La cura del gatto per negati (E altri novantanove pratici consigli per diventare Imperatori del Male)

di Ellery
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Stai davvero morendo? Allora ti tengo compagnia. ***
Capitolo 2: *** Diamine, Hux, è solo un gatto! Che vuoi che succeda? ***
Capitolo 3: *** Se mi strangoli non posso cantare ***
Capitolo 4: *** Esigo un esercito felino, Generale! ***
Capitolo 5: *** FN-1234 ***
Capitolo 6: *** I veri uomini fanno il bagno nudi, lo sanno tutti ***
Capitolo 7: *** La vita alta fa tendenza ***
Capitolo 8: *** In bocca al Sarlacc, tesoro ***
Capitolo 9: *** Guidare fino al tramonto, che idiozia! ***
Capitolo 10: *** Prendente le verdure e tagliatele a rondelle ***
Capitolo 11: *** Frank! ***
Capitolo 12: *** Penso che tu sia un tipo a posto ***
Capitolo 13: *** Usa la Forza, Hux ***
Capitolo 14: *** Ti piace lo stufato? ***
Capitolo 15: *** L’ultima cosa che ci serve è un incidente diplomatico ***
Capitolo 16: *** L'ho solo preso in prestito ***
Capitolo 17: *** Gas a martello ***
Capitolo 18: *** Meow ***
Capitolo 19: *** Kylo Ren, ovvero l'ottimismo ***
Capitolo 20: *** Una brutta gatta da pelare ***
Capitolo 21: *** La sfortunata seconda vita del generale Armitage Hux ***
Capitolo 22: *** Armitage, ti senti bene? ***
Capitolo 23: *** Aiutami, Mitaka! Sei la mia unica speranza ***
Capitolo 24: *** Ci stavano in due sulla porta ***
Capitolo 25: *** Da Falco Uno a Termosifone ***
Capitolo 26: *** Sai, non ho mai avuto un amico ***
Capitolo 27: *** Tenga pure il resto ***
Capitolo 28: *** L’ho letto sulla carta di un cioccolatino ***
Capitolo 29: *** C’è del buono in te ***
Capitolo 30: *** Sei un genio! ***
Capitolo 31: *** Noi siamo il Primo Ordine ***
Capitolo 32: *** Siate con me ***
Capitolo 33: *** Cuore di mamma ***
Capitolo 34: *** Signora mia, grazie. È stato grandioso ***
Capitolo 35: *** Aschtt Sagsas Sied Sied ut fahz Tzanh ***
Capitolo 36: *** In una galassia lontana, lontana… ***
Capitolo 37: *** Moriremo tutti ***
Capitolo 38: *** Un set di coltelli ci servirà di sicuro ***
Capitolo 39: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Stai davvero morendo? Allora ti tengo compagnia. ***


1. Stai davvero morendo? Allora ti tengo compagnia.
 

Il generale Hux si tirò a sedere, arrotolando le coperte di lato per scivolare giù dal letto. Frugò la stanza alla ricerca di qualsiasi cosa potesse indicargli un orario. Era notte fonda, di questo ne era certo. Lo scorrere del tempo era un po’ diverso quando si viveva a bordo di uno Star Destroyer, ma ormai ci aveva fatto l’abitudine: non distingueva il giorno dalla notte in base al sorgere del sole o all’alternanza quotidiana tra luce e buio – come avrebbe potuto? – ma si affidava esclusivamente alle ore indicate sui display dei datapad, dei computer, dei visori sparsi per la nave. Si stropicciò le palpebre, puntando le iridi verdi su un piccolo schermo sistemato sul proprio comodino. Le due e venti di notte.

Rimanere coricato non aveva alcun senso: da quando il progetto Starkiller era fallito – distrutto da quella feccia repubblicana – non riusciva più a riposare serenamente. Alternava momenti di sonno profondo a lunghe ore passate a fissare il soffitto o a contare i sistemi planetari che si scorgevano dalla larga finestra della sua cabina. Qualsiasi cosa facesse, naturalmente, il sonno tardava a ritornare. Un chiodo fisso gli martellava nella testa da diversi giorni; un’idea che non aveva ancora espresso con nessuno, un po’ per timore di vedersi rinfacciare la perdita della Base Starkiller, un po’ perché non era certo che possedessero le risorse necessarie per dar via al nuovo progetto. Avrebbe dovuto parlarne con Snoke, ma non aveva particolare voglia di incrociare ancora quel volto arcigno e quell’espressione perennemente disgustata e sprezzante; specie dopo la recente sconfitta. Avrebbe dovuto cercare qualcuno che appoggiasse la sua idea: un supporto, per quanto piccolo, che avrebbe spinto il Leader Supremo a prestargli attenzione; su quella nave, vi era solo una persona in grado di portare acqua al suo mulino.

L’idea di dover scendere a compromessi con Kylo Ren, ovviamente, non lo faceva saltare di gioia: meno aveva a che farci, meglio era per tutti. Ren era impulsivo, difficile da controllare e non si capiva mai cosa gli passasse per la testa; per di più, adorava fare a pezzi la sua nave. L’ultima cosa di cui aveva bisogno era ritrovarsi con la plancia di comando devastata dalla rossa spada laser.
Eppure… più ci pensava e meno vedeva alternative. Era l’unico che potesse influenzare, almeno un minimo, l’opinione di Snoke; che gli piacesse o meno, aveva bisogno di lui.

Allungò la mancina, cercando la tazza di camomilla sul comodino; per quanto gelida, forse l’avrebbe aiutato a ingoiare quell’amaro rospo.
Recuperò la divisa, vestendosi rapidamente. La cosa più urgente, al momento, era fare visita a Ren e convincerlo. Abbottonò con cura la giacca, allacciò la cintura con il blaster e il datapad, e si infilò gli alti stivali neri. Passò rapidamente le dita tra i capelli rossi, sforzandosi di sistemare qualche ciocca ribelle, prima di recuperare i guanti di pelle e marciare verso il vicino corridoio.
 

***
 

L’attività sullo Star Destroyer, durante le ore notturne, era ridotta a turni di guardia e operazioni di manutenzione ordinaria e non. Non incontrò quasi nessuno, dunque, mentre sgusciava lungo i corridoi. Salutò frettolosamente due stormtrooper di passaggio, prima di piegare a sinistra e ritrovarsi davanti alla camera di Kylo Ren. Sospirò, premendo il tastierino laterale per annunciarsi.

Attese in silenzio, tendendo l’orecchio per cercare di cogliere qualche rumore oltre la porta stagna. Fu, ovviamente, un tentativo inutile. Suonò di nuovo, prima di picchiare le nocche della destra contro il metallo dell’ingresso.

«Ren.»

Toc toc

«Ren»

Toc toc

«Ren»

Toc..

L’uscio blindato si spalancò poco dopo e la figura di Kylo Ren si profilò davanti ai suoi occhi.

«Sei sveglio?» domandò.

«Adesso sì! Che diamine vuoi? Sono le tre di notte!»

Il tono non era dei più amichevoli, ma in fondo era comprensibile. Hux decise di soprassedere, indugiando con lo sguardo sul pigiama grigio che l’altro indossava. La fantasia del tessuto – costellato di tante piccole Morti Nere colorate – era tutt’altro che sobria, ma si sposava bene con il pupazzetto di Darth Vader che l’altro stringeva tra le braccia. Si costrinse a reprimere un sorriso di scherno, consapevole che sarebbe potuto essere l’ultimo: Ren era piuttosto suscettibile quando si parlava dell’illustre nonno.

«Tecnicamente sono le due e venticinque…» Il gestaccio successivo fu sufficientemente eloquente. Mimò un piccolo colpo di tosse e cercò di riportare il discorso sui binari prestabiliti. Non era lì per puntualizzare sull’orario, quanto per ricevere supporto al nuovo progetto «Volevo chiederti una cosa… un favore personale, diciamo.»

«Da quando siamo così in confidenza io e te?»

«Beh, direi che dopo che ti ho visto in pigiama…» iniziò a percepire una invisibile e fastidiosa stretta all’altezza della gola. Sollevò immediatamente le mani in un gesto di resa «Lo trovo bellissimo, tra parentesi.» mentì, mentre il senso di soffocamento si annullava istantaneamente.

«L’ho preso da Primark.»

Hux modulò un sorriso di circostanza: non gli importava un fico secco di dove l’altro avesse comprato quell’oscenità, ma si finse interessato; dopo tutto, qual modo migliore per cullare l’ego di Ren se non con un po’ di sana adulazione? Sarebbe stato più semplice ottenerne i favori.

«Costruiamo una nuova Starkiller

«L’ho pagato solo venti credit… aspetta, cosa?»

«Ti ho chiesto se possiamo costruire...»

«Ho sentito quello che hai detto!»

L’espressione di Ren si accigliò in un attimo: le sopracciglia corrugate, gli occhi stretti in una minaccia velata e le labbra storte e contratte.

«Che ne….» la porta blindata si chiuse immediatamente davanti alla sua faccia, senza nemmeno lasciargli il tempo di terminare la frase «…pensi?» esalò un attimo dopo, tornando a bussare con insistenza «Ren! Facciamo una Starkiller Due

«Vattene via, Hux!»

Abbassò il capo, sospirando amareggiato. Insistere non aveva senso, almeno in quel momento. Avrebbe collezionato soltanto un ulteriore fallimento. Avrebbe riprovato il giorno dopo, già… magari Ren sarebbe stato d’umore migliore. Si voltò, allacciando le mani dietro la schiena e riprendendo a camminare nei corridoi. Rientrare nei propri alloggi era fuori discussione: non avrebbe passato le rimanenti quattro ore a fissare il soffitto, inutilmente chiedendosi quando sarebbe suonata la sveglia; magari avrebbe potuto portarsi avanti con il lavoro: aveva lasciato i fascicoli del Programma Stormtrooper sul ponte di comando, ma sarebbe passato a recuperarli.

Infilò un paio di svolte, marciando verso la zona degli ascensori. Rallentò l’andatura soltanto quando colse un lamento provenire da uno scarico, alla propria sinistra. Aggrottò la fronte, avvicinandosi alla grata che lo chiudeva. Tese l’orecchio, mettendosi in ascolto.

Meow.

No, doveva esserselo sognato. Era impossibile che a bordo del Finalizer vi fosse…

Meow.

Si chinò sulla grata, lasciando scorrere le dita per trovare i ganci di apertura. Li premette in sequenza, riuscendo a liberare l’inferriata. La posò di lato, sporgendosi attraverso il condotto, sufficientemente largo per farvi passare un uomo di media statura. Per sua fortuna, non era particolarmente robusto; riuscì a far scivolare le spalle oltre l’apertura, trattenendo il fiato quando l’odore pestilenziale della spazzatura – stipata parecchi metri più in basso – lo raggiunse. Si ancorò al bordo della conduttura con la mancina, mentre la destra armeggiava per recuperare il datapad e sfruttava il chiarore dello schermo per illuminare la galleria. La ispezionò attentamente, individuando in breve la fonte di quel rumore.

Fh-Fh.

A quasi un metro di profondità, artigliato allo scivolo metallico, un grosso gatto rosso stava soffiando in sua direzione.
«Non può essere…» sussurrò.

Che ci faceva un gatto sulla più potente nave del Primo Ordine? Apparteneva a qualcuno degli addetti oppure era semplicemente un clandestino? Ma in quel caso… come avrebbe potuto salire indisturbato e gironzolare tanto a lungo da finire in un condotto per la spazzatura? Non ne aveva idea, ma avrebbe risolto più tardi quegli interrogativi. La priorità ora era salvare il felino dall’aria tutt’altro che amichevole.

«Non ti faccio niente» promise,  cacciandosi il tablet tra i denti e allungando la destra nel tentativo di raggiungere la creatura «Vie-nhi» biascicò.

Fh-fh.

L’atteggiamento del gatto era tutto tranne che rassicurante: il pelo arancione si era gonfiato sulle spalle e sul dorso; le orecchie appiattite vibravano ad ogni suo movimento e i denti finivano continuamente per essere messi in mostra. Hux tentò comunque di raggiungerlo, sporgendosi un altro poco nel condotto. «Vie..»

Lanciò un grido quando le unghie del felino si piantarono nella sua mano protesa, mentre il resto del braccio veniva malamente masticato. Allungò la sinistra per acciuffare il datapad, appena in tempo prima che svanisse lungo il canale dei rifiuti; si rese conto troppo tardi che, con quella mossa, aveva perso il suo unico punto d’ancoraggio. Si ritrovò completamente sbilanciato in avanti.

«Ti pareva…» ringhiò, mentre iniziava a cadere lungo lo scivolo ed il buio lo avvolgeva rapidamente.
 

***
 

Sprofondare in un compattatore di rifiuti era una pratica comune. Ricordava perfettamente d’aver letto una clausola simile, quando aveva firmato il contratto d’assunzione per il Primo Ordine. All’inizio non vi aveva badato, ma ora le parole “Il Primo Ordine non sarà ritenuto responsabile di morti accidentali nei compattatori di rifiuti” acquisivano un senso.

Avrebbe dovuto lasciare quello stupido gatto al suo destino! Aveva cercato di salvarlo e cosa ne aveva guadagnato? Un braccio masticato e un biglietto di sola andata per la discarica.

«Bestia infame e ingrata…» ringhiò, cercando di puntellare gli stivali sulla insidiosa superficie sottostante «Meriteresti di finire tritato quaggiù. Diventeresti un ottimo paté per le truppe.»

Fortunatamente, aveva ancora il datapad: la luce dello schermo non era sufficiente per illuminare l’intera area, ma era abbastanza per permettergli di guardarsi attorno. Si trovava schiacciato tra i resti di due droidi protocollari e… avanzi della mensa? A giudicare dall’olezzo di barretta energetica marcia e purea macinata che lo circondava…

Meow.

Il gatto? Dove era finito?

Fece schioccare la lingua contro il palato, mimando un richiamo gentile:
«Micio…» iniziò a chiamare «Dove sei? Micio…?»

Prese a frugare tra l’immondizia, finché non scorse una palla arancione rannicchiata sul fondo del casco di uno Stormtrooper. Allungò cautamente una mano, cercando di raggiungere il muso.

«Non ti faccio niente, vedi?» domandò, accarezzando piano il pelo tra le orecchie e scorrendo poi lungo la schiena arcuata. Raggiunse la groppa e vi si soffermò, grattandola insistentemente. Ottenne in cambio delle fusa. L’animale prese a strusciare il capo contro il suo palmo, cercando sempre maggior contatto.

«Aw…» quel sospiro gli sfuggì dal petto, mentre un sorriso tenero gli piegava le labbra. Quel felino era adorabile, semplicemente.  Come aveva potuto anche solo pensare di abbandonarlo? Di servirlo come pasto domenicale alla mensa ufficiali? «Eri solo tanto spaventato, non è vero?» si rese conto che la sua voce stava assumendo una pericolosa sfumatura demenziale; scosse il capo, senza impedirsi di avvicinare il viso a quello del felino «Perché sei un bravo gatto in realtà. Lo sai che sei un bravo gatto, si? Aw…».

Se l’avesse visto qualcuno avrebbe perso del tutto la propria credibilità, già terribilmente in discussione dopo la disfatta della base Starkiller. Se l’avesse visto Ren, lo avrebbe deriso per il resto della sua breve vita, prima di azionare il compattatore di rifiuti.

Però… era praticamente impossibile resistere a quel volto paffuto; alle fusa, alle zampette che si aggrappavano morbide al petto, ai profondi occhi verdi che lo fissavano, colmi d’improvvisato affetto.

«Che carino!» sentenziò, mentre l’animale sfregava insistentemente il muso contro il suo naso «Devo trovarti un nome! Non posso certo lasciarti qui» mormorò, mentre la sua fantasia si metteva bruscamente all’opera. Perché cercare una via di fuga, quando si poteva sprecare tempo meditando sul nome perfetto per un gatto? «Potrei chiamarti…»

Un rumore di ferraglia lo fece sobbalzare. Volse rapidamente lo schermo del tablet all’ambiente circostante, illuminandolo fiocamente. Le pareti del compattatore sembravano essersi messe lentamente in moto.

«Merda…»

Avrebbe dovuto aspettarselo; era un classico, no? Stando ad una antica leggenda, i compattatori di rifiuti non venivano mai messi in moto… a meno che qualcuno non ci cadesse accidentalmente dentro. In quel caso, venivano azionati ad intervalli regolari di trenta minuti.

Controllò immediatamente sul datapad le attività connesse allo smaltimento dell’immondizia.

«Che giorno è?» si chiese, sforzandosi di ignorare il cigolio dei rottami in avvicinamento «Giovedì… mh… ah, passano a ritirare l’indifferenziato oggi» constatò, facendo spallucce.

Recuperò il comlink dalla cintura, cercando la frequenza del ponte di comando.

«Pronto? C’è qualcuno che mi sente?» mormorò, attendendo risposta dagli ufficiali di guardia. La trasmittente gli restituì soltanto un secco ronzio «Pronto? C’è nessuno?» la voce assunse una sfumatura incredula: dove erano finiti i suoi subalterni? Erano solo le tre di notte! Possibile che l’unico a non dormire su quella maledetta nave fosse lui?! «Allora, cazzo! Che diamine vi pago a fare se quando ho bisogno neanche vi degnate di rispondere?»

Non ottenne che il gracchiare a vuoto del microfono.
Sbuffò, cercando immediatamente un’altra frequenza.

Sentì un familiare click e una voce metallica all’altro capo del microfono:
«Pronto?»

«Sì!» esultò, fissando il gatto con un sorriso trionfante «Tranquillo, tra poco ce ne andiamo.» lo rassicurò, tornando per un attimo a controllare l’avvicinarsi dei muri, per poi replicare «Sono il Generale Hux! Sono in un compat…»

«Pronto?»

«Sì, io ti sento. Tu mi senti?»

«Pronto?»

«Sì, sono Hux! Io…»

Una seconda voce si unì alla prima:
«Chi è?­»

«Boh, non si sente niente.»

«Sono il generale, sono…»

«Saranno quelli della Forceweb che cercano di venderci un altro pacchetto adsl. Riaggancia.»

La conversazione si interruppe bruscamente; Hux sbuffò, decisamente scoraggiato. Digitò velocemente una nota sul datapad:
Promemoria. Se ne esco vivo: ricontrollare il sistema comunicazioni del Finalizer. Contattare Forceweb per offerte migliori.

Tornò a sincronizzare il comlink, senza perdere di vista le pareti. Lo spazio vitale si era ridotto quasi della metà e presto sarebbe stato ancora meno. Si mosse a disagio quando sentì l’arto di un droide piantarglisi nella schiena e incastrarlo sempre più tra i rottami.

«Devo chiedere un aumento.» sbuffò, mentre il gatto – evidentemente incurante della situazione – si stava toelettando il didietro proprio sotto al suo naso. La trasmittente diede un guizzo e si accese nuovamente.

«Pronto…» sussurrò scoraggiato «Immagino che non mi sentirete affatto, ma nel remoto caso non sia così… sono il…»

«Lo so chi sei, brutto idiota! Ti sembra l’ora di chiamare?»

Hux si rianimò immediatamente, riconoscendo la voce all’altro capo del microfono.
«Ren!»

«Che vuoi ancora?»

Strinse le labbra, rifiutandosi di parlare e valutando le opzioni a disposizione: poteva chiedere aiuto a quell’odioso bamboccio con manie di protagonismo, oppure… poteva finire spiaccicato tra i rifiuti. Nessuna delle due prospettive lo allettava particolarmente, ma se da un lato il suo istinto di sopravvivenza gli urlava di affidarsi a Ren, dall’altro il suo orgoglio – già ripetutamente ammaccato – lo supplicava di morire dignitosamente e in silenzio tra la spazzatura.

«Oh! Ci sei?»

Una voce lo strappò a quei pensieri:
«Sì.» rispose controvoglia.

«Allora?»

«Aspetta, sto riflettendo…»

«Cioè?»

«Non riesco a prendere una decisione.»

Se avesse avuto una moneta, avrebbe tirato a sorte. Ma purtroppo il gioco “Testa e croce” non funzionava altrettanto bene con i crediti del Primo Ordine. Si passò una mano sul volto, tentando di rilassarsi e tornare a pensare lucidamente: chiedere aiuto a Ren o finire infilzato su un droide disattivato? Era una scelta davvero difficile.

«La mia pazienza ha un limite, Hux.»

Lo sapeva, purtroppo. Sbuffò, mettendo da parte l’amor proprio:
«Ho bisogno del tuo aiuto…»

«Ma dai? Che roba insolita.»

Trattenne un’imprecazione, mordendosi le labbra. Sarebbe stato più difficile del previsto.
«Sono caduto in un compattatore di rifiuti.»

«Praticamente sei a casa! Buona permanenza, Hux.»
Il click successivo gli annunciò la brusca interruzione della chiamata.

Fissò attonito la trasmittente, ormai avvolta nel silenzio. Oh, no! Non avrebbe permesso a Kylo Ren di liquidarlo a quel modo e tornare a dormire come se niente fosse. Lo avrebbe tormentato finché non gli avrebbe dato retta. Ricalibrò la frequenza del comlink e attese:

«Ancora tu?»

«A quanto pare…» parlò veloce, senza lasciare all’altro il tempo di appendergli nuovamente in faccia «Ascolta, sottolivello quattro. Il compattatore è in azione. Non mi rimane molto tempo, devi… devi fermarlo. Fallo spegnere!»

«Mh… quindi, fammi capire. Stai per essere schiacciato tra la spazzatura?»

Annuì velocemente, consapevole che l’altro non poteva vederlo. Sussultò quando colse un pezzo metallico premere sul suo fianco, appena sotto al costato.
«Sì…» ringhiò, mentre il fiato iniziava a mancare.

«Che splendida notizia!»
Click.
 

Hux crollò il capo. Quanto ancora sarebbe andato avanti quel teatrino? Poco, a giudicare dalla esigua distanza che ormai separava le pareti. Non riusciva più a muoversi, con il busto incastrato tra i rifiuti. Ricompose, per l’ennesima volta:
«Ren, dannazione!»

«Non sei ancora morto?»

«No.»

«Richiama quando lo sarai.»
Click
 

«Vuoi muovere il tuo regale culo e fermare questi maledetti schiacciatori di rifiuti?»

«Potresti chiedermelo con maggior garbo.»

«Per favore, potresti fermarli?»

«Mh, non lo so…»

Il generale roteò gli occhi al cielo. Non era sicuro di quale fosse l’umiliazione peggiore tra l’essere ripescato nella spazzatura o il dover supplicare quell’idiota. Si costrinse a pronunciare due semplici, ma amare parole:
«Ti prego.»

«Ci devo pensare su.»
Click.
 

«è finita, amico mio. Non verrà nessuno a salvarci.» sussurrò, cercando con lo sguardo stanco il suo compagno di disavventure: il gatto si era allontanato, arrampicandosi su un mucchio di rottami per portarsi il più in alto possibile. Si era accomodato su una vecchia carcassa di droide e aveva ripreso a pulirsi con noncuranza, chiaramente disinteressato al destino dell’umano più in basso.

Hux provò a puntellarsi su un vecchio contenitore ribaltato, sfruttandolo come punto d’appoggio per cercare di districare le gambe dal groviglio di tubi e fili in cui erano finite. Ottenne l’effetto opposto e si ritrovò ancor più incastrato. Colse il bordo affilato di una lamiera premergli sul petto, mentre il braccio sinistro era intrappolato tra il fianco e una robusta barra di ferro.

Disperato, fece un ultimo tentativo. Avviò il comlink, attendendo il finire del familiare ronzio:

«Ti rendi conto di che ore sono, vero?» rispose la voce all’altro capo.

«No. Ho perso il datapad da qualche parte.»

«è la quinta chiamata che fai!»

«Te ne saresti risparmiate quattro, se avessi fatto subito ciò che dicevo!»

«Oh, potrei costringerti a farne una sesta, Hux… sempre che ti rimanga abbastanza tempo.»

Soffocò un’imprecazione, ma non il lamento successivo, quando qualcosa arrivò a schiacciargli con insistenza le ginocchia.
«No, non…» si interruppe, mentre la lastra metallica gli premeva sulla gabbia toracica, spezzandogli il fiato «non credo di averne…» ringhiò, mentre anche inspirare diventava doloroso «Spegni i compattatori, Ren…spe…gni…»

«Stai davvero morendo? Allora ti tengo compagnia!»

«Ho… un…»

«Cosa hai?»

«Un…» deglutì a vuoto, soffiando le ultime manciate d’aria che ancora possedeva «gatto.» sibilò, racimolando le ultime forze per strillare direttamente nella trasmettente «Ho un gatto! Spegni questi maledetti schiacciatori di…»

«Hai un gatto? Perché non lo hai detto subito?!»

Sentì un ultimo scatto secco, accompagnato dallo stridere degli ingranaggi. Le pareti arrestarono la loro avanzata. Si lasciò scappare un sospiro sollevato.

«Ci sei ancora?» la voce di Ren lo raggiunse attraverso il comlink.

«Sì.»

«Il gatto come sta?»

«Si è arrampicato su un mucchio di rottami. È incolume.»

«Eccellente!» percepì una risatina sollevata e poi una nuova ondata di ironia  «Vengo a prenderlo, così poi posso far ripartire lo schiaccia-rifiuti.»
 

 

Angolino: Buonasera! è la primissima volta che scrivo su questo fandom, nonostante abbia letto e riletto molte ff a tema. Avevo parecchia voglia di lanciarmi nella scrittura di qualcosa di leggero (son mesi e mesi che non riesco a produrre niente, sigh) e di cambiare un po' fandom rispetto ai soliti e così... eccomi qui. Il Twitter di Pablo Hidalgo mi ha dato ispirazione per questa storia, che di serio non avrà granché. Volevo cimentarmi in una serie di one-shot incentrate sulla gatta del Primo Ordine, ma pian piano ha iniziato a prender forma una piccola e assurda trama... e l'idea di far passare altri guai ai due sfortunati protagonisti era troppo stuzzicante *__*
E... niente, vi ringrazio per esser arrivati fin qui. Se avete consigli e suggerimenti, scriventemi senza problemi, ogni aiuto è ben accetto! *__*

E'ry

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Capitolo 2
*** Diamine, Hux, è solo un gatto! Che vuoi che succeda? ***


2. Diamine, Hux, è solo un gatto! Che vuoi che succeda?
 

Armitage Hux non aveva mai avuto un gatto. Nemmeno un cane, a dirla tutta… né una cavia, un criceto o un canarino sordomuto. L’unico tentativo di animale domestico era stato un cucciolo di Sarlacc, ma sospettava che suo padre glielo avesse regalato più per cercare di farlo fuori, che per affetto genitoriale. A conti fatti, non aveva alcuna esperienza in materia. Aveva dunque indetto una riunione urgente, nella sala conferenze del Finalizer. Possibile che nessuno - sulla più grossa nave da guerra del Primo Ordine - avesse idea di come allevare un gatto?

Le sue aspettative erano state disilluse in un attimo. Gli ufficiali avevano passato un’abbondante mezz’ora a scambiarsi occhiate perplesse, prima d’ammettere la loro completa ignoranza; Phasma nemmeno sapeva cosa fosse un gatto, mentre un paio di Assaltatori avevano suggerito che forse era commestibile e poteva essere utilizzato come ricca aggiunta al rancio quotidiano.

Dopo quasi novanta minuti di inutili congetture e discussioni, si era infine arreso. Era tornato nei propri alloggi, dove aveva trovato l’audace felino spaparanzato sul suo letto, come fosse ormai di sua proprietà.

«Non allargarti troppo» lo aveva rimproverato «Quello è il mio cuscino.»

All’ospite, ovviamente, quelle parole non avevano fatto alcun effetto; anzi, si era lanciato ad affilare le unghie proprio sulla morbida trapunta.

Hux aveva cercato inutilmente di spostarlo, ma ogni volta che riusciva ad allontanare l’animale dal giaciglio, questi si vi ritornava dopo nemmeno cinque minuti, deciso ad ignorare ogni direttiva.

Il generale sospirò, controllando un’ultima volta il datapad. Aveva consultato tre quarti degli archivi a sua disposizione senza alcun risultato. Gettò il piccolo schermo sul comodino, deciso a rimandare le ricerche dopo un bagno caldo. Si sfilò la giacca e stava già armeggiando con la maglia nera sottostante, quando colse la porta dei propri appartamenti aprirsi di scatto. Volse un’occhiata irritata al nuovo arrivato:
«Non si usa bussare?»

Ren lo ignorò, scivolando rapido verso il felino. Lo vide sedersi sul bordo del letto, come fosse a casa propria. Un groviglio di ciocche nere cadde ai lati del viso incuriosito, mentre gli occhi nocciola si abbassavano insistentemente alla creatura accomodata sui cuscini.  Una mano si mosse per sfiorare le orecchie appuntite e il manto arancione, correndo dalla nuca alla voluminosa coda. Seguirono fusa d’apprezzamento.

«è adorabile.»

Hux si ritrovò ad annuire, controvoglia. Non riusciva a capire se l’atteggiamento di Ren fosse dettato da mancanza d’educazione o semplice strafottenza; forse era un miscuglio di entrambe le cose.
«Sì, emh… ti dispiace alzarti? Quello sarebbe il mio letto.»

L’altro, ovviamente, non lo stava ascoltando.

«Ren…» ripeté, ottenendo uno scrollare di spalle.

«Come si chiama?»

La domanda lo colse impreparato. Non ne aveva idea.
«Non so neppure se sia maschio o femmina. Insomma… da cosa lo capisco?» si pentì immediatamente dell’ingenuità di quella domanda. Ren aveva girato il gatto in sua direzione e gli aveva sollevato la coda.

«Che ne dici?»

«Emh…» continuava a non comprendere.

Cosa avrebbe dovuto notare? Non vedeva niente di strano da quelle parti. Una sfumatura del manto? Un ricciolo particolare? Scosse piano il capo, sollevando lo sguardo su Ren, che nemmeno si premurava di nascondere il proprio divertimento.

«Per la Forza, Hux!» Per la Forza? Ma che razza di espressione era? «Sei ai vertici del più potente esercito della galassia e non sai distinguere il sesso di un gatto?»

«Beh, non rientra nelle mie priorità! Di solito… avvio programmi di reclutamento forzato e progetto armi di distruzione di massa. Non ho mai pensato che un giorno avrei avuto a che fare con…» l’indice si puntò immediatamente al didietro peloso «… una cosa del genere.»
«Ti do un aiuto. Pensa agli uomini e alle donne. È la stessa cosa!»

Non riuscì a frenare per tempo l’immaginazione: nella sua testa rimbalzarono le figure dello stesso Ren e di Phasma; e, seppure non fossero altro che colleghi, le differenze gli saltarono immediatamente agli occhi. Nascose il viso dietro al palmo delle mani, sentendosi avvampare. Si rese conto d’essere arrossito fino alla radice dei capelli. C’era qualcosa di assolutamente sbagliato in quanto stava pensando: Phasma era una donna, anche piuttosto robusta e prosperosa. Lo sarebbe stata, quanto meno, se non fosse sempre stata schiacciata nell’armatura. Però… non riusciva a trovare il nesso: le gatte potevano essere procaci a tal punto? E perché Ren gli stava mostrando il didietro del felino? Le gatte le avevano localizzate sotto al sedere? Preferì scacciare quell’idea, prima che l’immaginazione si spingesse troppo in là.

«Vuoi l’aiuto del pubblico, Hux?» la strafottenza dell’altro lo strappò per tempo a quelle elucubrazioni «Devo fare un sondaggio tra le truppe?»

«No, anche se ammetto che un piccolo indizio sarebbe d’aiuto.»

«Bisogna proprio insegnarti tutto. È evidentemente femmina, non vedi? Non ha le palline.»

Aggrottò la fronte. Ren aveva ragione, ovviamente, ma non riuscì a trattenere lo stupore:
«Questo dove l’hai imparato? Mi avevi detto di non avere esperienza coi gatti.»

«Beh, da piccolo sognavo di diventare un veterinario. Poi ho scelto il Lato Oscuro.» una piccola pausa e un sorriso parecchio instabile «Allora, hai deciso come chiamarla?»

«Kylo Cat» non riuscì a frenare l’ironia.

Scorse il compagno rabbuiarsi immediatamente e sollevare la destra, avvicinando lentamente pollice e indice. Contò fino a tre, prima di percepire l’orrenda, quanto familiare sensazione di stretta alla gola; scosse piano il capo, mentre l’aria gli sfuggiva rapida e la trachea si accartocciava.

«Non ho sentito bene, generale. Come hai deciso di chiamarla?»

Avrebbe voluto scegliere un nome epico per la micia, qualcosa di altisonante e minaccioso, magari. Un nome adatto al ruolo di suo braccio destro, che avrebbe fatto tremare i nemici e sussultare le truppe. Tuttavia, pensare in quelle condizioni era estremamente difficile e non aveva il tempo materiale di sfogliare l’enciclopedia dei nomi più fighi delle galassie. A peggiorare la situazione, gli venivano in mente soltanto nomi potenzialmente mortali: scartò immediatamente Leia, che per quanto grazioso puzzava di alto tradimento. Rey era carino, ma non era sicuro che Ren avrebbe gradito. Gli altri erano una sfilza di: Micetta, Birba, Fuffi, Musetta, Sissi, Luna…
La morsa aumentò, obbligandolo a boccheggiare. Doveva trovare un nome al più presto…

«Mi…» “Mi stai soffocando! Vedi di piantarla!” era ciò che avrebbe voluto dire; invece concluse con un semplice «Milli…cent!»

L’invisibile presa attorno al collo venne immediatamente rilasciata. Hux cadde bocconi, tossendo e respirando avidamente. Lanciò un’occhiata torva verso Ren, che non perse occasione per punzecchiarlo:

«Rimostranze, Generale?»

«Nessuna.» ringhiò, costretto a ingoiare quell’ennesima umiliazione. L’avrebbe silenziosamente annotata sul suo taccuino segreto: “Vendicarsi di Ren e altri sport estremi”. Aveva già riempito tre quarti del quaderno con anonime crocette, una per ogni torto subito. Non era sicuro che sarebbe riuscito a rendergliele tutte – anzi! – ma sperava almeno la metà della metà della metà. Sarebbe stato comunque un buon inizio.

«Millicent, dunque! È un bel nome. Hai scelto saggiamente.»

Ma vaffanculo, si sussurrò, sforzandosi di piegare le labbra in un sorriso deferente:
«Grazie» recuperò cautamente l’equilibrio, appoggiandosi alla vicina parete «Visto che un po’ te ne intendi, qual è il prossimo passo? Insomma… di cosa necessita un gatto?»

«Emh…» Ren si alzò, facendogli cenno di seguirlo «Dobbiamo controllare.»
 

***
 

«Stiamo sprecando tempo!» Hux sbuffò, varcando la soglia dell’archivio «Sono già stato qui. Ho controllato ovunque e non c’è niente che parli dei gatti.»

«Questo perché non hai guardato nella sezione proibita.»

Roteò gli occhi, spiando poi Ren: stava inserendo una serie di codici sul vicino monitor da lettura, il cui schermo si illuminò prontamente di rosso.

«Abbiamo una sezione proibita?» domandò, scivolandogli accanto.

«Ma certo! L’intera biblioteca Sith è a nostra disposizione.»

«Non per frenare il tuo entusiasmo, ma…» Hux si massaggiò la fronte, scoraggiato. Si poteva essere più scemi? «Dubito che i Sith abbiano dei volumi sui gatti»

«Sbagli! Mio nonno era un appassionato di gatti. Sapevi che si votò al Lato Oscuro proprio per questo? Anakin Skywalker aveva un gatto che amava molto. Si chiamava… Goffredo.»

«Non mi risulta.»

«Stai zitto e ascolta! Goffredo era uno splendido esemplare: robusto, agile e molto affettuoso. Il suo pelo era dorato e i suoi occhi verdi come…»

«Come i miei?»

«No, i tuoi sono verde melma. Goffredo li aveva più belli…un verde Yoda, per intenderci. Mio nonno lo adorava, ma il suo maestro Obi-Wan era allergico al pelo; così costrinse il suo allievo padawan ad abbandonare il gatto su Alderan. Rabbuiato dall’ira e dalla tristezza, Anakin Skywalker lasciò il cammino Jedi per abbracciare il Lato Oscuro. Tempo dopo, tornò su Alderan per cercare Goffredo, ma ormai era troppo tardi. Il gatto, diventato ormai vecchio, si era spento. Mio nonno ne fu così addolorato e turbato che decise di distruggere Alderan per vendicarlo e…»

Sollevò una mano, come a interrompere quel flusso di parole:
«Da quanto so, Alderan è stato distrutto per una dimostrazione di forza della Morte Nera. I gatti non c’entrano assolutamente niente.»

Ricevette un’occhiata torva, l’ennesima della giornata:
«Trovo insopportabile la tua mancanza di fiducia nei gatti.»

«D’accordo. Facciamola finita.» si chinò sullo schermo del lettore, scorrendo i titoli a disposizione «Vedi? Non c’è niente su…» le parole gli morirono in gola quando lesse “La cura del gatto per negati (E altri novantanove pratici consigli per diventare Imperatori del Male)”.

«Visto? Cosa ti avevo detto?» Ren gli sfilò rapidamente il datapad dalla cintura, collegandolo al monitor. Inserì una sequenza di codici per avviare il download. Con un sonoro miagolio, il file venne trasferito.
 

***
 

Hux storse le labbra quando controllò la mano destra; dopo il piccolo attacco felino del giorno prima, il dorso si era gonfiato. Una piccola costellazione di morsi e graffi rossastri faceva capolino sulla pelle pallida. Sospirò, cercando inutilmente di indossare il guanto di pelle.

«Fa dannatamente male.» sussurrò, ricevendo in cambio una risata di scherno.

«Questo perché sei un frignone.» Ren stava scorrendo le dita sul tablet, selezionando nuove informazioni.

«Forse dovrei andare in infermeria a farmi dare qualcosa.»

«Smettila di lamentarti e vieni a vedere.» il cavaliere batté due volte la mancina sul materasso, facendogli cenno di accomodarsi. Spostò il datapad verso di lui solo quando gli fu accanto «Il primo capitolo è molto interessante. Parla di tutto ciò di cui un gatto necessita.»

«Mh… fammi guardare.» si impossessò del piccolo schermo «Quando si decide di accogliere un micino in casa la vita si arricchirà di emozioni.» lesse ad alta voce «Il gatto, insieme a voi, riuscirà a stabilire una relazione basata sull’amore e sul rispetto della reciproca stima. Proprio come con te, insomma…» ironizzò, tornando a scandire le frasi successive «Ecco alcuni consigli per affrontare al meglio la convivenza. È importante avere una cuccia di tessuto lavabile… la abbiamo?»

«No, al massimo possiamo rubare qualche cuscino dagli alloggi degli Stormtrooper»

Scosse il capo, continuando:
«Due ciotole per cibo ed acqua. è indispensabile una cassetta igienica con sabbia assorbente.»

«Possiamo usare il tuo armadio, Hux…»

«O la tua maschera, che ne dici? Sarebbe stata perfetta, se non tu non l’avessi rotta tanto maldestramente.»

«Soppeserei le parole se fossi in te…»

Ignorò quell’avvertimento:
«Un tiragraffi potrebbe evitarvi danni al mobilio, garantendo al micetto un posto dove limarsi le unghie in tutta tranquillità. Per finire, procuratevi del cibo gustoso. L’alimento secco deve essere sempre lasciato a disposizione,  così come le ciotole d’acqua. è possibile integrare la dieta con dell’umido, che sicuramente il vostro amico gradirà moltissimo.» concluse, accigliandosi «Non abbiamo niente di ciò!»

Ren, tuttavia, non appariva affatto preoccupato. Al solito, sembrava convinto di poter dominare la situazione:
«Rilassati! Andremo a comprare l’occorrente.»

«Quando?»

«Il prima possibile.»

«E i piani della Starkiller Due

«Possono aspettare. Credi di riuscire a non pensare al lavoro per mezza giornata, Hux?»

«Sì, ma… dove la troviamo tutta questa roba?»

«La Forza ci guiderà»

«Davvero? Non credi che la Forza abbia di meglio da fare?» L’occhiata sconvolta del cavaliere fu una risposta sufficientemente eloquente: no, evidentemente Kylo Ren era fermamente convinto che sarebbe stato indirizzato direttamente dagli antenati Jedi. Il generale cambiò immediatamente domanda, consapevole che nessuna obiezione avrebbe trovato terreno fertile «In ogni caso…» riprese «Non abbiamo un indirizzo, una mappa, un… qualcosa?! Non possiamo saltare nell’iperspazio a casaccio nella speranza di trovare un negozio di animali!»

«Lantillies  potrebbe fare al caso nostro. » Ren tornò ad indicargli il datapad, in calce all’articolo che avevano appena letto «è un pianeta particolarmente fornito dal punto di vista commerciale.»

«Mh, gli abitanti di Lantillies sono sempre stati filo repubblicani, però…»

«E allora? Quel tempo è finito. Non ci creeranno problemi. In fondo, saremo lì in veste di acquirenti e… su un pianeta di commercianti incalliti, basta avere i soldi ed essere discreti.» si sentì picchiettare una mano sulla spalla, come segno di incoraggiamento «Non daremo nell’occhio, non temere. Andiamo con la tua?»

Hux batté le palpebre, perplesso:
«La mia… cosa?»

«Di nave.»

«Io non ho una nave personale, Ren.» sussurrò incredulo, prima di abbracciare gli alloggi con una rapida occhiata «A meno che tu non ti riferisca al Finalizer stesso.»

«Esattamente. L’ultima volta abbiamo usato la mia navetta, quindi… che ne dici se andiamo con la tua, a questo giro?»

«Emh… credo che atterrare su un pianeta filo-repubblicano con uno Star Destroyer sia… come dire… l’esatto opposto di “non dare nell’occhio”.» obiettò, ricevendo in cambio uno sbuffo seccato.

«Certo, però nel mentre la benzina ce la metto sempre io!»

«Non pensavo fosse un problema…» scosse le spalle, incredulo «Faremo a metà, d’accordo? Piuttosto… Millicent? La portiamo con noi?»

Ren dondolò la testa a propria volta, affatto convinto. Gli indicò un’altra sezione del libro Sith, toccando lo schermo:
«No, vedi? Dice che serve un trasportino per far viaggiare un gatto in sicurezza, specie se si tenta il salto a velocità luce. Suggerisco di lasciare Millicent qui.»

«Mh, dici?»

Il cavaliere sorrise, ottimista:
«Ma certo! Sarà al sicuro e starà benissimo! Diamine, Hux, è solo un gatto! Che vuoi che succeda?»
 
 

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Capitolo 3
*** Se mi strangoli non posso cantare ***


3. Se mi strangoli non posso cantare.
 

Aveva lasciato Millicent nelle proprie stanze, sicuro che avrebbe passato il tempo a sonnecchiare sul cuscino, farsi le unghie sulle trapunte e sugli armadi o a rovistare in qualche cassetto dimenticato aperto. In fondo, quello non era un viaggio adatto ad un gatto. Lantillies non era un pianeta inospitale, ma certo non era dietro l’angolo… e avrebbero comunque dovuto lasciarla sulla navetta, mentre erano impegnati negli acquisti. Inoltre, Ren che cantava a squarciagola non era decisamente adatto alle delicate orecchie feline… così come non lo era alle sue.

Cercò di premere il palmo sui padiglioni, quando il cavaliere si lasciò andare ad un acuto esagerato.

«Romperai i finestrini, se continui così» si lamentò, mentre Kylo gli lanciava un’occhiataccia.

«Non sai divertirti. Canta anche tu, su… stiamo andando in gita.»

«Non credo sia il caso.»

«Ah, quando la finirai di darti arie e imparai a goderti un po’ la vita? Fai come me!» una pausa e poco dopo un nuovo strillare «Aaaaaaaaaaa Zewegnaaaaaaa…»

Era decisamente troppo. Si mosse a disagio sul sedile, ringraziando che non vi fosse a bordo nessun altro oltre a loro due. Sarebbe stato degradante se i soldati avessero assistito a quello spettacolo.
«Ren, ti prego…»

«Canta, avanti! Ti ho mai detto che mio nonno era un cantante fantastico?»

«In gioventù, forse!»

«No, no! Ha cantato anche all’inaugurazione della Morte Nera.»

«Ne dubito fortemente. Non avrebbe potuto con il casco, il vocalizzatore, il…» ricevette un’altra occhiata storta e decise di lasciar cadere il discorso «Ah, non fa niente.»

«Ti dico che era bravo!»

«E tu hai ereditato la sua ugola d’oro, immagino…»

Ricevette uno sfrontato cenno d’assenso:
«Assolutamente. Ora, canta con me.»

«No, grazie.»

La mancina del moro si avvicinò ad uno dei pomelli sul quadro di comando, ruotandolo un poco. La musica invase l’abitacolo della navetta, impossibile ormai da ignorare.
«Canta.»

«No.»

«è un ordine, Hux!»

Il generale sbuffò, incrociando le braccia al petto e senza vedere vie di scampo. Prese a borbottare qualcosa a denti stretti, sforzandosi di adattarsi al testo che, sfortunatamente, ricordava piuttosto bene.
«Il Re Leone? Sei serio, Ren?»

«La trovavo adatta… ora canta.»

«Non sono molto intonato.» un ultimo disperato tentativo di sviare la conversazione, ma senza grosso risultato. Ne ricavò un sorriso indulgente da quello che, senza dubbio, ormai si considerava l’Andrea Bocelli dell’intera galassia.

«Tranquillo, ci siam solo io e te qui. Non ti sentirà nessuno.»

Scosse nuovamente il capo.

Se c’era una cosa che non voleva fare era mettersi a strillare per l’intero viaggio, men che meno con il cavaliere accanto. Naturalmente, gli piaceva cantare, ma solo in determinate circostanze: prima di tutto, doveva essere solo… e possibilmente doveva essere ai comandi di un veicolo monoposto oppure sotto la doccia. Per nulla al mondo si sarebbe fatto sentire da qualcun altro! Eppure, ora il suo compagno d’avventure gli chiedeva – anzi, lo obbligava! – di unirsi a quel coro stonato. Sbuffò piano, quando percepì un leggero formicolio alla gola:

«Se mi strangoli non posso cantare.» fece prontamente notare, cogliendo la sensazione svanire in un attimo.

«Se non canti, allora sei inutile e posso fare a meno di te.» la musica cambiò bruscamente e gli occhi dell’apprendista Sith si illuminarono immediatamente «Uh, questa la adoro! Io faccio la parte di lui e tu quella di lei!»

«Ma non la conosco!» mentì, ma l’obiezione cadde nel vuoto, coperta dalla voce di Ren.

«And it's nothing like I've ever known before!
Love is an open door!
»

Stava già iniziando a sentire il piede destro battere involontariamente il tempo e il capo muoversi a ritmo. Avrebbe tanto voluto incolpare la Forza, ma la verità era che si stava lasciando prendere dall’atmosfera spensierata, così diversa da quella che regnava a bordo del Finalizer. Nulla di quanto stava per fare si addiceva ad un Generale del Primo Ordine, ma, come aveva sottolineato l’altro, non c’era nessuno che potesse sentirli. Trasse un sospiro, accodandosi al ritornello:

«Love is an open door! With you!»

«With you! Love is an open door!»

«Say goodbye to the pain of the past!»

«We don't have to feel it anymore!
Love is an open door!»

Ren si sporse in sua direzione, sfoggiando un sorriso compiaciuto, mentre la canzone volgeva al termine. La sua voce arrivò a coprire quella del protagonista:
«Posso dire una follia? Vuoi sposarmi?»

E se Hux non avesse conosciuto a memoria la battuta successiva, probabilmente gli avrebbe spaccato la testa contro il quadro comandi. Invece, si limitò a sgranare gli occhi e fingersi sorpreso:
«Posso dire una follia ancora più folle?» soffiò, mimando una risatina sollevata «Sì!»

 
***
 

Lasciarono la navetta nello spazioporto di Lantillies, muovendosi poi a piedi nelle strade circostanti. Dietro suo suggerimento, si erano cambiati, abbandonando rispettivamente la divisa del Primo Ordine e la tunica da adepto del Lato Oscuro, preferendo abiti più pratici e meno sospetti: aveva optato per una semplice blusa grigio fumo e un paio di pantaloni morbidi, che calzavano perfettamente con gli stivali scuri. Aveva appeso il blaster alla cintura e nascosto la lama, come al solito, all’interno di una manica. Aveva costretto Ren ad indossare più o meno le stesse cose e a nascondere la spada laser sotto un largo mantello nero.

Attraversare le vie vicine non era stato difficile: quasi nessuno aveva badato a loro e l’unica cosa che forse attirava l’attenzione erano le ciocche rossicce che sfuggivano al berretto che si era calato frettolosamente in testa. Tuttavia, senza grossi intoppi, erano giunti rapidamente al negozio di animali.

«Entriamo qui?» chiese Ren, quando si fermarono davanti all’ingresso.

L’insegna – blu con una coppia di Bathna disegnati sullo sfondo – recitava: “Galaxy Zoo, tutto per i vostri amici a due, quattro, sei o più zampe!”.

Varcarono l’ingresso e si ritrovarono in una lunga e bassa stanza, illuminata da neon artificiali. Lo spazio era diviso in corsie da alti scaffali, ricolmi di materiale dedicato agli animali. Una commessa – evidentemente troppo annoiata per degnarli d’uno sguardo – li salutò con un monotono:
«Benvenuti al Galaxy Zoo. Se avete bisogno d’aiuto, potete chiedere a me.»

Hux scosse frettolosamente il capo, tirando il compagno verso la corsia più vicina:
«Non si preoccupi» rispose, affrettandosi a sparire dal tiro della negoziante «Facciamo da soli.» Sfilò da una tasca un breve elenco, cacciando tra le mani del cavaliere un cestino di plastica giallo «Riempi questo!» ordinò, cominciando a pescare roba a casaccio dalle mensole.

Afferrò diverse bustine di cibo umido e un sacchettino di crocchette. Ne lesse sommariamente gli ingredienti:
«Carne di Dewback, carne di Xandank e Drebbin.. dici che è buono?» chiese, ottenendo un’alzata di spalle.

«Penso di si… non ho mica i gusti di un gatto, io.»

«Mh, non so, non vorrei che il Drebbin fosse poco digeribile.» fissò la busta indeciso, prima di buttarla nel cestello «Ma sì proviamo. Al massimo, possiamo sempre darle visceri di Stormtrooper morto. Quelli non mancano mai.»

«Sei inquietante a volte, lo sai?»

Gli scoccò un’occhiata rapida: Ren non lo stava più guardando, concentrato come era a scegliere una cesta di tessuto morbido. Stava scegliendo tra due fantasie decisamente raccapriccianti:
«Preferisci quello con le maschere del nonno… oppure con le spade laser?»

Scosse il capo, storcendo la punta del naso:
«Diamine, Ren! Non puoi scegliere qualcosa di normale per Millicent? Che ne so… qualcosa con i cuoricini o le lische di pesce? Perché devi ficcare l’ossessione per Vader in qualunque cosa tu faccia?»

«Io non ho un’ossessione per il mio adorato nonnin… per Vader! Ho solo gusto e stile…»

«Certo, certo.» gli strappò dalle mani la cesta con le spade, buttandola nel mucchio delle cose da comprare «La lettiera?»

«Questa!»

«A forma di Morte Nera?» Hux lasciò cadere le braccia, incredulo «Non so nemmeno se sia legale commercializzare una cosa del genere. È un affronto!»

«Hai ragione, ma… c’è il distruggi-pupù automatico, vedi?»

Si avvicinò, osservando il pulsante appena schiacciato da Kylo Ren: un fascio di luce verde si era appena acceso all’interno della lettiera, minacciando di distruggere qualunque salsicciotto di cacca si trovasse sul suo cammino. Il generale fece rapidamente due conti: certo, la lettiera era la più costosa… e probabilmente il solo pensare di possederla poteva essere considerato vilipendio all’Impero, punibile con la reclusione da tre a cinque anni. Tuttavia… il distruggi-pupù automatico era davvero fantastico e valeva il rischio. Annuì piano, deciso a comprarlo.

«Snoke non deve sapere che abbiamo una cosa del genere, d’accordo?» sussurrò, ricevendo un’occhiata perplessa.

«Perché?»

«Perché potrebbe farci arrestare, visto che facciamo letteralmente cagare il gatto sulla Morte Nera.» rispose, passando rapidamente alla corsia successiva.

Mancava ancora qualcosa all’elenco? Scorse rapido la lista, schioccando le dita per richiamare l’attenzione altrui.

«Il tiragraffi!» disse, fermandosi nell’apposito reparto. Vi erano tiragraffi di qualunque forma e dimensione: dai semplici pali ricoperti di corda, a motivi più elaborati: a forma di Yoda, di Millenium Falcon, di Wookie e… di imperatore Palpatine e Darth Vader. Non si stupì minimamente quando scorse Ren afferrare questi ultimi due e ficcarseli sotto le braccia.

«Ci mancano solo… le ciotole.»

«Prese!»

«Giocattoli?»

«Ho dei pupazzetti di Ewok e di Jabba the Hutt.»

«Mh…il trasportino?»

«Ho anche quello.»

Seguì l’indicare dell’apprendista, scorgendo un Caccia TIE in miniatura. Si astenne da qualunque commento, dirigendosi verso la cassa.
 

***
 

Hux guardò preoccupato la cifra apparsa sul display. Avevano speso una fortuna e, malgrado avesse denaro a sufficienza, si ritrovò a chiedersi se fosse davvero necessaria la lettiera con il distruggi-pupù automatico. Dopo un silenzioso dibattito con sé stesso, decise che era assolutamente indispensabile. Cavò le tessere dalle tasche, porgendole alla commessa.

«Crediti del Primo Ordine?» cinguettò la giovane, scuotendo il capo «Sono spiacente, ma non hanno valore qui.»

«Eh?» batté le palpebre incerto. Come era possibile che la moneta della maggiore potenza galattica non venisse accettata? «Ah…» disse solo, riponendo il denaro e sfilando una carta nera, dove capeggiava in bella vista il profilo di Darth Sidious «Provi con la Imperial Express.»

«Sono desolata, ma non accettiamo nemmeno quella.»

Fissò il compagno, sempre più perplesso. Aveva esaurito le idee, nonché i metodi di pagamento. Dubitava che l’altro avesse qualcosa di diverso da proporre:
«Ren?» chiese, ricevendo un ciondolare del capo.

«Sono messo come te.»

«Capisco.» tornò a rivolgersi alla negoziante «è proprio sicura di non poterli accettare?»

«Sicurissima. Dovrò chiedervi di lasciare giù la merce, se non potete pagare.»

Neanche per idea! Aveva sopportato salti nell’iperspazio, canzoni a squarciagola e farneticazioni sul potere dei nonni per arrivare sin lì! Non avrebbe rinunciato agli acquisti, specie ora che avevano radunato tutto il necessario. Allungò una gomitata al cavaliere accanto a sé:
«Aspetti, signorina… sono certo che il mio amico risolverà la situazione in un attimo. Non è vero, Ren?»

«Eh? Tipo cosa?»

«Mh, qualcosa per cavarci da questa fastidiosa situazione. Tipo… convincere la signorina a lasciarci uscire con la merce, che ne dici?»

«E come, scusa?»

Hux si battè una mano sulla fronte, sconfortato. Ma perché doveva girare in compagnia di un tale idiota? Se non fosse stato protetto da Snoke, l’avrebbe già fatto secco o spedito in esilio su qualche pianeta sperduto con una scusa banale.

Ehy, Ren! Sai che Palpatine è vivo e aspetta solo che tu lo trovi per compiere il tuo destino?” sarebbero bastate quelle semplici parole per convincere l’altro a partire per lo spazio inesplorato e non fare più ritorno. Si sarebbe liberato di quel bamboccio in un attimo e il Primo Ordine sarebbe definitivamente caduto nelle sue mani.

Si costrinse a smettere di divagare, tornando a concentrarsi sul problema attuale: Ren lo stava ancora fissando, in attesa di una spiegazione. Sbuffò, agitando le braccia nel nulla.

«Con la Forza, magari?»

«Oh!» finalmente l’apprendista si rivolse alla commessa, sollevando la mancina e passandola davanti al viso dell’ignara commessa «Tu ci lascerai uscire senza pagare.»

La voce meccanica della ragazza risuonò nel silenzio del negozio:
«Io vi lascerò uscire senza pagare.»

«E ci regalerai dei buoni sconto per la prossima volta.»

Immediatamente, una pila di buoni venne gettata nel loro cestello.

«E ci offrirai il caffè ogni volta che…»

«Ren, piantala! Dobbiamo muoverci.»

Hux riprese facilmente il controllo della situazione, recuperando la merce e sgattaiolando fuori dal negozio. Non appena superato l’uscio, però, un allarme squillante arrivò a ferirgli le orecchie.
 Si voltò di scatto, notando le lucine impazzite dell’antitaccheggio unirsi a quel suono fastidioso.

«Corri!» ordinò, scattando immediatamente lungo il marciapiede, seguito da Ren che lottava con i due ingombranti tiragraffi.

Percepì il sibilo di sirene in lontananza, accompagnate da voci gracchianti:
«Fermatevi, in nome della legge.»

«Non ci penso nemmeno.» Accelerò, tenendo la merce rubata tra le braccia e controllando dietro di sé. Ren era vicino e stava usando la Forza per far galleggiare gli oggetti davanti a sé.

Svoltò rapidamente a destra e poi a sinistra, tentando di seminare eventuali inseguitori. Ancora pochi metri e avrebbero raggiunto lo spazioporto.
 

***
 

Decollare era stato un problema: preso dal panico, Ren aveva urtato le navette parcheggiate accanto, lasciando evidenti segni sulle carrozzerie. Naturalmente, non si erano fermati a lasciare neppure un biglietto di scuse. Preso il volo, si erano fiondati oltre l’atmosfera planetaria e si erano lanciati nell’iperspazio.

Erano riapparsi proprio nei paraggi del Finalizer e, dopo essere atterrati nell’hangar, avevano entrambi dichiarati d’essere troppo stanchi per procedere con un rapporto della missione. Quando Phasma aveva chiesto il perché di tutti quegli oggetti bizzarri, avevano liquidato la faccenda con un semplice: sono per Millicent.
 

***
 

HUx uscì dalla doccia, frizionandosi i capelli ramati con un asciugamano. Non fu affatto sorpreso di trovare Ren ancora nella stanza, intento a montare la Morte Lettiera.

«è perfetta anche come complemento d’arredo.» disse, quando lo scorse sulla soglia del bagno.

«Sì, stupenda.» Armitage sospirò, dirigendosi verso l’armadio «Ma ti dispiacerebbe spostarla dalla mia zona letto? Potremmo metterla vicino al wc, mi sembra un posto più adatto.»

Non si sorprese affatto quando l’altro lo ignorò. Il tiragraffi di Palpatine era stato sistemato accanto all’ingresso, mentre quello di Vader era sparito. Non faticò ad immaginare dove fosse finito: su una mensola della camera di Kylo Ren, senza dubbio.

«Ho anche messo le ciotole qui…» l’apprendista Sith gli stava indicando un angolo della stanza «E i giocattoli. Lì c’è la cuccia e…»

Sollevò una mano, interrompendo quel fiume di parole:
«Aspetta un secondo» le iridi verdi guizzarono immediatamente sulla stanza, senza celare una sfumatura perplessa e preoccupata. C’era un dettaglio importante che gli era sfuggito e si rammaricò di non averci pensato prima «Dove è Millicent?»

 
***

 
Millicent era sparita. L’avevano cercata ovunque, chiamandola a gran voce. Hux aveva interrogato praticamente tutto l’equipaggio, sicuro che qualcuno dovesse averla vista gironzolare per i corridoi del Finalizer.

«Chi è entrato in camera mia senza permesso?» aveva ringhiato più d’una volta «Avevo chiuso la porta proprio perché non uscisse e non si perdesse!»

Nessuno, naturalmente, aveva osato ammettere quella colpa. Aveva, dunque, preso in considerazione l’idea che qualche maledetto ribelle infiltrato l’avesse rapita per chiedergli un riscatto.

Gironzolare per la nave supplicando Ren di usare la Forza per trovarla era l’ultima delle sue speranze. Fissò il cavaliere sollevato, quando questi gli confermò d’aver sentito una traccia.

«Sei sicuro che sia da queste parti?» chiese, quando Kylo Ren si diresse verso la Sala del Trono e inserì il proprio codice.

La porta si aprì immediatamente, permettendo ai due di accedere ad una sala rettangolare, immersa in una inquietante penombra. In fondo ad una ampia navata, il trono del Leader Supremo occupava buona parte dello spazio, accompagnato da un proiettore olografico attualmente spento.

«Non può essere qui, Ren. Nessuno, a parte noi e pochi altri ufficiali, ha i codici per accedere a quest’area» mormorò, avanzando lungo il passaggio centrale «Magari quell’imbecille di Pryde è venuto qui e Milly lo ha…» si interruppe. Le parole gli morirono in gola, mentre lo sguardo sgranato si tingeva d’una sfumatura ansiosa.

Lo spettacolo davanti a sé era raccapricciante. Sentì Ren fermarsi al proprio fianco e trattenere il respiro. Si costrinse a guardare, lasciando le iridi vagare sul trono di Snoke: unghiate e graffi avevano strappato la preziosa seta, sventrando i cuscini e lasciando fuoriuscire l’imbottitura in più punti. Millicent sedeva al centro dello scranno, incurante del loro sgomento e intenta ad ammirare la propria opera di devastazione.

«Ha…» Hux provò a parlare, lottando contro il nodo alla gola «Ha distrutto il trono.»

«Già…» la voce di Ren tradiva una sfumatura irrequieta.

«Lo ha scambiato per un tiragraffi…»

«Già…»

Entrambi erano consapevoli di cosa sarebbe successo se Snoke avesse visto quello scempio. Dovevano rimediare al più presto, prima che il Leader se ne potesse accorgere. Disattivare il proiettore olografico era la prima mossa, ma poi…? Avrebbero dovuto far riparare lo scranno in tempi brevi o Snoke si sarebbe accomodato direttamente sui loro cadaveri.

«Dobbiamo… trovare un nuovo trono al più presto.»

«Già…»

«Nascondiamo Millicent.»

«Già…»

«Sai dire altro, Ren? Posso sperare in un tuo apporto migliore a questa conversazione?»

«Già…»

Il cavaliere era evidentemente in stato di Shock. Hux si chiese cosa gli stesse passando per la testa, mentre si muoveva verso il proiettore e ne staccava l’alimentazione. Avrebbero guadagnato un po’ di tempo così. Si voltò verso la seduta, allungando le braccia:
«Millicent, vieni.» ordinò, ma la gatta, per tutta risposta, prese a leccarsi il didietro. Maledetto felino insubordinato! «Millicent!» la chiamò di nuovo.

La vide alzare pigramente il capo e rizzarsi sulle quattro zampe; dopo un rapido dietro-front, la micia superò con un balzo lo schienale e sparì nella penombra della stanza.

«Fantastico…» ringhiò a denti stretti, avvicinandosi al trono. Controllò rapidamente i danni: le fodere delicate erano danneggiate e non c’era modo di riposizionare l’imbottitura senza l’aiuto di un esperto artigiano «Ren cerca un riparatore di divani al più presto. Vieni a darmi una mano…» si chinò, cercando di staccare il trono dal suo supporto.

Svitò con cura il primo dei quattro piedini, bloccandosi immediatamente al sentire un rumore provenire dal fondo della sala. Si immobilizzò quando colse l’uscio aprirsi e un’imponente figura farsi strada lungo la navata:

«Miei pupilli! Sono felice di trovarvi qui!» Snoke allargò le braccia, mimando un sorriso inquietante sul viso raggrinzito «Non avevo niente di meglio da fare e così ho pensato di farvi una sorpresa e venirvi a trovare!»

Hux guardò Ren che, immobile al suo posto, sudava abbondantemente.

Il generale si inginocchiò, chinando frettolosamente il capo:
«Una vostra visita proprio ora, Leader Supremo? Che culo, eh?» gli sfuggì.

«Come prego?»

«Volevo dire… amh… che fortuna. È sempre un onore avervi tra noi.» sussurrò, guardandosi rapidamente attorno.

Ma perché non c’era mai una finestra, quando si voleva tentare il suicidio?
 

 

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Capitolo 4
*** Esigo un esercito felino, Generale! ***


4. Esigo un esercito felino, Generale!
 

HUx fissò il pavimento, pregando perché questi lo inghiottisse. Le rotule gli dolevano e non ricordava neppure da quanto fosse costretto in ginocchio. Aveva perso il conto del tempo, scandito soltanto dai piccoli cenni di disapprovazione che Snoke, al limite del suo campo visivo, produceva costantemente.

«Te l’avevo detto che avremmo dovuto comprarne uno di metallo» sibilò verso Kylo Ren che, accanto a lui, tentava di mimetizzarsi con le piastrelle di marmo nero «Andiamo da Troni e Sofà, ci sono un sacco di belle offerte» mimò la voce del cavaliere, sbuffando piano «Fanno i saldi un giorno sì e l’altro pure, quelli. Non ho mai capito quand’è che vendono a prezzo di listino…»

«Non avevamo abbastanza soldi per investire in un trono decente, ti ricordo. Qualcuno aveva appena aperto un mutuo per la costruzione di Starkiller

«Oh, non scaricare tutto su di me, Ren! Eri d’accordo anche tu… e pensavo che un’arma di distruzione di massa fosse un filino più urgente di una stupida sedia imbottita.»

Si zittì non appena colse dei passi strascicati avvicinarsi a loro. Sollevò cautamente lo sguardo, ritrovandosi a fissare il volto avvizzito del Leader Supremo:

«Chi è il responsabile?» le parole di Snoke erano fredde, dure e Hux era certo fossero accompagnate da sottili sputacchi. Non che non fosse abituato a quella sorta di pioggerellina gli cadeva in testa.

«Leader Supremo, non…» attaccò, ma si interruppe immediatamente quando sentì l’indice di Ren pungolargli il petto.

«Lui!»

Sgranò gli occhi per la sorpresa, rimanendo a bocca aperta per un’abbondante manciata di secondi. Subdolo bamboccio troppo cresciuto! Voleva scaricargli la colpa addosso, senza neppure tentare di collaborare con lui per una difesa comune? Non aveva nemmeno pensato a una strategia congiunta per pararsi il culo a vicenda; aveva scelto soltanto la via più facile: trovare un capro espiatorio che le prendesse al posto suo.

«Brutto figlio di…» Hux scattò, balzando immediatamente in piedi. Allungò la destra, cercando di afferrare il bavero della tonaca scura e di scuoterlo con vigore. Non riuscì a fare niente di tutto ciò: il suo corpo si mosse involontariamente, spinto all’indietro da un’onda silenziosa. Il respiro gli sfuggì dai polmoni, quando la schiena cozzò contro una parete. Si ritrovò a cadere, privo di qualunque appiglio.

L’impatto con il pavimento gli strappò un secco lamento. Era sicuro d’essersi rotto qualcosa, ma identificare la provenienza del dolore era parecchio difficile in quelle condizioni. Provò a rialzarsi; una morsa invisibile arrivò a stringergli la gola e a sollevarlo nuovamente. Scalciò nell’aria, mentre cercava disperatamente di urlare la propria innocenza:
«Non è colp…»

La stretta aumentò e il fiato gli sfuggì del tutto. Nuvole colorate esplosero davanti ai suoi occhi, alternandosi a sprazzi neri che si facevano sempre più densi e frequenti.

«Mi hai deluso per l’ultima volta con la tua incompetenza» stava dicendo Snoke, evidentemente propenso a chiudere la questione «Non meriti di…»

Meow.

Il suono familiare costrinse Hux ad abbassare lo sguardo. Snoke aveva allentato di poco la presa per osservare il rosso felino che strusciava ripetutamente il muso contro l’orlo della sua tunica.

«Aw…»

Era la prima volta che sentiva il Leader Supremo emettere un verso simile. Gli occhi sottili non si staccavano dalla gatta, mentre le labbra avvizzite erano atteggiate in un caldo sorriso.

«E tu da dove spunti?» stava dicendo, chino per accarezzare il gatto «Sei una meraviglia. La cosa più tenera che io abbia mai visto.»
C’era una nota indulgente e morbida nella voce solitamente graffiante e sicura. Millicent sfiorò le dita secche con il capo, permettendo a Snoke di grattarle le orecchie.

«Di chi è questo gatto?»

«è mi…a» Hux sibilò attraverso la morsa invisibile che ancora gli serrava il collo, ritrovandosi libero un attimo dopo. Cadde nuovamente a carponi, tossendo e inspirando avidamente.

«è adorabile!» sentenziò il Leader Supremo dopo poco «Ne voglio dieci!»

«Dieci?»

«Uno per ogni giorno della settimana!»

«Ma, veramente… i giorni sarebber set…»

Hux ricevette una gomitata nel costato. Si voltò a fissare Kylo Ren, senza nascondere la propria irritazione:
«Sei quasi morto soffocato, Hux. Se fossi in te, non contradirei ancora il Leader Supremo.»

«Ma sei scemo? È colpa tua! Mi hai messo tu in questo guaio.»

«Sì, e Millicent ti ha appena salvato. Ora, se vuoi un consiglio… compragli dieci gatti e falla finita.»

Annuì brevemente, cercando di sgranchirsi un poco il collo e ridurre l’evidente fastidio che sentiva alla gola. Sussultò, tuttavia, quando Snoke lo apostrofò nuovamente:
«è stata lei a rovinare il mio scranno?»

Si mosse a disagio, incapace di negare quell’evidenza:
«Sì, mio signore. Lo ha… beh… scambiato accidentalmente per un tiragraffi.» confessò, mentre le dita rugose continuavano ad accarezzare il rosso pelo della micia.

«Non fa niente, patatina mia. Tu puoi distruggere tutto quello che desideri su questa nave.» c’era una inclinazione pericolosamente demenziale nella voce del Leader «Ne compreremo un altro di trono. Lo voglio giallo… con tanti micetti disegnati sopra.» il tono, tuttavia, virò bruscamente, ritornando ad essere distaccato e freddo «Generale! Desidero che avvii un nuovo programma di reclutamento»

«Quello attuale non… non va bene?» non riusciva a capire che nesso vi fosse. All’improvviso, che senso aveva demolire il programma Stormtrooper, visti i buoni risultati che aveva generato? Allevare soldati, ricondizionarli a piacere, poterne disporre a ogni ora del giorno e della notte non era forse ciò che ogni comandante vorrebbe per sé? Di che altro avevano bisogno?

«Desidero sia implementato con una nuova unità di gatti. Voglio un esercito di gatti! E voglio che chiunque, su questa o su altre navi, possieda almeno un gatto.» Snoke aprì le mani, sollevandole al cielo «Gatti, gatti e ancora gatti! Ecco come domineremo la galassia, miei cari. Nessuno potrà resistere al nostro potere.»

Kylo Ren e Hux si scambiarono un’occhiata perplessa. Fu quest’ultimo, tuttavia, a riprendere parola:
«Come ordinate, Leader Supremo, ma… non abbiamo idea di dove trovare così tanti gatti.»

«Questo non è un mio problema.»

«Ma…»

«Esigo un esercito felino, Generale! Il come farai a costruirlo, non mi riguarda. Arrangiati.» Snoke cavò dalla tunica un orologio da taschino, che controllò rapidamente prima di sentenziare «Miei diletti, è tempo per me di ritornare alle mie mansioni. Conto su di voi. Non deludetemi ancora!»
 

***
 

Corellia venne immediatamente sequestrato e trasformato nel più grosso gattile dell’intera galassia. Qualunque forma di vita che non fosse felina, venne atrocemente sterminata. I primi a scomparire furono i canidi, esiliati su una qualunque luna di un qualunque pianeta a caso, mentre gli allergici al pelo morirono poco dopo. Hux giustificò questi decessi come “selezione naturale” e tutti furono contenti, dormendo sonni tranquilli: insomma, mica era colpa loro se metà degli abitanti di Corellia era crepata tra starnuti ed eczemi rossastri sulla pelle, no? Peggio per loro se avevano gli anticorpi deboli.

Personale altamente qualificato venne selezionato e inviato nella nuova colonia felina per nutrire, pulire, coccolare, servire e riverire i nuovi ospiti: lo standard del candidato ideale era donna, con un’età compresa tra i trenta e gli ottant’anni, rigorosamente single e amante degli animali. I pochi uomini selezionati vennero immediatamente schiavizzati dalle controparti femminili e adibiti al lavaggio forzato delle lettiere. Nessuno, nemmeno il Leader Supremo, poteva sbarcare sul pianeta senza autorizzazione: i gatti – noti per essere animali d’animo delicato e sensibile – potevano rimanere turbati da arrivi improvvisi e non graditi.

 
***
 

«è proprio necessario?» Hux si mosse a disagio sullo sgabello, mentre il capitano Phasma finiva di sistemare le sue ciocche rossicce.
«Ordini di Snoke. Non vorrai discuterli, spero…» Ren mostrava un’aria decisamente divertita. Probabilmente vederlo così ridicolizzato incontrava il suo favore.

«No, ma… credo che il berretto con le orecchie sia un filino esagerato» obiettò, toccandosi il cappello, prima di abbassare lo sguardo «Per tacere della giacca. È rosa, Ren! Rosa con le faccine dei gatti.»

«Ti sta benissimo.»

«Ne dubito fortemente.» sospirò, mentre il capitano indietreggiava e sollevava i pollici.

«Perfetto!» la voce femminile arrivò graffiante dietro l’elmo lucente «Sicuro di non volere che ti disegni il nasino e i baffi sulle guance?»

«Sicuro!» tagliò corto, fissando le due grandi macchine da presa che erano state trasportate sulla plancia di comando del Finalizer.
Un paio di addetti stavano sistemando gli ultimi cavi. Si sforzò di ignorare gli Stormtrooper che lo circondavano, tutti agghindati con dei fiocchetti di Hello Kitty sui caschi. Poteva immaginare il loro divertimento nel vederlo conciato così. Abbassò la mancina, carezzando delicatamente Millicent, seduta sulle sue ginocchia.

«Allova, allova…» un ometto basso, con un lungo naso e la erre moscia si fece avanti «Allova!» ripeté, urlando nel megafono che portava con sé «Mi sentite tutti? Questa non è una pvova. È tutto chiavo quello che deve dive, Genevale?»

Hux annuì leggermente:
«Sì, non mi sembra complicato.»

«Si vicovda ogni battuta o ha bisogno del gobbo?»

«Se ci fosse, non lo disdegnerei di certo.»

Osservò il regista battere le mani un paio di volte:
«Pvesto, povtate i cavtelloni. Gentilmente, Kylo Ven potvebbe vicopvive questo vuolo?»

«Emh…» l’apprendista Sith si indicò perplesso «Parla con me?»

«Quanti Kylo Ven vedi in questa stanza?»

«Sarebbe “Ren”»

«E io che ho detto?» il regista si pizzicò l’attaccatura del naso «Ah, odio lavovave con dei dilettanti. Allova, Kylo Ven favà il gobbo!»

Hux quasi scoppiò a piangere quando vide il cavaliere chinarsi di una trentina di centimetri, incurvando le spalle, incassando la testa e chiedendo: “così va bene? Sono abbastanza gobbo?”.

Avrebbe dato qualunque cosa per scomparire, per essere ucciso sul posto o buttato fuori da un finestrino. Perché non si era lasciato morire nel compattatore di rifiuti quando ne aveva avuto l’occasione? Decise di estraniarsi, mentre Ren e il regista discutevano animatamente ai margini del proprio campo visivo. Tornò ad accarezzare distrattamente Millicent, che gli regalò qualche miagolio soddisfatto.

«A volte vorrei essere come te, sai?» sussurrò, osservando la gatta «Senza problemi e con un esercito di umani pronti a servirti in tutto: a darti da mangiare, a pulire la tua lettiera, a riempirti di attenzioni. Uff… non devi preoccuparti di nulla e non hai a che fare con dei perfetti cretini. Forza, Lato Oscuro, Resistenze varie ed eventuali… che importanza hanno, quando si è dei gatti?»

Lasciò cadere quella domanda nel nulla, mentre un rassegnato regista prendeva posto dietro le macchine da presa:
«Siamo pvonti!» sentenziò «Motove… Azione!»

Un ciack risuonò nella stanza, mentre una lucina rossa lampeggiava sopra alle telecamere. Hux deglutì a vuoto e si costrinse ad assumere un atteggiamento sicuro e formale, malgrado l’oscena giacca rosa che era costretto ad indossare:
«Buongiorno! È il Generale Armit…»

«Stop! Stop! Non ci siamo.» il regista tornò ad urlare nel megafono «Che vazza di saluto è “buongiovno”? Non hai pensato a quelli che ci guavdevanno dall’altvo capo della galassia? Tieni conto dei fusi ovavi.»

Hux annuì, senza alcuna voglia di controbattere. Attese il segnale, prima di riattaccare:
«Buonasera!»

«Stop! Ti ho detto di pensave ai fusi ovavi!»

«Ho capito, ma se “buongiorno” non va bene, allora…»

«E in quelle zone della galassia dove è giovno come la mettiamo? Di nuovo!»

Sbuffò spazientito.

«Buon…» giorno? Sera? Natale? «Buon a tutti! È il Generale Armitage Hux, dalla nave Finalizer del Primo Ordine. Il comunicato che segue è un invito per voi che ci ascoltate. Il Primo Ordine cerca nuove leve per rimpolpare le proprie fila, tanto tra i soldati quanto tra gli ufficiali. Chiunque desideri farsi avanti verrà accolto a braccia aperte. Passo ad elencare i requisiti per la domanda di ammissione.» gli occhi verdi si alternarono sulle due cineprese «Possono richiedere l’arruolamento persone di entrambi i sessi, appartenenti alla razza umana. Questo, naturalmente, non perché siamo razzisti e non vogliamo alieni tra noi. Cioè, anche per questo, in realtà…» una pausa e un sorriso sicuro «… ma perché non abbiamo armature da Stormtrooper delle dimensioni di uno Wookie, ovvio. O con il naso a banana dei Rodiani.»

Ricevette un cenno di incoraggiamento e si affrettò a proseguire:
«Accetteremo candidature soltanto da coloro che avranno raggiunto la maggiore età, mentre i più giovani verranno indirizzati presso le nostre accademie militari. Il limite massimo è sessant’anni, ma valuteremo anche candidature di persone più mature, qualora siano in perfetta forma fisica. O qualora non abbiano raggiunto i quarant’anni necessari per il pensionamento.» scosse il capo, mosso da un impeto sincero «Francamente, non credo che li raggiungerete mai se vi arruolate, perché… beh, se finite nelle truppe d’assalto creperete alla prima missione, senza che freghi a nessuno e che nessuno vi pianga. Viceversa, se cercate una morte veloce e onorevole, possiamo essere la soluzione che cercate.

Requisito fondamentale per la richiesta è l’assoluta mancanza di allergie al pelo. Questo perché il Primo Ordine ha recentemente intrapreso una campagna contro l’abbandono dei gatti. Grazie alla collaborazione con le maggiori associazioni animaliste della galassia, possiamo vantare d’aver costruito ben duecentosessantaquattromila rifugi su Corellia, ufficialmente divenuta prima Colonia Felina Planetaria dell’universo conosciuto. Naturalmente…» la destra scese ad accarezzare il fluido manto di Millicent «…questi adorabili micini cercano adozione. Non desiderano altro che il calore di un amico umano e chiunque sia pronto a donarglielo è il benvenuto tra le nostre fila.
A tal proposito, si rende noto che…» alzò un po’ la voce, per essere sicuro che il messaggio venisse correttamente trasmesso «… chiunque desideri arruolarsi riceverà automaticamente un gatto di cui prendersi cura!» si alzò, lasciando che Millicent gli si arrampicasse sulla spalla e strofinasse teneramente il muso contro la sua guancia «Offrite i vostri cuori al Primo Ordine… e noi vi regaliamo un gatto.»

Le luci sulle telecamere si spensero e il regista batté le mani.
«Un lavovo eccellente!» tuonò nel megafono «Bvavo davvevo. Tvasmettevemo questo messaggio in ogni angolo della galassia! Vagazzi!» rivolto ai collaboratori «Abbiamo finito. Possiamo smotave.»

Hux si accasciò sullo sgabello, affrettandosi a gettare di lato lo stupido berretto con le orecchie e a disfarsi della giacca rosa. Si ritrovò immediatamente circondato dagli Stormtrooper.

«Posso arruolarmi, signore?»

«Anche io, signore!»

«Vorrei propormi come nuova recluta del Primo ordine»

Aggrottò la fronte, fissando i loro caschi inespressivi.
«Ma che state dicendo?» scattò «Siete già arruolati!»

«Ah… ci scusi, ma… il suo discorso è stato così coinvolgente che volevo arruolarmi di nuovo.»

Il Generale si massaggiò la fronte, rimettendosi faticosamente in piedi. Allargò le braccia, lasciando Millicent libera di gironzolare per la plancia del Finalizer, mentre la mano pesante di Ren gli calva su una spalla.

«Bel lavoro, vecchio mio!» la voce dell’altro era insolitamente smielata e leggera «Il tuo miglior discorso, davvero. Sono sicuro che accorreranno a frotte, questa volta!»

«Non lo so…» scosse il capo, la punta del naso storta in una smorfia «Temo sarà un flop terribile. Suvvia, chi mai vorrebbe farsi reclutare da un esercito che veste i suoi ufficiali con giacche rosa e orecchiette da gatto?»
 
 

 
 
 
 

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Capitolo 5
*** FN-1234 ***


5. FN-1234


Phasma appoggiò la tazza di caffè sul tavolino di plastica, battendogli poi una mano sulla spalla.

«Coraggio» sussurrò, prima di allontanarsi.

Hux sollevò lo sguardo dai fogli per il reclutamento, spiando la lunga coda di volontari che si era formata nell’hangar principale del Finalizer. Il suo discorso aveva talmente colpito nel segno che già dopo due ore avevano raccolto più di millecinquecento iscrizioni, di cui millequattrocentonovantasei donne e quattro uomini. Anzi, cinque a giudicare dal giovane che gli stava davanti: slanciato, magro, con i capelli rasati e rosa. Non riuscì a reprimere un moto di disgusto squadrandone la figura: un paio di pantaloni leopardati, scarpe pitonate e una immancabile maglietta bianca attillatissima, perfetta per mettere in mostra il ventre piatto e le spalle nude e tatuate.

«Sì, no… perché comunque, cioè…» stava dicendo il ragazzo, con una voce talmente stridula da aumentare il suo mal di testa «… cioè come ho visto la trasmissione, mi sono detto, cioè… è troppo top. Devo correre ad arruolarmi, no? Perché si, cioè… è una cosa bellissima questa. Cioè, io la adoro!»

Si massaggiò la fronte, cercando di scacciare l’emicrania che ancora gli perforava le tempie come un martello pneumatico. Spinse un modulo e una penna davanti a sé:
«Bene, benissimo, signor…? Non ho afferrato il nome»

«Akeley Bins, ma puoi chiamarmi Dado.»

«Bins…»

«No, cioè… Dado va benissimo, tutti mi chiamano così perché è il mio alsias.»

«Alias.»

«Alisias.»

«Alias.»

«Sì, insomma… il soprannome, capito?»

Hux annuì brevemente, facendo un cenno allo Stormtrooper più vicino, che immediatamente consegnò un grosso gatto grigio all’eccentrica recluta.
«Molto bene signor Bins…»

«Dado.»

Il generale si massaggiò nervosamente la fronte. Dunque, aveva trentaquattro anni. Aveva iniziato a prestare servizio subito dopo l’accademia, ma non era sicuro che quegli anni di tirocinio valessero per il versamento dei contributi. Stimò che per la pensione avrebbe dovuto aspettare almeno altri trent’anni. Sospirò, reprimendo l’istinto di uccidere quel ragazzetto impertinente.

«Bene, signor Dado. Il suo nuovo nome sarà FN-1501. Se può seguire il qui presente FN-9876, le mosterà…»

«Oh, a me come nome non piace.»

Stiracchiò un sorriso, sforzandosi d’essere accondiscendente:
«Signor Dado, sono certo che capirà che questo non è un resort, questa non è una vacanza, né una ludoteca, né un pub, né un oratorio o qualunque tipo di luogo lei sia solito frequentare.» sentì i denti battere per il nervoso e i pugni stringersi fino a che le unghie non si conficcarono nei palmi «Questa è una nave da guerra del Primo Ordine. È… un esercito, che soggiace a determinate regole e…»

«Posso chiamarmi DD-1501?»

Sgranò gli occhi incredulo e le mani sbatterono sul tavolo.
«No!» scattò, mentre l’altro si limitava a ruminare la cicca che aveva in bocca.

«Oh, eddai zio… è più figo.»

«Non mi interessa! E… non sono tuo zio!» scattò, il volto ormai divenuto paonazzo «Ti chiamerai FN-1501, e…»

«Ci sono problemi, Generale?»

Quella voce lo congelò sul posto. Non aveva bisogno di voltarsi per riconoscerla: Pryde si era avvicinato, con la sua solita aria da vecchio gufo impiccione stampata sul viso. Perché compariva sempre nei momenti peggiori? Si divertiva a gongolare delle sue tribolazioni? Evidentemente sì, a giudicare dal sorrisetto ironico sulle labbra avvizzite. Hux si raddrizzò immediatamente, imponendosi di calmare la voce e il respiro affannato. Non avrebbe dato a quel patetico imperiale la soddisfazione di vederlo in difficoltà.

«Nessuno, naturalmente. È tutto sotto controllo.» un cenno imperioso verso l’ultimo arruolato «Recluta, presentati al tuo superiore.»

Troppo tardi si rese conto dell’errore; vide l’eccentrico giovane avvicinarsi a Pryde e tirargli una vigorosa pacca sulla spalla:
«Bella lì! Sono DD-1501, ma tu puoi chiamarmi Dado.»

Hux fissò il pavimento con insistenza: perché non c’era mai una botola dove cadere, quando ne aveva bisogno?
 

***
 

Phasma gli avvicinò il trentacinquesimo caffè; la sua voce, attraverso l’elmetto, poteva quasi dirsi preoccupata:
«Sicuro di farcela?»

Annuì testardo. Oh, certo! Non avrebbe permesso a Pryde di rimpiazzarlo al banco dell’arruolamento; piuttosto sarebbe morto per i crampi alla mano destra, le cui dita si erano ormai atrofizzate attorno alla penna. Aveva compilato così tanti moduli che non riusciva a vedere altro davanti agli occhi. Non aveva ancora capito perché non potessero informatizzare tutta quella burocrazia inutile: lo aveva chiesto a Snoke più di una volta, ma questi si era limitato a liquidarlo con un “preferisco il metodo tradizionale”. Peccato che quel metodo non fosse tradizionale, quanto antico. Persino la feccia ribelle reclutava gente utilizzando pratiche applicazioni, e-mail e newsletter aggiornate.

«Potrei mandarti Mitaka.» suggerì ancora la donna.

«Occupato nell’hangar cinque.»

«Unamo?»

«All’hangar sedici.»

«Ren?»

Quasi si strozzò con il caffè. Tossì, battendosi il petto più volte per tornare a respirare liberamente, mentre il capo dondolava rapidamente:
«Non pensarci nemmeno! Incasinerà tutto, come sempre.» ringhiò, ma le sue parole vennero presto disilluse. Colse una nota divertita nella voce di Phasma.

«Troppo tardi, l’ho già avvisato.»

Come se si fosse sentito chiamato in causa, Ren apparve, varcando le porte blindate e camminando al centro dell’hangar come fosse una lunga passerella. Gli stivali neri battevano decisi sul lucido pavimento, mentre il mantello nero svolazzava da tutte le parti. Le mani guantate erano rivolte verso l’alto, sostenendo grazie alla Forza, una quantità enorme di gatti. I felini fluttuavano nell’aria, miagolando incerti.

«Eccomi, Generale! Phasma mi ha detto che eri in difficoltà.»

Hux tornò ad arrossire di rabbia e di vergogna. Non si sarebbe fatto soffiare il lavoro da quel bamboccio capriccioso, a costo di rinunciare al sonno e al cibo per le prossime tre settimane – tempo che probabilmente gli sarebbe servito per smaltire la lunga coda che ancora si stagliava davanti ai suoi occhi.

«Nessun problema, Ren!» ringhiò, raddrizzando le spalle e facendo un cenno al prossimo volontario «Come vedi, ho tutto sotto controllo.»

«Oh, dai… lascia che ti aiuti almeno! Posso distribuire i gatti, che ne dici?»

Beh, quello non era un compito così complicato o oneroso; al contrario, era qualcosa di adatto alle capacità del cavaliere. Non avrebbe potuto far troppi danni, no? E, tutto sommato, gli avrebbe agevolato notevolmente il lavoro.

«D’accordo» acconsentì infine «Allora, io faccio compilare il modulo di arruolamento. Assegnamo loro un nome e… un gatto. Ci metteremo un po’, come vedi… abbiamo parecchie persone da schedare. Confido, tuttavia, che con il tuo aiuto potremmo finire … dopodomani.» azzardò, ricevendo dall’altro un’occhiata scettica.

«Dopodomani? Ci metteremo cinque minuti, Hux! Lascia fare a me.»

Ecco le parole che non avrebbe mai voluto sentire. Le iniziative di Kylo Ren erano note per essere terribilmente inutili o distruttive o entrambe le cose contemporaneamente. Sollevò una mano, come a trattenere l’entusiasmo altrui, ma senza successo. Ren si era appropriato di una sedia solo per salirci in piedi e lanciare letteralmente i gatti verso la folla dei volontari:
«Prendete!» stava gridando, indirizzando ogni felino al suo futuro proprietario «E benvenuti nel Primo Ordine.»

«Ren! Hanno bisogno delle armature.»

«Ah, giusto…» e con la stessa rapidità, la pioggia di gatti venne sostituita con una grandinata di elmetti, parastinchi, parabracci.

«I blaster…»
E piovvero anche i blaster.

Quell’anarchia improvvisa stava peggiorando il suo mal di testa: per tutto l’hangar i volontari correvano a destra e a manca per appropriarsi di gatti, armature, fucili, moduli che non avrebbero mai compilato… e tutto, ovviamente, perché l’apprendista di Snoke aveva improvvisamente deciso di cacciare il suo prominente naso in affari non suoi. Allungò la mancina, arpionando un lembo del mantello altrui e tirando violentemente:

«Non puoi fare così! Devono firmare l’avviso d’arruolamento e… dobbiamo assegnare loro un nome.»

«Non ti preoccupare, ho pensato anche a questo.» Ren allargò le braccia e impose il silenzio e la quiete con la Forza «Ora che avete tutti un gatto e la vostra nuova attrezzatura, potete considerarvi ufficialmente arruolati nel Primo Ordine. Il vostro nome  sarà…»

Hux rabbrividì quando capì ciò che l’altro intendeva fare. Si aggrappò alle sue gambe, cercando di spingerlo giù dalla sedia. Fu tutto inutile: il cavaliere resistette stoicamente ad ogni suo attacco.
«No! Non riusciremo più a distinguerli… e già è praticamente impossibile con gli elmetti addosso.»

«Il vostro nome sarà…»

«Fermati! Non farlo!»

«FN-1234­.»

Un boato di approvazione si levò dalla folla sottostante. Ren chiuse i pugni, agitandoli in aria come fosse un campione sul primo gradino del podio. I gatti miagolarono pigramente e Phasma si concesse un:
«Ottimo lavoro, signore. Abbiamo già concluso le pratiche d’arruolamento. Ora… posso occuparmene io?»

Kylo Ren annuì, saltando giù dalla sedia:
«Tutti tuoi capitano! Tutti tuoi…»

 
***

 
Hux si girò inquieto nel letto, cercando di trovare una posizione comoda per dormire. Nonostante fosse sfinito, il sonno tardava ad arrivare, complice forse la vicinanza di Millicent. La gatta, affatto soddisfatta della nuova cesta che le avevano comprato, aveva comunque deciso di arrampicarsi sul letto e prendere possesso dei cuscini, scacciando il legittimo proprietario a colpi di unghiate e fastidiosi morsi sul naso.

Il generale era stato costretto a rannicchiarsi sul fondo del materasso, avvolgendosi le coperte sotto la testa per mimare dei guanciali ruvidi. Sospirò, guardando l’orologio. Le tre in punto.

«Sono ancora le tre…» sospirò sconfortato.

L’ultima volta che aveva controllato il display della sveglia, erano le due e cinquantotto. Poi le due e cinquantanove. Aveva già provato innumerevoli trucchetti per dormire, ma nessuno aveva avuto successo. Si era cantato delle ninna nanne, aveva ripassato il libretto d’istruzioni dell’intero Finalizer, aveva contato tutte le stelle che vedeva dalla finestra della propria cabina. Aveva persino simulato mentalmente una partita a Dejarik contro sé stesso. Ovviamente aveva pareggiato, il che aveva reso il tutto ancora più noioso, ma… neppure questo lo aveva aiutato a prendere sonno.

Chiuse gli occhi, cercando di immergersi nel silenzio della propria cabina. Lasciò l’attenzione correre sui rumori minimi, come il leggero gocciolio dell’acqua dal lavandino del bagno o il respiro pacato di Millicent. C’era, tuttavia, qualcosa d’altro… qualcosa di completamente diverso, che non apparteneva alla quiete dei suoi alloggi. Era come una melodia bassa e lontana. Un canto che fluttuava nell’aria, così distante da essere appena percepibile. Si chiese se fosse la propria immaginazione, ma più si concentrava, più quella sensazione sembrava reale.
Escluse categoricamente si trattasse della Forza, considerato che le era sensibile quanto un comodino.

Cercò di girarsi sul fianco opposto, ma quel suono leggero era ancora lì. La voce continuava a cantare.

Sbuffò, gettando le coperte di lato e alzandosi controvoglia. Non sarebbe riuscito a chiudere occhio, se non fosse andato a fondo a quel mistero. Accantonò il pigiama, infilandosi rapidamente la divisa e sgusciando silenziosamente fuori dalla stanza, ben attento a non svegliare la felina.

Serrò le porte scorrevoli, inserendo il codice di blocco.

Si concesse un istante per abituarsi alla temperatura del corridoio, più fredda di quella che soleva tenere nei propri alloggi durante le ore notturne. Controllò che il blaster fosse nella fondina e si rimise in ascolto: la voce era più nitida, ora. Piegò immediatamente a destra, seguendo il suo flusso sino alla zona ascensori. Non era al suo stesso livello, ma sembrava provenire dai piani inferiori. Allungò la destra, come per richiamare l’ascensore, ma cambiò improvvisamente idea. E se avesse perso il suono all’interno della cabina? Scosse il capo, spingendo una porta laterale e infilando le scale.


Dopo dieci minuti di gradini, aveva ormai perso il conto del piano a cui si trovava. Via via che scendeva nelle viscere del Finalizer, tuttavia, la musica cresceva. Non vi era altro che quella voce, ancora ovattata e distante, ma ben percepibile. Era una voce maschile, dal timbro profondo e intenso, eppure era difficile capire a chi potesse appartenere. O… a cosa. Non aveva del tutto escluso che potesse essere una presenza sovrannaturale e mistico, malgrado il suo cervello si rifiutasse di accettare quella possibilità. In quel caso, naturalmente, le cose si sarebbero complicate: avrebbe dovuto buttare nuovamente Ren giù dal letto e poi sorbirsi le sue lamentele, naturalmente.

Scese un’ultima rampa. Il canto si era fatto ancora più deciso. Hux chiuse gli occhi, cercando di seguire quel richiamo: sembrava provenire dall’hangar uno. Il che, naturalmente, era l’ipotesi più plausibile, considerato che i suoi alloggi erano sistemati proprio sopra quell’area della nave. Si costrinse ad ascoltare meglio: la canzone continuava a serpeggiare tra le paratie metalliche, rimbombando nei corridoi vicini e superando ogni porta blindata o ascensore che fosse.
Iniziava quasi a distinguere qualche stralcio:

…known
Ahah ooh
Ahah ooh

Un ritornello che si ripeteva incessante.

Le possibilità, comunque, erano molteplici: un ufficiale ubriaco, forse? Sembrava la meno probabile, considerato quanto fossero nitide le parole. Uno Stormtrooper col dono del canto? Splendido, l’avrebbero sicuramente inscritto al prossimo Festival di Coruscant, ma esercitarsi durante il servizio era sconsigliato. Oppure… l’altra opzione era un clandestino a bordo. O un fantasma. Nessuna delle due gli piaceva particolarmente.

Si arrestò davanti all’ingresso dell’hangar, sganciando il blaster dalla fondina e digitando il codice per l’accesso. Le porte sibilarono e si aprirono, scorrendo lateralmente.
 

***
 

Hux considerò l’idea di spararsi un colpo in testa e farla finita. In fondo, non sarebbe comunque sopravvissuto a quello spettacolo, da cui non riusciva a staccare gli occhi.

Ren era in piedi al centro dell’hangar e stava… cantando. Quel che era peggio, ovviamente, era che stava anche facendo volare oggetti a ritmo di musica: lanciava scatole di munizioni, elmetti, pezzi di ricambio delle navette, cacciaviti… ad ogni tonfo, aumentava l’intensità della voce, continuando imperterrito nella sua melodia.

«Every day's a little harder as I feel your power grow
Don't you know there's part of me that longs to go»

«Ren…» Hux non era sicuro che fosse una buona idea interromperlo, ma l’apprendista poteva aver già percepito la sua presenza con la Forza. Il suo richiamo, tuttavia, non sortì alcun effetto.

«Into the unknown»

«Ren…»

Una cassetta degli attrezzi volò dritta oltre la zona d’atterraggio, perdendosi nello spazio profondo.

«Into the unknown»

«Ren…»

Un pacchetto di bulloni fece la stessa fine.

«Into the unknooooown»

Hux riuscì ad afferrare al volo uno sfortunato Stormtrooper di passaggio, che l’impeto del cavaliere stava per lanciare.
«Ahah ooohh»

«Ren!»

Finalmente il canto s’arrestò. Kylo Ren si voltò in sua direzione, per nulla irritato dall’interruzione; al contrario, gli rivolse un sorriso smagliante:
«Oh, Generale! Appena in tempo. Unisciti a me!»

Hux scosse rapidamente il capo:
«Per essere scagliato fuori bordo? No, grazie.»

«Are you out there?
Do you know me?»

«Smettila di cantare!» ringhiò, pestando i piedi a terra per sovrastare la voce altrui «Vuoi spiegarmi che diamine sta succedendo?»

«Ho avuto una visione!»

Non condivideva affatto l’entusiasmo di Ren, anzi. Un senso di nausea gli serrò lo stomaco, come presagio di una sventura che sicuramente gli sarebbe rovinata addosso.

«Quindi… celebri l’evento cantando alle tre di notte?»

«Esatto!»

«Non ti è mai venuto in mente che potresti svegliare qualcuno, mh?»

«No.» vide le spalle di Ren stringersi e il suo petto gonfiarsi di nuovo, pronto ad una nuova strofa:
«Can you feel me?
Can you show me?

Ahah ooh»

Hux si passò le mani sul viso, tornando a considerare il suicidio come migliore via d’uscita. Tuttavia, rinfonderò il blaster e incrociò le braccia, con fare seccato:
«Posso almeno sapere il contenuto di questa visione?»

«Beh… non è proprio una visione.» Kylo Ren continuava a sorridergli orgoglioso «è più una sensazione…»

«Ah-ah… una sensazione? E… tu svegli mezza nave per una sensazione?»

«Naturalmente! Sono il comandante qui, faccio quello che voglio.»

Storse il naso davanti a quell’espressione sbruffona:
«Oh, mi dispiace contraddirti, ma… sono anche io comandante del Finalizer. In quanto tale, ti suggerisco di…»

«Mh, non te l’ho detto? Ho promosso Pryde al tuo posto.»

Hux non riuscì a chiudere la bocca. La sua mandibola si era come staccata dal resto della faccia. Il pallido rosa che tingeva le sue guance si era allontanato del tutto, mentre lo sguardo si rifiutava di scollarsi dall’autore di quel disastro. Allargò le mani, incapace di articolare qualunque suono che non fosse un:
«Ah…»

Era tutto sbagliato! Come si permetteva quel bamboccio viziato di strappargli così il lavoro di una vita? Per regalarlo al suo peggior nemico. Aveva servito il Primo Ordine in modo impeccabile, con tanta devozione e rigore e… alla fine cosa ne aveva guadagnato? Declassato per lo stupido capriccio di un cretino.

«Ren…» inspirò profondamente, prima di lasciarsi andare ad una sola domanda «Perché?­»

«Beh, tu devi venire con me.»

Questo era anche peggio di Pryde al suo posto, naturalmente. Una missione con Ren, appresso alle sue stramberie da mistico, probabilmente su qualche pianeta disadattato pieno di insetti e mostri cannibali.

«Ma… ho una nave da dirigere.» protestò, mentre l’altro gli regalava un cenno noncurante.

«Ora non più! Oh, suvvia… non guardarmi così. Posso leggere i tuoi pensieri, quindi è inutile che mi immagini divorato da un Sarlacc. Comunque, la promozione di Pryde è temporanea, non temere. Quando torneremo riprenderai il tuo posto, ovviamente. Se non mi avrai ucciso prima.» colse il cavaliere gongolare in un sorrisetto vittorioso «In caso contrario, beh… dovrai arrangiarti.»

