My love, My life (THE REMAKE)

di eli_mination
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incontro inaspettato ***
Capitolo 2: *** Riuniti ***
Capitolo 3: *** Gelosie ***
Capitolo 4: *** Doppio appuntamento pt. 1 ***
Capitolo 5: *** Doppio appuntamento pt. 2 ***
Capitolo 6: *** Doppio appuntamento pt. 3 ***
Capitolo 7: *** La ragazza misteriosa ***
Capitolo 8: *** Ingiustizie ***
Capitolo 9: *** Scuse ***
Capitolo 10: *** Confusioni ***
Capitolo 11: *** Incubi ***
Capitolo 12: *** Dubbi ***
Capitolo 13: *** Indagini ***
Capitolo 14: *** Piccole confessioni ***
Capitolo 15: *** Pazienza in commissariato ***
Capitolo 16: *** Un'altra vittima? ***
Capitolo 17: *** Ritorno al passato ***
Capitolo 18: *** Altre piccole confessioni ***
Capitolo 19: *** Una nuova pista ***
Capitolo 20: *** Prima del rapimento ***
Capitolo 21: *** Paura e rabbia ***
Capitolo 22: *** Rimorsi ***
Capitolo 23: *** Risveglio in ospedale ***
Capitolo 24: *** Il punto della situazione ***
Capitolo 25: *** Telecamere e sogni rivelatori ***
Capitolo 26: *** La frustrazione di Beline ***
Capitolo 27: *** Poteri ***
Capitolo 28: *** Alla ricerca di Sheila ***
Capitolo 29: *** Astrid ***
Capitolo 30: *** Ricordi ritornati ***
Capitolo 31: *** Questioni di appartenenza ***
Capitolo 32: *** Il piccolo alleato ***
Capitolo 33: *** Battuta d'arresto ***
Capitolo 34: *** Tempo in famiglia e dubbi sul futuro ***
Capitolo 35: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Incontro inaspettato ***


Nota iniziale dell’autrice:

Ciao! Come va?

È da tantissimo tempo che non do un contributo a questa sezione (ma, direi, in generale a tutto il sito xD). Ebbene sì, sono ritornata con una nuova storia… Beh, non proprio nuova, diciamoci la verità! Perché quello che state per leggere è un rifacimento della primissima storia che ho scritto per questo sito, ovvero “My love, my life”. Ora, perché mai dovrei addentrarmi nell’impresa di riscriverla? Beh, per un motivo molto semplice… Sono ritornata qui sul sito dopo anni di assenza con l’intento di ricominciare a scrivere, ma prima ho riletto un po’ le storie che ho scritto. Tra tutte, quella che mi ha fatto vergognare TANTISSIMO per il cringe con cui è stata scritta è stata proprio questa, MA al tempo stesso ci tengo particolarmente perché l’ho scritta in un periodo in cui la scrittura e Yu-Gi-Oh! 5D’s erano una delle poche consolazioni che mi permettevano di non pensare a varie sfighe che mi capitavano al tempo *lacrimuccia*.

Fatta questa premessa, non segnalatemi per plagio perché la storia che ho deciso di rifare l’ho scritta io xDxDxD. Sul sito non ci sono regolamenti che vietano la riscrittura di storie già pubblicate dallo stesso autore, ma nel caso in cui dovessi infrangere qualcosa provvederò alla rimozione della prima storia, ovvero quella cringe. Sarebbe un peccato perché ho deciso di non cancellarla proprio perché voi vediate i progressi che ho fatto in sei anni (wow, sono davvero sei anni o.O). Vi invito a leggerla così che voi possiate vedere cosa ho cambiato della storia precedente, ma non è un obbligo. Per riassumere, ecco una lista di cose che ho aggiustato:

-ho allungato i capitoli aggiungendo più sensazioni, più descrizioni;

-ho cambiato alcuni fatti descritti nella precedente storia perché siano più coerenti e più verosimili (e non messi alla c***o di cane);

-ho cambiato stile di scrittura dei dialoghi;

-ho inserito un uso più consapevole della punteggiatura;

-ho rimosso il personaggio di Bruno poiché, per fini di trama, lui non c’è più xD.

Credo che sia tutto! Spero che questo lavoro mi serva a recuperare la mano per farmi ritornare alla grande su un altro progetto (Di cui vado molto fiera) che è BWID- Barian World in Danger, storia incompiuta che ho pubblicato nella sezione Zexal! ^^

Vi lascio alla storia, spero che la possiate apprezzare!

eli8600

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Aki

Erano le cinque del pomeriggio a Nuova Città di Domino. In città si respirava aria d’estate e di libertà, soprattutto in seguito alla sconfitta di Z-One da parte di Yusei. Certo, quell’avvenimento non poteva passare inosservato agli occhi delle telecamere e Aki era quasi stanca di dover rispondere sempre alle stesse domande. Dopo aver passato giorni di riposo a casa, pensando a cosa fare in futuro, si sentì come oppressa dalle mura domestiche. Doveva uscire, doveva respirare anche lei l’aria di libertà che aleggiava in quel luogo. L’occasione arrivò con uno squillo del suo telefono cellulare. Rispose con un “Pronto?” un po’ pigro.

“Ehi, Aki! Sono Ayumi, la tua compagna di liceo. Ti ricordi di me? È passato un bel po’ di tempo dall’ultima volta che ci siamo viste!”

La ragazza in questione era una delle poche, insieme ad Anne, una studentessa straniera, che, durante gli anni di scuola, non la considerava un mostro. Sebbene, ad oggi, la rossa fosse quasi vista come un idolo dal suo ex liceo, continuava a non frequentare quei bastardi che la isolavano al tempo. Sapeva guardarsi bene le spalle da loro e a non rifiutare coloro che hanno provato ad aiutarla.

“Ayumi, ciao! Effettivamente ne è passato di tempo…” disse Aki con un lieve sbadiglio. “Sono stata occupata a salvare il mondo!”

“Ho notato, sei diventata famosa! Io ed Anne siamo molto fiere di te!” si complimentò la sua amica. “A proposito, stavamo pensando di uscire come i bei vecchi tempi! Ti andrebbe di venire?”

“Finalmente!” pensò Aki, per poi accettare la proposta.

“Perfetto! Ti va bene se veniamo a prenderti con la macchina tra un paio d’ore?” chiese poi la compagna di scuola.

“Certo! Ci vediamo dopo allora, fatemi sapere quando devo uscire di casa!”

“Va bene, a dopo, Aki!” disse, chiudendo la chiamata.

Aki si alzò dal letto per dirigersi davanti ad un cassettone, per scegliere dei vestiti. La sua autostima era migliorata tantissimo, perciò quasi non le importava più il suo aspetto fisico, tuttavia a volte le piaceva provare nuove combinazioni di capi d’abbigliamento e truccarsi per sentirsi più carina.

Proprio in quel momento, le venne in mente una domanda che uno dei giornalisti le fece a proposito di una persona…

“Signorina Izayoi, abbiamo notato un certo legame di affettività con il giovane Yusei Fudo. Per caso, tra voi c’è qualcosa che va oltre la semplice amicizia?”

La domanda la scompose un po’. Finora le era sempre capitato di pensare a Yusei, ma mai aveva considerato la possibilità di esserne innamorata. Forse non sapeva cosa fosse quel sentimento. Non sapeva cosa significasse “provare amore”. Aveva sempre stimato Yusei, lo considerava un buon amico, ma… che fosse davvero innamorata?

La risposta che diede lasciò un po’ delusi i giornalisti. Sostenne che loro fossero solo amici, nulla di più. Eppure la giovane Izayoi sapeva che non poteva essere così. C’era dell’altro nel suo cuore. Yusei provava la stessa cosa?

Cacciò i suoi pensieri dalla testa per un istante per pensare a cosa indossare, ma la domanda continuò a vagarle per la mente per tutto il resto della serata.

 

Crow

Il giovane Crow Hogan era in sella alla sua Duel Runner. Le sue abilità da ex-ladro gli furono utili per evitare di incrociare i vari giornalisti che si avvicinavano per domandargli cosa fosse successo nelle ultime settimane. Una vera rottura di scatole.

“Forse era meglio rimanere al Satellite…” pensò, mentre attraversava il lungo ponte che collegava il suo luogo di origine alla grande città. “Però... Ho salvato il mondo! Ho dato ai ragazzi un motivo in più per essere fieri di me!”

Era proprio lì che si stava dirigendo con la sua Blackbird. Era da tempo che non andava a trovare quelle piccole pesti a cui regalava le carte confiscate prima dalla polizia, poi da… lui stesso!

Certo, sarebbe una vittoria migliore se anche loro ci fossero…”

Si riferiva alla sua sorella gemella Sheila e a Belinda. Entrambe sono scappate di casa in due momenti diversi della vita di Crow. Un duro colpo che lo ha portato ad avere una considerazione diversa della sua esistenza, ma anche a fare stupidaggini da incoscienti come rubare le carte. Fortunatamente il periodo buio era passato, ma non si era mai dato per vinto: voleva a tutti i costi ritrovarle. Non voleva credere al fatto che fossero morte.

I pensieri gli fecero compagnia mentre accelerava lungo il ponte. Ci mise poco ad arrivare a casa di Martha, come ci misero poco anche i suoi fratellini a notare che fosse arrivato a casa e ad uscire per salutarlo

“Crow!” esclamarono tutti, uscendo e quasi gettandosi addosso al ragazzo.

“Ci hai portato dei regali?” disse uno di loro, che indossava una bandana.

“Ragazzi, non faccio più queste cose!” esclamò Crow, togliendosi il casco e mettendosi una mano dietro la testa.

Dopo un po’ Martha uscì dall’abitazione e invitò Crow ad entrare. Tutti insieme parlarono dei vari accadimenti e di quanto fossero noiosi i giornalisti. Al ragazzo del Satellite mancava l’ambiente in cui era cresciuto, nonostante desiderasse molto abbandonarlo per poter vivere più dignitosamente. Per fortuna, le cose al Satellite erano cambiate e anche i suoi abitanti vivevano in condizioni migliori. Molti edifici sono stati ricostruiti, la criminalità era quasi scomparsa e la polizia, piuttosto che arrestare tutti per motivi futili, collaborava con gli abitanti del Satellite. Nella testa di Crow era persino balenata l’idea di unirsi a loro… Chi lo avrebbe mai detto?

Dopo tante chiacchiere, il giovane dai capelli arancioni dovette andar via, con molto dispiacere dei ragazzi con cui aveva condiviso quei tempi bui.

“Non preoccupatevi, ragazzi, verrò a trovarvi quando potrò!” li rassicurò. Erano molto affezionati a lui.

Tornato in sella alla sua Duel Runner, prese la stessa strada per tornare nella piccola dimora che condivideva anche con gli altri ragazzi. Il sole stava iniziando a tramontare, dopotutto erano le sette e mezza. Lo sfondo di quel tragitto era spettacolare: mille sfumature di giallo e arancione attraversavano il cielo e facevano da cornice alla città che si avvicinava sempre di più alla sua vista. La strada, invece, era quasi vuota: non tutti davano al Satellite la possibilità di riscattarsi e di essere considerato un bel posto per allontanarsi dalla frenetica vita cittadina.

“Come sono cambiate le cose!” riflettè Crow, quando la sua attenzione si spostò su un motociclista che era fermo sul lato destro della carreggiata poco lontano. La sua moto era a terra, riversa su un lato, con tante schegge di vetro sparpagliate sull’asfalto. Il ragazzo si fermò a prestare aiuto. Si era ritrovato più volte in queste situazioni, quando ancora non era molto pratico con il suo mezzo. Il motociclista doveva essere caduto perché la moto era piena di graffi e i fanali si erano rotti.

“Ehi, amico, stai bene?” domandò. Avvicinandosi, notò che il “tipo” era in realtà una donna. Una ragazza, anzi, viste le gambe esili scoperte completamente graffiate. Indossava solo una camicia da notte di un verde sbiadito… Alquanto strano usare un simile abbigliamento per guidare quel mezzo…

“Tranquilla, cercherò di aiutarti ad alzarti in piedi. Ce la fai?”

Con voce flebile, diede il suo consenso. Crow la sollevò da terra mettendole il braccio attorno al suo collo. Come mise un piede a terra, fece un gemito di dolore. Il ragazzo notò, infatti, che la caduta le aveva causato una brutta abrasione sulla coscia.

“Siediti qui, così posso portarti in ospedale e…”

“C… Cro… w…”

Il ragazzo si paralizzò. La voce era incredibilmente simile a qualcosa che aveva già sentito. Il suo tono divenne preoccupato.

“Aspetta, per caso sei ferita alla testa? Posso toglierti il casco?” le chiese, mentre la aiutava ad appoggiarsi alla sua Blackbird.

La ragazza annuì debolmente, così il giovane le sganciò il casco e delicatamente glielo tolse. Ciò che si mostrò al ragazzo lo sconvolse, ma mise un po’ di pace nel suo cuore. Si presentò a lui una ragazza deperita, dagli occhi semichiusi e capelli lunghi e mossi viola, con delle occhiaie molto evidenti che le segnavano il viso. Sulla guancia aveva un livido molto grande.

Crow non ci mise molto a realizzare chi avesse davanti. Aveva ritrovato Belinda.

 

Yusei

Anche Yusei aveva come pensiero fisso quella domanda dei giornalisti. Si stava facendo mille film mentali poiché nemmeno lui sapeva cosa stesse provando. Ad incrementare i suoi dubbi c’era Jack, che non faceva altro che stuzzicarlo con quella domanda.

“Dì un po’… I giornalisti avevano ragione a dire quella cosa su di te e Akiza?” domandò per l’ennesima volta con un sorrisetto.

“Jack, non lo so…” rispose il giovane Fudo.

“Finalmente hai cambiato la risposta! Prima rispondevi sempre di no!” esclamò il biondo, indicando il ragazzo con fare derisorio.

“Non ne sono più tanto sicuro, sai?  Voglio dire, è da un sacco che ci conosciamo e la considero un’ottima amica, ma…” non sapeva come continuare.

“È quel “ma” il problema!” continuò Jack. “Devi assolutamente rifletterci, prima che qualcun altro o qualcun’altra arrivi spezzando il cuore a uno di voi due…”

“Perché? Credi che anche Akiza provi la stessa cosa?” domandò Yusei.

“Beh… Non ne sono convinto, ma sembra di sì!” rispose il giovane biondo.

Ciò portò Yusei ad ulteriori pensieri.

“Comunque, chissà dove sarà finito Crow… Spero che non si sia messo di nuovo contro la polizia, sai com’è fatto!” notò Jack. “Prego che quel cretino non faccia tardi, ho una fame assurda!”

Yusei sorrise. Certe cose non cambiano mai!

 

Note finali:

Eli: *si asciuga il sudore dalla fronte* E il primo capitolo è andato…

Beline: Ma come? Torno dopo un sacco di tempo e devo pure farmi male? :c

Eli: Ehm… Si! Showbusiness, cara! u.u

Beline: Uff… Devo pure tornare con Crow…

Eli: Shh, non dire queste cose! Sennò sai che succede…

Beline: Si, salta la sh-

Eli: ZITTA! BLABLABLABLA!

Beline: Tu sei pazza, non dovevi tornare qui! O.o

Eli: E invece sto quiiii! Così la sezione, l’anime, i personaggi e gli OC non finiscono nel dimenticatoio, ti pare?

Beline: Su questo devo darti ragione…

Eli: Bene, ragazzi! Ora mi rivolgo a voi! Fatemi sapere chi è ancora vivo in questa sezione! Se volete lasciare una piccola recensione per dirmi cosa migliorare siete liberissimi di farlo u.u

Beline: Noi ci vediamo prossimamente con un nuovo capitolo! Byeeee!

 

P.S. Importante! Sappiate che ho già alcuni capitoli pronti, ma per vari motivi l’aggiornamento della storia potrebbe essere ritardato di parecchio a causa di impegni vari. Vi avverto così, se una cosa del genere si dovesse verificare, sapete il perché! xD

 

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Capitolo 2
*** Riuniti ***


Crow

Non poteva crederci. Per tutto quel tempo l’aveva cercata, sperando che fosse viva, ed era lì di fronte a lui. Avrebbe voluto abbracciarla, farle capire quanto le fosse mancata, raccontarle tutto quello che era successo e chiederle dove fosse stata. A proposito di quest’ultima cosa, riflettendoci bene il pensiero lo faceva innervosire. Perché mai se n’era andata di casa? Cosa l’aveva spinta ad allontanarsi per anni dalla sua famiglia? Forse non era il caso di pensarci, Beline (come gli piaceva chiamarla) era ferita e, a giudicare dal resto, non sembrava stare tanto bene.

“Beline, oh mio Dio…” disse con le mani davanti alla bocca in preda all’emozione. “No, non posso portarti in ospedale.”

Non era il caso di visitare un ospedale sia per la lontananza dal ponte sia per una serie di altri fattori soprattutto legali. Cosa le sarà capitato in quel periodo? Il Satellite non era un buon posto, pullulava di malintenzionati e di spacciatori. Come si sarà guadagnata da vivere?

“No, non voglio crederci…” pensò, scacciando via quel pensiero e aiutando la ragazza a sedersi meglio.

“Ora ti porto da Martha, di sicuro saprà come curarti. Non sembra che tu abbia nulla di rotto, dico bene?” continuò lui.

“Si… Credo...” disse debolmente.

Fece un sorriso per cercare di rassicurarla. Non le piaceva vederla in quello stato e, per quanto fosse arrabbiato con lei, era pur sempre un’amica.

Dopo aver effettuato gli ultimi preparativi, salì anche lui sulla sua moto, pregando Beline di reggersi forte, e partì quasi sgommando.

Crow si fermò di nuovo davanti alla casa di Martha, da cui uscì lo stesso ragazzino con la bandana di prima.

“Chiama subito Martha!” gli disse, mentre aiutava la ragazza a scendere e mise il suo braccio sulle spalle. Il ragazzino rimase perplesso per un istante, poi rientrò in casa e uscì nuovamente con Martha, che domandò al ragazzo dai capelli arancioni cosa fosse accaduto.

“È ferita, è caduta dalla moto. Ha bisogno di cure, non sta affatto bene.” rispose lui.

Martha condusse i due giovani in casa, facendo sedere la misteriosa ragazza sul divano e dirigendosi in una stanza. Crow le tolse il casco, scoprendo i suoi capelli fluenti e i suoi occhi viola che non volevano proprio stare aperti.

“Tranquilla, andrà tutto bene. Anche Yusei ebbe un incidente tempo fa e Martha lo ha fatto guarire. Farà lo stesso anche con te, te lo assicuro. Soprattutto quando capirà chi sei.”

Le parole di Crow diedero una svegliata alla ragazza, che sollevò lo sguardo, incontrandolo con quello del giovane.

“Mi sei… mancato…” disse con poco fiato in gola. Il ragazzo allora la abbracciò senza stringerla troppo forte, d’altronde potevano esserci altre ferite sul suo corpo.

“Anche tu mi sei mancata, Beline… Davvero tanto!”

Martha ritornò e per poco non fece cadere tutto l’occorrente per effettuare una medicazione per terra. Rimase scioccata alla vista di quella ragazza con i capelli viola che aveva cresciuto insieme a tutti gli altri.

“Belinda, tesoro!” esclamò sull’orlo delle lacrime, avvicinandosi a lei e prendendole le mani. “Oh, piccola, cosa ti è successo?”

Dopo averle bendato le ferite, la guidò verso il letto in una stanza molto semplice che aveva anche un comodino e una finestra incorniciata da tende bianche.

“Riposati qui, cara. Vedrai che starai meglio. Ti porto qui la cena.” le disse, con una mano che le accarezzava il viso.

Crow e Beline rimasero soli, con lei che, distesa, si sentiva più protetta e lui che la sorvegliava come un angelo custode seduto sull’angolo del letto. Per fortuna lei stava bene e questo bastò per rallegrargli la serata.

“Beline, vorrei poterti raccontare un sacco di cose, ma è meglio che tu riposi adesso. Credo che per stanotte mi assicurerò che tu non sparisca più… Non voglio perderti di nuovo…” sostenne lui. “Rimarrò qui, avviserò gli altri di questa situazione. Domani mi prometti che mi dirai perché te ne sei andata di casa?”

“Te lo prometto…” disse, più tranquilla di prima. “Vorrei dirti, però… che io non me ne sono mai voluta andare…”

“Cosa intendi dire?” le domandò sconcertato. “Allora perché sei sparita per tutto questo tempo?”

“Ecco… Non lo so, ma credo di essere stata… Come rapita…”

L’espressione del giovane del Satellite divenne interrogativa. Chi poteva essere stato?

“Scusami, Crow… Non ce la faccio…” sospirò Beline. “Mi sento troppo stanca, vorrei parlartene domani… Ti andrebbe?”

“Per me va benissimo, anzi, scusami se sono insistente…” rispose il giovane.

“Voglio solo dirti questo… Io non avrei mai desiderato di andarmene da qui… Stavo bene insieme a voi…”

“Ti credo, stai tranquilla!” le sorrise il ragazzo. “Ora riposati, domani è un altro giorno!”

 

Aki

Dopo la passeggiata con le amiche, Aki continuava a non darsi pace. Cercava in tutti i modi di non pensare a Yusei, ma perché le veniva così difficile? Doveva dirglielo? Forse stare con lui le avrebbe fatto bene, perciò si diresse nella residenza dei ragazzi per poter parlargli.

Bussò alla porta e ad aprirlo c’era Jack.

“Ciao, Jack! Yusei è in casa?” chiese Aki.

“Yusei! È arrivata la tua rosa!” esclamò Jack, imbarazzando sia la rossa che il moro. Notando la scena, si fece una risatina sotto i baffi, per poi prendere il suo telefono e allontanarsi. “Crow mi sta davvero dando sui nervi… Ma dove cavolo si sarà cacciato? Adesso mi sente!”

“Ehm… Perdonalo, sta impazzendo per colpa della fame.” si giustificò Yusei.  

“Oh, no, non preoccuparti!” lo rassicurò Aki mettendo le mani avanti. “Ormai so come è fatto!”

Yusei ridacchiò nervoso. “Entra, Aki!”

Si spostò per far entrare la ragazza nel piccolo scantinato in cui abitavano i tre ragazzi, il cui arredamento consisteva in poche cose sistemate in un angolo: due divani color panna sistemati ad angolo retto e posti davanti ad un tavolino basso di legno. Il resto dell’abitazione, invece, era una vera e propria officina in cui erano parcheggiate due moto: una rossa e una bianca. Erano rispettivamente quella di Yusei e Jack. Mancava, appunto, quella nera di Crow.

Aki si sedette sul divano. Era abituata a quell’ambiente che visitava spesso, soprattutto durante il Gran Prix Mondiale dei Duelli Turbo per collaudare la sua personale moto e apportare le dovute modifiche.

“Senti, Yusei… Avrei da dirti una cosa…” iniziò a dire, timorosa.

“Dimmi tutto!” disse il ragazzo moro. “È successo qualcosa di brutto?”

“Cosa?” chiese lei, scuotendo la testa successivamente. “Oh, no… Non ti preoccupare, non è così importante! Cioè, lo è per me… ma…”

Iniziò a sudare freddo. Cavolo, era veramente così difficile confessare i propri sentimenti a qualcuno? Forse non le veniva facile poiché non aveva mai provato nulla di così forte per qualcuno e non sapeva come comportarsi in quella circostanza.

“Maledizione! Avrei dovuto prepararmi un discorso, invece mi sono precipitata subito qui e ora sto facendo la figura del pesce lesso!” pensò. “Come glielo dico che mi sento innamorata di lui? E se lui non provasse lo stesso? Cavolo, non avevo proprio pensato a nulla! Sono una stupida!”

“Aki, tutto bene?” chiese Yusei, interrompendo il suo flusso di pensieri.

“Oh… Ehm, si…” disse lei, sorridendo nervosa. “Mi sono solo distratta un attimo!”

“Stai tranquilla, Aki. A me puoi dire tutto! Lo sai che sono tuo amico!” la rassicurò lui.

“Avrà capito cosa voglio dirgli?” si domandò lei. Le parole del giovane, anche se poche, riuscirono ad infonderle calma. Quindi proseguì.

“Ecco… Il fatto è che recentemente, con tutto quello che è successo, i giornalisti ci hanno intervistato… varie volte… Volevano sapere di tutto, tra cui-”

“COME?! Stai scherzando?!”

La voce di Jack sovrastò quella di Aki, che si voltò verso il biondo per capire cosa fosse successo. Lo vide al telefono, con una faccia sconvolta.

“Aspetta… Veniamo subito da te! ... Ah, capisco… Crow, ti giuro che se è uno scherzo ti ammazzo!... Va bene, come dici tu… Possiamo mangiare senza di te, allora?”

Anche Yusei si interessò a quello che stava dicendo Jack. Cosa doveva essere successo? Aki, per un attimo, si dimenticò che stava per fare una confessione al ragazzo e volse la sua attenzione al biondo.

“Va bene… Allora ci vediamo domani… Ciao!”

Jack chiuse la chiamata e si rivolse a Yusei.

“Ha trovato Belinda!”

“Cosa?! Sta bene?” domandò Yusei. Aki non capiva.

“Beh, non molto, è abbastanza malridotta…” rispose Jack. “Crow starà con lei stanotte, domani andiamo da Martha. Ha fatto un incidente, ma aldilà di quello sta abbastanza male.”

“Cavolo… Beh, almeno è viva. Crow si è dannato per un sacco di tempo, voleva ritrovarla a tutti i costi insieme a sua sorella…” commentò il moro.

“Scusate, ragazzi, chi è Belinda?” domandò, giustamente, Aki.

“Oh, tu non la conosci. Era una ragazza che è stata abbandonata dai suoi genitori e portata al Satellite. Sin da quando era piccola ha vissuto con noi.” le rispose Jack.

“Strano, non me ne hanno mai parlato…” pensò la ragazza.

“Finché a quattordici anni non è scappata, proprio il giorno dopo il suo compleanno. In realtà non sappiamo se è davvero fuggita via oppure le è capitato altro… Fatto sta che sono anni che non la vediamo…” continuò Yusei. “Beh, a questo punto lui non verrà, quindi possiamo finalmente mangiare! Aki, se vuoi puoi rimanere a cena!”

“Oh, si… Molto volentieri…” accettò lei, poco convinta.

Tutto il resto della serata si consumò con Aki che non faceva altro che pensare a quella ragazza, dimenticandosi totalmente di quello che doveva dire a Yusei.

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Capitolo 3
*** Gelosie ***


Beline

Beline si risvegliò nel letto della casa di Martha. Si sentiva meglio rispetto al giorno prima, come se fosse la prima volta che dormiva dopo tanto tempo. La ferita causata dall’incidente bruciava, e anche tanto, ma per lei era nulla se considerava quello che le era capitato. Nella sua mente, il ricordo di quella bolla che la teneva in vita, da cui non poteva uscire, era segregato lì. In tutto quel tempo era riuscita a sopravvivere senza mangiare, bere e privandosi totalmente del sonno. Era quasi certa di essere impazzita. Aveva davvero subìto tutto ciò o era nella sua testa? Come poteva una persona vivere senza quelle necessità?

Gli effetti di quella sofferenza, però, si vedevano sul suo corpo: era visibilmente dimagrita e si sentiva più debole. Quando aveva finalmente trovato la libertà era stato difficile per lei correre e fuggire via. Cadeva in continuazione, come se stesse imparando solo in quel momento a camminare. Realizzò di essere stata rinchiusa all’interno di un edificio, ma era troppo buio per capirlo quando c’era dentro. La luce del sole che tramontava le accecò gli occhi quando notò un particolare. C'era una moto. L’istinto le diceva di scappare prima che qualcuno la rinchiudesse di nuovo o la uccidesse, fregandosene altamente di un possibile arresto (dopotutto, era come se la stesse rubando). Da lì percorse con il mezzo di fortuna il ponte per Nuova Domino (notando quanto era cambiato tutto attorno a sé), ma la spossatezza le costò una caduta dalla moto. Poi era arrivato Crow…

“E ora sono qui…” pensò, sollevata. Si guardò attorno e vide Crow su una sedia, con la testa e le braccia appoggiate al letto, che dormiva.

“È rimasto qui a sincerarsi che stessi bene…” notò lei. “Fa strano rivederlo dopo tutto questo tempo e con tutti quei segni in faccia…”

In un primo momento era stordita, ma ora che notava il viso di Crow vide i tre marchi della Struttura, segno che era stato arrestato e condotto in carcere più volte. Quanti anni erano passati?

Si alzò dal letto cercando di non svegliare il ragazzo e uscì dalla camera. Guardò l’orologio: erano le nove del mattino. Sul tavolo davanti a lei c’era un vassoio con alcuni biscotti.

“Ben svegliata, cara! Come ti senti oggi?” disse Martha, notando spaesata la sua presenza.

“Buongiorno… credo di stare meglio, grazie!” rispose prendendo una sedia e sedendosi.

“Tesoro, cosa ti è successo? Come mai sei sparita?” le domandò con una voce abbastanza preoccupata.

Beline non seppe cosa rispondere. Era tutto troppo strano, irreale e lungo da spiegare.

“Ecco, in realtà neanche io lo so… So solo che sono stata costretta in un posto, non potevo uscire, né chiedere aiuto… Terribile…”

“Belinda, stai tranquilla, l’importante è che ora sei qui! Crow non si è dato pace nel cercarti ed è molto contento di averti ritrovato!” disse Martha.

“Anche io ne sono contenta. Piangevo tutti i giorni perché volevo tornare alla mia vita normale… Spero che chi mi ha fatto ciò paghi per tutto il dolore inflittomi…”

Beline iniziò a tremare di rabbia. Fino a quel momento non le era mai capitato di arrabbiarsi per quello che aveva passato, in quei momenti sperava solo di uscirne viva, ma voleva capire chi fosse stato a rapirla. Si domandava chi avesse tanto voluto allontanarla da quei momenti che in quell'istante viveva come semplici ricordi.

“Forse pensare a voi erano l’unica cosa che mi teneva sana di mente lì dentro…” concluse lei.

“Eh già, ricordo quando tu e Crow giocavate insieme e tornavate a casa pieni di graffi e lividi. Invece di piangere vi facevate delle grosse risate mentre io vi rimproveravo! Haha!” le ricordò la sua madre adottiva.

Era vero, quelli sì che erano bei tempi. Cosa avrebbe pagato per riviverli dall’inizio! La prigionia le aveva tolto la possibilità di crescere gradualmente e di fare mille avventure con i suoi amici.

“A proposito, Sheila?” domandò Beline. Lei e la sorella di Crow erano grandi amiche.

“Non abbiamo più notizie di lei da un sacco, purtroppo… Un giorno ha deciso di andarsene da casa senza dare ulteriori spiegazioni…” sospirò Martha. La ragazza abbassò lo sguardo. Anche lei se n’era andata… Cosa diavolo era successo in quegli anni per farla andare via?

“Vedo che ti sei svegliata prima di me…”

Beline si girò. Crow, assonnato, era sulla soglia e si stiracchiava.

“Ehi, buongiorno!” lo salutò. “Hai dormito male, immagino… Ti ho ritrovato in quella posizione quando ho aperto gli occhi…”

“Figurati, non preoccuparti! Ci sono abituato.” le disse con un sorriso. “Piuttosto, tu sei sicura di aver dormito abbastanza?”

“Mi sento benone!” rispose la ragazza dai capelli viola, ricambiando il sorriso.

“Ecco che il fidanzatino si preoccupa!” si intromise Martha, provocando imbarazzo tra i due giovani, specialmente in Crow.

“Non sono il suo fidanzato… Sono solo in pensiero per lei, hai visto come stava?” si giustificò lui.

“Stavo solo scherzando, Crow!” disse la donna, ridendo. “Forza ragazzi, fate colazione… specialmente tu, Belinda. Hai bisogno di rimetterti in forze!”

Beline si gustò la sua prima colazione dopo anni. Aveva il sapore di tutte le belle giornate di quando era bambina. Tuttavia, non riuscì a smettere di pensare a Sheila.

 

Aki

Aki, insieme a Yusei e Jack, si stava dirigendo al Satellite per incontrare la ragazza che doveva chiamarsi Belinda. Le sue sensazioni erano un misto tra la curiosità e il timore.

Timore di cosa, poi?”  si domandava. “Mi sto facendo solo film mentali! È solo una vecchia amica dei ragazzi e, a quanto ho capito, non se la sta passando proprio bene. Perché dovrei pensare male di lei?”

Giunta a casa di Martha insieme agli altri, però, la sua mente ricominciò a vagare. Oltre alla donna e a Crow, che era rimasto lì per la notte, vide una figura sconosciuta. Una ragazza dai capelli mossi color viola e dai grandi occhi del medesimo colore era seduta su una delle sedie vicino al tavolo rettangolare della cucina. Indossava una vestaglia color pesca che le andava abbastanza grande. Ciò accentuò il suo fisico molto magro, le sue gambe nude (di cui una aveva una benda) che presentavano alcuni lividi e il suo viso rovinato da una macchia bluastra sulla guancia e da pesanti occhiaie.

Mentre quella ragazza salutava Yusei con un abbraccio e passava a salutare anche Jack, Aki non poté fare a meno di notare quanto lei fosse carina. Dimostrava di avere più o meno la sua stessa età.

“Aki, lei è Belinda, una nostra amica d’infanzia che abbiamo ritrovato.” disse Crow alla ragazza.

“Così lei è Belinda…” pensò Aki, mentre abbozzò un sorriso e stringeva la mano della ragazza.

“Molto piacere di conoscerti, Aki! Chiamami pure Beline!” esclamò la ragazza dai capelli viola con un sorriso.

“Che piacere rivederti dopo tanto tempo! Cosa ti è successo?” chiese il moro.

“È una storia un po’ complicata… Voi piuttosto come state? Crow ha accennato il fatto che avete salvato il mondo… Perché non mi raccontate un po’ voi?” domandò Belinda.

I ragazzi le raccontarono tutto quello che era successo, a partire dalla Fortune Cup fino alla sconfitta di Z-One. Ognuno di loro diede il proprio contributo alla storia. Tutti tranne Aki, che si faceva i fatti suoi senza partecipare alla conversazione. Troppi pensieri per la testa!

“Sarebbe stato meglio non venire!” pensò tra sé e sé. Vedere l’aspetto di quella ragazza e il suo modo di porsi con i ragazzi le aveva confuso ulteriormente le idee. Per quanto Belinda sembrasse più attaccata a Crow che agli altri, la considerava quasi come una rivale. Yusei seguiva interessato il discorso che stava facendo lei. “Non va bene…”

Una sensazione di insicurezza, sconforto e rabbia le assalirono la mente per un istante finché non si ricordò di avere dei poteri che in passato prendevano il sopravvento. È vero, aveva imparato a controllarli, ma un sentimento simile non le era mai capitato nei confronti di una ragazza come Belinda, di conseguenza non sapeva quanto si sarebbe controllata.

Si calmò quando iniziò ad interessarsi davvero di ciò che stava dicendo la sua “rivale”.

“… però non so chi possa essere stato…”

Crow la interruppe.

“Aspetta, quando hai detto di essere riuscita a scappare?”

“Proprio ieri…” rispose Belinda.

“Non vi sembra strano che, pochi giorni dopo la nostra vittoria, lei sia stata liberata?” chiese Crow. “E se c’entrasse qualcosa Z-One?”

“Può darsi… Perché se la storia avesse a che fare con lui e Yliaster non dovremo cercare chi l’ha rapita poiché non ci sono più…” osservò Jack.

“Io però non ne sarei tanto sicuro…” disse Yusei. “Potrebbe essere stato chiunque abbia determinati poteri.”

“Perché allora avrebbero colpito un soggetto vicino a voi?”

La voce di Aki, finalmente, si fece sentire in quella discussione.

“Lei non aveva motivazioni specifiche per essere stata rapita, ad eccezione del rapporto stretto che ha con voi…” disse lei, con tono freddo. “Loro erano i nostri nemici. La mia teoria è che l’abbiano rapita per causarvi sofferenza e che l’abbiano rinchiusa per molto. Si spiegherebbe perché, dopo averli sconfitti, siate riusciti a ritrovarla.”

“Effettivamente, Aki potrebbe avere ragione…” disse Crow. “Beline, tu ti ricordi un qualche volto sospetto di quella sera?”

“Purtroppo no, di quel giorno ho un black-out…” rispose lei, grattandosi la testa. “In tutto quel tempo ho cercato di ricordare, ma nulla…”

“In ogni caso lei è qui ed è la cosa più importante adesso. Se dovessimo scoprire qualcosa in più sull’eventuale rapitore inizieremo a seguire quella pista. Per ora, conviene a tutti accettare l’ipotesi iniziale che sostiene Aki.” sostenne Yusei. “Sarebbe meglio se le vite di tutti, compresa quella di Beline, tornassero alla normalità.”

Akiza fece un sospiro. Chissà cosa sarebbe accaduto d’ora in avanti. L’unica cosa certa è che preferiva vedere Beline il più lontano possibile da Yusei. Non avrebbe voluto perderlo o vederlo nelle braccia di qualcun’altra. In cuor suo, però, sperava che i suoi pensieri fossero infondati, ma la risposta a questo interrogativo sarebbe arrivata solo qualche giorno dopo…


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Capitolo 4
*** Doppio appuntamento pt. 1 ***


Yusei

Dopo aver fatto visita a Beline, i ragazzi erano ritornati alle proprie rispettive case. Trovandosi senza nulla da fare, Yusei pensò a tutta la situazione. Si concentrò dapprima su Beline e sulla teoria di Akiza. Poteva essere vero, come poteva esserci un altro nemico in circolazione. Avrebbero dato tempo alla verità di venire a galla.

“Si, sarà quello che faremo…” concluse poi Yusei nella sua mente.

Ciò che gli diede più tempo di riflettere fu, però, il comportamento di Akiza. Lui aveva ascoltato tutto quello che stava dicendo Beline ma era quasi automatico dare uno sguardo alla rossa ogni tanto. Si era accorto di quanto fosse assente. Sapeva che Aki non era una persona particolarmente estroversa e che parlava poco in generale, ma non l’aveva mai vista tanto assorta nei suoi pensieri. Chissà a cosa stesse pensando…

“Devo chiederglielo…” si disse Yusei, prendendo il telefono e digitando il numero della ragazza. Provò a chiamarla due volte ma entrambi i tentativi furono vani poiché non rispose. Probabilmente era solo occupata nello studio, dopotutto il suo obiettivo era quello di diventare dottoressa, ma si preoccupò lo stesso.

“Forse mi sto scervellando per niente… Le manderò un messaggio…” pensò poi.

Iniziò a digitare, cancellando e riscrivendo più di una volta i messaggi. Passò da un “Akiza, richiamami più tardi, ho bisogno di parlarti!” che considerò troppo freddo ad un “Ehi, Akiza, scusami ma c’è una cosa che devo dirti…” che eliminò poiché non gli piaceva il tono preoccupato che aveva adottato. Magari, alla fine, il problema della ragazza era qualcosa di futile e non preoccupante.

Si ricordò, però, le parole di Jack:

“Devi assolutamente rifletterci, prima che qualcun altro o qualcun’altra arrivi spezzando il cuore a uno di voi due…”.

Era arrivato qualcuno nella vita di Aki? Per questo era così in sovrappensiero? Oppure le era successo altro?

Si rese conto, però, che forse la cosa migliore da fare fosse chiederglielo di persona. Le scrisse, perciò, l’ennesimo messaggio:

“Aki, ciao. Non ho nulla da fare questa sera, ti andrebbe di uscire? Potremmo farci un giro, che ne pensi?”

Era perfetto. Non accennò minimamente a quello che doveva dire ad Akiza ma le avrebbe parlato quella sera. Magari, avrebbe anche avuto l’occasione di confessarle altro…

 

Crow

Tornato dal lavoro nel pomeriggio, Crow colse l’occasione per andare nuovamente al Satellite per sincerarsi che Beline stesse bene. Dopo essere stato accolto dai suoi “fratellini”, si diresse in casa. Trovò Beline vestita con una camicia leggera a mezze maniche color avorio e un jeans stretto a vita alta. Ai piedi indossava delle ciabatte rosa. Per quanto l’abbigliamento e l’aspetto fossero semplici, Crow non fece a meno di notare come i capelli le incorniciassero perfettamente il viso ed esaltavano i suoi occhi dolci e di come le stavano bene i vestiti.

Mentre guardava la televisione, sollevò lo sguardo e notò la presenza del ragazzo.

“Ehi, ciao!” lo salutò. “Stavo guardando un programma di cucina!”

 

“Spero di non averti disturbato!” disse Crow imbarazzato, grattandosi la nuca.

“Oh, no! Non disturbi mai!” rispose lei con un sorriso.

Crow si affacciò alla finestra e vide la Lavender Sky della ragazza, la moto personale di Belinda. Era un regalo che le aveva fatto quando compì quattordici anni, poco prima che sparisse.

“Ci devo lavorare molto sul tuo bolide!” disse Crow. “Dopotutto è fermo da un bel po’… Hai notato qualche problema prima?”

Belinda, infatti, quel mattino aveva tirato fuori la sua moto per prendere dimestichezza con la guida e i comandi. Non avendo mai avuto la possibilità di provarla prima della sua scomparsa, pian piano cercava di recuperare un po’ di normalità nella sua vita impegnandosi in qualcosa.   

“Ehm, no… L’ho guidata per poco, quindi non saprei…” rispose lei. “Ma non ti preoccupare, la sistemo io!”

“Sai da dove partire per aggiustarla?” le chiese poi. Un piccolo silenzio, poi la ragazza rispose.

“A dire il vero no… Però voglio aiutarti! È vero che sei stato tu a costruirmela, ma voglio imparare a prendermene cura. Non ho avuto l’occasione di imparare, purtroppo…”

“Stai tranquilla!” le sorrise Crow. “A proposito, avrai potuto notare che il ponte per Nuova Domino è stato completato, quindi ora è possibile visitare la grande città. Sai, mi chiedevo se…”

Lo sguardo del ragazzo incrociò quello di Beline. Per un attimo si dimenticò quello che doveva dire e si perse nei suoi occhi color lavanda.

“Ehm, dicevi?”

Si ricompose quasi subito scuotendo leggermente la testa.

“Speriamo che non se ne sia accorta… Comunque, cosa stavo dicendo? Oh, cavolo, che cosa… Ah, giusto!”

“Dicevo, ti senti meglio?” continuò il ragazzo come se nulla fosse. “Perché pensavo di portarti in giro per il centro della città, essendo che tu non ci sei mai stata…”

La domanda colse un po’ alla sprovvista Beline.

“Oh, andiamo, hai davvero intenzione di rimanere qui invece di uscire e divertirti?” le chiese lui con una risatina. “Ora abbiamo la possibilità di farlo!”

“No, figurati, non era per quello…” disse lei. “È che… non so cosa mettermi… Non credo che i vestiti che mi ha lasciato Martha di quando avevo quattordici anni mi vadano ancora…”

“Beline, stai tranquilla! Se vuoi ti porto qualcosa da indossare, ti va?” la rassicurò Crow.

La ragazza annuì, sorridendo.

“Allora non ci sono problemi!” esclamò poi.

 “Perfetto, appuntamento alle sei e mezza!” disse il ragazzo dai capelli arancioni, uscendo di casa.

“Aspetta, a- appuntamento?” chiese Beline come se non avesse capito la frase del ragazzo.

“Ehm, si fa per dire…” disse lui prima di uscire di casa fulmineo. Si sentì le guance avvampare mentre indossava il casco.

“Ho capito, devo fare qualcosa a riguardo…” pensò, prima di allontanarsi con la sua Black Bird.

 

Akiza

Anche Akiza aveva problemi di vestiario, anche se totalmente opposti a quelli di Beline. Dopo aver ricevuto il messaggio di Yusei ed aver accettato il suo invito a uscire, la ragazza aveva passato tutto il pomeriggio a decidere cosa mettersi. Il suo umore era diverso: era felice. Finalmente non avrebbe dovuto farsi paranoie assurde e già immaginava cosa le avrebbe detto Yusei. Anche se non le avesse detto ciò che voleva sentirsi dire, lei era già più motivata ad esprimere i suoi sentimenti nei confronti del ragazzo del Satellite.

La sua camera era un disastro: pile di vestiti ovunque, come se una bomba fosse esplosa nell’armadio e avesse catapultato fuori tutti gli indumenti. Su quel pavimento si potevano distinguere giacche, camicie, pantaloni, mutande, reggiseni, calzini… Praticamente l’inventario di un negozio di vestiti!

Solo dopo guardò l’ora…

“Cazzo! Se non inizio a prepararmi ora farò tardi!” esclamò, prendendo velocemente un abbinamento di vestiti ideato prima: un jeans chiaro, una maglia nera con uno scollo all’americana e ornata con del pizzo bianco, una cintura di pelle scura e degli anfibi. Non era particolarmente elegante, ma non le serviva in quel momento la classe. Preferiva la comodità dei vestiti di tutti i giorni, anche se, con quella mise, si sentì più carina del solito.

Terminati i preparativi, che consistevano in una doccia, un trucco leggero e l’outfit scelto, aspettò impaziente che il moro venisse a prenderla.

Quando, finalmente, si presentò sotto casa, scese velocemente le scale della sua casa. Rischiò di cadere due volte durante la discesa, ma era felice. Aprì la porta e si trovò davanti un Yusei sorridente. Lo salutò con un piccolo abbraccio, poi salirono sulla moto di lui e si diressero in un luogo che Yusei aveva scelto appositamente. Durante il tragitto, Akiza si rilassò tenendosi al corpo del giovane e stringendolo per evitare di cadere dalla moto.

 

Belinda

Belinda, nel frattempo che arrivasse Crow, ne aveva approfittato per lavarsi. Che sensazione strana riavere l’acqua che ti scorre sul corpo e lava via tutto.

“Ormai mi devo riabituare a tutto…” pensò Belinda. Si chiese come avesse fatto a sopravvivere senza cibo, acqua, lavarsi, parlare con qualcuno per anni. Forse la bolla che la teneva rinchiusa la proteggeva da qualsiasi rischio… Scosse la testa mentre uscì dalla doccia e si metteva un asciugamano attorno al corpo.

“Mi ero ripromessa di non pensarci più per il momento!” si disse lei, mettendosi un altro asciugamano attorno ai capelli.

Proprio in quel momento, sentì un rombo avvicinarsi all’abitazione.

“Non mi dire che è già qui! Non sono pronta!” 

Beline si asciugò velocemente, poi indossò subito la biancheria pulita e un’altra vestaglia azzurra e uscì dal bagno con i capelli ancora bagnati avvolti nel panno. Trovò lì Crow, che la salutò.

“Ciao anche a te!” esclamò Belinda. “Ma… non dovevi venire più tardi?”

“Uscivamo alle sei e mezza… Non ti serve del tempo per prepararti?” le domandò Crow, facendole l’occhiolino. “Comunque, ti ho portato dei vestiti. Non è molto ma credo che ti staranno bene!”

Le porse una busta di carta che conteneva alcuni indumenti dai colori neutri.

“Grazie mille, Crow! Sei proprio un amico!” disse lei volando di nuovo in bagno per finire di prepararsi. Dopo una mezz’ora, la ragazza era già pronta. I lunghi capelli erano stati asciugati e ora erano raccolti in una coda alta con alcuni ciuffi che uscivano dalla capigliatura. L’abbigliamento, invece, consisteva in una gonna a vita alta lunga fino al ginocchio verde, che le ricadeva morbida sulle gambe esili, con una maglia corta bianca che aveva, all’altezza del cuore, la stampa di un sole stilizzato. Ai piedi, invece, calzava delle ballerine beige.

“Credevo onestamente che ci mettessi molto di più…” disse Crow con tono colpito quando sentì la porta del bagno aprirsi, per poi girarsi nella direzione di essa. “O meglio, spero che tu si-“

Si interruppe quando vide l’aspetto della ragazza. A quanto pare i vestiti scelti dal ragazzo le stavano davvero bene.

“Sì, decisamente. Ho fatto bene a darti questi!” disse lui, mascherando l’interesse che gli suscitava lei.

“Mi piacciono un sacco! Ma… Dove li hai trovati?” chiese Beline curiosa.

“Oh beh, li avevo già…”

Crow mentì. Quante domande si sarà fatta la commessa che gli ha venduto quei vestiti da donna? È per una recita, le aveva detto… Certo, una recita…

“Comunque, sono le sei. Va bene se usciamo adesso?” le domandò il suo amico con entusiasmo.

“Va benissimo! In sella!” rispose Beline, cogliendo l’entusiasmo del ragazzo e uscendo assieme a lui dalla casa di Martha.

