Caccia alle streghe

di lightoftheday
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo primo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Secondo ***
Capitolo 3: *** Capitolo Terzo ***
Capitolo 4: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** capitolo primo ***


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Disclaimer: Leggete Dominic Monaghan e chi per lui e pensate che siano nomi qualsiasi. Una pura convenzione. Ovviamente non lo conosco affatto e non voglio offendere né lui né nessun altro con le mie divagazioni.

 

Note: Non capisco che poco dell’argomento che sto per trattare, quando ho avuto quest’idea per il soggetto mi sono documentata il più possibile con vari libri o su internet. Come sempre, passatemelo se ho scritto qualche inesattezza… e magari correggetemi! Anche se non credo che sapere determinate cose mi servirà mai nella vita (queste cose proprio non mi piacciono!), se ne sapete più di me ogni consiglio è ben accetto!

Non vi preoccupate per l’altra storia, “Ricordo di un primo amore”… la prossima settimana posterò i tre capitoli finali, solo che questa breve storia ha la precedenza adesso. Credo sia dovuto per tutti quelli che hanno letto i risultati del concorso e vogliono verificare di persona!

L’opinione della webmistress, Erika, è stata questa: dovrebbe esserci un elemento di suspence, data la trama (comunque, abbastanza nota e senza risvolti particolari ... un gruppo di ragazzi che si trova a fare un gioco spiritico), ma manca proprio; questo probabilmente a causa di uno stile narrativo troppo semplice, che si limita a narrare i fatti in sequenza, senza dar loro una qualche luce. L'intento forse era proprio quello di narrare un particolare episodio senza infamia né lode (dato che non si avverte nemmeno la presenza di una soluzione al mistero). Anche qui ... consigliata solo a chi piace il personaggio di Dominic Monaghan.

 

Nota del 23-5-2005: Se volete inserire questo racconto in forum, blog e quant’altro potete farlo. Ma non con il copia/incolla… Credo sia più opportuno, e soprattutto gradito per me, riportare il link di questo sito! Grazie!

 

Un grazie già adesso a chiunque leggerà e commenterà.

Buona lettura, Mandy

 

 

A Naty… l’amica che mi ha dato

quasi involontariamente il soggetto.

Perché ogni promessa è debito!

 

Caccia alle streghe

 

Capitolo Primo

 

Superata Boston, il viaggio si faceva più interessante. Fino a quel momento, seduto sul sedile posteriore di quel fuoristrada, Dominic si era dovuto sorbire la compagnia dei due fratelli Burroughs, Elizah e Stephen, due gemelli amici della sua fidanzata Evelyn, con i quali avrebbe passato i quattro giorni successivi nella loro casa nei dintorni di Salem.

Per la verità non erano molto loquaci con lui e non l’avevano coinvolto in chiacchiere, questo gli andava più che bene, dato che non avrebbe davvero saputo di che cosa parlare con loro. Si era goduto la tranquillità e il paesaggio fuori dal finestrino per tutto il tempo, indisturbato.

Salem era una località famosa per la caccia alle streghe, lui non ne sapeva niente di più a parte tutto quello che il resto del mondo sapeva, almeno per sentito dire. Avevano impiccato qualche donna alla fine del diciassettesimo secolo, che sarà mai stato, pensava lui. In Europa erano morte all’incirca nello stesso periodo milioni di persone per quell’isteria religiosa di massa.

Una cosa però che lo aveva fatto ridere quando aveva accettato di prendersi quel lungo fine settimana per far contenta la sua fidanzata, era aver scoperto che quella scoppiata di Elizah Burroughs possedeva una casa da quelle parti.

Come si dice, lupus in fabula? Con quella sua spiccata tendenza a parlare sempre di occultismo, di spiriti, quel proclamarsi una vera e propria medium e altre stupidaggini del genere, almeno era in questo modo che le considerava lui, se l’immaginava proprio bene in quel contesto una così, doveva sguazzarci bene come un pesce nell’acqua.  

Anche suo fratello, Stephen, a suo parere non era proprio del tutto normale. Nell’arco di una serata, se diceva cinque parole compreso un saluto quando s’incontravano, era davvero molto. Dire che fosse schivo era usare un gentile eufemismo, sembrava quasi che gli costasse troppa fatica fare un sorriso ogni tanto, o raccontare qualcosa di se stesso, semplicemente parlare del più e del meno sembrava impossibile per lui. Dominic non poteva negare che si sentiva a disagio in sua presenza.  

Erano due fratelli molto attaccati fra loro, anche troppo pensava. Una volta aveva fatto una battutaccia con Evelyn, sul fatto che gli sembrava decisamente anomalo quel rapporto. Lei aveva riso e gli aveva detto di smetterla di dire cazzate sul conto di una sua amica d’infanzia, dato che con Elizah, da piccole, erano sempre state praticamente inseparabili pur essendo tanto diverse come personalità.

La vita poi le aveva separate, la loro frequentazione non era stata molto fitta negli ultimi anni, ma quando Elizah l’aveva chiamata per invitarla a passare quei quattro giorni a casa loro, Evelyn era stata così felice di rivederla dopo tanti mesi che Dominic non aveva nemmeno provato a dirle che avrebbe preferito passare quei giorni solo con lei, dato che anche per loro vedersi non era affatto facile.

Lei lavorava a New York, era una giovane giornalista di moda che si stava pian piano facendo strada. Era piuttosto brava nel suo lavoro, aveva anche la fortuna di provenire da un ambiente che le aveva permesso di avere gli agganci giusti per farsi strada. Fortunatamente per lei era una di quelle poche mosche bianche che si trovavano tra quelli che vengono definiti “raccomandati”, in genere sottintendendo in quest’epiteto un certo disprezzo, ma anche una buona dose d’invidia. Lei era davvero brava nel suo lavoro, e lo faceva con passione, che fosse dov’era perché la sua famiglia aveva le conoscenze giuste aveva poca importanza in fin dei conti.

Dominic invece, tra viaggi vari e tutto quello che il suo lavoro comportava, era comunque domiciliato a Los Angeles, dall’altra parte degli Stati Uniti. Quei giorni che lei aveva liberi, che erano arrivati per una fortuna più unica che rara in concomitanza con un periodo che per lui non era fittissimo d’impegni, erano davvero una manna dal cielo per il loro rapporto, che durava ormai da dieci mesi e che per almeno un terzo abbondante di quel lasso di tempo si erano vissuti al telefono.

Quell’invito dei Burroughs era capitato proprio in quel momento: Evelyn, dopo le sfilate newyorchesi che aprivano la stagione della moda e che erano finite qualche giorno prima in quel gelido febbraio, entro pochi giorni sarebbe partita per l’Europa, dove sarebbe stato prima il turno delle sfilate milanesi e poi di quelle parigine, che lei avrebbe dovuto seguire come inviata del giornale per cui lavorava.

Dominic aveva fatto buon viso a cattivo gioco, se così poteva essere definito. Del resto non gli era andata poi così male, a quella breve vacanza avrebbero partecipato anche altre due persone: Joseph e la sua fidanzata svedese Kiki, anche lui un amico comune di Elizah ed Evelyn. Dominic conosceva anche loro, sebbene molto superficialmente, erano piuttosto simpatici e sperava lo avrebbero salvato da quell’inquietante coppia di fratelli.

 

Avevano lasciato l’autostrada che avevano preso a New York per prendere una strada che all’inizio era sembrata a Dominic altrettanto scorrevole. Poco dopo però il paesaggio era cambiato e così la strada stessa, che aveva cominciato a salire leggermente e si era fatta piena di curve. La vegetazione si era infittita, lungo la strada il paesaggio era piuttosto bello: c’era molta neve che doveva essere caduta per le perturbazioni che c’erano state fino a qualche giorno prima in quella zona. In quel momento il tempo invece era bellissimo, il sole splendeva nel cielo terso ed era un piacere guardare quell’azzurro che lui riusciva a scorgere dal finestrino. I meteorologi avevano previsto che sarebbe durato per tutto il fine settimana quel bel tempo e tutti loro avevano sperato che fossero nel giusto.

Evelyn, che aveva dormito appoggiata alla sua spalla durante l’ultima ora, si era mossa, sicuramente svegliata per via dello sballottamento di cui erano stati vittime tutti gli occupanti di quell’auto da quando il manto stradale si era fatto meno regolare. Dominic l’aveva sentita incominciare a muoversi appena, lentamente; d’istinto le aveva stretto leggermente la spalla sinistra con la mano che vi aveva tenuto appoggiata per quasi tutto il tempo. Dopo pochi secondi Evelyn aveva alzato gli occhi mettendoli nei suoi, gli aveva sorriso appena.

- Ben svegliata…- gli aveva detto lui rispondendo al suo saluto, in quel solito tono ironico che teneva spesso, come se volesse cercare di far ridere qualcuno. Evelyn sapeva bene che spesso lo teneva per celare l’imbarazzo, forse il fatto che si era addormentata e l’aveva lasciato praticamente solo in compagnia di due persone con le quali lo sapeva un po’ a disagio, aveva avuto l’effetto di sortire quell’atteggiamento in lui. Senza pensarci un attimo gli aveva preso il naso tra l’indice e il pollice della sua mano sinistra, con l’intenzione di fargli un dispetto.

- Lasciabmi il daso ber cortesia! Mi rovini il mio bel dasino a badada!- le aveva intimato Dominic, cosa che lei aveva fatto solo dopo averlo stretto ancora un po’, mentre glielo teneva premuto muovendo la mano da una parte e dall’altra, facendo in modo che lui muovesse la testa da un lato e dall’altro.

- Il tuo nasino a patata non posso rovinarlo ulteriormente, credimi!-

- Ma sei cattiva!- si era lamentato quando era riuscito a riappropriarsi della parte incriminata, mentre lei rideva. Ovvio che non poteva non farlo anche lui.

Elizah si era girata ed aveva visto la scena, loro invece non avevano minimamente notato che li stava guardando presi com’erano, nemmeno la sua espressione leggermente disgustata avevano visto. Le avevano prestato attenzione solo quando li aveva interrotti mentre amorevolmente continuavano a farsi dispetti.

- Ah, ma allora sei sveglia…- aveva detto verso Evelyn, - Fra un po’ ci siamo. Abbiamo appena superato Salem, altri dieci chilometri e poi siamo arrivati alla magnifica residenza estiva dei Burroughs! Ti ricordi quando ci andavamo da piccole? Quante estati ci abbiamo passato insieme, vero Evie?- aveva ricordato alla sua amica.

