossimo bella gente uwu

Un abbraccissimo,

Athelyè ~

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Capitolo 6
*** Un Nuovo Amico ***




Exactly Another Teen Story

Capitolo VI – Un Nuovo Amico


Gon aveva iniziato a svegliarsi un po’ prima, cercando di arrivare sempre più in anticipo a scuola per poter stare più tempo con Killua, anche se solo per una manciata di minuti.
Infatti, quella mattina fu il ragazzo con i capelli argentati ad arrivare a scuola e trovare Gon ad aspettarlo nel loro angolino. Perché sì, ormai quello era diventato il loro spazietto nella confusione mattutina. Si sorrisero.
“Buon giorno.” Disse, muovendo appena le dita della mano. Portava dei guanti neri a mezze dita. “Sei mattiniero stamani.”
Gon annuì. “Sì, sono un po’ agitato in realtà.” Killua inclinò la testa con sguardo interrogativo.
“Test di matematica. Andrà sicuramente male.” Spiegò il moro tranquillamente. Era una mezza verità, ma andava bene comunque, no?
L’altro storse la bocca: non erano solo i calcoli, la sua espressione parlava chiaro, ma non fece domande. “Senti, non te l’ho mai chiesto, ma.. Dato che me la cavo discretamente, vuoi che ti dia una mano? Intendo la prossima volta, ormai.”
A Gon brillarono gli occhi, così si ritrovò ad annuire con troppo entusiasmo ancor prima che l’altro avesse finito di parlare.
Killua lo guardò perplesso, ma divertito da quella reazione. Anche il moro se ne rese conto. Si ricompose immediatamente, mormorando appena. “S-sì.. Grazie mille!”
“Bene! Allora scrivimi quando hai finito.”
Continuarono a chiacchierare, mentre nell’auricolare ascoltava a basso volume High Hopes. Gon notò che il ragazzo teneva impercettibilmente il tempo con la musica che probabilmente stava ascoltando.
“Chi ascolti?”
“Panic! At The Disco. Vuoi sentire anche tu?” Chiese, porgendogli la cuffietta inutilizzata.
Gon pensò di aver appena segnato un altro punto, dato che Killua non gliel’aveva mai chiesto prima. Si sentì soddisfatto mentre accettava.
“Ehi Killua,” Lo chiamò, finita la canzone. Da quando erano usciti insieme si chiamavano per nome, a meno che non volessero punzecchiarsi o provocarsi. “Ti va di pranzare insieme dopo?”
Quello lo guardò, pensandoci. “Intendi con te e i tuoi amici?”
“Beh, anche tu sei mio amico, quindi non ci vedrei niente di male, ma se non ti va possiamo pranzare io e te da soli.”
Killua sentì una strana morsa allo stomaco: possibile che avesse già fame? Ignorò la strana sensazione e pensò alla proposta. Non gli andava di dividere Gon con qualcun altro, se doveva essere onesto.
“Va bene. Noi due, allora.” Affermò tranquillo. L’altro sorrise entusiasta mentre suonava la campanella.
 
Killua non riuscì a togliersi dalla testa le parole di Gon per tutta la mattina ‘Anche tu sei mio amico’.
Amico.
Quand’era successo? Quando, Killua, era diventato amico di Gon? Ed era vero anche il contrario?
Il ragazzo ci pensò, mentre giocava con i capelli argentati e scompigliati come sempre, arricciandoli intorno alle dita.
In genere per lui c’erano persone che aveva ritenuto più che conoscenti per un po’, forse approfondendo il rapporto anche per comodo, e da cui poi si era allontanato, per proprio volere o per loro trasferimenti. Ma comunque non avrebbe mai considerato ‘amico’ qualcuno che conosceva da così poco. Poteva considerare solo poche persone come amici, e una sola come migliore amica, Canary, una ragazza, figlia di vicini di casa, con cui era cresciuto.
Però con Gon era diverso, se n’era accorto da un po’.
 
Lui stesso si era offerto di aiutarlo, incredibilmente. E lui non aiutava praticamente nessuno oltre sua sorella. Già, ma poi perché l’aveva fatto? Come anche l’aver accettato di pranzare insieme. Alluka per puro caso era malata, e quindi assente quel giorno. Avrebbe accettato comunque se ci fosse stata?
Perdendosi nei suoi pensieri, giunse alla conclusione che stare con Gon gli faceva piacere. Passare del tempo con lui, parlarci, scherzare con lui, stuzzicarlo, gareggiare a pallavolo insieme a lui, erano tutte cose che faceva incredibilmente volentieri. Forse era questo che voleva dire essere amico di Gon?
Si sentì richiamare dall’esterno della sua mente. Improvvisamente si ricordò dove si trovava. L’insegnante lo stava fissando, in attesa di una sua risposta, mentre i suoi compagni sussurravano fra loro.
“Allora, Zoldyck, cos’ho detto?”
Nella sua mente, il vuoto. Anzi, se possibile, neanche quello.
Osservò rapidamente la lavagna alle spalle del professore: si susseguivano stringhe di formule fisiche che, per sua fortuna, riconobbe subito. Intuì l’argomento e partì con la risposta.
“Stava parlando del campo elettrico, delle leggi che lo regolano, spiegando le linee di flusso e introducendo il teorema di Gauss.”
Il brusio attorno a lui cessò, l’insegnante lo studiò sospettoso. “È evidente che lei non abbia sentito neanche una parola di quello che ho detto, signor Zoldyck, dato che ho a malapena introdotto l’intero argomento, dicendo che ne parleremo la prossima settimana. Quindi, data la sua apparente conoscenza di ciò che ho scritto sulla lavagna, mi aspetto da lei un’ottima interrogazione.”
Killua deglutì. Era incredibile come quel ragazzo riuscisse a essergli d’intralcio pur non essendo presente. Sbuffò e si accasciò sul banco, cercando di seguire la lezione.
Stupido Gon.
 
Gon stava fissando intensamente le lancette dell’orologio, nella speranza di accelerarne la corsa. Neon gli tirò una gomitata senza farsi notare dall’insegnante. Lui la guardò perplesso.
Stai fissando l’orologio da dieci minuti, smettila!” Sussurrò, seccata.
Quello fece un mezzo sorriso di scuse, anche se non capiva in che modo potesse infastidire la ragazza. Mancano solo due minuti..
Si può sapere che ti prende?” Mormorò lei. “A pranzo me lo spieghi.”
La risposta gli sfuggì di bocca più veloce del pensiero. “No, a pranzo non posso.” Lei lo guardò interrogativa. “Pranzo con Killua.”
Quella sgranò gli occhi, sibilando. “Cosa?! Il ragazzo inquietante?!
Non è affatto inquietante, Neon!” Ribatté sbuffando a voce bassa.
“Freecss! Nostrade!” Li richiamò la Krueger. I due sobbalzarono.
In quel preciso istante suonò la campana. Gon raccolse velocemente le proprie cose mentre la professoressa assegnava i compiti. Appena lei finì di parlare, schizzò in piedi, acciuffando lo zaino, e sfrecciò fuori dalla porta con un arrivederci prof!, lasciando Neon pietrificata al suo banco. “Che..?”
 
Pochi minuti dopo, Gon era davanti all’entrata della mensa, aspettando impazientemente di veder arrivare l’amico. Killua comparve alla fine del corridoio e, di riflesso, il moro sorrise.
“Yo. Com’è andata? Non mi hai scritto nulla.”
“Eh? Oh, il test dici? L’ha rimandato alla prossima settimana, per fortuna!”
“Oh, bene. Allora possiamo vederci per studiare.”
Il suo sorriso si allargò ancora di più, quasi a illuminare lo spazio intorno a sé. O almeno, questo pensò Killua osservandolo.
“Vuoi venire a cena da me? Così possiamo studiare senza interruzioni.” Propose Gon, mentre andavano a sedersi con il vassoio.
Killua rimase interdetto. “Quando?”
“Oggi. Quando usciamo, vieni da me.” Rispose. “Sempre se ti torna e se vuoi, ovviamente.”
L’altro prese il cellulare per mandare un messaggio e annuì. “D’accordo, se per te non è un problema..”
“Killua, te l’ho chiesto io!” Esclamò ridendo. Continuarono a pranzare chiacchierando e scherzando fra loro.
Nel frattempo a un tavolo vicino, gli amici di Gon commentavano la cosa.
“Non mi piace quel tizio. Secondo me sta solo cercando di fregare Gon.” Commentò Neon, girandosi ogni tanto a lanciare occhiatacce.
“Ma no, perché? Gon è buono, ma in fondo non è un idiota.” Le rispose Kurapika.
“Ma te da che parte stai?!” Esclamò Leorio.
“Da quella di chi ha ragione.” Affermò semplicemente, del tutto privo di modestia, il biondo.
“E quella storia del gatto nella scatola?!” Ribatté quello, infervorato. Voleva bene a Gon, e l’idea che si trovasse accanto a qualcuno che lui riteneva infido lo agitava, anche se era per una scommessa.
“Non era per dire che quel ragazzo è ‘cattivo’, ma solo che non possiamo dire con certezza che sia ‘buono’, Leorio.” Spiegò con calma.
Quello sbuffò, contrariato. “Come sei democristiano.”
Kurapika gli fece una smorfia, ridacchiando. “Inoltre non mi sembra affatto così malvagio come dite voi, non con Gon almeno.”
“È perché lo vuole fregare, te lo dico io!” Esclamò nuovamente la ragazza dai capelli blu, osservando l’atteggiamento dei due al tavolo vicino. Il moro sorrideva entusiasta, come al solito, mentre l’altro lo guardava con un mezzo sorriso sulle labbra.
Non le piaceva quella faccia, affatto.
 
All’uscita, Killua stava aspettando Gon davanti al cancello. Lo vide arrivare, affiancato dalla ragazza che li aveva osservati durante tutto il pranzo. Perché sì, se n’era accorto eccome, e avrebbe mentito se avesse detto di non averla trovato fastidiosa.
Era la stessa ragazza che gli aveva detto di sparire quella volta, quando aveva “abbattuto” Gon a palla avvelenata. Quei due dovevano essere amici da tanto.
Amici. Ancora quella parola. Quelle cinque lettere non avevano fatto altro che danzare nella sua testa, rimbalzando contro le pareti del suo cranio, da quando Gon le aveva usate con lui.
Ma se quei due erano amici, perché Killua sentiva crescere quell’irrefrenabile desiderio di allontanarli, di mettersi in mezzo?
Forse era per quello che anche lei li aveva fissati tutto il tempo a pranzo? Significava quello essere veri amici? No, c’era dell’altro, doveva esserci. Con Canary non era mai stato così. Tuttavia, decise di accantonare la ricerca della risposta dato che i due si stavano avvicinando.
“Allora a domani, Neon!” La salutò allegramente.
Lei lo guardò perplessa. “Non facciamo un pezzo di strada insieme, come sempre?”
“Uhm.. Se vuoi, va bene. C’è anche Killua.” Lo indicò, sorridente.
Quella aggrottò le sopracciglia. “E perché?” Cercò di mantenere un tono il più possibile pacifico e neutrale, ma la vena di irritazione nella sua domanda non sfuggì alle orecchie del ragazzo dai capelli argentati, che sorrise soddisfatto, per un qualche motivo sconosciuto anche a se stesso.
Gon invece non aveva notato assolutamente niente, così rispose senza perdere il sorriso. “Perché viene a studiare da me e poi si ferma a cena!”
Gli altri due si studiarono in silenzio per qualche secondo. Gli occhi blu magnetico di Killua si fissarono in quelli smeraldini di Neon. A nessuno dei due entusiasmava l’idea di fare anche un solo due passi dividendo Gon, era evidente.
Killua elaborò rapidamente la figura femminile che aveva davanti: non molto alta, piuttosto esile e non sembrava particolarmente pronta a difendersi. Probabile voce acuta in caso di urlo. 1,67 secondi.
Quello era il tempo che il ragazzo aveva calcolato di impiegare se avesse dovuto ucciderla. O se avesse voluto. Lo faceva con tutti, era una specie di gioco che faceva con i suoi fratelli, il calcolare rapidamente il tempo di eliminazione di un obiettivo. L’aveva fatto anche con Gon, ma non riusciva a stabilire un tempo esatto e costante in ogni situazione: aveva notato quasi subito che la resistenza e la prontezza di riflessi del ragazzo variavano moltissimo dal suo stato d’animo.
Scosse impercettibilmente la testa. Distorsione professionale.
A malincuore, Neon annuì. Pensò fosse un compromesso accettabile, fare un tratto di strada con Gon le andava sempre bene, in più avrebbe potuto studiare il nemico in questo modo.
Il ragazzo moro sobbalzò, come ricordandosi di qualcosa. “Giusto! Voi non vi conoscete! Lui è Killua..” Disse, indicando prima lui e poi lei, concludendo allegramente. “.. E lei Neon.”
I due si limitarono a scambiarsi un cenno con la testa.
Quando si incamminarono, Killua tirò fuori le mani dalle tasche per accendersi una sigaretta. Gon osservò i gesti delle sue mani, coperte solo per un pezzo dalla stoffa del guanto che lasciava libere le ultime due falangi. La voce di Neon alla sua destra lo fece sussultare.
“Da quanto fumi?” Chiese lei, con una vena critica nella voce.
“Almeno tre o quattro anni.” Rispose il ragazzo, senza guardarla.
“Non è un po’ tanto? Insomma, eri minorenne..”
Ora, contando il fatto che Killua odiava parlare di sé con gli altri in generale, specialmente con gli estranei invadenti, pensò che Gon avrebbe dovuto apprezzare il suo sforzo per non risultare troppo scorbutico.
“Solo per comprarle. La legge non vieta ai minorenni di fumarle, solo di poterle comprare.” Rispose, mordendosi la lingua per non aggiungere un qualche insulto, cosa che Gon apprezzò molto.
Quello guardò l’amico mentre sbuffava una nuvoletta bianca, il gesto meccanico con cui avvicinava di nuovo le dita lunghe ed eleganti alle labbra per aspirare un’altra boccata di fumo.
Assorto dai suoi pensieri, non sentì una domanda di Neon finché quella non la ripeté per la terza volta.
La ragazza cercò la conversazione solo con Gon, anche se con scarsi risultati, dato che quello chiacchierava quasi solo con Killua, che nel frattempo aveva finito di fumare e ora camminava con le dita intrecciate dietro la nuca. Si sentì come una spettatrice trascurata, nonostante, giunta alla sua deviazione, Gon l’avesse salutata con calore come sempre.
Dentro di sé, pensò che l’avvicinamento di Gon a quel ragazzo ‘oscuro’, sebbene tutto in lui, dai capelli che sfioravano l’argento alla pelle chiara quasi diafana, richiamasse la luce, potesse portare l’amico sulla cattiva strada. Che potesse portarlo verso la stessa oscurità che sembrava emanare l’altro.
Li guardò con preoccupazione finché non sparirono dietro una curva della strada.
 
Gon fece scattare la serratura. Killua mormorò un permesso?, prima di entrare, seguendo Gon all’ingresso.
“Oh, vieni pure. Mia zia non tornerà prima di stasera. Lavora poco fuori città.”
Quando lo disse, lo stomaco di entrambi fece una capriola, ma fecero finta di niente.
“Quindi.. Tu stai solo tutto il tempo?” Chiese, guardandosi intorno.
Alle pareti erano appesa diversi quadretti di campagna, in cui Killua riconobbe più o meno sempre lo stesso luogo, ritratto da punti di vista diversi e in condizioni atmosferiche diverse.
C’erano anche delle foto che decoravano i muri. Sembravano seguire un ordine cronologico di un soggetto particolare, riconosciuto immediatamente dal ragazzo. Gli occhi vispi e ambrati di Gon spiccavano in ogni foto: sempre allegri e pieni di vita. Solo nella prima foto erano chiusi: ritraeva un fagottino dall’espressione rilassata che dormiva beato fra le braccia di una giovane donna. Mito?, ma già immaginava la risposta.
Ripercorrere, anche solo con lo sguardo, alcuni momenti della vita di Gon lo fece sentire un poco più parte di quei sorrisi. L’aveva notato già da qualche tempo: i sorrisi di quel ragazzo erano incredibilmente contagiosi.
“Ehi Killua, vieni?” Gon si affacciò sul corridoio facendo capolino dalla cucina. Quello tornò con la mente al presente e si affrettò per raggiungerlo.
Gon aveva posato la cartella in un angolo, e ora stava sistemando alcune cose intorno all’acquaio.
“Siediti pure, io pensavo di farmi una cioccolata calda. Tu ne vuoi?” Si girò verso di lui con un gran sorriso, mentre tirava fuori i libri.
Killua pensò che se anche (per assurdo) la cioccolata non fosse stata la sua più grande passione, davanti a quel sorriso avrebbe ugualmente accettato. Annuì, per scuotere via quel pensiero imbarazzante, mormorando a bassa voce. “Grazie..”
Dopo un po’, sorseggiando la bevanda calda, i due iniziarono a ripetere alcune formule e definizioni. O meglio, Gon ripeteva a fatica, sforzandosi di memorizzare le parole giuste e l’ordine in cui dirle, Killua lo ascoltava e lo correggeva ogni tre parole.
Il moro mentalmente si disse che studiare con Killua forse non era stata un’idea brillante. Continuava a distrarsi: guardava Killua e si perdeva nei suoi occhi serafici, anche se non stavano guardando lui.
Quello infatti stava scrivendo una serie di formule e calcoli sul quaderno, e Gon si era messo a sbirciare come la luce plasmava i riflessi argentati dei suoi capelli, la concentrazione nel suo sguardo..
“Che c’è?” Chiese, senza distrarsi dallo scrivere i suoi conti.
“Eh?” Gon sobbalzò. Lo stava guardando solo con la coda dell’occhio, come aveva fatto?
“Gon, sono abituato a percepire gli sguardi su di me.” Spiegò. “Quindi so che mi stavi guardando.”
Il ragazzo fu preso alla sprovvista. I secondi di silenzio che seguirono spinsero Killua ad alzare gli occhi dalla serie di numeri sul suo foglio. “Mh?”
“Ecco.. Stavo solo pensano che mi piace averti intorno.. Sei una bella presenza.”
Killua sentì le orecchie iniziare a scaldarsi notevolmente, mentre i suoi occhi si facevano più grandi.
“Sei terribilmente imbarazzante.. Ma ti ascolti quando parli?” Sbuffò, distogliendo lo sguardo da Gon, ma continuando ad osservarlo con la vista periferica. Il moro ridacchiò, tentando poi di riconcentrarsi sullo studio.
 
“Sono a casa!” Esclamò dall’ingresso una voce femminile.
Gon scattò in piedi, andando incontro alla zia per aiutarla. Quando entrarono in cucina Gon presentò subito il suo ospite.
“Zia Mito, questo è Killua!” Esclamò tutto sorridente.
Killua si era alzato per salutarla e presentarsi educatamente. “Piacere, signora.”
“Il piacere è mio, Gon parla così spesso di te. Fai come fossi a casa tua!” Lei gli sorrise, studiandolo rapidamente, mentre sul viso del ragazzo compariva un’espressione stupita. Gon parlava di lui a casa? Questo pensiero suscitò una sensazione legata alla felicità, ma non seppe decifrarla meglio.
“Ti fermi anche a cena, giusto? Spero ti piaccia l’arrosto.” Aggiunse, mentre posava la borsa sul tavolo. “Gon, ora ho bisogno della cucina. Andate in camera tua, vi chiamo quand’è pronto.”
I due raccolsero velocemente le cose e si spostarono. Killua osservò attentamente la camera del ragazzo.
Era molto semplice: c’era una scrivania accanto alla finestra e una piccola libreria con libri, fumetti e alcuni modellini. Il letto a una piazza era appoggiato alle pareti per due lati, a sinistra della scrivania, mentre sull’altro lato della stanza c’era un armadio a muro. Era tutto molto in ordine.
“Posa la roba dove vuoi.” Disse Gon, mentre si lasciava cadere sul letto.
Killua inarcò un sopracciglio, sorridendo. “Stanco?”
Quello annuì, chiudendo gli occhi. “E molto confuso. Mi sembra di vedere ancora numeri anche con gli occhi chiusi!” Si lamentò. “È tutto il giorno che non guardo altro!”
“In realtà non hai fatto altro che guardare me.” Scherzò l’altro, mentre una strana sensazione gli prendeva lo stomaco.
“Ovvio, tu sei molto più interessante!” Ribatté immediatamente.
Killua lo fissò con la bocca semiaperta. “Stupido! Smettila di dire certe cose, è imbarazzante!” Esclamò, mentre le sue guance si tingevano di ciliegia, in totale contrasto con la sua pelle candida, a insaputa di Gon che rimaneva con gli occhi serrati a letto. Continuarono a bisticciare su questa cosa finché un grido dalla cucina non li avvertì che la cena era pronta.
La cena trascorse tranquilla e piacevole. Mito si interessò a Killua senza essere invadente, cosa che il ragazzo apprezzò particolarmente. Gon doveva averle detto che non gli piaceva parlare molto di sé. Mito gli proibì inoltre di aiutarla con i piatti, insistendo sul fatto che lui fosse l’ospite.
Quando giunse il momento per Killua di andare, Gon lo osservò raccogliere le cose in silenzio, mentre qualcosa si aggrappava alla bocca del suo stomaco. Quella giornata insieme gli era volata, sfuggita dalle dita prima che potesse davvero afferrarla.
Killua notò la sua espressione triste mentre lo accompagnava alla porta. “Che hai?”
“Niente.. Comunque, quando vuoi puoi venire. Come hai visto, sono solo la maggior parte del tempo.”
Quello annuì. “Grazie, ma non dovresti dirmelo, altrimenti verrò davvero più spesso.” Gli fece una piccola linguaccia e l’occhiolino, sorridendo.
“Bene allora, perché sono serio!” Gon si rallegrò. “Ma.. Vai a casa da solo?” Si affacciò sulla strada dal portone, mentre l’altro usciva. Per il freddo una nuvoletta di vapore uscì dalla sua bocca mentre parlava.
“Sì, perché?” Si infilò una cuffietta nell’orecchio.
“Ma sei sicuro? Se vuoi puoi fermarti a dormire..”
Killua sentì una stretta al cuore, a cui decise di non dare peso. “Sì, mia madre è una maniaca del controllo e vuole che torni a casa. E poi so badare a me stesso, tranquillo.” Gli sorrise. Gon era preoccupato per lui?
Quello non replicò, sebbene triste per la proposta rifiutata. Un giorno, decise, l’avrebbe fatto fermare a dormire lì a casa sua. “D’accordo, allora.. Buona notte, Killua.”
“Notte, Gon. A domani!” Gli fece un cenno con la mano, girandosi e incamminandosi.
Stava per mettersi anche l’altra cuffietta, quando si sentì richiamare, così si fermò guardando l’altro da sopra la spalla.
“Ah! Killua.. Mi scrivi quando arrivi a casa?”
Il ragazzo provò una sensazione di calore che gli si diffuse nel petto. “Certo, ora vai dentro che fa freddo!”
Gon sorrise per la raccomandazione. Inoltre, non poteva vederlo a causa del buio, ma Killua era arrossito.








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Angolo dell'Autrice
Macciao a tutti!
Oggi pubblicazione nottura, perché sono appena rientrata a casa, quindi ho detto "Non ho sonno, perché non pubblicare ora?", così mi sono seduta al pc e mi è preso un abbiocco stratosferico. Meraviglioso. Anyway!
Sono passati sedici giorni dal primo contatto (ed è tipo il 5 dicembre), e finalmente questo è un capitolo in cui si smuove qualcosina fra i due mostriciattoli u.u e anche dentro di loro :3
Finalmente pranzano insieme (con la disapprovazione di Leorio e Neon), Killua va a casa di Gon, stanno da soli.. E Gon è imbarazzante come al solito. Insomma, le solite cose.
Quanto ci metteranno a capire che si stuzzicano un po' più di due amici normali? E che cosa succederà nel prossimo capitolo? *mumblemumble* (sì, faccio tipo Zio Paperone)
Ah, ragazzi, riguardo al teorema di Gauss, è tipo l'unica cosa che ricordo ipervagamente di fisica dell'ultimo anno, e l'ultima volta che l'ho aperta è stato circa tre anni fa. Portate pazienza se ho sparato delle minchiate, e nel caso correggetemi con grazia.

Il capitolo di oggi ha come titolo "Un Nuovo Amico" di Riccardo Cocciante, non tanto a caso. Oltre al fatto che, ovviamente, amo Cocciante (dico ovviamente perché, suvvia, chi non ama la sua voce nostalgica e così wah per le sue canzoni?), la canzone mi piace un sacco e mi sembra che sia molto azzeccata per questo capitolo, per titolo e testo. Se non la conoscete, ascoltatela, io la adoro. Insieme a "Tu sei il mio amico carissimo" e "Celeste Nostalgia", penso sia una delle mie preferite in assoluto di Cocciante.
Ah, cito anche i Panic! At the Disco, uno dei miei gruppi preferiti, anche se, per quanto High Hopes sia una bella canzone, non penso sia la migliore che abbiano fatto.

Anyway! Passiamo ai ringraziamenti :3
Ringrazio la mia adorata beta, che oggi ha avuto la pazienza di farmi da navigatore oltre che correttore. Daaanke
Un gigantesco grazie va a Zyadad (avevo detto che ti avrei chiamato Zio, ma non mi sento abbastanza giovane da farlo subito, quindi provo ad arrivarci per gradi eh, lol) che ha commentato lo scorso capitolo e quelli ancora prima. Un grazie anche ai lettori silenziosi.
Chiunque voglia farmi sapere la propria opinione qua sotto, è il benvenuto! Giuro che non mordo :3
Ora, dato che sono quasi le quattro e io fra tipo quattro giorni ho un esame, scappo!
Piccolo bonus, se per sbaglio l'esame dovesse andarmi bene, pubblicherò il prossimo capitolo la sera stessa dell'1, altrimenti ci si legge venerdì prossimo!

Fate a modo, un abbraccio forte forte (ma non troppo che fa caldo :P ),

Athelyè ~

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Capitolo 7
*** Gravel To Tempo ***




Exactly Another Teen Story

Capitolo VII – Gravel to Tempo


Quella di andare da Gon a studiare divenne subito un’abitudine: Killua andava a casa sua tutti i giorni, presentandosi alla sua porta anche quando le loro uscite da scuola non coincidevano.
Così per Gon, dopo poco più di una decina di giorni da quella volta, Killua era diventato una presenza fissa in casa. Anche se studiavano insieme, lui a matematica continuava a fare schifo, così cercava di convincerlo a restare, almeno una sera, a dormire lì. Ovviamente non per studiare, ma per legare di più.
La scommessa con Leorio si era rivelata l’ottimo pretesto per fare amicizia con quel ragazzo che ora annoverava fra i più cari amici, se non addirittura lo considerava il migliore.
Passavano insieme più tempo anche ai cambi dell’ora, aspettandosi in corridoio nei buchi fra una lezione e l’altra: il fatto di stare sullo stesso piano aveva i suoi vantaggi, dato che non sprecavano tempo a trovarsi; a volte pranzavano anche insieme.
Gon iniziò a pensare di non poter fare a meno di dare il buon giorno a Killua e sapere quale fosse l’ultima canzone che aveva ascoltato prima di vederlo: ogni giorno un titolo diverso che a volte finivano di ascoltare insieme, ogni giorno un titolo nuovo per Gon, che di musica non capiva una ceppa.
Un’altra cosa che gli piaceva moltissimo era sentir canticchiare Killua: lo faceva quando arrivava a scuola la mattina, quando si vedevano in corridoio e i suoi occhi blu si incantavano a guardare la pioggia scivolare sulla finestra, quando studiavano insieme il pomeriggio e faceva calcoli per Gon impensabili. Forse era anche per questo che continuava a distrarsi quando studiavano, ma non gli interessava più di tanto. Gon aveva scoperto di trovare incredibilmente piacevole e armoniosa la voce dell’amico.
Allo stesso modo, Killua scoprì indispensabile la presenza rumorosa e ingombrante di quel ragazzo che, in tre settimane o poco più, era diventato suo amico. Sì, alla fine aveva accettato l’idea, perché definirlo “conoscente” sarebbe stato decisamente riduttivo: si erano trovati a confidarsi su moltissime cose senza che nessuno dei due giudicasse l’altro. Killua gli aveva persino rivelato alcune azioni “poco legali” che aveva compiuto, ma l’altro non aveva battuto ciglio e anzi, ne sembrava incuriosito e quasi.. Attratto?
Questo, per quanto strano, fece sinceramente sentire il ragazzo parte di qualcosa, qualcosa di molto bello. Tanto bello che, ogni mattina, il primo sorriso sul suo viso nasceva nel vedere quel terribile cappotto verde acido solcare l’orizzonte della strada.
Entrambi, insomma, avevano sviluppato una sorta di dipendenza dall’altro, e ne erano reciprocamente coscienti quanto compiaciuti. Da lì a non vedere più l’uno senza che l’altro fosse nei paraggi, il passo fu decisamente breve.
Per questo, quando quel giorno Killua finì in presidenza con due richiami disciplinari e poi ‘condannato’ a pulire aule fino alle 19.30 per un’intera settimana, Gon non si era affatto scomposto e anzi sapeva già che gli avrebbe fatto compagnia tutti i giorni. Al contrario, i suoi amici si preoccuparono quando lui glielo disse, specialmente Neon.
La ragazza infatti pensava che Gon non avesse visto le azioni di Killua quella mattina, e non potesse di conseguenza capire la sua apprensione. Ma, come ho detto poco fa, era diventato davvero difficile trovare Killua senza Gon vicino e viceversa: il moro infatti era arrivato solo poco dopo l’inizio delle provocazioni e aveva visto tutta la scena, perdendosi solo la causa dei gesti dell’amico, ma quella gliela disse lui stesso più tardi.
 
Tutto accadde durante una breve pausa a metà mattina, nell’arco di pochissimi minuti.
 
Killua era appena uscito dalla propria aula, aspettando Gon, quando un gruppetto di quattro ragazzi del suo anno circondarono una figura a lui cara. La sua attenzione venne catturata in un istante.
“È inutile che ti vesti di rosa, sappiamo cos’hai lì sotto. Tutti lo sanno.” Iniziò ad accusarla uno, mentre un altro gli dava manforte, spintonandola in modo provocatorio.
Nessuno poteva avvicinarsi a sua sorella in quel modo, né parlarle in quel modo. Si diede una spinta per staccarsi dal muro e si avvicinò a loro camminando normalmente.
“Oi, teste di cazzo. Perché non ve la prendete con qualcuno della vostra taglia?”
Immediatamente intorno a loro si formò uno spazio circolare. Tutti osservarono in silenzio la scena: il ragazzo stava a pochi passi dal gruppo, mani in tasca e aria di sfida sul viso.
“Cosa credi di fare, Zoldyck?” Cercò di provocarlo uno di loro, sentendosi forte della superiorità numerica. Era un suo compagno, lo stesso che tempo prima aveva insultato suo fratello, Kalluto. Sorrise, pensando che avrebbe voluto attuare la sua minaccia. 1,22 secondi, se fosse solo.
“Diventerai una polpetta.” Aggiunse un altro, più alto degli altri. Killua rise, e la sua risata fece ghiacciare il sangue a tutti i presenti. Gon si aggiunse in quel momento a chi osservava.
“Tu dici?” Gli rivolse un sorriso sardonico. “Mettimi alla prova.”
“Ti conviene mettercela tutta per difenderti, frocio del cazzo.” Esclamò un altro.
Killua inarcò un sopracciglio senza smettere di sorridere. Tutto qui? “Perfetto, questo mi autorizza a non avere pietà di voi.”
La sua totale tranquillità irritò i nervi del gruppo, che finalmente ruppe il clima teso in cui tutti aspettavano che qualcuno si muovesse.
Il più alto iniziò lo scontro, scagliandosi contro il viso del ragazzo con un pugno deciso, già preparandosi a sentire la sua faccia contro le sue dita. Altri due di loro, uno moro e uno castano, invece, si posizionarono alle spalle di Killua, mentre il suo compagno di classe rimase a guardare, atteggiandosi a ‘capo’.
Quello alto non capì: il suo pugno era davvero veloce, eppure non aveva incontrato nessun ostacolo nel suo volo, e il ragazzo con i capelli argentati non si era mosso. O almeno, così gli era sembrato, finché non sentì un’iniziale leggera pressione verso l’alto sotto l’ascella e una verso il basso sull’avambraccio. Vide la figura argentea del ragazzo alla sua destra. Davvero non capì cosa stava succedendo. Si sentì sollevare da terra, capovolgendosi in volo e atterrando di schiena, lasciando uscire l’aria dai polmoni con dolore per l’urto con il pavimento.
I due, ora alla destra di Killua, si guardarono e quello moro scattò in avanti mentre quello alto si rialzava.
Il ragazzo gli afferrò un polso poi, circondandolo da dietro con le braccia, si aggrappò anche all’altro, pensando così di essere riuscito a bloccarlo. In realtà aveva fatto esattamente ciò che voleva ‘l’aggredito’. Killua rivolse i palmi delle mani verso l’alto, muovendo con fluidità il proprio corpo e facendo leva sui polsi del suo aggressore, che sentì una dolorosa fitta alle articolazioni ma non riuscì a mollare in tempo la presa: il moro si sentì solo girare su se stesso e si ritrovò con il polso nella salda morsa delle affusolate dita dell’altro, che con una spinta sotto la sua spalla lo scagliò distante, mirando al ‘capo’, che lo schivò esclamando un ‘bastardo!’.
“Scusa, voi mi attaccate in quattro e il bastardo sarei io?” Killua rise.
Il castano alle sue spalle si lanciò urlando contro di lui, approfittando di quell’attimo di distrazione. Killua colse uno scintillio con la coda dell’occhio, schivandolo con un salto indietro appena in tempo, ma che riuscì a sfiorargli lo zigomo. Alluka lanciò un gridolino, spalancando gli occhi.
Killua sentì un lieve ma fastidioso pizzicore lì, dove quello l’aveva sfiorato, e, passandoci appena due dita, vide un liquido rosso. Assottigliò gli occhi, spostando lo sguardo dalla sua mano al ragazzo armato davanti a lui. Alluka. Con quel coltello avrebbero potuto..
Ora sì che mi avete fatto incazzare.” Sibilò fra i denti. La scintilla di vivace divertimento che aveva negli occhi si spense, lasciandoli scuri e vuoti, di un profondo blu come una notte senza luna, come i pericolosi abissi di un oceano, a trasmettere solo voglia di sangue.
Il ragazzo con il coltello deglutì, perdendo la determinazione che l’aveva spinto a colpirlo. Alle spalle di Killua, quello alto tentò un secondo attacco, ma, con un altro movimento minimo, lui lo colpì con il gomito esattamente sotto il mento, sentendo la vibrazione di una rottura attraverso il braccio. Sorrise nel constatare la presenza di sangue sulle labbra socchiuse del ragazzo ora a terra, svenuto. Gli altri tre lo guardavano con una maschera di paura. Il moro, ancora a terra, si fece largo strisciando per scappare fra le gambe degli studenti in cerchio a guardare la rissa. Anche se definirla “rissa” non era corretto, dato che aveva appena preso la piega di un massacro a senso unico.
Il castano avanzò di nuovo frontalmente, muovendo alla cieca la lama, con la speranza di scoraggiarlo ad attaccare a sua volta o avvicinarsi. Ma, nel silenzio di apnea che si era venuto a creare, si udì un sonoro crack!, seguito da un solo grido straziato. Il castano era a terra, contorto dal dolore che gli proveniva dall’avambraccio, ormai prossimo a perdere i sensi.
Il ‘capo’ si lanciò in ginocchio a cercare il coltello, che doveva essere caduto lì, vicino al ragazzo che lo teneva fino a un istante prima. Con sgomento, realizzò che non era a terra: l’avrebbe sentito toccare il pavimento. Alzò lo sguardo sulla figura in piedi davanti a sé, con il braccio destro sollevato che stringeva l’arma vicino all’orecchio sinistro, pronto a vibrare il colpo. Si sentì schiacciare da quello sguardo assetato, carico di qualcosa che non sarebbe mai riuscito a definire a parole. L’espressione di Killua era senza sorriso, senza vita, senza pietà.
Rimase pietrificato dalla paura, sentendo tutto il calore del suo corpo disperdersi.
Provò una sensazione simile a quella di un animale sacrificale che è cosciente della propria morte imminente, mentre il ragazzo dall’aura argentea che lo sovrastava, come una figura divina, era in preda alla furia assassina di un berserker.
Proprio quando stava per abbassare letalmente la mano, la presa salda sul coltello, dal lato sinistro del proprio viso verso la gola del ragazzo in ginocchio, sentì gridare una voce in modo quasi disperato che ruppe il silenzio di quell’istante.
KILLUA!
Una stretta debole e gentile sul suo avambraccio, due grandi occhi azzurri come i suoi che lo imploravano di fermarsi. Non la guardò, non staccò gli occhi dal suo compagno mentre lei lo pregava.
Killua.. Ti prego, fermati..” Sussurrò lei, con un filo di voce, che riecheggiò nell’aria sospesa. Percepì a malapena il rilassarsi dei muscoli del fratello, così lasciò la presa.
Il ragazzo distese lentamente il braccio, mentre nei suoi occhi e nella sua espressione si insinuava un’emozione: disprezzo. Era disprezzo l’unico sentimento che quella appena percettibile inclinazione delle sue sopracciglia voleva trasmettere.
Dopo aver teso il braccio davanti ai propri occhi, aprì la mano, lasciando cadere il coltello, ancora tinto del suo sangue, accanto al ragazzo in ginocchio.
“Di’ al tuo amico che la prossima volta gli strapperò il braccio dalla spalla senza romperlo.” Scandì lentamente ogni parola, così che potesse sentirlo chiaramente.
Quello abbassò lo sguardo, annuendo, mentre il cuore gli batteva in gola. Respirò profondamente, ringraziando il cielo di essere ancora vivo.
“Alluka è davvero troppo buona ad aver difeso della feccia come voi.” Affermò, sputando vicino al coltello.
Serrò la mandibola e si girò, dandogli le spalle. Davanti a lui la folla di studenti si aprì come le acque del mar Rosso.
Erano passati esattamente quattro minuti da quando Alluka era stata spinta.
 
In effetti, non è corretto dire che Killua finì in presidenza, perché ci andò di sua spontanea volontà.
E Gon l’aveva aspettato fuori dalla porta tutto il tempo, non senza dover litigare con i suoi amici.
Poco prima, davanti alla propria aula, Leorio l’aveva quasi preso di peso per portarlo via, ma Kurapika era intervenuto in tempo per separarli prima che si azzuffassero anche loro.
“Come puoi difenderlo, dopo quello che ha fatto?!” Esclamò il giovane, con la mandibola che quasi toccava terra per lo stupore.
“Se la sono presa con la sua sorellina, che cos’avrebbe dovuto fare?!” Ribatté Gon, infervorato.
“Gon. Li avrebbe uccisi.” Disse, sentendo un nodo in gola mentre ripensava a ciò che aveva visto.
“Non capisco perché dovrebbe essere solo colpa di Killua, quando loro hanno tirato fuori un coltello.” Replicò ancora, ed effettivamente Leorio non seppe cosa dire.
“Hai ragione sul coltello, Gon, ma hai visto com’è diventato? Se sua sorella non lo avesse fermato, avrebbe probabilmente tagliato la gola a quel ragazzo senza pensarci due volte.” Intervenne, con molta calma, Kurapika. “Sembrava che per lui fosse normale uccidere senza rimpianto.”
Gon serrò le labbra in una linea. Per Killua era normale, ma non era quello il punto! “Kurapika, se toccassero qualcosa a te molto caro, o se la prendessero con qualcuno a te caro, cosa faresti? Se iniziassero a insultare Pairo o, ancora peggio, i tuoi genitori, tu.. Cosa faresti?” Chiese, parlando con lo stesso tono calmo che aveva usato l’amico.
Sapeva di aver toccato un punto sensibile: i genitori del suo amico erano stati uccisi quando era ancora molto piccolo, ma il caso era stato archiviato come “incidente domestico” ed era stato insabbiato tutto senza trovare i reali colpevoli. Il piccolo Kurapika era stato allora affidato alla famiglia di un suo amico di infanzia, Pairo.
“Non puoi dirmi che non reagiresti, che non ti arrabbieresti, o che non verresti alle mani con quelle persone.” Continuò, guardandolo. “Perché ho perso il conto di quante volte io e Leorio ti abbiamo fermato dallo spaccare la faccia a qualcuno quand’è successo.”
Il ragazzo biondo rimase interdetto, poi abbassò lo sguardo. “Hai ragione.”
Gon tornò a confrontarsi con il più grande dei due. “Leorio, se persino una persona come Kurapika, che non si scompone di fronte a niente, perde le staffe quando qualcuno tocca una persona cara, perché non dovrebbe farlo Killua?” Lo guardò dritto negli occhi, attraverso gli occhialetti scuri appena abbassati sul naso. “Voi che non sapete nulla della sua vita, come potete giudicarlo?”
Anche il maggiore tacque alle sue parole, che avevano effettivamente colto nel segno. Loro non conoscevano Killua, ed era proprio per quello che tre settimane prima avevano fatto una scommessa. Gon certamente ne sapeva più di loro, e la sua fiducia in quel ragazzo con i capelli quasi bianchi e gli occhi da gatto doveva avere una base ben solida. E Leorio si fidava ciecamente di Gon, più di chiunque altro, incluso se stesso.
“Va bene. Io mi fido di te, Gon.” Gli rispose, annuendo, ora più calmo. “Ma ti prego, fai attenzione. Se lo fai ancora per la scommessa.. Non voglio trovarti morto pur di vincere.”
Gon sorrise, determinato.
“Non accadrà.”
 
E così, ora era fuori dalla porta della presidenza, ad aspettare che il suo migliore amico uscisse. Erano passati venti minuti da quando era entrato. Era snervante l’attesa, anche se questa volta non era lui a dover parlare con Netero.
Finalmente, scattò la maniglia. Gon schizzò in piedi, proprio mentre Killua usciva.
Il ragazzo allargò gli occhi blu quando lo vide, decisamente stupito di vederlo lì. “Gon?”
Quello gli rivolse un enorme sorriso. “Killua!”
“Perché.. Sei qui?” Chiese, avvicinandosi a lui, mentre infilava le mani in tasca.
“Ti stavo aspettando!” Esclamò con la stessa espressione smagliante.
“Stupido, ti ho chiesto perché, non cosa ci fai qui.” Mormorò, inarcando un sopracciglio.
Gon ridacchiò imbarazzato. “Scusa! Comunque.. Volevo vedere come stavi, sei sparito dopo.. Beh, dopo quello che è successo. Cosa ti ha detto Netero?”
Killua batté un paio di volte gli occhi. “Non dovresti preoccuparti per me, ma per quei poveri bastardi che hanno pensato di potersela prendere con me.”
“Sì, beh, loro sono già in infermeria, ma se lo sono meritato.” Disse, mentre camminavano in corridoio verso le classi. “Quindi che ti ha detto il preside?”
“Mi ha detto che se fossimo in un processo, io sarei stato accusato di ‘eccesso di legittima difesa’. E mi ha ‘condannato’ a una settimana di sospensione con obbligo di frequenza, più dieci giorni di pulizia aule dopo l’orario scolastico. E due rapporti disciplinari.” Sbuffò, mimando le virgolette mentre parlava.
“Mh.. Quindi in pratica, ti ha sospeso ma sei comunque costretto a venire a lezione?” Chiese conferma, dato che non gli tornava molto come discorso.
“Bingo. Praticamente non ho neanche la soddisfazione di stare a casa una settimana.” Sospirò. “E ha chiamato i miei per dirglielo.”
Gon spalancò gli occhi. “E? Che hanno detto?”
“Niente. Quando ci ho parlato io sembravano soddisfatti. Soprattutto mia madre.” Scrollò le spalle. “Ma ovviamente non potevano dirlo a Netero.”
Il moro rise per quella situazione. “E invece gli altri ragazzi?”
“Loro avranno la mia stessa punizione appena si saranno rimessi, eccetto quel mio compagno di classe: lui inizierà quando avrò finito io, fra dieci giorni.”
Gon annuì, pensando che avesse senso. Osservò il viso dell’altro, totalmente rilassato, con i capelli argentati che ogni tanto finivano per scontrarsi con le sue ciglia mentre camminava. Un ciuffo finiva sempre sullo zigomo, accarezzando il taglio ancora rosso vivo appena sotto il suo occhio sinistro.
“Non mi fa male, tranquillo. Pizzica appena.” Disse, intuendo da cosa fosse attirata l’attenzione di Gon.
“Sicuro? Non vuoi andare in infermeria a fartici dare un’occhiata?”
L’espressione che Killua gli rivolse era divertita, mentre i suoi occhi dicevano ‘ma fammi il piacere’. Gon non poté fare a meno di sorridere.
 
Per il resto della giornata scolastica, tutti guardarono Killua da almeno tre metri di distanza. Un leggero brusio lo seguiva per i corridoi, spegnendosi al suo passaggio. L’impressione era che fra loro si muovesse una tigre alabastrina.
A Killua non poteva importare meno. Da sempre quando entrava in una stanza cadeva il silenzio. E in più, ‘a lavoro’ era l’unico a lasciare le stanze in cui entrava, quindi l’assenza di suono era una presenza fissa che lo seguiva da sempre.
Ma ora c’era una differenza che lo faceva sentire ancora più sicuro di sé: Gon non l’aveva lasciato solo neanche un secondo. Era rimasto al suo fianco tutto il tempo, l’aveva persino aiutato fino alle sette e mezza a rimettere a posto le aule.
Quando uscirono da scuola, Killua osservò il sorriso di Gon. Non aveva smesso di sorridere per un istante da quando era uscito dalla presidenza. Nei primi giorni da quando l’aveva conosciuto, quel sorriso costante sul volto del ragazzo gli aveva quasi fatto rabbia, ma ora non poteva farne a meno. Non poteva immaginare di girarsi verso il suo migliore amico e non trovare gli angoli della sua bocca che sfioravano i suoi occhi ambrati.
“Gon?” Lo chiamò, mentre camminavano.
“Mh?” Quello si girò, con un sorriso gentile.
Era proprio per quello che nel suo cuore sentì una fitta. Doveva allontanarlo. Certo, ora stava andando a cena da lui, ma dal giorno seguente, Killua decise, le cose sarebbero dovute cambiare.
“Sai che se continuerai a starmi accanto finiranno per emarginare anche te, vero?” Espirò una nuvola di fumo nel buio della sera.
“Sì, ma non mi importa.”
Killua si girò verso di lui. “Come non ti importa?”
“Che amici sono quelli che ti allontanano perché hai un amico che a loro non va bene? Non voglio degli amici così. Quindi, se mi manderanno via, probabilmente non erano un granché come amici.” Affermò, scrollando le spalle.
Mi sei stato accanto tutto il giorno, pensò. Gli occhi azzurri del ragazzo lo studiarono attentamente. “Perché?”
Gon intuì i pensieri dell’altro. Il suo sorriso si fece ancora più grande. “Perché ti voglio bene, è ovvio!”
Killua sentì le proprie guance andare a fuoco. Sgranò gli occhi.
“Stupido! Non dire certe cose così, lo vuoi capire che è imbarazzante?!” Sbuffò, girando il viso dall’altra parte. “E poi, intendevo perché proprio me. Perché vuoi proprio me come migliore amico? Stamani hai avuto la dimostrazione di ciò che ti ho detto la prima volta.” Disse, ripensando a ormai tre settimane prima. Sembrava passata una vita da allora.
“Che non sei una persona con cui dovrei socializzare?” Chiese retoricamente. Aveva il loro ‘primo incontro’ scolpito nella memoria. “Non direi. Hai affrontato da solo quattro ragazzi, di cui uno armato, per difendere tua sorella. A me questo sembra un ottimo motivo per socializzare con te. Inoltre, sei il mio migliore amico, come potrei non socializzare con te?”
Killua mugugnò qualcosa. “Beh, ma mica siamo partiti come migliori amici, io e te, anzi. Tu sei stato un rompicoglioni e testardo del cazzo a volermi stare vicino a tutti i costi.” Brontolò. “E poi l’avrei seriamente ucciso. Alluka è stata troppo buona a graziare i suoi aguzzini.”
“Probabilmente non è moralmente corretto da dire, ma penso che avrei fatto lo stesso al tuo posto. Inoltre, uno aveva un coltello, se l’avesse usato su di lei..”
“Già.. È quello che ho pensato anch’io. Per quello ho perso le staffe.” Disse Killua, ripensando a quello che sarebbe potuto succedere alla sua sorellina. “Però..”
“Mh?”
“Non mi dovresti stare vicino, Gon. Sono pericoloso quando perdo il controllo.”
“Killua.” Gon si fermò in mezzo al marciapiede, guardandolo fisso con un’espressione piena di determinazione.
Quello si fermò, ormai due passi più avanti, girandosi verso di lui. “Gon?”
“Tu sei un ragazzo fantastico. Non sei superficiale come ti ostini a voler sembrare, anzi! Tieni moltissimo alle cose che ti stanno a cuore. Stamani hai dato prova di quello, non di quanto tu possa essere inaffidabile o pericoloso.”
Killua aprì di più gli occhi, ascoltando in silenzio.
“Sai quanto vali, sai sempre quando puoi vincere, e per questo non ti tiri indietro davanti a una sfida. Sei determinato in ciò che fai, sei schietto quando dici le cose, e mi fai sempre ridere.” Continuò, la voce sicura in tutto ciò che diceva. “Non ti considero il mio migliore amico perché non ne ho altri, ma perché quando sono accanto a te mi sembra di essere completo. Sei il risultato ai miei calcoli, la ragione alla mia testardaggine, il silenzio alla mia confusione, il pensiero alla mia voce.”
Gon sentì gonfiarsi qualcosa nel petto mentre parlava, mentre l’espressione di Killua era sempre più stupita.
“Diamine Killua, tu sei incredibile! Come puoi non vedere tutto ciò che sei?” Esclamò con un mezzo singhiozzo felice. “Ci conosciamo da relativamente poco, ma mi sembra di conoscerti da quando avevo dodici anni! Quindi non provarci neanche.”
Il ragazzo batté le palpebre qualche volta. “Provare a fare cosa?”
“Ad allontanarmi.” Rispose Gon, serio.
Killua sgranò gli occhi. Come..? “Ma.. Tu..”
“Niente ma. Non voglio perdere il migliore amico che ho, quello per cui scalerei una montagna a piedi se necessario.” Dichiarò, soddisfatto di aver lasciato l’altro senza una risposta pronta.
Quello chiuse la bocca, dopo averla aperta per ribattere qualcosa, che però aveva perso nelle parole dell’altro. Sentì scaldarsi qualcosa dentro di lui. Cosa aveva fatto per meritarsi qualcuno come Gon al proprio fianco?
“Quindi ora chiama a casa, stasera dormi da me per festeggiare!” Esclamò, con un enorme sorriso sulle labbra.
Killua inarcò ancora di più le sopracciglia, ma anche sul suo viso si formò un sorriso di sincera felicità. Prese subito il cellulare e chiamò casa.
“Gotoh? Sì, sono Killua. Mi passi mamma? No, non voglio parlare con mio fratello ora, con Illumi parlerò domani. Mh-mh..” Gli occhi ambrati di Gon fissi nei suoi brillavano di speranza. “Pronto, mamma? Sì, sì. Sì, lo immaginavo. Senti, posso fermarmi da Gon? A dormire dico. Mh. Ma.. Sì, va bene.”
Salutò velocemente sua madre e attaccò.
“Allora?? Cos’ha detto?” Chiese immediatamente.
“Mi dispiace Gon..” Iniziò, abbassando lo sguardo, e l’altro già sentiva pesare il cuore. “.. Dovrai sopportarmi tutta la notte!”
Alzò la testa con un sorriso enorme e gli occhi felici, mentre l’espressione di Gon si illuminò.
“Davvero??”
“Sì! Ha detto che me lo sono meritato!” Ridacchiò felice. Qualcosa del suo corpo voleva spingerlo verso Gon, ma resisté alla tentazione. Aveva pur sempre una dignità!
Il moro, al contrario, si lanciò in avanti bloccandosi a un palmo dal naso dell’amico. A quel punto, non sapendo bene cosa fare, sfoderò solo un sorriso imbarazzante che fece scoppiare a ridere entrambi.
“Però.. Non ho niente dietro.” Si fermò a pensare, mentre i due ricominciavano a camminare verso casa.
“Non c’è problema. Lo spazzolino già ce l’hai a casa mia, e per dormire ti posso dare qualcosa di mio. Stessa cosa per domattina.” Affermò Gon, tutto contento.
Lo stomaco di Killua fece un salto, perché il ragazzo si rifiutò di pensare che fosse un altro organo. Gon gli avrebbe dato dei vestiti suoi?
“Sei sicuro?”
“Sì, certo! Nessun problema! Mito sarà molto contenta di averti anche a dormire!”
Sua zia ormai aveva adottato Killua come un secondo nipote: preparava il doppio di ogni cosa, così che Gon desse la seconda a Killua. Poteva essere una mela come un cestino per la ricreazione, Mito preparava sempre cose in coppia. Anche solo il fatto che Gon tenesse in bagno lo spazzolino per l’amico era prova di quanto i due avessero legato.
Il ragazzo si passò una mano fra i capelli chiarissimi, sorridendo felice. “Beh, allora affrettiamo il passo, che inizio ad avere fame!”
 
