Di anno in anno

di Sarah_lilith
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo anno - Notizia ***
Capitolo 2: *** Secondo anno - Lutto ***
Capitolo 3: *** Terzo anno - Follia ***
Capitolo 4: *** Quarto anno - Delirio ***
Capitolo 5: *** Quinto anno - Decisioni ***
Capitolo 6: *** Sesto anno - Compleanno ***
Capitolo 7: *** Settimo anno - Rancore ***
Capitolo 8: *** Ottavo anno - Regole ***
Capitolo 9: *** Nono anno - Vuoto ***
Capitolo 10: *** Decimo anno - Memoria ***
Capitolo 11: *** Undicesimo anno - Addestramento ***
Capitolo 12: *** Dodicesimo anno - Cicatrici ***
Capitolo 13: *** Tredicesimo anno - Cuore (Epilogo) ***



Capitolo 1
*** Primo anno - Notizia ***


Primo anno - Notizia


Quando suo fratello bussò delicatamente alla porta, Lan Zhan non si era ancora assopito. Erano tre ore che stava sdraiato prono sul letto della sua stanza, ma il sonno non lo aveva sfiorato neppure una volta.

Le fasciature erano state cambiate di recente, quindi Lan XiChen non avrebbe dovuto essere lì per quel motivo. Anche con l’unguento curativo, la schiena non gli dava tregua. Il pulsare ritmico delle ferite gli sembrava aumentare ogni momento, anche se era sicuro non potesse fare più male di così. 

Sapeva che era suo fratello maggiore, non poteva essere nessun altro. Suo zio aveva vietato a chiunque di vederlo. Ma non poteva impedire a suo nipote di visitare il sangue del suo sangue.

-Non hai mai bussato- disse Lan WangJi. Era un’invito ad entrare, anche se pochi l’avrebbero capito. Fortunatamente Lan XiChen lo conosceva da una vita.

Entrando con grazia, la Prima Giada del Clan Lan rivolse all’altro un sorriso fiacco che stonava con il suo bel viso. Richiudendosi la porta alle spalle, restò per un momento vicino alla soglia, guardando con un certo nervosismo il fratello, incapace di alzarsi per salutarlo a dovere perché ferito.

Dopo un sospiro stanco, finalmente si mosse. Avanzò verso il letto di Lan Zhan con le mani incrociate davanti al ventre e gli occhi chiari tristi a tal punto da sembrare lucide pietre preziose. Lan WangJi capì che non sarebbe stata una bella discussione.

Ogni volta che il suo caro fratello doveva dargli delle cattive notizie, assumeva la stessa posizione che loro zio adottava nelle situazioni critiche: raddrizzava la schiena e ostentava ancor più del solito la sua compostezza rigida e disciplinata. Ma, a differenza di Lan QiRen, Lan Huan esprimeva il suo turbamento con un lieve tremito delle labbra e uno sguardo acquoso.

Quando gli si sedette di fianco, le maniche della sua veste si adagiarono con eleganza sulle sue gambe, mentre le dita si intrecciavano e rincorrevano tra le pieghe del tessuto candido, esprimendo la sua agitazione. Lan XiChen fece un’altro respiro profondo e spostò gli occhi verso la finestra sulla parete di fronte a lui.

-WangJi… 1- disse con voce debole. Sembrò terminare le parole solo dopo aver sussurrato il nome del fratello minore. L’altro lo guardò silenziosamente, in attesa.

-Mi è stata riportata una notizia urgente da… beh, non importa da chi, infondo- sospirò di nuovo -Si tratta di Wei Gongzi 2- non si voltò a guardarlo neppure in quel momento.

Lan Zhan sentì che il fiato gli era stato strappato via dai polmoni all’udire il nome di Wei Ying, e per un momento gli sembrò che la testa fosse invasa da una fitta nebbia che non gli permetteva di vedere lucidamente i suoi stessi pensieri. Il panico lo assalì come un’onda. Tese i muscoli di tutto il corpo, ignorando le fitte di protesta che la sua schiena martoriata gli mandava.

-Cos’è accaduto?- ansimò quando si riprese almeno un pò dallo stupore che gli aveva gelato le ossa -É stato attaccato? Sta bene o…?- non continuò la frase, troppo ansioso per ipotizzare la peggiore ipotesi.

Se si trovava ferito da qualche parte, ridotto all’immobilità come lui per via delle lesioni, poteva essere in grave pericolo, in balia di chiunque avesse voglia di vendicarsi o catturalo. Lan WangJi non riusciva neppure ad immaginare quanto dovesse essere spaventato e furioso Wei WuXian, braccato dal suo stesso fratello e tradito da tutti i Clan, che reclamavano la sua testa.

Stringendo i denti e corrugando le sopracciglia in un’espressione sofferente, afferrò la manica del fratello e la tirò leggermente. Era un gesto scortese, ma davvero non aveva altro modo per calmare le sue emozioni.

-Xiong-zhang 3, dov’è?- più il fratello indugiava, più la bolla di ansia che Lan Zhan aveva nel petto si gonfiava, schiacciandogli cuore e polmoni -Dov’è Wei Ying?- gli tremò il braccio e dovette lasciar andare la manica di Lan XiChen, che intanto aveva iniziato a muovere gli occhi dalla finestra al pavimento, ripetendo il gesto per un numero tale di volte da farlo sembrare un tic.

Al silenzio del fratello, nella mente della Seconda Giada del Clan Lan iniziò a sbocciare un dubbio che gli fece contrarre lo stomaco fino ai crampi. Il tarlo che lo aveva cominciato a tormentare all’arrivo di Lan Huan scavò ancora più a fondo nei suoi pensieri, fino a farlo cadere nello sconforto. Non poteva essere…

Con uno scatto che nessuno dei due si aspettava, il corpo di Lan Zhan si sollevò dal letto e si gettò verso la porta senza nemmeno coprirsi il petto bendato con una sottoveste. Non riuscì ad andare lontano, comunque. Le sue forze lo condussero fino a poco più di metà della stanza, poi crollò a terra con un gemito di dolore, le ferite che tornavano a sanguinare copiosamente.

Il fratello accorse per sostenerlo, mettendogli delicatamente un braccio attorno alle spalle e l’altra mano sul petto, come a bloccare eventuali reazioni violente. Lo fece rialzare fino a metterlo seduto nella posizione del Loto e, nonostante il dolore che traspariva dal suo viso, gli permise di mantenere la postura per meditare. Passati alcuni minuti, prese fiato per parlare.

Nonostante tutto, voleva essere chiaro e allo stesso tempo non ferire oltre il fratello. Ma sapeva che era inevitabile. Con gli occhi che brillavano come giade alla luce della luna, sussurrò la frase che rese Lan Zhan l’ombra di se stesso.

-WangJi, è stato ucciso- 

 

 


ANGOLINO D’AUTRICE

1. WangJi: per chi non lo sapesse, è così che Lan XiChen si rivolge a Lan Zhan, quindi è molto informale e quasi affettuoso, perchè senza onorifici vari
2. Gongzi: questo è un’onorifico che si usa con rispetto verso uomini più giovani e significa “signore / giovane maestro”
3. Xiong-zhang: viene usato da una persona che vuole mantenere la formalità anche in un rapporto familiare, seppur rimanendo educato, senza arrivare all’eccesso di affetto. Significa “fratello”. 

(link per il novel di Mo Dao Zu Shi: https://gmdsdtraduzione.home.blog/capitoli/ )

(link per gli onorifici cinesi: https://gmdsdtraduzione.home.blog/note-di-traduzione/onorifici-cinesi/ )

Innanzi tutto, la frase “niente cura il passato come il tempo e nessuno può rubarti l’amore che sei destinato a trovare” non è di Lan Xichen, ma fa parte del testo di It'll be alright al minuto 1.50 (con la scena di Wei WuXian e Lan Zhan)

Okay, non è la prima volta che scrivo una fanfiction che ha più capitolo senza che sia una long, ma sono vergine riguardo a Mo Dao Zu Shi. Cioè, ho visto tutto quello che potevo vedere e leggere tutto quello che potevo leggere, ma dovevo scrivere qualcosa a riguardo, perché ci tenevo moltissimo e il mio cuore non reggeva.
Ci sono così poche storie sui miei due Coltivatori preferiti che lo sconforto quasi mi ha portato alla pazzia. Però quello che c’è è stupendo.
Vi consiglio di fare un salto sul profilo di laNill e di SaWi, perché hanno scritto delle storie favolose che mi hanno fatto sciogliere (i titoli sono: “Possessive husband”, “Per sempre tuo, per sempre mio” e “Insaziabile”).
Se volete capire a fondo quello che dico ora, dovete leggere il novel. E anche se volete capire veramente quanto sia stupido Wei WuXian ed emotivamente costipato Lan Zhan. Comunque, ero molto indecisa su quando fermare la narrazione. Insomma, volevo continuare a descrivere fino al momento in cui, come sappiamo, Lan Zhan si reca ancora dolorante a Yiling per vedere ciò che resta (solo polvere, sigh) di Wei WuXian, ma poi ho deciso di non farlo. Nella mia mente la “consapevolezza” di Lan Zhan si blocca subito dopo aver appreso che il suo amato è morto.
Chiamatelo un blackout o semplicemente lo shock, ma sono fermamente convinta che per fare quello cha ha fatto, Lan Zhan abbia completamente spento il cervello e sia andato avanti per inerzia, soprattutto nel primo periodo di lutto. Infondo sappiamo tutti poi le cazzate che ha fatto a causa dell’alcool che aveva bevuto per la disperazione… ora sono triste.

Beh, mi sa che andrà a bermi una giara di Sorriso dell’Imperatore! Baci a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 2
*** Secondo anno - Lutto ***


Secondo anno - Lutto


Quell’inverno era arrivato improvvisamente, spodestando l’autunno senza aspettare di essere introdotto dalla Stagione di mezzo 1. I monti dei Meandri della Nuvola erano freddi e insolitamente indaffarati.

La neve abbondante che era scesa impetuosa per tre giorni aveva bloccato gli spostamenti tra le dimore e i saloni dedicati allo studio. Nonostante questo, gli studenti più anziani avevano tranquillamente recuperato qualche libro dalle loro riserve private e si erano dedicati allo studio nelle loro stanze, attendendo il disgelo.

Lan Zhan aveva trovato conforto nella rilettura di un testo che da giovane aveva amato particolarmente. Fede e amore era un’opera strana ma profonda, che analizzava nei suoi più intimi particolari due stati dell’essere che, per i discepoli del Clan Lan, erano contrapposti. A onor del vero, in effetti, era stato scritto da un discepolo dei Jin.

Secondi i dettami del Clan GusuLan la fede è una scelta, prima di tutto. Razionale o no, credere in qualcosa e riporre fiducia in esso è un’atto di puro coraggio, che non solo valica i principi di ogni uomo, ma gli permette di raggiungere vette molto più alte con la forza del suo credo.

L’amore è invece a tutti gli effetti un atto irrazionale. Un salto nel vuoto che non dà nessuna garanzia di uscirne vivi, tanto meno vittoriosi. Se incappi nell’amore e ti lasci avvolgere dalle sue braccia, la partita è persa. Il tuo spirito non resisterà alla dolce melodia del suo richiamo.

Lan Zhan aveva potuto vedere gli effetti devastanti dell’amore con suo padre, costretto a tenere lontana l’adorata moglie pur desiderandola con tutto il suo cuore. La virtù morale aveva vinto, ma a quale prezzo? La sofferenza di un’intera famiglia valeva i pochi momenti di gioia condivisi dai suoi genitori? Per di più, anche se solo di recente, la Seconda Giada di Gusu aveva assaporato il gusto velenoso dell’amore perduto sulle sue stesse labbra.

Quindi si era detto che i suoi maestri avevano ragione e che la fede era affidabile e sicura, pronta a darti conforto in ogni circostanza, perché solida come una roccia, mentre l’amore aveva un’anima ballerina che cambiava come il vento e, proprio come la brezza leggera, poteva sparire senza lasciare traccia dopo averti sfiorato, facendotene rimpiangere e desiderare ancora il tocco. Anelare un soffio di brezza pur di risentire il suo odore sulla propria pelle; questo era un bisogno che Lan Zhan comprendeva molto bene.

Ma il tomo che stava sfogliando affermava invece che quelle due impalpabili parti della vita avevano molto in comune. C’era una frase in particolare che, prima di allora, Lan WangJi non aveva mai capito a fondo come in quel momento, rinchiuso nella sua stanza a sperare che il gelo esterno raffreddasse in qualche modo la sensazione rovente che gli bruciava le viscere ogni volta che pensava a Wei Ying.

La fede, così come l’amore, non passa attraverso la ragione 2” c’era scritto sull’ultima pagina. Proseguiva nel dire che l’amore ha molte forme e molte intensità nel suo modo di palesarsi. Gli elementi primari che crearono il mondo: Acqua, Legno, Fuoco, Metallo e Terra.

Poteva essere onda, che inesorabile si adagiava sull’affetto di due fratelli. La sua acqua era Lan XiChen

Poteva essere legno, simile alla rassicurante e ferma presenza che dava il sostegno di un genitore. Il suo albero era Lan QiRen

Poteva essere fiamma, come la passione incandescente che incendiava il cuore di un’amante. Il suo fuoco era Wei Ying

Poteva essere acciaio, che inattaccabile sosteneva i guerrieri come il Buddha regge i saggi. Il suo metallo era la virtù

Ma poteva anche essere terra, che cullava rassicurante un bimbo nel suo grembo. Ora, grazie al piccolo SiZhui aveva anche la terra.

Pensando a lui, voltò il capo nella sua direzione e si soffermò a riflettere sul fatto che quel bimbo vivace che aveva trovato in un tronco, tra le macerie fumanti di Yiling, era davvero l’unica cosa vivente che gli restasse di Wei WuXian. Gli lanciò un’occhiata, distraendosi dalla sua lettura giusto il tempo necessario per controllare che fosse tutto a posto.

Anche se Lan SiZhui 3 amava la neve, in quei giorni Lan WangJi non gli aveva permesso di uscire, troppo spaventato che il bimbo potesse prendersi un malanno. Così isolati per via della nevicata, non avrebbe potuto procurarsi le medicine. Improvvisamente, vedendolo impegnato a scarabocchiare ideogrammi su un foglio, gli tornò in mente una lezione a cui aveva assistito pochi mesi prima.

L’argomento di quel giorno era la necessità. L’insegnante stava domandando ai giovani allievi cosa ci fosse di indispensabile nella vita, sia quella dei Coltivatori, che quella delle persone comuni. Quando il maestro aveva chiesto al piccolo SiZhui cosa credesse essenziale, il bambino aveva risposto con una parola che aveva fatto voltare tutti, perfino Lan Zhan, che era seduto lì vicino e intento a copiare alcuni manoscritti danneggiati dall’incendio della biblioteca.

-Le emozioni- aveva detto con tono sicuro e un pò stupito, come se si stesse chiedendo come facesse un’adulto a non sapere una cosa tanto ovvia.

Il maestro aveva insistito, domandandogli cosa intendesse per “emozioni”. Voleva forse dire che i sentimenti erano alla base del mondo? Era possibile un ragionamento così approfondito per un ragazzino della sua età? O forse il bimbo aveva solo ripetuto qualcosa che gli era stato insegnato in precedenza.

-Xian Gege 4 diceva che un’emozione è quando tremi ma non hai freddo- aveva ribattuto con un gesto vago del capo, perché scrollare le spalle è maleducazione e sinonimo di un pessimo carattere. 

