Caccia alle streghe di lightoftheday (/viewuser.php?uid=632)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo primo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Secondo ***
Capitolo 3: *** Capitolo Terzo ***
Capitolo 4: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** capitolo primo ***
Nuova pagina 1
Disclaimer:
Leggete Dominic Monaghan e chi per lui e pensate che siano nomi
qualsiasi. Una pura convenzione. Ovviamente non lo conosco affatto e non voglio
offendere né lui né nessun altro con le mie divagazioni.
Note:
Non capisco che poco dell’argomento che sto per trattare, quando ho avuto
quest’idea per il soggetto mi sono documentata il più possibile con vari libri o
su internet. Come sempre, passatemelo se ho scritto qualche inesattezza… e
magari correggetemi! Anche se non credo che sapere determinate cose mi servirà
mai nella vita (queste cose proprio non mi piacciono!), se ne sapete più di me
ogni consiglio è ben accetto!
Non vi preoccupate per l’altra storia, “Ricordo di un
primo amore”… la prossima settimana posterò i tre capitoli finali, solo che
questa breve storia ha la precedenza adesso. Credo sia dovuto per tutti quelli
che hanno letto i risultati del concorso e vogliono verificare di persona!
L’opinione della webmistress, Erika, è stata questa:
dovrebbe esserci un elemento di suspence, data la trama (comunque, abbastanza
nota e senza risvolti particolari ... un gruppo di ragazzi che si trova a fare
un gioco spiritico), ma manca proprio; questo probabilmente a causa di uno stile
narrativo troppo semplice, che si limita a narrare i fatti in sequenza, senza
dar loro una qualche luce. L'intento forse era proprio quello di narrare un
particolare episodio senza infamia né lode (dato che non si avverte nemmeno la
presenza di una soluzione al mistero). Anche qui ... consigliata solo a chi
piace il personaggio di Dominic Monaghan.
Nota del 23-5-2005:
Se volete inserire questo racconto in forum, blog e quant’altro potete farlo. Ma
non con il copia/incolla… Credo sia più opportuno, e soprattutto gradito
per me, riportare il link di questo sito! Grazie!
Un grazie già adesso a chiunque leggerà e commenterà.
Buona lettura, Mandy
A Naty… l’amica che mi ha
dato
quasi involontariamente il
soggetto.
Perché ogni promessa è
debito!
Caccia alle streghe
Capitolo Primo
Superata Boston, il viaggio si faceva più interessante.
Fino a quel momento, seduto sul sedile posteriore di quel fuoristrada, Dominic
si era dovuto sorbire la compagnia dei due fratelli Burroughs, Elizah e Stephen,
due gemelli amici della sua fidanzata Evelyn, con i quali avrebbe passato i
quattro giorni successivi nella loro casa nei dintorni di Salem.
Per la verità non erano molto loquaci con lui e non
l’avevano coinvolto in chiacchiere, questo gli andava più che bene, dato che non
avrebbe davvero saputo di che cosa parlare con loro. Si era goduto la
tranquillità e il paesaggio fuori dal finestrino per tutto il tempo,
indisturbato.
Salem era una località famosa per la caccia alle streghe,
lui non ne sapeva niente di più a parte tutto quello che il resto del mondo
sapeva, almeno per sentito dire. Avevano impiccato qualche donna alla fine del
diciassettesimo secolo, che sarà mai stato, pensava lui. In Europa erano morte
all’incirca nello stesso periodo milioni di persone per quell’isteria religiosa
di massa.
Una cosa però che lo aveva fatto ridere quando aveva
accettato di prendersi quel lungo fine settimana per far contenta la sua
fidanzata, era aver scoperto che quella scoppiata di Elizah Burroughs possedeva
una casa da quelle parti.
Come si dice, lupus in fabula? Con quella sua spiccata
tendenza a parlare sempre di occultismo, di spiriti, quel proclamarsi una vera e
propria medium e altre stupidaggini del genere, almeno era in questo modo che le
considerava lui, se l’immaginava proprio bene in quel contesto una così, doveva
sguazzarci bene come un pesce nell’acqua.
Anche suo fratello, Stephen, a suo parere non era proprio
del tutto normale. Nell’arco di una serata, se diceva cinque parole compreso un
saluto quando s’incontravano, era davvero molto. Dire che fosse schivo era usare
un gentile eufemismo, sembrava quasi che gli costasse troppa fatica fare un
sorriso ogni tanto, o raccontare qualcosa di se stesso, semplicemente parlare
del più e del meno sembrava impossibile per lui. Dominic non poteva negare che
si sentiva a disagio in sua presenza.
Erano due fratelli molto attaccati fra loro, anche troppo
pensava. Una volta aveva fatto una battutaccia con Evelyn, sul fatto che gli
sembrava decisamente anomalo quel rapporto. Lei aveva riso e gli aveva detto di
smetterla di dire cazzate sul conto di una sua amica d’infanzia, dato che con
Elizah, da piccole, erano sempre state praticamente inseparabili pur essendo
tanto diverse come personalità.
La vita poi le aveva separate, la loro frequentazione non
era stata molto fitta negli ultimi anni, ma quando Elizah l’aveva chiamata per
invitarla a passare quei quattro giorni a casa loro, Evelyn era stata così
felice di rivederla dopo tanti mesi che Dominic non aveva nemmeno provato a
dirle che avrebbe preferito passare quei giorni solo con lei, dato che anche per
loro vedersi non era affatto facile.
Lei lavorava a New York, era una giovane giornalista di
moda che si stava pian piano facendo strada. Era piuttosto brava nel suo lavoro,
aveva anche la fortuna di provenire da un ambiente che le aveva permesso di
avere gli agganci giusti per farsi strada. Fortunatamente per lei era una di
quelle poche mosche bianche che si trovavano tra quelli che vengono definiti
“raccomandati”, in genere sottintendendo in quest’epiteto un certo disprezzo, ma
anche una buona dose d’invidia. Lei era davvero brava nel suo lavoro, e lo
faceva con passione, che fosse dov’era perché la sua famiglia aveva le
conoscenze giuste aveva poca importanza in fin dei conti.
Dominic invece, tra viaggi vari e tutto quello che il suo
lavoro comportava, era comunque domiciliato a Los Angeles, dall’altra parte
degli Stati Uniti. Quei giorni che lei aveva liberi, che erano arrivati per una
fortuna più unica che rara in concomitanza con un periodo che per lui non era
fittissimo d’impegni, erano davvero una manna dal cielo per il loro rapporto,
che durava ormai da dieci mesi e che per almeno un terzo abbondante di quel
lasso di tempo si erano vissuti al telefono.
Quell’invito dei Burroughs era capitato proprio in quel
momento: Evelyn, dopo le sfilate newyorchesi che aprivano la stagione della moda
e che erano finite qualche giorno prima in quel gelido febbraio, entro pochi
giorni sarebbe partita per l’Europa, dove sarebbe stato prima il turno delle
sfilate milanesi e poi di quelle parigine, che lei avrebbe dovuto seguire come
inviata del giornale per cui lavorava.
Dominic aveva fatto buon viso a cattivo gioco, se così
poteva essere definito. Del resto non gli era andata poi così male, a quella
breve vacanza avrebbero partecipato anche altre due persone: Joseph e la sua
fidanzata svedese Kiki, anche lui un amico comune di Elizah ed Evelyn. Dominic
conosceva anche loro, sebbene molto superficialmente, erano piuttosto simpatici
e sperava lo avrebbero salvato da quell’inquietante coppia di fratelli.
Avevano lasciato l’autostrada che avevano preso a New York
per prendere una strada che all’inizio era sembrata a Dominic altrettanto
scorrevole. Poco dopo però il paesaggio era cambiato e così la strada stessa,
che aveva cominciato a salire leggermente e si era fatta piena di curve. La
vegetazione si era infittita, lungo la strada il paesaggio era piuttosto bello:
c’era molta neve che doveva essere caduta per le perturbazioni che c’erano state
fino a qualche giorno prima in quella zona. In quel momento il tempo invece era
bellissimo, il sole splendeva nel cielo terso ed era un piacere guardare
quell’azzurro che lui riusciva a scorgere dal finestrino. I meteorologi avevano
previsto che sarebbe durato per tutto il fine settimana quel bel tempo e tutti
loro avevano sperato che fossero nel giusto.
Evelyn, che aveva dormito appoggiata alla sua spalla
durante l’ultima ora, si era mossa, sicuramente svegliata per via dello
sballottamento di cui erano stati vittime tutti gli occupanti di quell’auto da
quando il manto stradale si era fatto meno regolare. Dominic l’aveva sentita
incominciare a muoversi appena, lentamente; d’istinto le aveva stretto
leggermente la spalla sinistra con la mano che vi aveva tenuto appoggiata per
quasi tutto il tempo. Dopo pochi secondi Evelyn aveva alzato gli occhi
mettendoli nei suoi, gli aveva sorriso appena.
- Ben svegliata…- gli aveva detto lui rispondendo al suo
saluto, in quel solito tono ironico che teneva spesso, come se volesse cercare
di far ridere qualcuno. Evelyn sapeva bene che spesso lo teneva per celare
l’imbarazzo, forse il fatto che si era addormentata e l’aveva lasciato
praticamente solo in compagnia di due persone con le quali lo sapeva un po’ a
disagio, aveva avuto l’effetto di sortire quell’atteggiamento in lui. Senza
pensarci un attimo gli aveva preso il naso tra l’indice e il pollice della sua
mano sinistra, con l’intenzione di fargli un dispetto.
- Lasciabmi il daso ber cortesia! Mi rovini il mio bel
dasino a badada!- le aveva intimato Dominic, cosa che lei aveva fatto solo dopo
averlo stretto ancora un po’, mentre glielo teneva premuto muovendo la mano da
una parte e dall’altra, facendo in modo che lui muovesse la testa da un lato e
dall’altro.
- Il tuo nasino a patata non posso rovinarlo ulteriormente,
credimi!-
- Ma sei cattiva!- si era lamentato quando era riuscito a
riappropriarsi della parte incriminata, mentre lei rideva. Ovvio che non poteva
non farlo anche lui.
Elizah si era girata ed aveva visto la scena, loro invece
non avevano minimamente notato che li stava guardando presi com’erano, nemmeno
la sua espressione leggermente disgustata avevano visto. Le avevano prestato
attenzione solo quando li aveva interrotti mentre amorevolmente continuavano a
farsi dispetti.
- Ah, ma allora sei sveglia…- aveva detto verso Evelyn, -
Fra un po’ ci siamo. Abbiamo appena superato Salem, altri dieci chilometri e poi
siamo arrivati alla magnifica residenza estiva dei Burroughs! Ti ricordi quando
ci andavamo da piccole? Quante estati ci abbiamo passato insieme, vero Evie?-
aveva ricordato alla sua amica.
