A Note for Halloween

di Relie Diadamat
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The Nicest Thing ***
Capitolo 2: *** Sweet Disposition ***



Capitolo 1
*** The Nicest Thing ***



AU. L/Light.
Prompt:Offrire una cioccolata calda.
“Questa storia partecipa alla Ottobre Challenge: Trick or Treat? indetta sul gruppo facebook Il Giardino di Efp
 



The Nicest Thing
 
 All i know is that you' re so nice
You're the nicest thing I've ever seen
[...] Basically, I wish that you loved me
I wish that you knew when I said two sugars,
Actually I meant three
- Kate Nash, Nicest Thing

 


Per Selene,
perché sei decisamente meglio di una cioccolata calda.
 




 
 
 
Era sparito nel nulla.
Un ragazzo dai capelli biondi si era guardato intorno, stizzito nel suo costume da cecchino – che in realtà non stava indossando, perché non esiste una maschera fissa per un killer -, chiedendo al suo amico dove fosse finito L.
L’altro aveva alzato distrattamente gli occhi verdi dal cellulare, scrollando le spalle.
Light concesse un sorriso di cortesia al ragazzo che si era complimentato con lui per l’ultima eccellente partita di tennis, e aveva abbandonato il bicchiere di plastica pieno di birra sulla prima superficie libera. Si era allontanato dagli altri, stando ben attento a non farsi notare, esitando solo un istante sulla soglia della cucina.
 
 
 
 
 
 
 
Faceva freddo quella sera.
Non c’erano stelle nel cielo viola, ma solo grosse nubi. L restò con la testa alzata verso l’alto per molto tempo, a studiare qualcosa che non vedeva. Non amava le feste, non gli piaceva ritrovarsi in una stanza piena di persone.
Si appoggiò al muro, sul retro di casa Yagami, aspettando che il vento penetrasse nel tessuto della sua maglietta bianca. Non pensò proprio a nulla: se ne stava lì, fermo, a guardare un cielo senza stelle.
«Cosa stai facendo?»
Riconobbe la voce nel giro di un secondo e quella fu l’unica ragione per cui, lentamente, decise di voltare il capo verso il ragazzo. Light Yagami lo osservava con le sopracciglia aggrottate, il volto pulito baciato dalla luce fredda dei lampioni, e un bicchiere fumante nella mano destra.
Non ebbe bisogno di annusare la bevanda per capire di cosa si trattava, e a chi fosse destinata. Sorrise mentalmente per quella piccola vittoria, mentre l’altro avanzava nella sua direzione.
«I tuoi amici cominciano a preoccuparsi.»
Bugia.
Se L avesse conosciuto una persona da considerare veramente amica, probabilmente sarebbe stata già al suo fianco da un quarto d’ora. Ma non lo corresse: lasciò che gli fosse vicino, tanto da poter ammirare il duro lavoro di Misa Amane nel renderlo pallido come un vampiro.
L’odore intenso di Light lo scombussolò, ma finse di esserne immune. «Sto testando il mio travestimento».
«Già, e quale sarebbe?»
«Sono un fantasma», gli disse. «Nessuno è in grado di vedere un fantasma».
«Io ti vedo».
Sentì l’aria gelida di quel 31 Ottobre gelargli le ossa, una ciocca corvina ribelle gli pizzicò la radice del naso. «Forse voglio che tu mi veda».
Lo fissò con insistenza, inchiodando lo sguardo in quegli occhi nocciola perfetti per un assassino notturno, aspettando la sua reazione in silenzio e gustando il disagio nella smorfia che Light gli riservò prima di allungare la mano accanto al suo braccio.
«Oh, per me?» L non si sforzò neanche di dissimulare il sarcasmo, sfiorando con le dita gelide quelle di Light prima di afferrare il bicchiere. «Che pensiero gentile da parte tua».
Light ritrasse la mano come se si fosse appena scottato. «Sta’ zitto e bevi», sputò, e L rise sotto i baffi per quel maldestro tentativo di mascherare l’imbarazzo.
«Resta comunque un gesto carino», mormorò, soffiando sul bordo.
«Tu sei un fantasma, non esisti». Light incrociò le braccia al petto. Il vampiro più infantile della serata, con quel broncio da bambino offeso e i capelli ramati perfettamente pettinati. L si chiese come avesse fatto a sfuggire dalle grinfie di Misa.
«Se non esisto…» cominciò, sorseggiando il liquido bollente con tutta la calma di cui era capace, per poi spiarlo con la coda dell’occhio, «perché mi hai preparato una cioccolata calda?»
Lo vide irrigidirsi nella sua bella camicia bianca, il bavero del mantello scuro che risaltava gli zigomi. «Forse non voglio diventare uno sciamano», disse infine, con falsa noncuranza.
Bel tentativo, Light. Bel tentativo.
«Peccato».
La cioccolata calda gli addolcì il palato, riscaldandolo da quel gelo che si era impossessato del suo corpo. Era perfetta, proprio come piaceva a lui: zuccherata al punto giusto, liquida e bollente.
Si leccò le labbra per non sprecare neanche una goccia di quella bevanda, certo di avere gli occhi attenti di Light su di sé. Sulla sua bocca.
Light Yagami…
Lo aveva conosciuto all'inizio dell'anno accademico, dopo essersi trasferito dall'Inghilterra, e da quel momento era cambiato qualcosa. Light aveva un potere su di lui, era stato l'unica persona capace di attrarre la sua attenzione dopo tanto tempo.
Era intelligente, infantile e complicato.
Nascondeva tante cose, Light. Le nascondeva per bene dietro la maschera del ragazzo perfetto, ma L non ci era mai cascato. Non ci aveva mai creduto, neanche per un istante.
Light Yagami era la persona meno trasparente e sincera del mondo, eppure L non aveva desiderato altro che trascorrere l'intera serata con lui. Parlargli, stuzzicarlo, stare in sua compagnia.
Con quella cioccolata calda a scaldargli le dita infreddolite, si convinse che per il giapponese doveva essere lo stesso.
«Non amo le feste.» 
Nel silenzio sceso tra loro due, quella frase banale pesò come una confessione. L aveva deciso di esporsi, di lanciare l'esca e attendere che il ragazzo abboccasse all'amo.
«A chi piacciono?»
«Alla tua ragazza sembrano piacere molto».
Light storse le labbra con lo stesso disgusto di chi ha appena mangiato cibo avariato. «Misa non è la mia ragazza!» si difese, oltraggiato. «È solo fastidiosa».
Uno strano luccichio animò gli occhi neri di L, contornati dalla vistose occhiaie perenni. Un luccichio che Light non notò subito. «Ah sì?»
«Preferirei morire».
«Che melodrammatico».
«Disse Mister Fantasma», lo rimbeccò, infastidito dal suo tono. 
Per qualche strana ragione al mondo, L adorava irritarlo al punto da beccarsi una risposta acida con quel fare saccente che aveva imparato a conoscere. 
Ogni provocazione accolta era una piccola vittoria, una piccola soddisfazione.
«Hai ragione» gli concesse, portandosi nuovamente il bicchiere alle labbra. «Chiedo scusa».
Era carino, Light Yagami. Era carino da imbronciato, ma era ancora più carino quando usava il cervello. Quando lo sfidava senza alcuna ragione.
Light era di sicuro la persona più carina che avesse mai conosciuto, e questo lo spaventava.



