Lingue di Fuoco

di Mysterious_Nightmare
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - La ragazza perduta ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 - Polvere di memorie ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 - Freddo, buio e fuoco ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 - Il Sogno Bianco ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 - L'arciere solitario ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 - Verità nascoste ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 - La via della spada ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 - Magie ed errori ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 - Riunione di famiglia ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 - Tempo e Spazio ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 - Fughe notturne ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 - Cicatrici ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PROLOGO


Thyus raschiò la ruvida parete della cella, aggiungendo una nuova linea a fianco alle altre.

«Trecentosessantacinque» mormorò, scivolando a terra con la schiena contro il muro «È già passato un anno.»

Perché fosse finito lì, in quella cella bianca e fredda, ancora se lo chiedeva. Non aveva memoria, in realtà, nemmeno di come fosse arrivato a Mitfeld. L'ultima cosa di cui si ricordava era la giornata passata con suo padre a tagliare la legna per l'inverno. Era andato a dormire tardi quella sera, ma la mattina dopo non si era svegliato nel suo letto, bensì sulla dura pietra di quella prigione silenziosa.

Nessuno gli rivolgeva la parola. Aveva più volte chiesto, urlato, supplicato di ottenere una spiegazione, ma nessuna risposta era mai arrivata da quelle guardie nelle loro armature scintillanti.

Una volta, era riuscito a origliare una conversazione tra due soldati. Era certo che parlassero di lui, d'altronde era l'unico detenuto che chiamavano speciale.

Pericoloso. Così lo avevano descritto i due. Se la situazione non fosse stata tanto tragica, avrebbe riso per quell'aggettivo così distante dal suo status di semplice mago di un villaggio sperduto nel nulla. Certo, era specializzato in magia nera, la nota magia degli incubi, dell'oscurità e della manipolazione mentale, ma ciò non faceva di lui un mago pericoloso.

Da quella conversazione era riuscito a captare solamente una cosa: dalla notte in cui si era addormentato nel comodo letto di casa sua al giorno in cui si era risvegliato bruscamente in quella cella erano trascorsi circa tre anni.

Tre anni di cui non riusciva proprio a ricordarsi.

Era certo che, qualsiasi cosa avesse fatto, di sicuro non erano state buone azioni. Tuttavia, aveva il sospetto che avessero preso il mago sbagliato. Non era da lui andare contro la legge.

Il forte rumore di un'esplosione attirò la sua attenzione e lo fece alzare di scatto.

Si diresse verso la piccolissima finestra della cella e, in punta di piedi, si affacciò per poter osservare fuori: soldati corazzati uscivano velocemente dal castello, pronti a difendere il loro sovrano. In lontananza, una nuvola di vapore avanzava, inghiottendo la città.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 - La ragazza perduta ***


PARTE PRIMA


La cosa più bella che possa capitare a un essere umano, è di scoprire il fuoco sacro, il fuoco della sua anima. E di fare in modo che la vita intera sia l'espressione di questa anima.

— Annie Marquier







 

CAPITOLO 1 - LA RAGAZZA PERDUTA

 

Fu un'insolita sensazione di solletico a ridestarlo dai propri sogni quella mattina. Thyus scosse la testa per liberarsi dal fastidio e si girò di lato, deciso a riaddormentarsi.

Qualcosa si mosse di fianco al suo viso, ma lui non vi diede importanza, fino a che, d'un tratto, quel qualcosa non gli pinzò un orecchio.

«Irien!» esclamò, alzandosi di scatto con una mano all'orecchio mentre tentava, con l'altra, di afferrare il corvo che svolazzava via verso il suo trespolo, ben conscio che, se Thyus fosse riuscito ad acchiapparlo, avrebbe visto un paio di piume lasciare il loro posto «Maledetto uccellaccio, ti pare questo il modo di svegliare il custode della tua anima?»

«Ordini di tua madre» gracchiò di rimando il corvo «Ha detto che lei e Dorun devono parlarti di qualcosa di importante.»

«Da quando un Animale Spirituale ascolta ordini non impartiti dal proprio custode? E poi lo sai: quando dicono che è importante, di solito si tratta di lavori pesanti da fare. Quindi grazie, ma no, grazie» Thyus si lasciò cadere mollemente sul letto, emettendo un lungo e sonoro sbadiglio «Ho tagliato talmente tanta legna ieri che questa notte credo di averla pure sognata.»

«Cambierebbe qualcosa se ti dicessi che riguarda una certa lei

«Lei chi?» Thyus sollevò la testa dal cuscino «Irien, parla. Lo sai quanto mi diano fastidio gli indovinelli.»

«Sto parlando di Zhenya» la voce del corvo era incerta «L'hanno avvistata.»

Thyus saltò fuori dal letto ancor prima che l'animale finisse di parlare e, afferrati i primi indumenti che gli capitarono a tiro, uscì dalla stanza e scese dalle scale facendo i gradini a due a due.

Aveva aspettato il suo ritorno senza mai allontanarsi dal villaggio. Per anni era rimasto a scrutare dalla finestra di camera sua chiunque passasse, nella speranza di trovare, tra quei tanti volti, un paio di occhi rubino.

Spalancò la porta dell'unica stanza al piano terra ed entrò con il respiro affannato, rosso in viso.

«L'hanno trovata?» vomitò quelle parole come se la sua intera vita dipendesse da esse.

I suoi genitori lo invitarono a sedersi. Non sembravano buone notizie.

«Sta bene?» si trascinò sulla sedia più vicina. 

«Pare di sì.» Thyus ascoltò suo padre in silenzio «Ci sono giunte voci, tuttavia, che non indicano nulla di buono. Ci è stato riferito che sia tornata nel suo regno, nelle Terre Bruciate, e sembra che si sia unita a una delle tante sette che cercano di controllare quel territorio.»

«No» Thyus si alzò, battendo le mani sul tavolo «Lei non farebbe mai una cosa del genere. Mai!»

«Siamo esterrefatti quanto te» esordì calma sua madre «Ma sapevamo tutti che sarebbe potuto accadere.»

«Non voglio nemmeno sentirne parlare» la interruppe Thyus bruscamente. Si voltò di scatto e uscì dalla stanza sbattendo la porta "Lei è diversa."

«Molto maturo» giudicò una voce gracchiante.

«Taci, lo sai come la penso.»

«Sì e, per la millesima volta, ti ripeto: non è diversa. Sai benissimo che è come tutti i maghi innati» continuò Irien, ignorando il mago «Alla fine impazziscono, consumati dal proprio potere. Ascoltami, per una volta: accetta la situazione per quella che è e vai avanti. Sei rimasto a Loder fin troppo tempo per i miei gusti. Un mago del tuo calibro dovrebbe viaggiare e continuare a migliorarsi. Invece hai preferito rimanere qui e aspettare il ritorno di una ragazza qualunque.»

«Non è una ragazza qualunque.» Thyus si sedette sul letto, nascondendosi il viso fra le mani.

«Hai ragione» Irien era impassibile «È una maga innata del Fuoco che, come tutti i suoi simili, ha perso il controllo dei propri impulsi.»

Thyus la ignorò. Allungò la mano verso il libro di magia che teneva di fianco al letto, lo aprì e si immerse nella lettura. O meglio: tentò. In una parte remota della sua testa, il pensiero di Zhenya continuava ad assillarlo.

"Se fosse rimasta non sarebbe successo. Potevo aiutarla, gliel'ho sempre detto."

Si lasciò sfuggire un grido di rabbia e frustrazione, richiamando l'attenzione del corvo.

«È inutile rimuginarci sopra. Non puoi cambiare una situazione sulla quale non hai alcun potere.»

"Lo so." Thyus non ebbe il coraggio di risponderle, poi, d'un tratto, si illuminò.

«Ma io posso cambiare la situazione!» esordì, saltando in piedi sul letto «Irien, la soluzione è molto semplice. La ritroviamo, le parliamo e torna in sé.»

Ci fu un breve silenzio, poi Irien scoppiò in una fragorosa, gracchiante, risata.

«Non ho mai sentito nulla di più stupido!»

«Pensala come vuoi, ma ho preso la mia decisione. Partiremo per Mitfeld, otterremo il permesso per viaggiare fino alle Terre Bruciate e andremo a salvarla da se stessa.»

Sentì bussare.

«Posso entrare? Non ho potuto fare a meno di origliare; parlate con un tono di voce talmente alto che, in realtà, è impossibile ignorarvi.» Sua madre aprì senza aspettare una risposta e si sedette accanto a lui «Thyus, abbiamo sentito che vuoi partire per ritrovare Zhenya e, nonostante crediamo che sia assurdo e improbabile che tu riesca a salvarla, io e tuo padre vogliamo aiutarti.»

Thyus non credeva alle proprie orecchie. Non lo avevano mai ostacolato nelle sue scelte, ma non pensava avrebbero accettato una decisione del genere.

«Non possiamo venire con te, questo è certo, ma possiamo darti un po' di denaro per viaggiare e un piccolo regalo che ti tornerà sicuramente utile.» continuò sua madre porgendogli una scatola di legno per poi alzarsi e dirigersi verso la porta «È un cimelio di famiglia, trattalo con cura.»

Aspettò che sua madre uscisse dalla stanza prima di aprire con foga il cofanetto e rivelarne il contenuto. Era un pugnale -un bellissimo pugnale- dalla luccicante lama argentata e un'impugnatura dorata decorata con svariate pietre azzurre. 

«Guarda.» Irien, che si era avvicinata, puntò con il becco la lama «C'è un'incisione.»

«Se solo sapessi tradurla» sospirò il mago «Sono rune elfiche, non le ho mai imparate.»

«Scommetto che la biblioteca di Mitfeld abbia dei volumi sulle rune elfiche. Potremmo andarci.»

«Hai ragione. Ci fermeremo qualche giorno lì, dovremo aspettare il permesso di viaggio comunque» osservò Thyus «Prepariamoci: partiremo domani all'alba.»

Se fosse rientrato nei suoi poteri, Thyus avrebbe fatto sorgere il sole molto prima

Se fosse rientrato nei suoi poteri, Thyus avrebbe fatto sorgere il sole molto prima. Non aveva chiuso occhio quella notte, impaziente com'era di partire.

Si trovava davanti all'uscio, pronto per partire, con lo zaino in spalla e quel poco denaro che i suoi genitori erano riusciti a prestargli. Assicurato alla cintura, portava il pugnale regalatogli da sua madre e, stretto nella mano destra, il suo fidato bastone magico.

«Continuo a pensare che non sia una buona idea, ma so che partiresti comunque, quindi non ti fermerò» commentò suo padre prima di augurargli buon viaggio.

«Mi raccomando, sii prudente e scrivici ogni tanto» si raccomandò sua madre con gli occhi lucidi «E fidati di Irien, saprà sempre come guidarti.»

Thyus annuì e l'abbracciò per un'ultima volta prima di battere a terra il bastone due volte, facendo apparire un mantello addosso a sé.

Partì senza guardarsi indietro, convinto che, se lo avesse fatto, avrebbe cambiato idea all'istante.

Irien lo raggiunse in volo e planò fino ad atterrare sulla sua spalla. Thyus girò la testa e le lanciò un'occhiata interrogativa.

«Ci aspettano due giorni di cammino. Preferisco risparmiare le energie fin che posso» si spiegò lei.

Thyus scosse leggermente la testa in segno di rassegnazione e iniziò a percorrere il sentiero fino ad addentrarsi nel vasto bosco che lo separava dalla sua meta.

Le ore trascorsero veloci; abituato a camminare sui ripidi sentieri di montagna, una volta disceso nella pianura boschiva il suo passo si era sveltito.

Ben presto, la poca luce solare che filtrava dalle fitte fronde degli alberi lasciò spazio ai flebili raggi lunari, che costrinsero il mago e il proprio Animale Spirituale ad accamparsi in una limitata radura a metà strada.

Davanti al piccolo fuoco che aveva acceso, Thyus consumò la sua razione da viaggio e decise di divertirsi con la magia, facendo scomparire e ricomparire con la sua arte illusoria la foglia che teneva tra le lunghe dita affusolate. Aveva ripetuto così tante volte quell'esercizio, che ormai era solo più un passatempo.

«Perché non provi a creare un incantesimo?» lo spronò Irien a un certo punto, per nulla intrattenuta da quella semplice illusione.

«Serve un permesso speciale dal Gran Mago, lo sai.»

«Siamo in una radura nel bel mezzo della notte. Nessuno lo verrà mai a sapere.»

Thyus non rispose e continuò con i suoi esercizi fino alla noia.

«Hai una cattiva influenza su di me» sospirò, lasciando cadere la foglia. Irien rispose alle accuse con una risata gracchiante e osservò il proprio custode perdere lo sguardo nel fuoco che scoppiettava davanti a lui.

Perso nei suoi pensieri, Thyus cercava di capire che tipo di incantesimo gli sarebbe piaciuto creare. Conosceva a memoria tutte le magie presenti nei manuali e ognuna di esse aveva lo scopo di confondere la mente o di manipolarla. Si chiese, non per la prima volta, perché non ci fossero incantesimi con effetti fisici, osservabili dall'esterno. A pensarci bene, solamente chi praticava magia nera e magia bianca aveva a disposizione una vasta gamma di incantesimi mentali, ma nessuno fisico. Trovò il fatto molto strano, così decise che la sua prima magia sarebbe stata differente dalle solite.

Un sottile fumo nero iniziò a scaturire dalla base del bastone.

«Un incantesimo fisico?» Irien era perplessa.

«Ho pensato che potrebbe tornarmi utile» spiegò «Se incontrassimo dei briganti, potrei aver bisogno di sparire per evitare uno scontro, ma non posso manipolare la loro mente per rendermi invisibile ai loro occhi se mi trovo nel loro campo visivo. Purtroppo non ho le stesse dimensioni di una foglia. Con un incantesimo come questo, però, potrei impedire loro di vedermi per tutto il tempo necessario per completare la magia.»

«Ne servirà molto di più se vorrai impedire a chiunque di vederti» osservò il corvo.

«Ci sto provando» Thyus grugnì, impegnato a incanalare più energia dal suo corpo nel bastone «Ma non riesco a emetterne più di così. Sembra quasi che ci sia un blocco.» Rinforzò la presa sul bastone, che iniziò a scricchiolare, costringendo Thyus a interrompersi per paura di romperlo.

«Irien, i bastoni sono in gradi di sopportare qualunque tipo di magia, vero?»

«Certo. D'altronde un mago tiene lo stesso per tutta la vita nonostante gli incantesimi diventino via via più potenti.»

"E allora perché..."

«Stai bene?» Irien ruppe il breve silenzio «Ti vedo pallido.»

«Sono solo stanco» mentì. Si sdraiò accanto al fuoco e chiuse gli occhi «Cerchiamo di dormire un po', domani ci aspettano altre ore di cammino prima di arrivare a destinazione.»

"Irien non ha sentito il bastone scricchiolare. Che sia stata solo una mia impressione?" si domandò mentre si assopiva.
 

 Thyus osservò l'Animale allontanarsi e, poco dopo, iniziò a correre dalla parte opposta, deciso ad arrivare a Mitfeld il prima possibile, con la speranza di non incontrare più Goblin o altri personaggi tanto misteriosi quanto letali

Il soldato ripose la sua lancia. 

«Benvenuto a Mitfeld, capitale degli Elfi.»


 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 - Polvere di memorie ***


CAPITOLO 2 - POLVERE DI MEMORIE


Concentrata sulla sua missione, Irien si librava nell'aria, seguendo a distanza i tre individui incappucciati. Non era difficile stare al loro passo, ma non potè fare a meno di notare quanto fossero più veloci rispetto a un normale essere umano. 

Sempre tenendosi a debita distanza per non farsi notare, cercò di scrutare le tre figure, in cerca di qualche indizio su chi fossero o su dove fossero diretti, ma non riuscì a scorgere i loro volti. L'unica cosa che notò fu una lunga, solitaria, ciocca di capelli argentati scorgere dal cappuccio dell'arciere. 

Avevano lasciato già da tempo il sentiero e si addentravano sempre di più nella foresta, in una corsa silenziosa fra gli alberi. Le facevano male le ali; erano anni che non volava ininterrottamente per ore. Da quando Thyus aveva deciso di non lasciare Loder per aspettare Zhenya, non si era mai allontanata troppo.

"Chissà come se la cava senza di me?" rimuginò, inquieta "Spero solo che non si cacci nei guai."

Dopo averli inseguiti per ore, vide il gruppo rallentare e, d'un tratto, scomparire davanti ai suoi occhi, costringendola ad arrestarsi su un ramo.

"Dove sono finiti? Come ho fatto a perderli di vista? Erano proprio qui davanti a me." Scrutò l'area più volte, ma non vide nessuno "Non possono essersi volatilizzati."

Eppure era così. Le sembrava impossibile, ma i tre erano proprio scomparsi nel nulla.

Attese ancora, sperando di captare qualche rumore, ma nulla le indicava che fossero ancora lì.

Le venne il sospetto che si fossero accorti di lei e sentì di aver fallito. Aveva sempre fatto il possibile per aiutare Thyus e rendergli la vita meno difficile, eppure, in quel momento, sentì che tutte le sue azioni si sarebbero vanificate se non avesse scoperto dove si fossero nascosti.

Quel pugnale era diventato la nuova priorità di Thyus, anche Zhenya era passata in secondo piano per lui quando lo aveva perso.

Perché fosse così attaccato a un'arma che aveva tenuto per poco meno di una giornata, Irien non lo capiva. Non glielo aveva chiesto, ma aveva sentito l'anima del proprio custode agitarsi alla vista di quella lama argentata. Il desiderio di scoprirne i segreti, le storie, aveva risvegliato in lui qualcosa che non sentiva da tempo e lei se n'era accorta.

Aveva passato molto tempo nel Mondo Spirituale, in attesa che qualcuno evocasse la sua anima. Si ricordava del buio, del freddo, della solitudine, ma quando la luce l'aveva avvolta, tutto era cambiato; c'era qualcun altro con lei, un'anima sconosciuta, ma gentile, che aveva giurato davanti agli Spiriti che si sarebbe presa cura di lei. Irien aveva deciso, in quel momento, che avrebbe aiutato Thyus a raggiungere ogni suo obiettivo, anche al costo di sacrificare la seconda possibilità che gli Spiriti le avevano dato.

Eppure aveva fallito, non li avrebbe mai ritrovati.

Rassegnata, Irien si alzò ancora una volta in volo e decise di percorrere la strada a ritroso e raggiungere Thyus. Sapeva che, nonostante non avesse portato a termine la missione, il suo custode non l'avrebbe redarguita.

Thyus era fatto così, dopotutto. Un'anima gentile.

Attraversò la città con passo svelto, ignorando le strane occhiate che alcuni passanti gli lanciavano

Attraversò la città con passo svelto, ignorando le strane occhiate che alcuni passanti gli lanciavano. Dedusse che i maghi neri non fossero ben accetti in città, vedendo il disprezzo negli occhi di chi incontrava sul suo cammino.

"È imbarazzante, non dovrebbero trattare così i maghi del mio genere." Tirò su il cappuccio del mantello per non farsi vedere in viso, attirando ancora di più l'attenzione dei passanti.

Decise di evitare le vie più affollate, nonostante avesse adocchiato numerosi banchetti interessanti.

"Ci saranno altre occasioni" si arrese, guardando da lontano una bancarella allestita con svariate ampolle contenenti intriganti liquidi variopinti.

Non era il momento di svagarsi. Irien era nel bosco intenta a seguire le tracce dei tre sconosciuti per facilitargli la ricerca del pugnale, non poteva di certo perdere tempo. Doveva tradurre l'incisione e capirne il significato il prima possibile e, come se non fosse già abbastanza, la mattina dopo gli sarebbe aspettata una lenta, interminabile coda per ottenere il permesso di viaggio.

Le lettere incise sull'imponente facciata dell'edificio che si trovava dinanzi a lui lo informarono di aver raggiunto la sua destinazione. Fece a due a due i pochi scalini che lo separavano dall'entrata e spinse la pesante porta di legno massiccio.

Il bibliotecario, un uomo dai capelli brizzolati e con spessi occhiali tondi sul naso, alzò la testa per osservarlo e, qualche istante dopo, abbassò lo sguardo, immergendosi nella lettura di un pesante libro aperto sulla scrivania.

«Desidera?» fece con tono annoiato, senza interrompere la lettura.

«Cerco dei manuali per tradurre le rune elfiche.»

«Ha il permesso scritto del suo Maestro?»

"Mi ha preso per un semplice studente?" Thyus era esterrefatto.

«Non ho bisogno del permesso, sono un mago di classe Argento.»

«Secondo piano, sezione linguistica antica. Se ha bisogno di altre informazioni, la prego di consultare il cartello affisso.» Il bibliotecario sbuffò e indicò una bacheca appesa alla sua destra che Thyus decise di ignorare, indispettito dalla maleducazione dell'uomo.

Si diresse verso le scale e, con la stessa foga con cui era entrato, salì i gradini fino a raggiungere il piano indicato.

Non si stupì quando, appena arrivato, constatò di essere solo; nessuno era più interessato alla traduzione di lingue antiche.

Strati di polvere decennale ricoprivano ogni singolo scaffale e ragnatele si poggiavano sui numerosi libri accatastati in maniera disordinata.

Thyus capì subito che, molto probabilmente, sarebbe stato più difficile trovare il manuale giusto in tutto quel disordine che tradurre i simboli incisi sul pugnale. Le sue preoccupazioni si rivelarono fondate quando, raggiungendo la libreria della sezione Rune elfiche, trovò manuali di tutt'altra materia.

«Perfetto» sospirò «Ora come trovo quello che mi serve in tutto questo caos senza impiegare l'intero pomeriggio?»

«Chiedendo per favore» intervenne una voce familiare.

«Irien?» Thyus si voltò e vide il corvo atterrare su una libreria «Perché sei qui? Dovevi tenere d'occhio quei tre.»

«L'avrei anche fatto, se solo non fossero scomparsi davanti ai miei occhi.»

«Non capisco, ma mi spiegherai dopo» tagliò corto il mago «Devo trovare quei maledetti manuali in questo disordine e non ho idea di come fare.»

«Non hai letto il cartello, vero?» 

«Era importante?» Thyus vide il corvo scuotere la testa.

«Vorrei consultare alcuni manuali di traduzione per rune elfiche, per cortesia» Irien alzò la voce e, con sorpresa di Thyus, alcuni manuali iniziarono a levitare dalle precarie pile della biblioteca e atterrarono su una scrivania non molto lontana.

«Va bene, era importante.»

Seduto su una sedia traballante, Thyus iniziò a consultare il primo tra i tanti tomi che si erano depositati sulla scrivania

Seduto su una sedia traballante, Thyus iniziò a consultare il primo tra i tanti tomi che si erano depositati sulla scrivania. Era talmente malandato che pensò si sarebbe ridotto in polvere se lo avesse toccato senza prestare attenzione.

Iniziò a leggere con attenzione per trovare i tre simboli che aveva cercato di riprodurre nel modo più accurato possibile e annotò i vari significati di ciascuno.

«Tutto questo non ha senso» sbuffò, facendo cenno a Irien di avvicinarsi «Non riesco a trovare un filo logico che possa collegare le rune.» Il corvo si limitò a osservare gli appunti di Thyus, rimanendo in silenzio.

Fuoco. Cielo. Protezione.

Quelle erano le rune; innumerevoli le interpretazioni possibili.

«Protezione dal fuoco? Dal cielo? Oppure il cielo protegge dal fuoco?» Thyus si massaggiò le tempie e afferrò un altro manuale «La runa del Cielo potrebbe indicare il primo mondo, dunque il Mondo Spirituale e il Fuoco, a questo punto, potrebbe rappresentare lo Spirito delle Fiamme, Laudar.»

«La runa di Laudar è diversa» osservò Irien, indicando con il becco la pagina aperta «E dubito che sia così benevolo da regalarti protezione.»

Thyus si chiese se il pugnale, allora, non servisse a proteggerlo dallo Spirito distruttore.

Sembrava un vicolo cieco.

Passò ad analizzare in maniera più accurata la runa del Cielo e ne trovò un secondo significato: azzurro.

«Fuoco Azzurro» mormorò «Irien, hai mai sentito parlare di un fuoco azzurro?»

«Non proviene da Laudar di sicuro.»

«Quindi il pugnale dovrebbe proteggermi dal fuoco? O questo fuoco dovrebbe darmi protezione?» La testa gli faceva male. Come poteva scegliere quale interpretazione fosse quella giusta?

Rimuginò a lungo su quei tre simboli e sulle due traduzioni, fino a che non capì.

«È un augurio!» quasi gridò «Iren è una frase portafortuna! Oh Spiriti, ora ho capito.»

«Intendi le frasi che si usava incidere sulle armi durante la Guerra?»

«Ma certo, come ho fatto a non pensarci prima. Questo è un cimelio di famiglia, deve avere almeno centocinquant'anni, quindi è possibile che sia una frase del genere» rivolse al corvo un sorriso e si preparò a recitare la frase ad alta voce «Che il Fuoco Azzurro ti protegga

Le lampade a olio che illuminavano la stanza si accesero con fiamme azzurre per un solo istante prima di ritornare del loro abituale colore.

Thyus e Irien si guardarono esterrefatti.

«Cos'è appena successo?» 

«Non lo so, ma lo scopriremo presto, Irien. Dobbiamo solo trovare il libro giusto.»

Si alzò di scatto dalla sedia, lasciando che cadesse, e corse fuori dalla stanza, diretto al piano inferiore dove, salendo qualche ora prima, aveva notato l'insegna della sezione dedicata alla storia.

«Vorrei consultare il manuale più aggiornato sull'ultima Guerra Terrena, per cortesia» gridò, senza curarsi degli sguardi contrariati che gli lanciarono i pochi visitatori presenti "Se quel pugnale proviene dal tempo della Guerra, è probabile che trovi delle risposte qui."

Un pesante libro dalla copertina di pelle lucidata si posò tra le sue mani.

Si sedette alla scrivania più vicina e iniziò a consultare il sommario, in cerca della sezione del libro dedicata alla magia.