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Capitolo 5
*** Doppio appuntamento pt. 2 ***


Crow & Beline

“Teoricamente dovrei stare lontano da questi posti, altrimenti i giornalisti ci assaltano…” disse Crow, parcheggiando la sua moto dopo aver fatto scendere Beline. “Però volevo comunque portarti in centro per farti vedere quanto è diverso dal Satellite, visto che tu Nuova Domino l’hai vista solo da lontano”

Il ragazzo si aspettava una reazione sbalordita da parte della sua amica, ma non pensò che, estasiata da tutto, iniziasse a girare su sé stessa allegra ed esclamando a gran voce “CHE BELLO!”.

“Ehi, stai attenta!” la avvertì lui con una risata. “Qui la gente ti guarda molto male se ti comporti in modo strano!”

“Ah… Perché fanno così?” gli domandò Beline.

“Beh, loro sono abituati a tutte queste luci e a tutti questi negozi. Anche io ci sto pian piano facendo l’abitudine!” le rispose con un sorriso.

“Ci sono così tanti posti!” disse lei, ancora emozionata. “Da cosa cominciamo?”

Anche lui si guardò attorno. Nuova Domino era conosciuta per essere piena di attività, ma non tutte erano alla portata di Crow in termini di denaro. Vincendo il Gran Prix mondiale di Duelli Turbo erano entrati più soldi nelle tasche dei ragazzi; nonostante ciò, preferivano non buttare mesi di duro lavoro in cose futili, però Crow avrebbe voluto tanto farle provare nuove esperienze.

“Forse dovremmo iniziare con una passeggiata per questa via!” suggerì lui. Camminarono fianco a fianco mentre parlavano di quanto fosse diverso dal Satellite e di quanto ci fosse voluto per costruire quel ponte che lo univa alla grande città.
Squadrò ogni luogo che gli capitava sotto l’occhio e ne individuò uno in particolare.

“Ho un’idea!” esclamò, prendendo la mano della ragazza dai capelli viola. “Ti faccio assaggiare il gelato più buono della città!”
Subito dopo camminò accelerando il passo. Beline quasi non riusciva a stargli dietro, ma lo seguì curiosa di capire cosa fosse questo “gelato”. Si accorse della presenza di un piccolo chiosco che vendeva roba da mangiare simile ad una crema di vari colori che la gente si gustava o da una cialda a forma di cono oppure da un bicchiere di carta molto basso.

“Ecco, arrivo subito! Ti prendo un gelato alla vaniglia, che è un gusto abbastanza semplice. La prossima volta, se vuoi, ne puoi prendere un altro.” le disse Crow, allontanandosi e andando a parlare con la ragazza dietro al bancone.

Poco dopo gli diede due coppette contenenti il gelato e un cucchiaino di plastica colorato e il ragazzo tornò da Belinda porgendogliene una.

“Mangia, ti rinfresca!” la invitò lui, mettendosi una cucchiaiata di quel dolce in bocca. Lei lo imitò, rimanendo inizialmente colpita per quanto fosse freddo e poi per il sapore.

“È strano, ma è molto buono!” commentò, prendendone ancora.

“Ehi, vacci piano, sennò dopo ti verrà mal di testa!” le consigliò lui, sedendosi ad un tavolo. “Comunque, Nuova Domino non è solo fatta da palazzi alti, negozi di tutti i tipi e luci. Ci sono anche parchi, c’è la spiaggia…”

“Aspetta, c’è la spiaggia? C’è anche al Satellite!” esclamò Beline, tra una cucchiaiata e l’altra.

“Si, ma quella del Satellite deve essere ancora sistemata per bene… Invece poco lontano da qui ce n’è una che è posta in un punto strategico, è ben curata e si vede un bellissimo tramonto. Sembra di vedere la foto una cartolina! La cosa migliore, però, è che non è mai affollata, anzi, quasi sempre è vuota.” Continuò lui.


“Mi hai incuriosito… Abbiamo il tempo di andarci dopo?” gli chiese lei.

“Abbiamo tutto il tempo che vuoi, Beline!” le disse, sorridendole. Sarebbero rimasti da soli e avrebbero ammirato il levar del sole, insieme.

 
Akiza

Dopo aver percorso una strada mediamente lunga, Yusei fermò la moto dentro un piccolo boschetto che, percorso un breve sentiero, portava ad una piccola spiaggia nascosta. Era uno dei pochi angoli di paradiso di Nuova Domino, ideale per chi volesse allontanarsi dalla città. Akiza ci era andata poche volte quando era piccola, ma si ricordava benissimo di quello scenario per la sua bellezza. Provò un senso di nostalgia, infatti, quando capì dove l’avesse portata il ragazzo. Era tardo pomeriggio, a breve il sole avrebbe lasciato spazio alle altre stelle. Una bella atmosfera.

Akiza pensò che Yusei avesse organizzato tutto per poterle dire quella cosa. Proprio in quel luogo, a quell’ora, il ragazzo le avrebbe detto che provava sentimenti forti per lei. Forse era solo quello che voleva sentirsi dire, in fondo, ma si disse di non aver paura e di dirglielo, a qualunque costo.

Yusei invitò Akiza a passare per quel sentiero e andare sulla spiaggia.

“Ci siamo…” si disse lei. “Spero che lui lo capisca…”

Arrivati in quel piccolo golfo, davanti ai ragazzi il mare si distendeva infinito. La schiuma lambiva il bagnasciuga, allungandosi e ritraendosi, mentre le onde si increspavano sulla superficie. Alcuni scogli, situati soprattutto in prossimità della riva, sbucavano dall’acqua facendola infrangere più volte. Il cielo illuminato dai colori caldi del tramonto chiudeva quel quadro che era la natura davanti a loro. Si sentivano, ogni tanto, i suoi dei veicoli che passavano vicino al bosco, ma non toglievano nulla al vero e proprio spettacolo che per un attimo fece dimenticare ad Akiza tutto, le svuotò la mente e la tranquillizzò.

“Magari avessi avuto la possibilità di venire qui quando mi sentivo sola e abbandonata…” mormorò lei, colpita dalla bellezza del luogo.

“Lo scoprii grazie a Bruno. Diceva di essere stato ritrovato qui.” Un velo di tristezza apparve sul volto di Yusei. “Penso che sia una fortuna che in pochi conoscano il posto, altrimenti perderebbe tutta la magnificenza.”

Ci fu un attimo di silenzio, in cui Akiza si guardò intorno come Yusei.

“Senti, come mai mi hai portata qui?” gli chiese.

Yusei volse lo sguardo verso la ragazza e la guardò fisso negli occhi. Lei si sentì avvampare.

“Beh, la mia idea iniziale era quella di portarti in città, ma ho cambiato idea e così mi sono ricordato di questa spiaggia…” parlò lui. “Così possiamo stare più tranquilli.”

Eppure entrambi credevano di stare soli.

“Ehi ragazzi, anche voi qui?”

Una voce maschile conosciuta, un rumore di passi che affondavano nella sabbia. I due giovani si girarono e videro Crow in compagnia di Beline.

“Vedo che avete avuto la nostra stessa idea!” disse Yusei, per niente infastidito dalla loro presenza. Akiza, al contrario, lo era molto. Per l’ennesima volta in cui avrebbe voluto essere sola con Yusei doveva sopportare altre persone assieme a lei. Non le avrebbe dato particolarmente fastidio se non ci fosse stata lei. Gli abiti che indossava le stavano bene, dannazione!

“Ciao, ragazzi!” disse Beline, volgendo lo sguardo ad entrambi i ragazzi. “Wow, che posto magnifico! Certo, anche la spiaggia del Satellite aveva il suo perché, ma qui non sembra proprio di stare a Nuova Domino. Mi dai il tuo telefono? Faccio qualche foto, come mi hai fatto vedere prima!”

Si rivolse a Crow, che le diede il suo telefono, e si allontanò di pochi metri dagli altri per immortalare il momento sul telefono del suo amico.

“Beh, noto che siete usciti da soli. Come mai questa decisione?” domandò poi il ragazzo dai capelli arancioni con tono malizioso.

“Una semplice passeggiata assieme!” esclamò subito Yusei.

“Nel momento più romantico della giornata?” continuò a stuzzicarlo Crow.

“Beh, non è la stessa cosa che hai fatto anche tu, Crow?” lo incalzò Yusei, facendolo scomporre.

“Ehm, no… In realtà volevo portarla in giro… è stata rinchiusa per un bel po’ di tempo in un posto a lei sconosciuto e non ha avuto la nostra stessa possibilità di vedere il nostro sogno diventare realtà, perciò le ho chiesto di uscire! Non fraintendetemi, siamo solo amici!” si giustificò lui.

“Io non ci credo.”

Quella frase le uscì quasi in automatico.

“Sul serio, siamo davvero solo amici!” le rispose Crow, sperando di non vedere il lieve rossore sul viso che sentiva bruciare sulle guance.

“Non mi riferivo a quello, mi riferivo al suo racconto, su come è stata rinchiusa… Secondo me si è inventata tutto!” rispose la rossa, molto nervosa.

“Akiza… Ma come diavolo ragioni?” le chiese Crow, adirato. “Tu davvero la pensi così? Dopo tutto quello che ci è successo hai il coraggio di dire che lei mente? Eppure mi sembra che tu avessi sostenuto il suo racconto stamattina…”

“Si, perché in quel momento non ho ragionato a mente fredda… Se lo avessi fatto non sarei intervenuta!” disse Akiza. “Il fatto che siamo riusciti a sconfiggere Z-One non è una giustificazione a tutto ciò! Lei sapeva già tutto, ha fatto la finta tonta quando le avete raccontato le nostre avventure. Intrappolata? No, con il suo tono docile e affettuoso vuole farti credere che lei ha sofferto molto, quando probabilmente se la spassava a Nuova Domino e chissà con chi.”

“Aki, perché dovrebbe essere una bugia? Ne hai le prove?” le chiese Yusei, mantenendo un tono neutrale.

“Ecco… No, ma ne ho la sensazione!” rispose lei alle strette.

Il ragazzo dai capelli arancioni era sconvolto, non tanto per le parole usate ma per il fatto che fossero state usate proprio da Akiza.

“Sei allo stesso livello di chi ti chiamava ‘mostro’ a scuola… Avrai anche perso i poteri, ma ciò non significa che tu debba comportarti come loro.” disse, infine.

In tutta quella discussione, l’unica persona ad accorgersi in un secondo momento che Belinda stesse ascoltando tutto fu proprio Akiza. La rossa vide gli occhi glaciali della ragazza e quasi si impietrì osservandola. Poi la sua “rivale” parlò.

“È ovvio che tu dica certe cose… A differenza di Crow e Yusei, tu non mi conosci. Non sai minimamente quanti bei momenti io abbia passato con loro, perciò non puoi assolutamente permetterti di affermare che io dico il falso. Speravo di diventare tua amica, ma ora come ora vorrei che tu sparissi dalla mia vista. Crow, per favore, andiamocene.”

Mantenne un tono particolarmente serrato, un po’ inusuale da parte sua considerata la sua allegria e il suo entusiasmo in più occasioni. Diede le spalle ad Akiza e Yusei mentre se ne andava, seguita da Crow che provava a convincerla a restare. Dopo un paio di rifiuti, anche lui si convinse che, forse, era meglio lasciar perdere.

“Odio le persone che giudicano senza conoscerti… Stronza…” mormorò Beline, prima di scomparire tra gli alberi del bosco assieme al suo amico.

Akiza, per la prima volta da quando aveva incontrato quella ragazza misteriosa, si sentì umiliata.
 

Crow

“Beline… Mi dispiace per quello che è successo…”

Crow non aveva alcuna colpa in quel contesto, ma gli occhi della ragazza sull’orlo delle lacrime gli fecero tenerezza.

“Per caso, prima hai detto che c’era un parco a Nuova Domino?” gli chiese lei. Aveva un tono freddo, era evidente quanto fosse affranta e arrabbiata.

“Vuoi andare lì?” le chiese il ragazzo, mettendole una mano sulla guancia. “Va bene, ma per favore sfogati con me dopo…”

“Lo farò, Crow…” rispose lei abbozzando un piccolo sorriso e poggiando la sua mano su quella del ragazzo. “Però non qui. Ora allontaniamoci da questo posto…”
 

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Capitolo 6
*** Doppio appuntamento pt. 3 ***


Crow

“Per fortuna qui non c’è tanta gente… Volevo portarti in questo parco in particolare perché è curato benissimo, sembra un bosco delle fate!”

Crow avanzò sul pietrisco di quel grande giardino. Era appena arrivato lì con Belinda dopo aver lasciato la spiaggia.

Difficilmente avrebbe dimenticato quelle parole pronunciate da Akiza nei confronti di una ragazza che lei conosceva poco e a cui lui teneva. Beline mormorò un “Mh” molto freddo.

“Ricordi quando Martha ti raccontava le avventure delle fate e tu volevi trovare a tutti i costi quel posto?” le domandò lui, tornando indietro nel tempo.

“Si…” gli rispose lei a bassa voce.

“Immaginavamo che la discarica fosse la palude con gli orchi e che da lì ci fosse un passaggio segreto per accedere alla foresta incantata.” continuò il ragazzo ridacchiando. “Peccato che ogni volta arrivava il netturbino e ci diceva di andarcene da lì!”

Quel piccolo racconto fece sorridere Beline per un istante, che osservava persa nei suoi pensieri l’ambiente attorno ai ragazzi. C’erano alberi di tutti i tipi circondati da alcune stradine di pietra che conducevano ad un ponte, il quale, se attraversato, permetteva di vedere anche l’altro lato del fiume che sovrastava. La luce del sole, anche se in procinto di scomparire fino al giorno successivo, filtrava da quegli spazi tra le foglie e i rami e donava piccoli sprazzi di colore arancione/oro in quell’ambiente il cui colore dominante era il verde.

“Vieni, di qua!” la coinvolse Crow, porgendole la mano e indicando uno dei sentieri. Lei si girò e gliela strinse timidamente, per poi seguire il ragazzo al suo fianco. “Beline, vuoi parlarne?”


La ragazza lo guardò negli occhi triste, poi volse lo sguardo altrove, probabilmente per non mostrare gli occhi lucidi.
“Lei è di Nuova Domino?” domandò poi.

“Si, è figlia del governatore…” rispose il ragazzo dai capelli arancioni.

“Ho molte meno domande adesso che lo so…” rispose lei, abbozzando un sorriso ironico.

“Non preoccuparti, non sono tutti così qui! A dire il vero, non avrei mai pensato che un giorno si sarebbe comportata in quel modo…” cerco di tranquillizzarla, mettendole il braccio attorno alla spalla. “In ogni caso stai tranquilla, Beline. Io ti credo.”

“Lo so, Crow, ho visto che tu mi difendevi…” singhiozzò lei, mentre si asciugava una lacrima con il dorso della mano. “Insomma… Lei non ha visto che cosa ho passato, non potrà mai saperlo e me lo auguro… Rimanere soli in quel modo, essere allontanati dalle persone a cui vuoi bene, essere costretti a rimanere segregati in un posto che non si conosce, che non ha nulla tranne che il buio. Insomma, mi ha dato estremamente fastidio visto tutto quello che mi è capitato… Speravo davvero tanto di riavere positività nella mia vita, ma persone come lei mi fanno affermare che, in certi casi, quella maledetta bolla era meglio di sentirla parlare male…”

“Mi dispiace, Beline… Mi sento in parte responsabile…” disse Crow, abbassando la testa. Beline si fermò, continuando a stringere la mano del giovane.

“Perché dovresti sentirti in colpa?” gli chiese, guardandolo nei suoi occhi grigi.

“Per tutto… A partire da quando sei stata rapita… Non sono riuscito a proteggerti come avrei dovuto…” le rispose, serio. “Per tutto questo tempo non sono riuscito a trovarti… Infine, oggi, avrei dovuto farti felice perché finalmente ci siamo ritrovati, invece hai dovuto sentirti dire cose brutte che ti hanno resa triste…”

“Crow, ascolta…” esordì Beline, prendendogli anche l’altra mano. “Non è colpa tua! Non potevi sapere che Akiza avrebbe detto quelle cose, in fondo volevi solo portarmi a vedere qualcosa di nuovo… Poi mi è stato detto più volte da tutti quanto tu ti impegnassi a cercarmi. Tu… hai fatto tutto questo per me!”

Il ragazzo girò leggermente la testa di lato per non guardarla negli occhi ulteriormente. Era quasi imbarazzato per la sensazione di pace e dolcezza che gli ispiravano quelle due pupille color lavanda, come se non fossero solo le sue guance ad arrossire ma tutto il corpo. In ogni caso, si sentì sollevato nel sentirsi dire quelle parole.

“Quindi… Non ce l’hai con me?” le chiese, trovando il coraggio di alzare lo sguardo e disegnarsi un piccolo sorriso sulle labbra.

“Non potrei mai, Crow!” esclamò lei, sorridendo a sua volta. Crow notò che lei non stava più piangendo. “Dopotutto, sin da piccoli abbiamo un legame strettissimo… Ad essere sincera, sognavo di andarmene da lì soprattutto per tornare a vivere le stesse avventure che creavamo assieme. Il resto poteva anche essersi disintegrato, ma tu dovevi essere lì. Mi bastava quello.”

Crow non seppe cosa fare di fronte a quelle parole. Aveva sempre saputo che Beline fosse una ragazza speciale, ma non se n’era mai reso conto del tutto. Ora era davvero sicuro di non volerla perdere mai più, che l’avrebbe protetta e difesa. Le avrebbe dato tutto quello che in quei quattro anni non le aveva potuto dare.

In quell’istante la attirò a sé e la abbracciò, stringendola delicatamente e accarezzandole la schiena e le spalle. Lei gli circondò il collo con le sue braccia e appoggiò la testa sul suo petto.

“Ti prometto, Beline, che ti proteggerò da chiunque voglia farti del male…”

Mentre diceva questo, una lacrima solcò la sua guancia destra passando sul simbolo della Struttura.
 

Akiza

“Questa volta ho davvero esagerato…” si disse tra sé e sé la rossa. Si vergognava per l’atteggiamento che aveva avuto nei confronti di una possibile nuova amica e, soprattutto, in un momento in cui voleva a tutti i costi dire a Yusei quello che provava. Ora non era più sicura di quei pensieri iniziali, sentiva di aver rovinato tutto.

Erano passati pochi minuti da quando Beline e Crow se n’erano andati, quando Yusei le mise una mano sulla spalla.

“Aki…”

“So cosa stai per dire, Yusei…” lo interruppe lei. “Mi sono comportata di merda con lei…”

“C’è sicuramente qualcosa che non va per averti fatto dire quelle cose, o mi sbaglio?” le domandò Yusei, più comprensivo che arrabbiato. “Perché tu non sei così quando va tutto bene…”

Akiza inspirò. Doveva dirglielo, assolutamente. Niente segreti.

“Ecco, Yusei… Ieri ero venuta a casa tua perché avevo il bisogno di dirti qualcosa di importante… Purtroppo, però, siamo stati interrotti da Jack…”

“Ricordo.” Disse Yusei, girandosi verso il mare.

“Nel frattempo, nonostante le occasioni ci siano state, ogni volta che provavo a dirtelo c’era sempre un’interruzione di qualsiasi tipo. Oggi non aspettavo altro che l’uscita con te, proprio perché sentivo che ce l’avrei fatta… E invece…” continuò.

“Per questo hai detto quelle cose di Beline?” le chiese Yusei, tornando a guardarla negli occhi. Akiza si sentì terribilmente in imbarazzo per tutto. Era sicura che dopo questa scena, lui non l’avrebbe voluta più. Le venne il magone.

“Ecco… Devo anche ammettere che ho agito anche a causa… della… gelosia…” rispose con voce tremante. “Quelle cose che ho detto… Non le pensavo seriamente…”

Ed era vero. Akiza, in realtà, credeva al racconto di Beline anche se di quella conversazione aveva ascoltato poco e niente poiché assorta nei suoi pensieri. La sua vista era annebbiata dal fatto che quella ragazza dai capelli viola fosse così bella e la rossa fosse innamorata di Yusei. Si, ora era davvero sicura dei suoi sentimenti.

“Ti chiederai perché fossi gelosa…” disse Akiza, ma Yusei la anticipò.

“Sai, in questo periodo sono stato davvero in dubbio su quello che pensavo di te. Non fraintendermi, ho sempre pensato che tu fossi una ragazza stupenda, lo penso tutt’ora, sia dentro che fuori. Il fatto è, che, non avevo mai provato nulla di simile nei confronti di qualcuno, quindi non sapevo se fossi… ecco…”

“Innamorato?” suggerì Akiza, per poi tapparsi la bocca.

“Oh, cavolo, ennesima figuraccia…” pensò, schiaffeggiandosi mentalmente.

“Esatto, quello che intendevo dire io!” rispose Yusei, con un sorriso.

“Eh?” disse Aki, stupita. “Ma allora…”

“Era questo che volevi dirmi, Aki?” le chiese Yusei, serio. Nei suoi occhi, la ragazza notò un barlume di dolcezza che non aveva mai visto. “Perché, se lo è, allora abbiamo avuto lo stesso pensiero.”

Akiza non rispose subito. Yusei le si avvicinò, sollevandole il mento con le dita e appoggiando le sue labbra su quelle della rossa. Quanto tempo sarà passato prima che si staccassero da quel magico momento? Un minuto? Due? Tre? Ad entrambi, parve un’eternità. Si abbracciarono. Era la conferma che i sentimenti dei ragazzi erano condivisi.

“Non preoccuparti per quello che è successo prima, avrai modo di scusarti con Beline, se vuoi…” le disse il ragazzo, portando una mano ai capelli della sua amata e giocandoci con le dita.

“Certo, lo farò sicuramente!” disse lei, determinata, chiudendo gli occhi e il discorso. Un silenzio che in realtà circondava tutte le parole che avrebbero voluto dirsi accompagnò i due giovani per tutto il tempo. Videro assieme il tramonto, l’uno tra le braccia dell’altro, seduti sulla sabbia fredda.

“Se questo è l’amore, mi piace un sacco…” pensò la ragazza prima di svuotare la sua mente e sentendo solo il calore di Yusei. Si, era felice. Molto felice!

 

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Capitolo 7
*** La ragazza misteriosa ***


Jack

Mentre gli altri erano impegnati con le ragazze, Jack aveva deciso di farsi una passeggiata notturna con la sua moto nelle vie più isolate della città. Certo, solitamente amava posti molto affollati, magari pieni di fan e giornalisti (era l’unico del gruppo che li apprezzava), ma a volte gli piaceva starsene da solo ad ammirare tutti i luoghi della città. Avevano sempre un non so che di bello, bastava cogliere il momento della giornata che dava più giustizia ad essi. Infatti, in quel momento, lui era in prossimità di un piccolo fiume con un ponticello posto sulla strada che portava al centro. Attorno a lui l’asfalto, le panchine di legno, i lampioni che iniziavano ad accendersi perché stava facendo buio…

Si sentì veramente in pace in quel momento. Iniziò a pensare ai suoi ricordi, alle sue avventure di quando era più giovane e non viveva a Nuova Domino, ma al Satellite. Quei momenti sì che erano fantastici, ci si arrangiava, non ci si preoccupava delle apparenze ma si pensava soltanto a cercare di tirare avanti. Poi si ricordò, a malincuore, il momento in cui decise di andarsene e diventare famoso. Un effetto a catena si generò: ruppe i rapporti con Yusei, Kalin, Crow e… Sheila…

Sheila era la sorella gemella di Crow. La somiglianza tra i due faceva quasi paura, al punto in cui Jack credeva che non le sarebbe mai piaciuta perché il viso era identico a quello di suo fratello. L’uno la fotocopia dell’altra. Crescendo, però, si dovette ricredere. La somiglianza con il suo amico c’era sempre, ma i lineamenti di Sheila si fecero più addolciti, incorniciati da quella criniera di ricci, e i suoi occhi grandi trasmettevano serenità continua. Forse non era stata lei a cambiare, ma Jack ad avere una percezione diversa di lei.

Caratterialmente era molto simile a Crow, nel senso che si preoccupava degli altri, ma in particolare di Jack. Lo si capiva perché ogni volta che il biondo faceva qualcosa che potesse potenzialmente metterlo in pericolo, lei si arrabbiava tantissimo e gli faceva sempre una ramanzina che non finiva più. A lui non dava fastidio, anzi, gli piaceva l’idea di contare così tanto per qualcuno. Poi si vedeva che lei voleva bene a Jack…

“Ti cacci quasi sempre nei guai… Basta che non ti fai arrestare e che non ti fai male…” era una delle frasi che gli ripeteva più spesso alla fine di un discorsetto. In un’occasione come l’abbandono del Satellite avrebbe tanto voluto sentirselo dire, eppure lei fu una di quelle persone che ci rimasero più male dopo averlo saputo.

“Ne hai davvero bisogno, Jack? Hai davvero bisogno di rubare la moto e le carte di una persona che si fidava di te per esaudire un desiderio che non credevo tu avessi? Non ti facevo così assetato di fama…”

Quel tono non aveva alcun elemento rassicurante. Sheila era arrabbiata e delusa.

“Non ho alcuna intenzione di darti qualche consiglio… Ti suggerisco solo di sparire di qui, perché non appartieni al Satellite. Non sei più Jack… Non ti conosco…”

Jack tornò alla realtà. Venne a sapere da Crow, dopo essersi ricongiunti, che da quel momento anche Sheila non era più tornata a casa. Cosa avrebbe dato pur di tornare indietro nel tempo e scusarsi con Sheila per non essere stato la persona che lei voleva che fosse! Dopo essere tornato in sé, era proprio lei la prima a cui voleva parlare, senza averne, però, l’occasione.

Suo fratello era riuscito a ritrovare Belinda, poi toccava a Jack ritrovare Sheila. Si, doveva farlo. Glielo doveva, per farle capire che il vero Jack Atlas era tornato. Da quel momento, rifletté su tutti i modi per rintracciarla. Che anche lei avesse subito lo stesso destino di Belinda?

 

Beline

Verso le 22, la serata volse al termine e Crow accompagnò Beline al Satellite, la sua residenza.

“A- allora, ti è piaciuta la serata?” le domandò il ragazzo, con un sorriso.

“Tantissimo, Crow, non avrei mai pensato ci fossero così tante cose da fare in città!” esclamò entusiasta lei. Certo, non avevano letteralmente girato tutta Nuova Domino per fare tutte le attività possibili, ma comunque si era divertita tanto. La compagnia di Crow aveva sicuramente influito poiché essendo amici da anni sapevano ridere e scherzare insieme. Dopo quella sera, però, le venne un dubbio: e se non fossero destinati ad essere solo amici?

“Se vuoi possiamo uscire ancora, così possiamo… ecco… visitare posti nuovi. Ti va?” la invitò poi, riaccendendo la moto per ripartire. “Insomma, non hai ancora visto nulla!”

“Certamente! Sono curiosissima!” esclamò lei, accettando l’invito.

“Perfetto, allora…” disse poi, tirando fuori dal portabagagli del suo veicolo una scatola rettangolare nera. “Questo lo regalo a te. È un telefono, così possiamo metterci in contatto. Ho già aggiunto il mio numero, quello di Jack e di Yusei nella rubrica!”

Porgendole la scatola contenente il cellulare, Crow notò che un grosso sorriso sulle labbra di Beline si stava allargando.

“Crow, ti ringrazio tantissimo!” gli disse, avvicinandosi e abbracciandolo. “Apprezzo che tu mi stia facendo così tanti regali! Spero di potermi sdebitare, un giorno…”

Tra le braccia del giovane si sentiva protetta anche se non c’era nessun pericolo a minacciarla. Una sorta di rifugio che annullava tutte le sofferenze passate. Beline sentì di aver bisogno ancora di quegli abbracci, quindi sapere che avrebbe potuto contattare Crow in qualsiasi momento la riempiva di gioia.

“Ehi, figurati! Non c’è di che!” rispose lui, con un lieve rossore sul viso che si notava anche sotto il casco nero. “Non esitare a chiamarmi quando hai bisogno di qualsiasi cosa, ok?”

Beline annuì, per poi salutare Crow con un cenno della mano mentre si allontanava dalla casa di Martha.

“Se non fosse stato per Akiza, la serata sarebbe stata perfetta! Ma non fa nulla, non ho lasciato che i commenti di una ragazza che nemmeno sa chi sono mi rovinassero la serata intera. Per questo, vado a letto soddisfatta!” pensò, rientrando in casa.

 

Akiza

Il giorno dopo, Akiza si alzò dal letto ed uscì per fare un po’ di spesa. Trovandosi spesso in casa, cercava di rendersi più utile possibile aiutando i genitori nelle loro faccende. Quando lo faceva, molte volte si ritrovava a pensare a tutto, a lasciare che la sua mente viaggiasse. Il pensiero del momento fu la sera prima. Era raggiante, era riuscita a far capire a Yusei che la amava. Chissà quanto erano rimasti abbracciati loro due! Aveva perso il senso del tempo, anzi, non esistevano né secondi, né minuti, tantomeno le ore quando sono stati assieme. Si sentiva innamorata persa di lui!

Di colpò si ricordò di Beline e di quello che aveva pensato di lei e si sentì terribilmente in colpa. Aveva sbagliato a giudicarla e sapeva di doverle delle scuse. Non sapeva se le avrebbe accettate o meno, ma il primo passo era quello di comunicarle il suo dispiacere per la situazione. Decise, quindi, dopo aver portato la spesa a casa, di dirigersi al Satellite per parlarle.

“Scusi, avrei bisogno di un’informazione!”

Una voce interruppe il suo flusso di coscienza mentre tornava alla sua moto parcheggiata fuori dal supermercato. Si girò e vide una ragazza che doveva avere la sua età (o giù di lì) dai capelli arancioni molto ricci e lunghi fino alle spalle e dagli occhi grigio chiaro. I suoi abiti consistevano in una t-shirt bianca e dei jeans consumati sulle ginocchia. Non aveva l’aria di essere di Nuova Domino, soprattutto perché sul viso aveva un marchio del carcere della Struttura, che fece mettere in guardia la rossa.

“Certo, mi dica pure.” rispose Akiza, rimanendo seria ma abbozzando un leggero sorriso.

“Ecco, devo far riparare un orologio a Poppo Time, mi hanno consigliato di andare lì perché sono molto bravi, ma non sono molto pratica della zona e non so dove si trovi. Per caso lei lo sa?” chiese lei, tirando fuori dalla tasca un orologio da polso color verde. “Ne avrei bisogno, visto che ci tengo particolarmente… Sa, è una delle poche cose che mi sono rimaste di mio fratello…”

Akiza inizialmente storse il naso sentendo il nome “Poppo Time”. Era la residenza dei ragazzi, per questo inizialmente pensò che fosse una fan del team 5D’s un po’ pazza. Notando però l’abbigliamento molto umile e l’orologio che aveva il vetro rotto e le lancette non funzionanti, si convinse a darle le indicazioni.

“Grazie mille, davvero! Ciao!” disse poi, prendendo una bicicletta e mettendosi subito in pista.

“Che strano, ho come l’impressione di averla già vista…” riflettè la rossa, salendo in sella alla sua Duel Runner e tornando alla sua dimora.

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Capitolo 8
*** Ingiustizie ***


Crow

“Ecco, questo è tutto!”

Il giovane dai capelli arancioni aveva appena finito di raccontare a Jack tutti i dettagli della serata. Entrambi sorseggiavano un caffè fatto con la macchinetta apposita nel loro garage.

“Dai, non ci credo che Akiza abbia reagito in questo modo. Non ci crederei neppure se lo vedessi con i miei occhi…” commentò Jack, riferendosi all’episodio della spiaggia.

“In effetti è stato parecchio strano…” sospirò Crow, bevendo un altro sorso.

“Secondo me è invidiosa di Beline… Insomma, è una ragazza che non ha mai visto che improvvisamente si è palesata, è normale che abbia avuto un qualche tipo di reazione. Generalmente chiunque si ritrovi ad avere a che fare con un nuovo arrivato causa problemi.” Sostenne il biondo.

“Si, ma addirittura Akiza si comporta così?” disse Crow, abbassando la voce per non farsi sentire da Yusei, il quale stava ancora dormendo.

“Già, capisco… Comunque, se è per Yusei non dovrebbe preoccuparsi troppo. Si vede che Beline è più interessata a te!”

“Oh, Jack, andiamo! Non puoi dirlo, l’hai vista solo ieri mattina. Non eri presente durante la serata!” ribattè Crow, alzandosi dalla sedia.

“E tu hai ricominciato a vederla da un solo giorno, quindi la tua affermazione non fa alcuna differenza!” disse l’altro, alzandosi anche lui. Crow avrebbe voluto continuare a discutere, ma non ebbe il tempo di aprire la bocca che si sentì bussare alla porta.

“Chi sarà mai a quest’ora?” fu l’unica cosa che gli venne da dire. Andò ad aprire la porta e si ritrovò davanti a sé stesso ma in versione femminile. Quando capì chi era per poco non cadde e rotolò giù dalla discesa percorsa per arrivare all’ingresso del garage.

 

Jack

“Non sei veramente tu!” disse la voce di Crow, alquanto sorpresa.

“Certo che sono io. Chi dovrei essere altrimenti?”

“Oh mio Dio. Non ci posso credere!”

Jack era confuso. Aveva la sensazione di aver riconosciuto la voce femminile che si era aggiunta a quella di Crow ma non voleva illudersi.

“Cosa ci fai da queste parti?” disse Crow. La sua voce si avvicinava sempre di più.

“Ho chiesto informazioni su come trovare il negozio di orologi. Cercavo proprio voi!” disse lei. “Per fortuna ho avuto informazioni su dove abiti…”

“Si, insomma, tutto molto bello…” iniziò Crow, cambiando improvvisamente tono. “Ora, tu mi spieghi che cazzo di fine hai fatto in questi anni, Sheila!”

“SHEILA?”

Jack sussultò. Era davvero lei? Si precipitò all’ingresso facendo cadere la tazzina di caffè. Arrivato lì, si rese conto che aveva davanti quel viso e quegli occhi che tanto gli erano mancati.

“Ehm, ecco… Eheheh…” ridacchiò Sheila imbarazzata, non accorgendosi della sua presenza.

“Non c’è nulla di cui ridere, sorella! Cos’è quel marchio che hai in faccia?” le chiese suo fratello, insistendo sul tatuaggio sul viso, segno inconfondibile del carcere della Struttura.

“Avrei da dire la stessa cosa riguardo gli altri due segni… Insomma, sapevo che eri stato alla Struttura solo una volta…” rispose lei, puntando il dito sui due simboli sotto gli occhi di Crow. “E poi io non ho fatto nulla…”

“Se non hai fatto nulla perché sei stata marchiata a vita?” si innervosì ancora.

“Ehi, dammi il tempo di spiegare, cavolo!” esclamò, poi il suo sguardo passò a Jack, che era poco lontano dai due e li stava osservando rimanendo scioccato. “Ah, c’è anche il Re degli stronzi… Se l’avessi saputo non ci sarei venuta…”

“Perdendo così la possibilità di incontrare tuo fratello? Andiamo, Shei, ormai è acqua passata! Entra dentro!” commentò suo fratello, per poi metterle un braccio sulla schiena ed accompagnandola dentro. Jack si avvicinò per salutarla abbracciandola, ma lei lo scansò. Era evidente che lei fosse ancora arrabbiata con lui.

Crow le preparò un caffè e glielo mise in mano.

“Nonostante l’assenza ti vedo bene. Ci racconti un po’ cosa hai fatto?” le domandò, invitandola a sedersi sul divano. Jack rimase in piedi fissando Sheila. Era più bella di quanto ricordasse, ma allontanò subito il pensiero. Dopotutto, lei ce l’aveva ancora per il furto ai danni di Yusei.

“Vuoi davvero sapere perché ho questa merda in faccia? In tre volte che sei stato in prigione non ti hanno ancora insegnato che non dovresti mai chiedere che crimini hai commesso per finirci?” gli disse beffarda. “In ogni caso, nulla di serio. Sono stata per due anni in prigione perché ho commesso un omicidio…”

Jack impallidì all’istante. Era stata davvero capace di uccidere qualcuno? Come era successo? Aveva bisogno di saperlo. Dall’espressione di Crow capì che anche lui era basito.

“Dovresti vederti in faccia, HAHAHAHAHA!” rise improvvisamente la ragazza indicando il ragazzo dai capelli arancioni. “Cioè, quello che voglio dire è che mi hanno accusata di omicidio ma io non l’ho mai commesso. Hanno sospettato di me e mi hanno incarcerata solo perché vengo dal Satellite.”

“Sul serio?” le domandò Jack. “Wow, un atteggiamento davvero riprovevole!”

“Come sono risaliti a te?” le domandò suo fratello, desideroso di sapere.

“Beh, ho avuto la sfortuna di capitare nel posto sbagliato al momento ancora più sbagliato…Dopo essermene andata da casa girovagavo per il Satellite quando, entrando in un vicolo, ho notato il cadavere di un uomo. Sembrava che provenisse dalla città, visto il suo modo di vestire. Comunque, credevo che fosse ancora vivo, così ho provato ad aiutarlo a recuperare i sensi. Avrei dovuto farmi i fatti miei, perché proprio in quel momento è arrivata una volante della polizia in servizio di pattuglia e mi ha vista china sul corpo di questa persona. Non hanno nemmeno voluto ascoltarmi quando ripetevo di essere innocente, avevano già inserito le manette e buttato la chiave.”

“Maledetti…” sussurrò Crow. “Hai detto di essere stata lì per due anni?”

“Esattamente… Inizialmente dovevo starci per cinque anni, ma per buona condotta mi hanno ridotto la pena da scontare. ‘Buona condotta’… Si, certo! Ero una delle persone più temute lì, subito dopo le guardie. Non ho mai toccato nessuna, mi bastava anche minacciare per ottenere ciò che volevo. Sapevo anche difendermi bene e difendere chi volevo. C’erano delle donne che, come me, erano state incarcerate ingiustamente. I poliziotti si rifiutavano di credere che loro non avrebbero mai fatto del male ad una mosca, per questo erano prese di mira dalle vere criminali. Io le proteggevo, ma ovviamente agivo di nascosto e con alcune conoscenze. Ah, bei tempi… Devo dire che me la sono cavata!” continuò poi.

“Accidenti, Sheila Hogan che caccia fuori gli attributi? Chissà da chi avrà preso…” domandò ironico suo fratello. “Anche io ho imparato molto dal carcere…”

“Davvero? A me non sembra proprio! Hai saltato la lezione in cui ti dicono di starci il più lontano possibile?” scherzò lei. Jack fece una piccola risata.

“Molto divertente…” commentò Crow.

“Sono molto simili…” pensò Jack. Avrebbe tanto voluto partecipare a quella conversazione, ma si sentiva troppo stupido. Sheila lo avrebbe ignorato tutto il tempo. Gli dava un incredibile fastidio essere definito il “Re degli stronzi”. Voleva davvero farle capire che era cambiato, alla svelta. Guardò Crow, cercando un sostegno da lui. In un certo senso, Crow colse il segnale.

“Ti andrebbe di raccontare queste cose anche a Beline?” le domandò suo fratello.

“Magari… Credevo fosse stata arrestata anche lei…” si rattristò Sheila. Dopotutto, Belinda era sua amica e ci era rimasta parecchio male quando se n’era andata. Jack ricordava benissimo la reazione della gemella di Crow. Quella fu l’ultima volta in cui Jack abbracciò la ragazza.

“Andremo a trovarla più tardi! È a casa di Martha in questo momento!” esclamò entusiasta Crow.

“Crow, se questo è uno scherzo…” iniziò a dire lei, ma Jack si intromise.

“Non lo è, proprio ieri lui l’ha ritrovata!” disse Jack, in tono freddo.

Sheila inizialmente rimase in silenzio, per poi alzarsi, colta da un attacco di felicità, e dire “Andiamoci subito!”.

“Ehi, un attimo!” la fermò Crow. “Siamo svegli da neanche un quarto d’ora! Dacci un po’ di tempo per svegliarci del tutto!”

“Va bene, fighette… Come volete voi!” esclamò provocatoria la ragazza, sistemandosi la chioma arancione.

“Non è cambiata proprio…” fu l’ultima cosa che pensò Jack. “E va bene così!”

 

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Capitolo 9
*** Scuse ***


Akiza

Dopo aver terminato le commissioni, la ex psichica decise di andare da Beline per farle capire che era pentita di quello che aveva detto ai ragazzi. Aveva bisogno di togliere dalla sua anima quel peso. Insomma, non era da lei fare così! Era una sorta di brutto momento per lei, per questo non era in sé quando pensava alla nuova arrivata.

“Oh, ma quali giustificazioni ho? Mi sono comportata male e basta!” si criticò la rossa, sfrecciando a tutta velocità per le strade, un tempo malmesse, del Satellite. Ritrovatasi davanti al rifugio dei suoi amici quando erano più giovani, le vennero in mente altre domande.

“E se non accetta le mie scuse? Se lei mi dicesse di andarmene?” 

“Ehi, Akiza! Cosa ci fai da queste parti?” disse una voce dolce. Si ritrovò davanti la figura materna di Martha, che le sorrideva e la invitava dentro casa.

“Salve, Martha!” la salutò a sua volta Akiza, entrando nell’umile ambiente domestico dei “fratellini” di Crow e di Belinda. “Ero venuta qui per poter scambiare due chiacchiere con Belinda… In questo momento è in casa?”

“Si, ma credo che stia ancora dormendo… Se vuoi posso svegli- “

“Non c’è bisogno, Martha… Sono totalmente cosciente…”

Beline apparve vicino alla porta della sua stanza. Indossava un pigiama costituito da una maglietta leggera e un paio di pantaloncini, entrambi azzurri. Aveva l’aria di essere leggermente assonnata ma, a parte quello, sembrava che si stesse riprendendo dalla sua lunga assenza. Le occhiaie, infatti, stavano sparendo.

“Ehm, ciao…” la salutò timidamente Akiza, scuotendo anche la mano.

“Ciao a te, Akiza.” disse Beline con tono duro. “Hai bisogno di qualcosa?”

“Ecco, vorrei parlarti…” esordì la rossa. L’altra roteò gli occhi, per poi farle cenno di entrare nella stanza con la mano e rientrando in quella camera. Dopo che Akiza la seguì, chiuse la porta.

“Uff… Allora, cosa vuoi?” le domandò la ragazza con i capelli viola, sedendosi sul letto.

“Senti, io capisco perfettamente come ti senta, percepisco il fatto che tu sia arrabbiata con me…”

“Arrabbiata? Direi, più che altro, incazzata…” la interruppe Beline.

“Ecco, la mia mente ha viaggiato molto da quando tu sei arrivata e ho pensato cose molto sbagliate su di te. Insomma, non sono stata brava a controllare le mie emozioni e la mia mente, lo hai potuto vedere ieri sera sulla spiaggia… Quello che voglio dire è che mi dispiace di aver detto quelle falsità. Sono stata presa, purtroppo, dalla… ehm…”

Akiza si vergognava a dire che il problema era stato il suo essere gelosa.

“Ecco, è per… Yusei…”

“Scusami, puoi spiegarti meglio? Cosa dovrebbe centrare Yusei in tutto ciò?” le domando lei, guardandola negli occhi.

“Credo di essermi… presa una…” cercò di continuare la rossa, ma le parole le si bloccavano in gola. Più ci pensava più si riteneva ridicola.

“Fammi indovinare… Ho notato una certa affinità tra te e Yusei… Ho capito bene?” le domandò la ragazza nuova con l’indice sulle labbra. Akiza, a quel punto, annuì debolmente.

“Quindi tu hai pensato male di me perché… ti piace Yusei?”

“Beh, non è solo piacere quello che provo… Credo di essermi innamorata di lui…” sostenne Akiza. Le venne più facile esprimersi dopo che Belinda lo disse. “Vedi, durante la nostra battaglia abbiamo rischiato tante volte di separarci e ora che finalmente possiamo stare insieme senza problemi non voglio perderlo in un altro modo, preso da una ragazza che non sono io.”

Le due rimasero in silenzio per tanto tempo, finché la ragazza dai capelli viola parlò.

“Sarò sincera con te, Akiza… Credo di capire le tue ragioni. Ormai io ho perso il conto degli anni passati senza Crow e gli altri. Sognavo sempre di tornare a questa vita e adesso che il mio desiderio è esaudito non permetterò che me lo distruggano di nuovo, a costo di difendermi con le unghie e con i denti. Perciò… comprendo le tue motivazioni…”

Akiza sollevò lo sguardo. La ragazza di fronte a sé non aveva più quello sguardo duro, anzi, era più rilassata.

“Avrei dovuto capirlo sin dall’inizio… Probabilmente Crow sapeva quanto ci tenessi al tuo Yusei ma non me lo ha detto…” continuò, dandosi una lieve manata sulla fronte. La rossa sentì il viso più caldo, segno di un lieve rossore.

“Quindi… mi perdoni e diventiamo amiche?” le domandò sorridendo.

“Certo, Aki! Posso chiamarti così?” le chiese Belinda, prendendole le mani.

“Assolutamente sì!”

Le due si abbracciarono, sancendo così la nascita di una nuova amicizia che non portava più i rancori precedenti.

“Belinda!” esclamò la voce di Martha, che entrò sbattendo la porta della stanza.

“Che succede, Martha?” domandò preoccupata Beline, staccandosi dalla sua nuova amica.

“C’è Sheila!” le rispose raggiante.

“Sheila?!” disse sconvolta lei, precipitandosi fuori.

“Aspetta! Chi è Sheila?” le domandò Akiza, ma ormai era tardi. Beline era già per terra, abbracciata alla stessa ragazza che aveva visto fuori al supermercato, quella che le aveva richiesto le indicazioni per raggiungere Poppo Time.

“Ma quante ragazze mi hanno nascosto quei tre?!” le venne spontaneo da pensare, uscendo anche lei dalla camera di Beline.

 

Sheila

Sheila aveva le lacrime agli occhi mentre abbracciava Beline. Era sempre stata una sua grande amica, con cui si confidava spesso. La reputava, assieme al fratello Crow, una delle poche persone di cui fidarsi. Certo, era molto amica anche di Yusei e Jack, ma sentiva che con gli altri due poteva realmente parlare.

“Cavolo, stai bene?” le chiese, staccandosi e toccandole le spalle, come per sincerarsi che stesse bene. “Cosa ti è successo?”

“È una storia lunga…” disse Beline, felice come non mai per il ricongiungimento con la sua amica. “Piuttosto, che è successo a te?”

“Oh, beh…” si espresse Sheila, con le dita sul marchio della Struttura. “Insomma, mi sono cacciata in un piccolo pasticcio…”

“Chissà da chi avrà preso…” pronunciò Jack con tono divertito, avvicinandosi assieme a Crow. Sheila lo ignorò.

“Dai, avanti! Raccontami un po’ di cose!” esclamò poi, spingendo dentro la casa la ragazza dai capelli viola. Notò, poi, la figura della ragazza dai capelli rossi a cui aveva chiesto informazioni.

“Oh, ciao! Anche tu qui?” le domandò Sheila, con un lieve sorriso. “Ti ringrazio tantissimo per avermi detto dove trovare quel luogo!”

“Aspetta un attimo… Tu l’hai incontrata?” si espresse Crow, indicando Akiza.

“Si, mi aveva detto che le serviva la riparazione di un orologio e mi ha detto che cercava Poppo Time…” si giustificò lei. “Non sapevo che vi conoscevate!”

“Beh, come puoi vedere io e lui siamo gemelli!” esordì Sheila, mettendosi a fianco al fratello. Akiza si rese conto della grande somiglianza tra i due e la sua faccia si trasformò in un’espressione scioccata.

“Ecco chi mi ricordavi!” esclamò poi. “Stesso sorriso, stesso viso… Insomma, siete identici!”

I ragazzi rimasero in casa quasi tutta la giornata. Martha preparò per tutti un pranzo abbondante per festeggiare il ritorno delle due ragazze. Si scambiarono tutti chiacchiere: Akiza si scusava con Crow per un piccolo litigio che, a quanto pare, aveva coinvolto i due; Jack e Belinda, invece, più silenziosi, ogni tanto ridevano alle battute che facevano Crow e Sheila. Insomma, sembrava un bel quadretto familiare!

Poco più tardi, Akiza se ne andò, dicendo che doveva incontrarsi con Yusei. Gli altri invece, rimasero a parlare tra di loro. Crow e Beline chiacchieravano allegramente e ciò portò Sheila indietro nel tempo.

“Non sono cambiati di una virgola… Sembra che si continuino a volere bene come un tempo, nonostante gli anni passati separati…” sorrise lei, pensando al passato. “Che bello essere tornati alla normalità!”

Assorta dai suoi pensieri, non si accorse dell’avvicinamento di Jack. Quando se ne rese conto, la sua espressione cambiò drasticamente. Se prima era allegra, in quel momento diventò nervosa.

“Sheila, avrei bisogno di parlarti…” le comunicò il biondo. Lei annuì debolmente e lo invitò con gli occhi a proseguire.

