An Hour In The Shower di Kim WinterNight (/viewuser.php?uid=96904)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Luci viola e piastrelle leopardate ***
Capitolo 2: *** Batterista degenere e vuoti di memoria ***
Capitolo 3: *** Rabbia intensa e vendetta ristoratrice ***
Capitolo 1 *** Luci viola e piastrelle leopardate ***
Luci viola e
piastrelle leopardate
[Stewart]
Staziono di fronte
all’ingresso dell’enorme e lussuosa
doccia, gli occhi mi brillano per la magnificenza che stanno ammirando.
Quello che ci vuole,
dopo ogni concerto che si rispetti, è
proprio una doccia rigenerante. Non sopporto chi cerca di dissuadermi:
non me
ne frega niente di chi mi suggerisce che dovrei mangiare, bere,
salutare i fan,
salutare i colleghi, fare delle foto…
Queste sono cose
secondarie per me.
E poi il box che mi si
para di fronte agli occhi è veramente
stupendo: le pareti enormi in vetro temperato color corallo, le
piastrelle in
marmo leopardato, il piatto doccia nero, i rubinetti lucenti e
pulitissimi.
Sono impaziente,
così comincio a spogliarmi e a lasciare i
vestiti sul pavimento, tanto sono sporchi di sudore e non
potrò utilizzarli di
nuovo.
Mi allungo per aprire
l’acqua e regolarla, ma i miei occhi
mettono a fuoco un interruttore sulla parete appena fuori dal box
doccia.
Incuriosito, lo premo, senza minimamente pensare che potrebbe trattarsi
di un
allarme.
Una soffusa luce viola
si diffonde dal soffitto del box,
creando un effetto che è molto simile a quello di un locale
a luci rosse. Se
qualcuno volesse fare delle sconcerie in quel bagno, ci sarebbero
decisamente i
presupposti.
Mentre mi infilo sotto
il getto caldo dell’acqua, mi accorgo
che lentamente la luce cambia, trasformandosi in un accattivante rosso
acceso.
Questa è la doccia più bella che io abbia mai
sperimentato, darei un rene per
averla così a casa mia.
Anche i prodotti da
bagno sono deliziosi, sono veramente
soddisfatto. Certo che aprire per i Queen ha i suoi vantaggi; io
gliel’avevo
detto a Sting di accettare senza remore, ma la sua antipatia nei
confronti di
Freddie Mercury stava per impedirmi di godere di una doccia tanto
rigenerante e
paradisiaca! Questa non gliel’avrei mai perdonata.
Meno male che Andy
è riuscito, non si sa come, a fargli
cambiare idea. Credo abbia fatto leva sui profitti che ci sarebbero
spettati.
Mentre sono immerso
nei miei pensieri, la porta del bagno si
apre di scatto e io sobbalzo.
«Chi cazzo
sei? Esci, è occupato!» sbraito, assicurandomi
che la porta scorrevole sia ben chiusa. Avrei dovuto chiudermi a
chiave, ma
quando ho visto la doccia il mio cervello si è spento
completamente, facendo sì
che io e questo box divenissimo due cuori e una capanna.
Sento qualche tonfo e
una voce impastata che biascica
qualcosa di incomprensibile; allarmato, scosto appena l’anta
e la lascio
scorrere per qualche centimetro, buttando fuori la testa.
I miei occhi si
sgranano completamente quando mettono a
fuoco una figura familiare.
Brian May, il
leggendario chitarrista dei Queen, si muove a
tentoni fino a raggiungere il cesso, poi si blocca e lo fissa con
intensità,
come se al suo interno avesse intravisto un tesoro prezioso. Non
ricordo
neanche se ho tirato l’acqua prima.
Sto per dirgli
qualcosa, quando mi rendo conto che fatica a
mantenere l’equilibrio. Appoggia una mano sulla parete di
fronte a sé e
biascica qualcosa. Dev’essere ubriaco marcio.
Mi viene in mente che
dovrebbe essere sul palco, ma forse
c’è ancora tempo prima che i Queen suonino. Io,
Andy e il nostro carismatico
cantante e bassista Sting siamo stati tra i tanti a suonare prima delle
Regine
Del Rock.
«Ciao!»
esclama all’improvviso, ma non sta parlando con me.
Ha gli occhi fissi sul cesso e sorride felice al suo nuovo amico.
«Sai che sei
proprio carino? Mi sa che devi aiutarmi,
però…»
Questo qui non si
è nemmeno accorto che sono presente. Mi
sta inquietando, ma è troppo divertente. Devo assolutamente
continuare ad
ascoltarlo.
«Ho la
nausea…»
Oh cazzo, ho ragione.
È ubriaco.
«Ehi, Brian
May, vedi di non…» comincio, ma non faccio in
tempo a concludere la frase che lui si china in avanti sul wc.
Solo in quel momento
noto che il coperchio è abbassato. Se
vomita ora, i miei vestiti finiranno inondati di quella roba puzzolente
che ha
nello stomaco.
Spalanco la doccia e
mi precipito fuori, rischiando di
scivolare sulle fottute mattonelle di marmo lucide più dello
specchio. Impreco
e riesco a sollevare il coperchio giusto in tempo.
Brian è
ancora assorto, ma a svegliarlo da quel torpore
alcolico è il ponderoso schianto che la sua fronte compie
contro il flessibile
della cassetta dello scarico.
Il chitarrista dei
Queen grida e si porta entrambe le mani
sulla parte lesa, ma infine deve svuotare lo stomaco e non riesce
più a
trattenersi.
Ha pure lasciato la
porta aperta e io sto cominciando a
gelare, oltre che a spazientirmi. Questo coglione ha interrotto il mio
momento
sacro, e se prima mi sembrava tutto divertente, ora vorrei cacciarlo
fuori di
qui a calci in culo.
Sbuffo e gli
picchietto sulla spalla. «Carissimo collega, ti
senti meglio adesso? Mi lasci fare la doccia?» domando.
Quando Brian alza lo
sguardo su di me e si pulisce la bocca
con la manica della camicia, mi ricordo che sono nudo e bagnato
fradicio. Che
situazione del cazzo, non ho neanche capito perché devono
capitare tutte a me.
Questa volta giuro che non me la sono andata a cercare, anche se forse
avrei
dovuto chiudere a chiave la dannata porta del dannato bagno.
«Roggie…»
mormora Brian.
Scosso dai brividi, mi
affretto a chiudere la porta e
incrocio le braccia sul petto. Ci mancava solo questa: mi ha confuso
con il suo
batterista.
«Roggie!»
esclama euforico, sorridendo a trentadue denti.
Sembra felicissimo e io non riesco a frenare quel suo entusiasmo
immotivato. In
fondo mi fa tenerezza.
«Oh! Che
bella doccia! Mi stavi aspettando?» ammicca, mentre
sul suo viso si dipinge un ghigno malizioso.
«Che
cosa?» sbraito.
Poi realizzo. Se Brian
May si comporta in maniera maliziosa
nei miei confronti, convinto che io sia Roger Taylor, deduco che tra i
due ci
sia qualcosa di
più.
Avrei voluto non
saperne niente, ma la verità è che mi interessa
eccome.
«Ho appena
vomitato, ma tu mi vuoi lo stesso?» cinguetta
Brian, gli occhi che si fanno più grandi del solito e
diventano dolci come
quelli di un cagnolino in cerca di affetto.
