Can beauty come out of ashes?

di Myra11
(/viewuser.php?uid=66146)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I - Pull My Pieces Back Together ***
Capitolo 2: *** Capitolo II - On My Way Home ***
Capitolo 3: *** Capitolo III - Healing It OUt ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV - Whispers in The Dark ***
Capitolo 5: *** Capitolo V - Help Me,I'm Drowning ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI - Darkness and Peace ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII- The solution ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII - You've got your demons ***
Capitolo 9: *** Capitolo IX - And they all look like me ***
Capitolo 10: *** Capitolo X - This is what is like when we collide ***
Capitolo 11: *** Comunicazione dell'autore ***
Capitolo 12: *** Capitolo XI- This is how you bring me back to life ***
Capitolo 13: *** Capitolo XII-I've lost your frequency ***
Capitolo 14: *** Capitoo XIII-Now the silence screams ***
Capitolo 15: *** Capitolo XIV - Love me like you do ***
Capitolo 16: *** Capitolo XV - Let beauty come out of ashes ***



Capitolo 1
*** Capitolo I - Pull My Pieces Back Together ***


CAPITOLO I

L’aria le invade i polmoni come se fosse la prima volta.
Qualcuno la stringe, sente la stoffa ruvida e il calore di una mano sul ventre, che segue il suo respiro.
Si mette a sedere, sentendo ogni fibra del corpo tremare di stanchezza.
E lui è lì.
Sue sono le braccia che l’avvolgono, suo il calore che scaccia il freddo brutale del pianeta maledetto.
Per un attimo, Rey pensa che sia tutta un’allucinazione.
E poi lo sfiora, e lui è lì, è reale, ed è stato al suo fianco per tutto il tempo.
«Ben.» Sorride tra le lacrime, perché lo sa, lo vede, lo sente.
Lui sorride.
Insanguinato, esausto e quasi svenuto, quel sorriso è tutto ciò che Rey ha sempre desiderato.
Il bacio che segue è tanto agognato quanto lieto.
Le sue labbra sanno di cenere, e sangue, e un muto ringraziamento, per averci creduto, per essere venuto da lei.
Rey fa fatica a staccarsi, e poi lo abbraccia, forte, con tutta la forza che le resta, perché lui è lì, è venuto, è vivo e finalmente sono insieme.
«Rey.» Sussurra il suo nome con quella sua voce vellutata. «Mi stai facendo male.»
E lei ride, e piange, e gli chiede scusa, e gli occhi di Ben non la lasciano un attimo.
Sembra bearsi della sua vicinanza, fa scorrere lo sguardo sul suo viso con quell’intensità da capogiro con la quale l’ha sempre guardata, come se non ne avesse mai abbastanza.
Sopra di loro, il cielo è costellato dalle stelle cadenti degli Star Destroyer in fiamme.
Si alzano, insieme, sorreggendosi l’uno all’altro, e Rey sospetta che abbia una gamba rotta.
Ma nonostante quello Ben sembra felice.
È felice, lo sente, non c’è conflitto ora, e il suo cuore salta un battito nel rendersi conto che Ben ha scelto.
Non ha scelto la Luce, né l’Ombra.
Ben Solo ha scelto lei.
«Andiamo a casa.»
E lui sorride di nuovo, perché Rey è lì, non si è mai arresa con lui e finalmente sono insieme.
Le loro dita s’intrecciano, due pezzi di un puzzle che s’incastrano alla perfezione.


Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo II - On My Way Home ***


CAPITOLO II
 
Il cammino di ritorno all’ x-wing sembrò eterno, e mentre Rey cercava di non guardarsi troppo intorno – guardare ciò che avrebbe potuto rappresentare l’inizio del suo regno – Ben si trascinava accanto a lei.
Ancora non riusciva a credere che finalmente lui fosse lì.
Aveva abbandonato Kylo Ren sui resti della Morte Nera, aveva abbandonato un uomo dilaniato, ferito e insicuro, e aveva ritrovato Ben su un pianeta dimenticato dal mondo.
L’aveva percepito come uno scoppio di luce che squarciava le nuvole quando era arrivato.
Le aveva dato la forza di decidere, di ribellarsi all’Imperatore, perché se lui era lì, potevano fare tutto.
«Stai bene?» La sua voce, oh la sua voce, che le faceva attorcigliare lo stomaco e la faceva sentire in forze come se non avesse appena rischiato di morire.  «Si.» Mormorò con un mezzo sorriso. «Ci siamo.»
L’astronave era ancora lì, intatta e ancora più arrugginita sotto il rinnovato cielo sereno, eppure Rey fu felice di vederla.
Ben si abbandonò contro un fianco mentre lei saliva e accendeva la radio.
«Poe? Mi senti?»
Si voltò di nuovo verso l’esterno, verso la figura scura che attendeva.
Per un attimo la tensione le stritolò il cuore: era sempre stato così pallido?
«Rey? Oh mio dio Rey! Vengo a prenderti! »
La voce dell’amico la fece concentrare di nuovo, e le fece realizzare un piccolo, non proprio insignificante dettaglio.
Nessuno sapeva che l’ormai ex Leader Supremo era con lei.
Si morse un labbro. «Mi serve posto per due, Poe.»
«Cosa?»
Immaginò Poe accigliarsi, e la cosa la fece sorridere. «Dopo. Ora mandami il Falcon per favore.»
Fu educata, e gentile, e paziente anche se avrebbe solo voluto dormire, dormire per giorni e crogiolarsi nell’idea che i suoi sforzi e la sua fiducia erano serviti a qualcosa, l’avevano riportato da lei.
Chiuse la comunicazione e saltò giù sul terreno arido, sentendo l’atterraggio vibrarle nelle gambe.
Era più stanca di ciò che pensava.
«Allora?»
«Arrivano.» Gli comunicò, e poi lui le fece la domanda che temeva, perché era nella sua testa, perché la conosceva meglio di chiunque, ma ciò che non si aspettava era il tono lievemente sarcastico con cui parlò.
«E non hai detto a nessuno di me, vero?»
Scosse la testa, e poi un suono che non conosceva le scaldò il cuore.
Alzando lo sguardo si rese conto che Ben stava ridacchiando, e a lei si strinse nuovamente lo stomaco.
Aveva una bella risata, e sembrava così…libero ora.
«Supereremo anche questa.» Sentenziò alla fine, e a Rey non fu dato tempo di rispondere, perché il rombo del Millenium Falcon che atterrava squarciò il silenzio e illuminò l’aria.
Accanto a lei, Ben divenne un fascio di nervi.
Quali ricordi e quale dolore nascondeva quella nave, nel suo cuore?
Ciò che non si aspettava però, furono Finn, e Poe, che uscirono di corsa con le pistole spianate.
Non verso di lei, ma su Ben.
La spada laser le saltò nella mano come se rispondesse ai suoi pensieri, e l’attimo dopo era a meno di un centimetro dal mento di Finn.
Si era spostata davanti a Ben istintivamente, nuovamente tesa, ogni traccia della beatitudine precedente svanita e sostituita da una gelida, enorme paura.
Se l’avessero voluto uccidere?
«Rey, che stai facendo?»
Finn.
Finn che aveva lottato contro Kylo Ren ed era quasi morto.
Merda.
«Abbassate le pistole, lasciate che vi spieghi.»
La supplica era rivolta a Poe, che era tanto impulsivo in battaglia quanto razionale in altre situazioni.
Prima che rispondesse però, il tonfo di qualcosa che cadeva a terra fece gelare il sangue di Rey.
Voltandosi, scoprì che Ben era svenuto, il sangue che gli impregnava sempre più la maglia sul fianco e la pelle sempre più bianca.
«No. No, no no…Aiutatemi!» Fu quasi un urlo rivolto ai suoi amici, ma nessuno dei due si mosse; la stavano guardando come se le fosse spuntata una seconda testa.
Cercò di tirarlo su, ma lui era enorme in confronto a lei, un peso morto di muscoli, e le venne da piangere all’idea di vederlo morire in quel posto sperduto.
Due braccia pelose s’intromisero nel suo campo visivo, sollevando l’uomo come se pesasse meno di una piuma, e Rey incrociò gli occhi ambrati di Chewbecca.
Ma certo, pensò, lui aveva viaggiato con Han, sapeva che lui e Leia avevano speranza per il loro tormentato figlio, e stava onorando la loro memoria.
«Grazie, Chewie.» Mormorò tirandosi su, e osservò la gigantesca creatura portare Ben all’interno del Falcon.
Era vivo, lo sapeva.
Sentiva il suo cuore come un secondo battito cardiaco nel petto, e inspirò a fondo, lieta di avere un alleato in mezzo ad un enorme, eterogeno gruppo di gente che voleva la testa di Kylo Ren su una picca.

 
Andava avanti da troppo tempo.
Rey continuava ad andare avanti e indietro lungo il corridoio, le voci di Finn e Poe che rimbombavano nella testa.
Chewbecca era sparito con Ben, e lei non aveva più visto nessuno dei, ma sapeva che il Wookie non gli avrebbe mai fatto del male.
«Basta!» Sbottò interrompendo i suoi amici e -nonostante una piccola parte di lei registrasse le scariche di corrente che corsero lungo i cavi del Falcon – non ci fece caso.
«Non vi permetterò di fargli del male. Mai.»
Era davvero la sua voce?
Sembrava così sicura, così potente.
«Mi spieghi che diavolo ti è preso?»
«Io…»
Come poteva spiegare?
Come poteva cercare di far capire qualcosa che nemmeno lei aveva compreso per così tanto tempo?
Spostò lo sguardo su Poe, smarrita, e qualcosa nei suoi occhi le fece comprendere che almeno lui aveva capito la superficie di tutto ciò.
«Ne è innamorata.»
Le venne quasi da ridere nel vedere l’espressione esterrefatta di Finn.
Quasi.
Perché continuava a far fatica a respirare, perché la sua mente era da qualche parte con lui e il cuore sembrava scoppiarle nel petto.
L’ex assaltatore, dal canto suo, spostò più volte lo sguardo da lei a Poe, incredulo. «Rey…»
Ma lei stava guardando il pilota. Lo stava supplicando in silenzio, stava pregando quegli occhi tempestosi di capire, di aiutarla, di non lasciare che le strappassero Ben.
Le venne in mente all’improvviso, quel dettaglio che di sicuro Leia non aveva rivelato.
«È suo figlio.» Esalò in un sussurro, e vide la consapevolezza schiantarsi nell’anima di Poe.
Lui, che aveva ammirato Leia più di tutti e che per lei avrebbe bruciato un mondo, lui era la chiave per tenere Ben al sicuro.
Nonostante le nefandezze che aveva compiuto come Kylo Ren, Rey sapeva che non avrebbe lasciato che nulla accadesse al figlio del suo Generale.
L’uomo si passò una mano sul viso con un sospiro stanco. «Hai un pessimo gusto in fatto di uomini Rey, lasciatelo dire.»
Quella frase riuscì a strapparle la risata nervosa che le era rimasta incastrata in gola.
«Dovete aiutarmi, vi prego.»
L’avevano ascoltata in silenzio mentre raccontava ciò che era successo nella sala del trono, mentre spiegava chi era ricacciando lacrime rabbiose, quando la sua voce si era addolcita involontariamente a raccontare di come Ben fosse venuto da lei, perché aveva bisogno di lui, perché era il suo posto, perché aveva scelto.
E ora, miracolosamente, fu Finn ad annuire per primo. «Ci proveremo.»
Tese loro le mani con un sorriso, e Poe alzò gli occhi al cielo. «Mani?»
«Mani.» Confermò Rey mentre entrambi cedevano.
Erano con lei, com’erano sempre stati. Sorrise, sentendo gli occhi bruciare di lacrime.
«Grazie.»
E Rey si sentì invincibile, e cercò di ricordare quella sensazione quando, alla sera, fu appoggiata alla porta della sua stanza.
Chewbecca l’aveva sistemato bene, e si era preoccupato di fasciare le ferite che aveva riportato nello scontro, eppure non si era ancora svegliato. Nonostante quello Rey non era preoccupata.
In quel momento, sul Millenium Falcon, circondata da amici e con quel viso sereno circondato da capelli più neri della notte davanti agli occhi, seppe di essere a casa.
Nel suo petto, il battito del cuore di Ben Solo rimbombava ancora.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo III - Healing It OUt ***


CAPITOLO III
 
La spada laser era ormai pesante tra le sue mani.
«Non voglio farvi del male.» Fu un sussurro, una supplica.
Rey aveva ormai perso il conto del tempo, di quante persone aveva allontanato senza ferire, di quanti avessero cercato, rabbiosamente, di salire a bordo del Falcon.
Per assassinarlo.
Per portarlo via da lei.
Era stanca, così stanca, eppure non poteva riposare.
Non ancora, non finché lui non fosse stato al sicuro.
Finn le si parò davanti, e con lui Poe, e Chewbecca, i cui borbotti contrariati le fecero capire quanto nemmeno lui sopportasse quella tensione.
Abbassò l’arma, e la fatica tornò a farsi sentire.
Le tremavano le mani mentre la rimetteva a posto, e le si stava offuscando la vista.
«Il suo nome è Ben Solo.» Stava spiegando Finn, e Rey notò distrattamente quanto la gente sembrasse pendere dalle sue labbra. E da quelle di Poe, che nonostante fosse in silenzio, era oggetto di continue occhiate.
Si stavano accertando che fosse d’accordo.
Ascoltò distrattamente la storia condensata di come un ragazzo tormentato fosse stato manipolato e condotto a commettere atrocità in nome di una pace che diventava sempre più lontana.
Quando qualcuno urlò che, comunque, restava un mostro, il fulmine che squarciò il cielo sereno fece calare un silenzio attonito.
Rey scostò brutalmente il trio davanti a lei, sentendo una corrente statica attraversarle la pelle.
«Non è un mostro più di quanto non lo siamo tutti.» Esordì, guardandoli negli occhi uno ad uno. «Non abbiamo forse commesso omicidi, sotterfugi e stermini in nome di ciò in cui credevamo?»
Stava quasi urlando, notò, e molti la guardavano come se fosse matta.
Nulla di tutto ciò importava.
L’unica cosa importante era il sorriso che Ben le aveva rivolto su Exegol.
Insanguinato, esausto.
In pace.
Sicuro.
Ben aveva scelto.
«Le azioni di Kylo Ren non sono state pacifiche, né ponderate. E non lo saranno nemmeno le mie se non sparite da qui.»
Quella fu una vera minaccia, e perfino i suoi amici più stretti rabbrividirono.
Perché avevano sentito le storie del passato, perché avevano visto il fulmine disintegrare il trasporto nel deserto e perché sapevano che Rey non avrebbe mai detto una cosa simile.
Poe le mise una mano sulla spalla. «Tu e Chewie rimanete sul Falcon. Faremo in modo che nessuno si avvicini inosservato ma...Rey?»
La ragazza si rilassò impercettibilmente. «Dimmi.»
«Non potrai impedirlo, quando decideranno di fargli pagare i suoi crimini.»
Non ebbe la forza di rispondere.
Tornò sul Falcon, lasciò che fosse Chewbecca ad azionare la rampa, e si trascinò per i corridoi finché il Wookie non la richiamò.
«Cosa c’è?» Gli domandò sfregandosi gli occhi.
Era così stanca.
Il verso dell’amico fu quasi una promessa e, quando Rey si addormentò, lo fece serenamente sapendo che lui vegliava su entrambi.
 