“Ascolta, io non voglio che i rapporti tra me e te siano… come dire… tesi…” iniziò a parlare lui. “Perciò, volevo farti capire che io sono cambiato. Il capriccio che avevo un tempo ormai è passato, non sono più desideroso di diventare un campione dei duelli… O meglio, ad essere sinceri è ancora un obiettivo a cui punto, ma non voglio più ricorrere a quei mezzi per un mio volere…”

Sheila lo lasciò parlare, silenziosa. Fissava Jack negli occhi, attenta ad ogni cosa che diceva.

“Non sono molto bravo con le parole, ma mi rendo conto che ho commesso un grave errore, non solo a danno di Yusei, ma anche per gli altri. Ho messo in pericolo la vita di un ragazzino, ho vinto non per merito mio ma attraverso le carte di un’altra persona e, soprattutto… ti ho deluso…”

Lei annuì debolmente, continuando ad ascoltarlo.

“Quindi, come ho chiesto scusa anche agli altri, chiedo scusa anche a te…” concluse il ragazzo. Il suo volto lasciava trasparire tristezza e pentimento, qualità che Sheila non gli aveva associato quando aveva deciso di andarsene. Si rese conto che forse il vecchio Jack non c’era più, era tornato ad essere più umile. Come un tempo.

“Senti, io davvero continuo a non capire per quale motivo tu avessi avuto un tale desiderio, ma su questo scusarmi anche io. Come tutti qui al Satellite, anche tu avevi un’aspirazione e io non l’ho saputa cogliere. Avrei dovuto incitarti in quello che desideravi, ma ho pensato solo a me stessa e ai ragazzini qui. Era un periodo un po’ del cazzo, lo ammetto, per questo mi sono lasciata prendere dalla rabbia. Noi avevamo bisogno anche di te… Sono stata codarda anche io ad andarmene, però…” ammise lei. “Ciononostante, anche tu hai esagerato… Quindi, direi che nessuno dei due è stato meglio dell’altro… Ti perdono, è chiaro che tu ti sia riconciliato già con gli altri, mi basta sapere questo per dire che va tutto bene.”

Lei gli porse la mano, aggiungendo che non aveva bisogno di portare rancore. Non serviva.

Jack gliela strinse. Anche per loro due, le cose erano state chiarite.

“Grazie, Sheila.”

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Capitolo 10
*** Confusioni ***


Beline

Passato il resto del pomeriggio insieme, era arrivato il momento, per i ragazzi, di tornare a casa. Sheila fu invitata a vivere nel garage di Poppo Time poiché in casa di Martha non c’era più spazio. Nonostante l’insistere della donna, la sorella di Crow declinò l’invito per non arrecare ulteriore disturbo.

“Dopotutto io sono già adulta, ci sono gli altri ragazzini che hanno bisogno di te più di quanto ne abbia bisogno io…” le spiegò lei. “Stai tranquilla, me la caverò!”

Una volta usciti in cortile per salutarsi, Beline fu distratta da un piccolo movimento di un cespuglio poco lontano. Nel momento esatto in cui si avvicinò, accorgendosi che la sua attenzione era stata attirata da una piccola lucertola, improvvisamente tutto attorno a lei diventò scuro. Si ritrovò in uno spazio chiuso e completamente buio, ad eccezione di una piccola luce che filtrava da un buco sul soffitto e che illuminava la stanza come un riflettore di un palcoscenico. Al centro di quella luce, infatti, c’era lei. Si guardò intorno spaesata, notando che Crow, Jack, Sheila e Martha erano scomparsi. Era l’unica in quel luogo e aveva paura.

“Qui è dove sono stata rinchiusa…” pensò, dopo aver realizzato con orrore. “Non è possibile…”

Beline girò attorno alla stanza per cercare una via d’uscita. In qualsiasi angolo lei andasse, la luce la seguiva. Brancolando nell’oscurità, cercò di capire quanto fosse grande la stanza e se ci fossero porte. Ricordava che ci fosse effettivamente un’uscita, il problema era trovarla. Per quanto lei si sforzasse, non riuscì a trovare alcuna parete e, di conseguenza una via di fuga. Credette di impazzire quando rifece più e più volte gli stessi passi nelle stesse direzioni. Perse totalmente il senso dell’orientamento e la luce che la illuminava non indicava assolutamente nulla.

“E adesso cosa faccio?” si disse, iniziando a disperarsi. “Deve pur esserci un modo per uscire da qui…”

Tornò nuovamente a girare per quella stanza, cadendo più volte per terra e rialzandosi. Era stanca, il suo cuore batteva più veloce e il respiro si faceva più affannato e frequente. Entrò in agitazione, era davvero di nuovo in trappola? Si sentiva come un animale ingabbiato, incapace di uscire da quella situazione. Aveva paura, tanta paura. Si convinse che fosse destinata a vivere il resto della sua vita lontana da tutti, rinchiusa chissà dove…

“Beline!”

Una mano le toccò la spalla. Si girò di scatto lasciandosi scappare un piccolo urlo, quando vide la figura di Crow dinanzi a lei. L’oscurità era svanita e al suo posto c’era lo spazio esterno alla casa di Martha, ciò che aveva visto prima di sparire in quel buio. Crow la osservava preoccupato, dopotutto lei era visibilmente agitata e sembrava sconvolta.

“Cosa succede, Beline?” le domandò il ragazzo, mettendole una mano sulla spalla. “Ti ho vista camminare verso la strada come assorta da qualcosa… Stai bene?”

“Era tutto nella mia testa…” si disse lei, rendendosene conto. Aveva immaginato tutto, anche se le scene le sembravano così reali.

“Ehm… si, sto bene…” rispose, ancora frastornata. “Mi era solo sembrato di aver visto qualcosa di strano…”

“Cosa hai visto?” si preoccupò Crow, mentre i due tornavano davanti alla casa.

“Nulla… letteralmente nulla… Solo buio…” provò a spiegarsi Beline, ma si sentiva ancora spaesata da tutto.

“Senti, ti vedo un po’ irrequieta… Vuoi che io resti con te per stanotte?” le domandò il ragazzo, suscitando risate da parte di sua sorella.

“Accidenti, il fratellone si dà da fare!” disse divertita. Anche Jack si nascondeva la bocca per il riso.

“Non per quello, maledetti pervertiti!” si innervosì Crow. “Voglio solo assicurarmi che Beline stia bene!”

“Magari puoi farla stare molto meglio tu, Crow!” esclamò Jack, facendo piegare in due dalle risate Sheila.

“Oh, ma che cazzo, voi due!” esclamò il ragazzo dai capelli arancioni. “Siete tipi che riderebbero anche per le scorregge!”

Beline, per quanto imbarazzata, si mise a ridere. Si sentì più tranquilla, sapendo che avrebbe avuto la presenza di Crow al suo fianco durante la notte. Per un attimo, quindi, si dimenticò di quello che aveva visto qualche minuto prima.

 

Sheila

Quando Sheila arrivò a casa con Jack si accorse della presenza di Yusei.

“Ehilà, ti ricordi di me, Pinguino?” gli chiese scherzosamente la ragazza. Yusei alzò lo sguardo, distraendosi dalla riparazione della sua Duel Runner, e gli venne un colpo quando vide chi aveva davanti.

“Sheila? Sei davvero tu?” le chiese, sorridendo e andandole incontro.

“È da un po’ che non ci vediamo, sono tornata in patria proprio oggi!” gli disse lei, stringendogli la mano. “Stavi ancora dormendo quando ho bussato alla porta di casa…”

“Eh, sì, ho lavorato fino a tardi alla mia moto ieri sera, dopo essere tornato a casa… Piuttosto, a te come va? Vedo che hanno preso anche te…”

“Ma perché tutti si focalizzano sul fatto che sono stata incarcerata?” si domandò lei. “Lo so che non ve lo aspettavate, ma non è stata colpa mia…”

Poiché Yusei non era aggiornato sulle novità di Sheila, lei gli spiegò come mai fosse finita alla Struttura.

“Cavolo, deve essere stata dura…” commentò il ragazzo.

“Già… Per fortuna ho avuto le palle di non farmi prendere di mira da nessuno. Dovresti sapere come sono i detenuti, lì…” concluse la ragazza.

Poco più tardi, la ragazza si sistemò provvisoriamente nel letto di suo fratello, rimasto a casa di Martha per assistere Beline. Anche Yusei, da quello che aveva capito, era in una relazione con Akiza, la tipa delle indicazioni. Poi c’era Jack, che aveva numerose ammiratrici…

Iniziò a pensare a cosa provasse lei per Jack. Insomma, erano sempre stati ottimi amici, un po’ come Beline e Crow, ma non sapeva effettivamente quali fossero i suoi sentimenti… Provava amore? Affetto? Era ancora arrabbiata con lui, sotto sotto? Era felice di vederlo? Non lo sapeva. Non era mai riuscita a provare amore per un ragazzo, quindi non sapeva a che livello fosse il suo rapporto con lui. Da quello che sapeva, gli voleva bene come un secondo fratello ed era consapevole del fatto che avrebbe potuto contare su di lui in qualsiasi momento.

Era un po’ invidiosa quando pensava a suo fratello con Beline. Lei sapeva sin dall’inizio che Crow fosse innamorato di lei, anche se ogni volta che veniva interpellato riguardo a ciò smentiva tutto. Anche la ragazza si comportava alla stessa maniera. Eppure, per quanto mentissero agli altri e a sé stessi, era palese che un giorno avrebbero riconosciuto quel sentimento. Chissà, magari se ne stavano rendendo conto proprio in quel momento!

“Che fortuna che ha avuto Crow…” rifletté Sheila, sollevando il lenzuolo sopra di sé. “A differenza mia, lui ha trovato una ragazza che ama… Io, invece, no…”

Un sentimento di inadeguatezza la colpì. Si sentiva sbagliata, stupida, incapace. Era una ragazza forte, lei, ma nascondeva tante indecisioni e insicurezze. Il carcere l’aveva forse fortificata a livello emotivo, ma c’erano tante cose che avrebbe dovuto imparare ancora.

Una lacrima le uscì da un occhio, bagnando il cuscino.

“Oh, davvero ci sto pensando ora?” si disse lei, asciugandosi il viso con il dorso della mano. “È ora di dormire… Non vorrei che gli altri mi prendessero per zombie perché non ho dormito a causa della mia fottutissima testa…”

Pian piano riuscì a spegnere il cervello e i suoi pensieri, lasciandosi cullare dalla morsa del sonno. L’ultima immagine che vide nella sua mente prima di addormentarsi fu quella di lei che teneva la mano ad una figura che, viste le forme, doveva essere quella di una ragazza.

 

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Capitolo 11
*** Incubi ***


Beline

Lei e Crow, quella notte, non andarono a dormire subito. Rimasero, per buona parte di essa, a ridere e scherzare anche con gli altri bambini.

“Ultimamente quel bulletto di John non sta dando più fastidio…” disse uno dei ragazzini, che aveva i capelli rasati e gli occhi color nocciola.

“Sicuramente avrà notato quanto siete ganzi, voi due!” suggerì Crow, indicando il bambino che aveva parlato poco prima e quell’altro con la bandata. “Vedete che succede ad ascoltare i consiglio del vecchio Crow? Che aveva ragione!”

Finirono tutti di proferire parola quando Martha entrò nella stanza invitandoli ad andare a dormire poiché era tardi. In effetti, per ragazzini di quell’età, le 23:30 erano le ore in cui dovevano già essere addormentati da un pezzo. Si dissero tutti “Buonanotte!” e poi andarono nei rispettivi letti. Anche Beline e Crow fecero la stessa cosa. Si coricarono in due letti singoli e la ragazza si addormentò quasi subito, dopo aver spento la luce.

La sua mente non fu offuscata da pensieri durante la sua dormiveglia, ma poco dopo, purtroppo, fu invasa da un’altra cosa. Si risvegliò sentendosi soffocare, la stessa sensazione che aveva provato prima…

“Oh, no, non di nuovo…” pensò, alzandosi da terra. Era finita nuovamente al buio, nella stessa stanza con la stessa luce. Questa volta, però, non aveva piena libertà di movimento. Ai piedi c’erano due pesanti catene attaccate a blocchi di metallo. Nel momento in cui provò a fare un passo, infatti, cadde rovinosamente sbattendo il viso sul terreno. Non era un terreno disomogeneo, anzi, era liscio al tatto. Piccoli granelli di polvere le si attaccarono alle mani quando le usò come sostegno per mettersi in ginocchio. Ricordava di essere riuscita ad uscire da un edificio che non aveva nessun tipo di insegna poiché in evidente stato di abbandono, ma precisamente dove?

“Ci sono… strisce…”

Si, sul pavimento erano presenti strisce di colore giallo poste in diagonale. La sua attenzione, poi, si spostò ad un’altra fortissima luce che la puntava. Era accecante, doveva provenire da una torcia o… dal faro di qualche veicolo…

“Merda, devo togliermi da qui prima che mi investano…” si decise lei, realizzando poi con orrore che non poteva assolutamente farlo. Non poteva muoversi in alcun modo. Era questa la sensazione di prigionia più brutta che avesse mai sperimentato?

La luce puntò più in basso, scoprendo delle scarpe e delle gambe. Allora c’era qualcuno che potesse salvarla!

“Mi aiuti, per favore!” supplicò lei, sollevando una delle catene. “Sono bloccata, non riesco ad uscire di qui!”

Non riusciva bene a distinguere a chi appartenesse il corpo, quindi non stabilì se fosse un uomo o una donna. La figura neanche collaborava in alcun modo a farsi identificare. Rimase fissa davanti alla ragazza, mentre lei chiedeva di essere liberata. Poi, all’improvviso, la sua mano comparve mentre reggeva qualcosa di sottile che luccicò sotto il bagliore. Venuta più allo scoperto, Beline vide sconcertata che aveva in mano una siringa molto grande con dentro un liquido azzurro. L’individuo si avvicinò lentamente e la ragazza capì che voleva usarla su di lei.

“C-cosa vuole farmi?!” urlò lei, cercando ancora una volta di scappare trascinandosi, ma senza successo. Era troppo minuta per spostare quei pesi. La figura era vicina, quasi vicino alla luce sotto cui si trovava Beline. Afferrò il braccio della ragazza e puntò l’ago sulla sua pelle.

“N-no! No… NO!” protestò lei, chiudendo gli occhi e spingendo tutto il fiato che aveva nei polmoni fuori dalla bocca.

 

Crow

“BELINE!”

Crow si svegliò di soprassalto sentendo l’urlo della sua amica. Scese immediatamente dal letto e le andò vicino, scuotendola per svegliarla. Era evidente che qualcosa non andava. Dopo alcuni tentativi, la ragazza aprì gli occhi e si mise a sedere. Era grondante di sudore e aveva un’espressione sconvolta. Si alzò la manica del suo pigiama e controllò fulminea che fosse tutto a posto. Respirava affannosamente, come se avesse appena finito di fare una maratona.

“Vuoi che chiami un’ambulanza? Stai malissimo…” le domandò Crow, scostandole alcuni capelli bagnati dal viso.

“N-no… Sto bene…” sussurrò Beline, mettendosi una mano sul petto. “Ho solo… fatto un brutto sogno…”

“Che cosa hai sognato?” chiese il giovane dai capelli arancioni. “Doveva essere qualcosa di orribile…”

“Lo era… Ho sognato che ero finita di nuovo intrappolata nello stesso posto in cui sono stata durante questi anni… C’era qualcuno…che…”

Insieme al sudore, anche le lacrime si presentarono sulle sue guance.

“Cosa ti ha fatto questa persona?” la invitò a continuare, mettendole una mano sulla spalla.

“Oh, Crow, non lo so… Voleva iniettarmi qualcosa…” pianse lei. “Ho troppa paura! Anche prima mi era sembrato di stare lì…”

Il ragazzo capì che Beline si era allontanata dal cortile in preda ad una qualche visione, non perché si era distratta. Non poté fare altro che abbracciarla e stringerla a sé.

“Ehi, stai tranquilla… Non era reale…” la consolò lui.

“E se lo fosse?” ribatté lei con un filo di voce. Singhiozzò, riempiendo la maglia del giovane di acqua e sale.

“Non devi avere paura!” le disse, staccandosi leggermente così che potessero vedersi in faccia. “Ti ho promesso che ti avrei protetto e continuerò a farlo! Non permetterò a nessuno di farti del male… A nessuno!”

Beline si calmò sentendo quelle parole. Chinò la testa e Crow le baciò la fronte. Un gesto tenero che diede alla ragazza totale fiducia in lui.

“Grazie, Crow…” lo ringraziò. “Se non ci fossi stato tu ora…”

“Di nulla! Io ci tengo a te…” sostenne il ragazzo, facendo una breve pausa senza staccarle gli occhi di dosso. “Non voglio perderti ancora… Spero che tu lo capisca e che ti fidi di me…”

Lei sollevò il viso e Crow si perse in quei suoi occhi, di nuovo.

“Io mi sono sempre fidata di te, Crow…” gli sorrise. Si avvicinarono sempre di più, finché le loro labbra non si sfiorarono e diedero inizio ad un lungo e dolce bacio. Era la conferma che il loro amore esisteva ed era sempre stato lì. Tutti gli anni passati separati erano come assenti, non li avevano cambiati. Crow si sentì bene ad averla stretta tra le sue braccia, non voleva più lasciarla. Voleva solo renderla felice e avrebbe fatto di tutto pur di vederla serena.

 

Sheila

Il mattino seguente, la sorella di Crow si alzò dal letto stiracchiandosi. Aveva addosso solo la maglietta bianca, mentre sotto portava solo gli slip. Non si preoccupò molto di coprirsi quando scese le scale che portavano alla zona del garage con i divani e una cucina abbozzata, a parte lei non c’era nessun altro sveglio. Si preparò del caffellatte e ne avanzò un po’ anche per gli altri. Si ricordò, in seguito, che Yusei le avesse detto che Jack era solito fare colazione al bar di fronte.

“Mio dio, cosa gli costa farsi il caffè qui? Sicuramente meno di quanto spenderebbe per il Montagna Occhi Blu… Tanto il caffè saprà sempre di caffè, qualunque sia il tipo!”

Rispetto alla sera prima era molto meno preoccupata, si sentiva più sicura di sé, niente avrebbe potuto fermare il suo entusiasmo per la giornata appena inizi-

Il campanello suonò. Chi poteva mai essere alle otto del mattino?

“Sarà mio fratello che torna dalla sua piccola avventura con Beline… Ah, devo assolutamente tartassarlo di domande per sapere cosa è successo!” pensò lei ridacchiando.

“È tornato il fratellone che ha appena perso la sua ver-“

Si diresse verso la porta, aprì e… Akiza era lì, davanti alla porta. La rossa fece un verso di sorpresa quando vide Sheila.

“Oh, ciao Akiza!” esclamò lei, leggermente sorpresa. “Pensavo che fossi mio fratello, scusami!”

“Ah, non importa! Scusa se disturbo a quest’ora… Yusei è sveglio?” le domandò lei.

“Ancora no, sono la prima ad essersi svegliata…” le rispose lei, girandosi verso la stanza per controllare se fosse effettivamente sola oppure c’era qualcun altro.

“Va bene, magari ripasso più tardi…” disse Akiza, voltandosi per andarsene.

“Aspetta! Se vuoi puoi rimanere, dopotutto non abbiamo ancora avuto modo di parlare solo tra noi… Che ne dici?” la invitò Sheila.

“Per me non ci sono problemi!” le sorrise lei, portando lo sguardo sulle gambe scoperte di Sheila.

“Oh, accidenti! Entra, io arrivo subito!” disse, scattando subito sulle scale per cercare dei pantaloncini.

“Spero che non si sia fatta un’idea sbagliata di me…” 

 

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Capitolo 12
*** Dubbi ***


Akiza

Dopo essersi accomodata su uno dei due divani, Akiza notò che Sheila era tornata. Indossava gli stessi vestiti di prima, solo che questa volta aveva anche dei pantaloncini sportivi color viola.

“Perdonami per prima, ma mi ero appena svegliata e non mi trovo molto a mio agio a dormire con dei pantaloni lunghi durante l’estate… In verità anche questi shorts li troverei fastidiosi nel letto…” cercò di scusarsi Sheila, appoggiandosi a uno dei braccioli dell’altro divano.

“Oh, non c’è nessun problema, stai tranquilla! Ti capisco perfettamente…” rispose Akiza. Era effettivamente così, aveva imparato la lezione e non giudicava una persona più una persona appena conosciuta. Inoltre, lei era la sorella di Crow, per giunta gemella, quindi che male avrebbe potuto causarle?

“Devo ancora ringraziarti a dovere per avermi aiutato ieri. Te ne sono veramente grata!” continuò la riccia. “Sai, ritrovare mio fratello e i miei amici era una cosa fondamentale per me. Sono davvero contenta di averli rivisti, sai?”

“Beh, immagino!” sorrise Akiza. “Comunque, non ringraziarmi… Non ho fatto nulla di che, non sapevo neppure che tu fossi in cerca dei ragazzi. Non sapevo nemmeno che Crow avesse una sorella!”

“Che stupido che è…” si imbronciò sua sorella. “Voglio credere che ci fosse una motivazione specifica per nascondermi agli altri… Comunque, tu sei venuta per Yusei, giusto?”

“Ehm, ecco… si…” annuì la rossa, arrossendo un po’. “Da poco tempo usciamo assieme, quindi per questo sono venuta a trovarlo. Gli devo molto…”

Immediatamente notò che Sheila si era incupita leggermente sentendo quelle frasi.

“Qualcosa non va?” le chiese Akiza. “Ho detto qualcosa di sbagliato?”

“Stai tranquilla…” rispose, abbozzando un mezzo sorriso. “Non è nulla di che…”

Sheila abbassò lo sguardo. Possibile che qualcosa che aveva detto la rossa l’avesse resa infelice? Questo era certo, ma cosa le dava tristezza? E se la ragazza provava anche lei qualcosa per Yusei? Un groppo in gola venne ad Akiza. No, non voleva farsi nemico nessuno…

“Sul serio, dimmelo…” insistette Akiza. Aveva bisogno di sapere la verità.

“Ehm, ecco…”

“Continua…” pensò la ex-psichica.

“È che… sono molto contenta per voi, non fraintendetemi…”

“Vai avanti…” continuò ad esortarla mentalmente.

“Però vedo che state tanto bene assieme, così come anche Crow e Beline… Mentre io ho un dubbio su quello che provo e su chi…”

“Uhm… Cosa intende dire?” si domandò Akiza.

“Almeno voi avete le idee chiare… Beh, teoricamente, forse anche io… Ma ho troppa paura di essere giudicata dalle persone a cui voglio bene…” parlò Sheila. La rossa si calmò sentendo quelle parole poiché, forse, significavano che non era interessata a Yusei.

“Per quale motivo hai paura? Per chi provi questo tipo di sentimento?” le domandò lei.

“Ehm, come te lo spiego?” riflettè Sheila, iniziando a picchiettare il piede per terra colta da un leggero nervosismo.

“Per quali ragazzi sei in dubbio?” continuò Akiza. La risposta che ricevette, però, fu inaspettata.

“Ecco… Non sono ragazzi…”

La rossa capì. Sheila era attratta dal suo stesso sesso, non da quello opposto. Si sentì nuovamente in colpa per aver pensato prima alla sua relazione con Yusei.

“Quindi hai paura di dirlo agli altri perché non vuoi che reagiscano male?”

“Si… Credo che Jack ci rimarrebbe molto male perché io e lui siamo molto legati e non vorrei che si fosse innamorato di me… Non mi piacerebbe farlo soffrire…” disse timorosa Sheila. “E poi mio fratello… Cosa penserà di me?”

Akiza pensò. Non era certo una situazione semplice, era la prima volta che si ritrovava in un dilemma simile e voleva cercare di aiutarla.

“Se posso darti un consiglio, io credo che se qualcuno ti vuole bene sul serio continuerà ad apprezzarti a prescindere dal sesso della persona con cui esci. Quindi non avere paura!”

Sheila abbassò lo sguardo, per poi esordire con un piccolo: “Ne sei proprio sicura?”

“Certo! Sai, io non posso capire perché ho gusti differenti dai tuoi, però posso dire di aver passato un momento in cui credevo di non essere mai accettata da nessuno. Prima ero temuta e alle volte derisa, e sai perché? Perché ero nata con dei poteri che mi facevano compiere azioni brutte senza che io lo volessi…” le spiegò Akiza. “Durante quel triste periodo mi ero attaccata alla convinzione che tutti quanti non volessero stare assieme a me per paura che io potessi fargli del male, quindi cercavo sempre di stare da sola. Poi mi sono resa conto che esistono quelle persone che sanno quali sono quelli che tu chiami ‘difetti’, ma a loro non importa perché quello che vale realmente è la tua personalità!”

“E quelle persone sono…” cercò di capire la sorella di Crow.

“Prima Yusei, poi tutti gli altri… Quindi non devi assolutamente avere paura di mostrarti per come sei perché Jack e Crow ti hanno voluto bene per tantissimo tempo e difficilmente perderanno questo sentimento per te, qualsiasi cosa accada…”

Negli occhi di Sheila apparve un bagliore di consapevolezza e determinazione, che spinse la ragazza ad abbandonare quell’inquietudine e a tornare a sorridere.

“Credo proprio che tu abbia ragione, Akiza… Ora so quello che devo fare!” disse, alzandosi in piedi. “Grazie mille, le tue parole mi hanno fatto capire molto. E… volevo dirti anche che sei una ragazza molto coraggiosa!”

“Grazie a te, cara!” le sorrise la rossa, arrossendo lievemente.

“Beh, non ci resta che aspettare che quel dormiglione si svegli!” concluse la ragazza dai capelli arancioni.

Akiza rise leggermente. Era contenta di essere riuscita ad aiutare qualcuno e sapeva che ne sarebbe nata un’ottima amicizia.

 

Crow

Anche il fratello gemello di Sheila aveva dei pesanti dubbi al suo risveglio. Era rimasto quasi tutta la notte sveglio per controllare che Beline non avesse altri attacchi di panico. Abbracciato a lei, infatti, la stringeva più forte e la accarezzava ogni volta che sentiva il suo respiro accelerare ed emetteva deboli lamenti. Era sicuro che la ragazza fosse traumatizzata da tutte quelle esperienze, ma qualcosa gli diceva che era meglio non abbassare la guardia. Dopotutto, non si sapeva chi l’avesse rapita e perché, poteva anche trattarsi di qualcuno ancora a piede libero che era ancora in cerca di Beline. Crow aveva bisogno di scoprirlo, più in fretta che potesse.

Prima di lasciare la sua vecchia abitazione del Satellite per andare a lavorare prese il suo telefono, digitò dei numeri e lo avvicinò al suo orecchio.

“Pronto? Si, salve… No, nessuna emergenza, vorrei parlare con un vostro agente di nome Tetsuo Trudge, se possibile… Bene, la ringrazio!”

Attese alcuni istanti, per poi sentire una voce familiare.

“Pronto, chi parla?”

“Trudge, sono Crow Hogan! Come stai?”

“Ah, ciao Crow! Beh, non c’è male, dopo tutto il casino che è successo in città finalmente si torna a respirare la solita tranquillità. Sai, è strano sentire di nuovo le chiamate di persone che vogliono un intervento dei vigili solo per un vicino di casa che ha alzato troppo il volume della musica!” disse l’agente.

“Beh, immagino!” commentò il ragazzo abbozzando una risata.

“Allora, hai novità riguardo il tuo inserimento nelle forze di polizia? Ho un modulo con il tuo nome pronto, devi solo dare il tuo consenso e sostenere un piccolo esame e sarai dei nostri!” gli spiegò Trudge.

“Ecco, veramente ci sto pensando ancora… A dire il vero adesso ho una faccenda da sbrigare che mi richiede una certa attenzione e ho pensato di chiedere il tuo aiuto…”

“Ah, dunque si tratta di una cosa seria?” gli chiese l’uomo. “Beh, sono a tua disposizione! Parla pure!”

“Circa quattro anni fa scomparve dal Satellite una ragazza di nome Belinda Ragisa. Noi la cercammo in lungo e in largo ma non siamo mai riusciti a trovarla, finchè qualche giorno fa non l’ho ritrovata mentre tornavo a casa dal Satellite…”

“Quindi è ancora senza i validi documenti d’identità, giusto?” lo interruppe il poliziotto. “Ricordi che abbiamo fatto il censimento degli abitanti del Satellite?”

“Si, ma non è solo per questo che ti ho contattato…” continuò Crow, spiegando a Trudge gli episodi del giorno prima e narrandogli ciò che Belinda aveva raccontato ai ragazzi.

“Uhm, è una cosa alquanto strana… Sicuro che quello che dice sia vero?” domandò l’agente, un po’ dubbioso. “Sarà pur vero che questa città abbia passato problemi che non credevo fossero possibili, ma di certo non possiamo considerare reale qualsiasi racconto…”

“Capisco, però io conosco Belinda… Stava bene con noi, non si sarebbe mai allontanata. Conosceva il Satellite e le persone che lo abitano, quindi non avrebbe mai compiuto un simile gesto. Era da incoscienti e Belinda non lo è!” sostenne Crow.

“Beh, allora potremmo indagare… Potremmo partire dall’edificio in cui è stata rinchiusa la ragazza, che è un elemento del suo racconto abbastanza semplice da trovare. Sai dove si trovi?” gli chiese Trudge.

“Ecco… veramente no, però potrei farmi dire l’esatta posizione, va bene?” ammise il ragazzo.

“D’accordo, allora fammi sapere al più presto e invieremo una squadra a verificare!” rispose lui.

“Perfetto, ti ringrazio tantissimo, Tetsuo!” disse il ragazzo dai capelli arancioni, immensamente grato.

“Figurati, mi sembra il minimo dopo tutto quello che hai fatto con gli altri!” disse l’agente, riattaccando.

A quel punto non restava che parlarne con Beline. L’aiuto della ragazza era fondamentale per chiudere una volta per tutte la faccenda, sperando che i suoi incubi finissero al più presto. Non le piaceva per niente vederla soffrire, anche se gli piaceva tantissimo averla tra le braccia e proteggerla avrebbe potuto farlo anche senza che lei piangesse e avesse paura del suo passato. Un passato che rischiava di diventare presente o futuro. No, doveva essere assolutamente fermato. “Argh! Al diavolo il lavoro”, si disse. Bisognava agire in quel preciso istante.

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Capitolo 13
*** Indagini ***


Crow

Crow entrò fulmineo in casa di Martha, attirando l’attenzione di tutti i presenti che stavano facendo colazione, tra cui quella di Beline.

“Ehi, Crow, ti sei dimenticato qualcosa?” gli chiese la ragazza, seduta al tavolo che sorseggiava una tazza di latte caldo.

“Buongiorno ragazzi!” disse lui, rivolgendosi ai ragazzini di cui si prendeva cura, per poi volgere lo sguardo a Beline. “No, non ho dimenticato nulla, ma ho un lavoro molto importante da compiere e mi servirebbe il tuo aiuto…”

“Nessun problema, c’è tempo per finire di mangiare?” gli chiese, avvicinando la tazza alla bocca.

“Assolutamente! Fai con calma, piccola!” esclamò il ragazzo, realizzando poco dopo di cosa avesse appena detto. I bambini iniziarono a ridacchiare assieme a Martha, mentre Beline distolse lo sguardo con il viso rosso.

“Che figuraccia ho appena fatto…” pensò lui. Cercò di riparare al “danno” sorridendo e ridendo nervosamente. Tutta la situazione, però, non gli fece dimenticare quale fosse il suo compito: cercare di andare più a fondo nel passato della sua amica e scoprire chi fosse l’artefice. Avrebbe fatto passare le pene dell’inferno a quel bastardo che si era permesso di tenere lontana una persona importante...

Aspettò che la ragazza dai capelli viola si cambiasse mentre lui rifletteva su chi potesse essere stato, quando lei uscì dalla camera. Il suo abbigliamento consisteva in un jeans chiaro con un top nero che lasciava scoperte le spalle e delle scarpe da ginnastica dello stesso colore.

“Va… va bene se mi vesto così?” chiese lei, un po’ imbarazzata. Sebbene non fosse un outfit particolarmente estroso, Beline non aveva mai indossato qualcosa del genere e ciò poteva essere motivo di disagio per lei, abituata ad indossare abiti larghi, vecchi e strappati. Di fronte alla ragazza, però, Crow non riuscì a mantenere un’espressione indifferente. Era veramente carina, i vestiti sembravano fatti su misura per lei.

“Stai… stai benissimo…” le disse sorridendo. Sentì anche le sue guance avvampare, pensando anche al bacio che si erano scambiati la sera prima.

“Ti ringrazio!” disse, arrossendo anche lei. “A… allora, in cosa ti devo aiutare?”

Crow tornò serio.

“Senti, spero che tu non ti arrabbi perché ho fatto una cosa senza consultarti prima…” iniziò lui, facendo increspare le sopracciglia di Beline. “Però non voglio che tu soffra ancora… Ieri sera hai avuto un brutto attacco d’ansia ed era dovuto ai tuoi ricordi, perciò ho pensato di porre fine a tutto questo cercando di trovare il responsabile della tua sparizione. Tuttavia…”

Beline rilassò il viso, guardando il ragazzo e prestando attenzione a tutto quello che diceva. Un lampo di paura le attraversò il corpo ma si mantenne determinata.

“Non è semplice capire se non si hanno alcune prove… L’unica cosa da cui potremmo partire è l’edificio in cui dici di essere stata prigioniera. Siccome non so la posizione esatta ho pensato di richiedere il tuo aiuto. Sei d’accordo?”

“Certo!” rispose quasi immediatamente lei.

“Perfetto!” disse lui, prendendole le mani. “Allora andiamo subito! Ti ricordi dov’è, vero?”

“Ricordo la strada che ho fatto per arrivare al ponte… Credo di riuscirci!” sostenne Beline, riflettendo.

“Ottimo…Non perdiamo altro tempo!” esclamò Crow, sorridendole per infonderle sicurezza.

I due presero ognuno la propria moto e partirono sgommando. Crow seguiva Beline, la quale si inserì in svariate strade e vicoli. Per lei fu un’occasione perfetta per vedere come fosse cambiato il Satellite. Gli edifici che prima erano distrutti e abbandonati adesso erano in fase di ricostruzione, mentre alcuni erano già diventati palazzi in cui gli abitanti occupavano gli appartamenti piuttosto che le vie malfamate. Il loro luogo di origine stava cambiando in positivo, finalmente i desideri di Crow, Beline e tutti gli altri si stavano avverando.

“Siamo arrivati.” comunicò lei a Crow, fermandosi di fronte ad un edificio dall’aria molto vecchia. Aveva all’incirca quattro piani e presentava crepe in più punti. La vernice che lo ricopriva era ingiallita, segno che era abbandonato. Nonostante tutto, sembrava un normale palazzo, con la particolarità che l’unica via d’accesso fosse una rampa e non vi erano finestre se non ampi spazi rettangolari aperti.

“Per quanto abbia girato il Satellite in lungo e in largo, non avevo mai visto questo edificio…” commentò Crow, togliendosi il casco e posizionandolo in uno spazio al di sotto del sedile della Black Bird.

“Infatti mi ero persa per arrivare sul ponte…” sostenne debolmente lei, senza togliere lo sguardo da quello che doveva essere il luogo del suo periodo di prigionia. Le ginocchia le tremavano e si sentì mancare. Il ragazzo vide la paura nel suo corpo, per cui le si avvicinò circondandole le spalle.

“Ascolta, lo so che per te potrebbe essere difficile entrare lì… Però dobbiamo assolutamente scoprire chi ti ha tenuto qui attraverso dei possibili indizi che potremmo trovare all’interno…” le disse, rassicurandola con lievi carezze che la sua mano faceva sul braccio sinistro di lei. “Non sei da sola, ci sono io qui con te. Finchè ci sarò io non ti succederà nulla, te lo assicuro!”

Beline mise le mani sulle sue braccia, accarezzando Crow.

“V-va bene, allora entriamo…” si decise infine, avanzando verso l’ingresso del palazzo.

 

Akiza

“Accidenti, dorme un sacco il biondino… Si è impigrito venendo a Nuova Domino oppure era già così da piccolo?”

Akiza sorseggiava un caffè, seduta comodamente sul divano. Era in compagnia di Yusei e Sheila e i tre stavano scherzando tra di loro.

“Si svegliava tardi già da bambino. Ricordo che per tirarlo giù dal letto ci divertivamo a suonare le pentole!” disse Yusei, abbandonandosi ad una piccola risatina. Era bello vedere il ragazzo di Akiza lasciare le vesti del ragazzo serio di tanto in tanto e scherzare con gli altri. “Comunque, avevi bisogno di me?”

La rossa era lì per un motivo ed era arrivato il momento di dirglielo.

“Ecco…”

“Volete che vi lasci soli?” domandò educatamente Sheila, alzandosi dal divano e sgranchendosi le gambe.

“Non preoccuparti, Sheila! Se vuoi puoi restare…” le sorrise Aki.

“No no no, io vi lascio soli!” ridacchiò la sorella di Crow, voltandosi e facendo l’occhiolino alla ragazza, che ricambiò.

Sheila se ne andò, salendo le scale e tornando in camera sua, per cui il discorso che stava per intraprendere Akiza fu ripreso.

“Ti stavo dicendo… Credo di aver deciso cosa fare in futuro!”

Yusei fece un’espressione di soddisfazione e prestò attenzione a cosa stesse per dire la sua ragazza.

“Penso che tu abbia in mente le possibili idee di cui ti ho parlato tempo fa…” continuò la rossa.

“Certo, me le ricordo bene. Tra queste vi erano i servizi sociali, giusto?” domandò il ragazzo, mettendosi un dito sul mento.

“Esatto! Beh, quelle opzioni in realtà le ho scartate tutte… Ora sono assolutamente convinta di quello che ho intenzione di fare. Non si allontana molto dalle precedenti scelte, in realtà…” riprese lei.

“Fammi indovinare, vuoi diventare una dottoressa?” chiese Yusei. Akiza fu sorpresa dalla sua reazione.

“Si, ci hai preso… Ma da cosa l’hai capito?” disse lei.

“Beh, innanzitutto ti vedo bene come dottoressa… Da quando hai imparato a controllare i tuoi poteri psichici sei sempre stata disponibile ad aiutare gli altri, quindi immaginavo che potesse essere un lavoro fatto apposta per te!” esordì il giovane. “Inoltre, mi hai dato un suggerimento importante con l’ultima frase che hai detto, ovvero che fosse un qualcosa che non si discostava parecchio dalle tue idee precedenti…”

Akiza pensò che Yusei fosse un tipo perspicace. In fondo, lo era sempre stato. Riusciva sempre a capire i sentimenti delle persone e a tirare fuori il meglio di loro. Idea che si era radicata in lei dai tempi della Fortune Cup, quando, nella convinzione che nessuno la amasse e tutti la odiassero, l’unica speranza era stata un semplice ragazzo che proveniva dal Satellite che si era opposto alla mole di pesantezza che la rossa doveva sopportare ogni singolo giorno. Da allora, chi si curava più delle occhiatacce? Chi si scomponeva di fronte ai bisbigli delle persone che la conoscevano e la definivano un mostro?

“In ogni caso…” continuò Aki, con un lieve rossore sulle gote. “Voglio davvero riuscirci… So che sarà un percorso lungo e difficile, ma voglio davvero compiere questo obiettivo!”

“E ce la farai! Per te sarà una passeggiata!” la incitò Yusei. “Hai alle spalle esperienze negative che ti hanno fatto diventare inarrestabile e un’immensa forza di volontà. Per me, hai già vinto tutto!”

Akiza fu felice di sentire quelle parole, talmente felice che si gettò sul ragazzo senza pensarci per abbracciarlo.

“Grazie Yusei, se non fosse stato per te oggi non sarei quella che sono…” gli sussurrò, abbandonandosi tra le sue braccia.

Si ricomposero solo nel momento in cui sentirono un singhiozzare continuo provenire dal piano superiore.

“Ma… che cosa è successo?” domandò Yusei, stranito anche lui da quel fatto. Akiza, invece, era convinta di aver capito cosa fosse appena accaduto.

 

 

Angolo autrice

Uh, è da un bel po’ che non scrivo una piccola nota alla fine del capitolo! ^^

Dunque, questo piccolo messaggio è per avvisarvi che molto probabilmente da adesso in poi l’aggiornamento dei capitoli rallenterà un po’ :c Ciò è dovuto soprattutto a motivi personali, ma anche perché sto già lavorando a “BWID- Barian World in Danger” (nella sezione Zexal) e sto facendo una revisione generale di tutto quello che ho scritto finora per cambiare qualcosa che non mi soddisfa (tranquilli, non ci sarà un suo remake come per “My Love, My Life”, apporterò solo delle piccole modifiche di stile ai capitoli già pubblicati ^^). Lo ritengo opportuno poiché con questa fic siamo più o meno arrivati a metà della storia e diciamo che la maggior parte delle vicende successive le ho già programmate. Quindi abbiate pazienza e scusatemi ^^’

Ne approfitto per ringraziare “CyberNeoAvatar”, per le recensioni e per il supporto ricevuto in questi anni, e “Marlena_Libby” che segue la storia dietro le quinte, per così dire (ovviamente è sottinteso che io vi consigli le storie di questi due autori, mi raccomando passate da loro o vi prendo a mazzate ^^)!

Infine, in generale, ringrazio tutte le persone che seguono la storia silenziosamente. Spero che, nonostante il periodo del cavolo che stiamo passando tutti, stiate tutti bene e che siate molto più produttivi di me.

Penso di aver detto tutto! Grazie per l’ascolto e ci si vede alla prossima! ;)

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Capitolo 14
*** Piccole confessioni ***


Beline

L’interno dell’edificio appariva come un parcheggio multipiano: spazi enormi con strisce sul terreno che delimitavano i posti auto. A volte era interrotto da alcune colonne, ma per il resto sembrava un comunissimo parcheggio di un centro commerciale. Ogni piano era identico a quello precedente, nessun cambiamento. La cosa che stupì di più la ragazza, però, furono le “finestre”. Non potevano proprio descriversi come tali, non avendo alcun vetro a separare l’interno dall’esterno, ma non era quello che turbava di più la ragazza.

“Da qui entra la luce…” disse a Crow, mentre esaminavano attentamente l’ultimo piano, il quinto. “Eppure dove mi trovavo io non entrava nemmeno un raggio di sole… Il meteo non cambiava mai, non c’era la pioggia, il sole che veniva filtrato dalle nuvole… Era tutto buio…”

Durante la loro esplorazione, i due non avevano trovato alcun indizio che potesse, in qualche modo, identificare il maledetto che aveva rapito Beline quando aveva solo quattordici anni. Sempre se ci fosse stato qualcuno a compiere effettivamente quel gesto…

“È come trovare l’ago in un pagliaio… Non c’è assolutamente nulla…” parlò tra sé Crow, osservando ogni singolo centimetro di quelle grandi stanze.

Per tutto il tempo Beline aveva il timore di non essere creduta. Dopotutto erano lì da un’ora e mezza circa a cercare indizi e non avevano concluso un bel niente. Tutti i pochi oggetti che avevano fatto parte della sua prigionia erano spariti. Il fatto che i piani del palazzo fossero l’uno la copia dell’altro, poi, non aiutava di certo. Cosa avrebbero detto alla polizia?

“Eppure io ricordo perfettamente qualsiasi cosa e sono sicurissima che io sono stata qui…” pensò irrequieta. Aveva paura che uno dei suoi ricordi si insinuasse di nuovo nella sua testa, causandole ulteriori visioni.

“Beline? Non ricordi assolutamente nulla della sera in cui sei scomparsa?” le domandò il ragazzo, avvicinandosi.

“Nulla di nulla…” sussurrò lei, sconsolata. La ferita che si era procurata cadendo dalla moto si faceva risentire, bruciando lievemente sulla gamba di Beline.

Crow si voltò, continuando ad esaminare attentamente il luogo circostante. Lei proseguì nella direzione opposta, la vista annebbiata dalle lacrime che volevano uscirle dagli occhi e la rabbia che ardeva dentro di sé.

“… perché, perché…” continuava a ripetersi, quando la suola della sua scarpa incontrò una superficie bombata, diversa da quella liscia del pavimento. Tolse il piede e vide un piccolo oggetto di metallo arrugginito. Per altri poteva essere una cosa insignificante, ma quando Beline si rese conto di ciò che aveva trovato…

“CROW! Ho trovato qualcosa!” esclamò, attirando l’attenzione del ragazzo, il quale accorse.

“Cosa hai…” e fissò l’oggetto che giaceva sul pavimento. “Ma… questo è…”

“Esatto!” esclamò felice Beline. “Me lo hai regalato tu!”

 

“Uffa, ma dove mi stai portando?” domandò Beline spazientita. Aveva una benda sugli occhi ed era guidata da Crow, che la stava portando in un luogo misterioso.

“Resisti! Manca ancora poco!” la rassicurò lui, continuando a camminare mano nella mano con la ragazzina e facendo attenzione che lei non inciampasse.

“Speriamo… Sono proprio curiosa di sapere cosa ti sei inventato…” disse lei in risposta. Dopo aver percorso a piedi un tratto che per la povera bendata sembrava infinito, finalmente Crow si fermò.

“Eccoci! Ora ti puoi togliere la benda!” le disse, allontanandosi da lei e avvicinandosi al suo regalo.

“Finalmente!” esclamò lei, sciogliendo il nodo della sciarpa che le copriva gli occhi e restando esterrefatta davanti a ciò che vedeva. 

“Buon compleanno, Beline!” disse Crow, indicando la moto bianca e viola parcheggiata lì. “Allora, quante volte ti devo tirare le orecchie? Quattordici, giusto?” 

Beline ancora non ci credeva. Aveva davanti a sé la sua prima Duel Runner! Un sogno di una vita! Da quando aveva visto la Blackbird di Pearson si era innamorata di quel mondo e voleva a tutti i costi provare a diventare una duellante, magari gareggiare nei tornei di duelli turbo di cui aveva tanto sentito parlare. Avere una moto era sicuramente un grande passo avanti, le avrebbe permesso di allenarsi.

“Crow… non so davvero cosa dire…” sussurrò Beline. “L’hai fatta tu?”

“Beh, si… Pearson mi ha dato una mano prima che… ehm…” 

Gli occhi del giovane si incupirono. Erano passati pochi giorni da quel maledetto incidente e il ricordo era ancora vivo nella testa di Crow. Beline si lasciò sfuggire una lacrima, che spazzò via con un gesto del dorso della mano. Subito andò ad abbracciare il suo compagno di mille avventure.

“Grazie mille, Crow… vorrei potermi sdebitare un giorno…” gli disse, accarezzandogli i capelli.

“Oh, suvvia, non preoccuparti!” esclamò lui, riprendendo un po’ di entusiasmo. “Caspita, è il tuo compleanno e dovresti ricambiare ad un regalo? Ah, prima che mi dimentichi, ecco la chiave!”

Prese, dunque, dalla tasca dei suoi pantaloni, una chiave alla quale era attaccato un portachiavi fatto da un tappo di bottiglia di metallo colorato con le stesse sfumature di colore della moto.

“Si, anche questo l’ho fatto io!” disse Crow, indicandosi con il pollice. “Non è molto, ma è comunque un segno distintivo tutto tuo!”

Beline prese la chiave con entrambe le mani e le esaminò attentamente. Avrebbe fatto di tutto pur di non perderla.

“Bene, torniamo alla base, così proviamo anche il tuo nuovo bolide! Nei prossimi giorni ti insegnerò come si guida, va bene? In realtà è facile, tu sai andare in bicicletta… Devi tener conto che questa è una bicicletta senza pedali ma con un motore rombante!... Ah, scusami, sto divagando! Prendi, questo è il casco!”

Beline salì sulla moto, per quella volta come passeggera, e si mise il casco. Una scarica di adrenalina iniziò a correrle nelle vene. 

“Allora, sei pronta?” le domandò il giovane. “Reggiti bene a me, si parte!”

La moto partì con una sgommata e poco dopo si ritrovarono sulla strada verso casa, con il vento che picchiava forte sulla loro pelle. 

 

“Se è qui significa solo una cosa…” disse Crow, prendendo il tappo di bottiglia fra le mani. “Siamo nel posto giusto e tu sei stata qui…”

“Esattamente…” sussurrò lei.

“Beh, prove o non prove ti credo comunque. Purtroppo la polizia tende ad essere più scettica di me… In ogni caso, adesso avviso in centrale che possono venire qui, va bene?”

“D’accordo!” annuì Beline.

Crow le sorrise, circondandola con un braccio e lasciandole un bacio sulla tempia, tenendosi vicino a lei mentre componeva il numero di Trudge.

 

Jack

“Ehi, Jack! Buongiorno!”

