Shards of us

di Ladyhawke83
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Shards of me ***
Capitolo 2: *** Nightwood ***
Capitolo 3: *** S’agapò ***
Capitolo 4: *** Chalanthe ***
Capitolo 5: *** Pietra e nebbia ***



Capitolo 1
*** Shards of me ***


Shards of me

 

Il piccolo Simenon strinse forte la mano di sua sorella Erinn, era spaventato, confuso, angosciato e il rumore di quelle grida e quelle voci gracchianti, e inquietanti, gli faceva venire voglia di fuggire da quella stanza gridando.

“Erinn, che succede? Ho paura...” disse il piccolo mezzelfo piagnucolando.

“Shhh, zitto... o ti sentiranno!” Lo rimproverò la bambina, ormai quasi una ragazzina, aveva un’espressione strana dipinta sul volto, come se sapesse.

Simenon, invece, non capiva, però avvertiva il pericolo, sentiva le voci dei suoi genitori, sua madre  gridava, suo padre era furente, e sua sorella?

Sua sorella, nonostante la paura, nonostante avesse solo dodici anni, nonostante sapesse che quelli, chiunque fossero, erano venuti per uccidere, ella stava proteggendo suo fratello minore.

“Erinn... non lasciarmi solo...”

La ragazzina non disse nulla, ma addolcì lo sguardo color smeraldo e gli strinse la manina nella propria, come se fosse una promessa silenziosa.

 

 

 

[word 150 - Prompt: non lasciarmi solo]

 

 

 ***

 

Suo zio arrivò quando tutto era dolorosamente è inequivocabilmente concluso. Al cestello dei Vargas regnava un silenzio innaturale, ed egli dovette farsi largo tra le guardie e il fumo dei roghi appiccati dagli assalitori, per trovarli.

Il mago dovette scavalcare i corpi esanimi della sorella Anuviel e di suo cognato Joseph.

Pregò che i loro figli, entrambi, fossero ancora vivi, ma purtroppo trovò solo un superstite: il più piccolo.

Simenon se ne stava rannicchiato, tutto tremante e terrorizzato, dentro un baule che fungeva da cassapanca nella stanza dei giochi dei bambini.

Quando fece scattare la serratura del coperchio, il mago, suo zio, sapeva già che lui era all’interno, ne aveva avvertito la presenza magica, ma questo Simenon non poteva saperlo.

A vedere la luce e quel viso burbero è pressoché sconosciuto, il bambino sgranò gli occhi e copiose lacrime iniziarono a scendergli sulle guance, insieme ai singhiozzi che lo scuotevano facendolo sembrare un pulcino abbandonato.

“Vieni, ti porto via” disse suo zio, porgendogli la grande mano, era piena di cicatrici e anelli strani, ma non sembrava ostile, quando il minuscolo mezzelfo la strinse a sua volta.

 

[word 186 - Prompt: Vieni ti porto via]

 

***

 

Note dell’autrice: Questa storia partecipa alla "IT'S JUST A QUICK PRICK" CHALLENGE! Indetta dal gruppo Facebook Hurt/Confort Italia - fanfiction e fanart. Ho scritto di getto, in base a Prompt casuali assegnatomi sul gruppo Facebook, i quali mi hanno permesso di far luce sul passato doloroso e mai dimenticato del mago Simenon Vargas, il quale perse tutta la famiglia diventando orfano di padre, madre e sorella, a soli cinque anni.

Sì, lo so, ai Vargas #maiunagioia.

Buona lettura!

Ladyhawke83

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Capitolo 2
*** Nightwood ***


Nightwood

 

“Sai che non mi piace stare nel bosco la notte...” Gli ricordò Simenon, e Dorlas rise, trattenendosi, ma rise.

“Che c’è? Hai forse paura del buio Simenon? Eppure da te non me lo sarei mai aspettato... un mago del tuo livello, dovrebbe camminare ad occhi chiusi e non temere nulla” Gli disse l’amico in buona fede, sottolineando come, alle sue orecchie, suonasse strano che il più promettente giovane mago dell’Academia avesse timore della notte.