- Certo che mi ricordo…- aveva asserito Evelyn sorridendo.

Per un po’ le due avevano rivangato vecchi ricordi d’infanzia mentre Dominic ascoltava in silenzio, mediamente interessato, e Stephen, concentrato nella guida, forse nemmeno ascoltava. Non aveva neppure avvertito quando aveva messo la freccia e aveva svoltato, un po’ di tempo dopo, in un viottolo sterrato che terminava in un piccolo piazzale davanti ad una massiccia porta in legno. Celata in parte dietro degli imponenti abeti, c’era quella casa di cui Dominic in quei giorni aveva sentito spesso parlare.

Quando erano entrati Elizah si era affrettata, nonostante il freddo, ad aprire tutte le finestre della casa e delle stanze che gli ospiti avrebbero occupato, per far prendere un po’ d’aria a quella grande costruzione che a Dominic era piaciuta subito per il suo particolare stile; dato che era stata chiusa e disabitata per vari mesi ne aveva bisogno.

Un paio d’ore più tardi erano arrivati anche Kiki e Joseph, gli altri avevano lasciato loro appena il tempo di riposarsi un poco e di lasciare le loro valige, quindi erano usciti tutti riprendendo le auto e percorrendo quei dieci chilometri circa che li separavano da Salem, dove avrebbero fatto un mini giro turistico e la spesa dato che in quella casa, facendo eccezione per poche cose, non c’era niente.

Prima del dovere però si erano concessi una piacevole passeggiata lungo il Derby Wharf, una specie di strada pedonale panoramica sul mare, vedendo da fuori la Custom House lungo la loro strada. Elizah si era affrettata a raccontare che là aveva lavorato come impiegato lo scrittore Nathaniel Hawthorne.

- Sai, quello che ha scritto “La lettera scarlatta”.- aveva aggiunto diretta a Dominic.

- Lo so.- le aveva detto lui, che non aveva ben capito se lei l’avesse fatto di proposito a farglielo notare, le aveva risposto ma aveva evitato di dare importanza alla cosa.

Elizah poi aveva detto che si poteva anche visitare volendo, ma che a quell’ora di pomeriggio era troppo tardi e probabilmente stava chiudendo.

Si erano divertiti per un paio d’ore a girovagare incuriositi tra i vari negozietti di souvenir che si potevano trovare lungo tutto il percorso, quasi tutti sfruttavano la grande fama delle streghe. Del resto, anche per quanto riguardava loro, in quei quattro giorni l’itinerario scelto sarebbe stato dedicato soprattutto a questo aspetto peculiare di quella cittadina: era stato deciso di visitare la Casa della Strega del diciassettesimo secolo, dove aveva vissuto uno dei giudici del tribunale d'accusa, oltre a tanti altri luoghi legati alle streghe di Salem, su tutti il Salem Wax Museum of Witches, il museo delle cere dedicato alla stregoneria.

Certo Dominic avrebbe preferito prendersi quei quattro giorni di relax con Evelyn, quelle cose non l’avevano mai interessato e fosse stato per lui quello sarebbe stato l’ultimo posto dove sarebbe andato a passare quei giorni, ma alla fine si era fatto catturare un po’ dalla curiosità per quel luogo e dall’entusiasmo degli altri, di tutti tranne che di Stephen, che come al solito sembrava essere totalmente disinteressato, quasi in un altro mondo.

Erano tornati a casa verso le sette, dove tutti si erano messi a dare una mano a mettere a posto la spesa e a preparare la cena, che era stata allegra e piacevole. Per Dominic però era stato fastidioso il dopo cena, dato che si era ritrovato a passare una serata intera ad ascoltare strane storie di presenze che Elizah diceva di aver sempre sentito in quella casa. Aveva raccontato a Kiki del fatto che fosse una medium, la ragazza, non conoscendola ancora bene, si era fatta del tutto rapire dall’argomento di conversazione che lei prediligeva. Sin dal primo accenno che Elizah aveva fatto su quella faccenda, Kiki ne aveva voluto sapere subito di più, finendo poi per permettere ad Elizah di monopolizzare la conversazione.

Dopo un’oretta scarsa Dominic già non ne poteva più di sentire tante stupidaggini messe in fila.

Con gli altri non c’era stato alcun problema, ma non era riuscito a celare la sua noia e il suo disappunto anche ad Evelyn, ci aveva provato ma lei se n’era accorta immediatamente conoscendolo. Per fortuna, quella giornata era stata lunga per tutti per via del viaggio, quindi erano andati a letto tutti presto.

 

A turno, quando erano stati nella loro stanza, prima Evelyn e poi Dominic avevano fatto una doccia prima di mettersi a dormire; quando lui era uscito dal bagno dopo aver finito non si era stupito più del dovuto del fatto che Evelyn avesse tutta l’aria di star aspettandolo con una certa impazienza.

Del resto anche lui ci aveva pensato per tutto il giorno al momento in cui si sarebbero finalmente trovati insieme e da soli, una certa stanchezza che gli era derivata dalla lunga giornata appena passata, che per lui aveva compreso anche un volo preso notte tempo da Los Angeles per New York, di certo non aveva affievolito la voglia che aveva di averla.

Di certo era passato per loro quel periodo che ogni coppia vive all’inizio, in cui fare sesso è quasi la totalità di un rapporto, quando c’è quella voglia di conoscersi e di scoprirsi reciprocamente, l’entusiasmo di amare qualcuno che non si conosce fisicamente ma che si ha il desiderio di scoprire, in quello e in tutti gli altri ambiti possibili.

Dominic, come era sicuro che fosse pure per lei, si stava rendendo conto che quel periodo stava finendo, non senza provare un po’ di tristezza per il connotato di sana immaturità che le storie mantengono in quella fase. Si era sorpreso però di non esserne affatto spaventato in una riflessione che aveva fatto durante il viaggio in aereo, pensando a quando avrebbe rivisto Evelyn dopo quasi un mese di lontananza. Immaginava che quello significasse maturare, una cosa che nella vita in fondo non si finisce mai di fare.

Ci aveva ripensato per un attimo mentre facevano l’amore, così, distrattamente, pensando che non avrebbe voluto essere da nessuna altra parte in quel momento. Pensava che nonostante il fatto che Elizah gli stesse un po’ antipatica, suo fratello lo inquietasse e la doveva dividere con loro in quei pochi giorni che avevano a disposizione, era contento che lei fosse felice di stare lì. Se era contenta lei lo era anche lui, di rimando. Del resto sembrava impossibile non sorridere quando Evelyn lo faceva.

Erano rimasti per un po’ abbracciati, con il respiro un po’ più pesante del normale, a godersi il momento immediatamente successivo all’amore. Quell’intimità priva di parole con lei non lo infastidiva e non lo spaventava, ci aveva pensato e senza volerlo l’aveva stretta ancora un po’.

- Ti sei rotto le scatole stasera, eh?- aveva chiesto Evelyn, usando un tono leggermente canzonatorio, qualche tempo dopo.

- Se me lo permetti, direi che mi sono frantumato le palle veramente Evie!-

Lei aveva ridacchiato. - Esagerato che sei, c’è di peggio.- aveva osservato.

- Oddio sì che c’è di peggio, pensare che abbiamo ancora due serate da passare qui e che la cosa potrebbe ripetersi. Ti giuro, non so se ce la farò.-

Evelyn gli aveva appoggiato una mano sulla nuca e lo stava leggermente accarezzando, tenendogli le dita tra i capelli. - Elizah è fatta così. E’ che non vi conoscete nemmeno tanto bene, magari se aveste occasione di frequentarvi le cose potrebbero andare meglio. Siete molto diversi, questo va detto, anche se ciò non vuol dire che non possiate trovare un punto d’incontro se vi impegnate, e non parlo solo per te in ogni modo.- aveva commentato facendo trasparire il fatto che aveva notato che Elizah nei suoi confronti era ben poco espansiva.

- Questo credo sia difficile, rapporti civili va bene, per il resto la vedo buia. E poi lo so che non le sto simpatico, non me ne faccio un problema, non è che la posso obbligare a considerarmi un suo amico. E poi lo sai che è più forte di me, quando sento parlare di queste cazzate mi girano le scatole, mi conosci. Non le sopporto queste credenze, mi sanno d’ignoranza e di cattiveria. Insomma, immagino che nemmeno tu ci creda.-

Evelyn aveva appoggiato la testa sulla sua spalla e per un momento aveva taciuto, in un silenzio che Dominic aveva preso come un momento d’indecisione.

- Mica mi dirai che ci credi anche tu…- aveva continuato con al paura addosso di aver detto qualcosa di troppo, in fondo Elizah era una sua buonissima amica e avrebbe dovuto contenersi un po’.

- No, in verità non più del dovuto.- aveva detto cambiando tono. Dominic aveva avvertito che non cera affatto del disappunto come aveva temuto, piuttosto c’era qualcos’altro che non riusciva bene a definire.

- Che hai?- le aveva chiesto.

- Niente,- aveva risposto lei sempre con lo stesso tono. - Mi sono solo ricordata di una cosa, di una cosa che ci è successa quando eravamo sui dodici anni. Elizah sente delle cose fin da quando è una bambina. Ne è stata terrorizzata per anni fino a che non si è decisa a prendere in mano la situazione, da quando ha accettato la cosa è una persona più libera anche se è comunque rimasta una che vive sempre nel suo mondo. Se poi fosse stata solo lei sarebbe stato un conto, ma anche Stephen non credere che sia da meno, anzi, è molto più dentro queste cose di lei, solo che non ne parla, per la verità non parla mai di niente. Anche lui è una specie di medium, Elizah mi ha raccontato che quando erano piccoli è capitato a volte che lui cadesse in trance così, senza un motivo apparente e diceva delle cose strane.-

- E tu ci credi? A me sembrano stronzate.- aveva ribattuto Dominic.

- Non so che pensare francamente, se me le avesse dette qualcun altro mi sarei fatta una risata anch’io, ma trattandosi di Elizah non lo so. Te l’ho detto, io non ci credo a queste cose, al massimo posso buttarmi un po’ di sale alle spalle se mi cade sulla tavola, ma più per un gesto assimilato che per paura della sfortuna, ma quella volta mi spaventai a morte.-

Si era interrotta per un momento, Dominic non l’aveva spinta a continuare lasciandole il tempo necessario per rifletterci, anche se era abbastanza incuriosito da ciò che Evelyn aveva da raccontargli.