Mito era stata entusiasta di sapere che l’amico di Gon si sarebbe fermato a dormire, e anche la cena era passata allegramente come sempre. Si erano lavati i denti, con due dentifrici diversi come al solito perché quello alla liquerizia di Gon non gli piaceva, lo trovava amaro. Si erano sistemati e cambiati per la notte: il moro gli aveva dato una sua canotta nera e dei pantaloni grigi di una tuta che usava solo in casa.
Ma c’era una cosa a cui Killua non aveva minimamente pensato, che non aveva minimamente preso in considerazione, ed era strano, perché in genere lui pensava davvero a tutto.
Quando entrarono in camera, al ragazzo guizzò un pensiero nella mente: non c’era spazio in camera di Gon per un secondo letto, né per un materasso da mettere a terra, e lui aveva un letto a una piazza. I suoi occhi si aprirono di più alla realizzazione.
“Uhm.. Prima non ci avevo pensato, spero non sia un problema per te, ma dovremo dormire insieme..” Disse Gon, passandosi la mano dietro la nuca.
“Nessun problema, staremo più al caldo.” Gli rispose lui, cercando di sorridere. Come se ci fosse freddo in quella casa, con Mito che teneva il riscaldamento a palla: c’era un motivo se aveva chiesto a Gon una canotta e non una maglia più pesante per dormire. E Killua aveva già caldo ora, figuriamoci dopo.
“Va bene allora! Che vuoi fare?” Gon trotterellò verso la scrivania. L’altro lo guardò perplesso. “Ora, intendo. Ti va di guardare qualcosa?”
“Oh, sì certo. Va bene.” Annuì, strizzando poi gli occhi per cacciare qualsiasi pensiero gli avesse attraversato la mente. A cosa stava pensando? “Scegli tu, per me è uguale.”
Il ragazzo ci pensò un po’. “Mh.. Ti piacciono gli anni Trenta?”
Pochi minuti dopo erano stesi a letto, spalla a spalla, con la luce spenta e i volti illuminati solo dalla luce bianco-azzurra dello schermo del portatile di Gon, appoggiato in modo anche abbastanza precario sul loro addome. Erano appoggiati ad alcuni cuscini per stare più comodi ma comunque sdraiati.
Stavano guardando da un’oretta il film, commentandolo di tanto in tanto, finché ad un certo punto Killua non percepì un’improvvisa assenza alla sua destra. Si sentì solleticare appena la mandibola e poi qualcosa di caldo che si posava sulla sua spalla.
Non aveva bisogno di guardare per sapere cosa fosse, ma lo fece lo stesso, voltando appena il viso per vedere con la coda dell’occhio la testa dell’amico appoggiata dolcemente. Si è addormentato..
Il cuore di Killua iniziò ad accelerare la propria corsa alla vista del suo viso rilassato, la bocca socchiusa. Lo sentiva respirare profondamente attraverso quel contatto. Sulle proprie labbra apparve l’ombra di un sorriso.
Da diversi giorni aveva iniziato ad analizzarsi, a cercare di capire il rapporto che lo legava a Gon, quel ragazzo che era diventato suo amico a tempo record. Aveva esaminato ogni reazione del suo corpo e dei suoi ragionamenti quando stava con lui.
 
Quando si girava per dirgli qualcosa, trovava sempre un sorriso luminoso che gli faceva sospendere per qualche piccolissimo istante il respiro. Ma nonostante questa sensazione di apnea fosse poco piacevole, lui ne aveva bisogno. Aveva bisogno di girarsi e trovare quel sorriso, di stare senza fiato per un paio di secondi.
Oppure quando il moro gli faceva i complimenti, e lui gli rispondeva nel modo più gentilmente scortese che conoscesse (“Smettila stupido, sei imbarazzante!”), sentiva il calore infondersi nelle sue guance. Ad esempio quella stessa sera, mentre rincasavano, aveva percepito un gran calore invadergli i polmoni, e no, non era certo il fumo dell’ennesima sigaretta a scaldarlo così.
A volte, quando stavano a contatto, come in quel momento, immediatamente il suo cuore iniziava a correre, faceva le capriole nel suo petto, quasi volesse fuggire dalla gabbia toracica. Nei momenti in cui si sentiva particolarmente vicino a lui, nelle sue vene iniziava a fluire la stessa adrenalina di quando affrontava qualcosa di nuovo e pericoloso.
Aveva provato a paragonare il suo rapporto con Gon con quello che aveva con Canary, l’unica altra persona con cui era certo essere migliori amici. E, per quanto si sforzasse di ricordare come fosse stare accanto alla ragazza, niente richiamava le sensazioni che provava vicino al ragazzo.
Per non parlare di ciò che provava quando Gon lo metteva in secondo piano, anche solo per una manciata di secondi, per salutare o parlare con qualcun altro. Killua sentiva ribollire qualcosa nella gola, il cuore gli strideva nel petto. Soprattutto quando parlava con Neon, apparentemente l’unica dei suoi amici che lo conosceva dai tempi delle elementari. Apparentemente l’unica di loro che guardava Killua nello stesso modo in cui Killua guardava chiunque gli rubasse la totale attenzione di Gon.
E Killua l’aveva capito dalla seconda volta che li aveva visti insieme: Neon era cotta di Gon, anche se lui non lo sapeva. Non era strano che Gon non l’avesse notato, dato che non vedeva alcune cose che a chiunque altro sarebbero risultate dannatamente palesi. Ma, come nella matematica, Gon non riusciva a fare due più due, e quindi non arrivava mai al risultato.
Mentre Killua, al risultato, c’era sempre arrivato subito. Da quando aveva finito di esaminarsi, quello era saltato fuori chiaro e tondo. Ma, più o meno inconsciamente, l’aveva rifiutato categoricamente. Fino a quel momento, almeno.
In quel momento, la realizzazione fu schiacciante e impossibile da ignorare.
 
Sentiva il profumo dello shampoo all’arancia del suo migliore amico, da lì.
Cazzo.








___________________
Angolo dell'Autrice

Bon soir!
Dato l'esame, dato il capitolo! Vorrei dire di potermi rilassare un po' ora, ma il prossimo è tra due settimane esatte, quindi MEH. Stasera vacanza, da domani filologia a gogo' @.@
Ma! Tornando a noi, sono passati ventiquattrogiorni dall'inizio della scommessa, è il 12 dicembre (il giorno dopo il mio compleanno, fra l'altro), e Killua ha letteralmente preso in parola Gon, presentandosi tutti i santi giorni a casa sua.
E non solo, direi.
In questo capitolo, un po' più lungo del solito, spero abbiate colto tutti i riferimenti all'universo originale dei nostri paladini, sappiate che io ADORO fare cammei e riferimenti. Non ricordo se l'avevo già detto *mumble* vabbè, la vecchiaia, chiudete un occhio va'. Lol.
Dunque, un paio di appunti sulla scena della "rissa": primo, è palese che io debba migliorare a scrivere scene del genere, motivo per cui mi sto 'allenando', anche se qualsiasi progresso temo rimarrà esterno a questa storia, lol. Secondo, le mosse che ha utilizzato Killua nel difendersi non sono casuali, anzi: sono mosse/prese/tecniche di Aikido, un'arte marziale che ho praticato per anni e che quindi, per ovvie ragioni, ho trovato logico fargli usare per difendersi (oltre che per me semplici da figurare nella testa e poi trasmettere on parole). Soprattutto perché ritengo che Killua non si difenda a caso, ma che dopo anni di addestramento (sia nel suo che in questo universo) abbia una certa eleganza nel combattere in generale. E l'Aikido per me è quel tipo di combattimento elegante che ti fa sentire un tutt'uno con l'energia.

Ah, piccola curiosità: il film che guardano Gon e Killua è Café Society. Il titolo del capitolo invece è una canzone di Hayley Kiyoko, che ho trovato calzante soprattutto per testo e musica. Lei la adoro, ascoltatevi qualcosa se avete occasione :3
Infine, ultima notizia ma non per importanza: vi comunico ufficialmente che siamo a.. *rullo di tamburi* un terzo della storia. Ebbene sì, ha 21 capitoli. Sappiate che anche se li rileggerete comunque non si consumano, ma fateveli durare, perché non dimentichiamoci che questo è un appuntamento settimanale, e soprattutto ad agosto avrò veramente pocherrimo tempo per stare al pc.

Anyway, vi lascio con la spiazzante presa di coscienza del nostro adorabile e bellissimo delinquente di quartiere. Cosa succederà nel prossimo capitolo? UwU
Lo scoprirete venerdì (esatto, doppio aggiornamento solo questa settimana *faccina pervy di whatsapp*), so, prima di salutarvi, passo ai ringraziamenti.
Ringrazio, as always, la mia adorabile beta, che mi legge e corregge a tutte le ore del giorno e della notte, ragion per cui temo che mi arriverà una denuncia per sfruttamento. Ma ti vorrò bene ugualmente <3
Ringrazio Zyad (per gradi ci arriverò) per aver recensito come sempre lo scorso capitolo, sei splendido ♥. Ringrazio il manipolo di lettori silenziosi che mi leggono, sul serio, ve ne sarei molto grata se mi faceste sapere come preferite (qui sotto, là sopra, per messaggio privato, piccione viaggiatore o messaggio in bottiglia) quello che ne pensate della storia :3

Ora vi saluto davvero, ci si legge venerdì! ^w^

Athelyè ~

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Capitolo 8
*** Bad Things ***




Exactly Another Teen Story

Capitolo VIII – Bad Things


Ora, al contrario di quanto si potrebbe pensare fino a qui, Killua non era immune alle emozioni né alle relazioni. Non lo era mai stato.
Semplicemente, a livello sentimentale, non si soffermava mai con qualcuno per più di due notti, e neanche successive.
Data la forma mentis della sua famiglia, non importava con chi o cosa andasse a letto, l’importante era che tornasse vivo, e possibilmente intero. E questo, per lui, si traduceva in un pratico “puoi farti chi ti pare”.
Si trattava solo di passare un tempo variabile in cui non preoccuparsi di niente se non sfogare se stesso. Un ritaglio di tempo che escludesse i pensieri sulla sua famiglia, sulla scuola, sui lavori, di discutibile moralità, che svolgeva.
I momenti che trascorreva con persone occasionali erano solo suoi, momenti in cui pensava solo alla propria soddisfazione e al proprio piacere, che fossero sobri o fatti di qualcosa non era importante.
Nessuna relazione duratura, nessun coinvolgimento emotivo, nessuna responsabilità.
Certo, c’erano state quelle persone da cui si era sentito più attratto, con cui si era sentito felice a condividere il letto, ma non aveva mai voluto approfondire la questione. Le aveva lasciate sbiadire nel tempo, fotografie ingiallite nella sua memoria, perse in qualche angolo e lasciate lì a consumarsi fino a svanire.
Quindi questa cosa con Gon, questo sentimento che gli martellava le orecchie quando si rifiutava di ascoltarlo e che gli rivoltava lo stomaco con prepotenza, era un’esperienza totalmente nuova, e profondamente incasinante per i suoi pensieri.
Tuttavia, questo non gli impediva di continuare ad avere incontri occasionali.
 
Pensava a Gon, mentre riprendeva fiato fra le lenzuola di una stanza che non era la sua. Accanto a sé, una figura si era da poco arresa alle braccia di Morfeo. Pensava a lui anche mentre raccoglieva le proprie cose e si rivestiva in fretta per uscire da quella camera, calandosi agilmente dalla finestra avvolto nell’oscurità. Erano le quattro di notte.
Abbastanza scocciato, pensò che Mike avrebbe fatto un casino tremendo per fargli le feste nel momento in cui avrebbe scavalcato il cancello per rientrare, vanificando i suoi tentativi di intrufolarsi in casa senza svegliare nessuno. Stupido cane.
Tornò sui propri passi verso casa, stringendosi in se stesso per reazione al freddo gelido della strada.
Gon non avrebbe mai potuto essere una di quelle notti, di quelle ore senza significato. Ci teneva troppo per trattarlo come una botta e via per divertimento, per distrazione. Probabilmente il nucleo dei suoi problemi era proprio quello: con Gon, avrebbe voluto qualcosa di più.
Però lo conosceva solo da un mese, dannazione. In un mese aveva scolpito il suo nome nel cuore di Killua, e vi aveva fatto breccia. Dannazione, stupido Gon e stupido sorriso.
In più, ora che aveva iniziato a fermarsi qualche volta a dormire da lui, era decisamente difficile far finta di nulla. Altro che farfalle, magari! Lui aveva dei cazzo di tarli nello stomaco, uno sciame di api, oppure se proprio erano farfalle, doveva trattarsi di una specie carnivora.
Avrebbe voluto poter lasciare il cuore fuori dalla porta quando si mettevano a letto, come in punizione, per paura che l’amico lo sentisse, perché Killua sentiva il proprio battito davvero molto forte e veloce. Poi quando vedeva l’espressione indifesa di Gon addormentato a un palmo dal suo viso, le sue labbra così vicine..
Stupida scommessa.
Avvolti dalle coperte nel buio della camera di Gon, si sentivano entrambi come ‘protetti’ dal silenzio ovattato della notte, e si confidavano ancora più cose, come quella storia della scommessa con Leorio. Gon era stato restio a dirglielo, ma non voleva perdere il proprio migliore amico per una cosa così stupida, così gliel’aveva raccontato. Killua aveva riso, prendendo in giro Gon per la sua preoccupazione.
Da parte sua, avrebbe solo potuto ringraziare Leorio per averli fatti diventare, involontariamente, migliori amici. Oppure maledirlo, perché se adesso ogni volta che guardava Gon o gli stava anche solo vicino e il suo cuore partiva a mille, era colpa sua.
Giunse alla conclusione che tutto ciò che riguardava Gon fosse stupido o avesse delle sfumature di stupidità come il ragazzo stesso.
Scavalcato il cancello e distratto Mike dall’abbaiargli entusiasticamente per salutarlo, entrò in casa. Attraversò il gigantesco e vuoto atrio, salendo le scale di marmo nel modo più silenzioso possibile. Fece solo una tappa sul terrazzo del primo piano.
Si accese una sigaretta e osservò il fumo azzurrino che si arrampicava lungo il tubicino bianco, mentre aspirava ed espirava. Si appoggiò alla ringhiera, osservando le stelle, brillanti in quella notte limpida per il freddo. Gli piacevano le notti invernali, il cielo era più terso con il calare della temperatura.
Una voce alle sue spalle lo strappò alle sue riflessioni.
“Killu? Dove sei stato?” Chiese una voce decisamente conosciuta.
“Perché dovrei dirtelo, Illumi?” Domandò a sua volta, senza distogliere lo sguardo dalla rete di costellazioni che si disegnavano davanti ai suoi occhi. Creavano una strana antitesi con la città sottostante.
“Sono tuo fratello.” Disse semplicemente. “Perché non dovresti?”
“Touché.” Schioccò la lingua, mentre la figura dell’altro giovane si faceva più vicina, affacciandosi al terrazzo. In un paio di passi gli fu accanto. “Ero uscito per distrarmi un po’.”
“Non ti stai distraendo troppo?”
Killua, che ora se ne stava appoggiato con il mento sul palmo della mano con cui teneva la sigaretta, di cui aspirò una boccata, voltò appena il viso verso l’altro con un sorriso, soffiando il fumo mentre parlava. “E tu perché non ti fai i cazzi tuoi, fratellone?”
Quello accennò un sorriso divertito, inarcando le sopracciglia. “Giusta osservazione, non sono cose che mi riguardano. Mi interessa solo che tu non perda la concentrazione quando sei a lavoro per colpa dei tuoi giocattoli.”
Il minore sbuffò. “Quanta poca fiducia, Illu. Non sono mica un dilettante.”
“Lo so, lo dico solo perché non vorrei che ti rabbonissi.”
“Tranquillo, non c’è pericolo. Sai che mi piace la sensazione di potere che mi dà sentire la vita di qualcun’altro scivolarmi fra le dita.” Replicò, sorridendo.
Ed era vero, Killua trovava assuefacente sentirsi dio con le vite degli altri. Era una sensazione che gli faceva scorrere qualcosa di caldo nelle vene. Lo faceva sentire potente sapere di poter strappare l’ultimo respiro a qualcuno con uno sforzo minimo. Ma d’altronde era nato per questo, come tutti loro.
Anche Alluka, che per sua natura era più esile rispetto ai fratelli, era cresciuta a pane e manipolazione. Senza troppi sforzi, riusciva a convincere adulti e ragazzi a fare ciò che voleva. Per compiere un lavoro, a lei non serviva la forza fisica, bastava un pizzico d’astuzia nello studiare il soggetto che aveva di fronte e scegliere il piano migliore per eliminarlo. Una goccia di veleno, una distrazione fatale, una leggerissima ed accidentale spinta vicino alle rotaie. Però a lei non piaceva eseguire quei compiti, e questo dava molto pensiero ai loro genitori.
Killua, al contrario, in genere era contento di poter svolgere i lavori di cui lo incaricavano. Oltre all’evidente entrata economica direttamente nelle proprie tasche, si sentiva invadere da una meravigliosa sete ogni volta che toglieva la vita a qualcuno, spingendolo a migliorarsi sempre di più nella velocità delle sue esecuzioni e nella sua precisione per non sporcarsi le mani. In tutti i sensi lo vogliate intendere.
Aveva detto anche quello a Gon, spinto da un attimo di follia, pentendosi immediatamente per paura di terrorizzarlo e perderlo per sempre. Anche perché, se così fosse successo, avrebbe capito perfettamente.
Ma così non era stato, anzi. Quell’idiota del suo amico l’aveva sommerso di domande, sinceramente incuriosito.
A Gon non era importato un accidente che la sua famiglia lavorasse per la yakuza, che lui avesse ucciso, che entrasse in una sorta di euforia quando coglieva una vita come fosse un fiore da un prato. Niente di quello che gli aveva detto, mai, gli aveva fatto battere ciglio.
Alluka era intersex? Gon era contento.
Kalluto non si sentiva particolarmente né maschio né femmina? Gon era contento.
Killua era bisex? Gon era contento (forse un po’ più di quanto l’altro aveva immaginato, ma era meglio non soffermarcisi).
La sua famiglia regolava i conti della yakuza per vivere? Gon. Era. Contento.
Gon, ancora lui, nei suoi pensieri, anche ora che parlava di lavoro con suo fratello.
“Tu invece?” Chiese, tornando al presente.
“Sono rientrato ora. Dovevo chiudere un fascicolo per papà.” Rispose la figura snella di Illumi, sbadigliando. “Infatti ora andrò a godermi un po’ di riposo, l’ho dovuto inseguire tutta la notte. Buona notte, Killu.”
“Notte, Illu.” Ricambiò, rimanendo a guardare la notte.
Finì la sigaretta. La spense contro i riccioli metallici della ringhiera e la gettò distrattamente. Rimase a contemplare le luci che brillavano su quella trapunta nera, che iniziava a sbiadire verso un colore più caldo man mano che i minuti passavano.
Era davvero uno spettacolo che lo riempiva di ammirazione e gli faceva inevitabilmente brillare gli occhi con stupore, quel cielo stellato sopra di sé. Pensò stupidamente a quel filosofo e gli venne da ridere.
È un vero peccato che non ci sia alcuna legge morale dentro di me.








___________________
Angolo dell'Autrice

Buon salve!
Oggi capitoletto corto e un po' scarno, scusate. Sono passati un paio di giorni dallo scorso capitolo (nella storia e di fatto, lol), e troviamo un Killua perplesso, confuso dai suoi sentimenti per Gon, ma che non vuole rinunciare a quello che lui ritiene un tassello fondamentale per la propria indipendenza.
Illumi, ve lo premetto già qui, oltre a comparire in qualche chiamata sporadica e apparire come un fantasma qua e là, non avrà tutta 'sta rilvanza, anzi. Non l'ho dipinto come chissà quale personalità assillante (al contrario dell'originale), ma come semplice e fastidioso fratello maggiore che ogni tanto rompe le scatole anche solo con la propria presenza.
La canzone del titolo di oggi è "Bad Things" di Meiko, mentre il riferimento che fa Killua in coda al capitolo è a Kant.
Passiamo ai ringraziamenti! :3
Ringrazio come sempre la mia infallibile beta, che legge e corregge. Ringrazio Zyad, che ha recensito gli scorsi capitoli, sei un sostegno più di quanto pensi <3
Ringrazio i lettori silenziosi e chiunque vorrà lasciarmi il suo pensiero, per iscritto o per piccione uwu

Anyway, un abbraccio enorme people, ci si legge venerdì prossimo!

Athelyè ~

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Capitolo 9
*** Someone That Loves You ***




Exactly Another Teen Story

Capitolo IX – Someone That Loves You


Un mese, pensò con soddisfazione Gon. Era passato un mese dall’inizio della sua scommessa con Leorio. Lui e Killua erano amici, migliori amici, per essere precisi, e Gon non poteva esserne più felice. Si parlavano di tutto, si dicevano di tutto, e passavano tutto il tempo disponibile in una giornata l’uno in compagnia dell’altro.
Poi, da quando Killua si era fermato a dormire a casa sua, avevano abbattuto anche la frontiera del rispettare il reciproco ‘spazio vitale’. Potevano stare anche a contatto senza che questo desse loro sensazioni di imbarazzo o che, a prescindere dalla presenza o meno di altri. Ultimamente ad esempio avevano cominciato questa cosa del darsi amichevolmente noia: si davano pizzicotti o si punzecchiavano il fianco; oppure, a volte quando erano a contatto, o quasi, uno dei due iniziava a mimare un ragno con la mano sul braccio o sulla gamba dell’altro e quello continuava, o sul proprio arto o sull’altro; poi, il ragazzo con i capelli argentati spesso si appoggiava con il gomito o l’avambraccio sulla spalla dell’amico, giocando sui suoi sei centimetri di stacco, che davano molto fastidio al moro; e ancora, a volte quando uno dei due era sdraiato, o appoggiato da qualche parte con la testa, l’altro allungava la mano per giocare con i suoi capelli.
In quei trenta giorni, Gon era persino riuscito a convincere sia Killua ad uscire con lui e il suo gruppo di amici, sia il suddetto gruppo che il suo migliore amico non li avrebbe uccisi. Per quanto a volte stressanti, Gon non l’avrebbe perdonato se Killua l’avesse fatto.
Quell’uscita sera era trascorsa tranquillissima, senza nessun intoppo, nonostante i tentativi di Neon di provocare Killua, che invece aveva fatto un’ottima impressione su Kurapika, il quale finalmente aveva trovato qualcuno al suo stesso livello intellettuale, e su Leorio, anche se non l’avrebbe mai ammesso prima dello scadere dei termini della scommessa.
Neon invece era l’unica che ancora vedeva una minaccia inestinguibile nella figura eterea di Killua, ma nessuno meglio dello stesso avrebbe potuto capirla, una volta compreso ciò che muoveva l’animo della ragazza. Soprattutto perché, nonostante fossero usciti in gruppo, i due ragazzi erano stati come chiusi in una bolla solo loro in cui, solo occasionalmente, permettevano a qualcun’altro di entrare e intervenire nei loro discorsi. Poi quella cosa del ‘toccarsi’ così spesso e senza problemi le dava fastidio in maniera evidente, e forse anche per questo Killua l’aveva fatto di proposito più del solito.
Quindi, nonostante fossero ventisette (sì, il numero è giusto, Gon aveva tanti amici con cui uscire), per loro era stato come un’uscita a due.
Le materie che ora studiavano insieme erano pressoché tutte, ma Gon aveva brillantemente dato prova di non eccellere assolutamente in nessuna, per la disperazione di Killua, che si trovava a dovergli spiegare e rispiegare anche le cose più banali, ricevendo indietro solo uno sguardo imbarazzato e confuso.
Gon invece trovava l’altro ragazzo semplicemente geniale. Killua perdeva praticamente tutta la giornata ad aiutarlo, durante la settimana spesso faceva le ore piccole per lavoro, eppure a scuola aveva una delle medie più alte del loro anno. Eppure trovava sempre del tempo libero da passare con Gon, che al contrario annaspava per arrivare alla sufficienza in tutto eccetto ginnastica e negli allenamenti con la squadra, altro ambito in cui Killua gli dava del filo da torcere.
 
“Non è difficile, dai. Risolvi quest’espressione e poi ti lascio guardare il mio cellulare.” Gli disse il ragazzo, passandosi una mano fra i capelli.
Gon sbuffò, esasperato. “Killua, sono due ore che ci provo, il risultato del libro dev’essere sbagliato per forza!”
Quello rise di gusto, scuotendo la testa. “Un minuto e dieci secondi.”
“Eh?” Lo guardò confuso.
“È il tempo che dovresti metterci per svolgerla. Stai facendo gli stessi quattro errori da due ore, Gon. Non è il libro ad essere sbagliato, ma il tuo ragionamento.” Spiegò, mentre rispondeva a un messaggio.
Il cellulare di Killua non aveva smesso di vibrare un secondo quel giorno, bombardato dalle continue notifiche. Gon moriva dalla voglia di sapere con chi stesse parlando, una volta confermato che non si trattasse di lavoro.
Lasciò cadere la testa sul tavolo, dando un bel colpo al legno con la fronte. Mugugnò di dolore ma non si rialzò. Killua rise ancora, facendo sorridere il moro senza che potesse saperlo. Trovava la sua risata la più bella che avesse mai sentito.
“Ti prego.. Basta numeri. Non ne posso più, ora brucio tutto.” Mormorò, sinceramente provato da quelle due ore di calcoli.
Killua scosse ancora la testa. “No, finisci..” Quando il moro tirò nuovamente su la testa, lui gli fece l’occhiolino. “.. O non saprai mai chi mi scrive.”
Quello emise un lamento, sbuffò e provò di nuovo a svolgere quel dannatissimo conto. “Almeno dimmi dove sbaglio!”
“Per prima cosa, i segni. Continui a sbagliarne uno nello stesso punto. Poi non hai eseguito la semplificazione che, ok, non sei obbligato a fare, ma se si chiama ‘semplificazione’ un motivo c’è. Qui invece, non capisco perché, ma ti ostini a mettere un numero che non esiste. Alla fine non fai il campo di esistenza e sbagli il disegno.” Gli disse, indicandogli sul foglio i vari passaggi e i relativi errori. “In poche parole, stai sbagliando ovunque.”
Gon tentò altre sei volte la stessa espressione, prima di arrivare finalmente al risultato corretto. Si lasciò scivolare sul tavolo, appoggiando la testa sulle braccia incrociate rivolto verso l’amico. Chiuse gli occhi e pensò seriamente di dormire lì.
Erano circa le sei e mezza, e a lui fumavano le orecchie per quanto era stanco e confuso. Killua lo guardava con un sorriso dolce.
Fra i capelli neri, sentì il tocco gentile delle dita affusolate dell’amico, che giocavano con le sue ciocche corvine. Una scarica di brividi gli attraversò la spina dorsale con piacere.
Gli piaceva quando Killua giocava con i suoi capelli. L’amico diceva sempre che erano ‘antigravitazionali’, e in effetti avevano sempre un aspetto abbastanza ‘sparato per aria’ nonostante fossero lisci; solo quando faceva la doccia si afflosciavano, gonfi d’acqua.
Quelli di Killua invece erano ossigenati e quasi ricci, sempre scompigliati, ma questo creava un effetto tutt’altro che disordinato o trasandato, anzi. Persino zia Mito aveva detto quanto Killua fosse un attraente e bel ragazzo con i suoi occhi color zaffiro e capelli particolari. I suoi riflessi erano argentati e davano l’impressione che emanasse luce propria, proprio come una stella.
Gon, senza aprire gli occhi, sospirò. “Ce l’ho fatta.”
“Mh-mh..”
“Ora me lo dici chi è?” Socchiuse gli occhi, il minimo per osservare l’altro.
Killua studiò l’espressione tenera del ragazzo. Le sue iridi ambrate screziate d’oro brillavano nonostante fossero appena visibili. Era come guardare due piccoli soli. Non fermò la mano dal disegnare dei piccoli cerchietti fra i capelli.
“Mh.. È una mia amica d’infanzia.”
Gon si tirò su, con dispiacere del ragazzo, che dovette ritirare la mano e smettere di muovere le dita in quella morbida matassa nera.
“Un’amica d’infanzia? Non me ne avevi mai parlato.” Disse, aprendo di più gli occhi.
“Beh, eravamo vicini di casa quand’eravamo bambini. Siamo praticamente cresciuti insieme, ma circa un anno e mezzo fa si è dovuta trasferire con la sua famiglia, e io pure quest’estate.” Fece spallucce, come per dire che in un modo o nell’altro il loro destino era segnato.
“E? Vi eravate persi?” Chiese, curioso di saperne di più.
“No. Non abbiamo mai smesso di scriverci o chiamarci. Per Natale e per i nostri compleanni ci siamo anche mandati un regalo.”
Gon aggrottò le sopracciglia. “Però.. Non me l’hai mai nominata, e poi non hai mai chattato così tanto con qualcuno quando siamo insieme. Neanche con Alluka sei così veloce a rispondere.” Affermò, abbastanza contrariato che l’altro non gliene avesse mai fatto menzione, poi fece un sorrisino malizioso. “Non è che hai una cotta per lei?”
Killua lo guardò, sbattendo le palpebre alcune volte prima di scoppiare a ridere senza riuscire a trattenersi.
“Eh? Cos’ho detto?! Killuaaa!”
Quello si asciugò una lacrima dagli occhi azzurri, mentre riprendeva fiato. “Gon, sei.. Ah, sei davvero incredibile!” Rise ancora, poi cercò di ricomporsi sotto lo sguardo arruffato dell’altro. “Comunque no, Canary è lesbica. E il motivo per cui ci stiamo scrivendo così tanto è che verrà in zona per Capodanno. Ha una casa qua in periferia e vuole festeggiare con alcuni nostri vecchi compagni, altri suoi amici e la sua ragazza.”
Gon spalancò gli occhi, decisamente imbarazzato per la gaffe appena fatta. Tirò un’altra testata al tavolo, fra le risate dell’altro.
“Mi ha chiesto se voglio andare, così ci stavamo scambiando idee per la festa.” Killua gli sorrise, mentre lui cercava di sprofondare nel quaderno di matematica. “A proposito, pensavo di chiedertelo a compiti finiti in realtà, ma di questo passo dovrei aspettare l’anno nuovo. Ti andrebbe, ecco.. Di venire con me?”
Il moro sollevò lo sguardo su di lui, cercando di radunare i pensieri. Killua gli aveva appena chiesto di festeggiare insieme l’anno nuovo?
“Io.. Sì, penso di sì.”
Killua gli rivolse un sorriso soddisfatto e digitò qualcosa sul cellulare. “Perfetto! Allora glielo dico subito.”
Gon pensò che i suoi amici non sarebbero stati affatto contenti di sapere che non avrebbe festeggiato con loro, ma con Killua. A casa di una sconosciuta.
Pensò anche che non gli interessava più di tanto cosa pensassero i suoi amici.
Il ragazzo mangiò un cioccolatino che Mito aveva lasciato per loro, mentre il moro lo stava ancora guardando.
“Mh? Fhe cf’è?” Chiese, gustandosi il dolcetto.
“Niente, pensavo che non ti piacesse stare in mezzo alla gente.”
Aveva conosciuto Killua nel suo angolo di mondo, tagliato fuori dalla folla. Gli sembrava così strano pensarlo a una festa.
Quello inghiottì il cioccolato ormai sciolto per rispondere. “Non è che non mi piace la gente, quando vado alle feste mi diverto molto. Semplicemente non deve essere gente fastidiosa, e a scuola ce n’è tanta, per questo lì preferisco starmene per i fatti miei. Ma in questo caso conosco gli amici di Canary, sono persone a posto per i miei standard e molto simpatiche. Quindi so già che ci sarà da divertirsi.”
Gon aggrottò ancora le sopracciglia. Alle feste? “Quindi.. Tu vai spesso a feste o che?”
Killua annuì, guardando in alto a sinistra per rispondere. “Beh, più o meno. Capita che io vada in un locale nel fine settimana, o dopo un lavoro. Mi piace svagarmi e divertirmi per staccare po’, tutto qui.”
L’altro sentì una fitta al cuore che non sapeva come definire. Studiò la sua espressione. “In che senso?”
“Cosa?” Lo guardò inclinando la testa, perplesso.
Sembra un gattino, pensò Gon. “Svagarti e divertirti..”
“Oh. Beh, niente di che. Bere o fumare qualcosa, andare con qualcuno. Cose così.”
Altra fitta. Gon lo guardò in silenzio per qualche secondo.
Non aveva mai pensato che Killua andasse con persone sconosciute o cercasse qualcosa con loro. Ricordava di avergli chiesto, ormai settimane prima, se fosse fidanzato, e alla sua risposta negativa aveva automaticamente escluso qualsiasi tipo di relazione. Nel senso, cancellato proprio del tutto, anche cose meramente fisiche.
Sapeva che all’amico piacevano ragazzi e ragazze, lui stesso gliel’aveva detto, e Gon non aveva avuto alcun problema con quello, ma era rimasto al ‘no’ di tanto tempo prima e non gli era neanche passato per la mente che Killua potesse andare a casaccio con persone senza volto e senza corpo, senza avere con loro un legame emotivo.
“Gon?”
La voce dell’altro lo richiamò al presente. “Eh?”
“Qualcosa non va?” Ancora quell’espressione perplessa e curiosa.
“Eh? Nono, niente..” Si affrettò a dire, scuotendo la testa con la speranza di scrollarsi anche quei pensieri.
Killua lo osservò ancora per un po’. “Mh.. Se lo dici tu. Sei sicuro?”
Quello annuì. Che diavolo gli prendeva? Non era affar suo chi il suo migliore amico decideva di baciare, abbracciare, toccare o sc-..
Un brivido e una morsa alla gola.
“Killua?” Lo chiamò, mentre il ragazzo era distratto a ripiegare più e più volte l’alluminio che aveva avvolto il suo cioccolatino.
“Mh?”
“Tu..” Sentì, per qualche strano motivo a lui sconosciuto, la bocca asciutta come la sabbia.
“Io?” Gli fece eco quello, continuando a giocare con la stagnola.
“Sei vergine?” La sua voce era più bassa di quanto avrebbe voluto, e per un secondo temette di dover ripetere la domanda. Sentì le guance scaldarsi un po’. Nonostante avesse avuto le sue esperienze, non aveva ancora incontrato qualcuno con cui andare fino in fondo, ma non era certo qualcosa di cui vergognarsi, quindi perché stava arrossendo?
Quello fermò le dita, a metà dell’ultima piega. Non distolse lo sguardo dalla cartina rossa e argento. “No.” Poi lo guardò con la coda dell’occhio. “Perché?”
Quell’azzurro serafico si fissò sul viso di Gon, che non capiva cosa stesse succedendo nel suo stomaco. Non sapeva neanche cosa rispondergli, per la miseria! Già, perché gliel’aveva chiesto?
“Non lo so, curiosità.”
Un sopracciglio di Killua fece un piccolo salto. Mentiva, non sapeva perché, ma Gon stava mentendo, riusciva a capirlo.
Seguirono pesanti secondi di silenzio, interrotti dall’arrivo rumoroso di Mito. Grazie a dio, pensò Gon.
“Vado ad aiutarla!” Saltò in piedi, fiondandosi all’ingresso, cogliendo l’occasione al volo.
Killua lo seguì in silenzio con lo sguardo, pensieroso.
 
Gon sbuffò alle varie notifiche che gli arrivarono. Come aveva previsto, quando aveva scritto sul gruppo con i suoi amici, questi si erano scatenati.
Rioleo: Come sarebbe a dire che vai con quello a capodanno?! E noi?!?
Neon: Ma sei matto Gon? Non dovresti fidarti di lui, figuriamoci dei suoi amici!
KurKur: Ma fategli fare come vuole, è passabilmente adulto e vaccinato!
Neon: Kura, non ti intromettere!
Rioleo: Esatto, stai zitto!
Gon: Ragazzi, davvero, state esagerando.. Killua è davvero simpatico e, al contrario di voi, ha già un piano per capodanno
Neon: Che ci inviti allora! >:c
Rioleo: Appunto
Gon: . . .  E perché dovrebbe? Non è casa sua, non organizza lui, non vi conosce neanche così bene!
Neon: Perché, tu conosci qualcuno dei suoi amici?

 
Il ragazzo sospirò. Che amici rompic..
Gon: No, ma conosco lui
Rioleo: E non ti basta per non andare?
Gon: >:C
KurKur: . . .
Neon: Kurapika che vuoi? Sei d’accordo con noi tanto
KurKur: No, se Gon vuole andare con Killua, non ci vedo niente di male. E non voglio essere invitato a casa di qualcuno che non conosco, grazie
Gon: GRAZIE KURAPIKA
Rioleo: Falzo.
Neon: Non dovresti andare Gon, anche tu non conosci questa persona!
Gon: Perché no? È una sua amica d’infanzia!
Neon: Ha anche delle amiche femmine quello?
Rioleo: Neon, quello ha anche delle spasimanti di tutti gli anni e di tutti i generi..

 
Gon aprì di più gli occhi, drizzando le antenne a quel messaggio di Leorio. Digitò velocemente, sperando inoltre di riuscire a cambiare argomento e sviare l’attenzione da sé.
Gon: Davvero?
KurKur: Sì. Retz ad esempio, la ragazza bionda di un’altra sezione
Rioleo: E anche Eliza
Neon: Non è vero!! A Eliza non piace affatto quello là
KurKur: È la tua migliore amica e non te l’ha detto?
Neon: L’ha detto a voi?
Rioleo: No, ma dai, Neon.. È palese..
Neon: Cosa vorreste dire con questo?!
KurKur: Niente..
Rioleo: Niente..
Gon: . . . Palese perché?
Neon: Infatti.
Rioleo: Raga ma siete seri? Ogni volta che Gon è con lui li fissa con una faccia.. Quindi o le piace Gon, o vuole farsi Killua.
Gon: . . .
KurKur: E dato che è la tua migliore amica, io e Leorio pensavamo alla seconda
Neon: COSA CAZZO C’ENTRA
Rioleo: Lol
Gon: Ma quindi pensate se lo voglia portare a letto?
Neon: GON NON METTERTICI ANCHE TU ASHDBAISBGSLE
KurKur: Sì
Rioleo: Sì
Neon: SMETTETELA VOI DUE!! NON È POSSIBILE!

 
Il moro sentì una morsa allo stomaco. Eliza era una loro compagna di classe più o meno dalle elementari, ma non ci aveva mai legato moltissimo, sebbene ci fosse anche lei quando uscivano, in quanto migliore amica di Neon. Le due ragazze erano davvero legate, avevano deciso di tingersi insieme i capelli: Neon blu elettrico, Eliza viola orchidea.
Era una bella ragazza, ma non si era mai perso più di tanto a guardarla. E certamente non si era neanche accorto che lei lo guardasse quando stava con Killua, ma d’altronde era il suo amico a riuscire a contare le paia di occhi puntate su di loro quand’erano insieme con un’assurda precisione. Anche perché Gon non avrebbe potuto, li fissavano sempre in parecchi.
Eliza era sempre al fianco di Neon, ma era una presenza quasi evanescente al contrario dell’altra ragazza, un po’ come lo era Killua accanto a lui, una luminescente ma silenziosa ombra.
Era possibile che Killua la trovasse interessante? Che potessero mai piacersi? Che potesse portarsela a letto? Che potesse..
Scosse la testa. Troppi interrogativi, e i due suddetti non si conoscevano nemmeno così bene. Inoltre, la sera in cui Killua era uscito con loro c’era anche lei, ma non si erano parlati. Se lei fosse stata veramente interessata al suo amico, probabilmente ci avrebbe parlato.
Ci avrebbe parlato come aveva fatto Kurapika, una volta trovati quei duecento argomenti in comune, o Leorio, di cui il ragazzo aveva immediatamente trovato il punto debole con cui stuzzicarlo, o lui stesso, Gon. A ripensarci, avevano parlato quasi solo fra loro due.
Nel frattempo, il suo cellulare aveva continuato a vibrare per le notifiche e la discussione era andata avanti. Ignorò i messaggi precedenti e rispose solo agli ultimi.
Rioleo: In sostanza, Gon non ci vuole fra i piedi mentre cerca di vincere una partita persa. Per questa volta chiuderò un occhio
KurKur: Faccia come vuole, se si divertirà tanto meglio, no?
Neon: Come potete dire così?? Non siete suoi amici?!
Gon: Grazie della comprensione ragazzi, l’anno prossimo si festeggia insieme! Buona notteeeehh! :D
Neon: Gon!!

 
Silenziò il gruppo e spense lo schermo mentre la porta di camera sua si apriva.
Killua entrò stropicciandosi un asciugamano sui capelli, indossando la ‘tenuta da notte’ che metteva sempre quando si fermava a dormire da Gon: canotta nera e pantaloni della tuta grigi. Tutte le volte che Gon apriva l’armadio e vedeva quelle due sue vecchie cose, pensava ai capelli bianchi argentei di Killua.
Quello si sentì osservato e aprì un occhio in sua direzione. “Mh? Che c’è?”
“Eh?” Rinvenne dall’osservare come alcune goccioline risaltassero sulla pelle chiarissima delle braccia del suo miglio-
“Mi stavi fissando, ho ancora del sapone?” Chiese, strappandolo alle sue divagazioni.
“Uhm..” Batté un paio di volte le palpebre. “No, penso di no.”
Killua appoggiò l’asciugamano umido sulla sedia, stendendolo in modo che potesse asciugare durante la notte, e avvicinando il tutto al termosifone.
I suoi capelli erano così fini e morbidi, sembravano una nuvola leggera.
“Lo stai facendo di nuovo.” Disse semplicemente, mentre sistemava l’asciugamano senza guardare l’amico.
“Scusa.” Mormorò Gon. Era steso a letto, ma si era inconsciamente girato su un fianco per poter guardare Killua.
Quello si girò verso di lui, inclinando un po’ un sopracciglio con aria perplessa. “Va tutto bene?”
“Eh? Sì, perché?” Aprì di più gli occhi. Killua non aveva ancora il dono della telepatia, per fortuna, pensò Gon, però riusciva sempre a capire se lui aveva qualcosa. È anche vero che in quel momento si stava fissando un po’ troppo sull’amico.
“Sei strano da oggi. È per qualcosa che ho detto?” Chiese, mentre si avvicinava al letto.
Perché deve avere sempre questo passo da pantera?, si domandò mentalmente Gon, sentendo qualcosa attorcigliarsi nello stomaco. Scosse appena la testa per scacciare il pensiero. Non trovava mica sexy il modo di muoversi del suo migliore amico?
Quello si stese su un fianco accanto a lui, in modo da stare faccia a faccia. Era appoggiato con lo zigomo al pugno chiuso, il gomito puntato sul cuscino e i muscoli del braccio tesi per la posizione. Gli occhi azzurri brillavano di curiosità.
Gon si rese conto di stare in apnea da una buona manciata di secondi solo quando i suoi polmoni iniziarono a richiedere aria.
“Uhm..” Cercò di fare mente locale a cosa rispondere, ammesso di ricordare la domanda. “Penso di sì.”
Ora l’espressione felina di Killua era una sorta di curiosa confusione. “Pensi? Cioè?”
“Per quello che hai detto oggi..” Iniziò, già sentendo la bocca asciugarsi. Il suo corpo non si stava dimostrando particolarmente collaborativo quel giorno.
“Mh?”
“La cosa del.. Mh..” Nonostante la loro confidenza, per la prima volta, Gon trovò incredibilmente soffocante la presenza dell’altro a una manciata di centimetri da sé mentre cercava di parlare. “Dello.. Svagarti.. Con altre persone..”
Killua lo osservò in silenzio, la scintilla di curiosità aveva lasciato il posto a uno sguardo serio, che lo studiava nel suo imbarazzo a parlarne. In quel momento, Gon invidiò moltissimo la totale assenza di pudore di Leorio nel toccare alcuni argomenti. Ma davvero molto.
“Insomma, quando hai..” Tentò di aggiungere qualcosa, ma sentì venir meno sia la voce che le parole.
“Sì, ho capito a cosa ti riferisci.” Lo interruppe. L’espressione ancora indecifrabile.
Era curioso? Imbarazzato? Confuso? Aveva fame? Gon non riusciva a capirlo e, dio!, la cosa lo metteva ancora più a disagio.
“Quindi? Qual è il problema?” Chiese, tagliando i suoi pensieri.
“Fa.. Strano, ecco. Non ti ho mai visto con nessuno, mi fa.. Strano, pensare che vai a letto con.. Con persone a caso..” Rispose, facendo uno sforzo immane per tirarsi fuori le parole dalla gola, che in quel momento sentiva andare a fuoco.
Senza accorgersene aveva abbassato un poco la voce ad ogni parola.
Killua continuò a osservarlo senza cambiare espressione, solo per un brevissimo istante a Gon parve che dietro a quei cristalli blu fosse scattato qualcosa. Il ragazzo schiuse appena la bocca per parlare.
Ti dà fastidio?
Una domanda, poco più che un sussurro, che colpì Gon esattamente al centro dello sterno. Si stavano studiando a vicenda, in quel silenzio tiepido che avvolgeva i loro pensieri e separava le loro parole.
Un monosillabo uscì dalle labbra di Gon, senza che questo si fermasse a rifletterci. Gli occhi di Killua si fecero un po’ più grandi.
Sì.
Il tempo rimase sospeso fra loro, mentre si guardavano negli occhi.
Il ragazzo si passò una mano fra i capelli chiari, annuendo appena.
Va bene, allora non lo rifarò.” Sussurrò, sorridendo dolcemente a Gon.
Il moro trattenne il respiro, sentendo il cuore che gli accelerava nel petto, sperando che si calmasse. Avrebbe voluto dirgli ‘no, non importa’, ma qualcosa nel sorriso di Killua gli sciolse le parole sulla lingua.
L’altro si allungò per spegnere la luce, infilandosi poi sotto la coperta accanto al moro. Trovò anche al buio la luce dei suoi occhi dorati e l’accenno di un sorriso sulle labbra, poco prima di addormentarsi. Quando sentì la presenza dell’altro svanire fra i flutti del sonno, la sua espressione tornò pensosa, mentre lo guardava dormire placidamente a un soffio di distanza. Un solo pensiero si incise nella sua mente prima di chiudere a sua volta gli occhi chiari.
È geloso?








___________________
Note dell'Autrice

Ciao again!
Come vi va l’estate? Spero meglio che alla sottoscritta, che fra pressione bassa e sessione d’esami ho una voglia di settembre che non vi dico lol
Anyway, ormai è passato un mese da quando Gon ha accettato la scommessa, e il rapporto fra i due va a gonfie vele.. più o meno?
Questo capitolo è molto fluffoso, mi è piaciuto molto scriverlo e mi ha dato soddisfazione. Con un Gon stupido pensieroso e qualcos’altro che lui stesso non sa definire. Noi sappiamo che non sono le polpette di zia Mito della sera prima ad essergli rimaste sullo stomaco, ma non glielo diciamo perché così è più divertente, ve’?
Una piccola nota: non so come sia da voi, dato che a quanto ne so è un po’ regionale l’interpretazione in questo senso del verbo “andare”, qua da me con “andare con qualcuno” si intendono tutte le sfumature dal bacio alla francese al farci sesso, per questo Gon fa quella domanda a Killua.
                                
Un’altra cosa che mi ha un sacco divertita è stata trovare dei nomi simpatici con cui Gon potesse aver salvato Leorio e Kurapika (e le loro risposte all’unisono contro Neon), lol.
Lo so, sono una bimba, ma se leggeste la mia rubrica vi fareste un paio di domande sulla mia sanità mentale (ho un Paul McCartney, un Brancaleone, un Caio Giulio Cesare, una Leuconoe, e potrei andare avanti all’infinito). Comunque, il titolo di oggi è “Someone that loves you” di HONNE & Izzy Bizu, già che siamo in tema nomi strani.
E boom, con questa domanda che aleggia nella mente del nostro killer preferito, vi do il consueto appuntamento a venerdì prossimo!
Prima di salutarvi, come al solito ringrazio la mia splendida beta, la sopracitata Paul, che legge e corregge ogni mia riga.
Ringrazio anche l’immancabile Zyad, che come sempre ha recensito lo scorso capitolo e mi fa sentire meno sola in questa studiosa estate, e un grazie anche alle persone che hanno voluto seguire questa storia. Grazie anche a chi legge in silenzio, e rinnovo a tutti il mio invito a farmi sapere cosa ne pensate della storia so far, giuro che non mordo :3
 
Via, ora mando a tutti voi un gigantesco abbraccio e ci si legge venerdì prossimo!