“Non è l’oscurità a spaventarmi, Dorlas, ma è il bosco, e chi ci abita... quei selvaggi sono ovunque e non temono certo la nostra magia...” puntualizzò il giovane mezzelfo fermandosi all’erta, pronto a lanciare incantesimi al primo scricchiolio d’erba, o fruscio di foglia.

“Quei selvaggi che dici, sarebbero i druidi? Ancora credi alle vecchie storie che ci propinano i maestri in Academia?”

“Sì, perché tu no, Dorlas?” Chiese il giovane Vargas alzando un sopracciglio, cosa che l’altro non notò nella penombra del sentiero.

“No...” Rise di nuovo. 

La sua risata era una delle poche cose di lui, che riusciva a mettere a suo agio Simenon, lui che era sempre stato timido aveva trovato in Dorlas la metà perfetta. 

Il suo migliore amico era divertente, schietto, ottimista e molto socievole, insomma tutto il suo opposto.

“Guarda che sono persone, come noi, solo vivono secondo certe regole, che non capiamo...” Gli ricordò Dorlas.

“Sei troppo buono tu... quelli sono selvaggi ti dico!... se ci catturano ci fanno lo scalpo!” Vargas parlò bisbigliando agitato.

“Simenon davvero dovresti rivedere le tue convinzioni...” Dorlas gli diede una pacca sulla spalla e gli indicò, sul ramo di un albero vicino, una bimbetta sui cinque anni che li stava osservando di nascosto.

Una piccola druida con occhi furbissimi, capelli intrecciati di foglie e un visetto intelligente, come si accorse che i due giovani maghi l’avevano scorta tra gli alberi, scappò via con movimenti agili e scattanti. Un minuscolo gatto coi piedi di bambina.

“Oddio! L’hai vista? Andiamo via!” Disse Vargas e si incamminò indietro, verso l’Academia.

“Dai! Era solo una bambina, non un mostro...” disse Dorlas.

“È una druida Dorlas, se non è pericolosa adesso, lo diventerà...” Gli rammentò Vargas.

“Sei un caso perso Simenon, hai sedici anni eppure la tua mentalità retrograda assomiglia a quella di un elfo vecchio di novecento anni!”

“Io ho cara la mia pelle, Dorlas!”

“Vedrai, ti dico, un giorno cambierai idea...” disse il mezzelfo, ottimista,  mentre l’altro scuoteva la testa deciso.

 

 

[word 405 - Prompt: Sai che non mi piace stare nel bosco la notte]

 

***

 

Note dell’autrice:

Questa storia partecipa alla challenge "IT'S JUST A QUICK PRICK" CHALLENGE! Indetta dal gruppo Facebook Hurt/Confort Italia - fanfiction e fanart.

Ecco qui due amici, Dorlas e Vargas, due maghi, con idee molto diverse tra loro, ma c’è grande affetto fra loro, perché si conoscono fin da bambini.

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Capitolo 3
*** S’agapò ***


S'agapò

 

“Figlio mio, guarda come ti sei ridotto...” Gli disse sua madre scuotendo la testa, preoccupata.

Con le mani nodose e provate dal duro lavoro stava lavando via con una pezza il sangue dal volto tumefatto di Callisto.

“Madre sto bene, non sono più un bambino!” Sottolineò il giovane stregone scansando le amorevoli cure di sua madre.

“Lo so, ma sei pur sempre mio figlio, anche se non ti ho messo al mondo io.. e ho soltanto te qui...” disse lei, quasi vergognandosi.

“Madre, stai tranquilla, a te ci penso io... dovevo rimetterli al loro posto. Se insultano me non mi importa, ma non voglio che dicano niente su di te” Disse il giovane deciso, poi tentò di alzarsi ed un dolore lancinante al fianco lo costrinse a risedersi. Vari lividi ed escoriazioni si stavano formando là dove lo stregone era stato colpito, quello era stato un pestaggio in piena regola, di sicuro Teocles e gli altri non aspettavano altro che una scusa per sfogarsi su di lui.