La voce di Sheila fece sobbalzare il biondo. Normale, si era svegliato da poco, aveva aperto la porta della sua stanza e proprio in quell’istante aveva sentito quelle due esclamazioni. Nonostante ciò, non si scompose.

“Buongiorno a te, gemella di Crow.” Le rispose, abbozzando un sorriso sghembo. “A proposito di Crow… Per caso è tornato?”

“Ehm, non ancora… A quest’ora dovrebbe anche lavorare…” disse lei, guardandosi intorno. “C-comunque, Jack, forse non sarà il momento ideale… ma avrei bisogno di dirti una cosa importante…”

Lo sguardò di Jack squadrò Sheila.

“Cosa mi dovrà mai dire?” pensò, sistemandosi una ciocca dietro l’orecchio.

“Scusami, se vuoi fai prima colazione…” iniziò a dire lei, ma Jack la interruppe.

“Stai tranquilla, la colazione può aspettare!” esclamò Jack, conducendola nella sua stanza.

I due si sedettero sul letto, l’uno di fronte l’altra. Sheila sembrava abbastanza nervosa.

“Ehi, che succede? Qualsiasi cosa devi dirmi, non preoccuparti!” la tranquillizzò Jack, notando il suo comportamento strano.

“Scusami… è che non so come potresti reagire…”

“A cosa?” le chiese lui, con una mano sulla sua spalla.

Sheila trasse un respiro profondo, mentre tremava leggermente e sembrava sull’orlo delle lacrime.

“Ecco… Questa è una cosa che non ho mai detto a nessuno… Più che altro perché solo recentemente l’ho capito… Prima non mi ponevo affatto il problema perché non provavo attrazioni sentimentali per nessuno… Il massimo era una profonda stima e affetto, ma mai al punto di innamorarmi di qualcuno. Devo dire che mi sentivo strana, non avevo mai capito il perché… Finchè…”

Jack rimase in silenzio, guardandola comprensivo. Non aveva idea di dove volesse andare a parare, ma il suo cuore sperava che dicesse quelle parole che voleva sentirsi dire da lei.

“…finchè ho capito di essere anormale, credo. Insomma, non sono come voi a cui piacciono…”

Jack abbassò lo sguardo, per poi tornare a guardarla negli occhi e prendendole le mani.

“…le persone del sesso opposto al vostro…”

In quel momento il cuore di Jack non si spezzò, ma sentì una piccola crepa formarsi sopra. Sheila non avrebbe mai potuto amarlo. Gli occhi del ragazzo non riuscirono a reggere lo sguardo della ragazza di fronte a lui. Come aveva fatto a non capirlo sin da subito?

“Volevo dirtelo perchè, nonostante tutto, sei sempre stato un buon amico e so che tra me e te c’è un ottimo legame… Spero solo che la percezione che tu hai di me non cambi dopo questa… ehm, confessione…”

Jack continuò a tenere lo sguardo fisso verso il basso. A quel punto Sheila scoppiò a piangere.

“Mi dispiace, Jack…” singhiozzò rumorosamente. Il ragazzo, a quel punto, abbracciò la sorella del suo amico.

“Non devi piangere, non è colpa tua. Il tuo modo di essere non è un crimine…”

“Si, ma…” disse lei, sciogliendosi dall’abbraccio e asciugandosi le lacrime con il palmo della mano. “Dovevo dirvelo prima… Avevo paura…”

“E di cosa?” ridacchiò Jack, cercando di riprendersi un po’. “Rimani comunque la nostra Carota preferita, Sheila!”

Sheila rise per il nomignolo.

“Avresti dovuto dircelo prima, effettivamente… Adesso sai che puoi fidarti di noi!” disse Jack, positivo.

“Cavolo, mi stupisco di me stesso. Ho appena scoperto che una cotta che ho e che dura da anni è lesbica… Eppure sto bene… Certo, potrei stare meglio, ma sono comunque stupito!”

“Hai totalmente ragione, però ero maledettamente confusa… Avevo anche paura della vostra reazione…” disse Sheila, con le mani sul viso.

“Tuo fratello lo sa?” chiese Jack, ricevendo da lei una scossa di capo come risposta.

“Ho paura di dirglielo… Anche se adesso mi sento meglio… Sono contenta che tu mi accetti, stupido!” disse poi, sorridendo.

Jack ricambiò il sorriso. Si sentiva un po’ deluso dalla notizia, ma ciò non cambiava l’affetto che aveva sempre provato per la sua sorellina acquisita. Sentì che questa chiacchierata aveva unito di più il loro legame. Sarebbe sempre stato un legame fraterno, ma per Jack andava bene lo stesso. Se Sheila era felice in quel modo, lo era anche lui.

“È bello avere qualcos'altro in comune!” disse scherzosamente Jack, uscendo dalla stanza, seguito dalla ragazza.

“Cavolo, è vero! Dimenticavo che anche a te non piace il pesce!” lo stuzzicò lei.

“Sempre la solita…” pensò il ragazzo, scendendo le scale.

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Capitolo 15
*** Pazienza in commissariato ***


Beline

"Allora, ragazzi, come penso sappiate, non vi ho convocato qui solo per il censimento di Belinda..."

Crow e Belinda si trovavano al commissariato di Nuova Domino, dopo essere stati convocati da Trudge e Mina in merito alle indagini svolte pochi giorni fa.

"Avete trovato qualcosa di interessante?" domandò Crow, poggiando una mano sul tavolo dell'ufficio. 

"Dunque, abbiamo setacciato l'edificio in lungo e in largo, ma non abbiamo trovato assolutamente nulla che potesse ricollegarsi a quanto raccontato dalla signorina Ragisa." disse Mina, seria e quasi dispiaciuta. Beline si sentì una stretta al cuore e voleva quasi piangere. Si chiedeva se avrebbe mai scoperto la verità su quello che le era successo in passato. Visti gli ultimi sviluppi, però, sembrava un capitolo della sua vita che non si sarebbe mai chiuso.

"Nemmeno materiale medico?" chiese il suo accompagnatore. "Beline si ricorda che le facevano iniezioni..."

"Abbiamo trovato delle siringhe, che però erano appartenute a dei tossicodipendenti. C'erano tracce di DNA di quelle sostanze..." disse Trudge.

"Accidenti..." commentò il rosso, palesemente deluso.

"Tuttavia abbiamo controllato i nostri archivi del Satellite, in particolare quelli corrispondenti agli anni della scomparsa di Beline e indovinate un po'? Beline non era l'unica persona del Satellite di cui si erano perse le tracce!" esordì Trudge.

Beline sollevò lo sguardo, un barlume di speranza le illuminò gli occhi. Forse c'era un modo...

"Dove sono adesso queste persone?" domandò timidamente Beline. "Cioè... sono state ritrovate?"

Mina incrociò le braccia.

"Alcune di loro sì, altre invece sono ancora disperse... Purtroppo però sembra che chi si è ripresentato non abbia alcuna intenzione di parlare di ciò che è successo durante la loro assenza." disse poi. "La cosa strana è che quasi tutti utilizzano la stessa scusa: l'amnesia. Nessuno ricorda gli avvenimenti dei precedenti anni. Un blackout di massa!" 

"Noi abbiamo il sospetto che alcuni di loro mentano... Eppure nelle loro sezioni c'è scritto chiaramente che hanno un'amnesia clinicamente diagnosticata. Alcuni sono stati persino sottoposti alla macchina della verità, ma nemmeno ciò non ha portato a dei risultati positivi..." continuò il poliziotto. "Ci tengo a dire che le persone in questione non sono un paio, ma almeno una decina!"

"Insomma, la faccenda puzza..." esordì anche Crow. "Voglio dire, il periodo di sparizione è pressoché lo stesso, nessuno si ricorda nulla... Non ha senso!"

"Per questo abbiamo deciso di avviare un'indagine più approfondita, cercando di strappare qualche indizio da parte di queste persone. Ovviamente, Belinda..." disse Mina, attirando l'attenzione della ragazza, immersa nei suoi pensieri ma senza perdersi il discorso. "Dovremo interrogare anche te e tu dovrai dirci tutto quello che ti ricordi. Ti è chiaro?"

Beline annuì decisa. 

“Bene! Crow, puoi aspettare fuori.” disse poi Mina, conducendo il giovane fuori dall’ufficio.

“Ehi, aspettate!” protestò lui. “Vorrei un attimo-”

Non fece in tempo a terminare la frase che subito la porta gli si chiuse davanti, lasciandolo ammutolito e anche un po’ nervoso. Avrebbe voluto rassicurare Belinda, sapeva che lei fosse una ragazza particolarmente fragile, specie dopo tutto quello che aveva passato. Diede un lieve pugno al muro.

“Crow, allora?”

Una voce familiare attirò la sua attenzione, facendolo voltare. Nulla di cui preoccuparsi, era solo Yusei. Mano nella mano con Akiza, i due avevano accompagnato i loro amici alla stazione di polizia, aspettando nella sala d’attesa. L’ambiente era particolarmente spoglio e deprimente: solo mura bianche, che di tanto in tanto erano decorate con dei poster che inneggiavano a denunciare crimini e a non commetterli, e delle sedie di metallo attaccate tra loro. 

“Adesso dovrebbero interrogarla. Spero che non siano troppo duri con lei…” rispose il ragazzo dai capelli arancioni, mettendosi una mano nei capelli. Era evidente la sua preoccupazione, non solo nelle parole ma anche nei gesti. Non riusciva a stare fermo con le gambe e questa cosa diede fastidio alla rossa.

“Crow, calmati!” esclamò, con un tono passivo-aggressivo. “Se la caverà, è una ragazza coraggiosa.”

“Ha ragione!” aggiunse Yusei. “Non preoccuparti, conosciamo Trudge e Mina, faranno molto bene il loro lavoro!”

Le parole confortarono un po’ Crow, anche se ancora si sentiva in ansia per Beline. Decise, quindi di sedersi e raccontare quel dialogo che si era scambiato con i due agenti e la sua metà.

“Uhm… Chissà che legame avevano tutti quei ragazzi per essere scomparsi insieme…” commentò Yusei, grattandosi il mento.

“L’unica cosa che diamo per certa è che vengono tutti dal Satellite. Neanche uno degli scomparsi, invece, era residente nella grande città…” sospirò Crow. “Ancora una volta, il Satellite preso di mira…”

Notò che Akiza aveva cambiato espressione quando si era menzionato il Satellite, dettaglio a cui non diede importanza poiché la sua mente era un subbuglio di pensieri.

I ragazzi attesero più o meno in silenzio che l’interrogatorio finisse, mentre udivano conversazioni tra il personale e alcuni cittadini che venivano a costituirsi o a denunciare. L’attesa era frustrante, quanto tempo era passato? Mezz’ora? Un’ora? Due ore? Crow era sempre più irritato.

“Quanto hanno intenzione di tenerla chiusa lì?!” si spazientì poi, alzandosi di scatto e dirigendosi verso la porta di quell’ufficio. Akiza si alzò con lui e lo prese per un braccio, trattenendolo dal fare una sciocchezza.

“Ogni cosa ha il suo tempo, stupido!” disse, rabbiosa. “Stai tranquillo, cavolo! Ringrazia che non abbiano deciso di lasciarla andare dopo solo un quarto d’ora di domande!” 

“Si, ma-”

“Niente ‘ma’! Ora come ora è meglio ricavare quante più informazioni possibili…” lo interruppe, trascinandolo e riportandolo al punto di partenza. “Quindi, per l’amor del cielo, stai fermo e zitto!”

Crow balbettò qualcosa, palesemente arrabbiato, e incrociò le braccia. Akiza però aveva ragione, quindi si rassegnò e attese ulteriormente.

Dopo quella che per il giovane fu un’infinità di tempo, finalmente la porta dell’ufficio si aprì e ne uscirono tutti e tre. 

“Eccomi qui!” esclamò Belinda, avvicinandosi ai ragazzi.

“Ehi, tutto bene?” le domandò premuroso Crow, abbracciandola. “Ti hanno fatto domande strane?”

“No, mi hanno chiesto di raccontare tutto quello che vedevo nelle mie allucinazioni e di descrivere ogni singolo dettaglio.” rispose, ricambiando l’abbraccio. 

“Belinda, ti ringraziamo tantissimo per esserti aperta a noi. Se dovessi ricordarti qualcos’altro, per favore non esitare a contattarci…” disse Mina, con un mezzo sorriso.

“Lo farò! Grazie a voi, piuttosto!” esclamò raggiante, staccandosi da Crow. “Speriamo di risolvere subito la faccenda!”

I ragazzi salutarono gli agenti.

“Ragazzi, aspettatemi fuori, vengo subito!” esclamò Akiza, girandosi e richiamando i poliziotti.

“Va bene, ma cosa devi fare?” domandò Yusei, effettivamente un po’ stranito da quella richiesta. 

“Devo… ehm, parlare un attimo con Trudge…” rispose distrattamente, prima che potessero sottoporla ad ulteriori questioni. 

 

Sheila

“Jack, esco un attimo!”

Sheila e il biondo, intanto, erano rimasti a Poppo Time. 

“Cosa vai a fare, di preciso?” la interrogò Jack, scrutandola da lontano. I capelli ribelli erano stati raccolti in una crocchia, mentre indossava un jeans chiaro e una maglietta grigia. Ai piedi, scarpe da ginnastica nere. Insomma, un abbigliamento semplice.

“Vado a fare un po’ di spesa, voglio cucinare qualcosa di buono oggi!” sorrise, aprendo la porta di casa.

“Ok, ma se farà schifo poi mi senti!” la prese in giro il ragazzo. 

“Tu farai schifo, semmai!” rispose lei a tono, ridacchiando. 

“Ah, puoi comprare anche dieci confezioni di spaghetti istantanei?” le domandò. “Però che siano di questa marca!”

“Va ben- EH?! Dieci confezioni?!” domandò lei stupita, mentre il ragazzo le fece vedere una coppetta di ramen vuota, che indicava la marca. 

“Proprio così! Sto a dieta, quindi solo dieci andranno benissimo!” esclamò lui.

“Tu sei fuori.” sibilò, chiudendo la porta e facendo un sospiro.

“Ecco perché mio fratello mi diceva di non assecondare mai il Re dei Duelli…” pensò esasperata, mentre si incamminava verso il supermercato più vicino.

Mentre passeggiava, si godette l’aria estiva e l’atmosfera della città. Trovandosi in periferia e non in pieno centro, trovò quasi familiare l’ambiente. Vedeva un sacco di famiglie per strada che camminavano allegramente.

“Fanno bene a godersi questa bella giornata!” pensò spensierata. “Allora, sono quasi arrivata, devo solo-”

Proprio in quel momento non vide più nulla. Si sentiva stringere il collo da una specie di tessuto, che le chiudeva la gola facendola respirare a fatica. Non riuscì nemmeno ad urlare, provò a divincolarsi e a tirare calci al suo possibile aggressore, ma ben presto fu bloccata da altre mani, che legarono i suoi polsi e la trascinarono chissà dove. 

“Lasciatemi!” urlò, ma la sua voce rimbalzò sulle pareti di quello che doveva essere un vicolo. “Aiuto!”

Nessuno la sentì. Nessuno accorse. Sentiva che sarebbe arrivata la fine. Chi mai avrebbe voluto rapirla?

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Capitolo 16
*** Un'altra vittima? ***


Sheila

La sorella di Crow continuò a dimenarsi, cercando di liberarsi dai presunti assalitori che la tenevano prigioniera. Il suo sedere si poggiò su una superficie solida, così come anche la sua schiena. Avrebbe voluto chiudere aiuto, urlare e cercare di farsi sentire, ma ormai la sua voce era ridotta ad uno spiraglio d'aria che emetteva un debole suono. La gola le bruciava dannatamente ed era terribilmente affannata. Ci erano riusciti, l'avevano fatta stancare. Ora chissà quale allineamento planetario avrebbe potuto tirarla fuori da quella situazione...

"Smettila!" esclamò una delle voci. Era calda e pareva appartenere ad una ragazza. A Sheila venne in mente di protestare, ma non sapeva proprio con chi avesse a che fare. Poteva trattarsi di criminali che avevano una pazienza molto scarsa, bastava dire una parola e l'avrebbero fatta fuori. Accidenti, se solo l'esperienza della cella le avesse insegnato cosa fare in queste situazioni... 

"Toglietele il cappuccio!" disse la stessa voce di prima. Una mano si poggio sulla testa di lei e si sentì tirare il collo verso l'altro. Finalmente ci vedeva! Come aveva previsto, si ritrovava in un vicolo buio, legata ad una sedia davanti a tre persone giovani. Dovevano avere la stessa età della ragazza. C'erano due femmine, una finta bionda con gli occhi neri freddi con il marmo e il rossetto sbavato e l'altra con gli occhiali da sole, i capelli di un verde scolorito e un marchio della Struttura che le attraversava l'occhio destro. C'era anche una terza persona, un ragazzo alto, di costituzione molto magra, che aveva la pelle pallida e gli occhi azzurri, incorniciati da dei riccioli castani. Tutti e tre vestiti con abiti molto vecchi e trasandati, la guardavano seri.

"Chi cazzo siete... e cosa volete da me?!" domandò rabbiosa Sheila con voce rauca. Quel trio continuava a fissarla. Vedendo che nessuno osava dire una parola, proseguì. "Allora?! Avete intenzione... di dirmi..."

Si fermò per tossire e riprendere fiato. Era troppo confusa, non sapeva se quelle gocce che scendevano lentamente le guance erano sudore o lacrime. 

"Calmati, non c'è bisogno di reagire in questo modo!" disse la bionda. 

"Mi avete letteralmente rapito e io dovrei anche starmi zitta?! Brutta..." la maledisse mentalmente la sorella di Crow. 

"Ascolta..." disse dolcemente l'altra ragazza, accovacciandosi per guardare in faccia Sheila. "Noi siamo qui per un motivo ben preciso... I nostri modi potrebbero esserti sembrati bruschi e ci vogliamo scusare, ma vogliamo assicurarci che tu collabori..."

"Ovvero?" domandò la ragazza legata. "Giuro su chi volete voi che se non è una motivazione giusta vi spacco la faccia."

La ragazza con i capelli verdi chiuse gli occhi, tornando ad alzarsi.

"Senti, Sheila..." continuò poi. Un momento, come faceva a sapere il suo nome?

"Vedo che sapete come mi chiamo, ma io non so proprio chi siete voi!" ribatté Sheila, alzando un sopracciglio.

La biondina dal rossetto sbavato (dettaglio alquanto fastidioso per Sheila, nonostante a lei importasse ben poco il maquillage) prese di nuovo parola.

"Io sono Tabitha, lei è Liyan e lui invece si chiama Hugo..." disse velocemente, indicando ogni singolo membro della banda. "Tu sei Sheila Hogan... Uhm, vedo che abbiamo preso la persona giusta. Sai che figuraccia se alla fine fossi stata... Che ne so, Rosa, Lyla o un qualsiasi nome a caso!" 

Quella Tabitha stava davvero iniziando a farla innervosire. 

"Dunque, cari Tabitha, Liyan e Hugo, come fate a sapere il mio nome, per giunta anche completo?!" domandò a tutti e tre, fissando in particolare quella con gli occhiali da sole con i suoi occhi grigi.

"Ecco, diciamo che in questi giorni vi abbiamo... Come dire, spiato." disse la biondina. "In un certo senso ci ha anche aiutato lui."

Indicò il ragazzo riccioluto, che non aveva ancora detto nulla. Sheila notò il suo sguardo perso nel vuoto, come se fosse sempre pensieroso. Aveva grandi occhiaie scure sotto i suoi occhi e guardava verso il basso.

"Che guardoni, fantastico!" disse ironicamente Sheila, strattonando la corda che teneva legati i polsi dietro la sedia. "Cosa volete da noi? Siete fan di Jack Atlas e volevate un autografo? Ci sono modi e modi di chiederli, sapete?"

"Non credo che sia il caso di scherzare, carina!" esclamò Tabitha, avvicinandosi a lei e venendo bloccata da Hugo per un braccio. 

Liyan continuò.

"Ascolta, Sheila, lo so che la situazione ti sembrerà strana, ma abbiamo bisogno di sapere un'informazione importante... Come si chiama quella ragazza dai capelli viola che era in compagnia di Crow per le vie del Satellite?"

Sheila strabuzzò per un attimo gli occhi, per poi scoppiare in una risata.

"Hahahahaha! Dunque una di voi vuole farsi mio fratello e quindi siete gelose!" disse, sbattendo i piedi per terra in preda all'ilarità. Insomma, cos'è che aveva pensato riguardo al non provocare nessuno?

"Adesso basta!" urlò Tabitha, trattenuta dal ragazzo. "Se non la smetti, oltre a quel segno giallo, avrai anche una bella cicatrice sull'altro occhio. Che ne pensi?"

Sheila la osservò senza paura. Non era la prima minaccia che le facevano durante la sua vita, quindi le venne quasi da ridacchiare. 

"Dilettante..." commentò lei nel suo cervello. 

"Allora, Sheila... Non abbiamo alcuna intenzione di farti male, anzi, crediamo che possiamo aiutarci a vicenda. Anche quella ragazza è andata dispersa in questi ultimi anni?" le domandò Liyan. A quel punto Sheila tornò seria. Il fatto che sapessero della sparizione di Belinda la incuriosì. Alla sua risposta affermativa, il volto di Hugo si alzò leggermente.

"Bene, dobbiamo dirti un paio di cose..." continuò la mora, togliendosi gli occhiali e rivelando un paio di occhi blu notte. "Hugo è un nostro amico di infanzia quando vivevamo al Satellite. Proprio come la tua amica, è scomparso misteriosamente circa quattro anni fa. Abbiamo cercato letteralmente ovunque, persino a Nuova Domino, ma non lo abbiamo mai trovato... Finché..."

"Finché non è ricomparso..." continuò Sheila. Si, proprio come era successo a Belinda. 

"Proprio così!" si intromise Tabitha, più calma di prima. "Il fatto è che... da quando ci siamo ricongiunti lui non è più lo stesso. Prima era un ragazzo molto allegro, giocoso e scherzoso, adesso invece è come se fosse traumatizzato. Non vuole dirci cosa gli sia successo, però... Non ricorda nulla..."

Sheila osservò Hugo. Quale destino crudele lo aveva afflitto? Eppure la situazione le era molto familiare...

"Per cercare di risollevargli il morale, lo abbiamo condotto a fare un giro del Satellite e Nuova Domino. Durante il tragitto, però, si è mostrato particolarmente interessato a quella ragazza dai riccioli viola... Come se gli fosse venuto un flash..." raccontò Liyan. "Abbiamo visto lei e Crow Hogan davanti ad un parcheggio multipiano, poi è arrivata la polizia e ci siamo allontanati da lì. In questi giorni abbiamo indagato e siamo arrivati anche a te..."

Sheila ascoltò attentamente.

“Pensate che i due eventi siano collegati?” domandò poi, rilassandosi sulla sedia. “Cioè, credete che…”

“Forse, se tu ci dicessi il nome della tua amica, Hugo potrebbe ricordare qualcosa…” la interruppe Tabitha. La sorella di Crow cercò di incontrare lo sguardo di Hugo.

“Ehi, ragazzo…” provò ad attirare la sua attenzione, ma lui continuava a guardare in basso. “Il nome ‘Belinda’ ti ricorda qualcosa?”

Come nominò la ragazza, Hugo sollevò la testa. 

“‘Belinda’…” ripeté lui, dondolandosi in avanti. “Mi… ricorda qualcosa…”

Sheila pensò di star facendo la cosa giusta. Sperava solo che quei ragazzi non volessero fregarla in qualche modo. Lo sguardo di Hugo, eppure… Le dispiaceva… Cosa avrebbe avuto da perdere? Dopotutto se Hugo aveva notato la sua amica ci sarà un motivo… Forse…

“Ragazzi, ascoltatemi attentamente…” esordì. “Voglio condurvi dalla mia amica… Però vi avverto, un passo falso e nessuno di voi tre tornerà a casa!”

Le due ragazze annuirono.

“Abbiamo una macchina, possiamo usare quella per arrivare sul posto!” esclamo Liyan, avvicinandosi a Sheila per slegarla. Finalmente si sentì libera, le bruciavano i polsi e le caviglie. Ebbe l’impulso di scappare, ma la sua mente subito si liberò di quel pensiero. Se c’era un modo per aiutare Belinda e anche qualcun altro, doveva andare fino in fondo alla faccenda. Era sicura che anche suo fratello, Crow, avrebbe fatto la stessa cosa…

… e a tal proposito, doveva ancora dirgli del suo orientamento. 

 

Akiza

“Ehi, Trudge!” 

Il detective si voltò. Davanti a lui si ritrovò Akiza.

“Izinski! Che piacere vederti!” esclamò lui, felice. “Come va?”

“Bene…” rispose lei, senza girarci intorno poi fece una domanda. “Volevo chiederti una cosa a proposito di quello su cui state indagando…”

Il poliziotto assunse un’aria seria.

“Akiza, devi capire che stiamo conducendo indagini e non possiamo rivelare molto… Finché non abbiamo certezze assolute, il tutto è top secret ed è vietato divulgarlo…” rispose, freddo. “Potrei dirti qualcosa a riguardo, ma dipende da quello che vuoi sapere…”

Lei insistette. 

“Forse posso aiutarvi fornendovi un dettaglio che ricordo, anche se non so quanto possa essere collegato alla sparizione di Beline e degli altri…” disse, con una mano sul mento. “Potrei sapere i nomi di alcune di queste persone?”

Trudge la squadrò, pensando attentamente alla parole della rossa.

“In che senso ‘che ricordi’?” le domandò. 

Akiza sospirò. Era il caso di riportare a galla uno di quei ricordi che l’avevano tormentata? In quel periodo era convinta di stare bene in quel luogo, ma era tutta un’illusione. Nonostante vivesse nell’ignoranza, non aveva fatto a meno di notare qualcosa che non andava. Nei corridoi si parlava di esperimenti su alcune persone… Non ci pensò una seconda volta.

“Non so quanto possa essere d’aiuto…” cominciò, chiudendo gli occhi. “Tutto questo mi ricorda quanto si diceva nel Movimento Arcadia…”

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Capitolo 17
*** Ritorno al passato ***


Akiza

Trudge strabuzzò gli occhi. 

"Sul serio?" domandò, con una mano nei capelli. "Pensavo davvero che quel capitolo fosse chiuso..."

Anche Akiza ci sperava, a dirla tutta, ma se le due cose fossero state collegate... Si era ripromessa di aiutare chiunque avesse sofferto per colpa di Sayer e quel movimento di merda, anche se dopo quelle vicissitudini non aveva più rivisto le persone coinvolte. Li aveva persi di vista. Ancora non era certa di sapere se fosse un bene o un male, però. Aveva stretto alcune amicizie lì, ma il ricordo di quanto aveva passato le doleva e forse avere ancora a che fare con quelle persone non le avrebbe mai permesso di rifarsi una vita. 

"Allora dimmi tutto quello che sai, Akiza!" esclamò il poliziotto, invitando la ragazza a parlare. 

"Vorrei iniziare dicendo che non ho la certezza assoluta della veridicità di quanto ho sentito..." sussurrò lei. In fondo era così, poteva anche trattarsi di qualche falsità messa in giro da qualcuno che, sopraffatto dai suoi stessi poteri psichici, delirava.

"Non importa, attualmente non abbiamo molte piste da seguire, quindi ci viene un po' difficile partire da zero." la rassicurò Trudge. "Magari dal tuo racconto e dalle successive indagini potrebbe venir fuori qualcos'altro. La cosa migliore da fare è iniziare, si potrebbe dire!"

L'agente aveva ragione, anche se Aki si augurava che il caso si chiudesse il prima possibile. Quindi iniziò ad esprimere i suoi ricordi a voce...

"Quando ero parte del Movimento Arcadia, c'erano alcuni ragazzi che dicevano di aver sentito alcuni scienziati parlare di un progetto. A quanto sembra, il loro obiettivo era quello di prelevare delle persone provenienti dal Satellite, meglio se bambini o giovanissimi. Si diceva che catturavano chiunque, anche chi non aveva nessuna traccia di poteri psichici..."

Si fermò, pensando all'espressione corrucciata di Trudge. "Senza dubbio si ricorda cosa veniva fatto a quelle povere anime che finivano lì..." disse tra sé. 

"A quale scopo?" domandò l'agente, scuotendo il capo contrariato. La ragazza non seppe cosa dire. Tante possibilità aveva in testa, tutte troppo dolorose per essere espresse...

"C'è solo una cosa che non mi torna... Il movimento è stato smantellato qualche anno fa..." rifletté lui, sospettoso. "Mettendo il caso che Belinda fosse uno di questi esperimenti, come mai la sua presenza si è fatta sentire solo ora?" 

Anche in quel momento, Akiza rimase in silenzio. In effetti era vero, quell'organizzazione ormai si poteva considerare chiusa da un pezzo... A meno che... No, non poteva essere...

"E se qualcuno di loro avesse voluto continuare quello... che Sayer..." mormorò Aki, tremando e non riuscendo a completare la frase. Trudge si accorse del disagio della ragazza e la rassicurò.

"Akiza, non temere. Noi indagheremo, può darsi che alla fine non sia davvero così..." le disse, con una mano confortante sulla spalla. Lei cercò di mantenere la calma, riuscendoci solo all'apparenza. Dentro di lei ardeva un fuoco di rabbia, dolore e tristezza che non volle far vedere, perciò annuì con un mezzo sorriso e si congedò da lui, dirigendosi dagli altri. Non voleva dire loro nulla, ancora insicura sul da farsi. L'unica cosa che sapeva, però, era che chiunque avesse sottoposto Belinda ed eventuali altre persone a quello schifo, doveva soffrire. Doveva pagare. 

"Aki, tutto bene?" le domandò la ragazza dai capelli viola con un velo di preoccupazione. I quattro si trovavano fuori dal commissariato, dirigendosi verso le rispettive Duel Runner. La rossa si sentì le attenzioni di tutti addosso. Non avevano tutti i torti, in effetti. Cosa avrebbe dovuto dirgli? 

"Ehm, si... Volevo fare un saluto veloce agli agenti, visto che prima non c'è stata la possibilità!" mentì lei, con un mezzo sorriso. Non voleva che si preoccupassero troppo. 

"Beh, ce ne hai messo di tempo per essere un 'saluto veloce'..." commentò Crow, guardandola in faccia. Che se ne fosse accorto?

"Ragazzi, ora che si fa?" domandò Yusei, cambiando argomento. 

"Ora dovremo aspettare eventuali aggiornamenti, se serve verremo contattati..." rispose Crow, incrociando le braccia. "Per lo meno adesso Beline può essere perseguibile dalla legge..."

La ragazza, sentendosi chiamare in causa, rispose.

"Come se io me ne andassi in giro a rubare carte sequestrate..." lo punzecchiò lei, con una piccola risatina. 

"Ehi, quello lo facevo un po' di anni fa!" ribatté lui, ridacchiando nervosamente. 

Akiza sorrise vedendo la scena, per poi notare l'espressione d'intesa di Yusei. 

 

Beline

"Accidenti, potresti andare più piano?!" urlò Beline, reggendosi forte alla schiena di Crow, che correva come un pazzo per le vie di Nuova Domino.

"Né io né la Blackbird siamo fatti per andare piano, cara!" rispose lui, beffardo. Lei non era una tipa particolarmente violenta, ma in quel momento era sicura di una sola cosa: quando sarebbero entrambi scesi dalla moto, niente avrebbe potuto esonerare Crow dal ricevere un pugno dritto su quella zucca vuota. 

“Io non so come abbia fatto ad avere così pochi incidenti in tutto quest’arco di tempo…” pensò, rassegnandosi. Dopotutto non le restava che fidarsi di lui… 

“Comunque… pensi che alla fine troveremo il responsabile?” gli domandò, stringendo la presa su di lui mentre il ragazzo compiva sorpassi su sorpassi.

“Lo spero davvero… Dobbiamo affidarci ai nostri amici agenti.” Le rispose lui, quasi urlando poiché la moto era molto rumorosa e copriva qualsiasi suono, comprese le loro voci. 

Beline rimase in silenzio. Certo, non metteva in dubbio l’esperienza di Trudge e Mina, di sicuro c’era altro che lei avrebbe potuto fare per aiutarli… Il problema era che non ricordava proprio nulla se non dei flash provenienti da allucinazioni varie… In quel momento, con la memoria attuale, non sarebbe stata di ulteriore aiuto. Provava fastidio solo a pensarci e in quel momento l’unica persona a tenere accesa la sua speranza era Crow, che assieme al resto del gruppo facevano di tutto pur di ottenere risposte. 

“Stai tranquilla, Beline, li conosco e sono degli ottimi investigatori. Te lo posso garantire!” la rassicurò il ragazzo, mentre imboccava l’ennesima strada per poi dirigersi verso il Ponte Dedalo. Lei guardava quella enorme distesa di acqua salata che era il mare, osservando attentamente le onde che si formavano e diventavano dei piccoli sprazzi di bianco in quel blu infinito. 

“Quando sarà finito tutto questo, che ne dici se andiamo al mare?” propose poi, rivolgendosi a Crow. 

“Certo! Mi piacerebbe molto!” esclamò contento il ragazzo.

 

Arrivati davanti alla casa di Martha, dove risiedeva lei, si trovarono di fronte a qualcosa di inaspettato. A fianco alla Lavender Sky era parcheggiata un auto non ben identificata, appoggiati alla quale vi erano tre ragazzi di diverso aspetto. 

“E quelli chi sono?” domandò Crow sospettoso, mentre si avvicinava lentamente. Il rombo del motore parve cogliere l’attenzione di quei tre, che immediatamente guardarono nella sua direzione. Beline li squadrò: erano due ragazze e un ragazzo, tutti molto giovani. Dovevano avere la sua stessa età. 

“Ah, la bambolina è arrivata?” domandò la bionda dei tre, avvicinandosi alla Blackbird. Crow scese e si parò davanti ad essa.

“Chi siete voi e cosa volete?” chiese, sulla difensiva. 

Beline si tolse il casco, rivelando il suo viso agli sconosciuti. 

“Così lei è Belinda…” sussurrò la tipa, notando l’aspetto della ragazza. “Si, decisamente…”

Crow si girò verso la sua amica con occhio interrogativo. Parò un braccio davanti a lei quando vide che stava scendendo dalla moto, come per proteggerla.

“Vi ho fatto una domanda, non sviate il discorso…” sibilò lui rivolto alla bionda, iniziando a spazientirsi. “Mh… adesso vorrei anche sapere come fate a conoscerla…”

Belinda vide con la coda dell’occhio che il ragazzo del gruppo si stava avvicinando con espressione meravigliata, di stupore mista a shock. 

“Non ho mai visto queste persone…” pensò, impaurita. Eppure c’era qualcosa dentro di lei che affermava di aver già visto quel ragazzo da qualche parte. 

“Hugo…” fece l’altra ragazza, rimasta in silenzio fino a quel momento, cercando di afferrare il giovane per un braccio.

“Beline, stammi dietro!” esclamò Crow, avanzando verso quel tipo.

“FERMI TUTTI!” 

Una voce costrinse i presenti a girarsi verso la porta d’ingresso dell’edificio. Sulla soglia vi era Sheila, che velocemente si avvicinò ai presenti, arrivando davanti a suo fratello.

“Crow, ascolta…”

“Centri anche tu?” le domandò, faccia a faccia con lei. “Allora vorresti spiegarmi questa buffonata? Sai, in tre non sono riusciti a dirmi un cazzo.”

Sheila si girò furente verso la bionda, che ricambiò lo sguardo con una linguaccia, poi tornò a rivolgere l’attenzione ai due giovani appena arrivati.

“Innanzitutto, ciao!” disse, incrociando le braccia. “Seconda cosa, ciao a te, Beline! Come va?”

L’allegria della sorella acquisita calmò un po’ la tensione cresciuta dentro Belinda, che ricambiò il saluto con un cenno della mano e un occhiolino.

“E terza cosa, chi sono questi idioti?” si aggiunse la voce di Crow, indicando gli sconosciuti.

“Ecco…” fece sua sorella, quando la voce della biondina non tardò a farsi sentire.

“Ehi, idiota sarai tu!” urlò, con espressione corrucciata. 

“Ok, avete rotto le scatole, tutti quanti!” esclamò Sheila, quasi gettandosi sulla bionda e prendendola per il bavero della maglietta. “Fammi il piacere di chiudere quella bocca oppure vi rispedisco tutti e tre a calci in culo fino a Nuova Domino. Chiaro, Tabitha?”

La ragazza in questione annuì annoiata, non dicendo altro. 

“E tu, fratello…” sussurrò poi, rivolgendosi a Crow e mollando la presa su Tabitha. “Chiudi il becco o ti faccio arrosto.”

“Che paura…” rispose ironico il ragazzo, roteando gli occhi.

Sheila riprese a parlare.

“Sentite, ragazzi…” cominciò, rivolta ai due giovani appena arrivati. “Vi sembrerà assurdo, ma credo di aver trovato qualcuno che ha condiviso lo stesso inferno di Beline…” 

Beline, rimasta in silenzio, aprì la bocca stupita. Poteva essere un altro tassello al mistero che tanto la disturbava? 

“Sarebbe?” domandò il ragazzo vicino a lei, iniziando ad interessarsi al discorso di sua sorella. 

“Lui…”

L’altra ragazza si avvicinò, indicando quello che doveva chiamarsi Hugo. Beline lo guardò negli occhi, fissi su quelli viola della giovane. Aveva l’aria stanca, di chi non aveva più forze, di chi non aveva più nulla per cui vivere. In un certo senso… quell’espressione le dava empatia… i suoi pensieri infatti rallentavano… no, non era normale… cercò di riflettere ancora su chi potesse essere quel ragazzo… 

… quando intorno a lei tutto si fece nuovamente buio.

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Capitolo 18
*** Altre piccole confessioni ***


Beline

Quando aprì gli occhi, Beline si ritrovò nuovamente in quella specie di sala scura, circondata da una bolla luminosa di color azzurro chiaro. Questa lasciava intravedere l’esterno, tuttavia non faceva proprio interagire con esso. L’unica fonte luminosa, che contribuiva ben poco a quell’oscurità, era quella sorta di capsula. Diede svariati pugni alla superficie della bolla, invano. Doveva uscire da lì. 

“Perché continuo a rivivere le stesse cose?” si chiese, sussurrando e cercando una via di fuga. Lo spazio era parecchio ristretto, non poteva neppure stare in piedi. Doveva muoversi gattonando, come i bebè. Immaginava che fosse una condizione umiliante, quella. In qualche modo, era riuscita a sopravviverci per ben quattro anni. Erano passati quattro anni da allora? Non lo sapeva neppure lei, in quel frangente potevano anche essere passati dieci anni. Il tempo non esisteva. 

Le era già successo di perdere di vista la realtà e rivedere il suo passato, per cui questa volta si ripeté di aspettare fino a quando non ne sarebbe uscita. Si mise quindi a sedere. E se questa volta era davvero ritornata lì? Se fosse rimasta lì per sempre? Scacciò questi pensieri in un attimo. Tenne bene a mente l’ultima cosa che aveva visto, prima di ritrovarsi in quell’assurda visione: davanti alla casa di Martha c’erano quei ragazzi che chiedevano di lei; Crow che voleva proteggerla; Sheila che era intervenuta; lo sguardo di quel ragazzo…

Hugo… 

Improvvisamente una porta si spalancò, inondando la stanza di una luce così forte che Beline dovette pararsi gli occhi con le mani. In quella luce, l’unica cosa che vide fu la sagoma di una persona portata di peso da altre due figure. Questi passarono davanti alla bolla che teneva chiusa Beline, illuminando solo la figura al centro. E quel ragazzo che era stato trasportato, in quel momento in ginocchio, era…

“Hugo!” esclamò Beline, gettandosi sulla superficie interna della sua prigione e sbattendoci sopra il palmo per attirare l’attenzione del giovane. Quest’ultimo, però, parve non rispondere. Guardava ancora il vuoto, con le occhiaie molto pronunciate sotto gli occhi celesti. Le venne un dubbio: il ragazzo riusciva a vederla e sentirla? 

Cercò di catturare ancora lo sguardo di Hugo, quando le due figure (che, per qualche assurdo motivo, non erano riconoscibili) indicarono la capsula in cui era intrappolata Beline al ragazzo. Questi reagì alzandosi in piedi e puntando una mano aperta contro la ragazza. Era tremante, palesemente a disagio.

“Che… che cosa vuoi farmi?!” domandò lei impaurita, anche se sapeva che non avrebbe mai ottenuto una risposta. Hugo continuò ad osservarla con gli occhi svuotati di qualsiasi emozione, tremando sempre di più. Poi abbassò rapido il braccio.

“No… non… posso…” disse lui, debolmente. 

“Tu devi, sei agli ordini di…”

Una voce parlò in quel momento, ma era talmente distorta che non riuscì a capire il nome del “mandante”. Hugo scosse la testa, questa volta impaurito, mentre compiva dei passi indietro. Beline osservava la scena con un misto di curiosità e di ansia. Si stava rifiutando di seguire gli ordini di qualcuno… ma di chi?

“Basta, vi prego!” esclamò improvvisamente, con entrambe le mani sul viso, piegandosi in avanti e ricadendo al suolo, singhiozzando come se non ci fosse un domani. La ragazza in trappola provò molta pena per lui, corrucciando le sopracciglia triste. Continuava a chiedersi per quale motivo entrambi fossero lì… quando vide una delle figure tenere in mano una siringa dall’ago molto lungo. La vista di quell’oggetto turbò molto Beline, che cercò di avvisare il ragazzo.

“Hugo, scappa!” esclamò con tutta la forza che aveva nei polmoni, continuando a battere il pugno. Voleva rompere quella gabbia, ma qualsiasi cosa lei facesse parve inutile. Intanto, lo sconosciuto con la siringa si avvicinava al tipo, puntandogliela contro. L’altra figura, invece, tratteneva a terra il povero fanciullo.

“No!” protestò il ragazzo, iniziando a dimenarsi. Purtroppo la sua forza non era nulla in confronto a quella dei due tipi misteriosi, che riuscirono a iniettargli quel liquido azzurro nel suo corpo. Beline si coprì la vista, per lei era troppo. Fu orribile anche sentire le urla strazianti di Hugo, che la accompagnarono anche quando, finalmente, tornò alla realtà svegliandosi da quell’incubo.

 

Crow

Crow vide che Beline stava svenendo e riuscì a prenderla appena in tempo, prima che cadesse a terra e sbattesse la testa da qualche parte, magari vicino alla moto. Subito si preoccupò per lei.

“Beline!” esclamò, una volta tra le sue braccia. Anche Sheila si fiondò su di lei per aiutarla.

“Cosa sta succedendo?” domandò Tabitha, con un tono sorpreso e leggermente in tensione. Gli altri osservarono la scena senza dire una parola.

“Sbaglio o non era mai svenuta prima?” chiese Sheila immediatamente, infilandosi sotto il braccio della ragazza incosciente per aiutare suo fratello a portarla dentro casa.

“Esatto, le altre volte era semplicemente persa nei suoi pensieri…” mormorò Crow, facendo lo stesso con l’altro braccio. I due portarono dentro Beline, adagiandola su un divano mentre Martha si avvicinava preoccupata.

“Oh cielo… Cosa le è successo questa volta?” subito domandò. 

I due gemelli le raccontarono per filo e per segno tutto quello che era accaduto, poi la donna controllò la ragazza e appurò che non fosse in reale pericolo. Aveva semplicemente bisogno di riposare e si sarebbe ripresa, diceva. Crow uscì fuori e comunicò ai tre ragazzi che forse era il caso di andarsene.

“Non ve lo dico perché vi ritengo responsabili, sia chiaro.” spiegò lui con un atteggiamento serio. “Purtroppo Beline ne ha passate tante e sarebbe meglio se ci aggiorniamo successivamente, quando avremo ottenuto ulteriori prove.”

“Capiamo perfettamente…” sussurrò Liyan, prendendo le chiavi della sua macchina dalla tasca. “In ogni caso, ci basta sapere di avere degli alleati in questo mistero e che Hugo non era l’unico, purtroppo… Abbiamo il numero di Sheila, nel caso in cui dovessimo scoprire altro ve lo faremo sapere…”

Il giovane del Satellite annuì, sorridendo a malapena mentre i tre si allontanavano dall’abitazione di Martha. Mentre Beline riposava, anche i bambini erano curiosi e preoccupati per quello che stava succedendo. 

“State tranquilli, Beline starà bene…” li rassicurò, anche se nemmeno lui sapeva quando sarebbe realmente finita. Sicuramente sperava per il meglio, ma pareva che la situazione si complicasse ogni giorno. Si stava intrattenendo a parlare con i ragazzini per distrarsi, quando sulla soglia comparve Sheila. 

“Novità?” le domandò appena la vide. Sua sorella scosse la testa. 

“Non si è ancora svegliata… Martha dice che più riposa, meglio è.” 

“Spero solo che non stia avendo qualche incubo… Torno dentro per assicurarmi che stia-“

“C’è Martha con lei! Non preoccuparti, riposati anche tu!” lo fermò Sheila. Il giovane inizialmente la guardò male, per poi rassegnarsi e sedersi su uno degli scalini che conduceva all’ingresso. 

Sua sorella fece lo stesso, mettendosi poco distante da lui.

“Che assurdità, eh?” commentò poi. “Torno io e succedono casini!”

“Sei una calamita per le cose strane!” esclamò lui, sforzandosi di ridere. “Anche quando non c’eravate voi abbiamo passato un sacco di guai, però…”

Sheila annuì e fece un verso d’approvazione. Aveva capito perfettamente tutta la storia che gli ex-predestinati le avevano raccontato. 

“Comunque credo di non averti ancora detto che mi sei mancata un sacco, sorella!” disse, ricordandosi della ramanzina con cui l’aveva accolta quando si era fatta rivedere. “Anche se mi hai fatto incazzare troppo, tutti questi anni passati separati si sono fatti sentire pesantemente. Cercavo di non pensare a te e Beline e mi facevo vedere forte, ma sappi che ogni giorno avevo un cazzo di magone che non mi faceva quasi dormire la notte… Ero anche bravo a nasconderlo…”

“Anche tu mi sei mancato terribilmente, fratello!” sostenne lei, sorridendogli. “Avrei voluto riabbracciare te e tutti gli altri molto prima, purtroppo la sorte non è stata a mio favore… Dopo essere uscita di prigione ho comunque dovuto scontare un periodo di libertà vigilata… Chiamarla ‘libertà’ è un parolone, onestamente… Non potevo fare nulla…”

“Meglio tardi che mai, no?” disse Crow con tono rassicurante. Rimasero in silenzio per un po’, contemplando il cielo che si avviava lentamente al tramonto.

“Senti, Crow… c’è una cosa che vorrei dirti che mi sono tenuta dentro per tanto tempo… e sento di dover essere onesta con te…” 

La voce di Sheila interruppe quella quiete, facendo voltare Crow verso di lei. Il giovane assunse un’espressione incuriosita mista a preoccupazione.

“Voglio dire, tu sei mio fratello e non dovrei nasconderti una cosa del genere…” continuò lei.

“Uhm, sembra una cosa grave… Accidenti, ci mancava solo questa!” pensò lui, teso. Con tutto quello che era successo recentemente, non ci voleva un ulteriore problema. Quale poteva essere? Sheila era in realtà ricercata? Anche lei ha subito lo stesso passato di Beline? Era incinta? La sua mente pensò alle cose più improbabili!

“… penso che tu non ti farai così tanti problemi, forse lo saprai già in un certo senso…” 

“Sheila! Non girarci attorno e dimmelo subito!” esclamò lui di getto. 

Sheila rimase un po’ interdetta per la reazione del fratello, assumendo un’espressione leggermente impaurita.

“S-scusa…” le disse Crow, realizzando di aver commesso un piccolo errore. “Non volevo essere brusco, è solo che-“

“Mi piacciono le ragazze.”

Sheila terminò la frase senza dare il tempo al fratello di completare la sua. Lui la guardò negli occhi dapprima stranito, poi la sua espressione si trasformò in un sorriso, poi emise delle risatine e infine fu colto da un attacco di ilarità.

“Ehm… che hai da ridere?” domandò preoccupata lei, guardandolo stranita. “Vedi che non è uno scherzo…” 

Il ragazzo continuò a sbellicarsi dalle risate, tenendosi la pancia.

“Oh, ma che cazzo! Si può sapere perché fai così?!” si spazientì sua sorella, alzandosi in piedi.

“Per un istante… eheheh… pensavo volessi dirmi…” fece Crow, prima di scoppiare di nuovo a ridere. “Ok, dicevo… pensavo mi stessi per dire che tu fossi incinta!”