- Io ero andata a dormire a casa sua come ci capitava spesso di fare da ragazzine, era un sabato in pieno inverno. Nella sua stanza c’erano due letti identici e noi, come due sciocchine, stavamo sedute su questi due letti in pigiama, anche se era tardi nessuna delle due aveva voglia di dormire. Chiacchieravamo della scuola, dei ragazzini che ci piacevano, quando improvvisamente, senza un motivo apparente, Elizah è stata come sbalzata fuori dal letto ed è caduta dalla parte opposta a dove ero io. Io non riuscivo a capire che cosa le fosse successo, un po’ mi scappava anche da ridere, ma quando l’ho ritrovata a terra non ho più avuto voglia di ridere. Stava accovacciata per terra, terrorizzata, non l’ho mai vista così terrificata in tutta la vita. Sai, si teneva le braccia strette intorno alle ginocchia e tremava. L’ho aiutata a rialzarsi e lei mi ha abbracciata, non mi ha voluto dire cosa le fosse successo, mi disse semplicemente che aveva perso l’equilibrio ed era caduta come un sacco di patate. Io mi accontentai della risposta che mi aveva dato e aspettai semplicemente che si tranquillizzasse. Ma dopo, quando abbiamo deciso di andare a letto e lei era andata in bagno, l’ho sentita dire chiaramente per favore mamma vattene, c’è anche Evie e non voglio che la spaventi come hai fatto con me. Sua madre è morta quando era molto piccola, era di qui. Lei mi ha raccontato addirittura che si vocifera che tra i suoi antenati ci fosse una delle presunte streghe giustiziate tre secoli fa, ma a questo non ci crede nemmeno lei. In ogni modo mi aveva raccontato in precedenza che ogni tanto cadeva perché si sentiva spintonare da delle mani invisibili, come delle presenze che cercavano di attirare la sua attenzione. Dormimmo insieme nello stesso letto quella notte, io cercai di non farle capire che mi ero spaventata, perché aveva sinceramente bisogno che qualcuno vegliasse su di lei.-

Dominic era rimasto un po’ in silenzio a riflettere, anche se quello che aveva detto dopo sapeva che non sarebbe stato quello che Evelyn esattamente si aspettava.

- Ci possono essere mille spiegazioni plausibili a tutto questo.- aveva commentato.

- E quali?- aveva ribattuto decisa lei, che si era stretta a lui con più decisione, quasi come se ricordare quella notte le avesse messo addosso un po’ della stessa paura che aveva provato da ragazzina.

- Forse Elizah voleva fare un po’ di scena.-

- Se avesse voluto solo fare scena mi avrebbe detto che sua madre morta le aveva dato una spinta tanto forte da farla cadere dal letto invece di stare zitta, no?-

- Ma dopo l’hai sentita mentre era in bagno, forse lei lo sapeva bene che tu l’avresti sentita.-

Evelyn era rimasta in silenzio per due secondi prima di ribattere. - Tu non hai visto quanto fosse spaventata Dom, io sì, e ti giuro che non stava fingendo. Lo avrebbe fatto troppo bene.-

Dominic decise di concederle il beneficio del dubbio, anche se rimaneva dell’ipotesi che Elizah fosse troppo fissata e che, a giudicare da quello che Evelyn gli aveva appena raccontato, doveva esserlo sempre stata.

Le aveva passato una mano sulla nuca e le aveva dato un bacio sulla fronte.

- Che ne dici se dormiamo?- le aveva chiesto a bassa voce.

Evelyn era stata d’accordo, si era liberata del suo abbraccio per un secondo, il tempo necessario perché riuscisse a girarsi dandogli la schiena, in modo che lui potesse abbracciarla nuovamente da dietro, in modo protettivo.

Era vero, pur non volendo, ricordare quella notte l’aveva fatta ripiombare in quello stato di angoscia che aveva provato in quella notte fredda, come lo era anche quella che stava vivendo in quel momento. Dominic che l’abbracciava le dava sicurezza.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo Secondo ***


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Un grazie a Claudietta per il commento… però se poi non ci dormi mi fai sentire in colpa!

Buona lettura, Mandy

 

Capitolo Secondo

 

Svegliandosi la mattina seguente Dominic aveva sentito una spiacevole sensazione di freddo e non riusciva a respirare bene. Quando era stato abbastanza cosciente da rendersene conto aveva maledetto la sua bella idea di togliersi il cappotto il pomeriggio precedente, dato il caldo che faceva sotto il sole aveva pensato che se se lo toglieva per un minuto non poteva succedergli niente. Ma non aveva pensato al fatto che soffiava una leggera brezza dal mare che probabilmente, insieme alla sua stupidità, era stata la causa di quel forte raffreddore che gli era venuto.

- Porca miseria!- aveva esclamato leggermente innervosito e ad alta voce, poteva permetterselo dato che Evelyn si era già alzata evidentemente, dato che non era lì. Era scivolato fuori dalle coperte completamente nudo, cosa che non era stata affatto piacevole per come si sentiva e dato il clima già di per se molto rigido. Più in fretta che poteva si era messo qualcosa addosso vedendo che erano passate da un pezzo le dieci del mattino ed era andato in bagno. Dopo essersi reso presentabile era sceso al piano inferiore dove aveva trovato sveglie oltre ad Evelyn, Elizah e Kiki.

- Buongiorno…- aveva bofonchiato prima di avvicinarsi al tavolo di legno dell’angolo cucina di quella casa così strana, facendo chiaramente intuire dal suo tono di voce che non stava per niente bene. Si era avvicinato ad Evelyn che era seduta all’estremità sinistra della panca di legno che stava da un lato del tavolo. La ragazza dapprima gli aveva passato un braccio attorno alla vita per avvicinarselo, poi era scivolata verso destra per lasciargli lo spazio sufficiente perché potesse sedersi vicino a lei.

- Ora ho capito perché stamattina russavi un po’…- aveva osservato Evelyn, mentre gli passava una mano sulla testa e si avvicinava, per dargli un bacio su una guancia.

- Davvero russavo?- aveva chiesto sorpreso, anche un po’ imbarazzato.

- Un pochino.- aveva detto Evelyn, che poi gli aveva messo una mano sulla fronte. - Non sei caldo, meno male, vedi di non farti venire la febbre proprio adesso!- lo aveva bonariamente ammonito.

Elizah, senza che lui avesse chiesto niente, gli aveva messo davanti una tazza di caffé bollente. - Per mangiare fai tu come vuoi.- gli aveva detto.

Dominic non aveva molto appetito quindi non ci aveva nemmeno pensato a nutrirsi. Quel caffé al contrario lo prendeva più che volentieri, aveva annuito verso Elizah come per dire che aveva afferrato il concetto e l’aveva ringraziata. Immediatamente dopo aveva dovuto fare velocemente cenno ad Evelyn di allontanarsi almeno un po’ da lui, uno starnuto fragoroso era arrivato nel giro di pochi secondi.

- Mi hai sturato le orecchie Dom!- lo aveva preso in giro Evelyn, mentre Kiki, dall’altro lato del tavolo, gli aveva passato la scatola con i fazzoletti di carta. Dominic aveva ringraziato afferrandone uno e soffiandosi il naso subito dopo.

- Dormito bene, a parte il russamento mattutino?- aveva chiesto Elizah.

Dominic le aveva sorriso sforzandosi un po’, che diavolo aveva da prendere in giro quella, si chiedeva.

- Non c’è male, solo ho fatto un sogno strano.- aveva detto, guardando però verso Evelyn, come se volesse raccontarlo solo a lei. - Ero una donna, pensa che me ne andavo in giro allegramente fumando una pipa. Mi sa che stanotte un po’ di febbre devo averla avuta, ubriaco non ero quindi le spiegazioni sono poche.- aveva detto ridacchiando, Evelyn pure l’aveva fatto.

- Te lo ricordi bene questo sogno?- aveva chiesto Elizah interessata. - Non che me ne intenda molto di questo ramo, ma in genere certi tipi di sogni sono delle specie di segnali, hanno sempre dei significati e per questo chi ci induce a farli fa in modo che ce li ricordiamo bene. Dovresti pensarci sai?-

Kiki era si era immediatamente detta dalla parte di Elizah, che a suo parere aveva proprio ragione a dire una cosa simile. Senza per fortuna lasciare il tempo a lui di rispondere che no, si ricordava solo quei pochi particolari, era partita in quarta nel raccontarle un sogno che faceva spesso, che c’entrava un gatto e non aveva capito bene cos’altro, aveva evitato di ascoltare il resto dato che aveva capito che da lì in poi il discorso sarebbe andato a parare su paranormale e altre storie attinenti.

Evidentemente Kiki era una patita di queste scemenze proprio come la padrona di casa, e sì sa che due invasate insieme non le regge nessuno. Aveva prima guardato di sottecchi Evelyn che aveva incontrato il suo sguardo e a sua volta gli aveva rivolto un’occhiata molto esplicativa, quasi come a volergli chiaramente dire che noia. Lui le aveva sorriso, sentendosi complice.

Quando erano stati soli nella loro stanza, dopo un po’, Evelyn gli aveva detto che era da tutta la mattina che andavano avanti a parlare di certe cose. - E dire che io sono abituata ad Elizah e alle sue manie, ma tutt’e due insieme non le reggo… e tu ti sei perso il pezzo migliore, Kiki le ha confessato di avere sviluppato dei poteri nel campo della stregoneria, dice di aver appreso certe arti magiche da sua nonna. Si è anche affrettata a dire che quello che riesce a fare sono solo banalità, e che molto di quello che sa più che alla magia è dovuto al folklore svedese, quindi si sono lanciate entrambe in una specie di disamina sulla magia che si è sempre sviluppata di pari passo con il folklore… credimi Dom, una cosa pazzesca! Mi sembra che si stia davvero esagerando. Joseph e Stephen sono andati a fare un giro in macchina qui vicino, hanno fatto molto bene a togliersi di mezzo, potessi l’avrei fatto anch’io.-

Dominic era scoppiato a ridere immaginandosele, ma dall’altra parte aveva pensato che le sue previsioni per quel fine settimana, quelle meno rosee, si stavano per avverare.