Onestamente mi fa
pena, però un’idea malsana si sta facendo
strada dentro di me. Se stessi al gioco, potrei raccontare in giro che
sono un grande
amico del
magnifico ed egregio Brian May. E lui dovrebbe fare tutto quello
che gli dico se non vuole che sputtani ai quattro venti che ci ha
provato con
me.
Forse dovrei cacciarlo
come ho pensato poco fa, ma al
diavolo. Voglio vedere cosa succede.
«Sì,
in effetti ti aspettavo, Brimi…» butto
lì, ricordandomi
di aver sentito per caso Freddie Mercury abbreviare il nome del
chitarrista in
quel modo bizzarro.
«Adoro
quando mi chiami così!» esclama il riccio,
avvicinandosi
pericolosamente a me. E dico pericolosamente perché sta
barcollando e
rischia di calpestare i miei vestiti.
Lo afferro per le
spalle e lo guido verso la doccia,
scalciando i miei abiti di lato. Una cosa è certa: se vuole
avere qualcosa a
che fare con me, deve lavarsi. Puzza di alcol e vomito, non
è molto invitante.
Brian scoppia a
ridere. «Si vede che sono ubriaco» commenta.
«Perché?»
«La tua voce
mi sembra diversa, tu mi sembri più
alto…»
«Hai bevuto
tantissimo, Brimi. Adesso togliamo i vestiti e
ti dai una bella lavata, eh?» propongo, trattenendo a stento
una risata.
Lui annuisce e si
lascia spogliare senza remore. Tutto ciò è
surreale, però ormai mi ci sono ficcato e mica posso tirarmi
indietro!
Lancio
un’occhiata veloce al corpo nudo di Brian May: niente
male, direi che è scopabile. Non mi sono mai posto limiti
sul sesso delle
persone con cui me la spasso, posso soddisfare qualunque essere vivente.
Anche se tutti vanno
in giro a sparare cazzate sul fatto che
il mio carismatico cantante Sting abbia una durata infinita quando
scopa, tutti
sappiamo che sono solo stupidaggini. Sting avrà pure tanti
pregi, ne ha
infiniti, anche se ora non me ne viene in mente neanche uno…
sta di fatto che è
un semplice essere umano in fatto di sesso, ecco.
Brian allunga le mani
per toccare il mio torace, ma decido
che devo essere io ad avere il controllo. Altrimenti non mi
divertirò come
voglio.
«Brimi, vuoi
farmi contento?» gli chiedo, bloccandogli i
polsi per impedirgli di compiere movimenti avventati.
Annuisce e sorride
ancora.
«Allora
entriamo in doccia» decido, trascinandolo per i
polsi e aiutandolo a entrare nel box senza farlo cadere.
Lui si appoggia con le
mani contro le piastrelle e sospira.
«Roggie?»
«Che
c’è?» chiedo, facendo scorrere i
polpastrelli lungo la
sua schiena nuda e leggermente arcuata in avanti. Tiro leggermente una
ciocca
dei suoi capelli ricci che ormai stanno cominciando a bagnarsi.
«Non so se
riuscirò a stare in piedi…» farfuglia.
«Non
preoccuparti, penso a tutto io» taglio corto, poi gli
porgo un’enorme spugna blu. «Su, datti una
lavata!» lo incito.
Brian cambia posizione
e si appoggia con la schiena alle
piastrelle in marmo leopardato – non ho mai visto un design
del genere, giuro –
e accetta la spugna stracolma di bagnoschiuma muschiato.
Si insapona per bene e
io mi sfrego le mani, per poi portarne
una tra le gambe. Devo dedicarmi per un po’ alla mia
erezione, altrimenti non
sarò abbastanza pronto per essere lo stallone di Mister
Brian May!
Il chitarrista sposta
lo sguardo verso il basso e sorride
con fare innocente, mentre si lava con movimenti goffi che vorrebbero
essere
lascivi. In fondo si sta impegnando, devo rendergliene atto. Mi sto
eccitando,
tutto ciò è divertente.
«Roggie?»
mi chiama ancora, pronunciando il nomignolo del
biondo batterista dei Queen.
«Sì?»
«Oggi ci
pensi tu? Io non so se riuscirò a
scoparti…»
A quel punto realizzo
e lo stomaco mi si intreccia.
Seriamente, io non avevo minimamente preso in considerazione
l’eventualità che
Brian fosse la parte attiva della coppia. In effetti, pensando a Roger
Taylor,
e ai suoi tratti piuttosto delicati, avrei dovuto immaginare che uno
come il
chitarrista riccio facesse sempre la parte migliore durante le scopate.
Ancora una volta sono
fortunato, però: Brian si è offerto
per essere passivo, non potrebbe andarmi meglio di così!
«Ma certo,
tesoro bello!» cinguetto, prendendogli il viso
tra le mani e stampandogli un bacio sul naso. «Che carino che
sei, vero?»
Il chitarrista si
scioglie in un sorriso radioso e mi
abbraccia di slancio. Glielo lascio fare, in fondo se voglio essere
credibile
nel ruolo di Roger Taylor, devo mostrarmi accondiscendente e fare come
se
quella non fosse la prima volta che rimanevo in intimità con
lui. Che stronzate
stavo combinando?
Casualmente il sesso
di Brian si struscia contro il mio, ed
è a questo punto che inizio sul serio a desiderare di
portare a termine al più
presto la mia meritata scopata. Insomma, sono stato interrotto durante
il mio
rituale di purificazione!
«Brimi, ora
sei pulito! Perfetto! Sei profumatissimo,
delizioso… che bel ragazzo!» blatero, facendo
scivolare le mani lungo la sua
schiena, per poi raggiungere i glutei sodi. Sì, decisamente,
ho fatto bene a
mettere su questo teatrino, per un culo come questo si potrebbe fare
qualsiasi
follia!
Se il mio carismatico
cantante Sting mi vedesse, darebbe di
matto: detesta Freddie Mercury e di conseguenza tutti coloro che gli
stanno
appresso. Sospetto che invidi la sua voce e il suo modo di essere sexy
e amato
da tutti.
«Oh,
Roggie!» mugola Brian, mentre lascio scivolare un dito
dentro di lui, tenendolo sempre abbracciato. Non vorrei mai che
cadesse, se poi
si dovesse ferire sarebbe un bel casino.
«Da bravo,
rilassati. Così» gli suggerisco, lasciandogli
ogni tanto dei piccoli baci tra i capelli. Sono sicuro che sia un bravo
ragazzo, mi sta simpatico e gli voglio bene alla fin fine. È
un bravo
chitarrista e poi Andy dice che suona davvero da dio. Credo che abbia
ragione,
almeno non fa jazz.
Brian sospira e si
inarca per andare incontro ai miei
movimenti. Inserisco un secondo dito e torturo per un po’ la
sua carne calda e
accogliente, mi piace sentirlo gemere piano contro il mio orecchio.
Chissà se
si ricorderà di quello che stiamo facendo.
«Roggie…
sai che prima ho salutato il cesso?»
«Sì.
E hai sbattuto la testa sul flessibile» aggiungo
divertito, facendo oscillare piano i nostri corpi.
Il sesso di Brian
preme nuovamente contro il mio, sento che
presto dovrò darci dentro.
«Mi fa male
la fronte» mugola.