 
 
 




«Non potrei mai essere attratto da qualcuno come Misa».
Light parlò dal nulla, tenendo gli occhi incollati sul volto basso di L. La chioma spettinata si confondeva col buio che li circondava, ma gli occhi… Gli occhi di L sembravano persi. Smarriti. Tristi.
Occhi che ora lo guardavano, attendendo altre parole, altre spiegazioni. Attendendo altre mosse.
Dalla prima volta che lo aveva visto, tra loro era stata un'eterna partita a scacchi. Nessuno dei due sapeva esattamente per quale motivo giocavano a quel gioco, quale fosse il motivo reale nascosto dietro quell'agognato scacco matto che non arrivava mai.
L'unica cosa che Light sapeva era che di quella festa non gli importava nulla. Non gli importava della gente che rideva, ballava e si ubriacava. Era stanco dei complimenti, dei falsi sorrisi e della gentilezza forzata.
A Light interessava solo quel fantasma ridicolo con la schiena ricurva e gli occhi tristi, con un angolo della bocca sporco di cioccolato.
«Non funzionerebbe mai, lo sai. Avrei bisogno di qualcuno più...»
Quegli occhi neri lo fissavano. Lo fissavano senza sosta. Potevano sembrare freddi, spenti, magari anche apatici, ma Light aveva colto qualcosa.
Una mossa falsa. Un pedone che L non avrebbe dovuto toccare.
Un errore carino.
Gli si avvicinò lentamente, al punto da sentire il profumo della cioccolata invadergli le narici. Gli era così vicino da poterlo sfiorare sollevando una mano, spingendosi in avanti verso quella faccia così seria…
Avrebbe potuto baciarlo, ma si bloccò ad un centimetro dalla sua bocca. Non riusciva a distogliere lo sguardo, era paralizzato.
Non si tornava indietro, non c'era via di scampo.
Se l'avesse baciato adesso, ci sarebbero state delle conseguenze. Sarebbe cambiato tutto.
 
Come si bacia un fantasma che sa di cioccolata?
 
«Light».
Non voleva alzare lo sguardo da quelle labbra, da ciò desiderava ardentemente conoscere, dal sapore che voleva assaggiare. Non voleva cambiare idea, tirarsi indietro come un codardo.
Sapeva che non si sarebbe opposto, che gli avrebbe lasciato campo libero. Sapeva che non aspettava altro. 
«Ricordati che sono un fantasma.» Il fiato di L gli accarezzò la guancia piena di trucco, facendolo rabbrividire. Ricordò il modo in cui aveva ansimato durante la loro ultima partita di tennis, mentre tentava inutilmente di rincorrere la palla. 
L aveva dissimulato la stanchezza per tutto il tempo, ma il respiro affannoso tra un colpo di racchetta e l'altro l'aveva tradito.
 
Cosa voleva che facesse adesso? 
Cosa stava dissimulando?
 
Il panico s'impossessò di Light quando lo vide spostarsi, pronto ad allontanarsi. 
No, non poteva sparire di nuovo. Non poteva lasciarlo a bocca asciutta, come sempre. Non glielo avrebbe permesso.
Successe in un attimo.
La sua mano  si strinse intorno al polso di L Lawliet, il ragazzo che non amava le feste, il fantasma con la bocca sporca di cioccolato, con disperazione. Con urgenza.
L si era bloccato come una statua di marmo.
 «Resta».



 
 
 
L sarebbe rimasto tutta la notte di Halloween bloccato in quel modo, dal tocco di Light, se solo avesse potuto.
Avrebbe voluto che non staccasse mai la mano dal suo polso. Che non lo lasciasse andare da nessuna parte.
«D'accordo, Light.» Si mosse impercettibilmente nelle sue scarpe da ginnastica, calpestando il suolo del retro di casa Yagami. «Se è ciò che desideri».
Si sarebbe avvicinato di nuovo e questa volta non avrebbe esitato. Percepiva con ogni fibra del suo corpo il bisogno di sentirlo addosso, lì dove la pelle era diventata un cubetto di ghiaccio. Voleva che osasse assaggiarlo, che si permettesse di toccarlo come non aveva mai permesso a nessuno.
Light deglutì e L seppe di avere la vittoria in pugno. 
 