Dopo che Stephen e Joseph erano tornati dal loro giro avevano pranzato, quindi era stato scelto di passare il pomeriggio al museo delle cere dedicato alla stregoneria, cosa che non aveva fatto che incoraggiare le chiacchiere di Elizah e Kiki, che fortunatamente però si erano chiuse a parlarne tra loro e non avevano nemmeno cercato di coinvolgere gli altri nella loro conversazione.

Dominic, che nel corso del pomeriggio si era sentito sempre più debole dato che il suo raffreddore stava peggiorando rapidamente, ogni tanto di sfuggita aveva osservato Elizah presa nel discorso.

Forse il tutto era dovuto anche alla sua poca pazienza del momento, dovuta più che a quelle chiacchiere al fatto che quello stare male, proprio durante quei giorni, lo stava facendo innervosire.

Non gli piaceva pensare certe cose, ma più guardava quell’espressione altezzosa di Elizah, che sembrava voler dire agli altri quanto si sentisse superiore solo perché credeva di possedere una verità che il resto del mondo scettico non ha, e più si sentiva mal disposto nei suoi confronti. Quel suo modo di porsi lo considerava semplicemente ridicolo, oltre che senza una giustificazione plausibile.

Quel museo era divertente e ben fatto, ripercorreva tutta la storia delle persecuzioni e ricostruiva in parte la storia di alcuni dei personaggi che avevano avuto un ruolo di spicco nella vicenda. Un’intera parte era dedicata alle ragazzine che avevano dato il via a tutta quella vicenda, una parte alle persone che erano state condannate e giustiziate e via dicendo tutte le fasi salienti della storia. Lui non si era divertito molto pur riconoscendo che era abbastanza interessante, a tantissime cose non aveva nemmeno fatto caso, cercando di prenderla però con filosofia, con il detto comune che aveva poi esposto ad Evelyn quando erano usciti dal museo e lei gli aveva chiesto se gli fosse piaciuto.

Lui l’aveva guardata scettico e le aveva detto:- Mettiamola così: la cultura è come il maiale, non si butta via niente!-

Quando erano tornati a casa, nel tardo pomeriggio, aveva qualche linea di febbre, niente che con un paio di aspirine non passasse, ma si era davvero sentito nervoso. A cena non aveva mangiato quasi niente, proprio non gli richiedeva, era sicuro che anche la febbre gli stesse salendo. Nonostante il fatto che anche Evelyn gli aveva detto che sarebbe stato meglio se fosse andato a sdraiarsi un po’, non aveva voluto isolarsi, soprattutto non voleva staccarsi da lei dato che aveva cominciato a pensare tristemente che erano già trascorsi la metà dei giorni a disposizione che avevano per stare insieme.

Dopo cena si erano tutti seduti sui due divani che stavano davanti al camino. Stephen si era curato di accenderlo quella mattina appena alzato ed era rimasto ardente per tutto il giorno, regalando un’accogliente atmosfera a quel grande soggiorno che era sicuramente il posto più bello di quella casa. Sembrava una casa di campagna vecchio stile, l’unica cosa che dava l’idea di un po’ di modernità era l’angolo cucina super accessoriato che tuttavia non era subito visibile agli occhi di chi entrava in quella casa. Era arredata quasi completamente con dei mobili rustici in legno grezzo tranne quei due comodi divani su cui erano seduti, delle travi dello stesso materiale erano messe a reggere la struttura di quell’alto soffitto. Il grande camino dava l’idea che in tempi remoti quello dovesse essere stato il centro della casa e che, come stavano facendo loro in quel momento, la sera tutti quelli che vivevano sotto quel tetto si riunivano intorno ad esso a godersi il tepore che esso spandeva tutt’intorno, mentre parlavano della giornata appena trascorsa o si raccontavano storie.

Peccato che la conversazione in quel momento, dopo che durante la cena finalmente si era parlato d’altro, era tornata in mano ad Elizah e Kiki che, ovviamente, erano tornate a parlare di quell’interesse che avevano scoperto di avere in comune.

Evelyn si era seduta appoggiando le spalle all’angolo del divano, Dominic inizialmente le si era seduto vicino, ma con il passare del tempo i suoi sensi avevano cominciato a non essere più tanto vigili. Evelyn con dolcezza ma anche con gesti decisi aveva fatto in modo che si sdraiasse su di lei appoggiando la schiena contro il suo petto e la testa contro la sua spalla. In effetti Dominic aveva trovato che quella posizione fosse molto più confortevole, sia per il fatto che stare leggermente sdraiato lo faceva sentire meglio, sia per aver trovato un lato buono di stare male, ovvero che le persone che gli stavano intorno, Evelyn in particolare, sembravano essere più inclini a coccolarlo.

Intontito com’era non stava minimamente seguendo il discorso, ma aveva chiaramente letto nello sguardo di Joseph una certa stanchezza e a giudicare dal silenzio semi totale che Evelyn stava tenendo, anche lei non doveva divertirsi molto. Stephen invece sembrava non fare quasi caso a quello che succedeva, come sempre.

L’unica cosa che Dominic era riuscito ad intuire era che stessero parlando di fenomeni paranormali che in qualche modo erano legati alle sedute spiritiche. Era più che altro Kiki a parlare del fatto che più volte aveva provato a portarne a buon fine una ma che, per la scarsità dei mezzi e per aver sempre tentato di farle con persone non all’altezza o non pienamente convinte di quello che facevano, non ci era mai riuscita. Lei certo era spinta da nobili motivi, era certa che entrare in contatto con delle entità superiori avrebbe accresciuto la sua saggezza e il suo buonsenso, ma per di più il resto delle persone ci arrivava per curiosità morbosa nei confronti dell’occulto o, ancora peggio, per farsi una risata o per scopi materiali.

- Sai, stavo pensando che stasera sarebbe davvero adatta, è tutto perfetto.- aveva asserito Elizah, più che convinta di quello che diceva. - L’atmosfera, le persone, le intenzioni. Mi sembra che ci siano tutti gli elementi necessari per portarne una a buon fine.-

Dopo aver detto questo si era girata verso la figura longilinea e pensierosa di suo fratello. Non c’era stato bisogno che lei gli chiedesse niente, lui aveva già intuito da solo cosa volesse la sorella.

- Non so se è il caso Elizah.-

- Pensi di non farcela?- aveva chiesto lei.

- Manca il terzo.- aveva spiegato.

- Kiki mi sembra perfetta.- aveva ribattuto Elizah.

Dominic non si era stupito troppo della sicurezza e della competenza con le quali Stephen aveva cominciato a  parlare, si era ricordato di quello che gli aveva raccontato Evelyn la notte prima, ma per lui quei discorsi e la serietà con cui era fatti erano esilaranti. Aveva trattenuto a stento una risata nel sentirli tutti parlare così, era stato bravo a non far trasparire niente, per questo si era stupito e anche un po’ sbigottito quando Stephen, con quello sguardo inquietante, quasi come se gli avesse letto nel pensiero, gli aveva piantato gli occhi in faccia per poi rispondere alla sorella.

- Non mi sembra che tutti qui siamo coscienti e intenzionati a prenderla con la dovuta serietà.-

- Non dobbiamo partecipare tutti per forza.- aveva osservato Elizah ancora.

- Io lo farei volentieri.- aveva detto interessato Joseph.

Kiki ovviamente era dei loro, Elizah aveva guardato Dominic ed Evelyn che erano gli unici a non essersi espressi.

- No, grazie, passo.- aveva detto lui, ricevendo uno dei soliti sguardi tipici di Elizah, con il quale sembrava dirgli non avevo nessun dubbio in merito.

- Tu Evie sei dei nostri invece, vero? Non sarebbe nemmeno la prima volta per te…- aveva osservato.

Evelyn aveva stretto un po’ la pressione del suo braccio sul petto di Dominic, come se fosse tesa, poi aveva detto a bassa voce va bene, se volete lo farò, non sembrando del tutto convinta però.

- Sicuro che non ci vuoi ripensare Dominic?- aveva chiesto Elizah, ma Stephen aveva parlato per lui.

- Non forzarlo, e poi non lo vedi che non è nelle condizioni di farlo? Sarebbe una preda troppo facile e io non mi prendo questa responsabilità.-

Dominic non aveva capito che poco di quello che si erano detti. Chi era il terzo che poteva essere Kiki? E che voleva dire il fatto che lui nelle sue condizioni era una preda troppo facile? Ma troppo facile per chi?

Quelle domande per quanto gli riguardava potevano rimanere senza una risposta, non gli importava davvero niente dato che le credeva tutte assurdità.

- Posso rimanere qui come spettatore?- aveva chiesto però, dato che aveva proprio voglia di vedere cosa si sarebbero inventati quei due strambi fratelli, forse ci sarebbe stato anche da divertirsi.

Era stato Stephen a rispondergli, stupendolo parecchio dato che non lo aveva mai sentito prima dire tante parole in fila. - Credo che tu possa, ma ci sono delle cose che devi sapere e delle regole che devi rispettare anche tu, anche se non partecipi direttamente.- gli aveva detto con un tono grave.

- Questa che stiamo per fare è una cosa molto seria, e se anche tu non ne farai parte, se qualcuno per la volontà di Dio verrà a parlare con noi, sarai presente e con te sarà presente anche il tuo spirito e le tue intenzioni che potranno essere viste e percepite. Lo so che pensi che siano tutte stupidaggini e rispetto la tua opinione se anche credo sia per pura ignoranza in materia, senza offesa ovviamente.- si era affrettato a dire. - Ma per un momento dovresti sforzarti di crederci e pensare cose positive della faccenda, oltre che avere il massimo rispetto per le entità che richiameremo a noi, se vorranno farci l’onore di ascoltarci. Credi di poterlo fare?-

Dominic gli aveva sorriso ipocritamente, era abbastanza infastidito dalle sue parole e dalla presunzione che traspariva delle stesse. - Il fatto che le consideri stupidaggini è del tutto da dimostrare, in ogni modo ho il massimo rispetto per voi e per le vostre credenze, non mi permetterei mai di mancare di rispetto a voi e alle vostre cose, se è quello che temi.-

Elizah pure gli aveva sorriso. - E’ che ti si legge in faccia Dominic, non c’è bisogno che lo dici. Comunque sì, puoi rimanere, non credo che ci sia alcun problema se segui i consigli che ti ha dato Stephen.-

Dominic si era chiesto in che banda di pazzi fosse capitato, ma si era limitato a sorridere ipocritamente per l’ennesima volta verso di lei e ad alzarsi dal divano per permettere ad Evelyn di raggiungerli.