Meno male che non
sente dolore nella parte che sto violando
con le dita; azzardo a inserirne un terzo e lui lo prende con
entusiasmo,
artigliando le lunghe dita callose ai miei fianchi.
«Sei
bravissimo» mi complimento, per poi portando la mano
destra sotto il suo mento. Lo costringo a guardarmi in faccia, poi lo
bacio per
la prima volta da quando tutto questo casino è iniziato.
«Va meglio?» chiedo.
Lui annuisce e sorride
estasiato, inarcando il bacino contro
di me, in una chiara richiesta.
«È
arrivato il momento, mio caro Brimi, di scoparti come dio
comanda!» proclamo in tono solenne, per poi sfilare le dita
da lui e afferrarlo
per le spalle.
Lo faccio voltare con
la faccia contro le bizzarre
piastrelle leopardate e mi chino in avanti per sussurrargli
all’orecchio:
«Pronto?».
Brian mugola e si
inarca all’indietro, offrendosi
completamente a me.
Ho
l’impressione di sentire un rumore provenire dalla porta
d’ingresso del bagno, ma decido di ignorarlo.
Non lascerò
che una stupida impressione rovini questo
momento idilliaco.
Con un sospiro,
afferro saldamente i glutei del Signor Brian
May e, alla faccia del mio carismatico cantante Sting e del suo odio
per le
Regine del Rock, comincio a farmi strada dentro di lui.
😊 😊 😊
Miei carissimi
lettori, eccomi qui con questa storia
infinitamente cretina!
Non lo so se conoscete
i Police e, in particolare, Stewart
Copeland, il loro batterista, però il banner in cima
– per il quale devo
ringraziare la mia adorata Carmaux *___* – dovrebbe mostrarvi
tutti e sette i
componenti delle due band che saranno parte di questo folle esperimento!
Per ora abbiamo visto
solo Stewart che, dopo aver suonato,
si fionda in bagno per la sua doccia di rito; qui, però,
Brian lo interrompe
perché è ubriaco fradicio e doveva vomitare.
Per quanto riguarda la
questione della doccia, è vero che
Stewart ha sempre avuto una fissa assurda, una necessità
viscerale di fiondarsi
sotto il getto dell’acqua non appena concluso un concerto;
quest’informazione
me l’ha gentilmente spoilerata la mia cara Soul, che ha letto
l’autobiografia
del batterista dei Police (e non vedo l’ora di leggerla anche
io, so che è
piuttosto esilarante! *___*).
La faccenda di Brian
che parla con il wc e che ci sbatte la
testa mentre sta per vomitare l’ho presa da eventi realmente
accaduti al
chitarrista dei Queen (ringrazio ancora Carmaux per avermeli fatti
scoprire un
po’ di tempo fa), anche se in due momenti diversi! Ho pensato
di unirli perché
mi piaceva l’idea di Bri ubriaco che non riusciva a scindere
realtà e immaginazione…
tant’è che ha creduto di essere in bagno con Roger
XD
Sembra che le cose
stiano andando abbastanza bene per questi
due, vero?
Ma già vi
anticipo che deve ancora succedere un sacco di
roba XD
Spero vivamente di
avervi fatto sorridere con questo primo
capitolo, perché io mi sono divertita a scriverlo e a
caratterizzare Stewart,
dato che sia da alcune interviste che ho guardato su YouTube e sia da
ciò che
Soul mi ha detto, lui è un personaggio molto divertente, che
tende a esagerare
ogni cosa che racconta e a vantarsi di ciò che sa fare!
Inoltre, è
terribilmente ironico e sono poche le volte in cui non se ne esce con
commenti
sarcastici o in cui non scherza! Anche il fatto che, quando si rivolge
a Sting,
lo nomini come “carismatico cantante” è
tutto dire, visto che non è che loro
due siano propriamente mai stati in buoni rapporti, ecco XD
Ho completamente
inventato l’espediente dei Police che
aprono per i Queen, non mi risulta che le due band abbiano mai
condiviso il
palco, ma se qualcuno di voi ha informazioni diverse, me le
può riferire?
Grazie ^^
È una mia
invenzione anche l’odio di Sting per Freddie
Mercury, ma più avanti capirete perché questo
elemento ha una certa rilevanza
XD
Ultima informazione
importantissima: il titolo della storia
prende il nome dall’omonimo brano dei Chicago; la canzone,
scritta e cantata
dal chitarrista Terry Kath, è un chiaro riferimento a
momenti di masturbazione
sotto la doccia! Il testo parla chiaro, eheheh! Come potevo non
scegliere
questo pezzo per la mia storia demenziale? Per queste informazioni devo
assolutamente ringraziare l’esperta dei Chicago, la Regina
della loro categoria
su EFP, ovvero la fantastica evelyn80! *___*
Okay, ho finito!
Mi scuso per queste
lunghe note, ma erano necessarie!
Ringrazio chiunque
recensirà e mi seguirà in questa
avventura, al prossimo capitolo ♥
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Capitolo 2 *** Batterista degenere e vuoti di memoria ***
Batterista degenere e
vuoti di memoria
[Sting]
Come al solito,
Stewart mi ha fatto incazzare. Ogni volta
gli dico che deve essere un poco più delicato con la
batteria, a me dà fastidio
quando pesta come un dannato sui tamburi! Ancora peggio sui piatti!
Ma lui è
cocciuto, non mi dà ascolto, vuole sempre fare di
testa sua e alla fine i nostri concerti sono sempre deplorevoli.
Possibile che non
capisca proprio niente? I batteristi sono
sempre esseri bizzarri e ottusi, dovrebbero aprire la loro mente e
accettare i
consigli di chi ne capisce qualcosa in più di loro.
Io sono un cantante e
un bassista di tutto rispetto, so di
cosa parlo, infatti Andy mi dà retta e si comporta come gli
dico. È
intelligente, non ha mai voglia di litigare e di andarmi contro su
questioni
che la sua scarna mente non è in grado di afferrare.
Mi aggiro furioso per
i corridoi, mentre un’altra band suona
sul palco prima dei Queen. Altro motivo per cui sono arrabbiato
è il fatto di
aver aperto per questi esseri: non sopporto che la mia band sia stata
una delle
tante comparse in apertura del concerto di Freddie Mercury e compagni.
Io
quello proprio non lo sopporto, è incredibile quanto riesca
a farmi saltare i
nervi.
È snob,
montato e insolente, crede di sapere tutto e si
atteggia a grande artista, mentre invece dovrebbe abbassare la cresta.
Ho decisamente voglia
di trovare quel coglione di Stewart
Copeland è spaccargli la faccia. Ha suonato di merda e mi ha
fatto fare una
figuraccia di fronte a Mercury, chissà quanto
starà ridendo alle mie spalle
adesso!
Faccio irruzione nella
zona dei nostri camerini, per poi
dirigermi nuovamente in corridoio. Quell’idiota
dev’essere ancora in bagno,
quanto cazzo ci mette a fare la doccia? È uno strazio, ci
rimane almeno un’ora
ogni volta!
Raggiungo i bagni e ne
apro uno a caso, trovandolo vuoto.
Passo al successivo e sto per abbassare la maniglia, quando un suono
raggiunge
le mie orecchie.
Sembrano delle grida,
o meglio, dei mugolii strozzati come
quelli di un animale ferito. Aggrotto la fronte e aguzzo
l’udito: c’è un sottofondo
di acqua corrente, un susseguirsi di colpi secchi e regolari e un basso
ringhio
che compare ogni tanto.