Lesse più volte le pagine dedicate all'argomento, ma non trovò nulla che si collegasse a quel fuoco dal colore tanto particolare. Fiducioso che avrebbe trovato le risposte che cercava in quel manuale, Thyus decise di cominciare a leggerlo dal principio e, ben presto, si accorse che molte parti erano state descritte in modo differente rispetto a quanto il suo Maestro di magia gli aveva raccontato.

«Irien, lo hai notato anche tu?» sussurrò all'Animale Spirituale, cercando, questa volta, di non disturbare i presenti «Mancano delle parti.»

Il corvo annuì e si alzò in volo, diretto verso le scale. Thyus la osservò scomparire e continuò a leggere senza preoccuparsi, la conosceva abbastanza bene da sapere che fosse diretta dal bibliotecario. La vide tornare poco dopo.

«Di più accurato di quel manuale ci sono solo i Diari Storici, ma non sono consultabili da maghi di classe Argento» riferì lei, posandosi sulla spalla di Thyus «Bisogna essere di rango Platino.»

«Platino?» esclamò lui di rimando «Non è possibile.»

«Anche a me sembra strano, ormai è rimasto solamente un mago di classe così alta.»

«L'Imperatore degli Elfi» concluse Thyus «Irien, questa cosa non ha alcun senso. Perché solo l'Imperatore può accedere a quei documenti?»

«Non lo so.»

«Ho un'idea e non ti piacerà» Thyus ghignò.

Si era opposta alla sua idea, gli aveva detto che non sarebbe andata con lui, ma alla fine aveva ceduto

Si era opposta alla sua idea, gli aveva detto che non sarebbe andata con lui, ma alla fine aveva ceduto. Come poteva abbandonarlo così? Dopotutto era il suo Animale Spirituale.
 

Nel buio della notte, Irien perlustrava dagli scaffali i corridoi della biblioteca, facendo attenzione che non si avvicinasse nessuno.

"È una pessima idea" continuava a ripetersi. Planò su un armadio circondato da libri e mensole e picchiettò con il becco.

Cercando di fare il meno rumore possibile, Thyus spinse l'anta e uscì dal mobile.

«Non posso crederci, ce l'abbiamo fatta!» sussurrò con tono esultante «Andiamo a cercare i Diari.» Fece cenno al corvo di seguirlo.

«Non credo che sia una buona idea» disse Irien posandosi sulla spalla del mago «Se qualcuno ci scopre è la fine. Potresti perdere tutto.»

«Lo so, ma non m'interessa. Quei tre erano molto interessati all'incisione sul pugnale e ho ragione di credere che sappiano qualcosa sul Fuoco Azzurro. Per non parlare del fatto che le lampade abbiano cambiato colore quando ho recitato l'augurio. Non ti sembra strano che non ci sia menzione di questa magia da nessuna parte?»

Irien si chiese che fine avesse fatto il buonsenso del proprio custode. Riconobbe, tuttavia, che qualcosa sicuramente non andasse.

«Sì, è strano, ma non mi sembra un valido motivo per nascondersi in una biblioteca di notte e consultare scritti proibiti» cercò di farlo ragionare. Non sortì alcun effetto.

«Lo sai che raramente torno sui miei passi dopo aver preso una decisione» puntualizzò lui «Ora concentriamoci, dobbiamo trovare quello che ci serve in fretta.»

Davanti a loro, una immensa sala di libri consultabili solamente da maghi di classe Platino.

«Come sei riuscito a prendergli la chiave per la sala?»

«Stava dormendo.» Thyus alzò le spalle e iniziò a cercare i Diari a lui preclusi, ma non appena li trovò e li prese tra le mani, qualcuno fece irruzione nella stanza.

Il bibliotecario, seguito da due guardie, bloccava la porta con la sua stazza.

«Irien, prendi il libro e vola via» disse Thyus alzando le mani in segno di resa «Ora o mai più!»

Il corvo, leale, non se lo fece ripetere due volte, afferrò con gli artigli la cinghia che teneva chiuso il libro e si librò nell'aria. Raggiunse la piccola finestra che Thyus per precauzione aveva aperto e scappò via nel cielo cupo.

Nessuno l'avrebbe trovata.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 - Freddo, buio e fuoco ***


CAPITOLO 3 - FREDDO, BUIO E FUOCO


«Maledetto idiota!» gridò Irien, nascosta tra gli alberi del bosco mentre teneva d'occhio il libro che aveva rubato, lasciato ai piedi di un tronco «Tra tutte le sue idee, questa è stata di sicuro la peggiore.»

Era furiosa. Mai, nel tempo trascorso insieme, Thyus si era comportato in maniera così imprudente e avventata. Aveva messo a rischio il titolo di mago e il suo diritto di possedere energia magica per un pugnale, senza pensare quali sarebbero state tutte le conseguenze.

Irien rabbrividì al pensiero che Thyus avesse rischiato di farle perdere la sua nuova vita. Senza la magia del proprio custode, sarebbe tornata nel Mondo Spirituale, senza possibilità di uscirne nuovamente.

Se avessero deciso di revocargli il titolo di mago, Irien sarebbe scomparsa nel giro di pochi, dolorosi, minuti.

Non poteva permetterlo. Era la sua vita, non potevano portargliela via.

Afferrò il libro con le zampe e osservò il filo magico che teneva unite le loro anime, l'unico dono che gli Spiriti facevano a chi veniva richiamato nel Mondo Terreno.

Si alzò in volo, cercando di andare più in alto possibile, e seguì la traccia, sorvolando i tetti della capitale. Davanti a lei, il castello dell'Imperatore si ergeva bianco e imponente.

Planò dolcemente e raggiunse la base della fortezza, la aggirò e, arrivata nella parte posteriore, scorse una lunga fila di piccole finestre munite di spesse sbarre metalliche. Da una di queste, il filo dell'anima chiamava il corvo, insistente.

«Thyus» sussurrò Irien, inquieta per paura che qualcuno la scoprisse. Il mago, sdraiato a terra, alzò la testa e, vedendola, si alzò e raggiunse velocemente la finestra.

Un appariscente livido lo costringeva a tenere l'occhio destro chiuso per metà. Un rivolo di sangue, ormai asciutto, gli rigava il volto dal naso fin sotto alla bocca.

«Oh Spiriti, che cosa ti hanno fatto?» mormorò Irien preoccupata.

«Ho tentato di liberarmi. Poteva andarmi peggio» accennò un sorriso storto «Come hai fatto a trovarmi?»

«Privilegi da Animale Spirituale» spiegò, evasiva; la legge degli Spiriti le impediva di rivelare il suo dono «Ho il libro, vuoi leggerlo?»

Il mago le fece cenno di aspettare, si avvicinò alla porta della cella e si sporse più che potè per controllare il lungo corridoio.

«Dobbiamo fare in fretta» disse, tornando indietro e afferrando il libro.

«Dobbiamo fare in fretta» disse, tornando indietro e afferrando il libro

Seconda Era, Anno 1300, Autunno.

Lo strano bagliore azzurro si manifesta a intervalli irregolari. Non sappiamo ancora che cosa lo provochi, ma, qualunque cosa sia, sappiamo che è in movimento.

***

Seconda Era, Anno 1300, Inverno.

I nostri ranger hanno individuato la causa del bagliore azzurro.

A quanto pare ha a che fare con la Città Nomade; non mi stupisce che mio fratello e la sua famiglia siano la causa di tutto questo, ma, ben presto, per loro sarà finita. L'Imperatore ha accettato di seguire il mio consiglio: la Città Nomade scomparirà.

***

Seconda Era, Anno 1305, Estate.

Da anni il bagliore azzurro non si manifestava più, ma la notte scorsa è stato avvistato di nuovo.

Abbiamo trovato il nascondiglio dei traditori e siamo riusciti a far infiltrare alcuni soldati. È ormai questione di tempo prima che si trovi la causa di questo segnale e i traditori vengano sconfitti.

***

Seconda Era, Anno 1305, Inverno.

Sono passati mesi, ma alla fine abbiamo trovato la causa.

I nostri informatori non hanno tralasciato alcun dettaglio: mio fratello e la sua sposa sono la causa di tutto; le loro eredi sono nate maledette da uno Spirito senza forma.

Avevo già sentito parlare dello Spirito del Fuoco Azzurro, ma mai avrei pensato di vedere la sua maledizione con i miei stessi occhi.

Un fuoco più potente di Laudar e l'abilità di alterare la mente altrui. Nemmeno lo Spirito Bianco può riportare alla normalità una mente deviata dal Fuoco Azzurro.

Questa manifestazione, tuttavia, sembra essere differente e più debole.

Lo spirito, in cerca di una dimora, ha scelto di legarsi alla sposa di mio fratello, ma per errore si è diviso e legato alle due gemelle che ella portava in grembo, frammentando il suo potere.

Questa è la nostra occasione per porre fine alla Città Nomade e allo Spirito maledetto.

Dobbiamo agire in fretta, prima che decidano di espellere lo Spirito dalle bambine.

***

Seconda Era, Anno 1309, Primavera.

Abbiamo sbagliato a concludere che mio fratello avrebbe deciso di espellere lo Spirito dai corpi.

O forse non hanno fatto in tempo.

Abbiamo ormai decimato il loro esercito e ho avuto il piacere di porre fine all'esistenza di mio fratello e della sua sposa.

Non avevo preso in considerazione che le figlie sarebbero riuscite a scappare, ma poco importa: sono troppo giovani e inesperte per comandare le armate rimaste.

Sterminare gli ultimi Elfi Raminghi non sarà difficile.

***

Seconda Era, Anno 1399, Inverno.

L'Imperatore è caduto in battaglia.

Non mi aspettavo che la stratega figlia di traditori scendesse sul campo di battaglia insieme ai suoi poteri distruttori e raggiungesse l'Imperatore.

È stata una battaglia ad armi pari. Come pensavo, coi i suoi poteri divisi tra due persone, lo Spirito del Fuoco Azzurro è potente quanto la Fiamma di Laudar.

Pensavo che l'Imperatore l'avrebbe battuta con la sua esperienza, ma così non è stato e quell'assassina spietata ha approfittato della confusione per ritirarsi con le sue truppe senza riportare troppi danni.

Ammetto di averla sottovalutata.

Domani, però, sarà un nuovo giorno per la Città del Fuoco. Con la morte di mio padre e la mia incoronazione, Mitfeld diverrà la Città Bianca e gli Elfi Raminghi avranno le ore contate.

Lesse quelle pagine velocemente, dando importanza a quei periodi che sapeva essere stati di svolta per la Guerra, senza dimenticarsi di controllare che non arrivasse qualcuno dal corridoio

Lesse quelle pagine velocemente, dando importanza a quei periodi che sapeva essere stati di svolta per la Guerra, senza dimenticarsi di controllare che non arrivasse qualcuno dal corridoio.

Scoprì che gli eventi importanti non erano affatto come li aveva studiati; l'attuale Imperatore aveva deciso di alterare le vicende, ma non riusciva a comprendere il motivo.

«Irien, questa è pura follia!» Restituì il libro con mani tremanti «Tutti questi eventi non compaiono da nessuna parte.»

Irien fece per rispondere, ma venne interrotta dall'arrivo di una guardia, così, si alzò in volo e scomparve, lasciando solo il proprio custode.

La porta della cella si aprì e Thyus si voltò di scatto.

«Andiamo, tocca a te» disse la guardia con tono distaccato.

Thyus raggiunse la porta e si sentì afferrare per una spalla dal carceriere.

Percorsero il cupo corridoio in silenzio, accompagnati dal rumore delle chiavi che sbattevano sulla gamba della guardia a ogni passo. Un vento gelido proveniente dalla tromba delle scale in fondo al corridoio li investiva mentre avanzavano.

Lo condusse in una piccola stanza arredata con una scrivania e due sedie, illuminata da una minuscola finestra. Chiuse la porta e diede un giro di chiave.

Thyus si sedette e aspettò che la guardia facesse altrettanto.

Il carceriere lo scrutò in silenzio, per un tempo che al mago parve interminabile, prima di prendere la parola.

«Cosa ci faceva un apprendista nella sezione Platino nel bel mezzo della notte?» ringhiò.

«In realtà io non-»

«Dove hai nascosto quello che hai rubato?» lo interruppe «Che cosa hai rubato?» si alzò, minaccioso, dalla sedia e aspettò una risposta. Dietro di lui, un corvo, che Thyus riconobbe essere il proprio Animale Spirituale, si posò sulla finestra. Un'idea attraversò la mente del mago per liberarsi dai guai.

"Evidentemente, ancora non hanno finito di fare l'inventario della sala, quindi non sanno cosa ho preso. Spero solo che Irien riesca a capire il mio piano."

«Deve esserci stato un errore» disse Thyus, cercando di parlare con un tono convincente «Io non ho rubato nulla. Volevo leggere dei libri di magia per accrescere la mia conoscenza, ma sono stato arrestato prima che potessi trovare ciò che cercavo.» La guardia lo scrutò, cercando di capire se quello che stava dicendo fosse la verità.

«E sono un mago a tutti gli effetti, non un apprendista» puntualizzò Thyus, rompendo il silenzio. Irien volò via.

"Spero che abbia capito" pensò Thyus.

«Lo so che menti, abbiamo visto il tuo Animale Spirituale portare via un libro. Dimmi dove lo hai nascosto» ringhiò «E sei troppo giovane per essere un mago di classe Argento.»

Thyus sbuffò, esasperato. Non era di certo la prima volta che lo scambiavano per un apprendista, data la sua età. Sembrava che tutti ignorassero la spilla argentata che portava al petto.

«Più menti, più è difficile che tu esca domani da qui. È palese che tu abbia rubato quella spilla per spacciarti per qualcun altro.»

"Non è possibile!" Thyus stava per perdere la pazienza. Se c'era qualcosa che non sopportava, era proprio non essere preso sul serio quando si trattava del suo status di mago.

«Per l'ultima volta» cercò di trattenersi, ma il tono della sua voce iniziò ad alzarsi «Sono un mago di classe Argento. Il mio nome è Thyus Bruck, ho ventun anni e provengo da Loder. Se non mi crede può controllare l'albo magico.»

La guardia, scocciata per non aver ottenuto le risposte che voleva, fece alzare il mago e lo condusse nuovamente alla sua cella.

«Non parli con me, confesserai all'Imperatore domani.» Chiuse la porta sbattendola e lo lasciò da solo.

Thyus si sedette per terra e aspettò il ritorno di Irien, che non tardò ad arrivare. Vedendola, il mago raggiunse la finestra e la salutò, passando le dita sulle piume della testa. 

«Il libro?»

«È al suo posto, in biblioteca.» Thyus tirò un sospiro di sollievo «Non è stato facile con tutte le guardie che hanno mandato a controllare.»

«Irien, tutta questa faccenda è strana» Thyus fremeva «E domani verrò interrogato dall'Imperatore in persona; l'unico Mago Bianco di classe Platino ancora in vita, in grado di vedere una menzogna ancora prima che venga detta. Sono in guai seri!»

«Se solo ci fosse un modo per farti uscire da qui...»

«Ho come l'impressione che tu abbia un'idea.»

«È un azzardo, ma credo che valga la pena provare. La frase di augurio sul pugnale deve essere magica. Non avevi l'arma, ma abbiamo visto il fuoco azzurro comunque, pur non sapendo della sua esistenza. Mi chiedo se la magia abbia un effetto differente in base a chi la recita e a quanto sappia su di essa.»

«Pensi che se dicessi quella frase un'altra volta mi potrebbe liberare da qui?» Thyus era perplesso.

«Non ne sono sicura, ma è un rischio che dovresti correre. La frase parla di protezione, dopotutto. Nella peggiore delle ipotesi, vedremo solo il fuoco delle lanterne cambiare colore per un attimo.»

Thyus annuì. Irien aveva ragione, se c'era una piccola possibilità che recitare l'augurio lo avrebbe salvato, doveva almeno tentare. 

«Che il Fuoco Azzurro ti protegga.»

Un bagliore azzurrino illuminò la cella, comparvero davanti al mago le tre rune incise sul pugnale. Lingue di fuoco azzurro lo circondarono e i tre simboli si unirono in una pallina di luce celeste, che rimase sospesa a mezz'aria per qualche secondo prima di avvicinarsi a lui e attraversare il suo corpo all'altezza del cuore.

Thyus si sentì travolgere da un calore fuori dal comune, che lo costrinse a inginocchiarsi. Dopo qualche secondo, il calore cessò, permettendogli di respirare. Le lingue di fuoco si allontanarono da lui, congiungendosi e aprendo una breccia nella parete.

Il bagliore azzurro si spense, lasciando Thyus confuso e ansimante a terra. 

Irien si avvicinò al proprio custode, preoccupata. 

«Che cos'è stato?» chiese Thyus a fatica. 

«Non ne ho idea, ma dobbiamo sbrigarci. Con quella luce e il rumore della parete aperta, le guardie non tarderanno ad arrivare.»

Il rumore metallico delle armature dei soldati in corsa, infatti, raggiunse le loro orecchie poco dopo.

Thyus si alzò a fatica e iniziò a correre, nonostante il dolore al petto. Uscì dalla cella e seguì Irien, che, avendo sorvolato più volte la zona, sapeva quale strada li avrebbe condotti in un luogo sicuro.

I soldati dell'Imperatore lo avvistarono subito e iniziarono a inseguirlo. Nonostante le armature, si muovevano agilmente a velocità sostenuta.

"Se esco vivo da qui, inizio ad allenarmi" si promise Thyus, che sapeva fin troppo bene di essere lento e senza forze.

Irien indicò a Thyus di imboccare una piccola stradina che si trovava alla loro destra e, una volta svoltato l'angolo, si fiondarono in un vicolo cieco, che pareva essere il retro di una taverna, e si nascosero dietro alcuni barili di birra, facendo perdere le proprie tracce.

Thyus si slacciò la casacca e osservò il punto nel quale la pallina di luce lo aveva attraversato: una bruciatura illuminata di blu segnava il punto nel quale era entrata.

«Non ho mai visto nulla del genere» osservò Irien «Possiamo riposare un po', se ne hai bisogno, ma dobbiamo muoverci in fretta se vogliamo uscire dalla città.»

«Stai tranquilla, possiamo sempre usare la magia» rispose Thyus, tranquillo, fino a che non si ricordò che tutti i suoi effetti personali, compreso il bastone magico, erano stati sequestrati «Oh Spiriti, non usciremo mai da qui.»

Aspettarono che calasse la notte prima di tentare di fuggire

Aspettarono che calasse la notte prima di tentare di fuggire.

Per loro fortuna, il proprietario della taverna non aveva ancora avuto bisogno di nuovi barili di birra, ma sospettavano che sarebbe stato solo questione di tempo.

Durante l'intero pomeriggio, molte guardie di Mitfeld erano passate per le vie, chiedendo ai passanti se avessero visto un ragazzo dai capelli neri e dagli occhi scuri, di cui uno livido, accompagnato da un corvo parlante.

Tutta la città era alla loro ricerca -Thyus sospettava chi ci fosse una taglia sulla sua testa- e nessuno si sarebbe fermato.

Stanco di stare seduto, Thyus decise di tentare la fuga.

«Qual è il piano?»

«Raggiungiamo le mura, recito la frase e spero che si apra un altro varco» spiegò al corvo «Il problema maggiore è arrivare alle mura senza essere scoperti.»

«Ci sono strade poco frequentate che possono portarci fino a lì, ma se anche una sola guardia ci nota siamo finiti.»

«Ce la faremo» rispose Thyus, fingendo sicurezza.

Irien si alzò in volo e raggiunse i tetti; il cielo buio l'aiutava, come sempre, a mimetizzarsi.

Percorsero strette strade di ciottoli, nascondendosi, di tanto in tanto, in bui vicoli ciechi non appena sentivano qualcuno avvicinarsi. Impiegarono il doppio del tempo a raggiungere le mura, ma, per fortuna, arrivarono senza essere scoperti.

Nascosti dietro a un cespuglio, Thyus e Irien erano pronti a fuggire; pregarono gli Spiriti perché funzionasse.

Il mago, ancora una volta, recitò la frase.

La bruciatura iniziò a brillare e acquistò calore. Qualche secondo dopo, una palla di fuoco azzurro scaturì da essa e colpì il muro, aprendo un varco.

Thyus e Irien si scambiarono uno sguardo esterrefatto e fuggirono dalla città, addentrandosi nel bosco.

Alcune guardie accorsero sul luogo dell'esplosione, ma non trovarono nessuna traccia dei ricercati.

Alcune guardie accorsero sul luogo dell'esplosione, ma non trovarono nessuna traccia dei ricercati

In due luoghi differenti e lontani fra loro, due elfi osservavano la stessa scena.

Un bagliore azzurro, un'esplosione. Il ricordo di anime perdute.

Lo stesso pensiero li attraversò; la Guerra non era mai finita.

«Il Fuoco Azzurro è vivo.»

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 - Il Sogno Bianco ***


CAPITOLO 4 - IL SOGNO BIANCO

Stava procedendo tutto troppo velocemente.

Durante la corsa sfrenata per sfuggire alle guardie, Thyus non faceva altro che riflettere su quanto la sua vita fosse cambiata in soli pochi giorni.

A due anni della sua scomparsa, erano finalmente arrivate notizie di Zhenya, per quanto poche e strane fossero.

Aveva sacrificato tutto per lei; ancora si ricordava delle notti insonni passate a osservare fuori dalla finestra, nella vana speranza di vederla ritornare.

Per lei, non aveva lasciato Loder. Se lo avesse fatto, sarebbe potuto diventare un mago di classe Oro in poco tempo. Invece l’aveva aspettata e si trovava, così, incatenato a un grado che non sentiva suo.

Aveva terminato gli studi magici con quattro anni in anticipo su tutti gli altri, ma aveva lasciato che i suoi sentimenti lo frenassero, perdendo di vista il suo obiettivo principale.

“Ho fatto tutto questo per lei, e cosa ho ottenuto?”

Cacciò dalla sua mente l’immagine di Zhenya, ripensando agli avvenimenti degli ultimi giorni e si fermò.

«Thyus, che stai facendo?» sbottò Irien, sbattendo le ali per mantenersi a mezz’aria «Dobbiamo sbrigarci o ci raggiungeranno!»

«No» rispose il mago ansimante «Irien, tutto questo… non sono io.» Si lasciò cadere sul tappeto di foglie che ricopriva il terreno. Irien planò al suo fianco, in attesa di una spiegazione.

«Ho passato tutta la mia vita a ragionare, ho calcolato ogni mia singola azione. Mi sono sempre chiesto: è giusto ciò che sto facendo?» sospirò «E ora sono qui, in un bosco nel bel mezzo della notte, in fuga dalla capitale elfica per aver rubato un libro proibito ed essere evaso di prigione. E quello che più mi tormenta è il fatto che, in verità, non me ne importi nulla. Per la prima volta in tutta la mia vita, non mi sento in trappola. Eppure so di aver sbagliato.»

Rimasero in silenzio per un tempo che parve loro interminabile.

«Se vuoi tornare a Mitfeld, non mi opporrò. È giunto il momento che tu la smetta di mettere gli altri prima di te, anche se si tratta della mia esistenza.»

«Allora andiamo.» Thyus si alzò, invitando il corvo a posarsi sulla sua spalla, pronto a percorrere ancora una volta lo scuro sentiero verso la capitale.

Entrambi troppo impegnati a immaginare cosa sarebbe accaduto una volta arrivati davanti alle mura di Mitfeld, viaggiarono senza scambiarsi una parola e, una volta raggiunto il limitare del bosco, si scambiarono un’occhiata di incoraggiamento. Nessuno dei due voleva ammetterlo, ma quella poteva essere l’ultima volta che si sarebbero visti. Al pensiero che l’Imperatore avrebbe potuto decidere di revocare il Dono Magico, Thyus rabbrividì.

Uscirono allo scoperto e si avviarono all’entrata della città. Subito, le guardie riconobbero i fuggitivi e si scambiarono sguardi esterrefatti; era la prima volta che un evaso di Mitfeld tornava indietro e si consegnava alla giustizia.

Una volta raggiunto il castello, Irien venne separata dal suo custode e rinchiusa in una piccola voliera; Thyus fu scortato attraverso i lunghi corridoi del castello, fino a che non raggiunse una grande e massiccia porta di legno scuro. Non ci mise molto a capire che, di lì a poco, si sarebbe trovato a faccia a faccia con l’Imperatore. L’agitazione crebbe in lui.

I soldati lo spinsero nella grande sala, chiudendo la porta alle sue spalle.

In quel salone dalle pareti tappezzate di arazzi celebrativi e dal nero pavimento attraversato da un lungo tappeto vermiglio, Thyus si chiese perché se ne fossero andati. Passarono pochi secondi prima che si accorgesse di non essere solo.

A guardia della sala, sdraiato dietro al trono marmoreo, un enorme drago bianco lo fissava con i suoi occhi dorati.

Il mago sussultò e iniziò a indietreggiare lentamente, cercando, con la coda dell’occhio, qualcosa dietro cui nascondersi e ripararsi nel caso nel caso la bestia avesse deciso di ridurlo in cenere o, peggio, di renderlo il suo spuntino notturno.

Il drago alzò la testa e si voltò verso di lui; del fumo uscì dalle sue narici.

“Oh Spiriti” fu l’unica che Thyus riuscì a pensare.

Il drago ringhiò, facendo emettere al mago un grido decisamente poco mascolino.

«Xeiron!» una voce alle sue spalle rimproverò la bestia, che subito si calmò, e lo fece voltare.

Capelli biondi, orecchie a punta, una corona d’oro sul capo e una spilla di platino a forma di rosa attaccata al lungo mantello dorato, l’Imperatore degli elfi era lì, a qualche centimetro di distanza da lui.

Thyus sbiancò e accennò un goffo inchino; l’Elfo lo superò, come non vedendolo, e si sedette sul trono. Il mago lo seguì con lo sguardo e attese che prendesse la parola.