Nella sala era caduto il silenzio, tanto che gli alunni riuscirono perfino a sentire i lievi suoni che le foglie delle magnolie da poco sfiorite facevano quando sfregavano tra loro, agitate dall’aria mattutina. I bambini non avevano capito cosa ci fosse di tanto sconvolgente nella frase appena pronunciata, ma vedendo il maestro e il loro Hanguang-Jun irrigidirsi a tal punto, non poterono far altro che congelarsi.

L’insegnante, ripresosi dal stato confusionale nel quale era piombato, si voltò con lentezza verso Lan WangJi, domandandogli silenziosamente cosa volesse dire quel nome, detto da quel bimbo.

Lan Zhan reagì in modo piuttosto scortese. Si alzò senza riordinare le carte che stava consultando o il pennello che stava usando, si avvicinò a Lan SiZhui e lo prese in braccio, stringendoselo forte al petto. Poi uscì dalla sala. Con il cuore che batteva forte, l’algido Coltivatore sussurrò al bambino i suoi dubbi.

-Ti ricordi di Wei WuXian?- disse con voce grave, appena tremolante per l’emozione. Il piccolo lo guardò confuso, e una patina opaca oscurò il suo sguardo. Scosse la testa con veemenza.

-Chi?-

 


ANGOLINO D’AUTRICE

1. Stagione si mezzo: secondo la tradizione cinesi, tra ognuna delle quattro stagioni principali, si può collocare una breve periodo detto stagione di mezzo, o quinta stagione, che dura 18 giorni. Qui sono spiegate pressappoco le differenze tra le nostre stagioni e quelle cinesi (https://energieinmovimento.net/2015/11/29/le-stagioni-secondo-il-calendario-cinese/
2. La fede… la ragione: citazione di Hermann Hesse che personalmente amo, perché pur essendo banale, ti fa capire che l’amore per qualcuno ti porta ad aveva fiducia (e fede) nelle sue decisioni, senza che il cervello si metta in mezzo con assurde elucubrazioni
3. Lan SiZhui: ero indecisa se mettere il suo nome “adottivo”, oppure A-Yuan, ma dato che ormai è un anno che sta coi Lan su quella cavolo di montagna, direi che fa parte del Clan, ormai
4. Xian Gege: è il modo in cui il piccolo Lan SiZhui chiamava Wei WuXian, sarebbe l’equivalente di “fratellone Xian”, quindi un termine molto informale ed affettuoso che si usa solo per le persone molto intime, ma tanto è un bambino.


Ok, sono stata cattiva. Forse più che con il capitolo precedente. Ma diciamocelo, Lan Zhan è sempre sembrato il tipo che, in casi di estrema necessità (quindi solo quando si parla di Wei WuXian) sa mettere da parte le buone maniere e reagire come una persona dotata di emozioni.
Per chi lo notasse, gli elementi primari che ho inserito sono quelli cinesi, non i nostri quattro (Acqua, Terra, Fuoco e Aria… e qui nella mia testa parte la sigla di Avatar - la leggenda di Aang)
Il fatto che io abbia fatto dire al piccolo A-Yuan una frase di Wei Ying, per poi fargli scordate chi era, è dovuta al fatto che io mi sono sempre immaginata una scena un pò diversa da quella descritta dall’autrice. Il novel originariamente dice che A-Yuan ha dimenticato tutta la sua infanzia a causa della febbre che gli è venuta stando nel tronco sul monte Yiling, ma per me, la memoria è stata sì danneggiata per quello, ma ha continuato a logorarsi col tempo (tipo Alzheimer?!).
Infondo, chi di noi si ricorda perfettamente tutto sulla propria infanzia? A parte Jin GuangYao e la sua memoria di ferro, lo stronzo.
Comunque, vi immaginate la drammaticità dei sentimenti di Lan Zhan nel vedere l’unico ricordo che gli resta del suo amato che si sgretola davanti agi suoi occhi. Ne uscirebbe pazzo. (Beh, nel prossimo capitolo ne parliamo)
Quindi… non ho altro da dire, se non che ringrazio _A r a s h i_  per la recensione dello scorso capitolo. Tesorino, spero che non ti arrabbi se ti ho nominata nelle note senza chiedetelo.

​Baci a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 3
*** Terzo anno - Follia ***


Terzo anno - Follia


C’erano momenti in cui Lan Zhan si pentiva di non essere morto durante l’assedio in cui avevano perso la vita più di trecento Coltivatori. 

Non che non avesse rischiato gravemente di rimetterci la pelle, sia chiaro. Era riuscito a trascinarsi a stento fino alla figura barcollante di Wei Ying e se l’era caricato in spalle per miracolo, usando gli ultimi residui di forza che gli rimanevano per volare via su Bichen e nascondersi nella grotta. In quella grotta. Quella in cui aveva esaurito tutte le parole che conosceva per spiegargli quanto teneva a lui, dicendogli che lo perdonava e che lo amava più di se stesso.

Comunque, certe volte voleva sperare che tutto quello che era successo dopo quella notte fosse stato solo un incubo che la sua mente aveva inscenato per spaventarlo e per costringerlo a reagire contro i suoi ideali, salvando Wei WuXian e portandolo con se. Perché, infondo, quelle cose orribili che aveva vissuto, non era davvero accadute, no? Non era stato informato da suo fratello che lui era morto, dilaniato da migliaia di spade e frecce. Non si era precipitato sul monte Yiling per sperare di trovare almeno un lembo della sua veste o un frammento della sua anima. Non si era trovato davanti a tutta quella morte, quel fuoco rosso e ardente che aveva incendiato tutti i ricordi di lui. Non poteva essere successo.

E non perché la crudeltà umana non arrivava a quei livelli. Lan WangJi sapeva di potersi fidare della cattiveria e della sete di potere delle persone. Sapeva che se messi alle strette, i capi dei Clan avrebbero ceduto alla paura. No, quello era plausibile, quasi ovvio.

Non poteva essere accaduto per il semplice fatto che la sua mente non avrebbe resistito. La morte della persona che lo faceva sbuffare, urlare, arrabbiare, sorridere e perdere il controllo come mai nessuno. La morte del suo cuore, della sua vita. Ne sarebbe uscito pazzo.

Se è stato un sogno, pensava con le lacrime che gli correvano sulle guance, svegliatemi prima che ne muoia.

 

 

Lan Huan bussò prima di entrare nella stanza. Aveva preso quest’abitudine dopo la tragica notizia che era stato costretto a riferire a Lan WangJi, e non se l’era più scrollata di dosso. Non aspettava mai una risposta, semplicemente, prima di fare il suo ingresso, poggiava tre volte le nocche sull’asse di legno chiaro della porta, abbastanza forte da farsi sentire dal diretto interessato, ma non tanto da disturbare altri.

Questa volta, però, sentì un sospiro strozzato provenire dall’interno. Entrò in fretta e si guardò attorno preoccupato.

Sparsi sul pavimento, centinaia di fogli erano sparpagliati alla rinfusa, alcuni accartocciati, altri strappati in pezzi talmente sottili da non riuscire a riconoscerne la trama filigranata, altri ancora perfettamente ordinati in pile alte e dritte. Lan XiChen, con il polso che gli tremava per lo sconcerto, ne afferrò uno che era stato riposto in un cumulo sul tavolo da lettura. Dopo un veloce sguardo, se lo rigirò in mano come se non riuscisse a capire cosa aveva tra le dita. Poi guardò il fratello disteso sul pavimento, col corpo rannicchiato in posizione fetale e la testa tra le mani.

Lan Zhan produceva un rumore strano dalla gola che, se non fosse stato assolutamente assurdo, sarebbe parso il gemito sofferente di un cane lasciato a morire sotto la pioggia. Piangeva come se gli avessero strappato il cuore. Era un suono straziante che faceva pizzicare la gola tanto da portare qualcuno a implorarlo di finirla, proprio come stava facendo da giorni la Seconda Giada del Clan Lan. 

Aveva finito le lacrime ormai da tempo, eppure i singhiozzi che gli squassavano il petto non accennavano a fermarsi. Era in preda agli spasmi da così tanto che non si ricordava neppure come smettere. Si stingeva forte le mani conto il cranio come se volesse impedirgli di esplodere. Si era scorticato le tempie a furia di passarci le unghie, sporcando il nastro frontale che ora portava arrotolato tra indice e medio.

Lan Huan sapeva che tutte le sue ferite, anche quella bruciatura più recente sul suo petto, erano in via di guarigione e si stavano ormai avvicinando allo stadio di cicatrizzazione. Il suo amato fratello non piangeva dal dolore fisico, anche perché non lo aveva mai fatto nemmeno prima. Lan Zhan si stava distruggendo da solo per un male dell’anima.

Sinceramente non capiva, e forse non avrebbe mai capito, cosa ci fosse di così speciale in Wei WuXian, ma non era mai stato importante chiederselo. Lan WangJi avrebbe potuto innamorarsi di chiunque, e lui ne sarebbe stato contento, perché la felicità di suo fratello veniva prima dei suoi capricci. Ma vederlo ridotto in quello stato per qualcuno, Lan XiChen non poteva sopportarlo. 

Mentre gli si sedeva a fianco e gli intrappolava i polsi tra le mani per fermale la sua autoflagellazione, guardò ancora il pavimento della stanza e i fogli che lo ricoprivano. Accarezzò dolcemente la testa di Lan Zhan e gli sussurrò parole che dovevano essere di conforto. Intanto ripensò a quello che aveva letto, lo sgomento che gli invadeva ancora gli occhi.

Un nome, semplicemente due parole, ripetute una, due, tre…

Wei Ying  Wei Ying  Wei Ying  Wei Ying  Wei Ying  Wei Ying  Wei Ying  Wei Ying  Wei Ying  Wei Ying  Wei Ying  Wei Ying  Wei Ying  Wei Ying  Wei Ying  Wei Ying  Wei Ying  Wei Ying  Wei Ying  Wei Ying  Wei Ying  Wei Ying  Wei Ying  Wei Ying  Wei Ying  Wei Ying  Wei Ying  Wei Ying  Wei Ying  Wei Ying  Wei Ying  Wei Ying  Wei Ying  Wei Ying  Wei Ying  Wei Ying  Wei Ying  Wei Ying  Wei Ying  Wei Ying  Wei Ying  Wei Ying  

…un’infinità di altre volte.

Non era stato mangiato vivo dai sensi di colpa e dalla tristezza, fu il pensiero di Lan Huan, mentre ricordava le parole dello zio. Quello sarebbe stato facile, perché su un campo distrutto si può sempre ricostruire. Ma non si può fare nulla senza la terra su cui mettere i piedi.

La follia ti ha ingoiato intero, vero Lan WangJi?

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
Oggi sono stata particolarmente... stronza (se pò dire no?) Comunque, ho esagerato con la tristezza.
È che in una parte malata del mio cuore mi piace tantissimo vedere Lan Zhan struggersi dal dolore fino a consumarsi l’anima. Vi supplico, ditemi che non sono l’unica a godere quando i personaggi si straziano sentimentalmente!
Beh, premesso questo, arriviamo al sodo: l’idea della storia dei fogli col nome di Wei Ying mi è venuta mentre andavo al bar con delle amiche. C’eravamo messe a discutere su come sarebbero stati i personaggi di Mo Dao Zu Shi se fossero nati ai giorni nostri (tipo un’AU che potrei scrivere un futuro... vabbè) e una di loro viene fuori con la frase:”È il tipo di ragazzo che riempie quaderni su quaderni di appunti precisissimi e poi ha un diario segreto con su scritto solo il nome di quel coglione-che-non-capisce-i-sentimenti-altrui” (la cosa divertente è che, mentre lo diceva, le è passato vicino un ragazzo con un coniglio stilizzato disegnato sulla maglia!!! Lan Zhan sei tuuuu?)
In quel momento mi si è accesa una lampadina e mi sono detta, va bene, ma rendiamola tragica. E si, “coglione-che-non-capisce-i-sentimenti-altrui” è il termine tecnico con cui chiamiamo Wei WuXian. :)

Baci a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 4
*** Quarto anno - Delirio ***


Quarto anno - Delirio


Anche se la sua mente non era più ebbra di vino, Lan Zhan si sentiva ubriaco. Quella strana sensazione che lo accompagnava durante le sue rare bevute gli rendeva lo stomaco pesante e gli faceva rimbombare la testa. Era in uno stato di dormiveglia febbrile dovuto alla debolezza del suo spirito da ormai cinque giorni.

Cinque giorni che non faceva alto che sognare lui. Sognarlo nelle più disparate forme, immaginarie o realmente accadute, che gli facevano confondere i ricordi con le fantasie. Una situazione che lo straziava, senza dubbio, ma che gli dava anche conforto, in un certo senso. Lo sentiva più vicino, grazie a quelle visioni.

Lo sognava ansimare pesantemente, arrivato appena in tempo ai padiglioni scolastici, la tunica larga allacciata alla buona che gli scopriva il collo e parte del petto niveo mentre si riprendeva dalla corsa appena fatta. 

Lo sognava fremere sotto di lui con le gambe attorcigliate tra le lenzuola bianche del suo letto, gli occhi spalancati, le labbra aperte rosse e umide di saliva, le braccia sulle sue spalle, le dita tra i suoi capelli.

Lo sognava sdraiato sotto il sole del primo pomeriggio, sull’erba nel giardino davanti alla mensa, gli occhi chiusi e le mani intrecciate dietro la testa, col sorriso furbo di chi ha fatto un danno ma sa di poterla passare liscia anche quella volta.

Lo sognava ridere con malizia, appoggiato al bordo della vasca nella sua stanza, il vapore che gli vorticava intorno in piccoli sbuffi bianchi e le ciocche d’ebano che gli si appiccicavano addosso, sulle braccia, sulla schiena nuda e sulle cosce.

Lo sognava mentre gli galoppava incontro a cavallo di un destriero nero come la pece, una peonia rosa chiaro tra le mani ed un sorriso così aperto e luminoso da costringerlo a distogliere lo sguardo per non accecarsi.

Lo sognava disteso sul tavolo della sua stanza, i petali delle magnolie che fluttuavano eterei sopra di lui, entrando dalla finestra aperta che dava sul cortile, e che gli si adagiavano addosso per poi essere scrollati via con un soffio leggero ed una risata lieve.

Lo sognava seduto con le gambe incrociate mentre ricopiava con noia le regole del Clan, in una mano il pennino e nell’altra la guancia candida, le dita che gli tamburellavano sulla tempia e il gomito sul ginocchio in un’espressione di pura negligenza.

Lo sognava tra le sue braccia, con le labbra che gli sfioravano il viso in una carezza delicata, le guance bagnate e gli occhi scuri, grandi e liquidi fissi sui suoi mentre gli si stringeva addosso e gli ripeteva singhiozzando “Lan WangJi, Lan Er Gege, Hanguang-Jun… Lan Zhan, ti amo, ti amo tanto” in un mormorio infinito che gli faceva girare la testa.

E poi lo sognava nel suo ricordo più bello. Forse non il più intimo, o il più rilevante, ma sicuramente quello che gli stava maggiormente a cuore. Risaliva al giorno in cui gli aveva regalato i due conigli gemelli, Xìnyǎng 1 e Ài 2, scavalcando la finestra della biblioteca e lasciando le bestione a zampettare sul tavolo da scrittura, pasticciando con i fogli e l’inchiostro.

