An Hour In The Shower

di Kim WinterNight
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Luci viola e piastrelle leopardate ***
Capitolo 2: *** Batterista degenere e vuoti di memoria ***
Capitolo 3: *** Rabbia intensa e vendetta ristoratrice ***



Capitolo 1
*** Luci viola e piastrelle leopardate ***


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Luci viola e piastrelle leopardate

 

 
 
 
 
 
[Stewart]
 
Staziono di fronte all’ingresso dell’enorme e lussuosa doccia, gli occhi mi brillano per la magnificenza che stanno ammirando.
Quello che ci vuole, dopo ogni concerto che si rispetti, è proprio una doccia rigenerante. Non sopporto chi cerca di dissuadermi: non me ne frega niente di chi mi suggerisce che dovrei mangiare, bere, salutare i fan, salutare i colleghi, fare delle foto…
Queste sono cose secondarie per me.
E poi il box che mi si para di fronte agli occhi è veramente stupendo: le pareti enormi in vetro temperato color corallo, le piastrelle in marmo leopardato, il piatto doccia nero, i rubinetti lucenti e pulitissimi.
Sono impaziente, così comincio a spogliarmi e a lasciare i vestiti sul pavimento, tanto sono sporchi di sudore e non potrò utilizzarli di nuovo.
Mi allungo per aprire l’acqua e regolarla, ma i miei occhi mettono a fuoco un interruttore sulla parete appena fuori dal box doccia. Incuriosito, lo premo, senza minimamente pensare che potrebbe trattarsi di un allarme.
Una soffusa luce viola si diffonde dal soffitto del box, creando un effetto che è molto simile a quello di un locale a luci rosse. Se qualcuno volesse fare delle sconcerie in quel bagno, ci sarebbero decisamente i presupposti.
Mentre mi infilo sotto il getto caldo dell’acqua, mi accorgo che lentamente la luce cambia, trasformandosi in un accattivante rosso acceso. Questa è la doccia più bella che io abbia mai sperimentato, darei un rene per averla così a casa mia.
Anche i prodotti da bagno sono deliziosi, sono veramente soddisfatto. Certo che aprire per i Queen ha i suoi vantaggi; io gliel’avevo detto a Sting di accettare senza remore, ma la sua antipatia nei confronti di Freddie Mercury stava per impedirmi di godere di una doccia tanto rigenerante e paradisiaca! Questa non gliel’avrei mai perdonata.
Meno male che Andy è riuscito, non si sa come, a fargli cambiare idea. Credo abbia fatto leva sui profitti che ci sarebbero spettati.
Mentre sono immerso nei miei pensieri, la porta del bagno si apre di scatto e io sobbalzo.
«Chi cazzo sei? Esci, è occupato!» sbraito, assicurandomi che la porta scorrevole sia ben chiusa. Avrei dovuto chiudermi a chiave, ma quando ho visto la doccia il mio cervello si è spento completamente, facendo sì che io e questo box divenissimo due cuori e una capanna.
Sento qualche tonfo e una voce impastata che biascica qualcosa di incomprensibile; allarmato, scosto appena l’anta e la lascio scorrere per qualche centimetro, buttando fuori la testa.
I miei occhi si sgranano completamente quando mettono a fuoco una figura familiare.
Brian May, il leggendario chitarrista dei Queen, si muove a tentoni fino a raggiungere il cesso, poi si blocca e lo fissa con intensità, come se al suo interno avesse intravisto un tesoro prezioso. Non ricordo neanche se ho tirato l’acqua prima.
Sto per dirgli qualcosa, quando mi rendo conto che fatica a mantenere l’equilibrio. Appoggia una mano sulla parete di fronte a sé e biascica qualcosa. Dev’essere ubriaco marcio.
Mi viene in mente che dovrebbe essere sul palco, ma forse c’è ancora tempo prima che i Queen suonino. Io, Andy e il nostro carismatico cantante e bassista Sting siamo stati tra i tanti a suonare prima delle Regine Del Rock.
«Ciao!» esclama all’improvviso, ma non sta parlando con me. Ha gli occhi fissi sul cesso e sorride felice al suo nuovo amico. «Sai che sei proprio carino? Mi sa che devi aiutarmi, però…»
Questo qui non si è nemmeno accorto che sono presente. Mi sta inquietando, ma è troppo divertente. Devo assolutamente continuare ad ascoltarlo.
«Ho la nausea…»
Oh cazzo, ho ragione. È ubriaco.
«Ehi, Brian May, vedi di non…» comincio, ma non faccio in tempo a concludere la frase che lui si china in avanti sul wc.
Solo in quel momento noto che il coperchio è abbassato. Se vomita ora, i miei vestiti finiranno inondati di quella roba puzzolente che ha nello stomaco.
Spalanco la doccia e mi precipito fuori, rischiando di scivolare sulle fottute mattonelle di marmo lucide più dello specchio. Impreco e riesco a sollevare il coperchio giusto in tempo.
Brian è ancora assorto, ma a svegliarlo da quel torpore alcolico è il ponderoso schianto che la sua fronte compie contro il flessibile della cassetta dello scarico.
Il chitarrista dei Queen grida e si porta entrambe le mani sulla parte lesa, ma infine deve svuotare lo stomaco e non riesce più a trattenersi.
Ha pure lasciato la porta aperta e io sto cominciando a gelare, oltre che a spazientirmi. Questo coglione ha interrotto il mio momento sacro, e se prima mi sembrava tutto divertente, ora vorrei cacciarlo fuori di qui a calci in culo.
Sbuffo e gli picchietto sulla spalla. «Carissimo collega, ti senti meglio adesso? Mi lasci fare la doccia?» domando.
Quando Brian alza lo sguardo su di me e si pulisce la bocca con la manica della camicia, mi ricordo che sono nudo e bagnato fradicio. Che situazione del cazzo, non ho neanche capito perché devono capitare tutte a me. Questa volta giuro che non me la sono andata a cercare, anche se forse avrei dovuto chiudere a chiave la dannata porta del dannato bagno.
«Roggie…» mormora Brian.
Scosso dai brividi, mi affretto a chiudere la porta e incrocio le braccia sul petto. Ci mancava solo questa: mi ha confuso con il suo batterista.
«Roggie!» esclama euforico, sorridendo a trentadue denti. Sembra felicissimo e io non riesco a frenare quel suo entusiasmo immotivato. In fondo mi fa tenerezza.
«Oh! Che bella doccia! Mi stavi aspettando?» ammicca, mentre sul suo viso si dipinge un ghigno malizioso.
«Che cosa?» sbraito.
Poi realizzo. Se Brian May si comporta in maniera maliziosa nei miei confronti, convinto che io sia Roger Taylor, deduco che tra i due ci sia qualcosa di più.
Avrei voluto non saperne niente, ma la verità è che mi interessa eccome.
«Ho appena vomitato, ma tu mi vuoi lo stesso?» cinguetta Brian, gli occhi che si fanno più grandi del solito e diventano dolci come quelli di un cagnolino in cerca di affetto.
Onestamente mi fa pena, però un’idea malsana si sta facendo strada dentro di me. Se stessi al gioco, potrei raccontare in giro che sono un grande amico del magnifico ed egregio Brian May. E lui dovrebbe fare tutto quello che gli dico se non vuole che sputtani ai quattro venti che ci ha provato con me.
Forse dovrei cacciarlo come ho pensato poco fa, ma al diavolo. Voglio vedere cosa succede.
«Sì, in effetti ti aspettavo, Brimi…» butto lì, ricordandomi di aver sentito per caso Freddie Mercury abbreviare il nome del chitarrista in quel modo bizzarro.
