Hogwarts ci sarà sempre

di EcateC
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fine pena mai ***
Capitolo 2: *** Sento un po' mie le paure che hai ***
Capitolo 3: *** Il lupo perde il vizio ma non il pelo ***
Capitolo 4: *** Where's the love? ***
Capitolo 5: *** Un piccolo segreto ***
Capitolo 6: *** Another little piece of my Heart ***
Capitolo 7: *** Puzza di guai ***
Capitolo 8: *** Una bella ragazza ***



Capitolo 1
*** Fine pena mai ***


"Niente è impossibile, sei hai il fegato di crederci"
J. K. Rowling




Casa Riddle era stata una villa sontuosa e accogliente, con un grande giardino curato, le scale in marmo e i portoni intarsiati e i cancelli impreziositi da due grossi leoni rampanti in pietra. Sembrava impossibile credere che quel rudere fatiscente fosse stato così prezioso e invidiato, un tempo. Oggi non era altro che una carcassa di cemento e mattoni, il cui precario equilibrio dipendeva da muri avvizziti e colonne stanche, provate dal tempo e dalle intemperie.

Anche il paese di Little Hangelton era irriconoscibile. Era stato stato completamente privato di ogni abitante, oscurato da ogni mappa cartacea e multimediale, da ogni percorso aereo o stradale. I babbani si erano letteralmente dimenticati della sua esistenza, e i pochissimi che cercavano di raggiungerlo, venivano dirottati con la magia presso il contiguo Great Hangleton.

Il paesino era tamquam non esset, come se non fosse mai esistito.

Queste erano le parole scritte in calce alla circolare ministeriale, firmata e contro firmata dalle autorità più importanti del lontano 1998. C'era anche la firma dell'allora diciassettenne Harry Potter, tratteggiata con mano insicura e in piccola calligrafia.
Little Hangleton era diventato una sorta di città fantasma, inibito ai babbani e rigorosamente vietato ai maghi. Non che questi ultimi volessero metterci piede, comunque. Anzi, la sola idea di camminare a pochi isolati da Little Hangleton bastava per mettere i brividi a chiunque. Solo i giovinastri ribelli e desiderosi di avventure si erano recati lì per vincere delle scommesse o gareggiare in "prove di coraggio", ma dopo che si era sparsa la voce che dei ragazzi fossero morti per aver semplicemente solcato i cancelli del cimitero dei Riddle, nessuno ebbe più il fegato di andarci, nemmeno il più impulsivo e spavaldo dei Grifondoro. L'ultimo a metterci piede fu proprio Harry Potter, quando serrò con la magia i cancelli.
Infatti, quel cimitero sinistro e desolato nascondeva anche un segreto. Si diceva che là fosse stato seppellito il mago oscuro più temuto di tutti i tempi, e con lui la sua Mangiamorte più fedele. Ma erano solo voci, nessuno sapeva che fine avesse fatto in realtà il corpo senza vita di Lord Voldemort. Alcuni dicevano che era stato cremato, altri che era stato segretamente consegnato agli alchimisti per studi ed esperimenti vari, altri ancora che era sparito o, peggio, che non era neanche morto sul serio.

Probabilmente solo Harry Potter e pochi congiunti sapevano la verità.

Aleggiava un grande mistero intorno al corpo di Lord Voldemort, la cui tomba era celata come un segreto di stato e custodita come un pericolosissimo ordigno nucleare. Era però certo che quei cadaveri, rivenuti misteriosamente nel cimitero innevato -la neve perenne era infatti una conseguenza della magia di esilio- celavano un incubo che sembrava non voler finire.

 

 

Processo a Delphini.

Wizengamot in seduta comune

Quattro ore.

Erano passate quattro ore e dall'inizio del dibattimento in aula, eppure non c'era traccia di una sentenza. Il Wizengamot ci stava mettendo molto più tempo del previsto e i giornalisti di tutto il mondo magico iniziavano a essere inquieti e impazienti. Guardavano la clessidra, mettevano l'orecchio contro il portone pur sapendo che era stato magicamente insonorizzato, discutevano fra loro e fomentavano ipotesi in diretta con le proprie emittenti radiofoniche nazionali.

Ma non c'erano solo dei giornalisti nella pomposa e spaziosa sala d'aspetto del Wizengamot.
In fervida attesa c'era anche un ragazzino moro e completamente spettinato, seduto rigidamente in una poltroncina di velluto. Faceva tentennare ansiosamente la gamba sinistra e guardava ogni trenta secondi la grossa clessidra appesa al muro, ormai giunta al quarto ribaltamento. Sapeva su cosa stavano discutendo i giudici e la loro prolungata indecisione non verteva sulla condanna o sul proscioglimento dell'imputata, perché la colpevolezza di Delphini era indiscussa, acclarata sia dai fatti che dalle confessioni che ella stessa aveva deposto.

Il problema era un altro e riguardava il ripristino di un'antica pratica dichiarata illegittima già dai tempi di Grindelwald, una pratica crudele e reputata incivile: la pena di morte.
Vista l'innata e indiscutibile pericolosità sociale di Delphini, per molti condannarla a morte era quasi un'ovvietà, una forma di difesa e prevenzione che i Ministeri di tutto il mondo avevano il sacrosanto dovere di garantire ai loro cittadini.

"È la figlia del Signore Oscuro!" sostenevano con fervore alcuni giudici, come se tale circostanza bastasse per emettere un verdetto di morte. Ma si può porre fine a una vita a causa delle sue ostiche origini?

Per Albus Severus Potter la risposta era no. Eppure non sapeva cosa sperare, si sentiva agitato più che mai. Temeva Delphini, il solo pensiero che la ragazza fosse oltre quella porta bastava per terrorizzarlo.

Anche perché era consapevole che la decisione finale spettava essenzialmente a due persone a lui molto care, che erano diventate le più influenti e rispettate del mondo magico: sua zia Hermione, quale Ministro della Magia in carica, e suo padre Harry Potter, che era... Beh, Harry Potter. I due eroi erano diventati l'ago della bilancia e il destino di Delphini era rimesso alla loro volontà.
Solo un'altra volta si era verificata una situazione tanto singolare, durante il maxi processo a Grindelwald. La decisione infatti fu rimessa allo scrutinio di Albus Silente, il quale non solo si era arrogato il diritto di giudicare, ma aveva perfino ribaltato una sentenza di morte che era, nei fatti, già stata presa. Il fatto che Silente si rifiutò di condannare Gellert Grindelwald alla Sedia Galleggiante o al Bacio dei Dissennatori fu ovviamente oggetto di feroci critiche e di malignità, ma fu proprio tale precedente, divenuto vincolante, che permise alla pena di morte di essere successivamente abolita, nel lontano 1946.

Perché quindi regredire nel passato? La condotta di Delphini era forse stata più riprovevole di quella di Grindelwald?

Mentre Albus Severus si dimenava tra questi e altri pensieri, una mano gli fermò severamente il ginocchio ballerino.

-Per cortesia. Fai tremare il pavimento.-

-Scusi, signor Malfoy- rispose subito Albus, timidamente -È che sono un po' agitato.-

-Non hai motivo di esserlo, vedrai che la giustizia farà il suo corso- gli rispose Draco, sforzandosi di essere gentile.

-Sì, ha ragione. Ehm, posso andare giù a prendere un'Acquallegra?- gli chiese, lanciando un'occhiata eloquente a Scorpius, che gli era seduto proprio di fronte.

-Va bene, vai a prendere un'Acquallegra- gli accordò, stancamente.

-Papà, posso anche...?-

-No.-

Albus Severus rassicurò il migliore amico con lo sguardo, si alzò in piedi e si diresse da solo verso le scale, ma ancor prima di scendere si fermò e tornò indietro dai due Malfoy, vistosamente imbarazzato.

-Niente, come non detto- forzò un sorriso, paonazzo -Non mi bastano i soldi.-

Draco sollevò gli occhi al cielo e tirò fuori dalla tasca il suo fermasoldi d'oro bianco. Al ricco Serpeverde era infatti toccato l'ingrato compito di badare ai due ragazzi, i quali avevano letteralmente implorato i rispettivi genitori di poter venire.

"Puoi dare un'occhiata anche ad Albus?"gli aveva chiesto Harry, al volo, un secondo prima di entrare in sala udienze e ovviamente senza dargli il tempo di rispondere. Va bene che i rapporti tra loro erano migliorati, rimuginava Draco, ma da qui a fare da babysitter a quel rompiscatole di suo figlio ce ne passava!
Comunque porse al ragazzino una banconota da dieci galeoni -non ne aveva di taglio inferiore- e cercò di non pensarci più.

-Signor Malfoy?-

-Tieni il resto- gli disse svelto.

-No, volevo chiederle se, secondo lei... Ecco...-

Draco lo guardò, capendo ciò che provava.
-Andrà tutto bene- gli disse, anche se non ne era del tutto convinto.

-Tutto bene, nel senso che Delphini verrà uccisa?- gli domandò Albus, sentendosi vagamente a disagio.

-Se tuo padre e il nostro esimio Ministro hanno un briciolo di buon senso, sì- gli rispose, cinico -Sarà giustiziata.

Albus annuì e guardò Scorpius, che gli accennò un sorriso.

E poi, finalmente e in modo del tutto inaspettato, il portone della sala udienze si aprì. I giudici togati si riversarono fuori, con lo sguardo basso e un'espressione maldisposta, mentre i giornalisti piombarono subito dentro all'aula, fotografando e gridando domande gli uni sopra gli altri. Albus cercò di vedere, di capire, ma quella marea di gente che urlava e si dimenava gli impedì radicalmente di farlo. Perciò salì in piedi sopra a una poltroncina e così riuscì a intravedere dentro l'aula, proprio nel momento in cui la prigioniera albina veniva ammanettata con la magia e materializzata nell'anticamera di Azkaban.
Albus rabbrividì: Delphini in mezzo alla folla colse il suo sguardo e lo guardò negli occhi, rancorosa, proprio un istante prima di scomparire.

Il verdetto era quindi stato emesso: in calce alla sentenza era stata apposta la sigla "Fine Pena Mai", che tuttavia non presupponeva una condanna morte...

Il giorno seguente, tutti i giornali del mondo magico pubblicarono in prima pagina articoli indignati e di protesta:

"Harry Potter non vuole sporcarsi le mani!"

"Ergastolo con isolamento diurno per la figlia del Signore Oscuro. Eccessivo clemenzialismo o umanità di vedute?"

"Delphini vivrà. Il MACUSA di Goldstein dissente e chiede rinforzi immediati per la prigione d'Azkaban"

Harry Potter aveva sorpreso tutti anche questa volta.

 

 

 


 

Note

E dopo un secolo di tentennamenti, ripensamenti e indecisioni eccomi qui, l'ho fatto!Sono consapevole che scrivere il "sequel" di un libro che è disprezzato dalla stragrande maggioranza di voi equivale a un fallimento in partenza, ma l'ho messo in conto e voglio provarci lo stesso, anche perché trovo questa coppia interessante e ricca di spunti. Perché Albus Severus e Delphini sono incredibilmente simili nella loro diversità, sentono entrambi il peso di un'eredità scomoda, piena di aspettative, e per me come coppia hanno un grandissimo potenziale. So che può sembrare banale (la solita scopiazzata di Romeo e Giulietta) e per questo cercherò di rendere questa storia originale e di rispettare il più possibile il carattere di tutti i personaggi. La storia comunque avrà un doppio binario: ci saranno le vicende dei ragazzi, ambientate a Hogwarts, e parallelamente quelle degli adulti (Harry, Hermione e Draco) nel Ministero, ma tutto sarà collegato. In questo breve prologo, comunque, ho voluto sottolineare come la nobiltà d'animo di Harry e di Hermione abbia risparmiato la condanna a morte di Delphini. Per il resto, tutto rispetterà il canon di The Cursed Child, compresa la morte di Astoria, avvenuta qualche anno prima a causa del vaiolo di drago. Non voglio aggiungere altro, spero di avervi incuriosito almeno un po'...A presto,Ecate

 

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Capitolo 2
*** Sento un po' mie le paure che hai ***


La decisione di risparmiare la vita di Delphini non fu priva di conseguenze. Come al solito, Harry Potter finì al centro di un polverone mediatico, mentre il Ministro Granger Weasley fu assalita da una miriade di strillettere, al tal punto che l’ufficio della corrispondenza via gufo dovette sospendere le attività di smistamento per circa due ore.

La gente protestava, i giornalisti speculavano ipotesi e il Generale del dipartimento americano degli Auror, il noto Gaston Goldstein, aveva rilasciato delle dichiarazioni a dir poco pungenti su Harry Potter.

“Cosa ne penso di quest’ultima decisone?” aveva dichiarato mentre camminava, con voce arrogante e beffarda “Penso che il mio eroico collega Harry Potter abbia un bisogno viscerale di stare al centro dell’attenzione. L’era del prescelto è finita, è bene che qualcuno ogni tanto glielo ricordi.”

Harry Potter piegò in malo modo il quotidiano e lo buttò sulla poltroncina di cortesia, indignato.

-Harry- lo chiamò dolcemente Hermione -Su, sapevamo che sarebbe successo.-

-Sì, ma non in modo così ingiusto, però!- protestò lui -Hai sentito cos’ha detto Goldstein alla stampa? Mi ha ridicolizzato deliberatamente! Come se a me facesse piacere essere al centro di uno scandalo, dopo tutto quello che ho passato!-

-Lo sai che darebbe una gamba per essere come te- gli rispose stancamente Hermione, continuando ad annotare un foglio dietro l’altro con movimenti diventati meccanici.

-La cosa non mi consola- le rispose Harry abbacchiato, guardandola mentre firmava un documento dietro l’altro. Erano infatti nel cuore del Ministero, dentro l’algido ed elegantissimo studio di lei.

-Sei indaffarata. Dai, ti lascio lavorare in pace.-

Hermione alzò lo sguardo su di lui, solo che appena lo fece vide un’ombra alta e famigliare, che si avvicinava pretenziosa verso il vetro della porta a vetri.

-Oh, no- sussurrò lei drammaticamente, appena lo riconobbe.

-Oh, no?- si allarmò Harry, ma prima che lei potesse rispondere, Draco Malfoy fece il suo ingresso trionfale, spalancando la porta senza bussare.

Dire che fosse furibondo era eufemismo.

-Granger! Cosa… Potter?- si interruppe, vedendo che c’era anche Harry -Potter, possibile che ogni volta che entro in questo ufficio, trovo sempre anche te?- osservò, esasperato -Comunque è meglio che ci sia anche tu, molto meglio, così posso appendervi al muro entrambi! Ma dico, vi siete completamente bevuti il cervello!?-

-Modera i termini, Malfoy- lo gelò Hermione, seduta nella sua imponente e antica scrivania, mentre firmava un documento dietro l’altro.
-Io non modero proprio niente, Granger. Avete appena salvato la vita a una donna che ha tentato uccidere i nostri figli! Che ha torturato mio figlio! Vi rendete conto di quello che avete fatto? Del rischio a cui ci avete sottoposto?! Siete due idioti!-

-Draco- tentò di intervenire Harry, che era in piedi di fianco a Hermione, ma quest’ultima lo zittì con una mano.
-Innanzitutto, io mi chiamo Granger Weasley- specificò il Ministro, guardandolo diritto negli occhi grigi -E in secondo luogo vorrei ricordati che se tu hai questo lavoro, è proprio grazie a questi due idioti che hai di fronte. Quindi abbi un po' di rispetto e bada di stare al tuo posto, Malfoy-

-Al mio posto!? Ecco, ecco cosa siete voi nobili Grifondoro!- scrollò le braccia - Siete dei prevaricatori, dei prepotenti! Vi date tante arie da santarellini e fate tanto i giusti, quando invece non siete altro che degli arroganti, dei palloni gonfiati assetati di potere-

-Che detto da te- osservò Hermione con freddezza.

-Almeno io non faccio delle cazzate- sibilò lui, furente.

Hermione si appoggiò allo schienale della sua grossa poltrona, stancamente.

Lei e Harry erano riusciti ad evitare Draco Malfoy per ben tre giorni, ma in fondo sapevano che prima o poi avrebbero dovuto confrontarsi anche con lui, che non potevano evitarlo per sempre. Draco Malfoy, in fin dei conti, lavorava con loro e fu proprio colui che venne toccato maggiormente da quella vicenda.

-Ricambiare il male con il male porta solo altro male, Malfoy- rispose freddamente Hermione -Credevo che dopo tutto questo tempo lo avessi capito-

-Questo non è il momento di fare i filosofi- sibilò quest’ultimo, ostinato -C’è in ballo la vita dei nostri figli, come avete potuto essere così incoscienti!?-

-Sappiamo quello che facciamo- si frappose Harry, cercando di mantenere un tono calmo e distaccato, ma il Serpeverde era fuori di sé.

-NO! Non lo sapete! Perché se lo aveste saputo, non avreste permesso alla figlia di Lord Voldemort di sopravvivere! Oltretutto senza nemmeno interpellarmi!- continuò, indignato -C’è anche Scorpius coinvolto in questa storia! Mio figlio!-

-Ascolta, lo so che sei sconvolto- cominciò Hermione, con tono più conciliante -Lo siamo tutti e ti assicuro che è stata una decisione molto sofferta e ponderata, io e Harry non dormiamo da tre notti e io stessa ci ho pensato incessantemente per tutto questo tempo.-

-Ah, quindi vi siete anche sforzati per arrivare a una conclusione così assurda? Ma bravi, i miei complimenti- li beffeggiò, sardonico -Tu, Potter, non mi stupisci, ho sempre saputo che eri un idiota. Ma tu…- Draco guardò Hermione -Credevo che tu fossi almeno intelligente, ma a quanto pare no, neanche a questo.-

Hermione a quel punto perse la pazienza. Appoggiò la piuma di falco con cui stava lavorando e si alzò in piedi, sfidandolo apertamente con lo sguardo.

-Ora apri bene le orecchie e stammi a sentire, Malfoy- esordì adirata, tanto che il biondo indietreggiò con le spalle -Scegliere di fare la cosa giusta non sempre permette di essere felici. Anzi, di solito è proprio la cosa giusta quella più difficile e rischiosa, il sentiero più aspro da percorrere, ma è comunque quello corretto e perciò bisogna affrontarlo, costi quel che costi!- ringhiò, mettendolo al muro -So benissimo che uccidere Delphini sarebbe stata una scorciatoia facile e veloce, ma non è così che funziona la vita, Malfoy. Credi che uccidendo una ragazza avremmo risolto tutti i nostri problemi? Credi che non ci sarebbero state delle rivolte, credi che altra gente non si sarebbe offesa? Credi che la morte di quella ragazza non sarebbe stata priva di conseguenze?-

-Ma quella non è una ragazza!- esclamò il Serpeverde, snervato -È la figlia di Voldemort e di Bellatrix Lestrange! Non potete trattarla come una ragazza normale!-
-Ma lei è una ragazza normale!- lo confutò lei, sicura di sé -Se siamo noi i primi a trattarla come se fosse un mostro, come possiamo pretendere che non lo sia? È nostro compito rieducarla e reinserirla nel mondo-

-Ma se le avete comminato l’ergastolo! Granger, non sai neanche tu quello che dici.-

-Granger Weasley.-

Harry roteò gli occhi al cielo e si sedette, quando quei due iniziavano a litigare, non la smettevano più.

-E comunque, sai bene anche tu che nessuna pena è realmente definitiva, guarda tuo padre- lo atterrì Hermione, colpendolo nel vivo -Ascolta, io e Harry siamo consapevoli di ciò che abbiamo fatto, ma non cambieremo opinione. Che insegnamento diamo ai nostri figli, altirmenti? Che messaggio trasmettiamo alla gente? Vuoi che Scorpius cresca con la convinzione che uccidere sia il modo migliore per risolvere i problemi?-

-Non tirare in ballo l’educazione di mio figlio!- esclamò Malfoy, puntandole il dito contro.
-Sei tu che mi hai costretto a farlo- replicò Hermione, tesa -E sai cosa? Anche io credevo che tu fossi almeno intelligente, ma a quanto pare no, neanche questo.-

-Detto da quella che ha sposato lo scemo del villaggio, non fa molto effetto.- replicò il biondo, pungente.

-Malfoy, ora basta- lo minacciò Harry, piazzandosi davanti a lui.

-Uhh, San Potter è sceso dall’Olimpo e si erge contro di me- si rivolse a Harry, alzando le mani -Peccato, perché io volevo tanto sapere come procedevano gli affari con il negozio di scherzi- si rivolse Hermione -Dimmi, il buffone ha venduto abbastanza pasticche vomitose da portarti a cena fuori, questa settimana? -

-Più che degli affari di mio marito, io comincerei a preoccuparmi dei tuoi, visto che potrei anche declassarti a mastro lucidatore di pavimenti- gli rispose per le rime Hermione -Non dimenticare che sono sempre il tuo capo-

Gli occhi di Malfoy mandarono scintille, Harry non poté trattenere un sorriso.
-Giuro che se succede qualcosa a Scorpius, io vi riterrò direttamente responsabili- li minacciò, risentito -Te in primo luogo, capo- si rivolse a Hermione.

Detto questo, il bel Serpeverde se ne andò, lasciando i due migliori amici raggelati sul posto.

-Era prevedibile- disse Hermione dopo un po', crollando stancamente sulla sua sedia -Sapevamo che sarebbe successo.-

-Sì, e questo è solo l’inizio- annuì Harry, togliendosi un attimo gli occhiali per stropicciarsi gli occhi -E io che mi ero illuso che fosse tutto finito. Voldemort continua a tormentarmi anche da morto.-

-Harry, supereremo anche questa- lo consolò Hermione, prendendogli una mano -Piuttosto, sbaglio o Malferret ha detto che sono intelligente?-

Harry gli accennò un sorriso -Sì, lo ha detto.-

-Avessi potuto sentirlo vent’anni fa!- scherzò Hermione, sorridendo.

E questo era solo l’inizio, giusto per darvi un’idea di quanto poteva essere complicato conciliare i valori morali con la detenzione del potere. Essere giusti e capeggiare un popolo sono concetti che sembrano appartenere a due pianeti diversi.

 

Tuttavia, malgrado le prime sommosse iniziali, le acque presero a calmarsi. Su richiesta dell’Auror Goldstein, Azkaban fu gremita di altri guardiani, per cui si poteva contare non solo della presenza ambigua e poco rassicurante dei Dissennatori, ma anche di maghi armati e maghinò, spediti nella fortezza ad accrescere un controllo già di per sé serrato.

La gente del mondo magico si rese presto conto che la vita continuava e, con il passare dei mesi, il caso Delphini poteva definirsi archiviato…

Ma non per qualcuno.

Il giovane Albus Severus Potter ci pensava ogni giorno.

E dire che lui era un ragazzo normale, come tanti. Non era particolarmente bello né particolarmente dotato, era semplicemente un adolescente come gli altri, coi capelli scuri e indisciplinati, magro come un chiodo e non troppo alto. Ciò che lo contraddistingueva dai suoi coetanei, oltre ovviamente al cognome importante, era la sua bizzarra passione per la musica, i manga e i film dei babbani.

Infatti, grazie all’intermediazione di suo nonno Arthur, accanito sostenitore dei babbani e di tutte le loro spettacolari invenzioni, Albus Severus aveva scoperto un mondo tutto nuovo e ne era rimasto affascinato, proprio come suo padre prima di lui rimase affascinato dal mondo dei maghi.

Albus andava ai loro cinema, guardava le loro serie tv e ascoltava ogni santo giorno la loro musica che era, obiettivamente, dieci gradini sopra a quella dei maghi.

Certo questo può lasciare perplessi: che bisogno ha un giovane mago di viaggiare con la fantasia dei babbani? La magia dopotutto è pura spettacolarità, è massimo intrattenimento, è poesia, eppure i babbani riuscivano a creare dei prodigi che non erano certo magici, ma che ci andavano molto vicino. Saghe di supereroi che mozzavano il fiato, libri avvincenti di universi fatati o paralleli, storie di galassie lontane lontane… La verità era che i babbani adoravano la magia, forse anche più dei maghi stessi. Non la conoscevano, eppure riuscivano a immaginarla e a inventarsi incantesimi che ricalcavano in maniera sorprendente quelli veri. Questo mandava Arthur Weasley letteralmente in visibilio e affascinava il giovane Albus Severus, che poteva passare anche notti intere immerso nei mondi magici che inventavano i babbani.

Il fatto che Albus amasse così tanto Star Wars o Netflix lasciava molto perplessi i suoi genitori, i quali tuttavia cercavano di non commentare questa innocua stramberia del loro figlio mezzano. Harry, suo padre, gli aveva perfino regalato il costoso aggeggio tecnologico per ascoltare la musica -Il cosiddetto p3, da quanto gli aveva spiegato un informatissimo Arthur Weasley- e Albus non poteva essere più felice. Solo che in quel momento della sua vita ci voleva ben altro che internet o un Mp3 per risollevargli l’umore.

Aver viaggiato nel continuum spazio-temporale, rischiando di distruggere la propria famiglia e il mondo intero, non è una cosa esattamente facile da digerire.

Albus si sentiva in colpa, e nessuno, nemmeno la musica dei Queen o i film di George Lucas potevano fare qualcosa per risollevarlo.

Passare l’estate facendo avanti e indietro tra casa, psicologi e Dipartimento Applicazione lo aveva realmente logorato, ma d’altronde, dopo i recenti avvenimenti accaduti per colpa sua e della sedicente figlia del Signore Oscuro, non poteva essere altrimenti.

Dopo diciannove anni di pace, infatti, il mondo magico aveva subito un vero e proprio scossone.

Lord Voldemort era tornato, ma questa volta lo aveva fatto attraverso una ragazza albina e apparentemente innocua.

Ovviamente il clima si era fatto di nuovo teso, i giornalisti di tutto il mondo avevano ripreso a fare del terrorismo mediatico e i cittadini del mondo magico erano tornati al loro antico allarmismo. Negli Stati Uniti, in Cina e in alcuni stati europei si era perfino dichiarato lo stato di emergenza e di nuovo si erano susseguite le immancabili segnalazioni dei civili, convinti di aver visto Delphini passeggiare nel loro quartiere.

Il caso “Delphini”, insomma, per ovvie ragioni sarebbe dovuto restare rigorosamente TOP SECRET e lo stesso Harry Potter si era raccomandato a tal riguardo sia col Wizengamot che coi colleghi del Dipartimento Applicazione, eppure in meno di una settimana la vicenda era diventata virale e ora tutti, dal Giappone all’Argentina, sapevano che la prigione di Azkaban ospitava niente meno che l’erede diretta di Colui Che Non Poteva Essere Nominato.

Certo, i più colpiti da tutto ciò sia in senso mediatico che psicologico furono i giovani Albus Potter e Scorpius Malfoy, ma soprattutto Albus, che -incosciente della di lei identità- aveva stretto con Delphini un legame particolare, di affettuosa amicizia, se così si può dire. Albus aveva passato dei giorni interi con lei, ci aveva scherzato e le aveva perfino raccontato vicende private della propria famiglia, arrivando a credere di più a lei che al migliore amico di sempre, Scorpius. E d’altronde, il fatto che si fosse preso una cotta pazzesca per lei aveva influito non poco nel processo motivazionale delle sue scelte… Ma come avrebbe potuto resistere a un fascino così conturbante e sensuale? Delphini era la classica ragazza più grande e inarrivabile, bellissima e totalmente fuori dalla sua portata. Tutti si sarebbero presi una cotta per lei, al suo posto…O almeno questo cercava di ripetersi Albus. Non osava nemmeno immaginare come avrebbe reagito suo padre Harry se l’avesse anche solo vagamente intuito cos'era successo tra loro. E un fatto del genere non può che lasciare tracce indelebili nello spirito.

Albus Severus non lo dava a vedere, ma il trauma che lo aveva sconvolto era enorme. Egli sognava la diciottenne di notte, pensava a lei durante il giorno, si ripeteva mentalmente i lunghi discorsi che avevano fatto e cercava di ricordare con precisione le risposte che lei gli aveva dato e, ora come allora, non riusciva a trovare nemmeno una minima traccia o un sospetto che evidenziasse la cattiveria innata della super strega.

Non lo avrebbe mai ammesso, ma era felice che la vita Delphi fosse stata risparmiata.

 

 

 

 

-Sai? Qualche volta mi capita di sognare a occhi aperti.-

-Che intendi?- le domandò Albus Severus, sdraiato nel divano della casa babbana che avevano (abusivamente) occupato. Delphini era seduta per terra sul tappeto, mentre Scorpius russava in una chaise longue poco lontana.