Non so cosa stia
succedendo, ma decido di volerlo scoprire.
Almeno posso distrarmi e non pensare al batterista degenere che milita
nella
mia band.
Raggiungo il bagno da
cui proviene tutto quel fracasso e
abbasso la maniglia, trovando la porta magicamente aperta. La scosto
piano e
sbircio all’interno.
Il vapore acqueo
invade ogni angolo dell’enorme stanza, ma i
miei occhi riescono comunque a scandagliarne l’interno,
fermandosi sul maestoso
box doccia che staziona proprio di fronte a me: pareti in vetro
temperato color
corallo, pavimento nero, piastrelle in marmo leopardato e luci viola
che piano
diventano rosse.
La porta scorrevole
è aperta e lascia intravedere ciò che
sta avvenendo all’interno.
Mentre
l’acqua scorre indisturbata, Brian May dei Queen è
appoggiato con i palmi contro la parete e tiene gli occhi serrati,
mentre i
capelli fradici sono appiccicati alla fronte e alle spalle. Compie un
oscillante
e ostinato movimento avanti e indietro, mentre il batterista degenere
che
milita nella mia band se lo scopa con vigore.
La faccia paonazza e
distorta di Brian May rischia più volte
di andare a sbattere contro le piastrelle, mentre le sue labbra
emettono
lamenti osceni che mi fanno rabbrividire di ribrezzo, il tutto
accompagnato
dalle spinte forti e secche di Stewart e dal suo scombinato ringhiare.
Non riesco
più a guardare, così sbatto la porta e me ne vado
di tutta fretta, tentando di cancellare immediatamente dalla mia
memoria
quell’immagine raccapricciante.
Sono completamente
sotto shock, il che non è certo da me.
Sono un essere integerrimo che non si lascia scalfire da niente e da
nessuno,
ma in questo momento potrei esplodere se non lo dicessi a qualcuno.
Il disgusto serpeggia
dirompente all’interno del mio corpo,
così torno a fiondarmi nei camerini della mia band e per
fortuna trovo Andy
Summers all’interno della sala comune, mentre mangiucchia
delle caramelle
gommose da un sacchetto bianco a righe fucsia.
«Andy!»
esclamo, forse con troppo impeto. Mi ricompongo e mi
piazzo di fronte a lui, che se ne sta seduto composto sul divanetto in
velluto
color vinaccio.
Lui mi rivolge
un’occhiata stralunata, forse non si
aspettava che potessi rivolgergli la parola in un contesto informale
come
questo, ma a me non interessa. Devo dirglielo.
«Il
batterista degenere che milita nella nostra band si sta
scopando Brian May dei Queen nella doccia da almeno
un’ora» dico con calma,
mantenendo un tono di voce basso e un modo di fare misurato.
«Questo lo rende
ancora più stronzo e indegno di far parte di questo
progetto.»
Mi rendo conto che ho
appena chiamato i Police la nostra
band, ma per
il momento preferisco illudere il chitarrista di esserne parte
integrante, ho bisogno che mi aiuti a cacciare Copeland. Questa volta
ha
superato il limite, si è mischiato con il nemico!
Andy mi fissa confuso,
poi pesca un’altra caramella a forma
di delfino dal sacchetto e se la infila in bocca, prendendo a
succhiarla piano.
«Mmh» bofonchia.
«Ascoltami
bene! Dobbiamo cacciarlo dalla band, questo è un
oltraggio!» replicò con veemenza, strappando il
sacchetto delle mani del
chitarrista e gettandolo alle mie spalle.
Il contenuto si
sparpaglia sul pavimento e negli occhi di
Andy passa una scintilla di rabbia. Il chitarrista si mette in piedi e
mi fronteggia
con fare impettito, poi si lascia sfuggire un sorrisetto e scuote il
capo.
«Vuoi un consiglio, Gordon?»
Detesto quando mi
chiama con il mio nome di battesimo, ma
non ribatto e aspetto che prosegua.
«Fatti i
cazzi tuoi e lascia perdere Stewart» dice, per poi
chinarsi a raccogliere, a una a una, tutte le caramelle che ho lanciato
poco
prima.
Poi esce dalla stanza
e mi lascia solo con la mia rabbia.
Devo pensare bene a
come comportarmi e a come agire, ma adesso
sono troppo incazzato per riflettere lucidamente.
Mi prendo la testa tra
le mani e sbuffo dal naso,
lasciandomi cadere sul divano.
Oggi è
veramente una giornata di merda.
[Brian]
Sdraiato sul letto
matrimoniale accanto a Roger, ripenso a
ieri sera. Il concerto è stato grandioso, ma questa
è una delle poche certezze
che mi rimangono, dato che ho dei vuoti di memoria incredibili. Non so
spiegarmi perché, ma suppongo di aver alzato un
po’ il gomito.
Mi metto su un lato e
sento un dolore diffuso ai muscoli
delle gambe e delle braccia. Osservo Roger che sfoglia con estremo
interesse
una rivista di automobili ed emette grugniti d’approvazione
quando vede qualche
gioiellino di suo gusto.
«Rog?»
lo chiamo, sfiorando con le dita il suo braccio nudo.
Lui si riscuote e
distoglie lo sguardo dal giornale che
stringe tra le mani, lanciandomi un’occhiataccia.
«Che c’è?»
«Non ricordo
niente di ieri sera» borbotto.
«Sai almeno
che abbiamo suonato? Te la sei cavata bene,
anche se eri stravolto!» commenta il biondo, mettendo su un
sorrisetto
enigmatico.
«Il concerto
lo ricordo, ma per il resto…»
Il batterista getta la
rivista sul comodino e si stiracchia
sotto i miei occhi affamati, poi annuncia: «Nel dubbio, vado
a fare una
doccia».
Doccia.
Questa parola suona
come uno strano campanello d’allarme
nella mia mente, ma non riesco a capirne il motivo.
«Perché mi fa male tutto?
Non è che ieri ti sei approfittato di me perché
ero ubriaco?» insisto,
massaggiandomi distrattamente la coscia destra.
Roger mi scruta
attentamente e sbuffa. «Non eri certo in
condizioni di combinare qualcosa, Bri.» Si alza e si avvia
con passo spedito
verso il bagno.
Doccia. Roger sta andando
a fare una doccia.
Sospiro pesantemente e
mi massaggio le tempie, tentando di
ricordare qualcosa. Forse ho esagerato con l’alcol ieri, non
avrei dovuto bere
così tanto.
«Sai una
cosa?» grida Roger dall’altra stanza.
«Ieri per
caso Fred ha incrociato Sting. Dovevi vedere che occhiate di fuoco si
sono
scambiati!» racconta in tono divertito.
Sting. Altro campanello
d’allarme.
Improvvisamente
ricordo che in effetti i Police dovevano
aprire per noi ieri, insieme ad altre band. Immagino che Freddie non
sia stato
assolutamente contento di vedere il suo rivale, anche se io ancora non
ho
capito perché quei due si detestino tanto. Sono entrambi
molto bravi,
carismatici e capaci di coinvolgere il pubblico. Certo, ammetto che
Freddie
secondo me è decisamente più riconoscibile e meno
anonimo, ma anche Sting ha
una voce molto particolare e potente. E
poi quei ragazzi suonano bene, niente da eccepire.