«Thyus Bruck» la voce dell’Imperatore riecheggiò nella sala, tranquilla «La sete di sapere non è sana se ti spinge a certe azioni illegali.» Fece cenno al mago di avvicinarsi.

«Noto con piacere, però, che tu abbia scelto di seguire la via della ragione. Non ti punirò privandoti del dono magico; dopotutto, sarebbe una grande perdita per la tua Accademia.»

«Non so come ringraziarla-»

«A patto che» lo interruppe «tu mi dica cosa cercassi di tanto importante nella sezione Platino della biblioteca.» Accarezzò la testa del drago, senza distogliere lo sguardo da Thyus, che sentì la stanza diventare sempre più piccola.

«Non era nulla di importante» balbettò «Non sono riuscito a trovare ciò che volevo.» L’Imperatore si alzò di scatto e lo raggiunse a grandi falcate.

«Hai promesso al tuo prezioso Animale Spirituale che non avresti mentito, dovresti onorare l’impegno preso» sibilò, ormai a pochi centimetri da lui. Lo fissò, come se stesse cercando di capire ciò che aveva nella testa «Vedo la verità dietro ai tuoi occhi, eppure non riesco a comprenderla; qualcosa in te mi impedisce di leggerti. Che cosa mi nascondi?»

Thyus faticava a respirare. Sentiva la magia dell’Elfo nella sua mente, bramava risposte. Era vicino, lo sentiva, girava attorno ciò che stava cercando, eppure non riusciva a raggiungerlo.

L’Imperatore insistette, deciso a far cadere le difese del mago, ma venne respinto con forza da una barriera di cui non conosceva la fonte magica. Perse l’equilibrio e indietreggiò di qualche passo per non cadere. Squadrò Thyus e notò un fioco bagliore azzurrino provenire da sotto la sua casacca. Avvicinò la mano, incuriosito, ma il mago istintivamente indietreggiò.

«Cosa nascondi lì sotto?»

«Nulla» Thyus cercò di non cedere allo sguardo inquisitore e nascose la bruciatura luminosa con la mano.

Quando la sfiorò, si preparò a sentire il dolore che l’aveva accompagnato da quando la pallina di luce celeste aveva attraversato il suo corpo, ma non percepì nulla.

“Che strano” pensò “Come ho fatto a non accorgermi che il dolore è scomparso?” Spostò la mano e sollevò il tessuto per lanciare una rapida occhiata alla cicatrice, ma di essa rimaneva solo il bagliore.

Thyus rivolse lo sguardo verso l’Imperatore, che lo osservava immobile. In un istante, capì.

«Tutto questo non è reale» sussurrò, rivolto all’Elfo.

«Lo diventerà molto presto» ghignò lui in risposta «Hai ancora molto da imparare, ragazzo.» Dietro al trono, il drago si alzò e aprì le fauci, pronto a sputare fuoco.

«Irien, liberami» gridò Thyus più forte che potè.

Aprì gli occhi, lasciandosi sfuggire un grido. Senza fiato, Thyus si mise a sedere e si guardò intorno; tirò un sospiro di sollievo quando si accorse di essere nel bosco e non nel castello di Mitfeld.

«Irien?» chiamò. Si massaggiò le tempie, aveva un forte mal di testa.

«Non è stato facile tirarti fuori da lì.» Il corvo si poggiò sulla sua spalla, tremava «Quando hai iniziato ad agitarti nel sonno, ho intuito che qualcosa non andasse, ma mai avrei pensato che qualcuno fosse riuscito a intrappolarti in un Sogno Bianco, soprattutto non in uno così potente.»

«È stato l’Imperatore» spiegò Thyus «Non mi sono nemmeno accorto di essere sotto un incantesimo fino a che non mi ha chiesto che cosa brillasse sotto la mia casacca.» Indicò la bruciatura e fu stranamente sollevato quando si accorse del leggero dolore che ancora gli provocava.

«Il potere di un mago di Platino fa paura» commentò il corvo «Cos’altro ha detto?»

«Voleva sapere cosa avessi letto, ho mentito e ha provato e leggermi la mente, ma credo che qualcosa lo abbia ostacolato» spiegò brevemente. Tentò di alzarsi, ma si sentì privo di forze; uscire da quel sogno incantato era stato più difficile rispetto a tutte le volte in cui si era esercitato insieme al proprio Maestro.

«Non ti sforzare. Possiamo riposare quanto vogliamo, nessuno sa che ci troviamo qui, dopotutto.»

«Credo che l’Imperatore lo sappia.» Thyus si sforzò e spinse con le mani a terra per sollevarsi. Si appoggiò a un tronco vicino per non perdere l’equilibrio. «Quando mi sono accorto che fosse tutto nella mia testa, ha detto che sarebbe presto diventato realtà.»

Irien si alzò in volo e si poggiò su un ramo per scrutare in lontananza; non vide nessuno, ma il flebile rumore metallico di soldati in armatura la raggiunse.

«Dobbiamo trovare un posto per nasconderci» disse preoccupata.

«Nessun luogo sarà mai sicuro» la voce di Thyus tremava «Se è riuscito a impossessarsi dei miei sogni senza avermi mai visto sono sicuro che lo farà di nuovo e riuscirà a trovarci ovunque ci nasconderemo.»

Il rumore dei soldati si fece più vicino. Non erano molto lontani, presto li avrebbero raggiunti.

Thyus non sapeva cosa fare. Era evidente che senza il suo bastone magico o un’arma di qualunque sorta non sarebbe riuscito a difendersi; l’unica alternativa era scappare e, si sentì mancare al solo pensiero, dormire il meno possibile.

Iniziò ad addentrarsi nel bosco, seguito da Irien, verso una meta sconosciuta, in cerca di un riparo. Aveva fame, non mangiava dal giorno prima, ed era terribilmente stanco. Aveva tentato di riposarsi nella cella, ma la dura, gelida pietra del pavimento glielo aveva impedito e, come se non bastasse, essere vittima del Sogno Bianco lo aveva stremato ancora di più.

Le prime luci dell’alba iniziarono a filtrare attraverso le fitte foglie, aiutando il mago a orientarsi meglio.

«Dove andiamo?» chiese a Irien, che aveva esplorato il bosco quando aveva inseguito le tre figure misteriose.

«Dobbiamo raggiungere le montagne per poterci nascondere» rispose Irien, sorpassandolo «Non ci sono altri posti, solo alberi.»

«Ci vorrà più di un giorno Irien! Non ce la faremo mai, ci raggiungeranno di questo passo.»

«Non abbiamo altra scelta.»

Nonostante l’equilibrio precario e le forze che lo stavano abbandonando, Thyus si sforzò e aumentò il passo; correre non era un’opzione, non per il momento, almeno.

Attraversarono il bosco cercando di non lasciare troppe tracce. Cambiarono spesso direzione e decisero di non percorrere mai i sentieri, per evitare di essere visti da qualche raro viaggiatore.

Nonostante tutte le precauzioni, sembrava che i soldati riuscissero sempre a seguire i loro passi.

Il rumore metallico delle loro armature si fece via via sempre più vicino, fino a che Thyus, voltandosi, li vide.

Il panico lo assalì. Una cinquantina di soldati, armati con lunghe spade argentee, era ormai a pochi metri da loro, un corvo e un mago disarmato e senza possibilità di far magie. Ignorò la stanchezza che aveva in corpo e aumentò ulteriormente il passo fino a che non si tramutò in una corsa.

Irien gli fece cenno di svoltare verso una radura poco lontana alla loro sinistra.

«Irien, non mi sembra il caso di facilitargli il lavoro facendoci catturare!» esclamò Thyus con il fiato corto.

«Devi fidarti di me!» rispose lei. La sua voce era calma; troppo calma, secondo Thyus.

Decise di darle retta, sapeva che non l’avrebbe tradito, ma non aveva idea del perché gli avesse detto di dirigersi verso un punto aperto del bosco dove sarebbero stati facili prede dei soldati. Irien era intelligente, sapeva che un’azione del genere avrebbe solo reso loro le cose più difficili.

La radura era sempre più vicina, vide Irien rallentare e farsi superare.

«Irien, sbrigati o ci prenderanno!» la chiamò, esortandola ad accelerare.

«A presto, Thyus.»

Non appena raggiunse la radura, il mago scomparve davanti agli occhi del corvo e dei loro inseguitori, lasciando la prima soddisfatta e gli ultimi perplessi.

Irien prese quota e raggiunse la cima degli alberi, scomparendo dalla vista degli inseguitori. La traccia magica di Thyus era scomparsa.

“È al sicuro” pensò soddisfatta.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 - L'arciere solitario ***


CAPITOLO 5 - L'ARCIERE SOLITARIO

Attorno a lui, il bosco verde e rigoglioso non c'era più. Un paesaggio triste e cupo si parava davanti ai suoi occhi, un silenzio desolato lo assordò. Scheletri neri di alberi inceneriti, la terra bruciata, per Thyus non c'era ombra di dubbio: un incendio aveva divorato quel luogo, lasciando dietro di sé il fantasma devastato della natura.

Sembrava che fosse da tutt'altra parte, eppure era certo di trovarsi ancora nel medesimo luogo; la posizione degli alberi era la stessa, così come la forma della radura e il cielo limpido e dal colore violaceo causato dal sorgere del sole, ma come il paesaggio fosse cambiato in quel modo nell'istante in cui aveva raggiunto la radura Thyus proprio non lo sapeva.

"Com'è possibile?" Si accovacciò e passò una mano sul terreno brullo, ispezionando il suolo in cerca di tracce di incantesimi.

Raccolse della terra e la fece scivolare dalle proprie mani; osservò i granelli cadere leggeri e lasciargli i palmi impolverati. Tutto pareva autentico e Thyus non percepì alcuna nessuna magia illusoria, così come, si accorse, non avvertì la presenza del suo Animale Spirituale.

«Irien?» chiamò, guardandosi intorno per cercarla con lo sguardo. Gridò più volte il suo nome, ma non arrivò alcuna risposta.

«Irien, dove sei?» provò ancora con voce insistente. Come prima, non ottenne alcun risultato.

Scrutò il bosco nella direzione dalla quale era arrivato, speranzoso di scorgere le sue piume nere. Tra gli alberi bruciati, scorse i soldati, sulle cui facce erano scolpite espressioni stupefatte e inquietate per l'improvvisa sparizione del mago; molti di loro avevano lo sguardo rivolto verso l'alto. Convinti che non potesse essersi volatilizzato nel nulla, pensavano che dovesse per forza trovarsi da qualche parte. Non vedendolo a terra, avevano decretato che fosse scomparso arrampicandosi sugli alberi.

Thyus ridacchiò piano, divertito dalla scena e dalla fiducia che i soldati avevano riposto nelle sue capacità fisiche.

Uno degli elfi corazzati decise di proseguire le ricerche altrove e iniziò ad avanzare verso la radura, nella speranza di trovare qualche traccia lasciata dal mago.

Thyus, non appena lo notò, iniziò a indietreggiare cautamente, pronto a fuggire il più velocemente possibile nel caso in cui il soldato si fosse finalmente accorto di lui. Ma quando quest'ultimo raggiunse lo spiazzo non mutò espressione, né sembrò notarlo.

"Perché non mi vede?" si chiese allora Thyus, che era convinto che una volta raggiunta la radura anche il soldato sarebbe stato sorpreso dal cambiamento. Provò, allora, ad avvicinarsi a lui e a passargli una mano davanti agli occhi per se così facendo si sarebbe accorto di lui e, quando non vide una reazione da parte dell'elfo, tentò di dargli una leggera pacca sulla spalla, ma nell'istante in cui la sua mano avrebbe dovuto appoggiarsi al soldato, questo si voltò di scatto e corse per raggiungere il gruppo.

Thyus osservò i soldati affannarsi con lo sguardo rivolto verso l'alto per seguire un grosso corvo. Strizzò gli occhi per accertarsi che non fosse Irien e si tranquillizzò quando constatò che non fosse il suo Animale Spirituale. Gli elfi, ignari, iniziarono a seguire il volatile, convinti che li avrebbe condotti dal mago.

"Che fortuna" pensò Thyus, tirando un sospiro di sollievo "Però vorrei sapere dove si trovi Irien."

Cercò ancora il corvo. Osservò a lungo e attentamente qualsiasi movimento tra i rami degli alberi, nel cielo e, preso dalla disperazione, la cercò anche a terra, nonostante sapesse quanto lei preferisse stare in alto.

Rassegnato all'idea che si fosse allontanata per sfuggire agli elfi, Thyus iniziò ad addentrarsi nel bosco incenerito, senza una meta precisa, ma in cerca di un rifugio e di spiegazioni.

Rassegnato all'idea che si fosse allontanata per sfuggire agli elfi, Thyus iniziò ad addentrarsi nel bosco incenerito, senza una meta precisa, ma in cerca di un rifugio e di spiegazioni

Aveva tentato più volte di raggiungerlo. Aveva sorvolato le zona numerose volte senza mai riuscire a scorgere i suoi capelli neri e arruffati o il suo scuro e impolverato mantello; aveva intravisto fra le fronde una figura esile e subito aveva pensato di averlo trovato, ma le sue speranze erano svanite quando aveva sentito la voce stridula del viandante, per nulla simile a quella del suo Custode. Non si aspettava di ritrovarlo così facilmente, era chiaro, ma una parte di lei non vedeva l'ora di riunirsi con il mago. Dopotutto, era ancora strano per lei essere separati, soprattutto in quel momento, dato che non sapeva quando si sarebbero visti nuovamente.

Planò dolcemente e si appollaiò su un cartello apposto sulla strada che indicava la via da seguire per raggiungere la capitale.

"Thyus, dove sei?" Irien non riusciva a vedere il filo che legava le loro anime ed era molto inquieta. Essere lontani non era una tortura così grande se sapeva di poterlo trovare seguendo la traccia, ma senza quella era perduta. Si sentiva un normale corvo, senza una voce e senza identità. Sorte volle che proprio uno di quei volatili atterrasse poco lontano da lei. Il corvo iniziò a gracidare nella direzione di Irien, cercando di attirare la sua attenzione. Con sdegno, l'Animale Spirituale decise di volare via.

Sorvolò un'ultima volta il bosco, concentrandosi sulla radura verso la quale aveva diretto Thyus, nella vana speranza di intravederlo e provò ancora una volta a sorpassare quella sottile barriera magica impercettibile e impenetrabile.

Ovunque fosse, finchè lei era viva sapeva che il suo Custode era al sicuro e questo la tranquillizzò.

Decise di allontanarsi dal bosco. Non sapeva quando il filo dell'anima sarebbe ricomparso e rimanere lì ad aspettare le sembrava una perdita di tempo. Decise, dunque, che sarebbe stato più produttivo iniziare a cercare Zhenya, la ragazza che tanto aveva fatto disperare Thyus.

"L'ultima volta l'hanno avvistata nelle terre bruciate" rifletté "Di sicuro non la troverò lì. Conoscendola sarà già partita in cerca di un nuovo nascondiglio. Non mi resta che cercare nel posto meno visitato al Mondo" Non era entusiasta, ma per il suo Custode avrebbe fatto qualsiasi cosa.

E così, con il sole che ancora si alzava verso il mezzogiorno, iniziò a volare verso Ovest. Il Bosco degli Spiriti la stava aspettando.

Aveva vagato tra quegli alberi neri per ore, deciso a raggiungere le montagne prima che si facesse troppo buio

Aveva vagato tra quegli alberi neri per ore, deciso a raggiungere le montagne prima che si facesse troppo buio. Non aveva armi con sé, il pugnale era ancora perduto, e il suo bastone magico era ancora in mano alle guardie della prigione, probabilmente gettato senza cura in un armadio pieno fino all'orlo di oggetti confiscati. Doveva trovare un rifugio sicuro il prima possibile, oppure avrebbe rischiato di venire aggredito da creature minacciose, come i Goblin che aveva incontrato la prima notte del suo viaggio.

Durante la sua ricerca, quando ormai il sole iniziava a calare, una voce armoniosa e maschile si fece sentire forte e chiara non poco lontano da lui.

«Per gli Spiriti, dove sei finita? Sidhil vuole che torni indietro!»

Thyus seguì le voce e raggiunse la sua fonte. Un Elfo piuttosto alto dai lunghi capelli biondo platino intrecciati, chiamava a gran voce qualcuno che, evidentemente, non aveva voglia di farsi trovare. Attaccati alla sua schiena, una faretra e un arco ondeggiavano leggermente a ogni suo aggraziato movimento.

Thyus si nascose dietro il tronco semi bruciato di una quercia e osservò lo sconosciuto tentando di non farsi notare. Non sapeva se quell'Elfo stesse cercando davvero qualcuno o se, in realtà, stesse solamente recitando una parte per convincerlo a farsi aiutare per poi catturarlo e condurlo di nuovo a Mitfeld.

Lo scrutò in silenzio, seguendo con lo sguardo ogni suo movimento, fino a che non lo vide fermarsi e voltarsi proprio verso la sua direzione. Thyus si immobilizzò e nascose la testa dietro all'albero.

«Puoi anche venire fuori da lì, è da quando ti sei avvicinato che so dove ti trovi» disse l'Elfo quasi schernendolo. Thyus sentì alcuni passi muovere nella sua direzione «Inoltre, ti si vede il mantello.»

A quel punto, Thyus si rassegnò e uscì allo scoperto con le mani alzate in segno di resa. Vide l'Elfo fargli cenno di avvicinarsi e rimase sorpreso quando questo gli tese la mano sorridente.

«Non ti farò del male» lo rassicurò «Dopotutto sarebbe sleale combattere un mago disarmato e inesperto.»

«Chi ti dice che io sia inesperto?» Thyus provò a intimidirlo con falsa sicurezza.

«Se non lo fossi allora ti darei del codardo; quei Goblin non erano poi così minacciosi.»
Thyus strabuzzò gli occhi e posò lo sguardo sull'arco. Fu in quel momento che lo riconobbe: era l'arciere che, insieme ai due spadaccini, aveva sconfitto quelle creature dalle quali si era nascosto.

«Dov'è il mio pugnale?» chiese subito, ricordandosi che era stato proprio lui a intascarselo e a portarlo via con sé.

«Quel pugnale non ti appartiene» puntualizzò l'Elfo «È un'arma degli Elfi Raminghi e risale a un tempo che non conosci.»

«È un cimelio di famiglia da generazioni!» ribatté sicuro Thyus.

«È stato rubato a un nostro Generale» rispose calmo «Ma non è questo il luogo adatto per parlarne. Se sei entrato nella nostra Area di Protezione significa che sai qualcosa su di noi. Sarà la mia Signora a decidere cosa fare di te, dopotutto non rientra nei miei poteri farti uscire.»

L'Elfo si incamminò, lasciandosi il sole alle spalle, e gli fece cenno di seguirlo. Thyus, tuttavia, non era sicuro di ciò che volesse fare: da un lato era solo e senza possibilità di difendersi e l'arciere aveva provato di essere un combattente letale; d'altro canto, però, non sapeva se fidarsi di lui o meno. Non aveva mai sentito parlare di Elfi chiamati Raminghi e gli unici individui appartenenti a quella razza lo stavano cercando per imprigionarlo.

«Andiamo?» gli chiese l'arciere voltandosi.
Thyus si decise a seguirlo. Non ancora del tutto convinto, ma fiducioso che dicesse la verità.

 Non ancora del tutto convinto, ma fiducioso che dicesse la verità

Camminarono per molto tempo in rigoroso silenzio. L'Elfo, poco davanti a Thyus, era concentrato sul cercare il percorso più veloce e semplice da seguire, mentre il mago teneva gli occhi fissi su di lui per non perdere il minimo movimento.

«Il mio nome è Lunian» si presentò a un certo punto l'arciere «Cosa porta un mago disarmato ad addentrarsi in un bosco come questo?»

«Sono fuggito dalla prigione di Mitfeld» iniziò «I soldati dell'Imperatore mi stanno cercando e se non fosse stato per il mio Animale Spirituale a quest'ora sarei di nuovo rinchiuso.»

«Fuggire da Mitfeld non è un'impresa facile» Lunian tentò di celare il suo stupore «Come sei finito lì dentro? Hai ucciso qualcuno per caso?» scherzò.

«Ho rubato un libro proibito alla biblioteca» spiegò Thyus alzando le spalle «Non pensavo fosse un crimine così grave, ma a quanto pare lo è. E ora mi ritrovo qui senza il mio bastone magico e senza Animale Spirituale.»

«Gli Animali Spirituali non possono entrare qui. Percepiscono la magia, ma non vi è modo di oltrepassare la barriera se non con il marchio del Fuoco Azzurro» spiegò Lunian, scavalcando il tronco di un albero caduto «E che cos'è un bastone magico?»

Thyus si stupì della domanda «Serve a incanalare l'energia magica dal corpo verso l'esterno per produrre incantesimi» tentò di semplificare la questione.

Lunian scoppiò a ridere, lasciando il mago perplesso.

«Un mago che non può far magie senza un bastone?» La sua risata cristallina infastidì Thyus «Questa è la cosa più stupida che io abbia mai sentito! La mia Signora si divertirà molto a sentire questa storia.»

«Non ci vedo nulla di divertente» sussurrò indispettito il mago. Non capiva cosa ci fosse di così divertente; non era strano che un mago non potesse fare incantesimi senza il proprio bastone magico. Persino i maghi più esperti dovevano servirsene.

«Comunque» cambiò discorso Lunian «io ti ho detto il mio nome, ma ancora sto aspettando di sapere il tuo.»

«Il mio nome?» pensava di averglielo già riferito «Io sono Thyus.» Per un impercettibile momento, gli parve di vedere l'Elfo impallidire, ma fu così breve che pensò fosse stata solo una sua impressione.

«Bene... Thyus» disse Lunian fermandosi davanti a una porta di pietra incassata nella parete della montagna che si stagliava dinanzi a loro «Siamo arrivati.»

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 - Verità nascoste ***


CAPITOLO 6 - VERITÀ NASCOSTE

Seguì Lunian attraverso un largo corridoio scavato nella dura e fredda pietra. Dall’aspetto assomigliava molto a una vecchia entrata per una città di razza nanica, e quando vide scolpiti nella parete in fondo al passaggio due martelli incrociati non ebbe più dubbi. Non capiva, tuttavia, per quale motivo degli Elfi si trovassero in un territorio non di loro proprietà.

Si fermò ad ammirare i due martelli scolpiti nella pietra, come rapito, fino a che l’Elfo non richiamò la sua attenzione.

«Da questa parte» fece cenno, indicandogli una scura porta di legno. Thyus entrò e si guardò intorno, osservando la stanza spoglia e umida, arredata con un solitario e traballante sgabello; l’unica fonte di luce proveniva da una lanterna appesa sul soffitto in posizione centrale.

«Aspettami qui, devo avvisare la mia Signora del nostro arrivo. Non muoverti e qualunque cosa accada non parlare con nessuno» si congedò, chiudendo la porta alle sue spalle.

Ormai solo, Thyus girò in tondo più e più volte, non sapendo cosa fare. Provò a sedersi sullo sgabello, ma accantonò subito l’idea non appena vi si poggiò sopra e lo sentì scricchiolare sonoramente. Si arrese all’idea di doversi sedere sulla scomoda pietra del pavimento, pregando di non bagnarsi i vestiti data la forte umidità; sospettò che sopra di lui ci fosse un lago o, comunque, un corso d’acqua, anche se non ne avvertiva il rumore.

Le ore passarono lente e noiose e Thyus fu presto tentato dall’idea di uscire dalla stanza in cui era rinchiuso ed esplorare quel luogo misterioso, nonostante Lunian gli avesse detto di rimanere lì. Si alzò da terra e si diresse verso l’uscita, quand’ecco che avvertì un rumore di passi in avvicinamento. Appoggiò l’orecchio per ascoltare meglio le voci ovattate che discutevano nel corridoio.

«Non possiamo di certo lasciarlo in balìa di Heridar e dei suoi soldati, non ti pare?» Thyus riconobbe la voce tesa di Lunian.

«Sono d'accordo con te, ma mia sorella non gradirà, lo sai» rispose calma una voce femminile.

Si fermarono davanti alla porta; Thyus rimase in ascolto, ma i due rimasero in silenzio, fino a che un altro rumore di passi non iniziò a rimbombare nel corridoio, veloce e furioso.

«È lì dentro?» chiese dura una voce femminile molto simile alla precedente. Ci fu un breve silenzio; Thyus sospettò che la risposta fosse arrivata con un semplice cenno del capo.

«Sapete entrambi che non approvo» continuò la voce, sprezzante. Il fuoco della lanterna nella stanza tremò «Non sappiamo nemmeno chi sia e perché avesse il pugnale.»

«Dice che sia un cimelio di famiglia.»

«Lo hanno comunque rubato» rispose alterata. La fiamma tremò ancora «E non mi fido di lui. Chi ci dice che non ci tradirà non appena ne avrà l'occasione?»

«È solo un ragazzo, Eiliat» intervenne l’altra voce femminile «non ci metteresti molto a impedirglielo.»

«Non sono comunque d’accordo. Lunian mi ha detto che girava disarmato: che razza di persona va in giro per questi boschi senza un’arma o quantomeno sapersi difendere? Qui c’è sotto qualcosa, ve lo dico io.»

«Ha il Marchio, non possiamo lasciarlo da solo. Sarebbe subito preda facile di nostro zio e dei suoi soldati.»

«Non è un nostro problema il fatto che abbia deciso di sfruttare la magia del Fuoco Azzurro senza conoscerla!» alzò la voce. Il fuoco della lanterna cambiò colore e divenne azzurro, inondando di luce la stanza.

«Calma.» Thyus sentì la voce ferma di Lunian. Il fuoco si rimpicciolì e tornò del suo usuale colore.

«Non ti farò entrare se non intendi mantenere la calma» la voce femminile avvisò l’altra, pacata.

«Molto bene» replicò seccata «Ho molto da fare e non intendo sprecare il mio tempo per colpa di un mago da quattro soldi.»

“Ma come si permette?” pensò Thyus stizzito mentre sentiva dei passi allontanarsi.