«Adoro quando mi chiami così!» esclama il riccio, avvicinandosi pericolosamente a me. E dico pericolosamente perché sta barcollando e rischia di calpestare i miei vestiti.
Lo afferro per le spalle e lo guido verso la doccia, scalciando i miei abiti di lato. Una cosa è certa: se vuole avere qualcosa a che fare con me, deve lavarsi. Puzza di alcol e vomito, non è molto invitante.
Brian scoppia a ridere. «Si vede che sono ubriaco» commenta.
«Perché?»
«La tua voce mi sembra diversa, tu mi sembri più alto…»
«Hai bevuto tantissimo, Brimi. Adesso togliamo i vestiti e ti dai una bella lavata, eh?» propongo, trattenendo a stento una risata.
Lui annuisce e si lascia spogliare senza remore. Tutto ciò è surreale, però ormai mi ci sono ficcato e mica posso tirarmi indietro!
Lancio un’occhiata veloce al corpo nudo di Brian May: niente male, direi che è scopabile. Non mi sono mai posto limiti sul sesso delle persone con cui me la spasso, posso soddisfare qualunque essere vivente.
Anche se tutti vanno in giro a sparare cazzate sul fatto che il mio carismatico cantante Sting abbia una durata infinita quando scopa, tutti sappiamo che sono solo stupidaggini. Sting avrà pure tanti pregi, ne ha infiniti, anche se ora non me ne viene in mente neanche uno… sta di fatto che è un semplice essere umano in fatto di sesso, ecco.
Brian allunga le mani per toccare il mio torace, ma decido che devo essere io ad avere il controllo. Altrimenti non mi divertirò come voglio.
«Brimi, vuoi farmi contento?» gli chiedo, bloccandogli i polsi per impedirgli di compiere movimenti avventati.
Annuisce e sorride ancora.
«Allora entriamo in doccia» decido, trascinandolo per i polsi e aiutandolo a entrare nel box senza farlo cadere.
Lui si appoggia con le mani contro le piastrelle e sospira. «Roggie?»
«Che c’è?» chiedo, facendo scorrere i polpastrelli lungo la sua schiena nuda e leggermente arcuata in avanti. Tiro leggermente una ciocca dei suoi capelli ricci che ormai stanno cominciando a bagnarsi.
«Non so se riuscirò a stare in piedi…» farfuglia.
«Non preoccuparti, penso a tutto io» taglio corto, poi gli porgo un’enorme spugna blu. «Su, datti una lavata!» lo incito.
Brian cambia posizione e si appoggia con la schiena alle piastrelle in marmo leopardato – non ho mai visto un design del genere, giuro – e accetta la spugna stracolma di bagnoschiuma muschiato.
Si insapona per bene e io mi sfrego le mani, per poi portarne una tra le gambe. Devo dedicarmi per un po’ alla mia erezione, altrimenti non sarò abbastanza pronto per essere lo stallone di Mister Brian May!
Il chitarrista sposta lo sguardo verso il basso e sorride con fare innocente, mentre si lava con movimenti goffi che vorrebbero essere lascivi. In fondo si sta impegnando, devo rendergliene atto. Mi sto eccitando, tutto ciò è divertente.
«Roggie?» mi chiama ancora, pronunciando il nomignolo del biondo batterista dei Queen.
«Sì?»
«Oggi ci pensi tu? Io non so se riuscirò a scoparti…»
A quel punto realizzo e lo stomaco mi si intreccia. Seriamente, io non avevo minimamente preso in considerazione l’eventualità che Brian fosse la parte attiva della coppia. In effetti, pensando a Roger Taylor, e ai suoi tratti piuttosto delicati, avrei dovuto immaginare che uno come il chitarrista riccio facesse sempre la parte migliore durante le scopate.
Ancora una volta sono fortunato, però: Brian si è offerto per essere passivo, non potrebbe andarmi meglio di così!
«Ma certo, tesoro bello!» cinguetto, prendendogli il viso tra le mani e stampandogli un bacio sul naso. «Che carino che sei, vero?»
Il chitarrista si scioglie in un sorriso radioso e mi abbraccia di slancio. Glielo lascio fare, in fondo se voglio essere credibile nel ruolo di Roger Taylor, devo mostrarmi accondiscendente e fare come se quella non fosse la prima volta che rimanevo in intimità con lui. Che stronzate stavo combinando?
Casualmente il sesso di Brian si struscia contro il mio, ed è a questo punto che inizio sul serio a desiderare di portare a termine al più presto la mia meritata scopata. Insomma, sono stato interrotto durante il mio rituale di purificazione!
«Brimi, ora sei pulito! Perfetto! Sei profumatissimo, delizioso… che bel ragazzo!» blatero, facendo scivolare le mani lungo la sua schiena, per poi raggiungere i glutei sodi. Sì, decisamente, ho fatto bene a mettere su questo teatrino, per un culo come questo si potrebbe fare qualsiasi follia!
Se il mio carismatico cantante Sting mi vedesse, darebbe di matto: detesta Freddie Mercury e di conseguenza tutti coloro che gli stanno appresso. Sospetto che invidi la sua voce e il suo modo di essere sexy e amato da tutti.
«Oh, Roggie!» mugola Brian, mentre lascio scivolare un dito dentro di lui, tenendolo sempre abbracciato. Non vorrei mai che cadesse, se poi si dovesse ferire sarebbe un bel casino.
«Da bravo, rilassati. Così» gli suggerisco, lasciandogli ogni tanto dei piccoli baci tra i capelli. Sono sicuro che sia un bravo ragazzo, mi sta simpatico e gli voglio bene alla fin fine. È un bravo chitarrista e poi Andy dice che suona davvero da dio. Credo che abbia ragione, almeno non fa jazz.
Brian sospira e si inarca per andare incontro ai miei movimenti. Inserisco un secondo dito e torturo per un po’ la sua carne calda e accogliente, mi piace sentirlo gemere piano contro il mio orecchio.
Chissà se si ricorderà di quello che stiamo facendo.
«Roggie… sai che prima ho salutato il cesso?»
«Sì. E hai sbattuto la testa sul flessibile» aggiungo divertito, facendo oscillare piano i nostri corpi.
Il sesso di Brian preme nuovamente contro il mio, sento che presto dovrò darci dentro.
«Mi fa male la fronte» mugola.
Meno male che non sente dolore nella parte che sto violando con le dita; azzardo a inserirne un terzo e lui lo prende con entusiasmo, artigliando le lunghe dita callose ai miei fianchi.
«Sei bravissimo» mi complimento, per poi portando la mano destra sotto il suo mento. Lo costringo a guardarmi in faccia, poi lo bacio per la prima volta da quando tutto questo casino è iniziato. «Va meglio?» chiedo.
Lui annuisce e sorride estasiato, inarcando il bacino contro di me, in una chiara richiesta.
«È arrivato il momento, mio caro Brimi, di scoparti come dio comanda!» proclamo in tono solenne, per poi sfilare le dita da lui e afferrarlo per le spalle.
Lo faccio voltare con la faccia contro le bizzarre piastrelle leopardate e mi chino in avanti per sussurrargli all’orecchio: «Pronto?».
Brian mugola e si inarca all’indietro, offrendosi completamente a me.
Ho l’impressione di sentire un rumore provenire dalla porta d’ingresso del bagno, ma decido di ignorarlo.
Non lascerò che una stupida impressione rovini questo momento idilliaco.
Con un sospiro, afferro saldamente i glutei del Signor Brian May e, alla faccia del mio carismatico cantante Sting e del suo odio per le Regine del Rock, comincio a farmi strada dentro di lui.
 
