Un susseguirsi di attimi

di inzaghina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo indice ***
Capitolo 2: *** Confessioni sotto al vischio ***
Capitolo 3: *** Irrefrenabile desiderio ***
Capitolo 4: *** Incolmabile vuoto ***
Capitolo 5: *** L’infrangersi dell’infinito ***
Capitolo 6: *** Il mio posto nel mondo ***
Capitolo 7: *** Buon sangue non mente ***
Capitolo 8: *** Segreti da condividere ***



Capitolo 1
*** Capitolo indice ***


Capitolo indice
 
 
 
 
 

Capitolo indice
1. Confessioni sotto al vischio - Hestia Jones & Alistair Ashworth
2. Irrefrenabile desiderio
- Lily Evans & James Potter
3. Incolmabile vuoto - Sirius Black & Marlene McKinnon {con la partecipazione di Remus Lupin}
4. L’infrangersi dell’infinito - Alexandra Ashworth & Fabian Prewett [Storia partecipante al contest “Hold my Angst (Flash contest - Edite e inedite) - Seconda Edizione” indetto da BessieB sul forum efp]
5. Il mio posto nel mondo - Andromeda Black & Ted Tonks [Storia partecipante al Calendario dell'avvento 2023 indetto da Sia e Cora sul forum Ferisce la penna]
6. Buon sangue non mente - Sirius Black & Marlene McKinnon[Storia partecipante al Calendario dell'avvento 2023 indetto da Sia e Cora sul forum Ferisce la penna]
7. Segreti da condividere - Remus Lupin & Nymphadora Tonks [Storia partecipante al Calendario dell'avvento 2023 indetto da Sia e Cora sul forum Ferisce la penna]

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Capitolo 2
*** Confessioni sotto al vischio ***


Confessioni sotto al vischio
 
 
“Bisogna avere buona memoria 
per mantenere le promesse.”
 Friedrich Nietzsche
 
 

Se c’era una cosa di cui Hestia avrebbe sicuramente sentito la mancanza una volta finita la scuola, era l’atmosfera natalizia che permeava ogni angolo del castello: la Sala Grande addobbata grandiosamente, i rametti di vischio che facevano capolino negli angoli più inaspettati, Pix che urlava sboccate canzoni natalizie adirando la professoressa McGranitt mentre Silente tentava di non farsi vedere ridere, la sala comune di Corvonero minuziosamente decorata dal professor Vitious che non dimenticava mai di far recapitare dolcetti appena sfornati ogni sera e il profumo di spezie, cioccolato e vaniglia che permeava tutto il castello.

Era l’ultimo weekend prima delle vacanze natalizie e tutti gli studenti che ne avevano il permesso si avevano affrontato la spessa coltre di neve che imbiancava il tragitto che separava il castello dal villaggio di Hogsmeade; Hestia aveva lasciato Phoebe Meadowes e Sophia Hilliard¹ da Mielandia per andare alla ricerca di un regalo per la madre da Scrivenshaft,  si sarebbero riviste più tardi ai Tre manici di scopa. La neve turbinava nel freddo cielo perlaceo e, una volta chiusasi la porta della cartoleria alle spalle, la studentessa inspirò il profumo di pergamena e inchiostro che da sempre caratterizzava il suo negozio di Hogsmeade preferito —  una predilezione che condivideva con sua madre.  Togliendosi la sciarpa blu-bronzo che le adornava il collo e il cappello in tinta che era stato assolutamente necessario fuori, si diresse verso l’angolo del negozio in cui erano esposte le piume, alla ricerca di una autoinchiostrante che la madre avrebbe potuto utilizzare per mantenere la fitta corrispondenza con le sue sorelle residenti in Irlanda. Tra tutte le persone che aveva ipotizzato di trovare nel piccolo negozio ricolmo di articoli di cancelleria, libri e piccoli soprammobili, mai si sarebbe aspettata d’imbattersi nel capitano della squadra di Quidditch rosso-oro, Alistair Ashworth, intento a scrutare intensamente la selezione di biglietti d’auguri posta accanto alle piume.
La ragazza avrebbe voluto avvicinarsi senza dare nell’occhio, indecisa se sperare che il Grifondoro non la notasse o se invece salutarlo con uno dei suoi soliti commenti tendenti al perfido, il suo tentennamento venne risolto dal compagno di scuola che scelse quel momento per far cadere una serie di pergamene colorate e fu costretto a chinarsi per raccoglierle, incrociando lo sguardo divertito della Caposcuola e capitana della squadra di Corvonero.
“Spero non vorrai far peggiorare la bufera, Ashworth,” trillò Hestia, sollevando gli angoli della sua bocca in un sorriso sfrontato.
Il Grifondoro terminò di sistemare i biglietti sull’espositore, per poi abbassare lo sguardo e lasciare che le sue iridi cerulee incrociassero quelle di ghiaccio della compagna di scuola, sorridendole rilassato. “E perché mai dovrei essere la causa del peggioramento del tempo, Jones?”
“Beh, sai, trovarti da solo in un negozio che abitualmente non frequenti… se non erro l’altro giorno a divinazione Phoebe ha predetto qualche assurdo allineamento dei pianeti che avrebbe influenzato le prossime vacanze, ma forse si riferiva solamente alla tua presenza qui…” celiò la mora, sorridendo ammiccante.
“Divertente, Jones! Dovresti pensare a un futuro al cabaret…”
Le sopracciglia scure della Corvonero si inarcarono meravigliate. “Cabaret? Ma di che vai cianciando, per il diadema perduto di Rowena?!”
Il biondo sorrise, svelando le fossette che lo rendevano estremamente popolare con la popolazione femminile della scuola. “A volte dimentico che sei una Purosangue... il cabaret è una forma di spettacoli molto amato dai babbani che solitamente include recitazione, danza, musica e balli.”
“Sembra interessante,” ammise Hestia.
“Magari ti ci porterò prima o poi…”
“E chi ti dice che accetterei il tuo invito, Ashworth?”
Alistair fece spallucce. “So essere molto galante, Miss Jones…”
“Non lo dubito, ma sei un po’ troppo volubile per i miei gusti.”
“Ammetto di essere incostante, ma non ho mai mentito a nessuna ragazza; accettano volontariamente di passare il loro tempo con me,” chiarì il Grifondoro, incrociando nuovamente lo sguardo della ragazza.
“Touchè,” ribatté lei. “Tutto questo ci riporta alla mia domanda iniziale… che ci fai qui tutto solo? Sempre se non sono indiscreta.”
“Devo acquistare dei biglietti d’auguri. Ogni anno nella mia famiglia organizziamo un Babbo Natale Segreto e mi è capitata mia cugina Emily, ma mia sorella mi ha ricordato quanto i nostri genitori tengano ai nostri biglietti, li conservano in un album e quindi non posso non prenderli anche per loro, ma ovviamente me ne ero scordato finché non mi ha scritto Lexie.”
L’espressione di Hestia si addolcì, facendola volare con la mente alle tradizioni della propria famiglia. “Attento a non raccontarlo troppo in giro, Ashworth… non vorrei che tutto questo rovinasse la tua fama!”
“Spero che il mio segreto sia al sicuro con te,” sussurrò il ragazzo, avvicinandosi fino a sfiorarle l’orecchio con il suo fiato caldo.
“Non preoccuparti… ho la bocca cucita!” lo rassicurò lei, sollevando lo sguardo e sostenendo senza alcun cedimento il suo.
Al scoppiò a ridere, finendo con il coinvolgere anche lei. “Che ne dici se ti offro una Burrobirra, Jones?”
“Hai finito con gli acquisti?”
Alistair annuì, mostrando tre diversi biglietti. “E tu?”
“Devo scegliere una piuma per mia madre… ne aveva vista una di pavone autoinchiostrante che l’aveva colpita l’ultima volta che siamo venute qui,” rispose, voltandosi verso l’espositore di piume e scandagliandolo con lo sguardo; le ci vollero solamente pochi attimi per individuare ciò che cercava e afferrarla.
“Questo significa che mi degnerai della tua compagnia ai Tre manici di scopa?” s’informò il Cacciatore di Grifondoro.
“Ma che diranno tutte le tue fan?” lo rimbeccò Hestia.
“Avranno qualcosa di cui sparlare, sai che novità…”

