Il Rito di Afrodite

di Tinkerbell92
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Trucco istantaneo post trauma ***
Capitolo 2: *** Intrattenimento al sapore di fragola ***



Capitolo 1
*** Trucco istantaneo post trauma ***


IL RITO DI AFRODITE



Capitolo I

"Trucco istantaneo post trauma"





POV KITTY


Ero ancora piuttosto stordita dal lungo viaggio e dalla serie di eventi che aveva animato le quarantotto ore precedenti. Non avevo nemmeno la forza di lamentarmi, nonostante ne avessi tutti i diritti.
Insomma, un giorno sei una tranquilla sedicenne californiana, con la prospettiva di una brillante carriera da modella curvy e un canale Youtube di successo per appassionati di makeup, il giorno dopo vieni attaccata da un uccellaccio dello Stige, scopri di essere figlia di una divinità greca e sei costretta a lasciare tutto e trasferirti in uno speciale campo estivo a Long Island.
Non è esattamente il massimo, no?
Lanciai un’occhiata interrogativa a Miss Crowley, la mia manager, mentre la seguivo un po’ barcollante: ci stavamo inerpicando sul terreno scosceso di una grande collina e non riuscivo a capire come facesse a tenere il passo, visto il lungo abito nero di gusto vittoriano e la stampella di ferro che l’aiutava a camminare.
Quando si accorse che la stavo fissando, si voltò verso di me, aggrottando le sottili sopracciglia: - Qualcosa non va? Vuoi che ti aiuti a portare la valigia?
Ruth Crowley era una donna molto alta, dal fisico allampanato e sottile e la carnagione chiara; portava i capelli color mogano perennemente raccolti e aveva lineamenti piuttosto affilati. Non avevo idea di quanti anni avesse, potevano essere trentacinque come cinquanta, i suoi occhi verdi erano spesso nascosti dietro le lenti scure degli occhiali a goccia ed ero piuttosto sicura, in quasi due anni di conoscenza, di non averla mai vista a capo completamente scoperto. Solitamente indossava foulard o eccentrici cappelli: quel giorno portava una bombetta scura da gentleman inglese.
- Oh, io… no, certo che no, ci mancherebbe!
Un ghigno sarcastico si dipinse sulle labbra della donna: - Non sono una vecchietta decrepita, Kitty. Questo affare è soltanto… – indicò la stampella con un cenno della testa. - Beh, vedrai. Tra poco ti spiegheremo tutto.
Decisi di non fare altre domande.
Quando raggiungemmo la cima, provai una nota di meraviglia di fronte allo scenario che mi si parava davanti: il famoso Campo Mezzosangue era enorme, molto più grande e fornito di qualsiasi  campo estivo avessi frequentato. La prima cosa che attirò la mia attenzione, dopo i pittoreschi edifici disposti a forma di lettera Omega e il fiume che attraversava la zona, fu la parete di arrampicata, che mi portò alla mente ricordi piuttosto traumatici. Quando avevo dieci anni, papà ebbe la brillante idea di provare il brivido di una lezione gratuita, offerta da un suo vecchio compagno di scuola, dimenticandosi, non si sa come, che entrambi soffrivamo di vertigini ed eravamo negati in qualsiasi tipo di sport.
Lo sgradevole ricordo fu accompagnato da una fitta di nostalgia: avevo salutato papà all’aeroporto in modo impacciato e frettoloso, senza potermi abbandonare a uno dei suoi soliti abbracci calorosi.
Decisi di concentrarmi su altro: il poligono di tiro con l’arco, l’arena, il campo da tennis, il profumo delle fragole coltivate…
- Per prima cosa, faremo una visitina alla Casa Grande, dove ti presenterò Chirone e il Signor D – annunciò Miss Crowley. – Poi ti affideremo a una dei tuoi compagni, perché ti faccia fare il giro del campo e ti spieghi le regole.
- Perché non puoi farlo tu? – domandai con una certa tensione. Non ero mai stata brava a interagire con le persone dal vivo, mi risultava molto più facile comunicare tramite i video su Youtube. Non avevo mai scordato le prese in giro a scuola per il mio fisico formoso, la dislessia e il disturbo dell'attenzione. E sapevo di non piacere granché nemmeno alle mie compagne modelle…
La mia manager abbozzò un sorrisetto: - Avrò delle faccende da sbrigare, che mi terranno impegnata fino a sera. Ma non preoccuparti: il campo è pieno di ragazzi e ragazze come te. Farai meno fatica ad ambientarti. E poi, in caso di bisogno, potrai sempre venire da noi…
- Noi? – ripetei. – Intendi tu, Chirone e il Signor D, oppure tu e… il tuo compagno? È qui che abita? 
I lineamenti spigolosi di Ruth Crowley parvero addolcirsi: mi aveva parlato spesso del suo partner storico, un tale di nome Francis, con cui manteneva una relazione a distanza per impegni di lavoro.
- Mi hai scoperta. Ora andiamo. Sei sicura di farcela con la valigia? Non avrai mica portato tutti i tuoi trucchi da casa, vero?
- Ehm…
Assunsi un’espressione inequivocabilmente colpevole. La donna alzò gli occhi al cielo con fare divertito.
- Sei proprio degna figlia di tua madre.