 
 
 
 
 
😊 😊 😊
 
Miei carissimi lettori, eccomi qui con questa storia infinitamente cretina!
Non lo so se conoscete i Police e, in particolare, Stewart Copeland, il loro batterista, però il banner in cima – per il quale devo ringraziare la mia adorata Carmaux *___* – dovrebbe mostrarvi tutti e sette i componenti delle due band che saranno parte di questo folle esperimento!
Per ora abbiamo visto solo Stewart che, dopo aver suonato, si fionda in bagno per la sua doccia di rito; qui, però, Brian lo interrompe perché è ubriaco fradicio e doveva vomitare.
Per quanto riguarda la questione della doccia, è vero che Stewart ha sempre avuto una fissa assurda, una necessità viscerale di fiondarsi sotto il getto dell’acqua non appena concluso un concerto; quest’informazione me l’ha gentilmente spoilerata la mia cara Soul, che ha letto l’autobiografia del batterista dei Police (e non vedo l’ora di leggerla anche io, so che è piuttosto esilarante! *___*).
La faccenda di Brian che parla con il wc e che ci sbatte la testa mentre sta per vomitare l’ho presa da eventi realmente accaduti al chitarrista dei Queen (ringrazio ancora Carmaux per avermeli fatti scoprire un po’ di tempo fa), anche se in due momenti diversi! Ho pensato di unirli perché mi piaceva l’idea di Bri ubriaco che non riusciva a scindere realtà e immaginazione… tant’è che ha creduto di essere in bagno con Roger XD
Sembra che le cose stiano andando abbastanza bene per questi due, vero?
Ma già vi anticipo che deve ancora succedere un sacco di roba XD
Spero vivamente di avervi fatto sorridere con questo primo capitolo, perché io mi sono divertita a scriverlo e a caratterizzare Stewart, dato che sia da alcune interviste che ho guardato su YouTube e sia da ciò che Soul mi ha detto, lui è un personaggio molto divertente, che tende a esagerare ogni cosa che racconta e a vantarsi di ciò che sa fare! Inoltre, è terribilmente ironico e sono poche le volte in cui non se ne esce con commenti sarcastici o in cui non scherza! Anche il fatto che, quando si rivolge a Sting, lo nomini come “carismatico cantante” è tutto dire, visto che non è che loro due siano propriamente mai stati in buoni rapporti, ecco XD
Ho completamente inventato l’espediente dei Police che aprono per i Queen, non mi risulta che le due band abbiano mai condiviso il palco, ma se qualcuno di voi ha informazioni diverse, me le può riferire? Grazie ^^
È una mia invenzione anche l’odio di Sting per Freddie Mercury, ma più avanti capirete perché questo elemento ha una certa rilevanza XD
Ultima informazione importantissima: il titolo della storia prende il nome dall’omonimo brano dei Chicago; la canzone, scritta e cantata dal chitarrista Terry Kath, è un chiaro riferimento a momenti di masturbazione sotto la doccia! Il testo parla chiaro, eheheh! Come potevo non scegliere questo pezzo per la mia storia demenziale? Per queste informazioni devo assolutamente ringraziare l’esperta dei Chicago, la Regina della loro categoria su EFP, ovvero la fantastica evelyn80! *___*
Okay, ho finito!
Mi scuso per queste lunghe note, ma erano necessarie!
Ringrazio chiunque recensirà e mi seguirà in questa avventura, al prossimo capitolo ♥

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Capitolo 2
*** Batterista degenere e vuoti di memoria ***


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Batterista degenere e vuoti di memoria

 
 
 
 
 
 
[Sting]
 