 
Il fulmine che si rifletteva sul laser era quasi accecante, e Rey sentì scivolare il piede su cui faceva forza.
Non vedeva il suo avversario, ma ne percepiva la forza, la crudele intelligenza.
«Io sono tutti i Sith!»
Stava tremando, ma allungò lo stesso la mano, cercando l’altra impugnatura, che non arrivò mai.
Al suo posto un’ombra scura le si affiancò.
«E noi siamo tutti i Jedi.»
La sua voce, oh la sua voce.
Quando la lama s’incrociò con la sua e insieme respinsero il fulmine, Ben sorrise.
Per un folle istante Rey si sentì forte, e unica, e sentì di aver vinto.
Finché la luce non illuminò il loro avversario, e Rey si trovò a guardare sé stessa bruciata dalla corrente.
Il suo urlo attirò il Wookie di guardia, e Rey si trovò a sorridere senza nemmeno accorgersene.
Strano che una creatura così grossa fosse così premurosa.
«Sto bene. Solo…un brutto sogno.» Alzandosi si rese conto che aveva i muscoli doloranti e, archiviandolo come una conseguenza della fatica precedente, decise di muoversi.
Doveva distrarsi, distogliere la mente dal pensiero della sua sottile, tremenda eredità genetica.
Si trovò quasi involontariamente sulla plancia, e la lieve luce lunare illuminò i due dadi dorati che attendevano penzolando nel vuoto.
I dadi di Han.
Han, trafitto dal suo stesso figlio.
Irrigidì la mascella.
Non aveva senso incolpare Ben per quel gesto, lei stessa aveva percepito lo squarcio che gli si era creato nell’anima dopo quel momento.
Silenziosa come un’ombra vagò per i corridoi del Falcon, e furono i suoi stessi piedi a riportarla da lui.
Dormiva ancora, serenamente, e Rey non poté trattenere un sorriso.
Non sembrava nemmeno lo stesso uomo di quei quasi due anni trascorsi ad inseguirsi, lottarsi e provocarsi.
Perché non lo era, realizzò, non era diviso tra Kylo e Ben, non era schiacciato da un compito troppo grande, era in pace e aveva scelto.
Perché non si svegliava?
Rey si accigliò, scivolando accanto al letto e studiandolo con attenzione.
Chewbecca aveva cambiato le fasciature e lui sembrava decisamente più in salute, eppure…
Le tornò in mente all’improvviso.
Là, su Exegol, era crollata a terra, esausta e con i polmoni che facevano fatica ad incamerare l’aria.
Ricordava il mondo che si scuriva, il freddo che le s’infiltrava nel corpo, e poi…
Ben e il suo sorriso.
S’inginocchiò sul pavimento freddo, sfiorando quella massa di capelli neri come la notte con timore. Ben l’aveva salvata, strappandola dalla morte e rischiando la sua stessa vita nel farlo.
«Grazie.» Sussurrò alla notte, appoggiando la testa sulle braccia incrociate sul letto.
Poe la trovò addormentata così, la mattina dopo, accanto a quello che aveva proclamato essere il figlio di Leia, il redento leader del Primo Ordine.
Le assomigliava?
Voltandosi a guardare la ragazza che gli dormiva accanto si chiese cosa si celasse tra quei due.
Aveva sentito Rey raccontare la storia della battaglia di Exegol, e all’improvviso si era reso conto di cos’era il sentimento che animava la sua voce mentre pronunciava il nome di Ben Solo.
Sfiorò la spalla di Rey e, con il senno di poi, pensò che avrebbe dovuto aspettarsi la sua reazione.
La ragazza lo mandò per terra senza nemmeno alzarsi, togliendogli il supporto con un calcio ben piazzato alla caviglia.
«Rey! Merda…»
Le venne quasi da ridere a vedere l’uomo massaggiarsi la schiena imprecando, ma la sua espressione era funesta.
«Che succede?» Gli domandò in un sussurro aiutandolo ad alzarsi, ma prima che potesse risponderle lo trascinò fuori dalla camera, chiudendosi la porta alle spalle: qualsiasi cosa fosse, non voleva rischiare di svegliare Ben per sbaglio.
In corridoio Poe le spiegò che – mentre i ribelli si riprendevano dalla battaglia – circolavano voci su di lei, sulla minaccia che aveva fatto per difendere Ben, e alcuni sostenevano che, se faceva così, era un’agente del Primo Ordine, una spia, e chissà cos’altro.
«Forse se ci parlassi più tranquillamente, non lo so…»
Rey annuì; Poe sembrava estremamente stanco, e sospettava che non avesse dormito dal ritorno a casa, e vederlo lì a preoccuparsi per lei le scaldò il  cuore. «Ci penso io. Grazie. Vai a riposarti.»
Lo congedò con un sorriso, e poi si diresse all’uscita del Falcon.
L’accampamento ribelle era in piena attività e Rey camminò in mezzo a quelle tende così familiari, a ad ogni passo la grande assente si fece sentire sempre di più.
Le mancava vedere il viso di Leia che la teneva d’occhio, che le sorrideva con dolcezza, e l’enorme pazienza che aveva dimostrato nell’addestrarla.
Fu mentre iniziavano a bruciarle gli occhi che si rese conto degli sguardi che le venivano rivolti, e che la ferirono più di ogni cosa fisica. C’erano ribelli, gente che l’aveva guardata con rispetto e ammirazione , che ora la studiava di sott’occhio, che distoglieva lo sguardo sussurrando quando passava.
Non fu una vera e propria fuga, eppure scappò.
Si allontanò da lì, rifugiandosi nei boschi che avevano ospitato il suo addestramento.
La prima botta arrivò completamente inaspettata sulla nuca e la spedì a rotolare per terra.
Non ebbe nemmeno il tempo di alzarsi che il calcio la raggiunse sulle costole e le tolse il fiato.
Con lo sguardo annebbiato vide il quartetto circondarla.
«L’”Ultima Speranza” eh? Ci siamo tutti fidati di te, e cosa hai fatto? Hai portato il nostro nemico qui.»
Rey non riuscì a rispondere, non ne aveva la forza.
Un po’ per il dolore fisico e un po’ perché non poteva dare loro torto.
Non aveva mai parlato a nessuno della connessione tra lei e l’allora Kylo Ren, né di come lui era un cattivo che non era cattivo, e la loro conversazione nella capanna le faceva tremare le mani solo a pensarci.
I ribelli avevano visto la sua flotta, l’avevano visto squarciare la porta della loro base con il cannone e l’avevano visto combattere, e uccidere, e avevano visto solo ciò che lui aveva voluto mostrare.
«Rey…sei solo una cerca rottami, chi ci dice che tu non sia una spia in realtà? Che tutto questo non sia l’ennesimo piano del Primo Ordine?»
Successe tutto nello stesso momento.
Il braccio dell’uomo si alzò, pronto a colpire di nuovo.
E tutti e quattro si bloccarono sul posto.
Rey conosceva quella sensazione, di non potersi muovere liberamente perché una forza più grande ti imponeva di non farlo.
Vide una figura scura passarle davanti e sentì la stessa forza respingere i suoi assalitori, come se si espandesse da lui. «Basta.» Sentenziò, ed era la voce del Leader Supremo che parlava, qualcuno che non ammetteva repliche.
Li liberò con un gesto della mano e, inciampando e maledicendolo, i quattro fuggirono da quello che consideravano un diavolo sceso in terra.
E poi Ben Solo si voltò verso di lei, e le si inginocchiò davanti, e lei vide la tacita promessa del suo sguardo: chiunque avrebbe osato toccarla di nuovo non avrebbe fatto una bella fine.
Ma in quel momento non le importava, e agì di puro istinto.
«Sei sveglio!» Gli saltò quasi al collo facendogli perdere l’equilibrio, e insieme rotolarono sul terreno, avvolti dai primi raggi del sole. Rey quasi nascose il viso in quella massa di capelli morbidi mentre vi affondava le mani dentro, e le mani di Ben la sfioravano come se temessero di vederla spezzarsi.
Avrebbe voluto congelare quel momento, pensò Ben mentre la sentiva sorridere sul suo collo.
Era qualcosa di incredibile avere accanto, viva, e salva, e fu con un’immane sforzo di volontà che scacciò il ricordo di Exegol.
Aveva avuto la sensazione che il cuore gli si fermasse quando l’aveva vista crollare, bianca come un lenzuolo. Rendersi conto che stava morendo tra le sue braccia gliel’aveva spaccato.
Ma ora era lì. «Rey.» Le prese il viso fra le mani, con delicatezza; sapeva che lei era forte, era la sua roccia in mezzo alla tempesta, la sua salvezza. «Stai bene?»
Lei annuì, appoggiando il viso alle sue mani. «Ben. Grazie.» Fu un sussurro, ma lui ne comprese il riferimento nascosto, perché lo stesso cuore batteva nei loro corpi, e perché erano due e uno soltanto.
Fu mentre le scostava un ciuffo ribelle dal viso che il mondo tornò ad animarsi intorno a loro, e Rey si rese conto della situazione in cui erano;  avvinghiati sul terreno, stretti l’uno all’altro, di sicuro non avrebbero fatto altro che peggiorare la sua situazione.
Rey quasi finì a terra quando Ben scattò in piedi con una velocità che solo anni di addestramento potevano portare, e mentre la ragazza archiviava ciò che il suo cervello le stava sussurrando, vide il folto gruppo che veniva verso di loro.
Qualcosa dentro di lei si rinsaldò quando notò che Ben non le si era parato davanti, ma le stava di fianco, in attesa, ogni nervo teso. Quella silenziosa dimostrazione di rispetto le confermò di nuovo ciò che li univa, il loro essere Diade nella Forza. Insieme, erano tutto.
Nonostante questo non ebbero occasione di combattere insieme, perché qualcosa che era a metà tra un ringhio e un urlo fermò la situazione ancora prima che i ribelli li raggiungessero.
Sotto il sole ormai alto Chewbecca sembrava ancora più imponente e decisamente arrabbiato.
Fermandosi davanti a loro borbottò verso Ben, e lui si passò una mano fra i capelli, in apparenza imbarazzato. «Lo so, ma non potevo non intervenire.»
Un altro verso, dal tono più morbido.
«Anche tu, Chewie.»
Ben quasi sparì nella pelliccia del Wookie che lo abbracciava, ma i suoi occhi brillanti non lasciarono mai il viso di Rey, che cercò di soffocare un singhiozzo di gioia.
Quella era una scena che avrebbe ricordato per anni.


Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo IV - Whispers in The Dark ***


CAPITOLO IV

Si erano seduti dai lati opposti della stanza in una ponderata dimostrazione di sicurezza, e Ben non riusciva a staccarle gli occhi di dosso.
Accanto a lui Chewbecca stava borbottando tra sé e sé, e la cosa lo fece sorridere.
Ricordava il Wookie oscurare la luce dalla porta quando entrava in casa, ricordava le volte in cui si era addormentato, a malapena bambino, tra quelle braccia pelose, come Chewbecca lo difendesse ogni volta che Leia lo rimproverava.
Percepì il movimento di Rey ancora prima che lei lo compisse, mentre la porta si apriva.
Era come essere unito a lei da una corda elastica, che si muoveva e tendeva ad ogni movimento che compivano, che si allungava senza mai spezzarsi.
La sua metà perfetta.
La vide sorridere, ma la sensazione che quell’espressione gli procurava fu ben presto scacciata dall’arrivo dei due uomini.
Li ricordava entrambi come se non fosse passato nemmeno un giorno dal loro incontro.
Si alzò con cautela, le mani intrecciate dietro la schiena, cercando di risultare meno minaccioso possibile nonostante torreggiasse su tutti loro.
Rey si portò una mano al viso a nascondere un mezzo sorriso mentre lo guardava di sott’occhio, e lui comprese che aveva percepito le sue intenzioni.
Il primo ad avvicinarsi a lui fu il pilota.
«Poe Dameron.» Lo salutò con educazione, studiandone i movimenti; c’era qualcosa che gli ricordava lei nel modo in cui si muoveva, in cui la sua presenza riempiva la stanza.
Poe lo studiò per qualche istante, poi gli porse la mano. «Ben. Scusa se ti ho sparato.»
Quelle scuse fatte con un tono sincero e lievemente divertito gli strapparono un lieve sorriso.
Strinse la mano del ribelle. «Scusa se ti ho torturato.»
Con una risata divertita e una scrollata di spalle, Poe si fece da parte, e osservò Finn fulminare l’uomo con lo sguardo.
«Chi è il traditore, ora?» Si limitò a chiedergli oltrepassandolo, e Poe ebbe la prima dimostrazione che quello non era Kylo Ren. Il Leader Supremo avrebbe probabilmente attaccato Finn, ma Ben, Ben Solo, il figlio di Leia, non reagì. Non reagì perché era stato aggressivo verso Finn, perché aveva cercato di ucciderlo e perché ora era nella sua stessa posizione.
Osservò Rey sussurrare qualcosa a Ben, e notò come evitavano di toccarsi ma si attiravano come falene con una luce. Si sentì quasi di troppo nel vedere la sua amica sorridere, perché non l’aveva mai vista così…felice. Libera.
«Finn, amico, tutto bene?» Distolse lo sguardo voltandosi verso l’amico, che sembrava particolarmente corrucciato.
«No. Rey non avrebbe dovuto portarlo qui. Succederà un casino, già stamattina è stata aggredita.»
«Rimane sempre il figlio di Leia.»
«Lei si è guadagnata il nostro rispetto. Lui ha guadagnato tutt’altro.» C’era così tanto veleno nella voce di Finn da fargli venire la pelle d’oca, ma prima che replicasse Chewbecca s’intromise.
«Lo so amico mio. Gli daremo il tempo e il modo di farsi accettare, se riusciremo.»
Mentre loro parlavano la stanza si era riempita di gente, e lui vide Maz, e Rose, e i comandanti che avevano giurato fedeltà a Leia e che speravano li avrebbero aiutati a stabilizzare la situazione.
Rey, in prima linea davanti a quella folla, si era goduta ogni secondo del dialogo tra Ben e Poe, e si era ripromessa di chiedere come avessero fatto ad incontrarsi, ma poi aveva visto Finn, e la rabbia nella sua voce le aveva ricordato perché aveva affrontato Kylo Ren nella foresta.
Per proteggerla.
Scacciò quei pensieri; non aveva chiesto di essere protetta, mai.
Mentre i ribelli entravano percepì Ben innervosirsi; non gli piacevano i luoghi affollati, non gli piaceva non avere spazio di manovra in caso di un attacco.
Avrebbe voluto rifugiarsi da qualche parte e parlare con lui con calma, parlare di come aveva cambiato idea, di cosa aveva fatto per lei, di Leia, e Han, di come stava, ma niente di tutto ciò sarebbe stato possibile se non avesse convinto tutti di chi era ora.
«Ben. Vieni qui ragazzo.»
Era stata la piccoletta con gli occhiali enormi a chiamarlo e, con i sensi all’erta le si avvicinò, inginocchiandosi davanti a lei. Quando si tolse gli occhiali e lo guardò negli occhi, Ben si sentì quasi schiacciato dall’immensità della saggezza di quello sguardo.
Chiunque fosse, era vecchia, molto vecchia, ma gli sorrise con aria materna.
«Quanto dolore nel tuo cuore, giovane Solo. Ma ora sei al sicuro, come lei. Siete a casa.»
Non poté fare a meno di guardare Rey, che aveva ascoltato in silenzio la frase, ma le luccicavano gli occhi di rispetto e gioia.
Era bellissima, come lo era stata nella foresta, quando gli aveva resistito nella sala degli interrogatori, perfino quando lo considerava un mostro, era bella come solo le cose letali sanno essere, e Ben non riusciva a smettere di pensare a quanto era stata spontanea quella mattina, con quanta forza l’aveva abbracciato, come se avesse paura di vederlo svanire davanti ai suoi occhi.
«Conoscevo tuo padre, Ben. Sarebbe stato fiero di te.»
E con quell’unica, in apparenza insignificante frase, Maz Kanata si conquistò un posto nel cuore di Ben Solo.
 