 
 
 
 
«Ma lo hai visto? Insomma, chi si crede di essere?!»
«Mi hanno distrutto tutte le torri, incredibile!»
Le voci di Mello e di Matt si accavallarono l'una sull'altra, il rumore continuo della rotella dell'accendino che accompagnava i loro passi sempre più vicini. 
Light sospirò stizzito nel riconoscere la luce tremolante della fiamma in tutto quel buio, certo che l'amico del cecchino-biondino avesse deciso di fumarsi l'ennesima sigaretta della serata.
E, per la prima volta nella sua vita, L fu seccato quanto Light per l'intrusione involontaria di quei due.
Abbassò gli occhi sulla cioccolata ormai tiepida, il retrogusto nella sua bocca ormai diventato amaro. 
«Ci conviene tornare dentro.» Light sembrò ringhiarlo a denti stretti, o forse era solo il travestimento da vampiro a dargli quella illusione.
L, tuttavia, sospirò rassegnato. «Hai ragione».
Tornarono all'ingresso, facendo il giro opposto della casa per non incontrare Mello e Matt, camminando fianco a fianco. L lasciò che per tutto il tempo la sua mano sfiorasse quella di Light.
Gli sembrò il momento più carino di quella nottata.







 
Allora.
Non so più scrivere roba fluff, ci provo ma esce fuori roba deprimente. 
Questa è solo la prima os della raccolta, la seconda sarà una Beyond/Misora. Le storie saranno tutte a tema Halloween - ovviamente, tutte AU. Il rating e i generi potrebbero variare...

Questa storia è dedicata alla mia Celtica. Se non avete ancora letto nulla di suo - soprattutto in questo fandom - SHAME ON YOU, e rimediate subito --> link profilo, cliccami
I "costumi" di L e Light sono ripresi dalla sua adorabile Raccolta, in cui L opta per un bel lenzuolo aka si traveste da fantasma e Light da vampiro. --> Why Not?  

Celtica: spero davvero che questa storia possa piacerti, anche se non è il massimo della dolcezza. SCUSA, SCUSA, SCUSA. 
Sono davvero contentissima di condividere questa nuova droga con te, sappilo!

Piccola precisazione: c'è un momento in cui Light dice di non voler diventare uno sciamano. ADESSO. Non so se sia una credenza puramente coreana o meno, ma si crede che chi vede o parla con gli spiriti possa, per l'appunto, essere uno sciamano. Light intendeva "tenerselo buono" (?).
Sì, Matt gioca a Clash Royale... e sì, Mello gli rompe le scatole parlando di Near. :) 

Grazie a chiunque sia arrivato fin qui, a chi deciderà di seguire questa raccolta e a chi vorrà lasciarmi il proprio parere! 

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Capitolo 2
*** Sweet Disposition ***


Beyond/Misora.
AU.
Prompt: Non ricordare nulla dopo una bevuta.
Questa storia partecipa alla Ottobre Challenge: Trick or Treat? indetta sul gruppo facebook Il Giardino di Efp


Sweet Disposition

It doesn’t matter if there’s nothing under the bed, or in the dark, as long as you know it’s okay to be afraid of it. So listen.
If you listen to nothing else, listen to this: you’re always going to be afraid, even if you learn to hide it.
Fear is like… a companion. A constant companion, always there.
- Doctor Who
 
 
 
Naomi Misora era baciata dalla sfortuna, di questo era certa: se qualcosa poteva andarle storto, finiva anche peggio. Era un dato di fatto, come l’odore nauseante di zucca bollita che le pizzicò il naso risvegliandola da un incubo.
Sollevò le palpebre e i mostri dell’inconscio si dissolsero nella luce del sole che filtrava dalla finestra, mentre un mal di testa terribile le augurava una buona giornata. Le tempie pulsavano e sentiva la bocca arida, acida di vomito.
Mugugnò strusciandosi contro il cuscino, rabbrividendo per un vento freddo che in realtà non c’era, prima di mettere a fuoco il posto in cui si trovava: era stesa nel suo letto, rimboccata con le sue coperte. Persino le scarpe lanciate in un angolo remoto della stanza alla bell’e meglio erano le sue… ma i due occhioni che la fissavano non le appartenevano affatto.
Naomi indietreggiò d’istinto, riconoscendo la figura appollaiata sul suo materasso. L’idiota inquietante stava mangiucchiando un biscotto a forma di ragno, ricoperto da una quantità spropositata di marmellata di fragole, osservandola come un assassino.
 «Buon giorno».
Naomi represse un conato di vomito, sistemandosi nella posizione più autoritaria possibile. «Cosa ci fai qui?» Si sforzò di utilizzare un tono duro, intransigente, ma sapeva che le occhiaie profonde e i capelli scarmigliati l’avrebbero tradita.
Beyond Birthday la ignorò, leccandosi le dita. «Temevo avresti dormito per sempre».
«Come sei entrato in casa mia?»
«Devo proprio dirtelo, Misora, sei rumorosa».
Allarmata da quella frase insolente, Naomi lanciò disperata un’occhiata sotto le coperte ricordando i bicchierini di troppo della notte precedente, sospirando di sollievo nel constatare che indossava ancora gli stessi abiti con i quali era uscita di casa. Beyond seguì il suo sguardo senza la minima emozione, indugiando abbastanza a lungo all’altezza del suo petto per metterla a disagio.
Naomi alzò un sopracciglio, a metà tra l’essere confusa e indispettita, ma l'altro restò muto come un pesce. 
Lasciò perdere, sapendo che non avrebbe mai ricevuto una spiegazione.