-Intendo che a volte mi chiedo come sarebbero state le cose, se la mia vita fosse stata diversa.-

-Diversa, tipo…?-

-Tipo con dei genitori.-

-Oh…-

-Già.-

Albus si puntellò sui gomiti -I genitori non sono tutto ‘sto granché- cercò di consolarla -Anche mio padre è cresciuto senza di loro, eppure è diventato il supereroe che tutti conosciamo.-

-Già, il grande e famoso Harry Potter…- mormorò Delphi, annoiata.

-Appunto. È uno strazio essere il figlio di un soggetto così importante- le rivelò Albus, attirando subito la sua attenzione -Tutti ti paragonano a lui e tu finisci sempre per fare la figura del… Come dire…-

-Del fallito? Del perdente?- propose Delphi, guardandolo negli occhi -Della brutta e deludente copia di tuo padre? Del figlio venuto male e al di sotto delle aspettative?-

Albus ricambiò il suo sguardo, stupito. Era proprio quello che intendeva!

-Sì, esatto!- concordò, sorpreso ma dispiaciuto -Onestamente, se ci fossi stato io al posto di mio padre, avrei fatto solo una figuraccia e basta.-

Delphi accennò un sorriso -Una figuraccia?-

-Ma sì, con Voldemort e tutto il resto- le confessò, arrossendo -Sarei morto al secondo giorno di scuola… E buona grazia se ci sarei arrivato. Ma non ridere, guarda che è vero!- le lanciò contro un cuscino -Sono il figlio sfigato del grande Harry Potter, che per altro è stato pure smistato in Serpeverde. Credo che mio padre si vergogni di me.-

Delphi smise di sorridere e ci pensò su. Il suo bel sorriso aveva lasciato il posto a un’espressione turbata. Albus rimase stupito da quel brusco cambio d’umore.

-Tutto okay?- le chiese infatti, sollevando le folte sopracciglia scure.

-Non credo che tuo padre si vergogni di te, Albus- gli rispose lei, pensierosa - È pur sempre tuo padre, i padri non si vergognano dei propri figli…Vero?-

Albus alzò le spalle -Mh, in genere no, ma il mio sì. Una volta mi ha anche detto che non mi avrebbe voluto come figlio. Certo si è scusato, però l’ha detto.-

-Forse anche mio padre si vergognerebbe di me- sussurrò Delphi, cogli occhi neri fissi per terra -Solo che non ha fatto in tempo a dirmelo.-

-Cosa? No! Ma che dici!- la smentì subito il ragazzino -Chiunque vorrebbe essere tuo padre! Sei così…- Delphi spostò lo sguardo su di lui, Albus si sentì arrossire -Sei… Insomma, sei una super strega e poi sei… Carina. Cioè, hai delle qualità che sono… Carine, e sono certo che piaceresti a un padre. A me piaceresti un sacco, se io fossi tuo padre,-

Delphini gli sorrise istintivamente e lo guardò dritto negli occhi, due smeraldi che riflettevano un animo dolce e buono.

-Quanti anni hai detto di avere?-

 

 

 

-LILY!- gridò Albus, bussando spazientito contro la porta del bagno -Ti vuoi muovere!?!? È un’ora che sei lì dentro!-

-Un attimo!- brontolò la tredicenne -Sono appena entrata!-

Il secondo bagno che avevano, per la cronaca, l’aveva guastato James Sirius dopo che aveva lanciato per sbaglio un bolide verso la tazza, facendo disgraziatamente canestro.

-Ma se sono due ore che sei lì dentro! MAMMA!!- gridò Albus verso le scale -Puoi dire a Lily di uscire dal bagno!?-

-Tesoro, dai retta a tuo fratello- esclamò la voce di Ginny dal piano di sotto, in modo tutt’altro che autorevole.

Albus sbuffò, esasperato.

In Casa Potter, infatti, la mattina del primo settembre soleva scatenarsi l’inferno. Da quando tutti e tre i figli di Harry e Ginny avevano raggiunto l’età per andare a Hogwarts, il caos, le grida e i litigi erano all’ordine del giorno durante tutto il mese di agosto, anche se il picco massimo si registrava tra il 30 e il 31.

E mentre aspettava di entrare in bagno, il povero Albus per poco non venne investito e ucciso da suo fratello maggiore, che amava volare dietro i boccini d’oro anche in salotto.

-PISTAAAA!!- gridò infatti James Sirius a cavallo della sua scopa da corsa, sfrecciandogli come un razzo a mezzo centimetro di distanza.

-JAMES!- questa volta il rimprovero tonante di Ginny si fece sentire  -QUANTE VOLTE TI DEVO DIRE CHE NON SI VOLA IN CASA!?-

Albus si mise le mani tra i capelli e mandò tutti, silenziosamente, al diavolo.

Andò verso lo studio di suo padre, bussò appena e aprì la porta. Harry era seduto davanti al caminetto, con l’espressione severa e tirata di chi sta parlando di argomenti particolarmente delicati. E infatti, nel fuoco del camino c’era il volto preoccupato del Ministro della Magia che, per inciso, era sua zia Hermione.

-Papà?- lo chiamò Albus, timidamente -Puoi dire a Lily…-

-Non adesso, Al- lo interruppe subito Harry.

-Ciao, Albus- lo salutò dolcemente Hermione

-Ciao, zia…- esclamò il quindicenne, abbacchiato -Papà?-

-Albus, papà sta parlando- si voltò Harry, spazientito -Qualunque cosa sia, valla a dire a tua madre.-

Il ragazzo lo guardò male e poi uscì, facendosi scappare un “che palle” non troppo a bassa voce.

Si chiuse in camera sua, mise su un CD dei Beatles e prese il quaderno magico che lo metteva direttamente in comunicazione col migliore amico. I ChatNote erano dei sistemi di comunicazione rapida tra maghi, una sorta di chat dei magica, brevettata da Seamus Finnigan, inventore di fama mondiale, su esempio degli smartphone babbani.

 

Posso venire a pisciare a Malfoy Manor?

 

Così scrisse nella pagina bianca, scocciato e in brutta calligrafia. La risposta divertita di Scorpius non tardò ad arrivare.

 

Certo. Il bagno nr. 157 dovrebbe essere libero ;) Che succede?

 

Niente, il solito schifo - scrisse Albus - Non vedo l’ora di salire sul treno e tornare a Hogwarts.

 

Io pure. Hai poi sabotato la scopa di tuo fratello?

 

Scorp…

 

Ok, ok. Tua cugina Rose invece come sta? Vuole ancora uccidermi per quella faccenda del C.R.E.P.A.?

 

Ne parliamo poi. Ci si vede in stazione.

 

Me la saluti?

 

 

Albus sorrise e chiuse il quaderno. Chissà se a Scorpius sarebbe mai passata la cotta per quella psicopatica di sua cugina…. Meno male comunque che c’era il suo migliore amico, Scorpius era davvero uno dei pochi lati positivi di essere finito in Serpeverde. Non era facile per lui appartenere a quella Casa, soprattutto quando sua madre ed Hermione andavano a ritirare le varie divise scolastiche. Il fatto che ce ne fosse una verde e argento in mezzo a tutte quelle rosse e oro era disturbante. Sembrava quasi un errore, e Albus stesso si sentiva un errore, uno sbaglio… Non meritava di sfoggiare quel doppio nome così rinomato e baldanzoso, pieno di implicite aspettative che non avrebbe mai soddisfatto, Albus Severus.

Il giovane si sdraiò sul suo letto e chiuse gli occhi.

 

Nello stesso istante, ma a mille miglia di distanza, anche una ragazza si era sdraiata e aveva chiuso gli occhi, in preda alla paura di non sentirsi all’altezza della propria famiglia. Solo che non era su un letto, ma su una branda umida e consunta.

Albus a quel punto iniziò a sentirsi strano. Si toccò la testa e se la massaggiò, arruffandosi i capelli.

Anche Delphini, dalle profondità di Azkaban, percepì una sensazione strana, simile a un capogiro che però non dà alla testa.

Albus aprì gli occhi e si voltò di lato, increspando con le gambe il lenzuolo. Delphini fece la stessa cosa, pur non avendo un lenzuolo vero e proprio.

Entrambi avevano gli occhi chiusi, ma entrambi videro nella loro immaginazione cose strane. Delphi sentì il sottofondo allegro di una sinfonia rock, Albus invece si ritrovò a sognare un cielo stellato, immenso e incontaminato, come solo in mezzo all’oceano o in cima a una montagna si poteva trovare. Il ragazzo aprì gli occhi e fu in quel momento che vide. Vide delle rocce grigie e umide infilzate da grosse sbarre nere, delle unghie spezzate, un Dissennatore che attraversava un corridoio poco illuminato, e poi sentì. Sentì il freddo, i lamenti, la paura, e perfino la fame, lo struggimento, gli ululati e il respiro singhiozzante di lei - erano lacrime, quelle gocce tra le ciglia? -  che fu trattenuto bruscamente nel momento in cui si rese conto di essere spiata.

 

-TU!-

 

Albus rotolò giù dal letto, la paura lo aveva ammutolito. Indietreggiò fino a sbattere contro alla libreria della sua camera, i suoi occhi verdi erano spalancati, la bocca piegata in una smorfia di terrore.

-Tu!- ringhiò di nuovamente Delphi, sollevandosi in piedi a fatica, come un soldato infortunato -Che cosa…-

-PAPÀ- Albus trovò la forza di urlare, più forte che poteva -PAPÀÀ!!-

Il volto di Delphi si contrasse in una maschera d’odio e paura, ma come Harry Potter aprì bruscamente la porta, la pericolosa reclusa scomparve.

-Albus! Cosa succede!?- gli domandò subito, allarmato.

-Papà!- si disperò il giovane, esagitato -Papà ho appena visto Delphini! Era lì, e poi c’erano i Dissennatori, delle urla disumane, io…-

Harry era attonito.

-Cosa?-

-Papà, c’era Delphi, e Azkaban! E poi lei mi ha visto e…-

Harry scosse la testa e si avvicinò al figlio per tranquillizzarlo -Albus, calmati, va tutto bene-

-No, non va bene, lei era qui, te lo giuro!- sbraitò ad alta voce, liberandosi dalla sua presa -Poi è sparita, ma ti giuro che era qui!-

-Al, ora calmati- gli ordinò, costringendolo a guardarlo negli occhi -Calmati adesso, va tutto bene, ci sono io.-

Nel frattempo le sue urla avevano richiamato l’attenzione anche Ginny e Lily Luna, che accorsero entrambe affannate e impaurite, ma Harry fece subito segno a Ginny di allontanarsi. Meglio risolvere la questione con più calma e serenità possibile. La moglie annuì, comprensiva, e trascinò fuori la figlia, impedendo anche a James Sirius di curiosare, che si era precipitato con tanto di boccino e scopa da Quidditch in braccio.

-Albus, ora dimmi per filo e per segno cosa è successo- gli ordinò Harry, poggiandogli affettuosamente le mani sulle spalle tremanti.

-Te lo già detto, ho visto Delphini con i miei occhi, è comparsa qui in camera mia, dal nulla.-

Harry lo guardò, perplesso, e Albus si sentì ferito dalla sua mancanza di fiducia.

-Papà, te lo giuro, era qui.-

-Al- cominciò Harry, accondiscendente -So che sei sconvolto e comprendo bene quello che provi. La paura, la sensazione di essere spiati, di rischiare continuamente… Chi meglio di me ti può capire- cercò di sorridergli -Ma Delphini non può essere qui, è rinchiusa ad Azkaban e soprattutto non può farti del male.-

-Ma io l’ho vista, era lì!- insistette l’adolescente, convinto, indicando la parete di fronte -Mi credi, vero?-

Harry esitò, ma poi forzò un sorriso -Certo che ti credo e farò in modo che non capiterà mai più, va bene?- lo incoraggiò dolcemente, ma Albus annuì con poca convinzione -Dai, il bagno si è liberato, corri prima che ci entri James-

Albus si alzò e uscì mestamente dalla porta, seguito dallo sguardo preoccupato del prescelto.

“Hermione” pensò subito quest’ultimo “Devo parlarne con Hermione”

 

 

 

 

Nella cella più remota e controllata di Azkaban una giovanissima prigioniera camminava in cerchio, lentamente. Le punte turchesi e sfibrate dei capelli lunghi scendevano pesanti e ricciolute fino ai fianchi, i piedi nudi contro la pietra erano apotermi e pieni di taglietti.

La cella era umida, semi buia, ma spaziosa. D’altronde, ai piani alti dedicati all’ergastolo femminile c’era solo lei. Poche streghe erano finite lì, e sua madre era stata forse la più esemplare. C’era una buona possibilità che Delphini si trovasse nella stessa cella in cui aveva dimorato Bellatrix Lestrange per quasi quattordici anni.
La ragazza ci pensava praticamente ogni giorno.

Solo che Voldemort non sarebbe tornato a salvarla come aveva fatto con Bellatrix. Non sarebbe mai più tornato, e lei non l’avrebbe mai più potuto rivedere. Rivedere, sì. Delphini era certa di averlo visto almeno una volta, quando era ancora in fasce e del tutto incapace di intendere di volere. Li aveva visti entrambi, tutti e due, doveva solo scavare e riesumare i suoi più lontani ricordi infantili, seppelliti chissà dove nel suo inconscio. Magari i suoi genitori le avevano comunicato qualcosa di importante, magari le avevano dato la chiave della vittoria…

Delphini si mise le mani tra i capelli, esasperata. Odiava sentirsi così impotente, era frustrante.

Non riusciva a ricordare nulla dei suoi genitori, ma in compenso aveva appena avuto una visione di quell'idiota di Albus Severus Potter.

Lo aveva visto distintamente e aveva percepito il suo deprimente stato d’animo, come se per un attimo avessero condiviso lo stesso cuore.

Perché? Cosa diavolo significava?

Era stato reale? O un miraggio, uno scherzo della sua mente e dei Dissennatori?

Respirò forte, inginocchiandosi e dondolandosi sulle punte dei piedi come a volersi cullare.

“Non sono pazza” si incoraggiò Delphi, con gli occhi serrati, cercando di fare respiri profondi “Non sono pazza…”

Cosa significava? Come e perché era accaduto? Se l’era immaginato? Era stato un sogno? Eppure era stato tutto così nitido e reale, la camera del ragazzino, i suoi occhioni verdi che si sgranavano impauriti, quella strana sinfonia in sottofondo…

“Papà!” aveva gridato Albus “Papà!”

A Delphi venne voglia di urlare. Avesse potuto chiamarlo lei, il proprio padre!

E Harry Potter era accorso da lui, preoccupato e pieno di premure, mentre per lei non c’era nessuno che accorreva.

Si sentiva sola, Delphi, sola e in balia di un pericoloso nemico.

Perché Harry Potter, sotto sotto, la intimoriva.



Note
Capitolo ripubblicato privo delle piccole migliorie. Spero comunque che sia leggibile.
Comunque solo a me capitano queste cose, ragazzi, solo a me xD


 

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Capitolo 3
*** Il lupo perde il vizio ma non il pelo ***


Dopo la morte della moglie Astoria, avvenuta tre anni prima, Draco Malfoy non si sentiva più lo stesso. Certo, fisicamente era lo stesso uomo biondo e attraente di sempre, vestito con abiti sempre eleganti e impeccabili -rigorosamente di nero, tranne rare eccezioni- ma caratterialmente era molto cambiato. Lo stesso matrimonio con Astoria Greengrass aveva contribuito alla sua crescita emotiva e lo aveva reso più tollerante e aperto nei confronti del diverso. Astoria infatti non odiava i babbani e non disprezzava i nati babbani, e Draco finì col lasciarsi condizionare dalle sue idee progressiste e dai suoi buoni sentimenti.

Non che Draco Malfoy fosse irriconoscibile, però. Era sempre il solito snob e arrogante Purosangue, ma almeno non invidiava più Harry Potter così smodatamente né sentiva il bisogno di sbandierare a Hermione tutto il proprio odio per le sue origini. E d’altronde, crescere significa anche maturare, implica un’evoluzione non solo fisica, ma anche spirituale. Draco Malfoy si era decisamente evoluto, non era più il bulletto perfido, invidioso e antipatico, era un uomo ed era cambiato, per lui in peggio, per Harry ed Hermione in meglio.

La morte di sua moglie Astoria, poi, gli aveva dato la stoccata finale.

“Ciò che non ti uccide, ti rinforza” gli aveva detto sua madre, ma lui non ne era molto sicuro, non si era sentito così debole come in quel momento, forse solo al sesto anno di scuola si era sentito così fragile, quando Voldemort gli aveva imposto di uccidere Silente.
Aveva cercato in tutti i modi dimostrarsi forte e rassicurante nei confronti Scorpius, ma il fatto era che lui aveva bisogno di essere consolato e rassicurato, lui voleva piangere e sfogarsi, anche se non aveva mai realmente amato la povera Astoria. Però le aveva voluto bene come a una sorella, e il suo funerale era stato comunque straziante. Ovviamente alla triste cerimonia presero parte in pochissimi, e perciò Draco rimase ancor più colpito quando vide il Ministro Granger e il suo nemico di infanzia sopraggiungere dal vialetto di Malfoy Manor, con i rispettivi figlioli a seguito. Hermione ed Harry avevano infatti presenziato al funerale di Astoria con Rose e Albus Severus, e Draco non poté che essere piacevolmente sorpreso dalla loro disinteressata vicinanza.

Certo, il fatto che quei due fossero sempre insieme, perfino ai funerali, aveva acuito in lui parecchi sospetti. Possibile che fossero così amici? I sospetti di Draco circa una loro relazione extraconiugale si rafforzavano di giorno in giorno. Era dai tempi di Hogwarts che pensava che la Granger e Potter stessero insieme, e questa sua convinzione era perdurata anche dopo che si erano entrambi sposati con i rispettivi Weasley.

Il Serpeverde ne era certo: san Potter e la Granger andavano a letto insieme, e beati loro se si divertivano. Draco avrebbe fatto volentieri a cambio con Potter.

Ma non per la Granger! Si corresse subito, imbarazzato. Per il sesso in generale, non certo per il sesso con la Granger! 

Per Salazar, era una cosa assurda anche solo da pensare.

Poi non era neanche bella. Bruna, struccata, né magra né grassa, né alta né bassa. Insipida, insomma, e poi restava pur sempre una Sanguesporco, fatto di per sé sufficiente da escluderla a priori. Va bene che era diventato più tollerante, ma restava pur sempre Draco Malfoy, un ex Mangiamorte.

-Papà?-

Draco trasalì e si voltò verso il figlio adolescente, sceso nel salone principale vestito con la sua elegante vestaglia verde oliva.

-Dimmi.-

Scorpius avanzò verso di lui, teso.

-C’è un mio amico… Un conoscente, più che amico, che… ecco…-

Draco lo guardò, non era da Scorpius da balbettare.

-Che cosa?- si allarmò -Non dirmi che ti prendono ancora in giro per quella stupidaggine sul Signore Oscuro?- gli domandò, riferendosi alla terribile diceria circa la sua presunta parentela con Voldemort.

-No, per fortuna quella è storia vecchia- gli rispose timidamente Scorpius -È che questo mio conoscente vorrebbe conquistare una ragazza, e allora volevo sapere come fare per aiutarlo, ecco.-

Draco sgranò gli occhi e si appoggiò allo schienale. Non credeva che sarebbe successo così presto.

-Un tuo conoscente, eh?- gli chiese, sorridendo.

-Sì…- mormorò spostando il peso da una gamba all’altra.

-Hm… E dimmi un po’. Qual è il suo cognome?-

-Del conoscente?-

-No, della ragazza, Scorpius. Come si chiama di cognome?- gli chiese Draco, facendogli la stessa, identica domanda che gli aveva fatto suo padre prima di lui.

-Non è molto importante- sviò il ragazzino, arrossendo però in modo colpevole -Forse non la conosci nemmeno.-

Draco socchiuse gli occhi -Mettimi alla prova.-

Ma Scorpius esitava e Draco iniziò a subodorare il pericolo.

-Scorp, ti ho fatto una domanda.-

-Si chiama… Rose- buttò fuori il giovane, stringendo i pugni.

Rose?” pensò Malfoy senior, irrigidendosi. Non gli era nuovo, lo aveva già sentito…

-E il cognome qual è?- indagò subito, teso.

-Ma non è importante…-

-Dimmelo.- ordinò Draco, sempre più preoccupato.

-Non me lo ricordo- ribatté il più giovane, col cuore che martellava rumorosamente.

-Non mentire a tuo padre, Scorpius!- lo ammonì Draco, severamente -Dimmi quel nome, ora!-

-Papà, per favore...-

-Dimmelo, ho detto!-

-Si chiama Rose Granger Weasley! Contento!?-

A Draco gli prese un colpo, ma non lo diede a vedere. Si era ripromesso che non avrebbe trattato Scorpius come suo padre aveva trattato lui, ma per le stelle, era difficile!

-Mi stai dicendo che ti sei preso una cotta per la figlia del Ministro Granger?- parlò, più duramente di quanto volesse -È questo che stai dicendo, Scorpius!?

-Non io!- mentì subito il ragazzino, imbarazzato a morte -Il mio amico!-

-Oh, piantala. Comunque no, Scorpius, toglitela dalla testa. Passi Albus Potter come amico, passi Delphini Riddle e il pandemonio che avete combinato, ma la figlia della Granger NO! Non lo accetto!-

Scorpius arrossì -Ma… Perché no? Cosa ti ha fatto di male, si può sapere?-

-È una Sanguesporco, ecco cosa mi ha fatto di male! E tu sei un Malfoy!-

-E allora io non voglio più essere un Malfoy!- sbottò il biondo, inferocito.

-COSA? Scorpius! Torna subito qui!- gridò, ma l’adolescente ribelle era fuggito di corsa in camera sua.

-Oh, per Salazar…-

Malfoy senior appellò con la magia un libretto somigliante a un’agenda nera, l’aprì e scrisse velocemente una frase, che venne assorbita dalla carta.

 

“Dobbiamo parlare. È urgente.”

 

A qualche chilometro di distanza, un’altra agenda, ma di colore rosso col simbolo del Ministero inglese, si aprì all’improvviso.

Hermione Granger lesse il messaggio del biondo Serpeverde, distesa sotto le coperte con gli occhiali da vista calati sul naso.

-Chi ti scrive a quest’ora?- le domandò Ron, presentandosi sull'uscio della camera da letto con lo spazzolino da denti in bocca.

-È Ginny- mentì lei al marito, mentre scriveva a sua volta, ma a un terzo destinatario.…

 

Harry Potter notò il suo ChatNote blu aprirsi all’improvviso. Cessò di correggere gli esiti degli esami sostenuti dai numerosissimi aspiranti Auror, e afferrò il suo quadernino.

 

“Malfoy mi vuole parlare. Cosa è successo?”

 

Il prescelto rimase molto perplesso.

-Harry, è quasi mezzanotte, con chi stai chattando?- gli domandò Ginny con voce inquisitoria, sbucando dal bagno con la fascia nei capelli.

-Ehm, con Ron… Niente di che- le rispose distrattamente, mentre scriveva velocemente un messaggio…

 

“Cosa diavolo vuoi da Hermione?”

 

Draco Malfoy a quel punto lanciò a terra il suo ChatNote, stizzito. Aveva scritto un messaggio alla Granger e chi è che gli aveva risposto? Potter, ovviamente.

 

 


 

Mormorii, sguardi insistenti, occhiatacce e amici che avevano fatto sistematicamente finta di non vederlo.

Ecco come fu il ritorno nella stazione di King’s Cross per Albus Severus Potter. Per la prima volta nella sua vita, il giovane comprese come doveva essersi sentito suo padre quando aveva avvertito tutti che Voldemort era tornato e nessuno gli aveva creduto. E dire che era al quinto anno, proprio come lui.

-Non farci caso- gli disse dolcemente Harry, poggiandogli una mano sulla spalla -Parlano di noi perché non hanno altro di cui parlare-

Albus annuì, forzando un sorriso.

Fortunatamente, nella stazione di King’s Cross arrivarono ben presto anche i due Malfoy. Albus e Scorpius si corsero subito incontro, sotto lo sguardo un po' impacciato dei genitori. Harry e Draco dovettero quindi salutarsi per forza, mentre Ginny ne aproffittò per svignarsela con le mamme delle compagne di Lily Luna, che avrebbe cominciato il suo secondo anno.

Solo che, mentre Scorpius gli raccontava a raffica del litigio che aveva avuto la sera prima col padre, ad Albus parve di vedere qualcuno, spiccare come un fantasma tra la folla confusionaria. Tra le risa e lo strepitio c’era una ragazza che sembrava avulsa dal contesto, molto pallida e con i capelli color dell’oro bianco. Stava immobile tra la gente, ignorata come se fosse invisibile, ed era vestita con una tunica lunga e grigia, sporca.

-Albus?-

Il giovane si disincantò e guardò Scorpius, che era di fronte a lui con un sopracciglio inarcato.

-Al, hai sentito una sola parola di ciò che ho detto?-

Albus di nuovo guardò la folla, solo che la ragazza era sparita.

-Io… Papà!?- chiamò angosciato, col cuore in gola. Harry Potter si voltò di scatto, avvertendo la paura nel tono del figlio.

-Cosa c’è?- gli chiese subito, preoccupato. Ma Albus esitò, guardò di nuovo di fronte a sé e poi si rivolse al padre, scuotendo la testa.

-No, niente, scusa-

-Sei sicuro?-

-Al, ma stai bene?- intervenne Scorpius, preoccupato.

-Cos’ha tuo figlio?- sussurrò Draco, mentre il prescelto passava in rassegna tutti i visi dei presenti con occhi severi e ansiosi.

-È ancora un po’ scosso, tutto qui- gli rispose, ma con la bacchetta alla mano, i riflessi pronti.

 

 


 

 

-Non hai mai mangiato una Cioccorana!?-

-È così grave?- domandò Delphi, mentre stavano camminando nella Londra del passato.

-È gravissimo!- esclamò Albus Severus, facendola sorridere -Dai, assaggia la mia. Attenta però quando la scarti, perché saltella-

-Saltella?- ripeté lei, riluttante -Albus, scusa, ma non fanno per me queste cose.-

-Ma certo che fanno per te! A tutti piacciono le Cioccorane, anche alle super streghe.-

 

 

 

Pioveva. Le gocce battenti colpivano forte i finestrini dell’Espresso per Hogwarts, che attraversava le belle e un po’ desolate pianure scozzesi.

Albus le osservava, assorto ma privo di reale interesse, coi piedi sopra al sedile fronteggiante.

-…Quindi pensi che in Corvonero cambieranno Cercatore?-

-Secondo me, sì. Quel McDougal non ha preso un boccino l’anno scorso.-

-E chi metteranno al suo posto? Albus?-

Sentendosi chiamare, il giovane Potter si voltò. Guardò con aria smarrita i suoi amici, con gli stessi occhi sorpresi e poco vispi di chi si è appena svegliato da un sonno profondo.

-Eh?- articolò infatti, poco brillante.

-Al? Sei tra noi?- domandò seccato Optimus Maximus Zabini, un suo compagno di camera

-No… Cioè, sì. Scusate, ragazzi, non mi sento granché bene- esclamò Albus, sconclusionato -Vado un attimo in bagno.-

Detto questo, il quindicenne si alzò dal sedile e si trascinò fuori, sotto gli occhi attenti del suo più caro e intimo amico. Anche Scorpius Malfoy aveva vissuto la traumatica “faccenda Delphini” in prima persona, e nessuno meglio di lui poteva capire quello che il figlio del prescelto stesse provando, solo che c’era qualcosa di strano nel comportamento di Albus, perché l’amico stentava proprio a riprendersi.

Scorpius fece un cenno ai coetanei e decise di raggiungerlo. Superò un paio di ragazzine di Tassorosso che lo fissavano, afferrò Albus per il maglione e lo trascinò dentro il primo scompartimento che trovò, senza nemmeno accertarsi che fosse libero. D’altronde, uno dei vantaggi di essere al quinto anno e di vestire le tinte ostili e minacciose di Serpeverde era proprio questo: incutere timore e padroneggiare nei binari dell’Hogwarts’s Express e in tutti gli altri luoghi del castello. I tre ragazzini del secondo anno di Corvonero, infatti, quando furono gentilmente invitati a uscire da Malfoy, raccattarono le loro cose e si volatilizzarono senza lasciare traccia.

-Allora, Albus- gli domandò Scorpius, chiudendosi bene la porta alle spalle -Dimmi tutto. Cosa c’è che non va?-

-Ma di cosa stai parlando, scusa?-

-Non mentirmi. Ci stai ancora male, vero?-

-Scorpius, stavo andando in bagno, non sto male-  esclamò Albus con tono seccato -Anzi, se vuoi scusarmi…- fece per alzarsi, ma l’amico bloccò per le spalle e lo spinse a sedere.