Sheila lo osservò mentre emetteva ulteriori risate, per poi aggiungersi a quel concerto ridendo a sua volta. Continuarono in quel modo per circa cinque minuti, prima di calmarsi e parlare seriamente. Sheila si risedette per terra.

“Mi hai fatto spaventare, per quello ho riso!” esclamò lui. “Sarà la tensione accumulata in questi giorni…”

“Capisco… Quindi non ci sono problemi per-“ 

“Vuoi scherzare?!” la fermò Crow. “Capisco che la cosa non venga vista di buon occhio, ma con me e gli altri puoi stare tranquilla. Garantito!” 

Lui le mise una mano nei capelli, strofinandole la testa.

“Smettila!” protestò lei, stizzita. Nonostante quel piccolo scherzo, riusciva a vedere sua sorella serena.

“Ragazzi!” esclamò Martha dall’interno dell’edificio domestico. “Beline si è svegliata!”

 

Angolo autrice

E rieccoci qui con un altro angolo autore!

Stavolta nulla di nuovo da segnalare, rinnovo l’avviso precedente in cui dicevo che forse l’aggiornamento rallenterà (visto che la volta scorsa l’avevo detto ma bene o male ho rispettato i miei normali tempi di pubblicazione… finora xD). Le motivazioni sono le stesse, quindi il fatto di dover anche lavorare a “BWID” a cui si aggiunge una poca ispirazione (che mi ha portato a scrivere tutt’altro, sia che ho postato sul sito che progetti più segreti del reale contenuto dell’Area 51 o.O). Speriamo che mi passi, al momento non sono tanto preoccupata per “My love, My life” ma per altre long ^^’.

Comunque, colgo l’occasione per ringraziare tutte le persone che seguono questa storia, in particolare “CyberNeoAvatar” e “jigokuko” per le recensioni (e per aver aggiunto la storia tra le seguite), “Marlena_Libby” che la segue sempre dietro le quinte (e che mi fa compagnia con simpatici messaggi privati ^^), a cui si aggiungono “Black_RoseWitch” (per aver messo questa storia tra le ricordate e seguite ^^) e “Colpani392” per averla aggiunta tra le seguite! Ovviamente il ringraziamento vale anche per chi segue la storia silenziosamente! ^^

Ci vediamo al prossimo capitolo! Bye! :D

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Capitolo 19
*** Una nuova pista ***


Akiza

Mentre i ragazzi erano impegnati con le proprie faccende, Akiza decise di recarsi a casa di uno dei giovani che, come lei, era stato torturato dal Movimento Arcadia. Il nome le era stato fornito dallo stesso Trudge… anche se per ottenerlo dovette insistere parecchio. Sulla sua Bloody Kiss, arrivò all’indirizzo fornito dall’agente e si trovò di fronte ad una villetta di due piani, simile alla sua casa, con un piccolo giardino che portava all’ingresso. Il tutto era circondato da un muretto e tenuto chiuso da un cancello. Vide i nomi sul citofono… si, era il posto giusto. 

Prima di premere il pulsante era titubante e non sapeva se effettivamente quelle persone avrebbero collaborato. La famiglia del ragazzo, tale Anthony C. Paine, avrebbe potuto tranquillamente cacciare la ragazza oppure chiamare la polizia. In ogni caso, un tentativo era sempre meglio farlo. Anthony lo conosceva appena, si erano scambiati poche chiacchiere solo quando lei era entrata nel Movimento Arcadia, magari si ricordava di lei… Se solo avesse saputo che lui era in realtà scomparso dal Satellite…

Premette il pulsante, attendendo una risposta. Attese, attese, ma nessuna risposta. Ripremette il pulsante e anche lì non ottenne nulla. 

“Mi sa che non c’è nessuno…” si disse Akiza, girandosi per tornare a bordo della sua moto quando si ritrovò una faccia conosciuta.

“Akiza!” esclamò quel tipo. Appariva come un ragazzo poco più piccolo di lei, dagli occhi viola e i capelli rossi. “È da molto che non ci si sente!” 

Fu molto positivo per la rossa notare che il giovane si ricordava di lei e non aveva alcun dispiacere nell’incontrarla, quindi gli sorrise andandogli incontro.

“Ehi, Anthony!” esclamò salutandolo. “Spero che vada tutto bene!” 

“Oh, alla grande!” rispose lui entusiasta. Aveva in mano delle buste della spesa. “Che ci fai da queste parti?” 

Akiza tornò seria. Di sicuro non si era dimenticata il motivo per cui era lì. 

“Anthony, ascolta, ti sembrerà assurdo ma vorrei scambiare due parole con te riguardo il Movimento Arcadia…” dichiarò lei. Si aspettò che il tipo le dicesse di no, di allontanarsi da casa sua, complice anche un’occhiataccia che le stava rivolgendo. Poi, però, aprì bocca…

“Va benissimo!” esclamò lui, aprendo il cancello di casa. “Prego, accomodati pure!”

Si stupì della reazione che ebbe Anthony, in ogni caso fu più che contenta di potergli chiedere ulteriori informazioni. Seguendo il giovane, entrò nella sua dimora e si diresse in una piccola cucina, accomodandosi su una delle sedie attorno al tavolo di legno.

“Posso offrirti qualcosa, Aki?” le domandò il tipo, aprendo il frigorifero. “Ho un succo d’arancia, dell’acqua…”

“Stai tranquillo, ti ringrazio molto!” lo rassicurò lei, rifiutando gentilmente. A quel punto, anche Anthony si sedette, di fronte a lei.

“Ti chiedo perdono se i miei non hanno sentito il citofono… Hanno l’udito un po’ debole, purtroppo…” si scusò poi, con una mano dietro la testa e gli occhi che trasudavano un leggero imbarazzo.

“Oh, no, non preoccuparti per quello… Comunque, parlando del motivo per cui sono qui, hai sentito che recentemente alcuni ragazzi sono stati ritrovati dopo essere scomparsi dal Satellite?” 

Il giovane la guardò interdetto. Doveva essere scattato qualcosa nella testa del ragazzo, perché la sua allegria si tramutò in serietà.

“S-si… Sono uno di quelli…” rispose, abbassando lo sguardo. “I miei genitori dicono che sono stato catturato dal Movimento Arcadia per degli esperimenti sui miei poteri… Ti ricorderai che ero uno Psichico, no?”

Akiza annuì. Non era un’informazione essenziale, era ormai risaputo che quella setta torturasse ragazzi ogni giorno perché diversi dai proprio coetanei. 

“Eppure… io non ricordo assolutamente nulla di quello che mi facevano…” sospirò Anthony. 

Nemmeno lui ricordava qualcosa… 

“Accidenti, si ritorna al punto di partenza!” si rattristì Akiza.

“In compenso, tutti i momenti passati al di fuori di quegli esperimenti li ricordo alla perfezione. Mi ricordo di te, di Sayer, di…” 

“Di Belinda?” azzardò Akiza.

“Si, proprio l- Aspetta, come fai a conoscerla?!” si interruppe lui, sbattendo le mani sul tavolo per la sorpresa. “Non mi sembra tu l’abbia mai incontrata!”

“Non mentre ero nel Movimento…” affermò, fiduciosa. “Cosa sai di lei?”

“Oddio… La tenevano costantemente chiusa dentro una bolla che avevano sperimentato per tenere le funzioni vitali sempre attive, in qualsiasi condizione… Sayer mi diceva che qualche volta la facevano uscire per non abituarla troppo a vivere senza cibo, ma non l’ho mai vista fuori di lì… Mi faceva tenerezza, era una ragazza così carina ma con una perenne espressione miserabile sul viso…” 

“Allora Beline si ricorda bene… dannazione, che bastardo…” imprecò Akiza, rivolta a Sayer. 

“Sta di fatto che il Movimento Arcadia collaborava con un altro gruppo di persone… Non so precisamente cosa volessero, Sayer non me ne ha mai parlato, ma si diceva in giro che il loro scopo fosse quello di indurre i poteri psichici a manifestarsi in persone che non erano nate con essi.”

Gli occhi della rossa si aprirono di scatto per lo stupore. Indurre i poteri psichici in qualcuno nato senza ne poteva anche causare la morte, poiché, se non si era abituati, quei poteri prendevano il sopravvento sui vari organi causandone il collasso. Lei lo sapeva bene, Sayer le ripeteva quelle frasi in continuazione. Mai avrebbe pensato, quindi, che fossero capaci di tali atrocità. Non fino a quel punto.

“Forse quella bolla serviva a mantenere le funzioni vitali stabili nonostante l’enorme sforzo che richiedono i poteri psichici su una persona normale…” suppose Anthony. “In ogni caso, prendi queste informazioni in maniera leggera. Non ho mai avuto la conferma della veridicità di ciò…”

“Però potrebbero essere vero. Ricordi bene i piani di Sayer, perché avrebbe dovuto mantenere un segreto simile con noi, che eravamo i suoi soldatini?” rifletté Akiza. 

Il ragazzo scosse la testa pensieroso.

“Forse per il bene di chi collaborava con lui…” immaginò, alzando le mani.

“Tu pensi che Belinda fosse una normalissima civile, senza alcun tipo di potere?” gli domandò la ragazza. 

“Io… non so cosa pensare, onestamente…” sussurrò lui, sconfortato. “Vorrei aiutarti di più, purtroppo non credo di sapere altro…”

Akiza ringraziò il giovane per le informazioni, dicendogli di ricontattarla nel caso in cui scoprisse altro, ed uscì dalla casa con più domande di prima. Certo, adesso aveva la conferma che la povera Beline e il Movimento fossero, purtroppo, collegati… Erano sorti, però, nuovi dubbi. 

“Sono stata veramente stupida, quella volta, a dubitare delle parole di Beline…” pensò, ricordandosi di quando aveva litigato con lei e Crow.  

Iniziò a percorrere la strada per ritornare a Poppo Time e avvisare i ragazzi di questa scoperta, senza però rendersi conto che qualcuno la stava seguendo…

 

Beline

Gli occhi viola della ragazza si spalancarono di colpo, per poi richiudersi colpiti dalla forte luce del lampadario sul soffitto. Si trovava lì, nella sua stanza. Era sola, se non ci fosse stata la figura materna di Martha a sorvegliarla su una sedia affiancata al letto.

“Belinda, finalmente!” esclamò appena notò che la giovane si era svegliata. “Hai dormito un bel po’… Se ti occorre, puoi rimetterti a riposare…”

“N-no…” sussurrò debolmente, mettendosi seduta. “Crow… è ancora qui?”

“Certo, te lo chiamo immediatamente!” rispose la donna, alzandosi e uscendo dalla camera. Nel frattempo, cercò di rimettere in ordine quello che aveva visto nel sogno. C’era Tom, che era costretto da persone vestite da scienziati a fare qualcosa a Beline, con quest’ultima nella bolla. Al suo rifiuto di collaborare, gli avevano iniettato qualcosa… 

“Cosa diavolo sta succedendo?!” si domandò irrequieta, con la testa che pareva volesse scoppiare da un momento all’altro. Tentò di lenire il dolore con dei movimenti circolari ai lati della fronte, eppure non passava e si sentiva sempre più a pezzi. Un ulteriore fastidio la colse quando la porta batté sul muro, come se fosse stata aperta di scatto da qualcuno. I suoi occhi riconobbero subito le due teste arancioni che si stavano avvicinando.

“Beline, tutto bene?!” chiese preoccupato Crow, fiondandosi in ginocchio accanto al letto della ragazza e mettendole una mano sul viso. Lei annuì, lasciandosi abbracciare dal giovane che la strinse forte a sé. In quel momento si sentì meglio, colta da quell’abbraccio che la rassicurava e le faceva capire che al fianco del ragazzo poteva stare tranquilla, qualsiasi cosa sarebbe successa.

“Ho… visto qualcosa…” sospirò, sciogliendosi dall’abbraccio ma rimanendo con le mani tra quelle di Crow. Quest’ultimo la guardò negli occhi, esortandola a continuare a raccontare. Anche Sheila si era avvicinata, sentendo tutto quello che ebbe da dire Beline. 

“Dunque hai visto Hugo in quella visione… Allora non mentivano quei tre stronzi-”

“Sheila, il linguaggio!” la rimproverò Martha.

“Ops, scusate…” sussurrò questa, sentendosi in imbarazzo. “Comunque, stai tranquilla, Beline! Arriveremo a risolvere e chiudere questa faccenda una volta per tutte!” 

Anche Crow si ritrovò a concordare. La determinazione di quei due fratelli le permise di rallegrarsi in vista a ciò che la aspettava. I tre rimasero assieme ancora per un po’, continuando a discutere riguardo a tutto quello che era successo in precedenza. Si fece tardi, ormai era sera inoltrata, quindi per i due gemelli Hogan era ora di tornare a casa.

“A-aspetta, Crow…” sussurrò Beline, attirando l’attenzione del giovane.

“Dimmi, Beline…” le disse con tranquillità.

“T-tornerai… stasera?” gli domandò poi, sfregandosi nervosamente le mani.

“Beh, se vuoi io-” iniziò a dire, per poi essere interrotto da un piccolo calcio che gli diede sua sorella sul polpaccio. “Ah, si, assolutamente! Cercherò di far presto!” 

Sheila fece un verso d’approvazione, facendo l’occhiolino alla ragazza dai capelli viola. 

“Il tempo di accompagnare mia sorella a casa, mangiare un po’ e arrivo!” esclamò lui, dirigendosi verso la moto. 

Beline li osservò allontanarsi, mentre si scambiavano delle chiacchiere che lei non udì perché troppo lontani in quel momento. Sospirò. Era passato un sacco di tempo da quando li aveva conosciuti assieme a Yusei e Jack. Mentre rientrava in casa, fu sommersa dai ricordi che discusse anche con Martha mentre cenavano assieme agli altri bambini.

 

Angolo Autrice

Ebbene, si! Sono di nuovo qui!

Questa volta per fare un piccolissimo annuncio, rivolto soprattutto a quelle persone (se ci sono) che seguivano la storia “BWID- Barian World in Danger”: se vi è capitato di leggere le note dell’autore del primo capitolo di questa storia, saprete che il mio intento iniziale era quello di ricominciare a scrivere “BWID” solo una volta completato il remake di “My Love, My Life” poiché avevo bisogno di recuperare dimestichezza (avendo smesso di scrivere per circa due anni o.o). Ebbene, ci ho riflettuto parecchio in questi giorni e ho preso una decisione: interrompo fino a data da destinarsi “BWID”. A malincuore, devo ammettere che non ho alcuna ispirazione per questa storia e la voglia di scriverla è andata a quel paese, quindi se mi forzassi a scriverla non verrebbe nulla di buono e sarei insoddisfatta del risultato, portandomi a tempi di pubblicazione decisamente più lunghi. Mi dispiace per chi la seguiva, ma purtroppo non ho altra scelta… In ogni caso, per il momento non lo definirei un addio a quella storia, piuttosto un arrivederci. Può darsi che più avanti riuscirò a ritrovare quella marcia in più che mi permetterà di ricominciare a lavorarci su! Per ora, non vi assicuro nulla.

In compenso, per chi ha letto tutte le note, ho una “buona” notizia per chi segue la sezione 5D’s: continuerò a rompervi le scatole qui anche dopo che avrò finito di riscrivere “My Love, My Life”! Questo perché sto lavorando ad una nuova long che potrebbe piacere a chi è fan del genere distopico (e chi ha letto la one-shot “Sweet Dreams” può aver avuto un assaggio del contesto ^^). In ogni caso, la pubblicherò solo una volta terminata questa che avete appena finito di leggere, però chissà… magari farò uscire il prologo quando meno ve l’aspettate! ;)

Credo di aver detto tutto, mi scuso ancora per questo disguido ma è necessario per la continuazione della mia permanenza su EFP senza che io impazzisca xD Come al solito, ringrazio chiunque mi segua! *lancia barrette di cioccolato a tutti*

Ci vediamo al prossimo capitolo! ^^

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Capitolo 20
*** Prima del rapimento ***


Beline

La cena era appena finita e Beline si ritirò in camera. Non passò nemmeno molto tempo con i bambini, era esausta. Strano, aveva comunque dormito prima… Eppure si sentiva ancora molto stanca.

Si gettò sul letto, non curandosi nemmeno di cambiarsi i vestiti e mettersi il pigiama. Crow aveva detto che sarebbe ritornato ma ancora non era giunto… Un lampo di preoccupazione colpì la sua mente… E se gli fosse successo qualcosa? Doveva chiamarlo, dopotutto lui le aveva lasciato il cellulare apposta. Prese il telefono da un comodino vicino e iniziò a digitare il numero, per poi interrompersi.

“Starò esagerando io… Probabilmente ancora non avrà finito di cenare…” si disse, allontanando il dispositivo con un gesto della mano. La morbidezza del cuscino la colse, con gli occhi che pian piano le si chiudevano. Non si addormentò subito, pensò prima a qualcosa che la rendeva felice. Ovviamente, il primo pensiero era sempre Crow e di come, sin da subito, aveva legato con lui.

Ricordava perfettamente la prima volta in cui aveva messo piede a casa di Martha, quella che era ancora la sua fissa dimora. Allora era una bambina sola e persa in un mondo di grandi. Il Satellite era il suo parco giochi. Qualsiasi cosa potesse essere usata per giocare, lei ci ricavava pomeriggi interi di divertimento. Erano queste le sue giornate, si svegliava, giocava, dormiva. A quella routine mancava molto spesso il cibo. Le sue abitudini alimentari erano quelle di una persona povera, molto spesso trovava cibo in quello che i pochi negozianti buttavano perché non più buono. 

Non fu un gran vantaggio per lei, che si ritrovò sin da piccola ad avere condizioni di salute precarie. Un giorno, mentre giocava in una discarica, cadde da una pila di spazzatura e qualcosa le fece un taglio su una delle sue esili gambe. Fortuna volle che di lì stesse passando una signora, che sentendo il pianto ininterrotto della piccola, la portò a casa sua. Si fidò all’istante, quella donna le ispirava molta fiducia. 

Giunte nella sua casa, le medicò subito la ferita e gliela fasciò. Nel frattempo, il suo arrivo aveva attirato la curiosità di altri bambini che vivevano lì, che parlottavano tra loro. Non avendo avuto amicizie con nessuno, evitò di parlare con loro anche quando uno di loro, dai folti capelli arancioni, le aveva dato un saluto. Fece per andarsene, quando quella donna le chiese di restare, convincendola dicendo che lì avrebbe avuto la possibilità di giocare, di mangiare sempre un pasto caldo e di farsi nuovi amici. Riluttante, iniziò dunque la convivenza con Crow, Jack, Yusei e Sheila, tutti sotto l’occhio attento dell’amorevole Martha.

All’inizio non aveva molta voglia di stare in compagnia, era sempre stata sola e non era abituata a stare con altri. Gli altri rispettavano questo suo volere. Certo, a volte provavano ad esortarla ma a nulla serviva. L’unico che non si dava per vinto era sempre Crow, che faceva letteralmente di tutto pur di far sì che lei non stesse mai da sola. 

“E pensare che addirittura, una volta, minacciò di lanciarsi contro una pila di rottami se non avessi accettato di giocare con loro…” ridacchiò Beline, ricordandosi quei momenti.

Pian piano cedette, stabilendo un legame con tutti quanti. La sua personalità ebbe modo di svilupparsi così, imparando da ogni singola persona importanti lezioni di vita. Si divertiva con tutti, anche vedendo gli altri divertirsi mentre giocavano a Duel Monster e litigavano perché fraintendevano gli effetti delle varie carte.

“C’è scritto chiaramente che se attivo l’effetto di questa carta i tuoi Life Points si riducono a zero e io vinco!” esclamava Jack, al quale rispondeva Crow con un sonoro “Non puoi farlo! Non funziona così! Se si chiama ‘Annulla Carta Magia’ ci sarà un motivo!”. Beline e Sheila si piegavano sempre in due per le risate. “Jack non sa leggere!” esclamava Sheila con tono canzonatorio. 

Tra litigi, risate e senza alcuna preoccupazione, si arrivò all’adolescenza. I tre ragazzi, assieme ad un loro amico, Kalin Kessler, formarono un gruppo chiamato “Gli Esecutori”, il cui compito era quello di sventare bande criminali del Satellite. Anche le due ragazze volevano parteciparvi, ma furono escluse perché, semplicemente, era troppo pericoloso per loro. 

“Chissà che combineranno…” diceva sempre preoccupata. Quei quattro proprio non ne volevano sapere di esprimersi a riguardo. Nemmeno quando il gruppo si sciolse vollero dare spiegazioni, tanto meno quando sulla fronte di Crow comparve il primo marchio della Struttura. Più avanti, quest’ultimo parve volersi confidare solo con Belinda.

“Kalin è andato con la testa…” le confessava. “Gli interessa solo essere il padrone assoluto del Satellite, mandando a quel paese persino la sicurezza. Io non ci sto.”

Nelle loro vite entrò poi un personaggio che cambiò radicalmente il modo di pensare di Crow. Si assentava spesso, chissà perché… Diceva di andare sempre da quel Robert Pearson, ma per cosa poi? Per insegnargli ad aggiustare e costruire moto? Anche a lei interessavano, perché Crow doveva escluderla?

“Perché non posso venire anche io?” gli domandava spesso.

“Ehm… la strada per arrivare lì è troppo pericolosa per te, Beline…” diceva sempre. La ragazza però sapeva che si trattava di una scusa del cavolo, era palese che le stesse nascondendo qualcosa. All’inizio pensò si trattasse di una faccenda che aveva a che fare con la morte di Pearson in quell’incendio, ma Crow continuava a dirigersi lì anche dopo che il loro amico era scomparso. Fu un duro colpo per tutti, per lui in primis. 

Lei non poteva sapere che la ragione di quegli spostamenti era una sorpresa organizzata appositamente per Beline, che avrebbe potuto vedere solo una volta compiuti i quattordici anni. Fu un regalo abbastanza bizzarro ad un’età così giovane: una moto, che soprannominò “Lavender Sky”. A detta di Crow, quel veicolo gli ricordava Beline: era bianca, con delle sfumature di colore viola sul retro. Fu molto contenta di riceverla, si ripromise di imparare ad usarla. 

Quella notte fu l’ultima che visse con i ragazzi, prima di sparire. Di quella notte lei ricordava ben poco, stavano festeggiando nel cortile il compleanno della ragazzina dai capelli viola. Sapeva di essersi allontanata, rimanendo completamente da sola nel buio, per poi non riuscire più a vedere nemmeno le fioche luci della festa. Il resto erano solo ricordi sfocati, di lei che si trovava chiusa in una sottospecie di bolla, passando gli ultimi quattro anni bloccata lì. Ora che ci pensava, erano davvero passati quattro anni? Tutto questo tempo senza vedere i suoi amici… e Crow? 

Chiuse gli occhi addormentandosi proprio mentre pensava a come avrebbe reagito Crow, con una lacrima che pian piano le scendeva lungo la guancia.

 

Crow

Anche Crow, mentre guidava la Blackbird per riportare sua sorella a Poppo Time, aveva in mente il giorno in cui Beline scomparve. 

 

“Beline!” la chiamava. “Devi venire a spegnere le candeline!”

Nessuna risposta dall’esterno della casa. Magari era entrata dentro, chissà. La cercò anche lì, ma nulla. Il ragazzino, che allora aveva sedici anni, iniziò ad allarmarsi. Continuò a chiamarla, questa volta più forte. Strano, lei rispondeva sempre quando veniva chiamata. 

Uscì di nuovo fuori, attirando l’attenzione degli altri.

“Crow, non trovi Beline?” domandò Jack, sorpreso. 

“L’avete vista da qualche parte? Ditemi di sì, vi prego…” esordì lui. Il suo respiro accelerò quando i suoi compagni fecero di no con la testa, quando notò un dettaglio alquanto inquietante: la Lavender Sky era sparita, non era più affiancata dalla Blackbird. 

“Che fine ha fatto la sua moto?!” si disperò lui. “Non ho sentito nulla, non deve essere andata via!”

Non sapeva cosa fare. Il suo istinto gli disse di prendere immediatamente il suo mezzo e fare il giro del Satellite, alla ricerca della sua amica. “Amica”… Crow avrebbe voluto dirle quanto ci tenesse a lei, avrebbe voluto parlarle e spiegarle che sentiva qualcos’altro per lei, un sentimento che andava aldilà della semplice amicizia o stima nei suoi confronti. Adesso non poteva, Beline era andata chissà dove. 

Vagò in lungo e in largo, urlando il suo nome sperando di ricevere una risposta, la quale non arrivò mai. Perse il conto di quante volte aveva percorso quelle strade. Non doveva essere andata lontano, eppure ovunque andasse lei non c’era. Perse il conto anche delle ore che erano passate. L’unica cosa certa, quella notte, era che facesse freddo. Molto freddo. Crow se lo ricordava bene, era alquanto insolito che ci fossero quelle temperature durante il mese di agosto. Forse non faceva neppure così freddo ma lo provava comunque per la sensazione di vuoto e di angoscia che si erano create. 

Dovette arrendersi a quella ricerca quando Yusei lo rincorse con la sua Duel Runner, intimandogli di tornare a casa. 

“Crow, ascolta, avvertiremo la polizia… Gli diremo che una nostra amica è-”

“Quando chiameremo la polizia sarà troppo tardi!” gli urlò, mentre la vista gli si annebbiava sempre di più a causa delle lacrime. Il suo amico riuscì a farlo ragionare, mettendogli però un grosso macigno nel petto che sfogò piangendo disperatamente tra le braccia di sua sorella una volta tornati a casa. Nei giorni successivi perse totalmente il senno, la voglia di fare qualsiasi attività, continuando a domandarsi il perché lei se ne fosse andata. 

 

“Crow, attento!”

L’esclamazione di sua sorella lo fecero tornare al presente. Si accorse che sulla strada che stavano percorrendo era riversa una persona a terra, la sua moto poco distante che presentava varie ammaccature.

“Un incidente…” disse Crow, fermandosi per prestare soccorso assieme a Sheila… quando si rese conto di conoscere quella moto. Era la Bloody Kiss. 

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Capitolo 21
*** Paura e rabbia ***


Akiza

“Akiza, svegliati! Ti prego!”

Sentì dei suoni ovattati, mentre apriva gli occhi frastornata. Sentiva dolore dalla testa ai piedi e vedeva il mondo dalla prospettiva dell’asfalto, su cui era riversa. Cosa era appena successo, non se lo sapeva spiegare. Quello che stava facendo era tornare a casa con la sua moto, quando qualcosa… anzi, qualcuno, aveva impattato contro di lei facendole perdere l’equilibrio e cadere a terra. La visiera del suo casco si era crepata, mentre i suoi jeans si erano strappati, rivelando lividi e ferite. C’erano due persone assieme alla giovane, di cui una ragazza accovacciata su di lei.

“Sheila? Ma che…” pensò, riconoscendola. Provò a parlare ma non riuscì ad emettere alcun suono, intontita com’era. 

“Ha gli occhi aperti, è sveglia!” esclamò Sheila, alzandosi in piedi. Vide anche Crow, che era al telefono. Parlava di un’ambulanza… 

“Non ce n’è bisogno, io sto bene…” si disse, provando a muovere un braccio. La torsione del corpo le provocò improvvisamente un dolore fortissimo al fianco, che manifestò con un gemito soffocato.

“No, non muoverti!” le ordinò preoccupata la gemella di Crow, tornando vicino a lei. Delle lacrime bagnarono le guance della rossa, che si ritrovò senza fiato. “Andrà tutto bene, Aki… Presto arriveranno ad aiutarti…”

Crow chiuse la chiamata, rivolgendosi alla sorella.

“Arriveranno a breve, nel frattempo avviso gli altri…” disse, digitando altri numeri. 

“N-no…” riuscì a sussurrare Akiza. Non voleva far preoccupare nessuno, non avrebbe voluto vedere Yusei triste perché lei aveva appena fatto un incidente con la moto. Sheila la guardò preoccupata, prendendole una mano.

“Aki, per favore…” provò a dirle la sua amica, con il viso corrucciato. “Stai tranquilla, chi ti ha fatto questo pagherà…”

“Sheila, anche tu però devi stare calma…” si preoccupò il fratello, mettendole una mano sulla schiena. Decisamente… Sheila sembrava molto spaventata. Akiza provò a tranquillizzarla con un lieve sorriso che si sforzò di fare nonostante stesse poco bene e non riuscisse a muovere un muscolo. In quel momento iniziava a sentirsi meno stordita, mentre sentiva da sotto il casco il suono di una sirena avvicinarsi.

 

Yusei

Yusei aveva provato a mandare dei messaggi alla sua ragazza, senza successo. Nessuna risposta. L’ultima volta che l’aveva sentita era stata quella mattina e da allora non aveva più avuto notizie. Si chiese se la sua assenza avesse a che fare con quella volta in cui si intrattenne nel commissariato… Quale poteva essere la sua motivazione? In quei giorni non le aveva chiesto nulla, ma neppure Aki gli aveva raccontato qualcosa… 

Mentre sistemava il garage in cui abitavano lui, Jack e Crow, il telefono squillò. Si fiondò subito sul cellulare, sperando che fosse Akiza. Invece il display mostrava solo il nome e il numero di Crow… Decise comunque di rispondere.

“Ehi, Crow. Tut-”

“Yusei, devi venire qui. Adesso.” lo avvisò il suo amico, con tono decisamente allarmato.

Yusei non capì cosa intendesse dire il suo amico, perciò provò a domandargli cosa stesse accadendo.

“Perché? Cosa è…”

“Yusei, Akiza è caduta dalla moto! Siamo qui con lei, è cosciente, ma non riesce a muoversi… Abbiamo chiamato un’ambulanza ma sarebbe meglio se venissi anche tu…”

Il ragazzo moro si fermò alla prima frase, paralizzandosi dalla sorpresa. Come poteva essere accaduto?

“Merda…” pensò, continuando a parlare balbettando. “C-Crow… Dove sie-siete adesso?!” 

Crow gli comunicò la posizione e Yusei, senza dargli il tempo di dire altro, chiuse la chiamata e si gettò subito sulla moto. Jack, che era lì, provò a fermarlo perché voleva essere informato dell’avvenimento, ma lui lo ignorò. Partì subito sgommando, uscendo dal garage e mettendosi sulla strada. Sentì che anche Jack fece la stessa cosa, probabilmente sapeva anche lui che era accaduto qualcosa di grave. Così come sentì anche quest’ultimo provare a estrapolargli informazioni, a cui non rispose. In quel momento l’unica sua preoccupazione era Akiza: continuava a chiedersi il perché, che cosa fosse successo. Lei sapeva guidare, non era mai stata spericolata, era sempre stata attenta e l’ultima volta che aveva subito un incidente era stata a causa di una carta e del Team Catastrofe.

Non ci misero molto ad arrivare sul luogo del sinistro, eppure per Yusei sembrava essere passata un’eternità. Era già arrivata l’ambulanza, che proprio in quel momento aveva Akiza al suo interno, caricata lì da alcuni infermieri. Senza nemmeno fare domande a Crow e Sheila, subito si fiondò dentro. Rassicurò in fretta gli operatori, sostenendo di essere il suo ragazzo. Nemmeno si curò di aver lasciato la sua fidata Duel Runner lì, in mezzo alla strada. 

Akiza era pallida ma oltre a quello non era ferita gravemente. Eppure, qualcosa doveva essere successo. Le strinse la mano per farle capire che era presente, anche se lei in quel momento era poco cosciente e rispondeva poco a qualsiasi stimolo.

“Ha avuto una brutta caduta…” commentò uno degli infermieri, sistemandosi gli occhiali. “Per fortuna non sembra nulla di grave, ma solo degli esami ci permetteranno di avere la conferma di ciò…”

Yusei annuì. Si sentiva più tranquillo, vedendo soprattutto un piccolo sorriso sforzato sulla bocca della sua ragazza. 

 

Sheila

“Te la senti di guidare la moto fino a casa?” le domandò suo fratello, indicando la Duel Runner di Yusei, lasciata lì per seguire la rossa in ospedale.

“C-certo!” disse, un po’ titubante. Quello che era appena accaduto la spaventava un po’, tuttavia non poteva tirarsi indietro. E poi le piaceva sfidare sé stessa: non aveva mai guidato una moto prima d’ora, aveva avuto il piacere di percorrere un paio di metri con la Blackbird quando era più piccola, prima che suo fratello se ne accorgesse e iniziasse a rincorrerla. 

I tre ragazzi, vale a dire Jack, Crow e la stessa Sheila, tornarono dunque a casa. Jack era ignaro di tutti gli avvenimenti della giornata, pertanto subito interrogò la sorella di Crow.

“Ora, mi spieghi cos’è questa storia che sei stata rapita? Cosa c’è, volevi emulare Belinda?” 

“Non sei divertente, Jack…” affermò subito il rosso, accorgendosi di quell’uscita infelice. “Per favore, evita queste battutine che a causa di questa storia Beline c’è stata e ci sta tuttora male!”

Il biondo mise le mani avanti. Nei suoi occhi un minimo di pentimento c’era, orgoglioso com’era si rifiutava di ammetterlo. Nessuno dei due gemelli continuò la discussione, in fondo sapevano entrambi com’era fatto Jack.

Sheila si sedette all’angolo del divano, con la testa bassa, e prese a raccontare tutti gli avvenimenti della giornata, partendo dal rapimento di quei tre giovani, proseguendo con lo svenimento di Beline e arrivando, infine, alla povera Akiza stesa sull’asfalto.

“Non ci sto capendo più nulla in questa storia…” parlò serio Jack, una volta ascoltato l’intero racconto. “È tutto così confuso e pare complicarsi sempre di più… Ci mancava solo l’incidente di Aki…”

Crow gli diede ragione e anche Sheila si trovò d’accordo con quell’affermazione. Sapevano tante cose riguardo a quel caso ma, paradossalmente, non ne sapevano nulla. Era tutto così assurdo… Le dispiacque vedere il fratello confuso e preso da quella faccenda e Jack, che era stato lasciato un po’ da parte in tutto quello, sforzarsi di dare anche il minimo supporto al caso. 

La cena fu estremamente silenziosa, nessuno proferì parola. Tutti si portavano alla bocca i noodles istantanei senza alcun entusiasmo, nonostante Sheila dovette ammettere che capiva il perché piacessero così tanto al suo amico. Erano così saporiti, peccato che tutti gli eventi li rendevano quasi amari e difficili da digerire. 

Jack notò che Crow era più spento del solito. Nei primi giorni dal ritrovamento di Beline era sicuramente più di buonumore, adesso invece si ritrovava piuttosto cupo. Non ci mise molto a farlo notare.

“Che ti prende, Crow? Sei sempre così pieno di vita e adesso sembri un morto che cammina…” esordì, dopo un lungo silenzio, portandosi alla bocca altro cibo. Crow, dal canto suo, non aveva ancora iniziato a mangiare. 

“È che…” provò a dire, sbiascicando. Sembrava che gli mancasse il fiato per parlare. “Non lo so, ragazzi… io voglio arrivare in fondo a questa faccenda, ma è sempre più difficile…”

Sheila lo guardò comprensiva. Non seppe cosa dire in quel momento, perciò si limitò a mettere una mano sulla schiena del suo gemello. 

“Non dirmi che vuoi arrenderti…” lo incalzò il biondo. La reazione del proprietario della Blackbird fu brusca: si alzò in piedi, sbattendo una mano sul tavolo. Alcune gocce di brodo caddero sulla superficie, mentre la sedia su cui era seduto si ribaltò. Un sussulto colse sua sorella quando lui alzò la voce.

“Tu non sai nulla di questa maledetta storia e non capisci un cazzo!” urlò, stringendo un pugno. “Non mi voglio arrendere, quindi fammi il piacere di non provocarmi perché non sai cosa si prova. Non puoi sapere cosa sta passando per la testa di Beline.”

“Calmati, io non ti stavo provocando e non ho dato per scontato nulla…” ribattè Jack, calmo come al solito. Forse proprio quella tranquillità dava più fastidio a Crow, che continuò a discutere animatamente.

“No, non l’hai fatto!” rispose ironico. “Non hai fatto alcuna battuta stupida prima. Vero, Sheila? Oppure mi sbaglio?” 

Sheila rivolse lo sguardo altrove. Non seppe come replicare, di solito era sempre lei a porre fine ai litigi dei ragazzi, ma in quel momento non riuscì ad aprire bocca. 

“Così come hai dato per scontato che io volessi rinunciare ad indagarci sopra…” sussurrò rabbioso Crow, dirigendosi verso la sua fidata Blackbird.

“Dove hai intenzione di andare?” gli domandò sua sorella, alzandosi anche lei dal tavolo.

“Lo sai benissimo… Buonanotte.”

Crow partì, non dando il tempo di replicare a nessuno dei due, che si guardarono negli occhi, Sheila la più sconfortata tra i due. Sapeva che Crow sarebbe andato dalla sua Beline, sperava solo che la ragazza lo avrebbe aiutato a riprendersi.

“Deve darsi solo una calmata…” commentò infine, tornando a mangiare. “Come penso tu abbia capito, non è proprio un periodo tranquillo…”

“Umpf… L’avevo compreso…” sbuffò Jack. “Non volevo risultare duro, semplicemente volevo spronarlo…”

“Si, ne sono consapevole.” concluse lei. Terminata la cena, la ragazza filò a letto senza dire altro.

 

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Capitolo 22
*** Rimorsi ***


Beline

La ragazza si destò non appena sentì il rumore della porta che si chiudeva. Aprì i suoi occhi viola e, ancora disorientata, riconobbe la figura entrata nella stanza. 

“Ehi, Crow…” sussurrò debolmente, sollevando un po’ la testa con gli occhi semichiusi. 

“Cavolo, mi dispiace…” si scusò prontamente lui, sedendosi su uno sgabello poco distante dal letto. “Non era mia intenzione svegliarti…”

“Ehi, non c’è problema!” gli sorrise lei, mettendosi a sedere. 

Osservando Crow, notò subito un’espressione strana. Solitamente molto sicuro di sé, adesso pareva sconsolato. Cosa poteva essere successo?

“Qualcosa non va, Crow?” gli domandò, prendendogli la mano e tentando di guardarlo negli occhi. Lui abbassò lo sguardo. 

“N-no… va tutto bene, stai tranquilla!” provò a rassicurarla lui, sforzando un’espressione allegra. Per Beline, però, era ovvio che lui stesse mentendo.

“Dimmi la verità…” lo esortò, preoccupata. Egli trasse un respiro profondo, prima di cominciare a spiegare tutti gli avvenimenti. La prima frase che disse fu secca, senza indugi.

“Akiza ha avuto un incidente.”

La ragazza si sconvolse. Akiza… Come era potuto succedere? Iniziò a tremare.

“Lei sta bene, anche se ancora non ho sentito Yusei per chiedergli come stanno effettivamente le cose…” le spiegò, notando il cambiamento d’espressione. “Mentre accompagnavo mia sorella a casa l’ho vista a terra, con la sua moto poco distante. L’abbiamo soccorsa, era cosciente ma piuttosto dolorante… Penso proprio che rimarrà in ospedale per un po’ di giorni, a giudicare dalla gravità della situazione…”

Sapere che forse Akiza non si era fatta poi così male la rassicurò un po’, tuttavia era ancora triste per lei.

“Povera Aki-chan…” 

“Ehi, se ti va domani andiamo a trovarla!” esclamò il ragazzo, cercando di rallegrarla ancora. Beline annuì, sistemandosi meglio sul letto. 

Passarono pochi istanti prima che il silenzio venisse rotto di nuovo, sempre da Crow.

“Veramente… Non è solo per questo che sto così…” cominciò, tornando a guardare a terra. “Vorrei che i nostri cuori tornassero in pace, onestamente…”

Beline lo fissò interrogativa. Si chiese a cosa si stesse riferendo, mentre lui continuava a raccontare.

“Io vorrei tanto scoprire chi ti ha fatto tutto questo, ma… Non ci riesco! Ogni giorno che passa diventa sempre più complicato arrivare ad una soluzione. Prima il luogo che abbiamo visitato non si ricollega a nulla del tuo racconto, poi si scopre che non sei l’unica ad aver subito quei trattamenti, poi spunta fuori un altro ragazzo che neanche ricorda nulla… In tutto questo ci mancava solo l’incidente di Akiza.”

Batté il pugno sul ginocchio, arrabbiato, mettendosi poi le mani tra i capelli e sbuffando. Beline gli si avvicinò, accarezzandogli la schiena. 

“Crow, dai…”

“Non sono buono a nulla, a quest’ora avremmo già dovuto risolvere questo caso, eppure non sono riuscito a combinare un bel niente!” esclamò. “Per non parlare del fatto che ho fallito, Beline, ho fallito…”

“In cosa avresti dovuto fallire?” gli domandò, quando lui iniziò a singhiozzare silenziosamente.

“Quella sera… Io avrei dovuto proteggerti… Non sono riuscito neppure a fare una cosa così semplice…” farfugliò, coprendo il viso tra le mani. “Me lo sono meritato, cazzo… Non poterti più parlare è stato brutto, ma me lo sono meritato…”

Beline rimase in silenzio. No, non era vero, quella notte… Quella notte non era stata colpa di Crow se lei era scomparsa. Lui non c’entrava nulla. Non voleva che si colpevolizzasse.

“Crow, io…”

“Tu non te lo meritavi, è questo il punto! Un mio errore ti è costato anni di sofferenza e non è per niente giusto…” disse di getto, continuando a piangere. “Sono un cazzo di idiota, non sono stato in grado di trasformare il mio attaccamento personale verso di te in un istinto di protezione nei tuoi confronti…”

“Smettila…” provò a calmarlo lei, ma ottenne l’effetto contrario. Poggiò la sua testa sulle ginocchia della ragazza e scoppiò, dando sfogo a tutte le sue emozioni. Beline sentì le lacrime di Crow bagnarle le cosce. Non sapeva proprio cosa fare: non aveva mai visto Crow in quel modo, non aveva mai pianto davanti a lei e non pensava che ne fosse capace. Una stretta al cuore la colse, facendola reagire.

“Ehi, Crow, guardami negli occhi…” gli sussurrò. Lui obbedì, alzando lo sguardo e fissandola sofferente. I suoi occhi grigi erano in un mare arrossato e gonfio, le sopracciglia corrucciate. Rattristò anche lei, quello sguardo da cane bastonato. Continuò.

“Non è stata colpa tua se sono sparita quella notte, è stata colpa di qualcun altro. Non tollero che tu in questo momento ti dia colpe che non ti appartengono…” gli parlò rassicurante, mentre lui continuava ad osservarla intenta a calmarlo. “Poi, ti prego… Non piangere più… Io sono qui con te, adesso… Non devi temere più nulla!”

Anche Beline adesso era sull’orlo del pianto. Quando se ne accorse, l’istinto di Crow fu quello di abbracciarla, stringerla a sé. Anche la ragazza lo circondò con le sue braccia

“Tu… tu non devi temere più nulla, Beline…” le sussurrò, accarezzandole prima i capelli e poi la schiena. “Voglio proteggerti, perché anche se sono un debole voglio essere forte e ti assicuro che mi butterei sotto un treno per te…”

Il suo tono stava tornando normale, non più scosso dai singhiozzi. Lei, invece, si lasciò scappare qualche lacrima di commozione. Si, sapeva di amarlo, voleva rimanere ancora per tanto tempo stretta a lui e le piaceva essere così importante per quel pel di carota. Gli diede un lieve bacio sul collo.

“Non buttarti davvero lì sotto, però…” gli disse, causandogli una debole risatina. “Poi non sei un debole. Sarebbe l’ultimo aggettivo con cui ti descriverei… Adesso andiamo a dormire, che si è fatto tardi…”

“Hai ragione…” sussurrò lui, staccandosi lievemente da quell’abbraccio. “Ah, Beline?”

“Dimmi pure, Cr-”

Non finì di parlare che lui le piantò le labbra sulle sue. Ci volle molto prima che si staccassero l’uno dall’altra, con lei rossa in viso ma felice e lui al settimo cielo, anche se con gli occhi ancora tristi. Le sussurrò una sola parola, ma di grande valore.

“Grazie…”

 

Sheila

Oramai aveva smesso di provare a contattare suo fratello. Mille tentativi, nessuna risposta. 

“Forse mi dovrei preoccupare se domani mattina ancora non risponde…” concluse, lanciando il telefono sotto al cuscino e gettandosi sul materasso. Un sorrisetto si formò sulla sua bocca quando immaginò il fratello intento ad arrabbiarsi per tutte le chiamate perse e i messaggi lasciati. D’altronde, quello era il prezzo da pagare per aver fatto preoccupare Sheila, era assolutamente lecito!

Non ci mise molto a cadere nel sonno, aiutata anche dall’oscurità della stanza e dalla comodità del letto. Come ogni persona, quella notte era intenta a sognare. Era un’avventura onirica alquanto bizzarra, quella. C’era Nuova Domino che era scossa da un terremoto, vedeva gente a destra e a manca che urlava. Poi c’era Jack che… indossava un costume da banana e Sheila che lo prendeva in giro, mentre la terra tremava. Non era la prima volta che faceva sogni poco sensati… Poi, si sentì lo squillo di un telefono, che tutti ignoravano, persino la ragazza. Perché nessuno rispondeva? Stava diventando completamente assillante! Poi realizzò… Non era un suono che stava nel sogno, era qualcosa di esterno ad esso. Nella totale dormiveglia, si rese conto che anche il terremoto altro non era che la vibrazione del suo cellulare, sotto il cuscino. 

Resasi conto di quella coincidenza strana, ci mise un po’ ad afferrare il dispositivo e quasi si accecò leggendo il display che emetteva una luce fortissima, abbagliante. Liyan… Liyan?! Cosa voleva a quell’ora? Rispose dunque alla chiamata, sbadigliando.

“Liyan… che c’è? Sai che ore… yawn… sono?”

La voce allarmata dall’altra parte la svegliò.

“Sheila! Menomale che hai risposto!” esclamò, turbata. “Per favore, vieni subito qui! Si tratta di Hugo… Lui…”

Scoppiò a piangere. A quel punto Sheila si mise a sedere, chiedendosi cosa fosse successo.

“Calma…” le disse, cercando di rassicurarla per come meglio poteva, anche se iniziava seriamente a preoccuparsi. 

“Ha iniziato a urlare e piangere e non so proprio cosa fare, Sheila… Per favore, potresti venire qui?” esordì, sempre piangendo. 

Ancora intontita, diede la sua risposta affermativa, lanciandosi giù per le scale e avvicinandosi all’unica moto che era lì, quella di Jack, vestita alla bell’e meglio. Cosa doveva fare? Era l’unico modo per arrivare in tempo a nella residenza di Liyan e gli altri…

“Che ci fai vicino alla mia Duel Runner?”

Una voce la fece sobbalzare dalla paura, ma la riconobbe come quella di Jack. Evidentemente lui l’aveva sentita precipitarsi al piano inferiore e si chiedeva la ragione per quella fretta.

“Jack, io-”

“Cosa è successo?” domandò subito. Accidenti, aveva un ottimo intuito! Aveva compreso che la motivazione per cui Sheila fosse scossa. 

“Si tratta di Hugo… Mi ha chiamato Liyan e pare che non stia per nulla bene…” si spiegò lei, col fiato corto.

“Allora andiamo.”

“C-come?!” esclamò lei. Non si aspettava che Jack le dicesse quello. Pensava che si sarebbe rifiutato e avrebbe detto di no, che non le avrebbe mai lasciato la sua moto… Probabilmente si, non gliel’avrebbe permesso da sola, sarebbe dovuto venire anche lui per assicurarsi che non si facesse male. Ebbe la conferma quando Jack rispose.

“Secondo te lascerei mai un mezzo a qualcuno che non lo sa guidare? Mica sono tuo fratello…” sussurrò, infilandosi il casco e passandone un altro a Sheila. Quell’ultima frecciatina la irritò leggermente, ma dopotutto Jack aveva ragione. Era impensabile, nel cuore della notte, mettersi alla guida senza alcuna esperienza e nella solitudine più totale. Terminati quei brevi preparativi, partirono con Sheila in pensiero per tutti, in primis Hugo e poi anche Akiza, Crow… 

“Ultimamente sta succedendo davvero di tutto…” concluse, con il vento tra i capelli, stretta a Jack per non cadere.

 

???

“Dunque, hai fatto quello che ti ho ordinato?”

Sotto ad un ponte, una figura femminile vestita di tutto punto stava effettuando una telefonata. Sorrise, sapendo la risposta affermativa del suo interlocutore.

“Perfetto, ti aggiornerò sul nostro prossimo obiettivo… Mi raccomando, fai in modo che non si accorgano che lo stiamo facendo apposta…”

Chiuse la chiamata, infilando il cellulare in una borsa apparentemente costosa. 

“Si sono avvicinati ad un sacco di alleati, quegli ex-predestinati… Loro non sanno un bel niente… Non sanno che ho pedinato Belinda sin da quando si è ricongiunta a loro. Di sicuro, mi assicurerò che non parli e che non riveli tutto quello che abbiamo fatto.”