Beyond Birthday era il suo vicino di casa da pochi mesi - sette, per la precisione. Lo stesso lasso di tempo che Raye aveva impiegato per andare avanti dopo la loro rottura.
Era quasi ironico come l'uomo dei suoi sogni fosse uscito dalla sua vita e un altro, estrapolato da un romanzo di Stephen King, fosse entrato a farne parte nello stesso momento… Anche se quello tra Naomi e Beyond non poteva definirsi un vero e proprio rapporto.
S'incrociavano sul pianerottolo, lanciandosi strane occhiate, e poi ognuno tornava alla propria vita.
Si erano già scambiati delle frasi striminzite, ma non avevano mai avuto una vera e propria conversazione.



"Quel tipo mi mette i brividi", le aveva confessato la sua unica, cara amica e collega, Halle, dopo averlo conosciuto. "Ha la faccia di uno strangolatore di conigli".
Naomi non aveva commentato, anche se quel tipo le faceva venire la pelle d'oca. Beyond Birthday era quel genere di persona capace di raggelare senza dire una parola. Si portava addosso un alone sinistro, di pericolo, come chi nasconde un segreto di vitale importanza impossibile da rivelare.
B - così lo aveva soprannominato Halle - era inquietante nei suoi jeans sbiaditi e nelle maglie troppo larghe che indossava. I profondi occhi neri sembravano colorarsi di rosso, alcune volte, proprio quando le labbra sottili si allargavano in un ghigno indecifrabile.
Le stesse labbra che adesso erano sporche di marmellata e delle briciole dei biscotti di Halloween che Naomi aveva comperato dopo il lavoro per consolarsi. Le era sembrato un giusto compromesso: divorare ragni, fantasmini e zucche di pasta frolla per non pensare al fisico perfetto della donna che presto Raye avrebbe sposato.
Gli occhi le pizzicarono e la voglia di correre in bagno e accasciarsi contro il water tornò insistente. 




«Quel barattolo è per te».
Beyond le indicò col mento il barattolo di marmellata di fragole che aveva abbandonato accanto al letto. Naomi strinse le labbra, pensando che avrebbe preferito mangiare un ceppo d'aglio piuttosto che mandare giù quella roba appiccicaticcia.
«No, grazie».
«La marmellata potrebbe aiutarti».
«Aiutarmi?».
«Per i postumi della sbornia, intendo».
Naomi si lasciò scappare una smorfia dalle labbra screpolate, memore di tutto l'alcol ingerito in quella stupidissima discoteca dove Halle l'aveva trascinata per festeggiare Halloween con un giorno d'anticipo. Aveva provato un superalcolico dopo l'altro, finendo in bellezza col pacchetto di sigarette comprato per l'occasione. 
Naomi non fumava, non l'era mai piaciuto il sapore che il tabacco le lasciava nel palato, nella gola, ma per quella sera aveva voluto lasciarsi andare. Annebbiare il cervello. 
E ci era riuscita, a dirla tutta. Non ricordava nulla.
Cos'era successo dopo? Com'era tornata a casa? E da quanto tempo Beyond Birthday era lì, a fissarla? 
Più si sforzava di ricordare, più il vuoto si impossessava della sua mente. L'ennesima smorfia, poi il pensiero di Beyond fermo ad osservarla la bloccò. 
Non voleva abbassare la guardia con lui, non voleva che la vedesse vulnerabile. Era una maschera che Naomi aveva imparato a indossare molto tempo addietro, dal suo trasferimento in America: si fingeva coraggiosa, anche quando le gambe le tremavano. Restava calma, anche se avrebbe voluto correre a perdifiato e singhiozzare. 
Essere una donna - e per giunta straniera - non era facile, soprattutto con un distintivo e l'incarico di acciuffare criminali e psicopatici. 
Si portò una mano tra i capelli neri, aggiustandosi una ciocca liscia dietro l'orecchio. Beyond Birthday aveva deciso di giocare con lei, ma Naomi non gliel'avrebbe permesso. 
«Vedo che ti sei dedicato alla lettura».
Gli occhi di Beyond saettarono al volume abbandonato accanto a lui, vicino ai piedi nudi, e un sorriso storto gli allungò le labbra sottili. «Oh sì. Devo ammetterlo, Misora, hai degli ottimi gusti».
La sua libreria era scarna, dopo la rottura con Raye. L'ex fidanzato si era portato con sé tutti i romanzi di Darren Brown, Agatha Christie e Ken Follett, lasciando un grosso vuoto sugli scaffali. 
Durante la loro relazione, Naomi aveva sempre creduto che fosse Raye ad avere ottimi gusti, in tutto. 
Lei si limitava a rilassarsi sdraiata al suo fianco sfogliando le pagine di vecchi manga, perdendosi in mille ricordi. 
Adesso il quarto volume di Akazukin Chacha giaceva chiuso sul materasso, e Misora pensò a quanto fosse buffo e destabilizzante l'immagine del suo vicino di casa assorto in una lettura simile.
Beyond Birthday, lo strangolatore di conigli, immerso tra le pagine di uno shojo. 
Gli occhi di Beyond luccicarono come quelli di un bambino la mattina di Natale. «Adoro questo manga. L'ho riletto quindici volte in due settimane».


Però, dev'essere vero amore. 