-Al, parlami- lo pregò -È tutta l’estate che sei strano. Cosa ti prende?-

-Nulla- sospirò Albus, cercando di essere sincero -È che questa faccenda di Delphini mi ha un po’ scosso, tutto qui.-

-Anche a me- concordò Malfoy, rabbrividendo -Merda, se penso che abbiamo passato delle notti con lei, con la figlia di Voldemort, mi vengono i brividi! Per Salazar, ti rendi conto? Poteva, che ne so… Tagliarci a pezzi e mangiarci!-

-Non esagerare, adesso- soggiunse Albus, stancamente.

-Scuoiarci, ficcarci in una bara e…-

-Hai visto troppi film horror, Scorp.-

-Hai presente Pennywise di "It"? O Samara di “The Ring”?-

-Appunto- sottolineò Albus, divertito.

-Ecco, quei due mi inquietano di meno. A volte me la sogno di notte.-

Albus alzò le spalle -Io pure di giorno…-

Scorpius lo guardò stranito e Albus fece un bel sospiro. Doveva pur parlarne con qualcuno.

-Ascolta, ieri pomeriggio mentre ero in camera mia e stavo… Non lo so, ascoltando la musica, è successo qualcosa di strano- iniziò a dirgli, pungendosi le mani -Delphini mi è comparsa di fronte, nella mia camera. Ci siamo visti-

-Cosa!?- esclamò Scorpius, abbassando vertiginosamente il tono di voce -Che diavolo significa che ti è comparsa di fronte!?-

-È come se io fossi finito ad Azkaban e lei in camera mia- gli rispose l’amico, titubante -È troppo strano da spiegare, è come se fossimo entrati l’uno nel corpo dell’altra-

Scropius aggrottò le sopracciglia e Albus corresse subito il tiro, sentendosi arrossire.

-Nel senso, è come se io fossi diventato lei, capito? Ho visto la sua cella, Scorp, e ho sentito il freddo, la fame e… Uno strano bruciore negli occhi. Credo che stesse piangendo.-

Scorpius continuava a fissarlo, inebetito. Il suo silenzio significativo valse ad Albus come la più esauriente delle risposte.

-Non mi credi, vero?-

-Cioè, fammi capire- esclamò il biondo, cercando di dare un briciolo di razionalità a quella storia assurda -Tu sei diventato la figlia di Voldemort?-

-Non è che sono diventato lei… Insomma, non so come spiegarlo!- sbottò, in un impeto di esasperazione -So solo che dopo un po’ lei si è come accorta della mia presenza, e quando mi ha visto io…- Albus esitò, arrossendo ancora di più -Io ho chiamato mio padre, mio padre. Ti rendi conto?- sottolineò con tono tragico -Non ho mai desiderato tanto morire come in quel momento.-

Scorpius fece spallucce -Perché? Hai fatto bene a chiamarlo. Tuo padre è il capo del Dipartimento Applicazione e poi è Harry Potter… Anch’io chiamerei Harry Potter, se vedessi la figlia di Voldemort in camera mia.-

Albus gli rivolse un’occhiata irritata, come se questi fosse diventato stupido all’improvviso.

-Ma come puoi dire una cosa del genere? Ho fatto la figura del marmocchio!- gli spiegò Albus, accendendosi di imbarazzo come una lampadina -Adesso lei penserà che sono un moccioso che chiama paparino appena ha un problema! Per Salazar, ti devo spiegare tutto?-

-E chi se ne importa di quello che pensa Delphini, è un’assassina!- questa volta a essere esasperato era Scorpius -Cosa ti importa se ti ritiene un moccioso?- poi lo guardò e il suo volto diafano si illuminò di comprensione -Un momento… Albus-

-Cosa?- domandò subito il chiamato, sulle difensive.

-Albus- ripeté Scorpius, come se il suo nome fosse di per sé un insulto -Albus, ti prego, non mi dire che non ti è ancora passata.-

-Che cosa?!- replicò subito quest’ultimo, pur avendo inteso perfettamente.

-Hai capito che cosa, la cotta folle che avevi per Delphini Voldemort.-

-Ti è entrato un asticello nel cervello, Scorpius!?- lo aggredì subito, livido in volto -Non ho mai avuto una cotta per lei!- mentì spudoratamente -Dico, sei impazzito!? È la figlia di Voldemort e ha tentato di uccidermi, come potrei provare qualcosa che non sia terrore?-

Scorpius alzò un sopracciglio biondo, poco convinto -Sicuro?-

-Ma certo. Lei è la figlia di Voldemort e io sono il figlio di Harry Potter, quindi, no. Le trollate alla Romeo e Giulietta le lascio ai babbani.-

-Le trollate di chi?-

-Roba babbana di secoli fa. Zia Hermione ce la leggeva quando eravamo piccoli- spiegò Albus, spiccio -Comunque, davvero, ti sbagli. Ammetto che un pochino mi piaceva all’inizio, ma all’inizio! Insomma, lei è obiettivamente bella come ragazza… Però ora che so la sua vera identità, non mi piace più, no, grazie. Non voglio finire mangiato o scuoiato dentro la Camera dei Segreti.-

Il rampollo dei Malfoy annuì, ma non era molto convinto.

Dopo circa un quarto d’ora di chiacchiere e interrogatori, entrò bruscamente nel loro scompartimento una ragazza, senza nemmeno preoccuparsi di bussare.

Era una ragazzina dai capelli rossi e cespugliosi, che vestiva i colori della Casa di Grifondoro e aveva la scintillante “P” di Prefetto appuntata nella divisa. Spalancò la porta a vetri, si guardò un attimo intorno e poi sbuffò.

-Per tutte le cavallette, non è neanche qui!- constatò costei, irritata -Avete per caso visto un Nargillo? Lisander Scamander ha di nuovo perso il suo.-

-Un cosa?- domandò Albus con una smorfia, mentre Scorpius arrossiva lentamente.

-Un Nargillo!- ripeté Rose Weasley al cugino, spazientita -Oh, lascia stare. Piuttosto…- iniziò, guardando con occhi sospettosi i due Serpeverde -Perché voi due siete soli soletti in uno scompartimento?-

Albus alzò le spalle con supponenza -Non sono affari tuoi. Quella è la porta, salutami Godric.-

Ma Rose non si fece certo intimidire. Assottigliò gli occhi e si sedette con le braccia conserte di fianco a Scorpius, che si irrigidì.

-Che cosa diavolo state tramando!?- li interrogò, severa.

-Ma niente!- rispose subito Albus -Stavamo solo parlando di Quidditch-

-Da quando ti interessa il Quidditch, Albus?-

-E tu da quando vuoi trascorrere il viaggio con tuo cugino e il suo amico Mangiamorte?-

Scorpius Malfoy arrossì come un papavero e lo fulminò con lo sguardo.

-Da quando mamma mi ha detto di controllarvi- gli rispose prontamente la Grifondoro -Dato che lo scorso anno vi siete lanciati fuori dal finestrino per viaggiare nel tempo con la figlia di Lord Voldemort-

Questa volta fu il turno di Albus di arrossire. Egli alzò gli occhi al cielo e si arruffò i capelli -Ancora con quella storia…-

-Sì, Albus, ancora con quella storia. Stavi per farci ammazzare tutti, quella storia merita di essere ricordata nei secoli dei secoli.-

-Rosie ha ragione, l’abbiamo fatta grossa- intervenne timidamente Scorpius, sperando in un cenno di assenso da parte della compagna.

-Non sembrava la figlia di Voldemort, okay?- si difese il giovane Potter -Era… Ecco, sembrava normale-

-Normale!?- sillabò Rosie, incredula.

-Albus ha una cotta per lei- tradusse Scorpius, in soldoni.

-NON È VERO!- gridò subito il giovane Potter, imbarazzato a morte.

-Per Godric, Albus- soggiunse Rose, fingendosi scandalizzata per prenderlo in giro -Povero zio Harry!-

-Ma non è vero- replicò Albus, arrossendo sempre di più -Scorp dice un sacco di boiate, si inventa le cose, è più forte di lui.-

-E così mi invento le cose, eh? Mi ricorderò delle tue parole quando mi chiederai un tema da copiare, Albus Severus Potter- lo minacciò il biondo, puntandogli il dito contro.

-E io mi ricorderò quando… Quando…Quando mi chiederai di acciuffarti le cioccorane che fai sistematicamente scappare!- esclamò Albus, soddisfatto della sua trovata -Me lo ricorderò, Scorpius Hyperion Malfoy.-

-Okay, smettetela- li rimproverò Rose -È chiaro che siete due teste vuote e che stavate per mandare all’aria anni di lotte e sacrifici. Spero almeno che quello che avete combinato vi serva di lezione per la prossima volta. Ora scusate ma devo trovare il Nargillo di Scamander e andare a predisporre una tabella di marcia per lo studio. Ci sono i G.U.F.O. quest’anno e a differenza vostra non voglio ridurmi all’ultima settimana con un anno di studio arretrato.-

-Una tabella di marcia? Rosie, benedetto Merlino, siamo in settembre- esclamò stancamente Albus -Ce la diamo una calmata?-

-Beh, lei fa bene a portarsi avanti- la difese Scorpius, abbassando lo sguardo -Organizzarsi è sempre positivo.-

Rose lo guardò, stranita -Se è sempre positivo, perché non lo fai anche tu, Malfoy?-

Scorpius spalancò gli occhi e tacque, preso in contropiede. Rose lo guardò come se fosse scemo e poi scosse la testa.

-Davvero, non si chi fra voi due sia più idiota dell’altro- osservò, ricattando tutti i grossi manuali che si era portata con sé -E, Albus, vado subito a dire a zio Harry della tua cotta.-

-Delphi non è la mia…-

-Delphi?- ripeté Rosie, sorridendo dispettosa -È così che la chiami?-

-Certo che la chiamo così, si chiama così!- si difese il quindicenne, esasperato.

-Oh, Delphi! Andiamo a sgozzare qualche babbano al chiaro di Luna? Solo io e te?- lo beffeggiò Scorpius, rincarando la dose di imbarazzo. Albus allora si alzò dal sedile e si infilò malamente la cravatta verde argento in tasca.

-Ho capito. Il figlio del prescelto toglie il disturbo.-

-Dai, Al, non ti arrabbiare…-

-No, no. Vado a marchiarmi l’avambraccio. Addio- esclamò, uscendo impettito.

-Figurarsi- minimizzò Rose, scuotendo la testa -Sta solo andando a cercare la signora del carrello-

Scorpius le sorrise e poi guardò fuori, pensieroso. Albus si stava comportando in modo strano.

 

In realtà, Albus non era andato a cercare la signora con il carrello dei dolciumi. Si era recato nel piccolo bagno del treno, per sciacquarsi il viso e riprendersi psicologicamente.

Non aveva più senso pensare a lei, cercare di capirla, di scusarla… Basta, doveva andare avanti.

“È stata solo una visione” si disse stancamente davanti allo specchio “Non era reale, è stata solo una visione, una visione e nient’altro…”

Eppure lei gli era sembrata reale.

E piangeva.

Perché?

 



 

Il Ministero della Magia, da quando era sotto la conduzione del Ministro Granger Weasley, era molto cambiato. Non si vedevano più elfi domestici schiavizzati e addetti alla pulizia delle bacchette, non c’era la gigantografia con la foto del Ministro vicino alla fontana e in generale c’era molto più luce e tutto era molto efficiente.

La politica era generalmente aperta all’apertura verso il mondo babbano e all’accoglienza. L’insegnamento della Babbanologia, a Hogwarts, aveva ricevuto un monte ore più alto, anche perché la tecnologia era in continuo e rapidissimo sviluppo, basti pensare che gli ingenieri babbani avevano addirittura iniziato a studiare i primi prototipi di delle automobili volanti. Il mondo magico doveva stare al passo con questo sviluppo tecnologico e irreversibile, e se i giovani maghi non avevano problemi e utilizzavano perfino i social network, gli anziani erano restii e maldisposti.

Per questo l’insegnamento della babbanologia, ormai, equivaleva a lezioni di informatica ed era esteso anche agli adulti.

Ovviamente, tra i conservatori che rifiutavano ardentemente ogni miglioria tecnologica c’era in prima linea Draco Malfoy, che detestava anche solo la parola “computer”. Lo detestava, ma naturalmente aveva dovuto comprarne uno a Scorpius, il quale lo aveva ricattato moralmente dicendogli che perfino Albus lo aveva, visto che Harry Potter, a differenza sua, era un padre davvero fantastico. E allora apriti cielo: Draco non solo aveva comprato un computer, ma aveva perfino acquistato il pc più costoso e innovativo del mercato: un Macbook classe 2019, nero ardesia e con lo schermo più grande disponibile. 5000 sterline, che convertite in galeoni erano una cifra altrettanto proibitiva. Ma d’altronde i soldi non erano mai stati un problema in casa Malfoy, almeno quelli.

Ma ora, che era venuta a galla la faccenda della figlia di Hermione Granger, la pazienza di Malfoy si era completamente esaurita.

Draco infatti arrivò al Ministero prima dell’inizio del suo orario di lavoro e rimase come una faina ad aspettare il Ministro.

La vide sopraggiungere di fretta, Hermione camminava, salutava gentilmente e al contempo firmava delle circolari volanti che le si piazzavano davanti. Draco si era sempre chiesto come facesse a sottoscrivere i documenti, a rispondere al centralino e a leggere le circolari, tutto in contemporanea. Forse non sapeva che Hermione, come tutte le donne, era multitasking.

Comunque l’attese appostato dietro all’ascensore, e come la vide entrare, entrò dentro anche lui di scatto, pochi secondi prima che le porte si chiudessero.

Hermione trasalì.

-Granger, dobbiamo parlare- esordì Malfoy, tagliente

-Granger Weasley, e comunque la risposta è no- lo anticipò lei, severamente e senza neanche guardarlo.

-Non sai nemmeno cosa ti voglio chiedere!-

-Lo so, ma qualunque cosa sia, la risposta è no- ribadì lei, alzando gli occhi solo per enfatizzare la risposta negativa.

Draco ribollì di rabbia e strinse i pugni. Si impose di ispirare ed espirare, di ricordarsi che lei era comunque il suo capo, purtroppo.

-Riguarda Scorpius.-

Il cipiglio di Hermione si fece subito meno severo -Scorpius? Cosa è successo?- 

Questa volta fu Draco a evitare il suo sguardo. Per qualche motivo si sentiva dannatamente imbarazzato. Ma non doveva arrossire, i Malfoy non arrossiscono mai.

-Ecco, potresti dire a tua figlia di… Come dire…-

Ma una voce dagli autoparlanti dell’ascensore lo interruppe. Una voce maschile e conosciuta, che si faceva sentire al momento meno opportuno e che, ovviamente, era in simbiosi con quella della Granger.

-Hermione? Scusa, posso disturbarti?

Appena sentì la voce di Potter, Malfoy alzò gli occhi al cielo.

-Oh, Harry, nessun disturbo! Anzi- esclamò Hermione, fulminando Malfoy con lo sguardo -Dimmi tutto.-

-Puoi fare una breve deviazione nel mio ufficio? Ho bisogno di parlarti.-

-Certo, arrivo- rispose Hermione, spingendo un altro tasto nell’ascensore, la quale si bloccò di scatto e virò molto bruscamente a sinistra, tanto da far sbattere Draco contro la parete.

-Non voglio andare nel Dipartimento Applicazione!- si ribellò costui, spingendo il tasto per tornare al piano centrale. L’ascensore si bloccò di nuovo, ma prima che potesse virare bruscamente a destra, Hermione aveva già sospinto il tasto del quinto piano, dedicato al Dipartimento capeggiato da Harry.

-Non farmi irritare, Malfoy, o ti declasso ad segretario degli elfi domestici, hai capito?-

Il biondo la guardò con odio e stizza, ma non le rispose. D’altronde lei aveva il coltello dalla parte del manico.

-Cosa mi stavi dicendo di Scorpius?- gli chiese, con tono meno ostile.

-Niente, non è importante- borbottò Draco, offeso -Mi stavo solo chiedendo per quale motivo non vi siate ancora sposati.-

Hermione lo guardò, stranita -Ma di cosa stai parlando?-

-Tu e Potter- gli sibilò, stringendo i pugni -Andiamo, è così evidente. Siete senza pudore.-

-Tra me e Harry c’è solo una buona e sincera amicizia.-

-Ceeerto, come no. Puoi darla bere a quel cretino di tuo marito, ma non a me, Granger.-

L’ascensore magico intanto era arrivato a destinazione, la voce metallica e femminile in sottofondo li informò del piano.

-È incredibile come sia sempre tu quello che fa la figura del cretino, Malfoy- lo gelò Hermione, uscendo a passo svelto.

-Granger!- la inseguì Draco, fuori di sé, andando a scontrarsi con due giovani Auror in servizio -Granger!-

Ma Hermione passava e ogni persona, foglio volante, creatura magica e aspirapolvere si faceva da parte per sgombrarle la strada, come se stesse passando una vera e propria regina. Come passava Malfoy, invece, tutto e tutti gli andavano addosso senza cura.

-Granger!- la inseguì irritato fino all’ufficio di Harry Potter, senza demordere.

Spalancò la porta, immaginandoli sdraiati a copulare sopra la scrivania del prescelto, ma purtroppo (o per fortuna) la sua fantasia non si avverrò. Erano sì alla scrivania, ma erano seduti uno di fronte all’altra.

-Malfoy?- esclamò Harry, infastidito -Cosa diavolo ci fai nel mio ufficio?-

-È da stamattina che mi perseguita- precisò Hermione, guardandolo male.

-Sapevate che sarei entrato, non è vero, piccioncini?

-Ma di cosa sta parlando?- domandò Harry

-No, voi di cosa state parlando. Si può sapere cosa avete da dirvi di così urgente alle…- Draco guardò il suo orologio magico -8:25 di giovedì mattina?-

-Niente che ti possa…- ma poi Harry tacque, perché effettivamente ciò che aveva da dire a Hermione poteva interessare anche a lui, visto che era il padre di Scorpius -Riguarda Delphini Riddle.-

Sia Draco che Hermione cambiarono repentinamente espressione. Da scocciato e litigioso, il loro volto si fece subito teso e preoccupato.

Harry guardò Draco, indeciso, ma poi decise che in fondo aveva diritto di sapere anche lui.

-No nulla, però voglio andare ad Azkaban quanto prima. Voglio parlare con lei, a quattr’occhi-

-Tu vuoi parlare con Delphini Riddle? Perché?- domandò subito Draco, impaziente -È successo qualcosa ai ragazzi?-

-No, non ancora almeno. Prima di partire per Hogwarts, Albus mi ha detto di aver avuto una sorta di visione- spiegò loro Harry, inquieto -Ha detto di avere visto Delphini in camera sua per un breve momento.-

-Che cosa?- esclamò Hermione, sgranando gli occhi dalla preoccupazione.

-Oh, Salazar. Lo sapevo- fu l’esclamazione di Malfoy.

-E io gli credo, perché succedeva anche a me con Voldemort, soprattutto di notte, o comunque quando ero più vulnerabile- continuò Harry, provato - Non voglio che mio figlio passi le stesse cose che ho passato io, non lo permetterò.-

-Ma certo. Solo che… Una visione? Harry, come dici che sia possibile?- gli chiese Hermione.

-Non lo so, ma farò in modo che smettano- le rispose costui, sostenuto -Andrò di persona nella prigione di Azkaban e le parlerò a quattrocchi. Ti garantisco che le farò passare la voglia di scherzare.-

-E come?- domandò Hermione, mentre Draco annuiva vigorosamente.

-Spaventandola- le rispose Harry, secco -Sono pur sempre colui che ha ucciso suo padre. Lei deve avere molta paura di me.-

-Finalmente sento qualcosa di sensato!- concordò Malfoy -Te l’approvo, Potter.-

-Certo che gliela approvi- sbottò Hermione, risentita -Voi uomini e il vostro culto per la violenza! Ma possibile che dovette sempre ricorrere all’odio e alla forza bruta per far valere le vostre posizioni!? Non potete usare il cervello, una volta tanto!?- esclamo, guardando male entrambi

-Violenza?- rispose Harry, incredulo -Mica ho intenzione di farle del male, ho semplicemente detto che voglio mettere le cose in chiaro per la sicurezza dei nostri figli. È la cosa giusta da fare, Hermione, e lo sai anche tu.-

-Spaventare una ragazza non è mai la cosa giusta da fare, Harry- replicò Hermione, indignata -E mi stupisco di te.-

Malfoy alzò le sopracciglia e si guardò le unghie.

-E allora tu cosa proponi?- capitolò il prescelto, esasperato.

-Vai a parlarle, ma non essere ostile. Non serve a nulla- gli disse, in modo più morbido -Sii gentile come sai essere tu, piuttosto.-

-Gentile?- ripeté Harry, teso -Ma come faccio a essere gentile con la figlia di Voldemort?-

-Hai superato prove ben più difficili- gli rispose Hermione, più dolcemente -Supererai sicuramente anche questa.-

Gli afferrò la mano e gli sorrise, davanti allo sguardo attento di Malfoy.





 

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Capitolo 4
*** Where's the love? ***


 

-Ma lui non può tornare- ribatté Delphi, anche se una scintilla di flebile speranza si era accesa in lei -Gli Horcrux sono andati tutti distrutti!-

-Tutti? Chi può dirlo. Non lo sappiamo in verità- le rispose l’anziano Rodolphus Lestrange -Nessuno lo sa. Forse solo tua madre lo sapeva, Voldemort si confidava solo con lei-

Delphi avvertì una stretta allo stomaco -Ma se ci fosse un altro Horcrux, allora lui sarebbe… Solo e…-

-Più debole che mai, sì.-

 

 

 

Le stelle.

Delphini adorava guardarle e perdersi nella loro irraggiungibile immensità. C’era qualcosa di poetico nelle stelle e nel mistero che celavano.

Erano maestose, lontane e intoccabili, mistiche e incredibili, eppure esistevano ed erano incastonate là, visibili a occhio nudo.

Delphini cercava di affacciarsi più spesso che poteva in quella ristretta fenditura scavata nel muro di pietra. Fortunatamente per lei, era nata agile e flessuosa, e il suo fisico slanciato e molto leggero ricalcava in modo impressionate quello di Lord Voldemort, suo padre. Ella riusciva perciò ad arrampicarsi sulle rocce con relativa facilità e a sporgere la testa nell’alta finestra. Ogni volta che vedeva il panorama, sempre di nascosto, lo spettacolo riusciva sempre a emozionarla.

Azkaban infatti era un’isola in mezzo al mare. C’erano spesso temporali e burrasche e il clima era dei peggiori: umido e afoso d’estate, gelido e ventoso d’inverno. Tuttavia,  Azkaban aveva anche un lato positivo e quello era proprio il cielo. Quando non pioveva, la volta celeste era tersa e stellata, e quasi si confondeva con il cobalto del mare. Era uno spettacolo commovente, che infondeva speranza allo stesso tempo malinconia, uno spettacolo che Delphini cercava di ammirare ogni volta che poteva, ovvero ogni volta che non c’erano Dissennatori o le guardie incappucciate dei MACUSA nei paraggi.

Azkaban infatti non era più la stessa fortezza di un tempo. C’erano perfino numerosi esseri umani posti a presidio della sua cella, maghi che si erano “immolati” in nome della sicurezza della patria e, soprattutto, di un generoso gruzzoletto. Ma nessuno di quei parassiti aveva avuto il fegato di andare da lei a controllarla, nemmeno durante gli orari consentiti. Gli unici, che si affacciavano nella sua cella, erano i Dissennatori, ma giusto per accertarsi che fosse ancora viva.

Ma i maghi no, se ne guardavano bene. Come tutti, anche loro erano terrorizzati e la ritenevano una sorta di Lord Voldemort in miniatura.

E chissà, magari avevano pure ragione.

“Forse” si interrogava Delphini, nel silenzio perpetuo della sua cella “Sono più spaventosa di quello che penso.”

E in effetti il dubbio era ragionevole. Il suo aspetto emaciato e un po' sinistro poteva incutere disagio, ma Delphi non aveva mai pensato di poter fare davvero paura al suo prossimo. E l'idea non le faceva piacere, a dire il vero, nemmeno un po'.

E questa solitudine forzata stava iniziando a farsi sentire. Le veniva da piangere ogni giorno, voleva fuggire, si sentiva privata di ogni speranza, sola, come se fosse l’ultima persona rimasta sulla Terra. E il problema era che questa sensazione di asfissiante solitudine aveva accompagnato Delphini da sempre, fin da quando era nata. L’ergastolo con l’isolamento diurno aveva solo ingigantito uno spettro già presente nella sua vita.

Basti pensare che da bambina, pur di stare con qualcuno, Delphini si era inventata un amico immaginario con cui giocare e sfogarsi, proprio perché non ne aveva mai avuto uno vero. Ma ora era adulta e la fantasia non le bastava più. Aveva bisogno di parole e di contatto umano, di parlare e sentire voci, di vedere occhi e di ammirare sorrisi.

Aveva ragione Euphemia Rowle, la strega anaffettiva che l’aveva cresciuta, quando diceva che lei avrebbe fatto una brutta fine.

E d’altronde, quando sei la figlia di un mostro, non puoi sperare in un futuro radioso o in cose belle, come l’amore o l’amicizia. Mostro nasci e mostro rimani, perché la mela non cade mai lontano dall’albero, come amava predicare la suddetta Rowle. E ora lei aveva capito perché.

Delphini sapeva chi erano i suoi genitori e cosa avevano fatto. Rodolphus Lestrange le aveva raccontato tutta la verità, senza tralasciare alcun dettaglio o indorare la pillola. Inoltre nelle librerie magiche c’erano tantissime biografie dedicate a Lord Voldemort, il mago oscuro più pericoloso degli ultimi secoli, per non dire dell’intera storia.

Sapeva cosa aveva fatto, aveva visto i ritratti che lo rappresentavano, così come aveva visto anche le foto segnaletiche di sua madre. Due esseri umani spezzati dentro, inquietanti e allo stesso tempo inquieti, che si erano incredibilmente trovati tra le spine di un mondo avverso. Eppure quei due esseri umani l’avevano messa al mondo, tenendola con loro per qualche mese.

Delphini non sapeva darsi una spiegazione razionale di questo. Aveva forzato così tante ipotesi sul perché fosse al mondo che ormai ci aveva rinunciato. Non sapeva nemmeno in che rapporti fossero i suoi genitori, Rodolphus in questo era stato tombale, non aveva detto nemmeno una parola. E Delphini aveva intuito il motivo e non aveva insistito: Bellatrix era stata pur sempre sua moglie ed era rimasta incinta di un altro uomo. Non doveva essere il massimo, per il marito.

Comunque, sicuramente non era nata a causa di una svista. Era folle anche solo da immaginare che il mago oscuro più temuto della storia fosse diventato padre per sbaglio. E poi, obiettivamente, se la gravidanza non fosse stata programmata, Voldemort non ci avrebbe impiegato molto a sbarazzarsi del feto.

No, se Delphini era al mondo c’era un motivo. Loro l’avevano voluta, cercata probabilmente, e questa consapevolezza da un lato la rasserenava, ma dall’altro la inquietava. Non poteva esserci niente di buono, dietro la sua nascita.

Si sentiva come una sorta di anticristo, venuto al mondo solo per far del male.

No, se nasci in siffatte circostanze, non puoi sperare di avere una vita felice o di diventare qualcuno di amabile.

Non puoi sperare di essere amato o di avere un amico.

O, almeno, questo era ciò che credeva Delphini.

 

 



 

-Ho bisogno di ascoltarmi un po’ di musica, ne va della mia vita- borbottò Albus Severus, coricato a letto -Scorp, mi canti qualcosa?-

-Double Trouble?- propose lui, l’unico rimasto in piedi a disfare ordinatamente le valigie.

-No, non Double Trouble, basta Double Trouble- rispose Al, alzandosi a sedere con fare esasperato -Che ne dici dei R.E.M.?-

-Ragazzi, sono quasi le due, dormite per favore- si frappose Zabini, sdraiato sul fianco e con gli occhi già chiusi.

-Scusa, Al, ma non li conosco- gli rispose Scorpius, alzando le spalle.

-Che strazio- si lamentò tragicamente Albus, lasciandosi cadere sul letto -Ho bisogno del mio Mp3.-

-Fattelo spedire- proprose Scorpius -Ho sentito che Polly Chapman si è portata dietro il computer.-

-E per cosa?- domandò, stranito ma interessato -Tanto internet qui non va.-

-Ragazzi, io domani mattina vorrei essere vivo- li supplicò Zabini, schiacciandosi il cuscino tra le guance.