Iniziò ad incamminarsi verso una macchina nera. Sedutasi al volante, osservò la foto di una ragazza dai folti capelli arancioni e con un tatuaggio in faccia sul sedile passeggero. La prese in mano.

“Questi impiccioni… No, sarò io a farla franca…”

Ci mise poco a partire, diretta chissà dove.

“… A qualsiasi costo…”

 

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Capitolo 23
*** Risveglio in ospedale ***


Sheila

“Sheila, sei qui finalmente!”

L’esclamazione di Tabitha accolse ironicamente l’arrivo della sorella di Crow nell’umile abitazione dei tre giovani.

“Non rompermi i coglioni, Tabitha. Jack ha guidato come un pazzo pur di arrivare qui in fretta.” tagliò corto la ragazza, scostandola con un braccio e andando verso il divano su cui erano seduti Liyan e Hugo.

“J-Jack?” domandò spaesata la bionda, notando poi la presenza di un altro biondo molto alto. “A-ah!”

Sheila vide subito le condizioni di Hugo, affiancato da Liyan che lo osservava con sguardo preoccupato. Non stava per niente bene, era pallido e respirava affannosamente.

“Cosa è successo?” domandò poi, sedendosi anche lei vicino a Hugo e mettendogli una mano sulla schiena.

“Ecco, volevamo andare a farci una passeggiata, ma proprio mentre stavamo uscendo si è sentito male ed è svenuto, come è successo con la tua amichetta dai capelli viola.” spiegò brevemente Tabitha, assumendo un tono più serio. “Poi si è svegliato urlando. Ha avuto un attacco di panico…”

“È stato… orribile…” commentò il ragazzo, dondolandosi in avanti.

“Ok, ehm…” iniziò a dire la sorella di Crow. Non seppe cosa dire, però. Era una situazione completamente nuova per lei… Poi si ricordò che Beline aveva effettivamente visto Hugo nei suoi ricordi. “Hugo, non vorrei essere insistente, ma… Hai sognato qualcosa, per così dire?”

Il riccioluto finalmente staccò lo sguardo dal pavimento, fissando Sheila. Lei colse un velo di determinazione e sicurezza nei suoi occhi.

“Che domanda è?!” protestò, ovviamente, Tabitha. Peccato che la risposta che diede lui fu affermativa.

“A dire il vero sì.”

Liyan sollevò le sopracciglia, esortandolo a raccontare.

“Ti prego…” disse, con le lacrime ancora negli occhi. “Non avere paura, siamo tutti qui per proteggerti. Puoi contare su di noi…”

Il giovane annuì, perdendo un po’ di quell’alone di tristezza e miseria che si portava sempre dietro.

“Grazie…” sussurrò, poi iniziò a parlare. “Ho visto… degli scienziati… Cioè, sembravano degli scienziati, da com’erano vestiti… Mi stavano iniettando qualcosa, una sorta di siero color celeste…”

Si fermò, rabbrividendo al ricordo di quel sogno strano.

“Poi…” riprese. “Poi mi sono visto perdere il controllo… E la vittima delle mie azioni incontrollate era… era…”

Prese un respiro profondo prima di fare quel nome.

“… era Belinda…”

Sheila ansimò. Le aveva fatto del male…

“C-c’è dell’altro…?” gli chiese. “Cosa le hai fatto?”

“Male… l’ho sentita urlare, mentre qualcosa mi usciva dal corpo e la colpiva… Tipo un fantasma… Io non ero nelle mie facoltà, volevo smetterla ma non ci riuscivo…  Io… Mi dispiace…”

Gli tornò il fiato corto. Appariva davvero dispiaciuto, anche se non era stato lui a infliggere del dolore fisico a Beline.

“Quanto schifo hanno dovuto passare i nostri amici…” rifletté Sheila.

“Hugo…” parlò poi. “Andrà tutto bene… Grazie per averci detto tutto quello che sapevi…”

Il ragazzo non disse una parola, ma dal suo sguardo appariva più tranquillo, anche se aveva appena avuto una visione in cui faceva del male a qualcuno.

 

Poco più tardi, per Jack e Sheila era arrivato il momento di tornare a casa. Quest’ultima prese in disparte Liyan dicendole che quello che aveva visto Hugo durante il suo svenimento altro non era che la continuazione di quello che aveva visto Beline.

“Quindi questa è un’ulteriore conferma che Beline e Hugo hanno subito lo stesso trattamento…” commentò la ragazza dai capelli verdi. “Mi chiedo davvero chi possa essere stato…”

“Purtroppo su questo siamo ancora in alto mare… Stai tranquilla, però, che andremo in fondo a questa storia!” la rassicurò Sheila, con una mano sulla sua spalla, poco prima di dirigersi verso l’esterno della casa.

“A-aspetta!” la fermò Liyan, prendendola per il polso. Sheila si girò verso di lei. “Volevo ringraziarti per essere venuta… Ero davvero in preda al panico e non sapevo cosa fare, anche Tabitha era troppo scossa. È che finora non era mai successo…”

“Non c’è di che, anche se non ho fatto nulla, alla fine…” le sorrise la ragazza dai capelli arancioni, arrossendo lievemente.

“Sei stata di grande aiuto!” ribatté l’altra, ricambiando il sorriso e abbracciandola all’improvviso. Sheila si impietrì poiché non se lo aspettava affatto, ma poco dopo anche per lei era ora di ricambiare quella stretta un po’ strana.

“Beh, ora devo andare!” esclamò in seguito, scostandosi dalla sua interlocutrice. “Se avete novità, avete il mio numero di telefono! Ciao!”

I ragazzi si congedarono definitivamente, con la sorella di Crow colta da un’improvvisa fretta. Jack, rimasto in silenzio fino a quel momento, parlò… Ma non per commentare il sogno di Hugo…

“Ti vedo un po’ rossa in faccia, sai?” la stuzzicò. “A quanto pare è arrivato il momento per Sheila di prendersi una cotta!”

“Smettila…” protestò, abbassando lo sguardo. In effetti si sentiva leggermente accaldata, ma continuava a credere che non fosse per Liyan. “Si moriva di caldo là dentro!”

“Tra rose e fior, nasce l’amor…” iniziò a canticchiare Jack, in tono scherzoso. Ricevette una leggera spinta da Sheila, che si mise a ridacchiare, un po’ divertita e un po’ imbarazzata.

 

Akiza

Akiza si risvegliò nella spoglia stanza d’ospedale in cui era stata ricoverata la sera prima, con la testa che le girava. Le sue braccia erano bendate, a parte la piega del gomito in cui era infilato l’ago di una flebo, e provava costrizione sul torace… Scostandosi leggermente il camice che le avevano messo la sera prima in sostituzione dei suoi abiti rotti e sporchi, notò che la parte superiore del suo corpo era anch’essa avvolta da bende. L’altra cosa che vide fu Yusei, seduto su una sedia a fianco al letto intento a riposare. Doveva aver passato la notte insonne.

Della notte precedente ricordava pochissimo, forse l’effetto di quegli antidolorifici le davano dei piccoli vuoti di memoria… Aveva dei flash: l’arrivo all’ospedale, le lastre per vedere che non ci fosse nulla di rotto, i suoi genitori che si erano tanto preoccupati per lei, le parole rassicuranti del dottore e quelle di Yusei, che chiedeva ai signori Izinski di non preoccuparsi, che lui si sarebbe preso cura di Akiza.

Se l’era cavata abbastanza bene, alla fine. Nessuna frattura, solo lividi sparsi sul corpo e alcuni tagli. Si era fatta di peggio in altre occasioni… ricordava alla perfezione l’incidente che ebbe a causa di quel Team Catastrofe.

“Aki, come va?”

La voce di Yusei, appena destatosi, la fece sobbalzare. Non pensava si fosse svegliato e, a giudicare dal tono sicuro, sembrava che lo fosse già da un pezzo. Il suo viso neanche presentava un minimo di sonno.

“Bene, grazie Yusei…” sussurrò, sgranchendosi ignorando il dolore. Intanto il giovane si alzò per aprire la finestra e far passare un po’ d’aria.

“Ci hai fatti preoccupare molto, menomale che non è nulla di grave…” dice.

“Non era mia intenzione…” sussurra dispiaciuta. Non le piaceva arrecare sofferenze ai suoi amici e a Yusei, anche se si trattava di qualcosa che non poteva assolutamente prevedere. Ora che ci pensava… Come era avvenuto l’incidente? Ricordava che qualcosa aveva urtato la sua moto, causandole una brutta caduta. Non era riuscita a vedere bene di chi si trattasse, non ne aveva avuto la possibilità.

“Ieri sera ho preferito seguirti in ambulanza piuttosto che indagare sulle cause, perciò… Ti ricordi cosa o chi ha causato il tuo incidente?”

Cavolo, Yusei aveva la capacità di leggere nel pensiero!

“Ci stavo proprio pensando…” dichiarò Akiza, mettendosi a sedere sul letto. “L’unica cosa che so è che io stavo attenta alla guida e ho sentito delle spinte laterali, probabilmente di un altro veicolo…”

“Dici che si potrebbe trattare di qualcuno che ha alzato il gomito?” ipotizzò il ragazzo, mettendosi di nuovo a sedere vicino a lei e prendendole la mano.

“Forse…” rispose lei. Qualcosa, però, le diceva che non poteva essere un semplice accidente. L’impressione sua era che l’avessero fatta cadere di proposito. Anche se si chiedeva come fosse possibile, una simile ipotesi non era da scartare. Se fosse stato un semplice ubriaco alla guida non avrebbe avuto la prontezza di sparire dalla vista di Akiza, come minimo avrebbe fatto schiantare il suo mezzo dopo l’urto con la sua Bloody Kiss.

“L’importante è che tu stia bene!” esclamò Yusei, abbracciandola successivamente. Il calore del suo corpo era rassicurante, già si sentiva più al sicuro con lui nella stanza d’ospedale ma avercelo così vicino non aveva alcun prezzo. Gli lasciò un piccolo bacio sul collo, stringendolo con tutte le forze che aveva. “Forte come sei, poi, ti riprenderai in men che non si dica!”

“Ci riuscirò…” gli sussurrò, baciandolo poi sulle labbra. Era una sensazione fantastica, sapeva che lui era l’uomo giusto per lei. Lo era sempre stato, sin da quando lui era l’unico a considerarla per quello che era: un’umana che prova emozioni, non una strega o un mostro.

“Ops, mi sa che arriviamo in un momento inopportuno…”

“Jack, sei il solito guastafeste! Perché non chiudi quella boccaccia?!”

Si staccarono all’improvviso quando sentirono le voci dei loro amici Jack, Sheila, Crow e Beline.

 

Angolo Autrice

*rileggendo la prima stesura di My Love, My Life* UGH! Che vergogna…

Oh, non vi avevo visti! XD

Salve ragazzi! Tutto bene?

In primis scusatemi per la lunghezza del capitolo, purtroppo in questi giorni ho avuto da fare e l’ispirazione è mancata un po’, ma non volevo far uscire nulla in ritardo ^^’.

Comunque, sono qui anche perché un paio di giorni fa ho fatto una pubblicazione importante: il “prologo” di “Riots”, la mia nuova fanfiction di cui vi ho già parlato in qualche nota dell’autore di questa fic. Per cui, per chi dovesse ritrovarsi qui in questo momento, vi invito a leggerla. Si tratterà di una storia con un’ambientazione distopica/post-apocalittica, rating arancione (poiché più avanti conto di mettere qualche scena un po’ cruenta e aggiungerò tematiche delicate xD) e con protagonisti degli OC, anche se saranno presenti anche dei personaggi dell’universo di 5D’s. Spero di aver stuzzicato la vostra curiosità!

Ultimo avviso prima dei ringraziamenti, ci sarà sempre la possibilità che io rallenti la pubblicazione su EFP. Stavolta anche per motivi di studio (devo iniziare a prepararmi per i test d’ammissione all’università xD), oltre che personali e bla bla bla.

Ora, i ringraziamenti:

  • Per chi ha inserito la storia tra le seguite, vale a dire Black_RoseWitch, Colpani392 e jigokuko, coriandoli su di voi! ^^
  • Per chi ha messo la storia tra le ricordate, ovvero solo Black_RoseWitch, una tavoletta di cioccolato! ^^
  • Per chi ha recensito la storia, cioè CyberNeoAvatar, jigokuko e Colpani392, una scarica di caramelle e marshmallows! ^^

Ovviamente si ringraziano anche i lettori silenziosi! ^^ Di questi citati, in particolare, vi consiglio:

  • Yu-Gi-Oh! 5D’s Spirits Unleashed di CyberNeoAvatar 
  • La Voce della Speranza e la one-shot Stella Cadente di jigokuko
  • The Darkness Bond di Black_RoseWitch

Sono tutte storie che ho letto/sto leggendo e che secondo me vale la pena di leggere in sezione! ^^

Per ora è tutto, grazie per essere arrivati fin qui (xD) e noi ci vediamo la settimana prossima (si spera… xD)!

Ciao ciao!

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Capitolo 24
*** Il punto della situazione ***


Crow

“Akiza!” esclamò Beline, lanciandosi subito sulla ragazza ancora nel letto d’ospedale.

“Beline, fai piano…” le sussurrò Crow, attento a non farlo sembrare un rimprovero. Dopo tutto quello che aveva passato la povera fanciulla, era meglio evitare di farla sentire sbagliata o fuori posto.

“S-si, scusami Aki…” disse, staccandosi da lei. “Mi ero preoccupata molto e quindi sono felice di vedere che stai bene…”

“Ci siamo preoccupati tutti, in realtà.” commentò Jack.

“Nessun problema!” esclamò Akiza. “Tanto più tardi mi dimetteranno!”

Data la buona notizia, i ragazzi rimasero nella stanza per parlare dei recenti avvenimenti. La prima a introdurre il discorso fu Sheila, che raccontò alla rossa della comparsa di Hugo e delle sue amiche. Si soffermò, in particolare, a parlare di quanto fosse scontrosa Tabitha.

“La detesto con tutto il mio cuore…” inveiva.

E poi raccontò di un determinato avvenimento, di cui Crow non era al corrente: a quanto pare, la notte precedente, Hugo aveva avuto una crisi e quello che ne era uscito fuori non era per niente bello.

“Ha detto di aver visto se stesso fare del male a Beline… Con dei poteri…” spiegò Sheila. A Crow gli si strinse il petto. Come aveva potuto? Come si era permesso di ferirla? Guardò la sua ragazza, che non aveva un’espressione poi così scioccata… E poi si ricordò.

“Hugo ha visto la continuazione di quello che Beline-”

“Proprio così, Crow…” sussurrò la ragazza dai capelli viola, tagliando la frase. “In ogni caso, quella siringa che gli avevano fatto mi dice che non era in sé. Non è stata colpa sua…”

Sarebbe stato meglio per Hugo, pensava Crow. Se lo avesse fatto di proposito si sarebbe assicurato che lui non avesse dimenticato il viso del giovane con i marchi così facilmente. A prescindere da tutto, la situazione era delicata e non era il caso di creare conflitti interni.

“Ehm… ecco, in verità anche io credo di avere aggiornamenti riguardo le sparizioni…”

A parlare era stata Akiza. Crow si girò verso di lei, curioso di sapere cosa avesse in serbo la ragazza sul letto d’ospedale. Tutta l’attenzione rivolta ad Aki, si preparò ad ascoltare. La rivelazione, però, era tanto inaspettata quanto terribile.

“Ultimamente ho condotto delle piccole indagini, sentendo anche un ex-membro del Movimento Arcadia…” iniziò a dire, ma Crow aveva già capito tutto con quelle ultime due parole. Movimento Arcadia… Quella dannata organizzazione c'entrava dunque qualcosa con Beline… Non era possibile…

“Quest’ultimo mi ha confermato di aver visto Beline in più di un’occasione e Sayer la conosceva…” continuò. Ogni frase sembrava una pugnalata nel petto. Voleva evitare di girarsi per vedere come aveva reagito Beline a tutte quelle informazioni. Si era fatta dire da Akiza tutto quello che le veniva fatto nel Movimento Arcadia, quindi conosceva quei dettagli non proprio simpatici.

“Le visioni di Beline e le parole di Anthony, il ragazzo con cui ho parlato, coincidono.” concluse la ragazza. “Beline era veramente chiusa in una bolla, solo che speravo fosse altrove. Inoltre, in quel periodo si parlava, anche se non ne ho le prove, di un esperimento condotto su alcuni membri in cui venivano impiantati artificialmente i poteri psichici a chi non ci era nato…”

Proprio quella fu la batosta finale per Crow. Era scioccato. Sperava con tutto il cuore che quelle fossero solo dicerie, perché se quello fosse stato il caso di Beline si sarebbe maledetto a vita per non essere riuscito a proteggerla. Già si sentiva responsabile, ma adesso cambiava tutto.

Anche gli altri sembravano sconvolti. Beline aveva abbassato lo sguardo, incapace di dire qualsiasi cosa. Anche Crow era silenzioso, seppur avrebbe voluto fare un sacco di cose. Innanzitutto, avrebbe voluto chiedere ad Akiza il perché non ne avesse parlato prima, poi avrebbe voluto cercare Sayer (nel caso in cui quel bastardo fosse ancora vivo) e fargli del male, avrebbe voluto stringere la sua ragazza e rassicurarla che quel periodo era finito… Suo malgrado, però, non riuscì a fare niente di queste cose. Riuscì solo a sfiorare le dita di Beline per darle la mano, ma lei si ritrasse.

Si sedette sul tavolo. Tutto quello era assurdo. Avrebbe immaginato il coinvolgimento di qualsiasi organizzazione, qualsiasi persona, ma mai il Movimento Arcadia. Chiunque, ma non loro.

Si mantenne un silenzio lungo chissà quanto, a compensare il rumore che Crow aveva in testa. A romperlo fu Yusei.

“Ragazzi, ascoltate. Lo so che queste rivelazioni sono terribili, se dovessero essere vere, e come voi io mi auguro che abbiamo preso un granchio, anche se a questo punto tutto riconduce al Movimento Arcadia. Però vorrei ricordarvi che noi abbiamo passato l’inferno durante la nostra crescita, ma ne siamo usciti tutti assieme. Questa è l’ennesima difficoltà che il destino ci ha messo contro. Perché sì, è vero che a soffrirne sia stata effettivamente solo una di noi… Ma ricordatevi tutte le volte in cui un nostro amico ha avuto delle difficoltà. Insieme lo abbiamo aiutato, come se quel dolore fosse anche nostro. Anche stavolta, è nostro compito affrontare questa sfida tutti uniti. Metteremo la parola ‘Fine’ a questa storia, qualunque sia il nostro nemico.”

“Ben detto, Yusei.” disse Jack. “Faremo il culo al Movimento Arcadia, costi quel che costi!”

Quelle parole diedero uno scossone a Crow, ristabilendo la determinazione dentro di sé. Era arrabbiato ma non aveva perso di vista la cosa più importante: chiudere quel capitolo e permettere a Beline una vita tranquilla e senza più preoccupazioni. Le mise una mano sulla spalla, facendola girare verso di lui. Guardandola negli occhi, le disse:

“Presto sarà tutto solo un brutto ricordo, te lo garantisco!”

Le sorrise. Doveva mostrarsi forte per lei, non debole. Doveva darle sicurezza e forza di volontà, così che anche Beline potesse crederci. E funzionò, perché gli sorrise anche lei e annuì. Poco prima che potessero abbracciarsi, furono interrotti da una vecchia infermiera che era piombata nella stanza di Akiza.

“L’orario di visite è finito, cari.” comunicò con voce infastidita. “Dovete andare via…”

“Aspetti!” la richiamò Akiza. “Potreste concedermi un paio di parole con solo uno di loro?”

Quella signora la fissò con aria scocciata, per poi sibilare un “Cinque minuti, non di più”.

Tutti quanti, ad eccezione di Beline e Yusei, uscirono fuori. Crow rimase ad aspettare la sua ragazza, ancora appesantito dalle nuove informazioni ma più sicuro di sé.

 

Akiza

Un po’ si sentiva in colpa per non aver detto subito quello che sapeva ai ragazzi, ma aveva mille paure con sé. Tante paranoie, alla fine, visto che era quasi certa delle sue informazioni.

Ora, rimasti in quella sala spenta, c’erano soltanto lei, Yusei e Beline. Aveva chiesto a quest’ultima di parlarle, prima di andar via.

“Non mi scuserò mai abbastanza…” iniziò Akiza, attirando lo sguardo di Beline, fino a quel momento rimasto abbassato. Si vedeva che la notizia appena appresa l’aveva sconvolta. Forse non avrebbe dovuto dirglielo, avrebbero dovuto tenere la faccenda segreta per la ragazza ritrovata… L’idea che uno dei compagni fosse all’oscuro del proprio destino, però, avrebbe potuto farlo arrabbiare molto, oltre che ferirlo.

“Per… per cosa?” balbettò Beline, piegando la testa da un lato.

“Quella volta in spiaggia…”

“Oh, Aki-chan! Ti sei già scusata per quello, è acqua passata ormai!” la rassicurò la ragazza, riprendendo un po’ di vitalità.

“Lo so, ma…” continuò la rossa. “Il fatto è che… Al tempo non avevamo tutte queste informazioni… Se avessi saputo che anche tu hai avuto a che fare con quegli stronzi del Movimento Arcadia…”

“Non potevi saperlo.” la contestò Beline.

In effetti era vero. Risultando scettica, mai avrebbe potuto immaginare un passato simile per la sua amica. Si sentiva comunque in colpa, per una ragione ben precisa.

“Ne sono consapevole… L’esperienza che abbiamo avuto non la auguro a nessuno ed è chiaro che con te ci sono andati giù pesante rispetto a me. Per questo mi sento un’idiota… Ho dubitato di una cosa serissima… Una cosa che, tra l’altro, ho subito anche io!”

Non pianse in quel momento, non serviva. Voleva mostrarsi forte, anche per dare una sicurezza in più alla sua amica Beline. Ne aveva davvero bisogno.

“Aki, non preoccuparti. Non ce l’ho con te.” le rispose tranquillamente, con il sorriso. “L’importante è averti dalla mia parte!”

“E non solo lei, anche tutti noi lo siamo!” si intromise Yusei, fino a quel momento rimasto in silenzio ad assistere.

“Già!” esclamò sicura Aki. “Hai la fortuna di avere anche Crow accanto a te!”

Con quella dichiarazione, Beline avvampò.

“Vero, ricordo come ti ha difeso con le unghie e con i denti proprio quella volta in spiaggia!” rincarò la dose Yusei.

“Dai, ragazzi!” si coprì il viso la giovane, provocando una risatina da parte di Aki. “Almeno non sono l’unica ad avere qualcuno che ci tiene a me!”

Guardò entrambi i suoi amici, che in seguito si scambiarono una rapida occhiata e volsero lo sguardo altrove, imbarazzati.

“Beccati!” esclamò Beline. Appariva agli occhi di Akiza più serena, e quello era un bene. In certi momenti, anche la più piccola delle cose può fare la differenza.

Quel piccolo momento di allegria fu interrotto dalla stanca infermiera di prima, che ricordò all’intrusa Beline che il tempo era scaduto e doveva andarsene.

“Ragazzi, mi dispiace ma si è fatto un certo orario…” disse, facendo spallucce. “Ci sentiamo!”

Salutata la loro amica, Yusei ed Akiza rimasero da soli.

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Capitolo 25
*** Telecamere e sogni rivelatori ***


Yusei

L’incidente della sua amata Akiza aveva fatto nascere dei dubbi dentro Yusei, che se li portò dentro anche dopo una settimana dal suo ritorno a casa. Nel frattempo, sulla situazione degli scomparsi dal Satellite non vi erano aggiornamenti. Crow e Belinda, assieme a Liyan e gli altri, avevano provato a raccattare quante più informazioni possibili, ma parve che bene o male si mantenessero sulla stessa pista e non aggiungessero nessuna novità. In ogni caso, l’ipotesi avanzata da Akiza riguardo l’eventuale coinvolgimento del tanto odiato Movimento rimaneva quella più accreditata, anche se nessuno che fosse proprio “quella” la verità.

Yusei era quasi certo che l’impatto che la sua ragazza ha avuto con “qualcos’altro” non fosse una coincidenza né un semplice urto accidentale. C’erano tanti elementi nel suo racconto che lo portavano a credere che qualcuno l’avesse fatta cadere di proposito. Proprio il fatto che in quel periodo stava iniziando a cercare degli indizi per aiutare Belinda, poi, era assai sospetto. Insomma, non si era trattato affatto di una disattenzione.

Proprio per scongiurare ogni dubbio, Yusei decise di fare una visita a sorpresa al commissariato, in cui c’era Mina, seduta alla scrivania indaffarata con una pila di carta piena zeppa di casi da archiviare.

“Oh, ciao Yusei!” esclamò, con le mani ancora nei capelli blu. “Perdonami il disordine, ma stiamo facendo un po’ di sistemazioni tra i registri e sto impazzendo…”

“Nessun problema.” le sorrise il giovane del Satellite, facendosi serio. “Piuttosto, scusami se vengo a disturbarti, ma vorrei avanzarti una richiesta un po’ particolare…”

“Dimmi pure.” si rese disponibile la giovane agente, con lo sguardo illuminato per una possibile alternativa al lavoro che stava compiendo.

“Se non ti toglie troppo tempo… Vorrei vedere i filmati delle telecamere di sorveglianza.” dichiarò. Era incerto, non era proprio sicuro che Mina potesse esaudire quel suo desiderio. Si trattava comunque di materiale accessibile solo alla polizia e che in rari casi veniva divulgato. Tuttavia, valeva la pena di fare un tentativo.

“Beh…” fece l’agente, incuriosita da quella singolare richiesta. “Potrei mostrarti quello che vuoi, però vorrei almeno sapere perché vuoi accedere ai video…”

Yusei non ci pensò due volte a rivelarle la motivazione per cui si trovava lì. Mina fu sorpresa perché non era al corrente dell’incidente di Akiza e lo fu ancora di più nel sentire la supposizione del ragazzo.

“Sei sicuro di quello che dici, Yusei? Voglio dire… Si tratta di un’accusa piuttosto grave…” obiettò, digitando qualcosa sulla tastiera del computer.

“Onestamente, se non lo fossi non sarei qui… Non mi piace saltare troppo in fretta alle conclusioni, ma unendo tutti gli elementi posso dirlo con certezza. La registrazione della telecamera mi serve solo per confermare la mia ipotesi. E poi…” si interruppe, mettendosi le mani in tasca. “Non ho accusato ancora nessuno.”

Mina lo osservò per un paio di secondi, per poi sospirare e alzarsi dalla sua sedia da ufficio.

“E va bene, ma vedrai solo quello che hanno registrato le telecamere nel luogo in cui Akiza è caduta. Altro non posso mostrarti per privacy.” disse, conducendo il ragazzo verso una stanza buia, illuminata solo dai monitor dei computer. C’erano anche alcune persone incaricate di visualizzare i filmati in caso di denuncia, ma non intervennero quando videro Mina entrare con Yusei.

Mina armeggiò con uno dei computer di quella sala, dopo essersi fatta dire il luogo preciso dell’incidente e l’orario approssimativo. Si intravide il momento in cui Akiza era riversa a terra e la Blackbird di Crow si fermava ad aiutarla assieme a Sheila.

“Più indietro…” disse Yusei, un po’ turbato da quella visione. Si ricordò dello spavento preso quel giorno e dover riviverlo era brutto.

Mina allora premette il pulsante del rewind e tutto andò al contrario finché non si vide il corpo della ragazza risalire come per magia sulla moto e una figura scura giungere in retromarcia verso di lei.

“Ecco, qui!” esclamò Yusei. L’agente fermò il video e mise “play”. Quello che Yusei vide confermò la sua teoria: Akiza stava andando dritta con la sua Bloody Kiss quando era stata affiancata da una moto e spintonata lateralmente prima che lei potesse evitarlo. Mentre lei cadeva, il tizio misterioso se ne andava via, proseguendo per la sua strada come se nulla fosse.

“È un vero peccato non avere abbastanza telecamere, altrimenti avremmo potuto tracciare il suo percorso…” commentò Mina, seccata. “In ogni caso, avevi ragione. Akiza non è assolutamente caduta da sola.”

Già, Yusei ci aveva visto giusto. Restava solo da chiarire una sola cosa: chi era stato e perché.

 

Beline

Crow, come quasi ogni notte, si intratteneva con Beline a casa di Martha. Nulla di ambiguo, semplicemente voleva assicurarsi che lei stesse bene e non avesse problemi durante il sonno.

Era tardi, probabilmente era mezzanotte passata, e Beline non riusciva a dormire. Cercava di non rigirarsi troppo per non svegliare Crow, che invece dormiva come un sasso. Non sapeva precisamente cosa la tenesse sveglia, tuttavia lo era. Cosa avrebbe dovuto fare? Non voleva destare il suo ragazzo solo perché era insonne.

Come le capitava spesso, si ritrovava a rivedere dei ricordi positivi, come la sua infanzia prima di essere rapita (o di scomparire, ancora bisognava fare tanta chiarezza e preferiva evitare di rifletterci su per non soffrire).

Nell’oscurità della sua camera, una mano le sfiorò la spalla. Si voltò, pensando che si trattasse di Crow che, distrattamente e mezzo addormentato, voleva abbracciarla. Invece come si girò l’ambientazione cambiò. Non si trovava più sul letto, bensì su un lettino d’ospedale, avvolta da una luce fortissima che contrastava la tenebra in cui provava a dormire. Davanti ai suoi occhi, una giovane donna la rassicurava. Aveva degli occhi viola su di un viso incorniciato da vaporosi capelli rossi.

“Andrà tutto bene, Belinda…” sussurrava, accarezzandole la schiena. Non seppe cosa fare, era davvero dalla sua parte oppure...?

“Certo, forse dovresti fidarti della cara Astrid… Sai che scappare non ti porterà a nulla, vero?”

Un groppo si creò nella gola della giovane, rimasta stesa sul lettino fissando negli occhi quella donna. Si rese successivamente conto che aveva il braccio bloccato con una catena al letto. Aveva tentato la fuga ed era stata colta in flagrante? Quella signora non sembrava proprio volenterosa di aiutarla…

“Per il tuo bene, devi restare qui. Insomma, se esci di qui, chi ti aiuterà? Chi ti proteggerà?” le domandò.

“Senza ombra di dubbio, i miei amici.” sussurrò freddamente. Di loro non si era mai dimenticata e la ragione per cui si trovava intrappolata non era sua volontà. L’avevano portata via dalla sua infanzia.

“Hahahaha…” rise di gusto quella Astrid. “Non possono fare nulla contro di noi…”

Beline sapeva di trovarsi in un sogno, voleva fare chiarezza sui suoi ricordi. In qualunque modo. Forse non era la maniera più affidabile per ricavare informazioni, ma non aveva altro su cui lavorare. Le sue visioni e le informazioni ottenute da Akiza e gli altri erano le uniche cose che poteva usare.

“Voi mi considerate un esperimento. Volete che io faccia tutto quello che mi dite. Sono solo una semplice umana… Perché fate questo a noi? A me? A Hugo?”

La donna volse lo sguardo altrove, allontanandosi dal lettino.

“Una semplice umana… Cosa intendi dire con questo?” le chiese di spalle. “Di certo, non sei un’aliena…”

“Non hai risposto alla mia domanda.” puntualizzò Beline. “Perché ci sottoponete a tutto questo stress? Cosa vi abbiamo fatto?”

Un sorriso si scolpì sul volto di Astrid, che rivolse il suo sguardo alla ragazza incatenata.

“Mi stupisce che tu non lo sappia, Belinda…”

“Io non ricordo nulla.” rispose ferma.

“Tsk… Meglio così…” sussurrò la donna, allontanandosi e dirigendosi verso la porta. Beline la stava odiando con tutto il suo cuore.

“Almeno dimmi una cosa, Astrid.”

Astrid si fermò.

“Non ti dirò nulla finché non mi chiamerai come voglio essere chiamata.”

Uscì dalla porta, lasciando Beline da sola. Non ricordava proprio chi fosse quella signora, dunque si rallegrò del fatto che avesse visto qualcosa di nuovo nella sua storia. Avere un nome e un volto sarebbe stato senz’altro d’aiuto… Il problema era cercare di individuarla. E se non fosse mai stata a Nuova Domino? Dove avrebbero potuto iniziare per cercarla?

Tutt’un tratto, fu colta da un attacco di sonno che la fece addormentare nel sogno, ma risvegliare nella realtà. Aprì semplicemente gli occhi, senza muoversi troppo. A fianco a lei, Crow ronfava. Si decise di raccontargli tutto la mattina dopo. In quel momento, si limitò semplicemente ad abbracciare il ragazzo e appoggiare la sua testa sulla schiena di lui.

“Astrid…”

 

 Angolo Autrice

Ehilà! Lo so, sono proprio una palla con questi avvisi! ^^’

L’avviso di oggi riguarda la pubblicazione del prossimo capitolo, che verrà postato tra due settimane. Ergo, la settimana prossima vi lascio a bocca asciutta :(

Andrò in vacanza e quasi sicuramente non avrò la possibilità di pubblicare il successivo capitolo in “orario”, ma state tranquilli che penserò attentamente alla storia (anzi, allE storiE) e a come farla proseguire. Ho già in mente tutto fino al finale, devo solo svilupparlo per iscritto. E sì, questo significa anche che “My Love, My Life” sta per volgere al termine :c

Ovviamente, come già detto, non sarà l’ultima storia che pubblicherò qui su EFP! Scriverò e pubblicherò “Riots”, ovvero l’AU Distopico, e chissà… Magari mi verrà in mente altro! ;)

Chiudo qui! Auguro a tutti voi buone vacanze (se le farete ^^) e ci si sente tra due settimane!

 

P.S. Riuscirò comunque a rispondere ai messaggi privati e magari a recensirvi, quindi non sarò del tutto inattiva ^^

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Capitolo 26
*** La frustrazione di Beline ***


Sheila

Il giorno dopo, Beline aveva comunicato a Sheila un nome che aveva sentito in un sogno: Astrid. Si sentiva molto sicura del fatto che fosse qualcosa di preesistente nella sua mente e non creato dalla stessa. Come era sempre avvenuto, alla fine quello che Beline ricordava era servito per vederci più chiaro, per cui era importante avere quest’altra informazione.

A casa di Martha c’erano solo Sheila e Beline, Crow era impegnato con i test per entrare nel dipartimento di polizia di Nuova Domino.

“Ora chiamerò Hugo e domanderò a lui… Spero solo di non turbarlo con questa supposizione, ho notato che l’ultima volta che ci siamo visti era meno incupito del solito!” esclamò Sheila.

“Sicura che non sia l’ennesima scusa per chiamare Liyan, visto che hai solo il SUO numero?” infierì Beline. Accidenti, prima Jack la prendeva in giro, ora anche Beline faceva queste previsioni strane su una possibile relazione con Liyan?

“N-non ti ci mettere anche tu!” protestò la sorella di Crow, avvampando. Anche la sua amica era venuta a conoscenza del suo orientamento. Quando gliel’aveva rivelato, la reazione di Beline è stata un allegrissimo “E quindi?”. Neanche lei avrebbe mai battuto ciglio su questo e Sheila ne era senz’altro felice.

Attese alcuni istanti prima che la ragazza dai capelli verdi rispose al telefono.

“Sheila!”

“Ehi, c-ciao Liyan. Ti disturbo, per caso?” domandò titubante la ragazza.

“Tranquilla, non disturbi mai! Hai novità?” chiese a sua volta Liyan.

In breve, Sheila spiegò tutto, facendosi passare Hugo al cellulare. Gli pose la questione e lui ammise di ricordarsi quel nome. Vide Beline accendersi di speranza quando la sua amica annuì sentendo quello che aveva da dire il ragazzo.

“Ehm, ecco… Mi sembra di ricordarla… Aveva i capelli rossi, vero?” disse lui. Sheila rispose con un affermazione. “Bene, allora… Io me la ricordo come una dottoressa… Aspetta, ora ricordo… Lei si era occupata di iniettarmi quel liquido…”

Rabbrividì pensando alla scena di una siringa contenente chissà che cosa venire inserita nel corpo di un povero innocente.

“Mh…” commentò la ragazza. “Ti ricordi altro, Hugo?”

“Purtroppo no… La mia memoria è piuttosto confusionaria, in questo momento, ma ho ben stampata in mente questa scena di lei che compie questa azione…”

Il suo tono lasciava trasparire un po’ di delusione. Magari pensava di non essere stato molto d’aiuto ma il suo contributo aveva aggiunto un ottimo spunto per continuare le indagini.

“Non preoccuparti, amico!” lo rallegrò Sheila. “Come al solito, vi faremo sapere se scopriamo altro!”

Detto ciò, chiuse la chiamata.

“Una dottoressa…” pensò lei. “Potrei provare a passare in rassegna tutti gli studi medici di Nuova Domino, magari riusciamo a trovarla…”

Riflettendoci, poteva essere una stupida idea: chi le diceva che Astrid si trovasse ancora in città e non altrove? E se non avesse uno studio in cui lavorare? E se, invece, non facesse proprio la dottoressa?

“Sheila, tutto bene?”

La voce di Beline interruppe il suo flusso di pensieri.

“Oh, si!” rispose, scuotendosi. “Allora, Hugo sostiene che lei fosse un medico. Il problema è… Trovarla…”

Beline annuì. Sheila sentì che anche lei capiva quali fossero le difficoltà, tuttavia non parve darsi per vinta. Non voleva deludere le aspettative della sua amica, voleva assolutamente agire senza mettere, però, in pericolo nessuno.

Poco più tardi, Sheila si avviò verso casa con la moto che si era fatta prestare da Jack. Doveva fidarsi molto di lei per poterle affidare la sua “Vortice della Fenice”, anche se non erano mancate delle raccomandazioni che sapevano di minacce…

 

“Riportamela anche solo con un singolo graffio e ti rado a zero quel cespuglio che hai in testa!”

 

Beh, si trattava del minimo, secondo Sheila. Conoscendo Jack, difficilmente le avrebbe permesso di guidare la sua Duel Runner.

Rientrò in casa dopo una lunga corsa, con il timore di farsi fermare dagli agenti e di essere riportata nella Struttura per aver guidato senza patente. Ad attenderla, Jack e Crow. Appena vide quest’ultimo, iniziò a tempestarlo di domande riguardo il fatidico esame.

“Non è andato male. Ho fatto una prova teorica e una pratica. Sulla prima mi sono scervellato su un paio di domande, mentre la seconda è stata una passeggiata!” commentò lui raggiante. Nonostante tutto quello che era successo nelle scorse settimane, Crow era riuscito a concentrarsi su altro e Sheila ne era felice.

“Vedrai che lo passerai!” lo incitò, sedendosi sul divano.

Più tardi, anche Yusei rincasò. Fu un momento di tranquillità anche per lui perché la sua ragazza era appena uscita dall’ospedale.

 

Crow

Tra la morbidezza dei cuscini e quella della pelle di Beline, Crow si trovava nel letto con lei, nella dimora di Martha come ogni notte. Ad un certo punto, questa sua voglia di proteggere la sua ragazza diventò motivo di prese in giro da parte, soprattutto, di Jack, che non mancava di punzecchiarlo, a cui si aggiungeva anche Sheila.

“Ho capito che dopo anni finalmente ti dai da fare con qualcuno, però mi sembra un tantino esagerato…” lo stuzzicava il biondo, con un sorrisetto da idiota che faceva irritare molto Crow. “Cioè, dalle il tempo di respirare!”

In ogni caso, cercava di non darci troppo peso poiché le supposizioni di Jack erano completamente fuori strada dalla realtà. Certo, ormai erano diventati una coppia, ma preferiva non affrettare le cose con Beline. Sarebbe arrivato il momento giusto per entrambi, prima o poi…

Senza darci troppo peso, cercò di addormentarsi. Quella bella sensazione confortevole lo invitava a chiudere gli occhi e riposare per annullare completamente il mondo esterno…

 

Nel mezzo della notte, Crow si destò in seguito ad un suono ridondante e fastidioso. Rendendosi conto che il suono altro non era che la suoneria del telefono, si innervosì. Chi mai poteva essere a quell’ora? Dovevano essere le due o le tre di notte…

Lesse il nome sul display, imprecando.

“Jack…” sussurrò nervoso, cercando di non svegliare Beline, che dormiva beatamente accanto a lui. Dopo aver cliccato per accettare la chiamata, non si risparmiò delle offese gratuite al suo amico.

“Cosa cazzo ti viene in mente a quest’ora per chiamarmi?” gli chiese senza alzare troppo la voce. In un attimo, la risposta che diede lo sconvolse, risvegliandolo completamente. Senza rendersene conto, iniziò ad alzare la voce…

 

Beline

“Scusami, che cazzo vuol dire ‘sparita’?!”

Una voce entrò nelle orecchie di Beline, costringendola ad aprire gli occhi e strofinarseli. Nel buio vide la figura di Crow, illuminata solo da alcune luci esterne, con la schiena scoperta e curva. Il ragazzo era seduto si spalle a lei sul bordo del letto e aveva una mano poggiata sulla fronte, mentre l’altra aveva un cellulare poggiato all’orecchio.

La ragazza sbadigliò in silenzio, ancora confusa, stringendosi nel lenzuolo.

“Hai provato a chiamarla?” domanda ancora Crow, alzandosi per prendere gli stivali per poi tornare al suo posto. “… Merda… Jack, come posso stare calmo?... Senti, sto arrivando…”

Chiuse il telefono infilandosi velocemente le calzature e mettendosi con foga una maglietta. A quel punto, dopo aver osservato tutto, Beline si alzò a sedere e attirò l’attenzione di Crow chiamandolo.

“Che ragazzo cattivo che sono… Ti sveglio sempre, eh? Scusami, Jack mi ha chiamato perché a quanto pare Sheila è uscita da sola e non ha ancora fatto ritorno…” le spiegò brevemente il giovane. La preoccupazione si impadronì di lei, costringendola a fare ulteriori domande.

“Oh, mio Dio…” commentò. “No, dai…”

“Stai tranquilla, Beline… Non si sarà allontanata molto!” cercò di calmarla lui nella maniera più pacata possibile. Eppure stava quasi urlando contro il suo amico poco fa… Che stesse cercando di non far trasparire determinate emozioni?

“Andrà tutto bene!” la rassicurò, mettendole una mano sulla spalla e dandole un veloce bacio sulle labbra prima di allontanarsi. “Dormi tranquilla, mi raccomando!”

Le rivolse un ultimo sorriso, poi chiuse la porta della camera dietro di sé, lasciando Beline da sola a scervellarsi.

“Come è venuto in mente a Sheila di passeggiare a quest’ora? La città è pericolosa di notte…” pensò.

All’improvviso, un ricordo si instaurò nella sua mente. Non era proveniente dai suoi anni di prigionia, era molto più recente…

 

“Allora, Hugo sostiene che lei fosse un medico. Il problema è… Trovarla…”

 

“No, spero davvero che…” le venne da dire, senza concludere la frase. Un orribile presentimento si impadronì delle sensazioni della ragazza, costringendola a diventare irrequieta. Iniziò a picchiettare nervosamente le dita sul materasso, poi si alzò dal letto facendo avanti e indietro per la camera, si mise le mani nei capelli. Era nel bel mezzo di un crollo nervoso e aveva tanta, troppa paura per la sua amica. Le possibilità che si fosse messa alla ricerca di quella dottoressa erano alte, come lo erano le probabilità di essersi messa nei guai… Per colpa sua… Per colpa di Beline…

Respirando affannosamente, cercò di fare mente locale. Dove poteva essere Sheila? Accese la luce sul comò, lasciando che la camera si illuminasse lievemente, per tornare, in seguito, a sedersi sul letto. Le veniva da piangere, avrebbe voluto avere qualcuno al suo fianco ma Crow doveva trovare sua sorella.

“Mi sento così… Inutile…”

Si arrabbiò così tanto con se stessa che nel momento in cui sentì un rumore provenire dalla finestra lo contrastò rivolgendo la mano contro il vetro. In un attimo, con enorme stupore della ragazza, sentì la lastra frantumarsi. Non aveva lanciato nulla contro la finestra per romperla, né qualcun altro l’aveva fatto al posto suo. I pezzi rimasti erano lì, sul pavimento, e non c’era traccia di altro…

“Sono… Sono stata davvero io…”.

 

Angolo autrice

E si ritorna a postare con regolarità, più o meno! Perdonatemi se la settimana scorsa non ho pubblicato ma, come già annunciato, ero fuori casa e dunque non ho potuto pubblicare il capitolo prima. In ogni caso, sappiate che vi ho pensato (anche se non ho potuto interagire molto sul sito :c) e ho in mente la perfetta conclusione per questa storia. Sappiate anche che non la affretterò assolutamente! ^^

Da una parte devo dire che mi dispiace doverla portare al termine, ma è giunta la sua ora… In ogni caso, farò un discorso più ampio quando sarà il momento! ^^

Non ho nient’altro da aggiungere. Ci vediamo la settimana prossima con un nuovo capitolo! ^^

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Capitolo 27
*** Poteri ***


Jack

Le ore notturne erano passate, eppure di Sheila non c’era alcuna traccia. Aveva provato una miriade di volte a chiamarla con il cellulare… Niente, nessuna risposta.

Tutto quello che sapeva era che Sheila stava insieme agli altri fino a quando non era andata a dormire, poi Jack si era alzato dal letto per una mancanza di sonno e si era accorto che il letto in cui giaceva la sorella di Crow era vuoto. Per un po’ aveva pensato di aspettarla, erano abbastanza comuni le passeggiate notturne per lei... Dopo una, due, tre ore, capì che c’era qualcosa che non andava. Sarebbe dovuta rientrare molto prima…

Aveva telefonato Crow nel bel mezzo della notte, ricevendo insulti per essere stato svegliato. Suo fratello stava decisamente prendendo sottogamba la situazione, forse perché si era destato in malo modo… In ogni caso, disse che sarebbe rientrato per cercare di capire dove fosse.

“Di solito Sheila dove va?” domandò Yusei, che si trovava assieme al biondo.

“Purtroppo non ne ho idea… Si dirige sempre dove le dice la testa in quel momento…” rispose abbassando la testa. Affiancò poi la sua Vortice della Fenice per tenersi pronto a perlustrare le vie dell’immensa città. Il rombo del motore della Blackbird suggerì che era arrivato il momento di partire.

“Sheila… Non so in che guaio tu ti sia cacciata… Contaci, però, sul fatto che quando ti vedrò ti farò una lunga ramanzina.” pensò, salendo sulla sua moto e raggiungendo Crow.

 

Sheila

Una forte luce bianca costrinse la giovane Hogan a coprirsi gli occhi dopo averli stropicciati per bene. Era spaesata, le faceva terribilmente male la testa e non aveva la benché minima voglia di alzarsi dal freddo pavimento sotto di lei. Dopo essersi abituata a quel bagliore, si guardò attorno: se doveva trovare un modo per descrivere il nulla, quello che aveva attorno poteva essere la giusta definizione. Era una stanza dalle pareti e dal pavimento bianchi, di due tonalità differenti per distinguerli. Basta. Non c’era altro.

“D-dove sono?” si domandò, cercando di alzarsi in piedi quando si rese conto di avere i polsi ammanettati. Dovette fare molta forza con il resto del corpo per mettersi in posizione eretta e il dolore alla tempia non aiutava per niente. Una forte sensazione di spossatezza le impedì di poggiare i piedi al suolo, quindi di mise solamente in ginocchio. Era vestita con i suoi soliti abiti…

La confusione iniziale sparì nel momento in cui si ricordò di un dettaglio che non doveva essere avvenuto da molto… Era uscita di casa, intenta a cercare indizi per trovare una certa Astrid… Poi era stata raggiunta da qualcuno alle sue spalle, che le aveva stretto un braccio attorno al collo, privandola del respiro. Null’altro. Doveva anche aver sbattuto la testa perché sotto i capelli sentiva pulsare, come se avesse un gran bernoccolo.

“Ho proprio un talento nascosto… Nel farmi rapire…” cercò di ironizzare lei, guardandosi attentamente attorno per trovare una via d’uscita. Diede la possibilità alla sua vista per schiarirsi, quando dietro di lei si sentì un rumore metallico e poi dei passi. A giudicare dal suono che producevano questi ultimi, doveva trattarsi di tacchi. Una donna.

Si voltò per cercare conferma in quello che pensava. Le apparve una signora che corrispondeva alla descrizione di Beline. Indossava un tailleur nero e teneva una mano in vita, con aria elegante.

“Astrid…” sussurrò Sheila a denti stretti.

“Vedo che sai come mi chiamo, tesoro!” ridacchiò con voce docile. “Eppure… Io e te non ci siamo mai viste…”

Cercò di non lasciarsi scappare un conato di vomito dalla bocca mentre diceva la parola “tesoro”. Chi si credeva di essere?