Nel suo ricordo, lo sognava mentre lo chiamava dal cortile per attirare la sua attenzione, i capelli che si muovono al vento scossi dalla brezza mattutina che ne diffondeva il profumo speziato, simile alla cannella e al peperoncino, fino a lui, intossicandolo. Gli faceva venire l’acquolina in bocca, nonostante non amasse i cibi saporiti. Il nastro rosso che teneva legate le ciocche si era slacciato leggermente e gli faceva ricadere dei ciuffi soffici lungo il collo ed il viso, accarezzandone il profilo.

Sognava i suoi occhi profondi, leggermente socchiusi per la troppa luce, rivolti verso l’alto, con quel taglio leggermente affilato e le ciglia lunghe, scure e piene che gli sfioravano le palpebre. La bocca piegata in un sorriso sincero, spontaneo, che nasceva dal cuore senza sforzo e che donava a tutti un senso di leggerezza, ma che faceva pesare l’anima di Lan Zhan ogni volta di più.

Sognava la sua risata a bocca aperta, quella che gli faceva brillare gli occhi e che lo costringeva a tenersi lo stomaco con le mani. Quella risata spensierata e bellissima, come un’alba nascente o una cascata sotto il chiar di luna. Ne sentiva ancora il sapore sulla pelle, per qualche motivo.

Sognava perfino il suo broncio peggiore, quell’espressione da bambino viziato che assumeva quando veniva silenziato e non poteva permettersi di ferirsi sforzando l’incantesimo, perché in pubblico. La prima volta che si era spaccato le labbra a forza di provare a parlare, Lan Zhan aveva quasi dato di matto. Si ricordava ancora quanto aveva riso Wei WuXian vedendolo spalancare gli occhi, mentre si asciugava il sangue dalla bocca con la lingua, in un gesto sfrontato che lo aveva fatto arrossire.

Sognava il suo respiro sulle labbra, riportando alla mente un ricordo proibito che aveva tenuto per se. I suoi polsi sottili stretti tra le mani e gli occhi coperti dalla nastro nero rubato a Jiang Cheng, la schiena schiacciata contro l’albero ed il bel viso ad un soffio dal suo. Ne aveva rubato uno solo, di bacio, ma era stato così profondo e passionale da potersi definire oltre l’intimo, per i suoi canoni.

Quando Wei Ying aveva provato a spingerlo via e riprendere fiato, gli aveva assalito la bocca più a fondo, assaggiandogli il palato con la lingua e mordendogli il labbro inferiore senza pietà. Poi si era separato a malincuore dalla sua figura e lo aveva lasciato libero, rendendosi conto dell’orrore che aveva commesso. Lo aveva costretto a baciarlo? Lo aveva sottomesso con la forza rubandogli un gesto così privato e personale… non riusciva nemmeno a pensarlo!

Era corso via, fuggito dai suoi stessi sensi di colpa, sperando di essere abbastanza veloce da lasciarseli alle spalle. Si era fermato solo per sfogare la sua rabbia verso se stesso su un’albero solitario, ed era stato raggiunto da lui. Se l’era trovato davanti con gli occhi coperti da una patina di lacrime cristalline che gli facevano brillare le iridi e le labbra gonfie e dolci come una pesca matura. E lui gli aveva chiesto se stava bene

Anche se fosse stato capace di respirare, in quel momento, l’unica risposta sincera sarebbe stata: ”No, non sto bene da anni. Da quando ti ho conosciuto la mia vita è stata un susseguirsi di sofferenze e desiderio e non me ne pento in ogni caso. Come potrei, dato che ti amo come la luna ama il sole, in silenzio e senza farsi vedere?” ma aveva taciuto. Non si pentiva di nulla, era vero, né di averlo conosciuto, né di averlo amato con tutto il suo cuore e la sua anima. 

Non mi pento di nulla, se non di non averti salvato.

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE

1. Xìnyǎng: (信仰) dovrebbe voler dire fede, ma non conosco il cinese quindi mi affido a Google traduttore

2. Ài: () copia e incolla da prima, sarebbe, in teoria, amore, anche se Google dice “amare” (un grande boh)


Allora, i nomi dei conigli me li sono inventati di sana pianta, ma mi sarebbe piaciuto che li avesse chiamati tipo Wei WuXian 1 e 2 ;)
Per questo capitolo ho preso spunto da quest’immagine (https://www.pinterest.ru/pin/807551776914757951/) che mi è sempre piaciuta molto, forse per il tipo di disegno, o per l’espressione di Wei Ying… non lo so.
Beh, arrivati a questo punto cosa dovrei dire? Grazie a tutti quelli che sono arrivati fino a qui (sopratutto a te, _A r a s h i_, perché commenti sempre con grande puntualità e zelo), spero di aggiornare presto.

Baci a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 5
*** Quinto anno - Decisioni ***


Quinto anno - Decisioni


-Mi è stato detto che il tuo periodo di meditazione è giunto al termine- aveva detto suo zio non appesa lo aveva visto sedersi davanti a lui, nello studio che si affacciava alla sala principale. Nel momento in cui il nipote aveva messo piede nella stanza, lui lo aveva accolto con un saluto cortese ed elegante, chinando il capo e intrecciano le dita davanti al busto. Poi si era accomodato dietro allo scrittoio e lo aveva guardato attentamente.

In silenzio, Lan Zhan aveva risposto alla cortesia dello zio con lo stesso gesto, forse solo un pò più freddo, e gli aveva incollato gli occhi addosso. Mentre piegava la testa di lato e chiudeva le palpebre per un momento, ripensò al discorso che si era preparato.

-Zio, vorrei andare all’Approdo del Loto- aveva detto. Nessun preambolo, nessuna frase di cortesia, niente che potesse attutire l’impatto che quelle parole avrebbero avuto su Lan QiRen. Tipico di Lan WangJi, in effetti. Non era mai stato avvezzo a perdere tempo con inutili convenevoli che non fossero estremamente necessari per essere cortesi.

Il Maestro della Scuola GusuLan lo guardò spaesato e in parte offeso. Perché il suo secondo discepolo migliore voleva ancora avere a che fare con quella famiglia? Erano passati cinque anni, avrebbe dovuto superare il lutto che lo aveva, a suo modesto pensiero, inutilmente addolorato e riprendere con gioia gli studi. Possibile che quel dannato Wei WuXian riuscisse a fare danni anche da morto?

Si ricompose presto, passandosi una mano sul pizzetto nero che gli copriva il mento e si alzò per mettersi a camminare su e giù per la stanza. Senza fretta, sollevando l’orlo della veste per non rischiare di calpestala, salì il primo dei tre gradini che lo dividevano dalla sua biblioteca privata, posta a fianco della sala di ricevimento. 

-WangJi, hai mai letto il testo della Fontana magica?- disse voltandosi verso di lui pochi minuti dopo, perché nessuno deve parlare alle spalle di un’altro 1. Teneva in mano un piccolo volume rilegato con carta blu molto vecchio, seppur in buono stato. 

-No- rispose il nipote, volgendo lo sguardo in basso in un gesto di stanchezza che, per qualcuno come lui, poteva essere interpretato come un lungo sospiro in preparazione ad un’altrettanto lunga ramanzina. Lan Zhan risollevò il capo in una manciata di secondi, riprendendo compostezza e fissando lo zio.

Lan QiRen non si lasciò scomporre dall’espressione del nipote e tornò verso lo scrittoio, fermandosi difronte alla grande finestra posta dietro il suo solito posto a sedere. Guardò per un lungo attimo l’albero fuori dalle imposte. Prese fiato, non si sedette.

-Non è esattamente un testo che va studiato, infatti non viene inserito quasi mai nella lista che diamo a voi studenti per le vostre letture- iniziò a parlare con tono calmo e pacato, come suo solito, nonostante il vigore che imprimeva in ogni parola rispecchiasse il suo stato d’animo turbato -Credo comunque che sia una lettura interessante, anche se non accademica. Ti esporrò il mio pensiero a riguardo, e tu ascolterai-

Lan WangJi non aprì bocca. Nonostante non conoscesse il libro ne il suo contenuto, sapeva che suo zio glie ne avrebbe fornito subito una sintesi esemplare, infarcendola con rimproveri e morali, probabilmente collegate al suo imminente viaggio. Si, sarebbe partito anche senza il suo permesso, e lo sapevano entrambi. Forse per questo Lan Zhan stava per sorbirsi il più duro e severo discorso della sua vita.

-La storia narra di una fontana, come avrei capito dall’ovvio titolo, con delle particolari capacità magiche. Si diceva che potesse resuscitare i morti in cambio di un’anima, e la popolazione non solo della regione, ma dell’intero continente si recava alle sue acque per pregare per i propri cari- continuò con voce monotona -Un giorno vi arrivò un uomo che da poco aveva perso sia la moglie che il fratello. Pregò per tre giorni, senza dormire ne mangiare ed infine, quando ebbe quasi perduto le speranze, l’acqua della fontana si colorò di rosso. Ne uscì uno spirito dalla forma di volpe, che gli chiese perché pregasse per due persone, invece che per una. L’uomo si inchinò umilmente e disse allo strano essere che amava in egual misura sia il fratello che la moglie e che non poteva vivere senza nessuno dei due. Lo spirito volpe gli intimò di sceglieresti quale dei due era più importante per lui, perché avrebbe dovuto pagare il prezzo della vita restituitagli con la sua anima, e non aveva la possibilità di resuscitare due persone. L’uomo ne rimase inizialmente sconvolto, ma poi ci pensò a lungo e raggiunse una decisione, sai dirmi forse cosa scelse?- domandò Lan QiRen mentre si girava a guardare il nipote con un fuoco ardente negli occhi. Sapeva quale sarebbe stata la sua risposta, e si rammaricava che nella mente di Lan WangJi fosse tutto così logicamente giustificato. Ah, l’amore adolescenziale…

-Vendette l’anima per la moglie, immagino- rispose Lan Zhan senza esitazione, con un battito indolente delle palpebre e un’espressione concentrata che gli faceva corrugare le sopracciglia in due linee inarcate.

-Immagini bene- continuò lo zio, tornando a volgere lo sguardo fuori, verso l’albero di magnolia che si scuoteva al vento -Lo spirito eseguì il rituale per resuscitare la donna, come promesso, divorando l’anima del malcapitato e sparendo nelle acque della fontana. La felicità dell’uomo, nonostante fosse indebolito dalla perdita dello spirito, era così esagerata da portarlo a banchettare per nove giorni e nove notti, trascinato dall’euforia di aver riavuto indietro l’amata. Ma la moglie non la pensava allo stesso modo: era furiosa, perché in realtà lei amava il fratello del marito e non desiderava vivere senza di lui. Quindi decise di uccidere l’uomo che l’aveva resuscitata a costo della sua anima. La decima notte, quando finalmente il marito crollò addormentato per la stanchezza, gli si avvicinò e con un coltello gli tagliò la gola- Lan QiRen si volse di nuovo verso il nipote, dando le spalle alla finestra e appoggiando il libro sullo scrittoio -Ora, WangJi, capisci?-

Lan Zhan non parlò. Le labbra della Seconda Giada del Clan Lan rimasero sigillate, strette in una linea sottile che contrastava il bagliore ambrato dei suoi occhi con la sua severità. Le iridi del giovane sembrava risplendere come pietre preziose alla luce delle candele, infiammate da un’emozione che pochi nella loro vita potevano avere il privilegio di vedere, figurasi provare. Intanto, pensava.

Pensava a cosa suo zio avrebbe voluto spiegargli con quella favola. Pensava a cosa la gente si aspettasse da lui, che aveva perso la persona che amava e che ora era costretto a sentire quello stesso amore denigrato e additato come il male assoluto. Pensava a quanto poco coraggio aveva, a non rispondere a colui che lo aveva cresciuto, perché se al suo posto ci fosse stato Wei Ying, la risposta meno irriverente, con tutta probabilità, sarebbe stata qualcosa come “Una pazza del genere non andava sposata in partenza, altro che resuscitarla”. Pensava a quanto era sbagliato farsi fare la predica per un’amore che gli veniva dal cuore, e di cui non aveva colpa.

Lo zio comprese che non avrebbe parlato, e per la prima volta in molti anni osò alzare la voce col suo prezioso nipote, prendendo fiato con un respiro pesante.

-CAPISCI?! L’amore e la sicurezza che solo una famiglia con legami sanguini ti può dare, nipote, saranno sempre maggiori di quelle esterne. L’ignoto non è mai un’opzione affidabile, perché coloro che non ti sono vicini ti tradiranno come a fatto quel cane di Wei Y…- un colpo secco lo interruppe a metà della frase, facendolo sussultare per lo spavento.

Non aveva visto il nipote sbattere la mano sul legno difronte a se, ma ne aveva captato a mala pena i movimenti fulminei mentre si alzava e lo fronteggiava faccia a faccia. C’era freddezza, in quegli occhi, ora, come se un gelo istantaneo avesse spazzato via con un soffio le fiamme di poco prima. Non riuscì a reggere quello sguardo per più di pochi secondi.

Quando rialzò la testa, suo nipote stava attraversando la sala a grandi passi, lenti e misurati, con la compostezza di un’airone che si posa sul pelo dell’acqua senza incresparne la superficie. Procedeva spedito verso la porta in un movimento ipnotico di vesti bianche e celesti.

-Andrai?- chiese quindi Lan QiRen con tono grave. Parlare alle spalle di qualcuno, alzare la voce, infrangere le regole… tutte cose a cui non prestava attenzione, ora che Wei WuXian, anche da morto, stava rovinando il suo pupillo.

Lan Zhan non lo degnò nemmeno di una risposta.

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
1. nessuno… altro: nel manhua (è semplicemente il modo di dire “manga” in cinese) c’è specificatamente detto che una delle regole della scuola Lan è che non si parla alle spalle della gente. Che poi vuole dire tutto e niente: “parlare alle spalle” significa dire qualcosa di maligno quando qualcuno non è presente, mentre per quei perfetti di Gusu sta a dire che se uno ti da le spalle, tu devi tacere. Bel modo di finire le conversazioni; ti giri e te ne vai…?


Visto che ho superato con successo i miei esami (beh, successo… parliamone!) ho deciso che posso concentrarmi sulla scrittura, in questo breve periodo di vacanza. Ho scritto questo capitolo in un giorno, quindi spero che vi piaccia, nonostante tutta la fretta. non volevo insultare o affossare il personaggio di Lan QiRen, ma diciamo che a quasi nessuno sta simpatico, dato che odia la coppia che noi amiamo. Per di più mi irrita davvero tanto, perché so che nel profondo crede che l’amore che Lan Zhan prova per Wei Ying sia solo un’illusione, una cosa infantile, mentre non è assolutamente così.
Lo compatisco anche un pò, però. Poveretto, gli esplodono le coronarie ogni volta che passa Wei WuXian… o forse dovrei dire Lan WuXian? *Lan QiRen ha un'infarto sullo sfondo* OPS ;)

Baci a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 6
*** Sesto anno - Compleanno ***


Sesto anno - Compleanno


In quei giorni, era sempre dura andare avanti. Svegliarsi, mettere un piede dopo l’altro e perfino svolgere i compiti più semplici gli sembrava impossibile. 

Era come se, in ricorrenza del suo genetliaco, il fantasma di Wei WuXian, formato da ricordi precisi o semplicemente immagini sporadiche, lo tormentasse più del solito. All’inizio aveva davvero creduto che fosse il suo spirito che lo perseguitava.

Come poteva essere altrimenti? Infondo, sarebbe stato da lui.

Quando poi si era reso conto che erano tutti parti anomali della sua mente malata di solitudine, aveva quasi sperato che l’anima di Wei Ying si fosse dispersa nel vento, quella notte sui monti di Yiling, e che ora fosse tornata da lui, in qualche modo. Si sarebbe accontentato anche di essere perseguitato dal suo spirito vendicativo, se questo significava riaverlo a fianco.