Athelyè ~

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Capitolo 10
*** I'll Be There For You ***




Exactly Another Teen Story

Capitolo X – I'll Be There For You


Gon aveva insistito perché si vedessero anche quella domenica, il giorno prima della vigilia. La scuola era chiusa da due giorni, e Killua sentiva già la mancanza di quel rompiscatole del suo migliore amico, quindi aveva accettato immediatamente di vederlo.
Si erano trovati davanti al loro bar, quello dove andavano in genere il sabato pomeriggio a chiacchierare, e Gon aveva sfoderato un sorriso da almeno mille watt. Il suo sesto senso lo mise sull’attenti e una sensazione di disagio lo avvolse, ma solo poco dopo ne capì il motivo. Davanti alle loro cioccolate calde, il moro gli porse un pacchettino, mentre l’altro lo fulminava con lo sguardo.
“Gon. Cos’è questo?” Disse, accigliandosi.
“Un regalo!” Esclamò, tutto contento.
“Grazie, non ci sarei mai arrivato se non me l’avessi detto.” Commentò sarcastico. “Intendo, cosa ti è saltato in mente?!”
“Eh? Perché? Sei mio amico ed è Natale, che c’è di male?”
Killua sospirò, scuotendo la testa. “Io non ti ho portato niente.”
Gon gli sorrise. “Sì, lo so. L’avevamo deciso insieme di non farci niente.”
Quello lo guardò storto. “E?”
“E cosa? Non mi interessa, se è quello che volevi sapere. Volevo farti una sorpresa, tutto qui.” Disse con il suo solito gigantesco sorriso stampato in faccia, spingendo verso di lui il regalo.
Il ragazzo lo prese, sbuffando, rigirandoselo un po’ fra le mani per studiarlo. Era un pacchettino incartato con cura, verde chiaro metallico. Come la sua giacca, pensò sorridendo. Il verde era in assoluto il colore che Gon indossava più spesso, in qualsiasi sfumatura si potesse pensare. Dal verde lime al verde abete, il moro aveva sicuramente un abito di quel particolare colore. E tutti i giorni metteva qualcosa di verde, ad esempio quel giorno aveva guanti e sciarpa di un vivace color smeraldo.
Aveva anche un fiocchettino rosso acceso per decorarlo, perché era tenuto chiuso da un’eccessiva quantità di nastro adesivo.
“Scusa, non sono un granché a fare i pacchetti.” Ridacchiò imbarazzato, portandosi una mano sulla nuca.
Killua lo guardò un secondo per sorridergli. Studiò le dimensioni del regalo. Era poco più grande del palmo della sua mano. Lo agitò accanto all’orecchio, ma sentì solo un rumore camuffato e attutito.
“è solo una sciocchezza, comun-”
“Taci.” Lo zittì, mentre cercava seriamente di capire cosa fosse. Intanto Gon fremeva per l’agitazione.
Finalmente Killua si decise a scartare il regalo, con una precisione quasi maniacale per non strappare la carta. Un’altra scatolina bianca gli rimase nella mano. La aprì.
Un enorme sorriso si dipinse sul viso del ragazzo, che si sbrigò a togliere l’oggetto dalla sua custodia. Erano due yo-yo metallici con ai lati un esagramma dorato su uno sfondo blu scuro, quasi violaceo.
Guardò con stupore e felicità Gon. “Tu.. Te lo sei ricordato!”
“Sì..” Gli sorrise. “Ti piace?”
“Se mi piace? Gon, sono identici a quelli che avevo da piccolo!” Esclamò, entusiasta. “Sono solo più leggeri, ma per il resto sono davvero uguali.”
Gon sospirò, ora più tranquillo. Missione compiuta, pensò con soddisfazione, mentre l’altro continuava a sorridere al suo regalo.
Improvvisamente, Killua rallentò il suo entusiasmo, mordendosi il labbro per cercare di darsi un tono. Era decisamente contento, e quella visione scaldò il cuore di Gon.
“Ti insegnerò a usarli.” Gli disse sorridendo.
“Non vedo l’ora!” Rispose, riflettendo il sorriso. “Devi anche insegnarmi ad andare in skateboard!” Gli ricordò.
“Sì, hai ragione.” Annuì. “Lo aggiungo ai buoni propositi per l’anno nuovo.”
“Uh? Ne hai altri?” Chiese Gon, curioso.
“Sì, qualcuno.” Rispose, mentre metteva accuratamente via i suoi yo-yo. Dio, quanto gli piacevano!
“Tipo?”
Killua gli fece un occhiolino. “Segreto.”
A questo seguì un lamento e uno sbuffo. “Come sarebbe a dire?! Non sono mica desideri!”
Quello rise all’espressione imbronciata dell’amico. “Lo so, ma se te li dico tutti ora che gusto c’è?”
“Uffa. Sei antipatico.”
“Sì, lo so. Ma mi vuoi bene anche per questo, no?” Ribatté con un sorrisetto furbo.
Il cuore di Gon perse un battito, ma non ci diede peso, e anzi gli rispose al volo. “Già, ma è il tuo bello.”
Killua gli fece una linguaccia. I due si guardarono un istante e poi scoppiarono a ridere. Scherzarono e si punzecchiarono per il resto del pomeriggio, chiacchierando e ridendo.
“Oi, allora stammi bene per Natale eh.” Disse Killua, quando furono fuori dal bar, pronti per tornare a casa.
“Anche tu! E salutami Alluka e Kalluto!”
“Sarà fatto.” Annuì il ragazzo. “Tu fai gli auguri a Mito.”
“Certo. Anche sarà triste di non averti a tavola con noi.”
“Tranquillo, vista la tua fame non penso che sentirà la mancanza del mio stomaco.” Ridacchiò.
“Ma io sì.” Killua inarcò un po’ le sopracciglia con un mezzo sorrisetto per la risposta di Gon, che si affrettò ad aggiungere qualcosa. “A tavola intendo, per fare a gara a chi mangia di più, ovviamente.”
“Ovviamente.” Gli fece eco lui, con un sorriso malizioso che gli cresceva sulle labbra. Killua pensò di averlo visto, solo per un istante, arrossire.
Gon non sapeva bene come ribattere, ma per fortuna fu l’altro a salutarlo di nuovo. “Dai, fa’ a modo. Ci si sente. Scrivi quando arrivi.”
“Guarda che fra i due sei tu che rischi l’infarto, ciminiera.”
Killua rispose semplicemente alzando il dito medio e schioccando la lingua, mentre l’altro gli faceva la linguaccia.
“Guarda te, quando uno cerca di fare il premuroso.. Queste nuove generazioni, ah!” Scherzò, infilando le mani in tasca per prendere il pacchetto di sigarette.
Gon rise. “Ma se ho due mesi più di te!”
L’altro si infilò fra le labbra il tubicino, portando una mano davanti alla fiamma per accendere. Il fuoco illuminò di arancione il suo viso per un paio di secondi, facendo contrasto con gli occhi azzurri. Il moro rimase a guardarlo, incantato, per qualche istante, finché quello non gli soffiò una nuvola di fumo dritto in faccia, facendogli strizzare gli occhi e arricciare il naso per la sorpresa.
Killua fece un sorrisetto divertito per la reazione dell’amico. “Dicevi, vecchietto?” Quello gli rispose con un’altra linguaccia.
Dopo qualche minuto, il tempo che Killua finisse la sigaretta, riuscirono a salutarsi senza che nessuno ribattesse niente, prendendo direzioni opposte sulla strada.
 
Ventiquattro dicembre, ore undici e cinquanta. La chiamata era iniziata da quindici minuti circa.
“Hai passato una bella vigilia?” Chiese, giocando con un’onda argentata dei suoi capelli, premendosi il telefonino all’orecchio.
Sì, ho mangiato un sacco! Mia zia ha fatto l’arrosto e le patate al forno e mia nonna ha portato il dolce. Tu?” Dall’altra parte della cornetta, la voce allegra di Gon gli faceva compagnia nel buio di camera sua.
“Noi abbiamo fatto una cena di pesce, ma anch’io sto scoppiando.” Ridacchiò. “Stai aspettando anche tu la mezzanotte, quindi?”
Sì, anche te?” A Killua venne istintivo annuire, anche se l’altro non poteva vederlo, poi se ne rese conto e rispose a voce.
E non sei con la tua famiglia?
“No, a mezzanotte Alluka fa il giro della casa per chiamare tutti giù in sala per scartare i regali. Quindi per ora sto in camera tranquillo. Anche tu non sei con Mito e tua nonna, sbaglio?”
Già. Mia nonna è andata a dormire, perché domattina vuole andare in chiesa. Zia Mito invece sta sistemando le ultime cose sotto l’albero..” Piccola pausa, in cui rimase attento. “Killua?
“Mh?”
Quindi dopodomani, il ventisei, ci vediamo?
“Certo, te l’ho chiesto io. Perché non dovremmo?”
Non lo so.. Ahahah! Comunque, per l’ultimo dell’anno dove ci troviamo?
Già, Gon aveva accettato il suo invito. Canary aveva insistito perché portasse questo suo famoso migliore amico, soprattutto quando, dopo cinque minuti di conversazione, un po’ per messaggio e un po’ per telefonata, gli aveva estorto i suoi sentimenti. ‘Lo voglio assolutamente conoscere!’ aveva detto lei fra le proteste del ragazzo, in realtà speranzoso che l’amico accettasse.
E così era stato, per la gioia sua e della sua amica che, Killua ne era certo, non sarebbe riuscita a mantenere un distacco, date le informazioni ‘riservate’ di cui era a conoscenza.
Oi? Killua, ci sei?
“Eh? Ah. Sì, sì. Uhm.. Passo io da casa tua e andiamo insieme, ti va?” Propose. Ci mancava anche che la sua famiglia vedesse la persona per cui aveva smesso di giocare. Solo Canary lo sapeva in realtà, ma era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso della sua curiosità.
Sì, certo! Dobbiamo portare qualcosa? Che so, cibo, da bere..
“No, ha detto Canary che penserà a tutto lei. In cambio pretende che si vada da lei alle sei, così da passare un po’ di tempo insieme prima che arrivino gli altri.” Rispose, sorridendo dell’apprensione di Gon di fare buona impressione.
Ah, d’accordo. Ma.. Vuoi andare tu da solo? Io posso sempre raggiungervi dopo, con gli altri.” Il suo tono era titubante.
Killua ridacchiò. “Visto il tuo senso dell’orientamento? Puoi cavartela in un bosco forse, ma in città senza conoscere il posto ti perderesti di sicuro!”
Gon dall’altro capo sbuffò. “Ehi! Guarda che, alla peggio, posso sempre mettere il navigatore.
“Certo, ma è meglio se vieni con me.” Rise. “Inoltre, Canary ti vuole conoscere.”
Uh? Davvero?
“Mh-mh.”
Killua sentì ruzzolare qualcosa per le scale, mentre nel cellulare sentì come degli scoppi. Controllò l’ora. Era appena scattata la mezzanotte. Sorrise, sentendo le grida divertite di sua sorella in corridoio.
“Comunque.. Buon Natale, Gon.”
Buon Natale anche a te, Killua.” Il ragazzo percepì il sorriso dell’altro in quell’augurio.
“Ci sentiamo per messaggio, allora. Fai tanti auguri da parte mia anche a Mito e a tua nonna, anche se non la conosco.” Disse, mentre si metteva seduto sul bordo del letto, pronto ad alzarsi. Alluka andava a chiamarli in ordine di età, quindi aveva il tempo di due fratelli.
Sì, anche tu fai gli auguri a tutti..
Mancava qualcosa. Killua lo sentiva, in quella frase mancava qualcosa, ma non sapeva cosa.
“Allora.. Ciao?”
Mh-mh, ci si sente.. Salutami Alluka. Oh, e.. Killua?
“Sì?”
. . .” Gon sembrò prendere un respiro. “Mi manca vederti. So che non ci vediamo praticamente da un solo giorno, ma fa strano non essere lì per stressarti dalle sette di mattina.
Killua sgranò gli occhi. “Gon.. Dio, quanto sei imbarazzante!” Fu l’unica cosa che riuscì a dire, mentre arrossiva ridendo, per fortuna lontano dagli occhi del moro. “E poi non mi stressi, stupido.”
Gon rise piano nel suo orecchio. “Quindi ti manco anch’io?
Killua si morse il labbro, cercando di capire cosa rispondere per non suonare sdolcinato e imbarazzante allo stesso modo. “Certo che mi manchi, idiota. Qua non ho nessuno da prendere in giro.”
Killuaaa! Antipatico!” Esclamò, fra le risate.
“Mi dispiace, questo passa il convento. Prendere o lasciare.” Ridacchiò a sua volta.
Farò questo sacrificio, anche se sei antipatico.” Arrivò la risposta, con un tono più dolce.
Killua sorrise. Sentì bussare alla sua porta, poi un’esile figura avvolta in un vestito rosso acceso aprì senza aspettare il permesso e gridò entusiasta. “Fratellone! Forza, muoviti! È Natale!”
Il ragazzo assottigliò gli occhi per riabituarsi alla luce entrata nella stanza insieme a sua sorella, mettendosi istintivamente una mano davanti al viso.
Lei lo squadrò per un secondo, poi le comparve un enorme sorriso sulle labbra e urlò di nuovo. “AUGURI GON! Ora vieni, fratellone!” E detto ciò, uscì di nuovo di corsa.
Sia Killua che Gon rimasero un secondo in silenzio, poi risero all’unisono. “Come hai sentito, il generale vuole che vada.”
Sì, salutamela, ahahah! Allora.. Ancora tanti auguri, Killua. Ci sentiamo in chat!
“Yep, auguri anche a te e a fra poco!”
Fu Gon ad attaccare, mentre Killua si alzava e usciva da camera sua infilandosi le mani in tasca, con un sorriso che aveva il sapore di felicità sul viso.








_________________
Note dell'Autrice

Buon salve gente! Scusate se pubblico tardi oggi, giornata piena di impegni, e questo è il primo (ed ultimo) attimo libero che ho.
Non c’è molto da dire, a questo giro sono stata un po’ infame perché è un mero e corto capitolo corridoio. Però è tutto dolcino e fluffoso dai, passatemelo uwu
È anche completamente fuori contesto, dato che nel mondo reale manca meno di un mese a ferragosto, ma ssshhhh! Non diciamolo a nessuno XD
D’altronde questa storia io l’ho scritta in pieno inverno. Abbiate pazienza, voi, perché io non l’ho avuta di aspettare mesi a postare lol.
Ma su, tutto questo fluff valeva la pena, no? No? NO??!
La canzone che dà il titolo al capitolo di oggi è “I’ll be there for you” dei Rembrandts, che chiunque conosce perché è la sigla di Friends. Non avete mai visto Friends? Vergogna!
Scherzi a parte, ringrazio la mia dolce betà (*badum tss*) che legge e corregge con pazienza, ringrazio Zyad che commenta sempre facendomi sempre sorridere, e ringrazio tutti i lettori, silenziosi e non, che seguono questa mia storia <3

Ci si legge venerdì prossimo con un capitolo col botto, un abbraccissimo bella gente!

Athelyè ~

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Capitolo 11
*** Aspettavo Solo Te ***




Exactly Another Teen Story

Capitolo XI – Aspettavo solo te


Gon osservò il nuovo arrivato sulla sua scrivania accanto alla lampada. Un piccolo peluche blu a forma di balena, con gli occhi enormi e color ambra, abitava i pressi della lampada e gli sorrideva mostrando i fanoni. E Gon gli sorrideva di rimando, al pensiero del ragazzo che gliel’aveva portata.
Killua era venuto al loro appuntamento con questo pacchetto tondo e un po’ scartocciato. ‘Avrei dovuto usare un sacchetto’, era stata l’unica cosa che aveva detto prima di porgerglielo. Gon gli aveva detto che non era necessario che gli facesse un regalo, ma lui, con un vago colorito rosa sulle guance, gli aveva risposto ‘Stupido, non lo faccio per ricambiare, aveva già intenzione di dartelo, dato che quando l’ho visto mi sei venuto in mente’. Inutile dire che, a quella frase, Gon aveva sfoderato uno dei suoi sorrisi da mille watt che azzeravano qualsiasi altra fonte luminosa nel raggi di tre chilometri.
Così, quel pupazzo ora viveva in camera sua. Era piaciuto molto anche a sua nonna e sua zia, che l’avevano trovato un pensiero molto dolce.
In quei giorni senza vedersi, Gon e Killua si erano scritti di continuo, tanto che anche a cena Mito non faceva altro che bacchettare il nipote, rimproverandolo di stare sempre incollato a quel maledetto arnese. Gon aveva sempre fatto orecchie da mercante.
E adesso, era emozionato, o meglio, agitato, per l’indomani: Killua sarebbe passato a prenderlo per andare da quella sua amica.
Ora, come dovreste aver capito a questo punto, Gon era una persona davvero spigliata nel socializzare con gli altri, ma l’idea di non riuscire a fare una buona impressione su Canary lo metteva molto a disagio. Non sapeva neanche perché poi. Killua gli aveva assicurato che la sera ci sarebbe stato un mare di gente, e che non era obbligato a stare o parlare tutto il tempo con lei, ma il fatto che fossero ospiti a casa sua lo metteva terribilmente in soggezione. Non sapeva nemmeno com’era di carattere quella ragazza!
Inoltre non aveva idea di come vestirsi. Killua a riguardo era stato molto criptico e vago. ‘Vestiti come ti senti a tuo agio’, così gli aveva detto. Come se fosse facile.
Si sentiva a suo agio praticamente con tutto, per sua fortuna anche se non in questo caso, dato che si sarebbe sentito un pesce fuor d’acqua se si fosse presentato in jeans a una festa elegante o, viceversa, in smoking fra persone ‘casual’. Questa cosa di non sapere cosa mettere lo mandava in bestia.
Per questo aveva scritto a Killua anche in quel momento, o per essere precisi, gli aveva mandato un vocale, con la speranza che l’amico non fosse a lavoro anche sotto le feste e quindi potesse ascoltare e rispondere.
“Quindi tu come ti vesti?
Rapida giunse la risposta. Un vocale, per coerenza. “Che ansia, Gon! Ti ho detto di venire come vuoi, siamo fra ragazzi. Io metterò un paio di jeans e una camicia. Contento ora?
“Non dirlo con questo tono! Non voglio farle una brutta impressione..”
La risposta successiva arrivò per messaggio.
Killua ϟ: Gon, basta che tu sia te stesso. Le piacerai, come sei piaciuto a me, su
Gon: Gn..
Killua ϟ: Ora vai a dormire, che mi sembri nervosetto ;P

 
Gon sbuffò. Gli mandò la buona notte e posò il telefono. Lo sguardo si aggrappò al sorriso della balena. Sospirò, ancora perplesso, ma si allungò verso la lampada per spegnere la luce. Afferrò poi il peluche e se lo portò al petto, in una specie di abbraccio.
 
Killua gli aveva scritto quand’era partito. Quando Gon gli aveva chiesto esattamente come sarebbe venuto a prenderlo, aveva ricevuto solo un “Sorpresa ;D”. Dunque era lecito sentirsi ancora più preoccupato, no? Soprattutto perché non gli aveva mai visto usare altro che mezzi pubblici (e sapeva che Killua usava anche lo skateboard, ma a Gon non sembrava la stagione giusta per quello), quindi non aveva idea di cosa l’aspettasse, anche perché erano già le cinque passate.
Dopo una decina di minuti o poco più, il tempo che Killua gli aveva detto necessario ad arrivare da lui, uscì di casa, fra le mille raccomandazioni di sua zia riguardo al dormire fuori a capodanno (non era certo la prima volta, ma sua zia evidentemente si divertiva a ripetergli sempre le stesse cose). Il cielo era velato ma, incredibilmente, non sembrava fare troppo freddo. Forse era per l’aria secca, pensò.
Davanti alla porta di casa sua c’era un motociclista che sembrava appena arrivato. Gon lo studiò attentamente per un secondo, finché questo non si tolse il casco, rivelando una matassa arruffata di ricci argentati e un paio di occhi azzurrissimi screziati da striature color ghiaccio.
Gon sgranò gli occhi e per poco non sentì cadere la mandibola per lo stupore, mentre sul viso dell’altro si dipingeva un sorrisetto compiaciuto e furbo. Che. Figo., fu il suo primo ed unico pensiero appena finì l’analisi del suo migliore amico: aveva dei jeans lilla chiaro che gli fasciavano le gambe e dalla giacca da moto si intravedeva una camicia antracite.
“Oi, Gon!” Gli sorrise, con un’espressione che tolse il fiato al moro
“Ki-Killua?!” Balbettò.
Quello gli fece l’occhiolino. “Su, che stai aspettando?”
Gon non ne era certo, anzi, ma in quel momento sarebbe stato pronto a scommettere che il suo migliore amico avesse fatto apposta un’entrata ‘in grande stile’, solo per stupirlo in quel modo. Altrimenti, perché non avrebbe dovuto dirgli che aveva una moto?
E soprattutto, perché continuava a sorridergli in quel modo – oh dio – dannatamente attraente?
Scosse via quei pensieri con un deciso movimento della testa. No, è solo Killua, cercò di ripetersi.
“Terra chiama Gon, ripeto. Terra chiama Gon. Va tutto bene?” Ridacchiò lui.
“Da.. Da quando hai e guidi una moto?!” Chiese, mentre si avvicinava al ragazzo.
“Da almeno un paio d’anni e la patente per questa da quando ho compiuto i diciotto, ma questo gioiellino me l’ha risistemato Milluki per Natale. Teoricamente non è esattamente in linea con la legge, ma se dovessero controllarla nessuno noterebbe niente.” Spiegò, soddisfatto della moto che cavalcava.
Gon sbatté alcune volte gli occhi, guardando prima lui e poi la moto nera. “Ma.. Ci andiamo con questa?”
“No, volevo solo fartela vedere. Certo, idiota! Ora monta su, non vorrai fare tardi?” Commentò con il suo solito sarcasmo, facendogli una piccola linguaccia.
“Però.. Non ho un casco.”
“Sì, lo immaginavo. Ne ho portato un altro, infatti.” Così dicendo, glielo passò.
Gon lo studiò un po’, guardandolo inerte. Killua inarcò un sopracciglio, in attesa che se lo mettesse.
“Ehm.. Ecco.. Io..” Gon si grattò una guancia, vagamente imbarazzato.
“Mh?” L’altro, dapprima perplesso, aprì di più gli occhi. “Oh, non sai come metterlo?”
Il moro annuì, ora decisamente imbarazzato.
“Vieni qui.” Gli fece cenno di avvicinarsi sorridendo. Killua gli infilò il casco, sistemandogli con cura il cinturino perché fosse ben assicurato, sfiorando appena la gola di Gon, che rabbrividì al contatto.
“Ecco fatto! Ora sali, e tieniti forte a me.” Disse prima di infilare a sua volta il casco, facendo di nuovo sparire i capelli argentati.
Gon non sapeva come reggersi, e sotto di sé sentiva il motore accendersi e Killua pronto a ripartire non appena avesse sentito le sue mani tenersi in qualche modo. Così, fece la cosa che immaginava come più sicura.
Avvolse le sue braccia intorno a Killua in un abbraccio, stringendosi a lui come se la sua vita dipendesse da quello. Non era mai salito su una moto prima, e la sua stretta era per sincera paura, nonostante si fidasse ciecamente del ragazzo alla guida.
Il cuore di Killua nel frattempo perse un battito, totalmente impreparato a quel contatto. Tuttavia, ripresa lucidità, avviò il motore per partire.
Sfrecciarono per le strade trafficate di quel tardo pomeriggio ad una velocità che, Gon ne era certo, probabilmente superava ampiamente i limiti imposti. Ma non ne era preoccupato, fintanto che sentiva il calore del corpo del suo migliore amico a contatto con il suo. Da parte sua, Killua non aveva mai guidato in modo così prudente come in quel momento, sentendosi addosso la responsabilità di portare un incolume Gon a destinazione. Letteralmente addosso.
Pur standogli attaccato alla schiena come una patella, Gon si guardava intorno per veder sfilare palazzi, portoni e finestre. Usciti dal centro, anche il paesaggio iniziò a cambiare, trovando case singole con ampi giardini. Imboccarono una strada con diverse curve (che Killua si divertì un mondo a fare, nonostante i gridolini terrorizzati di Gon sul suo collo) immersa nel verde. Scorsero un casolare e Killua infilò il cancello aperto senza rallentare particolarmente. Si fermarono esattamente accanto agli scalini del portico.
Killua accarezzò una mano di Gon, ancora stretto a lui in una morsa. “Ehi cozza, siamo arrivati.” Ridacchiò, guardandolo da sopra la spalla.
Quello gli diede un colpetto con il casco contro il suo. “Gn..” Scese goffamente dalla moto, mentre il portone si apriva.
Fece capolino una ragazza di colore con i capelli ricci raccolti in più code e gli occhi grandi dalla sfumatura grigio-verde.
“Killua!”
Gon lo guardò mentre si levava il casco e scuoteva un po’ la testa per far riprendere volume ai capelli. Quello, non appena la vide, spalancò gli occhi e le rivolse un enorme sorriso. “Canary!”
Lei si lanciò verso di lui sorridendo e abbracciandolo. Gon la studiò un po’: aveva dei pantaloni neri con una giacca liscia dello stesso colore su una blusa bianca e degli stivaletti con il tacco.
“Fatti guardare! Ma quanto sei bella per stasera!” Le disse sorridendo, e il moro provò una punta di invidia.
“Tu invece sei proprio sexy vestito così, aria di conquista?” Le fece l’occhiolino lei, mentre Killua apriva di più gli occhi e le sue guance prendevano una punta di colore.
“Oh ma vaff..” Quella rise, interrompendo la sua risposta poco cortese. “Comunque, Canary. Questo è Gon, il mio cactus.”
Gon ridacchiò imbarazzato, stringendosi nel suo piumino verde scuro. “Piacere di conoscerti!” Le tese una mano.
“Piacere mio, Gon!” Rispose lei allegra, prendendo la sua mano e stringendola in modo deciso. “Ora venite dentro, che fa un freddo qua fuori!”
Entrarono in casa, e, dopo aver posato i cappotti, Canary fece strada verso la sala. Gon non aveva mai visto una casa di campagna più grande e ben arredata di quella. Pensò si trattasse di una villa. La sala era ampia e ricca di mobili dall’aria importante, e c’erano ben quattro divani più alcune poltrone sparse.
La ragazza li invitò a sedersi. Gon e Killua si sedettero uno accanto all’altro, mentre Canary si accomodò sul divano vicino. Il moro non smise un attimo di guardarsi intorno e ammirare tutti gli oggetti che aveva intorno, inconsciamente forse era anche per non mettersi a fissare il ragazzo accanto a lui, che se ne stava comodamente con i gomiti puntati sulle proprie ginocchia a parlare con la padrona di casa.
“E la tua, Gon?”
“Eh?” Sobbalzò al richiamo. Killua sbuffò, facendo roteare gli occhi.
Lei ridacchiò. “Com’è casa tua? Vedo che guardi tutto con molta ammirazione.”
“Beh, è decisamente più piccola e umile. Pensa che in camera mia ci sono solo il mio letto, una scrivania, una piccola libreria e l’armadio!”
“E una balena.” Aggiunse l’amico, facendolo sorridere.
“E una balena.” Ripeté, guardandolo contento.
“Una balena?” Chiese perplessa Canary. “Non hai detto che camera tua è piccola?”
Gon ridacchiò, rivolto a lei. “Sì, è il regalo che mi ha fatto Killua per Natale. Una piccola balena di peluche.”
“Oh, capisco.” Lo sguardo della ragazza si spostò sul ragazzo accanto a lui, con gli occhi che brillavano. “Amane mi ha regalato una sciarpa che ha fatto apposta per me.”
“A proposito, lei dov’è?” Chiese Killua.
“Ci raggiunge appena esce da lavoro.”
“Che lavoro fa?” Domandò Gon, curioso. “Per lavorare anche l’ultimo dell’anno..”
“Fa parte del personale per una famiglia importante.” Disse sorridendo. “Ci siamo conosciute lì.”
“Oooh.. Che cosa bella!” Esclamò, pensando fosse molto romantico.
Continuarono a parlare fra loro per un’ora abbondante. Canary sommerse di domande Gon, che rispondeva sempre entusiasta, mentre Killua lo guardava con un sorriso dolce.
 
Quando arrivò Amane, una ragazza alta ed esile con i capelli lisci, lunghi e neri, si unì a loro nelle chiacchiere, mentre Canary iniziava a portare alcune cose da mangiare e riscaldarne altre. Di lì a poco iniziarono ad arrivare anche altri ragazzi, alcuni salutarono con calore Killua, altri dovevano essere estranei anche per lui.
Gon pensò, verso le dieci, che dovessero essere arrivate almeno un’ottantina di persone, o forse anche di più. La casa che aveva visto appena arrivato adesso sembrava completamente diversa: le luci erano state abbassate e ora ce n’erano di colorate, qualcuno aveva messo la musica, c’erano stuzzichini e cibo ovunque, e soprattutto l’alcool aveva già iniziato a scorrere a fiumi.
Gon dopo poco aveva perso di vista l’amico, che si era fermato a salutare gente della sua vecchia scuola. Così, per fare amicizia, si era presentato almeno una dozzina di volte, ma ogni volta l’altra persona proponeva un brindisi con qualsiasi bevanda avesse in mano. Smise di presentarsi, prima di rischiare di perdere l’equilibrio molto presto.
Quando ritrovò il suo sguardo blu in mezzo alla folla, osservò Killua, che sembrava totalmente a suo agio fra tutte quelle persone. Fumava tranquillamente con altri, e quella nuvola di fumo creava una specie di aura celeste intorno alla sua figura.
Gli occhi azzurri del ragazzo brillavano furbi in quella penombra e, per come si muoveva, sembrava fosse padrone del posto. Per Gon, era l’unica presenza che davvero risaltava sulle altre.
O forse erano quegli ultimi dieci brindisi a farglielo pensare.
Dopo essersi reso conto che lo stava fissando alquanto intensamente, si accorse che si era fatto anche improvvisamente molto vicino, così se lo ritrovò accanto quasi di sorpresa.
“Come va?” Gli sorrise.
“Ho conosciuto tante persone, ma non ricordo neanche un nome.” Ridacchiò. “Tu?”
“Molti li conosco già, imbroglio.” Gli fece l’occhiolino ridendo. Continuando a chiacchierare, cambiarono stanza, anche se con tutte quelle persone sembravano più o meno tutte uguali adesso.
Killua si sentì chiamare e, girandosi, vide un ragazzo con i capelli rossi e un paio di occhiali alla Buddy Holly, che indossava jeans e una felpa gialla, accanto a un tavolo da ping-pong.
“Ikalgo!” Esclamò, rivolto al ragazzo. “Vieni Gon!”
Si avvicinarono a quello che l’aveva chiamato. C’erano altri con lui, che Killua salutò con un cenno.
“Era un pezzo che non ci si vedeva! Com’è?” Chiese il rosso.
“Bene, dai, te? Il lavoro rende stasera?”
“Decisamente!” Rispose quello, con espressione soddisfatta, poi gli si avvicinò. Gon riuscì a sentire cosa disse a Killua, sobbalzando. “Se vuoi dopo offre la casa.. Anche per il tuo amico..”
Il ragazzo rise e indicò il moro con il pollice. “Questo dici? No, lui è pulito, e ti proibisco di dargli qualsiasi cosa, Ika.”
Quello sbuffò, mentre Gon si sentì sollevato. Non sapeva che cosa ‘offrisse la casa’, ma non sembrava niente di buono. Aveva promesso a Mito che non si sarebbe infilato in strane situazioni, e aveva intenzione di rispettare la parola data.
“Almeno fate una partita con noi?”
“A cosa giocate?” Chiese il moro, curioso.
“Birra-pong!” Gli rispose allegramente. “Ah, io sono Ikalgo!” Gli porse la mano, che Gon strinse presentandosi.
“Sembra figo!”
Killua lo guardò perplesso. “Gon.. Non ci hai mai giocato?”
“Eh? No, perché?”
Quello sorrise, e si rivolse al rosso. “Ika, io e Gon giochiamo il primo turno!”
 
Killua lo stava asfaltando. Dei venti bicchieri di birra pieni fino all’orlo per campo, il ragazzo ne aveva già centrati otto, sempre con un sorrisetto soddisfatto. Di conseguenza, Gon ne aveva già dovuti bere otto, e quasi tutti di fila, mentre intorno a loro alcuni visi sfocati facevano il tifo. Killua invece ne aveva bevuti solo due: uno preso da Gon, l’altro per sete.
Il moro sentiva già l’atmosfera intorno a sé ovattata, e l’unica cosa che distingueva chiaramente erano i due zaffiri del suo avversario, che stavano chiaramente ridendo di lui in silenzio. Quanto potevano essere loquaci quegli occhi, così vivaci, così belli?
Tlup!
“Yay! Altro punto, altro giro Gon!”
“Ma come cazzo fai?!” Esclamò, lasciandosi andare a un’imprecazione per via dell’alcool, poco prima di bere il nono bicchiere.
Killua ridacchiò. “Pratica, amico mio. La pratica è la chiave di tutto.”
“Anche del sesso, Zoldyck?” Chiese una ragazza con i capelli lunghi e neri sul quel lato del tavolo, con un’espressione a metà fra la provocazione e la sfida.
“Soprattutto del sesso, Siberia.” La risposta arrivò a tono e con la stessa espressione, fra le risate del loro piccolo pubblico. “Non mi sembra tu ti sia mai lamentata.”
Gon, nonostante un’improvvisa fitta allo stomaco, lanciò la pallina e incredibilmente fece centro in uno dei bicchieri di Killua e, mentre quello beveva, si avvicinò sussurrando a Ikalgo, che invece era sul suo lato del tavolo.
Ikalgo? Chi è quella ragazza?
“Uh? Quella dici? Si chiama Palm Siberia.” Rispose, accennando con la testa alla ragazza che aveva parlato.
“Sì, ma.. Per Killua intendo..?” Riprovò, per avere più informazioni.
“Oh, erano, uhm.. Amici con benefici.”
Gon lo guardò perplesso. “Eh? Pensavo che Killua non avesse molti amici..”
Ikalgo non riuscì a trattenere una risata. “Vieni dalla luna, amico?”
“Lascialo perdere, è un isolano.” Si inserì nel discorso Killua, che stava giocando con la pallina, lanciandola e riprendendola con una mano, dato che aveva sentito le ultime tre uscite dei due e ne stava ridacchiando. “Ci sei, Freecss?”
Il moro annuì, sotto lo sguardo felino dell’altro. Altro tiro, altro bicchiere, altro alcool per lo stomaco, per fortuna né troppo pieno né troppo vuoto, di Gon.
Non è difficile immaginare la fine della partita, anche se il moro era riuscito a fare canestro in un modo o nell’altro, in altri dieci bicchieri. Si sentiva tutto molto frizzante.
Dopo pochi minuti, Killua era stato rubato nuovamente, in questo caso trascinato a cantare al karaoke da Canary per duettare, e il ragazzo aveva una sufficiente quantità di alcool in circolo per cantare davanti a tutta quella gente, che fosse conosciuta o no. E Gon lo ascoltava, ammaliato, e non era l’unico a pensare che fosse davvero bravo. ‘Canto solo sotto la doccia’, certo, come no.
Anche un paio di ragazze accanto a lui stavano commentando la sua voce.. e i tre bottoni slacciati della sua camicia, che lasciavano intravedere le clavicole. Come per l’intervento di Palm mentre giocavano, sentì qualcosa che lo prendeva allo stomaco. Killua cantò tre volte con Canary, e per un istante a Gon sembrò che il ragazzo gli avesse fatto l’occhiolino.
Quando lasciò il microfono a qualcun altro, si spostarono nella sala dove avevano chiacchierato con la ragazza quand’erano arrivati, e Gon si stupì di non trovare i divani: era stato tutto spostato ai lati della stanza per fare spazio a una pista da ballo, mentre la musica era sparata a tutto volume e le luci molto abbassate. Era quasi buio.
Gon si girò verso Killua e lo trovò a porgergli un bicchiere di.. qualcosa, certamente alcolico, che accettò nonostante l’effetto della birra non fosse affatto svanito. Un istante dopo, era più vicino alla pista, il drink a metà, mentre Killua aveva già finito il suo ed era a ballare.
C’erano diversi di quelli che li avevano guardati giocare, Canary e Amane, e un ragazzo castano dall’aria familiare, ma Gon non gli prestò troppa attenzione, non riuscendo a identificarlo immediatamente.
Mentre finiva il drink e appoggiava il bicchiere, passò una canzone dalle note sud-americane, e Gon vide Killua e Canary raggiungersi e improvvisare una bachata. Il moro si incantò a guardare il movimenti dell’amico, chiedendosi cosa non sapesse fare.
Si rese conto che aveva seguito con gli occhi ogni movimento dei suoi fianchi, del suo corpo, l’espressione sul suo viso e il modo in cui i capelli argentati gli cadevano sugli occhi, solo quando la canzone finì, subito sostituita da un’altra, e si ritrovò il ragazzo spaventosamente vicino. Killua lo prese per un polso, portandolo più in mezzo e ballando praticamente addosso a lui. Gon si sentì avvampare. Gli girava la testa e non sapeva se fosse per l’alcool o il suo profumo. I suoi occhi si bloccarono, quasi ipnotizzati, nello sguardo azzurro magnetico dell’altro. Il sorriso provocante di Killua gli stava togliendo il fiato, il suo viso a un soffio di distanza dal suo.
Sentiva le labbra del ragazzo sfiorare le proprie, le sue mani affusolate che catturavano lentamente i suoi fianchi.
Quel contatto appena percettibile fra i due corpi stava facendo bruciare qualcosa nel petto di entrambi, quella voglia, quel bisogno di sentirsi di più. Ma Killua continuava a sfiorare la sua bocca senza toccarla davvero, lasciando Gon a sospirare sulle sue labbra, anelandole come se senza non avesse potuto respirare.
Si osservavano con gli occhi socchiusi, quelli luminosi e ambrati sembravano implorare quelli famelici e azzurri, finché la distanza non venne finalmente annullata dal ragazzo con i capelli argentati.
Appoggiò le labbra su quelle del moro con dolcezza, cercando un bacio più profondo solo dopo aver sentito le sue mani che si aggrappavano alla propria camicia.
Gon si abbandonò al bacio, senza fermarsi, neanche quando la sua schiena incontrò il muro con un leggero colpo. Avvolse le braccia intorno al collo del ragazzo per stringerlo in qualche modo più vicino, facendo scivolare le dita fra i riccioli argentati.
Si sentivano andare a fuoco.
Killua gli torturò la bocca con i baci, prendendogli il labbro inferiore fra i denti, succhiandolo piano, mentre le sue mani scorrevano su di lui accarezzandogli la base della schiena e i fianchi. Gon percepì una domanda sussurrata nel suo orecchio con un soffio, insieme ai baci lasciati lì intorno. Vieni con me?
E Gon annuì, incapace di parlare in quel momento, vedendosi riflesso in quegli specchi blu intenso, liquidi di desiderio. Un altro bacio, e si sentì trascinare via da quella musica che gli stava facendo vibrare anche la gola. Salirono le scale tenendosi per mano e sorridendosi con complicità. Si infilarono nella camera che Canary gli aveva indicato solo poche ore prima come la loro.
Killua chiuse la porta alle proprie spalle, dando un giro di chiave e afferrando di nuovo i fianchi dell’altro. Unì ancora le loro labbra, ricominciando a far danzare le loro lingue. Lo spinse piano verso il letto, non incontrando alcuna resistenza.
Il moro si stese docilmente sotto di lui. Sentì le mani eleganti dell’altro che viaggiavano avide sul suo corpo, giocando con l’orlo della sua maglia, sfilandogliela poi velocemente. Lui fece volare le dita a slacciare i bottoni, rivelando la pelle chiara, quasi luminosa, dell’altro. Lasciò che si togliesse la camicia per poi vederlo tornare a un soffio dalla sua bocca, catturarla ancora e ancora, sentendo le sue labbra scivolare lungo la sua mandibola, scorrere sulla sua gola, lasciando baci bagnati lungo il percorso, soffermandosi a viziargli dolcemente il collo.
Quello era spronato a continuare dal respiro irregolare e dai leggeri ansiti della figura sotto di sé. Percorse con le labbra ogni centimetro di pelle olivastra, lasciando baci, delicati morsetti, o sfiorandolo appena in alcuni punti. Man mano che esplorava il suo corpo, sentiva crescere il desiderio irresistibile di andare avanti, esortato dai sottili sospiri che agitavano l’altro mentre scendeva a baciargli l’addome. Si trovò a sfilargli i pantaloni in poco tempo, stuzzicandolo vicino all’elastico dei boxer.
Il moro si mordeva il labbro per cercare di controllarsi, sentendo il tocco leggero e rovente dell’altro ovunque su di sé, e la sua bocca e i suoi baci che gli davano continue scariche elettriche lungo la spina dorsale. Sentì la stoffa dell’ultimo indumento scorrere lungo le proprie gambe e lo sguardo affamato che lo osservava in silenzio, come un predatore in ammirazione. Quando si sentì avvolgere da qualcosa di caldo e umido, si spense anche l’ultima scintilla di lucidità nella sua mente, abbandonandosi così a un gemito gutturale.
Insieme ai sospiri e ai gemiti crescenti, avvertì la mano dell’altro che scivolava e si intrecciava ai suoi capelli argentanti. Alzò lo sguardo per allacciarlo a quello dorato, liquido di piacere, che lo osservava perso in quella sensazione. E dio, quel senso di onnipotenza valeva tutta la cura che gli stava dedicando. Quando gli sentì sibilare fra i denti il proprio nome, lasciando scivolare di nuovo sul cuscino la testa, lo attraversò una scarica di adrenalina ancora più forte delle precedenti. La mano fra i suoi capelli dall’accompagnarlo nei movimenti passò a dominarli. Lo lasciò fare, chiudendo gli occhi e sentendosi il fondamentale punto di contatto fra il ragazzo, scosso dagli ansiti e dai gemiti, e il suo gradino più alto, ormai così vicino. Fra i mormorii e i richiami, sentì il suo sapore scivolargli in gola e la sua presa allentarsi.
Si sollevò un poco, passandosi il dorso della mano sulle labbra, e incrociò gli occhi languidi dell’altro che lo guardavano nel tentativo di recuperare fiato. Mentre risaliva sul suo corpo, l’altro lo sorprese, incontrandolo con un bacio quando arrivò vicino al suo viso.
Il moro catturò le sue labbra, sentendo il gemito soffocato del ragazzo nella sua bocca quando, dopo avergli slacciato i pantaloni, gli infilò la mano sotto la stoffa delle mutande. Continuò a baciarlo finché quello non nascose il viso nel suo collo, sospirando sotto il suo tocco. Sentiva il suo respiro rovente sul collo, e, dalla tensione delle sue spalle e dal modo in cui strofinava le labbra sulla sua pelle, si stava trattenendo dal morderlo per trattenere i flebili gemiti. Si morse il labbro, guardando come contraeva i muscoli per cercare di rallentare il piacere, e osservò quella pelle così chiara appena imperlata di sudore.
Pensò che avrebbe voluto tracciare con le dita ogni linea di quel corpo marmoreo e scolpito, percorrerlo come aveva fatto lui. Avrebbe voluto sentirlo ringhiare in quel modo contro di sé per ore. Gli lasciò dei baci sulla spalla, accarezzando la sua pelle candida con le labbra.
Quello si lasciò andare sussurrando un’imprecazione sul suo collo e soffocando un lamento di soddisfazione, rilassando visivamente il corpo. Si distese accanto all’altro, rimanendo a un soffio dalla sua bocca.
Il moro osservò in adorazione il viso arrossato del ragazzo, contemplando il bellissimo contrasto che creava quella nota di colore su di lui, una pagina bianca tutta da scrivere. Rimase assorto a guardare la sua bocca viziata dai baci, desiderandola ancora sulla sua.
Senza dire una parola, l’altro si sporse un poco in avanti per incontrare le sue labbra sorridenti, unendole in un bacio dolce e leggero.








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Note dell'Autrice

Salve a tutti e.. E SBAM!
C’mon, oggi non solo il capitolo è lunghetto ma dovrebbe essere anche di discreta soddisfazione.
Oggi lo dico subito, ma vi spiego anche perché: il titolo è una canzone di Baby K (nessuno è perfetto, io, ahimè, ascolto tutto ciò che va da Vivaldi all’altro ieri), canzone che è letteralmente stata l’ispirazione di questo capitolo. Capitolo che è il motivo per cui ho scritto questa storia. E no, non sto scherzando: ho letteralmente scritto più di cento pagine di fanfic solo per ficcarci dentro la scena di loro due che ballano insieme a una festa a un soffio di distanza, con un Gon decisamente più brillo di Killua, e poi spariscono in camera a fare cose.
Se mi vergogno a dirlo? Sì, tantissimo. Me ne pento? No, per niente. Se potevo scrivere una semplice OS a riguardo? Ovvio, ma era troppo facile.
Raga, è una delle scene ““rosse”” (sebbene sia terribilmente all’acqua di rose, quindi diciamo arancione scuro?) che ho scritto di cui mi sento più soddisfatta. E se qualcuno mi segue dal fandom dei McLennon, sapete perfettamente che la mia autostima in genere non è solo sotto ai miei piedi, ma si avvicina al nucleo terrestre.

Informazione di servizio: non cambierò colore alla fic, perché non ritengo di essere scesa nei dettagli tanto da dover cambiare genere da arancione a rosso.
Altra considerazione: se nella scena i cambi di soggetto erano repentini, non ho mai usato i loro nomi, avete fatto “fatica” a seguire chi facesse cosa, mi dispiace, ma è una mia scelta stilistica. Mi dà più un senso di intimità, avere i “bordi” dei personaggi, i loro “confini”, confusi, le loro immagini come sfocate nell’atto. It’s merely personal, è il mio modo migliore di renderli “una cosa sola”.
Sarò stata troppo filosofica, già lo so. Vi assicuro che la mia idea è di per sé molto semplice, ma spiegata a parole sembra una chissà quale teoria esoterica lol
 
L’abbigliamento che indossa Killua è fondamentalmente una versione rivisitata/elegantina dell’outfit che indossa nella maggior parte del tempo all’Arena Celeste, pantaloni lilla e maglia nera, che qui diventa una camicia grigio antracite perché quantodiaminesonosexylecamiciescure perché sì.
 
E insomma, che altro dire? Spero che il capitolo vi sia piaciuto, vi invito come sempre a farmi sapere che ne pensate, qui sotto o per messaggio privato, piccione viaggiatore, insomma fate voi.
Ringrazio la mia beta per l’infinita pazienza, grazie che sopporti tutti i miei scleri, tìvìbì.
Ringrazio Zyad, che as always ha recensito lo scorso capitolo, mi mette sempre allegria e mi fa tanta compagnia in questa torrida estate, e grazie a tutti voi che leggete in silenzio. È vero che quest’intera storia l’ho scritta solo per quella pagina e mezzo di scena, ma senza qualcuno che legge io sarei solo una cantastorie in una caverna vuota. Quindi grazie, un grazie davvero di cuore!
Abbiamo superato la metà dei capitoli, non è decisamente ancora finita, quindi vi aspetto venerdì prossimo con il nuovo capitolo. Ve salut e ci si legge!