I due pagarono e passarono contemporaneamente sotto il rametto di vischio che adornava la porta. “Le tradizioni andrebbero rispettate, Jones…”
Gli occhi di Hestia saettarono al soffitto, scrutando pensosamente il festoso addobbo. “Avevi organizzato tutto quanto?” lo interrogò.
“Non ho bisogno di simili mezzucci.”
“Certo che no! Dimenticavo che sei irresistibile,” borbottò la ragazza, roteando gli occhi.
“Mi piace pensare che un giorno ci baceremo, Hestia Jones, ma quel giorno non sarà oggi e di sicuro non ti estorcerò un bacio… se accadrà sarà solo e solamente perché lo desidererai anche tu,” le promise, sfiorandole la guancia con un bacio e prendendola a braccetto, conducendola verso il pub affollato.
 
*
 
Anni dopo, appendendo un rametto di vischio con un fiocco rosso nell’arco della porta che conduceva dalla cucina al salone, Hestia sorrise ripensando a quel pomeriggio del suo settimo anno di scuola. Due braccia muscolose l’avvolsero da dietro e l’Auror inspirò il profumo di fresco del marito, l’aroma che la faceva sentire a casa in qualunque posto si trovasse, e sorrise.
“Tutto bene, Jones?”
“Ripensavo solo al nostro primo scontro sotto al vischio…”
Alistair scoppiò a ridere, una risata che riverberò nella sua gabbia toracica, scuotendo il corpo più esile della moglie.
“Devo dire che hai mantenuto la tua promessa…”
“Un Ashworth le mantiene sempre,” le ricordò, posando le labbra su quelle della moglie e ridendo contro il suo sorriso.

 


¹ Non si sa molto della famiglia di Dorcas, ma mi piace pensare che avesse una sorella e un fratello, Sophia invece è la sorella maggiore del Prefetto Corvonero Robert Hilliard che ha scritto il Messaggio di Benvenuto per i ragazzi del primo anno nel 1991.


Nota dell’autrice:
Era da un po’ che pensavo di iniziare a pubblicare una raccolta che raccoggliesse OS e flash dedicate ai personaggi di “Promesse da mantenere” e “Legami indissolubili” e grazie a un obbligo di blackjessamine scaturito dal gioco Obbligo, Verità o Salvataggio organizzato dal gruppo facebook Il Giardino di Efp, che mi ha chiesto di scrivere qualcosa che avesse come protagonisti Alistair e Hestia, mi sono finalmente decisa a pubblicare.
Jess, avrei voluto pubblicare il 29, visto che era il tuo compleanno… sono andata lunga, ma spero che la storia sia di tuo gradimento.
Buon anno a tutti!!

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Capitolo 3
*** Irrefrenabile desiderio ***


Irrefrenabile desiderio
 
 
“Ardere di desiderio e tacere
è la più grande punizione
che possiamo infliggere a noi stessi.”
 Federico García Lorca
 
 
 
[Hogwarts dormitorio femminile del settimo anno di Grifondoro, 22 ottobre 1977 h 8:00]
 

Quando la sveglia di Alice prese a suonare allegramente quel sabato di ottobre, Lily gemette, affondando la testa nel cuscino.
“Buongiorno anche a te, Lily!” ridacchiò Mary, stiracchiandosi.
“Non sarà affatto un buon giorno”, bofonchiò Lily, girandosi supina e roteando gli occhi. “Lex, puoi dire tu a Potter che non mi sento molto bene?” aggiunse, rivolgendosi alla sua migliore amica, che la fissava dal letto alla sua sinistra.
“Scordatelo, Lils! Glielo hai promesso…”
“Potrei essermene pentita… di cosa dovremmo parlare per tutto il giorno? Io non so niente di Quidditch”, sospirò la Caposcuola.
“James non parla solo di Quidditch”, ribatté, scuotendo la testa, Lexie.
“Lo fa per la maggior parte del tempo”, dichiarò Alice.
“Però l’altro giorno ha passato tutta l’ora di storia della magia a parlare dei suoi piani per Halloween e sulle idee che ha per la decorazione della sala grande”, aggiunse Mary.
“Ed è sempre pronto a raccontare degli ultimi scherzi che sta tentando di organizzare”, ghignò Lexie.
“E dai, se proprio andasse così male sai benissimo che ci troverai a bere una burrobirra e potrete aggiungervi a noi”, le fece notare in tono pratico Marlene.
“Va bene, va bene… non era necessario che vi coalizzaste contro di me!” bofonchiò la ragazza, tirandosi finalmente a sedere e occhieggiando le compagne di stanza.
“Come faresti senza di noi?” le domandò Lexie, sorridendole sfacciata.
“Me ne starei chiusa qui dentro e mi negherei a Potter fino alla fine dell’anno…”
“Cosa nient’affatto praticabile visto che siete entrambi Caposcuola”, le ricordò Marlene, facendo ridere tutte le altre e finendo con il coinvolgere anche Lily.