Pensavo di essere ormai preparata a tutto, dopo l’attacco dell’uccello malefico e la rivelazione su mia madre. Eppure, mi sfuggì lo stesso un grido non appena vidi l’uomo-cavallo che chiacchierava con un tizio mal vestito e una specie di strana creatura mezza umana e mezza capra.
Le cose non andarono meglio quando mi voltai verso Ruth per chiederle spiegazioni: aveva lasciato cadere la stampella e scalciato via gli stivaletti, rivelando quelli che avevano tutta l’aria di essere un piede di metallo e lo zoccolo di un asino.
- Oh, così va molto meglio! – sospirò, lasciandosi sfuggire un sorriso di fronte alla mia espressione stupita.
– Mai visto un’empusa? – scherzò. – E nemmeno un centauro, un satiro e una divinità?
- Cos…
Prima che avessi il tempo di replicare, il satiro corse incontro alla mia manager: aveva un volto bello e radioso, con grandi occhi azzurri, guance piene, una barba curata e due cornetti che spuntavano tra i ricci biondi. Era un po’ più basso di Ruth, e indossava una giacca leggera, color crema, sopra una graziosa camicia azzurra; attraverso gli abiti si riuscivano a scorgere le forme tondeggianti del suo fisico.  
- Raven! – esclamò, afferrandole le mani, visibilmente emozionato. – Non vedevo l’ora che arrivassi, tesoro! E lei deve essere…
- Raven? – ripetei, incredula.
La donna, anzi, l’empusa annuì: - Il mio vero nome è Raven. Raven Crowley. E lui è il mio compagno, Francis Aspen.
-Ehm… Kathleen Page, piacere… – borbottai, stringendo la mano al satiro, per poi voltarmi verso la rossa. – Ruth… cioè, Raven, mi hai mentito anche sul tuo nome?
- Non essere dura con lei – soggiunse il centauro. – Raven ha fatto tutto il possibile per proteggerti, in questi due anni. D’ora in poi, non ci saranno più segreti. Io sono Chirone, il vostro insegnante. Mentre lui – indicò l’uomo mal vestito. – È il Signor D, il divino Dioniso, direttore del campo.
Il dio del vino abbozzò un grugnito, senza accennare ad alzarsi dalla panca su cui sedeva: aveva folti ricci neri e un’inguardabile camicia hawaiana, che suppongo fosse la cosa che mi aveva fatto strillare di più, pochi istanti prima.
- Dunque – continuò Chirone. – La nostra giovane semidea è già stata riconosciuta?
Mi strinsi nelle spalle, leggermente a disagio: - Ecco… non ufficialmente ma, da quanto mi ha spiegato Ru-Raven, mia madre sarebbe Afrodite…
Ebbi a malapena il tempo di concludere il discorso, che una strana luce rossa cominciò a brillare sopra la mia testa: alzai lo sguardo, osservando a occhi sgranati una specie di ologramma a forma di cuore che roteava sopra di me. Mi sentii pervadere da uno strano calore e, quando il simbolo luminoso svanì, per poco non strillai nuovamente.
- Devo… devo specchiarmi – balbettai, correndo verso una delle finestre della Casa Grande. La mia bocca si spalancò in una grande O di stupore: i miei jeans e la maglietta firmata erano stati sostituiti, come per magia, da un candido abito in stile greco, che esaltava le mie curve morbide e ben definite; i miei lunghi capelli biondi, che prima erano raccolti in uno chignon approssimato, ora scendevano lungo la mia schiena in una vaporosa treccia decorata con piccoli fiori, molto simile a quella di Rapunzel. Infine, il mio volto era abbellito dalla più magistrale applicazione di makeup di tutti i tempi: le sfumature perlacee dell’ombretto risaltavano l’azzurro degli occhi, mentre le labbra erano tinte di un intenso color rosso fragola.
Nemmeno affinando la mia mano, già esperta, per altri dieci anni sarei riuscita a rendermi più bella di allora.
La voce di Raven Crowley mi costrinse a voltarmi: - Beh, direi che il problema del riconoscimento è stato risolto.
Francis Aspen batté le mani entusiasta, mentre Chirone accennò un piccolo inchino: - Ave, Kathleen Page, figlia di Afrodite. Vieni, ti conduco alla tua cabina, dove potrai sistemare il bagaglio, prima del tour guidato.