Mentre Elizah si affrettava a procurarsi l’occorrente, Stephen aveva istruito tutti sul da farsi. Per Evelyn e Joseph c’erano state poche raccomandazioni, che erano all’incirca quelle che poi erano state fatte anche a Dominic: dovevano mantenere un silenzio rispettoso e concentrato, liberarsi da qualsiasi frivolezza e da qualsiasi morbosa curiosità in merito, dovevano essere tutti in perfetta armonia fra loro o gli spiriti maligni avrebbero approfittato anche della più piccola discordia per renderli tramite della loro malvagità.

Era poi passato a spiegare il ruolo di tutti gli altri: lui sarebbe stato il medium coordinatore, Elizah l’avrebbe assistito quando sarebbe entrato in trance, sempre che ciò fosse avvenuto dato che non era scontato che ciò avvenisse, mettendogli a disposizione la sua forza; Kiki invece aveva il compito di richiamarlo dallo stato di trance e di ristabilire un contatto. Per comunicare avrebbero usato un mezzo semplice e considerato uno fra i meno pericolosi in circolazione, una tavola oui-ja. Stephen aveva spiegato anche il funzionamento di quello strumento, che tutti però avevano già visto, o almeno ne avevano sentito parlare. I partecipanti dovevamo appoggiare il loro dito indice sul puntatore che scorreva sulle lettere, numeri, ed altri simboli riportati sulla tavola senza fare troppa pressione, in modo che fosse l’entità a muoverlo per dare loro le indicazioni che voleva. Aveva spiegato inoltre che probabilmente sarebbe occorso del tempo perché un’entità rispondesse, non sapeva quanto, avrebbero avuto la certezza di avere un contatto quando il puntatore si sarebbe mosso prima in ordine sparso, poi tornando nel punto preciso in cui aveva iniziato, per poi rispondere ad eventuali domande che loro gli avrebbero fatto, anche se Stephen aveva spiegato che inizialmente era buona norma chiedere all’entità se volesse lei per prima dire loro qualcosa.

Quando Elizah era tornata con l’occorrente, avevano disposto la oui-ja al centro di un tavolino tondo, con il puntatore per il momento rigorosamente sul tavolo, le luci andavano spente e quell’enorme stanza sarebbe stata illuminata solo dal fuoco del camino, Elizah aveva acceso una candela che aveva sistemato sul tavolo davanti alla oui-ja.

Quando tutti avevano preso il loro posto, Dominic compreso che si era seduto poco distante su una sedia dietro a loro, Stephen aveva preso il puntatore appoggiandolo sulla oui-ja e chiedendo a tutti di appoggiare il loro dito indice su questo, curandosi di tenere il braccio rilassato, ma assolutamente di non appoggiarlo sul tavolo, per non creare attriti.

Stephen, quando nella stanza era sceso il silenzio più assoluto, aveva incominciato a declamare una specie di preghiera: aveva chiesto a Dio di metterli in contatto con degli spiriti buoni e di preservarli da quelli cattivi, di aiutarli nel caso questi ultimi fossero arrivati a non farli avere accesso ai loro cuori e alle loro menti, aveva chiesto per se la forza di adempiere al meglio al suo compito di medium, chiedendo di non venire toccato dalla vanità, nel caso contrario di vedersi togliere tutti i poteri che gli erano stati concessi nella sua grazia.

Dopo c’erano stati svariati minuti di silenzio, durante i quali non era successo niente. Tutto era rimasto come immobile, con i cinque partecipanti con le loro dita appoggiate sul puntatore cercando di stare immobili e concentrati nel loro rispettoso silenzio, per quanto la scomoda posizione che erano costretti a tenere lo permettesse.

Dominic li stava guardando ancora, annoiandosi, la sua curiosità era scemata molto dato il fatto che non stava succedendo niente di divertente e, se anche non ne aveva bisogno dato che era molto convinto di questo, si era persuaso ancora di più di aver ragione e che fosse solo una gran baggianata. Si era però curato di non dire niente, del resto quello che aveva detto prima che cominciassero era vero, avrebbe mantenuto il massimo rispetto per ciò che stavano facendo.

Proprio mentre questo pensiero, che in parte andava contro alle regole che Stephen gli aveva chiesto di osservare, gli stava attraversando la mente, il puntatore aveva fatto una piccola mossa, pianissimo si era spostato verso la parte destra della oui-ja, senza andare verso un punto preciso. La tensione nella stanza era risalita immediatamente dopo quei vari minuti in cui non era successo assolutamente niente, Dominic si era chiesto chi fosse tra Elizah e Stephen a muovere il puntatore, o se magari erano entrambi di comune accordo.

Da dove stava seduto non riusciva molto bene a vedere cosa stesse accadendo, gli sembrava che in quel momento il puntatore avesse fatto una specie di inversione a u non tornando però al punto di origine, per poi andare verso sinistra, sempre senza avere una meta precisa. Sentiva la sua testa pesante, aveva sinceramente bisogno di sdraiarsi e sperava che quella farsa non durasse ancora tanto, almeno sarebbe andato a dormire. La testa aveva preso a fargli così male in pochi secondi che aveva necessariamente dovuto chiudere gli occhi, portandosi le mani alle tempie. Li aveva strizzati mentre il suo viso si contraeva in una smorfia che, se qualcuno degli altri l’avesse potuto vedere, avrebbe in modo più chiaro possibile fatto intuire quanto stesse male in quel momento.

Anche se sapeva di dover stare immobile ed in silenzio quel malessere era tropo forte, si sentiva come se stesse per svenire ma aveva trovato, non sapeva come, la forza per alzarsi dalla sedia dove stava, voleva chiedere aiuto, ne aveva bisogno.

- Evie…- aveva appena detto, poi gli erano mancate le forze per fare altro.

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Capitolo 3
*** Capitolo Terzo ***


Nuova pagina 1

Buonasera a tutti!

Un grazie mille a tutte le persone che hanno voluto sprecare un pochino del loro tempo per leggere e commentare innanzitutto! Andando con ordine: Chu, il tuo punto di vista è decisamente interessante, non commento altro perché preferisco farlo alla luce della fine della storia, extra alla vicenda posso dirti che il mio stile, proprio come hai detto tu, è sempre per lo più quello… se cambia, cambia di poco, ma francamente la mia semplicità nello scrivere credo sia caratterizzante. Mi spiego, a mio parere è inutile scrivere in modo ridondante in nome di particolari stili o per conferire ai propri lavori quella sorta di confusione che sembra piacere tanto… se poi con il mio essere semplice non trasmetto la suspance che, mi è stato fatto notare, non trasmetto, vuol dire che non sono capace a farla uscire fuori! Pazienza, nella vita non si può saper fare tutto! Però posso dire di aver tentato anche questa, e soprattutto ad essermi divertita ad averlo fatto.

Grazie mille Lo! Non ti faccio aspettare troppo per vedere che succede a Orecchiotto, il capitolo che segue te lo spiega bene, anche se è il penultimo. No, non sono mai stata a Salem, però mi sono documentata parecchio su diversi fronti: turismo, folklore, soprattutto quello dedicato alla faccenda della stregoneria, e ovviamente la storia e la conformazione geografica del luogo. Ho “studiato” la faccenda su svariati libri che mi sono procurata e su internet. Ci sono molte fonti in rete, soprattutto per ciò che riguarda l’occultismo, faccenda della quale, meno per quello che mi aveva già detto Naty, la mia amica alla quale la storia è dedicata, non sapevo davvero che pochissimo.

Il ricordo? Come mai Claudietta, hai provato a fare una seduta spiritica? Anche per te, ora vedrai che gli è successo a Orecchiotto, anche se… (Suspance… almeno ci provo!!!)

Sullo spirito furbo mi hai fatto fare una bella risata di cuore… chiamalo scemo!

Detto questo, buona lettura!

Mandy

 

 

 

Capitolo Terzo

 

Cadendo a terra aveva fatto un tonfo sordo.

Evelyn, che si era girata sentendosi chiamare, aveva gridato il suo nome impaurita, staccando immediatamente il suo dito dal puntatore della oui-ja e precipitandosi a terra verso di lui. Non aveva badato all’avvertimento di Stephen che le stava dicendo che non poteva abbandonare così la seduta, del resto non meritava nemmeno una risposta per quanto la riguardava, e Joseph evidentemente la pensava come lei dato che immediatamente si era alzato anche lui andandole incontro.

All’inizio Dominic sembrava semplicemente svenuto, Evelyn aveva commentato con un gli avevo detto di andare a letto, imputando tutto alla febbre, gli aveva sollevato le gambe aiutata da Joseph, in modo da favorire l’afflusso di sangue alla testa, ma era successo qualcosa di strano. Sembrava, più che svenuto, che stesse dormendo e che stesse facendo dei sogni strani che lo facevano agitare.

- Oh cielo, ma che diavolo sono, convulsioni?- aveva esclamato Joseph, questo commento aveva richiamato l’attenzione degli altri tre per un attimo appena, ma erano rimasti al tavolo per chiudere a dovere e nel più breve tempo possibile la porta che avevano aperto su quella dimensione, per parlare con le entità.

Evelyn stava cercando di scuoterlo, come se volesse svegliarlo, ma Dominic sembrava totalmente insensibile ad ogni richiamo esterno, continuava ad agitarsi. Era spaventatissima e si era girata furente verso gli altri che continuavano ad ascoltare Stephen come se quello che stava succedendo non li riguardasse.

- Ma si può sapere cosa cazzo aspettate a darci una mano! Piantatela con quella stupidaggine e aiutateci, fate qualcosa!- aveva detto.

Kiki aveva fatto per alzarsi, ma Elizah l’aveva trattenuta.- Loro non sono indispensabili,- aveva spiegato mentre Stephen, quasi come se non stesse sentendo ciò che succedeva intorno a lui, continuava nella sua preghiera di commiato. - Ma tu invece lo sei, devi aiutarci a chiudere la porta, quindi non ti muovere o potrebbe succedergli il peggio, e lo sai bene!-

Dominic continuava ad agitarsi ed Evelyn era bloccata dal terrore. Joseph aveva tentato anche lui di scrollarlo, ma non c’era stato niente da fare, era rimasto in quello stato di incoscienza assoluta. Aveva cercato di tranquillizzare Evelyn dicendole che non era certamente niente di grave, ma non era stato affatto convincente dato che non lo sapeva nemmeno lui questo, era spaventato come lei e la sua mente razionale non gli stava suggerendo niente di sensato da fare.