 
 
Rey distese discretamente le gambe, sentendosi ormai stufa.
Avevano interrogato lei per prima, e avevano preteso ogni dettaglio sul suo legame con Ben, e proprio lui le era venuto in soccorso quando aveva fatto fatica a spiegarlo, e lei l’aveva ascoltato spiegare cos’era una Diade, e quanto poco si sapeva su quel legame così arcano.
Dopo quel momento non l’avevano più lasciato in pace e lui, educato e conciso, aveva risposto ad ogni domanda che gli veniva porta.
Rey, dal canto suo, assaporava ogni aspetto della sua personalità che finalmente veniva fuori, quel l’uomo che lui aveva nascosto per gran parte della vita, e le fu facile rivedere Han e Leia in lui.
Mentre attendevano il giudizio del consiglio – era piuttosto tranquilla considerato che la decisione finale spettava a Finn, e soprattutto a Poe – che suonò la prima sirena.
Si scatenò l’inferno nel giro di pochi istanti, e Rey si fece istintivamente strada verso i suoi amici.
Chewbecca la tirò verso di sé con un verso che era preoccupazione e domanda, e lei annuì. «Non so come abbiano fatto ma ci hanno trovato.»
Individuò Ben poco distante, e lui la guardò nello stesso momento.
Il mondo sembrò annullarsi intorno a lei quando incrociò i suoi occhi, e lei sentì la Forza che li univa condensarsi nell’aria prima che lui le facesse un cenno verso la plancia di comando.
Si mossero insieme, separati e allo stesso momento, e Rey sentì Poe e Finn seguirli.
Quando si sedettero ai posti di comando insieme, Rey rimase un attimo affascinata nel vedere con quanta naturalezza Ben azionava i comandi del Falcon, che sembrò fare le fusa sotto le sue mani.
Immaginò Han seduto a quello stesso posto, con il figlio in braccio, ad insegnargli come volare.
Si alzarono in volo mentre il cielo si costellava di navi nere e delle eterogenee navi dei ribelli, e Poe si appoggiò al sedile di Rey. Il Millenium Falcon sfrecciò nel cielo come una scheggia, e l’uomo emise un breve fischio.
«E io che pensavo di essere il pilota migliore della resistenza.»
Gli vennero i brividi quando i due piloti gli risposero insieme.
«Non più.»
Doveva credere a quell’affermazione, ammise Poe a sé stesso mentre Ben guidava il Falcon come se non avesse mai fatto altro, e mentre la grande, vecchia nave ruggiva nel cielo come se fosse felice di avere di nuovo un Solo al comando.
Nonostante quell’attimo di incredulo stupore la realtà venne ben presto a risvegliarli.
Voltandosi nel cielo videro il rigoglioso pianeta che li aveva ospitati così a lungo bombardato da quelli che sembravano veloci caccia che squarciavano il cielo.
Sapeva cosa i ribelli sopravvissuti avrebbero pensato alla luce di quell’attacco e non gli piacque per niente: come avrebbe fatto a far cambiare loro idea su Ben, se nemmeno due giorni dopo il suo arrivo venivano attaccati?
«Poe! Dove?» La voce di Ben lo scosse riportandolo al presente.
Dove avrebbe potuto portarli?
Li aveva guidati sempre verso un massacro, ma loro continuavano a seguirlo nonostante tutto.
Inserì le coordinate senza parlare, e vide le dita del loro pilota danzare sui comandi.
Mentre la velocità luce veniva preparata si voltò verso Rey.
Sembrava concentrata, eppure i suoi occhi continuavano a tornare indietro verso il pianeta che avevano abbandonato.
La familiare sensazione di stretta allo stomaco gli anticipò il salto nell’iperspazio e, quando uscirono dalla velocità luce, vide il pianeta dove li aveva condotti circondarsi di navi familiari.
Sospirò di sollievo e si congedò dalla sala centrale con Finn.
A quel punto, Ben si voltò verso la sua co-pilota.
Rey sembrava nata per pilotare, e averla al suo fianco l’aveva fatto sentire invincibile, ma qualcosa non andava.
Rey aveva la mascella serrata e gli occhi sbarrati, e lui stesso si sentiva soffocare dalle sensazioni che venivano da lei. «Rey?» La chiamò, non osando toccarla. Lasciava che fosse lei ad iniziare il contatto, se lo desiderava, proprio come aveva sempre fatto, perché sapeva che comunicava molto di più attraverso i gesti che attraverso le parole. Ma ora sembrava…persa. «Rey!»
Il suo secondo richiamò la raggiunse ovunque la sua mente fosse, e lei focalizzò la propria attenzione su di lui, quegli intensi, burrascosi occhi scuri che gli avevano fatto tremare l’anima dal primo istante.
«Sto bene, scusami. Dove siamo?»
«Dovrai chiederlo a Poe. Per ora, siamo al sicuro.» La informò pazientemente mentre il Falcon atterrava con dolcezza sul terreno. Rey si alzò per prima, rigida e silenziosa.
Non stava bene, lo sapeva, ma la lasciò andare nonostante la situazione lo rattristasse.
Avrebbe potuto parlare con lui e ne era consapevole, rifletté Rey mentre il legame che li univa si distendeva e muoveva man mano che si allontanava, eppure non l’avrebbe fatto.
Non poteva dire nemmeno a lui ciò che le era passato per la mente come un fulmine a ciel sereno quando era iniziato l’attacco.
Se fosse stata una Palpatine, l’Imperatrice Sith, la flotta dei ribelli non avrebbe mai dovuto subire quell’attacco. Sentì l’oscurità sussurrarle quel pensiero nel cuore, e una parte di lei le diede ragione.
L’Imperatrice Palpatine poteva portare la pace.


Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo V - Help Me,I'm Drowning ***


CAPITOLO V


Duecento morti al primo assalto e continue notizie di attacchi ad ogni base ribelle avevano trasformato l’ultima settimana di Rey in un inferno.
Come se non bastasse quello, c’era qualcosa che la chiamava da qualche angolo oscuro nella galassia, che le sussurrava di notte mentre dormiva e la faceva svegliare sudata e spaventata.
Di riflesso, si era ancorata a ciò che le era più caro.
Ben – il cui giudizio era stato sospeso alla luce delle recenti notizie – era sotto la costante supervisione di Chewbecca o Finn. L’ex assaltatore, nonostante l’uomo s’impegnasse in maniera discreta e costante a redimersi agli occhi dei ribelli, continuava ad essere astioso nei suoi confronti.
Rey si era trovata ad evitare lui e a cercare Ben ancora di più.
Averlo accanto, a pochi metri o attaccato, le infondeva nuova energia e riecheggiava la sensazione di completezza che aveva provato a vederlo con lei su Exegol.
Dal canto suo, il figlio di Han sembrava sempre sapere dove fosse, e i suoi occhi la cercavano in continuo tra la folla, scintillando intensamente ogni volta che i loro sguardi s’incrociavano.
Quella sera andò a dormire tranquilla, ma gli incubi non tardarono ad arrivare.
Si svegliò ansimando dalla visione del buco nero che la chiamava nell’acqua e dalla voce che vi sussurrava dentro e si mise a sedere.
Aveva il cuore in gola e passandosi una mano sul viso si rese conto di star sudando freddo.
Nascose il viso fra le mani stringendosi nelle lenzuola, cercando di ricordare l’ultima sera in cui aveva dormito senza incubi.
Fu il suo corpo a risponderle e, quando si rese conto di essere ferma, si trovava davanti ad una porta della stanza da letto. Bussò lievemente per non svegliare il grande Wookie appisolato sulla panca, ma per entrare non aspettò la risposta.
Ben era sveglio e l’aspettava seduto sul letto.
Rey si sentì in colpa; probabilmente si era svegliato per colpa del loro legame, disturbato dai suoi incubi.
«Ben. Scusami, non volevo svegliarti, io…» Fece per voltarsi ma lui la interruppe.
«Resta. Non è un disturbo.» Parlava con la voce ridotta ad un sussurro, e solo in quel momento Rey si rese conto che era a petto nudo.
Sapeva che era imponente fisicamente, ma vederlo così le fece avvampare le guance.
«Io…Io…» S’impose di concentrarsi ed evitare che lui percepisse qualcosa. «Non riuscivo a dormire.»
«Lo so.» Si spostò sul letto senza una parola e Rey lo interpretò come un invito.
Gli si sedette accanto, sentendo le ondate di calore che emanavano da lui come una calamita.
Voleva stringerglisi accanto, sentire la sua sicurezza e la sua forza diventare sua.
«Non abbiamo avuto occasione di parlare. Come stai?» Gli domandò cercando di scacciare la sensazione del sogno.
Ben fece finta di non notare il fatto che lei non aveva rivelato il motivo della sua insonnia.
«Bene.» Ben si alzò, indossando la maglia che aveva abbandonato sul tavolino: lo stuzzicava la reazione d Rey, ma sapeva che quello non era il momento giusto per provocarla così.
Era una settimana che la sentiva tormentata e stanca, ma non avevano più avuto occasione di stare soli.
«Ottimo.» Continuò la ragazza, ignorando la parte di lei che avrebbe volentieri continuato a godersi la figura imponente dell’uomo. «Posso chiederti una cosa?»
Era così piccola, seduta sul letto, gli fece venire voglia di abbracciarla, di stringerla, di proteggerla da qualsiasi cosa la tormentasse. «Sempre.»
«Cosa ti ha fatto cambiare idea?»
Ben incrociò le braccia, sapendo a cosa si riferiva quella domanda.
Volevo prendere la tua mano. La mano di Ben.
Prima che potesse rispondere Rey rabbrividì e lui s’intenerì.
Le si avvicinò, avvolgendola nella coperta  e passandole un braccio intorno alle spalle.
«Rey…» Sentì il cuore saltare un battito quando lei gli si appoggiò contro. «Riposati ora, parleremo domani.»
La sentì annuire e si alzò, lasciando che si mettesse sotto le coperte, ma prima che si allontanasse la sua mano gli si strinse sul polso.
Aveva gli occhi lucidi quando la guardò, di stanchezza e tensione, e gli ricordò la sera nella capanna.
Mai prima e dopo allora era sembrata così vulnerabile, così…fragile e umana.
Come in quel momento. «Rimani. Io non…non voglio stare sola.»
Si spostò nel letto per fargli posto e lui sentì il sangue salirgli al cervello, ma mantenne un contegno, perché aveva sentito l’angoscia della ragazza quando si era svegliata, la sentiva agitarsi e urlare nel sonno da quasi una settimana e aveva usato tutte le sue forze per trattenersi dall’andare da lei.
S’infilò con delicatezza sotto le coperte e si voltò dandole la schiena per farsi più piccolo possibile.
Quando la sentì voltarsi per stringersi a lui e le sue braccia lo avvolsero non riuscì a trattenere un sorriso.
Era una tortura starle lontano, eppure Rey comunicava così, con gesti piccoli ma preziosi.
In quel momento la ragazza cercò la sua mano, e le loro dita s’intrecciarono senza fatica. Ben la sentì rilassarsi contro la sua schiena, e si sentì ancora più sicuro della scelta che aveva compiuto.
Non la luce, né l’ombra.
Lei.
«Non sei da sola, Rey.»
 

 
Fu la prima mattina in cui si svegliò finalmente rilassata.
Quando la luce filtrò attraverso la vetrata Rey si distese nel letto, sentendosi serena come non le succedeva da tempo.
Voltandosi sentì il calore dell’altro lato del materasso, e il ricordo di cos’era successo le spedì una scarica di adrenalina che la fece scattare in piedi. Inciampando nelle coperte riuscì a mettersi in piedi, ma nella stanza non c’era nessuno. Ben doveva essersene andato da poco, comprese, e sorrise nel rendersi conto che non aveva voluto svegliarla.
Si stiracchiò con calma, distendendo le gambe e le braccia per riattivare la circolazione.
Non riusciva a non sorridere pensando alla sua voce che sussurrava nella notte, a come si era sentita al sicuro avendolo lì con lei: finalmente non aveva avuto incubi.
Una volta fuori dal Falcon sapeva perfettamente cosa voleva, e lo trovò velocemente.
Ben stava aiutando Rose portandole i pezzi per aggiustare un x-wing, ma si fermò immediatamente appena Rey mise piede a terra. Si voltò verso di lei mentre posava il pezzo, e Rey gli sorrise facendogli un cenno verso l’esterno dell’accampamento.
Non smisero di guardarsi mentre scivolavano tra le tende, scartando la gente ed evitando le astronavi.
Rey si voltò verso di lui quando furono soli senza riuscire a smettere di sorridere.
Ancora una volta Ben era stata la sua soluzione.
«Buongiorno.» La salutò lui mentre si danzavano attorno, allontanandosi e avvicinandosi senza mai toccarsi.
«Buongiorno a te.» Ricambiò Rey, e nella sua mente si formò l’idea che l’aveva già stuzzicata da tempo. «Avevi detto che avremmo parlato oggi.»
Ben annuì, intrigato; Rey sembrava guardinga, ma serena, e la cosa gli scaldò il cuore.
Finalmente la sentiva più tranquilla, più salda.
Si mosse all’improvviso e lui riuscì ad afferrare la spada laser. Inarcò un sopracciglio guardandola, e ciò che vide fu la stessa cosa che l’aveva conquistato dall’inizio.
Forza, indomabile e pura, e gli spedì un brivido nella schiena.
«Avevo bisogno di un Maestro, no?»
Sorrise senza riuscire a trattenersi, ricordando un’altra foresta, un’altra situazione, la stessa tensione tra di loro, lo stesso desiderio sopito. «Posso insegnarti, ma pensavo volessi parlare.»
Rey attivò la spada laser. Aveva bisogno di distrarsi, di muoversi, di intonare quella sinfonia che solo duellando con lui le si scatenava nel cuore.
Aveva bisogno di Ben come mai prima d’ora.
«Parliamo.»
E di dimenticare la luce rossa che scintillava nell’acqua nel suo sogno.






NOTE DELL'AUTORE:
è il momento delle famigerate note d'autore XD 
Solo per dirvi che questo capitolo è tutto fan-service per accompagnarvi bene verso la fine dell'anno <3
E anche perchè ritengo sia il momento giusto per ringraziare i miei recensori<3 <3 Voi siete la ragione per cui questa fic andrà avanti *_*
E grazie a coloro che mi seguono, siete veramente tantissimi :D E coloro che hanno preferito e ricordato la storia ovviamente U_U
May the Force be with you <3
Grazie a tutti *_*

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo VI - Darkness and Peace ***


CAPITOLO VI

Non ci era voluto molto perché i loro addestramenti venissero notati dai ribelli.
Rey, dal canto suo, quasi non se n’era accorta all’inizio.
Ben era un maestro paziente, nonostante lei non ascoltasse metà di cosa le diceva; come poteva, quando era davanti a lei, quando il loro legame cantava come mai prima d’ora, e quando quei momenti erano gli unici di pace che le rimanevano?
«Rey, concentrati.» La invitò lui, e lei si rese conto di star ansimando. Era stanca e la sua mente divagava.
Cercava di non darci peso, ma i ribelli continuavano ad essere sospettosi, i lealisti del Primo Ordine – perché loro erano i responsabili degli attacchi continui – continuavano a bombardare le basi ribelli e lei continuava ad avere incubi.
E puntualmente Ben l’aspettava sveglio nel letto.
Ormai non parlavano più quando lei arrivava, tremante e pallida, e lui si limitava a farle spazio sul materasso. Rey s’infilava sotto le coperte, girata su un fianco verso di lui, e osservava ogni dettaglio del suo viso finché il buio pietoso del sonno non l’accoglieva, e l’unica cosa che ricordava il mattino dopo era la sensazione della sua mano calda stretta attorno alla propria.
Ben parò il suo assalto senza fatica, e lei realizzò ciò che già sapeva e aveva sempre rifiutato.
«Ti stai trattenendo.» Esclamò abbassando la guardia, e lui inarcò un sopracciglio.
Rey sapeva di avere ragione.
Lui si era sempre trattenuto con lei, l’aveva sempre lasciata vincere e si era sempre gustato i loro scontri, i loro discorsi silenziosi.
Lo vide sorridere e sentì lo stomaco contrarsi in quella sensazione mista di dolore e piacere che quell’espressione le provocava sempre. Seppe di aver avuto ragione quando lui si strinse nelle spalle. «Forse.»
Rey ridacchiò tra sé e sé. «Non trattenerti allora.»
Lui esitò un attimo, i suoi occhi non si staccarono un attimo dal suo viso.
La stava studiando, stava pensando a cosa percepiva prima che lei bussasse ogni notte, all’oscurità che sentiva ribollire dentro di sé quando lei dormiva lontana da lui.
Prese la sua decisione e rialzò la spada laser, portando un piede indietro e facendole un cenno.
Non ebbero bisogno di parlare.
Il primo incontro delle spade produsse scintille, e il loro canto ricominciò.
Rey aveva perso il conto del tempo quando si trovò a terra con il laser ad un soffio dal mento e un vittorioso Ben Solo a guardarla dall’alto in basso.
Le venne da ridere.
L’aveva sempre lasciata vincere.
Accettò la mano che lui le porse e si rialzò con una breve risata che si smorzò quando, sbilanciandosi, si trovò decisamente più attaccata a Ben di quanto avrebbe voluto in pubblico.
«Rey…»
Fu solo un sussurro, solo per lei, per il suo cuore, un soffio che le spedì un brivido lungo la schiena.
Si staccò con un colpo di tosse, le guance in fiamme. «Dovremmo…dovremmo andare.»
Ben sorrise osservandola andare via mentre il sole sorgeva, ma la gioia di ciò che il loro legame gli inviava fu presto smorzata.
La notte precedente anche lui si era svegliato all’improvviso, non per un incubo, ma per la terrificante sensazione che gli aveva artigliato il cuore.
Rey che gli scivolava via tra le dita, nel buio.
 