Non posso dire di essere rimasta sorpresa, non appena vidi l’aspetto della famigerata Cabina Dieci: un’enorme casa delle bambole, simile a quella con cui giocavo da piccola, circondata da un intenso e piacevole aroma – Hypnotic Poison? Shalimar? Chanel N°5? Tutti insieme?
Chirone mi rivolse un sorriso incoraggiante, mentre alcuni ragazzi e ragazze, dotati di una bellezza straordinaria, si affacciarono alla soglia, squadrandomi con fare incuriosito.
Indossavano la stessa maglietta arancione che avevo visto addosso a tutti i semidei incontrati durante il tragitto dalla Casa Grande alla mia nuova dimora.
- Lei è la vostra nuova sorella, Kathleen – annunciò il centauro, per poi rivolgersi nuovamente a me. – E loro sono i tuoi fratelli e le tue sorelle. Lei – indicò una fanciulla dai lineamenti orientali. – è il tuo capo-cabina, Drew Tanaka. Bene, sistema pure la valigia, io vado a chiamare la guida.
Replicai con un borbottio che mescolava in modo indefinito le parole “okay”, “grazie” e “arrivederci”, mentre Drew si profuse in un ossequioso saluto, per poi squadrarmi dall’alto al basso quando l’insegnante si fu allontanato.
- Kathleen Page, quindi – disse, in tono poco amichevole.
Annuii, visibilmente a disagio: - Potete chiamarmi Kitty… cioè, quelli che mi conoscono mi chiamano così…
– Sei già stata riconosciuta e benedetta da nostra madre, a quanto vedo… - continuò, ignorandomi. -  Che strano, non ho mai visto una figlia di Afrodite così… in carne…
Ah. L’ennesima persona pronta a far commenti sul mio fisico. Che novità. Mi domandai quanto ci avrebbero messo tutti gli altri a iniziare a prendermi in giro.
- Io la trovo bellissima – commentò una ragazzina con le trecce bionde. Drew la fulminò con lo sguardo, spingendola a ritirarsi impaurita dietro uno dei fratelli.
- Ci mancherebbe altro, Lacy! – sbottò. – Tutti i figli di Afrodite sono bellissimi, anche quelli in sovrappeso! O quelli che fanno commenti stupidi, come te! Comunque, non perdiamo tempo: John! Porta dentro la valigia e fai sistemare la nuova arrivata.
Un ragazzo alto e atletico, dai capelli castani, obbedì all’istante, rivolgendomi un sorriso e invitandomi a entrare.
Gli altri membri della Dieci mi scrutarono a fondo, chi con curiosità, chi con un mezzo sorriso, chi con fare diffidente. Mi sentii piuttosto a disagio.
Il profumo era più intenso all’interno della cabina, ma non mi dava fastidio; le parenti erano tinte di rosa pallido, mentre una calda luce filtrava attraverso le finestre dagli infissi color panna.
C’erano diversi letti, disposti ordinatamente e provvisti di un morbido cuscino e lenzuola azzurre; accanto a ciascun letto c’erano una cassettiera blu, su cui poggiava un grande specchio a forma di cuore, e un baule color perla con una targhetta d’argento.
John mi assegnò un comodo giaciglio posto sulla parete destra, proprio sotto una delle finestre: - Ecco qua, Kitty. Benvenuta! Se vuoi, posso portare il tuo baule alla casa di Efesto, mentre sarai impegnata con il tour guidato del campo: incideranno il tuo nome sulla targhetta.
- Ah… fantastico, grazie.
Gli occhi blu di John riflettevano una personalità dolce e calorosa. Tutto l’opposto della nostra simpaticissima capo-cabina.
- Mi auguro ti comporterai come si deve – disse, piombandomi alle spalle come un falco. – Dovessi disonorare la Casa di Afrodite, te la farò pagare cara. Prima di tutto, ricorda che gli effetti della benedizione non dureranno per sempre: ci aspettiamo continuerai a curare il tuo aspetto con dedizione. E magari, provare a perdere un po’ di peso.
Mi morsi la lingua, rivolgendole un sorriso velenosamente falso: avrei voluto risponderle per le rime, ma ero appena arrivata e non volevo mettermi subito a litigare.
- Seconda cosa – continuò. – Ogni figlio di Afrodite che si rispetti deve compiere il Rito di Passaggio: è molto semplice, per dimostrare di essere degna della Cabina Dieci, dovrai scegliere una persona al di fuori del nostro gruppo, farla innamorare di te e poi spezzarle il cuore.
- Cosa? – esclamai. – Ma questo è… crudele! Che senso ha? Non ho mai fatto una cosa del genere, non penso nemmeno di esserne capace!
- Finché non lo farai, non potrai considerarti una di noi – replicò perentoria la dispotica leader. – Discorso chiuso. Ora fila fuori, è arrivata la tua guida.
Sospirai, facendo appello a tutto il mio autocontrollo per non mandarla a quel paese. Sbirciai un po’ titubante attraverso la soglia della cabina: a pochi metri dall’ingresso, c’era una ragazza alta e slanciata, dalla carnagione color caramello.  
John mi diede un’incoraggiante pacca sulla schiena: - Coraggio, anche se è figlia di Ares, Rani non morde mica!
Obbedii meccanicamente, raggiungendo la giovane guida con fare timido e impacciato: - Ehm… ciao.
- Ciao! – rispose lei con un sorriso. – Io sono Ranya Dandekar, figlia di Ares. Puoi chiamarmi Rani. Tu sei Kathleen, giusto?
- Sì – bofonchiai. – Puoi chiamarmi Kitty…
Durante il viaggio in aereo, Raven mi aveva parlato dei semidei che abitavano il Campo Mezzosangue: stando alla sua descrizione, i ragazzi di Ares non brillavano per simpatia e bellezza, eppure, Rani era provvista di un fascino esotico non indifferente.
I suoi capelli erano neri, lunghi e lisci, raccolti in una coda alta; gli occhi erano obliqui e magnetici, uno marrone scuro, l'altro color ambra. Aveva un sorriso contagioso, illuminato da due file di denti dritti e bianchissimi.  
La muscolatura delle braccia era ben definita, così come quella delle gambe, fasciate da pantaloni neri e stretti, tagliati sopra il ginocchio; portava una collanina con perline colorate al collo, identica a quella di tutti gli altri ragazzi, e il suo polso sinistro era avvolto da un braccialetto in pelle nero e con le borchie.
Mi offrì il braccio, a cui mi aggrappai dopo un attimo di esitazione.
- Ti consiglio di tenere alti gli orli del vestito – suggerì. – Sarebbe un peccato se non uscisse illeso dal nostro giretto.