- Certo che mi ricordo…- aveva asserito Evelyn sorridendo.
Per un po’ le due avevano rivangato vecchi ricordi
d’infanzia mentre Dominic ascoltava in silenzio, mediamente interessato, e
Stephen, concentrato nella guida, forse nemmeno ascoltava. Non aveva neppure
avvertito quando aveva messo la freccia e aveva svoltato, un po’ di tempo dopo,
in un viottolo sterrato che terminava in un piccolo piazzale davanti ad una
massiccia porta in legno. Celata in parte dietro degli imponenti abeti, c’era
quella casa di cui Dominic in quei giorni aveva sentito spesso parlare.
Quando erano entrati Elizah si era affrettata, nonostante
il freddo, ad aprire tutte le finestre della casa e delle stanze che gli ospiti
avrebbero occupato, per far prendere un po’ d’aria a quella grande costruzione
che a Dominic era piaciuta subito per il suo particolare stile; dato che era
stata chiusa e disabitata per vari mesi ne aveva bisogno.
Un paio d’ore più tardi erano arrivati anche Kiki e Joseph,
gli altri avevano lasciato loro appena il tempo di riposarsi un poco e di
lasciare le loro valige, quindi erano usciti tutti riprendendo le auto e
percorrendo quei dieci chilometri circa che li separavano da Salem, dove
avrebbero fatto un mini giro turistico e la spesa dato che in quella casa,
facendo eccezione per poche cose, non c’era niente.
Prima del dovere però si erano concessi una piacevole
passeggiata lungo il Derby Wharf, una specie di strada
pedonale panoramica sul mare, vedendo da fuori la Custom House lungo la loro
strada. Elizah si era affrettata a raccontare che là aveva lavorato come
impiegato lo scrittore Nathaniel Hawthorne.
- Sai, quello che ha scritto “La lettera
scarlatta”.- aveva aggiunto diretta a Dominic.
- Lo so.- le aveva detto lui, che non aveva ben
capito se lei l’avesse fatto di proposito a farglielo notare, le aveva risposto
ma aveva evitato di dare importanza alla cosa.
Elizah poi aveva detto che si poteva anche
visitare volendo, ma che a quell’ora di pomeriggio era troppo tardi e
probabilmente stava chiudendo.
Si erano divertiti per un paio d’ore a girovagare
incuriositi tra i vari negozietti di souvenir che si potevano trovare lungo
tutto il percorso, quasi tutti sfruttavano la grande fama delle streghe. Del
resto, anche per quanto riguardava loro, in quei quattro giorni l’itinerario
scelto sarebbe stato dedicato soprattutto a questo aspetto peculiare di quella
cittadina: era stato deciso di visitare la Casa della Strega del diciassettesimo
secolo, dove aveva vissuto uno dei giudici del tribunale d'accusa, oltre a tanti
altri luoghi legati alle streghe di Salem, su tutti il Salem Wax Museum of
Witches, il museo delle cere dedicato alla stregoneria.
Certo Dominic avrebbe preferito prendersi quei
quattro giorni di relax con Evelyn, quelle cose non l’avevano mai interessato e
fosse stato per lui quello sarebbe stato l’ultimo posto dove sarebbe andato a
passare quei giorni, ma alla fine si era fatto catturare un po’ dalla curiosità
per quel luogo e dall’entusiasmo degli altri, di tutti tranne che di Stephen,
che come al solito sembrava essere totalmente disinteressato, quasi in un altro
mondo.
Erano tornati a casa verso le sette, dove tutti si
erano messi a dare una mano a mettere a posto la spesa e a preparare la cena,
che era stata allegra e piacevole. Per Dominic però era stato fastidioso il dopo
cena, dato che si era ritrovato a passare una serata intera ad ascoltare strane
storie di presenze che Elizah diceva di aver sempre sentito in quella casa.
Aveva raccontato a Kiki del fatto che fosse una medium, la ragazza, non
conoscendola ancora bene, si era fatta del tutto rapire dall’argomento di
conversazione che lei prediligeva. Sin dal primo accenno che Elizah aveva fatto
su quella faccenda, Kiki ne aveva voluto sapere subito di più, finendo poi per
permettere ad Elizah di monopolizzare la conversazione.
Dopo un’oretta scarsa Dominic già non ne poteva
più di sentire tante stupidaggini messe in fila.
Con gli altri non c’era stato alcun problema, ma
non era riuscito a celare la sua noia e il suo disappunto anche ad Evelyn, ci
aveva provato ma lei se n’era accorta immediatamente conoscendolo. Per fortuna,
quella giornata era stata lunga per tutti per via del viaggio, quindi erano
andati a letto tutti presto.
A turno, quando erano stati nella loro stanza,
prima Evelyn e poi Dominic avevano fatto una doccia prima di mettersi a dormire;
quando lui era uscito dal bagno dopo aver finito non si era stupito più del
dovuto del fatto che Evelyn avesse tutta l’aria di star aspettandolo con una
certa impazienza.
Del resto anche lui ci aveva pensato per tutto il
giorno al momento in cui si sarebbero finalmente trovati insieme e da soli, una
certa stanchezza che gli era derivata dalla lunga giornata appena passata, che
per lui aveva compreso anche un volo preso notte tempo da Los Angeles per New
York, di certo non aveva affievolito la voglia che aveva di averla.
Di certo era passato per loro quel periodo che
ogni coppia vive all’inizio, in cui fare sesso è quasi la totalità di un
rapporto, quando c’è quella voglia di conoscersi e di scoprirsi reciprocamente,
l’entusiasmo di amare qualcuno che non si conosce fisicamente ma che si ha il
desiderio di scoprire, in quello e in tutti gli altri ambiti possibili.
Dominic, come era sicuro che fosse pure per lei,
si stava rendendo conto che quel periodo stava finendo, non senza provare un po’
di tristezza per il connotato di sana immaturità che le storie mantengono in
quella fase. Si era sorpreso però di non esserne affatto spaventato in una
riflessione che aveva fatto durante il viaggio in aereo, pensando a quando
avrebbe rivisto Evelyn dopo quasi un mese di lontananza. Immaginava che quello
significasse maturare, una cosa che nella vita in fondo non si finisce mai di
fare.
Ci aveva ripensato per un attimo mentre facevano
l’amore, così, distrattamente, pensando che non avrebbe voluto essere da nessuna
altra parte in quel momento. Pensava che nonostante il fatto che Elizah gli
stesse un po’ antipatica, suo fratello lo inquietasse e la doveva dividere con
loro in quei pochi giorni che avevano a disposizione, era contento che lei fosse
felice di stare lì. Se era contenta lei lo era anche lui, di rimando. Del resto
sembrava impossibile non sorridere quando Evelyn lo faceva.
Erano rimasti per un po’ abbracciati, con il
respiro un po’ più pesante del normale, a godersi il momento immediatamente
successivo all’amore. Quell’intimità priva di parole con lei non lo infastidiva
e non lo spaventava, ci aveva pensato e senza volerlo l’aveva stretta ancora un
po’.
- Ti sei rotto le scatole stasera, eh?- aveva
chiesto Evelyn, usando un tono leggermente canzonatorio, qualche tempo dopo.
- Se me lo permetti, direi che mi sono frantumato
le palle veramente Evie!-
Lei aveva ridacchiato. - Esagerato che sei, c’è di
peggio.- aveva osservato.
- Oddio sì che c’è di peggio, pensare che abbiamo
ancora due serate da passare qui e che la cosa potrebbe ripetersi. Ti giuro, non
so se ce la farò.-
Evelyn gli aveva appoggiato una mano sulla nuca e
lo stava leggermente accarezzando, tenendogli le dita tra i capelli. - Elizah è
fatta così. E’ che non vi conoscete nemmeno tanto bene, magari se aveste
occasione di frequentarvi le cose potrebbero andare meglio. Siete molto diversi,
questo va detto, anche se ciò non vuol dire che non possiate trovare un punto
d’incontro se vi impegnate, e non parlo solo per te in ogni modo.- aveva
commentato facendo trasparire il fatto che aveva notato che Elizah nei suoi
confronti era ben poco espansiva.
- Questo credo sia difficile, rapporti civili va
bene, per il resto la vedo buia. E poi lo so che non le sto simpatico, non me ne
faccio un problema, non è che la posso obbligare a considerarmi un suo amico. E
poi lo sai che è più forte di me, quando sento parlare di queste cazzate mi
girano le scatole, mi conosci. Non le sopporto queste credenze, mi sanno
d’ignoranza e di cattiveria. Insomma, immagino che nemmeno tu ci creda.-
Evelyn aveva appoggiato la testa sulla sua spalla
e per un momento aveva taciuto, in un silenzio che Dominic aveva preso come un
momento d’indecisione.
- Mica mi dirai che ci credi anche tu…- aveva
continuato con al paura addosso di aver detto qualcosa di troppo, in fondo
Elizah era una sua buonissima amica e avrebbe dovuto contenersi un po’.
- No, in verità non più del dovuto.- aveva detto
cambiando tono. Dominic aveva avvertito che non cera affatto del disappunto come
aveva temuto, piuttosto c’era qualcos’altro che non riusciva bene a definire.
- Che hai?- le aveva chiesto.
- Niente,- aveva risposto lei sempre con lo stesso
tono. - Mi sono solo ricordata di una cosa, di una cosa che ci è successa quando
eravamo sui dodici anni. Elizah sente delle cose fin da quando è una bambina. Ne
è stata terrorizzata per anni fino a che non si è decisa a prendere in mano la
situazione, da quando ha accettato la cosa è una persona più libera anche se è
comunque rimasta una che vive sempre nel suo mondo. Se poi fosse stata solo lei
sarebbe stato un conto, ma anche Stephen non credere che sia da meno, anzi, è
molto più dentro queste cose di lei, solo che non ne parla, per la verità non
parla mai di niente. Anche lui è una specie di medium, Elizah mi ha raccontato
che quando erano piccoli è capitato a volte che lui cadesse in trance così,
senza un motivo apparente e diceva delle cose strane.-
- E tu ci credi? A me sembrano stronzate.- aveva
ribattuto Dominic.
- Non so che pensare francamente, se me le avesse
dette qualcun altro mi sarei fatta una risata anch’io, ma trattandosi di Elizah
non lo so. Te l’ho detto, io non ci credo a queste cose, al massimo posso
buttarmi un po’ di sale alle spalle se mi cade sulla tavola, ma più per un gesto
assimilato che per paura della sfortuna, ma quella volta mi spaventai a morte.-
Si era interrotta per un momento, Dominic non
l’aveva spinta a continuare lasciandole il tempo necessario per rifletterci,
anche se era abbastanza incuriosito da ciò che Evelyn aveva da raccontargli.