-Dai Max, alle prime due ore abbiamo Paciock, che ti importa- minimizzò Albus -E poi James mi ha detto che stanotte i Grifondoro faranno after, quindi non facciamo i novantenni della situazione, per favore.-

-E tu credi a quello che dice James Potter?- domandò Scorpius, retorico.

-No, però… Possibile che dobbiamo sempre essere noi quelli che non si divertono mai? Che non fanno mai niente?-

-Per forza non facciamo mai niente, siamo i Serpeverde- gli fece notare Scorpius, mentre piegava i suoi maglioncini grigi in ordine di sfumatura -Se fanno after i Grifondoro, sono simpatici e carini, se lo facciamo noi, siamo dei delinquenti dediti alle arti oscure. Capito la differenza?-

-Che pregiudizi del cazzo- si lamentò giustamente Albus -Non è giusto.-

-Non sarà giusto, ma è così- esclamò Scorpius con placida rassegnazione -Capirai, io sono anche un Malfoy. Se faccio un rutto al momento sbagliato potrebbero scortarmi ad Azkaban.-

Sia Albus che Zabini ridacchiarono, il quarto ragazzo -Timothy Flint- invece dormiva già come un ghiro. Albus rideva, ma dentro di sé sentiva una grande rabbia e frustrazione.

Non era giusto, no. Quello che diceva Scorpius poi era vero, i Serpeverde erano oggettivamente più controllati e puniti più severamente degli altri, come se dietro ogni piccola marachella si nascondesse un intento criminale o l’anima di un potenziale mago oscuro.

Albus strinse i pugni dalla rabbia.

-Sai che c’è? Visto che siamo praticamente i villain della scuola, tanto vale comportarci come tali, no?-

-Che stai dicendo?- si preoccupò Scorpius, vedendo che il coetaneo si era alzato dal letto.

-Vado a farmi una passeggiata- rispose Albus, infilandosi velocemente le scarpe.

-Ma non puoi uscire a quest’ora!- ribatté, guardando Zabini come per cercare sostegno -Sono le due di notte, i Prof ti massacreranno.-

-Vado solo in guferia a spedire una lettera.-

-Ma non puoi spedirla domani mattina?- lo pregò Scorpius -Albus, non farci perdere 100 punti il primo giorno di scuola, ti prego.-

-Tranquillo, non mi farò beccare.-

-Le ultime parole famose…- borbottò Max Zabini.

-Posso almeno sapere a chi devi scrivere così urgentemente?-

-A mio nonno- rispose Albus, sorridendo -Seguo il tuo consiglio, mi faccio spedire l’Mp3.-

-Tu cosa!? Ma io scherzavo!- strillò Scorpius.

-È scemo- borbottò Zabini, guardandolo uscire -È scemo, non c’è niente da fare.-

 

 

Albus in quel momento si sentiva libero e leggero. Corse più veloce e silenziosamente che potè, rasente al muro come un ladro, e nel frattempo cercava di richiamare alla mente il ritornello di una famosa canzone pop. La richiamò fedelmente nella testa, l’aveva ascoltata talmente tante volte che ne ricordava la melodia ritmica e rassicurante. Canticchiò il ritornello tra le labbra mentre scendeva frettolosamente e silenziosamente le scale del castello buio e dormiente.

“…People're killing, people're dying, children hurting, I hear them cryin'. Can you practice what you preachin'? Would you turn the other cheek?fece un salto in lungo, correndo per il lungo ponte esterno che collegava  Hogwarts all'altro versante Father, Father, Father help us! Send some guidance from above, 'cause people got me questioning where's the love?

Albus non aveva mai studiato canto, però aveva un buon senso del ritmo e una bella voce, che giunse fino alle orecchie di qualcuno che solo in apparenza si trovava molto, molto distante da lui.

 

 

Delphi guardò in alto, verso la feritoia. Inspiegabilmente, le sembrava più vicina e luminosa.

 

 


 

 

 

-Bentornati, ragazzi! Forza fatevi avanti! Sveglia, Serpeverde, è mattina!-

 

-Come fa il professor Paciock a essere così di buon umore di prima mattina?- bisbigliò Scorpius, avvicinandosi al tavolone per la prima lezione di Erbologia.

-Tutti i Grifondoro sono stupidamente positivi, io ci sono abituato- gli rispose Albus, con noia.

-Non ne abbiamo più parlato… Com’è andata ieri notte in guferia?-

-Benissimo, ho fatto tutto.-

Scorpius fece un'espressione di ammirazione -Ma veramente tuo nonno ti spedirà l’Mp3 di nascosto?-

-Mio nonno Arthur fa questo e altro- gli rispose Albus, contento -Una volta mi ha anche firmato una nota disciplinare senza dire niente a mio padre.-

-Che bellezza, anche io vorrei un nonno così- borbottò Scorpius, pensando a suo nonno Lucius -Io se chiedo una cosa del genere al mio, è capace di darmi in pasto ai suoi pavoni.-

-Silenzio, Serpeverde- li ammonì Paciock -Mi auguro che vi siate riposati bene quest’estate, perché quest’anno abbiamo gli esami. I G.U.F.O. non sono una passeggiata, ragazzi, occorre molto studio e molta concentrazione per superarli…-

-Merlino, è il primo giorno di scuola e già ci parlano dei G.U.F.O- si lamentò Zabini, vicino a loro.

-Voglio morire- rispose Scorpius, lanciando uno sguardo alla diligente Rose Granger Weasley, che annuiva, attenta.

-Allora, oggi voglio iniziare la lezione parlandovi di un particolare vegetale che mi sta molto cuore- continuò Paciock, con orgoglio -Ditemi, chi si ricorda come ha fatto Harry Potter a vincere la seconda prova del Torneo Tremaghi?-

Rose fece subito scattare il braccio in alto, ma Neville rivolse le sue attenzioni ad Albus Severus, che abbassò lo sguardo, vistosamente irritato. Scorpius gli diede una gomitata.

-Albus?- lo interpellò il professore, a voce alta.

-Non conosco nel dettaglio tutte le prodezze che ha compiuto mio padre, professore, mi scusi- gli rispose, acido.

-Quand’è così… Signorina Granger Weasley?-

-L’Algabranchia!- rispose subito la studentessa, fiera.

-10 punti a Grifondoro!- disse felicemente Paciock -E chi si ricorda chi ha consigliato a Harry Potter di prendere l’Algabranchia?-

-È stato l'elfo Dobby, professore…- 

-Ebbene sì, ma grazie a me!- concordò Neville, tutto contento -Dovete che sapere che quando Harry Potter andò…-

Albus smise del tutto di ascoltarlo, sollevando gli occhi al cielo.

Odiava quando si osannava l’eroismo di suo padre. Odiava dire il proprio cognome e beccarsi degli sguardi di ammirazione e incredulità.

“Potter!? Vuoi dire che sei il figlio di Harry Potter!?”

Era un incubo, la grandezza di suo padre adombrava la sua presenza e aveva il potere di farlo sentire una nullità, esasperava la sua insicurezza.

Albus teneva lo sguardo basso e lentamente la voce del professore iniziò a farsi sempre più lontana e ovattata. Giocherellò con la punta della cravatta verde argento, arrotolandosela tra le dita. Presto, un senso di fiacca e pesantezza si impossessò di lui, e le grosse righe della cravatta iniziarono a confondersi tra di loro. Il ragazzo sbatté le palpebre più di una volta e poi si stropicciò gli occhi stanchi. Li mantenne chiusi per un attimo e rabbrividì per un improvviso brivido di freddo.

Strano, aveva sentito caldo fino a un minuto fa.

Lanciò uno sguardo a Scorpius, che aveva già allestito la sua postazione con gli strumenti per la lezione, e poi si guardò le scarpe nere.

Gli bruciavano gli occhi. Li chiuse in modo più incisivo, sbattendo le ciglia folte e nere.

Quasi non si accorse di non sentire più alcuna voce, nessun rumore. Ma a un certo punto un singhiozzo trattenuto lo scosse.

Albus alzò lo sguardo, trovandosi all’improvviso in un altro luogo. Non era più nella serra di Erbologia, era in una stanza scavata nella roccia, tenebrosa e desolante, gelida.

Di fronte a lui c’era Delphini, che lo fissava incredula, con gli occhi sgranati.

Ad Albus mancò il respiro, letteralmente

-Che cosa… Che significa tutto questo?- riuscì ad articolare, atterrito -Perché sono qui?-

La ragazza non rispose, sconvolta. Albus la guardò meglio, il suo sguardo si ammorbidì.

-Stavi piangendo?- intuì, socchiudendo gli occhi.

Lei corrugò la fronte e prese la prima cosa che gli capitò a mano - un sasso - e glielo tirò contro, facendolo sparire.

 

 

-ALBUS! ALBUS!-

Albus aprì faticosamente gli occhi e si ritrovò una miriade di volti preoccupati intorno a sé, il professor Paciock chinato su di lui.

-Cosa…- borbottò, rendendosi conto di essere sdraiato a terra -Che è successo?-

-Sei svenuto, Albus. Ragazzi, state indietro, non c’è niente da vedere- intimò il professore agli altri studenti -Hai avuto un calo di pressione o qualcosa del genere, purtroppo nelle serre succede- gli spiegò bonariamente -La temperatura non è mai delle migliori-

-Un cosa…?-

-Scorpius, vai in infermeria a chiamare qualcuno.-

-Sì, prof.-

-Non ti preoccupare- gli sorrise Neville -Sono cose che succedono. Anche io sono svenuto molte volte a Hogwarts.-

Albus si alzò in piedi, con la testa che gli girava e i brividi di freddo a sconquassargli il corpo. Era talmente scosso che non si sentiva nemmeno imbarazzato, in quel momento.

Poi gli tornò bruscamente in mente la visione, quegli occhi grigi e pieni di lacrime.

Quella era stata la seconda volta.

 

 


 

 

“Perché sta succedendo questo? Che significato ha? Perché proprio lui!?”

Delphini camminava in cerchio come di consueto, con i capelli lunghissimi e stretti convulsamente tra le dita. Era in preda a una profonda ansia, che le impediva di pensare in modo lucido e razionale.

Aveva desiderato vedere qualcuno con tutto il cuore. Che fosse una guardia incappucciata, un Auror del Ministero o chiunque altro non importava, voleva vedere un essere umano. Aveva pregato intensamente l’universo, perché la solitudine ormai la stava attanagliando come il morbo di una malattia, e questo in risposta le aveva mandato lui, di nuovo.

C’era qualcosa di insondabile che la legava a doppio filo con Albus Severus Potter.

Probabilmente non si sarebbe più tolta dalla testa la sua espressione preoccupata. C’era stata un’inspiegabile premura nel suo sguardo, forse dettata proprio dalla sua giovane età. Era un bambino dopotutto, e i bambini sono perfidi, consolano per gioco perché sono felici quando a soffrire sono gli altri al posto loro.

Forse era per quello che il moccioso Potter le aveva chiesto perché stesse piangendo, ne era stato intimamente compiaciuto.

In fondo nessuno poteva preoccuparsi di lei, andiamo, era la figlia del Signore Oscuro.

Però era stata felice di averlo visto, la sua sola presenza le aveva ricordato che non era sola sulla Terra, che oltre quelle mura c’era un mondo pieno di persone. Doveva solo trovare il modo di evadere dalla prigione, i suoi genitori lo avrebbero fatto in meno di un giorno.

Però loro erano stati in due, lei era da sola.

Sempre da sola

 


 

“All by myself! Don’t wanna beee… All by myself, anymore!”

 

-Oh, smettila, Potter!-

Ma Albus non smise e continuò a cantare con tono melodrammatico, steso sul letto dell’infermeria

-Potter!-

-Madama McLin, la supplico, posso tornare in aula?- chiese Albus, disteso sul letto dell'infermeria -Le giuro che sto bene-

-Ma pensa, sei il primo studente della storia che ha fretta di tornare a lezione- osservò lei, infastidita.

-Perché è il primo giorno di scuola. Non ci sono lezioni vere, il primo giorno di scuola… La prego.-

-No, sei appena svenuto, devi stare qui. E finisci di bere lo sciroppo.-

-Che pizza- borbottò Albus, bevendo l’intruglio disgustoso alla sua destra -E che figura di merda.-
Se solo avesse avuto il suo Mp3, la musica avrebbe allietato un po' quella sensazione di ansia e generale pesantezza che sentiva.

Si guardò lo stinco sinistro, nel punto dove Delphi lo aveva colpito con il sasso, e vide che si era già formato un livido.
-Merda. È tutto vero- soggiunse, guardando il soffitto bianco.
Ciò che gli stava succedendo era degno di un colossal cinematografico. Albus si sentiva come il protagonista eroico e coraggioso di un romanzo per ragazzi. E questo lo elettrizzava ma soprattutto lo inquietava, visto che non si sentiva né eroico né tanto meno coraggioso.

“Delphini ti mangia a colazione e usa le tue ossa come stuzzicadenti” gli aveva ricordato gentilmente Rose Weasley solo poche ore prima.

E come darle torto… Solo che, questa volta, Albus non aveva avuto la stessa paura paralizzante della prima.

L’inquietudine di vedere Delphini Riddle era stata mitigata dal suo pianto. L’aveva “vista” due volte, e per due volte l’aveva sorpresa mentre piangeva.

Questo era strano.

Albus era certo che suo padre non avesse mai visto Voldemort piangere. C’era qualcosa di triste e tragico in tutto questo. Lei stava soffrendo e ad Albus, malgrado tutto, dispiaceva. Vederla in quello stato aveva toccato corde del suo cuore che non credeva nemmeno di possedere.

Si sentiva quasi in colpa.

 

 

 

Ministero della magia

 

-Sì, Albus purtroppo è svenuto. Ma stai tranquillo, Harry, adesso sta bene e Madama McLin ha detto che non c’è niente di cui preoccuparsi.-

Ma Harry Potter non stava affatto tranquillo. Neville gli stava raccontando la vicenda dello svenimento di Albus Severus dal fuoco del camino, e se prima aveva avuto solo mal di testa, ora aveva un'emicrania lancinante.

Suo figlio non era mai svenuto, non aveva mai avuto problemi di salute di quel tipo, prima d'ora.

-Sarà stato un problema dato dalla crescita, Al sta crescendo talmente in fretta- cercò di rassicurarlo Hermione, seduta accanto a lui -Magari ha avuto un calo di pressione, o forse non ha dormito, visto che ieri è stata la prima notte a Hogwarts. Sai com’è.-

-Sì, infatti- concordò Neville -Non c’è niente di cui preoccuparsi, Harry, sono cose che succedono.-

-No, non sono cose succedono- li confutò il prescelto, reso più severo dalla preoccupazione -Vi ricordate quando capitava a me di svenire? Non erano cali di zuccheri o cali di pressione. Non svenivo perché non dormivo o non mangiavo.-

Il volto di Hermione si fece buio e preoccupato, Neville invece non capii subito, ma intuì la serietà del problema.

-Che cosa vuoi insinuare, Harry?- domandò infatti, preoccupato. Harry però si rivolse a Hermione.

-Devo andare nella prigione d’Azkaban, ora- le disse perentorio -Devi firmarmi subito un’autorizzazione.-

-Sai anche tu che non è così immediato. È una procedura lunga, devo richiedere prima il nulla osta al Ministero Europeo, dopo di che loro…-

-Non c’è tempo per la burocrazia!- la interruppe malamente Harry.

-Ragazzi, scusate ma fra dieci minuti devo tornare a lezione. Ho due ore con Lily, Harry.-

-Salutamela- gli rispose il prescelto, distrattamente.

-Certo, ciao Harry. Ministro- Neville fece uno scherzoso cenno del capo all’amica.

-Professore- gli sorrise Hermione a sua volta, guardandolo scomparire gradualmente nel fuoco morente del camino.

-È stata Delphini- soggiunse subito Harry, agitato -Se Albus è svenuto, è stata colpa sua, ne sono certo.-

-Harry, calmati, non è detto.-

-Te lo dico io! È stata lei!-

-Non essere sempre così testardo e perentorio. Ti ricordi al sesto anno, quando ti eri fissato con Malfoy?-

-Sì, e non per niente avevo ragione. Devo andare da Delphini, ora.-

Hermione si massaggiò la fronte, stancamente.

-Hai idea di che razza di polverone si solleverà, se tu andrai ad Azkaban? Il MACUSA ci tempesterà di domande, il Ministero Europeo ci metterà ancora più alle strette, le gente si insospettirà, i giornalisti…-

-Hermione, si tratta di mio figlio, non me ne frega niente se il MACUSA o l’Europa hanno qualcosa da ridire!-

-Per tutte le cavallette, quanto sei testardo!- esclamò Hermione, scompigliandogli i capelli -Sei peggio di Ron!-

Harry le sorrise -Ascolta, io ero solo quando Voldemort mi tormentava, ero solo e avrei dato qualunque cosa per avere un padre al mio fianco. Non permetterò che mio figlio provi la stessa cosa, perché ci sono io con lui. Io affronterò Delphini al suo posto e io sistemerò la faccenda.-

-Non cambierai idea, vero?-

-No.-

-Se le cose stanno così…- Hermione gli diede le spalle, come per celarsi al suo sguardo -Andrai ad Azkaban, ma lo farai in via… Diciamo, informale.-

Harry socchiuse furbamente gli occhi -Intendi di nascosto?-

-Di nascosto, che brutta frase- osservò Hermione mentre impilava dei fogli -Intendo senza tutta quella inutile burocrazia…-

-Ma io ho sempre detto che tu sei il mio Ministro della Magia preferito!- soggiunse il prescelto, raggiante -Il migliore della storia!-

-Lo faccio solo per Albus- ci tenne a precisare Hermione, mentre Harry l’abbracciava -Perché sono preoccupata per mio nipote.-

-Ti adoro, Hermione.-

-Se ti sente Malfoy…-

-Ti adora anche lui?- le sorrise.

 

 

Caro Scorpius,

-No, così non va- mormorò Draco, cancellando la prima riga.

Scorpius, mi dispiace per il diverbio che abbiamo avuto. Puoi frequentare la figlia della Granger.

-Troppo diretto?- si disse, rileggendo quella riga.

Scorpius, per quanto mi irriti, la piccola Granger va bene, basta che non la sposi. Un caro saluto.

-Magari al posto di “piccola Granger” sarebbe meglio il nome- rifletté Malfoy senior -Ma come si chiama la ragazzina? Rory? No, ha un nome floreale… Daisy? Violet?-

-Ho appena visto Harry Potter e il Ministro abbracciarsi come due fidanzatini nella sala delle comunicazioni!-

Draco sgranò gli occhi e si voltò di scatto verso un chiacchiericcio gruppetto di signore.

-Avevi ragione tu, Selenia!-

-Oh, beata lei!- esclamò una seconda pettegola -Quanto vorrei essere al suo posto. Harry Potter è così… Così…-

-Eroico!-

-E bello!-

-E coraggioso!-

Draco fece una smorfia infastidita e si voltò di nuovo sulla sua scrivania.

Per Salazar, quanto detestava San Potter. Si alzò e andò a prendere l’ascensore, destinazione: Ufficio centrale del Ministro della Magia.

 

 

-Stando a quanto si dice, la prigione di Azkaban è ubicata in un’isola del Mare del Nord, che secondo alcuni coincide con l’isola tedesca di Heligoland. Ma ti posso dire tranquillamente che è una bugia- spiegò Hermione a Harry, sfogliando velocemente un pesante atlante.

Erano seduti nel suo ufficio, gomito a gomito.

-Per ragioni precauzionali, il Ministero ha sempre celato la vera ubicazione della Prigione d’Azkaban, la quale non si trova affatto nel Mare del Nord, bensì…Qui-

Hermione indicò col dito un punto imprecisato nell’Oceano Atlantico meridionale, a sud ovest del Capo di Buona Speranza.

Harry affinò lo sguardo, ma oltre all’immensa distesa azzurra, non vide null’altro.

-Non vedo nessuna isola- disse infatti.

-Infatti, è talmente piccola e remota che le mappe quasi la ignorano- gli spiegò Hermione -Il centro abitato più vicino dista ben 2000 miglia nautiche, ma Azkaban è qui, nell’isola di Bouvet, te lo posso garantire. Raggiungerla è estremamente complesso, Harry.-

-Lo vedo- concordò Potter -È praticamente tra l’Africa e l’Antartide. Non oso immaginare che clima c’è.-

-Già. Raggiungerla attraverso le vie babbane sarebbe troppo lungo e dispendioso, poi perdonami, ma non posso darti troppe risorse, la gente già parla.-

-Lo so.-

-La gente parla per forza. Siete senza ritegno-

Sia Harry che Hermione si voltarono di scatto. Draco Malfoy li stava fissando dall’uscio della porta. Era appoggiato allo stipite e aveva le braccia conserte.

-Oh, scusate tanto. Ho forse interrotto il vostro momento speciale?-

-Cosa vuoi Malfoy?- gli disse Hermione, infastidita.

Draco la guardò male -Non voglio niente, certo non da te. Volevo solo dirvi che potete anche smetterla di nascondervi, perché tanto qui lo sanno tutti.-

-Ma di cosa sta parlando?- esclamò Harry, aggrottando le sopracciglia.

-Ignoralo. Fai come faccio io- borbottò Hermione, fulminandolo con lo sguardo.

-Perfino durante le ore di lavoro- continuò Draco, scuotendo la testa con una smorfia -Non ti facevo così spudorata, Granger.-

-Sono piena di sorprese, allora. E comunque è Granger Weasley.-

-Preferisco Granger e basta- le rispose a tono Draco -E per il valore che dai a tuo marito, dovresti farlo anche tu. Saresti più coerente.-

-Mi volete spiegare di cosa state parlando?- intervenne Harry, irritato -Hermione, abbiamo ben altro a cui pensare- disse, indicandole con un cenno impaziente la cartina. Draco socchiuse gli occhi.

-Cosa state guardando in quell’atlante?-

-Nulla- rispose Harry.

-Non sono affari tuoi, Malfoy- rincarò Hermione.

-L’isola di Bouvet- constatò il Serpeverde, allungando il collo -La sede di Azkaban.-

Hermione e Harry rimasero sbalorditi.

-Come diavolo fai a sapere che…-

-Sono un Malfoy, Granger. La mia famiglia lavora al Ministero da quando è stato istituito. E poi mio padre è stato un anno in quella prigione.-

Hermione e Harry si scambiarono un’occhiata di intesa. In effetti, le conoscenze di uno come Malfoy potevano rivelarsi incredibilmente utili in determinate circostanze.

-Sai anche come raggiungerla, per caso?- domandò infatti Hermione, cercando di apparire casuale.

-È impossibile raggiungerla. O almeno, è impossibile per noi che non pratichiamo le arti oscure- confessò Draco, rigidamente -Con le arti oscure si può fare qualsiasi cosa, anche creare una Passaporta che da qui ti porti direttamente ad Azkaban.-

-Come fai a esserne così sicuro?- gli chiese Harry, interessato.

-Lo so perché Voldemort ne costruì una, a suo tempo-

-Voldemort ha costruito una Passaporta per Azkaban!?- ripeté Harry, sorpreso -E perché avrebbe dovuto?-

-Per far evadere i Mangiamorte- gli rispose subito Hermione -O meglio... Per far evadere Bellatrix.-

Harry arrossì leggermente -Ah. Sì, immagino di sì-

-Cosa non si fa per le donne, eh, Potter?- soggiunse Draco, lanciando uno sguardo a Hermione, che alzò un sopracciglio.

-Certo. Soprattutto quando sono così bendisposte, vero, Malfoy?-

-Esattamente- le rispose, sfacciato.

Harry si schiarì la voce per richiamare la loro attenzione -Ma ne sei proprio sicuro, Draco?-

-Certo che ne sicuro. Come credete che abbiano fatto i Lestrange a raggiungere il mio maniero in meno di cinque minuti?- replicò loro con ovvietà -Hanno usato quella Passaporta. Ma vi anticipo già che è estremamente complesso costruirne una. Anche mia madre ci aveva provato dopo l’arresto di mio padre, ma senza riuscirci. Ci vuole giusto un mago come Voldemort.-

-E la Passaporta che ha creato Voldemort che fine ha fatto?- domandò Harry, concentrato.

-Non ne ho la minima idea- gli rispose Draco -Ma perché tutte queste domande? Che cosa state tramando?-

-Nulla- rispose velocemente Hermione, sostenuta -O quanto meno, nulla che ti riguardi.-

-Non mi fido di te, Granger.-

-Ragazzi…- li interruppe Harry, che stava riflettendo -E se la Passaporta di Voldemort si trovasse ancora a Malfoy Manor?-

-Cosa!?- sbottò Draco -A casa mia non c’è una Passaporta che conduce alla prigione di Azkaban! Ma dico, sei impazzito!?-

-Vale la pena controllare- lo interruppe Harry, sicuro -Hai mica qualche oggetto particolarmente magico, antico, prezioso e… Serpeverdesco?-

Draco lo guardò, basito. -Mmh, fammi pensare… Mezzo milione? Mezzo miliardo, più o meno?- ipotizzò, sarcastico.

-Sì, suppongo di sì- concordò Harry, mestamente -Allora sarà un’ispezione piuttosto lunga.-

-Ispezione? No, non vi permetto di perquisire la mia villa senza un mandato… O un motivo!- sbraitò Malfoy -O mi dite cosa avete in mente, o in casa mia non ci mettete piede.-

-Harry vuole andare il prima possibile ad Azkaban, ad ammonire Delphini per la questione delle visioni di Albus- gli spiegò velocemente e freddamente Hermione.

-Ecco. Questo è un motivo- annuì Malfoy, diplomatico -Ma perché dovete complicarvi la vita con una Passaporta illecita? Il Ministero non può fornirvi un mezzo con cui andarci?-

I due amici rimasero in un imbarazzato silenzio, al che il Serpeverde comprese e guardò Hermione a bocca aperta.

-Volete andarci di nascosto!?- constatò, incredulo e divertito.

-Shh!- lo zittì Hermione, arrossendo -Vuoi abbassare la voce, idiota!?-

-Ma senti qui! Mi meraviglio di voi!- li canzonò Malfoy, beffardo -Ministro, perché non sei finita in Serpeverde?-

-Ho il sanguesporco, non te lo ricordi?- lo fulminò Hermione.

-Ah, giusto- scherzò Malfoy -Me n’ero quasi dimenticato, Granger- enfatizzò il suo cognome, lei lo guardò male.

-Non abbiamo avuto altra scelta- lo interruppe Harry -E poi, che tu ci creda o no, io e Hermione infrangiamo le regole da quando abbiamo undici anni.-

-Non che la cosa ci renda onore- sottolineò quest’ultima, imbarazzata, mettendosi una ciocca dietro l’orecchio.

-Sapete, non siete così male come pensavo- confessò Malfoy.









 

Note
Ciao a tutti, eccoci qui, complimenti se siete arrivati alla fine, questo capitolo immagino sia stato impegnativo anche da leggere!
È infatti lungo e pieno di mie personalissime interpretazioni, che ho adottato anche per ragioni di trama. La più plateale riguarda l'uso degli oggetti tecnologici a Hogwarts. Io l'ho pensata così: Hogwarts continua a essere schermata rispetto a internet, per cui computer, smartphone e tablet sono pressoche inutili, tuttavia credo che dopo la seconda guerra e con il relativo sviluppo tecnologico, anche nell'ottica di insegnare la "babbanologia informatica" (passatemi il neologismo xD) gli oggetti tecnologici possano funzionare, anche se con un'utilità relativa, visto che non c'è campo. Quindi l'Mp3 funzionerà, proprio perché ha le canzoni già in memoria e non ha bisogno di internet per andare.
Punto 2: Voldemort e la Passaporta. Qui per esigenze di trama mi sono distaccata dalle mie precedenti interpretazioni e ho immaginato che il trasferimento Azkaban-Malfoy Manor fosse stato fatto per mezzo di una Passaporta. Non mi pare un'ipotesi così azzardata, anzi, forse anche più ragionevole dei Dissennatori che trasferiscono i reclusi e poi questo permetterebbe a Voldi di andare di persona ad Azkaban a prendere Bella, non male come cosa, no? ;)
L'isola di Bouvet esiste davvero (
https://www.google.com/maps/place/Isola+Bouvet/@-56.1466173,-32.3306519,3z/data=!4m5!3m4!1s0x463a3f223c0c2717:0xb76870f9f9dabceb!8m2!3d-54.4207915!4d3.3464497) e mi è parsa perfetta per Azkaban, sia dal punto di vista climatico che per la lontananza dal mondo abitato.
Infine, le canzoni che Albus canticchia sono "Where's the love" dei  Black Eyed Peas e "All by myself" versione di Celine Dion.