***
Angolo dell’Autrice: Lo so. Faccio schifo. Ho un sacco di storie da aggiornare eppure eccone una nuova. Credo di dovermi dare una calmata.
Beh, cercherò di mettermi al lavoro in queste due settimane di vacanza, giusto per portare avanti le altre long lasciate in sospeso, inclusa la mia vecchia storia, sempre in questo fandom, che ho riguardato e mi ha fatto mettere le mani nei capelli per contenuti e imprecisioni varie (davvero, mi sono chiesta “Ho seriamente scritto una cosa del genere?”). Che imbarazzo. Vabbé, farò il possibile perché almeno gli ultimi capitoli siano decenti.
Inviterei caldamente a ignorare le storie pubblicate prima del 2015, se non le seguivate già da prima, sono tutte imbarazzantissime e da revisionare.  
Non credo avrò connessione per queste due settimane, quindi, se riuscirò a scrivere nuovi capitoli, li pubblicherò una volta tornata a casa.
Vorrei cogliere l’occasione per pubblicizzare la mia long prequel su Magnus Chase, che purtroppo è relegata ancora alla sezione “Altro”. Ci tengo particolarmente, quindi mi farebbe piacere venisse seguita da più lettori (senza il bisogno di recensirla, ci mancherebbe, mi farebbe piacere anche solo ottenere qualche visualizzazione in più). Il titolo è "Riley Jenkins e gli Dèi di Asgard - Il fardello di Sigyn".
E, nonostante non sia più attiva sul sito da quanto ho visto, vorrei pubblicizzare anche l’autrice Volleydork, sperando di far cosa gradita: lei ha scritto una storia su semidei nordici prima che uscisse la meravigliosa saga di Magnus, e penso che meriti davvero tanto.
Dunque, passiamo alla storia. Ammetto di essere piuttosto incuriosita dal Rito di Passaggio di Afrodite, ecco perché ho deciso di scrivere qualcosa a riguardo. Ci saranno due POV alternati, i capitoli dovrebbero essere una decina (come il numero della casa di Afrodite, ops) e non penso saranno molto lunghi.
Cronologicamente, ci troviamo a poche settimane dalla conclusione di “The Last Olympian”: non ho intenzione di far comparire i personaggi principali della saga, ma darò spazio ai secondari e, naturalmente, agli OC.
Sì, visto che non ho dignità, i personaggi di Raven e Francis sono ispirati a Crowley e Aziraphale di Good Omens. Quei due sono la mia nuova OTP, quindi capitemi.
Naturalmente, verrà spiegato come mai un’empusa, creatura non proprio amichevole e serva di Ecate, sia diventata la custode di una figlia di Afrodite. O come abbia fatto Kitty a pubblicare video su Youtube per anni senza attirare trecento mostri.
Per quanto riguarda Drew Tanaka, non mi è piaciuto per niente come è stata caratterizzata nei libri, almeno fino a dove ho letto (purtroppo, la saga di Eroi dell’Olimpo non mi ha presa molto): l’ho trovata troppo stereotipata e poco realistica, quindi ho intenzione di darle più spessore e renderla una vera villain. Almeno ci proverò.
Oltretutto, vorrei andare oltre gli stereotipi con cui sono bollati i vari figli delle divinità, quindi aspettatevi di tutto: come ha già visto Kitty, i figli di Ares non sono tutti scimmioni rozzi e violenti. Rani è affascinante e gentile, anche se potrebbe mostrare dei lati oscuri, come chiunque.
Avviso inoltre, che, come al solito, tratterò coppie di tutti i tipi nella storia, quindi chiunque sia contrario/contraria a contenuti LGBT è sconsigliato/sconsigliata di proseguire nella lettura.
Spero non ci siano incongruenze, che il capitolo vi sia piaciuto e che la storia si riveli quantomeno interessante.  
Grazie a tutti per aver letto!