Come al solito, Stewart mi ha fatto incazzare. Ogni volta gli dico che deve essere un poco più delicato con la batteria, a me dà fastidio quando pesta come un dannato sui tamburi! Ancora peggio sui piatti!
Ma lui è cocciuto, non mi dà ascolto, vuole sempre fare di testa sua e alla fine i nostri concerti sono sempre deplorevoli.
Possibile che non capisca proprio niente? I batteristi sono sempre esseri bizzarri e ottusi, dovrebbero aprire la loro mente e accettare i consigli di chi ne capisce qualcosa in più di loro.
Io sono un cantante e un bassista di tutto rispetto, so di cosa parlo, infatti Andy mi dà retta e si comporta come gli dico. È intelligente, non ha mai voglia di litigare e di andarmi contro su questioni che la sua scarna mente non è in grado di afferrare.
Mi aggiro furioso per i corridoi, mentre un’altra band suona sul palco prima dei Queen. Altro motivo per cui sono arrabbiato è il fatto di aver aperto per questi esseri: non sopporto che la mia band sia stata una delle tante comparse in apertura del concerto di Freddie Mercury e compagni. Io quello proprio non lo sopporto, è incredibile quanto riesca a farmi saltare i nervi.
È snob, montato e insolente, crede di sapere tutto e si atteggia a grande artista, mentre invece dovrebbe abbassare la cresta.
Ho decisamente voglia di trovare quel coglione di Stewart Copeland è spaccargli la faccia. Ha suonato di merda e mi ha fatto fare una figuraccia di fronte a Mercury, chissà quanto starà ridendo alle mie spalle adesso!
Faccio irruzione nella zona dei nostri camerini, per poi dirigermi nuovamente in corridoio. Quell’idiota dev’essere ancora in bagno, quanto cazzo ci mette a fare la doccia? È uno strazio, ci rimane almeno un’ora ogni volta!
Raggiungo i bagni e ne apro uno a caso, trovandolo vuoto. Passo al successivo e sto per abbassare la maniglia, quando un suono raggiunge le mie orecchie.
Sembrano delle grida, o meglio, dei mugolii strozzati come quelli di un animale ferito. Aggrotto la fronte e aguzzo l’udito: c’è un sottofondo di acqua corrente, un susseguirsi di colpi secchi e regolari e un basso ringhio che compare ogni tanto.
Non so cosa stia succedendo, ma decido di volerlo scoprire. Almeno posso distrarmi e non pensare al batterista degenere che milita nella mia band.
Raggiungo il bagno da cui proviene tutto quel fracasso e abbasso la maniglia, trovando la porta magicamente aperta. La scosto piano e sbircio all’interno.
Il vapore acqueo invade ogni angolo dell’enorme stanza, ma i miei occhi riescono comunque a scandagliarne l’interno, fermandosi sul maestoso box doccia che staziona proprio di fronte a me: pareti in vetro temperato color corallo, pavimento nero, piastrelle in marmo leopardato e luci viola che piano diventano rosse.
La porta scorrevole è aperta e lascia intravedere ciò che sta avvenendo all’interno.
Mentre l’acqua scorre indisturbata, Brian May dei Queen è appoggiato con i palmi contro la parete e tiene gli occhi serrati, mentre i capelli fradici sono appiccicati alla fronte e alle spalle. Compie un oscillante e ostinato movimento avanti e indietro, mentre il batterista degenere che milita nella mia band se lo scopa con vigore.
La faccia paonazza e distorta di Brian May rischia più volte di andare a sbattere contro le piastrelle, mentre le sue labbra emettono lamenti osceni che mi fanno rabbrividire di ribrezzo, il tutto accompagnato dalle spinte forti e secche di Stewart e dal suo scombinato ringhiare.
Non riesco più a guardare, così sbatto la porta e me ne vado di tutta fretta, tentando di cancellare immediatamente dalla mia memoria quell’immagine raccapricciante.
Sono completamente sotto shock, il che non è certo da me. Sono un essere integerrimo che non si lascia scalfire da niente e da nessuno, ma in questo momento potrei esplodere se non lo dicessi a qualcuno.
Il disgusto serpeggia dirompente all’interno del mio corpo, così torno a fiondarmi nei camerini della mia band e per fortuna trovo Andy Summers all’interno della sala comune, mentre mangiucchia delle caramelle gommose da un sacchetto bianco a righe fucsia.
«Andy!» esclamo, forse con troppo impeto. Mi ricompongo e mi piazzo di fronte a lui, che se ne sta seduto composto sul divanetto in velluto color vinaccio.
Lui mi rivolge un’occhiata stralunata, forse non si aspettava che potessi rivolgergli la parola in un contesto informale come questo, ma a me non interessa. Devo dirglielo.
«Il batterista degenere che milita nella nostra band si sta scopando Brian May dei Queen nella doccia da almeno un’ora» dico con calma, mantenendo un tono di voce basso e un modo di fare misurato. «Questo lo rende ancora più stronzo e indegno di far parte di questo progetto.»
Mi rendo conto che ho appena chiamato i Police la nostra band, ma per il momento preferisco illudere il chitarrista di esserne parte integrante, ho bisogno che mi aiuti a cacciare Copeland. Questa volta ha superato il limite, si è mischiato con il nemico!
Andy mi fissa confuso, poi pesca un’altra caramella a forma di delfino dal sacchetto e se la infila in bocca, prendendo a succhiarla piano. «Mmh» bofonchia.
«Ascoltami bene! Dobbiamo cacciarlo dalla band, questo è un oltraggio!» replicò con veemenza, strappando il sacchetto delle mani del chitarrista e gettandolo alle mie spalle.
Il contenuto si sparpaglia sul pavimento e negli occhi di Andy passa una scintilla di rabbia. Il chitarrista si mette in piedi e mi fronteggia con fare impettito, poi si lascia sfuggire un sorrisetto e scuote il capo. «Vuoi un consiglio, Gordon?»
Detesto quando mi chiama con il mio nome di battesimo, ma non ribatto e aspetto che prosegua.
«Fatti i cazzi tuoi e lascia perdere Stewart» dice, per poi chinarsi a raccogliere, a una a una, tutte le caramelle che ho lanciato poco prima.
Poi esce dalla stanza e mi lascia solo con la mia rabbia.
Devo pensare bene a come comportarmi e a come agire, ma adesso sono troppo incazzato per riflettere lucidamente.
Mi prendo la testa tra le mani e sbuffo dal naso, lasciandomi cadere sul divano.
Oggi è veramente una giornata di merda.
 
 
 
 
[Brian]
 