 
[Cancelli di Hogwarts, 22 ottobre 1977 h 9:58]
 
Osservando distrattamente i suoi amici sparire dietro la curva del sentiero che conduceva a Hogsmeade, James Potter si passò la mano tra i capelli già spettinati, combattendo con tutte le proprie forze per evitare di girarsi verso il portone e controllare per l’ennesima volta se una testa di capelli ramati si stesse avvicinando. Lexie lo aveva rassicurato che sarebbe arrivata, ma che aveva scordato la borsa in camera e ci sarebbe voluto qualche minuto.
Quella mattina era stata un disastro: non aveva sentito la sveglia, finendo con l’essere in ritardo a colazione e non avendo la possibilità di intravedere Lily, si era rovesciato addosso il caffè, suscitando l’ilarità di un decisamente divertito Sirius, e chiedendo a Remus di ripulire i suoi vestiti visto che la sua bacchetta tremava e Sirius gli aveva fatto notare che, come minimo, si sarebbe dato fuoco se avesse cercato di fare da solo.
Se quello era l’effetto che l’idea del suo primo appuntamento con Lily Evans gli faceva, forse avrebbe dovuto riconsiderare l’idea di sposarla — rischiava di passare il resto dei suoi giorni facendo la figura dell’emerito imbecille.
Era talmente preso dalle sue elucubrazioni che nemmeno si accorse dell’arrivo di Lily; aveva il fiatone, le guance rosse per lo sforzo e gli occhi illuminati dal sole autunnale che faceva capolino dietro alle montagne.
“Scusa il ritardo”, ansimò, fermandosi accanto a lui a riprendere fiato.
“Non preoccuparti, Lexie mi aveva avvertito del tuo ritardo… anche se a un certo punto ho iniziato a credere che m’avessi dato buca.”
“In effetti stamattina ci ho pensato”, ammise lei, incrociando le iridi nocciola del ragazzo. “Però non mi sembrava giusto privarti di un’esperienza che sei ansioso di vivere sin dal tuo terzo anno…” celiò infine, strizzandogli l’occhio e strappandogli un sorriso.
I due s’incamminarono lungo il sentiero in un vivace scambio di battute, che permise a Lily di scrutare James come non s’era mai fermata a fare nei sette anni di scuola che avevano condiviso: gli occhiali perennemente storti gli attribuivano un’aria leggermente assorta, i capelli disordinati lo facevano sembrare appena sceso da una scopa, il naso dritto gli conferiva un profilo affilato e i luminosi occhi nocciola calamitavano quelli smeraldini di Lily continuamente. La sciarpa rosso-oro era allacciata mollemente attorno al collo e la spilla di Caposcuola brillava sul mantello scuro che indossava sopra ai vestiti babbani che gli studenti erano soliti indossare nei weekend, ai piedi un paio di converse rosso fuoco facevano bella mostra di sé e il fatto che lei indossasse lo stesso modello fece sorridere Lily.
“Che ho detto di così divertente’” si stupì il giocatore di Quidditch.
“Nulla”, Lily scosse la testa, continuando a sorridere. “Non credevo fossi anche tu un fan delle Converse…”
“Scherzi? Adoro queste scarpe! A casa ne ho almeno dieci paia.”
“Anche io!” ribatté immediatamente.
“Era evidente che tu avessi buon gusto, Evans…”
“E perché mai?”
“Beh, perché hai finalmente accettato di uscire con me, s’intende!”
Lily scosse la testa, rendendosi conto che quello che provava non era affatto fastidio, ma che aveva trovato divertente la sua battuta, e finendo con il sollevare gli angoli della sua bocca in un sorriso sincero e aperto.
“È così bello vederti sorridere”, le confessò James, fermandosi di fronte a lei. “Hai un sorriso splendido e essere consapevole che io sono la ragione che ti fa sorridere in questo momento mi fa un po’ montare la testa, cosa che non deve assolutamente succedere se voglio avere la minima possibilità di un secondo appuntamento, quindi… ti prometto che farò del mio meglio per dimostrarmi maturo e non farti rimpiangere di avermi dato una possibilità che, come hai ricordato tu prima, inseguo dal nostro terzo anno…”
Il sorriso di Lily s’allargò ancora di più — la ragazza non lo avrebbe mai ammesso, ma il candore delle parole di James aveva fatto aumentare i battiti del suo cuore, che aveva preso a rimbombarle nelle orecchie.
“Che ti va di fare?” proseguì il ragazzo, interpretando come positivo il silenzio della compagna.
Lily si prese un attimo per riflettere, cercando la riposta giusta da dargli e rendendosi conto che c’era un’unica cosa che aveva voglia di fare in quel momento, un desiderio inaspettato — qualcosa che era sicura non le avesse mai attraversato l’anticamera del cervello prima di quel preciso istante. Deglutì a vuoto, osservando i riflessi delle pagliuzze dorate nei suoi occhi nocciola, abbassando poi lo sguardo sulle labbra sottili, ma apparentemente morbide di James e tornando poi a ricambiare il suo sguardo interrogativo.
“Mi rendo conto che sarà praticamente impossibile non assistere al tuo ego che si gonfierà come un palloncino ripieno d’elio, ma quello che voglio fare è baciarti, James,” ammise quindi, sentendo le guance colorirsi e non reputandosi più in grado di sostenere il suo sguardo.  
“D-davvero?” la risposta di James Potter fu un balbettio decisamente fuori dai suoi standard, che incoraggiò Lily a tornare a guardarlo per leggere la speranza in quegli occhi solitamente ridenti, ma incredibilmente seri in quel momento.
La ragazza annuì. “In fondo credo che abbiamo aspettato anche troppo, non pensi?”
“Non mi sognerei mai di contraddirti a questo riguardo”, dichiarò James, prendendo le mani di Lily tra le proprie. I due s’avvicinarono, fino a far diminuire a pochi centimetri la distanza che li separava, i loro sguardi s’incontrarono nuovamente nell’atmosfera elettrica che le parole di Lily avevano creato, James abbassò la testa per avvicinarla a quella di Lily, che si mise in punta di piedi per incontrarlo a metà strada. La ragazza serrò gli occhi, guidata solamente dal battito incessante del proprio cuore e dal profumo di cannella emanato dai vestiti di James; pochi attimo dopo sentì le labbra decisamente morbide di James posarsi dolcemente sulle sue e schiuse la propria bocca per poter approfondire il bacio, sospirando di piacere quando percepì il sorriso di James contro le proprie labbra. Le mani di Lily risalirono la schiena di James, scompigliandogli i capelli già arruffati, quelle di James artigliarono i fianchi sottili della ragazza per stringerla a sé e, dopo quelli che sembrarono pochi istanti, ma che in realtà erano numerosi piacevoli minuti, i due si staccarono e James posò la fronte contro quella di Lily, scrutandola.
“Che dici? Me lo merito un secondo appuntamento, Evans?”
“Solo ed esclusivamente se prometti di baciarmi sempre così, Potter…”
James non se lo fece ripetere due volte, sfiorando nuovamente la bocca di Lily in un bacio dapprima dolce, che si fece famelico e istintivo — un bacio che spinse entrambi a desiderare di non baciare nessun altro per il resto dei loro giorni.
Un bacio che venne interrotto da una risata sguaiata e da una serie di mormorii divertiti, che segnalavano la presenza molesta dei loro migliori amici, una presenza che venne ignorata per svariati altri attimi di beatitudine dai due Caposcuola sorridenti.