I giorni del suo compleanno, poi, erano sempre una pugnalata al cuore. Nelle culture ad occidente, molto lontano da lì, quella giornata era chiamata “la festa dei morti”. Logico che qualcuno come Wei WuXian fosse nato il 31 ottobre 1. Sembrava una pessima battuta di spirito, ma a Lan WangJi non veniva voglia di ridere.

Quando quella mattina si affacciò alla finestra per vedere se Lan SiZhui fosse già diretto a lezione, lo trovò intento a coccolare un coniglio bianco, inginocchiato sull’erba soffice e con un sorriso gioioso sul viso. A quella vista, gli apparve davanti agli occhi un ricordo ben più prezioso, forse perché si rammentava bene tutto quello che riguardava lui.

C’era Wei WuXian, inginocchiato vicino ad un corpo, che allacciava uno spesso nastro attorno alle caviglie del cadavere, con un’espressione concentrata sul viso. Lan Zhan gli chiedeva se ci fosse un motivo particolare per quel gesto, una sorta di rito funebre di cui non era a conoscenza. Wei Ying, a quel punto, si voltava verso di lui e assumeva un’aria grave di chi sta per rivelare un segreto orrendo a qualcuno che non se lo merita.

-Sai- diceva -a volte lego dei lacci alle gambe dei morti, per sicurezza- si voltava di nuovo verso il cadavere e cominciava a ridere -Se mai dovessero resuscitare sarebbe tutto molto divertente- 

Lan WangJi tornò alla realtà scuotendo il capo e cercando di sopprimere un lieve sorriso. I ricordi gioiosi con Wei WuXian erano rari, nascosti da tutti quegli anni di scontri e accuse, ma gli illuminavano le giornate come il sole che fa capolino dalle nuvole dopo una tempesta.

Avrebbe dato tutto il suo tempo su questa terra pur di rivedere ancora una volta il suo sorriso che affiorava sulle sue labbra e gli arrivava fino agli occhi, o sentire un’ultimo soffio del suo fiato vicino all’orecchio, quando lui tentava di studiare e l’altro lo distraeva col suo profumo speziato e la sua voce maliziosa.

Wei Ying si voltava verso di lui, aveva ancora il pennello in una mano e una ciocca di capelli nell’altra, mentre se la scostava dal viso sorridente. Gli puntava le iridi scure addosso e gli faceva l’occhiolino con una risata che gli raschiava la gola.

-Sai, mi ricordi un’aforisma che ho letto tanto tempo fa, quand’ero bambino. Lo vuoi sentire?- gli chiedeva con voce divertita, riportando lo sguardo sul foglio e continuando a scrivere -“Beati i timidi, perché abitano la terra in modo delicato”- poi gli sorrideva guardandolo negli occhi.

E a quel punto Lan Zhan veniva colto da un brivido di piacere che gli percorreva la schiena come una goccia d’acqua caduta dal cielo. Stringeva le mani tra loro e si lasciava sfuggire un sospiro. Era quella la felicità, pensava.

Lasciandosi trascinare dai ricordi, Lan WangJi si incamminò verso la fonte che una volta li aveva ospitati entrambi, alleviando le loro sofferenze. Quella era stata davvero colpa di Wei WuXian. Se non si fosse messo a scalare il muro al confine, se non avesse bevuto, non avesse ingaggiato il combattimento e non fosse uscito dopo il coprifuoco, non si sarebbe preso le bastonate che gli avevano martoriato la schiena.

Ma ormai Lan Zhan non riusciva neppure a biasimarlo. Essere morto dava a Wei Ying un’immunità assoluta conto la rabbia, già prima carente nei suoi confronti, e gli permettevano di permeare nei ricordi del famoso Hanguang-Jun come la perfezione fatta persona. 

Tanto era stato sregolato in vita, tanto Lan WangJi lo trovava virtuoso nelle sue memorie.

Raggiunta la limpida cascata di acqua gelida, l’uomo si sedette su una pietra asciutta poco distante dalla superficie azzurra. Incrociò le gambe nella posizione del loto 2 e si prese un’attimo per schiarire la mente. Quando, dopo pochi minuti, finalmente sembrò riprendere il controllo delle sue emozioni, un’altro ricordo prese il sopravvento sulla sua memoria.

Cominciò a piangere quasi all’istante, reso disperato dalla consapevolezza di ciò che la sua mente stava per riportagli agli occhi. Non voleva vederlo ancora, quella giornata lo aveva consumato abbastanza, scavandogli dentro come un fiume che incide la sua strada tra la roccia friabile.

Quello che aveva fatto quel giorno era vergognoso. Spiare di nascosto qualcuno, seguirlo fino a lì conscio che facendolo avrebbe avuto l’occasione di intravedere più di un semplice lembo di pelle sotto la veste larga del ragazzo, restare nascosto nell’ombra della cascata pur di poter aggiungere una nuova memoria alla collezione di sporchi segreti che già conservava in suo nome… poco tempo prima lo avrebbe reputato impensabile.

Il peggio era che, nonostante fosse consapevole di tutto questo, non se ne vergognava in alcun modo.

Wei WuXian si avvicinava al centro del lago con le braccia abbracciate al busto, sfregandosi la pelle con le mani per riscaldare il corpo freddo. I capelli gli galleggiavano intorno come ninfee su un lago, creando dei complicati disegni sulla superficie che si increspava leggermente ad ogni suo passo.

Avanzava lento, quasi timoroso di quello che poteva nascondersi nelle profondità dell’acqua chiara che gli avvolgeva le gambe e i fianchi snelli. Lan Zhan a quel punto serrava le mani sulla roccia dietro cui si era occultato, percorrendo con gli occhi la figura del ragazzo, ora interamente scoperta, che si immergeva.

Lo vedeva tremare e bagnarsi lentamente le spalle, riempiendosi le mani di acqua e portandosela fin sul viso. Rideva, per qualche motivo. Un sorriso genuino gli spuntava dalle labbra, come sempre, quasi fosse un riflesso involontario.

Rideva e si pettinava i capelli lucenti con le dita delicate. Lan WangJi non aveva mai visto nulla di più bello, pur sapendo, in fondo al suo cuore, che non avrebbe mai potuto averlo, in quella vita.

Quando finì il ricordo e le lacrime, Lan Zhan tornò alla sua stanza senza guardarsi indietro.


 

ANGOLINO D’AUTRICE

1. 31 ottobre: allora, è anacronistico da morire, ma ho messo 31 ottobre perché poteste capire quand’è nato Wei WuXian (l’autrice ha confermato, è nato ad Halloween)
2. posizione del loto: consiste nell’avere le gambe incrociate, i piedi sopra i polpacci e le braccia distese fino ad appoggiare le mani sulle ginocchia (vabbè la sappiamo tutti)


Finale deludente, eh? Lo so, avrei voluto approfondire questa cosa di Jiang Cheng, che avevo accennato nello scorso capitolo, ma ho preferito rimandare: il prossimo parlerà dell’arrivo di Lan Zhan all’Approdo del Loto, perché nonostante il desiderio di andarci, volevo dimostrare che in qualche modo Lan WangJi ha fatto altro, nella vita, oltre a disperarsi per il suo amore. Salvato gente, fatto cose, allevato un figlio… decidete voi!
Quindi il prossimo capitolo sarà molto triste, e io sarò molto cattiva. Spero come al solito che la storia vi stia piacendo, ditemi se non vi torna qualcosa (sia di trama che di calligrafia o stile di scrittura)

Baci a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 7
*** Settimo anno - Rancore ***


Settimo anno - Rancore



Quando giunse al pontile dell’Approdo del Loto, Lan Zhan provò un senso di vertigine che lo costrinse ad aspettare qualche minuto prima di scendere dall’imbarcazione. Aveva rimandato quel viaggio per ben due anni, poteva attendere ancora qualche momento. 

L’aria fresca della primavera appena giunta gli accarezzava il viso e i capelli sciolti come le mani di un’amante, delicate e riverenti, che scorrono sulla pelle e tra le ciocche scure del proprio compagno. I raggi del sole fioco che gli baciavano il viso gli riscaldavano a mala pena le guance candide, formando ombre leggere tra le sue folte ciglia. Con le mani intrecciate in grembo e lo sguardo perso sull’orizzonte, sembrava proprio un’Immortale sceso tra gli uomini.

Molte persone, maschi e femmine indifferentemente, si erano fermate, interrompendo i loro compiti per ammirare quella figura così rilucente di virtù. Nessuno osava avvicinarsi, quasi timorosi di vederlo sparire come una colomba che vola via dopo essere stata avvistata.

Sollevando la veste con un movimento elegante del polso, Lan WangJi posò il piede sulla prima asse di legno del pontile, abbandonando la barca e incamminandosi verso l’entrata della casa del Grande Maestro. La stoffa che seguiva i suoi spostamenti si increspò simile all’acqua nella scia di una barca, accompagnandolo con delle onde bianche ed azzurre.

Come riscossi da quell’improvviso seppur delicato movimento, la gente riprese a svolgere le proprie attività, ridando vita al pontile. Risate, discussioni accese e parlate dialettali: ora Lan Zhan capiva perché Wei WuXian era cresciuto con tutta quella spontaneità. Se passava le sue giornate al molo, era naturale che si sentisse a suo agio tra le persone.

Ad interrompere le sue riflessioni fu una bambina dai lunghi capelli scuri allacciati in un’alta coda di cavallo e coperta da una veste viola acceso, che gli bloccò il cammino. Aveva circa nove anni e sorrideva molto, piantata nel bel mezzo della strada con le mani sui fianchi e il mento alto, pronta allo scontro. 

-Tu sei Hanguan-Jun, vero?- quasi gridò la giovane, cercando di farsi sentire tra il chiacchiericcio della folla. Senza aspettare una risposta, gli fece un cenno col capo, dandogli le spalle e incamminandosi verso una via meno trafficata -Avanti, ti porto dal mio Shishu 1- non gli disse che sapevano già del suo arrivo, era una notizia implicita. Se lui si spostava, tutto il mondo della Coltivazione avrebbe saputo dove.

Sollevando le sopracciglia in un’espressione perplessa, la Seconda giada del Clan Lan seguì la ragazza con ampie falcate, riuscendo facilmente starle dietro nonostante lei corresse quasi a perdifiato. L’ondeggiare ritmico dei suoi capelli, se non fosse stato per il nastro viola, e non rosso, gli avrebbe ricordato un’altra persona. Lan Zhan… quanto gli mancava quel tono di voce?

Raggiunsero un’arco decorato da sfarzosi fiori di loto di legno, scolpiti e dipinti con grande maestria. Superato quello, ebbero accesso ad uno xie 2 ampio e affollato di servitori che correvano su e giù per il cortile, portando con loro spade da allenamento per i nuovi discepoli o pergamene da riporre nella biblioteca. 

Secondo le notizie che erano giunte fino alle orecchie di Lan Zhan, ormai i lavori per ricostruire Approdo del Loto erano quasi giunti al termine e l’intera città che otto anni prima era bruciata nelle fiamme ora risplendeva nuova e ricca come non mai. Alcune cose non potevano essere sostituite, però.

I monumenti funebri erano stati i primi ad essere eretti, per rispetto dei numerosi morti, caduti durante la guerra. Le famiglie, o ciò che ne era rimasto, avevano speso giorni e fatiche per riuscire a costruire delle tombe adeguate ai propri cari, per poterli piangere e ricordare. Le lacrime non svegliano i morti, ma consolano i vivi.

Lan WangJi si guardò intorno, accorgendosi con stupore che aveva perso di vista la bambina. Stava per chiamarla, quando si rese conto di non conoscere il suo nome, ne quello della sua famiglia, quindi si fermò nel bel mezzo del corridoio che costeggiava il cortile, davanti ad una delle camere che si affacciavano di esso. Attese che un domestico passasse abbastanza vicino a lui da poter richiamare la sua attenzione senza dover alzare il volume della voce oltre il lecito.

Prima che potesse individuare qualcuno, una figura ammantata di viola sbucò da da una porta alla sua destra, bloccandosi nel vedere la sua veste bianca. L’uomo avanzò con passo marziale verso Lan Zhan, facendo ondeggiare il pendente di giada che portava allacciato alla cintura decorata riccamente da disegni argentati, come le spalle ed il petto. I capelli scuri, acconciati in un codino alto e rigido, gli davano un’aria severe, quasi da Generale, più che da Maestro della famiglia Jiang.

Dall’ultima volta che Lan WangJi lo aveva visto, sette anni prima, Jiang Cheng non era cambiato quasi per nulla. Il suo viso si era lasciato alle spalle la delicatezza dell’adolescenza, ma l’espressione corrucciata che tanto lo caratterizzava da giovane era ancora presente sul viso pallido.

Espressione che in quel momento stava diventando ancora più cupa, trasformandosi quasi in una smorfia di disgusto alla vista del ex compagno di studi che aveva potuto affiancare in combattimento, durate la guerra.

-Il grande Hanguang-Jun ci fa dono della sua presenza, ne siamo onorati- disse con tono sprezzante, guardandolo negli occhi -Il Clan GusuLan ha qualcosa di così importante da riferirci da mandare te?- domandò, facendo cenno a coloro che lo seguivano, due uomini e una donna, di andarsene e lasciarli soli.

Jiang Cheng indicò all’ospite la camera dalla quale era appena uscito e lo spronò ad entrare, usando talmente tanta fretta da risultare maleducato. Lan Zhan, comunque, non reagì ne rispose alle provocazioni. Qualcosa era cambiato, in effetti, pensò, la sua scortesia è aumentata.

Giunto al centro della stanza, il capo del Clan Jiang si sedette su una sedia, accavallando le gambe e sistemandosi lo strascico della veste con un gesto nervoso. Stava cercando di trattenere la rabbia, e per la frustrazione il suo anello iniziò a sfrigolare di energia, riempiendogli la mano di lampi violacei. Zidian si calmò solo quando il suo padrone le passò un dito sulla superficie liscia, facendola scorrere sulla sua pelle nel tentativo di rilassare i nervi.

-La tomba- disse Lan WangJi, riscuotendolo dalla sua meditazione e costringendolo a guardarlo negli occhi. Era ancora in piedi, poco distante dalla soglia della porta della stanza, quasi volesse andarsene il prima possibile. Che c’è, pensò indignato Jiang Cheng, non vuoi respirare la mia stessa aria, egocentrico pezzo di ghiaccio?

-A cosa ti stai riferendo?- domandò con voce incolore, prevedendo già da subito che quella non sarebbe stata una conversazione piacevole. 

-La tomba di Wei Ying- continuò l’uomo dagli occhi dorati, fissandolo con quelle iridi chiare come a volergli leggere l’anima -Dove si trova?- sospirò piano, sfinito dagli anni in un modo che solo una persona che ha perso tutto può esserlo.

-COME OSI IN CASA MIA E CHIEDERE… NOMINARE QUEL DEPRAVATO FIGLIO DI…- si ritrovò a gridare, riuscendo a stento a contenere l’istinto di sfoderare Sandu e infilzare tutto ciò che si trovava davanti alle sue mani. Prese un respiro profondo e continuò a denti stretti, trattenendo la furia -Non c’è nessuna dannatissima tomba per quel cane bastardo, perché dovrebbe?- con un gesto nervoso, afferrò il pendaglio di giada che lo identificava come discendente della famiglia Jiang, quasi identico a quello di Wei WuXian, ma decorato con fiori di loro al posto delle ninfee. Un’altro ricordo rovinato dal tempo.