Callisto però si era difeso bene, nonostante fossero in quattro contro uno, aveva incassato parecchi colpi, ma tanti ne aveva anche dati. Non aveva usato la magia, no, in quei giorni di festa era proibito qualsiasi uso di incantesimi o artifici, era stata solo una lotta corpo a corpo, finita male per lui.

“Vado a chiamare la saggia Chalanthe, tu resta qui e non dare sciocchezza...” ordinò perentoria sua madre.

“Ma... madre non ce n’è bisogno davvero...” le disse Callisto, ma la donna lo fulminò con lo sguardo.

“Niente ma, ragazzo. Sono tua madre e oggi farai quello che dico! Non ho intenzione di andarmene in giro in pena, la prossima volta, senza sapere in quale vicolo ti hanno gettato agonizzante...” 

“Ci siamo solo azzuffati, tutto qui” cercò di minimizzare Callisto che sentiva la nausea montargli dentro.

“Se fosse stata solo una lite, saresti stati uno contro uno, ma così... sembra proprio che volessero fartela pagare... per cosa poi?” Disse sua madre pensierosa, mentre si preparava per uscire.

La donna non poteva certo sapere che quelli, oltre a detestare Callisto, erano pure invidiosi, perché lo vedevano come io preferito del maestro Heliantes, un ruolo a cui tutti i giovani studiosi del tempio ambivano: essere i favoriti del maestro.

Peccato che non c’era niente da invidiare, proprio niente, Callisto lo sapeva, e di istinto con un brivido si toccò la cicatrice vicino allo sterno, sotto la tunica.

Era già passato più di un anno da quel giorno, ma lui non avrebbe più dimenticato un singolo istante di quel pomeriggio terribile.

“A Heliantes non piacerà...” disse, guardandosi i lividi e il sangue sul corpo.

“Come?” Domandò sua madre che non aveva sentito bene.

“Niente madre, niente”

Sua madre lo accarezzò e lo baciò sulla guancia, prima di lasciarlo.

“S'agapò” disse lei, nella lingua antica.

“Ti voglio bene anche io, madre” gli rispose Callisto sorridendole, nonostante il labbro dolorante.

 

 ***

[word 484]

 

 

Note dell’autrice:

Questa storia partecipa alla #SummerBingoChallenge, indetta dal gruppo Facebook Hurt/Confort Italia - fanfiction e fanart.

Prompt: 2 pestaggio.

Il giovane Callisto si ritrova a casa, con sua madre, dopo essere stato coinvolto in una rissa impari, fomentata dai suoi compagni di studi al tempio, invidiosi e razzisti.

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Capitolo 4
*** Chalanthe ***


Questa storia partecipa alla #SummerBingoChallenge, indetta dal gruppo Facebook Hurt/Confort Italia - fanfiction e fanart.

42 medicina antica

 

Chalanthe

 

 

La guaritrice arrivò nella casa dove vivevano Callisto e sua madre, col fiato grosso.

Salire tutti quei gradini e percorrere la stradina sotto al sole era stato faticoso.

“Gli anni cominciano a farsi sentire” disse la donna tra sé e sé toccandosi il ginocchio dolorante.

“Chissà cosa sarà capitato a quel ragazzo stavolta...” si disse la guaritrice, mentre osservava il riverbero del sole sui muri bianchi e blu delle case del quartiere.

La casa di Callisto lei la conosceva eccome, non era la prima volta che vi andava, ma quella volta ebbe un brivido ripensando alla prima volta che vi aveva messo piede.

 

***

 

“Tu puoi restare, ma il bambino no. Non lo vedi? È già condannato!”