 
Trovò il libro quasi per caso nella grande sala centrale del Falcon.
La vecchia nave gli faceva venire un magone in gola dal primo momento che l’aveva rivista.
Aveva perso il conto di tutte le volte in cui aveva visto il grande sportello chiudersi sulle spalle di suo padre, eppure, sotto quell’angoscia c’era un senso di pace che solo un posto del genere poteva portare.
Casa.
Il libro lo aspettava in mezzo ad una pila di altri, quasi dimenticato, ma fu il nome dell’autore che lo intrigò; o meglio, i nomi.
Leia e Luke Skywalker.
Fu per caso che Ben Solo, dopo una vita di bugie e inganni, scoprì la vera storia della sua famiglia.
Mentre sentiva Rey, in perlustrazione con Chewbecca da qualche parte, come una fiamma in fondo alla sua anima, lesse dell’ordine Jedi, dei Sith, e della lenta e consumante discesa del Prescelto al Lato Oscuro.
«Nonno…»
Anakin Skywalker, che aveva rifiutato il Lato Oscuro per amore del figlio.
Che aveva ucciso Palpatine a costo della vita.
Fu un puro riflesso.
Il blaster gli saltò nella mano, e l’attimo dopo la risata di Poe Dameron stava rompendo il silenzio del Millenium Falcon. «Dobbiamo smetterla di incontrarci così.»
Ben piegò le labbra in un sorriso mentre posava l’arma da fuoco.
Poe gli piaceva, ed era l’unico a parte Rey e Chewie che sembrava non avere problemi con il suo passato. «Prima o poi. Avevi bisogno di qualcosa?»
Il Generale annuì. «Due cose veramente.» Sembrava imbarazzato, ma si sedette sulla poltrona accanto a lui, e interpretò il suo silenzio come un invito a continuare.
«Primo, tua…madre…» Faceva ancora impressione dirlo, eppure era vero, il figlio di Leia era lì, e c’era qualcosa di lei in quegli occhi neri come la notte. «…Mi ha nominato Generale prima…Beh, io ho diviso questa carica con Finn, e Finn ti odia.»
«L’ho notato.»
«Quindi, alla luce di questo, vorrei che venissi in missione con me, domani.»
Quella si che era una notizia. Chiuse il libro che aveva ancora in grembo, studiando l’uomo che aveva davanti.
Rey gli aveva detto che Leia si fidava di lui senza riserve, e se sua madre aveva compiuto quella scelta sicuramente ne valeva la pena, quindi non indagò i motivi di quella richiesta e  annuì tranquillamente.
Poe batté le mani e si alzò. «Ottimo, è stato più facile di quello che pensavo.»
Ben lo osservò andarsene, divertito.
Quella notte, Rey venne da lui quasi in lacrime.
Era tornata dalla missione con Chewbecca poco prima, e lui la sentiva tremante come una foglia d’autunno. Non le chiese cosa ci fosse che non andava, non le chiese perché, e si limitò a farle posto come al solito.
A differenza delle altre volte Rey s’infilò sotto le coperte e gli si strinse addosso, nascondendo il viso sul suo petto. Ben sentì il cuore spezzarsi quando si rese conto che lei stava piangendo, cercando di strozzare i singhiozzi.
L’abbracciò con delicatezza. «Rey…Che ti succede?»
Lei scosse la testa, non volendo rispondere, ma il loro essere agì per lei, e Ben vide visioni di campi di cadaveri, tende che saltavano in aria e bambini che urlavano accanto ai cadaveri dei genitori.
Sospirò, il cuore pesante e la maglia impregnata di lacrime della ragazza che per lui significava tutto.
Quella notte non dormì.
Vegliò sulla donna che gli aveva rubato il cuore, e sfruttò la Diade per evitare che qualsiasi dolore la toccasse quando si addormentò esausta.
Quella notte, Rey riposò senza incubi e tormenti.
Per qualche ora dimenticò ciò che l’oscurità le aveva detto di cercare.

 
«Sei sicuro?» Gli chiese di nuovo, tesa.
Quella mattina si era svegliata respirando un profumo differente dal solito.
Si era svegliata riposata, avvolta da un calore che la faceva sentire completa.
Il sorriso di Ben era stata la prima cosa che aveva visto quando aveva riaperto gli occhi.
Proprio lui annuì in quel momento. «Poe dice che è solo una missione di ricognizione per alcuni pianeti, non dovremmo metterci molto.»
«Mmh.» Gli concesse lei, sentendosi nuovamente nervosa.
Poteva forse rivelare il suo segreto proprio a lui?
Lui, ignorando i presenti, le fece scivolare una mano sul collo e si abbassò a posare la fronte sulla sua. Rey deglutì a fatica, le mani appoggiate ai suoi fianchi, incapace di staccare lo sguardo dalle sue labbra.
«Rey.» Mormorò. «Andrà tutto bene.»
«Lo so.» Sorrise lei mentre le loro labbra si sfioravano senza toccarsi e Rey sentiva lo stomaco contrarsi brutalmente. Come avrebbe fatto senza di lui?
Lui, la sua ancora nel buio, la sua metà perfetta.
Separarsi fu come perdere un pezzo del proprio corpo ma, pensò Rey osservando il Falcon svanire nel cielo, forse così era meglio.
Forse così avrebbe avuto la forza di fare ciò che doveva per riportare la pace.


Note dell'autrice:
Capitolo un po' più lunghetto - spero non pesante - che non porta da nessuna parte XD
E ultimo aggiornamento prima di Capodanno, quindi...
BUON ANNO A TUTTI <3


Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo VII- The solution ***


CAPITOLO VII
 
Finn la raggiunse mentre riparava una nave danneggiata.
Era coricata per terra, con la schiena affondata nel fango e il cuore in subbuglio quando lo vide.
«Rey, possiamo parlare?»
«Certo.» Mormorò senza smettere di lavorare, perché in realtà in quelle settimane Finn era stato ai margini della sua vita. Il suo astio per Ben la rendeva nervosa e frustrata, però non poteva negare all’amico la conversazione che cercava.
L’ex assaltatore s’inginocchiò accanto a lei. «Tutta questa storia non ha senso. Poe in missione con Ben, tu che minacci i ribelli per lui…Rey, porca vacca, c’è gente che pensa tu sia il cattivo, qui.»
Si bloccò un attimo e guardò Finn di traverso. «Che pensino cosa vogliono. Io li proteggo, come ho sempre fatto.»
«Portando qui l’uomo che ha massacrato metà di loro?»
Fu un suono sibilante, all’inizio, qualcosa di pesante che veniva sollevato dal terreno.
«Ben non ha fatto niente. È stato costretto.»  Replicò cercando di mantenere un tono di voce più tranquillo possibile.
Ma Finn non ne voleva sapere di desistere. «Nessuno l’ha costretto a squartarmi la schiena, o ad uccidere suo padre.»
L’astronave si sollevò dal muso con uno stridio assordante, si ribaltò e poi crollò a terra in un botto e urla.
 Finn si trovò a calciare l’aria con i piedi e a pregare che l’aria riuscisse a raggiungergli i polmoni.
E a sperare che Rey lo lasciasse andare.
Rey, con la mano tesa verso di lui e la furia negli occhi. «Non osare parlare di ciò che non comprendi.»
«Rey…che stai…facendo…»
«Quello che tu non sei in grado di fare. Proteggo tutti, sempre, anche se non capirai il perché.»
Abbassò la mano e l’amico crollò a terra boccheggiando.
Rey non si voltò a guardarlo mentre sollevava l’astronave che il suo scoppio d’ira aveva ribaltato e vi montava sopra. La conversazione con Finn non aveva fatto altro che cementare la sua risoluzione; i ribelli non capivano, non avrebbero mai capito, ma lei doveva proteggerli comunque.
Se avesse dimostrato che potevano fidarsi di lei, se lei avesse messo fine agli attacchi e ai massacri, allora lei e Ben avrebbero finalmente trovato la pace che cercavano.
Il vecchio mezzo di trasporto fece qualche capriccio a partire, ma alla fine si trovò nel cielo scuro e impostò le coordinate.
Viaggiando impostò la radio, e la carrellata di notizie l’aiutò a mantenere la concentrazione.
Attacchi, esplosioni, soldati che non rispondevano a nessuno razziavano e uccidevano.
Sapeva il perché: non avevano più un padrone a cui rispondere, e lei sapeva come rimediare.
Il salto a velocità luce la portò vicino al pianeta, e lei vide l’immensità delle rovine che torreggiavano nell’acqua burrascosa sotto di lei.
Rey ricordava perfettamente chi l’attendeva nella sala del trono.
 

 
Non fu delusa.
Le grandi porte si aprirono per farla passare, e lei si trovò di nuovo nella stanza buia che aveva accolto il suo incubo.
La visione – se davvero era solo una visione – la stava aspettando. Era bella e bianca come una statua, e Rey deglutì, tesa.
«Avevi detto che non avrei dovuto avere paura di chi sono.»
Silenzio, solo il lieve ronzio della doppia lama rossa.
«Ho bisogno di fermare tutto questo. Ho bisogno di più…»
«Potere.» Sussurrò l’altra, dividendo la lama nella grande lancia con cui l’aveva quasi sconfitta una volta. «Vieni a prenderlo.»
E attaccò.
Rey fu colta di sorpresa, ma riuscì ad bloccare il colpo usando la Forza e a respingere momentaneamente la sua avversaria; era disarmata, non se l’era sentita di portare la spada laser di Luke, o Leia, in quel posto a fare ciò che pensava.
L’altra attaccò di nuovo, e lei ebbe il tempo di osservare la giuntura che univa le due lame.
Le bloccò il braccio e sferrò una ginocchiata per farle allentare la presa, e in quel modo riuscì a sfilare una lama dalla giuntura.
Era solida e reale nella sua mano, bramava movimento e potere.
Rey osservò la sua avversaria.
L’altra sé stessa sorrise, una crudele piega delle labbra. «Brava.»
«C’è qualcosa qui, qualcosa che mi chiama.»
Non ebbe una risposta, perché la sua versione oscura attaccò di nuovo.
Era paziente, precisa e feroce negli attacchi, e una parte di lei non poté fare a meno di ammirarla.
Ripresero il loro scontro, e ben presto Rey si trovò con la schiena contro la parete, ma una parte di lei sapeva di non poter perdere: era lì per una ragione precisa, aveva tormentato Ben con i suoi incubi, gli aveva nascosto che cosa riguardavano, tutto per porre fine a quel clima di odio e sospetto che si era creato dal loro arrivo.
Fermò l’attacco con la Forza e trapassò la sua avversario da parte a parte.
L’altra sorrise. «Ciò che cerchi è nell’acqua. È stato buttato via, rifiutato. Tu sai cosa devi fare.»
E poi svanì in una nuvola di fumo, lasciando Rey sola e ansimante, con le sue parole che rimbombavano nella mente.
Aveva capito finalmente.
Volevo prendere la tua mano. La mano di Ben.
Ecco dov’era morto Kylo Ren, ecco perché lui era arrivato disarmato in suo soccorso.
Scosse la testa mentre usciva: lo faceva anche per lui.
Quando arrivò sul bordo del relitto era ancora più stanca, ma ancora più determinata.
Avrebbe portato la pace, e Ben sarebbe stato al suo fianco.
Distese la mano verso l’acqua e, come nei suoi incubi, sentì l’acqua ribollire risuonando con la Forza.
Là sotto c’era ciò che l’avrebbe aiutata.
Inspirò a fondo, lentamente, sentendo le energie prosciugarsi, eppure non demorse.
Non seppe mai quanto tempo fosse passato quando la sua mano si chiuse intorno all’elsa dell’arma.
Il laser rosso contrastò brutalmente con tutto l’ambiente.
Era un’arma potente, indomabile, e Rey percepiva il pianto del cristallo scheggiato al suo interno.
Era un’arma che voleva equilibrio.
Tornò verso la nave ignara che, a mondi di distanza, Ben Solo aveva sentito la sua mano chiudersi sull’elsa, e l’oscurità cantare la venuta del proprio nuovo campione.

 
 
 
NOTE DELL’AUTRICE:
Buon anno! <3
Spero abbiate trascorso un felice capodanno, ed eccomi qui con un capitolo cortino ma essenziale ^_^’’
A presto!


Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo VIII - You've got your demons ***


CAPITOLO VIII
 
«Rey, che cosa hai fatto?»
«Ben!» Fu quasi un urlo, perché non si aspettava di vederlo comparire accanto alla nave mentre stava ripartendo.
Le fece male vederlo; le mancava, le mancavano i loro contatti casuali durante l’allenamento, i loro sguardi che si cercavano e s’incrociavano durante le giornate, e la sensazione di addormentarsi accanto a lui, sapendo di essere al sicuro.
Irrigidì la mascella.
Non era al sicuro, nemmeno con lui, e non lo sarebbe stata finché non fosse giunta la pace.
«Quello che dovevo.» Lo liquidò, incapace di andarsene, di muoversi, di troncare quella conversazione.
«Recuperare la mia spada laser non serve.» Fece notare lui, ma lei stava scuotendo la testa ancora prima che finisse di parlare. «Questa è solo uno strumento.»
«Per cosa?»
Deglutì a fatica, perdendosi in quello sguardo nero come la notte.
Rivoleva il suo sorriso, voleva rifugiarsi tra le sue braccia, rivoleva la sensazione delle sue labbra sulle proprie. E non poteva avere ancora nulla di tutto questo.
«Ben…è l’unico modo. Non c’è un grande cattivo da sconfiggere, qui. Ce ne sono tanti che stanno distruggendo quello per cui abbiamo lottato.»
Vide il lampo di comprensione nei suoi occhi. «Rey…»
Avanzò di un passo verso di lei, ma il dolore deformò il suo viso, e solo in quel momento la donna si rese conto di un dettaglio che le fece venire i brividi.
«Sei ferito.»
Era sangue, quello che scuriva gli abiti di Ben, sangue che gli scivolava copiosamente dalla spalla fino al fianco. L’uomo la guardò, gli occhi offuscati dal dolore fisico. «Mi sono…distratto.»
Fece male.
Fece male perché lei sapeva cosa voleva dire, sapeva di essere la colpa di quella ferita, che Ben aveva sentito ogni singolo mutamento dentro di lei, aveva percepito ogni sua azione ed era stato ferito quando lei aveva preso la sua decisione.
«Tornate a casa. Verrò.»
Non gli diede il tempo di rispondere e troncò la conversazione con il cuore in gola.
Doveva andare, aiutare Ben a guarire dalla ferita e portare a termine il proprio compito.
Diventare colei che il suo sangue richiedeva che fosse.
 