 


Nota dell’autrice:
Buonasera e buon anno!
Anche questa volta pubblico grazie a un obbligo scaturito dal gioco Obbligo, Verità o Salvataggio organizzato dal gruppo facebook Il Giardino di Efp, arrivato da Rosmary, che mi ha chiesto di scrivere qualcosa che avesse come protagonisti Lily e James.
Come sempre quando scrivo di loro, finisco per partire un po’ per la tangente, ma spero che la storia sia di vostro gradimento…

 
 
 
 

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Capitolo 4
*** Incolmabile vuoto ***


[Storia partecipante al contest "Hold my Angst (Flash contest - Edite ed Inedite), indetto da GaiaBessie sul forum di EFP]





Incolmabile vuoto

 
 

I raggi del sole d’agosto non riescono a squarciare l’oscurità gelida del vicolo di Notturn Alley. Abbandonato contro la parete fredda, indifferente al tanfo che l'avvolge, Sirius aspetta.
Il sorriso seducente che era solito adornare il suo bel viso è svanito, lasciando spazio alla maschera d’indifferenza tanto cara alla famiglia Black.
 
“Davvero non vuoi anticiparmi nulla su quello che stai organizzando per il mio compleanno?”
“Certo che no… sei terribilmente curiosa, te l’ho mai detto?”
“Forse una volta o due…” ¹
 
La risata cristallina che aveva piegato le labbra imbronciate di Marlene risuona nella sua testa, mozzandogli il fiato.
L’inebriante profumo di rosa e camelia dei suoi capelli è impigliato nei suoi ricordi e, starà sicuramente perdendo il senno, ma lo percepisce anche lì — tra il lezzo e la disperazione annidati nell’oscurità.
Colpisce con rabbia il muro, fino a farsi sanguinare le nocche, per sentire dolore fisico perché deve, per forza, essere meglio di questa sensazione di vuoto che l’attanaglia e lo divora dall’interno.
Abbassa gli occhi e si ritrova a fissare il sangue che gl’imbratta le dita: le rivede affondate nei capelli biondi di Marlene, modellate contro la curva dei suoi fianchi, impegnate a tormentare languidamente i suoi seni e poi intrecciate alle sue, mentre affonda in lei e s’abbandona al piacere dell’orgasmo.
Colpisce più forte e stringe i denti quando sente il rumore inequivocabile delle ossa che si spezzano, perché forse, finalmente, il dolore sconfiggerà il senso di colpa e Sirius potrà piangere la perdita.
 
Qualcuno emerge dal negozio che sta sorvegliando e Sirius si maledice per l’impulsività, ritrovandosi a far fatica anche solo a non lasciar cadere la bacchetta.
Cerca invano d’individuare Rosier ma, pur se non indossano la maschera, sono troppo in ombra perché lui li riconosca e in fondo non gli interessa nemmeno così tanto.
La vista gli s’annebbia, quando solleva il braccio e mira al gruppo di Mangiamorte a pochi metri da lui, è in procinto di pronunciare l’incantesimo, ma il rumore di qualcuno che si Materializza alle sue spalle l’interrompe, prima che questi lo disarmi.
“Credi che facendoti uccidere risolverai tutto?”
Remus ha il tono sconfitto dei suoi giorni peggiori, ma Sirius lo nota a stento.
“Meritano di morire, quindi ridammi la bacchetta e vattene!”
“Non lo farò, non senza te…”
Sirius stringe i pugni, incrociando lo sguardo dell’amico: le pupille dilatate si confondono coi pozzi neri che hanno trasfigurato le iridi ossidiana e Remus non ci legge nient’altro che sete di vendetta.

 
Sono gli occhi spietati di chi ha amato sopra ogni cosa — e ha perso tutto.
 
“Marlene non vorrebbe questo.”
“Non puoi saperlo, visto che non ha nemmeno festeggiato il suo ventunesimo compleanno…”
Le iridi di Sirius sono attraversate da un lampo di dolore, che s’estende lentamente al resto del volto, prima di costringerlo ad accovacciarsi.
Remus s’accoscia al suo fianco, diventando il primo a riuscire a stringerlo da quando, due giorni prima, il mondo gli è crollato addosso.
“Andiamocene” sussurra Remus, prima di Smaterializzare entrambi.
 
 
“Buon compleanno, Lenie…”
 



 
¹ Dialogo tratto dalla mia OS “La condanna dei sopravvissuti” che ho riletto mentre scrivevo questa e che devo assolutamente rivedere quanto prima.
 

Nota dell’autrice:
Dunque, non so bene se questa flash rispecchia almeno un po’ quello che Rosmary aveva in mente quando durante il gioco “Obbligo, verità o salvataggio” mi ha sfidata a scrivere qualcosa che seguisse il prompt: “Ha gli occhi spietati di chi ha amato sopra ogni cosa.”
Sapevo solo che avrei voluto scrivere di Sirius e di ciò che ha provato quando Marlene gli è stata strappata via, distruggendo il loro amore.
Nel mio headcanon i due erano fidanzati e, quello che lui pianificava di fare nel giorno del ventunesimo compleanno, era chiederle di sposarlo; avrei voluto strutturare la storia diversamente e inserire un accenno all’anello di fidanzamento che Sirius ha in tasca, ma ho preferito lasciare questa storia in sospeso — diciamo. Mi è venuta un’altra idea riguardo a una sorta di sequel incentrato sull’anello che non le ha mai potuto dare e sulla domanda che non le ha mai potuto porre.
Al solito aspetto commenti, critiche o semplici pareri, sperando che la storia sia stata di vostro gradimento.

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Capitolo 5
*** L’infrangersi dell’infinito ***


[Storia partecipante al contest “Hold my Angst (Flash contest - Edite e inedite) - Seconda Edizione” indetto da BessieB sul forum efp.]  
 
 
 
L’infrangersi dell’infinito
 
 
“I'm here without you baby
But you're still on my lonely mind.
I think about you baby and I dream about you all the time.
I'm here without you baby
But you're still with me in my dreams
And tonight, it's only you and me.”