Qualche istante dopo, la porta si aprì e Lunian fece capolino, salutandolo con un sorriso imbarazzato, ben conscio che Thyus avesse sentito tutta la conversazione.

Lunian varcò la soglia e, dietro di lui, comparve un’Elfa dai lunghissimi capelli color del cielo, così come i suoi occhi.

Portava sul capo una corona a forma di rami e foglie d'oro intrecciati, tipico diadema, osservò il mago, delle principesse elfiche.

L’Elfa superò Lunian, facendo ondeggiare il suo vestito bianco come le nuvole, e si piazzò davanti a Thyus, rivolgendogli un piccolo sorriso, che a lui parve per nulla naturale.

«Il mio nome è Sidhil» si presentò «Principessa degli Elfi Raminghi, o quel che ne rimane, e una portatrice del Fuoco Azzurro.»

Thyus fissò l’Elfa, cercando di riordinare i pensieri per formulare una risposta di qualunque genere. Sidhil, con una sola frase, era riuscita a creargli più quesiti di quanti avrebbe mai pensato di averne; non sapeva da dove cominciare.

Il fatto che un’intera stirpe elfica, di cui aveva studiato la storia, l’organizzazione e il declino quando era ancora solo un mago in addestramento, fosse ancora viva e si trovasse nascosta sotto gli occhi di tutti lo preoccupò.

Si domandò quante cose nel Mondo non fossero in realtà come sembravano. Aveva vissuto in una menzogna per tutta la sua vita? Thyus non voleva saperlo. Aveva paura che, con una sola domanda, la realtà così come la conosceva sarebbe caduta in frantumi e avrebbe sconvolto la sua visione delle cose.

Ma non poteva non domandare.

Se l’Elfa stava dicendo il vero, allora doveva sapere. Ormai era lì, non poteva più tornare indietro.

A pensarci bene, non voleva nemmeno, soprattutto all’idea di tutti quei soldati alla sua ricerca.

«Credo di non essere mai stato tanto confuso in vita mia.» Si decise ad aprir bocca, con voce incerta e bassa, quasi quanto un sussurro.

«Ѐ comprensibile» convenne Sidhil «So molto bene quanto mio zio Heridar, l’Imperatore, abbia fatto per occultare la verità riguardo alla nostra scomparsa.»

«Ma non capisco.» Thyus si mise le mani fra i capelli, confuso «Perchè lo ha fatto? Insomma, siete parenti! E come può non essersi accorto di voi? Siete nascosti nella regione sotto il suo comando.»

«Mia madre era capace di controllare molto bene la magia, molto più di quanto mio zio sarà mai in grado» spiegò Sidhil «Questo è uno dei pochi luoghi in cui la sua magia di protezione rimane ancora forte e impenetrabile. Siamo rimasti nascosti qui per centinaia di anni in attesa che l’ultimo pugnale tornasse da noi e ora che l’abbiamo possiamo procedere con il nostro piano per riprenderci la libertà e rendere tutti partecipi degli orrori che l’Imperatore ha compiuto.»

«E l’ultimo pugnale era il mio, quello che avete trovato nel bosco qualche notte fa.» ragionò Thyus.

«Devo dire che sia stato un gran colpo di fortuna» si intromise Lunian «il Generale a cui apparteneva ha fatto perdere le sue tracce durante la guerra. Non sappiamo neppure se sia riuscito a sopravvivere oppure no.»

«Ѐ strano, quando mia madre me lo donò, mi disse che il pugnale appartiene alla nostra famiglia da molte generazioni» replicò il mago, confuso «Non mi ha raccontato nulla di più su di esso, ma ora mi chiedo se non sappia che in realtà vi appartiene. Vorrei tanto poterglielo chiedere.»

«Non posso farti uscire da qui, Thyus. Almeno, non per il momento» lo interruppe Sidhil «Hai ancora il Marchio del Fuoco Azzurro: mio zio ti troverebbe subito, soprattutto grazie al fatto che sfrutti in continuazione il suo potere.»

«Non avevo altra scelta! E non sapevo che recitare una semplice frase avrebbe prodotto quell’effetto» provò a discolparsi.

«Non è chiaro nemmeno a me» ammise l’Elfa «Mia sorella, tuttavia, potrebbe saperlo.»

«Non credo che Eiliat voglia vederlo, però» parlò di nuovo Lunian «E credo che sia per il bene di Thyus accertarsi che lei sia d’accordo, prima che lo trasformi in un cumulo di cenere.»

Sidhil chiuse gli occhi, strizzandoli un poco. Il fuoco della lanterna ondeggiò.

«Ѐ al campo di addestramento, posso provare a convincerla.»

“Ha localizzato sua sorella con la magia?” si chiese Thyus, confuso.

«Immagino che tu non sappia molto sulla magia del Fuoco Azzurro« Sidhil si rivolse a lui, come a rispondere a quella domanda che si era appena fatto.

Thyus la guardò allibito. “Come ha fatto a-”

«La lettura del pensiero è una delle mie abilità» spiegò, ancora prima che finisse il suo pensiero.

«Ѐ incredibile! E tutto questo senza un bastone magico!»

«Un bastone magico? Non servono speciali attrezzature per fare magie» sorrise «Immagino che sia una strana legge imposta da mio zio» concluse l’Elfa.

Qualcuno bussò alla porta e Lunian andò ad aprire. Un Elfo molto più alto di lui e decisamente anche molto più muscoloso entrò nella stanza e squadrò Thyus.

«Ѐ quasi ora, mia Signora» disse rivolto all’Elfa e, così com’era entrato, uscì senza dire altro.

«Temo di non avere molto altro tempo da dedicarti, Thyus» si scusò «Tuttavia devo chiederti di prendere una decisione e dirmi se preferisci rimanere qui o tornare alla tua vita senza ricordarti di questo incontro, né del Fuoco Azzurro.»

«Come posso prendere una decisione adesso? Ci sono troppe informazioni su cui devo ragionare.»

Sidhil si avvicinò a lui e posò l’indice destro sulla sua fronte.

«Forse questo ti aiuterà. Non preoccuparti, Lunian rimarrà qui con te per tutto il tempo; potrai riferire a lui la tua decisione e fargli tutte le domande che vorrai.»

La punta del dito dell’Elfa iniziò a brillare di una luce azzurrina e Thyus ne fu abbagliato. Chiuse gli occhi e, finalmente, iniziò a capire.

Quel giorno, il sole splendeva su Mitfeld, la Città del Fuoco, e l’Imperatore Fandil, seduto sul trono di marmo, attendeva il ritorno del proprio secondogenito, il quale, come suo solito, tardava ad arrivare.

Dal grande arco d’entrata della sala fece il proprio ingresso il primogenito, erede al trono di Mitfeld.

«Non è ancora arrivato?» chiese impaziente al padre dopo aver fatto un breve inchino.

«Conosci bene tuo fratello, Heridar» rispose calmo «Porta pazienza, arriverà prima del tramonto, come sempre.» Heridar annuì e si congedò, ritirandosi nelle sue stanze.

Si lasciò cadere mollemente sull’immenso letto, contemplando il soffitto come era solito fare quando attendeva l’arrivo del fratello.

Comodo sul materasso, la palpebre iniziarono a farsi pesanti e chiuse gli occhi, provando a riposarsi, ma le porte della sua stanza vennero spalancate rumorosamente, facendolo sussultare.

Heridar si alzò di scatto, lanciando uno sguardo alterato a chi era appena entrato, pronto a inveirgli contro. Tuttavia, il suo sguardo alterato ben presto scomparve, lasciando il posto a uno sguardo meravigliato, accompagnato da un largo sorriso.

«Caledar!» esclamò, raggiungendo l’Elfo appena arrivato «pensavo avessi perso la strada di casa» scherzò.

«Ho tardato cercando il regalo giusto per il mio fratello preferito, che a quanto pare a giorni si sposerà» rispose Caledar, abbracciandolo «Non è facile trovare qualcosa di unico per chi ha già tutto.» Si staccò dall’abbraccio e porse al fratello una spada lunga dall’elsa dorata, decorata con preziose gemme bianche. Heridar la prese delicatamente e la osservò con attenzione.

«Non posso crederci!» esclamò estasiato »Come sei riuscito a mettere le mani su una rarità del genere? Ѐ una lama di metallo degli Spiriti! Nessuno è mai riuscito a ottenerne una!»

«Girala.» Heridar seguì il suggerimento del fratello e scoprì un’incisione sulla lama.

«Etraria...» sussurrò leggendo. Alzò lo sguardo «Ѐ davvero l’unica spada dello Spirito Bianco? La lama intoccabile?»

«Ѐ stata un’impresa attraversare il Bosco degli Spiriti, ma per te questo e altro» sorrise Caledar, felice che il suo regalo fosse stato apprezzato «Ho pensato che con il tuo matrimonio e la mia incoronazione non potremo vederci sovente, ma spero che un dono del genere ti aiuti a ricordare che ci sarò sempre per te, qualunque sia l’ostacolo.»

«Nostro zio ha finalmente ceduto?»

«Direi che il carico d’oro che nostro padre gli ha inviato lo abbia convinto molto in fretta» ridacchiò.

«Re degli Elfi Raminghi...» sospirò Heridar «Direi che il titolo ti dona!»

«Tu come ti senti?» Caledar spostò la conversazione sul fratello «Mancano pochi giorni al matrimonio e verrai presto incoronato Imperatore. Ѐ un gran cambiamento.»

Heridar annuì senza rispondere. Era davvero un gran cambiamento per lui; aveva passato secoli a studiare, seguito dai sapienti più rinomati, e era giunto il fatidico momento in cui tutto sarebbe passato nelle sue mani.

Non era una mansione facile, ma aveva passato tutta la vita a prepararsi, sapeva che non avrebbe fallito.

Era, tuttavia, preoccupato riguardo al suo matrimonio, dopotutto non conosceva nulla della misteriosa Principessa del Regno delle Acque di Cristallo.

Non l’aveva mai vista di persona, aveva solamente ricevuto delle brevi e incomplete descrizioni riguardo al suo aspetto fisico, mentre non sapeva nulla della sua personalità e aveva paura che non sarebbe riuscito a fare una buona impressione.

Se il matrimonio non avesse avuto luogo -rabbrividì al solo pensiero- tutti i piani di suo padre non si sarebbero realizzati e l’unione dei due regni elfici sarebbe rimasto solo un desiderio inarrivabile.

Scosse la testa e tornò alla realtà. Salutò il fratello, che era stato convocato dall’Imperatore e tornò a sdraiarsi sul letto, questa volta con i pensieri rivolti a quella Principessa che avrebbe a breve incontrato.

Quando riaprì gli occhi, Thyus si guardò intorno, a metà fra l’emozionato e il confuso.

Vide Lunian appoggiato alla parete, intento a rigirarsi tra le mani un curioso ciondolo che portava al collo, e si schiarì la voce per richiamare la sua attenzione.

«Non ci è voluto molto» commentò l’Elfo «Ti è tutto più chiaro ora?»

«Non esattamente» ammise il mago «Insomma, ho visto l’Imperatore e suo fratello e parlavano di matrimonio e di incoronazioni, ma non capisco cosa tutto questo abbia a che fare con quello che è successo durante la guerra.»

«Non hai visto altro?» chiese Lunian. Thyus scosse la testa «Sapevo che lo avrebbe fatto» l’Elfo alzò gli occhi al cielo.

Aprì la porta e invitò il mago ad alzarsi e a seguirlo.

«Sidhil non ti ha fatto vedere tutto ciò che è successo, vuole che sia Eiliat a farti vedere come sono andate le cose.» Si incamminò velocemente per il corridoio. Thyus fece una piccola corsa per raggiungerlo. «Non sarà affatto contenta di vederti, ma non abbiamo altra scelta: conosco bene Sidhil e non ti farà vedere il resto.»

«Ma perché?» Thyus non capiva e, soprattutto, non voleva avere a che fare con l’Elfa che lo aveva definito un mago da quattro soldi; non l’aveva mai vista, ma il suo temperamento non l’aveva rassicurato.

«Vorrei saperlo anche io, credimi» replicò Lunian «Ma ancora non ho capito come ragionino le loro menti.» Affrettò il passo, assicurandosi che Thyus riuscisse a stargli dietro, fino a che non raggiunsero una grande porta di pietra molto simile a quella che avevano attraversato entrando nella montagna.

Lunian posò una mano sulla porta e voltò il capo verso Thyus, guardandolo senza nascondere il timore che aveva dipinto in volto.

«Qualunque cosa accada non parlare se non importunato» comandò «Non è facile da tenere a bada.»

La porta si aprì inaspettatamente e un’Elfa dai capelli corvini, raccolti ordinatamente in una treccia, e dagli occhi di un blu brillante comparve davanti a loro, visibilmente contrariata.

«E così sarei una sorta di animale incontrollabile per te?» Del fuoco azzurro scaturì dalla punta delle sue dita.

Lunian sbiancò, certo che non si sarebbe tirato fuori dai guai molto facilmente.

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 - La via della spada ***


CAPITOLO 7 - LA VIA DELLA SPADA

Lunian spinse velocemente Thyus per allontanarlo.

«Eiliat, non è come sembra.» Mise le mani in avanti e iniziò indietreggiare cautamente «Ne possiamo parlare-» Venne interrotto da una fiammata azzurra che gli passò a qualche centimetro dal volto e andò a colpire la parete dietro di lui.

Lunian capì di dover tacere e sbiancò. Non tremava, osservò Thyus, ma la paura che aveva negli occhi era mal celata.

Eiliat avanzò verso l'Elfo, una fiamma azzurra agitata fuoriusciva dal palmo della sua mano sinistra. Lo fissò con rabbia, Lunian non abbassò lo sguardo, poi il fuoco nella mano di Eiliat si spense, così come i suoi occhi, che persero il loro blu luminoso per lasciare il posto a un paio di iridi nere.

«Parla» ringhiò «Ora.»

«Sidhil ha dato al mago una visione incompleta» si affrettò a rispondere Lunian «E senza sapere tutto non può decidere se rimanere con noi o andarsene.»

Eiliat si voltò verso Thyus e lo squadrò da capo a piedi, poi tornò a posare il suo sguardo sull'Elfo.

«Non credo sia un mio problema» rispose calma, quasi come se non le importasse «Se non vuole prendere una decisione, ma al tempo stesso non vuole nemmeno dimenticare, può rimanere qui come nostro prigioniero.» Thyus strabuzzò gli occhi e fece per aprir bocca, ma Lunian gli lanciò un'occhiata fulminante, che lo convinse a tacere.

«Non volevo giocare questa carta, ma non mi lasci altra scelta» sospirò l'Elfo «È un ordine diretto di tua sorella, che ti ricordo essere anche la maggiore.»

Eiliat si voltò di spalle, diretta verso la porta dalla quale era uscita. Si fermò sull'uscio e girò il viso verso Thyus, emettendo uno sbuffo di esasperazione.

«Andiamo» gli fece, sconfitta «prima vedi,prima te ne vai. Spero.»

Lunian accennò un sorriso soddisfatto e diede a Thyus una pacca sulla spalla.

«Andrà tutto bene, vedrai» provò a incoraggiarlo, invitandolo a seguire l'Elfa.

«Tu non vieni?» chiese il mago, non molto convinto di voler rimanere da solo con Eiliat.

«Non voglio rivivere certi brutti ricordi.» Thyus non comprese la sua risposta, ma si affrettò a seguire l'Elfa attraverso la grande porta, che si chiuse non appena la ebbe oltrepassata.

Si ritrovò dentro un'enorme stanza circolare il cui pavimento era ricoperto di terra; dal soffitto pendevano lanterne accese con quel fuoco dal colore inusuale. A costeggiare le pareti, numerose rastrelliere sorreggevano il peso di spade lucide e affilate, alternate a bersagli e manichini di paglia accatastati per terra in modo disordinato; alcuni erano ricoperti di buchi frecce, mentre altri erano stati anneriti dal fuoco.

Era un grande campo di addestramento.

Eiliat lo stava aspettando, ferma al centro della stanza. Gli fece cenno di avvicinarsi e Thyus subito la raggiunse, deciso a non contrariarla.

«Che cosa hai visto finora?» chiese l'Elfa spostandosi un poco e facendo piazzare il mago dove prima si trovava lei.

«So che l'Imperatore doveva sposarsi e che suo fratello, futuro Re degli Elfi Raminghi, gli regalò una Lama degli Spiriti.»

«Nient'altro?» Thyus scosse la testa «Va bene. Ho molto da raccontarti, allora. Non sarà piacevole come la visione di mia sorella, però: i nostri poteri  non sono gli stessi, non posso entrare nella tua mente e farti vedere ciò che voglio. Il mio fuoco, però, saprò mostrartelo.»

Alzò un braccio verso l'alto e richiamò a sé il fuoco azzurro delle lanterne; il buio calò nella stanza, poi, senza preavviso,fiamme cerulee scaturirono dal terreno, accerchiando Thyus e l'Elfa.

Con il movimento fluido di una mano, Eiliat aumentò l'intensità del fuoco e strinse il cerchio fino a che non arrivò a sfiorare il suo corpo.

«Non hai paura di bruciarti?» chiese Thyus, preoccupato e curioso al tempo stesso.

«Non posso bruciarmi» rispose l'Elfa con tono calmo, concentrata nel controllare il suo potere «È uno dei pochi vantaggi dell'essere una portatrice del Fuoco Azzurro, ma non è una questione per te importante. Non al momento, almeno.»

Le fiamme si agitarono e il cerchio di fuoco iniziò a mutare forma, fino a che da esso non comparvero le figure dei due Elfi che Thyus aveva visto grazie alla magia di Sidhil.

In quel momento, Thyus capì cosa intendesse Eiliat quando aveva detto che sarebbe stato il fuoco a mostrargli ciò che doveva sapere.

Si soffermò a osservare Eiliat, che fissava con occhi lucidi la figura di Caledar. L'Elfa si asciugò velocemente una lacrima solitaria e si ricompose, come se nulla fosse accaduto. Thyus preferì non indagare; era certo che, se avesse osato chiederle se tutto fosse a posto, non sarebbe di certo finita bene. Ancora non la conosceva, ma aveva il presentimento che non amasse condividere i propri sentimenti, soprattutto non con qualcuno in cui non riponeva fiducia.

«Quello che ti ha fatto vedere mia sorella, non è altro che l'inizio di tutto quanto» cominciò Eiliat, mantenendo lo sguardo fisso sulle fiamme, persa in chissà quali pensieri «Cosa sai sulle leggi di successione degli Elfi?»

«Secondo la legge degli Elfi, il primogenito, una volta sposato, eredita la corona e quindi il titolo di Imperatore, mentre il secondogenito viene nominato Re degli Elfi Raminghi, ossia della colonia nomade dell'Impero. Il secondogenito non può sposarsi, né avere figli, per evitare disordini nella linea di successione» rispose Thyus, recitando a memoria il passo di un libro di storia elfica che aveva studiato quando era ancora un mago in addestramento «Il Regno delle Acque di Cristallo, invece, non ha colonie, dunque il problema non si pone» concluse brevemente.

«È esatto» fece l'Elfa «Purtroppo le cose non sono andate come dovevano: Caledar, mio padre, si innamorò della Principessa destinata a diventare Imperatrice di Mitfeld, Nirien.» Dalle fiamme comparve la figura di un'Elfa dai dolci lineamenti del viso. Thyus ne rimase ammaliato e fissò quella figura, rapito dalla sua bellezza.

«Scapparono insieme» riprese Eiliat. Il fuoco azzurro si agitò e le figure scomparvero «Mio padre rinnegò la sua famiglia e diede una scelta agli Elfi Raminghi. Decisero di rimanere al suo fianco e lo seguirono senza esitazione; non si erano mai sentiti parte dell'Impero. Heridar perse la ragione e l'Imperatore dichiarò guerra al Regno delle Acque di Cristallo per non aver mantenuto gli accordi presi. Nirien, dopotutto, era scomparsa con Caledar senza lasciare traccia.» Il fuoco si agitò nuovamente e prese le sembianze di un esercito in battaglia; le figure si muovevano e combattevano cercando, spietate, di prevalere sulle forze nemiche. In prima linea, su un imponente cavallo, Thyus riconobbe l'allora Imperatore di Mitfeld, intento ad agitare la sua spada infuocata verso un altro Elfo, che riconobbe essere il Re delle Acque di Cristallo.

«Heridar approfittò della guerra e della confusione per formare un piccolo esercito e iniziò a dare la caccia alla colonia raminga, senza mai riuscire a trovarla, fino a che non nascemmo io e mia sorella. Se lo Spirito del Fuoco Azzurro non avesse deciso di trovare dimora nelle nostre anime, forse gli Elfi Raminghi sarebbero salvi. Forse i miei genitori sarebbero ancora vivi.» Il fuoco si attenuò e tornò nel palmo della mano di Eiliat, che lo distribuì nelle lanterne, facendo tornare la sala illuminata.

«Quindi il bagliore azzurro che Heridar vedeva...» Thyus iniziò a mettere insieme i pezzi.

«Eravamo io e mia sorella» concluse l'Elfa «O meglio, ero io. Quando lo Spirito ha scelto di rifugiarsi nelle nostre anime, in realtà, non aveva idea che fossimo due: uno Spirito senza dimora è uno Spirito debole, non sapeva che mia madre fosse incinta di due gemelle. Si è visto costretto a dividersi pur di sopravvivere, ma la sua scelta lo ha portato a separare anche i poteri che derivano da lui. Solo io posso evocare il suo fuoco, mia sorella ha capacità differenti e più facilmente controllabili. Il fuoco è un dono e una tortura al tempo stesso, non sono stata in grado di controllarlo per molti anni; a dire la verità, non credo di essere ancora arrivata a comprendere del tutto l'estensione dei miei poteri.» Fece apparire una piccola pallina di fuoco azzurro su un dito e la fece volteggiare più volte prima di spegnerla chiudendola nel palmo. Aveva un lieve sorriso sulle labbra, ma ben presto scomparve, lasciando spazio a un'espressione dura, seria e, soprattutto, ostile.

L'Elfa fissò Thyus, i suoi occhi neri scrutarono quelli altrettanto scuri del mago, che capì che fosse arrivato il momento di prendere una decisione.

Non c'era ombra di dubbio che Thyus avrebbe preferito restare, ma doveva trovare delle valide motivazioni; non poteva fidarsi ciecamente. Aveva sempre creduto a tutto ciò che gli era stato raccontato senza porsi delle domande, e in quel momento si trovava davanti a una storia che contraddiceva tutto ciò che sapeva sul Mondo. Come poteva decidere a chi credere?

La storia che le due gemelle gli avevano raccontato era di sicuro intrigante, ma non aveva mai sentito parlare dello Spirito del Fuoco Azzurro. Per lui poteva essere solo un'illusione, Sidhil ed Eiliat potevano essere Maghe Bianche che si divertivano a giocare con la sua mente.

Per quanto potesse essere una plausibile opzione, però, c'erano ancora cose che a Thyus non tornavano, come l'eccessiva reazione delle guardie di Mitfeld per aver consultato un libro proibito in biblioteca o, ancora, il fatto che l'Imperatore in persona lo avesse rintracciato con la sua magia. Era un semplice e anonimo mago, perché spingersi a tanto?

In quel momento, Thyus desiderò che il suo Animale Spirituale fosse lì con lui; gli sarebbe servito qualcuno con cui ragionare.

Qual era la strada giusta da seguire?

Se avesse deciso di non restare, tutti i ricordi legati al Fuoco Azzurro e agli Elfi Raminghi sarebbero scomparsi e sarebbe andato per la sua strada, in cerca di Irien, del suo bastone magico e, successivamente, di Zhenya. Se avesse deciso di rimanere, si chiese quando avrebbe mai ritrovato la ragazza.

Entrambe le opzioni sembravano portare con sé un'esorbitante e ingiusta mole di problemi.

Irien sarebbe stata in grado di ritrovarlo, oppure lo aveva dato per disperso? Come si sarebbe impossessato nuovamente del suo bastone magico? Se non lo avesse ripreso, come avrebbe fatto magie?

C'erano tanti altri quesiti che gli frullavano nella testa, e alla maggior parte non aveva idea di come rispondere. Una cosa, però, era certa: se avesse deciso di andarsene sarebbe rimasto solo, nessuno lo avrebbe accompagnato, e per quanto Irien fosse una buona compagna, non aveva idea di quando l'avrebbe ritrovata e soprattutto sapeva quanto poco potesse aiutarlo durante un attacco. Era solo un corvo, dopotutto.

«Ho deciso» fece serio all'Elfa «Voglio rimanere. Vi aiuterò a vincere contro l'Imperatore» disse con sicurezza, senza menzionare tutte le altre motivazioni per le quali avesse preso quella decisione.

«E sia. Voglio che sia chiaro, non sono per nulla d'accordo e non mi fido ancora di te, ma mia sorella mi ha dato l'ordine di rispettare la tua decisione, quindi non posso fare altrimenti» Eiliat sospirò, senza nascondere il suo disappunto «Ti avviso, però. Se solo avrò il presentimento che tu stia tramando qualcosa contro di noi, puoi stare certo che il mio fuoco diventerà il tuo incubo peggiore.» Thyus deglutì, sbiancando alle minacce dell'Elfa, che non stava di sicuro scherzando.

La grande porta di pietra si aprì inaspettatamente e fece il suo ingresso nella stanza un gruppo di Elfi tra i quali Thyus riconobbe Lunian. Al suo fianco, due Elfi identici dai capelli ramati, molto alti e muscolosi. Non appena il mago sentì le loro voci, capì che con buona probabilità fossero i due spadaccini che, con Lunian, lo avevano salvato dai Goblin la prima notte dalla sua partenza. Le sue supposizioni vennero confermate quando vide i due salutarlo con due larghi sorrisi smaglianti.

«Avete finito?» chiese Lunian a Eiliat, una volta avvicinatosi «Possiamo sempre iniziare più tardi.»

«No, abbiamo finito» tagliò corto l'Elfa.

«Sidhil vi sta aspettando fuori.»

«Va bene. Iniziate a sistemare tutto e a provare qualche formazione.» Eiliat fece cenno a Thyus di seguirla «Tornerò al più presto.»