Lasciò cadere le braccia, in un gesto arrendevole. Ancora una volta, non vedeva scappatoie; beh, forse ve ne erano, ma non riusciva ad elaborarle correttamente, preso in quel limbo di shock e indecisione in cui era intrappolato. Seguire Ren era l’ultima cosa che voleva! Anzi, la penultima: l’ultima era Pryde al comando del Finalizer, ma purtroppo si era già avverata.

«Dove siamo diretti?» chiese infine.

«Nell’ignoto!»

«No, Ren… davvero, dove…?»

«Te l’ho detto! Nell’ignoto.» l’apprendista gli rivolse un’occhiata irritata «Non hai ascoltato la canzone?»

«Sì, ma… credevo fossero parole buttate lì. Maledizione, ma dovremo pur impostare una meta! O vuoi andartene a spasso per la galassia a casaccio?»

«Non andremo “a casaccio”! Mi guiderà la Voce.»

Hux si accasciò a terra, nascondendo il viso tra le mani. Quello era un incubo, non c’era altra spiegazione. Un sogno orribile da cui presto si sarebbe svegliato. Eppure, la sensazione di Ren che lo rimetteva in piedi con la Forza e lo spingeva nuovamente verso il settore ascensori raccomandandogli di preparare la valigia era così reale…

Si riscosse immediatamente quando intravide un barlume di speranza, nonché la sua unica possibilità di evitare quello stupido viaggio:
«Millicent! Non… non posso lasciarla. Chi si prenderà cura di lei?» scattò, mentre gli venivano in mente almeno una dozzina di ufficiali che sarebbero stati felicissimi di adottare la gattina in sua assenza.

«Oh, hai ragione!» Ren gli regalò un piccolo cenno di scuse «Mi ero dimenticato di dirtelo: Millicent viene con noi!»



 
Angolino: 'sera! Lo so, è passato un po' di tempo, ma alla fine ho deciso di proseguire e aggiornarla. Spero perdonerete la latitanza!
Mi mancava scrivere di questi due... e l'aver visto Frozen 2, naturalmente, non ha contribuito positivamente alle loro disavventure. 
Ringrazio infinitamente Afaneia e Vale_Balz per il supporto e le recensioni deliziose che mi hanno lasciato. Mando loro un abbraccio (a distanza di un metro)!
Grazie per aver letto fin qui,
E'ry

 

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Capitolo 6
*** I veri uomini fanno il bagno nudi, lo sanno tutti ***


6. I veri uomini fanno il bagno nudi, lo sanno tutti


Preparare le valige non era il suo forte. A dirla tutta, non ne aveva mai fatta una in vita sua. Dove mai avrebbe dovuto recarsi? Di certo non in vacanza! In più, possedeva ben poco oltre allo stuolo di divise del Primo Ordine, religiosamente suddivise in collezione Primavera-Estate e Autunno-Inverno. Di fatto non cambiava niente, se non la pesantezza della stoffa con cui erano confezionate.

Hux aprì rapidamente l’enciclopedia portatile sul datapad, selezionando la voce Tutorial. Era certo che da qualche parte ci fosse una spiegazione razionale e semplice su come preparare i bagagli. Scorse i titoli nell’elenco, deluso: c’era di tutto, naturalmente, tranne come prendersi cura dei gatti e riempire in modo soddisfacente uno stupido trolley da viaggio.

Frustrato, lanciò lo schermo sul comodino. Avrebbe dovuto far inserire una sezione apposita. Quelle carenze negli archivi del Primo Ordine erano inammissibili! Si lasciò cadere all’indietro,  affondando la schiena nel materasso. Allargò le braccia, fingendo di nuotare sulle lenzuola, nel disperato tentativo di racimolare le idee e mettere insieme un glorioso piano d’azione.

Stupido Ren! Si ritrovò a pensare Tutta colpa sua. Lui e le sue idiozie da monaco spaziale. Si sussurrò, rotolando poi su un fianco Oh, beh… non è il caso di perdersi d’animo. Dannazione! Sono il più giovane generale della storia, ho progettato la base Starkiller e un sacco di altre cose fighissime. Fare una valigia non sarà un problema, no? Ringhiò, alzandosi con un colpo di reni.

Marciò verso l’armadio e ne cavò un trolley di modeste dimensioni, completamente nero e con la sigla dello spazioporto di Arkanis ancora appiccicata sulla maniglia. La strappò con un sorriso stanco, appallottolandola e gettandola al suolo. Sollevò il bagaglio, aprendolo e stendendolo sul letto.

«Bene!» riprese, parlando da solo «Iniziamo col compilare una lista di tutto quello che potrebbe servirmi.» ignorò il datapad, recuperando dalla scrivania una risma di fogli e una matita. Sedette, prendendo immediatamente a scrivere.
 

***
 

Hux sollevò di scatto il capo, ritrovandosi a fissare un muro bianco. Staccò con foga il foglio che gli si era appiccicato alla fronte.
«Maledizione… che ore sono?» si guardò attorno confuso. Aggrottò la sopracciglia nel notare l’orario scritto sul display più vicino. Si era addormentato mentre stilava la lista per la valigia e aveva sonnecchiato per le due ore successive; naturalmente, si era svegliato soltanto perché qualcuno stava insistentemente suonando alla porta dei suoi alloggi privati.

Si alzò, barcollando come un ubriaco sino all’interfono:
«Sì? Chi è?» domandò, mentre dall’altro capo giungeva una voce gracchiante.

«Sono Mitaka signore. C’è il capitano Phasma con me.»

Si sfregò gli occhi arrossati, nascondendo uno sbadiglio mentre digitava il codice d’apertura della porta:
«Entrate.» disse infine, indietreggiando d’un passo «Accomodatevi… dove volete.»

«Sta bene signore?»

Lo sguardo indagatore di Mitaka lo mise subito in allarme. Gettò velocemente un’occhiata allo specchio vicino, che gli restituì un’immagine ingloriosa: il colletto della sua divisa era completamente stropicciato, così come le maniche del largo cappotto, per tacere dei capelli completamente arruffati e delle occhiaie che cerchiavano le palpebre. Non c’era da meravigliarsi che il buon tenente fosse tanto preoccupato.

Annuì secco, indicando la scrivania ai due ospiti.

«Sì, benissimo.» sussurrò, scostando loro un paio di seggiole «Prego, sedetevi. Cosa posso fare per voi?»

«In verità, nulla signore.» aggrottò la fronte, rivolgendo un’occhiata irritata verso il povero Mitaka, che si affrettò a balbettare «Eravamo solo preoccupati. Non si è presentato al solito controllo di cambio turno e… temevamo le fosse successo qualcosa.»

«Ho perso il senso del tempo, tutto qui.» mormorò, indicando i fogli sparsi a casaccio davanti a sé «Sto… cercando di preparare la valigia in modo soddisfacente. Avrete saputo, immagino, delle recenti disposizioni di…» quell’idiota vestito da eremita mascherato «…Ren.»

Entrambi annuirono.

«Sì, signore. Tuttavia, dubito che questo elenco possa esserle d’aiuto.» balbettò il tenente all’occhiataccia successiva «Se posso essere franco, ha scritto troppo. Ha consumato quasi tutta la risma che, secondo una stima accurata, dovrebbe essere composta da circa cinquecento fogli. Se poi ha riempito entrambe le facciate, beh… è ad un passo dal pubblicare il prossimo best-seller galattico, signore.»

«Mitaka… il tuo senso dell’umorismo fa schifo. Dovresti lavorarci un po’ di più.»

«Amh… sì capitano, lo credo anch’io.» il poveretto sbuffò, tornando al generale «Comunque, beh… Non riuscirà a inserire tutto ciò in uno spazio tanto contenuto come…» l’indice scattò ad indicare il trolley «…quello. Urge un’immediata selezione»

«Quello che Mitaka sta cercando di dirti…» la voce di Phasma era ironica anche attraverso l’elmetto «è che hai messo troppe cose. Devi scremare e portare solo il necessario. Per esempio…» la donna raccolse rapidamente un foglio «Occhiali da sole, crema solare, latte detergente, bagnoschiuma, balsamo, shampoo, ciabatte per la doccia, spugna, ciabatte normali, salviettine umidificate fresh&clean, amuchina» girò la pagina «Sapone per le mani, sapone per il bucato, sapone per i piatti. Piatti, forchetta, coltello, tovaglioli di carta, bicchieri di plastica, carta igienica… credi davvero ti servirà tutto quanto per dove stai andando?»

«Oh, maledizione!» Hux scattò in piedi, completamente paonazzo. Strappò rapidamente il foglio alla donna, gettandolo via «Non so neppure dove sto andando! Ren si è fissato con questa stupidaggine del viaggio nell’ignoto. Non so se scenderemo mai dalla navetta, magari saremo condannati a vagare nello spazio per sempre oppure… finiremo su Dathomir, su Jakku o qualche altro pianeta inospitale, selvaggio e dove l’unica parvenza di civiltà sono catapecchie indigene dove ci si pulisce il culo con le foglie» li fissò scontento «Non siete d’aiuto.» concluse, quando sentì Phasma ridacchiare nuovamente.

«Se vuole, signore… posso lasciarle la mia valigia. Non è molto più capiente della sua, ma almeno avrà un po’ di spazio aggiuntivo.» balbettò il tenente, seguito a ruota dalla donna.

«Naturalmente, lo stesso vale per me. Ho anche il trolley per l’armatura. Lì ci sta dentro un sacco di roba, te lo posso assicurare. Ah… e posso chiedere ai miei Stormtrooper se ne hanno qualcuna che avanza. Saranno lieti di prestartele, tanto… per quello che le usano» concluse, scrollando placidamente le spalle.

Il Generale finse di pensarci su: logicamente, l’idea migliore era accettare tanto quelle offerte, quanto scartare il non necessario. Il problema era come capire cosa fosse superfluo e cosa no, considerato che non conosceva neppure un dettaglio della sua destinazione.

Annuì,  liquidando i sottoposti con un cenno rapido:
«Molto bene» esclamò «Mi fido di voi. Nel mentre, vedrò di migliorare nella stesura della lista…»
 

***

 
Mitaka e Phasma erano stati di parola: erano tornati due ore dopo, scaricando una ventina di valige davanti alla porta della sua stanza e si erano dileguati. Hux ci aveva messo altrettanto per portare tutto all’interno e per sfoltire ancora l’elenco, alla fine ridotto ad una modica ventina di pagine, compilate fronte e retro.

Preparare la valigia per Millicent era stato il primo e facile passo: le aveva messo tutto il necessario, partendo dalle bustine di cibo arrivando alla cuccia imbottita che non avrebbe mai usato e al tiragraffi di Palpatine. La lettiera a forma di Morte Nera era stata un po’ più difficoltosa da inscatolare, ma alla fine era riuscito ad imballarla in modo soddisfacente. Considerando che aveva utilizzato circa quattro valige per le cose della gatta, ne aveva ancora sedici a propria disposizione. Sarebbero sicuramente state sufficienti.

Aprì tutti gli armadi della propria camera, soppesandone i capi appesi all’interno con attenzione. Oltre ai vari corredi di divise – cinque dei quali erano già stati inseriti tre le cose da portar via – possedeva soltanto un paio di anonime camicie bianche e altrettanti pantaloni in sobrio tessuto nero. Di rimpiazzare gli stivali, ovviamente, nemmeno per idea. Però avrebbe potuto infilare davvero due paia di ciabatte: quelle morbide da camera e quelle di plastica, più pratiche da risciacquare. L’accappatoio era imprescindibile e così anche un doppio set di salviette. Era indubbiamente meglio abbondare con boxer, calzini e maglie della salute. Possedeva un paio di magliette tinta unita che avrebbero fatto al caso suo. Costumi da bagno? Li usava regolarmente quando si trattava di allenarsi in piscina, ma la verità era che non ne indossava uno da anni. Si chiese se quei vecchi pantaloncini a fiori gli andassero ancora bene e sospirò sollevato quando notò l’elastico in vita. Gettò anche quelli nel mucchio dei vestiti, passando ad analizzare poi dei morbidi guanti di lana, una sciarpa verde e un berrettino abbinato, con un grazioso pon-pon in cima. Non c’era ragione per scartarli, d’altronde avrebbero potuto affrontare un pianeta ghiacciato tanto quanto le torride sabbie del deserto. Un ombrello sarebbe sicuramente servito e così un impermeabile. Gli occhiali da sole finirono a far compagnia al cappello da pescatore. Quando fu la volta dei pigiami ne scelse tre con fantasie diverse: uno a ranocchiette rosa, uno a pinguini e uno bianco e grigio, con un orsetto che dormiva al centro del petto. Il ventaglio da borsetta che aveva sottratto a Unamo di nascosto gli sarebbe tornato utile e così i doposci che Mitaka gli aveva prestato e che non gli aveva mai restituito.

Passò poi ai generi di consumo: il beauty-case era già pronto con tutto il necessario, a partire dallo spazzolino e dal dentifricio sino ai rasoi da barba; non si era dimenticato il sapone, il bagnoschiuma, lo shampoo e il deodorante al profumo di vaniglia. Con Ren il pericolo di ferite era sempre in agguato, quindi aveva inserito una imponente collezione di bende, cerotti, cotone e disinfettanti; creme al cortisone contro le punture di insetto, creme anti scottature, latte doposole, lozione all’aloe per ridurre le irritazioni e lasciare la pelle morbida. Antibiotici e antinfiammatori di varia natura. Antidiarroici. Callifugo. Soppesò la possibilità di rinunciare al burrocacao, ma alla fine gettò anche quello nell’astuccio della farmacia.

Stipò tutto nelle valige, sedendosi sul loro coperchio per poterle chiudere una alla volta. Infine, guardò soddisfatto il risultato.

«Bene, c’è stato tutto!» chiocciò soddisfatto, salvo notare poi i doposci, rimasti inspiegabilmente fuori. Tentò di cacciarli in qualche tasca laterale, ma senza successo. Decise di restituirli al loro legittimo proprietario.
 

***

 
Fu costretto a chiedere aiuto a cinque Stormtrooper per trasportare i bagagli fino all’hangar uno, dove la navetta Upsilon era pronta per il decollo.

«Bene, quelli potete cominciare a caricarli» ordinò.

Sembrava che nessun altro sarebbe venuto con loro. La zona cargo era completamente sgombra fatta eccezione per Millicent, che sonnecchiava placidamente nel suo trasportino a forma di Caccia TIE «Ren?» chiese infine.

«Sono qui!» le porte scorrevoli dell’hangar tornarono ad aprirsi, mentre l’apprendista si faceva strada in sua direzione «Pronto?»

«Naturalmente» Hux indicò il cumolo di valige in fase d’imbarco.

«Porti tutta quella roba?»

«Beh… certo! Neppure sappiamo dove siamo diretti. Ho dovuto prendere… un po’ di tutto» ammise, spiando poi ai la figura altrui. Il cavaliere non reggeva altro che una tracolla dalle dimensioni di un beauty-case «Amh… hai già caricato le tue cose?»

Come temuto, ottenne un cenno del capo.

«Ho tutto qui!» fu l’orribile conferma.

Hux calcolò mentalmente la capienza della borsa: a occhio e croce, non poteva contenere che uno spazzolino con dentifricio e forse un paio di mutande. Dei calzini se era fortunato.

«Amh… che ci hai messo lì dentro?»

«La spada laser, ovviamente! E un pettine.»

Si batté sconfortato una mano sulla fronte. Kylo Ren portava sempre l’arma agganciata alla cintura, tranne evidentemente quando dovevano viaggiare. Per qualche strana ragione, aveva deciso di sacrificare tutto lo spazio nella valigetta per la spada e… un pettine. Si massaggiò l’attaccatura del naso, consapevole che far ragionare il cavaliere sarebbe stata un’impresa più che impossibile.

«Ren… le mutande?»

«Ne ho un paio addosso e uno in borsa. Bastano e avanzano. Al massimo le giro, capito? Dentro-fuori.»

Represse un conato, costringendosi a proseguire in quell’ispezione:
«Calzini?»

«Stessa cosa delle mutande.»

«Tuniche di ricambio?»

«Ne ho già una, non me ne servono altre.»

«Costume da bagno?»

«A chi occorre?» una voce sgradevole si intromise nel discorso, costringendolo a ruotare leggermente il capo. Pryde si era avvicinato, le mani giunte dietro la schiena e un’impeccabile postura militare; il tutto, ovviamente, per far risaltare i nuovi gradi appuntati sul suo petto.

«Pryde…» Hux mimò un leggero cenno di saluto.

«Generale Pryde, se non ti dispiace… Armitage.»

Era consapevole della sfumatura paonazza che stavano prendendo le sue guance, ma gli era impossibile arrestare il rossore che ormai affiorava sul suo viso. Strinse i pugni, ventilando per un istante l’idea di rompere il naso di quel pomposo. Modellò, invece, un sorriso affabile, ingoiando quell’ennesimo boccone amaro:

«Certamente, generale Pryde» si assicurò di avvelenare per bene quel titolo, continuando poi «Confido che troverò la mia nave in perfetto stato al rientro, non è vero?»

«Oh, naturalmente! Ma dubito che sarà ancora la tua nave.»

«Io dubito del contrario.»

«E io dubito del contrario del contrario.»

«E io dubito del contrario del contrario del contrario»

«E io dubito del contrario del contrario del contrario del contrario.»

«E io dubito del contrario del contrario del contrario del contrario del contrario… all’infinito!» esclamò Hux, gongolando vittorioso «Ah!» concluse.

Ricevette un’occhiata perplessa tanto da Pryde quanto da Ren, che evidentemente era rimasto ancora alla discussione sui costumi da bagno.
La sua domanda, infatti, interruppe il breve silenzio:
«Dunque, generale Pryde… stavi dicendo sui costumi da bagno?»

Il vecchio imperiale regalò all’apprendista un sorriso indulgente:
«Semplicemente, mio signore… a noi non occorrono costumi da bagno. I veri uomini fanno il bagno nudi, lo sanno tutti.»

«Ma certo! Infatti non li ho portati. Insomma, potete guardarmi… non c’è nessuno che sia più vero uomo di me.» l’apprendista gonfiò il petto, portando le mani sui fianchi e irrigidendo le spalle, mentre un’espressione fiera bagnava i suoi lineamenti «Suppongo che nemmeno tu li abbia portati, non è vero Hux?»

L’immaginazione di Hux si trovò bloccata tra due visioni altrettanto orribili: Pryde completamente nudo pronto ad immergersi nella vasca… e i suoi boxer a fiori, sepolti sul fondo di una delle tante valige. Sentì Ren ridacchiare accanto a sé e non faticò a percepirne la presenza tra i propri pensieri.
Scosse rapidamente la testa:

«No!» mentì un po’ troppo precipitosamente «Assolutamente no.» cercò di recuperare il polso della situazione, agguantando Ren per una manica e tirandolo verso la navetta «In ogni caso, credo che dovremo andare, no? Si sta facendo tardi… dobbiamo proprio decollare, sì.»

«Sì, assolutamente! L’ignoto non può attendere!» Ren stava sventolando un fazzoletto in segno di saluto «Vi scriveremo! Vi manderemo delle cartoline. Buon Finalizer a tutti!»

Buon Finalizer a tutti?
Kriff, sarebbe stato un viaggio lunghissimo.

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Capitolo 7
*** La vita alta fa tendenza ***


7. La vita alta fa tendenza


Mao, mao, mao, mao…

Hux sbatté ripetutamente la fronte contro la consolle dell’Upsilon, nella speranza di fermare quella cantilena. Da quando erano partiti, Millicent non aveva fatto altro che miagolare a massimo volume, continuando a piangere all’interno del suo trasportino. A nulla erano valsi i tentativi di calmarla; Ren aveva persino cercato di cullarla con la Forza, ma la gatta si era dimostrata sorprendentemente resistente. Più resistente del proprietario a conti fatti, cosa che gli provocava un fastidio nell’amor proprio. Guardò scoraggiato oltre il parabrezza della navetta. Erano saltati nell’iperspazio ricomparendo in un punto indefinito della galassia.

«Dove siamo?» chiese al pilota, ricevendo in cambio una scrollata di spalle.

«Non lo so. Ho inserito delle coordinate a caso.»

Ren gli stava sorridendo orgoglioso, come se quel vagabondare random fosse la sua massima aspirazione.
Slacciò rapidamente le cinture di sicurezza, alzandosi e sgranchendosi gambe e braccia.

Mao, mao, mao, mao.

Stava diventando insopportabile. L’idea di lanciare il felino fuori dal finestrino gli sfiorò la mente, ma venne subito scacciata. La povera micina non era responsabile, in fondo, di quella disavventura: era stata costretta a partecipare, proprio come lui.
Si avvicinò al trasportino, armeggiando con lo sportello.

«Posso fare uscire Millicent, ora?» chiese, mentre la gatta gli saltava prontamente in braccio e strusciava il muso contro il suo gomito.

«Mi sembra che tu l’abbia appena fatto. Perché mi chiedi il permesso?» Ren gli rivolse un’occhiata perplessa.

Ignorò la domanda, tornando a sedere sul sedile del copilota. Millicent si divincolò agilmente, balzando in un attimo sul cruscotto. La gatta prese a camminare, producendo delle piccole fusa soddisfatte mentre i grandi occhi verdi osservavano stelle e pianeti che li circondavano. Passeggiò rasente al vetro, prima di scivolare verso le robuste mani di Ren, ancora agganciate alla cloche. Vi strofinò ripetutamente la testolina, finché l’apprendista non si decise a carezzarla tra le orecchie.

Ron-ron-ron.

Quel suono rilassato si diffuse nella cabina, interrotto soltanto dalla domanda del Generale:
«Perché hai voluto portare anche lei?» Io non ti bastavo come ostaggio? Trattenne a stento quelle parole, limitandosi ad un sorrisetto stiracchiato.

«Me lo ha suggerito la Forza.»

«Certo, come no…»

«No, sul serio! È stato come… un presagio. Millicent è importante per questa missione.»

«Ma se non sappiamo neppure dove stiamo andando! Né che stiamo facendo» si schiacciò ancor di più contro lo schienale imbottito, scrutando l’universo che li circondava «Ammettilo Ren! Tutto questo è follia! Non riuscivi a dormire, ti sei immaginato una voce che ti chiamava, ti sei messo a cantare nell’hangar e poi… hai pensato che la cosa giusta da fare fosse  vagare nello spazio a casaccio in cerca di un’illuminazione che potesse rendere la tua vita meno schifosa di quanto era.» soffiò in un attimo, pentendosi immediatamente di quelle parole. Colse un familiare solletichio alla gola, che presto si trasformò in una presa più solida.

«Non credo d’aver capito bene, Generale.»

Annaspò in cerca di aria.

«Viag…gio ma…gnif…ico. Mi ser…viva una…» cancellò rapidamente ogni traccia di sarcasmo, sforzandosi d’apparire contento «va… vacanza.» ringhiò, riprendendo a respirare avidamente. Si massaggiò piano il collo, sforzandosi di annullare l’orribile sensazione di pressione.

«Lieto che lo approvi

Ma vai a farti fot…

Di nuovo quella sensazione sgradevole. Corresse il pensiero.
…Florrum! Pensò al primo pianeta con la lettera F. La presenza del cavaliere si ritirò dalla sua mente.

«Ottima idea. Florrum mi sembra un buon posto da cui iniziare le ricerche.»

Sì, splendido! Un pianeta desertico, costantemente assolato e caldo come un forno. Gli insediamenti civili si potevano contare sulle dita di una mano, ma in compenso abbondavano briganti e pirati. Si prese la testa tra le mani. Poteva andare peggio di così? Il suo compagno di viaggio era uno psicopatico con manie di grandezza, il cui unico obiettivo era emulare le gesta del nonno e saltare qui e là nello spazio alla ricerca di… neppure lui sapeva ben cosa. La loro meta si era appena trasformata in un afoso pianeta dove sarebbero arrostiti o sarebbero stati catturati e rivenduti come schiavi nella migliore delle ipotesi; nella peggiore, sarebbero morti disidratati in qualche deserto solo perché Ren non digeriva la cena e sognava voci inesistenti. Poteva andare peggio di così? La sua unica consolazione era l’aver inserito crema solare protezione 50 all’interno dei bagagli.

Scosse il capo, massaggiandosi la fronte e cercando di riordinare i pensieri. Sicuramente, quell’attimo di sconforto stava ottenebrando le sue capacità di giudizio: doveva esserci un modo per spingere l’apprendista ad abbandonare i suoi propositi e tornare al Finalizer. Se fosse riuscito a convincerlo ad invertire la rotta, allora…

Osservò per un istante la cabina. Il ron-ron era completamente svanito.

«Ren… dove è Millicent?»

«Non lo so. Se n’è andata, suppongo…»

«Sì, ma… dove?»

«Dietro, immagino. Oh, finiscila di fare il genitore iper apprensivo, Hux! Siamo su una nave spaziale, mica può essere andata molto lontana. Di sicuro non è scesa.»

Gli rifilò un’occhiata stanca, fingendo di ridere a quella piccola ironia.
«Lo so» rispose, alzandosi nuovamente e iniziando a scivolare via dalla cabina di pilotaggio «Ma un trasporto Upsilon non è un posto per gatti. Potrebbe rimanere incastrata da qualche parte o farsi male con attrezzi, fili scoperti, bulloni avvitati male…» sospirò, inserendo la sequenza d’apertura della porta «Vado a cercarla.» sentenziò, prima di uscire.

 
***


C’era qualcosa che non gli tornava. Millicent era scomparsa, ma come aveva fatto ad allontanarsi dalla cabina di pilotaggio senza che se ne accorgessero? A passare le porte blindate, poi…

Senza dubbio, la colpa era di quel deficiente di Ren. Doveva aver approfittato della sua distrazione per permettere alla gatta di uscire e gironzolare per la navetta indisturbata, fregandosene dei possibili rischi che avrebbe potuto incontrare.

Scosse il capo, cercando di concentrarsi: trovare una palla di pelo arancione non doveva essere difficile, non quando era circondato da pareti in acciaio grigie o nere. Eppure… di lei non c’era traccia. Aveva controllato già il bagno, facendo attenzione non fosse caduta nello scarico; era passato alla piccola cambusa, frugando tra le razioni, i kit medici e il pentolame. Aveva guardato nell’unica stanza a disposizione, dove era sistemato un letto a castello con delle coperte ruvide e cuscini esageratamente morbidi; Ren si era rifiutato di cedergli il letto di sotto – infinitamente più pratico e comodo se ti scappava la pipì nel bel mezzo della notte - usando come patetica scusa il “soffro di vertigini” a cui non aveva creduto neppure un istante. Aveva persino rovistato nei vani inseriti sotto le lastre del pavimento, utili solo a contrabbandare merce e nascondersi in caso di abbordaggio nemico. Rimaneva soltanto una zona da esplorare.

Hux digitò frettolosamente il codice d’accesso per il vano carico. Le porte scorrevoli si aprirono e si ritrovò in un lampo nella stiva della navetta. I suoi bagagli occupavano tre quarti dello spazio a disposizione.

Appollaiata su una valigia, scorse Millicent intenta a fissare un enorme bottone rosso.

«Milly, mia cara…» la chiamò appena, avanzando cautamente tra trolley e beuaty case «Vieni da papà, su…»

Lei lo ignorò, stiracchiando le quattro zampe prima di appoggiarsi al pulsante.

«Millicent vieni via…» provò ancora, mentre le unghie della gatta iniziavano a graffiare la superficie scarlatta.

«è pericoloso stare lì, Milly…» iniziò a sudare freddo quando riconobbe l’interruttore con cui la felina stava giocando «Milly, vieni.» avanzò di un passo, sollevando le braccia «Non schiacciare quel bottone, tesoro.»

Le zampette morbide si ancorarono al bordo.

«Milly non schiacciare quel bottone!»

I polpastrelli premettero a fondo il pulsante.

«Milly, no!»

Troppo tardi giunse quell’avvertimento. La rampa di carico della navetta si spalancò e un potente risucchio trascinò fuori dalla stiva tutti i bagagli. Hux si aggrappò saldamente alla maniglia dell’ingresso, mentre la gatta gli conficcava le unghie nella gamba per non essere spazzata via. Strinse con forza i battenti, lottando contro il vortice che, alle proprie spalle, minacciava di aspirarlo verso il vuoto cosmico dello spazio.

«Kriff!» imprecò, issandosi a fatica oltre l’accesso dell’Upsilon e chiudendo immediatamente la porta. Fissò da uno spioncino tutte le sue valigie che si allontanavano, fluttuando serene nell’universo. Addio crema solare.

Si accasciò contro una paratia, riprendendo a respirare e cercando di calmare il tumulto del cuore nel petto. C’era mancato davvero poco. Per un attimo, si era visto galleggiare inerte nello spazio, circondato dai quei trolley che i legittimi proprietari non avrebbero mai più rivisto. Ren si sarebbe accorto della sua assenza soltanto due giorni dopo, probabilmente… e, senza dubbio, non sarebbe tornato indietro per salvarlo.

Infine, abbassò lo sguardo. Millicent si era staccata dai suoi pantaloni e si stava nuovamente allontanando, impettita e fiera del disastro appena combinato.

«Milly! Ti avevo detto di non toccare il bottone.» scattò,  raggiungendo la gatta e cercando di sollevarla di peso. Ricavò un paio di morsi furiosi sulle dita, sufficienti a farlo desistere.
Lasciò che il felino si ritirasse nella zona notte e si diresse verso la cambusa.
 

***
 

Riapparve nella cabina di pilotaggio con una tazza grigia a forma di Morte Nera. Soffiò un poco, cercando di dipanare il vapore della camomilla, la terza di fila che si concedeva. Si accasciò nuovamente sul proprio sedile, spiando Ren sottecchi.

«Abbiamo perso i bagagli.» esordì, ma quella notizia non sembrò scalfire l’animo altrui.

«Ecco cos’era quel rumore che ho sentito.»

«Sì…» prese un rapido sorso, ustionandosi la lingua e le labbra. Avrebbe dovuto lasciarla raffreddare ancora un po’ «La cosa non ti preoccupa, vedo.»

«No, tanto era tutta roba tua.»

Emise un gemito sordo. Parlare con quell’imbecille era completamente inutile, così come supplicarlo di cambiare rotta verso un pianeta civilizzato  (o che avesse almeno un outlet dove potersi rifornire). Sollevò le ginocchia, poggiando i talloni sul cruscotto e incrociando le caviglie. Soffiò di nuovo sulla tazza, nella speranza di abbassare ulteriormente la temperatura. Colse un gesto nervoso con la coda dell’occhio e un attimo dopo si ritrovò a sbattere la fronte contro la consolle di comando.
La camomilla schizzò ovunque, inzuppando la divisa sulle maniche e sulle cosce. Osservò il risultato con orrore.

«Ma sei cretino?!» scattò, recuperando un fazzolettino per cercare di asciugarsi. Peggiorò solo la situazione, allargando le macchie «Sembra che me la sia fatta addosso!»

«Così impari…»

«A fare cosa?!» non gli sembrava d’aver fatto alcunché, ma evidentemente Ren non era della stessa opinione.

«A mettere i piedi sul cruscotto.»

Allargò le braccia con fare sconsolato:
«Potevi semplicemente dirmelo, dannazione. “Mi danno fastidio i piedi sul cruscotto”… è così difficile?» non ottenne risposta; continuò a passare il fazzoletto sui pantaloni bagnati «Addio alla mia ultima uniforme» ringhiò, sporgendosi per fissare il radar: attorno all’Upsilon soltanto il vuoto cosmico «Quanto manca a Florrum? Non possiamo fare una tappa altrove? Ho bisogno di vestiti nuovi.»

«Troverai degli abiti su Florrum.»

«Sì, certo. Un pianeta desertico dove la gente va in giro indossando delle tende colorate, al posto di magliette e pantaloni.»

«E quindi? Non essere prevenuto nei confronti della cultura locale, Hux. Sono certo che troveremo qualcosa di adatto.»

Scosse il capo. Non ne era affatto convinto e si sforzò di non immaginarsi avvolto in qualche pezzo di maleodorante tappezzeria che sicuramente doveva andare di moda su quel pianeta dimenticato. Si alzò di scatto recuperando la tazza e marciando verso il retro della navicella.

Ignorò il “dove vai?” di Ren.
Aveva bisogno di un’altra camomilla. Doppia, possibilmente.   
 

***

 
Florrum era al quinto posto della classifica dei luoghi più inospitali della galassia. Hux preferiva non sapere quali fossero gli altri quattro, ma temeva che l’avrebbe comunque scoperto nel corso di quello strampalato viaggio.

Il pianeta era completamente immerso in un enorme deserto di sabbia giallognola e costantemente inondato dalla luce di due soli, che si alternavano durante il ciclo giornaliero; stando alle informazioni in suo possesso, su Florrum non calava mai la notte. La temperatura si aggirava costantemente attorno ai quarantacinque gradi.

La più grande attrazione turistica, se così la si poteva chiamare, erano le enormi ed infinite distese di dune che si potevano trovare… praticamente ovunque. Gli insediamenti erano rari, scarsamente collegati tra loro, e spesso erano poco più che dei dormitori. La flora locale era composta in prevalenza da piante grasse o carnivore. L’unica fonte di sostentamento, oltre a animali poco mansueti, erano degli strani frutti rossi tondeggianti, chiamati Fsafhnec’fhs. Poiché questo nome era impronunciabile per la maggior parte delle specie residenti, venivano soprannominati familiarmente “Cosi buoni da mangiare”. In effetti, erano così diffusi che le sagre in loro onore si sprecavano.

Ren aveva parcheggiato allo spazioporto, lasciando le chiavi della navetta ad un garzone con la preghiera di dare una lavata al parabrezza: «Si sono attaccati un sacco di moschini sul vetro durante l’atterraggio!» aveva sbottato, prima di allontanarsi nelle vie strette e afose della capitale.


Hux guardò la divisa: fortunatamente la calura aveva fatto evaporare le rimanenti tracce di camomilla dai pantaloni, che erano state rimpiazzate da disgustosi aloni di sudore. Si era dovuto togliere la casacca e rimboccare le maniche della maglietta sottostante. Ren, invece, si era liberato di tutto, limitandosi a girare a petto nudo come se fosse la cosa più normale del mondo.

«Non riesci proprio ad eliminarli quegli osceni pantaloni, vero?» ringhiò il Generale, ottenendo solo un ciondolare della testa bruna.

«Scherzi? La vita alta fa tendenza.»

«Certo, se non fosse che quelli non sono pantaloni a vita alta, Ren. Ti arrivano allo sterno… io direi che sono più una salopette mancata.»

«Sei anche esperto di stile, ora? Non credo proprio.»

Discutere era inutile. Rallentò il passo quando la via si aprì su una larga piazza circolare, dove le bancarelle di un mercato si alternavano a piccole boutique in muratura. Beh, non erano certo finiti nella capitale della moda, ma avrebbe dovuto accontentarsi.

«Vado a cercare dei vestiti» mormorò, allungando il passo per distanziarsi dal cavaliere «Tu… aspetta qui e non ti allontanare troppo. E non fare niente di stupido!»

Piegò immediatamente a sinistra, avvicinandosi ad un negozietto modesto. La vetrina mostrava abiti piuttosto pratici, informali, ma dal taglio discreto. Non erano il suo genere – riassumibile esclusivamente con divise militari – ma potevano adattarsi. Spinse la porta, sussultando all’orribile scampanellio che ricordava tanto un rutto di un Porg.

L’interno della bottega era immerso in una inquietante penombra: la luce filtrava esclusivamente dalle finestre socchiuse e dalle vetrine, sottolineando la polvere che copriva il pavimento di legno. L’odore di stantio regnava sovrano, mescolato ad un profumo dolciastro di frittelle e miele. Si costrinse ad avanzare, ignorando quell’olezzo pungente che gli solleticava il naso. Qualunque cosa avesse comprato, avrebbe avuto bisogno di una bella lavata prima d’essere indossato. Ammesso e non concesso che avessero qualcosa della sua taglia.

«Emh… permesso?» borbottò incerto «C’è nessuno?»

Sussultò e indietreggiò di scatto quando una ragazzina sgusciò da sotto il bancone.

«Oh? Un cliente? Non posso crederci!» canticchiò la fanciulla, mettendo poi le mani a coppa verso il retro «Papà! Abbiamo un cliente!»
L’unica risposta che ottenne fu un sordo muggito.

«Come dici, papà? Ma certo. Non ti preoccupare, continua pure.»

Un altro Moooooo ruppe la quiete.

«Non ci faccia caso, mio padre è un uomo molto impegnato. Posso aiutarla io, sono Gyala.»

«Sì, emh… certo.» Hux cercò di allungare il collo per spiare il retrobottega, ma la giovanissima commessa tirò rapidamente una tenda malconcia, impedendo ulteriori indagini «Tuo padre è…»

«Un Bantha, esatto! Naturalmente, non è il mio vero padre… mi ha adottata quando avevo… mh, non ricordo.»

Perfetto! L’unico negozio che sembrava avere vestiti decenti era diretto da una bambina e da un bovino. Indietreggiò di un passo, cercando di ritornare discretamente verso la porta. Non aveva nessuna intenzione di partecipare a quella follia, l’ennesima di quell’assurda giornata.

La ragazzina, tuttavia, gli tagliò prontamente la strada:
«Allo, come posso aiutarla? Cercava dei vestiti immagino…»

«No, veramente. Volevo acquistare dei lampadari, ma non credo ve ne siano qui.» modellò un sorriso di scuse, provando ad aggirare la piccola, ma quella tornò a sbarrargli il passo.

«Li abbiamo al piano di sopra, naturalmente, mentre nel seminterrato abbiamo anche articoli da giardino. Tutto il necessario per prendersi cura di aiuole, orti, piante carnivore…»

«Ma… è un pianeta desertico! C’è sabbia ovunque, insomma.. chi diamine può volere degli attrezzi da giardino?»

«Non lo so. In effetti, è il reparto dove registriamo le minori vendite.» la ragazzina lo afferrò lesta per un braccio, spingendolo verso una serie di manichini «Allora, vediamo cosa ho per lei. Aveva già in mente qualcosa?»

Hux provò a divincolarsi, stupendosi della presa ferrea della commessa evidentemente decisa a non lasciarlo fuggire. Scosse piano il capo, osservando gli abiti in esposizione.
«Mh… mi servirebbe qualcosa di pratico per un viaggio… lungo e snervante.»

«Ho esattamente ciò che cerca!» Gyala aprì un vecchio baule polveroso, cavando alcune vesti dai colori sgargianti: vi erano lunghe camicie porpora, intessute di fili dorati; pantaloni verdi con intarsi d’argento e giacche di morbido velluto «Che ne dice? Sono perfetti per una cena di gala.»

«Emh… certo, ma non devo andare ad una cena di gala.»

«Ah, capisco.» il baule tornò a chiudersi «Dove deve andare?»

«Non lo so.» Hux si prese la testa tra le mani. Tutta quella situazione era assurda! Stava affrontando un viaggio senza meta e senza scopo solo perché un bamboccio aveva deciso di seguire voci immaginarie. Un gatto dispettoso aveva gettato i suoi bagagli fuori dalla navetta, costringendolo a dover elemosinare in un negozio polveroso gestito da una proprietaria sicuramente minorenne e completamente pazza «Per favore, credimi. La mia vita è già abbastanza difficile così… non hai qualcosa di pratico, non troppo vistoso né costoso?»

«Sì, certo! Ho il vestito da sposa di mia madre. So che sembra assurdo, ma la gonna è molto sobria e fresca.»

«Sono un maschio, veramente…»

«E quindi? Mica abbiamo pregiudizi qui.»

Forse avrebbe potuto uccidersi con un rastrello… era certo che ne avrebbe trovati in quantità industriale al piano sottostante; oppure impiccarsi ad un lampadario. Si passò entrambe le mani sul viso, ripetendosi di mantenere la calma. Avrebbe preso i vestiti, sarebbe corso all’Upsilon e sarebbe decollato senza Ren. Sarebbe tornato al Finalizer, dove avrebbe sparato a quella cariatide di Pryde e ripreso il controllo della sua nave e della sua vita. Sì, come piano era perfetto. Doveva solo cercare di metterlo in pratica senza restare ucciso in qualcuno dei passaggi, cosa piuttosto probabile.

«D’accordo, ricominciamo!» riprese, pizzicandosi l’attaccatura del naso «Ho bisogno di abiti pratici e comodi per un viaggio; da uomo. Possibilmente della mia taglia, non roba che devo rimboccare quattro volte per poterla indossare. L’ideale sarebbe una divisa militare, ma immagino di non poter pretendere troppo…»

«Beh, se vuole… ho un’uniforme che potrebbe fare al caso suo.» Gyala aprì una vecchia scatola di cartone, mostrando una tuta da volo arancione, completata da inserti bianchi sulle spalle e sul petto dove capeggiava il simbolo della ribellione «Che ne dice?»

Hux scosse velocemente la testa. Non si sarebbe provato quella cosa nemmeno se fosse stato l’ultimo capo disponibile su quel pianeta. Avrebbe preferito girare nudo piuttosto che sembrare feccia ribelle.
«Non credo faccia al caso m…» si interruppe.

La commessa, evidentemente ignorando ogni suo desiderio, gli aveva già cacciato la tuta tra le braccia e lo stava già spingendo nell’unico camerino.

«Ehi! Ho detto che non intendo provarla!» protestò, ritrovandosi nella cabina un attimo dopo.

«La provi! Altrimenti dovremo ricorrere al vestito da sposa di mia madre.»

«Non voglio mettermi questa schifezza!»

«Oh, non faccia il difficile. Sono sicura che le starà benissimo.»

«Ho detto di no!»

«Ho un Rancor nel retro del negozio...»

«Oh, Kriff!» imprecò. Prese a slacciarsi l’uniforme del Primo Ordine, avendo cura di accatastare giacca e pantaloni sull’appendino. Si contemplò qualche attimo allo specchio: le gambe magre erano già coperte di polvere del deserto, così come le spalle e i capelli rossi in disordine. Aveva immediatamente bisogno di darsi una ripulita e di recuperare la sua proverbiale compostezza. Inoltre, aveva bisogno di ricambi intimi. Sospirò, obbligandosi ad infilare la tuta da volo. La chiuse con la propria cintura, cogliendo il familiare peso del blaster battergli contro il fianco. Decise di non indossare anche la parte superiore, e si limitò a legare le maniche attorno alla vita. Assomigliava più ad un meccanico, così… ma almeno l’odioso stemma della ribellione non era visibile. Rimise gli stivali osservando il risultato finale.

«Meno peggio di quel che pensassi…» sospirò, lisciando rapidamente le pieghe della sua maglietta nera. Si costrinse ad uscire dal camerino e a ricevere i cenni d’approvazione della commessa «Dove diamine l’avete presa questa roba?»

«Un pilota morto nel deserto. Oh, e aveva questa con sé.» Gyala gli porse una piccola valigia di pelle, piena zeppa di vestiti di ricambio «Può averla, se vuole. Gliela cedo insieme alla tuta.»

Spiò rapidamente il contenuto della borsa, frugando tra biancheria intima, calzini, magliette e qualche camicia. C’era persino un rasoio da barba, ma neppure l’ombra di uno spazzolino da denti. Non che facesse differenza: era già abbastanza ridicolo dover indossare boxer ricamati con lo stemmino della ribellione; lo spazzolino da denti sarebbe andato oltre le proprie capacità di sopportazione.
Prese rapido il bagaglio, cacciandovi dentro anche la propria vecchia divisa.

«Bene!» sentenziò, non senza una punta di soddisfazione «Prendo tutto! Amh… accettate crediti del Primo Ordine, vero?» domandò incerto. Senza Ren nei paraggi non aveva alcuna possibilità di fuggire senza pagare.

«Oh, certo! Non siamo schizzinosi in fatto di soldi.»

Per forza, sono il vostro primo e ultimo cliente. Si disse, pagando rapidamente la somma pattuita. Raccolse i propri acquisti, dirigendosi velocemente verso l’uscita:
«Beh, arrivederci allora.» salutò, mentre un Mooooooo lo accompagnava.



 

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Capitolo 8
*** In bocca al Sarlacc, tesoro ***


8. In bocca al Sarlacc, tesoro


Ren era sparito.

Hux era tornato nel punto in cui l’aveva lasciato ma, come prevedibile, il cavaliere se n’era andato. Cosa nelle parole “Non fare niente di stupido” non era chiaro?

Scosse il capo, rinunciando a qualunque tentativo di capire l’altro. Allungò il passo, cercando di scacciare la sgradevole sensazione che, da qualche minuto, lo aveva avvolto. Aveva il sospetto che qualcuno lo stesse pedinando: quando si affrettava, il suo inseguitore accelerava; quando rallentava o si fermava, i passi svanivano misteriosamente. Era certo di aver intravisto qualcosa di arancione muoversi furtivamente alle sue spalle. La destra scese al fulminatore, liberandolo dalla fondina, mentre infilava rapidamente la strada che conduceva allo spazioporto. Sperava di trovare Ren nei pressi dell’Upsilon, anche se dubitava che l’apprendista gli avrebbe semplificato la vita a tal punto.

Superò rapidamente un negozio di droidi e spiò la vetrina con la coda dell’occhio. Si immobilizzò quando lo vide: un pilota della resistenza lo stava seguendo, senza più nemmeno prendersi la briga di nascondersi dietro muri o steccati.

Il Generale ruotò rapidamente su un piede, caricando l’arma con un gesto esperto. Sollevò la canna del blaster puntando direttamente quella figura, che dal vicino vetro lo stava tenendo sotto tiro.
«Feccia rib…» si interruppe.

Scrutò il fisico asciutto, i capelli rossi arruffati e lo sguardo stanco. Abbassò la mano destra e l’immagine fece lo stesso.
«Devo essere completamente pazzo» mormorò, battendo un piccolo pugno per salutare il proprio riflesso.
Quel viaggio lo stava snervando notevolmente, se era arrivato a scambiarsi da solo per un nemico; ed erano soltanto alla prima tappa…
 

Dieci minuti dopo, raggiunse lo spazioporto. Attraversò le piazzole di sosta, gettando occhiate rapide attorno a sé: non si scorgeva Ren da nessuna parte. Neppure quando arrivò all’Upsilon riuscì a trovarlo. Salì, approfittandone per depositare il piccolo bagaglio acquistato e per regalare una carezza a Millicent, che gli era trotterellata attorno.

«Non l’hai visto neppure tu, vero?» sospirò, mentre la gatta gli saltava prontamente in braccio, strusciando il muso contro il suo petto. Aprì le mani, come a farla nuovamente scivolare sul pavimento, ma la micia si aggrappò con le unghie alla maglia nera, forandola in più punti «Non posso portarti, Milly. Fa caldo, là fuori… e potrebbe essere pericoloso.»

Ne dubitava, in realtà: conoscendo Ren, si era allontanato per comprare qualche idiozia.
Già lo immaginava rientrare alla navetta con un carico di tappeti, spezie maleodoranti e una decina di souvenir da distribuire all’intero ponte di comando del Finalizer. Mitaka sicuramente avrebbe gradito una di quelle palline con la neve, mentre Unamo l’avrebbe immediatamente nascosta in un compattatore di rifiuti. Phasma… probabilmente l’avrebbe usata come fermaporta. Non poteva, comunque, essersi distanziato molto dalla piazza del mercato: dove sarebbe potuto andare, considerato che l’intera città era circondata dal deserto? A meno che Ren non avesse deciso di seguire la voce tra le dune sabbiose, a costo di smarrirsi e morire arrostito nelle due ore successive. Scosse il capo: nemmeno Ren poteva essere così stupido da avvallare un’idea del genere… o sì?

Colse una stretta allo stomaco, mentre sentiva quell’ipotesi concretizzarsi sempre di più: il cavaliere era sicuramente corso appresso a qualche visione Jedi e si era perso; magari era caduto in una buca abitata da un’allegra famigliola di Sarlacc ed era morto. All’improvviso quello scenario non gli apparve più così tragico: con Kylo Ren fuori dai piedi, avrebbe potuto riassumere il comando del Primo Ordine indisturbato… certo, magari Snoke non sarebbe stato felice della perdita del suo apprendista, ma ne avrebbe sicuramente trovato un altro; uno migliore, magari… con maggior senso dell’igiene.

Si cullò qualche attimo in quella fantasia, prima che un miagolio sordo lo riportasse alla realtà. Millicent si era arrampicata sulle sue spalle, sfregando il naso contro la sua guancia.

«Hai ragione…» sospirò infine «Non possiamo lasciarlo là fuori. Il Leader Supremo potrebbe muovere rimostranze, se abbandono il suo pupillo quaggiù. Sicura di voler venire, Milly?» chiese, ricevendo un altro Mew convinto.

«D’accordo. Andiamo» concluse, richiudendo il portellone dell’Upsilon e tornando sui propri passi.
 

***

 
La prima cosa era stata interrogare uno dei parcheggiatori dello spazioporto che gli aveva confermato d’aver visto Kylo Ren allontanarsi verso sud insieme ad un gruppo di Ammantati e Incappucciati.

«Ne è sicuro?» aveva domandato Hux, ricevendo un mesto cenno affermativo.

Sì, era impossibile non notare un tizio che se ne andava in giro a petto nudo in compagnia dei peggiori predoni del pianeta.

Splendido! Quindi il cavaliere era stato così ingenuo da farsi rapire dai primi briganti che passavano. No, peggio! Li aveva seguiti spontaneamente, sicuramente convinto che potessero avere informazioni sulla misteriosa voce che lo perseguitava. La situazione si stava complicando sempre di più. Doveva trovare Ren al più presto, prima che i suoi carcerieri decidessero di farlo a pezzi e rivenderlo al mercato come rara e pregiata carne umana. Viceversa, sarebbe stato davvero complesso spiegare a Snoke come il suo apprendista fosse diventato uno spezzatino domenicale.
Si era fatto, quindi, indicare la via da prendere nonché un noleggio di veicoli: sicuramente, non sarebbe stato così stupido da affrontare il deserto senza opportune precauzioni.

 
Hux trovò la rimessa alla periferia della città. Noleggio Speeder, recitava l’insegna incisa sull’architrave in legno. Bussò sul battente aperto, affacciandosi poco dopo sull’uscio. L’interno del concessionario era polveroso e puzzava di stantio, come da copione. Sembrava che nessuno lì possedesse un minimo senso dell’igiene e del decoro. Si stupì, tuttavia, quando scorse la negoziante venirgli in contro: una Twi’lek dalla pelle diafana, con una sfumatura rosata sulle braccia, sulle gambe nude e sui lunghi tentacoli che scivolavano dal capo alle spalle. Indossava una gonna decisamente succinta, che le copriva a malapena le cosce e un bustino ricamato, alle cui spalline erano attaccati dei veli colorati. Un diadema le circondava la fronte.

«Ciao…» la voce era delicata e ammaliante. La vide appoggiarsi languida alla sella di uno speeder «Allora? Che ne dici?»

Hux osservò attentamente il modello che lei stava proponendo: un 74-Z, vecchio modello. Poteva portare un massimo di due persone; aveva degli alloggiamenti laterali in cui stipare piccoli bagagli o viveri. Nel complesso, abbastanza veloce e maneggevole.

«Potrebbe andare…» rispose, aggrottando la fronte nel vederla sdraiarsi sul manubrio ed accarezzare piano i freni.

«Vuoi fare un giro, bel pilota ribelle?» la creatura gli rifilò un occhiolino malizioso.

«Non sono un…» tentò di protestare, ricordando tardi la divisa che ancora indossava «Niente…» tagliò corto, tornando poi ad annuire «Beh, sono qui per questo.»

«E come ti piace farlo?»

«Amh… fuori?» la sua voce tradì una nota incerta. Che domanda era quella? Non poteva certo testare uno speeder al chiuso, a meno che… la Twi’lek non possedesse un circuito privato sul retro del negozio. Rifletté qualche attimo: sfruttare una pista sarebbe stato più pratico, ma una prova su strada era sicuramente più affidabile.

«Fuori? Oh, abbiamo manie di protagonismo noto.» una nota divertita e poi un altro quesito assurdo «E come desideri che sia?»

«Veloce.»

La vide alzare gli occhi e sbuffare, scendendo agilmente dallo speeder. La Twi’lek prese a slacciarsi il corpetto, rimuovendo i veli e lasciandolo poi scivolare sul pavimento:
«Sempre di fretta voi piloti…»

Hux fissò la donna con un crescente senso di inquietudine:
«Mh… non capisco.» sottolineò, portando la mancina a coprire lo sguardo di Millicent, ancora appollaiata sulla sua spalla. Una Twi’lek nuda, per quanto affascinante, non era uno spettacolo adatto ad una gattina per bene. E… ora che ci pensava, non era uno spettacolo neppure adatto a un rigido Generale del Primo Ordine. Chiuse gli occhi, strizzando malamente le palpebre «Perché si sta spogliando, signorina? Insomma, non… comprendo il nesso con…»

«Beh, non è che posso farlo vestita.»

«Fare… cosa?»

«Secondo te… “cosa”, bambolina?»

Intascò quell’ennesima canzonatura, senza riaprire gli occhi.
Deglutì a vuoto, quando sentì le lunghe dita della negoziante iniziare a massaggiargli piano le spalle e il viso terribilmente vicino al suo. Cercò di ricordare tutto quello che conosceva sui Twi’lek: umanoidi, originari di Ryloth. Tentacoli prensili sul cranio, chiamati lekku. Considerati tra le razze più ammalianti dell’intera galassia; le femmine, in particolar modo, erano creature aggraziate e sensuali, consapevoli del loro potenziale attrattivo. Questa, evidentemente, era pure mezza ninfomane.

Sentì ancora il canticchiare della donna:
«Che c’è? Sei immune al mio fascino?»

Si rifiutò di guardarla, annuendo frettolosamente:
«Io…» piagnucolò, mentre lei si allontanava ridacchiando.

«Se hai altri gusti… c’è mio fratello nel retrobottega»

Dondolò il capo, aprendo lentamente le palpebre per tornare a guardarla. Quella era ancora nuda…
«Puoi… puoi rivestirti per favore? Davvero, è imbarazzante parlare in queste condizioni.»

«Non dirmi che non hai mai visto una donna nuda. Non sei interessato alla mercanzia?»

«Questi non sono affari tuoi!» Hux scattò, consapevole dell’ingenua sfumatura rossa che gli tingeva le guance «Sì, sono interessato, ma… non a quel tipo di mercanzia! È una rimessa per veicoli oppure un bordello?»

«Entrambe le cose. Scusa, eh… sei entrato senza specificare cosa volessi.»

«L’insegna fuori…» e indicò il vicino uscio, tornando a liberare la testolina di Millicent «Dice chiaramente: Noleggio speeder

«Beh, io mi chiamo Speeder.»

Lasciò cadere le braccia a quella rivelazione. Non era possibile, no… tutto ciò doveva essere un orribile incubo. Presto avrebbe sentito il trillo familiare della sveglia; avrebbe acceso il datapad e avrebbe letto i rapporti del ciclo notturno. Si sarebbe concesso una doccia e poi sarebbe salito al ponte di comando, dove Mitaka lo avrebbe aspettato con il solito caffè e una manciata di biscotti. Unamo gli avrebbe portato la copia quotidiana della Gazzetta Galattica e Phasma lo avrebbe aggiornato sui progressi del programma Stormtrooper.

Allungò le dita, pizzicandosi violentemente un fianco.

Non accadde nulla

Riprovò.

Ancora niente.

«Che stai facendo?» gli chiese la Twi’Lek.

«Sto cercando di svegliarmi…» sospirò, desistendo dopo un paio di ulteriori tentativi. Si sfregò l’attaccatura del naso, cercando di riordinare i pensieri «D’accordo, allora…» ricominciò, deciso a recuperare le redini della conversazione «Mi serve uno speeder a noleggio. Non tu! Uno speeder vero» puntualizzò, quando la scorse riprendere a slacciare il corsetto.
Ricevette uno sbuffo scocciato, ma lo ignorò:  
«Mi servono viveri e informazioni. Devo andare nel deserto a… recuperare un idiota che si è perso tra le dune. O forse è stato rapito, non so… insomma, puoi aiutarmi?»

«Sì» ammise lei, laconica «Posso darti una mano.» disse, tornando al 74-Z «Questo è un affare. Un po’ datato, ma perfettamente funzionante. Ha dei portabagagli laterali, vedi?» indicò due bisacce metalliche saldate ai fianchi del veicolo «Te lo posso cedere a un buon prezzo e con un piccolo extra, ti noleggio anche i caschi e installo il cestino per il gatto.»

«Affare fatto!»
 

***
 

La vide tornare un’ora più tardi, guidando il 74-Z verso lo spiazzo antistante l’officina.

«Eccoci qui, campione. Speeder già rifornito, ma per sicurezza ti ho aggiunto una tanica di carburante in uno dei portabagagli.» la Twi’lek fermò il mezzo e smontò di sella, togliendosi un casco dipinto di rosso e bianco. Un piccolo casco analogo era sistemato nel cestino di vimini, agganciato al manubrio come promesso. «Quello è per la gattina e questo…»

Hux si sentì calare il casco in testa; la visiera gli cadde davanti agli occhi, suscitando l’ilarità della donna. Percepì le dita morbide armeggiare col cinturino ed agganciarglielo sotto il mento.

«Ho provveduto a inserirti anche una borraccia d’acqua e un paio di razioni, anche se prego perché non ti occorrano affatto. Non ti basterebbero per sopravvivere a lungo nel deserto, ma… beh, qualcosa faranno.» continuò lei «Hai almeno una vaga idea di dove sia il tuo amico?»

Il Generale scosse rapidamente il capo:
«Nessuna… e non è mio amico.»

«Certo, bambolina. Raccontalo a qualcun altro.» ennesima occhiatina maliziosa, su cui cercò di sorvolare.

«Beh, senti… l’unico indizio che ho… è che pare sia stato rapito da…» come aveva detto l’inserviente dello spazioporto? «Ammantati e Incappucciati? È possibile?»

La sentì emettere un fischio preoccupato:
«è gente pericolosa quella. Sicuro di volerlo fare?»

«Non ho alternative.» beh, una alternativa l’aveva: abbandonare Ren e tornare al Finalizer; tuttavia, sospettava che la vendetta di Snoke sarebbe stata più terribile di qualunque banda di predoni in circolazione.

«Devi tenerci molto a lui…»

«Proprio per un cazzo.» sospirò, avvicinandosi allo speeder e montando in sella. Sistemò Millicent nel cestino, infilandole il caschetto in testa e stando ben attento a non schiacciarle le soffici orecchie «Che strada posso prendere per trovarli?»

La donna gli indicò il sud:
«Da quella parte. Nessuno sa dove abbiano la base, ma quella zona è loro territorio. Passaci in mezzo e … guida finché il sole non tramonta, poi accampati tra le dune. Non temere, ti troveranno loro.»

«Confortante» sbuffò, roteando gli occhi.
Girò le maniglie contemporaneamente, accendendo il motore. Ripassò mentalmente le istruzioni: proseguire verso sud, guidare sino al crepuscolo; entrare nel territorio dei pirati del deserto. Cercare di non morire di disidratazione. Non perdere assolutamente l’orientamento. Salvare Ren, tornare all’Upsilon, porre fine a quella follia.
«Bene… se non c’è altro, dovrei andare.»

«Veramente una cosa ci sarebbe…»

La Twi’lek si avvicinò svelta, buttandogli le braccia al collo e premendo le labbra carnose contro le sue. Gli carezzò le guance nuovamente paonazze, prima di indietreggiare di un passo:
«In bocca al Sarlacc, tesoro.»

Hux si pulì frettolosamente la faccia col dorso della mancina:
«Scusa tanto, ma… il bacio per cosa sarebbe?»

«Beh, non è la prassi?»

«Prassi?» batté le palpebre perplesso, spiandola ridere nuovamente.

«Ma certo! Quando un eroe parte per un’avventura pericolosa e sicuramente mortale, la sua bella lo bacia per augurargli buona fortuna. Insomma, non hai mai letto un libro d’amore?»

«No, di solito… leggo manuali di ingegneria spaziale e… fumetti.» sospirò, ammettendo sottovoce «E qualche libro di cucina. Beh…» le rivolse un piccolo cenno «Ci vediamo…»

«E se non ci vediamo, accendiamo la luce.»

Hux diede gas e premette a fondo la levetta d’accelerazione. Si voltò un’ultima volta, cogliendo la Twi’lek agitare una mancina in saluto. Poi, lo speeder sobbalzò e scattò agile verso le vicine dune sabbiose.
 

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Capitolo 9
*** Guidare fino al tramonto, che idiozia! ***


9. Guidare fino al tramonto, che idiozia!


Il motore dello speeder singhiozzò un’ultima volta, e dopo una lenta decelerata si spense. A nulla valsero i tentativi di rimetterlo in moto. Aveva consumato tutto il carburante a disposizione, compresa la tanica di scorta.

«è finita» disse sconsolato, smontando di sella e sdraiando il veicolo sulla sabbia infuocata del deserto.

Il generale fissò il paesaggio terribilmente monotono: ovunque spaziasse, non vedeva altro che dune bagnate dai raggi prepotenti del sole. La temperatura, ne era certo, raggiungeva almeno i cinquanta gradi; l’oasi che aveva visto qualche miglio prima si era rivelata un miraggio, uno dei tanti che avevano accompagnato quella scampagnata mortale.
Si slacciò il casco, buttandolo a terra con un gesto stizzito.

«Guidare fino al tramonto, che idiozia!»

Non si era reso conto dell’errore finché il trascorrere del tempo non si era fatto sorprendentemente lungo; su Florrum, la notte non calava mai: quando un sole scivolava oltre l’orizzonte, il gemello era pronto a sorgere dando così vita ad un giorno eterno. Di conseguenza, sul pianeta non esistevano né alba, né crepuscolo. Non aveva pensato a quella “insignificante problematica” finché non era stato a corto di acqua e di combustibile.

A questo punto, poteva davvero dire d’essersi perso: non aveva idea di dove fosse finito, né di dove poter trovare Ren. Nessun predone si era la briga di sbarrargli il passo e la distribuzione delle dune l’aveva costretto ad un tragitto a zig-zag che non avrebbe saputo ripercorrere.

Appoggiò la testa alla carrozzeria del veicolo, ritirandola immediatamente quando colse il bruciore del metallo sulla pelle. Non aveva bisogno di uno specchio per sapere che la sua faccia doveva essere ormai color peperone. Aveva anche provato a sfilarsi la maglia, i pantaloni, gli stivali, ma si era dovuto immediatamente rivestire: la sabbia era troppo calda per essere affrontata a piedi nudi.

«Un errore di valutazione imperdonabile» disse, rotolando sulle ginocchia per raggiungere il cestino di vimini. Armeggiò per staccarlo dal manubrio. Recuperò il piccolo casco felino e lo ribaltò perché fungesse temporaneamente da ciotola; lo riempì con l’acqua della loro ultima borraccia.

«Mi dispiace Milly…»

Ricevette in cambio un miagolio soffocato.

Immerse le dita nella sabbia, sforzandosi di ignorare il calore e scavando frettolosamente una piccola buca.

«Vieni, mettiti qui.» vi fece scivolare la gatta, coprendola poi con il cestino di vimini «Non posso fare molto di più, ma… beh, almeno starai all’ombra per un po’» concluse, rannicchiandosi accanto a quel rifugio improvvisato.

Si sfilò la maglietta nera, legandola attorno al capo come fosse un velo. Non aveva altre alternative per cercare di ripararsi dalla calura ed evitare che il sole gli friggesse il cervello anzitempo. Strinse le ginocchia al petto, poggiandovi le guance già umide di qualche lacrima disperata. Finiva così, dunque… da solo, cotto in un bagno di sudore, con la gola riarsa dalla sete e lo stomaco dilaniato dalla fame. Aveva ancora qualche razione a disposizione, ma dubitava gli sarebbe servita. A quelle temperature, avrebbe potuto resistere forse mezza giornata… ma poi?

Il pensiero corse istintivamente al ponte del Finalizer. Quanto gli mancava il buio e freddo dello spazio, così familiare oltre le larghe vetrate dello Star Destroyer! Poteva quasi percepire il familiare rimbombo del pavimento ad ogni passo e il proprio riflesso distorto dalle pareti di acciaio. Riusciva a vedere l’immancabile sorriso ottimista sul volto di Mitaka e la precisione maniacale con cui Unamo riordinava i files dei rapporti alla fine di ogni ciclo…. E Phasma che, puntuale come al solito, lo trascinava a cena nella mensa ufficiali. Che avrebbero detto nel vederlo così malridotto? Ustionato dal sole, lacerato dalla sete, completamente arreso ad un destino inevitabile. Ripercorse le espressioni sui loro volti: la compassione di Mitaka, il disappunto di Unamo e… beh, Phasma avrebbe indossato il suo casco, come al solito, ma sicuramente lo avrebbe insultato per tanta debolezza.
Pryde avrebbe festeggiato stappando una bottiglia di vino.

Tuttavia… come avrebbe potuto reagire ad una situazione tanto sciagurata? All’Accademia Militare tenevano corsi di sopravvivenza base, ma nessuno di questi considerava la possibilità d’arenarsi in un torrido deserto, mentre si correva in soccorso di un Sith con gli stessi neuroni di un Bantha in calore!

Si accasciò, rannicchiandosi sul fianco sinistro. Tenne la testa nella poca ombra fornita dallo speeder. Si concesse un leggero sorriso quando sentì una zampetta insinuarsi tra le ciocche arruffate e i polpastrelli morbidi premergli contro la fronte.

«Mi dispiace Milly» ripeté, mentre un vago sollievo gli scivolava nella mente esausta; chiuse gli occhi, abbandonandosi all’oblio.
 

***
 

Sicuro che sia lui?

Diamine, quanta gente vedi da queste parti?

Beh, voglio esserne sicuro! Non intendo salvare la persona sbagliata.

Hux si sentì sollevare e poggiare su una superficie ruvida. Due uomini ammantati e incappucciati lo stavano osservando da vicino.

Il gatto?

È lì!

Colse un leggero Mew e la familiare sensazione di Millicent accovacciata al suo fianco.

Possiamo andare, ora? Sai com’è… non vorrei perdermi il seminario sulla vita alta!

Scivolò nuovamente nell’incoscienza.
 

***
 

Quando riprese i sensi, si accorse d’essere sdraiato su una vecchia stuoia bucherellata, all’interno di una stanza completamente spoglia, fatta eccezione per una borraccia e un catino d’acqua mezzo pieno. A giudicare dall’umidità tra i capelli, sul viso e sul petto, dovevano averlo utilizzato per dargli una rapida ripulita e concedere un po’ di refrigerio alla pelle bruciacchiata.

Si tirò a sedere, nell’esatto momento in cui la porta si spalancava.

«Ren?» esclamò, sollevato e stupito nel vedere l’altro entrare con passo sciolto e rilassato.

Si era immaginato di doverlo recuperare da un’angusta e fetida prigione, probabilmente ferito e spezzato per le torture subite… invece l’apprendista sembrava intero e nel pieno delle proprie facoltà.

«Proprio io!» esclamò il cavaliere «Stai bene?»

«Sono stato meglio. Millicent?»

«Oh, è in cucina a far incetta di cibo. Ai ragazzi piace moltissimo, sai?»

«I… ragazzi?»

«Ma certo! Gli Ammantati e Incappucciati. Te li presento, se vuoi.»

Hux scosse la testa, cercando di riordinare i pensieri. Non riusciva a capire dove fosse, né perché fosse ancora vivo. Inoltre, non era sicuro di potersi ancora muovere: sentiva le membra intorpidite e fiacche, e un’emicrania leggera ma persistente.

«Più tardi, magari…» sospirò, puntellando la schiena contro la vicina parete «Non capisco, Ren. Come mi avete trovato? Ero… in mezzo al deserto, senza alcun punto di riferimento e tu nemmeno sapevi che stavo arrivando. Come…?»

«è stata la Forza!»

Avrebbe dovuto aspettarsi una risposta del genere: completamente prevedibile ed illogica.

«La Forza si sarebbe scomodata tanto… per me? Gentile da parte sua» ironizzò, incassando l’occhiataccia altrui.

«Dovresti avere maggior fiducia, Hux. E poi… perché dovrei mentirti?» il cavaliere alzò le spalle, prima di riattaccare «Andiamo con ordine… prima di tutto, come sei finito nel deserto? E perché indossi una divisa da pilota della resistenza?»

Il generale si massaggiò la fronte, cercando di riordinare i pensieri:
«Sì, conviene ricominciare dall’inizio.» acconsentì, indicando la borraccia come se volesse richiamarla a sé. Ren gliela porse e si concesse una lunga sorsata d’acqua prima di riprendere «L’unico negozio di vestiti decenti che ho trovato… era diretto da una bambina pazza, che mi ha rifilato questa…» pizzicò la tuta da volo «E una borsa di altri indumenti appartenuti ad un ribelle morto. Confortante, vero? Comunque… quando sono tornato indietro tu non c’eri. Perché diamine ti sei mosso, Ren? Ti avevo pregato di restare dove eri!»

«Mi annoiavo. Ci stavi mettendo troppo.»

«Oh, Kriff! Tutto questo è colpa tua, te ne rendi conto?! Ho rischiato di morire disidratato perché tu sei un idiota!»

«Non sei nelle condizioni di insultarmi, Hux. Evita di divagare… che hai fatto dopo?»

«Beh, sono andato allo spazioporto e un inserviente mi ha detto che ti eri allontanato insieme a questi… Ammantati e Incappucciati. Sai che sono dei predoni, vero? Ho temuto ti avessero rapito!»

«Predoni?» c’era una nota perplessa nella voce del compagno «A me sembravano brave persone. Erano interessati ai miei pantaloni a vita alta. Ho pensato che non ci fosse nulla di male nel condividere i dettami della moda. A proposito… il primo pezzo della conferenza è stato un successo! Mi dispiace non fossi presente. Se vuoi, dopo c’è la seconda parte…»

«Fortunatamente ero svenuto.» tagliò corto, ignorando quell’invito «Ero preoccupato per te, comunque!»

«Davvero? Che carino. E quindi hai pensato di suicidarti nel deserto?»

«No! Ho noleggiato uno speeder…» nascose frettolosamente i ricordi legati alla Twi’lek «… e sono venuto a cercarmi. Ho esaurito il carburante mentre ero nel cuore delle dune e… il resto lo sai. Ora… tocca a te. Come mi avete trovato?»

«Te l’ho detto. Ho percepito un chiaro tremito nella Forza. Un avvertimento, che poi si è trasformato in una traccia. Ci siamo limitati a seguirla e… a un certo punto, abbiamo sentito Millicent miagolare. Ci siamo avvicinati e ti abbiamo visto mezzo morto nella sabbia.»

«Ren… questa cosa è ridicola, lo sa? Deve esser stata una casualità. Non sono sensibile alla Forza.» ne era assolutamente certo, d’altronde il cavaliere stesso non perdeva occasione di ricordarglielo ogni due per tre «Non posso averti fornito alcuna traccia»

«Eppure ci ha condotti a te. Ma… in merito ho una teoria.»

Allargò le braccia, preparandosi mentalmente ad un’altra stramberia dell’apprendista; sicuramente, un’ulteriore ipotesi campata per aria. Hux avrebbe scommesso il suo stipendio che la Voce avrebbe avuto un ruolo importante in quell’ennesima fantasia.

«Sentiamo…» si arrese.

«Sei sensibile alla Forza.»

«Ti dico di no…»

«Lasciami finire! Allora… per qualche ragione sconosciuta, nessuno se n’è mai accorto; oppure, semplicemente, stai sviluppando questo potere… un po’ tardivamente. Non so perché, ma probabilmente la voce che ho sentito quella notte è connessa a te. In fondo, le sue istruzioni erano chiare: un viaggio verso l’ignoto portandoti con me.»

«Chiarissime.» ironizzò, massaggiandosi la fronte «Non ha senso, Ren.»

«Sì, invece! Per questo la Voce ci sta guidando: vuole che risvegliamo la tua sensibilità alla Forza, capisci? Questo viaggio ci condurrà… beh, non so dove… ma sicuramente alla scoperta dei tuoi poteri.»

«Che stronzata. Perché diamine si è fatta sentire con te, allora? Poteva interpellarmi direttamente, no?»

«No, perché sei uno scettico del cazzo! Avresti liquidato la faccenda senza darle importanza.»

Annuì piano. Sotto quel punto di vista, il cavaliere aveva ragione: per nulla al mondo avrebbe dato retta ad una follia del genere. Non avrebbe mai ascoltato una misteriosa Voce e men che meno l’avrebbe inseguita fino in capo all’universo.

«D’accordo, questo te lo concedo.» ammise infine.
Iniziava a cogliere un senso nel ragionamento di Ren e più lo ascoltava, più gli sembrava sensato. In effetti, non aveva ragione di dubitare delle percezioni altrui sulla Forza. Trovava solo assurdo che la sua mente, assolutamente refrattaria a quel potere, potesse aver generato un flusso così intenso da guidare i soccorsi con tanta precisione in mezzo a un deserto infinito; dopo tutto, neppure lui sapeva dove fosse… come aveva potuto incanalare quelle informazioni per un salvataggio?
«Ma perché manifestarlo proprio ora?»

«Beh, stavi morendo. Eri disperato e forse questo ha permesso alla Forza di… superare il tuo blocco mentale e raggiungermi.»

«Blocco mentale?»

«Sì. Ho ipotizzato anche questo, in effetti. Non so bene come funzioni, ma… potrebbe essere per questo che sei rimasto insensibile sino ad ora. È possibile che qualcuno ti abbia manipolato, magari quando eri un bambino. Qualcuno che non voleva usassi la Forza. Potrebbe aver inserito, in qualche modo, un fermo nel tuo cervello, impedendoti inconsciamente di sviluppare il potere.»

«è possibile? Io… non ricordo nulla del genere.»

«Non lo so.» Ren ciondolò il capo bruno «Dovremmo chiedere a Snoke, ma prima voglio esserne assolutamente certo. Dobbiamo continuare a seguire la Voce.»

Hux era combattuto: da un lato, l’idea di tornare a vagare nello spazio senza meta non lo allettava per nulla… dall’altro, si sentiva stuzzicato da tutte quelle ipotesi. Se Ren avesse avuto ragione, per una volta in vita sua? Se fosse stato sensibile alla Forza, ma non l’avesse mai saputo? Suo padre ne era al corrente? Avrebbe voluto chiederglielo, ma… ops, era morto da un pezzo. Peccato averlo fatto uccidere prima d’avere accesso a quelle informazioni. Ma… probabilmente Brendol Hux era perfettamente consapevole delle potenzialità del figlio! Le aveva fatte contenere prima che potessero esplodere. Perché? Per paura, senza dubbio: la Forza spaventava molti vecchi imperiali, rimasti scottati dalla fine di Vader e dell’imperatore.
Sì, doveva essere così…

Se da un lato smaniava per saperne di più, una parte di lui – quella razionale e cinica – non voleva far altro che tornare al Finalizer, riprendere i propri doveri e lasciar cadere tutta quell’idiozia fanatica.
Doveva trovare un compromesso, qualcosa che gli permettesse di continuare le indagini sul proprio passato e, al tempo stesso, di restarsene comodamente seduto alla scrivania.

«Bene…» rispose, prendendo un altro sorso dalla borraccia «Quindi… ora cosa progettiamo di fare?»

«Beh, io ho una conferenza sulla vita alta da terminare» canticchiò aggiustando per bene l’elastico dei pantaloni neri, sì che gli arrivasse a metà petto «Dopo di che… penso potremo tornare all’Upsilon.»

«E poi… dove andremo?»

Ren gli si avvicinò, toccandogli la fronte con due dita:
«Mediterò su questo. Dormi, ora. Hai bisogno di riposare.»

Curiosamente, non se la sentì di protestare. Accolse il buio con sollievo, scivolando immediatamente in un sonno tranquillo.
 

 

Angolino: 'sera! innanzi tutto, grazie per aver letto fin qui!
Questo capitolo è un po' di contorno, in effetti... ma mi serviva per introdurre la prossima meta di questi due sfortunati.
Ovviamente, sarà colpa di Ren qualsiasi cosa accadrà, come sempre...
Volevo approfittarne per ringraziare i lettori e in particolar modo Bonni4, Meggy The Witch, AMYpond88, Vale_Balz e Afaneia per le recensioni e gli incoraggiamenti! Grazie davvero!

E'ry

 

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Capitolo 10
*** Prendente le verdure e tagliatele a rondelle ***


10. Prendete le verdure e tagliatele a rondelle 


Hux sospirò, sollevato nel cogliere il morbido tocco di un materasso e di un cuscino. Si strinse sotto le calde coperte, concedendosi ancora qualche istante. Sapeva cosa avrebbe visto, riaprendo gli occhi: il familiare soffitto della sua camera, lo spazio freddo oltre la vetrata del Finalizer e l’uniforme immacolata sistemata su una gruccia poco lontana. Stiracchiò piano le braccia, pronto a risvegliarsi da uno dei suoi peggiori incubi. Schiuse le palpebre e l’ottimismo morì immediatamente quando scorse la rete che sosteneva il letto a castello e le fredde pareti di acciaio scuro.

Nessun sogno, no. Quella era la cruda realtà.

Si sfregò il viso per cancellare le ultime tracce di sonno. Si alzò, fissando la propria figura: qualcuno aveva rimosso la tuta da pilota ribelle e la maglietta nera, lasciandolo con solo la biancheria. La pelle era ancora arrossata in parecchi punti, malgrado stesse cautamente riacquisendo il suo solito pallore, grazie ad un unguento lenitivo. Si passò una mano sul viso, cogliendo tracce di una ispida barba sulle guance. Avrebbe dovuto radersi e farsi una doccia al più presto, ma lo Upsilon non concedeva tali lussi: il bagno era piccolo, e gli avrebbe consentito solo di lavarsi a pezzi con un panno umido. La doccia era fuori discussione.

Scivolò fuori dalla stanza, senza neppure preoccuparsi di infilare dei vestiti. Sussultò quando i piedi incontrarono il freddo acciaio, ma si costrinse a proseguire verso la cabina di pilotaggio. Fece capolino, spiando Ren seduto ai comandi.

«Buongiorno principessa!» lo accolse l’altro, chiaramente ironico «Riposato bene?»

«Sì…» rispose, cercando di fare mente locale: l’ultimo ricordo che aveva era l’angusta stanzetta nel covo degli Ammantati e Incappucciati «Quanto ho dormito?»

«Quindici ore.»

«Kriff

«Ti sei alzato una volta sola per andare in bagno, ma… hai sbagliato porta e sei entrato in cambusa. Hai cercato di pisciare nel cestino dell’immondizia, convinto fosse un gabinetto. Fortunatamente, ti ho rimesso sulla giusta strada.»

«Kriff due volte!» imprecò, non riuscendo ad immaginare nulla di più umiliante del cavaliere che lo accompagnava alla toilette durante un attacco di sonnambulismo «Abbiamo lasciato Florrum, a quanto vedo.» si sporse per accarezzare le orecchie morbide di Millicent, accovacciata sul vicino sedile. Spiò il vuoto dell’universo oltre il parabrezza «Dove stiamo andando?»

«Non lo so» Ren gli rivolse un sorriso fiducioso, innestando il pilota ausiliario «Mediterò su questo. Nel mentre proseguiremo in rotta lineare, velocità ridotta e costante.»

«Perché non lasci che guidi io, invece che usare l’automatico?»

«Pff… immagino il tuo ultimo volo sia stato ai tempi dell’accademia. Non intendo rischiare che graffi una portiera contro un asteroide di passaggio, Hux.»

Incassò quella critica, consapevole di quanto fosse vera: l’ultima volta che si era seduto ai comandi di una navetta era… beh, aveva perso il conto, ma comunque parecchi anni prima. Era certo di ricordare alla perfezione come guidarne una, però.. anche se le sue abilità non avrebbero mai eguagliato quelle di Ren.

«Sicuro?» tentò, ma l’altro si slacciò la cintura, passando verso il retro.

«Sicurissimo. Occupo la camera per meditare. Se fossi in te… mi darei una sciacquata e… cucinerei qualcosa. Confesso che tutto quel trambusto su Florrum mi ha messo appetito.»

Si accigliò. Cosa avrebbe dovuto cucinare? Non si era mai messo ai fornelli in vita propria e dubitava che vi fosse del vero cibo a bordo dell’Upsilon. Era sicuro vi fossero solo barrette proteiche e qualche bevanda energetica. Niente che potesse buttare in padella e far saltare.

«Ren… Non abbiamo altro che razioni standard» obiettò, ma l’altro gli indicò comunque la porta scorrevole che portava alla microscopica cucina.

«Prima di lasciare il pianeta, ho fatto un po' di spesa. Ho comprato del cibo vero. Sentiti libero di sperimentare tutte le tue adorate lezioni di cucina.»

«Lezioni di cucina?»

«Oh, non credere che mi fosse sfuggito. Mitaka mi ha detto che non ti perdi una puntata di Spaziochef e che collezioni riviste culinarie e ricette di cuochi interplanetari.»

Traditore! Avrebbe dovuto far i conti col tenente, una volta rientrato al Finalizer. Perché diamine ne aveva parlato con Ren? Mai e poi mai avrebbe voluto condividere le proprie passioni con quel bamboccio capriccioso, che sicuramente le avrebbe derise invece che supportarle. Scosse il capo, arrendendosi alla risata di scherno altrui.

«D’accordo…» acconsentì infine «Prendo i vestiti e ti lascio meditare.»
 

***
 

Tutto ciò che era riuscito a recuperare dal bagaglio del pilota morto erano un paio di pantaloni color nocciola, abbinati ad una giacca della medesima tonalità. Era riuscito anche a trovare una camicia bianca, ma tutti gli abiti avevano un grosso difetto: lo stemma della ribellione era stampato praticamente ovunque! Sulle maniche, sul petto e la giacca lo aveva addirittura sul retro, coprendo praticamente tutta la schiena. Non che avesse alternative, comunque… poteva scegliere se indossare quei vestiti o girare nudo per i prossimi giorni; nessuna delle due idee lo allettava particolarmente.
Dopo essersi dato una rapida ripulita e aver deciso che avrebbe affrontato il problema “barba” più tardi, Hux si chiuse in cambusa.

Osservò incredulo l’enorme quantità di ingredienti che Ren aveva acquistato.
C’era di tutto: uova di una specie assolutamente sconosciuta, ma grosse quanto un’arancia; una carne rossa, dal curioso profumo selvatico; diverse verdure e condimenti. Vi era persino un barattolo di spezie piccanti e del vino. Niente farina o lievito, tuttavia.

«Penne lisce? Che orrore!»

Soltanto Ren poteva comprare un obbrobrio simile. Le buttò nella spazzatura, senza neppure considerarle.

Accese il datapad, poggiandolo su una superficie pulita. Il volto familiare di un Besalisk panciuto fece immediatamente capolino nel video.
«Buongiorno cari amici e benvenuti a questa nuova puntata di “Cucine Stellari – Il latte intero colpisce ancora”. Quest’oggi, vi insegnerò a cucinare un fantastico budino di latte di Bantha…»

Hux cliccò rapidamente sullo schermo, saltando al video successivo.
«Non ce l’ho il latte.» protestò, mentre la figura del Besalisk ricompariva.

«Buongiorno cari amici e benvenuti a questa nuova puntata di “Cucine Stellari – L’attacco dei forni”. Quest’oggi prepareremo un timballo di…»

Click

«Non ho il forno, maestro.»

«Buongiorno cari amici e benvenuti a questa nuova puntata di “Cucine Stellari – Il risveglio della torta”. Quest’oggi prepareremo una crost…»

Click

«Buongiorno cari amici e benvenuti a questa nuova puntata di “Cucine Stellari – Lo stufato fantasma”. Quest’oggi prepareremo uno stufato di carne. Facile, saporito e perfetto per ogni occasione.»

Hux si fece attento, pronto a seguire passo a passo la ricetta del Besalisk.

«Per prima cosa, prendente le verdure e tagliatele a rondelle.»

Afferrò un coltello e una grossa rapa bianca. Prese a tagliarla con cura, senza smettere di osservare il video. Lo chef lavorava ad un ritmo serrato. In meno di trenta secondi, aveva già pelato e affettato cinque vegetali diversi.

«Aspetta! Io non ho quattro braccia!» si lamentò, scaraventando le striscioline di rapa in una scodella e accanendosi su un broccolo.

«Ci siete, miei cari?»

«No!» tritò il broccolo a casaccio, buttando nella ciotola anche quello e poi si lanciò su una fila di cavoletti di Bruxelles. Quegli affari rotondi puzzavano come le ascelle di un Dug; in più, la loro forma sferica li rendeva impossibili da tagliare. Provò ad affondare la lama, ma quegli stupidi ortaggi rotolarono da tutte le parti, rifiutando di farsi affettare «Maledetti affari!» ringhiò frustrato, gettandoli interi nel misto di verdure.

«Ora prendiamo la carne. Potete scegliere quella che preferite, naturalmente.»

Hux schiacciò le restanti verdure, ancora intere e neppure pelate, dentro la marmitta; afferrò il trancio sanguinolento di carne. Si rimboccò le maniche fino ai gomiti, impugnando saldamente la lama. Molleggiò sulle ginocchia, come un pugile pronto al primo round.
«Vai, ci sono!»

«Dovete sezionare la carne fino ad ottenere dei bocconi così» Il Besalisk sorrise mostrando il pezzetto sul palmo della sua mano rugosa «Naturalmente, per risparmiare tempo… noi l’abbiamo già tagliata. Mettete sul fuoco un pentola con del brodo.»

«Cosa? No! Non è giusto, sono ancora al taglio della carne…» immerse il coltello, smembrando il trancio davanti a sé. Si ferì ripetutamente i polpastrelli in quel tentativo maldestro, ma si sforzò di ingoiare il dolore e proseguire «Non ce l’ho il brodo! Come…?»

Meow

Abbassò lo sguardo. Millicent lo aveva raggiunto e stava strusciando la testolina contro ai suoi polpacci.

«No, Milly! Ora non posso.» rispose, ignorando la gattina «Devo… Oh, merda! Questo ha già messo su il brodo.»

Brodo, brodo… come si faceva il brodo? Afferrò una pentola, gettandovi dell’acqua e poi versandoci le verdure alla rinfusa. I cavoletti di Bruxelles ne approfittarono per evadere e sparpagliarsi sul pavimento.

Meow

«Non posso, davvero! Dopo ti…» si punse per l’ennesima volta cercando di affettare la carne «Oh, fanculo. Tieni!» lasciò scivolare un filo di grasso sul pavimento e il felino si servì immediatamente.

«Prendete le spezie ora e condite con una abbondante spolverata di Caviale di Hbuuga.»

«Ma chi diamine lo ha il Caviale di Hbuuga?!»

«Il Caviale di Hbuuga è un ingrediente chiave, che sono certo non mancherà nelle vostre cucine. Ora, ricordate il sugo precedentemente preparato?»

«Non mi hai mai detto di preparare il sugo!»

Meow!

«Ho capito, ecco… tieni.» un altro pezzo di carne volò al gatto.

All’improvviso, Hux si rese conto di essere in una posa piuttosto curiosa: il braccio destro sollevato, le dita strette nel vuoto come se volessero acciuffare il barattolo del sale che capeggiava su una mensolina distante. Ma certo! Se lo chef poteva contare sulle sue quattro braccia… allora lui poteva barare usando la Forza.

Non ne era sicuro al cento per cento, ma la teoria formulata da Ren su Florrum era indubbiamente affascinante. Avrebbe potuto testarla in quel piccolo frangente; grossi danni non poteva farne, no? Si concentrò, chiudendo gli occhi. Come poteva accedere alla Forza? Non lo sapeva e Ren la utilizzava con tanta naturalezza e spensieratezza che non poteva prenderlo a modello. Cercò di contare i propri respiri, di sciogliere la tensione nelle spalle e di escludere ogni rumore. Cancellò la voce del cuoco, il ronzare dei motori dell’Upsilo, il miagolio soffuso di Millicent.

Schiuse le palpebre, fissando intensamente il contenitore:
«Vieni» ordinò.

Ovviamente, la saliera non si mosse.

«Vieni!» di nuovo. Si accorse che la gatta lo stava fissando con aria perplessa.

«Posso farcela!» ringhiò, ruotando leggermente il polso «Vieni da me, te lo comando.»

Non accadde nulla. Sbuffò, iniziando a sentirsi ridicolo. Come era possibile che Ren potesse addirittura ad aprire porte blindate e a soffocare zelanti ufficiali del Primo Ordine… e lui non riuscisse neppure ad attirare uno stupido barattolo?
Un singhiozzo scontento proruppe dalle sue labbra.

Lottò per ricacciare la delusione e mantenere fermi i propositi:
«Vieni… ti prego.» sussurrò.

Fu allora che lo vide: il coperchio tremolò e un istante dopo la saliera gli volò dritta in mano. Serrò le dita attorno al vetro, mentre sul suo viso si dipingeva un’espressione sconvolta.

«Non è possibile…» sospirò, incredulo. Abbassò gli occhi, incrociando quelli confusi della gatta «Hai visto, Milly? Ce l’ho fatta! Ho … ho usato la Forza!» balbettò.

Non vedeva l’ora di raccontarlo a Ren! Oh, il cavaliere ne sarebbe rimasto assolutamente stupito. Si sarebbe complimentato con lui e avrebbe giurato di insegnargli le vie della Forza non appena concluso quel viaggio idiota… Anzi, no! Ren avrebbe parlato a Snoke del suo talento. Il Leader Supremo avrebbe immediatamente licenziato Ren e preso lui come suo nuovo apprendista. Avrebbe imparato il più possibile dal suo maestro e, alla fine, avrebbe dominato la galassia al fianco di Snoke; oppure avrebbe ucciso quella sottospecie di tartaruga deforme non appena fosse stato abbastanza potente. Ah, anche Mitaka doveva saperlo! E Phasma, e Unamo e… oh, Pryde sarebbe finito immediatamente in un compattatore di rifiuti.

Sollevò il contenitore, spiando il Besalisk con aria trionfante.

«Hai visto?! Posso fare a meno tuoi tutorial del cazzo. Io ho la Forza!»

Capovolse la saliera per lasciar scivolare qualche granello bianco nel suo brodo. Ovviamente, il tappo cedette e il sale mezzo chilo di sale si rovesciò nella pentola.

Lo chef lo fissò indulgente dallo schermo, regalandogli un compassionevole sorriso:
«Un piatto deve essere saporito al punto giusto. Fate attenzione a non esagerare con il sale, mie cari.»
 

***
 

Appoggiò i piatti sull’unico tavolino a bordo della navetta. Si accasciò su uno sgabello, guardando sconfortato il risultato dei suoi sforzi.  Ren stava punzecchiando il cibo tiepido con la punta di una forchetta.

«Fammi capire…» esordì il cavaliere «Due ore in cucina… e tutto quello che hai saputo preparare è… una frittata?»

Hux si massaggiò stancamente la fronte:
«Oh, ti prego! Abbi pietà. Posso assicurarti che… è stata la frittata più difficile di tutta la mia vita.»

«Noto. È pure bruciacchiata.»

«Preferisci le barrette proteiche?»

«No, ma… è completamente insipida.»

Ovviamente! Aveva finito il sale rovesciandolo accidentalmente nella pentola di un brodo talmente osceno che aveva dovuto gettarlo fuoribordo. Aveva scagliato la pentola e il suo contenuto fuori dal portellone posteriore e l’aveva guardata fluttuare nello spazio, in compagnia dei cavoletti di Bruxelles. Che poi… dove diamine era Bruxelles?

«Senti, parliamo di cose serie.» affondò la posata nella propria frittata, ritraendo i rebbi completamente macchiati d’uovo. Se quella di Ren era bruciata, la sua era cruda «Ho usato la Forza.» esordì, sperando che quell’argomento bastasse a distrarlo dai disastri culinari.

«Che cosa?! Ne sei sicuro?» l’espressione del cavaliere era assolutamente meravigliata.

Si godette quel momento e la piccola vittoria, prima di annuire:
«Sì. Non è stato facile, ma sono riuscito a richiamare il barattolo del sale.»

«Che ti sei dimenticato di mettere nella frittata.» ricevette uno sbuffo ironico «In ogni caso, beh… è un risultato notevole. È al di sopra delle capacità di molti Padawan! Ci vogliono mesi di duro allenamento per riuscire a richiamare oggetti con successo.»

Se Hux fosse stato un pavone, avrebbe sicuramente aperto la coda e fatto la ruota:
«Io ci sono riuscito al primo colpo.»

«Che cosa hai provato?»

Rifletté qualche attimo su quelle parole. Non era facile da spiegare, considerate le circostanze assurde in cui il tutto si era svolto. Strinse le labbra in una smorfia incerta.

«Mi sono concentrato sul mio respiro e ho cercato di escludere ogni fonte di rumore o distrazione. Ho steso la mano e … ho ordinato alla saliera di volare verso di me. All’inizio non è successo niente. Ho colto un senso di… impotenza, disperazione. Per un istante, ho creduto che fosse soltanto un altro scherzo dei tuoi. Poi… il barattolo è venuto da me.» nascose abilmente l’incidente del coperchio, stiracchiando un piccolo sorriso «Tutto qui.»

«Interessante, davvero! Dobbiamo indagare.»

«A tal proposito…»

«Ti ho già detto che questa frittata è bruciata e pure insipida, vero?»

Hux roteò gli occhi, annuendo seccato:
«Sì, dannazione! Ora, ascoltami… la tua meditazione? Come è andata?»

«Molto bene! Ho scovato un piccolo tempio Jedi che potrebbe fare al caso nostro. Naturalmente, è abbandonato da parecchio, ma… ho come la sensazione che potremmo trovarci qualcosa di interessante. Ho chiaramente percepito il volere della Forza e… la Voce.»

«Ancora con questa maledetta Voce?!»

«Sì, ascolta… so che sei scettico, ma non dovresti! Ci ha condotto sin qui. Senza di lei, non avremmo mai scoperto i tuoi poteri. Ora… L’ho sentita cantare chiaramente, indicandomi la via per raggiungere il tempio.»

«Dista molto?»

«Niente affatto! Al contrario, tra poco saremo arrivati.» Ren ingoiò l’ultimo boccone di frittata, sorridendo a bocca piena «Si trova su D’Qar!»


 

Angolino: Buongiorno! Proseguono le disavventure dei due sfortunati protagonisti. 
Al solito, vi ringrazio per aver letto fin qui e colgo l'occasione per augurare a tutti una Felice Pasqua!

E'ry

 

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Capitolo 11
*** Frank! ***


11. Frank!


A Hux mancava terribilmente il silenzioso freddo dello spazio. Da quando erano scesi su D’Qar si era trovato a rimpiangerlo ancora di più. Erano atterrati nel centro di una radura erbosa, in una zona particolarmente ricca di stagni e vegetazione lussureggiante. La boscaglia che circondava la modesta prateria era fitta e umida. L’afa serpeggiava quasi ovunque, rendendo difficoltoso il cammino tra l’intricato sottobosco. La luce del sole filtrava a stento dai nodosi rami, adorni di larghe e robuste foglie.

«Che posto di merda…» sibilò, colpendosi schiaffeggiandosi una guancia per scacciare l’ennesimo insetto assetato di sangue. Non era abituato a moschini, sanguisughe, zanzare ed altra fauna microscopica e fastidiosa «Avevi detto che era un bel pianeta!» si lamentò «Con le montagne, i pascoli, i fiumi… non avevi parlato di paludi e foreste pluviali.»

«Smettila di lamentarti. Non sono infallibile e poi… non è così dappertutto! Siamo solo planati in un punto un po’… sfortunato.»

«E tu questo lo chiami “sfortunato”?» ringhiò, strascicando gli stivali per rimuovere degli escrementi dalla suola.

«La Voce ha detto che era il punto di parcheggio più vicino al tempio Jedi.»

«Dovresti piantarla di ascoltare la Voce! Non abbiamo neppure uno straccio di mappa e…»

«Vuoi scoprire qualcosa sulla Forza oppure no?» Ren gli rivolse un’occhiata seccata, continuando a camminare nella boscaglia «Ora taci e lasciami concentrare. Devo capire che strada prendere.»

Hux carezzò un poco Millicent, come a rassicurarla: dal respiro affannoso del gatto, era chiaro che anche lei dovesse soffrire il caldo. Per quel che lo riguardava, la divisa da ribelle gli si era incollata alla pelle. Avrebbe voluto almeno togliersi la giacca, ma senza quella protezione temeva che le zanzare lo avrebbero divorato. I pantaloni nocciola erano praticamente adesi alle sue gambe, completamente sudati, così come la camicia sottostante. I capelli gli si erano appiccicati alla fronte e l’unica cosa che gli proteggeva un poco le guance dall’assalto degli insetti era la barba ispida che fortunatamente non aveva ancora rimosso.

Osservò seccato il cavaliere canticchiare:
«Ahaaa ahaaa»

L’eco gli rispose prontamente.

Ahaaa ahaaa

«Da questa parte!» il moro piegò rapidamente verso sinistra.

«Ren, è solo l’eco!»

A nulla valsero le proteste. Il generale si ritrovò a camminare tra due file di stretti arbusti, arrivando un crinale scosceso. Svoltarono nuovamente a destra, seguendo la cresta sino a entrare nuovamente nel fitto degli alberi.

Sbuffò, a disagio. Era ovvio si fossero persi: continuavano a inseguire una Voce immaginaria, ma non avevano idea di dove stessero andando. Iniziava a sentirsi esausto: gli stivali gli dolevano ed era sicuro di avere almeno un paio di fiacchette sui talloni; la sete gli bruciava la gola e la vescica – che si era sforzato di ignorare stoicamente nel corso delle ultime due ore – protestava vigorosamente, regalandogli crampi in tutto l’addome.

«Ora dovremmo proseguire…»

Sollevò la mancina, interrompendo le istruzioni del compagno:
«Ren… devi darmi cinque minuti.»

«Stanco, generale?»

Mimò un cenno affermativo:
«Sì e… devo andare in bagno.» sussurrò con una nota di vergogna.

«Non puoi trattenerla? Sono certo che il tempio non disti poi molto.»

Scosse rapidamente la testa, passando Millicent tra le mani dell’apprendista con un “tienila tu!” piuttosto urgente.
«Faccio in un attimo.» disse, immergendosi tra i cespugli vicini «NON ti muovere da lì!» ringhiò, contando i passi.

Per nulla al mondo sarebbe rimasto nei paraggi del cavaliere mentre espletava le proprie funzioni organiche! Urinare in una foresta, come il peggiore dei selvaggi, gli creava già sufficiente imbarazzo. Cosa avrebbero detto i suoi ufficiali, se l’avessero visto in quelle condizioni? Sporco, sudato, avvolto in una uniforme da ribelle e costretto a pisciare dietro a una pianta, con gli insetti che non gli lasciavano tregua.
Slacciò la cintura e abbassò la zip, concedendosi un sospiro di sollievo.
 

***
 

Si chiese cosa Ren non capisse nelle parole “Non ti muovere”.
Probabilmente, era proprio il concetto di fondo che gli sfuggiva. Avrebbe dovuto legarlo da qualche parte o mettergli un guinzaglio per essere sicuro di non perderlo; oppure spalmargli la colla sotto le suole.

Non fu nemmeno troppo sorpreso di ritrovarsi abbandonato nella foresta: come da copione, il cavaliere era scomparso, portandosi appresso Millicent.

«Ren!» chiamò, mettendo le mani a coppa attorno alla bocca.

Si pentì immediatamente di quel gesto sconsiderato: era solo, in un luogo sconosciuto, armato esclusivamente del blaster e del pugnale nascosto nella manica; qualunque creatura abitasse quei boschi, non era sicuro di poterla affrontare. Riprese a muoversi cautamente, cercando di capire la giusta direzione. Quell’idiota non aveva neppure lasciato indizi! La vegetazione florida si chiudeva sul sentiero appena percorso, cancellando qualsiasi traccia del passaggio.

«Dannazione!» ringhiò, incespicando in una radice e cercando di districarsi dalle larghe foglie di un rampicante «Stupido Ren! Secondo te, che dovrei fare ora? Non so nemmeno dove mi trovo! Tu e il tuo inutile tempio Jedi. Non ho neppure uno straccio di mappa!» si lamentò, mutando il tono in un falsetto ridicolo «“Seguiamo la Voce, seguiamo la Vo…”»

Si interruppe, mentre nel suo cervello si condensava un’idea ridicola. Forse avrebbe potuto…

«No! Sono più intelligente di così!» si rifiutò, continuando a marciare imperterrito.

Non sarebbe ricorso ad uno sciocco potere oscuro, della cui esistenza non ne era neppure certo. In fondo, la Voce si era degnata di parlare solo con l’apprendista sino ad ora… certo, questo però era stato prima che scoprissero la sua sensibilità alla Forza. Tuttavia…

«Beh, ma che ho da perdere?» si disse, storcendo poi la punta del naso «Non essere ridicolo! Non funzionerà mai.» una pausa e una smorfia incerta «Beh, non funzionerà mai se non ci provi.» dondolò il capo «è un’idiozia!» alzò le spalle «Se preferisci vagare così senza una meta…» si sfregò la fronte, asciugando rapido il sudore «Perché mai dovrebbe funzionare? La Voce non parla mai con me. Ho fame, ho sonno, ho sete… vorrei solo poter tornare al Finalizer e abbandonare questa follia.» si arrestò, battendo malamente un piede a terra «La Forza si è manifestata quando eri in difficoltà. Rifletti!» si pizzicò l’attaccatura del naso, arrendendosi «Sì, hai ragione! Dovrei… oh, Kriff, sto discutendo con me stesso! Devo essere completamente pazzo.»