«Ah sì?»
«È impossibile non apprezzarlo. Mi ha insegnato tantissime cose. Mi ha trasmesso coraggio, speranza, amore e sacralità e- dove vai?»
Naomi si era finalmente decisa ad alzarsi dal letto, per nulla interessata al monologo da fanboy del suo inquietante vicino di casa. Aveva il timore che non la smettesse più di parlare con quegli occhi da fan innamorato.
La verità era che Naomi, quel manga, l'aveva soltanto sfogliato. Avrebbe ferito i suoi sentimenti, se gliel'avesse confessato? 
«Non ho intenzione di restare nel letto per tutto il giorno», gli disse, calzando le sue ciabatte per avviarsi in cucina. «Soprattutto non se ci sei tu seduto in quello strano modo». 
Beyond la seguì come un'ombra, lagnandosi per essere stato ignorato. A quanto pareva, aveva proprio voglia di trascorrere ore intere a gingillarsi col suo grande amore di carta, e il comportamento di Misora l'aveva offeso. 
«Non è educato andarsene nel bel mezzo di una conversazione, Misora». 
«La violazione di domicilio ti sembra una cosa abbastanza educata, invece?»
Quel tipo aveva proprio una bella faccia tosta. Si aggirava per le quattro mura di un appartamento che non gli apparteneva, un posto dove non avrebbe dovuto essere, come se fosse un suo diritto. Come se fossero due vecchi amici che si ritrovano dopo la fine del college. 
Halle aveva ragione, constatò turbata. Quel tipo non aveva tutte le rotelle al proprio posto. E… Perché diamine c'era una pentola sul fornello acceso? 


«Non pensavo fossi quel tipo di donna, Misora. Devo ammetterlo. Questo mi delude».
Naomi ignorò i deliri di quel pazzo, indicando la pentola fumante. «Stai cucinando della zucca bollita in casa mia?»
Lo vide portarsi un dito alle labbra, fingendosi costernato. «Adesso che ci penso, temo di aver dimenticato il burro». 
Era pronta a ringhiare il suo nome, ma si contenne. Nella sua vita, aveva incontrato persone peggiori di Beyond. Persone decisamente più pericolose, il più delle volte senza una pistola per difendersi. 
Gonfiò il petto, pronta a metterlo alle strette. Prese un lungo respiro, determinata, scattando decisa verso i fornelli. Era tornata la solita e risoluta Misora Massacre quando inciampò come una totale imbecille. 
La voce di Beyond arrivò alle sue orecchie come il ronzio di un'ape dispettosa. «Oh no, non l'ho dimenticato. Era anche caduto sul pavimento». 



Era stato umiliante. 
Cadere dopo aver mostrato gli artigli, dopo aver preso le dovute distanze. Naomi odiava sbagliare, odiava che gli altri si accorgessero dei suoi errori, che la considerassero debole. 
Eccola lì, Misora Massacre, col mascara sbavato sugli occhi e i capelli in disordine. Le sembrò di rivivere la prima esperienza come agente di polizia: i suoi colleghi la guardavano con pietà, dall'alto in basso, eseguendo una dettagliata radiografia con i loro pregiudizi. Tutti, persino le donne. 
Tutti tranne Raye. Lui aveva sempre avuto fiducia in lei, l'aveva sempre sostenuta. 
E Naomi aveva deciso di lasciarlo, di cederlo a qualcun'altra. Una donna che desiderasse le stesse cose di Raye, una donna che potesse renderlo felice. 
Si sentiva stupida, Naomi. Stupida e incapace. Una bambina con lo sguardo basso e pieno di vergogna dinanzi a una lavagna incomprensibile. 
A farle male, davvero male, fu il pezzo di carta che le saltò all'occhio mentre si rialzava. L'invito alle nozze dell'uomo che amava. 
Gliel'aveva consegnato Raye stesso, la mattina scorsa al lavoro, con la scusa di un caffè bollente dopo aver esaminato un fascicolo dopo l'altro. 
"Non sapevo come dirtelo, ma non volevo che venissi a saperlo da qualcun altro", le disse, stringendo quel dannato pezzo di cartoncino tra le dita. "Non sei costretta a venire". 
Naomi aveva ingoiato il suo orgoglio, indossando la sua maschera migliore. "Sì, capisco… Grazie". 
Era giusto così, dopotutto. Raye sembrava felice e questo le bastava. Anche se avrebbe voluto supplicarlo di non farlo, di non andare avanti. Di non amare un'altra donna. 
Era giusto così, ma Naomi ne aveva abbastanza del suo cuore spezzato e umiliato. 



Spense il fornello con un gesto secco, sopportando in silenzio il terribile pulsare delle tempie. «Fuori da casa mia», era un ordine. 
La luce della mattina baciava il viso di Beyond, schiarendo gli enormi occhi scuri. La testa era reclinata di lato, come quella di un cane. Non voleva andare proprio da nessuna parte. 
«Sedotto e abbandonato. Fa male, sai?» Pronunciò quella frase senza emozione, rendendo quell'accusa falsa quanto l'indifferenza di Naomi. «Il minimo che potresti fare è restituirmi il favore, Misora. Prima mi baci e poi mi sbatti fuori senza neanche un dolcetto. È crudele». 
Si pietrificò, sentendo il cuore perdere un battito. «C-Cosa hai detto?»
L'idiota strabuzzò gli occhi, emulando stupore. «Non ricordi? Hai proprio deciso di spezzarmi il cuore». 
Certo. 
Il naso. I denti. Le gambe. Scegli tu da cosa iniziare.
Ma dalle labbra schiuse di Naomi non uscì nulla, nemmeno un flebile sussurro. Sembrava imbalsamata con le mani lungo i fianchi e le ciabatte piantate sulle mattonelle sporche della cucina. 
Si sforzò di ricordare, di lambiccarsi il cervello in cerca di un frammento, di un indizio, di una luce in quell'immenso buco nero, senza riuscirci. 


Cosa diamine aveva combinato? 