Stephen aveva continuato ancora per pochi secondi, aveva alzato la voce e poi aveva smesso di colpo di parlare. Aveva appoggiato la testa sul tavolo come se fosse tornato in se, ci si era rilasciato e aveva cominciato a respirare profondamente, aveva il fiatone come se avesse fatto una corsa folle.

Elizah si era alzata di corsa invece, aveva acceso la luce mentre Kiki, alzatasi in fretta anche lei, aveva raggiunto Evelyn e Joseph, giusto in tempo per vedere che Dominic aveva avuto una specie di spasmo più forte degli altri, aveva emesso un suono gutturale, come se non riuscisse a respirare, poi aveva aperto gli occhi di scatto, sembrava spaventato.

- Dominic!- aveva esclamato Evelyn, con un misto di apprensione ma anche di sollievo per averlo visto svegliarsi, lui invece era rimasto fisso a guardare lei, che gli stava reggendo la testa, chiedendosi cosa fosse avvenuto, senza capire perché Joseph e Kiki lo stavano guardando con apprensione ed Evelyn fosse così spaventata. In piedi dietro a loro aveva scorto anche Elizah guardarlo, ma lei lo stava facendo con un’espressione poco decifrabile sul viso. Non c’era traccia di Stephen.

Era riuscito a parlare solo dopo qualche secondo, aveva detto a bassa voce Evie, lei gli aveva preso la mano con quella che aveva libera e l’aveva stretta.

- Come stai?-

Era difficile per lui rispondere a quella domanda, era un misto di pensieri e sensazioni diverse quelli che stava provando, non riusciva a decifrarli. - Non lo so.- aveva risposto, - Bene, credo.-

Evelyn era scoppiata a piangere, Dominic si era impaurito per lei, non senza una certa difficoltà era riuscito ad alzare il busto sedendosi, l’aveva abbracciata.

- Che c’è?- le aveva chiesto. Non che lei avesse parlato in modo molto comprensibile, ma Dominic aveva intuito all’incirca cosa lei gli avesse detto: che era svenuto, che aveva cominciato ad agitarsi e che lei non sapeva cosa fare per aiutarlo.

Si era immediatamente ricordato cosa stesse succedendo pochi minuti prima, di quel mal di testa terribile che aveva avuto, dell’oscurità della stanza mentre gli altri stavano facendo quella buffonata di seduta spiritica. Si era sentito male ed era svenuto, ma questo non se lo ricordava tanto bene.

Però si era ricordato bene di un’altra cosa, di aver provato una strana sensazione, come se qualcuno stesse cercando di soffocarlo. Anzi, non proprio qualcuno, qualcosa di ruvido che gli stringeva il collo, come una corda. Improvvisamente poi aveva aperto gli occhi trovandosi sdraiato sul pavimento del soggiorno di quella casa, con quella scena davanti.

Mentre Evelyn ancora stava appoggiata alla sua spalla e non riusciva a calmarsi, nonostante che lui le stesse passando in modo protettivo la mano destra lungo la schiena, rassicurandola che stava bene, se avesse potuto si sarebbe portato una mano alla gola, istintivamente, per sentire se era davvero libero di respirare. Quella sensazione che aveva provato era stata orrenda.

- Va tutto bene, sto bene Evie, calmati…- aveva continuato a dirle, ma il suo cuore stava battendo ad una velocità sproporzionata, tanto che aveva respirato con calma, profondamente, nel tentativo di calmarsi lui per primo.

Evelyn aveva allentato un po’ la stretta sul suo collo, aveva smesso di piangere, quando aveva guardato Dominic in faccia staccandosi un po’ da lui e gli aveva sorriso con il viso rigato dalle lacrime e anche lui l’aveva fatto, per darle poi un bacio sulle labbra.

- Davvero, è tutto apposto.- aveva aggiunto per poi abbracciarla un’altra volta.

Concentrati com’erano su quello che stava succedendo, Dominic, Evelyn, Kiki e Joseph non avevano fatto caso al fatto che Elizah, non appena aveva appurato che Dominic era tornato in sé, era tornata accanto al tavolo dove suo fratello, ancora spossato, teneva la testa appoggiata sulle sue braccia incrociate sul tavolo. Gli aveva messo una mano su una spalla, lui si era lentamente girato verso di lei, guardandola con apprensione, per poi chiederle a bassa voce come stesse Dominic.

- Adesso bene.- gli aveva risposto, mentre prendeva una sedia e l’avvicinava il più possibile a quella di lui. Sedendosi si era tirata indietro i capelli lisci e neri che le erano andati davanti al viso, poi aveva fatto una carezza a suo fratello, sui suoi capelli, del tutti identici come consistenza e colore ai suoi.

- Tu piuttosto?-

- Sono esausto, e poi te l’avevo detto che sarebbe potuto succedere a lui, ma ne parliamo dopo, adesso non è il momento.- le aveva risposto Stephen, che sembrava davvero spossato come le aveva detto di essere.

Con un movimento preciso e veloce Elizah aveva spento la candela facendo morire la fiamma schiacciandola tra il pollice e l’indice della mano destra, poi l’aveva presa per il candelabro, con la stessa mano aveva afferrato il puntatore che Stephen si era curato di staccare subito dalla tavola oui-ja non appena era riuscito a chiudere il collegamento. Con l’altra aveva preso la tavola stessa, quindi si era alzata con l’intento di riporre tutto, pensando che dopo quello che era successo quella sera per parecchio tempo non avrebbe più avuto bisogno di usarla, a meno che non ce ne fosse stata necessità.

Poco più tardi tutti avevano deciso che la giornata era stata sufficientemente lunga e piena di sorprese sgradite, Dominic si era misurato la temperatura e aveva visto che era salita oltre i trentotto gradi, cosa che comunque stava intuendo senza il bisogno di verificarlo dato che si sentiva davvero a pezzi.

Non troppo più tardi era sdraiato nel letto della sua stanza e di Evelyn, aspettando che lei uscisse dal bagno. Teneva gli occhi chiusi ma non riusciva a dormire, del resto non voleva nemmeno farlo. L’aveva chiaramente sentita nel buio alzare le coperte e mettersi sotto a queste, lui aveva allungato il braccio sinistro verso di lei, che si era avvicinata appoggiandogli il suo sinistro sullo stomaco, abbracciandolo come lui stava facendo con le sue spalle. Dominic, quando si era sistemata, le aveva messo la mano destra prima appoggiata sul gomito, poi l’aveva spostata appena per farle una carezza su una guancia, per poi rimetterla sul suo gomito.

- Tutto bene?- le aveva chiesto.

Evelyn aveva percorso con lentezza con la mano il suo petto, ricambiandogli la carezza.

- Ora sì, ma non sono preoccupata per me, ma per te, è stato terrorizzante. Sei caduto a terra improvvisamente, senza un motivo apparente e poi hai cominciato ad agitarti, sembravi quasi in preda a delle convulsioni. Non riuscivamo assolutamente svegliarti, ho temuto il peggio per un attimo.-

Dominic non le aveva detto niente, aveva semplicemente stretto ancora la presa del suo braccio sinistro contro le sue spalle.

- Un momento prima di svegliarti hai fatto un verso strano, come se non riuscissi a respirare, è stato orrendo.- aveva aggiunto poi.

Era rimasto stupito per un attimo da quell’affermazione. - Davvero l’ho fatto?- aveva chiesto Dominic, immaginandosi quella stretta al collo che effettivamente si era immaginato di aver sentito.

- Perché dovrei dirtelo altrimenti, scusa?- aveva ribattuto Evelyn, giustamente.

Per un momento quasi aveva pensato che avrebbe potuto raccontarle di quella sensazione che aveva avuto, ma si era fermato subito, pensando che non c’era ragione di mettere altra carne al fuoco, Evelyn si era già sufficientemente spaventata.

- Ora non ci pensiamo più, va bene? Dormi, ne ho bisogno anch’io, mi sento uno straccio.- aveva detto riferendosi alla febbre.

Si erano scambiati ancora qualche effusione prima che lei si addormentasse, per lui non era stato tanto semplice.

C’era qualcosa che lo stava distraendo, aveva delle immagini in testa che gli venivano in mente solo quando riusciva a crogiolarsi nella sensazione che aveva provato nel sentirsi soffocare, ed era convinto che in parte quelle immagini le aveva già viste in precedenza. Senza venirne a capo si era addormentato piuttosto irrequieto, aveva dormito abbastanza male, svegliandosi spesso ogni poco tempo e cercando di non agitarsi troppo per non svegliare anche Evelyn, cosa che però non era stata affatto facile.

Si era svegliato per l’ennesima volta quella mattina prestissimo, era andato in bagno e aveva guardato il suo orologio che la notte prima aveva lasciato lì, segnava le cinque e cinquantadue del mattino.

Aveva pensato di tornare a dormire, ma sapeva che non ci sarebbe riuscito, quindi si era vestito ed era sceso, con l’idea di prendersi un bicchiere d’acqua e magari di recuperare il termometro che era certo di aver lasciato sul basso tavolino che stava tra i due divani. Gli sembrava che la febbre fosse passata, ma voleva controllare.

Aveva sceso le scale di legno che scricchiolavano appena, quindi era entrato nel soggiorno, dirigendosi prima per l’appunto verso il camino, che ormai era spento. Come si ricordava aveva trovato lì il termometro, si era seduto e l’aveva scaricato con un paio di colpi secchi che avevano fatto tornare tutto il mercurio nella capsulina che stava ad una delle estremità. Dopo averlo ricontrollato per assicurarsi di essere riuscito nell’intento, tirando giù appena il collo del maglione quel tanto che bastava per poter infilare sotto ai vestiti la sua mano, se l’era messo sotto l’ascella aspettando il tempo necessario.

- Ciao.- aveva sentito dirsi dalla voce di Elizah. Si era girato e le aveva dato il buongiorno.