- Io ero andata a dormire a casa sua come ci
capitava spesso di fare da ragazzine, era un sabato in pieno inverno. Nella sua
stanza c’erano due letti identici e noi, come due sciocchine, stavamo sedute su
questi due letti in pigiama, anche se era tardi nessuna delle due aveva voglia
di dormire. Chiacchieravamo della scuola, dei ragazzini che ci piacevano, quando
improvvisamente, senza un motivo apparente, Elizah è stata come sbalzata fuori
dal letto ed è caduta dalla parte opposta a dove ero io. Io non riuscivo a
capire che cosa le fosse successo, un po’ mi scappava anche da ridere, ma quando
l’ho ritrovata a terra non ho più avuto voglia di ridere. Stava accovacciata per
terra, terrorizzata, non l’ho mai vista così terrificata in tutta la vita. Sai,
si teneva le braccia strette intorno alle ginocchia e tremava. L’ho aiutata a
rialzarsi e lei mi ha abbracciata, non mi ha voluto dire cosa le fosse successo,
mi disse semplicemente che aveva perso l’equilibrio ed era caduta come un sacco
di patate. Io mi accontentai della risposta che mi aveva dato e aspettai
semplicemente che si tranquillizzasse. Ma dopo, quando abbiamo deciso di andare
a letto e lei era andata in bagno, l’ho sentita dire chiaramente per favore
mamma vattene, c’è anche Evie e non voglio che la spaventi come hai fatto con
me. Sua madre è morta quando era molto piccola, era di qui. Lei mi ha
raccontato addirittura che si vocifera che tra i suoi antenati ci fosse una
delle presunte streghe giustiziate tre secoli fa, ma a questo non ci crede
nemmeno lei. In ogni modo mi aveva raccontato in precedenza che ogni tanto
cadeva perché si sentiva spintonare da delle mani invisibili, come delle
presenze che cercavano di attirare la sua attenzione. Dormimmo insieme nello
stesso letto quella notte, io cercai di non farle capire che mi ero spaventata,
perché aveva sinceramente bisogno che qualcuno vegliasse su di lei.-
Dominic era rimasto un po’ in silenzio a
riflettere, anche se quello che aveva detto dopo sapeva che non sarebbe stato
quello che Evelyn esattamente si aspettava.
- Ci possono essere mille spiegazioni plausibili a
tutto questo.- aveva commentato.
- E quali?- aveva ribattuto decisa lei, che si era
stretta a lui con più decisione, quasi come se ricordare quella notte le avesse
messo addosso un po’ della stessa paura che aveva provato da ragazzina.
- Forse Elizah voleva fare un po’ di scena.-
- Se avesse voluto solo fare scena mi avrebbe
detto che sua madre morta le aveva dato una spinta tanto forte da farla cadere
dal letto invece di stare zitta, no?-
- Ma dopo l’hai sentita mentre era in bagno, forse
lei lo sapeva bene che tu l’avresti sentita.-
Evelyn era rimasta in silenzio per due secondi
prima di ribattere. - Tu non hai visto quanto fosse spaventata Dom, io sì, e ti
giuro che non stava fingendo. Lo avrebbe fatto troppo bene.-
Dominic decise di concederle il beneficio del
dubbio, anche se rimaneva dell’ipotesi che Elizah fosse troppo fissata e che, a
giudicare da quello che Evelyn gli aveva appena raccontato, doveva esserlo
sempre stata.
Le aveva passato una mano sulla nuca e le aveva
dato un bacio sulla fronte.
- Che ne dici se dormiamo?- le aveva chiesto a
bassa voce.
Evelyn era stata d’accordo, si era liberata del
suo abbraccio per un secondo, il tempo necessario perché riuscisse a girarsi
dandogli la schiena, in modo che lui potesse abbracciarla nuovamente da dietro,
in modo protettivo.
Era vero, pur non volendo, ricordare quella notte
l’aveva fatta ripiombare in quello stato di angoscia che aveva provato in quella
notte fredda, come lo era anche quella che stava vivendo in quel momento.
Dominic che l’abbracciava le dava sicurezza.
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Capitolo 2 *** Capitolo Secondo ***
Nuova pagina 1
Un grazie a Claudietta per il commento… però se poi non ci
dormi mi fai sentire in colpa!
Buona lettura, Mandy
Capitolo Secondo
Svegliandosi la mattina seguente
Dominic aveva sentito una spiacevole sensazione di freddo e non riusciva a
respirare bene. Quando era stato abbastanza cosciente da rendersene conto aveva
maledetto la sua bella idea di togliersi il cappotto il pomeriggio precedente,
dato il caldo che faceva sotto il sole aveva pensato che se se lo toglieva per
un minuto non poteva succedergli niente. Ma non aveva pensato al fatto che
soffiava una leggera brezza dal mare che probabilmente, insieme alla sua
stupidità, era stata la causa di quel forte raffreddore che gli era venuto.
- Porca miseria!- aveva esclamato
leggermente innervosito e ad alta voce, poteva permetterselo dato che Evelyn si
era già alzata evidentemente, dato che non era lì. Era scivolato fuori dalle
coperte completamente nudo, cosa che non era stata affatto piacevole per come si
sentiva e dato il clima già di per se molto rigido. Più in fretta che poteva si
era messo qualcosa addosso vedendo che erano passate da un pezzo le dieci del
mattino ed era andato in bagno. Dopo essersi reso presentabile era sceso al
piano inferiore dove aveva trovato sveglie oltre ad Evelyn, Elizah e Kiki.
- Buongiorno…- aveva bofonchiato
prima di avvicinarsi al tavolo di legno dell’angolo cucina di quella casa così
strana, facendo chiaramente intuire dal suo tono di voce che non stava per
niente bene. Si era avvicinato ad Evelyn che era seduta all’estremità sinistra
della panca di legno che stava da un lato del tavolo. La ragazza dapprima gli
aveva passato un braccio attorno alla vita per avvicinarselo, poi era scivolata
verso destra per lasciargli lo spazio sufficiente perché potesse sedersi vicino
a lei.
- Ora ho capito perché stamattina
russavi un po’…- aveva osservato Evelyn, mentre gli passava una mano sulla testa
e si avvicinava, per dargli un bacio su una guancia.
- Davvero russavo?- aveva chiesto
sorpreso, anche un po’ imbarazzato.
- Un pochino.- aveva detto
Evelyn, che poi gli aveva messo una mano sulla fronte. - Non sei caldo, meno
male, vedi di non farti venire la febbre proprio adesso!- lo aveva bonariamente
ammonito.
Elizah, senza che lui avesse
chiesto niente, gli aveva messo davanti una tazza di caffé bollente. - Per
mangiare fai tu come vuoi.- gli aveva detto.
Dominic non aveva molto appetito
quindi non ci aveva nemmeno pensato a nutrirsi. Quel caffé al contrario lo
prendeva più che volentieri, aveva annuito verso Elizah come per dire che aveva
afferrato il concetto e l’aveva ringraziata. Immediatamente dopo aveva dovuto
fare velocemente cenno ad Evelyn di allontanarsi almeno un po’ da lui, uno
starnuto fragoroso era arrivato nel giro di pochi secondi.
- Mi hai sturato le orecchie
Dom!- lo aveva preso in giro Evelyn, mentre Kiki, dall’altro lato del tavolo,
gli aveva passato la scatola con i fazzoletti di carta. Dominic aveva
ringraziato afferrandone uno e soffiandosi il naso subito dopo.
- Dormito bene, a parte il
russamento mattutino?- aveva chiesto Elizah.
Dominic le aveva sorriso
sforzandosi un po’, che diavolo aveva da prendere in giro quella, si chiedeva.
- Non c’è male, solo ho fatto un
sogno strano.- aveva detto, guardando però verso Evelyn, come se volesse
raccontarlo solo a lei. - Ero una donna, pensa che me ne andavo in giro
allegramente fumando una pipa. Mi sa che stanotte un po’ di febbre devo averla
avuta, ubriaco non ero quindi le spiegazioni sono poche.- aveva detto
ridacchiando, Evelyn pure l’aveva fatto.
- Te lo ricordi bene questo
sogno?- aveva chiesto Elizah interessata. - Non che me ne intenda molto di
questo ramo, ma in genere certi tipi di sogni sono delle specie di segnali,
hanno sempre dei significati e per questo chi ci induce a farli fa in modo che
ce li ricordiamo bene. Dovresti pensarci sai?-
Kiki era si era immediatamente
detta dalla parte di Elizah, che a suo parere aveva proprio ragione a dire una
cosa simile. Senza per fortuna lasciare il tempo a lui di rispondere che no, si
ricordava solo quei pochi particolari, era partita in quarta nel raccontarle un
sogno che faceva spesso, che c’entrava un gatto e non aveva capito bene
cos’altro, aveva evitato di ascoltare il resto dato che aveva capito che da lì
in poi il discorso sarebbe andato a parare su paranormale e altre storie
attinenti.
Evidentemente Kiki era una patita
di queste scemenze proprio come la padrona di casa, e sì sa che due invasate
insieme non le regge nessuno. Aveva prima guardato di sottecchi Evelyn che aveva
incontrato il suo sguardo e a sua volta gli aveva rivolto un’occhiata molto
esplicativa, quasi come a volergli chiaramente dire che noia. Lui le
aveva sorriso, sentendosi complice.
Quando erano stati soli nella
loro stanza, dopo un po’, Evelyn gli aveva detto che era da tutta la mattina che
andavano avanti a parlare di certe cose. - E dire che io sono abituata ad Elizah
e alle sue manie, ma tutt’e due insieme non le reggo… e tu ti sei perso il pezzo
migliore, Kiki le ha confessato di avere sviluppato dei poteri nel campo della
stregoneria, dice di aver appreso certe arti magiche da sua nonna. Si è anche
affrettata a dire che quello che riesce a fare sono solo banalità, e che molto
di quello che sa più che alla magia è dovuto al folklore svedese, quindi si sono
lanciate entrambe in una specie di disamina sulla magia che si è sempre
sviluppata di pari passo con il folklore… credimi Dom, una cosa pazzesca! Mi
sembra che si stia davvero esagerando. Joseph e Stephen sono andati a fare un
giro in macchina qui vicino, hanno fatto molto bene a togliersi di mezzo,
potessi l’avrei fatto anch’io.-
Dominic era scoppiato a ridere
immaginandosele, ma dall’altra parte aveva pensato che le sue previsioni per
quel fine settimana, quelle meno rosee, si stavano per avverare.