Il sorrisetto storto e compiaciuto sulla faccia di Beyond le metteva i brividi, gettandola nell'ansia più totale. Sapeva che se ne sarebbe pentita, che avrebbe maledetto quei bicchierini di troppo fino alla fine dei suoi giorni. 
«Ti spiegherò ogni cosa, Misora ma… » si avvicinò con passo felpato, invadendo il suo spazio vitale. Era una vicinanza insostenibile, ma Naomi si costrinse a sostenere lo sguardo, a non indietreggiare, a fronteggiarlo con tutta la sfrontatezza di cui era capace. 
L'odore di Beyond era forte e le fece girare la testa. Era un odore particolare, un odore simile all'erba bruciata. Allungò un braccio, sfiorandole il fianco, con l'unico intento di riaccendere la fiamma che avrebbe scaldato la pentola. «Voglio il mio dolce di Halloween». 
Naomi si sentí ricattata, intrappolata tra due fuochi. Le dita affusolate di Beyond sembravano artigli, il volto spigoloso non le trasmetteva nessuna vibrazione positiva. Nonostante tutto, s'impose di calmarsi e respirare. 
Rinsaví dopo una manciata di imbarazzanti secondi, indurendo lo sguardo. «No. Siediti e inizia a parlare. E forse avrai il tuo dolce». 
Un gesto repentino di Naomi e la zucca smise di borbottare per l'ennesima volta. 
 
 
 
 
 
 
 
«Antipatica… »
Lo sentí brontolare mentre, capriccioso come un bambino, prendeva posto accanto al piccolo tavolino in legno che Misora avrebbe seriamente dovuto cambiare.
Lo imitò, tenendo la schiena dritta. «Allora. Inizia a spiegarmi perché ti sei introdotto in casa mia». 
L'attenzione di Beyond si spostò dalla pentola abbandonata sul fornello spento ai tratti seri di Naomi. Sembrava stesse soppesando la situazione, quanta voglia avesse di quel dolce e se volesse davvero rispondere alle sue domande.
Quell'incertezza la innervosì non poco. Non voleva giocare sporco con quel tipo strambo, ma se voleva cavarne qualche informazione doveva utilizzare qualsiasi asso nella manica. 
Adocchiò l'orologio appeso al muro. «Hai soltanto tre minuti e poi potrai dire addio al tuo dolce». 
Udita la parolina magica, Beyond si sistemò meglio sullo sgabello, portando una mano nelle tasche dei jeans. Ne estrasse un mazzo di chiavi, tenendole in aria tra l'indice e il pollice, proprio all'altezza degli occhi di Naomi, che rabbrividì nel riconoscerle. 
«Quelle sono… »
«"Delle stupide chiavi inutili", se posso citare le tue esatte parole», l'anticipò con finta gravità, quasi stesse analizzando la scena di un crimine. «Ma almeno non stupide quanto "la porta babbea"». 
 
 
Un flash. 
 
 
L'immagine di una se stessa barcollante nel pianerottolo, col braccio completamente immerso nella borsa alla ricerca delle chiavi, si palesò nella sua mente come uno schiaffo ben assestato sulla guancia. 
Ricordò di aver frugato nervosamente nella borsa spazientendosi, la voglia di crollare sul pavimento e abbassare le palpebre, inveendo contro la porta chiusa. 
Naomi mandò giù l'imbarazzo con la saliva. «Perché erano nelle tasche dei tuoi pantaloni?». 
Un sorrisetto furbo, Beyond quasi dondolò su se stesso. «Già. Secondo te, che ci facevano nelle tasche dei miei pantaloni?»
Sembrava un bambino dispettoso, un bambino infantile con troppa voglia di giocare. Uno bugiardo col naso appuntito. Naomi incrociò le braccia al petto, ponendo l'ennesimo muro tra loro. «Il tempo scorre. Fossi in te, non perderei tempo prezioso». 
Non seppe dirsi se quell'atteggiamento l'avesse irritato o se fosse esattamente la reazione che desiderava ottenere. Beyond si passò distrattamente la lingua sulle labbra e si portò una gamba al petto. Appoggiò il mento pallido sul ginocchio, lanciando un'occhiata divertita nella sua direzione. «Non ne sono sicuro, ma credo che stessi piangendo. Ad ogni modo, facevi abbastanza baccano da disturbarmi». 
Dischiuse le labbra contro la sua volontà. Era come se un ago di ghiaccio le avesse perforato il cuore in tanti punti, ferendo il suo ego. 
Aveva pianto, sul serio? E Beyond l’aveva vista?
Lentamente, Beyond Birthday accompagnò le chiavi contro il legno plastificato del tavolo, adagiandole con cura. Immobili, grigie e mute. Naomi ricordò di averle strette nel palmo della mano fino a farsi male, la fronte contro la porta. Ricordò la lacrima che non era riuscita a trattenere scorrerle lungo il volto e morire nell’angolo della bocca. 
Aveva singhiozzato, tirando su col naso, maledicendosi per il rumore che aveva fallito nel  camuffare. Poi aveva visto due scarpe da ginnastica accanto agli stivali, avvilita e allo stesso tempo sollevata per essere stata scoperta. In quel momento, sarebbe sprofondata nelle braccia di chiunque.
 
 
«Sono stata io...» Naomi soffiò mortificata, ricostruendo quel puzzle. Era stata lei a cedergli la possibilità di aiutarla, a chiedergli aiuto. Ma qualcosa ancora non tornava, non riusciva ancora a ricordare… Nella sua mente si susseguirono immagini sfocate: le braccia di Beyond che la sorreggevano, la pelle calda dell’incavo del collo dove si era rifugiata… le sue dita gelide che scostavano ciocche ribelli dagli occhi pieni di lacrime. «Non volevo restare da sola...»
«Suppongo che tu mi debba un dolce». Beyond la guardò annoiato, ricurvo, distante dal suo dolore.
«Sei rimasto.» Le sembrava assurdo, inconcepibile. Non erano amici, non erano nulla. A stento sapeva il suo nome, a stento gli rivolgeva la parola ogni giorno. «Sei rimasto davvero».
«Forse stavo solo studiando un modo per ucciderti nel sonno.»
Nonostante il mezzo ghigno e il tono provocatorio, l’odore di menzogna era palese. Non ci credette neanche per un attimo. «La marmellata-»
Venne interrotta dal suono del citofono. Voltò il capo oltre la soglia della cucina, chiedendosi chi potesse mai essere. Non voleva lasciare quella conversazione a metà. Per una ragione ignota, sentiva che se si fosse alzata dallo sgabello, Beyond sarebbe sparito nel nulla. 
Il citofono gracchiò ancora. 
«Tranquilla» la voce di Beyond la fece sussultare «non andrò da nessuna parte». 
 