«Cosa si
sono detti?» chiedo di rimando, sdraiandomi a
pancia in su e intrecciando a fatica le braccia dietro la nuca. Sembra
quasi
che qualcuno mi abbia preso a colpi, è veramente stranissimo.
«Niente. Non
si sono mai scambiati una sola parola, eppure
si odiano!»
Roger si affaccia
nuovamente in camera e mi lancia un bacio
veloce, poi si chiude la porta a distanza e io rimango immobile per un
po’.
C’è
qualcosa che non quadra, devo capire di cosa si tratta.
Nella mia mente si fa
strada un’immagine, irrompe prepotente
e rende i miei ricordi un po’ più chiari. Scatto a
sedere, ma subito mi sfugge
un lamento per via dei muscoli che tirano neanche avessi corso una
maratona di
cinquanta chilometri.
Sbuffo e mi alzo con
calma, con in mente delle piastrelle
leopardate e il mio corpo avvolto da una luce strana, di un colore che
è un
misto tra viola e rosso.
Doccia.
È una
doccia, ieri devo essermi fatto una doccia. Forse nel
luogo del concerto il bagno aveva delle piastrelle simili e delle luci
soffuse.
Eppure… ma certo!
«Roggie!»
Spalanco la porta del bagno e trovo Roger che sta
entrando nella vasca, scavalcando cautamente il bordo.
«C’eri anche tu ieri con
me!»
Lui aggrotta la fronte
e mi lancia un’occhiata stranita.
«Vediamo un po’: suoniamo nella stessa band,
condividiamo la camera da letto,
siamo amanti… cosa c’è di strabiliante
nel fatto che ieri fossi con te?»
Avanzo verso di lui e
lo afferro per le spalle, scuotendolo
con forza. «Appunto! Ho capito cosa è successo: mi
sono ricordato di essere
stato in una doccia con le piastrelle leopardate
e…»
«Leopardate?»
Annuisco con forza.
«E tu eri con me! Questo spiegherebbe
anche i dolori ai muscoli, sicuramente ce la siamo spassata
là dentro!» Sorrido
speranzoso e lo fisso. «È andata così,
vero?» chiedo infine.
Sulla sua faccia
è dipinta un’espressione confusa. «Tu
sei
fuori di testa!» Si ritrae dalla mia presa e apre i
rubinetti, lottando per
regolare l’acqua alla temperatura giusta.
Indietreggio per non
essere bagnato e scuoto il capo. «Dai,
dimmi la verità! So che ti piace prendermi per il culo e
farmi penare quando
bevo troppo e non mi ricordo le cose, ma stavolta stai
esagerando!»
Il biondo sbuffa
sonoramente e si punta le mani sui fianchi
stretti, sporgendosi un poco in avanti per potermi osservare meglio.
«Senti,
Brian, io e te ieri non abbiamo scopato e non abbiamo fatto la doccia
insieme.
Okay? Cazzo, queste sono le uniche certezze che ho, mi ricorderei se io
e te
avessimo fatto sesso!»
Indietreggio e mi
porto una mano tra i capelli. «Ma io
ricordo che ero in quella doccia con te…»
«Sei fuori
strada! Te lo sei sognato!» taglia corto, per poi
voltarmi le spalle e tirare la tenda per poter finalmente cominciare a
fare la
doccia.
Esco dal bagno a testa
bassa, sconsolato. Insomma, com’è possibile
che mi sia inventato tutto? Avrò anche la memoria
annebbiata, ma sono sicuro di
essere entrato in quella doccia con Roger!
Altrimenti non saprei
come spiegare i dolori ai muscoli e le
fugaci e sfocate immagini di noi due all’interno del box.
Più ci penso e più i
dettagli diventano chiari, ma forse è solo la mia mente che
si sta convincendo
di qualcosa che non è effettivamente successo.
A volte mi capita di
sognare qualcosa e di confonderla con
la realtà. Un giorno ho sognato che Freddie aveva tagliato i
capelli a zero;
quando l’ho visto in sala prove, sono rimasto scioccato e gli
ho chiesto se
avesse cambiato idea e da dove avesse pescato una parrucca tanto simile
ai suoi
veri capelli.
Ovviamente lui e Roger
mi hanno preso in giro per almeno un mese,
e ancora oggi ogni tanto riportano fuori questa cosa quando vogliono
rompermi
le scatole. Per fortuna nella band c’è John, lui
che non si comporta da infame
e non infierisce sulle difficoltà altrui.
Mi butto nuovamente
sul letto e fisso il soffitto con la
confusione ad attanagliarmi nuovamente i pensieri. Questa storia
è
preoccupante, devo seriamente darmi una regolata con l’alcol.
Non avere il controllo
dei miei ricordi e delle mie azioni
può essere anche divertente ogni tanto, ma stavolta mi sa
che ho superato il
limite.
Eppure ne sono certo:
io e Roger eravamo in una doccia dalle
piastrelle leopardate ieri sera. Sono sicuro che lui si sia messo
d’accordo con
Freddie per tenermi nascosta la verità, quei due si
coalizzano sempre contro di
me, trovano esilarante vedermi dare di matto quando qualcosa non
è esattamente
sotto il mio totale controllo.
Sospiro e mi metto su
un fianco, chiudendo gli occhi. Forse
se provo a dormire ancora un po’, i pensieri mi si
schiariranno.
Doccia.
Sting.
Police.
Doccia.
Affondo la faccia sul
cuscino e sospiro. Sono stanco morto,
ho soltanto bisogno di riposare.
Al mio risveglio i
ricordi saranno limpidi come un laghetto
di montagna.
☺
☺
☺
Cari lettori, eccoci
al secondo capitolo di questa cosa
demente XD
Mi sono divertita a
scrivere sia la parte di Sting che
inorridisce di fronte alla scoperta di Brian e Stewart in atteggiamenti
intimi,
sia a descrivere il caro chitarrista dei Queen in preda alla confusione
più
totale!
E adesso cosa
succederà?
Beh, che ve ne pare?
Io sono profondamente divertita da
tutto ciò! :P
Per caratterizzare
Sting ho preso un po’ spunto da ciò che
mi ha raccontato Soul nel leggere la biografia di Stewart Copeland e da
altre
notizie sparse che ho saputo su di lui; ho cercato di fare un lavoro
molto
ironico, come per tutti i personaggi, ma logicamente non conosco
nessuno di
loro e non so come siano in realtà! Ditemi solo se secondo
voi sono credibili o
meno :D
Anche per quanto
riguarda Andy Summers ho cercato di
attingere da ciò che so, per quanto sia poco, spero vi sia
piaciuta la sua
comparsa mentre mangiava le caramelle e Sting gli spiattellava
ciò che aveva
appena visto!
Per quanto riguarda i
Queen, devo ringraziare infinitamente
tutte le fantastiche autrici che scrivono su di loro nel fandom
efpiano, perché
altrimenti con Brian e Freddie specialmente non saprei dove mettere le
mani,
sono due personaggi abbastanza enigmatici per me! ^^”
Non mi resta che
ringraziare chiunque mi stia seguendo e
darvi appuntamento al prossimo capitolo ♥
|
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Capitolo 3 *** Rabbia intensa e vendetta ristoratrice ***
Rabbia intensa e
vendetta ristoratrice
[Roger]
«Perché ultimamente questi parassiti suonano
sempre in
apertura ai nostri concerti? Sono una persecuzione!» si
lamenta Freddie, seduto
su una poltroncina del nostro camerino, le braccia conserte e le gambe
divaricate.