-Perché era vostro fratello- ribatté il Coltivatore di Gusu, spostando una mano verso la porta con un movimento lento e misurato, comportandosi come se si trovasse davanti ad un’animale ferito pronto ad attaccare.

-NON SEMBRAVA RICORDARSELO MENTRE LASCIAVA MORIRE LA NOSTRA FAMIGLIA- gridò allora Jiang Cheng, furioso per la calma di mostrata dall’alto, nonostante stessero parlando di colui che aveva ucciso più di trecento Coltivatori in una sera -Quando i nostri genitori sono morti, quando nostra sorella piangeva suo marito e poi moriva tra le mie braccia, lui cos’ha fatto? Era così bravo e potente, eppure non è riuscito a salvare nessuno- senza fiato, si aggrappò al tavolo per non cadere dalla sedia, tanto gli tremavano le gambe. Non provava una rabbia così intensa dalla morte della sua Shijie, e sinceramente non era pronto a ripetere l’esperienza così presto. 

Se solo si fosse accorto degli sbalzi d’umore di Wei Ying, se solo non fosse stato così debole da risparmiarlo, quella vota, se solo l’avesse fermato… ma come diceva sempre sua madre: è meglio non guardarsi indietro, quello che hai lasciato sulla tua strada potrebbe non piacerti. Wei WuXian aveva preso troppo alla lettera questa metafora e aveva compiuto stragi senza curarsene, infangato il nome della loro famiglia. 

La loro famiglia, nostra sorella, i nostri genitori… è ancora mio fratello, dopo tutto. É davvero difficile pensare a lui come un nemico, anche ora che è morto. Ho tanto tempo per odiarlo, ma non ho ancora nemmeno cominciato.

-Voi siete vivo- disse Lan Zhan dopo lunghi attimi di silenzio, scuotendo la testa. Si trovava in un momento delicato, non voleva davvero infierire, ma era necessario.

-…Perché?- fu il gemito disperato di un Jiang WanYin ormai sull’orlo delle lacrime. L’uomo che avrebbe voluto diventare non avrebbe mai pianto per quello stronzo di suo fratello, ma non avrebbe nemmeno permesso alla debolezza di corrompere il suo cuore a tal punto da arrivare a quell’epilogo di vita, quindi aveva fallito su tutti i fronti. Come al solito, Wei WuXian è meglio di lui anche in questo. 

Lui non ha pianto, prima di morire.

Oltre la patina umida che gli annacquava la vista, Jiang Cheng intravide la Seconda Giada del Clan dei Meandri della Nuvola avvicinarsi ulteriormente all’uscita della stanza, senza deriderlo o accennare a volevo consolare. Si chiese se fosse umano, qualcuno del genere. Così freddo e distaccato dalle emozioni da non curarsi di qualcuno che si stava distruggendo ai suoi piedi.

-Me lo state chiedendo o lo state domandando a vuoi stesso?- detto questo, Lan WangJi oltrepassò la porta, lasciando un riflesso bianco incastrato negli occhi di Jiang Cheng, come se anche il fantasma dei suoi errori lo volesse lasciare da solo.
 

 

ANGOLINO D’AUTRICE

1. Shishu: vuole dire “Zio marziale”, quindi uno zio che non ha legami di sangue, ma appartiene alla stessa famiglia di coltivazione. Shishu, a differenza di Shibo, viene usato per le persone più giovani dei propri genitori.

2. xie: () è un tipo di struttura, noi lo chiameremmo “padiglione”, organizzata come un cortile pavimentato o ricoperto di ghiaia circondato da wu (camere)


Ragazzi, mi sa che i prossimi aggiornamenti non avverranno così presto. Ci metterò qualche giorno in più a scrivere, in questo periodo sono incasinata. Tra gli amici che mi tirano di qua e di la, le lezioni che stanno per ricominciare e il mio cane che ha deciso di diventare iperattivo, non so proprio come trovare il tempo di scrivere, se non la notte.
Per avere un’idea a cosa mi sono ispirata per descrivere Jiang Cheng, vedetevi questa immagine (https://www.pinterest.at/pin/771593348637015644/) LA ADORO! Comunque, cari discepoli di Yiling (ammettiamolo, non resisteremmo un minuto a Gusu, con tutte quelle regole), questo capitolo è un pò più lungo perché il dialogo/scontro tra Lan Zhan e Jiang Cheng era importante, dovevo approfondire. Ho distrutto anche Jang WanYin, ringraziatemi! No, scherzo… l’ho solo sconvolto: messo davanti ai suoi errori crolla come un muro fatto male, d’altronde è sempre stato insicuro, povero cucciolo.
La descrizione dell’Approdo del Loto ricostruito è totalmente inventata, ma mi piaceva descriverla così come me la sono immaginata mentre leggevo. Passate oltre, non cambio idea.
Se ci sono errori di trama, sintassi, o qualunque cosa non vi quadra, scrivetemi. Grazie.

Baci a tutti, Sarah_lilith

 

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Capitolo 8
*** Ottavo anno - Regole ***


Ottavo anno - Regole

 

Il periodo della raccolta delle nespole giunse più in fretta di quanto Lan Zhan si aspettasse. L’autunno che si preannunciava sarebbe stato sicuramente fresco e duraturo, e avrebbe sfumato il paesaggio dei Meandri della Nuvola di rosso e giallo.

Gli alberi al di fuori dei confini sembravano già delle torce infiammate, e creavano contrasti di straordinari colori caldi, come carminio, porpora, arancio e oro. Erano bellissimi, anche se Lan WangJi cercava il più possibile di evitarli con lo sguardo. 

Gli ricordavano troppo quando la sua casa era bruciata più di nove anni prima, durante la Grande Guerra contro il Clan Wen. Sospirando piano per riprendersi da quei ricordi dolorosi, si voltò verso i ragazzi.

Il gruppo di novizi Coltivatori che accompagnava quel giorno doveva occuparsi di un’invasioni di demoni d’acqua. Nonostante però fossero in inattesa sulle loro barche presso il Lago Biling da ormai qualche ora, non avevano avvistato nessun movimento anomalo né cadaveri galleggianti. 

Stranamente, anche gli abitanti di Caiyi non parevano spaventati e la loro routine non era sconvolta come aveva fatto credere il messaggero che aveva percorso la scalinata di Gusu per domandare aiuto.

C’era qualcosa che non andava, ma Lan WangJi non riusciva ancora a capire cosa. Era tutto troppo calmo. Quando giunse alle sue conclusioni, soppresse un sorriso incredulo. 

Sospirò di sollievo, anche se si domandò che facce avrebbero fatto i suoi studenti nello scoprire quello che per lui ormai era ovvio. Scosse la testa continuando a remare.

Si distrasse quando vide una ragazza donare un cesto di nespole fresche a uno dei discepoli che stava accompagnando, che ringraziava premuroso e sorridente. Gli venne un capogiro. Quella scena, se non fosse stato per la veste bianca del ragazzo, sarebbe stata perfetta.

Per un momento se l’era rivisto davanti agli occhi, a pochi palmi di distanza. Wei Ying

Rideva alla ragazza che gli donava il cesto come ringraziamento per averla salvata dai demoni d’acqua, poi le chiedeva scherzosamente chi era più bello tra loro due, indicandolo con la mano. Sorrideva e si illuminava di gioia vera, fanciullesca, che non conosceva confini.

Era così bello, quel giorno.

Poi il ricordo sfumò via, disperdendosi nel vento ma lasciandosi alle spalle quel bruttissimo sapore amaro che gli riempiva la bocca ogni volta che pensava a Wei WuXian. Le lacrime che ingoiava avevano il gusto della mancanza.

Dopo la sua visita a Yunmeng, i rapporti con il clan Jiang si erano raffreddati ed erano ritornati ad essere diplomaticamente innocui solo in quell’ultimo periodo, quando finalmente il Gran Maestro aveva acconsentito a dargli l’unica cosa che rimaneva del suo amore perduto.

Un piccolo campanello… solo suo.

Grazie alle insistenze di Lan XiChen, la Seconda Guida del Clan Lan si era ritrovata tra le mani un’amuleto d’argento con un pendente di stoffa nera e rossa. L’aveva appeso vicino al letto, dove, col vento che soffiava leggero, poteva sentire uno scampanellio familiare. 

Sembrava davvero che lui fosse lì, a vegliare sul suo sonno.

Non era passato molto tempo, comunque, perché il fratello maggiore si pentisse di quella scelta. Lan Zhan custodiva quel pezzo di metallo come una reliquia sacra. Ne sembrava ossessionato.

Più volte aveva visto il suo sguardo scivolare verso la stanza da letto, nelle loro discussioni, quasi stesse guardando un’amante disteso tra le coltri perché infastidito dall’interruzione di qualcosa di tanto atteso, mentre in realtà fissava quel pendaglio inanimato.

Se non fosse stato impossibile, Lan Huan avrebbe detto che il minore stesse scaricando tutto il suo amore per Wei Ying su quel singolo oggetto, cercando di lenire il dolore che lo soffocava ogni giorno.

 

 

Quando tornarono ai Meandri della Nuvola, tutti i discepoli avevano il morale a terra. 

La caccia era stata un fiasco. Il messaggero che era venuto a riferire di avvistamenti di demoni acquatici era stato mal informato o preso in giro, perché nel Lago Biling non era stato avvistato niente di strano.

Lan Zhan, arrivato in cima alla scalinata, si voltò verso i giovani e li guardò severamente, anche se dentro di sé non era davvero in collera. Congiunse le mani davanti al ventre e parlò con voce chiara.

-Dovevate accorgervi che intorno al lago non c’era energia maligna e che sulla superficie non galleggiava alghe- li guardò fisso uno per uno -Ai demoni d’acqua non piace la corrente- fece cenno di seguirlo e si incamminò verso la Sala dell’Orchidea.

Sentì alle sue spalle alcuni gemiti di sconforto, quando i ragazzi finalmente si resero conto di aver raggiunto la meta e cosa questo comportava. Punizione per negligenza.

-Dovrete ricopiare sezione Osservazione e Studio per intero dieci volte, per memorizzarlo e comprenderlo- sentenziò severamente, indicando con un movimento del capo i tavoli da trascrizione che occupavano la stanza.

Altri lamenti si levarono dal gruppo, mentre alcuni dei più intelligenti cercavano di consolare i compagni per non avere punizioni aggiuntive. Tentativo vano, in ogni caso.

-E sia, allora- disse ancora Lan WangJi -Quindici volte- così la folla dinanzi a lui scomparì e il silenzio tornò a regnare nei Meandri della Nuvola. Solo il vento autunnale che soffiava lieve produceva una melodia leggera, muovendo le fronde quasi spoglie degli alberi rossi.

Le regole andavano rispettate, pensò Lan Zhan proseguendo verso i suoi alloggi, è giusto così.

Quando raggiunse finalmente i suoi appartamenti, capì che c’era qualcosa che non andava. Silenzio. La sala era silenziosa, l’aria muta, anche se scossa dalla brezza.

Corse senza esitazione verso il suo letto e si aggrappò alla colonna di legno che sorreggeva le tende che lo circondavano, cadendo in ginocchio. La struttura era liscia e perfetta come quando era stata scolpita… così vuota.

Non c’era più. Il suo prezioso tesoro era stato rubato, sottratto dalle sue dita come quando si prova ad afferrare l’acqua che scorre in un fiume. Impossibile da trattenere, perché non destinata a restare. 

-É andato- ripeteva convulsamente Lan WangJi, stingendosi le braccia al petto e rannicchiandosi in posizione fetale -É finita- continuò.

Pianse per ore, nella speranza che qualche dio misericordioso apparisse per cancellare la sua sofferenza, ma non ottenne nulla.

Un’altra volta, sono da solo con me stesso.

 

 

Lan XiChen, intanto, si allontanava dalle stanze del fratello, una lacrima che gli scivolava sul viso reso arido dal dolore. Il periodo di follia era concluso, così come doveva essere.

Le regole sono giuste, pensava la Prima Giada con un senso di colpa crescente, ma determinato a non tornare sui suoi passi, quella che mi sta più a cuore dice che “non si deve permettere a qualcuno di autodistruggersi, se lo si può evitare”. Aveva fatto tutto per il suo bene.

Non ci sarebbe più stato lo scampanellio del delirante ricordo di un morto, nella vita di Lan Zhan.

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
Salve, eccomi di nuovo qui. Presto aggiornerò anche le altre fan fiction, ma prima ho pensato di finire questo capitolo perché era già cominciato e mi ispirava.
Da non dimenticare, dedico la storia a Athely , che mi ha dato la parola chiave per questo capitolo: REGOLE. É stato difficile, perché all’inizio volevo fare una descrizione di una punizione su Lan SiZhui, ma mi sono ricreduta. D’altro canto, questa è una fan fiction su Lan Zhan e sulla mancanza di Wei WuXian.
Tesorina ti adoro, grazie ancora.
Non c’è nulla da dire, se non che sono sull’orlo delle lacrime, davvero. Amo Lan WangJi e mi detesto per fargli questo ad ogni storia, ma è giusto così. ;(

Baci a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 9
*** Nono anno - Vuoto ***


Deb, mi spiace in anticipo... non è colpa mia, è Lan Zhan che vuole soffrire. Io trascrivo e basta :)
Buona lettura


 

Nono anno - Vuoto


C’era un suono che rimbombava dentro di lui, come se il suo intero corpo fosse stato svuotato e qualcosa vi si agitasse dentro, smaniando per uscire.

In realtà, era tutta un’illusione. Non ce la faceva più a sentirsi vuoto, perché così era, ma la vita non voleva abbandonarlo, anche se lui lo desiderava con tutto ciò che era rimasto del suo cuore.

Era anche molto distratto, nell’ultimo periodo. Forse perché si era concentrato sul nuovo abitante del suo studio, invece che sull’allenamento del corpo. Oppure, più semplicemente, fantasticava solo di morire.

Suo fratello, vedendolo ridotto all’ombra di se stesso, aveva insistito perché uscisse di più, convinto che quel suo nuovo periodo di depressione dipendesse dal fatto che ormai Lan SiZhui fosse abbastanza grande e la Seconda Giada del Clan Lan non avesse più nessuno di cui occuparsi.

Quindi gli aveva regalato un coniglio. L’ennesimo. 

Sembrava che ogni volta che si sentisse in colpa per lo stato d’animo del fratello minore, corresse da un contadino e comprasse un nuovo roditore, quasi a voler compensare alla mancanza di Wei WuXian. Effettivamente, l’ultimo dono era stato una palla di pelo nera come la pece a cui era stato applicato addosso un fiocchetto rosso quasi più grande di lui.

Lan WangJi avrebbe voluto dimostrarsi distaccato, davvero, ma quando il piccolo animale aveva iniziato a zampettare per la stanza mettendogli a soqquadro tutti i fogli e i pennelli, per poi guardarlo con degli occhioni grigi ed innocenti, non ce l’aveva proprio fatta a restituirlo a Lan XiChen.

Lo aveva fermato agguantandolo per la collottola e se l’era portato al petto, carezzandogli le orecchie e il muso in un gesto morbido che aveva il retrogusto amaro della nostalgia. L’animale aveva mosso il nasino rosa e i baffi avevano vibrato, dando l’impressione che stesse ridendo della delicatezza con la quale veniva trattato.

Quando poi Lan Zhan se l’era avvicinato al volto per osservargli meglio le iridi, il piccolo roditore gli aveva appoggiato una zampetta soffice sul naso. 