Un abbraccerrimo,

Athelyè ~

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Capitolo 12
*** What You’re Doing ***




Exactly Another Teen Story

Capitolo XII – What You’re Doing


Aprì gli occhi. Gli sembrava di aver dormito una vita, ma a giudicare dalla luce nella stanza non doveva essere più tardi delle nove.
Accanto a sé c’erano le lenzuola accartocciate e un cuscino vuoto. Ci mise un po’ a realizzare il rumore di acqua che scorreva, la porta socchiusa del bagno, il vapore condensato sullo specchio che intravedeva da quello spiraglio.
Sentiva la testa pesante, e il resto della stanza sembrava attutito da qualcosa. Con gli occhi colse un riflesso argenteo oltre la porta, e improvvisamente i suoi neuroni ricollegarono una serie di frammenti sparsi nella sua mente. Immagini che sembravano avvolte nella nebbia gli apparvero immediatamente nitide e quasi tangibili, non appena il ragazzo dai capelli argentati uscì dal bagno, con solo i pantaloni e l’asciugamano intorno al collo e ancora qualche gocciolina sulla pelle.
Gon aprì di più gli occhi. Una miriade di emozioni si agitava dentro di lui come le correnti di un oceano, creando una gigantesca confusione nella sua testa. Sentì una morsa allo stomaco, una sensazione a metà fra l’emozionante e lo spiacevole. Forse più la seconda.
Anche l’altro ragazzo ebbe un attimo di esitazione nell’incrociare i suoi occhi ambrati, soffermandosi sulla porta. Sembrò elaborare velocemente un calcolo, come se non si aspettasse di vederlo già sveglio, poi fece un altro passo avanti con nonchalance, verso il letto. Non sembrava affatto vivere quel conflitto interno che invece sentiva Gon.
“Yo.” Disse semplicemente, accennando un gesto con la mano. Si sedette sul letto, dandogli le spalle, per mettersi le scarpe. In bella mostra c’era un bellissimo tatuaggio sui toni del blu: aveva un grande fiore blu acceso che non sapeva riconoscere alla base della schiena, da cui si ergeva un dragone che si avvolgeva intorno alla linea invisibile della spina dorsale.
Ammirando quel disegno sulla sua pelle, che la notte prima non aveva visto, Gon stava ancora formulando una risposta, quando quello si alzò, raccogliendo da terra la propria camicia, scrollandola un po’ e infilandola.
Quel gesto lo portò a realizzare che anche lui avrebbe dovuto cercare i propri vestiti sul pavimento. Si sentì letteralmente infiammare alla base dello stomaco, sentendo la stessa sensazione di prima dipanarsi in tutto il torace.
“Ti aspetto giù, mh?” Gon riuscì ad annuire. Quello era un gesto muto e semplice da eseguire.
Osservò Killua uscire dalla stanza e si decise ad alzarsi, sentendo ancora quell’agitazione nello stomaco, ed era certo non fosse fame la sua. Una doccia veloce, recuperò i vestiti in camera e si diresse anche lui al piano terra.
Seguì un leggerissimo chiacchiericcio e si trovò in un’ampia cucina. C’era passato anche la sera prima, ma non gli era sembrata così grande con tutte le persone che l’avevano affollata.
Killua era in piedi, appoggiato ai fornelli mentre beveva il caffè, intento ad ascoltare Canary, seduta al tavolo di fronte a lui. Alla sua vista, la ragazza scattò in piedi.
“Buon anno, Gon! Vieni, siediti, ti preparo qualcosa? Vuoi del caffè?” Gli sorrise premurosa.
“Oh, giusto.. Buon anno!” Si ricordò solo in quel momento di che giorno era. Ricordò anche di aver sentito i fuochi d’artificio quella notte, mentre Killua gli stava..
Scosse violentemente la testa al pensiero, mentre le sue guance prendevano una sfumatura rosso acceso.
I due lo guardarono confusi, e lui si affrettò a parlare. “Ehm, sì, grazie mille! Un caffè andrà benissimo, grazie..”
Canary prese una tazza da una mensola, mentre Killua prese la moka alle sue spalle. “Qua c’è ancora del caffè.”
“Meno male, te ne sei già bevuta una e mezza!” Lo criticò lei.
“Che c’è? Lo sai che dormo poco la notte e ho bisogno di caffè la mattina.” Sbuffò, e lei alzò un sopracciglio lanciandogli un sorrisetto.
“Comunque!” Si rivolse di nuovo gentilmente verso Gon, che aveva ancora il viso colorito. “Vuoi qualcosa da mangiare?”
“Uh.. No, grazie, non ho fame..” Guardò l’orologio nella stanza. “Inoltre ho detto a mia zia che non sarei arrivato troppo tardi.”
Killua bevve l’ultimo sorso di caffè e mise la tazza nell’acquaio, infilando poi le mani in tasca. “Nessun problema, andiamo quando sei pronto. Anch’io ho da fare oggi.”
Canary lo guardò, inclinando la testa, e fece la domanda che ronzava già nella testa di Gon. “Cosa..?”
“Lavoro.” Rispose, alzando un poco le spalle, e lei annuì comprensiva.
“Anche a capodanno?” Chiese Gon, perplesso, mentre si sedeva per bere.
“Sono soldi facili. Durante i giorni di festa la gente è più distratta.” Spiegò tranquillamente. “Con tutti i festeggiamenti in corso, uno abbassa inconsciamente la guardia e non si aspetta di ritrovarsi un proiettile in gola.”
Il moro deglutì. Conosceva il lavoro di Killua, lui stesso gliel’aveva detto, e nonostante fosse tutt’altro che legale e decisamente spietato, non aveva problemi con quello. Però faceva sempre un certo effetto sentirlo parlare di qualcosa di così crudo in modo così rilassato, come se stesse commentando una partita. Chiunque altro al suo posto l’avrebbe certamente trovato agghiacciante. Giustamente.
Killua, una figura ricca di sfaccettature, come l’immagine riflessa su uno specchio rotto, con tutte le sue fratture e i suoi mille volti. Quella del sicario era solo una di esse, così lontana da quella che Gon aveva visto solo poche ore prima, eppure la stessa scintilla da predatore aveva guizzato per un attimo nel suo sguardo anche mentre aveva parlato di ‘lavoro’. C’era sempre quando ne parlava, e forse era proprio quello che lo rendeva attraente agli occhi di Gon.
Strizzò gli occhi, cercando di ignorare anche quell’ultimo pensiero. Quando li riaprì, il ragazzo lo stava studiando. Si sentì incredibilmente scoperto, come se Killua lo stesse leggendo come un libro. Si irrigidì un poco e l’altro increspò impercettibilmente le sopracciglia, individuando il cambiamento.
“E tu, Canary? Starai con Amane oggi?” Chiese, sperando di sviare l’attenzione dell’amico.
Lei scosse la testa, sorridendo. “No, è già uscita. Anche lei oggi lavora, per questo sono già sveglia.” Sospirò, facendo spallucce. “Il brutto di stare con una ragazza che lavora praticamente a tempo pieno.”
“Oh, mi dispiace..” Disse, prendendo l’ultimo sorso di caffè. Posò la tazza un po’ più lontano da sé, e Canary la prese rapidissima, lavandola insieme a quella di Killua.
“Tranquillo, troviamo sempre il tempo per noi.” Gli disse, ridacchiando a qualche ricordo.
Gon si alzò, mentre l’altro si staccò dai fornelli con un colpo di fianchi.
Canary li accompagnò alla porta, salutandoli con un abbraccio. Sussurrò qualcosa nell’orecchio di Killua prima di sciogliere la stretta, mentre Gon si metteva il casco.
Si chiese cosa gli avesse detto, ma non disse nulla, neanche quando montarono sulla moto. Si strinse subito all’altro appena sentì il motore avviarsi, appoggiando la testa dietro la sua spalla e strizzando gli occhi. I ricordi continuavano a colpirlo come un treno in corsa, e non andava bene. Era sbagliato pensare così al suo migliore amico. Non poteva, non doveva pensare a lui così.. Giusto?
 
Killua diede un po’ di gas per poi partire, e immediatamente sentì il calore dell’altro sulla propria schiena.
Se doveva essere onesto, non vedeva l’ora che Gon scendesse per potersi lanciare alla massima velocità, non pensando ad altro che alla strada.
Ricordava perfettamente ogni dettaglio della notte appena passata, e dio, se non se ne pentiva! Quando si era svegliato, l’amico dormiva ancora. Si era perso a guardare la sua espressione rilassata per un po’, poi si era affrettato ad andare a farsi la doccia al pensiero che, se si fosse svegliato mentre era ancora accanto a lui, avrebbero dovuto affrontare subito l’argomento. E no, il ragazzo non ne aveva davvero intenzione.
Accelerò, arrabbiato con se stesso. Cosa cazzo avevo in mente?
Sapeva perfettamente che non era stata colpa dell’alcool, o meglio, non di quello che aveva lui nel sangue, ma non poteva dire lo stesso per il suo migliore amico. Si era aspettato uno schiaffo, una spinta, un qualcosa che gli facesse capire che no, non provo lo stesso, e invece quello l’aveva tenuto più vicino. Si aspettava di venire respinto, e Gon l’aveva accolto a braccia aperte. Fin troppo.
Però non poteva dire che gli dispiacesse aver fatto quello che aveva fatto. E ripensare a Gon, al suo sguardo, al suo corpo, alla sua voce roca mentre lo chiamava.. Cristo, le morse nel suo stomaco gli facevano chiaramente capire che era tutt’altro che un pensiero spiacevole, e non solo quelle.
Si chiedeva anche quanto l’altro ricordasse. Perché sì, era certo che ricordasse. Gliel’avevano detto i suoi occhi quand’era uscito dal bagno e l’aveva trovato a guardarlo dal letto.
Dopo un attimo di esitazione e sorpresa per l’averlo trovato già sveglio, aveva rapidamente calcolato il tempo necessario ad evadere le possibili domande e si era fiondato giù in cucina. Ma lì c’era Canary che lo aspettava al varco. Aveva dovuto dirle qualcosa, dato che evidentemente per lei era palese l’attività notturna che l’aveva tenuto impegnato e che gli era costata una dose extra di caffè.
E ora era lì, che fissava la strada cercando di concentrarsi sulla guida e sul riportare a casa sano e salvo Gon. Gon. Di tutte le persone che poteva portarsi a letto ieri sera, proprio lui? Avrebbe potuto passare la notte a fumare e farsi di D2 con Ikalgo, una sveltina con qualcuno, persino l’idea di trascorrere ore al karaoke gli sembrava più logica in quel momento. Ma Gon c’era stato, al bacio, alle sue attenzioni, a letto con lui. Dopo una serie di brindisi, una ventina di bicchieri di birra e almeno un paio di drink. A chi non piacerebbero certi riguardi dopo tutto quell’alcool?
Grazie al cielo una settimana prima aveva accettato il lavoro che Milluki non aveva voglia di fare, aveva davvero bisogno di uno svago in quel momento, e giocare al tirassegno per lavoro era l’occasione perfetta.
Sperò con tutto il cuore di potersela cavare con un ‘Ehi, scusa ero ubriaco fradicio, non significava niente, amici come prima?’, ma forse era chiedere troppo, considerando il carattere di Gon. Che carattere del cazzo. Stupido Gon, stupido.
Finalmente arrivarono davanti a casa del moro, dopo un tempo che a Killua era sembrato infinito. Chi diavolo l’aveva detto che il viaggio di ritorno è sempre più breve?!
Mentre con la coda dell’occhio vide il portone aprirsi, sentì la presa di Gon allentarsi fino a dissolversi del tutto, lasciando una sensazione di freddo al suo posto. Il ragazzo scese dalla moto, con qualche difficoltà, cosa che fece inevitabilmente sorridere Killua mentre si sfilava il casco.
Non gli sembrava cortese salutare qualcuno senza essere faccia a faccia, e il portone aperto significava chiaramente che qualcuno l’avrebbe salutato.
Infatti, Mito si affacciò sulla strada, sorridente come sempre. Alle sue spalle fece capolino una figura molto più bassa e anziana.
“Buon anno, ragazzi!” Li salutò allegra. “Vi siete divertiti?”
Ci fu un secondo di esitazione in entrambi. Killua pensò che, per essersi divertito, l’aveva fatto parecchio.
Questo senza contare le possibili conseguenze, ovviamente.
“Auguri, zia Mito! E anche a te, nonna!” Esclamò Gon, spezzando quell’istante di silenzio che già sentivano troppo pesante. La signora anziana lo salutò con un cenno cordiale.
Il ragazzo passò il casco a Killua, che lo ripose velocemente, non vedendo l’ora di poter ripartire da solo.
“Killua, ti fermi a pranzo con noi?” Chiese Mito, mentre Gon si avvicinava al portone.
“No, mi dispiace signora. Ho già un impegno, ma grazie mille per l’invito. E buon anno.” Cercò di sorriderle nel modo meno forzato possibile mentre scuoteva piano la testa.
“Oh, mi dispiace! Sai che sei il benvenuto a casa nostra, comunque!” Certo, finché non mi faccio tuo nipote. “Gon, chiudi tu la porta? Io accompagno la nonna a prendere le medicine. Ancora tanti auguri Killua, e a presto!” Lo salutò agitando la mano e sparendo in corridoio.
Gon lo guardava dalla soglia di casa, come interdetto. Killua si stava infilando nuovamente il casco, quando sentì l’altro che lo chiamava. Si girò verso di lui, abbassando la visiera.
Il ragazzo lo guardava con un accenno di sorriso sulle labbra. “Scrivimi quando arrivi, mh?”
Lui inarcò le sopracciglia, con una sorta di stupore, e annuì. Guardò la strada e fece per mettere in moto, poi si voltò di nuovo verso l’amico.
“Ah, comunque.. Buon anno, Gon.” Disse, abbozzando a sua volta un sorriso.
Quello sorrise un po’ di più. “Anche a te, Killua.”








_________________
Note dell'Autrice

Macciao a tutti!
Sì lo so, lo so. In questo capitolo non succede un granché (diciamo pure niente). Rispetto allo scorso perlomeno, è corto e scarno, e vediamo solo una serie di pentimenti. Comunque sia, procediamo con ordine.
Innanzitutto il tatuaggio di Killua è questo (cliccami!), sistemato un po’ alla bell’e meglio dalla sottoscritta partendo da queste due immagini (immagine 1 e immagine 2), mentre il suo significato lo trovate qui (herehere!).
Poi, il titolo di oggi è “What You’re Doing” dei Beatles, uno dei miei gruppi preferiti in assoluto! Non potevo non mettere una loro canzone uwu
Infine, che ne pensate dei nostri due protagonisti? Cosa faranno adesso?
Per scoprirlo, vi aspetto venerdì prossimo come sempre!

Ringrazio la mia beta, che mi sopporta e supporta in ogni mio delirio.
Ringrazio Zyad, che mi recensisce ogni settimana e le sue parole mi incoraggiano e mi fa veramente molto, molto felice ❤ Vi consiglio anche di andare a leggere la sua ff, perché è un sacco carina e originale! Vi piacerà u.u
Inoltre ringrazio anche Alil, professional shipper e Wepistola che hanno aggiunto questa mia storia alle loro raccolte, grazie grazie grazie!!
E infine, ringrazio tutti coloro che leggono in silenzio, ma costantemente. Spero davvero che la storia vi stia piacendo. Io ci provo ancora: fatemi sapere cosa ne pensate! Anche per messaggio privato, se proprio non volete qua sotto, ma davvero qualsiasi vostra parola può aiutarmi per il futuro :3
 
Ora vi saluto davvero, un abbraccissimo e ci si legge venerdì gente!

Athelyè ~

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Capitolo 13
*** Thnks Fr Th Mmrs ***




Exactly Another Teen Story

Capitolo XIII – Thnks Fr Th Mmrs


Il telefono premuto sull’orecchio, mentre riecheggiava il suono continuo della linea. Finalmente sentì un click e qualcuno attivò la chiamata.
Pronto, Gon?” Rispose una voce amica.
“Kurapika? Disturbo?” Si mise a giochicchiare con la tenda. Era in piedi alla finestra di camera sua, guardando fuori senza fissarsi su qualcosa di particolare.
No, assolutamente. Buon anno!” Esclamò l’amico dall’altro capo del telefono.
“Eh? Ah, sì, giusto, grazie. Anche a te.” Si scosse un poco.
Seguì qualche istante di silenzio.
Uhm.. Volevi dirmi qualcosa?” Chiese, titubante.
Gon respirò profondamente, cercando le parole giuste. Aveva chiamato Kurapika perché, dopo Killua, era il suo amico più fidato. Aveva pensato di chiamare Leorio, dato l’argomento, ma, visto il suo carattere ipercritico e la loro scommessa, aveva immediatamente accantonato l’idea.
In realtà la prima chiamata partita dal suo cellulare era diretta al numero di Neon, ma lei non aveva risposto, e forse era meglio così, dato che la sua migliore amica, e mille volte confidente, non sarebbe comunque andata bene in quel momento.
Gon? Ci sei?
Il ragazzo si riscosse dai suoi pensieri, e tentò di comunicare. “Kurapika.. Uhm.. Puoi parlare?”
Era certo che l’altro avesse corrugato le sopracciglia, in confusione e preoccupazione. “Certo, dimmi.
“Ecco.. Ieri sera, cioè, stanotte, è successa una cosa..” Iniziò, cercando di non balbettare. L’altro aspettò pazientemente in silenzio. “Sto bene eh, tranquillo.” Si sentì in dovere di specificare.
Mh.
“Ehm.. Sì, dicevo, è.. È successa una cosa, con.. Con Killua.” Deglutì. Per quale assurdo motivo ci stava mettendo così tanto a dirlo? Non era mica la prima volta!
Maledisse la sua testa, che gli faceva sembrare tutto ovattato intorno a sé. Come faceva Leorio a parlare senza peli sulla lingua di quello che faceva alle ragazze e viceversa, e senza pitoccare sui dettagli?!
Gon, sei sicuro vada tutto bene?” Sentì una vena di apprensione nella voce dell’amico.
“Sì, cioè, penso. Credo.” Si lasciò sfuggire un sospiro frustrato, una specie di lamento, e scosse la testa con sgomento. “Non lo so!”
Sospirò ancora, prima di un secondo tentativo. “Io e Killua.. Ecco, ci siamo.. Ieri sera..” Maledetto nodo in gola, fammi parlare! “Ci siamo baciati..”
Oh..
“E.. Siamo stati a letto. Insieme.”
OH.
Seguì altro silenzio, durante il quale Gon sentì ribollire lo stomaco, il sangue, il cervello, tutto dentro di sé. “Kurapika, ti prego. Di’ qualcos’altro!” Si passò una mano sulla faccia e poi fra i capelli.
Dall’altro capo del telefono ci fu ancora un attimo di silenzio. “E ti è dispiaciuto?
Gon sgranò gli occhi. “Eh?! Avevo decisamente bevuto più del solito, quind-”
Quindi è un no?” Il tono di Kurapika non era affatto critico o derisorio, ma anzi serio e con una vena di affetto.
Il moro disegnò qualche ghirigoro sul vetro della finestra. “Beh.. No, penso di no. Ma non è questo il punto!” Strizzò gli occhi, cercando di concentrarsi su quello che voleva dire.
No? Scusa se te lo dico, Gon, ma io penso che sia il fulcro della questione invece.
“Perché? Abbiamo entrambi bevuto troppo, evidentemente. E sai, il nostro corpo ha reagito autonomamente.” Mormorò, gonfiando le guance e prendendo un bel colorito rosso.
Per quanto tu possa aver bevuto, non credo che non saresti stato in grado di respingere delle ‘attenzioni’ indesiderate. Quindi, evidentemente, le volevi.
“Cosa?! No!” Esclamò di getto. “Killua è il mio migliore amico, non potrei pensarci in quel modo!”
E perché no?
Gon sapeva che Kurapika aveva inarcato un sopracciglio e storto la bocca da un lato, con aria interrogativa. Faceva sempre così quand’era confuso, e quello era un tono decisamente confuso. Sbuffò.
“Perché no!”
L’amico rise nel suo orecchio.
“Se devi ridere di me, riprovo a chiamare Neon, forse lei mi darà ragione..” Brontolò, e sentì un sussulto dall’altra parte.
No! Non chiamarla.” Aveva risposto davvero in fretta. “Non dirglielo.
Corrugò le sopracciglia. Ora era lui quello confuso. “Perché no?”
Perché..” Una piccola pausa. “Beh, sai com’è fatta Neon, cosa pensa di Killua. Non sarebbe una chiamata piacevole per nessuno, ecco.
Il moro annuì, sospirando. Aveva ragione. Neon gli avrebbe solo urlato nelle orecchie, criticandolo, dicendogli che gliel’aveva detto che non doveva bere così tanto, e che sarebbe successo qualcosa di brutto.
Che poi, era stato brutto? No, Gon non l’aveva trovata per niente un’esperienza negativa, escludendo il fatto che Killua era il suo migliore amico. E che il suo migliore amico gli aveva fatto del sesso orale. E che lui non solo non l’aveva fermato, ma nel piacere generale l’aveva anche tenuto lì mentre stava..
Scosse violentemente la testa, con il viso bordeaux. Nella cornetta sentì Kurapika masticare qualcosa fra sé e sé.
Comunque, ne avrete parlato, immagino, quind-
“No.” Fu la risposta secca di Gon, mentre sentiva andare a fuoco le proprie orecchie.
Come no?!” Il biondo aveva alzato la voce con stupore. “E perché??
Anche Gon ribatté a un volume più alto, in preda all’imbarazzo. “Ma ora secondo te vado a chiedergli ‘Ehi Killua, perché stanotte hai ingoiato il mi-” Con un sonoro ciak! si tappò la bocca con la mano. Attraverso la cornetta era certo di aver sentito la mandibola di Kurapika staccarsi e cadere a terra, mentre il suo riflesso sul vetro appannato della finestra rasentava il viola.
Si maledisse mentalmente e sperò di tutto cuore che sua nonna stesse dormendo e che sua zia stesse lavando i piatti molto rumorosamente.
Sentiva il sangue rombargli nelle orecchie, ma non sapeva se fosse per l’imbarazzo o per il ricordo.
Kurapika nel frattempo taceva, e questo non aiutava affatto lo stomaco di Gon. Altro che farfalle, dovevano essere dei draghi gli abitanti delle sue interiora.
Lui.. Ha fatto cosa?” Finalmente la voce flebile, e apparentemente incredula, nel cellulare ruppe il silenzio.
“Già..” Le labbra di Gon si incresparono in una smorfia mortificata. La sua voce rasentò il sussurro. “Non farmelo ripetere, ti prego. È stato già abbastanza imbarazzante ricordarlo stamani.”
Posso immaginare.. E lui non ti ha detto nulla?
“È meglio che non mi esprima neanche su questo punto.” Borbottò, grattandosi un poco il naso.
Esattamente, Gon, quale assurdo motivo ti ha spinto a chiamarmi?” Chiese, dopo un secondo di esitazione.
“Avevo bisogno di parlarne con qualcuno.. E non so, capire cosa fare ora, immagino. Tu sei quello più saggio che conosco.” Rispose, mentre il suo colorito sbiadiva verso una sfumatura più chiara, riprendendo a respirare normalmente dato il cambio di argomento. Gli sembrò di essere stato in apnea per tutto il tempo.
Non sono saggio, Gon. Semplicemente, a differenza vostra, io ho un minimo di senso logico.” Ribatté, facendo sbuffare l’altro. “Comunque, se vuoi.. Uhm.. Senza la minuzia di dettagli che usa in genere Leorio, se pensi ti faccia sfogare, o stare meglio, o insomma aiutare in qualche modo, puoi.. Ehm.. Raccontarmi quello che è successo, ecco.
Gon inarcò le sopracciglia, spalancando gli occhi. “Kura.. Sei sicuro?”
Quello sospirò. “Sì, penso di essere l’unico con cui puoi parlare liberamente senza venir giudicato, quindi avanti. Ti ascolto.
“Ti ho mai detto quanto ti voglio bene?” Esclamò il moro, sorridendo, prima di iniziare a raccontare da quando era uscito di casa il pomeriggio prima.
Si risparmiò i particolari di quella notte, un po’ perché non li ricordava proprio nitidamente e un po’ per il terribile imbarazzo che provava, ma non mancò di sottolineare quanto avesse trovato attraente l’altro, di quanto fosse luminosa la sua pelle e magnetici i suoi occhi. Gli descrisse ogni minimo dettaglio del tatuaggio che aveva osservato solo per un minuto scarso quella mattina, quanto fosse artistico e vivido.
Quando ebbe finito, era sdraiato sul letto, fuori era calato il buio e lui non si era preoccupato di accendere la luce.
Kurapika pensò che il senso di amicizia e l’ammirazione di Gon verso Killua nascondesse ben altro, ma non disse niente. Se così era, doveva capirlo da solo.
“Grazie, Kurapika.”
Mh? Per cosa?
“Per avermi ascoltato. Non so cosa succederà domani, né fra una settimana quando saremo tornati a scuola, ma mi sento meglio. Quindi grazie.”
L’amico sorrise dall’altra parte della cornetta. “Di niente. Se hai bisogno, sai che puoi chiamarmi. Non necessariamente per raccontarmi del sesso con il tuo migliore amico, ovviamente.
“Kurapikaaa!!” Mugugnò, facendolo ridacchiare. “Ora comunque ti saluto, penso di dover andare ad aiutare mia zia.”
Va bene, salutamela. A presto Gon!
“A presto, Pika!”
Attaccò la telefonata, e sullo schermo apparve dopo un paio di secondi una notifica. Sorrise nel leggerla. “Arrivato a casa, mamma :P”
 
Infilò il cellulare in tasca, sbuffando decisamente stanco e nervoso. Ora doveva solo sperare di non incappare in Alluka mentre andava in camera.
Il suo stomaco però gli fece capire che aveva bisogno di qualcosa da digerire, dato che non aveva pranzato e la cena sembrava ancora lontana nonostante fosse sera inoltrata.
Scocciato, deviò verso la cucina e, nell’aprire il frigo, si ritrovò accanto la figura lupina del suo animale domestico. Inarcò un sopracciglio, poi prese un pezzo di formaggio e lo diede a Mike, che lo divorò avidamente. Per sé prese una barretta di cioccolato. Quando richiuse lo sportello comparve una figura umana che lo colse di sorpresa.
Caz- Alluka!” Emise un sospiro seccato. “Che.. Ci fai qui al buio?”
“Buon anno! Comunque, ti aspettavo. Com’è andata da Canary?” Gli chiese, tutta sorridente.
“Bene. Ti saluta.” Rispose, scartando il cioccolato e addentandolo, mentre usciva dalla cucina.
“E?”
“E cosa? Tutto lì. Abbiamo festeggiato, ci siamo divertiti, fine.” Cercò di tagliare corto lui.
“Gon si è divertito?” Domandò, innocente, seguendolo su per le scale.
“Penso di sì.” Masticò un altro paio di quadretti.
“Non lo sai? Non siete stati insieme?”
Lui sbuffò. “Sì, eravamo insieme. Ma non gli ho chiesto ogni due minuti se si stesse divertendo. L’ho visto.. Uhm, preso. Dalla festa. Quindi penso di sì.”
Le passò la tavoletta, mentre usciva sul terrazzo per accendersi una sigaretta. Dio, quanto ne aveva bisogno!
Lei lo studiò con quegli occhioni blu che erano uguali ai suoi. “Perché, cos’altro avete fatto?”
Lui per poco non si strozzò col fumo. “N-niente. Perché?”
“Fratellone, sei un bugiardo.” Commentò ridacchiando, mentre lo guardava fumare. Con aria divertita, fece una richiesta. “Killua, puoi fare i cerchi col fumo?”
Le sorrise e, lasciando uscire il fumo dalla bocca, si picchiettò sulla guancia, creando degli anelli azzurri nell’aria.
La ragazza sorrise, contenta. “Killua, puoi fare il drago?”
Il ragazzo prese una boccata di fumo, soffiandolo dai lati delle labbra e lasciando uscire il resto dal naso, scuotendo appena la testa per creare come una fiammata da drago, ma con il fumo.
Lei ridacchiò. “Killua, puoi fare la medusa?”
Quello creò un unico anello, in cui espirò lentamente del fumo, che andò ad arrotolarsi intorno all’anello, andando avanti e formando una medusa che si mosse per un po’ nell’aria di fronte a loro.
Sua sorella rise entusiasta. “Aye!”
Killua adorava vederla sorridente, avrebbe spaccato in due il mondo per vederla sempre felice. Dei suoi fratelli, lui era il più legato alla ragazza.
“Ora mi dici perché ti interessa tanto di Gon? Non ti piacerà mica?” Chiese, tornando a fumare normalmente.
Alluka sembrò divertita da quella domanda. “Non essere sciocco, non voglio certo rubare il ragazzo a mio fratello!” Gli fece l’occhiolino.
Lui sgranò gli occhi. “Non stiamo insieme!”
“Lo so, ma è successo qualcosa, e tu non mi vuoi dire cosa! Per questo voglio saperlo.”
Killua sbuffò. “Siamo andati a letto insieme. Tutto qui.”
Gli occhi della ragazza si illuminarono. “Come sarebbe tutto qui?? E?!”
“E niente. Te l’ho detto, siamo andati a letto insieme, fine. Non è cambiato niente rispetto a prima, eccetto il mio mal di testa.” Gettò la sigaretta e si appoggiò alla ringhiera, guardando distrattamente il cielo.
Lei sembrò contrariata dalla risposta, ma decise di non ribattere. “D’accordo, fratellone. Comunque prima ti cercava Illumi.”
“Va bene, tanto immagino ci sarà anche lui a cena.”









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Note dell'Autrice
Salve a tutti people! Passato una buona settimana?
Stasera pubblicazione serale, ho avuto problemi di connessione tutta la giornata @.@
Dunque! Il capitolo di oggi è abbastanza corto, mi dispiace, ma vediamo i pensieri delle nostre due creature che si confidano, più o meno, su ciò che è successo.
Mi sembrava logico che Gon chiamasse Kurapika, la persona più razionale del pianeta (chi non lo chiamerebbe al suo posto?), per confidarsi e ragionare un po’.
Per quanto riguarda i giochi di fumo che fa Killua, li potete trovare anche su youtube. E niente, sono fighissimi, da quando li ho visti vorrei un sacco imparare a farli *^* anche se il vero talento per me è di chi riesce a fare un galeone come Gandalf, lol.
Inoltre mi piaceva l’idea che lui facesse qualcosa per divertirla ed accontentarla, da bravo fratellone :3
Il titolo di oggi è rimasto in forse fino all’ultimo, perché non riuscivo a trovare una canzone che mi rimandasse completamente il ‘tema’ del capitolo, sia come musica che come testo. Alla fine, dopo ore ad ascoltare le canzoni che avevo selezionato, ho scelto “Thnks Fr Th Mmrs” dei Fall Out Boy.
Comunque, passando ai saluti, ringrazio come sempre la mia adorata beta, che legge e mi insulta, e saluto e ringrazio Zyad, sei una magica costante qua sotto nelle recensioni, non so come farei senza di te <3
Un grazie anche a __Gryffindor__ che ha aggiunto la storia alle seguite! :3 Infine, ringrazio tutti i lettori, silenziosi e non, che hanno letto fino a qui. Spero di non avervi deluso e di non farlo in futuro!
Via, ci leggiamo venerdì prossimo, un bacissimo!


Athelyè ~

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Capitolo 14
*** A Lie To Believe In ***




Exactly Another Teen Story

Capitolo XIV – A Lie To Believe In


I piani di Killua di non cercare Gon e anzi, evitarlo se possibile al rientro a scuola, andarono in frantumi con la realizzazione che poteva tranquillamente evitarlo entro l’edificio, ma non agli allenamenti. E visto che la prima domenica dell’anno avevano la loro prima partita ufficiale, quella settimana avevano allenamenti tutti i santi giorni.
Era stato terribile svegliarsi con una trentina di notifiche dal gruppo della squadra, con Razor che ricordava loro che quel pomeriggio li aspettava. E suonava molto come una minaccia.
Imprecò sottovoce mentre scendeva dalla moto ed entrava negli spogliatoi. Con una rapida occhiata, esaminò i presenti alla ricerca del proprio migliore amico. Fu sollevato nel vedere che non fosse ancora arrivato.
Il tempo di cambiarsi e andò in campo per scaldarsi. Dopo qualche minuto vide muoversi sugli spalti una ragazza conosciuta. Solo una persona poteva avere quei capelli blu, e se era arrivata lei, Gon probabilmente era negli spogliatoi.
Sbuffò, mentre continuava a fare stretching insieme ad altri ragazzi della squadra.
Finalmente anche Gon entrò in campo, insieme ad altri due, e Razor fischiò l’inizio del riscaldamento.
I due ragazzi non si parlarono, rimanendo a debita distanza uno dall’altro, ma continuarono a lanciarsi occhiate di vario genere.
Quando iniziarono a giocare, Razor divise i ragazzi in due squadre avversarie da cinque, Killua in una e Gon nell’altra. Il fatto di averlo di fronte, non aiutò affatto Killua a rimanere concentrato sul gioco, e, quasi inconsciamente, il ragazzo era portato a mirare contro il moro con le sue schiacciate.
Alla fine del primo set, si sentì chiamare dall’allenatore. D’altronde se lo aspettava.
“Zoldyck, io non so cosa ti abbia fatto Freecss, né lo voglio sapere. Ma se proprio vuoi prendertela con lui, fallo fuori dal campo.” Lo riprese l’uomo. “Mi servite tutti in forma per domenica.”
Lui annuì, in silenzio, guardando l’amico con la coda dell’occhio. Il moro si girò verso di lui con aria confusa.
“Ora torna lì, e gioca come dio comanda!”
 
A Gon facevano un male cane gli avambracci. Killua non aveva fatto altro che schiacciare su di lui per un intero set, e non è che i tiri del ragazzo fossero proprio debolucci. Quello l’aveva capito subito, da quella volta a palla avvelenata, quando si era beccato una sua pallonata in piena faccia.
Nonostante la carnagione olivastra, la sua pelle tendeva chiaramente al rosso violaceo sulle braccia.
Eppure non capiva. Perché sembrava che ce l’avesse con lui? Cosa gli aveva fatto?
Scosse la testa. Beh, un’idea ce l’aveva, ma aveva sperato di poterne parlare con calma, non che l’altro lo prendesse a pallonate fino a rompergli le ossa.
Dopotutto voleva solo essere suo amico. Era quello che voleva anche Killua, no?
Razor lo chiamò da parte, e Gon lo seguì con lo sguardo, lanciandogli un’occhiata interrogativa. Quando tornò in campo non scagliò più la palla contro di lui, se non una sola volta.
La sua espressione era indecifrabile, e ancora una volta Gon si ritrovò a chiedersi cosa diavolo passasse nella mente del ragazzo, cosa ci fosse dietro quelle iridi così profonde e blu.
Era arrabbiato? Confuso, come lui? Offeso?
Gon si sentiva terribilmente in colpa per una delle notti più belle della sua vita, perché, per quanto fosse sbagliato essere andato a letto con il suo migliore amico, forse complice l’alcool, si era sentito così bene fra le braccia dell’altro.
La partita, ovviamente, finì con la vittoria della parte di squadra con Killua. Razor gli fece fare qualche esercizio perché sciogliessero i muscoli, e Gon si perse ad osservare i movimenti delle braccia dell’amico.
Negli spogliatoi, i ragazzi commentarono le rispettive prestazioni in campo.
“Ehi Zoldyck, eri elettrico stasera!” Esclamò un ragazzo dalla carnagione un po’ più scura di Gon.
“Grazie Hattori, anche tu non sei stato da meno.” Rispose Killua, sedendosi su una panca per bere.
“Vorrai scherzare? Ha fatto delle alzate pessime!” Commentò un altro, con i capelli rossicci.
“Parla per te, Mamiya!” Gli fece la linguaccia quello.
“Non perdere la carica!” Disse uno, con i capelli di un nero bluastro.
“Oi Freecss, anche tu sei andato alla grande oggi! C’è andato giù pesante con te, non era facile..” Osservò un ragazzo castano.
“Kuroba, dici così perché ho dovuto smettere di mirare contro di te o ti avrei rotto un polso?” Killua inarcò le sopracciglia con un sorriso di sfida.
Quello rise, ma annuì. “Al posto suo, sarei con le braccia ingessate, è vero.”
La stanza si riempì di vapore.
“Tsuda, abbassa quella cazzo di temperatura! Di qua c’è la nebbia!” Gridò verso le docce Hattori.
La risposta arrivò ovattata dal rumore dell’acqua che scorreva. “Ma se io faccio sempre la doccia fredda! È Hiraga che si lava in un vulcano!”
Rimasero a scherzare un po’ fra loro, ma Gon non mancò di notare che, esattamente come lui, Killua non si stava preparando ad andarsene. Stava facendo alcune cose, sì, ma stava chiaramente temporeggiando: beveva piccoli sorsi d’acqua, controllava il cellulare, cercava cose nella sacca. Era chiaro che stesse aspettando che se ne andassero tutti. O forse no?
Gon non era certo, ma gli venne in mente che forse il ragazzo non stesse aspettando gli altri, ma che se ne andasse lui. Prese tempo nello stesso modo, finché gli altri non se ne andarono tutti.
Nel frattempo, Killua era andato a farsi la doccia. Gon decise di fare lo stesso, così si spostò nel vano adiacente dopo essersi spogliato.
Si trovò davanti di nuovo quel bellissimo tatuaggio sulla schiena perlacea dell’amico. Sotto lo scorrere dell’acqua i colori sembravano ancora più brillanti. Arrossì un po’, rendendosi conto di star fissando il suo corpo nudo. Distolse lo sguardo, imbarazzato.
“Non ti dirmi che ti imbarazzi adesso.”
Killua non si era girato, non poteva averlo visto, ma aveva capito comunque le sensazioni di Gon. I suoi sensi quasi sovrannaturali l’avevano sempre affascinato. Anche se in quel momento il suo stomaco fece una capriola per la frecciatina.
Il ragazzo si passò la mano fra i ricci bagnati color argento, sospirando, e Gon deglutì, al ricordo della sua mano fra le ciocche morbide e lucenti dell’altro.
Lo affiancò, accendendo l’acqua a sua volta per lavarsi. Killua accanto a lui si stava sciacquando i capelli, scuotendo la testa sotto il gesto dell’acqua, facendo così arrivare gli sbuffi di schiuma e acqua su di lui. Non ne era sicuro, ma pensò che quello glielo stesse facendo per dispetto.
Schizzò un po’ d’acqua saponata nella sua direzione, e pronto arrivò il contrattacco.
Killua girò il viso verso di lui, con un sorrisetto furbo sulle labbra, che – oh, dio – fece perdere un battito a Gon. Il ragazzo gli lanciò in faccia l’acqua raccolta in una mano, costringendolo a strizzare gli occhi per chiuderli e arricciare il naso in una smorfia infastidita. Si voltò di nuovo verso di lui e gli fece una linguaccia.
L’altro rise, con un’espressione così luminosa che Gon pensò avesse illuminato la stanza a giorno. O forse stava aspettando un sorriso da parte dell’amico da così tanto che gli sembrava così.
Si guardarono per qualche secondo negli occhi, sorridendosi. Era l’acqua che li rendeva così brillanti?
“Uhm.. Hai un bel tatuaggio.” Disse Gon, cercando un pretesto per parlare.
“Grazie.” Rispose quello, tornando a sciacquarsi. “Sai che è legato a ciò che sono, vero?”
Il moro annuì. Sì, quel tatuaggio era tanto bello quanto pericoloso, l’aveva capito subito, ma in quel momento aveva solo voglia di tracciarlo con le dita. Quella notte l’aveva paragonato a una pagina bianca da scrivere, ma a mente lucida il suo corpo somigliava più a una tela che qualcuno aveva già iniziato a dipingere.
“Al lavoro della tua famiglia, dici?”
“Anche il mio, sì.”
“È comunque bellissimo.”
Era rilassante avere lo scrosciare dell’acqua come sottofondo. I secondi di silenzio fra loro non pesavano con quello. Più o meno.
“Gon.” Sospirò. “Non girarci intorno, ti prego.”
“Disse quello che mi evita da ventiquattro ore.”
Touché, pensò Killua, guardandolo ora con la coda dell’occhio. Si voltò totalmente verso di lui dopo aver spento l’acqua.
“Bene allora, ora sono qui. Ti ascolto.” Alcune gocce gli scivolavano lungo la mandibola, accarezzandogli i lineamenti tesi in un’espressione seria, e poi giù sul collo e sulla clavicola.
Gon non si era preparato un discorso o che, ma cercò ugualmente di radunare i pensieri. Spense l’acqua e deglutì, sostenendo lo sguardo dell’altro.
“Ecco.. Volevo dirti che mi dispiace. Abbiamo bevuto decisamente troppo entrambi, e forse in quel momento ci ho preso un po’ la mano e ho approfittato della situazione. Non voglio perdere il mio migliore amico per.. Una partita persa a birra-pong?”
Killua inarcò un sopracciglio, ascoltando. Era piuttosto sicuro che la colpa non fosse solo della birra, o dell’alcool in generale, quanto della propria bocca su di lui, ma non disse niente.
“Comunque, dato che non eravamo esattamente in pieno controllo di noi stessi, direi di accantonare la questione. Immagino che nessuno dei due lo volesse davvero.”
E a quel punto Killua avrebbe potuto stare zitto, annuire, e lasciare che le parole che aveva pensato di dire lui stesso all’amico uscissero anziché dalla propria bocca da quella di Gon. Invece, spinto da non si sa quale forza dentro di sé, sollevò proprio quella questione, e, prima che potesse fermarle, le parole gli scivolarono dalle labbra.
“Dici? No, perché a me sembravi piuttosto preso.”
Gon inarcò le sopracciglia, spalancando gli occhi. No, decisamente non si aspettava questa risposta. Avrebbe voluto rispondergli ‘Senti chi parla’ ma la sua lingua si pietrificò quando Killua fece un passo in avanti, verso di lui.
“Quindi.. Mi stai dicendo che quelle attenzioni non le volevi?”
Mosse un altro passo avanti, con qualcosa di pericoloso negli occhi ma di inevitabilmente attraente che inchiodò Gon sul posto. Non che potesse spostarsi di molto in realtà, essendo nella doccia d’angolo era a un palmo dal muro.
“Mi stai dicendo che ti è dispiaciuto venirmi in bocca, mentre mi stringevi i capelli con la mano?”
Perché la voce bassa e roca del ragazzo e il sorriso che gli aleggiava sulle labbra stavano facendo sembrare quello che Gon riteneva una delle cose più imbarazzanti della propria esistenza, una cosa dannatamente sensuale?
“Mi stai dicendo che vorresti far finta di non avermi stretto a te come se la tua vita ne dipendesse?”
Gon si era perso il momento in cui la voce dell’altro era diventata poco più che un sussurro, e il suo respiro caldo sulle proprie labbra. Sulla schiena il brivido delle piastrelle fredde contro la sua pelle.
Mi stai dicendo che se facessi questo, mi respingeresti?
Il ragazzo aveva già chiuso gli occhi quando sentì le labbra fredde dell’altro che premevano dolcemente sulle proprie. Si aprirono in un bacio lento e gentile, per niente simile a quelli voraci e avidi di due sere prima.
Prima che potesse realizzarlo, Killua si era allontanato e gli sorrideva malizioso con quella scintilla negli occhi.
“Mi sta bene.” Disse semplicemente, prima di prendere l’asciugamano e avviarsi verso l’altra stanza degli spogliatoi. “Ma per inciso, sono stato io ad approfittare di te, non viceversa. Non pensare di essere tu a condurre il gioco, Freecss.”
Svanì dalla vista di Gon, lasciandolo senza fiato appoggiato alla parete con un’unica risposta a tutte quelle domande incalzanti di poco prima scolpita nella mente.
Dio, no.










_________________
Note dell'Autrice
Buon salve, todo bien? :D
A me personalmente, questa settimana è letteralmente volata. Cioè, sono entrata in fissa (ma fissa fortissima) con “Mo Dao Zu Shi”. Vi spiego cosa intendo con ‘fissa fortissima’: il 7 pomeriggio ho iniziato a vedere il donghua, alle 3 di notte dell’8 l’ho finito (nel senso che sono in pari); l’8 in giornata ho iniziato il manhua, il 9 sera l’ho finito (idem per questo); il 10 mattina ho iniziato la novel, e l’ho finita ieri pomeriggio. Nel giro di 9 giorni ho fatto il pieno.
So che non ve ne frega un tubo, ma era per rendervi partecipi della mia follia. :D
Prevedo tempi oscuri in arrivo per la mia dolce beta. Spero solo mi voglia ancora bene quando questa tempesta passerà.
[Probabilmente se usassi la stessa determinazione nello studio avrei già tre lauree, ma dettagli.]
 
Allor, partiamo col capitolo invece, che mi sembra di avervi lasciato un discreto finale uwu
Quanto saranno tenerelli i nostri due bimbi che giocano con acqua e sapone? Taaanto, almeno per me. Anche se comprendo perfettamente che il fulcro della questione sia un altro, in quest’ultima scena.
Avete presente quei momenti in cui sapete cosa dovete fare, in cui sapete cosa dovete dire, in cui porca miseria sta andando tutto nel verso giusto, e la vostra mente improvvisamente vi dice “ma no, perché far filare tutto liscio?”? Ce li avete presente? Ecco, questo è quello che è successo nella testolina argentata del nostro protagonista.
Quindi, dopo questo slancio di irrazionalità, che cosa farà Killua? E soprattutto, cosa farà Gon, oltre probabilmente un’altra doccia fredda?

Poi, volevo chiarire alcune cose riguardo ai vari membri della squadra: Pokkle, Chiaki Mamiya, Kousuke Tsuda, Heiji Hattori, Ryuji Takasu, Yusaku Kitamura, Saito Hiraga, Kaito Kuroba. Sono un mix di personaggi di altri anime/manga che adoro. Non sono gli unici, ma non ricordo esattamente che criterio ho usato per la scelta lol. Fun fact: appena ho finito di scrivere questa fic ho scoperto “Haikyuu!!”, penso di essermi data dell’idiota plurime volte.
La canzone di oggi è “A Lie to Believe in” degli Electric Diorama, un gruppo italiano che vi consiglio uwu
Per ultima cosa, as always, ringrazio la mia super beta, per la pazienza e l’impegno nel darmi corda nelle mie follie, anche se non le piacciono anime e manga.
Ringrazio tutti i lettori silenziosi, che continuano a seguire questa mia ciofeca, nonostante il bassissimo livello di trama che ha. Beh, non per nulla gli ho dato come titolo una storpiatura di “Non è un'altra stupida commedia americana” (in inglese: “Not Another Teen Movie”). Credetemi che a me dispiace, e nel rileggerla ora mi rendo conto che è veramente banale, ahahah.

Anyway, ci si legge venerdì prossimo! Baciss!

Athelyè ~

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Capitolo 15
*** Demons ***




Exactly Another Teen Story

Capitolo XV – Demons


Esattamente, stupidi neuroni, che cazzo gli era saltato in mente?
Gon gli aveva servito su un piatto d’argento la soluzione ai suoi problemi, la via d’uscita perfetta da quella situazione decisamente spinosa in cui stavano stretti entrambi, e lui cos’aveva fatto?
Aveva baciato Gon. Logico.
Una reazione perfettamente coerente con le sue intenzioni, sì, assolutamente.
E questo era il motivo per cui era ancora sveglio alle tre di notte, a fumare una sigaretta dietro l’altra mentre si divorava il fegato per l’incazzatura.
Lo sapevo, a stargli accanto sono diventato stupido anch’io. Stupido, stupido Gon!
Si strofinava il viso con una mano, in preda alla sua stessa agitazione. Che poi, quell’idiota poteva fermarlo stavolta, invece non si era mosso di un centimetro ed aveva anche risposto al bacio.
Per disperazione, prese il telefono e compose un numero, quello che chiamava sempre per le emergenze. Non c’erano nuovi messaggi, nessuno dei due aveva scritto all’altro.
Una voce femminile impastata dal sonno rispose dall’altra parte della linea. “Mhgn.. Pronto?
“Canary? Ehm, disturbo?” Chiese, sentendosi un po’ ipocrita. La ragazza stava chiaramente dormendo.
Si sentì uno sbadiglio. Probabilmente si stava strusciando gli occhi con la mano per convincerli ad aprirsi. “No.. Dimmi. È successo qualcos..
“Ho baciato Gon. Di nuovo. Però da sobrio stavolta.”
 
Non solo ora aveva un casino pazzesco in testa, ma si era anche beccato un tentativo di sfuriata da parte della sua migliore amica. Neon si era lamentata per cinque minuti buoni di averlo aspettato per un’epoca sugli spalti, lagnandosi che ‘persino quell’altro matto’, ovviamente riferendosi a Killua, era uscito prima di lui.
E lui per tutto il tempo si era morso la lingua, con la voce martellante di Kurapika nel cervello che gli intimava non dirle niente!, mentre il suo cuore ballava la samba e i suoi polmoni lottavano per non dar fiato alla bocca e disobbedire all’amico. Il perché non dovesse dirle di Killua, poi, gli era totalmente oscuro, ma non era il momento per pensare a quello.
Quindi, una volta arrivato a casa, salutato sua zia e fiondatosi in camera dicendo che era troppo stanco per cenare, aveva telefonato immediatamente al biondo, sfogando su di lui tutte le emozioni aggrovigliate che gli riempivano lo stomaco. Cercò di tenere un volume di voce il più basso possibile, rasentando il falsetto.
E Kurapika lo spiazzò, così, con una sola domanda.
Gon, scusa se te lo chiedo così direttamente, ma hai mai pensato che potrebbe piacerti Killua?
Il moro a quella domanda rispose di getto con un “Non è possibile, è il mio migliore amico.”, escludendo quindi a priori qualsiasi possibile implicazione sentimentale di altra natura.
L’altro sospirò, proponendogli però un’idea che, tutto sommato, al moro non sembrò campata per aria.
D’accordo, sorvoliamo sul punto ‘migliore amico’, su cui è evidente che non concordiamo.” Kurapika fece una piccola pausa, cercando le parole giuste per comunicare con un Gon chiaramente in stato confusionale. “Però, mettiamo per assurdo il caso che voi abbiate bypassato la fase del migliore amico. E mettiamo il caso che nessuno di voi due l’abbia capito. E, sempre per assurdo, mettiamo il caso che quelle di Killua siano relativamente inconsapevoli provocazioni.
Tutte le cose che stava elencando, il ragazzo le pensava realmente, ma porle su un piano immaginario impediva a Gon di interromperlo e non fargli finire il ragionamento.
Che siano fini a loro stesse o meno, perché non dovresti stare al suo gioco?
Il moro stette in silenzio, soppesando la cosa. A Killua piaceva giocare, provocare le persone, gliel’aveva sempre detto. Forse Kurapika non aveva del tutto torto. In fondo credeva nell’amicizia con lui, quindi cos’aveva da perdere?
Ho un’idea.” Continuò il biondo, dopo aver aspettato un po’ in silenzio affinché l’altro ragionasse su ciò che aveva detto e avesse il tempo di metabolizzarlo. “Non sono Leorio, ma dato che la scadenza è a breve, approfitto dello stesso lasso di tempo.
“Spiegati meglio!” Esclamò Gon, che sentiva fumare il cervello.
Una scommessa.” Disse semplicemente. “Stai al gioco e alle provocazioni di Killua fino alla scadenza della scommessa con Leorio. Se ho ragione, mi basta che tu mi dica ‘Avevi ragione tu’, e sarò soddisfatto.
“D’accordo. Se ho ragione io invece voglio che tu mi dica perché non posso parlarne con Neon.”
Kurapika sembrò esitare. “Va bene. Tanto, se vincerò io, probabilmente l’avrai già capito.
Dopo aver attaccato con il ragazzo, a Gon frullò in testa una domanda che gli era rimasta incastrata nel cervello dalla sera di capodanno. Aprì la chat con Leorio e digitò velocemente una domanda. Oi Leorio, cosa vuol dire ‘amici con benefici’?
 