Tinkerbell92

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Capitolo 2
*** Intrattenimento al sapore di fragola ***


IL RITO DI AFRODITE



Capitolo II

"Intrattenimento al sapore di fragola"





POV RANI


Non era la prima volta che Chirone mi chiedeva di fare la guida. Generalmente questo onore veniva affidato ai figli di Atena, o di Apollo, o… beh, diciamo a chiunque, tranne ai figli di Ares. I miei fratelli mi prendevano bonariamente in giro per questo.
Attesi un paio di minuti fuori dalla Casa di Afrodite, prima che la nuova arrivata si facesse viva: sembrava timida, insicura, quasi intimorita. Le sorrisi, cercando di metterla a proprio agio.
- Ciao! Io sono Ranya Dandekar, figlia di Ares. Puoi chiamarmi Rani. Tu sei Kathleen, giusto?
Lei abbassò lo sguardo, mordendosi le labbra carnose: - Sì… puoi chiamarmi Kitty…
Non mi sorprendeva il fatto che fosse straordinariamente bella, quello era scontato, eppure qualcosa in lei riuscì comunque a colpirmi.
Era piuttosto formosa, di altezza poco inferiore al metro e settanta e di carnagione chiara, leggermente rosata.
Grazie alla benedizione di sua madre, indossava un candido abito in stile greco, che le evidenziava le curve morbide e generose, i capelli biondi erano acconciati in una meravigliosa treccia e decorati con fiorellini colorati e il volto da bambola era truccato alla perfezione. Mi piaceva soprattutto il modo in cui i suoi occhioni azzurri risaltavano grazie alla combinazione ombretto-matita-mascara.
Le offrii il braccio, gettando un’occhiata alla lunga gonna del suo abito: - Ti consiglio di tenere alti gli orli del vestito. Sarebbe un peccato se non uscisse illeso dal nostro giretto.
Lei si limitò ad annuire, poggiando una mano sul mio avambraccio e sollevando leggermente la veste con quella libera, lasciando scoperte le caviglie.
Le mostrai il campo da pallavolo, il laghetto, il poligono di tiro – dove mi sentii, non so perché, desiderosa di mostrarle le mie abilità – il sentiero boscoso, la parete di arrampicata, l’anfiteatro e l’arena. Le spiegai con dedizione il regolamento, che ormai avevo imparato a memoria, e descrissi le attività settimanali, soffermandomi in particolare sulla Caccia alla Bandiera e la Corsa delle Bighe.   
Durante il giretto turistico, Kitty parlò pochissimo: si limitò principalmente ad annuire, rivolgendomi, di tanto in tanto, domande brevi e concise - e rabbrividendo quando ci trovammo dinnanzi alla parete di arrampicata.
Tuttavia, il suo umore mutò considerevolmente non appena la portai alla stalla dei pegasi.
- Non ci posso credere!
Spalancò gli occhioni azzurri, lasciando la presa sulla lunga gonna bianca, e, col volto acceso d’entusiasmo, si fiondò ad accarezzare il primo equino alato che le capitò sotto tiro – una femmina giovane e mansueta di nome  Lilly.
Mi venne spontaneo sorridere.
- Immagino tu abbia esperienza con i cavalli – osservai, avvicinandomi. Lei si lasciò sfuggire una risatina.
- Beh… non con quelli alati, ma comunque sì, ho praticato equitazione per anni. È l’unico sport che mi riesce decentemente. E ho fatto di recente un servizio fotografico in un maneggio.
- Un servizio fotografico? – ripetei. – Quindi sei una modella.
- Modella curvy e Youtuber. Mi occupo principalmente di makeup e di Body Positivity. Cioè… beh, me ne occupavo… prima di finire confinata qui…
Mi rivolse un sorrisino imbarazzato.
- Non sei confinata – replicai. – Certo, ti converrà stare qui per un po’, almeno quello che basta per imparare a difenderti. Poi, potrai comunque tornare a casa qualche volta. I semidei meno potenti, talvolta, riescono più o meno a riprendersi le vecchie vite, perché attirano meno mostri rispetto agli altri…
- E come faccio a capire quanto sono potente? Dipende dal genitore divino?
- Beh…
Accarezzai distrattamente il muso di Lilly: - Il genitore divino può senz’altro influire. I figli di Demetra e Afrodite in genere non sono particolarmente potenti…
- Ma è magnifico!
Le sue gote piene si colorarono vivacemente.
Mi sfuggì una piccola risata: non capitava spesso di incontrare un mezzosangue che gioisse all’idea di essere potenzialmente più debole.
- Non voglio frenare il tuo entusiasmo – risposi infine. – Ma bada bene, perché ho detto che “in genere” i figli di Afrodite non sono molto potenti rispetto agli altri, ma ce ne sono alcuni con poteri straordinari.
- Spero di non essere tra questi allora – rabbrividì, spostandosi da un pegaso all’altro per elargire carezze in modo equo. – Vorrei poter tornare a casa prima possibile e restarci per buona parte dell’anno. Non penso di essere adatta per questo stile di vita… voglio dire, gli allenamenti, gli sport, l’arrampicata… brrr… non fa per me. Immagino che, oltre a fare un sacco di sport, seguiate anche una dieta piuttosto rigida…
- Seguiamo una dieta bilanciata. Se sei amante dei dolci… credo che dovrai affidarti a traffici un po’ loschi per averne.  
Storse il naso in una smorfia, visibilmente delusa.
Mi venne spontaneo avvicinarmi e posarle una mano sulla spalla con fare incoraggiante: doveva essere terribile per lei, ritrovarsi incastrata in una nuova realtà, lontana da casa, costretta ad allenarsi, per imparare a difendersi da mostri mitologici, e ad adattarsi a uno stile di vita più sportivo.
La maggior parte dei miei fratelli – ma anche dei ragazzi delle altre case – le avrebbe detto di chiudere il becco e smetterla di lamentarsi, perché tanto ci trovavamo tutti nella stessa situazione, ma io non ho mai trovato fosse giusto tappare la bocca e invalidare i sentimenti altrui.
Sarà forse per il fatto che mi sono ritrovata per anni dalla parte di quella zittita e costretta a reprimere le emozioni, per paura di essere rimproverata o derisa…
- Non preoccuparti - dissi infine. - So che i figli di Afrodite hanno spesso delle scorte di dolci nascoste. E io conosco qualcuno che potrebbe procurarti senza problemi cioccolata, caramelle o pasticcini, di tanto in tanto…
- Davvero? – chiese speranzosa.
Annuii: - Certo, puoi contare su di me. Ora che ci penso… vieni, devo mostrarti un’altra cosa.