L'Elfa e il mago uscirono dalla stanza e trovarono Sidhil che, composta, li stava attendendo in corridoio.

«Ha deciso di restare» parlò Eiliat, impassibile.

«Molto bene» sorrise Sidhil rivolta a Thyus «Sono felice che tu abbia scelto di non vivere nell'ignoranza. La tua magia, poi, potrebbe esserci d'aiuto, vero Lili?»

«Ci farebbe comodo un Mago Nero, devo ammetterlo.» Thyus sbiancò: senza il suo bastone non poteva fare magie. Per un momento temette che lo avrebbero cacciato se avessero saputo la verità «Un vero peccato che tu non possa fare incantesimi. Lunian mi ha raccontato della faccenda del bastone magico.» Thyus si rilassò e riprese un po' di colore.

«Non preoccuparti, Thyus, ti aiuteremo a imparare la vera arte magica, quella che non ha bisogno di nessuno strumento» lo tranquillizzò Sidhil, spostandosi una lunga e ribelle ciocca di capelli turchesi che si era piazzata davanti al viso «Per il momento, però, ti farò vedere dove ti trovi esattamente e dove potrai riposare. Ormai fuori è notte fonda, avrai sicuramente bisogno di mangiare e di recuperare le forze.»

Con quella frase, Thyus si accorse che, in effetti, era ormai più di un giorno che non riposava o mangiava un pasto decente; tutte quelle nuove informazioni gli avevano fatto dimenticare completamente dei suoi bisogni.

«Quando ti sarai riposato, torna qui» Eiliat si rivolse a lui «Ora che sei con noi avrai bisogno di imparare a difenderti e a combattere.» L'Elfa si voltò sui tacchi e rientrò nella stanza, chiudendo la porta dietro di sé.

Rimasti soli, Sidhil fece cenno al mago di seguirlo.

Percorsero a ritroso il corridoio che Thyus aveva attraversato in precedenza e si fermarono all'incirca a metà strada, nell'unico punto in cui non vi erano porte, né passaggi.

«Questa è la tua ultima via d'uscita» lo avvisò Sidhil «Una volta vista Andaras, la nostra città, non potrai più tornare indietro. Sei sicuro della tua scelta?» Thyus annuì, deciso.

L'Elfa si voltò verso la parete spoglia e, con mani delicate, premette una piccola e difficile da notare sporgenza, che aprì un varco davanti a loro.

Sidhil avanzò e si fermò quando raggiunse l'orlo del dirupo di fronte a lei. Guardò in basso e poi si voltò verso la sua destra, dove iniziò a scendere una scalinata scolpita nella pietra della montagna.

«Vieni?» chiamò Thyus, che ancora doveva attraversare il varco.

Finalmente, il mago si decise ad avanzare e, come prima aveva fatto Sidhil, guardò verso il basso.

Un'immensa valle sotterranea si stagliò davanti ai suoi occhi, illuminata dalla luce fioca di innumerevoli fuocherelli azzurri che fluttuavano nell'aria. Sentieri di ciottoli e pietre di fiume univano piccole e umili case di legno, collegandole a una piazza centrale dove una fontana di pietra nera faceva zampillare acqua cristallina. In lontananza, Thyus scorse un lago, attraversato da un ponte di pietra, in fondo al quale si trovava un castello in rovina e poco illuminato. Piante rampicanti si erano impossessate delle sue pareti scure e tristi.

Non c'era nessuno in città. Thyus concluse che probabilmente fossero tutti nelle proprie dimore a riposare.

Seguì l'Elfa giù per le scale e attraversò la città senza fare rumore, fino a che non arrivarono davanti a un'abitazione poco curata e all'apparenza abbandonata.

«Mi dispiace costringerti ad alloggiare in questa casa più separata dalle altre. Non tutti si fidano ancora di te, ma sono sicura che sia solo questione di tempo» si scusò l'Elfa «Dentro troverai tutto quello che potrebbe servirti, compreso del cibo e un cambio di vestiti.» Aprì la porta e invitò Thyus a entrare. L'Elfa accese la piccola lanterna posta sul tavolo al centro della stanza.

«È perfetta, non devi preoccuparti» la rincuorò il mago.

«Mi raccomando, riposati e ricordati di raggiungere Eiliat nella sala di addestramento domani mattina» si congedò, uscendo e salutandolo con la mano.

Finalmente solo, Thyus si rifocillò ed esplorò la piccola dimora, che consisteva in due sole stanze: la prima era arredata con un vecchio tavolo e quattro sedie, un piccolo scrittoio e una credenza impolverata, mentre la stanza adiacente comprendeva un piccolo letto e uno specchio, sotto al quale era stata apposta una piccola bacinella in cui sciacquarsi.

Si abbandonò sul letto senza nemmeno svestirsi e tentò di riflettere su tutto ciò che era successo in quei pochi giorni, ma la stanchezza prevalse sul suo corpo e finalmente si lasciò scivolare in un sonno profondo privo di sogni e di pensieri.

Si abbandonò sul letto senza nemmeno svestirsi e tentò di riflettere su tutto ciò che era successo in quei pochi giorni, ma la stanchezza prevalse sul suo corpo e finalmente si lasciò scivolare in un sonno profondo privo di sogni e di pensieri

Un luminosissimo bagliore azzurro lo risvegliò dal suo sonno.

«Buongiorno!» fece una figura di fuoco azzurro molto simile a Sidhil ai piedi del suo letto «Che il Fuoco Azzurro vi protegga.» con quella frase, il fuoco si spense e scomparve nel nulla, lasciando Thyus nell'oscurità della stanza, perplesso dalla singolare sveglia.

Per un attimo, fu tentato dal tornare a dormire, non sentiva di aver recuperato ancora tutte le forze, ma il pensiero che se non si fosse presentato al campo di addestramento sarebbe molto probabilmente finito in cenere per mano di Eiliat, lo convinse ad alzarsi.

Si diresse, svogliato, verso lo specchio e si sciacquò il viso. Tentò, invano, di sistemarsi i capelli e si rassegnò quando capì che fosse una causa persa.

Ritrovò il cambio di vestiti che Sidhil gli aveva lasciato e lo indossò; la casacca bianca lo fece sembrare ancora più pallido di quanto non fosse. Infilò i pantaloni e gli stivali che gli erano stati consegnati e cercò il suo mantello, che aveva lasciato su una delle sedie attorno al tavolo la sera precedente. Al suo posto, tuttavia, trovò un piccolo pezzo di pergamena.

Il mantello era molto sporco, spero non ti dispiaccia se lo faccio lavare.
Non preoccuparti, tornerà come nuovo.
- Sidhil

Thyus sorrise leggendo la calligrafia ordinata ed elegante della Principessa; lasciò il messaggio sul tavolo e uscì di casa, chiudendo la porta dietro di sé.

Attraversò la città velocemente, cercando di ignorare gli sguardi curiosi degli Elfi che fino a quel momento non avevano avuto ancora modo di incontrarlo.

Salì a due a due i gradini della scalinata di pietra e raggiunse il corridoio, che percorse quasi di corsa per arrivare il prima possibile nella sala di addestramento.

Quando raggiunse la sua meta, notò che la porta era già aperta.

All'interno, appoggiata alla parete con la schiena, Eiliat era seduta con le gambe incrociate e gli occhi chiusi. I suoi capelli corvini erano raccolti in una treccia stretta e ordinata, non vi era un capello fuori posto.

Quando Thyus entrò nella stanza, l'Elfa aprì gli occhi e si alzò in piedi, spazzando via la terra dai pantaloni scuri.

«Ti stavo aspettando» disse, breve «Ho deciso che ci dedicheremo solo al combattimento per un po', la magia può aspettare.» Si diresse verso le rastrelliere e iniziò a esaminare le armi poste su di esse, voltandosi, di tanto in tanto, a osservare Thyus, squadrandolo da capo a piedi.

«Quando iniziamo?» chiese il mago per spezzare il silenzio e cercare di placare la tensione che lo pervadeva in quel momento.

«A breve» rispose Eiliat, prendendo una spada corta e facendo qualche affondo con essa «Devo solo capire quale sia l'arma più giusta per te, basandomi sulla tua corporatura e sulla tua personalità.»

«La mia personalità?» Thyus non capiva.

«Ogni arma richiede uno stile di combattimento differente» spiegò lei «Se la tua personalità non si addice allo stile di combattimento, l'arma ti sarà inutile.» Ripose la spada corta al suo posto e passò oltre, continuando a osservare le armi.

«Quindi quale sarebbe la migliore per me?»

«Avevo pensato a uno spadone, in realtà, ma non sei abbastanza forte da poterlo sorreggere per molto tempo, inoltre è necessario che tu sia abile per poterlo usare in modo corretto.» Eiliat indicò l'arma a cui si riferiva e Thus non potè che darle ragione.

"È decisamente troppo pesante" pensò il mago, osservando la lama lunga e spessa "Non riuscirei mai a sollevarlo."

«Per il momento imparerai l'arte della spada con questa.» Eiliat gli porse una spada lunga argentata. La scanalatura centrale era decorata con pietre azzurre che gli ricordarono molto quelle del suo pugnale, che, in quel momento, gli tornò in mente.

«Quando potrò riavere il mio pugnale?» azzardò allora.

«Non abbiamo ancora deciso se potrai riaverlo, è una questione complicata» tagliò corto Eiliat, andando a recuperare una spada simile a quella che aveva affidato a Thyus.

«È la tua spada?» chiese curioso il mago, che aveva deciso di non insistere sulla faccenda del pugnale.

«No, non combatto mai con questa, ho uno stile differente.» Le sue risposte erano sempre brevi e vaghe «Ora, cominciamo. La spada lunga si impugna con due mani ed è un ottimo alleato nel combattimento ravvicinato...» Si avvicinò a Thyus per sistemare la sua postura e la posizione delle mani sull'impugnatura. Il mago lasciò che lo correggesse e continuò ad ascoltare con attenzione ogni parola.

Eiliat passò la mattinata a elencare i vari colpi e li dimostrò uno a uno, ripetendoli più volte fino a che Thyus non fu in grado di copiarli in maniera esatta.

«Devo ammetterlo, impari in fretta» disse l'Elfa a un certo punto, soddisfatta «Me sei ancora troppo rigido.»

«Non è facile» le fece notare lui.

«Non saprei, non è mai stato un mio problema» rispose Eiliat con leggerezza «Continua ad allenarti con il bersaglio e vedrai che migliorerai» lo incoraggiò, dandogli una pacca sulla spalla, e se ne andò, lasciandolo solo con una spada in mano e mille colpi da imparare.

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 - Magie ed errori ***


CAPITOLO 8 - MAGIE ED ERRORI

Thyus rotolò a terra producendo un sonoro tonfo e sollevando una nuvola di polvere che per poco non lo soffocò. A carponi, il mago tossì sonoramente, tenendo una mano premuta sullo stomaco, punto in cui aveva ricevuto poco prima un vigoroso calcio.

«No, non ci siamo proprio. Ancora una volta» lo esortò Eiliat «Sei ancora troppo rigido» ripeté per l'ennesima volta, in attesa che si rialzasse e prendesse posizione di fronte a lei.

«Se non mi avessi spinto anche questa volta, sarebbe andata diversamente» rispose acido Thyus sottovoce, indispettito dal colpo sleale. Si accovacciò, cercando di ignorare il dolore, e allungò la mano verso la spada, volata poco lontano da lui.

«Un combattimento onesto non è un vero combattimento» cantilenò l'Elfa con fare supponente, quasi divertita dalla sofferenza del suo allievo, mentre faceva roteare la lama, che in mano sua appariva leggera come una piuma «Devi imparare a leggere i miei movimenti.»

Se avesse potuto, Thyus l'avrebbe presa a schiaffi volentieri, ma sapeva molto bene che contro di lei sarebbe riuscito a perdere anche un semplice combattimento senz'armi.

Era passata una settimana dal suo primo allenamento, eppure, nonostante i progressi, ancora non riusciva a muoversi in modo naturale e di certo le mosse sleali di Eiliat non erano d'aiuto.

Raccolta la spada, si rimise in piedi e si posizionò di fronte all'elfa; pochi metri li separavano, e di lì a poco sarebbe scattato in avanti per colpirla, ben conscio, tuttavia, che sarebbe andata a finire come la volta prima e come quelle precedenti.

Cercò di mantenere la calma, concentrandosi sul suo respiro.

"Pensi troppo." Il rimprovero di Eiliat gli rimbombava nella testa.

Ma come poteva non pensare? Non aveva la benché minima idea di cosa stesse facendo per la metà del tempo, e l'altra metà la impiegava a tentare di non ferirsi. "Non potevamo usare spade di legno?" si chiese, frustrato, squadrando la lama affilata, la vera nemica dell'addestramento.

«Entro l'alba, se possibile» la voce di Eiliat lo richiamò alla realtà; si posizionò come gli era stato insegnato e vide l'Elfa alzare la spada dritta verso di lui.

Thyus scattò con velocità verso l'avversaria, deciso a colpirla all'altezza del petto, ma questa deviò la spada verso il basso con un veloce movimento della sua arma, gli afferrò il braccio destro e lo bloccò. Nello stesso momento, allungò una gamba dietro a quelle del mago e gli fece perdere l'equilibrio. In pochi secondi, Thyus si ritrovò a terra con una lama appuntita puntata alla gola. L'elfa lasciò la presa e alzò la spada, poi si sedette a fianco a lui, concedendogli una pausa.

Thyus mollò la presa sull'arma e si portò un braccio sopra gli occhi, sospirando sconfitto. Era stremato e sentiva ogni singolo muscolo gridare dal dolore. Quasi rimpiangeva le giornate passate a tagliare legna con suo padre.

«Stai pensando troppo» ripeté per l'ennesima volta Eiliat. Quella frase dava ormai a Thyus il voltastomaco.

«Se non penso a quello che devo fare non riesco nemmeno a partire» rispose piano Thyus, quasi come se non volesse farsi sentire.

«È solo una tua convinzione. Durante un combattimento non devi pensare a colpire. Devi pensare a sopravvivere; il resto non conta.» Eiliat giocherellava con una piccola fiamma azzurra che faceva volteggiare tra le dita, ripetendo una lezione che aveva imparato molto tempo prima. Scosse la testa e lasciò che la fiamma morisse, chiusa nel suo pugno stretto. «Come procede con mia sorella?»

«Male» fu l'unica parola che venne in mente a Thyus. Se pensava di non essere progredito nella spada, la situazione dell'arte magica era ben peggiore. Si alzò a sedere, passando una mano tra i folti capelli corvini per scuotere via un po' della terra che gli impolverava la capigliatura «Sono sicuro di avere ancora il Dono Magico, il simbolo dello Spirito Nero è ancora ben visibile, ma non riesco a fare nemmeno gli incantesimi più semplici» sospirò e puntò lo sguardo verso i suoi piedi, sconfitto «Mi manca il mio bastone magico, mi manca la magia. Non so neppure come connettermi con lo Spirito Nero; Sidhil non fa che ripetermi che sono troppo attaccato al Mondo Terreno, ma non capisco che cosa io stia sbagliando. Forse non sono degno di essere un mago.»

«Che lagna. Se rimango ad ascoltare ancora queste idiozie, potrei perdere il Fuoco Azzurro e diventare come te» sbuffò Eiliat, alzandosi per posare la spada «Non ti abbattere, è passata solo una settimana. Tutto tornerà come prima, devi solo imparare a usare la magia come un vero mago. Adesso và, hai ancora qualche ora per riposarti come si deve prima di incontrarti con mia sorella.» Thyus si alzò e, dopo aver posato la sua spada, uscì dalla sala per tornare a quella che era diventata la sua nuova casa.

Percorse il tragitto in pochi minuti, aveva ormai memorizzato la strada, e quando raggiunse la propria dimora, si buttò sul letto senza nemmeno togliersi gli stivali; dalla sua bocca uscì un lungo sospiro di sollievo. Alzò la testa dal cuscino e si osservò le mani, rovinate dalle piaghe spuntate per il continuo utilizzo della spada. Sapeva che avrebbe dovuto bendarle, ma la fatica e il dolore a tutti gli arti lo fecero desistere, e così rimase fermo dov'era, cercando di non pensare troppo a tutto ciò che gli era capitato fino a quel momento, anche se gli risultava sempre molto difficile e, puntualmente, si ritrovava a rivivere quei momenti più e più volte fino a che non si addormentava.

Si era sempre definito un ragazzo normale, con una grande dote per le arti magiche, certo, ma non era nulla di più. Eppure, da quando aveva deciso di partire, tutto era cambiato e tutto ciò di cui era certo si era trasformato in un grande, complicato, mistero. Nonostante le risposte che aveva ottenuto trovando gli Elfi Raminghi, Thyus aveva ancora molte domande rimaste irrisolte.

Si girò a pancia in su, contemplando il soffitto di legno da cui pendevano alcune sottili ragnatele. Rimase immobile con lo sguardo rivolto verso l'alto, concentrato a pensare a qualsiasi cosa purché non riguardasse i misteri che gli affollavano la mente, fino a che non arrivò il momento di alzarsi e dirigersi da Sidhil.

Prima di uscire, Thyus si sciacquò velocemente il viso e tentò di scrollare via un po' di terra dai propri vestiti.

Chiuse la porta alle sue spalle e iniziò a camminare per le stradine sterrate della città sotterranea fino a raggiungere il lago. Lì, attraversò il ponte di pietra e si diresse tranquillo verso il castello, dove di solito cercava di esercitarsi nella magia insieme a Sidhil.

Trovò l'Elfa seduta davanti alle arcate d'ingresso, intenta a smistare alcuni mazzi di fiori bianchissimi, quando si accorse dell'arrivo del mago, lo salutò con un breve cenno della mano.

«Non ho mai visto dei fiori così bianchi» osservò Thyus, sedendosi, curioso, accanto a lei.

«È erba fata» spiegò brevemente lei «È molto rara e cresce solo dove sono state versate lacrime di Spirito. Siamo stati fortunati a trovare questo posto, è molto utile in casi di emergenza: aiuta la guarigione di ferite e malattie e, se presa in piccole dosi, dona forza.»

«Quindi pensi che sotto queste montagne sia passato uno Spirito?» chiese Thyus, allungando la mano verso i fiori. Prima che potesse toccarne uno, Sidhil li spostò lontano da lui.

«Molti secoli fa. Prima che decidessero di rimanere nel Mondo Spirituale» l'Elfa terminò di riordinare i fiori e poi si alzò «Andiamo?»

Thyus annuì e la seguì all'interno del castello. Come ogni volta, Sidhil invitò il mago a sedersi al centro del salone principale, l'unica area del castello che gli Elfi Raminghi avevano deciso di ristrutturare. L'area era completamente spoglia, solo qualche fiaccola illuminava l'interno, ma Thyus non aveva bisogno di oggetti per esercitarsi.

«Riproviamo ancora.» La voce di Sidhil riecheggiava nell'aria «Chiudi gli occhi e prova a percepire la tua Energia Magica, sentila scorrere attraverso il tuo corpo e quando sei certo di aver definito ogni suo limite, prova a spostarla e a concentrarla nel palmo della tua mano.»

Thyus fece come richiesto e provò a concentrarsi. Non aveva fatto progressi per tutta la settimana, ma sentiva che sarebbe riuscito a utilizzare la magia.

Si concentrò su ogni parte del suo corpo, dalle punte dei piedi e iniziò a risalire, facendo attenzione a tutto ciò che percepiva. Arrivato all'altezza del petto, dove era situato il simbolo dello Spirito Nero, Thuys avvertì qualcosa di diverso. Era certo che si trattasse della sua Energia Magica, così provò a visualizzarne il flusso per poterlo controllare, ma quel suo sforzo risultò in una fatica troppo grande per lui da sopportare. Iniziò a perdere i sensi e si sentì cadere.

Sidhil lo afferrò per un braccio appena in tempo, prima che potesse sbattere la testa sul duro pavimento di ossidiana.

«L'ho sentita!» cercò di esultare con voce flebile «Sidhil, ho sentito la mia Energia Magica!»

«Bene, è un passo avanti» rispose l'Elfa aiutandolo a sedersi dritto «La prossima volta proverai a farlo più velocemente, hai impiegato due ore solo per questo.»

«Due ore?» Thyus non si era accorto che il tempo fosse passato così velocemente «Non va bene, Sidhil. Nemmeno il primo giorno di lezione di magia ho impiegato così tanto.»

«Lo sai che è diverso. Avevi un bastone magico che faceva tutto per te.»

«Devo riprovare» disse Thyus determinato «Adesso che so dov'è posso impiegarci di meno!»

«Te lo proibisco.»

«Cosa? Perchè?»

«Hai speso tutte le tue energie oggi, se ti spingessi troppo in là potresti subire gravi conseguenze» rispose Sidhil, irremovibile «Alzati, ti riaccompagno a casa.» Thyus non si ribellò, nonostante non fosse d'accordo tentò di non pensarci troppo, molte volte l'Elfa aveva usato i suoi poteri di lettura della mente per capire cosa gli passasse per la testa e a lui non era mai piaciuto.

Nonostante la stanchezza, quella notte Thyus non avrebbe dormito. Sapeva che Sidhil avesse mandato qualcuno a tenerlo d'occhio perchè non provasse ad esercitarsi da solo nella magia, dunque aveva chiuso gli occhi e finto di essersi assopito, fino a che l'ombra di chi lo stava controllando non era scomparsa da dietro la sua finestra.

Cauto, il mago si girò sul fianco e aprì di nuovo gli occhi. Allungò una mano sotto al suo letto e afferrò la sacca che si era preparato prima di stendersi. La aprì per assicurarsi di non aver dimenticato nulla ed afferrò il pugnale argentato che era riuscito a rubare dall'armeria senza che Eiliat se ne accorgesse; ancora non riusciva a credere di averla fatta franca, ma era contento di esserci riuscito: avventurarsi nel bosco disarmato non era un'opzione e lui aveva bisogno di allontanarsi il più possibile per riprovare a trovare la sua Energia Magica, non poteva aspettare un giorno intero per riprovare.

Controllò un'ultima volta che chiunque lo stesse sorvegliando se ne fosse andato e si alzò, diretto verso l'uscita. Afferrò il suo mantello, appeso a fianco alla porta, lo indossò e tirò su il cappuccio per coprirsi il viso.

Aprì la porta e sbirciò fuori per assicurarsi che nessuno fosse nei dintorni e sgattaiolò fuori. Raggiunse la scalinata di pietra e la percorse facendo i gradini a due a due, cercando di non inciampare nonostante non vedesse quasi nulla, dato che aveva deciso di non portare con sé una torcia per non rischiare di farsi notare.

Arrivato in cima alla scalinata, osservò la piccola città sotterranea per un breve momento prima di voltarsi e proseguire sulla sua strada. Non fu difficile uscire dalla montagna - le poche sentinelle che sorvegliavano di notte erano sempre collocate nei pressi delle stanze in cui riposava Sidhil per ordine della sorella - e non appena si ritrovò all'aperto, inspirò l'aria fresca del bosco notturno e sentì il suo corpo rilassarsi.

Si allontanò dall'entrata di Andaras correndo fino a che non sentì di essere abbastanza lontano da potersi esercitare in pace senza che nessuno lo fermasse.

Si sedette a gambe incrociate in mezzo alle foglie secche e posizionò la sacca e il pugnale vicino a lui, in modo da poterli afferrare in poco tempo in caso di pericolo, dopodiché chiuse gli occhi e provò a ripetere l'esercizio che gli aveva insegnato Sidhil, cominciando a cercare la sua Energia Magica nel punto in cui l'aveva avvertita poche ore prima.

Fu proprio lì che la ritrovò, a qualche centimetro dal cuore.

Solo quella ricerca lo aveva affaticato parecchio, ma decise di ignorare la stanchezza e di sforzarsi a proseguire.

Fece qualche esercizio di respirazione, sempre mantenendo l'attenzione rivolta verso il fulcro della sua magia, e poi iniziò a indirizzarla attraverso il petto e verso destra per far sì che raggiungesse la sua mano dominante.

Spostarla non era facile, sembrava che l'Energia Magica non volesse proprio saperne di distaccarsi dal simbolo dello Spirito Nero, ma Thyus era determinato ad averla vinta e non si arrese.

Dopo una mezz'ora fatta di tira e molla tra lui e l'Energia Magica, finalmente Thyus riuscì a guadagnare qualche centimetro, fino a che non arrivò all'altezza del cuore.

"Ci sto riuscendo!" pensò il mago, allentando per un attimo la concentrazione.

Purtroppo per lui, bastò solo quell'istante perchè perdesse il controllo. L'Energia Magica entrò a contatto con la magia del Fuoco Azzurro, ancora intrappolata sotto la bruciatura, e la agitò, facendo sì che un brillante bagliore celeste illuminasse a giorno il bosco e il cielo.

"Cosa diamine ho appena fatto? Eiliat e Sidhil mi uccideranno." Thyus si alzò di scatto in piedi afferrando sacca e pugnale e iniziò a correre verso la montagna, deciso a confessare e a chiedere aiuto a Eiliat, che, nonostante non fosse il tipo calmo e indulgente, avrebbe di sicuro avuto in mente qualcosa per aiutarlo. Doveva avere qualcosa in mente per aiutarlo, o sarebbe stata la fine per lui.

Raggiunse le grandi porte di pietra in poco tempo, non aveva mai corso così velocemente in vita sua, e subito si catapultò verso le stanze di Eiliat.

Una volta raggiunta la sua meta, Thyus iniziò a battere forsennatamente i pugni sulla porta per attirare la sua attenzione. Poco dopo, udì un rumore di passi dall'altro lato della parete.

«Cosa diamine vuoi a quest'ora?» chiese infuriata l'Elfa aprendo la porta abbastanza per poterci passare con la testa.

«Credo...» Thyus non sapeva proprio come spiegare la situazione «Credo di aver combinato un guaio. Posso entrare?»

«No!» rispose l'Elfa con voce stranamente acuta.

«È importante.»