Sdraiato sul letto matrimoniale accanto a Roger, ripenso a ieri sera. Il concerto è stato grandioso, ma questa è una delle poche certezze che mi rimangono, dato che ho dei vuoti di memoria incredibili. Non so spiegarmi perché, ma suppongo di aver alzato un po’ il gomito.
Mi metto su un lato e sento un dolore diffuso ai muscoli delle gambe e delle braccia. Osservo Roger che sfoglia con estremo interesse una rivista di automobili ed emette grugniti d’approvazione quando vede qualche gioiellino di suo gusto.
«Rog?» lo chiamo, sfiorando con le dita il suo braccio nudo.
Lui si riscuote e distoglie lo sguardo dal giornale che stringe tra le mani, lanciandomi un’occhiataccia. «Che c’è?»
«Non ricordo niente di ieri sera» borbotto.
«Sai almeno che abbiamo suonato? Te la sei cavata bene, anche se eri stravolto!» commenta il biondo, mettendo su un sorrisetto enigmatico.
«Il concerto lo ricordo, ma per il resto…»
Il batterista getta la rivista sul comodino e si stiracchia sotto i miei occhi affamati, poi annuncia: «Nel dubbio, vado a fare una doccia».
Doccia.
Questa parola suona come uno strano campanello d’allarme nella mia mente, ma non riesco a capirne il motivo. «Perché mi fa male tutto? Non è che ieri ti sei approfittato di me perché ero ubriaco?» insisto, massaggiandomi distrattamente la coscia destra.
Roger mi scruta attentamente e sbuffa. «Non eri certo in condizioni di combinare qualcosa, Bri.» Si alza e si avvia con passo spedito verso il bagno.
Doccia. Roger sta andando a fare una doccia.
Sospiro pesantemente e mi massaggio le tempie, tentando di ricordare qualcosa. Forse ho esagerato con l’alcol ieri, non avrei dovuto bere così tanto.
«Sai una cosa?» grida Roger dall’altra stanza. «Ieri per caso Fred ha incrociato Sting. Dovevi vedere che occhiate di fuoco si sono scambiati!» racconta in tono divertito.
Sting. Altro campanello d’allarme.
Improvvisamente ricordo che in effetti i Police dovevano aprire per noi ieri, insieme ad altre band. Immagino che Freddie non sia stato assolutamente contento di vedere il suo rivale, anche se io ancora non ho capito perché quei due si detestino tanto. Sono entrambi molto bravi, carismatici e capaci di coinvolgere il pubblico. Certo, ammetto che Freddie secondo me è decisamente più riconoscibile e meno anonimo, ma anche Sting ha una voce molto particolare e  potente. E poi quei ragazzi suonano bene, niente da eccepire.
«Cosa si sono detti?» chiedo di rimando, sdraiandomi a pancia in su e intrecciando a fatica le braccia dietro la nuca. Sembra quasi che qualcuno mi abbia preso a colpi, è veramente stranissimo.
«Niente. Non si sono mai scambiati una sola parola, eppure si odiano!»
Roger si affaccia nuovamente in camera e mi lancia un bacio veloce, poi si chiude la porta a distanza e io rimango immobile per un po’.
C’è qualcosa che non quadra, devo capire di cosa si tratta.
Nella mia mente si fa strada un’immagine, irrompe prepotente e rende i miei ricordi un po’ più chiari. Scatto a sedere, ma subito mi sfugge un lamento per via dei muscoli che tirano neanche avessi corso una maratona di cinquanta chilometri.
Sbuffo e mi alzo con calma, con in mente delle piastrelle leopardate e il mio corpo avvolto da una luce strana, di un colore che è un misto tra viola e rosso.
Doccia.
È una doccia, ieri devo essermi fatto una doccia. Forse nel luogo del concerto il bagno aveva delle piastrelle simili e delle luci soffuse. Eppure… ma certo!
«Roggie!» Spalanco la porta del bagno e trovo Roger che sta entrando nella vasca, scavalcando cautamente il bordo. «C’eri anche tu ieri con me!»
Lui aggrotta la fronte e mi lancia un’occhiata stranita. «Vediamo un po’: suoniamo nella stessa band, condividiamo la camera da letto, siamo amanti… cosa c’è di strabiliante nel fatto che ieri fossi con te?»
Avanzo verso di lui e lo afferro per le spalle, scuotendolo con forza. «Appunto! Ho capito cosa è successo: mi sono ricordato di essere stato in una doccia con le piastrelle leopardate e…»
«Leopardate
Annuisco con forza. «E tu eri con me! Questo spiegherebbe anche i dolori ai muscoli, sicuramente ce la siamo spassata là dentro!» Sorrido speranzoso e lo fisso. «È andata così, vero?» chiedo infine.
Sulla sua faccia è dipinta un’espressione confusa. «Tu sei fuori di testa!» Si ritrae dalla mia presa e apre i rubinetti, lottando per regolare l’acqua alla temperatura giusta.
Indietreggio per non essere bagnato e scuoto il capo. «Dai, dimmi la verità! So che ti piace prendermi per il culo e farmi penare quando bevo troppo e non mi ricordo le cose, ma stavolta stai esagerando!»
Il biondo sbuffa sonoramente e si punta le mani sui fianchi stretti, sporgendosi un poco in avanti per potermi osservare meglio. «Senti, Brian, io e te ieri non abbiamo scopato e non abbiamo fatto la doccia insieme. Okay? Cazzo, queste sono le uniche certezze che ho, mi ricorderei se io e te avessimo fatto sesso!»
Indietreggio e mi porto una mano tra i capelli. «Ma io ricordo che ero in quella doccia con te…»
«Sei fuori strada! Te lo sei sognato!» taglia corto, per poi voltarmi le spalle e tirare la tenda per poter finalmente cominciare a fare la doccia.
Esco dal bagno a testa bassa, sconsolato. Insomma, com’è possibile che mi sia inventato tutto? Avrò anche la memoria annebbiata, ma sono sicuro di essere entrato in quella doccia con Roger!
Altrimenti non saprei come spiegare i dolori ai muscoli e le fugaci e sfocate immagini di noi due all’interno del box. Più ci penso e più i dettagli diventano chiari, ma forse è solo la mia mente che si sta convincendo di qualcosa che non è effettivamente successo.
A volte mi capita di sognare qualcosa e di confonderla con la realtà. Un giorno ho sognato che Freddie aveva tagliato i capelli a zero; quando l’ho visto in sala prove, sono rimasto scioccato e gli ho chiesto se avesse cambiato idea e da dove avesse pescato una parrucca tanto simile ai suoi veri capelli.
Ovviamente lui e Roger mi hanno preso in giro per almeno un mese, e ancora oggi ogni tanto riportano fuori questa cosa quando vogliono rompermi le scatole. Per fortuna nella band c’è John, lui che non si comporta da infame e non infierisce sulle difficoltà altrui.
Mi butto nuovamente sul letto e fisso il soffitto con la confusione ad attanagliarmi nuovamente i pensieri. Questa storia è preoccupante, devo seriamente darmi una regolata con l’alcol.
Non avere il controllo dei miei ricordi e delle mie azioni può essere anche divertente ogni tanto, ma stavolta mi sa che ho superato il limite.
Eppure ne sono certo: io e Roger eravamo in una doccia dalle piastrelle leopardate ieri sera. Sono sicuro che lui si sia messo d’accordo con Freddie per tenermi nascosta la verità, quei due si coalizzano sempre contro di me, trovano esilarante vedermi dare di matto quando qualcosa non è esattamente sotto il mio totale controllo.
Sospiro e mi metto su un fianco, chiudendo gli occhi. Forse se provo a dormire ancora un po’, i pensieri mi si schiariranno.
Doccia.
Sting.
Police.
Doccia.
Affondo la faccia sul cuscino e sospiro. Sono stanco morto, ho soltanto bisogno di riposare.
Al mio risveglio i ricordi saranno limpidi come un laghetto di montagna.
 
 
 
 
 
 
☺ ☺ ☺
 
Cari lettori, eccoci al secondo capitolo di questa cosa demente XD
Mi sono divertita a scrivere sia la parte di Sting che inorridisce di fronte alla scoperta di Brian e Stewart in atteggiamenti intimi, sia a descrivere il caro chitarrista dei Queen in preda alla confusione più totale!
E adesso cosa succederà?
Beh, che ve ne pare? Io sono profondamente divertita da tutto ciò! :P
Per caratterizzare Sting ho preso un po’ spunto da ciò che mi ha raccontato Soul nel leggere la biografia di Stewart Copeland e da altre notizie sparse che ho saputo su di lui; ho cercato di fare un lavoro molto ironico, come per tutti i personaggi, ma logicamente non conosco nessuno di loro e non so come siano in realtà! Ditemi solo se secondo voi sono credibili o meno :D
Anche per quanto riguarda Andy Summers ho cercato di attingere da ciò che so, per quanto sia poco, spero vi sia piaciuta la sua comparsa mentre mangiava le caramelle e Sting gli spiattellava ciò che aveva appena visto!
Per quanto riguarda i Queen, devo ringraziare infinitamente tutte le fantastiche autrici che scrivono su di loro nel fandom efpiano, perché altrimenti con Brian e Freddie specialmente non saprei dove mettere le mani, sono due personaggi abbastanza enigmatici per me! ^^”
Non mi resta che ringraziare chiunque mi stia seguendo e darvi appuntamento al prossimo capitolo ♥

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Capitolo 3
*** Rabbia intensa e vendetta ristoratrice ***


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Rabbia intensa e vendetta ristoratrice







[Roger]