Portò nuovamente le mani a coppa, canticchiando un:
«Ahaaa ahaaa»

Attese, consapevole d’essere intonato quanto un menestrello Gungan.
Dopo poco, colse il suono diffondersi nel fitto.

Ahaaa ahaaa

«è solo l’eco» ripeté sconsolato.

Sì, ma… se non lo fosse stata? Se si stesse ostinando a cercare una spiegazione scientifica e plausibile a quello che invece era un fenomeno mistico? Una parte di lui rifiutava categoricamente di cedere a quell’ipotesi; eppure… la Forza lo aveva salvato nel deserto, lo aveva aiutato – a modo suo – anche nell’esperimento culinario.

Si mosse rapido, seguendo il riverbero della Voce che ancora coglieva tra le fronde.

«Ahaaa  ahaaa»

Ahaaa ahaaa

Accelerò, superando un tronco caduto e balzando rapidamente su un sentiero sconnesso. Vide in lontananza una prateria.
«Stelle, grazie!»

Scattò in una breve corsa. La Forza lo stava guidando nuovamente, indicandogli la via per uscire da quel labirinto vegetale.
«Ahaaa aaargh!» esclamò, mentre il terreno veniva a mancare sotto i suoi piedi.

Una spessa rete si avvolse attorno al suo corpo e lo trascinò verso l’alto, tra le fronde. Tentò di districare le gambe impigliate, mentre le dita lottavano per raggiungere la lama. Più si dimenava, però, più la corda lo avviluppava, rendendogli difficoltosi i movimenti. Sollevò lo sguardo, cercando il punto in cui la trappola si agganciava al ramo: se fosse riuscito a tagliarlo, avrebbe potuto riguadagnare la libertà.
Chi diamine avrebbe potuto piazzare una rete in mezzo ad un’impenetrabile foresta, su un pianeta dimenticato dell’Orlo Esterno? Una tribù indigena, sicuramente. Una qualche razza aliena e cannibale in cerca di prede facili. Oh, se pensavano di mangiarlo sarebbero rimasti delusi: non c’era molta carne attaccata alle sue ossa.

Provò ad alzarsi, aggrappandosi alle funi intrecciate per sostenersi, ma la rete oscillò pericolosamente e lo mandò a ruzzolare nuovamente sul fondo.

«Merda!» imprecò, ma la sua imprecazione venne presto coperta da un fischio stupito.

Si sporse, per quanto consentito, guardando sotto di sé il piccolo capannello che si era formato. Tre persone lo stavano fissando incredule.

«Tu da dove spunti?» chiese il primo, sollevando un blaster.

Non rispose, squadrando i tre con attenzione. Una morsa gli strinse lo stomaco quando riconobbe quel dannatissimo pilota della resistenza che avevano catturato prima della caduta di Starkiller. I riccioli scuri e quel sorrisetto sbruffone erano inconfondibili.
Come si chiamava?

«Dameron!» l’uomo armato aveva ripreso, apostrofando malamente il collega «Non mi sembra la cena che ci avevi promesso.»

Il pilota non rispose.

Hux percepì lo sguardo scuro su di lui; l’altro lo stava studiando attentamente. Deglutì a vuoto, le fauci improvvisamente asciutte. Stava sudando abbondantemente e dubitava che fosse colpa della calura.

Poe si era avvicinato, sollevando il viso per incrociare i suoi occhi; distolse l’attenzione, preparandosi all’inevitabile. Senza dubbio, lo aveva già riconosciuto. Come poteva essere altrimenti? Era il volto del Primo Ordine! Chiunque non fosse stato completamente cieco, avrebbe potuto identificarlo senza sforzo.

Sentì una stretta alla bocca dello stomaco, mentre le parole dell’altro gli perforavano il cervello:
«Io ti conosco…»

Certo che mi conosci, brutto idiota! Avrebbe voluto rispondergli, ma si trattenne.
Era già in una posizione scomoda e aggravarla con insulti gratuiti non sarebbe servito a nulla.

Chiuse le palpebre, mentre un nodo gli serrava la gola. Non riuscì a frenare l’immaginazione: si vide gettato in una fetida cella, con la sola compagnia degli scarafaggi e un panino stantio come unica fonte di sostentamento. Oh, ma quella sarebbe stata sicuramente una misura temporanea! Non l’avrebbero tenuto in vita a lungo, no… dopo la distruzione del Sistema Hosnian, non poteva certo sperare mostrassero clemenza. L’avrebbero torturato per estorcergli informazioni sul Primo Ordine; non avrebbe fiatato! Non avrebbero ricavato niente da lui: si sarebbe dimostrato il più reticente dei prigionieri. Si sarebbero scontrati ripetutamente con la sua testardaggine. Consci della sua inutilità, lo avrebbero condannato a morte – sicuramente dopo un processo fittizio, per alimentare un falso senso di giustizia. Gli avrebbero riservato una dipartita lenta, dolorosa e tristemente pubblica. La sua esecuzione sarebbe stata trasmessa in tutta la galassia, per minare la fiducia e la credibilità nel Primo Ordine.

Per un istante, si chiese che diamine ci facessero i ribelli ancora su D’Qar. Perché non avevano spostato la loro base? In fondo, avevano già rischiato di esplodere in mille pezzettini una volta; e se non fosse stato proprio per quello stronzo di Dameron, D’Qar sarebbe stato cancellato dalle mappe stellari già da un pezzo.
Non che avesse importanza, ormai. Probabilmente, la resistenza si illudeva d’aver guadagnato abbastanza tempo con la distruzione di Starkiller da permettersi di temporeggiare ancora su quell’inutile pianeta.

«Ho capito chi sei!» la voce di Poe lo riportò bruscamente alla realtà.

Finalmente ci sei arrivato, si sussurrò, consapevole dell’imminente fine.

Vide il pilota spalancare le braccia e sfoderare un sorriso rassicurante:
«Frank!»

E ora… chi diamine era Frank?
 

***
 

Poe lo aiutò a rimettersi in piedi, liberandolo dalla rete e soffocandolo in un abbraccio.

«Sei proprio tu!» gli urlò in un orecchio, dondolandolo piano sul posto «è una vita che non ci vediamo! Come te la passi?»

«Scusa, Dameron, ma…» uno dei ribelli aveva sollevato una mano come a chiedere la parola «… si può sapere chi è?»

Bella domanda, si disse Hux Vorrei saperlo anche io…

«è Frank!» la mano del pilota gli batté affettuosamente sul petto «è un mio vecchio compagno d’accademia! Abbiamo volato insieme tante di quelle volte, durante l’addestramento. Non… non mi ricordo, come fai di cognome?»

Riprese a sudare copiosamente. Poteva essere una trappola: il pilota stava cercando conferme, per essere sicuro d’aver innanzi l’autentico Frank. Se avesse sbagliato il cognome, sarebbe stato condannato. Eppure… che altra scelta aveva? Poteva solo rischiare e sperare che quello di Poe non fosse un bluff.

«Yogurt» disse la prima cosa che gli passò per la mente.

Sentì nuovamente la stretta dell’altro.

«Ma certo! Frank Yogurt!» Poe sembrava davvero convinto di quel nome, a differenza degli altri due che non facevano nulla per nascondere la diffidenza.

«Amh… sei sicuro che sia uno dei nostri, Dameron? E non una spia del Primo Ordine?»

«Sì! Non vedete?» Hux si sentì girare sul posto e si ritrovò ad esporre la schiena «è chiaramente il simbolo della ribellione. Nessuno del Primo Ordine sano di mente se ne andrebbe in giro con un abbigliamento simile, non trovate?»

Sì, se fosse una spia. O se fosse stato costretto a rubare i vestiti di un cadavere per non girare nudo, ovviamente. Tenne per sé quelle considerazioni, accontentandosi di raccogliere i cenni d’assenso che i tre si stavano scambiando.

Dameron lo prese sottobraccio. Resistette all’impulso di spingerlo via, costringendosi a modellare il proprio passo a quello del pilota. Si lasciò condurre verso la vicina radura, trovando solo il tempo per domandare:

«Dove… stiamo andando?» intuendo contempraneamente che la risposta  non gli sarebbe sicuramente piaciuta.

Il sorriso gradasso del pilota si allargò:
«Alla Base della Resistenza, ovviamente! Non vedo l’ora di farti conoscere gli altri!»
 

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Capitolo 12
*** Penso che tu sia un tipo a posto ***


12. Penso che tu sia un tipo a posto


Ren abbatté l’ultimo albero con un sibilo della spada laser.

In effetti, disboscare la foresta si era rivelata una soluzione di gran lunga migliore che attraversarla a piedi. Osservò la pianta crollare e rivelare una bassa costruzione in pietra chiara e argilla. L’ingresso - una semplice architrave sorretta da due colonne malmesse - era attorniato da alte e strette feritoie, sicuramente unico punto d’accesso della luce verso l’interno.

«L’abbiamo trovato!» esclamò soddisfatto, donando una carezza a Millicent che gli si era appollaiata in spalla «Hai visto? Uomo di poca fede! Te l’avevo detto che seguire la Voce era una buona idea!»

Attese l’aspra replica del generale che, tuttavia, non arrivò mai.
Kylo Ren si voltò, ispezionando rapidamente i dintorni con un’espressione crucciata.

«Hux?» chiamò, ma ancora una volta non ottenne risposta «Hux dove sei finito?»

Beh, era davvero strano come compagno di viaggio: non faceva altro che perdersi! Possibile che non riuscisse a tenere il passo neppure per mezza giornata di cammino?

Meow.

«Come dici, Milly? Oh, sì! Si sarà allontanato senza permesso, come al solito!» spense l’arma, riagganciandola alla cintura «Beh, poco importa. A lui penseremo dopo!» aggiunse, attraversando il breve spiazzo che lo separava dalla costruzione.

Si pulì frettolosamente la suola degli stivali sull’antico zerbino di foglie intrecciate, prima di superare la soglia. I suoi occhi impiegarono qualche attimo ad abituarsi alla penombra.
L’edificio ospitava un’unica stanza a pianta rettangolare. Al centro vi era un enorme tavolo di pietra, ove riposava un vistoso gioiello. Si accostò per osservarlo meglio: la catenina dorata reggeva una pietra triangolare, spaccata lungo la base in un margine seghettato; la gemma riluceva di un tenue bagliore violetto.

«Grazioso!» disse, soppesandolo sul palmo e poi lasciandolo scivolare nella tasca della tunica.

Meow..

«Piace anche a te, non è vero? Beh, immagino sia un gingillo prezioso. Magari potremmo rivenderlo a buon prezzo!»

Notò solo dopo che l’attenzione della gatta era fissa sui disegni che adornavano le pareti. Si avvicinò, studiando con attenzione quelle pitture accompagnate da curiose lettere. Batté le palpebre perplesso, quando si accorse che le iscrizioni erano in antica lingua Sith. Che diamine ci facevano dei geroglifici Sith in un tempio Jedi?

«Accidenti… ehi, Hux vieni a vedere!» chiamò, sbuffando poi «Ah, già… ti sei perso. Peggio per te, vorrà dire che non condividerò la gloria di questa scoperta!»

Il cavaliere scrutò attentamente le incisioni, lasciandosi catturare dalla storia.

«C’era una volta…» lesse, la fronte aggrottata e l’espressione concentrata «… un giovane uomo vigoroso nella Forza. Ehy, ma parla di me!» sorrise, affrettandosi a proseguire «L’uomo era un contadino che… ma che cavolo vuol dire? Ta… taaaaa… Tatooine! Oh, il pianeta natale del nonno. Questa storia è sempre più avvincente!»

Il gatto sbadigliò annoiato.

Ren proseguì a controllare i geroglifici:
«L’uomo, durante una estrazione mineraria, scovò uno splendido diamante lilla e decise di incastonarlo in un pendente da regalare alla moglie. Tuttavia, la gemma era una potente reliquia Sith che… che?»

Le parole si interrompevano bruscamente, ridotte ad una serie di scarabocchi illeggibili, completati tuttavia da un affascinante bassorilievo. La chiara figura di un Hutt stringeva una collana simile a quella che avevano ritrovato, con un brillante spaccato a metà. La storia continuava: vi era un pianeta diverso, con un altro tempio Sith; riconobbe a stento la scritta Vas..k. Le incisioni mostravano due persone ammantate: entrambe portavano i gioielli triangolari, ma mentre la prima era sdraiata su un altare, l’altra le premeva le mani sul viso; delle onde serpeggiavano lungo i due corpi, avvolgendoli interamente; poi l’uomo in piedi sollevava le mani e dei fulmini nascevano dalla punta delle sue dita.
Il bassorilievo si interrompeva lì.

Kylo Ren emise un fischio ammirato:
«Porco Gungan!» imprecò.

Sedette a terra e incrociò le gambe sotto di sé. Si sistemò Millicent in grembo, prima di posare le mani sulle ginocchia e chiudere gli occhi.

«Troppe informazioni fighe. Devo meditare.» sussurrò, sprofondando presto nel familiare oblio.
 

***
 

La base della Resistenza non era come la immaginava. Aveva sempre pensato fosse una specie di sobborgo di periferia, fatto di edifici in lamiera e capanne di bambù. Immancabili, ovviamente, i letti in puro cartone e compensato.
Aveva dovuto ricredersi ben presto: quegli sporchi pidocchi erano piuttosto organizzati!

Lungo il lato sinistro correvano enormi strutture in acciaio, riconoscibili come hangar per veicoli. Oltre una piazza centrale, invece, si stagliavano delle costruzioni più basse, ma altrettanto imponenti, identificabili come i quartieri generali degli ufficiali; senza dubbio, ospitavano anche palestre, refettori e sale riunioni. Gli alloggi personali dei ribelli, invece, erano sparpagliati lungo il perimetro: andavano dalle camere singole a delle stanze molto più ampie e capaci di ospitare anche una ventina di posti letto contemporaneamente. Interessante era la copertura verdeggiante che rivestiva interamente gli edifici, mimetizzandoli perfettamente con la pianura che li ospitava.

La base non distava molto dal punto in cui era stato catturato, ma Hux aveva percorso il tragitto saldamente ancorato al braccio di Dameron. Il pilota non aveva smesso un solo secondo di chiacchierare e il generale aveva più volte represso l’istinto di strangolarlo con la Forza. In effetti, non era ancora sicuro d’esserne capace, ma… diamine, se ci riusciva quell’imbranato di Ren! Era certo che con un po’ di pratica avrebbe avuto successo.

A proposito del cavaliere, chissà dove diamine si era cacciato! Aveva trovato il tempio Jedi? Aveva recuperato le informazioni che gli occorrevano? Oppure si era smarrito e ora stava piangendo come un moccioso, chiedendo informazioni ai cespugli?

Scosse il capo, sforzandosi di allontanare quelle congetture: aveva questioni più urgenti da risolvere e non poteva preoccuparsi oltre per quel bamboccio. Tanto per cominciare, doveva trovare un modo per svignarsela senza destare sospetti. Poteva aver ingannato Dameron, ma certamente gli altri membri non si sarebbero lasciati intortare così facilmente. Doveva andarsene prima d’essere riconosciuto.

Sarebbe stato facile, naturalmente, se Poe non lo avesse immediatamente trascinato al centro dello spiazzo, dove un gruppetto di suoi compari stava chiacchierando seduto attorno ad un modesto falò.

«Ragazzi!» esordì il pilota, spingendolo al centro del semicerchio «Vi presento Frank! È una new entry

Quattro paia di occhi si posarono immediatamente su di lui, e Hux si sentì morire. Tutti lo stavano fissando in cagnesco, in particolar modo il Wookie che ruggiva contrariato.

«Ma certo che è un amico, Chewbe! Era un mio compagno d’accademia» Poe gli rifilò una pacca su una spalla «Avanti! Non essere timido Frank.»

Non era timido, era terrorizzato!

Quel bestione peloso sembrava pronto a strappargli le braccia, per tacere della donna tarchiata che sedeva accanto a lui, frustando l’aria con una chiave inglese. La ragazza-spazzino sembrava indecisa se mostrarsi amichevole oppure prenderlo a bastonate.
Per finire, FN-2187 stava scuotendo vigorosamente la testa:

«Poe… non puoi arruolare chiunque incontri per strada.»

«Ma è un mio amico.»

«A sentire te, hai amici in ogni parte della galassia!»

«Beh, è così.»

«Comunque… a me questo qui non piace.» il traditore si alzò, andandogli frettolosamente incontro.

Hux indietreggiò istintivamente di un passo quando l’altro si fece davvero vicino. Si umettò le labbra secche, stiracchiando un sorrisetto falsamente amichevole:

«Ciao… sono… Frank» biascicò, mentre gli occhi scuri dell’ex-Stormtrooper lo indagavano come se volessero perforargli il cranio e leggergli direttamente nella testa.

Si vide puntare un indice contro il petto e punzecchiare un paio di volte:
«So chi sei.» ringhiò il soldato, gonfiando le guance come se volesse urlare a tutti la verità «Ma… Non mi viene in mente.»

Il generale tornò immediatamente a respirare, mentre la tensione accumulata sul fondo dello stomaco si scioglieva. Quindi nemmeno quella feccia voltafaccia lo aveva riconosciuto? Come era possibile? O erano completamente scemi oppure doveva avere davvero un aspetto trasandato e fuori dall’ordinario; magari era merito della barba ispida che gli colorava le guance. In quel caso, non l’avrebbe mai più tagliata, anzi… più si infoltiva e meglio era.

«Beh, in ogni caso… non dobbiamo essere scortesi.» la ragazza-spazzino si era fatta avanti, tendendogli una mano «Benvenuto! Io sono Rey e… un amico di Poe è anche un nostro amico. Lei è Rose Tico, la nostra migliore meccanica…»

Ricevette un “ciao” piuttosto laconico.

«Finn, un ex-assaltatore del Primo Ordine»

Storse immediatamente il naso al sentire quel nome. Trattenne una valanga di coloriti insulti, sforzandosi di ricambiare con un piccolo e forzato cenno.

«E lui è Chewbacca! Ne avrai sentito parlare, ovviamente.»

«Certo» una conferma strozzata da parte propria «Una… una vera leggenda, sì.» balbettò.

Ma dove diamine era Ren quando serviva?
In un colpo, aveva trovato la base della Resistenza, la ragazza-spazzino e il cane di famiglia. All’appello mancava soltanto il generale Organa e poi…

Oh, quanto dolce sarebbe stato ucciderli tutti quanti. Avrebbe potuto prendere il fulminatore e sparare nel petto di quell’enorme tappeto ambulante, come Ren lo chiamava ogni tanto. Poi si sarebbe concentrato sulla mezza Jedi e su quell’allocco di Dameron. Avrebbe tenuto il traditore per ultimo, gioendo della sua disperazione. Ah… e c’era anche la meccanica… va beh, forse per lei non valeva neppure la fatica di premere il grilletto.

Naturalmente, sopravvivere ad una impresa del genere sarebbe stato chiedere troppo; non sarebbe riuscito a cavarsela, né a sfuggire alla Resistenza dopo averla privata dei suoi comandanti e dei migliori guerrieri, ma… senza dubbio, sarebbe stata una fine gloriosa e indimenticabile. Gli avrebbero intitolato una sala sul Finalizer, sicuramente.

No, perché soltanto una sala? Una nave intera! Riusciva ad immaginarla, l’Armitage: il più spettacolare Star Destroyer del Primo Ordine. Sarebbe stato implacabile: agile, elegante e assolutamente letale. Ipertecnologico, con strumentazioni e armamenti di primissima qualità. Un peccato non poterlo comandare… Ma forse Mitaka sarebbe stato promosso e avrebbe avuto l’onore di guidarlo. O Unamo. L’importante era che non cadesse nelle mani di Phasma, che sicuramente l’avrebbe ridotto ad una palestra ambulante. Quanto a Pryde… beh, sarebbe morto prima di vederlo completata.

«Stai bene?»

La voce della spazzina lo riportò alla realtà, cancellandogli rapidamente l’espressione ebete sul viso.

«Amh… sì» ammise, osservando gli altri rivolgergli dei gesti impazienti «Dove state andando?» 

«Beh, abbiamo una riunione strategica per decidere le prossime mosse. Sai… prima siamo stati un po’ scortesi con te. Devi perdonarci, ma…» lei gli rivolse un gesto mortificato «Siamo tutti nervosetti ultimamente. Non volevamo mettere in dubbio la tua buona fede o il tuo rapporto d’amicizia con Poe»

«Nessun problema» mentì, stringendosi nelle spalle come se nulla avesse importanza.

«No, davvero! Penso che tu sia un tipo a posto.»

«Cosa te lo fa credere?»

«Oh, la Forza! Mi affido moltissimo a lei, sai? E poi… difficilmente sbaglio, quando si tratta di giudicare le persone.»

«Ma che brava!» trattenne a stento le risate, simulando un piccolo colpo di tosse. Poveri e ingenui ribelli… distruggerli sarebbe stato un enorme piacere.

«Mi chiedevo… Ti piacerebbe partecipare all’assemblea? Prendilo come un… modo per chiederti scusa e per concederti fiducia. D’altronde, nella Resistenza c’è sempre bisogno di gente in gamba e volenterosa, no?»

Montò un’espressione assolutamente sbalordita e ingenua. Premette il petto con la mano destra, come ad indicarsi e chinò leggermente il capo.
«Io… non so come ringraziarti, davvero...» sussurrò.

Se avesse potuto tirarsi una pacca sulla spalla, e complimentarsi da solo lo avrebbe fatto. Accidenti, era un attore nato! Quella stupida era così ansiosa di cancellare le offese di poco prima e di ricominciare con un sano percorso d’amicizia che quasi gli dispiaceva approfittarne. Quasi.
Non poteva credere a tanta fortuna! Avrebbe potuto assistere ad un breefing della Resistenza. Ne avrebbe carpito i segreti, le tattiche e le intenzioni. Magari avrebbe anche contribuito, già… e suggerito obiettivi militari assolutamente imprendibili; avrebbe spinto all’attacco quegli ingenui ribelli soltanto per guardarli distruggersi contro le inarrestabili forze del Primo Ordine. Li avrebbe colpiti dall’interno, come un insidioso parassita.

«è un onore per me» concluse, con un leggero inchino «Fammi strada Spaz… Rey!»
 

***
 

Hux abbassò lo sguardo alla cintura. Quanto tempo gli sarebbe occorso per recuperare il blaster e spararsi un colpo in testa? Era tutta colpa di quell’idiota di Dameron!

Si pizzicò l’attaccatura del naso, cercando di fare mente locale. Come era finito lì?

Aveva seguito Rey dentro uno degli hangar principali.
Aveva studiato con attenzione la disposizione delle Ala-X, controllando discretamente i tubi per il rifornimento, contando quanti droidi e operatori lavoravano nella struttura e cercando di spiare i codici d’accesso. Era stato spinto avanti dal suo presunto compagno d’accademia e presentato a Organa, che lo aveva accolto a braccia aperte, come fosse un figlio smarrito. Lo aveva ringraziato per essersi unito a loro ed essersi offerto volontario per quel pericoloso incarico. Naturalmente, Hux non ricordava assolutamente d’aver chiesto di prendere parte ad una missione suicida, ma ormai era tardi. Lo avevano fatto accomodare su una seggiola nel settore piloti. Qualcuno gli aveva consegnato una tuta da volo rossa e bianca e un casco.

Organa aveva attaccato una filippica su quanto fosse importante l’onore, lo spirito di sacrificio e il coraggio; era poi passata a temi più scomodi, come la riconquista della libertà e la lotta al Primo Ordine, da lei definito “Un’inutile accozzaglia di idioti spuntati fuori dalle vestigia del vecchio impero”. Peccato! Se l’era cavata bene sino ad ora e se non fosse stato per quello scivolone, Hux avrebbe anche potuto apprezzarla. In effetti, l’aspetto da arzilla nonnina ingannava parecchio. Riusciva a vedere le sfaccettature del suo carattere: da affettuoso e gentile, a tenace, combattivo e assolutamente determinato. Non faticava ad immaginarla inseguire Dameron e FN-2187 con un battipanni chiodato.

Aveva nascosto uno sbadiglio e si era finto attento.

Bla, bla, bla… quante stronzate che racconta la Resistenza. Pensano davvero di rappresentare un problema per noi? La distruzione di Starkiller è stato solo un colpo di fortuna. Un caso fortuito, che quell’idiota di Ren ha contribuito a far realizzare. A proposito… chissà come sta. Avrà trovato il tempio? Si sarà preso cura di Millicent? Dai, taglia che ho fame.

Poi, la situazione era degenerata. Il generale Organa aveva attivato un holo-proiettore e lui si era sentito morire.
Non era  riuscito a staccare gli occhi da quell’immagine, neppure quando il generale aveva suggerito a tutti di prendersi una piccola pausa prima della seconda parte del meeting, in cui avrebbe spiegato i dettagli del piano.

«Va tutto bene?» Dameron, tornato a sedere, gli stava tendendo una tazza di caffè.

Hux ciondolò la testa senza smettere di fissare l’ologramma:
«Perché?
» sussurrò, frastornato «Non riuscirete mai a distruggerla.»

«Oh, ma non vogliamo distruggerla. Cioè, ci piacerebbe, ma… sarebbe chiedere troppo. Ci basta danneggiarla gravemente. Renderla… inoffensiva per un po’.» la tazza venne spinta tra le sue dita gelate «La stai guardando come se fosse tua…»

Perché è mia!

Aveva riconosciuto la sagoma non appena Leia aveva aperto l’holo. Non aveva avuto bisogno di nomi o di conferme: la nave che galleggiava pigramente nel fascio blu era indubbiamente il Finalizer.

Recuperò la tuta rossa e la tese verso Dameron:
«Non posso» disse, scartando persino il caffè e tornando a fissare la proiezione «Non posso aiutarvi, mi dispiace.»

«Certo che puoi! Eri il migliore in accademia, dopo il sottoscritto naturalmente!»

Scosse il capo.
Non guidava un caccia da… troppo. Ren aveva ragione. Non era un pilota e il suo posto non era certo ai comandi di un’Ala-X; men che meno per rischiare in una missione suicida il cui unico scopo era devastare lo Star Destroyer che si era tanto faticosamente guadagnato. Non avrebbe partecipato a quella follia per nulla al mondo. Avrebbe fatto qualunque cosa pur di restare a terra, compreso amputarsi un braccio o fingere una colica improvvisa.

«Guarda, Frank… io capisco se non te la senti, davvero. Insomma, stiamo parlando di uno dei principali incrociatori della flotta. Sarà protetto al meglio e confesso che questo incarico spaventa un po’ anche me. Ma… se non combattiamo noi, se ci tiriamo indietro alla prima difficoltà… se abbandoniamo la speranza, allora il Primo Ordine avrà vinto. Tanto vale che gli consegnamo la galassia su un vassoio d’argento!» la pesante mano del pilota gli strinse una spalla con fare incoraggiante «Avanti! Ho parlato tanto di te a Leia! È… semplicemente entusiasta del tuo curriculum; e non ti nascondo che in questo momento ogni aiuto è prezioso. Sei un ragazzo in gamba, Frank! Da quanto sogni di andare lassù a spaccare un po’ di flaccidi e pallidi culi, mh?»

In altre condizioni, avrebbe osservato che l’unico culo flaccido sul Finalizer era quello di Pryde, ma l’ironia gli era morta sulle labbra. Dondolò la testa.
«Non posso, davvero…»

«Cosa non puoi, mh?» una terza voce si intromise.

Hux rialzò immediatamente l’attenzione, fissando FN-2187. In quel momento, era davvero l’ultima persona che avrebbe voluto trovarsi tra i piedi. Serrò i pugni, ficcandosi le unghie nei palmi e trattenendo l’impulso di balzargli al collo e strozzarlo.

«Frank non se la sente di affrontare il Finalizer» Poe gli scosse ancora un poco le spalle.

«Ah, certo! Sei… cosa? Una specie di figlio di papà piovuto dal cielo che non ha voglia di sporcarsi le mani?» percepì chiaramente il disprezzo nella voce dell’ex-soldato.

Non si mosse. Non aveva neppure voglia di litigare. Desiderava solo trovare un modo per fermare quella follia. Se avesse avuto più tempo, avrebbe strappato l’alimentazione carburante delle Ala-X, ma Organa aveva ordinato il decollo entro un’ora. L’hangar già sciamava di ribelli entusiasti per la partenza imminente.

«Non dovresti parlargli così. Insomma, è appena arrivato. Immagino non si aspettasse un compito di tale portata già dal primo giorno.»

«Non abbiamo bisogno di codardi.»

«Finn! Non essere scortese!»

Finn, Finn, Finn… quanto odiava quel nome. Era irritante anche solo da pronunciare. Quell’uomo non era Finn. Era FN-2187, che gli piacesse oppure no. Poteva aver tradito l’Ordine; forse si era illuso di poter essere qualcosa di diverso da un semplice Stormtrooper sottopagato, ma… no! Non era nient’altro e la Resistenza non avrebbe mai dovuto dargli speranza e inculcargli idee pericolose come la libertà, la dignità e l’individualità del singolo.
Abbassò gli occhi, tornando a spiare la punta degli stivali: qualunque cosa era meglio che incontrare ancora il volto di quello sporco traditore.

Questi, tuttavia, si inginocchiò davanti a lui, insinuandosi nel suo campo visivo come una mosca fastidiosa. Si ritrovò costretto a guardare quel volto grezzo e robusto dove la determinazione era sbocciata in un cipiglio fiero.

«Ascoltami amico…» Ah, ora erano amici? Interessante «Io non posso essere lassù con voi, ma credimi… vorrei tanto. Vorrei poter montare su una navetta e volare fino al Finalizer. Vorrei prendere a calci quei bastardi che mi hanno fatto questo.»

Hux si morse il labbro inferiore.
Quello stupido stava toccando un nervo scoperto: non gli avrebbe permesso di infangare il suo programma di reclutamento, né il metodico lavoro di Phasma sui cadetti. Si costrinse a tacere, a nascondere un’espressione di puro disgusto.
Finn riuscì a coglierla comunque:

«Esatto! La percepisco la tua collera, Frank! Il tuo odio… lo sento chiaro, come se fosse il mio. Io… non posso abbandonarmi all’ira; devo imparare a controllarmi o finirò per cadere nelle maglie del Lato Oscuro»

Ma che diamine stava dicendo quell’idiota? Si rimise in ascolto, mentre l’ex-assaltatore continuava imperterrito:
«Io… sto imparando le vie della Forza. Le sono sensibile.»

E chissenefrega! Anche io sono sensibile, ma non vado certo a sbandierarlo ai quattro venti. Anzi, scommetto che alla Forza sto pure più simpatico di te! Sono sicuro che mi aiuterebbe più volentieri a…

Ma certo! Ecco la soluzione al problema: la Forza. Cosa avrebbe fatto Ren al suo posto? Assolutamente niente! Si sarebbe affidato alla Forza, seguendo il suo istinto. Probabilmente, sarebbe schizzato su un’Ala-X e sarebbe decollato nel cuore della formazione, salvo poi distruggere tutti i ribelli una volta giunti a destinazione. Avrebbe aspettato il momento più propizio e poi li avrebbe colpiti, come una serpe nascosta in un nido. Li avrebbe fatti esplodere come tanti piccoli Alderaan!

D’altronde, che altre possibilità aveva? Nessuna, se voleva salvare lo Star Destroyer. Rifiutare la missione equivaleva lasciare campo libero alla Resistenza e la ferita di Starkiller bruciava ancora troppo. Non avrebbe permesso a Dameron e al suo sciame di api impazzite di devastare il Finalizer. Non poteva sparare a tutti nel bel mezzo dell’hangar: erano in troppi. L’avrebbero scoperto e buttato in una fetida cella; o l’avrebbero freddato sul posto. L’unica speranza era riuscire ad infiltrarsi nella squadriglia d’attacco ed eliminare quanti più ribelli; inoltre, avrebbe potuto contare sul supporto dei caccia TIE e dei cannoni dell’incrociatore. Più ci pensava e più quella soluzione gli sembrava l’unica attuabile.

Annuì convinto, seguendo il filo dei propri pensieri:
«Sì, potrebbe funzionare!» esclamò, ricevendo solo sguardi perplessi.

«Emh… che cosa?»

«Nulla, Dameron!» tagliò corto, scattando in piedi e rovesciando la tazza di caffè sui pantaloni del povero Finn, ancora accovacciato accanto a lui. Naturalmente, non si scusò «Mostrami la mia navetta.»

«Oh… ti sei convinto alla svelta!» Poe lo strinse in un abbraccio spontaneo e persino FN-2187 riuscì a regalargli un sorriso «Ti piacerà, vedrai! Ti farò conoscere il generale Abbracci...»

«Chi?»

«Il generale Hugs...»

«è Hux.»

«…Sono sicuro che lo adorerai!»

Sfoderò un ghigno ferino:
 «Oh, sì. Ne sono sicuro anche io.»


 

Angolino: 'sera! Vi ringrazio per aver letto fin qui! Volevo lasciare un piccolo appunto sulle ultime battute di questo capitolo. Ho scelto di mantenere la versione originale della storpiatura di Hux. Trovo fantastica l'idea che Poe lo chiami Hugs (tradotto in Abbracci).
Approfitto di questo piccolo spazio per ringraziare infinitamente Vale_Balz per le recensioni e per la perseveranza con cui sta seguendo questa fanfic <3 Penso tu sia l'unica ad essere riuscita ad arrivare sana e salva sin qui, quindi... riceverai una medaglia se sopravviverai anche ai prossimi capitoli *_*


 

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Capitolo 13
*** Usa la Forza, Hux ***


13. Usa la Forza, Hux


Hux si calò nell’abitacolo dell’Ala-X con una smorfia di disgusto.

«Sicuro che non ce ne sia un’altra?» chiese a Poe, che stava finendo di sistemare l’astrodroide nella sua postazione.

«Che ha questa che non va?»

Gli indicò la cloche e il quadro dei comandi tempestati di brillantini rosa. Da una leva d’accensione pendeva anche uno strano batuffolo lilla che, a giudicare da quanto scritto in etichetta, doveva profumare di violette selvatiche. Il sedile era bordato di un morbido pellicciotto e persino la carlinga esterna era dipinta con arcobaleni e unicorni. Ovviamente, anche il droide era per metà rosa.

«Sembra la camera di una quindicenne» sbottò, accendendo lo schermo del navigatore. Inserì automaticamente le coordinate del Finalizer, agganciando il pilota automatico per la sequenza di lancio.

«Beh, la sua precedente proprietaria è passata a miglior vita. Scusa tanto se non incontra i tuoi virili gusti» la nota scherzosa nella voce di Dameron si spense immediatamente «Come facevi a conoscere le coordinate d’arrivo?»

Il cuore del generale mancò un battito: le aveva immesse d’istinto, perfettamente conscio della posizione dello Star Destroyer; d’altronde, dubitava che Pryde lo avesse mosso in sua assenza, salvo ricevere ordini urgenti da Snoke… e considerato che la priorità ormai era addestrare le nuove reclute e sfamare i gatti.
D’istinto sollevò la mancina, agitandola oltre il finestrino e dirigendo il saluto verso uno dei piloti di passaggio nell’hangar sottostante:
«Me le ha dette lui.» mentì; sollevò il pollice in un gesto deciso e poi tornò a fissare l’altro «Sono giuste, no?»

«Ah, ora capisco… hai conosciuto Clint? È in gamba quel ragazzo.» Poe si sporse per controllare la destinazione e annuì «Corrette, sì. Bene. Ci vediamo nel punto d’arrivo, Frank. O dovrei dire Rosa Uno

«Rosa Uno

«Il tuo nome di battaglia. Tieni sincronizzata la radio su questo canale, sarà più facile comunicare tra di noi.» batté un paio di volte sul metallo della navicella «Decollo tra cinque minuti. Ci vediamo al Finalizer Frank! E… che la Forza sia con noi.»
 
 
***
 

Vassek. La volontà della Forza era chiara.

Ren aprì gli occhi, stiracchiando le braccia. Fissò qualche istante Millicent, ancora accovacciata tra le sue gambe. Aveva perso la cognizione del tempo durante la meditazione, ma aveva raccolto informazioni preziose. Finalmente la rotta del loro viaggio era chiara: la prima cosa da fare era recarsi su Tatooine, alla ricerca della seconda collana. Era possibile che non fosse più sul pianeta, ma senza dubbio era un buon punto d’inizio. Poi, una volta recuperato il pendaglio, si sarebbero diretti su Vassek. Quel pianeta, così brullo ed inospitale, accoglieva un tempio Sith, la cui ubicazione era tuttavia sconosciuta. A quel punto, beh… avrebbero improvvisato!

Senza dubbio la Voce o la Forza li avrebbero guidati.

C’era, tuttavia, un’altra cosa che aveva profondamente turbato la sua meditazione: aveva percepito una morsa, un legame improvviso che lo vincolava a D’Qar. Lo aveva studiato, aveva approfondito quel sentimento sino a scorgerne la causa: la ragazza-spazzino era lì! La sua traccia nella Forza era così potente e chiara, che Ren non doveva fare altro che seguirla per poterla scovare.

«Finalmente» disse, alzandosi e sistemando Millicent su una spalla «Rey… ora compirai il tuo destino e abbraccerai il Lato Oscuro.»

L’avrebbe trovata con estrema facilità: riusciva a percepire la sua aura, lucente come un faro nella notte. Gli sarebbe bastato ascoltare l’indizio, procedere in quella direzione e sarebbe giunto a lei. I giorni dei Jedi stavano finalmente per terminare.

Kylo Ren sfoderò la spada, accendendola:
«Rey, vieni con me.» sussurrò, menando un fendente a casaccio per enfatizzare quelle parole. La lama incontrò il soffitto, staccando una lastra che gli cadde direttamente in testa con un sonoro tonfo.

«Ahi! Cazz…» imprecò, investito da una pioggia di detriti e polvere. Qualcosa, poco dopo, gli batté sul capo e cadde rotolando ai suoi piedi.

Il cavaliere si chinò immediatamente, recuperando quello che sembrava un foglio spiegazzato.

«Una pergamena…» sussurrò, svolgendola rapidamente e leggendone il contenuto «è in lingua Sith, ma… è praticamente un riassunto della storia.»

Indietreggiò, sino a posare le natiche sul bordo del tavolo. La pagina spiegava con qualche dettaglio in più la storia dell’estrattore minerale di Tatooine, di come era venuto in possesso del diamante, poi spaccatosi in due metà.

«A quanto pare è necessario ricongiungerle su Vassek, ma…» Kylo Ren voltò il documento, proseguendo nella lettura delle istruzioni «Bene, qui chiarisce come arrivarci! Pare che il tempio Sith sia sistemato sulle rive dell’unico oceano del pianeta. C’è una mappa che spiega l’ubicazione e le coordinate e…» gli occhi scuri continuarono a scorrere alla ricerca di dettagli «Pare ci sia un rituale per risvegliare la Forza. Qualcosa che ha a che fare con la tavola di pietra e i gioielli.»

Scosse le spalle. Qualunque cosa fosse, ci avrebbe pensato poi. Ora la priorità era recuperare Hux, traviare la ragazza-spazzino e cercare il secondo ciondolo. Chiuse gli occhi, concentrandosi nuovamente. La Forza guizzò nel suo cervello, indicandogli rapidamente la via per potersi ricongiungere a Rey.

Bene! Sarebbe stato facile raggiungere la futura Jedi.

Scivolò rapido verso l’ingresso, nascondendo la pergamena tra le pieghe della tunica. Tornò ad accendere la spada laser, pronto a disboscare qualunque incauta palma da datteri ostacolasse il suo cammino.
 

***
 

Forse non avrebbe dovuto disattivare l’astrodroide. In effetti, era decisamente arrugginito sulle tecniche di volo. Non che il droide fosse di qualche utilità: aveva passato tutto il viaggio a produrre ripetitivi “bip” che lui non aveva saputo interpretare. Aveva deciso di spegnerlo per salvaguardare un po’ della sanità mentale che gli rimaneva.

Colse il ronzio della radio non appena l’Ala-X uscì dall’iperspazio:
«A tutte le unità: iniziare manovre di avvicinamento!»

Ignorò quel messaggio, tirando la cloche verso di sé per ridurre la velocità e concedersi qualche momento per spiare oltre il parabrezza: il Finalizer solcava pigramente l’universo, per nulla disturbato dagli attacchi di quegli insulsi moscerini. La nave non sembrava assolutamente scalfita dai laser che piovevano sulla sua superficie metallica; al contrario, pareva quasi annoiata da quei ridicoli tentativi.
La osservò dolcemente, cullandola con lo sguardo. Amava qualunque cosa di lei: dalle paratie in acciaio scuro, ai pavimenti levigati e lucidi, ai suoi alloggi confortevoli, alla plancia di comando attualmente usurpata da un vecchio mollusco imperiale. Fremette a quell’idea, non sapendo se la trovasse più fastidiosa dell’assalto repubblicano.

«Non temere, mia adorata; papà sta arrivando a salvarti» sussurrò, spingendo al massimo sull’acceleratore e infilandosi in coda al convoglio ribelle.

Sarebbe stato facile: avrebbe atteso l’arrivo dei caccia TIE e, approfittando della confusione, avrebbe immediatamente preso di mira Dameron e l’avrebbe fatto saltare. Eliminato il comandante, occuparsi degli altri sarebbe stato un gioco da ragazzi.

Sorride, premendo a fondo un bottone sul quadro.

«Fuoco!» gridò, mentre azionava inavvertitamente i tergicristalli «Oh, no… pulsante sbagliato. Proviamo questo…»

Un getto d’aria condizionata lo investì. Spense immediatamente.

«Questo…»

Quattro frecce.

«Mh… levetta?»

Percepì l’attivarsi dei cannoni laser.

«Sì!» esultò, poggiando gli indici sui grilletti e premendo a fondo. Un fascio di luci rossastre partì dallo scafo, schiantandosi sulla vicina superficie dell’incrociatore.

«Oh, no! Scusa, patatina! Era un tiro di prova…» esclamò, mettendosi immediatamente alla ricerca di Dameron. Ma dove diamine era finito?

Sussultò quando un’esplosione s’abbatté contro la carlinga. Colse del fumo nero alzarsi dall’ala sinistra, ma nonostante l’impatto la navetta continuò a volare imperterrita.
Maledizione! Se solo non avesse disattivato il droide, avrebbe potuto chiedere la conta dei danni. Si voltò leggermente sul sedile, controllando dietro di sé: uno sciame TIE era decollato dagli hangar e si stava ingaggiando le Ala-X. Normalmente, avrebbe gioito a quella vista, ma… un caccia sembrava avercela con lui: evidentemente ignaro della sua identità, il combattente TIE stava cercando in tutti i modi di abbatterlo.

Hux virò prontamente a destra, costringendo la navetta ad un doppio avvitamento. Trattenne un conato, ristabilendo immediatamente il volo orizzontale.

«Curva troppo stretta! Dannazione, dannazione!» sbottò, tirando il volante per innescare un volo verticale e cercare di allontanarsi dal suo inseguitore che, tuttavia, non si lasciò cogliere alla sprovvista. Altri scoppi giunsero da poppa.

«Smettila! È un ordine, smettila subito!» ringhiò, consapevole di non poter essere udito dall’avversario «Sono il tuo generale. Vedi di piantarla!»

Per tutta risposta, il TIE gli scaricò addosso un’altra bordata.

«Va bene, ora basta!»

Non era mai stato un pilota eccellente, ma rispolverare qualche vecchia nozione accademica non gli avrebbe fatto male. Si tuffò in una picchiata, mantenendo tenacemente la rotta mentre la superficie del Finalizer si avvicinava.

Ancora un po’, pensò. Un pochetto e…

Tirò di scatto la barra, impennando bruscamente e riportandosi in quota. Il TIE tentò inutilmente di seguirlo, ma urtò l’incrociatore ed esplose in mille pezzettini.

«Sì!» Hux sollevò il dito medio, ghignando soddisfatto «Lode alla Repub…» si accigliò e decise di tacere.

Ma che diamine sto dicendo? Devo essere completamente impazzito.

Urgeva ritrovare la calma e recuperare il piano originale: dove era finito Dameron? Impossibile dirlo, in tutto quel trambusto: deflagrazioni e lingue di fuoco si alzavano tanto dal Finalizer quanto dai veicoli che lo circondavano. I TIE stavano mettendo in seria difficoltà le navette della Resistenza, abbattendole o costringendole a fughe precipitose.

Si sentì orgoglioso: il Primo Ordine stava dando prova di grande tenacia, senza concedere quartiere a nessuno. Certo, se da un lato era uno spettacolo glorioso, dall’altro non aveva dimenticato d’essere alla guida di una sgargiante Ala-X, che chiunque avrebbe cercato d’abbattere - anche solo per salvaguardare il senso estetico della battaglia.

Virò nuovamente, mentre la trasmittente gracchiava:
«A tutte le unità» di nuovo Poe, deluso e preoccupato «Vi concedo un ultimo tentativo d’assalto. Dopo di che… saremo costretti a ritirarci. State pronti per il salto nell’iperspazio.»

Hux si concesse una risatina nervosa.
Povero Dameron! Il suo brillante piano si era rivelato un fiasco. Avrebbe dovuto fare i conti con le ingenti perdite e sicuramente Organa non sarebbe stata soddisfatta. Chissà, magari avrebbe spedito quello sbruffone a zappare la terra, possibilmente in compagnia del traditore e di quel Wookie puzzolente… e lei si sarebbe ritirata una volta per tutte: avrebbe abbandonato la ribellione per nascondersi nella sua residenza estiva, dove avrebbe trascorso le giornate ricamando centrini e cucinando biscotti.

Si cullò in quella piccola fantasia, poco prima di ritornare bruscamente alla realtà: inconsapevolmente, il volo lo aveva portato a pochissima distanza dalla plancia di comando. Si sporse, osservando oltre le vetrate: il ponte ronzava in frenetica attività e l’unica persona immobile davanti alla larga finestra era Pryde.

Fremette al notare i gradi sulla divisa di quello scarafaggio e il sorrisetto compiaciuto che solcava il volto rugoso. Strinse nervosamente la cloche, mentre gli indici scivolavano istintivamente sui grilletti. In fondo… Dameron aveva ordinato un ultimo assalto, no? Avrebbe potuto sfruttarlo, centrare la plancia e distruggere Pryde una volta per tutte. Certo, avrebbe irrimediabilmente danneggiato il Finalizer; questa volta doveva scegliere il male minore: la sala controllo si poteva riparare, ma nulla avrebbe riportato in vita quel pomoso! Con Pryde fuori dai piedi avrebbe potuto essere immediatamente reintegrato e recuperare il suo legittimo titolo.

Ruotò immediatamente la barra, per permettere all’Ala-X di riguadagnare distanza e portarsi frontalmente alla plancia. Scrutò la figura del suo acerrimo nemico, mentre armava i cannoni. Abbassò il puntatore sul casco, cercando di collimare la figura di Pryde nella griglia verdastra.

«Avanti…» ringhiò, mentre la distanza diminuiva rapidamente.

Mosse leggermente il volante, per riassettare il volo e sperare che l’immagine della plancia si stabilizzasse nel reticolato digitale.

«Non posso colpirlo così…»

Il vibrare era eccessivo e il mirino non lo avrebbe aiutato. Rischiava di mandare tutto a monte! Non poteva aprire il fuoco finché Pryde non fosse stato al centro del puntatore; parimenti, però, il divario che lo separava dal Finalizer si era ridotto considerevolmente: ancora qualche metro e non avrebbe più potuto sparare senza restare fatalmente coinvolto nell’esplosione.

«Ti prego, fatti mirare» sussurrò, mentre la parola magica si condensava sulle sue labbra «Forza!»

Non l’aveva considerata! Non gli serviva alcun puntatore. Poteva farcela da solo, semplicemente affidandosi alla Forza. In fondo, tutti conoscevano il modo in cui Luke Skywalker aveva distrutto la Morte Nera, no? Era riuscito a lanciare dei siluri in uno strettissimo condotto e senza alcun ausilio meccanico. Qualcuno sosteneva l’avesse addirittura fatto a occhi chiusi.

Spense immediatamente il puntatore, allontanandolo. Si rilassò, abbassando le palpebre e focalizzandosi soltanto sull’obiettivo: escluse i rumori della battaglia, lo sfrecciare delle navette, il rombo dei motori dello Star Destroyer; immaginò i missili guizzare e schiantarsi sulla plancia di comando.
Mitaka e Unamo? Da protocollo, avrebbero dovuto essere nei settori a loro affidati, schierando gli Stormtrooper per contrastare un eventuale abbordaggio; idem per Phasma. In teoria, dunque, erano al sicuro.
Scacciò quell’unico pensiero, mentre Pryde si condensava nella sua mente: lo immaginò disintegrarsi in mille pezzettini ed essere risucchiato nelle nullità dello spazio. Vide il ponte di comando avvolto nel fumo e nelle fiamme e provò una stretta al petto.

Perdonami, si disse, è necessario.

Riaprì lo sguardo, bagnato da una luce determinata. Premette a fondo i grilletti, mentre nel cervello gli rimbombava una sola frase:
Usa la Forza, Hux.

 
***

 
Pryde sorrise compiaciuto. La feccia ribelle batteva in ritirata, ma non sarebbe andata molto lontano: avrebbe ordinato ai TIE un serrato inseguimento, tagliando loro la via per il salto nell’iperspazio. Li avrebbe distrutti oppure costretti alla resa.

Affinò la vista quando scorse un’oscena Ala-X galleggiare davanti alla torre di comando. Si chiese chi mai potesse essere così disperato da guidare quell’affare, ma dovette ricredersi quando scorse due razzi partire dalla terrificante navetta rosa.

Un istante dopo, il pavimento del ponte tremò sotto i suoi piedi.
 

***
 

Hux valutò l’idea di ricorrere l’eiezione automatica del sedile per porre fine alla propria esistenza una volta per tutte.

La Forza non era decisamente con lui o le aveva chiesto troppo. Forse aveva azzardato una mossa eccessiva per un novellino. In fondo, non aveva ancora la completa padronanza, anzi… era davvero alle prime armi.

Non riuscì a distogliere lo sguardo dal Finalizer. Il primo razzo si era schiantato sul fianco destro, facendo breccia in uno dei depositi alimentari. Una flotta di panini si levò dallo squarcio, galleggiando pigramente nell’universo. A loro seguirono le barrette e le sacche proteiche, maestosamente schierate come in una parata militare.

Il colpo peggiore, però, fu il secondo: l’ordigno era caduto su una delle principali torrette di controllo dei cannoni laser, abbattendola in un solo colpo. Hux aveva scorto il pilone metallico collassare su sé stesso, trascinando l’antenna e il quadro energetico. Immediatamente, l’intero fianco destro del Finalizer si era paralizzato. La contraerea aveva smesso di attaccare e il lato della nave era immediatamente piombato nell’oscurità. Dei portelloni stagni anti-abbordaggio erano calati sulle finestre e sugli hangar, impedendo il decollo ai TIE rimanenti.

Assistette impotente a quello spettacolo. Non solo non aveva ucciso Pryde, ma aveva anche distrutto un pezzo della propria nave.

Può andare peggio di così? Si chiese.

I caccia rimanenti si diressero immediatamente su di lui, tallonandolo da vicino. Spinse i motori al massimo, cercando disperatamente di allontanarsi e di rimanere fuori dalla loro portata.

La radio gracchiò nuovamente.

«Sei un grande, Rosa Uno!» l’inconfondibile voce di Dameron, seguita da quella di altri piloti, evidentemente desiderosi di mettersi in contatto con lui:

«Ti stimo fratello!»

«Ci hai salvato!»

«Rosa Uno sei tutti noi!»

«Un fantastico regalo per il generale Abbracci!» di nuovo Poe «Innestate il pilota ausiliario e preparatevi al salto. Si torna a casa.»

Hux valutò l’idea di abbandonarli.
Avrebbe potuto arrendersi, lasciare che il raggio traente attirasse l’Ala-X nell’hangar più vicino e identificarsi. Nessuno lo avrebbe arrestato… o sì? Senza dubbio, gli ufficiali del Finalizer erano ansiosi di mettere le mani sul soldato che li aveva così fortemente danneggiati. Che sarebbe successo allora? Pryde gli avrebbe concesso il beneficio del dubbio? O lo avrebbe accusato d’essere una spia ribelle e gli avrebbe sparato senza possibilità d’appello?

Più probabile la seconda, si disse.

Inserì l’automatico, abbandonando i comandi e rannicchiandosi sul sedile; la navetta tremò, mentre imboccava l’iperspazio.

Non aveva altra scelta che seguire Dameron e tornare su D’Qar.

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Capitolo 14
*** Ti piace lo stufato? ***


14. Ti piace lo stufato?



Poe lo trascinò fuori dall’abitacolo, aiutandolo a scendere la ripida scaletta.

Attorno all’Ala-X si era radunata una piccola folla. I ribelli applaudivano e urlavano il suo nome, ripetendo ritmicamente:
Rosa Uno! Rosa Uno! Rosa Uno!

Lo Wookie ruggiva soddisfatto e persino FN-2187 batteva le mani ai margini dell’assembramento.

Rey non si vedeva da nessuna parte, a differenza di Rose Tico che sventolava le sue chiavi inglesi in sua direzione, ma senza alcun tono di minaccia; al contrario, sembrava che lo stesse salutando…

«Hai fatto colpo, amico mio!» gli sussurrò Dameron, indicandogli la meccanica.

Andiamo bene.

Hux si sforzò di cancellare l’aria afflitta sul proprio viso. Aveva distrutto mezzo Finalizer, non aveva ucciso Pryde e aveva persino spazzato una delle più grosse dispense a bordo, probabilmente costringendo inconsapevolmente l’equipaggio a razionare le barrette energetiche sino al prossimo rifornimento. La  Resistenza lo stava acclamando come fosse un eroe, mentre Leia gli appuntava una medaglia argentea sul petto.

«Ti siamo davvero grati, Frank Yogurt!» stava dicendo il generale «Senza il tuo provvidenziale intervento avremmo subito una pesante sconfitta» un cenno verso la folla «Molti di loro non sarebbero qui, se non fosse stato per il tuo coraggio e sangue freddo.»

Scoppiarono delle nuove acclamazioni.

Hux si riscosse, scrutando il gioiello che brillava sulla sua uniforme:
«Non… non credo di meritarlo, generale. Ho fatto solo il mio dovere» ripeté meccanicamente, come una lezione imparata a memoria. La mano della donna gli premette piano sul cuore.

«Tienila, davvero. Te la sei guadagnata. E poi…» ricevette un sorriso imbarazzato «In realtà, ne ho il comodino pieno. Non so più dove ficcarle, quindi le regalo…»

«Certo» represse una smorfia quando Poe gli tirò una pacca sulla schiena.

«Per Frank! Hip hip…»

«Urrà!» gridarono i presenti.

«Hip hip…»

«Urrà!»

«Sì, ho capito il concetto…» Hip hip urrà era una cosa che non aveva mai potuto sopportare.

Non che a Dameron interessasse, ovviamente:
«Hip hip…»

«Urrà! Urrà! Urrà!»

Rose Tico si avvicinò, prendendolo sottobraccio:
«Andiamo!» chiocciò allegra, appoggiando la testa appena sotto la sua spalla «Abbiamo preparato un banchetto in tuo onore! Ti siederai vicino a me.»

«Mh, no… io pensavo di…»

«Non era una domanda…» il tono virò immediatamente: divenne secco e irritato per un istante, prima di addolcirsi di nuovo «…sciocchino.»

Hux sospirò, consapevole di non avere molta scelta. Il buio era già calato sulla base, ma i ribelli avevano allestito due lunghe tavolate al centro dello spiazzo principale e le avevano apparecchiate frettolosamente con piatti e bicchieri. Un paio di cuochi stavano servendo uno stufato dal forte profumo di spezie.

Venne fatto accomodare tra Rose e Poe, mentre FN-2187 prendeva posto davanti a lui, accanto a Chewbacca. Represse un conato quando vide lo Wookie rinunciare al cucchiaio e tuffare direttamente il muso nella scodella.

La meccanica si appoggiò nuovamente alla sua spalla, sospirando:
«Ti piace lo stufato?»

«Certo… è fantastico.» mentì.

Era affamato e la pancia protestava vigorosamente, ma la sola vista di Chewbacca che si sbrodolava il pelo gli aveva chiuso lo stomaco, nauseandolo. FN-2187 emetteva strani rumori mentre beveva e Dameron continuava a esplorarsi il naso, appiccicando eventuali caccole sotto al bordo della panca. Possibile che nessuno in quel posto conoscesse un minimo di decenza? Non si sarebbe mai più lamentato degli usi di Ren! Se confrontato ai ribelli, l’apprendista Sith era un gentiluomo…

Pungolò un pezzo di carne con la forchetta, indeciso se assaggiarlo.

«Dove è la ragazza spaz…emh… Rey?» chiese, guardandosi attorno «Non la vedo da nessuna parte.»

«è partita mentre eravate via.» rispose l’ex-stormtrooper.

«Dove è andata?»

«Non possiamo dirtelo. Si tratta di una… missione super-segreta.»

«Ah, capisco» non che gliene importasse, ma l’idea che il traditore gli celasse qualcosa lo infastidiva notevolmente «Immagino non vi fidiate abbastanza di me» azzardò.

«Al contrario, ma… in realtà soltanto Organa e pochi altri conoscono la destinazione di Rey. Questo non vuol dire che non ci fidiamo di te!» Si vide tendere una mano, che fu costretto a stringere con riluttanza «Io… ti ho giudicato male, Frank. Ti devo delle scuse, ma… quando ti ho visto la prima volta, ho pensato che fossi un poco di buono. Non so, tipo… una spia del Primo Ordine» l’imbarazzo in quelle parole era evidente «Mi… ricordavi qualcuno di loro. Dei cattivi, sai? Ma dopo quello che hai fatto, direi che sei al di sopra di ogni sospetto.» un brindisi in sua direzione «Sono sicuro che diventeremo ottimi amici…»

«Per la pelle.» stiracchiò un altro sorriso di circostanza e si costrinse a mangiare, ignorando Rose che, attaccata al suo braccio, non la smetteva di lanciargli occhiate languide.
 

***
 

I festeggiamenti si erano protratti sino a tarda sera, quando Leia li aveva ricacciati nelle loro stanze. Come paventato, essendo sprovvisto d’alloggio, Hux era stato costretto ad accettare l’invito pressante di Dameron, la cui camera era abbastanza grande per ospitare comodamente due persone. Il pilota gli aveva offerto il proprio letto, ma lui era stato irremovibile: avrebbe dormito sul divano, comunque abbastanza morbido e spazioso. Non era, invece, riuscito a declinare il regalo successivo: un pigiama di flanella, di un sobrio azzurro cielo decorato con nuvolette bianche e mongolfiere.

Hux scivolò fuori dalle coperte, spiando qualche attimo la propria figura nello specchio più vicino: il pigiama gli stava decisamente corto! Le maniche gli arrivavano a metà avambraccio e l’orlo dei pantaloni svolazzava attorno alle caviglie. Non avendo altro, aveva dovuto accontentarsi.

Infilò cautamente gli stivali, prima di drappeggiare la casacca sulle spalle, per proteggersi dall’umidità. Ignorò il peso della medaglia, provvidenzialmente trasferita dalla tuta rossa da pilota, che aveva dovuto restituire; Ren sarebbe sicuramente scoppiato a ridere alla vista di quella stella argentata con il simbolo della Resistenza… questo, ovviamente, poco prima di soffocarlo a morte per aver distrutto mezzo Finalizer

Rifilò un’ultima occhiata a Dameron: l’uomo stava russando rumorosamente, immerso in un sonno profondo dovuto alla stanchezza, alla tonnellata di cibo che aveva ingurgitato, e ovviamente alle abbondanti sorsate di vino.

Si mosse lentamente, senza fare rumore. Raggiunse l’uscio e guizzò fuori. All’esterno, l’aria frizzante della notte lo colpì come uno schiaffo, risvegliando immediatamente i suoi sensi. Cercò di orientarsi: la camera di Dameron era ospitata in una bassa casupola ai margini del complesso; per raggiungere la sala comunicazioni, doveva piegare a destra e poi infilarsi negli hangar.

Hux si guardò attorno, affatto stupito di non trovare in giro nessuno: evidentemente avevano tutti bevuto troppo per poter reggere ancora; sorrise davanti a tanta fortuna: sarebbe stato facile!

Si sbrigò verso l’edificio più imponente, entrando di soppiatto nell’hangar: il silenzio più completo lo avvolse, confermandogli d’essere l’unica persona sveglia nell’intera base. Passò tra le Ala-X senza degnarle d’uno sguardo, raggiungendo infine la sala radio. Premette sulla maniglia con decisione, abbassandola; la porta ruotò dolcemente sui cardini.

Erano davvero sprovveduti quei ribelli! Possibile che si fidassero a tal punto da lasciare aperte tutte le porte? Erano così sicuri di loro stessi, che neppure si premuravano di inserire codici e password. Probabilmente mai si sarebbero immaginati che un generale del Primo Ordine penetrasse tanto a fondo nella loro struttura.

Accostò l’ingresso, sedendosi alla prima postazione libera. Il terminale per le comunicazioni era già acceso; tutto quello che doveva fare era contattare il Finalizer. Le dita affusolate rimasero sospese qualche attimo sulla tastiera; chi avrebbe potuto chiamare? Non era sicuro che contattare il ponte di comando fosse una buona idea: nel mezzo del ciclo notturno avrebbe potuto esserci chiunque di guardia, compreso qualche leccapiedi di Pryde. No, aveva bisogno di una frequenza sicura. Scartò immediatamente Phasma, che sicuramente non avrebbe sentito la chiamata, considerato che dormiva con l’elmo addosso; Unamo si sarebbe ovviamente indisposta e non aveva alcuna voglia d’affrontare le sue ire al ritorno. Non rimaneva che una sfortunata persona… ammesso e non concesso che fosse ancora viva, dopo l’attacco all’incrociatore.

Digitò rapidamente il codice.

Rispondi! Rispondi, ti prego. Cantilenò dentro di sé.

Un click gli confermò l’avvio della comunicazione e una voce impastata, ma gentile gli rispose:
«Parla il tenente Mitaka.»

«Mitaka! Sono io!» gli sfuggì un sospiro sollevato.
Mitaka era vivo, ma… era illeso? O gli stava rispondendo dall’infermeria? E che dire degli altri?

«Generale!» il tono divenne perplesso, ma formale «Sta bene? Dove siete?»

«è… emh… molto difficile da spiegare» sussurrò, consapevole di non potersi esporre. Mitaka non avrebbe capito la situazione, anzi… si sarebbe preoccupato ancora di più, sapendolo in seno alla Resistenza come infiltrato occasionale «Volevo solo sapere se state bene. Siete feriti?»

«Ha saputo dell’attacco al Finalizer

Come potrei non saperlo?

Annuì piano, consapevole che l’altro non poteva vederlo:
«Sì. Me lo ha detto…» chi? Chi poteva averlo contattato? Mh… c’era un giovane guardiamarina con la faccia da rospo sempre seduto all’ultima consolle della plancia. Com’è che si chiamava? «Globor»

«Globor è morto nell’assalto, signore.»

«Ah…»

Accidenti alla sua sfiga! Riprovò:
«Trennan?»

«Morto anche lui, signore.»

«Kalos?»

«Morto…»

«Perty?»

«In coma»

«….Roxane?»

«Lei è viva, signore. Sana e salva!»

«Perfetto! Allora l’ho saputo da Roxane.» confermò, ripetendo poco dopo «Voi come state? Tu, Unamo, Phasma…»

«Stiamo tutti bene, signore. Nessuno di noi è rimasto ferito.»

Si rilassò sullo schienale, mentre il sollievo si diffondeva nel petto. Alla fine, il suo attacco era stato devastante, certo… ma non aveva colpito i suoi più fedeli sottoposti. Mitaka, Unamo, Phasma… erano incolumi e aspettavano soltanto il suo ritorno. Chissà cosa avrebbero detto, se avessero scoperto che l’autore dell’attacco era proprio lui. Non riuscì a non immaginare i loro volti contratti dalla delusione e dal dolore per quel tradimento. Distingueva chiaramente l’amarezza sui visi dei due ufficiali, mentre Phasma dipingeva una bocca piegata all’ingiù sul casco.

«E lei, signore? La sento un po’ strano e…»

«Che stai facendo?»

Hux si congelò sul posto quando colse la figura di Poe a margini del proprio campo visivo. La voce del pilota era risuonata per tutta la sala controllo e, senza dubbio, doveva essere arrivata anche all’incrociatore.

«Io…? Niente.» si affrettò, lanciandosi sul pulsate per chiudere la comunicazione. Dameron, però, fu più svelto e si frappose tra lui e la consolle, vanificando quel tentativo.

«Con chi stai parlando?» vide il pilota leggere le coordinate dello Star Destroyer e sgranare gli occhi «Questa è… una frequenza del Primo Ordine!»

«No…» mentì «è… è solo mio cugino che…»

«Signore? Signore, c’è ancora?»

Percepì un sudore gelido scorrergli lungo la spina dorsale. Era finita! Si era tradito e ora Dameron lo avrebbe smascherato davanti a tutti. Leia si sarebbe ripresa la sua bella medaglietta d’argento e FN-2187 gli avrebbe sparato in testa; o forse lo avrebbe lasciato allo Wookie, perché gli strappasse le braccia e le usasse come dessert.

«Signore?» di nuovo la voce di Mitaka, seguita dal tono sospettoso del ribelle:

«Perché stai chiamando il Primo Ordine?»

Il terrore si insinuò nelle sue viscere. Non c’era più nulla che potesse fare. Poteva negare l’evidenza, ma Poe gli avrebbe creduto? Oppure sarebbe corso a denunciarlo al generale Organa? Non poteva permetterlo! Doveva resistere almeno fino all’alba per poi cercare di allontanarsi e tornare all’Upsilon. Tuttavia, se la sua copertura fosse saltata, lo avrebbero giustiziato immediatamente o lo avrebbero rinchiuso da qualche parte.

Era il momento rischiare: negare l’evidenza non sarebbe servito, poteva solo volgere la situazione a proprio favore. Poteva soltanto fare leva sullo sconfinato ego e sulla vanità altrui.

Afferrò la trasmittente, sbraitando nel microfono:
«è questo quello che succede a mettersi contro la Resistenza! Avete capito? La prossima volta ci penserete due volte ad inimicarvi il… il fantastico duo Yogameron!» si sentì idiota, ma si costrinse a proseguire «Vi vedremo bruciare e balleremo sopra le ceneri del vostri impero fittizio!»

«Signore, si sente ben…?»

Chiuse immediatamente la comunicazione, arruffando un sorriso sbruffone e volgendosi al pilota.

Poe lo stava guardando con assoluta ammirazione:
«Wow! Li hai chiamati per insultarli?»

«Certo! Volevo che sapessero con chi hanno a che fare» ringhiò deciso, battendo il pugno destro sul palmo opposto.

«Grande Frank! E…hai anche inventato il nostro nuovo nome da battaglia.» come da copione, Poe lo abbracciò «è splendido! Yogameron… ha un suono graffiante, da far tremare le pareti.»

«Bello, vero?»

«Perfetto!»

Poe gli passò un braccio attorno alle spalle, euforico. Lo condusse nuovamente verso l’hangar.

«Torniamo a dormire, ora. Domani annunceremo a tutti la grande novità. Il miglior duo spaziale che si sia mai visto!» una risata e poi con tono pomposo «Fate largo! Passano gli Yogameron!»
 

***
 

Hux si bloccò immediatamente quando scorse la nera figura spuntare improvvisamente da dietro un angolo. Lui e Poe avevano da poco abbandonato l’hangar per recarsi nella zona dormitori della base, affrontando l’agglomerato di basse casupole che fungevano da camerate.

«Ren!» esclamò, stupito nello scorgere il cavaliere a pochi passi, con Millicent ancora appesa alle spalle.

La presa di Dameron sul suo braccio si fece più pesante:
«Ren?» colse la sfumatura perplessa nel tono del pilota «Che significa? Non sarà mica…?»

Scosse velocemente il capo. Era improbabile che Poe riuscisse a riconoscere il suo aguzzino, considerato che forse non l’aveva neppure mai visto senza maschera e sicuramente non nel buio della notte e tanto meno con un gatto aggrappato alle vesti. Dopo tutto non era riuscito a identificare neppure lui… Nonostante ciò, avrebbe fatto il possibile per allontanare ogni sospetto dall’apprendista Sith.

Si divincolò dalla stretta, frapponendosi tra i due:
«Amh… no, lui è… mio cugino Ren…ato» mosse un cenno affrettato, sottolineando quel nome «Renato, ti presento Poe Dameron.»

Al solito, Ren non si mostrò particolarmente perspicace:
«Guarda che so benissimo ch…»

Hux gli tirò una gomitata:
«No, non lo sai.»

«Non mi chiam…»

Un altro affondo:
«Certo che sì!» rivolse un sorriso sfuggente verso il ribelle «Bene, Dameron. È stato un piacere conoscerti, ritrovarti, insomma… quello che è. Noi dobbiamo andare, sai com’è… tante belle cose.»
Si aggrappò alla manica del cavaliere per trascinarlo via, ma le proteste non tardarono:

«Aspetta un attimo! Non credi che dovremmo prenderlo come ostaggio?»

«No, Ren. Non credo dovremmo.»

«Perché?»

«Perché abbiamo solo una vaschetta di uova sull’Upsilon e ti ricordo che so cucinare esclusivamente frittate.»

«Magari lui sa cucinare…»

Era una buona obiezione. Curioso quell’idea fosse venuta proprio a Kylo Ren e non a lui. Si rivolse al pilota:

«Sai cucinare?»

Dameron scosse il capo:
«No… Ma Finn sa farlo.»

«E dove diamine ha imparato, di grazia?» Hux sgranò gli occhi «Non mi risulta che il Programma Stormtrooper preveda lezioni culinarie.»

«Oh… glielo ha insegnato Rose. A proposito, credo abbia una cotta per te, Frank. Le spezzeresti il cuore, se te ne andassi. È una ragazza così dolce.»

«Si, beh… non sono interessato.» tagliò corto, mentre la voce di Ren tornava a spadroneggiare:

«Chi è Rose?»

«Nessuno!»

«Perché non rapiamo lei, se sa cucinare?»

«Perché di no!» ringhiò, cercando ancora di allontanare il cavaliere «Senti, capisco la tua smania di catturare qualcuno, ma posso assicurarti che non abbiamo tempo. E abbassa la voce! Rischi di svegliare tutti e… l’ultima cosa che voglio è avere quello Wookie puzzolente alle calcagna.»

«Chewbacca è qui?»

«A quanto pare… lo vuoi salutare?»

Ren scosse mestamente il capo:
«Mh… non sono più sicuro di stargli simpatico, ma… beh, comunque sono venuto qui per un motivo ben preciso.» scattò verso Dameron, afferrandolo per il bavero della giacchetta «Dov’è lei? La ragazza spazzino? So che è qui! La Forza me lo ha detto.»

Il pilota si accigliò:
«Oh, sei sensibile anche te? Figo… anche Finn pare lo sia!­ Alla fine, gli unici sfigati senza Forza rimarremo io e il generale Abbracci.»

«Parla per te!» scattò Hux, tornando ad acciuffare Ren e scuotendolo con forza «Comunque, Rey non è qui. È partita.»

«Per dove?»

Stava perdendo la pazienza. Avere a che fare con Ren era già difficile, ma se alla sua stupidità si assommava quella di Dameron, beh… era veramente troppo per i suoi poveri nervi. Avrebbe chiesto un aumento di stipendio a Snoke alla prossima convocazione.

«Cosa vuoi che ne sappia, Ren! Non gliel’ho chiesto e comunque dubito che me lo avrebbe detto.» allargò le braccia, sempre più sconfortato «POSSIAMO ANDARE ADESSO?»

Non si rese conto d’aver gridato finché non sentì un ruggito alle proprie spalle. Il sangue gli si gelò, mentre ruotava lentamente il capo: lo Wookie era comparso al centro dello spiazzo e stava correndo verso di loro brandendo una sottospecie di enorme balestra.

Non badò più né a Ren, né a Poe. Recuperò soltanto Millicent, stringendola tra le braccia e scattando in una folle corsa verso la vicina boscaglia. Se il cavaliere desiderava battersi e morire sbranato, beh… prego! Lui si sarebbe messo al riparo; per nulla al mondo sarebbe diventato parte dello stufato quotidiano della Resistenza. Ignorò i ringhi della creatura e urla del pilota alle proprie spalle. Quei “Frank, torna qui!” erano assolutamente fuori luogo.
Poco dopo, colse un secondo passo affrettato seguirlo; Ren entrò nel campo visivo, gli scippò la gatta e lo superò con un paio di falcate.

«Ehi!» protestò «Ridammela!»

«Sono più veloce di te, ho maggiori possibilità di sopravvivenza, quindi… la porto io. In bocca allo Wookie, Hux! Letteralmente.»
 

 
 

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Capitolo 15
*** L’ultima cosa che ci serve è un incidente diplomatico ***


15. L’ultima cosa che ci serve è un incidente diplomatico


«Ripetilo, perché non credo d’aver capito…»

Hux si rilassò sul sedile del copilota, accarezzando dolcemente la gatta acciambellata sulle sue ginocchia. Era finalmente riuscito a darsi una ripulita, lasciando a Ren l’onere di decollare da D’Qar e impostare la nuova destinazione. Si era sciacquato con attenzione anche i capelli, trovando il tempo per sfoltire la barba rossiccia che gli contornava il volto. Aveva recuperato dei sobri pantaloni di stoffa grigia e una camicia abbinata; se non fosse stato per lo stemma della ribellione sarebbe potuta quasi apparire come parte della divisa del Primo Ordine.

«Beh, le informazioni non erano molto chiare, ma certamente Tatooine è la nostra prima tappa. Dobbiamo saperne di più sul secondo ciondolo e l’unico indizio che c’era si riferiva a quel pianeta. Occorre trovarlo prima di recarsi su Vassek e completare il rituale per il risveglio della Forza.» Ren non lo stava fissando, concentrato sulla guida «Non manca molto, comunque… tra poco entreremo nell’atmosfera.»

«Non ci stiamo andando solo perché c’è il museo su Darth Vader, vero?»

«No! Assolutamente! Tuttavia… sarebbe un peccato abbandonare il pianeta senza dargli una occhiatina, non credi?»

«No.»

«Oh, diamine! Non ti sto chiedendo molto, solo di fargli una visita.»

«Abbiamo una missione da compiere e abbiamo già perso abbastanza tempo.»

«Tu hai perso tempo… giocando all’eroe ribelle e distruggendo metà della nostra nave!»

Hux si rannicchiò, consapevole che presto o tardi avrebbe dovuto fare i conti con i danni inflitti al Finalizer. Temeva che il saldo per le riparazioni superasse di gran lunga il budget a loro disposizione. Snoke non ne sarebbe stato felice.

D’altro canto, aveva tentato di nascondere la verità al cavaliere, descrivendogli solo piccole parti della sua avventura come pilota della Resistenza, ma Ren si era stancato ben presto di quel racconto frammentato e gli era entrato nella mente con la delicatezza di una ruspa in un roseto. Gli aveva strappato la verità lasciandolo con un enorme senso di inadeguatezza e un mal di testa lancinante.

«Non lo dirai al Capo Supremo, vero?» supplicò, osservando lo scuotere della testa bruna.

«No. A patto che mi porti al museo.»
 

***
 

Lo spazioporto di Tatooine non distava molto dalla vecchia casa di Anakin Skywalker, fortunatamente. Hux si legò una sciarpa attorno alla fronte, accomodandola come fosse un improvvisato turbante. Rimboccò le maniche sui gomiti, agitando le dita accanto al viso cercando di recuperare un po’ d’aria.

«Si muore di caldo» sentenziò, ignorando Ren che si era nuovamente liberato della tunica per girare a petto nudo e pantaloni a vita alta.

«Stai sempre a lamentarti? Non puoi goderti il panorama, per una volta?»

«Quale panorama?! Non c’è altro che sabbia e sabbia e … case color sabbia. Questo posto fa schifo.»

«Ehi… è il pianeta natale della mia famiglia. Smettila di insultarlo! Non penso che Arkanis sia tanto meglio…»

«Almeno non c’è questa afa torrida e questa costante puzza di sudore» soffiò, stringendo maggiormente Millicent al petto. Colse l’occhiata interessata di un Dug e un indicare delle dita nodose «Non è in vendita e non è commestibile.» ringhiò, proteggendo il felino da altri sguardi indiscreti «Selvaggi…» sibilò, tornando a scrutare Ren «Sicuramente volevano mangiarsela. Dovevamo proprio portarla?»

«No, avremmo potuto nasconderla sulla navetta, ma… lei stessa non ha voluto lasciarci, ti ricordo. Si è aggrappata alla tua camicia e poco c’è mancato che te la staccasse ad unghiate.»

Annuì, seguendo il cavaliere verso uno dei vicoli laterali alla piazza del mercato. Fortunatamente, qualche anima gentile aveva piazzato dei rudimentali cartelli in legno grezzo che indicavano la corretta strada per giungere alla casa di Vader; almeno non avevano dovuto chiedere informazioni a nessuno dei locali, anche perché… che lingua parlavano da quelle parti? Senza un droide protocollare sarebbe impossibile tradurre qualsiasi inumano verso emesso dalla popolazione.

«Quanto manca?» sussurrò, proprio mentre un basso edificio si profilava all’orizzonte. L’insegna pericolante recava la scritta “Museo” in una macabra tinta rossastra.

«Siamo arrivati direi» l’altro accelerò, costringendolo ad una breve corsa per tenere il passo «A quanto pare l’ingresso è gratuito…»

Ma certo, chi mai pagherebbe per un postaccio simile? Hux sbuffò tra sé e sé, tendendo controvoglia la gatta al cavaliere:
«Puoi tenerla un po’, per favore? Caccia caldo e… ho le braccia intorpidite.»

La gatta balzò immediatamente sulle spalle dell’apprendista, accovacciandosi contro i riccioli scuri ed emettendo delle fusa soddisfatte.

«Grazie, eh… sembra quasi che tu lo preferisca a me, Milly» sbottò il generale, osservando la spudorata soddisfazione del felino.

«Ma certo che mi preferisce, Hux! Innanzi tutto, io non mi lamento continuamente come una Bantha partoriente.»

Preferì tacere, spicciandosi a superare l’ingresso e ritrovandosi nell’unica sala del museo. Si trattava di una sudicia stanza rettangolare, dove la luce pioveva solamente dalle strette finestrelle poste sui quattro lati e dal tetto semi-crollato. Alcuni vecchi cimeli facevano capolino su instabili sgabelli di legno. Cianfrusaglie, per lo più… roba di poco conto. Il solo pezzo che davvero valeva la pena ammirare era lo sguscio da corsa, situato su un piedistallo al centro.

Si avvicinò, scrutando con attenzione i dettagli blu e argento della carlinga; si sporse, osservando il quadro comandi ormai coperto da batuffoli di polvere, passando poi agli accoppiatori di energia. Per essere stato progettato e costruito da un bambino di… quanto? Dieci anni?... quello sguscio era davvero un piccolo gioiello di meccanica e ingegneria. Forse… con un po’ di manutenzione e una bella ripulita, sarebbe stato ancora in grado di correre. Era un peccato vederlo abbandonato in quelle condizioni: avrebbe meritato una fine migliore, che essere dimenticato su un pianeta povero e desolato come Tatooine.

«Hai visto quanta roba?» l’entusiasta voce di Ren lo costrinse a distogliere l’attenzione.

«Veramente… a me sembra ci sia solo… della paccottiglia sparsa qui e là. A parte questo…» accennò al veicolo «…non vedo nulla di così interessante.»

«Scherzi? Non hai visto i disegni di mio nonno da piccolo?» Ren lo trascinò davanti a un muro da cui pendevano brandelli di pergamena fittamente scarabocchiata: Anakin che costruisce droidi, Anakin in versione Jedi, Anakin che pilota una navetta, Anakin che uccide Sabbipodi…

«Sì, beh… carini…»

«E queste le hai notate? Le tuniche di mio nonno e della mia bisnonna!»

«Bellissime…»

«E… e… il cacciavite con cui ha costruito quel logorroico droide protocollare!»

«Ren…»

«Guarda! C’è il dado blu e rosso con cui ha guadagnato la libertà e…»

«Ren…»

«Poi… il cucchiaio di legno con cui mangiava la zuppa e…»

Hux smise di ascoltare. Tornò a lasciar vagare lo sguardo alla sala, annoiato… doveva assolutamente trovare un modo per smorzare l’entusiasmo del cavaliere o avrebbe trascorso le prossime ventiquattro ore in quella fetida sala circondato da cianfrusaglie e ragni. Volse un’ultima occhiata pigra al compagno, che stava gesticolando freneticamnete davanti ad un antico vaso, portato in salvo da chissà dove… non che avesse importanza.
Stava quasi per riguadagnare l’uscita, quando un dettaglio gli fece gelare il sangue: la gatta, che avrebbe dovuto trovarsi sulle spalle nude dell’uomo, non c’era più! Era scomparsa, magari rapita dal Dug affamato o scappata di sua spontanea volontà.
Non avrebbe potuto biasimarla…

In ogni caso, quella sottospecie di Sith idiota neppure se ne era accorto.

«Re… Ren!» balbettò «Dove è Millicent?!»
 

***
 

Hux crollò al suolo, nascondendo la testa tra le braccia e stringendo le ginocchia al petto. Tentò di reprimere un singhiozzo, senza successo:
«Non la troveremo mai!» si lamentò, scoraggiato «Sono tre ore che giriamo a vuoto in questa maledetta città. Ho sete, ho caldo, mi fanno male i piedi e… non c’è traccia di Millicent. Quel Dug puzzolente l’avrà sicuramente già cucinata.»

«Non essere melodrammatico. Sono sicuro che è qui attorno.»

«è tutta colpa tua, Ren! Dovevi soltanto tenerla d’occhio, invece… no, eri troppo impegnato a guardare i calzini di Vader per badare a lei.»

«La troveremo, vedrai…»

«Certo, come no! Vuoi trovarla? Beh, allora usa quella cazzo di Forza e recupera Millicent!»

«Non posso, non funziona così… è un animale, Hux. Per quanto le voglia bene, dubito fortemente che possa lasciarmi un indizio nella Forza. A malapena ci sei riuscito tu, ti ricordo… e lei è soltanto un gatto. Non posso chiedere alla Forza di aiutarmi a trovare un gatto…»

«Allora lo farò io!»

Mantenne lo sguardo basso e chiuse gli occhi. Cercò di concentrarsi, di scivolare in una sorta di trance meditativo per riuscire a intercettare anche una blanda traccia. In breve, però, si rese conto di non sapere assolutamente nulla delle trance meditative…

Come se gli avesse letto nel pensiero, Ren lo afferrò per una spalla, costringendolo a rimettersi in piedi:
«Non essere sciocco! Sei solo agli inizi e dobbiamo saperne di più sui tuoi poteri, ricordi? Per questo siamo qui. Ora… non fare nulla di avventato e conserva le energie. Pazienta, giovane apprendista…»

Pazientare? Hux scattò, acciuffando il collo robusto dell’altro e scuotendolo avanti e indietro vigorosamente:
«Recupera il mio gatto, Ren!»

«Sta-i ca-cal-mo…» con un gesto secco il cavaliere si sciolse dalla stretta e lo spinse via, proseguendo poi «Prima di tutto, suggerisco di recarci a sporgere denuncia di smarrimento dalle autorità locali.»

Allargò le braccia, incredulo. Davvero il piano era quello? Sarebbe stata anche un’idea razionale – sorprendente che fosse venuta a Kylo Ren! – non fosse che dubitava esistesse una qualsiasi forma di polizia su Tatooine. Più facile vi fossero bracconieri, mendicanti e la Gilda dei Ladri, che sicuramente spennava incauti turisti di passaggio.

«Non credo che da queste parti ci siano delle autorità a cui chiedere…»

«Ti sbagli. Tatooine è governata dagli Hutt. Sono sicuro che ci daranno una mano.»

Ren si era bevuto il cervello; oppure il torrido sole gli aveva fritto quel poco di buonsenso che gli rimaneva. Chiedere agli Hutt equivaleva a un suicidio. I loro favori non erano mai gratis e neppure a buon mercato. Al contrario, era possibile che finissero soltanto per indebitarsi ed essere inseguiti per tutta la Galassia. Dubitava che avrebbero accettato crediti del Primo Ordine e non disponevano d’altro. Inoltre, gli Hutt erano notoriamente refrattari alla Forza e neppure i trucchetti mentali del cavaliere sarebbero serviti a qualcosa. Eppure… che alternative avevano? Se volevano salvare Millicent in tempi brevi, avevano bisogno d’aiuto. Viceversa, avrebbero rischiato solo di sprecare tempo prezioso in ricerche infruttuose. Allargò le braccia, arrendendosi all’evidenza.

«D’accordo. Cerchiamo gli Hutt» sussurrò infine «Ma fai parlare me, Ren! L’ultima cosa che ci serve è un incidente diplomatico.»
 

***
 

Non fu difficile trovare il palazzo del governatore: era l’unica struttura sontuosa che si erigeva tra le fatiscenti casupole della cittadina. Un enorme edificio dai soffitti a cupola e dalle volte in pietra, squisitamente decorate con motivi geometrici. Il pavimento era di marmo scuro, costantemente lucidato da schiavi in abiti succinti.

«Da questa parte»

CR7, droide protocollare dalla particolare cromatura bianca e nera, li condusse nella sala del trono, precedendoli di qualche barcollante passo.

La stanza non era altro che un enorme salone dalle pareti di argilla chiara e con alte finestre a bifora. Su una pedana rivestita di sontuosi tappeti, riposava il signore degli Hutt; ammalianti schiave Twi’lek lo circondavano, coperte solo da veli semitrasparenti e catene dorate ad adornare braccia e gambe. La musica soffusa riempiva la camera, accompagnata dal brusio incessante dei cortigiani. Non vi era una razza predominante, ma sembrava che la peggiore feccia dell’universo si contendesse i favori dell’Hutt con estrema attenzione, sgomitando pur di ricevere un cenno d’approvazione.

Hux si fermò ai piedi del palco, chinando il capo con eccessivo fervore: tirò inavvertitamente una testata al Gungan davanti a sé, che si ritirò frignando. La sciarpa che si era avvolto sui capelli si sciolse immediatamente, ruzzolando inerte al suolo. Si chiese se fosse il caso di recuperarla, ma quel piccolo incidente aveva prontamente attirato l’attenzione del padrone di casa, che emise un grugnito stridulo. Spiò in sua direzione, scorgendone le imponenti dimensioni: era come trovarsi al cospetto di una gigantesca lumaca verde e marrone, col muso schiacciato e dalle iridi gialle e serpentine; attorno all’invisibile collo dondolava una pietra violetta, triangolare.

Sussultò quando scorse il gioiello, cercando di attirare l’attenzione del cavaliere:
«Ehy, Ren… guarda là. È la gem…» non riuscì a terminare.

La voce del droide arrivò a coprire la sua:
«Il potentissimo Gubbio the Hutt vi concede udienza» tradusse CR7 «Potete esporre le vostre richieste.»

«Oh magnifico Gubbio…» il generale si sforzò di celare il ribrezzo «Veniamo al vostro cospetto per chiedervi un…»

Meow.

Sussultò al sentire quel suono, rialzando immediatamente lo sguardo. Acciambellata accanto all’enorme figura strisciante, Millicent lo stava fissando speranzosa. Qualcuno l’aveva costretta ad indossare una splendida pettorina tempestata di brillanti abbinata ad un corto guinzaglio, stretto tra le dita paffute dell’Hutt.

«Quella è la mia gatta!» Hux scattò senza neppure rendersene conto. Superò d’un balzo i pochi scalini che lo separavano dall’Hutt, caricando un pugno per infrangerlo sul viscido muso «è mia! Non devi toccarla, lumaca del caz…»

Il colpo non arrivò mai a destinazione.
Una guardia gli afferrò il polso torcendolo con forza. Gridò, colto di sorpresa, mentre il soldato lo spingeva in ginocchio serrandogli il braccio destro dietro la schiena.

Arrr Arrr

Un altro rutto dall’Hutt.

«Il fantasmagorico Gubbio the Hutt chiede se queste scortesie sono le vostre comuni usanze da selvaggi.»

«Che domanda idiota!  E… non mi faccio dare del selvaggio da una limaccia troppo cresciuta!»

«Decreta la tua morte immediata. Verrai gettato nelle fauci del Rancor per aver attentato alla vita del nostro sommo signore.»

«Mi ha rubato il gatto!» ringhiò, tentando inutilmente di divincolarsi.

Beh, come primo incontro non era andato come sperava. Di solito se la cavava abbastanza come diplomatico, ma questa volta non era riuscito a controllarsi vedendo Millicent nelle grinfie di quel verme. Magari avrebbe dovuto ricominciare da capo: assumere un atteggiamento sottomesso, ingoiare la vergogna e implorare il perdono. Tutte cose in cui era pratico, grazie a Ren.

A proposito…

Gettò una occhiata alle proprie spalle: il cavaliere era fermo davanti ad un paio di Twi’lek ammiccanti e stava cercando di capire i loro passi di danza.

«Quindi… destra, sinistra, destra… e poi giravolta?»

«Ren!»

«Oh, si… eccomi. Scusate ragazze… magari continuiamo dopo» l’altro si fece avanti, gonfiando i muscoli del petto e sollevando prontamente la mano destra «Tu ora ci consegnerai la pietra e il gatto e ci lascerai andare.»

«Il graziosissimo Gubbio the Hutt fa notare che la Forza non ha alcuna influenza su di lui.»

«Questo non è il gatto che state cerc… ah no? Mh, peccato. Quindi cosa dovrei fare?»

«Inventa, dannazione!» Hux gemette quando la guardia gli torse nuovamente il braccio «Fai qualunque cosa!»

«D’accordo, calmiamoci tutti!» il Sith si ravvivò i capelli scuri, sistemando poi l’elastico dei pantaloni a vita alta. Li tirò ancora un po’ più su, appena sotto le ascelle «Cominciamo dalle presentazioni. Signor Gubbio… sono Kylo Ren, nipote di Anakin Skywalker… di cui avrai certamente sentito parlare, no?»

«Non credo gli interessino le referenze della tua famiglia.»

«Oh, fa silenzio! Sto cercando di toglierti dai guai signor “Fai parlare me, non ci serve un incidente diplomatico”.» Ren si inchinò nuovamente, curiosamente attento all’etichetta «Sono qui per proporti un accordo, potente Gubbio. Vorrei che tu mi cedessi la tua collana e liberassi… il mio gatto.»

«Ren!»

«Va beh, anche il generale Hux… cosa che ti consiglio di fare al più presto, per la tua sanità mentale.»

Arrr Arrr

«Il magnificissimo Gubbio The Hutt chiede cosa riceverà in cambio»

«Dei cavoletti di Bruxelles! Ne abbiamo ancora sulla nave, vero?»

«S-sì»

Hux sentì il sudore correre lungo la fronte. L’azzardo dell’apprendista poteva rivelarsi un completo fallimento oppure una mossa tanto geniale da dover essere trascritta in un libro di memorie. Avevano ancora un paio di cassette di cavoletti a disposizione, ma dubitava che all’Hutt sarebbero mai interessate. Dovette ricredersi, tuttavia, quando vide la gigantesca lumaca muovere un cenno d’assenso.

Arrr Arrr Arararaarrr

«L’eccellentissimo Gubbio The Hutt accetta la tua offerta, giovane Skywalker…»

«Oh, mi ha chiamato come il nonno!»

«…ma è disposto soltanto a cederti la pietra, poiché crede che possa compensare il valore di questi cavoletti, di cui non conosce la natura e che lo affascinano tremendamente.»

«Ah, sono verdure. Si mangiano… Squisiti, davvero! Sono tra i cibi più ricercati nel cuore della galassia. A Coruscant vanno un sacco di moda e… sono un privilegio che solo le famiglie più nobili e facoltose possono permettersi.»

Era sconvolto. Ren aveva mangiato cereali e furbizia a colazione? Non riusciva a credere a quanto stava accadendo. Per una volta, non si stava dimostrando un perfetto idiota. Strano… avrebbe dovuto annotare quell’evento sul giornale di bordo dell’Upsilon.

Arrr Arrr Arrrr

«Il bellissimo Gubbio The Hutt dice che se vuoi liberare i tuoi amici, devi accettare una scommessa. Tra due giorni si terrà l’annuale corsa di sgusci e tu parteciperai come pilota… se vincerai, i tuoi compagni ti verranno restituiti. Se perderai, diventerete nostri schiavi.»

«Ren, non…»

«Ma certo che accetto! Che figata! Potrò correre in una gara di sgusci proprio come il nonno!»

«Sei scemo o cosa? Uccidili tutti! Che diamine ce l’hai a fare una spada laser?»

«Smettila di fare il guastafeste! Una gara di sgusci, hai sentito? È un’occasione che non posso lasciarmi sfuggire!»

Evidentemente, la dose d’astuzia dell’apprendista si era già esaurita. Aveva appena accettato un’inutile scommessa, appositamente imbastita perché perdesse e li condannasse tutti ad una eterna prigionia. Hux scosse il capo; riusciva ad immaginare cose peggiori, certo… ma non di molto. Sarebbe stato costretto a rimanere su quel pianeta afoso, dove la sua pelle delicata avrebbe assunto la costante colorazione del pomodoro maturo; si sarebbe ritrovato a dover lottare quotidianamente con la sabbia nelle scarpe, ammesso che avrebbe ancora avuto delle scarpe da indossare. Non avrebbe mai più rivisto il Finalizer e sarebbe stato obbligato a ballare insieme alle Twi’lek ad ogni ora del giorno e della notte, con l’unica compagnia di un Sith cretino.

Arr Arrr Arrrr

«Il ganzissimo Gubbio The Hutt ammira il tuo coraggio e la tua determinazione, giovane Skywalker. Spera che le tue doti possano essere pari a quelle del tuo illustre avo e chiede se hai uno sguscio da corsa da poter utilizzare.»

Ren scosse il capo, sfoderando tuttavia un sorriso fiero:
«No, fighissimo Gubbio» mormorò traboccante d’orgoglio «Ma so dove trovarne uno!»
 

 

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Capitolo 16
*** L'ho solo preso in prestito ***


16. L'ho solo preso in prestito


L’ho solo preso in prestito.”

Così recitava il cartello che Kylo Ren aveva lasciato al museo dell’illustre nonno, mentre sollevava lo sguscio con la Forza e lo trasportava alla più vicina officina. Aveva scelto un garage semplice, poco affollato, ma con  meccanici piuttosto in gamba: una coppia di Twi’lek che sembrava avessero dei cugini su Florrum. Si erano da subito mostrati interessati all’affare: riparare il vecchio sguscio di Anakin Skywalker sarebbe stato un vero onore.

«Sono felice abbiate accettato» Ren si avvicinò ai motori a turbina, tendendo un piccolo set di cacciaviti alla donna «Come hai detto che ti chiami, scusa? Non credo d’aver capito»

«Racer. Mio fratello, invece, è Pod» gli indicò l’altro Twi’lek, intento a lavorare sul quadro comandi.

«Allora, che ne pensi? Tornerà a volare?»

«Ne sono praticamente certa. Nonostante l’incuria, si è mantenuto in buone condizioni e sostituendo qualche pezzo, verrà rimesso praticamente a nuovo. C’è solo un piccolo problema…»

Ren trasalì, temendo che lo sguscio non fosse ormai più idoneo per le corse: dopo tutto, era un pezzo d’epoca e sicuramente i veicoli moderni erano dotati di tecnologia avanzata e motori più affidabili. Forse non avrebbe dovuto accettare con tanta leggerezza quella scommessa, ma ormai era tardi per i ripensamenti. Gubbio aveva promesso di liberare Hux e Millicent soltanto se avesse vinto la corsa. Viceversa, beh… avrebbero dovuto ingegnarsi in altro modo per riuscire a scappare. Avevano ventiquattro ore per rimettere in sesto lo sguscio, testarlo e apportare le ultime modifiche. Sarebbero state sufficienti?
Scosse il capo per allontanare quei pensieri.

Tornò a sporgersi verso Racer:
«Ossia?» incalzò, mentre lei gli indicava l’abitacolo.

«è troppo piccolo per te. È pensato per ospitare un bambino e tu sei… come dire?... un po’ fuori taglia.»

«Tutto qui?» scoppiò a ridere, sollevato.

Era davvero un problema di poco conto, una banalità che avrebbe risolto grazie alle sue articolazioni snodate e all’agilità e grazia che lo contraddistinguevano. Si avvicinò, scattando oltre la carlinga blu e argento per accomodarsi sul sedile. Poggiò a stento le natiche contro la morbida superficie di pelle, mentre le lamiere dello sguscio gli stringevano i fianchi e lo costringevano a restare chino in avanti. Fu obbligato a tenere le gambe piegate e a passare le mani tra le ginocchia per raggiungere i comandi. Era come stare appollaiato su un gabinetto pubblico per non toccare la tazza: una posizione davvero scomoda, ma temporanea. La gara non sarebbe durata più di una decina di giri e si sarebbe conclusa in meno di mezz’ora. Poteva resistere.

«Visto?» esclamò testardo, consapevole d’assomigliare più ad un rospo schiacciato che a un pilota di sgusci «è perfetto.» mentì con un sorriso fiducioso, armeggiando poi per disincastrarsi dal seggiolino.

Balzò a terra, incespicando nella polvere e recuperando a stento l’equilibrio.

La donna lo stava fissando con indecisione:
«Mh… se lo dici tu.»

«Tranquilla, andrò alla grande! Vincerò sicuramente.»
 

***


Hux si era illuso per l’ennesima volta.

Dopo l’allontanamento di Ren, era convinto che l’avrebbero buttato in una puzzolente segreta in compagnia di qualche cortigiano caduto in disgrazia. Invece, un paio di servitori lo avevano accompagnato in un vero e proprio centro termale; lo avevano aiutato a spogliarsi e a immergersi nelle tiepide vasche. Era rimasto ammollo per… quanto? Aveva perso il conto del tempo. Infine, una schiava Togruta lo aveva avvolto in morbidi accappatoi; gli aveva pettinato i capelli e massaggiato le spalle e la schiena con oli profumati. Per la prima volta, si era sentito completamente ristorato. Un nuovo vigore era corso nelle sue membra stanche, finalmente pulite. La pelle aveva ripreso il suo colorito tenue e la normale morbidezza. Se quella era la vita a palazzo, beh… avrebbe anche potuto abituarsi.

Era stato tutto magnifico e perfetto, almeno finché la Togruta non gli aveva consegnato i suoi nuovi indumenti.

Li aveva spinti immediatamente indietro, disgustato:
«Io questa roba non la metto!»

A nulla erano valse le proteste: nessuno intendeva ascoltarle. Se non voleva quei vestiti, poteva tenersi l’accappatoio.
 

Hux si fissò nell’unico specchio disponibile nella larga camera destinata agli schiavi. Avrebbe dato qualunque cosa per degli abiti decenti. Avrebbe accolto con gioia persino un’uniforme della Resistenza, pur di non essere costretto a girare con quell’oscena robaccia addosso.
Era completamente nudo dalla cintola in su, mentre le gambe erano avvolte da un paio di morbidi pantaloni che si stringevano con dei nastri di raso appena sotto le ginocchia; inoltre erano di un disgustoso color melanzana, costellati da piccoli brillanti luminosi: un pallido tentativo di replicare un cielo stellato. Gli avevano fornito dei bassi sandali fermati attorno alle caviglie da fastidiosi legacci di cuoio consumato. Alcuni bracciali dorati adornavano le braccia, aderendo perfettamente ai polsi e agli omeri.
Per fortuna, nessuno dei suoi ufficiali era lì a vederlo…

Sussultò quando sentì bussare alla vicina porta. Scorse la testa di un Rodiano affacciarsi all’uscio:
«Sei pronto?»

Aggrottò la fronte.

«Pronto per cosa?» osò chiedere mentre la creatura lo acciuffava per un braccio e lo trascinava fuori dalla zona notte.

«Dobbiamo trovarti un incarico. Insomma… un lavoro. Non penserai mica di poter bivaccare gratis!»

«Allora, prima di tutto non ho chiesto io d’essere qui. Me ne posso anche andare.»

«Seh, ti piacerebbe! Tuttavia, il potentissimo Gubbio The Hutt ha ordinato che a ciascuno schiavo venga assegnata una mansione non appena arriva a palazzo.»

Il Rodiano lo spinse dentro ad una stanzetta buia, illuminata solo da una coppia di candele. Lungo le pareti, interminabili file di faldoni e archivi. Ad una disordinata scrivania sedeva un umano dal volto arcigno e l’espressione annoiata.

«Bene. Chi abbiamo qui?» intonò la vocetta stridula «Un nuovo servitore?»

Hux si sentì sotto esame, mentre quegli occhietti da topo indagavano la sua figura. Incrociò istintivamente le braccia al petto, cercando di proteggersi:
«Tecnicamente sono un ospite.» azzardò, ricevendo una risatina nervosa.

«Sì, è quello che dicono tutti. Come ti chiami?»

«Sono il generale Armitage Hux.»

«Mai sentito.»

Roteò gli occhi, scoraggiato. Possibile che non lo riconoscesse mai nessuno? Poe Dameron lo scambiava per un suo vecchio compagno d’accademia, FN-2187 non rammentava chi fosse, Leia lo credeva un eccellente pilota dedito alla resistenza e… neppure su quella discarica ambulante di Tatooine non sapevano chi fosse. A che diamine era servito far esplodere un intero sistema, se nessuno si ricordava di lui?