«Ti riferisci ai Police?» chiede Brian divertito.
«Sì! Quel dannato Sting poi! Avete visto quante
arie si dà?
Non riesco a sopportarlo!» sbraita di rimando il cantante.
John si stringe nelle spalle, lasciandosi cadere sul bracciolo
accanto a lui. «È un bravo interprete,
dai…» azzarda.
Freddie scatta in avanti e si volta a guardarlo con fare
minaccioso. «Prova a ripeterlo se hai il coraggio!»
John alza le mani in segno di resa. «Non farmi del male, ti
prego! Dicevo solo che…»
«È insopportabile, punto e basta.»
«Però hanno un bravo batterista»
intervengo, accendendomi
una sigaretta e gironzolando per il camerino senza una meta precisa.
«Sì, ma dovrebbero cambiare cantante»
gracchia ancora
Freddie, assottigliando lo sguardo.
«Perderebbero anche un buon bassista» replica Brian
con
calma.
«Sai una cosa? Me ne infischio!» Detto questo, il
nostro
frontman torna ad abbandonarsi contro lo schienale della poltrona e
mette il
broncio.
John allunga timidamente una mano e gliela posa sulla spalla.
«Dai, non prendertela» sussurra. «Sei
arrabbiato con me?» aggiunge in
apprensione.
Freddie addolcisce immediatamente lo sguardo e avvolge la
vita del bassista, trascinandolo su di sé fino a farlo
accomodare sulle sue
ginocchia. «Ma no, mio piccolo Deaky.»
«Piantatela di essere così sdolcinati»
li rimbecco,
consumando in fretta la mia sigaretta.
Brian mi ammonisce con un’occhiataccia. Fa per dire
qualcosa, quando la porta del camerino si spalanca
all’improvviso e tutti noi
sobbalziamo sorpresi, puntando lo sguardo in quella direzione.
Noto che John tenta di sollevarsi dal grembo di Freddie, ma
il cantante lo tiene stretto e glielo impedisce. Certamente non si
vergogna di
mostrarsi in atteggiamenti non proprio amichevoli con il nostro
bassista, a
Freddie Mercury non frega un cazzo dei pregiudizi e io sono
completamente
d’accordo con lui.
Sulla soglia si staglia la figura magra e longilinea di
Sting, la zazzera di capelli biondi perfettamente ordinata sulla sua
testa e
l’espressione indecifrabile che dedica sempre a chi ritiene
inferiore a se
stesso.
«Sì? Cosa possiamo fare per te, Gordon?»
lo apostrofa con
fare superbo Freddie.
John nasconde il viso nell’incavo del suo collo, forse per
l’imbarazzo o per soffocare una risata.
Scambio un’occhiata con Brian e prendo a sghignazzare.
Il cantante dei Police arriccia il naso e avanza in
direzione di Freddie, gli occhi fiammeggianti e i muscoli tesi.
«Innanzitutto,
chiamami Sting, se non vuoi che ti ripaghi con la stessa
moneta.»
«Cosa vuoi?»
«Volevo passare a trovarvi, miei cari ed egregi
colleghi.»
Sulle sue labbra si dipinge un sorrisetto tutt’altro che
rassicurante, mentre i
suoi occhi si spostano prima su Brian e infine su di me.
Lo raggiungo e gli batto sulla spalla. «Ehi, amico! Qual buon
vento ti porta da queste parti?» lo canzono.
Lui si ritrae schifato e mi gela con un’occhiata tagliente.
«Le mani me le sono lavate, idiota» borbotto.
«Ripeti quello che hai detto!»
«Ma si può sapere cosa vuoi? Parla e
sparisci!» si intromette
nuovamente Freddie. Fa alzare John e gli fa cenno di sedersi al suo
posto, per
poi avanzare verso Sting in tutta la sua imponenza.
Il leader dei Police scrolla le spalle e torna a fissare prima
Brian poi me. «C’è una cosa che volevo
dirvi.»
«Parla, cazzo» sbotto, incrociando le braccia al
petto.
«Ricordate il bellissimo concerto che abbiamo fatto insieme
qualche mese fa?»
Freddie sbuffa. «Vuoi dire il concerto che voi
avete
aperto per noi» chiarisce in tono insolente.
«Fa lo stesso! Beh, il mio batterista ci teneva a
ringraziare il vostro chitarrista» prosegue.
«Me?» si stupisce Brian, aggrottando le
sopracciglia.
«Esattamente. Si è divertito molto in tua
compagnia, sai?»
Lancio un’occhiata stranita in direzione di Brian.
«Conosci
Stewart Copeland?»
Il riccio sgrana ulteriormente gli occhi. «Non ci siamo mai
parlati, in realtà. Forse ho rubato delle caramelle a Andy
Summers, ma…»
«Quelle stupide caramelle» commenta Sting
sprezzante.
«Comunque, a me risulta che tu abbia trascorso dei momenti
gai con il mio batterista
degenere.»
«Scusa, ma che razza di modi sono? Perché insulti
in questo
modo i tuoi colleghi?» lo rimbecco stizzito. Detesto quando
le persone non
rispettano chi lavora con loro.
«Fatti gli affari tuoi, tu» mi si rivolge con
sufficienza.
«Ma chi ti credi di essere per parlare in questo modo a
Roger? Vacci piano!» esplode Freddie, stringendo una mano a
pugno. Si sta
incazzando, spero tanto che mi dia il via per prendere a pugni questo
pezzo di
merda.
«Ah, piantatela. Dicevo… io ho visto come tu e il
mio
batterista degenere vi divertivate» prosegue il leader dei
Police, continuando
a fissare Brian.
«Non mi risulta, Sting, davvero. Mi dispiace, devi esserti
confuso» replica pacato il riccio, inclinando un poco la
testa di lato.
«Oh, no, affatto.» Sting allarga le braccia e alza
gli occhi
al cielo. «Eravate così… intimi»
insinua.
«Stai esagerando» mi intrometto ancora.
«No, Roger, credimi. Erano veramente felici e si divertivano
un sacco.»
«Non è vero, ma che…»
Sting rimane fermo e imperturbabile. «La faccio breve: vi ho
visto scopare come animali nella doccia. Eravate così
disgustosamente
avvinghiati, immersi in quelle luci viola e rosse. E dovevate vedere
come Brian
si faceva sbattere contro le piastrelle
leopardate…»
Freddie e io ci scambiamo un’occhiata breve ma concisa, poi
ci scaraventiamo contemporaneamente contro il leader dei Police,
afferrandolo
per le spalle e per i capelli.
«Giù le mani!» ordina, alterando di poco
la voce.
«Cosa cazzo hai detto?» sbraita Freddie.
Io sono confuso, perché all’improvviso nella mia
mente si fa
strada un ricordo. Io e Brian che parlavamo, il giorno dopo il concerto
con i
Police in apertura ai Queen, e lui che asseriva di ricordare di una
scopata con
me in una doccia come quella descritta da Sting.
Lascio la presa e mi volto lentamente verso Brian, mentre
Freddie continua a gridare e a spingere il suo rivale verso la porta
del
camerino.
Il riccio è pallido e indietreggia di un passo, le mani
artigliate al bordo della camicia nera che indossa. «Io
non…» Deglutisce a
fatica. «Non capisco.»