«Perché ultimamente questi parassiti suonano sempre in apertura ai nostri concerti? Sono una persecuzione!» si lamenta Freddie, seduto su una poltroncina del nostro camerino, le braccia conserte e le gambe divaricate.
«Ti riferisci ai Police?» chiede Brian divertito.
«Sì! Quel dannato Sting poi! Avete visto quante arie si dà? Non riesco a sopportarlo!» sbraita di rimando il cantante.
John si stringe nelle spalle, lasciandosi cadere sul bracciolo accanto a lui. «È un bravo interprete, dai…» azzarda.
Freddie scatta in avanti e si volta a guardarlo con fare minaccioso. «Prova a ripeterlo se hai il coraggio!»
John alza le mani in segno di resa. «Non farmi del male, ti prego! Dicevo solo che…»
«È insopportabile, punto e basta.»
«Però hanno un bravo batterista» intervengo, accendendomi una sigaretta e gironzolando per il camerino senza una meta precisa.
«Sì, ma dovrebbero cambiare cantante» gracchia ancora Freddie, assottigliando lo sguardo.
«Perderebbero anche un buon bassista» replica Brian con calma.
«Sai una cosa? Me ne infischio!» Detto questo, il nostro frontman torna ad abbandonarsi contro lo schienale della poltrona e mette il broncio.
John allunga timidamente una mano e gliela posa sulla spalla. «Dai, non prendertela» sussurra. «Sei arrabbiato con me?» aggiunge in apprensione.
Freddie addolcisce immediatamente lo sguardo e avvolge la vita del bassista, trascinandolo su di sé fino a farlo accomodare sulle sue ginocchia. «Ma no, mio piccolo Deaky.»
«Piantatela di essere così sdolcinati» li rimbecco, consumando in fretta la mia sigaretta.
Brian mi ammonisce con un’occhiataccia. Fa per dire qualcosa, quando la porta del camerino si spalanca all’improvviso e tutti noi sobbalziamo sorpresi, puntando lo sguardo in quella direzione.
Noto che John tenta di sollevarsi dal grembo di Freddie, ma il cantante lo tiene stretto e glielo impedisce. Certamente non si vergogna di mostrarsi in atteggiamenti non proprio amichevoli con il nostro bassista, a Freddie Mercury non frega un cazzo dei pregiudizi e io sono completamente d’accordo con lui.
Sulla soglia si staglia la figura magra e longilinea di Sting, la zazzera di capelli biondi perfettamente ordinata sulla sua testa e l’espressione indecifrabile che dedica sempre a chi ritiene inferiore a se stesso.
«Sì? Cosa possiamo fare per te, Gordon?» lo apostrofa con fare superbo Freddie.
John nasconde il viso nell’incavo del suo collo, forse per l’imbarazzo o per soffocare una risata.
Scambio un’occhiata con Brian e prendo a sghignazzare.
Il cantante dei Police arriccia il naso e avanza in direzione di Freddie, gli occhi fiammeggianti e i muscoli tesi. «Innanzitutto, chiamami Sting, se non vuoi che ti ripaghi con la stessa moneta.»
«Cosa vuoi?»
«Volevo passare a trovarvi, miei cari ed egregi colleghi.» Sulle sue labbra si dipinge un sorrisetto tutt’altro che rassicurante, mentre i suoi occhi si spostano prima su Brian e infine su di me.
Lo raggiungo e gli batto sulla spalla. «Ehi, amico! Qual buon vento ti porta da queste parti?» lo canzono.
Lui si ritrae schifato e mi gela con un’occhiata tagliente.
«Le mani me le sono lavate, idiota» borbotto.
«Ripeti quello che hai detto!»
«Ma si può sapere cosa vuoi? Parla e sparisci!» si intromette nuovamente Freddie. Fa alzare John e gli fa cenno di sedersi al suo posto, per poi avanzare verso Sting in tutta la sua imponenza.
Il leader dei Police scrolla le spalle e torna a fissare prima Brian poi me. «C’è una cosa che volevo dirvi.»
«Parla, cazzo» sbotto, incrociando le braccia al petto.
«Ricordate il bellissimo concerto che abbiamo fatto insieme qualche mese fa?»
Freddie sbuffa. «Vuoi dire il concerto che voi avete aperto per noi» chiarisce in tono insolente.
«Fa lo stesso! Beh, il mio batterista ci teneva a ringraziare il vostro chitarrista» prosegue.
«Me?» si stupisce Brian, aggrottando le sopracciglia.
«Esattamente. Si è divertito molto in tua compagnia, sai?»
Lancio un’occhiata stranita in direzione di Brian. «Conosci Stewart Copeland?»
Il riccio sgrana ulteriormente gli occhi. «Non ci siamo mai parlati, in realtà. Forse ho rubato delle caramelle a Andy Summers, ma…»
«Quelle stupide caramelle» commenta Sting sprezzante. «Comunque, a me risulta che tu abbia trascorso dei momenti gai con il mio batterista degenere.»
«Scusa, ma che razza di modi sono? Perché insulti in questo modo i tuoi colleghi?» lo rimbecco stizzito. Detesto quando le persone non rispettano chi lavora con loro.
«Fatti gli affari tuoi, tu» mi si rivolge con sufficienza.
«Ma chi ti credi di essere per parlare in questo modo a Roger? Vacci piano!» esplode Freddie, stringendo una mano a pugno. Si sta incazzando, spero tanto che mi dia il via per prendere a pugni questo pezzo di merda.
«Ah, piantatela. Dicevo… io ho visto come tu e il mio batterista degenere vi divertivate» prosegue il leader dei Police, continuando a fissare Brian.
«Non mi risulta, Sting, davvero. Mi dispiace, devi esserti confuso» replica pacato il riccio, inclinando un poco la testa di lato.
«Oh, no, affatto.» Sting allarga le braccia e alza gli occhi al cielo. «Eravate così… intimi» insinua.
«Stai esagerando» mi intrometto ancora.
«No, Roger, credimi. Erano veramente felici e si divertivano un sacco.»
«Non è vero, ma che…»
Sting rimane fermo e imperturbabile. «La faccio breve: vi ho visto scopare come animali nella doccia. Eravate così disgustosamente avvinghiati, immersi in quelle luci viola e rosse. E dovevate vedere come Brian si faceva sbattere contro le piastrelle leopardate…»
Freddie e io ci scambiamo un’occhiata breve ma concisa, poi ci scaraventiamo contemporaneamente contro il leader dei Police, afferrandolo per le spalle e per i capelli.
«Giù le mani!» ordina, alterando di poco la voce.
«Cosa cazzo hai detto?» sbraita Freddie.
Io sono confuso, perché all’improvviso nella mia mente si fa strada un ricordo. Io e Brian che parlavamo, il giorno dopo il concerto con i Police in apertura ai Queen, e lui che asseriva di ricordare di una scopata con me in una doccia come quella descritta da Sting.
Lascio la presa e mi volto lentamente verso Brian, mentre Freddie continua a gridare e a spingere il suo rivale verso la porta del camerino.
Il riccio è pallido e indietreggia di un passo, le mani artigliate al bordo della camicia nera che indossa. «Io non…» Deglutisce a fatica. «Non capisco.»
«Brian?» lo incalzo, raggiungendolo velocemente.
Lui scuote la testa e china il capo. «Non mi ricordo di… io pensavo che… Roggie!»
«Ti sei fatto scopare da Stewart Copeland?» grido, afferrandolo con forza per le spalle.
«Io… no, no! Quello eri tu, te lo giuro!»
«Io?! Ero io?»
«Sì!» esclama, tentando di difendersi.
«No che non era lui, Brian May! Era il mio fottuto batterista degenere!» sento dire a Sting.
«Sei un essere immondo, non meriti neanche di essere guardato in faccia! Esci immediatamente dal nostro camerino e non farti mai più vedere!» urla Freddie, mentre la risata acuta e canzonatoria di Sting si espande nell’aria circostante, irritandomi maggiormente.
Non riesco a badare a lui, ce l’ho con Brian, non può avermi fatto questo!
«Brian, cazzo, ti sei fatto scopare da un altro!»
«Ma io credevo che fossi tu!»
«Come cazzo hai potuto credere che fossi io? Che cazzo hai in testa?»
«Ero ubriaco, io…»
«Dimmi come cazzo è potuto succedere, porca puttana!»
«Rog, calmati» sento dire da John.
Lo ignoro e stringo più forte le spalle di Brian. «Rispondimi!»
«Ma mi chiamavi Brimi!» piagnucola il riccio.
«Che cosa?!»
«Sì! In effetti… mi sembravi un po’ più alto, la voce era diversa… ma io credevo che…»
La vista mi si annebbia e comincio a vedere tutto rosso. Lo lascio andare bruscamente e mi volto verso la porta del camerino, incontrando lo sguardo di Freddie. Il cantante e furente, forse anche più di me, e quando lo vedo annuire capisco che devo assolutamente fare qualcosa.
Marcio verso l’uscita e non me ne frega un cazzo dei richiami di Brian e delle raccomandazioni di John.
Sento che i miei compagni di band mi seguono, ma io so esattamente dove andare e cosa fare.
Il mio obiettivo è solo uno: Stewart Copeland, il pezzo di merda che ha osato deflagrare il mio amante, approfittandosi di lui quando era completamente ubriaco.