Così spudoratamente identico a colui a cui assomigliava.

Quanto poteva mancargli Wei Ying, se quando guardava un coniglio dagli occhi cinerei, in realtà vedeva lui? Quanto era grave la malattia che lo affliggeva, consumandolo ogni minuto di ogni giorno di ogni anno che passava dalla sua scomparsa?

Quello era l’unico coniglio che avesse mai tenuto chiuso in camera, senza permettergli di uscire a socializzare con gli altri della sua specie. Non lo lasciava avvicinare nemmeno dagli altri discepoli.

Una fissazione non soppressa, quella del campanello, solo rimandata.

L’ossessivo attaccamento al ricordo che aveva del suo unico amore gli sembrava naturale, perché ne necessitava. Lan WangJi annegava le sue giornate di rimpianto, apparendo passivamente distaccato all’esterno, per poi lasciarsi andare in silenzio, senza farsi vedere.

Quell’emozione che aveva preso fuoco e l’aveva bruciato fino a congelarlo... ironico, quasi. Le fiamme che tanto gli riportavano alla mente Wei WuXian gli portavano via dal cuore i sentimenti che lo tenevano vivo.

Se potessi sognare qualcosa di felice, pensava a volte, sognerei il colore dei suoi occhi

Niente più labbra insanguinate che lo scacciavano sputando grumi rossi sulla sua veste candida, niente più espressioni di rabbia e risentimento, create dall’incomprensione.

Niente più scontri e grida per guerre che non avevano ragione di esistere, niente più persone, parenti o amici che cercavano di tenerlo lontano dalla sua unica gioia.

Niente più incubi. 

Solo gli occhi grigi più belli che avesse mai visto, o che gli fosse interessato davvero di guardare.

Perché forse l’amore non è la migliore persona che ti possa capitare, è invece qualcuno che non è perfetto ma combacia con quello di cui si ha bisogno in un determinato momento della vita, e di cui necessiterai per il resto dell’eternità.

Quando, mesi prima, alcuni maestri gli avevano chiesto di scrivere qualcosa di adatto a dei discepoli che chiedevano cosa fosse “l’affetto romantico” verso qualcuno, lui l’aveva descritto piangendo in silenzio, un unico pensiero che gli invadeva la mente e gli sgorgava dalle labbra. 

Nulla di troppo elaborato o logorroico, perché in ogni caso rimaneva se stesso, seppur appassito dal dolore, ma una frase sola, in cui credeva profondamente.

“L’amore va baciato a bocca chiusa come fanno i bambini”

Perché in certi momenti non bisogna fermarsi a pensare cos’è giusto, cos’é sbagliato e cosa occorre fare per vincere. Bisogna solo guardasi negli occhi e capire che le persone, così come ogni cosa, non sono perfette.

Fanno errori, sbagliano i tempi, inciampano nelle emozioni e si nutrono di ricordi. Spesso si fanno del male da sole proprio perché il filo spinato che ricopre le memorie è troppo affilato e taglia le mani di chi lo accarezza.

Ma il dolore è troppo facile da ignorare, se si aspira a qualcosa di più grande. E lui, in questo, era il migliore di tutti.

 

 

Quando entrò nella biblioteca vuota, pensò che avrebbe potuto rilassarsi e studiare in pace, una volta tanto. Il suo posto abituale era illuminato dai raggi pallidi del sole d’inverno che scaldavano a mala pena l’aria che attraversavano passando dalla finestra aperta.

Avviandosi con calma misurata, fece scorrere le dita con leggiadria sul dorso di alcuni tomi che non erano ancora stati risistemati. Pacato, ne afferrò uno che sembrava rispecchiare il suo bisogno in fatto di letture mattutine e si avvicinò allo scrittoio.

Appena si sedette, però, sentì che c’era qualcosa di strano, come sempre più spesso gli capitava.

Da ormai parecchi anni non si sentiva a suo agio nelle più disparate situazioni. Gli ambienti a lui familiari erano improvvisamente stati ridotti alla sua stanza e al molo dell’Approdo del Loto, che sognava ormai ogni notte ardere di rosso acceso nella notte buia.

Non era difficile comprendere questa strana soggezione. Pensandoci bene, riusciva a ricordare un discorso da cui tutta quella malinconia era nata, una memoria veramente importante, ma di cui non rammentava l’inizio.

Sapeva solo che ad un certo punto, durante uno dei loro numerosi dialoghi, Wei Ying aveva parlato del motivo per cui amasse così tanto “dare aria alla bocca”, come diceva lui, per esporre i più disparati e futili argomenti.

Il silenzio non è quello che senti quando sei solo. Quella è tranquillità, calma. Il silenzio vero, diceva Wei WuXian scuotendo i capelli al vento, è quello di quando ti guardi dentro e scopri che sei sempre stato solo tu, a fare rumore, e ora hai smesso.

E così Lan Zhan aveva iniziato ad odiare le stanze vuote. Ora preferiva i luoghi in cui le sue crepe interiori venivano nascoste dalla folla circostante, non potendo essere colmate.

Perché Wei WuXian era stato questo.

Era stato la tempesta con fulmini e tuoni, troppo forte per essere domata. Era stato la risacca, la più pericolosa delle onde. Era stato anche il pallido sole che, sorgendo oltre i monti di Gusu, aveva illuminato la vita di Lan Zhan.

Non aveva avuto pietà di lui. Non gli aveva risparmiato nessun sorriso, nessuna parola, nessun tocco leggero. Gli aveva strappato fuori l’amore dal cuore in maniera così violenta e inaspettata che Lan Zhan aveva vacillato, e vacillava tutt’ora.

Perché Wei Ying, per lui, era stata l’acqua che riempie le crepe. Poi era gelato e lo aveva spaccato in due.

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
Sono tornata, ciao gente! Sapete che... beh, ve lo direi se ve ne fregasse qualcosa, ma non siamo qui per questo ;)
Ok, torniamo a noi: è un capitolo molto triste e molto filosofico... non so come definirlo. Deb, amore mio, luce dei miei occhi, tesoro bello, Terza Giada del Clan Gusu (:3)... ti avevo avvertita! Non odiarmi ma Lan Zhan DEVE soffrire per il resto della fan fiction, mi sa.
Comunque, in Belgio ho visitato questo museo su un vecchio ospedale psichiatrico ed ero tipo: “Ok, necessito di scrivere dell’ossessione di Lan Zhan tipo ORA!” Ed eccolo qui, tutto matto e che cerca di aggrapparsi al ricordo del suo Wei Ying.
Ma quanto sono cattiva? ;)
Come al solito, grazie per aver letto e commentate se trovate errori di battitura (ho scritto al telefono, capita)

Baci a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 10
*** Decimo anno - Memoria ***


Decimo anno - Memoria


Dicono che la prima cosa che ti dimentichi di una persona che non vedi da tempo sia l’odore. Poi perdi la sensazione del suo tocco, a seguire, la sua voce, ed infine, per concludere, l’immagine di lei. 

La forma fisica è l’ultima a degradarsi, come logico, del resto. Le espressioni del volto, il colore degli occhi, la grandezza del sorriso. Tutte cose che gradualmente si scordano, ma restano impresse nella memoria più a lungo del resto.

Forse perché le immagini sono più facili da rammentare, mentre gli odori, i suoni e le sensazioni tattili sono effimere come il vento, impossibili da imbottigliare e rivivere.

Ma infondo sono tutte teorie, neanche troppo veritiere, il più delle volte. Molti filosofi e altrettanti alchimisti 1 ci hanno speculato sopra e non hanno concluso nulla di effettivo. Se poi si vuole essere precisi, la mente è qualcosa di troppo complesso per essere spiegata così blandamente.

Lan Zhan ricordava ancora tutto di Wei Ying.

Ricordava la sensazione delle sue mani sulle spalle, quando gli domandava con voce ansiosa se volesse essere portato sulla sua schiena. Non riuscirebbe mai a dimenticare il morbido contatto che era riuscito a strappargli dopo il bacio rubato alla battuta di caccia, quando si era allontanato da lui e gli aveva sfiorato le labbra con le dita tremule, quasi incantato da quel tocco proibito. 

Il soffio del suo fiato sul viso mentre gli mormorava con rabbia e frustrazione di andarsene, di lasciarlo lì a morire senza curarsi più di lui.

Ricordava il tono soave con cui cantilenava il suo nome e i suoi vari e molti epiteti, seduto sul bordo di uno strapiombo a ruotare le caviglie all’aria senza il minimo timore. Non potrebbe mai dimenticare la sua voce melodiosa che lo derideva per la sua ignoranza in materia di canzoni popolari, quand’erano giunti in un villaggio in pieni festeggiamenti per un matrimonio, e di come Wei WuXian gli si fosse offerto da cantore per sopperire a questa sua mancanza.

Le grida strazianti di quando gli era stata portata via la sorella davanti agli occhi, un urlo lacerante e doloroso per l’anima che forse non scorderà mai.

Ricordava il suo sorriso sbarazzino durante le lezioni che trovava interessanti, quella piega leziosa delle labbra che non aveva nulla a che fare con la malizia, ma gli nasceva spontanea durante un momento di meditazione profonda. Non crede di poter scordare così facilmente il profilo del suo viso stagliato sull’orizzonte, intento a mirare per scoccare una freccia ad un fagiano, ma troppo concentrato per rendersi conto di Lan WangJi, immobile a fissare le sue espressioni.

Il colore dei suoi occhi pieni di lacrime mentre delirava scosso dalla febbre e gli sussurrava mille pensieri sconclusionati, appoggiato alle sue gambe e aggrappato alle sue vesti.

L’unica cosa che davvero non riusciva a riportare alla memoria pareva fosse proprio il suo odore.

Razionalmente sapeva che Wei Ying aveva sempre profumato di spezie e di erbe selvatiche, con una punta di miele e un lievissimo accenno all’aroma dei fiori di loto 2 che crescevano a Yunmeng. Quando il vento faceva danzare selvaggiamente le sue ciocche scure, l’essenza floreale che si disperdeva nell’aria riusciva a rendere Lan Zhan ebbro senza che dovesse toccare una goccia di Sorriso dell’Imperatore.

A conti fatti, ricordava di ricordare.

Ma da tempo orma non aveva più nulla di suo. Il campanello era stato rubato  e il coniglio nero era morto, come naturale che facesse.

Desiderava così ardentemente un oggetto che gli riportasse alla memoria altri momenti con Wei Ying, per sopperire alla mancanza del suo profumo. Voleva riempire i vuoti che ancora una volta si erano creati in lui, come se il dolore fosse un fiume che continuava a percorrere il suo letto, erodendo pian piano sempre più la terra su cui passava.

Aveva ancora l’immaginazione dalla sua parte, in ogni caso.

Riusciva a consolare gli attimi più bui della sua vita sognando un futuro diverso da quello che gli era toccato, un posto ideale dove Wei WuXian non aveva preso determinate scelte e si era fatto aiutare, magari.

Questo suo nuovo passatempo era alimentato anche da alcune fantasie che, mischiate con il suo passato, gli facevano sognare momenti piacevoli che non aveva mai vissuto, ma che lo cullavano in un abbraccio caldo destinato a chi ha bisogno di conforto per non crollare.

A volte, però, anche le cose belle si trasformano in incubi.

-Lan Zhan- gridò gioioso Wei Ying, sporgendosi dal ponte e osservando l’acqua sotto di se che scorreva placida -Guarda quant’è limpida, secondo te potremmo farci un bagno?- domandò.

Lan WangJi non rispose subito. Si prese un’attimo per ammirare la cascata di seta nera che erano i capelli del ragazzo, i suoi zigomi pronunciati, le sue labbra piene e i suoi occhi argentati.

Sospirò e si massaggiò il petto dolorante. Anche nei sogni gli faceva male il cuore.

-Lan Zhan- si sentì chiamare, mentre una mano soffice andava ad accarezzargli la guancia e una bocca delicata gli posava un bacio lieve sulla fronte aggrottata -Perché non vuoi andare avanti?- domandò Wei Ying.

Quando alzò lo sguardo, la seconda Giada del Clan Lan si specchiò in due iridi scarlatte come il sangue che scorreva sul viso sofferente che si trovava davanti. Mentre gli si spezzava il fiato, l’essere di fronte a lui rise istericamente, prendendosi la testa fra le mani e graffiandosi le guance con le unghie.

-Non lo capisci, eh, Lan Zhan?- gridò con la voce roca di chi urla da troppo tempo, ma rimane inascoltato -Mi hai già perso, cos’altro vuoi da me? IO SONO GIÁ MORTO, DEVI ANDARE OLTRE- sbraitò indicandogli l’altro lato del ponte. 

Poi il sogno svanì in uno sbuffo rosso e nero, lasciando col senso di colpa di non voler ascoltare la supplica del fantasma del suo grande amore.

Era tutta un’illusione, fortunatamente. La fantasia folle di un matto che è impazzito d’amore, il conforto di un cuore che sta in piedi solo per non mostrarsi sconfitto. Non c’era più nulla, nei suoi ricordi, né il suo odore, né le sue carezze o il sapore della sua pelle.

Nessun sogno, nessun incubo. Semplicemente, il gelo.

“Sull’acqua del ruscello forse tu troppo ti sei chinato. Tu chiami la tua ombra, ma lei non ritornerà. E allora devi a lungo cantare per farti perdonare…”2

La sua voce che cantava per lui, però, la sentiva ancora, di tanto in tanto.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE

1. alchimisti: è un periodo non ben preciso, quello del novel. Non viene specificata una data, ma sono sicura che si collochi molto prima del nostro medioevo, quindi circa 1000 d.C. Questo mi porta a pensare che la scienza per come la intendiamo noi non esistesse ancora, o almeno non fosse chiamata così. Perciò alchimia, dato che non ho idea (ne ho trovato troppe informazioni al riguardo) che avessero qualcosa di diverso. Era scienza con un pizzico di magia e superstizioni, punto.

2. fiori di loto: oltre che per i riferimenti alla religione buddista, questi fiori sono molto apprezzati in Cina anche per il loro significato. Rappresentano infatti la purezza, l’umiltà, l’onore e la longevità. Mi fa un sacco ridere, dunque, associarli a Wei Ying (Purezza, mh. Umiltà, non ci siamo proprio. Onore, vabbè forse una volta. Longevità, parliamone)

3. Sull’acqua…perdonare: è una canzone che non centra davvero nulla con la storia, ma dovevo mettere una ballata popolare e ho scelto “La pulce d’acqua” di Branduardi

Bene, questa volta sono stata buona. Si, è triste, ma non è granché come capitolo. Penso che per me sia importante, però, perché è una specie di momento di intervallo in cui Lan Zhan si rende conto di dover andare avanti, lasciandosi alle spalle il periodo di lutto che ha attraversato e che lo ha perseguitato fin ora.
ESCI DA QUELL’INFERNO, TESORO! 

Baci a tutti, Sarah_lilith

 

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Capitolo 11
*** Undicesimo anno - Addestramento ***


Undicesimo anno - Addestramento


Capitava, a volte, che Lan Zhan si perdesse nei suoi pensieri.

Sognare ad occhi aperti, l’avrebbe definito qualcuno. Altri avrebbero detto che si perdeva nei suoi ricordi, e forse alcuni credevano perfino meditasse su argomenti profondi che gli impegnavano la mente per ore.

Sbagliavano tutti, ovviamente. 

Capire davvero qualcuno è un’impresa ardua anche per il migliore degli osservatori. Si può conoscere una persona da anni e non essere ancora in grado di percepire i pensieri, perché troppo articolati o magari estremamente semplici. L’umanità vuol dire essere incapaci di non complicarsi la vita.