 
 
 
 



Premette il pulsante per l'interfono e non si meravigliò quando riconobbe la voce di Halle. «Ti ho chiamata mille volte, pensavo fossi morta per mano del tassista». 
Naomi si strinse le braccia al petto, a disagio. Era brava a mentire, ma non le piaceva farlo con le persone che amava. «In realtà mi sento a pezzi, credo che passerò la giornata nel letto». 
«Non è da te». 
Si morse la lingua. Halle la conosceva troppo bene e, a dispetto di ciò che aveva sempre pensato di se stessa, continuava a ripeterle che come bugiarda era una frana. «Preferisco stare da sola, per un po'». 
Non era del tutto falso. 
Naomi tendeva a isolarsi dal mondo quando era triste: non voleva mostrarsi vulnerabile agli occhi degli altri e non amava parlare dei suoi problemi. Halle era la sua unica e cara amica, ma neppure lei riusciva a capirla. A capire il suo dolore. 
L'unica persona di cui aveva bisogno era se stessa… E il suo strano vicino di casa. 
«D'accordo», Halle finalmente si arrese, schioccando la lingua contro il palato. «Ma non rimpinzarti di dolci come lo scorso Halloween. Lasciamene qualcuno». 
Si lasciò scappare una risata senza allegria. «Magari domani potrei offrirti del sushi». 
«Accetto il patteggiamento», stette al gioco e sembrava stesse per salutarla quando aggiunse: «Comunque, ero passata anche per restituirti la borsa».
Naomi aggrottò le sopracciglia, certa di aver udito male, ma una strana sensazione iniziò a scorrerle nelle vene. «La borsa?»
«Sì, l'avevi dimenticata in discoteca, sul bancone del bar. Ricordi?»
Quella domanda. Continuava a perseguitarla da quando si era svegliata. Con le mani tremanti si allontanò dal citofono. Halle continuava ripetere il suo nome, ma Naomi era intrappolata in una bolla di vetro. La cucina era deserta, ma le chiavi - le chiavi che ricordava di aver estratto dalla borsa che aveva dimenticato - erano ancora lì. 
Terrorizzata, seguì con la coda dell'occhio l'angolo cottura. Le gambe divennero di burro fuso, ma una parte di lei era conscia di ciò che avrebbe trovato.
La zucca brontolava di nuovo su un fornello acceso. 
 
 
 
 
 
 
Bussò contro la porta così forte che le nocche divennero dolenti. Naomi si era precipitata fuori casa con i piedi protetti dalle ciabatte e i capelli in disordine.
Forse stava diventando matta, ma il barattolo di marmellata che stringeva nella mano era una prova tangibile che qualcosa fosse successo. 
Quando la porta dell'appartamento si aprì, rivelando una chioma di capelli scuri, Naomi trattenne l'urlo che combatteva per uscire dalla trachea. 
Due grandi occhioni neri la scrutavano curiosi, un lecca-lecca si muoveva ad ogni parola scandita con lentezza. «Non è un po' presto per dolcetto o scherzetto?»
Doveva essere uno scherzo. 
Il ragazzo la fissava con aria interrogativa, ricurvo. Indossava una maglietta bianca e dei jeans troppo larghi che nascondevano appena i piedi nudi. 
Quel ragazzo somigliava spaventosamente a Beyond Birthday, ma non era lui. 
«Chi sei?» domandò, in preda al panico. Per quanto tentasse di mascherare il terrore, la sua voce la tradì. «Rispondimi immediatamente. Chi sei?»
Il ragazzo si rigirò il dolciume da un lato all'altro della bocca, grattandosi il polpaccio col dorso del piede. «Il suo vicino di casa. Ma non credo che funzioni così Halloween». Indugiò con lo sguardo sul barattolo di marmellata, mentre Naomi sentiva di affondare nelle sabbie mobili. 
«Non è possibile… »
«Chi è?»
Una terza persona comparve nel campo visivo di Misora, alle spalle del ragazzo. Una faccia pulita, la camicia sbottonata e un paio di occhi nocciola. «Non dirmi che sono già arrivati i marmocchi. Sono le sette di mattina, maledizione!»
No, doveva calmarsi e respirare. 
C'era una spiegazione logica a tutto quello, doveva esserci. Inspirò, riacquistando in parte il controllo del proprio corpo tremante. «Beyond… Lui è in casa?»
I due ragazzi potevano essere uniti da un legame di parentela, dopotutto. Magari i due che la osservavano dalla soglia erano soltanto di passaggio.
Ma tutte le speranze di Naomi sembrarono frantumarsi in mille pezzi alla risposta lapidaria del ragazzo ricurvo. «No». 
«Devo parlargli, urgentemente. Sai quando tornerà?»
«No». 
Quelle risposte laconiche la innervosivano. Non le piacevano, così come non le piaceva quel tipo dalle occhiaie profonde e la carnagione di un cadavere. 
«Che cos'è questa storia?» Fu il secondo ragazzo a intervenire, abbottonandosi frettolosamente la camicia. «Chi è questo Beyond?»
L'asta bianca del lecca-lecca ballò insieme alle labbra. «Qualcuno dell'altro mondo.» 
Se il suo intento era quello di suonare enigmatico, quel tipo poteva dirsi soddisfatto: Naomi notò che l'altro ragazzo era perplesso quanto lei. Pendevano entrambi dalle labbra del suo vicino di casa, che intanto le aveva allungato una mano. «Ad ogni modo, credo sia il caso di presentarsi per evitare altri spiacevoli equivoci. Può chiamarmi Rue Ryuzaki». 
Naomi guardò quella mano affusolata dubbiosa, prima di stringerla incerta. Non ci capiva più nulla, e per un attimo dubitò persino di essere sveglia. «Misora. Naomi Misora». 
«Piacere di conoscerla, Naomi.» Rue non sembrava un tipo da perdersi in chiacchiere. Aveva indietreggiato, appoggiando la schiena contro il braccio dell'altro, intenzionato a concludere quella conversazione al più presto. «Stia attenta, mi raccomando. È pur sempre Halloween». 
Non aveva nessun senso. 
«Aspetta.» Intercettò la porta con la punta della ciabatta, tenendola ferma con la mano. Rue Ryuzaki non si scompose neanche un po'. «Beyond vive qui. Lo incontro praticamente ogni giorno da sette mesi. Ritiriamo la posta insieme, lo guardo entrare in casa… Ieri mi ha aiutato con… Stamattina era qui. Ha letto il mio manga, ha mangiato i miei biscotti. Non mentirmi, non serve. Voglio solo sapere dov'è». 
Lo sguardo scuro di Rue Ryuzaki era imperscrutabile a differenza dei due occhi nocciola che volevano incenerirlo vivo. «Credo che tu mi debba una spiegazione», lo sentì sibilare. 
Rue posò una mano sul braccio del compagno, ma continuò a rivolgersi a Naomi. «Non le sto mentendo, Naomi. Beyond non vive qui, ma se per sfortuna vorrà cercarla saprà sempre come fare per trovarla.»
«Non capisco… »
«Mi creda, è un bene». 
Senza neanche avere il tempo di cercare nuove parole, la porta si richiuse, escludendola dalla lite che sarebbe iniziata da lì a poco tra i due ragazzi. 