[Stewart]

Sono stravaccato nel divanetto sfondato del nostro camerino e giocherello con le mie bacchette, mentre Andy pesca l’ennesimo cioccolatino dal sacchetto che tiene sulle ginocchia.
Entrambi ignoriamo l’ingresso del nostro carismatico cantante, il quale non si degna neanche di rivolgerci la parola. Si dirige verso il suo cubicolo e vi si chiude dentro, sbattendo la porta.
«Gordon è incazzato» commento divertito.
«Strano» replica laconico Andy.
C’è silenzio intorno a noi, dobbiamo soltanto aspettare che ci chiamino per salire sul palco. Anche questa volta dobbiamo aprire per le Regine Del Rock, ma io ancora non ho avuto modo di salutare Brian May e proporgli di replicare il nostro momento divertente di qualche mese fa.
Improvvisamente qualcuno bussa insistentemente alla porta, così sbuffo e mi alzo controvoglia per andare ad aprire. Sicuramente è qualcuno dello staff che ci sprona ad avvicinarci nel backstage perché è quasi ora di suonare. Sinceramente non vedo l’ora, voglio far incazzare ancora di più Sting, dato che ho notato che per poco non gli usciva il fumo dalle orecchie.
Apro la porta con un sorriso gioviale, ma ciò che succede mi lascia letteralmente spiazzato: ricevo un pugno in pieno viso, seguito subito dopo da un altro.
Mi piego in due per il dolore e mi porto le mani al naso, avvertendo un dolore intenso e percependo qualcosa di liquido e viscoso scivolarmi tra le dita.
«Roger!» sento strillare da qualcuno in corridoio.
Alzo gli occhi e noto che Roger Taylor dei Queen sta tremando di rabbia, i pugni serrati e gli occhi fiammeggianti e stracolmi di risentimento nei miei confronti. Sembra un toro incazzato che sta per far fuori il matador.
Poi realizzo. Come cazzo si è permesso questo imbecille di prendermi a pugni? Mi risollevo e mi scaravento su di lui, afferrandolo per i capelli lunghi e biondi e sbattendolo con malagrazia contro il muro.
Altri tre individui entrano nel mio campo visivo, allarmati e trafelati. Sono Freddie Mercury, Brian May e quell’altro tizio che suona con loro, sinceramente non mi ricordo il suo nome e neanche mi interessa.
«Oh, ciao Brimi!» esclamo, infischiandomene del sangue che continua a colare dal mio labbro inferiore.
Roger Taylor cerca di divincolarsi dalla mia presa, ma io lo bracco contro la parete, facendogli sbattere la faccia contro. Non ha la forza che ho io, questo qui crede davvero di farmi paura? Non so neanche cosa vuole da me, ma non mi tiro mai indietro quando c’è da fare a botte. In fondo è divertente.
Brian May è pallido come un cencio e cerca di avvicinarsi, con l’intento di salvare il biondo dai miei assalti. «Stewart, ti prego… lascialo andare!» mi implora.
«Col cazzo! Mi ha mollato due pugni quando ho aperto la porta e io dovrei lasciarlo andare? Lo ammazzo!»
«No!» replica Brian, stringendomi con forza il braccio. «Il fatto è che…»
Distratto, non mi accorgo che Roger riesce a sgusciare via dalla mia presa, per poi mollarmi una testata sul mento.
Barcollo all’indietro e sento la rabbia crescere vertiginosamente. Gli occhi mi si appannano e il tremore delle mie mani si fa sempre più vistoso. «Brutta testa di cazzo!» esclamo furente.
«Basta!» tuona Freddie Mercury, afferrando Roger per la collottola e spingendolo alle sue spalle.
Brian lo abbraccia da dietro e cerca di contenere la sua rabbia, ma il biondo impreca e sbraita nella mia direzione, minacciandomi di morte.
È una scena epica, di quelle che sono realistiche e avvincenti solo se vissute dal vivo. Quelle che si vedono nei film non rendono giustizia al fulgore di un momento sospeso tra follia e demenzialità.
«Dove diamine è quel troglodita di Sting? Tutto questo è successo per colpa sua!» prosegue il leader dei Queen, guardandosi intorno alla ricerca del mio carismatico cantante.
«Ecco, avrei dovuto immaginarlo» sospiro, accettando il fazzoletto che mi viene teso per potermi tamponare il sangue che cola dalla ferita al labbro.
«È entrato nel nostro camerino e ha portato fuori questa cosa di Brian che si è fatto scopare da Stewart Copeland nella doccia!»
Adesso capisco ogni cosa, tutto diventa immediatamente chiaro. Scoppio a ridere e scuoto la testa, battendomi una mano sulla fronte. «Ah, era per questo allora!»
«Ma lui non doveva saperlo, insomma… ero ubriaco e pensavo che tu fossi Roger, cioè…» farfuglia Brian May in difficoltà, mentre cerca di trattenere ancora il biondo batterista tra le braccia.
«E tu te ne sei approfittato, pezzo di merda! Ti faccio fuori, guardati le spalle!» esplode per l’ennesima volta Roger, continuando a esibirsi in una serie di improperi irripetibili e a tratti incomprensibili.
Mi stringo nelle spalle e sorrido sornione. «Se lui era convinto di star scopando con te, perché avrei dovuto distoglierlo? In fondo ci siamo divertiti!» commento.
«È tutta colpa di Sting!» ripete Freddie, per poi chiamare a gran voce il suo acerrimo nemico e invitarlo a portare fuori le palle e venire ad affrontarlo.
«Non posso darti torto» concordo, avvicinandomi poi a Roger e Brian. Appoggio amichevolmente una mano sulla spalla del biondo e gli sorrido cordiale. «Ehi, amico, mi dispiace! Non pensavo che tu e lui aveste una relazione o che foste amici di scopate, insomma… scusami, okay?» Poi allungo la mano e scompiglio i capelli del chitarrista. «Povero Brimi, non è colpa sua! Perdonalo, dai!»
«Perdonalo?! Ma siamo pazzi?!»
«Dai, Roggie, non fare così» proseguo, tendendogli la mano. «Facciamo pace? Mi piace far incazzare soltanto il mio carismatico cantante!»
«Roggie un cazzo!» abbaia, schiaffeggiandomi la mano.
Ma io non demordo, sono per la fratellanza e la pace, nonché per il rispetto per i miei colleghi e per i musicisti che stimo. «Dai! Ehi, Fred, smettila di chiamarlo e vieni qui un attimo!»
Il cantante delle Regine Del Rock mi guarda stranito, poi si accosta a noi. «Che c’è?»
«Perché non organizziamo una vendetta ai danni del mio carismatico e integerrimo cantante Sting?»
Ci scambiamo occhiate cariche di significato, poi cominciamo a sghignazzare e mormorare tra noi, mentre noto che anche Roger infine decide che vuole farla pagare al vero colpevole di tutta questa faccenda.
Io, almeno, ne sono uscito praticamente illeso.
Quando mi volto per cercare il sostegno di Andy, noto che lui e il bassista dei Queen si scambiano occhiate interrogative e stanno in silenzio uno accanto all’altro, imperturbabili. Loro si fanno i cazzi loro, e forse non è poi tanto sbagliato.
«Andy e… com’è che ti chiami tu, ragazzino?»
Freddie mi afferra per un orecchio, chinandosi a parlarmi. «Il ragazzino si chiama John Deacon» sibila in tono tutt’altro che rassicurante.
Schiocco le dita. «Ecco! Insomma, venite a cospirare contro Sting?» propongo con un sorriso innocente.
I due si stringono nelle spalle e, dopo essersi scambiati un’occhiata, scuotono lentamente il capo. Andy offre il sacchetto con i cioccolatini a John, il quale accetta di buon grado.
Che rammolliti, vuol dire che loro non si godranno il divertimento che ci aspetta!