 

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Capitolo 5
*** Un piccolo segreto ***


 

-Ma quel maglioncino con l’iniziale?- lo beffeggiò Delphini, indicando il maglione verde con un’enorme A bianca che Albus stava indossando.

-L’ha fatto mia nonna- si difese il giovane, cercando di celarlo sotto le braccia -Ha piacere che io lo indossi-

Ma Delphi rise, tagliente e offensiva. Albus Severus arrossì come un pomodoro e diavolo, la verità era che odiava gli abiti ridicoli che gli confezionava sua nonna.

 

 

 

Il dormitorio di Serpeverde non era male, in fondo. In generale la casa di Salazar era accogliente e al suo interno si respirava un buon clima, di unione e solidarietà.

I Serpeverde, infatti, tra di loro erano estremamente pacifici e uniti. Si aiutavano a vicenda, i grandi sostenevano i più piccoli, i diligenti aiutavano quelli più pigri e in generale il fortissimo sentimento di coesione, che li legava, impediva loro di commettere qualsiasi sgarbo contro un confratello. E, dopotutto, rimanere uniti è fondamentale quando si rappresenta la parte negativa e malvista di una società, per quanto essa possa essere piccola ed estemporanea.

I dispetti, le grida e le birichinate alla James Sirius Potter e alla Fred Weasley jr. non erano contemplati nell’algida e composta Casa di Salazar. Gli studenti di Serpeverde erano tranquilli, potevano giusto dare del filo da torcere ai nemici secolari di Grifondoro, e in quel caso in effetti non si risparmiavano, ma per il resto non facevano stupidaggini.

Per questo Albus Severus si trovava tra l’incudine e il martello. Da un lato tutta la sua famiglia, da sua sorella a sua cugina Dominique, era stata smistata in Grifondoro. Dall’altro, lui si sentiva davvero compreso e davvero a casa solo quando era in Serpeverde, in compagnia dei suoi amici. A undici anni avrebbe fatto qualunque cosa pur di ottenere il trasferimento in Grifondoro, ma ora che era più grande e poco più maturo, Albus aveva capito che quella era stata la scelta giusta, che Serpeverde era la sua Casa.

I pregiudizi, i preconcetti e le stupide dicerie che giravano su di loro erano inutili retaggi dal passato, creati da bocche ostili che volevano solo seminare zizzania.

“Tutti i maghi e le streghe diventati cattivi erano di Serpeverde. Ma sono sicuro che per te non sarà così!” gli aveva detto suo zio Ron, durante il cenone di Natale. Era stato l’unico a parlare, ma era chiaro che aveva dato voce a un timore che nella sua famiglia avevano avuto tutti, ivi compreso Harry Potter. Vuoi o non vuoi, la Casa di Serpeverde era ancora irrimediabilmente legata a Voldemort e ai Mangiamorte, e questo era quanto.

Non era stato facile per Albus scardinare questi pregiudizi. Gli era occorso del tempo e l’esperienza diretta per capire che no, i Serpeverde non solo non erano rissosi o violenti, ma erano anche i più tranquilli della scuola.

Tutti in Serpeverde si facevano -più o meno- gli affari propri, nessuno rompeva le scatole a nessun altro.

I veri brigantelli attaccabrighe e combinaguai si trovavano nel lato opposto della Sala Grande, e avevano un grifone rampante cucito nella divisa. E Albus era parente stretto dei due peggiori esponenti di tutta Grifondoro, i più ostili e detestati dai Serpeverde: era il cugino di Fred Weasley jr. e, peggio del peggio, il fratello di James Sirius, il popolarissimo e belloccio capitano della squadra di Quidditch oro e rossa. Era una specie di catastrofe avere quei due soggetti come consanguinei. Inutile dire che avrebbe fatto cambio famiglia volentieri. Non si sentiva a suo agio con quel nome baldanzoso e quel cognome pieno di aspettative implicite. Avrebbe voluto essere solo un tizio normale, figlio di gente normale con una vita normale, non il figlio del grande e famoso Auror Potter, che era sul giornale un giorno sì e l’altro pure. Anche perché Albus si sentiva il perfetto ritratto della normalità, "normale" era proprio l'aggettivo con cui si sarebbe descritto.

Ma tanto non poteva farci niente. Si vede che la sua vita doveva andare così, tra il sentirsi sbagliato e il percepirsi non all’altezza delle aspettative.

Albus comunque iniziò un minimo a disfare i bagagli, approfittando del fatto che Scorpius e gli altri fossero giù per la colazione. Lui l’aveva saltata, aveva bisogno di restare da solo a pensare e a raccogliere le idee, anche perché ciò che era successo solo ieri con Delphi aveva decisamente bisogno di essere metabolizzato. E superato, possibilmente dimenticato.

Senza volerlo, il ragazzino iniziò a pensare lei, ai suoi occhi pieni di lacrime e alle accuse di Scorpius sulla sua presunta cotta.

Cotta.

Albus avvampò, era folle anche solo da pensare. E imbarazzante, dannatamente imbarazzante. E sbagliato, sbagliatissimo.

Certo, Delphini era bella, vero. Era una super strega, vero anche questo. Aveva sgominato degli avversari con una abilità e -una brutalità- che aveva lasciato sia lui che Scorpius a bocca aperta. E aveva pure qualche anno in più di lui… Insomma, se anche fosse stata la figlia del professor Paciock, sarebbe stata comunque irraggiungibile, tanto valeva infatuarsi di una bellissima popstar babbana come Rhianna o Taylor Swift.

Loro almeno non erano figlie di Voldemort e Bellatrix.

 

 

Ed è pure il figlio di Harry Potter, pensava nello stesso momento Delphini Riddle, dentro la sua cella.

Costei non aveva smesso di pensare al bizzarro incontro con Albus Severus Potter per tutto il giorno. Avrebbe voluto farlo ma qualcosa le faceva sempre tornare in mente quel ragazzino. D'altronde era l’unico essere umano che aveva visto negli ultimi tre mesi, ma non era tanto questo, il punto.

La mente di quel moccioso e la sua erano entrate in contatto per qualche inspiegabile ragione. E la cosa inquietante era che a volte, se si concentrava con impegno, Delphi riusciva per una frazione di secondo a vedere attraverso gli occhi di lui, come se questi fossero uno specchio.

Malgrado fosse occupata ad annodarsi sulla caviglia un cencio per fermare l’emorragia dovuta a un taglio, Delphi volle riprovarci. Chiuse gli occhi e iniziò a pensare intensamente ad Albus. Dipinse nella mente il suo viso, i suoi lineamenti regolari, gli occhi grandi e di un verde speciale, brillante…

 

Dall’altra parte del mondo, il giovane Albus cominciò a sentirsi strano, provando la scomoda sensazione di avere qualcuno proprio dietro alle sue spalle. Era ancora di fronte allo specchio del suo dormitorio, per cui aveva una visibilità completa di tutta la sua camera.

Non c’era nessuno…

La ragazza intanto alzò la testa e la volse istintivamente sinistra, stringendo i pugni. Iniziò ad avvertire uno strano tipo di abbattimento, una sensazione di inadeguatezza che non aveva mai provato secondo quei termini. E poi udì distintamente una voce maschile, che cantava una sorta di nenia malinconica:

 

Yesterday, all my troubles seemed so far away,

Now it looks as though they're here to stay…

 

Delphi aggrottò le sopracciglia, chi era quel tizio che cantava? Albus? Ma ecco che un piacevole tepore che le riscaldò il corpo… Lei aprì gli occhi e sorrise: eccolo lì, il moccioso. Vide il riflesso di Albus nello specchio di Hogwarts, e con esso i suoi occhioni verdi sgranarsi spaventosamente.

Albus si girò di scatto e indietreggiò così velocemente che praticamente inciampò sui suoi stessi piedi. Paonazzo, per non perdere l’equilibrio si aggrappò di peso a una mensola, col risultato che questa cedette e tutte provette del suo compagno Optimus Maximus Zabini si infransero al suolo.

-Cazzo!- imprecò tra i denti e Delphini rise, naturalmente.

-Sei un disastro, Potter- esclamò Delphi, salace.

Albus prese a caso una fiala, una delle poche rimaste integre, e gliela puntò contro. Nell’etichetta c’era scritto “pozione scacciabrufoli”, ma lui fece finta di niente.

-Stai indietro!- le intimò, brandendo con sicumera la fiala inoffensiva -Stai indietro o te la getto addosso!-

Delphini alzò le sopracciglia e osservò divertita “l’arma” del suo nemico giurato -E che pozione sarebbe, quella?-

-È una pozione molto pericolosa- mentì Albus Severus, che stava sudando freddo -È una pozione anti-strega oscura che ti farà morire sul colpo… E… E ti farà molto male. Quindi stai indietro.-

Ma Delphini di tutta risposta ridacchiò. Si avvicinò lentamente verso di lui, la caviglia le lanciò una forte scossa di dolore, ma lei cercò di ignorarla. Albus invece indietreggiò.

-Dove hai lasciato paparino, Albus? Perché non lo chiami come hai fatto l’altra volta?- lo dileggiò, guardandolo con occhi pericolosi. Poi però lei notò il luogo in cui si trovavano, vide le tende verdi e argento, i baldacchini dello stesso colore, la cravatta di lui…
-Sei a Hogwarts?- gli chiese, con una punta di meraviglia.

Albus non le rispose e, accecato dalla paura, fece la prima cosa che gli passò per la testa: lanciarle la fiala addosso. Gran brutta idea, a dire il vero. La ragazza non solo scansò il lancio con facilità, ma si arrabbiò.

E quando la figlia di Lord Voldemort si arrabbia, le conseguenze non possono che essere catastrofiche.

Delphini infatti lo guardò con occhi dardeggianti e Albus si trascinò con le spalle al muro, atterrito.

-Come osi, tu, inutile moccioso- gli sibilò lei, avvicinandosi minacciosamente -Potrei schiacciarti come un moscerino!-

-Sì, cioè no! Aspetta! Time-out, time-out!- la interruppe di getto, facendo una sorta di T con le mani. Delphi si fermò, esterrefatta da quella assurdità.

-Ok, ehm, p-prima che la situazione ci sfugga di mano- iniziò a balbettare Albus, alzandosi in piedi rasente al muro -Sappi che non volevo tirartela addosso, davvero, mi è tipo partito il lancio per la paura, ma non… Non volevo farti male. Insomma, sapevo che l’avresti scansato, è stato tipo un riflesso incondizionato, come quando uno ti tira addosso un bolide e tu ti pieghi, capito? Per favore, non mi lanciare uno di quei super sortilegi da strega oscura, tanto non saprei pararlo, te lo anticipo tranquillamente.-

Delphini era davvero senza parole, però c’era qualcosa di stranamente divertente in tutto questo.

-Sei strano- riuscì a dire, davvero perplessa.

Albus Severus arrossì e si irrigidì -Lo so, me lo dicono tutti.-

-Immagino- annuì Delphi, beffarda -Per questa volta non ti lancio nessun sortilegio, Potter.-

Albus le sorrise, con aria sollevata -Grazie.-

-Anche perché non ho la bacchetta.-

Lui sgranò gli occhi e realizzò con un certo imbarazzo quell’ovvietà. Non poteva evitare di fare la figura dell’idiota, evidentemente.

-Oh, giusto!- ridacchiò, imbarazzato -Ma immagino che quelli come te, come Voldemort e… Non lo so, Silente, fanno grandi cose anche senza bacchetta, no?-

Divertente, sì, c’era qualcosa di squisitamente divertente.

-Oh, eccome- gli rispose Delphi, annuendo -Quindi, stai attento a non farmi arrabbiare, altrimenti…-

-Certo, sì- le rispose, annuendo vigorosamente a sua volta. Delphini cercò di non sorridere e prese a guardarsi intorno.

-Quindi sei a Hogwarts?-

-Sì.-

-E sei in Serpeverde- constatò lei, guardandolo dritto negli occhi -Perché sei in Serpeverde?-

-Perché non dovrei esserlo?- le rispose lui, con un altra domanda. Oh, Delphi ne avrebbe avuti di motivi per i quali Albus non si sarebbe dovuto trovare lì, ma tacque, anche perché se lui era lì, un motivo c’era. E questo motivo poteva rivelarsi perfino interessante.

E poi c’era qualcosa altrettanto strano, che si ripeteva ogni volta che lo vedeva. Sarà che lei avrebbe voluto sapere tutto di Hogwarts e dei suoi usi, avrebbe fatto domande fino al giorno dopo.

-Puoi almeno dirmi perché c’è sempre questa nenia in sottofondo? Che significa?- gli chiese infatti, riferendosi alla musica che usciva dalla bacchetta di Albus.

-Non è una nenia, sono i Beatles- le rispose quest’ultimo, ancora rasente al muro.

-I cosa?- domandò Delphi con una smorfia disgustata*.

-I Beatles- ripetè Albus, con ovvietà -Here comes the sun, Let it be?-

Ma dalla smorfia della ragazza, Albus dedusse che non sapeva di cosa stesse parlando.

-No, eh?-

-No.-

-Strano, credevo che almeno i Beatles fossero conosciuti da tutti- scherzò, teso -Sei l’eccezione che conferma la regola.-

Delphini si sentì in imbarazzo, ma non lo diede a vedere. Si era sempre sentita una mosca bianca rispetto agli altri, completamente esclusa dalle quotidianità della vita, e per lei questo era solo un’ennesima riprova delle sue paure.

-Suppongo che ci sia anche qualcun altro che non conosca questi Beatles- reagì, piccata.

-Sicuramente, figurati- la tranquillizzò Albus -Scorpius, ad esempio, li ha scoperti per merito mio. Anzi, se non ci fossi stato io, probabilmente a quest’ora non saprebbe nemmeno distinguere Madonna da Michael Jackson.-

Delphini distolse lo sguardo, senza replicare o ricambiare il suo sorriso. Non sapeva proprio di che cosa stesse parlando.

-Ma anche tu riesci a vedere i miei ambienti?- gli chiese invece con serietà, anche nell’ottica di togliersi da quella situazione di impaccio.

Albus scosse la testa -No, adesso vedo solo te nella mia camera, però un paio di volte li ho visti. Faceva un freddo polare.-

Lei non rispose ma assentì con lo sguardo.

-Prendi quella sciarpa, se vuoi- le indicò una sciarpa di Serpeverde, che penzolava malamente dal secondo piano di un letto a castello -Tanto Scorpius ne ha altre cinquanta mila.-

Delphi rimase sconvolta -Cosa?-

-Prendila, non è un problema- continuò Albus, facendo spallucce -Anzi, suppongo che sia molto più adatta a te che a noi.-

“È una trappola?” pensò la ragazza diffidente e del tutto disabituata a ricevere gentilezze di ogni tipo. Con cautela allungò la mano e afferrò timorosamente l’indumento, ma con sua somma sorpresa non accadde nulla di brutto o doloroso. La sciarpa non era avvelenata, non scottava e non era nemmeno una Passaporta che l’avrebbe condotta dritta al cospetto di Harry Potter. Era solo una sciarpa.

-Tutto bene?- le chiese Albus, notando la sua espressione incredula.

-Perché mi permetti di usarla?- gli chiese Delphi, sinceramente confusa.

Albus si sentì arrossire -Te l’ho detto, ne abbiamo tante altre, non è un problema. Comunque, non credevo che si potessero afferrare le cose, in questa sorta di limbo mentale. È forte, sembra quasi una cosa da film.-

Lei lo guardò e piegò il capo, senza dire nulla.

-A me piacerebbe prendere un sasso da Azkaban- aggiunse, imbarazzato dal suo sguardo.

-Te lo porto, se vuoi- gli propose, rigidamente.

-Grazie- le accennò un sorriso

Delphini di nuovo non gli rispose, ma con un cenno magico della mano gli annodò perfettamente la cravatta della divisa, i cui lembi si mossero da soli e velocemente fino a formare un impeccabile nodo.

-Wow, figo- esclamò il ragazzino, ammirandosi con meraviglia la cravatta perfetta -Grazie mille- Alzò la testa, ma Delphini non c’era più.

Albus si guardò intorno, si voltò, ma nello specchio c’era solo il suo riflesso.

 

Hey Jude, don't make it bad…

You have found her, now go and get her.

Remember to let her into your heart,

then you can start to make it better…

 

 

 

 


 


 

Ministero della Magia, sala mensa

 

 

-…Obiettivamente, collegare una Passaporta da qui a un’isoletta sperduta è quasi impossibile, senza contare che è presieduta da barriere magiche impossibili da sorpassare- spiegava Hermione, durante la pausa pranzo -No, creare una Passaporta è un’opzione da scartare. Azkaban d’altronde si trova in quell’isola proprio per questo motivo, per essere di difficile accesso. Di conseguenza, o usiamo quella che ha creato Voldemort, ammesso che esista, o seguiamo l’iter burocratico…-

-E questo benedetto iter burocratico quanto dura?- le chiese Harry, il cui viso era particolarmente provato e segnato dalla stanchezza.

Hermione distolse lo sguardo -Beh…Tra l’invio delle richieste, l’attesa delle risposte, il tempo che il Ministero europeo si riunisca e decida, il tempo che la cancelleria metta tutto a verbale e ci notifichi la delibera, direi quattro mesi. Se va bene-

-Fantastico. Usiamo quella di Voldemort- decise Harry, secco e nervoso.

-Harry…-

-No, non c’è tempo- la interruppe malamente -O con quella, o altrimenti ci vado a piedi-

-Io sono sgomento, Potter, davvero- intervenne Malfoy, per la prima volta nella storia seduto a tavola con loro. Anzi, per la prima volta nella storia seduto nella mensa del Ministero. -Davvero volete usare un oggetto che ha creato il Signore Oscuro in persona? Per Salazar, la cosa non ti inquieta?-

-Certo che mi inquieta- osservò Harry con ovvietà.

-E allora? Perché ti devi cacciare nei guai in modo così eclatante?-

-No, Harry ha ragione. Non ci sono altri modi per raggiungere Azkaban- gli rispose Hermione, dispiaciuta -Basti pensare che lo stesso Silente, per andare a Nurmengard, utilizzava una carrozza trainata dai Thestrals. Non si materializzava, né utilizzava altri sistemi più veloci, e se non lo faceva lui, non possiamo farlo neanche noi.-

-Silente andava a Nurmengard?- domandò Malfoy, sorpreso -E perché mai?-

Harry e Hermione si scambiarono un’occhiata fugace e un po' imbarazzata.

-Non lo so, affari suoi, suppongo- mentì prontamente Hermione.

-Ma Nurmengard non era la prigione di Grindelwald?- continuò Malfoy -Perché mai Silente…-

-Dicevamo- lo interruppe di nuovo Hermione e Draco fece una smorfia interrogativa -La materializzazione è inibita, le vie aeree sono troppo rischiose e poi il viaggio è davvero troppo lungo. Gli spostamenti tramite polvere volante sono tutti controllati dal Dipartimento dei trasporti magici, Passaporte nuove non si possono creare…-

-Resta la Passaporta di Voldemort- concluse Harry per la quarta volta, stancamente.

-Voi siete matti- soggiunse Malfoy, alzandosi in piedi -E questa mensa è un’aberrazione culinaria, come tutte le mense dei poveri.-

-Nessuno ti aveva chiesto di venire, Malfoy- gli rispose Hermione, senza degnarlo di uno sguardo.

-In realtà me l’ha chiesto Potter- rispose Draco, guardando Harry, che si sentì subito sotto accusa.

-Ho pensato che potesse essere d’aiuto- rispose quest’ultimo allo sguardo di Hermione.

-E infatti lo sono- esclamò Draco, sicuro di sé -Ma, perdonate la franchezza, non è colpa mia se voi siete poveri e io no.-

Hermione ribollì dall’irritazione -Ti devo forse ricordare che sono il Ministro e che il mio stipendio è molto più alto del tuo?-

-Vuoi davvero giocare a chi ce l’ha più lungo, Granger?- gli rispose Draco, con un sorrisetto.

-Fai schifo.-

-Ragazzi, basta, per favore!- li richiamò Harry -Stiamo discutendo di cose importanti, potete evitare di comportarvi come quando avevamo tredici anni?-

-Non è colpa mia. È la Granger che è scortese.-

-Ah, io sarei scortese?-

-Malfoy- intervenne di nuovo Harry, cercando di non perdere le staffe -Quando possiamo andare nel tuo maniero a cercare la Passaporta di Voldemort?-

Draco stava per rispondere a Hermione per le rime, ma poi si voltò verso Harry

-Aspetta- fece un sorriso incredulo -Fammi capire. Tu davvero credi che in casa mia ci sia una Passaporta collegata ad Azkaban? Ma dico, ti sei bevuto il cervello?-

-Non sarebbe un’ipotesi così azzardata, visto che in casa tua è stato trovato anche di peggio- gli rispose Harry, mentre una mela si sbucciava da sola con la magia.

-Ma mettiamo anche che ci fosse- ipotizzò Draco -La vuoi usare davvero? Non hai paura di capitare… Non so…-

-In un cimitero spaventoso? Già fatto- scherzò Harry, ma senza sorridere. Hermione allora gli prese la mano.

-E comunque io verrò con te. Così, se capitiamo in un cimitero, li metto in riga io.-

-Questa sì che è una minaccia- borbottò Draco, alzandosi in piedi -Bene, visto che comincio a sentirmi di troppo, torno nel mio ufficio.-

-Malfoy?- lo chiamò Hermione, brusca. Ogni volta che pronunciava quel cognome, la sua voce assumeva una nitida nota di irritazione.

-Che vuoi?-

-Dopo il lavoro verrò a casa tua a cercare la Passaporta.-

Draco rimase a bocca aperta -Tu? A Malfoy Manor?-

-Perché? È vietato l’ingresso ai figli di babbani per caso?- lo provocò lei.

Lui alzò le spalle e finse di pensarci su -Beh sì, a dirla tutta. Tuttavia, per il nostro esimio Ministro farò un’eccezione- accennò un inchino beffardo -Ci si vede, perdenti.-

-Ciao, Draco, è sempre un piacere parlare con te- lo salutò Harry con del sarcasmo, poi si rivolse all’amica.

-Non sei costretta ad andarci- le disse Harry, stringendole la mano -Posso farlo io al tuo posto.-

Hermione gli sorrise -Harry, sai riconoscere una Passaporta, quando la vedi?-

Il prescelto aggrottò le sopracciglia, preso alla sprovvista -Ehm… Sì?- azzardò, insicuro -O forse no? No, in effetti.-

-Quando dico che frequentare i corsi di aggiornamento è molto importante, non lo dico per dire- lo rimproverò, ma lo fece dolcemente.

-Alzo le mani, tanto hai sempre ragione tu…-

Hermione gli sorrise, poi esitò, indecisa se dirgli ciò che le passava per la testa già da un po’. D’altronde, Hermione era una donna, e per di più era molto intelligente, in pratica non le sfuggiva nulla.

-Harry, ma secondo te, Malfoy…-

-Cosa?-

Lei si sentì arrossire e scosse la testa -No, niente. È una sciocchezza.-

 


 

 

-Duecento galeoni. Scommetto duecento galeoni che la Weasley e Lysander Scamander si mettono insieme entro Natale- esclamò Marlena Goyle, fissando la Grifondoro e il Corvonero che si scambiavano gli appunti.

Scorpius guardò in direzione di quei due, abbattuto. Albus gli sorrise, addentando una patata. Era infatti l’ora di pranzo, la Sala Grande era quasi del tutto piena, fatta eccezione ovviamente per i soliti ritardatari e per chi si era rifugiato in infermeria per evitare l’interrogazione o il compito in classe delle ore pomeridiane.

-Ti piace ancora quella squilibrata di mia cugina, vero?- gli domandò, con la bocca piena.

-Mio padre mi odia per questo- mormorò Scorpius, con tono arreso -E Rosie odia i Malfoy più di qualsiasi altra cosa al mondo. Non posso che amarla.-

Albus ridacchiò -Non è che li odia… Rosie non ti odia, Scorp. Mia zia le dice sempre di essere gentile con te, e quindi lei fa il contrario. Ma credo che tu le piaccia.-

-Sul serio?- domandò Scorpius, stupito -Ha un modo un po’ strano di dimostrarlo.-

-Zio Ron mi ha detto che le ragazze fanno così. Più ti odiano e ti disprezzano, più ti amano- gli spiegò Albus, convinto, solo che poi si sentì arrossire perché gli venne subito in mente un’altra ragazza, che lo odiava e lo disprezzava…

-Zio Ron sarebbe il Weasley con il negozio di scherzi?- domandò Scorpius, interrompendo i suoi pensieri -Sono scortese se ti dico che i suoi consigli non mi ispirano molta fiducia?-

-No, non lo sei. È chiaro che è una cavolata- ammise Albus, scuotendo la testa.

Scorpius annuì, sorridendo. Ma poi aggrottò le sopracciglia.

-Ma quel nodo?- domandò, guardandogli improvvisamente la cravatta -Come sei riuscito a farti un nodo Windsor, Albus?-

-Un cosa?- ruminò Albus Severus, colla bocca sporca di briciole.

-Un nodo Windsor! Quel nodo lì che hai alla cravatta! È maledettamente complicato. Giusto mio padre e mio nonno riescono a farselo- gli fece notare, senza fare caso a quanto lui stesse arrossendo.

-È maledettamente complicato, ma molto chic- soggiunse la loro compagna Marlena -Ti sta bene, Al.-

-Grazie- le sorrise lui, deglutendo impacciato.

-Sì, anche troppo chic per i tuoi parametri- precisò Scorpius, osservandolo con occhi sottili e sospettosi -Allora, Albus? Come hai fatto?-

-Boh, una magia…- gli rispose lui, evasivo.

-Quale?-

-Guardate, c’è posta!- esclamò un ragazzino del secondo anno, indicando lo stormo di gufi e civette che sopraggiungeva dalle alte finestre. Albus ne approfittò per alzarsi in piedi e togliersi da quella situazione scomoda.

-Scusa, Scorp, ne parliamo dopo! Aspetto posta!- esclamò Albus, col naso rivolto all’insù.

I pacchi e le lettere furono tutti gettati dai volatili in corrispondenza dei relativi destinatari. Ad Albus arrivò una lettera affettuosa da parte dei suoi genitori e il benedetto pacchettino contenente l’Mp3. A Scorpius pervenne una copia della Gazzetta del Profeta. Il giovane Potter guardò il suo migliore amico aprire il giornale, e poi gli fece una domanda che si era chiesto da sempre.

-Ma tuo padre non ti scrive mai?-

Scorpius alzò le spalle, con lo sguardo fisso sulla prima pagina -Papà non è il tipo da lettere o smancerie… Mi scriveva più mia madre, prima di ammalarsi.-

-Oh, Salazar, scusa…-

-Figurati- gli rispose l’amico, forzando un sorriso.

-Oh, guarda… La tua ragazza è di nuovo in prima pagina!-

Albus lanciò un’occhiataccia a Scorpius, ma prese velocemente il quotidiano. Come al solito, c’erano da una parte la foto segnaletica di Delphini e, dell’altra, la gigantografia dell’Auror Potter, immortalato (otto anni fa) in una posa che denotava grande preoccupazione. Questi erano i relativi titoli:

 

Siamo sicuri che Delphini sia ancora ad Azkaban? E se non ci fosse mai stata? Per l’articolo completo si rinvia a pag 10.

Per approfondire: Delphini avvistata da un contadino nello Yorkshire, Inghilterra. La vittima: “Mi ha ucciso una gallina!”. Il tempo passa ma i dubbi aumentano. Harry Potter (foto a destra) appare molto preoccupato, e tuttora risulta poco chiaro doooov…

 

Albus stropicciò il giornale e subito la voce petulante di Rita Skeeter cessò con un calando disperato la magicronaca.

Ma quante scemenze si inventavano i giornalisti pur di incassare?

Certo, se avessero saputo che Delphini ora aveva una sciarpa proveniente da Hogwarts, avrebbero come minimo scatenato l’inferno.

Albus sorrise, divertito.

Quello era il loro piccolo segreto.

 

 




 

 

*Beatles in inglese significa letteralmente “scarafaggi”.