«Allora… vediamo di trovarti un lavoro.» il burocrate tornò alla carica «Sai cantare?»

«Che cosa?!» neppure sotto tortura si sarebbe messo a cantare, men che meno davanti a una lumaca gigante. E poi… chi diamine avrebbe potuto intonare? Non conosceva canzoni che non fossero ascrivibili a cartoni animati e musical con teenager iscritti alle scuole superiori «Assolutamente no!» escluse.

«Sai ballare?»

«No! E non intendo provarci.»

«Raccontare barzellette?»

«No.»

«Lanciare le clavette?»

«No.»

«Trucchi di magia?»

«No. Se volevate un fenomeno da baraccone, avreste dovuto rapire Ren.»

«Mh… a letto come te la cavi?»

Si sentì avvampare. Come osava quello stupido notaio abbandonarsi a certe insinuazioni? Non avrebbe reso la sua vita privata di pubblico dominio per la galassia. Se fosse stato uno dei suoi, l’avrebbe fatto frustare e poi l’avrebbe lanciato fuori da un boccaporto. O lo avrebbe buttato nello scarico dei rifiuti…

Possibile che nessuno, da quelle parti, conoscesse il pudore o il senso della decenza? Scosse velocemente il capo, ignorando quella domanda.

«Mi avvalgo della facoltà di non rispondere.»

«Significa che fai schifo.»

«Non è vero!» il rossore sul viso aumentò considerevolmente «Significa che non sono disposto a farmi sbattere come un uovo da nessun verme troppo cresciuto o da qualche suo cortigiano pervertito!»

«Bene, prendo nota…» l’uomo si aggiustò gli occhialetti tondi sul naso «Ricapitolando: non sai cantare, né ballare, né intrattenere una platea, né intendi prestare servizio notturno. Quindi… c’è qualcosa che sai fare?»

«So… progettare armi di distruzione di massa, far saltare in aria i pianeti e guidare incrociatori stellari.»

«Capisco. Quindi sei inutile.»

«Non sono inutile!»

«Ti infileremo in un blocco di carbonite finché il magnificissimo Gubbio non avrà deciso cosa fare di te.»

Il Rodiano lo afferrò nuovamente per le braccia, cercando di trascinarlo via. Hux si aggrappò disperatamente al bordo della scrivania. Non aveva nessunissima intenzione di farsi congelare e rimanere appeso come un quadretto nella sala dell’Hutt. Avrebbe fatto qualunque cosa per evitarlo, eccetto ovviamente cantare e finire tra le braccia di qualche alieno ninfomane.

«No, io…» supplicò, fissando il volto scocciato del burocrate.

Pensa! Pensa in fretta.

Non poteva affidarsi alla Forza. Era ancora troppo acerba e i suoi recenti fallimenti lo avevano dimostrato. Avrebbe solo rischiato di peggiorare la situazione, se si fosse impegnato in promesse che non poteva mantenere. Sì, ma… cosa sapeva fare? Era soltanto un ingegnere alla guida del Primo Ordine! Non c’era nulla tra le sue capacità che potesse interessare un Hutt.

«Io…so…» balbettò, scalciando per librarsi dalla presa del Rodiano «So… cucinare!»

Quell’unica parola risvegliò immediatamente l’interesse dello scrivano:
«Davvero?»

Annuì.
«Preparo delle frittate stupende.»

«Splendido! Il nostro ultimo cuoco è stato buttato al Rancor per aver servito cibo crudo al padrone. Quindi…  c’è un posto libero.» l’uomo gli consegnò un foglio «Benvenuto, ragazzo! Da oggi sarai lo chef delle nostre cucine.»
 

***
 

Ren si rannicchiò nell’abitacolo, squadrando il casco da Stormtrooper imperiale che la Twi’lek gli stava tendendo. Non lo riteneva particolarmente adatto, ma pareva non avessero di meglio da quelle parti. Lo indossò ritrovandosi a spiare il mondo dalle due strette fessure per gli occhi.

«Non c’è da stupirsi che abbiano una mira di merda…» sussurrò, aguzzando la vista oltre le lenti scure per cogliere i dettagli.

Pod si era posizionato frontalmente allo sguscio muovendo nell’aria due bandierine. Era il segnale.

Il cavaliere tese le braccia, stringendo saldamente i comandi e facendo scattare alcune leve. Dei pulsanti si illuminarono, e quando premette le manopole il flusso di energia guizzò tra le due turbine; i motori ruggirono feroci nell’aria secca della notte.

«Funziona! Funzionaaaaa!» esclamò agitando le braccia in segno di vittoria. Lo sguscio balzò rapidamente in avanti, privo di controllo, e investì lo sfortunato meccanico «Ops…»

Riprese immediatamente la cloche e spense il veicolo, evitando così di sfondare la vetrina di un negozio. Guizzò agilmente a terra e raggiunse il ferito: Racer l’aveva già aiutato a rialzarsi; a parte qualche ustione e livido, sembrava tutto intero.

«Mi dispiace…» borbottò, imbarazzato «Di solito sono un buon pilota.»

Ricevette una serie di coloriti insulti in lingua Twi’lek.

«Non ti preoccupare» lo rassicurò poi la donna «Fa sempre così quando viene investito… poi gli passa! Piuttosto, perché non vieni dentro a riposarti? Sarai affamato. Abbiamo preparato un ottimo minestrone.»

Non se lo fece ripetere due volte. La seguì all’interno della bassa costruzione d’argilla, inginocchiandosi davanti all’unico tavolo della stanza. Afferrò un cucchiaio, immergendolo più volte per raffreddare la zuppa. Attese che entrambi i fratelli si fossero accomodati, prima di prendere un assaggio.

«Mh… buono!» sentenziò «Che cosa contiene?»

«Sputo di Sarlaac e viscere di Bantha.»

«Non male! Mi passi la ricetta, poi?»

«Certo, ma… ti avverto, a dispetto delle apparenze non è un piatto semplice. Mio fratello è un cuoco eccezionale e tratta la bava di Sarlaac in modo sublime; se non ben purificata, può risultare tossica… lo sapevi?»

Scosse il capo, riflettendo in silenzio. In effetti, dubitava che Hux fosse in grado di chiarificare un ingrediente simile. Anzi, considerato che sapeva a malapena sbattere due uova… una difficoltà tale era decisamente oltre la sua portata. Non gli avrebbe semplificato la vita permettendogli d’avvelenarlo con quella roba.

«Quali sono i sintomi?» chiese.

«Dipende dalla razza, in realtà. Nella maggior parte dei casi… giramenti di testa, svenimenti improvvisi, convulsioni e morte. I Falleen si disidratano e la pelle diventa secca secca, come quella di una borsetta economica. I Rodiani sono praticamente immuni, così come i Gamorreani. Hai presente, no? Quei porcelli con la pelle verde che bazzicano sempre attorno a Gubbio…»

«Ho capito…»

«Ecco! I Torguta pare impazziscano e inizino a girare su loro stessi, mentre agli Hutt provoca coliche intestinali e flatulenze.»

«Non vorrei trovarmi nei paraggi di uno di quei lumaconi con la diarrea.»

«Neanche io! Comunque… è piacevole fare conversazione con te. Sei un buon ascoltatore.»

Sorrise, tornando alla sua ciotola:
«Oh, si! Sono discorsi così interessanti. Perfetti per tenersi compagnia a tavola» ottenne dei piccoli cenni d’assenso e si affrettò a proseguire «A proposito, grazie per avermi aiutato con lo sguscio. Quando sarò imperatore della galassia, mi ricorderò di voi. Potrete chiedermi qualunque cosa!»

«Vorremmo un pianeta dove poter coltivare un orto. Credi sia possibile?»

«Ne sono sicuro!» terminò la zuppa, stiracchiando le braccia e alzandosi infine «Bene, credo che mi concederò una passeggiatina serale…»

«Non vuoi andare a dormire? Domani sarà un grande giorno per te» Racer aveva iniziato a radunare le scodelle nel lavello «Dovresti riposare.»

«Certamente, ma credo che due passi mi aiuteranno a digerire la zuppa.» Ren si batté sulla pancia «Squisita, davvero!» puntualizzò, recuperando la tunica nera e gettandosela sulle spalle «Non ci metterò molto. Vado a trovare un amico e torno.»
 

***

 
Hux si gettò sulle lenzuola del proprio giaciglio, soffocando i singhiozzi nel cuscino. Era stremato.
Era abituato a turni di lavoro massacranti, intervallati da poche ore di sonno, ma… non gli era mai capitato di dover dirigere un’intera cucina. Non faticava a capire perché il precedente chef fosse incappato in un errore tanto banale come servire cibo crudo. I ritmi erano frenetici: le ordinazioni si susseguivano a cascata; richieste di dolci che si accavallavano ai primi; quattro piatti tutti diversi, ma che dovevano uscire contemporaneamente e caldi al punto giusto. In più, c’erano le salse da controllare, ortaggi da pulire, il pesce da sfilettare e chissà che altro…

I suoi collaboratori lo cercavano continuamente per ricevere pareri e permessi:
Troppo salato, chef?

La glassa va sopra o sotto la mousse di nocciola?

La maionese impazzita si poteva servire?

Abbiamo finito il caramello, possiamo servire un tiramisù al suo posto?

La responsabilità dell’intera brigata era caduta sulle sue spalle e, benché fosse abituato al comando, dirigere una cucina non rientrava davvero nelle sue corde. Non aveva fatto altro che girare per tutte le postazioni, come una trottola impazzita.
Aggiusta il sale, insaporisci l’insalata, mescola il risotto… e la carne allo spiedo qualcuno l’aveva controllata?

In un impeto di rabbia aveva scagliato una portata nella spazzatura, sbraitando contro quell’idiota che aveva impiattato dei pettini di mare gommosi. Aveva cacciato un paio di cuochi e a metà  servizio si era chiuso nella dispensa per familiarizzare con le verdure e pregare che un piccolo topo chef corresse in suo soccorso. Naturalmente, non era venuto nessuno.

Lo speciale del giorno, inoltre, si era rivelato un vero incubo: una zuppa a base di viscere di Bantha e sputo di Sarlaac. Pulire le interiora era stata un’esperienza raccapricciante, ma nulla era paragonabile a quello schifo di saliva che aveva dovuto utilizzare come condimento. Si era rifiutato di toccarla, buttandola a crudo dentro la minestra, sperando nessuno se ne accorgesse. Che schifo!

Dalla sala, tuttavia, non erano giunti che complimenti: il brodo era squisito e le comande si erano susseguite a ritmo frenetico. Tutti ne avevano ordinato almeno un piatto. Si vociferava che Gubbio ne avesse mangiati addirittura tre.

«Fantastica la minestra! È piaciuta a tutti. Nessuno l’aveva mai resa così saporita. Un ottimo inizio, chef Hux.» si era complimentato il capo del personale, concedendogli di ritirarsi.
 

Malgrado gli incoraggiamenti e le lodi, tuttavia, non si sentiva affatto tranquillo. Senza dubbio, aveva sbagliato qualcosa… magari non se ne erano ancora accorti, ma presto qualche ospite si sarebbe lamentato; e allora, cosa sarebbe accaduto? Le guardie sarebbero venuto a prenderlo nel cuore della notte e l’avrebbero gettato al Rancor. Si strinse alla morbida federa di velluto. Era stanco, era terrorizzato ed era sicuro che non avrebbe visto l’alba.

Era tutta colpa di Ren! Si poteva essere così idioti? Credere di poter vincere una gara con uno sguscio vecchio di mezzo secolo era una pura utopia; nemmeno la Forza lo avrebbe potuto aiutare. Sarebbe arrivato ultimo e Gubbio lo avrebbe sicuramente arruolato nella sua legione di schiavi canterini.

«Stupido Ren!» gridò frustrato, sussultando quando udì un rumore alla vicina finestra.

Toc

Si drizzò, mettendosi in ascolto.

Toc

Di nuovo quel suono.

Toc

Scivolò verso i vetri, aprendoli con cautela. Il sasso lo colpì sulla fronte, regalandogli un bernoccolo.

«Ahi!» si lamentò, sporgendosi dal davanzale.
Aguzzò la vista, controllando il cortile sottostante. Malgrado l’altezza e l’oscurità, riuscì chiaramente a distinguere una familiare tunica nera e una massa di ricci scomposti.

«Sono io…»

Inconfondibile anche la voce! Il cuore gli guizzò nel petto, improvvisamente acceso di speranza. Il cavaliere era lì per salvarlo, senza dubbio. Doveva essersi reso conto che la gara di sguisci era un’assurdità colossale; ritornato sui propri passi, era corso al palazzo per recuperare uccidere Gubbio, recuperare Millicent e la pietra e tornare all’Upsilon.

«Finalmente un piano sensato!» esclamò.

«Cosa?»

«Ho detto… finalmente un piano sensato!»

«Quale piano?»

Roteò gli occhi, consapevole che quelle parole non promettevano niente di buono. Decise di andare dritto al punto:
«Perché sei qui, Ren?»

«Sono passato a salutarti e a chiedere come stavi.»

Le dita sottili si strinsero sulla pietra del parapetto, graffiandone la superficie. Perché era così stupido?!

«Come vuoi che stia, maledizione? A causa tua, sono stato costretto a cucinare per Gubbio e i suoi amici disagiati per tutta la sera; lo sai che significa, Ren? Sai cosa significa dover controllare ogni minuto che lo stufato non bruci, che il sale sia giusto, che il gelato non si sciolga e che la crema pasticcera sia davvero una crema pasticcera?»

«Pensavo sapessi cucinare solo frittate…»

«Appunto!» si pizzicò l’attaccatura del naso, sconfortato «E cosa accadrà, quando si accorgeranno che ho… mentito? Mi butteranno in pasto al Rancor.»

«Davvero? Non è che ci sia molto da mangiare addosso a te…»

«Ren! È una faccenda seria!»

«Va bene, va bene… che vuoi che faccia?»

Si protese ancora un poco oltre il davanzale, cercando di stimare l’altezza dal suolo. Era al terzo piano, ma era difficile fare una valutazione realistica. Potevano essere dieci metri o qualcosa di più… nulla a cui sarebbe sopravvissuto indenne se si fosse lanciato. Tuttavia… Ren poteva afferrarlo con la Forza e attutire la sua caduta. Annuì tra sé e sé: quella era l’unica via di fuga non sorvegliata. Certo, sarebbe stato imbarazzante doversi buttare nel vuoto così conciati, ma non c’erano alternative.

«Ascoltami» riprese, battendo le mani per recuperare l’attenzione del cavaliere «Ora conto fino a tre e poi salto dalla finestra. Devi prendermi al volo, hai capito?»

«Perché?»

«Perché altrimenti finirò per spiaccicarmi al suolo come un frutto ben maturo.»

«No, intendo… perché devi lanciarti dalla finestra?»

«Amh… per evadere, magari?» allargò le braccia, incredulo. Davvero stavano tenendo quella conversazione? Era ridicolo che l’apprendista non arrivasse neppure a concepire un piano così semplice. Si costrinse a nascondere l’ironia «Uccidiamo Gubbio, recuperiamo Millicent e filiamo da qui.»

«Perché? Non ti trovi bene a palazzo?»

«Non ascolti mai quello che dico, vero?» ricevette un dondolio del capo «Io odio stare qui. Sono stato costretto a servire una minestra di interiora di Bantha e sputo di Sarlaac… ti rendi conto di…»

Ren lo interruppe con un cenno spensierato:
«Buonissima! L’hai pulita bene, vero?»

Batté le palpebre, perplesso.

«Che cosa?» chiese, senza poter celare l’apprensione. Cosa avrebbe dovuto pulire?

«La saliva di Sarlaac. È tossica! Mortale, in alcuni casi…»

Rimase a bocca aperta e le sue mani presero a tremare ferocemente. L’aveva servita senza depurarla. D’altronde, non gli era stato detto nulla, anzi… si erano perfino complimentati per il buon sapore della zuppa. Nessuno se n’era lamentato! Eppure… inconsapevolmente aveva danneggiato tre quarti dei cortigiani e forse l’Hutt stesso. Quanto ci metteva il veleno ad agire? Conduceva ad una morte rapida e silenziosa… oppure dolorosamente lunga? Ma soprattutto… quanto tempo aveva prima che qualcuno lo scoprisse, lo accusasse di alto tradimento e lo congelasse nella carbonite?

«L’ho… l’ho servita a tutti. Anche a Gubbio.»

«Non l’hai purificata?»

Scosse il capo:
«Non lo sapevo. Nessuno mi ha avvisato…»

«Mh... Al massimo avrai assassinato un centinaio di persone… Una bazzecola per te!»

«Mi uccideranno non appena lo scopriranno.»

«Forse, ma… non ti preoccupare! È quasi del tutto innocua sugli Hutt.»

Ancora peggio! Se almeno fosse riuscito ad uccidere Gubbio, avrebbe potuto approfittare del trambusto generale per salvare Millicent e svignarsela. Invece… a quanto pare gli Hutt erano immuni al tossico. O forse ne erano colpiti in forma lieve.
Decise di ritentare:
«Che sintomi produce?»

«Capogiri, convulsioni, pelle secca… Negli Hutt, invece, coliche e flatulenze.»

Aveva ascoltato abbastanza. Non sarebbe rimasto un minuto di più in quella stanza. Non si sarebbe lasciato soffocare dai movimenti intestinali di un lumacone.

Gettò una gamba oltre al davanzale, dondolando un piede nel vuoto:
«Allora, sei pronto?» richiamò il cavaliere «Adesso salto.»

Ma Ren gli aveva già voltato le spalle e si stava nuovamente incamminando:
«Nemmeno per idea. Si è fatto tardi. Domani sarà una grande giornata per me!»

«Dove stai andando?»

«A letto! Ho una corsa da vincere, ti ricordo.» lo vide agitare una mano in sua direzione, in un beffardo cenno di saluto «Sogni d’oro, Hux.»
 

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Capitolo 17
*** Gas a martello ***


17. Gas a martello


Gli sgusci erano tutti schierati sulla linea di partenza. I meccanici stavano ultimando la messa a punto e il rifornimento, mentre i piloti sfilavano davanti al palco delle autorità.

Gubbio The Hutt li benediceva tutti con il suo:
Arr Arr

Per Hux non fu affatto difficile riconoscere l’apprendista Sith, che ovviamente non aveva rinunciato ai pantaloni a vita alta, al petto nudo e ad un antiquato elmo da assaltatore imperiale. Era una striscia di sangue rappreso quella che adornava la sommità del casco?

Allungò la mancina, arruffando un poco il pelo di Millicent:
«Tra poco ce ne andremo» sussurrò, più per convincere sé stesso che la gatta «Ren può farcela…»

«Con cosa? Con… quello?» il Rodiano lo stava fissando con compassione «è praticamente un cimelio dell’anteguerra. Non può competere con i moderni veicoli.»

L’alieno aveva ragione: i nuovi sgusci possedevano linee affilate e aerodinamiche; i motori a turbina vorticavano silenziosamente, tanto veloci da risucchiare qualunque cosa passasse loro davanti… ed erano enormi. Almeno il doppio di quelle sottospecie di supposte che governava il cavaliere. Non avevano alcuna speranza. Tanto valeva informarsi su menù serale, perché dubitava che avrebbe riguadagnato la libertà.

Si mosse a disagio quando un improvviso prooot squassò il corpo dell’Hutt, che non si premurò neppure di chiedere scusa o fingere imbarazzo. Dopo tutto, era il governatore locale e poteva emettere flatulenze quando e come desiderava!

Agitò rapidamente una mano accanto al naso, come a dissipare la puzza. Si chiese perché non l’avessero giustiziato dopo il disastro culinario della sera precedente: metà dei presenti era morta in preda a dolori lancinanti; qualcuno era stato trovato essiccato come una lucertola al sole e a Gubbio erano venute delle maleodoranti coliche intestinali. Tuttavia, forse era quella la sua punizione: sedere lì e respirare le esalazioni pestilenziali di un verme troppo cresciuto.

Riportò l’attenzione al circuito quando lo speaker gracchiò dall’altoparlante:

«Buongiorno, buongiorno! Siete pronti? Si dia inizio all’annuale corsa di sgusci!» un umano occhialuto si sporse dalla torretta più alta, sventolando un microfono «I meccanici si stanno allontanando dalla griglia di partenza. Bubulba, il Dug favorito, è in pole position. Attenzione, si parte! Semafori spenti, scatenate l’inferno!»
 

***
 

Ren premette a fondo le manopole, spingendo al massimo non appena il semaforo si spense. Lo sguscio sobbalzò e scattò immediatamente all’inseguimento del gruppo. Malgrado l’età, era davvero veloce! In un quarto di giro, nessuno era ancora riuscito a staccarlo. Le indubbie qualità dello sguscio abbinate alle sue doti da pilota avrebbero fatto faville.

Scartò a destra, superando il primo dei suoi avversari. Emise un urlo di gioia. Malgrado la posizione scomoda, con le ginocchia piegate quasi ai lati della testa e la schiena gobba, si sentiva incredibilmente vivo. Pilotare uno sguscio era un’esperienza fantastica, soprattutto se era stato progettato e costruito da Darth Vader! Era indubbio che suo nonno avesse fatto un lavoro magnifico. Il veicolo rispondeva immediatamente ad ogni tocco e non aveva nulla da invidiare ai modelli più recenti. Di questo passo avrebbe riguadagnato rapidamente la testa della corsa e ci sarebbe rimasto.

Se solo potessi vedermi, nonno.

Tecnicamente potrei. In fondo sono un’emanazione della Forza. Solo… non mi va e ho di meglio da fare.

Nonno?

Nessuno gli rispose. Lo aveva sognato? Oppure realmente il fantasma di Anakin gli aveva fatto visita? Non aveva importanza. Doveva rimanere concentrato. Accelerò, schivando altri due concorrenti e guizzando agile tra le dune sabbiose. Sussultò quando un rumore metallico si infranse sulla carlinga.

«Predoni Tuskan a ore nove» gracchiò la trasmittente che i fratelli gli avevano installato nel casco.

«Li vedo!» confermò, mentre la voce del commentatore ripeteva quell’avvertimento.

Mosse rapidamente la destra, richiamando la forza per spedire quegli inutili Sabbipodi a gambe all’aria.

«Sistemati! Non saranno più un problema.»

Sentì Racer ridere nella cuffia e poi nuovamente lo speaker:
«La corsa è sempre più avvincente. Un testa a testa tra Bubulba e il numero quarantasei. Mamma mia, mamma miaaaaa che curva! Pericolosissima»

Bene, quindi i suoi principali avversari erano quei due? Li avrebbe affrontati una volta staccato il gruppo. Richiese un apporto aggiuntivo di carburante per i motori, deciso a giocarsi il tutto per tutto. Superò uno stretto canyon, approfittando del rettilineo iniziale per portarsi ancora più avanti.

«Skywalker sta rapidamente rimontando! Gas a martello e giù la testa nella carena!»

Impossibile, già sto stretto così, si disse.
 

***


«Gas a martello!»

Proot

Hux si sentì svenire. Rifilò un’occhiata asciutta all’Hutt.

«Non intendeva letteralmente!» ringhiò, sporgendosi dalla balconata per respirare avidamente aria fresca.
 

***
 

Ren piegò a sinistra, seguendo l’andamento del tracciato. Si lasciò alle spalle un altro paio di sgusci.

«Un sorpasso da straccio di licenza!»

Gli stava simpatico quel commentatore; gli piaceva quel suo modo di enfatizzare i passaggi. Faceva sembrare il tutto ancora più eroico.

Guarda nonno, questo è per te.

Ti ho già detto che ho da fare, smettila di disturbarmi!

Kylo Ren impennò lo sguscio, spostando tutto il proprio peso verso la parte posteriore dell’abitacolo. La punta balzò nell’aria e il veicolò scavalcò letteralmente un altro paio di concorrenti, atterrando con grazia davanti a loro.

«Skywalker è passato dove non si può; dove c’è scritto non passare, dove te lo vietano gli dei!»

Di nuovo il canyon e il rettilineo. Iniziava il terzo e ultimo giro e a lui non rimanevano che due posizioni da recuperare. Affondò sull’acceleratore. Poteva farcela, era il suo momento!

 
***

 
Hux non si era mai considerato una persona religiosa. Le uniche litanie che conosceva erano quelle che la servitù di Brendol gli aveva insegnato da piccolo. Erano canti arkaniani, per lo più… modi superstiziosi per scacciare il male e far rifiorire la speranza.

Tuttavia, quando scorse lo sguscio di Ren passare in terza posizione, decise che era il momento buono per scomodare l’intero pantheon di qualsiasi pianeta conosciuto. Qualunque divinità fosse accidentalmente in ascolto, ebbene… avrebbe ricevuto una sua supplica gratuitamente. Sarebbe stato ben disposto anche ad offrire sacrifici, se fosse servito a qualcosa. Non che ci fosse qualcosa di utile da immolare, a parte il Rodiano…
Cadde in ginocchio, congiungendo le mani, senza riuscire a staccare gli occhi dalla pista.

«Fallo vincere» sussurrò «Ti prego, ti prego, ti prego, ti prego…»
 

***

 
Il numero quarantasei era ormai un puntino minuscolo alle proprie spalle. L’aveva staccato e non restava che affrontare Bubulba.

Ren strinse i denti, mentre le vicine rocce del canyon diventavano sempre più basse, sino ad appiattirsi e sparire completamente. Non gli rimaneva molto prima della volata finale. In lontananza scorgeva già gli spalti del pubblico e la torretta del commentatore. Era il momento di rischiare.

Che la Forza sia con me! Si sussurrò.

Strinse le manopole, con le nocchie bianche per lo sforzo. Schiacciò la cloche. Il veicolo, con uno scossone, guizzò rapido sino ad affiancare l’ultimo avversario.

«Levati di mezzo!» ringhiò, rifilando al Dug un gestaccio.

Questi, per tutta risposta, virò stretto a destra spingendo il proprio sguscio contro il suo. Ren sentì il volante sbandare pericolosamente, ma si sforzò di tenere la strada.

«Non vale così!» gridò, mentre un nuovo colpo scuoteva la sua carlinga.

La terza botta, più potente delle precedenti, gli fece completamente perdere attrito. La navetta si sollevò e volò in aria. Il cavaliere si ritrovò sbalzato dal sedile e roteò nel nulla. Chiuse gli occhi e contò i secondi.

Quattro, cinque…

Alla fine un rumore di lamiere lo costrinse a guardare.
Il suo sguscio si era schiantato appena oltre la linea del traguardo e lui stava cadendo proprio accanto alla carcassa metallica. Gridò quando vide il suolo avvicinarsi velocemente; l’impatto gli strappò l’aria dai polmoni. Il casco da Stormtrooper lo protesse e lo mantenne vigile. Si sollevò cautamente, osservando le proprie condizioni: fortunatamente, non sembrava ferito né contuso; vi erano solo graffi e lividi superficiali. Niente che una pomata di bacta non avrebbe potuto curare.

Con un sibilo, lo sguscio del Dug sfrecciò accanto a lui, mentre la bandiera a scacchi segnalava la fine della corsa.

«Bubulba vince!» gracchiò lo speaker «Tutti in piedi sul divano!»


***

 
I partecipanti erano stati fatti schierare davanti al palco delle autorità, per ricevere le lodi e poter applaudire il vincitore della gara. Bubulba agitava i piedi verso la folla esultante, emettendo degli squittii soddisfatti.

Ren chinò il capo, le guance arrossate per la delusione e lo smacco. Non aveva vinto per un soffio! Aveva infangato la memoria del nonno, distrutto lo sguscio e non era neppure riuscito a salvare Hux e Millicent; anzi, avrebbe dovuto condividere con loro un destino ingrato. Scosse il capo, mimando un “mi dispiace” all’indirizzo del generale.

«Che stai dicendo? Hai vinto, Ren!» Hux si sporse dalla balconata sollevando un pollice.

«Non ho vinto. Sono caduto.»

«Hai vinto, ti dico…»

Le ultime parole del generale vennero coperte dal ringhiare del lumacone:
Arrr Arrr Ararar…

«Sua eccellenza Gubbio The Hutt decreta Bubulba vincitore della gara!» CR7 tradusse immediatamente, ma la sua voce metallica venne immediatamente coperta da una vibrante protesta.

«Assolutamente no!» Hux affiancò il droide, spingendolo di lato per avvicinarsi all’Hutt con fare minaccioso. Per quanto potesse apparire minaccioso uno con i pantaloncini color melanzana, ovviamente «Ha vinto Ren!»

Arr ?

«Il magnifico Gubbio chiede il perché di questa tua affermazione, schiavo.»

Il generale stese un braccio, indicando l’apprendista Sith, ancora muto per la vergogna.
«Ren ha tagliato il traguardo davanti al Dug.»

Arr arr...

«Tuttavia, il signor Skywalker era appena stato disarcionato.»

«Soprassiederò sul comportamento antisportivo di Bubulba, tanto… non cambia la realtà dei fatti» si impuntò, rivolgendosi ancora all’Hutt «Ren è arrivato indubbiamente prima di chiunque altro. Sia lui che il suo sguscio sono… letteralmente volati oltre la linea d’arrivo, giusto? Lo hanno fatto quasi contemporaneamente e… insieme si sono persino schiantati al suolo. Il Dug è arrivato una manciata di secondi più tardi, lo abbiamo visto tutti.»

Arrr … arr…

«Il dubbiosissimo Gubbio è incerto sul tuo ragionamento.»

«Bene! Mi appello al regolamento.»

Arr arrr arrr!

Gubbio gesticolò e immediatamente due schiavi scapparono verso la parte posteriore della balconata, immergendosi in un buio corridoio.

«Si porti il Regale Regolamento!»

 
***

 
Il Regale Regolamento era un tomo di circa quattromila pagine.
Hux lo fissò con orrore crescente: si era aspettato gli consegnassero un datapad, un computer, un qualunque terminale … non certo quella sottospecie di mattone con le pagine scritte tanto fitte che a chiunque sarebbero occorse due paia d’occhiali.

«Amh… sarebbe questo?» chiese, ricevendo un cenno affermativo.

Arr Arr

«Sua magnificenza Gubbio The Hutt fa notare che sei stato tu a chiederlo.»

«Sì, ma non pensavo…» lasciò cadere le obiezioni, ciondolando il capo. Non c’erano molte alternative: se voleva provare la vittoria del cavaliere, avrebbe dovuto affrontare quella lettura «Ah, non fa niente. Dovrei riuscire a finirlo in…» deglutì a vuoto «…una decina di giorni. Non c’è un riassunto?»

Arrr

«No, ma il mio archivio dati lo contiene in versione informatizzata. Se desiderate, posso scansionare il regolamento in circa cinque virgola trentadue secondi e trovare la risposta.»

Rifilò una smorfia tagliente a CR7:
«E cosa aspettavi a dirlo? Certo che lo voglio. Cerca le condizioni per la vittoria.»

Incrociò le braccia dietro la schiena, incrociando le dita. Chissà se la fortuna gli avrebbe dato una mano, almeno per una volta…

Il ronzio del droide si interruppe bruscamente e la sua voce riprese a gracchiare:
«Condizioni di vittoria. Capitolo seicentoventinove, paragrafo quarto. Viene decretato vincitore il primo pilota che, congiuntamente al suo sguscio, supera la linea del traguardo.»

«Esatto. Congiungamente. Ren è atterrato insieme al suo veicolo ben prima che sopraggiungesse Bubulba, quindi… è il vincitore.»

Ar…

«Il sommo Gubbio è ancora piuttosto incerto su questa interpretazione.»

Hux produsse un falso inchino, arruffando un piccolo ghigno strafottente e rivolgendosi direttamente all’Hutt:
«Sua Eccellenza perdonerà la mia impertinenza, ma credo che qui ci sia in ballo molto più di una semplice disputa su una vittoria: la sua imparzialità di giudizio verrà messa in discussione, se ora non avvalla quanto scritto nel regolamento. Crede ne valga la pena, mio signore? Possedere due nuovi schiavi e un gatto coprirà la perdita della stima del suo popolo?»

Arr arr… Arrrrarrrr…

«Lo spettacolare Gubbio the Hutt pensa tu abbia ragione. Intende onorare il patto stretto con il giovane Skywalker. Alla luce di ciò… ti rende il gatto e la pietra.»

Vide Gubbio dare una carezza a Millicent, prima di liberarla dalla pettorina; il lumacone si tolse il ciondolo e glielo consegnò.

Arrr arrr...

«Sei libero e congedato, schiavo. Puoi tornare alla tua vita di sempre.»

Hux non se lo fece ripetere due volte. Acciuffò il felino e la collana, sgattaiolando rapidamente via dal palco d’onore.
Si fermò solo per chiedere:
«Posso riavere i miei vestiti? Sono gli unici che ho…»

Arrrr...

«Sì, purché ci portiate i cavoletti di Bruxelles, come promesso.»

 
***

 
Hux si lasciò cadere sul sedile del copilota, soddisfatto. Si era liberato dei malefici cavoletti e aveva recuperato i propri abiti, puliti e ben stirati; gli stivali erano stati tirati a lucido. Spiò sottecchi verso Ren, concentrato sul decollo dell’Upsilon.

«Prego, eh…» esordì, ricevendo in cambio un’occhiata perplessa.

«Per cosa?»

«Per averti fatto vincere, Ren. Se non fosse stato per me, ora staresti lucidando i pavimenti con la lingua.»

«Pff… non credo proprio. Li avrei uccisi prima che potessero toccarmi.»

«Certo, allora… mi domando perché tu non abbia pensato di affettarli con la tua graziosa spadina prima che mi prendessero come ostaggio.»

«Te l’ho detto! Quando mai mi sarebbe ricapitata un’occasione simile? Gareggiare con lo sguscio di Darth Vader. Non potevo rinunciare.» lo vide sorridere beato «Il mio nome verrà scritto nella leggenda, accanto a quello del nonno. Non è fantastico?»

«Mh…» alzò le spalle «Se lo dici tu…»

«Millicent?»

«è di là, esausta. Sta dormendo nella cesta.»

«Dovresti riposare anche tu…»

Aggrottò la fronte, colto alla sprovvista da quella proposta. Spiò il cavaliere, sospettoso. Un’attenzione del genere era davvero insolita, ma… dubitava che Ren si stesse preoccupando per lui; in ogni caso, era un’offerta gentile…

«Ti senti bene, Ren?» ironizzò.

«Ovviamente. Perché?»

«Beh, è… raro ricevere premure da parte tua.»

«In realtà, non ho voglia di ascoltare le tue chiacchiere petulanti per tutto il viaggio.»

Storse la punta del naso, producendo un secco:
«Ah, capisco…»

«Inoltre… Presto giungeremo su Vassek e non sappiamo cosa dovremo affrontare per il tuo risveglio della Forza. È bene che ti riposi, dunque. Una mente offuscata e affaticata potrebbe condurti al fallimento… e allora avremo fatto tutta questa strada per niente. Dovrai essere sereno, vigile e concentrato. Tutte cose che non puoi essere se caschi di sonno.»

Annuì brevemente:
«Concordo.» si stropicciò le palpebre pesanti e stiracchiò le braccia, prima di alzarsi «Tu non vieni?»

«Tra poco. Non appena avrò tracciato una rotta e impostato l’automatico.»

Hux scivolò rapido nel retro dell’Upsilon, raggiungendo la camera. Si arrampicò sul letto superiore dopo aver calciato gli stivali. Si rannicchiò sul materasso, tirandosi addosso la coperta. Chiuse gli occhi, sforzandosi di ignorare il martellante canto che, dalla cabina di pilotaggio, si stava rapidamente diffondendo nella navetta:

«It's time to see what I can do
To test the limits and break through
No right, no wrong, no rules for me
I'm free»

Nascose frettolosamente il capo sotto al cuscino, premendosi le orecchie. Neppure così riuscì a frenare le potenti note dell’apprendista.

«Let it go, let it go
I am one with the wind and sky
Let it go, let it go
You'll never see me cry»

«Oh, Kriff! Quanto manca a Vassek?» si lamentò.

«Here I stand and here I'll stay
Let the storm rage on»

Sarebbe stata una lunga traversata.


 
Angolino: buonasera! Sto approfittando di ogni momento libero per portarmi avanti; siamo quasi arrivati al "giro di boa".
Guido Meda si è inconsapevolmente prestato come speaker per la corsa degli sgusci... Benché io non sia una appassionata di moto, il suo "tutti in piedi sul divano" mi manca un po'.
Un gigantesco "grazie" a tutti coloro che hanno avuto la pazienza di leggere fin qui! Al solito, se avete consigli da lasciarmi, sarò felicissima di riceverli!

E'ry

 

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Capitolo 18
*** Meow ***


18. Meow


Hux agganciò il datapad alla cintura e scese rapido dall’Upsilon.

«Vassek, finalmente!» esclamò.

Ren aveva parcheggiato la navetta al centro di una radura, arroccata sulla cima della scogliera. Poco oltre, un breve sentiero sconnesso conduceva al tempio. La meditazione e la Voce avevano guidato il cavaliere nell’atterraggio, consentendogli d’arrivare nelle immediate prossimità della loro destinazione.

Il cuore nel petto martellava furiosamente; si era imposto di rimanere calmo e distaccato, di non lasciare che le emozioni prendessero il sopravvento… eppure, non riusciva a contenere l’eccitazione e il nervosismo. Cosa sarebbe accaduto, una volta varcato l’arco in pietra che delimitava l’ingresso? Supponeva che la Forza l’avrebbe nuovamente ispirato, indicandogli il giusto modo per ottenere la rinascita dei suoi poteri.

Deglutì a vuoto, muovendo un passo incerto sul terreno polveroso.

«Agitato?» gli chiese l’apprendista Sith.

Come poteva non esserlo? Presto avrebbe scoperto la verità; avrebbe annientato il blocco imposto nella sua infanzia ed avrebbe goduto appieno di tutte le proprie potenzialità. Non si sarebbe più fatto mettere i piedi in testa da nessuno; avrebbe potuto usare la Forza per governare sulla galassia, una volta imparato a domarla. Ren e Snoke glielo avrebbero insegnato e poi, assolto questo compito, li avrebbe eliminati e si sarebbe proclamato imperatore. Avrebbe spazzato via la Resistenza e i gli oppositori, Pryde per primo. Avrebbe nominato Mitaka suo nuovo consigliere e Phasma comandante di tutti gli eserciti. Era un buon piano, già; lungo da sviluppare, ma aveva tempo per coltivarlo adeguatamente.
Mosse un piccolo cenno d’assenso.

«Un po’…» rispose, seguendo il cavaliere verso il tempio.

Millicent si mosse tra le sue braccia, miagolando irritata.

«Vuoi scendere, piccola?»

Si chinò, permettendole di scivolare sulla stradina e infilarsi rapidamente nel tempio.

«Aspetta, Milly non ti allontanare!» rimproverò, allungando il passo per raggiungerla. Strabuzzò gli occhi quando scorse un ammasso grigiastro, posizionato a pochi passi dall’uscio. Lo indicò a Kylo Ren.

«Che cos’è, secondo te?» chiese.

Si avvicinò, ispezionando quel curioso oggetto. Era una sfera metallica, con all’interno un morbido cuscino rosso. Vi erano alcuni bottoni luminosi e un ampio vetro bombato fungeva da parabrezza.

Ren mosse qualche levetta e il quadro comandi si accese. Su un piccolo display capeggiavano le coordinate dell’atterraggio.

«è… una navetta.» esclamò il cavaliere «Ma…è troppo piccola per chiunque di noi.»

«Non siamo soli, dunque…» Hux storse il naso, fissando lo stretto ingresso oltre cui la gatta era svanita. Accarezzò prudentemente il blaster allacciato alla fondina, come alla ricerca di un conforto «Pensi che Millicent possa aver fiutato un intruso?»

«Non lo so, ma… chi potrebbe mai viaggiare in una cosa del genere? Ci sta a malapena un neonato.»

Scosse la testa e passò rapidamente in rassegna tutte le razze che conosceva.
«Un Ewok?»

«No, troppo grossi…» Ren posò una mano sulla carlinga, ritraendola immediatamente «è ancora calda. Chiunque sia, non deve essere atterrato da molto.»

«D’accordo… facciamo attenzione.» concluse Hux, muovendo infine oltre l’arco del tempio.

Nessuna porta delimitava l’ingresso, ma ai lati della soglia vi erano due alte colonne consumate. L’interno era composto da blocchi d’argilla, tutti costellati di fini dipinti. Il chiarore era assicurato dai lucernari sul soffitto, che illuminavano perfettamente un altare in pietra chiara, al centro della stanza. Accomodati sopra la mensa sacra, due gatti si stavano scambiando effusioni: i musi strusciavano l’uno contro l’altro e le code si intrecciavano in una tenera danza. Un ronzare incessante di fusa fendeva il silenzio, diffondendo tra le pareti come una dolce melodia.

Il generale si avvicinò, sorpreso:
«Milly! Non mi avevi detto di avere un amico…» allungò la destra per accarezzare il paffuto gatto nero, ma venne prontamente spinto di lato.

«Questo è mio! Tu hai già un gatto.» Ren stava acciuffando il malcapitato animale, stringendolo in un abbraccio soffocante «Sei adorabile! Ti chiamerò… Romualdo.»

«Che razza di nome…»

«Decido io come chiamarlo!» Ren gli rifilò un sibilo seccato, coccolando ancora il robusto felino «Non è vero, mio adorato Romualdo?» il tono sfumò nel classico demenziale, mentre il cavaliere strofinava il suo prominente naso tra le orecchie appuntite «Sei soffice come un cuscino e…»

Sì, concordo… Romualdo non è un granché, ma poiché i nostri veri nomi sono troppo complicati perché due esseri inferiori come voi possano concepirli, potrete continuare a chiamarci in quel modo. Non che faccia molta differenza ormai…

Hux aggrottò la fronte e vide il volto di Ren perdere colore:
«è… la Voce?» chiese incerto.

«Sì! La senti anche tu?»

Annuì vigorosamente:
«Io credo che…»

Non riuscì a finire la frase. Accadde tutto troppo in fretta perché potesse rendersene conto.
Si sentì sbalzare via, mentre la familiare sensazione della Forza lo avvolgeva. Le spalle impattarono contro il muro e le braccia si serrarono dietro la schiena, strette da una morsa invisibile. Lottò per cercare di liberarsi, scalciando finché le gambe non si fecero stanche e pesanti. La pressione sul corpo aumentò, inchiodandolo alla parete.

«Ren!» ringhiò, pronto a scaricargli addosso una valanga di coloriti insulti «Lasciami anda…» si interruppe, quando realizzò con orrore che niente di tutto ciò era opera dell’apprendista.

Il cavaliere giaceva supino sull’altare, le membra immobilizzate dalla stessa Forza che legava anche lui. Gli occhi erano persi nel vuoto e la bocca era spalancata per lo stupore. Millicent, accovacciata accanto alla testa, gli aveva sottratto i pendenti dalle tasche della tunica e gliene stava passando uno sul collo. L’altro ciondolo, invece, era stato indossato da Romualdo. Il grosso gatto nero sedeva sul petto del Sith con un ghigno a deformare il volto rotondo.

«Che cosa gli state facendo? Ren, svegliati!» le sue urla caddero nel vuoto.

La Voce gli risuonò nella testa:
Scht, tranquillo mio caro. Tra poco toccherà anche a te.

Non poté evitare di guardare quanto stava accadendo. Millicent aveva accostato i due cristalli per il bordo sbeccato, congiungendoli in un’unica gemma violetta; poco dopo, era balzata a terra e sembrava stesse leggendo un’incisione sulla pietra con una strana intonazione.

Aschtt Sagsas Sied Sied ut fahz Tzanh

La Voce si accavallò ai miagolii di Millicent e un fascio luminoso inglobò tanto Ren quanto Romualdo. Incorporei nastri azzurri si avvolsero attorno al volto del cavaliere e al muso del felino, avvicinandoli finché non furono uniti. Poi, all’improvviso, uno schiocco feroce riecheggiò, separando bruscamente i due e spingendoli ai lati opposti della sala.

Hux fissò con inquietudine l’apprendista: Ren sembrava completamente fuori di sé! Si stava studiando le mani e le braccia, come se non le avesse mai viste prima. All’improvviso, sollevò due dita in sua direzione, avvicinandole finché le punte non si toccarono. La familiare sensazione del soffocamento strinse la gola del generale.

«N-no, Ren…» supplicò, mentre l’aria tornava ad invadergli i polmoni un attimo dopo. Respirò avidamente, lo sguardo lucido e deluso «Perché?» trovò la forza di chiedere.

La Voce tornò a rimbombargli nella testa:
Stai accusando la persona sbagliata. Non è Ren. Non più. Lui è Romualdo.

Millicent picchiettò un paio di volte il muso sul polpaccio del cavaliere, prima di indicare con un cenno l’altro felino.

Lui è Ren.

Hux osservò il gatto nero che saltava qui e là, impazzito: miagolava disperato e si mordeva la coda, come se volesse strapparla; tentava inutilmente d’assumere una postura eretta, ricadendo sempre sulle quattro zampe.

Scosse il capo, rinnegando quella visione. Vi erano alcuni semplici passaggi che la sua mente si rifiutava di eseguire. Tutto ciò era semplicemente assurdo. Millicent era la Voce! La sua amata micetta era una bestia malefica assetata di potere, che li aveva attirati in una trappola per…? Non poteva avanzare ipotesi. Aveva bisogno di conferme.

Tocca a te.

«Aspetta! Mi… mi devi almeno una spiegazione, Milly!»

Te la fornirò, ma… dopo. Ora sono impaziente di completare il rituale.

«Ti prego, non farlo…»

Millicent non lo ascoltò neppure. La stretta della Forza cambiò e Hux si sentì allontanare dal muro. Lottò, cercando nuovamente di liberarsi. Non poteva diventare un gatto! Che cosa sarebbe successo al Primo Ordine? Snoke avrebbe eletto Pryde Gran Maresciallo e gli avrebbe regalato il Finalizer. Mitaka avrebbe passato i pomeriggi a piangere ed a ubriacarsi. Unamo avrebbe sicuramente disertato e Phasma avrebbe requisito i suoi alloggi per trasformarli in una palestra. La Resistenza sarebbe prosperata ancor di più e alla fine avrebbe distrutto tutto ciò che lui aveva così faticosamente costruito.

Scosse il capo, chiudendo gli occhi e cercando di fare appello a tutte le proprie energie: magari la Forza sarebbe venuta in suo aiuto; dopo tutto, si era palesata nei momenti più impensati. L’aveva cavato da situazioni ben più spinose. Si concentrò, provando a richiamare quella familiare scintilla di potere che l’aveva salvato nel deserto. La cercò per aggrapparvisi, per lottare contro le funi invisibili che ancora lo intrappolavano.

Non sentì nulla, solo il vuoto e il riecheggiare delle proprie vane speranze.

Povero sciocco. Non sei sensibile alla Forza. Non lo sarai mai.

Millicent si era evidentemente accorta dei suoi patetici tentativi. Con un gesto seccato lo lasciò cadere sull’altare, senza allentare la morsa.

«Ma… la traccia nel deserto? Il… salino?»

Non te ne sei accorto? In quelle occasioni, ero vicino a te. Sono stata io. Non sei un prescelto… te l’ho solo fatto credere.

Si sentì svuotato di colpo e smise persino di divincolarsi. Come poteva lottare contro un essere così infido e spregiudicato? La Forza non l’aveva mai posseduto. Non c’era nessun blocco, nessun gioco di potere. Era soltanto sé stesso… Lo era sempre stato. Ricettivo alla Forza quanto una teiera. Che senso aveva combattere? Si era illuso di poter essere qualcosa di più che un cane rabbioso con il guinzaglio troppo corto. Suo padre aveva sempre avuto ragione: inutile, debole, incapace… ecco cos’era il bastardo di Brendol Hux.

Si rilassò contro la pietra, lasciando le lacrime libere di rigargli le guance. Percepì il blando peso della gatta sul petto e la catenina che gli sfiorava il collo. Sollevò piano il capo, spiando i pendenti che si connettevano.

«Non voglio diventare un gatto…» sussurrò, mentre il bagliore scaturiva dalle pietre.

Aschtt Sagsas Sied Sied ut fahz Tzanh

I nastri di luce azzurra gli strinsero le tempie e la fronte toccò il muso di Millicent. Percepì un violento scossone, come se qualcuno lo stesse strappando in mille pezzettini. Gridò, tentando inutilmente di ancorarsi ai propri ricordi. Si sentì trascinar via e la coscienza fluttuò nell’aria qualche istante. Poi i sensi si spensero.

 
***

 
Finiva così, dunque… la sua vita, la sua carriera, ciò per cui aveva duramente lavorato e che aveva costruito. Non gli rimaneva niente. La sua anima era stata rinchiusa tra strati di pelo, baffi e la lunga coda arancione. Che fine ingloriosa! Immaginava già i libri di storia riportare l’ironica fine delle sue disavventure: il generale Starkiller trasformato in un gatto per un curioso scherzo del destino. La giusta punizione per aver ordinato la distruzione di un intero sistema. Neppure la Ribellione avrebbe saputo essere così fantasiosa. Vedeva già la sua foto tra le pagine: un muso delicato, con le vibrisse attorcigliate e le pupille verticali. Pryde si sarebbe sbellicato dalle risate. Mitaka, Unamo e Phasma… lo avrebbero ricordato? O gli avrebbero voltato le spalle, affatto desiderosi di prendere ordini da un gatto?

Tirò su col naso, riaprendo cautamente gli occhi. Si sollevò sulle quattro zampe, ritrovandosi a fissare le mani e i piedi coperti dalla soffice pelliccia. I polpastrelli poggiavano saldi sul terreno, mentre le unghie rimanevano ben nascoste nella loro guaina.

«Meow» sussurrò, rendendosi tristemente conto della voce ridotta ad un sottile miagolare.
Nessuno lo avrebbe mai potuto capire. Se anche fosse riuscito a fuggire da quell’insulso pianeta, a chi avrebbe chiesto aiuto? Nessuno avrebbe compreso quel linguaggio, neppure un droide protocollare.

L’unico con cui poteva parlare era Ren, anche lui costretto in quello stato pietoso. Il cavaliere si era accucciato in un angolo, nascondendo il muso tra le zampe tozze.

Scivolò verso di lui, scuotendolo piano:
«Meow? Meow meow?» **

«Meow…»

(** consapevoli della difficoltà di comprendere il gattesco, si fornisce di seguito un’accurata traduzione)

«Ren? Va tutto bene?»

«A te cosa sembra?» Il cavaliere mostrò i cuscinetti rosa, arrendevole «Non riesco più ad usare la Forza. Quei due… me l’hanno portata via.»

In altre circostanze, avrebbe gioito della notizia. Ora, era solo l’ennesimo problema, che si assommava al lungo elenco di sfighe in cui erano incappati. Aveva segretamente covato la speranza che i poteri dell’altro potessero risolvere la situazione, ma evidentemente Millicent sapeva perfettamente ciò che stava facendo. Li aveva privati di qualsiasi arma a loro disposizione, rendendoli inerti e in balia degli eventi.

«Troveremo una soluzione, vedrai…» 

«Moriremo qui…»

«Sono sicuro che Snoke ci aiuterà. Non ti abbandonerà mai, Ren… sei il suo unico apprendista.»

«Ero. Ero il suo unico apprendista. Senza poteri non gli sarò più utile di te…»

Appiattì le orecchie, irritato.
«Grazie, eh! Scusa se sto cercando di risollevarti il morale.» soffiò, ignorandolo «Quando avrai finito di frignare fammelo sapere, così magari potrò deprimermi un po’ anche io!»

Hux tornò a Millicent e Romualdo. Era davvero una sensazione curiosa: si stava osservando, ma non come se fosse stato davanti ad uno specchio. Quanto vedeva era il suo corpo, solo che… non era il suo. Era come se qualcuno lo stesse indossando; come se volessero portarlo a fare quattro passi contro la sua volontà. Si squadrò a lungo: i capelli rossi arruffati, le guance sbarbate e la pelle ancora lievemente arrossata dal sole di Tatooine. La camicia gli stava un filo larga, in effetti… il datapad era ancora agganciato alla cintura, così come il suo blaster. Pregò silenziosamente che i due aguzzini non decidessero di utilizzarlo. Passò poi al cavaliere: il fisico di Ren era così diverso dal proprio! Di poco più alto, ma ben più robusto e muscoloso. Il volto, tuttavia, era assente come se avesse perso la propria grinta e tenacia.

Il dettaglio più raccapricciante, però, erano le mani intrecciate dei due e gli sguardi teneri che si scambiavano vicendevolmente.

Non riuscì a reprimere un conato e sputò una pallina di pelo.

«Scusa! Scusa, ti dispiacerebbe staccarmi da lui?» miagolò, ricevendo in cambio un’occhiata perplessa «Ah, già… non mi capite. Magnifico…»

«Oh, no. Comprendiamo benissimo ciò che dici» vide le proprie labbra stiracchiarsi in un sorriso e la sua voce arrivò a punzecchiargli le orecchie.

Era davvero impressionante. Stava parlando, ma non stava parlando. Non riusciva davvero ad accettarlo e la sua mente si rifiutava di elaborare l’accaduto.

Millicent proseguì con noncuranza: 
«Non dimenticare che siamo dei gatti, dopo tutto. Parliamo fluentemente la nostra lingua, così come la tua e… un centinaio di altri idiomi.»

«Ah… e dove li avete studiati, di grazia?»

La vide scrollare le spalle:
«Fa parte dell’essere divinità.»

«Logico…» ringhiò, il nasino triangolare storto in una smorfia «Comunque, potresti allontanarti da Ren? Cioè, da Romualdo. Da Ren-aldo? Non voglio che mi tocchi con quelle sue manacce sudice.»

I due si regalarono delle occhiate morbide.

«Impossibile» continuò lei «Noi ci amiamo. Siamo marito e moglie.»

Hux rigurgitò un altro bolo di pelliccia.

«Suppongo che la navetta fuori sia sua…» sbuffò, accennando a Romualdo.

Non riusciva a figurarsi un felino seduto ai comandi di un veicolo spaziale, eppure quell’affare era proprio a misura di gatto. Si rimproverò per non averci pensato prima, ma… come avrebbe potuto immaginarlo?

«D’accordo, un favore personale… vorrei una spiegazione.» mormorò infine.

«Non vedo perché dovrei dartela.»

«Perché mi hai appena trasformato in un gatto e portato via tutto ciò che avevo! Il minimo che mi devi è un chiarimento, non credi? E… i cattivi raccontano sempre i loro piani nel dettaglio, a un certo punto della storia.»

Solitamente prima di morire, aggiunse silenziosamente tra sé e sé.

La vide muovere qualche passo indeciso verso l’altare e gettarvi sopra i pendenti, quasi con stizza e disprezzo. Un attimo dopo, però, l’espressione si rasserenò.

«Sia!» acconsentì, laconica «Dopo tutto, è anche merito tuo se siamo giunti fin qui. L’aiuto che ci hai dato è stato inconsapevole, ma prezioso… avrai le tue delucidazioni.»

 

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Capitolo 19
*** Kylo Ren, ovvero l'ottimismo ***


19. Kylo Ren, ovvero l'ottimismo


La nostra storia inizia molto tempo fa, prima che voi nasceste. Prima che nascessero anche i vostri genitori e i genitori dei vostri genitori. Eccetera, eccetera…

Insomma, siamo esseri antichi. Dominatori di mondi, signori delle galassie, ladri di cuori e incantatori di menti. In breve, siamo gatti. Esistiamo da sempre e continueremo a vivere in eterno.

Trasmettiamo la nostra conoscenza di generazione in generazione, come una preziosa eredità da conservare gelosamente. Siamo figli degli dei e, in quanto tali, siamo divinità anche noi. Molti popoli ci adorano. Saremmo potenti, se non fossimo relegati in questa… forma disgustosamente soffice e tenera.

Io sono Afhhxsstshhccchhh e mio compagno è Mehhwwocchhsss. I nostri nomi sono impronunciabili da chiunque non sia considerato degno e voi, chiaramente, non lo siete. Potete continuare a chiamarci Millicent e Romualdo.

 
Sono nata tanto tempo fa, in una colonia lontana lontana.
Sono sensibile alla Forza e questa è una rarità per noi gatti.
Perché, mi chiedete?
Beh, siamo già esseri incredibilmente potenti, non trovate? Ci basta un miagolio per farvi accorrere con ciotole di cibo, morbidi cuscini e palette per pulire i nostri gabinetti. Immaginate cosa potremmo fare se avessimo anche il dono della Forza. Per questo, essere recettivi è un evento eccezionale.

Quando ero piccola, poco più che una cucciola, venni adottata da un contrabbandiere e da sua moglie. Loro mi amavano, ma era un amore a senso unico. Li odiavo. Odiavo quegli stupidi collarini che mi compravano. Odiavo le scatolette che mi rifilavano. Odiavo la loro orribile lettiera profumata di lavanda. Sarei impazzita, se non fosse stato per Romualdo. Apparteneva alla vicina di casa. Mi sostenne, mi rimase vicino e fu dapprima un amico, e poi un amante. Il nostro legame ha superato ostacoli e prove, sino a consolidarsi sempre di più. Ci siamo promessi lealtà e rispetto.

Una sera, sentii una notizia: una nuova egemonia stava fiorendo nell’universo. Il Primo Ordine stava rapidamente guadagnando terreno, distruggendo gli ultimi baluardi della Repubblica. Il suo Leader Supremo era un fruitore della Forza, così come il suo pupillo, Kylo Ren. Fu allora che mi interessai a voi: alla vostra organizzazione e ai poteri del Lato Oscuro. Studiai a fondo, racimolando informazioni ovunque potessi reperirne: datapad, vecchi libri, terminali informatici. Cercai ovunque, sfruttando le mie conoscenze linguistiche per acquisire sempre più dati rilevanti.

Nelle mie indagini, mi imbattei in un curioso rituale Sith. Spiegava come fosse possibile trasferire la Forza e la coscienza da un essere ad un altro, permettendo così alle anime di albergare diversi corpi. Insomma, era una curiosa forma di scambio. Un furto di identità reso possibile grazie ad una particolare gemma violacea. Non ebbi difficoltà a tradurre i sacri testi: come immaginerete, il dialetto Sith è assolutamente comprensibile a noi esseri superiori. Stando il racconto, la pietra venne tramandata per molte generazioni di custodi, finché l’ultimo, spaventato dall’immenso potere che celava, la ruppe in due frammenti, che nascose su pianeti differenti.

Qui rimasero, finché non vennero riportati alla luce da… un minatore di Tatooine. O, almeno, così narrava la leggenda. Non che sia importante, in realtà. Che cosa accadde all’estrattore di Tatooine non ci interessa… ciò che conta, è che riunendo i frammenti del gioiello, in questo tempio maledetto, è possibile perpetrare lo scambio delle anime. Con le giuste parole, è concesso anche il passaggio della Forza, da un portatore ad un essere completamente insensibile.

Mi state seguendo?
 

***

 
Ren scosse il muso.

«Insomma… così così. Che c’entra tutto questo con noi?»

«Ora ci arrivo. Fatemi continuare.»


***
 

Trovavo ingiusto che io potessi usare la Forza e Romualdo no. Insieme avremmo potuto fare grandi cose: governare sulla Galassia, fondare un nuovo impero, rubare la Forza e donarla ai nostri pari. Decisi di continuare le mie indagini, finché non capii dove potevo trovare il famigerato Kylo Ren. Ipnotizzai i miei padroni: obbligai lei a costruire una navetta per Romualdo e costrinsi il marito a volare sino al Finalizer, solo… quell’idiota mancò l’hangar principale e mi sbarcò erroneamente in un compattatore di rifiuti.

Mi arrampicai lungo il tubo dello scarico, cercando di raggiungere i piani superiori della nave e… a questo punto entri in gioco tu, generale Hux.
Quando ti vidi scendere nel condotto per cercare di recuperarmi, pensai di ucciderti. Un ostacolo in meno tra me e il cavaliere di Ren. Per di più, la tua inettitudine mi fece nuovamente scivolare nell’immondizia. Ero davvero tentata di ammazzarti, ma… colsi il tuo nome appena prima di strapparti il cuore. Sapevo chi eri, naturalmente. Il generale Starkiller, l’uomo più prossimo a Kylo Ren. Potevi essere un buon mezzo per potermi avvicinare a lui. Le mie aspettative non furono affatto tradite.

Quando incontrai Ren per la prima volta, rimasi sorpresa dalle sue enormi facoltà. Una fonte di potere così profonda era perfetta per Romualdo. Dovevo solo trovare un modo per spingerlo alla ricerca dei diamanti, senza destare sospetti. Fortunatamente, il nostro apprendista si rivelò piuttosto ingenuo. Si abbandonò subito al fascino della Voce, disposto a seguirla sin in capo alla galassia.

Ho sfruttato la vostra cieca fiducia per condurvi fin qui e…
Si? Domande?

 
***

 
Fu il turno di Hux:
«Io ho un dubbio. Perché non hai cercato di sottrarre questa capacità a Snoke? È più potente di Ren»

«Non è così stupido e superficiale. Si sarebbe accorto immediatamente che ero un’utente della Forza e il mio piano sarebbe fallito. Non potevo gestirlo. Mi serviva qualcuno di innocente da manovrare.» un cenno in direzione del gatto nero «Insomma, stiamo parlando di uno che canta le canzoni di Frozen e lancia con enfasi i cacciaviti nello spazio…»

«Capisco. Puoi proseguire.»
 

***


Come vi dicevo, sono sempre stata io la Voce. Ho scelto di palesarmi solo a Ren perché sapevo quanto scettico fossi, generale. Sentire simili richiami ti avrebbe fatto insospettire e non volevo assolutamente che ficcassi il naso troppo a fondo. Temevo che presto o tardi mi avresti scoperta.

Decisi di provare a buttarti fuori dal boccaporto posteriore, insieme alle tue valigie. Purtroppo, il mio piano riuscì soltanto a metà.
A causa di questo imprevisto, fummo costretti ad una tappa su Florrum. Immaginavo ci saremmo trattenuti poco, ma quell’apprendista idiota decise di farsi rapire da un branco di predoni di passaggio. Non potevo perderlo, così ti seguii nella missione di salvataggio.
Peccato, ovviamente, che tu fossi troppo intento a farti sbaciucchiare dalla Twi’lek per pensare alle evidenti falle di un viaggio nel deserto, su un pianeta dove il sole non tramonta mai.
 

***

 
«Ti sei sbaciucchiato una Twi’lek?»

«Possiamo parlarne in un altro momento, Ren?»

 
***

 
Come da copione, finimmo per perderci tra le dune. Apprezzai i tuoi tentativi di tenermi all’ombra e al fresco, ma sappi che non ti ho salvato per ringraziarti di quelle premure. Lanciai la traccia per salvare me stessa… tu eri solo nei paraggi.
Comunque, quando gli Ammantati e Incappucciati ci recuperarono, intravidi una nuova possibilità: Ren sembrava convinto che tu fossi sensibile alla Forza, quindi… perché non sfruttare questa sua teoria per spingerlo alla ricerca delle pietre?

Sapevo dove si trovava la prima. I testi Sith raccontavano come fosse stata portata al tempio di D’Qar. Non avevo motivo di sospettare fosse altrove. Decisi di indirizzarvi lì, ma senza fornirvi ulteriori informazioni. Rafforzai il tuo credo nella Forza con il gioco del salino e mi insinuai nella meditazione di Ren, suggerendogli di virare verso D’Qar per cercare un tempio Jedi. Funzionò.
Sarò franca: non mi preoccupai affatto quando ti smarristi nella jungla. In un modo o nell’altro, ero sicura che ti avremmo ritrovato: l’erba grama non muore mai. E infatti… eccoti alla base della Resistenza. Ho percepito il tuo disappunto e la tua delusione: durante la nostra assenza, avevi cercato di usare la Forza, ma senza successo. Logico, io non ero con te.

In ogni caso, ero riuscita a recuperare la prima pietra e stando alle iscrizioni rinvenute nel tempio, la seconda era su Tatooine.

 
***

 
«Domanda!» Ren alzò prontamente una zampa «Perché c’erano delle iscrizioni Sith in un tempio Jedi?»

«Non ne ho idea. Francamente, credo vi sia stata una contaminazione tra le due culture… ma non è un dettaglio importante, no?»

«Ah, d’accordo… ero solo curioso.»

 
***
 

Atterrammo su Tatooine e… Ren decise di visitare il museo di Darth Vader. Non avevo tempo per assecondare i suoi stupidi desideri da turista, così mi allontanai. Mi serviva una torre di segnalazione, una sala controllo… un posto da cui poter lanciare un messaggio. Ammaliai una guardia del palazzo Hutt e mi feci portare nella stanza comunicazioni. Contattai Romualdo e gli raccontai i nostri progressi e gli chiesi di raggiungere Vassek. Mentre cercavo di uscire dal palazzo, venni catturata e portata davanti a Gubbio The Hutt.
Essere gatti è una maledizione a volte: si è sempre troppo belli per non essere adottati. Quella fetida lumaca decise di tenermi con sé. Neppure i miei poteri potevano piegare la sua mente, ma… la sorte mi arrise ancora una volta.

A proposito, ti ringrazio per aver cercato di proteggermi, generale… ma ricorda, io non sono la tua gatta. Sei tu ad essere il mio umano. Comunque, confesso che la tua idea di appellarti al regolamento fu ottima; senza il tuo ingegno saremmo ancora bloccati su Tatooine.
Bene, credo d’aver concluso la spiegazione. Abbiamo raggiunto Vassek e… il resto lo sapete, no?

 
***

 
Millicent tacque e Hux si sporse leggermente in avanti, per nulla soddisfatto del resoconto.

«Ci sono ancora dei punti che mi sono oscuri, tuttavia.» miagolò «Posso capire perché ci hai trascinati fin qui. Volevi strappare la Forza a Ren e donarla a Romualdo, ma… perché rubargli il corpo? E… soprattutto, perché rubare anche il mio? Io non sono sensibile, quindi a che pro?»

«Non possiamo governare la galassia nelle sembianze di due gatti. Nessuno ci prenderebbe troppo sul serio. Per tacere dei cani… quelli cercherebbero subito di ribellarsi. No, ci serviva un modo per sembrare umani.»

«Capisco. La scelta su Ren è chiara, ma… per te stessa, perché non hai preso una donna?»

«Troppo complicato. Avrebbe implicato portare qui una terza persona effettuare il rituale su di lei e uccidere te. Non pensare che ti avrei lasciato andare a spasso per l’universo come se niente fosse, generale. Sei un testimone troppo scomodo.» una breve pausa e un sorriso zuccherino «Inoltre, come avremmo potuto giustificare la presenza di un’estranea al fianco del cavaliere? Avrebbe destato sospetti. Invece, nel Primo Ordine sono abituati a vedervi girare appaiati.»

Annuì controvoglia:
«Ha senso.» ammise infine «Ancora una cosa… hai spostato l’anima di Romualdo nel corpo di Ren perché ottenesse la Forza, ma… tu hai trasferito anche i tuoi poteri da un corpo all’altro e non solo la tua coscienza. Come è possibile?»

«Beh, il rituale può essere svolto con o senza il consenso dei partecipanti. Nel primo caso, le parti sono considerate entrambe favorevoli e il trasferimento di potere soggiace alla volontà dei protagonisti; secondo alcune fonti, lo si potrebbe addirittura smezzare tra entrambi. Però, donare parte della mia Forza a Romualdo significava indebolire me stessa.» si accertò che avesse compreso, prima di proseguire «Senza consenso, invece… la vittima non ha ovviamente voce in capitolo. È l’officiante a scegliere dove incanalare la Forza. In questo caso, ho tenuto il potere legato alla mia anima per non perderlo e al corpo di Ren perché lo raccogliesse Romualdo. Tutto chiaro?»

Hux produsse un cenno affermativo:
«Sì, sostanzialmente… chi presiede la funzione decide chi sarà il fruitore della Forza. Per cui a me non rimane nulla, tanto per cambiare.» sbuffò seccato «La formula che hai pronunciato nel rito?»

«è incisa su questo altare ed è in lingua Sith.»

«Cosa intendete farci adesso? Affettarci con la spada laser?»

«No. Confesso che mi dispiacerebbe alquanto fare a pezzi il mio vecchio corpo, anche perché… potrebbe sempre tornarmi utile un domani. Potrei essere costretta a venirti a cercare, e se ti uccidessi potrei rimpiangerlo. Per il momento, vi lasciamo in vita.» la vide alzar nuovamente le spalle, con indifferenza «Dopo tutto, non siete una grossa minaccia in quella forma e non potete parlare con nessuno. Quest’area è completamente disabitata e… inutile dirvi che l’Upsilon lo requisiamo noi.»

«Come supponevo. Il vostro prossimo passo nella brillante scalata al trono?»

Ricevette un sorriso bieco.
«Non penso te ne renderò partecipe.»

«Perché? Sono solo un innocuo gatto esiliato su Vassek.»

«Una ragione in più per non spartire con te informazioni. Non ti occorrono e… in ogni caso, la prudenza non è mai troppa.» sentì le dita affusolate arruffargli il pelo tra le orecchie «Sei stato un buon umano, generale, ma le nostre strade si dividono. Signori…» un inchino sarcastico «… buona permanenza.»

Oh, no! Non le avrebbe permesso di svignarsela così impunemente. Hux si slanciò in avanti, superando con un agile salto la distanza che lo separava dalla propria figura. Sfoderò gli artigli e protese le zampe, pronto ad aggrapparsi ai magri polpacci. Le avrebbe fatto a pezzi la divisa; avrebbe conficcato unghie e denti tanto in profondità che le sarebbe occorsa una dozzina di impacchi di bacta per rimediare al danno! Le avrebbe cavato gli occhi a morsi, dilaniato le guance e…

Beh, era davvero necessaria tanta furia? Dopo tutto, quello era ancora il suo corpo. Fragile, pallido, magro… sottile come un foglio di carta. Ne avrebbe retroattivamente condiviso il dolore? Poteva essere considerato autolesionismo in quel caso?
Quei quesiti non trovarono risposta.

Con un gesto della mancina, Millicent lo congelò nell’aria. Riconobbe nuovamente i viticci della Forza arrampicarsi lungo i suoi arti. Era davvero strano osservare sé stesso utilizzare quel potere con tanta disinvoltura. Si sentì scagliare via, come fosse una bambola di pezza. Rovinò sul pavimento e l’ultima cosa che vide fu il proprio corpo allontanarsi a passo svelto verso l’Upsilon.

 
***

 
Hux si sentì scuotere leggermente.
Riaprì gli occhi, incrociando lo sguardo dorato dell’altro gatto.

«Come stai?» Ren gli diede dei leggeri colpi col muso, aiutandolo a rimettersi sulle quattro zampe.

«Uno schifo…» miagolò, barcollando verso l’uscita del tempio. Osservò lo spiazzo desolatamente vuoto «Se ne sono andati davvero… con la nostra nave.» sussurrò sconsolato.

«Sì. Hanno lasciato i pendenti, però…»

«Non ce ne facciamo nulla, Ren. A meno che tu non preferisca avere il pelo arancione.»

«No, credo che il nero mi doni. Mi snellisce, non trovi?»

Dondolò il muso. Non aveva alcuna voglia di scherzare. Desiderava solo rannicchiarsi in un cantuccio e piangere tutte le lacrime che gli rimanevano. Quel viaggio era cominciato male e proseguito peggio. Neppure nei peggiori incubi, si sarebbe mai immaginato di ritrovarsi abbandonato su un pianeta desolato con l’unica compagnia di Kylo Ren. Non gli rimaneva più nulla, ormai: aveva perso il Finalizer, i gradi da ufficiale, il Primo Ordine e persino il proprio corpo. Era stato spogliato di ogni dignità e imprigionato nelle fattezze di un gatto.

«Almeno tu sei ancora maschio, ma… io? Sono praticamente una gatta, solo… non mi sento gatta. Nemmeno gatto, in realtà.» si prese la testa tra le zampe «Oh, Kriff! Sto impazzendo. Ora non so neppure più chi sono! Può andare peggio di così?­» sospirò amaramente, mentre dei nuvoloni carichi di pioggia accorrevano a coprire il cielo.

Chinò il capo, sconfitto, quando sentì alcune gocce d’acqua picchiarlo sulla schiena.

«Non essere catastrofico, Hux! Sono sicuro che troveremo una soluzione.»

Kylo Ren, ovvero l’ottimismo! Pensò, rifilandogli un’occhiata scettica.

«Non verranno a salvarci, Ren. Nessuno sa dove siamo e anche se fosse… in questa forma, non siamo più d’alcuna utilità per il Primo Ordine. Aggiungiamoci che senza i tuoi poteri non puoi contattare neppure Snoke. Non che faccia differenza… in fede, credo ti abbandonerebbe qui e cercherebbe un nuovo apprendista.»

«è possibile, ma non intendo lasciare quei due ladri di corpi a piede libero.»

«Cosa suggerisci?»

Scorse il cavaliere avvicinarsi alla navicella sferica e spiare all’interno dell’abitacolo.
«Ce ne andremo con questa.» il ghigno sul paffuto volto nero si allargò «Sono stati ingenui a pensare che non l’avremmo utilizzata.»

Si avvicinò, controllando a propria volta le condizioni del veicolo: non era progettato per portare due gatti. Sarebbero stati stretti, senza dubbio, ma potevano adattarsi. Tuttavia, la lancetta del combustibile segnava un livello pericolosamente vicino allo zero.

«Siamo senza carburante, Ren» fece notare. Era ovvio, no? Altrimenti non l’avrebbero mai abbandonata a loro completa disposizione.

«Errore. Siamo quasi senza carburante.»

L’apprendista balzò sul cuscino, premendo i pulsanti per iniziare la sequenza d’accensione. Il motore sobbalzò e ruggì, coprendo il tenue rumore della pioggia.

«Non vedo come questo possa aiutarci…» obiettò, ricevendo in cambio un’occhiata irritata.

«Fa come vuoi, Hux. Io non ho intenzione di arrendermi. I comandi sono a misura di gatto, facili da manovrare e secondo i miei calcoli abbiamo combustibile appena sufficiente per un salto nell’iperspazio. Non è molto, ma è qualcosa.»

Scosse il capo, affatto convinto:
«Finiremo solo alla deriva nello spazio.»

«Sono disposto a correre il rischio. Non sono abituato a gettare la spugna senza combattere e… nemmeno tu lo sei. Vuoi davvero lasciare che quei due impostori rubino tutto ciò che hai costruito?»

«Lo hanno appena fatto.»

«Smettila di piangerti addosso! Non ti sopporto quando fai così.» colse un gesticolare frenetico «Vuoi rimanere qui a compatirti per il resto dei tuoi giorni? Ti ricordo che i gatti hanno sette vite e considerato che vivono circa quindici anni… beh, fai il conto. Hai un’eternità davanti a te, fatta di pioggia battente, scogliere rocciose, solitudine e…» un cenno ad indicare la zona circostante «Qualche sparuto pascolo di cui neppure ti potrai nutrire, perché sei stato trasformato in un gatto e non in una capretta. Pensa che sfiga, eh?» l’ironia venne cancellata da un rinnovato fervore «Ti stai lasciando derubare da una coppia di imbroglioni. Sai cosa accadrà? Il Finalizer passerà definitivamente nelle mani di Pryde…»

«Tu glielo hai consegnato!»

«… come misura temporanea. Te l’avrei restituito al ritorno. In ogni caso, se ti arrendi non lo rivedrai mai più. Mitaka sarà costretto a portare il caffè a Millicent, che lo soffocherà con la forza un giorno sì e l’altro pure, perché sicuramente quell’imbranato sbaglierà il dosaggio dello zucchero. Unamo darà di matto, la conosci… cercherà di ucciderti, poi si farà prendere dai rimorsi e si lancerà fuori dal primo boccaporto dimenticato aperto dall’impresa di pulizia. Quanto a Phasma…»

«Non dirlo…» scosse piano la testa, ma l’altro lo ignorò.

«Phasma requisirà le tue stanze. Butterà i tuoi mobili in un compattatore di rifiuti e… li rimpiazzerà con dei tapis roulant.»

«Peggio di quanto pensassi!» sibilò, sollevando infine lo sguardo.

Il cavaliere si era sporto dalla cabina e stava tendendo una zampa in sua direzione:
«Ti fidi di me?»

«No, Ren, proprio per niente!» sbuffò, respingendo immediatamente l’aiuto altrui.

Si accucciò, piegandosi sui posteriori per spiccare un rapido balzo. Si intrufolò all’interno dell’abitacolo, ritrovandosi ben presto schiacciato tra il didietro del gatto nero e la paratia.

«Non mi fido» continuò, sollevando un poco le spalle «Ma non vedo alternative. Mi sono lasciato prendere dallo sconforto, ma… credo tu abbia ragione, per una volta. Andiamo a riprenderci il Finalizer

«Così mi piaci!» Ren inserì rapidamente le coordinate e impugnò i comandi «Ora… che mi dici del tuo bacio con la Twi’lek?»

Se non fosse stato già rosso di natura, Hux sarebbe avvampato. Finse di non aver sentito, concentrando lo sguardo sul display. Aggrottò la fronte:
«Un momento! Quelle non sono le coordinate del Finalizer

«Non stiamo andando al Finalizer. Non possiamo, non con Pryde e quei due al comando: ci farebbero arrestare immediatamente e schiacciare con la spazzatura.»

«Allora dove…?»

Ren gli rifilò un piccolo ghigno:
«Dove potremo trovare aiuto.»

 


Angolino: ok, come promesso siamo al giro di boa. Non siamo ancora verso la fine, ma sicuramente il peggio è passato (credo).
Approfitto di questo spazietto per ringraziare tutti coloro che mi hanno lasciato recensioni e pensieri! Siete stati gentilissimi/e, vi ringrazio infinitamente! In special modo, un grazie va al supporto di Kylo Yagami, che ridendo e scherzando mi sta sopportando in questa impresa <3
Al solito, un gigantesco grazie per aver letto fin qui.
Alla prossima!

E'ry

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Capitolo 20
*** Una brutta gatta da pelare ***


20. Una brutta gatta da pelare


Come predetto, il carburante era stato sufficiente per un solo salto nell’iperspazio. Erano ricomparsi nei pressi di D’Qar, fluttuando verso la vicina atmosfera, che li aveva catturati immediatamente.
I motori avevano smesso di funzionare quasi contemporaneamente, dopo un ultimo straziante gemito.

Hux osservò il paesaggio oltre il parabrezza, attraverso le orecchie appuntite del pilota. Quell’enorme distesa verdeggiante, inframmezzata da promontori aspri e qualche sparuto lago – ne era certo – sarebbe stata la sua tomba. Spiaccicarsi al suolo non era certo la fine che si era immaginato, ma almeno era rapida e indolore. Certo, l’agonia della caduta se la sarebbe risparmiata volentieri. Conficcò le unghie nella stoffa del cuscino, aggrappandovisi disperatamente.

«Moriremo Ren!» frignò, mentre il cavaliere lottava per tenere la navicella in assetto e impedirle di rotolare come una pallina in una lavatrice «Te l’avevo detto! Saremmo dovuti rimanere su Vassek!»

«Troveremo una soluzione…»

L’ottimismo dell’apprendista era assolutamente fuori luogo, tanto più quando l’astronave accelerò improvvisamente per effetto della gravità. Le pareti d’acciaio tremarono, mentre lo scudo termico proteggeva i due passeggeri dalla cottura.

Hux si schiacciò sul sedile, chiudendo gli occhi e nascondendo il muso contro il vicino.

«Non voglio morire…» frignò, inzuppando di lacrime la pelliccia altrui.

«Nemmeno io…»

«Sai qual è l’unica consolazione? Ci schianteremo talmente forte che neppure ce ne renderemo conto. E, se saremo fortunati, forse collasseremo giusto in testa allo Wookie, così uccideremo anche lui e tu potrai completare la tua personale vendetta familiare.»

«La smetti di piangere? Mi stai bagnando tutto!»

«Che differenza fa? È finita, Ren! I miei sogni, le mie ambizioni… tutto! Non chiedevo molto, in fondo… solo diventare imperatore della galassia.»

«E io che dovrei dire, allora? Volevo diventare il Sith più potente di sempre… e invece sono ridotto ad un grasso gatto per colpa tua!»

«Colpa mia?! Se tu non ti fossi lasciato incantare da quella stupida Voce…»

«Se tu non avessi raccattato Millicent dal compattatore di rifiuti…»

«Se mi avessi ascoltato, quando volevo parlarti di Starkiller Due, ora non saremmo ridotti così!»

«Diamine, Hux! Erano le tre di notte! Nessuno sano di mente ti avrebbe dato retta… Per inciso, se non riesci a dormire, prendi dei sonniferi; evita vagare per il Finalizer rompendo le stelle al prossimo perché senti l’irrefrenabile desiderio di costruire altre armi di distruzione di massa.»

Vide Ren accostare le zampe, con un’espressione concentrata. Scoppiò in una risata nervosa, quando si rese conto di ciò che stava tentando:
«Non puoi strangolarmi con la Forza. Non più» sogghignò.

«Amen! Tanto tra poco sarai morto lo stesso…»

«Vero anche questo» ammise laconico «Tu credi nell’aldilà, Ren?»

«Beh… i Jedi diventano emanazioni della Forza. Ho sempre pensato che anche io sarei diventato tale, alla fine. Ora, però… non ne sono più sicuro. Non sono più sensibile e sono condannato in un corpo felino. Non vorrei ritrovarmi al cospetto del fantasma di Vader così conciato.»

«Sarebbe sconveniente» convenne.

Uno schiocco lo interruppe. Le lingue di fuoco, che avevano avvolto la carlinga, si affievolirono sino a spegnersi; Hux poté tornare a controllare oltre il vetro. Il suolo si stava avvicinando rapidamente: riusciva a scorgere le cime degli alberi e persino i bunker della resistenza. Uno sparuto gruppo di ribelli si era radunato al centro dello spiazzo, osservando curioso quella piccola sfera incendiaria pronta a piovere sulle loro teste.

 
***


Finn indicò la palla luminosa nel cielo.
«Una stella cadente! Esprimi un desiderio!»

«Oh, vorrei essere il miglior pilota della Resistenza» esclamò Dameron, congiungendo le mani in una piccola preghiera. Si riscosse poco dopo «Un momento! Lo sono già. Mh… ho cambiato idea. Stella, vorrei essere il pilota più affascinante… no, no! Sono già anche questo.» spiò verso l’amico «Tu cosa hai chiesto?»

«Di poter trovare l’amore della mia vita.»

«Che cosa romantica! Però, ora che me lo hai rivelato, non si esaudirà più» ragionò Poe, ignorando gli occhi dell’altro colmi di sconcerto  «Ma… sai che è proprio un bel desiderio? Quasi quasi…» regalò uno sguardo morbido all’ex-stormtrooper «…desidero anche io poter trovare l’amore della mia vita.»

«Poe…»

«Finn…»

Il soldato si asciugò una lacrima commossa:
«è davvero bellissimo» sussurrò gentile «Ora che cosa facciamo?»

Poe tese le mani verso la sfera bruciante:
«Aspettiamo che l’amore della nostra vita ci cada tra le braccia!»

«Ah…»

Rose li raggiunse, senza neppure tentare di nascondere una risatina di scherno:
«Davvero, ragazzi? L’amore? Pff…Che mollaccioni!» sogghignò orgogliosa «Io ho desiderato una nuova cassetta degli attrezzi.»

 
***

  
«è finita…» Hux miagolò, mentre persino Ren abbandonava i comandi e immergeva il muso nel cuscino.

Ancora pochi secondi e si sarebbero schiantati al suolo. Cosa sarebbe rimasto di loro? Null’altro che delle carcasse fumanti, circondate da lamiere contorte. Nessuno li avrebbe mai riconosciuti. La galassia avrebbe erroneamente creduto che Kylo Ren e Armitage Hux fossero ancora vivi e alla guida del Primo Ordine. Non uno si sarebbe reso conto dello scambio di corpi. D’altronde, come avrebbero potuto? Neppure il buon Mitaka sarebbe riuscito a sbrogliare quella matassa. Unamo forse sì, ma non senza un adeguato compenso. Phasma non ci avrebbe neppure provato.

«Addio Hux!» Ren gli gettò le zampe al collo in un goffo abbraccio «Mi ha fatto piacere conoscerti.»

Sbuffò, contrariato, senza ricambiare quella stretta:
«A me no!» ringhiò secco «Avrei dovuto ucciderti quando potevo farlo.»

«Lo stesso vale per me, non credere. Sto solo cercando di essere conciliante negli ultimi secondi che ci restano.»

All’improvviso, la navetta si scosse e rallentò di colpo: come attutita da una rete invisibile, si fermò. Galleggiò qualche attimo e poi si depositò a terra, con la grazia di una piuma. Toccò dolcemente il suolo; con uno sbuffo, il parabrezza si aprì e l’aria fresca invase l’abitacolo.

Hux schizzò immediatamente a terra, crollando sugli arti tremanti. Non sarebbe rimasto un minuto di più su quel trabiccolo! Per qualche strana ragione, era ancora vivo. Si crogiolò qualche attimo tra l’erba morbida e i tiepidi raggi del sole, mentre il cuore riprendeva a battere e il respiro tornava a regolarizzarsi.

Sollevò il capo solo per notare Leia Organa in piedi, al centro dello spiazzo, con le braccia che si abbassavano piano sino a scivolare lungo i fianchi. Sebbene non potesse percepirla, riconobbe immediatamente lo zampino della Forza. E così… anche il generale Organa era pregna di potere, come suo fratello e suo padre prima di lei. Un’informazione decisamente interessante! Lo avevano ipotizzato, ma nessuno – tra i ranghi del Primo Ordine – ne aveva mai avuto una conferma diretta. Ren lo sapeva? Probabilmente sì, ma si era ben guardato dal diffondere quella notizia.
Non che ormai avesse importanza. Era ancora integro, e solo grazie alla prontezza della principessa. Se solo non fosse stata a capo della ribellione, avrebbe davvero potuto apprezzarla!

Si raddrizzò e spiò in direzione del cavaliere, che Rose Tico aveva già accolto tra le sue braccia. Provò un moto di stizza nel notare quanto Ren si fosse placidamente acciambellato; un istante dopo si sentì sollevare da sotto le ascelle. Si ritrovò con i piedi a penzoloni e costretto a fissare il sorriso di FN-2187.

«Quanto sei carino!» stava dicendo l’ex-soldato «Non temere! Mi prenderò cura di te, mio piccolo Batuffolo!»

La reazione fu immediata: sfoderò gli artigli, lasciando quattro vistosi graffi sulla guancia del traditore. L’unghia ricurva del pollice si incastrò per un attimo nella larga narice, bucherellandola. Per nulla al mondo si sarebbe fatto adottare da quel rifiuto umano, né avrebbe accettato un nome tanto ridicolo!

«Batuffolo ci chiami tua sorella!» sbottò, consapevole che per gli altri quel suono non era altro che un miagolio stizzito.

Si sentì acciuffare di nuovo, e il si ritrovò premuto contro una familiare tuta da pilota.
«Oh, Finn! Non ci sai fare con i gatti!»

Con orrore, scorse il viso di Dameron pericolosamente vicino al proprio. Tentò di liberarsi, ma le labbra del pilota premettero insistentemente tra le sue orecchie.

«Non vedi quant’è affettuoso? Devi solo essere più gentile e delicato.»

Schiuse le fauci, e si preparò a cavare gli occhi di quell’idiota.
«Brutto pezzen…» soffiò.

«Smettila subito!» Ren si era sporto leggermente dalle braccia di Rose «Non ci aiuteranno mai se continui con questi atteggiamenti  scontrosi.»

«Mi ha baciato in testa!»

«E allora? Per lui sei solo un gatto. Cerca di essere collaborativo.»

«Oh, quindi dovrei prendere esempio da te, Ren? Che ti strusci contro quella feccia ribelle…»

Per tutta risposta, il cavaliere inarcò il dorso e lasciò vibrare la coda sulle mani della donna:
«Sì!­ E comunque ora mi chiamo Nerino. Non trovi che sia un bel nome?»
 
 
***
 

Hux ne aveva fin sopra ai capelli. Tutto ciò era terribilmente ridicolo. Da quando erano atterrati, una manciata d’ore prima, Ren non aveva fatto altro che rotolarsi tra le braccia di Rose, ricevendo in cambio premietti di qualunque tipo: dalle briciole di biscotto, ai pesciolini essiccati, a ciotole di sugo diluite con l’acqua tiepida. Viceversa, lui non aveva ceduto. Aveva stoicamente resistito a qualsiasi cosa Poe gli infilasse sotto il naso: non lo avrebbero comprato con del banale cibo. Anche se il suo stomaco ormai borbottava vigorosamente, aveva rovesciato per tre volte i piattini di carne in scatola, spingendo l’adottante sull’orlo di una crisi di nervi.

«Va bene…» Dameron gli accostò una scodella di latte di Bantha «Vediamo se almeno questo ti piace.»

Gettò anche quella giù dal tavolo.

«Credo che non abbia appetito, sai?» Rose si era avvicinata, senza smettere di cullare dolcemente il suo nuovo animaletto «Nerino è molto più docile. A proposito, come l’hai chiamato?»

«Non lo so. Non ho neppure controllato se è maschio o femmina…»

Sussultò a quelle parole, consapevole di quanto stava per succedere. Tentò di strisciare via senza attirare l’attenzione, ma venne afferrato per la collottola e schiacciato sul pianale del tavolo; Hux avvampò quando si sentì sollevare la coda, consapevole che due paia di occhi stavano scrutando attentamente il proprio didietro.

«Meow…» gemette sconfortato.

«Femmina» la sentenza di Poe giunse con un sorriso soddisfatto «Potrei chiamarla… mh… Cotoletta! Ho sempre voluto una micetta che si chiamasse così.»

«Che bel nome!» Rose accarezzò ancora una volta il pelo nero, prima di proseguire «Nerino è un maschio, invece. Stavo pensando… forse è il caso che lo faccia castrare, cosa ne dici? Pare che i gatti interi schizzino urina da tutte le parti. Vorrei tenerlo con me, ma non posso certo lasciare che mi faccia pipì ovunque.»

Vide l’altro gatto sgranare le iridi giallastre. Ren tentò di divincolarsi, sporgendosi in sua direzione:
«Hux! Li hai sentiti? Aiutami!»

Il generale gli rifilò uno sguardo pigro:
«Ma come?» miagolò divertito «Non eri così felice, Nerino? Non stavi fraternizzando con la tua nuova padroncina?»

«Ho un’idea migliore!» l’entusiasmo di Poe gli diede i brividi «Perché prima non li facciamo accoppiare? Sarebbe bellissimo avere dei micetti in giro per l’accampamento.»

Hux represse un conato, mentre un’ondata di panico lo travolgeva. Era davvero possibile una cosa del genere? Non lo sapeva. Tecnicamente, il suo era un corpo femminile e Ren era indubbiamente imprigionato in un gatto giovane e fertile. Tuttavia, vi erano parecchie dinamiche che gli sfuggivano: le loro coscienze erano umane e in più erano entrambi maschi. Non c’era nessunissima possibilità per cui potessero avvallare un’idea tanto idiota; e poi… come funzionavano le gravidanze nei felini? Il suo corpo avrebbe potuto davvero produrre ormoni idonei? Che poi non era neppure il suo corpo… era di Millicent! Il proprio era da qualche parte, disperso nello spazio, tra le grinfie di una malefica gatta che l’aveva ingannato. In ogni caso, per nulla al mondo si sarebbe prestato ad un esperimento del genere. Avrebbe preferito morire investito da uno speeder.

«Oh, sarebbe magnifico!» il cinguettio di Rose gli strappò un lamento sconfortato.

«Ren!» ringhiò «Smettila di ridere

«Ops, ora chi è quello in difficoltà?»

«Ti strappo la coda se non la pianti.» minacciò, appiattendo le orecchie sul muso «Non pensarci nemmeno, non provare neppure a immaginarlo. Non ti sposerei nemmeno se tu fossi l’ultimo gatto dell’universo e fosse una questione di sopravvivenza della specie!»

«Non temere. Il sentimento è reciproco. Tuttavia, dobbiamo trovare un modo per comunicare con loro, prima che comprino bouquet e bomboniere.»

Annuì brevemente:
«Sono d’accordo» sussurrò, balzando infine al suolo.

Scattò fuori dal tendone che li ospitava, ignorando il “Cotoletta, dove vai?” e lo scalpiccio dei passi che lo seguivano.

Il cavaliere gli si accostò in un attimo, tenendo il ritmo della corsa:
«Qualche idea?»

«Mi serve dell’inchiostro o della vernice. Potrebbe essercene nell’hangar.» replicò, piegando rapidamente in direzione del garage, le cui porte erano fortunatamente aperte.

Alcuni meccanici stavano svolgendo la regolare manutenzione delle Ala-X.
Nessuno badò a loro, se non con qualche breve risatina divertita. Dei gatti a spasso per la base erano davvero una novità. Strano che Leia avesse acconsentito a lasciarli scorrazzare liberi, no?

Hux accelerò quando scorse Poe e Rose entrare a loro volta nell’hangar:
«Sbrigati! Non possiamo permettere che ci riacciuffino» spronò Ren, indicandogli un bidone metallico posto accanto ai pattini di una navetta «Quello! Pensi di riuscire a aprirlo?»

Ricevette un cenno d’assenso.

«Dammi una man… zampa! Possiamo spingerlo a terra e rovesciarlo.»

Si mosse immediatamente, lanciandosi contro il secchio una, due, tre volte. Il cavaliere, accanto a lui, stava facendo lo stesso. Dopo un altro paio di colpi, il contenitore rotolò al suolo e il coperchio cedette improvvisamente. Una colata di vernice rossastra si riversò sul pavimento.

«No! Cattivo gatto!»

Rose era ormai troppo vicina. Hux scartò nuovamente di lato, immergendo le zampe nella vernice. Gettò una occhiata alle proprie spalle, notando come Ren fosse già stato catturato. Non gli rimaneva molto tempo. Scivolò verso un tratto di pavimento ancora immacolato, puntando i posteriori per potersi trascinare all’indietro. Le anteriori lasciarono delle strisce rosse sul suolo d’acciaio.

«Cotoletta, smettila su…»

Il rimprovero di Dameron si spense immediatamente quando scorse le tre lettere scritte:

H U X

Si batté una zampa sul petto, come a sottolineare quell’unica parola, prima di indicare il gatto nero. Riprese a muoversi rapido.

R E N

Ripeté quell’operazione, continuando finché non vide lo scetticismo di Poe mutare in stupore. Sospirò, quando s’accorse che l’uomo aveva finalmente capito. Forse quell’incubo sarebbe finito presto.

Si sentì afferrare nuovamente per la collottola e sollevare; si ritrovò a fissare la canna nera di un fulminatore. Represse il desiderio di graffiare le dita che lo stringevano e di tentare una nuova fuga, limitandosi a sollevare le zampe in un gesto di resa.

«Meow…» si lagnò, mentre il volto sconvolto di Dameron entrava nel suo campo visivo.

«Per le stelle, Abbracci! Sei davvero tu?»

Si costrinse ad un mesto annuire. Odiava quel soprannome, ma era sempre meglio che Cotoletta. Se mai fosse riuscito a rientrare in possesso del proprio corpo, avrebbe fatto rimangiare al pilota tutte quelle umiliazioni; fino ad allora, però, doveva subire in silenzio e ingoiare il rospo.

«Allora, lui è…»

«Meo Meow.»

«…Kylo Ren?»

Un altro cenno d’assenso.

«Come avete fatto a ridurvi così?»

«Mew Meow… meow mewo mew mow mow mew ..mew?»

«Non capisco una parola di quello che dici, Abbracci.»

«Meow.»

«Poe…» Rose si era avvicinata, senza smettere di accarezzare il gatto nero.

Era completamente idiota? Non si era resa conto di chi avesse per le mani? Forse sì, ma non gliene importava. Il fascino felino di Ren, evidentemente, superava quello umano.

«Cosa facciamo?» chiese ancora la meccanica.

Il pilota si strinse nelle spalle, come se non avesse una vera risposta:
«Avvisa il generale Organa. Abbiamo letteralmente una brutta gatta da pelare.»

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Capitolo 21
*** La sfortunata seconda vita del generale Armitage Hux ***


21. La sfortunata seconda vita del generale Armitage Hux


Leia irruppe nell’hangar come un uragano. I capelli grigi, solitamente composti in ordinate trecce, sfuggivano dall’acconciatura e ricadevano morbidi sulle sue spalle ossute. Il viso era tinto da molteplici espressioni: dall’incredulità, al sollievo, al disappunto e alla rabbia.

Dedicò solo uno sguardo seccato alla vernice rovesciata, prima di raggiungere Rose Tico e strapparle letteralmente il gatto dalle braccia. Sollevò il felino con cautela, osservandolo a lungo e rigirandolo più volte, prima di stringerlo al sé.

«Ne siete assolutamente sicuri?» chiese, ma Poe si limitò ad indicarle le due scritte sul pavimento.

«Così parrebbe…»

«Se è uno dei tuoi stupidi scherzi, ti farò pulire questo macello con uno spazzolino da denti. Sono stata chiara?»

Il pilota annuì:
«Parola mia. Li ho visti scrivere con i miei stessi occhi. Rose mi è testimone.» incalzò, ricevendo un cenno d’assenso dalla meccanica «Sono il generale Abbracci…»

«Meow! Grr…Fhhh

«… e Kylo Ren. Smettila di soffiare, tu! Non è colpa mia se sei ridotto così.» Poe scrollò leggermente la collottola arancione «Però, in queste vesti sei carino! Intendiamoci, rimani uno stronzo… ma almeno sei uno stronzo carino.»

«Va bene, diamoci un taglio!» Organa sedò qualunque discussione con un imperioso gesto della mancina.

Ascoltare un dibattito tra un pilota logorroico e un gatto del Primo Ordine era l’ultima cosa di cui aveva bisogno.
Si massaggiò stancamente la fronte. Perché si era imbarcata nell’ennesima battaglia contro le dittature oscure dell’universo? Ma chi glielo aveva fatto fare?! Se avesse accettato il prepensionamento dopo la caduta dell’Impero, adesso sarebbe comodamente spiaggiata a prendere il sole. Invece no, maledizione! Si era dovuta innamorare di un contrabbandiere incosciente ed egoista e mettere al mondo un figlio ancora più idiota di suo padre.
Abbassò lo sguardo sul felino acciambellato tra le sue braccia.

«Con te facciamo i conti dopo» sibilò minacciosa, aggiungendo poi «Dameron, ti affido la custodia del generale Hux.»

«E che devo farne?»

«Chiudilo da qualche parte ed evita che se ne vada a spasso per la base come se niente fosse. L’ultima cosa che voglio è che qualcuno dei ragazzi adotti per sbaglio questo assassino» Leia puntò gli occhi verdi del felino, sostenendone il fissare scocciato «è inutile che mi guardi così. Quello che hai fatto al sistema Hosnian ti varrebbe una condanna a morte, se tu non fossi…» sbuffò contrariata «…decisamente adorabile in questa forma.»

«Mwaahahahah»

Era un miagolio o una malvagia risata?
Entrambe le cose, si disse Leia.

«Eviterei di sghignazzare, fossi in te» riprese, girando poi rapidamente sui tacchi «è tutto tuo, Dameron! Mi ritiro nei miei alloggi. Ho… un affare di famiglia da sistemare al più presto.»

 
***
 

Primo giorno di prigionia.

Mi ero ripromesso di tenere un diario, se mai fossi stato catturato. Qualcosa dove poter appuntare le mie memorie, per trasmettere la verità ai posteri. In fede, non credo di poterlo fare senza pollice opponibile e senza un pezzo di carta dove poter gettare qualche scarabocchio. Non posso che parlare da solo e registrare nella mia testa questa conversazione, nella speranza di poterla, prima o poi, trascrivere.

La mia cella è piccola e poco confortevole. In effetti, non è neppure una cella. Mi piacerebbe definirla tale, ma è… un trasportino di plastica rosa. E non è neppure la cosa più umiliante…

Ho scoperto, mio malgrado, che la feccia non ha intenzione di farmi uscire neppure un istante: né per sgranchire le zampe, né per… espletare bisogni fisiologici. Penso seriamente che questo possa rivelarsi un problema, ma non ho intenzione di supplicare! Anche perché non saprei come farlo…

FN-2187 c’è rimasto male. Sperava di potermi adottare, invece… si è sentito tradito quando ha scoperto che sotto questa folta pelliccia alberga l’animo di Armitage Hux. Mi viene da ridere: un traditore che si sente tradito. Divertente, no? Ora sai cosa si prova, razza di scarto umano!

Rose e Poe pare si contendano la mia custodia: verrò affidato alla meccanica durante il giorno e al pilota nelle ore notturne. Temono che possa scappare. Che idea ridicola… come potrei? Ho già tentato in ogni modo di forzare lo sportellino, ma niente. È davvero a prova di gatto.

Chewbacca – fortunatamente – non si è fatto vedere. Sono sicuro che mi userebbe come spugnetta per le ascelle, se potesse. Ancora nessuna traccia della ragazza-spazzino; forse non è ancora tornata dalla sua missione…

Non ho neppure un cuscino dove dormire, ma una traversina assorbente. Ho solo una ciotola con me: l’acqua viene riempita di volta in volta con un piccolo imbuto, mentre passano un cucchiaio con il cibo attraverso le fessure del coperchio. Ho cercato di graffiare le dita di Dameron, ma senza successo. Mi sono rifiutato di mangiare. Preferisco morire di fame, piuttosto che accettare quelle viscide scatolette con dei micini paffuti stampati sull’etichetta.