Il profumo delle fragole era intenso, inebriante.
Un nutrito gruppetto di semidei, per la maggior parte figli di Demetra, si affaccendava qua e là per l’immenso campo, prendendosi cura del terreno e dei frutti appena maturati, mentre un satiro allietava il loro lavoro con il suono del proprio flauto.
Mi sedetti sul prato insieme a Kitty, poggiando tra me e lei il piccolo cesto che Katie Gardner mi aveva gentilmente offerto.
- Omaggio di benvenuto da parte della progenie di Demetra – annunciai. – Prendi pure, sono buonissime.
Dopo un attimo di esitazione, la biondina afferrò una delle grosse fragole dal cestino e la addentò. Il colore del frutto era pressoché identico a quello delle sue labbra.
Il suo volto si tinse di un’espressione estasiata: - Diamine… sono deliziose… sono le fragole più buone che abbia mai mangiato!
- Questo è certo – risposi, prendendone una a mia volta. – La presenza del signor D e le cure dei ragazzi della Casa Quattro rendono questi frutti unici nel loro genere. Mi rendo conto che non siano alla pari di un bel pasticcino, ma…
- Oh, no, sono perfette, davvero!
Restammo in silenzio per un po’, mangiando le fragole e lasciandoci accarezzare da una brezza leggera.
Sembrava che tutto stesse andando per il meglio, avevo addirittura l’impressione che Kitty si fosse un po’ calmata… quando, volgendo lo sguardo a sinistra, verso la stalla dei pegasi, notai due figure che si muovevano furtivamente, per poi abbassarsi e cominciare a strisciare nell’erba alta.
Alzai gli occhi al cielo, scuotendo la testa: - Guai in arrivo.
- Come?
Kitty mi guardò allarmata. Ridacchiai, dandole un paio di colpetti sul braccio con fare rassicurante.
- Tranquilla, non per noi. Per loro.
Indicai le figure striscianti che si avvicinavano sempre di più, puntando chiaramente verso il campo di fragole: - Travis e Connor Stoll, figli di Ermes. Stanno per fare uno scherzo ai ragazzi di Demetra. E qui si giunge a un bivio di natura etica: da un lato so che dovrei fermarli, dall’altro sono curiosa di vedere cos’hanno progettato e quante se ne prenderanno quando Katie li beccherà…
La figlia di Afrodite sembrò ponderare seriamente sulla cosa, poi si sporse appena verso di me e mormorò: - Io sarei molto curiosa di vedere cosa accadrà…
Allargai il sorriso, poi presi un’altra fragola, mordendone un’estremità: - Mi piace come ragioni.
Kitty arrossì lievemente e distolse lo sguardo, rivolgendo la propria attenzione ai due babbei, che nel frattempo si erano appostati a circa un metro dal limite dell’orto.
Mi resi conto che Connor teneva tra le mani una scatolina dall’aria sospetta. Scambiò un cenno d’intesa col fratello e, sghignazzando, ne rimosse il coperchio.
Si udì un ronzio sommesso, mentre strani insettini metallici, molto simili a piccole cavallette, presero il volo in direzione degli ignari lavoratori.
Il primo si posò sopra il frutto che Kyle, uno tra i ragazzi più giovani della Cabina Quattro, aveva appena colto e stava per porre nella grande cesta alle proprie spalle.
Il ragazzo eseguì d’istinto un movimento rapido e brusco per scacciare la creatura scocciatrice e quella, in tutta risposta… esplose.
Un’esplosione piccola, insufficiente per ferire il malcapitato in modo grave, ma abbastanza forte da spappolare la fragola, facendo schizzare una parte di polpa maciullata sul viso del figlio di Demetra.
Fu l’inizio del caos.
Gli Stoll, ancora a terra, si rotolavano dalle risate, osservando i semidei in difficoltà, che agitavano scompostamente le braccia per scacciare gli insetti e si ritrovavano sempre più imbrattati dei miseri resti delle fragole esplose.
Somigliava molto alla scena di un campo di battaglia.
Kitty sgranava gli occhi, sconvolta, e, di tanto in tanto, si voltava verso di me, quasi a chiedere spiegazioni.
- Tranquilla – le sussurrai infine. – Hanno fatto di peggio. E tra poco la pagheranno.
Non ci volle molto, infatti, prima che Katie Gardner si facesse strada tra i compagni, il volto contratto dalla rabbia e la camminata sicura di una supereroina vendicatrice.
- Via! – gridò, rivolta a fratelli e lavoratori di altre cabine. – Tutti fuori dall’orto!
Pur con una certa fatica, i ragazzi obbedirono, riuscendo a evacuare la zona colpita in tempo record. Come immaginai che Katie avesse previsto, gli insetti non seguirono i semidei nella loro frettolosa ritirata: si limitarono a continuare la strage del raccolto, aggrappandosi ai frutti ed esplodendo.
La capocabina della Casa Quattro  si inginocchiò a terra, posando una mano sulle zolle umide, e, pochi istanti dopo, due enormi radici verdi emersero come serpi dal terreno, catturando gli Stoll che si stavano dando alla fuga.