Dopo che Stephen e Joseph erano
tornati dal loro giro avevano pranzato, quindi era stato scelto di passare il
pomeriggio al museo delle cere dedicato alla stregoneria, cosa che non aveva
fatto che incoraggiare le chiacchiere di Elizah e Kiki, che fortunatamente però
si erano chiuse a parlarne tra loro e non avevano nemmeno cercato di coinvolgere
gli altri nella loro conversazione.
Dominic, che nel corso del
pomeriggio si era sentito sempre più debole dato che il suo raffreddore stava
peggiorando rapidamente, ogni tanto di sfuggita aveva osservato Elizah presa nel
discorso.
Forse il tutto era dovuto anche alla sua poca pazienza del
momento, dovuta più che a quelle chiacchiere al fatto che quello stare male,
proprio durante quei giorni, lo stava facendo innervosire.
Non gli piaceva pensare certe
cose, ma più guardava quell’espressione altezzosa di Elizah, che sembrava voler
dire agli altri quanto si sentisse superiore solo perché credeva di possedere
una verità che il resto del mondo scettico non ha, e più si sentiva mal disposto
nei suoi confronti. Quel suo modo di porsi lo considerava semplicemente
ridicolo, oltre che senza una giustificazione plausibile.
Quel museo era divertente e ben
fatto, ripercorreva tutta la storia delle persecuzioni e ricostruiva in parte la
storia di alcuni dei personaggi che avevano avuto un ruolo di spicco nella
vicenda. Un’intera parte era dedicata alle ragazzine che avevano dato il via a
tutta quella vicenda, una parte alle persone che erano state condannate e
giustiziate e via dicendo tutte le fasi salienti della storia. Lui non si era
divertito molto pur riconoscendo che era abbastanza interessante, a tantissime
cose non aveva nemmeno fatto caso, cercando di prenderla però con filosofia, con
il detto comune che aveva poi esposto ad Evelyn quando erano usciti dal museo e
lei gli aveva chiesto se gli fosse piaciuto.
Lui l’aveva guardata scettico e
le aveva detto:- Mettiamola così: la cultura è come il maiale, non si butta via
niente!-
Quando erano tornati a casa, nel
tardo pomeriggio, aveva qualche linea di febbre, niente che con un paio di
aspirine non passasse, ma si era davvero sentito nervoso. A cena non aveva
mangiato quasi niente, proprio non gli richiedeva, era sicuro che anche la
febbre gli stesse salendo. Nonostante il fatto che anche Evelyn gli aveva detto
che sarebbe stato meglio se fosse andato a sdraiarsi un po’, non aveva voluto
isolarsi, soprattutto non voleva staccarsi da lei dato che aveva cominciato a
pensare tristemente che erano già trascorsi la metà dei giorni a disposizione
che avevano per stare insieme.
Dopo cena si erano tutti seduti
sui due divani che stavano davanti al camino. Stephen si era curato di
accenderlo quella mattina appena alzato ed era rimasto ardente per tutto il
giorno, regalando un’accogliente atmosfera a quel grande soggiorno che era
sicuramente il posto più bello di quella casa. Sembrava una casa di campagna
vecchio stile, l’unica cosa che dava l’idea di un po’ di modernità era l’angolo
cucina super accessoriato che tuttavia non era subito visibile agli occhi di chi
entrava in quella casa. Era arredata quasi completamente con dei mobili rustici
in legno grezzo tranne quei due comodi divani su cui erano seduti, delle travi
dello stesso materiale erano messe a reggere la struttura di quell’alto
soffitto. Il grande camino dava l’idea che in tempi remoti quello dovesse essere
stato il centro della casa e che, come stavano facendo loro in quel momento, la
sera tutti quelli che vivevano sotto quel tetto si riunivano intorno ad esso a
godersi il tepore che esso spandeva tutt’intorno, mentre parlavano della
giornata appena trascorsa o si raccontavano storie.
Peccato che la conversazione in
quel momento, dopo che durante la cena finalmente si era parlato d’altro, era
tornata in mano ad Elizah e Kiki che, ovviamente, erano tornate a parlare di
quell’interesse che avevano scoperto di avere in comune.
Evelyn si era seduta appoggiando
le spalle all’angolo del divano, Dominic inizialmente le si era seduto vicino,
ma con il passare del tempo i suoi sensi avevano cominciato a non essere più
tanto vigili. Evelyn con dolcezza ma anche con gesti decisi aveva fatto in modo
che si sdraiasse su di lei appoggiando la schiena contro il suo petto e la testa
contro la sua spalla. In effetti Dominic aveva trovato che quella posizione
fosse molto più confortevole, sia per il fatto che stare leggermente sdraiato lo
faceva sentire meglio, sia per aver trovato un lato buono di stare male, ovvero
che le persone che gli stavano intorno, Evelyn in particolare, sembravano essere
più inclini a coccolarlo.
Intontito com’era non stava
minimamente seguendo il discorso, ma aveva chiaramente letto nello sguardo di
Joseph una certa stanchezza e a giudicare dal silenzio semi totale che Evelyn
stava tenendo, anche lei non doveva divertirsi molto. Stephen invece sembrava
non fare quasi caso a quello che succedeva, come sempre.
L’unica cosa che Dominic era
riuscito ad intuire era che stessero parlando di fenomeni paranormali che in
qualche modo erano legati alle sedute spiritiche. Era più che altro Kiki a
parlare del fatto che più volte aveva provato a portarne a buon fine una ma che,
per la scarsità dei mezzi e per aver sempre tentato di farle con persone non
all’altezza o non pienamente convinte di quello che facevano, non ci era mai
riuscita. Lei certo era spinta da nobili motivi, era certa che entrare in
contatto con delle entità superiori avrebbe accresciuto la sua saggezza e il suo
buonsenso, ma per di più il resto delle persone ci arrivava per curiosità
morbosa nei confronti dell’occulto o, ancora peggio, per farsi una risata o per
scopi materiali.
- Sai, stavo pensando che stasera
sarebbe davvero adatta, è tutto perfetto.- aveva asserito Elizah, più che
convinta di quello che diceva. - L’atmosfera, le persone, le intenzioni. Mi
sembra che ci siano tutti gli elementi necessari per portarne una a buon fine.-
Dopo aver detto questo si era
girata verso la figura longilinea e pensierosa di suo fratello. Non c’era stato
bisogno che lei gli chiedesse niente, lui aveva già intuito da solo cosa volesse
la sorella.
- Non so se è il caso Elizah.-
- Pensi di non farcela?- aveva
chiesto lei.
- Manca il terzo.- aveva
spiegato.
- Kiki mi sembra perfetta.- aveva
ribattuto Elizah.
Dominic non si era stupito troppo
della sicurezza e della competenza con le quali Stephen aveva cominciato a
parlare, si era ricordato di quello che gli aveva raccontato Evelyn la notte
prima, ma per lui quei discorsi e la serietà con cui era fatti erano esilaranti.
Aveva trattenuto a stento una risata nel sentirli tutti parlare così, era stato
bravo a non far trasparire niente, per questo si era stupito e anche un po’
sbigottito quando Stephen, con quello sguardo inquietante, quasi come se gli
avesse letto nel pensiero, gli aveva piantato gli occhi in faccia per poi
rispondere alla sorella.
- Non mi sembra che tutti qui
siamo coscienti e intenzionati a prenderla con la dovuta serietà.-
- Non dobbiamo partecipare tutti
per forza.- aveva osservato Elizah ancora.
- Io lo farei volentieri.- aveva
detto interessato Joseph.
Kiki ovviamente era dei loro,
Elizah aveva guardato Dominic ed Evelyn che erano gli unici a non essersi
espressi.
- No, grazie, passo.- aveva detto
lui, ricevendo uno dei soliti sguardi tipici di Elizah, con il quale sembrava
dirgli non avevo nessun dubbio in merito.
- Tu Evie sei dei nostri invece,
vero? Non sarebbe nemmeno la prima volta per te…- aveva osservato.
Evelyn aveva stretto un po’ la
pressione del suo braccio sul petto di Dominic, come se fosse tesa, poi aveva
detto a bassa voce va bene, se volete lo farò, non sembrando del tutto
convinta però.
- Sicuro che non ci vuoi
ripensare Dominic?- aveva chiesto Elizah, ma Stephen aveva parlato per lui.
- Non forzarlo, e poi non lo vedi
che non è nelle condizioni di farlo? Sarebbe una preda troppo facile e io non mi
prendo questa responsabilità.-
Dominic non aveva capito che poco
di quello che si erano detti. Chi era il terzo che poteva essere Kiki? E che
voleva dire il fatto che lui nelle sue condizioni era una preda troppo facile?
Ma troppo facile per chi?
Quelle domande per quanto gli
riguardava potevano rimanere senza una risposta, non gli importava davvero
niente dato che le credeva tutte assurdità.
- Posso rimanere qui come
spettatore?- aveva chiesto però, dato che aveva proprio voglia di vedere cosa si
sarebbero inventati quei due strambi fratelli, forse ci sarebbe stato anche da
divertirsi.
Era stato Stephen a rispondergli,
stupendolo parecchio dato che non lo aveva mai sentito prima dire tante parole
in fila. - Credo che tu possa, ma ci sono delle cose che devi sapere e delle
regole che devi rispettare anche tu, anche se non partecipi direttamente.- gli
aveva detto con un tono grave.
- Questa che stiamo per fare è
una cosa molto seria, e se anche tu non ne farai parte, se qualcuno per la
volontà di Dio verrà a parlare con noi, sarai presente e con te sarà presente
anche il tuo spirito e le tue intenzioni che potranno essere viste e percepite.
Lo so che pensi che siano tutte stupidaggini e rispetto la tua opinione se anche
credo sia per pura ignoranza in materia, senza offesa ovviamente.- si era
affrettato a dire. - Ma per un momento dovresti sforzarti di crederci e pensare
cose positive della faccenda, oltre che avere il massimo rispetto per le entità
che richiameremo a noi, se vorranno farci l’onore di ascoltarci. Credi di
poterlo fare?-
Dominic gli aveva sorriso
ipocritamente, era abbastanza infastidito dalle sue parole e dalla presunzione
che traspariva delle stesse. - Il fatto che le consideri stupidaggini è del
tutto da dimostrare, in ogni modo ho il massimo rispetto per voi e per le vostre
credenze, non mi permetterei mai di mancare di rispetto a voi e alle vostre
cose, se è quello che temi.-
Elizah pure gli aveva sorriso. -
E’ che ti si legge in faccia Dominic, non c’è bisogno che lo dici. Comunque sì,
puoi rimanere, non credo che ci sia alcun problema se segui i consigli che ti ha
dato Stephen.-
Dominic si era chiesto in che
banda di pazzi fosse capitato, ma si era limitato a sorridere ipocritamente per
l’ennesima volta verso di lei e ad alzarsi dal divano per permettere ad Evelyn
di raggiungerli.