[Sting]

Il mio batterista degenere si sta praticamente buttando sopra la batteria, produce un rumore talmente assordante e fastidioso da coprire i suoni del mio basso e della chitarra di Andy.
Cerco di ignorarlo, ma è veramente impossibile. Lo detesto, è un parassita e non so come fare a buttarlo fuori dalla mia band.
Se solo ripenso al modo in cui mi ha trattato quella merda di Freddie Mercury, mi ribolle il sangue nelle vene.
Questa serata sta andando malissimo, ma io devo cercare di salvare il salvabile, almeno finché sarà possibile.
Sto per attaccare con il ritornello Hole In My Life, quando improvvisamente Stewart smette di suonare e Andy lo imita.
C’è qualcosa che non va, ma io cerco di non badarci e vado avanti per la mia strada. Sono incazzato nero, questa volta questi due idioti mi hanno veramente stancato. Gliela farò pagare più tardi, ah, quanto la pagheranno!
Di botto, una figura si materializza al mio fianco e subito riconosco di chi si tratta, anche perché il pubblico comincia a strillare esaltato e a pronunciare il nome di Freddie Mercury come fosse il nuovo messia.
Gli lancio uno sguardo di fuoco, sperando che se ne vada immediatamente.
Il cantante dei Queen afferra il mio microfono e lo sfila dall’asta, portandoselo poi di fronte alla bocca. «Buonasera a tutti! Sono qui perché ho deciso di fare un omaggio speciale al mio caro amico Gordon Matthew Thomas Sumner, dal momento che tra pochi giorni sarà il suo compleanno! Volete festeggiare con noi?»
Il sangue defluisce dal mio viso e mi sento mancare. Questo è un affronto! Come può avermi chiamato con il mio nome di battesimo di fronte a tutti?
Sento Stewart eseguire un rullo di tamburi estremamente fastidioso, mentre il pubblico batte le mani in maniera cadenzata e il leader dei Queen mi sorride amichevolmente come se fossimo realmente amici per la pelle.
Poi comincia a cantare: «Happy birthday to you, happy birthday to you, happy birthday Gordon Sumner…».
E il pubblico conclude: «Happy birthday to you!».
E giù a gridare, strepitare, battere mani e piedi, mentre Freddie e Stewart si buttano su di me, abbracciandomi di fronte a tutti, seguiti poi da Roger Taylor e Brian May.
Mi viene da vomitare, come possono avermi messo in ridicolo in questo modo? Che figura di merda, sto perdendo totalmente la mia reputazione! Non è possibile, questo è troppo!
Sento le loro braccia attorno al corpo come tentacoli, e sono veramente disgustato e fuori di me per la rabbia!
Li spingo via con furia e mi sfilo il basso, buttandolo a terra. Il rumore che ne consegue è fastidioso e stridente, ma a me non interessa.
Lascio il palco di corsa, andando a rinchiudermi nel mio camerino, seguito dalle risate divertite di quegli stronzi che mi hanno messo in ridicolo di fronte al pubblico.
Una volta raggiunta la mia meta, comincio a gridare e a prendere a pugni il divano, a lanciare tutti gli oggetti che mi capitano a tiro e a sfogare tutto il mio risentimento.
Sono fuori di me, non gliela lascerò passare liscia.
Me la pagheranno tutti, tutti!
Nessuno escluso!






☺ ☺ ☺

Ed eccoci arrivati alla fine di questo delirio incredibile!
Vi giuro che sto ridendo da morire per questi ultimi sviluppi, mi sono troppo divertita a scrivere le scene raccapriccianti che avete letto e non posso fare a meno di sperare che anche per voi sia così!
Che ne dite?
La cosa raccapricciante è che alla fine Stewart l’ha passata liscia, vi rendete conto? Ahh, le ingiustizie della vita -.-” XD
Ringrazio di tutto cuore Soul ed Evelyn per aver letto e recensito i due capitoli precedenti, seguendomi in questa roba che boh, nasce dal nulla e si conclude nel nulla XD pura e semplice demenzialità, ragazzi miei! Ahahahah!
Grazie a chiunque altro si sia avventurato nella lettura, spero di avervi piacevolmente intrattenuto!
Alla prossima ♥

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