 
Inspirò profondamente, sentendosi come se avesse trattenuto il fiato troppo a lungo.
C’era una sfumatura oscura, in Rey, una determinazione brutale che quasi lo spaventava.
«Ben!» La voce di Poe anticipò di poco il suo proprietario quando entrò nella stanza. «Allora?»
Gli domandò, perché gli aveva spiegato a grandi linee cos’era successo, che aveva bisogno di contattare Rey.
In quel momento non riuscì a rispondergli.
Vedere la sua spada, la spada che aveva creato dalla rabbia e dal dolore, al fianco della donna l’aveva scosso più di cosa si era aspettato.
Ma lei gli aveva detto di tornare a casa, che sarebbe venuta…
Facendo leva sullo schienale si alzò, un braccio abbandonato lungo il fianco.
Aveva visto Rey stringere la mano sull’elsa, circondata dalle acque e dalla tempesta, aveva sentito il suo cuore cementarsi in una decisione di cui aveva percepito l’immenso, oscuro peso.
E non aveva visto il proiettile che gli aveva attraversato una spalla, squarciando la pelle senza problemi.
«Dobbiamo…dobbiamo tornare indietro.» Riuscì a mormorare.
La sentiva lontana, troppo lontana, gli sembrava di avere metà del corpo addormentata.
Metà del cuore sanguinante.
Riuscì a mettersi ai comandi del Falcon, e fu lieto di notare che Poe l’aveva seguito senza domande.
«Dovresti permettermi di dare un’occhiata a quelle ferite.» Gli fece solo notare con aria pacata mentre azionavano i comandi.
Ben piegò le labbra nell’ombra di un sorriso. Poe gli piaceva.
«Non c’è tempo.»
Decollarono a velocità luce, e subito dopo il pilota della Resistenza notò qualcosa.
«Stai forzando la velocità luce?!»
«Esatto.»
«Non puoi forzare il Falcon! Non reggere…»
Ben lo interruppe effettuando un secondo salto. «Devi solo sapere come fare.»
Ed effettivamente, non poté fare a meno di notare Poe quando atterrarono ai lati dell’accampamento ribelle, sul Falcon non c’era nemmeno una scintilla.
Ben non attese che gli facesse i complimenti.
Si alzò con un grugnito dolorante e uscì dalla nave.
Era lì, la sentiva, e la percepì come una scossa in tutto il corpo appena i suoi piedi toccarono terra.
Era sudata ed esausta come se avesse corso, ma aveva l’aria determinata.
Come quando avevano lottato per la spada laser di Luke.
Fu quasi barcollando che la raggiunse e appena lo fece gli cedettero le gambe.
Lei lo sostenne, evitandogli di rovinare a terra e accompagnandolo in ginocchio.
Era davanti a lui e, anche se la perdita di sangue gli aveva ormai annebbiato la vista, vederla di nuovo di persona fu un balsamo.
Gli mancava.
Gli mancavano i suoi sforzi durante gli allenamenti, come sorrideva soddisfatta quando qualcosa le riusciva, gli mancava vederla al mattino sotto il sole nascente che gli dedicava quel sorriso tutto particolare, e gli mancava averla accanto ogni notte, vulnerabile e interamente sua.
«Rey…Non farlo.»
«Shhh…va tutto bene.» Lo ignorò lei mentre gli posava una mano sulla ferita.
Bruciava, bruciava come fuoco, e mai come ciò che sentiva nell’anima.
Fu questione di pochi attimi, e di quell’esperienza rimase solo l’odore del sangue che gli aveva impregnato i vestiti.
Eppure, prima di svenire sentì ancora la sua voce.
«Vieni a cercarmi Ben. Ti prego.»
 

 
Si era svegliato due giorni dopo, ma ciò che non si aspettava furono i suoni della festa che echeggiava fuori dal Millenium Falcon.
La sua ferita era guarita completamente e, recandosi all’esterno, scoprì il perché di quei festeggiamenti: tutti gli attacchi, in ogni angolo della galassia, erano cessati quel pomeriggio.
«Rey.»
Fu una doccia fredda.
Si voltò di scatto e fu faccia a faccia con il proprio passato.
Erano anni che non la vedeva, aveva sentito la sua voce un’ultima volta, nel momento decisivo.
«Mamma.» Fu un sospiro appena udibile, ma il fantasma di Leia gli sorrise, e quel sorriso sembrò illuminare tutta la sera.
Gli tese una mano. «Ben. Bambino mio, sono così felice di vederti.»
Con esitazione e nostalgia Ben afferrò la mano che gli veniva porta. Sembrava così reale…
«Rey ha bisogno di te, Ben. Come tu avevi bisogno di lei.»
«Perché l’ha fatto?»
«Perché pensa che sia l’unico modo. Perché è il desiderio nascosto del suo sangue, e perché la Diade deve equilibrarsi prima di trionfare.»
L’ascoltò in silenzio, osservando il suo viso.
L’aveva sentita morire, e una parte di lui era morta con lei. Eppure era lì, finalmente, e Ben annuì.
«So cosa devo fare.»
«Bene.» Leia gli si avvicinò, alzandosi in punta di piedi, e lui sentì gli occhi bruciare di lacrime.
Sua madre non aveva mai visto il momento in cui era diventato più alto di lei.
Eppure, quando lei gli posò un delicato bacio sulla fronte gli sembrò di essere tornato bambino.
«Fai attenzione figlio mio. Ti voglio bene.»
Da quanto non sentiva quel magone in gola?
«Anch’io.» Sussurrò, ma stava parlando al vuoto.
Fu con le spade dei gemelli al fianco che partì poco dopo, quasi non visto ad eccezione di Poe, Chewbecca e Finn, che guardarono il Falcon sparire nel cielo, impotenti.
Ricordava la strada a memoria.
L’aveva compiuta una volta con il Puntatore Sith a fargli da guida, e una seconda volta guidato solo dal desiderio di salvare lei.
Exegol era oscuro e tempestoso come lo ricordava, e fu con il cuore pesante che percorse la strada per entrare nella grande struttura tagliata dai lampi che ferivano il cielo.
La discesa gli sembrò eterna, ma sapeva di essere nel posto giusto.
Ne ebbe la conferma quando il bagliore della spada rossa s’insinuò in quell’atmosfera grigia.
Avanzò con cautela, guardando gli spalti rovinati dalle macerie, le rade figure che vi sostavano in attesa.
Tutto, pur di non guardare davanti.
Eppure lei lo attirava come una calamita.
«Sei venuto.»
Cedette.
Cedette perché voleva sapere e ne aveva paura, cedette perché doveva.
E là, sul trono mezzo distrutto dei Sith, c’era lei.
Bella e bianca come una statua, il viso illuminato dal laser rosso, l’Imperatrice Palpatine lo stava aspettando.


Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo IX - And they all look like me ***


CAPITOLO IX
 
«Sei venuto.»
Sorrise, e Ben rabbrividì.
Era bellissima e terrificante, e lui sentiva l’oscurità della Diade ribollire e gonfiarsi dentro sé stesso.
Era così che si era sentita lei?
«Rey…Che cosa hai fatto?» Le chiese in un sussurro, sentendo il cuore in gola.
Impugnava la sua spada a croce, il cui riflesso rosso donava un’aria innaturale ad un viso che non sembrava nemmeno il suo, semi coperto dal cappuccio nero.
«Ho portato la pace. Ho creato un capo a cui rispondere, un capo che detta legge.» Gli rispose pacatamente, e lui sapeva cosa stava per succedere, e la parte di lui che era stata Kylo Ren si risvegliò nel profondo della sua anima, stiracchiandosi come una bestia in gabbia.
E Rey si alzò, una statua vicina e irraggiungibile, bella come un sogno e oscura come un incubo, la mano tesa verso di lui.
«Unisciti a me, Ben.»
Lo voleva.
Voleva dire di sì, prendere il proprio posto accanto a lei ed essere libero dal sospetto, dal risentimento e dalla rabbia.
Inspirò a fondo, sentendo il Lato Oscuro della Forza come un sapore acido in gola.
Exegol ne era intriso, sentiva il buio cantare come una sirena cercando di sedurlo di nuovo.
Rey – era davvero lei? – era immobile, in attesa. «Perché sei venuto, altrimenti?»
Non seppe rispondersi.
Lei gli aveva detto di cercarla, lui era andato.
Nonostante lei gli avesse chiuso ciò che era loro, gli aveva nascosto i suoi pensieri e le sue decisioni. Cercò di soffocare la rabbia che gli esplose nel petto.
Erano due, e uno, e lei aveva agito da sola.
Ma la rabbia era il seme del lato oscuro, e lui cercò di calmarsi.
«Questo è ciò che hai sempre voluto. Che mi unissi al Lato Oscuro, o sbaglio?»
«No.» Scosse la testa. «Io volevo che tu fossi al mio fianco, non m’importa della Forza.»
La donna si accigliò, e lui vide i fulmini piegarsi nel cielo seguendo il suo umore. «Non sei venuto qui per unirti a me…» Mormorò, e lui faticò a riconoscere la sua voce; questa voce era fredda, decisa.
Voleva dire di sì, una parte di lui lo voleva davvero. Insieme, imbattibili, liberi.
Non farlo, Ben. Non prendere questa strada ti prego.
La voce di Rey, la sua Rey, gli risuonò in testa.
Ricordò di come l’avesse tentata nella sala del trono, ricordò le sue lacrime.
Ricordò di come lei l’avesse pregato in silenzio mentre si contendeva la spada laser nella sala che bruciava.
Lei non si era arresa, ricordò, lei aveva seguito ciò che riteneva giusto, che era giusto.
Scosse di nuovo la testa ed estrasse la spada laser di Luke. «No.»
Lì sentì muoversi ancora prima di vederli, e i Sith Trooper lo circondarono senza un suono.
Il fatto che Rey glieli avesse scatenati contro fece più male di qualsiasi ferita fisica.
Non staccò gli occhi da lei.
«Mi dispiace Ben. Ma volente o nolente, ti convertirai. E ti unirai a me.»
Si sedette di nuovo, la spada rossa abbandonata lungo il fianco, e chiuse gli occhi.
Appena compì quel gesto gli assaltatori attaccarono.
Non era difficile respingerli, nonostante sembrassero un numero infinito, ma Ben era distratto.
Lei lo attirava come una calamita, e si sentiva più debole del solito.
Comprese perché quando la lama gli aprì una coscia tagliandogli il supporto.
Rey si era chiusa a lui, a loro.
Crollò a terra ansimando: ecco perché faceva fatica a combattere, perché respirare sembrava così difficile, perché metà di lui era stata soffocata. Sentiva le ferite bruciare come fuoco, la stanchezza di quel combattimento farsi strada nei muscoli.
Vide gli assaltatori chiudersi intorno a lui, e si chiese cosa avrebbe sentito Rey se fosse morto in quel momento.
Ma il colpo non arrivò mai.
«Beh, che stai facendo?»
Alzò lo sguardo e incrociò gli occhi di un giovane uomo con una cicatrice sottile sul sopracciglio destro. Stava sorridendo, ma sembrava più un ghigno sarcastico.
Sembrava sicuro di sé come poche persone sanno essere, quasi arrogante, eppure Ben ne fu incuriosito. Era un Fantasma della Forza, ma perché era lì?
L’apparizione piegò la testa di lato mentre il ghigno svaniva.
Si spostò di lato, e lui vide Rey, che ora lo guardava, Rey che sembrava così lontana e irraggiungibile.
Guardò di nuovo il fantasma, che ora gli stava tendendo una mano.
«Pensavo volessi finire ciò che io ho iniziato.»
Quella frase gli si schiantò nella mente come una rivelazione. L’aveva pronunciata solo una volta, da solo, davanti all’elmo di…
«Nonno?»
Afferrò la mano che gli veniva porta e si rialzò, osservando il fantasma di Anakin Skywalker sogghignare di nuovo mentre si chinava a raccogliere la spada laser che era caduta a terra.
Ben afferrò la spada laser di Leia e, insieme, le accesero.
Era pronto.
«È un piacere conoscerti, nipote.»
 

 
Scosse la testa, cercando di schiarirsi la vista.
Restava solo lei, e lui faceva fatica a respirare. L’elsa della spada di sua madre si stava facendo scivolosa di sangue e sudore, e intorno a lui – a loro – un tappeto di cadaveri.
Sentì una mano posarsi sulla spalla. «Ricorda nipote. La Diade deve equilibrarsi prima di poter trionfare.»
La voce di suo nonno.
Ben era rimasto sorpreso ed estasiato di vedere un Fantasma della Forza interagire con quella concretezza con il mondo umano eppure vedere Anakin combattere con lui era qualcosa che sapeva non avrebbe mai dimenticato. Il Prescelto era rapido e letale e, arrogante nel suo non poter essere ferito, combatteva come un leone, e Ben ne aveva ammirato la tecnica.
«Riporta l’Equilibrio ancora una volta. Sai cosa devi fare.»
Sentì il suono dell’elsa che cadeva, e seppe di essere solo, ma nuova energia lo invase, e la maggior parte delle sue ferite smisero di farsi sentire.
La Forza, nella sua luce immensa, si era trasmessa dentro di lui attraverso il fantasma del campione che lei stessa aveva creato.
«Non hai cambiato idea a quanto pare.»
Mormorò Rey alzandosi dal suo trono, scendendo gli scalini con un’eleganza da predatrice che non le apparteneva.
Rey era impulsiva, feroce e focosa come fuoco quando attaccava, non era così distaccata.
Ancora una volta attaccò per prima, e ben presto si trovò costretto sulla difensiva.
Lei alimentava la propria decisione abbeverandosi dall’oscurità del pianeta, lui faceva fatica anche solo a respingere i suoi attacchi.
Gli faceva male, non fisicamente, gli graffiava l’anima vederla così.
Sapeva cosa doveva fare.
Avrebbe avuto la forza di farlo?
La gamba ferita gli cedette sotto l’ennesimo attacco, e lui si trovò in ginocchio davanti a lei.
«Ultima occasione.» Decretò Rey osservandolo dall’alto in basso, algida, crudele, lontana.
Ben sentì gli occhi bruciargli di lacrime. «D’accordo.» Mormorò, e vide la trasformazione nella sua avversaria.
Il suo viso si rilassò, soddisfatto di aver raggiunto il proprio scopo, e lei gli sorrise mentre tendeva nuovamente la mano. Era bellissima, e lui radunò la forza che gli serviva.
Afferrò il supporto che gli veniva offerto, e lei lo aiutò a rimettersi in piedi.
Lasciò cadere la spada e gli posò entrambe le mani sul volto, sorridendo.
Era felice, e gli sciolse il cuore vederla così.
Erano soli finalmente, e per un istante pensò di cedere.
Le fece scivolare una mano sul collo. «Rey…la mia Rey…»
Fu un bacio cauto, gentile, anche se avrebbe voluto divorarla.
Era come fuoco, e lui cercò di non perdere la lucidità.
Doveva salvarla.
Gli erano mancate le sue labbra, averla vicina senza remore né costrizioni.
Distese la mano libera verso il terreno.
«Rey, mi dispiace.»
Mentre la prima lacrime gli rigava il volto la lama rossa la trapassò da parte a parte.


Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo X - This is what is like when we collide ***


CAPITOLO X
 
Il tempo sembrò fermarsi.
La tempesta intorno al pianeta esplose in una pioggia brutale, violenta e disperata, della quale arrivarono solo poche gocce gelate nella sala del trono.
Ma il vero freddo che Ben sentiva non veniva dalla pioggia, ma dal suo cuore.
Fu con mani tremanti che disattivò la spada laser e la lasciò cadere con un suono metallico che gli squassò la testa.
Rey sembrava una statua accanto a lui.
A rallentatore, abbassò lo sguardo sulla sua ferita e poi lo rialzò su di lui.
Ben la sostenne quando le cedettero le gambe e gli crollò tra le braccia, gli occhi sgranati.
Curiosa, sorpresa, ferita.
Avrebbe voluto dirle che gli dispiaceva, che era l’unico modo, che lei aveva esagerato.
Eppure non le disse nulla.
Non riusciva a parlare, là in ginocchio nella desolazione ancora una volta.
Ancora una volta sanguinante con lei tra le braccia.
Ancora una volta a sentirla scivolare via dalla sua anima, strappando via il suo cuore.
Aveva fatto la cosa giusta?
«Ben,io…» Incrociò i suoi occhi e si sentì morire.
Aveva ancora la mano sulla sua guancia, e le loro dita s’intrecciarono.
Era così fredda…
Incrociò lo sguardo, incapace di parlare, respirando a malapena, e ricevette l’ennesima ferita.
Ricordò la rabbia e la paura nel suo sguardo, nella foresta.
Ricordò come quegli occhi scuri si fossero ammorbiditi nel tempo, come lei si fosse fatta strada nel suo cuore.
Ricordò com’era stata fragile e vulnerabile mentre piangeva nel capanno.
E ricordò come il suo viso si fosse illuminato meno di un mese prima, quando aveva riaperto gli occhi e l’aveva visto accanto a lei.
Erano quegli occhi che lo guardavano ora, quelli della Rey che lo dichiarava suo nemico giurato e si fidava senza remore delle sue parole, che lo cercava senza volerlo e lo voleva senza cercarlo.
Aveva fatto la cosa giusta?
Sentiva le lacrime bruciargli le guance, e per la prima volta in vita sua non le trattenne.
Non poteva, non quando il dolore minacciava di soffocarlo, quando si sentiva sempre più perso, sempre più freddo, quando lei era sempre più lontana.
La sua metà perfetta se ne stava andando, e faceva dannatamente male, ed era tutta dannatamente colpa sua.
«Io ti…»
Sussurrava a fatica ora, pallida come se fosse già morta.
Vide il suo sforzo mentre provava a parlare, ma non riuscì mai a completare la frase.
Fredda, inerme e senza vita, la sua mano scivolò via dalla sua presa.
Si chinò su di lei, sfiorandole la fronte con un bacio delicato.
Incapace di ragionare, di muoversi, quasi incapace di respirare sull’eco di quelle parole, di quella frase incompleta.
«Lo so.»
Rispose Ben al vuoto della morte.
 