Non mi hanno lasciato nemmeno un passatempo, se non una stupida pallina che fischia quando rotola. Credono sia adatto a me? Sono il più giovane e brillante generale del Primo Ordine, maledizione… Non un pigro felino domestico! Ho bisogno di più di un giocattolo sonoro per tenere allenata la mente. Non pretendo equazioni differenziali, ma almeno un cruciverba sarebbe gradito!
L’unico modo per ammazzare la noia è guardare Rose all’opera; almeno lei sembra avere una qualche nozione base di meccanica e ingegneria. Sta costruendo un aggeggino strano, a forma di anello metallico. Ho provato a chiederle cosa sia, ma naturalmente non mi ha capito. Se solo potessi comunicare con lei, potrei darle qualche buon consiglio per evitare che il suo progetto si riveli un fiasco completo. Senza dubbio, ho competenze migliori delle sue.


Non so che fine abbia fatto Ren. Il generale Organa lo ha portato con sé. Oh, sono certo se la sta passando meglio del sottoscritto! Riesco ad immaginarlo facilmente: circondato da un centinaio di guanciali di velluto, attorniato da incensi profumati e piattini stracolmi di carne fresca e formaggi. Senza dubbio, gli sarà stato concesso un bagno caldo e… una dozzina di servitori felici di massaggiargli le zampe e arieggiarlo con ventagli di seta. Avrà accesso alle migliori lettiere del pianeta, con la sabbietta agglomerante profumata alla lavanda.

Sto impazzendo, credo. Non c’è altra spiegazione. Sto fantasticando sulle mie memorie, neppure fossi un condannato ad un passo dalla morte. Beh, ma non è forse così? Non ho ancora capito che intendano fare di noi. Di me, in effetti. Ren se la starà cavando egregiamente e sono sicuro che nessuno gli torcerà un baffo. Per quanto mi riguarda, credo non mi abbiano ancora ucciso solo perché ispiro tenerezza; e penso abbiano pietà di me. Pff, ricevere compassione dalla Resistenza… quanto devo essere caduto in basso? Troppo! Cosa lascerò alle generazioni future? Il ricordo di un gatto imprigionato in un trasportino rosa. Che orrore.

Bene, mi lascerò morire di fame, visto che sembra essere l’unica via di fuga concessa…

 
***

 
Ren miagolò amaro, cercando rifugio tra un divanetto e il comodino. Si rintanò il più possibile, mentre un altro getto d’acqua fredda gli colpiva il muso. Lo sfregò con le zampe, spiando cautamente verso l’imponente figura di sua madre. Leia aveva impugnato una spruzzetta e lo stava inseguendo per tutta la stanza, decisa ad annaffiarlo per bene.

«Non pensare di scapparmi, Ben Solo!» ringhiò la donna, lanciandogli altre gocce in faccia «Questo è per essere fuggito dall’addestramento Jedi»

La spruzzetta emise un secco sibilo:
Pffff…

«Questo è per aver disobbedito a Luke.»

Pfff...

«Questo è per esserti unito a Snoke e al Primo Ordine!»

Pfff….

«E questo…» vide Leia svitare il tappo del contenitore e rovesciargli rapidamente in testa mezzo litro d’acqua «… è per Han.»

«Maaaaoo…» gli sfuggì un lamento sordo.

Tentò di scansare la doccia gelata, ma non fu abbastanza lesto. Si ritrovò zuppo fino al midollo. Gettò una rapida occhiata alla madre, ora armata di un battipanni arancione. Scattò sotto al divano, strisciando contro la parete per tenersi alla larga dal manico color carota, spinto ripetutamente in sua direzione. Si sentì pungolare le costole e la coda, poi percuotere tra le orecchie. Si rintanò ancor più contro al muro.

«Ben Solo!» sentì nuovamente la voce materna cantilenare il proprio nome «Vieni qui! Non ti faccio niente!»

 
***

 
Secondo giorno di prigionia.

Sono passate quarantotto ore da quando sono stato gettato qui dentro, e l’unica cosa a cui sono riuscito a pensare è il titolo delle mie memorie: “La sfortunata seconda vita del generale Armitage Hux”. Suona bene. Lo trovo calzante. Ora ci vuole solo una bella copertina: un gatto rosso con la Morte Nera sullo sfondo. Glorioso, no?

Ho fame, comunque… e devo andare in bagno. Ho i crampi alla pancia, ma non capisco se derivino dallo stomaco o dalla vescica. Sono rannicchiato sul fondo del trasportino, debole e spezzato. Non so per quanto ancora potrò resistere. Ho perso interesse per qualunque cosa, anche per quell’aggeggino che stava costruendo Rose.

A nessuno sembra importare di me. Dameron è convinto che prima o poi dovrò mangiare. Mi ha lasciato una scodella con del latte freddo. Stupido! Come posso berlo, sapendo che non farà altro che aumentare la pressione in addome? In più, c’è una mosca morta dentro… Mi rifiuto di assaggiare qualcosa con una mosca morta!

Kriff, non posso credere d’essermi ridotto così! Cosa penserebbero i miei uomini, se mi vedessero in questo stato? Riderebbero di me e mi volterebbero le spalle. A parte Mitaka, suppongo; lui proverebbe pietà e verrebbe ad aiutarmi, ne sono certo. A proposito, chissà come se la sta cavando. Chissà se è ancora vivo o se Millicent lo ha lanciato fuori dal finestrino. Spero stia bene, in effetti… è un bravo ragazzo e spero si prenda cura del Finalizer durante la mia assenza.

Chissà se lo rivedrò mai, il Finalizer… Probabilmente no. Immagino verrò giustiziato, presto o tardi. Non appena la Resistenza deciderà se trasmettere in tutta la galassia l’esecuzione di un timido gatto rosso. Personalmente, trovo sia parecchio controproducente e credo se ne rendano conto: non c’è miglior modo di perdere consensi che uccidere un animaletto innocente. Poco importa che questi abbia fatto esplodere il sistema Hosnian in mille miliardi di atomi.
Un gatto è pur sempre un gatto, no?


Sotto questo aspetto devo ritenermi fortunato: nessun processo, nessuna fucilazione o impiccagione. Anche perché sarebbe imbarazzante e difficile da spiegare. Quindi sta tutto a me: posso crepare di fame dignitosamente oppure supplicarli di lasciarmi andare in bagno e di darmi qualcosa di decente da mangiare.
Senza mosche, possibilmente…

 

***

 
Hux sollevò il muso quando sentì lo sportellino aprirsi. Tentò di soffiare, ma dalla sua bocca nacque solo un sussurro sparuto. Batté le palpebre per mettere a fuoco il viso preoccupato che si affacciava nel trasportino.

«Abbracci, sei ridotto a uno schifo. Perché non hai bevuto il tuo latte?»

Colse una mano scivolare sotto di sé ed estrarlo delicatamente dalla prigione di plastica. Si sentì adagiare sul tavolo da lavoro di Rose Tico. Pensò di graffiare nuovamente le dita del pilota, ma il suo corpo si rifiutò di rispondere a un comando tanto semplice.

«Che hai?» di nuovo la voce di Poe «Stai male?»

«Meow…» sibilò, consapevole che nessuno avrebbe raccolto la sua disperata richiesta. Non riusciva a capire quale fosse il bisogno più impellente: la fame, la pipì, la mancanza di sonno? Non avrebbe saputo stabilire una priorità  «Meow…» pigolò nuovamente, sussultando quando una voce nota tradusse la sua risposta.

«Deve andare in bagno.»

Una figura nera si accucciò accanto a lui, mordicchiandogli la punta delle orecchie per tenerlo sveglio.

«Ren?» miagolò.

«Che stavi cercando di fare, Hux?»

C’era qualcosa di strano in quella frase: una sorta di cadenza abitudinaria che, tuttavia, non coincideva affatto con l’accaduto; perché Ren non stava miagolando, ma… parlava nuovamente, con lo stesso timbro che aveva da umano. Eppure era ancora un gatto, lo vedeva chiaramente. Tuttavia, attorno al collo portava un anello metallico, con un piccolo led verde che lampeggiava intermittente. Riconobbe immediatamente il gingillo a cui Rose stava lavorando il giorno precedente.

«Quello è….?»

«Un traduttore, già; e c’è anche un gps nel caso ci perdessimo.»

«Nel caso scappassimo, vorrai dire…»

«è la stessa cosa.»

«No, non…» si interruppe quando Poe fece scivolare il cerchio d’acciaio attorno al suo collo, lasciando scattare la chiusura.

«Dì qualcosa, Abbracci!» lo incoraggiò il pilota.

Che diamine doveva dire? Si ridusse ad un semplice:

«Prova… prova. Funziona?» ricevette dei cenni affermativi. Tanto Dameron quanto la meccanica lo stavano guardando con evidente soddisfazione «Quindi… ora riuscite a capirmi?» altro assenso «Perfetto! Amh…» si imbarazzò per quanto stava per chiedere, ma… forse non era ancora arrivato il momento di morire. Non del tutto «…posso andare in bagno?»

 
***

 
«Allora, come è andata?» Ren si acciambellò accanto a lui, affondando sul materasso e prendendo a tirare i fili della trapunta con le unghie ricurve.

Poe lo aveva portato nella sua stanza, dopo averlo rifocillato e dopo avergli concesso l’uso dei propri servizi igienici. Hux si vergognò quando provò una leggera punta di gratitudine per il pilota e le sue premure. Doveva ammettere, tuttavia, che si sentiva decisamente meglio: i crampi all’addome erano svaniti in fretta e la debolezza era stata scacciata dalla pienezza dello stomaco. Si era rapidamente rianimato e si era schiarito i pensieri.

«A parte l’essere stato chiuso in un trasportino per due giorni ed aver rischiato di morire di fame, intendi?» ironizzò «Tu, piuttosto? Come è andata con… il generale Organa? Ti ha servito e riverito, immagino…»

«Niente affatto! Mi ha picchiato con un battipanni.»

«Avrei voluto essere lì a vederlo» sghignazzò, tornando poi a spiare verso Dameron, Rose e Finn seduti su alcuni sgabelli «Ho alcune domande…» attaccò, osservando l’altro scrollare le spalle.

«Non saresti tu se non le avessi, Abbracci.»

«Bene» sibilò leccandosi leggermente la punta del naso, spiando verso la meccanica «Prima di tutto, vorrei fare un appunto su… questo» aggiunse, strofinando una zampa contro il collare metallico «Ammetto che è piuttosto utile, ma lo trovo un po’ pesante. Se avessi potuto suggerire alcune modifiche, magari…»

«Non puoi semplicemente dire “grazie”?» lo rimbeccò la donna.

Sbuffò irritato:
«Sì, insomma… quello che è.» aveva ancora una discreta dose di orgoglio, che lo frenava dal ringraziare tanto apertamente quella feccia ribelle «Comunque, sono piuttosto curioso di sapere come funziona…»

«Beh, traduce automaticamente i tuoi miagolii, rilevando il flusso d’aria nella laringe e la vibrazione delle corde vocali. Il led verde indica che siete all’interno dell’area protetta che vi ho destinato. Nello specifico, si estende sino ai confini della base.»

«Il gps, immagino…»

«Esatto. Monitora i vostri spostamenti. Se uscite dalla zona designata, la lucina diventa rossa e invia un segnale ai nostri dispositivi di tracciamento; e… attiva una scossa stordente sufficiente a lasciarvi svenuti per alcune ore.»

«Ovvio. Quindi non possiamo scappare. Non che ci interessi particolarmente, considerato che non abbiamo alternative…» agitò la coda, deciso a lasciar cadere l’argomento «Tornando a noi, dunque… non capisco una cosa. Perché siamo ancora vivi? Ho sempre pensato che… se fossi caduto in mano vostra, mi avreste giustiziato senza troppi preamboli.»

«A me sarebbe piaciuto, in effetti» attaccò Finn, ricevendo un’occhiataccia dai due compagni.

Fu Dameron, tuttavia, a prendere in mano la situazione:
«Mh, per due motivi, in effetti. Anzi, tre.» tale numero di dita si sollevò dal pugno chiuso del pilota «Il primo è che lui è il figlio di Leia, quindi… ammazzarlo è fuori discussione.»

«Logico…»

«Secondo, sarebbe deleterio per l’immagine della Resistenza se trucidassimo dei gattini indifesi.»

«Terzo?»

«Tecnicamente, siete ancora alla guida del Primo Ordine, stando a quanto Kylo… mh, Ben ci ha raccontato. Ammetto che la vostra disavventura ha alquanto dell’incredibile, ma… nessuno, a parte noi, sa dell’accaduto. Credo che uccidervi senza conoscere le intenzioni dei vostri “sostituti” potrebbe rivelarsi controproducente» Poe alzò la mancina, interrompendo un ulteriore flusso di domande «Leia si sta attivando per cercare di capire se questa problematica possa essere… reversibile, ecco. Se potrete ritornare, prima o poi, in possesso dei vostri corpi. Ben ci ha parlato del rituale, della sottrazione della Forza e delle manie di grandezza di Millicent e Romualdo. Tuttavia, non abbiamo altre informazioni e dobbiamo saperne di più; farvi la festa ora non sarebbe d’aiuto a nessuno.»

«Purtroppo non abbiamo molto altro da dirvi… immagino che Ren vi abbia già narrato tutto ciò che sapevamo» sbuffò, gettando una rapida occhiata al cavaliere come a chiedere supporto.

Questi, tuttavia, era troppo impegnato a leccarsi il didietro per poter partecipare attivamente alla conversazione. Hux roteò gli occhi, deciso a non commentare quell’atteggiamento decisamente fuori luogo. Perché avere a che fare con Ren doveva essere sempre così imbarazzante? Possibile che neppure in forma felina riuscisse a mostrarsi educato? E quale momento peggiore per toelettarsi il sedere che durante un meeting con la Resistenza?

Beh, almeno non lo ha fatto davanti a Organa, si sussurrò mentre la porta dell’alloggio si spalancava e la Principessa Leia entrava a passo svelto.

Hux tentò di nascondere l’apprendista sotto un lembo delle coperte, ma non fu abbastanza svelto.

L’occhiata del generale lo congelò sul posto, mentre un rimprovero acuto scaturiva dalle labbra avvizzite:
«Ben! Ricordo d’averti insegnato le buone maniere una volta.»

«Ma mamma…» il piagnisteo di Ren venne tranciato da un secondo sguardo furente.

Era davvero una donna formidabile. Un concentrato di fermezza, nervi saldi e tenacia, imbottigliato in una signora dai lineamenti dolci e accomodanti. Fermarsi alle apparenze, con lei, poteva rivelarsi un errore madornale. Non c’era da stupirsi che l’Impero si fosse infranto contro lo scoglio della sua Ribellione, come un veliero in balia dei flutti.

Leia li zittì con un cenno imperioso, indicando poi l’uscio:
«Seguitemi. Siamo attesi nel settore comunicazioni. A quanto pare il Primo Ordine sta per trasmettere un messaggio in tutta la galassia.»


 
Angolino: eccomi di ritorno, un poco in ritardo sulla tabella di marcia.
Mi dispiace aver aggiornato solo ora, ma avendo ripreso parte del lavoro il tempo si è un po' ridotto. Cercherò di portarla avanti, vi chiedo solo un pochino di pazienza tra un aggiornamento e l'altro.
Grazie per aver letto fin qui!
Un abbraccio

E'ry

 

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Capitolo 22
*** Armitage, ti senti bene? ***


22. Armitage, ti senti bene?


Mitaka si stropicciò affannosamente le dita, nascondendole poi dietro la schiena.

Pryde si sporse in sua direzione:
«Nervoso, tenente?»

Come poteva non esserlo? L’Upsilon era giunto a sorpresa, senza nessuna comunicazione. Era appena atterrato nell’hangar e lui non aveva avuto il tempo di schierare il picchetto d’onore. Anche perché i vari FN-1234 erano ancora troppo indisciplinati e persino Phasma aveva riscontrato lacune nel loro addestramento: erano interessati esclusivamente ai gatti; di partecipare agli allenamenti corpo a corpo e con il blaster, ovviamente, nemmeno se ne parlava. Passavano il tempo a pettinare i loro nuovi amici a quattro zampe e a scambiarsi consigli sulla corretta cura e alimentazione.

«Un po’…»

Era insolito, comunque, un atterraggio simile. Non pretendeva tanto da Kylo Ren, ma il generale Hux era solito avvisare quando stava per rientrare al Finalizer. Il fatto che non si fosse premurato di avvertire era decisamente un’evenienza insolita; impossibile non preoccuparsi: se il generale si fosse perso durante la missione? Se fosse rimasto ferito? Se il Sith lo avesse definitivamente soffocato e poi abbandonato su un pianeta disabitato? Non riusciva a non pensare a quegli scenari, incerto su quale fosse il peggiore…

«Non c’è da preoccuparsi» la raggrinzita mano di Pryde gli batté su una spalla «Hai fatto un buon lavoro» accennando a quei pochi assaltatori che era riuscito miracolosamente a ordinare, in fila per sei col resto di due «Sono certo che Armitage lo apprezzerà.»

«Sì, emh… grazie, signore» borbottò, irrigidendosi immediatamente. Il portello della navetta si aprì con uno sbuffo.

La destra corse istintivamente al fulminatore, quando scorse una vecchia uniforme della resistenza. Si rilassò, tuttavia, nel riconoscere i capelli rossicci e gli immancabili pantaloni a vita alta dell’accompagnatore.

Si mise sull’attenti, bofonchiando un:
«Generale! Ben tornato…» spiò Ren e Hux avvicinarsi rapidamente «Spero che il vostro viaggio sia stato proficuo.»

«Mitaka! Che piacere rivederti» la voce del generale era insolitamente allegra. Mitaka lo fissò incredulo quando si vide indicato a Kylo Ren «Ren, ti presento Mitaka. È… cos’è che sei?»

«Sì, mh… tenente, signore. E conosco già Maestro Ren»

«Ah, giusto!» Hux agitò una mano, come a liquidarlo; passò poi a Pryde «Lui, invece, è il generale Pryde. Felice di rivederti, mio caro.»

Il vecchio imperiale produsse una smorfia perplessa:
«Felicissimo… anche io…» senza provare neppure a nascondere lo sconcerto «Armitage, ti senti bene?»

«Mai stato meglio.»

«Perché indossi un’uniforme della Resistenza?»

«Beh, è una lunga storia… ma nulla di così importante, credimi. Ho solo perso il mio cambio di vestiti.»

«E le valige che avevi stivato?»

«Smarrite nello spazio…»

«Come…?»

«Te l’ho detto, è una lunga storia.» di nuovo quell’aria noncurante, mentre lo sguardo verde tornava a cadere su Mitaka «Ho bisogno di conferire con voi due. Vi aspetto… tra un’ora, nei miei alloggi.»

«Non… non in ufficio, signore?» pigolò il tenente.

«Nah… le mie camere sono più confortevoli. Vi farò trovare del tè!»

Poco dopo, accadde la cosa più incredibile a cui Mitaka aveva mai assistito: la mancina del generale strinse la mano del cavaliere di Ren, per poterlo trascinare via dall’hangar; il canticchiare di Hux risuonò spensierato nei corridoi limitrofi:

«Let it go, let it go
Can't hold it back anymore
Let it go, let it go»


 
***

 
Mitaka si accomodò sul divanetto di stoffa grigia, nuovamente a disagio. Hux aveva aperto la porta ancora in vestaglia e non aveva neppure accennato delle scuse mentre si acciambellava – letteralmente – sull’unica poltroncina della stanza. Fissò il generale con le gambe rannicchiate al petto e le braccia a circondare le ginocchia. La veste da camera cadeva delicatamente lungo le forme scarne, rivelando un paio di sobri calzini grigi. La cosa peggiore, ovviamente, era il suo continuo leccarsi il dorso della mancina, per poi passarselo ripetutamente sulle guance.

«Emh… si sente bene, signore?» azzardò il tenente, ricevendo in cambio un sorriso ferino.

«Magnificamente!»

Scoccò una rapida occhiata a Pryde che, seduto accanto a lui, si stava mangiucchiando nervosamente le unghie.

«Se posso chiedere, signore…» riprese, riportando l’attenzione al superiore «Perché ci ha…»

Si interruppe. La porta del bagno si aprì e Kylo Ren ne emerse avvolto da un morbido accappatoio bianco, con una inconfondibile “H” ricamata sul petto. I piedi nudi inzaccherarono di acqua l’intero pavimento, mentre i capelli venivano rapidamente frizionati con un asciugamano.

«Tesoro…» esordì il cavaliere avvicinandosi al generale e stampandogli un bacio sulla fronte «Non è che avresti del balsamo?»

L’altro si umettò maliziosamente le labbra:
«Oh, Rom… volevo dire… Ren… non davanti ai nostri ospiti, ti prego. Non voglio si sentano in imbarazzo.»

«Hai ragione, piccola…lo! Quindi…?»

«Ultimo cassetto della specchiera.»

Il cavaliere arruffò divertito le ciocche arancioni:
«Sei il migliore…»

«Lo so.»

Mitaka scosse il capo. Da quando quei due erano così in confidenza? Nulla di quanto stava osservando combaciava con i suoi ricordi. Il generale avrebbe strappato a morsi le dita dell’altro, se solo avesse osato toccargli i capelli. Per tacere di quei baci fugaci. Che diamine era successo in quell’assurdo viaggio? Qualunque cosa fosse accaduta, c’erano dei dettagli che non tornavano: l’improvviso avvicinamento del superiore con l’apprendista Sith; i vuoti di memoria di entrambi – come potevano non ricordarsi il suo grado? – per tacere della simpatia improvvisa per Pryde! E le valige scomparse? E… che fine aveva fatto la micetta?

Fortuna che ho recuperato i miei doposci, allora... si sussurrò, sollevando timidamente una mano:

«Signore, chiedo scusa…» azzardò, interrompendo quello scambio di effusioni tra i comandanti «Dove è Millicent?»

«Boh, non lo so. Credo sia rimasta su qualche pianeta… Non ricordo.»

«Ma… signore! È la sua gatta.»

«Ne troverò un’altra…»

«Mi perdoni, ma… credevo volesse bene a Millicent.»

«Sì, ma ho cambiato idea. Ho deciso che prenderò un criceto da compagnia… a quanto pare sono delle creaturine davvero affettuose.» ci fu uno scambio d’occhiate con il cavaliere «Che ne pensi, amore?»

«Ogni tuo desiderio è un ordine, pasticcino!»

Represse un conato di vomito. Si pizzicò l’interno delle cosce, pregando perché quell’incubo finisse. Non c’era altra spiegazione: la cena del giorno prima gli era rimasta sullo stomaco e tutto ciò non era altro che un brutto sogno. Presto sarebbe suonata la sveglia; si sarebbe vestito, come ogni giorno, e sarebbe salito sul ponte, passando prima per il refettorio. Avrebbe consegnato ad Hux il primo dei suoi molti caffè giornalieri ed avrebbe occupato la solita postazione, pronto a svolgere il proprio dovere come sempre. Spiò Pryde con la coda dell’occhio: l’imperiale era assolutamente immobile, con lo sguardo perso nel vuoto e la bocca spalancata per l’incredulità. Beh, evidentemente non avrebbe ricevuto alcun aiuto da lui.

Decise di riprendere in mano la situazione:
«Generale, mi perdoni se interrompo questo momento, ma… non comprendo ancora il motivo di questa convocazione.»

«Oh, giusto! Ren, mio caro… riprendiamo poi la conversazione sui criceti, ti va? È meglio non trattenere oltre il tenente e il generale, che avranno certamente del lavoro da sbrigare» Hux produsse un sorriso zuccherino in sua direzione «Abbiamo un annuncio da fare…»

«Avete deciso di sposarvi, per caso?» l’ironia di Pryde non bastò a turbare quel momento.

«No, generale. Lo siamo già»

«Cosa?! Quando… quando diamine è successo?» non riusciva a credere alle proprie orecchie.

«Già da un po’. Non lo sapevate?»

«Amh… no, signore.» ammise con una punta di imbarazzo.

Nulla di tutto ciò aveva senso. Hux detestava Ren da sempre! Trovava insopportabile quel suo atteggiamento da moccioso viziato. Odiava quando gli dava ordini fuori luogo, quando lo soffocava con la Forza, quando distruggeva per capriccio le consolle dell’amato Finalizer; quando veniva lanciato qui e là come una bambola di pezza; quando veniva contraddetto davanti agli ufficiali; quando girava con indosso solo quegli orribili pantaloni a vita alta… non era possibile che fossero sposati. Senza dubbio, in quella missione era accaduto qualcosa di assurdo.  Doveva saperne di più…

«Mh… congratulazioni, allora» sussurrò «Signore, so di sembrare irriverente, ma sono… seriamente preoccupato per lei. Per la sua… salute, diciamo.»

«Sto benissimo, Mitaka… ma è gentile da parte tua.»

«Sì, emh… insomma, volevo chiedere…» non c’era un modo delicato per dirlo. Tanto valeva essere diretti e pronti ad affrontare le conseguenze di quell’inchiesta «…per caso, durante il vostro viaggio… avete assunto sostanze stupefacenti?»

«No.»

«Vi siete ubriacati?»

«No…»

«Coma etilico di cui non ricordate?»

«No…»

«Incidenti? Commozioni cerebrali?»

«No…»

«Ipnotizzati da qualche santone locale?»

«No…»

«Funghetti allucinogeni?»

«No…»

«Avete fumato piante strane?»

«No…» di nuovo quel sorriso dolce e grazioso «Tranquillizzati, Mitaka. Stiamo benissimo.»

«D'accordo…» si arrese infine, allargando le braccia «Dunque, tornando a noi. Il motivo della convocazione?»

«Oh, sì! Come dicevo, abbiamo delle importanti novità… non è vero piccioncino?» Hux sfarfallò le ciglia verso il suo amante, che gli donò un cenno d’incoraggiamento «Dobbiamo urgentemente trasmettere un messaggio in tutta la galassia.»

«D’accordo. Cosa dobbiamo comunicare?»

«è una sorpresa. Non posso spoilerarti nulla. Inoltre, avrò bisogno di nuovi vestiti. Nulla di urgente, ma in qualità di nuovo Gran Maresciallo dell’Ordine, vorrei qualcosa di più delle solite uniformi.»

«Ve…vedrò cosa posso fare…» promise debolmente, cogliendo l’agitarsi dell’ufficiale accanto a sé. Probabilmente, quel passaggio segnava la fine di Pryde e ne erano tutti consapevoli. Hux non gli avrebbe concesso un respiro di più: una volta promosso a Gran Maresciallo, si sarebbe vendicato per tutti i torti e le angherie subite, dall’infanzia ad ora. Avrebbe defenestrato quella vecchia cariatide in un batter d’occhio e recuperato il comando del Finalizer.
Evidentemente, questi pensieri sfiorarono anche la mente di Pryde, che si azzardò a chiedere timidamente:

«Emh… e io?»

«Beh, rimarrai al tuo posto. Avrò molto da fare, non potrò certo badare a tutto e credo che la nave abbia bisogno di un comandate capace. Chi meglio di te, generale?»

Colse Pryde riprendere a respirare e la propria testa dondolare di nuovo, nell’incredulità più totale.

«Signore, ha battuto la testa?» scoppiò un attimo dopo; non riuscì a trattenersi oltre: scattò dal divano, afferrando Hux per il bavero della vestaglia e scuotendolo con forza «Cosa le è successo?! Cosa?! Torni in sé, la prego! Io…»

Un attimo dopo, una morsa gli serrò la gola. Boccheggiò, mentre le sue mani si stringevano attorno al collo, tentando inutilmente di proteggerlo. Notò Kylo Ren a poca distanza, con un braccio sollevato in sua direzione. Trattenne le lacrime e digrignò i denti.

«Si..gno…re…» sibilò, disperato.

«Ren, smettila! Lascialo andare!»

Bastò quel semplice comando perché venisse rilasciato. Cadde sul pavimento, boccheggiando e respirando avidamente. Tirò su col naso, sforzandosi di nascondere tutta la propria delusione e amarezza.

«è un bravo ragazzo. È solo preoccupato e ha avuto una reazione esagerata» Hux si sporse in sua direzione, aiutandolo a rimettersi in piedi, prima di ficcargli tra le mani il datapad «Tieni! Questo ti aiuterà ad organizzare la diretta. L’ho già sbloccato e inserito le tue credenziali perché tu possa accedervi senza problemi.»

Mitaka osservò lo schermo, ancora più perplesso:
«Vuo…» biascicò, schiarendosi le corde vocali con un colpo di tosse «Vuole che lo tenga io, signore? Ma… è il suo datapad.»

«Sì, sì… tienilo tu. Io non me ne faccio niente.»

Rimase impietrito, serrando il tablet al petto e aggrappandovisi come se fosse l’ultima delle sue certezze. Quella era decisamente la prova regina. Per nulla al mondo il generale si sarebbe separato volontariamente dal datapad: era praticamente un’estensione della sua persona! Una specie di secondo cervello, di cui non poteva fare a meno. Tra le truppe si sussurrava che il generale potesse vivere senza cuore, ma non senza datapad. Quindi… Chi aveva davanti non era Armitage Hux; o meglio, sì - lo era! - ma doveva essergli necessariamente capitato qualcosa di spiacevole; qualcosa che non ricordava o che ignorava completamente.

Urgeva venire a capo di quel mistero. La sanità mentale del Finalizer – e forse dell’intero Primo Ordine – dipendeva da lui.
 

***

 
Mitaka sedette al tavolino meno affollato dell’intero refettorio, scelto appositamente perché nessuno ficcanasasse nei suoi affari. Appoggiò il vassoietto di plastica, stappando la razione proteica quotidiana.

«Certo che potevi prendere un altro posto…» si lamentò Unamo, fissando la porta vicina dove un omino azzurro capeggiava in bella vista «Proprio vicino ai servizi igienici maschili. Ogni volta che entra qualcuno, viene fuori un tanfo incredibile.»

Phasma concordò, rifiutandosi di rimuovere l’elmo cromato:
«Comunque, trovo curiosa tutta questa aria di mistero, Mitaka… Non è da te.»

«Beh, questo perché… quanto sto per dirvi è strettamente confidenziale.» sussurrò il tenente, catturando in un attimo l’attenzione «Si tratta del generale…»

«Pryde?»

«No, naturalmente. Parlavo di Hux.»

«Ah… dovresti specificare. Ci sono un po’ troppi generali su questa nave, per i miei gusti» sentì il capitano sbuffare da dietro l’elmo e scrollare le spalle «Comunque se vuoi dirci che è allergico alle arachidi, lo sappiamo già…»

«Non è allergico alle arachidi! In ogni caso, non c’è in ballo la frutta secca» si concesse un rapido sorso di bevanda energetica «A voi non sembra… strano?»

«No» tagliò corto Phasma «A me sembra il solito lunatico di sempre…»

«Forse un pochetto» Unamo decise di non contribuire oltre alla conversazione.

«Beh, io sono quasi certo gli sia successo qualcosa mentre era in missione. Insomma… si è messo a cantare nell’hangar e… gira mano nella mano con Kylo Ren!»

«E allora? Non avrai mica dei pregiudizi, spero…» vide Unamo storcere indignata la punta del naso «Non ti facevo così chiuso di mentalità.»

«Ma che c’entra?! Non me ne importa nulla se…»

«Non sarai mica geloso, vero?»

«La smettete?! Sono tremendamente serio. Mi ha chiesto di organizzare una diretta a reti unificate per… un messaggio da trasmettere all’intera galassia. Vuole anche che gli procuri degli abiti nuovi perché il l’uniforme lo annoia… oh, si! Ha perso Millicent e non se ne è minimamente preoccupato.»

«Ammetto che questo è strano. Phasma, che ne pensi?»

«Concordo con te…»

Mitaka annuì, rincarando la dose:
«E non avete ancora visto il peggio» cavò dalla cintura il tablet e lo appoggiò al centro del tavolo «Mi ha lasciato il suo datapad, con tanto di credenziali per accedervi.»

«D’accordo, è impazzito…»

«Secondo me… sta morendo.»

 
***

 
Mitaka si avvicinò al pannello delle comunicazioni. Sollevò la mancina, segnando il conto alla rovescia con le dita.

«Saremo in onda tra… tre, due… uno» esclamò, abbassando rapidamente un paio di levette e aprendo il proiettore holonet. Una luce azzurrina invase il ponte del Finalizer, convergendo sulle due figure che, in piedi al centro, si tenevano affettuosamente per mano.

Si accucciò su una sedia, in parte curioso e in parte infastidito da quella frettolosa diretta. Aveva fatto il possibile per organizzarla nel minor tempo possibile. In fondo, non erano passate che poche ore dal rientro dell’Upsilon, ma si era immediatamente attivato per soddisfare quella assurda richiesta. Chissà cosa c’era di così urgente da comunicare all’intera galassia.

Mimò un pollice in su verso i comandanti, sussurrando un:
«Siete online.»

Kylo Ren a prese immediatamente parola:
«Gentili cittadini della galassia, sono a trasmettervi un importante messaggio. Una novità che – ne sono certo – rivoluzionerà completamente la vostra vita. Vi informo con orgoglio e letizia, che avete un nuovo Leader Supremo: me medesimo. Il Leader Snoke è sfortunatamente venuto a mancare a causa di una grave ferita da spada laser…» Hux gli tirò una gomitata nel costato «…volevo dire, per una incurabile malattia che lo ha completamente prosciugato. E un po’ anche per la spada laser…» una pausa ad effetto, lasciando qualche attimo di suspence «A fronte di questa perdita, comunico che il Primo Ordine ha un nuovo Leader – cioè io – e un nuovo Gran Maresciallo, nella figura del qui presente generale Hux.»

Il cavaliere si sporse a baciare la guancia del compagno, che ridacchiò allegro:
«Ti amo, zuccottino.»

«Non potrei vivere senza di te, mia dolce metà»

Mitaka nascose il viso tra le mani, rimpiangendo amaramente d’essersi arruolato nel Primo Ordine. Errori di gioventù, si disse, mentre il nuovo Leader riprendeva il discorso:

«A fronte di ciò, ho alcune comunicazioni urgenti. Chiunque possieda un gatto è invitato a far censire il proprio felino presso gli uffici di competenza; viceversa, i proprietari di cani possono considerarsi spogliati da ogni diritto; il loro esilio è fortemente consigliato. Dovrete sempre sottostare ai decreti che emaneremo. I gatti diventeranno nuovo oggetto di culto e il Felinesimo verrà proclamato Religione di Stato. Non è consentito professare altri credo, né essere atei. Le lettiere alla lavanda sono bandite da ogni pianeta del nuovo impero. Questo è tutto.» nuovamente un attimo di silenzio «Ah, no… dimenticavo una cosa. Abbiamo intenzione di debellare la Resistenza, anche se questa non rientra più nelle nostre priorità. Non quanto le lettiere alla lavanda, comunque… è un impegno che intendiamo mantenere.» mosse rapidamente un cenno verso l’holo-proiettore «Per qualunque dubbio, necessità o rimostranza, i nostri call center sono a vostra completa disposizione; potete chiamare dalle nove alle venti, escluso i festivi. Un operatore sarà lieto di rispondere alle vostre domande. Vi preghiamo di restare in linea per non perdere la priorità acquisita.»

La luce azzurrina sfumò, proprio mentre le labbra dei due comandanti tornavano a sfiorarsi.

«Come sono andato?»

«Magnificamente Ren.»

Da qualche parte, su un pianeta lontano lontano, un gatto rosso vomitò una pallina di pelo.

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Capitolo 23
*** Aiutami, Mitaka! Sei la mia unica speranza ***


23. Aiutami, Mitaka! Sei la mia unica speranza


Leia spense la registrazione, spaziando tra i presenti:
«Cosa ne pensate?»

Hux modellò uno sbuffo felino. Era la quinta volta che li costringeva a riguardare il discorso di Romualdo, alla ricerca di indizi inesistenti. Scoccò un’occhiata irritata verso Kylo Ren che, accanto a lui, non faceva altro che toelettarsi il pelo con la lingua.

«La vuoi piantare? Perché non provi a collaborare, invece che pensare solo a te stesso?» sibilò, ricevendo in cambio uno sguardo seccato.

«Che c’è di male nel darsi una pulita?»

«è la quattordicesima volta che ti lecchi il sedere, Ren… inizio a sospettare che tu soffra di fastidiosi pruriti intimi, a questo punto.»

«Sei invidioso del mio culetto, generale? Oh, guarda che pelo folto ho! Non come il tuo, tutto spelacchiato…»

Hux si sedette immediatamente, avendo cura di schiacciare le terga contro il freddo pavimento d’acciaio:
«Non ti autorizzo a guardarmi il didietro, Ren!» ringhiò, avvolgendo la coda a protezione «Inoltre… dì alla tua controfigura ti tenere giù le mani dal mio corpo!»

«Come se potessi farlo…» raccolse una risatina nervosa «E poi… non mi sembra che a te dispiaccia. Cioè, non a te-te… a te-Millicent, intendo.»

Alzò le iridi al cielo, ingoiando una risposta amara, prima di tornare a spiare la piccola assemblea. I ribelli si erano radunati attorno al holo-proiettore, che Organa continuava ad accendere e spegnere per riavvolgere la registrazione; nessuno, tuttavia, sembrava condividere la preoccupazione della donna: Poe si stava discretamente limando le unghie, mentre FN-2187 stava esplorando attentamente le proprie coane nasali. Rose pareva intenta a battezzare il suo nuovo set di cacciaviti con nomi improbabili.

Sono l’unico a cui frega qualcosa della galassia… sospirò tra sé e sé, sollevando una morbida zampa arancione e chiedendo la parola.

«Generale Organa, credo che una risposta sia dovuta.»

«Dici?»

«Sì, beh… in fin dei conti, vi hanno minacciato. Insomma, non un granché come minaccia, visto che siete stati declassati e le lettiere alla lavanda sono il nemico numero uno, ora… ma penso dobbiate farvi sentire.» concluse, piegando il muso verso la levetta delle comunicazioni «Abbiamo rivisto quel messaggio per tre giorni consecutivi, generale. Non crede sia ora di replicare?»

Sospirò sollevato quando vide il cenno affermativo. Quell’incubo sarebbe finito! Ne aveva fin sopra la punta delle orecchie di Romualdo e Millicent che si scambiavano effusioni davanti all’intera platea. Leia li aveva costretti a rivedere ciclicamente la comunicazione, senza neppure lasciar loro una pausa caffè. Finalmente, era riuscito a convincerla! La osservò posizionarsi davanti all’holo-proiettore e avviare la funzione di registrazione.

«Aprite i canali di comunicazione» Leia lisciò le pieghe della propria camicia e montò un cipiglio deciso. Afferrò un fiore giallo da un vaso, sfiorandone i tipici petali a forma di parallelepipedo e sistemandolo tra i capelli stretti in una ordinata crocchia «Ecco, ora sono pronta! Ci vuole un tocco di eleganza quando si parla a reti unificate» mormorò, prima di attaccare con voce fiera «A tutta la Galassia!» la familiare luce azzurra avvolse la sua figura «Sono Leia Organa, della Resistenza. Abbiamo un comunicato urgente per il Leader Supremo, che spero sia in ascolto.»

«Sono qui, mamma! Ti sto asc…»

«Non tu, brutto cretino! Cioè, sì… ma no. Tu, ma non tu.» Leia si massaggiò la fronte «Oh, diamine! Fammi continuare…»
 

***
 

Mitaka bussò delicatamente alla soglia dell’ufficio del Gran Maresciallo.

«Signore…» mormorò timidamente, gettando il capo oltre l’uscio «Disturbo?»

Evidentemente sì, si rispose, notando il superiore intento a condividere un piatto di spaghetti con Kylo Ren. Due stormtrooper si stavano destreggiando tra un mandolino e una fisarmonica, evidentemente ingaggiati come musicisti per una cenetta romantica.

«Mitaka! Vieni, vieni… vuoi unirti a noi?» Hux gli rivolse un sorriso cordiale, indicando una sedia libera «Abbiamo anche un bicchiere in più. Vino oppure…»

Sollevò una mano, interrompendo quelle richieste:
«Signore» esclamò severo, lasciando volutamente la porta aperta «La Resistenza sta trasmettendo.»

«Mh, capisco… quindi?»

«Non volete vedere il messaggio?»

«Magari dopo cena, che ne dici? Saresti così gentile da registrarlo?»

«Io…» il tenente batté le palpebre. Chiunque fosse quell’uomo, senza dubbio non era il generale Hux. Era un impostore. Hux aveva un gemello, magari? Non lo ricordava affatto, ma… anche il Leader Supremo sembrava comportarsi in modo sempre più strano. Tanto per cominciare, non lo aveva ancora strangolato con la Forza; al contrario, gli stava tendendo un piattino di olive ascolane, sfoggiando il migliore dei suoi sorrisi «Signore, so di sembrare insistente, ma… è davvero sicuro che non vi occorra una visita in infermeria?»

«Sì, Mitaka. Stiamo benissimo. Per favore, smettila di preoccuparti…»

«Mh, d’accordo… e per quanto riguarda la Resistenza?»

«Registra. Lo guarderò più tardi.»
 

***
 

«Non abbiamo paura del Primo Ordine. Abbiamo sconfitto l’Impero di Darth Vader. Questi surrogati di…»

Mitaka fissò la proiezione di Leia Organa tuonare al centro della sala comunicazioni. Soltanto lui e Unamo si erano presi la briga di ascoltare il messaggio; quasi tutti gli altri ufficiali avevano preferito rimanere alle loro mansioni, affatto interessati alla Resistenza.
«Stai registrando?» chiese a Unamo, seduta alcune postazioni più in là.

«Naturalmente…» fu la risposta laconica dell’ufficiale «Che aveva Hux di tanto importante da fare? Non è da lui non presenziare.»

«Meglio se non lo sai, credimi.»

«Certo che è strano…»

«Te l’ho detto… c’è qualcosa che non va e…» si interruppe, scorgendo una figura azzurrina ai piedi del generale Organa «Zooma!» ordinò immediatamente, puntando al felino che si aggirava nella proiezione.

«Ma quella è….»

Annuì incerto. Era solo una proiezione, ma avrebbe saputo riconoscere quel gatto ovunque.

Unamo aveva la stessa espressione sconcertata:
«Avvisa Hux! Qualunque cosa stia facendo… questa è sicuramente più urgente.»
 

***

 
Mitaka si affacciò nuovamente nell’ufficio.

«Gener… volevo dire, Gran Maresciallo! C’è una cosa che deve… vede…re…» biascicò, non desiderando altro che confondersi con la tappezzeria. Forse avrebbe potuto mimetizzarsi con il Ficus Benjamin che sopravviveva in uno stretto vaso, giusto accanto alla porta.

Non riuscì, tuttavia, a staccare gli occhi dalla scrivania, dove il Gran Maresciallo se ne stava appollaiato. Tra le dita affusolate rotolava un gomitolo rosso. Il Leader Supremo, seduto a poca distanza, sembrava intento a leccargli una guancia, emettendo un ron-ron simile a delle intense fusa.

«Mitaka? Che c’è ancora?»

«Io… signore, ho una comunicazione importante.»

«Mh, d’accordo… sentiamo.» Hux smise di giocare con la lana.

«La Resistenza ha catturato Millicent.»

«Che? Ne sei sicuro?» Lo sbigottimento del generale fu genuino, ma durò solo un istante. Il viso affilato tornò a distendersi e a bagnarsi di una sfumatura noncurante «Oh, pazienza…»

«Assolutamente sicuro! Ho visto Millicent nel video e… non… non le interessa, signore?»

«Non credo. Insomma, sono felice per lei se ha trovato una casa…»

«Ma, signore… era la sua micetta e ho pensato… beh, se volessero chiederle un riscatto?»

Colse una risatina nervosa:
«Non essere assurdo! Di certo non sprecherò i soldi del Primo Ordine per recuperare un gatto…»

«Ma signore…»

«Tesoro, il tenente Mikasa ha ragione.» Kylo Ren si intromise, dispensando sorrisi cordiali «Forse dovremmo preoccuparci per Millicent.»

«è Mitaka, Leader Supremo» sussurrò l’ufficiale, prontamente ignorato.

«Perché? È solo un gatto… non ci creerà problemi.»

«Lo so, zuccherino. Lo so, ma… non trovi già strano che sia caduto tra le braccia della ribellione tanto in fretta? Dovremmo dare ascolto a Mikasa»

«Mitaka…»

«Non voglio pensarci ora…» Hux si sporse, arruffando le ciocche nere del compagno «Potremmo riprendere il discorso in un altro momento?»

«Certo patatino. Ogni tuo desiderio è un ordine.»

Con un cenno affrettato, Mitaka venne congedato. Al tenente non rimase altro da fare che girare i tacchi e tornare sul ponte.
 

***
 

Si lasciò cadere nella poltroncina accanto a Unamo, fissando sottecchi la donna:
«Hux giocava con un gomitolo e Ren gli leccava la faccia…» ignorò l’occhiata incredula altrui «Non chiedermi perché, ma…»

«Secondo me sono impazziti entrambi» fece eco una voce metallica alle loro spalle «Potrebbe essere un buon momento per un colpo di stato, che ne dite?» l’armatura cromata entrò nel campo visivo «Però io non voglio fare il Leader Supremo. Voglio essere il feroce capitano che addestra le truppe…»

«Amh… lo sei già, Phasma…» salutò Mitaka, sollevando lo sguardo al casco della donna.

«Ah sì? Bene! Allora come non detto.»

«Tornando a noi…» accennò al holo-proiettore, dove Organa non aveva ancora finito di parlare «Ha detto qualcosa di interessante o…?»
«Nah, solo un mucchio di fesserie sull’amore, sulla lealtà, sulla fiducia, eccetera.» Unamo rubò un sorso di caffè, prima di proseguire «A quanto pare, è una gattara. Ne ho visto un altro di micio che le gira attorno. Sono carini, ma trovo sia poco professionale lasciarli liberi di gironzolare durante un comunicato formale.»

«Sì, in effetti…» si interruppe quando scorse uno dei felini spiccare un rapido salto e aggrapparsi alla schiena della ex-principessa.

Millicent era balzata sulle spalle ossute di Leia Organa, che si lasciò sfuggire uno squittio infastidito; il suo protestare, tuttavia, venne immediatamente coperto da un disperato miagolio, tradotto da un collare metallico:

«Mitaka! Sono io, sono… Hux. Aiutami, Mitaka! Sei la mia unica speranza.»

Un silenzio surreale cadde nella stanza, interrotto solo dal ronzio dei motori e dal borbottio irritato di Leia che, catturato il gatto, lo stava letteralmente lanciando tra le braccia di un baldo pilota.

«Non rubarmi le battute!» stava dicendo Organa, mentre il suo holo sfumava e la comunicazione veniva bruscamente terminata.
 

***
 

Mitaka balzò sull’Upsilon, collegando immediatamente il datapad al computer centrale della navetta. Iniziò a scaricare dati, cercando di ricostruire l’intero percorso compiuto dai due viaggiatori prima del ritorno al Finalizer.

«Il fiore di Organa!» esclamò, accomodandosi sul sedile del pilota «è una specie rarissima e cresce solo su D’Qar e…»

«Da quando sei un appassionato di botanica?»

«Da sempre, capitano. Volevo diventare agronomo da piccolo, poi… mi sono arruolato perché mi serviva un posto fisso»  una pausa e un picchiettare dell’indice sullo schermo «Guarda caso, D’Qar è anche segnato nell’itinerario di viaggio di Hux. Sono su D’Qar… che poi è anche l’ultimo pianeta che sapevamo ospitare la Resistenza. Che ne pensate?» chiese, voltando lo sguardo verso le due colleghe.

Phasma non sembrava particolarmente interessata, ma era difficile decifrare la sua espressione, mascherata dal casco cromato. Unamo, invece, appariva piuttosto scettica e, contemporaneamente, spaventata dalla prospettiva di una assurda missione di salvataggio.

«Fammi capire…» stava appunto dicendo «Tu credi veramente che quel gatto sia il generale?»

«Lo hai sentito, no? È chiaramente Millicent… cioè, non è Millicent, è Hux che assomiglia a Millicent.»

«Secondo me, questa è una pazzia. Stai suggerendo che… Hux è entrato nel corpo di Millicent e viceversa?»

«Spiegherebbe perché gioca con i gomitoli, no?»

«E Kylo Ren, allora?»

«Non lo so.»

«Magari lui è scemo e basta» si intromise Phasma, sprofondando nella poltroncina accanto «Beh, comunque… andremo a dare una occhiata per sicurezza. Se quel gatto è davvero il generale, non possiamo lasciarlo in balia della Resistenza. Potrebbero torturarlo per estorcergli informazioni preziose su di noi…»

«Esattamente.»

«… anche se non credo che nessuno avrebbe cuore di seviziare un così bel gattino. Persino io avrei delle difficoltà, lo confesso. In ogni caso, dobbiamo essere certi che non si tratti davvero di Hux.»

Unamo annuì controvoglia, sempre meno convinta:
«D’accordo, allora… credo sia meglio andiate» disse, indietreggiando verso lo sportello ancora aperto dell’Upsilon «Io rimarrò sul Finalizer. Terrò gli occhi aperti e coprirò la vostra diserzione temporanea. Ufficialmente, avete un reclutamento da svolgere su Ansion. In pratica, vi avviserò se Pryde o Hux o Kylo Ren iniziassero a sospettare qualcosa.»

«In pratica, sarai la nostra spia.» aggiunse Phasma, ricevendo uno sguardo seccato.

«Non mi piace il termine “spia”. Preferisco “Informatore assunto a tempo determinato”.»

«Quello che è!» tagliò corto il tenente, innescando la sequenza d’accensione. Impostò la rotta, calcolando esattamente il punto d’uscita dall’iperspazio «Dobbiamo muoverci. Abbi cura di te, Unamo.» salutò, mentre l’ufficiale tornava rapidamente a terra.

Premette sulla cloche a fondo sulla cloche, permettendo all’Upsilon di sollevarsi con un leggero scossone e abbassare le ali metalliche. Accelerò e la navetta schizzò fuori dal hangar dello Star Destroyer, guizzando agile nel vuoto dello spazio.

Il tenente si voltò un solo istante, osservando la sagoma elegante del Finalizer che si allontanava sempre di più.
 
 

Angolino: aggiorno con imperdonabile ritardo e vi chiedo scusa per questo. Purtroppo, con la fine della quarantena e la ripresa delle attività lavorative, ho avuto meno tempo da dedicare alla scrittura :(
Mi scuso anche per le recensioni a cui non ho ancora risposto. Le ho lette, ma non ho ancora trovato modo di rispondere adeguatamente. Lo farò presto, promesso.
Nel mentre vi lascio questo piccolo capitolo.
Grazie a tutti!
 

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Capitolo 24
*** Ci stavano in due sulla porta ***


24. ​Ci stavano in due sulla porta


L’Upsilon uscì agile dall’iperspazio. Un istante dopo, una melma verdastra colpì il parabrezza. Phasma sospirò, attivando immediatamente i tergicristalli.

«Secondo te, che roba è?» chiese, mentre Mitaka si sporgeva a controllare meglio il curioso liquido galleggiante.

«Sembra…» la voce del tenente era incerta «…zuppa andata a male con contorno di cavoletti di Bruxelles.»

«E chi diamine è questo Bruxelles?»

Mitaka si strinse nelle spalle, osservando il profilo di D’Qar farsi sempre più vicino. Inserì le coordinate per il punto di atterraggio, giusto ai margini della base ribelle.
 

***
 

Poe sollevò l’indice, accennando alla scia luminosa che squarciava il cielo a metà.

«Un’altra stella cadente! Finn, esprimiamo un desiderio» chiocciò, mentre l’ex assaltatore congiungeva le mani in preghiera.

«Stella cadente, ti supplico… fa che io trovi il vero amo…» le sue parole, tuttavia, vennero ben presto coperte da quelle di Rose, raccolta al suo fianco.

«Donami una nuova cassetta per gli attrezzi, per favore…»
 

***
 

Hux stiracchiò le zampe, fissando annoiato l’holo-film. L’idea di conversare con Organa e imbastire qualche buona tattica per scalzare gli usurpatori del Primo Ordine si era risolta in nulla: il generale si era dichiarato stanco e aveva promesso di riprendere il discorso l’indomani; nel mentre, avrebbero potuto guardare un film tutti insieme, per alleggerire la mente e accantonare, seppure temporaneamente, le preoccupazioni.

Si era, dunque, acciambellato sul divano dell’ex-principessa, sedendo compostamente. Ren, a poca distanza, sonnecchiava placido. Non aveva retto neppure i primi cinque minuti di quel melenso mattone romantico; viceversa, lui si era imposto di resistere almeno sino alla fine del primo tempo. D’altronde, irritare Leia Organa poteva rivelarsi fatale: non aveva affatto dimenticato che da quella donna dipendevano la propria vita e buona parte dello spazio conosciuto. Se c’era una persona che poteva fermare la follia di Millicent e Romualdo, quella era lei. Sopportare un film lagnoso, dunque, era un prezzo piuttosto basso da pagare.

Scoccò uno sguardo alla proiezione, dove un giovane uomo giaceva nella gelida acqua dell’oceano. Le sue mani tremanti stringevano quelle dell’amata, adagiata su una zattera di fortuna ricavata da una porta.

«No, non dire addio. Tu morirai quando sarai vecchia nel tuo bel lettino al calduccio ma non qui, non così, non ora, sono stato chiaro? Devi promettermi che sopravviverai, me lo prometti, Rose?»

«Te lo prometto

Nascose uno sbadiglio - l’ennesimo - e spiò il volto dell’anziana, ora segnato da profonde lacrime. Scosse il muso. Se glielo avessero raccontato, non ci avrebbe mai creduto! Il generale Organa si commuoveva davanti alle più improbabili e datate storie d’amore. Allora… sotto quella scorza dura e ruvida da militare, anche lei possedeva un cuore!

A differenza sua, evidentemente. Quanto l’holo stava trasmettendo non era che l’ennesima dimostrazione di quanto fosse patetico e ingenuo l’animo umano; e di quanto persone con un QI evidentemente inferiore al suo non trovassero soluzioni pratiche neppure in punto di morte.

Schioccò la lingua, infastidito dalle lamentele sterili dei due fidanzati.

«Comunque… ci stavano in due sulla porta» sentenziò, raccogliendo immediatamente l’occhiata seccata di Leia.

«No, affatto» fu la pronta replica.

«Sì, generale.»

«L’asse sarebbe affondato sotto il loro peso.»

«è solo una supposizione! Non conosciamo l’effettiva capacità di carico di quella porta; magari la densità del materiale avrebbe potuto mantenere sia Rose che Jack.»

«Ti dico di no…»

«Potevano usare i salvagenti, comunque… legarli sotto alla tavola per favorirne il galleggiamento. Dopo tutto…» indicò lo schermo con una zampa «Mi sembra che di giubbotti da strappare ai morti ne avessero a sufficienza.»

«Ti hanno mai detto che sei irritante?»

«In molti…»

«In ogni caso, dubito riuscirai a convincermi… e non credo che tu, al loro posto, avresti saputo fare di meglio.»

«Scommettiamo? Sono sicuro che riuscirei a far galleggiare quella porta anche con uno Wookie sopra.»

«Beh, abbiamo sia la porta che lo Wookie. Cosa vuoi scommettere?»

Si umettò leggermente i baffi e sfoderò un leggero sogghigno:
«La mia vita. Non mi illudo che, quando questa storia sarà finita, torneremo ad essere nemici; e per quanto trovi piacevole la tua compagnia, non sono uno sprovveduto. Se anche riuscissi a recuperare il mio corpo, sono piuttosto certo che sarebbe per un lasso di tempo piuttosto breve. Non mi permetteresti tornare all’Ordine, immagino…» la vide scuotere il capo, a conferma di quelle parole «Potrei passare dall’essere gatto all’essere cadavere, non appena i tuoi amici repubblicani sapranno che sono vostro… ospite, diciamo.»

«Hai fatto esplodere un intero sistema. Cosa ti aspetti?  Che ti diano una pacca sulla spalla e ti facciano scappare?»

«No di certo! Mi chiedo, tuttavia, se lascerai che anche Ren si assuma le sue responsabilità.»

«è una cosa diversa. Ben non ha ucciso miliardi di persone solo premendo un pulsante.»

«Ma ha fatto anche lui la sua bieca parte in questa faccenda» fissò nuovamente il video, dove ora il povero Jack stava annegando nel freddo mare «è una cosa diversa semplicemente perché è tuo figlio. Per me è differente, non è vero? Farai sparire lui e consegnerai me?»

«è possibile.»

Sorrise a quell’ammissione. Non era che una piccola vittoria, la cui consolazione era davvero magra per il proprio animo. Strinse piano le spalle feline, come a sottolineare l’ovvietà di quel concetto.

«Quindi…»

La scorse sollevare una mano per interromperlo nuovamente:
«Accetto la scommessa, generale Hux. Non ti nascondo che qualunque tribunale affronterai, militare o civile che sia… chiederà la pena capitale. Ecco quello che posso fare per te: domandare che la pena venga commutata in un ergastolo o in un esilio… da qualche parte. Non credo di potermi esporre oltre e… posso assicurarti che già così è parecchio. Ma se perdi… voglio tutto quello che sai: i progetti di Starkiller, dal primo all’ultimo; la mappatura del Programma Stormtrooper, i tuoi codici d’accesso a qualunque banca dati dell’Ordine… tutto, intesi?»

Annuì brevemente, tendendo una zampa:
«Affare fatto.» sogghignò quando le dita di lei sfiorarono i suoi polpastrelli morbidi «Ora dobbiamo solo ricreare le condizioni per l’esperimento… E assicurarci che Chewbacca desideri prestarsi al…»

Un paio di sonori colpi all’uscio lo interruppero, prima che il battente – frettolosamente ruotato sui cardini – rivelasse un Finn decisamente sconvolto e trafelato. La sua uniforme mostrava chiari aloni di sudore sotto le ascelle, sul petto, attorno al colletto… negli occhi scuri non aleggiava altro che il terrore più puro.

«Cavoli, vuole uccidermi!» squittì l’ex-soldato, mentre dal corridoio vicino giungevano dei passi metallici.

Una voce gracchiante si fece sempre più vicina:
«FN-2187, vieni qui. Non ti faccio niente, lo giuro.»

Il cuore di Hux mancò un battito a quel suono. Scattò immediatamente dal divano, lanciandosi verso la porta. Si schiantò contro un parastinchi cromato.

«Phasma!» miagolò. La gioia era tale che, per un istante, l’istinto felino lo sopraffece: sfregò ripetutamente il muso contro il gambale, liberando delle morbide fusa. «Oh, stelle! Non posso credere tu sia venuta a salvarmi.»

Si sentì acciuffare per la collottola e sollevare senza troppe cerimonie. Un attimo dopo si stava specchiando inconsapevolmente nell’elmo lucido del capitano.

«Allora è vero… sei proprio tu. Se avessi un minimo senso dell’umorismo, ora riderei sonoramente delle tue disgrazie, Hux. Ma…ho un traditore da eseguire»

Phasma caricò il blaster e si voltò, aprendo di scatto le dita che lo stringevano. Hux si ritrovò a cadere verso il pavimento, ma un paio mani tremanti lo afferrarono per tempo.

«Generale! Sono così felice di vederla!» Le fusa raddoppiarono quando Mitaka lo strinse in un sincero, quanto poco professionale abbraccio «Sta bene? Non è ferito, vero?»

La sincera preoccupazione del giovane lo commosse. Era un peccato che Mitaka fosse ancora solo tenente. Avrebbe dovuto promuoverlo, una volta risolta quella faccenda.

«Stiamo bene» confermò, mentre anche Ren, svegliato dal trambusto, ciondolava allegro la coda.

«Mitaka! Che piacere ritrovarti» le parole dell’apprendista Sith erano sincere e decisamente disinvolte. Cancellò la confusione del giovane ufficiale con un semplice sogghigno «Sono io! Ren… Ben o come ti pare.»

«Maestro Ren… anche lei è…»

«Un gatto? Certo. Non è nemmeno poi così male, sai?» chiocciò, accennando poi alla principessa ancora seduta compostamente sul sofà «Posso presentarti mia madre, Leia Organa? Il tenente Dopheld Mitaka.»

Mitaka produsse un rigido inchino:
«è un vero onore, generale Organa»

Leia ricambiò quel gesto cordiale:
«Il piacere è mio, tenente. Mi sembri un bravo giovane. Non capisco come tu possa essere finito a lavorare per le dipendenze del Primo Ordine, ma sappi che… se mai vorrai unirti alla Resistenza, le porte sono aperte per te!»

«Ehi! Questo è scorretto» si lagnò Hux, soffiando irritato «Non potete cercare di arruolare i miei ufficiali… non quelli fedeli e capaci, quanto meno. Se volete Pryde, invece… beh, è in offerta!» ironizzò, mentre la principessa disponeva una seggiola imbottita.

«Prego, accomodati. Sarai esausto dal viaggio. Sono… sollevata nel vedere che avete risposto tanto celermente all’appello fuori luogo e decontestualizzato di questo qui.» l’indice magro puntò nuovamente al gatto rosso «Posso farti portare qualcosa da bere?»

Mitaka scosse il capo:
«Oh, no. Non si disturbi. L’unica cosa di cui ho bisogno ora… sono spiegazioni. Confesso che l’intera situazione mi è alquanto oscura.»

«Ci penso io!» esclamò Ren, balzando immediatamente sulla spalliera del divano e richiamano l’attenzione con un sonoro miagolio «Questa storia la racconto meglio di Hux.»
 

***
 

Tutto inizia una fredda notte di luna piena. Un giovane, ma sprovveduto generale del Primo Ordine vaga per i corridoi della sua nave, in preda ad un attacco di sonnambulismo acuto.

«Non ricordo niente del genere, Ren…»

Il malcapitato trema di paura e di freddo. Il silenzio del Finalizer è inquietante: non è mai stato così calmo. Un oscuro presagio aleggia nei corridoi che il pover uomo attraversa. Sta disperatamente cercando una toilette per espletare i suoi bisogni fisiologici, quando…

«Ren… i miei alloggi sono comprensivi di gabinetto privato. Perché mai sarei dovuto andare in cerca del wc di notte?»

…ode un rumore. Un miagolio sul fondo di uno scarico dei rifiuti. Come un canto ammaliatore, il giovane generale viene attratto da quel suono. Convinto di poter salvare la bestiola, scivola entro il condotto della spazzatura, ma vi rimane intrappolato. All’improvviso, capisce che per lui e per il gatto non ci sono speranze. La sua unica possibilità è contattare il suo diretto superiore…

«Siamo co-comandanti!»

…il quale, essendo magnanimo e giusto, accorre subito in suo aiuto.

«Mi hai fatto fare cinque chiamate!»

Ciò che lo sfortunato generale ignora, è che il felino… è un abile utente della Forza desideroso solo di impadronirsi del potere del più potente e famoso Cavaliere di Ren; la gatta riesce a instillare nella debole mente del suo proprietario la sciocca idea che egli sia sensibile alla Forza. Abbagliato da questo potere, il generale inizia a seguire una strana Voce che sente nella testa, ignorando gli avvertimenti del suo più fidato amico.

«…Eri tu quello che sentiva la Voce!»

Il Cavaliere, pur fiutando l’inganno, decide di accompagnare il generale nel suo viaggio. I due riescono a recuperare delle pietre magiche, ma proprio quando stanno per venire a capo dell’enigma, la perfida gatta li cattura e separa le loro anime dai rispettivi corpi grazie ad un antico rito Sith. Dona il fulgido e vigoroso corpo del Cavaliere al suo compagno, permettendogli così d’acquisire il dono della Forza. Per sé stessa, invece, sceglie di tenere l’esile, pallido e malconcio corpo del generale, in attesa di poterlo cambiar con qualcosa di più adatto.

«Fanculo, Ren.»

I due sfortunati protagonisti, così… si ritrovano nel corpo di due gatti, uno rosso e uno nero. Il generale, ormai deciso ad arrendersi, prova ad uccidersi lanciandosi da una scogliera che sormonta un lago di lava bollente…

«Ma quando mai?»

…ma il potente Cavaliere lo salva e gli dona speranza. Egli, infatti, conosce delle persone che possono aiutarli a sconfiggere i due malefici felini. Abilmente rubando un’astronave cargo imperiale per il trasporto truppe e pilotandola tutto da solo, ovviamente a occhi chiusi, riesce a raggiungere D’Qar, pianete sede della ribellione. E…
 

Mitaka sollevò coraggiosamente una mano, interrompendo quel bizzarro racconto.

«Dunque, vediamo se ho capito bene…» attaccò, cercando di rimettere insieme quelle informazioni «Millicent in realtà… è un utente della Forza. Con un rituale ha trasferito la sua coscienza e quella del suo compagno nei vostri corpi, sottraendo a Maestro Ren il suo potere. I due vi hanno imprigionato nei loro vecchi corpi. Vi hanno abbandonato, ma siete riusciti a raggiungere D’Qar con…»

«Una navetta monoposto per felini» suggerì Hux, annuendo al riassunto del subalterno «Non chiedermi come sia possibile, ma ti giuro che è così.»

«Perfetto… e quindi avete trovato rifugio presso la Resistenza.»

«Già.»

«Perché non uccidervi?»

«Millicent non voleva distruggere il suo vecchio corpo. Ha detto che potrebbe sempre tornarle utile. Converrai che così conciati non siamo una grande minaccia» sfiorò il collare con la punta della coda «Senza di questo non possiamo neppure parlare. Miagoliamo e basta. Rose… la meccanica bassa, capelli neri…li ha costruiti per permetterci di comunicare ed evitare che fuggissimo» sospirò «Non posso credere che tu ci abbia trovati! Non avrei mai pensato che avresti raccolto subito il mio appello.»

«Beh, signore… le posso assicurare che è difficile credere che gli attuali comandanti del Finalizer siate davvero voi due. Millicent e… »

«Romualdo.»

«Romualdo? Davvero?!» lo sconcerto di Mitaka passò rapidamente «Beh… quei due non fanno altro che sbaciucchiarsi, dichiarare guerra alle lettiere e… far suonare serenate con mandolini e fisarmoniche. Inizialmente credevo foste impazziti entrambi. In ogni caso, hanno ucciso Snoke. Ren… voglio dire, Romualdo si è fatto nominare nuovo Leader Supremo.»

«Hanno visto la trasmissione di Leia?»

«Non che io sappia. Mi hanno chiesto di registrarla perché… beh, erano impegnati in una cenetta romantica quando è stata trasmessa.»

«Quindi non sanno che siamo qui?»

Una nota di rammarico sbocciò nella voce del tenente:
«Purtroppo lo sanno.  Quando l’ho vista sullo schermo sono corso ad avvisare Hux. Voglio dire… il falso Hux. Avevo riconosciuto Millicent: pensavo la ribellione l’avesse catturata. Ho sentito solo dopo la sua richiesta d’aiuto, signore. Solo allora ho compreso.» una piccola pausa, come a rimettere insieme i pezzi di quel puzzle «Ho intuito che eravate su D’Qar perché il generale Organa indossava un fiore rarissimo, che cresce soltanto qui. Io e Phasma abbiamo provato a risalire agli spostamenti dell’Upsilon e… nelle mappe, D’Qar era segnato come tappa. Abbiamo pensato di dirigerci qui, mentre Unamo è rimasta al Finalizer. Ci avvertirà se le cose dovessero volgere al peggio.»

Hux annuì pensieroso.
Mitaka meritava davvero una promozione. Quanto doveva essere sconfinata la sua lealtà, per fidarsi delle assurde parole di un gatto ospite della ribellione? Era riuscito a ricostruire quel rompicapo da solo; consapevole delle possibili conseguenze, aveva rubato l’Upsilon e si era fiondato su D’Qar per salvarlo. L’ammirazione crebbe ancor di più quando scorse l’ufficiale cavare uno schermo sottile, con l’inconfondibile logo del Primo Ordine.

«Quello…» miagolò incredulo, allungando le zampette.

«è il suo datapad, sì. Millicent me lo ha lasciato. Da questo ho capito che qualcosa non andava.»

«Mi strapperei un braccio piuttosto che cederlo!»

«Lo so, perciò…»

«Questo lo requisisco io.» Organa si intromise immediatamente, strappando il tablet dalle mani del tenente e chiudendolo immediatamente in un cassetto della vicina scrivania «Non penserai ti lasci accesso alla rete del Primo Ordine, vero?»

«è mio!» Hux protestò, soffiando ripetutamente «Che diamine vuoi che ci faccia? Non ho nemmeno il pollice opponibile!»

«Sono sicura che troveresti il modo per ovviare»  Leia tornò ad accomodarsi, incrociando le braccia al petto con aria imperiosa «Potrai anche sembrare un grazioso micetto arancione, ma io non ho dimenticato chi sei. Niente datapad. Oppure…» un piccolo ghigno «…il nostro accordo salta.»

«Quale accordo?» Ren si sporse, scivolando sulle spalle della madre.

«Niente che ti interessi, Ren» Hux scoppiò in una risata divertita quando lo vide nuovamente congiungere le piccole dita pelose «Oh, sì… bravo, molto maturo! Stai provando a soffocarmi con la Forza che non hai?» ironizzò.

«Stai fraternizzando col nemico? Mi stai tradendo?»

Arricciò la coda dietro la schiena, formando un piccolo incrocio sulla punta. Sfoderò il migliore dei propri sorrisi, piegando leggermente il muso con deferenza:
«Io? Non potrei mai!» mentì, tornando poi a squadrare Organa e Mitaka «Bene, ora che tutti abbiamo un quadro completo della situazione… idee per spodestare Millicent e riprendere il mio corpo?»

«E il mio…»

«Quello che è, Ren!» agitò una zampa, come a scacciare quella fastidiosa puntualizzazione.

Leia, tuttavia, si era alzata e stava già marciando verso la porta della stanza:
«Non ancora, ma credo dovremmo indagare maggiormente il rituale. Non sappiamo se sia reversibile o meno… e anche se fosse, nessuno di noi sa come funzioni» mormorò, accarezzando pensierosa il mento «Ci occorre qualcuno che ne sappia di più sui Sith e sulle vie della Forza. Dobbiamo affidarci all’ultimo Jedi» pronunciò solenne.

«Io?» lo squittio del figlio venne messo a tacere da una severa occhiata.

«No, figlio ingrato! Stavo parlando di Luke! Domani inoltrerò una trasmissione per lui e per Rey. Verranno ad aiutarci, ne sono certa. Nel frattempo…» scoccò uno sguardo all’orologio a cucù: un piccolo Millenium Falcon guizzava tra le lancette, mentre il pendolo contava dodici rintocchi «…è ora della nanna.»

 
***
 

Finn strinse spasmodicamente il ramo, sporgendo solo il capo per guardar giù. Una decina di metri più in basso, Phasma lo stava aspettando. Poteva quasi immaginare il sorriso trionfante sotto al casco cromato.

«Phasma… io lo so che ho sbagliato, ma … ti prego, cerca di metterti nei miei panni!» singhiozzò, tirando sul col naso «Ho fame, ho sonno e devo andare in bagno. Per favore, lasciami scendere da qui.»

«Sei libero di scendere quando vuoi, FN-2187» gli rispose la voce metallica.

«Se abbassassi il blaster mi sentirei più tranquillo…»

«Non credo lo farò. Al mio blaster piace stare puntato verso di te.»

«Phasma, sul serio… non credo di poter resistere ancora per molto.»

«Perfetto. Io posso aspettare. Sono una persona paziente, FN-2187. Abbiamo tutta la notte davanti a noi.»

In lontananza, un pendolo suonò dodici rintocchi.


 
Angolino: imperdonabile ritardo con cui aggiorno... la verità è che dalla fine della quarantena sono stata un po' risucchiata da lavoro e impegni vari, ragione per cui... ho abbandonato la scrittura. Tuttavia... nel mio giardino si è palesato un gatto rosso. Sbuca la sera, viene a farsi un giretto tra le aiuole e se ne va. Credo sia Millicent che mi ricorda le "faccende in sospeso". Ragione per cui, mi sono rimessa ad aggiornare la ff. Ren ci ha gentilmente offerto un "riassunto delle puntate precedenti", con qualche licenza poetica delle sue. 
E... niente, se siete ancor qui a leggere le spericolate disavventure di questi due... GRAZIE.

E'ry

 

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Capitolo 25
*** Da Falco Uno a Termosifone ***


25. Da Falco Uno a Termosifone

 
Risponde la segreteria telefonica di Luke Skywalker. In questo momento non posso rispondere. Si prega di lasciare un messaggio dopo il segnale acustico.
BEEEEEP. Ci vediamo, ragazzino.

Poe Dameron chiuse la comunicazione, osservando l’ex-principessa sconsolato.

«Non rispondono» sentenziò «Forse sono fuori a pesca…»

«Luke la deve piantare con questa cosa della pesca! Non abbocca mai niente, se non fastidiosi calamaretti amarognoli, buoni manco per il brodo.»

«Cosa facciamo?»

«Riprova più tardi.» Organa mosse il capo in un cenno imperioso «Siete congedati.»

 
***
 

Dameron gli si accostò, arruffandogli i peli arancioni tra le orecchie:
«Ti vedo scoraggiato, Hugs! Non ti preoccupare… riusciremo a contattare Luke, in un modo o nell’altro.»

Storse il muso e si affrettò a lisciarsi il capo:
«è Hux, maledizione… e non toccare! Non sono mica il tuo animaletto da compagnia. Ti sbagli se pensi che sia preoc…»

«Dovresti rilassarti un po’! Prendi esempio da me… sono un campione di fancazzismo e tempo perso.» il pilota allargò le braccia con fare teatrale, prima di abbandonare il reparto comunicazioni e infilare la porta che dava sull’ esterno.

Hux gli trotterellò dietro, poco convinto:
«Rilassarmi?!» esclamò «E come, di grazia? Ho perso ogni cosa! L’Ordine, il mio grado, persino le mie sembianze. Millicent sta governando la galassia, mentre… beh, guardami! Sono intrappolato nel corpo di una gatta che tu volevi far accoppiare. Sono costretto a bere dalle ciotole e sorbirmi Ren che passa il tempo a leccarsi il didietro, per tacere d’altro!» sottolineò con un miagolio scontento «Scusa se non riesco a vedere il bicchiere mezzo pieno!»

«Dovresti essere più ottimista, vecchio mio! Non pensare a queste bazzecole e…»

«Bazzecole?! A te sembrano bazzecole

«… divertirti di più! Goderti la vita… vieni, ti faccio vedere come.»

Poe si avvicinò ad un grosso impianto acustico, che Finn stava giusto finendo di sistemare con l’unico occhio buono che gli rimaneva; l’altro era chiuso da un vistoso livido violaceo. Non servì chiedere chi ne fosse l’autrice.

Il pilota batté due volte sulle spalle altrui:
«Pronto?» chiese, prima di posizionarsi al centro dello spiazzo «Al mio tre! Uno, due…»

L’ex-stormtrooper accese immediatamente lo stereo e si unì al compagno.

La musica fluì rapida:
 

Mira lo que se avecina
a la vuelta de la esquina,
viene Diego rumbeando.
Con la luna en las pupilas
y en su traje agua marina
van restos de contrabando.

 

Hux strabuzzò gli occhi incredulo: Dameron e FN-2187 marciavano sul posto, ancheggiando sensualmente e fissandosi negli occhi, mentre la canzone continuava a scorrere.

«Vieni, generale Abbracci! È divertente!»


Y donde màs no cabe un alma
allì se mete a darse caña
poseido por el ritmo ragatanga

y el dijey que lo conoce
toca el himno de las doce
para Diego la canciòn màs deseada.
Y la baila y la goza y la canta



«Ma siete scemi o cosa?» ringhiò, mentre il pilota allungava languidamente la mancina in sua direzione, come fosse un invito ad unirsi «Non so nemmeno che lingua sia! Il testo è incomprensibile.»

«Gungan Antico!»

«Non mi presterò a niente di simile! Preferisco farmi scacchiare da un compattatore di rifiuti.»

Poe lo ignorò e continuò a dondolare le braccia, mentre l’assaltatore – sicuramente meno fluido – si sforzava di seguire i suoi movimenti.


Aserejè ja de jè de jebe tu de jebere
sebiunouva majabi an de bugui an de buididipi.
Aserejè ja de je de jebe tu de jebere
sebiunouva majabi an de bugi an de buididipi.



Il ritornello riecheggiò e i due presero a scambiarsi velocemente di posto, incrociando le mani, costruendo piccole zeta nell’aria. Un passo indietro e poi uno avanti e di nuovo il ripetersi di quei movimenti frenetici.

«Siete tutti pazzi» miagolò il generale, mentre allo stupore si assommava disgusto «Ren?! Che diamine pensi di fare?!»

Irresistibilmente attratto dalla musica, l’apprendista Sith si era fatto avanti e si era infilato al centro dello spiazzo, ciondolando il posteriore a ritmo. La coda ciondolò frenetica, così come il piccolo muso nero.

«Grande, Ben!» Poe non mancò di incoraggiarlo, facendo poi un cenno a due altri spettatori «Rose! Tenente carino del Primo Ordine di cui non ricordo il nome… avanti! Fatevi sotto!»

Hux sbiancò, nonostante il folto pelo rossiccio che gli copriva le guance: rimase a bocca aperta nel vedere la meccanica trascinare Mitaka al centro dello spiazzo e, dopo avergli schioccato un veloce bacio, incoraggiarlo:
«Balla anche tu, avanti!»

«Mitaka, non osare!» ruggì, scoprendo i dentini in un soffio «Ti licenzio, sai? Sei già passabile di denuncia per aver baciato una ribelle e…»

«Mi dispiace, signore… ma Rose tiene molto a noi.» fu la timida risposta dell’ufficiale.

«Che?! Ma se non la conosci neppure da dodici ore…»

«Lo so, ma… sa come vanno queste cose, no?»

No, Hux non ne aveva la benché minima idea; neppure ci teneva a scoprirlo, in effetti… Non era particolarmente pratico in affari di cuore e il concetto di “amore” gli era quasi completamente sconosciuto. Insomma, poteva facilmente applicarlo a molte cose: amava il Finalizer e il Primo Ordine; aveva amato Starkiller e persino Millicent. Amava il caffè caldo, con giusto un cucchiaino di zucchero e una punta di latte; amava il gelato, nonostante non sempre fosse possibile reperirlo nello spazio profondo. Ma… il concetto d’amore applicato ad una persona era qualcosa di piuttosto complicato. Certo, era affezionato a Phasma e anche a Mitaka e a Unamo… ma come si poteva addirittura amare un essere umano? Per tacere di un alieno. Voler passare tutta la propria vita al fianco di una stessa persona, condividendo gioie e dolori, quali: le micosi ungueali, gli aloni di sudore sotto le ascelle, le flatulenze mattutine e la calvizie? Assolutamente no! Era impossibile.

Distolse l’attenzione da quei pensieri e si ritrovò costretto a osservare quello spettacolo osceno: Dameron e Finn ancheggiavano a tempo, mentre Ren tentava di replicare le loro movenze sculettando senza ritegno. Mitaka e Rose si tenevano per le mani, ciondolando sul posto come due pensionati durante una gara di liscio. Phasma… si era semplicemente seduta accanto a lui.
Le dita correvano rapide sullo schermo di un piccolo tablet, e a tratti dall’elmo sfuggiva un:
«Mh-mh…»

Il generale scavalcò uno dei parastinchi cromati e le crollò in braccio:
«Sono tutti ammattiti!» piagnucolò, sfregando il muso nell’armatura «Solo tu, amica mia, sei ancora…» un Bip lo interruppe.Drizzò immediatamente il muso «Che… che stai facendo?» sussurrò, osservando lo schermo imbarazzato.

Il display mostrava una stanza virtuale, dove alcune bolle azzurre e viola indicavano la corretta posizione del mobilio. Il capitano aveva già sistemato una coppia di poltrone color banana e degli sgabelli di legno bianco. Il divano richiamava le stesse tonalità, mentre il logo di Design Home capeggiava in un angolo.

«Il tappeto meglio giallo oppure avorio? Sono indecisa.» gracchiò il vocalizzatore.

«Phasma…»

«Ho scoperto di avere una passione per l’arredamento interni.»

Le afferrò il bordo del casco; le unghie graffiarono leggermente la superficie argentata.
«Torna in te, ti prego! Almeno tu! Non puoi abbandonarmi a… questo!» allungò una zampa, puntando il gruppetto di ballerini che aveva improvvisato un trenino «Sei uno spietato soldato del Primo Ordine! Non posso credere che tu stia… scegliendo comodini virtuali!»

«Veramente questo è un tavolo da cocktail, generale.»

«Sì, beh…»

L’applicazione si chiuse improvvisamente e sullo schermo prese a lampeggiare una notifica urgente. Phasma aprì il messaggio e il volto preoccupato di Unamo comparve sullo sfondo:


Comunicazione urgente, da Falco Uno a Termosifone.

I comandanti sono impazziti definitivamente, ormai. Non che faccia molta differenza…Ci stiamo abituando alle loro stranezze: Hux fa cadere continuamente i portapenne dalla sua scrivania e Ren gioca con i puntatori laser dei blaster; questo, ovviamente, quando non sono impegnati a sbaciucchiarsi come due adolescenti. Pryde si è dato all’alcool.

Comunque, sanno dove siete. Hanno visto la registrazione di Organa e hanno deciso di… testuali parole: “riprenderci Millicent e Romualdo”. Non so chi sia Romualdo, ma è evidente che hanno dei sospetti. Hanno ordinato di radere al suolo la base della Resistenza che, a quanto sembra, sanno dove si trova. Hux, quanto meno, ne era piuttosto sicuro. Vogliono recuperare i gatti e distruggere tutto il resto. Ah, dimenticavo… sanno che avete l’Upsilon, quindi… hanno deciso di spostare direttamente il Finalizer e farlo atterrare sul complesso nemico.

Vi suggerisco di non farvi trovare nei paraggi quando arriveremo.
Passo e chiudo. Buona fortuna.
 

Hux fissò inorridito lo schermo; non riusciva a decidere cosa fosse peggio: i soprannomi che si erano dati? L’avvento di Millicent e del suo fresco sposo? L’infausta idea di far atterrare uno Star Destroyer ai margini di una foresta tropicale? Mitaka fidanzato? Oppure… l’improvvisata comitiva che ancora si dimenava sulle note di una nuova canzone?


They have everything for you men to enjoy
You can hang out with all the boys

It's fun to stay at the YMCA
It's fun to stay at the YMCA

 

«Dobbiamo immediatamente avvisare Organa. La base deve essere evacuata e… Mi stai ascoltando?»

«L’abatjour meglio azzurro o lilla?»

No, la cosa peggiore era sicuramente Phasma Interior Designer.

 
***
 

Leila guardò la navicella lasciare l’hangar e sollevarsi protetto da una coppia di Ala-X.

«Ultimo trasporto decollato» sentenziò attraverso il comlink «Comandante, vi ho inviato le coordinate per Crait. C’è un vecchio avamposto ribelle scavato nel fianco di una montagna. Seguite la rotta, non potete perdervi. Che la Forza sia con voi.»

«Grazie! E con il tuo spirito. Amen» la comunicazione si spense con un crepitio.

Organa fissò il gruppetto superstite.
Ren e Hux si stavano soffiando a vicenda, senza dubbio dopo l’ennesimo screzio. Finn aveva caricato trasportini, lettiere e ciotole per gatti. Phasma… era ancora indecisa se decorare un patio esterno oppure una sala da pranzo; Chewbacca le ruggiva alcuni suggerimenti, mentre Mitaka e Rose riordinavano gli ultimi set di brugole. Dameron si stava calando nella carlinga del suo veicolo, assicurando BB-8 nell’apposito scompartimento.

«Tocca a noi.» disse, attraversando il capannone ormai deserto.

«Mh, generale Organa… mi dispiace contraddirla, ma… abbiamo fatto decollare tutti i trasporti a nostra disposizione» biascicò Finn «Non aveva specificato di lasciarne uno per la nostra partenza.»

«Questo perché mi sembrava dannatamente ovvio!» la principessa si massaggiò la fronte. Ma perché doveva essere attorniata da un tale branco di idioti?

«Pensavo prendessimo l’Ala-X di Poe.»

«È  una monoposto… mi spieghi come facevamo a starci tutti quanti?!»

«Beh, magari avremmo potuto schiacciarci bene…»

«Con uno Wookie e un droide logorroico al seguito? Oh, certo!»

«Mi scusi principessa, ma senza un adeguato trasporto le possibilità di lasciare incolumi il pianeta sono una su ventisette milioni di miliardi virgola nove periodico

«Non ho chiesto il tuo parere, C3PO!»

«Chiedo perdono; pensavo che una analisi matematica l’avrebbe aiutata a riflettere

«Sai cosa sarebbe d’aiuto? Una tisana drenante e…» attaccò nuovamente Finn, ma venne zittito da una beffarda risatina.

«Questo è quello che succede quando si spreca tempo ballando canzoni improponibili mentre il Primo Ordine si organizza con la sua consueta efficacia» Hux sogghignò, ricevendo in cambio uno sbuffo a dir poco regale:

«Hai qualche idea, generale? O vuoi solo vantarti della tua fanatica organizzazione criminale?»

«Entrambe le cose» aggiunse, piegando il muso verso la nera sagoma parcheggiata appena fuori dall’hangar «Prendiamo l’Upsilon!»

Ren arricciò il naso, sdegnato:
«Eh certo! Tanto la benzina ce la metto sempre io!»
 

***
 

Rose osservò la superficie di D’Qar dall’alto, mentre l’Upsilon procedeva al decollo. La caserma della Resistenza era ridotta a poco più che un puntino sotto i loro sguardi. Lasciò scivolare le dita in quelle di Mitaka.

«Non è romantico?» sussurrò, poggiando il capo sulla spalla del tenente.

«Moltissimo, mia dilet…»

Un fastidioso segnale acustico spaccò il silenzio dell’abitacolo, accompagnato da un improvviso bagliore azzurrino. Un sonoro miagolio riecheggiò e due corpicini si afflosciarono sul pavimento, privi di sensi.

Sui collari lampeggiava una lucina rossa, mentre una voce metallica ripeteva:
Allontanamento soggetti dalla zona designata. Protocollo stordente attivato.

«Ops…» sogghignò la meccanica «Mi sono dimenticata di disinserire il gps.»


 
Angolino: Buonasera! Prometto che a breve risponderò alle recensioni che mi avete lasciato, davvero!
Vi lascio questo capitoletto appena sfornato. Poe e Finn giocano a Just Dance, sì... ho preso spunto da una recensione lasciata da Afaneia al capitolo 8. Mi ha ispirato tantissimo e ho deciso di inserire questo siparietto. Nel caso vogliate seguire le ozoni un po' "datate", ma... YMCA è intramontabile, mentre Asereje è stato il tormentone dell'estate 2002 (18 anni fa @-@) e mi sembrava caruccio metterla.rme ballerine di Poe e Finn, vi lascio di seguito i link youtube alle coreografie che ho seguito (e che sto ascoltando a loop da oggi pomeriggio, sigh). Lo so, sono can
Un grazie infinite per aver letto fin qui!

Just Dance Asereje:https://www.youtube.com/watch?v=QCKKGMfFa9c
Just Dance YMCA: https://www.youtube.com/watch?v=0SG16_kWpe0

 
 

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Capitolo 26
*** Sai, non ho mai avuto un amico ***


26. Sai, non ho mai avuto un amico


Crait aveva conquistato il terzo posto nella classifica annuale “Pianeti più inospitali” per il secondo anno consecutivo. Non gli occorreva chiedere il perché. Non vi era altro che una enorme e infinita distesa di sale bianco, che ricopriva la superficie come fosse un manto nevoso. Ad ogni passo, tuttavia, l’uniforme candore si rompeva in piccole orme scarlatte, simili a tracce di sangue. L’effetto ottenuto era il medesimo di quando si investiva un riccio lungo il ciglio della strada.

L’avamposto ribelle altro non era che un enorme hangar, ospitato in una grotta lungo il fianco d’una montagna. Brulla roccia nerastra circondava l’unico ingresso, protetto da due impenetrabili battenti scorrevoli. All’interno, l’illuminazione era prettamente artificiale. La base non era progettata per ospitare zone di comfort, refettori o altro; vi erano una sola doccia e un gabinetto, senza alcuna divisione per maschi e femmine. Naturalmente, la coda per usufruire dei servizi igienici era così lunga che conveniva mettersi in fila almeno un’ora prima dell’espletamento del bisogno fisiologico.

Hux ringraziò silenziosamente d’essere un gatto: a lui e Ren erano state destinate delle lettiere coperte, atte a garantire almeno un minimo di privacy ai due ospiti. Non che a Ren facesse differenza, ovviamente. Inoltre, potevano godere l’indubbio vantaggio di una cesta imbottita: non dovevano accontentarsi di dormire in sacchi a pelo oppure su malmesse brandine cigolanti. Ovviamente, questo non lo salvava dal russare dello Wookie, ma aveva ovviato imbottendosi le orecchie di crocchette.

Batté le palpebre e si stropicciò il muso, notando il vicino display di una consolle. Segnava le due e venticinque di notte.
Terzo giorno in questo posto di merda… pensò amaramente, grattandosi il collare con una zampa posteriore; Rose lo aveva ricalibrato, concedendo un raggio di cinque chilometri dalla base, giusto per evitare di stordirli ancora accidentalmente.

Se non fosse stato per il rumoreggiare di Chewbacca e gli astratti dibattiti che FN-2187 conduceva nel sonno, l’hangar sarebbe stato immerso in un pacifico silenzio.

Allungò una zampa, scuotendo delicatamente la spalla dell’altro gatto.
«Ren?» chiamò, ricevendo in cambio un sonoro sbuffare.

«è già mattina?»

«Non ancora…» sussurrò, ritrovandosi a fissare un’espressione decisamente irritata.

«La pianti di svegliarmi alle tre di notte?»

«Veramente sono le due e venticinque.» puntualizzò, ridacchiando al vedere l’impotenza altrui. Nonostante i continui sforzi, il cavaliere non poteva ancora utilizzare la Forza. Ogni tentativo di soffocarlo unendo i morbidi polpastrelli rosa era… decisamente tenero. Inefficace, ma tenero.  «Non riesco più a dormire.» continuò, appoggiando il volto oltre il bordo della cesta «Mi chiedevo… ti andrebbe di conversare con me?»

«Certo che no! Che razza di idee ti vengono?» incassò quella risposta piccata «Stavo facendo un sogno bellissimo e tu lo hai interrotto. In che modo pensi che potrei essere incline a… chiacchierare con te?»

«Non lo so. Sai… in realtà, c’era una cosa che volevo chiederti» uno sbuffo alle sue spalle.

«Non possiamo parlarne domani mattina?»

«No, Ren!» scosse la testa, arricciando sdegnosamente la punta del naso «Sono in fase sentimentale; approfitta di questo momento di malinconia e stammi a sentire. Non credi che dovremmo … beh… appianare un po’ le nostre divergenze d’opinione, una volta che tutto questo sarà finito?»

«Stai suggerendo che potremmo diventare amici?»

«Mh, non esageriamo ora… Pensavo di più ad una tregua, ecco. Tu non mi soffochi più con la Forza e io… prometto che proverò a tenere in maggior considerazione le tue idee. Nei mesi dispari degli anni bisestili, ovviamente…» concluse, scoccando uno sguardo incerto all’altro «Che ne dici?»

«Sai, non ho mai avuto un amico….»

«Non è quello che ho proposto.»

«…penso sarebbe davvero grazioso. Potremmo fare tutte quelle cose che fanno i veri amici, no?»

«Ren…»

«…Tipo, andare al lunapark! Adoro gli autoscontri! O a ballare tutta la notte nelle migliori discoteche di Coruscant; e ubriacarci e guidare il Finalizer con un tasso alcolemico di dieci volte oltre il limite del consentito! Sarebbe bellissimo.»

«Non ti lascerei la mia nave neppure da sobrio!»

«Ah no? Beh, allora se non vuoi essere mio amico… lo chiederò a Dameron! Lui almeno è uno che sa come divertirsi.»

Colse la figura di Ren rannicchiarsi nuovamente sul cuscino e montare un’espressione imbronciata. Sospirò, consapevole di dover cedere almeno un poco per mantenere viva la conversazione:

«Vada per gli autoscontri!» acconsentì, ricevendo immediatamente un sorriso spensierato. Bastava davvero poco per migliorare l’umore dell’apprendista Sith. Decise di proseguire «Mh… quale è la prima cosa che farai, una volta riottenute le tue sembianze umane?»

«Ah, questa è facile! Voglio iscrivermi a un corso di danza country!»

Hux lo fissò sbalordito. Si era immaginato qualcosa di ben diverso! Di più elegante, grandioso e potente. Evidentemente, però, i sogni di gloria erano soltanto propri:
«Io vorrei diventare Gran Maresciallo dell’Ordine, distruggere la Resistenza e governare sull’intera galassia.» confessò, ricevendo in cambio uno sbuffo ironico.

«Dovresti smetterla di pensare al lavoro, Hux.»

«è difficile quando non hai fatto altro per tutta una vita, sai?» distolse nuovamente l’attenzione, fissando un punto imprecisato davanti a sé. Incrociò la parete di roccia grezza e si ostinò ad osservarla come se fosse la cosa più interessante del momento «Io… non ho mai avuto molti amici. Quasi nessuno, in realtà. Ti parlo dei tempi dell’accademia, ovviamente. Ero uno studente piuttosto promettente, ma… per quanto mi impegnassi, non era mai abbastanza per mio padre.

Non avevo un buon rapporto con lui, sai? Insomma, diciamo che non avevo proprio un rapporto. Lui era… uno stronzo, sì. Uno stronzo nel senso cattivo del termine. Diceva sempre che non ero buono a nulla: troppo debole, troppo fragile, troppo insicuro. Si stancò di me molto presto, diciamo… non appena si accorse che non corrispondevo ad alcuno degli standard prefissati. Sperava che crescendo sarei cambiato, ma… non accadde nulla del genere. In fede, non gli sono mai assomigliato molto: mio padre da giovane era… robusto e forte; io… beh, vedi come sono, no? Non ora ovviamente, ma intendo… non posso dire d’essere un campione di sollevamento pesi. Comunque, a lui questo non è mai andato giù. Non ha mai perso occasione per farmelo notare: “sei debole, Armitage” mi diceva “sottile come un foglio di carta”. Sento ancora le sue parole, con la stessa intonazione aspra e delusa.

Non faceva altro che svilirmi davanti ai suoi colleghi: l’ammiraglio Brooks, Pryde… e una manciata d’altri fottuti leccapiedi che lo hanno seguito tre metri sotto terra. Persino in accademia non mi lasciava tregua. Incitava gli altri bambini a umiliarmi, a sbeffeggiarmi di continuo, a picchiarmi di nascosto. Nessuno voleva avere a che fare con me. Li ho odiati tutti, dal primo all’ultimo. Spero sempre che possano essere morti su qualche pianeta dimenticato dell’Orlo Esterno.

Capisci perché mi butto a capofitto nel lavoro? È tutto ciò che mi rimane. Il Primo Ordine è la mia casa. Voglio che prosperi e fiorisca. Vorrei che tutti vedessero cosa ho costruito, a dispetto delle loro sciocche opinioni su di me. Era tutto così dannatamente perfetto, prima che ti incontrassi! Prima che mi trovassi a dividere con te il Finalizer. È mio, Ren! Me lo sono guadagnato e Snoke non aveva alcun diritto di spaccare il comando a metà. Forse è per questo che ti odio. Non mi sei mai andato particolarmente a genio, lo confesso. Da quando sei salito a bordo, non hai fatto altro che distruggere consolle con la tua graziosa spadina; lanciare oggetti da tutte le parti, cantare di notte, soffocare costantemente me e i miei ufficiali con la Forza. Come potrei non detestarti? Fidati, è già tanto se ti concedo una tregua. Dubito potremo mai essere amici.

A parte questo, vi è anche un secondo ostacolo: tua madre. L’integerrima principessa, senatrice, generale… chiamala come ti pare. Organa è stata abbastanza chiara con me, l’altro giorno. Se anche riuscissimo a recuperare le nostre sembianze, non potremo tornare all’Ordine. Non dopo tutto questo. Tu, beh… sei fortunato! La tua augusta genitrice si prodigherà in raccomandazioni e rassicurazioni: Ben Solo, tornato alla luce, sarà pronto a chiedere perdono per i propri peccati. E… tranquillo, ti verranno sicuramente condonati e verrai eletto a nuovo messia! Il povero ragazzino traviato dal Lato Oscuro e poi tornato alla Luce. Una storia perfetta per un holo-film di terza categoria. Ma… io? Nessuno garantirà per me. L’unica possibilità che Organa mi ha offerto è barattare la pena capitale con l’ergastolo. Lì per lì, mi è sembrata una buona idea, ma… riflettendoci, che possibilità ho? Rimarrei a fissare lo stesso muro bianco, senza finestre né compagnia. Sarò costretto a mangiare gli avanzi delle cucine e a leggere i soliti quattro volumi, caritatevolmente forniti dal direttore del carcere. Immagino saranno titoli piuttosto noiosi, tipo “Storia degli insediamenti rurali di Tatooine” oppure “Biologia di Mustafar”, ammesso che vi sia qualcosa di vivo da quelle parti. E… sarà così per ogni singolo giorno della mia vita; per sempre oppure fino a che una guardia non deciderà di spararmi in testa per vendicarsi di Starkiller.

La rimpiango molto, sai? Non fraintendere: non sto per fare un esame di coscienza. Mi dispiace solo per come siano andate le cose. Sarebbe potuta essere una macchina da guerra perfetta, se non fosse stato per quel difetto all’oscillatore termico. Col senno di poi, avrei potuto studiarlo diversamente e correggere l’errore. Renderlo inattaccabile, indistruttibile! Ma… chi poteva prevedere una disfatta simile? Quella base sarebbe dovuta essere il mio lasciapassare per l’Alto Comando; per diventare Gran Maresciallo almeno. Insomma, non chiedevo molto, vero? Invece, ora è tutto andato alle ortiche. Non diventerò mai Imperatore, neppure se dovessi…»

«Rooooonf»

Hux strabuzzò gli occhi, riportando l’attenzione al compagno: questi respirava profondamente, completando il sonno profondo con un leggero russare intervallato da parole a vuoto.

«Nonno…» stava giusto dicendo «Roooonf…nh… Morte Roooooonf… passa al lato Roooonf della Forza»

Non resistette all’impulso di tirargli una zampata sul muso. L’altro si svegliò di soprassalto.

«Cioè, fammi capire…» ringhiò, arruffando il pelo rossiccio «Io ti racconto la mia storia, i miei drammi personali, le mie ambizioni e tu… dormi?!»

L’apprendista mostrò i denti in un soffio irritato:
«Non è colpa mia se la tua vita è noiosa e fa schifo! Sei un pessimo narratore.»

«Ah, naturalmente! Mi spieghi come possiamo essere amici se neppure ti sforzi di ascoltarmi?»

«Beh, ho cambiato idea e non voglio più essere tuo amico, contento?»

«Benissimo!» Hux gli girò le spalle, tornando ad accovacciarsi nella cesta «Tanto non avrei smesso di odiarti» sbottò, riducendo la voce ad un sussurro poi «Stupido fannullone!» concluse, costringendosi ad abbassare le palpebre e a cercare un sonno che ancora tardava ad arrivare.

 
***

 
«Leia?»

«Ciao Luke. Scusa se ti disturbo a quest’ora, ma so che di solito sei mattiniero.»

«Sì, beh… non così mattiniero. Sono le cinque meno un quarto, tesoro. Immagino sia qualcosa di urgente.»

«Abbastanza. Si tratta di tuo nipote.»

«No, aspetta un momento! È tuo figlio, non mio nipote. Non è possibile che sia mio nipote ogni volta che combina qualcosa di irrimediabilmente oscuro e stupido! È praticamente così da quando aveva quindici anni…»

«Sì, infatti è così. Posso continuare, per favore? Dicevo… tuo nipote si è messo in un bel guaio. A quanto pare è riuscito a farsi scippare il corpo da un gatto.»

«Stai scherzando, vero? Pff…»

«Luke non ridere, ti prego!»

«Pff…. Ahahahahhahahahahahahahahahahahahahahahahahahahahahahah»

Seguì una pausa di una decina di secondi.

«Hai finito?»

«Eheheheheheehehehehehehehehehehehehehehehhehehehehehehe»

Altra pausa.

«Luke?»

«Ohohohohohohohohohohoohohohohohohohohohohohohohohoho.»

Pausa.

«Pensi di passare tutte le vocali?»

«Me ne mancano solo due, avanti! Uhuhuhuhuhuhuhu…»

«Smettila, per favore! È una faccenda seria. In pratica, lui e quell’idiota di Hux hanno adottato una micetta, che si è rivelato essere potente nella Forza. A quanto pare, sono stati ingannati e… la gatta e il suo compagno hanno rubato i loro corpi. Ben ha perso anche i poteri.»

«Finalmente una buona notizia! A parte l’irrisorio problema di tuo figlio felino, mh… c’è altro che dovrei sapere?»

«Beh, diciamo che gli obiettivi dei due gatti non sono diversi da quelli dei loro predecessori. Sono ancora al comando del Primo Ordine; si spacciano per Kylo Ren e il generale Hux. Vogliono comunque impossessarsi dell’universo, estendere la tirannia e sconfiggere la resistenza. Ah, e bandire i cani.»