Nel caso di Lan WangJi, suo fratello era l’unico che gli vedesse nel profondo. Anche Lan SiZhui, comunque, riusciva a indovinare qualche suo stato d’animo, ma era più fortuna che bravura.

La Seconda giada del Clan Lan aveva passato l’ultimo anno a rivivere volontariamente i suoi momenti più belli, perfezionando il gioco mentale che aveva iniziato alla morte del coniglio nero, cercando di consolarsi. Ricordare ancora, ancora e ancora. L’unica cosa che gli restava da fare.

Di questo, nemmeno Lan XiChen se n’era accorto.

Non si poteva definire quest’attività come “perdersi nei ricordi”, proprio perché era volontaria e perfettamente controllata. Non si perdeva in niente. Viaggiava e basta.

Quel giorno, per fortuna, toccò alle memorie felici. 

I lontani momenti passati in tranquillità con Wei Ying gli avevano affollato la mente per tutta la mattinata, e lo avevano fatto commuovere più che mai, portandolo spesso sull’orlo delle lacrime.

Si trovavano nel bel mezzo di un’esercizio per imparare a dosare i propri poteri spirituali. Lan QiRen affermava che la delicatezza, come la forza, era un’arma utile contro le avversità della vita, quindi quel tipo di allenamento era entrato nella “tradizione degli addestramenti”.

-Fate crescere il bocciolo che sceglierete con la vostra forza spirituale, ma dosate le forze, o fallirete- era stata la consegna, assegnata davanti ad una ciotola piena di fiorellini chiusi e delicati.

Lan Zhan eccelleva in tutto, quindi non ebbe difficoltà a far fiorire la piccola orchidea bianca che aveva raccolto poco prima. Vicino a lui, Jiang Cheng si sforzava di concentrarsi, nel disperato tentativo di far aprire di almeno qualche petalo il suo piccolo fiore violaceo, senza grande successo. 

Nie Huaisang non aveva neppure deciso se prendere in mano il bocciolo di crisantemo giallo o quello verde chiaro.

Sospirando con grande pazienza, Lan QiRen passava vicino ai propri allievi e scuoteva la testa esasperato. Non era contento dei loro risultati. Come sempre, l’unico che lo riempiva di orgoglio era suo nipote.

-Sei maldestro e poco controllato- inveiva velenoso contro Wei WuXian, che stringeva tra le dita i petali ormai appassiti di una peonia rossa come il sangue, scuriti dalla secchezza che li infettava di strisce nere.

-Questo è certo- rispondeva a tono Wei Ying con uno sciocco sorriso dipinto sul viso allegro -Comunque, vi sbagliate- apriva le mani con il palmo rivolto verso l’alto e lascava cadere il fiore distrutto. Rovinato per sempre, come certe anime.

-E in cosa sarei in errore, sentiamo- ribatteva il maestro, punto sul vivo. Come se un ragazzino potesse darmi torto, pensava.

Senza distogliere lo sguardo dal mucchietto di petali ai suoi piedi, Wei Ying rispondeva con voce incolore e vibrante. A Lan Zhan veniva la pelle d’oca.

-Voi avete detto di volerlo veder crescere, giusto?- piegava il capo verso destra e si chinava al suolo, appoggiando le ginocchia a terra e immergendo le dita nei rimasugli del fiore appassito -Anche il morire fa parte del percorso-

Questa è una delle cose che non si scorderà mai di lui. La sua assoluta schiettezza che lo portava a dire quello che pensava senza preoccuparsi di apparire troppo stupido o, al contrario, troppo superbo.

Non l’avrebbe mai scordata perché anche SiZhui, seppur non ricordando niente del padre, ne ricalcava l’immagine senza nemmeno rendersene conto. Era come guardare la figura di Wei Ying attraverso una tenda che filtrava la sua spavalderia.

SiZhui gli assomigliava troppo, ma allo stesso tempo troppo poco.

Quando, sul quaderno dei pensieri del figlio, aveva trovato un’aforisma ormai a lui familiare, aveva rischiato di perdere anche l’ultimo pezzetto di anima che ancora viveva in lui.

L’umanità viene dal mare, è per questo che le lacrime e il sangue sono salati” 1

Quante volte aveva fatto ricopiare a Wei WuXian quella frase, mentre era in punizione nella biblioteca. Con la sua scrittura scarabocchiata e a tratti illeggibile, il discepolo ribelle aveva riempito almeno dieci pagine di pergamena, prima di arrendersi e continuare il resto.

Se solo il fuoco non si fosse portato via i suoi scritti, gli capitava di pensare, se solo il fuoco non lo avesse divorato fino all’osso.

 

 

Capitò il giorno del suo trentesimo compleanno. 

Guardandosi allo specchio, si rese conto di essere maturato, in tutti quegli anni. Lui era invecchiato, se così si poteva dire, come una quercia, in modo lento ma inesorabile, mentre SiZhui, simile ad un giunco di bambù, era cresciuto più veloce di quanto i suoi occhi potessero credere.

Quando se ne accorse, pensò che non aveva fatto abbastanza, per quello che a tutti gli effetti era il figlio suo e di Wei WuXian, l’unica memoria del suo amore perduto.

Avrebbe dovuto essergli più vicino, invece di isolarsi nel dolore come aveva fatto. Avrebbe potuto insegnargli di più sulla vita, prima dei suoi sedici anni. Wei Ying, in un modo tutto suo, magari, l’avrebbe fatto.

Mai soddisfatto, ma sempre stanco.

Per questo quando suo fratello lo raggiunse, lo trovò seduto composto, immobile davanti allo scrittoio. Con lo sguardo fisso nel vuoto della stanza, continuava a ripetere sottovoce rimproveri verso se stesso, poco indulgente perfino con la propria coscienza.

Riprendendo contatto con la realtà nel sentire la presenza di qualcun altro, alzò il viso per incontrare gli occhi di Lan Huan, ancora fermo sulla soglia. Le due Giade si fissarono a lungo prima che uno dei due rompesse l’atmosfera con un rantolio sofferente.

-Come faccio a…?- Lan WangJi non concluse la fase. Non concluse nemmeno il pensiero.

C’era troppo dolore arretrato, quasi un rifiuto di accettazione, simile a sabbia secca che gli grattava la gola. Aveva la bocca troppo impastata per permettersi di parlare.

Lan XiChen capì il suo smarrimento. Capiva sempre, alla fine.

Si era dovuto arrendere tempo prima all’evidenza che suo fratello, da quell’amore tragico e malato, non ne sarebbe mai uscito. Ma darsi per vinto non era nelle sue corde, come non lo era permettere a qualcuno di farsi del male.

La scelta che doveva prendere, alla fine, sarebbe stata se aveva abbastanza coraggio da infliggere lui, il colpo di grazia a Lan Zhan.

-Wei Gongzi ti vorrebbe vedere così?- chiese, nominandolo per la prima vota dopo anni senza la minima esitazione, facendosi scivolare sulla lingua le sillabe familiari che erano state l’incubo del fratello -Secondo te, WangJi, ti lascerebbe essere triste senza cercare di tirarti su il morale con qualche scherzo inopportuno?- 

Alcuni dicono che l’umorismo, anche quello di pessimo gusto, per essere buono deve coniugare due fattori: la battuta e il tempismo. Lan Huan, pur non essendo un esperto di comicità, pensò che la battuta fosse buona e che il tempismo, dopo undici anni, fosse azzeccato. 

Quando vide Lan WangJi che si copriva il viso con le maniche della veste, credette di aver migliorato la situazione, almeno di un pò. Poi si accorse delle calde lacrime che scorrevano sul viso sorridente del fratello minore.

Le due emozioni più rare che Lan Zhan avesse mai manifestato si erano fuse, mentre il loro padrone era incapace di decidere se la mancanza di Wei WuXian gli facesse così male da voler ridere o piangere.

Dopo minuti che ad entrambi parvero ore, l’ilarità malinconica della Seconda Giada si spense, lasciando nell’aria l’eco di una risata bagnata di lacrime.

Lan XiChen si preoccupò molto dell’improvviso silenzio. Si aspettò un’altra ricaduta, l’ennesima. Invece, quando il suo caro fratello alzò lo sguardo per guardarlo negli occhi, dentro non vi trovò dolore.

Solo determinazione ferrea. Quella fiducia nel futuro di chi ha perso tutto ed è pronto ad andare avanti solo perché sa che non ci può essere nulla di peggio.

Vide la familiare figura bianca e azzurra alzarsi con calma, raccogliere la propria dignità insieme ai rimasugli del proprio cuore. Lo osservò lisciarsi la veste candida come se non fosse successo nulla, in quegli anni. Un frammento di vita terribilmente doloroso che scivolava via come acqua sulle rocce.

-Ora- lo sentì dire -è il momento di andare avanti-

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
1. L’umanità… salati: è un vecchio detto cinese, anonimo, per giunta. Bello e triste, il mio genere preferito :)


Mh, che dire? Gente, questo capitolo mi ha sfibrato. É stato complicato decidere i gisti ritmi per il cambiamento emotivo di Lan Zhan, e mi pare di non esserci riuscita comunque a pieno. Però mi piace com’è venuto.
Era ora che andasse avanti, dite voi? Ci ho messo secoli a fargli provare un minimo di sollievo? Non credo. Lui vivrà sempre con quel dolore, anche dopo la reincarnazione di Wei Ying. É una cosa che non cancelli. Punto.
Grazie per aver letto, come sempre avvertitemi se trovate errori :3

Baci a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 12
*** Dodicesimo anno - Cicatrici ***


Dodicesimo anno - Cicatrici


Quando giunse alle rovine del villaggio, Lan Zhan si fermò per un’attimo a prendere fiato e calmare il battito frenetico del suo cuore. Il rombo del sangue che gli scorreva nelle vene e l’affanno che gli spezzava il respiro lo assordavano, ma aveva ancora della strada da fare e non poteva permettersi di arrivare in ritardo.

Riprese a correre, senza osare sguainare Bichen per salirci, dato tutti i talismani oscuri che ancora decoravano la zona. Avrebbe potuto attivarli per sbaglio, usando la sua energia spirituale, e allora non avrebbe davvero saputo cosa fare.

L’aura maligna di quel posto non l’aveva mai attaccato, nemmeno prima della morte di Wei WuXian. Quell’unica volta in cui era andato lì per visitare il suo caro amico, nonostante le rassicurazioni dello stesso, gli avevano quasi tremato le gambe per lo sforzo di non fuggire via. 

L’energia demoniaca di quel luogo era talmente soffocante da non poterla sopportare per più di poche ore. Sembrava che una coltre di nuvole nere si fosse stanziata con dimora fissa sul picco della montagna, creando una fitta nebbia maligna che bloccava il respiro di chiunque vi si avvicinasse.

Non capirà mai davvero come aveva fatto Wei Ying a viverci.

Quando finalmente si fermò di nuovo, aveva raggiunto la sua meta prima dell’ora del tramonto, quindi in perfetto orario. 

Si trovava in uno spiazzo erboso al centro esatto del territorio di Yiling, circondato da alberi scuri e secchi, i rami spogli protesi verso il cielo nuvoloso. Sotto i suoi piedi, la terra sembrava morta.

La cenere cha ancora ricopriva la zona gli si era appiccicata alla veste, rendendo fumoso il bianco candido che la distingueva dalla divisa delle altre scuole. Anche l’aria pareva grigia e pesante come il resto dell’ambiente.

Incurante dell’evidente possibilità di sporcarsi ulteriormente gli abiti ormai non più immacolati, Lan WangJi si sedette elegantemente a terra, assumendo una posa educata a composta mentre appoggiava le ginocchia al suolo e scostava la veste per sistemarsi in una posizione adatta. Perfino nella solitudine di una landa deserta manteneva un’atteggiamento compito.

Passarono i minuti, poi le ore, eppure la Seconda Giada del Clan Lan rimase immobile, le mani sistemate l’una sull’altra sulle cosce e lo sguardo dorato rivolto all’orizzonte rossastro. 

Quando finalmente giuste il calar del sole, col buio che ormai si apprestava a divorare il paesaggio, la statua umana in cui si era trasformato riprese vita. Allungando le braccia afferrò il suo guqin e lo accarezzò lievemente come si potrebbe fare con la figura addormentata di un caro amico. Poi, cominciò a suonare.

La canzone che scelse non era tra le sue preferite, perché conteneva un’esagerato numero di glissandi 1 e lui sinceramente propendeva più per le melodie pure, ma aveva un significato simbolico. 

Si trattava della prima che aveva sentito suonare a Wei WuXian, un giorno in cui lo aveva sorpreso a frugare nella sua stanza alla ricerca di un posto dove nascondere il vino.

Quando lo aveva visto nei suoi alloggi si era subito agitato, l’anima in subbuglio mentre pensava a come cacciarlo dalla propria camera e nel contempo rimproverarlo per quella malsana idea. Ma non ci era riuscito.

Poco prima che facesse un passo in avanti, rivelando la sua presenza, Wei Ying aveva perso interesse per le assi del pavimento e per le giare del Sorriso dell’Imperatore e si era diretto sorridente verso il suo scrittoio. Inizialmente Lan WangJi aveva pensato avrebbe sbirciato tra i suoi appunti, invece si era sorpreso del vedere le mani candide del giovane afferrare il suo guqin e dirigersi con passo spedito verso il letto.

Sedutovisi sopra, aveva incrociato le gambe e ci aveva poggiato sopra lo strumento per stare più comodo, pizzicando la prima corda e producendo la stessa nota per un paio di volte, variandone l’intensità coi polpastrelli della mano sinistra che scorrevano sulla sommità del telaio chiaro. Vederlo prendere confidenza con qualcosa di così vicino a lui aveva fatto vibrare il cuore del discepolo dei Lan. 

Infine il più giovane aveva sorriso e si era esibito in una perfetta esecuzione di una ballata tipica della sua città natale che ovviamente Lan Zhan non conosceva.

L’aveva trovata esotica ed intrigante, però, anche se molto semplice. C’era qualcosa che la distingueva dalle molte melodie che la Seconda Giada del Clan Lan aveva sentito nella sua vita, come un suono nascosto alla fine di ogni nota.

Se la sarebbe ricordata per sempre, così come avrebbe ricordato la loro canzone, WangXian, e tutto quello che riguardava Wei Ying.

Andare avanti, pensò, non significa dimenticare le ferite passate, ma costruirvici intorno la vita.

Continuò a suonare, lasciando scorrere i ricordi come acqua sulla sua pelle, percependoli ma non cercando di afferrarli inutilmente. Si era deciso a superare il lutto, anche se non c’era riuscito fino in fondo.

Almeno il giorno della sua morte, però, voleva ricordarlo a modo suo, cercando di stargli vicino come poteva. Seduto al centro della sua terra, suonando una melodia che aveva ascoltato da bambino, quasi sperando che davvero la sua anima potesse esserne attratta, da qualche parte del mondo.

Le ore passarono senza che le sue dita si stancassero di riprodurre note che gli portavano alla mente il ricordo di Wei WuXian, anche dopo che incominciarono a sanguinargli e dovette asciugare il liquido rossastro con la manica della sua veste, ormai ridotta ad uno straccio grigio e scarlatto.

Il dolore non è nulla, perché passa, si ripeteva. Il ricordo, invece, si prolunga nel tempo e non tramonta mai.

Quando giunse il mattino, Lan Zhan fermò le dita che ancora scorrevano sulle corde bagnate di sangue e alzò lo sguardo. Difronte a lui, quasi senza fare rumore, era nato un fiore, unico segno di vita in quella landa bruciata e ricoperta di morte.