L’idea di Canary non lo entusiasmava particolarmente, ma se era in questa situazione doveva ringraziare solo se stesso e le sue sinapsi del cazzo. Quali neuroni? Lui doveva averci dei dannatissimi furetti in calore nel cranio.
Provocalo. Tsk, la fai facile.” Borbottò fra sé e sé, mentre se ne stava con le mani in tasca davanti alla porta degli spogliatoi. “Perlomeno mi viene naturale.”
Prese un bel respiro e si fece coraggio. Incredibile come riuscisse a premere un grilletto come se fosse la cosa più facile del mondo, ma lo terrorizzasse a morte l’idea di ‘provarci seriamente’ con il proprio migliore amico. Gli sarebbe risultato infinitamente più semplice mettergli le mani al collo e strangolarlo.
Per carità, dopo averci dormito su, aveva capito cosa aveva spinto il suo corpo a baciare l’amico: l’adrenalina a palla che gli scaldava il sangue, che reagiva ogni volta che lo stuzzicava e che lo provocava di proposito. Quindi che male c’era a provare?
Con suo disappunto, il ragazzo era in ritardo anche stavolta. Sbuffò, e iniziò a cambiarsi nel chiacchiericcio degli altri.
Dopo un po’, una figura ruzzolò nella stanza, annaspando. Con le mani premute sulle proprie ginocchia, Gon cercava di riprendere fiato. Tutti i ragazzi lo guardarono confusi.
“Ehi, Freecss? Tutto bene? Che è successo?” Chiese Mamiya.
Quello annuì, ansimando e inghiottendo della saliva inesistente. “Sciopero.. Autobus..” Riuscì a dire.
Gli altri risero, mentre lui riprendeva una posizione eretta, grattandosi un poco dietro la nuca.
“Idiota, perché non mi hai chiamato? Sarei passato a prenderti.” Commentò Killua, facendo schioccare la lingua.
Il moro lo guardò, ricordandosi solo in quel momento che l’altro aveva una moto. Pensò a quello che gli aveva detto Kurapika.
“Se l’offerta è valida allora, accetto volentieri un passaggio per il ritorno, grazie.” Disse, mentre il suo respiro tornava pian piano normale.
“Certo. Nessun problema.” Rispose, mentre si sfilava la maglia per mettere quella della squadra.
Con la vista periferica, colse Gon a guardarlo in modo decisamente intenso. Cercò di non soffermarcisi, infilando in fretta l’altra maglia.
Aspettò che anche lui si fosse cambiato e andarono insieme in campo. Sugli spalti c’era di nuovo Neon, in seconda fila. Killua si sentì infastidito da quella presenza blu elettrico.
Il moro invece si lanciò a bordo campo per dirle qualcosa, solo che, essendo gli spalti sopraelevati, aveva dovuto dirlo ad alta voce.
“Neon! Dopo vai pure a casa! Mi riporta Killua!”
Il ragazzo si passò una mano fra i capelli, sospirando, mentre si allineava con gli altri davanti a Razor. Perché devi urlarlo? Sei imbarazzante, Gon..
Immediatamente, percepì uno sguardo maligno su di sé. Non gli serviva girarsi per capire che erano gli occhi di Neon a fissarlo sperando che prendesse fuoco.
Doveva ammettere che l’idea di provarci con Gon diventava più allettante con un rivale.
Senza farsi vedere dall’allenatore né dall’amico, si prese il permesso di tirare appena fuori la mano dalla tasca dei pantaloncini per farle chiaramente vedere il medio, mostrandole un poco la lingua mentre la guardava con la coda dell’occhio. Lei spalancò gli occhi e si tinse di un colore violaceo.
Dichiarazione di guerra ricevuta.
Al contrario del giorno prima, il ragazzo era molto più rilassato e aveva giocato anche in modo più sciolto. Quando uscirono dagli allenamenti, Neon li aspettava sulla strada. Killua la squadrò in silenzio, assottigliando gli occhi.
“Neon? Ti ho detto che potevi andare.” Disse Gon, appena la vide.
“Sì, lo so, ma volevo solo assicurarmi che fosse tutto a posto. Hai giocato bene stasera!” Gli rispose sorridente. Avvicinandosi a lui, gli risistemò la sciarpa intorno al collo. Il moro la lasciò fare, osservando la cura con cui la ragazza lo copriva. “Non vorrai ammalarti prima della partita, mh?”
Gon scosse la testa, ridacchiando. “Grazie, Neon!” Gli venne istintivo posarle una mano sui capelli con affetto per ringraziarla. Lei arrossì leggermente.
L’altro osservò la scena studiandoli. Il suo amico non poteva davvero essere così cieco da non notare come la ragazza lo guardava. Era impossibile che l’avesse capito tutta la scuola eccetto lui.
“Gon, ti dispiace se passiamo prima da Ikalgo? È di strada verso casa tua.”
“No, tranquillo. Come sta?” Chiese, voltandosi verso di lui mentre gli passava il casco.
“Ika? Sarà in botta come al solito.” Ridacchiò, mentre saliva sulla moto.
Neon sembrò turbata da quella risposta. Voleva dire qualcosa, ma Gon la salutò con un’altra carezza sui capelli.
“Ci vediamo domani, Neon!” Si allontanò da lei, sistemandosi sulla moto e abbracciando Killua per tenersi.
Il ragazzo partì subito dopo essersi gustato l’espressione livida di gelosia della Nostrade mentre li guardava sfrecciare via.
In una decina di minuti arrivarono davanti a una palazzina color petrolio dalla facciata fatiscente. Killua parcheggiò accanto a un portoncino e fece cenno a Gon di scendere. Suonò a un campanello con alcuni cognomi, e dopo circa un minuto sentirono scattare la serratura. Entrarono e fecero paio di rampe di scale. Sulla soglia di una porta verde abete, li aspettava un ragazzo con i capelli rossi e una felpa larga arancione acceso.
“Oi Zoldyck.” Lo salutò, con la voce modulata in modo.. strano?
“Yo.”
Il ragazzo si fece da parte per farlo passare, notando il moro dietro di lui lo salutò con entusiasmo. “Eeehilà, Gon! Com’è?”
“Ciao! Bene, grazie, tu?”
“Grande!” Ridacchiò. Gon si chiese se aveva capito la domanda, rimandandogli un sorriso tirato. Osservandolo più da vicino, notò che aveva le pupille grandi come due bottoni.
Dopo aver chiuso la porta alle loro spalle, Ikalgo fece strada lungo il corridoio. Arrivarono in quella che doveva essere una cucina-salotto, anche se nel caos generale Gon riusciva a distinguere solo un divano e il fornello.
A giudicare dal numero di stanze a cui erano passati davanti probabilmente Ikalgo divideva l’appartamento con almeno un’altra persona oltre a Palm. Gon aveva intravisto il suo nome su una porta.
“Oltre quello che ti ho chiesto, hai qualcosa di nuovo?” Chiese il ragazzo con i capelli argentati, mentre l’altro prendeva una borsa e ci rovistava dentro, tirando fuori alcune bustine dai contenuti più vari.
Ikalgo iniziò ad elencare alcuni nomi a Gon completamente estranei. “Dunque, oltre alle solite cose e alla D2 che già conosci, ho come unica ‘novità’ delle pasticche di Refrain, che non sembra male, anche se non l’ho ancora provata. Se invece hai voglia di fumo ho delle foglie fresche fresche che vengono da NGL..”
“Dammi quelle.” Disse Killua, interrompendolo.
Il rosso gli passò un paio di bustine, mentre l’altro tirava fuori il portafogli. “Non ho capito però perché mi hai chiesto dell’hazia. Non è molto in linea con i tuoi soliti gusti.”
“Infatti non è per me, mi serve per un lavoro.” Rispose, mentre metteva via quello che gli aveva dato.
“Capisco.. E per lui?” Indicò Gon, che stava ancora studiando l’ambiente intorno a sé.
“Eh? Cosa?” Osservò i due, confuso.
Killua lo guardò per un secondo. “Vuoi provare qualcosa?” Chiese, studiando l’espressione sul suo viso.
“N-no.. Ehm, grazie?” Biascicò, non sapendo bene cosa dire.
Ikalgo gli sorrise. “Dai, siccome sei con Killua a te offro volentieri qualcosa! Io ho solo il meglio: scegli quello che ti piace di più!” Si fece da parte per far vedere al ragazzo il contenuto del borsone.
Gon era incuriosito più dalla quantità di colori e sostanze presenti che non effettivamente dall’idea di provarle. Si avvicinò per dare un’occhiata, sentendosi osservato dagli occhi blu del suo migliore amico.
“Killua in genere prende quelle lì viola. Io preferisco quella polverina azzurra invece.”
“Non sei obbligato, Gon.” Gli disse l’altro ragazzo, senza smettere di esaminarlo.
Il moro era combattuto fra l’annuire e il dimostrare di non essere da meno rispetto ai due. Studiò le varie bustine. Kurapika non sarebbe stato d’accordo con lo stare al gioco in quello, soprattutto perché lo sguardo di Killua non era di sfida, ma anzi di preoccupazione, come se sperasse in una sua risposta negativa. Stava per prendere una bustina con due pastiglie gialle, quando il ragazzo con i capelli bianchi gli afferrò il polso.
“Ti faccio provare io le foglie più tardi, se vuoi.”
Non sembrava un tono che lasciava spazio a contraddizioni, così si limitò ad annuire. Ikalgo sbuffò, evidentemente sconfitto.
Una figura in deshabillé attraversò il salotto, diretta verso la zona cucina. “Ika, dove hai la focaccia? Ho voglia di salato.”
“Quella è finita. Guarda nella mensola in alto a sinistra.” Rispose distrattamente lui, mentre metteva via la borsa.
Gon, appena scorta la figura in topless nella stanza, si girò immediatamente verso l’amico per evitare di vederla, rosso in viso.
“Sei incinta, Siberia? Te l’avevo detto che è meglio usare i preservativi.” Commentò Killua con un sorriso divertito, guardando la ragazza muoversi per la stanza.
“Simpatico, Zoldyck. No, non sono incinta, sono solo in chimica.” Rispose, mentre cercava qualcosa da addentare. Non sembrava minimamente toccata dal fatto di essere in mutande davanti ai tre ragazzi, al contrario di Gon che invece si sentiva terribilmente in imbarazzo.
Ikalgo ridacchiò, rivolgendosi al moro. “Guarda che non se la prende se la guardi, anzi.”
Lui rivolse uno sguardo interrogativo a Killua, come se lui detenesse la risposta a qualsiasi quesito. Iniziò a formicolargli il collo.
“è andata a letto sia con lui che con me, anche insieme, oltre che con mezza città, per questo non si preoccupa di coprirsi.” Rispose il ragazzo, non considerandola più di tanto. Poi scherzò, guardando l’amico, che non si sentì affatto rassicurato. “È una zoccola patentata, Gon, non farti problemi.”
“Disse quello che a letto cambiava una persona ogni settimana, facendosi anche la metà che manca a me.” La giovane se ne stava appoggiata ai fornelli, sgranocchiando delle gallette. “Comunque Gon, se vuoi ho tempo per un giro anche con te.” Gli fece l’occhiolino, mentre lui sentiva le proprie orecchie prender fuoco pian piano e cercava di distogliere lo sguardo dalla ragazza.
“Giù le zampe, Palm.” Commentò Killua, accendendosi una sigaretta. Prese una boccata di fumo e la sbuffò nell’aria.
“Perché, è tuo?” Cercò di provocarlo lei, addentando un’altra galletta. Intanto Ikalgo ridacchiava godendosi lo spettacolo, mentre Gon stava iniziando a diventare luminoso per quanto stava arrossendo.
Lui inarcò un sopracciglio, restituendole un sorriso sfacciato. “Perché, se lo fosse?”
Il moro gli lanciò un’occhiata a metà fra l’imbarazzato e l’incredulo. Capiva che si stavano solo stuzzicando e che scherzavano, ma il suo cuore accelerò ugualmente la sua corsa facendo le capriole a quelle parole.
Quella stava per rispondergli, ma Killua girò i tacchi, incamminandosi verso l’ingresso. “Ora, se permetti, devo riportarlo a casa.” Disse, con enorme sollievo dell’interessato.
Lei agitò la mano per salutarli, dimenticandosi completamente di ciò che stava per dire, mentre Ikalgo li riaccompagnò alla porta.
“Oi, Killua? Hai sentito di Lynch? Lynch Fullbokko?” Chiese, una volta sul pianerottolo.
“Mh? No, cos’ha fatto?”
“L’hanno trovata stamani con un buco in testa. Si dice ci fosse di mezzo un bel giro di grana con i Suzuki.”
Il ragazzo fece una smorfia, passandosi una mano fra i capelli argentati.
“Merda.. Ecco cos’erano le chiamate di mio fratello.” Sbuffò, poi lo salutò avviandosi per le scale insieme al moro. “Grazie per l’informazione, comunque. Ci si sente.”
Una volta giù, Gon osservò per un momento Killua, prima di salire in moto dietro di lui.
“Uhm.. Killua?” Si rigirò il casco fra le mani. “Mito è via, fino a domenica sera. È tornata sull’Isola Balena con mia nonna.”
“Mh-mh?”
“Ecco.. Mi chiedevo..” Iniziò, immaginando già il rifiuto dell’altro. “Ti va di fermarti da me? A dormire, intendo.”
“Sì, certo. Va bene.” Rispose invece, mentre sulle labbra del moro si formava un enorme sorriso.
 
Dopo cena, Gon assistette ad un’accesa discussione al telefono fra Killua e suo fratello maggiore.
“Ti ho detto che va bene, domani. Sì, ho capito dove, rilassati. Ma perché non può farlo Milluki? Che vuol dire che non ne ha voglia?! Digli di alzare il culo e rendersi utile!” Sbuffò. “Ho capito, sì. Va bene. Ciao.”
Aveva voglia di lanciare il cellulare contro la parete e frantumarlo, ma sarebbe stato fondamentalmente inutile e controproducente, oltre che inutilmente dispendioso.
“Problemi?” Chiese, incerto, il moro.
Quello emise un sospiro frustrato e si sedette sul letto dell’amico. “No, solo una rottura di coglioni non indifferente.”
Gon storse la bocca. Non ci aveva capito molto dei loro discorsi. Aveva capito solo che il giorno seguente Killua avrebbe dovuto risolvere delle questioni con qualcuno a modo suo. Ma era evidente che l’amico non avesse voglia di parlarne, quindi evitò di fare altre domande.
“Gon?”
“Mh?”
“Cosa stavi per prendere dalla borsa di Ika, oggi? Per curiosità.” Chiese, sedendosi a gambe incrociate sul materasso e appoggiandosi con la schiena al muro, incrociando le braccia dietro la testa.
Gon lo guardò un istante. Da quando una canotta nera e un paio di pantaloni lisi di una tuta potevano sembrare tanto attraenti?
“Uhm.. C’erano due pasticche gialle che mi sembravano allegre. Non so, forse quelle.” Rispose, facendo spallucce.
“Pessima scelta, hanno un sapore amaro e un effetto brevissimo.”
L’altro lo guardò perplesso. “Le avevi già provate?”
“Ho provato quasi tutto quello che vende Ikalgo.” Poi domandò, inclinando un poco la testa. “E tu sei ancora interessato a quelle foglie?”
Gon non sapeva cosa rispondere. Era curioso, sì, ma non voleva neanche fare qualcosa per cui avrebbe potuto deludere sua zia. L’amico sembrò sentire i suoi pensieri.
“Se non ti va, non sentirti costretto. Ho bisogno solo di distrarmi un po’, puoi passarmi la sacca?”
Quello obbedì, osservando Killua che tirava fuori dal borsone una delle bustine che gli aveva dato Ikalgo, l’accendino e una cartina, preparando poi il tutto. Si alzò e andò alla finestra, spostando un po’ la scrivania. “Posso aprire?”
Gon annuì, affacciandosi accanto a lui al davanzale, sfiorando la sua spalla. Rabbrividì per l’aria gelida delle notti di gennaio.
Killua accese il tubicino, aspirando profondamente. Osservarono per un po’ il buio, bucato da finestre illuminate e qualche lampione. Si vedeva qualche stella in cielo. Non avevano acceso la luce in camera, quindi anche loro stavano sguazzando nell’oscurità.
Gon pensò che gli occhi del suo migliore amico stessero brillando, nonostante sembrassero ovattati dagli sbuffi di fumo che ogni tanto espirava. Osservò ogni lento movimento dell’altro, ogni volta che aspirava, facendo brillare di rosso scintillante le foglie.
Per un attimo, pensò che la vera droga fossero quei capelli ricci e arruffati. Per un attimo, invidiò quel tubicino per sostare su quelle labbra. Solo per un attimo, lui..
Killua soffiò del fumo nella sua direzione, facendogli arricciare il naso, e ridacchiò. Si era accorto del modo in cui lo stava guardando, del modo in cui aveva iniziato impercettibilmente a mordersi il labbro.
Prova.” Gli disse a bassa voce, allungandoglielo. Ne aveva consumato molto più di metà.
Cosa potrà mai fare un tiro?, pensò Gon. Prese il tubicino dalle dita affusolate dell’altro, e lo studiò per un secondo. Lo avvicinò alle labbra e aspirò. Sentì pizzicare la gola e un sapore speziato sulla lingua, però non sembrava niente di malvagio. Fece per restituirglielo, ma quello fece un gesto con la mano. Continua.
Aspirò altre tre volte, mentre il fumo si mescolava alle nuvole di vapore dei loro respiri, poi il mozzicone si spense, finendo le foglie da bruciare.
Non era stato terribile come pensava. Si sentiva normale, provando solo la sensazione di un leggerissimo filo di nebbia ad avvolgergli i pensieri. Si girò verso Killua, che lo osservava incuriosito con un sorriso gentile. Vide le iridi azzurre spostarsi per un attimo dai suoi occhi alla sua bocca. Era certo che sapesse che aveva notato quel movimento, per quanto rapido fosse stato, d’altronde erano davvero molto vicini. Già, quand’è che si erano avvicinati così tanto?
Mi chiedevo una cosa..” Disse, con la voce bassa e ruvida.
Cosa?” Si allineò al suo tono, quasi inconsciamente. C’erano a malapena quindici centimetri fra loro, non aveva senso parlare a un volume diverso. Giusto?
Le ho sentite dopo che hai bevuto, poi con degli sbuffi di sapone..” Mormorò rocamente, avvicinandosi al suo viso di qualche centimetro, abbassando di nuovo lo sguardo per un istante. “Quindi mi chiedevo.. Di cosa sapranno le tue labbra con il fumo?
Gon non rispose, socchiuse le labbra mentre l’altro si sporgeva ancora un poco più avanti, per coprire la misera distanza fra loro, e lo incontrò a metà strada. Chiuse gli occhi e sentì una carezza leggera sulla guancia, mentre la lingua dell’altro danzava con la sua, esplorando la sua bocca dolcemente.
La sua mano andò a posarsi dietro il collo dell’altro, passando le dita fra i suoi capelli chiari. Si baciarono in quel modo lento e dolce in un momento senza tempo, testimoni le stelle che i due avrebbero voluto non finisse mai.
L’ultimo fu un bacio a fior di labbra, dato dal ragazzo con i capelli argentati, forse nella speranza di allontanare di un altro secondo la separazione.
Si guardarono in silenzio per qualche secondo. Il blu freddo e serafico si rifletteva nell’ambra che ruggiva incandescente.
Ti prego, fammi continuare..” Sussurrò sulle labbra del moro. Fu quest’ultimo a muoversi di nuovo per incontrare le sue labbra per un altro bacio, delicato come il precedente, e un altro, e un altro ancora..
Quando si fermarono, si stavano stringendo dolcemente in una sorta di abbraccio. Killua appoggiò piano la fronte contro quella dell’altro, sfiorando affettuosamente il suo naso.
Nonostante ci fosse la finestra aperta, con l’aria gelida che accarezzava la loro pelle, non sentivano freddo in quella tenera stretta. Rimasero così per un po’, semplicemente a sentirsi vicini.
Gon tirò appena indietro la testa, per guardare il viso dell’altro. Il suo migliore amico. Perché quella parola non riusciva a conciliarsi con quello che provava in quel momento?
Non capiva. Perché quelle due immagini non riuscivano a coincidere? La forma del suo cuore e la parola amico non riuscivano a sovrapporsi.
Si morse il labbro. I migliori amici non si baciano in questo modo, quindi noi cosa siamo?
 
Perché Gon aveva quell’espressione colpevole sul viso? Non poteva dire non averlo voluto, non stavolta. Aveva avuto tutto il tempo per respingerlo, e non l’aveva fatto. Gli era persino venuto incontro entrambe le volte!
Ma allora perché i suoi occhi non sembravano felici, ma combattuti?
Killua..
Gon.. Possiamo pensarci domani.
Non voleva pensarci adesso, e neanche il giorno successivo in realtà, ma così avrebbe guadagnato comunque un po’ di tempo. L’altro annuì, sciogliendo lentamente l’abbraccio, come se non volesse, e chiuse la finestra.
A letto stettero vicini, girati l’uno verso l’altro ma senza toccarsi. O almeno, vista la dimensione del letto di Gon, ci provarono.
Quando si svegliò, era mattina già da un po’. Killua diede un’occhiata all’ora sul cellulare e scattò a sedere con un’imprecazione, svegliando Gon di soprassalto. Saltò fuori dal letto lanciandosi in bagno. Cinque minuti dopo era vestito e stava mettendo alcune cose nella borsa. Il moro invece in quei cinque minuti era a malapena riuscito a rendersi conto di dove fosse e pensare di alzarsi.
“Killua..?” Si stropicciò un occhio, poi controllò l’ora, mugugnando. “Sono solo le otto e mezza..”
“Appunto, e io fra quindici minuti dovrei essere dalla parte opposta della città.” Disse, tirando fuori dalla borsa una pistola, caricandola senza togliere la sicura, e infilandola nella fondina sul fianco. A cose normali non avrebbe mai fatto una cosa del genere, ma era dannatamente di fretta.
Gon lo osservò, seduto sul bordo del letto e iniziando a svegliarsi solo in quel momento, mentre l’altro chiudeva tutto controllando velocemente di non aver dimenticato niente.
“Dove vai?”
“A lavoro.” Rispose, mettendosi in spalla il borsone.
Il moro aggrottò un po’ le sopracciglia, ma si alzò, accompagnandolo alla porta. Sentirlo parlare di ‘lavoro’ era una cosa, vederlo effettivamente con una pistola in mano faceva tutto un altro effetto, ma cercò di non pensarci.
Aprì il portone, guardandolo preoccupato. Killua se ne accorse e gli fece la linguaccia.
“Su con la vita, Freecss. Mi basta mia madre che sta in ansia.” Scherzò, stando sulla soglia, ma quello non sembrò particolarmente rincuorato dalla cosa.
“Fa’ attenzione..” Mormorò, serio, stando appoggiato alla porta.
“Tranquillo, Gon. Ci vediamo stasera agli allenamenti, mh?” Così dicendo si allungò per dargli un bacio sull’angolo della bocca, poi si diresse verso la moto, mettendosi velocemente il casco e partendo rumorosamente.
In un attimo era sparito, mentre Gon era ancora lì in piedi sulla soglia di casa, come frastornato da quel gesto.
 
Il fatto che Killua non gli avesse scritto per tutto il giorno non l’aveva di certo fatto stare tranquillo, anzi. Mentre si cambiava, non fece altro che controllare il cellulare, nella speranza di trovarci un messaggio. O forse no.
Killua entrò negli spogliatoi con una quindicina di minuti di ritardo rispetto al suo solito orario. Hiraga, che era l’unico altro della squadra ancora negli spogliatoi oltre a Gon, scattò in piedi quando lo vide. Il moro spalancò gli occhi, saltando a sua volta.
Un intenso rosso porpora macchiava la maglia di Killua su una spalla e intorno al colletto, e parte del suo viso, in particolare un abbondante schizzo cremisi sembrava colargli sotto l’occhio.
“Z-Zoldyck?! Stai bene?” Chiese il loro compagno di squadra, titubante.
“Sì, di’ a Razor che arrivo subito, il tempo di cambiarmi.”
Quello annuì e, allacciandosi rapidamente le scarpe, sparì oltre la porta che portava al campo.
“Killua?!”
“Rilassati, non è mio.” Affermò con nonchalance, lasciando cadere il borsone e andando verso i lavandini per sciacquarsi il viso. Gon lo seguì, osservandolo ugualmente allarmato.
L’altro intuì di dover spiegare almeno qualcosa. Si asciugò il viso e iniziò a cambiarsi. “Il bastardo non solo non era dove doveva essere, ma non era neanche solo, e ho dovuto improvvisare. Sto bene, Gon, davvero. Dovresti vedere quegli altri!” Ridacchiò.
Il moro sembrò rilassarsi un poco nel sentirlo ridere. Solo poco, però.
“Cos’è successo?” Domandò, avvicinandosi.
Quello lo guardò, sospirando. “Se vuoi te lo dico. So che non sarebbe la prima volta, ma sei sicuro di volerlo sentire?”
Gon annuì.
“Dovevo eliminare un uomo, ma indovina? Aveva la scorta e mi sono dovuto avvicinare più del previsto. Questo ha portato a uno scontro decisamente ravvicinato e ho dovuto far fuori anche quei tre della scorta. Odio quando mi tocca togliere di mezzo anche ostacoli innocenti.” Sbuffò, con aria seccata.
“Comunque, te lo ripeto.” Appallottolò la maglia sporca di sangue e la buttò nel borsone. “Quello non è mio. Viene dalla gola di uno di loro.”
Gon annuì ancora, dopo aver esaminato velocemente con gli occhi il corpo dell’amico, prima che si mettesse un’altra maglia, e il suo viso pulito. Non aveva ferite, quindi doveva essere così. Solo qualche ora più tardi, rielaborando quel dialogo, un brivido di terrore gli percorse la spina dorsale, all’idea del ragazzo che, in mezzo a un corpo a corpo contro altre tre persone, si era ritrovato a dover tagliare la gola a qualcuno.
“Andiamo?” Lo richiamò Killua, sorridendogli come se non fosse successo niente.
Nonostante gli sguardi sospettosi di Hiraga, i due non sembrarono avere problemi in campo, anche se Gon mantenne un insolito silenzio durante l’allenamento. In una breve pausa dalle battute-cannone di Razor, il ragazzo dai capelli argentati affiancò l’amico, osservandolo.
“Oi, Gon?”
“Mh?” Quello bevve un sorso d’acqua.
“Il gatto ti ha mangiato la lingua stasera?” Chiese, inarcando un sopracciglio. Gon scosse piano la testa. “E allora che hai? Sei strano.”
“Ero preoccupato per te, non mi hai scritto per tutto il giorno!” Rispose, guardandolo negli occhi.
Killua si passò una mano fra i ricci argentati, arrossendo appena. “Non dire così, è imbarazzante..”
“Beh, me l’hai chiesto tu.” Gli fece notare, con un mezzo sorriso.
L’altro alzò la mano verso la guancia, per giocherellare con l’orecchino, distogliendo lo sguardo dal moro e gonfiando appena le guance. “Che c’entra.. Potresti comunque dirlo in modo diverso.”
Quello sollevò un sopracciglio. “Tipo?”
“Non lo so, ma così fa molto ‘fidanzato apprensivo’.” Mormorò, lanciandogli un’occhiata.
“Come se tu ti stessi comportando da semplice amico, ultimamente.” Con quelle parole fece andare a fuoco le guance di Killua, che lo fissò con un’espressione decisamente imbarazzata.
“Beh, non mi sembra esattamente che a te dispiaccia!” Ribatté, con la voce lievemente incrinata.
Arrossì vistosamente anche il moro. “Che c’entra adesso?!”
“Come ‘che c’entra’?! Non mi risulta che tu ti sia tirato indietro ieri sera!”
I due iniziarono a bisticciare, completamente incuranti dei loro compagni di squadra, che nel frattempo stavano origliando con interesse la conversazione mentre si esercitavano nei passaggi.
O almeno finché Razor non li richiamò, urlando dalla parte opposta del campo. “Ehi piccioncini, che ne direste di giocare adesso?”
E questo sì che fece sentire entrambi molto imbarazzati, riprendendo improvvisamente consapevolezza di dove si trovassero.
Killua, tornando ad allenarsi, lanciò un’occhiata a una panchina a bordo campo, verso i soliti capelli blu elettrico. Dentro di sé, sperò che la ragazza li avesse sentiti, nonostante non avessero detto nulla di particolarmente specifico. Anche se lei probabilmente aveva solo sentito il grido del loro allenatore. Il che comunque era più che sufficiente. Ma poi, quella che ci faceva lì a bordo campo e non sugli spalti?
Mentre batteva contro il moro, che gli stava facendo la linguaccia, trovò profondamente divertente come non riuscisse a fare a meno di andare contro i propri interessi: voleva lasciar scivolare nell’oblio quella notte di follia con Gon, e aveva finito col baciarlo, nudo, in una doccia; voleva evitare di sollevare la questione bacio-al-chiaro-di-luna della sera prima, ed erano finiti a discuterne in campo davanti ad almeno.. Quante, nove persone?
Cristo, forse sarebbe stato meglio staccare la spina ai suoi ragionamenti.
 
A fine allenamento, Gon si fermò un secondo a parlare con Neon. Razor le aveva permesso di stare lì sulla panchina in quanto sua fan numero uno.
“Sei stato grande!” Cinguettò lei, alzandosi per abbracciarlo.
Troia. I pensieri di Killua non erano mai stati particolarmente clementi verso di lei. Sbuffò, intrecciando le dita dietro la nuca mentre andava verso gli spogliatoi. In tutto il giorno non aveva toccato una sigaretta, e ora ne bramava una come se non fumasse da mesi, ma forse era l’immagine di quella ragazza che abbracciava Gon a stimolargli la voglia di distrarsi e allentare la tensione.
Inaspettatamente, sentì il calore di una mano fra le scapole, e girandosi a sinistra vide un enorme sorriso. Non credeva che il moro avrebbe liquidato così velocemente Neon.
E lui probabilmente intuì i suoi pensieri, perché rispose alla sua domanda non posta. “Le ho detto che ero zuppo di sudore. Non mi sembrava molto carino abbracciarla conciato così.”
Killua era certo che alla ragazza non sarebbe dispiaciuto, ma non disse niente. Sarebbe stato un autogol.
“Allora.. Vieni anche stasera?” Chiese Gon, con sua enorme sorpresa.
Il ragazzo non si aspettava un altro invito, a dire il vero. “Sì, se a te va bene..”
“Killua, te l’ho chiesto io.” Gli rivolse uno sguardo che diceva chiaramente ‘Sei serio?’.
Risero entrambi, mentre andavano a cambiarsi.










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Note dell'Autrice
Buondì! Vi siete ripresi dal colpo della settimana scorsa?
Bene, ora siamo saliti a due scommesse! Arriveremo in fondo a questa storia che ci troveremo in un casinò, a forza di scommesse. O in mezzo a una strada, opzione altrettanto plausibile.
Ricordo, dato che è perfettamente comprensibile perdere il conto lol, che è il 3 gennaio nella storia (in realtà il capitolo comprende il 3 e il 4 gennaio) e sono passati quarantacinque giorni dall’inizio della scommessa con Leorio.
 
Le droghe nominate da Ikalgo sono, oltre alla famosissima D2 del mondo Hunter: refrain (da Code Geass), che induce flashback di ricordi o esperienze passate felici; hazia (da I Racconti di Terramare, dello studio Ghibli), che è una droga allucinogena che può arrivare a uccidere l’utente (motivo per cui Killua se ne serve per lavoro); infine delle foglie da NGL, che non sono niente in particolare in realtà, volevo solo aggiungere una provenienza “esotica”. Per le altre descritte ma senza nome, non avevo in mente niente di particolare, decidete voi se volete. Ricordo a chiunque che gli stupefacenti nuocciono alla salute e io non ne sto sponsorizzando l’utilizzo. Io ve l'ho detto, voi fate quel che vi pare.
 
Per chi non segue il manga, Lynch Fullbokko è un personaggio che fa parte di una famiglia della mafia. La sua sorte in questo capitolo (e in generale in questa storia) non è minimamente collegata alla storia ufficiale. So, relax, niente spoiler. Suzuki invece è tipo il cognome più banale del Giappone, quindi non fateci caso in generale. Lol.
 
Che dire poi dell’ennesimo bacio fra i nostri due adorabili cretini? <3 Senza contare il bisticcio davanti a tutta la squadra.
Potete non credermi, ma io conosco veramente delle persone che ragionano come questo Gon nella vita vera. Breve storia triste, I know.
 
La disposizione del sangue su Killua è quella di quando uccide nonricordocomesichiamascusatemi nell’ultima prova dell’esame Hunter.
 
Anyway, anche oggi siamo giunti alla fine di questo (stavolta un po’ più lungo) capitolo. Spero vi sia piaciuto, fatemelo sapere! Come sempre, l’appuntamento è per venerdì prossimo ^^
Ringrazio la mia beta, che legge, impreca per le ore improbabili a cui le mando le cose, e corregge. In fondo, molto in fondo, mi vuole ancora bene.
Ringrazio Zyad, che come sempre recensisce ogni mio capitolo e mi tiene tanta compagnia :3. Un enorme grazie anche a Killua014 e Aury2105 che hanno aggiunto la storia alle proprie raccolte *^*
Grazie anche a tutti voi lettori silenziosi, che continuate a leggere questa mia storia fatta praticamente solo come riscaldamento per la mano.
 
Un abbraccio enorme (ma non troppo lungo che fa un caldo boia) e ci si legge!
 
Athelyè ~



P.s. La canzone è “Demons” degli Imagine Dragons, mi sono dimenticata di dirlo prima!

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Capitolo 16
*** Dance With Me Tonight ***




Exactly Another Teen Story

Capitolo XVI – Dance With Me Tonight


Fischio dell’arbitro, le grida entusiaste del pubblico. Razor esultava con un guardialinee, che invece non vedeva l’ora di poter tornare a casa. I ragazzi saltarono di gioia, lanciandosi ad abbracciare il ragazzo moro con le braccia alzate al cielo in mezzo al campo.
Gon aveva segnato il punto vincente alla fine del quinto set dopo uno scambio interminabile di battute e salvataggi, ma aveva realizzato la vittoria della propria squadra solo mentre lo stavano riempiendo di pacche sulle spalle, abbracci e complimenti. Sentiva la voce di Leorio che gridava su tutte le altre, e Killua gli aveva rivolto uno dei sorrisi più belli che avesse visto sul viso dell’amico.
Sì, erano ancora alla definizione amico, dopo aver chiarito e stabilito più o meno la situazione fra loro. Erano ancora ‘amici’, nonostante Killua avesse dormito da Gon tutte le sere di quella settimana e passato con lui la maggior parte della giornata, nonostante si scambiassero effusioni, diciamo fraintendibili, anche davanti ad altri adesso; ad esempio: Killua spesso circondava il collo dell’altro con il braccio, tenendolo affettuosamente vicino, oppure Gon lo abbracciava da dietro, appoggiandosi con il mento sulla sua spalla. Anche se non si erano più baciati da quella sera, Killua non aveva smesso di provocarlo e Gon non aveva smesso di stare al gioco.
A volte anche durante gli allenamenti la tensione fra i due era stata così elettrica che i loro compagni di squadra si erano sentiti gli ottavi incomodi.
Gli unici momenti in cui Gon cercava di evitare quelle dimostrazioni di affetto erano quando Neon era particolarmente vicina, cosa che diede da pensare a Killua che il ragazzo avesse finalmente capito di interessarle, quindi di agire così per ‘rispetto’, o qualcosa di simile. Lo capiva, ma non condivideva il pensiero contando che, se fosse stato per lui, se lo sarebbe fatto anche in mezzo alla strada, sul cofano di una macchina qualsiasi.
Ma tornando a noi.
Dopo la partita e i complimenti di Razor negli spogliatoi, Gon gli aveva chiesto di andare con lui e il suo gruppo a festeggiare, estendendo ovviamente l’invito anche ad Alluka, venuta a vedere la partita del suo fratellone. Così, ora erano tutti in un locale a brindare alla vittoria, seduti intorno un tavolo tondo abbastanza grande.
Leorio era partito in quarta, bevendo alcool a fiumi, come se fosse lui a dover festeggiare, mentre Kurapika si assicurava che non iniziasse a palpare con troppo entusiasmo le ragazze che gli passavano accanto.
Zushi era intento a cercare di fare conversazione con Alluka, in modo molto impacciato e molto tenero allo stesso tempo, facendola sorridere mentre lui arrossiva.
Alla destra della ragazza, Killua lanciava occasionalmente occhiate ai due, ma era preso soprattutto dal godersi le attenzioni di Gon, che teneva la mano sinistra fra i suoi capelli e li massaggiava dolcemente, certo di sentire delle fusa provenire dal ragazzo mentre sorseggiava il suo drink.
Mentre giocava con i riccioli argentati, chiacchierava con una Neon dall’espressione vagamente scocciata, tenendo sempre sott’occhio il profilo dell’altro, che beveva dalla cannuccia con aria rilassata, appoggiando la guancia al dorso delle dita.
Lo osservò giocare con il ghiaccio del cocktail, appoggiare le labbra sul tubicino di platica nera, stuzzicarlo appena con i denti, prenderlo di nuovo in bocca, fra le labbra..
Gon avvampò, sentendo una morsa allo stomaco e un bruciore nel petto. Lo stava facendo apposta?!
Sì, ne era certo. Killua sapeva che lo stava guardando, lo sapeva sempre, e stava giocherellando con la cannuccia proprio per stuzzicarlo.
Sfacciato, pensò il moro, mentre l’altro iniziava a usare, in modo totalmente spudorato ma ugualmente discreto per non farsi notare dagli altri, la lingua. Si morse l’interno del labbro, mentre quello accennava un sorriso, conscio dell’effetto che aveva su di lui.
“Ma mi ascolti?” Lo richiamò la ragazza, che, grazie al gioco di luci colorate del locale, non vedeva il suo viso lievemente arrossato.
“Ehm? Sì, certo. Sono d’accordo, infatti.” Le rispose, cercando di contenere un enorme sorriso che non riusciva a controllare. Non aveva sentito una parola, ma nel caso avesse chiesto altro poteva sempre dare la colpa alla musica alta.
“Ecco! Dovresti dirglielo anche tu a Eliza!” Esclamò, indicando con la testa la ragazza con i capelli viola accanto a sé. “Dovresti provarci, se ti piace.”
“Uhm, no aspetta, forse non ho capito il nome, chi..?”
“Non lo so, non me lo vuol dire. Ma secondo me dovrebbe buttarsi.”
A quelle parole, la ragazza con i capelli viola scosse piano la testa arrossendo, dando un’occhiata fugace al ragazzo dai capelli argentati.
A Gon tornò improvvisamente in mente la conversazione che aveva avuto diverso tempo prima con gli altri a tal proposito. Ricordò che Kurapika e Leorio sostenevano l’interesse di Eliza per Killua, mentre Neon lo negava con convinzione, senza specificarne il motivo.
Per un istante, immaginò i due mano nella mano, o a scambiarsi baci e abbracci per i corridoi, o peggio, a fare quello che avevano fatto loro a capodanno. Fu un istante, ma gli bastò per capire che, se a quella ragazza piaceva il suo migliore amico, allora c’era un problema. Due, in realtà.
Primo, a Gon non piaceva condividere Killua. Questo l’aveva capito elaborando quello che gli aveva detto lo stomaco sia a casa di Ikalgo che da Canary, e ogni volta che si era parlato del fatto che Palm e Killua avessero fatto sesso ben più di una volta tempo prima. O in generale, che lui avesse fatto cose con altre persone, anche quando la loro amicizia era ancora agli inizi. Il che, lo sapeva anche lui, suonava incoerente con l’idea di amicizia che aveva, ma così era.
Secondo, neanche a Killua piaceva condividere Gon. E questo il moro l’aveva notato da molto più tempo, da come il ragazzo assumeva un’espressione seccata quando qualcun altro gli orbitava intorno, gli parlava, o rubava la sua attenzione.
Quindi, in conclusione, Eliza era un ostacolo a bordo pista.
Si sentì molto sollevato giungendo a questa conclusione.
“Ma non lo bevi?” Chiese Neon, indicando il bicchiere di fronte a lui, dal contenuto pressoché intatto.
Si levò un grido allegro, e decisamente più che alticcio, da parte di Leorio, “ALLA GOCCIAAAA!”, che fece ridere i presenti, eccetto Kurapika, che aveva un sorriso tirato sulle labbra, vagamente imbarazzato dalla situazione.
Killua si girò appena per guardarlo, tenendo elegantemente la cannuccia con le dita a malapena appoggiata al labbro inferiore, sorridendogli malizioso con una scintilla di sfida negli occhi. “Dai, Gon, alla goccia.”
Sentite quelle parole, il suo nome pronunciato con quel tono provocante, il ragazzo si morse il labbro, dannatamente tentato di farlo, solo per obbedire a quella voce.
Smise di accarezzargli i capelli e prese il bicchiere, mentre Leorio batteva un pugno sul tavolo, esclamando soddisfatto e attirando l’attenzione anche dei tavoli vicini. “Così si fa!
Neon e Alluka risero, mentre Kurapika scuoteva la testa, sconsolato. Il moro bevve tutto d’un fiato il suo drink, strizzando gli occhi per la spiacevole sensazione del troppo alcool che scendeva in gola in una sola volta. Dopo un paio di minuti, la sua testa iniziò a farsi improvvisamente pesante e leggera allo stesso tempo. Killua gli sorrideva con lo sguardo affilato di un gatto, leccandosi le labbra e i denti, prima di continuare a provocarlo giocando appena con la cannuccia.
E sarebbe andato tutto bene, se solo Gon avesse considerato la reazione, perfettamente comprensibile, del suo corpo a quei gesti provocanti, amplificati dall’improvviso afflusso di alcool ad attutirgli i pensieri.
Si rese conto di cosa stava succedendo solo quando colse il movimento fulmineo negli occhi blu di Killua, che sapeva esattamente dove guardare, e il suo sorrisetto decisamente troppo furbo anche per una persona perfettamente sobria. Sgranò gli occhi e gettò uno sguardo in basso. Chiuse gli occhi, deglutendo, dandosi dell’idiota da solo.
L’amico aveva preso in mano il bicchiere, dove ormai era rimasto solo qualche cubetto, dondolandolo appena e facendo tintinnare il ghiaccio. Se fossi bastardo, sai che lo farei cadere, ecco cosa gli stava dicendo con quell’espressione.
“Uhm, scusami Neon, potresti farmi passare?” Chiese alla ragazza. Killua non sarebbe stato davvero così infame, ma voleva ugualmente uscire di lì, sarebbe stato difficile da spiegare se qualcuno oltre al ragazzo se ne fosse accorto.
Il tavolo era in un angolo e sui due lati alla parete aveva un divanetto continuato al posto delle sedie. Neon era seduta alla sua destra sul divanetto, mentre (per sua fortuna) Eliza era su una sedia.
La ragazza annuì e si alzò un attimo per lasciarlo sfilare. Lui passò rapidamente, andando verso il bagno.
Killua aspettò un paio di secondi, poi si avvicinò ad Alluka, in posizione speculare a Neon sul divanetto. “Allu, mi faresti passare?”
Quella gli sorrise con un’espressione furba, mentre faceva passare il ragazzo. “Perché, cosa vuoi fare fratellone?”
Lui le fece la linguaccia con l’occhiolino. “Fatti i cazzi tuoi, sorellina.” Disse, prima di allontanarsi mentre quella ridacchiava e tornava a chiacchierare con uno Zushi perplesso.
 
Gon sollevò lo sguardo sullo specchio, incontrando gli occhi blu del ragazzo appoggiato con la spalla allo stipite della porta, con le braccia incrociate, il suo sorriso accentuato da una parte.
“Vuoi una mano?”
Non era vestito in modo particolare, aveva solo una felpa bordeaux e dei jeans neri, eppure a Gon sembrava dannatamente sexy anche così. Ma forse era ancora l’effetto dell’alcool, arrivato troppo in fretta al cervello.
Gon fece schioccare la lingua, distogliendo lo sguardo dallo specchio. Con la vista periferica vide l’altro darsi una spinta con la spalla e avvicinarsi, così si girò verso di lui.
“È colpa tua.” Disse, prendendo colore sulle guance.
“Lo so.” Rispose quello, appoggiandosi con le mani al lavandino alle spalle di Gon, circondandolo così con le braccia ma senza toccarlo, a un palmo dal suo viso. “Per questo sono qui.”
Gon deglutì, osservando la luce maliziosa negli occhi dal taglio particolare del ragazzo.
“Allora?”
Il moro distolse lo sguardo, non riuscendo a sostenerlo per la risposta che voleva dargli. L’altro sorrise di più, intuendola senza bisogno che parlasse, e lo prese per un braccio, portandolo con sé nel bagno più vicino.
Chiuse la porta e inchiodò contro il legno il ragazzo, che sussultò in sorpresa. Gli slacciò i pantaloni, accarezzando con le dita la stoffa che lo separava dal suo obiettivo.
Gon inspirò profondamente anche a quel semplice contatto, guardandolo negli occhi. Mugolò quando sentì la mano dell’altro scivolargli nelle mutande e iniziare a percorrerlo. In un secondo si ritrovò l’altra mano sulla propria bocca, con il pollice che lo accarezzava piano sotto il mento.
Sh..” Gli sorrise. “O vuoi che ti senta tutto il locale?”
Si avvicinò al suo collo senza spostare la mano dalla sua bocca, iniziando a lasciare dei baci sulla sua pelle. Continuando a stimolarlo, sentì accelerare il suo respiro e come si scioglieva sotto il suo tocco. Avvertì la presa dell’altro su un fianco, come se ci si aggrappasse.
Sentiva i gemiti vibrare attraverso la propria mano. Chiuse gli occhi e continuò a viziargli il collo, distraendosi nel sentire il suo profumo. Quando si accorse di aver succhiato la sua pelle un po’ troppo ormai era tardi e, sebbene il moro non se ne fosse accorto, preso da un’altra attività molto più in basso, il segno c’era. Si maledisse mentalmente.
Gon strinse di più la presa sul fianco dell’altro, mormorando il suo nome contro il palmo, lasciandosi andare nella sua mano con un sospiro.
 
Il moro lo abbracciò da dietro mentre si stava lavando le mani, appoggiando il mento sulla sua spalla. Gli lasciò un bacio sul collo pallido, sfiorandogli l’orecchino con la punta del naso.
Quando diventava così affettuoso, Killua non riusciva a capirlo. Cioè, non che a cose normali fosse un libro aperto, anzi. Il fatto che i suoi ragionamenti fossero così elementari da rasentare la banalità, per lui, complicava decisamente le cose.
Ma negli ultimi, quanti, tre giorni? Insomma, più o meno dal bacio dopo aver fumato, passava dal dargli il cinque dopo aver lavato i piatti all’abbracciarlo totalmente a caso. E per carità, a Killua non dispiaceva affatto, però non ne capiva la logica, sempre se la serie di ragionamenti del ragazzo potesse essere definita ‘logica’. Ad esempio la cosa del non baciarsi.
L’aveva tirata fuori il moro, la sera successiva, proponendogli di continuare a definirsi amici, quindi non baciandosi, ma senza restrizioni per quanto riguardava tutti gli altri aspetti. Ecco, quello sì che era un discorso stupido, contando che non era un fottutissimo bacio a definire se fossero amici o altro, ma tutto il contesto intorno.
Di baci in diciott’anni ne aveva dati tanti, troppi forse, spesso senza valore, mentre quello che aveva con Gon, anche prima di capodanno, non l’aveva mai avuto con nessun altro. Quindi non riusciva davvero a capire perché, se quell’idiota voleva altro, non potevano semplicemente superare lo scoglio ‘amicizia’ a cui sembrava essersi avvinghiato come una cozza.
Soprattutto perché aveva detto “Facciamo così per un po’ e poi vediamo che succede!”. Che ti spacco la faccia a testate, ecco che succede. Aveva pensato lì per lì.
Però Gon gliel’aveva presentata come una sfida: alla fine aveva cercato di convincersi che i baci fossero sopravvalutati, e che il non baciarsi a fronte dello scambiarsi effusioni in pubblico per un certo periodo (di cui Gon non aveva specificato la durata) potesse definirsi uno scambio equo.
In realtà aveva scoperto che erano davvero tanti i momenti in cui avrebbe voluto baciarlo, non tanto per voglia, ma per distrazione. C’erano stati dei momenti in cui gli era semplicemente sembrato naturale allungarsi e baciarlo sulle labbra, ma non aveva potuto farlo.
Poco prima, ad esempio, aveva dovuto coprirgli la bocca con la mano non tanto per impedirgli di emettere suoni, quanto perché altrimenti avrebbe finito col baciarlo per farlo stare zitto.
Quella era la prima volta dopo capodanno che andava di nuovo oltre il semplice gesto affettuoso, a cominciare dal giocare con la cannuccia con l’intenzione di accendere qualcosa nell’altro. Previsione esatta, per altro. Gon sembrava averla presa bene, comunque.
Si chiese quanto ci avrebbe messo a notare il succhiotto sul collo e cosa avrebbe pensato dopo. Perlomeno, non sembrava molto visibile al momento.
Nel tornare dagli altri, dovevano attraversare la pista da ballo. Mentre cercavano di passare fra le persone, partirono delle note che fecero illuminare gli occhi azzurri del ragazzo, che si girò verso l’amico con un enorme sorriso.
Gli prese il polso e lo portò in un punto più vicino alle casse, ballando per quanto lo spazio lo permettesse e cantando il testo della canzone, guardando Gon con un’espressione incredibilmente felice sul viso. Stava cantando per lui, era chiaro.
E Gon non poteva fare nient’altro che guardarlo muoversi a meno di un passo da sé in ammirazione e ascoltarlo pensando che fosse la voce più bella che avesse mai sentito.
Il ragazzo si era passato una mano fra i capelli chiarissimi, che scintillavano sotto tutte quelle luci caleidoscopiche, e aveva allacciato le loro dita nell’altra mano, e forse tutta quell’immagine insieme contribuiva a scaldare il cuore di Gon a temperatura vulcano attivo.
Si chiese se anche quella fosse ancora colpa dell’alcool che gli circolava nel sangue.
 