Eiliat sbuffò e chiuse la porta, lasciandolo il mago nel corridoio ad aspettare. Uscì qualche minuto dopo, vestita e con i capelli raccolti. Thyus si chiese, come sempre, se fosse impossibile per lei non essere presentabile. «Cosa è successo?»

«Sono riuscito a fare progressi con la magia oggi, ma Sidhil mi ha impedito di esercitarmi senza di lei» spiegò brevemente «Quindi sono uscito stanotte per provarci e...» Non riusciva a terminare la frase, ma lo sguardo furioso di Eiliat lo spinse a continuare «E ho perso il controllo e il Fuoco Azzurro è come se fosse esploso. Non so come spiegarlo, in un attimo tutto si è illuminato di azzurro.»

Eiliat avrebbe voluto replicare con frasi fatte di insulti e maledizioni, ma il forte boato che avvertì non le diede il tempo di farlo.

Le pareti iniziarono a tremare, piccoli pezzi di pietra iniziarono a cadere dal soffitto. Un ruggito aggressivo rimbombò in lontananza.

L'Elfa si voltò nella direzione da cui era provenuto il rumore e sul suo viso si dipinse un'espressione di orrore.

«Al campo di addestramento» ordinò «Ora!»

Thyus si voltò sui tacchi e iniziò ad avviarsi con passo celere nella direzione indicata.

Prima che fosse troppo lontano, Eiliat lo afferrò per il mantello e lo costrinse a girarsi un'ultima volta «Ringrazia gli Spiriti che mia sorella mi abbia proibito di farti del male» ringhiò l'Elfa mentre le sue iridi nere si illuminavano di azzurro.

Eiliat lasciò la presa e iniziò a correre nella direzione opposta, diretta verso la città e, soprattutto, verso Sidhil.

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 - Riunione di famiglia ***


CAPITOLO 9 - RIUNIONE DI FAMIGLIA

Il castello tremava, colpito da una pioggia di enormi palle infuocate. Il cielo limpido era stato oscurato da una fitta coltre di fumo nero-grigiastro, l'aria era irrespirabile. A poco valevano gli sforzi dei Maghi Blu con le loro torri d'acqua incantate: appena estinguevano un fuoco, ecco che subito un altro si accendeva, più forte e più difficile da domare. I soldati della Città del Fuoco erano troppi.

Alcune aree della fortezza erano già crollate, i nemici avevano fatto il loro ingresso e gli Elfi Raminghi faticavano a respingerli; erano riusciti a barricarsi all'interno della sala del trono, ma sapevano che non sarebbe stato d'aiuto.

Le pareti continuavano a tremare, si sentivano le grida dei soldati avvicinarsi, cariche di rabbia e pronte a conquistare la fortezza.

In testa al plotone di difesa, il Re degli Elfi Raminghi spronava i soldati a non desistere, ma nelle sue parole non vi era speranza. Ormai non tentava nemmeno più di nasconderlo. Vedendo i suoi uomini spingere verso la porta barricata per ritardare l'ingresso del nemico, il Re seppe di aver ormai perso. L'unica cosa che poteva fare era aiutare chi era riuscito a scappare prima dell'inizio della battaglia, rifugiandosi nei sotterranei segreti del castello.

Si voltò verso il suo Generale più fidato. «Myr» chiamò, combattendo il nodo che aveva in gola al pensiero di dover dare quell'ordine «Quando l'esercito di mio fratello riuscirà a spezzare le nostre difese, avvisa le bambine. Non usciremo vivi da qui.»

Myr annuì e indietreggiò tra le fila dei soldati per prendere posizione. Sfoderò il pugnale dalle gemme azzurrine che il Re gli aveva affidato quando aveva ottenuto il rango di Generale e osservò il suo volto riflesso nella lama. Solo in quel momento si accorse delle lacrime che, copiose, scorrevano sul suo viso madido di sudore e sporco di sangue.

A un tratto, i soldati nemici smisero di colpire il grande portale. Per un attimo, gli Elfi Raminghi pensarono che qualcuno fosse arrivato in loro soccorso. Quando videro, però, fiamme cremisi insinuarsi sotto la porta, capirono di essere spacciati. Il pesante legno si polverizzò in un solo istante e tra le sue ceneri emersero soldati in pesanti armature dorate.

Il Generale si asciugò in fretta le lacrime e con mano tremante puntò l'arma verso l'alto. «Fuoco Azzurro, guidali» gridò a pieni polmoni. Nuove lacrime cominciarono a solcare il viso di Myr. La fine era ormai vicina.

Nell'umida stanza sotterranea, l'unica lanterna si illuminò con fiamme azzurre, facendo svegliare una delle due Principesse.

Eiliat si stropicciò gli occhi e si guardò intorno, notando subito il piccolo fuoco che traballava nella sua gabbia di ferro.

Un boato proveniente dall'esterno fece tremare le pareti. La piccola Elfa dai capelli corvini sussultò spaventata e subito iniziarono a pizzicarle gli occhi. 

«Dhilly» sussurrò tirando su con il naso, mentre scuoteva la sorella addormentata al proprio fianco «Dhilly svegliati, dobbiamo andare» chiamò ancora una volta. A ogni parola tremante, Eiliat lottava per non scoppiare a piangere.

Un altro boato si fece sentire, più forte del precedente, e l'Elfa dovette resistere all'impulso di urlare e rannicchiarsi sperando di poter scomparire.

Sidhil si rigirò nel letto e allungò una mano per afferrare quella della sorella e cercare di calmarla. «Andiamo» disse tranquilla, spostandosi una ciocca di capelli turchesi dietro l'orecchio.

Eiliat tirò ancora una volta su con il naso e cacciò a forza indietro le lacrime; strinse forte la mano della sorella e insieme uscirono dalla stanza.

Una volta nel corridoio sudicio, si guardarono intorno per orientarsi nella penombra e si accertarono che nessun soldato nemico fosse nei paraggi. Non che fosse un problema - Eiliat li avrebbe inceneriti all'istante - ma gli ordini erano stati chiari: non dare troppo nell'occhio.

Individuarono la via da seguire e in poco tempo raggiunsero il punto di raccolta, dove trovarono gli altri Elfi fuggiti dal nemico.

«Principesse!» un Elfo molto alto e dai capelli dorati incrostati di sangue si inchinò non appena le vide arrivare «Dovreste essere nella vostra stanza.»

«È giunto un ordine dal Generale Myr» fu Sidhil a parlare «Saewar, dobbiamo andare.»

L'Elfo annuì e prese le gemelle per mano, conducendole attraverso una via segreta, seguiti dai restanti fuggitivi.

Sapevano che non sarebbero più tornati.

Correre tra i larghi corridoi dell'antica città nanica ricordi lontani che aveva sempre cercato di segregare in parti remote della sua mente

Correre tra i larghi corridoi dell'antica città nanica ricordi lontani che aveva sempre cercato di segregare in parti remote della sua mente. Eiliat sfrecciava veloce, prestando attenzione al soffitto che, a causa delle scosse, sembrava dovesse crollare da un secondo all'altro. Sapeva già che cosa stesse provocando tutto quel caos, ma non voleva pensarci; in quel momento, la sua priorità era mettere in salvo Sidhil. Non era più piccola e indifesa, non tremava più di fronte al pericolo. "Questa volta non scapperemo" si disse, mentre correva a perdifiato "Non ce ne andremo senza combattere."

«Andate al punto di raccolta, portate al sicuro chi è rimasto indietro e non può combattere. Sarò con voi il prima possibile, nel frattempo affido a Lunian il comando» ordinò Eiliat quando ebbe raggiunto le guardie che aveva posto a protezione di Sidhil «Muovetevi!» tuonò poi, agitata.

Le guardie si affrettarono a partire senza fiatare, intimoriti dall'Elfa e dai suoi occhi, che ancora una volta erano diventati blu scintillanti.

Eiliat spalancò la porta e si ritrovò attorniata da pergamene aperte e sparse sul pavimento in modo disordinato. Di sua sorella non c'era traccia.

«Sidhil?» chiamò, mentre cerca la sua chioma turchese in mezzo al disordine. Non ottenendo risposta, decise di avanzare e di raggiungere la stanza adiacente «Sidhil dove sei?» chiamò ancora una volta aprendo la porta. La trovò a gambe incrociate e occhi chiusi a fluttuare a qualche centimetro dal pavimento. Appoggiata sul grembo, Sidhil teneva una spada argentata, la quale sembrava brillare di una luce bianco-azzurrina.

«Sidhil» disse Eiliat avvicinandosi alla sorella «Sidhil, torna indietro. Dobbiamo andare.» Lentamente, il corpo dell'Elfa scese fino a toccare di nuovo il suolo. Sidhil aprì gli occhi e sbatté la palpebre più volte prima di rivolgere il suo sguardo verso Eiliat.

«Ci hanno trovati?» chiese, sentendo la terra tremare e alzandosi in piedi.

«Il mago che vuoi tanto proteggere è riuscito ad attirare l'attenzione» sibilò Eiliat in risposta «Quella è la mia spada» aggiunse poi, indicando il suo nome inciso in rune elfiche sulla lama.

«Si è esercitato, quindi... È più intraprendente di quanto pensassi.» Sidhil si alzò in piedi e le consegnò l'arma «Sono andata nel Mondo Spirituale per chiedere agli Spiriti di affilare la spada. Non so se ha funzionato, come al solito, non hanno risposto.» L'Elfa si voltò e attraversò la stanza con passo leggero fino a raggiungere un armadio da cui prelevò un sacchetto di cuoio.

«Tu...» A Eiliat mancò il fiato e dovette appoggiarsi con una mano alla parete «Tu lo sapevi» la accusò con voce strozzata.

«È stato fin troppo facile manipolarlo» rispose noncurante Sidhil mentre, in punta di piedi, si allungava per afferrare un piccolo scrigno posto su una delle tante alte mensole che decoravano la stanza. Quando finalmente riuscì a prenderlo si avviò verso l'uscita, ignorando lo sguardo attonito della sorella. «Un ringraziamento sarebbe gradito per la spada: lo sai che non è facile entrare nel Mondo Spirituale» puntualizzò, ormai fuori dalla stanza.

«Sei stata tu?» la voce mozzata di Eiliat cominciò ad alzarsi «Tutto questo è causa tua?» riuscì poi a urlare. Si voltò di scatto verso Sidhil e, presa dalla rabbia, scagliò una palla di Fuoco Azzurro contro di lei.

Sidhil non batté ciglio, alzò rapidamente una mano e dissolse nell'aria la magia della sorella «Lo sai che non funziona con me.»

«Hai messo tutti quanti in pericolo, hai manipolato il mago affinché attirasse l'attenzione di nostro zio» Eiliat con passo pesante «Ti rendi conto di cosa hai fatto? Ho passato tutto il tempo a preoccuparmi di quello che avrebbe potuto fare Thyus, ma alla fine sarei dovuta stare attenta alle tue azioni!» Ormai l'Elfa aveva perso il controllo della sua voce e dei suoi poteri; dalle sue mani chiuse a pugno continuavano a comparire fiamme azzurre.

Sidhil, sempre calma e con lo sguardo fisso su Eiliat, alzò il braccio destro e puntò la sua mano verso la sorella «Adesso basta» la interruppe ferma senza alterare il tono della sua voce. A un tratto, Eiliat si accasciò a terra e iniziò ad annaspare in cerca di aria. Un altro forte boato scosse la montagna; Sidhil abbassò il braccio ed Eiliat tornò a respirare.

«Perché?» tossì l'Elfa dai capelli corvini.

«Dovevo testare una mia teoria, ne parleremo più tardi.» Sidhil porse la mano alla sorella per aiutarla ad alzarsi «Ora abbiamo da fare.»

Quando raggiunsero l'area di addestramento, le scosse e il rumore delle esplosioni si erano fatti più vicini e potenti

Quando raggiunsero l'area di addestramento, le scosse e il rumore delle esplosioni si erano fatti più vicini e potenti. Gli abitanti di Andaras, che sapessero combattere o meno non faceva differenza, erano terrorizzati. A ogni colpo che la montagna riceveva, grida spaventate si alzavano tra la folla.

Lunian fu il primo ad accorgersi dell'arrivo delle gemelle e subito corse verso di loro, trascinando con sé anche Thyus.

«Situazione?» chiese Eiliat appena entrambi furono di fronte a lei.

«Saewar si è offerto per andare a controllare la situazione all'esterno: è come temevi, Heridar alla fine ci ha trovati, non siamo più al sicuro» Lunian la informò, agitato anche lui come tutti gli altri «Non sappiamo come abbia fatto, però.»

Eiliat si costrinse a tenere a freno la lingua per non andare ancora una volta contro sua sorella, così concentrò le proprie energie altrove «Di questo ne discuteremo più tardi. Per il momento, abbiamo altre priorità.» Con un rapido schiocco di dita, trasformò il fuoco delle lanterne e delle fiaccole presenti nell'area nelle sue fiamme magiche, richiamando subito l'attenzione degli Elfi Raminghi.

«Ascoltatemi tutti» gridò Eiliat per raggiungere con la sua voce anche i più lontani «Lo sapete già: siamo sotto attacco, gli Elfi di Mitfeld sono riusciti a trovarci.» Dal popolo ramingo si alzarono mormorii agitati, che ben presto si trasformarono in pianti le grida. Il caos tornò nella sala ed Eiliat, già con i nervi a fior di pelle, decise di riportare l'ordine come meglio sapeva fare: guardò la folla davanti a lei, intenzionata a divorarla con parole feroci, e lasciò che il suo potere prendesse il sopravvento. In un solo istante, calò il buio nella sala, poi fiamme azzurre esplosero alle sue spalle, donandole un aspetto terrificante.

«Silenzio!» ruggì, insieme al suo fuoco «Non abbiamo molto tempo, non possiamo permetterci di sprecarlo in questo modo.» Gli Elfi tacquero, si sentiva solo il rumore delle esplosioni provenienti dall'esterno. «Non era nei piani che l'Imperatore scoprisse il nostro nascondiglio, è vero, ma non ci coglie impreparati. Abbiamo sempre avuto un piano di fuga nel caso questo giorno fosse arrivato: chi non può combattere seguirà mia sorella attraverso i tunnel della montagna fino alla città sotterranea più vicina; combattenti e cacciatori, invece, rimarranno qui con me per rallentare il più possibile il nemico e dare il tempo a chi scappa di raggiungere un posto sicuro.» Eiliat lasciò che le fiamme alle sue spalle si spegnessero a poco a poco, mentre riaccendeva le torce. Non vedendo nessuno muoversi, l'Elfa tuonò nuovamente «Cosa aspettate? Veloci!»

"Terrificante" la voce di Sidhil la raggiunse nella mente.

"Mai quanto te" fu la risposta che l'Elfa dai capelli turchesi ignorò, mentre si avviava verso l'unica via di fuga, in fondo al campo, seguita dai suoi sudditi.

«Io vado con Sidhil, vero?» chiese Thyus «Non credo di essere un buon spadaccino»

«Tu rimarrai qui, con me non ti accadrà nulla» ordinò l'Elfa "L'importante è che tu stia lontano da mia sorella e dai suoi giochi mentali" pensò poi, senza mai dirlo ad alta voce.

Senza che Eiliat lo ordinasse, gli Elfi rimasti barricarono la porta e presero posizione. Tutti gli arcieri, fatta eccezione di Lunian, si sistemarono in fondo, pronti con i loro archi e le loro faretre colme di frecce dal piumaggio azzurro. Davanti a loro, tutti coloro che disponevano di spade.

Eiliat e Lunian, insieme a Thyus, si trovavano in prima linea. I due Elfi erano stranamente calmi, osservò il mago.

«Quando è il momento» sussurrò Eiliat, porgendo all'Elfo un pugnale «Sai cosa fare.» Thyus si sporse per osservare l'arma e notò come quel pugnale somigliasse molto al suo, fatta eccezione per le gemme che, al posto di essere azzurre, erano magenta.

«Sei sicura?» chiese Lunian, assicurando l'arma alla cintura.

«Non abbiamo altra scelta, questo posto ormai è perduto.» Eiliat allungò la mano per sfiorare quella dell'Elfo, che in risposta le rivolse un sorriso d'incoraggiamento.

Il terreno tremò, scosso da pesanti passi e seguito dal rumore metallico di armature. Subito, Eiliat sguainò la spada e si preparò allo scontro ormai imminente.

Thyus la imitò, o meglio, cercò di imitarla. In quel momento, la spada gli sembrò più massiccia del solito; le braccia cominciarono a tremargli per il peso della lama e, poco dopo, seguirono anche le gambe.

«Smettila di tremare, andrà tutto bene» lo riprese EIliat, guardandolo con la coda dell'occhio «Cerca di rimanere dietro e non prendere decisioni avventate. Se ti attaccano difenditi, se vedi uno dei nostri in difficoltà aiutalo come meglio puoi. Usa la testa.»

Fiamme cremisi si fecero strada sotto la porta di legno, incendiandola. Eiliat espirò profondamente e, davanti a lei, la sua spada si infiammò con il Fuoco Azzurro.

Le ante della grande porta si ridussero in breve tempo a un cumulo di cenere, liberando la via ai soldati nemici e, dietro di loro, all'immenso drago bianco comandato dall'Imperatore. Un brivido percorse la schiena di Thyus, riconoscendo la creatura, incontrata quando era stato intrappolato nel Sogno Bianco.

Gli Elfi Raminghi non aspettarono un solo secondo di più e subito una pioggia di frecce calò sul nemico in avvicinamento. Gli spadaccini partirono alla carica, pronti a rischiare la propria vita senza esitazione. Durante la loro corsa, il tempo parve rallentare.

Poi, lo scontro. Lame taglienti cozzarono le une contro le altre; alcuni persero la propria spada e, presi dalla foga, attaccarono con tutto il corpo, buttando a terra il nemico, calpestandolo.

Thyus aveva fatto come gli era stato ordinato e, in disparte, si fermò a osservare Eiliat e Lunian da lontano, invidiando un poco la loro agilità. I due, in mezzo alla mischia, si difendevano l'un l'altra in una sorta di danza violenta ed elegante. A nulla valevano gli sforzi dei nemici, che tentavano di separarli.

Il drago bianco ruggì, attirando l'attenzione su di sé e sul proprio cavaliere. Nessuno ebbe il tempo di scansarsi e molti si ritrovarono schiacciati dalle pesanti zampe squamate. Eiliat si separò da Lunian e iniziò a correre verso l'Imperatore, deviando i colpi che riceveva dai soldati di Mitfeld. Il drago sputò fuoco. L'Elfa tagliò la fiammata con la sua spada ardente, continuando ad avanzare senza sosta e senza spostare lo sguardo dal suo obiettivo. Vide l'Imperatore alzarsi dalla groppa della bestia, impugnava una spada che già aveva incrociato. Aumentò il passo della sua corsa, alzando muri di fuoco per impedire agli altri soldati di raggiungerla. Inspiegabilmente, il nemico scomparve dalla groppa del drago e si ritrovò a qualche passo da lei. Eiliat si fermò di scatto e incrociò la spada con quella dell'Imperatore. Spinsero entrambi, ma nessuno dei due voleva cedere. Eiliat intravide un’apertura, si scostò e provò a colpire, ma l’Imperatore deviò il fendente e rispose all’attacco. Di nuovo, i due si scontrarono. Eiliat emise un urlo feroce. Si scrutarono, occhi azzurri colmi di dolore in occhi dorati imperscrutabili. Il nemico scomparve e si ritrovò alle spalle dell'Elfa in un solo attimo. Eiliat fece appena in tempo a girarsi per evitare un colpo letale. La lama la colpì, ferendole la coscia. Provò a rialzarsi, ma le gambe sembrarono pietrificarsi, impedendole di contrattaccare. Eiliat urlò il nome di Lunian a pieni polmoni sperando che potesse sentirla. La lama dell'Imperatore si abbassò sulla sua testa.

 La lama dell'Imperatore si abbassò sulla sua testa

Un velo di luce magenta avvolse gli Elfi Raminghi.

Lunian, con il pugnale nella mano destra e la sinistra insanguinata a causa del profondo taglio, cercò con lo sguardo Eiliat e, con grande sollievo, constatò di essere riuscito a salvarla appena in tempo. Si alzò in piedi e diede l’ordine di ritirata. Nel caos provocato dagli Elfi in fuga, Lunian lanciò il pugnale verso l’alto, lasciando che si conficcasse nel soffitto, e corse verso Eiliat, ancora ferma accasciata a terra.

«Cosa è successo?» esclamò quando l’ebbe raggiunta.

«Non riesco a muovermi» rispose lei, provando ad alzarsi appoggiandosi alla spada. Lunian, rapido, fece passare un braccio dietro la schiena dell’Elfa e l’aiutò ad alzarsi. Vedendo le sue gambe immobili, la prese in braccio. «Non abbiamo molto tempo, il primo incantesimo finirà tra poco» disse Lunian prima che l’Elfa, orgogliosa, potesse rifiutare l’aiuto «E il secondo non tarderà ad arrivare.»

Lunian iniziò a correre più veloce che poté, tenendo stretta a sé l’Elfa. La mano sinistra gli faceva male, il taglio continuava a sfregare sui vestiti di Eiliat, ma cercò di ignorarlo. Non aveva il tempo di fermarsi e doveva portarla in salvo. Si sarebbe medicato una volta al sicuro.

Come aveva predetto, non appena raggiunsero l’uscita, la luce magenta attorno agli Elfi Raminghi si dissolse. Subito, un boato assordante fece tremare le pareti. Dal punto in cui era conficcato il pugnale partì un’esplosione che fece crollare il soffitto, sbarrando la strada ai nemici.

Calò il buio nel passaggio segreto. Eiliat accese dei piccoli fuochi magici, che fece fluttuare in mezzo ai compagni. Le fiamme si affievolirono un istante per poi tornare luminose. L’Elfa si lasciò sfuggire un gemito di dolore.

«Non dovresti fare magie.» Lunian la guardò preoccupato.

«È solo un taglio» ribatté lei, cercando di nascondere il dolore. Si tradì quando le fiamme iniziarono a spegnersi nuovamente e lei strizzò gli occhi per sforzarsi a tenerle vive.

«Un taglio che ti ha completamente paralizzato le gambe. Smettila di fare l’eroina e spegni le fiamme fluttuanti, andremo avanti con fuochi non magici.» Lunian fece cenno ai compagni di accendere le torce e li condusse per il tunnel senza guardarsi indietro.

Non sarebbero più tornati.

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 - Tempo e Spazio ***


CAPITOLO 10 - TEMPO E SPAZIO

Gli Elfi Raminghi erano riusciti a scappare e a trovare rifugio nella città nanica abbandonata più vicina. Polvere e silenzio regnavano sul paesaggio abbandonato; poche case erano ancora in piedi e abitabili.

Guidati da Sidhil, si erano affrettati a raggiungere la meta senza guardarsi mai indietro.

Avevano cercato di portare con sé il più possibile, ma molti erano i ricordi che avevano lasciato indietro, ormai persi tra le macerie della grande valle sotterranea crollata. Quando avevano sentito il rombo dell'esplosione, un pezzo della loro vita se n'era andato per sempre.

A ognuno di loro mancava la vecchia città, la loro casa da più di un secolo. Avevano faticato ad abituarsi all'assenza di luce naturale, e avevano odiato il doversi abituare a una vita in trappola sotto la fredda, desolata pietra, ma si erano accontentati, sperando in un futuro di libertà. Una libertà che, in quel momento, parve a tutti ancora più lontana di quanto già non fosse.

Adibirono le dimore traballanti a infermerie per i soldati feriti e attesero il loro ritorno. Qualcuno pregò gli spiriti insieme a Sidhil, nella speranza che i loro cari sopravvivessero, che tornassero da loro.

Quando li videro arrivare, notarono subito come il gruppo si fosse quasi dimezzato. Per un istante, temettero di aver perduto anche Eiliat, non vedendola guidare il plotone.

Sidhil si fece strada tra gli Elfi Raminghi e raggiunse i soldati, cercando con lo sguardo la propria sorella. Quando la scorse tra le braccia di Lunian, con gli occhi chiusi e una smorfia di dolore dipinta in volto, affrettò il passo, senza nemmeno fare caso a tutti gli altri feriti.

«Come è successo?» Sidhil interrogò Lunian, per nulla contenta.

«Heridar» Lunian rispose breve «Avrei dovuto immaginare che sarebbe andata verso di lui.»

«E tu non eri con lei. Ci saranno conseguenze, Generale» sibilò Sidhil in risposta, facendo attenzione a sottolineare bene l'ultima frase. Lunian abbassò lo sguardo, intimidito dal comportamento anormale dell'Elfa.

«È solo un graffio» la voce flebile di Eiliat cercò di farsi sentire e arrivò in soccorso di Lunian. Sidhil scosse la testa e indicò di seguirla fino alla casa più vicina.

Lunian posò delicatamente Eiliat a terra sul duro tavolo di pietra che dominava la stanza e uscì chiudendo la porta dietro di sé, lasciando Eiliat alle cure della sorella.

Una volta sole, cautamente Sidhil procedette con il tagliare la stoffa del pantalone per poter medicare la ferita. Eiliat strizzò gli occhi e digrignò i denti. A ogni movimento, il contatto della stoffa con la carne la lasciava senza fiato.

«Che diamine ti è preso?» Sidhil, concentrata nel curare la ferita della sorella, non riusciva a spiegarsi il perché di quella scelta avventata «Andare contro nostro zio da sola è una battaglia persa in partenza.»

«Sapevo esattamente cosa stavo facendo» grugnì EIliat in risposta, soffocando un gemito mentre Sidhil ripuliva il profondo taglio cercando di provocarle meno dolore possibile.

La ferita alla coscia era più ampia di quanto aveva immaginato; ogni qual volta Sidhil le sfiorava la gamba per medicarla, il dolore si spandeva lungo tutto il suo corpo e spasmi involontari la facevano ritrarre al tocco delicato della sorella.