Mentre Elizah si affrettava a
procurarsi l’occorrente, Stephen aveva istruito tutti sul da farsi. Per Evelyn e
Joseph c’erano state poche raccomandazioni, che erano all’incirca quelle che poi
erano state fatte anche a Dominic: dovevano mantenere un silenzio rispettoso e
concentrato, liberarsi da qualsiasi frivolezza e da qualsiasi morbosa curiosità
in merito, dovevano essere tutti in perfetta armonia fra loro o gli spiriti
maligni avrebbero approfittato anche della più piccola discordia per renderli
tramite della loro malvagità.
Era poi passato a spiegare il
ruolo di tutti gli altri: lui sarebbe stato il medium coordinatore, Elizah
l’avrebbe assistito quando sarebbe entrato in trance, sempre che ciò fosse
avvenuto dato che non era scontato che ciò avvenisse, mettendogli a disposizione
la sua forza; Kiki invece aveva il compito di richiamarlo dallo stato di trance
e di ristabilire un contatto. Per comunicare avrebbero usato un mezzo semplice e
considerato uno fra i meno pericolosi in circolazione, una tavola oui-ja.
Stephen aveva spiegato anche il funzionamento di quello strumento, che tutti
però avevano già visto, o almeno ne avevano sentito parlare. I partecipanti
dovevamo appoggiare il loro dito indice sul puntatore che scorreva sulle
lettere, numeri, ed altri simboli riportati sulla tavola senza fare troppa
pressione, in modo che fosse l’entità a muoverlo per dare loro le indicazioni
che voleva. Aveva spiegato inoltre che probabilmente sarebbe occorso del tempo
perché un’entità rispondesse, non sapeva quanto, avrebbero avuto la certezza di
avere un contatto quando il puntatore si sarebbe mosso prima in ordine sparso,
poi tornando nel punto preciso in cui aveva iniziato, per poi rispondere ad
eventuali domande che loro gli avrebbero fatto, anche se Stephen aveva spiegato
che inizialmente era buona norma chiedere all’entità se volesse lei per prima
dire loro qualcosa.
Quando Elizah era tornata con
l’occorrente, avevano disposto la oui-ja al centro di un tavolino tondo, con il
puntatore per il momento rigorosamente sul tavolo, le luci andavano spente e
quell’enorme stanza sarebbe stata illuminata solo dal fuoco del camino, Elizah
aveva acceso una candela che aveva sistemato sul tavolo davanti alla oui-ja.
Quando tutti avevano preso il
loro posto, Dominic compreso che si era seduto poco distante su una sedia dietro
a loro, Stephen aveva preso il puntatore appoggiandolo sulla oui-ja e chiedendo
a tutti di appoggiare il loro dito indice su questo, curandosi di tenere il
braccio rilassato, ma assolutamente di non appoggiarlo sul tavolo, per non
creare attriti.
Stephen, quando nella stanza era
sceso il silenzio più assoluto, aveva incominciato a declamare una specie di
preghiera: aveva chiesto a Dio di metterli in contatto con degli spiriti buoni e
di preservarli da quelli cattivi, di aiutarli nel caso questi ultimi fossero
arrivati a non farli avere accesso ai loro cuori e alle loro menti, aveva
chiesto per se la forza di adempiere al meglio al suo compito di medium,
chiedendo di non venire toccato dalla vanità, nel caso contrario di vedersi
togliere tutti i poteri che gli erano stati concessi nella sua grazia.
Dopo c’erano stati svariati
minuti di silenzio, durante i quali non era successo niente. Tutto era rimasto
come immobile, con i cinque partecipanti con le loro dita appoggiate sul
puntatore cercando di stare immobili e concentrati nel loro rispettoso silenzio,
per quanto la scomoda posizione che erano costretti a tenere lo permettesse.
Dominic li stava guardando
ancora, annoiandosi, la sua curiosità era scemata molto dato il fatto che non
stava succedendo niente di divertente e, se anche non ne aveva bisogno dato che
era molto convinto di questo, si era persuaso ancora di più di aver ragione e
che fosse solo una gran baggianata. Si era però curato di non dire niente, del
resto quello che aveva detto prima che cominciassero era vero, avrebbe mantenuto
il massimo rispetto per ciò che stavano facendo.
Proprio mentre questo pensiero,
che in parte andava contro alle regole che Stephen gli aveva chiesto di
osservare, gli stava attraversando la mente, il puntatore aveva fatto una
piccola mossa, pianissimo si era spostato verso la parte destra della oui-ja,
senza andare verso un punto preciso. La tensione nella stanza era risalita
immediatamente dopo quei vari minuti in cui non era successo assolutamente
niente, Dominic si era chiesto chi fosse tra Elizah e Stephen a muovere il
puntatore, o se magari erano entrambi di comune accordo.
Da dove stava seduto non riusciva
molto bene a vedere cosa stesse accadendo, gli sembrava che in quel momento il
puntatore avesse fatto una specie di inversione a u non tornando però al
punto di origine, per poi andare verso sinistra, sempre senza avere una meta
precisa. Sentiva la sua testa pesante, aveva sinceramente bisogno di sdraiarsi e
sperava che quella farsa non durasse ancora tanto, almeno sarebbe andato a
dormire. La testa aveva preso a fargli così male in pochi secondi che aveva
necessariamente dovuto chiudere gli occhi, portandosi le mani alle tempie. Li
aveva strizzati mentre il suo viso si contraeva in una smorfia che, se qualcuno
degli altri l’avesse potuto vedere, avrebbe in modo più chiaro possibile fatto
intuire quanto stesse male in quel momento.
Anche se sapeva di dover stare
immobile ed in silenzio quel malessere era tropo forte, si sentiva come se
stesse per svenire ma aveva trovato, non sapeva come, la forza per alzarsi dalla
sedia dove stava, voleva chiedere aiuto, ne aveva bisogno.
- Evie…- aveva appena detto, poi
gli erano mancate le forze per fare altro.
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Capitolo 3 *** Capitolo Terzo ***
Nuova pagina 1
Buonasera a tutti!
Un grazie mille a tutte le persone che hanno voluto sprecare
un pochino del loro tempo per leggere e commentare innanzitutto! Andando con
ordine: Chu, il tuo punto di vista è decisamente interessante, non commento
altro perché preferisco farlo alla luce della fine della storia, extra alla
vicenda posso dirti che il mio stile, proprio come hai detto tu, è sempre per lo
più quello… se cambia, cambia di poco, ma francamente la mia semplicità nello
scrivere credo sia caratterizzante. Mi spiego, a mio parere è inutile scrivere
in modo ridondante in nome di particolari stili o per conferire ai propri lavori
quella sorta di confusione che sembra piacere tanto… se poi con il mio essere
semplice non trasmetto la suspance che, mi è stato fatto notare, non trasmetto,
vuol dire che non sono capace a farla uscire fuori! Pazienza, nella vita non si
può saper fare tutto! Però posso dire di aver tentato anche questa, e
soprattutto ad essermi divertita ad averlo fatto.
Grazie mille Lo! Non ti faccio aspettare troppo per vedere che
succede a Orecchiotto, il capitolo che segue te lo spiega bene, anche se è il
penultimo. No, non sono mai stata a Salem, però mi sono documentata parecchio su
diversi fronti: turismo, folklore, soprattutto quello dedicato alla faccenda
della stregoneria, e ovviamente la storia e la conformazione geografica del
luogo. Ho “studiato” la faccenda su svariati libri che mi sono procurata e su
internet. Ci sono molte fonti in rete, soprattutto per ciò che riguarda
l’occultismo, faccenda della quale, meno per quello che mi aveva già detto Naty,
la mia amica alla quale la storia è dedicata, non sapevo davvero che pochissimo.
Il ricordo? Come mai Claudietta, hai provato a fare una seduta
spiritica? Anche per te, ora vedrai che gli è successo a Orecchiotto, anche se…
(Suspance… almeno ci provo!!!)
Sullo spirito furbo mi hai fatto fare una bella risata di
cuore… chiamalo scemo!
Detto questo, buona lettura!
Mandy
Capitolo Terzo
Cadendo a terra aveva fatto un tonfo sordo.
Evelyn, che si era girata sentendosi chiamare,
aveva gridato il suo nome impaurita, staccando immediatamente il suo dito dal
puntatore della oui-ja e precipitandosi a terra verso di lui. Non aveva badato
all’avvertimento di Stephen che le stava dicendo che non poteva abbandonare così
la seduta, del resto non meritava nemmeno una risposta per quanto la riguardava,
e Joseph evidentemente la pensava come lei dato che immediatamente si era alzato
anche lui andandole incontro.
All’inizio Dominic sembrava semplicemente svenuto,
Evelyn aveva commentato con un gli avevo detto di andare a letto,
imputando tutto alla febbre, gli aveva sollevato le gambe aiutata da Joseph, in
modo da favorire l’afflusso di sangue alla testa, ma era successo qualcosa di
strano. Sembrava, più che svenuto, che stesse dormendo e che stesse facendo dei
sogni strani che lo facevano agitare.
- Oh cielo, ma che diavolo sono, convulsioni?-
aveva esclamato Joseph, questo commento aveva richiamato l’attenzione degli
altri tre per un attimo appena, ma erano rimasti al tavolo per chiudere a dovere
e nel più breve tempo possibile la porta che avevano aperto su quella
dimensione, per parlare con le entità.
Evelyn stava cercando di scuoterlo, come se
volesse svegliarlo, ma Dominic sembrava totalmente insensibile ad ogni richiamo
esterno, continuava ad agitarsi. Era spaventatissima e si era girata furente
verso gli altri che continuavano ad ascoltare Stephen come se quello che stava
succedendo non li riguardasse.
- Ma si può sapere cosa cazzo aspettate a darci
una mano! Piantatela con quella stupidaggine e aiutateci, fate qualcosa!- aveva
detto.
Kiki aveva fatto per alzarsi, ma Elizah l’aveva
trattenuta.- Loro non sono indispensabili,- aveva spiegato mentre Stephen, quasi
come se non stesse sentendo ciò che succedeva intorno a lui, continuava nella
sua preghiera di commiato. - Ma tu invece lo sei, devi aiutarci a chiudere la
porta, quindi non ti muovere o potrebbe succedergli il peggio, e lo sai bene!-
Dominic continuava ad agitarsi ed Evelyn era
bloccata dal terrore. Joseph aveva tentato anche lui di scrollarlo, ma non c’era
stato niente da fare, era rimasto in quello stato di incoscienza assoluta. Aveva
cercato di tranquillizzare Evelyn dicendole che non era certamente niente di
grave, ma non era stato affatto convincente dato che non lo sapeva nemmeno lui
questo, era spaventato come lei e la sua mente razionale non gli stava
suggerendo niente di sensato da fare.