 

 

Note
Ciao a tutti, scusate come sempre il ritardo. La mia ispirazione è ballerina e a volte viaggia per altri lidi… (o fandom, che dir si voglia!). Vi dirò, a volte leggo questa storia e non ne sono del tutto convinta nemmeno io, ma visto che l’ho iniziata e pubblicata, cercherò di portarla avanti e finirla. Spero che a voi piaccia e vi convinca in pieno.
Vorrei anche sottolineare che secondo me Draco non ha letto il libro “vita e ombre di Albus Silente” e tanto meno si è informato a riguardo, perciò non credo proprio che sapesse della storia tra Silente e Gellert (mini e immancabile riferimento alla Grindeldore <3).
Inoltre, la mensa nel ministero è stata ovviamente una mia invenzione. Ho infatti pensato che, sotto il governo di Hermione, questa iniziativa di aprire una mensa per i lavoratori, gli elfi domestici e tutto il resto del personale poteva essere plausibile. Ce la vedo Hermione a preoccuparsi di queste cose :)
Le canzoni citate infine sono dei Beatles ( rispettivamente Yesterday e Hey Jude).
Niente, spero che il capitolo vi sia piaciuto, a presto!

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Capitolo 6
*** Another little piece of my Heart ***


 

 

Ciao, Delphi.

Riesci a sentirmi?

Sì, so che puoi sentirmi. Forse riesci perfino a vedermi.

Adesso ascoltami.

 

 

Delphini si arrotolò addosso la sciarpa di Serpeverde e rimase appoggiata con la schiena contro il muro, seduta per terra sul bagnato. Chiuse gli occhi e si sforzò di pensare ad altro.

Fuori, come al solito, imperversava il temporale. La pioggia gelida e pungente penetrava facilmente le fessure delle pareti rocciose e raggiungeva l’interno della sua cella, raffreddando il clima e rendendo il suolo poltiglioso.

Raccolse le gambe e attese nel suo angolino la fine della tempesta. Queste erano violente, ma non duravano mai a lungo. Il mare si quietava dopo poco meno di mezz’ora, ma quella mezz’ora di tuoni e burrasche poteva bastare per affondare anche un transatlantico.

 

Non puoi continuare a ignorarmi.

 

Delphi di nuovo si impose con la forza di pensare ad altro.

Non era facile distrarsi in una prigione come quella…

I prigionieri. Ecco, i prigionieri avevano applaudito ed esultato il giorno in cui l’avevano vista scortare da Harry Potter (“altro”, doveva pensare ad “altro”) e dagli altri Auror in quella maledetta cella.

Si erano illusi che lei fosse… Cosa? Una sorta di eroina della magia oscura? Un nuovo Voldemort che avrebbe sgominato le guardie, ucciso finalmente Harry Potter e liberato tutti i detenuti?

No, non era niente del genere. E loro dovevano essere rimasti molto delusi.

-Delphi, io conoscevo tuo padre!- le tornarono alla mente le parole di uno dei prigionieri -Era mio amico!-

-Non gli crederai, spero- le aveva risposto direttamente Harry Potter, sempre con quel tono simil divertito che le faceva saltare i nervi.

Delphini aprì gli occhi e strinse forte i pugni, per una ragione o per un’altra gli veniva in mente il suo nemico, colui che presto o tardi avrebbe dovuto affrontare e possibilmente uccidere.
L’idea la inquietava? Sì, moltissimo. Si sarebbe tirata indietro per questo? Giammai.

Lo avrebbe affrontato a testa alta, proprio come aveva lo fatto il giorno del suo processo, quando tutti la davano ormai per spacciata e a un passo dal cappio.

Doveva essere coraggiosa, forte e tenace, i suoi genitori lo meritavano.

Doveva diventare famosa, anzi famigerata, ed essere temuta e rispettata da tutto il mondo. Ecco cosa doveva fare e cosa la gente si aspettava che facesse.

Doveva diventare una nuova Voldemort e uccidere Harry Potter. E magari pure Albus Severus Potter.

Albus Severus Potter, ecco Albus Severus era… Un mistero.

Certo, era talmente goffo e impacciato che risultava buffo, tuttavia Delphi non lo comprendeva fino in fondo, era come se quel ragazzo indossasse una maschera e non fosse così cristallino come sembrava. Perché uno come lui era stato smistato in Serpeverde? Perché l’aveva aiutata? Perché si era dimostrato gentile? C’era qualcosa di contraddittorio in lui, che non quadrava. O la stava davvero fregando, magari stando in combutta con suo padre, oppure… Oppure cosa? Oppure era solo strano.

Euphemia Rowle, la perfida strega che l’aveva cresciuta, lo avrebbe sicuramente apostrofato come “strano”. Per lei tutto ciò che era fuori dagli schemi era strambo, incomprensibile e, quindi, dispregiativo. Non sapeva accogliere la diversità nel giusto modo.
E aveva fatto pesare questa sua lacuna comportamentale anche a lei, la sua tutrice non si era mai risparmiata quanto a commenti offensivi.

“Sei troppo bianca e magra, sembri un osso.”

“Sei una bambina ma hai i capelli bianchi come una vecchia.”

E questo era niente.

Lo specchio era sempre stato un problema per lei. Delphi odiava il suo albinismo, avrebbe pagato qualsiasi cosa per avere i capelli neri come il carbone, tanto che, in un momento di particolare sconforto, si era spalmata in tutta la testa un intruglio a base di indigo, una particolare pianta tingente che prometteva di scurire i capelli. Solo che, invece di tingerle i capelli di nero, quella sostanza glieli aveva colorati di blu. Un blu cobalto quasi elettrico, che poi era virato in un azzurro imbarazzante dopo qualche lavaggio.

Quella era stata davvero un’esperienza traumatica ed Euphemia Rowle le aveva perfino riso in faccia. Fortunatamente, i capelli erano cresciuti e il residuo azzurrino era rimasto solo nelle lunghezze, ma si vedeva, e tanto anche.

 

Sei solo una codarda. So che hai paura.

 

Ma Delphi teneva gli occhi serrati. Le sue dita intrecciavano velocemente alcune ciocche di capelli, tanto per tenere le mani e il cervello impegnati.

Alla fine si era rassegnata a tenersi quegli orribili capelli bianchi e quegli occhi incolori, a metà tra il nero e il grigio pietra. Ma d’altronde il suo aspetto aveva del tutto perso di importanza, ora che era chiusa nella Prigione di Azkaban.

Tutto aveva perso di importanza.

Perfino lui, suo padre.

Forse era un bene che non l’avesse mai conosciuto, Salazar sa quanto lo avrebbe deluso, altrimenti. Non si sentiva alla sua altezza, e si era chiesta così tante volte il perché fosse al mondo che ormai aveva smesso di domandarselo. Possibile che Voldemort avesse avuto pietà di lei? Possibile che avesse desiderato una figlia?

-Vedrai, un giorno tornerà e ci spiegherà tutto- le aveva detto Rodolphus Lestrange, il giorno in cui le aveva rivelato le sue vere origini. A Delphini erano tremate le ginocchia.

D’altronde, non sarebbe stata la prima volta che Voldemort tornava alla ribalta dopo diversi anni di assenza. Delphini aveva letto tutto di lui, si era documentata con tutti i libri di storia e le biografie disponibili e aveva guardato ogni rara foto che lo ritraeva. C’erano solo foto di quando era giovane, ovviamente nessun giornalista si era mai avventurato nell’impresa di immortalare il Signore Oscuro degli anni novanta. C’erano giusto dei ritratti fatti con la magia, disegni e identikit fatti dagli Auror.

Di fotografie vere e proprie non ne esistevano, fatta eccezione per quelle di Tom Riddle durante l’età scolare, in gruppo con gli altri Serpeverde. E dopo che l’aveva visto, i dubbi di Delphi circa le sue origini si erano fatti ancor più ragionevoli. Come poteva esser figlia di un giovane così bello e aristocratico?

Anche sua madre, Bellatrix Lestrange, da giovane era stata bellissima. Mora, giunonica, con un bel seno… Praticamente, il suo opposto. E non sorrideva mai nelle foto. Teneva il mento alto, come a voler sfidare e mettere a disagio l’osservatore, e guardava dritto verso l’obiettivo. Però era bella, bellissima. Entrambi i suoi genitori erano stati bellissimi, Delphini aveva confrontato le loro foto e non poteva credere che da due maghi così belli e potenti fosse nata lei, che non era né l’uno né l’altro.

Ma soprattutto, non poteva credere che due maghi come loro l’avessero concepita e messa al mondo.

Forse, non era così terribile come si riteneva. Forse, valeva anche lei qualcosa.

Quante volte Albus Potter l’aveva chiamata “Super Strega”?

-Delphini!- rimbombò di nuovo la voce esigente e fastidiosa nella sua testa.

-STA ZITTO, FOTTUTO BASTARDO!- sbottò lei, rabbiosa, senza più potersi trattenere -NON VOGLIO PARLARE CON TE! LO VUOI CAPIRE O NO?-

 

 

Dall’altra parte del mondo, Harry Potter aprì gli occhi verdi e fece l’atto di ripararsi le orecchie.

Ah, gli adolescenti.

-Non credo che tuo padre sarebbe felice, se ti sentisse parlare così- aggiunse, rinunciando all'impresa di parlarle.


 


 

 

-Why don’t you take another little piece of my heart!? Why don’t you take it and break it, and tear it all apart!- cantava Albus con le cuffie nelle orecchie, mentre cercava di riordinare la loro disordinatissima stanza.

-Albus, sto cercando di studiare- lo interruppe Scorpius, ma il giovane ovviamente non lo stette ad ascoltare.

-All I do is give and all you do is take! Baby why…-

Scorpius gli strappò gli auricolari dalle orecchie -Sto cercando di scrivere il tema che tu dopo copierai!- gli strillò contro -Puoi avere almeno la decenza di stare zitto?-

-Ma sto riordinando la camera- si difese con aria innocente, facendo mostra dei supposti progressi che aveva raggiunto.

-Per riordinare, intendi quell’ammasso di roba che hai appallottolato sopra il letto di Zabini?- gli domandò Scorpius -Perché sai, non si riordina così.-

-Almeno la roba non è più sparsa per terra, è già un passo avanti- esclamò Albus, diplomatico -A tal proposito, quei calzini che stai felicemente impuzzolentendo con i tuoi piedi, sono miei.-

Scorpius si guardò i piedi colorati -Ah, sì?-

-Sì, pure la maglia sarebbe mia, comunque.-

-Non è questo il punto- lo interruppe Malfoy, leggermente imbarazzato -Non puoi fingere di mettere in ordine mentre io mi sto rompendo la schiena sui libri. È crudele.-

-Va bene, allora me ne starò seduto qui, senza fare il minimo rumore, fingendo di non esistere.-

-Divertente, Al.-

Albus gli sorrise, ma senza smentirsi: si sedette sul letto a braccia conserte e una bacchetta di liquirizia tra le labbra. Ma resistette poco in silenzio, sì e no tre minuti di orologio. Il giovane Potter era un tipo loquace, avrebbe dialogato anche col muro.

-Scorp?-

-Hm.-

-Secondo te, Delphini riuscirebbe a uccidermi anche senza bacchetta?- gli chiese, un po' titubante -Tipo con lo sguardo o… Non so, con uno schiocco delle dita?-

Scorpius sollevò il capo e ci pensò su -Penso di sì- gli rispose, sincero -Senza offesa, ma credo che ucciderti sia piuttosto facile.-

Albus annuì e concordò con lui. Non si era mai sentito particolarmente forte.

-Perché me lo chiedi?- aggiunse l’altro.

-No, così- minimizzò il moro, a disagio -Curiosità.-

-Al?- lo chiamò Scorpius, sempre più preoccupato -L’hai vista di nuovo?-

-No, no. Non l’ho vista.-

-Sicuro?-

-Certo.-

Passarono altri cinque minuti di silenzio.

-Scorp?-

-Dimmi- scattò subito l’altro, alzando la testa dalla pergamena col fare ansioso di chi si aspetta il peggio.

-Cosa ne pensi di uno che, nel 2020, non sa chi sono i Beatles?- gli domandò Albus Severus, cercando di apparire disinvolto. Scorpius si rilassò, sorpreso.

-Penso che sia fuori dal mondo. Tutti sanno chi sono i Beatles- gli rispose, scrollando le spalle.

-Infatti, è quello che penso io- concordò l’altro, teso.

-Perché? C’è qualcuno che non li conosce?-

-No, nessuno- mentì Albus, tirando nervosamente una gelatina con le dita -Ma tuo padre li conosce?-

-Li avrà sentiti nominare, forse. Non che gliel’abbia mai chiesto, però. Sai, i Beatles sono dei babbani e il binomio Malfoy-babbani non forma mai una combinazione vincente.-

Ma Albus aveva già smesso di ascoltarlo.

-Voldemort secondo te li conosceva?- chiese infatti, beccandosi un’occhiata incredula e stravolta dall’amico.

-È solo per sapere, sante lumache, non ti si può chiedere niente!- esclamò allora, per correggere il tiro.

-Aspetta…- Scorpius lo afferrò per un braccio -Al, cosa mi stai nascondendo? Prima mi arrivi a colazione con un nodo Windsor e ora mi chiedi cose strane su Voldemort e i Beatles…-

-Ma niente, vai tranquillo- esclamò velocemente -Scrivi pure il mio tema, io vado a farmi un giretto giù.-

-Non ti faccio più copiare se non mi dici la verità, Albus!-

Ma Albus si rimise le cuffiette nelle orecchie, accese la musica con la magia e scese in Sala Comune. C’erano ancora molti ragazzi svegli, il coprifuoco che imponeva il rientro in dormitorio scattava infatti alle 22:30.

-Ciao, Albus- lo salutò Marlena, sedendosi nella poltrona di fianco alla sua -Cosa stai ascoltando?-

-I Queen- le rispose lui, abbassando il volume.

-Mi passi una cuffietta?-

-Ehm, scusa ma una è rotta, funziona solo quella di destra- mentì, pur di non dargliela.

-Peccato. Hai saputo che Polly Chapman ci ha provato con tuo fratello?-

-No, non lo sapevo…- le rispose, cercando di non sollevare gli occhi al cielo.

-Davvero non lo sapevi? Ma se non si parla d’altro!-

No, scendere in sala comune non era stata una buona idea. Uno non poteva nemmeno ascoltare la musica in pace che veniva uno scocciatore a socializzare.

-Ma secondo te, Polly ha qualche possibilità con J.Si.?- continuò a blaterare lei, inopportuna -Perché Sarah, quella del quinto anno di Tassorosso, ha detto che…-

-Senti, scusami, ma queste cose… Non ci sono tanto dentro- la interruppe Albus, a disagio -Non ho idea di chi sia Sarah e non so nemmeno se mio fratello è vivo, quindi davvero, lascia perdere.-

Lei rise, smorfiosa. Albus la guardò perplesso, per lui non c’era niente da ridere -Ora torno in camera, magari aiuto Scorp con il tema- esclamò, alzandosi in piedi.

-Al?-

Il suddetto si voltò verso di lei, arruffandosi i capelli.

-Io non ti ritengo colpevole per la faccenda di Delphini Diggory- gli sorrise Marlena -Sei stato molto coraggioso.-

Al nome della prigioniera, Albus Severus si sentì arrossire.

-Grazie…- esclamò, sorridendo appena -E comunque lei non si chiama Diggory.-

-E come si chiama?-

Lui ci pensò su, ma si rese conto di non saperlo con certezza.

-Non lo so. Quando la vedo, glielo chiedo- le sorrise. Marlena ridacchiò, senza immaginare che il compagno dicesse sul serio.

 



L’ultima volta che Hermione aveva messo piede a Malfoy Manor, era stata torturata brutalmente da Bellatrix Lestrange. Per cui si può immaginare cosa provò, quando solcò il viale sontuoso e signorile dei Malfoy per la seconda volta. Le venne quasi un attacco di nausea. Draco Malfoy l’accolse quasi subito ma fortunatamente parve non farci caso. Continuava a ribadire che in casa sua non c’era nessuna Passaporta, che la loro idea era insensata e che era stupito di lei, che l’aveva sempre ritenuta una persona responsabile, matura e quanto di più adeguato per innervosirla.

Il rigido Serpeverde, che stava sempre in punta di forchetta, era sorprendentemente un chiacchierone come Albus.

Ma la cosa più sorprendente fu rivedere gli ambienti interni di Malfoy Manor. Se all’esterno sembrava il solito, imponente maniero, all’interno era completamente cambiato. L’arredamento era più sobrio e moderno, alcune stanze erano state restaurate e nel complesso risultava davvero un altro posto. Non c’erano più i ritratti giganteschi, i candelieri d’oro, i tappeti pregiati  e i troni imbottiti che Hermione aveva notato a diciassette anni. E poi non c’erano più elfi domestichi affamati e schiavizzati in ogni dove. Restava comunque l’esatto opposto rispetto alla Tana di suo marito, però non le dava più l’impressione di essere un posto oscuro e minaccioso.

Lo stesso Draco Malfoy non era più oscuro e minaccioso.

-Eccoci nella mia umile dimora, Granger- la disincantò, facendole strada verso la sala principale  -Vuoi darmi il cappotto?-

-Sei serio?- chiese lei, stupita da tanta cortesia.

-No, scherzavo- le rispose, beffardo -Non voglio riempire casa mia di pulci.-

-Ecco, ora sì che ci siamo- lo freddò lei -Mettiamoci al lavoro, Malfoy, non voglio stare qui un secondo di più. Quali erano le stanze che Voldemort frequentava maggiormente?-

-Ti ci conduco- le porse la mano per smaterializzarsi. Hermione guardò quella mano pallida e tesa verso di lei con severità e poi guardò lui, male, senza fare un movimento.

-Non ti fidi?-

-No, per niente- gli rispose con tono ovvio.

-Dovrai farlo, però- continuò lui, senza distogliere lo sguardo -O forse hai paura di me?-

-Paura di te? Ti credi così pericoloso? O forse dimentichi che io sono un’Auror e che Harry e tutto il Dipartimento Applicazione lavorano per me? Basta solo un mio cenno per farli materializzare tutti qui- lo sfidò con voce dura e sottile, afferrandogli forte la mano tesa -Sei tu quello che deve avere paura, non io.-

Draco la guardò negli occhi, con un mezzo ghigno. Erano attenti, inquieti e arrabbiati, in poche parole riflettevano tutte le emozioni che lei provava quando stava con lui.

-Sono stata chiara?- lo incalzò duramente, visto che lui, per qualche ragione, esitava.

-Chiarissima.-

-Bene. Allora andiamo.-

Costui obbedì e come atterrarono nella nuova stanza, Hermione lo lasciò subito andare e l’oltrepassò. Si guardò intorno, quel posto era buio e vuoto, ma spazioso. C’erano dei lenzuoli bianchi che celavano una mobilia scarsa e minimale, ragnatele in ogni dove, finestre serrate e odore di chiuso.

-Qui non c’è niente…- mormorò Draco, ma lei lo ignorò.

-Lumus- esclamò infatti, accendendo la punta della bacchetta e iniziando a guardarsi intorno. Sollevò i lenzuoli con la magia, mostrando un divano logoro e una cassettiera antica.

-Non c’è nulla qui, Granger.-

-Lo scrupolo non è mai troppo. E comunque è Granger Weasley-

Draco alzò gli occhi al cielo, annoiato.

-Mi togli una curiosità, Granger Weasley?- le disse, seguendo i suoi passi -Perché hai voluto mantenere il tuo cognome?-

-Perché sono fiera delle mie origini- gli rispose prontamente lei, senza smettere di cercare -Che tu ci creda o no.-

Malfoy fece un sorriso nervoso. Ogni risposta era una frecciatina rivolta a lui.

-L’orgoglio in effetti è un concetto molto relativo. Anche il mio cane è orgoglioso quando cattura un fagiano.-

Hermione alzò gli occhi al cielo e fece un sospiro infastidito. Doveva mantenere la calma, era il Ministro della Magia, non poteva sul serio schiantare Draco Malfoy a casa sua.

-E dimmi un’altra cosa, Granger Weasley. Cosa diavolo ci trovi in Ronald Weasley, Sinceramente? Potrei capire San Potter che è l’eroe del villaggio, ma quel tizio…-

-E tu cosa ci trovavi in Pansy Parkinson?- gli rispose Hermione, a tono.

-Cosa c’entra Pansy?-

-C’entra- esclamò lei -Non stavate insieme a Hogwarts?-

-No, affatto- le rispose Draco -Lei forse lo avrebbe voluto, ma per me era solo un’amica. Sai, non era abbastanza bella…- fece un sorriso a mezz’asta -E neanche abbastanza bionda-

Hermione assunse un’espressione disgustata e si alzò in piedi -Vedi quanto siamo diversi noi due? A me non è mai importato nulla dell’aspetto fisico e tu invece ne fai una questione fondamentale. Siamo proprio agli antipodi, Malfoy.-

-Perché, per te cosa è importante?-

-Ci sono mille cose più importanti- gli rispose, fredda -E francamente non è questo né il luogo né il momento per parlarne.-

-Come vuoi. E comunque scherzavo- precisò Draco, stanco -So che ci sono cose più importanti.-

-Scusa ma ne dubito.- 

-Non dubitarne- la rassicurò, distogliendo lo sguardo -Non avrei sposato Astoria, altrimenti.-

Hermione smise di lavorare per pochi istanti, ma poi riprese -Ma Astoria era bellissima- gli ricordò con nonchalance -E molto bionda.-

-Lo era, sì- annuì, incupito dalla tristezza -Ma ciò che mi colpì di lei fu altro, fu soprattutto la sua… Fiducia, nei miei confronti. Ha visto in me qualcosa che non sapevo nemmeno io di avere. Stare con lei mi ha cambiato molto.-

Hermione non gli rispose, si limitò a guardarlo con la coda dell’occhio.

-La sua assenza si sente immensamente.-

-Mi dispiace.-

-È passato. Comunque- Draco cambiò prontamente discorso -Come sta tua figlia Daisy?-

-Rosie, vorrai dire- lo corresse lei, un po' a disagio.

-Sì, insomma… Lei.-

-Bene, perché?- gli chiese Hermione, sempre con il sospetto a indurirle il tono di voce.

-Curiosità, suppongo- borbottò Draco -Ti ha mai parlato di Scorpius?-

-Non particolarmente- gli domandò subito, inquieta -Perché? Avrebbe dovuto?-

Draco si schiarì la voce, indeciso se continuare o meno. Astrattamente parlarle sarebbe stata una mossa intelligente, perché così anche Hermione avrebbe potuto monitorare la figlia più da vicino. Concretamente, però, dire a Hermione Granger che Scorpius si era preso una cotta per sua figlia era imbarazzante e pure un po' umiliante. Terribile.

-Malfoy?- lo richiamò Hermione -Perché avrebbe dovuto? C'è qualcosa che non va?-

-No, non vorrei mai che…- esitò alla ricerca di una scusa, imbarazzato -Sai, a quell’età si è così stupidi, si fanno delle sciocchezze.-

-Mia figlia per fortuna è molto matura- gli rispose lei, sostenuta -Non è il tipo che commette delle sciocchezze. E se anche fosse, perché dovrebbero riguardare Scorpius?-

-Infatti non lo riguarda- mentì - Anche mio figlio ha i piedi per terra.-

Hermione si fermò e lo guardò con aria malfidata.

-C’è qualcosa che non so, Malfoy?- lo interrogò socchiudendo gli occhi, attenta.

-No- mentì lui, cercando di mostrarsi convincente -Tenere nascosto qualcosa a te credo sia impossibile.-
Il sospetto di Hermione, a quel punto, si evolse in certezza. Era vero, tenere nascosto qualcosa a lei era un'impresa impossibile. Un po' come accadeva con sua zia Bellatrix.

-Cosa è successo?- gli chiese infatti con voce dura, mettendosi a braccia conserte.

-Niente…-

-Dimmelo- lo minacciò con lo sguardo, profondamente preoccupata per la figlia -Adesso.-

Malfoy sospirò e alzò gli occhi al cielo -Granger, per Salazar, ti ho detto che non c’è niente di cui preoccuparsi.-

-Dimmelo- sollevò la bacchetta, indignata e soprattutto preoccupata per la figlia. Malfoy la guardò, sgomento. Ecco cosa succedeva a essere gentili con i Grifondoro -pensava, infastidito, -succedeva che ti ritrovi con una bacchetta puntata allo stomaco in meno di dieci minuti!

-Pare, e sottolineo pare, che Scorpius sia… come dire…- esitò, guardando altrove -Ben propenso nei suoi confronti.-

Hermione sgranò gli occhi -Cosa intendi con ben propenso?- gli domandò, pur avendo inteso perfettamente.

-Però questo era all’inizio dell’anno!- si affrettò a precisare Malfoy, ovviamente senza risponderle -A quest’ora potrebbe già avere cambiato idea. Sai come succede a quell'età, no? Un giorno ti piace Merlino, un altro ti piace Morgana. È normale.-

-Tuo figlio ha una cotta per Rosie?-

-Granger, ti prego. Non esagerare.-

Hermione era davvero sgomenta. Si era preoccupata perché fermamente convinta che Scorpius e Rosie si fossero schiantati a vicenda, che Rosie ora fosse in infermeria con un osso rotto e che Scorpius avesse iniziato a bullizzarla e a farla soffrire tremendamente come aveva sofferto lei. Non si sarebbe mai immaginata questo.

-Poi ripeto, è stato all’inizio dell’anno- continuò Malfoy, pentito e a disagio -Adesso magari potrebbe avere cambiato idea.-

Ma Hermione non si preoccupò nemmeno di ascoltarlo, ma almeno aveva abbassato la bacchetta.

-Non è possibile, non ci credo!- esclamò infatti, esterrefatta, con le mani sulla bocca perché le veniva da ridere -Tuo figlio…? Davvero?-

-Non c’è niente da ridere.-

-Oh, sì, invece. È esilarante- esclamò Hermione, incredula -Tu hai passato tutti gli anni di Hogwarts a bullizzarmi e a farmi sentire uno schifo e ora mi vieni a dire che tuo figlio…? Oh, per tutte le cavallette- scosse la testa, divertita -Sembra un romanzo.-

-Sì, del terrore- concordò lui, rigido -Ascolta, Granger, te l’ho detto solo perché così anche tu possa contribuire a stroncare sul nascere eventuali situazioni incresciose.-

-Incresciose?- ripeté lei, smettendo di sorridere -Perché, Rosie sarebbe incresciosa?-

-Non ho detto che Rosie è incresciosa. Ho detto che loro due insieme…-

-Cosa?- lo sfidò, indignata -Sentiamo.-

Malfoy la guardò negli occhi, confuso -Come cosa?-

-No, continua. Dove vuoi arrivare?- gli chiese, polemica -Vuoi dire che Scorpius è troppo biondo e purosangue per stare con mia figlia? È questo che vuoi dire?-

Lui tacque, ma era chiaro che la risposta era affermativa, che lui lo pensava.

Lei scosse la testa -Sei sempre il solito. Aveva ragione Harry, doveva venire lui- terminò, offesa e dispiaciuta -Io me ne vado.-

-Aspetta…- Malfoy le afferrò un braccio -Aspetta un attimo.-

-Toglimi le mani di dosso.-

-Non era questo che volevo dire- cercò di spiegarle, in difficoltà -Ascolta, tu… Io non avevo davvero una bassa opinione di te. Ero indottrinato e ripetevo quello che mi veniva insegnato a casa, però…-

-Però cosa, Malfoy?- gli chiese lei con un filo di voce, sempre arrabbiata -Non lo pensavi? Ti dispiace?-

-Però avevo gli occhi per vedere, e vedevo che tu eri una strega a tutti gli effetti, perfino più dotata di me- ammise, abbassando e poi rialzando lo sguardo -Tutti lo vedevamo.-

-Oh, questo è incredibile- esclamò Hermione con la voce incrinata, dandogli le spalle.

-Non così tanto- la raggiunse Draco -Si cresce, si migliora, si diventa maturi… E comunque, ho già detto a Scorpius che per me va bene.-

Lei si voltò e lo guardò con gli occhi lucidi, senza poter credere alle sue orecchie.

-Tanto, cosa possiamo fare noi genitori? Se impediamo loro di vedersi, otteniamo l'effetto opposto. Funziona così, lo sappiamo- sdrammatizzò, accennandole un sorriso che non venne ricambiato -Ma stai bene?-

-No, è che… Forse non hai idea di quello che mi hai fatto passare. Mi hai fatto soffrire immensamente- gli rispose lei, trattenendo con forza le lacrime -In un modo che non puoi neanche immaginare.-

-Io… Mi dispiace- sussurrò Draco, colpito dalla sua reazione -Granger, ero un ragazzino. I ragazzini non capiscono niente, dai, è risaputo.-

-Anche io ero una ragazzina, però- gli rispose sostenuta, asciugandosi le lacrime -E sai, quando ti senti dire da un coetaneo che sei brutta, a quell’età ci credi.-

-Non ho mai detto che eri brutta- le rispose lui, a disagio.