Here without you – 3 doors down



 
 
Il profumo inebriante di lavanda è l’unica cosa che percepisce quando si sveglia aggrovigliata tra le lenzuola di quel letto troppo grande — troppo vuoto. Il sogno è stato così vivido e Lexie crede d’impazzire, perché quelle che ha sentito erano le mani di Fabian, anche se è impossibile, lo sa, eppure non riesce a fermare i brividi che le risalgono la schiena. Il profumo dei suoi fiori preferiti è incastrato nella sua memoria: emblema di ricordi felici seppelliti nel suo subconscio, troppo dolorosi perché le lacrime non minaccino di scenderle lungo le guance. Sospira, abbracciandosi le ginocchia al petto, prima di battere lentamente le palpebre e mettere a fuoco la stanza spoglia che la circonda — il cuore martella nel suo petto che sale e scende affannosamente, cercando di riprendere fiato.
 
“Sposami, Alex.”
Un’affermazione, non una domanda.
“Sei matto? Ti sei scordato che siamo in guerra?”
“Una ragione in più per farlo, potremmo non vivere abbastanza a lungo da pentircene…”
“Non potrei mai pentirmene, Fab.”
La sua risposta è un abbraccio profumato di promesse e di un futuro da scrivere insieme.
 


Un futuro sgretolatosi come un fragile castello di sabbia colpito dall’impeto dell’alta marea.

 

*
 
Nella fredda notte newyorkese Alexandra si ritrova a tracciare i contorni delle loro labbra intente a baciarsi per l’eternità, all’interno della foto sgualcita che stringe tra le mani. In quel giorno di fine estate aveva toccato il cielo con un dito, ubriaca di felicità — convinta che un amore come il loro fosse destinato a sopravvivere a qualcosa di triviale come la guerra.
 
“Ce l’abbiamo fatta, Alex.”
Lei annuisce, trattenendo le lacrime.
“So che hai sentito la mancanza di Lily, ma faremo una cerimonia più grande e chiassosa quando ci saremo lasciati tutto questo alle spalle,” le promette a fior di labbra.
“Non puoi essere sicuro che questo giorno arriverà mai…”
“Tu però cerca di non essere pessimista,” il mormorio al suo orecchio è una preghiera, prima d’avvinghiarsi a lei per un altro bacio.
 


Non possono sapere che non arriveranno nemmeno a festeggiare i primi due mesi di matrimonio.

 

*
 
L’acqua della vasca è ormai tiepida e Lexie sa che sarebbe meglio uscire, per evitare di ammalarsi, ma non trova la forza di farlo — né la voglia. Sfiora le fedi che porta al collo fin dal momento in cui ha abbracciato il suo corpo esanime, piangendo tutte le sue lacrime. Ricalca l’infinito inciso all’interno degli anelli, accanto al nome e alla data, prima di abbandonarsi alle reminiscenze, consapevole che quella sarà un’altra notte insonne e tanto vale aggrapparsi ai ricordi felici — l’unica cosa che le è rimasta.
 
“Credo che l’infinito possa essere una durata accettabile per esprimere l’entità del mio amore per te,” le sussurra Fabian all’orecchio, prima di lasciare una scia di baci lungo il suo collo.
“L’infinito, eh?”
Lui annuisce. “L’ho saputo dal momento in cui ti ho baciata per la prima volta che sarebbe durata per sempre…”
 



Quel per sempre finisce bruscamente un mattino d’autunno, chiudendo in una morsa gelida il cuore di Lexie.
 
 



Note dell’autrice:
Era da tanto tempo che desideravo scrivere di Fabian e Lexie, perché nella mia testa loro sono caratterizzati alla perfezione, ma non trovavo mai il momento adatto.
Per mia fortuna nel corso del gioco ‘Scrivimi’ organizzato nel gruppo facebook ‘Caffè e Calderotti’ sono stata invitata da Maria Falcone a scrivere di una mia OTP di cui non avevo mai, o quasi mai, scritto, utilizzando se possibile come prompt una frase di una canzone a mia scelta e il genere romantico. Avrei voluto scrivere qualcosa di più felice, perché questi due se lo sarebbero meritato, ma invece mi è uscita una storia prettamente angst, prometto che prima o poi racconterò del loro passato felice — durato troppo poco.
Per quelli che conoscono già Lexie, spero che questo excursus nella sua vita a pochi mesi dalla perdita del marito sia stato degno del vostro tempo e abbia mostrato l’inizio della sua voglia di vendetta per la morte di Fabian. Per coloro che invece la incontrano per la prima volta, mi auguro di aver suscitato il vostro interesse e spero che siate spinti a saperne di più di lei.  

 

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Capitolo 6
*** Il mio posto nel mondo ***


Questa storia partecipa “al Calendario dell'avvento 2023 indetto da Sia e Cora sul forum Ferisce la penna"; il prompt di oggi è: guardare insieme un film natalizio 
 

 

 


 

 
Il mio posto nel mondo 
  

  
 
Il divano di seconda mano è talmente grande da occupare quasi per intero il risicato spazio che hanno scelto di dedicare al salotto, ma Andromeda ha scoperto che non gliene importa niente. La casa che condivide da qualche mese con Ted è così minuscola che non occuperebbe nemmeno la metà del salone della magione in cui è cresciuta. Eppure, per la prima volta nella sua vita, si rende conto di essere esattamente nel posto giusto e, soprattutto, che ha accanto a sé la persona giusta
 
Ted è disordinato e, nella sua passata esistenza, questo dettaglio probabilmente l’avrebbe fatta impazzire, ma ora si rende conto che poco le importa di tutto questo – che il disordine è solo un minuscolo frammento della personalità dell’uomo gentile e attento di cui si è innamorata. E non fa niente se, quando la vuole sorprendere preparandole la colazione, la cucina si trasforma in un campo di battaglia, del resto è lei la migliore nella padronanza degli incantesimi per la pulizia e, con un veloce colpo di bacchetta, il piano chiaro torna a splendere come prima che Ted iniziasse a mischiare farina, burro e uova.  
Studia tutto il giorno all’Accademia Ted, ma torna a casa con il sorriso, nonostante la stanchezza, e condivide con Andromeda i dettagli più importanti e divertenti della sua giornata. Suo padre non lo ha mai fatto, dopo una giornata in giro per affari tendeva a rinchiudersi nella biblioteca che tanto amava – l’angolo della casa della sua infanzia che più manca ad Andromeda – e non riemergeva finché non era proprio lei ad andarlo a chiamare per comunicargli che la cena preparata dagli elfi era pronta e aspettavano solo lui per accomodarsi.  
 