 
Il freddo gli aveva invaso il corpo, e lui non seppe mai quanto tempo fosse passato quando qualcosa si mosse su quel pianeta devastato.
Fu un fruscio all’inizio, qualcosa che gli sussurrava intorno come vento, ma lui lo ignorò.
Non aveva la forza di muoversi, ed era ormai sicuro di averla uccisa per niente.
Che senso aveva avuto tutto quel tempo a rincorrerla, a cercare di non farle del male, di tenerla al sicuro, se lui stesso aveva segnato la sua fine?
«Ben.»
«Figlio mio.»
«Ragazzo.»
Le voci si fecero concrete ora, e lui si costrinse a staccare lo sguardo da Rey – non era Rey, era un corpo vuoto, inutile – e ad alzarlo verso coloro che avevano parlato.
Sua madre, suo nonno, e suo zio lo stavano osservando.
Li guardò uno per uno, notò le lente lacrime che scorrevano sul volto di sua madre.
Adagiò delicatamente la donna – il cadavere – a terra e si alzò barcollando.
Le ferite del combattimento precedente bruciavano come l’inferno, e il buco nero che gli si era aperto nel cuore minacciava di annullare tutto.
«Hai fatto la cosa giusta ragazzo.» Esordì Luke e finalmente – quanto tempo aveva passato lì? – Ben sentì risvegliarsi qualcosa.
Un guizzo, un’ombra della rabbia che si era accesa nel rendersi conto che lei aveva rifiutato il loro legame.
Il dolore che aveva provato quando il laser l’aveva trafitta graffiò quella parte di lui che era oscura e rancorosa. Sentì Kylo Ren sussurrargli nella mente, e ne accolse la forza.
«Tu non osare parlarmi di cosa è giusto.» Gli sibilò contro, ma Leia intervenne a frapporsi fra loro.
«Placa il tuo dolore figlio mio.»
Ben osservò sua madre, ma le sue parole non servirono.
«Tu prima di tutti mi hai messo nella mente di…» Gli morì la voce. «Questo!» Tese una mano all’indietro, incapace di guardare.
Faceva male. Faceva male sapere di essere la causa, faceva male il loro essere Diade, la sensazione di essere morto – di nuovo – con lei.
Sentì l’elsa di una spada saltargli nella mano e non si fermò nemmeno a guardare quale fosse.
L’attivò e attaccò, incapace di pensare, incapace di fare qualcosa che non fosse cercare uno sfogo per quella sofferenza.
Una lama azzurra intercettò il suo attacco, e lui si trovò a guardare nuovamente il ghigno arrogante d suo nonno. «Che pensi di fare, Ben?» Gli domandò sogghignando, ma Ben Solo non rispose.
Voleva muoversi, voleva la rabbia, voleva annullare quel buco nel cuore con il dolore fisico.
Respinse il Fantasma e attaccò di nuovo, ancora e ancora.
Leia e Luke si mossero, ma lui li ignorò.
Ancora, e ancora, e ancora, affondi, finte, attacchi brutali.
Ma ad ogni suo movimento, Anakin Skywalker rispondeva con una tecnica pulita, precisa e fluida come acqua. Era nato per impugnare una spada laser, e quando usò la Forza per respingerlo lontano lo fece con appena un gesto delle dita.
Ben ruzzolò per terra e quando si fermò lo fece davanti agli occhi spalancati del corpo che aveva adagiato al suolo.
Fu peggio di qualsiasi ferita.
Drenò qualsiasi furia, qualsiasi altra cosa che non fosse vuoto.
Si mise in ginocchio, lasciando scivolare via l’arma – che si era rivelata essere la sua spada a croce rossa – e cercò di inspirare a fondo.
Era ferito, ancora più stanco dopo il suo scontro con il Prescelto e incapace di prendere qualsiasi decisione.
Sentì i fruscii dei passi dei Fantasmi, e sollevò di nuovo lo sguardo.
«Hai fatto la cosa giusta, ragazzo.» Ripeté Luke. «A differenza mia. Complimenti, Ben.»
«Figlio mio. La Diade ora è equilibrata.»
Ben osservò Anakin inginocchiarsi dall’altro lato del corpo.
Suo nonno ora non sorrideva, e lui ne incrociò lo sguardo intenso come la tempesta fuori.
C’era dolore, in quegli occhi, lo stesso che lui sentiva urlare nel suo cuore, minacciando di disintegrare la sua mente.
Anakin posò la mano sulla fronte del cadavere. «Non ho salvato mia moglie.» Mormorò con una voce frammentata dal rimpianto. «Ma c’è una cosa che posso fare per te, nipote.»
Fu un mormorio.
Un sussurro negli angoli dell’universo che componeva la Diade, un tentacolo delle azioni che avevano portato alla nascita del Prescelto. Il trono semi distrutto dei Sith risuonò a quel richiamo.
L’intera fortezza sembrò tremare mentre Anakin chiamava la Forza.
Durò un istante e un’eternità, in cui il cielo si schiarì lasciando brillare un sole degno dell’estate.
Per la seconda volta in meno di un mese, Ben osservò il petto di Rey tornare ad alzarsi e abbassarsi, e mentre il colorito tornava sulla sua pelle, i frammenti nel quale la sua metà si era distrutta si rimisero insieme.
«Grazie nonno.»
Sotto un nuovo, rinnovato sole e con la Forza che cantava attorno a lui, il Prescelto sorrise verso di lui.
Un sorriso genuino, quasi dolce.
«È un piacere, nipote.»
E gli occhi di Rey si spalancarono.


Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Comunicazione dell'autore ***


Buonasera a tutti, prima di tutto voglio chiedervi immensamete scusa ç_ç Il nuovo capitolo è , come avrete capito, in ritardo, perchè tra varie disgrazie, tra cui un infezione post ricostruzione unghie, e la mancanza di ispirazione per scrivere un capitolo che soddisfi me e voi, sono estremamante in ritardo con gli aggiornaemnti ç_ç farò del mio meglio per resuscitare quanto prima xD 
Grazie a tutti, e ancora scuse <3

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capitolo XI- This is how you bring me back to life ***


CAPITOLO XI

 


Era buio intorno a lei, e il silenzio era così totale da essere soffocante.

Guardandosi intorno vide solo il nulla, eppure sapeva di non essere sola.

Avanzò in quell’immensa oscurità, e all’improvviso si rese conto di un dettaglio.

Non riusciva a sentire nemmeno il proprio respiro.

Il brivido le scivolò lungo la schiena mentre il buio si apriva intorno ad una figura che lei conosceva bene.

«Ben?»

Era lui, ne era sicura, eppure allo stesso tempo il dubbio le sussurrava nella mente.

Il mantello che portava s’increspava nel buio attorno a lui, ma lei si trovò a sentire la mancanza di quell’oscurità totale quando la luce rossa ne squarciò il velo.

«Ben, che stai facendo?» Le tremava la voce mentre lui avanzava.

Inesorabile, sicuro, feroce.

Quello non era Ben Solo.

«Rey…La mia Rey.»

Era una voce fredda, apatica, lontana.

La voce di Kylo Ren.

La spada rossa la trafisse da parte a parte, e il sole squarciò il buio mentre lei riapriva gli occhi.

 

 

Fu come tornare a respirare dopo una lunga, terribile apnea.

Gli occhi di Rey si aprirono, e lui si trascinò vicino a lei trepidante.

I loro sguardi si incrociarono e per un breve, eterno attimo vide la sua confusione, la gioia nel vederlo, e qualcos’altro, l’eco di quella frase che lei non aveva completato.

E poi tutto svanì in un istante, la sua mano corse a quella ferita ormai inesistente nel suo corpo e lei gattonò all’indietro.

«Non toccarmi.» Gli ordinò quando lui allungò una mano, e Ben comprese.

«Rey, ascoltami. Guarda dove siamo, dimmi cosa ti ricordi.» Mormorò con voce paziente, mentre una parte di lui registrava che i Fantasmi erano ancora lì, ma Rey sembrava non vederli.

Alle sue parole la giovane donna esitò un attimo, guardandosi intorno.

Fece scorrere lo sguardo sul pavimento rovinato, sui corpi in armatura rossa che si stavano decomponendo e su quelli il cui sangue era ancora caldo.

Osservò i grandi spalti, le figure che sussurravano nel buio.

Si tirò in piedi, impacciata, e Ben dovette sforzarsi di non toccarla.

Era lì, era di nuovo viva, respirava.

«Tu mi hai ucciso.» Lo accusò, e sull’eco delle sue parole la spada rossa le scivolò in mano.

Era più lontana di quanto non fosse mai stata.

Ben sentì il brivido freddo della paura scivolargli lungo la schiena.

L’aveva forse persa per sempre?

Guardò il fantasma di suo zio con la coda dell’occhio, e comprese.

Rey non li vedeva, perché il Lato Oscuro non era collegato alla Forza in quel modo, e in quel momento lei era ancora legata ad esso.

Si alzò in piedi, le mani alzate a mostrare che non aveva intenzione di attaccarla.

Era esausto, e il sollievo di vederla nuovamente sana e salva stava drenando le poche forze che gli restavano.

«Ho dovuto. Guardati.» Le sussurrò, sentendosi come se stesse cercando di ammansire un animale selvaggio.

E spaventato, si ricordò notando come Rey stava chiusa sé stessa, gli occhi che vagavano da lui ad una possibile via di fuga, la mano stretta sull’elsa della spada.

Nonostante questo lei lo assecondò, abbassando lo sguardo sui propri abiti, e lui vide la confusione farsi strada nei suoi occhi.

Occhi che non erano del loro solito colore simile al cioccolato, ma erano di un profondo rosso scuro.

«Cosa…che cosa ho fatto?»

Ben deglutì a fatica, sentendo il groppo in gola minacciare di soffocarlo.

E poi raccontò.

Raccontò delle notti insonni, di come la preoccupazione e la rabbia l’avessero consumata, e di come lei avesse ribaltato i loro ruoli, domandandogli di unirsi a lui ma rifiutando il loro legame al tempo stesso.

«Dobbiamo andare, Rey. Questo posto non è sicuro per te, ora che loro non sanno più se fidarsi o no.» Le spiegò, accennando alle figure sugli spalti che si stavano muovendo in sussurri.

Ma lei era acciaio e determinazione, e la sua spiegazione non l’aveva convinta, non del tutto, né aveva superato la sensazione di tradimento che il suo gesto le aveva fatto scoppiare nel cuore.

«Io mi fidavo di te.» Sussurrò lei con la voce rotta, e fece più male di qualsiasi ferita fisica.

Non riuscì a reagire in tempo, e l’onda d’urto della Forza lo mandò a ruzzolare lungo il pavimento macchiato di sangue e gli mozzò il fiato.

Quando sollevò lo sguardo Rey stava fissando il trono semi distrutto dei Sith.

«Lei non ricorda.» Sussurrò Leia al suo fianco. «Non ricorda di essere passata al Lato Oscuro, Ben.»

Spostò lo sguardo su sua madre, e vide il dolore nei suoi occhi, e comprese l’affetto che lei provava per la ragazza, e la sofferenza per la loro situazione.

Fu Luke a tendergli la mano, e per un attimo il loro passato fluttuò nell’aria, separandoli ancora una volta.

Alla fine Ben cedette.

Afferrò la mano del fantasma e lasciò che lo aiutasse ad alzarsi.

«Rey!» La chiamò a voce alta, zoppicando verso di lei, sentendo l’immensa fatica degli scontri precedenti piegargli le spalle.

Ma non poteva arrendersi, non ancora, non ora.

Lei stava salendo i gradini del trono, eppure fu istintivo voltarsi al suono della sua voce.

Fu un secondo.

Un attimo fuggente di esitazione, e Ben agì.

Alzò una mano verso di lei, usando la Forza per farle perdere conoscenza, e la sollevò tra le braccia prima che toccasse terra.

Richiamò le tre spade laser, e si prese un attimo per osservare l’elsa nera della sua lama a croce.

Era stata il simbolo del suo dolore, della sua rabbia e del suo rifiuto prima, e poi era stata l’ancora di Rey verso il Lato Oscuro.

Aveva senso portarla con sé?

«Ha senso.» Mormorò Luke dietro di lui. «Il cristallo guarirà, Ben, perché questo è il destino di quella spada.»

«Cercaci, figlio mio. Quando tutto questo sarà finito, cercaci.»

Si voltò a guardare suo nonno, che dopo aver riportato in vita Rey era rimasto in silenzio.

L’uomo nato per pura volontà della Forza, corrotto dal Lato Oscuro e morto nella Luce.

Di sicuro, si promise, quella non sarebbe stata l’ultima volta in cui l’avrebbe visto.

Con uno sforzo immane si mise in cammino, lasciando una scia di sangue sui propri passi.

Ancora una volta, il tragitto del ritorno sembrò interminabile.

 

Vedere il Millenium Falcon ad attenderli fu un’ondata di sollievo che Ben non si sarebbe mai aspettato di ricevere da quella nave.

Gli ultimi metri furono una fatica immane.

Gli si annebbiava la vista, i piedi non ne volevano sapere di alzarsi dal terreno e Rey, svenuta tra le sue braccia, sembrava pesare come tutte le decisioni della sua vita.

In qualche modo riuscì a salire sul mezzo di trasporto, e immediatamente abbandonò la donna sopra i sedili.

Non ebbe nemmeno il tempo di prendere fiato, perché una voce che strepitava dalla radio lo attirò in sala comandi.

«Poe?» Domandò abbassandosi sul sedile.

«Ben, grazie al cielo! Dove diavolo sei?»  Sbraitò il pilota, la tensione nella voce che si rifletteva nella tensione nei suoi muscoli. 

«Io…su Exegol. Avevo un lavoro da svolgere.» Sospirò massaggiandosi gli occhi con due dita.

«Allora sbrigati a tornare, i ricognitori hanno portato voci di uno Star Destroyer in giro per la galassia.»

Ci volle tutto il suo autocontrollo per non sbottare.

Uno Star Destroyer voleva dire che Rey l’aveva mandato chissà dove, a fare chissà cosa.

«Arrivo.»

Staccò la comunicazione e si prese un attimo di pace.

Stava usando ogni briciolo di energia restante per raccogliere la Forza necessaria a chiudere le sue ferite, ma la cosa gli annebbiava la mente, unita ai tanti- troppi – pensieri.

E che non riusciva a sentire Rey.

Là in quell’angolo del suo cuore dove lei avrebbe dovuto esserci  - dov’era sempre stata – c’era ancora il freddo vuoto del Lato Oscuro.

Fu quasi per caso che gli cadde lo sguardo sui due dadi dorati che penzolavano sopra i comandi.

Se suo padre aveva creduto in lui quando nemmeno lui stesso l’aveva fatto, di sicuro non avrebbe rinunciato a Rey così facilmente.

«Palpatine o no, tornerai da me.» Attivò il Falcon e inspirò profondamente. «Te lo prometto.»