Una peonia bianca 2, fragile e bellissima.

A Lan WangJi vennero le lacrime agli occhi, mentre la ammirava sbocciare coi petali chiari rivolti al cielo rosso e giallo tinto dall’alba. Aveva ancora il cuore troppo debole per quei ricordi lontani.

Perché certe zone della nostra anima sono più fragili di altre, e il suo punto più debole era una ferita aperta tenuta coperta da un semplice nastro rosso.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
1. glissandi: detti anche glissati (dal francese glisser, “scivolare”) consistono nell'innalzamento o nell'abbassamento costante e progressivo dell'altezza di un suono, ottenuti a seconda dei vari strumenti in diversa maniera.
2. peonia bianca: questa pianta tradizionale rappresenta la fama e la ricchezza. Quelle bianche, per di più, simboleggiano le ragazze giovani, spiritose e belle (Wei Ying sei tuuu?). Curiosità: è il fiore ideale per festeggiare il dodicesimo anno di matrimonio ;) Dodicesimo capitolo… comprendi?


Sono felice che stiate continuano a leggere e a commentare, perché posso capire che vi sta piacendo e sinceramente ci sto mettendo l’anima, quindi va bene. Non ho più una vita da quando ho scoperto Mo Dao Zu Shi, mi serve conforto.
La storia è quasi giunta al termine, manca un solo capitolo… sto per piangere. Mi sono affezionata molto alla mia versione di Lan Zhan, talmente tanto che non voglio lasciarlo andare :(
Sinceramente non so se il prossimo aggiornamento avrà senso, perché l’ultimo capitolo è un pò diverso, per così dire. Insomma, c’è l’incontro con Wei Ying appena reincarnato, ma dopo c’è un salto temporale che non porta da nessuna parte… in pratica, un casino! Spero che vi piaccia, davvero.
Come al solito, ditemi se ci sono errori e grazie per aver letto.

Baci a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 13
*** Tredicesimo anno - Cuore (Epilogo) ***


Tredicesimo anno - Cuore

 

Il rumore delle nocche del fratello che bussavano sulla porta lo riportarono alla realtà, facendogli perdere la concentrazione. Con un movimento fulmineo, afferrò l’oggetto che stava sospeso in aria davanti a lui, prima che cascasse a terra e si sporcasse per via della mancanza di potere spirituale che lo sostenesse.

Nascondendolo nella veste, a contatto con il petto caldo e forse troppo vicino al cuore, andò ad accogliere Lan XiChen.

Il maggiore sorrideva come suo solito, in quel modo mite e gentile che quasi obbligava le persone a rispondere con altrettanta cortesia. Lan Zhan, comunque, non ricambiò.

Facendo un cenno verso la sua stanza, si scostò per permettere alla Prima Giada di entrare, seguendo i suoi passi silenziosi. Si sistemarono uno di fronte all’altro, seduti composti con le mani appoggiate alle ginocchia e le vesti perfettamente ordinate raccolte attorno a loro.

Qualche minuto di silenzio dopo, Lan WangJi aprì bocca per parlare. Non che la quiete gli dispiacesse, soprattutto a quell’ora del mattino, ma l’ultima volta che suo fratello aveva esitato così tanto, la notizia che gli era giusta alle orecchie gli aveva spezzato il cuore.

Mentre prendeva fiato per chiedere cosa fosse successo, Lan XiChen alzò una mano delicata, rivolgendo il palmo verso di lui e quindi chiedendogli silenziosamente di non parlare. 

Sospirò come se portasse il peso del mondo sulle spalle. Aveva anche smesso di sorridere.

-SiZhui sta bene, non preoccuparti- lo rassicurò con voce calma, anche se un pò tremula. A questa affermazione Lan Zhan sentì i muscoli del viso rilassarglisi e la tensione accumulata svanire come soffiata via dal vento che scuoteva le fronde fuori dalla sua stanza.

Chiuse gli occhi per un momento, ringraziando il Buddha che non fosse successo nulla a suo figlio. Aveva rischiato di svenire sul posto o scattare in piedi e correre a controllare personalmente.

-Cosa sei venuto a dirmi, dunque?- domandò quando ebbe riacquistato al compostezza necessaria ad un dialogo. La formalità che dimostrava con le persona, che queste fossero estranee o conoscenti stretti, era non solo il suo segno distintivo, ma anche la sua arma più potente.

Come capire se il freddo e apatico Hanguang-Jun provava simpatia o no verso qualcuno? Impossibile determinarlo, se non si era Lan XiChen.

-Nei territori della famiglia Mo è stata recentemente percepita una potenza spirituale anomala- spiegò il maggiore, torcendosi le dita fino a causarsi un graffio con l’unghia sulla nocca dell’indice destro. Si portò la ferita alle labbra e ci soffiò sopra, curandosi con potere spirituale e mantenendo la mano disamante dagli abiti per non sporcarli di rosso.

-Mh- concesse Lan Zhan, porgendo un fazzoletto candido al fratello. Aspettava spiegazioni, anche se la Prima Giada del Clan Lan sembrava moto restio nel dargliele.

Tentennò ancora, pulendosi il sangue con la stoffa bianca e osservandosi la mano ora pulita. Prendendo ancora tempo, ripetè l’azione più volte.

-Vorrei che andassi a verificare, WangJi- esalò infine con voce strozzata, fissandolo con quelle iridi così simili, seppure più scure, che tanto gli ricordavano la loro madre.

-In questo momento SiZhui e i suoi compagni stanno perlustrando quel territorio, perché servirebbe la mia presenza- domandò confuso l’altro, sollevando le sopracciglia -non ti fidi forse del loro giudizio?-

Ignorando quel commento, Lan XiChen prese a stropicciare la stoffa del fazzoletto ed evitò accuratamente lo sguardo del fratello minore. Sospirando nuovamente, fissò con grande interesse la porta.

-Si trattava di energia demoniaca- sussurrò a volume così basso che, se non fosse stato un potente cultore, Lan Zhan non lo avrebbe sentito. 

In stato confusionale, il famoso Hanguang-Jun perse per un attimo la compostezza, ondeggiando sul posto anche da seduto. Una sensazione di familiare malessere lo aveva aggredito allo stomaco, torcendogli le interiora in una morsa dolorosa e bruciante.

Se dopo tutto quel tempo…? Non poteva essere, giusto? si chiese, anche se una fiammella di speranza, che forse infondo a lui non si era mai spenta, brillò ancora più di prima e gli scaldò l’anima.

-Perché credi… ? Non è lui… non avrebbe senso- negò con voce rotta, scuotendo la testa e alzandosi in piedi. Il fratello lo seguì con lo sguardo, sollevandosi lentamente per raggiungerlo.

-Non dico questo- affermò appoggiandoli una mano sulla spalla e stringendo forte -Ma si è mobilitato perfino il Clan Yunmeng-Jiang, quindi deve trattarsi di qualcosa di grave- applicò una pressione maggiore, costringendo il più giovane a voltarsi.

Quello che si trovò davanti fu un Lan Zhan devastato dal dolore. Ancora una volta, era l’uomo che aveva perso il suo amore e non lo aveva mai dimenticato nonostante gli anni. Era il ragazzo che aveva ricevuto la notizia della morte dell’amato e si era autodistrutto senza nemmeno rendersene conto.

Tra le braccia del fratello, ritornò ad essere il bambino che si recava alla casa della madre, nonostante lei non ci fosse più, e aspettava con le lacrime in bilico sulle palpebre.

E Lan XiChen, davanti a quella vista, non potè fare altro che stringerlo di più.

 

 

Percorrendo il sentiero che lo conduceva alla fonte di tutta quell’energia risentita, potè sentire la concentrazione di potere oscuro crescere nell’aria. Respirare era diventato un continuo inghiottire fiotti di aria infettata dalla fame di carne e di anime.

La creatura che infestava quella montagna doveva essere molto potente e ingorda, oltre che pericolosa.

Senza esitare ne scomporsi, Lan Zhan avanzò spedito. La veste bianca gli fluttuava intorno come una nuvola di morbida seta, mentre i capelli erano scossi con leggerezza dal vento flebile che profumava di bosco.

L’incontro con il Giovane Mo, da tutti chiamato pazzo per qualche ragione, lo aveva però scosso più del dovuto. La sensazione di conoscerlo non era ancora sparita del tutto.

Com’era possibile che degli occhi diversi dessero lo stesso brivido lungo tutto il corpo di una persona che era cambiata così tanto, col tempo?

Il frastuono che interruppe i suoi pensieri gli fece capite di essere arrivato vicino alla battaglia. Il rumore di spade che colpivano la roccia, le grida alte verso il cielo e… il suono di un flauto.

Coltivazione demoniaca, senza ombra di dubbio, perché nessuno sano di mente si metterebbe a suonare in una situazione di emergenza, a meno che la stessa melodia non fosse la sua migliore arma.

Quello che sconvolse Lan Zhan però fu proprio la canzone in se. Intonata in modo decisamente rozzo e frettoloso, solo due persona nell’intero mondo conoscevano quella canzone, una delle quali morta.

Avanzando ancora, il famoso Hanguang-Jun raggiunse lo spiazzo erboso che ospitava il luogo dello scontro. La piana era occupata da molti coltivatori, alcuni feriti, altri ancora in piedi. C’erano Jin Ling e altri del suo Clan, c’erano anche Lan SiZhui e il suo compagno di viaggio, ma tutti erano irrilevanti, agli occhi di Lan WangJi.

La persona che si ritrovò a fissare gli dava la schiena. Era proprio il giovane pazzo che aveva incontrato quella mattina, anche se in quel momento la sensazione di familiarità assunse una logica interna. Ora che ne aveva la certezza, Lan Zhan si ritrovò così tante emozioni in corpo che per un attimo perse il senso della realtà, afferrando lui e tirandoselo addosso.

E fu come prendere una grossa boccata d'aria dopo troppo tempo in cui non si ha fatto altro che respirare piano, stingendo i denti e mantenendo il controllo sul proprio fiato. 

Gli sembrava di aver improvvisamente incominciato a vedere il mondo a colori dopo una vita di bianco e nero, e forse era davvero così. Magari dopo la morte del suo cuore, la realtà aveva davvero perso delle sfumature che solo gli innamorati avevano il privilegio di assaporare con gli occhi.

Totalmente sopraffatto dall’euforia, non sentì nulla se non il suo cuore battere nel petto al ritmo di quello dell’atro, stretto tra le braccia che non lo avrebbero più lasciato. Con il fiato mozzato in gola, non aprì bocca per non scoppiare in lacrime.

Avrebbe avuto così tanto da chiedergli, così tanto da raccontargli, ma esitò. 

Cosa dovrei dirgli? si ritrovò a pensare. Forse che mi è mancato, o che la sua dipartita mi ha devastato l’anima a tal punto che il mio Clan temeva per un mio suicidio.

-Tu…- sussurrò invece, non riuscendo comunque a completare la frase. Non c’era nulla da aggiungere, o forse c’era davvero troppo, in fin dei conti. Ma come poteva narrargli la sua sofferenza, sapendo quanto vergognosa fosse stata?

Aveva passato anni a implorare gli dei di riunire le loro anime, in qualche modo. Facendolo morire o riportando in vita Wei WuXian, questo non gli era mai importato. 

Spiegargli questo sarebbe stato crudele, perché il dolore che si era portato dentro per tredici lunghi anni, Wei WuXian non lo conosceva. Non sapeva del suo amore, ne del suo affetto.

Per lui, Lan Zhan era semplicemente un compagno di studi che occasionalmente poteva infastidire e prendere in giro, nulla di più. E Lan WangJi non avrebbe preteso altro, se non gli fosse stato concesso.

Gli bastava averlo con se, al sicuro. Che poi si creasse una vita che gli poteva piacere, con altri o no, non gli sarebbe interessato. Non troppo, comunque. Lo voleva solo in vita, per poterlo vedere sorridere almeno un’altra volta. 

Wei Ying… sei qui con me, finalmente.

 

 

 

Epilogo - Vivo e morto   (n.d.A: mio diletto personale, non uccidetemi)

 

-Come sei morto?- gli domandò con forte curiosità un giorno, nonostante la sua voce tradisse un accenno di malinconia.

Nessuno glie lo aveva mai domandato, non così direttamente. Chiunque era ha conoscenza della spedizione organizzata per ucciderlo, ma in pochi sapevano chi effettivamente aveva dato il colpo di grazia.

Lan WangJi era intenzionato a scoprirlo. Restava da vedere se Wei WuXian fosse disposto a parlarne.

-Mi sono fatto ammazzare, Lan Zhan- gli spiegò senza esitare neppure un secondo -Mi sono fatto ammazzare come un cane, perché era giusto così- aggiunse con il tono di qualcuno che non crede di aver detto nulla di significativo.

Non era un nome, ma per il momento poteva bastare. Lan Zhan non rispose, quindi l’altro continuò a parlare di quante volte avesse sentito il ferro contro la pelle, quella notte.

Di quante frustate gli erano state inflitte.

Delle pugnalate ricevute.

Degli arti tagliati.

Del sangue vomitato.

Degli organi perforati.

Dei capelli strappati.

Delle ossa rotte e calpestate.

L’odore di sangue che c’era nell’aria, oh, Lan Zhan, dovevi esserci! Più gridavo e più loro ridevano… forse gli piaceva vedermi agonizzare. Si sono fermati solo quando li ho iniziati a maledire.

Mentre elencava altri ricordi, infiniti e pieni di dolore, Lan WangJi sentì il cuore tremare. Come poteva sopportare di sentire com’era stato torturato il suo amore, se al diretto interessato non sembrava importare delle torture subite?

-Chiudiamola in bellezza, mi sono detto- Wei Ying gli sorrise come se questo bastasse a rischiarate i suoi occhi d’ambra da quella triste patina di lacrime che gli inondavano il viso -Lo sai, ho dato sempre il mio massimo, ma agli altri non è mai bastato-

Ma a me si, Wei Ying. A me si.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
Non è il finale che vi aspettavate eh? Ho voluto ricollegare con un filo tutta la storia, quindi ho iniziato l’ultimo capitolo come il primo: Lan XiChen che bussa e Lan Zhan che lo fa entrare. Non so perché ci tenevo tanto, ma era giusto farlo, così come era giusto scrivere questo capitolo così lungo rispetto agli altri.
Sappiate che abbandonare questi personaggi mi sta tagliando in due l’anima, soprattutto perché non sono mai stata così vicina a Lan Zhan (che sinceramente nel novel capivo poco) e ora che l’ho fatto soffrire così tanto… mi ci sono affezionata molto :(
Il fatto che poi discutano sull’energia demoniaca è una mia ipotesi: in effetti mi sono sempre chiesta perché sia la setta di Yunmeng che quella di Gusu avessero mobilitato i loro esponenti più importanti per una semplice caccia su un monte sperduto. Magari mi sono persa qualcosa, ma in tal caso passatemela come libertà letteraria.
Ovviamente la parte finale (l’Epilogo), è completamente inventata. Non c’è na scena nel novel che parli di questo dialogo, ma mi è piaciuto immaginarla. Forse è un pò triste, ma non avevo detto che sarebbe stato un finale allegro ;)
Deb, Athe, Danika, Mitsuyahime, Liena67, grazie per avermi accompagnata fino a qui, spero vi sia piaciuta, perché è stata bello scriverla per me quanto per voi leggerla (spero). Un abbraccio forte a tutte, siete fantastiche.

Baci a tutti, Sarah_lilith

 

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