Hermione lo fulminò con lo sguardo.

-L’ho detto?- esclamò lui, nervoso -Beh, non lo pensavo.-

-Oh, risparmia il fiato- lo zittì bruscamente, aprendo i cassetti dell’unico mobile lì presente. Una cassettiera antica e di legno pregiato, intarsiato da motivi di magia.

Vedete, Draco Malfoy non era esattamente un tipo d'uomo che passava inosservato. Biondo, alto e slanciato, ben vestito, sempre con un profumo elegante e artigianale che lasciava la scia… No, decisamente non passava in osservato. Anzi, spiccava per fascino in modo quasi eccessivo. Certo, a Hermione non importavano quelle sciocchezze. Erano altre le cose che la colpivano. Ma quando il ragazzo più bello della scuola, per quanto stronzo, viziato, stupido e bastardo, ti prende di mira e ti dice che fai schifo, tu sei segnata a vita.

-Comunque non mi hai ancora risposto- le fece notare Draco, abbassandosi in ginocchio com’era lei -Cosa ci trovi in Weasley?-

“Non lo so” pensò Hermione di getto, mentre continuava  - o meglio fingeva - di cercare nei cassetti.

-Lui è… È simpatico e gentile, a differenza tua.-

-Un vero affare, insomma- scherzò lui, beffardo.

-E poi non si ferma alle apparenze.-

-Fa male a non fermarsi alla apparenze, con una moglie come te- le confessò Draco. Hermione sussultò e guardò dritto davanti a sé.

-Malfoy- sussurrò, arrossendo -Se ti senti in colpa per quello che hai fatto, ti prego, lascia perdere. Non è questa la strada.-

-Sai, c’è una cosa che tu davvero non hai mai notato- le disse, guardandola negli occhi -Io mi ero accorto che tu eri una ragazza già dal primo anno.-

-Cosa vuoi dire con questo?-


 











Note
Ciao amici... Che dite di questo capitolo? Vi è piaciuto? :) 
Ho voluto dare un senso ai capelli argentati e azzurri di Delphini, immaginando che lei ha usato l'indigo, che è una vera tinta colorante (bluastra e naturale) usata per scurire ulteriormente i capelli già scuri. Un po come l'henne... Però se viene spalmata sui capelli biondi o, peggio, bianchi, il risultato è blu-azzurro molto acceso! Perfetto per la nostra Delphi!
Scommetto ch le parole nell'incipit del capitolo credevate fossero di Voldi, vero? E invece no, era Harry Potter, che ha iniziato a comunicare (o meglio a TENTARE di comunicare) con Delphi, con tutte le conseguenze del caso. Nel prossimo capitolo Delphi e Albus avranno modo di interagire e pure Draco ed Hermione... Lo so che molti dei miei lettori potteriani non amano la dramione, ma il tema del chiarimento in età adulta mi è sempre stato molto a cuore.  E poi io non ho fatto altro che riprendere un tema già espresso in The Cursed Child, dove è chiaro che Scorpius ha una cotta per Rosie e dove Draco ha fatto una battuta particolarmente maliziosa verso Hermione (del tipo "Hermione Granger mi dà degli ordini? La cosa mi piace"...) Fanservice a go go, lo so, ma non posso dire di non averlo apprezzato ;)

 

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Capitolo 7
*** Puzza di guai ***


 

La colazione, insieme alla cena, era forse il momento più bello della giornata. C’era un clima piuttosto disteso, che veniva rovinato solo dall'ansia per i compiti in classe o le interrogazioni. 

Tre di ragazzine del secondo anno stavano ripetendo a gran voce Storia della Magia ormai da dieci minuti e Albus si sentì molto felice all’idea che quel giorno sarebbe stato tranquillo. Non erano programmate né verifiche né interrogazioni, apparentemente.

-Al, tuo padre e tua zia sono di nuovo in prima pagina- lo informò distrattamente Scorpius, con il Profeta tra le mani.

-Capirai. Loro sono sempre in prima pagina- gli rispose Albus, secco, senza nemmeno guardare l’articolo. 

Si imburrò il pane con una generosa quantità di burro e di marmellata, e lo addentò, con lo sguardo vacuo e fisso di fronte a sé.

-Oh, Al! Questo per me ti interessa!- esclamò Scorpius, che alla mattina era fin troppo vivace e ciarliero per i suoi gusti -Hanno anche scritto un lungo articolo su Rodolphus Lestrange, pare che sia scomparso nel nulla.-

-Spero sia morto- suggerì Albus, cupo.

-Chi è Rudolph Lestrange?- domandò invece Marlena, mettendosi a sedere vicino ad Albus.

-Rodolphus- la corresse Scorpius -Non è molto famoso, in effetti. È stato un Mangiamorte, conosciuto soprattutto per essere stato il marito di Bellatrix Lestrange.-

-Il marito di Bellatrix Lestrange?- ripeté la ragazza, sorpresa -Ma Bellatrix Lestrange non era sposata con Voldemort?-

Albus aggrottò le sopracciglia nere e la guardò come se fosse impazzita.

-Ehm, no- borbottò Scorpius, stranito -Cioè... Credo che andassero a letto e basta, ecco.-

-Oh… Capito- sorrise lei, lanciando uno sguardo malizioso ad Albus, che si sentì arrossire.

Il giovane terminò in fretta la colazione, ignorò gli sguardi insistenti di Marlena e si diresse col migliore amico nell’aula di Divinazione, dalla un po’ scriteriata Professoressa Cooman.

Albus non amava l’arte della Divinazione, e questa era forse l’unica cosa che aveva in comune con suo padre.  

Quel giorno la lezione era con i Corvonero e come sempre la veggente li accolse con la sua distorta passione per la materia. Tutto di lei ricordava una gitana, dagli scialli colorati che aveva sulle spalle ai lunghi pendagli coi talismani e i tintinnanti bracciali nei polsi. Inoltre, più passavano gli anni, più la professoressa sembrava schizzata, a maggior ragione ora che aveva un cespuglio bianco al posto dei capelli.

Quel giorno Albus scoprì all’improvviso che ci sarebbero state delle interrogazioni a tappeto. Lo sorprese Scorpius con questa brutta notizia mentre salivano le scale a chiocciola verso la Torre Nord. E chi fu la prima persona che la Cooman interrogò? Albus Severus, naturalmente.

-Io…Credo sia un uccello rapace- mormorò il giovane, cercando di dare un senso alla sagoma che aveva dentro la sfera di cristallo.

-Fammi vedere- esclamò la Cooman, strappando di mano ad Albus la sfera di cristallo. Aumentò la gradazione dei suoi spessi occhiali e guardò attentamente la nebulosa immagine oltre il vetro.

-Non è un rapace- lo contraddisse la Cooman, stupita -È un Augurey!-

Molti studenti trattennero il fiato, Albus sgranò gli occhi.

-Cosa simboleggia l’Augurey nella chiaroveggenza, signor Potter?-

“Delphini Diggory” pensò subito lui, arrossendo.

-Ehm, beh… Sì, ecco, è un uccello che… Che vola e…- Albus guardò Scorpius in cerca di aiuto -Che, beh, può avere vari colori e… e… È molto bello e…-

Scorpius aveva iniziato a sfogliare freneticamente il libro con la simbologia della chiaroveggenza, avvertendo le occhiate disperate del migliore amico.

-…E? Cos’altro, signor Potter?- lo incalzò severamente la Cooman, attraverso i suoi spessi occhiali, che rendevano enormi i suoi già di per sé grandi occhi tondi.

Albus non aveva la benché minima idea di cosa aggiungere. Per mille serpi, non si aspettava un’interrogazione e naturalmente c’erano già quattro Corvonero -tra cui Lysander Scamander- con la mano alzata.

-…E l’Augurey…-

“Canta solo quando sta per piovere” gli sussurrò una certa voce femminile nella sua testa.

-E canta solo quando sta per piovere- disse subito Albus a voce alta, ricambiando lo sguardo della Professoressa, che si fece sorpreso.

“Un tempo si credeva che il suo canto fosse un presagio di morte”

-Un tempo si credeva che il suo canto presagisse la morte di una persona- continuò il giovane, fiducioso -Ma ora non più. E… Ama l’acqua e la pioggia e infatti vola solo quando piove. Il suo nido è a forma di lacrima-

Scorpius smise di sfogliare il libro e guardò il migliore amico a bocca aperta. Anche quei secchioni dei Corvonero tirarono giù la mano, increduli e delusi.

-Hm, qualche tentennamento iniziale ma nel complesso bene. 10 punti a Serpeverde- sentenziò la Prof, facendo sorridere la metà destra della classe -Più sicurezza nelle tue conoscenze, Potter.-

Il ragazzo annuì e forzò un sorriso, sentendo nella sua testa il suono beffardo di una risatina.

-Prof, posso… Posso andare in bagno?- domandò Albus alla Cooman, sotto lo sguardo sempre più stranito di Scoprius. Dire che era paonazzo, era un eufemismo.

-Un quarto di clessidra, non un granello in più- gli fu concesso. Albus annuì e uscì subito dall’aula, sentendo quel maledetto cerchio alla testa.

 

A mille miglia di distanza, Delphini guardava con avidità ogni dettaglio di quel castello che aveva tanto sognato di frequentare. Ma tramite gli occhi di Albus Severus, poteva vedere solo un paio di scarpe allacciate che si muovevano velocemente su un pavimento lastricato -il ragazzo si stava fissando i piedi, accidenti!- e dei muri di pietra, vecchi e scuriti dai secoli.

-Puoi alzare lo sguardo? I tuoi piedi non mi interessano- gli disse Delphini, la sua voce gli trapanò il cervello.

“Sta zitta, lasciami stare.”

-Che scortese- gli rispose Delphi -Non mi ringrazi nemmeno per averti suggerito all’interrogazione?-

-Beh, g-grazie… Non che te l’abbia chiesto, comunque- borbottò Albus, camminando rasente ai muri. Più i secondi passavano, più lui la sentiva vicina e più la sensazione di essere un goffo impiastro aumentava.

-Non farti strane idee. L’ho fatto solo per ricambiare il favore della sciarpa, non voglio essere in debito con un Potter- gli rispose la voce di Delphi, sempre meno distante -Ma dimmi. Sai perché hai visto un’Augurey?- 

-Perché ci sei tu che mi tormenti, suppongo- esclamò Albus, a bassa voce. In realtà la risposta era un'altra ed era molto più romantica.

-Bravo. Ti tormento esattamente come tuo padre ha fatto con me.< -

Albus si fermò un attimo, aveva sceso talmente velocemente le scale a chiocciola che aveva il fiatone.

-Mio padre ti ha parlato?- disse a voce alta, arruffandosi l’imponente ciuffo di capelli -E come? Come ha fatto a raggiungere Azkaban?-

-E cosa importa di come ha fatto?- rispose la voce di Delphi nella sua testa. 

Albus non replicò e riprese a camminare a passo svelto. L’idea che suo padre potesse arrivare Azkaban lo metteva a disagio. La prigione d’altronde era inaccessibile a chiunque, nessuno tranne i Dissennatori e le nuove guardie inserite dal M.A.C.U.S.A. potevano raggiungerla, anche perché la Materializzazione, le Passaporte (legali), la Metropolvere e ogni sistema magico di trasporto erano rigorosamente vietati.

-Cosa ti ha detto?-

Delphi sentì la domanda di Albus nella mente, il moccioso sembrava in ansia.

-Mi ha detto di starti lontano- gli rispose lei, tranquillamente -E per questo farò l’esatto opposto.-

-Vai a quel paese!- esclamò Albus a voce alta, tanto che un quadro lo rimproverò, indignato.

-No, manderò te a quel paese- la sua voce gli arrivò vicina all’orecchio, Albus quasi ne percepì il fiato -Ti starò così vicina che inizierai a confondere il tuo corpo con il mio.-

Il ragazzo si sentì arrossire in modo plateale. Si voltò e se la ritrovò davanti. Delphini era più alta di lui e ancora più pallida e provata, magra. Gli occhi grigi scuri lo pungevano come due spilli, i capelli erano nivei come la sua pelle, screziati di azzurro solo nelle lunghezze. Sembrava una creatura strana, una ninfa del mare o qualcosa del genere. Intorno al collo, però, aveva la sciarpa di Serpeverde, quella che Albus le aveva stupidamente regalato.

-Mio padre ti fermerà- vacillò, poco convinto.

-Sai anche tu che non può. Non ne ha la forza- gli rispose Delphini, compiaciuta -Come può il buon Harry Potter fare del male a una povera e dolce ragazza di appena diciannove anni? Si sentirebbe in colpa, poverino.- 

Albus fece per ribattere ma in quel momento passò una studentessa del quarto anno, Casa Grifondoro. Sia Albus che Delphi si bloccarono, ma costei si limitò a salutare il Serpeverde come se niente fosse, come se Delphi fosse stata invisibile.

-Quindi nessuno può vedermi a parte te. Forte- gli sorrise lei con cattiveria.

Albus continuò a camminare e andò verso i bagni dei maschi, cercando come poteva di mantenere la calma. Ma Delphi lo seguì, imperterrita. Mentre camminava, si guardava avidamente intorno, bevendosi ogni più piccolo dettaglio di Hogwarts, la scuola che avrebbe tanto voluto frequentare.

-Non puoi ignorarmi, moccioso.-

-E tu non puoi farmi del male- le rispose di getto -Non in questa dimensione, non sei realmente qui.-

-Forse no…- gli rispose Delphi, solo che poi levò lentamente una mano affusolatissima verso di lui -Ma posso toccarti.- 

Gli sfiorò una guancia rovente con attenzione, come se la sua pelle fosse stata infiammabile. 
-Perché sei così rosso?-

Il corpo di Albus ebbe uno spasmo, un tuffo, come se avesse mancato un gradino scendendo le scale. Ovviamente, non le rispose.

 

Due ore dopo, Albus aveva raccontato tutto a Scorpius e a Rosie. Non riusciva più a fingere che andasse tutto bene e a tenersi tutto dentro. Scorpius aveva già intuito che c'era qualcosa che non andava, ma Rose ne era rimasta davvero sconvolta.

-È una cosa gravissima, Albus, gravissima!- gli aveva detto, mentre scendevano per la lezione di Erbologia del Professor Paciock -Devi subito parlarne con tuo padre! Subito!-

-Rosie, se ne parlo con mio padre, lui come minimo viene qui e mi riporta a casa- replicò Albus, angosciato -Non posso parlarne con lui, ne farebbe una tragedia.-

La ragazzina abbassò lo sguardo, constando che sì, in effetti Albus aveva ragione. Iniziò a pensare…

-Parlarne con il Ministro Granger Weasley?- propose Scorpius, scendendo per il prato insieme a loro.

-No, mia madre si agiterebbe ancora di più- gli rispose Rosie, sicura.

-E allora cosa può fare, Albus?- chiese Scorpius, agitato -Insomma, a qualcuno dovrà pure dirlo!-

-Ma certo!- esclamò Rosie, bloccandosi all’improvviso -Devi parlare con l’unica persona al mondo capace di aiutarti davvero!-

-Mio padre?- chiese Albus, con riluttanza

-No, testa di pane!- lo riprese Rosie -Silente! Devi parlare con Silente!-

-Ma… È tipo morto, o sbaglio?-

-Lui sì, ma il suo ritratto no- intervenne Scorpius, beccandosi un’occhiata stupita dalla ragazza.

-Allora non sei così stupido come credevo, Malferett- soggiunse Rosie, compiaciuta.

Scorpius alzò le spalle, arrossendo un poco -Sono un Mangiamorte intelligente.- 

Rose gli accennò un sorriso e Albus si schiarì la voce.

-Rosie? Come diavolo faccio a parlare con Silente?- le domandò Albus, del tutto sfiduciato -I ritratti sono nell’ufficio della McGranitt e io non posso entrare nella sua stanza così, senza motivo.-

-A distrarre la preside se ne occuperà Scorpius- rispose Rosie, tranquillamente. Il Serpeverde biondo sobbalzò e la guardò con gli occhi grigi sgranati.

-Beh, che c’è? Sei intelligente, l’hai detto tu- rispose Rosie alla sua espressione sbigottita -Ora ho lezione di Antiche Rune. Fammi sapere se hai novità, Albus.-

-D’accordo. Ciao, Rosie-

-Ciao, rimbambiti- esclamò lei, prendendo la via opposta del castello.

Albus sospirò stancamente e poi lanciò uno sguardo fulminante al migliore amico -Ti vuoi togliere quell’espressione da pesce lesso dalla faccia?-

-Ma non capisci?- esclamò Malfoy, ancora incredulo -Mi ha chiamato Scorpius-

-Strano! Non ti chiamavi Sherman?- lo prese in giro Albus, dandogli uno strattone -Dai muoviti, abbiamo una marea di cose da fare-




Ministero della Magia




-Quindi non avete trovato niente? Proprio nulla?- esclamò Harry ai due colleghi, perplesso -Nemmeno un oggetto sospetto che potesse anche solo sembrare una Passaporta?-

-Niente- confermò Hermione, con gli occhi fissi sulla sua scrivania. Stava scrivendo qualcosa molto velocemente, seduta impettita sulla sua imponente sedia da Ministro. Sembrava estremamente nervosa.

-Nulla…- concordò Malfoy, rigido.

-Ma cosa hai fatto nel labbro?- gli chiese Harry, guardando il grosso livido violaceo sul volto dell’ex nemico. 

-Sono… Sono caduto dalle scale- esclamò Draco, lanciando un’occhiata a Hermione, la quale alzò lo sguardo giusto un istante, per poi riportarlo immediatamente sulle scartoffie.

-Caduto dalle scale?- domandò Harry, perplesso.

-Sì, Potter. Perché? Non ti è mai capitato di cadere dalle scale?-

-Sì, però… Strano che tu sia caduto proprio di faccia.- 

E questa volta fu il prescelto a guardare sospettosamente Hermione.

-Harry, stavo pensando- iniziò quest’ultima, togliendosi gli occhiali da lettura -Forse tu, col fatto che hai avuto un legame con Voldemort, potresti “percepire” la Passaporta, o magari qualche altro manufatto pericoloso rimasto a Malfoy Manor.-

Draco alzò gli occhi al cielo ma Harry esitò: parlare di Voldemort, o anche solo pensare a lui, lo faceva stare male. Voleva solo dimenticare quel passato, fingere che non fosse mai accaduto. Eppure il destino glielo rinfacciava praticamente ogni giorno, sembrava quasi che ci tenesse a ricordarglielo.

-Sì, immagino che un tentativo si possa fare- concordò Harry, debolmente. 

-Bene. Allora stasera, dopo il lavoro, vai e vediamo di concludere questa faccenda- esclamò Hermione, un po’ pedante.

-Tu non verrai?-

I suoi nocciola si puntarono su Draco, come se fossero stati attratti da una calamita. Hermione li abbassò subito, sentendosi arrossire.

-Certo che verrò, Malfoy- gli rispose freddamente, prendendo un'altra grossa pila di scartoffie.

-Molto bene- aggiunse quest'ultimo, sostenuto -Allora vi aspetto nella mia villa per le…?-

-Sei?- azzardò il prescelto, speranzoso.

-Otto e trenta- lo corresse la sua migliore amica, nonché suo capo.

-Otto e trenta- ripeté Harry, con tono rassegnato -Ci ho provato.-

-Tranquillo, Potter- soggiunse Malfoy -Tanto l’hanno sempre vinta loro. Ma sappiate che non vi chiederò di restare per cena, chiaro? Bene. Allora a dopo. Potter, Ministro.-

Hermione alzò solo lo sguardo, naturalmente per guardarlo male.

Appena Malfoy se ne fu andato, Harry si rivolse subito verso Hermione.

-Cosa-sta-succedendo?- scandì, con gli occhi verdi che brillavano dalla curiosità -Sei stata tu a prenderlo a pugni, vero? Perché?-

-Lascia stare…- borbottò lei, imbarazzata.

-Ma è successo qualcosa?- Harry si alzò di scatto, irrequieto -Ti ha forse messo le mani addosso? Guarda che esco e lo ammazzo!-

-No! No, niente del genere. O meglio non in modo… Violento.-

-Cioè?- le chiese lui, sorridendo appena.

-Harry, io… Io non so cosa dire, d’accordo?- iniziò Hermione, impacciata -Davvero, voi uomini mi mettete in difficoltà.-

-Noi uomini!?- ripeté il prescelto, esterrefatto -Noi uomini siamo dei libri aperti, Hermione! Siete voi donne che siete impossibili da capire!-

-Allora siete gli unici libri che non riesco a leggere- gli disse Hermione, sorprendendolo -Malfoy mi ha…- chiuse gli occhi e arrossì -Mi ha fatto delle avance.-

Il sorriso incredulo di Harry si allargò. Era esattamente come aveva sospettato.

-Malfoy ci ha provato con te?-

Hermione aprì le braccia e annuì. Harry ormai doveva mordersi il labbro per non sorridere, e d’altronde, il pugno era già una chiara anticipazione di come era andata a finire.

-Ok, e…?-

-E io gli ho tirato uno schiaffo.-

-Grande!- esultò Harry, felice come un bambino, sporgendosi per darle un bacio nella guancia -Ti amo, Hermione Granger!-

-Non ti ci mettere anche tu, adesso!- scherzò lei, scansandolo via.

-Un due picche a Malfoy dopo tutto quello che ti ha fatto è… È fantastico, davvero. Mi sento realizzato.-

-Già- sussurrò Hermione, poco convinta. C’era solo un problema: lei non si sentiva realizzata proprio per niente.

 -Ah, non dirlo a…-

-Non lo dirò a Ron, stai tranquilla- l’anticipò Harry -E tu non dire a Ginny che ti ho detto…-

-No, non glielo dico- lo rassicurò Hermione.

 

…E finalmente arrivò sera. C’era sempre tanto, troppo da fare nel Ministero. Malgrado la guerra fosse finita ormai da vent’anni, i problemi e le grane fioccavano come margherite in un campo fiorito.

Adesso, ci mancavano solo i giganti che andavano in sciopero e i Berretti Rossi che invadevano le acque degli Avvincini.

Dopo una noiosa, pesante giornata di lavoro, Hermione si strinse nel proprio soprabito e chiuse il suo ufficio con la chiave, l’unica chiave che apriva tutti i luoghi e gli uffici del Ministero e che era sotto la sua sorveglianza.

Salutò tutti, scorgendo Harry ancora in divisa da Auror nell’enorme androne ministeriale.

-Generale- scherzò Hermione, facendogli il saluto militare.

-Ministro- esclamò Harry, percorrendo la strada con lei -Sai che io sto ancora esultando, vero? Un altro pugno a Malfoy, che incredibile soddisfazione. Ti bacerei in bocca solo per farlo ingelosire.-

-Sì, così finiamo sul Settimanale delle Streghe per un mese- gli rispose tra i denti Hermione, sorridendo e salutando con un cenno un po' tutti i lavoratori.

Continuarono a parlare, c’era un clima insolitamente spensierato. Fino a che non accadde un fatto.

C’era una piccola folla di maghi stranieri vicino ai camini della Polvere Volante. Si riconoscevano subito perché indossavano delle divise diverse, più pesanti e scolorite.

Harry si bloccò di scatto.

-Perché Goldstein è qui?- domandò subito, allarmato.

-Non lo so- gli rispose Hermione -Ma non credo sia qui per una visita di cortesia. Su, andiamo.-

Ovviamente c’era puzza di guai. Non capitava tutti i giorni che l’Auror più importante del MACUSA, il noto Gaston Goldstein, si trovasse nel Ministero della Magia inglese senza un mandato o un invito. E infatti costui li stava aspettando con un’espressione scura e accigliata. Accanto a lui c’era una guardia incappucciata della prigione di Azkaban, una di quelle che erano state inserite dal MACUSA per irrigidire i controlli.

Harry e Hermione gli si avvicinarono col cuore in gola.

-Ministro, collega- li salutò l’uomo, accennando un inchino col capo. Harry lo guardò male.

-Come mai si trova qui, signor Goldstein? È successo qualcosa?- chiese subito Hermione, seria. Dietro di lui, Hermione notò la figura slanciata e tutta vestita di nero di Malfoy, che li osservava da lontano.

-Abbiamo novità sul fronte di Azkaban, Ministro- iniziò Goldstein, untuoso - Posso dire con una certa sicurezza che la nostra indesiderabile numero uno ha contatti con l’esterno. E lui- Goldstein indicò la guardia, un uomo tarchiato col capo chino, chiaramente intimorito -Ce lo può confermare.-

 






 



Note

Ciao a tutti, compagni di domiciliari! 

Sappiate che da oggi ho deciso che continuerò solo e soltanto a scrivere questa storia finché non la porto a termine. Non pubblicherò altro, né qui né su Etace, il mio secondo account.  E ve lo dico, così poi sono costretta a farlo xD

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, non vedo l’ora di mostrarvi il vero cuore della storia, che non è ancora arrivato!

A presto e grazie per tutte le recensioni,

Ecate



ERRATA CORRIGE: Scusate, ma l'ispirazione ha avuto il sopravvento e mi ha imposto di pubblicare un'altra cosa... Non ho resistito!! xD

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Capitolo 8
*** Una bella ragazza ***


 

 

-Ma non capisci? Quella bambina è la figlia del Signore Oscuro!-

-Ma è anche la figlia di nostra sorella!-

-Nostra sorella? Narcissa, nostra sorella mi ha portato via Dora! Mia figlia!-

-E quindi? Tu vuoi uccidere la sua per pareggiare i conti?-

 

 

Delphini si copriva le orecchie con le mani ogni volta che un Dissennatore si soffermava di fronte alla sua cella.

Ormai non sveniva più, le difficoltà meramente fisiche erano passate, ma quelle voci nella sua testa continuavano a gridare sempre le stesse frasi. Non sapeva se i Dissennatori le imponevano di rivivere i peggiori ricordi del suo passato o se la inducevano semplicemente a immaginare il peggio.

 

 

 

-Va bene, fallo, allora. Uccidi quella bambina, avanti-

 

 

Delphi si tappò le orecchie con le mani e guardò con occhi lucidi e rabbiosi il demone che fluttuava proprio di fronte alle sue sbarre.

Era colpa dei Dissennatori se sentiva le voci di quelle due donne, una che diceva “potrebbe essere un mostro” e l’altra che rispondeva “potrebbe anche non esserlo”.
Ma poi accadde qualcosa di davvero inaspettato, perché si intromise un’altra voce, che non aveva niente a che vedere con i suoi brutti ricordi. Era come la frequenza di una radio che interferiva bruscamente e faceva perdere il segnale dell’altra.


-Ehm, beh… Sì, l’Augurey è un uccello che… Che vola e che può avere vari colori e…-

 

Delphi alzò subito la testa, stupita.

 

-E… Beh, è molto bello… e-

Delphi vide all’improvviso il viso rosso e impacciato di Albus Severus.

-E cos’altro, signor Potter!?- gli domandò una sorta di indovina con gli occhialoni.

-E…Ehm, l’Augurey-

-Canta solo quando sta per piovere- disse Delphini ad alta voce, e subito il viso del ragazzo si illuminò, ma Delphi non avrebbe saputo dire se di sorpresa o terrore.

Sorrise comunque, almeno il Dissennatore se n’era andato.




 

***







 

Ministero della magia

 

Gaston Goldstein era il classico prototipo di Auror, quello muscoloso e biondiccio che si sarebbe visto nei libri scolastici.

Alto, massiccio, sicuro di sé e privo di ogni scrupolo. Era favorevole alla politica di utilizzare le maledizioni senza perdono per favorire la cattura dei maghi oscuri e caldeggiava il reimpiego della pena morte.

Tra lui e Harry c’era una cortese antipatia, data dalla ben celata invidia che l’americano nutriva nei confronti del prescelto.

Il fatto che Harry nel processo avesse deciso di non condannare a morte Delphini, era stato il pretesto perfetto per mettersi contro di lui e sputare ogni veleno possibile alla stampa. Certo, Goldstein non sapeva che Harry aveva una decennale esperienza in fatto di notizie false e diffamatorie. Se voleva demolirlo, doveva sicuramente seguire un’altra strada.

Ed effettivamente ne aveva appena trovata una. Una perfetta, che gli aveva fatto brillare gli occhi dall’entusiasmo.

-Sono venuto qui perché non porto buone nuove- aveva esordito Goldstein, sedendosi di fronte alla scrivania del Ministro. Hermione, con suo immenso fastidio, aveva dovuto riaprire la porta del proprio ufficio neanche dieci minuti dopo dacché l’aveva chiusa. Harry ovviamente era con loro.