Stephen aveva continuato ancora per pochi secondi,
aveva alzato la voce e poi aveva smesso di colpo di parlare. Aveva appoggiato la
testa sul tavolo come se fosse tornato in se, ci si era rilasciato e aveva
cominciato a respirare profondamente, aveva il fiatone come se avesse fatto una
corsa folle.
Elizah si era alzata di corsa invece, aveva acceso
la luce mentre Kiki, alzatasi in fretta anche lei, aveva raggiunto Evelyn e
Joseph, giusto in tempo per vedere che Dominic aveva avuto una specie di spasmo
più forte degli altri, aveva emesso un suono gutturale, come se non riuscisse a
respirare, poi aveva aperto gli occhi di scatto, sembrava spaventato.
- Dominic!- aveva esclamato Evelyn, con un misto
di apprensione ma anche di sollievo per averlo visto svegliarsi, lui invece era
rimasto fisso a guardare lei, che gli stava reggendo la testa, chiedendosi cosa
fosse avvenuto, senza capire perché Joseph e Kiki lo stavano guardando con
apprensione ed Evelyn fosse così spaventata. In piedi dietro a loro aveva scorto
anche Elizah guardarlo, ma lei lo stava facendo con un’espressione poco
decifrabile sul viso. Non c’era traccia di Stephen.
Era riuscito a parlare solo dopo qualche secondo,
aveva detto a bassa voce Evie, lei gli aveva preso la mano con quella che
aveva libera e l’aveva stretta.
- Come stai?-
Era difficile per lui rispondere a quella domanda,
era un misto di pensieri e sensazioni diverse quelli che stava provando, non
riusciva a decifrarli. - Non lo so.- aveva risposto, - Bene, credo.-
Evelyn era scoppiata a piangere, Dominic si era
impaurito per lei, non senza una certa difficoltà era riuscito ad alzare il
busto sedendosi, l’aveva abbracciata.
- Che c’è?- le aveva chiesto. Non che lei avesse
parlato in modo molto comprensibile, ma Dominic aveva intuito all’incirca cosa
lei gli avesse detto: che era svenuto, che aveva cominciato ad agitarsi e che
lei non sapeva cosa fare per aiutarlo.
Si era immediatamente ricordato cosa stesse
succedendo pochi minuti prima, di quel mal di testa terribile che aveva avuto,
dell’oscurità della stanza mentre gli altri stavano facendo quella buffonata di
seduta spiritica. Si era sentito male ed era svenuto, ma questo non se lo
ricordava tanto bene.
Però si era ricordato bene di un’altra cosa, di
aver provato una strana sensazione, come se qualcuno stesse cercando di
soffocarlo. Anzi, non proprio qualcuno, qualcosa di ruvido che gli stringeva il
collo, come una corda. Improvvisamente poi aveva aperto gli occhi trovandosi
sdraiato sul pavimento del soggiorno di quella casa, con quella scena davanti.
Mentre Evelyn ancora stava appoggiata alla sua
spalla e non riusciva a calmarsi, nonostante che lui le stesse passando in modo
protettivo la mano destra lungo la schiena, rassicurandola che stava bene, se
avesse potuto si sarebbe portato una mano alla gola, istintivamente, per sentire
se era davvero libero di respirare. Quella sensazione che aveva provato era
stata orrenda.
- Va tutto bene, sto bene Evie, calmati…- aveva
continuato a dirle, ma il suo cuore stava battendo ad una velocità
sproporzionata, tanto che aveva respirato con calma, profondamente, nel
tentativo di calmarsi lui per primo.
Evelyn aveva allentato un po’ la stretta sul suo
collo, aveva smesso di piangere, quando aveva guardato Dominic in faccia
staccandosi un po’ da lui e gli aveva sorriso con il viso rigato dalle lacrime e
anche lui l’aveva fatto, per darle poi un bacio sulle labbra.
- Davvero, è tutto apposto.- aveva aggiunto per
poi abbracciarla un’altra volta.
Concentrati com’erano su quello che stava
succedendo, Dominic, Evelyn, Kiki e Joseph non avevano fatto caso al fatto che
Elizah, non appena aveva appurato che Dominic era tornato in sé, era tornata
accanto al tavolo dove suo fratello, ancora spossato, teneva la testa appoggiata
sulle sue braccia incrociate sul tavolo. Gli aveva messo una mano su una spalla,
lui si era lentamente girato verso di lei, guardandola con apprensione, per poi
chiederle a bassa voce come stesse Dominic.
- Adesso bene.- gli aveva risposto, mentre
prendeva una sedia e l’avvicinava il più possibile a quella di lui. Sedendosi si
era tirata indietro i capelli lisci e neri che le erano andati davanti al viso,
poi aveva fatto una carezza a suo fratello, sui suoi capelli, del tutti identici
come consistenza e colore ai suoi.
- Tu piuttosto?-
- Sono esausto, e poi te l’avevo detto che sarebbe
potuto succedere a lui, ma ne parliamo dopo, adesso non è il momento.- le aveva
risposto Stephen, che sembrava davvero spossato come le aveva detto di essere.
Con un movimento preciso e veloce Elizah aveva
spento la candela facendo morire la fiamma schiacciandola tra il pollice e
l’indice della mano destra, poi l’aveva presa per il candelabro, con la stessa
mano aveva afferrato il puntatore che Stephen si era curato di staccare subito
dalla tavola oui-ja non appena era riuscito a chiudere il collegamento. Con
l’altra aveva preso la tavola stessa, quindi si era alzata con l’intento di
riporre tutto, pensando che dopo quello che era successo quella sera per
parecchio tempo non avrebbe più avuto bisogno di usarla, a meno che non ce ne
fosse stata necessità.
Poco più tardi tutti avevano deciso che la
giornata era stata sufficientemente lunga e piena di sorprese sgradite, Dominic
si era misurato la temperatura e aveva visto che era salita oltre i trentotto
gradi, cosa che comunque stava intuendo senza il bisogno di verificarlo dato che
si sentiva davvero a pezzi.
Non troppo più tardi era sdraiato nel letto della
sua stanza e di Evelyn, aspettando che lei uscisse dal bagno. Teneva gli occhi
chiusi ma non riusciva a dormire, del resto non voleva nemmeno farlo. L’aveva
chiaramente sentita nel buio alzare le coperte e mettersi sotto a queste, lui
aveva allungato il braccio sinistro verso di lei, che si era avvicinata
appoggiandogli il suo sinistro sullo stomaco, abbracciandolo come lui stava
facendo con le sue spalle. Dominic, quando si era sistemata, le aveva messo la
mano destra prima appoggiata sul gomito, poi l’aveva spostata appena per farle
una carezza su una guancia, per poi rimetterla sul suo gomito.
- Tutto bene?- le aveva chiesto.
Evelyn aveva percorso con lentezza con la mano il
suo petto, ricambiandogli la carezza.
- Ora sì, ma non sono preoccupata per me, ma per
te, è stato terrorizzante. Sei caduto a terra improvvisamente, senza un motivo
apparente e poi hai cominciato ad agitarti, sembravi quasi in preda a delle
convulsioni. Non riuscivamo assolutamente svegliarti, ho temuto il peggio per un
attimo.-
Dominic non le aveva detto niente, aveva
semplicemente stretto ancora la presa del suo braccio sinistro contro le sue
spalle.
- Un momento prima di svegliarti hai fatto un
verso strano, come se non riuscissi a respirare, è stato orrendo.- aveva
aggiunto poi.
Era rimasto stupito per un attimo da
quell’affermazione. - Davvero l’ho fatto?- aveva chiesto Dominic, immaginandosi
quella stretta al collo che effettivamente si era immaginato di aver sentito.
- Perché dovrei dirtelo altrimenti, scusa?- aveva
ribattuto Evelyn, giustamente.
Per un momento quasi aveva pensato che avrebbe
potuto raccontarle di quella sensazione che aveva avuto, ma si era fermato
subito, pensando che non c’era ragione di mettere altra carne al fuoco, Evelyn
si era già sufficientemente spaventata.
- Ora non ci pensiamo più, va bene? Dormi, ne ho
bisogno anch’io, mi sento uno straccio.- aveva detto riferendosi alla febbre.
Si erano scambiati ancora qualche effusione prima
che lei si addormentasse, per lui non era stato tanto semplice.
C’era qualcosa che lo stava distraendo, aveva
delle immagini in testa che gli venivano in mente solo quando riusciva a
crogiolarsi nella sensazione che aveva provato nel sentirsi soffocare, ed era
convinto che in parte quelle immagini le aveva già viste in precedenza. Senza
venirne a capo si era addormentato piuttosto irrequieto, aveva dormito
abbastanza male, svegliandosi spesso ogni poco tempo e cercando di non agitarsi
troppo per non svegliare anche Evelyn, cosa che però non era stata affatto
facile.
Si era svegliato per l’ennesima volta quella
mattina prestissimo, era andato in bagno e aveva guardato il suo orologio che la
notte prima aveva lasciato lì, segnava le cinque e cinquantadue del mattino.
Aveva pensato di tornare a dormire, ma sapeva che
non ci sarebbe riuscito, quindi si era vestito ed era sceso, con l’idea di
prendersi un bicchiere d’acqua e magari di recuperare il termometro che era
certo di aver lasciato sul basso tavolino che stava tra i due divani. Gli
sembrava che la febbre fosse passata, ma voleva controllare.
Aveva sceso le scale di legno che scricchiolavano
appena, quindi era entrato nel soggiorno, dirigendosi prima per l’appunto verso
il camino, che ormai era spento. Come si ricordava aveva trovato lì il
termometro, si era seduto e l’aveva scaricato con un paio di colpi secchi che
avevano fatto tornare tutto il mercurio nella capsulina che stava ad una delle
estremità. Dopo averlo ricontrollato per assicurarsi di essere riuscito
nell’intento, tirando giù appena il collo del maglione quel tanto che bastava
per poter infilare sotto ai vestiti la sua mano, se l’era messo sotto l’ascella
aspettando il tempo necessario.
- Ciao.- aveva sentito dirsi dalla voce di Elizah.
Si era girato e le aveva dato il buongiorno.