A parlare era stato un giovane, quanto cinico, Heliantes e la donna con cui lo stregone stava discutendo, teneva il braccio il neonato di pochi mesi, lo strinse ancora di più al seno, in risposta a quel pensiero nefasto.

“Io l’ho salvato. Io sono fuggita, e ora che lui è qui sull’isola tu e gli anziani siete tenuti ad accettarlo e ad accudirlo. Questa è la legge” disse la donna.

“La legge non vale per la progenie bastarda di qualcun altro, anche se tu fai parte di questa comunità, lui è escluso...”

“Lui è mio figlio, anche se non nato dal mio ventre, e lo sarà per sempre. Se condanni lui, condanni anche me!” Gridò la giovane donna, non staccando mai gli occhi scuri e saggi da quelli di Heliantes.

“Iante, cerca di ragionare... tu sei giovane, potrai avere altri figli, perché mai ti ostini a voler salvare ciò che nemmeno gli dei hanno voluto preservare?” Le disse lui, cercando d’esser conciliante, ma fermo sulla sua posizione.

“Guardalo: respira a fatica... i suoi capelli sembrano di ghiaccio, così come la sua pelle. È proprio brutto a vedersi...” il giudizio di Heliantes non mascherava per nulla la sua ostilità verso quel piccolo bambino indifeso.

“Se sopravvive verrà schernito da chiunque, qui sull’isola, dai giovani, come dai vecchi... È questo che vuoi per questa povera creatura?” Chiese lo stregone a Iante, cercando di far leva sulle sue preoccupazioni future.

“Lui non è una povera creatura, lui è mio figlio, e resterà qui con me, che tu lo voglia o no... e se dovrò seppellirlo a breve, almeno avrà avuto qualcuno che lo ha amato nella sua breve vita” disse Iante, sicura e decisa.

Il diverbio fra i due fu interrotto dal suono di alcuni passi inconfondibili.

“L’hai chiamata tu?” Domandò Heliantes quasi inorridito.

“Sì, è l’unica che può aiutarlo...” Ammise Iante, guardando il piccolo fagottino tremante e sofferente.

“Sempre che sopravviva...” suggerì Heliantes con sarcasmo.

“Sopravviverà. Ci penserò io” furono le parole della guaritrice, le quali suscitarono un lampo d’ira negli occhi del giovane stregone, il quale voleva non dover pensare a quella fastidiosa incombenza.

“Ora fuori tutti! La medicina antica non ha bisogno di occhi indiscreti, ma di fede e di fortuna...”.

 

***

 

Chalanthe ripensando a quel momento, di tanti anni prima, il primo in cui aveva conosciuto quello straordinario bambino, che poi sarebbe diventato il giovane e talentuoso stregone Callisto, si chiese se avesse fatto bene a salvarlo.

Quel ragazzo era stato messo a dura prova dalla vita, ben molto oltre quello che un comune mortale può sopportare, eppure non si era mai arreso.

La medicina antica però, e tutte le sue conoscenze nel campo potevano curare e lenire i dolori del corpo, ma non quelli dell’anima, e Callisto nello spirito era come spaccato in due, diviso, spezzato, disilluso e su questo la guaritrice non aveva alcun potere.

“Vediamo un po’ ragazzo, su cosa devo mettere le mani stavolta?” Gli Domandò Chalanthe quando lo vide così malridotto.

“Farei prima a dirti cosa c’è di ancora intero in me...” Le rispose Callisto cercando di sorridere, ma il dolore alle costole trasformò il riso in un sibilo doloroso.

“Ragazzo prima o poi ti caccerai in brutti guai e allora la mia magia non basterà più, e nemmeno la buona volontà di tua madre...” disse Chalanthe, con fare materno.

“Lo so guaritrice, ma non ho alternative, non posso fuggire... posso solo cercare di non morire...” Le rispose Callisto gravemente, mentre la donna gli tastava il fianco e applicava unguenti puzzolenti e dubbi sulle escoriazioni e i lividi.