“So tutto quello che avete fatto alla mia amica…” le spiegò la sorella di Crow.

“Oh… Abbiamo…” sussurrò spavalda Astrid. “Dici proprio bene… Abbiamo…”

A Sheila iniziò a tremare un sopracciglio per la rabbia insormontabile che le stava crescendo dentro. Pensava davvero di prenderla in giro in quel modo?

“Comunque… vediamo se ricordo il suo nome…” si interrogò la donna, voltandosi di spalle e mettendosi un dito sulle labbra. Il modo in cui parlava… Lei sapeva benissimo a chi si stesse riferendo Sheila…

“Dillo tu, Astrid. Tanto lo so che il motivo per cui sono qui è collegato a quella storia!” ringhiò la sorella di Crow.

Un attimo di silenzio, poi Astrid tornò a guardarla negli occhi.

“Prima di tutto, con me non si alza la voce.”

Si avvicinò, tirandola a sé per i capelli.

“Seconda cosa, non sono tua amica. Non mi chiami per nome.”

Lo scalpo di Sheila iniziò a pulsare per il dolore.

“E terzo…”

Lasciò andare la presa facendola ricadere a terra in posizione sdraiata. La ragazza iniziò a lacrimare, ma non voleva mostrarsi debole davanti a quella stronza. Cercò quindi di rimettersi seduta, facendo molta fatica.

“La ragione per cui sei qui è perché, come Akiza, sei una grandissima ficcanaso. Dovete permettere a quella ragazza… Beline… di dimenticare questa storia.”

“Lo sapevo.” pensò Sheila. Stava iniziando ad acquisire tutto un senso… Era l’ulteriore conferma che non c’era nulla di inventato e che si stavano avvicinando sempre di più alla fine di quel racconto dell’orrore per Beline. Anche se… La situazione in cui si trovava era difficile… Come avrebbe fatto a farsi rintracciare? Sentiva le tasche svuotate dei suoi oggetti, per cui non c’era un cellulare che avrebbe potuto salvarla.

“Un momento…”

In un attimo le balzò nella sua testa la frase precedente di Astrid.

“Hai detto ‘come Akiza’…”

Non ci mise molto a fare due più due. Non c’era alcun dubbio.

“Troia!” esclamò, alzandosi di scatto e gettandosi su di lei con le mani legate.

 

Beline

Si guardò le mani una volta, poi la seconda, la terza… Da quando aveva rotto la finestra senza alcun tipo di oggetto o aiuto esterno, si domandava come avesse fatto. Costantemente. La sua mente era lì, più confusa di quell’ammasso di frammenti di vetro che giaceva a terra e rifletteva la luce della luna.

Un impeto di terrore la colse, timorosa di poter fare del male agli altri. Se era vero quello che lei e i suoi amici avevano messo insieme, allora lei non poteva essere altro che una psichica. Lei, però, si rifiutava di crederlo. Le storie orribili che aveva sentito da Akiza già costituivano motivo di riflessione, ma quando si ritrovò a viverle in prima persona…

“No, no, no…” si prese la testa tra le mani. Aveva bisogno di qualcuno che la consolasse, che le facesse capire che sarebbe andato tutto bene, che non aveva motivo di essere spaventata. Ma era sola. Aveva bisogno di Crow, ma era passata ormai un’ora da quando se n’era andato alla ricerca di Sheila.

Affondò le mani tra le lenzuola e le strinse con tutta la forza che aveva. Nella sua mente lo vide. Era sulla sua Blackbird, sembrava abbastanza scosso. Correva a tutta velocità nelle strade di Nuova Domino, fregandosene degli altri pochi conducenti. Era notte inoltrata e a fianco a lui viaggiavano Yusei e Jack sulle loro rispettive Duel Runner.

Aprì gli occhi di scatto. Si rese conto di sapere dov’era Crow in quel momento… Proprio come quel tardo pomeriggio, quando si erano ritrovati…

 

Nonostante la stanchezza e il senso di vomito crescente, doveva assolutamente fuggire da quel luogo. Quell’edificio abbandonato le aveva causato troppo dolore. Lei lo sapeva. Non si ricordava cosa le facevano lì, ma l’istinto le suggeriva che sarebbe stato il caso di allontanarsi il prima possibile perché se l’avessero presa nuovamente le conseguenze sarebbero state gravissime. 

Uscita dal palazzo decadente e colpita in pieno negli occhi dalla luce esterna che non assaporava da anni, la vide. La sua Lavender Sky. In un attimo montò in sella, con addosso una tuta da motociclista completamente nera e che la soffocava per quanto era stretta, e fece partire la moto. 

Presa a vagare senza alcuna meta per disperdere le sue tracce, le venne in mente un dolce ricordo. Quanto avrebbe voluto rivedere i suoi amici, i bambini, Martha… Crow… 

Imboccò il Ponte Dedalo, lasciando che la moto andasse. Si mise a pensare all’ultima volta che aveva visto il suo volto sorridente e pieno di vita… Chissà se dopo la sua scomparsa aveva ripreso a sorridere. 

E poi lo vide. Non davanti a lei, dentro di lei. Era decisamente cresciuto, sentì anche la sua voce che era completamente diversa da quella che si ricordava. Aveva tre segni della Struttura in faccia ed era intento a parlare con Martha e i bambini della casa in cui era cresciuta.

L’istinto le diceva di cambiare subito strada e andare lì, perché era proprio in quel luogo che avrebbe incontrato di nuovo Crow. Non aveva alcun dubbio, doveva essere proprio lì.

Doveva fare inversione e tornare indietro, direzione Satellite. La paura di essere catturata era svanita, rimpiazzata da una grandissima voglia di riabbracciarlo. 

Vuoi la poca esperienza alla guida, vuoi il gesto improvviso, Beline arrivò alla sua vecchia dimora molto più tardi e trasportata proprio da Crow. Nel momento in cui cambiò strada, quello che fece fu urtare un guardrail e rotolare giù dalla moto, ferendosi alla gamba e rimanendo a terra, priva di forze. Si trascinò vicino al suo mezzo, mettendosi poi seduta con la schiena appoggiata al metallo bollente. E aspettò. Vide Crow uscire dalla casa e dirigersi a Nuova Domino, poi lo vide anche con i suoi occhi. Accostò e la soccorse, senza riconoscerla subito. 

 

Non poteva essere una coincidenza se aveva visto il luogo in cui si trovava per ben due volte. Lui, in quel momento, alla ricerca di Sheila stava bene. Era pur sempre il suo ragazzo, ma la vera persona in pericolo era Sheila…

Si sforzò di vedere anche la sorella di Crow… E alla fine la vide, in ginocchio accanto alla figura di Astrid.

 

 

 

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Capitolo 28
*** Alla ricerca di Sheila ***


Yusei

Crow era quasi in ginocchio, sorretto solo dalla Blackbird. La fronte era piena di sudore e aveva il fiatone per tutte le volte che aveva urlato il nome di Sheila tra le strade di nuova Domino. Dopo aver compiuto svariate ricerche, loro due e Jack si erano fermati in un piazzale, raggiunti da Liyan e Hugo in macchina e Akiza sulla Bloody Kiss, che aveva cercato immediatamente conforto tra le braccia del suo ragazzo.

“L’avete trovata?” chiese speranzosa Liyan, ricevendo un “no” come risposta. Nel suo sguardo si intravedeva parecchia preoccupazione per la sua amica, mentre Hugo sembrava volesse processare quello che era appena accaduto.

“Abbiamo setacciato ogni strada…” ringhiò Jack, dando un pugno al sedile della sua moto. “Perché non risponde al telefono?!”

Yusei aveva capito che doveva essere successo qualcosa di grave se Sheila non si era ancora fatta sentire. Crow, dal canto suo, era molto silenzioso. Non poteva biasimarlo, la situazione era simile se non identica a quella volta in cui Beline era scomparsa e il fatto che fosse successo di nuovo doveva avergli fatto male.

“Cosa possiamo fare?” domandò la ragazza di Yusei, sciogliendosi dall’abbraccio e cercando lo sguardo di chiunque fosse presente lì. Eppure, tutto quello che poterono vedere sia lei che Yusei erano occhi pieni di resa.

“Non ci resta che continuare a cercare…” propose Jack, rimettendosi il casco, anche se sapeva che era totalmente inutile.

In quel momento, una moto si avvicinò a loro. Era bianca e viola… e sopra di essa c’era Beline.

“Crow, hai chiesto anche a lei di aiutarci?” domandò confuso Hugo.

“N-no…” balbettò Crow. “Come ha fatto a…”

La ragazza scese dalla moto. Sembrava agitata.

“Ragazzi, so dov’è Sheila!” esclamò, provocando nei presenti una reazione di sorpresa. Come era possibile?

 

Beline

Dagli sguardi che ottenne, tutti sembravano molto scettici a riguardo. Lei, invece, era sicura di sé. Se era riuscita a trovare i ragazzi con i suoi poteri, era sicurissima di sapere dove si trovasse anche Sheila.

“Dove?” si fece avanti Liyan fino a rimanere faccia a faccia con Beline.

“Ho il potere di localizzare le persone a cui tengo… Per questo sono riuscita a trovarvi… Ho visualizzato Crow…”

Nel spiegarlo, volse lo sguardo al suo ragazzo, che immediatamente capì. Si avvicinò a lei, prendendole la mano.

“Portaci da lei…” le disse dolcemente, abbracciandola. Beline annuì, allontanandosi poco dopo da lui per tornare sulla moto.

“Forza ragazzi, dobbiamo sbrigarci!” li incitò la viola con un cenno della mano. Iniziò quindi a percorrere la strada, seguita dagli altri attraverso vari scenari: prima i palazzoni illuminati di Nuova Domino, arrivando nella parte vecchia della città, poi sul ponte… E poi al Satellite.

Giunti a destinazione, si trovarono davanti allo stesso edificio abbandonato da cui era presumibilmente scappata Beline.

“Lei è qui.” disse con fermezza.

Tutti si allontanarono dai proprio mezzi per formare un gruppo compatto, anche se rimanevano i dubbi.

“Lei si trova qui dentro?” dubitò Jack.

“No. Qui sotto.”

Beline indicò il pavimento del palazzo. Attraverso la ricerca di Sheila, ricordò che quel luogo in realtà era solo una facciata per ciò che stava al di sotto. Tutta la struttura in cui era stata imprigionata era nei sotterranei.

“Davvero? E come si dovrebbe accedere?” continuò a domandare Jack.

“Jack, fidati e basta.” troncò subito Crow, faccia a faccia con il suo amico. Quest’ultimo si arrese e rimase in silenzio, cercando di capire cosa intendesse Beline con “qui sotto”. In effetti, nemmeno la ragazza riusciva a spiegarselo… Come era riuscita ad uscirne se nemmeno c’era un modo per accedere sotto terra? Forse doveva esserci un altro ingresso… Si sforzò, ma nulla le riaffiorò alla mente…

“Non capisco…” sussurrò, continuando a guardarsi bene attorno mentre tutti gli altri attendevano un responso.

Hugo si avvicinò a lei, con un gesto del braccio le intimò di farsi da parte… Cosa aveva in mente di fare?

Ubbidì silenziosamente, camminando all’indietro senza staccare lo sguardo da lui. In breve tempo, poggiò a terra la mano e il terreno sotto di lui si frantumò, inghiottendolo.

“Hugo!” gridò Liyan, correndo verso quella fossa. Anche Beline si avvicinò, notando con stupore che Hugo era lì, su una superficie piana e senza il minimo graffio. Eccolo, l’ingresso.

“Sono sicuro ci fosse un altro modo per entrare… Ma non ricordo come e non abbiamo tempo…” disse, pulendosi dalla polvere accumulatasi sui vestiti. “Ora dobbiamo salvare Sheila!

“Ha conservato anche lui i poteri…” pensò Beline, senza scomporsi ulteriormente. A quel buco si erano avvicinati anche tutti gli altri e Crow non ci pensò due volte a buttarsi, seguito dagli altri e aiutando anche Beline a scendere, cogliendola al volo. Quello in cui si trovavano era il centro di un corridoio buio, illuminato solo da alcuni neon malfunzionanti, che chissà dove conduceva. Viste le due direzioni opposte, l’unica cosa da fare era…

“Conviene dividerci…” propose Jack. “Così almeno alcuni di noi arriveranno da Sheila piuttosto che nessuno, che ne dite?”

No, Beline era di tutt’altra idea. Alzò la mano, fermando l’arrivo di ulteriori ipotesi, e chiuse gli occhi. Tentò di visualizzare la direzione da prendere per arrivare dalla sua amica, come aveva fatto prima con Crow…

Dei bagliori rossi iniziarono ad illuminare quell’angustio spazio e il suono fastidioso della sirena spaccò i timpani a tutti, costringendoli a coprirsi le orecchie.

“Ci sono degli intrusi!”

In lontananza, voci e rumori di passi. Cosa avrebbero dovuto fare?

 

Akiza

Akiza aveva sempre odiato i suoi poteri, ma quanto le mancavano in quell’occasione! Sarebbe stata una delle poche occasioni in cui si sarebbe resa utile con qualcosa che l’aveva caratterizzata come “strega” durante la sua adolescenza, eppure non poteva farlo. Aveva notato che Hugo aveva dei poteri offensivi, era persino riuscito a far crollare parte del pavimento per rivelare un’entrata alternativa, ma contro altre persone se la sarebbe cavata? In quanto a Beline… Aveva i suoi stessi poteri? Un’incognita pesante, che in quel momento aveva poco tempo per essere discussa.

I passi erano sempre più vicini e ognuno dei presenti si era messo all’erta, pronto a colpire, qualsiasi cosa fosse successa. Sapeva che anche gli altri avevano gli stessi pensieri, ma nonostante tutto ci avrebbero provato… e allora anche lei assunse quell’atteggiamento.

Yusei si mise davanti ad Aki per proteggerla. Lei non pensava che ce ne fosse bisogno, tuttavia conosceva il suo ragazzo e sapeva che non l’avrebbe mai lasciata indifesa.

Quello che nessuno si aspettava era che, alla ricerca degli intrusi, vi fossero non dei soldati o guardie, ma ragazzini. Avevano la loro stessa età ed erano vuoti dentro, lo si leggeva negli occhi. Erano in un gruppo di cinque, vestiti con una tuta composta da uno smanicato e dei pantaloni larghi, entrambi neri, e rimasero fermi ad osservare in silenzio i loro nemici. Nessuno parlò, finché uno di loro, fasciato sulle braccia, si espresse.

“Voi chi siete?” sussurrò a denti stretti, con la rabbia crescente.

“Stiamo cercando qualcuno che tenete qui rinchiusa.” rispose freddamente Liyan, facendosi avanti.

Quel tale si espresse con un “mh”, chiedendo poi chi fosse quel qualcuno. Proprio quando la ragazza dai capelli verdi iniziò ad aprire bocca, Beline rispose al posto suo.

“Astrid.”

“Come? Chi è Astrid ora? Un altro nome di Sheila?” pensò Akiza, stupidamente. Beline non aveva mai nominato quella persona e ora saltava fuori qualcosa di nuovo… A giudicare dalla reazione degli altri, non doveva essere neanche l’unica stranita.

Il bendato, forse il capo di quel gruppo, fece un paio di passi indietro.

“Belinda, giusto?”

Questa volta toccò a Belinda scioccarsi. Lui sapeva il suo nome. Crow parve sul punto di dire qualcosa, ma le parole gli morirono in gola.

“Si… Sono io…” rispose la ragazza, timidamente.

“Astrid sapeva che tu saresti venuta… Ti sta aspettando!” le comunicò, facendo cenno ai suoi compari di farsi da parte. “Seguimi.”

Tutto il gruppo iniziò a dirigersi lungo il corridoio, venendo immediatamente bloccati.

“Ho detto ‘seguimi’, non ‘seguitemi’.” alzò la voce il guardiano. “Solo la ragazza dai capelli viola.”

“Non se ne parla nemmeno!” protestò Crow, avvicinandosi pericolosamente a lui. “Se pensate che ti lascerò farle del male…”

Il tipo rise di gusto.

“Chi te lo dice, eh?” lo sfidò poi. “E poi… Cosa vorresti fare con noi? Siamo Neo-Psichici, nemmeno impegnandovi riuscireste a sopraffarci.”

Il ragazzo di Beline fu molto tentato di alzare le mani, ma fu bloccato da Jack, che lo trattenne. Beline si girò verso gli altri, anche lei molto confusa sul da farsi.

“Cosa vuole da me Astrid?” domandò, rivolta a quello psichico. “E se vengo con voi… Libererete Sheila?”

“No…” sussurrò Crow, teso come una corda di violino.

Lo psichico le rivolse una breve occhiata, poi eliminò ulteriori dubbi.

“Vuole solo parlarti, Belinda. Quando andrai da lei, libererà anche la tua amica.”

“Bene.” fece alcuni passi avanti, rivolgendo un’ultima occhiata ai suoi amici e confidenti. “Allora andiamo a discutere.”

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Capitolo 29
*** Astrid ***


Beline

“Beline, no, non voglio che tu vada da sola!” esclamò il giovane Hogan sentendo le intenzioni della sua ragazza. Beline non si scompose, anzi, lo guardò sicura.

“Tranquillo, andrà tutto bene! Me la saprò cavare!” lo rassicurò poi, volgendogli un’occhiata d’intesa. Crow, però, non sembrava affatto intenzionato a lasciarla andare.

“Beline…” cercò di implorarla, spaventato per quello che sarebbe potuto accadere. “Io non voglio… Non voglio…”

La ragazza sapeva bene cosa volesse dire lui, perciò si lasciò sfuggire un leggero singhiozzo. I due non si volevano separare, tuttavia c’era qualcosa che diceva a Beline che, quel giorno, non sarebbe accaduto di nuovo.

“No, Crow, nemmeno io…” ammise lei. “Però… Solo affrontando le mie paure e il mio passato potremo vivere con tranquillità e stare insieme senza alcun intoppo… E oggi non verrò colta impreparata!”

Il giovane guardò prima verso il basso, poi incontrò di nuovo lo sguardo di Beline e le sorrise, facendole provocare la stessa espressione. In breve, senza pensarci, le prese il viso tra le mani e la baciò. Si baciarono come se fossero gli unici in quell’ambiente angusto e come se fosse l’ultima volta. In effetti, rischiava di esserlo… Beline non sapeva affatto a cosa sarebbe andata incontro, se quello organizzato da Astrid fosse un bluff, un ricatto… Quando si staccò da Crow, la sua faccia preoccupata le stava facendo venire i ripensamenti, avrebbe tanto voluto che lui fosse con lei… Quegli psichici, però, non lo avrebbero mai accettato.

“Devo andare…” fu capace di dire, allontanandosi staccando solo all’ultimo lo sguardo dal suo ragazzo.

“Stai attenta, Beline…” le raccomandò Jack, mettendo un braccio attorno al suo amico Crow per dargli forza.

La ragazza, quindi, proseguì per il corridoio, accompagnata dal ragazzo psichico che le aveva riferito le intenzioni di Astrid.

 

“Suppongo tu abbia delle domande.”

Dopo un paio di minuti di silenzio, esso fu rotto dalla voce rauca del tipo che la stava accompagnando.

“Troppe.” rispose freddamente Beline, non dando troppa confidenza a quello sconosciuto. “Per esempio, cos’è questa cavolata dei Neo-Psichici?”

“Sono una nuova generazione di Psichici, vale a dire tutti coloro che hanno ricevuto i poteri artificialmente…” le spiegò scocciato, come se si aspettasse che lei sapesse la risposta.

Beline mormorò qualcosa, mentre continuava a camminare lungo quel corridoio. Quanto ci stavano mettendo? Dove la stava portando quel ragazzo losco?

“Non preoccuparti, siamo quasi arrivati.” affermò lui, notando il crescente nervosismo della viola.

Dopo un’infinità di muri sporchi e luci intermittenti, finalmente si intravide in lontananza qualcosa di diverso: una luce più forte… poi una porta… anzi, due porte… scorrevoli… che avevano delle minuscole finestrelle per spiare l’interno di una stanza.

Beline ci si fiondò subito, vedendo la figura svenuta di Sheila e, subito a fianco a lei, con gli occhi fissi verso la giovane, Astrid. Eccola lì, in tutta la sua malvagità. Proprio come se la ricordava nei suoi sogni.

La donna notò l’arrivo della viola e aprì la porta con un pulsante. Il primo pensiero di Beline non fu quello di gettarsi su di lei e farle del male, bensì quello di verificare le condizioni di Sheila, riversa a terra, sul pavimento freddo. Astrid la lasciò fare, senza scomporsi minimamente.

“Sheila!” esclamò Beline, una volta vicino a lei, accovacciandosi e sollevandole il busto. Cercò di destarla dandole dei piccoli schiaffetti sul viso, ma non servì a nulla. Per il resto, respirava normalmente, quindi sapeva che era viva. Si rivolse alla sua nemica. “Che cosa le hai fatto?”

“Oh, nulla, rimarrà senza conoscenza per un po’…” rispose, incrociando le braccia e facendo dei passi attorno a quella stanza vuota. La ragazza si rimise in piedi, senza staccare lo sguardo da Astrid, che si comportava come se nulla fosse.

“Te lo ripeto: cosa le hai fatto?” domandò ancora Beline, quasi sull’orlo del pianto. Non riuscì a trattenere le sue emozioni.

Astrid fece alcuni passi in avanti, assumendo un’aria più seria.

“Esattamente quello che ho fatto anche a te un paio di anni fa… Le ho iniettato il Siero Psico.”

Gli occhi viola di Beline si spalancarono di colpo. In un attimo aveva scoperto due cose: aveva dei poteri artificiali dentro di lei e, cosa anche peggiore, adesso anche Sheila li aveva. Sperava che si trattasse solo di un bluff.

“Per quale motivo?” sussurrò, in preda alla rabbia. Quella donna le aveva distrutto una parte importante della sua vita e stava continuando nel suo intento.

“Ovviamente, non ricordi nulla, mia cara… Beh…” Astrid si avvicinò ulteriormente. La viola fece dei passi indietro, incapace di fare altro. “Lascia dunque che ti racconti tutto… Non ho proprio nulla da perdere.”

La donna quindi, si lasciò andare ad alcune dichiarazioni, più o meno scioccanti per la ragazza.

“Io sono una scienziata di Nuova Domino, mi sono laureata in biologia e in seguito ho lavorato in tanti laboratori. Ero una ricercatrice brillante, sapevo fare tante cose, ma il mio lavoro non mi soddisfaceva affatto. Non trovavo mai uno stimolo per fare una grande scoperta e, mentre i miei colleghi si affermavano diventando sempre più conosciuti, io ero una normalissima ricercatrice. Brillante, ma normalissima.”

Il sopracciglio di Beline si alzò nel momento in cui la vide definirsi “brillante”. Se per lei era “brillante” fare del male agli altri…

“Così un giorno incontrai lui… Sayer.”

Un brivido percorse la schiena della ragazza quando sentì quel nome.

“Inutile dire che quell’uomo aveva un certo fascino, così me ne invaghii… Ed ebbi il mio primo figlio da lui, di nome Anthony.”

“Un momento, questo nome l’ho già sentito…” pensò la fidanzata di Crow, quando realizzò di chi stesse parlando. L’ex membro del Movimento Arcadia che aveva dato informazioni importanti ad Akiza… Chissà se sapeva di essere il figlio di Sayer e Astrid…

“Pian piano, Sayer mi introdusse al mondo dei poteri psichici… E fu proprio lì che trovai il mio stimolo. Iniziai a lavorare solo come scienziata, poi le cose cambiarono con la mia seconda gravidanza. In quel periodo ci rendemmo conto che Anthony era nato senza poteri psichici, cosa assolutamente normale visto che era il frutto dell’amore di una persona priva di poteri con uno psichico, quindi ci riprovammo… Ne nacque una bambina bellissima, ma presto capimmo che neanche lei aveva quella caratteristica. Sayer era parecchio arrabbiato, voleva solo costruirsi un esercito di psichici… Così decise, per entrambi, di farli adottare, con la scusa che né io né lui ci potessimo permettere di farli crescere.”

“Mi fate entrambi schifo.” riuscì a commentare Beline dopo aver fatto una serie di facce via via più sconvolte.

“Ti capisco… Purtroppo non è stato un mio volere, ha deciso tutto senza che io potessi avere voce in capitolo. Ed ero talmente arrabbiata e triste che lo lasciai. Passai, dopo quell’avvenimento, una decina di anni a lavorare negli stessi laboratori che odiavo, senza avere la possibilità di poter vedere i miei figli perché erano stati entrambi spediti al Satellite. Ero depressa, molto depressa.”

Per un attimo, la ragazza cercò di compatirla… Ma restava comunque una donna che l’aveva ferita, da quel poco che ricordava di lei. La lasciò continuare, verificando continuamente lo stato di Sheila.

“Volevo solo vedere i miei figli e l’unico in grado di farlo era proprio Sayer… Perciò, tornai a collaborare con lui dopo aver avuto l’illuminazione che ho applicato poc’anzi alla tua amica.”

“Il Siero Psico.”

“Proprio così.” annuì debolmente Astrid. “In cambio, lui avrebbe fatto in modo che anche i nostri figli potessero usufruirne, anche per testarlo. Insieme a loro, avremmo preso altri orfani del Satellite per dargli una nuova possibilità.”

“Ed ecco come sono finita qui…” disse Beline tra sé. Capì il motivo per cui Anthony conosceva la ragazza, lui era tornato nel Movimento Arcadia perché era stato ripreso dai suoi genitori biologici.

“Già, Belinda…” si interruppe la donna, tornando a ricomporsi. “Gli anni che hai passato senza di noi ti hanno permesso di farti degli amici e… Ne sono contenta…”

Beline sapeva che c’era qualcosa che non andava affatto. Quella frase… Era risuonata nel suo cervello più e più volte, probabilmente Astrid stava continuando a parlare ma lei sentiva solo quello a ripetizione. Senza di noi… Cosa significava?

Poco dopo, non ci volle molto per farle capire tutta la verità riguardo quello che era… Sayer e Astrid avevano avuto due figli, un maschio, ovvero Anthony, e una femmina… Un cenno del capo di quella donna confermò tutti i suoi dubbi. Dopotutto, anche guardandola la somiglianza era più che palese.

“Figlia mia… Mi eri mancata troppo…”

 

Angolo Autrice

Vi lascio alla fine del capitolo con una bella bomba ad orologeria, eh? xD

Ditelo… Ve lo sareste mai aspettato? Spero che i vostri cervelli non siano esplosi troppo o.O

In ogni caso, prima che io continui a pubblicare, avrete il tempo di ricomporre la vostra materia grigia perché la settimana prossima non uscirà il capitolo, ma ci si rivede a settembre con “My Love, My Life”. L’ultima settimana di Agosto andrò nuovamente in vacanza e starò via per una settimana. Non avendo la possibilità di aggiornare la storia durante questo lasso di tempo, mi trovo costretta a rimandare l’aggiornamento. Ora voi direte “Di nuovo?”. SI, DI NUOVO!

Stavolta, però, devo dire che mi dispiace perché vi lascio agganciati ad un plot twist con queste ultime righe :c Purtroppo non posso fare altrimenti, dubito che riuscirò a portare a termine il capitolo prima di partire…

In ogni caso, vi lascio con una piccola consolazione: questa settimana, oltre al capitolo che avete appena finito di leggere, uscirà il primo di “Riots”! Mi ero ripromessa di iniziare a pubblicare questa ff solo una volta terminata “My Love, My Life”, maaaaa… con “Riots” vi ho lasciato a bocca asciutta per un po’, quindi nel frattempo avremo il primo capitolo qui sul sito. Poiché, a differenza del capitolo 30 di questa fic, ce l’ho già pronto, prendiamo due piccioni con una fava in questo modo! XD

E nulla, fatemi sapere cosa ne pensate di entrambe le storie. Anche se sarò fuori, riuscirò comunque a leggere i vostri messaggi/pareri/recensioni e quando avrò la possibilità di rispondervi lo farò senz’altro ^^

È tutto! Vi ringrazio per la lettura e ci vediamo con Riots! Bye! ^^

 

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Capitolo 30
*** Ricordi ritornati ***


Beline

Quella rivelazione era stata come una doccia fredda per lei. Si era sentita pietrificata, incapace di muoversi, le sue ginocchia facevano di tutto pur di non cedere. Una perdita di equilibrio la fece barcollare, dovette fare un passo indietro per reggersi.

“Io… sono la figlia di Sayer e Astrid…” pensò orribilmente. In un attimo le tornarono in mente tutte le parole dei suoi amici riguardo quell’uomo, che aveva tanto fatto penare in particolar modo Akiza… Suo padre era stato l’artefice di cotanta sofferenza… E lei avrebbe dovuto conviverci per il resto della sua vita.

Astrid cercò di incrociare lo sguardo di sua figlia, ma Beline rimase a guardare fissa il pavimento. Si mise le mani nei capelli. Voleva urlare ma la brutta sensazione le serrava la gola come la mano di un serial killer sul suo collo, pronto a strozzarla da un momento all’altro. Il suo cuore accelerò e venne colta da un attacco di panico…

Fu lì che si rivide… Da piccola… Improvvisamente ricordò tutto.

 

La piccola Beline appena diventata quattordicenne si apprestava a scendere dalla sua nuova moto, seguita da Crow. Era ancora troppo inesperta per guidarla, perciò il suo amico, nonché fratello di altro sangue, le aveva fatto fare un giro come semplice passeggera. Era così felice: Crow, nonostante tutte le sofferenze in seguito alla morte tragica di Robert Pearson, era riuscito a portare a termine un regalo speciale per lei. Si sentiva importante per qualcuno.

Crow le fece l’occhiolino mentre lei rientrava in casa. Si era fatta sera, era il momento di una piccola festicciola organizzata proprio per lei, con una deliziosa torta cucinata da Martha e tutti i suoi amici presenti. Aveva le ali sotto i piedi. 

I festeggiamenti si sarebbero tenuti sul retro dell’abitazione in cui Martha ospitava tutti gli orfani, perciò erano tutti lì ad aspettarla. Beline entrò per cambiarsi e mettersi qualcosa di più comodo rispetto alla tuta da moto. Nel momento in cui giunse in camera, si trovò davanti la figura inaspettata di una donna dalle fattezze familiari. 

“Tu… Chi sei?” domandò stranita Beline, sulla soglia. Era sola in casa, a parte lei non doveva esserci nessun altro…

“Buon compleanno, piccola mia!” le disse quella donna, avvicinandosi a lei e strizzandole le guance. Beline si scostò, confusa più che mai.

“Lasciami andare…” protestò, senza scomporsi troppo. Magari era una conoscente di Martha, pensò.

“Belinda… Cara… Posso offrirti qualcosa in più di questa vita… Non vorresti stare con tua madre?”

Quelle parole la scossero. Avrebbe potuto conoscere la sua genitrice? No… Cosa stava dicendo? I suoi genitori erano morti…

“Va’ via…” la intimò, inquietata. Fece per andarsene ma fu bloccata per il polso. Tentò di gridare, affinché qualcuno accorresse… Affinché Crow accorresse…Tuttavia, sentì un tessuto premuto contro il suo viso che non le permetteva di respirare. Tentò di divincolarsi, ma non servì a nulla. In poco tempo sprofondò nell’oblio, risvegliandosi in una sala fin troppo luminosa.

 

“Belinda… Capisco che queste informazioni possano essere troppo per te e mi dispiace…” sussurrò Astrid, tentando di avvicinarsi alla ragazza. “Credimi, mi dispiace davvero tanto…”

Beline non la ascoltò. Cosa aveva detto prima? Che era contenta che in quegli anni separati dalla madre si era fatta degli amici?

“Tu…” iniziò a dire, sollevando lo sguardo rabbiosa. “Io non avevo nulla… Quando ho iniziato ad avere speranze per il futuro… Mi hai tolto tutto ciò che avevo…”

Astrid si mostrava pentita. Certo, il pentimento arrivava solo nel momento in cui sarebbe stata consapevole del rischio che correva… A stare in stanza con una psichica.

“Sono stata un’egoista, hai perfettamente ragione.” disse ferma, senza lasciarsi andare a nessuna forma di vittimismo. “Io ci tenevo davvero a te e Anthony… Per questo ho fatto in modo che voi poteste essere con me…”

Ebbe un sussulto nel momento in cui Beline tese il braccio verso di lei, con la mano aperta che tremava. I capelli viola erano davanti al suo viso, alcuni si erano appiccicati alla sua fronte sudata, e tra le ciocche spuntavano i suoi occhi. Quegli occhi che trasmettevano sempre dolcezza e serenità adesso erano carichi d’odio. Sua madre era spaventata, si nascose subito dietro un carrellino con sopra degli attrezzi medici.

Beline la raggiunse e tirò un calcio alla sua misera difesa, facendola cadere a terra e lasciando scoperta Astrid, che adesso si copriva la testa ed emetteva versi di terrore.

Un altro ricordo si manifestò nella testa di Beline.

 

“Sayer, smettila subito!” urlava Astrid, quasi sull’orlo del pianto.

“Se mi fermo adesso, il suo nuovo potere non verrà mai manifestato e il tuo lavoro sarà stato inutile!” rispose l’uomo dai capelli rossi, ancora vicino alla macchina che trasmetteva scariche elettriche alla bolla in cui era rinchiusa Beline, che era stremata dal dolore. Non era il primo esperimento a cui veniva sottoposta e sapeva che, quando era il momento di farsi torturare, lei si rassegnava con tristezza. 

“È tua figlia!” gli urlò contro Astrid in lacrima, spingendo via l’uomo dai comandi della macchina. “Come puoi dormire la notte sapendo che tua figlia è sottoposta a sforzi che potrebbero ucciderla?! Per giunta, sei tu che insisti!”

Beline non stava capendo più nulla. Ancora tremava per le scosse ad alto voltaggio ricevute e tutto ballava intorno a lei. Riusciva solo a sentire le voci di quei due, ovattate e confuse, e il sapore ferroso del sangue nella sua bocca.

 

Mantenne la mano aperta nella sua direzione, senza staccare lo sguardo truce da quella donna. Eppure, per quanta rabbia provava, nulla le faceva scatenare i suoi poteri contro di lei. A che cosa sarebbe servito? Perché avrebbe dovuto farle del male? Perché le aveva causato tutto quel dolore, no?

“Anche se dovessi colpirla… I miei ricordi non si ripristineranno…” 

Gli occhi guardarono dunque un punto imprecisato della stanza, un angolo vuoto. Proprio nel momento in cui un ultimo ricordo si fece vivo dentro di lei.

 

L’unico oggetto che le permetteva di avere notizie sul mondo esterno era proprio il monitor di quella macchina a cui era attaccata la bolla in cui era prigioniera. Grazie all’orario minuscolo e la data altrettanto piccola che riusciva a leggere sullo schermo, era capace di stabilire se fosse notte o giorno e quanto tempo era passato. Infatti, in quel momento erano le 11.34 PM. Avrebbe dovuto dormire… Se non avesse passato le precedenti due ore a piangere. Anche la data era particolare… Dal momento del rapimento era passato un anno. Un anno senza la sua vita normale. Quello stesso giorno aveva compiuto quindici anni e non riusciva a pensare ad altro che al suo triste destino. 

In quell’istante, assorta com’era dai suoi pensieri, scattò sentendo la porta aprirsi. Non era ora di fare esperimenti, perché qualcuno l’aveva disturbata quando sarebbe dovuta rimanere in pace?

Si tranquillizzò constatando che la figura giunta in quella sala scura altri non era che Astrid. Nonostante le facesse molta paura e si rifiutasse di credere che fosse sua madre, la trovava una persona decisamente più confortante di suo padre. 

“Belinda, spero che tu stia bene dopo gli esperimenti di oggi…” le disse, richiudendosi la porta alle spalle. Lei non doveva trovarsi lì. Ogni notte, veniva visitata di nascosto da Astrid poiché Sayer le impediva qualsiasi contatto con la ragazza.

“Mh…” disse debolmente, mettendosi a sedere e asciugandosi le lacrime dagli occhi. Quel giorno aveva fatto da cavia ad un altro psichico, il quale era stato costretto a colpirla contro la sua stessa volontà. Povero Hugo… 

“Ti ho portato una cosa…”

Belinda aprì gli occhi stranita quando si vide consegnare un misterioso pacchetto avvolto in un fazzoletto, che prese una volta che Astrid aprì una minuscola porticina nella bolla. Dopo aver sciolto il nodo, si sorprese nel vedere che quello fosse del cibo vero. Una scatola da bento piena di vario cibo. Non ci pensò due volte: prese le bacchette che vi erano al suo interno e si sfamò seduta stante. Era da molto tempo che non metteva del cibo nel suo stomaco, finora si era sempre nutrita dell’energia che scaturiva quella bolla. Al massimo beveva dell’acqua, ma nulla di esaltante. 

Astrid rimase a fissare sua figlia con il sorriso sulle labbra mentre divorava avidamente il contenuto del portapranzo. 

“Tu sei qui anche per colpa mia… Questo è il minimo che io possa fare per te…” sussurrò, rattristandosi. 

Beline ignorò quelle parole e si rimise subito a dormire, questa volta con più tranquillità e leggerezza. Era incredibile come un piccolo gesto, un pasto consumato dopo tanto tempo, potesse alleviare temporaneamente l’anima.

 

Beline tentennò. Non poteva farle del male, non dopo quello che le aveva fatto. Per quanto le sue azioni le erano costate la perdita di una parte importante di vita, lei doveva dimostrarsi meglio di lei. Abbassò la mano e tese l’altra per aiutare Astrid ad alzarsi in piedi. La donna accettò tremante, gettandosi su Beline per abbracciarla. La ragazza non ricambiò quel gesto, piuttosto l’allontanò freddamente.

“Tu mi hai aiutata lì dentro e ho capito che non volevi tutto quel dolore per me… Resta il fatto che sia comunque colpa tua… Per un tuo egoismo personale…”

Beline abbassò lo sguardo mentre pronunciava quelle parole.

“Tuttavia…”

Strinse un pugno. Non poteva credere che stesse per dirlo.

“… Nel bene e nel male, ti sei comportata da madre.”

Astrid fece un mezzo sorriso, iniziando a piangere.

“Scusami, Belinda…”

Beline annuì, senza dare una risposta a quella richiesta di perdono.

“Ho delle richieste da farti, prima che io ti possa effettivamente perdonare…”

“Ti ascolto.” disse Astrid, pronta a soddisfarle.

“Prima di tutto, se c’è un modo per annullare il processo su Sheila prima che i poteri inizino a manifestarsi, voglio che tu lo esegua. Secondo, voglio che tu faccia venire qui le persone che mi hanno accompagnato. Terzo, voglio che tu ti costituisca in commissariato. Quarto…”

Beline alzò lo sguardo.

“… devi delle spiegazioni a tutti noi. Ci sono ancora delle cose che non mi sono chiare…”

 

Angolo autrice

Ragazzi, sono tornata! Come state? ^^

L’estate è finita, quindi niente più pause-vacanza! XD

Tuttavia, vi comunico che probabilmente, a seconda di come mi sento e di quanto tempo avrò a disposizione, dovrò rallentare la pubblicazione. Le motivazioni sono prettamente di carattere personale, in questo periodo non vi nego che mi sento poco motivata nel fare qualsiasi cosa (per farvi capire, ho terminato il capitolo proprio oggi, pochi istanti prima di pubblicarlo, perchè nei giorni precedenti mi mancava la voglia). Anche il tempo, temo, giocherà il suo ruolo nel possibile ritardo di pubblicazione. Tra settembre e ottobre inizierò l’università e non sapendo quali saranno effettivamente i tempi e quanto ne avrò a disposizione tra lezioni, studio e altro faccio prima ad avvertirvi che potrei non pubblicare regolarmente. In più questa situazione del covid neanche aiuta perché ad oggi ancora non so se dovrò fare lezioni online oppure potrò andare in sede. Insomma, capite che la situazione è abbastanza incasinata e ho mille pensieri per la testa ^^’

Probabilmente questa cosa riguarderà soprattutto “Riots” essendo che, se avete letto il primo capitolo, è lungo il doppio di un capitolo di “My Love, My Life”. In ogni caso, può darsi che io riesca a trovsre il tempo e in generale riuscirò ad essere più a posto con la testa per pubblicare.

Devo aver detto tutto, ringrazio molto CyberNeoAvatar (anche per il supporto ^^), jigokuko e Colpani392 per le recensioni, Marlena_Libby che segue la storia in silenzio, di nuovo Colpani392 e jigokuko a cui si aggiunge Black_RoseWitch per aver inserito la storia tra le seguite (e anche tra le ricordate ^^). Siete una forza, ragazzi! :’)

È sottinteso che voi diate un’occhiata a quello che hanno scritto perchè i loro testi meritano ;)

Non mi dilungo ulteriormente, ci vediamo con il prossimo capitolo! ^^

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Capitolo 31
*** Questioni di appartenenza ***


Beline

Astrid rimase in ascolto per tutto il tempo, riflettendo sulle parole di sua figlia. Ci mise un po’ prima di rispondere.

“Mi sembra giusto. Andata.” rispose, incontrando lo sguardo distaccato di Beline. “Inizio con la tua amica… Il processo è ancora reversibile, il Siero Psico inizia a funzionare solo dopo che sono passate ventiquattro ore. Per annullarlo, occorre un’altra iniezione…”

Astrid si avvicinò ad un armadietto, da cui prese un’altra siringa e una boccetta contenente un liquido di colore arancione. Quello per i poteri era bluastro… Erano due colori complementari.

“Martha ce lo aveva insegnato…” pensò la ragazza, ricordandosi delle piccole lezioni quotidiane della sua madre adottiva. Nel frattempo, la sua vera madre aveva preparato quella soluzione pronta ad essere inserita nel corpo di Sheila.

“Niente scherzi, Astrid. Sei sicura che quello che stai facendo annullerà l’arrivo dei poteri di Sheila?” domandò Beline, sollevando nuovamente la mano.

Astrid non rispose. Prese un piattino di vetro e rilasciò alcune gocce di quella sostanza su di esso. Poi prese un’altra siringa e la infilò in un altro contenitore, che aveva lo stesso liquido blu che era stato iniettato in Tom durante una visione della ragazza. Sulla stessa superficie, fece cadere delle gocce di Siero Psico. Le due formule reagirono tra di loro, dissolvendosi e sparendo completamente.

“Nel corpo della tua amica queste sostanze si annulleranno tra di loro. Non saranno pericolose per la sua incolumità, anzi… Saranno eliminate naturalmente.” le spiegò la madre, osservandola negli occhi. “Ora mi credi?”

Beline annuì, mentre Astrid si avvicinò a Sheila. Nel momento in cui le infilò la siringa all’altezza del collo, la viola guardò altrove. Dopo tutto quello che aveva passato, gli aghi le facevano impressione e avrebbe preferito evitarli il più possibile.

“Fatto… Ora puoi guardare!” sorrise la donna, mentre gettava l’attrezzo medico in un cestino e tamponava un batuffolo di cotone sul buco creatosi sul collo di Sheila. Belinda rivolse lo sguardo alla sua amica.

“Posso chiederti perché le hai fatto questo?” le chiese. “Cosa ci avresti guadagnato se lei fosse diventata una Neo-Psichica?”

“Belinda cara… Avevo sbagliato i calcoli, non avrei mai pensato che tu fossi in grado di rintracciare le persone tramite i tuoi poteri, perciò credevo non l’avreste mai ritrovata. Poiché si stava impicciando troppo nei nostri affari, ho deciso di togliermi il pensiero assumendo un rapitore e poi usarla per i miei esperimenti.”

“In pratica volevi farla sparire proprio come tu hai fatto con me.” concluse disgustata la ragazza, scuotendo la testa.

Astrid rispose con un sospiro, senza aggiungere altro. Evidentemente aveva capito di ritrovarsi nel torto marcio. Meglio per lei…

“Ora, chiedo ai miei collaboratori di far venire qui i tuoi amici… In quanto alla riccia…”

La donna volse lo sguardo verso Sheila, ancora priva di conoscenza a terra.

“Lei dovrebbe risvegliarsi a breve.”

Beline annuì, attendendo l’arrivo dei suoi compagni.

 

Crow

Se c’era una dote che Crow non aveva, questa era la pazienza. Odiava aspettare, soprattutto quando era in pensiero per qualcuno. In quel caso, Beline era assente da un bel po’ di tempo e stava iniziando a chiedersi se stesse bene.

Gli altri, nel frattempo, si erano seduti per terra, chi a gambe incrociate e chi appoggiato con la schiena al muro. Lui, invece, era rimasto in piedi.

“Hugo.”

Con un sussurro, richiamò l’attenzione dello psichico dai capelli castani.

“Per caso sei in grado di vedere se Beline sta bene senza muoverti? Tipo… Che ne so, con il pensiero?”

Hugo fece di no con la testa, facendo irritare il giovane, che si mise le mani nei folti capelli arancioni.

“Crow, mi stai davvero facendo incazzare…” sibilò Jack, al centro del corridoio. “Vuoi stare calmo?”

“Tu chiedi a me di stare calmo?!” gli rispose il pel di carota di tutto punto. “Vorrei vedere come staresti se lì dentro ci fosse la tua ragazza e tua sorella con una pazza psicotica!”

Le offese nei confronti di Astrid non furono di gradimento al resto degli psichici rimasto a sorvegliare i nuovi arrivati, ma evitarono di agire di fronte a delle semplici parole. Si mantennero comunque sulla difensiva poiché Crow sembrava sul punto di scoppiare.

“Anche io sono preoccupato per le mie amiche, ma dobbiamo avere pazienza. Beline ci ha anche detto di non preoccuparci… Andrà tutto per il meglio…” cercò di rassicurarlo Yusei.

“Però cosa ne possiamo sapere?” rincarò la dose anche Liyan. “Magari le hanno già portate via, da un’altra parte…”

Uno degli psichici, una ragazza con gli occhi argentei e i capelli rossi, si intromise.

“Se proprio dobbiamo essere sinceri… Ci avete colto di sorpresa. Astrid è da sola in questo momento, il ragazzo di prima che ha accompagnato la vostra amica farà ritorno a breve. Dubito che una signora della sua corporatura sia in grado di portare due corpi in… Non so, una macchina, su una moto…”

“Non possiamo saperlo, dopotutto, se è veramente da sola con Belinda…” continuò Liyan. “Non ne possiamo averne la certezza.”

“Astrid è quel tipo di persona che, quando non le servi più, ti cancella la memoria e ti abbandona a te stesso… Credetemi, ho visto troppe facce uscire da qui senza la minima pietà, tra cui quella di Hugo…” disse la psichica. Tom alzò gli occhi e incontrò quelli della sua ex-compagna.

“Tu… Sapevi chi era Hugo!” esclamò Liyan, alzandosi in piedi. “Allora saprai cosa gli è accaduto!”

“L’asso nella manica di Sayer era proprio lui. Uno degli psichici più forti che potesse uscire di qui. Mi è stato detto che aveva dei poteri distruttivi incredibili… Insomma, penso di aver capito come siate riusciti ad entrare…” spiegò la ragazza.

Akiza rabbrividì sentendo il nome di Sayer, così Yusei la cinse con un braccio per darle forza.

“E che mi sapete dire di Belinda?”

La voce di Crow si fece risentire. Magari quella ragazza sapeva qualcosa della sua fidanzata.

“Chi? La tipa con i capelli viola? Mai vista.” rispose senza alcun filtro. “Solo perché siamo degli psichici non significa che conosciamo ogni singola cavia che entra qui.”

“C-cavia?!” si irritò il ragazzo. Per loro Beline era solo una cavia… Come si permettevano?

 “Non guardarmi in quel modo, è la verità. Gli psichici del Satellite potevano considerarsi al pari dei topi di laboratorio.” continuò la psichica.

“Anche quelli di Nuova Domino…” rincarò la dose Akiza.

“Non hai tutti i torti, ma se l’élite sfruttava caratteristiche pre-esistenti, la feccia era buona solo dopo un’iniezione...”

“Come osate?!” esplose Crow.

“Un attimo!” lo interruppe Yusei. “Siete o non siete il Movimento Arcadia? Perché avete fondato una sede nel Satellite?”

La psichica lo guardò negli occhi, per poi girarsi di spalle e iniziare a raccontare.

“L’attuale organizzazione è una sede a parte del Movimento, che collaborava strettamente con esso. Si trova nel Satellite perché, semplicemente, la maggior parte, se non la totalità dei propri membri, provengono da qui. Quando è stata fondata non vi era nemmeno la possibilità di arrivare in città, per cui sono stati usati i sotterranei di questo edificio abbandonato. Raramente venivano qui degli psichici dell’Arcadia, Sayer si faceva vedere poco da queste parti. In compenso, Astrid è sempre stata presente qui… Per questo, anche se l’associazione di Sayer è stata chiusa, noi abbiamo continuato a lavorare.”