- Non mi hai visto, ero seduta in cucina, io ti
visto arrivare.-
- No, non ho guardato verso la cucina, scusami. E
poi dato che non sono nemmeno le sei pensavo di essere l’unico sveglio.-
Elizah gli aveva sorriso, era forse la prima volta
che la vedeva sorridere così dolcemente, ma gli era sembrata un po’ falsa. - Non
ti devi scusare, come stai piuttosto?-
- Bene, sono ancora un po’ stanco ma va tutto
bene, almeno mi sembra. Mi pare di non avere nemmeno più la febbre, me la sto
misurando comunque per scrupolo.-
- Lo vuoi un caffé? L’ho appena fatto.- gli aveva
chiesto, lui aveva accettato.
Mentre lei si era allontanata verso la cucina
Dominic aveva controllato il termometro, constatando che aveva ragione, segnava
appena trentasei gradi. Si era alzato dal divano e aveva raggiunto Elizah in
cucina. - Potevi rimanere seduto di là, te l’avrei portato io.- gli aveva detto
sempre con quel tono gentile che forse per la prima volta usava con lui, non
appena l’aveva sentito arrivare.
- Non importa, grazie.- le aveva risposto mentre
si sedeva sulla panca di legno e appoggiava i gomiti sul tavolo. Su di esso
c’erano dei fogli stampati, a giudicare dalla striscia nella parte alta, che
riportava chiaramente un link, dovevano essere stati stampati da internet. Sopra
di essi c’era un libro piuttosto voluminoso di dimensioni, la cui copertina era
piuttosto macabra come immagine: sembrava il rogo di una strega, che però prima
era stata impiccata. A quella vista, la corda legata attorno al ramo di un
albero senza foglie e legata all’altra estremità attorno la collo di quella
donna, la cui pallidezza si stagliava contro un cielo scuro e minaccioso, gli
era tornata alla mente l’orribile sensazione della notte precedente, ma l’aveva
ignorata. Quando aveva letto il titolo di quel libro era stato certo che si
trattasse proprio di quello che aveva immaginato, una sorta di storia delle
persecuzioni.
Quando Elizah aveva messo la tazza davanti a lui
l’aveva ringraziata, poi aveva indicato quel libro.
- Posso guardarlo?- Le aveva chiesto, preso dalla
curiosità. Elizah aveva annuito, ma quando Dominic aveva preso il libro si era
affrettata a prendere quei fogli stampati e a toglierli dalla sua vista. Ci
aveva fatto caso, ma non aveva voluto dare importanza a quel particolare.
C’era un segnalibro, per Dominic era venuto
naturale aprirlo da lì, dopo però aver guardato la copertina interna per vedere
se riportava il nome dell’opera e dell’autore che l’aveva dipinta. Era un
particolare soltanto per la verità, di un certo Salvator Rosa, era stato dipinto
nel 1646 e si chiamava Streghe e incantesimi. Il nome non gli diceva
niente, quindi aveva guardato dove c’era il segnalibro per trovarsi ad una delle
pagine che riguardavano la storia di Salem, in un punto che parlava più
dettagliatamene delle persone alle quali era stata inflitta la pena di morte,
per impiccagione. Dominic si era chiesto se erano solo coincidenze che tutto
quello che vedeva quella mattina gli ricordava cosa gli era successo la sera
prima. Per altro si era chiesto se non si ricordava male, per quello che sapeva
lui le streghe venivano bruciate sul rogo.
Sorseggiando il caffé aveva scorso velocemente
quella lista di nomi, tra i quali figuravano anche alcuni nomi maschili.
- Ma le impiccavano anche le streghe?- aveva
chiesto a Elizah, che lo stava guardando.
- Anche.- aveva asserito lei. - Qui a Salem per
esempio le hanno uccise tutte così, anche se non erano streghe, erano solo le
vittime dell’isterismo e dell’ignoranza.-
- Beh, le streghe non esistono.- aveva osservato
Dominic.
- Non nel modo in cui le intendiamo noi
nell’immaginario comune, diciamo.-
Dominic non aveva ribattuto, tanto sapeva che
avevano delle idee diverse. Era tornato con gli occhi sul libro e aveva passato
in rassegna i nomi. Non sapeva perché, ma uno di quegli aveva spiccato tra gli
altri, forse per il cognome, Good. Sarah Good.
- Hanno impiccato anche una che si chiamava Good…-
aveva osservato sorridendo, non sapeva nemmeno lui perché lo trovasse
divertente, per poi notare che Elizah lo stava guardando stupita.
- Che c’è?- le aveva chiesto, dato che gli
sembrava strana.
- Niente.- si era affrettata a dire lei.
Dominic l’aveva guardata e le aveva sorriso. - Sei
sicura?- le aveva chiesto, dato che gli sembrava quasi spaventata. Intanto la
stava guardando, dovendo ammettere che fosse piuttosto bella nonostante qualche
segno di stanchezza che aveva sul viso, forse prima non ci aveva mai fatto caso
per via dell’antipatia quasi innata che provava nei suoi confronti.
- Sì.- aveva risposto lei sicura. Dominic però
aveva capito che gli stava mentendo spudoratamente.
- Che hai trovato su internet?- gli aveva chiesto
con una punta di cattiveria, forse quello che c’era su quei fogli che lei aveva
tolto dalla sua vista tanto velocemente, erano il motivo per cui in quel momento
era così nervosa per quelle domande che gli stava facendo.
- Su internet?- gli aveva chiesto a sua volta,
fingendo di non capire.
- Sì, quei fogli che c’erano prima sul tavolo.-
- Ah… quelli… niente, erano solo delle e-mail che
mi sono arrivate e che ho stampato per leggerle perché erano troppo lunghe.-
aveva detto, salvandosi per un pelo.
Dominic le aveva sorriso e aveva continuato a bere
tranquillamente, come se non si rendesse conto effettivamente di quanto fosse
stato subdolo a metterla in quella situazione. Aveva rimesso gli occhi sul libro
e l’aveva sfogliato, vedendo che il capitolo su Salem era piuttosto lungo.
Quel nome, Sarah Good, lo aveva ritrovato appena
qualche pagina dopo, non ci si era soffermato ma aveva sorriso nuovamente senza
volerlo, come senza volerlo poi aveva letto una frase appena.
Dagli atti dei processi
risultò che a detta di tutti Sarah Good era una mezza vagabonda dalla
reputazione piuttosto dubbia, che si arrangiava a forza di espedienti, fumava la
pipa, ed era disprezzata da gran parte della popolazione. Non fu difficile per
le fanciulle accusatrici far credere che lei fosse una delle portatrici del
demonio nella comunità di Salem. Fu impiccata alla fine del giugno del 1692,
sulla collina appena fuori dal centro abitato dove tre settimane prima era stata
impiccata anche la prima giustiziata, Bridget Bishop, chiamata poi la Collina
delle Streghe.
Dominic per un momento era rabbrividito. Gli erano venute
in mente le visioni della notte prima, accompagnate anche quella volta da quella
spiacevole sensazione di quella corda che gli stringeva il collo, impedendogli
di respirare. Si era impadronita di lui l’idea che la sua vita, sebbene non
fosse accettata dagli altri, non si meritava di essere brutalmente spezzata in
nome di peccati terribili che non aveva commesso.
Ma quelli non erano pensieri suoi, non gli appartenevano,
ma sapeva chi ne era il proprietario, anzi, la proprietaria.
Gli era venuto in mente quel sogno che aveva fatto la notte
precedente, in cui lui era una donna e fumava la pipa. Rideva e si comportava
scioccamente, non era rigida e compunta come le altre donne che erano
considerate rispettabili signore.
Aveva chiuso quel libro di scatto, non ne voleva sapere
altro. Sentiva una rabbia crescente salirgli dentro, ed era certo di sapere con
chi doveva prendersela.
- Chi era Sarah Good?- aveva chiesto ad Elizah,
probabilmente con un’espressione sul viso che non lasciava immaginare niente di
buono. Lei ci aveva messo qualche secondo a rispondergli.
- Non lo so, una che è stata giustiziata qui alla fine del
seicento, non capisco perché me lo chiedi.-
- Elizah, per favore, non prendermi in giro.-
Lei aveva taciuto ancora, ma era più che evidente che fosse
turbata e che stesse mentendo.
- Mi vuoi rispondere?- le aveva chiesto irritato
nuovamente, la sua pazienza in quel momento era nulla e non voleva né concederle
tempo per inventarsi una balla, né farle passare tutto in cavalleria.
- Va bene, te lo dico!- gli aveva detto scossa. - Ma tanto
tu non ci crederai a quello che sto per dirti…-
Si era presa una pausa, aveva respirato profondamente. -
Era un antenata di mia madre e penso che questa casa fosse la casa che i nipoti
di sua sorella costruirono alla fine dell’ottocento. Mia madre era una medium
fantastica, nei suoi diari, quelli che mi ha lasciato in eredità, aveva scritto
che sentiva delle presenze in questa casa e credeva che fosse proprio lei, la
sua misteriosa antenata uccisa ai tempi delle persecuzioni. Facendo delle sedute
spiritiche però non è mai riuscita a contattarla, non sapeva nemmeno il suo
nome. Ci ha provato così tante volte, ma ha sempre fallito nell’intento, doveva
essere stato tremendamente frustrante per lei. Veniva a trovarmi spesso quando
ero poco più che una ragazzina, cercava di dirmi delle cose ed io ero
spaventatissima, fino a che finalmente ho capito che lei voleva solo che finissi
il suo lavoro, così mi sono ripromessa di scoprire quello che lei non era
riuscita a trovare, e stanotte ce l’ho fatta. Le entità possono sentire le tue
domande anche se le poni nella tua mente, io ho chiesto il suo nome per
l’ennesima volta. Mentre tu eri a terra e mio fratello cercava di chiudere la
porta mi ha detto Good S, nient’altro. Stanotte mi sono alzata e ho fatto delle
ricerche, dev’essere lei.-
Dominic l’aveva guardata allibito. Senza trattenersi
minimamente aveva esternato tutto il suo disprezzo nei suoi confronti.
- Sei solo una fanatica, non ti dovrei nemmeno stare a
sentire.-
Elizah l’aveva finalmente guardato nel modo in cui lui era
abituato ad essere guardato da lei, togliendosi finalmente quella maschera che
le aveva imposto di essere gentile quella mattina, forse per un certo senso di
colpa: in quello sguardo c’era pena e un po’ di disgusto.
- Non pretendo che tu capisca, e detto tra noi me
l’aspettavo che non avresti fatto il minimo sforzo per farlo, le persone come te
non ci arriverebbero mai. Volevo che quello che è accaduto a te accadesse a me,
ma evidentemente eri un bersaglio più facile, come mi aveva fatto capire
Stephen, lui me l’aveva detto che se stanotte fosse successo qualcosa tu eri
quello più quotato, le tue difese erano al minimo, ma non l’ho ascoltato. Ed è
capitato proprio a te, che spreco di tempo.-
- Voi siete completamente pazzi, lo sai? Lo sai che avreste
tutti bisogno di un buon analista?- aveva detto ancora, per poi alzarsi e
tornare in camera sua.