«Che cosa?! E di Obi Bau Kenobi che ne sarà?»

Leia sorrise, consapevole di aver toccato la leva giusta:
«Verrai ad aiutarci?»

«Naturalmente! Dico a Rey di preparare immediatamente i bagagli.»

«Siamo dovuti scappare da D’Qar. L’Ordine cercava Ben e… abbiamo pensato che il vecchio avamposto di Crait fosse sicuro. Ti mando le coordinate.»
 

***
 

Rey sussultò quando sentì un calcio rovesciare la sua brandina. Si ritrovò a sbattere il naso contro il freddo pavimento di pietra. Cercò immediatamente di rialzarsi, districandosi dal groviglio delle coperte ruvide.

«Sono sveglia! Sono…» scoccò una occhiata alla piccola radio sul comodino.

Lo schermo indicava le cinque di mattina. Un orario insolito, precoce anche per le battute di pesca di Skywalker. Si sfregò gli occhi, cercando di cancellare le ultime tracce di sonno.

«Maestro, che accade?» chiese, sporgendosi verso il vecchio, che stava gettando vestiti a casaccio in una sacca da viaggio.

«Dobbiamo andare immediatamente da Leia. Suo figlio si è messo in un bel guaio e ha bisogno del nostro aiuto.»

«Mh, un guaio più grosso dell’essere fuggito dall’addestramento Jedi, essersi lasciato traviare dal Lato Oscuro, essere caduto nelle grinfie di Snoke e del Primo Ordine?»

«Sì, decisamente!»

«Sarà una seccatura da gestire, allora.»

Ricevette un cenno d’assenso e una seconda bisaccia da riempire.

«Mettici dei libri» le consigliò Luke «Potrebbero servirci per studiare questo singolare caso.»

«Non vuoi dirmi di che si tratta?­­»

«No, avremo tutto il viaggio per parlare. Sbrigati a raccogliere le nostre cose.»

Rey annuì, accostandosi agli scaffali e prendendo a selezionare i titoli più interessanti. Mise da parte “Le vie della Forza” e anche “Lato Oscuro: tutto quello che c’è da sapere per non cadere in tentazione”. Abbandonò “Il manuale dei Giovani Padawan”, ritenendolo ormai superato, mentre scelse “Dizionario di lingua Sith”. Infine, le sue dita si posarono su un tomo ingiallito e sgualcito. Piegò il viso per leggere correttamente il titolo: ”La cura del gatto per negati (E altri novantanove pratici consigli per diventare Imperatori del Male)” . Lo sfilò, soffiando sul dorso per rimuovere le tracce di polvere.

«Maestro, cos’è questo?»

Luke sussultò quando scorse la copertina:
«Un antico testo Sith» mormorò, mordicchiandosi nervosamente l’unghia del pollice «E… forse la soluzione ai nostri problemi.»
 

***
 

Every limbo boy and girl
All around the limbo world
Gonna do the limbo rock
All around the limbo clock

 

Hux fissò sconsolato il centro dell’hangar, dove Poe aveva organizzato una gara di limbo per ingannare il tempo.
Naturalmente, Ren si era unito con entusiasmo, malgrado passare sotto una stecca non fosse affatto complicato in quella forma felina. Era indubbio che Dameron possedesse un’elasticità fuori dal comune. Si adattava perfettamente a qualunque livello d’altezza: si avvicinava all’asticella dondolando sapientemente i fianchi e piegava all’indietro la schiena; avanzava sicuro, sfruttando la superficie interna dei piedi per poter agilmente scivolare sotto la sbarra. il cavaliere, ovviamente, lo seguiva a ruota scuotendo continuamente zampe e coda. FN-2187 era sciolto come un ciocco di legno, ma mai quanto Mitaka e Rose, eliminati già al primo livello di difficoltà.

«Ti sta bene» sibilò all’indirizzo del malcapitato tenente, la cui sconfitta bruciava ancora sulle guance arrossate di imbarazzo «Non posso credere ti sia prestato a questo!»

«Anche Maestro Ren sta partecipando.»

«Kylo Ren è uno spostato! E non certo uno dei miei migliori ufficiali.»

«Mi dispiace, signore, ma Rose ci teneva tanto.»

«Sì, lo so… spero solo che con lei non sia una faccenda seria.» spiò in direzione della meccanica, allontanatasi per recuperare qualcosa da bere «Non sei davvero innamorato di lei, vero? Dimmi che è solo sesso, ti prego!»

Vide il giovane ufficiale abbassare lo sguardo, imbarazzato:
«Io… beh, generale… mi conosce da abbastanza, ormai. Crede davvero che sarei capace di sfruttare il cuore puro di una ragazza tanto graziosa e gentile?»

«Non è né graziosa, né gentile! E… comunque, ci ha provato anche con me.»

«Cosa…? Quando?!»

«Quando…» si interruppe. Come spiegare a Mitaka che era già stato ospite della Resistenza in qualità di Frank, l’amico d’infanzia di Poe? Soprattutto, come raccontargli che era stato lui a distruggere inavvertitamente il fianco destro del Finalizer e a far saltare in aria una delle più fornite dispense della nave? Inoltre, l’espressione del soldato conteneva una indubbia sfumatura malinconica e delusa. Si sentiva tradito da lei, forse? Oppure da lui? Dal suo venerato superiore, che anziché accettare la sua scelta, cercava di distruggere quell’amore appena sbocciato.

Scosse il muso, sbuffando:
«Mi sto davvero rammollendo» si rimproverò a bassa voce, prima di tornare a Mitaka «Stavo scherzando» mentì, sfoggiando un piccolo sorriso «Se… se credi che possa essere la donna giusta, beh… allora sono felice per te, davvero. Sarà un fidanzamento un po’ complicato, considerato che è della Resistenza e tu del Primo Ordine, ma… in fondo, sono solo un generale spogliato del suo titolo e costretto nel corpo di un gatto, forse per sempre. Immagino che il vostro matrimonio sarà il minore dei problemi» sottolineò, storcendo poi la punta del naso rosa «Però le bomboniere le fate col simbolo dell’Ordine, vero?!»

Colse un movimento ai margini del proprio campo visivo e si affrettò a tacere. Rose sedette tra di loro, porgendo al fidanzato un cocktail rosa, completato da un grazioso ombrellino e da una fettina di limone.

«Di che stavate parlando?» chiese immediatamente.

Hux agitò la coda, come a scacciare il discorso precedente. Tornò a fissare i ballerini, che nel frattempo avevano raccolto un buon numero di seguaci: diversi ribelli si erano uniti al torneo di Limbo, ma ben pochi potevano sperare di competere con la flessuosità di Dameron.

«Della gara» mentì, sottolineando il tutto con un piccolo sbadiglio annoiato «Per curiosità, dove diamine prendete questa musica oscena? Da qualche cultura sottosviluppata dell’Orlo Esterno?»

«Mh, non saprei… immagino arrivi da qualche pianeta lontano lontano, dove Poe va in missione ogni tanto. Non che mi interessi. Ai ragazzi piace e serve a tenere alto il morale.»

«Vedo…»

La competizione si stava accendendo: Dameron aveva abbassato la stecca di molto e tre quarti dei partecipanti erano ormai eliminati. Ren era convinto di poter vincere senza difficoltà. Hux era del suo stesso avviso, ma si trattenne dal far notare quanto impari fosse gareggiare con un gatto. Assorto dal pietoso spettacolo che si stava svolgendo a poca distanza, non si accorse di passi leggeri accompagnati dal tonfo ritmico di un bastone.

«Non vuoi unirti a loro, generale?»

Sussultò quando riconobbe la rugosa voce della principessa Leia. Si voltò, ciondolando il muso:
«No, grazie. Ho ancora la mia dignità. Poca, d’accordo… però la ho.»

Ricevette un sorriso grinzoso; Rose e Mitaka si fecero immediatamente da parte, lasciando l’anziana libera di accomodarsi accanto a lui.

«Ho una buona notizia.» riattaccò lei, catturando immediatamente la sua attenzione «Luke sta arrivando. Sono certa ci aiuterà a risolvere il problema.»

Non riuscì a nascondere un’espressione sollevata. Dunque, il famoso maestro Skywalker stava correndo in soccorso dello sventurato nipote e del suo… famigerato collega pluriomicida. Niente male! Piegò la testolina in un mezzo inchino:
«Ti sono grato per le tue premure.»

«Non lo faccio per te, immagino tu lo sappia.»

«Sì, ma ne trarrò comunque beneficio. Non ho motivo di sembrare irriconoscente.»

Quell’ammissione strappò un piccolo sorriso alle labbra avvizzite:
«Se non fossi un assassino e un pettegolo distruttore di film romantici, saresti quasi una piacevole compagnia.»

«Lo prendo come un complimento» si abbandonò alle fusa per qualche attimo, evidentemente soddisfatto «è un sentimento reciproco, comunque. Troverei stimolanti le nostre conversazioni, se tu non fossi chiaramente a capo della feccia rib…» si interruppe quando scorse Phasma attraversare trafelata l’hangar, con il datapad stretto al petto cromato. Si sporse, rizzandosi sulle quattro zampe «Capitano! Che succede? Comunicazioni da Unamo?» chiese, mentre la donna si fermava giusto accanto a lui e ruotava lo schermo in sua direzione.

«è una faccenda urgente e della massima priorità! Ho bisogno di un tuo parere, Hux» scandì Phasma, il timbro reso gracchiante dal casco «La poltroncina da esterno… meglio azzurra o fantasia a fiori?»


 
Angolino: 'sera! Come promesso, sto cercando di riprendere costanza con l'aggiornamento della storia. Vi ringrazio tantissimo per le recensioni, non potete capire quanto mi faccia piacere leggere i vostri pareri e gli incoraggiamenti. Ora risponderò a tutti, promesso. Nel mentre... beh, arriva la cavalleria! Mancavano Luke e Rey all'appello, ma presto saranno dei nostri. Il tempo di recuperare Obi Bau Kenobi...
Come sempre, vi ringrazio infinitamente per aver letto fin qui!
Un abbraccio a distanza,

E'ry

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Capitolo 27
*** Tenga pure il resto ***


27. Tenga pure il resto


Frank rimpiangeva amaramente i giorni dell’accademia per aspiranti piloti. Si era diplomato col massimo dei voti, ma come spesso accade ai migliori studenti… non era riuscito a trovare un lavoro che lo soddisfacesse. La maggior parte degli annunci recava la scoraggiante dicitura “Cercasi apprendista con esperienza quinquennale” e gli altri, invece, erano principalmente sostituzioni malattie o maternità.

Nulla di stabile, dunque. Aveva dovuto accontentarsi di fare da copilota ad un contrabbandiere d’armi, che lo aveva però scaricato su Coruscant dopo un affare piuttosto infruttuoso, senza neppure corrispondergli la somma pattuita. Infine, scoraggiato da quei continui fiaschi, si era deciso ad inviare il curriculum ad una nota catena di fast-food galattici. Inizialmente, era stato assunto come semplice cameriere e poi come addetto alle vendite nel reparto caffetteria. Infine, i responsabili si erano finalmente degnati di leggere il suo curriculum: un diplomato all’accademia piloti era perfetto come pony-express interplanetario. Gli avevano assegnato un mezzo – un piccolo cargo fatiscente – e lo avevano spedito a fare le consegne per tutta la galassia.

Frank controllò un’ultima volta le coordinate, mentre la sua navetta atterrava in un turbinio di sale e polvere rossa, a poca distanza da un aspro e brullo promontorio. Allontanò il casco, aggiustandosi frettolosamente l’arruffata zazzera rossiccia.

«Ultima consegna, avanti!» sospirò, prendendo dal vano bagagli un sacchettino di cartone. Rilesse indirizzo di consegna e lo scontrino «Avamposto della Resistenza, Crait. Quattordici crediti e novanta»

Controllò rapidamente che l’ordinazione non si fosse rovesciata: il panino sembrava ancora tiepido e il milkshake di latte di Bantha era intatto. Si affrettò a scendere dal trasporto.

Si avvicinò svelto ai massicci battenti metallici che chiudevano l’accesso alla caverna. Sollevò una mano chiusa a pugno, bussando rapidamente.

«Consegna per il signor Finn…» scandì annoiato, aspettando inutilmente che l’ingresso si aprisse. Sbuffò, provando nuovamente a percuotere la soglia.

«Consegna per il signor Finn…» ripeté, scorgendo poi un piccolo citofono alla propria destra. Premette due volte il campanello, snocciolando per la terza volta «Consegna per il signor Finn.»

«Glielo mando subito.» rispose una gentile voce femminile.

Frank attese, pregustando il momento in cui avrebbe scaricato quell’inutile ordinazione e sarebbe volato dritto a casa. Non vedeva l’ora di togliersi la divisa, sfilarsi gli stivaletti e immergersi in un bagno caldo. Non aveva particolari programmi per la serata: progettava di finire un paio di serie tv lasciate in sospeso e magari contattare qualche vecchio amico per una chiacchierata.

Chissà come se la passa Dameron, è un po’ che non lo sento... si disse.

Tuttavia, quel pensiero venne immediatamente accantonato quando l’uscio si schiuse, catapultando all’esterno il famigerato Finn, evidentemente impaziente di ricevere la sua cena.

Frank gli tese il sacchetto, scandendo meccanicamente:
«Sono quattordici crediti e novanta, grazie»

Vide l’uomo armeggiare con un borsello e lasciar cadere due tessere sulla sua mano: una da dieci e una da cinque.

«Tenga pure il resto!» esclamò Finn, con un sorriso compiaciuto.

Il fattorino guardò il denaro stupito, senza riuscire a trattenere una smorfia disgustata:
«Emh… sono dieci centesimi di mancia?» chiese, incredulo.

Il cliente non diede segno di cogliere il suo disagio. Al contrario, gli rifilò un vigoroso cenno d’assenso:
«Sì, certo! Sono per te, per il servizio.»

«Capisco…»

«Grazie davvero!» una mano venne sventolata in segno di saluto «Ciao, alla prossima.»

Le porte si chiusero con un tonfo secco.

Frank scosse il capo: si poteva essere più taccagni?!
 

***
 

Se Hux avesse potuto scegliere, senza dubbio avrebbe adottato un cane. In fondo, era sempre stato “tipo da cane”: la profonda lealtà e devozione per il proprio padrone li rendeva animali assolutamente stupefacenti; fedeli, sinceri e onesti fino alla punta della coda. Ciò li qualificava come assistenti perfetti per un giovane ed ambizioso ufficiale come lui. Tuttavia, guardando Obi Bau Kenobi, si chiese dove l’evoluzione avesse sbagliato: quella stupida creatura non faceva altro che abbaiare, tremare e girare su sé stesso cercando di mordersi la coda.

Come era possibile che quel barboncino decerebrato e rachitico fosse il compagno dell’ultimo maestro Jedi in circolazione? Non faceva altro che agitare quell’orribile didietro color albicocca da tutte le parti. In effetti, a ben pensarci assomigliava alle abitudini di Ren. Forse era un difetto di famiglia.

Spiò attentamente Luke Skywalker appena sbarcato dalla sua navetta. Rey lo stava seguendo carica di bagagli piuttosto ingombranti.

«Leia! Che piacere rivederti.» il Jedi allargò le braccia per stringere affettuosamente la sorella. Rey tentò di imitarlo, ma finì solo per farsi cadere una valigia sul piede.

«Sono felice di vederti anche io, mio caro.»

«Ti ho portato dei buonissimi calamaretti appena pescati.»

«Amh… splendido! Che pensiero gentile.» la principessa si affrettò a nascondere una espressione disgustata «Volete riposarvi un po’? immagino sia stato un lungo viaggio. Abbiamo solo una doccia e un bagno, quindi… se volete rinfrescarvi, vi conviene mettervi in coda per le prossime due ore.»

Due ore?!
Hux strabuzzò gli occhi a quell’idea. Doveva fermare quella follia prima che fosse tardi. Aveva aspettato abbastanza e mal tollerava tutto quel tempo sprecato. Millicent e Romualdo potevano già essere sulle loro tracce, specie dopo aver trovato la base di D’Qar abbandonata.

Tirò una zampata all’apprendista Sith:
«Ren…smettila di toelettarti e dammi una mano.»

«Volevo essere in ordine per l’arrivo dello zio…» piagnucolò l’altro.

«Beh, ora è qui… e se non ti sbrighi passeremo la prossima giornata ad aspettare che tuo zio espleti bisogni fisiologici, invece che aiutarci a sbrogliare questo guaio.»

«Quale guaio?»

Sbuffò, ciondolando il capo. Niente, la stupidità doveva essere proprio un gene nella famiglia Skywalker. O forse arrivava dalla parte Solo? Preferì non indagare, limitandosi a farsi avanti. Cercò di tossicchiare per richiamare l’attenzione dei presenti, ma gli uscì solo un rantolo indisposto.

Dameron si fece immediatamente avanti:
«Che c’è Abbracci? Non stai bene?»

Lo ignorò, puntando direttamente al Jedi. Si schiarì la voce, assumendo la postura più marziale che il suo corpo felino gli concedesse. Sollevò il muso, schioccando le fauci.

«Gentilmente, potremmo rimandare saluti, convenevoli e docce a più tardi? Vorrei ricordare ai presenti che abbiamo un grosso problema da risolvere e che abbiamo già speso fin troppo tempo in scemenze gratuite.» sibilò irritato.

Luke si avvicinò di un paio di passi, accucciandosi per fissarlo dritto negli occhi:
«Il generale Hux, suppongo. Sei proprio come ti avevo immaginato…»

«Non c’era molto da immaginare, sono stato il volto della propaganda del Primo Ordine. Tutti, in questa galassia, conoscono la mia faccia. Beh… quanto meno… quella reale, suppongo. Questa non mi appartiene, ma credo mi doni comunque.»

«…piccolo e stronzo.»

Non riuscì a trattenere un soffiare irritato:
«Vecchio e bacucco.»

«Sarà… ma da questo “vecchio bacucco” dipende la tua vita, non dimenticarlo.» l’attenzione di Luke si spostò immediatamente sul felino accanto. Lo vide acciuffare la collottola nera tra le dita e sollevare il nipote senza alcuno sforzo.

«Ben rivisto.» disse Luke e rise da solo di quella battuta orribile.

Ren si limitò a ciondolare la coda, quasi infastidito da quel trattamento:
«Non posso dire lo stesso per te, zio. Mi sembri più stempiato. Che c’è? Pescare è diventato troppo impegnativo, magari?»

«Mai quanto cercare di cavare qualcosa di decente da una zucca vuota come la tua» la mancina del Jedi si stese verso Rey «Oh, posso presentarti Rey? Ah, no… la conosci già, vero? Oh, è la Padawan più capace che abbia mai avuto. Non come qualcuno a caso, che fingeva di prendere appunti e disegnava Darth Vad… voglio dire, papà su ogni pagina del quaderno!»

Ren si dimenò, agitandosi nell’aria come un pesce appeso al ramo. Piantò le unghie nel polso del parente, che fu costretto a liberarlo con un’esclamazione stupita e addolorata.

«Stupido bamboccio!» si sentì dire, mentre riatterrava sulle quattro zampe e si allontanava indispettito.

«Non mi serve il tuo aiuto.» ringhiò scontento. I toni si accesero rapidamente.

«Invece direi proprio di sì. A meno che tu non voglia passare il resto dei tuoi giorni da gatto.»

«Beh, è meno peggio di quello che sembri!»

«A me farebbe piacere tornare alla mia forma origin…» una zampa arancione si sollevò e tornò immediatamente a nascondersi, coperta da due voci contemporaneamente:

«Stai zitto Hux!» scattarono all’unisono zio e nipote.

Leia si massaggiò la fronte: sarebbe stata una lunghissima giornata.
 

***
 

La sala conferenze della base di Crait era inesistente. Ragione per cui, per concedere alle alte cariche la giusta privacy, delle lenzuola erano state stese tra i pattini delle Ala-X. Non era esattamente come uno studio privato, ma ci si doveva accontentare. Alcune cassette erano state disposte attorno ad un tavolino improvvisato, fatto di assi di legno e scatoloni impilati. Mitaka e Rose sedevano mano nella mano, mentre Phasma aveva rinunciato al proprio posto per starsene in piedi accanto all’ingresso della tenda; naturalmente, una scusa come tante per continuare la partita a Home Design. Luke si era accomodato tra la sorella e Rey, la cui attenzione era stata contesa tra Finn e Dameron, entrambi desiderosi di sedersi accanto a lei. Hux e Ren si erano acciambellati direttamente sul pianale di legno, tra i libri che lo Jedi aveva sparso poco prima di attaccare un discorso filosofico sulle vie della Forza.

Il generale si guardò attorno, annoiato: Mitaka e Rose che si scambiavano smancerie erano forse la cosa più accattivante. Organa ascoltava il fratello con disinteresse, mentre Finn e Rey pendevano dalle sue labbra. Obi Bau Kenobi tremava sulle ginocchia del padrone; Poe costruiva navicelle piegando fogli di carta e Ren ovviamente… si leccava il posteriore, come sempre. Avrebbe dovuto abituarsi a quell’assurdo comportamento routinario ormai: sembrava che il collega non potesse proprio farne a meno e trovasse estremamente piacevole solleticarsi le chiappe con la ruvida lingua felina. Si chiese cosa sarebbe successo se mai fossero riusciti a riacquistare i loro veri corpi. Tentò di scacciare l’immaginazione, ma la figura prepotente di un Ren intento a grattarsi le orecchie con un piede vinse sulla sua buona volontà. Fu la cosa più divertente della riunione in corso.

Fissò distrattamente i titoli dei volumi posati sul tavolo, piegando il capo per poterli meglio identificare. “Dizionario di lingua Sith”, “Tutte le strade portano a Dagobah”, “Compendio del virtuoso Padawan”, “La cura del gatto per negati (E altri novantanove pratici consigli per diventare Imperatori del Male)”.
Sussultò quando lesse quelle parole. Balzò in piedi, avvicinandosi rapidamente al tomo.

«Io questo libro lo conosco!» esclamò, richiamando l’attenzione di tutti. Ignorò solo lo sbuffare di Skywalker, evidentemente seccato d’essere stato interrotto durante il suo monologo sulla Forza «è lo stesso che abbiamo scaricato sul mio datapad. Quello che abbiamo trovato nell’archivio proibito del Primo Ordine.»

«Abbiamo un archivio proibito, signore?» non rispose alla timida domanda del tenente, che gli tese prontamente il tablet già sbloccato.

Saltellò sullo schermo un paio di volte, schiacciando le icone sotto i morbidi polpastrelli rosa.
«è qui!» sentenziò, mentre una cartella rivelava diversi files posizionati sul desktop. Trovò in un lampo quello cercato e lo aprì. Il medesimo titolo capeggiò sul dispositivo. Volse uno sguardo confuso al maestro Jedi «Che significa?» chiese, mentre anche Ren tornava a farsi attento.

Luke afferrò il volume, aprendolo davanti a sé. Sfogliò rapidamente l’incipit ed il primo capitolo, fissandoli poi entrambi:
«Siete entrati in possesso di questo manoscritto?»

Hux annuì vigorosamente:
«Sì! Quando trovammo Millicent eravamo piuttosto inesperti sull’argomento felini da compagnia. Quel libro ci fornì qualche buon consiglio su ciò di cui un gatto abbisognava.» spiegò.

«Lo avete letto tutto?»

Scosse il muso. In realtà, non erano andati oltre pagina dieci.

«No» ammise «Soltanto il primo capitolo. Era… beh, quello che più ci interessava, visto che forniva spiegazioni su come prendersi cura di un micio. Non pensavamo che ci fosse altro e…»

«Non siete andati oltre?»

«In realtà, ci siamo proprio dimenticati che quel libro esistesse. Sono successe così tante cose dopo l’arrivo di Millicent! Snoke ci ha ordinato di adottare quanti più gatti possibili e… abbiamo avuto un boom di richieste d’arruolamento dopo…» tacque. Non aveva nessuna intenzione di rievocare quell’osceno messaggio che avevano trasmesso. Ricordava troppo bene il soprabito rosa che era stato costretto ad indossare, per tacere del berretto con le orecchie appuntite.

«Questo è un antico testo Sith. Parla delle straordinarie capacità incantatrici dei gatti. Mette in guardia gli adottanti incauti sui pericoli legati a queste creature. Se solo aveste proseguito la lettura, vi sareste accorti che Millicent non era altro che una fonte inesauribile di guai. Non solo perché gatta, ma anche perché potente nella Forza. Vi è  un intero capitolo dedicato ai felini utenti della Forza, tutti volti al Lato Oscuro. I gatti Jedi non esistono. È per questo che ho scelto Obi Bau Kenobi come mio animaletto da compagnia. Mai e poi mai mi sarei affidato ad un gatto! Sono creature pericolose, infide e traditrici.»

«Sì» tagliò corto Hux «Ce ne siamo accorti.»

«In ogni caso, nel libro è contenuta anche la spiegazione e la formula del rituale a cui siete stati sottoposti.» vide le dita avvizzite girare vigorosamente le pagine, sino al capitolo diciotto «Ecco qui! “Possessione di corpi umani”» recitò «Sostanzialmente, per compiere questo rituale occorre un catalizzatore energetico; viene indicato come una gemma violacea, frazionata in due pendenti. Bisogna congiungere le due metà della pietra all’interno di un tempio Sith, affinché le coscienze dei soggetti possano essere invertite. C’è anche uno schemino esemplificativo qui.»

Luke voltò il libro perché tutti potessero vedere; al centro della pagina erano disegnate due persone: una sdraiata su un altare e l’altra in piedi, giusto accanto. La figura eretta stava cercando di congiungere due ciondoli. Una serie di frecce indicava un passaggio tra gli omini: A diventava B e B diventava A, con un rapido spostamento di coscienze. Nella didascalia dell’illustrazione erano scritte parole in lingua Sith, probabilmente le stesse incise sulla mensa in pietra di Vassek.

Il Jedi si concesse un bicchiere d’acqua prima di proseguire:
«Comunque, questo rituale permette anche il passaggio della Forza da un utente positivo ad uno negativo, come avrete notato. Leia mi ha detto della tua perdita di potere, Ren» gli occhi dell’anziano caddero per un attimo sul nipote, prima di tornare alla platea «Come saprete, la cerimonia può essere svolta con o senza l’assenso dei partecipanti; in entrambi i casi, è l’officiante a decidere come veicolare la Forza e le anime. Naturalmente, il celebrante può essere coinvolto o meno nel processo: ciò significa che può essere anche esterno e non necessariamente uno dei due protagonisti del rito.»

«D’accordo» interruppe Hux, ciondolando nervosamente la coda «Sono tutte cose che già sapevamo. La domanda è: si può invertire il processo?»

«Non vedo perché no. Dobbiamo solo entrare in possesso dei vostri corpi e seguire la stessa procedura: tempio Sith, pendenti, vittime sacrificali… niente di troppo difficile.»

«Ah no? A me sembra complicatissimo!»

«Abbiamo le pietre, tanto per cominciare?»

«Le abbiamo lasciate su Vassek. Non c’è motivo di pensare che non siano ancora lì. Ai gatti non interessavano più e quel posto è completamente sperduto e disabitato. Tuttavia… dubito fortemente che Millicent si offrirà volontaria per lo scambio. Dovremmo provare a catturarla, ma sia lei che Romualdo possiedono la Forza. Noi abbiamo perso Ren e…»

«Beh, di loro possiamo occuparcene io e Rey.»

«Mh, certo... Ma dovremo ammazzarli non appena completato il rito… sono troppo pericolosi per essere lasciati a piede libero.» Hux mimò una smorfia indecisa «Siete sicuri sia fattibile?»

«Perché no?»

Mosse un passo avanti, sedendosi giusto al centro del tavolo improvvisato. Si premette una zampetta arancione al petto, soffiando una risata:
«Perché non siete riusciti ad uccidere neppure me… e io ho distrutto cinque pianeti.»

Un silenzio imbarazzato calò nell’improvvisata sala riunioni. I presenti si guardarono incerti. Hux aveva colto nel segno: malgrado l’idea di assassinarlo fosse passata più d’una volta nelle menti di tutti, nessuno l’aveva ancora realizzata. Semplicemente, era più facile concepirla su un uomo, ma… su un tenero e indifeso micetto? Il pensiero di fare del male a quella creatura era intollerabile. Non potevano semplicemente spezzargli il collo e buttarlo in un fosso. Non potevano neppure torturarlo perché svelasse i segreti del Primo Ordine, né processarlo davanti alla galassia. C’era un problema di fondo: l’aspetto grazioso del gatto fungeva fa scudo naturale.

Leia annuì controvoglia:
«Sì, il generale ha ragione. Finiremmo per farci imbambolare da quel grazioso musino e dalle fusa ricorrenti e cadremmo noi stessi vittime dei loro inganni. Dobbiamo distruggerli finché sono umani.»

«No, no… un momento! Che significa?» Hux la fissò, sconvolto. Non si rendeva conto di quello che diceva? Non poteva semplicemente ammazzarli: quei due erano i custodi dei loro corpi. Che sarebbe successo se fosse morto anche il corpo e non solo la coscienza marcia dei due usurpatori? Nulla sarebbe stato più recuperabile! Sarebbe rimasto per sempre prigioniero nelle sembianze di una simpatica gatta rossa… e costretto a sorbirsi il leccamento di terga di Ren per l’eternità «Non potete ucciderci! Cioè… Non…»

La principessa lo zittì con un cenno:
«A questo penseremo poi. Ho una idea in merito, ma… devo conferire con l’ufficiale medico. Chiamate la dottoressa Kalonia.» concluse, allontanandosi poco dopo «Siete congedati.»
 

***
 

Unamo si sporse dalla sua postazione, spiando sconsolata il ponte di comando. Pryde era talmente ubriaco d’aver improvvisato un tango con un appendiabiti, mentre il Leader Supremo e il Gran Maresciallo non facevano altro che scambiarsi tenere effusioni pubbliche. Si chiese per quanto ancora sarebbe riuscita a resistere e si pentì di non aver disertato con Phasma e Mitaka. Cercò di concentrarsi sul lavoro – una serie di scansioni biometriche richieste dall’infermeria – ma le era impossibile ignorare il continuo chiacchierare dei due comandanti. Li osservò da oltre il bordo della consolle: Hux stringeva tra le mani un curioso cilindro argentato.

«Ti piace?» stava dicendo, mostrando il pezzo al compagno «Comprata su Holo-net.»

«Pensi che funzioni?»

«Assolutamente! Non l’ho ancora testata, ma mi sembra buona.»

Vide Hux premere un pulsante e un fascio di luce rossa squarciò l’aria. La spada laser sibilò, quando il proprietario fece roteare un paio di volte.

«Vuoi squarciare qualcuno a caso?» Ren sorrise, facendo cenno ad uno stormtrooper di avvicinarsi. Ovviamente, il malcapitato finse di non vedere quel gesto e fece un rapido dietrofront, scappando nel corridoio.

«Non credo sarà necessario. Mi sembra perfetta ed è garantita cinque anni. Credo… aspetterò di usarla su Tu-Sai-Chi. Sarà divertente.»

«Come preferisci, zuccherino.»

Unamo alzò gli occhi al cielo e scosse il capo: quei due erano insopportabili. Tanto valeva tornare a concentrarsi sulle proprie mansioni e…
Sussultò quando la spia dell’interfono prese a lampeggiare insistentemente. Sollevò il ricevitore:
«Unamo» rispose, identificandosi.

«Sono FN-1234.»

«Quale dei tanti?»

«FN-1234. Ho un messaggio urgente per i comandanti.»

Annuì, aprendo la comunicazione al vivavoce. Richiamò l’attenzione del Gran Maresciallo con un cenno veloce:
«Signore, è richiesta la sua attenzione da… FN-1234.»

Il superiore spense la spada e, dopo averla appesa alla cintura, le si avvicinò con passo svelto. Prese posto sullo sgabello accanto:
«Qui Mill… Hux! Che succede?»

«Signore, ho sulla linea due un certo Frank che desidera parlarle urgentemente.»

«Passamelo.»

L’interfono gracchiò per un istante e, poco dopo, una nuova voce si intromise nella conversazione:
«Pronto?» un tono piuttosto incerto e timido, che venne immediatamente rassicurato.

«Salve! Sono il Gran Maresciallo Hux. Cosa posso fare per aiutarla?»

«Buongiorno signore, mi permetta di presentarmi. Sono Frank Butter, un fattorino. Mi occupo di consegne a domicilio su diversi pianeti, sia del Core che dell’Orlo Esterno.»

«…si?»

«Grazie a questo lavoro, tutt’altro che appagante e ben pagato, ho reperito delle informazioni che forse vi potrebbero interessare.» ci fu una pausa imbarazzata «Vorrei barattare quello che so con… un impiego migliore dell’attuale, se possibile.»

«Beh, questo dipenderà dal carico delle notizie che ci darai. Anche se sono sicura… ro… che troveremo un posto per te nel Primo Ordine.» Millicent stiracchiò un sorrisetto incoraggiante, seppure l’altro non potesse vederlo affatto «Avanti! Sputa il rospo. Sono curioso di sentire ciò che mi dirai.»

«Ebbene conosco le coordinate della base della Resistenza.»

Nascose pigramente uno sbadiglio col dorso della mancina. Quell’informazione non era più di alcuna rilevanza. Sapeva da parecchio dove si annidava la Resistenza. Aveva personalmente impostato la rotta dello Star Destroyer perché atterrasse esattamente sopra quell’ammasso di casupole malmesse e le cancellasse definitivamente.

«Sì, le conosciamo anche noi. Stiamo appunto andando su D’Qar per raderla al suolo.»

Seguì una pausa sconcertata.

«Non sono su D’Qar, ma su Crait.» riprese il fattorino, con maggior sicurezza «Ne sono più che certo. Ho consegnato di recente un ordine a un certo… Finn. Ragazzo giovane, capelli neri, carnagione scura… più taccagno di un cacciatore di taglie in bolletta! Mi ha lasciato solo dieci centesimi di mancia, diamine. E si aspetta pure che non lo spifferi in giro? Avrebbe dovuto lasciarmi almeno cinquanta crediti. Beh, magari cinquanta no, ma… venti? Quelli si, che diamine! Non puoi pretendere che ti venga consegnata la cena su un pianeta tanto orribile e al pony-express non venga elargita neppure una mancia decente. A maggior ragione se sei un ribelle fuggiasco che vive nell’ombra.»

Il Leader Supremo si avvicinò, intervenendo nella conversazione:
«Praticamente, stai… tradendo la Resistenza per una mancia inadeguata? È… splendido!» esclamò soddisfatto «Questo è lo spirito perfetto per entrare nel Primo Ordine. Ti piacerebbe diventare un pilota di Tie? Se le tue informazioni si riveleranno esatte, avrai il tuo caccia personale e potrai abbandonare quello stupido lavoro da fattorino. Che ne dici?»

Si udì un singhiozzo e un tirare su di naso:
«Oh, signore! Sarebbe magnifico, io…» il balbettio di Frank mutò in un tono più deciso e marziale «Sì signore! Non la deluderò.»

«Perfetto» esclamò il cavaliere di Ren «Inviaci le coordinate!»


 
Angolino: eccomi di ritorno con un nuovo aggiornamento. Come sempre, desidero ringraziare tantissimo voi lettori, in particolar modo: White Dahlia, ZoeLightstar, AMYpond88 e Vale_Balz. Grazie per le vostre puntuali recensioni! è un periodo un po' complesso per me. Confesso d'essere un po' giù di corda ultimamente, ma le vostre recensioni riescono sempre a risollevarmi il morale (e spesso le rileggo per tirarmi un po' su). Siete la spinta giusta per continuare questa ff e il vostro supporto mi è davvero indispensabile. Vi ringrazio dal profondo del cuore, davvero
Un abbraccio,

E'ry

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Capitolo 28
*** L’ho letto sulla carta di un cioccolatino ***


28. L’ho letto sulla carta di un cioccolatino


Da Falco Uno a Termosifone.

Siete stati scoperti di nuovo!

Qualche idiota di nome Finn ha ordinato una cena d’asporto, ma si è dimenticato di comprare il silenzio del fattorino. Il ragazzo delle consegne vi ha tradito. Ha spifferato la vostra posizione ai comandanti, che hanno prontamente cambiato i loro piani: hanno inviato su D’Qar una squadra in ricognizione, che ha confermato il completo abbandono dell’avamposto ribelle. Di conseguenza, hanno assunto come valide le informazioni del pony-express e hanno invertito la rotta.

Per farla breve, il Finalizer ora è diretto su Crait. Spero questo messaggio vi raggiunga in tempo.
 

Ps. Hux ha comprato una spada laser su Holo-net. Credo abbia intenzione di usarla non appena vi troverà.
Scappate, se potete!
 

Quattro paia di occhi si sollevarono immediatamente verso Finn, copiosamente sudato. Mitaka scosse il capo con malcelato disappunto; Hux scoppiò a piangere, maledicendo il giorno in cui avevano arruolato quell’imbecille. Ren si lasciò andare ad una sequela infinita di coloriti insulti. Phasma ripose il datapad, si alzò e marciò verso l’ex-stormtrooper con la consueta compostezza.

«FN-2187, temo sia arrivato il momento di riprogrammarti» disse, ricominciando a inseguire quel povero disgraziato per tutta la base.
 

***
 
 
L’improvvisata sala riunioni venne nuovamente sfruttata, non appena la dottoressa Kalonia indisse un secondo meeting. Si ritrovarono nuovamente riuniti attorno al tavolino malfermo, ingombro di schizzi e carte che l’ufficiale medico aveva portato con sé. La donna si guardò brevemente attorno, cercando l’attenzione dei presenti: Rey, come sempre, era pronta a prendere appunti. Finn stringeva una borsa del ghiaccio sulla faccia, particolarmente bluastra e gonfia. Phasma ammirava quel capolavoro di lividi sul volto del traditore, spettacolo più appagante persino di Design Home. Mitaka e Rose si tenevano per mano, come da copione, mentre Poe Dameron ne stava approfittando per sgranocchiare delle noccioline. Luke sedeva con aria da serafico maestro Jedi: le braccia conserte, il viso concentrato, Obi Bau Kenobi scodinzolante sulle ginocchia. Leia ricalcava perfettamente la postura del fratello, ma senza barboncino tra i piedi. Diverso, invece, era il discorso per i diretti interessati: Ben Solo sembrava più interessato a seguire il volo di un paio di moscerini; Hux sbadigliava annoiato, come avesse già formulato una propria opinione: quel piano era stupido e non meritava d’essere assecondato.

Kalonia si schiarì la voce con un colpo di tosse, fissando i due gatti:
«Vi dispiacerebbe prestare attenzione? Stiamo cercando di risolvere il vostro problema peloso, dopo tutto» li rimproverò, tornando poi a spiegare un rotolo di carta sul pianale di legno.
Indicò un paio di veloci appunti e un disegno, dove due persone munite di spada laser trapassavano nel petto i loro avversari.

«Prima di tutto…» attaccò con fare solenne «Voglio ringraziare il generale Organa per avermi dato la possibilità di partecipare a questo progetto, che richiederà la completa partecipazione di tutti voi» gettò una occhiata agli astanti, solenne «Non sarà una cosa semplice, ma è la nostra unica possibilità. Mi è stato spiegato il meccanismo del rituale Sith e la volontà di ripercorrerlo per restituire a Ben Solo e al suo amico…»

«Non sono suo amico… e comunque ho un nome!»

Ignorò le proteste del gatto rosso:
«…i propri corpi umani, strappandoli dalle grinfie degli usurpatori. Ora, scendiamo nei dettagli.» allungò la mancina, indicando Rey e Luke «Abbiamo la fortuna di avere dalla nostra parte dei Jedi talentuosi. Il Maestro Skywalker e la sua giovane apprendista sono indubbiamente la nostra migliore risorsa. Dobbiamo far sì che possano sfidare Millicent e Romualdo in un duello. Sappiamo, dalla trasmissione ricevuta da Falco Uno, che conoscono la nostra posizione e si stanno dirigendo qui. La cosa migliore è che li affrontiate in uno scontro con le spade laser. Possibilmente, cercate di vincere e di non rimanere uccisi.»

Luke annuì mesto:
«Non conosciamo le loro effettive capacità di combattimento, ma… benché io sia un po’ arrugginito, Rey è assolutamente competente e abile nell’uso dell’arma. Sono certo che non avrà difficoltà.»

La ragazza incassò la testa nelle spalle e si fece piccola:
«Amh, io… in realtà so solo pescare calamaretti. Francamente, l’idea di un vero scontro con le spade laser mi terrorizza abbastanza.»

Luke le posò una mano sulla spalla, addolcendo la voce:
«Non temere Rey. La Forza sarà con te. Affrontare la paura è il destino di un Jedi.»

«Come sei saggio, maestro!»

«In realtà, l’ho letto sulla carta di un cioccolatino…»

Kalonia batté le mani, richiedendo il silenzio:
«Non divaghiamo, per favore!» sbuffò, tornando a indicare lo schizzo al centro del foglio «Ecco il piano: Luke e Rey si occuperanno di Millicent e Romualdo. È di fondamentale importanza che durante il duello non feriate i corpi troppo gravemente.»

«O non li feriate affatto…» il miagolio scontento venne di nuovo ignorato.

«Evitate mutilazioni, decapitazioni e cose così… dovrete combattere per uccidere, però.» affermò il medico, di nuovo interrotta dalle proteste dei due felini:

«Ehi! Guardate che è del mio corpo che si sta parlando…»

«E anche del mio…»

«Torna a leccarti il didietro, Ren!»

Kalonia lanciò loro uno sguardo tagliente:
«Posso finire, per cortesia?!» ringhiò, ottenendo nuovamente il silenzio più assoluto; persino Poe smise di mangiare le sue noccioline «Grazie! Allora, dovete uccidere l’anima dei due usurpatori senza però intaccare i loro corpi, d’accordo? C’è un solo modo per farlo: un colpo dritto al cuore. Dovete essere il più precisi possibile.»

Una zampetta rossa si sollevò nell’aria:
«Perché non ci affidiamo a un cecchino?»

«Perché sono esseri dotati di Forza, non dimenticarlo. Percepirebbero la sua presenza oppure riuscirebbero a scansare il colpo. Perderemmo l’effetto sorpresa. Non possiamo affidarci alla semplice mira di un soldato. Ci occorrono dei Jedi e la precisione millimetrica di una spada laser» concluse, tornando poi a battere l’indice sul foglio di carta «Ne ho parlato con il generale Organa e lei è concorde; l’unico modo è spaccare il cuore dei nostri nemici. In questo modo, moriranno sul colpo, ma noi avremo il tempo di raccattare i corpi e immergerli nei serbatoi di Bacta prima che inizi la decomposizione e che gli organi smettano di funzionare. Li attaccheremo a dei respiratori artificiali e a delle pompe per la circolazione extracorporea. In questo modo, riusciremo a tenerli “in vita”. Tutto chiaro?»

I visi perplessi dei presenti le fornirono la giusta risposta. Tuttavia, fu nuovamente l’irritante vocetta di Hux a interromperla:
«Premesso che questo piano mi inquieta un po’…» attaccò il generale «Ci sono punti che non capisco. Primo, poniamo che vada tutto secondo copione: Rey e Luke riescono a uccidere Millicent e Romualdo con un colpo dritto al cuore. Poi? Il rituale come lo effettuiamo se non abbiamo anime da scambiare?»

«Abbiamo studiato questo punto con Organa e Skywalker. È fattibile, perché andreste ad albergare dei corpi vuoti, senza padrone. È come se andaste ad occupare un monolocale dopo che i proprietari hanno traslocato. Non si tratterebbe di uno scambio, ma di un trasferimento: le vostre anime tornerebbero nei loro corpi originari, e l’involucro felino rimarrebbe invece vuoto e senza vita.»

Un piccolo cenno d’assenso e di nuovo una domanda:
«Perfetto, seconda questione. Io e Ren potremmo anche rientrare in possesso dei nostri corpi, ma… non dureremo molto senza un cuore che batte.»

«Infatti! È qui che entrate in gioco tu e Rose» vide la meccanica riscuotersi immediatamente a quelle parole «Dovrete progettare e costruire dei cuori meccanici. Sono disposta a darvi tutto il supporto che vi servirà: fonderemo le mie conoscenze mediche e anatomiche con le vostre ingegneristiche. Utilizzeremo i container di Bacta per conservare i corpi finché i cuori sostitutivi non saranno pronti. Procederemo ad installarli poi, prima di tornare al tempio Sith per il rituale.»

Hux deglutì a vuoto, senza preoccuparsi di nascondere il proprio disagio. Doveva ammettere che come piano era buono. Terrificante, pericoloso, complicato, ma indubbiamente geniale. Provò una punta di fredda invidia: perché non era venuto in mente a lui? Era decisamente complesso e con molte variabili in gioco; era un rischio, ma non riusciva a non trovarlo stuzzicante. Era una scommessa retta solo dalle capacità di un vecchio e di una spazzina, e dalla possibilità remota che lui e Rose Tico potessero collaborare. Si sfregò la fronte con i polpastrelli rosati: pensare alle possibili implicazioni di quell’idea gli procurava fitte di emicrania; un solo passaggio sbagliato e tutto il piano sarebbe collassato irrimediabilmente.

Scosse piano il capo:
«Se qualcosa va storto, per noi sarà la fine» sussurrò, storcendo il nasino «Ci occorre una strategia di riserva, prima di…»

«Non abbiamo abbastanza tempo» lo interruppe Organa «Il Primo Ordine sta arrivando e non sappiamo quando atterrerà qui. Dobbiamo sfruttare ogni singolo minuto a nostra disposizione» la vide alzarsi e recuperare prontamente il controllo dell’assemblea, con la consueta fermezza e decisione «Vi verranno assegnati dei compiti: non sono facoltativi e non ascolterò nessuna rimostranza in merito. Luke e Rey dovranno allenarsi per poter affrontare i loro avversari al meglio: controllerò personalmente la loro attività, ma gradirei che anche Finn e Ben si unissero a noi; in qualità di utenti sensibili alla Forza, trovo che il loro supporto possa esserci utile» poi l’attenzione scivolò su Mitaka, Phasma e Poe «Desidero che il capitano Phasma supervisioni l’addestramento delle nostre truppe. Malgrado non approvi i metodi del Primo ordine, devo ammettere che il capitano Phasma possiede eccellenti doti di comando, nonché una preparazione militare non indifferente. Confido possa aiutarci a migliorare le attuali tecniche di combattimento. Il tenente Mitaka la potrà affiancare.»

Fu il turno di Phasma, ora. Interruppe Leia con un cenno imperioso e con la solita voce distorta dal casco:
«Mi occuperò dei vostri uomini. Tuttavia, sono piuttosto sicura che i miei soldati non saranno un problema. La loro fedeltà non è ciecamente rivolta al Primo Ordine, ma al loro capitano. Faranno quanto chiederò loro senza discutere.»

«Se è come dici, la fiducia dei tuoi sottoposti è ammirevole.»

«Sì, e il programma di condizionamento funziona splendidamente» Hux si intromise nuovamente, sfoggiando un sorrisetto orgoglioso «Sono d’accordo con Phasma. I nostri soldati ci obbediscono, quindi… risponderanno ad ogni ordine del capitano senza discutere. Il programma stormtrooper non ha mai avuto falle…» rivolse una occhiata sprezzante verso Finn «A parte questo qui, ma… a giudicare da quanto ha combinato col pony-express, probabilmente era semplicemente troppo idiota per poter essere un soggetto idoneo.»

Leia finse di non aver sentito, tornando a riprendere le redini della conversazione:
«Dameron… desidero che tieni pronte le squadriglie di Ala-X. Non dimentichiamoci che il Finalizer atterrerà qui. Dobbiamo essere pronti a rispondere al fuoco, tanto dell’incrociatore quanto dei Tie. Infine…» gli occhi stanchi si posarono sul gatto rosso, sul medico e sulla meccanica «Rose, Hux e Kalonia, come detto, si occuperanno della progettazione e della costruzione dei delle protesi cardiache.»

«Sempre che sia possibile…» il consueto miagolio lamentoso e polemico.

«Ne sono più che certa, generale. Hai concepito Starkiller, dopo tutto… Sono sicura che un paio di cuori saranno una passeggiata per te.»
 

***
 

Rey si accovacciò sul bordo della cassetta rovesciata, poggiando i gomiti sulle ginocchia e portando i palmi a sostenere il mento. Aveva atteso la fine della riunione pazientemente, aspettando che tutti si fossero allontanati dal separé di lenzuola, prima di fermare Leia. Sospirò incerta, guardando l’ex-principessa, rimessasi a sedere con eleganza.

«Non ti tratterrò a lungo» sussurrò, senza riuscire a sollevare lo sguardo sull’anziana «è solo che… non credo d’essere pronta, Leia. Tutta questa cosa di… combattere con le spade laser, uccidere i cattivi, Forza e rituali complicati. Io… non penso d’esserne capace. Luke ha troppa fiducia in me. La verità è che sono brava solo a rassettargli casa e pulire calamaretti. Mi ha insegnato l’uso della Forza, certo! Ma… sollevare reti da pesca è diverso dall’affrontare in duello due utenti del Lato Oscuro. Non sono sicura di poterlo fare.»

Scosse il capo, rifiutandosi di guardare in faccia la donna. Il peso della responsabilità la stava schiacciando, e temeva che – rialzando gli occhi – non avrebbe letto altro che delusione sul volto di Organa.

«Mi dispiace…» aggiunse, mentre una mano rugosa le scivolava su una spalla.

«Rey… » la voce della principessa era tinta di una sfumatura dolce «Nessuno ti sta biasimando o giudicando. Non ti abbiamo affidato un compito semplice, lo sappiamo. Ma crediamo in te, e… se c’è una persona che può farlo, quella sei tu.» una pausa e un piccolo sorriso sulle labbra avvizzite «Luke ha ragione. Affronta la paura. Solo così potrai compiere il tuo destino. Diventare Jedi è un cammino lungo e tortuoso, ricco di insidie e pericoli. Ad ogni passo puoi rischiare di inciampare e cadere. Eppure… non è importante quante volte cadi, ma quante volte riesci a rialzarti. Chi si arrende rimane vittima del Lato Oscuro. Non lasciare che il dubbio ti domini, Rey. Puoi farlo. Io ho fiducia in te e così anche Luke.»

La giovane dondolò nuovamente il capo, fissandosi i palmi delle mani:
«Come posso farlo? Non ho neppure una spada laser. Ho sempre usato quella del Maestro sino ad ora.»

«Vieni con me.»

Leia si alzò, abbandonando l’improvvisata sala riunioni per attraversare l’hangar a passo svelto. Si appoggiava al bastone con sicurezza, camminando lesta attraverso le fila di ribelli che, riconoscendola, non le mancavano mai un saluto. Passò sotto il ventre delle Ala-X, ignorando la lunga coda per i servizi igienici, sino a giungere nei pressi dell’ingresso. Piegò a sinistra, seguendo il rispettivo battente metallico sino al punto in cui scivolava nella roccia della montagna. Lì giunta, si chinò su una valigetta rettangolare, in cuoio consumato. Fece scattare i fermagli dorati, sollevando il coperchio: adagiata su un panno di velluto nero, giaceva l’elsa di una spada laser. L’anziana la afferrò con delicatezza, soppesandola un poco sul palmo, prima di tenderla alla spazzina.

«Prendila» sussurrò con un morbido sorriso incoraggiante «è per te.»

Rey sgranò gli occhi, incredula. Sollevò la destra, posandola sul manico metallico con estrema cura e venerazione. Strinse cautamente l’impugnatura, alzando l’arma davanti a sé. Premette il tasto d’accensione e una sottile lama azzurra squarciò la penombra dell’hangar.

«Io…» Rey mosse il polso e la spada crepitò nell’aria «Non posso, davvero. È  tua, Leia! Non sarò mai degna di portarla.»

Di nuovo la voce gentile cancellò quelle incertezze:
«Tienila, Rey. Solo per questa occasione. Quando avrai vinto… quando mi avrai reso il corpo di mio figlio, me la restituirai e forgerai la tua spada. Allora sarai pronta; sarai una Jedi.»

La ragazza annuì, spegnendo l’arma e agganciandola alla cintura. Gettò le braccia al collo della principessa, stringendo le spalle ossute in un abbraccio.
 
 
Angolino: eccomi con un nuovo capitolo! è un po' cortino rispetto agli altri, ma credo sia già abbastanza corposo così. Leia ha un piano, Kalonia ha i mezzi... il problema, comunque, sarà far filare tutto dritto. Al solito, vi ringrazio per aver letto fin qui. e ringrazio tantissimo per le recensioni che mi avete lasciato allo scorso capitolo: mi hanno risollevato parecchio il morale. Vi vorrei abbracciare una per una. Lo faccio a distanza, senza dubbio! Prometto che presto risponderò alle vostre scorse recensioni <3
Grazie davvero,
a presto

E'ry
 

 

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Capitolo 29
*** C’è del buono in te ***


29. C’è del buono in te


Poe accese lo stereo e le note dell’ennesima canzone si diffusero nell’hangar. Aveva già controllato personalmente ogni singola navetta, assicurandosi che i serbatoi fossero colmi e i cannoni laser carichi. Si era accertato che su ciascun cruscotto fosse presente il santino di Yoda, con la rassicurante scritta “La Forza sia con te” stampata sul retro. Aveva personalmente appeso un alberello profumato in ogni cabina e, infine, aveva radunato i piloti proprio al centro dello spiazzo.

«Signori!» esordì, assumendo una posa impettita nonostante la musica di sottofondo «è tempo di riprendere il nostro allenamento. Per troppo tempo abbiamo battuto la fiacca e ora… è tempo di svegliare i muscoli indolenziti. Nessuna gara di limbo, ma soltanto duro training per rimetterci in pista.»

Sollevò le braccia e aprì le gambe, iniziando a saltellare sul posto.

«Breve riscaldamento» proseguì «Poi… copiate i miei movimenti! Uno, due… Uno, due…» esclamò, osservando i piloti che cercavano di replicare i suoi agili balzelli «Su quelle ginocchia! Lavorate di glutei e…»

Una voce maschile gracchiò dalle casse dell’impianto:
Ohhh Zumba, Zumba
Aahhh Uhhh Zumba, Zumba
 

***
 

Dopo il settantacinquesimo giro attorno alla montagna, Daniel stramazzò al suolo. Leccò avidamente il sale di Crait, incurante dei cristalli che gli pungevano la lingua, le guance, il palmo delle mani. Aveva completamente perso sensibilità dalla vita in giù. I polpacci erano in fiamme; il sudore tingeva di macchie scuro la stoffa della maglietta, sotto le ascelle lungo il ventre e la schiena. Aveva vomitato la colazione, la cena della sera prima e il pranzo di nozze di sua sorella, consumato circa sei mesi prima. Aveva invocato una pausa, ma senza ricevere risposta. Si era sforzato di mantenere il ritmo degli altri soldati, obbligati dal terribile capitano Phasma a correre intorno alla base nelle ore più torride del primo pomeriggio. Non era il primo che si arrendeva: altri dodici soldati erano già stati portati via su barelle di fortuna.
Qualcuno stava scavando delle fosse comuni poco lontano.

Gettò una occhiata verso l’ingresso dell’hangar, volutamente lasciato aperto perché la luce filtrasse all’interno e consentisse un netto risparmio sulla bolletta. Osservò con invidia il gruppo piloti, intento a produrre coreografie pittoresche a ritmo. I ragazzi di Dameron sembravano piuttosto scatenati. Sollevò la mancina tremante, indicandoli:

«Per…favore…» sussurrò, mentre l’ombra di un’armatura cromata gli ostruiva la visuale «Capitano… possiamo anche noi?»

Sentì il disprezzo nella voce distorta dall’elmo:
«Non apprezzi i miei metodi, soldato? Posso assicurarti che questo non è che un assaggio. Gli stormtrooper sono abituati a fatiche peggiori.» la vide girare il capo e fissare il capannello di ballerini «è questo che vorresti? Ancheggiare come un’avvenente danzatrice Twi’lek? Sei un militare oppure un delicato fiorellino che vuole esprimere la propria creatività attraverso bizzarri movimenti corporei?»

«Io…»

«In piedi!»

Si sentì riacciuffare e sollevare. I suoi stivali incontrarono la scivolosa superficie del pianeta.

«Capitano, pietà…»

«Non riuscirete mai a sconfiggere il Primo Ordine, se vi comportate come dei pigri cadetti alle prime esperienze.» Phasma si girò, sollevando il pugno per richiamare l’attenzione dei superstiti, che ansimavano pesantemente e si contendevano l’ultima borraccia d’acqua «Signori! Mi rendo conto che i vostri gracili fisici da ribelli non possano reggere un duro addestramento. Per cui, vi concedo quarantacinque secondi di pausa. Dopo di che passeremo alla seconda parte del programma» sorrise da sotto l’elmo lucente «Centoquaranta addominali. Step sul posto per venticinque minuti. Sette minuti di Plank e… tre flessioni, giusto per rimanere leggeri.»
 

***
 

«No, prendi una brugola ti dico!»

«Niente affatto. Un cacciavite a stella sarà più che sufficiente.»

«Ma non vedi la testa della vite, maledizione? È esagonale.»

«E allora? Sono certa di poterla chiudere comunque.»

«No, no! Quel filetto va dall’altra parte. Non possiamo avere la giusta contrattilità se lo posizioni di sbieco.»

«Non prendo ordini da un gatto! E poi… so perfettamente quello che sto facendo.»

«Davvero? Non mi risulta.»

Kalonia sbuffò, amareggiata. Era impossibile avere a che fare con quei due:
«Per favore, possiamo concentrarci su come ottenere una corretta apertura e chiusura delle valvole semilunari?»

Il gatto rosso produsse un soffio irritato:
«Non guardare me! È questa stupida che si ostina a fare quello che vuole.
»
«Io sarei stupida?!» Rose strinse con forza l’impugnatura del cacciavite; le nocche sbiancarono.

L’ufficiale medico tentò nuovamente di placare gli animi:
«Cerchiamo di collaborare, ragazzi. Non concluderemo nulla se continuate a litigare.»

Una zampa e un indice si tesero gli uni contro gli altri:

«Ha cominciato lei!»

«Ha cominciato lui!»

Tentò nuovamente di riprendere il controllo della situazione. Spiò il progetto davanti a sé e rilesse le indicazioni e gli appunti. Tamburellò con un dito sulla carta spiegazzata:
«Qui» mormorò «Potremmo sistemare i micro stantuffi per garantire le contrazioni, senza che il metallo ne risenta. Per quanto riguarda il fascio di conduzione, ci servirebbe una rete capace di diramare l’energia a ogni distretto cardiaco e…»

«Kriff, una brugola!»

«Ho detto cacciavite!»

«Sei solo una stupida meccanica aggiustatutto! Io ho una qualifica da ingegnere! Tu è già tanto se ti sei diplomata per corrispondenza alla scuola dell’obbligo.»

«Almeno io non sono stata così ingenua da farmi fregare da un gatto! A differenza tua!»

«Crepa, Tico!»

«Fottiti, Hux!»

Kalonia si massaggiò le tempie, valutando l’idea di un prepensionamento anticipato.
 

***
 

Rey sussultò quando la lama azzurra colpì quella dell’avversario. I laser sfrigolarono nell’aria, mescolandosi e crepitando in una danza di suoni e di colori. Colse la morsa della Forza su di sé e si sentì spingere via. Atterrò qualche metro indietro. Ruzzolò sulla schiena e si rialzò prontamente, portando l’arma di nuovo davanti a sé in posizione difensiva.

«è difficile» ansimò, mentre Luke tornava ad avanzare rapido, pronto ad un secondo attacco.

Parò una rapida successione di colpi, tendendo poi la mancina per bloccare una nuova onda d’urto. Riuscì a resistere per una manciata di secondi, prima d’essere nuovamente scagliata sul terreno salino. Sollevò una mano, chiedendo una tregua:
«Un attimo, per favore. Ho bisogno di una pausa» sussurrò.

«D’acc…» il consenso del maestro venne immediatamente troncato da un miagolio beffardo:
«I tuoi avversari non ti concederanno riposo, lo sai?» Ren si accostò, ciondolando pigramente la coda «Ti staranno addosso finché non cederai. Non puoi permetterti di mostrare tanta debolezza, ragazza-spazzino»

«Mi chiamo Rey!»

«Lo so, ma ragazza-spazzino suona meglio» schioccò le fauci divertito, prima di recuperare un’espressione seria e concentrata «Comunque… stai sbagliando tutto. Beh, non proprio tutto tutto, ma… buona parte­­» rifilò un’occhiata a madre e zio, incerto «Mi è concesso darle qualche consiglio?»

Leia mosse un cenno affermativo:
«Sei qui per questo Ben…»

«Se vuoi… ma dubito che uno studente tanto pigro e indisciplinato come te possa aiutarla.» lo canzonò Luke; il gatto decise semplicemente di ignorarlo e di rivolgersi nuovamente all’apprendista.

«Allora, partiamo coi punti forti. La tua tecnica non è male. Certo, va affinata un po’, ma…»

«Ovvio, gliel’ho insegnata io!» di nuovo la fastidiosa intromissione di Skywalker.

«Ti dispiace, zio?» soffiò, gonfiando il pelo, irritato «Sto cercando di dare una mano alla cercatrice di rottami! Se tu le avessi insegnato a duellare, invece che a pescare calamaretti, ora non saremmo ridotti così» si lamentò, fissando nuovamente la principessa «Mamma… puoi portarlo a bere un caffè, per favore? È snervante averlo qui.»

Colse Leia acciuffare Luke per un braccio e trascinarlo via, tra le proteste del fratello. Tornò a concentrarsi sulla giovane, accomodandosi davanti a lei. Si trattenne dal toelettarsi il didietro, malgrado il formicolio che il sale di Crait gli induceva alle chiappe. Si limitò a grattarsi velocemente le orecchie.

«Dove sbaglio?» Rey si sedette, incrociando le gambe e posando in grembo la spada laser.

«Sei troppo sulla difensiva. Non puoi pensare di limitarti a schivare i loro colpi. Devi contrattaccare o non riuscirai a vincere. Ti prenderanno per sfinimento» spiegò pazientemente «Se fossi un tuo avversario, agirei così: ti incalzerei d’appresso, prima con movimenti semplici e lenti, perché tu creda di potermi gestire. Poi aumenterei il ritmo sino a sfiancarti. Utilizzerei una combinazione efficace di affondi di spada e Forza, per spingerti al limite e farti capitolare.» un piccolo sogghigno «Non avresti scampo contro di me.»

«Mh, non voglio essere scortese, Ben… ma te le ho già suonate in passato.»

Il gatto agitò una zampa:
«Pura fortuna del principiante. In ogni caso, non puoi basarti solo su quell’esperienza. Non sappiamo quasi nulla dei nostri avversari, se non che sono vigorosi nella Forza. Potrebbero anche essere delle capre nel combattimento ravvicinato, ma eccellenti nel gestire il potere. Non possiamo permetterci errori.»

«D’accordo. Quindi… cosa proponi?»

«Ecco la strategia: non mostrare mai le tue reali capacità sin da subito. Va bene giocare in difesa all’inizio. Fai sentire l’avversario intoccabile, sicuro e migliore di te. Inizierà a commettere errori, pensando di potersela cavare con poco» la linguetta ruvida arrivò ad umettare il nasino «Sbeffeggiare il nemico può essere d’aiuto. Punzecchialo sul vivo, tocca tasti sensibili. La rabbia può essere un buon alleato, ma devi sapere come gestirla.»

«Senza offesa, Ben… ma non mi sembri un esperto in “gestione della rabbia”, diciamo»

«Ci sto lavorando» minimizzò, con un piccolo sbuffo asciutto «A maggior ragione, comunque. È una mia debolezza, ne sono consapevole, ma… per esempio, se ti trovassi a combattere contro Romualdo, potresti schernire le sue stupide vesti.»

«Ti rendi conto che sono i tuoi abiti, vero?»

«Sì, ovviamente. Hux è convinto che siano tuniche da monaco spaziale. Non puoi capire quanto mi irriti quando parla di cose che non capisce, tipo… la moda, il senso estetico dell’abbigliamento, la praticità che si fonde all’eleganza e così via…»

«D’accordo, ho afferrato.»

«Un’altra cosa: movimenti sciolti, Rey. Sembri un ciocco di legno, quando combatti. Il gioco di gambe è fondamentale! Sei troppo impacciata, ma per fortuna… possiamo contare su qualcuno agile come il Millenium Falcon» puntò immediatamente FN-2187, fino ad ora rimasto silente in un angolo «Finn!»

L’ex-stormtrooper si rianimò subito. Un sorriso orgoglioso apparve sul volto ancora livido, mentre le mani si congiungevano al petto. Ecco, qualcuno lo considerava! Finalmente veniva apprezzato, coinvolto e non soltanto lasciato ad ammuffire come un soprammobile.

«Oh, signor Solo, grazie! Io… sarò all’altezza del compito, glielo prometto! Aiuterò Rey a migliorare, a diventare più ginnica e…»

Ma Ren scosse velocemente il muso:
«Procuraci un succo di frutta e avvisa Dameron! Abbiamo bisogno di un vero esperto» sottolineò, accennando all’hangar da cui diffondeva ancora musica latino-americana «Andiamo Rey» incalzò, prendendo a sgambettare verso la caverna «Ci serve un corso intensivo di salsa.»
 

***
 

«Mettici un bullone.»

«Ti dico che ci vuole una rondella!»
 

***

 
Daniel si lasciò cadere a pancia in giù. Guardò di sbieco l’aspirante Jedi che ballava al centro dell’hangar, seguendo le magistrali spiegazioni di Poe; i piloti avevano formato un semicerchio attorno a loro e battevano le mani a ritmo di musica. Un gatto nero ciondolava compiaciuto il didietro, leccando una ciotola di succo di more; Finn piangeva in un angolino, lamentandosi della propria inutilità e affogando il dispiacere nel cibo.

In lontananza, si udiva un curioso dibattito sulle viti autofilettanti.

Allungò una mano, tentando di afferrare il bordo della veste di Organa. Si bagnò le labbra con quel poco di saliva che gli rimaneva:
«Pietà…» gracchiò, tirando a sé la balza dell’abito «Pietà, generale. Siamo stremati… sfiniti…» sussurrò a malapena «Quella donna è un mostro. Una maniaca del fitness… ci ha costretto a fare sei chilometri di corsa sulle ginocchia. E io mai avrei pensato che potesse esistere davvero uno sport simile.»

Tacque, attendendo il responso. Il silenzio della principessa, tuttavia, lo sconcertava: Leia solitamente era comprensiva, affabile e paziente. Avrebbe certamente compreso le sue sofferenze; le avrebbe alleviate, concedendogli un giorno di riposo e un lauto pranzo perché si rimettesse in forze. Aspettò ancora, ma la sentenza tardava ad arrivare. Strisciò a carponi sino a posare le labbra sulla stoffa della tunica.

La baciò con sentimento una, due, tre volte, ripetendo:
«Mia signora, salvaci!»

Troppo tardi si accorse che stava venerando l’orlo di uno dei lenzuoli della sala riunioni.
 

***
 

«Tronchese!»

«Pinza a pappagallo!»

«Oh, Kriff! Voglio andare in vacanza!»
 

***
 

Kylo Ren balzò sulla cassetta rovesciata, al fianco dello zio. Sollevò lo sguardo al vicino volto barbuto: la fronte di Luke era imperlata di goccioline di sudore; sottili rughe contornavano gli occhi e gli angoli della bocca. Le dita callose avevano riposto la spada laser per dedicarsi all’ostinato tappo di una borraccia. Obi Bau Kenobi riposava ai suoi piedi.

Il felino ridacchiò, notando lo sforzo del parente nel cercare di svitare la bottiglietta:
«Brutta cosa l’età che avanza, vero?» lo canzonò, ricevendo in cambio un’occhiata scocciata «Un tempo saresti riuscito ad aprirla senza problemi, ma ora? Guardati! Sei solo un vecchietto che si atteggia a maestro Jedi… pff…»

«Almeno io ho ancora i pollici opponibili» fu la risposta, prima che Skywalker tracciasse un semicerchio nell’aria. Il tappo roteò su sé stesso, abbandonando la ghiera e fluttuando nell’aria «E… ops, ho anche la Forza. A differenza tua.»

Il gatto nero soffiò, decisamente contrariato. Si era avvicinato allo zio con l’intento di chiarire alcune vecchie divergenze, ma la situazione non stava evolvendo nella giusta direzione. Rinfacciargli la perdita dei poteri era un colpo davvero basso. Non che potesse biasimarlo: l’antipatia era -reciproca; eppure, in cuor suo sentiva di dover fare un passo avanti. Luke e Rey stavano davvero cercando di aiutarlo: che lo facessero per liberare la galassia dall’ennesima tirannia o per restituirgli un aspetto umano poco importava. Il fine era comune e le due cose combaciavano. Avrebbe dovuto mostrare almeno un minimo di riconoscenza, ma era così difficile trovare un accordo con il vecchio mentore! Era così supponente, irritante, saccente…

Eppure… Leia aveva chiesto a tutti la massima collaborazione. Se per recuperare un minimo di relazione con sua madre doveva passare attraverso la spocchia di Luke, beh… avrebbe ingoiato l’amaro boccone e messo da parte il proprio orgoglio. In fondo, glielo doveva: dopo essere fuggito dall’addestramento Jedi, dopo essersi arruolato nel Primo Ordine, dopo aver ceduto alle lusinghe del Lato Oscuro e aver assassinato Han Solo… il minimo che potesse fare per riallacciare il rapporto era cercare di appianare le cose con Luke. E, se proprio non voleva sminuirsi troppo, poteva fingere fosse una sfida personale: persino Hux si stava sforzando di lavorare con la Resistenza; se ci riusciva un borioso generale morto dentro a vent’anni, beh… lui non sarebbe stato da meno!

Sospirò, tendendo una zampa verso l’uomo. Lo squadrò sottecchi, ignorando la sua espressione incredula:
«Senti, zio… non voglio discutere altrimenti con te. Non siamo mai andati molto d’accordo…»

«Eri un bambino delizioso, Ben… quando avevi due anni e ti esprimevi a gesti.»

«…tuttavia, volevo solo dirti che apprezzo quello che stai facendo per me» decise di ignorare il sarcasmo altrui «Stai cercando di aiutarmi, anche se sospetto tu lo faccia più per proteggere quella sottospecie di cane che ti porti appresso che per affetto nei miei confronti.»

«Indovinato! Non permetterò a nessuno di bandire Obi Bau Kenobi su qualche pianeta dimenticato. Men che meno a un gatto che si spaccia per mio nipote.»

«Beh, fa lo stesso…» continuò, schioccando la linguetta contro il palato «Ciò che intendo… è che ti sono grato per il tuo impegno; e per quello di Rey, naturalmente. Probabilmente non merito niente del genere, ma…»

«Appunto!»

«…Voglio che tu sappia che vi ammiro moltissimo» sussurrò, lasciando vagare lo sguardo giallo altrove. Fissò con ostinazione la parete rocciosa della caverna, mentre la voce si abbassava «e che…» iniziò, tirando su con il naso. Gli occhi si coprirono di un velo umido «Mi dispiace, davvero.»

«Per cosa?»

«Per tutto! Per non essermi fidato di te; per aver ceduto a Snoke e al Lato Oscuro, per aver distrutto il tempio Jedi e aver accidentalmente ucciso gli altri studenti. Mi dispiace così tanto» una lacrima si perse nella pelliccia nera «Non sai quante volte avrei voluto poter tornare indietro e rimediare: chiederti scusa, abbandonare il Primo Ordine e ricominciare da capo! Ma… sapevo che eri arrabbiato con me; non vedevo vie d’uscita, capisci? Non potevo scappare, né fingere non fosse accaduto niente. Ho cercato di seguire gli insegnamenti di Snoke: speravo di poter diventare potente come Vader; di non avere più rimpianti o debolezze. Di potermi lasciare il passato alle spalle e risorgere come nuovo Leader Supremo. Ho sacrificato mio padre per questo. Credevo mi avrebbe convertito definitivamente al Lato Oscuro, invece… non è servito a nulla, se non a guadagnare altri rimorsi; non ha cancellato il richiamo della Luce, anzi. Lo ha paradossalmente reso più forte. Sono un disastro, zio… sia come Jedi, che come Cavaliere di Ren. Faccio schifo.» si concesse una pausa, le orecchie basse sul muso e il capo chino per la vergogna «Mi detesti, lo so. Non posso biasimarti. Ho distrutto la tua scuola, massacrato i tuoi studenti, ucciso il tuo migliore amico e spezzato il cuore di mia madre… e forse anche quello di Chewbacca, sì. Credevo avrei trovato il mio cammino tra le fiamme dell’Oscurità, invece… a che cosa mi ha portato? Ad essere un patetico gatto che piange su un passato immutabile e incancellabile. Avevi ragione, zio… sarebbe stato meglio se mi avessi trafitto con la spada, quella sera» scosse il muso, esalando un leggero sbuffo «Avresti salvato gli allievi, il tempio, Han…»

Dita callose gli scivolarono sulla fronte, accarezzandogli i ciuffetti tra le orecchie:
«Avrei perso tutto, invece. Mia sorella, Han, Chewbe e… mio nipote. Avrei perso me stesso. Non sarei stato diverso da Vader o dall’imperatore, anzi. Avrei compiuto la loro volontà, con qualche decina d’anni di ritardo. Quella debolezza è stato un passo verso l’Oscurità: l’avevo percepita crescere in te; spaventato dalle circostanze, pensai che l’unico modo per fermarla fosse distruggerti. Non è forse ciò che ho fatto? Ti ho cancellato, Ben… Ho annientato ciò che eri, ciò che amavo così profondamente: non potevo sopportare l’idea diventassi come Vader. Credevo che la morte fosse l’opzione migliore: almeno avrei salvato la tua anima. Raggiunsi il tuo capezzale con quell’intento, ma quando accesi la spada laser… mi resi conto di quanto fosse folle quel gesto; mi vergognai di quei pensieri, ma ormai era tardi. Ti eri svegliato e avevi compreso le mie intenzioni. Paradossalmente, quel piano insensato riuscì alla perfezione: uccisi Ben Solo quella notte e Kylo Ren nacque dalle ceneri e dal sangue di un tempio distrutto. Non c’è giorno in cui non lo rimpianga.»

«Credi potremmo fingere che non sia mai successo?»

«No, Ben. Non possiamo cancellare ciò che è stato, né dimenticarlo. Il dolore dei ricordi è la nostra pena da scontare: non dobbiamo sfuggirgli, ma affrontarlo. Soltanto così eviteremo di ricadere negli stessi errori. Mentire a noi stessi non servirebbe a nulla.»

«Capisco. Quindi… non c’è modo di aggiustare le cose?»

«Non si può cambiare il passato, ma la memoria è un potente strumento. Fallo tuo, conservalo. Ti impedirà di peccare di nuovo. Ti renderà un uomo migliore» la mano avvizzita scese ad accarezzargli una guancia «Ma se è il perdono che cerchi, beh… quello è una faccenda diversa. Ti ho già assolto, Ben. C’è del buono in te, come c’era in Vader. Hai cercato di sopprimerlo, di nasconderlo, convinto fosse una debolezza; eppure… alla fine è emerso. Non sei Kylo Ren, non lo sei mai stato fino in fondo: hai provato ad assecondarlo, ad aggrapparti a quella maschera sino a fonderti con essa. Non ci sei riuscito, perché tu non sei lui: non sei un burattino del Lato Oscuro; sei il figlio di Leia e di Han, sei mio nipote. Sei Ben Solo e noi siamo orgogliosi di te. Lo siamo sempre stati e lo saremo ancora.»

Il gatto si avvicinò, affondando il muso nella tunica del Jedi, nascondendo gli occhi lucidi e il leggero sussultare delle spalle. Lottò contro il nodo in gola, riuscendo a singhiozzare un:
«Ti voglio bene, zio.»

Dita ruvide gli accarezzarono la schiena, arruffando il pelo sui fianchi e sulla coda.

«Te ne voglio anche io, ragazzo.»

 
 
 
Angolino: buonasera! Eccoci alla fine del capitolo 29... le disavventure dei protagonisti proseguono, ovviamente; non sono finite, purtroppo per loro XD
Questo capitolo forse è un po' pesante alla fine, ma ci tenevo a sistemare il rapporto di Ren con Luke. Non so, il modo in cui si erano incontrati nei film... mi aveva lasciato un po' di amaro in bocca. Ma in questa storia, volenti o meno, devono collaborare e aiutarsi a vicenda; mi dispiaceva lasciarli con delle "faccende in sospeso"... e volevo che rimediassero, ecco XD e volevo che la coscienza di Ren trovasse il suo spazio e il giusto riscatto.
Mi spiace se l'ultimo pezzetto è un mappazzone. Il prossimo capitolo dovrebbe essere più leggero (spero XD)
Grazie per aver letto fin qui, per tutti i consigli e le recensioni!,.
Un abbraccio

E'ry
 
 

 

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Capitolo 30
*** Sei un genio! ***


30. Sei un genio!


Hux ruzzolò giù dal tavolo quando l’ennesimo prototipo esplose. L’onda d’urto lo spinse a terra e lo costrinse a scrollarsi i detriti metallici dal pelo arruffato. Scrollò il muso e la coda, allontanando le ultime schegge prima di balzare nuovamente sul piano di lavoro. Osservò sconsolato il piccolo cratere al centro delle assi di legno. Era il quinto cuore che salvata in aria, mentre altri tre erano stati scartati per contrattilità insufficiente. Uno si era ingolfato poco dopo l’avvio ed il rimanente non era mai partito. Spostò l’attenzione su Kalonia e Rose, intente ad inserire una batteria nell’undicesimo tentativo.

«Non funzionerà» miagolò «Nessuna delle celle energetiche provate ha dato risultati. Ne abbiamo già sperimentate di diversi tipi e tutte hanno fatto cilecca. Quelle a lento rilascio, beh… sono troppo fiacche e non reggono il ritmo. Quelle a rilascio intermedio non raggiungono il giusto grado di contrattilità. Le uniche che potrebbero funzionare sono quelle rapide, ma emettono una quantità di energia eccessiva in un lasso di tempo troppo ridotto. Risultato? La scarica è insopportabile e il cuore si trasforma in un piccolo ordigno» scosse piano il muso «Quelle celle sono ottime per spade laser e blaster, ma… non per protesi metalliche, evidentemente.»

«Non abbiamo una alternativa migliore. Riusciremo a farli funzionare, ci serve solo più tempo» scorse la meccanica collegare la batteria al sistema contrattile e chiudere lo sportello. Il cuore emise un fischio acuto, tremò e cadde sul pavimento; emise una nuvoletta acre e scoppiò in mille pezzi.

«Non possiamo impiantare una cosa del genere nei pazienti» sussurrò Kalonia, ottenendo una risatina felina.

«Soprattutto perché è del mio corpo che si sta parlando. Non vorrei recuperarlo solo per vederlo poi ridotto ad un budino» Hux si umettò il naso «Comunque, potremmo non avere “più tempo”. Il Primo Ordine potrebbe arrivare da un momento all’altro. Supponiamo che Skywalker e la ragazza spazzino…»

«Rey!»

«…riescano a sconfiggere Millicent e Romualdo. Recuperiamo i corpi, li immergiamo nella bacta e… poi? Per quanto tempo possiamo tenerli in immersione?»

L’espressione di Kalonia assunse una sfumatura ancor più preoccupata:
«Quarantotto… massimo settantadue ore. Dopo di che, inizieranno dei processi degenerativi a carico delle cellule cerebrali. Un decadimento che neppure la bacta può fermare. In pratica, il coma ti friggerà le connessioni neuronali. Quando tornerai in possesso del tuo corpo, le tue facoltà mentali potrebbero non essere più come prima.»

«Vuoi dire che diventerò stupido? Come Ren, magari…»

«Potresti. Il cervello, ormai alterato, potrebbe danneggiarsi irreparabilmente. Ciò significa che il tuo organismo sacrificherà aree che non ritiene indispensabili alla vita. In pratica, potresti mantenere tutta la tua intelligenza, i ricordi e le conoscenze, ma perdere l’uso del braccio destro. Oppure… potresti smarrire parte della tua memoria per mantenere inalterate le funzioni motorie. Non possiamo saperlo.»

«Non capisco. Perché allora non è successo nulla quando sono stato imprigionato nel corpo della mia gatta?»

«Perché il suo cervello, per quanto di dimensioni minori, non era danneggiato. E… perdona la franchezza, ma Millicent è astuta e brillante almeno quanto te. La tua mente si è perfettamente adattata al nuovo spazio. Questo potrebbe non succedere, tuttavia, se cerchiamo di spostarti in una struttura cerebrale rovinata.»

Hux crollò il muso, disperato. Era peggio di quanto pensasse. Non solo i cuori meccanici si erano rivelati un fiasco completo, ma la ricerca di una soluzione era diventata una corsa contro il tempo. Se non fossero venuti a capo di quell’inghippo, si sarebbe ritrovato ospite di un corpo semiparalizzato o completamente idiota. L’Ordine si approssimava sempre più e ogni minuto poteva rivelarsi fatale. Dovevano risolvere quel problema al più presto.

«Non abbiamo un piano B?»

«No. L’alternativa è lasciarvi così.»

Scosse nuovamente la testa. Non avrebbe accettato quel compromesso.

«Maledizione! Deve esserci un modo per far funzionare questi affari!» calciò il prototipo successivo, facendolo ruzzolare sul tavolo «Ho progettato Starkiller, sono il più giovane generale del Primo Ordine e ho conseguito il massimo dei voti in ingegneria e meccanica, durante l’Accademia. Mi rifiuto di arrendermi così» ringhiò, sollevando una zampa e indicando il resto dell’hangar «Tutti stanno facendo la loro parte!» esclamò, mentre gli occhi verdi incrociavano Dameron e Rey intenti a ballare un tango piuttosto audace. Finn sospirava tristemente, mentre Ren sculettava a ritmo di musica, tanto per cambiare; Phasma frustando le sue nuove reclute perché corressero più veloci «Beh… all’incirca…» aggiunse infine, tornando su Kalonia e Rose «Noi comunque non saremo da meno!»

Detto ciò, si tuffò nel lavoro con rinnovata fiducia e speranza.
 

***
 

«Dottoressa» Leia la accolse con un sorriso caloroso «Come procedono le vostre attività? Siete a buon punto?»

Kalonia crollò su una sedia:
«Mi dispiace, generale» sospirò «è tutto inutile. I prototipi sono perfetti, ma… non appena inseriamo la cella energetica, esplodono; o si spengono o non partono proprio. Sono inutilizzabili in queste condizioni» ammise, torcendosi nervosamente le dita «Non posso garantirle che Ben tornerà… normale, ecco.»

L’anziana si accomodò accanto a lei, prendendole le mani:
«Ho fiducia, dottoressa. So che state facendo del vostro meglio e… se questo non dovesse bastare, non importa! Ci avremo provato. Il Primo Ordine va comunque fermato; se dovessi scegliere tra mio figlio e l’intera galassia… a malincuore, saprei che decisione prenderei.»

Kalonia annuì, colpita da tanto coraggio e determinazione.

«Generale, io…» sussurrò, ma Organa le rivolse un sorrisetto furbo:

«E poi… Ben combina meno guai da gatto che da umano. Potrei anche abituarmici…»
 

***
 

Hux saltò nella cesta, acciambellandosi sul cuscino. Poggiò il muso sul bordo di vimini, fissando sottecchi Ren: il cavaliere, neanche a dirlo, si stava toelettando; fortunatamente, questa volta aveva scelto di leccarsi un piede.

«Ciao…» sussurrò, senza nascondere l’espressione imbronciata «Come stai?»

«Magnificamente!» l’inguaribile ottimismo del gatto nero gli ferì le orecchie, strappandogli una smorfia infastidita «Rey si è data un gran da fare oggi! È migliorata moltissimo, sia nell’uso della spada laser che nel gioco di gambe. Dameron è davvero un ballerino provetto. Sono bastati quattro passi di danza per renderla sciolta e sinuosa come un giunco nel vento.»

«Un…? Ma che cazzo stai dicendo?»

«L’ho letto una volta in una poesia.»

Roteò gli occhi, ingoiando una risposta amare. Litigare non sarebbe servito a nulla e doveva mantenersi concentrato e lucido, se voleva risolvere il problema delle protesi.
Decise di cambiare discorso:
«Phasma si sta dando parecchio da fare con le truppe.»

«Molto! Beh, è indubbiamente il miglior addestratore dell’universo. Mi dispiace solo per quei ragazzi finiti sotto le sue grinfie. Si vede che sono dei mollaccioni… nel Primo Ordine non sarebbero sopravvissuti un giorno, bah!»

«In effetti, il tasso di mortalità dei nostri assaltatori è comunque piuttosto alto. Non capisco come mai… eppure ho studiato personalmente il programma Stormtrooper. Non dovrebbe avere falle.»

«Tranne l’aver inserito le lezioni di tiro con armi da fuoco in orario di pausa pranzo.»

«Oh?»

«è per quello che le disertano, cosa credi? Devono scegliere se annoiarsi sparando a delle sagome di cartone o riempirsi lo stomaco con sostanziose barrette energetiche! Tra i due mali, scelgono il minore.» Ren gli rifilò un sogghigno, rigirando inconsapevolmente il coltello nella piaga «Come vanno i cuori? Confido siano pronti, ormai.»

«Confidi?!» gli sfuggì un ringhio secco «Chi ti credi di essere, Ren?...»

«Sono Ben, ora…»

«…Il Leader Supremo, per caso? Pensi di poter sindacare sul mio lavoro, magari lamentandoti dei tempi d’attesa o del leggero rumorino di sottofondo che disturba la tua meditazione quotidiana? Non sono ai tuoi ordini, Ren!»

«Ben.»

«Ben, Ren, come Kriff vuoi farti chiamare! Cos’è, ti sei ravveduto e sei passato al lato chiaro? Benissimo, sono felice per te. Quando avremo di nuovo i pollici opponibili, brinderemo alla tua salute. Fino ad allora… le tue crisi d’identità sono l’ultimo dei miei problemi» soffiò, irritato.

«Siamo suscettibili, eh?»

«Niente affatto!»

«Significa che non sono pronti, vero?»

«Sì, invece.»

«Non mentirmi, Hux. Potrei aver perso la capacità di strapparti i pensieri di testa, ma capisco quando qualcosa non ti soddisfa. Diventi isterico… più del solito, intendo.»

«Io… sì, diamine! Ho le mie buone ragioni per esserlo!» si raddrizzò, gonfiando involontariamente il pelo sulle spalle «I cuori non funzionano, Ren! Non riusciamo a trovare la giusta cella energetica. Se ne mettiamo a lento rilascio, fanno due battiti al minuto. Tre, alle volte… quelle intermedie non sono comunque sufficientemente potenti, mentre quelle veloci… beh, saltano in aria. Dovrei trovare… una via di mezzo o qualcosa che possa modulare l’energia. Qualcosa che mi permetta di ottenere il potere di una batteria a rilascio rapido, ma rendendo le scariche molto più omogenee e durature. Non possiamo impiantare delle protesi destinate a spegnersi in una decina d’anni. Ci occorre un buon margine, un lasso di tempo che ci porti almeno a settant’anni. Ottanta se saremo fortunati­­» sbuffò, dondolando nervosamente la coda «Non riesco a trovare una soluzione, non in queste condizioni, almeno. Forse, se avessi a disposizione più giorni, il mio database dell’Ordine e qualche buon testo di ingegneria, potrei…»

«Usa i cristalli di Kyber.»

Hux sgranò gli occhi. La mascella gli cadde e rimase a bocca aperta per un’abbondante manciata di secondi. Batté ripetutamente le palpebre, mentre il resto del corpo era come pietrificato. Scrollò il muso per riprendersi dall’improvvisa rivelazione.

«Puoi ripetere, scusa?» sussurrò incerto.

«Certo! Ho detto: usa i cristalli di Kyber. Modulano l’energia delle spade laser, giusto? Hai mai visto una spada laser con la batteria scarica? No, ovviamente. Ti spiego: le celle energetiche ad alta potenza sprigionerebbero una quantità di energia eccessiva, se non regolate dai cristalli. I Kyber dosano l’energia necessaria allo sviluppo della lama; così facendo, evitano che la cella si surriscaldi ed esploda; o che si esaurisca dopo pochi utilizzi.»

Non riuscì a trattenersi dal gettare le zampe al collo dell’altro, in una sorta di goffo abbraccio. Lo strinse sotto i morbidi cuscinetti, sfregando ripetutamente il muso contro la guancia altrui.

«Ren, sei un genio!» esclamò, respirando affannosamente «Oh, Kriff! Come ho fatto a non pensarci? Possiamo farlo! Ci servono solo dei cristalli di Kyber… Certo, se quell’idiota di Dameron non avesse fatto saltare Starkiller, ne avremmo un’intera miniera a disposizione» storse la punta del muso, spiando l’altro sottecchi «Altri giacimenti di cristalli di cui sei a conoscenza?»

Colse il gatto nero ciondolare la testa:
«No. Cioè… sono certo che ve ne siano in giro per la galassia, ma purtroppo i Jedi si rifornivano proprio lì, su Ilum. Possiamo chiedere a zio Luke. Comunque, sono Ben…»

«Devo informare il generale Organa, immediatamente.»

«Ma sono le tre di notte, Hux…»

«Le due e venticinque, per la precisione» scattò sulle quattro zampe, pronto a balzar fuori dalla cesta. Una dura stretta alla coda lo trattenne. Gettò una occhiata confusa all’altro felino «Ren?»

«Sono Ben e credo dovresti lasciarle riposare. Hanno avuto una giornata sfiancante. Sono sicuro che domani mattina ti ascolteranno più volentieri. Mettiti giù e dormi.»

«No! Sono troppo eccitato per dormire. Voglio andare a cercare i cristalli.»

«è notte fonda, andiamo. Domani…»

«Voglio partire alla ricerca adesso!» sbottò, balzando a terra e ignorando le proteste altrui. Zampettò rapidamente via, alla ricerca del miglior pilota della resistenza.

 
***
 

Trovare Poe in quell’ammasso di sacchi a pelo non fu difficile: dormiva rannicchiato sotto la propria Ala-X, in compagnia del piccolo droide bianco-arancio, fortunatamente spento. Hux si avvicinò di soppiatto, appoggiando le zampette sul volto dell’aviatore. Gli schiacciò ripetutamente le guance e il naso:
«Dameron!» sibilò «Dameron, svegliati. Sono Hux. Vorrei che mi accompagnassi a cercare dei cristalli di Kyber con la massima urgenza. Possiamo prendere la tua navetta, che ne dici? Sai dove si trovano, vero? Dameron?»

In cambio ottenne solo un sonoro russare.

«Oh, andiamo! Ti sto chiedendo un passaggio, solo questo. In cambio… potrai chiamarmi Hugs tutte le volte che vorrai, d’accordo? Per favore, svegliati. Ho bisogno di te.»

«Hai… bisogno di me?» La voce impastata dal sonno risuonò nell’hangar e un sorriso borioso apparve sulle labbra del pilota «Ma certo che hai bisogno di me, piccola. Tutti… hanno bisogno di … mh… Poe Dameron.»

Hux sentì una robusta mano calargli sulle spalle e spingerlo affettuosamente contro il petto del ribelle. Cercò inutilmente di divincolarsi.

«Kriff, svegliati! Sono io, sono…»

«Hai dei capelli così morbidi, tesoro» dita esperte tracciarono solchi nel suo mantello arancione, pizzicando ciocche tra i polpastrelli «Mh… sei bellissima.»

Il generale sbuffò nuovamente. Come si gestiva un pilota con attacchi di sonnambulismo romantico?

«Smettila di dormire, io…» il fiato gli mancò quando vide il volto di Dameron avvicinarsi pericolosamente al proprio, le labbra sporte alla ricerca di un bacio. Si dimenò ancora, mentre la bocca del pilota cadeva sulla sua, su parte del naso e di una guancia. Represse un conato di vomito.

«Ti amo, Dolores… mh… ti ho sempre… amata, ma… forse dovresti farti la ceretta.»

Era decisamente troppo e più di quanto il suo orgoglio potesse sopportare. Affondò i denti nel pollice del pilota, azzannandolo ripetutamente. Dameron avrebbe lavato col sangue quell’offesa! Si sarebbe svegliato oppure si sarebbe ritrovato con un dito amputato.

«Devi…» miagolò, ferendo ancora la carne «…accompagnarmi» un altro morso «…a prendere i cristal…» non finì la frase.

Percepì un corpo robusto muoversi sotto di sé e scattare in piedi; vide Poe scuotere furiosamente il braccio, finché i suoi canini non persero la presa. Si ritrovò a volare all’indietro per qualche metro, prima di sbattere contro la carlinga dell’Ala-X. L’impatto gli tolse il fiato e gli annebbiò la vista. Si sentì cadere e ruzzolò sul fondo di un bidone dell’immondizia. Il coperchio si chiuse con un tonfo sonoro.
Poi tutto divenne buio.
 

***
 

Mitaka si svegliò presto, come al solito. Si sciacquò velocemente il viso e indossò dei pantaloncini corti e una maglietta con il logo del Primo Ordine. Indossò scarpe comode e si diresse verso l’ingresso dell’hangar, dove Phasma lo stava già aspettando. Per l’occasione, anche lei aveva optato per abiti più pratici rispetto alla solita armatura; era raro vederla senza elmo, ma – se possibile – era ancora più inquietante: i capelli biondi incorniciavano un volto severo, dove il tempo iniziava già a calcare la mano; gli occhi azzurro ghiaccio possedevano un taglio ferino e una determinazione non comune. Il naso era lineare, con la punta leggermente incurvata. Le labbra sottili erano atteggiate in un sorriso feroce.

«Buongiorno tenente» lo salutò la donna, sgranchendosi le lunghe braccia oltre le spalle «Pronto per un po’ di sano jogging mattutino?»

«Certamente, capitano.»

Sorrise, lieto di poter riprendere quella sana abitudine. Solitamente, correvano per i corridoi del Finalizer. I loro allenamenti iniziavano alle sei di mattina, esattamente un’ora prima dell’inizio del turno lavorativo. Ogni giorno, percorrevano un tratto diverso; così, dopo tanti anni di servizio, entrambi potevano dire d’aver visitato tutto lo Star Destroyer.

Inserì il codice di sblocco delle porte e i due pesanti battenti della grotta presero a scorrere, aprendo uno spiraglio sufficiente per lasciar passare un paio di persone. Mitaka si affrettò fuori, respirando a pieni polmoni. Chissà come sarebbe stato correre su una distesa immensa di sale, osservando le proprie orme scarlatte spezzare l’incanto bianco del pianeta… Sicuramente un’esperienza elettrizzante. Sollevò lo sguardo, abbracciando il panorama ancora immerso nella foschia dell’alba. Poi, il sorriso gli morì sulle labbra. Le palpebre si strinsero e il cuore gli balzò nel petto. Indietreggiò di un passo.

«Phasma… avvisa il generale immediatamente.»

«Organa?»

«Organa, Hux… e qualunque altro generale ti venga in mente! Devono vederlo!»

 
***
 

Hux litigò con il coperchio della spazzatura, riuscendo a rovesciarlo al quinto tentativo. Si annusò la pelliccia, pregna dell’odore di yogurt rancido e razioni avanzate. Tuttavia, si sarebbe concesso un bagno solo dopo aver parlato con l’ex-principessa. La priorità era informarla dei nuovi sviluppi e cercare i cristalli, possibilmente con qualcuno di diverso da Dameron. La vergogna per l’incidente notturno bruciava ancora sulle sue guance, fortunatamente coperte da soffici strati di pelo arancione. Almeno nessuno l’avrebbe visto arrossire per l’imbarazzo e la confusione.

Scavalcò il bordo del bidone, balzando poi a terra. Si guardò attorno, alla ricerca di un qualunque indizio su dove potesse essere Organa. L’hangar era in completo fermento: i piloti correvano qui e là, recuperando i caschi e calandosi nei loro veicoli. I soldati erano già schierati al centro dello spiazzo, con Phasma in testa. Rose e Kalonia stavano maneggiando freneticamente con i prototipi al tavolo da lavoro, facendone esplodere più del necessario. Rey si esercitava con la spada in un silenzio concentrato. FN-2187 stava armeggiando con una holo-camera, provando a registrare.

«Ma che diamine succede?» sibilò, scattando verso un capannello raccolto sulla soglia della caverna, tra i due battenti appena dischiusi.

Aguzzò la vista, riconoscendo immediatamente Organa in quel gruppetto: impossibile non notare la postura fiera, che neppure l’età aveva scalfito; i capelli erano ancora raccolti in una crocchia composta e indossava vestiti piuttosto pratici e dal taglio militare. Aveva rinunciato al bastone, preferendo appoggiarsi al braccio del fratello.

Si mosse rapido, sgusciando tra le gambe dei presenti sino a raggiungerla. Si schiarì la voce, avendo cura di batterle un paio di volte la coda sui polpacci per richiamarne l’attenzione.

«Generale Organa» l’apostrofò, assumendo la postura più impettita che le sembianze feline gli concedevano «Ho una grande novità! Non ho ancora avuto modo di parlare con la dottoressa Kalonia e Rose Tico, ma credo d’aver risolto il problema dei cuori. Cristalli di Kyber! Mi sono consultato con Ren… Ben, insomma… quello che è! Secondo lui, potrebbe funzionare. Ci occorrono solo due cristalli da utilizzare come modulatori di energia. Ora…» fece una pausa, spiando verso il volto avvizzito della donna «… resta un solo problema. Ilum, che come sappiamo ospitava parecchie miniere di Kyber, è stato accidentalmente distrutto da voi, feccia ribelle! Un peccato, perché non avete fatto saltare solo Starkiller, ma anche la maggior fonte di Kyber dell’intera galassia. Ma…» spostò lo sguardo sul Jedi «…forse il maestro Skywalker saprebbe indicarci delle fonti alternative. Comunque, desideravo chiedere il permesso di poter decollare alla ricerca dei cristalli e…» si interruppe, osservando i volti dei due gemelli. Nessuno dei due lo stava guardando, ma entrambi tenevano l’attenzione rivolta all’orizzonte «Mi state ascoltando?» chiese, volgendo il muso nella stessa direzione.

Il respiro gli mancò. Barcollò all’indietro, sotto l’effetto di un improvviso capogiro. Batté le palpebre, incredulo. Si sforzò di cancellare quell’immagine dalla mente, ma senza successo. Il battito accelerò nel petto e un nodo gli strinse la gola. Colse un pizzicore all’angolo degli occhi e tirò su col naso. Si sentì sollevare e cingere in un abbraccio protettivo; un istante dopo, affondò il muso nella maglietta di Mitaka.

«Quando…?»

«Poco prima dell’alba» rispose Leia. La sua voce era ruvida, tinta di una malcelata sfumatura nervosa «Il Primo Ordine è arrivato. Mitaka, ti affido il generale Hux e mio figlio. Abbine cura» concluse, congedando il tenente con un rapido cenno.

Mitaka girò sui tacchi, riguadagnando rapidamente l’interno della grotta.

«Mi dispiace, signore» sussurrò, mentre il gatto rosso spiava un’ultima volta oltre le proprie spalle.

La sagoma scura del Finalizer stonava nell’azzurro del mattino. I pattini spaccavano in più punti il sale, gettando strisce rossastre nella loro stessa ombra. Le linee squadrate, la geometria perfetta, il metallo lucido la facevano assomigliare ad un rapace in paziente attesa. La prua, rivolta alla montagna, sembrava quasi la punta adunca di un becco, pronta a dilaniare le prede con ferocia. La sua eleganza era agghiacciante: stroncava sul nascere qualunque speranza; protendeva nel vuoto dita fatte di tenebra, di sconforto, di terrore.

L’aveva voluta lui stesso così: implacabile, come il nome che portava. Eppure, guardandola ora, Hux non poté fare a meno di sentirsi schiacciato. La paura gli attanagliò la bocca dello stomaco, strappandogli un piccolo singhiozzo afflitto; si rannicchiò per nascondere il tremare delle spalle, ma quel gesto non sfuggì al giovane ufficiale, che lo strinse un poco di più.

«Va tutto bene, generale» gli sussurrò Mitaka «Vi proteggeremo noi.»
 

 
Angolino: chiedo immensamente scusa per l'aggiornamento tardivo, ma sono stati giorni un po' pieni... e sono risucita a dedicarmi alla scrittura soltanto questa sera.
Vi ringrazio tantissimo per le recensioni, a cui prometto di rispondere anche se con il mio solito ritardo cronico. metto solo una piccola noticina al capitolo, anche se penso lo sappiate già tutte/i: Ilum è il pianeta su cui è stata costruita Starkiller. A quanto ho letto, era ricchissimo di cristalli di Kyber, ma... accidenti a Poe che l'ha fatto saltare in aria :P 
Ora devono trovare fonti di energia alternative. Insomma, non gliene va dritta una a questi due XD
Un abbraccio e grazie per aver letto fin qui,

E'ry
ps. Mi sono casualmente imbattuta in una gif di Oscar Isaac che balla, insieme ad altri piloti della resistenza. Non ne conoscevo l'esistenza, ma quando l'ho vista... mi si è aperto un mondo XD vi lascio il link di seguito (oppure scrivete su google Poe Dameron dancing gif e vi dovrebbe uscire <3)
Zumbaaaaa
https://i.gifer.com/9qLS.gif  
 

 

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Capitolo 31
*** Noi siamo il Primo Ordine ***


31. Noi siamo il Primo Ordine


C’era qualcosa di profondamente sbagliato nel vedere il corpo del proprio figlio usurpato da un gatto, che teneva per mano un altro gatto, ospitato nel corpo del generale Hux. Era talmente assurdo da risultare quasi grottesco e paradossale. I due uomini si fissavano dolcemente negli occhi, riportando poi l’attenzione su di lei e sul piccolo drappello di ribelli che la accompagnava.