“Mi daresti un grande dolore se morissi, lo sai questo?” 

“Lo so, e mi dispiace darti tanto dispiacere” si scusò Callisto.

“Io ti ho salvato quindici anni fa, perché avevo capito che la tua vita aveva uno scopo ben più elevato di quella di tutti noi...” la voce di Chalanthe si tinse di sfumature solenni.

“Se solo capissi qual è questo scopo...” disse Callisto amareggiato.

“Lo capirai, devi avere fede. Gli dei ti guideranno...” Chalanthe posò una mano sulla spalla del giovane stregone e lui gliela strinse.

“Vorrei poter credere che sarà così... invece, ho come l’impressione che gli dei mi abbiano abbandonato, che abbiano voltato il viso proprio quando avevo più bisogno di un loro segnale...”

Callisto era sfiduciato, stanco e spaventato per le sorti di sua madre. Era una vittima, non poteva ribellarsi, ma sentiva che il coraggio e la forza per resistere stavano venendo meno. In quei lunghi mesi in cui aveva subito in silenzio le violenze di Heliantes, aveva cercato qualcuno in grado di liberarlo dall’incantesimo del suo maestro, ma non aveva trovato nessun valido aiuto. 

Era bloccato su quell’isola troppo calda, afosa è piena di persone ostili.

“Arriverà, arriverà... magari non sarà ciò che ti aspetti, o chi ti aspetti, ma posso giurarti sulla mia sacra arte, che un cambiamento giungerà presto...” Gli promise la guaritrice e ne era talmente sicura, che Callisto decise di crederle.

Fu così che, di lì a poco, il giovane stregone dagli improbabili capelli color ghiaccio, conobbe quella che sarebbe diventata sua moglie e sua complice nella fuga verso la libertà e l’ignoto: Nefele.

 

***

 

[word 976]

 

 

Note dell’autrice:

Un altro piccolo scorcio sul passato di Callisto, grazie alla SummerBingoChallenge sto riuscendo ad esplorare meglio i miei adorati personaggi, e mi sto anche divertendo molto a scrivere di loro.

Spero sia di vostro gradimento...

Buona lettura

Ladyhawke83

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Capitolo 5
*** Pietra e nebbia ***


Pietra e Nebbia 

 

L’ascesa al potere e, precisamente, il non avere libertà di scegliere se prendere, o meno, il posto del precedente Imperatore, non era un qualcosa che a Callisto andasse poi molto a genio. 

Non era così che se l’aspettava, non era così che si immaginava, lui era uno stregone, un tipo carismatico certo, ma non era poi tanto sicuro di esserlo abbastanza per ricoprire quel ruolo.

Fu così che in un attimo si ritrovò catapultato da una realtà di guerra e morte, ad una in cui lui indossava una corona, troppo grande per la sua testa, e troppo stretta per il suo carattere, veniva proclamato “Imperatore”, o dai più “Re Drago”.

Si guardò intorno, la piccola folla di sopravvissuti lo acclamava e lui confuso sbatteva gli occhi. 

Un rivolo di sangue colò giù dalla fronte e lui se lo ripulì col dorso della mano imbrattando l’oro lucido della corona.

L’arrivo del nuovo Re fu costellata da grida esaltate, cenere e vapore, sangue e morte.

“Non è un buon giorno per diventare Re...” si disse Callisto tra sé, sentendosi improvvisamente debole, solo è spaventato. 

Il cielo si tinse di rosa e la nebbia dei fumi si diradò accentuando la lucentezza azzurra della pietra che l’elfo portava al collo.

“Presumo di non potermi tirar indietro, vero?” Disse l’elfo, più alla pietra e al suo potere, che a se stesso.

 

***

 

[229 words]

 

Note dell’autrice: una breve drabble su Callisto e il giorno in cui si ritrovò ad essere nominato Re, suo malgrado.

Storia sviluppata sul prompt “Ascesa” del gruppo Facebook “Boys Love - fanfic & fanart’s World

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