Alluka emise un sospiro contento, guardando il fratello ballare e cantare felice con quel ragazzo.
“Ma quei due stanno insieme?” Chiese Zushi.
Lei scosse la testa, sospirando ancora. “No, purtroppo. Gon sembra proprio un bravo ragazzo, e mio fratello avrebbe davvero bisogno di qualcuno.. Normale.” Rispose, evitando l’argomento ‘ambiente lavorativo’.
“Davvero? Avrei pensato di sì, dato che li ho visti baciarsi a capodanno.” Disse, un po’ stupito.
Lei si girò verso di lui, perplessa. “L’hai passato a casa di una certa Canary?”
Il ragazzino annuì. “Sì, è amica di amici, così mi hanno invitato. È stata una sorpresa trovarci anche loro.”
“Canary è la migliore amica di Killu, per questo era lì. Anche Gon era un invito.. Esteso, per così dire.”
“Oh, capisco. Pensavo fossero una coppia. Dato che a scuola stanno sempre insieme, poi appunto li ho visti lì e ho pensato..” Lasciò in sospeso la frase, dando per scontata la fine.
La ragazzina sbuffò. “Io lo spero, che si sveglino. Guarda quanto starebbero bene insieme!” Disse, indicandoli a braccia aperte, in un gesto molto drammatico. Con un sorriso da mille watt, Killua stava chiaramente cantando a Gon, che non riusciva a staccargli gli occhi di dosso con un’espressione altrettanto luminosa.
Kurapika si sporse verso i due ragazzini, ignorando un Leorio profondamente addormentato che aveva iniziato a russare e sbavare, accasciato sul tavolo fra loro. “Lo pensi anche tu?” Le chiese, sorridendo. “Sei Alluka, vero? La sorellina di Killua?”
Quella annuì, ricambiando il sorriso. Lui allungò la mano. “Prima non abbiamo avuto modo di presentarci come si deve. Piacere, io sono Kurapika!”
“Piacere mio! Killua mi ha parlato molto bene di te, l’hai colpito. E non è affatto facile stupire positivamente mio fratello.” Si complimentò lei, stringendogli la mano.
Il ragazzo biondo la ringraziò, poi si rivolse a Zushi abbassando la voce. “Zushi, scusami, hai detto di averli visti baciarsi a capodanno?”
Quello annuì, parlando con lo stesso volume. “Sì, in modo anche abbastanza.. Uhm, entusiasta. Però poi hanno salito le scale e non li ho più visti per tutta la sera.”
Kurapika annuì. Se anche Gon non gli avesse fatto la cronaca dell’accaduto, non sarebbe stato difficile intuire per quale motivo i due si fossero appartati. Doveva averlo capito anche il ragazzino. “Posso chiederti di non parlarne.. Ehm, davanti a Neon?”
Alluka aggrottò le sopracciglia. “Posso sapere perché, Kurapika?”
Il biondo storse la bocca. “Ecco.. Le piace Gon da anni, anche se lui non lo capisce.” Rispose, assicurandosi che la ragazza stesse ancora parlando con la sua migliore amica e non potesse sentirlo.
La ragazzina inarcò le sopracciglia con stupore. Se avesse avuto i capelli decolorati, Kurapika avrebbe pensato di vedere Killua. L’aveva notato anche prima, durante la serata. Che quei due fossero fratello e sorella si poteva capire a due chilometri di distanza: stessi occhi, stesse espressioni, stessi modi di fare, anche se lei sembrava leggermente più ingenua, o infantile, rispetto a lui, forse anche per l’età.
“Già. Solo che non glielo vuol dire. Si conoscono dalle elementari, la capisco.” Fece una pausa. “Poi c’è Killua che, tolto il suo lavoro, non sembra cattivo. Inoltre credo che abbia conquistato molti più punti lui in poco più di un mese che lei in anni di amicizia..”
Alluka guardò sospettosa il biondo. “Kurapika, Gon ti ha detto che lavoro fa mio fratello?”
Lui scosse la testa. “No, ma mi ha detto di un tatuaggio che gli ha visto sulla schiena, e ho ricollegato i punti. Quindi.. Gon lo sa?”
Lei annuì, ridacchiando. “Sì, glielo disse subito, nella speranza di toglierselo di torno. Immagino che non abbia funzionato.” Lanciò un’occhiata ai due sulla pista, poi tornò a guardare più seriamente gli occhi grigi del biondo. “Quindi tu, Kurapika, da che parte stai?”
Kurapika sospirò, scuotendo la testa. “Penso di aver visto poche volte Gon così sereno. O felice, in compagnia di qualcuno. Lui è uno di quelli che sorride sempre, ma chi lo conosce ha visto la differenza. Anche Leorio critica tanto, ma in fondo approva Killua, nonostante la sua sfacciataggine.” Ridacchiò, accennando al ragazzo che russava alla sua destra. “Credo che anche Neon l’abbia capito, anche se non vuole arrendersi all’idea. E ripeto, la capisco. Anch’io al posto suo penso che non perderei la speranza.”
Alluka annuì, sorridendo, soddisfatta delle risposte. “Aye!”
I due interessati si avvicinarono al tavolo, sorridenti. Kurapika si alzò. “Gon, penso che porterò a casa Leorio. Anche perché sono le due, e domani non può assolutamente mancare a scuola.”
Quello annuì, mentre Killua sussurrò un’imprecazione, controllando l’orologio.
“Che c’è, fratellone?” Chiese Alluka, inclinando la testa.
“C’è che nostro padre mi farà la pelle quando arriviamo. Ti avrei dovuto riportare a casa almeno un’ora fa!” Esclamò, passandosi nervosamente le dita fra i ricci argentati.
Kurapika offrì di dare loro un passaggio a casa, e Killua stava già per rifiutare, ma la ragazzina intervenne, gonfiando le guance e protestando. “Fratellone, hai bevuto, non puoi guidare la moto ora!”
Quello sbuffò. Se fosse stato da solo probabilmente l’avrebbe fatto ugualmente, ma con la vita di sua sorella sulle spalle in effetti preferiva non rischiare incidenti.
Così, dopo aver salutato anche Zushi, che aveva chiamato il padre per farsi venire a recuperare, e Neon ed Eliza, che invece aspettavano uno dei maggiordomi di Neon, il gruppetto uscì dal locale, e raggiunse la macchina di Kurapika. Leorio continuava a dormire, quindi avevano dovuto sollevarlo di peso e portarlo via quasi trascinandolo. In qualche modo, l’avevano caricato in macchina su uno dei sedili dietro, dato che la proposta di Killua di buttarlo nel bagagliaio era stata bocciata.
Leorio era anche il primo a “scendere”, quindi Gon e Killua, che si erano messi dietro insieme a lui per assicurarsi che stesse buono, poi l’avevano tirato fuori e accompagnato alla porta mettendosi le sue braccia intorno al collo. Trovando le chiavi in una tasca, entrarono solo per appoggiarlo al divano più vicino, poi uscirono e tornarono in macchina.
“Ok, prossima tappa?”
Killua si sporse verso i sedili davanti. “Gon sta dall’altra parte della città, quindi forse siamo più vicini io e Alluka.” Lei annuì e diede indicazioni al ragazzo. Passarono attraverso la zona elegante della città, fino ad arrivare a un grande cancello in ferro.
“Mike farà un casino tremendo..” Si lamentò lui.
“Chi è Mike?” Chiese Gon.
“È il nostro cane!” Rispose contenta Alluka. “Killu, dovresti essere più contento che ti faccia le feste!”
“Lo sono, ma non quando è notte fonda e fa abbastanza casino da svegliare l’intero quartiere..” Si strofinò un occhio, sgomento.
“Esagerato, altre volte sei rientrato molto più tardi. E poi non capisco perché io non posso fare più tardi di così!” Sbuffò lei, al che arrivò immediata la risposta da fratello maggiore, un “sei ancora piccola” che scatenò la ragazza.
Kurapika e Gon ridacchiarono del battibecco fra i due e li salutarono appena scesero. Il moro passò nel sedile davanti.
È la prima volta che vedo casa sua, pensò, osservandola dal finestrino. Chissà com’è dentro?











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Note dell'Autrice
Buon salve people! Passato una bella settimana? :3
Nella storia sono passati 48 giorni, ed è befana.
. . . Sì, questa cosa sta diventando sempre più strana, lol. Anyway, passiamo al capitolo!
 
La stupidità di Gon riguardo alla questione “Neon” è palpabile, non trovate? Killua ha troppa fiducia nel suo cervello, pensando che abbia capito. A volte è talmente stupido che mi fa quasi tenerezza.
Non ricordo dove l’avessi letto, probabilmente su tumblr (sicuramente su tumblr), ma l’idea di una ship fra Alluka e Zushi mi ha messo addosso talmente tanta tenerezza che non potevo non mettercela! Sono così piccoli e tenerelli tutti e due ❤
Inoltre, in questo capitolo scopriamo chi era “la figura familiare” notata a casa di Canary, se lo ricordate ancora. Uno Zushi selvatico era presente alla festa di capodanno, voi l’avevate notato?
E Gon cosa penserà del piccolo errore di distrazione di Killua? Leorio sarà riuscito a riprendere i sensi in tempo per andare a scuola?
Ma soprattutto, cosa mangerò a cena??
Tutto ciò nel prossimo capitolo, anche la mia cena! Rimanete sintonizzati :D
Intanto vi dico che la canzone di oggi è “Dance with me Tonight” di Olly Murs, mentre quella del prossimo capitolo sarà di Adam Lambert. Non so se vi può aiutare in qualche modo quest’ultima cosa, ma ok.
 
Passando infine ai ringraziamenti, ringrazio la mia pazientissima beta per leggere ciò che scrivo e incoraggiarmi nella vita vera! Non so come farei senza di te, davvero.
Un grazie a tutti i miei lettori silenziosi, sappiate che non mordo e che se voleste rompere il silenzio mi fareste un enorme piacere!
Ora vi saluto, che mi aspettano ventiquattro ore da paura *urlo di Munch*

Ci si legge venerdì prossimo, un bacio enorme!


Athelyè ~

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Capitolo 17
*** Shame ***




Exactly Another Teen Story

Capitolo XVII – Shame


Quando Gon si era svegliato, sentiva ancora la testa terribilmente pensate e il suo corpo si rifiutava di muoversi, date le sue cinque ore scarse di sonno. Si chiese come Killua riuscisse a dormire una media di tre o quattro ore a notte e non svenire durante il giorno.
Il pensiero del ragazzo gli fece sentire la sua mancanza. In quelle mattine si era svegliato trovando l’amico a sorridergli, e ora che non c’era aveva sentito come se mancasse qualcosa.
Trascinandosi in cucina per fare colazione, salutò distrattamente sua zia ai fornelli, poi prese il caffè e la scatola dei biscotti.
La donna sussultò, osservando il nipote. “Gon?”
“Mh?” Si sedette a tavola, addentando un biscotto mentre controllava il cellulare. C’erano solo due messaggi di buon giorno, da Killua e da Neon.
“C’è per caso qualcosa che devi dirmi?” Chiese lei, andandogli di fronte.
“Uhm?” Il ragazzo bloccò lo schermo del cellulare e lo posò sul tavolo, prendendo un altro paio di biscotti dalla scatola. “No, perché?”
“Non hai portato nessuna ragazza in casa mentre non c’ero, vero?” Domandò con tono accusatorio lei.
Gon aggrottò le sopracciglia, confuso. “No zia.. Perché avrei dovuto?” Sgranocchiò altri tre biscotti prima di bere il caffè.
“Allora immagino saprai spiegarmi perché hai un livido sul collo.”
Quasi si strozzò bevendo. “Un cosa?”
“Un livido, proprio qui.” Disse lei, indicando il punto su di sé. “Sai Gon, sono stata ragazza anch’io, so cosa vuol dire quello.”
Lui si alzò di scatto, correndo verso lo specchio più vicino. Proprio lì, sul suo collo, due dita sopra la sua spalla sinistra, c’era una macchia violacea. Sgranò gli occhi. Quando..?!
Improvvisamente si ricordò dei baci sul suo collo e dei leggeri morsi di Killua, mentre gli stava..
Si morse il labbro. Come aveva fatto a non accorgersene? Ma soprattutto, cosa diamine era saltato in mente a Killua?!
“Allora?” Sua zia comparve alle sue spalle, come un avvoltoio, con un sopracciglio alzato e un’espressione che pretendeva spiegazioni.
“No, zia, nessuna ragazza ha dormito qui mentre non c’eri.” Sospirò, girandosi verso di lei.
“Quindi quello cos’è? Il morso di una zanzara?”
Il ragazzo arrossì vistosamente. “No..”
“Gon, direi che non abbiamo tempo per torturarti finché non parli.” Affermò, controllando l’orologio. “Tu hai scuola e io devo andare a lavoro fra poco. Mi interessa solo che tu sia onesto con me, quindi per piace-”
“è la verità, zia, niente ragazze.” Disse, grattandosi un poco la guancia, e la donna stava già per replicare qualcosa di già sentito, così la precedette. “Solo Killua.”
Mito aprì di più gli occhi, in sorpresa. “Killua?” Lui annuì. “Tu..? Intendo dire, voi..?” Cercò qualcosa da dire, ma non le venivano le parole.
Gon scosse la testa, rispondendo velocemente a quelle che pensava sarebbero state le domande di sua zia. “è.. Uhm, complicato. No, non stiamo insieme, ma sì, questa è opera sua. Siamo solo amici. Oradevocorrereascuolaofacciotardi!”
Il ragazzo accelerò le ultime parole, parlando tutto d’un fiato, mentre sfrecciava in bagno a finire di prepararsi, acciuffando al volo lo zaino e correndo fuori dalla porta, lasciando Mito in piedi in corridoio che lo guardava ancora a bocca aperta.
Mentre camminava, si coprì con una sciarpa, desiderando farla diventare parte del suo collo. Ok che aveva dato carta bianca per le dimostrazioni di affetto, ad eccezione dei baci, ma un succhiotto sul collo?
Gon sospirò, creando una nuvoletta davanti al proprio viso. Quando arrivò davanti a scuola gli sembrò passata una vita da quando c’era entrato l’ultima volta.
Una volta passato il cancello, guardò istintivamente a sinistra, trovando dei capelli chiari con delle cuffiette e una nuvola di fumo al proprio posto.
Superando il suo gruppo di amici senza neanche salutarli, si parò davanti al ragazzo appoggiato al muro.
“Buon gior..” Tentò di salutare l’altro, ma venne interrotto.
“So di averti detto che potevi sbizzarrirti ad esclusione del baciarci, ma marchiarmi mi sembra leggermente eccessivo. Hai una giustificazione valida per questo?” Spostò con due dita la sciarpa perché l’altro vedesse a cosa si riferiva.
Killua deglutì, inarcando un po’ le sopracciglia. Cristo, il segno era davvero evidente. “Io ti giuro che non era mia intenzione. Mi sono distratto.”
“Distratto? Dovrei cucirmi addosso la sciarpa per almeno una settimana per non dare nell’occhio!” Commentò critico, risistemandosi la stoffa intorno al collo.
“Come se ti fosse dispiaciuto quello che ti ho fatto. Ma poi tu eri iperattento, vero?” Abbassò la voce mentre parlava, accigliandosi. “Soprattutto quando mi sei quasi venuto addosso.”
Gon arrossì vistosamente alle sue parole.
“Quindi hai poco da farmi la predica, Freecss. Scusami, davvero non era mia intenzione, fine. Mi sono scusato, che altro vuoi?” Non perse l’espressione combattiva. “Mi dispiace se la Nostrade lo vedrà, ma non posso farci niente ormai.”
Il moro arruffò le sopracciglia, confuso. “Cosa c’entra Neon, adesso?”
Killua lo studiò un paio di secondi, scuotendo appena la testa fra sé e sé. Aveva fatto un errore di calcolo, realizzò rapidamente, nel pensare che l’altro ragazzo si fosse accorto della palese attrazione della ragazza. Decise di non dire niente, anche se avrebbe voluto sputtanarla per provare a eliminarla dai giochi.
“Niente, era per fare un esempio, vale in generale per chiunque.”
“D’accordo, ma quindi io cosa dovrei dire a chi mi chiederà qualcosa? Perché sai che faranno domande.” Brontolò lui.
“Digli di farsi i cazzi loro.”
“Killua..” Lo guardò, corrucciato.
“Cosa, Gon? Rispondigli quello che ti pare. Non mi interessa.” Disse, facendo spallucce.
“Ma riguarda anche te!”
“E in che modo, scusa? Se non fai il mio nome, potrebbe essere stata una zoc.. ragazza qualsiasi a farti quel succhiotto. In fondo, noi due siamo solo amici, no?” Gli soffiò una boccata di fumo in faccia, sottolineando le ultime parole.
La frecciatina sembrò colpire il moro.
“Tu hai deciso le regole, mi sta bene: non ti bacerò, sebbene ne abbia voglia da giorni. Niente succhiotti? Ok, contando che è stato un errore, ne prendo nota per la prossima volta. C’è altro che devo sapere?”
Gon aprì la bocca per dire qualcosa, in difficoltà. “No, penso di no..”
“Va bene. Allora sappi che ora inizierò a giocare sul serio.” Disse l’altro, un secondo prima che suonasse la campana. Il ragazzo si staccò dal muro, avviandosi verso l’ingresso.
“Killua?” Lo chiamò, affiancandolo.
“Mh?”  Quello infilò le mani in tasca, senza guardarlo.
“Ti va di dormire da me stasera?” Killua si girò con aria interrogativa e vagamente infastidita verso di lui, che arrossì appena. “Beh, quando mi sono svegliato stamani, mi mancava il tuo sorriso..”
Il ragazzo sbuffò, arrossendo a sua volta. Avrebbe voluto offendersi, tenergli il muso. “Te l’hanno mai detto che sei un bastardo dannatamente imbarazzante, Freecss?” Ma non ci riuscì.
Quello ridacchiò. “Sì, qualche volta.”
 
Neon sobbalzò nel vedere il segno viola sul collo del suo migliore amico, provando una fitta tremenda all’altezza dello sterno e sentendo improvvisamente freddo. Non aveva osato chiedere niente, per paura della risposta, per paura che la sua espressione la tradisse, così aveva fissato il collo di Gon tutto il tempo, gelosa di chiunque fosse l’autore di un gesto così spudorato come quello.
Tutti i loro compagni di classe a fargli battutine e chiedergli chi fosse la fortunata, e a fine mattinata già era sulla bocca di tutti.
Durante la pausa pranzo, Neon voleva provare a chiedere qualcosa al ragazzo, ma quello le fu come al solito rubato da una figura che aveva iniziato a odiare fin da subito. Killua Zoldyck, la fonte dei suoi problemi da circa un mese a quella parte.
Per colpa di quella stupida scommessa con Leorio, Gon era stato risucchiato dal ragazzo. Sembrava non avesse tempo per nessun altro. Forse era anche per questo che premeva tanto che la sua migliore amica ci provasse con quello. Aveva pensato che, forse, se si fosse fidanzato avrebbe lasciato stare Gon, ed Eliza era davvero cotta di lui.
Era suonata la campana che segnava la fine della giornata, ma i due ragazzi se ne stavano appoggiati al muro nel corridoio davanti alla classe di Gon, aspettando che almeno la maggior parte delle persone uscisse per poter prendere le cose in tranquillità. Killua aveva già lo zaino, ma era appoggiato a terra.
Neon li osservò, provando una terribile invidia. La stessa che le rodeva lo stomaco ormai da settimane.
Gon aveva detto qualcosa, probabilmente una domanda, e Killua si era avvicinato a lui, stando a un soffio dalla guancia del moro, sussurrandogli nell’orecchio con un sorriso malizioso. Gon si mordeva il labbro con un sorriso e un lieve rossore sul viso, ascoltando l’altro senza guardarlo.
Quando un po’ di persone lasciarono l’aula, Gon disse con un gesto a Killua di aspettarlo un paio di minuti. Neon ne approfittò per avvicinarsi al ragazzo con i capelli argentati, che intanto aveva già tirato fuori una sigaretta, rigirandosela fra le dita, agognando l’istante in cui l’avrebbe accesa.
“Ehilà!” Gli si avvicinò, sorridendo nel modo più amichevole possibile. Fu un grande sforzo, contando che non si fidava affatto di lui.
Il ragazzo la squadrò, esaminandola da capo a piedi con sospetto. “Yo.”
Lei si avvicinò ancora di un paio di passi. Certamente Killua doveva sapere chi era la ragazza che si era spinta a tanto con il suo migliore amico, ma decise di girarci intorno, preferendo prima lanciare una frecciatina che era certa avrebbe fatto discutere i due.
“Visto che tu e Gon avete legato così tanto, incredibilmente, potresti uscire un po’ più spesso con noi.” Iniziò, senza perdere l’espressione allegra. “Certo, non me l’aspettavo, soprattutto contando com’è partita..” Disse, aspettandosi una richiesta di spiegazione.
Killua inarcò un sopracciglio, con aria svogliata. Non era stupido, e si sentiva vagamente offeso dall’atteggiamento che leggeva nella ragazza. Lo stava chiaramente sottovalutando. “Dici? Io da questa scommessa ci ho guadagnato un migliore amico.”
La ragazza aprì di più gli occhi, e qualcosa sembrò vacillare dietro il suo sguardo. Come immaginavo, pensò lui.
Neon lo osservò. Non si aspettava che Gon gliene avesse parlato. Insomma, fare amicizia con qualcuno per scommessa non era esattamente una cosa corretta da fare, tantomeno ammetterlo era facile.
“Oh, non te l’aveva detto che lo so? Mi dispiace, non è bello quando due amici non si dicono tutto..” Aggiunse lui, sopprimendo il sorriso di orgoglio che spingeva sulle labbra per mostrarsi, dato che l’aveva appena ripagata con la stessa moneta.
Dopo questa frecciatina di risposta, lei decise rapidamente di cambiare strategia, ripiegando sull’intercedere per Eliza.
“No, ma è meglio così. Sono contenta che tu l’abbia presa bene!” Sorrise di più. “Dicevo, comunque, che dovresti unirti a noi più spesso. Ti divertiresti, siamo un gruppo unito. Gon adora le uscite affollate.”
Lui scosse appena la testa e parlò con tono distaccato. “Lo so, ma sono più un tipo da uscita solitaria. Un’altra persona oltre a me stesso basta e spesso avanza.”
“Come Eliza!” Cinguettò lei, come se avesse appena fatto una scoperta di cui andare entusiasta. “La mia migliore amica. Sai, anche lei è un tipetto più riservato. Penso che andreste molto d’accordo. Ma ora che ci penso, l’hai vista giusto ieri sera!”
Ascoltò la ragazza, mentre si gingillava con l’orecchino. Quella presenza femminile iniziava a infastidirlo. Gon, cosa cazzo ci devi mettere nello zaino?
“Era la ragazza con i capelli viola accanto a me, sai quella con..”
“Nostrade, eravate tre ragazze e una di voi era mia sorella. Direi che è difficile confonderla con un’altra.” La interruppe, con tono sardonico. “Arriva al punto.”
“Uhm, niente. Stavo solo pensando che vi trovereste molto.” Rispose lei, presa in contropiede. Continuò, avvicinandosi di un altro passo e guardandosi intorno come se stesse per dire qualcosa di segreto. “Anche perché penso che Gon non sarà più disponibile a fare l’amico ancora a lungo.. Insomma, hai visto anche tu il suo collo..”
Sulle labbra del ragazzo si dipinse un sorriso tagliente di soddisfazione. “Ah, ecco cosa vuoi.”
Lei assunse un’espressione stupita, come se non sapesse di cosa stesse parlando. “Come, scusa?”
“Vuoi sapere chi gli ha fatto il succhiotto, sbaglio?” Chiese, senza perdere quell’espressione di chi ha capito il gioco.
“Beh, in realtà no.. Sai, non gliel’ho voluto chiedere, mi è sembrato già abbastanza imbarazzato con i ragazzi..” Proseguì lei, con un tono premuroso, continuando con un’altra frecciatina. “Però, se l’ha detto a te, che.. Insomma, ti conosce da poco, penso non abbia problemi se me lo dici.”
Il ragazzo si staccò dal muro con una spinta, avvicinandosi a lei, infilando le mani in tasca. Si fermò a un passo da lei, guardandola dall’alto in basso.
Neon non era bassa, ma si sentì comunque piccola davanti quella figura alta più di un metro e ottanta.
“Sai, Nostrade, io ci andrei piano con le frecciatine.” Disse, con un tono più freddo, ma sempre consapevole di condurre il gioco. “So un paio di cosette sul tuo paparino, che non credo sia il caso che si vengano a sapere. Cosa ne penserebbero i tuoi amici, o il tuo caro amico d’infanzia, altrimenti?”
Lei perse la sua sicurezza, assottigliando gli occhi. “Cosa..”
“Per una persona normale, Nostrade è un cognome come un altro. Per tua sfortuna, chi fa il mio lavoro il tuo cognome lo sente spesso. Sai, i trafficanti di organi sono entrate facili per un sicario.” Continuò, sorridendole in quel modo pericoloso. “Devo dire che ci ho messo un po’ a ricollegarti a tuo padre, ma mi informo sempre sui miei avversari. E quello che ho scoperto è davvero interessante.”
Quello fece una piccola pausa, poi continuò con tono ironicamente dubbioso. “Mi chiedevo, come fai a stare accanto a quel ragazzo, Kuruta, in modo così sorridente e spensierato?”
La ragazza era sbiancata, fissandolo con il respiro sospeso e gli occhi sgranati. La bocca appena aperta, ma vuota. Non sapeva cosa rispondere, e i suoi occhi lasciavano intravedere solo un’intensa paura. Forse era meglio dire panico.
“Non serve che aggiunga altro, no?” Chiese, senza staccare gli occhi dai suoi, riacquistando il sorriso sicuro di sé di poco prima. “Comunque, rilassati. Non ho intenzione di dire niente né a Gon né ad altri, mi interessava solo che sapessi che so chi sei.”
I due si fissarono in un intenso scontro fra sfumature di ghiaccio e oceano.
“Bene, ora che hai capito perché hai avuto paura di me fin dal primo momento che mi hai visto e perché devi averne, conoscendo il mio cognome, posso risponderti.”
Lei deglutì. Aveva quasi dimenticato il motivo per cui si era avvicinata al ragazzo in primis. Lui raccolse lo zaino da terra, infilandolo su una spalla.
“La bocca che ha lasciato la propria firma sul collo di Gon e che ha esplorato molto bene tutto il suo corpo..” Si avvicinò al suo viso mentre parlava, con un sorriso che aveva perso qualsiasi nota di minaccia, caricandosi invece di malizia, e finì la frase con un soffio vicino al suo orecchio. “è la mia.
La ragazza si sentì trasalire, riuscendo a riprendere fiato solo per stupore. Lo fissò in silenzio, mentre quello si risollevava, dato che si era dovuto chinare di una ventina di centimetri per poterle parlare all’orecchio. In lei si rimescolavano un sacco di emozioni: confusione, umiliazione, paura, gelosia, rabbia, dolore.. Non era neanche certa di sapere come si stesse ancora reggendo in piedi.
Alle sue spalle, si affacciò un ragazzo sorridente, con lo zaino in spalla. “Ci sono! Scusami, non trovavo un quaderno, qualcuno deve averlo messo sotto il proprio banco per sbaglio.”
“Tranquillo, Gon! Andiamo?”
L’espressione di Killua era totalmente serena e il suo sorriso a Gon incredibilmente rassicurante, quasi solare. L’aura minacciosa di poco prima era svanita senza lasciare traccia sul suo viso.
Il moro affiancò l’altro, salutando la ragazza, che era ancora bianca come il latte. “Ci si vede domani, Neon!”
Lei mormorò un saluto di rimando, guardando con terrore la figura dell’altro ragazzo.
 
I due camminavano fianco a fianco, a pochi millimetri di distanza, sfiorandosi le spalle ad ogni passo. Killua sbuffava nuvolette di fumo, avvicinando e allontanando la sigaretta dalla bocca, mentre Gon sembrava distratto a guardare la strada davanti a sé.
Ad un certo punto sentì intrecciarsi le dita dell’altro alle proprie e, dando un’occhiata alla sua sinistra, lo vide che cercava di continuare a fumare con indifferenza, ma le sue guance erano leggermente più rosse.
Ricambiò la stretta, muovendo dolcemente il pollice in una carezza sul dorso della sua mano. Continuarono a camminare così, mano nella mano.
“Ah, credo di dovertelo dire.” Disse, mentre imboccavano la strada di casa sua.
“Mh?”
“Mia zia lo sa.”
Killua si fermò sul posto, senza lasciare la mano di Gon. Lo guardò confuso. “In che senso?”
“è lei che mi ha detto del succhiotto stamani, altrimenti non l’avrei notato. Credo.” Mormorò fra sé e sé, alzando gli occhi al cielo con fare pensoso, poi scosse la testa. “Comunque, mi ha chiesto insistentemente se avessi portato ragazze in casa in sua assenza, e io le ho detto di no, che ho portato solo te. Non so esattamente cos’altro abbia dedotto da questo, oltre all’essere andati a letto insieme in un momento imprecisato nel passato.” Fece spallucce.
Il ragazzo spalancò gli occhi azzurri. “Quindi.. Mi stai dicendo che io dovrei cenare davanti a lei, che mi guarderà come se ti avessi rivoltato come un calzino?” Gon rise mentre lui si lamentava in modo molto teatrale, passandosi una mano fra i capelli. “Che cazzo ridi?! È una tragedia!”
Al che Gon rise ancora più forte, mentre riprendevano a camminare. “Dai, non penso sarà così drammatica. E poi non credo che, se stessimo insieme, penserebbe che passiamo la notte a giocare a shangai, sai?”
Quello ridacchiò, guardandolo. “Se stessimo insieme, penso che non mi farebbe più entrare in casa, Gon.”
“Possibile.” Disse, ancora ridendo.
Appena sentì scattare il chiavistello, Mito si lanciò in corridoio. Lei e Gon avevano ancora un discorso in sospeso. Tuttavia, quando scorse la figura di Killua dietro quella del nipote, capì che la discussione era di nuovo rimandata.
Nonostante questo, filò tutto liscio senza discussioni. Anzi, Mito era sinceramente contenta che Killua fosse a cena da loro e si fermasse a dormire. Il motivo per cui voleva parlare con Gon era di natura diversa.
Che Gon fosse attratto da ragazze, ragazzi o pigne, le era totalmente indifferente. Piuttosto, era preoccupata che fosse felice, che Killua fosse la persona giusta, o comunque una persona giusta per suo nipote. E soprattutto, che qualsiasi attività facessero, la facessero in modo sicuro.
Ma per quel discorso doveva necessariamente farsi coraggio.
Doveva mettere da parte l’imbarazzo, e non poteva affrontarlo a cena. Davanti al possibile primo fidanzato di suo nipote.
No, l’idea era decisamente da escludere. Quindi era tutto rimandato ad un generico ‘ne parleremo più avanti’.
Più tardi, i due erano riusciti ad andare in camera, nonostante i tentativi di Mito di ritardare la cosa.
“Non vorrei azzardare, ma secondo me, tua zia ora ci crede due conigli.” Affermò ridacchiando, sdraiandosi e incrociando le braccia dietro la testa.
“Tranquillo, penso anch’io che passerà la notte con l’orecchio attaccato alla porta.” Si grattò la guancia con un po’ di imbarazzo.
“Spengi la luce? Tanto c’è la luna piena stasera.” Poteva arrivare tranquillamente alla lampada, ma si sentiva pigro, e l’altro era ancora in piedi.
Gon fece come aveva chiesto, e si sentì subito più al sicuro, avvolto dall’oscurità. Aveva sempre pensato che la penombra della notte creasse un ambiente più ‘intimo’.
Si sistemò su un fianco accanto all’altro ragazzo, scavalcandolo. Alla fine, non avevano più cambiato posto a letto: Gon dormiva ancora lato muro, sebbene anche Killua ormai sapesse che non rischiava di cadere nel sonno.
Il moro puntò il gomito sul cuscino, appoggiando la guancia al pugno chiuso, e iniziò ad accarezzare i capelli argentati dell’altro, che ora erano tutti sparsi sul guanciale. Quello sentì un brivido quando il ragazzo gli sfiorò l’orecchino con le dita, giocandoci leggermente.
Killua?” Il buio lo portava automaticamente ad abbassare la voce.
Mh?
Uhm.. Posso chiederti di fare una cosa?” Chiese, incerto.
Sì, dimmi.” Rispose quello, guardandolo e sorridendo dolcemente. I suoi occhi brillavano come zaffiri anche di notte.
Puoi.. Mh.. Girarti a pancia in giù?
Killua non chiese nulla, ma fece come gli aveva chiesto. Incrociò le braccia sul cuscino, appoggiandocisi con il viso rivolto a osservare Gon.
Il moro arrossì, anche se non riusciva a vederlo, nonostante la luce lattea della luna illuminasse il centro della stanza, riflettendosi su alcuni oggetti. “Non guardarmi così..” Mormorò, imbarazzato.
L’altro rise piano, girandosi dall’altra parte. Sentì spostare la stoffa della maglia sulla sua schiena, sollevata un poco verso le proprie spalle. Con un altro brivido, sentì le dita del ragazzo che gli sfioravano la pelle, seguendo un disegno ben preciso. Sorrise.
Vuoi che la tolga?” Chiese, senza muoversi. Sentì l’esitazione nella mano del moro.
Lo vide annuire con la coda dell’occhio, così si sollevò il minimo necessario per sfilarsi la canotta, lasciandola cadere a lato del letto, e tornò nella stessa posizione di prima.
I polpastrelli di Gon accarezzarono l’inchiostro sulla sua schiena, seguendo attentamente ogni linea, ogni ricciolo, ogni dettaglio del disegno. “Era da tanto che volevo farlo..
Killua chiuse gli occhi, godendosi il tocco gentile e delicato dell’altro ragazzo. Era molto rilassante, nonostante le occasionali scariche elettriche che gli attraversavano la spina dorsale.
Questo non c’era una settimana fa..” Disse quello, soffermandosi all’altezza delle prime due costole.
Ottima memoria..” Rispose, girandosi per guardarlo, sorridendo.
Fa male?” Si accigliò un poco, osservando il blu vivido e brillante sulla pelle alabastrina del ragazzo. Non aveva mai visto dei colori così intensi in un tatuaggio.
Mh.. Ho sofferto di peggio, ma no, non è piacevole.” Commentò, con indifferenza. La prima incisione di suo fratello la ricordava come se fosse stato il giorno prima: aveva urlato per ore sotto il suo ago, fino a sentir bruciare i polmoni. Gli altri disegni erano stati altrettanto dolorosi, ma il suo corpo era diventato più resistente, dopo le innumerevoli altre torture subite, così non aveva aperto bocca.
Perché li hai fatti, allora?” Gon sembrava confuso.
Il ragazzo ridacchiò. “Potrei dirti ‘per lavoro’, ma tutto sommato è un bel disegno, quindi non mi dispiace averlo.
L’hai scelto tu?
L’altro scosse la testa. “No, viene fatto.. Su misura, in un certo senso, della personalità.” Spiegò. “Il mio l’ha pensato mio fratello, Illumi.”
Quindi ha un significato preciso?” Chiese, mentre l’altro annuiva. “Che fiori sono?
Osservò il disegno, molto simile a quello alla base della schiena.
Peonie blu.
E cosa vogliono dire?”                                                                            
Nessuna delle persone che si era portato a letto da quando aveva i tatuaggi ci aveva mai fatto troppo caso. Gli faceva tenerezza l’interesse sinceramente curioso di Gon. Rispose volentieri. “Simboleggiano eleganza, virilità, forza, un carattere menefreghista e strafottente.
Il moro ridacchiò. “In effetti ti calza a pennello. Soprattutto la parte del carattere.
I fiori sembravano quasi dipinti ad acquerello, nonostante i tratti decisi della linea, sfumando dal celeste all’indaco, con note di un intenso blu.
Dalla peonia più grande alla base della schiena partiva un drago che sembrava avvolgersi intorno a una linea immaginaria che coincideva con quella della spina dorsale, arrivando con la testa fra le scapole. Lo percorse con le dita, seguendone la il disegno.
E il drago?
Saggezza, forza e coraggio.” Rispose, chiudendo gli occhi, con il tocco leggero dell’altro che lo accarezzava e lo percorreva.
Li riaprì dopo qualche secondo, sentendo le labbra del ragazzo al posto della sua mano. Non disse niente, respirando più profondamente a quel contatto.
Gon aveva iniziato a baciargli la pelle inchiostrata dalle scapole, proseguendo con una scia di piccoli baci lungo la spina dorsale, seguendo il disegno.
Il ragazzo si sollevò appena, appoggiandosi con gli avambracci sul cuscino, incurvando appena la schiena, e osservando l’altro da sopra la spalla.
Il moro alzò lo sguardo, incrociando quello blu intenso di Killua, che diceva solo Continua. Sentiva partire delle scariche elettriche che lo attraversavano ogni volta che posava un bacio sul suo corpo.
Sistemandosi più comodo, risalì la sua schiena con la bocca, arrivando alla base del collo. Iniziò a dargli qualche leggero morsetto, oltre ai baci, nell’incavo e sulla spalla. Con un’occhiata, vide l’altro mordersi il labbro con gli occhi chiusi in un’espressione di piacere.
Decise di continuare in quel modo, stuzzicandogli il collo e la zona sotto l’orecchio con baci e piccoli morsetti, a volte succhiando piano. In poco tempo lo sentì iniziare a respirare un po’ più forte.
Gon..” Sussurrò, come se stesse facendo le fusa. “Se continui..
Lo so.. Ma sei così bello..” Mormorò nel suo orecchio, accarezzando la sua pelle con il respiro caldo.
L’altro voltò il viso verso di lui. Abbassò lo sguardo sulle sue labbra, con aria implorante. Ti prego..
Gon scosse piano la testa e si abbassò a baciargli ancora la spalla, facendolo mugolare contrariato.
In quella sorta di abbraccio, Killua si girò e avvolse il moro con le braccia, affondando con il viso nel suo collo, baciando e accarezzando con i denti la sua gola, causandogli un sospiro di sorpreso piacere. Scivolò con le dita sotto la maglia dell’altro, percorrendo il suo torace e stuzzicandolo dove necessario. Lo guardò contorcersi fra le sue mani con il fiato corto, in ammirazione.
Quello sguardo languido e ambrato lo spinse ad andare oltre, esplorando con la mano, ripetendo lo stesso gesto della sera precedente. L’altro fece lo stesso, accasciandosi sul suo corpo, mormorando il suo nome nel suo orecchio, mentre lui gli sospirava con piacere contro il collo. Dovette trattenersi il più possibile per soffocare il sonoro gemito che spingeva per liberarsi insieme a lui.
Dopo non riuscirono a fare molto altro oltre a stringersi in un abbraccio, mentre cercavano di riprendere fiato, cadendo fra le braccia di Morfeo poco dopo essersi sistemati.












_________________
Note dell'Autrice
Macciao people! È finalmente iniziato settembre, so che questo per molti vuol dire studio, scuola, lavoro, ecc, ma a me l’estate non entusiasma poi così tanto :\
Sarà che ho la pressione bassa, e col caldo rischio di morire ogni volta che metto fuori casa lol.
Anyway, passando al capitolo!
 
Reazioni alla reazione di Gon e Mito al succhiotto? Onestamente, immagino Mito come una giovane donna, troppo giovane per fare la "madre" seria (quindi Gon ha abbastanza confidenza da aprirsi con lei senza troppe cerimonie), ma anche non abbastanza giovane per non fargli delle ramanzine all'occorrenza (nonostante il nostro pargolo non sia più in fasce). Spero di aver reso l'idea :3
E della stronzaggine di Killua verso Neon? Ne parliamo? Vorrei dire che non si fa, che non si dovrebbe ricattare in questo modo una persona, ma sono entrambi due personaggi egoisti e infami, quindi mi limiterò a far finta di non prendere le parti. Sì, sono personaggi che ho scritto io, ma credetemi se vi dico che vivono di vita propria.
Ah, dato che nessuno farà più riferimento a questa cosa, né qua né in futuro, Neon non c’entra niente nella faccenda di cui parlava Killua in realtà. Avrei voluto riuscire a inserire questa cosa meglio nella storia, ma non ci sono riuscita, e come ho detto, è un evento che non verrà più nominato nella storia, quindi vi faccio una sintesi (totalmente non necessaria, ma per chi fosse curioso).
Il padre di Neon, in quanto esponente di un ramo criminale di trafficanti di organi, ordinò l’esecuzione dei genitori di Kurapika (quando lui era ancora un bambino), senza nessun motivo specifico: gli servivano solo delle persone normali e di basso profilo che, oltre al bambino, non avrebbero lasciato altri testimoni della propria esistenza. Nessuno dei ragazzi, eccetto Killua (che ha fatto le sue ricerche) e Neon (da quando ha scoperto del lavoro del padre), sa di questa cosa, ed i due hanno deciso di tacito accordo che, nel caso l’argomento yakuza/criminalità fosse saltato fuori, sarebbe stato meglio che Killua fosse ritenuto l’unico con ascendenti criminali, per non scombinare gli equilibri del gruppo di amici, proprio perché in fondo Neon non c’entra nulla con l’operato del padre e la sua unica colpa è essere la figlia di un individuo viscido.
 
Poi! Il tatuaggio di Killua ora è così (clickclick!). A causa del metodo doloroso (che è anche quello che garantisce una resa di colore molto 'vivida') in cui vengono fatti, i tatuaggi della yakuza vengono fatti un passo alla volta, il disegno non viene completato tutto insieme. I link con le informazioni a riguardo le trovate nelle note al capitolo 12 ("What You're Doing").

Infine, ho concluso con delle pseudo coccole perché sì, amo le scene fluff. Non che ne avessi fatto un mistero, ma mi piace ribadirlo ogni tanto uwu *si spara dello zucchero in vena stile droga*
La canzone di oggi è “Shame” di Adam Lambert, che è tipo uno dei miei cantanti preferiti *^*.

Passando ora ai saluti, ringrazio la mia beta, che mi sopporta anche in sessione, grazie cara <3
Grazie anche a chi legge in silenzio, c’è un manipolo di voi che apparentemente non si perde un mio aggiornamento, ne sono davvero contenta! Sappiate comunque che io rispondo sempre (ergo, se in un futuro lontano troverete e leggerete questa storia, e deciderete di commentarla, sappiate che sarete i benvenuti e che vi risponderò!), e ribadisco non mordo :3
Ci si legge venerdì prossimo con il diciottesimo capitolo (omg, come passa il tempo! *urlo di Munch*)!

Un abbraccissimo e un bacio!

Athelyè ~

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Capitolo 18
*** Human ***




Exactly Another Teen Story

Capitolo XVIII – Human


Aprì gli occhi, trovando un sorriso tenero ad aspettarlo. Il ragazzo gli stava accarezzando affettuosamente i capelli corvini, guardandolo con dolcezza.
Gon si accorse di essersi addormentato praticamente sopra l’altro, ma anziché spostarsi strinse l’abbraccio intorno al suo corpo. Affondò col viso nel suo collo e ci strusciò dolcemente la punta del naso, emettendo qualche mormorio indistinto.
Killua sorrise, stringendolo di più a sé. “Buon giorno..” Sussurrò, con la voce bassa e roca.
È difficile spiegare l’effetto che aveva quella voce su Gon, il senso di armonia che lo avvolgeva, di star ascoltando qualcosa di visibilmente bello.
Buon giorno..” Mugolò, tirando appena indietro la testa per guardarlo negli occhi. “Sei sveglio da tanto?
Quello strofinò teneramente il naso contro il suo, scuotendo la testa per rispondere. “Ho sentito la sveglia di tua zia..
Gon alzò appena la testa e gettò un’occhiata all’orologio sulla scrivania. Erano da poco passate le sei. “Killua.. Mia zia si alza alle cinque..” Disse, mentre si rimetteva giù, a un soffio dal viso dell’altro sul cuscino.
Mh-mh..
Sei sveglio da almeno un’ora..” Affermò, guardandolo un po’ dispiaciuto.
È passata in fretta, non preoccuparti.” Rispose, senza smettere di sorridergli in quel modo che stava facendo sciogliere il cuore di Gon.
Il moro portò una mano ad accarezzare la guancia dell’altro. “Però mi dispiace..
Davvero, non preoccuparti. La sento tutte le volte, ma sono abituato a dormire poco.” Rispose, non migliorando in realtà il suo senso di colpa.
Non rispose, continuando a tracciare la mandibola definita del ragazzo con i capelli argentati. Quello gli prese delicatamente la mano, portandola a coprire con tre dita la propria bocca, e si sporse appena in avanti per incontrare quella dell’altro. Gon sorrise di quel ‘non bacio’.
Bravo..” Mormorò, quando Killua tornò un centimetro più indietro.
Io però ho voglia di baciarti sul serio..” Mugugnò lui, guardandolo intrigante.
Resisti ancora qualche giorno..” Gli rispose, sorridendo.
Quand’è che finisce questo maledetto periodo di prova e mi assumi a tempo pieno?” Sbuffò, sprofondando nell’abbraccio e nel collo del moro, che ridacchiò, tenendolo vicino.
Gon?
Mh?
Lo fai ancora per quella scommessa?” Chiese, tornando a guardarlo negli occhi.
Non proprio.. Non per Leorio, comunque..
E allora..?” Si accigliò appena. Non voleva mettere fretta all’altro, però voleva capire il meccanismo dietro a quello strano ragionamento e agli atteggiamenti non meglio definiti da non-fidanzato ma anche da decisamente-più-che-amico.
Voglio essere sicuro..” Disse, ma non bastava, visto lo sguardo vagamente confuso dell’amico. “Di noi, di quello che voglio con te.. Soprattutto di quello che provo per te..
Killua annuì appena, sospirando. A lui non sembrava ci fosse bisogno di aspettare o riflettere oltre, ma erano punti di vista evidentemente. Si stiracchiò, allungandosi e tendendo i muscoli per svegliarli un po’.
Gon, penso sia il caso di alzarci..” Mormorò, tirandosi un po’ su col busto.
Il ragazzo sbuffò, contrariato, lasciandosi cadere sul cuscino e brontolando contro la stoffa.
 
Mito li vide uscire dalla camera con la coda dell’occhio. Killua stava abbracciando da dietro Gon, con le braccia avvolte intorno alla sua vita, stando appoggiato con il mento sulla sua spalla e sussurrandogli qualcosa che lo faceva ridacchiare. Sciolse l’abbraccio solo quando entrarono in cucina.
“Killua, siediti pure! Vuoi del caffè?” Chiese la donna, girandosi sorridente, facendo finta di non averli visti.
Lui stava giocando distrattamente con l’orecchino, probabilmente per nascondere l’imbarazzo. “Ehm, sì grazie.”
 
Quel ragazzo le sembrava essere ritagliato in un mondo a parte, come se avesse mille pensieri che gli invadevano la testa. Quando gli parlava non era assente, anzi, Killua era sempre molto attento ed era certa che ascoltasse ogni parola, però aveva quella nota di distacco negli occhi, come se fosse anche in un altro posto. Come se pensasse sempre ad altro, preso da un ragionamento continuo, da un calcolo continuo.
Poi c’era qualcosa. Lui aveva qualcosa, intorno a sé, che metteva sull’attenti. Era come avvolto da un’aura che avvertiva del pericolo, e quel qualcosa di indecifrabile nel suo sguardo lo confermava.
Mito era istintivamente portata a chiedersi se quel ragazzo fosse giusto per Gon.
Gon era suo nipote, ma l’aveva cresciuto come una madre da quand’era in fasce. Suo padre si era presentato alla sua porta e gliel’aveva messo in braccio senza molte spiegazioni, poi non si era più fatto vedere. Ging, il padre di Gon, era sempre stato invischiato in strani affari, quindi la donna non aveva cercato di rintracciarlo, ma aveva richiesto subito l’affidamento di quel bozzolo, in quanto parente più prossima, così che fosse tutelato nel caso suo padre avesse avanzato strane pretese.
L’unica cosa che quel disgraziato le aveva detto prima di sparire era che la madre di Gon era morta in un “incidente”, ma Mito aveva avuto paura a chiedere, conoscendo lui e il suo giro.
Così, aveva cresciuto Gon da sola, in quei diciotto anni e una manciata di mesi.
La soddisfazione più grande e bella gliel’aveva data proprio lui quando, a dodici anni, le aveva detto che non gli interessava sapere chi fosse la sua vera madre, perché per lui era Mito ad avere il profumo di casa e “di mamma”.
Nonostante lui continuasse a chiamarla zia, entrambi si consideravano madre e figlio. Per questo si sentiva apprensiva nei confronti di quel ragazzo, il papabile primo fidanzato di Gon.
Le sembrava una brava persona, dai modi gentili ed educati, e anche il modo in cui si relazionava a suo nipote l’aveva subito messa a suo agio, ma sentiva che c’era qualcos’altro. Sentiva anche che Gon non le aveva detto tutto. Per lei era inevitabile essere preoccupata, nonostante fosse felice per il nipote, che aveva trovato una persona con cui trovarsi a suo agio.
Gli occhi di Killua sembravano alternare da un blu glaciale e calcolatore ad uno allegro e tropicale con la stessa rapidità con cui si muove il pendolo di un metronomo.
Capiva perfettamente cosa aveva attratto Gon del ragazzo: il suo fascino pericoloso e particolare era qualcosa che catturava l’attenzione. In più, oltre all’aspetto magnetico, Killua era brillante.
Gon gliene aveva parlato, di quanto Killua fosse bravo a cantare, di come conoscesse moltissimi album, libri e film. Suo nipote era sempre stupito da come l’amico trovasse il tempo per aiutarlo a studiare, allenarsi a pallavolo, poi lavorare (anche se Gon non le aveva mai detto che cosa facesse) e nonostante tutto questo riuscisse anche a fare quello che voleva e a divertirsi come un ragazzo della sua età.
La cosa che da un lato preoccupava Mito era il fatto che Killua fosse perfettamente cosciente di essere su un altro livello rispetto alla maggior parte delle persone: non era affatto modesto, anzi, era evidente che gli piacesse dar prova di sé.
Dall’altro, le piaceva che, nonostante quella consapevolezza, non sminuisse gli altri: ne soppesava il valore studiandoli rapidamente con uno sguardo. Mito ricordava ancora il primo momento che i suoi occhi avevano incrociato quelli del ragazzo. Le era sembrato per un brevissimo istante che lui l’avesse analizzata, come scannerizzata in un battito di ciglia.
Quel ragazzo con i capelli decolorati dalla sfumatura argentata in piedi davanti a lei era un’esplosione di contraddizioni, tutte in perfetto equilibrio fra loro.
 
“Posso aiutarla in qualche modo?” Chiese, sorridendole cortese, strappandola ai suoi pensieri.
Lei scosse la testa, abbozzando un sorriso. “No, tranquillo. Prendi il caffè e poi vai pure a sederti. E ti ho detto mille volte che mi devi dare del tu, non sono mica così vecchia!” Ridacchiò, prendendo il caffè e versandolo nelle due tazze vicino ai fornelli.
Killua annuì, giocando con i riccioli argentati. “Scusa, hai ragione.” Prese le due tazze e fece come lei gli aveva detto.
Mito li osservò chiacchierare e scherzare allegramente mentre facevano colazione.
Gon era felice con Killua vicino, così la donna concluse che questo per ora doveva bastarle. Sorrise, mentre rimetteva a posto alcune cose.
 