Quel mattino, uscendo prima dell’alba, Ted le ha ricordato che sarebbe stato l’ultimo giorno di lezioni prima della pausa natalizia e che aveva intenzione di celebrare con lei, coinvolgendola in una delle sue tradizioni natalizie preferite. Andromeda si è chiesta per tutto il giorno, tra un tomo di Magisprudenza e l’altro, cosa potesse avere in serbo per lei Ted, ma non è mai stata brava a indovinare le sorprese che il ragazzo organizza per lei e alla fine si è arresa, rimanendo sbalordita quando l’ha osservato rientrare portando un enorme oggetto nero dall’aria inquietante. 
“E questa sarebbe la sorpresa?” 
“Si, non essere così scettica, Meda…” 
La ragazza si è stretta nelle spalle, osservandolo armeggiare con fili e prese. 
Dopo qualche attimo, si è resa conto che lo strano oggetto aveva in qualche modo preso vita, mostrandole immagini in movimento. 
“È una televisione!” le spiega in tono entusiasta, armeggiando con un piccolo oggetto che pare essere in grado di impartire ordini allo schermo colorato. 
“Ne so esattamente quanto prima…” 
“Aspetta e vedrai,” sussurra Ted, “siediti sul divano, io arrivo subito,” aggiunge, senza elaborare oltre. 
 
Andromeda osserva incuriosita le immagini e le voci che riempiono la strana scatola scura, che si susseguono velocemente senza darle davvero il tempo di raccapezzarcisi. 
Quando Ted prende posto al suo fianco, lo fa porgendole un’enorme ciotola di pop-corn e un paio di Burrobirre. 
“Questa sera in tv danno il mio film di Natale preferito, Miracolo nella 34a Strada, ci tenevo a farlo vedere anche a te… con i miei genitori facevamo sempre qualche serata cinema durante le vacanze di Natale e questo film non mancava mai,” le spiega, prima di afferrare una manciata di pop-corn. 
Andromeda ricambia il suo sorriso, accoccolandosi nel suo abbraccio che profuma di menta e cioccolato, con un vago sentore di disinfettante che però non la disturba e si rende conto, una volta di più, di quanto distante questo suo presente sia dal futuro che i suoi genitori avevano immaginato per lei. Sente la mancanza della sorella minore, e anche del padre, se è sincera con sé stessa, ma non avrebbe avuto senso continuare a fingere di essere come loro si aspettassero che fosse – non se questo significava rinunciare a Ted e al loro amore. Ha sempre sperato di essere in grado di uscire dall’imponente ombra di una sorella maggiore che non l’ha mai davvero capita – tranne forse quando erano bambine. Leggendo i libri conservati nella biblioteca che il padre era felice di condividere con lei, ha sperato di riuscire a studiare e saperne sempre di più di tutte le leggi che da sempre l’hanno affascinata, ma secondo sua madre l’idea di una rampolla Purosangue che si dedicava allo studio di una professione era terribilmente fuori luogo. Ted invece l’ha spronata a inseguire i suoi sogni, trasformandosi nel suo più grande sostenitore e mostrandole che c’era letteralmente un intero mondo da scoprire là fuori, un mondo del quale Andromeda non aveva mai sentito nemmeno parlare prima di giungere a Hogwarts.  

 

Osservando le avventure vissute dalla bambina protagonista del film, Andromeda si rende conto che si rivede in lei e nell’entusiasmo con cui sta affrontando questa vita a due – che sarebbe stata estremamente diversa, se avesse accettato di sposare il primogenito dei Selwyn. Aveva cercati di spiegare a sua madre che non se la sentiva di passare la vita con uno sconosciuto, essendo il prescelto di una decina d’anni più grande di lei, ma Druella si era sempre mostrata irremovibile, inconsapevole che stesse spingendo la sua secondogenita tra le braccia di Ted, ogni giorno un po’ di più. 

 
Quando il film finisce, Ted osserva il volto di Andromeda fissare rapito lo schermo e si rende conto che quella sarà solo la prima di una lunga serie di serate cinema. 
“Grazie di aver organizzato tutto questo…” 
“Sono contento che tu ti sia divertita, tesoro.” 
“Non vedo l’ora di scoprire che altro mi sono persa, durante la mia rigida infanzia Purosangue…” 
“E io sono impaziente di svelarti ogni infinitesimo dettaglio,” la rassicura lui, baciandola con dolcezza, per poi approfondire il bacio, reclamando un contatto più profondo. 
Assaporando le labbra di Ted, Andromeda è consapevole ancor di più di quanto il suo abbraccio, e ancor più precisamente lui, siano diventati il suo posto nel mondo e sorride – grata al destino che li ha fatti incontrare tra i banchi di scuola. 
 


 


 
 
 
Nota dell'autrice:
Da amante del Natale, proprio non potevo esimermi dal partecipare al Calendario dell'avvento, iniziando da questi due, che amo alla follia. 💚💛 
Non so se riuscirò a completare ogni singola casellina, ma ci spero davvero tanto, così come spero che le storie possano piacervi.
Alla prossima!

 
 

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Capitolo 7
*** Buon sangue non mente ***


Questa storia partecipa “al Calendario dell'avvento 2023 indetto da Sia e Cora sul forum Ferisce la penna"; il prompt di oggi è: ninna nanna. 

 
 