«Se lo avessi saputo, non avresti questa ferita» le fece notare l'Elfa dai capelli turchesi «Ora, cerca di stare ferma: la lama di nostro zio deve essere stata impregnata di un veleno paralizzante molto potente. Sarà difficile dissolverlo e impedirgli di immobilzzarti tutto il corpo.» Sidhil applicò un unguento biancastro dal profumo di fiori primaverili e iniziò a premere affinché aderisse perfettamente su tutta la superficie. Eiliat si costrinse a non muoversi; si morse il labbro per evitare di urlare dal dolore, ma non funzionò. La stanza si riempì delle sue grida agonizzanti; iniziò a mancarle il fiato.

«Ancora non riesco a capire come sia riuscito a ferirti in questo modo» continuò Sidhil, alzando la voce per farsi sentire al di sopra dei lamenti «Non ti vedevo ridotta così da almeno due secoli.»

«Già...» sospirò Eiliat, che, finalmente, poté riprendere fiato quando la sorella smise di premere sulla ferita «Opera di un Mago Bianco come nostro zio. È una strana coincidenza, non credi?»

«Tanto strana quanto il fatto che quel mago fu il suo maestro» convenne Sidhil. Sapevano entrambe che non si trattasse di un caso. «Cosa è successo esattamente?» l'Elfa si allontanò da Eiliat e attraversò la stanza spoglia per raggiungere un piccolo baule dal quale prelevò alcune bende candide.

«Non ne sono sicura» cominciò l'Elfa, concentrando il proprio sguardo sul lungo squarcio. L'unguento, oltre a fungere da antidoto, era riuscito a fermare il sanguinamento, ma il dolore era ancora lancinante. «È apparso davanti a me a una velocità straordinaria, non l'ho nemmeno visto saltare dalla groppa del drago.» Si fermò un attimo, cercando di capire come fosse potuto accadere. Il dolore alla gamba iniziò ad affievolirsi e, a poco a poco, Eiliat si accorse di star riacquisendo la mobilità delle dita dei piedi. «È accaduta la stessa cosa quando mi ha ferita: un attimo prima era di fronte a me, ancora poco e sarei riuscita a colpirlo, ma quando stavo per farlo è scomparso. Se non avessi sentito del movimento alle mie spalle, probabilmente il colpo sarebbe stato fatale.»

«Ciò non toglie il fatto che tu abbia rischiato di morire inutilmente. Dovevi rimanere con Lunian, come hai sempre fatto» Sidhil iniziò a bendarle la gamba «Non puoi permetterti di rischiare la tua vita con le tue scelte avventate. Siamo già a corto di soldati, senza te al loro comando saremmo persi.»

«Lo so.» Le parole uscirono a fatica; cominciarono a pizzicarle gli occhi. «Ma non potevo far correre a Lunian un rischio simile. Se gli fosse successo qualcosa non me lo sarei mai perdonata.»

«Il Primo Generale ha il dovere di porre la nostra vita prima della sua» Sidhil finì di fasciare la gamba di Eiliat e le diede una mano a sedersi. «E speravo che i tuoi sentimenti non sarebbero stati d'intralcio.» Eiliat non replicò e abbassò lo sguardo, cercando di allontanare i suoi pensieri e di proteggerli dai poteri della sorella; la magia cercò di insinuarsi nella sua mente.

«Non manipolare più il mago, Sidhil» EIliat cambiò discorso quando vide la sorella irrigidirsi mentre cercava un modo per leggere la sua mente. I suoi capelli turchesi iniziarono a fluttuare nell'aria. «È solo un ragazzo, è ingenuo, non possiamo usarlo a nostro piacimento.»

«Non pensavo ti stesse così a cuore.»

«Mi preoccupo delle conseguenze. Oggi ci siamo salvati per poco, e ancora non so nemmeno quanti dei nostri abbiamo perso, ma Heridar ci cercherà e ci troverà ancora.»

«Ne sono consapevole.» Sidhil si sedette accanto alla sorella «Te l'ho detto, avevo bisogno di provare una teoria che pensavo inverosimile, ma che Thyus potrebbe confermare.» Eiliat non rispose e attese che Sidhil si spiegasse meglio. «Quando eravamo in guerra, ho sempre osservato da lontano i combattimenti. Prestavo attenzione ai maghi e ai loro incantesimi e, dato che la mia magia somiglia molto a quella dei Maghi Bianchi e dei Maghi Neri, ho passato molto tempo ad analizzarli. Alcune volte, li vedevo muoversi e scomparire per poi riapparire alle spalle del nemico o lontani da esso per salvarsi, ma non ho mai capito come facessero.» Sidhil si alzò per prendere un taccuino vecchio e dalle pagine lacerate, che aveva lasciato per terra di fianco al piccolo baule delle bende. Una volta afferrato, lo aprì e lo sfogliò fino a che non trovò ciò che cercava, poi lo porse a Eiliat, che lesse con attenzione gli appunti, scritti in un'elegantissima calligrafia rotonda.

«È improbabile che fossero aiutati dai Maghi Viola» Eiliat commentò, alzando lo sguardo dalle pagine «Erano impiegati altrove, lontani da me: il loro vento mi avrebbe avvantaggiata.»

«Come pensavo» rispose breve Sidhil «Questo mi ha portata a cercare altre spiegazioni.» Prese la sorella per mano e chiuse gli occhi, trascinandola all'interno dei suoi ricordi.

Un'infinita distesa bianca comparve davanti ai loro occhi; il silenzio che le avvolse sembrava volesse schiacciarle. Non c'era nulla, solo loro.

Poi, Eiliat vide ciò le Sidhil voleva mostrarle.

Davanti a lei i primi Spiriti, Etra e Nefus, il Bianco e il Nero, stavano creando il Mondo Terreno, il suo Mondo. Vide le loro magie intrecciarsi in armonia, una danza di luce e oscurità. «Non è possibile.» Eiliat rimase a bocca aperta quando scoprì l'effetto di quegli incantesimi.

La magia di Sidhil cessò. In un attimo, le due Elfe si ritrovarono di nuovo nella piccola stanza.

«Sidhil, quelli... quelli erano davvero il Tempo e lo Spazio?»

«Lo Spirito Bianco e lo Spirito Nero sono i creatori del Mondo Terreno, è normale che abbiano inventato anche tempo e spazio, ed è anche plausibile che, in una certa misura, questi poteri siano stati trasmessi anche ai maghi.»

«Perché dare ai maghi certi poteri? Nelle mani sbagliate porterebbero alla rovina il Mondo.»

«I maghi non ne sono a conoscenza, solo chi riesce a raggiungere il Mondo Spirituale lo apprende, e di solito chi lo scopre se lo tiene per sé.» Sidhil osservò Eiliat, che, sconvolta, aveva lo sguardo perso davanti a sé, nel tentativo di capirci qualcosa. «Sono convinta, inoltre, che non tutti siano in grado di usare quei poteri.»

«E tu pensi che Thyus...»

«Thyus potrebbe essere in grado di manipolare lo spazio, sì.» Sidhil concluse la frase lasciata a metà. «Non so in quale estensione, né ne ho la conferma, ma una volta rimosso il Marchio, che questa notte lo ha intralciato, presto lo sapremo con certezza. Fino a quel momento, Thyus non deve sapere nulla» si raccomandò Sidhil, alzandosi e raggiungendo la porta «Adesso riposa, ci vorrà un po' di tempo prima che il veleno si dissolva del tutto e la ferita si rimargini. Anche con l'aiuto del Fuoco Azzurro, questa ferita non si rimarginerà in fretta come le altre.»

»

Solo e salvo, Thyus era rimasto in disparte rispetto al gruppo di Elfi.

Arrivati alla nuova città abbandonata, aveva deciso di rimanere indietro e di sedersi sulla scalinata di pietra che portava alla valle sotterranea, rimanendo a osservare il paesaggio desolato e a combattere con i suoi pensieri.

Non sapeva come avrebbe chiuso gli occhi nei giorni a venire, non sapeva nemmeno, in realtà, se sarebbe riuscito a mangiare. Ogni volta che sbatteva le palpebre, a ogni suo respiro, Thyus non faceva che vedere davanti a sé il campo di battaglia. Sentiva ancora l’odore del sangue, ma non sapeva se fosse perché i suoi vestiti ne erano impregnati, o perché era ormai una sensazione scolpita nella sua mente. Nel silenzio più totale, sentiva ancora il clangore delle spade.

Era rimasto indietro, come aveva ordinato Eiliat, ma i soldati nemici erano comunque riusciti a raggiungerlo, insieme alla loro brama di uccidere.

Quando aveva visto la ferocia nei loro occhi, si era chiesto se fossero dotati di una coscienza, se avessero riguardo per la vita altrui.

Aveva incrociato la spada con loro, si era difeso, come gli era stato insegnato, ma erano stati più agili di lui. Uno era riuscito a calciato a terra, gli aveva puntato la spada alla gola e lo aveva tenuto inchiodato a terra con un piede sullo sterno. Poi, però, lo aveva visto vomitare sangue, trafitto da un Elfo Ramingo, che lo aveva poi aiutato ad alzarsi prima di partire nuovamente alla carica.

L’aveva visto morire poco dopo, circondato dai nemici, massacrato poco prima che il velo magenta li ricoprisse.

Si era avvicinato, nella vana speranza che fosse ancora vivo, ma di lui era rimasto il corpo esanime e un volto irriconoscibile.

Non sapeva nemmeno il suo nome, a Thyus si stringeva il cuore ogni volta che ci pensava. Eppure quell’Elfo lo aveva difeso, lo aveva trattato come uno di loro.

A Thyus venne da vomitare.

Quell’Elfo, e molti altri, erano morti per causa sua.

«Non dovresti dipendere dagli altri in battaglia» una voce velenosa arrivò alle sue spalle «Tutto questo è causa tua.» Thyus si voltò per vedere chi fosse. Un Elfo dai capelli dorati lo guardava sprezzante dall’alto in basso. La sua figura molto snella e la pelle d’avorio gli donavano un aspetto malaticcio, sebbene sembrasse godere di piena salute. «Sono sempre stato contrario a permetterti di girare liberamente tra di noi. Se fosse stato per me, in questo momento saresti solo un misero prigioniero, ma le Principesse hanno voluto diversamente.» L’Elfo si avvicinò a Thyus fece per afferrargli la spalla, ma qualcuno lo bloccò.

«Saewar» Lunian afferrò il polso dell’Elfo con uno sguardo minaccioso che non ammetteva repliche. Non gli servì dire altro. Saewar si liberò dalla stretta e si allontanò.

«Non possiamo lasciarlo libero in questo modo.» Sputò l’Elfo prima di andarsene. Lunian non si degnò di rispondergli. Continuò a tener fisso lo sguardo su di lui mentre si allontanava.

«Tutto a posto?» chiese Lunian a Thyus, una volta soli.

«Sì» mentì in risposta il mago «Tutto a posto.» Lunian gli fece cenno di alzarsi e di seguirlo.

Scesero insieme le scale fino a raggiungere le case, attraversarono gruppi di Elfi indaffarati a prendersi cura dei feriti e si arrestarono solo quando furono al confine della città.

«Perché siamo qui?» Per un attimo, Thyus ebbe paura delle intenzioni dell’Elfo, soprattutto quando lo vide sguainare la spada.

«Perché non sai mentire» Lunian gli rivolse un sorriso «E non so come distrarti se non tenendoti impegnato.» Thyus estrasse la sua spada e si mise in posizione. Dubitava che avrebbe funzionato, ma avrebbe dato qualsiasi cosa per veder sparire da davanti ai suoi occhi l’immagine di quell’Elfo che l’aveva protetto in battaglia.

Lunian si mosse, aggraziato, e cercò di colpire Thyus con un movimento semplice che il mago subito bloccò. Spinsero le spade l’una contro l’altra per qualche secondo prima che entrambi provassero a colpire. Le lame cozzarono ancora una volta.

Continuarono in quel modo per una buona mezz’ora, fino a che Thyus, senza fiato, non decise di fermarsi. Entrambi rinfoderarono le spade e si sdraiarono per terra ad ammirare le stalattiti che pendevano dall’altissimo soffitto della caverna.

«Cosa dovevi dimenticare?» chiese a un certo punto Thyus. Lunian girò il volto verso di lui con aria interrogativa. «Me ne sono accorto» il mago insistette. Era sempre stato bravo a leggere i sentimenti delle persone.

«Ho lasciato che Eiliat venisse ferita» Lunian sospirò, tornando a fissare il soffitto roccioso «Non era mia intenzione, ma è indomabile come il suo fuoco. L’ho quasi persa ancora una volta, mi ero promesso di non lasciarlo succedere più» La sua voce era ridotta a un sussurro. «Tengo a lei più della mia stessa vita» ammise poi, a voce ancora più bassa.

«Lei lo sa?» Thyus si lasciò trasportare dalla curiosità.

«Sì.» Lunian si tirò su a sedere e sospirò scuotendo la testa «Sidhil però non è d’accordo; dice che freno i suoi poteri. Teniamo tutto segreto, ed è difficile, considerando i suoi poteri di lettura della mente. È estenuante, a volte, ma per lei ne vale la pena.» Lunian aveva un sorriso dolce dipinto sul volto. Si perse nei suoi pensieri, e Thyus smise di fare domande. Zhenya gli tornò in mente e si abbandonò agli interrogativi che la circondavano. Era partito per ritrovarla, ma in quel momento era più lontano che mai dalla sua meta e non sapeva se mai avrebbe ripreso il suo cammino.

“Dove sei finita?” si chiese prima di chiudere gli occhi.

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 - Fughe notturne ***


CAPITOLO 11 - FUGHE NOTTURNE

La prima volta che aveva visto Eiliat, non aveva fatto altro che pensare quanto fosse bella, e così aveva pensato anche quella sera, quando l’aveva vista tornare dal campo con i vestiti sporchi e i capelli disordinati e ingrigiti dalla terra.

Come sempre, era seguita da validi combattenti, scelti tra le fila dell’esercito appositamente affinché l’addestrassero al meglio. Al suo fianco, Saewar, che solitamente era intento a elencare tutti gli errori che aveva commesso, quella sera urlava parole velenose contro l’Elfa. «Avresti potuto ucciderci tutti» tuonava, adirato, agitando le braccia forsennatamente «Se non sai controllare i tuoi poteri, non usarli. Il tuo fuoco è un pericolo, e nelle tue mani lo è ancora di più.» Eiliat, al suo fianco, sembrava trattenere a stento le lacrime.

Lunian seguì con lo sguardo il gruppo, che si allontanava verso il minaccioso e freddo castello scavato nella pietra. “Non dovrebbe trattare così la Principessa” pensò, scuotendo la testa, continuando ad ammirare l’Elfa, mentre scompariva tra le pesanti porte della fortezza.

Avrebbe dato qualsiasi cosa per poterla incontrare, ma nessun popolano poteva far visita alle Principesse. Aveva tentato più volte, anche servendosi di scuse molto fantasiose, di ottenere un’udienza, ma Saewar aveva sempre rifiutato, ricordandogli la sua posizione sociale.

“Quella serpe” Lunian strinse i pugni, pensando all’Elfo cui era stato affidato il compito di istruire le Principesse. Non avevano libertà, e nonostante la primogenita sembrasse sopportare la severità di Saewar, non sembrava fosse lo stesso per Eiliat. Lunian avrebbe potuto giurare sugli Spiriti di non aver mai visto quegli occhi blu brillanti senza che fossero bagnati da lacrime trattenute a stento.

Così, decise di rischiare la sua già precaria posizione nella società raminga: quella notte avrebbe fatto visita alla Principessa.

Mangiò presto e in disparte, pronto ad attraversare la città e a raggiungere il castello al momento propizio. Quando le torce e le lanterne iniziarono a spegnersi una dopo l’altra, Lunian iniziò a muoversi cercando di non farsi notare da chi ancora era sveglio. Non fu semplice, ma alla fine riuscì a raggiungere il castello.

Nascosto nell’ombra, Lunian alzò lo sguardo e adocchiò una finestra al primo piano illuminata da una fioca luce azzurrina. “Non può che essere quella la sua stanza” ragionò, mentre aggirava la quercia, ormai secca e priva di vita da quando il popolo nanico era scomparso, per sua fortuna posizionata poco lontana dalla finestra.

Si arrampicò sull’albero con agilità, come sua sorella gli aveva insegnato a fare prima di partire in guerra, e raggiunse la finestra che aveva adocchiato.

Si sporse abbastanza da poter osservare l’interno e, con sollievo, scoprì di non essersi sbagliato: la Principessa era lì, ancora sveglia, china su dei pesanti libri di strategia militare e carte geografiche del Regno; con una piuma, appuntava piccole frasi su un taccuino dal fodero di cuoio rosso.

Lunian, accertatosi che nessun altro fosse nella stanza, bussò lievemente sul vetro, attirando l’attenzione dell’Elfa.

Eiliat alzò lo sguardo e rimase a osservare, come incantata, l’Elfo sconosciuto che bussava alla sua finestra. Lo fissò senza muoversi, tanto che Lunian fu costretto a picchiettare ancora una volta prima che ella decidesse di alzarsi.

La Principessa, con passi leggeri, raggiunse la finestra e scrutò lo sconosciuto dall’altra parte del vetro, poi aprì di scatto e afferrò l’Elfo per la casacca, colto alla sprovvista, e lo tirò dentro, buttandolo a terra. Rapida, si mise a cavalcioni su di lui e puntò la mano vicino al suo viso. Piccole fiamme azzurre uscirono per un istante dal suo palmo. «Chi siete?» gli chiese, sulla difensiva, cercando di darsi un tono minaccioso «Come siete arrivato qui? Cosa volete da me?»

«Il mio nome è Lunian, figlio di Eltaryl, mia Signora» rispose Lunian velocemente, sorpreso dalla reazione improvvisa dell’Elfa «Sono arrivato qui arrampicandomi sulla vecchia quercia. Ho sempre desiderato ottenere un’udienza con voi, ma non mi è mai stata concessa.» Gli occhi blu scintillanti lo scrutarono in silenzio.

«Un’udienza? Non mi è mai stato riferito nulla.» Eiliat, confusa, e si alzò, porgendogli la mano per aiutarlo a rimettersi in piedi «Per quale motivo desideravate parlarmi?»

In quel momento, Lunian si accorse di non aver mai pensato a cosa avrebbe voluto domandarle. “Cosa si chiede a una Principessa?“ Non aveva bisogno di nulla, e di sicuro non poteva chiedere che la sua famiglia tornasse a casa, salva dalla guerra. «Vorrei chiedervi, in realtà, se vi andasse di passeggiare con me» osò, mentre prendeva la mano di Eiliat e si alzava in piedi.

«Uscire da qui?» l’Elfa lo guardò inclinando leggermente la testa «Non credo che Saewar sarebbe d’accordo, e se qualcuno mi vedesse andrebbe subito ad avvisarlo.»

«Non ci vedrà nessuno, ve lo prometto! Conosco una via segreta.»

Eiliat posò l’indice sul labbro inferiore e alzò lo sguardo al cielo, poi s’illuminò. «Va bene, Lunian, figlio di Eltaryl, passeggerò con voi.» Sul viso di Lunian si dipinse un largo sorriso. «Ma a una condizione: mi porterete fuori da questa montagna; sono passati quindici anni dall’ultima volta che ho visto le stelle.»

Lunian non esitò un sol secondo. La prese per mano e la condusse alla finestra, invitandola a seguirlo. Paziente, attese che l’Elfa si decidesse a salire sulla quercia e l’aiutò a scendere.

Nascosti dietro al largo e rinsecchito tronco, scrutarono la valle sotterranea per controllare la posizione dei soldati messi a guardia della città. Sempre tenendole la mano, Lunian guidò la Principessa fino all’altissima scalinata. Quando furono quasi in cima, però, l’Elfa lo costrinse a fermarsi. «Ci sono sempre due guardie davanti all’arco di pietra: mi vedranno» sussurrò, agitata.

«Fidatevi di me.» Lunian le sorrise, cercando di rassicurarla. L’Elfo avanzò con passi leggeri e silenziosi verso l’arco di uscita, ma al posto di attraversarlo, passò oltre verso un piccolo e instabile sentiero a strapiombo sulla valle sottostante. Fece qualche passo e si accorse che Eiliat era rimasta indietro, ancora indecisa.

«Siete sicuro che reggerà entrambi?» chiese, cercando di mantenere la voce più bassa possibile.

«Ve lo prometto.» Lunian le porse di nuovo la mano e aspettò con pazienza fino a che Eiliat non si decise. Lentamente, i due attraversarono il sentiero, fino a che Lunian non si fermò davanti a una piccola fessura triangolare nella parete, verso la quale recitò una frase in una lingua dai toni gravi, che Eiliat riconobbe subito essere nanico.

Enunciata la frase, parte della parete si dissolse davanti ai loro occhi, aprendo un varco verso il tunnel di uscita.

Svelti, attraversarono la porta incantata e corsero verso l’uscita.

Non appena furono fuori, Eiliat rimase incantata dal cielo notturno, illuminato da innumerevoli stelle. L’Elfa cominciò a ridere e si gettò sul tappeto erboso. «È passato così tanto tempo» sospirò, inspirando poi a pieni polmoni l’aria fresca di montagna.

«Non dovrebbero obbligarvi a stare rinchiusa lì dentro» si lasciò sfuggire Lunian.

«Lo fa mia sorella, lo devo fare anche io» rispose Eiliat, malinconica «Saewar dice che quando sarò pronta, potrò guidare in battaglia l’esercito, ma per il momento questo lavoro spetta ai Generali di mio padre. Quelli rimasti, almeno.»

«Non è meglio rimanere qui, allora? Insomma, se guidaste l’esercito rischiereste la morte.» Lunian si sedette accanto a lei. «E credo che nessuno lo voglia.»

«Sarebbe un onore per me seguire le orme di mio padre» rispose Eiliat, per nulla d’accordo con il pensiero di Lunian «Se solo sapessi controllare meglio i miei poteri… Tutti i maghi di cui disponiamo sono impegnati in battaglia, nessuno qui può aiutarmi.»

«E se vi aiutassi io?» Lunian propose, pentendosene subito dopo.

«Lo fareste davvero?» l’Elfa si illuminò all’offerta, e Lunian non poté far altro che cedere davanti a quegli occhi blu scintillanti, finalmente non più offuscati dall’usuale velo di tristezza.

«Non sono un mago, ma mia sorella lo è. Prima che partisse con l’esercito, passavo giornate intere a guardarla allenarsi.»

L’Elfa ci pensò su, portandosi di nuovo l’indice sul labbro inferiore e alzando lo sguardo al cielo. «Va bene. Non credo di aver nulla da perdere, in fondo» disse, infine.

Il sogno di seguire le orme di suo padre non era mai stato così vicino.

Thyus non faceva che pensare a lei.

Dopo il breve allenamento con Lunian, il pensiero di Zhenya era riuscito a impossessarsi di ogni angolo della sua mente, senza lasciare spazio a molto altro.

Non riusciva ad addormentarsi. Aveva passato ore a cercare di scivolare nel sonno ristoratore di cui aveva bisogno - d’altronde, non dormiva da due giorni -, ma la memoria di quegli occhi color rubino non smetteva di tormentarlo.

C’erano molte cose che ancora non riusciva a spiegarsi della sua sparizione, e non voleva credere che se ne fosse andata di sua volontà. “Non può essere stata così egoista.” Pensò, mentre riaffioravano i ricordi dell’estate in cui tutto era andato per il peggio.

Il primo giorno di autunno, quando le foglie della quercia di Loder avevano iniziato a tingersi di rosso, l’abitazione a pochi passi dall’immensa pianta era stata divorata dalle fiamme.

Si ricordava ancora di come si era svegliato avvertendo il forte odore di bruciato. Era balzato giù dal letto ed era accorso alla finestra per capire da dove provenissero i bagliori vermigli che illuminavano le primissime ore del mattino, ancor prima che il sole avesse l’opportunità di emergere da dietro le montagne che circondavano il suo paese. Con orrore, aveva visto la casa di Zhenya crollare davanti ai suoi occhi.

Thyus avvertì una morsa al petto. Scosse con violenza la testa e si girò sul lato; osservò Lunian, addormentato a pochi passi da lui, perso in un sogno - a detta di Thyus, felice -, e si chiese come facesse ad essere così tranquillo nonostante ciò che era accaduto al suo popolo e, soprattutto, alla persona che amava.

“Come può dormire in una situazione come questa? Eiliat è stata ferita, è rimasta paralizzata ed è quasi morta. Dovrebbe essere sveglio, preoccuparsi!” Si voltò di nuovo a pancia in su, invidioso, e, appurato che non sarebbe riuscito ad addormentarsi, decise di alzarsi e rendere la sua insonnia utile in qualche modo. “Devo pensare ad altro, qualunque cosa. Non posso permettere che certi pensieri mi distraggano” si disse risoluto e, per certi versi, anche un po’ arrabbiato con se stesso “Non voglio più passare notti sveglio a causa sua.”

Afferrò la spada da terra e si allontanò, cercando di fare il meno rumore possibile per non svegliare l’Elfo. Quando fu abbastanza distante, Thyus sguainò l’arma e poggiò il fodero a terra.

Iniziò a menare colpi a vuoto, cercando di riprodurre i movimenti che aveva imparato fino a quel momento sotto la guida di Eiliat.

Sciolse le articolazioni facendo affondare la spada davanti sé qualche volta e passò subito dopo agli esercizi più semplici.

Si sentiva stranamente meno rigido del solito, così iniziò a variare i suoi movimenti, cercando di trovare nuovi modi per colpire l’avversario invisibile che si trovava di fronte a lui.

Fece finta di parare un colpo e girò su se stesso, prima di affondare la spada per rispondere all’attacco immaginario, ma la sua lama incontrò un ostacolo argentato a intralciare il suo cammino.

Thyus riconobbe il metallo lucido e le due rune elfiche incise su di esso. Alzò lo sguardo verso il suo proprietario. «Molto meglio» Eiliat si congratulò, con un piccolo sorriso soddisfatto. «Ancora un centinaio di anni e forse sarai sulla strada giusta per diventare bravo quanto me» lo schernì, poi, riponendo la spada.