Mentre le radici sollevavano in aria le due pesti urlanti, sbatacchiandole qua e là, Katie uscì a sua volta dal perimetro dell’orto, tendendo le mani verso la zona devastata e ordinando a fratelli e sorelle di aiutarla.
Ancora una volta, i figli di Demetra si organizzarono con una prontezza e una sincronia tali da lasciare ammirata persino me, una figlia di Ares avvezza a coordinare gli schieramenti durante le battaglie.  
Una cupola di rampicanti ricoprì ben presto la parte di campo incriminata, lasciando però un buco di modeste dimensioni in cima.
A quel punto, Katie rivolse nuovamente la propria attenzione agli Stoll: li rimproverò per un minuto abbondante, mentre le sue radici-serpente continuavano a strapazzarli per bene; ripeté più volte il concetto di duro lavoro e vivacizzò il discorso con insulti che avrebbero scatenato un applauso da parte dei miei fratelli della Casa Cinque.  
A un certo punto, Kitty si lasciò sfuggire uno piccolo grido, quando Connor le piombò davanti, appeso a testa in giù. La visuale offriva al figlio di Ermes una bella panoramica della scollatura della  bionda.
Seppur sconvolto per essere appena stato shakerato da una pianta assassina, ebbe il tempo di assumere un’espressione a metà tra il sorpreso e il divertito, di guardarci entrambe in faccia e dire “Salve”, prima di venire sollevato nuovamente in aria e gettato, assieme al fratello, all’interno della cupola di rampicanti.
Il buco in cima venne prontamente chiuso e, per un bel po’, dall’interno si udirono le grida disperate degli Stoll, a cui facevano eco le esplosioni degli insetti metallici.
Mi alzai in piedi, applaudendo con entusiasmo, mentre Kitty restò seduta, ancora visibilmente scossa.
- Esibizione magistrale, ragazzi! – mi complimentai. – Avessi un elmo, me lo sfilerei, per posarlo ai piedi della vostra comandante!
- Grazie, Rani – rispose Katie, seria in volto. – Accetterei il tuo elmo, se non fossi furibonda con quei due idioti. È vero che le fragole perdute possono venir rimpiazzate in fretta, ma io e i ragazzi abbiamo lavorato duramente per tutto il pomeriggio e questo stupido scherzo è stato una mancanza di rispetto imperdonabile. Chirone darà loro una punizione esemplare, quando gli riferirò l’accaduto.
- Poco ma sicuro – commentai, accomodandomi nuovamente accanto alla biondina.
Le sorrisi, dandole una piccola spallata: - Ehi, tutto bene?
Lei sembrò destarsi da chissà quali pensieri: - Ah… sì, certo… devo solo… metabolizzare, credo, il fatto di aver appena visto delle radici giganti strapazzare due ragazzi e… e una cupola di rampicanti spuntata per magia dal terreno, il tutto nel giro di pochi secondi… e…
Si interruppe, sforzandosi di trattenere una risatina.
- Che c’è? – domandai, divertita dalla sua espressione buffa.
- Niente, mi è venuta in mente la faccia… la faccia che ha fatto… - scoppiò a ridere, faticando non poco a finire il discorso. – La faccia che ha fatto… quel ragazzo… quando… quando era qui davanti, a testa in giù… e aveva gli occhi proprio all’altezza delle mie…
Mi lasciai contagiare dalla risata, fino a quando entrambe restammo quasi senza fiato.
Rossa in volto, Kitty si asciugò le lacrime, emettendo strani rumori col naso. Vederla così mi provocò una sensazione piacevole: forse stava iniziando a smaltire un po' di angoscia.
Uno dei fiori che abbellivano la sua lunga treccia bionda sporgeva in fuori, in procinto di staccarsi. Mi venne istintivo sistemarlo, avvertendo un lieve solletico sulle dita quando le sfiorai i capelli.
Lei restò in silenzio per alcuni istanti’, poi mi sorrise: - Sai… spero che la cosa non ti offenda ma… non dai affatto l’idea di essere una figlia di Ares. Voglio dire… sei gentile, empatica… hai fatto di tutto per mettermi a mio agio…
Diedi un’alzata di spalle: - È vero che la maggior parte dei miei fratelli ha un carattere più irruento, ma penso che molti semidei, figli di Ares inclusi, spesso cerchino di calcare gli stereotipi il più possibile, talvolta esagerando. Credo che sia il desiderio di rendere fieri i nostri genitori divini, o la paura di deluderli, o entrambe le cose, a spingere molti di noi a indossare una maschera o ad accentuare determinate caratteristiche. Comunque – le strizzai l’occhio. – anche se il mio comportamento non rispecchia i canoni della Casa Cinque, il sangue di Ares si manifesta in me in altri modi. Per esempio... se non sbaglio, tra poco ci sarà la lezione di Scherma…