 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Capitolo XII-I've lost your frequency ***


CAPITOLO XII
 
Non sapeva esattamente quanto mancasse alla destinazione quando la situazione precipitò.
La Forza lo tirò via dal sedile, mandandolo a crollare sul pavimento a boccheggiare in cerca d’aria.
Solo una persona possedeva quel tipo di potere, e Ben ne fu quasi esasperato.
Perché Rey non poteva starsene tranquilla fino all’accampamento?
«Dove mi stai portando?»
Gli chiese, e la sua voce era guardinga come la prima volta in cui avevano parlato.
È normale avere paura quando si viene inseguiti da una creatura con una maschera.
Aveva sempre fatto tutto per lei, dal semplice gesto di togliersi la maschera a cercare di salvarla da Palpatine.
Sei un mostro.
Le aveva dato ragione, era così che si sentiva.
Eppure…
«Non sei sola.»
«Nemmeno tu.»
Aveva avuto il suono di una promessa, tra lacrime e fragilità.
Ma lei l’aveva abbandonato.
Aveva tagliato le gambe alla Diade, l’aveva rifiutato e chiuso fuori dal suo cuore.
«Ora basta, Rey.» Si alzò aggrappandosi al sedile, sentendo la rabbia che l’aveva divorato poche ore prima innalzarsi come un’onda dentro di lui.
«Dovrei dirlo io a te! Mi hai…mi hai ucciso, ora sono qui per chissà quale motivo e non so dove stiamo andando!»
Kylo Ren si distese nella sua mente come un predatore in attesa di attaccare.
Poteva lasciarlo uscire?
«Tutto questo non ha senso!» Continuò Rey.
Stava ancora cercando di scegliere quando fu lei a farlo al suo posto.
Si trovò a bloccare la spada laser ad un soffio dal suo viso usando solo la Forza e decise che sì, Kylo Ren poteva uscire per qualche minuto.
La spada rossa gli volò tra le mani come se non avesse atteso altro, e così iniziò il loro ennesimo duello.
Ma Ben era esausto, provato da tante – troppe? – ferite che non riusciva più a contenere con la Forza, e lei era convinta di dover lottare per la propria vita.
Feroce e impetuosa come l’oceano, ben presto Rey lo mise alle strette, e solo i laser li dividevano, vibrando ad un soffio dalle loro facce.
Come il loro primo scontro.
In cui aveva rimediato una cicatrice che gli squarciava faccia e spalle, grazie a lei.
Lasciò andare la presa sulle ferite, e sentì il sangue riprendere a fuggire dal proprio corpo mentre raccoglieva le poche energie che gli restavano.
Non poteva finire come allora.
L’onda d’urto della Forza le si scagliò contro, sbalzandola lontano.
Ben sollevò la mano, bloccando la sua traiettoria e sfruttando la sua presa di Forza per toglierle il fiato, le gambe penzoloni nell’aria, i piedi che scalciavano.
Vide i suoi occhi riempirsi di lacrime mentre l’ossigeno abbandonava il suo corpo.
«Mi…fidavo…»
Sfruttò la furia di Kylo Ren per non reagire a quelle parole, per non cedere, ma per intensificare la stretta fino a farla svenire di nuovo.
Quando lei non fu altro che un corpo sedato al suolo crollò nuovamente sul sedile, l’emicrania che rischiava di fargli esplodere la testa e il suo stesso corpo che urlava pietà.
Ma non poteva riposare, non finché non fossero stati al sicuro, e non avesse trovato il modo di spiegare a Rey che cosa aveva fatto.
Chi era diventata.
Spostò lo sguardo sul secondo sedile, e per un folle istante gli sembrò di vedere suo padre là, pronto ad aiutarlo e correggerlo. Sospirò pesantemente, distolse lo sguardo e attivò la velocità luce.
 

 
Quasi crollò tra le braccia di Chewbecca appena mise piede a terra, ma il grande Wookie lo sostenne con un verso preoccupato.
«Sto bene.» Riuscì a borbottare. «Prendi Rey, per favore.»
Si scostò da lui e arrancò verso Poe, che impallidì visibilmente quando lo vide.
«Si può sapere che ti è successo?» Gli domandò il pilota, e una piccola parte del suo cuore fu confortata dalla preoccupazione genuina che percepì nella sua voce.
La loro missione insieme era andata bene, e Ben aveva iniziato a capire perché sua madre si fosse fidata tanta del pilota.
«Dopo. Lo Star Destroyer?»
Un attimo di esitazione mentre avanzavano, e alla fine fu Finn a rispondere. «Sotto controllo. Dov’è Rey?»
Non ebbe tempo di rispondere, perché sentì la Forza agitarsi intorno a lui.
Un secondo dopo era in ginocchio, e i passi di Rey erano sempre più vicini.
Vide i volti di Poe e Finn mutare da sollevati ad esterrefatti nel notare com’era vestita e, quando i fulmini esplosero nel cielo in una macabra melodia, Ben pensò che tutti i suoi sforzi fossero stati vani, che sarebbe morto in quel momento e una nuova era governata dal Lato Oscuro sarebbe iniziata sotto la nuova, indomabile Imperatrice Palpatine.
Nonostante tutto, pensò quando lei gli si parò davanti, morire guardando il suo volto non era un brutto modo per andarsene.
L’ultima cosa che vide prima di svenire fu una massa tonante di muscoli e pelo che le si scagliava contro.
 

 
Quando si svegliò, non seppe né perché né quando, eppure sentiva l’aria fredda tagliargli il viso, e una leggera pioggia scivolargli sulla schiena.
E le manette che gli bloccavano i polsi.
La cosa lo fece sorridere mestamente: pensavano che lui fosse il pericolo, e non si erano mai sbagliati tanto.
«Dove ti sei procurato tutte quelle ferite? È un miracolo che tu sia ancora vivo.»
Poe.
Il nuovo Generale della Resistenza gli comparve davanti, incurante della pioggia e con gli occhi scuri di confusione e preoccupazione. Ben piegò le labbra in un lieve sorriso; se c’era qualcuno in grado di comprendere la situazione quello era il pilota.
«Rey.» Mormorò mentre un pensiero impossibile gli si formava in testa nel vedere la seconda figura avvicinarsi. «Poe…ho bisogno di mostrare una cosa a Finn.»
«Ben, in nome del cielo, che diavolo…»
«Finn. Per favore…» Spostò lo sguardo sull’ex assaltatore, e rimasero qualche istante ad osservarsi, a pensare alle circostanze che li avevano fatti incontrare.
«Perché lui, Ben?» S’intromise Poe, e Ben spostò lo sguardo su di lui.
«Perché Finn è sensibile alla Forza, tu no.»
Finn gli si fermò davanti, corrucciato. «Se le hai fatto qualcosa…»
«Taci.» Gli ordinò, tendendo una mano.
Nel vederlo esitare, Ben capì cos’era che li univa tutti.
Era la stessa cosa che li aveva fatti incontrare, che li aveva spinti a lottare e che li spingeva ad essere migliori.
«Finn, è per Rey.»
L’uomo afferrò la sua mano, e Ben lasciò scorrere i ricordi delle ultime settimane, delle sue sensazioni su Rey, di come la ragazza era diventata un confuso tornado di insicurezza e rabbia, fino al momento in cui l’aveva trovata sul trono dei Sith, convinta di essere nel giusto.
Finn si staccò di colpo, ansimando come se avesse corso una maratona, gli occhi sgranati.
«Cosa…cosa diavolo…»
«Posso aiutarla, e lo farò, ma…» Ben tossì, sentendo il sapore del sangue in bocca. Tante, troppe ferite. «…Dovete tenermela lontana per un po’.»
Poe, incrollabile, annuì senza esitare. «D’accordo.»
«Tu non hai visto…» Iniziò Finn, ma lui scosse la testa. «Ho visto gli occhi di Rey, e non sono suoi.»
Ben comprese benissimo cosa intendeva.
Rey, la sua Rey, aveva uno sguardo morbido, profondo e comprensivo, ma il Lato Oscuro aveva occhi rosso sangue, vuoti come un buco nero.
Inspirò profondamente e annuì. «Ho bisogno di tempo per guarire, e rafforzarmi, e poi potrò riportarla da noi.»
Una sentinella si avvicinò a Finn, sussurrandogli qualcosa nell’orecchio prima di correre via.
Finn si voltò verso di lui, e in quello sguardo Ben vide che si era aggiustato qualcosa tra di loro attraverso la condivisione di quei ricordi, che l’uomo aveva colto i suoi sentimenti.
«Farai meglio a sbrigarti, perché lo Star Destroyer si sta avvicinando.»

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Capitoo XIII-Now the silence screams ***


CAPITOLO XIII
 
Era stato facile dire “tenetemela lontana”, ma la realtà era molto, molto più complicata.
Lui e Rey si attraevano come calamite, e lei era il fuoco in cui lui, falena, si sarebbe estinto volentieri.
Finivano sempre per trovarsi, nel caos dell’accampamento ribelle, e quando succedeva tutta la sua logica svaniva.
Perché lei sembrava una pianura dopo una tempesta, rigogliosa, scompigliata e pericolosamente affascinante, e lui non sapeva cosa dire, cosa fare, e si limitava a superarla e andarsene, lasciandole un piccolo pezzo di cuore ogni volta.
Il momento peggiore era stata la seconda notte dopo il loro ritorno, e Ben l’aveva passata sveglio.
In attesa.
Sapeva che lei non sarebbe venuta, quella notte.
Né quella dopo, e quella dopo ancora.
Non fino a quando non fosse riuscito a farle capire.
Aveva ricominciato a sentirla una settimana dopo.
Era stata una piccola scintilla nel freddo che lei si era lasciata dietro, ma a lui era sembrata la luce del sole; era lì, stava tornando e, anche se lui sapeva di non esserne la causa, era lieto che lei si stesse rilassando abbastanza da non chiuderlo fuori.
Fortunatamente, si teneva impegnato.
Passava le giornate a leggere i volumi Jedi che erano stati di Luke, a imparare, a cercare qualcosa che raccontasse un avvenimento simile.
C’era mai stata un’altra Diade, nella storia millenaria della Forza?
Quella era una domanda alla quale non trovò mai una risposta, eppure inciampò in qualcosa di altrettanto utile.
Cercava di ricordare i passaggi del libro, nella foresta sotto quella pioggia leggera che non aveva mai smesso dal loro ritorno e che gli ricordava ogni secondo che lei non era lì, non del tutto, che non era sua.
Sentì i passi, ma non aprì nemmeno gli occhi, rimanendo inginocchiato a pochi centimetri da terra, cercando di mantenere la concentrazione.
«Fai progressi in fretta.» 
Conosceva quella voce.
Gli si era impressa a fuoco nella mente su Exegol, insieme al sorriso quasi arrogante che accolse il suo sguardo quando aprì gli occhi.
«Nonno.»
Si era aspettato di tutto e chiunque nel sentire il movimento, ma di sicuro non che il fantasma di Anakin Skywalker sembrasse così reale.
«Ciao, Ben.» Sogghignò l’uomo, e Ben si alzò interrompendo la meditazione.
«Che ci fai qui?»
«Mi hai chiamato tu, dimmelo tu.» Fu la tranquilla risposta, mentre il Prescelto si muoveva in cerchio, lo sguardo che vagava sugli alberi. «Cosa cercavi?»
Ben esitò un attimo a quella domanda.
Cosa cercava?
Un modo per sciogliere il cuore di Rey, per farle capire i suoi sbagli.
Consigli.
Pace.
«Tante cose.»
Anakin sorrise, quasi mestamente. «Anch’io avevo tante cose che mi sfuggivano, ma una in particolare, l’unica che volevo salvare, è l’unica che non ho salvato.»
Ben sapeva a cosa – a chi – si riferiva, e gli si strinse il cuore di comprensione.
Era così che si era sentito suo nonno, incapace di salvare la donna che amava?
«Per anni ho pensato di averla uccisa…Luke…tuo zio, anni dopo, fu la prova che non era proprio così, anche se la colpa resta comunque mia. E sai perché?»
Ben scrollò le spalle, incapace di parlare, memore del vuoto che gli aveva lacerato l’anima quando pensava di aver ucciso Rey. Anakin esitò un attimo, lo sguardo tempestoso mentre gli si avvicinava.
«Perché ho inseguito il potere che pensavo l’avrebbe salvata. E con quel potere le ho spezzato il cuore, lasciando i miei figli orfani, e la galassia devastata.»
Il Fantasma gli posò una mano sulla guancia, e gli sembrò quasi di sentirne il calore.
Ecco chi era il Prescelto, chi era stato Darth Vader.
Nient’altro che un uomo il cui unico sbaglio era stato amare troppo.
«Non commettere il mio errore, nipote. Non permettere a niente di mettersi tra voi, tantomeno al Lato Oscuro.»
Com’era arrivato scomparve, e sull’eco di quelle parole Ben si rese conto di non essere più nella foresta.
«Rey?»
 

 
Era stato facile dire che non voleva vederlo, ma la realtà era molto, molto più complicata.
Lei e Ben si attraevano come calamite, e i suoi occhi erano il pozzo in cui sentiva che sarebbe annegata volentieri.
Finivano sempre per trovarsi, nel caos dell’accampamento ribelle, e quando succedeva tutta la sua logica svaniva.
Solo non sapeva perché.
Perché si sentiva così?
Ricordava benissimo il bagliore della lama rossa, il dolore cocente e la sensazione del corpo che smetteva di risponderle.
Ma c’era altro, quando pensava a quel momento…
Rey…la mia Rey…
La sensazione di labbra sulle sue.
Mi dispiace.
Il sapore salato di una singola, solitaria lacrima.
Perché il suo assassino avrebbe dovuto piangere la sua morte?
Una settimana dopo il suo ritorno, aveva sentito qualcosa.
Era una scintilla in un angolo freddo del suo cuore, che non riusciva ad identificare e che l’aveva quasi commossa quando aveva fatto la sua comparsa.
Il suono alle sue spalle la fece accigliare.
Era così sovrappensiero da non aver sentito la porta aprirsi?
«Rey?»
Fu la sensazione più strana che avesse mai provato.
Un brivido freddo che le gelò i piedi, seguito da un’ondata di calore che le sciolse il cuore.
Si voltò verso di lui, sentendo la stretta allo stomaco.
Cos’era quella sensazione?
Perché esitava, perché faceva scorrere lo sguardo su di lui senza parlare?
«Rey, mi dispiace, è successo in automatico…»
«Cosa?» Si costrinse a chiedere, deglutendo a fatica.
Perché stava pensando a quanto somigliasse ad un cucciolo spaurito, fradicio e timoroso, quando in realtà era fisicamente tre volte lei?
«Questo. Ci capita, ogni tanto.» Ben accennò un movimento con la mano. «Io non sono davvero qui, Rey. Ma la Diade ci lega a questo punto.»
«La Diade…» Mormorò, ricordando Kylo Ren nella sala di partenza delle astronavi, che pronunciava quelle parole.
Noi siamo una Diade. Siamo due, e uno, e insieme siamo imbattibili.
«Kylo Ren.» Alzò lo sguardo su di lui, e lo vide fare un mezzo sorrisetto mesto.
Fu un fulmine a ciel sereno.
Un altro ricordo, un’altra situazione.
«Non sei sola.»
«Nemmeno tu.»
Aveva avuto il suono di una promessa, sussurrata tra lacrime fragilità.
Rey sapeva di aver sbagliato qualcosa, dopo quella promessa.
Ma cosa?
Lo vide passarsi una mano fra i capelli, in attesa che lei parlasse, lasciandola elaborare e ragionare senza forzarla.
Kylo Ren non l’aveva mai fatto.
Il Leader Supremo aveva sempre cercato di convincerla con le parole, di attirarla dalla sua parte.
Kylo Ren non se ne sarebbe rimasto lì, cercando di farsi il più piccolo possibile, le mani affondate nelle tasche come a trattenere l’impulso di avvicinarsi.
Volevo prendere la tua mano. La mano di Ben.
Quello non era Kylo Ren.
«Ben…»
Vide qualcosa passare nei suoi occhi neri, e le si strinse il cuore.
Si avvicinò di un passo, e lui non si mosse.
La osservava come se dovesse sparire da un momento all’altro.
Di nuovo, le sussurrò la sua mente, insieme ad una fitta di emicrania che le annebbiò la vista per un istante.
Si rese conto che le tremava la mano mentre la allungava lentamente verso di lui.
Non riusciva a staccare gli occhi dal suo viso.
Sembrava che stesse crollando qualcosa dietro quegli occhi tormentati, e in lei si accese il desiderio di aggiustare ciò che le sue azioni avevano danneggiato.
Prima che le loro mani potessero toccarsi, però, il suono dell’allarme esplose intorno a loro.
Fu un battito di ciglia, e così com’era arrivato, Ben Solo svanì dalla sua vista.
E Rey, da sola nella stanza, iniziò a capire perché il suo assassino avesse pianto la sua morte.