«Non eri ferita?» chiese Thyus, sorpreso di vederla in piedi e piena di energie per beffeggiarsi delle sue scarse capacità di combattimento.

«Guarisco in fretta» rispose l’Elfa, breve come al solito, alzando le spalle. Thyus non sembrava convinto, ma non volle indagare. Aveva ormai imparato a non fare troppe domande, soprattutto quando si trattava di porle a Eiliat, che già non era molto paziente di natura. «Andiamo, ho bisogno di prendere una boccata d’aria: qui sotto mi sento soffocare.» L’Elfa rinfoderò la spada e gli fece cenno di seguirla.

Thyus obbedì senza pensarci troppo, sperando che l’aria fresca del bosco l’avrebbe aiutato a scacciare via i pensieri che lo tormentavano.

Attraversarono in silenzio l’accampamento, cercando di non fare movimenti bruschi per non rischiare di svegliare gli Elfi. Salirono la scalinata in fretta e si fermarono solo quando ebbero raggiunto l’ultimo scalino. Lì, a guardia del varco che conduceva al tunnel di uscita, due soldati rimanevano immobili, in attesa della fine del loro turno, senza mostrare segni di stanchezza.

Thyus si avvicinò all’arcata di pietra, con l’intenzione di attraversarla, ma l’Elfa lo tirò per una manica, costringendolo a indietreggiare. Subito, il mago si voltò verso di lei con sguardo interrogativo.

Eiliat scosse la testa, come a indicargli di non proseguire, poi lo sorpassò e avanzò dritta verso un piccolo sentiero che, precario, stava sospeso sopra la vallata sotterranea.

“Cosa sta facendo?” si chiese Thyus, vedendola avanzare sulla pietra fragile a passi leggeri e sicuri.

Eiliat si fermò e guardò indietro verso il mago, che era rimasto indietro, restio a seguirla verso quella che a lui pareva una situazione di morte certa. «Sbrigati!» sussurrò, impaziente.

«Io non ci salgo lì» replicò il mago, cercando di mantenere la voce il più lieve possibile «È troppo fragile per reggere entrambi.» L’Elfa insistette con un cenno della mano, invitandolo a seguirla.

Thyus alzò gli occhi al cielo e si avvicinò allo strapiombo. Posò il piede destro tremante sul sentiero e, vedendo alcune piccole pietre cadere verso la valle, posò una mano sulla parete rocciosa, per paura di scivolare nel vuoto. Avanzò lentamente finché non ebbe raggiunto Eiliat, che lo guardava con le sopracciglia alzate, trattenendosi dal ridere per le espressioni preoccupate che faceva il mago a ogni piccolo, incerto, passo.

Per rassicurarlo e aiutarlo a stare in equilibrio, l’Elfa lo prese per mano e lo guidò, fermandosi ogni qualvolta sentiva Thyus barcollare.

«Non guardare giù, siamo quasi arrivati» ripeté più volte l’Elfa, cercando di tranquillizzarlo, chiedendosi ogni volta come un mago facesse ad avere così tante paure.

Raggiunta la fine del sentiero, Eiliat lasciò la presa e si voltò verso il muro. Esaminò la porzione di parete davanti a lei e trovato un piccolo foro di forma triangolare sussurrò alla sua altezza una frase in una lingua che Thyus non riconobbe, ma che di sicuro non aveva nulla a che fare con l’elfico per via dei suoni duri, gravi e, nell’insieme, poco melodiosi.

Alle parole di Eiliat, una porzione di parete scomparve, dissolvendosi davanti agli occhi stupiti di Thyus. L’Elfa attraversò il varco nascosto, tirandosi dietro il mago, e si ritrovarono in un tunnel molto simile a quello che Thyus aveva percorso il giorno in cui aveva fatto la conoscenza di Lunian e delle Principesse.

«Veloce, prima che qualcuno ci veda» ordinò Eiliat sottovoce, indicando la via d’uscita a pochi metri di distanza.

Una folata di vento gelido li travolse non appena furono all’aperto. Thyus si strinse nei suoi vestiti e solo in quel momento si accorse di non avere portato con sé il mantello; Eiliat, invece, non sembrò notare il freddo, nonostante i vestiti leggeri.

Quando si fu abituato alla temperatura, Thyus scostò i capelli disordinati che gli erano finiti davanti al viso e si guardò intorno.

L’ambiente era molto differente dall’ultima volta che era uscito all’aperto: gli alberi spogli e anneriti dalla cenere non c’erano più, così come il terreno brullo. Al loro posto, chiome smeraldine e rossastre si stagliavano verso l’alto, coprendo gran parte della visuale del cielo notturno; alcune foglie rinsecchite, muschi e piccole felci coprivano la terra.

Sul volto del mago comparve un sorriso.

Sul viso di Eiliat, invece, apparve una smorfia, accompagnata da colorite e fantasiose imprecazioni rivolte agli Spiriti.

Thyus si voltò verso l’Elfa, per nulla pronto a una reazione del genere, e la vide scomparire a passi irati tra gli alberi del bosco. Si affrettò a seguirla per non perderla di vista e rimanere solo.

«Eiliat?» la chiamò, mentre correva per raggiungerla «È tutto a posto?»

«Certo, Thyus, è tutto a posto: quando esco all’aria aperta mi piace maledire gli Spiriti» replicò lei sarcastica e furiosa, mentre esaminava i rami degli alberi che le capitavano di fronte «Ti sembra che vada tutto bene? La magia è sparita, non lo vedi?»

«Pensavo fossimo solo fuori dal suo raggio d’azione» provò a spiegarsi Thyus con un filo di voce.

«L’incantesimo deve essersi spezzato l’altra notte quando hai perso il controllo della tua magia e ha interferito con il marchio» ragionò Eiliat, quando, poco dopo, riuscì a ritrovare la calma «Dobbiamo rimuoverlo al più presto, ma non possiamo farlo qui: rischieremmo di mettere in pericolo tutti quanti, soprattutto ora che l’incantesimo non c’è più. Ci serve un posto sicuro e vicino a una sorgente degli Spiriti.»
«E dove andremo?» Thyus non nascose la sua preoccupazione.

«Non ne ho idea, ne discuterò domani con Lunian e i miei consiglieri. Per il momento, non c’è molto che si possa fare.» L’Elfa si girò sui tacchi e percorse la strada a ritroso, seguita dal mago «Non ci sono tracce dei soldati di Mitfeld nelle vicinanze, ma sarebbe meglio tornare all’accampamento e non uscire, almeno fino a che non avremo un piano.»

Servendosi del varco magico, tornarono indietro in fretta e senza dire una parola.

Thyus riaccompagnò Eiliat fino alla piccola casa di legno.

«Cerca di dormire, non pensare ad allenarti giorno e notte: un Umano ha bisogno di riposare» disse l’Elfa al mago, mentre apriva piano la porta, cercando di non farla scricchiolare «Voglio che tu sia al massimo delle tue forze domani mattina: avremo bisogno delle tue conoscenze del Regno.» Quando la porta si chiuse, Thyus tornò a stendersi a pochi passi da Lunian, ancora perso nel suo sogno, e chiuse gli occhi provando ad addormentarsi.

I scintillanti occhi rubino di Zhenya comparvero nei suoi pensieri mentre si assopiva. Il ricordo della casa che crollava e delle sue urla disperate, mentre cercava di trovare tra le fiamme quella ragazza che ancora non riusciva a dimenticare, invasero i suoi sogni.

 

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 - Cicatrici ***


CAPITOLO 12 - CICATRICI

 

Thyus camminava avanti e indietro con passi frettolosi attorno alla casa traballante. Eiliat gli aveva detto che avrebbero avuto bisogno di lui e delle sue conoscenze per trovare un luogo adatto dove potersi rifugiare, ma non era del tutto certo che sarebbe stato accolto con benevolenza, né che avrebbero trovato le sue idee abbastanza intelligenti o i luoghi proposti idonei a tenere nascosti tutti gli Elfi. Al solo pensiero, iniziava a sentire i palmi delle mani sudati e gli sembrava di non riuscire a prendere fiato.

La terza volta che completò il giro attorno alla casa, la porta si aprì e una mano lo afferrò alle spalle per la casacca. «La vuoi piantare di girare qui intorno senza fermarti? Stiamo aspettando tutti te.» Eiliat lo costrinse a girarsi e fece per trascinarlo dentro.

Thyus puntò i piedi e tentò di resistere. «Eiliat non sono sicuro che sia una buona idea» condivise con l'Elfa le sue preoccupazioni «Non sono uno di voi, sono un semplice mago, Umano perdipiù. Le mie idee non verranno nemmeno prese in considerazione!»

«Ti stai agitando per nessun motivo.» Eiliat scosse la testa, rassegnata dai troppi pensieri negativi di Thyus «Ho richiesto io la tua presenza, non protesteranno. Ora andiamo, non possiamo perdere altro tempo: Heridar è sempre più vicino ogni secondo che passa.» Si voltò e lasciò che il mago la seguisse all'interno, dove un lungo e stretto tavolo di pietra era stato sistemato al centro della stanza. Attorno a esso quattro Elfi aspettavano il loro arrivo, ma Thyus riconobbe solo due di essi: Lunian, che appena lo vide gli rivolse il suo solito sorriso gentile, e Saewar, che fece di tutto pur di non incrociare il suo sguardo.

Seduti di fronte a Lunian e Saewar, due Elfi identici sotto ogni aspetto - dai capelli ramati e disordinati che arrivavano loro all'altezza delle spalle all'esagerato volume dei loro muscoli - erano intenti in un'animata conversazione riguardo a nuove strategie di combattimento.

Thyus prese posto tra Lunian e Saewar, dove una sedia vacante lo attendeva.

Quando Eiliat si sedette a capo del tavolo di pietra, i due Elfi a Thyus sconosciuti tacquero, in attesa che la loro Principessa prendesse la parola.

«Siamo qui per discutere dei nostri prossimi spostamenti» andò dritta al punto Eiliat «La magia di protezione è caduta, Heridar ci ha già trovati una volta e non tarderà a rintracciarci di nuovo. Io e Sidhil abbiamo limitato l'uso della nostra magia in modo che sia difficile tracciarci, ma non siamo al sicuro qui: dobbiamo trovare un luogo adatto per nascondere chi non può combattere.» Dispiegò sul tavolo una vecchia mappa del Mondo Terreno e la spostò al centro del tavolo in modo che tutti i presenti potessero visionarla, poi aspettò le proposte dei suoi consiglieri.

«Mia Signora» Saewar prese la parola con la sua voce sibilante «L'Isola di Taël mi pare la scelta più adatta: è grande, disabitata e tra le rovine saremo in sicurezza. D'altronde nessuno va più lì.»

«Taël non va bene, è troppo pericoloso e il viaggio decisamente troppo lungo. Per arrivare al porto di Dras ci vuole una settimana, con tutta la carovana saremo rallentati e fin troppo visibili. Arrivati a Dras dovremmo rubare una nave abbastanza capiente e salpare verso l'isola senza essere notati. Sarebbe un suicidio» Eiliat bocciò l'idea dell'Elfo, che abbassò gli occhi di ghiaccio e si appoggiò allo schienale, come sconfitto «Altre idee?» la Principessa scrutò i presenti.

«Io e Amdin avevamo pensato al regno delle Colline Fiorite» accennò l'Elfo seduto di fronte a Lunian.

«Non mi sembra il caso di rifugiarsi nel regno più debole del Mondo Terreno, Galadhil» EIliat liquidò anche quella proposta.

«Sarà anche debole, ma dubito che l'Imperatore verrebbe a cercarci in mezzo a città popolate da Orchi puzzolenti» Amdin provò a difendere la propria idea.

«Mio zio non si fermerà davanti a nulla» ribatté Eiliat «O per caso vi siete dimenticati la fine della vostra famiglia?» le parole dell'Elfa li colpirono con violenza. Galadhil e Amdin tacquero, incupiti. «C'è qualcuno tra voi con un'idea decente?» la voce di Eiliat fremeva d'impazienza, mentre il suo sguardo guizzava tra Lunian e Thyus, che ancora non avevano partecipato.

L'Elfo dai capelli di platino si sporse sul tavolo per osservare meglio la mappa e iniziò a grattarsi sotto il mento mentre analizzava il territorio in cerca di una destinazione adatta, senza però trovare una soluzione ai loro problemi.

«Potremmo andare a Loder» parlò Thyus, quasi sussurrando.

Saewar, di fianco a lui, lo fissò con gli occhi ridotti a una fessura e quasi saltò su dalla sedia per ribattere. «Mia Signora, il mago vuole farci rifugiare in un paesino disperato di soli Umani, non resisterebbero nemmeno un secondo contro le armate di vostro zio.»

«Taci, Saewar» Eiliat alzò la voce, facendo brillare di blu i suoi occhi neri per qualche secondo «Voglio ascoltare le motivazioni di Thyus, non le tue continue obiezioni. Fai parte del Consiglio di Guerra solamente perché sei l'ultimo dei Generali di mio padre rimasti.» Saewar tornò a sedersi appoggiato allo schienale e obbedì all'ordine della sua Principessa. Eiliat spostò lo sguardo su Thyus, aspettando, come tutti, che continuasse.

«Loder non dipende da Mitfeld, ma da Nuova Taël. Non ha mura di cinta o soldati alla sua difesa, ma un patto vecchio un secolo impedisce all'Imperatore degli Elfi e il suo esercito di entrare nei nostri confini senza autorizzazione. Se lo facesse, il regno di Taël dichiarerebbe loro guerra.» La voce di Thyus, all'inizio tremante dalla paura, si fece via via più forte e sicura. «Potremmo andare a Loder passando per le montagne, è la via più sicura, e una volta arrivati lì potremmo andare al Tempio degli Spiriti nella notte e rifugiarci nella cripta sotterranea. Solo i maghi possono entrarvi e a Loder non ce ne sono altri oltre a me: saremmo tutti al sicuro.»

Eiliat posò lo sguardo sulla mappa e iniziò a passarsi l'indice sul labbro inferiore, facendo guizzare gli occhi da un punto all'altro dell'estesa e ingiallita pergamena. «Se quello che dici è vero, il nostro popolo sarà al sicuro a Loder.»

«Sì, ma per quanto tempo, mia Signora?» Saewar, viscido, prese di nuovo la parola, deciso a opporsi ancora una volta all'idea di Thyus «Con la vostra magia e quella di vostra sorella ci rintracceranno subito e saremo di nuovo in pericolo. Sono fermamente convinto che l'Imperatore di Mitfeld non si farà problemi ad attaccare quel paese indifeso anche se fa parte del regno di Taël.»

«E io sono fermamente convinta di averti detto di tacere» replicò Eiliat, alzando di nuovo il tono della voce e lanciandogli un'occhiata velenosa. Dall'altro lato del tavolo, si udì arrivare una risata sommessa. L'Elfa spostò lo sguardo verso Galadhil e Amdin, che subito cercarono di tornare seri e di mascherare la propria espressione divertita.

«Partiremo domani mattina all'alba e ci divideremo in tre gruppi guidati da me, Lunian e da Saewar» continuò poi Eiliat, ritornando a concentrarsi sulla missione «Saewar, tu e il tuo gruppo partirete per primi. Scegli tu tra i soldati chi portare con te e viaggia verso Nord per creare delle false tracce dirette a verso Midmor: dobbiamo far credere a Heridar che siamo diretti nelle Terre Bruciate» ordinò, tracciando sulla mappa una linea dalle montagne verso la capitale del regno a Nord-Ovest di Mitfeld. «Lunian, partirai da qui e proseguirai per Loder seguendo le vie sotterranee dei nani insieme a mia sorella e coloro che non sono in grado di combattere.»

«Avrò bisogno di qualche rinforzo per tenerli al sicuro.»

«Tutti i soldati verranno con me, compreso il mago, anche se le sue capacità di combattimento sono ancora piuttosto scarse.» Eiliat sembrò non prendere in considerazione la richiesta di Lunian e proseguì iniziando a tracciare una linea immaginaria sulla mappa. «Passeremo dai boschi ai piedi delle montagne e faremo in modo di attirare verso di noi eventuali ranger sulle nostre tracce. In questo modo, il gruppo di Lunian arriverà salvo nei confini di Loder senza ostacoli. È tutto chiaro?» Nessuno obiettò, nemmeno Saewar, a differenza di quanto aveva pensato Thyus. Eiliat si alzò, arrotolò la mappa e uscì di fretta dalla stanza senza dire altro. Saewar e i due Elfi gemelli non tardarono ad andarsene anch'essi e Thyus fece per emularli, quando, inaspettatamente, Lunian lo trattenne.

«Dobbiamo parlare» disse solo, trascinandolo nella piccolissima stanza adiacente. L'Elfo chiuse la porta dietro di sé, lasciando che l'ambiente, privo di finestre, calasse nella penombra

Thyus non sapeva bene cosa aspettarsi, ma di sicuro l'oscurità della stanza non lo metteva a suo agio, e nemmeno lo sguardo serio che aveva fatto Lunian quando gli aveva parlato e che continuava a mantenere. Fece per chiedere spiegazioni, ma l'Elfo parlò prima che potesse farlo.

«Quello che sto per mostrarti non deve venirlo a sapere nessuno» iniziò, con un tono così serio che fece preoccupare il mago, mentre iniziava a sciogliere i lacci della camicia «E quando dico nessuno, Thyus, intendo soprattutto Sidhil, capisci?»

«Lunian, cosa succede?» chiese Thyus, quasi spaventato «Non dirò nulla, lo-» Non riuscì a terminare la frase, turbato da ciò che vide con i suoi scurissimi occhi. Dalla spalla destra fin sotto all'avambraccio, un'intricata cicatrice dai toni bluastri, che si schiarivano all'azzurrino verso i bordi, si estendeva sulla pelle d'avorio dell'Elfo. «Lunian, cosa... Come...» Thyus non aveva idea di come formulare il suo quesito senza apparire scortese. "Come ha fatto a ridursi così?" si chiese.

«Quando ieri ti ho detto che secondo Sidhil freno i poteri di Eiliat, mi riferivo a questo» disse l'Elfo, indicando il braccio deturpato.

«Questo non mi sembra tenere a freno i poteri di Eiliat!» esclamò il mago, dimenticandosi per un attimo di dover mantenere basso il tono della voce. Lunian lo zittì.

«Hai ragione, non lo è. Questo è quello che accade quando non ci sono io a tenere sotto controllo le emozioni di Eiliat» spiegò l'Elfo, sfiorandosi la cicatrice e perdendosi nel ricordo di come l'aveva ottenuta.

«Come può un essere di oltre duecento anni non saper controllare le sue emozioni?» replicò Thyus, a voce più bassa, ma sempre con tono alterato.

«Non è colpa sua, è per via della sua magia» rispose Lunian, rivestendosi.

«In effetti è una maga innata, suppongo che non sia facile non cedere allo Spirito, ma Sidhil non si comporta allo stesso modo.» Per Thyus non c'erano scuse valide.

«Questo perché lo Spirito del Fuoco Azzurro si è diviso tra loro due. Non ti sei mai chiesto come faccia Sidhil a rimanere sempre calma, mentre Eiliat esplode a ogni buona occasione?» chiese l'Elfo. Thyus iniziò a riflettere: da quando era arrivato, in effetti, era stato più volte vittima dei repentini sbalzi emotivi dell'elfa dai capelli corvini, mentre Sidhil non faceva altro che rivolgergli sorrisi misteriosi, che molte volte gli erano parsi tutt'altro che genuini.

«Pensavo fosse solo il loro carattere» ammise il mago.

«Non lo è.» Lunian scosse la testa. «Sidhil è molto vicina agli Spiriti, e come loro non prova emozioni, mentre Eiliat...» la voce gli morì in gola.

«Eiliat sente tutto» concluse per lui Thyus «Ma perché non deve saperlo nessuno? Perché lo hai detto a me?»

«Perché quando partiremo per Loder io non potrò tenere a freno i suoi poteri» spiegò Lunian, mentre riapriva la porta «Tu sì.» L'Elfo uscì dalla piccola stanza buia e tornò a sedersi al tavolo di pietra.

Thyus lo seguì e si appoggiò alla sedia di fronte all'Elfo «Io?» Sbiancò. «Lunian, non so combattere. Non posso nemmeno usare la magia, per gli Spiriti! Come pensi che io possa frenarla?»

«Con questo» Lunian poggiò sul tavolo un pugnale simile al suo e a quello che Thyus aveva ricevuto dai suoi genitori. Le gemme che lo decoravano, però, erano gialle. «Thyus, a te affido il Sesto Pugnale» disse in tono solenne «Se dovesse mai accadere qualcosa durante il vostro viaggio, con esso riceverai aiuto. Non dovrai far altro che recitare la formula incisa.» Thyus estrasse la lama dal suo fodero e riconobbe subito le tre rune incise. "Che il Fuoco Azzurro ti protegga" il ricordo del suo primo incontro con il Fuoco Azzurro riaffiorò nella sua mente. «La magia del pugnale potrà essere usata una sola volta, non sprecarla» si raccomandò infine Lunian.

«Come farò a sapere quando sarà il momento adatto?» In effetti, l'Elfo non era stato molto specifico a riguardo.

«Guarderai Eiliat e desidererai di essere morto.»

A Thyus non piacque per nulla la risposta di Lunian.

Thyus non riusciva a togliersi dalla testa le parole che gli aveva riferito poco prima l'Elfo

Thyus non riusciva a togliersi dalla testa le parole che gli aveva riferito poco prima l'Elfo. "Perché dovrei desiderare di essere morto?" continuava a chiedersi senza trovare una spiegazione plausibile. Era convinto che, se Eiliat fosse stata preda delle sue stesse emozioni, non avrebbe comunque attaccato i propri compagni. Eppure le cicatrici bluastre di Lunian avevano urlato il contrario. "Perché ha colpito la persona che ama?" si chiese, dunque. Eiliat era scorbutica e la sua aria minacciosa traspariva anche nei momenti di tranquillità, era vero, ma era leale e giusta nei confronti del suo popolo, non avrebbe mai usato la sua magia per colpirli.

"Se Irien fosse qui mi direbbe che è normale, trattandosi di una maga innata" non poté fare a meno di pensare al proprio Animale Spirituale, ancora perso chissà dove.

Erano passate ormai quasi due settimane dalla sua sparizione e, benché sapesse che era ancora viva, non era sicuro che stesse bene, che fosse salva.

"Mi starà cercando" pensò Thyus, sicuro "Non voglio che si preoccupi per me o che rischi la vita per ritrovarmi."

«Thyus.» La voce di Eiliat lo distolse dai suoi pensieri. Per un attimo, il mago ebbe paura quando la vide, ancora impressionato dalle parole di Lunian, ma cercò di non darlo a vedere. In fondo, aveva promesso di non parlarne con nessuno. «In piedi, prendi la spada» ordinò l'Elfa, ignorando lo strano sguardo che Thyus le aveva rivolto.

«Adesso? Non dovremmo riposarci per la partenza?» il mago provò a obiettare.

«Adesso.» Il tono dell'Elfa non ammetteva repliche. «Voglio vedere gli stessi movimenti fluidi di ieri notte.»

«Non credo che sarò in grado di replicarli.»

Eiliat, che mai aveva sopportato l'indole pessimista del mago, sguainò la spada senza preavviso e, con un calcio, spinse Thyus lontano da sé.

«Cosa stai facendo?» gridò lui, colto alla sprovvista e senza fiato per il colpo ricevuto.

«Insegno» fu l'unica parola che l'Elfa pronunciò prima di saltare all'attacco e di affondare la lama argentata verso Thyus.

Il mago, però, evitò l'attacco rotolando lontano dalla spada di Eiliat e raccattando la propria da terra, dove l'aveva lasciata.

Sul viso di Eiliat apparve un sorriso soddisfatto.

Thyus sfoderò la spada e assunse la posizione, in attesa che l'Elfa partisse alla carica. Il secondo colpo di Eiliat non tardò ad arrivare, questa volta diretto all'avambraccio. Thyus la bloccò deviando la lama e provò a rispondere all'attacco. Per poco non la colpì.

Continuarono in quel modo per molti minuti senza mai fermarsi, sempre cercando di colpirsi, ma mai riuscendoci.

Eiliat si stava divertendo, nonostante fosse costretta a utilizzare solamente attacchi semplici e movimenti prevedibili, e non riusciva a far scomparire il ghigno compiaciuto che aveva in volto.

Thyus, in sintonia con l'Elfa, si accorse di non essere mai stato così leggero sui suoi passi. Non sentiva la stanchezza, e nemmeno i crampi alle mani, che lo avevano accompagnato durante ogni singolo allenamento.

La sua spada, che sempre aveva trovato pesante, sembrava diventata leggera come una piuma. Ogni volta che cercava di mandare a segno un colpo, la lama fendeva l'aria producendo dei sonori sibili.

A ogni colpo, Thyus si sentiva più sicuro di sé.

Finalmente, il mago riuscì a cogliere alla sprovvista l'Elfa e, costringendola a indietreggiare verso un ostacolo, riuscì a farle perdere l'equilibrio.

"Non posso crederci" si disse in quel momento, pervaso dall'eccitazione "Ho vinto!"

Quel suo pensiero non poteva essere più sbagliato.

Eiliat, lesta, si aggrappò al braccio di Thyus e lo tirò con sé nella caduta. Appena toccò il terreno con la schiena, l'Elfa si fece forza e riuscì a ribaltare la situazione. Thyus finì a terra, con Eiliat a cavalcioni su di lui e la spada puntata al collo.

«Non dovevi distrarti» sorrise maliziosa l'Elfa.

Thyus lasciò la presa sulla propria arma. «Pensavo di avere la vittoria in pugno, questa volta» si lamentò, affranto.

«Sei sulla strada giusta.» Eiliat si rialzò e, dopo aver rinfoderato la spada, porse la mano al mago per aiutarlo a rialzarsi. «Adesso puoi riposare. Per oggi direi che può bastare» disse poi l'Elfa, congedandosi.

Thyus la osservò allontanarsi, con una strana sensazione di euforia e il cuore affannato.

 

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