- Non mi hai visto, ero seduta in cucina, io ti visto arrivare.-

- No, non ho guardato verso la cucina, scusami. E poi dato che non sono nemmeno le sei pensavo di essere l’unico sveglio.-

Elizah gli aveva sorriso, era forse la prima volta che la vedeva sorridere così dolcemente, ma gli era sembrata un po’ falsa. - Non ti devi scusare, come stai piuttosto?-

- Bene, sono ancora un po’ stanco ma va tutto bene, almeno mi sembra. Mi pare di non avere nemmeno più la febbre, me la sto misurando comunque per scrupolo.-

- Lo vuoi un caffé? L’ho appena fatto.- gli aveva chiesto, lui aveva accettato.

Mentre lei si era allontanata verso la cucina Dominic aveva controllato il termometro, constatando che aveva ragione, segnava appena trentasei gradi. Si era alzato dal divano e aveva raggiunto Elizah in cucina. - Potevi rimanere seduto di là, te l’avrei portato io.- gli aveva detto sempre con quel tono gentile che forse per la prima volta usava con lui, non appena l’aveva sentito arrivare.

- Non importa, grazie.- le aveva risposto mentre si sedeva sulla panca di legno e appoggiava i gomiti sul tavolo. Su di esso c’erano dei fogli stampati, a giudicare dalla striscia nella parte alta, che riportava chiaramente un link, dovevano essere stati stampati da internet. Sopra di essi c’era un libro piuttosto voluminoso di dimensioni, la cui copertina era piuttosto macabra come immagine: sembrava il rogo di una strega, che però prima era stata impiccata. A quella vista, la corda legata attorno al ramo di un albero senza foglie e legata all’altra estremità attorno la collo di quella donna, la cui pallidezza si stagliava contro un cielo scuro e minaccioso, gli era tornata alla mente l’orribile sensazione della notte precedente, ma l’aveva ignorata. Quando aveva letto il titolo di quel libro era stato certo che si trattasse proprio di quello che aveva immaginato, una sorta di storia delle persecuzioni.

Quando Elizah aveva messo la tazza davanti a lui l’aveva ringraziata, poi aveva indicato quel libro.

- Posso guardarlo?- Le aveva chiesto, preso dalla curiosità. Elizah aveva annuito, ma quando Dominic aveva preso il libro si era affrettata a prendere quei fogli stampati e a toglierli dalla sua vista. Ci aveva fatto caso, ma non aveva voluto dare importanza a quel particolare.

C’era un segnalibro, per Dominic era venuto naturale aprirlo da lì, dopo però aver guardato la copertina interna per vedere se riportava il nome dell’opera e dell’autore che l’aveva dipinta. Era un particolare soltanto per la verità, di un certo Salvator Rosa, era stato dipinto nel 1646 e si chiamava Streghe e incantesimi. Il nome non gli diceva niente, quindi aveva guardato dove c’era il segnalibro per trovarsi ad una delle pagine che riguardavano la storia di Salem, in un punto che parlava più dettagliatamene delle persone alle quali era stata inflitta la pena di morte, per impiccagione. Dominic si era chiesto se erano solo coincidenze che tutto quello che vedeva quella mattina gli ricordava cosa gli era successo la sera prima. Per altro si era chiesto se non si ricordava male, per quello che sapeva lui le streghe venivano bruciate sul rogo.

Sorseggiando il caffé aveva scorso velocemente quella lista di nomi, tra i quali figuravano anche alcuni nomi maschili.

- Ma le impiccavano anche le streghe?- aveva chiesto a Elizah, che lo stava guardando.

- Anche.- aveva asserito lei. - Qui a Salem per esempio le hanno uccise tutte così, anche se non erano streghe, erano solo le vittime dell’isterismo e dell’ignoranza.-

- Beh, le streghe non esistono.- aveva osservato Dominic.

- Non nel modo in cui le intendiamo noi nell’immaginario comune, diciamo.-

Dominic non aveva ribattuto, tanto sapeva che avevano delle idee diverse. Era tornato con gli occhi sul libro e aveva passato in rassegna i nomi. Non sapeva perché, ma uno di quegli aveva spiccato tra gli altri, forse per il cognome, Good. Sarah Good.

- Hanno impiccato anche una che si chiamava Good…- aveva osservato sorridendo, non sapeva nemmeno lui perché lo trovasse divertente, per poi notare che Elizah lo stava guardando stupita.

- Che c’è?- le aveva chiesto, dato che gli sembrava strana.

- Niente.- si era affrettata a dire lei.

Dominic l’aveva guardata e le aveva sorriso. - Sei sicura?- le aveva chiesto, dato che gli sembrava quasi spaventata. Intanto la stava guardando, dovendo ammettere che fosse piuttosto bella nonostante qualche segno di stanchezza che aveva sul viso, forse prima non ci aveva mai fatto caso per via dell’antipatia quasi innata che provava nei suoi confronti.

- Sì.- aveva risposto lei sicura. Dominic però aveva capito che gli stava mentendo spudoratamente.

- Che hai trovato su internet?- gli aveva chiesto con una punta di cattiveria, forse quello che c’era su quei fogli che lei aveva tolto dalla sua vista tanto velocemente, erano il motivo per cui in quel momento era così nervosa per quelle domande che gli stava facendo.

- Su internet?- gli aveva chiesto a sua volta, fingendo di non capire.

- Sì, quei fogli che c’erano prima sul tavolo.-

- Ah… quelli… niente, erano solo delle e-mail che mi sono arrivate e che ho stampato per leggerle perché erano troppo lunghe.- aveva detto, salvandosi per un pelo.

Dominic le aveva sorriso e aveva continuato a bere tranquillamente, come se non si rendesse conto effettivamente di quanto fosse stato subdolo a metterla in quella situazione. Aveva rimesso gli occhi sul libro e l’aveva sfogliato, vedendo che il capitolo su Salem era piuttosto lungo.

Quel nome, Sarah Good, lo aveva ritrovato appena qualche pagina dopo, non ci si era soffermato ma aveva sorriso nuovamente senza volerlo, come senza volerlo poi aveva letto una frase appena.

Dagli atti dei processi risultò che a detta di tutti Sarah Good era una mezza vagabonda dalla reputazione piuttosto dubbia, che si arrangiava a forza di espedienti, fumava la pipa, ed era disprezzata da gran parte della popolazione. Non fu difficile per le fanciulle accusatrici far credere che lei fosse una delle portatrici del demonio nella comunità di Salem. Fu impiccata alla fine del giugno del 1692, sulla collina appena fuori dal centro abitato dove tre settimane prima era stata impiccata anche la prima giustiziata, Bridget Bishop, chiamata poi la Collina delle Streghe.

Dominic per un momento era rabbrividito. Gli erano venute in mente le visioni della notte prima, accompagnate anche quella volta da quella spiacevole sensazione di quella corda che gli stringeva il collo, impedendogli di respirare. Si era impadronita di lui l’idea che la sua vita, sebbene non fosse accettata dagli altri, non si meritava di essere brutalmente spezzata in nome di peccati terribili che non aveva commesso.

Ma quelli non erano pensieri suoi, non gli appartenevano, ma sapeva chi ne era il proprietario, anzi, la proprietaria.

Gli era venuto in mente quel sogno che aveva fatto la notte precedente, in cui lui era una donna e fumava la pipa. Rideva e si comportava scioccamente, non era rigida e compunta come le altre donne che erano considerate rispettabili signore.

Aveva chiuso quel libro di scatto, non ne voleva sapere altro. Sentiva una rabbia crescente salirgli dentro, ed era certo di sapere con chi doveva prendersela.

- Chi era Sarah Good?- aveva chiesto ad Elizah, probabilmente con un’espressione sul viso che non lasciava immaginare niente di buono. Lei ci aveva messo qualche secondo a rispondergli.

- Non lo so, una che è stata giustiziata qui alla fine del seicento, non capisco perché me lo chiedi.-

- Elizah, per favore, non prendermi in giro.-

Lei aveva taciuto ancora, ma era più che evidente che fosse turbata e che stesse mentendo.

- Mi vuoi rispondere?- le aveva chiesto irritato nuovamente, la sua pazienza in quel momento era nulla e non voleva né concederle tempo per inventarsi una balla, né farle passare tutto in cavalleria.

- Va bene, te lo dico!- gli aveva detto scossa. - Ma tanto tu non ci crederai a quello che sto per dirti…-

Si era presa una pausa, aveva respirato profondamente. - Era un antenata di mia madre e penso che questa casa fosse la casa che i nipoti di sua sorella costruirono alla fine dell’ottocento. Mia madre era una medium fantastica, nei suoi diari, quelli che mi ha lasciato in eredità, aveva scritto che sentiva delle presenze in questa casa e credeva che fosse proprio lei, la sua misteriosa antenata uccisa ai tempi delle persecuzioni. Facendo delle sedute spiritiche però non è mai riuscita a contattarla, non sapeva nemmeno il suo nome. Ci ha provato così tante volte, ma ha sempre fallito nell’intento, doveva essere stato tremendamente frustrante per lei. Veniva a trovarmi spesso quando ero poco più che una ragazzina, cercava di dirmi delle cose ed io ero spaventatissima, fino a che finalmente ho capito che lei voleva solo che finissi il suo lavoro, così mi sono ripromessa di scoprire quello che lei non era riuscita a trovare, e stanotte ce l’ho fatta. Le entità possono sentire le tue domande anche se le poni nella tua mente, io ho chiesto il suo nome per l’ennesima volta. Mentre tu eri a terra e mio fratello cercava di chiudere la porta mi ha detto Good S, nient’altro. Stanotte mi sono alzata e ho fatto delle ricerche, dev’essere lei.-

Dominic l’aveva guardata allibito. Senza trattenersi minimamente aveva esternato tutto il suo disprezzo nei suoi confronti.

- Sei solo una fanatica, non ti dovrei nemmeno stare a sentire.-

Elizah l’aveva finalmente guardato nel modo in cui lui era abituato ad essere guardato da lei, togliendosi finalmente quella maschera che le aveva imposto di essere gentile quella mattina, forse per un certo senso di colpa: in quello sguardo c’era pena e un po’ di disgusto.

- Non pretendo che tu capisca, e detto tra noi me l’aspettavo che non avresti fatto il minimo sforzo per farlo, le persone come te non ci arriverebbero mai. Volevo che quello che è accaduto a te accadesse a me, ma evidentemente eri un bersaglio più facile, come mi aveva fatto capire Stephen, lui me l’aveva detto che se stanotte fosse successo qualcosa tu eri quello più quotato, le tue difese erano al minimo, ma non l’ho ascoltato. Ed è capitato proprio a te, che spreco di tempo.-

- Voi siete completamente pazzi, lo sai? Lo sai che avreste tutti bisogno di un buon analista?- aveva detto ancora, per poi alzarsi e tornare in camera sua.