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Capitolo XIV - Love me like you do ***


CAPITOLO XIV
 
Il bagliore dei fulmini l’accolse nella sala semi distrutta.
«Io sono tutti i Sith!»
Aveva camminato tra le macerie e il sangue, rabbrividendo nel freddo, il mal di testa che iniziava a farsi sentire.
La sensazione di disperazione, la sua mano che si allungava a cercare la seconda spada laser.
Le figure erano comparse dopo chissà quanto tempo mentre lei, immobile, osservava il grande trono semi distrutto davanti a lei.
Il calore di una figura accanto a lei.
Salì gli scalini, la spada rossa che illuminava la strada.
«E noi siamo tutti i Jedi.» La sua voce, oh la sua voce.
Indossò il mantello bruciacchiato, unico segno di ciò che un tempo era stato suo nonno.
Quando la lama s’incrociò con la sua e insieme respinsero il fulmine, Ben sorrise.
Si sedette sul trono, le figure sugli spalti che cantavano il ritorno della loro Imperatrice.
«Per te, Ben.»
Cadde in ginocchio, ansimando.
Ecco cos’era stato.
Ecco dove aveva infranto la sua promessa.
Sentì gli occhi bruciare di lacrime, la testa che rischiava di esploderle pulsando al ritmo dell’allarme.
L’aveva abbandonato.
Dopo tutto quel tempo ad aggrapparsi alla luce dentro di lui, a pregarlo, a cercare di redimerlo…era passata al Lato Oscuro.
Ora diventava tutto estremamente chiaro.
Le ultime settimane.
Il freddo in cui bruciava quella piccola scintilla, il dolore di quel bacio strappato alla morte.
Quanto gli era costato, pensò, ucciderla per cercare di salvarla?
E quanto aveva sofferto, da quando erano tornati, alle parole crudeli che lei gli aveva rivolto?
Soffocò un singhiozzo portandosi una mano alla bocca.
Ben Solo le aveva sempre dato tutto.
Non vali nulla. Sei nulla.
Kylo Ren aveva ceduto, con lei.
Ma non per me.
Si alzò in piedi sostenendosi contro la parete; l’aveva chiuso fuori, proprio quando avrebbero dovuto rimanere uniti, quando avrebbero dovuto essere due, e uno, e imbattibili.
Chewbecca quasi sfondò la porta della camera, borbottando allarmato.
E Rey sentì il mondo crollarle sotto i piedi.
«Ben sta facendo cosa?»
 

 
Interrompere la conversazione con Rey era stato come riaprire una ferita, ma Ben sapeva che quell’allarme improvviso non poteva portare nulla di buono.
Si mosse veloce tra gli alberi.
Lei stava ricordando.
I ribelli si agitavano come mosche tra le astronavi, e urla e ordini si mescolavano nella roboante sensazione del pulsare del suo stesso sangue nelle orecchie.
Lei stava tornando da lui.
«Ben!» Fu Finn a chiamarlo attraverso il caos, e Ben lo raggiunse senza esitare.
L’ex assaltatore si era fidato di lui, e il minimo era fare altrettanto.
Una parte di lui provava una sorta di quieta ammirazione per l’uomo, che era stato in grado di rifiutare una vita che non sentiva propria, un destino che non approvava.
«Situazione.»
Gli occhi di Rey continuavano a balenargli in mente.
«Lo Star Destroyer si è fermato sopra di noi questa mattina. Due ore fa hanno avviato un contatto.»
Il suo sguardo si era fatto stupefatto, e poi quasi colpevole.
«Chiedevano della loro Imperatrice. Abbiamo negato.»
Quella semplice frase gli gelò i pensieri.
Rey aveva iniziato a ripristinare e poi abbandonato un regno, era ovvio che ci sarebbero state conseguenze.
Raddrizzò le spalle.
«Raduna tutti, evacuate il pianeta più in fretta che potete.»
«E tu?» La domanda arrivò da Poe, corrucciato e cupo, oltre che mezzo fradicio.
«Se lassù ci sono i Sith Trooper, non si faranno molti scrupoli.»
«Ben Solo.» Nonostante fosse più basso di lui, Poe lo afferrò per le spalle, piantando su di lui i suoi occhi inquisitori. Per un folle, breve istante Ben fu di nuovo bambino, e Leia lo stava rimproverando mentre lui negava la propria colpa. «Cosa vuoi fare?»
«Tutto ciò che posso per tenervi al sicuro.» Gli si ammorbidì la voce quasi inconsapevolmente nel guardare i due Generali. «Voi terrete tutti al sicuro. Siete dei bravi comandanti, e degli uomini ancora migliori.»
Si congedò da loro così, lasciandoli esterrefatti sotto la pioggia.
Ancora una tappa.
Trovò il grande Wookie che aiutava una famiglia ribelle, e lo tirò lontano.
«Chewie, devo chiederti il favore più grande.»
Un verso di domanda.
«Vai a prendere Rey. Tirala via da qui se devi, ma portala al sicuro.»
 Un altro verso sommesso.
Chewbecca l’aveva sempre capito. Borbottò sottovoce, muovendo la grossa testa, poi armeggiò con la sacca che portava a tracolla sul petto.
Quando gli schiaffò in mano i dadi dorati sostenendo che sarebbe dovuto tornare a ridarglieli, Ben sentì la gola stringersi in un nodo doloroso.
«Sicuro. Grazie amico mio.»
E si congedò anche da lui, muovendosi in senso opposto alla folla.
Sentiva il Wookie muoversi verso Rey, e Finn, e Poe, e le centinaia, migliaia di persone che si agitavano attorno a lui.
E là, nel cielo, l’enorme Star Destroyer oscurava il cielo.
Ben percepì cosa stava per succedere.
E sperò.
Sperò di avere la forza necessaria, sperò di guadagnare abbastanza tempo perché i ribelli si mettessero in salvo, lontano, al sicuro, su un pianeta sconosciuto.
Il cielo tempestoso fu squarciato dalla luce del raggio spazza pianeti, e Ben sollevò le mani, concentrandosi più che poteva.
Rey che combatteva con lui, per lui.
Rey che piangeva nella capanna, fragile, umana.
Rey che l’aveva cercato nel momento del bisogno.
Che si era sempre fidata di lui nonostante tutto.
Rey che sorrideva radiosa sotto il sole, dopo la prima notte in cui l’aveva consolata.
Rey, la sua Rey, che riapriva gli occhi tra sangue e cenere, e che cercava il suo viso.
Fu come impattare a velocità luce contro un diamante.
Gli mozzò il fiato e lo costrinse su un ginocchio, eppure il raggio non raggiunse il suolo.
Ben ne sentiva la potenza immane ad un soffio dal viso, sentiva i muscoli tremare e le vecchie ferite suturate tirare dolorosamente.
Sperò che Rey non l’avrebbe dimenticato.
Fu una sensazione graduale, sotto la cocente energia del raggio.
Iniziò da quell’angolo del suo cuore che cercava di ignorare, da quella scintilla che là bruciava.
Gli si espanse nelle vene, nei muscoli, in ogni centimetro di corpo, una forza pura, immensa e inarrestabile.
Una mano delicata afferrò la sua, e per un istante la sua concentrazione vacillò.
«Rey.»
Era al suo fianco, determinata e sicura, così agognata che per un momento pensò fosse un’allucinazione.
Ma lei lo stava guardando, guardando con occhi profondi e caldi, e lacrime le scorrevano sulle guance quando gli accarezzò il viso.
«Mi dispiace, mi dispiace così tanto.»
Non era un’allucinazione, era lì, era reale.
Era tornata.
«Non importa. L’unica cosa che importa è che tu sia qui.» Mormorò, non riuscendo a staccare gli occhi da lei.
Fu proprio lei ad iniziare il contatto, come sempre.
Una mano intrecciata alla sua, l’altra sollevata verso l’inferno che minacciava di consumarli, Rey lo baciò.
La sensazione fu come essere paglia secca sotto un fuoco.
Alimentavano uno la Forza dell’altro, perché erano due, e uno.
Ben percepì il raggio allontanarsi da loro.
Erano Luce e Ombra mescolati e uniti.
Lo sentì esplodere all’indietro, ripercorrendo il proprio cammino.
Erano Equilibrio.
Sentì lo Star Destroyer esplodere nel cielo, centinaia di vite spegnersi.
Erano la prima Diade nella storia della galassia.
E tutto ciò che importava era la ragazza al suo fianco.
Insieme, erano tutto.

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Capitolo XV - Let beauty come out of ashes ***


CAPITOLO XV
 
Era andato da lei, senza nessuna idea di cosa fare.
Poteva portarla via, trascinarla via, come lui aveva chiesto?
Ma questo avrebbe significato perderlo, e sapeva di non poterlo permettere.
Aveva già perso troppo.
Troppe persone.
E nonostante lui stesso ne fosse responsabile – direttamente e non- sapeva che non avrebbe sopportato di veder morire il ragazzo davanti ai propri occhi.
Aveva iniziato a parlare mentre apriva la porta, e lei era scattata in piedi.
Aveva gli occhi arrossati, ma sembrava nuovamente sé stessa.
Non la sé stessa che aveva dovuto fermare dall’ucciderlo, quella feroce con gli occhi rosso scuro, ma la sé stessa di sempre, che era venuta a salvarlo, che aveva combattuto con lui, che era sua amica.
«Ben sta facendo cosa?!»
L’aveva lasciata andare, consapevole di non poterla fermare, ora.
Voleva fermarla?
Il Falcon ruggì salendo nel cielo e lui lo trattenne, abbastanza vicino da vedere, abbastanza lontano da fuggire in caso di fallimento.
Non avrebbero fallito.
Non potevano.
Non avrebbe sopportato di perderli.
«Chewie! Che diavolo stai facendo?»
Poe.
«Perché non siamo andati via?»
Finn.
Indicò loro ciò che stava succedendo, le due solitarie figure che si ergevano contro il raggio distruggi pianeti.
Da quella visuale, Rey era più scura, Ben più in luce.
Oscurità e Luce, insieme.
Ora comprendeva la Forza come mai prima.
Insieme a Poe e Finn rimase ad osservare il raggio bloccarsi, poi retrocedere, e infine ritorcersi contro cosa l’aveva generato.
E osservò le due figure piegarsi sulle ginocchia.
E crollare al suolo inermi.
 

 
Riaprire gli occhi fu una sorpresa.
Non si aspettava di essere ancora vivo.
Eppure era lì, la sensazione dell’aria nei polmoni, il pompare del sangue dei muscoli…
La sensazione di una persona accanto a lui.
«Rey?»
Eccola là, vicina, presente.
Bellissima e indomabile.
Fuoco, fuoco nelle sue vene, vita nel suo animo.
«Ben. Che è successo, dove siamo?»
Quella domanda lo sorprese ma guardandosi intorno si rese effettivamente conto che non erano dove avrebbero dovuto essere.
Ricordava quel posto e non fece in tempo a parlare perché percepì una scossa di stupore nel cuore, ma non veniva da lui.
Rey aveva ricordato, comprese, e si chiese da quando la percepisse così…tanto.
«Perché siamo dove ci siamo visti la prima volta?» Gli domandò la ragazza, ma Ben scosse la testa.
Non conosceva la risposta, e sentiva Rey come un fiume nel suo cuore, ogni cambiamento, ogni minimo spostamento della sua anima si rifletteva dentro di lui.
Non riusciva a smettere di guardarla, che se ne andava in giro come un animale curioso, studiando ogni angolo del bosco.
«Siete qui perché l’abbiamo voluto noi.» Rispose una voce che ormai Ben riteneva familiare, e Anakin Skywalker, pigramente appoggiato contro un albero – lo salutò con un cenno sogghignante.
Facendo spaventare Rey, notò con un lieve sorriso.
Le posò una mano sulla spalla. «Tranquilla. Lui è…mio nonno.»
La donna arretrò di un passo. «Darth Vader?»
Mentre Anakin piegava le labbra in una smorfia, altri Fantasmi si unirono a loro, e Ben osservò suo zio raccontare brevemente la storia a Rey.
«Figlio mio.» La voce di Leia focalizzò la sua attenzione, e le si avvicinò titubante. «Hai compiuto un gesto di grande coraggio, per quanto folle.»
Ecco perché qualcosa non quadrava, realizzò Ben.
Perché loro non avrebbero dovuto essere lì.
Avrebbero dovuto essere sotto l’inferno di uno Star Destroyer in fiamme.
A meno che…
«Non siete morti. Tuo padre sarebbe stato così fiero di te, Ben.» Proseguì Leia, e poi gli prese una mano, e Ben ne percepì il calore, e fu di nuovo un bambino, e gli si strinse la gola di emozione.
«Grazie mamma.» Sussurrò, e lei sorrise, quel sorriso che gli scioglieva il cuore, che gli aveva sempre fatto dimenticare, per un po’, tutto ciò che non andava nella sua vita.
Un’altra mano si strinse intorno alla sua, ed era reale, e vera, piena di piccoli graffi e calli.
Gli occhi di Rey assorbirono tutta la sua attenzione, e registrò solo in parte che oltre ai Fantasmi della sua vita c’è n’erano altri, centinaia, migliaia di figure in silenzio intorno a loro.
«Mille generazioni di Jedi vivono in voi ora.» Luke posò una mano sulla sua spalla, l’altra su Rey, e per un attimo fu come avrebbe dovuto sempre essere, un Maestro Jedi che allenava le future generazioni.
«Mi dispiace zio.» Ammise strappandogli un sorriso.
«Non è il momento.» S’intromise Anakin con un sorriso di scuse al figlio. «Ben, Rey, voi siete la Diade. E ora siete in equilibrio, e non dovete mai dimenticare chi siete.»
Il panorama intorno a loro iniziò a sfumare, e l’unica cosa solida rimase la mano di Rey nella propria.
La ragazza sembrava turbata, e lui sentì la grande domanda che l’aveva sempre tormentata ritornare in superficie. «Io non so chi sono.» Mormorò Rey, e lui sorrise, il mondo che si riformava attorno a loro.
Odore di cenere e bruciato, voci in sottofondo, gente che gioiva e urlava i loro nomi.
«Io sì.»
Ecco dov’erano in realtà, tra le macerie dello Star Destroyer; realizzò in fretta che erano coricati nel fango, probabilmente svenuti per l’enorme sforzo fisico.
Le posò una mano sulla guancia per farla girare verso di lui, delicatamente, nonostante lei non fosse delicata.
Lei era fatta di tutto ciò che lui amava. E acciaio.
«Rey.» Mormorò perdendosi in quello sguardo, e godendo ogni secondo della reazione che le sue parole scatenarono. «Solo Rey, e non c’è nient’altro che vorrei al mondo.»
E poi lei parlò, quella frase che aveva aleggiato tra loro per settimane.
«Ti amo, Ben Solo.»
Là, nel fango e nella distruzione, ferito, esausto e insanguinato, per la prima volta da tutta una vita, seppe di essere a casa.
«Lo so.»





NOTE DELL’AUTORE:
Allora, sappiatelo tutti, sono insodisfatta di questo capitolo finale, perciò non stupitevi se ne comparirà una nuova versione prima o poi xD
Detto questo, un enorme grazie a tutti coloro che hanno recensito <3
A coloro che hanno messo la storia tra i ricordati/preferiti/seguiti, e hanno letto senza recensire, lo stesso enorme grazie <3
Una menzione d’onore va a Shaara_2, senza la quale non avrei superato il blocco per il capitolo 11 ^^’’’ Grazie <3
Spero che la storia vi sia piaciuta!
A presto, un bacio a tutti <3 <3

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3877490