«Brian?» lo incalzo, raggiungendolo velocemente.
Lui scuote la testa e china il capo. «Non mi ricordo
di… io
pensavo che… Roggie!»
«Ti sei fatto scopare da Stewart Copeland?» grido,
afferrandolo con forza per le spalle.
«Io… no, no! Quello eri tu, te lo giuro!»
«Io?! Ero io?»
«Sì!» esclama, tentando di difendersi.
«No che non era lui, Brian May! Era il mio fottuto
batterista degenere!» sento dire a Sting.
«Sei un essere immondo, non meriti neanche di essere
guardato in faccia! Esci immediatamente dal nostro camerino e non farti
mai più
vedere!» urla Freddie, mentre la risata acuta e canzonatoria
di Sting si
espande nell’aria circostante, irritandomi maggiormente.
Non riesco a badare a lui, ce l’ho con Brian, non
può avermi
fatto questo!
«Brian, cazzo, ti sei fatto scopare da un altro!»
«Ma io credevo che fossi tu!»
«Come cazzo hai potuto credere che fossi io? Che cazzo hai
in testa?»
«Ero ubriaco, io…»
«Dimmi come cazzo è potuto succedere, porca
puttana!»
«Rog, calmati» sento dire da John.
Lo ignoro e stringo più forte le spalle di Brian.
«Rispondimi!»
«Ma mi chiamavi Brimi!» piagnucola il riccio.
«Che cosa?!»
«Sì! In effetti… mi sembravi un
po’ più alto, la voce era
diversa… ma io credevo che…»
La vista mi si annebbia e comincio a vedere tutto rosso. Lo
lascio andare bruscamente e mi volto verso la porta del camerino,
incontrando
lo sguardo di Freddie. Il cantante e furente, forse anche
più di me, e quando
lo vedo annuire capisco che devo assolutamente fare qualcosa.
Marcio verso l’uscita e non me ne frega un cazzo dei
richiami di Brian e delle raccomandazioni di John.
Sento che i miei compagni di band mi seguono, ma io so
esattamente dove andare e cosa fare.
Il mio obiettivo è solo uno: Stewart Copeland, il pezzo di
merda che ha osato deflagrare il mio amante, approfittandosi di lui
quando era
completamente ubriaco.
[Stewart]
Sono stravaccato nel divanetto sfondato del nostro camerino
e giocherello con le mie bacchette, mentre Andy pesca
l’ennesimo cioccolatino
dal sacchetto che tiene sulle ginocchia.
Entrambi ignoriamo l’ingresso del nostro carismatico
cantante, il quale non si degna neanche di rivolgerci la parola. Si
dirige
verso il suo cubicolo e vi si chiude dentro, sbattendo la porta.
«Gordon è incazzato» commento divertito.
«Strano» replica laconico Andy.
C’è silenzio intorno a noi, dobbiamo soltanto
aspettare che
ci chiamino per salire sul palco. Anche questa volta dobbiamo aprire
per le
Regine Del Rock, ma io ancora non ho avuto modo di salutare Brian May e
proporgli di replicare il nostro momento divertente di qualche mese fa.
Improvvisamente qualcuno bussa insistentemente alla porta,
così sbuffo e mi alzo controvoglia per andare ad aprire.
Sicuramente è qualcuno
dello staff che ci sprona ad avvicinarci nel backstage
perché è quasi ora di
suonare. Sinceramente non vedo l’ora, voglio far incazzare
ancora di più Sting,
dato che ho notato che per poco non gli usciva il fumo dalle orecchie.
Apro la porta con un sorriso gioviale, ma ciò che succede mi
lascia letteralmente spiazzato: ricevo un pugno in pieno viso, seguito
subito
dopo da un altro.
Mi piego in due per il dolore e mi porto le mani al naso,
avvertendo un dolore intenso e percependo qualcosa di liquido e viscoso
scivolarmi tra le dita.
«Roger!» sento strillare da qualcuno in corridoio.
Alzo gli occhi e noto che Roger Taylor dei Queen sta
tremando di rabbia, i pugni serrati e gli occhi fiammeggianti e
stracolmi di
risentimento nei miei confronti. Sembra un toro incazzato che sta per
far fuori
il matador.
Poi realizzo. Come cazzo si è permesso questo imbecille di
prendermi a pugni? Mi risollevo e mi scaravento su di lui, afferrandolo
per i
capelli lunghi e biondi e sbattendolo con malagrazia contro il muro.
Altri tre individui entrano nel mio campo visivo, allarmati
e trafelati. Sono Freddie Mercury, Brian May e quell’altro
tizio che suona con
loro, sinceramente non mi ricordo il suo nome e neanche mi interessa.
«Oh, ciao Brimi!» esclamo, infischiandomene del
sangue che
continua a colare dal mio labbro inferiore.
Roger Taylor cerca di divincolarsi dalla mia presa, ma io lo
bracco contro la parete, facendogli sbattere la faccia contro. Non ha
la forza
che ho io, questo qui crede davvero di farmi paura? Non so neanche cosa
vuole
da me, ma non mi tiro mai indietro quando c’è da
fare a botte. In fondo è
divertente.
Brian May è pallido come un cencio e cerca di avvicinarsi,
con l’intento di salvare il biondo dai miei assalti.
«Stewart, ti prego…
lascialo andare!» mi implora.
«Col cazzo! Mi ha mollato due pugni quando ho aperto la
porta e io dovrei lasciarlo andare? Lo ammazzo!»
«No!» replica Brian, stringendomi con forza il
braccio. «Il
fatto è che…»
Distratto, non mi accorgo che Roger riesce a sgusciare via
dalla mia presa, per poi mollarmi una testata sul mento.
Barcollo all’indietro e sento la rabbia crescere
vertiginosamente. Gli occhi mi si appannano e il tremore delle mie mani
si fa
sempre più vistoso. «Brutta testa di
cazzo!» esclamo furente.
«Basta!» tuona Freddie Mercury, afferrando Roger
per la
collottola e spingendolo alle sue spalle.
Brian lo abbraccia da dietro e cerca di contenere la sua
rabbia, ma il biondo impreca e sbraita nella mia direzione,
minacciandomi di
morte.
È una scena epica, di quelle che sono realistiche e
avvincenti solo se vissute dal vivo. Quelle che si vedono nei film non
rendono
giustizia al fulgore di un momento sospeso tra follia e
demenzialità.
«Dove diamine è quel troglodita di Sting? Tutto
questo è
successo per colpa sua!» prosegue il leader dei Queen,
guardandosi intorno alla
ricerca del mio carismatico cantante.
«Ecco, avrei dovuto immaginarlo» sospiro,
accettando il
fazzoletto che mi viene teso per potermi tamponare il sangue che cola
dalla
ferita al labbro.
«È entrato nel nostro camerino e ha portato fuori
questa
cosa di Brian che si è fatto scopare da Stewart Copeland
nella doccia!»
Adesso capisco ogni cosa, tutto diventa immediatamente chiaro.
Scoppio a ridere e scuoto la testa, battendomi una mano sulla fronte.
«Ah, era
per questo allora!»
«Ma lui non doveva saperlo, insomma… ero ubriaco e
pensavo
che tu fossi Roger, cioè…» farfuglia
Brian May in difficoltà, mentre cerca di
trattenere ancora il biondo batterista tra le braccia.