“La totalità dei membri viene da qui… Quindi anche tu, vero?” chiese ulteriormente Liyan. “Se è così, hai davvero il coraggio di definire ‘feccia’ la tua stessa gente?”

“Tsk…” fece la psichica, ignorando le parole della ragazza dai capelli verdi.

“Vi hanno proprio insegnato bene, vedo…” aggiunse Jack, sarcastico. Hugo annuì in sostegno di quelle parole.

Poco dopo, dei passi risuonarono in lontananza. Crow si fece avanti, speranzoso, credendo che fosse Beline. Invece, si ritrovò lo stesso psichico che l’aveva condotta nella stanza con Astrid. Il ragazzo rimase in silenzio, soffermandosi a guardare negli occhi tutti i ragazzi che erano venuti con Beline.

“Ho ricevuto una comunicazione di Astrid. Vuole incontrarvi tutti.”

 

Angolo autrice

Hello again, friends! :D

Sarò breve: scusate la lunghezza del capitolo, prometto che nel prossimo mi spingerò più in avanti con le parole ^^’

La motivazione per cui ho scritto poco è perché sto rileggendo la storia per vedere se ci sono dei punti poco chiari nella narrazione, cose che non hanno senso e/o non servono. A tal proposito, ad alcuni capitoli ho apportato delle modifiche riguardo ad un dettaglio: la moto con cui Beline è scappata. Ho deciso, per questioni pratiche e perché ha effettivamente più senso, di non farla scappare con la moto che Crow le ha costruito, la Lavender Sky, ma con un’altra trovata per strada. Questo perché mi sembra illogico il fatto che nessuno si sia accorto che sia Beline che la moto erano scomparse (sul serio, la notte vengo svegliata dalle moto rombanti sotto casa, figuratevi se nella dimora di Martha non sentivano l’accensione di un motore simile xD). Perciò, in questo modo ha più senso ^^

Per il momento, le modifiche di trama riguardano i capitoli dall’1 al 4. In generale, poi, ho reso lineare l’HTML dei capitoli dall’1 all’11 per adattarlo a quello attuale (avendo cambiato, dal capitolo 12 in poi, il programma di HTML e non usando più quello di EFP ^^). Durante la settimana provvederò a correggere eventuali altre incoerenze nei capitolo successivi al 13 (sono arrivata lì con la revisione).

Quindi se avete letto la storia finora dovete considerare questo cambiamento. Non che sia importantissimo ai fini della trama, però è più logico così. ^^’

Ci sentiamo con il prossimo capitolo, byeee!

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Capitolo 32
*** Il piccolo alleato ***


Crow

“E così vuole vederci… A che pro?” si fece avanti Yusei, sospettoso.

“Sheila e Beline stanno bene?” domandò subito Crow, temendo che la motivazione per cui la donna volesse parlare con loro fosse perché era successo qualcosa a una delle due ragazze.

Lo psichico con le bende sulle braccia annuì.

“La ragazza con i capelli viola è ancora sulle sue gambe… L’altra, invece, è senza conoscenza…” proseguì il ragazzo, causando una reazione sia in Liyan che Crow.

“Cosa le avete fatto?!” domandò rabbiosa Liyan. La psichica sbuffò, roteando gli occhi per il fastidio.

“Probabilmente l’ha solo tranquillizzata… Oppure le ha impiantato i poteri.” rispose sinceramente lo psichico.

“E chi vi avrebbe dato l’autorizzazione per farlo?!” si unì Crow. “Complimenti, avete approfittato della fragilità di due persone per compiere i vostri scopi. Prima avete rapito Beline senza che lei avesse la possibilità di difendersi, ora avete trasformato mia sorella mentre lei era svenuta! Siete solo dei vili bastardi!”

“La pagherete!” strinse il pugno Jack.

In tutto quel trambusto, l’unico rimasto in silenzio era il terzo psichico, che se ne stava per le sue ascoltando i vari discorsi. Sembrava giovanissimo, dall’aspetto poteva essere un bambino. Cosa ci faceva lui lì?

“Oh, chi se ne frega… Astrid le ha regalato un potere. Deve ritenersi fortunata!” parlò la psichica con superficialità.

“Julie…” la rimproverò lo psichico con le braccia fasciate. La ragazza in questione lo ignorò.

“Il Satellite è pieno di lamentosi, da sempre. Non vi è mai andato bene nulla!”

La volontà di Liyan di picchiare quella ragazza prese il sopravvento sul suo buon senso. Si scagliò immediatamente sulla psichica, senza dire nulla. Entrambe caddero al suolo.

“Ferme, tutte e due!” esclamò di scatto il “bendato”, allungando una mano verso la ragazza dai capelli verdi e usando i suoi poteri per spingerla indietro. Liyan fu sollevata da terra e il suo corpo incontrò rovinosamente il pavimento dopo un volo di un paio di metri. Akiza andò subito da lei per assicurarsi che stesse bene, sotto lo sguardo stupito e preoccupato di tutti.

“Avete smesso di prendervela con i più deboli!”

La voce di Hugo risuonò per tutto il corridoio. Si fece avanti, scansando i suoi amici. E poi… accadde tutto troppo velocemente. Nella confusione generale, Crow vide il ragazzo attaccare lo psichico e lanciarlo contro la parete, poi Julie tentò di reagire a quel colpo ma venne fermata dallo psichico bambino. Il resto dei ragazzi si coprì la testa con le braccia per scongiurare eventuali pericoli, soprattutto in seguito ad un forte tremore del terreno sotto i loro piedi.

Con gli occhi chiusi, i sensi di Crow percepirono solo un urlo femminile. Alzò lo sguardo all’improvviso e vide sia lo psichico con le bende che Julie a terra, svenuti. Il bambino, invece, era l’unico dei nemici rimasti in piedi.  

Hugo stava ansimando. Per la prima volta, da quando lo aveva conosciuto, lo aveva visto con uno sguardo determinato e non più perso. Il ragazzo si guardò le mani, poi spostò l’attenzione su quel ragazzino rimasto solo, per niente impaurito.

“Liyan, tutto bene?” fece Akiza mentre, assieme a Jack, aiutava la ragazza a rialzarsi. In risposta, Liyan annuì, barcollando leggermente mentre si rimetteva in piedi.

Tranquillizzandosi per lo stato di salute della ragazza dai capelli verdi, ora toccava capire cosa fare. Avrebbero potuto approfittare del momento di tranquillità per andare da Beline e liberarla? Che intenzioni aveva invece quel ragazzino? Perché, nonostante i ragazzi fossero degli intrusi, non li aveva attaccati? E perché adesso indicava febbricitante la fine del corridoio?

“C-cosa?” tentava di comprendere Yusei. Il bambino continuava a usare le proprie braccia per fare segno al gruppo di proseguire, senza usare alcuna parola. Poi indicò se stesso.

“Tu… Non ci fermerai?” provò ad interpretare Crow, ricevendo come risposta un pollice alzato da parte del piccolo psichico, saltellando. A quel punto, fece capire al resto del gruppo di non essere in grado di parlare.

“Dovremmo fidarci?” domandò sottovoce Jack. Con sguardo innocente, il bambino annuì ripetutamente.

Crow osservò attentamente quel ragazzino. Non avrà avuto più di dieci anni, era veramente piccolo. Non doveva neanche stare lì, avrebbe dovuto giocare, correre, divertirsi come i suoi coetanei. Invece, a quanto pare, era schiavo di un posto marcio che non guardava in faccia a nessuno. Non veniva fatto alcuno sconto, se eri in difficoltà o non potevi reggere fisicamente il peso di quegli esperimenti a loro non importava. Si ricordò del fratellino di Misty Tredwell e di come, a causa di Sayer e dei suoi ideali sbagliati, era deceduto tragicamente.

“No… Tu non puoi stare qui…” pensò tristemente Crow, avvicinandosi a quel bambino. Si accovacciò così che potesse stare alla sua altezza e gli parlò.

“Ascoltami, non avere paura di noi. Siamo brave persone, siamo venuti qui solo per liberare una nostra amica… A te piacerebbe vedere cosa c’è al di fuori di questo edificio?”

Mentre gli diceva queste cose, sorrideva rassicurante. Il bambino annuì, abbassando lo sguardo e incrociando le dita delle mani.

“Bene!” esclamò poi Crow, mettendogli una mano sulla spalla. “Allora dopo verrai con noi, ti va? Ti faremo conoscere altri bambini della tua età! Fidati, sono bravi ragazzini, li ho educati io!”

Il bambino rise nel momento in cui Crow si indicò con il pollice. Lo aveva trovato buffo.

“Crow, non dimenticarti il motivo per cui siamo venuti qui…” gli ricordò Yusei serio, anche se la scena lo aveva fatto sorridere sinceramente.

“Tranquillo, lo so benissimo!” gli rispose Crow, senza scomporsi, rimettendosi in piedi. Poi si rivolse al bambino. “Aspettaci qui, dopo verremo a prenderti!”

Un piccolo verso d’assenso e un occhiolino da parte di quel giovane psichico e tutti i ragazzi ripartirono. Era arrivato il momento di incontrare Astrid e liberare Beline.

 

Beline

“Sento degli strani rumori…” pensò Beline, udendo il trambusto al di fuori della porta della stanza di laboratorio. Astrid non parve scomporsi più di tanto, da quando aveva mandato il Neo-Psichico fuori per avvertire gli altri era rimasta seduta su una sedia a fissare il vuoto. Il silenzio regnava in quella sala bianca, finché qualcosa non lo ruppe.

“Mh…”

Un piccolo lamento provenne da Sheila, che stava facendo forza sulle sue braccia per mettersi in posizione seduta. Notandola, Beline si fiondò subito ad aiutarla.

“Sheila!” esclamò, correndo in suo aiuto. Era sollevata nel vederla sveglia, per lo meno Astrid non aveva mentito.

Con molta fatica, la sorella di Crow aprì gli occhi. Le li strofinò per bene, poi, abituatasi alla luce, si guardò intorno. In un attimo, comprese tutto: dove si trovava, perché era lì e, soprattutto, chi c’era con lei.

“Beline! Oh mio dio… Cosa ci fai qui?” disse, abbracciandola.

“Dovrei essere io a farti questa domanda…” rispose Beline con tono di rimprovero. “Perché lo hai fatto?”

“Amica mia, volevo aiutarti… Però qualcuno si è messo in mezzo…”

Scioltasi da quell’abbraccio, guardò in cagnesco Astrid. Quest’ultima se ne fregò dell’occhiataccia, provocando uno scatto nella ragazza dai capelli arancioni.

“Ferma, Sheila!” esclamò subito Beline, bloccandola per le braccia. “Non farlo…”

“Perché non dovrei?! Mi ha rapita e ha rischiato di uccidere Akiza!” rispose prontamente Sheila con rabbia. “E non dimentichiamoci di quello che ti ha fatto!”

“Sheila, lo so che adesso sei molto arrabbiata, ma ti prego… Non farle del male…”

Sheila rimase a fissarla con espressione interrogativa.

“Davvero?” le domandò poi. “Non vuoi vendicarti per tutto quello che ti ha fatto?”

Beline distolse lo sguardo con aria triste.

“Non è questa la soluzione, Sheila… E poi c’è anche un’altra motivazione…”

“Quale sarebbe?” insistette la sorella di Crow.

“Abbi pazienza… Tra poco arriveranno anche i ragazzi e vi daremo le dovute spiegazioni…” disse tristemente la sua amica. A quel punto, a Sheila toccò arrendersi.

“La cosa mi preoccupa, e non poco… Però mi fido di te… Aspettiamo gli altri e poi ci dirai tutto, va bene?”

Beline annuì in risposta.

“Beh, mi sa che non dovrete attendere ulteriore tempo…”

Astrid fece sentire la sua voce, attirando l’attenzione delle due ragazze. Fuori alla porta, infatti, il gruppo con cui erano venute era appena giunto e la donna li fece entrare senza opporre alcuna resistenza.

 

Angolo autrice

Hola chicos!

Piccolissima nota (forse anche inutile LOL): la settimana prossima c’è la possibilità che io anticipi o posticipi l’uscita del nuovo capitolo di un giorno. Quindi il capitolo 33 uscirà o mercoledì o venerdì prossimo. Ci sarà anche la minima possibilità che io aggiorni di giovedì, ma intorno alle 22/23. Tutto dipenderà da quando terminerò di scrivere il capitolo in questione (che prevedo sarà più lungo dei precedenti) e se avrò la forza di caricare il capitolo completo di HTML il giovedì con la stanchezza che avrò in corpo xD

Nulla, vi avviso nel caso in cui vi chiederete perché non avrò ancora aggiornato nulla ^^

È tutto (credo xD)! Ci vediamo la prossima settimana!

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Capitolo 33
*** Battuta d'arresto ***


Crow

Crow fu sollevato nel vedere che sia Sheila che Beline stavano bene, erano sveglie e non sembravano ferite. Ciò però non lo trattenne dal correre verso la sua ragazza e abbracciarla.

“È stupido dire che mi sei mancata, anche se non ci vediamo da pochissimo tempo?” le domandò scherzoso. Beline, però, non rise. Scoppiò a piangere sulla spalla del ragazzo.

“Ehi, andrà tutto bene, ci siamo noi qui con voi adesso!” cercò di rassicurarla ulteriormente, ma lei non parve calmarsi. Si staccò da lei per guardarla in faccia, nei suoi occhi arrossati e colmi di tristezza. “Ti ha fatto qualcosa?”

Beline fece di no con la testa, continuando a singhiozzare e riabbracciando il giovane, che iniziava a preoccuparsi. Senza dire altro, lui continuò a tenerla stretta a sé mentre Jack era vicino a Sheila e l’aveva aiutata a rialzarsi, felice di vederla tutta intera.

Il resto del gruppo era rimasto sulla soglia. Yusei scrutava attentamente l’ambiente circostante mentre Liyan e Hugo puntavano lo sguardo fisso su Astrid. Akiza, invece, aveva messo una mano sulla spalla di Beline nel tentativo di confortarla.

“Dove sono i miei sottoposti?” domandò la donna, sospettosa.

“Hugo li ha messi a nanna!” esclamò subito Liyan. “Tutto il tempo in cui li hai tenuti sotto chiave e non ti sei minimamente azzardata ad insegnargli il rispetto, eh?!”

Astrid iniziò ad innervosirsi, così distolse l’attenzione dalla ragazza e si concentrò su Hugo.

“Ah, mi ricordo… Sayer ci teneva tantissimo a te!”

“Sbagliato. Lui teneva ai miei poteri.” rispose Hugo con freddezza. “Se avesse avuto almeno un occhio di riguardo per me, Belinda e tutti gli altri psichici che avete fatto fuori o distrutto interiormente, a quest’ora non saremmo qui, non trovi?”

“Così tutto questo non è altro che un piano del Movimento Arcadia? Lo sapevo…” disse Akiza, dando manforte al giovane psichico. “Anthony aveva ragione…”

“Mio figlio… La ragione per cui ti ho fatto cadere da quella moto era perché tu gli hai parlato...”

Akiza deglutì di colpo di fronte a quell’affermazione, non solo perché aveva appena scoperto cosa aveva spinto qualcuno a farla incidentare, ma anche perché il ragazzo con cui aveva parlato era il figlio di quella donna.

“In ogni caso, alla fine voi due avevate ragione. Si, questo è il Movimento Arcadia, una sede nascosta nel Satellite che però ha un altro obiettivo… Quello di testare un siero che permette a chi non ha poteri di ottenerli con una semplice iniezione. Io e Sayer abbiamo avuto l’idea di utilizzare alcuni orfani del Satellite per testarlo ed eventualmente aggiungerli all’esercito di psichici.”

“Siete delle merde…” commentò Crow, allentando un po’ la presa su Beline.

“Sono stata costretta, purtroppo… Sayer aveva deciso di togliermi i nostri figli solo perché non avevano poteri, per cui ho avuto questa intuizione anche per riaverli con me.”

“A-aspetta… Sayer aveva…” boccheggiò Akiza. “Ma allora Anthony…”

“Si, Anthony è nostro figlio… E Beline è sua sorella.”

Per i successivi attimi, calò il silenzio e nessuno seppe cosa dire. Tutti girarono lo sguardo scioccati sulla ragazza dai capelli viola, che abbassò la testa singhiozzando ulteriormente. Neanche Crow parve averla presa bene. Era senz’altro una notizia sconvolgente e non poteva immaginare cosa provasse la sua ragazza in quel momento. Lo sapeva di essere la figlia di una persona che aveva causato tanta sofferenza a tanti suoi amici? Oppure lo aveva scoperto anche lei da poco?

“Vostra figlia o meno, lei resta comunque una persona. Così come tutte le vite che avete strappato qui, i momenti che avete tolto ad ogni singolo ragazzino…” iniziò a parlare Crow, con voce tremante. “Adesso, se permettete, lei continua a non avere genitori… Perché voi due non vi siete comportati da tali.”

“Esatto!” esclamò Yusei, facendosi avanti. “Il fatto che l’abbiate generata voi complica ancora di più a vostra posizione.”

“Perché un genitore dovrebbe accudire i propri figli, dovrebbe renderli felici…” continuò tristemente Sheila.

“Non costringerli a rimanere chiusi in un posto per condurre esperimenti su di loro!” disse rabbiosa Liyan. In quel frangente, Beline risollevò la testa guardando i volti di tutti. Vide il sostegno nei loro occhi. Poi incrociò lo sguardo di Crow…

“Mi dispiace…” sussurrò.

“Non hai niente di cui dispiacerti, Beline. Non lo sapevi…” le rispose lui prendendole la mano per rassicurarla.

“Beh… Non posso negare queste accuse, per cui…” disse Astrid facendo alcuni passi indietro. Il suono dei suoi tacchi rimbombò per tutta la stanza. “Sono stata egoista e ho distrutto le vite di tante persone solo perché rivolevo i miei figli…”

Sul suo viso comparvero delle lacrime. Per un attimo Crow cercò di compatirla, ma proprio non ci riusciva. Aveva fatto del male a tanti ragazzini che volevano solo condurre una vita normale, per quanto “normale” potesse considerarsi l’esistenza nel Satellite. L’idea che a Beline era stata strappata via la possibilità di crescere con una famiglia che le voleva davvero bene lo urtava tantissimo.

“In ogni caso, questo è il mio ultimo giorno qui. Mi consegno alla polizia.”

Molti dei ragazzi alzarono la testa stupiti da quell’affermazione. Si aspettavano che lei provasse a resistere, che spuntassero altri suoi complici per tentare di scappare. Invece era lì, senza la minima intenzione di fuggire.

“Non c’è bisogno che lo faccia tu. Ho mandato la posizione ad un agente di polizia mentre passavamo per il corridoio.” disse Yusei, tirando fuori il cellulare. “Ci ho messo anche fin troppo, a quanto pare qui avete disturbatori del segnale.”

“Si, doveva essere un sistema di sicurezza in più…” rispose Astrid tirando su con il naso. “Allora quando arriveranno mi farò mettere le manette senza alcun problema.”

“Non prima di aver risposto ad alcune domande, Astrid.”

La voce di Crow si fece risentire, rivolto alla madre di Beline. Fece un paio di passi avanti, trovandosi molto vicino alla donna. Jack aveva fatto un passo avanti per fermarlo nell’eventualità in cui lui perdesse le staffe, impulsivo com’era.

“Ci sono delle cose che non mi tornano… Ad esempio, Sayer ti ha costretto a fare tutto ciò per poter riavere i tuoi figli…” incominciò il ragazzo di Beline. “Ora lui è in carcere da un paio di anni, ormai. Nonostante tutto, tu hai continuato. Non avevi più vincoli, eppure…”

“Ce li avevo eccome, ragazzo.”

L’espressione di Crow assunse un’aria interrogativa e, al tempo stesso, spaventata.

“Quando sei in carcere puoi ricevere visite… Dovresti saperlo, a giudicare da tutti quei tatuaggi sul volto. Nel suo caso, si è messo in contatto con un sicario attraverso delle conoscenze in prigione. Se io avessi abbandonato il progetto, avrebbe ordinato l’uccisione di Belinda e Anthony.”

“Oh cazzo…” commentò Crow scioccato.

“E da madre, mi sono rifiutata di vedere i miei figli morire. Anche a costo di veder soffrire altre persone. Ho cercato di limitare le sofferenze per quanto mi fosse possibile e man mano, in segreto, ho lasciato andare dei ragazzi, tra cui mia figlia.”

“Quindi è anche per questo che hai provato ad ucciderci?!” urlò Sheila, riferendosi al suo rapimento e all’incidente di Akiza.

“Si… Mi dispiace se vi ho fatto del male ma se lui avesse saputo che qualcuno stava indagando su questa organizzazione… Ecco…”

Si interruppe ma fu chiaro quello che volesse dire.

“Ho paura che vi possa fare del male… Solo perché avete provato ad aiutare mia figlia…”

Tutti si guardarono intorno, insicuri sul da farsi. Di Astrid se ne sarebbe occupata la polizia… Ma cosa ne sarebbe stato di loro? Gli agenti sarebbero stati sufficienti a garantire la sicurezza dei presenti?

“Mamma, perché non lo hai detto sin da subito?” domandò poi Beline, avvicinandosi a lei.

“Ho avuto paura per te ed Anthony, Beline…” rispose la donna, tornando a piangere. “Per questo, tutti gli psichici che ho lasciato andare non hanno più memoria di quello che è successo. Se si fossero ricordati tutto quello che è accaduto qui, a quest’ora non staremmo qui a parlarci…”

“Se collabori con Trudge…. Cioè, la polizia… Nessuno si farà nulla!” insistette Beline, prendendole le mani.

Proprio in quel momento, un gran trambusto provenne dall’esterno. Sirene e rumori di sgommate si fecero sentire, seppur lievemente.

“Sono arrivati…” sussurrò sollevato Yusei.

“Mamma, ti prego…” implorò Beline. “Devi solo dire la verità, tutte le cose che hai detto anche a noi, e si sistemerà tutto…”

Astrid guardò negli occhi la figlia, con i suoi che lacrimavano dalla tristezza. Poi spostò l’attenzione verso Crow, rimasto in silenzio ad osservare la scena.

“Tu… Crow, esatto?”

“Si, sono io.” rispose con freddezza il giovane.

“Voglio che… Che tu protegga mia figlia…” singhiozzò la donna, poi si rivolse anche agli altri ragazzi. “Anche voi, proteggetevi a vicenda. Avete un legame che vi ha portato ad essere uniti anche in una situazione difficile come questa… Sono sicura che saprete cavarvela… Dopotutto, alcuni di voi hanno salvato il mondo. Per il resto… Avrete la mia parola. Testimonierò a favore di questa tesi.”

Poco dopo entrò un gruppo di agenti che subito ordinò a tutti i presenti di mettere le mani in alto. I ragazzi e Astrid ubbidirono, finché non entrarono anche Trudge e Mina. Yusei indicò loro la donna e loro procedettero all’arresto. Mentre il resto del gruppo osservava la scena, Astrid rivolse un’ultima occhiata a Beline con le mani dietro la schiena. Le fece un cenno del capo e un sorriso.

Usciti dal palazzo abbandonato, si soffermarono sulle volanti che si allontanavano facendo risuonare le proprie sirene per le vie del Satellite. Crow, a quel punto, strinse a sé Beline.

“Si, Astrid. La proteggerò sempre.”

 

Angolo autrice

No, la storia non è finita! Mancano ancora un paio di capitoli e poi si potrà mettere ufficialmente la parola “Fine” su “My Love, My Life”! ^^

Il prossimo capitolo lo pubblicherò giovedì prossimo, mentre l’ultimo… beh, quanto prima! ^^

Ci si sente, ragazzi! Ciaoooo!

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Capitolo 34
*** Tempo in famiglia e dubbi sul futuro ***


Beline

“Lavaggi del cervello… Trasporto da Nuova Domino al Satellite illegale… Esperimenti… Dannazione, mi scoppia la testa…”

Era sdraiata sul letto della sua camera a contemplare il vuoto, con la mente piena di pensieri su tutto quello che era successo durante la settimana… Dagli interrogatori ai processi, ormai non pensava ad altro. Costretta a stare per tante ore seduta, che fosse in compagnia di qualcuno o da sola, per lei era rilassante ritrovarsi su quel letto. Un attimo di pace, di respiro.

Eppure, non sentiva di essere tanto felice. In cuor suo sapeva di esserlo, certo, ma…

“Ciao, Beline!”

Non si era neppure accorta che qualcuno aveva aperto la porta e che quel “qualcuno” fosse Akiza, per quanto era trafficata la sua testa.

“Ehi, scusami, non ti avevo proprio sentito!” disse, girandosi dall’altro lato e mettendosi seduta, rivolta verso la rossa.

“Immaginavo… Passavo di qua per sapere come stavi. Crow purtroppo non può essere sempre presente, perciò ho pensato che magari un po’ di compagnia potesse farti piacere!” le sorrise Akiza. “Posso sedermi?”

“Certo, fai pure!” le ricambiò il sorriso la viola, indicando con la mano il posto vuoto accanto a lei. “Comunque, ora sto bene…”

“Mh… Ne sei sicura?” le domandò Akiza, sedendosi, non tanto convinta delle parole di Beline. Lei sospirò.

“Ecco, non saprei nemmeno da cosa partire… Il lato positivo è che da una settimana a questa parte non ho più avuto alcun incubo o visione strana. Il problema è tutto il resto… Ho scoperto cosa mi è successo davvero, quali sono i miei reali genitori, cosa hanno fatto… Adesso, invece? Cosa succederà?” le spiegò, sistemandosi un ciuffo di capelli che usciva dalla treccia che si era fatta.

“Non temere. Astrid ora è in carcere, mentre Sayer…” Akiza esitò nel pronunciare quel nome.

“Mio padre ti ha causato tutto quel dolore… Questo è quello che mi fa più rabbia… Mio padre!” reagì Beline. “Se io non fossi stata una falla in quello stupido sistema… Se io avessi dimenticato tutto e non mi fossi mai ricordata che era successo…” si fermò per riprendere fiato, accorgendosi anche di un altro dettaglio. “Oh, mio dio… E se io invece avessi dimenticato chi erano le persone con cui sono cresciuta?”

“Ehi, stai tranquilla, Beline!” la confortò Akiza, mettendole una mano sulla spalla. “Non pensare a cosa sarebbe potuto succedere se le cose fossero andate diversamente. Quello che conta è che la faccenda si sia risolta. Sayer è in un altro carcere, molto lontano da qui. I suoi sicari sono stati arrestati. Gli psichici, anche se hanno ricevuto uno sconto della pena, sono anch’essi in cella… E poi c’è Yosa, il nuovo arrivato in casa!”

Yosa è il nome che hanno dato i ragazzini al nuovo arrivato, il bambino Neo-Psichico che era sotto il controllo di Astrid che Crow aveva deciso di portare con sè. Nonostante fosse clinicamente muto, i suoi coetanei lo avevano accolto senza problemi e avevano trovato il modo di giocare assieme. Nonostante le differenze.

“È tutto finito…” mormorò Beline. “Ne sono felice, non fraintendermi! Probabilmente voglio solo dimenticare tutto e passare avanti… Guardare avanti, però, è altrettanto strano… Cosa farò adesso?”

“Ah, non chiederlo a me!” ridacchiò Akiza. “Sono più indecisa di te su quello che farò in futuro…”

“Forse ho pensieri negativi per colpa di tutto quello che è successo in questi anni… In ogni caso, non ho alcun piano e sono incerta…”

“Ascoltami bene, perché non lo ripeterò! Hai davvero bisogno di pianificare il tuo futuro? Vivere in maniera certa, seguire uno schema, pensare solo ed esclusivamente a quello? Va bene, ma devi avere delle idee chiare e se non ce le hai… Pazienza! Non stai facendo una gara con nessuno, prenditi il tempo che ti serve per decidere. Se hai un’idea in testa, falla funzionare. Non funziona? Non fa nulla, riprovi o cambi rotta. Nessuno deve avere il diritto di dirti che stai sprecando il tuo tempo, nessuno si deve intromettere nella tua vita e dirti di fare ‘questo, quello e quell’altro’. Fidati, sentirai di meno la pressione addosso e sarai più felice! Poi… Per qualsiasi cosa ci siamo noi e, soprattutto, Crow!”

Dopo il discorso di Akiza, Beline si rese conto che le parole della sua amica erano vere. Chissà come, poi, aveva colto nel centro senza neppure finire quello che aveva da dire. “Pressione”… Si, era quella che sentiva addosso. Nessuno la assillava su questo argomento, eppure vedeva i suoi amici che iniziavano a pensare al proprio futuro e si sentiva un po’ in disparte. Se avesse continuato a vivere secondo l’ottica del “devo per forza schematizzare la mia vita” non avrebbe potuto trovare la felicità, anche se circondata da persone che le volevano bene. E la scelta su che cosa fare sarebbe stata più tranquilla.

“Di’ un po’, Akiza…” iniziò la viola con un sorrisetto sul volto. “Questa cosa te l’ha detta Yusei?”

La rossa si mise a ridere e con lei anche Beline. Quel momento ilare le aveva permesso di distrarsi e sentirsi meglio, anche perché si trattava di una conversazione che per una volta non riguardava il suo passato.

“Comunque, ero venuta anche per chiederti se volessi andare da Anthony… Sai, è tuo fratello, magari potreste passare un po’ di tempo assieme!” le propose Akiza, dopo un attimo di respiro. “Oppure Crow è geloso del tuo parente strettissimo?”

“Hahaha, no! Anche lui sta recuperando gli anni passati senza sua sorella, quindi capisce perfettamente!” rispose Beline, alzandosi dal letto per infilarsi le scarpe. “Forza, andiamo!”

 

Crow

“… E questa è la storia di come mi sono dovuto umiliare davanti ad un sacco di persone vestito da uomo degli spaghetti istantanei!” terminò di raccontare Crow, tra le risate di sua sorella. Erano seduti su una panchina del parco, con la sera che era scesa da poco, e stringevano ognuno una bottiglia di birra.

“Non ci posso credere, avrei voluto esserci… HAHAHAHA!”

Sheila aveva le lacrime agli occhi per le risate, complice anche la quantità di alcol assunta. Quella che aveva in mano era la terza… la quarta… Chissà! Per sentirsi brillo con della birra di sottomarca, potrebbe essere stata pure la sesta che si facevano in una sera…

“Fa nulla, costava poco…” pensò lui, con la testa che gli girava un po’ e ridacchiando facendosi contagiare da sua sorella. “Ci voleva, dopo tutto quello che è successo… Menomale che siamo venuti a piedi!”

“Porca troia, mi fa male lo stomaco, eheheh…” disse Sheila, sputando le ultime risate dalla sua gola. “Stasera mi addormenterò vicino al cesso, lo so già!”

“E sono solo le otto di sera!” rincarò la dose Crow. “Comunque, sogno ancora quel cazzo di omino… Jack, brutto figlio di puttana…”

“Per una volta ha fatto una cosa giusta!” ribattè Sheila, tornando a ridere.

“Stronza…” commentò suo fratello con il sorriso, bevendo un altro sorso. “Passando a te, con Liyan tutto bene?”

Il sorriso sparì dalla bocca di Sheila e la sua espressione confusa e imbarazzata prese piede.

“M-ma di che parli?!” chiese piano, distogliendo lo sguardo e portando la bottiglia alle labbra.

“Sheila…” la esortò lui.

“Ti sto dicendo che non so cosa tu voglia dire!” protestò lei, sbattendo accidentalmente la bottiglia sullo schienale della panchina e rischiando di frantumarla.

“Il mio gay radar si è aggiornato da quando mi hai detto di essere lesbica, per cui… Ora capisco se una persona è dell’altra sponda o meno. Non puoi dirmi che Liyan è etero, suvvia!”

“Da quando avresti un gay radar?!” rise Sheila. “E comunque, anche se fosse come dici tu…Pensi che ricambi? Cosa ti fa credere che io sia interessata a lei? ”

“Brava, ti sei scavata la fossa da sola!”

“Eh?!”

“Dicendomi ‘Pensi che ricambi?’ hai praticamente ammesso che ti piace Liy-”

“D’accordo, hai vinto tu! Ora però zitto, stai urlando troppo!” lo silenziò Sheila seduta stante. Suo fratello si mise a ridere. Rimasero in silenzio, con la ragazza che finì di bere la sua bottiglia e si alzò per buttarla in un cestino vicino.

“È che… Non so come comportarmi… E se non le piacessero le ragazze?” disse, tornando a sedersi su quella panchina.

“Fidati di me!” le fece l’occhiolino Crow, finendo di bere anche la sua birra. Sheila esitò per un attimo, fissando il vuoto con espressione rilassata.

“Come posso approcciare?”

“Per te è più semplice, vi conoscete già, quindi non c’è l’imbarazzo della prima conversazione. Mostrati interessante e interessata a lei, anche non esplicitamente se vuoi. Magari invitala a prendere qualcosa, se non ti senti a tuo agio a stare da sola puoi sempre invitare anche noi oppure Tabitha e Hugo… Poi più avanti starete da sole.”

Sheila ascoltò attentamente, annuendo convinta.

“Va bene… Ci proverò… Ma se non dovesse funzionare, dovrai andare in giro con quel vestito da spaghetti istantanei!” rispose con tono derisorio.

“Nooooo!” si lamentò Crow, con le mani che gli coprivano la faccia. Sua sorella si lasciò sfuggire una risata, dando delle pacche affettuose sulla spalla del fratello.

“Adesso posso davvero dire che sia tornato tutto alla normalità…” pensò Crow, risollevando lo sguardo.

 

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Capitolo 35
*** Epilogo ***


Sheila

“Alla nostra!” esclamò Yusei, alzando un bicchiere con un drink.

“Alla nostra!” risposero tutti gli altri, unendo i propri bicchieri e facendoli risuonare, per poi portarseli alla bocca e berne un sorso. Tutti i ragazzi coinvolti nel caso di Beline erano al Cafè La Geen e avevano deciso di prendersi un aperitivo tutti assieme per festeggiare la fine di quell’incubo. Dall’arresto di Astrid erano passate due settimane e ormai il caso era chiuso. I presenti (Yusei, Akiza, Sheila, Jack, Crow, Beline ed Anthony) si godevano quei momenti assieme seduti attorno ad un tavolo esterno.

“Alla nostra famiglia che, anche se disfunzionale, è piena di affetto!” rise Anthony rivolto a Beline. Lei ridacchiò sentendo le parole di suo fratello. Una cameriera dai capelli castani e di media lunghezza si avvicinò per domandare timidamente se i ragazzi avessero bisogno di altro.

“No, grazie mille!” rispose Akiza con un sorriso, dando la mano a Yusei. La ragazza in questione si dileguò di tutta fretta, generando delle domande in Sheila.

“Jack, visto che ci vieni spesso qui… Come mai quella lì aveva tutta quella fretta di andarsene?”

“Parli di Stephanie? Ah, lei è una delle tante ammiratrici di Jack, tutto qui!” rispose Crow, che aveva un braccio attorno alle spalle di Beline. Jack non rispose, si limitò a prendere un altro sorso di quell’alcolico.

“Mi sembra strano che non si sia preso il solito caffè, questa volta…” pensò Sheila.

“Non le dà tanta retta perché non è lei la ragazza che gli piace…” disse suo fratello sbeffeggiando Jack.

“Sul serio?! Ti piace una ragazza?!” sussurrò divertita Sheila. Il biondo si infastidì.

“Non è vero!” reagì, facendo ridere Crow.

“Si, certo, come no…” rispose il rosso.

“Fatti i fatti tuoi! Pensa a stare con la tua ragazza!”

“Ci sto già, idiota, e non mi sembra che io la stia ignorando!”

“Oh, ci risiamo…” sbuffarono in coro Sheila e Beline alla vista di quel mini-litigio che si stava consumando.

“Comunque, vorrei tanto sapere chi è questa ragazza! È un po’ raro che Jack si prenda una cotta per qualcuno…” disse la sorella di Crow sottovoce, cercando di rivolgere la questione ad Akiza e Yusei. Questi ultimi fecero un cenno con la mano ad una persona che si trovava di spalle alla riccia. Sheila, dunque, si voltò e vide una ragazza con degli spessi occhiali e i capelli scuri, tendenti al verde, lunghi e con una frangetta a punta. Era vestita con una maglietta a maniche corte a righe e dei jeans lunghi fino alle ginocchia. La ragazza in questione salutava agitando allegramente un braccio.

“Ehi, Carly! Vuoi unirti a noi?” le domandò Jack a voce alta.

“Volentieri!” rispose la suddetta, avvicinandosi al gruppo velocemente. Sheila rivolse una breve occhiata a Crow e, dal cenno del capo che suo fratello fece nella direzione di Jack, capì che…

“Jack ha una cotta per quella ragazza!” pensò felicemente, dando una gomitata al biondo, facendogli l’occhiolino e alzandosi in piedi per lasciare libera la sedia vicina così che Carly potesse sedersi proprio lì. Si mise tra Yusei e Crow prendendo una sedia inutilizzata da un altro tavolo.

Carly, però, non fu l’ultima arrivata.

“Salve, c’è posto per tre persone?” domandò una voce familiare ad uno dei camerieri.

“Certo, potete accomodarvi al tavolo a fianco a quello!” rispose cortesemente il cameriere, indicando dei posti liberi accanto a dove erano seduti i giovani.

“Grazie mille!”

Sheila non ci mise molto a realizzare che al Cafè La Geen, proprio in quel momento, erano giunti anche Hugo, Tabitha e, soprattutto, Liyan.

 

Crow

“Toh, neanche a farla apposta!” esclamò Crow, dando una gomitata leggera a sua sorella, la quale rispose con un’altra gomitata stizzita.

Intanto, Carly aveva preso posto e Jack non aveva esitato a presentarle Sheila e Beline, le quali si dimostrarono molto allegre di conoscere la giornalista. Sheila, però, aveva palesemente la testa altrove, soprattutto in seguito all’avvicinarsi dei tre ragazzi.

“Oh, ci siete anche voi!” disse sorpresa Tabitha, con un tono velatamente ironico. Eppure, sembrava comunque contenta di vedere quel gruppetto di ragazzi. Anche Hugo e Liyan non ci misero molto a salutare gli altri. Il primo, notò felicemente Crow, sembrava meno perso tra le nuvole del solito.

“Ora che è tutto finito ha la testa più leggera… Sembra un tipo a posto, più che mai!” pensò Crow, soddisfatto, mentre i nuovi arrivati prendevano posto al tavolo a fianco.

“Ehi, perché non vi unite anche voi?” domandò Yusei, causando una reazione in Sheila che la fece girare verso il moro. A giudicare dal sorrisetto che le rivolse, anche lui aveva capito tutto…

“Tranquilli, vedo che siete già in tanti!” declinò gentilmente Hugo.

“No, insistiamo!” li invitò a sua volta Akiza.

“Certo che mi volete proprio male…” sussurrò Sheila a denti stretti, rivolgendo al trio un sorriso. Crow e Beline subito si misero a ridacchiare, facendo attenzione a non destare sospetti né in Liyan, né negli altri due.

Poco dopo, i tre ragazzi unirono il proprio tavolo a quello attorno al quale era seduto il resto delle persone e parteciparono alla conversazione. L’oggetto della suddetta erano tutte le avventure che avevano passato e che, nel bene e nel male, avevano permesso di creare nuovi legami e rafforzare quelli già esistenti. L’atmosfera era piacevole, quasi nostalgica per Crow. Gli ricordava quel periodo della sua vita in cui era solo un ragazzino e, sebbene le difficoltà della vita nel Satellite si facessero sentire ogni giorno, era più spensierato. Proprio come in quel momento. Avrebbe pagato per avere sempre quei momenti. Lo facevano sentire vivo, più che mai.

 

Beline

Lo spettacolo del tramonto si manifestava davanti a lei. Sopra uno steccato in cima ad una collina poco fuori Nuova Domino, era in compagnia di Crow, ormai suo fidanzato da un po’ di tempo. I due, in seguito alla riunione con i loro amici al Cafè La Geen, si erano allontanati per rimanere da soli.

“Il tramonto mi ricorda molto quel giorno in cui ti ho ritrovata… Sai, il cielo arancione…” sussurrò Crow, appoggiato al legno.

“Come i tuoi capelli!” scherzò Beline, rivolgendogli una rapida occhiata e tornando ad ammirare il cielo di mille sfumature. “Per me il tramonto non è solo questo… Sa di nuovo inizio, non trovi?”

Il ragazzo accennò un verso di assenso, accomodandosi anche lui, vicino alla ragazza.

“Sembra passata un’eternità da quel giorno, eh? Questi momenti passati assieme hanno fatto sembrare nulli tutti gli anni di separazione…” disse lui, appoggiando la sua mano su quella di Beline.

“Hai proprio ragione! Sono anche contenta di poter tornare a vivere, in un certo senso…”

“Vorrei tanto poter essere un sognatore, ma non posso illuderti… Ci saranno altre difficoltà nelle nostre vite… Certo, non sono minimamente paragonabili a quello che hai passat- Abbiamo passato, ecco… In ogni caso, tu lo sai che puoi sempre contare su di me!” le sorrise Crow. Beline ne era perfettamente consapevole: vero, era finito un periodo di agonia, ma il futuro è sempre incerto.

“Ovviamente lo stesso vale anche per te, Crow!” disse la ragazza, abbracciando il ragazzo. Lui le accarezzò le spalle, per poi fermarsi lentamente, come colto da un improvviso pensiero.

“Ehm, Beline… Che giorno è oggi?”

“Ehm… Domenica?” rispose lei stranita, staccandosi dalla stretta.

“Intendevo… La data!”

“20 Settembre… Perché?”

Crow fissò il vuoto, poi i suoi occhi si spalancarono come colti da un improvviso lampo di genio.

“Oh, mio Dio! Sai cosa significa?” le sorrise in fibrillazione.

“Che l’estate sta finendo?” tirò ad indovinare la ragazza dai capelli viola.

“Ma no, tonta!” la prese in giro scherzosamente lui. Attese un po’ prima di dare la risposta. “Beline, oggi è il tuo compleanno!”

Il… suo compleanno? Accidenti, era vero! Quando era piccola attendeva sempre con tanta ansia quella data… Inoltre, lei lo sapeva… Al momento del suo censimento aveva dato i suoi dati anagrafici e, tra questi, c’era anche la sua data di nascita. Già, doveva proprio essere tonta per dimenticarselo…

“È… vero…” si sorprese Beline. “Oggi compio… Diciannove anni, vero?”

Crow non fece nemmeno in tempo a dare la risposta che subito la riabbracciò, canticchiando “Tanti auguri a te”, cosa che mise in imbarazzo la fanciulla. Il ricordo di quella canzoncina idiota, che ogni volta veniva cantata mentre lei o altri suoi amici erano dietro al tavolo, davanti ad una torta. Momenti imbarazzanti, insomma.

“Inizia un nuovo capitolo della tua vita, cara!” le disse Crow.

“A dire il vero mi sento uguale a prima!” esclamò la ragazza. I due scoppiarono a ridere poco dopo.

Tutto sommato, però, Crow aveva ragione. Non perché fosse il suo compleanno, ma perché tutte le esperienze l’avevano finalmente portata a guardare avanti, nel futuro. Al diavolo il passato! Certo, non si sarebbe mai dimenticata delle peripezie che l’hanno portata ad essere quella che è oggi: una ragazza con la testa sulle spalle, pronta a tutto, circondata da forti legami. E se il passato avesse solo osato ritornare nei suoi incubi, beh… Lo avrebbe rispedito da dove era venuto!

Beline prese Crow e lo baciò appassionatamente, felice di avere trovato la sua pace, la sua casa. E chissà per quanto rimasero attaccati, quei due! Con la cornice del sole che spariva dalla vista dei due giovani, il giorno terminò, lasciando posto alla notte. Come ci insegna anche una cosa semplice come l’alternarsi del buio e della luce, nessuno dei due resta per sempre. La luce del giorno sarà coperta dal buio della notte, ma anche l’oscurità dovrà arrendersi al sole, ad un certo punto.

Staccandosi da quella dimostrazione d’amore, Crow le disse:

“Domani ti porto al mare! Dopotutto, te l’avevo promesso!” le sorrise. “Ora, ci converrebbe rincasare prima che ci diano per dispersi!”

Beline annuì, sorridendo a sua volta, per poi salire sulla Blackbird assieme a Crow.

 

Fine.

 

Ragazzi, fa così tanto strano mettere la parola “fine” a questa storia! O.o

Non saprei come spiegarlo, da una parte sono contenta di aver portato a termine un mio progetto in tempi relativamente buoni (voglio dire, in passato a tratti faticavo a mettere un capitolo al mese XD), dall’altra devo dire che sono abbastanza triste… Scrivere questa storia ha rappresentato un impegno per me, ma anche un piacere. A volte, lo ammetto, avevo poca fiducia in me stessa, mi ripetevo sempre “Mi piace scrivere questa storia, ma sono sicura che non riuscirò a produrre molto in queste ore”… E invece, alcuni capitoli sono stati scritti in un unico giorno! Insomma, per farvi capire quanto ci tenessi! XD

Sono anche soddisfatta di come sia venuta fuori! Saprete, a questo punto, che questo è un remake della mia primissima fanfic qui su EFP, ovvero l’omonima “My Love, My Life”. Pensare a quanti progressi siano stati fatti non fa altro che rendermi felice e pronta ad affrontare tutte le sfide che mi si porranno davanti (in effetti, le ultime righe di questo capitolo sono abbastanza personali sotto questo punto di vista ^^’)! Spero che questa cosa sia passata anche a voi!

Se permettete, però, vorrei anche ringraziarvi tutti! Uno per uno! Siete stati il motore di questa storia, per così dire! Se non avessi avuto lettori/recensori avrei proseguito comunque, ma sapere cosa ne pensate e vedere le visualizzazioni dei capitoli aumentare ogni giorno mi ha spinto a migliorare ancora di più. Perciò, ve ne sono davvero grata! ^^

Vorrei ringraziare qualcuno in particolare:

-In primis, CyberNeoAvatar, fidatissimo lettore e amico che mi segue da tantissimi anni qui su EFP (e io seguo lui LOL), sempre disponibile a lasciare recensioni e darmi consigli!

-Marlena_Libby. Si, anche tu, cara! XD L’entusiasmo che mi hai dimostrato nei tuoi messaggi e la tua schiettezza nel fare commenti, anche se dietro le quinte, mi hanno spronato ad aprire i miei orizzonti (e farmi scoprire anche cose nuove). Perciò, ringrazio tantissimo anche te!

-jigokuko, Colpani392 per le recensioni, a cui si aggiunge Black_RoseWitch. Tutti e tre hanno inserito la mia storia tra le seguite e ricordate ^^ Inoltre, Black_RoseWitch mi ha anche fatto pubblicità nella sua storia e di questo gliene sono grata ^^

-Ovviamente, potevate mancare voi, lettori silenziosi? xD Anche se non avete mai aperto bocca, mi fa molto piacere che esistete e che leggete la mia storia (oppure siete semplicemente curiosi e decidete di darmi fiducia ^^)

Un grazie davvero, non solo per i benefici che mi avete dato ma anche per continuare a far vivere la sezione e renderla un posto felice per tante altre persone ^^

Ora, come ci ha ricordato anche Beline attraverso i suoi pensieri, chiusa una porta si apre un portone! La fine di “My Love, My Life” non decreta la mia fine su questo sito (ma non decreta neanche la fine di questa storia… chissà cosa vorrò dire con queste dichiarazioni ehehehehe)! Come qualcuno di voi saprà già, ho già messo i primi due capitoli di una nuova storia: “Riots”! Se vi piace il distopico e siete curiosi di vedere nuovi OC, allora dateci un’occhiata! Vi avverto, però: non continuerò a postarla subito poiché vorrei prima portarmi avanti con la storia e poi iniziare a pubblicarla (questo perché si sono aggiunti vari impegni rispetto all’anno scorso ^^). Nel frattempo, avete una sfilza di storie che potete leggere in questa sezione! Ve ne cito alcune: Yu-Gi-Oh! 5D's Spirits Unleashed di CyberNeoAvatar, Niichan e Imouto di Marlena_Libby, La Voce della Speranza e Stella Cadente di jigokuko, The Darkness Bond di Black_RoseWitch (spero di riuscire a ripassare da te presto ^^’) e Yu-Gi-Oh! 5D's - Medieval AU di Aki_chan_97. Specifico: se gli autori hanno anche altre storie mostrate loro un po’ di amore e leggete anche quelle!

Detto ciò, chiudo queste lunghissime e necessarie note dell’autore! Vi ringrazio ancora… per tutto <3

Ci sentiamo prossimamente, ragazzi! Stay tuned!

eli8600 <3

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