Buon sangue non mente
 
 
La vecchia radio che Marlene ha portato con sé da casa sua è accesa a volume basso su una stazione che trasmette musica natalizia tutto il giorno; Sirius si sta abituando al sottofondo – che non ha decisamente nulla a che fare con i Natali della sua infanzia. Ad essere sinceri, farebbe volentieri a meno delle canzoni di Celestina Warbeck, ma fortunatamente queste sono inframezzate da altre più recenti e leggermente più sopportabili e, comunque, non potrebbe mai negare a Marlene qualcosa che la fa sorridere in modo così sincero e coinvolgente, anche se le sue orecchie dissentono. Quelle stesse canzoni poi, si sono rivelate essere una ninna nanna fenomenale per far addormentare Harry poco dopo il suo arrivo tramite camino, quindi Sirius si è rassegnato ad ascoltarle almeno per il resto della serata.
“Harry dorme ancora?” le domanda, cingendole la vita.
“Esattamente come cinque minuti fa... sembra quasi che tu non ti fidi di me, Sirius Black.”
“Certo che mi fido, è solo che James è leggermente paranoico riguardo al suo erede e non vorrei mai che gli possa succedere qualcosa mentre è sotto la nostra tutela...”
“Cosa pensi che possa accadergli in una culla al calduccio nella nostra camera da letto?”
“Potrebbe essere tormentato da un fantasma,” ribatte il ragazzo, grattandosi il mento.
“Viviamo qui da più di un anno e non ci è mai capitato di incontrare un fantasma, perché dovrebbe accadere proprio ora?”
“Giusto per complicarmi la vita,” ghigna Sirius.
“Sei tu che la complichi a me, quando fai così,” bofonchia Marlene, scuotendo la testa.
“Sarò anche peggio con i nostri figli, meglio che ti ci abitui...”
“Questo sì che  è decisamente un territorio inesplorato,” si stupisce la ragazza.
“Beh, ormai la nostra relazione è consolidata, quindi ultimamente ci ho fatto un pensierino e... non mi dispiacerebbe averne un paio, ovviamente solo  se tu sei d’accordo, capisco che il mio codice genetico non risulta particolarmente invidiabile, ma spero che il tuo possa mitigare i difetti che noi Black abbiamo in abbondanza.”
“Saresti un papà meraviglioso e non posso negare di averci riflettuto anche io...”
“E?”
“Credo che mi piacerebbe averne almeno tre.”
“Mhmm, mi piace come pensi, signorina McKinnon,” mormora Sirius, sfiorandole le labbra con un bacio.
“Mi capiresti se ti confessassi che ti tengo che sarebbe meglio attendere che questa stupida guerra sia finita, prima di allargare la famiglia?”
“Sono assolutamente d’accordo con te, amo Harry e sono così felice che sia arrivato nelle nostre vite, ma non riesco a non credere che James e Lily non si stiano godendo la sua infanzia come avrebbero meritato, se non ci fosse stata la guerra…”
“Già,” Marlene annuisce, seguendo il flusso dei propri pensieri, tentando di non farsi intristire al pensiero delle tante, troppe, persone che hanno già perso.
“Pero, hey, nessuno ci impedisce di continuare a perfezionarvi con la pratica nel frattempo,” suggerisce in tono malizioso Sirius, ricominciando a baciare Marlene, determinato a cancellare la malinconia dai suoi occhi color del cielo.
“Ti ho mai detto che mi piace come pensi?”
“Mhmm, forse una volta o due…”
Il sorriso che Sirius le rivolge esprime la più sincera delle felicità e Marlene non può che ricambiare il suo abbraccio entusiasta, scordandosi per un attimo – uno soltanto – della guerra che infuria sempre di più e del Natale che sembra impallidire a confronto con quelli degli anni precedenti.
 
Una mezz’ora dopo Harry richiama con un versetto le loro attenzioni, e i due ragazzi lo raggiungono, trovandolo intento a osservare la giostrina musicale che Remus ha costruito per lui: sulla quale un cervo, un cane, un lupo e un topo si rincorrono insieme a stelle e pianeti.
“Hey, piccolino… ti è forse venuta fame?” domanda con dolcezza Marlene, avvicinandosi alle manine tese di Harry.
Sirius carezza la testolina spettinata del figlio del suo migliore amico e sente il cuore esplodergli nel petto alla vista della donna che ama, mentre lo stringe tra le braccia.
“Non sono certo di riuscire ad attendere la fine della guerra, sai?”
“Ma che dici?” ribatte Marlene, abbracciando Harry e sussurrandogli le parole di una ninna nanna natalizia che sua madre era solita cantare sempre a lei.
“Per vederti in veste di mamma, non so se riuscirò ad aspettare così a lungo…”
“Un passo alla volta, Black, cerchiamo di sopravvivere a questa serata prima di tutto…”
“Temi che sarei irresistibile, con un bambino tra le braccia? Sei consapevole che non potresti resistermi in nessun modo?”
“Sono consapevole che tu sia decisamente pieno di te, quello sì…” celia Marlene, adagiando Harry sul cassettone adibito a fasciatoio, “passami i pannolini.”
Sirius arriva con la borsa blu trapuntata di stelle che contiene i cambi di Harry e la porge a Marlene, che invece gli fa spazio, “cambiagli tu il pannolino, così inizi a fare pratica… io vado a scaldargli il latte.”
Il ragazzo non ha nemmeno il tempo di ribattere, perché Marlene l’ha lasciato solo a chiedersi come esattamente si apra la tutina ricoperta di Boccini che Harry indossa; il suo figlioccio ricambia lo sguardo incerto di Sirius e emette lievi gorgoglii.
“Hai capito che non ho la minima idea di quello che faccio, vero?”
Harry gli rivolge un sorriso sdentato che Sirius ricambia entusiasta.
“Wow, questo pannolino è indecente, piccoletto!”
Forse per via dell’aria fredda, oppure per le mani inesperte di Sirius, Harry scoppia in lacrime e l’uomo si paralizza, chiedendosi come calmarlo al meglio. Il piccolo sembra disperato e Sirius, non sapendo che altro fare, inizia a canticchiare “Angie” dei Rolling Stones, nel vano tentativo di calmarlo.
Marlene li trova così: Harry con il pannolino storto, Sirius coperto di borotalco e la voce del ragazzo che canticchia leggermente stonata le parole di Mick Jagger.
“Diciamo che avresti potuto fare molto peggio,” lo rincuora Marlene con un sorrisetto.
“Sembri stupita, McKinnon!” borbotta oltraggiato.
“Un po’ lo sono…”
“Sono pieno di sorprese, ormai dovresti averlo imparato.”
“Touchè,” sussurra lei, sollevando le mani, “mi permetto solo di farti notare che questa non sia forse la ninna nanna più adatta a un neonato…”
“Ma Harry non è un neonato qualunque, ha buon gusto in fatto di musica, ovviamente.”
“Ovviamente,” celia Marlene.
“Perché lo ha ereditato da me,” chiarisce Sirius, “buon sangue non mente, vero piccolino?” domanda Sirius, prendendo in braccio il bambino, incurante della tutina semiaperta.
Marlene gli porge il biberon, “vediamo come te la cavi con la poppata!” esclama, strizzandogli l’occhio.
“Alla grande, non è la mia prima volta.”
“Lo so, io approfitto per pulire il disastro sul nostro cassettone…”
“Giusto, meglio dividerci i compiti.”
“Sai che ti amo, vero?”
“Anch’io…”
 
 



Nota dell’autrice:
Questo prompt si prestava potenzialmente a così tanti personaggi che è stato abbastanza difficile scegliere, ma poi mi è sembrato perfetto per regalare un momento sereno a Sirius in qualità di padrino, visto che ne ha vissuti davvero troppo pochi con Harry.
E, sì, io James me lo immagino tanto più ansioso di Lily, che invece è una santa – povera ragazza.

 


 

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Capitolo 8
*** Segreti da condividere ***


Questa storia partecipa “al Calendario dell'avvento 2023 indetto da Sia e Cora sul forum Ferisce la penna"; il prompt di oggi è: cioccolata calda. 