Si erano incontrati a metà strada, tra l’ingresso della grotta e il Finalizer. Il sale di Crait si spaccava sotto le suole delle loro scarpe, sfumando nel tipico colore scarlatto. Il sole riluceva sulla superficie, facendola brillare come fosse neve. Punti di luce scivolavano sui caschi degli stormtrooper, schierati alle spalle del Leader Supremo e del Gran Maresciallo.

Leia avanzò di qualche passo, pronta ad incontrare i suoi avversari. Produsse un rapido cenno alla coppia, schioccando nervosamente le labbra avvizzite:
«Signori, immagino possiamo saltare i convenevoli.»

«Assolutamente, generale Organa. La vostra fama vi precede» fu Romualdo a parlare, la voce –  identica a quella di Ben – condita da una leggera sfumatura reverenziale «A tal proposito, immagino conoscerete il motivo della nostra visita qui. Non è nostra intenzione farvi alcun male, intendiamoci. Siamo disposti a lasciar vivere la vostra piccola resistenza, a patto che ci consegnate i due felini.»

«Intendete dire mio figlio e il suo compagno?» scosse il capo con decisione «Perché temo che la loro vita non sia negoziabile. Al contrario, è mio desiderio che restituiate i corpi che avete rubato.»

«Sapete, vero?, che non avete alcun potere contrattuale al momento?» Millicent si intromise, modulando un sorrisetto stucchevole. Quella gatta era irritante almeno quanto il suo reale proprietario.

Non si scompose, ciondolando la testa:
«Nemmeno voi» rispose decisa, accennando all’hangar oltre le proprie spalle «Se pensate che ci arrenderemo senza lottare, vi sbagliate. Combatteremo sino all’ultimo respiro, come siamo abituati a fare. Finché ci sarà anche solo una persona a tenervi testa, la fiamma della speranza non si estinguerà.»

«Vogliamo solo i vostri ospiti.»

«Non mentite. Sappiamo tutti che, comunque finirà, questo passaggio segnerà un momento storico. Oggi, su Crait si decidono le sorti dell’intero universo: soltanto uno di noi uscirà vincitore. Il Primo Ordine o la Ribellione? Nessuno può dirlo, ma certo non ci sottometteremo volontariamente al giogo. Le vostre richieste sono irragionevoli.»

«Siete voi ad essere irragionevole, principessa» di nuovo il Gran Maresciallo, che neppure si premurò di nascondere il disprezzo nella voce «Vi stiamo offrendo una scappatoia, una via di fuga. Dateci i gatti e non vi accadrà nulla. Vi lasceremo vivere.»

«E di loro che ne sarà?»

«Otterranno una fine rapida ed indolore. Accettate le nostre condizioni?»

«Affatto! Non vi permetterò di portarli via.»

«è qui che sbagliate, Organa» la mancina dell’uomo rosso si mosse nell’aria. Un plotone di stormtrooper si fece immediatamente avanti, spianando i blaster «Potete cederceli o lasciare che li catturiamo con la forza. In entrambi i casi, noi vinceremo.»

«No, affatto!» Leia schioccò le dita e i battenti metallici scivolarono, scorrendo per aprirsi e rivelando l’hangar nella sua completezza. Le Ala-X erano già schierate e pronte al decollo, mentre i soldati ribelli si mossero, correndo in direzione della loro leader «Siamo pronti ad affrontarvi, come potete vedere!»

«Non siate ridicola. Un numero di unità tale è largamente insufficiente per contrastare la potenza del Finalizer e del Primo Ordine» scorse il pugno guantato chiudersi con decisione «Vi schiacceremo come mosche e…»

«Ne dubito!» una voce metallica si intromise nel discorso. L’armatura lucente fece capolino dalle prime fila e Phasma marciò sino a raggiungere la senatrice «Ritenete di avere il controllo sui miei uomini? Non siete altro che due usurpatori. Se pensate che questi ragazzi… che io stessa ho cresciuto e addestrato… risponderanno ai vostri ordini, siete indubbiamente degli illusi.»

«Oh, davvero?» Romualdo sbuffò sprezzante «Vogliamo testare la loro fedeltà? Credi che ti ascolteranno, dopo la tua diserzione?» scoccò una occhiata alle proprie spalle, e agitò la dritta nell’aria. Immediatamente, cinque assaltatori si fecero avanti, puntando i blaster sul loro ex-capitano.

Il Leader supremo sorrise, trionfante:
«Uccidetela» comandò secco.
 

***
 

«Phasma sta cercando di farsi ammazzare!» Ren scattò sul banco da lavoro, dove Kalonia, Rose e Hux stavano tentando di adattare i prototipi al contenimento dei cristalli di Kyber. Erano riusciti a creare un alloggio metallico al centro del cuore, simile ad una piccola gabbia, e lo stavano impiantando nei due modelli definitivi.

Il gatto rosso sussultò a quella rivelazione:
«Che cosa?!»

«Sta sfidando un intero esercito da sola. È completamente impazzita.»

Hux sgranò gli occhi, incredulo. Phasma, per quanto audace e scaltra, non avrebbe mai potuto tenere testa all’intero equipaggio del Finalizer. Si era lasciata trascinare dagli eventi? Strano… di solito, era così fredda e calcolatrice…
«Dobbiamo fermarla!» fece per saltare dal tavolaccio, ma due mani lo afferrarono saldamente prima che toccasse il suolo.

«No, generale» Mitaka lo riportò sul pianale, appoggiandolo tra i progetti «Non potete uscire, rischiate solo d’essere catturati. Phasma… è in gamba e non è una sprovveduta. Abbiate fiducia in lei. Sono sicuro che saprà cavarsela egregiamente.»
 

***
 

Phasma camminò verso il modesto plotone d’esecuzione. Armeggiò con le cinghie dell’elmo, sino a rimuoverlo; lo strinse sotto il gomito sinistro, mentre lasciava cadere il blaster a terra. Sollevò il capo fiera, osservando i cinque stormtrooper con gli implacabili occhi color ghiaccio. Non abbassò lo sguardo, neppure quando li sentì rimuovere la secura dalle loro armi. Al contrario, avanzò ancora, sfidandoli apertamente.

«Sparate, avanti» ringhiò, allargando le braccia «Sono qui. Fatelo!»

Vide i soldati scambiarsi occhiate indecise.

«Ve lo renderò semplice» continuò, guadagnando altro terreno «Sono cinque metri. Pensate di riuscire a colpirmi? O devo avvicinarmi ancora?»

Non ottenne alcuna risposta. Il silenzio dominò la scena, finché l’aspra voce di Millicent non spaccò la quiete:
«Che state aspettando? Fate fuoco, dannazione!»

La donna non degnò i leader di uno sguardo, mantenendo l’attenzione sui soldati:
«A chi rispondente, uomini? A chi va la vostra lealtà?»

«Al Primo Ordine, capitano» rispose il primo FN-1234, abbassando l’arma.
Gli altri lo imitarono prontamente.

Phasma sorrise trionfante, annuendo comprensiva. Voltò le spalle alle truppe, sprezzante e decisa come al solito. Sollevò il mento, senza nascondere l’orgoglio.

Rivolse un ghigno storto a Millicent e Romualdo, che si stavano ancora scambiando occhiate confuse:
«Io sono il Primo Ordine» sentenziò, chiudendo i pugni sui fianchi con fare marziale «Voi non siete niente confronto a me. Siete soltanto due usurpatori, che non si sono neppure guadagnati la lealtà dell’esercito che pretendono di comandare. Questi soldati…» spaziò con la destra ai cinque e poi al resto dell’esercito schierato davanti al Finalizer «Rispondono a me. Non combatteranno per voi.»

Millicent ringhiò, frustrata. Distorse il volto in una smorfia rabbiosa, battendo i piedi come una bambina capricciosa:
«Non è giusto!» sbottò, riversando sulla donna uno sguardo di puro veleno «Ma… abbiamo sempre la nostra flotta di Tie! Raderemo al suolo questo postaccio e ci prenderemo i gatti. Non potete impedircelo.»

«Sì invece…» il tenente Mitaka abbandonò la soglia dell’hangar, correndo per raggiungere la collega «L’aviazione è supervisionata dagli ufficiali, come molte altre attività necessarie al buon funzionamento della struttura militare. Il Finalizer è così efficiente perché siamo noi a renderlo tale. Noi! Io, il capitano Phasma, gli ufficiali di plancia, i sottouffciali, i piloti, gli stormtrooper, il personale di servizio… Noi siamo il Finalizer! Noi siamo il Primo Ordine.­»
 

***
 

Da Falco Uno a Termosifone.
Grande discorso! Siamo tutti entusiasti qui!
Mai pensato di candidarti a Leader Supremo? Ci sapresti fare.
 

***
 

Romualdo strinse le dita, chiudendole ad artiglio. Lasciò serpeggiare la Forza attorno al collo dei due oppositori: Mitaka boccheggiò come un pesce fuor d’acqua; Phasma non si scompose, limitandosi a sistemarsi il ciuffo biondo con freddo distacco.

«Voi… non riuscirete a fermarci. Vi annienteremo e poi…» quel ringhio venne interrotto da un’onda d’urto. La Forza avversaria lo spinse all’indietro; barcollò per mantenere l’equilibrio. Abbassò le braccia, osservando sconcertato Organa che faceva lo stesso «Questa faccenda non vi riguarda, principessa!»

«Tutto mi riguarda» Leia avanzò di un passo. Malgrado non fosse particolarmente alta e la vecchiaia l’avesse resa gracile, la sua figura risultò comunque imponente. Lo sguardo indurito si posò sui due ospiti indesiderati «Ebbene, mi sembra siate in difficoltà, signori… l’esercito vi ha voltato le spalle, ma ancora non desiderate arrendervi. Vi offro io una scappatoia, dunque» una pausa, soppesando le espressioni tese e incuriosite dei nemici «Come ho detto, sarà decretato un solo vincitore quest’oggi. Ribellione e Primo Ordine non possono coesistere e quale occasione migliore per chiudere i conti? Vogliamo cancellarci vicendevolmente dalla faccia della galassia, no? In più… voi desiderate i gatti e io rivoglio indietro mio figlio. Risolviamola alla vecchia maniera: un duello che decreterà le sorti dell’universo» la destra indicò rapidamente la soglia dell’hangar, dove Rey e Luke stazionavano «Voi due contro i miei campioni»

«Skywalker e… la ragazzina?» Millicent scoppiò in una risata divertita «Li tieni davvero in grande considerazione, generale, ma… forse ci sottovaluti. Siamo entrambi vigorosi nella Forza e dubito che i tuoi amici sopravvivrebbero ad uno scontro.»

«Lo siete soltanto in quanto ladri. Avete rubato il potere di Ben.»

«Romualdo ne aveva bisogno… e comunque non intendo discutere l’etica dei rituali Sith» il Gran Maresciallo annuì poi, sigillando quell’accordo «Accettiamo la sfida. Chi perderà si sottometterà all’altro… e offrirà da bere per tutti, sì?» liberò l’impugnatura della spada laser, stringendola tra le dita sottili e accendendo la lama rossastra «Quando cominciamo?»

Leia scosse il capo:
«Non ora. Domani, a mezzogiorno.»

«Perché?»

«Ci sono delle questioni che devono essere prima risolte. Inoltre, desidero che tutti e quattro arriviate riposati e concentrati all’incontro. Non si dica che sono stata ingiusta perché vi ho sfidato senza darvi la possibilità di riprendervi dal viaggio.»

«Mh… è gentile da parte tua. Sei davvero una donna d’onore, degna del titolo che porti» la spada laser si spense con un sibilo «Affare fatto! A domani, allora.»

Millicent prese il consorte sottobraccio e tornò a dirigersi verso lo Star Destroyer, superando Phasma e Mitaka senza degnarli di uno sguardo.

Leia osservò le due sagome nere svanire poco dopo, inghiottite dalle armature bianche degli stormtroopers, in procinto di ritirarsi.
«A domani» sussurrò infine «E che la Forza sia con noi.»
 

***
 

Rey si accomodò su una cassetta, sospirando pesantemente. L’hangar era immerso nella più totale oscurità. La maggior parte delle persone era scivolata in un sonno profondo. Luke si era allontanato per meditare, suggerendole di fare altrettanto; tuttavia, non riusciva a trovare la giusta concentrazione. L’imminenza del duello la rendeva agitata, iperattiva e assolutamente refrattaria al sonno. Dopo aver percorso una ventina di volte l’intera larghezza della grotta, si era infine acciambellata sulla scatola di legno, giusto accanto alla reale causa di tutto quel pasticcio.

«Ben?» sussurrò, allungando la destra per scuotere un poco le nere spalle feline «Sei sveglio?»

«Adesso sì» pigolò il gatto, senza preoccuparsi di nascondere uno sbadiglio «Che vuoi, Rey? Sono le tre di notte.»

«Le due e venticinque!»

Quella correzione non lo sorprese più di tanto. Si limitò a scoccare un’occhiata alle proprie spalle, sibilando:
«Non dormi mai, Hux?»

«Non alle due e venticinque…»

«L’ho notato, grazie!» sbottò il cavaliere, tornando in un attimo alla Padawan «Dicevamo?» la incalzò, osservandola stringersi le gambe al petto e montare un leggero broncio.

«Non riesco a riposare. Sono… così preoccupata, Ben! Ho paura di fallire. Di non riuscire a sconfiggere i miei avversari, di deludere il maestro Skywalker, di non poter recuperare il tuo corpo e… di costringere la galassia all’eterno dominio del Primo Ordine.»

«Non sarebbe nemmeno una prospettiva così funesta, se a capo dell’Ordine ci fossi ancora io.»

«Stai zitto Hux!» due voci, all’unisono, rispedirono il gatto arancione a rannicchiarsi nel cestino.

Kylo Ren sospirò, meditando se soffocare l’altro con il cuscino. A conti fatti, l’assenza di Forza era frustrante: non poteva strangolare il generale a piacere e questo, evidentemente, era un grosso problema. L’altro si stava prendendo un po’ troppe libertà, tra cui interromperlo e sfotterlo continuamente. Un tempo non si sarebbe permesso tanto… e, in caso contrario, Ren gli avrebbe dolorosamente ricordato quale era il suo posto e la deferenza che gli doveva. Scoccò una occhiata al compagno, intento a borbottare insulti a bassa voce; non potergli leggere nella mente era frustrante e, al tempo stesso, un toccasana: i pensieri di Hux erano sempre così rumorosi da risultare spesso fastidiosi; inoltre, raramente erano gentili nei suoi confronti. Per lo più, indugiavano sulla sua inettitudine e incapacità di contenere scoppi d’ira. In effetti, non poterli percepire doveva essere un sollievo; invece… era solo avvilente. Moriva dalla curiosità di sapere cosa passasse per l’intricato cervello dell’ufficiale, specialmente in quelle occasioni. Se solo avesse potuto spaccarlo in due come un melone ben maturo…

Ah, ma che sto dicendo? Si chiese, vergognandosi immediatamente di quel flusso d’idee Ormai sono diventato buono, giusto? Sono passato al lato chiaro. Non dovrei desiderare di soffocare Hux con la Forza, per quando sia un antistress perfetto per me.

Abbandonò quelle elucubrazioni, tornado alla ragazza, che lo stava ancor fissando speranzosa. Allungò una zampetta, poggiandola contro un polpaccio e sfregano piano, in un gesto di conforto:
«Ascoltami…» attaccò, il tono dolce e comprensivo «è normale essere agitati, ma abbiamo fiducia in te. Non fallirai. Ma… se anche fosse, se anche non dovessi riuscire a spuntarla, ricorda che nessuno di noi ti giudicherà.»

«Io sì.»

«Vuoi tacere, maledizione?! Sto cercando di confortarla» soffiò, mostrando i denti all’altro felino, prima di tornare alla donna «Non dargli retta, Rey… da quando lo conosco, non fa altro che arieggiare il cervello aprendo la bocca a sproposito.»

«Ha ragione, però…» colse la ragazza sganciare la spada laser dalla cintura e soppesarla sul palmo «Leia mi ha dato questa. È sua… mi ha chiesto di restituirgliela, una volta che avrò recuperato il tuo corpo, ma… se dovessi fallire? Se non riuscissi a riaverti indietro, non credo potrei sopportare la sua delusione e quella del maestro Skywalker.»

«Non accadrà! Abbi fede in te stessa. È normale avere paura, ma ricorda… la paura è la via che conduce al Lato Oscuro e, credimi, io ne sono un esperto» la fissò sottecchi «Cerca di essere positiva. Stai costruendo qualcosa, non lo stai demolendo, giusto? Quindi sii propositiva. Pensare negativamente non ti condurrà lontano. Non ti nascondo che Millicent e Romualdo sono avversari temibili, ma… non invincibili. Puoi farcela Rey! Lo crediamo tutti… a parte Hux, ma la sua opinione non ci interessa, giusto?» la vide sorridere leggermente, come se si stesse infine sciogliendo.

Colse un sospiro scocciato alle proprie spalle e, poco dopo, si vide affiancare dal gatto rosso.
Hux si acciambellò accanto a lui, schioccando le labbra:
«Non è vero che non credo in te» ammise il generale, con una leggera smorfia incerta «è solo che… statisticamente, hai una possibilità su un milione di farcela. Tuttavia… è comunque meglio di zero, no?»

«Non sei di grande aiuto, sai?» sibilò Ren, ma l’altro lo ignorò.

«Perché? Ho solo sviscerato dei numeri, ma…» Hux scivolò sulle ginocchia della Padawan, spiando il suo volto chino «…se non avessimo fiducia, non saremmo qui. Saremmo fuggiti prima dell’arrivo dell’Ordine. Organa non ti avrebbe coinvolta, se pensasse che sei una schiappa; se lo ha fatto, è perché hai una possibilità. Una su un milione… ma non ce ne occorrono di più, giusto? Sarà sufficiente, ragazza-spazzino. Soltanto… fai del tuo meglio. Male che vada, non riavremo indietro i nostri corpi. Non è una grande perdita…»

«E la galassia?» la voce di Rey tremava ancora di incertezza.

«Ha sempre trovato il modo di andare avanti e rialzarsi. Lo ha già fatto, no? La guerra non è un fatto nuovo per questo universo; ha superato la corruzione della Repubblica, la sconfitta dell’Impero, la nascita del Primo Ordine… sopravvivrà ancora, con o senza di noi» una zampetta arancione batté un paio di volte sulla tunica spiegazzata «Puoi farcela Rey. Siamo con te… e lo saremo fino alla fine.»
 

***
 

Dopo poco, la ragazza si ritirò, tornando al suo sacco a pelo e lasciandoli nuovamente soli. Hux sbadigliò, rannicchiandosi sul fondo del cestino.

«Buonanotte Ren» salutò, ricevendo in cambio uno sbuffo sorpreso.

«Sono Ben…»

«Ben, Ren, quello che è…»

«Sai… sono rimasto davvero colpito dal tuo discorso. Non credevo ne fossi capace. Hai rassicurato Rey e le hai infuso nuova speranza.»

«Beh, non sono diventato generale leccando il culo dei miei superiori o per semplice nepotismo, sai?»

«Ah, no?»

«Mh, magari in piccola parte sì, ma… il resto me lo sono guadagnato; saper tenere discorsi motivazionali è uno degli elementi cardine del mio lavoro. Incoraggiare le truppe prima della battaglia aumenta le probabilità di successo di un abbondante venticinque per cento. Potrebbe sembrare un’inezia, ma se ci pensi bene è…»

«Credi davvero in quello che hai detto?» lo interruppe il cavaliere.

«Che? Assolutamente no! Le seghe mentali di madamigella Jedi non mi toccano minimamente! Né il destino della galassia. Voglio solo che uccida quei traditori e recuperi i nostri corpi!»

«Ora ti riconosco! Egoista fino in fondo, eh?» colse un leggero sorriso ironico «Ero preoccupato, Hux… temevo la compagnia di Dameron ti avesse rammollito… o che ti fosse caduta una tegola in testa.»

«Non sono mica una mezza calzetta come te, che alla prima occasione abbraccia il Lato Chiaro» una pausa e una smorfia pensierosa «Ren…»

«Sono Ben.»

«…i cuori definitivi sono pronti. Abbiamo introdotto un alloggiamento per il cristallo, ma… non abbiamo Kyber a disposizione. Hai chiesto a Skywalker dove possiamo reperirne?»

«Sì. Pare ci siano dei cristalli su Mygeeto, ma si tratta di risorse molto limitate. Dobbiamo capire dove sono localizzate rispetto alla superficie del pianeta e poi cercare eventuali giacimenti.»

«Bene… perché non ci rimane molto tempo. Una volta ottenuti i corpi, dovremo immergerli nella bacta per poterli preservare; da allora, abbiamo settantadue ore per poter impiantare le protesi.»

«Altrimenti?»

«Le cellule cerebrali subiranno un processo di deterioramento e potremmo rinvenire completamente scemi, paralizzati o non svegliarci affatto. Capisco che per te l’idiozia non sia un grosso problema, ma posso assicurarti che io la trovo terrificante.»

Colse il compagno sospirare pesantemente e accucciarsi sul fondo del cestino:
«Mai una volta che rechi buone notizie, eh? Porti un po’ sfiga, te lo hanno mai detto?»

«Fanculo Ren!»

«Sono Ben. Comunque, non vedo alternative. Partiremo non appena il duello sarà finito. Preghiamo la Forza che ci faccia trovare presto i cristalli o sarà stato tutto inutile.»


 
Angolino: buonasera! Torno con un rapidissimo aggiornamento. 
Come sempre, sono in debito per le recensioni che costantemente mi lasciate. Vi ringrazio tantissimo, perchè riescono sempre a tirarmi su di morale.
Beh, che dire? Siamo alla resa dei conti ormai... e la fine si avvicina, già. Sto pensando ad un eventuale sequel e qualche idea sta già prendendo forma, sperando possa piacervi come idea. Ma... sarà il finale a dirlo, mi sa.
Grazie per aver letto fin qui, 
Hugs a tutte/i!

E'ry

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Capitolo 32
*** Siate con me ***


32. Siate con me


Finn strinse una ciambella tra i denti, correndo verso la zona antistante all’hangar; la holo-camera frusciava, segno che la diretta era già cominciata.

«Finn… stai proiettando il suolo di Crait a tutta la galassia!» strillò una voce in cuffia, forandogli i timpani.

«Lo sho… lo…shh…» la brioches gli cadde dalle labbra e si spiaccicò sul terreno. Il sale la erose immediatamente, riducendola ad una poltiglia affatto invitante «Maledizione! Era il mio pranzo» borbottò.

«Non ci interessa!» il tono perentorio di Leia spezzò le sue esigenze culinarie «è un momento estremamente delicato, questo! Comunque vada, oggi si scriverà una pagina di storia. L’intero universo guarderà il duello finale. Il tuo unico compito è quello di trasmettere immagini decenti e… perdi tempo mangiando ciambelle?»

«Chiedo scusa generale, ma… sono affamato.»

«Non puoi trattenerti? Mangerai dopo!»

«Ma… mi brontola lo stomaco» si lagnò, mentre un deciso borbottio saliva dalle sue viscere. Pregò che non si fosse sentito attraverso il microfono della camera.
«è un ordine, soldato! Non accetterò recriminazioni.»

Finn sospirò, consapevole che discutere non avrebbe portato alcun risultato. Organa sapeva essere terribilmente vendicativa, quando non si seguivano le sue direttive. Imbracciò la videocamera e portò l’occhio destro al rispettivo oculare, puntando l’obiettivo. Produsse una rapida panoramica: inquadrò l’ingresso dell’hangar e il fianco della montagna in cui era scavato. Salì verso il cielo terso, dove il sole risplendeva placido, scendendo poi alla sagoma scusa del Finalizer. Infine, focalizzò l’attenzione al centro dello spiazzo, dove quattro figure si fronteggiavano. Concesse a Rey un lungo primo piano, passando poi al suo diretto avversario: il Leader Supremo stava finendo di aggiustarsi delle mollettine per capelli, così da impedire che le spettinate ciocche ebano gli cadessero negli occhi; Luke Skywalker lo stava fissando come se avesse davanti un vero e proprio mentecatto; il Gran Maresciallo sorrideva bieco accanto al suo consorte.

Con un sonoro “Zwoosh” quattro lame si accesero e il familiare ronzio spaccò la quiete di Crait. Il cuore balzò nel petto dell’improvvisato cronista, che dovette appellarsi a tutto il proprio coraggio per non fuggire a gambe levate. Si costrinse a rimanere piantato sul posto, inquadrando attentamente la scena.

«Si aprano le danze» sussurrò l’ex-stormtrooper, mentre i contendenti scattavano gli uni contro gli altri.
 

***
 

«Non posso guardare!» Hux nascose il muso contro la spalla del compagno, lasciando che il pelame nero gli oscurasse la vista.

L’intera Resistenza si era assiepata sull’apertura della caverna, scrutando attentamente il duello. Poe aveva tentato di imbastire un giro di scommesse clandestino, ma Leia lo aveva prontamente fermato. Mitaka si era stretto a Rose che, orgogliosa e preoccupata per quanto accaduto al suo innamorato, gli aveva fornito prontamente una coperta e del brodo caldo. Phasma si era nuovamente lanciata su Design Home, completamente disinteressata ai fatti. Kalonia – dopo aver concluso le modifiche alle ultime protesi – si era accostata a Leia, porgendole il braccio per sostenerla.

La tensione era palpabile. Un centinaio di sguardi era puntato ai combattenti. Piccoli sussurri serpeggiavano tra le fila, troppo bassi per essere uditi o per spezzare la concentrazione generale. Soltanto Ben Solo sembrava terribilmente di buon umore.

«I have always been a fortress
Cold secrets deep inside
You have secrets, too
But you don't have to hide
»

«Ren! Ti sembra il momento migliore?» il gatto rosso soffiò, ricevendo in cambio una scrollata di spalle.

«Sono…»

«Ben! Lo so, l’ho capito! Non mi interessa.»

«Show yourself
I'm dying to meet you
Show yourself
It's your turn
»

«Smettila di cantare!»

«è un incoraggiamento per Rey…»

Hux alzò lo sguardo al cielo, sbuffando per l’ennesima volta. Forse al cavaliere non serviva un cuore metallico, quanto più un cervello nuovo. Magari avrebbe potuto trovare un Gungan disponibile per un trapianto. Dubitava che l’intelligenza dell’altro andasse molto oltre quel livello.

«Punto primo: da qui non può sentirti» sollevò una zampa, come a stoppare il quesito successivo. Ignorò il “Pensi che debba cantare più forte?”, proseguendo poi «Punto secondo: forse non te ne sei ancora reso conto, ma stiamo per morire. Comunque vada questo scontro, noi schiatteremo…  e visto che sono costretto ad assistere alla mia stessa dipartita, vorrei almeno un minimo di rispetto e raccoglimento.»

«Capisco» l’apprendista Sith scosse frettolosamente il muso «Scusami… intonerò qualcosa di più adatto.»

«Cosa? No, non…»

La vocetta di Ren coprì immediatamente le sue proteste:

«Near, far, wherever you are
I believe that the heart does go on»

«Ti prego…» Hux colse un leggero singhiozzo alla propria destra: Leia aveva cavato un fazzoletto e si stava asciugando abbondanti lacrime «Generale Organa, per favore… ci stavano in due sulla stramaledetta porta!»

Nessuno stava più ascoltando le sue proteste. Un modesto coro di voci si era unita a quella di Ben Solo. Dameron aveva cavato un accendino di tasca e lo stava agitando nel vuoto, la fiammella che tremolava debole nella luce del mattino. Altri piloti lo avevano imitato, mentre Mitaka e Rose si guardavano romanticamente negli occhi, ripetendo frasi sconnesse del tipo: “Salti tu, salto anche io.”

Phasma, ovviamente, era concentrata sulle fantasie disponibili per i tappetini da doccia.

«Once more you open the door
And you’re here in my heart
And my heart will go on and on
»

Hux scosse tristemente il muso, arrendendosi: non si poteva nemmeno morire in pace!
 

***
 

Le spade cozzarono ancora una volta.

Millicent sogghignò, sfrontata:
«Sei lento per me, vecchio!» esclamò, allungando la destra per generare un’onda d’urto con la Forza. Luke resistette, respingendo quell’attacco al mittente.

«Ho ancora qualche asso nella manica» Skywalker si slanciò in avanti, roteando l’elsa. La lama azzurra incontrò quella rossa. Il Gran Maresciallo deviò il fendente e si preparò a contrattaccare. Luke balzò all’indietro, richiamando il proprio potere per sollevare un turbinio di sale attorno all’avversario. Osservò l’usurpatore barcollare all’indietro, come destabilizzato. Tentò un affondo, ma nuovamente l’arma avversaria bloccò il suo colpo.

«Non c’è speranza per voi» ancora quell’irritante vocetta stridula. Il Jedi non riuscì a nascondere una smorfia infastidita.

«Dovresti chiacchierare di meno e combattere di più» sottolineò, concedendosi una rapida occhiata verso Rey.

La ragazza era in difficoltà: Romualdo la stava incalzando, sfruttando la sua inesperienza per destabilizzarla il più possibile. Le spade mulinavano nell’aria, mentre campi energetici venivano scagliati da entrambe le parti. La giovane sembrava affannata: il petto si sollevava e si abbassava freneticamente, mentre gli occhi riflettevano sconcerto e timore. Si stava forse lasciando avvolgere dalla paura? L’insicurezza non l’avrebbe aiutata. I passi si facevano sempre più incerti, tuttavia. Indietreggiare la faceva apparire codarda e spaventata. Il Leader Supremo avrebbe sfruttato quell’immagine per farsi forza; per annichilirla davanti all’intera galassia, mostrandola come una sciocca e illusa Padawan, troppo debole e impreparata per affrontare l’enormità della Forza.

Luke percepì la rabbia ribollire sotto la propria pelle. Non avrebbe concesso a quei due il privilegio di distruggere la fiducia della ragazza, non dopo che l’aveva così faticosamente costruita. Il suo cammino Jedi era appena cominciato e non avrebbe permesso a nessuno di intralciarlo. Inspirò a fondo, frammentando la propria concentrazione: lasciò scivolare la coscienza verso l’allieva, andando a toccare i suoi pensieri più superficiali.

Rey!
Puoi farcela. Espandi le tue sensazioni. Non lasciare che il terrore ti schiacci e che il Lato Oscuro ti prenda. Leia crede in te… i tuoi amici credono in te. Io credo in te. Compi il tuo destino. Sii la Jedi che meriti.

«Maestro?»

Affronta la paura, Rey. Io…

Luke ringhiò quando la lama scarlatta gli trapassò la spalla destra, facendolo cadere all’indietro. Sentì l’elsa sfuggirgli dalle dita e ruzzolò al suolo. Il sale gli bagnò la ferita, strappandogli un sordo lamento. Batté le palpebre, lottando contro i raggi del sole che gli pungevano lo sguardo. Strinse le labbra in una smorfia quando un’ombra nera gli oscurò la visuale. Il Gran Maresciallo troneggiava su di lui, la spada laser puntata al suo collo.

«Ultime parole, Skywalker?» la testa rossa si mosse, accennando a Finn he ancora saltellava qui e là con la telecamera «Sceglile con cura perché l’intera galassia sta per assistere alla tua fine.»
 

***
 

Finn deglutì a vuoto, sforzandosi di mantenere ferma l’immagine. Sentì lo sguardo bagnarsi di lacrime, che offuscarono l’oculare. Tirò su col naso, incapace però di interrompere le riprese.

«Il Maestro è a terra, ferito. Il gat… voglio dire, il generale Hux sembra avere la vittoria in pugno. Oh, stelle! Non può finire così… ti prego Forza, non abbandonarlo» mormorò, spostando poco dopo l’attenzione sulla Padawan «Anche per lei ci sono delle difficoltà. Kylo Ren è davvero imbattibile. Rey reagisci, per favore!»
 

***
 

Rey ansimò, portandosi la mancina al petto. Tentò di calmare il respiro, ma l’avversario non le lasciò tregua. La spada rossa deviò nuovamente in sua direzione e lei riuscì a bloccare il colpo solo all’ultimo. Si sentiva sempre più spossata. Il corpo reagiva troppo lentamente e la sua fiducia iniziava a vacillare. Ovunque guardasse, non vedeva altro che l’ombra del fallimento. Romualdo l’avrebbe uccisa e avrebbe definitivamente rubato il corpo di Ben Solo. Sarebbe ripartito con il Finalizer, dopo aver sterminato l’intera Resistenza. Quei due mostri sarebbero diventati imperatori della galassia e di lei non sarebbe rimasto che un patetico ricordo sui libri di storia. Anzi, forse non le avrebbero neppure dedicato un capitolo. Magari l’avrebbero inserita come nota a fondo pagina, accanto al compianto nome di Luke Skywalker, il cui errore era stato fidarsi di una Padawan tanto inetta e impacciata. Un paio di gocce scivolarono dall’angolo dei suoi occhi, bagnandole le guance.

Ricevette una risatina di scherno:
«Piangi, signorina?» il falso Ren la stava fissando con malcelato divertimento «Se vuoi, puoi arrenderti. Magari ti lascerò vivere, che ne dici?»

Scosse il capo, ricacciando indietro le lacrime. Non si sarebbe lasciata umiliare da quello sbruffone. La destra si serrò maggiormente sull’elsa della spada. Le sue gambe si mossero, scattando in avanti. Provò un montante, ma l’avversario lo scansò senza difficoltà.

«Sei lenta…» fu il giudizio.

«Non è vero!» gridò, il volto paonazzo per lo sforzo e l’irritazione «Posso batterti! Posso farcela.»

«No, non credo. Dovresti tornare a vendere rottami su Coruscant.»

«Io vengo da Jakku!»

«Ah… ancora peggio. Condoglianze.»

Urlò, lanciandosi verso il nemico.
Roteò la spada sopra la testa, tentando di calarla con un taglio netto. Si sentì respingere nuovamente, un’onda di Forza che la spostò indietro di qualche metro. Recuperò l’equilibrio, ma non riuscì a nascondere il tremare del proprio corpo: vibrava di rabbia, di stanchezza e di frustrazione. Che ne era di tutti gli insegnamenti di Luke? Così ripagava la sua pazienza? Non gli stava rendendo onore. Era la Padawan di un grande Maestro Jedi e si lasciava mettere i piedi in testa da… un gatto? Come poteva non essere disgustata da sé stessa? Brandiva l’arma di Leia Organa e non riusciva a renderle giustizia. Il bilanciamento dell’elsa era perfetto e la lama sfrigolava di un potere così equilibrato da essere quasi spaventoso. Era una spada elegante, ma implacabile; indomita come la sua proprietaria… e lei, raccogli-rottami di Jakku, si era illusa di poterla maneggiare. Ora… non aveva altra scelta che continuare a combattere e pregare che la Forza le venisse in soccorso. Dondolò sul posto, stringendo nervosamente l’impugnatura di metallo.

Rey!

Sussultò a quella chiamata. Si guardò attorno confusa, prima di rendersi conto che la voce era solo nella sua testa.

Puoi farcela. Espandi le tue sensazioni. Non lasciare che il terrore ti schiacci e che il Lato Oscuro ti prenda. Leia crede in te… i tuoi amici credono in te. Io credo in te. Compi il tuo destino. Sii la Jedi che meriti.

«Maestro?» domandò, volgendo lo sguardo verso Luke. Lo scorse immobile, ritto sul sale di Crait con gli occhi fissi al nulla. Sembrava come in una sorta di trance meditativa.

Affronta la paura, Rey. Io…

Lo vide cadere. Scorse la lama rossa trapassargli una spalla e la sua figura accasciarsi a terra come una marionetta priva di sostegno.

«No!» gridò, mentre un’onda di Forza la spingeva via. Scivolò sulla superficie pungente del pianeta.
 

***
 

Poe crollò il capo, stringendo i pugni lungo i fianchi. Non poteva guardare oltre. Si sentì un fallito per non essere riuscito ad aiutare realmente la ragazza con l’allenamento. Se solo le avesse dedicato più tempo, invece che imbastire patetiche gare di limbo! Scosse la testa, stringendo le palpebre amaramente. Ricordò il momento in cui lei gli aveva chiesto di insegnarle qualche passo di danza, per essere più fluida nei movimenti. Rammentò la determinazione, l’impegno, il suo costante sorriso. Sospirò, aggrappandosi a un unico pensiero:
«Gioco di gambe, Rey!»
 

***
 

La giovane sollevò lo sguardo, incrociando il volto ghignante del Leader Supremo; la spada a croce saettava appena oltre il suo capo, pronta ad abbassarsi come una inevitabile ghigliottina. Sentì lo stomaco contrarsi per la paura e la delusione. Colse un singhiozzo sfuggirle dalle labbra e il respiro farsi sempre più rapido e incontrollato.

«Ultima occasione per arrenderti, spazzina…»

Quelle parole la ferirono profondamente. Non era neppure considerata una degna avversaria, ma solo una raccatta-rottami con sogni troppo grandi e irrealizzabili. Le sue dita si contrassero, scavando e lasciando strie scarlatte nel sale bianco. Scosse la testa e inspirò profondamente. Cercò di recuperare la concentrazione e la consapevolezza di sé: non era solo una rigattiera inesperta; non era una ragazza inutile e stupida. Era Rey: l’allieva di Skywalker; colei che il Maestro aveva scelto di addestrare e in cui aveva creduto sino ad ora. Non lo avrebbe tradito.

«Siate con me» sussurrò, lasciando che la propria coscienza si librasse oltre i confini del proprio corpo e corresse all’intero pianeta. Cercò il sostegno di ogni essere vivente e gli chiese in prestito una goccia di Forza «Siate con me. Siate con me.»

 
***
 

Finn si rifiutò di abbassare la videocamera, ma zoomò sul volto affannato dell’amica. Annuì piano quando colse quella richiesta rimbombare nella propria testa.
«Sono con te!» esclamò.
 

***
 

Il brusio nell’hangar si spense quando la voce di Rey risuonò leggera; corse tra le fila dei ribelli, rotolando in ogni singola mente. Il silenzio dominò la grotta per qualche attimo. Poi, una voce timida e fin troppo bassa spaccò la quiete.

«Sono con te, Rey» sussurrò Ben Solo, premendosi una zampa al petto.

Poe seguì immediatamente il suo esempio.
«Sono con te» snocciolò e poco dopo ogni pilota fece lo stesso.

Leia strinse maggiormente il braccio di Kalonia, posando la destra all’altezza del cuore:
«Sono con te» mormorò.

Sono con te, detto con il tono metallico di C3PO, con il ruggito di Chewbacca, con il trillare di R2D2 e BB-8; sciolto nel sorriso incoraggiante di Rose e di Mitaka e persino borbottato attraverso l’elmo lucido di Phasma.

Un centinaio di voci ripeterono all’unisono quella frase, lasciandola riecheggiare tra le pareti ruvide della caverna. All’appello, tuttavia, ne mancava sempre una.

«Hux…?»

Il gatto rossiccio arricciò il naso, sdegnato:
«Che c’è? Non crederai che mi unirò a questa farsa, vero?»

Ben schioccò le labbra, contrariato:
«In effetti, lo speravo.»

«Non servirà a niente, Ren! Non è che cantilenando questo stupido ritornello succederà qualcosa.»

«Dovresti avere più fede nella Forza. Rey lo sta facendo per noi, sai? Sta combattendo per riavere indietro i nostri corpi. Dovresti mostrarle un po’ più di riconoscenza.»

«Mi sembra di averla incoraggiata a sufficienza ieri sera. Non puoi chiedermi di…»

«Magari a lei serve una spinta in più. Che ti costa? Avanti!»

Hux sbuffò sonoramente:
«D’accordo!» acconsentì infine. Si umettò le labbra, schiarendo la voce «Sono con te, Rey…» disse, aggiungendo dopo una breve pausa «Anche se hai una sola possibilità su un milio…mpfh

Ben Solo gli tappò la bocca con le zampe, chinandosi per sussurrargli all’orecchio:
«Va bene così, davvero. Non servono altre specifiche…» e gli indicò i duellanti «Ora, stai zitto e resta a guardare.»
 

***

 
Rey recepì quelle risposte, chiudendole dentro di sé. Raccolse ogni scintilla di Forza come fosse un prezioso dono e la fuse con le proprie conoscenze. Riportò l’attenzione al Leader Supremo e il tempo si dilatò enormemente. Vide la spada calare su di lei e impattare contro uno scudo invisibile. Percepì la Forza vibrare in propria difesa. Ringhiò e sollevò la gamba sinistra, scaricando una pedata sull’inguine dell’avversario. La figura nera gemette e si piegò immediatamente, abbandonando l’elsa incrociata, che ruzzolò al suolo. Rey la richiamò a sé, riattivando immediatamente la spada e spingendola nel petto nemico. La lama scarlatta si incastrò a sinistra, tra le costole, spaccando il cuore a metà.

Romualdo boccheggiò, mentre il sangue sgorgava dalla ferita e dalle sue labbra. Si accartocciò su sé stesso, come una bambola di pezza. Cadde riverso, il petto immobile e le braccia spalancate ai lati. Una macchia cremisi andò allargandosi sotto la schiena, impregnando i cristalli bianchi. Gli occhi scuri rimasero fissi al cielo, ormai privi di vita.

 
***


 Finn si lasciò sfuggire un sospiro sollevato:
«Kylo Ren è morto!» esclamò nel microfono, senza interrompere le riprese.
 

***
 

«No! Stupida ragazza, che cosa hai fatto?!­» Millicent si voltò furiosa verso di lei, il volto distorto in una maschera d’odio e dolore. Avanzò rapida, mulinando la spada senza alcun controllo «Ti ucciderò! Pagherai per questo. Me lo hai portato via! Io…» una pausa in quelle urla strazianti «Distruggerò tutto ciò che ami e ti lascerò guardare mentre uccido i tuoi amici! A cominciare da… lui!»

Rey vide l’avversario deviare la propria corsa e slanciarsi verso Finn. Il cameraman tremò e si gettò di lato, mentre la spada laser mancava di un soffio il suo stomaco e gli scalfiva l’anca sinistra. L’ex-stormtrooper rotolò per terra, senza abbandonare la telecamera; si premette una mano sulla ferita, continuando stoicamente a registrare.

Millicent gli fu nuovamente sopra, ma questa volta non riuscì neppure a sfiorarlo.

«Non toccarlo!» ringhiò Rey, mentre un fascio di fulmini azzurri investiva il suo avversario e lo scagliava a diversi metri di distanza «Non gli farai del male! Non ne farai più a nessuno» ringhiò, lasciando fluire l’elettricità fino alla punta delle proprie dita e liberandola in una nuova scarica. Il Gran Maresciallo rotolò al suolo, contorcendosi per il dolore.

Rey tremò, preparandosi ad una terza ondata. Quella tecnica era nuova; non sapeva da dove nascesse e Luke certamente non gliela aveva insegnata, ma… era così inebriante! Era un potere ambiguo, confuso… quasi perverso nel piacere che generava. Le urla del nemico suonavano come musica alle sue orecchie. Era il canto della vendetta, della giusta rivincita che si stava prendendo. Avrebbe fritto Millicent come un uovo al tegamino e poi…

Una mano gentile le abbassò le braccia, riaccomodandole dolcemente lungo i fianchi.

«Rey…» la voce di Skywalker interruppe quei pensieri «Sei stata eccezionale, ma è sufficiente. Torna in te, mia cara. Non lasciarti tentare dal fascino del Lato Oscuro. Tu sei migliore.»

Improvvisamente, si sentì stanca. Scivolò a sedere, incrociando le gambe sotto di sé e inspirando affannosamente; era come se avesse corso per ore lungo un irto pendio e, alla fine, si fosse resa conto d’aver sbagliato strada. Osservò Luke recuperare la propria spada e avvicinarsi a Millicent, ormai priva di conoscenza; scorse la lama azzurra scaturire e affondare, un attimo dopo, nel cuore avversario. Il petto del Gran Maresciallo si immobilizzò con un ultimo sussurro.

 
***
 

«Il generale Hux è stato sconfitto. È morto! È finita» confermò Finn «è finita, è finita» ripeté ancora «Il cielo è azzurro sopra Crait.»
 

***

 
Hux fissò i cadaveri che giacevano ancora al suolo. Il sole li bagnava allegramente, incurante dell’accaduto; i raggi scivolavano sui lineamenti del suo volto, indorandoli graziosamente; riflettevano poi sulle ciocche rossicce ormai coperte di un sottile strato di polvere salina. Il sangue gocciolava dalla ferita al petto, impregnando il tessuto dell’uniforme. Mosse un passo, deciso a lasciare l’hangar per raggiungere il terreno dello scontro, ma Leia lo bloccò immediatamente.

«Resta qui, generale. Non è il caso che la galassia ti veda in questo stato.» disse l’anziana, prima di avviarsi verso il fratello e la sua allieva.

Il gatto rosso obbedì, tornando ad accucciarsi.

«Che ne pensi?» chiese, volgendo l’attenzione al compagno. Questi non sembrava particolarmente turbato, anzi… in effetti, aveva ripreso il suo tipico ciclo di toelettatura del didietro «Ren, dannazione! Sei appena crepato e tutto ciò a cui pensi è leccarti il sedere?!»

«Mi piace essere una persona pulita in ogni occasione. E comunque sono Ben…»

Hux valutò l’ipotesi di ucciderlo davvero, magari strappandogli la giugulare a morsi. Scartò l’idea quando si rese conto che Organa non l’avrebbe apprezzato.

«Ti ha fatto male?» domandò dopo un attimo di silenzio.

«Mh, no ma… è come se lo avessi sentito. Diciamo che non è stato piacevole» lo vide portarsi le zampette tra le gambe e premerle sotto la coda «Cioè, è dolorosissimo in realtà… ti sarà capitato, no? Capita a tutti, prima o poi.»

«Oh, Kriff! Parlavo della morte in sé, non del calcio nelle palle!» sospirò esasperato, allargando le braccia come per arrendersi «Perché devo spiegarti sempre tutto? E perché non si può mai intavolare un discorso serio con te? Hai questo talento nel rovinare ogni cosa. Sei riuscito a guastare anche il momento della mia dipartita e, credimi!, non credevo sarebbe mai stato possibile» ringhiò, sbuffando due volte di seguito «Ti rendi conto che… siamo le uniche due persone a poter dire d’aver assistito alla propria morte e a poterlo raccontare?! E tu che fai? Mi parli di pedate nei coglioni.»

«Beh, avresti dovuto specificare…»

«Sei oggettivamente senza speranza, Ren.»


 
Angolino: eccomi di ritorno. Questa sera ero presa bene e mi sono fiondata a scrivere il duello. Alla fine... Millicent e Romualdo ci salutano. Diventeranno dei fantasmini-gatti nella Forza. Magari verranno adottati dal Maestro Windu...
Il capitolo è un po' lunghetto, vi chiedo scusa; avevo pensato di spaccarlo a metà, ma poi non avrei avuto abbastanza materiale e non sapevo bene se interrompere a metà il duello o meno. Mi scuso se le parti di Rey sono un po' pesantine. Ammetto di non conoscerla moltissimo come personaggio, quindi potrebbe risultare un po' OOC; non sono abituata a scrivere di lei, quindi vi chiedo di perdonarmi se non le ho reso giustizia. La citazione "Siate con me" è ovviamente presa da "L'ascesa di Skywalker"... non so, ammetto che mi piaceva l'idea di inserirla nel contesto del duello, legandola a Rey. Avevo pensato di riproporre i fantasmi Jedi, ma... forse i suoi amici e le persone che le vogliono davvero bene sono meglio dei fantasmini, ecco *_*
Prometto che a breve risponderò alle recensioni che mi avete lasciato la scorsa volta.
Vi abbraccio e vi ringrazio tantissimo,

E'ry
 
 

 

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Capitolo 33
*** Cuore di mamma ***


33. Cuore di mamma


Da Termosifone a Falco Uno
La partita non è ancora vinta, ma la chiuderò presto.
Tenetevi pronti.
 

***
 

Rey sostenne Luke nel raggiungere la barella che un paio di ribelli avevano portato. Lo aiutò a sdraiarsi, adagiandogli accanto la sua spada laser. Agganciò alla propria cintura quelle di Leia e di Kylo Ren, fermamente decisa a restituirle ai legittimi proprietari non appena possibile. La spada del Gran Maresciallo era esplosa in mille pezzi quando i fulmini l’avevano investita; giaceva scomposta e irrecuperabile a qualche metro di distanza.
 Finn aveva stoicamente rifiutato l’aiuto di Kalonia e, accontentandosi di una garza intrisa di Bacta, aveva continuato a trasmettere la diretta in tutta la galassia.

Leia Organa era immobile accanto alle salme ancora stese sul terreno; nessuno aveva osato toccarle, né avvicinarsi. Solo lei si era spinta sin lì, fronteggiando da sola la sagoma scura del Finalizer.

«Chi è il secondo in comando?» chiese, il tono deciso e fiero rivolto all’intera nave.

Non le giunse nessuna risposta. Lo Star Destroyer sembrava avvolto in un insolito silenzio, come se il triste esito del duello l’avesse gettato nello sconforto più totale. Dalla rampa centrale erano scesi alcuni plotoni di Stormtrooper, ma non pareva avessero intenzioni bellicose. Al contrario, si erano limitati a disposti in due ordinate file, con i blaster ancora riposti nelle fondine. Assomigliava quasi ad un picchetto d’onore, come se qualche ufficiale troppo zelante li avesse schierati in omaggio ai caduti.

L’ex-principessa si umettò le labbra, stendendo la destra per indicare i cadaveri:
«Con chi devo trattare per riavere indietro il corpo di mio figlio?»

«Con me» una voce inaspettata la costrinse a voltarsi.

Mitaka e Phasma l’avevano raggiunta. Il capitano aveva, suo malgrado, deposto Design Home per seguire il collega attraverso la distesa salina. Il giovane tenente aveva assunto una posa insolitamente marziale: le mani si erano allacciate dietro la schiena, le spalle erano rigide ed il mento leggermente sollevato. Un cipiglio solenne sfumava sui tratti morbidi del volto. Mosse un cenno verso Finn, che si affrettò ad inquadrarlo con un primo piano.

Mitaka spostò l’attenzione da Organa al Finalizer, verso cui attaccò:
«Stimati colleghi, soldati, piloti… Uomini e donne del Primo Ordine, mi rivolgo a voi» anche la voce era curiosamente ferrea e priva di tentennamenti «Oggi è un triste giorno per la nostra organizzazione. Il Leader Supremo è morto. Ma come insegna un antico proverbio Tatooiniano: morto un Leader Supremo se ne fa un altro. È per questo che chiedo il vostro supporto. Io, Dopheld Mitaka, intendo autoproclamarmi vostro comandante» un passo avanti per enfatizzare la notizia appena lanciata «Io sono il nuovo Leader Supremo! Il capitano Phasma ha garantito il supporto delle proprie truppe, ma… c’è di più. Come sapete, penso fermamente che la lealtà e il rispetto vadano guadagnati. Costoro…» l’indice scese implacabile sui corpi abbandonati dei due sconfitti «…hanno creduto nella persona sbagliata e hanno perseguito una via che io non intendo seguire. Kylo Ren, il generale Hux, e forse persino lo stesso Snoke si illudevano che la perfezione potesse essere raggiunta solo con l’oppressione; con una visione monocolore, necessariamente concorde con il loro punto di vista. Ebbene… io non credo questo!

I principi del Primo Ordine non sono sbagliati, ma lo è il modo in cui sono stati imposti. Vi è qualcosa di malvagio nel volere la pace per la galassia? È così terribile affermare che l’armonia e l’equilibrio possano essere raggiunti attraverso il rispetto della diversità e non mediante la sua cancellazione definitiva? Questo universo è vasto! È ricco di culture differenti che vanno preservate e non schiacciate. Io l’ho capito tardi, ma… ora che ho aperto gli occhi, non vedo altra strada per il Primo Ordine.» fece una pausa e lasciò vagare gli occhi sui presenti.

Phasma manteneva il suo portamento fiero, senza dare alcun cenno. Leia annuiva leggermente, come ad incoraggiarlo. Finn stava ancora riprendendo, mentre Rey sembrava avere addirittura gli occhi lucidi. Gli stormtrooper, infine, stavano perdendo la loro compostezza. Qualcuno sussurrava, altri si tiravano delle piccole gomitate incoraggianti.

Decise di proseguire, schiarendosi la voce con un colpetto di tosse:
«Ho compreso e devo ringraziare una persona per questo» mosse la mancina, facendo segno a Rose di avvicinarsi. La meccanica lo raggiunse dopo una breve corsa, abbracciandolo teneramente «Lei ha cambiato la mia visione delle cose. Una sera mi ha detto: “Non è distruggendo ciò che amiamo, ma salvando ciò che odiamo…”» si interruppe, aggrottando la fronte «No, aspetta… non era così. Come era, tesoro?»

La ragazza gli rivolse un sorriso zuccherino:
«È così che vinceremo: non distruggendo ciò che odiamo, ma salvando ciò che amiamo...»

«Si, insomma… questo!» Mitaka riprese, tornando a rivolgere l’attenzione all’incrociatore stellare «Comunque l’ho trovata una bella frase, no? Ebbene… fratelli e sorelle è questo che vi chiedo. Aiutatemi a cambiare ciò che sino ad ora è stato il Primo Ordine. Saremo rispettati perché amati e benvoluti; non perché incutiamo timore. A fronte di ciò, chiedo agli ufficiali che sono con me di ribellarsi ai loro superiori! Occupate le plance di comando, impugnate i vostri blaster, ribellatevi ad una struttura che vi vuole schiavi di qualcun altro! Capitani, capisquadra, sergenti… abbiate cura dei vostri soldati. Guidateli, istruiteli e siate per loro dei punti di riferimento, non degli aguzzini. Alle truppe dico questo: molti di voi sono stati strappati alle loro famiglie da piccoli, non è vero? Il programma stormtrooper che Brendol Hux e suo figlio hanno alimentato è da considerarsi abolito. Non mi lascerò invischiare oltre in qualcosa di così meschino. Quest’uomo…» l’indice puntò alla sagoma immobile del generale Hux «…È sempre stato cieco e sordo al vostro dolore, ma non per causa sua. È rimasto invischiato in un sistema da cui non è riuscito a riemergere…e da vittima è diventato carnefice. Non serbategli troppo rancore e possa consolarvi il pensiero che non tornerà. Nessuno rapirà più i bambini alle loro famiglie. Ogni arruolamento sarà da considerarsi volontario; a fronte di ciò, chiunque di voi desideri fare ritorno al proprio pianeta natale e riabbracciare i propri cari, potrà farlo»

Il brusio tra le fila degli assaltatori crebbe a dismisura. Colse delle risate, degli sparuti singhiozzi di sollievo. Alcuni soldati si stringevano in abbracci o si battevano le mani sulle spalle, in leggeri gesti di incoraggiamento. Mitaka proseguì, rincuorato da quelle immagini.

«Potrete tornare a casa» promise «E poi… potrete decidere se rientrare nei ranghi dell’Ordine o chiedere un congedo definitivo. Sarà un processo progressivo, naturalmente, ma è mia intenzione attuarlo. Spero soltanto che rimarrete con noi; non per un vincolo o una imposizione, ma per vostra scelta: perché credete in quello che fate, credete in un progetto comune: la pace, che sarete chiamati a tutelare e diffondere.» lasciò che la mancina scivolasse tra le dita di Rose e le stringesse affettuosamente «Unamo» chiamò, sollevando lo sguardo al Finalizer «Sei il mio nuovo generale. Il ponte è tuo. Fa ciò che devi.» sentenziò, volgendosi infine verso Leia.
La principessa sembrava sull’orlo della commozione.

«Generale Organa» tese la destra verso di lei, aspettando una stretta cordiale che non tardò ad arrivare «Ho il suo benestare?»

«Sì. Sarai un ottimo comandante, Dopheld Mitaka. Che la Forza sia con te.»
 

***
 

Da Falco Uno a Termosifone

Non posso credere che tu l’abbia fatto! Siamo tutti in visibilio qui!
La sala comunicazioni è presa d’assalto: ci giungono messaggi da tutti gli incrociatori della flotta; gli ufficiali e i soldati si stanno sollevando contro la vecchia guardia e la stanno sostituendo. Le vestigia dell’Impero sono finalmente distrutte ed è tutto merito tuo. Ogni nave ti ha giurato fedeltà. È magnifico!
Oh, e come primo atto da generale… Ho fatto arrestare Pryde. Dubito che se ne sia accorto, in realtà. Non si è mai ripreso da questa storia degli amanti, credo… comunque, ho destituito quella cariatide e gli ho promesso che lo scaricheremo sul primo pianeta disabitato dell’Orlo Esterno. Un po’ di sano esilio non ha mai fatto male a nessuno, non credi?
Ti aspettiamo a bordo.

Lunga vita al Leader Supremo
 

***

 
«Mitaka ci ha appena rubato il posto di lavoro. Non so se sentirmi orgoglioso di lui o se detestarlo.»

«Non essere egoista, vecchio mio. I nostri giorni di gloria sono finiti, ormai… Siamo morti, ricordi?»

«Hai ragione Ren…»

«Sono Ben.»

«… è solo che il mio ragazzo è cresciuto. Si è fatto grande e salva il Primo Ordine» Hux tirò su col naso, cercando di ricacciare le lacrime all’interno degli occhi. Diamine, non si sarebbe messo a piangere come una stupida adolescente davanti a un film d’amore. Anche se… doveva ammetterlo, era impossibile nascondere la commozione del momento «Hai un fazzoletto?»

«No…» vide la robusta coda guizzare sotto i suoi baffi «Però ho una coda.»

«Me la farò bastare» sussurrò, affondando il muso nel folto pelo nero.
 

***

 
La sala chirurgica apparteneva ad uno dei trasporti ormeggiati nell’hangar. Era spaziosa e ben attrezzata e sarebbe stata perfetta per lo scopo. Degli enormi serbatoi di Bacta erano stati trascinati nella vicina infermeria. All’interno, due figure galleggiavano inerti nel liquido, collegate ad un respiratore artificiale per permettere all’organismo di mantenersi costantemente ossigenato ed evitare la degenerazione tissutale.

Hux fissò il proprio corpo, contando silenziosamente i segni che solcavano la pelle pallida. Una nuova cicatrice si era aggiunta alle precedenti: una sorta di stella frastagliata all’altezza del cuore, là dove la spada laser lo aveva trafitto. Non era neppure brutta a vedersi; pareva un curioso disegno, scarabocchiato un po’ in fretta, ma inerente al contesto. Era davvero sottile il proprio corpo, specie se paragonato a quello accanto: Ren possedeva una muscolatura sviluppata e ben proporzionata; gli sfregi passati che solcavano la sua cute erano più numerosi ed evidenti dei propri, ma non stonavano affatto, anzi: il loro tenue colore dorato si sposava perfettamente alla carnagione ambrata del cavaliere. Gli conferivano un aspetto vissuto e da vero guerriero. Non dubitava che quei segni, l’altro se li fosse procurati in combattimento… a differenza sua. Sollevò lo sguardo, risalendo ai volti: era davvero impressionante vedere la propria faccia immersa in quel liquido vischioso e attorniata dalle ciocche rossicce così fuori posto. I capelli sfuggivano da tutte le parti, senza la usuale pomata ad acconciarli. Ciondolavano nella Bacta come una buffa corona arancione, attorcigliandosi tra di loro in modo goffo. Viceversa, quelli dei Ren erano uno spettacolo affascinante: danzavano nel fluido con movimenti aggraziati e dolci, incastrandosi tra le lunghe ciglia color ebano. Erano come una nuvola d’inchiostro attorno al volto rilassato. Era strano vedere quei lineamenti – solitamente duri e scavati – così morbidi e quasi delicati.

Distolse l’attenzione quando sentì una coppia di passi in avvicinamento. Leia era scivolata nella stanza, accompagnata da Rey; la giovane Padawan sembrava esausta. Non si era neppure cambiata dopo il duello: i suoi abiti erano ancora costellati di polvere e cristalli di sale. Le spade laser pendevano inerti dalla sua cintura, mentre le guance non avevano ancora perso quell’alone di rossore dovuto al sudore e alla fatica del duello.

«Signore…» salutò laconico, tornando poi a fissare le due vasche di Bacta «Ren? Credevo fosse con voi.»

«No, si sta intrattenendo con Mitaka e Phasma» l’attenzione di Leia era rivolta alle vasche «La loro ripartenza è ormai prossima.»

Soffiò una risatina:
«Già. Essere Leader Supremo comporta impegni e responsabilità improcrastinabili, vero?»

«Sei geloso?»

Si strinse nelle spalle, scrollando il pelo arancione:
«Un po’, lo ammetto. Ho dedicato la mia vita al Primo Ordine, nella speranza di poterlo guidare un giorno. Invece… ho fallito. Non solo non sono diventato imperatore, ma il mio secondo in comando mi ha appena sfilato il posto da sotto il naso. Sono ancora un gatto e passo le mie giornate a guardarmi fluttuare in un serbatoio. Non male come prospettiva, vero?» sospirò, storcendo il muso in una piccola smorfia «In realtà, sono anche felice per lui. Mitaka se lo merita… credo sarà un Leader migliore di quanto avrei potuto esserlo io.»

«Sentimenti contrastanti, eh?»

«Un po’…»

«Non starai diventando una brava persona, vero?»

Si concesse una piccola sghignazzata, prima di riprendere:
«Sarebbe così terribile, in caso? Troveresti difficile consegnarmi ai tuoi alleati repubblicani?»

«Forse. Ti confesso che non sarà una decisione leggera da prendere. È… antipatico da ammettere, ma credo che ci sia qualcosa di decente in te. Non di buono, quello no. Ma… di salvabile.»

«Non sono sicuro di voler essere salvato ancora, generale.»

«è una tua scelta…»

«No, non del tutto. E poi…»

«Che cosa hai fatto alla schiena?» la voce di Rey si intromise in quel discorso, accompagnata da un lieve picchiettare di unghie contro il vetro.

Hux le si accostò, scivolando a sedere sulle posteriori e sollevando il muso al punto da lei indicato. Non aveva mai avuto occasione di osservare l’intricata ragnatela di cicatrici che dalle spalle scendeva sino alla vita, ma ricordava perfettamente come l’aveva ottenuta. Si concesse una risposta amara:
«Mio padre non sapeva accettare un fallimento. Quelli sono i suoi promemoria.»

«Mi dispiace.»

«Non occorre, spazzino. Ha avuto quel che si meritava. Phasma l’ha ucciso per me, con un grazioso scarabeo di Parnassos. Bestioline interessanti, sai? Ti prosciugano dall’interno, facendoti rinsecchire come un tappetino dimenticato al sole.»

«Lo odiavi?»

«Tu non lo avresti fatto?»

La vide ciondolare il capo, incerta:
«Io… non lo so. Non ho mai conosciuto i miei genitori. Mi chiedo che persone fossero… se fossero brava gente oppure…» l’indice toccò di nuovo il bordo del contenitore «…fossero così. Che tipo era tua madre?»

«Era una delle serve di Brendol; lavorava in cucina. Di lei mi ricordo poco. Aveva… una bella voce. O almeno così credo. Forse è solo la mia immaginazione, ma… ho sempre pensato fosse una persona dolce e gentile, molto altruista. Non so che fine abbia fatto. Non ho mai avuto sue notizie» sussurrò, schioccando poi le fauci «Abbiamo chiacchierato abbastanza del mio passato, non trovate? Dopo tutto, non è così interessante come mi sforzo di credere» distolse l’attenzione dalle vasche, riportandola su Organa «Generale, abbiamo una questione urgente da risolvere» la propria voce tornò a tingersi di una sfumatura pratica «I cristalli di Kyber. Dobbiamo assolutamente partire alla loro ricerca. Non ci rimane molto tempo e… Kalonia deve poter impiantare le protesi il prima possibile o la degenerazione corporea prenderà il sopravvento.»

«No.»

Si accigliò. La risposta di Leia era stata troppo perentoria.
«Che intendi dire con “no” !?» chiese asciutto «Per la cronaca, non voglio diventare demente solo perché non abbiamo agito per tempo. Occorre trovare i cristalli e subito. Secondo Ren, ci sono dei giacimenti su…»

«Mygeeto. Lo so. tuttavia, non ci andremo» scorse l’anziana tendere la mancina e Rey passarle le spade laser.

La ex-principessa si accucciò, sedendo a fatica sul pavimento e poggiando le spalle ossute al contenitore del figlio. Armeggiò con l’impugnatura della propria arma, girando la ghiera di contenimento. Immediatamente, il nucleo centrale dell’elsa le cadde in grembo; lavorò con le dita sottili, scalzando il Kyber dal proprio alloggiamento. La pietra azzurra le brillò sul palmo della mano.

«Questo è per Ben. Lui ha il mio cuore. Un cuore di mamma. Metteremo questo nella sua protesi.» la donna sollevò lo sguardo alla Padawan, rimasta in un silenzio composto «Rey, perdonami. Avevo pensato di regalarti quest’arma, quando saresti stata pronta, ma… non posso. Ben ne ha bisogno. Gli ho già donato la vita una volta e se l’anima della mia spada può farlo nuovamente, allora sia.»

«Leia…» la voce di Rey risuonò pericolosamente incrinata. Una coppia di lacrime commosse le scivolò lungo le guance rotonde.

«Sei una ragazza formidabile e Luke è così fiero di te! Sono certa che troverai un cristallo adatto a te, una volta completato l’addestramento.» la senatrice calò delicatamente il Kyber turchese accanto a sé, cullandolo dolcemente prima di depositarlo a terra.
Afferrò poi la seconda spada: la guardia incrociata la rendeva meno pratica da smontare, ma vi riuscì dopo un paio di testardi tentativi. Sganciò il cristallo rosso dalla sede, posandolo accanto all’altro «Questo è per te, generale.»

Hux si sporse, osservando la pietra scarlatta. Era semplicemente angosciante: lucida, sanguigna e con una cicatrice nel mezzo che ricordava quelle del suo proprietario.

«è sbeccato al centro…» fece notare.

«Lo so. Ne ho già parlato con Kalonia. Secondo lei, non sarà un grosso problema. Forse potrebbe consumare energia più rapidamente di un cristallo integro; questo fa scendere la durata della protesi da ottant’anni a settanta. Non sarà comunque un problema: hai trentaquattro anni, no? Non arriveresti comunque a passare i cento.»

«Non è una grossa controindicazione» convenne infine, specchiandosi sulla superficie del Kyber «Lo trovo… inquietante» confessò, ricevendo un leggero assenso.

«Lo è» rispose la principessa «Siete entrambi maledetti, generale. Tu e questa pietra… avete preso più vite di quanto vi spettava. Avete tramato, avete corrotto, avete distrutto cose che non vi appartenevano. Non voglio che Ben abbia nuovamente a che fare con questo» accennò al Kyber vermiglio «Non ho altra soluzione che lasciarlo a te, sperando che troviate entrambi il vostro riscatto e che da questa unione nasca finalmente qualcosa di buono.»

 
***
 

«Vuoi restare a vedere?» chiese Ren, accomodandosi accanto a lui.

Hux scosse il muso:
«No. Ci vorranno ore e… non possiamo comunque entrare in sala operatoria. Non ha senso rimanere e non possiamo fare altro che pregare.»

«Andrà tutto bene, coraggio. Ne abbiamo passate di peggio, non credi?»

Roteò gli occhi. L’inutile ottimismo di Ren gli era mancato, almeno un po’. Ignorò la domanda e si sforzò di cambiare argomento:
«Che stanno facendo gli altri?»

In chirurgia vi era riunita soltanto l’equipe medica di Kalonia; l'operazione era appena cominciata e a nessuno, neppure a Leia, era stato permesso assistere al trapianto dei cuori. 

«Mh, niente di speciale. La vita sembra essere ripresa normalmente. Zio Luke e Finn si stanno rimettendo dalle ferite; impegnano il tempo sfidando Chewbacca a gare di indovinelli. Poe sta tenendo un corso di ballo a Rey, mentre Mitaka, Phasma e Rose si preparano a partire.»

«Di già?» sgranò gli occhi.

Supponeva che quel momento sarebbe arrivato, ma non così presto. Possibile dovessero già andarsene? I doveri di Leader Supremo erano davvero così impellenti? Non riuscì a nascondere uno sbuffo dispiaciuto. Non voleva salutare i suoi colleghi, non così presto… che poi, forse non erano solo colleghi, ma qualcosa di più. La cosa più vicina ad un’amicizia che avesse mai conosciuto. Era strano come quell’avventura, in un modo alquanto bizzarro e inopportuno, era comunque riuscita a unirli, saldando rapporti e costruendo nuovi legami.

Scosse il muso, scacciando quei pensieri. Non era il momento d’essere sentimentali! Si stava davvero rammollendo, accidenti! Presto si sarebbe ritrovato come Ren: a frignare per qualunque cosa e ad intonare canzoncine strappalacrime. Batté le palpebre, per scacciare quella fastidiosa sensazione di umidità sulla cornea.

«Hux?» il miagolio altrui lo riportò definitivamente alla realtà «Li vuoi salutare?»

«Sì» sussurrò.

«Andiamo» Ren scivolò lungo il corridoio, facendogli segno di seguirlo «Ti accompagno da loro.»


 
Angolino: buonaseraaaa! come al solito, vi lascio un piccolo aggiornamento serale e fuggo a rispondere alle vostre recensioni,
Vi ringrazio per aver letto fin qui. Questo capitolo è,...boh, meno allegro degli altri, me ne rendo conto... ma avevo bisogno di una piccola parentesi semi-seria per aggiustare le cose col primo ordine. E... per capire se l'idea di smontare spade laser fosse pratica e attuabile. Mi piaceva tanto l'idea che il cuore di Ren tornasse a battere grazie al cristallo di Leia. Hux si è dovuto accontentare di quello sbeccato di Ren, ma... oggettivamente, non c'era altro da poter utilizzare (e non volevo che avesse un cristallo derivante dalla spada comprata su Amazon. In fondo, mi piace l'idea che possano entrambi andare avanti grazie al sacrificio di qualcun altro. Leia sacrifica la sua spada per Ben... e questi, inconsapevolmente, lo fa per Hux). 
Vi ringrazio ancora di tutte le recensioni fantastiche,
un abbraccio

E'ry
 
 
 

 

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Capitolo 34
*** Signora mia, grazie. È stato grandioso ***


34. Signora mia, grazie. È stato grandioso


L’attività attorno al Finalizer era frenetica. Diversi stormtrooper stavano finendo di imbarcare i bagagli della futura First Lady Galattica. A dispetto delle apparenze, Rose non era una che viaggiava leggera: le sue numerose valigie avevano già colmato mezza stiva dell’intera nave, costringendo diversi sottoufficiali a ritirare i propri effetti nelle dispense e nei ripostigli delle scope.

Il gatto rosso attraversò frettolosamente l’hangar, lasciando il compagno dietro di sé. Ren si era attardato a discutere alcuni passi di danza con Poe, ma lui non poteva aspettarlo. Lo Star Destroyer sarebbe decollato da un momento all’altro e non voleva perdere neppure un istante.

Scivolò accanto a Mitaka, intento a stilare una lista degli approvvigionamenti. Strusciò leggermente il muso contro lo stivale per richiamare la sua attenzione.

«Leader Supremo» miagolò, non senza una leggera punta di ironia.

«Generale» Mitaka mosse un cenno in saluto.

«Rose viene con voi, a quanto vedo.»

«Sì… è davvero la donna giusta per me. Sono sicuro della mia scelta: la voglio al mio fianco e desidero chiederle di sposarmi, ma…» una pausa e un sorriso morbido «Vorrei avere anche la sua benedizione, signore.»

«Non credo ti occorra. Sono solo un umile generale… anzi, ormai neppure quello. Sono praticamente un fantasma.»

«Non gliela sto chiedendo in quanto suo sottoposto, in realtà. Quanto più come… un amico che vuole condividere la sua felicità con le persone che gli sono care.»

«Oh…»

Hux non riuscì a nascondere una smorfia commossa. Sentì un leggero pizzicore agli angoli degli occhi, che si affrettò a scacciare con una
scrollata del muso. Si stava davvero rammollendo. Eppure, non poteva credere che da quella disavventura stesse davvero nascendo qualcosa di buono. Essere rinchiuso nel corpo di un gatto era stata forse la cosa migliore che gli fosse mai capitata: aveva trovato nuovi compagni, riscoperto vecchi amici e aveva apprezzato così tante sfumature della vita che mai le avrebbe dimenticate.
Aveva saggiato la profonda lealtà del Primo Ordine, aveva scoperto la tenacia di Unamo, la conversione di Ren al lato chiaro e… la passione di Phasma per l’arrendamento. Aveva conosciuto il generale Organa, che in fondo non era affatto male come persona: era caparbia, tenace e indistruttibile, proprio come l’aveva immaginata; tuttavia, nascondeva un animo sensibile, dolce e sincero. L’apprezzava tanto come generale, quanto come donna e madre.
Soprattutto, aveva visto Mitaka sorgere: abbandonare per sempre la timidezza, affrontando dubbi e paure per staccarsi dalle proprie incertezze e paure. Aveva scorto lo sparuto tenente acquisire sempre più sicurezza, sino a costruirsi… beh, una nuova vita: si era trovato una compagna che lo amava e lo supportava; si era insediato sul trono del Leader Supremo e in pochi minuti si era guadagnato il rispetto degli ufficiali, dei soldati e persino della Ribellione. Aveva trionfato dove lui, invece, aveva miseramente e ripetutamente fallito; ed ora, quel giovane troppo spesso bistrattato e schernito, gli stava tendendo una mano e gli stava chiedendo d’essere… più di un superiore o di un collega: un amico, semplicemente.

Produsse un piccolo sorriso, affondando poi il muso nella stoffa dei pantaloni altrui. Tirò su col naso, mentre un nodo gli serrava la gola e lo costringeva a biascicare uno stentato:
«Mitaka…» soffiò, schiarendosi la gola «…ne sarei onorato, a dire il vero. Io… non pensavo di meritarlo.»

«è una persona migliore di quanto creda, generale. Deve solo convincersene e lasciare che gli altri lo vedano.»

«Come?»

Una mano scese a carezzargli piano il dorso.

«Getti via questa armatura rigida dietro cui si nasconde. Non c’è niente di male nel farsi vedere come si è in realtà. Siamo tutti umani, in fondo. Le debolezze non devono essere necessariamente celate. Possono diventare dei punti di forza, delle splendide sfumature nei nostri caratteri. Non dobbiamo vergognarci di ciò che siamo.»

«In questo momento sono solo un gatto…»

«Non lo sarà ancora per molto. Ho saputo che la dottoressa Kalonia sta dirigendo il trapianto.»

Annuì rapidamente:
«Sì, ma l’intervento durerà ancora diverse ore. Non credo che sarai ancora qui, quando sarà terminato…»

Vide l’altro ciondolare il capo, con un sincero dispiacere.

«Non credo. Il dovere chiama e… vorrei riunire il prima possibile l’Alto Comando per decidere la nuova linea d’azione; per tagliare i rami secchi e corrotti e pianificare la ristrutturazione del Primo Ordine.»

«Capisco…»

Mitaka si accovacciò sui talloni:
«Forse c’è ancora una cosa che posso fare per lei, generale» aggiunse, aprendo le braccia in un caldo invito «Le piacerebbe visitare un’ultima volta il Finalizer
 

***


L’accordo era semplice: sarebbe rimasto ancorato al Leader Supremo, evitando di parlare in presenza di persone estranee ai fatti. A chiunque avesse domandato, sarebbe stato presentato come la ritrovata Millicent.

Hux respirò a pieni polmoni non appena misero piede sullo Star Destroyer. Come gli era mancato quel profumo! L’odore di pulito che trasudava dalle pareti immacolate. La brezza fredda che spirava nei corridoi più periferici, salendo di temperatura  via va che ci si addentrava nelle viscere metalliche. La luce bianca e delicata che inondava i corridoi. Il picchiettare deciso degli stivali contro i pavimenti neri in acciaio. Era favoloso! Il Finalizer era indubbiamente il migliore incrociatore dell’Ordine. Tutto, al suo interno, rasentava la perfezione. L’aveva voluto così: implacabilo, temerario, assolutamente preciso.

Ogni volta che lo guardava, sentiva una scarica d’affetto genuino sgorgargli nel petto, accompagnato da uno smisurato orgoglio. Era una sensazione strana, se la si pensava abbinata ad un oggetto inanimato. Era come se il tempo si fermasse e per lui non esistesse niente altro. La forza di quel legame era impareggiabile. Non aveva mai amato niente quanto il Finalizer. Amava ogni suo dettaglio: dai muri lucidi, alle porte ben oliate, alla sincronia impeccabile con cui la vita si adattava al regime militare. Ovunque poteva scorgere la propria firma. Quella nave portava il suo nome: la diligenza e la cura con cui l’aveva comandata l’avevano resa quasi un’estensione di sé stesso, di cui ora doveva fare dolorosamente a meno. Se gli avessero strappato un braccio, ne era certo, avrebbe sofferto meno. Come poteva lasciare tutto questo? Come poteva abbandonare il Finalizer nelle mani di qualcun altro? Come poteva permettergli di prendere il volo e dimenticarlo per sempre sulla superficie granulosa di Crait? Scosse il capo. Non voleva neppure pensarci.
Si chiese se vi fossero delle alternative: magari avrebbe potuto uccidere Mitaka e riprendere non solo il comando dell’incrociatore, ma anche quello dell’Ordine stesso. Non poteva contare su Ren, non che si era definitivamente rammollito, ma… Phasma avrebbe potuto aiutarlo! Chissà se nascondeva ancora qualcuno di quei simpatici scarabei di Parnassos da qualche parte…

Si vergognò immediatamente di quelle fantasie. Il tenente non aveva fatto nulla per meritare il suo odio, anzi. Non gli doveva che riconoscenza e gratitudine. Avrebbe dovuto sentirsi sollevato all’idea di lasciare l’Ordine e il Finalizer al suo ex-luogotenente, uno degli ufficiali più capaci che avesse mai incontrato. Eppure… non poteva celare una fitta di gelosia, quando ci pensava. Il piccolo Mitaka che gli soffia il posto di lavoro, la nave, i soldati, gli alloggi… beh, meglio così. Almeno non sarebbero diventati una palestra aperta ventiquattrore…

«Generale?»

La voce del Leader Supremo lo riportò bruscamente alla realtà.
Avevano attraversato buona parte dei corridoi, raggiungendo infine la plancia di comando. Diversi ufficiali erano scattati sull’attenti al loro arrivo, prima di esprimere formali congratulazioni all’indirizzo di Mitaka. Questi, dopo averli ringraziati, ebbe cura di congedarli in massa. Concesse loro due ore libere, trattenendo sul ponte solo Unamo.

Hux si sentì depositare davanti all’enorme vetrata frontale. Spiò il proprio riflesso per un istante, prima di lasciare lo sguardo libero di vagare sull’orizzonte di Crait. Come era insipido quel pianeta! Non vi era nulla, se non qualche montagna sullo sfondo e… infinite distese di sale.

Beh, forse è tutto tranne che insipido, pensò divertito prima di rivolgersi ai due ufficiali.

«Unamo!» la apostrofò «Lieto di rivederti.»

«Signore» la donna gli rifilò un sorrisetto di scherno «Il piacere è tutto mio. Confesso che non volevo crederci all’inizio, ma… devo ricredermi! È davvero un bel gatto. Potrei quasi adottarla…»

«Molto divertente soldato…»

«Generale, ora…»

«Ah, già!» soffiò una risatina a propria volta «Come passa il tempo. Sembra ieri che mi portavate entrambi il the in ufficio…» li vide scambiarsi dei piccoli cenni d’intesa «…e ora, guardatevi! Mi avete entrambi superato. Beh, tu no Unamo. Non ancora, almeno.»

«Immagino che potrei chiedere al Leader Supremo d’essere nominata Grand Ammiraglio…» fu la replica della donna.

«Immagino potresti anche non farlo, per rispetto nei miei confronti. Non credo di poter sopportare un altro smacco simile. Non oggi, almeno…» miagolò, tornando a fissare il ponte, ora desolatamente vuoto «Mitaka…» sospirò, infine fissando il giovane «Promettimi che ti prenderai cura di lei.»

«La amo più della mia stessa vita.»

Hux soffiò una risatina:
«Non mi riferivo a Rose.»

«Nemmeno io.»
 

***
 

Quando Phasma raggiunse il ponte, era già pomeriggio inoltrato.
Il tempo era volato e Hux non se ne era neppure reso conto. Aveva chiacchierato con Unamo e Mitaka senza guardare i display degli orologi, concedendosi una lunga merenda a base di latte e biscotti inzuppati soltanto perché le sue richieste di caffè erano state ignorate. A giudizio unanime, il caffè non era una bevanda adatta ad un gatto. A nulla erano valse le sue proteste: nessuno sembrava intenzionato ad ascoltarlo.
Sobbalzò, quindi, quando il capitano irruppe nella scena, cancellando le ultime tracce di un pomeriggio spensierato, il primo dopo tanti.

«Signori» Phasma li stava squadrando da dietro l’elmo cromato «Lo stivaggio è stato completato. Rose è a bordo e sta finendo di sistemarsi nei propri alloggi. A proposito, mi ha detto di salutarti…»

Hux annuì leggero:
«Ricambio» mormorò, senza celare una nota malinconica «Siete in partenza, quindi?»

«Sì» Mitaka si intromise, prendendolo nuovamente tra le braccia e stringendolo cautamente «Non possiamo trattenerci oltre, mi dispiace.»

Il gatto si rannicchiò contro il petto del giovane, sfregandovi una guancia:
«Quindi è un addio?» chiese, consapevole della risposta.

«Sì.»

Sospirò, guardando le tre figure che lo circondavano. Immaginava sarebbe stato doloroso, ma non fino a quel punto. Era come se un enorme peso fosse sceso a schiacciargli il torace, bloccandogli il battito e il respiro. Il nodo alla gola era tornato e così il formicolio alle palpebre. Cercò di scacciare quelle sensazioni, mimando un piccolo colpo di tosse.

Non servì a nulla, se non a rendere ancora più incrinata la sua voce:
«Mi mancherete» ammise piano, pentendosi immediatamente di quella confessione. Lo faceva sembrare un rammollito qualunque, esattamente come Ren, Ben o come diamine si chiamava! Non avrebbe dovuto cedere agli sciocchi sentimentalismi. Tentò di raddrizzare la postura, mimando un’aria marziale e sicura «Voi siete stati dei bravi soldati. Fedeli, leali e… e…» balbettò, mentre il tono si spaccava del tutto «Oh, fanculo!» ringhiò, gettando alle ortiche tutta la propria compostezza «Siete stati i migliori ufficiali che abbia mai avuto. Sono felice di… aver lavorato con voi tanto a lungo e… di avervi conosciuto» piegò leggermente il capo, come in un piccolo inchino «Grazie per tutto quello che avete fatto per me.»

Sentì delle dita leggere sfregargli la testa:
«è stato un piacere, signore» replicò Unamo «è davvero un peccato che non possa adottarla. Ha delle orecchie così  soffici.»

«Concordo» Phasma si intromise nel discorso, togliendosi il casco soltanto per regalargli un veloce e genuino sorriso «è stato un onore, Armitage. Avrò cura dei tuoi alloggi, non temere… ho già dato ordine di ripulirli e stiparci delle cyclette e dei tapis roulant.»

«Ehi! Non ti ho dato il permesso di trasformare camera mia in un centro fitness!»

«Troppo tardi. L’ho già fatto.»

«Ma…» Hux si interruppe quando colse la stretta attorno alle sue spalle farsi più decisa e calda. Mitaka gli accarezzò gentilmente la schiena in silenzio, con gli occhi lucidi e le labbra piegate in un amaro sorriso.

«è ora di andare, generale» gli disse il Leader Supremo, accompagnandolo verso la porta.

 
***
 

Hux sollevò il muso, scrutando la sagoma scura fluttuare nel tramonto. Gli ultimi raggi indoravano le colline di Crait e giocavano con i granelli di sale, in un curioso contrasto di luci. Fissò il Finalizer salire sempre di più, sino a sparire dietro le spesse nubi della sera. Un attimo dopo, della nave non vi era più traccia.

«Signora mia, grazie» sussurrò al cielo, ormai vuoto «è stato grandioso.»
 

***

 
Kalonia scese dal trasporto, abbandonando definitivamente l’infermeria. Si sentiva esausta. Gli interventi erano durati quasi sei ore, ma tutto era filato per il meglio. I cuori erano stati correttamente installati e il petto dei proprietari correttamente richiuso. La bacta avrebbe fatto il resto, cancellando le cicatrici dell’operazione e rimarginando in tempo record la ferita chirurgica. Aveva ordinato che i corpi venissero immediatamente reinseriti nei serbatoi e che venissero collegati a dei respiratori artificiali e a dei cardio-monitor. Si era assicurata che le condizioni dei pazienti fossero stabili, prima di lasciare l’area medica per attraversare l’hangar.

Trovò Organa intenta a distribuire una zuppa fredda nell’improvvisata sala riunioni. Skywalker e Finn erano stati dimessi da poco e le loro ferite sembravano ormai completamente sanate. Il vecchio maestro Jedi faticava ancora a muovere il braccio, ma le sue condizioni erano visibilmente migliorate. Entrambi stavano mangiando con gusto, attorniati dagli altri commensali. Dameron e Rey parlottavano di nuove coreografie, mentre il gatto nero li ascoltava affascinati. Il felino rosso, viceversa, si stava sforzando di leccare un po’ di minestra, lamentandosi di un’abbondante merenda evidentemente consumata nel pomeriggio.

«è fatta!» esordì la dottoressa, lasciandosi cadere su una cassa.

Hux scattò immediatamente:
«Come è andata? I cuori funzionano?­»

«Alla perfezione.»

«Strano.»

«Posso assicurarti che è così. Hai così bassa stima delle mie capacità?»

Scosse frettolosamente il muso:
«No! Niente affatto, solo… considerata la sfiga che abbiamo avuto sino ad ora, trovo curioso sia filato tutto liscio.»

Era una buona obiezione, ma Kalonia scrollò le spalle:
«Capisco la preoccupazione, ma… non può piovere per sempre.»

«Vero anche questo. Quindi… quando possiamo partire per Vassek? Dobbiamo tornare al tempio Sith per il rituale il prima possibile. Non voglio rischiare di diventare deficiente.»

«Lo so. Tuttavia, non potremo muoverci prima dell’alba. I corpi hanno bisogno di almeno dodici ore di riposo, per riprendersi dall’operazione. Partiremo domani mattina.»

«Prima non si può? Sai com’è… sono impaziente di rientrare in possesso di me stesso.»

Kalonia scosse il capo:
«No, spiacente. È troppo rischioso spostarvi ora. Dovrai pazientare ancora un poco»

«Bene..» sbuffò «Nel mentre… cosa facciamo?»

Poe balzò in piedi immediatamente. L’entusiasmo era tale che rischiò di ribaltare l’improvvisato tavolo e le sovrastanti ciotole di zuppa. Il sorriso entusiasta sulle sue labbra non lasciava presagire niente di buono. Quella sensazione venne confermata quando il pilota alzò entrambe le braccia al cielo:

«Karaoke!»
 

***
 

Ren tamburellò la coda, eccitato.

Era il suo grande momento. Finalmente avrebbe dimostrato all’intera Resistenza chi era il miglior cantante della galassia. Rey se l’era cavata bene, doveva ammetterlo: era una buona avversaria, ma il suo repertorio era così scadente. Si era lanciata in una melodia talmente obsoleta da essere caduta in disuso persino nei pianeti più remoti dell’Orlo Esterno. Non aveva dubbi: l’avrebbe sconfitta, distrutta e si sarebbe fatto incoronare nuovo Cantante Supremo.

Salì sul palco improvvisato, fatto con le stesse cassette che fungevano da tavolo della sala riunioni, e si schiarì la voce.

«Vai con la base» sussurrò, aspettando che Finn accendesse il sottofondo. Una musica dolce si diffuse immediatamente nell’hangar «Vorrei dedicare questa canzone a una persona… che mi è sempre stata molto vicino; che ha saputo sopportare i miei alti e bassi, le mie scelte sbagliate, i miei momenti più bui e che alla fine ha saputo perdonare i miei errori e ha saputo sostenermi in questo lungo percorso di ritorno al lato chiaro della Forza» stese una zampa verso la madre «Questa canzone è per te, generale Hux.»

Se Hux non fosse stato già rosso di mantello, sarebbe avvampato. Cos’era quell’ennesima idiozia? Da quando Ren sentiva il bisogno di dedicargli canzoni e, soprattutto, di scusarsi? Di certo, lui non lo aveva perdonato e men che meno sostenuto. L’apprendista Sith aveva evidentemente perso del tutto il lume della ragione. Percepì il fastidioso peso di una pallina di pelo sul fondo dello stomaco e tentò di sputarla. La saliva gli andò di traverso, strozzandolo e costringendolo a tossire furiosamente.

Ren, naturalmente, non badò ad alcuna di queste manifestazioni di disagio. Ciondolò sul posto, aspettando il momento giusto per attaccare:

«If I should stay, I would only be in your way
So I'll go, but I know
I'll think of you every step of the way
»

Hux sussultò quando riconobbe il testo. Sgranò gli occhi, riprendendo ad agitarsi furiosamente.
Mosse le zampe, sbracciandosi per richiamare l’attenzione del cavaliere:

«Smettila subito!» ringhiò, ma non ottenne altro che delle occhiate seccate e degli “schht!” dagli altri spettatori, evidentemente ancora incantati dal ritmo della musica.

«And I will always love you
I will always love you
You, my darling you, hm
»

«Ren!» il ringhio di Hux si perse tra i singhiozzi commossi di mezza platea.

Finn aveva addirittura estratto un fazzoletto e si soffiava vigorosamente il naso:
«Quanto vorrei che qualcuno l’avesse dedicata a me» stava frignando l’ex-stormtrooper.

«Bittersweet memories
That is all I'm taking with me
So, goodbye
Please, don't cry
We both know I'm not what you, you need
»

«Piantala! È una fottutissima canzone d’amore. Dubito seriamente che tu voglia dedicarmela»

Senza dubbio si trattava dell’ennesimo errore del gatto nero: troppo preso dalla melodia, si era dimenticato di controllare il significato del testo. In nessun punto della galassia, Kylo Ren gli avrebbe regalato una canzone d’amore tanto intensa… al massimo gli avrebbe potuto destinare le urla strazianti di un Gungan con una colica addominale.

«è davvero splendida» Rey stava lacrimando, asciugandosi a tratti il viso con i lembi della sua tunica.

Persino Skywalker aveva gli occhi lucidi, così come Leia:
«Tutto suo padre» stava confidando al fratello «Anche Han mi dedicava canzoni simili, solo… era così stonato che faceva cantare Chewbacca al posto suo. Ti lascio immaginare che razza di serenate fossero…»

«Ben invece ha un’ugola d’oro, non trovi?»

«Ovviamente, Luke! Ha preso da me.»

E adesso, il gran finale! pensò Ren poco dopo, Non sbagliare. Non steccare! Sii fluido, ma potente! si disse, inspirando profondamente prima di continuare:

«And Iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii will always love youuuuuuuuuuuu
Iiiiiiiiiiiiiiii will always love youuuuuu, youuuuuu»

Il suono di una tromba sottolineò quel canto deciso.

La musica scemò lenta e l’intera resistenza balzò in piedi, mentre uno scroscio d’applausi risuonava nella grotta. Il nome “Ben!” riecheggiava tra le fila dei fans entusiasti. Qualcuno si avvicinò per chiedere un autografo alla star del momento, mentre altri si contendevano foto e interviste improvvisate. Un paio di reggiseni volarono direttamente ai piedi dell’apprendista sith.

Hux si domandò se fosse finalmente arrivato il momento di porre fine alla propria esistenza. Valutò diverse opzioni: sotterrarsi vivo tra il sale di Crait poteva essere efficace, ma sicuramente era lento e doloroso. Avrebbe potuto farsi investire da uno speeder di passaggio, sempre che ce ne fossero. Valutò di chiamare un servizio di consegne a domicilio solo per farsi schiacciare dai pattini di una navetta cargo. Oppure gettarsi nella toilette della base e tirare lo sciacquone, anche se… la coda per il bagno era troppo lunga. Gli serviva un metodo rapido per poter sfuggire alla vergogna.

Pregò silenziosamente affinché le divinità gli concedessero finalmente un Sarlacc in cui sprofondare ed essere digerito per un migliaio di anni, ma sotto le sue zampe non apparve niente.

 
 
 
 Angolino: Era tantissimo che non aggiornavo. Mi dispiace per il ritardo. Oggi mi sono messa d'impegno e... ho scritto, finalmente. Il mio buon proposito di andare a letto alle 21.30 se n'è andato quando ho aperto word e ho deciso che, cascasse il mondo, oggi avrei finito questo capitolo. Eccoci qui, ormai manca davvero poco. Dovrete sopportarmi ancora per pochi altri capitoli. Nel mentre, vi ringrazio per aver letto fin qui! 
PROMETTO che risponderò al più presto alle vostre recensioni (che leggo sempre, ma a cui rispondo praticamente ogni volta che pubblico il nuovo aggiornamento.. son distratta, perdonatemi ç_ç). 
Mando un abbraccio (di nuovo ad un metro di distanza)

E'ry

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Capitolo 35
*** Aschtt Sagsas Sied Sied ut fahz Tzanh ***


35. Aschtt Sagsas Sied Sied ut fahz Tzanh


Hux riaprì gli occhi, scrollando lentamente il muso. Quegli idioti si erano dimenticati di nuovo di disattivare il gps del collare, spedendolo nel mondo dei sogni non appena decollati da Crait. La nave su cui viaggiava era un trasporto vecchio stile, un po’ antiquato, ma maneggevole. I finestrini, tuttavia, erano stati resi opachi dal tempo. Oltre il vetro non vedeva altro che i colori sfocati del pianeta sottostante.

Pioveva su Vassek. Le gocce d’acqua picchiavano con insistenza lungo la carlinga metallica, producendo un fastidioso rimbombo all’interno. Era stato quello ad averlo svegliato. Quello e il canticchiare irritante di Ren, che si era evidentemente ripreso prima di lui.
 
It's amazing how you can speak right to my heart
Without saying a word, you can light up the dark
Try as I may I can never explain
What I hear when you don't say a thing
 
Rey ascoltava con gli occhi lucidi, mentre Poe arricchiva la strofa con degli Uuuhh Uuuhh poco azzeccati.
Finn aveva deciso di tenere il ritmo con le mani, mentre Leia, seduta accanto al fratello, stava dicendo:
«Un’altra delle canzoni preferite di Han. Era davvero un uomo romantico, quando non contrabbandava ferraglia o bestie cannibali.»
Fortunatamente, a Chewbacca era stato concesso l’onore di pilotare: i grugniti dello Wookie arrivavano distanti, da oltre il portello a chiusura stagna.

«Quanto manca?» biascicò, stiracchiando le zampe rossicce.

«Poco» fu Kalonia a rispondere, accomodandoglisi accanto «Una volta che saremo atterrati, allontaneremo i corpi dai serbatoi di bacta e li collegheremo a dei respiratori portatili. Potremo sbarcarli in sicurezza e completare il rituale.»

Annuì, poco convinto. Pareva tutto così surreale e improvviso. Non erano certo trascorsi anni da quando era diventato un gatto, ma era come se una parte di sé non volesse distaccarsi da quell’involucro soffice e peloso. Iniziava a pensare che gli sarebbero mancate la coda, le quattro zampe e la linguetta ruvida. Per tacere della comodità della lettiera! Avrebbe dovuto riabituarsi in fretta a condividere il gabinetto con estranei. E… chissà se a Ren sarebbe mancato leccarsi il didietro.

Conoscendolo, lo farà comunque. Si sussurrò, sforzandosi di scacciare una grottesca immagine appena condensatasi nella sua mente.

Tornò ad ascoltare il brusio attorno a sé. La canzone, naturalmente, era scivolata in un allegro ritornello:

The smile on your face lets me know that you need me
There's a truth in your eyes saying you'll never leave me
The touch of your hand says you'll catch me wherever I fall
You say it best, when you say nothing at all
 
«Sai…» stava sussurrando Leia al fratello «Se non fossi diventata un leader della ribellione, mi sarebbe piaciuto aprire una piccola libreria di viaggi in un grazioso quartiere residenziale di Coruscant»

«Non avresti mai conosciuto Han, però…» replicò l’anziano Jedi, ricevendo in cambio una scrollata di spalle.

«Forse mi sarei sposata con un avvenente attore, capitato per sbaglio nel mio delizioso negozio.»

«Chissà! Le vie della Forza sono infinite!»

Hux sollevò gli occhi al cielo. Non gli era difficile immaginare da chi Ren avesse preso la sua innata stupidità, che evidentemente scorreva potente nelle vene degli Skywalker; se poi vi si aggiungeva la genealogia Solo, il gioco era fatto! Tornò a scrutare il paesaggio, ora molto più vicino. Il tempio Sith era visibile ormai, arroccato sulla scogliera e circondato dai pascoli verdeggianti.

Il trasporto continuò la sua lenta discesa finché, con un brusco scossone, appoggiò i pattini sul terreno morbido. La rampa si schiuse con uno sbuffo, scivolando dolcemente sino al suolo. Un guizzo d’aria fresca penetrò all’interno, come un gentile cenno di benvenuto.
Erano arrivati a destinazione.
 

***
 

Il tempio era esattamente come lo avevano lasciato. Complice il maltempo, la penombra all’interno della costruzione sembrava quasi aumentata. L’umidità permeava dai muri, rendendo argilla e pietra ancor più gelide e inospitali.

Hux si concesse un sospiro sollevato quando scorse i due pendenti adagiati sull’altare: fortunatamente, nessuno era passato prima di loro; non erano stati nascosti o trafugati. Erano ancora lì, esattamente dove li avevano dimenticati.

Sollevò il muso verso Luke.

«Non è per sfiducia, signor Skywalker, ma… sicuro di saperlo fare? Insomma… si tratta di un complesso rituale Sith. Millicent era votata al lato oscuro, mentre tu…»

«Io… cosa? Rivuoi le tue sembianze o preferisci rimanere un gatto a vita? Guarda che per me non fa alcuna differenza lasciarti così.»

Scosse il capo, sollevando le anteriori in segno di resa:
«Chiedevo soltanto! Non vorrei ritrovarmi con la testa al posto della coda, sai com’è…»

Il Jedi non gli rispose neppure, limitandosi a sciogliere il mantello e a rimboccarsi le maniche. Il braccio ferito era quasi completamente guarito grazie agli impacchi di bacta e limitava davvero poco i movimenti dell’anziano.

«Bene!» Leia si intromise, facendo un cenno verso l’ingresso «Cominciamo. Venite avanti» ordinò, mentre lo staff medico spingeva due barelle attraverso la soglia.

Hux fissò il proprio corpo depositato sul lettino, coperto solo di un camice ospedaliero turchese. Un tubo trasparente gli scendeva nella gola, collegato a un respiratore portatile. Rabbrividì a quell’immagine, convinto quasi di poter sentire la sonda infilarsi dal suo collo sino ai polmoni. Osservò il petto espandersi ritmicamente, con una cadenza lenta ma regolare. La pelle aveva già assunto un colorito cinereo. Tese l’orecchio, sforzandosi di sentire il ticchettio del cuore meccanico, ma senza successo.

«Non è che poi mi rimane la cicatrice, vero?» chiese indicandosi il torace.

«Per l’operazione?» Kalonia soffiò una risatina divertita «Non avete neppure più i punti. La bacta ha già risanato tutto. Non ha eliminato segni pregressi, naturalmente. Solo le ferite più fresche.»

«Bene.»

«Preoccupato per la prova bikini? Non temere. Io e i miei ragazzi abbiamo fatto un ottimo lavoro con gli impianti.»

«D’accordo, iniziamo» Organa tornò a tuonare, facendo un cenno a tutti d’allontanarsi dall’altare «Un passo indietro, per favore. Lasciamo spazio a Luke e Kalonia» esclamò, prima che l’attenzione cadesse al gatto rosso «Generale, sarai il primo. Accomodati» e la mano avvizzita indicò la mensa di pietra.

Hux si ritirò istintivamente, scoccando un’occhiata al collega: Ren stava ingannando l’attesa inseguendo la propria coda.

Tanto per cambiare, si disse, scoraggiato.

Riportò lo sguardo all’ex-principessa, accigliato:
«Perché io? Non possiamo cominciare da Ren?»

Si vide restituire un sorriso compassionevole e un netto diniego:
«No. Non penserai davvero che rischierò mio figlio. Il processo è sicuro, ma Luke non lo ha mai provato. Abbiamo una probabilità di successo dell’ottanta per cento.»

«Settantanove virgola tre periodico, per l’esattezza!» aggiunse Skywalker.

«E me lo dite adesso?!» la sua protesta si spense nel nulla.