La giornata scolastica per i due passò monotona, come sempre. All’uscita, invece, accadde una serie di cose del tutto inaspettate.
Killua stava aspettando come al solito la lentezza di Gon nel prendere lo zaino, quando notò che Neon ancora non se n’era andata. Dopo la loro conversazione il giorno prima, il ragazzo non si aspettava di vederla lì in quel momento.
“Devo dire delle cose a Gon di scuola, quindi, che ti piaccia o no, farò un pezzo di strada con voi.” Gli disse, stizzita, quando si accorse del suo sguardo non esattamente pacifico.
“Va bene. Tanto è lui che decide, in ogni caso.” Le rispose sbuffando, riferendosi a Gon.
I tre si incamminarono, una volta usciti dall’edificio, verso casa.
Killua teneva la sigaretta fra le labbra, mentre Gon e Neon parlavano di alcune cose scolastiche, progetti e verifiche principalmente.
Per lo stupore di Gon, i suoi due amici non si lanciarono neanche una frecciatina, nonostante fossero a poco meno di un metro di distanza l’uno dall’altra. Gon aveva imparato presto che se uno dei due entrava nel raggio d’azione dell’altro, non mancavano battutine, frecciatine e piccoli bisticci, soprattutto se non c’erano terzi a mitigare la situazione. Ad esclusione di se stesso: se era lui quel terzo, gli scambi di occhiatacce aumentavano esponenzialmente.
Neon invece era molto sorpresa di avere, per una volta, l’attenzione quasi completa del suo migliore amico. In prossimità di Killua, non capitava mai che Gon riuscisse a terminare una conversazione con lei, un po’ per gli interventi totalmente inopportuni del ragazzo dai capelli decolorati sia per la distrazione di Gon.
Ma la cosa che nessuno dei tre si sarebbe mai aspettato si trovava circa a metà strada fra la scuola e le loro destinazioni.
I tre svoltarono come al solito in un vicolo che tagliava la strada principale, quando si sentì un click che fece scattare i sensi di Killua, mise in allarme Neon e lasciò perplesso Gon.
Un istante dopo, davanti a loro comparve una figura minuta, una ragazza. La sua voce incerta richiamò la loro attenzione.
“N-Non.. Non vi muovete!” Disse, tremante, mentre in mano teneva qualcosa di scuro, puntandolo contro di loro.
Loro si bloccarono, non appena compresero cosa la ragazza stesse stringendo fra le mani.
“Alzate l-le mani e non muovetevi!”
Obbedirono in silenzio. Killua studiò attentamente la figura che si stava avvicinando, venendo pian piano rivelata dalla luce del sole.
Era una ragazza mora, aveva la carnagione chiara e gli occhi grandi e lucidi. Tremava come una foglia e il suo controllo sulla pistola era altrettanto incerto.
Gon stava per fare un passo avanti, verso di lei, con l’intenzione di rassicurarla, ma ancor prima che potesse muovere la gamba, sentì la voce profonda del ragazzo alla sua sinistra.
“Non muoverti.”
Non gliel’aveva detto con tono minaccioso, sembrava più un consiglio, o più probabilmente un ordine. La sua espressione era concentrata sulla ragazza mora davanti a loro.
Gon decise di dargli retta.
Lei spostò la canna dell’arma verso il ragazzo dai capelli argentati, con impercettibile sollievo di Neon.
“S-Sei Zoldyck, vero?”
Quello accennò un sorriso e parlò con un tono incredibilmente calmo. “Chi lo vuole sapere?”
La ragazza sembrava sul punto di esplodere. Gon si accorse che aveva gli occhi incorniciati dalle lacrime.
“Anita.. Suzuki.” Rispose lei, soffocando un singhiozzo.
Killua fece una smorfia scocciata, arricciando il naso per un secondo. “Sei la figlia di Jiro Suzuki..”
Quella annuì.
A Gon tornò in mente come un lampo quello che aveva detto Ikalgo pochi giorni prima al ragazzo. Aveva fatto quel nome. Anche Killua ne aveva parlato al telefono con suo fratello, Illumi.
“Bastardo.. Sei tu quello che ha ucciso mio padre!” Esclamò lei, mentre delle lacrime iniziavano a rigarle le guance e le sue mani si stringevano intorno all’arma.
“Sì.” Rispose semplicemente, facendo un passo in avanti verso di lei, senza abbassare le mani.
“Non ti muovere!!” Disse Anita, alzando di più la pistola, mirando alla sua testa.
“Vuoi vendicarlo?” Chiese Killua, con una calma che rasentava l’irritante.
Neon pensò che quel ragazzo stesse stupidamente sfidando la sorte comportandosi così. Non si era accorto che l’arma era carica e senza sicura?
Anita si morse il labbro, sistemando nervosamente la presa sulla pistola. “Mio padre non meritava di morire, era una persona onesta!”
I suoi singhiozzi strozzati rompevano il silenzio innaturale di quel vicolo. Alle loro spalle non si sentiva passare neanche una macchina. Erano bloccati in quella bolla in cui tutto sembrava muoversi al rallentatore, in cui tutto sembrava ovattato da quell’assenza di suono.
Killua sorrise di più. “Anita, immagino tu non sappia che tuo padre era invischiato in un bel giro di soldi e droga. Ha commissionato l’omicidio di una persona per cercare di cancellare un debito.” Fece una pausa, senza perdere sicurezza nella voce. “Una persona che aveva una famiglia: ora un marito piange sua moglie, una madre e un padre piangono la loro figlia, e due bambini piccoli non sapranno mai perché la loro mamma non tornerà più da loro. Sei davvero così sicura che fosse una brava persona?”
Le sue parole sembrarono scuotere profondamente la ragazza. Quella tuttavia non allentò la presa, né spostò l’arma. “Era comunque mio padre, no-non mi importa!”
Killua la studiò per un altro paio di secondi. Se aveva capito il suo ragionamento, alla ragazza non importavano le conseguenze delle sue azioni, le bastava solo avere la sua testa. Quindi, anche se c’erano due testimoni, a lei non importava eliminarli. Decise di provare ad allontanarli.
“Va bene, lo capisco. Ma sono io ad averlo ucciso, questi due non c’entrano niente, lasciali andare via. È una questione fra te e me soltanto.”
“Cosa? No!” Esclamò Gon, d’istinto.
Killua gli lanciò un’occhiata. Anche se dalla sua espressione controllata non era possibile capirlo, Gon lo leggeva perfettamente nei suoi occhi che era furioso per quell’improvvisa uscita. Un solo feroce ordine nel suo sguardo. Obbedisci.
“Voi due andate.” Aggiunse Anita, acconsentendo alla sua richiesta.
Neon abbassò le mani e fece un paio di passi indietro, mormorando il nome del moro, con gli occhi sbarrati. Lei non stava aspettando altro che poter andare via da lì, ringraziando il cielo che quella squilibrata non fosse del tutto irragionevole, ma perché lui non si muoveva?!
Gon si sentì mancare il fiato e girare la testa, preda del panico che si stava diffondendo nella sua carne e gli bloccava le membra. Non voleva lasciare Killua da solo in quel vicolo, con una pistola puntata alla testa, per nessun motivo al mondo.
“No! Non ti lascio indietro!” Contestò di nuovo, con il tono spezzato.
Killua sospirò, seccato. “Nostrade, portalo via.”
“Io non vado da ness-!” La voce del ragazzo si interruppe improvvisamente.
La ragazza con i capelli blu l’aveva colpito in un punto preciso dietro la nuca, facendogli perdere i sensi. Ora lo teneva a stento, con un braccio dietro il suo collo. Lanciò un ultimo sguardo a Killua.
Si scambiarono un gesto con la testa.
Neon era rallentata dal peso degli zaini e dell’amico su di sé, ma cercò ugualmente di allontanarsi il più velocemente possibile dall’altra ragazza, che nel frattempo aveva iniziato a singhiozzare rumorosamente, preda delle emozioni che la scuotevano.
“Bene, ora sparami pure se vuoi. Avanti, dai, spara.” Disse Killua, con un sorriso di sfida, e lasciò cadere lo zaino a terra. Abbassò le braccia, allargandole un poco, divertito. “Sparami, ma non sbagliare, perché se poi tocca a me ti faccio male.”
Furono le ultime parole che Neon sentì, prima di uscire dal vicolo, seguite solo da un urlo di rabbia di Anita e una serie di colpi di pistola. Con sgomento pensò che fosse inutile avvertire la polizia. Quelli erano affari interni alla yakuza, nessuno avrebbe mosso un dito.
A quel punto iniziò a correre, in qualche modo, verso casa di Gon, con il braccio del ragazzo sulle spalle e il resto del suo corpo a peso morto appoggiato a lei.
 
 
 
Si mise a sedere con un lamento, massaggiandosi dietro la testa. Si sentiva ancora confuso.
Si era svegliato sul divano del suo salotto con un dolore all’altezza della nuca, senza ricordare esattamente come fosse arrivato a casa propria.
Notò il profilo teso di Neon, seduta nella poltrona accanto a lui, e immediatamente gli tornò in mente tutto.
Saltò in piedi, barcollando. “Killua!”
Fece un passo avanti, ma la stanza decise di girare velocemente intorno a lui, facendogli perdere l’equilibrio. Neon si alzò con uno scatto per sorreggerlo e rimetterlo seduto sul divano.
Lui prese un bel respiro, reggendosi alla ragazza. Deglutì, sentendosi terribilmente debole.
“Stai sdraiato Gon, o almeno seduto, devi riprenderti un po’ prima. Fra una decina di minuti vedrai che starai meglio, ora che ti sei svegliato.” Gli sorrise gentile. “Vuoi che ti porti qualcosa? Dell’acqua?”
Lui scosse piano la testa. “Cos’è successo?”
Neon sospirò, rimettendosi seduta accanto a lui. “Intendi dopo che sei svenuto?” Gon annuì, e la ragazza si sentì sollevata che non ricordasse che il colpo che l’aveva tramortito era partito da lei. “Ti ho trascinato fin qui. Lasciatelo dire Gon, pesi troppo.” Tentò di scherzare.
Il moro fece un mezzo sorriso. “E Killua? Dov’è?”
Neon si morse il labbro. “Ecco.. Dopo che hai perso i sensi, io ti ho portato fuori dal vicolo. Lui è rimasto lì con quella ragazza.”
Gon sentì improvvisamente freddo in tutto il corpo. Il sangue sembrò scivolare via dal suo corpo come una doccia fredda.
“Non so cosa sia successo. Ho sentito che la provocava a premere il grilletto, poi solo degli spari.” Non poteva negare di essere preoccupata, nonostante la reciproca antipatia, ma non poteva nemmeno mostrarlo a Gon in quel momento.
“Neon, per quanto sono rimasto incosciente?” Chiese, con il cuore in gola e le mani che avevano iniziato a tremare, dopo qualche secondo di silenzio in cui aveva troppa paura per dire qualsiasi altra cosa.
“Circa tre ore.”
Il ragazzo cercò di respirare profondamente per calmarsi. La testa gli girava, sentiva brividi ovunque.
Dopo qualche minuto di silenzio, i due sobbalzarono al leggero bussare sulla porta. Neon si alzò per andare ad aprire.
Gon sentì solo bisbigliare per quella che gli sembrò un’eternità, poi vide finalmente comparire i capelli chiari di Killua sulla soglia del salotto e saltò di nuovo in piedi, stavolta rimanendo stabile. Il suo amico era lì davanti a lui e, soprattutto, non sembrava ferito.
Si mosse verso di lui, sospirando sollevato. “Killua! Sei..-”
“Si può sapere cosa cazzo ti è venuto in mente?!” Quello sibilò fra i denti, con un’espressione decisamente incazzata, coprendo in un secondo la distanza che li separava. “Poteva spararti da un momento all’altro, razza di idiota!”
Neon rimase a guardarli dal corridoio, in silenzio. Sapeva già che, per una volta, sarebbe stata d’accordo con Killua.
Quello assottigliò gli occhi, fulminando il moro sul posto. “Se ti do un ordine in una situazione simile tu devi obbedire.” Disse, alzando la voce ad ogni parola. Era fuori di sé dalla rabbia.
“Io.. Non.. Non volevo lasciarti da solo..” Cercò di giustificarsi Gon. “Quella era armata e..”
“Appunto! Gon, io sono abituato a gestire situazioni così. Lo faccio da una vita!” Continuò, sottolineando ogni parola.
“Ok, e io invece no. Ero ‘solo’ preoccupato per te, pensa che stupido!” Trovò il modo di ribattere, allineandosi al volume di voce dell’altro.
“Infatti sei una testa cazzo! Hai messo in pericolo la vita di tutti e tre per il tuo stupido egoismo!”
“Per il mio stupido egoismo?!” Gracchiò, aprendo di più gli occhi.
“Sì, genio. Un morto a fronte di tre è un risultato positivo. Il mio intento era proprio quello di evitare almeno le vostre due!” Disse l’altro fra i denti con rabbia.
“Tu e i tuoi cazzo di numeri, non ne puoi fare a meno per una volta?!”
“No, perché non eravamo solo in due! Cosa avresti fatto se per il tuo stupido comportamento quella avesse sparato a Neon? Ci hai pensato?”
Gon sembrò preso in contropiede, perché in effetti no, non ci aveva pensato. In quel momento voleva solo rimanere lì con Killua, non aveva pensato ad altro. Non rispose, aggrottando le sopracciglia.
“Gon, io devo sapere di potermi fidare di te. Se dovesse succedere di nuovo una cosa simile, io devo essere certo che faresti come dico senza obiettare.”
Il moro rimase in silenzio un paio di secondi, per pensare. “Non posso. Non l’avrei fatto se non fossi svenuto, lo sai!”
“Non mi posso fidare di te, quindi?”
“Sì che puoi, ma non puoi chiedermi una cosa del genere!”
“È una domanda semplice Gon: se ti ordinassi di lasciarmi indietro, lo faresti?”
“No!” Esclamò, quasi urlando. “Certo che no!”
“Allora non posso fidarmi, fine della storia.” Disse, chiudendo seccamente la questione.
“Per te è facile dirlo, non ti riguarda.” Rispose, abbassando la voce. La sua bocca stretta in una linea dura sul suo viso.
Killua si irrigidì, fissandolo feroce, la mandibola serrata. “Come?
“Non ti riguarda, no? Per te quello era solo un imprevisto ‘di lavoro’.”
Il ragazzo dai capelli argentati si lasciò scappare uno sbuffo divertito. Sorrise incredulo, scuotendo appena la testa fissandolo negli occhi. “Giusto, scusami. Quasi due mesi che ti vengo dietro, che sto alle tue regole, ai tuoi tempi e alle tue stupide ‘scommesse’, ma sì, hai ragione. La cosa non mi riguarda, d’altronde in quel vicolo non c’eri mica anche tu.” Parlò lentamente a un volume normale e quasi basso, senza perdere quel sorriso amaro. “Sai una cosa, Freecss? Vai a farti fottere da qualcun altro, tanto noi siamo solo amici, no?”
Killua gli diede le spalle senza aspettare una risposta, tornando a passo svelto verso l’ingresso. Sostò davanti a Neon, sorridendole sardonico. “È tutto tuo. Scopatelo pure, io non lo voglio.”
Uscì di casa senza preoccuparsi di chiudere il portone. Sapeva già dove andare.
 
Gon serrò la mandibola, stringendo i pugni lungo il corpo.
Neon lo osservò per diverso tempo tenendosi a distanza, dopo aver chiuso la porta. Aveva avuto un attimo di smarrimento dopo le parole del ragazzo. E lei si era sentita frastornata dopo neanche una decina di parole, quindi non osava immaginare come potesse sentirsi il moro.
Gon era ancora lì in piedi, fermo come una statua, con un’espressione di rabbia addolorata sul viso. Alzò gli occhi su di lei all’improvviso. Le linee di rabbia avevano lasciato spazio solo a uno sguardo triste e sconfitto.
Le parole di Killua dovevano avergli fatto più male di quanto fosse disposto ad ammettere.
“Gon..” Mormorò.
Lui scosse piano la testa, inspirando profondamente. Aveva il cuore a mille. L’aveva stancato di più quel breve scambio di battute che non l’intera giornata. Sentiva tremare le gambe e un gigantesco vuoto in mezzo al petto.
Ma forse vuoto non era la parola giusta, perché sentiva anche un forte dolore dentro, e non può far male qualcosa che non c’è.
Si sedette di nuovo sul divano, affondando il viso nelle mani. Sentì una mano sulla propria spalla e, girando un poco il viso, vide il sorriso gentile della propria migliore amica. Sospirò.
“Non mi sembra di essere nel torto. Perché dovrebbe essere sbagliato volergli rimanere accanto se è in pericolo?”
Neon sapeva che erano più domande rivolte a se stesso che a lei, ma decise di rispondergli ugualmente. “Gon, Killua ha più esperienza in queste situazioni. Dal suo punto di vista stava agendo al meglio per metterci al sicuro.”
“Ma non può decidere anche per me!” Esclamò il moro, contrariato.
“Per me ha ragione, e questo la dice lunga. Ha fatto quello che andava fatto.” Cercò di farlo ragionare. “E il fatto che volesse sacrificarsi, per permetterci di uscire vivi di lì, gli fa più che onore.”
Gon la ascoltò in silenzio. Non l’aveva visto sotto quel punto di vista. In effetti, non l’aveva minimamente considerato.
“Ma io non volevo che si sacrificasse per me..” Replicò, debolmente, ancora ragionando sulle sue parole.
“E lui non voleva saperti in pericolo, puoi dargli torto?” Gli domandò lei, aggrottando un sopracciglio. Lui tacque. “Al posto suo, non avresti cercato di metterlo in salvo? Perché io, al suo posto, avrei provato a salvarti.”
La ragazza era cosciente di farsi un autogol in questo modo, ma se conosceva Gon, aveva comunque poco tempo prima che lui le chiedesse qualcosa.
Gon annuì. Riflettendoci, era stato proprio un coglione egoista. Killua aveva ragione, come sempre.
Si sentì orribile per quello che gli aveva detto. Il ragazzo aveva agito così per metterlo al sicuro, e lui l’aveva accusato di fregarsene.
Killua aveva avuto ragione anche a rispondergli per le rime.
Aggrottò un poco le sopracciglia, mentre gli tornavano in mente le sue ultime parole prima di andarsene.
“Neon..” Iniziò, guardandola perplesso. “Perché Killua..”
Lei fece una smorfia. Non le serviva sapere il resto della domanda. “Non puoi chiedermelo davvero..” Lo guardò con un’espressione divertita.
Lui arruffò ancora di più le sopracciglia, sinceramente confuso. “Dovrei sapere perché ti ha detto quella cosa?”
Neon sospirò, scuotendo la testa. “No, sei troppo stupido per averlo notato. È evidente.” Sorrise appena.
Il moro si sentì offeso per quelle parole. Ma davvero non capiva perché l’altro aveva fatto quell’uscita con la sua migliore amica.
“Davvero non ci arrivi neanche con quello che ha detto?” Domandò Neon, giocando con le ciocche blu elettrico. Lui scosse la testa, mentre lei prendeva un bel respiro, sperando di inalare anche del coraggio. “Mi piaci, Gon.”
Il ragazzo sgranò gli occhi. La fissò per dei secondi di silenzio interminabili. “Eh?”
“Mi piaci. Da anni.” Ridacchiò, forse per nervosismo, ma anche l’espressione dell’altro aiutava.
Gon la osservò con gli occhi spalancati, aprendo un poco la bocca. In realtà non disse niente, perché non gli veniva neanche una parola di senso compiuto. Neon cotta di lui? Se gliel’avesse detto qualcun altro non ci avrebbe creduto.
“Beh?”
“Ehm.. Io..” Farfugliò. “No, non l’avevo capito..”
La ragazza annuì, sorridendo ancora. “Lo so. Sei l’unico in tutta la scuola a non averlo capito.” Rise piano.
Ok, ora si sentiva effettivamente stupido. “Ma perché non me l’hai detto prima?”
“Mi avresti ricambiata?” Neon lo guardò, ora seria. Nei suoi occhi grandi color mare la speranza si leggeva chiaramente. Sapeva già la risposta, ora come allora, non sarebbe cambiata, ma una scintilla di speranza c’era sempre.
Gon non rispose subito, deglutendo mentre la guardava negli occhi. “Io ti ho sempre voluto bene..” Riuscì a dire, parlando sinceramente. “.. ma non in quel modo.”
Lei si morse il labbro. Aveva ricreato nella mente quel momento mille volte, ma ora che lo stava vivendo davvero faceva più male di quanto immaginasse, ma non tanto da piangere. In fondo se lo aspettava. “Lo so. Per questo non ho voluto dirtelo..”
Lui la guardò, inclinando appena la testa.
“Non volevo rovinare la nostra amicizia, che qualcosa cambiasse fra noi per questo. Sei comunque il mio migliore amico, Gon, non volevo perderti.” Spiegò, abbassando lo sguardo sulle proprie mani. Si sentì avvolgere in un abbraccio, totalmente inaspettato.
Lui le accarezzò i capelli, stringendola dolcemente. “Resterò il tuo migliore amico per sempre, Neon.”
Lei affondò di più nella stretta, annuendo piano. Rimasero così, in silenzio, per diverso tempo. Neon si sentiva più leggera adesso.
“Mi dispiace..” Mormorò lui, senza allentare la presa.
“Lo sapevo. Non sentirti in colpa.”
Dopo altri minuti di silenzio, sciolsero l’abbraccio.
“Quello che non mi aspettavo.. Era che fosse uno come Zoldyck a soffiarmi la tua attenzione.” Disse, ridacchiando.
Gon la guardò, di nuovo confuso. “Uno come lui?”
“Beh, non ti facevo uno che va dietro al cattivo ragazzo.” Continuò lei. “Oltre al non immaginare che fosse un ragazzo in generale, in realtà.”
Il moro storse la bocca. “Killua non è cattivo, te lo dico da settimane.”
“È un criminale, comunque tu la metta. Hai sentito cos’ha detto nel vicolo, no? Ha ucciso una persona.”
Gon sbuffò. Sapeva bene che non si fermava ad una sola cifra il conto delle sue vittime, ma trattandosi di un determinato ambiente cercava di pensare che non fossero tutte innocenti.
“Beh, non era proprio uno stinco di santo..” Cercò di parlare in sua difesa. “E poi, siamo solo amici, come ha detto lui stesso.”
“Certo, se escludi tutta la serie di riferimenti sessuali, rimane anche il ‘siamo solo amici’.” Neon inarcò un sopracciglio, divertita.
A quelle parole, Gon arrossì vistosamente. Raccontare cose a Kurapika era una cosa, sentirsele dire chiaramente in faccia da qualcun altro era totalmente diverso. “Che c’entra..”
“Senza contare il tuo collo, che racconta un’altra storia ancora.” Ridacchiò lei. “Me l’ha detto lui che è opera sua, quindi risparmiati le balle.”
Lui gonfiò le guance, contrariato, poi emise un sospiro rassegnato. “Beh, non penso che ora abbia molta importanza, comunque..”
“Mh?”
“Mi è sembrato abbastanza chiaro il messaggio. Se fossimo stati una coppia, mi avrebbe appena mollato.” Avevano un gusto strano quelle parole nella sua bocca. “Ma forse è meglio così, alla fine non sapevo neanche se mi piacesse davvero.. Insomma, è il mio migliore amico, forse gli voglio solo molto bene come ne voglio a te.”
Neon lo fissò per un secondo in silenzio, con un’espressione incredula. “Tu devi essere veramente stupido.”
“Perché?” Lui la guardò con la coda dell’occhio.
“Gon, che a te lui piaccia è, tipo, non so, palese? L’hai difeso anche prima, davanti all’evidenza. Ogni volta che ne parli ti brillano gli occhi, quando sei vicino a lui sembri quasi emanare energia. E poi non vi staccate gli occhi di dosso, la cosa è palesemente reciproca.” Disse, con un’espressione stupita. “La tensione quando siete insieme si taglia a fette.”
Il moro aprì di più gli occhi.
“E credimi che ti ho guardato abbastanza bene e a lungo da vedere tutti i tuoi sguardi verso di lui e tutte quelle piccole cose che dicono molto su cosa pensa il tuo cuore.” Continuò, picchiettando l’indice sul petto di Gon. “Killua ti piace, e parecchio.”
Gon ripensò a tutto quello che gli faceva provare l’essere vicino all’altro ragazzo, e gli venne da sorridere mentre si sentiva scaldare il petto. Per quanto cercasse di negarlo, il pensiero di Killua gli faceva battere più veloce il cuore.
“Anche Kurapika ha detto una cosa simile.” Gli venne in mente la sua scommessa con l’amico. Ridacchiò. “Immagino che dovrò chiamarlo per dirgli che aveva ragione, allora.”
“Prima penso che tu debba chiamare qualcun altro..” Gli suggerì Neon, con un sorriso.
Gon controllò l’orologio. Era passata certamente più di un’ora da quando Killua era uscito da casa sua. Si sentì di nuovo terribilmente in colpa per ciò che gli aveva detto.
“Non penso vorrà parlarmi..” Mormorò, guardando il cellulare. E non gli avrebbe certo dato torto.
Neon fece spallucce. “Tentar non nuoce. Alla peggio, non ti risponderà e gli parlerai domani.”
Il moro pensò che non avesse tutti i torti, così compose il numero e portò il telefono all’orecchio dopo aver avviato la chiamata.
Tu.. Tu..Tu..
Per un istante pensò di aver fatto malissimo a chiamare, e voleva già attaccare, quando sentì un click sulla linea. Inspirò, emozionato.
Pronto?
Spalancò gli occhi, guardando Neon con un’espressione confusa, come se lei avesse potuto rispondere alla domanda nella sua testa. Una voce femminile?
Deglutì. Gli sembrava tremendamente familiare quella voce. “Uhm.. Sì, pronto?”
Gon? Sono Palm.












_________________
Note dell'Autrice
Buondì! Come va?
Settembre è ormai più che inoltrato, spero che i rientri siano andati tutti bene, e che chi deve ancora rientrare lo faccia al meglio! :3
Andando con ordine, parto col dire che di questo capitolo mi piace solo la seconda metà, dal risveglio di Gon. Il resto non è uscito esattamente come volevo, e per la scena di Anita non avevo palesemente voglia di scrivere un’altra scena di “rissa”. Detto questo, procediamo!
 
Sono una fan dei risvegli coccolosi, quindi non potevo metterne uno fluffosetto *^* (consapevole soprattutto della fine che avrebbe avuto il capitolo) Ma comunque!
Credo di essere abilmente riuscita a NON spiegare affatto il rapporto e l’affetto fra Mito e Gon, perché ogni volta che rileggo il “monologo” interiore di Mito continuo a pensare che faccia schifo com’è venuto fuori. Tuttavia, spero di aver quantomeno fatto capire che, come ogni genitore del sesso opposto al figli@, non vede esattamente di buon occhio i suoi spasimanti, lol.
 
Anita (i fan della vecchia guardia l’avranno riconosciuta) è un personaggio inesistente nel manga e nella serie del 2011, ma inserito nella vecchia serie perché.. Perché sì? Non lo sapremo mai.
Ah, ricordate quando qualche capitolo fa vi ho detto di dimenticare il cognome Suzuki? Ecco, continuate a dimenticarlo perché non è quello della “vera” Anita (), né ci servirà mai più in questa storia, lol. La stirpe Suzuki si è ufficialmente estinta, non serve che dica altro perché capiate come Killua ha risolto il problema.
 
La scena del litigio invece mi è piaciuto scriverla, nonostante sia stata fisicamente dolorosa. Odio far litigare i miei personaggi, specialmente quelli che si amano, ma volevo a tutti i costi mettere quella frase di Gon. Perché *inserireimprecazioniebestemmiequi* ho pianto tutto quello che avevo da piangere in quella scena. Se avessi avuto Gon fra le mani penso che l’avrei fatto a pezzettini così piccoli che neanche col microscopio sarebbero riusciti a rimetterlo insieme. Maledetto figli- no, la madre non è nota, non è giusto insultarla.
Maledetto infame egoista, dovresti ringraziare che Killua ti ami alla follia, io ti avrei fulminato sul posto. *piange*
Sono cosciente che questo capitolo si sarebbe dovuto intitolare “Gon, mille ragioni per cui sei un cretino”, ma mi sapeva male perché tutti gli altri sono canzoni. Btw, il titolo di oggi è “Human” dei Rag’N’Bone Man.

Ma perché ha risposto Palm? E riuscirà Gon a riappacificarsi con Killua? Ma cosa più importante, Neon avrà soffocato Gon con un cuscino mentre parliamo qui?
Lo scoprirete nel prossimo capitolo u.u
 
Comunque, passando finalmente ai saluti, ringrazio come sempre la mia splendida ed insostituibile beta, che sopporta le mie crisi mentre spolvera la pistola.
Ringrazio ___Smilealways___ per aver recensito lo scorso capitolo ed aver aggiunto questa storia alle sue preferite! Un grazie anche a tutti voi che continuate a leggere in silenzio. Sappiate che se volete rompere questo muro, potete farlo anche in privata! Mi farebbe un sacco piacere ^^
Via, ora vi saluto veramente. Un abbraccio enorme, ci si legge venerdì prossimo people!

Athelyè ~

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Capitolo 19
*** Insomniac's Lullaby ***




Exactly Another Teen Story

Capitolo XIX – Insomniac's Lullaby


Quando aveva aperto la porta, non si aspettava certo di trovare lui lì, appoggiato al muro con le mani in tasca.
“Zoldyck?” Inarcò le sopracciglia, sorpresa. “Ika non c’è, è andato da..”
“Oh, non sono qui per lui.” Disse, dandosi una spinta e azzerando lo spazio fra loro.
Lei si appoggiò con la schiena alla parete accanto alla porta, mentre il ragazzo posò un avambraccio accanto alla sua testa, costringendola contro il muro e guardandola in un modo che lei conosceva bene.
Killua le accarezzò dolcemente la guancia con l’altra mano, percorrendole la mandibola con l’indice, finendo per sollevarle piano il mento.
“Qual buon, o cattivo, vento ti porta qui, allora?” Domandò, allacciando lo sguardo con quello magnetico del ragazzo.
“Mi chiedevo se avessi un po’ di tempo libero per me..” Rispose con voce roca.
Palm sentì un brivido correrle sulla schiena. Annuì e in un secondo sentì la bocca dell’altro sulla propria, mentre la sua mano le correva lungo il fianco. Si lasciò sfuggire un sospiro, quando le dita affusolate del ragazzo arrivarono a toccarla in un punto preciso, e si aggrappò alle sue spalle.
Lui le rivolse un sorriso compiaciuto, continuando a farla sospirare piano sostenendo il suo sguardo. Rallentò fino a fermarsi dopo averla sentita gemere più forte sotto il suo tocco, mentre si avvicinava al suo orecchio. “In ginocchio.
Palm sorrise. “Andiamo in camera. Non mi va che i vicini si godano tutto lo spettacolo.”
Killua fece un passo indietro, liberando la ragazza, e chiuse la porta prima di seguirla. Una volta in camera, lei obbedì, chinandosi sotto lo sguardo freddo e imperioso dell’altro, sentendolo ansare appena sotto le attenzioni della sua bocca su di lui. Ci stava prendendo gusto, quando si sentì strattonare indietro.
Guardò in alto, incrociando gli occhi blu del ragazzo, prima di alzarsi. “Sai che basta chiedere, vero?” Gli sorrise maliziosa.
“E dov’è il divertimento se ti dico tutto?” Rispose, restituendole la stessa espressione. “Poi sei già praticamente nuda, non mi lasci neanche la soddisfazione di spogliarti come si deve.” Aggiunse, riferendosi ai non indumenti con cui gli aveva aperto. Palm indossava solo un baby-doll e degli slip di pizzo.
“Non pensavo ti dispiacesse.” Scherzò lei, andandosi a sedere sul letto guardandolo mentre finiva di spogliarsi. Killua si prese un secondo per farsi guardare dalla ragazza, prima di avvicinarsi.
Lei sbuffò appena, notando la piccola bustina quadrata fra le dita del ragazzo. “Sono in perfetta salute..”
“Ma io non voglio responsabilità impreviste.” Le disse con una smorfia divertita.
Poco dopo, Killua le fu sopra. Entrò piano in lei, lasciandole baci sul collo e sul petto, mentre lei gli avvolse le gambe intorno ai fianchi, inarcando la schiena con i movimenti lenti del ragazzo.
Le spinte si fecero più brusche e profonde, facendo aumentare i gemiti e i sospiri da entrambe le parti, facendo accumulare sempre di più qualcosa di caldo nei due, pronti a liberarsi l’uno nell’altra. Finalmente un’esplosione di piacere li travolse, lasciandoli a boccheggiare ansimanti e soddisfatti.
Killua scivolò affianco alla ragazza, cercando di riprendere fiato. Si passò una mano fra i capelli argentati, mentre respirava profondamente.
Dio, se mi eri mancato!” Esclamò con un sospiro Palm, sorridendo e girandosi un poco verso di lui.
Quello ridacchiò. “Non hai trovato nessuno all’altezza?”
“Non sai quanto sia difficile avere una buona botta e via. In pochi reggono il confronto.” Commentò, esaminando il corpo scolpito del ragazzo.
“Lusingato.” Rispose con un sorriso carico di orgoglio e malizia, guardandola con la coda dell’occhio.
“Ma..” Iniziò lei, e Killua ebbe la sensazione di sapere già cosa sarebbe seguito. “Gon?”
Gon cosa?” Chiese, con un tono vagamente seccato.
“Non penso sarà contento di sapere che sei venuto a letto con me, con quello che c’è fra voi..” Rispose lei, studiando la sua reazione.
“Oh, ma non c’è niente fra noi. Siamo solo amici.” La sua bocca si incrinò in un’espressione ironica. “Quindi non preoccuparti, la cosa non lo riguarda.”
“Killua, cos’è successo?”
“Niente. Non è successo assolutamente niente.” Sibilò fra i denti.
Non era arrabbiato con lei, Palm lo sapeva. Si chiese se dovesse leggere un ‘fra noi’ tra le righe.
“Non sembrava poco fa.” Gli rispose, con calma.
Lui intrecciò le dita dietro la testa, rispondendo con tranquillità. “Mi mancava fare sesso, tutto qui.”
“So distinguere l’astinenza dal sesso incazzato, Zoldyck. Non offendermi.” Scherzò lei, inarcando un sopracciglio.
“Palm, sono passato solo per distrarmi un po’.” Si portò il polso con l’orologio davanti agli occhi. “Anzi, è ora che vada.”
Palm lo seguì con gli occhi mentre si rivestiva. Lui le sorrise, divertito. “Che c’è? Vuoi un secondo round?”
“Non mi dispiacerebbe.” Gli rispose ammiccando. “Ma no. Probabilmente hai del lavoro da fare.”
Poco dopo lo accompagnò alla porta, salutandolo mentre scendeva rapidamente le scale. Tornando in camera, notò sul comodino il cellulare del ragazzo. Scosse la testa sospirando.
“Ma dove ha la testa?” Ridacchiò fra sé e sé.
Si allungò per prenderlo. In quel momento lo schermo si illuminò con un brusio, facendole brillare il palmo. Tre lettere e la faccina di un pugno.
Lei rimase con la mano sospesa sul telefono, interdetta su cosa fare. Si sedette sul letto sfatto e rispose.
“Pronto?”
Dall’altra parte sentì dell’esitazione. Dopo qualche secondo sentì la voce di un ragazzo. “Uhm.. Sì, pronto?
“Gon? Sono Palm.” Disse semplicemente. Anche perché era evidente che la sua voce non si avvicinasse neanche un po’ a quella profonda e bassa di Killua.
Ci fu ancora un altro secondo di silenzio nel suo orecchio, così decise di continuare a parlare. “Killua era venuto qua da Ika per sballarsi un po’. Ora è appena uscito, ma ha dimenticato il cellulare qui. È proprio sbadato!” Scherzò sull’ultima cosa, anche se era vero per certi versi. Killua a volte sembrava avere la testa da tutt’altra parte. Certo, aveva mentito, ma in fondo era una mezza verità a fin di bene. E tutte le migliori bugie sono mezze verità.
Oh.. Ho capito.. Uhm, allora potresti dirgli che l’ho chiamato appena torna a prenderlo?” Chiese Gon, con un tono titubante.
“Certo!” Rispose sorridendo, anche se lui non poteva vederla. “Comunque è andato via ora ora, vedrai che non si accorgerà di averlo lasciato qui per un po’, se hai fretta di parlargli..” Disse, sperando che Gon cogliesse la sfumatura di quella frase, l’input che stava cercando di dargli implicitamente.
Qualche altro attimo di silenzio e sentì di nuovo la sua voce. “Va bene.. Uhm, allora.. Salutami Ikalgo. Ciao Palm!
Lei ricambiò il saluto e attaccò. Osservò lo schermo nero per qualche secondo, poi si alzò per sistemarsi e scegliere cosa mettersi per scendere in strada. Dopo una decina di minuti uscì di casa sentendo già il freddo della sera pungerle le ossa.
Appena uscita dal portone, si trovò davanti Killua a cavallo della sua moto nera. Si era appena tolto il caso e si stava scuotendo i capelli.
“Sono un cretino, ho dimenticato il cellulare.” Disse, allungando la mano.
“Tieni.” Palm gli tese il telefono, ridendo. “Ah, ha chiamato Gon. Gli ho risposto.”
Lui sembrò esitare nel prendere il cellulare dalle sue mani, come se la ragazza gli avesse appena detto che bruciava. La guardò. “E..?”
“Non gli ho detto niente.” Gli rispose con un sorriso gentile. “Non è successo niente, no?”
Killua si fermò un secondo, studiandola in silenzio. I suoi occhi come al solito non lasciavano trasparire i pensieri che gli affollavano la mente. “Grazie.”
Lei fece un cenno con la testa, senza dire niente. Le sfilò il telefono dalle dita senza toccarla.
“Allora ci si vede, Zoldyck!”
“Mh-mh.” Si salutarono con un gesto della mano, mentre la ragazza correva di nuovo dentro l’edificio.
Il ragazzo controllò velocemente il cellulare, per vedere se aveva qualche chiamata persa. Pensò che fosse stato meglio così, che Gon avesse chiamato dopo che era uscito.
Se avesse trovato la chiamata persa subito dopo aver finito con Palm probabilmente si sarebbe sentito in colpa verso di lui.
Aggrottò le sopracciglia al pensiero. Ma in colpa di cosa, esattamente? Non stavano mica insieme, questo l’avevano chiarito molto bene non molto tempo prima. Sbuffò.
Stupido Gon, come faceva a confondergli sempre le idee? Stupido.
Mise via il cellulare, scuotendo la testa. Stava per infilarsi il casco e ripartire quando si sentì chiamare in lontananza.
Si girò verso l’origine di quella voce e spalancò gli occhi nel riconoscere una figura che correva verso di lui creando nuvolette di vapore con il respiro affannato. Per un secondo credette di avere un’allucinazione.
“Gon?!”
Il moro gli arrivò accanto, piegandosi in due col fiatone. Sembrava avesse appena corso una maratona.
Killua cercò di reprimere l’istinto di sorridere. “Che cazzo ci fai qui?” Chiese, ma gli sfuggì un tono divertito.
Gon alzò una mano, facendogli cenno di aspettare. L’altro inarcò un sopracciglio. Il moro si tirò su prendendo un gran respiro e avvicinandosi di più.
“Ti ho.. Ho chiamato.. Palm..” Cercò di deglutire, sentendo la lingua ruvida come carta vetrata. “Lei.. Puff.. Lei mi ha detto che eri.. Appena andato via, così io..”
Killua lo guardava con le sopracciglia sollevate con stupore divertito mentre annaspava per parlare.
L’altro sospirò, cercando di prendere altro fiato. “Così ho pensato di.. Venire qua per parlarti..” Poi scosse la testa ansimando. “Ma ho.. Sbagliato via.. Ho corso almeno.. Uff.. Almeno quattro isolati..”
Il ragazzo con i capelli argentati scoppiò inevitabilmente a ridere a quell’affermazione, non riuscendo a trattenersi. Gon aveva un ottimo senso dell’orientamento in mezzo a un bosco, ma per lui la vera jungla era la città, gliel’aveva sempre detto.
Gon strizzò gli occhi con un’espressione sofferente. “Killuaa! Non ridere!” Sbuffò, stringendosi un fianco per calmare il dolore alla milza.
“Scusa, scusa.. È solo che..”  Soffocò un’altra risata, mordendosi il labbro mentre la sua bocca si storceva verso l’alto dall’altra parte. Scosse la testa per far andare via le risate dal suo cervello. “No, scusami. Stavi dicendo?” Disse prendendo a sua volta un bel respiro, cercando di calmarsi.
Gon, che ora aveva finalmente un po’ d’aria nei polmoni, assunse una posizione più o meno eretta per parlare.
“Ho pensato che, con un po’ di fortuna, ti avrei incrociato qui. O al massimo per strada, facendomi investire.” Killua lo guardò perplessamente divertito. “Volevo parlarti.”
“Odio ripetermi, ma.. Bene, ora sono qui. Ti ascolto.” Scrollò le spalle con indifferenza, sistemandosi più comodo sulla moto.
Gon si sentì improvvisamente tremare, ed era certo non fosse per la corsa. “Mi dispiace.. Non volevo dire quelle cose, non.. Non ho pensato a come potessi sentirti, ero concentrato solo su quello che provavo io.”
Killua incrociò le braccia al petto, ascoltandolo serio.
“Non ho pensato che volessi sapermi al sicuro, come volevo io per te. Ho solo pensato che rimanere al tuo fianco fosse la cosa più ragionevole, per darti una mano. Non so bene a fare cosa, ma volevo solo aiutare, credimi..” Continuò a parlare, abbassando lo sguardo, sentendosi in colpa man mano che rievocava la scena.
“Lo so.” Sospirò l’altro, scuotendo appena la testa, mentre Gon rialzava gli occhi su di lui con una punta di sollievo. “Ma questo non toglie quello che penso.”
Il moro aggrottò le sopracciglia, ascoltando attento. Era piombato lì con consapevolezza che non sarebbe stato facile riconquistare il ragazzo e sistemare le cose, soprattutto dopo quello che gli aveva sputato addosso. Sapeva di non potergli strappare un romantico bacio in lacrime come succede nei film, ma questo non gli impediva di sperarci.
“Tu sei in pericolo se mi stai vicino, lo sarai sempre. E se ti rifiuti di obbedirmi in situazioni come quella, diventi un rischio per entrambi.” Disse con tono serio.
Gon si morse il labbro. “Ma io voglio starti vicino.”
“Allora te lo richiedo. Se qualcuno mi puntasse una pistola alla testa, tu mi lasceresti indietro se ti ordinassi di farlo?”
Il moro esitò, serrando la mandibola e deglutendo. Non poteva rispondere. Sapeva perfettamente di non potergli promettere una cosa simile. E lo sapeva anche l’altro.
Killua annuì a quel silenzio, che valeva più di una qualsiasi risposta. “Beh, direi che qui abbiamo finito allora.”
Gon schiuse la bocca. Sentiva il sangue rombargli nelle orecchie, una morsa gelida stringergli il cuore. No, non poteva finire lì. Non così, non ora. Non adesso che aveva finalmente capito di provare davvero qualcosa per il suo migliore amico.
“No, ti prego..” Il suo tono supplichevole si rifletteva negli occhi blu dell’altro, velati da una sfumatura triste.
Emise un sospiro. “Gon, mentirei se ti dicessi che lo faccio solo per me. Non potrei perdonarmelo se finissi sette metri sotto terra per una cosa simile.” Disse con calma. “Ma dato che non riesci a lasciarmi indietro, cosa che ti fa onore, non fraintendermi, non voglio rischiare che tu ti prenda una pallottola al posto mio.”
A quelle parole, Gon sentì letteralmente qualcosa spezzarsi dentro di sé. Improvvisamente, il buio che li avvolgeva gli sembrò ancora più freddo, arrivando a congelargli il respiro.
“Ora salta su, ti riporto a casa.” Mormorò. L’espressione di Killua era impenetrabile, ma Gon era certo che l’altro stesse provando lo stesso dolore.
Scosse piano la testa. “No.. Penso che tornerò a casa a piedi.”
Killua inarcò un sopracciglio. “Gon, casa tua è ad almeno sette chilometri da qui.” Commentò, critico. Poi gli venne in mente qualcosa. “Aspetta, prima hai detto di aver sbagliato via?”
Gon annuì e abbozzò un sorriso imbarazzato. “Sì, Neon mi ha dato uno strappo, ma non ricordavo l’indirizzo, così ho cercato di andare a memoria. Però non ero molto attento alla strada quando siamo venuti qui l’altra volta, e anche se lo fossi stato con quello che è successo dopo l’avrei dimenticato sicuramente, quindi mi sono perso.”
“Capito.” Anche sulle sue labbra c’era l’ombra di un sorriso.
“Comunque non preoccuparti, faccio una passeggiata, cosa vuoi che sia?”
Killua scosse la testa, ridacchiando. “Non essere stupido. In cinque minuti saremo lì, dai. Non voglio certo che tu muoia congelato.”
“No, davvero.. Ti farei solo allungare la strada, e poi non fa così freddo..” Si guardò intorno con nonchalance, mentre si strofinava le braccia.
“Gon.” Lo richiamò, ora più serio. “Che c’è?”
“Ecco.. Prima sono uscito di corsa da casa..” Quello si portò una mano dietro il collo, imbarazzato. “E ho dimenticato le chiavi.”
Killua inclinò la testa, perplesso. “Immagino che Mito ti aprirà se suoni. Dov’è il problema?”
“Uhm.. Veramente no..”
L’altro inarcò le sopracciglia, di nuovo divertito. “Pensi che ti lascerà al freddo e al gelo?”
Gon ridacchiò, sempre più in difficoltà. “No.. È che non c’è. È tornata sull’Isola Balena perché mia nonna ha preso l’influenza. È partita stamani.”
Killua batté le palpebre qualche volta. Forse non aveva sentito bene. “Quindi fammi capire.. Tu volevi tornare a casa a piedi e dormire sullo zerbino davanti al portone come un cane?”
Il moro assunse un’espressione colpevole.
Il ragazzo respirò profondamente, scuotendo la testa. “Vieni, ti porto a casa.”
Gon arruffò le sopracciglia, confuso. “Ma Killua, ti ho detto che ho dimenticato le chiavi..”
“Intendevo la mia.” Inarcò un sopracciglio, risparmiandosi il suo classico ‘idiota’ in chiusura.
“Oh.” Quello si sentì scaldare le guance. Non era mai stato a casa di Killua.
Trovò vagamente ironico il fatto che ci sarebbe entrato per la prima volta dopo che lui l’aveva non-lasciato.
Il ragazzo gli passò il casco, poi si sistemò per partire. Aspettò di sentire Gon aggrapparsi in qualche modo a lui, ma il moro evidentemente doveva sentirsi a disagio, perché non tentò neanche di mettergli le mani sulle spalle.
“Gon.. Devi reggerti..” Gli disse a bassa voce, quasi percependo il conflitto interno dell’altro. Stava per ripeterlo, quando sentì un improvviso calore avvolgerlo. Deglutì, cercando di inghiottire anche la dilaniante sensazione di dolore per quell’abbraccio dolce e complementare. È meglio così per tutti, cercò di convincersi. Mise in moto, sforzandosi di non pensarci.
 