-Pare che Delphini abbia contatti con il mondo esterno- li informò, facendoli impallidire -La mia coraggiosa guardia qui l’ha sentita con le sue orecchie ed è pronta a testimoniare- indicò un uomo incappucciato alla sua destra -Coraggio Sam, racconta al Ministro e al signor Potter cosa hai sentito. Sono certo che ne resteranno sorpresi.-

L’uomo si fece avanti, Harry e Hermione lo fissavano attenti.

-E di cosa parlava?- domandò Hermione, preoccupata.

-Non lo so, però di una cosa sono certo. Ha fatto il suo nome, generale- guardò Harry, il quale aggrottò le sopracciglia -Quello l’ho sentito più di una volta.-

-Il mio nome o il mio cognome?- chiese Harry, duro come il ghiaccio.

-Cognome.-

Harry e Hermione si scambiarono un’occhiata, Goldstein invece fissava Harry con un sorriso perfido.

-Sì, potrebbe… Potrebbe essere vero- mormorò Harry, teso e preoccupato -Devo andare subito ad Azkaban.-

L’auror americano assottigliò gli occhi -A fare cosa, di grazia?-

-Che domande- esclamò Harry -A controllare.-

-Interessante- sibilò l’Auror, perfidamente -Prima fai di tutto per salvare quella ragazza dalla pena di morte, vai contro tutto e tutti senza motivo e senza che nessuno riesca a capire perché. Poi si scopre che quella ragazza invoca il tuo nome e tu, ora, vuoi correre da lei… Strano, non trovi?-

Harry sgranò gli occhi, incredulo -Cosa vorresti insinuare!?- gli chiese, sconvolto.

-Oh, niente, Potter. Io non insinuo niente- gli rispose Goldstein -Faccio solo due più due.-

-Ma insomma!- si intromise Hermione, incredula e indignata -Ma come si permette di muovere delle accuse simili nel mio ufficio!? Dopo tutto quello che abbiamo fatto, dopo tutto quello che Harry ha passato, come osa anche solo pensare a una cosa del genere!?-

-Ma è proprio questo il problema. Perché l’ha salvata dopo tutto quello che ha passato!?- abbaiò Goldstein -Siamo tutti adulti, parliamo francamente. Che motivo c’era di tanta misericordia, se non il fatto che Delphini era una bella ragazza!? Cosa ti ha dato in cambio, eh, Potter?-

Harry era interdetto, non poteva credere alle sue orecchie. 

-Sono stata io a convincere Harry a non ucciderla, razza di… !- Hermione, si morse la lingua, furibonda -Io e Harry abbiamo preso questa decisione insieme!-

-Questo sarà da vedere, Ministro- sibilò Goldestein, alzandosi in piedi -Il MACUSA ha aperto un’inchiesta su di te, Harry Potter, e finché il caso non sarà chiuso il tuo passaggio ad Azkaban o qualunque altro contatto con la carcerata sarà rigorosamente tracciato e inibito.-

-Voi non sapete che errore state commettendo- disse Harry, sempre più preoccupato -Delphini non stava parlando con me, stava parlando con mio figlio!- confessò, ma senza essere preso sl serio -E voi non potete impedirmi di andare da lei, io devo andare da lei, devo fare qualcosa!-

Ma Goldstein scosse la testa, palesemente scettico -Mi dispiace, Potter, ma non credo a una singola parola di quello che dici.-

 

 

***

 


 

A Hogwarts la mattina del venti novembre si respirava un clima piuttosto teso.

Il giorno dopo si sarebbe tenuta la seconda partita di Quidditch della stagione, disputata tra i secolari nemici di Grifondoro e Serpeverde.

Albus aveva sentito che James Sirius Poter, Fred Weasley Jr. e  Annabeth Moran erano rimasti ad allenarsi fino a tardi ed erano molto, molto agguerriti. 

La loro sete di vittoria li aveva portati a vincere la coppa di Quidditch per tre anni consecutivi e suo fratello James, capitano e Cercatore dei Grifondoro, era semplicemente un fenomeno volante.

Albus invece soffriva di vertigini.

Serpeverde aveva sperato fino all’ultimo che anche lui avesse in qualche modo acquisito il gene sportivo da suo nonno e suo padre, ma invece no, evidentemente l’aveva ereditato e monopolizzato tutto suo fratello maggiore.

-Vinceranno loro, come al solito.-

-Sei sempre molto ottimista, Scorpius- borbottò Zabini, voltandosi a guardare il grande applauso che si levò non appena James Sirius e Fred Weasley Jr. entrarono in Sala Grande.

Albus sbadigliò e osservò con rassegnazione suo fratello mentre si pavoneggiava con suo cugino.

-Secondo me, abbiamo una sorta di maledizione- ipotizzò Scorpius, prendendo una discreta cucchiaiata di porridge -Un pegno che Serpeverde deve pagare per non aver partecipato alla battaglia di Hogwarts.-

-Ci hanno rinchiuso nei sotterranei, per forza non abbiamo partecipato!- ribatté Zabini, indignato.

-Tecnicamente, Lumacorno ha fatto scappare tutti i Serpeverde dal passaggio segreto…-

-E con ciò? Non è mica stata colpa nostra!-

Albus non li ascoltava, continuava a fissare il tavolo dei Grifondoro dove erano riuniti praticamente tutti i suoi parenti. Osservava suo fratello James: era alto, atletico e amato da tutti. Sentì un profondo senso di ingiustizia dilaniargli l’orgoglio. Perché suo fratello aveva ricevuto tutto e lui invece niente? Perché James era così perfetto e lui così imperfetto?

-Albus?- lo disincantò Marlena, seduta accanto a lui -Perché quella piattola di tua cugina sta venendo qui?-

Sia Albus che Scorpius rizzarono le antenne.

-Quale cugina?- domandò subito Scorpius, visto che dava le spalle al tavolo dei Grifondoro, ma la voce un po' petulante alle sue spalle gli diede già la risposta.

-Albus, posso parlarti un attimo?-

Albus guardò Rosie come se fosse impazzita -Certo che no.-

-In privato- aggiunse la Grifondoro, scoccandogli un’occhiata spazientita.

Albus allora si alzò in piedi ma fece cenno a Scorpius di seguirlo. Si appartarono tutti e tre vicino al portone di quercia, e Rosie sbuffò.

-Possibile che ti devi portare anche Malferett?-

-Scorpius è il fratello che non ho mai avuto- le rispose Albus, diplomatico, mettendo il braccio sulla spalla di Malfoy.

-Tu hai già un fratello.-

-Chi, quello?- Albus lanciò un’occhiataccia a James Sirius, che si era appena trasfigurato una criniera leonina in testa -No, non lo conosco.-

Rosie fece finta di niente e parlò in fretta, le sue amiche la stavano fissando e ridacchiavano.

-Volevo solo dirti che domani, durante la partita, sarà il momento perfetto per il piano. Ci avevate pensato, vero?-

I due giovani fecero una smorfia confusa.

-Il piano?- borbottò Albus, con ancora lo sguardo assorto sul tavolo dei Grifondoro.

-Andare nell’ufficio della McGranitt e parlare col ritratto di Silente!- gli disse lei tra i denti, con ovvietà -Non ci sarà nessuno in giro e la McGranitt stessa sarà fuori a guardare la partita, quindi domani è il giorno perfetto!-

Albus si sentì arrossire -Oh, giusto, quel piano.-

-Bene, allora faremo così- esclamò Rosie con tono militaresco -Tu, Scorpius, farai la guardia alla porta e tu, Albus, entrerai nell’ufficio e chiederai a Silente come fare per tenere Delphini lontana da te, tutto chiaro?-

I due annuirono in modo riluttante.

-Ah, prima che mi scordi… La parola d’ordine per entrare nell’ufficio della McGranitt è Feraberto. Non dimenticatela.-

-Ok, grazie mille! Sei stata molto gentile!- si affrettò a dirle Scorpius, ma lei si era già allontanata e seduta nel tavolo più chiacchiericcio della Sala Grande.

Scorpius guardò Albus, il quale sembrava avesse appena preso un pugno in testa.

-Ma… lo vuoi fare sul serio? Insomma, questa cosa dell’ufficio non mi garba molto.-

-Credo di non avere altra scelta, Scorp- rispose Albus, abbacchiato. 

Pix il Poltergeist, intanto, si era proprio acquattato sopra alle loro teste con una caraffa piena di succo di zucca. Sogghignava sommessamente ma, fortunatamente per loro, il fantasma del Barone Sanguinario lo spaventò prima che potesse rovesciarla addosso ai ragazzi.

Albus intravide Pix virare subito verso i Tassorosso con la coda tra le gambe.

-Grazie- disse al Barone, il quale gli rivolse sì e no un’occhiata.

 

 

 

Malfoy Manor

 

 

 

-Siete in ritardo- esclamò Draco Malfoy, ritto sull’uscio del suo imponente portone di casa.

Hermione e Harry entrarono precipitosamente in Malfoy Manor senza nemmeno salutare il proprietario o chiedere permesso. Erano preoccupati più che mai e il loro proposito di andare da Delphini Riddle, ora che era stato loro ufficialmente vietato, si era rafforzato.

-Dobbiamo trovare subito quella Passaporta- esclamò Harry, in ansia.

-Ehi!- esclamò Draco, indignato -Buonasera, eh! Accomodatevi pure, non fate complimenti!-

-Allora, Hermione, tu comincia a visionare i piani inferiori, io vado in quelli superiori.-

-Scusatemi!?- continuò Draco, esterrefatto -Non so se vi siete resi conto che questa non è casa vostra!-

Harry e Hermione si voltarono verso di lui, pallidi e agitati.

-Abbiamo un grosso problema, Malfoy- gli diede udienza Harry -Abbiamo appena parlato con Goldstein…-

-Sì, l’ho visto prima- esclamò Draco, teso -Perché è venuto qui? Non è uno dei capi del MACUSA?-

-Preferisco non parlarne- mormorò Harry.

-Non c’è bisogno di parlare. Quell’idiota è da mettere in galera e buttare via la chiave! Fine!- sbottò invece Hermione, che sai era già tolta il soprabito, indignata.

-Perché? Cosa ha detto?- le chiese Malfoy, contento che per una volta lei non ce l’avesse con lui. Hermione si voltò verso di lui con occhi dardeggianti.

-Quel… Mentecatto crede che Harry e Delphini siano in combutta tra di loro- gli rivelò Hermione furibonda -Solo perché Harry si è comportato in modo umano con lei.-

-In effetti lo avevo sospettato anche io, all’inizio- li sorprese Malfoy, molto tranquillamente -Perché risparmiarla, altrimenti? E poi quella Delphini sarà sì inquietante, ma è decisamente notevole…-

Gli occhi di Hermione si dilatarono dall’incredulità e dalla rabbia. 

-Hermione, calmati- si affrettò subito Harry, capendo che la migliore amica stava per esplodere -Non c’è bisogno di arrabbiarsi, davvero. Non ne vale la pena.-

Hermione fece un bel sospiro e annuì

-Sì, sì. Non ne vale la pena- annuì, cercando dentro di sé la calma -Non potevamo certo aspettarci qualcosa di diverso da Malfoy.-

Sputò il nome dell’altro come se fosse un terribile, ignominioso insulto. Draco se ne accorse e aprì le braccia, nel suo viso era stampata un’espressione sdegnata e insofferente che diceva “Ma cosa ho fatto!”

-Ok, dobbiamo trovare subito la Passaporta- esclamò Harry, teso -Devo parlare immediatamente con lei. Dove stava Voldemort, quando era qui?-

-Terzo piano- gli rispose Draco, rigidamente.

-Bene, io vado lì. Voi due invece cercate qua- li istruì Harry, dimentico del difficile rapporto che era sorto tra i due ex nemici. Hermione infatti si irrigidì e maledì mentalmente Harry, tutto voleva fuorché restare di nuovo con Malfoy, da sola.

E infatti, appena Harry si materializzò, fu come travolta da un’onda di irritazione, fastidio e sdegno.

Non lo degnò nemmeno di uno sguardo.

-Granger.-

E non gli rispose nemmeno.

Lo sentì avvicinarsi, percepì i suoi passi silenziosi ma anche altezzosi, come la sua postura perfetta.

-Spero che Potter non sia un cleptomane, visto che si aggira così indisturbato tra le mura di casa mia- le disse Draco, forse per mitigare la tensione -Mi dispiace per prima, non credevo che accusare il tuo amante ti procurasse tanta rabbia.-

-Harry è mio amico- gli rispose Hermione, gelida.

-Amico, certo- borbottò lui, guardandola allontanarsi nel salone. Hermione doveva allontanarsi, o lo avrebbe preso a pugni un’altra volta.

-Per quanto riguarda quello che è successo ieri…- 

-Non ho voglia di parlarne- esclamò con rapidità, lanciando un incantesimo Revelio per tutta la stanza. Draco non ci fece nemmeno caso, dopo la seconda guerra magica il Ministero aveva praticamente ribaltato Malfoy Manor due volte.

-Credevo che ti andasse.-

Hermione a quel punto lo guardò, sconvolta.

 -Credevi mi andasse?- ripeté lei, stupefatta -Che mi andasse cosa, di preciso?-

Lui alzò le spalle -No, niente. Lascia perdere.-

-Sì, lasciamo perdere, Malfoy. È meglio.-

Trascorsero tre minuti. Draco si era seduto sul divano di pelle con la schiena sempre dritta e la osservava con un vago senso di frustrazione. 

A sentire loro, Hermione non doveva nemmeno permettersi di mettere piede nel Manor, non doveva nemmeno rivolgergli la parola.

Però era la Granger e se la spassava con Potter. Ed era gentile, era buona e intelligente, e sorrideva a tutti meno che a lui. Era dolce con tutti, comprensiva e disponibile con tutti, ma non con lui. 

Draco percepiva la sua insofferenza e il fastidio che la prendeva ogni volta che lui le passava di fianco, e ciò lo indisponeva. Voleva essere trattato con la stessa gentilezza con cui lei trattava gli altri. Voleva vederla sorridere, sentirla felice quando le si avvicinava…

Certo lui non faceva proprio il simpaticone, ma gli riusciva difficile essere amichevole con una persona che l’odiava così. Per assurdo, Potter era più gentile e bendisposto. Certo non poteva definirlo suo amico, più una sorta di conoscente stretto, però almeno Potter non lo disprezzava in quel modo spietato.

-Mi fa strano vederti qui in casa mia.-

-A chi lo dici- gli rispose, brusca -In questa casa sono racchiusi i peggiori ricordi della mia vita.-

-Poteva essere un buon modo per metterli da parte...-

Vide Hermione fermarsi e abbassare la testa. Draco ebbe la spiacevole sensazione di averla fatta arrabbiare di nuovo. E infatti lei si voltò con uno sguardo fulminante.

-È perché sono il Ministro, vero?- gli domandò, ruvida -Vuoi la mia stima per procacciarti dei benefici, dei favori, non è così? O forse sono semplicemente un’altra tacca da aggiungere alla tua cintura?-

Draco alzò le sopracciglia, stupito dalla sua schiettezza -Che tu ci creda o no, quando si arriva alla nostra età, la storia delle tacche nella cintura passa in secondo piano.-

Hermione lo guardò con aria saputa -Non passa mai in secondo piano, Malfoy, non per gli uomini viscidi come te.-

-Non sono viscido.-

-Sì, lo sei invece e ieri mi hai dato una chiara dimostrazione.-

Malfoy avrebbe voluto ribattere che da quando era morta Astoria non era stato più nessun'altra, ma per ovvi motivi non lo fece. Il suo spiccato orgoglio serpeverdesco lo fece tacere.

-Tra te e san Potter da quanto va avanti?- le chiese invece, pungente -Dal giorno dopo in cui vi siete sposati i Weasley, suppongo?-

Hermione alzò gli occhi al cielo -Ma perché tutto il mondo crede che io e Harry andiamo a letto insieme?-

-Perché è piuttosto evidente che vi amate- sibilò, infastidito.

-Sì, ma come due fratelli- gli rispose a tono lei.

-Ma non siete fratelli, per Salazar!-

-Va bene, Malfoy. Allora propongo a Harry una notte insieme e vediamo cosa mi risponde.-

-Che domande, è ovvio che ti risponderà di sì- replicò Malfoy, nervoso -A meno che Potter non sia un completo idiota, il che non mi stupirebbe.-

-Ragazzi, ho trovato qualcosa- il suddetto Potter si materializzò all’improvviso di fronte a loro, facendoli sobbalzare -Ma cosa diavolo state facendo voi due? Perché siete ancora lì?- li rimproverò, notando che non si erano mossi di un millimetro -Hermione, possibile che scegli sempre i momenti meno opportuni per queste cose?- le domandò, facendola arrossire -Non capisci che adesso Albus potrebbe essere in pericolo, potrebbe sentirsi spaventato, solo, minacciato! Magari Delphi lo sta vessando psicologicamente proprio ora, mentre sono qui, lontano da lui-



 

***

 

 

 


 

-Le cause scatenanti la sesta guerra elfica ripercorrono quelle della seconda, della terza, della quarta e della quinta. Chi si ricorda…-

 

Albus e Scorpius erano in banco insieme e stavano giocando a tris, in preda a una noia senza precedenti. Albus faceva il tondino, Scorpius la x.

Rosie, davanti a loro in primo banco, stava prendendo appunti e rispondeva a tutte le domande aperte che il professor Ruf poneva alla classe.

-Come fa a sapere tutto e a stare così attenta?- gli sussurrò Scorpius con un filo di voce, a disagio.

-È una ragazza, ha il cervello più sviluppato- gli rispose Albus, sereno.

Scorpius aggrottò le sopracciglia, non del tutto disposto ad accettare supinamente una verità universale come quella.

-E i gemelli Scamander?- replicò subito -Loro sono due maschi, eppure sono intelligenti come Rosie-

-Loro sono due Corvonero, i Corvonero non fanno testo- gli rispose Albus, sicuro come se avesse la verità in mano.

-Beh, Silente e Voldemort però non erano di Corvonero.-

-Silenzio là in fondo!- esclamò la voce fioca di Ruf dalla cattedra. Scorpius si mise zitto, seppur un po' infastidito. 

-Sapevi che Silente da giovane si firmava utilizzando il simbolo dei Doni della Morte al posto della “A”?- gli sussurrò Albus dopo un po’, piegandosi dietro al libro -Non è una figata? Quasi quasi lo faccio anche io.-

-Ma certo, e io al posto della S faccio un serpente come faceva Salazar Serpeverde.-

Albus Severus sgranò gli occhi verdi -Salazar usava un serpente al posto della S?-

-No, scemo- bisbigliò Scropius, guardandolo male -È una cosa stupida e infantile.-

-Beh, allora non ti dispiace se la uso io per la S di Severus, no?-

-Fai sul serio?-

-Potter, Malfoy! Vogliamo prestare attenzione!?-

I due studenti chiacchieroni sussultarono, imbarazzati.

-Sì, scusi Professor Ruf- esclamò subito Albus.

-Ci scusi- ripeté Scorpius.

-Bene- esclamò il fantasma -Dicevo che la maggiore pretesa ambita dagli elfi dai cappelli azzurri fu di…-

Con suo sommo sforzo, Albus si zittì e appoggiò la guancia sulla mano, cercando di seguire la lezione. Guardò alla sua destra e sorrise vedendo che Scorpius aveva iniziato a prendere appunti. Il suo migliore amico era un secchione sotto mentite spoglie, anche se non si vantava e non faceva mai il sapientone.

Poi Albus spostò lo sguardo altrove, verso la finestra e guardò attentamente il vecchio e canuto Hagrid mentre trasportava della legna nella sua capanna. Albus non si perse un movimento, d’altronde osservare Hagrid era senza dubbio più interessante che ascoltare la lezione.

Solo che poi, riflesso nel vetro della finestra, vide all’improvviso un volto che non era il proprio.

Albus urlò e scattò in piedi prima ancora di rendersene conto.

Subito l’intera classe, professore compreso, si voltò di scatto verso di lui. Albus sgranò gli occhi.

-Cosa succede, Potter?- esclamò subito Ruf, allarmato.

Anche Scorpius lo stava fissando, sgomento. Albus si sentì arrossire in modo violento.

-Io… Ehm, scusi- balbettò imbarazzato a morte, sentendo lo sguardo di tutta la classe fisso su di sé -È che ho visto un… Un…-

Rosie lo fissava con una smorfia preoccupata.

-Un… Un delfino- borbottò, e tutta la classe si mise a ridere.

-Un delfino?- ripeté Ruf, sgomento.

-Un uccello che assomigliava a un delfino- si corresse Albus, sentendo con suo sommo orrore i Grifondoro sghignazzare sempre più a voce alta.

-Sulla finestra?- gli domandò Scorpius, terrorizzato. Albus annuì vigorosamente.

-E… è andato via, sì?- gli chiese di nuovo Scorpius, con voce sottile. 

-Sì, sì è andato via- lo rassicurò.

-Se questo è uno scherzo non è divertente, signor Potter- lo rimproverò Ruf, arrabbiato. 

-Professore, le assicuro che non era mia intenzione interrompere la lezione. Glielo posso giurare.-

-Venti punti in meno a Serpeverde!- gracchiò Ruf -Fuori dalla classe, Potter, per oggi hai già dato abbastanza spettacolo!-

Albus si sentì umiliato, ma obbedì senza discutere. Prese le sue cose, lanciò un ultimo sguardo a Scorpius e a Rosie e uscì.

Era sorprendente il modo in cui la sua vita facesse ogni giorno più schifo. 

Camminò per il castello senza meta e ignorò il dipinto di Sir Cadogan, che lo seguiva di quadro in quadro e lo esortava pomposamente a battersi come un vero uomo. Al piccoletto i Serpeverde non erano mai andati a genio, evidentemente.

Albus ripensò alla tragica figuraccia di prima e si diede mille volte dell’idiota.

Aveva davvero detto Delfino?

Davvero, lo aveva fatto? No, dai. Non credeva nemmeno lui di poter arrivare a tanto…

Eppure lo aveva fatto.

Certo, ciò che aveva effettivamente visto, lo aveva spaventato a morte. Ma più che altro perchè non se lo aspettava… In fondo, non capita tutti i giorni di vedere nel riflesso del vetro il viso di un’altra persona al posto del proprio.

Albus cercò di non pensare a lei. Aveva la netta sensazione che pensare a lei fosse un modo sicuro e veloce per stabilire il loro contatto e farla comparire. E lui non voleva farla comparire, no di certo. 

Delphi gli metteva i brividi.

Senza rendersene conto, era sceso due piani ed era giunto di fronte a una porta chiusa a chiave. Quella stanza era alquanto misteriosa ed era stata chiusa e coperta da un drappo rosso da sempre, fin da quando aveva messo piede a Hogwarts. Albus si era sempre chiesto cosa ci fosse dentro.

Si guardò intorno, era orario di lezione, i professori e gli studenti erano tutti occupati nelle varie classi. Nessuno avrebbe potuto davvero beccarlo…

Magari lì dentro c’era qualcosa di losco, magari c’era un cane a tre teste, oppure un nuovo ingresso per la Camera dei Segreti. Magari era un passaggio segreto che portava a un nuovo mondo, un mondo dove lui non era un perdente ed era amato da tutti…

-Alohomora- recitò l’incantesimo, che però non funzionò. Lo ripeté, e alla quarta volta finalmente la serratura della porta scattò.

Albus si guardò intorno per l’ennesima volta ed entrò dentro.

La sala, con suo grande disappunto, era vuota. Non c’era niente, niente di niente, se non un enorme specchio abbandonato in fondo. Albus entrò e si guardò intorno.     

Le finestre davano sul campo da Quidditch, tanto per mostrargli suo fratello e suo cugino che si allenavano duramente per la partita di domani. Albus vide James nell’esatto istante in cui si era avvicinato per dare un bacio a Moran, la Cacciatrice sua compagna di squadra. 

Figurarsi se James non aveva una nuova fidanzata.

Albus alzò gli occhi al cielo e si allontanò dalla finestra, sentendosi ancor più sconfortato.

Si mosse e guardò pigramente lo specchio prima di andarsene, solo che vide qualcosa di insolito: suo padre che gli sorrideva. Albus si voltò di scatto, ma non trovò nessuno alle sue spalle. Ritornò a guardare il riflesso e vide suo padre che gli stringeva la mano e poi lo abbracciava, felice e orgoglioso come non lo aveva mai visto in vita sua.

“Sono orgoglioso di essere tuo padre, sei il figlio che ho sempre sognato.”

Albus si sentì tremare le ginocchia. Era Caposcuola e capitano cercatore della squadra di Grifondoro.

Era un Grifondoro e suo padre era davvero fiero di lui.

Albus non capiva cosa stava succedendo. Continuava a guardarsi alle spalle con la pelle d’oca dalla contentezza e dall’emozione, finché alla destra del suo distorto riflesso comparve l’immagine di una ragazza sorridente. Una ragazza bellissima, più alta di lui e decisamente più grande, fuori dalla sua portata in modo plateale e fin quasi eccessivo…

Lo stomaco di Albus fece una capriola, questa volta si guardò alle spalle con il viso segnato dall’ansia, ma anche Delphini non c’era.

Tornò a guardare lo specchio e vide se stesso e Delphini che si guardavano in modo strano… 

Si sentì arrossire.

Lei gli stava sorridendo dolcemente, e si stava avvicinando dolcemente.

Albus sentì il proprio cuore martellare in modo furibondo. I due si avvicinarono e si baciarono in bocca.

Ad Albus cadde la cartella dalle mani, tutto rovinò a terra, ivi comprese le boccette di inchiostro, ma non ci fece nemmeno caso. 

Continuava a guardare quel bacio proibito a bocca aperta, come se fosse ipnotizzato. Si avvicinò di più al riflesso, toccò la superficie fredda con le dita cme a volerci entrare dentro e sparire.

Voleva anche lui toccare i capelli argentei di Delphi, saggiarne la morbidezza tra le dita.

-Ti prego- esclamò allo specchio.

-Cosa stai facendo?-

Albus sussultò e si voltò verso la vera Delphi, che era seduta sulla propria branda ad Azkaban con le gambe incrociate. Si sentì arrossire platealmente, guardò lo specchio, c’era ancora quella scena romantica e poi guardò lei, terrorizzato, talmente imbarazzato che l’urlo di prima in classe in confronto era stato un momento gradevole.

-Io non… Non l’ho fatto io!- balbettò col fiato sospeso -Mi sono solo specchiato ed è comparso questo… Io davvero, non… non  saprei nemmeno come si fa-

Delphi aggrottò le sopracciglia -Ma di cosa stai stai parlando?-

Albus guardò di nuovo lo specchio con loro due che amoreggiavano e poi guardò lei, tornando vagamente a respirare.

-Questo… Cioè, tu non lo vedi?-

-Lo specchio, certo che lo vedo- gli rispose lei, assottigliando gli occhi.

-E basta? Non vedi quello che ci è riflesso?- le domandò Albus col cuore in gola.

-No, perchè cosa c’è riflesso?-

-Niente- rispose subito lui, rigido, rinsavendo di sollievo -Nulla. Ehm, te lo chiedevo così, giusto per sapere.-

-Stavi pensando a me?-

-NO!- le rispose troppo velocemente e con troppa enfasi, scuotendo la testa -Assolutamente no. No, no.-

Delphi aveva visto raramente dei bugiardi così incapaci, nella sua vita.

-Mi hai visto in quello specchio, non è così?- indovinò subito, alzandosi in piedi.

-No!- mentì subito Albus, arrossendo di nuovo.

-Che cos’è? Uno specchio che ti mostra le tue più grandi paure?-

Albus ci pensò su. In effetti…

-Sì, può darsi- concordò con lei. Delphini sorrise, soddisfatta.

-Bene, perché d’ora in avanti diventerò il tuo incubo peggiore- gli ammiccò, poi guardò tutto la confusione che c’era ai suoi piedi. Le pergamene spolte d inchiostro, i vasetti rovesciati, i libri per terra… Delphi rimase stupita, doveva proprio terrorizzarlo, evidentemente.

 

 

 









 

Note

Ciao! :)

Finalmente stiamo entrando un po' nel vivo della storia… Albus ormai si rende conto che la cotta per Delphi c’è ed è bella grossa ;)
Una cosa che faccio fatica a gestire, per assurdo, sono gli spazi tra i paragrafi. Questa storia è fatta proprio per essere divisa in paragrafi, visto che abbiamo tanti luoghi diversi (Hogwarts, Azkaban e il Ministero) e io so mai come dividerli per renderli visivamente piacevoli. Oggi ho provato i tre asterischi, altre volte la riga sottile... Non so ditemi voi cosa preferireste!

Spero che la storia vi stia ancora piacendo, grazie e a presto con il prossimo capitolo!

 

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