 

Segreti da condividere
 
 

Se c’è una cosa che Remus fatica a capire, è come faccia il freddo a penetrare così facilmente tra le mura di Grimmauld Place – quasi come se la casa si stesse ribellando alle persone che la frequentano in questa nuova quotidianità. Ogni giorno osserva Sirius accendere e ravvivare il fuoco in ogni camino presente all’interno della casa, eppure il riscaldamento sembra non funzionare nemmeno. Non ha mai amato particolarmente il freddo, forse perché gli pare che sia in grado di penetrargli nelle ossa – ogni anno un po’ di più –, e poi il Natale non è più lo stesso ormai da anni e forse sarebbe il caso di arrendersi all’evidenza che il gelo emotivo è anche maggiore di quello fisico.
A tarda sera è abbastanza convinto di essere l’unico che ancora si aggira nella casa silenziosa: la riunione dell’Ordine è finita da un pezzo, Sirius è andato a rifugiarsi nella stanza di Fierobecco, Bill ha insistito per accompagnare a casa Fleur, Molly e Arthur sono andati a dormire e i pensieri sono l’unica compagnia di Remus. Armeggia tra gli armadietti alla ricerca di un ingrediente che ha visto utilizzare da Molly solo poche sere prima, è in punta di piedi e le dita intirizzite faticano a far presa sulla scatola metallica che riesce solo a sfiorare. Quando finalmente riesce ad afferrare più saldamente il contenitore, sente i piedi perdere un po’ del loro attrito sul pavimento e borbotta una maledizione tra sé e sé.
“Posso aiutarti?” domanda la voce divertita di Tonks, facendo prendere un colpo a Remus.
“Per Godric! E tu da dove spunti?”
“Dall’ingresso... avevo detto che sarei venuta qui dopo il turno  stasera, visto che mi sarei persa la riunione.”
Remus annuisce, “giusto, me ne ero dimenticato, scusa.”
“Ora torno alla mia domanda di prima, posso aiutarti?”
Remus scuote la testa, “cercavo solo di prendere la scatola con il preparato per la cioccolata calda, non capisco dove Molly sia riuscita a nasconderlo,” borbotta Remus, passandosi una mano sul volto stanco.
“Un incantesimo di Appello ti sembrava una scelta troppo stravagante?” celia Tonks, sfoderando la propria bacchetta.
“Non so perché, ma non ci avevo pensato,” ammette Remus, avvampando sotto lo sguardo indagatore dell’Auror.
Dora gli sorride, prima di far volare fuori dall’armadietto, con un’eleganza inaspettata, la scatola di latta blu che Remus era solo riuscito a sfiorare.
“Grazie per l’aiuto.”
“Ci mancherebbe altro…”
“Ne vuoi una tazza?”
“Credevo non lo avresti mai chiesto,” dichiara Tonks, strizzandogli l’occhio.
Remus si concentra sulla ricerca delle tazze, tentando invano d’ignorare la sensibile accelerazione che ha avuto il suo battito cardiaco.
“Sai se ci sono dei biscotti?” gli domanda la ragazza, assolutamente inconsapevole dell’effetto che ha su di lui.
“Molly li ha sfornati prima della riunione.”
“Oh! Ci sono gli snickerdoodle, i miei preferiti!”
“Sono anche i miei,” mormora Remus, incapace di nascondere il proprio stupore.
“Sai cosa si dice delle grandi menti, no?” ridacchia Tonks.
Remus annuisce, indirizzandole un sorriso che fatica a raggiungere i suoi occhi.
“Posso chiederti una cosa?” domanda Dora, dopo che Remus le ha porto una tazza fumante.
Un altro cenno del capo la sprona a proseguire. “Hai voglia di dirmi cosa ti rende così triste? So che potresti dirmi che non è affar mio, ma, da amante del Natale, ci tengo che a gente lo possa festeggiare in serenità…”
Remus deglutisce, prendendo tempo, ripescando un paio di marshmallow dalla propria tazza, per poi incrociare le iridi plumbee di Tonks – che quella sera sfoggia ciocche di un color mogano piuttosto serioso.
“Diciamo che, da troppi anni ormai, non mi sembra di avere molte ragioni di festeggiare…” confessa infine, rigirando con il cucchiaino il contenuto della sua tazza.
“Scusami, parlo sempre senza riflettere, se solo lo avessi fatto io…”
Remus la interrompe, “in realtà ti ringrazio per averlo notato, non è facile parlarne con Sirius…”
“Già, immagino che il temperamento per cui mio cugino è sempre stato famoso non sia stato migliorato dal carcere.”
“Decisamente no,” concorda Remus e, questa volta, il suo sorriso riesce ad illuminargli anche gli occhi.
“Per fortuna ultimamente questa  casa è piena di vita ultimamente,” commenta Tonks, dopo qualche istante di silenzio in cui i due si sono goduti la cioccolata.
“Già, anche se ovviamente non è affatto facile per lui…”
La ragazza allunga la mano sul tavolo, fino a sfiorare le lunghe dita di Remus. “Hai le mani da pianista, te l’ha mai detto nessuno?”
“Mia madre mi ha insegnato pianoforte, in realtà.”
“Anche mio padre ha tentato di insegnare a me, purtroppo non ero la migliore delle studentessa, faticavo a stare ferma…”
“Chissà perché non sono stupito,” sussurra Remus, ricevendo un’occhiataccia.
Tonks gli dà una manata, prima di porgergli la tazza vuota, “c’è ancora un po’ di questo nettare degli dei?”
“Si,” la rassicura Remus.
“Dovrai raccontarmi come a farla così buona…”
“È un ricetta segreta, tramandata di generazione in generazione.”
“Peccato, avrei voluto condividerla con mio padre, in modo che potesse farla anche a mia madre… nel mio caso è generalmente meglio che stia lontano dai fornelli.”
“Per ora sono disposto a fartela ogni volta che la desidererai, un domani, chissà…”
“Mi accontento sicuramente, poi mi metterò all’opera per concederti,” dice Tonks, strizzandogli nuovamente l’occhio.
“Il segreto sono cannella e noce moscata,” sussurra cospiratorio Remus, dopo aver finito la seconda tazza.
“Ecco spiegato quel retrogusto speziato perfetto che si sente…”
“Grazie mille, sai,” dichiara dopo un po’ Tonks, “il tuo segreto è al sicuro con me.”
 
 

 


 
Nota dell’autrice:
Che dire? Il cioccolato, in qualsiasi forma, mi fa sempre, sempre, pensare a Remus – quindi di riflesso a Dora. Spero che questo momento piccino picció, vi sia piaciuto.

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