A Gon era sembrato un viaggio lunghissimo, come se l’amico fosse andato apposta più lentamente del solito, ma pensò che fosse solo una sua impressione.
Quando si trovò davanti all’inferriata, Gon si scoprì molto più curioso del dovuto di vedere la casa dell’altro.
“Uhm.. C’è un problema.” Disse Killua, voltandosi verso di lui.
“Mh?”
“Che dobbiamo scavalcare.”
Gon sollevò le sopracciglia. “Hai dimenticato anche tu le chiavi?” Chiese con un’espressione quasi ingenua, che fece sorridere l’amico.
Scosse la testa. “No. Solo i miei e mio nonno hanno le chiavi. Salvo casi eccezionali, noi dobbiamo scavalcare. È per tenerci allenati.” Spiegò, poi rise, pensando all’espressione di sua sorella. “Dovresti vedere come si incazza Alluka quando a volte si sfila le calze nel farlo.”
“Posso immaginare.” Ridacchiò lui. “Ma.. Quindi tu lo fai tutti i giorni?”
“Yep.” Rispose, schioccando le labbra sulla ‘p’.
“Da quanto?” Chiese, curioso. Non la trovava una cosa così strana: da quanto aveva capito, la famiglia di Killua era abbastanza particolare sotto molti punti di vista.
Killua si portò una mano al viso, appoggiando il mento sul pollice e posando appena l’indice sulle labbra, e guardò in alto come se la risposta fosse scritta in cielo. Il ragazzo si metteva sempre così quando rifletteva su qualcosa su cui non era sicuro.
“Da quando ho memoria..” Mormorò, non riuscendo a trovare un numero di anni preciso.
Gon spalancò gli occhi, stupito. “Eh?! Anche da bambino?!”
“Sì, e non sai quante volte sono caduto!” Si vergognava un po’ a ripensarci, ma il ricordo lo faceva ugualmente sorridere.
Il moro fissò l’inferriata. Doveva essere alta almeno due metri e mezzo, se non di più. “E dire che quand’ero piccolo zia Mito non mi voleva far salire neanche sul ciliegio che avevamo in giardino..”
“Come darle torto. Guarda come sei stupido, pensa se fossi anche caduto da piccolo!” Lo punzecchiò Killua. Gon gli rispose con una linguaccia esagerata, facendolo ridere.
Killua ruotò un paio di volte le spalle e fece qualche passo indietro, guardando la ringhiera. “Sei pronto?”
Il moro studiò la situazione. C’erano solo due possibili appigli, due sbarre: una in cima, che univa la base degli spuntoni a forma di frecce acuminate alla fine dell’inferriata, e una poco sotto. Sorrise e annuì, assumendo un’espressione determinata. Sarà divertente.
Killua lo guardò con la coda dell’occhio e sorrise, intuendo i suoi pensieri. Si piegò sulle ginocchia e scattò come un gatto, aggrappandosi a quella più alta con le mani e agganciandosi con le gambe intorno a una sbarra, dandosi la spinta per salire cavalcioni fra due frecce. Guardò giù.
Gon gli sorrideva, determinato a fare meglio. Saltò, aggrappandosi con una mano sul livello più alto e con l’altra a quello più basso, puntando i piedi sulla sbarra verticale. Si appoggiò con un piede all’asta inferiore e si posizionò come Killua, standogli di fronte.
“Non male per essere la prima volta.”
“Mito non voleva, ma io ci salivo lo stesso sugli alberi.” Gli fece l’occhiolino, facendolo ridacchiare. “Ci vediamo giù?”
Killua scosse la testa. “È meglio se vado prima io. Mike ha questo brutto vizio di smembrare gli intrusi.”
Gon annuì e seguì il ragazzo con gli occhi, mentre scavalcava con l’altra gamba la sbarra e atterrava con un balzo.
Un attimo dopo apparve un enorme ammasso di pelo rossiccio accanto a Killua, che guaiva e scodinzolava allegro. “Bravo Mike, bravo..” Mormorò, mentre grattava le orecchie e la testa all’animale. “Vieni giù, non dovrebbe farti niente.”
Gon saltò giù, tenendosi a distanza dai due. “Sembra così morbido!” Esclamò entusiasta. “Posso avvicinarmi?”
Killua annuì senza smettere di coccolarlo. Il moro si avvicinò e lasciò che il naso nero e bagnato del lupo gli annusasse la mano. Mike gli diede una lappata proprio sul palmo, facendolo ridere per il solletico.
“Incredibile, gli piaci. Spero non come entrée.”
“In genere piaccio agli animali.” Disse Gon, grattando la gola dell’enorme lupo.
“Vieni, andiamo dentro.” Gli fece cenno di seguirlo, dopo aver dato un paio di pacche a Mike. L’animale aprì loro la strada, trotterellando verso l’ingresso.
Una volta entrati, Gon rimase a bocca aperta di fronte all’atrio incredibilmente lussuoso. Osservò ogni dettaglio dello spazio intorno a lui. Che la casa fosse molto grande si capiva anche dall’esterno, ma non aveva immaginato fosse davvero così grande. Realizzò in un istante che era nella zona delle ville, quindi non poteva essere altrimenti.
“Oi, vuoi rimanere lì tutta la notte?” Lo richiamò Killua, che aveva già imboccato la scalinata in marmo. Si fermò, appoggiandosi alla ringhiera. “Aspetta, hai fame? Vuoi qualcosa da mangiare?”
“Uhm, no, in realtà no.. Ho sgranocchiato qualcosa in macchina con Neon.” Rispose, mentre lo raggiungeva. E poi come poteva avere fame, con quello che era successo una manciata di minuti prima?
“Ok, come vuoi. Se dopo ti dovesse venire fame, comunque, ho dei biscotti in camera.” Gon lo guardò divertito, al che lui rispose sbuffando. “Cosa? A volte mi viene fame la notte.”
“Sì, lo so.” Ridacchiò. Anche quando dormiva a casa sua Killua teneva qualche cioccolatino vicino al letto per lo stesso motivo.
Finita la prima rampa ricurva, Killua si diresse spedito verso la terrazza, sfilando in automatico pacchetto e accendino dalla tasca della giacca. Gon lo seguì, osservandolo soffiare un paio nuvolette dense nell’aria. Colse l’occasione per continuare a guardare la casa.
Era arredata in modo molto elegante ma senza risultare eccessivo, combinando perfettamente mobili antichi e oggetti dalla linea decisamente più moderna. “È enorme!” Esclamò, fra sé e sé.
“Sì, beh.. Non stiamo stretti.” Scherzò l’altro. “Se conti che siamo una decina, per riuscire ad evitarci, una casa del genere è necessaria.”
“Per evitarvi?”
“Non siamo una famiglia particolarmente unita. La maggior parte dei nostri rapporti si basa su un intricato intreccio di interessi personali.” Spiegò gettando la sigaretta e rientrando in casa, seguito dal moro. “È complicato da spiegare.”
Gon l’aveva capito che nella famiglia di Killua non c’era questo gran rapporto affettivo, ma faceva comunque strano sentirlo.
“Da questa parte.” Indicò una direzione nel corridoio.
“Dimmi che hai il bagno in camera.. Potrei perdermi altrimenti.”
“Ti perderesti sicuramente.” Killua rise. “Sì, comunque. Quindi tranquillo.”
Gon si sentì sollevato. Era certo di aver già girato troppe volte a destra e a sinistra. Quella villa era un dedalo intricatissimo di corridoi.
Killua entrò improvvisamente in una stanza. Gon si fiondò dietro di lui, temendo di perderlo. Si ritrovò in camera sua.
La osservò incuriosito. Era più grande della sua, e decisamente più celeste. Sulla parete di fronte alla porta c’erano una finestra abbastanza grande e una libreria, sulla destra c’erano due armadi e una porta color avorio, probabilmente il bagno. Di fronte ai due armadi c’era un matrimoniale, mentre accanto alla porta c’erano una scrivania con un computer. Osservò le foto e i poster che erano appesi alle pareti, notando che alcuni erano delle locandine di vecchi film.
Killua si lasciò cadere sul letto. “Fa’ come se fossi a casa tua.”
Gon annuì e si mosse per la stanza, osservando ogni centimetro.
“Non mi avevi detto di saper suonare.” Disse, indicando una chitarra abbandonata alla base della scrivania.
“Perché non so suonare. È di mio fratello.” Rispose, seguendolo con gli occhi.
“E la tieni tu?” Inarcò un sopracciglio.
“È in mio ostaggio, finché Illumi non mi ridarà il mio pallone autografato.”
“Autografato da chi?”
“Ishikawa, è uno dei miei schiacciatori preferiti.” Rispose con orgoglio.
“Oh, e da quanto ce l’hai in ostaggio?”
“Tre anni. Nel frattempo io mi sono fatto autografare due maglie e lui si è comprato un’altra chitarra. Ma è per principio!”
Gon rise. Forse non erano una famiglia molto unita, anzi sicuramente, però non dovevano volersi male.
“Comunque, se vuoi metterti comodo, nell’armadio puoi mettere quello che preferisci.”
Il moro annuì e si diresse verso i due armadi. Quello a sinistra aveva uno specchio enorme davanti, mentre l’altro era di legno semplice. Optò per aprire quello con lo specchio.
Si trovò davanti una serie di completi molto eleganti.
“Pensavo fossi un assassino professionista, non James Bond.” Scherzò, guardandone qualcuno per curiosità. Immaginò l’altro in uno di quei completi e arrossì appena. Dev’essere così bello..
“Uccido con stile.” Gli fece l’occhiolino dal riflesso nello specchio. “Mi servono per quando nostro padre ci trascina a eventi.”
“Che tipo di eventi?” Chiese Gon, aprendo l’altro armadio ed esaminando il contenuto.
“Principalmente cene di lavoro, anche se in genere mio padre porta Alluka. E per lavoro, quando abbiamo incarichi più ‘seri’.” Disse, tirandosi un po’ su col busto e osservando l’altro, che aveva preso una sua maglia. Non era la prima volta che metteva qualcosa di suo, o viceversa, ma faceva sempre uno strano, piacevole effetto. Lo seguì con gli occhi mentre si cambiava, dimenticandosi dello specchio.
Gon intercettò lo sguardo blu intenso su di sé nel riflesso e rallentò i propri movimenti, sorridendo nel vederlo mordersi il labbro. L’altro se ne accorse e distolse lo sguardo arrossendo lievemente.
Continuarono a chiacchierare per un po’, finché anche Killua non decise di cambiarsi per andare a dormire.
Nel buio, i due mantennero un silenzio incredibilmente pesante, che Gon decise di rompere.
Killua?” Si sistemò su un fianco, avvicinandosi all’altro, guardando i suoi capelli chiari che sembravano brillare nell’oscurità. Killua stava come al solito con le braccia incrociate dietro la testa. Anche i suoi occhi sembravano scintillare con i raggi della luna.
Mh?
Non ti senti solo quando dormi? Questo letto è enorme..
Silenzio.
A volte.” Fece una pausa e riaprì la bocca come se avesse voluto aggiungere qualcosa, ma sembrò ripensarci. “Però è comodo.
Seguì altro silenzio.
Posso impegnarmi..” Mormorò il moro dopo almeno due minuti.
A fare cosa?” Lo guardò con la coda dell’occhio.
A obbedire..
Killua si girò sul fianco per guardare frontalmente Gon. Il moro pensò che tutta la sua figura brillasse sotto quella luce perlacea.
Gon..
Killua?
Quello emise un sospiro. Non sapeva più se stava sussurrando per il buio o per la tristezza che sentiva crescere nel cuore. “Non puoi. Lo sai anche tu che non puoi.
Fammi almeno provare!” Insisté, contenendo la voce, che avrebbe voluto esplodergli in gola.
A che scopo? Non mi ascolteresti. Siamo amici solo da un paio di mesi, ma che nessuno riesca a smuoverti quando ti metti in testa qualcosa l’ho capito dal primo istante.
Gon non poteva negarlo e per questo sentiva ruggire una rabbia crescente dentro di sé. Ma c’era un’altra cosa che lo faceva infuriare ancora di più.
Killua era importante per lui, dannatamente importante, e per stargli vicino avrebbe messo in gioco la propria vita più di mille volte, ma per questo stesso motivo non avrebbe potuto più farlo.
Quel pensiero gli faceva male, quella prospettiva gli creava un doloroso nodo alla gola, ma la consapevolezza che l’altro avesse ragione lo devastava.
Killua..
Il rombare del sangue nelle sue orecchie sembrava il fragore del mare in tempesta, il tambureggiare del suo cuore l’eco di timpani di guerra.
Non voglio addormentarmi stasera sapendo che questa sarà l’ultima volta che ti starò così vicino. Non voglio svegliarmi domattina pensando che non mi parlerai più, tagliandomi fuori dalla tua vita. Non voglio vederti tornare nel tuo mondo, un mondo dove io non sono previsto, dove forse non sono neanche mai esistito.
Sentiva bruciare gli occhi, le lacrime che stridevano per liberarsi e bagnargli il viso. Vide l’altro che schiudeva la bocca, probabilmente per dire qualcosa, ma non voleva dargliene il tempo. Se avesse esitato adesso, anche un solo istante, era certo che non sarebbe riuscito a dirlo mai più.
Non potrei far finta di niente. Non dopo averti conosciuto, dopo aver visto la persona bellissima che c’è dietro la maschera di indifferenza che indossi tutti i giorni, quella che si preoccupa per le persone a cui vuole bene e cerca di aiutarle e proteggerle senza pensare a sé, quella sensibile che può non essere ferita da un’arma ma solo dalle parole di quelle stesse persone a cui tiene così tanto.
Continuò, lo sguardo del suo migliore amico era ugualmente sofferente e doloroso. Qualcosa di caldo aveva iniziato a scivolare sulla sua pelle, bagnando la stoffa del cuscino contro la sua guancia. Chiuse gli occhi per tentare di arrestare la corsa folle di quel dolore salato.
Non voglio perdere una delle persone più incredibili che io abbia mai incontrato. Perché tu sei incredibile. Sei brillante, sensibile, forte, disponibile, e bello da togliere il fiato. Non ti tiri indietro di fronte alle sfide ma sai anche quando fermarti. Sei curioso, testardo e dannatamente attraente quando qualcosa ti interessa. Al diavolo le scommesse, non lo sarai per gli altri, ma sei incredibile per me, Kill-
Non riuscì a finire la frase, sentendo appoggiarsi dolcemente sulle proprie labbra qualcosa di morbido che gli tolse il respiro. Aprì gli occhi, individuando nel buio le ciglia scure dell’altro davanti alle sue. Chiuse di nuovo le palpebre, arrendendosi a quello che gli chiedeva il cuore.
Schiuse appena la bocca, permettendo all’altro di approfondire il bacio, lasciando che la sua lingua la esplorasse danzando dolcemente con la propria.
Non pensò ad altro per tutto il tempo in cui il silenzio li avvolse di nuovo mentre si baciavano, ma non riuscì a frenare i suoi sentimenti, che continuavano a scorrere silenziosi sul suo viso.
Quando spezzarono il bacio, Killua non si allontanò dalla sua bocca neanche di un millimetro.
Hai perso..” Mormorò Gon sulle sue labbra, sentendo un soffio divertito dell’altro.
Non direi..
Si guardarono con gli occhi socchiusi. Killua gli accarezzò lievemente una guancia, tirandosi un poco indietro per guardarlo. Aveva gli occhi lucidi ma l’accenno di un sorriso sul viso.
Non piangere, ti prego..
Ma Gon soffocò a stento un singulto, il primo a fare breccia nella sua resistenza.
Non.. Non ci riesco..
Sh..
Killua lo baciò ancora a fior di labbra, stringendolo in una presa dolce per tenerlo vicino. Lo sentiva tremare fra le proprie braccia.
Lo baciò lievemente ogni volta che veniva scosso da un singhiozzo. Baciò la scia lucida e salata delle sue lacrime, sorridendogli teneramente mentre lo sentiva scivolare sempre di più in un pianto silenzioso.
Lasciò che si nascondesse nel suo collo, passandogli con affetto le dita fra i capelli per calmarlo, mormorando il motivo di una canzone dolce con la bocca chiusa.
Gon percepì vibrare piano la gola dell’altro e, nonostante i singhiozzi non smettessero di farlo sussultare, iniziò a sentirsi più tranquillo.
Non conosceva la canzone, ma quando sentì la voce di Killua sussurrare melodiosamente nel buio pensò ugualmente che fosse una fra le più belle che avesse mai sentito.
And I found love where it wasn't supposed to be.. Right in front of me.. Talk some sense to me..
Per tutto il tempo in cui il ragazzo aveva cantato, Gon si era sentito sfiorare il corpo dalla sua voce come se fosse stata un nastro di velluto.
Quando tornò il silenzio, rimasero le carezze fra i suoi capelli corvini. Aveva smesso di singhiozzare e ora respirava profondamente il profumo dell’altro.
Per un tempo indefinito rimasero così, sospesi nella notte, stretti nel calore dei propri cuori che suonavano lo stesso ritmo, semplicemente a stare a contatto l’uno dell’altro.
Neanch’io voglio perderti, Gon..
Dopo altri minuti di silenzio, trovò la forza di parlare. “Allora non mandarmi via..
Gon si sentì stringere di più. “Se non lo facessi, finiremmo solo per farci male..
Killua..
Siamo due egoisti, Gon, non potrebbe mai finire bene..
Non puoi saperlo.
Sentì la gola dell’altro vibrare per un sospiro. “Gon.. Che senso avrebbe stare insieme a tempo perso?
Non sarebbe perso, e noi saremmo insieme.” Tirò indietro la testa per guardarlo negli occhi. “Posso impegnarmi, se tu mi insegni come fare..
Il ragazzo dai capelli argentati lo osservò in silenzio per qualche istante. Scosse piano la testa. “Perché ti ostini a restarmi vicino?
Perché mi piaci, almeno quanto io piaccio a te.
La replica del moro lo spiazzò più di quanto pensasse. Ed era strano sentirselo dire dal diretto interessato, dato che lui stesso ci aveva girato intorno per giorni.
Perché adesso, allora?
Gon sembrò interdetto, prima di mormorare la risposta. “Perché ti accorgi del valore di qualcosa solo quando la perdi, e io oggi ho pensato davvero di averti perso..
L’altro si ritrovò senza parole, così si sporse di nuovo un po’ in avanti per lasciare un bacio leggero sulle sue labbra, stringendolo più vicino. “Mi prometti che ci proverai davvero?
Gon annuì e unì le loro bocche ancora una volta. Si sorrisero dolcemente.
Ora dormi, oggi è stata una giornata intensa per tutti e due. Ti prometto che sarò ancora qui domattina, quando aprirai gli occhi..” Strofinò affettuosamente il naso contro quello del moro, che parve sollevato da quella promessa.
Allora.. Buona notte, Killua..
Notte, Gon..
Dopo qualche secondo, sentì di nuovo la sua voce.
Killua?
Mh?
Ti voglio bene..
Anche io..












_________________
Note dell'Autrice
Zalve! Com’è andata questa settimana?
Lo so, lo so. L’inizio di questo capitolo è stato difficile anche per me da scrivere, ok?!
Tra l’altro non scrivevo una scena etero da tipo sei anni, e non sto scherzando lol. Ah!, come cambia la vita. Comunque per fortuna è finita in fretta, anche perché non avevo voglia di cambiare rating alla storia, quindi è anche volutamente “tirata via”. Intendiamoci, è stata ugualmente una sofferenza per il mio cuoricino che batte solo per i KilluGon.
Non è stato facile quello, come non lo è stato buttar giù la conversazione in strada, perché a volte può non sembrare ma ho un cuore anch’io, e maltrattare in questo modo quello di Gon mi è dispiaciuto veramente tanto.
Inoltre vi chiederete perché, di due volte che ho deciso di giocare con i loro sentimenti, Killua non ha versato una lacrima mentre Gon è sempre sull’orlo del baratro e addirittura piange. Non ve lo stavate chiedendo? Pazienza, io ve lo dico uguale.
Sostanzialmente perché, se ci fate caso, nella storia originale Killua non piange mai una volta davanti a Gon. Mentre Gon non si fa problemi a piangere davanti a Killua, al contrario sono tante le volte in cui Killua piange alle sue spalle o senza farsi vedere, ma davanti a lui non lo fa mai, e questa cosa non sapete quanto mi devasta.
 
Poi!
Yuki Ishikawa gioca nella nazionale del Giappone e dal 2015 detiene il titolo di Miglior schiacciatore. Perché ho scelto lui come pallavolista preferito di Killua? Perché, molto semplicemente, condividiamo il compleanno lol. Lui è nato tre anni prima di me, a dire il vero, ma sh, mi piaceva l’idea. Inoltre dai, gioca in nazionale, ha comunque una sua logica che sia il suo preferito.
Tre anni soltanto di differenza, lui gioca in nazionale e io piango per becere storie d’amore che esistono solo nella mia testa. Rendiamoci conto.
 
Btw, la canzone che mormora e poi canta Killua è “I Found” degli Amber Run, che ho scoperto grazie a un AMV su youtube (click here!), che vi consiglio di guardare se avete già deciso, come la sottoscritta, di strapparvi il cuore e buttarlo in mare (è anche vero che io l’ho deciso dopo aver letto Given, ma il concetto è quello, via!).
Ragazzi, io mi sono innamorata di quella canzone. Sarà anche per il periodo, che definire nero è un eufemismo, che stavo passando quando ho scritto questo capitolo, ma quella canzone mi è rimasta dentro le ossa. Unita a quel video poi è fantastica.
 
Qualche recensione fa, Zyad mi aveva detto che gli sarebbe piaciuto vedere approfondito il rapporto “tossico” fra Killua e Gon, ma essendo stata la storia già scritta, non ho potuto modificare niente in realtà, scusami. Tuttavia spero che il dialogo “fra le lenzuola” ti abbia soddisfatto almeno un po’.
Quello che ho fatto dire a Killua lo penso veramente, cioè che sono due egoisti (Gon di più, ma è una mera opinione personale) e che insieme si farebbero del male, nonostante il loro amore.
Sarò sincera, avevo seriamente pensato di farla finire così, con loro che non stanno insieme nonostante si amino tanto. Però alla fine ha prevalso la mia preferenza per il lieto fine, quindi here we are, ma ci sono altri due capitoli!
 
Quindi, anche oggi siamo giunti alla fine di questo capitolo (dal titolo “Insomniac’s Lullaby” di Ed Sheeran). Ne manca due e abbiamo finito. Oddio, com’è volato il tempo, ahah!
Passo ai ringraziamenti, e ci leggiamo poi venerdì prossimo con il penultimo capitolo.
Ringrazio come sempre la mia beta, che mi sopporta e supporta fra le pagine e fuori. Ringrazio Zyad, che nonostante la sua temporanea assenza si sta recuperando i capitoli, grazie davvero di cuore! Ringrazio anche Griffyndor e la sua amica dalla Norvegia, che so leggermi in silenzio, grazie mille *^*
Grazie a mietze, che ha aggiunto la storia alle sue raccolte, e a tutti i lettori silenziosi. Grazie a tutti coloro che vorranno rompere questo silenzio (anche per messaggio privato), perché a me fa sempre schizzare il cuore a mille trovare un messaggio da parte vostra, sappiatelo!
 
Via, ora vi saluto con un abbraccio enorme e un bacio, ci si legge venerdì prossimo <3

Athelyè ~

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Capitolo 20
*** Love Me Again ***




Exactly Another Teen Story

Capitolo XX – Love Me Again


Gon aprì gli occhi a causa della luce, intensa e fastidiosa, della mattina. Accanto a sé, mise a fuoco la figura argentea del suo migliore amico. I suoi occhi erano ridotti a due fessure blu, infastidite dalla luce almeno quanto lui.
Nonostante quello, le sue guance avevano già iniziato a fargli male per il sorriso enorme che aveva dipinto in viso.
Killua non si era mosso di un millimetro da come l’aveva lasciato quando aveva chiuso gli occhi. Aveva mantenuto la sua promessa. Era ancora lì.
Sei qui..” Fu la prima cosa che disse.
Certo che sono qui, sei nel mio letto, sai?
Gon ridacchiò. Era una stupida verità, ma era certo che Killua sarebbe stato capace di lasciarlo a svegliarsi da solo nel suo letto. Si sporse per dargli un bacino sulle labbra. Il ragazzo non si spostò, limitandosi a sorridere chiudendo gli occhi.
Dormito bene?” Chiese, continuando a sorridergli.
Il moro annuì, nascondendosi nell’abbraccio. “Mnh.. Non ho voglia di alzarmi..” Sbuffò, facendo ridere l’altro.
Non alziamoci, allora.
Gon aggrottò un poco le sopracciglia. “E la scuola?
Non sentirà la nostra mancanza per un giorno..” Rispose quello, affondando il viso nel suo collo, schioccandogli tanti piccoli baci che lo fecero ridere piano per la piacevole sensazione di solletico.
Killua..!” Lo chiamò, fra le risate che suonavano così cristalline nelle orecchie dell’altro. “Ho una domanda..
Quello schioccò qualche altro bacio, poi si fermò per guardarlo sorridente. “Mh-mh?
Ma.. Quindi ora..” Iniziò Gon, guardandolo negli occhi. “Se io ti piaccio, e tu mi piaci.. Ora stiamo insieme?
Il cuore di Killua perse un battito. Non di felicità, se è quello a cui stavate pensando.
Perché a me piacerebbe arrivare a scuola e poterti baciare davanti a tutti, o tenerti per mano e..
Gon.” Si sentì improvvisamente molto insicuro di ciò che stava per fare, ma era certo che il peso sul suo cuore non gli avrebbe dato pace e non sarebbe svanito magicamente col tempo. “Devo dirti una cosa..
Il moro, interrotto nella sua lista di cose che voleva fare con lui, lo osservò perplesso. La sua espressione non era rassicurante. “Dimmi?
Killua schiuse la bocca per parlare, sentendo bruciare la gola in anticipo. “Sono andato a letto con Palm.
Gon aprì di più gli occhi, elaborando quello che Killua aveva appena detto, assumendo un’espressione indecifrabile.
L’altro ragazzo distolse lo sguardo dalle due fiamme ambrate che aveva a un soffio di distanza, non riuscendo a sostenerlo, poi si sdraiò sulla schiena e si passò una mano fra i capelli argentati, guardando il soffitto.
Non poteva credere di aver aspettato quella domanda per almeno un mese, desiderando con tutto se stesso di sentirla uscire dalla bocca di Gon, e che, ora che il moro gliel’aveva fatta, lui avrebbe risposto negativamente. Dire che si era pentito di quel pomeriggio era un eufemismo.
Seguì qualche secondo di silenzio prima che la voce del moro lo spezzasse. “Ok.”
Killua girò la testa verso di lui, spalancando gli occhi. “Eh?”
“Ho detto ok. Va bene.” Ripeté quello, seriamente. “Cioè, no, non va bene, però in questo caso va bene.”
Killua sbatté le palpebre qualche volta. Non poteva aver capito bene, anche se l’altro aveva smesso di sussurrare, non poteva aver sentito bene. “Come?”
Gon rispose con una leggera scrollata di spalle. “Non mi interessa.”
L’altro era confuso. Aggrottò le sopracciglia. “Non ti interessa?”
“No. È successo prima di stanotte, no? Quindi non mi interessa.”
“Ti ho appena detto che sono andato a letto con qualcun altro dopo che abbiamo litigato, e a te non interessa?”
Quello scosse la testa. “Non mi fa certo piacere saperlo, se è quello che ti stavi chiedendo. Ma non stavamo insieme, no? Quindi non avrei comunque voce in capitolo.”
Killua lo osservò in silenzio. Per lui Gon era un enigma. Un difficilissimo e incomprensibile enigma. Era più facile giocare alla roulette russa che cercare di prevedere i suoi ragionamenti. E Killua ci aveva giocato.
“Però.. Posso chiederti perché l’hai fatto?” Chiese il moro.
Si morse il labbro prima di rispondere. “Ero incazzato, e mi sentivo ferito per quello che mi hai detto.. Quindi ho cercato l’unica persona che credevo potesse non farmi pensare a te almeno per un po’.”
Gon annuì, come se capisse. “E perché hai deciso di dirmelo? Palm non mi aveva detto niente.”
“Perché tu vuoi iniziare qualcosa con me, e non sarebbe giusto farlo senza sapere quello che ho fatto ieri. Non dopo quello che hai detto stanotte..” Killua fece una piccola pausa, scuotendo la testa con un sorriso amaro. “Non sono questa gran persona che credi di aver trovato, Gon..”
“Questo lascialo decidere a me.” Rispose secco. “Anche perché, come ho detto, non ho alcun diritto su di te, come tu non ce l’hai su di me. Non se non siamo entrambi d’accordo.”
“Quindi vuoi ancora stare con me? Anche dopo quello che ho detto?” La sua espressione era sempre più incredula.
“Sì, basta che tu non vada a letto con lei ogni volta che litighiamo, o con chiunque in generale. Quello potrebbe essere un problema.”
Killua rise piano con lui. I ragionamenti di Gon non avevano una logica, o meglio, non una a lui comprensibile. Scosse la testa. “Non accadrà.”
“Allora è deciso, stiamo insieme.” Decretò Gon, tirandosi un po’ su, tutto sorridente.
“Grazie di avermi reso partecipe della decisione.” Ridacchiò ancora. “Allora, quale sarà la tua prima azione da mio ragazzo?”
Il moro si abbassò a dargli un bacio a fior di labbra, poi sull’angolo della bocca, sulla guancia, e così via disegnando una scia di baci verso il suo collo. Lì, succhiò la sua pelle, sentendo sussultare l’altro per la sorpresa. Quando si tirò su, osservò il segno violaceo con soddisfazione. Voleva farlo da giorni. “Chiarire che non sei più sulla piazza.”
Killua inarcò il sopracciglio con un sorrisetto, poi si tese verso di lui per un altro bacio. Anche se non era nelle intenzioni di Gon salare, Killua non poteva certo sprecare così la loro prima mattina insieme.
Alluka stava trotterellando per il corridoio, svolazzando fra i quadri e il ricco arredo che decorava casa con il suo vestito dalla sfumatura color pesca. Vedendo la porta di Killua stranamente ancora chiusa, pensò che stesse ancora dormendo, così si avvicinò per bussare e svegliarlo. Un secondo prima che il suo pugno chiuso partisse, sentì la voce del fratello, spezzata dagli ansiti, che chiamava un nome che conosceva bene.
Aprì di più gli occhi e sbatté le palpebre qualche volta, osservando la porta con un mezzo sorriso sulle labbra. Abbassò la mano e si allontanò ridacchiando fra sé e sé.
 
Più tardi i due scesero per fare colazione. Killua entrò in sala, passandosi una mano fra i capelli arruffati e andando a passo sicuro verso il suo solito posto a tavola. Gon, al contrario, lo seguì imbarazzato, non sapendo bene dove avrebbe dovuto sedersi.
Si guardò un secondo intorno. La sala era molto grande ed elegante, con un tavolo di vetro al centro che contava almeno sedici posti. Ai lati della porta c’erano due figure in completo, specularmente ce n’erano altre due sull’altro lato della sala. Erano tre uomini e una donna piuttosto anziana dall’aspetto molto severo.
“Vieni, puoi sederti accanto a me.” Lo invitò Killua, vedendolo in difficoltà.
Il moro fece come aveva detto l’altro e appena si mise a sedere uno degli uomini si avvicinò a loro, facendolo sobbalzare.
“Gradite qualcosa?” Chiese quello con tono estremamente cordiale.
“Per me solo un po’ di caffè, Gotoh.” Rispose, continuando a giocare con i riccioli argentati.
L’uomo annuì, poi si rivolse a Gon. “E per lei, signore?”
“U-Uhm.. Anche per me per favore.. E grazie mille.” Mormorò timidamente.
“Porta anche dei biscotti.” Aggiunse l’altro. Gon la mattina aveva fame, quindi era certo non avesse chiesto altro solo per imbarazzo.
Killua sorrise, osservandolo. Era così teneramente impacciato: teneva le mani sulle gambe, cercando di tenere la schiena il più dritta possibile, cosa che lo faceva sembrare più una rigida statuetta colorata che una persona vera. Allungò una mano, posandola piano su quella chiusa a pugno dell’altro e accarezzandola dolcemente con il pollice.
“Rilassati, non sei mica sotto esame.”
“Sì, uhm, lo so. È solo.. Strano. In genere prendo da solo il caffè e i biscotti, o comunque quello con cui faccio colazione.”
Killua ridacchiò alla sua espressione imbarazzata. Sentirono dei passi alle loro spalle e Gon, se possibile, si irrigidì ancora di più.
Una figura esile attraversò la sala, silenziosa come un’ombra, andando a sedersi davanti ai due ragazzi. Inarcò le sopracciglia in sorpresa quando il suo sguardo scuro si agganciò a quello blu del fratello minore, come se entrando non l’avesse notato. “Non sei a scuola stamani?”
“Oh sì, in realtà sono in classe. Questo è solo un ologramma.” Rispose quello, con un sorriso sarcastico.
Dopo aver notato il livido sul collo del fratello, Illumi spostò la sua attenzione sul ragazzo dalla carnagione olivastra accanto a lui, come se avesse notato anche lui solo in quell’istante. Lo studiò qualche secondo con un’espressione indecifrabile.
Gon pensò che dovesse essere una cosa di famiglia, quella di analizzare gli estranei come degli scanner. Si sentì attraversare quasi fisicamente dagli occhi di quello che doveva essere il fratello maggiore di Killua. Non l’aveva mai visto, solo immaginato dalle descrizioni del ragazzo, ma nella realtà era ancora più inquietante. Sembrava quasi scolpito nel legno.
La carnagione era ancora più chiara di quella di Killua, aveva quasi una sfumatura cenere, e anche la sua figura era molto più sottile rispetto all’altro. Gli occhi avevano lo stesso taglio di quelli di Killua e Alluka ma non il colore, incredibilmente scuro. I capelli erano lunghi e lisci, di un nero intenso. Gon si ricordò che una volta Killua gli aveva detto di essere l’unico dei suoi fratelli a non aver preso i capelli neri dalla madre, cosa che avrebbe potuto capire comunque dalle sue sopracciglia in effetti, scure ma non nere.
Gon si sentiva decisamente molto in soggezione adesso.
Una scintilla brillò negli occhi di Killua, mentre sulle sue labbra compariva un sorriso di sfida. “Di più.”
“Mh?” Gon si voltò verso il ragazzo. Non gli era sembrato che l’altro avesse detto qualcosa.
“Cosa te lo fa pensare, Killu?” Chiese quello, con un tono inquietantemente piatto.
“Perché non hai calcolato me.”
Un sorriso a malapena accennato aleggiò sulle labbra sottili del giovane. “Allora suppongo tu abbia ragione.”
Un altro domestico in completo si avvicinò, per porre la stessa domanda al nuovo arrivato, che lo congedò con un elegante gesto della mano. Gotoh intanto era tornato con i caffè, un bricchetto di latte e un vassoio di biscotti. Gon ringraziò ancora l’uomo, sorridendogli contento.
“Comunque, Gon, questo è mio fratello Illumi. Fratello, questo è Gon, il mio ragazzo.” Killua li presentò, indicandoli a turno con un biscotto che aveva preso più per gola che per fame.
Gon sentì un tuffo al cuore a quelle parole. Era molto strano in modo molto bello sentirsi chiamare così dall’altro. Allungò una mano con un sorriso. “Piacere!”
Illumi si limitò a fare un cenno con la testa per dire che aveva capito, poi si girò di nuovo verso Killua, ignorando l’espressione dispiaciuta del moro mentre ritraeva la mano. “Killu, questo fine settimana tieniti libero.” Disse con il solito tono piatto, mentre il domestico di poco prima posava una tazzina fumante davanti a lui. “Dobbiamo accompagnare nostro padre a una cena per lavoro. L’ho già detto ad Alluka e Kalluto.”
Il ragazzo sbuffò, ma annuì prima di bere un sorso di caffè. Il giovane si alzò dopo aver bevuto d’un fiato la propria bevanda e uscì in silenzio, esattamente come era entrato.
Gon si voltò verso Killua, prendendo a sua volta un biscotto. “A cosa ti riferivi prima?”
“Mh?”
“Quando hai detto ‘di più’ a tuo fratello.”
“Oh, niente di che, è un.. gioco stupido, che facciamo in famiglia da quando siamo piccoli.” Rispose con nonchalance, prendendo un altro sorso di caffè. “Abbiamo strane abitudini, non farci caso.”
“Uh, ok.”
In quel momento arrivò Mike, trotterellando, che appoggiò immediatamente il muso sulle cosce di Gon, iniziando a sbavare per il biscotto che il ragazzo aveva in mano.
Killua ridacchiò, accarezzando il pelo folto dell’animale, seduto fra loro. “Cosa vuoi fare dopo?”
Gon diede un pezzettino di biscotto a Mike, che lo trangugiò avidamente, chiedendone ancora mugolando. “Uhm.. Io in realtà domani avrei una verifica di recupero. Matematica.” Sbuffò, spezzando un altro pezzo di biscotto.
“Mh.. Vuoi una mano?”
Il moro lo guardò con un sorriso scettico. “Mi lasceresti studiare?”
“Posso impegnarmi.” Gli fece l’occhiolino. “Poi, posso sempre concederti una ricompensa.”












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Note dell'Autrice
Buondì, buona sera o buona notte! Non so a che ora leggerete questo capitolo ahahah
Dunque, siamo arrivati al penultimo capitolo e, dio, ho i brividi. AHAHAH
Comunque, a questo giro cercherò di essere brevissima.
 
Questo è palesemente un capitolo corridoio, scritto solo per farvi vedere che Illumi, nonostante il suo disprezzo per Gon in quanto plebeo e servo della gleba, non disapprova troppissimo.
Avrei potuto incorporarlo all’ultimo capitolo? Ovvio, ma forse volevo allontanare ancora un po’ la fine, alleggerendo la tensione del capitolo precedente.
Ah, nello scorso mi sono dimenticata che potevate insultare liberamente Killua per essere stato un infame bastardo perché è andato a letto con Palm e poi ha fatto tutto il carino con Gon. Siete autorizzatissimi a dirgliene di tutti i colori.
                                  
Inizialmente per questo capitolo avevo pensato a “29 Settembre” di Lucio Battisti, ma l’ultima strofa avrebbe cozzato con il capitolo, dato che Killua ammette le sue azioni mentre Battisti no, lol. Alla fine ho optato per “Love me again” di John Newman (di cui adoro follemente la voce, cioè raga è stupenda).
 
Passiamo immediatamente ai saluti, così vi lascio in pace.
Grazie alla mia beta, che legge e corregge, e soprattutto sopporta. E grazie a chi legge, chi in silenzio e chi ne parla con i propri amici; e grazie anche alla pazienza degli amici, direi che si meritano un ringraziamento!
 
Stavolta l’appuntamento, dato che il prossimo capitolo è l’ultimo, sarà fra due venerdì (ergo, il *data*), con “Take it off”. Ci si legge, un mega abbraccio esagitato, perché sono tanto emozionata!

Athelyè ~

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Capitolo 21
*** Take It Off ***




Exactly Another Teen Story

Capitolo XXI – Take It Off


“Sei sicuro di volerlo fare?” Chiese divertito.
“Devo..” Sbuffò quello, stringendosi nel mantello che lo avvolgeva, dato che dei rivoli di freddo continuavano a insinuarsi nella stoffa. Perlomeno dentro la scuola c’era caldo.
I due ragazzi si tenevano per mano davanti al cancello della scuola. La giornata era serena, anche se ogni tanto soffiava una folata di vento, che si infilava sotto la specie di mantello che copriva Gon e lo faceva rabbrividire.
“Ti beccherai di certo un rapporto.” Ridacchiò Killua, guardandolo con la coda dell’occhio.
“Lo so.” Sospirò ancora. Aveva sospirato sconsolato per tutto il tragitto, un po’ per la situazione e un po’ per la temperatura, creando tante nuvolette nell’aria fredda di quell’ora.
Si sentiva decisamente in soggezione, ed era ancora fuori dal cancello.
La settimana prima aveva ufficialmente annunciato ai suoi amici che lui e Killua si erano fidanzati, come se vedere i due ragazzi ‘intrattenersi’ prima di entrare non fosse stato un indizio alquanto palese della loro relazione. L’avevano presa tutti positivamente, nonostante Leorio avesse trovato da ridire lì per lì, soprattutto perché era stato l’ultimo del gruppo a saperlo.
Kurapika era stato il primo, dato che Gon aveva chiamato il biondo per tener fede alla scommessa, dicendogli soltanto ‘Avevi ragione’ e attaccando, e da lì il biondo aveva dedotto il resto. Neon l’aveva saputo subito dopo, e a Zushi l’aveva detto Alluka.
Il fatto che i due ragazzi più in vista della scuola, uno per la sua estrema affabilità e l’altro per l’aura misteriosa e pericolosa che lo avvolgeva, si fossero messi insieme era da poco meno di una decina di giorni sulla bocca di tutti.
Ma non era quello ad agitarlo.
Leorio lo fissava trionfante dall’interno del cortile, con un sorriso che minacciava di esplodere in una risata da un momento all’altro. Nonostante stessero insieme, Gon aveva dovuto ammettere che no, Killua non era esattamente un bravo ragazzo, anche se Leorio non poteva sapere delle sue implicazioni in ambienti poco chiari. O meglio, non aveva ammesso che non fosse uno stinco di santo, ma comunque non era riuscito a dimostrare l’esatto contrario, quindi ora doveva pagare pegno.
Ma non era neanche quello a metterlo in soggezione.
Il ragazzo con i capelli argentati lo guardò ancora, non riuscendo a trattenere il sorriso divertito. Si avvicinò al suo viso, prendendolo dolcemente fra le mani, e gli diede un paio di baci sulle labbra, facendo sobbalzare due ragazzine che stavano passando in quel momento accanto a loro.
“Non farti guardare troppo..” Mormorò sulle sue labbra. Di riflesso, Gon lo strinse a sé.
“Mi sembra che tu abbia reso abbastanza chiaro il concetto di ‘proprietà’ stanotte.”
Killua schioccò la lingua contro i denti, sorridendo molto soddisfatto. Strofinò dolcemente il naso contro il suo, e all’altro parve di sentire delle fusa. “Shì.
“Hai poco da fare quella faccia, accidenti a te.” Commentò, con un’espressione a metà fra il molto contento e lo sgomento.
Sciolsero l’abbraccio e si avvicinarono, tenendosi per mano, al gruppo di Gon. C’era anche Alluka, che chiacchierava allegramente con Zushi.
“Allora, pronto per la figuretta che ti attende?” Gongolò Leorio, che non perse il sorriso nonostante gli fosse arrivata una gomitata fra due costole da Kurapika.
Gon gli fece una gran linguaccia in risposta, che fece ridere tutti, soprattutto il diretto interessato.
Rimasero a chiacchierare, mentre il più grande continuava a sghignazzare, squadrando l’insolito abbigliamento di Gon: una pesante palandrana verde abete che gli lasciava scoperte le caviglie e parte dello stinco. Quando suonò la campana, il gruppo si avviò compatto all’entrata.
Una volta dentro, sbuffando, Gon si tolse la cartella per togliersi la specie di mantello con le maniche che lo teneva al caldo. Dopo un attimo di esitazione e con aria sofferente, si guardò indietro, vedendo che il più grande si era piazzato proprio di fronte alla porta, come per impedire una sua eventuale fuga.
Sospirò, rassegnato al proprio destino, iniziando a togliersi mal volentieri lo strano indumento.
Per lo stupore di tutti i presenti, il ragazzo era veramente venuto senza vestiti a scuola.
Leorio scoppiò a ridere senza riuscire a controllarsi prima ancora che Gon si scoprisse le spalle, mentre il resto delle persone sgranava gli occhi e bisbigliava.
Il mormorio si fece molto più intenso un paio di secondi dopo, quando rimase effettivamente in mutande.
Ecco, era esattamente per quello che Gon era terribilmente agitato.
Spiccando sul fisico scolpito che già da solo non sarebbe passato inosservato, una scia di segni, dalla più o meno marcata gradazione violacea, percorreva la pelle del ragazzo nella zona delle clavicole e alla base del collo. Se ne intravedeva spuntare uno anche alla base dell’addome, coperto a malapena dall’elastico dei boxer color avocado, e un altro appena visibile sull’interno coscia.
Intanto, il colore del viso di Gon si avvicinava alla lava fusa. Sì, era quasi incandescente.
“Fratellone, non ci sarai andato giù pesante?”
Killua incrociò le braccia al petto, guardando soddisfatto il proprio ragazzo. La sera prima si era beccato una sfuriata per quella che lui aveva definito ‘una mera dimostrazione d’affetto’. Ne era valsa la pena.
Scrollò le spalle, rispondendo alla sorella con un sorriso così ampio da sembrare lo Stregatto. “Naaah.”
Kurapika invece a quella vista sgranò gli occhi, tanto che pensò stessero per cadergli dalle orbite, mentre Neon esplose in una fragorosa risata. La ragazza aveva preso molto bene la loro relazione, ed era stata molto contenta per loro sebbene Killua continuasse a non piacerle. Il sentimento era reciproco, comunque.
Tuttavia, i due avevano deciso di tacito accordo, per quieto vivere del gruppo, di mantenere un clima di “tollerante convivenza”, cercando quando possibile di evitare lo scontro.
Leorio assunse un’espressione di divertita incredulità davanti alla costellazione di marchi viola sul torace del ragazzo. Fischiò. “Qualcuno ha un fidanzato possessivo, eh?”
Gon rispose semplicemente con un sospiro frustrato, che fece solo ridere di più gli altri, mentre Killua si leccava le labbra, soddisfatto del proprio operato.
 
E infatti i richiami non tardarono ad arrivare. La Krueger gli segnò un rapporto appena mise piede in aula. In meno di un paio d’ore, Gon era nell’ufficio di Netero, che trovò particolarmente esilarante il secondo rapporto dell’insegnante di matematica quando lo rilesse davanti a Gon. Come se lui non l’avesse sentito in diretta, pronunciato dalla donna.
L’alunno si rifiuta di obbedire al richiamo, sostenendo di non potersi coprire perché ha perso una scommessa.” L’uomo rise ancora, quando finì di leggere. Gon sfiorava il color fragola, con tanto di semini gialli, per l’imbarazzo di trovarsi in presidenza con nient’altro che le mutande e le scarpe. Questo ignorando la scia viola sul suo petto, ovviamente.
Netero ridacchiò ancora un po’ per conto suo prima di parlare. “Ragazzo mio, ti fa onore il voler rispettare a tutti i costi una scommessa, e, detta onestamente, io ti farei uscire di qui senza neanche una nota. Tuttavia, capisci bene che non posso, mh?”
Gon annuì, afflitto nonostante il sorriso rassicurante dell’uomo.
“Dunque, vediamo..” Portò due dita a reggersi il mento, mentre squadrava il ragazzo da capo a piedi, soppesando la punizione più giusta per quella che alla fine non era nient’altro che una bravata. In fondo non aveva fatto male a nessuno, se non al cuore dell’insegnante di matematica, mentre a lui aveva risollevato la giornata. “Che ne dici di pulire le aule per un paio di giorni, mh?”
Gon annuì di nuovo, passivamente. Sentiva la vergogna annebbiargli i ragionamenti, ma si chiese ugualmente se il pulire le aule fosse la soluzione a tutto per il preside.
Quando uscì, fra i risolini di Netero, trovò ad aspettarlo Killua, appoggiato alla parete con le mani dietro la testa, con il suo solito sorriso felino sulle labbra.
“Allora, che ti ha detto il vecchio?”
“Che da domani devo pulire aule..”
Killua fece una faccia confusa. “Mi chiedo quale azione porti ad un risultato diverso dal pulire aule.”
“L’ho pensato anch’io!”
I due risero, mentre Killua si avvicinò per dare un bacio dolce all’altro, accarezzandogli appena la pelle con le dita, lì dove aveva apposto le sue varie ‘firme’.
Te la farò pagare..” Mormorò il moro, sorridendo sulle sue labbra.
Volevo solo mettere in chiaro che non sei sulla piazza..” Rispose quello, strofinando teneramente il naso contro il suo. Ridacchiarono ancora, unendo le loro fronti e guardandosi con dolcezza.
A fine giornata, la scommessa persa era costata a Gon quattro note disciplinari, due rapporti e una punizione, ma non era arrabbiato, anzi. Quando uscirono tutti insieme da scuola, chiacchieravano fra loro con un sorriso allegro sul viso, ma quello di Gon era il più luminoso, rivolto a un’unica, incredibile persona fra loro.
 
Mani sempre in tasca, una matassa di capelli ricci e scompigliati dalla sfumatura argentata, decolorati fin quasi alla radice, occhi magnetici di un azzurro intenso. Il classico tipo affascinante e misterioso, che tutti osservano senza avvicinarsi. Il classico tipo che “ha i capelli decolorati e un orecchino, dev’essere certamente poco raccomandabile”, su cui tutti fanno congetture e un’idea loro, finendo spesso con il cliché del drogato, del delinquente o del bohémien che si gode la vita, non importa come.
Killua era tutto quello. Affascinante, misterioso, decisamente poco raccomandabile, un giovane criminale che si godeva la vita per quanto possibile.
E Gon lo amava.

 

Fin.













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Note dell'Autrice
Buon salve. Ci siamo, siamo arrivati alla fine.
Prima del mio discorso di chiusura, piccolo commento sul capitolo, che mi sono divertita un mondo a scrivere!
Onestamente, l’idea di un Killua discretamente possessivo che si fa prendere la mano (*la bocca) mi divertiva troppo, quindi non ho potuto resistere. Scusami Gon, concordo con lui, ne valeva la pena.
Una scena che mi ha divertita molto mentre scrivevo (anche se temo di averla involontariamente trascurata) è la reazione di Netero. Ce lo vedo un sacco a ridere di lui, giocando con la barba, mentre una Biscuit incazzatissima continua a sclerare con gli alunni anche dopo che Gon è uscito dalla classe.
Infine, ho un debole per le strutture ad anello, e questa è una delle primissime cose che sono affiorate nella mia mente quando ho iniziato a scrivere questa storia: non sapevo cosa sarebbe successo, cosa avrebbero fatto i personaggi, ma avevo perfettamente chiaro che l’incipit sarebbe dovuto essere anche la battuta di chiusura, esattamente con quell’ultima frase aggiunta.
L’ultima canzone a darci un titolo in questa storia è “Take it Off”, di Ke$ha.
 
Se ci penso, non mi sembra vero aver “già” finito quest’avventura, dopo quasi cinque mesi. Sono veramente felice di esserci arrivata senza intoppi, ma anche triste perché, appunto, è finita.
Dovete sapere che mi emoziono sempre un casino quando pubblico, mi sembra sempre di andare in scena a teatro, con l’adrenalina che ti pervade mentre si apre il sipario, sapete?
Non fa differenza che sia una long o una drabble, ma nel primo caso fa stranissimo arrivare in fondo.
È come salutare degli amici con cui ormai avevi stretto un bel legame, nonostante conoscessi la loro storia da poco. Leggere e rileggere i capitoli ogni settimana per poi scrivere le NdA di volta in volta me li ha fatti avvicinare ancora di più, e ora mi mancherà leggere di loro e commentare le cazzate che facevano man mano.
 
Questa storia l’ho scritta circa a ottobre/novembre scorso, quindi ha quasi un anno, e da quando è nata ha visto la mia vita letteralmente stravolgersi, su più piani personali, primo fra tutti quello sentimentale.
Devo tantissimo a questa storia: con questo appuntamento fisso, scrivendo le NdA avevo quel piccolissimo ritaglio di tempo che, su una giornata è un granello di sabbia, ma in capo a una settimana mi faceva sentire felice. Lo aspettavo proprio con allegria, del tipo “ghh è ancora mercoledì, è presto!”, nonostante gli impegni e l’unipi mi facessero salire l’ansia del tempo che passa.
 
Mi sono veramente divertita un sacco a scrivere questa storia, pur avendola scritta “a tempo perso”, per scaldare la tastiera.
Trovate tanto di me nei personaggi di cui vi ho raccontato le gesta, soprattutto, come dissi tempo fa, in Killua (che, salvo lavorare per la yakuza, fa i miei stessi ragionamenti del cazzo. Perdonate il francesismo, siamo persone orribili), con un carattere del cavolo e coerente con se stesso come un libro di matematica con i risultati sbagliati; un po’ in Kurapika, che si trova a fare il saggio confidente per un manipolo di imbecilli (quando le scelte non devo farle io, sono una persona sana di mente che sa dare buoni consigli, lo giuro, ma solo in quel caso), nella gelosia rassegnata di Neon, che è felice per il suo migliore amico nonostante i suoi sentimenti per lui (storia vecchia di anni, non sto neanche a rinvangarla), . . .
Scrivere questa storia mi ha seriamente aiutata a conoscere meglio anche me stessa, attraverso i miei personaggi, che mi hanno gentilmente fatto da attori, prestandosi a indossare panni strani in quest’occasione. Ho snobbato questa storia dall’inizio, e in effetti è una banalissima storiella con una trama tendenzialmente lineare, ma devo ricredermi (almeno in parte) perché, per l’appunto, mi ha dato molto più di quanto pensassi.
 
Tuttavia ci sono cose che mi hanno fatto storcere il naso a posteriori. In molti punti non ho badato troppo alla “normalità”, dando per scontato che tanto il loro fosse un universo strano in partenza, quindi non frenandomi davanti a cose che magari lì per lì mi sembravano assurde (esempio: quando Killua arriva negli spogliatoi col sangue addosso, o anche il semplice fatto che a Gon stia bene frequentare un sicario e parlare di lavoro con lui). Forse adesso le rivedrei con occhio un po’ più critico.
Poi ci sono molte cose di cui avrei voluto parlare in questa storia, ma che per un motivo o per un altro, non sono riuscita ad inserire. Avrei voluto approfondire il rapporto tanto odi e poco amo di Killua e Neon; alcune dinamiche famigliari degli Zoldyck, il bullismo verso Alluka e la sua relazione con Zushi (sì, per i più curiosi, si fidanzeranno), come i due piccioncini lessi protagonisti prenderanno le misure stando insieme ufficialmente..
Insomma, ci sono tante cose che avrei voluto approfondire, ma non ne ho avuto l’occasione in 105 pagine e 62566 parole. Sembra assurdo lol.
 
Dulcis in fundo, ringrazio la mia Beta, oggi con la maiuscola perché se la merita tutta, senza cui non avrei il coraggio di pubblicare niente, che mi sostiene nelle mie pessime scelte sentimentali e raccoglie ogni volta i cocci del mio cuore, che mi sta accanto nonostante io sia intrattabile e bipolare 25 ore su 24, che mi supporta lungo questa tortuosa strada chiamata vita.
Io senza di te davvero non so dove sarei adesso. Grazie, amica mia.
 
Ringrazio anche Zyad, primo fan attivo di questa storia, per aver pazientemente recensito i capitoli e avermi tenuto compagnia in un momento in cui avevo davvero bisogno di una presenza costante, e Gryffindor, che se anche si è imbarcata a “fine viaggio” su questa nave, mi ha indubbiamente rallegrato la traversata.
Infine, un grazie a tutti coloro che hanno aggiunto questa alle loro storie preferite, seguite o anche solo ricordate, e a tutti i lettori silenziosi e non che mi hanno accompagnata in quest’avventura. Siete circa un centinaio, e il fatto che siate così tanti ad aver letto costantemente ogni aggiornamento mi scalda il cuore.
Grazie a voi che siete passati e a quelli che passeranno per queste parole.
Grazie, grazie di tutto.
 
Fa strano non darvi appuntamento a venerdì prossimo, ma posso anticiparvi che la pausa non sarà lunghissima. Ho giusto bisogno di un paio di settimane di ferie, poi tornerete a leggere di me. E non è una promessa, è palesemente una minaccia.
Le idee sono tante, un paio di storie sono già scritte, cosa succederà lo scopriremo solo vivendo.
 
Un bacio, un abbraccio, e ci si legge!

Athelyè ~

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