Cercando di non fare rumore aveva fatto prima una doccia, quindi, dopo essersi asciugato con tutta calma, aveva rimesso tutte le sue cose in valigia.

Quando Evelyn si era svegliata lo aveva trovato sdraiato e vestito di tutto punto accanto a lei.

Non aveva perso tempo a dirle che voleva andare via di lì il più presto possibile. Evelyn, anche per tutto quello che era successo quella notte, non aveva fatto obiezioni. Del resto nemmeno lei si sentiva più a suo agio in quella casa.

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Capitolo 4
*** Epilogo ***


Nuova pagina 1

Buon giovedì!

Vi lascio all’ultima parte della storia.

Buona lettura, Mandy

 

 

Epilogo

 

La luce che entrava dalle ampie vetrate del soggiorno dell’appartamento di Evelyn, che si trovava in piena Manhattan, rendevano l’ambiente allegro e luminoso. Dominic stava seduto sul divano, leggendo distrattamente un quotidiano, sebbene non potesse impedirsi ogni tanto di guardare la sua valigia fatta e pronta per essere portata via nel giro di una mezz’ora, quaranta minuti.

La mattina seguente di buon ora doveva essere nuovamente sul set del film a cui stava lavorando, quindi non poteva permettersi di prendere altro tempo libero, sebbene Evelyn sarebbe rimasta lì ferma nella grande mela altri quattro giorni. Le aveva chiesto se voleva seguirlo, ma aveva del lavoro da sbrigare anche lei e le era stato impossibile. Gli aveva assicurato che dopo la fine della stagione della moda si sarebbe fatta dare almeno una settimana, quando avrebbe voluto lui.

- Andiamocene da qualche parte al caldo.- aveva proposto, a Dominic era sembrata un’ottima idea.

Erano passati appena due giorni da quando Joseph li aveva accompagnati alla stazione di Salem per prendere un treno per New York, ma a lui erano sembrate nemmeno due ore.

Non che avessero fatto molto, si erano rintanati in casa di Evelyn senza nemmeno sentire un gran bisogno di uscire, l’avevano fatto solo la sera prima, pensando che era una buona idea andare a cena fuori, tanto per mettere almeno un po’ il naso fuori di casa. Erano stati bene, ma la serata era servita solamente per essere beccati da un paparazzo che, incurante del freddo, si era appostato fuori al locale dove erano andati. Non che Dominic se ne fosse stupito, ma non gli importava più del dovuto, del resto quello scoop l’avevano già fatto altri qualche mese prima, e nemmeno gli seccava che li fotografassero insieme, anzi. Con lei non poteva dargli fastidio.

Evelyn stava facendo qualcosa al suo computer portatile, seduta al tavolo in soggiorno, Dominic aveva notato la prolunga del telefono.

- Sei su internet?- le aveva chiesto.

Evelyn, concentrata su quello che stava facendo, aveva annuito accompagnando i movimenti della sua testa con mh mh, appena accennato.

- Quando hai finito posso andare a controllarmi la casella di posta?-

- Sì sì, - gli aveva detto, - tanto mi manca un secondo.-

Poco dopo infatti Evelyn si era alzata prendendo di peso il suo portatile e andando verso Dominic che era sul divano, srotolando ancora un po’ la prolunga.

- Mi potevo alzare io!- le aveva detto lui sorridendole.

- Va bene così…- aveva risposto lei appoggiandogli il computer sulle ginocchia. Quindi si era leggermente chinata su di lui, dandogli un bacio.

- Io mi vado a vestire, così poi per andare in aeroporto siamo già pronti.-

Dominic aveva annuito, quindi si era concentrato sul computer. Aveva controllato la sua casella di posta appurando che non aveva ricevuto niente di necessario. Un saluto di un amico al quale aveva risposto subito, della pubblicità, le solite cose.

Evelyn ancora non tornava, così lui si era trovato con il portatile collegato e niente da fare di preciso. Aveva cominciato a vagliare le svariate possibilità che aveva per passare il tempo, aveva aperto anche la pagina di Google per vedere se gli veniva in mente qualche ricerca interessante da fare. Tra le mille possibilità però, gli era venuta in mente solo una cosa.

Aveva digitato il nome Sarah Good senza starci troppo a pensare, in massimo un paio di secondi si era aperta una nuova pagina con tutti i link che il motore di ricerca aveva trovato per lui. Aveva aperto il primo, che lo aveva rimandato ad un sito su Salem, con cose già lette e già viste negli ultimi giorni.

Per la verità doveva ammettere di non aver più pensato a quello che era successo, gli era rimasto solo un po’ del disappunto che gli aveva lasciato quell’ultima conversazione con Elizah, ma anche quello non era stato rilevante durante il tempo che aveva passato con Evelyn, del resto quasi niente che venisse dall’esterno era rilevante in quei frangenti.

Di certo non poteva negare che quello che aveva vissuto in quella casa era stato strano, lo era stato davvero molto e doveva ammetterlo anche lui che era uno che non credeva affatto a queste cose. Un po’ si era messo anche nei panni di Elizah, per cercare di capirla.

Come gli aveva raccontato anche Evelyn, evidentemente la morte prematura di sua madre era stata qualcosa che l’aveva segnata così profondamente da farle desiderare che lei fosse ancora lì con lei almeno come presenza. Non ci voleva un grande sforzo d’immaginazione, riusciva ad intuire con facilità quanto potesse essere grande la sofferenza di una bambina che ancora piccola perde sua madre. Ma questo francamente non giustificava ai suoi occhi il fatto che ci si attaccasse talmente tanto al ricordo di una persona da decidere d’impostare la propria vita con l’unico scopo di voler trovare risposta a tutti i dubbi che nella vita di sua madre erano rimasti tali.

Dominic si era stupito della cosa, ma Evelyn, mentre erano sul treno affrontando il viaggio di ritorno, gli aveva parlato del fatto che per la prima volta durante tutta la sua vita si era sentita così distante da Elizah da non riconoscerla nemmeno più come la sua amica da una vita.

- Il momento peggiore è stato quando sei svenuto, e lei con suo fratello sono rimasti lì come se non gl’interessasse. C’era da concludere quell’accidenti di seduta spiritica della malora e non hanno battuto ciglio. Posso capire entro certi limiti, ma se fossi stato molto male, se avessimo avuto bisogno di aiuto? Non oso nemmeno pensarci, sono stati due incoscienti. E questo mi dispiace, Elizah, non è mai stata così come tu l’hai conosciuta, era una gran bella persona.-

Aveva pensato immediatamente di aver fatto una stupidaggine ad aprire quella pagina internet, in fondo a lui non importava niente di quella faccenda.

Per la verità non era mai stato nemmeno uno che non credeva affatto in certe cose. Capita a tutti almeno una volta nella vita di avere delle percezioni, di avere la netta sensazione che qualcosa debba avvenire e che poi avvenga davvero, oppure di sentire che qualcuno a noi caro che magari non c’è più ancora ci guarda, e veglia su di noi. Era convinto che fosse più comune di quello che ci si potesse immaginare.

Solo che era anche fermamente certo che fossilizzarsi su quella strana cosa che era a suo parere l’occultismo fosse sbagliato. La vita è quella reale, che tocchiamo con mano, le persone morte sono morte e gli spiriti, se esistono e sono tanto potenti e pericolosi come tanti affermano, meglio lasciargli stare.

Dominic preferiva pensarli intorno ai vivi, mentre vegliavano su di loro amorevolmente senza che questi gli infastidissero.

Era un pensiero rassicurante, come rassicurante era pensare che quello che era successo, per lui, da quel momento in avanti, non sarebbe stato altro che un fatto strano che sarebbe caduto nel dimenticatoio, fra qualche anno avrebbe dovuto sforzarsi per ricordarlo e molto probabilmente tutto ciò che gli sarebbe venuto in mente sarebbe stato che era stato male per aver avuto la febbre alta, tutto lì.

 

Aveva sentito dei passi dietro di lui che lo avevano riportato alla realtà dai suoi pensieri, Evelyn stava rientrando in soggiorno, Dominic aveva immediatamente chiuso quella pagina lasciando aperta la casella di posta elettronica.

Evelyn aveva fatto il giro del divano e gli si era seduta accanto, molto vicina. Aveva sbirciato sul desktop mentre gli passava una mano sulla nuca, come se volesse scompigliargli i capelli.

- Qualcosa d’interessante?- aveva chiesto.

- Non più del dovuto.- aveva risposto Dominic, mentre chiudeva anche quella pagina. - Spengo?- le aveva chiesto subito dopo.

Evelyn non si era curata di rispondergli, si era messa in ginocchio dove prima era seduta, stringendogli le braccia intorno al collo e cominciando a stuzzicargli con la punta della lingua un orecchio.

Dominic dapprima aveva ridacchiato. - Deduco che sia un sì…- aveva commentato, per ricevere in risposta un deduci bene appena accennato.

Probabilmente avrebbe preso l’aereo di corsa quella volta, ma ne sarebbe valsa sicuramente la pena.

 

 

 

 

 

 

Non so quanto possa essere stata all’altezza delle vostre aspettative questa storia, spero che, anche se non è stata quella che vi aspettavate la fine, vi sia piaciuta comunque.

Credo sia abbastanza facile capire cosa volessi esprimere leggendo quest’ultima parte. Non è la risoluzione di un mistero, o la volontà di rivelare una verità. Niente di così complicato. Semplicemente la volontà di esprimere un’opinione personale, come possono essercene tante sull’argomento.

Volevo ringraziare prima di tutti Moon, che come al solito legge e commenta in anteprima, i miei coinquilini Ale, Massi e, ultima ma non ultima, mia sorella Fra che mi hanno sostenuta e consigliata in più di un frangente.

Un grazie mille va ovviamente, ancora una volta, alla “musa ispiratrice” Naty e a tutti quelli che hanno letto e in particolare commentato: quindi un bacio a Claudietta, Lo e Chu.

 

Per ultimo vorrei fare un’altra dedica, a mia nonna, che è morta tredici mesi fa e mi manca tantissimo.

E’ un pensiero rassicurante immaginare che ancora da lassù mi guardi.

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