Le sembrò di essere intrappolata in una foto: non riusciva a muoversi e si sentiva circondata da mura che non riconosceva più. Le lancette dell'orologio si erano ibernate in quel momento senza tempo, dove ogni cosa perdeva senso. 
Era bastata una notte, una sola e stupidissima notte per stravolgere la sua vita. 
Quando finalmente riuscì a muovere di nuovo le gambe, ritornò sui suoi passi, nel suo appartamento, avvertendo improvvisamente il bisogno di coprirsi le spalle con qualcosa di pesante. 
Era come se l'inverno fosse sceso su di lei, cupo e minaccioso. Un inverno senza fine. 
Oltrepassò il corridoio, dove la borsa che Halle le aveva riportato giaceva in silenzio su una sedia, procedendo verso la camera da letto. 
La marmellata di fragole la osservava dalla cassettiera come una bambola di porcellana. 
Naomi si fermò accanto al letto, attratta da ciò che non riusciva a vedere. 
Il posto dove nessun bambino voleva guardare, il nascondiglio perfetto in quanto banale. Il primo posto che un bravo poliziotto controllerebbe. 
Si abbassò sulle ginocchia, ripensando all'incubo di quella notte. C'era qualcuno che la spiava, nel buio, e per quanto lei corresse quella presenza malefica non l'abbandonava. L'odore di foglie bruciate la perseguitava senza tregua. 
In fondo, gli aveva chiesto lei di restare e lui le aveva promesso che non sarebbe andato da nessuna parte. 
«Credo che ti sia guadagnato quel dolce» disse, rivolta all'antro della strega, l'angolo dedicato ai mostri. Ai demoni. «Prima, però, devi spiegarmi la storia del bacio». 
Non seppe neanche perché sorrise quando due occhi rossi brillarono nella penombra. 




 
Proposition: what if no one is ever alone?
What if every single living being has a companion? A silent passenger—a shadow?
What if the prickle on the back of your neck is the breath of something close behind you?
- Doctor Who




 
Scrivere questa storia è stato difficilissimo.
Doveva finire in maniera del tutto diversa, in dolcezza... ma poi mi son detta che questa era una raccolta dedicata esclusivamente ad Halloween... Non poteva essere solo un contorno, dunque...
Non voglio spiegare nulla, lascio a voi teorie e congetture. Spero soltanto di non aver scritto cretinate.

Ci sono diversi riferimenti al romanzo, che quindi non starò qui a spiegare. Anche perché abbastanza futili.
Ci tengo a precisare, ancora una volta, che questa storia è un AU. Naomi non è un'agente dell'FBI ma della polizia - perché sì. 
Halle è diventata la sua migliore amica - e unica lool - grazie ad una storia letta nel fandom inglese e che adesso non trovo più. Mai una gioia.

La prossima storia dovrebbe essere una Matt/Mello, e sarà decisamente in tema Halloween. Più delle precedenti.
Avevo intenzione di scrivere molte altre OS, ma non so se ce la farò. Mi sembrerebbe ridicolo aggiornare la raccolta anche dopo Halloween e... questo è un periodo un po' no. Mi dispiace davvero tanto, ma spero di scriverne almeno altre due. La Matt/Mello ci sarà!

Grazie ai coraggiosi che hanno letto fin qui. Grazie a chiunque abbia inserito la raccolta nelle seguite/ricordate/preferite e grazie a chi deciderà di lasciarmi il proprio parere.

Un grazie particolare a Celtica perché ogni santo giorno mi supporta e mi sopporta. Grazie, grazie davvero. 
Vi suggerisco di leggere la sua long Lawlight. Una what if? che si prospetta davvero, davvero interessante --> Legami
 

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