«E tu te ne sei approfittato, pezzo di merda! Ti faccio
fuori, guardati le spalle!» esplode per l’ennesima
volta Roger, continuando a
esibirsi in una serie di improperi irripetibili e a tratti
incomprensibili.
Mi stringo nelle spalle e sorrido sornione. «Se lui era
convinto di star scopando con te, perché avrei dovuto
distoglierlo? In fondo ci
siamo divertiti!» commento.
«È tutta colpa di Sting!» ripete
Freddie, per poi chiamare a
gran voce il suo acerrimo nemico e invitarlo a portare fuori le palle e
venire
ad affrontarlo.
«Non posso darti torto» concordo, avvicinandomi poi
a Roger
e Brian. Appoggio amichevolmente una mano sulla spalla del biondo e gli
sorrido
cordiale. «Ehi, amico, mi dispiace! Non pensavo che tu e lui
aveste una
relazione o che foste amici di scopate, insomma… scusami,
okay?» Poi allungo la
mano e scompiglio i capelli del chitarrista. «Povero Brimi,
non è colpa sua!
Perdonalo, dai!»
«Perdonalo?! Ma siamo pazzi?!»
«Dai, Roggie, non fare così» proseguo,
tendendogli la mano.
«Facciamo pace? Mi piace far incazzare soltanto il mio
carismatico cantante!»
«Roggie un cazzo!» abbaia, schiaffeggiandomi la
mano.
Ma io non demordo, sono per la fratellanza e la pace, nonché
per il rispetto per i miei colleghi e per i musicisti che stimo.
«Dai! Ehi,
Fred, smettila di chiamarlo e vieni qui un attimo!»
Il cantante delle Regine Del Rock mi guarda stranito, poi si
accosta a noi. «Che c’è?»
«Perché non organizziamo una vendetta ai danni del
mio
carismatico e integerrimo cantante Sting?»
Ci scambiamo occhiate cariche di significato, poi cominciamo
a sghignazzare e mormorare tra noi, mentre noto che anche Roger infine
decide
che vuole farla pagare al vero colpevole di tutta questa faccenda.
Io, almeno, ne sono uscito praticamente illeso.
Quando mi volto per cercare il sostegno di Andy, noto che
lui e il bassista dei Queen si scambiano occhiate interrogative e
stanno in
silenzio uno accanto all’altro, imperturbabili. Loro si fanno
i cazzi loro, e
forse non è poi tanto sbagliato.
«Andy e… com’è che ti chiami
tu, ragazzino?»
Freddie mi afferra per un orecchio, chinandosi a parlarmi.
«Il ragazzino si chiama John
Deacon» sibila in tono tutt’altro che
rassicurante.
Schiocco le dita. «Ecco! Insomma, venite a cospirare contro
Sting?» propongo con un sorriso innocente.
I due si stringono nelle spalle e, dopo essersi scambiati
un’occhiata, scuotono lentamente il capo. Andy offre il
sacchetto con i
cioccolatini a John, il quale accetta di buon grado.
Che rammolliti, vuol dire che loro non si godranno il
divertimento che ci aspetta!
[Sting]
Il mio batterista degenere si sta praticamente buttando
sopra la batteria, produce un rumore talmente assordante e fastidioso
da
coprire i suoni del mio basso e della chitarra di Andy.
Cerco di ignorarlo, ma è veramente impossibile. Lo detesto,
è un parassita e non so come fare a buttarlo fuori dalla mia
band.
Se solo ripenso al modo in cui mi ha trattato quella merda
di Freddie Mercury, mi ribolle il sangue nelle vene.
Questa serata sta andando malissimo, ma io devo cercare di
salvare il salvabile, almeno finché sarà
possibile.
Sto per attaccare con il ritornello Hole In My Life,
quando improvvisamente Stewart smette di suonare e Andy lo imita.
C’è qualcosa che non va, ma io cerco di non
badarci e vado
avanti per la mia strada. Sono incazzato nero, questa volta questi due
idioti
mi hanno veramente stancato. Gliela farò pagare
più tardi, ah, quanto la
pagheranno!
Di botto, una figura si materializza al mio fianco e subito
riconosco di chi si tratta, anche perché il pubblico
comincia a strillare
esaltato e a pronunciare il nome di Freddie Mercury come fosse il nuovo
messia.
Gli lancio uno sguardo di fuoco, sperando che se ne vada
immediatamente.
Il cantante dei Queen afferra il mio microfono e lo sfila
dall’asta, portandoselo poi di fronte alla bocca.
«Buonasera a tutti! Sono qui
perché ho deciso di fare un omaggio speciale al mio caro
amico Gordon Matthew
Thomas Sumner, dal momento che tra pochi giorni sarà il suo
compleanno! Volete
festeggiare con noi?»
Il sangue defluisce dal mio viso e mi sento mancare. Questo
è un affronto! Come può avermi chiamato con il
mio nome di battesimo di fronte
a tutti?
Sento Stewart eseguire un rullo di tamburi estremamente
fastidioso, mentre il pubblico batte le mani in maniera cadenzata e il
leader
dei Queen mi sorride amichevolmente come se fossimo realmente amici per
la
pelle.
Poi comincia a cantare: «Happy birthday to you, happy
birthday to you, happy birthday Gordon Sumner…».
E il pubblico conclude: «Happy birthday to you!».
E giù a gridare, strepitare, battere mani e piedi, mentre
Freddie e Stewart si buttano su di me, abbracciandomi di fronte a
tutti,
seguiti poi da Roger Taylor e Brian May.
Mi viene da vomitare, come possono avermi messo in ridicolo
in questo modo? Che figura di merda, sto perdendo totalmente la mia
reputazione! Non è possibile, questo è troppo!
Sento le loro braccia attorno al corpo come tentacoli, e
sono veramente disgustato e fuori di me per la rabbia!
Li spingo via con furia e mi sfilo il basso, buttandolo a
terra. Il rumore che ne consegue è fastidioso e stridente,
ma a me non
interessa.
Lascio il palco di corsa, andando a rinchiudermi nel mio
camerino, seguito dalle risate divertite di quegli stronzi che mi hanno
messo
in ridicolo di fronte al pubblico.
Una volta raggiunta la mia meta, comincio a gridare e a
prendere a pugni il divano, a lanciare tutti gli oggetti che mi
capitano a tiro
e a sfogare tutto il mio risentimento.
Sono fuori di me, non gliela lascerò passare liscia.
Me la pagheranno tutti, tutti!
Nessuno escluso!
☺ ☺
☺
Ed eccoci arrivati
alla fine di questo delirio incredibile!
Vi giuro che sto
ridendo da morire per questi ultimi
sviluppi, mi sono troppo divertita a scrivere le scene raccapriccianti
che
avete letto e non posso fare a meno di sperare che anche per voi sia
così!
Che ne dite?
La cosa
raccapricciante è che alla fine Stewart l’ha
passata
liscia, vi rendete conto? Ahh, le ingiustizie della vita -.-”
XD
Ringrazio di tutto
cuore Soul ed Evelyn per aver letto e
recensito i due capitoli precedenti, seguendomi in questa roba che boh,
nasce
dal nulla e si conclude nel nulla XD pura e semplice
demenzialità, ragazzi
miei! Ahahahah!
Grazie a chiunque
altro si sia avventurato nella lettura,
spero di avervi piacevolmente intrattenuto!
Alla prossima
♥
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