***
Angolo dell’Autrice: Allora, questo capitolo è stato un parto, ho fatto una fatica terribile a scriverlo e penso si veda, non ne sono molto soddisfatta.
Spero non vi abbia fatto schifo e che Rani come personaggio risulti gradevole.
Ah, nel caso non l'avessi specificato, pur essendo una Youtuber a Kitty non era permesso utilizzare il cellulare, veniva ripresa soltanto con delle telecamere, il tutto sotto la sorveglianza di Raven Crowley. Ma verràspiegato anche più avanti. 
Non so perchè, ma io immagino che Katie Gardner sia badass e mi piace pensare che i figli di Demetra abbiano grandi poteri e che sembrino più "deboli" degli altri perchè generalmente hanno un carattere pacato che li frena dal mettersi in mostra. Magari ho sbagliato, in tal caso mea culpa, mi prenderò questa piccola licenza poetica sperando che non dia fastidio a nessuno.
Ah, so che nei libri viene indicata Miranda Gardiner, come capocabina, ma da quanto ho capito dovrebbe essere sostitutiva quando Katie non è presente (?)
Spero inoltre che vi faccia piacere sapere che gli Stoll saranno personaggi principali nella storia.
Bene, per il momento è tutto.
Grazie per aver letto, alla prossima!

Tinkerbell92

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