«Se qualcosa dovesse andare storto, beh… preferirei fosse su di te. Non sono disposta a rinunciare nuovamente a Ben; piuttosto lo lascio in forma felina, ma… non posso perderlo. Non di nuovo. Sono certa che capirai…»

Sgranò gli occhi e per poco non gli cadde la mandibola. Non era possibile che ne stessero parlando proprio ora: su Vassek, ad un passo dalla fine, quando il rituale avrebbe dovuto essere consolidato e l’officiante preparato ad ogni eventualità.

Dondolò la testa, irritato:
«Non intendo fare da cavia per Ren!»

«Allora rimarrai gatto per il resto della tua vita.»

Storse il muso in una smorfia irritata. Scoprì i denti, soffiando seccato:

«Sia!» cedette, infine. Piegò i posteriori, balzando un attimo dopo sull’altare, dove lo staff medico stava finendo di sistemare il corpo esanime. Scrutò attentamente il volto dorato, i riccioli neri e i pettorali robusti che tendevano all’inverosimile la camicia ospedaliere «Ehi! Questo non sono io!»

Un infermiere si scusò. Un attimo dopo, il proprio corpo venne depositato sulla pietra e liberato del tracheotubo e del respiratore. Il petto smise immediatamente di muoversi e si abbandonò nuovamente inerte.

«Sbrighiamoci» incalzò, mentre Skywalker lasciava cadere il primo pendente attorno al suo collo e sistemava l’altro sul cadavere.

Luke si schiarì la voce con un colpetto di tosse:
«Miei cari! Siamo qui riuniti oggi per compiere una consacrazione alla Forza. Chiunque voglia opporsi a questa unione, parli adesso o taccia per sempre!»

«Non possiamo spicciarci e saltare i convenevoli?»

«Io mi oppongo!» una mano robusta scattò immediatamente nell’aria.

«Vuoi stare zitto, FN-2187?!»

«Sono Finn…»

Hux schioccò le fauci frustrato. Ma perché si era lasciato coinvolgere in quella storia? Se solo non avesse ascoltato le idiozie di Ren sulla voce, nulla di tutto ciò sarebbe successo. Beh, forse non avrebbe neppure dovuto raccogliere Millicent dallo scarico dei rifiuti, ma… come poteva pensare che quell’adorabile gattina fosse in realtà una creatura egoista, perfida e avida? Non che avesse senso rimuginarci ulteriormente. Ormai, il danno era fatto. Poteva solo pregare che quel rituale fosse la soluzione al problema.

Si acciambellò sul proprio stomaco, chiudendo gli occhi. Mosse le orecchie, sforzandosi di seguire la voce del Maestro Skywalker, intento a leggere l’antica incisione in lingua Sith:

«Aschtt Sagsas Sied Sied ut fahz Tzanh» fu l’ultima cosa che udì.

Colse i nastri di luce azzurra stringergli le tempie e avvolgere gradualmente le zampe, il busto, l’intera sua figura. Il familiare scossone lo strappò violentemente dall’involucro felino. Si costrinse a trattenere il fiato, cercando di non urlare. Sentì comunque un lamento riecheggiare nella stanza, poco prima che la coscienza si disperdesse nell’aria umida della stanza. Il nero invase nuovamente la sua mente, abbandonandolo in una profonda e assoluta cecità.
 

***
 

Ben Solo si accomodò sull’altare, fissando soddisfatto il proprio corpo. Come era prestante! Anche così, nell’immobilità della morte, era praticamente perfetto. I muscoli sviluppati che premevano sulla stoffa sottile del camice; la leggera sfumatura dorata della propria carnagione, solcata dalle cicatrici di numerose battaglie. I capelli soffici color ebano, intonati alle spesse sopracciglia e al castano delle proprie iridi. Osservò le labbra carnose, il mento pronunciato e i tendini del collo, prima di spiare sottecchi Rey. La ragazza non riusciva a staccargli gli occhi di dosso. Ah, come la capiva! Nemmeno lui l’avrebbe fatto, se fosse stato un esponente del gentil sesso! Sogghignò vanitoso, arricciando le labbra per soffiare un bacio leggero a tutti i suoi ammiratori che, evidentemente, non si limitavano solo alla spazzina: Finn lo stava fissando con malcelata gelosia, mentre Dameron sembrava seriamente incuriosito dalle sue forme scolpite; senza dubbio, gli avrebbe chiesto il segreto per quella forma fisica invidiabile. Lasciò, infine, correre lo sguardo al compagno d’avventure: il generale era steso in un angolo, ancora privo di sensi.

Pff, che mezza sega! Ridacchiò, poco prima che una voce perentoria lo riportasse all’ordine.

«Finito di fare il cretino, Ben?»

«Scusa zio…» mugugnò contrito, riprendendo poi la propria baldanza e chiudendo gli occhi «Comunque…Sono pronto!»

 «Aschtt Sagsas Sied Sied ut fahz Tzanh»

Si sentì trasportare via. Inspirò a fondo, cercando di scacciare il bruciore alle zampe, alle spalle e alla schiena. Percepì un formicolio al coccige quando venne a mancare la coda. La sua coscienza si librò nel vuoto, allontanandosi rapidamente dal felino e balzando nel corpo originale. Inspirò a fondo, percependo l’aria invadergli immediatamente il torace.  Si rilassò, tornando a schiudere le palpebre poco dopo. Sollevò le mani, fissandole soddisfatto. Era di nuovo in sé.

«Sì! È fatta!» esclamò, balzando in piedi, incurante della succinta veste ospedaliera che lasciava scoperte quasi interamente le gambe robuste. Mimò un paio di passi di danza, ancheggiando e roteando le braccia sopra di sé «Oh, avete visto? Sono nuovamente al pieno delle mie possibilità.» aggiunse, muovendosi flessuoso «It's fun to stay at the YMCA» canticchiò.

«Ben?»

«It’s fun to stay at…»

«Ben!»

Luke lo stava fissando severo. Sul suo palmo giaceva semplicemente un fazzoletto piegato con cura. Ben Solo lo guardò perplesso, evidentemente senza capire. Stese la destra, come per acciuffare il pezzo di stoffa, ma il maestro strinse immediatamente il pugno e lo allontanò dalla sua portata.

«Non è per me?» chiese confuso.

«Sì, ma… non così. Prendilo con la Forza.»

Annuì, allungando nuovamente una mano e cercando di richiamare il fazzoletto. Si concentrò, tentando di richiamare la familiare sensazione e di concentrarla sulla punta delle dita. Attese, mentre un vuoto assordante scorreva nelle sue membra. Riprovò, cercando la pressione della Forza dentro di sé. Perché non la percepiva? Perché non sentiva il potere guizzare lungo i suoi nervi, come al solito? Forse la conversione al Lato Chiaro aveva affievolito le sue capacità? Oppure…

«Come temevo.»

Le parole di Luke lo fecero sprofondare. Che significavano? Percepì le fauci seccarsi e un nodo stringersi in gola. Si sforzò di ricacciare la delusione, fiorita ormai sul volto costernato.

«Che intendi?» sussurrò, tremante.

«La Forza… non è più con te, Ben. Non so spiegarti il motivo. Posso solo supporre che sia svanita quando abbiamo ucciso Romualdo. Ha trascinato la Forza con sé, essendo il suo ultimo fruitore prima del decesso. Considera che è anche la prima volta che si perpetuano ripetuti scambi corporei sulle stesse persone e che in nessun testo Sith si fa menzione ad una evenienza simile» vide il parente scuotere mestamente il capo «Mi dispiace. Temo che dovrai rinunciarvi per sempre.»

Colse una stretta aggrovigliargli lo stomaco e la nausea attanagliarlo. Come era possibile che la Forza lo avesse lasciato?! Lui! Il nipote di Vader… non poteva ridursi ad essere un comunissimo essere umano. Si fissò le mani con disprezzo e pietà al tempo stesso; vide le dita contrarsi per la rabbia e la delusione. Si costrinse a respirare a fondo, per scacciare quelle sensazioni: aveva cambiato vita, ormai. Non poteva permettere alla collera di riprendere il sopravvento e trascinarlo ancora nel Lato Oscuro. Deglutì a vuoto, rigettando lo sconcerto e l’amarezza. Si sarebbe fatto forza e sarebbe andato avanti comunque. Lo doveva a sé stesso, prima di tutto; a Leia, a Luke e alla memoria di suo padre scomparso.

«Capisc…» iniziò, ma venne interrotto da una risatina nervosa.
Le iridi si mossero immediatamente per inquadrarne la fonte: Hux era in piedi, in un angolino; tra le braccia reggeva il corpicino inanimato della sua gatta. I polpastrelli sfioravano delicatamente il mantello rossiccio, accarezzandolo con premura e attenzione. Era come se volesse rassicurare Millicent e, al tempo stesso, evitare di svegliarla dal letargo in cui era caduta.

«è vero, quindi? Hai perso i poteri, Ren?» il generale stava sorridendo, un lampo di follia negli occhi verdi «è splendido! Kriff, finalmente una bella notizia! Allora, come ci si sente ad essere una persona qualunque?»

«Sono Ben…» contrasse i pugni e quel gesto, seppur fugace, non sfuggì all’altro.

«Oh, ti sto facendo incazzare? Splendido! Avanti, Ren, fallo! Fai vedere a tutti quanto sei possente nel Lato Oscuro. Lanciami contro un muro o soffocami a distanza. È una delle cose che ti riesce meglio, no?»

«Hux…»

«Perché non ci provi? Sarebbe almeno... normale, no? Perché questa cosa non può… risolversi? Perché non possiamo tornare alla nostra vita di sempre? Perché è andato tutto a puttane, proprio quando eravamo vicini alla meta?» la voce dell’ufficiale si stava pericolosamente incrinando «è cominciata con Starkiller e da allora… le cose non hanno fatto altro che peggiorare, rotolando da una ripida china. Non sono riuscito a metterci un freno. Ho perso tutto, Ren. Il mio ruolo, il mio lavoro… tutto ciò che avevo costruito. Il Primo Ordine era la mia casa e ora… cosa ne sarà di me? Tu hai una famiglia. Hai qualcuno che ti ama. Io… non ho nessuno» le iridi chiare vagarono ai presenti, ma senza soffermarsi.

Era come se non vi fosse nessun altro all’infuori di sé stesso e del cavaliere. Come se Hux si fosse rinchiuso in una bolla di sapone, oltre la cui superficie fragile non vi era più niente. Il suo piccolo mondo era imploso e non aveva potuto salvarlo. Quella consapevolezza, prepotentemente emersa all’improvviso, lo stava schiacciando.

«Non sei in te, Hux…»

«Sono perfettamente in me. Vedo le cose in modo chiaro, credimi. Forse trovi strana la mia malinconia, ma…. Beh, concedimela. Non ho guadagnato nulla da questa storia, che non fossero un serie di calci nel didietro mostruosi. Tu hai ritrovato degli affetti; viceversa, sono solo… oggi più che mai.»

«Anche io sono Solo.»

«Non fa ridere, Ren.»

«Lo so… cercavo solo di tirarti un po’ su.»

Vide le labbra di Hux piegarsi in un leggero sorriso, prima di tornare ad incupirsi e a distendersi con una smorfia.
«Ho perso la mia nave. Il Finalizer è lontano; i miei ufficiali, quelli più fidati e capaci, mi hanno lasciato indietro. Mi hanno scaricato come se fossi un peso.»

«Questa è una idiozia e lo sai anche tu. Sono corsi subito quando hai chiesto aiuto. Sono venuti per salvarti e lo hanno fatto.»

Colse un timido cenno d’assenso.
«Hai ragione! Non devo essere ingiusto» la nota decisa si piegò nell’istante successivo, tornando all’amarezza «Ma… mi mancano. Non ho mai avuto nessun altro che loro. Credi che si dimenticheranno di me?»

«No. Perché hai questi dubbi, così all’improvviso? Mi sembri leggermente bipolare…» lanciò un’occhiata perplessa allo zio, che scrollò incerto le spalle.

Hux non gli rispose. Sembrava come regredito ad uno stadio infantile. Poteva essere lo shock del rituale? Oppure lo stress accumulato negli ultimi giorni? Era come se dell’integerrimo generale non fosse rimasta che un’ombra impaurita; un refluo, forse, dei lontani giorni da cadetto. Una personalità che forse l’altro era stato costretto a sopprimere per troppo tempo e che ora – strappato dalla sua vecchia vita – si stava riprendendo i propri spazi.

Lasciò scivolare una mano sulla spalla magra del collega, ma questi si ritrasse spaventato.

«Non ti farò del male, Hux. Non devi avere paura di me» sussurrò.

«Ben…» Leia gli si avvicinò, spingendolo dolcemente indietro «Ci penso io» mormorò, dando le spalle al figlio e rivolgendosi al generale «Con me puoi parlare.»

«Possono uscire?» il cenno di Hux si posò sui presenti, immersi in un silenzio composto.

«Ragazzi, per favore…» la principessa attese che tutti fossero allontanati, prima di avanzare di un paio di passi. L’uomo si schiacciò contro il muro, senza smettere d’accarezzare il pelo arancione della gatta. Leia non si arrese: colmò la distanza, facendo scivolare le braccia attorno al petto altrui e le congiunse sulla schiena, sfregando piano i palmi sulla stoffa sottile del camice «Va tutto bene, Armitage.»
Lo sentì irrigidirsi al sentire il proprio nome. Evidentemente, non ci era abituato; oppure non gli piaceva affatto.

La conferma arrivò l’istante successivo:
«Non chiamarmi così.»

«Perché? È un bel nome.»

«Mio padre mi chiamava Armitage.»

«E anche tua madre suppongo…»

«Tu non sei mia madre.»

Sorrise mesta, senza smettere di accarezzare quella schiena sottile. Poteva quasi sentire i vecchi segni sulla pelle, incisi da un genitore troppo drastico e prepotente.

«No, non lo sono» ammise cautamente «Ma sono una madre, e so quando un ragazzo ha bisogno d’aiuto. Dici di essere solo, ma non è vero. Hai delle persone che ti amano, lo sai anche tu. Fingi solo di non vederle, perché in qualche modo vuoi proteggere quello che resta della tua immagine: l’integerrimo generale del Primo Ordine. Lo Starkiller, il distruttore di mondi. Non c’è niente da salvare in questo e ne sei consapevole. Fatichi a staccartene, però…»

«è tutto ciò che ho costruito. Non sono stato capace di fare altro. È l’unico ricordo che la storia avrà di me.»

«Non è un bel ricordo.»

«Lo so, ma è troppo tardi per cambiarlo.»

«Sì. È troppo tardi» si concesse una pausa, ascoltando il leggero ticchettio che si sentiva nel petto magro. Sollevò una mano, portandola all’altezza del cuore «Ma ti è stata data una seconda possibilità. Non buttarla via continuando a rimpiangere il passato.»

«Mi consegnerai ai tuoi alleati della Repubblica?»

«No. Per la galassia, sei ufficialmente morto. L’intero universo ha assistito alla tua uccisione. Non avrebbe senso farti tornare sotto i riflettori per un processo, non credi? Sarebbe… difficile da spiegare: perché il generale Hux è ancora vivo? E… che ne è di Kylo Ren? Anche lui è ancora in giro a seminare zizzania? Sarebbero queste le domande che la gente si porrebbe e… francamente, voglio proteggere Ben a ogni costo.»

«Quindi… cosa ne farai del sottoscritto?»

«Ho in mente una soluzione, ma devi fidarti di me.»

Un cenno d’assenso, poco convinto:
«D’accordo. Ci proverò» fu la risposta, mentre l’attenzione di Hux cadeva finalmente al piccolo fagotto che ancora reggeva tra le braccia. Lo fissò a lungo, prima di rompere il silenzio con un singhiozzo incontrollato «Ho perso la mia gatta. Io… le volevo bene. Cioè, so che sembra assurdo!» la voce riacquisì sicurezza e cinismo in un lampo «Tutto questo è successo per colpa sua! È stata Millicent a rovinarmi! Non dovrei provare pietà per lei. Dovrei disprezzarla, dovrei odiarla, dovrei bruciare ogni suo ricordo, eppure…» le dita affusolate si arricciarono sulla volta coda «…la amavo tanto.»

«C’è ancora una cosa che possiamo fare per lei. Vieni.» Leia gli prese una mano, conducendolo verso l’esterno.
 

***
 

Hux guardò nuovamente oltre il finestrino opaco. Kalonia gli aveva fornito dei vestiti nuovi e un the caldo. Il maglione nero pizzicava un poco e cadeva abbondante sulle spalle ossute. I pantaloni erano della sua taglia, ma sospettava appartenessero a Rey. Era riuscito a recuperare soltanto gli stivali dalla divisa dell’Ordine.

Soffiò sulla tazza calda, osservando il suolo allontanarsi sempre di più mentre il trasporto decollava. Accanto al tempio Sith c’era ora della terra smossa. Due piccole cunette si intravedevano accanto all’ingresso, ciascuna sormontata da una pietra ruvida e da un pendente violaceo.

«Addio Millie» mormorò, mentre il vapore della bevanda appannava il vetro e gli nascondeva gli ultimi stralci di Vassek. Qualche istante dopo, la superficie del pianeta svanì completamente.

Era strano essere di nuovo sé stessi: riavere i pollici opponibili sulla ceramica smerigliata , le lunghe gambe accomodate sotto il tavolino, i gomiti stretti attorno al costato e le lentiggini a decorare la cute pallida. Si era riabituato in fretta al proprio corpo, ma era come se non gli appartenesse fino in fondo; come se una parte di sé rimpiangesse l’aspetto felino.

È come adattarsi ad un nuovo paio di scarpe, solo per scoprire che preferivi le vecchie… si sussurrò, assaggiando un sorso di tè, producendo una smorfia scontenta Manca lo zucchero.

Distolse l’attenzione dall’esterno quando sentì una coperta scivolargli sulle spalle.

«Dameron» salutò distaccato «Non ho così freddo.»

«Dici?» la voce del pilota marcava la consueta sfumatura ironica «Sembri uscito da un ospizio per Gungan. Tradotto: hai una pessima cera, Abbracci.»

«Vorrei vedere te al mio posto…»

«Fortunatamente, sono qui per tirarti su il morale!»

«Non mi presterò a balletti di dubbio gusto.»

«Niente del genere!» Poe gli tese un blocco, dove erano già state tracciate delle colonne «Nomi, cose e pianeti! Ci stai?»

Sorrise, senza nascondere un improvviso lampo d’interesse:
«Perché no?»

«Ti avviso che sono piuttosto ferrato in questo gioco, Abbracci!»

 
***
 

«Non puoi scrivere Starkiller cinque volte di fila!»

«Ah, no?» Hux voltò il foglio, indicando la calligrafia affrettata «Nome: Starkiller. Voi stessi mi avete ribattezzato così, cari i miei ribelli. Quindi, ora… ve lo intascate» passò alla scritta successiva «Cose: Starkiller è una base spaziale, perciò rientra nella categoria. Pianeti: Starkiller era un pianeta e…»

«Il pianeta era Ilum.»

«Che poi si è trasformato in Starkiller, quindi è valido. Devo continuare?»

«Nah…» il pilota sbuffò irritato.

«Vediamo tu che hai scritto…»

«Dunque… nome: Skywalker.»

«è un cognome, quindi non valido.»

«Che…?!»

«Mi hai sentito» Hux affinò un sogghigno sprezzante «Poi? Prosegui, forza…»

«Nelle cose ho messo: Sarlacc.»

«è una creatura, non un oggetto inanimato. Zero punti…»

«Ma…»

«Pianeti?»

«Ho messo: Sistema Hosniano.»

«Zero! Prima di tutto è un sistema e non un pianeta. Inoltre, credo sia stato distrutto, mh… da non molto» rise piano, canzonando il pilota «Almeno, così ho sentito dire. Possiamo controllare, però.»

«Va beh, che c’entra? Non si parla di pianeti esistenti o estinti»

«Allora avresti dovuto accettare il mio Alderaan sotto la A. Hai detto che non era valido» scribacchiò un paio di cifre nella colonna dei risultati, con malcelata soddisfazione «Cinquanta a zero, Dameron. Sicuro di voler l’ennesima rivincita?»

«No…» il pilota lo stava fissando, tra l’imbronciato e il perplesso. Sembrava sul punto di chiedergli qualcosa, ma probabilmente non osava. Alla fine, prese coraggio «Ti va una partita a Dejarik? Ti avverto, però… sono piuttosto in gamba a quel gioco.»

Il generale annuì, modellando un sorriso accondiscendente.
Purtroppo per te, lo sono anche io.
 

 
Angolino: buonasera! Torno con un aggiornamento al volo. Il capitoletto forse è un po' lunghetto, ma...dovevo pur restituire i corpi a questi due disgraziati, giusto? Ren ("Sono Ben!") ha perso i poteri, ops... dovrà abituarsi a farne a meno. Hux ha un leggero disturbo da stress, ma... sono sicura che gli passerà. 
Al solito, grazie per aver letto fin qui! Risponderò al più presto alle recensioni che mi avete lasciato.
nel mentre... se non avete ancora visto lo speciale natalizio Lego Star Wars, vi consiglio di farlo xD ci sono i pantaloni a vita alta.
Abbracci a distanza

E'ry
 
 
 

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Capitolo 36
*** In una galassia lontana, lontana… ***


36. In una galassia lontana, lontana…


Ben si affacciò sulla soglia dell’improvvisata sala riunioni, lasciando ricadere la tenda dietro di sé.

«Non riesci a dormire neppure tu?» chiese, spiando il volto rugoso della madre.

Il loro ritorno a Crait era stato accompagnato da un’allegria generale; i ribelli ne avevano approfittato per festeggiare, dando fondo alle migliori provviste. Non era riuscito a capire se fossero davvero contenti di vederli nuovamente umani… oppure se non aspettassero altro che una qualunque scusa per lasciar scorrere l’alcool. La seconda opzione sembrava la più probabile.

Tuttavia, dopo essere sopravvissuto ai balli di gruppo di Dameron, alle lamentele di Finn e alle prediche gratuite di Luke Skywalker, Hux si era dichiarato esausto e si era rannicchiato in un sacco a pelo; a differenza sua, era sprofondato nel sonno quasi immediatamente. Ciò, ovviamente, aveva concesso un po’ di riposo ai propri timpani, che non chiedevano altro che un momento di silenzio lontano dalle rimostranze continue del generale: si stava meglio quando si stava peggio; non era così male essere un gatto; non voglio dormire per terra; devo proprio fare la fila per il gabinetto? Non c’è un modo migliore per stabilire la priorità in base all’urgenza del bisogno fisiologico? Non puoi metterti una maglietta, Ren?

Solite lagne, che l’altro era tornato a produrre non appena rientrato in sé. Alla fine, aveva ceduto e si era infilato una camicia color senape e una vecchia giacca abbinata, indubbiamente appartenuta a Chewbacca vista la taglia.

Si era avvolto in una trapunta, solo per scoprire che il sonno tardava ad arrivare. Gli avvenimenti trascorsi erano talmente importanti e vasti che il suo cervello faticava a registrarli.

Probabilmente perché hai il quoziente intellettivo di un Porg, aveva sottolineato Hux.

Infine, si era arreso ed era sgusciato verso l’area riunioni, dove una candela illuminava la figura china dell’ex-principessa.

Leia sollevò immediatamente lo sguardo quando lo vide, chiudendo il libro che teneva sulle ginocchia:
«Accomodati Ben» lo invitò, accennando ad una cassetta rovesciata «Non proprio. Ho molti pensieri per la testa e questo non concilia il riposo.»

«Qualcosa ti turba?»

«Sì, in tutta onestà. Desideravo parlartene domani mattina, ma… visto che sei qui, ti andrebbe di affrontare l’argomento?»

«Quale?» il giovane aggrottò la fronte, senza riuscire a comprendere. A cosa si riferiva sua madre? Fece un rapido esame di coscienza, come quando era un adolescente: aveva combinato qualcosa senza rendersene conto? A parte l’aver tradito la fiducia dei genitori, essere fuggito dalla scuola di Luke dopo averla distrutta, essersi affidato a Snoke per diventare potente nel Lato Oscuro, essersi integrato nel Primo Ordine, aver ucciso Han, torturato Poe e Rey, aver ferito Finn… c’era altro? Cercò di fare mente locale e sussultò quando un’improvvisa ispirazione lo colse «Mi dispiace, amh… non sapevo che i taralli nella dispensa fossero tuoi!» esclamò, spazzolandosi frettolosamente i vestiti per togliere le briciole residue di quel recente furto.

Ricevette un sorriso accondiscendente:
«Oh, mio caro! Non mi importa affatto dei taralli. Parlavo di te, in realtà… del tuo futuro.»

«Il mio futuro?»

«Sì» la sentì sospirare pesantemente e crollare il capo, afflitta «So che sei appena tornato e, credimi!, niente mi renderebbe più felice che poter passare il resto dei miei giorni al tuo fianco, ma… temo dovrai andartene.»

«Cosa?! Come? Io… pensavo d’essermi comportato bene. So che ho fatto cose terribili, mamma, ma… mi avete perdonato, giusto? Tu, lo zio Luke, Rey e tutti gli altri.»

«è così, infatti. Nessuno ti serba rancore. Tuttavia, non posso tenerti rinchiuso per sempre. Cosa accadrà quando prenderai il Falcon e te ne andrai a spasso per l’universo? Cosa accadrà se qualcuno dovesse riconoscerti come Kylo Ren?»

«è morto, mamma. Non è più in me.»

«Io lo so, ma il resto della galassia no. Se ti trovassero? Se ti dessero la caccia e ti riportassero al Lato Oscuro?»

«Non mi lascerò coinvolgere di nuovo. Snoke è scomparso e…»

«Ben, non sto dicendo che non mi fido. Al contrario. Sono fiera di ciò che sei diventato, ma… ho anche paura per te. Paura che qualcuno possa vendicarsi e farti del male. Non hai neppure più la Forza a proteggerti. Devi riabituarti a molte sensazioni: sei sempre stato particolarmente dotato e posso solo immaginare come sia essere privati all’improvviso di un potere simile.»

«è… non so descriverlo. Mi sento completamente svuotato e le mie percezioni sono minori. Non sono più coinvolto in ciò che mi accade attorno. Riesco a sentire solo ciò che i sensi mi trasmettono, ma null’altro. È tutto così diverso, ora. Ho provato a espandere le mie sensazioni, ma raccolgo soltanto silenzio.»

La vide annuire pensierosa:
«Come temevo» Leia gli strinse una mano, per fargli coraggio «Ecco perchè sono preoccupata, capisci? So che sai cavartela in molte situazioni, ma devi ancora prendere le misure di questa nuova vita; non è sicuro tenerti qui, ma non posso neppure privarti della libertà. Credo sia più saggio lasciarti andare, Ben… su un pianeta dove nessuno potrà riconoscerti.»

«Capisco» annuì piano, sforzandosi di non cedere allo sconforto.

Provava sentimenti contrastanti: delusione e disprezzo verso sé stesso, ormai ridotto ad un comune essere umano; amore e attaccamento verso la madre e gratitudine per le sue premure; un profondo e sincero dispiacere, come se rimpiangesse già quanto aveva costruito nel suo breve periodo felino: il rinnovato legame con lo zio, i nuovi amici, gli attimi spensierati divisi tra karaoke e gare di limbo. Gli sarebbe mancato tutto questo. Chissà come avrebbe ingannato il tempo, su un qualunque pianeta desolato dell’Orlo Esterno.

«Hux?» chiese infine.

«Gliene ho già parlato. La prospettiva dell’esilio non lo alletta particolarmente, ma credo sappia di non avere altra scelta. Se venisse riconosciuto a zonzo, verrebbe indubbiamente linciato sul posto. Francamente, non me ne stupirei poi troppo.»

«Verrà con me?»

«Solo se lo desideri. Altrimenti troveremo un’altra soluzione.»

Mosse nuovamente il capo in un cenno affermativo:
«Ti dirò…» riprese, con uno sbuffo divertito «Non mi dispiace averlo tra i piedi. È petulante, testardo, orgoglioso e una pigna in culo, detto proprio fuori dai denti…»

«Ben! Non ricordo di averti insegnato espressioni simili!»

«…ma è ciò che mi resta del passato. Un fastidioso promemoria vivente, se vogliamo dargli una definizione. Inoltre, lo conosco: c’è sempre bisogno di qualcuno che lo tenga d’occhio» sogghignò «A lui sta bene?»

«Suppongo di sì. Ha detto che gli era indifferente, ma credo ci rimarrebbe piuttosto male se vi separassi.»

«Dove ci manderai?»

Leia sorrise, arruffandogli le ciocche nere:
«In una galassia lontana, lontana…»
 

***


Da Gatto Rosso a Termosifone
 
Ho ricevuto una trasmissione da Falco Uno. È vero che ti sposi? Diamine! Non è un po’ prematuro? Insomma, so che è la donna della tua vita, eccetera, eccetera, ma… forse dovreste prima provare a convivere, non credi?
Non voglio fare il guastafeste, intendiamoci. Volevo solo darti un consiglio, ma… se sei convinto della tua scelta, allora non posso che essere felice per te.
Felice per te”, capito? Mi sto davvero rammollendo.
A parte questo, ti ringrazio per averci inviato le partecipazioni. Ammetto che il logo del Primo Ordine l’avrei voluto un pochino più grande, ma… beh, ormai le hai fatte stampare.
Purtroppo, dobbiamo declinare l’invito. Presto, io e “Sono-Ben” partiremo alla volta di un nuovo pianeta. Organa non ha voluto darmi altri dettagli, so soltanto che è… lontano. Molto lontano. Crede sia il luogo giusto per un esilio, dove nessuno potrà riconoscerci e darci noie.
Spero sia un posticino grazioso, comunque… magari senza leader, così potrò organizzare un colpo di stato ed autoproclamarmi imperatore.

Abbi cura di te e della mia nave, soprattutto.
Lunga vita al Leader Supremo.
 

***
 

Ben fissò la navetta cargo, che Poe e Finn stavano finendo di preparare per il decollo.
Scivolò accanto a Luke, fissando l’anziano sottecchi.

«Contento, zio? Finalmente non sarò più un tuo problema.»

«Puoi dirlo forte!»

«FINALMENTE NON SARò Più UN…»

«Diamine Ben! È un modo di dire, non c’è bisogno di urlarmi nelle orecchie.»

«Scusa…» borbottò, tendendo poi la destra davanti a sé «Comunque, volevo ringraziarti… per quanto hai fatto per me. Per avermi educato, istruito alla Forza, per avermi aiutato con questa faccenda dei gatti e… per aver perdonato i miei errori. Sono orgoglioso di averti come zio, davvero.»

«Oh, Ben! Potessi dire lo stesso di te…» Luke si asciugò gli occhi lucidi, afferrando poi la mano del nipote e usandola per attirarlo a sé «In realtà, tu sei stato una spina nel fianco dai cinque anni in poi. Non sono così sicuro che sentirò la tua mancanza, ma… sì, i tuoi errori appartengono ad un passato che non tornerà. Sta lontano dal Lato Oscuro, dai guai e dalle cattive compagnie. Una te la porti appresso, a quanto vedo…»

«Ehi!» la lamentela del generale cadde nel nulla, mentre Skywalker proseguiva imperterrito:

«…ricorda però che ti voglio bene, ragazzo. Sei un uomo migliore, Ben Solo. Rendi onore a ciò che sei diventato.»

«Grazie zio» Ben tirò su col naso, stringendo le spalle gracili del parente per ricambiare quell’abbraccio. Si allontanò dallo zio solo quando colse un sinistro scricchiolio e, tra le imprecazioni del vecchio Jedi, si rese conto d’avergli lussato una spalla «Ops… scusa.»

Ignorò il “disastro di un nipote!” che risuonava ormai nell’hangar, concentrandosi sulla figura immediatamente accanto. Anche Leia aveva gli occhi lucidi e tra le mani stringeva un fazzoletto già bagnato.

«Mi mancherai» gli disse, appoggiando il capo al suo petto e respirando a fondo, come se volesse imprimersi nella memoria il profumo, il timbro robusto della voce, i capelli morbidi e i profondi occhi del figlio «Confido che ci rivedremo, prima o poi, se la Forza lo vorrà. Abbi cura di te.»

«Lo farò.»

Le dita grinzose si posarono sulle sue guance, in una carezza affettuosa:
«Ti voglio bene Ben.»

Ben Solo abbassò il capo, posando le labbra carnose sulla fronte della madre:
«Anche io, mamma.»
 

***
 

Hux assistette a quegli addii in disparte, con le braccia incrociate al petto e il piede destro che batteva impaziente sul sale di Crait.

Quante smancerie inutili, si sussurrò, il volto storto in una smorfia irritata, ma quanto ci mette?!

Sussultò, tuttavia, quando Organa gli fece cenno d’avvicinarsi.

«Io?» chiese, indicandosi incerto.

«Quanti altri generali Hux vedi su questo pianeta?»

Si mosse cauto, accostandosi alla ex-principessa. Spiò sottecchi il suo volto ancora emozionato, solcato dalle tracce delle recenti lacrime.
«Posso fare qualcosa per te?» chiese imbarazzato, domandandosi se offrirle un pacchetto di fazzoletti di carta sarebbe stato giudicato invadente o meno.

«Desideravo salutarti.»

«Oh…» non riuscì a nascondere lo stupore. All’infuori di un breve cenno di Luke e di un caffè bevuto con Kalonia, nessun altro gli aveva rivolto alcunché. Chewbacca gli aveva rifilato un sonoro ruggito, il cui unico effetto era stato arruffargli le ciocche rossicce. Strinse incerto la mano tesa di lei.

«Ricordi quello che ti ho detto? Ti è stata data una seconda possibilità. Non sprecarla, d’accordo?»

Dondolò leggermente la testa:
«Non lo farò» promise, dicendo addio alle fantasticherie sui colpi di stato.

«Non so se ci rincontreremo, ma… sappi che non ho scordato la nostra scommessa. Se mai ci rivedremo, dovrai far galleggiare una porta con uno Wookie sopra. Altrimenti, beh… mi offrirai una cena nel ristorante più lussuoso di Coruscant.»

«Affare fatto» sogghignò, consapevole d’avere già la vittoria impugno. Ammesso che lo Wookie non gli avesse strappato le braccia prima dell’esperimento…
 

***
 

Hux mosse il pezzo sulla scacchiera, fischiettando allegramente.

«Ho vinto di nuovo, Ren.»

«Sono Ben.»

«Quattordici a zero, giusto? Ho perso il conto dei tuoi insuccessi.»

«Odio quando fai così. Potevi almeno lasciarmene vincere una!» scorse l’altro rifilargli un’occhiata seccata «Se avessi ancora la Forza, ti lancerei contro un muro e ti obbligherei a perdere.»

«Peccato tu sia soltanto un banale essere umano, ormai…» gettò uno sguardo oltre il finestrino.

La superficie brillante di Coruscant si faceva sempre più vicina. L’immenso insediamento che ricopriva ogni centimetro del pianeta assomigliava ad una gigantesca ragnatela luminosa. Quel posto era talmente affollato che non si possedeva una stima precisa dei suoi abitanti; i dati più accurati oscillavano tra i sette e i quattordici triliardi di persone.

«Non manca molto!» Rey scivolò nello scompartimento, seguita da Finn «Poe sta per avviare la procedura d’atterraggio e mi ha chiesto di spiegarvi i prossimi passaggi. Prima di tutto, dovrete indossare questi.»

Hux fissò con orrore le restrizioni metalliche e il cappuccio che la ragazza aveva lasciato scivolare sulla scacchiera.

Scosse frettolosamente il capo, producendo una nota stridula:
«No! Organa… ha promesso che non mi avrebbe venduto alla Repubblica! Ha detto che…»

«Nessuno sta pensando di consegnarti, infatti.»

«Davvero? Perché non mi viene a mente nessuna altra spiegazione.»

«Se mi lasci il tempo di illustrarti i dettagli… ora ci arrivo, pazienta un attimo!» Rey prese posto accanto a lui, ignorando le sue occhiate torve e nervose «Né io né Finn conosciamo il pianeta a cui siete destinati. Solo Poe lo conosce, quindi posso solo riferirvi le sue parole. Comunque… si trova in una galassia diversa dalla nostra. Sospettiamo che anche lo scorrere del tempo sia differente, da quelle parti. Per un salto del genere, dobbiamo cambiare mezzo di trasporto. Ci occorre una navetta più veloce e solida di questa. Una rodata. Atterreremo in un’area poco frequentata per non attirare l’attenzione su di voi. A quanto pare, il nostro pilota è pratico di viaggi simili: ne ha già fatti e ha i giusti agganci per noleggiare un veicolo simile. I crediti non ci mancano, naturalmente. Leia ha messo a disposizione l’intero budget della Ribellione.»

«Una domanda…» Ben alzò educatamente la mancina «Perché Dameron conosce quel pianeta? Trasporta spesso esiliati?»

«Non che io sappia. Credo abbia intessuto dei rapporti commerciali con la gente del posto. Solitamente, barattiamo viveri, materie prime, nuove tecnologie e cultura. Per esempio… non è raro che torni con dei nuovi brani musicali incisi su un holodisk. Da dove pensate abbia preso l’ispirazione per i suoi continui balletti e le sue gare di limbo?»

«Capisco…» attaccò il generale, quasi sprezzante «Quindi è un pianeta di spostati! Splendido. Non vedevo l’ora! Sono certo che Ren si troverà a suo agio tra ballerini improvvisati e gente che canta sui balconi per ingannare il tempo» sbuffò, tornando a squadrare la superficie del tavolo con diffidenza. Indicò le manette e il sacchetto di tessuto scuro «In tutto ciò, questi a cosa servono?»

«Mi sembra evidente» sospirò Rey, consapevole di dover regalare ulteriori rassicurazioni «Anche se scenderemo in un’area poco frequentata, esiste la possibilità che qualcuno vi veda e vi riconosca. È una misura temporanea, naturalmente… ma dobbiamo nascondervi mentre effettuiamo il cambio di navicella.»

«Ottima idea, spazzino. Sono certo che due ostaggi incappucciati non daranno assolutamente nell’occhio.»

«Tuttavia, così sarà più semplice farvi passare per prigionieri politici. Nessuno farà troppe domande, a detta di Poe.»

«Bene! Ora ci fidiamo anche del giudizio di Dameron che, vi ricordo, da quando è iniziata questa storia non ne ha imbroccata una.»

«Non è vero!» una voce piccata giunse dall’abitacolo.

Rey scrollò le spalle, decisa a tranciare sul nascere qualunque discussione. Non aveva tempo per rimostranze o revisioni del piano. Presto il trasporto avrebbe toccato il suolo di Coruscant e dovevano essere pronti ad ogni evenienza.
Afferrò le restrizioni, accostandosi ad Hux:

«Posso?» chiese infine.

Il generale tese i polsi, sforzandosi d’apparire indifferente:
«Se non abbiamo un’idea migliore…» rispose, mentre un velo scuro gli calava davanti agli occhi.
 
 
***
 

«Certo che è buio qui sotto, vero?»

«Di preciso, Ren… come ti aspettavi che fosse? È un fottuto cappuccio nero.»

«Sono B…»

«Lo so! Se pensavi di trovarci il cielo stellato, comunque… deve essere stata una grossa delusione per te.»

«Uff, guastafeste.»


***
 

La rampa del trasporto si aprì e cadde sul suolo della pista d’atterraggio con un secco tonfo. Poe scese immediatamente, precedendo il resto del gruppetto, sforzandosi di non badare a quanto accadeva alle proprie spalle: Finn stava trascinando Hux, che continuava ad incespicare e lamentarsi di conseguenza.

«Non puoi stare un po’ attento, FN-2187?» stava ringhiando contro il malcapitato soldato.

«Non è colpa mia se non sai mettere un piede davanti all’altro. Nel Primo Ordine non vi insegnano a camminare?»

«Ne sono perfettamente in grado e… se ci vedessi, sarebbe tutto molto più semplice.»

«Impossibile. Non intendo ascoltare ulteriormente le tue rimostranze.»

«Peggio per te! Perché non intendo smettere di lamentarmi, se questo ti consola…»

Il battibecco in sottofondo non era neppure la cosa peggiore, ovviamente. Il pilota scoccò un’occhiata verso Ben Solo e Rey. L’apprendista Jedi sembrava quasi intimorita dall’imponente presenza al suo fianco. Anzi, no… non intimorita, ma imbarazzata. Le sue dita scorrevano continuamente lungo il prominente bicipite del cavaliere di Ren, saggiandone ripetutamente la consistenza robusta, tracciando il solco dei muscoli ed esplorando le vene superficiali.
Il volto della ragazza era leggermente paonazzo e lei stava cercando di dissimulare:

«Fa piuttosto caldo, non trovi?» stava dicendo, mentre Solo scuoteva la testa da sotto il sacchetto.

«No. Anzi, ho quasi freddo…»

«Ah, hai ragione. Ma sai... Coruscant è nota per i suoi improvvisi cambi di temperatura» Rey sventolò una mano accanto al viso, mimando un ventaglio.

«Non lo sapevo. Quante cose che conosci, Rey! Sei molto saggia.»

Lei sorrise orgogliosa, gongolando un poco per quel complimento:
«Ah, grazie. Merito del maestro Skywalker… mi ha insegnato un sacco di cose» ridusse poi la voce ad un sottile pigolio «A proposito, Ben… prima che tu parta, c’è una cosa che vorrei chiederti.»

«Tutto ciò che desideri!»

Sollevò lo sguardo, fissando la borsa di stoffa scura. Diamine, non era possibile! Stava per avere la conversazione più romantica della sua vita con… un sacchetto nero. Beh, pazienza. Il tempo era tiranno e non doveva accontentarsi.

«Ben…» pigolò «Tu… come mi trovi? Voglio dire… da uomo a donna, ecco.»

Lo vide fermarsi e immaginò il morbido sorriso bagnare le labbra carnose, accompagnato da un pudico rossore adolescenziale. Fantasticò sulla capigliatura morbida, sulle sopracciglia folte e sugli occhi castani, che indubbiamente l’avrebbero fissata colmi d’amore e riconoscenza.

Oh Rey…” si sussurrò, mimando la voce altrui “Ti amo. D’accordo… in passato ho commesso molti sbagli. Ti ho rapita per estorcerti informazioni; ho duellato contro di te. Ho cercato di ucciderti. Ho spesso sognato di investirti con un Caccia TIE, ma… in realtà, mi sono accorto di amarti negli ultimi cinque minuti. Voglio passare la vita con te, Rey…”

La ragazza sospirò, il cuore in tumulto per quel disegno passionale e devoto. Ben si sarebbe dato a lei e viceversa. Si sarebbero sposati e avrebbero avuto due… tre… no, magari quattro! splendi bambini.

«Io…»

La voce dell’uomo la strappò da quei pensieri, riportandola bruscamente alla realtà:
«Sì, Ben?» incalzò.

«…ti trovo piuttosto bassa, lo ammetto!»

Poco dopo, Ben Solo venne recuperato agonizzante al centro della pista, con le mani strette sul basso ventre e un’espressione di puro dolore dipinta sul volto nascosto.


 
Angolino: 'sera... ho aggiornato un po' rapidamente, a questo giro. La pausa pranzo di oggi - chiusa in macchina per mancanza di bar e tavole calde dove poter pranzare - si è rivelata proficua per proseguire la ff. Mancano davvero pochissimi capitoli, ormai... stimo un 2-3, poi le disavventure di Ren e Hux saranno finite (forse!).
Al solito, non posso che ringraziarvi ancora e ancora per le recensioni, per aver letto fin qui e per aver tenuto duro ben... trentasei capitoli. 
Grazie
Un abbraccio a distanza

E'ry

 

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Capitolo 37
*** Moriremo tutti ***


37. Moriremo tutti


Poe si avvicinò al Gungan seduto nella microscopica garitta della sentinella. Si chiese chi fosse il pazzo ad aver affidato il servizio di sorveglianza ad una creatura tanto ottusa.

«Buongiorno amico!» esordì, sfoggiando il migliore dei suoi sorrisi «Sto cercando…»

«Altolà!» la mano del Gungan si stese immediatamente in un cenno d’arresto. Gli occhi giallognoli guizzarono sui presenti, mentre la lunga lingua catturava un moscerino di passaggio «Chi siete?»

«Siamo…»

«Cosa portate?»

«Niente, roba…»

«Sì, ma quanti siete?»

«Siamo… tre più due cinque…»

«Un credito.»

Dameron strabuzzò gli occhi:
«Ah, si paga?»

La tassa sul passaggio era una novità! Non ricordava nulla del genere nel suo ultimo viaggio, ma decise di soprassedere. Cavò il soldo dalle tasche e lo lasciò scivolare sul banco del Gungan.

Sbuffò quando vide la creatura rigirarsi la moneta tra le mani, piegandosi per sussurrare:
«Possiamo passare ora?»

L’alieno mosse la mancina soltanto per irrigidire il gesto poco dopo, non appena Rey e Ben si trovarono all’altezza della guardiola.

«Altolà! Chi siete?»

«Guardi, sono con me…» intervenne il pilota, mentre lo sguardo ottuso del Gungan si perdeva nel nulla.

«Cosa portate?»

«Ma niente, sono oppositori politi…»

«Sì, ma quanti siete?»

«Eh, siamo gli stessi di prima…»

«Un credito.»

«Ah, un altro?» ringhiò, porgendo il secondo obolo. Riprese a camminare.

Non aveva fatto che quattro passi, quando la voce del Gungan risuonò nuovamente:
«Altolà! Chi siete?»

Dameron sbuffò, scaricando l’intero contenuto della borsa nella garitta. Oltre ai crediti, volarono sul Gungan anche beni di prima necessità quali: uno spazzolino da denti portatile, un rocchetto di filo interdentale, pinzette per sopracciglia e due pacchetti di schiacciatine, che indubbiamente avevano vissuto giorni migliori.

«Spicciamoci!» sentenziò, affrettando il passo verso la bassa costruzione in lamiera che si profilava all’orizzonte.


***
 

«Smettila di pestarmi i piedi, Ben!»

«Scusami, ma non ci vedo molto bene…»
 

***
 

«Piantala di farmi inciampare! Possibile che non ti abbiano insegnato le buone maniere, FN-2187?»

«Sono Finn!»

«Sono Ben, sono Finn, sono Rey eccetera, eccetera… c’è qualcuno di veramente soddisfatto del proprio nome, in questa storia?»
 

***
 

Poe ignorò i battibecchi alle proprie spalle, affacciandosi all’ingresso dell’hangar. L’interno era piuttosto luminoso, grazie a delle lampade che ciondolavano dall’ampio soffitto a volta. Al centro, spiccava una singolare navetta a forma di supposta. Era davvero curiosa: il muso appuntito, i finestrini a forma di oblò lungo tutta la fiancata, l’assenza completa d’ali e… quell’immacolato colore bianco che la faceva assomigliare ad un “medicinale da culo”, come si ripeteva spesso.

Accanto al veicolo, un Togruta stava controllando i livelli di carburante.

«Eva-q!­» esclamò, per richiamare la sua attenzione.

Il meccanico si voltò, sfoggiando un sorriso caloroso:
«Dameron! Quanto tempo! Sono lieto di vederti. Ho ricevuto la tua trasmissione stamane e… mi sono immediatamente adoperato per rimettere in sesto questa bambina» le dita arancioni batterono sulla carlinga vicina «Naturalmente è già pronta per il decollo.»

«Sei impareggiabile, amico mio!»

«Già, certo… per che ti serve, questa volta?»

«Oh, dobbiamo ho dei pacchetti da scaricare» sussurrò, indicando le due figure incappucciate trascinate malamente nell’hangar «Prigionieri politici. Ufficiali del Primo Ordine che non hanno gradito il cambio di amministrazione e che hanno cercato di assassinare il nuovo Leader Supremo.»

«Questo non è vero!» uno sbottare indignato lo raggiunse «Non avrei mai fatto del male a Mitaka! D’accordo, magari ho pensato di ucciderlo accidentalmente un paio di volte, ma… è stato per caso. Non mi sarei mai sognato di…» un gemito soffocato interruppe quelle rimostranze, quando il gomito di Finn si schiantò nel costato dell’ostaggio.

«Mh, vedo…» Eva-q arricciò il naso, incerto «Sicuro che non creeranno problemi? Non voglio guai con l’Ordine, lo sai.»

«Niente affatto!»

«Posso sapere chi sono?»

«Informazione riservata.»

Il Togruta scosse il capo:
«Beh, non intendo imbarcarli finché non mi sarò accertato della loro identità» sbottò deciso, ignorando le successive proteste di Dameron «La nave è mia, decido io che rischi prendere.»

«Possiamo pagarti bene» ritentò il pilota, ottenendo solo una risata sarcastica.

«Il mio silenzio costa molto…»

«Beh, ma non vedo che problema ci sia!» una terza voce si intromise nella conversazione. Il cavaliere di Ren si divincolò dalla presa della sua accompagnatrice, scivolando avanti e tendendo entrambe le mani, ancora ammanettate «Mi presento subito. Sono Ben Solo! So di non avere un aspetto molto rassicurante con questo sacchetto in testa, ma… sono una bravissima persona, ora che mi sono redento. Non hai nulla da temere, fido concittadino della repubblica» una pausa, mentre le braccia puntavano goffamente all’altra figura incappucciata «Lui, invece… è Armitage.»

«Armitage ci chiami tua sorella, stronzo!»

«Sono figlio unico…»

«Per tua informazione, sono il generale Hux!» il tono stridulo, accelerato da una nota urgente «Sì, quel generale Hux, nel caso te lo stia chiedendo. Non vuoi problemi con l’Ordine? Perfetto! Non ne avrai, se mi liberi immediatamente dalle grinfie di questa manica di mentecatti!»

L’espressione del Togruta mutò una quindicina di volte nell’arco di una manciata di secondi: passò da scettico, a sorpreso e infine a terrorizzato.

Il meccanico scosse la testa, sollevando le mani in un cenno di resa:
«Io… non voglio avere niente a che fare con questo. Dameron, mi avevi detto che era un lavoretto semplice e pulito…»

«Lo è, infatti!» Poe si fece avanti, cercando di tranquillizzare l’alieno «Sono pazzi, d’accordo? Farneticano cose a vanvera. Non devi pensare neppure per un istante che stiano dicendo la verità.»

«è la verità!» di nuovo l’irritante voce del generale…

«Hux, taci!»

«Ah-ah!»

Poe immaginò il sorrisetto vittorioso sotto al panno nero. Fu sufficiente quel pensiero per mandargli il sangue alla testa. Sganciò il blaster dalla cintura, impostandolo sulla modalità stordimento, prima di tirare un colpo dritto al petto dell’ufficiale. Lo osservò crollare malamente ai piedi di Finn.

Nel mentre, Ben era tornato alla carica:
«No, sul serio! Puoi fidarti, Dameron è una brava persona. Non creerà fastidi, anzi… e io sono cambiato! Davvero! In passato, ti avrei soffocato con la Forza e avrei gettato il tuo cadavere nello scarico dei rifiuti…»

Il Togruta continuava ad indietreggiare. Sparare anche a lui non sarebbe servito: una volta riacquistati i sensi, avrebbe ricordato quella confusionaria conversazione; avrebbe incasellato i pezzi e scoperto la verità. Quanto ci sarebbe voluto perché la consegnasse alla stampa? Perché gridasse dai microfoni di Radio Galassia che l’ex-Leader Supremo e il suo vice erano ancora vivi? Che erano stati nascosti dalla Resistenza in qualche punto sperduto dell’universo? Leia avrebbe perso credibilità e i suoi nemici ne avrebbero approfittato per screditarla del tutto. I vecchi imperiali sarebbero tornati alla ribalta, pronti a creare scompiglio nell’Ordine appena rinnovato. Mitaka si sarebbe trovato a camminare su un terreno davvero instabile, e così Rose. Non poteva permetterlo.

Gettò uno sguardo disperato a Rey.

«Fa qualcosa!» la supplicò, ricevendo un’occhiata perplessa.

«Tipo?»

«Non lo so! Convincilo a dimenticarsi di questa storia e a lasciarci l’astronave.»

La ragazza sembrava quasi scandalizzata da una proposta simile:
«Ma… è come rubare. I Jedi non rubano!»

«Oh, per favore! Fallo e basta!»

«Maestro Skywalker non approverebbe…»

«Dici? Perché credo di ricordare svariate storie in cui altri Jedi famosi usano trucchetti simili per fottere i comuni mortali.»

«Non parlare di cose che non conosci, Poe! I Jedi non lo farebbero mai.»

«Obi-Wan Kenobi.»

«Oh, fanculo! Odio quando hai ragione» la giovane scrollò le spalle, arrendendosi all’evidenza. Si accostò al meccanico, muovendo la destra davanti ai suoi occhi «Dimentica ciò a cui hai assistito. Ci lascerai prendere la nave. Ricorderai solo che ti abbiamo pagato e che stavamo trasportando… mh… Whiskey Correliano di contrabbando.»

«Io vi lascerò prendere la nave e dimenticherò» affermò Eva-q, come in una specie di trance «State trasportando Whiskey…» ripeté, facendosi da parte.

Poe scattò, coprendo la distanza tra sé e la navetta-supposta. Si infilò immediatamente nella cabina di pilotaggio, pronto ad avviare la sequenza di decollo.
 

***
 

Hux fissò sconsolato l’immensità dello spazio da uno degli stretti oblò. Il trasporto non era affatto capiente: l’abitacolo di guida era separato dal resto soltanto da una tenda, lasciata provvidenzialmente aperta. Accanto al sedile principale, dove Dameron maneggiava abilmente la cloche, la postazione del copilota era occupata da un entusiasta Ben Solo. L’ex-apprendista era piuttosto interessato all’innovativo sistema di iper-guida, che sembrava potesse sopportare non solo l’iperspazio, ma anche veri e propri salti temporali. Il restante vano era occupato da una serie di poltroncine adiacenti alle paratie metalliche, dotate di logore cinture di sicurezza e di un secchiello rimuovibile, alloggiato appena sopra l’antigienico poggiatesta in pelo di Ewok.

Quando era rinvenuto, Coruscant non si vedeva più da nessuna parte e nemmeno altri pianeti conosciuti. Dovevano aver ormai superato abbondantemente anche l’Orlo Esterno.

Accettò la tisana tiepida che Rey gli stava porgendo:
«Grazie» biascicò, evitando di guardarla negli occhi. Poteva sentire la disapprovazione acuta che lei emanava.

«Era proprio necessario?»

«Cosa?» finse, come se non riuscisse a comprenderla.

«Lo sai. La sceneggiata allo spazioporto.»

«Ho dovuto provare. Magari il vostro contatto era un fan del Primo Ordine e…»

«è così che ripaghi la fiducia che Leia ti ha concesso?»

Calò l’attenzione, concentrandola esclusivamente sulla tazza metallica. Prese un rapido sorso, cercando di schiarirsi la gola e le idee:
«Questo è un colpo basso, ragazza spazzino» sospirò, deciso a finire la bevanda prima che si raffreddasse del tutto. Si nascose dietro la sparuta nuvoletta di vapore «D’accordo, forse non è stata una delle mie migliori uscite.»

«Forse

«Ma anche Ben ha fatto la sua parte.»

«Non sto parlando di lui, ma di te! E… stava cercando di aiutare.»

«Come?» gli sfuggì una risatina nervosa «Presentandosi come il figlio redento di Organa? Oh, sì… ottima copertura!» aggiunse, svuotando la tazza d’un fiato e restituendola alla donna «Comunque, ormai è finita, no? Indietro non si torna… sto per abbandonare questa galassia per sempre. Non sarò più un vostro problema.»

«No, infatti…»

«A cosa servono?» chiese, deciso a cambiare discorso. Indicò il secchiello fissato sopra il proprio sedile.

Non fu Rey a rispondergli, tuttavia.

«Lo scoprirai presto, Abbracci!» l’allegra voce di Poe lo spinse ad abbandonare immediatamente il proprio posto e a fiondarsi nella cabina di pilotaggio. All’improvviso rimpianse amaramente d’aver accettato la tisana, che già si agitava sul fondo del suo stomaco.

«Sei pazzo? Ci ucciderai!» gridò, sporgendosi per cercare di afferrare i comandi.

Ben lo ricacciò prontamente indietro:
«Oh, finiscila! Tu e il tuo pessimismo intramontabile. Insomma, quando ci ricapiterà? Sarà un’esperienza unica.»

Hux fissò con orrore il buco nero verso cui stavano sfrecciando a tutta velocità.

Se Dameron pensava davvero di poter guidare la navetta attraverso quell’affare, doveva essere completamente ammattito. Non c’era via di scampo:  quell’enorme foro scuro li avrebbe attratti a sé come una calamita. Sarebbero stati risucchiati e sarebbero caduti… già, ma cosa c’era in un buco nero? Nessuno era mai tornato indietro per raccontarlo. Supponeva solo che la forza traente li avrebbe schiacciati, spappolando le viscere, sbriciolando le ossa e lasciando esplodere il cervello in ammassi gelatinosi.

Beh, Ren non soffrirà molto, ironizzò.

Se il cuore metallico avesse potuto accelerare, sicuramente l’avrebbe fatto fino a scoppiare. Si aggrappò allo schienale del copilota, graffiandone la superficie; incapace di staccare lo sguardo dalla minaccia ormai prossima, tornò a passare in rassegna tutte le preghiere che conosceva. Davvero poche e niente che potesse soddisfare una qualunque divinità di passaggio.

«Moriremo tutti…»

«Tranquillo! L’ho fatto più di una volta, Abbracci» Dameron si voltò appena per spingerlo delicatamente via «Siediti e mettiti comodo. È divertente, fidati di me.»

Si ritrovò a barcollare all’indietro, finendo dritto tra le braccia di Rey. La Padawan lo riportò alla sua poltroncina, assicurandolo con le cinture di sicurezza e mettendogli tra le mani il secchiello.

«Cosa?» chiese, notando che anche FN-2187 ne stringeva uno analogo. L’ex-assaltatore tremava visibilmente da capo a piedi, nonostante la ragazza spazzino gli stesse tenendo affettuosamente una mano.

Un attimo dopo, l’intero universo sparì dagli oblò e nella cabina cadde una fitta oscurità.
 

***
 

«Oh, Stelle! È meraviglioso, è… spettacolare!» Ben Solo alzò le braccia, agitandole nel vuoto.

La navicella aveva preso ad avvitarsi su sé stessa, in una spirale senza fine. Girava e girava continuamente, quel movimento reso fluido dalla forma affusolata e lineare. La mancanza di ali le consentiva di trottolare senza problemi nel magnetismo del buco nero, continuando quelle piroette coordinate. Era come essere all’interno di un cestello di una lavatrice. Ci si capovolgeva continuamente, con la vista che roteava e l’equilibrio completamente perduto.

Poe aveva ragione: era davvero un’esperienza fantastica. Avrebbe potuto continuare così per sempre.

Poi… commise l’errore di scoccare un’occhiata verso il vano passeggeri.

Rey stava sventolando un foglio di carta accanto al volto esanime di Finn, ormai privo di coscienza. Hux se la stava cavando meglio dell’assaltatore… all’incirca. Continuava a vomitare nel secchiello, rigurgitando succhi gastrici e boccate di tisana. Naturalmente, visto il moto a vite della navetta, ogni volta che l’abitacolo si ribaltava, il contenuto del secchio gli si rovesciava addosso. Il maglione e i pantaloni neri erano ormai intrisi di macchie appiccicose, che puzzavano di rancido. Un filo di bava colava dalle labbra esangui del generale, mentre i suoi occhi rimanevano serrati; i capelli rossi, completamente in disordine, contenevano evidenti tracce di rigurgito.

«Come va dietro?» gli chiese Poe, ancora concentrato sulla guida «Stanno bene i ragazzi?»

Ben sorrise e annuì compiaciuto:
«Alla grande! Un’esperienza che sicuramente non dimenticheranno!»
 

***
 

Hux storse il naso, osservando il completo stato di disordine della propria figura. Cercò di ripulirsi sommariamente con la salvietta che Rey gli aveva porto, controllando nuovamente oltre il finestrino. Il buco nero era ormai un lontano ricordo e l’universo era presto tornato ad accoglierli. Sotto di sé intravedeva finalmente la superficie del pianeta di destinazione. Sembrava grazioso, tutto sommato: nuvole bianche coprivano buona parte dell’atmosfera, lasciando però intravedere gli scorci di verde, di marrone e di azzurro della superficie.

«Non hai dei vestiti di ricambio, per caso?» chiese, ricevendo un cenno desolato.

«No, mi dispiace.»

Rey gli tese un aggeggio piuttosto curioso: si trattava di un paio di occhiali, le cui bacchette erano collegate ad una coppia di auricolari e ad un microfono.

«A cosa serve?» chiese, rigirandoselo tra le mani.

«è un traduttore automatico. Poe dice che su questo pianeta non tutti parlano il Basic, anzi. Vi sono molti idiomi, tipi di scrittura e… questo ci aiuterà non appena sbarcheremo.»

«Capisco» aggiunse, inforcando quello strano oggetto. Batté le palpebre per abituarsi alle lenti scure, spiando oltre l’oblò: il pianeta era sempre più vicino. Riusciva quasi a scorgere il profilo di alcuni rilievi montuosi e il terreno brullo sottostante.

Mancava davvero poco.

 
***
 

Poe scese dalla navetta e si accostò con passo sicuro ad un uomo dalla carnagione scura, calvo e interamente vestito di nero; portava una giacca e una cravatta, nonostante il caldo torrido di quell’area desertica. Il volto squadrato recava un’espressione severa, coperta a metà da un dispositivo simile al loro: occhiali, microfono e auricolare. Teneva le braccia conserte davanti a sé, in una posa rigida e quasi militare.

«Agente G! Ben rivisto.»

«Dameron» la voce dell’uomo era profonda e composta «Ho ricevuto la tua trasmissione» un tablet gli comparve tra le mani robuste «Individui piuttosto interessanti, stando al tuo rapporto. Armitage Hux» scandì «Maschio, bianco, trentaquattro anni. Una qualifica da ingegnere militare e carriera da generale. Immagino sia quello che si è vomitato addosso, vero?»

Hux desiderò sprofondare. Senza un ricambio adeguato, non se l’era sentita di eliminare il maglione o i pantaloni. Non poteva certo presentarsi alla popolazione locale in mutande! Così si era limitato a puzzare di rigurgito e a sudare abbondantemente in silenzio. Sentiva le goccioline acquose imperlargli la fronte, scivolare lungo le guance e tuffarsi sotto al colletto di lana. Tenne le mani allacciate dietro la schiena, obbligandosi a resistere stoicamente.

A differenza sua, Ren non si era creato problemi: si era immediatamente disfatto di giacca e camicia, preferendo girare a petto nudo e con i suoi calzoni a vita alta.

L’uomo non tardò ad accorgersi di lui:
«Ben Solo. Da quanto vedo era una sorta di… monaco spaziale, mh? Ha perso i poteri a seguito di una disavventura piuttosto rocambolesca. È figlio di un’esponente di spicco del vostro governo e… pare abbia una passione sfrenata per la moda, per il canto e il ballo. Corretto?»

Tanto Poe quanto il diretto interessato annuirono vigorosamente.

«Perfetto. Seguitemi.» Agente G si incamminò verso un edificio poco distante.

Si trattava di una struttura in pietra chiara, con numerose finestrelle a feritoia e una doppia porta scorrevole. L’interno appariva illuminato artificialmente, ma era impossibile capire cosa contenesse da quella distanza.

Hux mosse un paio di passi, fermandosi immediatamente. Gettò un’occhiata alle proprie spalle: Poe, Rey e Finn erano rimasti indietro.
«Non venite?» chiese ingenuamente.

Dameron scosse prontamente il capo:
«No. Il nostro viaggio si conclude qui, mentre il vostro… beh, è appena cominciato. Ci mancherete, ragazzi.»

«A me no…» borbottò Finn.

Rey fu la prima a lanciarsi in un abbraccio affettuoso.

Si aggrappò alle larghe spalle di Ben e gli schioccò un rapido bacio su una guancia, ovviamente dopo essersi sollevata in punta di piedi ed aver saltellato un paio di volte sul posto:

«Abbi cura di te Ben! Scrivimi, d’accordo? Mandami una cartolina, magari» esclamò, tendendo poi la destra a Hux «Generale, stai lontano dai guai, capito? Niente colpi di stato, niente oscillatori termici e soprattutto… niente gatti! Pare ve ne siano in abbondanza su questo pianeta, quindi… fai attenzione.»

Hux le strinse la mano, annuendo:
«Ho imparato la lezione» assicurò, poco prima d’essere investito da un eccessivamente entusiasta Dameron.

Poe gli gettò le braccia al collo, letteralmente:
«Oh, non vedevo l’ora di abbracciarti, Abbracci! Mi mancherai… o forse no. Mh, magari un pochetto» ammise, rifiutandosi di rilasciare l’ufficiale. Ben decise di approfittarne ed aggiungersi al mucchietto, invadendo senza ritegno gli spazi vitali altrui.

Poe, naturalmente, ne fu lieto:
«Ben! Diamine, mi mancherai anche tu. Anzi, tu più di tutti. Proprio ora che avevo trovato un degno avversario di limbo e karaoke» il pilota si soffiò il naso, strofinandolo direttamente sulla nuda pelle dell’ex-apprendista «Arrivederci, ragazzi! In bocca al Sarlacc!» concluse, scoccando poi un’occhiata incerta all’ultimo membro del gruppo «Finn? Tu non vuoi salutarli?»

«Ma stai scherzando?» ringhiò il soldato «Mi hanno rovinato la vita. Per quale motivo dovrei?»

«Beh, come gesto di cortesia!»

«Oh, d’accordo…» e Finn agitò la mancina in un rapido cenno «Ciao!» sibilò, acido come un mandarino acerbo «Ecco fatto! Ora possiamo andare?»

 
***
 

Hux non si voltò quando sentì il ronzare del motore della navetta. Continuò a camminare dritto, ignorando lo sbracciarsi del compagno verso la supposta fluttuante, pronta a guizzare via nel cielo azzurro.

Seguì stoicamente Agente G fino alla doppia porta scorrevole.

Il primo battente si schiuse e una voce metallica annunciò:
Decontaminazione.

Un getto di vapore e disinfettante nebulizzato gli venne spruzzato addosso dagli ugelli a soffitto.

«è troppo calda questa roba!» si lamentò, mentre il getto si interrompeva con un lieve fischio.

Un sibilo accompagnò lo schiudersi dell’ingresso successivo.

Si ritrovò a fissare l’interno della costruzione. Si trattava di un enorme area di passaggio, dove diverse specie aliene transitavano serenamente, spingendo carrelli carichi di bagagli e effetti personali. Uomini e donne vestiti di nero, in tutto simili all’Agente G, si prodigavano per aiutare i viaggiatori in transito nella struttura. Un paio di creature discutevano animatamente accanto ad una delle ampie colonne bianche, atte a sostenere la volta di vetro. L’aria era fresca e profumava di pulito, contrastando perfettamente il clima torrido che c’era all’esterno. Piante verdeggianti abbellivano l’ambiente, perfettamente sposate ai monitor che dal soffitto pendevano sulla sala. Diversi tipi di annunci scorrevano lungo i display, con scritte che Hux non faticava affatto a leggere.

Merito degli occhiali, senza dubbio, si disse.

Ben Solo e Armitage Hux avanzarono di un passo, calcando il lucido pavimento di marmo chiaro.

La seconda porta scorrevole si chiuse immediatamente alle loro spalle e la voce metallica tornò a gracchiare:

Spazioporto Intergalattico Cinquantuno.
Benvenuti sul pianeta Terra.


 
Angolino: avevo bisogno di scrivere questa sera... di andare un po' avanti, di isolarmi e non pensare. 
In questi giorni sto pensando molto ad una decisione importante che devo prendere. è una decisione che potrebbe dispiacere ad alcune persone, ma che credo possa essere importante per me, per il mio futuro. O almeno lo spero. è un po' nebuloso al momento e forse è per questo che scrivo: per distrarmi, per non pensare, per rimandare. La verità è che vorrei avere il coraggio di compiere questa scelta.
Siate con me, ve ne prego.

E'ry

 

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Capitolo 38
*** Un set di coltelli ci servirà di sicuro ***


38. Un set di coltelli ci servirà di sicuro


L’ Agente G li aveva condotti in una stanza rettangolare piuttosto anonima, con la preghiera di aspettare le prossime istruzioni. Hux si era precipitato in bagno, deciso a sfruttare la doccia per rimuovere qualunque traccia di vomito dal proprio corpo. Nell’armadio aveva trovato alcune semplici uniformi – casacche e pantaloni grigi, simili a divise ospedaliere – e ne aveva requisita una per sé.

Ben Solo si era accomodato sul letto, fissando annoiato il soffitto: cosa c’era di interessante da fare su quel pianeta? Probabilmente… troppe cose! Così tante che non sapeva neppure da dove cominciare.

Dopo diversi minuti di inedia assoluta, requisì il telecomando dal comodino, puntandolo contro lo schermo nero appeso sulla parete difronte. Premette i pulsanti a caso, finché dal display non provenne un basso crepitio. Un istante dopo, il televisore si accese, mostrando un uomo in giacca e cravatta passare ripetutamente l’aspirapolvere sul tappeto. L’audio era comprensibile solo grazie agli auricolari con traduttore che ancora indossava.

«Folletto… novantanove dollari» scandì una accattivante voce maschile «Se sarete tra le prime quindici persone che chiameranno il numero in sovraimpressione, riceverete un secondo Folletto completamente gratis. Sì, avete capito bene! Due Folletti al prezzo di uno

«Che stai farneticando?!» una voce sconcertata provenne dalla vicina toilette «Sei finalmente impazzito del tutto?»

«Non sono io! È l’holo-proiettore…»

«Non aspettare, chiama ora! Per tutti coloro che telefoneranno, in omaggio un set di pentole in acciaio inox, un televisore diciotto pollici, una mountain bike con cambio Shimano e…»

«Hux! Vieni a vedere, questa offerta mi sembra interessante!»

L’ex-generale sgattaiolò fuori dal bagno in quel preciso istante, con indosso gli abiti puliti e una salvietta avvolta attorno ai capelli rossicci.

«Fai vedere!» ordinò, prendendo posto sul bordo del materasso e incollando gli occhi al teleschermo «Non male… in effetti, potrebbero servirci per… la casa nuova.»

«Casa nuova?»

«Beh, immagino ci daranno un posto dove vivere, no? Non penso ci butteranno sotto un ponte.»

«Già. Nel caso, tuttavia… suggerirei di cambiare la batteria di pentole con un set di cuscini e trapunte, che ne dici? Quelli sono utili anche se dovessimo finire per strada.»

«Mh… però ci tenevo alle pentole» biascicò Hux, mentre una sigla allegra diffondeva dagli altoparlanti «Oh, no! Ren… stanno per concludere! Telefona subito, prima che chiudano la…» con un guizzo, il venditore incravattato sparì dallo schermo, sostituito da un nuovo messaggio promozionale.

Uno chef paffuto apparve sullo sfondo:
«Sarete tutti d’accordo che questo è un coltello speciale» mormorò il cuoco, appoggiando la lama su un tagliere in primo piano «Bene! Questo è il primo della serie Miracle Blade 3, la serie perfetta…»

«Kriff! È splendido…»

«Vuoi che compriamo anche questo?»

«Un set di coltelli ci servirà di sicuro.»

«Whoa!! Ha affettato quella strana roccia marrone con i ciuffi verdi al volo.»

«Credo sia un frutto locale, Ren…»

«Chissenefrega! È fighissimo. Per avere dei riflessi simili, senza dubbio… quell’uomo deve essere un Jedi.»

«Oh, ti prego! Non ricominciamo con questa storia…» Hux impugnò il ricevitore sulla scrivania, componendo rapidamente il numero in sovraimpressione «Pronto?! C’è nessuno? Vorrei ordinare un set di Miracle Blade e…» si interruppe, quando dall’altra parte non gli rispose nessuno. Sbuffò, riagganciando e controllando i cavi del cordless «Sembra che le comunicazioni siano staccate in questa stanza» spiò l’altro, incapace di nascondere la propria delusione «Che palle! Che senso ha guardare offerte pubblicitarie se poi non possiamo comprare?»

«Hai ragione» il pollice tozzo del cavaliere premette un altro tasto «Cambio canale…»
 

***
 

Trascorsero la successiva mezz’ora tra ulteriori televendite, soap opere e programmi strappalacrime. Hux aveva disperatamente cercato un programma di cucina, ma con scarso risultato. Ren aveva optato per un documentario sulla fauna indigena australiana. Si era rivelato essere peggio di un cortometraggio horror. Entrambi avevano giurato che mai avrebbero messo piede in Australia, ovunque fosse.
Infine, dopo un paio d’ore, una donna bussò alla loro soglia.

«Sono l’Agente F!» si presentò, con un sorriso smagliante. Era una signora di mezza età, dalla corporatura snella sottolineata da un tailleur nero e da un paio di decolté con un generoso tacco dodici. Le gambe magre erano avvolte da un paio di intriganti calze a rete, più adatte ad una ballerina Twi’lek dei bassifondi, che ad una impiegata statale. I capelli vaporosi circondavano un volto affilato, dove un prominente naso a pappagallo sporgeva in tutta la sua eleganza «Vi accompagnerò al centro medico. Una volta superati i controlli e installate le protesi, parleremo del vostro futuro sulla Terra.»

Hux storse prontamente il naso:
«Un momento! Quali protesi?»

«Oh, niente di invasivo, generale. Per vostra fortuna, siete sufficientemente umani da potervi confondere con la specie predominante locale. Non dovremo fare innesti cutanei o rimuovere tentacoli, ammesso che non ne abbiate in parti che non posso vedere.»

La mano di Ben Solo scattò immediatamente nell’aria, mentre una nota di panico gli risuonava nella voce:
«Per tentacolo intende anche…»

«No, signor Solo. I vostri apparati riproduttivi sono del tutto in linea con i nostri. Non verrà asportato.»

«Ah, che sollievo! Ora mi sento meglio.»

Hux decise di riprendere le redini del discorso, mentre adeguava il passo a quello della donna. Era sorprendentemente veloce, nonostante la vertiginosa altezza dei suoi tacchi a spillo:
«Mi scusi Agente F, quindi… queste protesi in cosa consistono?»

«Vi verrà impiantato un chip che fungerà da traduttore automatico; verrà inserito nel lato sinistro del collo, così che possa avere accesso, attraverso la rete nervosa, alle vostre funzioni linguistiche. Avrete a disposizione un pacchetto di circa cento idiomi, che potrete parlare, ascoltare, leggere e scrivere correttamente.»

«Capisco… controindicazioni?»

«Nessuna, signor Hux… se non un piccolo bruciore durante l’inoculo. Ah, naturalmente il dispositivo comprende anche un localizzatore GPS: abbiamo cura di monitorare costantemente i nostri ospiti, durante il loro soggiorno qui. Sono certa che comprenderete il perché.»

«Ovviamente. Insomma, una sorta di libertà vigilata…»

«Più o meno.»

La donna attraversò uno stretto corridoio, immerso in una luce bianca al neon. Raggiunse una porta scorrevole, che aprì semplicemente appoggiando il badge sull’apposito lettore:

«Accomodatevi» cinguettò, cedendo loro il passo «Io vi aspetterò qui.»
 

***
 

L’interno del padiglione medico puzzava di disinfettante.

Certe cose non cambiano mai, nemmeno nelle galassie lontane lontane… si disse Hux, prendendo posto su una scomoda poltroncina imbottita. Poggiò le mani sui braccioli, stringendoli nervosamente, mentre una infermiera gli adagiava il capo contro il poggiatesta.

«Fa male?» si lamentò, mentre qualcuno gli passava dello scrub chirurgico appena sotto la mandibola.

«Niente affatto, signor Hux. È come una punturina. Non è terrorizzato dagli aghi, vero?»

Dondolò il capo. Niente affatto! D’altronde, era sopravvissuto all’Accademia Imperiale, al corso per giovani cadetti, alle più disparate prove di campeggio in condizioni estreme e, in ultimo, alla sua lunga carriera da ufficiale più odiato di tutta la galassia. Una semplice iniezione non l’avrebbe sconvolto più di tanto.

«Sono pronto» annunciò dopo un istante, chiudendo gli occhi e rilassando la muscolatura. Cercò di estraniarsi, di concentrarsi sui rumori dell’ambiente che lo circondava: i passi felpati del personale, l’aprirsi e chiudersi dei cassetti, il fruscio degli involucri delle siringhe, il…

«AHH! PORCO YODA!»

Hux sussultò, riaprendo le palpebre e guardandosi freneticamente attorno: Ben Solo si era accasciato a terra, premendosi con forza il lato sinistro del collo e continuando ad imprecare contro qualunque Jedi gli capitasse a tiro.

L’ex-generale scosse freneticamente la testa:
«Guardi…» esclamò, cercando di scivolar fuori dalla portata dell’infermiera «Ho cambiato idea. Non mi fraintenda, sono certo che lei ha la mano delicata come una piuma, ma… davvero, non me la sento di…»

La giovane gli rivolse un sorriso zuccherino:
«Veramente, ho già fatto, signor Hux»

«Cosa?»

«Mentre non guardava…»

«Non… non ho sentito niente» ammise, spiando poi verso il cavaliere ancora bocconi sul pavimento «Oh, quindi… Ren ha una soglia del dolore inferiore alla mia? Oh, che informazione utile! E…magari hai anche paura degli aghi, Ren?» sogghignò, rivolgendosi direttamente al compagno.

«Fottiti… e comunque, sono Ben.»

Ignorò quell’ennesima rimostranza quando l’infermiera gli mise in mano un corpulento libro dalla copertina in finta pelle rossa. Scorse le pagine sottili con le dita, ben attento a non rovinarle mentre le sfogliava:
«Cosa dovrei fare con questo?» chiese, mentre la donna lo liberava degli occhiali-traduttori che Rey gli aveva fornito.

«Legga la prima pagina. Ci occorre per controllare che sappia comunicare correttamente con noi…»

«Bene…» si schiarì la voce, attaccando «È una verità universalmente riconosciuta che uno scapolo provvisto di un ingente patrimonio debba essere in cerca di moglie… Hey! Non sto cercando moglie. Se era una avances, signorina… temo di dover declinare.»

«Io sono libero!»

«Taci Ren!»

«Sono Ben…»

Una risata graziosa sbocciò dalle labbra della ragazza:
«Mi dispiace deluderla, signor Hux… ma non sono in cerca di un uomo. Sono felicemente fidanzata.»

«Ah, meglio così!» si rilassò nuovamente, chiudendo il libro con un tonfo leggero «Prossimi step?»

«Finiremo i controlli. Poi… vi verrà assegnata una mansione.»

 
***
 

Le visite mediche si risolsero tutte con esito favorevole. Non fu sorprendente scoprire che Ben Solo aveva ottenuto il massimo dei punteggi nelle prove sotto sforzo. Viceversa, il team di dottori rimase stupito dall’elevato quoziente intellettivo del generale, tanto da segnalarlo come nota positiva nella scheda di dimissioni.

L’agente F era tornata a prenderli dopo un’ora abbondante, accompagnandoli in una sala riunioni dai toni completamente diversi: si trattava di una stanza circolare con un tavolo rotondo piazzato nel centro. Non vi erano finestre e le pareti nere contribuivano ad assorbire la luce dei lampadari, gettando l’area in una costante penombra.
Hux venne fatto accomodare su una sedia centrale e Ben gli si sedette subito accanto.

L’Agente F prese posto accanto all’Agente G e ad altre due persone che non tardarono a presentarsi:
«Io sono l’Agente W e questi è l’agente X» un corpulento uomo dalla pelle abbronzata e i capelli rasati indicò una donna sulla trentina, intenta a limarsi le unghie «Condurrò io questa riunione, visto che i miei colleghi sembrano interessati a far tutt’altro.»

In effetti, nessuno stava prestando attenzione: G leggeva un quotidiano mentre F sembrava assorbita da un intricato cruciverba senza schema.

«Veniamo a noi» W prese il primo dei fascicoli e lo aprì sul pianale ligneo «Armitage Hux. Un curriculum davvero interessante, lo confesso. Sono rimasto molto colpito dalla sua storia, generale. Mi stupisce solo come faccia ad essere ancora vivo, dopo quello che ha combinato.»

«Me lo chiedo anche io…»

«Bene. Sappia, comunque, che siamo qui per offrirle una seconda possibilità. Far esplodere cinque pianeti è un reato da pena capitale, in qualsiasi galassia si trovi, inclusa questa. Tuttavia… il governo degli Stati Uniti ha espresso particolare interesse per questo suo progetto. Lo riconosce?»

Hux sussultò quando si vide allungare una fotografia della Base Starkiller. Sentì un nodo nostalgico stringergli la gola e si sforzò di deglutire a vuoto, per scacciare l’emozione improvvisa. Era esattamente come la ricordava: gigantesca, solenne, assolutamente letale. Poteva quasi sentire il ronzio costante dell’oscillatore termico e il gelo della neve che ricopriva la superficie. Si sentiva ancora così orgoglioso di lei, nonostante fosse stata distrutta da troppo. Si rammaricava solo non averne potuta costruire una seconda… o una terza, magari.

Annuì piano e l’Agente W si affrettò a continuare:
«Come le dicevo, la Central Intelligence Agency sarebbe felice di finanziarle un progetto simile. Ad alcune condizioni, ovviamente…»

«Cosa?!» quasi cadde dalla sedia per la sorpresa «Posso… ricostruirla?»

«Nì. Diciamo che siamo molto interessati alla sua tecnologia, ma la vorremmo su scala più piccola. Immagino possa capire il perché: non ha senso che distruggiamo il pianeta su cui noi stessi viviamo, giusto? Tuttavia, non le nascondo che abbiamo alcuni nemici sparsi per il globo di cui vorremmo occuparci, ecco. Quindi, se sta pensando di scavare la luna per renderla simile al suo precedente progetto, beh… la risposta è no» una pausa e un sorriso ferino «Costruiremo un nuovo satellite; una struttura orbitante attorno alla Terra. Ufficialmente sarà lanciato come satellite per le telecomunicazioni, ma a bordo installeremo questa innovazione: un cannone capace di colpire gli obiettivi dallo spazio. Crede che possa fornirci un grado di precisione tale da poter centrare… addirittura una persona?»

«Non lo so… dovrei lavorarci. Presumo sia fattibile, in realtà. Ci vorrà solo un po’ di tempo e un po’ di calcoli. Avete… qualcosa di simile ai cristalli di Kyber per la sua alimentazione?»

«Ammetto di non sapere nemmeno cosa sia questo Kyber di cui parla, generale… ma avrà a disposizione tutte le risorse energetiche e finanziarie che gli Stati Uniti posseggono»

«Una sola domanda… è sicuro che questo possa essere considerato “legale” sulla Terra?»

«No» W scrollò le spalle con noncuranza «La preoccupa davvero questo aspetto?»

Hux sogghignò, visibilmente soddisfatto:
«Oh, niente affatto.»

«Ne ero certo! Benvenuto nella CIA, signor Hux. D’ora in avanti, lei sarà assegnato al progetto Starkiller II come consulente esterno. Questo significa che non assumerà alcun rango militare o qualsiasi altro tipo di carica all’interno dell’agenzia, ma avrà piena voce in capitolo in ogni aspetto correlato alla costruzione dell’arma finale.»

Si vide accostare un badge e una cartelletta con una serie di istruzioni. Le sfogliò rapidamente, affatto stupito di poter leggere e comprendere correttamente quanto riportato dai fogli.

«Prima di passare a Ren…» attaccò, ignorando il “Sono Ben” in sottofondo «Mi tolga una curiosità… dove alloggeremo? Avremo diritto ad una casa oppure dovremo accontentarci di vivere sotto ad un ponte? Perché… poco fa volevamo comprare un set di coltelli e delle pentole, ma non abbiamo fatto in tempo ad organizzarci»

«Non avete di che preoccuparvi. Abbiamo già predisposto tutto.» W sfoderò un’altra cartelletta, decisamente meno voluminosa della precedente «Ben Solo, veniamo a lei» disse, indirizzando a questi l’attenzione «Un eccellente curriculum il suo, ma… sfortunatamente niente che possa essere sfruttato qui sulla Terra. Senza le sue doti mistiche, temo che non ci sarà d’alcun interesse…»

Ren scattò in piedi, picchiando i pugni sul tavolo:

«Mi state dicendo che sono inutile?»

«Circa…»

«Oh… quindi?» una nota dubbiosa «Mi rimanderete indietro?»

W scosse il capo e spinse verso di lui un contratto di lavoro. Il viso di Ben Solo si illuminò immediatamente, mentre la voce tremante e commossa leggeva il suo nuovo impiego:

«Commesso in un negozio di vestiti? H&M? è… semplicemente fantastico!»
 

 

Angolino: siamo giunti agli sgoccioli  e spero di non ritrovarmi ad aggiornare l'ultimo capitolo con l'ennesimo dei miei ritardi fotonici. Al solito, vi ringrazio per aver letto fin qui.
dicembre è stato un mese un po' altalenante, ma sono contenta di aver recuperato la voglia e il tempo per scrivere un nuovo capitolo. I nostri eroi compreranno la batteria di pentole o caderanno nella tentazione di Miracle Blade III? Chissà..
nel mentre, un enorme grazie a tutte per il sostegno! Mi è servito molto.
Vi abbraccio virtualmente

E'ry

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Capitolo 39
*** Epilogo ***


39. Epilogo


Sei mesi dopo
 
 
Hux si rigirò la penna tra le dita, meditando se la punta della bic fosse sufficientemente affilata per cavare un occhio a quel bamboccio che gli sedeva accanto.

«Posso assicurarti che l’Oscillatore Termico funziona adeguatamente ed è un punto centrale nella costruzione del satellite» snocciolò, prima che l’irritante voce nasale lo interrompesse di nuovo.

«Secondo i miei calcoli, quell’affare è completamente inutile. Appesantirà soltanto la struttura.»

«Non so se hai visto i progetti, ma…»

«Oh, certo che li ho visti. Ribadisco ciò che ho affermato allora: l’Oscillatore è una colossale idiozia. Falsa la precisione dell’intera strumentazione. Non riusciremmo a colpire un pianeta, figuriamoci obiettivi più sensibili come persone o città.»

Ne ho distrutti cinque, brutto idiota… e tutti contemporaneamente.

«Non sono d’accordo. Ho personalmente sperimentato l’efficacia di un modello simile. Funzionerà, ti dico.»

«Mh, personalmente sperimentato, signor Hux? Dove hai studiato ingegneria, per curiosità?»

«All’Accademia di Arkanis»

«Mh, mai sentita. Io sono stato a Stanford.»

Si rammaricò di non avere altro che una penna a sfera tra le mani. Avrebbe pagato per riavere il proprio blaster o almeno il pugnale nascosto nella manica. Sarebbe stato divertente piantargli un coltello in fronte e osservare il cervello spargersi per tutto il tavolo.

Venne distratto da quei pensieri solo quando un insistente bussare scosse la soglia della sala riunioni. Un giovane receptionist fece capolino oltre l’uscio, scusandosi per l’interruzione:
«Il signor Hux è atteso in sala comunicazioni. C’è una chiamata per lei­» riferì sommariamente.

Hux colse l’occasione al volo, sbrigandosi a sgusciare fuori dalla stanza e a seguire il segretario. Questi lo condusse davanti ad un imponente terminale. Gli consegnò un paio di cuffie col microfono prima di lasciarlo solo.

«Amh… pronto?» borbottò l’ex-generale, osservando lo schermo davanti a sé accendersi. Non riuscì a trattenere un sorriso quando scorse il volto familiare del Leader Supremo «Mitaka!» esclamò, ricevendo in cambio un cenno allegro «Come stai? Non mi aspettavo di rivederti tanto presto!»

«Io sto bene signore, e lei?»

«Umh, non mi lamento… beh, a parte l’aver appena finito di discutere con un perfetto idiota di nome Craig… crede di saperne più di me sugli Oscillatori Termici, pff..! Ah, ma lui ha studiato a Stanford» cantilenò con disprezzo, sbuffando poco dopo «A parte questo, tutto a posto.»

«Mastro Ren?»

«Oh, anche lui… anzi, lui sicuramente se la cava meglio di me, tanto per cambiare. Piove sempre sul bagnato, come dicono da queste parti.»

«Perché?»

«Beh, vedi… all’inizio ero molto felice. Avevo ottenuto un lavoro di grande responsabilità, indubbiamente migliore di quello di Ren. Meglio qualificato, meglio retribuito, alle dipendenze statali. Insomma, per farla breve… il governo locale era interessato a Starkiller e mi ha chiesto una consulenza per…»

«Non la starà ricostruendo, vero? Ci aveva promesso che sarebbe stato lontano dai guai!»

«Infatti! No, cioè… sì. Insomma,  giuro che non è stata una mia idea. È tutto perfettamente legale o quasi. È un progetto supportato dallo Stato. Comunque, non sarà proprio la stessa cosa: la faremo su scala ridotta e con obiettivi molto più contenuti. Niente pianeti da far saltare.»

Sentì Mitaka sospirare pesantemente nel ricevitore:
«Per cosa la userete?»

«Mh… città immagino. Persone, se riesco ad ottenere una buona precisione.»

«Fingerò di non aver sentito, generale. Tornando a Ren…»

«Oh, sì! Dicevo, lui all’inizio ha trovato lavoro soltanto come commesso in un negozio d’abbigliamento. Immagina il mio divertimento: il potete cavaliere di Ren costretto a piegare magliette e camicie. Non che a lui dispiacesse, anzi…era piuttosto soddisfatto. Non fosse che… circa un paio di mesi fa, si presenta in negozio un signore anziano e ben vestito. Ha espresso interesse per i pantaloni a vita alta di Ren e.. beh, sai come è fatto, no? Ha attaccato una filippica sulla praticità ed eleganza di quegli obbrobri» una pausa e un mesto ciondolare del capo «Ebbene, il signore in questione era un certo Giorgio Armani, uno dei massimi stilisti conosciuti. Non ci crederai, ma era talmente affascinato dai pantaloni a vita alta, che ha proposto a Ren di lanciare una sua linea di moda.»

«Mi sta dicendo che… Mastro Ren è diventato uno stilista?»

«Già. Guadagna il triplo di me, gira tra sartorie, fiere di settore, passerelle. Ha avuto successo ed ora tutti bramano di poter comprare almeno un paio dei famigerati pantaloni Solo. È la storia più vecchia del mondo, Mitaka…» sospirò «Io mi spacco la schiena e lui è famoso.»

«Se posso permettermi, signore… sono felice per Mastro Ren, in realtà. Temevo che l’assenza della Forza avrebbe finito col logorarlo.»

«No, al contrario. È pieno di risorse, accidenti a lui. Anche se devo ammettere che i nostri rapporti si sono distesi ultimamente. Non riesce più a strangolarmi col pensiero, quindi… lo ritengo un buon inizio» sogghignò, prima di chiedere «Tu, invece? Novità?»

«Ne ho qualcuna, sì…» il sorriso di Mitaka si addolcì nuovamente «Prima di tutto, il Finalizer funziona perfettamente. Phasma ha solo trasformato la sua camera in un centro fitness, ma tanto c’era da  aspettarselo…»

«Accidenti a lei, spero che finisca schiacciata in un compattatore di rifiuti!»

«Non dica così. Phasma sta bene e anche Unamo. Sono tutte assorte dai loro nuovi doveri e mi hanno chiesto di salutarla. Il programma Stormtrooper è ripartito alla grande: abbiamo ottenuto delle ottime adesioni, da quando è su base volontaria. Organa sta ricostruendo la Repubblica e il Primo Ordine avrà ovviamente il suo seggio in senato. Abbiamo deciso di collaborare e sta funzionando, lo ammetto. Sembra che ci sia finalmente pace nella galassia.»

«Bene, praticamente mi hai chiamato per sbattermi in faccia i tuoi successi, Mitaka?» sogghignò, stringendosi poi nelle spalle «A parte questo, sono felice che tu sia riuscito a fare tanto. Pryde è ancora vivo?»

«Certamente! Avevamo deciso di abbandonarlo su un pianeta dell’Orlo Esterno, si ricorda? Ebbene, è diventato una persona squisita. L’esilio lo ha completamente trasformato: ha comprato una fattoria ed ora si dedica completamente all’agricoltura e all’allevamento. Ha trovato moglie anche lui: una signora della sua età molto simpatica, che credo abbia smussato parecchio il suo carattere burbero. Ci mandano regolarmente cesti di frutta e verdura. Ogni tanto andiamo a trovarlo.»

«Quindi anche la vita di Pryde è più interessante della mia, bene. Rose come sta?»

«Stavo per arrivarci signore. Rose è incinta.»

«Che cosa?! Ma… come? Quando?» non riuscì a trattenere uno sguardo di disapprovazione «Mitaka! Voglio sperare tu lo abbia fatto almeno dopo il matrimonio, vero? Non avrai… prima delle nozze?!»

«No, signore. Mi conosce, sa che sono vecchio stile. L’ho corteggiata, ci siamo sposati e poi abbiamo deciso di avere un bambino. Comunque, non si preoccupi… Rose non era la prima volta che faceva certe cose.»

«Che?! Ma… insomma, cioè vuoi direi che l’aveva già… prima del matrimonio?»

«Sì…»

«Ah, beh… capisco. Diamine, Mitaka… come siamo arrivati a parlare delle esperienze sessuali di tua moglie?»

«In effetti, le stavo dicendo che aspetta un bambino. Ora, se femmina vorremmo chiamarla Paige, come sua sorella.»

«Se fosse maschio?»

«Beh… avevamo pensato ad Armitage…»

«Come me?» sentì le lacrime pizzicargli gli occhi. Non poteva credere a tanta lealtà e amore: Mitaka avrebbe chiamato suo figlio come lui? Aveva sempre disprezzato quel nome, ma… forse, per una volta, avrebbe potuto imparare ad apprezzarlo. Si fregò il viso con una manica, cercando di nascondere la commozione «è una cosa così bel…»

«…ma poi abbiamo deciso che come nome non ci piaceva, quindi abbiamo optato per Enric.»

«Come…»

«…Pryde, già! Che ne dice?»

«Che vorrei buttarmi sotto a un treno, Mitaka.»
 
 
***
 

La nuova abitazione sorgeva lungo la costa, direttamente affacciata sulle immense acque dell’oceano. All’inizio, gestire il sole era stato un problema per Hux, ma alla fine si era abituato. Aveva comprato in offerta un quantitativo esagerato di protezione cinquanta, grazie alla quale era riuscito a non tingersi costantemente di rosso, come un gambero ben grigliato. La casa si sviluppava su due piani ed era completa di un modesto giardino. Una strada sterrata la collegava al paese più vicino: un insediamento piuttosto isolato, abitato principalmente da famiglie di pescatori abbastanza schive e introverse. Un villaggio carino, dove le persone amavano farsi i fatti propri e la discrezione era all’ordine del giorno; un posto perfetto dove nascondere due criminali galattici.

Hux infilò il vialetto, dopo essersi fatto accompagnare da un agente CIA di turno. Non era ancora riuscito a prendere quella maledetta patente, a differenza di Ren: lo bocciavano sempre sul parcheggio a esse! Come se fosse una manovra importante, poi…

Il pickup di Ren era parcheggiato in fondo alla strada, segno che l’ex-cavaliere era in casa. Hux pulì velocemente la suola sullo zerbino, girando poi la chiave per superare l’ingresso.

«Sono arrivato…» sospirò, lasciando cadere la ventiquattrore accanto all’uscio e liberandosi in fretta del cappotto.

Osservò l’ambiente circostante: al centro del salotto, il tavolo era finemente apparecchiato. Ren aveva preso il servizio bello dalla credenza, scegliendo dei piatti di porcellana finissima decorati con motivi floreali. Anche le posate erano nuove, così come i due calici ripieni di vino ambrato.

«Ben tornato!» una voce giunse dalla cucina. Kylo Ren fece capolino poco dopo: indossava un grembiule macchiato di sugo, che fortunatamente proteggeva i suoi amati pantaloni a vita alta e il petto nudo.

«Non puoi coprirti, dannazione? Siamo a gennaio!» Ma Ren non fece cenno d’aver sentito. Al contrario, gli infilò tra le mani una busta «Che cos’è?»

«Il motivo per cui stiamo festeggiando.»

Hux aprì l’involucro, abbassando lo sguardo su una coppia di biglietti aerei. Il volo segnava come destinazione Milano. Aggrottò la fronte, sempre più perplesso.

«Milano?»

«Esatto! Parteciperò alle sfilate della Settimana della Moda come stilista emergente! Non è fantastico? Giorgio… beh, Armani… ha detto che è arrivato il momento di presentare la collezione Solo sulle passerelle milanesi. Sono emozionatissimo.»

«Amh… sono felice per te Ren. Cioè, no… in realtà ti invidio e ti odio, perché la tua vita è fantastica e io devo lottare quotidianamente con un idiota di nome Craig, ma… beh, è un grande traguardo per te, non posso negarlo. In tutto questo, io che c’entro?»

«Beh, vieni con me!»

«Ma… il progetto Starkiller

«Ho già chiamato io, mi hanno detto che puoi prenderti un paio di settimane di vacanza.»  Ren saltellò su un piede solo, visibilmente soddisfatto «Non sei contento?»

«Io… emh… sì, beh, una pausa non mi farà male. L’ultima volta che sono andato in ferie neppure me la ricordo. Sarà stato alla fine dell’accademia, sicuramente…»

Ben Solo lo lasciò, tornando verso la cucina con un allegro canticchiare. Hux decise di concentrarsi sul prossimo da farsi: c’erano così tante cose di cui occuparsi prima della partenza. Milano, Italia. Chissà come era, come posto… aveva, ovviamente, letto un po’ di informazioni sui vari Paesi del mondo, ma non si era soffermato su alcuna città nello specifico. Tuttavia, un collega non era forse andato in Italia l’estate precedente? Aveva detto d’essersi trovato bene: clima mite, persone accoglienti, cibo fantastico. Inutile dire che questo aspetto bastò a convincerlo a prendere parte al viaggio: avrebbe assaggiato nuove prelibatezze e magari avrebbe potuto partecipare a qualche corso di cucina. Chissà, magari avrebbe incontrato qualche chef rinomato, che lo avrebbe assunto nel proprio ristorante come esperto in frittate. Sorrise a quell’idea, cullandosi nelle fantasie. Sarebbe potuta esser una svolta, già… forse accompagnare Ren non era poi un piano così malvagio. E mentre era in Italia, forse avrebbe anche potuto studiare qualche piccola modifica per Starkiller: dopo tutto, moltissimi artisti e scienziati avevano lì i loro natali; doveva essere un posto davvero ispirante! Sarebbe stato perfetto per lavorare in pace, lontano da Craig e dalla sua boria. Annuì soddisfatto: sì, una vacanza gli avrebbe fatto bene.

Ignorò la tavola imbandita e si diresse a passo spedito verso la camera.

«Non vieni a mangiare?» chiese la voce di Ren dalla cucina.

«Non ora! Ho da fare!»

«Che cosa? Cosa c’è di più importante dello stufato di broccoletti e…oh, a proposito! Sai che Milano non è lontana da Bruxelles? Potremmo fermarci a prendere i cavoletti.»

«Non…non adesso, Ren! Mi devo preparare per domani sera.»

«Perché? Cosa facciamo domani sera?»

Hux si concesse un leggero ghigno:
«Quello che facciamo tutte le sere Ren» esclamò, affacciandosi sull’uscio soltanto per rimarcare «Tentare di conquistare il mondo!»
 

 

 
 FINE
 

Angolino: è la prima volta che termino una long!
è davvero finita, sì. Questo era l’ultimo capitolo. Un viaggio che è durato poco più di un anno, con i suoi alti e bassi. Questa storia era iniziata come una one-shot, un piccolo spaccato nato dal twitter su Millicent. Mi ero semplicemente ripromessa di scrivere una ff divertente su come Hux potesse aver trovato il gatto.
Poi, dopo il capitolo uno… mi son decisa a scriverne un secondo e poi un terzo. Avevo pensato sarebbe stata una mini long di cinque-sei capitoli al massimo… una cosina carina sulle disavventure feline di Hux. Poi, poi… a un certo punto, mi è venuta in mente una trama. Si è costruita pian piano, arricchendosi spesso da sola: piccole idee, spunti pescati qui e là e rimodellati perché si adattassero al contesto. I titoli dei capitoli sono tutti presi dai dialoghi interni: mi piaceva l'idea che fossero i disgraziati personaggi ad aprire ciascun capitolo (naturalmente, l'epilogo è l'unica eccezione).
Alla fine, questo è il risultato. Vi ho rotto i boccini per un anno e trentanove capitoli. Oggi metto un punto e scrivo la parola Fine a questa storia. Vi lascio in sospeso, con Hux che sogna di conquistare il mondo a colpi di frittate… e Ren che cercherà di spopolare sulle passerelle milanesi.
I miei ringraziamenti vanno a voi, che avete letto fin qui e seguito tutto con pazienza.
In particolare, ringrazio: Maria e la sua passione per Kylo Ren. White Dahlia, ZoeLightstar, AMYpond88, Afaneia e Vale_Balz. Grazie per il vostro sostegno e per la costanza con cui avete seguito questa storia. Grazie per i consigli, per le recensioni, per avermi supportata nella scrittura. Questo ultimo capitolo è per voi, per ringraziarvi davvero di tutto.

Ps.Potrebbe esserci un sequel, sì… qualche idea che mi frulla in testa c’è, devo solo costruire una trama e mettermi a scrivere. Non credo che Hux ne sarà felice, ma tanto a nessuno importa della sua opinione XD
 
Un abbraccio
 
E’ry

 

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