Cercando di non fare rumore aveva fatto prima una doccia,
quindi, dopo essersi asciugato con tutta calma, aveva rimesso tutte le sue cose
in valigia.
Quando Evelyn si era svegliata lo aveva trovato sdraiato e
vestito di tutto punto accanto a lei.
Non aveva perso tempo a dirle che voleva andare via di lì
il più presto possibile. Evelyn, anche per tutto quello che era successo quella
notte, non aveva fatto obiezioni. Del resto nemmeno lei si sentiva più a suo
agio in quella casa.
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Capitolo 4 *** Epilogo ***
Nuova pagina 1
Buon
giovedì!
Vi lascio
all’ultima parte della storia.
Buona
lettura, Mandy
Epilogo
La luce che entrava dalle ampie vetrate del soggiorno
dell’appartamento di Evelyn, che si trovava in piena Manhattan, rendevano
l’ambiente allegro e luminoso. Dominic stava seduto sul divano, leggendo
distrattamente un quotidiano, sebbene non potesse impedirsi ogni tanto di
guardare la sua valigia fatta e pronta per essere portata via nel giro di una
mezz’ora, quaranta minuti.
La mattina seguente di buon ora doveva essere nuovamente
sul set del film a cui stava lavorando, quindi non poteva permettersi di
prendere altro tempo libero, sebbene Evelyn sarebbe rimasta lì ferma nella
grande mela altri quattro giorni. Le aveva chiesto se voleva seguirlo, ma aveva
del lavoro da sbrigare anche lei e le era stato impossibile. Gli aveva
assicurato che dopo la fine della stagione della moda si sarebbe fatta dare
almeno una settimana, quando avrebbe voluto lui.
- Andiamocene da qualche parte al caldo.- aveva proposto, a
Dominic era sembrata un’ottima idea.
Erano passati appena due giorni da quando Joseph li aveva
accompagnati alla stazione di Salem per prendere un treno per New York, ma a lui
erano sembrate nemmeno due ore.
Non che avessero fatto molto, si erano rintanati in casa di
Evelyn senza nemmeno sentire un gran bisogno di uscire, l’avevano fatto solo la
sera prima, pensando che era una buona idea andare a cena fuori, tanto per
mettere almeno un po’ il naso fuori di casa. Erano stati bene, ma la serata era
servita solamente per essere beccati da un paparazzo che, incurante del freddo,
si era appostato fuori al locale dove erano andati. Non che Dominic se ne fosse
stupito, ma non gli importava più del dovuto, del resto quello scoop l’avevano
già fatto altri qualche mese prima, e nemmeno gli seccava che li fotografassero
insieme, anzi. Con lei non poteva dargli fastidio.
Evelyn stava facendo qualcosa al suo computer portatile,
seduta al tavolo in soggiorno, Dominic aveva notato la prolunga del telefono.
- Sei su internet?- le aveva chiesto.
Evelyn, concentrata su quello che stava facendo, aveva
annuito accompagnando i movimenti della sua testa con mh mh, appena
accennato.
- Quando hai finito posso andare a controllarmi la casella
di posta?-
- Sì sì, - gli aveva detto, - tanto mi manca un secondo.-
Poco dopo infatti Evelyn si era alzata prendendo di peso il
suo portatile e andando verso Dominic che era sul divano, srotolando ancora un
po’ la prolunga.
- Mi potevo alzare io!- le aveva detto lui sorridendole.
- Va bene così…- aveva risposto lei appoggiandogli il
computer sulle ginocchia. Quindi si era leggermente chinata su di lui, dandogli
un bacio.
- Io mi vado a vestire, così poi per andare in aeroporto
siamo già pronti.-
Dominic aveva annuito, quindi si era concentrato sul
computer. Aveva controllato la sua casella di posta appurando che non aveva
ricevuto niente di necessario. Un saluto di un amico al quale aveva risposto
subito, della pubblicità, le solite cose.
Evelyn ancora non tornava, così lui si era trovato con il
portatile collegato e niente da fare di preciso. Aveva cominciato a vagliare le
svariate possibilità che aveva per passare il tempo, aveva aperto anche la
pagina di Google per vedere se gli veniva in mente qualche ricerca interessante
da fare. Tra le mille possibilità però, gli era venuta in mente solo una cosa.
Aveva digitato il nome Sarah Good senza starci
troppo a pensare, in massimo un paio di secondi si era aperta una nuova pagina
con tutti i link che il motore di ricerca aveva trovato per lui. Aveva aperto il
primo, che lo aveva rimandato ad un sito su Salem, con cose già lette e già
viste negli ultimi giorni.
Per la verità doveva ammettere di non aver più pensato a
quello che era successo, gli era rimasto solo un po’ del disappunto che gli
aveva lasciato quell’ultima conversazione con Elizah, ma anche quello non era
stato rilevante durante il tempo che aveva passato con Evelyn, del resto quasi
niente che venisse dall’esterno era rilevante in quei frangenti.
Di certo non poteva negare che quello che aveva vissuto in
quella casa era stato strano, lo era stato davvero molto e doveva ammetterlo
anche lui che era uno che non credeva affatto a queste cose. Un po’ si era messo
anche nei panni di Elizah, per cercare di capirla.
Come gli aveva raccontato anche Evelyn, evidentemente la
morte prematura di sua madre era stata qualcosa che l’aveva segnata così
profondamente da farle desiderare che lei fosse ancora lì con lei almeno come
presenza. Non ci voleva un grande sforzo d’immaginazione, riusciva ad intuire
con facilità quanto potesse essere grande la sofferenza di una bambina che
ancora piccola perde sua madre. Ma questo francamente non giustificava ai suoi
occhi il fatto che ci si attaccasse talmente tanto al ricordo di una persona da
decidere d’impostare la propria vita con l’unico scopo di voler trovare risposta
a tutti i dubbi che nella vita di sua madre erano rimasti tali.
Dominic si era stupito della cosa, ma Evelyn, mentre erano
sul treno affrontando il viaggio di ritorno, gli aveva parlato del fatto che per
la prima volta durante tutta la sua vita si era sentita così distante da Elizah
da non riconoscerla nemmeno più come la sua amica da una vita.
- Il momento peggiore è stato quando sei svenuto, e lei con
suo fratello sono rimasti lì come se non gl’interessasse. C’era da concludere
quell’accidenti di seduta spiritica della malora e non hanno battuto ciglio.
Posso capire entro certi limiti, ma se fossi stato molto male, se avessimo avuto
bisogno di aiuto? Non oso nemmeno pensarci, sono stati due incoscienti. E questo
mi dispiace, Elizah, non è mai stata così come tu l’hai conosciuta, era una gran
bella persona.-
Aveva pensato immediatamente di aver fatto una stupidaggine
ad aprire quella pagina internet, in fondo a lui non importava niente di quella
faccenda.
Per la verità non era mai stato nemmeno uno che non credeva
affatto in certe cose. Capita a tutti almeno una volta nella vita di avere delle
percezioni, di avere la netta sensazione che qualcosa debba avvenire e che poi
avvenga davvero, oppure di sentire che qualcuno a noi caro che magari non c’è
più ancora ci guarda, e veglia su di noi. Era convinto che fosse più comune di
quello che ci si potesse immaginare.
Solo che era anche fermamente certo che fossilizzarsi su
quella strana cosa che era a suo parere l’occultismo fosse sbagliato. La vita è
quella reale, che tocchiamo con mano, le persone morte sono morte e gli spiriti,
se esistono e sono tanto potenti e pericolosi come tanti affermano, meglio
lasciargli stare.
Dominic preferiva pensarli intorno ai vivi, mentre
vegliavano su di loro amorevolmente senza che questi gli infastidissero.
Era un pensiero rassicurante, come rassicurante era pensare
che quello che era successo, per lui, da quel momento in avanti, non sarebbe
stato altro che un fatto strano che sarebbe caduto nel dimenticatoio, fra
qualche anno avrebbe dovuto sforzarsi per ricordarlo e molto probabilmente tutto
ciò che gli sarebbe venuto in mente sarebbe stato che era stato male per aver
avuto la febbre alta, tutto lì.
Aveva sentito dei passi dietro di lui che lo avevano
riportato alla realtà dai suoi pensieri, Evelyn stava rientrando in soggiorno,
Dominic aveva immediatamente chiuso quella pagina lasciando aperta la casella di
posta elettronica.
Evelyn aveva fatto il giro del divano e gli si era seduta
accanto, molto vicina. Aveva sbirciato sul desktop mentre gli passava una mano
sulla nuca, come se volesse scompigliargli i capelli.
- Qualcosa d’interessante?- aveva chiesto.
- Non più del dovuto.- aveva risposto Dominic, mentre
chiudeva anche quella pagina. - Spengo?- le aveva chiesto subito dopo.
Evelyn non si era curata di rispondergli, si era messa in
ginocchio dove prima era seduta, stringendogli le braccia intorno al collo e
cominciando a stuzzicargli con la punta della lingua un orecchio.
Dominic dapprima aveva ridacchiato. - Deduco che sia un
sì…- aveva commentato, per ricevere in risposta un deduci bene appena
accennato.
Probabilmente avrebbe preso l’aereo di corsa quella volta,
ma ne sarebbe valsa sicuramente la pena.
Non so
quanto possa essere stata all’altezza delle vostre aspettative questa storia,
spero che, anche se non è stata quella che vi aspettavate la fine, vi sia
piaciuta comunque.
Credo sia
abbastanza facile capire cosa volessi esprimere leggendo quest’ultima parte. Non
è la risoluzione di un mistero, o la volontà di rivelare una verità. Niente di
così complicato. Semplicemente la volontà di esprimere un’opinione personale,
come possono essercene tante sull’argomento.
Volevo
ringraziare prima di tutti Moon, che come al solito legge e commenta in
anteprima, i miei coinquilini Ale, Massi e, ultima ma non ultima, mia sorella
Fra che mi hanno sostenuta e consigliata in più di un frangente.
Un grazie
mille va ovviamente, ancora una volta, alla “musa ispiratrice” Naty e a tutti
quelli che hanno letto e in particolare commentato: quindi un bacio a Claudietta,
Lo e Chu.
Per
ultimo vorrei fare un’altra dedica, a mia nonna, che è morta tredici mesi fa e
mi manca tantissimo.
E’ un
pensiero rassicurante immaginare che ancora da lassù mi guardi.
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